ANNO LXI - N. 4 OTTOBRE-DICEMBRE 2009 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino - Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Getano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Maurizio Fiorilli - Paolo Gentili - Maria Vittoria Lumetti - Antonio Palatiello - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano Varone. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo - Luigi Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Paolo Grasso - Pierfrancesco La Spina - Maria Vittoria Lumetti - Marco Meloni - Maria Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri - Adele Quattrone - Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Roberto Antillo, Ennio Antonio Apicella, Alfonso Contaldo, Margherita Cretella, Pasquale Fava, Wally Ferrante, Lucrezia Fiandaca, Ettore Figliolia, Oscar Fiumara, Michele Gorga, Dimitris Liakopoulos, Cristina Sgubin, Margherita Sitongia, Luca Ventrella, Laura Zoppo. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it - tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it - tel. 066829597 antonella.quirini@avvocaturastato.it - tel. 066829205 ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................� 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Corte costituzionale, udienza del 3 novembre 2009. Commemorazione del Sen. Prof. Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte costituzionale da parte dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sul �Lodo Alfano�. La pronuncia della Consulta e la memoria difensiva. . . . . . . . . . . . . . . . Ennio Antonio Apicella, La responsabilit� disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Dimitris Liakopoulos, La sospensione dei diritti di voto connessi alle partecipazioni azionarie e i suoi riflessi sulla libert� di circolazione dei capitali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cristina Sgubin, La difficile applicazione del diritto comunitario nella zona grigia tra l�appalto e la concessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.- I giudizi in corso Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, cause riunite C-128/09, C- 131/09, C-134/09 e C-135/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-227/09. . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, causa C-275/09. . . . . . . . . . Giuseppe Albenzio, Politica commerciale, causa T-314/06. . . . . . . . . . . Giuseppe Albenzio, Politica estera e sicurezza comune, causa T-49/07 . CONTENZIOSO NAZIONALE Roberto Antillo, La qualit� di �parte� del Fondo di rotazione per la solidariet� alle vittime della mafia (Cass., SS.UU., sent. 21 luglio 2003 n. 11377; Cass. SS.UU., sent. 18 dicembre 2007 n. 26627; Cass. SS.UU., sent. 29 agosto 2008 n. 21927; CdS, Sez. VI, sent. 18 settembre 2009 n. 5618). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Lucrezia Fiandaca, �Scorrimento della graduatoria� e riparto di giurisdizione (Cass. SS.UU., sent. 20 agosto 2009 n. 18499) . . . . . . . . . . . . . pag. 1 �� 3 �� 68 �� 97 �� 130 �� 165 �� 169 �� 176 �� 178 �� 183 �� 193 �� 204 Luca Ventrella, Margherita Sitongia, L�art. 4 d.l. 90/2008 sulla giurisdizione in materia di emergenza rifiuti in Campania. La genesi e le prime letture della Corte di cassazione (Cass. civ., SS.UU., sent. 28 dicembre 2007 n. 27187; Cass. penale, sez. I, sent. 24 dicembre 2008 n. 48160; Cass. penale, Sez. I, sent. 27 novembre 2008 n. 44363; Cass. penale, Sez. I, sent. 21 gennaio 2009 n. 2470) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Luca Ventrella, Laura Zoppo, La giurisdizione in materia di gestione dei rifiuti nel contesto emergenziale in Campania. Evoluzione della giurisprudenza amministrativa e recenti arresti (TAR Lazio, Sez. I, sent. 18 febbraio 2009 n. 1653; TAR Lazio, Sez. I, sent. 18 febbraio 2009 n. 1655; TAR Lazio, Sez. I, sent. 1 aprile 2009 n. 3482; CdS, Sez. V, ord. 30 settembre 2008 n. 5260; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1845; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1846; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1847; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1849; TAR Lazio, Sez. I, sent. 13 marzo 2009 n. 2537; Cds, Sez. IV, sent. 18 giugno 2009 n. 3990) Alfonso Mezzotero, Responsabilit� dello Stato per inesatta trasposizione di direttiva comunitaria (Tribunale di Catanzaro, Sez. I civ., sent. 20 aprile 2009). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Piero Vitullo, Margherita Cretella, Ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. emessa dal Tribunale regionale delle acque pubbliche: ammissibilit� e conseguenze (Tribunale di Campobasso, ord. 18 giugno 200, n. cron. 2985). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Maurizio Borgo, Sulla retroattivit� dell�art. 43 del T.U. Espropri. Posizioni divergenti della giurisprudenza amministrativa e della Corte di cassazione (CdS, Sez. IV, sent. 15 settembre 2009 n. 5523) . . . . . . . . . . . . . Lorenzo D�Ascia, L�incidenza del falso nella materia degli appalti pubblici. Il Consiglio di Stato esplora il terreno del �falso innocuo� (CdS, Sez. V, sent. 13 febbraio 2009 n. 829; CdS, Sez. VI, sent. 4 agosto 2009 n. 4905; CdS, Sez. VI, sent. 11 agosto 2009 n. 4927) . . . . . . . . . . . . . . . Roberto Antillo, L�operativit� del principio dell�anonimato nei concorsi pubblici. Con particolare riferimento ai concorsi con due partecipanti (Tar Calabria, Sez. Reggio Calabria, sent. 9 marzo 2009 n. 138) . . . . . . I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Ettore Figliolia, Detenzione di reti da pesca illegali (in particolare delle cosidette �spadare�) e relativa confisca - AL 15100/09 . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Albenzio, Esercizio del diritto di ritenzione ai sensi dell�art. 38 del Testo Unico delle disposizioni Legislative in materia Doganale di cui al d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 - AL 32447/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 217 �� 228 �� 240 �� 251 �� 262 �� 273 �� 289 �� 297 �� 300 Maurizio Borgo, Revoca dello status di rifugiato in presenza di una condanna. Sull�assimilazione tra sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. e sentenza definitiva - AL 6404/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Alfonso Contaldo, Michele Gorga, Il processo civile telematico come occasione della diffusione delle best pratices nel settore giustizia . . . . . . . Pasquale Fava, Il controinteressato nel giudizio amministrativo. Concetto, elementi costitutivi e casistica delle fattispecie problematiche applicative pi� ricorrenti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 305 �� 309 �� 362 T E M I I S T I T U Z I O N A L I Commemorazione del Sen. Prof. Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte costituzionale, da parte dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara E� un onore, per me e per l�Avvocatura dello Stato che rappresento, ricordare in questa sede la figura del prof. Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte: una Corte che egli conobbe e di cui fu protagonista sin dalla prima udienza del 1956, allorch� come avvocato discusse della prima questione pregiudiziale (sulla sindacabilit� delle leggi anteriori all�era repubblicana); una Corte che egli lasci� come presidente, nel 2000, alla scadenza del suo mandato novennale. Figlio d�arte � si direbbe oggi � essendo stato suo padre Filippo anch�egli un grande giurista. Con un significativo parallelismo: il padre contribu� in modo molto penetrante alla stesura del codice civile; il figlio, allievo di Alfredo Rocco, var� l�attuale codice di procedura penale. Ma quest�ultima opera � stata solo un momento del suo prestigioso incedere. Minimo comun denominatore � stata la sua qualit� di fine e profondo giurista. E su tale qualit� egli ha fondato le sue esperienze di avvocato, docente universitario, uomo politico, ministro della giustizia (per oltre tre anni), giudice e infine presidente di questa Corte; e, uscito da essa, ancora dispensatore della sua sapienza giuridica, del senso dello Stato, del suo esempio di integrit� morale, fino alla morte, sempre ed ovunque lasciando segni indelebili del suo passaggio. Il tutto arricchito da massimi riconoscimenti: accademico dei Lincei, medaglia d�oro come benemerito della cultura e dell�arte, medaglia d�argento al valor militare e croce di guerra (in relazione alla sua dolorosa esperienza durante l�occupazione nazista di Roma). Sono state gi� indicate le tappe pi� significative del suo lungo percorso 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 nelle istituzioni e nella vita professionale. E cos� � stato ricordato il forte contributo dato alla giurisprudenza della Corte: non vՏ norma penale, sostanziale o processuale, portata all�esame di questa Corte che egli non abbia esaminato e sviscerato con cura e con rigore, contribuendo alla riaffermazione dei principi costituzionali di uguaglianza, personalit� della responsabilit� penale, garanzia della difesa. Merita anche una breve citazione la sentenza del 1996 con la quale venne definito l�ambito del sindacato di ragionevolezza e la salvaguardia della discrezionalit� del legislatore, con la netta distinzione fra norma eventualmente inopportuna e norma costituzionalmente illegittima, nei cui soli confini deve muoversi il giudizio della Corte. Mi sia consentito infine un piccolo (ma per me molto significativo) ricordo personale. Ai primi anni �70, io, da poco rientrato a Roma e relativamente giovane avvocato, ebbi due volte l�occasione di confrontarmi con l�Avv. Vassalli: lui come difensore di imputati, io come rappresentante dello Stato parte civile, in due delicati processi penali, collegati l�uno all�illegale esportazione all�estero di opere d�arte (uno degli imputati era � al di fuori di quel processo � quel signore che aveva congegnato la cessione al Metropolitan Museum del celebre vaso d�Eufronio), l�altro in relazione all�improvvisa morte di un noto industriale in un incidente aereo, con grosse implicazioni di carattere fiscale. Ebbene, pur nel suo indubbio ben differente peso e prestigio, l�Avv. Vassalli mi onor� di una attenta considerazione e di grande affabilit�, ulteriore evidente segno della sua professionalit�, del suo equilibrio, della sua sensibilit�. E� scomparso un grande uomo. Corte costituzionale, udienza del 3 novembre 2009 TEMI ISTITUZIONALI 3 Sul �Lodo Alfano� La pronuncia della Consulta e la memoria difensiva La Corte ha individuato la ratio della norma impugnata nella protezione della funzione di governo. �La disposizione denunciata non pu� avere la finalit�, prevalente o esclusiva, di tutelare il diritto di difesa degli imputati perch� in tal caso - data la generalit� di tale diritto, quale espressamente prevista dall�art. 24 Cost. in relazione al principio di uguaglianza - avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che, in ragione della propria attivit�, abbiano difficolt� a partecipare al processo penale. Inoltre sarebbe intrinsecamente irragionevole e sproporzionata, rispetto alla suddetta finalit�, la previsione di una presunzione legale assoluta di legittimo impedimento derivante dal solo fatto della titolarit� della carica. Tale presunzione iuris et de iure impedirebbe, infatti, qualsiasi verifica circa la effettiva sussistenza dell�impedimento a comparire in giudizio e renderebbe operante la sospensione processuale anche nei casi in cui non sussista alcun impedimento e, quindi, non vi sia in concreto, alcuna esigenza di tutelare il diritto di difesa�. Questo argomento, che avrebbe potuto incidere sulla valutazione della ragionevolezza della norma, � stato ritenuto utile dalla Corte per individuarne la ratio. Il contemperamento del diritto di difesa con le esigenze dell�esercizio della giurisdizione � assicurato, secondo la Corte, dalla possibilit� di sospendere il processo per legittimo impedimento a comparire, consentito dal codice di procedura penale, �differenziando la posizione processuale del componente di un organo costituzionale solo per lo stretto necessario, senza alcun meccanismo automatico e generale�. Conclusione poi avvalorata con il rilievo che il meccanismo introdotto dalla legge non consentirebbe nemmeno una tutela adeguata degli interessi di difesa. La norma avrebbe introdotto una prerogativa costituzionale, da intendersi come �una specifica protezione delle persone munite di status costituzionali, tale da sottrarle all�applicazione delle regole ordinarie�. Tra di esse, secondo la Corte, vanno ricondotte anche le condizioni di procedibilit� e ogni altro meccanismo processuale di favore, qualunque ne siano gli effetti, in quanto incidente sul principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione e sul bilanciamento e l�assetto di interessi istituzionali �che non � consentito al legislatore ordinario alterare n� in peius n� in melius�. A sostegno sono richiamati gli artt. 68, 90 e 95 Cost.. Da queste norme, che hanno introdotto forme di non perseguibilit� di certi reati o in via assoluta 4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 o a certe condizioni, si desume il divieto di ogni trattamento processuale differenziato perch� �il problema dell�individuazione dei limiti quantitativi e qualitativi delle prerogative assume una particolare rilevanza nello Stato di diritto�. Con la conseguenza che �il legislatore ordinario, in tema di prerogative (e cio� di immunit� intese in senso ampio) pu� intervenire solo per attuare, sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato�. Qualunque trattamento differenziato in favore delle massime cariche politiche dello Stato non pu�, pertanto, essere introdotto con legge ordinaria, non per una espressa riserva di legge costituzionale, ma perch� �le suddette prerogative sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale�. Fatte queste premesse, la Corte � passata a verificare �se la sospensione disciplinata dalla norma in questione abbia l�ulteriore caratteristica delle prerogative, e cio� quella di derogare al principio di uguaglianza creando una disparit� di trattamento�. La risposta positiva � stata fondata su diversi argomenti. Prima di tutto �in una evidente disparit� di trattamento delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini, che, pure, svolgono attivit� che la Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzione pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora pi� generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale e spirituale della societ� (art. 4, secondo comma, Cost.)�. In pratica, ogni attivit�, purch� svolta in vista di un interesse generale, dovrebbe essere tutelata allo stesso modo. La Corte non ha naturalmente trascurato che �il principio di uguaglianza comporta che, se situazioni uguali esigono uguale disciplina, situazioni diverse possono richiedere differenti discipline�. Ma ha superato la questione rilevando che, quando la differenziazione di fronte alla giurisdizione � in favore del titolare o di un componente di un organo costituzionale e si alleghi, come giustificazione, l�esigenza di proteggere le funzioni dell�organo, �si rende necessario che un tale ius singulare abbia una precisa copertura costituzionale� perch� �� il complessivo sistema delle suddette prerogative � regolato da norme di rango costituzionale, in quanto incide sull�equilibrio dei poteri dello Stato e contribuisce a connotare l�identit� costituzionale dell�ordinamento�. Seppure la peculiarit� delle funzioni, in particolare quelle di governo, potesse giustificare, in linea di principio, un trattamento differenziato, quindi anche attraverso una legge ordinaria, sarebbe comunque necessaria una legge costituzionale per la materia interessata, vale a dire il sistema delle prerogative della massime cariche dello Stato. Quello che la legge ordinaria potrebbe fare in via generale non �, per- TEMI ISTITUZIONALI 5 tanto, consentito quando il trattamento differenziato incide sull�equilibrio dei poteri dello Stato, che connota l�ordinamento costituzionale. La Corte, anche se non necessario, tenuto conto delle conclusioni a cui era gi� arrivata, ha voluto verificare, questa volta alla stregua dell�art. 3 Cost., la legittimit� costituzionale della disparit� di trattamento dei presidenti, rispetto ai componenti degli organi costituzionali. �Non �� configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perch� egli non � il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l�unit�, promuovendo e coordinando l�attivit� dei ministri e ricopre, perci�, una posizione tradizionale definita di primus inter pares�. A sostegno � richiamato l�art. 95 Cost., secondo il quale, peraltro, il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale e ne � responsabile, funzione e responsabilit� che la Corte ha ritenuto di rilievo secondario tanto da escludere che se ne possa dedurre la titolarit� della funzione di indirizzo. Ha ugualmente escluso la rilevanza delle funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri nei rapporti internazionali e con l�Unione Europea, tanto da non averli presi in particolare considerazione. Secondo la Corte, dunque: - la norma ha voluto garantire le funzioni di governo e non il diritto di difesa, che � tutelato da apposite norme processuali; - la sospensione del processo, anche se �immunit� meramente processuale�, rientra tra le prerogative degli organi costituzionali; - queste prerogative possono essere disciplinate solo da norme costituzionali perch� la loro disciplina costituisce �uno specifico sistema normativo, frutto di particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali�; - una disciplina di favore per il Presidente del Consiglio dei ministri viola anche il principio di uguaglianza nei confronti dei singoli ministri, perch� la posizione del primo non pu� essere considerata differenziata a sufficienza rispetto ai secondi; - un meccanismo generale ed automatico di sospensione del processo � eccessivo dal momento che il diritto di difesa dell�imputato � tutelato adeguatamente dalle norme sul legittimo impedimento, disciplinato dal codice di procedura penale. La violazione dell�art. 3 Cost. viene ad essere, pertanto, un argomento di conferma della illegittimit� costituzionale della norma per violazione degli artt. 68, 90 e 96 Cost. La Corte ha ritenuto violato anche l�art. 138 Cost., rilevando come la questione non avesse �carattere generico e formale�, ma fosse �specifica e di carattere sostanziale, in quanto denuncia� la violazione del principio di uguaglianza facendo espresso riferimento alle prerogative degli organi costi- 6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tuzionali�. Sembrerebbe, pertanto, che la violazione di una norma costituzionale comporterebbe contemporaneamente anche la violazione l�art. 138 per non essere stato adottato lo strumento legislativo idoneo. La sentenza lascia non chiarito un punto, che era tra le questioni sollevate dal GIP di Roma, dichiarate inammissibili. Un trattamento differenziato in favore degli organi costituzionali nei confronti della giustizia penale, in deroga all�art. 3 Cost., pu� essere introdotto con legge costituzionale? Se l�art. 3 � uno dei principi fondamentali della Costituzione, resta superato il principio che una deroga ad esso non pu� essere disposta nemmeno con legge costituzionale? Dalla motivazione non sembra che si possa desumere una risposta. Secondo la Corte si pu� incidere sulle prerogative degli organi costituzionali solo con legge costituzionale per ragioni di materia. L�art. 3 non trova applicazione. La norma viola anche l�art. 3 Cost. nei rapporti tra Presidente del Consiglio dei ministri e singoli ministri, ma, nello svolgere l�indagine a questo riguardo, la Corte non ha richiamato la necessit� della legge costituzionale. Nel caso di incompatibilit� temporale tra le funzioni di governo e le esigenze di difesa, la soluzione va trovata nella disciplina del legittimo impedimento. L�art. 486, secondo comma, c.p.p. attribuisce al giudice la valutazione della assoluta impossibilit� per l�imputato di comparire all�udienza, valutazione che, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, richiede un giudizio circa la rilevanza e l�urgenza dei compiti di governo. Per l�art. 486, secondo comma, la valutazione del giudice non pu� formare oggetto di discussione successiva, n� motivo di impugnazione. E� prevedibile, pertanto, che le questioni che dovessero insorgere finiranno con l�essere risolte nelle forme del conflitto di attribuzione. TEMI ISTITUZIONALI 7 SENTENZA N. 262 ANNO 2009 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Francesco AMIRANTE Presidente - Ugo DE SIERVO Giudice - Paolo MADDALENA � - Alfio FINOCCHIARO � - Alfonso QUARANTA � - Franco GALLO � - Luigi MAZZELLA � - Gaetano SILVESTRI � - Sabino CASSESE � - Maria Rita SAULLE � - Giuseppe TESAURO � - Paolo Maria NAPOLITANO � - Giuseppe FRIGO � - Alessandro CRISCUOLO � - Paolo GROSSI � ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato), promossi dal Tribunale di Milano con ordinanze del 26 settembre e del 4 ottobre 2008 e dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma con ordinanza del 26 settembre 2008 rispettivamente iscritte al n. 397 e al n. 398 del registro ordinanze 2008, nonch� al n. 9 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 2008 e n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di costituzione dell'onorevole Silvio Berlusconi, nonch� del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e di un sostituto della stessa Procura; udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 2009 il Giudice relatore Franco Gallo; uditi gli avvocati Alessandro Pace, per il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e un sostituto della stessa Procura, Niccol� Ghedini, Piero Longo e Gaetano Pecorella, per l'onorevole Silvio Berlusconi, e l'avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. � Con ordinanza del 26 settembre 2008 (r.o. n. 397 del 2008), pronunciata nel corso di un processo penale in cui � imputato, fra gli altri, l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente del Consiglio dei ministri, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 136 e 138 della Costituzione, questioni di legittimit� costituzionale dei commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato). 1.1. � Il primo dei commi censurati prevede che: �Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei Ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione�. Il successivo comma 7 prevede che: �Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge�. Gli altri commi dispongono che: a) �L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale pu� rinunciare in ogni momento alla sospensione� (comma 2); b) �La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili� (comma 3); c) si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale e la sospensione, che opera per l'intera durata della carica o della funzione, non � reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura, n� si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni (commi 4 e 5); d) �Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale� e, quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, �i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla met�, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita� (comma 6). Osserva innanzitutto il rimettente che le questioni sono rilevanti perch� le disposizioni censurate, imponendo la sospensione del processo penale in corso a carico del Presidente del Consiglio dei ministri, trovano applicazione nel giudizio a quo. 1.1.1. � In punto di non manifesta infondatezza della questione sollevata in riferimento all'art. 138 Cost., il giudice a quo rileva che dette disposizioni trovano un precedente nell'art. 1 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione nonch� in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004. Secondo quanto osservato dal rimettente, la Corte, in tale pronuncia, ha affermato che il legislatore pu� prevedere ipotesi di sospensione del processo penale �finalizzate anche alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali� e che la sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche mira a proteggere l'apprezzabile interesse, eterogeneo rispetto al processo, al sereno svolgimento della rilevante funzione da esse svolta; interesse che pu� essere protetto �in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto�. Da tale pronuncia della Corte emerge � sempre ad avviso del giudice a quo � �che disposizioni normative riguardanti le prerogative, l'attivit� e quant'altro di organi costituzionali richiedono il procedimento di revisione costituzionale. E ci� in quanto la circostanza che l'attivit� di detti organi sia disciplinata tramite la previsione di un'ipotesi di sospensione del processo penale, non esclude che in realt� essa riguardi non gi� il regolare funzionamento del processo, bens� le prerogative di organi costituzionali e comunque materie gi� riservate dal legislatore costituente alla Costituzione�. A tale conclusione il rimettente giunge sul rilievo che le disposizioni denunciate incidono su �plurimi ulteriori interessi di rango costituzionale quali la ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e l'obbligatoriet� dell'azione penale TEMI ISTITUZIONALI 9 (art. 112 Cost.), comunque vulnerata seppur non integralmente compromessa, per cui il loro bilanciamento deve necessariamente avvenire con norma costituzionale�. Il giudice a quo sottolinea che gi� dai lavori dell'Assemblea costituente si desume che la non perseguibilit� per reati extrafunzionali nei confronti del Presidente della Repubblica avrebbe dovuto essere prevista con legge costituzionale. Osserva, altres�, che il fatto che, nella specie, si trattasse �di limitazione dell'azione penale pi� pregnante di quell'attuale non rileva sulla necessit� di disciplinare la materia mediante norma costituzionale�; e ci� in quanto �non pu� essere messo in dubbio che si tratta in ogni caso di materia riservata, ex art. 138 Cost., al legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza che tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti con norma costituzionale�. A tale conclusione non osta � ad avviso del rimettente � la sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 1983, relativa alla previsione con legge ordinaria dell'insindacabilit� dei voti dati e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura, perch� in essa la Corte afferma che �certo rimane il fatto che la scriminante in esame non � stata configurata dalla Carta costituzionale, bens� da una legge ordinaria ed appena nel gennaio 1981, a molti anni dall'entrata in funzione del Consiglio Superiore della magistratura�. Secondo lo stesso rimettente, �la Corte, cos� dicendo, mostra di ritenere normalmente necessaria una legge costituzionale laddove si intervenga su organi costituzionali, tanto � vero che nel superare la questione non afferma affatto il principio della sufficienza della legge ordinaria in similari situazioni, ma perviene alla conclusione di legittimit� costituzionale sulla base di un complesso ragionamento che in sostanza giustifica il ricorso alla legge ordinaria con la ritardata sistemazione e collocazione della disciplina del C.S.M.�. Solo per completezza � prosegue il giudice a quo � �va evidenziato che, nella specie, si era comunque in presenza di una scriminante che ricalca cause di giustificazione generalissime quali l'esercizio di un diritto e/o l'adempimento di un dovere, per cui, di fatto, non veniva ad essere disciplinato l'�mbito delle prerogative di un organo costituzionale�. La necessit� di una legge costituzionale per disciplinare la materia oggetto delle norme denunciate non � messa in dubbio � sempre ad avviso del rimettente � neanche dalla considerazione che la Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 24 del 2004, non ha rilevato il contrasto della legge n. 140 del 2003 con l'art. 138 Cost. e che, cos� facendo, �la Corte avrebbe implicitamente rigettato tale profilo, in quanto, siccome pregiudiziale rispetto ad ogni altra questione, avrebbe dovuto necessariamente dichiararlo, ove lo avesse ritenuto�. Il giudice a quo osserva, sul punto, che tale considerazione si fonda sul presupposto dell'esistenza di una pregiudizialit� tecnico-giuridica tra la questione sollevata in riferimento all'art. 138 Cost. e quelle sollevate in base ad altri parametri e contesta la fondatezza di detto presupposto, rilevando che una tale pregiudizialit� non � deducibile �dalla complessiva motivazione della sentenza, in quanto la Corte, nell'accogliere la questione di legittimit� costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dichiara espressamente �assorbito ogni altro profilo di illegittimit� costituzionale�, lasciando cos� intendere che, in via gradata, sarebbero state prospettabili altre questioni�. N� a diverse conclusioni � secondo il rimettente � possono condurre le note del Presidente della Repubblica del 2 e del 23 luglio 2008, perch� le prerogative che si ritengono attribuite al Capo dello Stato in sede di autorizzazione alla presentazione alle Camere di un disegno di legge e in sede di promulgazione comportano solo un primo esame della legittimit� costituzionale, e cio� un controllo meno approfondito di quello demandato al giudice ordinario prima ed alla Corte costituzionale poi. 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 1.1.2. � Quanto alle questioni proposte in riferimento agli artt. 3 e 136 Cost., il Tribunale sostiene che le norme denunciate violano sia il giudicato costituzionale sia il principio di uguaglianza, perch�, �avendo riproposto la medesima disciplina sul punto�, incorrono �nuovamente nella illegittimit� costituzionale, gi� ritenuta dalla Corte sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost.�. Per il rimettente, infatti, esse accomunano �in una unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni� ed inoltre distinguono irragionevolmente, e �per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti [...] rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti�. Non sarebbe sufficiente ad evitare le prospettate illegittimit� costituzionali il fatto che le disposizioni censurate, diversamente dall'art. 1 della legge n. 140 del 2003, non includono il Presidente della Corte costituzionale tra le alte cariche per le quali opera la sospensione dei processi. Infatti, tale differenza di disciplina � prosegue il rimettente . non � idonea ad impedire la violazione dell'art. 136 Cost., cos� come interpretato dalla Corte costituzionale �con la sentenza n. 922/1988�. 1.2. � Si � costituito in giudizio il suddetto imputato, chiedendo che le questioni proposte siano dichiarate non rilevanti e, comunque, manifestamente infondate. 1.2.1. � La difesa dell'imputato deduce, quanto alla questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost., che: a) contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004, avente ad oggetto l'art. 1 della legge n. 140 del 2003, non afferma n� che la sospensione del processo penale sia una �prerogativa di organi costituzionali� n� che tale sospensione richieda il procedimento di revisione costituzionale di cui all'art. 138 Cost.; b) nella stessa sentenza si rileva, anzi, che il legislatore pu� legittimamente prevedere ipotesi di sospensione del processo penale per esigenze extraprocessuali � ad esempio, come nella specie, per soddisfare l'apprezzabile interesse al sereno svolgimento delle funzioni pubbliche connesse alle alte cariche dello Stato ., dovendosi intendere per �legislatore� quello ordinario e non quello costituzionale; c) la sentenza accoglie la questione di legittimit� costituzionale in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dichiarando espressamente assorbito ogni altro profilo di illegittimit� costituzionale; d) l'assorbimento dichiarato dalla Corte ha ad oggetto i soli profili di merito e non anche il profilo relativo alla mancata approvazione della legge con il procedimento di revisione costituzionale, perch� tale ultimo profilo, avendo carattere formale e non sostanziale, � logicamente antecedente rispetto all'accoglimento della questione riferita agli artt. 3 e 24 Cost. e, pertanto, non pu� essere assorbito; e) la sentenza ha, in conclusione, implicitamente ritenuto non fondata ogni questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost.; f) non osta a tale conclusione il richiamo fatto dalla sentenza alla necessit� che l'apprezzabile interesse al sereno svolgimento delle funzioni pubbliche connesse alle alte cariche dello Stato vada tutelato �in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione � strumentale�, perch� tali princ�pi sono, secondo la stessa sentenza, quelli di cui agli artt. 3 e 24 Cost. e non quello di cui all'art. 138 Cost.; g) sulla scorta della pronuncia della Corte, il giudice a quo avrebbe dovuto evidenziare le peculiarit� della nuova disciplina censurata rispetto a quella dichiarata incostituzionale dalla Corte, specificando sotto quale profilo la prima, a differenza della seconda, violi l'art. 138 Cost. 1.2.2. � Quanto alle finalit� della normativa censurata, la difesa dell'imputato deduce che: a) esse sono dirette non tanto a garantire il sereno svolgimento delle funzioni inerenti alle alte cariche dello Stato, quanto a tutelare il diritto di difesa dell'imputato nel processo, che presuppone la possibilit� di essere presente alle udienze e di avere il tempo necessario per predisporre la propria difesa; b) la prevalenza dell'esigenza della tutela del diritto di difesa rispetto TEMI ISTITUZIONALI 11 a quella del sereno svolgimento della funzione si ricava dalla previsione della rinunciabilit� della sospensione contenuta nel comma 2 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, perch� se il legislatore avesse voluto creare �in primis [�] una prerogativa istituzionale, avrebbe dovuto dotare la sospensione di un profilo di indisponibilit�, sulla base del presupposto che l'interesse istituzionale trascende anche l'eventuale interesse dell'imputato a farsi giudicare subito�; c) �non osta a questa ricostruzione il fatto che la Corte Costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente illegittima la legge n. 140/2003 anche perch� prevedeva una sospensione dei processi penali automatica e non rinunciabile: questo dato depone nel senso che una disposizione legislativa che sospenda i processi per le alte cariche dello Stato, senza dar loro la possibilit� di rinunciarvi, porrebbe nel nostro ordinamento seri problemi di costituzionalit�, ma non pu� far diventare la disposizione della legge n. 124/2008 ci� che non �, ovvero una prerogativa connessa al fatto di rivestire una determinata funzione�; d) la ricostruzione della ratio delle norme censurate nel senso che esse sono finalizzate a tutelare il diritto di difesa della persona che ricopre la carica trova conferma nel comma 5 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008 � il quale prevede la non reiterabilit� della sospensione � perch�, �se una stessa persona rivestisse, durante una legislatura, la funzione di Presidente della Camera, con conseguente sospensione dei processi penali a suo carico, e nella legislatura successiva ricoprisse la funzione di Presidente del Senato, senza poter pi� beneficiare della suddetta sospensione, si sarebbe costretti ad ammettere che per un'intera legislatura la Presidenza del Senato dovrebbe rimanere priva di una propria prerogativa istituzionale, la quale tornerebbe poi a rivivere una volta che venisse a ricoprire la funzione una persona che non avesse mai beneficiato della sospensione�; e) nella prospettiva della tutela del diritto di difesa, la durata di un mandato � il periodo di tempo che il legislatore ha ritenuto sufficiente per consentire alla persona che riveste la carica di organizzarsi per affrontare contemporaneamente gli impegni istituzionali di un eventuale nuovo incarico e il processo penale; f) la ratio dell'inciso �salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura�, che fa eccezione alla non reiterabilit� della sospensione, � bilanciare �l'esercizio del diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, con l'esercizio del munus publicum, tutelato dall'art. 51 della Costituzione�; g) �il meccanismo per cui una condizione soggettiva dell'imputato si traduce in una condizione di oggettiva difficolt� a che il processo si svolga regolarmente � [�] tutt'altro che nuovo�, perch� vale anche �per la sospensione del processo per l'imputato incapace, prevista dall'art. 71 c.p.p.�, che � un istituto diretto a tutelare �il fatto che la capacit� dell'imputato di partecipare coscientemente al processo � aspetto indefettibile del diritto di difesa senza il cui effettivo esercizio nessun processo � immaginabile�; h) ad analoga ratio � ispirato anche l'istituto del legittimo impedimento a comparire dell'imputato; i) non pu� essere condivisa l'affermazione del rimettente secondo cui �tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti con norma costituzionale�, perch� anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 124 del 2008 il giudice di merito, davanti a un impegno istituzionale, riconosceva l'impossibilit� per l'imputato di essere presente al processo nonostante la Costituzione non preveda che le alte cariche dello Stato hanno diritto al riconoscimento di questi legittimi impedimenti; l) con la sentenza n. 148 del 1983, la Corte ha ammesso che il legislatore possa disciplinare con legge ordinaria addirittura una vera e propria circostanza scriminante, quale l'insindacabilit� dei voti dati e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura, con la conseguenza che anche una mera causa di sospensione, quale quella oggetto delle disposizioni censurate, pu� essere disciplinata con legge ordinaria; m) i commi denunciati operano un ragionevole bilanciamento tra l'obbligatoriet� dell'azione penale e la ragionevole 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 durata del processo, da un lato, e il diritto di difesa dell'imputato, dall'altro. 1.2.3. � Quanto, in particolare, alla questione sollevata dal giudice a quo in riferimento all'art. 136 Cost., la parte privata rileva che: a) contrariamente all'assunto del rimettente, la norma in esame non ha riproposto la medesima disciplina gi� dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 24 del 2004, �n� ha perseguito e raggiunto, anche indirettamente, esiti corrispondenti a quelli gi� ritenuti lesivi della Costituzione�, ma ha un contenuto del tutto differente, ad esempio laddove prevede la rinunciabilit� della sospensione del processo; b) la nuova disciplina � diversa dalla vecchia anche sotto il profilo del trattamento della parte civile e della durata non indefinita della sospensione; c) i soggetti cui la sospensione si applica non coincidono con quelli indicati nella disciplina gi� dichiarata incostituzionale e la differenziazione del loro trattamento, �sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, rispetto agli altri componenti degli organi collegiali � giustificata dall'intero nuovo assetto normativo, comunque diverso da quello gi� oggetto di censura costituzionale�, anche perch� �la Costituzione stessa riconosce l'autonomo rilievo nelle funzioni dei due Presidenti delle Camere rispetto agli altri membri del Parlamento (artt. 62 comma 2, 86 commi 1 e 2, 88 comma 1 della Costituzione)� e perch� �del pari il Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi del primo comma dell'art. 95 della Costituzione, svolge funzioni proprie del tutto peculiari rispetto agli altri membri del Governo�. 1.3. � Si � costituito il pubblico ministero del giudizio a quo, nelle persone del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e di un sostituto della stessa Procura. 1.3.1. � Il pubblico ministero sostiene, in primo luogo, l'ammissibilit� della sua costituzione, nonostante il contrario indirizzo interpretativo della Corte costituzionale, espresso con le sentenze n. 361 del 1998, n. 1 e n. 375 del 1996 e con l'ordinanza n. 327 del 1995. Secondo la sua ricostruzione, �gli argomenti contrari alla legittimazione del p.m. sono i seguenti: 1) la distinta menzione del �pubblico ministero� e delle �parti� nell'attuale disciplina della legge 11 marzo 1953, n. 87 (artt. 20, 23 e 25); 2) la menzione delle sole �parti� nella disciplina delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (artt. 3 e 17 [ora 16]); 3) la peculiarit� della posizione ordinamentale e processuale del p.m. nonostante ad esso debba riconoscersi la qualit� di parte nel processo a quo�. Quanto all'art. 20 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la difesa del pubblico ministero ritiene che esso, limitandosi a prevedere che per gli organi dello Stato (tra cui gli uffici del pubblico ministero) non � richiesta una difesa �professionale�, non riguardi n� valga a modificare la disciplina della legittimazione ad essere parte o ad intervenire in giudizio. Parimenti non decisivi, contro la legittimazione del pubblico ministero a costituirsi nel giudizio di costituzionalit�, sarebbero gli argomenti desumibili dagli artt. 23 e 25 della legge n. 87 del 1953. Il quarto comma dell'art. 23 dispone che: �L'autorit� giurisdizionale ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne dia lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al pubblico ministero quando il suo intervento sia obbligatorio�. Dispone, a sua volta, il secondo comma dell'art. 25 che: �Entro venti giorni dall'avvenuta notificazione dell'ordinanza, ai sensi dell'art. 23, le parti possono esaminare gli atti depositati nella cancelleria e presentare le loro deduzioni�. Secondo la difesa del pubblico ministero, il quarto comma dell'art. 23, da un lato, non esclude espressamente che l'ordinanza debba essere notificata al pubblico ministero che sia stato parte in giudizio e, dall'altro, ne impone la notifica al pubblico ministero, proprio perch� questo � stato "parte"; e ci� a prescindere dal fatto che il suo intervento fosse o no obbligatorio. A ci� TEMI ISTITUZIONALI 13 conseguirebbe che il pubblico ministero, sia che sia parte del giudizio principale, sia che debba obbligatoriamente intervenire in tale giudizio, pu� costituirsi nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale. Quanto agli artt. 3 e 17 delle previgenti norme integrative (attuali artt. 3 e 16), il pubblico ministero rileva che essi si limitano a riferirsi alle �parti�, non facendo �altro che presupporre una nozione aliunde determinata�. Essi, quindi, non ostano alle �conclusioni (favorevoli) raggiunte alla luce degli artt. 23 e 25 della legge n. 87 del 1953�. Quanto alla peculiarit� della posizione ordinamentale e processuale del pubblico ministero, la difesa rileva che il fatto che tale organo giudiziario, �secondo la nota formula dell'art. 73 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, debba vegliare �alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti di stato, delle persone giuridiche e degli incapaci [�]� � indiscutibile, ma costituisce un argomento estraneo al problema�. Infatti, �un conto � l'imparzialit� istituzionale del pubblico ministero, un conto la sua parzialit� funzionale�, avendo rilevanza nel processo costituzionale solo tale ultimo profilo, in considerazione del fatto che i princ�pi costituzionali di parit� delle parti e del contraddittorio sono stati inequivocabilmente introdotti nell'ordinamento con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, entrata in vigore successivamente alle decisioni della Corte costituzionale che negano al pubblico ministero la legittimazione a costituirsi. Tali princ�pi � prosegue la difesa del pubblico ministero � esistevano nel nostro ordinamento gi� prima, �ma com'� noto, essi venivano desunti in giurisprudenza e in dottrina dall'art. 24 Cost. e quindi, come per tutti i diritti costituzionali previsti in Costituzione, di essi erano (e sono) titolari solo i soggetti privati, non i pubblici poteri. Conseguentemente sia il principio della parit� delle armi che il principio del contraddittorio avevano una portata unidirezionale. Garantivano il cittadino, ma non la pubblica accusa nel processo penale e non la p.a. nel processo amministrativo�. Ne deriverebbe che solo la nuova formulazione dell'art. 111 Cost. garantisce al pubblico ministero una piena qualit� di parte, sotto il profilo della parit� processuale e del contraddittorio, con la conseguenza che la Corte costituzionale potrebbe mutare il sopra citato orientamento giurisprudenziale, proprio alla luce del mutato quadro costituzionale. A tali considerazioni si dovrebbe aggiungere che nei casi � come quello di specie � in cui proprio il pubblico ministero abbia sollevato la questione di legittimit� costituzionale di fronte al giudice a quo, sarebbe irragionevole escluderlo dalla partecipazione al giudizio costituzionale. 1.3.2. � Nel merito, il pubblico ministero chiede che siano accolte le questioni proposte dal rimettente. 1.4. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando che: a) la questione sollevata in riferimento all'art. 136 Cost. � infondata, perch� non si ha violazione del giudicato costituzionale qualora, come nel caso di specie, �il quadro normativo sopravvenuto, nel quale si inserisce la nuova disposizione, sia diverso da quello della legge precedente dichiarata costituzionalmente illegittima�; b) la questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost. � �inammissibile e comunque infondata �, per i motivi esposti nell'atto di intervento nel procedimento r.o. n. 398 del 2008. 1.5. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, la parte privata ha chiesto che venga dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del pubblico ministero, fondando la sua richiesta essenzialmente su due assunti. 1.5.1. � Tale parte sostiene, in primo luogo, che il pubblico ministero non � assimilabile alle altre parti del giudizio a quo, rilevando che: a) l'art. 20, secondo comma, della legge n. 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 87 del 1953 deve essere interpretato nel senso che esso contiene una previsione generale, volta a regolare esclusivamente la rappresentanza e difesa nel giudizio davanti alla Corte costituzionale; b) l'oggetto del giudizio costituzionale incidentale � la conformit� alla Costituzione o ad una legge costituzionale di una norma avente forza di legge ed il contraddittorio in tale giudizio si articola in �correlazione [�] con le posizioni soggettive che quella norma ha coinvolto nel giudizio principale, o che in relazione ad esso possono venir coinvolte� (secondo quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 163 del 2005); c) dalla correlazione del contraddittorio con le suddette �posizioni soggettive� deriva l'estraneit� al giudizio del pubblico ministero, perch� quest'ultimo � anche in base all'art. 73 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 � �non rappresenta mai, per definizione, una posizione soggettiva, intendendosi con questa espressione, un interesse che non sia quello [�] della conformit� alla legge�; d) �la difesa di una parte privata [�] non pu� mai eccepire l'illegittimit� costituzionale di una norma che sia di favore al proprio assistito, e ci� per due ordini di ragioni: in primis perch� sarebbe carente di interesse (ma questo non rileverebbe perch� non si tratta di una impugnazione), ma in secondo luogo perch� risponderebbe del reato di patrocinio infedele ai sensi dell'art. 380 del codice penale, oltre che di grave illecito deontologico sanzionabile dal punto di vista disciplinare�; e) il pubblico ministero, per contro, ha natura di parte pubblica e ha �il diritto/dovere di eccepire l'incostituzionalit� di una norma sia a favore sia contro ciascuna delle parti�, anche nel processo civile; g) gli artt. 23 e 25 della legge n. 87 del 1953 � come interpretati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 1998 � distinguono espressamente le parti dal pubblico ministero, escludendo che quest'ultimo possa costituirsi nel giudizio costituzionale. 1.5.2. � La stessa difesa sostiene, in secondo luogo, che al giudizio costituzionale non si applica il principio di parit� delle parti davanti al giudice sancito dall'art. 111 Cost., non essendo la Corte costituzionale un organo giurisdizionale, ed afferma, a sostegno di tale assunto, che, nel giudizio costituzionale: a) non trova applicazione il sesto comma dell'articolo 111 Cost., derivando l'obbligo di motivazione delle sentenze della Corte dall'articolo 18, commi secondo e terzo, della legge n. 87 del 1953; b) non trova applicazione neanche il secondo comma dello stesso art. 111, perch� �il contraddittorio tra le parti avanti la Consulta � disciplinato, come noto, dalla legge 11 marzo 1953, n. 87 e dalle norme integrative per i giudizi avanti la Corte Costituzionale�; c) non si applica neppure il principio di terziet� e imparzialit� del giudice sancito dallo stesso art. 111 Cost., �perch� i giudici della Corte Costituzionale sono per natura (per ovvie ragioni concernenti la loro funzione) sempre terzi ed imparziali, tant'� che non possono astenersi n� essere ricusati contrariamente a quanto � necessariamente previsto per i giudici di qualsivoglia �processo��. 1.6. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, il pubblico ministero del giudizio a quo insiste per l'accoglimento delle questioni proposte nell'ordinanza di rimessione, ribadendo le argomentazioni gi� svolte nella memoria di costituzione. 2. � Con ordinanza del 4 ottobre 2008 (r.o. n. 398 del 2008), nel corso di un processo penale in cui � imputato anche l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente del Consiglio dei ministri, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 68, 90, 96, 111, 112 e 138 Cost., questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008. 2.1. � In punto di rilevanza, il rimettente premette che l'articolo censurato, imponendo la sospensione del processo penale in corso a carico del Presidente del Consiglio dei ministri, trova necessaria applicazione nel giudizio a quo. Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il giudice a quo osserva che, con TEMI ISTITUZIONALI 15 la sentenza n. 24 del 2004, avente ad oggetto la legge n. 140 del 2003, la Corte costituzionale aveva affermato che: a) la natura e la funzione della norma consistevano �nel temporaneo arresto del normale svolgimento� del processo penale e miravano �alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali [�] eterogenee rispetto a quelle proprie del processo�; b) il presupposto della sospensione era dato dalla �coincidenza delle condizioni di imputato e di titolare di una delle cinque pi� alte cariche dello Stato�; c) il bene che la misura intendeva tutelare andava ravvisato �nell'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche� e tale bene veniva definito, dapprima, come �interesse apprezzabile, che pu� essere tutelato in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione � strumentale� e, poi, come espressione dei �fondamentali valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l'esigenza di protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione�; d) proprio �considerando che l'interesse pubblico allo svolgimento delle attivit� connesse alle alte cariche comporti nel contempo un legittimo impedimento a comparire�, il legislatore aveva voluto stabilire �una presunzione assoluta di legittimo impedimento�. Secondo quanto riferito dal rimettente, la Corte aveva, in detta sentenza, ravvisato l'incostituzionalit� della norma nel fatto che la sospensione in esame, che di per s� �crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale�, fosse �generale, automatica e di durata non determinata�: generale, in quanto la sospensione concerneva �i processi per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi, che siano extrafunzionali, cio� estranei alle attivit� inerenti alla carica�; automatica, in quanto la sospensione veniva disposta �in tutti i casi in cui la suindicata coincidenza� di imputato e titolare di un'alta carica �si verifichi, senza alcun filtro, quale che sia l'imputazione ed in qualsiasi momento dell'iter processuale, senza possibilit� di valutazione delle peculiarit� dei casi concreti�; di durata non determinata, in quanto la sospensione, �predisposta com'� alla tutela delle importanti funzioni di cui si � detto e quindi legata alla carica rivestita dall'imputato �, subiva nella sua durata �gli effetti della reiterabilit� degli incarichi e comunque della possibilit� di investitura in altro tra i cinque indicati�. Sempre ad avviso del giudice a quo, nella menzionata sentenza n. 24 del 2004 la Corte aveva rilevato: a) la violazione del diritto di difesa previsto dall'art. 24 della Costituzione, in quanto all'imputato Ǐ posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso di un'imputazione che, in ipotesi, pu� concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l'accertamento giudiziale che egli pu� ritenere a s� favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.)�; b) la violazione degli articoli 111 e 112 Cost., perch� �all'effettivit� dell'esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi del processo�; c) la violazione dell'art. 3 Cost., perch� la norma, da un lato, accomunava in un'unica disciplina �cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni� e, dall'altro, distingueva, �per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti �; d) la violazione dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che aveva esteso a tutti i giudici della Corte costituzionale il godimento dell'immunit� accordata nel secondo comma dell'art. 68 della Costituzione ai membri delle due Camere. Il rimettente ritiene che il legislatore, nell'adottare la disciplina censurata � la quale prevede la sospensione dei processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presi- 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri �, non abbia tenuto conto di quanto affermato nella citata sentenza n. 24 del 2004, anche perch� ha sostanzialmente riprodotto le previsioni della legge n. 140 del 2003 in tema di sospensione del corso della prescrizione, ai sensi dell'art. 159 del codice penale, e di applicabilit� della norma anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado. 2.1.1. � Sulla scorta di tali considerazioni, il Tribunale sostiene che l'articolo denunciato si pone in contrasto, in primo luogo, con l'art. 138 Cost., perch� lo status �dei titolari delle pi� alte istituzioni della Repubblica � in s� materia tipicamente costituzionale, e la ragione � evidente: tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilit� si pongono quali eccezioni rispetto al principio generale dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge previsto dall'articolo 3 della Costituzione, principio fondante di uno Stato di diritto �. 2.1.2. � In secondo luogo, il giudice a quo rileva la violazione dell'art. 3 Cost., perch� le �guarentigie concesse a chi riveste cariche istituzionali risultano funzionali alla protezione delle funzioni apicali esercitate�, con la conseguenza che la facolt� di rinunciare alla sospensione processuale riconosciuta al titolare dell'alta carica si pone in contrasto con la tutela del munus publicum, attribuendo una discrezionalit� �meramente potestativa� al soggetto beneficiario, anzich� prevedere quei filtri aventi caratteri di terziet� e quelle valutazioni della peculiarit� dei casi concreti che soli, secondo la sentenza n. 24 del 2004, potrebbero costituire adeguato rimedio rispetto tanto all'automatismo generalizzato gi� stigmatizzato dalla Corte quanto �al vulnus al diritto di azione�. Lo stesso parametro costituzionale sarebbe, altres�, violato, perch� �il contenuto di tutte le disposizioni in argomento incide su un valore centrale per il nostro ordinamento democratico, quale � l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti all'esercizio della giurisdizione penale�. 2.1.3. � � denunciata, in terzo luogo, la violazione degli artt. 3, 68, 90, 96 e 112 Cost., per la disparit� di trattamento tra la disciplina introdotta per i reati extrafunzionali e quella, di rango costituzionale, prevista per i reati funzionali delle quattro alte cariche in questione. Tale disparit� sarebbe irragionevole: a) per la mancata menzione dell'art. 68 Cost. fra le norme costituzionali espressamente fatte salve dalla legge n. 124 del 2008; b) per il fatto che �il bene giuridico considerato dalla legge ordinaria, e cio� il regolare svolgimento delle funzioni apicali dello Stato, � lo stesso che la Costituzione tutela per il Presidente della Repubblica con l'art. 90, per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri con l'art. 96�; c) per la previsione di uno ius singulare per i reati extrafunzionali a favore del Presidente del Consiglio dei ministri, che, invece, la Costituzione accomuna ai ministri per i reati funzionali in conseguenza della sua posizione di primus inter pares. 2.1.4. � Il rimettente ritiene, infine, che la norma censurata violi l'art. 111 Cost., sotto il profilo della ragionevole durata del processo, perch�: a) una sospensione formulata nei termini di cui alla disposizione denunciata, �bloccando il processo in ogni stato e grado per un periodo potenzialmente molto lungo, provoca un evidente spreco di attivit� processuale�; b) non essendo stabilito alcunch� �sull'utilizzabilit� delle prove gi� assunte� n� all'interno dello stesso processo penale al termine del periodo di sospensione n� all'interno della diversa sede in cui la parte civile abbia scelto di trasferire la propria azione, vi � la necessit� per la stessa parte �di sostenere ex novo l'onere probatorio in tutta la sua ampiezza�. 2.2. � Si � costituito in giudizio il suddetto imputato, svolgendo rilievi in parte analoghi a quelli svolti nella memoria di costituzione nel procedimento r.o. n. 397 del 2008 e osservando, TEMI ISTITUZIONALI 17 in particolare, che la sospensione prevista dalla disposizione censurata non � un'immunit�. Secondo l'imputato, infatti, l'immunit� � una circostanza scriminante, che �tutela in via esclusiva, diretta ed immediata, il sereno e libero esercizio della funzione esercitata, garantendone l'autonomia da altri poteri�, avendo ad oggetto comportamenti per i quali �viene esclusa ogni responsabilit� penale che mai ed in nessun tempo pu� sorgere, n� durante l'esercizio della funzione n� in un momento successivo�. Riguardo ai reati extrafunzionali � prosegue la difesa � �sussiste certamente una reviviscenza della astratta punibilit�, a carica scaduta, sia nel caso di immunit� che nel caso di sospensione. Ma la ratio di questi due istituti � altrettanto pacificamente diversa, poich� la seconda tutela, in via principale, diretta ed immediata, lo svolgimento di un giusto processo attraverso la protezione del diritto di difesa, che del giusto processo � condizione ineliminabile, il quale subisce un arresto temporaneo sino al momento in cui cessa la carica esercitata, ossia la causa di legittimo impedimento a comparire�. 2.2.1. � In relazione al principio di uguaglianza, la difesa della parte privata premette che l'ordinamento penale prevede molti casi in cui la diversit� di trattamento dipende da profili soggettivi (come, ad esempio, per i reati dei pubblici ufficiali o i reati militari). Con particolare riferimento all'asserita violazione degli artt. 68, 90 e 96 Cost., rileva che tali parametri nulla hanno a che vedere con l'articolo denunciato, perch� essi sono �rivolti, in via esclusiva, diretta ed immediata, a tutelare il sereno svolgimento delle funzioni rispetto al potere giurisdizionale, e dunque per tutelare un interesse pacificamente esterno al processo�. In particolare, gli articoli 68 e 90 Cost. prevedrebbero una immunit� di natura funzionale, che �sottrae un soggetto alla giurisdizione, poich� comporta l'esclusione, che si protrae ad infinitum, di ogni responsabilit� penale�, mentre l'art. 96 Cost. �non prevede una immunit� ma una condizione di procedibilit�, ossia �una ulteriore ipotesi [�] di blocco definitivo dell'esercizio del potere giurisdizionale, qui derivante da una valutazione di un organo politico in merito alla sussistenza dei presupposti �. Differentemente, la sospensione temporanea del processo penale prevista dalla disciplina denunciata �non � un istituto che esclude la giurisdizione e nemmeno l'eventuale responsabilit� penale, non tutela in via diretta ed immediata un interesse esterno al processo ma un diritto inviolabile interno ed immanente allo stesso. Di talch� il giudizio verrebbe s� sospeso, ma pacificamente rinizierebbe nel momento in cui cessi la causa che nega il suo intangibile diritto di difesa, ossia il perdurare della carica�. L'assoluta eterogeneit� tra la norma censurata e i menzionati parametri costituzionali sarebbe, inoltre, confermata dall'espressa previsione della salvezza dei �casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione�, la quale avrebbe la funzione di �accompagnare l'interprete nella direzione esattamente opposta a quella seguita dal giudice a quo, avvertendo che i beni giuridici tutelati non sono gli stessi per i quali � stata approvata la legge 124/08, non vi � perfetta comunanza di finalit� e nemmeno di ratio�. 2.2.2. � In relazione al principio di ragionevolezza, la parte privata rileva che, poich� la disciplina censurata � volta a tutelare il diritto di difesa dell'imputato, � irrilevante la differenza di trattamento fra reati funzionali ed extrafunzionali, in quanto ogni volta che la Corte costituzionale �si � pronunciata sul diritto fondamentale di difesa personale non ha mai operato la ben che minima distinzione in ordine al tipo di reato oggetto dell'imputazione e nemmeno alla sua gravit��. Contrariamente, poi, a quanto ritenuto dal giudice a quo, il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri non sarebbero sullo stesso piano, perch� il primo comma dell'art. 95 Cost. � esclusivamente dedicato al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai suoi compiti e prevede che egli �dirige la politica generale del Governo e ne � responsabile. Mantiene l'unit� di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attivit� dei ministri�, mentre l'art. 92, secondo comma, Cost. gli assegna il potere di proporre la nomina 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 e la revoca dei ministri. Ci� troverebbe conferma anche nel fatto che la legge elettorale vigente collega �l'apparentamento dei partiti politici ad un soggetto che si candida espressamente per esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio� e negli �incarichi internazionali correlati alla Presidenza del Consiglio, quali ad esempio la presidenza del G8 e del G20, che comportano una quantit� impressionante di impegni all'estero per pi� giorni consecutivi�. Un'ulteriore conferma della particolare posizione del Presidente del Consiglio dei ministri nell'ordinamento deriverebbe dalle previsioni della legge 23 agosto 1988, n. 400, la quale, in attuazione del dettato costituzionale, attribuisce a quest'ultimo molti poteri che i singoli ministri non hanno, come, tra gli altri: l'iniziativa per la presentazione della questione di fiducia dinanzi alle Camere; la convocazione del Consiglio dei ministri e di fissazione dell'ordine del giorno; la comunicazione alle Camere della composizione del Governo e di ogni mutamento in essa intervenuto; la proposizione della questione di fiducia; la sottoposizione al Presidente della Repubblica delle leggi per la promulgazione, dei disegni di legge per la presentazione alle Camere, dei testi dei decreti aventi valore o forza di legge, dei regolamenti governativi e degli altri atti indicati dalle leggi per l'emanazione; la controfirma degli atti di promulgazione delle leggi nonch� di ogni atto per il quale � intervenuta deliberazione del Consiglio dei ministri, degli atti che hanno valore o forza di legge e, insieme con il ministro proponente, degli altri atti indicati dalla legge; la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa e, anche attraverso il ministro espressamente delegato, l'esercizio delle facolt� del Governo di cui all'articolo 72 Cost.; l'esercizio delle attribuzioni di cui alla legge n. 87 del 1953, e la promozione degli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle decisioni della Corte Costituzionale; la formulazione delle direttive politiche ed amministrative ai ministri, in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, nonch� di quelle connesse alla propria responsabilit� di direzione della politica generale del Governo; il coordinamento e la promozione dell'attivit� dei ministri in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo; la sospensione dell'adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, con la loro sottoposizione al Consiglio dei ministri nella riunione immediatamente successiva; il deferimento al Consiglio dei ministri della decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti; il coordinamento dell'azione del Governo relativa alle politiche comunitarie e all'attuazione delle politiche comunitarie. Dal punto di vista politico, invece �il Presidente del Consiglio risponde collegialmente per tutti gli atti del Consiglio dei ministri ma, non si pu� dimenticare, individualmente per quelli compiuti nell'esercizio delle funzioni a lui attribuitegli, in via esclusiva, dalla Costituzione e dalla legge ordinaria�. In conclusione, pare razionale alla difesa della parte che l'art. 96 Cost., in quanto diretto a garantire il sereno svolgimento del potere esecutivo, accomuni in un'unica disciplina coloro che esercitano lo stesso potere, sebbene con funzioni diverse e in posizione differenziata. Pare ugualmente razionale che la norma censurata, in quanto diretta a tutelare il diritto inviolabile alla difesa personale nel processo, tenga conto, invece, �delle disposizioni costituzionali, e della legge ordinaria di attuazione, che attribuiscono espressamente rilevantissimi poteri-doveri politici al Presidente del Consiglio dei ministri di cui � il solo responsabile, valutando dunque, in maniera altrettanto ragionevole, che solo i suoi impegni possono configurare un costante legittimo impedimento a comparire nel processo penale, diretto ad accertare una responsabilit� giuridica esclusivamente personale�. E ci� anche perch� � ad avviso della stessa difesa � �la Carta costituzionale non contiene, invece, alcuna attribuzione esplicita di poteri o doveri ai ministri, ma ne demanda la disciplina alla sola legge ordinaria e alla prassi�. TEMI ISTITUZIONALI 19 2.2.3. � La difesa passa, poi, a trattare specificamente il profilo soggettivo della disciplina censurata, sostenendo che il Presidente della Repubblica, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e il Presidente del Consiglio dei ministri sono �accomunati da quattro caratteristiche: ricoprono posizioni di vertice in altrettanti organi costituzionali, sono titolari di funzioni istituzionali aventi natura politica, hanno l'incarico di adempiere peculiari doveri che la Costituzione espressamente impone loro e ricevono la propria investitura, in via diretta o mediata, dalla volont� popolare�. Diversa sarebbe la posizione del Presidente della Corte costituzionale, perch� egli �non riceve la propria investitura dalla volont�, n� diretta n� indiretta, del popolo. Si aggiunga che la sentenza 24/04 poneva in luce che la legge 140/03 mentre faceva espressamente salvi gli artt. 90 e 96 Cost., nulla diceva a proposito del secondo comma dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. Riscontrava, per tale ragione, gravi elementi di intrinseca irragionevolezza�. Secondo la difesa dell'imputato, �le alte cariche indicate dalla legge 124/08 si trovano tutte in una posizione nettamente differenziata rispetto agli altri componenti degli organi che eventualmente presiedono�. In particolare, il Presidente della Camera dei deputati: a) convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica (art. 85, secondo comma, Cost.); b) indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica (art. 86, secondo comma, Cost.); c) convoca il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un terzo dei giudici della Corte Costituzionale (art. 135, primo comma, Cost.); d) presiede le riunioni del Parlamento in seduta comune (art. 63, secondo comma, Cost.); e) rappresenta la Camera e ne assicura il buon funzionamento; f) sovrintende all'applicazione del regolamento presso tutti gli organi della Camera e decide sulle questioni relative alla sua interpretazione acquisendo, ove lo ritenga opportuno, il parere della Giunta per il regolamento, che presiede; g) emana circolari e disposizioni interpretative del regolamento; h) decide, in base ai criteri stabiliti dal regolamento, sull'ammissibilit� dei progetti di legge, degli emendamenti e ordini del giorno, degli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo; i) cura l'organizzazione dei lavori della Camera convocando la Conferenza dei presidenti di gruppo e predisponendo, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza prescritta dal regolamento, il programma e il calendario; l) presiede l'Assemblea e gli organi preposti alle funzioni di organizzazione dei lavori e di direzione generale della Camera (Ufficio di presidenza, Conferenza dei presidenti di gruppo, Giunta per il regolamento); m) nomina i componenti degli organi interni di garanzia istituzionale (Giunta per il regolamento, Giunta delle elezioni, Giunta per le autorizzazioni richieste ai sensi dell'art. 68 Cost.); n) assicura il buon andamento dell'amministrazione interna della Camera, diretta dal Segretario generale, che ne risponde nei suoi riguardi. Il Presidente del Senato della Repubblica: a) esercita le funzioni di supplente del Presidente della Repubblica, in base all'art. 86 Cost., in ogni caso in cui questi non possa adempierle; b) viene sentito, al pari del Presidente della Camera dei deputati, dal Presidente della Repubblica prima di sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse (art. 88 Cost.); c) rappresenta il Senato; d) regola l'attivit� di tutti i suoi organi; e) dirige e modera le discussioni; f) pone le questioni; g) stabilisce l'ordine delle votazioni e ne proclama il risultato; h) dispone dei poteri necessari per mantenere l'ordine e assicurare, sulla base del regolamento interno, il buon andamento dei lavori. In conclusione � prosegue la difesa dell'imputato � �nella logica della valorizzazione del dettato costituzionale, dei regolamenti di attuazione, e delle indicazioni della Consulta, il legislatore ha ragionevolmente ritenuto che solo gli impegni di codeste peculiari alte cariche politiche possano prospettare un costante legittimo impedimento a comparire nel processo 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 penale, diretto ad accertare una responsabilit� giuridica esclusivamente personale, e che solo nei loro confronti sorga l'esigenza di tutelarne, in maniera specifica, la serenit� di azione�. Quanto alla facolt� di rinuncia alla sospensione prevista dal censurato comma 2 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, la parte privata sostiene che essa �d� la riprova che la ratio oggettivizzata in questo dettato legislativo � s� quella di tutelare, in via indiretta, un interesse politico, ma soprattutto, in via diretta ed immediata, l'inviolabile diritto di difesa. Altrimenti una facolt� di rinuncia non sarebbe stata prevista�. Ne conseguirebbe che �non vi � allora nessuna necessit� di prevedere un filtro per la tutela di tale primario diritto, poich� la normativa in esame costituisce concreta attuazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione�. 2.2.4. � In relazione alla questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost., la difesa dell'imputato, dopo avere premesso quanto dedotto nella memoria depositata nel procedimento r.o. n. 397 del 2008, passa ad esaminare le cause di sospensione regolate da leggi ordinarie e dirette a determinate categorie o a soggetti specificati per funzione, qualifica o qualit�. Sostiene, sul punto, che Ǐ assolutamente pacifico e notorio che la massima parte delle attribuzioni dei compiti e delle specificazioni in tema sono stati sempre posti in essere mediante leggi ordinarie�, anche perch� le riserve di legge costituzionale devono essere espressamente previste dalla Costituzione. Esistono infatti � prosegue la difesa � numerose cause di sospensione del processo previste con legge ordinaria �ed indirizzate a determinate categorie o a soggetti specificati per funzione, qualifica o qualit�, alcune delle quali sono dirette alla tutela di un diritto immanente al processo, altre di un interesse esclusivamente esterno�, come, ad esempio: nel codice di procedura penale �gli articoli 3, 37, 41, 47, 71, 344, 477, e 479, cos� come nel codice penale gli articoli 159 e 371-bis�; in materia tributaria, �quei molteplici decreti legge convertiti i quali, in correlazione con il condono previsto dagli stessi, disponevano una sospensione processuale estremamente lunga�; l'art. 243 del codice penale militare di guerra, �ove la sospensione � correlata alla condizione soggettiva di appartenenza a reparti mobilitati�; �l'art. 28 del D.P.R. 22.9.1988 n. 448 in tema di procedimenti nei confronti di minorenni�, in cui �la sospensione � addirittura ad personam ove si ritenga da parte del giudice di dover valutare la personalit� del minorenne�. 2.2.5. � Quanto alla natura delle �cause di sospensione derivanti dalla sussistenza di immunit� internazionali�, la medesima difesa sostiene che esse non trovano copertura nell'art. 10 Cost., perch� sono previste da trattati internazionali recepiti con legge ordinaria e non dalle �norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�. Sostiene, inoltre, che esse sono �squisitamente soggettive, ovvero strettamente correlate alla funzione svolta dal soggetto interessato �, come ad esempio quelle previste dall'art. 31, primo comma, seconda parte, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 e dall'art. 43, primo comma, della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963. Sostiene, infine, che le immunit� hanno natura sia funzionale, sia extrafunzionale, in quanto coprono �tutti gli atti, compiuti come persona privata o come carica pubblica da parte del soggetto immune, siano quelli privati, precedenti o concorrenti, rispetto alla sua condizione di alto rappresentante dello Stato�, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia e della Corte di cassazione e confermato dalla dottrina. 2.2.6. � Quanto al parametro dell'art. 112 Cost., la difesa dell'imputato sostiene che: a) l'orientamento della Corte costituzionale, secondo cui fra il diritto di essere giudicato e il diritto di autodifendersi deve ritenersi prevalente quest'ultimo, si attaglia perfettamente alla sospensione prevista dalla norma censurata; b) l'art. 112 Cost. non impone un'assoluta continuit� nell'esercizio dell'azione penale una volta che questa viene avviata, essendo ben possibile TEMI ISTITUZIONALI 21 che vengano meno eventuali condizioni di procedibilit� oggettive o soggettive; c) �l'obbligatoriet� dell'azione penale non nasce dal semplice fatto storico antigiuridico, ma dal medesimo fatto connotato da una condizione di procedibilit� ex officio o su impulso di parte privata� e �il pubblico ministero ha s� l'obbligo di esercitare l'azione penale, ma sempre che non vi siano cause ostative o sospensive dell'azione stessa, che possono liberamente essere fissate dal legislatore, purch� non confliggano con i princ�pi di uguaglianza e di ragionevolezza�; d) l'ordinamento prevede la querela e la remissione di querela, oltre a fattispecie come l'immunit� o l'estradizione, nelle quali l'azione penale � preclusa �totalmente o parzialmente, temporaneamente o definitivamente�, nonch� fattispecie in cui �alcuni fatti di reato, pur nell'obbligatoriet� dell'azione penale e nell'antigiuridicit� della condotta, sono perseguibili soltanto a richiesta del Ministro della giustizia� o �se il soggetto agente si trovi nel territorio dello Stato, per i reati commessi all'estero� (artt. 8, 9 e 10 cod. pen.); e) l'art. 260 del codice penale militare di pace subordina la procedibilit� di una notevole serie di reati alla richiesta del comandante del corpo; f) l'art. 313 cod. pen. �subordina l'esercizio dell'azione penale per una lunga serie di delitti, alcuni di non certo modesta gravit�, addirittura all'autorizzazione del Ministro della Giustizia� e tale disciplina � stata ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 22 del 1959, con la quale si � affermato che �l'istituto della autorizzazione a procedere trova fondamento nello stesso interesse pubblico tutelato dalle norme penali, in ordine al quale il procedimento penale potrebbe qualche volta risolversi in un danno pi� grave dell'offesa stessa�; g) nel caso in esame, �contrariamente a quanto accade con l'art. 313 c.p., ritenuto costituzionalmente corretto, non vi � una inibizione definitiva dell'azione penale bens� soltanto una temporanea sospensione del processo�, con la conseguenza che �la giurisdizione potr� poi effettivamente esplicarsi�. 2.2.7. � Quanto alla violazione dell'art. 111 Cost., prospettata dal rimettente sotto il profilo della ragionevole durata del processo, la difesa dell'imputato osserva che: a) la disposizione censurata �segue alla lettera le indicazioni date da codesta Corte nella sentenza n. 24 del 2004, perch� impedisce che la stasi del processo si protragga per un tempo indefinito e indeterminabile e prevede espressamente, nel contempo, la non reiterabilit� delle sospensioni�; b) la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e quella costituzionale hanno riconosciuto la rilevanza del canone della ragionevole durata del processo, chiarendo, per�, che esso �non costituisce un valore assoluto, da perseguire ad ogni costo�; c) in particolare, la Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 458 del 2002, ha affermato che: �il principio di ragionevole durata del processo non pu� comportare la vanificazione degli altri valori costituzionali che in esso sono coinvolti, primo fra i quali il diritto di difesa, che l'art. 24, secondo comma, proclama inviolabile in ogni stato e grado del procedimento�; d) ancora, la stessa Corte, con l'ordinanza n. 204 del 2001 ha affermato che: �il principio della ragionevole durata del processo [...] deve essere letto . alla luce dello stesso richiamo al connotato di "ragionevolezza ", che compare nella formula normativa . in correlazione con le altre garanzie previste dalla Carta costituzionale, a cominciare da quella relativa al diritto di difesa (art. 24 Cost.)�. Pi� in particolare, in relazione al rilievo del rimettente secondo cui �la sospensione cos� formulata, bloccando il processo in ogni stato e grado per un periodo potenzialmente molto lungo, provoca un evidente spreco di attivit� processuale�, la parte privata osserva che �l'istruttoria dibattimentale, per quanto riguarda la posizione dell'esponente, non � affatto conclusa mancando l'audizione del consulente tecnico di parte e l'audizione di numerosissimi testimoni �. Quanto, poi, all'affermazione del giudice a quo per cui �la norma [...] nulla dice sull'utiliz- 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 zabilit� delle prove gi� assunte, che potrebbero venire del tutto disperse qualora, al termine dell'eventualmente lungo periodo di operativit� della sospensione [...], divenisse impossibile la ricostruzione del medesimo collegio�, la difesa dell'imputato sostiene che si tratta di �una ipotesi del tutto potenziale e futura�, con conseguente inammissibilit�, per difetto di rilevanza, della relativa questione di legittimit� costituzionale. In ogni caso � prosegue la difesa dell'imputato � non si comprende �per quali ragioni sia oggi sostenibile dal rimettente l'affermazione che non sar� possibile ricostituire il medesimo collegio�, considerato che �la permanenza nello stesso ufficio giudiziario per la durata massima della carica di un Presidente del Consiglio dei ministri non � certamente infrequente, anzi, e comunque vi � sempre la possibilit� di ricostituzione mediante le opportune applicazioni�. Se poi lo stesso Tribunale, nella sua composizione attuale, proseguir� nel giudicare il coimputato pronunciando sentenza, �si porr�, qualsiasi sia la decisione, in una situazione di assoluta incompatibilit� sancita dal codice di rito�. La rinnovazione dell'istruttoria �non avrebbe in alcun modo l'effetto di porre nel nulla l'attivit� sino a quel momento compiuta, la quale invece si riverserebbe nel nuovo fascicolo del dibattimento� e sarebbero �poi le parti a dover decidere se richiedere l'espletamento di tutti o parte degli incombenti dibattimentali, fermo restando il contenuto del fascicolo del dibattimento �. Quanto, infine, alla mancata previsione di una disciplina dell'utilizzabilit� in sede civile delle prove gi� assunte nel processo penale, la difesa dell'imputato ritiene che essa non comporta alcun divieto di utilizzabilit� delle prove stesse, perch� trovano applicazione le regole generali, �potendo cos� il giudice civile, in piena autonomia, utilizzarle e valutarle come semplici indizi o come prova esclusiva del proprio convincimento�. 2.3. � Si � costituito il pubblico ministero del giudizio a quo, nelle persone del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e di un sostituto della stessa Procura. Il pubblico ministero sostiene l'ammissibilit� della sua costituzione in giudizio e chiede, nel merito, che siano accolte le questioni proposte dal rimettente, svolgendo considerazioni analoghe a quelle contenute nella memoria depositata nel procedimento r.o. n. 397 del 2008. 2.4. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 2.4.1. � La difesa erariale rileva, in primo luogo, che la questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost. � �inammissibile e comunque infondata�, perch� la disposizione censurata ha la funzione di tutelare il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni inerenti alle alte cariche dello Stato e la �materia, considerata di per s�, non � preclusa alla legge ordinaria�, come confermato dal fatto che altre fattispecie di sospensione sono disciplinate dal codice di procedura penale. �Il fatto che nella Costituzione si trovino alcune �prerogative� degli organi costituzionali� � prosegue l'Avvocatura generale � �non significa che non ne possano essere introdotte altre con legge ordinaria, ma solo che le prime costituiscono deroghe a princ�pi o normative posti dalla Costituzione stessa e che quindi solo nella Costituzione possono trovare deroghe�. Del resto � secondo la stessa difesa � �per dimostrare la necessit� della legge costituzionale si sarebbe dovuto indicare l'interesse incompatibile, garantito dalla Costituzione, rispetto alla quale la norma avrebbe dovuto costituire una deroga�, mentre il rimettente non ha indicato parametri costituzionali diversi dall'art. 138 Cost, �perch� in effetti non ce ne sono di utilizzabili�. Tale conclusione troverebbe conferma nella sentenza n. 24 del 2004, avente ad oggetto la legge n. 140 del 2003, con cui la Corte costituzionale, non avendo affrontato la questione della �forma legislativa utilizzabile�, ne avrebbe escluso implicitamente la rilevanza. TEMI ISTITUZIONALI 23 2.4.2. � In secondo luogo, la difesa erariale sostiene che la questione sollevata con riferimento all'art. 112 Cost. Ǐ inammissibile in quanto non compiutamente motivata (e comunque � manifestamente infondata in quanto, all'evidenza, la meramente disposta sospensione del processo [�] non incide, limitandola, sulla obbligatoriet� dell'esercizio dell'azione penale da parte del P.M.), al pari di quella prospettata con riferimento all'art. 68 Cost. (essendo le ragioni accennate nella ordinanza nella stessa non sviluppate, anche per quanto attiene alla rilevanza nel giudizio a quo)�. 2.4.3. � In terzo luogo, quanto alla pretesa violazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla giurisdizione penale, l'Avvocatura generale rileva che sussiste una �posizione particolarmente qualificata delle alte cariche contemplate dalla norma in discussione, nella considerazione della possibile compromissione dello svolgimento delle elevate funzioni alle stesse affidate anche per la inovviabile risonanza, anche mediatica, ed in termini non limitati all'interno del Paese, dello svolgimento del processo penale a loro carico durante il periodo in cui le stesse funzioni sono esercitate�. La deroga alla giurisdizione prevista dalla norma denunciata sarebbe, del resto, �proporzionata ed adeguata alla finalit� perseguita, in termini sia di prevista predeterminata e non reiterabile durata della sospensione [�], sia di consentita rinuncia dell'interessato [�] sia, infine di tutela efficace ed �immediata� delle ragioni della eventuale parte civile�. 2.4.4. � In quarto luogo, sempre ad avviso della difesa erariale, la norma censurata non � irragionevole, perch�, �in una logica conseguente ad una ponderazione e ad un bilanciamento degli interessi �in giuoco�, non � certo arbitrario che la stessa sottoposizione alla giurisdizione ordinaria del Presidente del Consiglio dei ministri per reati commessi nell'esercizio delle proprie funzioni sia costituzionalmente garantita dalla prevista autorizzazione del Parlamento, chiamato perci� a previamente valutare se la condotta sia meritevole di essere sottoposta all'esame del giudice ordinario, avanti al quale la ipotizzata immediatezza del perseguimento del reato funzionale trova la sua giustificazione nella preminente rilevanza istituzionale degli interessi di carattere generale coinvolti ed incisi dalla contestata condotta (rilevanza che, contrariamente a quanto assume il rimettente, non va valutata solo in termini di pena conseguente). All'incontro, la stessa esigenza non � comunque prospettabile con riferimento ai reati �comuni�, per i quali il processo � promosso dal P.M., senza necessit� di alcun previo �filtro politico�, e per il quale � prevista solo la sua sospensione, temporanea e predeterminata, nella ragionevole e su evidenziata considerazione del �pregiudizio� del suo svolgimento sull'esercizio delle funzioni istituzionali proprie dell'alta carica�. Non sarebbe, del pari, irragionevole la �disposta limitazione della sospensione, tra gli Organi di governo, al solo Presidente del Consiglio [�], poich� � indiscutibile la posizione costituzionalmente differenziata del primo rispetto agli altri componenti del Governo, spettando al Presidente (art. 95 Cost.) il dirigere la politica generale del Governo, essendone il responsabile, e il mantenere l'unit� di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attivit� dei Ministri�. 2.4.5. � In quinto luogo, non sussisterebbe neppure la prospettata violazione del principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., perch�: da un lato, �la previsione, da parte della legge ordinaria, di cause che comportano, per ragioni oggettive o soggettive, il temporaneo arresto del normale svolgimento del processo penale [�] non mette in crisi il menzionato principio della ragionevole durata; d'altro lato, la temporanea sospensione del processo, quale delineata e come sopra "conformata" con la disposizione in discussione, � congruamente e ragionevolmente finalizzata ad evitare il rischio che sia pregiudicato il corretto e sereno esercizio delle eminenti funzioni pubbliche delle quale sono investite le alte cariche 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ivi considerate�. 2.4.6. � In sesto luogo, non pare decisivo alla difesa erariale �l'ulteriore rilievo della ordinanza che evidenzia la carenza di esplicita previsione circa la utilizzabilit� nell'ulteriore fase del processo dei mezzi di prova gi� assunti�, perch� �la disposizione de qua nulla espressamente dispone al riguardo� e spetter� al giudice a quo �motivatamente optare per una non preclusa e perci� possibile interpretazione dell'art. 511 c.p.p. che, tenendo conto della �particolarit�� del regime predisposto con la disposizione in discussione, consenta comunque [�] la utilizzazione delle prove gi� assunte nella precedente fase�. 2.5. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, la parte privata chiede che venga dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del pubblico ministero, svolgendo rilievi analoghi a quelli contenuti nella memoria depositata in prossimit� dell'udienza nel procedimento r.o. n. 397 del 2008. 2.6. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, il pubblico ministero del giudizio a quo insiste per l'accoglimento delle questioni proposte nell'ordinanza di rimessione, ribadendo le argomentazioni gi� svolte nella memoria di costituzione. 3. � Con ordinanza del 26 settembre 2008 (r.o. n. 9 del 2009), nel corso di un procedimento penale in cui � sottoposto alle indagini, tra gli altri, l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente del Consiglio dei ministri, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008. 3.1. � In punto di fatto, il rimettente premette che: a) �in data 4 luglio 2008 il p.m. ha avanzato richiesta di proroga dei termini di scadenza delle indagini preliminari (art. 406 c.p.p.) per il periodo di sei mesi, nell'�mbito del procedimento iscritto al n. 1349/08 del Registro delle notizie di reato�; b) �decorso il periodo di sospensione feriale dei termini di cui alla legge n. 742/1969, questo giudice si � trovato nella necessit� di procedere alla notificazione della richiesta del p.m. agli indagati, in vista dell'instaurazione del contraddittorio cartolare di cui all'art. 406, comma 3 c.p.p. che in via eventuale pu� instaurarsi prima della relativa decisione �; c) in data 23 luglio 2008 � stata approvata dal Parlamento la norma censurata, il cui comma 1 impone la sospensione generale ed automatica dei processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presidente della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e di Presidente del Consiglio dei ministri dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica, anche per processi penali relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione. Quanto alla rilevanza delle sollevate questioni, il giudice a quo osserva che, anche se la locuzione �processi penali�, adoperata dal censurato comma 1, �lascerebbe intendere la non operativit� della legge per le fasi anteriori al giudizio propriamente inteso, da celebrarsi cio� in pubblico dibattimento�, un'attenta analisi del dato normativo non autorizza una tale interpretazione restrittiva. E ci� perch� � prosegue il giudice a quo � il successivo comma 7 stabilisce che �le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge�. Secondo lo stesso rimettente, �se � certamente concepibile la circostanza che un processo, inteso come procedimento pervenuto alla fase del dibattimento pubblico, possa pendere in diversi gradi (primo, secondo, di legittimit�) e se � certamente possibile individuare all'interno dei gradi, diversi stati (quelli ad es. degli atti preliminari al dibattimento di primo, artt. 465-469 c.p.p. e di secondo grado, art. 601 c.p.p.; atti successivi alla deliberazione della sentenza di primo grado, artt. 544-548 c.p.p.; atti preliminari alla decisione del ricorso per Cassazione, art. 610 TEMI ISTITUZIONALI 25 c.p.p.), non � invece giuridicamente ipotizzabile per il giudizio dibattimentale una fase che non sia quella in cui lo stesso � per l'appunto pervenuto�. Ci� dimostrerebbe �il carattere atecnico della locuzione adoperata (processo) che copre in realt� e come del resto espressamente enunciato, ogni fase, stato e grado del procedimento�, anche perch� altrimenti la previsione di legge sarebbe priva di rilevanza �dispositiva, precettiva o anche solo ermeneutica�. Un ulteriore argomento testuale a favore dell'applicabilit� della disciplina denunciata anche alla fase delle indagini preliminari si rinverrebbe nel disposto del censurato comma 3, il quale stabilisce che la sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 cod. proc. pen., per l'assunzione delle prove non rinviabili. Tale previsione comporta � sempre secondo il rimettente � due necessarie implicazioni: a) la sospensione riguarda anche fasi precedenti il processo inteso come giudizio dibattimentale pubblico, dal momento che solo nel corso della fase delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare � consentito il ricorso alla acquisizione anticipata delle prove mediante incidente probatorio; b) nella fase delle indagini preliminari � vietata, in linea generale, la raccolta delle prove e, al fine di permettere la celebrazione del futuro processo che potrebbe avere luogo alla scadenza del periodo di durata della carica dei soggetti considerati, � necessario ricorrere allo strumento dell'incidente probatorio. In particolare, il giudice a quo osserva che, �ove [�] il legislatore avesse voluto consentire [�] la raccolta delle prove anche nella fase delle indagini preliminari, nulla avrebbe detto al riguardo, laddove si � invece sentito in dovere di indicare espressamente le eccezioni [�] al principio [�] di vietare ogni acquisizione probatoria nei procedimenti a carico dei soggetti che ricoprono le cariche pubbliche�. 3.1.1. � Sul piano comparatistico, il rimettente osserva che la disposizione censurata costituisce �un unicum� rispetto a quanto previsto da altri ordinamenti e ricorda che �solo le Costituzioni di pochi Stati (Grecia, Portogallo, Israele e Francia) prevedono l'immunit� temporanea per i reati comuni; essa � peraltro limitata alla figura del Presidente della Repubblica, che rappresenta l'unit� nazionale�. La stessa regola � prosegue il giudice a quo � non vale, invece, per i Presidenti del Parlamento n� tanto meno per il Capo dell'esecutivo, per il quale l'immunit� non � �mai estesa ai reati comuni� e �passa attraverso la tutela del mandato parlamentare che quasi sempre [�] si cumula nella figura del premier, sotto forma di previsione di autorizzazioni a procedere concesse da organi parlamentari (Spagna), Corti costituzionali (Francia) o tribunali comuni (Stati Uniti)�. Alla stessa logica sarebbero poi ispirate le soluzioni normative proprie di quei sistemi costituzionali �che prevedono fori speciali o particolari condizioni di procedibilit� (in genere ed ancora: autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza) per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di alcune alte cariche dello Stato, per reati sia comuni che connessi all'esercizio delle funzioni (come ad es. in Spagna nei confronti del Capo del Governo e dei Ministri), mantenendo comunque la facolt� per la Corte costituzionale di esercitare un controllo sull'eventuale diniego opposto dallo organo parlamentare�. 3.1.2. � Tanto premesso, il rimettente afferma che la disposizione denunciata v�ola, in primo luogo, l'art. 138 Cost., perch� �la deroga al principio di uguaglianza dinanzi alla giurisdizione ed alla legge � stata [�] introdotta con lo strumento della legge ordinaria, che nella gerarchia delle fonti si colloca evidentemente ad un livello inferiore rispetto alla legge costituzionale, la quale [�] � stata di per s� gi� ritenuta insuscettibile di alterare uno dei connotati fondamentali dell'ordinamento dello Stato espresso dal suddetto principio�. Rileva il giudice a quo che, �anche solo per disciplinare l'esercizio dell'azione penale nei confronti dei soggetti rivestiti della carica di Ministri (tra cui lo stesso Presidente del Consi- 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 glio) in relazione ai reati commessi nell'esercizio delle relative finzioni, il legislatore � ricorso allo strumento della legge costituzionale (legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1), in funzione derogatoria, tra gli altri, proprio dell'art. 96 Cost.�. Il silenzio serbato sul punto dalla sentenza n. 24 del 2004, avente ad oggetto l'analoga disciplina della legge n. 140 del 2003, non pu� �valere come precedente a favore della costituzionalit� della scelta dello strumento normativo allora come oggi adottato, dal momento che gli effetti delle sentenze che dichiarano l'illegittimit� costituzionale delle disposizioni di legge sottoposte a scrutinio sono quelli espressamente previsti dagli artt. 27 e 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, e non si estendono anche alle questioni meramente deducibili�. 3.1.3. � � dedotta, in secondo luogo, la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., sul rilievo che la disciplina crea ��un regime differenziato riguardo alla giurisdizione [...] penale� (sent. Cost. n. 24/2004)�, ponendosi cos� in contrasto con �uno dei princ�pi fondamentali del moderno Stato di diritto, rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. Ad avviso del rimettente, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 24 del 2004, ha affermato, �con espressioni nette e limpide, ancorch� quantitativamente ridotte rispetto al corpo motivazionale�, che �nessuna legge, sia costituzionale e tanto meno ordinaria, pu� sovvertire uno dei princ�pi fondamentali del moderno Stato di diritto, rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. L'assolutezza del principio sarebbe tale da sgombrare il campo dalla possibile obiezione che �le differenze che si riscontrano nell'articolo unico della legge n. 124/2008 rispetto all'art. 1, comma 2, della legge n. 140/2003 e l'eliminazione degli ulteriori punti di contrasto con altre norme costituzionali che caratterizzavano quella disciplina (menomazione del diritto di difesa dell'imputato e sacrificio delle ragioni della parte civile eventualmente costituta in giudizio in relazione all'art. 24 Cost., automatismo generalizzato della sospensione e stasi indefinita dei tempi del processo in relazione ancora all'art. 24 ed all'art. 111 Cost.; irragionevolezza derivante dalla previsione di un'unica disciplina per cariche dello Stato diverse per fonti di investitura e natura delle funzioni ed irragionevolezza tra regime di esenzione dalla giurisdizione per le cariche apicali dello Stato rispetto ai membri degli organi costituzionali di appartenenza o di altri soggetti svolgenti funzioni omologhe, in rapporto all'art. 3, secondo comma Cost.) possano fondare la legittimit� della previsione qui censurata�. 3.1.4. � Sarebbe violato, in terzo luogo, l'art. 3 Cost., per l'irragionevolezza intrinseca della disciplina derivante dall'insindacabilit� della facolt� di rinunzia alla sospensione �dal momento che se l'interesse dichiaratamente perseguito dal legislatore � quello di assicurare la serenit� di svolgimento della funzione nel periodo di durata in carica (sent. Corte cost. n. 24/2004), la sospensione dei procedimenti dovrebbe essere del tutto indisponibile da parte dei soggetti considerati, al fine di assicurarne appieno l'efficacia�. 3.1.5. � L'articolo denunciato violerebbe, in quarto luogo, l'art. 111, secondo comma, Cost., perch� si porrebbe in contrasto con �un corollario immanente al principio di ragionevole durata del processo, consistente nella concentrazione delle fasi processuali, nel senso che nell'�mbito del procedimento penale, alla fase di acquisizione delle prove deve seguire entro tempi ragionevoli quella della loro verifica in pubblico dibattimento, ai fini della emissione di una giusta sentenza da parte del giudice�. 3.1.6. � Il rimettente deduce, infine, il contrasto della norma censurata con gli artt. 3 e 112 Cost., per violazione dei princ�pi di obbligatoriet� dell'azione penale e di uguaglianza sostanziale, sotto il profilo dell'irragionevolezza del contenuto derogatorio della disciplina censurata TEMI ISTITUZIONALI 27 rispetto al diritto comune, in quanto tale norma non si applica ai reati commessi nell'esercizio delle funzioni istituzionali, ma ai reati extrafunzionali �indistintamente commessi dai soggetti ivi indicati, di qualsivoglia natura e gravit�, finanche prima dell'assunzione della funzione pubblica�. Ad avviso del giudice a quo, la Costituzione consente deroghe al principio di obbligatoriet� dell'azione penale per �i soli reati commessi nell'esercizio di funzioni istituzionali e che siano intrinsecamente connaturati allo svolgimento delle medesime (artt. 68, 90, 96 e 122, quarto comma Cost.), situazione quest'ultima che fonda per l'appunto la ragionevolezza anche della deroga al regime ordinario di procedibilit� dei reati�. L'irragionevolezza denunziata � conclude il rimettente � risalterebbe in maniera ancora pi� netta nel caso in cui la sospensione intervenisse concretamente a bloccare, sia pur temporaneamente, procedimenti per reati gravi, �con il non voluto risultato di trasformare l'assunzione dell'incarico pubblico, comportante la generale temporanea immunit�, in momento di obiettivo disdoro per il prestigio intrinseco della funzione�. 3.2. � Si � costituita la suddetta parte privata, svolgendo, nel merito, rilievi analoghi a quelli contenuti nelle memorie di costituzione nei procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e osservando, in punto di ammissibilit�, che le questioni proposte dal rimettente non sono ammissibili, perch� la disposizione censurata non trova applicazione nella fase delle indagini preliminari. La difesa non condivide, cio�, l'assunto del giudice a quo � investito dal pubblico ministero della richiesta di proroga dei termini di scadenza delle indagini � secondo cui, poich� il termine �processo� si attaglierebbe esclusivamente al procedimento pervenuto alla fase del dibattimento pubblico all'interno del quale non sarebbero individuabili fasi diverse, il termine �fase� usato dal comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2008 potrebbe avere significato giuridico esclusivamente in riferimento all'intero procedimento, comprensivo ovviamente anche della fase delle indagini preliminari. Ad avviso della difesa dell'imputato, tale assunto sarebbe erroneo, in primo luogo, perch� �anche nel �processo� sono individuabili varie fasi: prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di cui all'art. 492 c.p.p. vi � la fase che spazia dalla costituzione delle parti (art. 484 c.p.p.) alla decisione sulle questioni preliminari (art. 491 c.p.p.); poi segue la fase disciplinata dagli articoli 493, 494 e 495 c.p.p.; di seguito comincia la fase dell'istruzione dibattimentale (artt. 496-515 c.p.p.) nel corso della quale pu� innestarsi la fase delle nuove contestazioni (artt. 516-522 c.p.p.); segue la fase della discussione finale con la chiusura del dibattimento; e infine v'� la fase della deliberazione�; si tratterebbe di vere e proprie fasi e non di meri frammenti del processo, perch� esse sono disciplinate da regole specifiche e caratterizzate, ciascuna, da specifici diritti, facolt� e decadenze. In secondo luogo, non sarebbe �giuridicamente sostenibile che il �processo� sorga, come opina il giudice rimettente, solo quando il procedimento perviene alla fase del dibattimento pubblico. Nessuno dubita, infatti, che di processo si pu� e si debba parlare con l'inizio dell'azione penale che nel nostro ordinamento, com'� diffusamente noto, sorge con l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero individuato, ratione temporis, dal primo comma dell'articolo 405 del codice di procedura penale�. La difesa della parte privata critica, poi, l'assunto del rimettente per cui il fatto che la norma censurata consenta al giudice di provvedere all'assunzione di prove non rinviabili ai sensi degli articoli 392 e 467 cod. proc. pen. comporterebbe che la sospensione del processo deve necessariamente essere intesa come sospensione anche del procedimento, �dal momento che solo nel corso della fase delle indagini preliminari [�] e dell'udienza preliminare [�] � con- 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 sentito il ricorso alla acquisizione anticipata delle prove mediante incidente probatorio�. Secondo la difesa, �l'udienza preliminare partecipa appieno della species del processo dal momento che in tale fase � stata gi� esercitata l'azione penale con il deposito della richiesta di rinvio a giudizio ai sensi del combinato disposto degli articoli 405, primo comma e 416, primo comma del codice di procedura penale�, con la conseguenza che la previsione normativa richiamata dal rimettente circa l'assunzione di prove non rinviabili ben pu� applicarsi anche nel corso del processo. L'interpretazione data dal rimettente sarebbe, inoltre, smentita sia dai lavori preparatori � �durante i quali � stato reso manifesto l'�mbito di applicazione della norma in riferimento esclusivo al �processo� inteso proprio in senso tecnico giuridico di quella fase introdotta dall'avvenuto esercizio dell'azione penale� � sia dalla Procura della Repubblica di Roma, la quale � secondo quanto asserito dalla difesa della parte privata � ha chiesto, nel procedimento a quo, �l'archiviazione del procedimento� [recte: la proroga dei termini delle indagini preliminari] anche nei confronti del suddetto imputato. 3.3. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, richiamando le argomentazioni gi� svolte negli atti di intervento nei procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e concludendo nel senso che �le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o infondate�. 4. � In prossimit� dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha depositato un'unica memoria con riferimento ai procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e n. 9 del 2009, nella quale ribadisce quanto gi� osservato negli atti di intervento e rileva, in particolare che: a) poich� il Presidente della Repubblica e i Presidenti delle Camere �non sono parti dei giudizi, nei quali sono intervenute le ordinanze di rimessione, manca la rilevanza per l'esame delle questioni che potrebbero insorgere nei loro confronti�, con conseguente inammissibilit� delle questioni medesime; b) le questioni relative al comma 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008 sono inammissibili, �perch� in proposito nel ricorso non sono proposti motivi autonomi e, comunque, manca qualsiasi argomentazione a sostegno�; c) il legislatore pu�, nella sua discrezionalit�, intervenire per coordinare l'interesse personale dell'imputato a difendersi nel processo e l'interesse generale all'�esercizio efficiente delle funzioni pubbliche�; d) �poich� il pregiudizio era provocato dalla contemporaneit� dell'esercizio delle funzioni e della pendenza del processo, non si poteva rimediare se non eliminando quella contemporaneit�� ed escludendo, invece, �qualsiasi forma di riduzione o di sospensione� delle funzioni, �che sarebbe stata pregiudizievole per l'interesse imprescindibile a che quelle funzioni siano esercitate con continuit��; e) l'inerzia del legislatore �avrebbe comportato la tolleranza di una situazione gi� di per s� non conforme alla Costituzione �; f) la sospensione stabilita dalla norma censurata trova giustificazione anche nella grande risonanza mediatica che hanno i processi penali per reati extrafunzionali a carico del Presidente del Consiglio dei ministri; g) la previsione della sospensione dei processi con legge ordinaria trova giustificazione anche nell'esigenza di modificare agevolmente la relativa disciplina qualora �la situazione reale si modificasse in misura tale da comportare un diverso bilanciamento degli interessi�. 5. � Con ordinanza pronunciata in udienza, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la costituzione del Procuratore della Repubblica e del sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nei giudizi introdotti dalle ordinanze di rimessione registrate al n. 397 ed al n. 398 dell'anno 2008. TEMI ISTITUZIONALI 29 Considerato in diritto 1. � Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) dubita, in riferimento agli artt. 3, 136 e 138 della Costituzione, della legittimit� costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 7, della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato). Lo stesso Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008) dubita della legittimit� dell'intero art. 1 della legge n. 124 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 68, 90, 96, 111, 112 e 138 Cost. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (r.o. n. 9 del 2009) dubita, in riferimento agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., della legittimit� dello stesso art. 1 della legge n. 124 del 2008. La disposizione censurata prevede, al comma 1, che: �Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei Ministri sono sospesi dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione�. Gli altri commi dispongono che: a) �L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale pu� rinunciare in ogni momento alla sospensione� (comma 2); b) �La sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili� (comma 3); c) si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale e la sospensione, che opera per l'intera durata della carica o della funzione, non � reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura, n� si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni (commi 4 e 5); d) �Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale� e, quando la parte civile trasferisce l'azione in sede civile, �i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla met�, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita� (comma 6); e) l'articolo si applica �anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge� (comma 7). Le questioni proposte dai rimettenti possono essere raggruppate in relazione ai parametri evocati. 1.1. � L'art. 136 Cost. � evocato a parametro dal Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008), il quale osserva che i commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, �avendo riproposto la medesima disciplina sul punto�, incorrono �nuovamente nella illegittimit� costituzionale, gi� ritenuta dalla Corte� con la sentenza n. 24 del 2004. 1.2. � L'art. 138 Cost. � evocato da tutti i rimettenti. Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) afferma che i denunciati commi 1 e 7 dell'art. 1, della legge n. 124 del 2008 violano tale parametro costituzionale, perch� intervengono in una �materia riservata [�] al legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza che tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti con norma costituzionale�. In relazione all'intero art. 1, lo stesso Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008) rileva che �la normativa sullo status dei titolari delle pi� alte istituzioni della Repubblica � in s� materia tipicamente costituzionale, e la ragione � evidente: tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilit� si pongono quali eccezioni rispetto al principio gene- 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 rale dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge previsto dall'articolo 3 della Costituzione, principio fondante di uno Stato di diritto�. Secondo il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, l'art. 1 denunciato si pone in contrasto con l'evocato parametro, perch� �la deroga al principio di uguaglianza dinanzi alla giurisdizione ed alla legge � stata [�] introdotta con lo strumento della legge ordinaria, che nella gerarchia delle fonti si colloca evidentemente ad un livello inferiore rispetto alla legge costituzionale�. 1.3. � Tre delle questioni sollevate sono riferite al principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'irragionevole disparit� di trattamento rispetto alla giurisdizione. Con l'ordinanza r.o. n. 397 del 2008, il Tribunale di Milano rileva che i commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008 violano tale parametro, per avere accomunato �in una unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni�, ed inoltre per aver distinto irragionevolmente e �per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri [...] rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti�. Con l'ordinanza r.o. n. 398 del 2008, lo stesso Tribunale lamenta che il parametro � violato, perch� �il contenuto di tutte le disposizioni in argomento incide su un valore centrale per il nostro ordinamento democratico, quale � l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti all'esercizio della giurisdizione penale�. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma basa la sua censura sulla considerazione che la disposizione crea �un regime differenziato riguardo alla giurisdizione [...] penale�, ponendosi cos� in contrasto con �uno dei princ�pi fondamentali del moderno Stato di diritto, rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. 1.4. � Lo stesso art. 3 Cost. � evocato anche sotto il profilo della ragionevolezza. Secondo il Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008), tale articolo � violato, perch� le �guarentigie concesse a chi riveste cariche istituzionali risultano funzionali alla protezione delle funzioni apicali esercitate�, con la conseguenza che la facolt� di rinunciare alla sospensione processuale riconosciuta al titolare dell'alta carica si pone in contrasto con la tutela del munus publicum, attribuendo una discrezionalit� �meramente potestativa� al soggetto beneficiario, anzich� prevedere quei filtri aventi carattere di terziet� e quelle valutazioni della peculiarit� dei casi concreti che soli, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004, potrebbero costituire adeguato rimedio rispetto tanto all'automatismo generalizzato del beneficio quanto �al vulnus al diritto di azione�. Ad avviso del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, l'irragionevolezza intrinseca della disciplina censurata deriva dall'insindacabilit� della facolt� di rinunzia alla sospensione, dal momento che, �se l'interesse dichiaratamente perseguito dal legislatore � quello di assicurare la serenit� di svolgimento della funzione nel periodo di durata in carica (sent. Corte cost. n. 24/2004), la sospensione dei procedimenti dovrebbe essere del tutto indisponibile da parte dei soggetti considerati�. 1.5. � Il Tribunale di Milano formula un'articolata questione in riferimento agli artt. 3, 68, 90, 96 e 112 Cost., sul rilievo che la disposizione denunciata crea una disparit� di trattamento tra la disciplina introdotta per i reati extrafunzionali e quella, di rango costituzionale, prevista per i reati funzionali commessi dalle quattro alte cariche in questione. Tale disparit� sarebbe irragionevole: a) per la mancata menzione dell'art. 68 Cost. fra le norme costituzionali espressamente fatte salve dalla legge n. 124 del 2008; b) per il fatto che �il bene giuridico considerato TEMI ISTITUZIONALI 31 dalla legge ordinaria, e cio� il regolare svolgimento delle funzioni apicali dello Stato, � lo stesso che la Costituzione tutela per il Presidente della Repubblica con l'art. 90, per il Presidente del Consiglio e per i ministri con l'art. 96�; c) per la previsione di uno ius singulare per i reati extrafunzionali a favore del Presidente del Consiglio dei ministri, che, invece, la Costituzione accomuna ai ministri per i reati funzionali in conseguenza della sua posizione di primus inter pares. 1.6. � Il Giudice per indagini preliminari presso il Tribunale di Roma rileva la violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 112 Cost., sotto il profilo dell'obbligatoriet� dell'azione penale e dell'uguaglianza sostanziale. Ad avviso del rimettente, la disciplina censurata pone una deroga irragionevole rispetto alla disciplina ordinaria, perch� non si applica ai reati commessi nell'esercizio delle funzioni istituzionali, ma ai reati extrafunzionali �indistintamente commessi dai soggetti ivi indicati, di qualsivoglia natura e gravit�, finanche prima dell'assunzione della funzione pubblica�. 1.7. � Sia l'ordinanza r.o. n. 398 del 2008, sia l'ordinanza r.o. n. 9 del 2009 evocano quale parametro l'art. 111, secondo comma, Cost., sotto il profilo della ragionevole durata del processo. Per il primo dei due rimettenti, il parametro � violato perch� la disposizione denunciata blocca �il processo in ogni stato e grado per un periodo potenzialmente molto lungo� e provoca �un evidente spreco di attivit� processuale�, oltretutto non stabilendo alcunch� �sull'utilizzabilit� delle prove gi� assunte�, n� all'interno dello stesso processo penale al termine del periodo di sospensione, n� all'interno della diversa sede in cui la parte civile abbia scelto di trasferire la propria azione, con conseguente necessit� per la stessa parte �di sostenere ex novo l'onere probatorio in tutta la sua ampiezza�. Il secondo dei due rimettenti rileva che la disposizione censurata si pone in contrasto con �un corollario immanente al principio di ragionevole durata del processo, consistente nella concentrazione delle fasi processuali, nel senso che nell'�mbito del procedimento penale, alla fase di acquisizione delle prove deve seguire entro tempi ragionevoli quella della loro verifica in pubblico dibattimento, ai fini della emissione di una giusta sentenza da parte del giudice�. 2. � In considerazione della parziale coincidenza dell'oggetto e dei motivi delle questioni sollevate, i giudizi devono essere riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi. 3. � Va preliminarmente esaminata l'eccezione della difesa della parte privata con la quale si deduce l'inammissibilit�, per irrilevanza, delle questioni sollevate dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (r.o. n. 9 del 2009), in quanto la disposizione censurata non trova applicazione nella fase delle indagini preliminari. La difesa contesta l'assunto del giudice a quo, secondo cui il termine �fase� usato dal comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2008 potrebbe avere significato giuridico esclusivamente in riferimento all'intero procedimento, comprensivo della fase delle indagini preliminari. L'eccezione � fondata. 3.1. � Il giudice rimettente, al fine di giustificare l'applicazione della norma censurata anche alle indagini preliminari, si avvale di argomentazioni di natura semantica e sistematica. Sotto il profilo semantico, il rimettente afferma, innanzi tutto, che la locuzione �processi penali� (contenuta nell'art. 1, comma 1, della legge n. 124 del 2008) non pu� essere interpretata in senso tecnico, in modo tale da essere restrittivamente riferita al solo giudizio dibattimentale. Il legislatore avrebbe infatti adottato, in questo caso, una locuzione generica, idonea a ricomprendere nella nozione di �processo� anche la fase delle indagini preliminari. Inoltre, assume che il termine �fase� (contenuto nel comma 7 dell'art. 1) non pu� che riferirsi . per 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 avere un significato plausibile . alla fase delle indagini preliminari, posto che �non � ipotizzabile, per il giudizio dibattimentale, una fase che non sia quella in cui lo stesso � per l'appunto pervenuto�. Sotto il profilo sistematico, il giudice rimettente afferma che il comma 3 del medesimo art. 1 . stabilendo che �la sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione di prove non rinviabili� . comporta necessariamente che la sospensione si applica anche alle fasi antecedenti al processo �inteso come giudizio dibattimentale pubblico�, dal momento che solo nella fase delle indagini preliminari e in quella dell'udienza preliminare � consentito il ricorso all'acquisizione anticipata delle prove mediante incidente probatorio. Il primo degli articoli richiamati disciplina i casi in cui si procede con incidente probatorio; il secondo fa riferimento al precedente al fine di disciplinare l'assunzione delle prove non rinviabili. Dal richiamo congiunto a tali articoli il rimettente desume la corrispondenza biunivoca tra incidente probatorio e indagini preliminari. 3.2. � Nessuno di tali argomenti giustifica la conclusione cui il rimettente � pervenuto, vale a dire l'applicabilit� della sospensione anche alle indagini preliminari. Infatti, risulta contraddittorio evocare in modo discontinuo � come fa il rimettente � il rigore linguistico del testo normativo: rigore, da un lato, escluso con riferimento alla locuzione �processo penale� e, dall'altro, affermato con riferimento al termine �fase�. Inoltre, va rilevato che quest'ultimo termine . che non trova precisa connotazione nel sistema processuale penale . pu� denotare, in senso ampio e nell'uso comune, un punto o uno stadio della procedura, indifferentemente riferibile tanto alle �fasi del procedimento�, quanto a quelle del processo. Neppure il richiamo che la disposizione censurata fa agli artt. 392 e 467 cod. proc. pen. comporta necessariamente che la sospensione si estenda alle fasi antecedenti al processo. In realt� - in forza della giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 77 del 1994) - non esiste alcuna preclusione all'esperimento dell'incidente probatorio durante l'udienza preliminare, la quale costituisce una fase del processo estranea a quella delle indagini preliminari. Il richiamo alla disciplina dell'incidente probatorio e dell'assunzione delle prove non rinviabili - lungi dal comprovare una reciproca implicazione tra tali istituti e le indagini preliminari - vale solo a rimarcare il necessario presupposto dell'assunzione di tali prove, e cio� il connotato dell'urgenza. 3.3. � Ulteriori considerazioni confortano un'interpretazione diversa da quella del rimettente. A prescindere, infatti, dall'inequivoca volont� manifestata dal legislatore storico, quale si trae dai lavori preparatori (ad esempio, l'intervento del Ministro della giustizia nella seduta antimeridiana del 22 luglio 2008 dell'Assemblea del Senato), ai fini dell'esclusione della fase delle indagini preliminari dal meccanismo sospensivo, � decisivo il rilievo delle conseguenze irragionevoli che originerebbero dalla diversa opzione interpretativa. Infatti, se la sospensione fosse applicata fin dalla fase delle indagini, vi sarebbe un grave pregiudizio all'esercizio dell'azione penale, perch� tale esercizio sarebbe non soltanto differito, ma sostanzialmente alterato, per l'estrema difficolt� di reperire le fonti di prova a distanza di diversi anni. Cos� interpretata, la disposizione censurata comporterebbe il rischio di una definitiva sottrazione dell'imputato alla giurisdizione; e ci� anche dopo la cessazione dall'alta carica. La stessa interpretazione avrebbe poi il paradossale ed irragionevole effetto - anche sul diritto di difesa della persona sottoposta alle indagini - di non consentire lo svolgimento delle indagini preliminari neanche nel caso in cui altre attivit� procedimentali per le quali non � applicabile la sospensione prevista dalla norma denunciata (come, ad esempio, l'applicazione TEMI ISTITUZIONALI 33 di misure cautelari e l'arresto obbligatorio in flagranza) fossero gi� state poste in essere. 3.4. � Pu�, quindi, affermarsi che l'interpretazione del giudice rimettente contrasta con il tenore letterale della disposizione e conduce a risultati disarmonici rispetto al principio costituzionale di ragionevolezza. Da ci� deriva che le questioni prospettate con l'ordinanza di rimessione r.o. n. 9 del 2009 dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Roma sono inammissibili per difetto di rilevanza, perch� il rimettente non deve fare applicazione della norma oggetto del dubbio di costituzionalit�. 4. � L'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilit� per irrilevanza di tutte le questioni sollevate, per la parte in cui esse riguardano disposizioni non applicabili al Presidente del Consiglio dei ministri, sul rilievo che nei giudizi principali � imputato solo il titolare di quest'ultima carica e non i titolari delle altre cariche dello Stato cui si riferisce l'articolo censurato. L'eccezione non � fondata. Si deve, infatti, rilevare che le disposizioni censurate costituiscono, sul piano oggettivo, una disciplina unitaria, che riguarda inscindibilmente le alte cariche dello Stato in essa previste, con la conseguenza che un'eventuale pronuncia di illegittimit� costituzionale limitata alle norme riguardanti solo una di tali cariche aggraverebbe l'illegittimit� costituzionale della disciplina, creando ulteriori motivi di disparit� di trattamento. Pertanto, ove questa Corte riscontrasse profili di disparit� di trattamento della disciplina censurata che riguardassero tutte le alte cariche dello Stato, la pronuncia di illegittimit� costituzionale dovrebbe necessariamente estendersi a tutte le disposizioni denunciate. A tali considerazioni si deve aggiungere che la sentenza n. 24 del 2004 ha implicitamente � ma chiaramente . ritenuto sussistente l'indicata inscindibilit� della disciplina relativa alle alte cariche dello Stato, perch�, in un caso analogo, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'intero art. 1 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione nonch� in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), con riferimento a tutte le cariche dello Stato in esso menzionate, nonostante che il giudizio principale riguardasse solo il Presidente del Consiglio dei ministri. 5. � Occorre ora passare all'esame del merito delle questioni prospettate. Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) censura i commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, in riferimento all'art. 136 Cost., per violazione del giudicato costituzionale formatosi sulla sentenza n. 24 del 2004. Il rimettente lamenta che i commi censurati hanno �riproposto la medesima disciplina� prevista dalla legge n. 140 del 2003, dichiarata incostituzionale con detta sentenza. La questione non � fondata. Come questa Corte ha pi� volte affermato (ex multis, sentenze n. 78 del 1992, n. 922 del 1988), perch� vi sia violazione del giudicato costituzionale � necessario che una norma ripristini o preservi l'efficacia di una norma gi� dichiarata incostituzionale. Nel caso di specie, il legislatore ha introdotto una disposizione che non riproduce un'altra disposizione dichiarata incostituzionale, n� fa a quest'ultima rinvio. La disposizione presenta, invece, significative novit� normative, quali, ad esempio, la rinunciabilit� e la non reiterabilit� della sospensione dei processi penali (commi 2 e 5), nonch� una specifica disciplina a tutela della posizione della parte civile (comma 6), cos� mostrando di prendere in considerazione, sia pure parzialmente, la sentenza n. 24 del 2004. �, del resto, sul riconoscimento di tali novit� che si basano le note del Presidente della Repubblica - richiamate dal rimettente e dalle parti - che hanno accompagnato sia l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 legge in materia di processi penali alle alte cariche dello Stato sia la successiva promulgazione della legge. N� pu� sostenersi che, nel caso di specie, la violazione del giudicato costituzionale derivi dal fatto che alcune disposizioni dell'art. 1 � quali i censurati commi 1 e 7 � riproducono le disposizioni gi� dichiarate incostituzionali. Si deve infatti rilevare, in contrario, che lo scrutinio di detta violazione deve tenere conto del complesso delle norme che si succedono nel tempo, senza che abbia rilevanza l'eventuale coincidenza di singole previsioni normative. 6. � Con le due citate ordinanze di rimessione, il Tribunale di Milano solleva altres� questioni di legittimit� costituzionale, evocando a parametro, ora congiuntamente ora disgiuntamente, le norme costituzionali in materia di prerogative (artt. 68, 90 e 96 Cost.) e gli artt. 3 e 138 Cost. Tali questioni � al di l� della loro formulazione testuale, pi� o meno precisa � debbono essere distinte in due diversi gruppi, a seconda dell'effettivo contenuto delle censure: a) un primo gruppo � prospettato con riferimento alla violazione del combinato disposto degli artt. 3, primo comma, e 138 Cost., in relazione alle norme costituzionali in materia di prerogative, sotto il profilo della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, sia in generale sia nell'�mbito delle alte cariche dello Stato; b) un secondo gruppo � prospettato anch'esso con riferimento alla violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo, per�, dell'irragionevolezza intrinseca della disciplina denunciata. Tali diverse prospettazioni devono essere trattate separatamente. 7. � Quanto al primo dei suddetti gruppi di questioni, il rimettente Tribunale muove dalla premessa che la Costituzione disciplina i rapporti tra gli organi costituzionali (o di rilievo costituzionale) e la giurisdizione penale, prevedendo, a tutela della funzione svolta da quegli organi, un numerus clausus di prerogative, derogatorie rispetto al principio dell'uguaglianza davanti alla giurisdizione. Da tale premessa il giudice a quo deriva la conseguenza che la disposizione censurata si pone contemporaneamente in contrasto sia con l'art. 3 Cost., perch� - con riferimento alle norme costituzionali in materia di prerogative - introduce una ingiustificata eccezione al suddetto principio di uguaglianza davanti alla giurisdizione, sia con l'art. 138 Cost., perch� tale eccezione si sarebbe dovuta introdurre, se mai, con disposizione di rango costituzionale. 7.1. � Con riguardo al medesimo primo gruppo di questioni, la difesa erariale ne eccepisce l'inammissibilit� per l'inadeguata indicazione del parametro evocato ed afferma, a sostegno di tale eccezione, che l'evocazione, da parte del rimettente, del solo art. 138 Cost. � il quale si limita a disciplinare il procedimento di adozione ed approvazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali � non � sufficiente ad individuare le altre disposizioni costituzionali dalle quali possa essere desunto l'interesse che il giudice a quo ritiene incompatibile con la norma censurata. L'eccezione non � fondata. Come si � sopra osservato, entrambe le ordinanze di rimessione non si limitano a denunciare la violazione dell'art. 138 Cost. quale mera conseguenza della violazione di una qualsiasi norma della Costituzione. Esse, infatti, non si basano sulla considerazione � di carattere generico e formale � che, in tal caso, solo una fonte di rango costituzionale sarebbe idonea (ove non violasse a sua volta princ�pi supremi, insuscettibili di revisione costituzionale) ad escludere il contrasto con la Costituzione. Al contrario, il Tribunale rimettente prospetta una questione specifica e di carattere sostanziale, in quanto denuncia - con adeguata indicazione dei parametri - la violazione del principio di uguaglianza facendo espresso riferimento alle prerogative degli organi costituzionali. 7.2. � La difesa della parte privata e la difesa erariale deducono, inoltre, che questioni so- TEMI ISTITUZIONALI 35 stanzialmente identiche a quelle riferite all'art. 138 Cost. ed oggetto dei presenti giudizi di costituzionalit� sono state gi� scrutinate e dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza n. 24 del 2004, riguardante l'art. 1 della legge n. 140 del 2003, del tutto analogo, sul punto, al censurato art. 1 della legge n. 124 del 2008. In proposito, le suddette difese affermano che la citata sentenza, nel dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 140 del 2003 per la violazione solo degli artt. 3 e 24 Cost., ha implicitamente rigettato la pur prospettata questione, riferita all'art. 138 Cost., circa l'inidoneit� della legge ordinaria a disporre la sospensione del processo penale instaurato nei confronti delle alte cariche dello Stato. In particolare, le medesime difese sostengono che tale ultima questione costituiva un punto logicamente e giuridicamente pregiudiziale della decisione e, perci�, non era suscettibile di assorbimento nella pronuncia di illegittimit� costituzionale per la violazione di altri parametri. In questa prospettiva, viene ulteriormente osservato che la suddetta sentenza n. 24 del 2004: a) l� dove afferma che � legittimo che il �legislatore� preveda una sospensione del processo penale per esigenze extraprocessuali, va interpretata nel senso che anche il �legislatore ordinario� pu� prevedere una sospensione del processo penale a tutela delle alte cariche dello Stato; b) l� dove afferma che l'�apprezzabile� interesse �pubblico� ad �assicurare il sereno svolgimento delle funzioni� inerenti alle alte cariche dello Stato deve essere tutelato �in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto�, va intesa nel senso che la legge ordinaria pu� ben essere adottata in materia, anche se deve operare un bilanciamento con i princ�pi di cui agli artt. 3 e 24 Cost. Su queste premesse, la difesa della parte privata e la difesa erariale eccepiscono che le ordinanze n. 397 e n. 398 del 2008 non prospettano profili nuovi o diversi da quelli gi� implicitamente valutati dalla Corte, con conseguente inammissibilit� o manifesta infondatezza delle questioni riferite al combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., in relazione alle norme costituzionali in materia di prerogative. Anche tale eccezione non � fondata. In primo luogo, � indubbio che la Corte non si � pronunciata sul punto. La sentenza n. 24 del 2004, infatti, non esamina in alcun passo la questione dell'idoneit� della legge ordinaria ad introdurre la suddetta sospensione processuale. In secondo luogo, non si pu� ritenere che tale sentenza contenga un giudicato implicito sul punto. Ci� perch�, quando si � in presenza di questioni tra loro autonome per l'insussistenza di un nesso di pregiudizialit�, rientra nei poteri di questa Corte stabilire, anche per economia di giudizio, l'ordine con cui affrontarle nella sentenza e dichiarare assorbite le altre (sentenze n. 464 del 1992 e n. 34 del 1961). In tal caso, l'accoglimento di una qualunque delle questioni, comportando la caducazione della disposizione denunciata, � infatti idoneo a definire l'intero giudizio di costituzionalit� e non implica alcuna pronuncia sulle altre questioni, ma solo il loro assorbimento. � quanto avvenuto, appunto, con la citata sentenza n. 24 del 2004, la quale, in applicazione di detti princ�pi e in relazione alle stesse modalit� di prospettazione delle questioni, ha privilegiato l'esame dei fondamentali profili di uguaglianza e ragionevolezza ed ha dichiarato �assorbito ogni altro profilo di illegittimit� costituzionale�, lasciando cos� impregiudicata la questione riferita all'art. 138 Cost. La violazione di princ�pi e diritti fondamentali, particolarmente sottolineati dal rimettente dell'epoca � come il diritto di difesa, l'uguaglianza tra organi costituzionali e la ragionevolezza �, emergeva, infatti, in modo immediato e non discutibile dalla stessa analisi del meccanismo intrinseco di funzionamento del beneficio, cos� da rendere non necessaria ogni ulteriore indagine in merito alle altre questioni sollevate e, quindi, anche a quelle concernenti l'idoneit� della fonte, sia essa di rango ordinario o costituzionale. 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 In terzo luogo, la mancata trattazione del punto consente in ogni caso al rimettente la proposizione di una questione analoga a quella gi� sollevata nel giudizio di cui alla sentenza n. 24 del 2004. Trova infatti applicazione, nella specie, il principio giurisprudenziale secondo cui le questioni di legittimit� costituzionale possono essere riproposte sotto profili diversi da quelli esaminati dalla Corte con la pronuncia di rigetto (ex plurimis: sentenze n. 257 del 1991, n. 210 del 1976; ordinanze n. 218 del 2009, n. 464 del 2005, n. 356 del 2000). Ne consegue che la questione riferita all'art. 138 Cost., posta dal Tribunale di Milano, non pu� essere risolta con il mero richiamo alla sentenza n. 24 del 2004, ma deve essere scrutinata funditus da questa Corte, tanto pi� che detta questione ha ad oggetto una mutata disciplina legislativa. 7.3. � La denunciata violazione degli artt. 3 e 138 Cost. � argomentata dal Tribunale rimettente sulla base dei seguenti due distinti assunti: a) tutte le prerogative di organi costituzionali, in quanto derogatorie rispetto al principio di uguaglianza, devono essere stabilite con norme di rango costituzionale; b) la norma denunciata introduce un'ipotesi di sospensione del processo penale, che si risolve in una prerogativa, perch� � diretta a salvaguardare il regolare funzionamento non gi� del processo, ma di alcuni organi costituzionali. Ciascuno di tali assunti esige uno specifico esame da parte di questa Corte. 7.3.1. � Il primo, relativo alla necessit� che le prerogative abbiano copertura costituzionale, � corretto. Sul punto va precisato che le prerogative costituzionali (o immunit� in senso lato, come sono spesso denominate) si inquadrano nel genus degli istituti diretti a tutelare lo svolgimento delle funzioni degli organi costituzionali attraverso la protezione dei titolari delle cariche ad essi connesse. Esse si sostanziano � secondo una nozione su cui v'� costante e generale consenso nella tradizione dottrinale costituzionalistica e giurisprudenziale � in una specifica protezione delle persone munite di status costituzionali, tale da sottrarle all'applicazione delle regole ordinarie. Le indicate prerogative possono assumere, in concreto, varie forme e denominazioni (insindacabilit�; scriminanti in genere o immunit� sostanziali; inviolabilit�; immunit� meramente processuali, quali fori speciali, condizioni di procedibilit� o altro meccanismo processuale di favore; deroghe alle formalit� ordinarie) e possono riguardare sia gli atti propri della funzione (cosiddetti atti funzionali) sia gli atti ad essa estranei (cosiddetti atti extrafunzionali), ma in ogni caso presentano la duplice caratteristica di essere dirette a garantire l'esercizio della funzione di organi costituzionali e di derogare al regime giurisdizionale comune. Si tratta, dunque, di istituti che configurano particolari status protettivi dei componenti degli organi; istituti che sono, al tempo stesso, fisiologici al funzionamento dello Stato e derogatori rispetto al principio di uguaglianza tra cittadini. Il problema dell'individuazione dei limiti quantitativi e qualitativi delle prerogative assume una particolare importanza nello Stato di diritto, perch�, da un lato, come gi� rilevato da questa Corte, �alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione� (sentenza n. 24 del 2004) e, dall'altro, gli indicati istituti di protezione non solo implicano necessariamente una deroga al suddetto principio, ma sono anche diretti a realizzare un delicato ed essenziale equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, potendo incidere sulla funzione politica propria dei diversi organi. Questa complessiva architettura istituzionale, ispirata ai princ�pi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, esige che la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione debba essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non � consentito al legislatore ordinario alterare n� in peius n� in melius. TEMI ISTITUZIONALI 37 Tale conclusione, dunque, non deriva dal riconoscimento di una espressa riserva di legge costituzionale in materia, ma dal fatto che le suddette prerogative sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale. Tali sono, ad esempio, le norme che attengono alle funzioni connesse alle alte cariche considerate dalla norma denunciata, come: l'art. 68 Cost., il quale prevede per i parlamentari (e, quindi, anche per i Presidenti delle Camere) alcune prerogative sostanziali e processuali in relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati anche extrafunzionali (secondo e terzo comma); l'art. 90 Cost., il quale prevede l'irresponsabilit� del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; l'art. 96 Cost., il quale prevede per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la sottoposizione alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, secondo modalit� stabilite con legge costituzionale. In coerenza con siffatta impostazione, questa Corte ha chiaramente e costantemente affermato, in numerose pronunce emesse sia anteriormente che successivamente alla sentenza n. 24 del 2004, il principio � che va qui ribadito � secondo cui il legislatore ordinario, in tema di prerogative (e cio� di immunit� intese in senso ampio), pu� intervenire solo per attuare, sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato. Al riguardo, la Corte ha affermato che: sono �eccezionalmente dettati, e da norme costituzionali, i casi di deroga al principio dell'obbligatoriet� dell'azione penale� (sentenza n. 4 del 1965); � esclusa la competenza del legislatore ordinario in materia di immunit� (sentenza n. 148 del 1983); vi � �concordia della giurisprudenza, della dottrina e dello stesso legislatore, nell'escludere che, attraverso legge ordinaria, sia ammissibile un'integrazione dell'art. 68, secondo comma, Cost., e comunque la posizione di una norma che attribuisca analoghe prerogative� idonee a derogare all'art. 112 Cost. (sentenza n. 300 del 1984); l'art. 3 della legge n. 140 del 2003, nella parte in cui costituisce attuazione del primo comma dell'art. 68 Cost., non v�ola la Costituzione, perch� non comporta �un indebito allargamento della garanzia dell'insindacabilit� apprestata dalla norma costituzionale�, ma �pu� considerarsi di attuazione, e cio� finalizzata a rendere immediatamente e direttamente operativo sul piano processuale il disposto dell'art. 68, primo comma, della Costituzione� (sentenza n. 120 del 2004); il medesimo art. 3 della legge n. 140 del 2003 � una norma finalizzata �a garantire, sul piano procedimentale, un efficace e corretto funzionamento della prerogativa parlamentare� di cui al primo comma dell'art. 68 Cost. (sentenza n. 149 del 2007, che richiama la citata sentenza n. 120 del 2004). N� pu� obiettarsi che le prerogative possono essere introdotte anche dalla legge ordinaria, come avverrebbe per le immunit� diplomatiche previste da convenzioni internazionali, le quali, secondo la difesa della parte privata, non trovano copertura nell'art. 10 Cost., in quanto previste non dalle �norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�, ma da trattati internazionali recepiti con legge ordinaria. In proposito, va osservato che la questione posta all'esame di questa Corte attiene esclusivamente alle prerogative dei componenti e dei titolari di organi costituzionali e non alle immunit� diplomatiche, le quali ultime, oltretutto, sono contemplate in leggi ordinarie che riproducono o, comunque, attuano norme internazionali generalmente riconosciute e, quindi, trovano copertura nell'art. 10 Cost. (sulla riconducibilit� delle immunit� diplomatiche previste da convenzioni internazionali alla categoria delle norme internazionali generalmente riconosciute, ex multis, sentenza n. 48 del 1979). Anche la disciplina speciale sulle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri in ordine ai reati funzionali commessi da costoro e da soggetti concorrenti, prevista dalla legge ordinaria 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 5 giugno 1989, n. 219 (Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'art. 90 della Costituzione) � anch'essa invocata a conforto della tesi della parte privata �, costituisce, del resto, mera attuazione della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 della Costituzione) ed ha, dunque, copertura costituzionale. Neppure pu� invocarsi, a sostegno della tesi dell'idoneit� della legge ordinaria a prevedere prerogative di organi di rilievo costituzionale, la citata sentenza di questa Corte n. 148 del 1983, la quale ha ritenuto conforme a Costituzione la legge ordinaria sulla insindacabilit� delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l'oggetto della discussione. Detta sentenza ha affermato il principio secondo cui il legislatore ordinario non ha competenza nella materia delle immunit�, perch� queste �abbisognano di un puntuale fondamento, concretato dalla Costituzione o da altre leggi costituzionali�. La Corte, con tale pronuncia, ha infatti ritenuto che la legge ordinaria � fonte idonea a prevedere l'indicata insindacabilit� solo in considerazione del fatto che quest'ultima trova una precisa copertura costituzionale, essendo �rigorosamente circoscritta� alle �sole manifestazioni del pensiero funzionali all'esercizio dei poteri-doveri costituzionalmente spettanti ai componenti il Consiglio superiore� della magistratura e realizza un �ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco�. �, infine, irrilevante il fatto che il titolare di un'alta carica potesse addurre, anche prima della entrata in vigore della norma denunciata ed in mancanza di una specifica norma costituzionale di prerogativa, il proprio legittimo impedimento a comparire nel processo penale in ragione dei propri impegni istituzionali. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della parte privata, ci� non dimostra affatto l'erroneit� dell'assunto secondo cui le prerogative dei componenti e dei titolari degli organi costituzionali devono essere previste da norme di rango costituzionale. La deducibilit� del legittimo impedimento a comparire nel processo penale, infatti, non costituisce prerogativa costituzionale, perch� prescinde dalla natura dell'attivit� che legittima l'impedimento, � di generale applicazione e, perci�, non deroga al principio di parit� di trattamento davanti alla giurisdizione. Si tratta, dunque, di uno strumento processuale posto a tutela del diritto di difesa di qualsiasi imputato, come tale legittimamente previsto da una legge ordinaria come il codice di rito penale, anche se tale strumento, nella sua pratica applicazione, va modulato in considerazione dell'entit� dell'impegno addotto dall'imputato (sentenze richiamate infra al punto 7.3.2.1.). 7.3.2. � Il rimettente prosegue la sua argomentazione a sostegno della sollevata questione di legittimit� costituzionale assumendo altres�, come sopra detto, che la norma denunciata costituisce una prerogativa, perch� introduce, tramite una legge ordinaria, un'ipotesi di sospensione del processo penale che si risolve in una deroga al principio di uguaglianza. Anche tale assunto � corretto. Per giungere a tale conclusione occorre, in primo luogo, individuare � come messo in evidenza sia dai rimettenti che dalle difese � la ratio della disposizione censurata e, in secondo luogo, valutare la sussistenza della denunciata disparit� di trattamento. In relazione ad entrambi tali aspetti, occorre prendere le mosse dalla citata sentenza n. 24 del 2004, la quale � pur avendo limitato l'esame dell'art. 1 della legge n. 140 del 2003, analogo all'art. 1 della legge n. 124 del 2008, ai soli profili relativi alla violazione del diritto di difesa, all'irragionevolezza e all'uguaglianza tra organi costituzionali (come sopra rilevato al punto 7.2.) � fornisce importanti e precise indicazioni al riguardo. TEMI ISTITUZIONALI 39 7.3.2.1. � Quanto all'individuazione della ratio, va rilevato che, con riferimento al citato art. 1 della legge n. 140 del 2003, la sentenza di questa Corte n. 24 del 2004 ha chiarito che: a) la sospensione del processo penale prevista da quella norma per le alte cariche dello Stato (caratterizzata dalla generalit�, automaticit� e dalla durata non determinata) � finalizzata alla �soddisfazione di esigenze extraprocessuali�; b) tali esigenze consistono nella �protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione�, e cio� nell'�apprezzabile interesse� ad assicurare �il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche�; c) detto interesse va tutelato in armonia con i princ�pi fondamentali dello �Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione � strumentale�; d) la sospensione, dunque, � �predisposta [�] alla tutela delle importanti funzioni di cui si � detto�; e) ove si ritenesse (in base ad �un modo diverso, ma non opposto, di concepire i presupposti e gli scopi della norma�) che il legislatore, in considerazione dell'�interesse pubblico allo svolgimento delle attivit� connesse alle alte cariche�, abbia stimato tale svolgimento alla stregua di �un legittimo impedimento a comparire� nel processo penale ed abbia, perci�, �voluto stabilire una presunzione assoluta di legittimo impedimento�, la misura della sospensione processuale �anche sotto questo aspetto [�] appare diretta alla protezione della funzione�. Da tali inequivoche affermazioni discende il corollario che la sospensione processuale prevista dalla legge n. 140 del 2003 ha la ratio di proteggere la funzione pubblica, assicurando ai titolari delle alte cariche il sereno svolgimento delle loro funzioni (e, indirettamente, di quelle dell'organo al quale essi appartengono) attraverso l'attribuzione di uno specifico status protettivo. Non viene in rilievo, dunque, l'aspetto psicologico, individuale e contingente, della soggettiva serenit� del singolo titolare della carica statale, ma solo l'obiettiva protezione del regolare svolgimento delle attivit� connesse alla carica stessa. Dalle sopra citate affermazioni discende, altres�, l'ulteriore corollario che � inesatto sostenere che l'istituto della sospensione processuale e quello della prerogativa costituzionale sono tra loro incompatibili. Infatti, anche una sospensione processuale pu� essere prevista dall'ordinamento per soddisfare l'esigenza extraprocessuale di proteggere lo svolgimento della funzione propria di un organo costituzionale e, pertanto, pu� costituire lo strumento di una specifica prerogativa costituzionale. Perch� queste conclusioni riferite alla sospensione prevista dall'art. 1 della legge n. 140 del 2003 possano considerarsi valide anche per la sospensione prevista dalla norma censurata, � necessario, per�, valutare se le due norme abbiano la medesima ratio. Ad avviso della difesa della parte privata, la diversit� di disciplina della sospensione di cui alla legge n. 140 del 2003 rispetto a quella di cui alla legge n. 124 del 2008 comporta la radicale diversit� delle rispettive rationes. Al riguardo, la medesima difesa sottolinea che, a differenza della precedente, la normativa denunciata prevede la rinunciabilit� e la non reiterabilit� della sospensione del processo, con la conseguenza che detta normativa ha la finalit� di tutelare (in via esclusiva o principale) non gi� la funzione inerente alla carica, ma il diritto di difesa garantito all'imputato dalla Costituzione e, quindi, di soddisfare esigenze proprie del processo. In forza della cos� individuata ratio legis, la parte privata esclude che la norma denunciata introduca una vera e propria prerogativa costituzionale ed afferma che, pertanto, la sospensione processuale in esame � stata legittimamente introdotta con legge ordinaria. A conferma della sopra indicata ratio legis, la suddetta parte privata osserva che la finalit� della tutela della difesa dell'imputato non � contraddetta dal principio della non reiterabilit� della sospensione in caso di assunzione di una nuova carica, perch� la legge considera l'assunzione del munus publicum come un legittimo impedimento solo per �la durata di un mandato�, che rappresenta �il periodo di tempo [�] sufficiente [�] per affrontare contemporaneamente gli impegni isti- 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tuzionali di un eventuale nuovo incarico e il processo penale�. Tale ricostruzione delle finalit� della norma non pu� essere condivisa, per una pluralit� di ragioni. Va innanzitutto osservato che la stessa relazione al disegno di legge AC 1442 (che si � poi tradotto nella legge n. 124 del 2008) identifica espressamente la ratio della sospensione nell'esigenza di tutelare i princ�pi di �continuit� e regolarit� nell'esercizio delle pi� alte funzioni pubbliche� e non nella soddisfazione di esigenze difensive. In secondo luogo, va rilevato che la disposizione denunciata non pu� avere la finalit�, prevalente o esclusiva, di tutelare il diritto di difesa degli imputati, perch� in tal caso � data la generalit� di tale diritto, quale espressamente prevista dall'art. 24 Cost. in relazione al principio di uguaglianza � avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che, in ragione della propria attivit�, abbiano difficolt� a partecipare al processo penale. Inoltre, sarebbe intrinsecamente irragionevole e sproporzionata, rispetto alla suddetta finalit�, la previsione di una presunzione legale assoluta di legittimo impedimento derivante dal solo fatto della titolarit� della carica. Tale presunzione iuris et de iure impedirebbe, infatti, qualsiasi verifica circa l'effettiva sussistenza dell'impedimento a comparire in giudizio e renderebbe operante la sospensione processuale anche nei casi in cui non sussista alcun impedimento e, quindi, non vi sia, in concreto, alcuna esigenza di tutelare il diritto di difesa. La scelta del legislatore di aver riguardo esclusivamente ad alcune alte cariche istituzionali e di prevedere l'automatica sospensione del processo, senza alcuna verifica caso per caso dell'impedimento, evidenzia, dunque, che l'unica ratio compatibile con la norma censurata � proprio la protezione delle funzioni connesse all'�alta carica�. In terzo luogo, va ulteriormente osservato che il legittimo impedimento a comparire ha gi� rilevanza nel processo penale e non sarebbe stata necessaria la norma denunciata per tutelare, sotto tale aspetto, la difesa dell'imputato impedito a comparire nel processo per ragioni inerenti all'alta carica da lui rivestita. Come questa Corte ha rilevato, la sospensione del processo per legittimo impedimento a comparire disposta ai sensi del codice di rito penale contempera il diritto di difesa con le esigenze dell'esercizio della giurisdizione, differenziando la posizione processuale del componente di un organo costituzionale solo per lo stretto necessario, senza alcun meccanismo automatico e generale (sentenze n. 451 del 2005, n. 391 e n. 39 del 2004 e n. 225 del 2001). E se l'esigenza della tutela del diritto di difesa � gi� adeguatamente soddisfatta in via generale dall'ordinamento con l'istituto del legittimo impedimento, non pu� che conseguirne anche la irrilevanza della rinunciabilit� della sospensione quale elemento per individuare la ratio della disposizione. In quarto luogo, va infine sottolineato che anche la caratteristica della non reiterabilit� della sospensione in caso di assunzione di una nuova alta carica da parte della stessa persona fisica non � elemento idoneo a individuare la ratio della normativa denunciata, perch� � incoerente rispetto a entrambe le rationes ipotizzate. Infatti, sia l'esigenza della tutela della difesa dell'imputato, sia quella della tutela della funzione permarrebbero anche in caso di assunzione della nuova carica. La normativa censurata, inoltre, fissa solo un limite massimo di durata del beneficio e non garantisce affatto � contrariamente a quanto afferma la parte privata � un periodo minimo per approntare la difesa, n� tantomeno garantisce il periodo minimo pari alla �durata di un mandato� (si consideri, ad esempio, il caso in cui il giudizio penale venga instaurato nei confronti del titolare della carica poco prima della cessazione di essa ed il medesimo soggetto persona fisica assuma, subito dopo, una nuova carica). Deve perci� concludersi che la ratio della norma denunciata, al pari di quella della norma TEMI ISTITUZIONALI 41 oggetto della sentenza di questa Corte n. 24 del 2004, va individuata nella protezione delle funzioni di alcuni organi costituzionali, realizzata attraverso l'introduzione di una peculiare sospensione del processo penale. 7.3.2.2. � Chiarito che la protezione della funzione costituisce la ratio della norma censurata, occorre ora accertare se la sospensione disciplinata dalla norma in questione abbia l'ulteriore caratteristica delle prerogative, e cio� quella di derogare al principio di uguaglianza creando una disparit� di trattamento. La risposta a tale domanda deve essere positiva. La pi� volte citata sentenza di questa Corte n. 24 del 2004 ha precisato, sia pure con riferimento all'art. 1 della legge n. 140 del 2003, che la sospensione processuale per gli imputati titolari di alte cariche �crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione [�]�, regime che va posto a raffronto con il principio � anch'esso richiamato dalla suddetta sentenza � della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, fissato dall'art. 3 Cost. Non vi � dubbio che tali rilievi valgono anche per il censurato art. 1 della legge n. 124 del 2008. La denunciata sospensione �, infatti, derogatoria rispetto al regime processuale comune, perch� si applica solo a favore dei titolari di quattro alte cariche dello Stato, con riferimento ai processi instaurati nei loro confronti, per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi e, in particolare, ai reati extrafunzionali, cio� estranei alle attivit� inerenti alla carica. La deroga si risolve, in particolare, in una evidente disparit� di trattamento delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini che, pure, svolgono attivit� che la Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o funzioni pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora pi� generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale o spirituale della societ� (art. 4, secondo comma, Cost.). � ben vero che il principio di uguaglianza comporta che, se situazioni uguali esigono uguale disciplina, situazioni diverse possono richiedere differenti discipline. Tuttavia, in base alla giurisprudenza di questa Corte citata al punto 7.3.1., deve ribadirsi che, nel caso in cui la differenziazione di trattamento di fronte alla giurisdizione riguardi il titolare o un componente di un organo costituzionale e si alleghi, quale ragione giustificatrice di essa, l'esigenza di proteggere le funzioni di quell'organo, si rende necessario che un tale ius singulare abbia una precisa copertura costituzionale. Si � visto, infatti, che il complessivo sistema delle suddette prerogative � regolato da norme di rango costituzionale, in quanto incide sull'equilibrio dei poteri dello Stato e contribuisce a connotare l'identit� costituzionale dell'ordinamento. 7.3.2.3. - L'accertata violazione del principio di uguaglianza rileva, poi, sicuramente anche con specifico riferimento alle alte cariche dello Stato prese in considerazione dalla norma censurata: da un lato, sotto il profilo della disparit� di trattamento fra i Presidenti e i componenti degli organi costituzionali; dall'altro, sotto quello della parit� di trattamento di cariche tra loro disomogenee. 7.3.2.3.1. - Quanto al primo profilo, va rilevato che le pur significative differenze che esistono sul piano strutturale e funzionale tra i Presidenti e i componenti di detti organi non sono tali da alterare il complessivo disegno del Costituente, che � quello di attribuire, rispettivamente, alle Camere e al Governo, e non ai loro Presidenti, la funzione legislativa (art. 70 Cost.) e la funzione di indirizzo politico ed amministrativo (art. 95 Cost.). Non �, infatti, configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perch� egli non � il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l'unit�, promuovendo e coordinando l'attivit� dei ministri e ricopre, perci�, una posizione tra- 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dizionalmente definita di primus inter pares. Anche la disciplina costituzionale dei reati ministeriali conferma che il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono sullo stesso piano. Il sistema dell'art. 96 Cost. e della legge costituzionale n. 1 del 1989 prevede, infatti, per tali cariche lo stesso regime di prerogative, limitato ai reati funzionali; regime che risulta alterato dalla previsione per il solo Presidente del Consiglio dei ministri della sospensione dei processi per reati extrafunzionali. E ci� a prescindere dall'ulteriore vulnus all'art. 3 Cost. derivante dal fatto che la normativa denunciata - al pari di quella gi� dichiarata incostituzionale con la citata sentenza n. 24 del 2004 - continua a prevedere, per tutti i reati extrafunzionali, un meccanismo generale e automatico di sospensione del processo, che non pu� trovare ragionevole giustificazione in un supposto maggiore disvalore dei reati funzionali rispetto a tutti, indistintamente, gli altri reati. Del pari, non � configurabile una significativa preminenza dei Presidenti delle Camere sugli altri componenti, perch� tutti i parlamentari partecipano all'esercizio della funzione legislativa come rappresentanti della Nazione e, in quanto tali, sono soggetti alla disciplina uniforme dell'art. 68 Cost. Questi princ�pi sono gi� stati enunciati da questa Corte con la citata sentenza n. 24 del 2004, dove si afferma, in relazione all'art. 1 della legge n. 140 del 2003, che �La Corte ritiene che anche sotto altro profilo l'art. 3 Cost. sia violato dalla norma censurata. Questa, infatti, [�] distingue, per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti�. N� a tali conclusioni pu� opporsi - come fa la difesa della parte privata - che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe assunto una posizione costituzionale differenziata rispetto a quella dei ministri in forza della legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), che ha introdotto nel d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), l'art. 14-bis, secondo cui, nel procedimento elettorale � necessaria la formale indicazione preventiva del capo della forza politica o della coalizione. Si deve, infatti rilevare che tale legge, in quanto fonte di rango ordinario, non � idonea a modificare la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri. 7.3.2.3.2. - In relazione all'ulteriore profilo della parit� di trattamento di cariche disomogenee, deve essere ribadito quanto gi� affermato da questa Corte con la stessa sentenza n. 24 del 2004, secondo cui tale disomogeneit� � da ricondurre sia alle �fonti di investitura�, sia alla �natura delle funzioni�. Non ostano a tale conclusione le opinioni espresse nel corso dei lavori preparatori dell'articolo censurato in cui si osserva che l'elemento che accomuna tali cariche � che tutte �trovano la propria legittimazione � in via diretta o mediata � nella volont� popolare� e nella �natura politica� della funzione esercitata. In contrario si deve rilevare, infatti, che la �legittimazione popolare� e la �natura politica della funzione� sono elementi troppo generici, perch� comuni anche ad altri organi, statali e non statali (quali, ad esempio, i singoli parlamentari o i ministri o i Presidenti delle Giunte regionali o i consiglieri regionali), e pertanto inidonei a configurare un'omogeneit� di situazioni che giustifichi una parit� di trattamento quanto alle prerogative. 7.3.3. � In base alle osservazioni che precedono, si deve concludere che la sospensione processuale prevista dalla norma censurata � diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, crea un'evidente disparit� di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistono, TEMI ISTITUZIONALI 43 pertanto, entrambi i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con conseguente inidoneit� della legge ordinaria a disciplinare la materia. In particolare, la normativa censurata attribuisce ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status protettivo, che non � desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e che, pertanto, � privo di copertura costituzionale. Essa, dunque, non costituisce fonte di rango idoneo a disporre in materia. 8. - Deve, pertanto, dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, per violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., in relazione alla disciplina delle prerogative di cui agli artt. 68, 90 e 96 Cost. Restano assorbite le questioni relative all'irragionevolezza intrinseca della denunciata disciplina, indicate al punto 6, lettera b), e ogni altra questione non esaminata. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato); dichiara inammissibili le questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, sollevate dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, in riferimento agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., con l'ordinanza r.o. n. 9 del 2009 indicata in epigrafe. Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Franco GALLO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2009. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA Allegato: ordinanza letta all'udienza del 6 ottobre 2009 ORDINANZA Ritenuto che il Procuratore della Repubblica ed il sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, con memorie depositate il 7 gennaio 2009, si sono costituiti nei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale introdotti dal Tribunale di Milano con le ordinanze del 26 settembre 2008 (r.o. n. 397 del 2008) e del 4 ottobre 2008 (r.o. n. 398 del 2008); che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 361 del 1998, n. 1 e n. 375 del 1996; ordinanza n. 327 del 1995), la costituzione del pubblico ministero nel giudizio incidentale di costituzionalit� � inammissibile; 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 che tale giurisprudenza trae argomento, essenzialmente, dalle disposizioni che disciplinano il processo costituzionale (articoli 20, 23 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87; articoli 3 e 17 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 16 marzo 1956 e successive modificazioni; articoli 3 e 16 delle Norme integrative davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008), le quali, per un verso, non prevedono espressamente la costituzione del pubblico ministero nei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale e, per altro verso, distinguono costantemente il �pubblico ministero� dalle �parti� ed attribuiscono solo a queste ultime la facolt� di costituirsi in detti giudizi di costituzionalit�, impedendo, cos�, ogni interpretazione estensiva od analogica volta ad attribuire la medesima facolt� al pubblico ministero; che tali conclusioni vanno mantenute anche con riguardo all'attuale formulazione dell'art. 111, secondo comma, della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, il quale stabilisce che �ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit��; che, infatti, questa Corte ha pi� volte precisato che la parit� tra accusa e difesa affermata dal citato precetto costituzionale . il quale ha conferito veste autonoma ad un principio, quello di parit� delle parti, �pacificamente gi� insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali� (ordinanze n. 110 del 2003, n. 347 del 2002 e n. 421 del 2001) . non comporta necessariamente, nel processo penale, l'identit� tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato, potendo una disparit� di trattamento �risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia� (sentenza n. 26 del 2007; ordinanze n. 46 del 2004, n. 165 del 2003 ed altre; nonch�, sulla base del previgente testo dell'art. 111 Cost.: sentenze n. 98 del 1994, n. 432 del 1992 ed altre ancora); che, a maggior ragione, il principio costituzionale della parit� delle parti � dovendosi modulare in ragione sia della specificit� della posizione dei diversi soggetti processuali, sia delle particolarit� delle fattispecie, sia delle peculiari esigenze dei vari processi (nella specie, del processo innanzi a questa Corte) � non implica necessariamente l'identit� tra i poteri del pubblico ministero e quelli delle parti nel processo costituzionale; che dunque, in armonia con tali princ�pi e con riferimento al pubblico ministero, � da ritenersi �non irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di distinguere tale organo rispetto alle parti del procedimento a quo, non prevedendone la legittimazione a costituirsi nel giudizio sulle leggi� (sentenza n. 361 del 1998). per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibile la costituzione del Procuratore della Repubblica e del sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nei giudizi introdotti dalle ordinanze di rimessione registrate al n. 397 ed al n. 398 del 2008. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente TEMI ISTITUZIONALI 45 AL 35640/08 � 36879/08 � 36881/08; nn.397/08, 398/08 e 9/2009 reg. ord. CORTE COSTITUZIONALE -------- Memoria del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall�Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma nel giudizio di legittimit� costituzionale della legge 23 luglio 2008, n.124 promosso dalle ordinanze del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma 26/9/08, del Tribunale di Milano, Sezione I Penale, 26/9/08 e del Tribunale di Milano, Sezione X Penale, 4/10/08. ------ Le questioni sollevate con le tre ordinanze sono in gran parte identiche e per il resto connesse. Per questo viene depositata una sola memoria, nella quale saranno affrontate tutte le argomentazioni svolte dai Giudici, cercando di coordinarle tra di loro. Per rendere pi� agevole l�esposizione l�ordinanza del Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Roma sar� indicata come ordinanza del GIP e, delle due ordinanze del Tribunale di Milano, come ordinanza n.1 quella in data 26 settembre 2008 e come ordinanza n.2 quella del 4 ottobre 2008. Il GIP presso il Tribunale di Roma si � soffermato sulla sua collocazione nell�ambito del processo penale. Non se ne tratter� perch� le stesse questioni di legittimit� costituzionale che ha sollevato, ed in base agli stessi parametri costituzionali, dovranno essere affrontate da codesta Corte perch� proposte con l�ordinanza n.2 dal Tribunale di Milano. -------- D�ora in avanti, per brevit�, la legge n.124/08 sar� richiamata come la legge. L�ordinanza n.2 ha sottoposto alla verifica di codesta Corte l�intero art.1 della legge; l�ordinanza n.1 i commi 1 e 7; l�ordinanza del GIP il solo comma 1. Del primo comma dell�art.1 andr� esaminata solo la disposizione che riguarda il Presidente del Consiglio dei ministri perch�, tra le quattro cariche prese in considerazione, solo quest�ultimo � imputato nei giudizi. Le posizioni del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Presidenti della Camere dal punto di vista costituzionale sono diverse. La loro diversit� non sembra che richieda di essere argomentata. Di conseguenza nei confronti di ciascuna di esse la questione di legittimit� costituzionale non si proporrebbe negli stessi termini. Poich� tre non sono parti dei giudizi, nei quali sono intervenute le ordinanze di rimessione, manca la rilevanza per l�esame delle questioni che potrebbero insorgere nei loro confronti. Se si dovessero intendere come proposte, andrebbero dichiarate inammissibili. Solo per individuare la ratio della norma nella sua struttura unitaria talvolta ci si riferir� a tutte e quattro le cariche, trascurando le possibili varianti, proprie di ciascuna. ------- Nell�ordinanza n.1 la questione � stata sollevata anche per il comma 7. Se fosse dichiarata la illegittimit� costituzionale del primo comma, la questione resterebbe superata. 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Pur se non detto espressamente, � evidente che � stata proposta in via subordinata, per l�ipotesi che il primo comma sia dichiarato costituzionalmente legittimo. Solo in questo caso, infatti, potrebbe assumere rilevanza la verifica della legittimit� costituzionale della norma, che dispone l�applicabilit� dell�art.1 anche ai processi penali in corso al momento della sua entrata in vigore. La questione, anche se dovesse risultare rilevante, andrebbe dichiarata inammissibile perch� in proposito nel ricorso non sono proposti motivi autonomi e, comunque, manca qualsiasi argomentazione a sostegno. Non � possibile, pertanto, nemmeno svolgere alcuna difesa. E� intervenuto in giudizio il Procuratore della Repubblica di Milano. Le prime undici pagine dell�atto sono dedicate a dimostrare che ormai sarebbe superata la giurisprudenza di codesta Corte, secondo la quale nei giudizi incidentali in materia penale l�intervento del Pubblico Ministero non � ammissibile. Tenuto conto dei precedenti, non sembra necessario soffermarsi sull�argomento. Saranno, peraltro, prese ugualmente in considerazione le tesi svolte nell�atto di intervento perch� non sorga il dubbio che la prevedibile conferma della inammissibilit� dell�intervento abbia precluso l�esame di argomentazioni decisive. L�obiettivo della norma contestata sembra evidente: si � voluto rimediare all�incompatibilit� che pu� insorgere tra l�esercizio delle funzioni politiche pi� elevate, previste dalla Costituzione, e le necessit� di difesa in un procedimento penale, per chi ne � titolare, a causa dell�insufficienza del tempo necessario per provvedere ad entrambi. Ci si deve, pertanto, domandare: - se l�intervento del legislatore fosse consentito; - se la scelta dell�interesse a cui dare la prevalenza, ma solo in via temporanea, sia stata ragionevole; - se sia stata rispettata la proporzionalit�. -------- Salvo a verificarlo in seguito, per il momento si d� per presupposto che l�incompatibilit� accennata possa verificarsi. Era consentito al legislatore di porvi rimedio ? Gli interessi da coordinare erano due: quello personale dell�imputato a difendersi in giudizio, che la Costituzione nell�art.24 tutela nella forma di diritto inviolabile; quello, generale oltre che personale, all�esercizio efficiente delle funzioni pubbliche. Evitare che la tutela dell�uno pregiudicasse l�altro per il legislatore era non solo consentito, ma addirittura doveroso dal momento che dalla Costituzione non sono desumibili i criteri per il loro coordinamento. Ed era consentito al legislatore ordinario perch� rivolto a rendere effettive le tutele, gi� previste dalla Costituzione. Ritenere precluso al legislatore ordinario qualsiasi iniziativa, anche se entro i limiti costituzionali, significherebbe accettare il rischio che, almeno in alcune occasioni, uno dei due interessi possa essere pregiudicato, non sempre con la possibilit� di rimedio. Nessuno dei Giudici remittenti si � domandato se fosse conforme alla Costituzione la situazione precedente, che si ricreerebbe se la norma fosse dichiarata incostituzionale. Alla domanda non sembra che potr� sottrarsi codesta Corte. La premessa per l�indagine successiva �, pertanto, che, naturalmente nei limiti consentiti dalla Costituzione, il legislatore ordinario, se non doveva, almeno poteva intervenire per assicurare che due interessi trovassero il massimo della tutela possibile quando la loro tutela integrale TEMI ISTITUZIONALI 47 contemporanea fosse impossibile. L�alternativa era che la scelta fosse lasciata al titolare secondo la sua personale prospettazione del momento, senza nessuna garanzia di ragionevolezza. La natura degli interessi imponeva che il loro coordinamento fosse realizzato secondo criteri generali, vincolanti e predeterminati, che potevano essere fissati solo dal legislatore ------ Le questioni sulla legittimit� costituzionale delle norme impugnate possono assumere una prospettiva diversa a seconda del punto di vista dal quale l�indagine viene svolta. Per questo l�esame sar� condotto separatamente per ciascuno degli interessi in modo da verificare in una visione integrata se la gradazione delle tutele sia stata predisposta secondo criteri costituzionalmente corretti. La scelta dell�interesse, da esaminare per primo, non deve essere intesa come riconoscimento preconcetto della sua prevalenza, ma solo come necessit� espositiva. -------- L�incompatibilit� tra lo svolgimento delle funzioni politiche pi� elevate e la difesa in un processo penale a carico di uno dei titolari, presa in considerazione dalla legge, � solo quella temporale, provocata dalla possibile insufficienza del tempo per provvedere ad entrambi secondo le necessit�. La soluzione non poteva essere trovata se non nella eliminazione della contemporaneit�, possibile solo attraverso lo spostamento nel tempo di una delle due esigenze. Non sarebbe stato sicuramente consentito eliminarne una, o facendo perdere le funzioni o rendendo improcedibile il processo penale, perch� in entrambi i casi sarebbe stata violata una disposizione costituzionale. La sospensione dell�esercizio delle funzioni pubbliche, ammesso che la Costituzione lo consentisse, avrebbe creato difficolt�, difficili da superare, la cui evidenza non sembra richiedere commenti. Non restava che intervenire sul procedimento, suscettibile di sospensione senza danni non rimediabili agli interessi protetti. La sola possibilit� residua, come si � rilevato, era disinteressarsi dell�argomento, lasciando il rischio che uno degli interessi restasse pregiudicato secondo le contingenze del momento e la scelta personale dell�interessato. --------- Il legislatore ha ritenuto di intervenire e lo ha fatto nell�esercizio di quella discrezionalit� che indubbiamente gli va riconosciuta. In contestazione � solo il mezzo di intervento, o il criterio adottato, ma non, in linea di principio, il potere di intervenire. Si insiste su questa premessa perch� risulti chiaro che, di fronte ad una incompatibilit� che in diverse occasioni si � gi� verificata, il legislatore aveva quanto meno il potere, se non il dovere, di intervenire (salvo a vedere se con il mezzo adeguato e con criteri corretti). La soluzione non poteva essere che dare la precedenza, solo temporale e limitata, ad uno dei due interessi, ritenuto al momento prevalente. Nella scelta non si poteva non tenere conto della diversa natura dei due interessi: l�uno, quello alla difesa nel giudizio penale, di natura individuale, in quanto inerente alla persona; l�altro, quello al corretto esercizio delle funzioni pubbliche, attinente non alla sola persona del titolare, ma soprattutto all�adempimento di doveri del pi� alto livello politico. Questa differenza si imponeva all�attenzione del legislatore quanto meno come punto da cui 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 partire per verificare l�entit� del pregiudizio (se definitivo e non rimediabile o solo temporaneo e quindi meno grave), che per ciascuno di essi si sarebbe prodotto dando la prevalenza all�altro. Consentendo la sospensione dei processi, la prevalenza � stata data, ma solo per un tempo iniziale limitato, all�esercizio delle funzioni pubbliche, evidentemente in considerazione del loro rango, senza benefici dal punto di vista sostanziale a favore dell�imputato. Vale la pena di ripeterlo: poich� il pregiudizio era provocato dalla contemporaneit� dell�esercizio delle funzioni e della pendenza del processo, non si poteva rimediare se non eliminando quella contemporaneit�. Per la natura delle funzioni pubbliche � stata esclusa qualsiasi forma di riduzione o di sospensione del loro esercizio, che sarebbe stata pregiudizievole per l�interesse imprescindibile a che quelle funzioni siano esercitate con continuit�. Al legislatore non restava che intervenire sul processo nella forma meno pregiudizievole, quale � che la sospensione per un certo tempo, lasciando integra la responsabilit� dell�imputato, realizzando il rapporto pi� bilanciato possibile tra azione penale, da una parte, e diritto di difesa, dall�altra. Sul piano del diritto penale sostanziale, pertanto, non si sono avuti effetti. -------- Codesta Corte si � ripetutamente occupata del diritto di difesa dell�imputato. Sembra sufficiente richiamare una pronuncia recente (ord.112/2007) nella quale, rifacendosi a suoi precedenti, codesta Corte ha ribadito che �fra il diritto di essere giudicato (che non esclude che all�esito del giudizio venga pronunciata condanna) e il diritto di autodifendersi deve� ritenersi prevalente quest�ultimo�. Il diritto di difesa, dunque, va sempre tutelato, senza eccezioni, anche a costo di ritardare il giudizio. Su quest�ultimo punto ci si sofferma solo per prevenire perplessit�. Se si tiene presente la situazione di fatto, sulla quale � intervenuta la decisione richiamata, risulta del tutto chiaro che per codesta Corte il diritto di essere giudicato pu� comportare che la decisione sia legittimamente ritardata perch� il diritto di difesa � uno dei capisaldi della giustizia penale, che deve necessariamente essere esercitata nelle forme che di quel diritto consentano la tutela, anche a costo di allungare la durata del procedimento. Codesta si era pronunciata in termini quanto mai chiari gi� con la sentenza n.341/1999: �La garanzia costituzionale del diritto di difesa comprende la effettiva possibilit� che la partecipazione personale dell�imputato al procedimento avvenga in modo consapevole, in specie� nelle fasi che l�ordinamento affida al principio di oralit�: il che comporta sia la possibilit� effettiva di percepire, comprendendone il significato linguistico, le espressioni orali dell�autorit� procedente e degli altri protagonisti del procedimento, sia di esprimersi a sua volta essendo percepito e compreso� Il diritto di difesa, ormai, non � riconosciuto solo dagli ordinamenti statali, ma ha trovato il suo riconoscimento definitivo in ambiti pi� estesi. Anche la Corte di Giustizia CE ha avuto occasione di pronunciarsi recentemente (sentenza 2 aprile 2009, Gambazzi c. Daimler Chrysler Canada Inc, CIBC Mellon Trust Company, C- 394/07) ribadendo che il diritto di difesa �occupa una posizione eminente nell�organizzazione e nello svolgimento di un processo equo e figura tra i diritti fondamentali che risultano dalle tradizioni costituzionali comuni negli Stati membri e dai trattati internazionali in materia di tutela dei diritti dell�uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato ed aderito, tra i quali parti- TEMI ISTITUZIONALI 49 colare significato riveste la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali�. Un intervento nella forma della sospensione non poteva essere disposto sull�esercizio delle funzioni pubbliche (non � facile immaginare come), se non a costo di questioni di costituzionalit� di tutta evidenza. La Costituzione non prevede un Vice Presidente del Consiglio dei ministri, dando per presupposto che il Presidente non possa spogliarsi delle sue funzioni in base ad una delega generale. In quanto non prevista dalla Costituzione, la sostituzione, disposta in via amministrativa, non potrebbe essere generale ed organica e, comunque, dovrebbe avvenire per libera scelta con la possibilit� per il Presidente del Consiglio di svolgere un controllo continuo sull�esercizio in modo verificarne la correttezza, della quale manterrebbe la responsabilit� politica. Queste condizioni sarebbero ugualmente impossibili se l�interessato dovesse essere distolto dai suoi compiti di governo dalle necessit� di difesa in sede penale. In mancanza di una alternativa praticabile, il legislatore non poteva che dare la prevalenza all�esercizio delle funzioni, tutelando contemporaneamente il diritto alla difesa dell�imputato attraverso l� intervento meno invasivo sul processo, quale � la sospensione per la durata minima e sufficiente. Non fare niente avrebbe comportato la tolleranza di una situazione gi� di per s� non conforme alla Costituzione. Non sposta i termini della questione il fatto che l�incompatibilit� � solo eventuale. L�eventualit�, come l�esperienza conferma, non significa impossibilit�. Nelle occasioni di incompatibilit�, qualunque ne fosse il numero, il coordinamento dei due interessi non poteva che essere lasciato al legislatore attraverso criteri predeterminati, applicabili a tutti, cos� da evitare la scelta personale da parte dell�interessato. -------- Dal punto di vista dell�art.24 Cost. la norma non solo � legittima, ma addirittura dovuta. Bench� fosse loro onere, i Giudici emittenti non si sono domandati se fosse corretto lasciare le cose come stavano e, in caso negativo, come si sarebbe dovuto coniugare diversamente l�esercizio delle funzioni politiche in discussione con il diritto di difesa. Stando al loro silenzio in proposito, sembrerebbe che, secondo quei Giudici, la situazione meritasse di rimanere invariata. Certamente la domanda se le porr� codesta Corte. La sospensione � prevista per tutti i processi, qualunque sia il reato contestato, attinente o estraneo alle funzioni pubbliche, perch� � la pendenza del giudizio di per s� che fa sorgere il problema. Rilevato, dunque, che la pendenza di un processo penale a proprio carico pu� ostacolare seriamente l�esercizio delle funzioni politiche pi� elevate; che quelle funzioni sono attribuite per la realizzazione di interessi generali, che vanno ben al di l� della sfera del titolare; che il diritto di difesa nel processo penale non pu� subire menomazioni; che la durata richiede un notevole impiego di tempo; che la sola possibilit� era quella di sfasare temporalmente l�esercizio delle funzioni rispetto alla pendenza del giudizio; la conclusione era, in pratica, obbligata. Una soluzione andava trovata e quella adottata era la sola in grado di tutelare adeguatamente entrambi gli interessi. La soluzione � quella secondo la quale si producono i danni a somma minore. -------- 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La legge va ora esaminata dal punto di vista delle funzioni pubbliche per verificare se sia stato ragionevole dare la prevalenza al loro esercizio. Secondo l�art.51, terzo comma, Cost. chi � chiamato a funzioni elettive ha il diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento. L�interesse tutelato non � quello personale di chi � titolare delle funzioni o, se anche lo fosse, lo sarebbe solo in via indiretta e strumentale. La norma vuole assicurare il corretto esercizio di alcune funzioni , tanto pi� necessario quanto pi� sono elevate nella scala costituzionale. Anche se al momento della sua formulazione si � forse tenuto conto di situazioni diverse, la norma sarebbe comunque violata quando, per una disfunzione del sistema, l�interessato fosse costretto a dedicare una parte consistente del suo tempo alla difesa in giudizio, sottraendolo a quello necessario per l�esercizio delle proprie funzioni politiche. Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne � responsabile (art.95 Cost.). Chi ha la responsabilit� della politica generale del Governo deve anche potervi dedicare tutto il tempo necessario, con la dovuta serenit� e senza condizionamenti, soprattutto quando, per le difficolt� di lungo periodo, l�opera di mediazione politica richiede un impegno sempre maggiore. E� facilmente immaginabile come sarebbe giudicato un Presidente del Consiglio dei ministri che per le proprie necessit� di difesa in un processo penale trascurasse le sue funzioni. Gli sarebbe sicuramente addebitata una grave responsabilit�, anche se solo politica, per avere anteposto i suoi interessi personali a quelli generali. Se l�incompatibilit� durasse a lungo, per sottrarsi alla responsabilit� politica senza pregiudicare il suo interesse alla difesa, potrebbe trovarsi anche nella necessit� di dare le dimissioni. �L�esigenza di protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione� � stata ritenuta meritevole di considerazione da codesta Corte, per poi metterla a raffronto con altri valori, ritenuti in quel caso prevalenti, sia pure entro certi limiti. Anche da questo angolo visuale resta confermato che, per il rilievo costituzionale di entrambi gli interessi, convergenti sulla stessa persona, un intervento del legislatore era pi� che giustificato. L�avviso contrario presupporrebbe che il rischio di incompatibilit� sia preferibile a qualsiasi soluzione di compromesso e che l�incompatibilit� sarebbe conforme al disegno costituzionale. Premesso che la ricerca di una soluzione, se non imposta, era quanto meno consentita, resta da vedere se sia stata trovata in un giusto equilibrio tra i due interessi. ------- Si vedr� in seguito come le questioni, in via diretta o indiretta, finiscano tutte per fondarsi sulla violazione dell�art.3 Cost., il cui accertamento presuppone la irragionevolezza del trattamento differenziato che la norma impugnata introduce per i titolari della cariche che vi sono elencate. L�argomento viene anticipato per fare alcune precisazioni preliminari. L�indagine sulla ragionevolezza presuppone che sia individuata la posizione rispetto alla quale verificare se la disciplina differenziata trovi una giustificazione ragionevole. Il beneficio processuale, anche se di natura soltanto temporanea, � stato riservato alle cariche di valenza politica pi� elevata per assicurare un efficiente esercizio delle loro funzioni a tutela soprattutto di interessi generali. Gi� confrontando le cariche, prese in considerazione, la ratio appare ben diversa da quella che ispirava la legge n.140/2003, che si riferiva anche a cariche senza valenza politica. La norma, TEMI ISTITUZIONALI 51 pertanto, ha ora quella omogeneit�, la cui mancanza codesta Corte ha rilevato nella legge dichiarata costituzionalmente illegittima. L�indagine non sar� condotta in astratto, fondandola su simmetrie costituzionali, ma tenendo conto della situazione attuale della giustizia penale che, almeno per un certo tempo, � destinata a protrarsi. Che l�indagine non possa essere condotta in astratto lo richiede il suo oggetto. Se � la ragionevolezza della disciplina che va valutata, non si pu� non tenere conto delle situazioni di fatto in cui le cariche interessate possono venire a trovarsi per la concretezza che deve necessariamente avere ogni giudizio con questo oggetto. Dalla individuazione di tali situazioni si deve, pertanto, prendere le mosse. Gli strumenti di comunicazione, almeno nell�ultimo decennio, secondo il giudizio generale hanno subito una vera rivoluzione. Dalla sola carta stampata, la cui utilizzazione, da un lato, consentiva un accesso meno ampio e, dall�altro, per i tempi disponibili, rendeva possibile una presentazione delle notizie pi� elaborata, si � passati a mezzi elettronici (la televisione, internet ed altre reti di comunicazione) accessibili anche attraverso la telefonia mobile ed in tempi c.d. reali. Certe informazioni, per le peculiarit� dei mezzi disponibili, oggi sono date in forme ben diverse da quelle tradizionali. I nuovi mezzi di comunicazione trovano in gran parte il loro sostegno finanziario nella pubblicit�, richiamata dal numero dei destinatari. Perch� questo numero sia il pi� elevato possibile le notizie sono presentate nelle forme che suscitano maggiormente la curiosit� del pubblico, utilizzando formule suggestive che, anche quando non ne alterano la sostanza, consentono una migliore penetrazione nella opinione pubblica. Coloro che sono pi� esposti al pubblico, tra questi le personalit� politiche di vertice, hanno una minore tutela della loro riservatezza(art.136 d. lgs. n.196/2003). Per limitarsi alla sfera della giustizia, � una constatazione ricorrente, che trova riscontro in una pratica generale, che la flessibilit� dei nuovi mezzi di comunicazione ha portato alla spettacolarizzazione delle notizie, quando i fatti sono ritenuti tali da interessare la pubblica opinione. La notizia viene data non solo all�inizio del procedimento, o quando la sentenza � stata pubblicata, ma con continuit� durante il suo svolgimento, corredata da commenti di estrazione diversa, cosicch� (anche questa � una constatazione unanime) l�informazione sugli sviluppi intermedi finisce col prevalere sulla notizia circa la conclusione del procedimento. In pratica (va sottolineato che si sta parlando dell�uso corretto del mezzo) quando la sentenza � pubblicata l�orientamento prevalente dell�opinione pubblica si � gi� formato e la sentenza diventa oggetto di giudizio, piuttosto che provvedimento da accettare. Data la sua legittimit� (diverse sarebbero le conclusioni se si incorresse in violazioni di norme, anche se non penali), la situazione si deve considerare ormai consolidata e destinata a ripetersi nel tempo, almeno fino a che non intervengano sopravvenienze che ne determino una evoluzione. E� di questa situazione, riferita naturalmente alla rilevanza pubblica delle figure istituzionali prese in considerazione dalle norme impugnate, che si deve tenere conto nello svolgere l�indagine sollecitata delle tre ordinanze, se della ragionevolezza si vuole seguire una nozione a sua volta ragionevole. -------- L�esame sar� condotto senza tenere conto dei fatti rilevanti nei procedimenti, nei quali sono 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 state emesse le ordinanze, in modo che il giudizio non diventi, sia pure indirettamente, un giudizio clinico su quei fatti, ma investa la noma nella sua generalit� ed astrattezza. In questo non si pu� vedere alcuna contraddizione con quanto si � appena rilevato. La norma non pu� essere presa in considerazione se non nella sua astrattezza, che ne costituisce il carattere tipico. E� solo nel valutarne la ragionevolezza che si deve tenere conto dell�ambiente reale in cui � destinata ad operare e non di un ambiente teorico che non trova nessun corrispondenza nella situazione attuale. La legge introduce un caso di sospensione dei processi penali. La materia, considerata di per s�, non � preclusa alla legge ordinaria. Se ne ha la conferma nel codice di procedura penale, che disciplina casi di sospensione del processo penale nelle diverse sue fasi. Solo a titolo di esempio si richiama l�art.479, dove la sospensione � prevista, senza la prefissione di un termine certo di durata, nei casi di pregiudiziale civile o amministrativa. La sospensione �, dunque, materia che, considerata di per s�, pu� essere oggetto di legge ordinaria. La sospensione, inoltre, � stata consentita, sempre dalla legge ordinaria, anche per motivi attinenti alla situazione dell�imputato. Baster� qui richiamare gli artt.71, 486 e 519 c.p.c., dove la sospensione � giustificata da sue esigenze personali. Non sembra necessario aggiungere altro in proposito poich� codesta Corte nella sentenza n. 24/2004 ha avuto occasione di distinguere le quattro categorie in cui possono essere ricondotte le sospensioni disciplinate dal codice di procedura penale. Come � rilevato nella stessa sentenza, �la sospensione, di solito prevista per situazioni oggettive del processo, � funzionale al suo regolare svolgimento�. Non per questo pu� essere esclusa, in via di principio, una sospensione per esigenze diverse. �Ci� non significa che quello delle sospensioni sia un sistema chiuso e che il legislatore non possa stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali, ma implica la necessit� di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalit� perseguite, eterogenee rispetto a quelle proprie del processo� (v. sempre sent. n.24/2004; d�ora in avanti questa sentenza si intender� richiamata ogni volta che saranno trascritte parti della motivazione senza indicazioni ulteriori). Da qui la necessit� di verificare se le esigenze, alle quali ha inteso fare fronte la legge, siano equiparabili a quelle prese in considerazione dal codice di procedura penale o, comunque, possano giustificare un ritardo nella conclusione del procedimento. Come ha rilevato codesta Corte, �occorre � accertare e valutare come la norma incida sui principi del processo e sulle posizioni e sui diritti in esso coinvolti�. Che � poi l�indagine sollecitata dal GIP, dove la verifica della legittimit� costituzionale della norma viene richiesta sul parametro della �parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di uguaglianza formale dinanzi alla legge�. L�ordinanza parte dalla premessa che la natura della legge, se costituzionale o ordinaria, non ha rilievo perch� deroghe all�art.3, prive di base ragionevole, non potrebbero essere disposte nemmeno con legge costituzionale. Questa affermazione trova riscontro nella giurisprudenza di codesta Corte, secondo la quale anche una legge costituzionale � soggetta alla verifica di legittimit� alla stregua dei diritti inalienabili della persona ed ai principi fondamentali della Costituzione, tra i quali quelli fissati TEMI ISTITUZIONALI 53 negli articoli 2 e 3 (sent. n.1146/1988 e precedenti richiamati). Nella stessa ordinanza, peraltro, � dedotta anche la violazione dell�art.138, primo comma, andando contro alla premessa dalla quale lo stesso Giudice � partito. Sulla violazione dell�art.138 � fondata l�ordinanza n.1, secondo la quale le �disposizioni normative riguardanti le prerogative, l�attivit� e quant�altro di organi costituzionali richiedono il procedimento di revisione costituzionale. E ci� in quanto la circostanza che l�attivit� di detti organi sia disciplinata tramite la previsione di un�ipotesi di sospensione del processo penale, non esclude che in realt� essa riguardi non gi� il regolare funzionamento del processo, bens� le prerogative di organi costituzionali e comunque materie gi� riservate dal legislatore costituente alla Costituzione�. Tutte le �prerogative� di organi costituzionali (che, secondo quanto si desume dall�ordinanza, sarebbero costituite da trattamenti differenziati, ma non � precisato rispetto a chi) andrebbero, pertanto, disciplinate da norme costituzionali. Ci sarebbe, in altre parole, una riserva per materia. Queste affermazioni mancano di base costituzionale. Nell�ordinanza la sola norma della Costituzione richiamata � l�art.138, che regola il procedimento legislativo costituzionale, ma non elenca le materie da disciplinare con legge costituzionale. La legge, in quanto ordinaria, pu� aver violato solo altre norme costituzionali sostantive, che tutelano interessi che la legge avrebbe pregiudicato. Il procedimento legislativo costituzionale, disciplinato dall�art.138, per definizione non pu� essere stato violato quando il legislatore ha provveduto con legge ordinaria. E� il non avervi fatto ricorso che, secondo il remittente, avrebbe comportato la violazione di norme costituzionali sostantive, tra le quali non pu� ricondursi l�art.138, in quanto norma di procedimento.. E non sembra senza significato che codesta Corte, nel giudicare sulla legge n.140/2003, non abbia affrontato la questione della forma legislativa utilizzabile. Se fosse stata ritenuta necessaria una legge costituzionale, la questione sarebbe stata presumibilmente affrontata per prima perch� avrebbe evitato a codesta Corte l�indagine di merito, condotta per arrivare alla conclusione che la norma era in contrasto con altri valori prevalenti, costituzionalmente garantiti, malgrado il carattere fondamentale dei valori che la legge ordinaria aveva voluto tutelare. Esclusa l�utilit� del richiamo dell�art.138, restano solo argomenti assertivi senza l�indicazione dei parametri costituzionali, secondo i quali dovrebbe essere condotto il giudizio. Oltre al brano gi� trascritto, nell�ordinanza si legge che � � la categoria giuridica prescelta per il raggiungimento dello scopo perseguito � assolutamente irrilevante ai fini che qui interessano, posto che non pu� essere messo in dubbio che si tratta in ogni caso di materia riservata, ex art.138 Cost., al legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza che tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti da norme costituzionali�. A sostegno di queste affermazioni, lo si ripete, non sono richiamate norme o principi costituzionali che sarebbero stati violati. Il fatto che nella Costituzione siano previste alcune prerogative degli organi costituzionali non comporta che non ne possano essere introdotte altre con legge ordinaria. Le prime costituiscono deroghe a norme e principi, posti dalla Costituzione stessa, che pertanto solo nella Costituzione potevano essere previste. La legge, invece, ha solo voluto prevenire possibili incompatibilit� tra interessi, entrambi tu- 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 telati dalla Costituzione, conflitti che la Costituzione, anche per la natura delle sue norme, non ha preso in considerazione. Per evitarlo, la legge, secondo la sua funzione tipica, ha predeterminato il criterio da seguire nella soluzione del conflitto, coordinando le norme costituzionali. ------- Il Tribunale di Milano ha richiamato norme costituzionali sostantive, ma ha trascurato che gli articoli 68, 90 e 96 incidono sulla responsabilit� penale e non sul processo, mentre � nel solo svolgersi del processo che produce effetti la norma in esame, lasciando integra la responsabilit�. E�, pertanto, evidente l�equivoco su cui � caduta l�ordinanza n.2, dove il contrasto con l�art.96 Cost. � visto nella �assoluta irragionevolezza di una norma ordinaria che, a parit� di bene tutelato, formula per i reati extrafunzionali una disciplina ordinaria diversa da quella voluta dalla Costituzione per i reati funzionali�. La irragionevolezza denunziata non � riscontrabile per la diversit� del bene tutelato che in una caso (artt.90 e 96 Cost.) investe la responsabilit� penale, mentre in quello in esame solo la durata del processo senza incidere sulla responsabilit�. Ha sostenuto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nel suo atto di intervento (p.12), che �l�accertato contrasto con gli artt.3 e 24 Cost. dimostra �. inequivocabilmente che la forma prescelta per disporre la sospensione dei processi per reati extrafunzionali delle Alte cariche era comunque insufficiente�. A proposito dell�art.3 il Procuratore della Repubblica � in contrasto con il GIP di Roma. Se la norma non fosse compatibile con l�art.3 Cost. la �forma prescelta� non sarebbe stata rilevante perch� nemmeno con la legge costituzionale sarebbe stato possibile derogare al principio di uguaglianza. Che la forma legislativa adottata sia indifferente ha finito per riconoscerlo lo stesso Procuratore della Repubblica di Milano quando ha rilevato (p.12) che �sarebbe insufficiente a tal fine anche una legge costituzionale qualora si ritenesse, come ritenuto in passato da codesta Corte �, che il principio costituzionale d�eguaglianza sia una �principio supremo dell�ordinamento�, come tale immodificabile con legge costituzionale�. Il richiamo poi dell�art.24 un po� sorprende perch� � proprio la tutela del diritto di difesa dell�imputato che costituisce l�obiettivo della norma. Quanto dedotto dal Procuratore della Repubblica non ha, pertanto, il valore dimostrativo che gli si � voluto attribuire. ------ Si ritorna cos� alla questione, come proposta dall�ordinanza del Gip. L�indagine va condotta alla stregua dell�art.3 Cost. Il giudizio sull�uguaglianza, in quanto di relazione, richiede la individuazione del termine di riferimento. Secondo il Giudice remittente il termine sarebbe la posizione dei cittadini. Va, pertanto, accertato se il trattamento differenziato rispetto al cittadino, predisposto dalla norma per alcune figure istituzionali, sia ragionevole. �Il principio di uguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l�ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversit� pu� venire in considerazione�. La norma fa espressamente salvi �i casi previsti dagli articolo 90 e 96 della Costituzione�. TEMI ISTITUZIONALI 55 Sorprende che nell�ordinanza di remissione si affermi, e che il Procuratore della Repubblica confermi, che �la disciplina in esame � stata, inoltre, stabilita con una legge che, dichiarando di derogare espressamente agli artt.90 e 96 della Costituzione, non � stata adottata secondo la procedura di revisione costituzionale di cui all�art.138 Cost. ��. Fare salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 non significa apportarvi deroghe; significa, al contrario, che si interviene al di fuori della loro sfera. Secondo il GIP i trattamenti differenziati per il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio sarebbero solo quelli previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali. Se quei trattamenti costituissero deroghe all�art.3, la tesi diventerebbe contraddittoria perch� lo stesso Giudice � partito dalla premessa che nemmeno una legge costituzionale potrebbe derogare al principio di uguaglianza. Se poi negli articoli 90 e 96 Cost. fosse vista la fissazione di un numero chiuso dei trattamenti differenziati, la tesi sarebbe solo affermata senza l�indicazione della base costituzionale. L�art.90 esclude la responsabilit�, anche penale, del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell�esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. Nei suoi confronti, pertanto, per limitarsi alla sfera penale, un procedimento non pu� essere nemmeno iniziato per mancanza di responsabilit� o, se si preferisce, perch� gli atti compiuti nell�esercizio delle funzioni non costituiscono reato (la legge n.124/2008 non � applicabile al giudizio previsto dagli artt.90 e 134 Cost.).. L�art.96, dopo aver confermato che per i reati commessi nell�esercizio delle funzioni il Presidente del Consiglio dei ministri � sottoposto alla giurisdizione ordinaria, richiede l�autorizzazione del Senato o della Camera dei deputati per l�esercizio dell�azione penale. Se non interviene l�autorizzazione il reato, in ipotesi, persiste, ma l�azione penale non pu� essere esercitata ed il Presidente del Consiglio dei ministri non incorre nella responsabilit� conseguente. Entrambe le norme sono a tutela di funzioni di rilievo politico rispetto a possibili interferenze del potere giurisdizionale, in via assoluta nei confronti del Presidente della Repubblica, e sotto condizione per il Presidente del Consiglio. Tutelano, dunque, nel merito l�esercizio delle funzioni nel senso che, in considerazione dei fini, in vista dei quali quelle funzioni sono esercitate, evitano interferenze da parte dell�autorit� giudiziaria, che potrebbero pregiudicare la realizzazione di interessi superiori. E� evidente che per sottrarre, in base a valutazioni prettamente politiche, alla giurisdizione generale o solo a quella penale fatti che, se commessi da altri soggetti, sarebbero stati perseguibili, il legislatore costituente non ha potuto che prevederlo nella Costituzione, dove si trovano i principi della materia. La legge impugnata opera su di un piano diverso. Vi sono fatti salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 Cost. solo per un eccesso di scrupolo. Era scontato che una legge ordinaria non potesse portare deroghe a norme costituzionali. Da questi articoli non si possono trarre argomenti per concludere che la materia della sospensione del processo sia riservata alla legge costituzionale. Codesta Corte lo ha confermato quando, nel brano gi� riportato, ha precisato che quello delle sospensioni previste dalle leggi ordinarie non costituisce un sistema chiuso cosicch� al legislatore non � precluso stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali. CՏ solo la necessit� �di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalit� perseguite, eterogenee rispetto a quelle proprie del processo�. 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 -------- Le ordinanze hanno rimesso complessivamente a codesta Corte la verifica della legittimit� costituzionale alla stregua degli articoli 3, comma 1 e 2, 68, 69, 111, comma 2, 112, 136 e 138 Cost. Dell�art 138 si � gi� trattato. Gli articoli 111 e 112 vanno esaminati in coordinamento con l�art.3, ponendosi dal punto di vista gi� indicato da codesta Corte. Il giudizio sui trattamenti differenziati deve essere condotto �riguardo all�esercizio della giurisdizione� o, come � detto nell�ordinanza di remissione del GIP, secondo il principio �rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. E� quindi inapplicabile l�art.112 Cost.che sancisce l�obbligatoriet� dell�azione penale (non � senza significato che, pur essendo stata la questione di legittimit� costituzionale sollevata anche per la sua violazione, l�art.112 nella motivazione della sentenza n.24/2004 non sia stato mai richiamato). La norma contestata non tocca il potere di iniziativa del P.M., del quale, al contrario, presuppone l�esercizio e la sua continuit�. Lo conferma il fatto che resta impregiudicato il potere anche del PM di chiedere l�acquisizione di prove ai sensi dell�art.392 c.p.c., come il Tribunale stesso ha ricordato. In tutte e tre le ordinanze si sostiene il contrario, ma senza argomentare o con argomentazioni non pertinenti. Nella ordinanza del GIP la violazione dell�art.112 Cost. viene dedotta �sotto il profilo della irragionevolezza del suo connotato derogatorio rispetto al diritto comune�, quindi, se si � bene inteso, per violazione del principio di uguaglianza. Nella ordinanza n.1 � detto che �l�intervento legislativo incide � su plurimi interessi di rango costituzionale quali la ragionevole durata del processo (art.111 Cost.) e l�obbligatoriet� dell�azione penale (art.112 Cost.), comunque vulnerata seppur non integralmente compromessa...�. Anche il Tribunale di Milano nutre, dunque, qualche perplessit� tanto che non arriva a sostenere che la violazione sia integrale. Questo spiega perch� poi porti a sostegno argomenti incongrui. Le discussioni intervenute in sede costituente - il Tribunale lo ha ricordato - hanno riguardato la �perseguibilit� per reati extrafunzionali, che non si sarebbe potuta introdurre se non con norma della Costituzione�. Ma il Tribunale subito dopo riconosce che �si trattava di limitazione dell�azione penale pi� pregnante di quell�attuale�, diversa pregnanza che, a suo giudizio, �non rileva sulla necessit� di disciplinare la materia mediante norma costituzionale�. Senonch� l�irrilevanza, affermata con sicurezza, manca di dimostrazione. Nella ordinanza n.2 l�art.112 Cost. � richiamato tra i parametri costituzionali rispetto ai quali si richiede la verifica di legittimit� costituzionale, ma non se ne tratta nella motivazione. Risulta evidente la distorsione prospettica in cui le ordinanze sono incorse nelle svolgere le loro argomentazioni. L�art.112 Cost. si rivolge al Pubblico Ministero, imponendogli l�obbligo di esercitare l�azione penale. La norma contestata non limita l�esercizio dell�azione penale da parte del PM. Nel disporre la sospensione dei processi penali presuppone, al contrario, che questi siano stati avviati e che l�azione penale sia stata gi� esercitata e l�obbligo adempiuto. La norma non �, TEMI ISTITUZIONALI 57 per esempio, applicabile se � richiesta l�archiviazione ai sensi dell�art.408 c.p.c. Del processo, una volta iniziato, � rinviato nel tempo solo il proseguimento, consentendo nel frattempo di procedere a quegli adempimenti che non possono essere ritardati in modo da evitare al processo danni non rimediabili. Che l�art.112 sia violato � sostenuto anche dal Procuratore della Repubblica di Milano, che richiama a sostegno alcune sentenze di codesta Corte (p.15). I richiami non sono pertinenti. La garanzia dell�indipendenza del Pubblico Ministero nell�esercizio della propria funzione, che nella sentenza n.84/1979 � indicata come il primo degli obiettivi dell�art.112, non � incisa sotto nessun profilo dalla norma impugnata. L�uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale, che vi � indicata come secondo obiettivo dell�art.112, � valutata nei rapporti tra il P.M. e gli autori di reati in base al rilievo che �l�obbligo dell�esercizio dell�azione penale da parte del Pubblico Ministero esige che egli sia titolare di tale azione in relazione a qualunque fatto di reato, comunque conosciuto� cosicch� quest�ultimo non pu� dosare diversamente la sua iniziativa secondo la persona interessata. In prospettiva diversa, del tutto estranea alla questione da affrontare in questa sede, � stata esaminata l�obbligatoriet� dell�azione penale nella sentenza n.88/91. Dalla ordinanza n. 33/203 (che ha dichiarato inammissibile la questione, fondata su di una interpretazione non condivisa del giudice remittente) si ricavano argomenti in senso contrario perch� vi � affermato che anche �l�intera gamma delle condizioni di procedibilit�� (non si tratta, dunque, di sospensione del processo) rientrano �quanto a casi e disciplina, nella esclusiva sfera della discrezionalit� legislativa� e proprio perch� la questione interessava norme sulla procedibilit�, �che fanno eccezione alla opposta e generale regola dell�azione penale incondizionata�, � stato richiamato l�art.112 Cost. in quanto norma ispiratrice. Dalla sentenza n. 26/2007 si ricava che la differenza delle discipline va giudicata nel rispetto del canone della ragionevolezza, vale a dire ai sensi dell�art.3 Cost., che � appunto il parametro secondo il quale la legge andr� giudicata. ------ Restano da prendere in considerazione gli articoli 3 e 111. Gli articoli 90 e 96 della Costituzione, fatti salvi dalla norma, riguardano il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio dei Ministri. Diventa utile, pertanto, prendere in esame sotto il profilo dei principi anche la posizione del Presidente della Repubblica, malgrado la irrilevanza in giudizio delle questioni che potrebbero riguardarlo. Codesta Corte ha gi� messo a confronto con il principio di parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione �l�esigenza di protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione�. L�esperienza dimostra che i pericoli a cui � esposta questa esigenza non sono andati riducendosi. La stampa recente ha richiamato vicende che portarono alle dimissioni di un Presidente della Repubblica in un periodo turbolento della vita costituzionale italiana nel corso di un procedimento penale a carico di altri, in cui rimase coinvolto attraverso i commenti collaterali ai fatti di causa. I mezzi di comunicazione al tempo erano diversi e meno penetranti di quelli attuali, ma il rilievo che la vicenda ebbe sulla televisione e sulla stampa, con venature spesso scandalistiche, port� ad effetti non rimediabili sulla base di giudizi che sono poi risultati infondati quando la 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 situazione � ritornata nella normalit�. Il titolare di funzioni del massimo rilievo politico non solo deve avere la serenit� sufficiente per il loro esercizio corretto, ma prima di tutto deve essere sottratto ad ogni condizionamento, che possa pregiudicare la stessa continuit� dell�esercizio. Richiamando quei fatti risalenti che, perso valore politico attuale, sono oramai confinati nella sfera storica, si � voluto mettere in evidenza come talvolta la sola minaccia di un procedimento penale pu� costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono poi dimostrati infondati. Il richiamo � stato fatto anche perch� ne riesca confermato che l�indagine deve essere condotta non su ipotesi astratte, ma tenendo presente la reale situazione attuale. I rischi di una sorta di aberratio quasi mai possono essere evitati dal magistrato. Il Pubblico Ministero, a seguito di notizie di reato, anche solo per verificarle, deve prendere alcune iniziative ed il giudicante, una volta che ne sia investito, non si pu� sottrarre ai suoi doveri d�ufficio. Quando la notizia perviene agli organi di informazione il magistrato ne perde il controllo e nei media si innesta quel procedimento che, anche se condotto nel rispetto delle norme, non � pi� condizionabile, con la possibilit�, tutt�altro che teorica, di portare alle dimissioni indipendentemente dalla fondatezza delle imputazioni. L�esperienza dice che le pi� alte cariche dello Stato, in pendenza di un procedimento penale, possono venire a trovarsi, se non nell�impossibilit�, nella seria difficolt� di continuare nell�esercizio delle loro funzioni per la loro esposizione mediatica gi� prima che si arrivi ad una sentenza, definitiva o non definitiva che sia. Anche se non si arriva alle dimissioni, che costituiscono il pericolo estremo, si pu� creare una forte corrente di opinione contraria, che rende quanto meno precarie le condizioni personali di serenit� che secondo la Costituzione, come codesta Corte ha confermato, debbono essere assicurate all�interessato ed in mancanza delle quali resta pregiudicato l�interesse generale sottostante. Questo pericolo, ormai immanente nel sistema delle c.d. comunicazioni di massa, � aggravato dalla situazione in cui oggi si trova la giustizia italiana. Malgrado l�art.111 Cost., � un fatto notorio che i processi, per un difetto di sistema, hanno durate non compatibili con la giustizia, intesa come servizio per la comunit�. L�art.111 � stato modificato proprio per questo, anche se con risultati non ancora percepibili. Ne consegue che, quando il procedimento viene spettacolarizzato (si � adoperato questo aggettivo perch� ormai di uso comune), la durata del processo moltiplica i rischi perch� i suoi sviluppi finiscono con l�essere argomento, anche esso di lunga durata, delle cronache e dei commenti. Pi� elevata � la carica e maggiore � la curiosit� del pubblico. Con la curiosit� del pubblico aumenta anche la richiesta di pubblicit� sui mezzi di comunicazione che ne trattano, che a sua volta induce ad insistere sull�argomento. E� provato dall�esperienza che la curiosit� � maggiore quando i fatti sono estranei all�esercizio delle funzioni pubbliche ed investono la sfera privata. Il contrario di quella potrebbe essere la prima impressione. Sono oggi di gran successo di audience (come oggi si dice, in corrispondenza al termine anglosassone reality, con il quale si definisce il genere) spettacoli sulla vita quotidiana, anche di persone comuni. La stessa vita di privati talvolta attira l�attenzione del vasto pubblico televisivo pi� di eventi di interesse generale, attenzione che � maggiormente stimolata dai fatti TEMI ISTITUZIONALI 59 privati di personalit� pubbliche. I processi in cui sono coinvolti soggetti ad esposizione pubblica richiedono spesso istruttorie complesse. Anche questo � confermato dall�esperienza. La durata dei procedimenti, la complessit� delle istruttorie, la necessit� ricorrente di assistere alla escussione dei testi per contestarne le dichiarazione o per farle completare, mette comunque in difficolt� l�imputato e lo espone a rischi maggiori qualora non sia in grado di presenziare alle udienze con una certa continuit�. La loro esposizione pubblica aggrava la necessit� di presenziare per essere in grado di controllare ed eventualmente attenuare gli effetti che la cronaca giudiziaria potrebbe produrre sulla loro credibilit�. Anche di questo si ha conferma nella esperienza giudiziaria recente. Il Procuratore della Repubblica di Milano nell�atto di intervento (pp.16-17) ha portato a sostegno delle sue tesi argomenti comparatistici. Non basta peraltro sostenere che �in nessun altro Stato democratico� si troverebbero norme analoghe. Bisognerebbe anche accertare se in quegli Stati i processi abbiano una durata paragonabile a quella dei processi italiani, durata, come si ripete, che ha fatto mettere in dubbio che si abbia una effettiva tutela giurisdizionale. La norma non ha nessun rapporto con il fumus persecutionis, in quanto l�obiettivo che si pone � quello di evitare che l�esercizio di funzioni di rilievo costituzionale sia pregiudicato dal modo in cui in Italia di fatto ed in via ordinaria, senza intenti persecutori, si svolgono i procedimenti penali. Ma soprattutto va ribadito che la legge non sottrae gli interessati alla giurisdizione penale, ma sospende solo i procedimenti, senza incidere minimamente sulla responsabilit� penale, quindi senza previsione di immunit�, come sembra sostenere il Procuratore della Repubblica di Milano ( p.17). Nel fatto, poi, �che un ministro potrebbe essere processato per un reato funzionale, anche modesto, di abuso di ufficio, mentre non potrebbe essere giudicato in sede penale un presidente del consiglio che ha commesso evasione fiscale, oppure falsi in bilancio �, se commessi da chi esercita funzioni pubbliche� non si pu� vedere niente di paradossale perch� i reati funzionali di un ministro hanno una valenza politica tale da rendere utile una decisione quanto pi� tempestiva possibile, valenza che non hanno, quanto meno nella stessa misura, i reati comuni di un presidente del consiglio. Che poi l�imputato possa non avvalersi della sospensione per un reato lieve e non per uno grave (p.17), se ha un significato, lo ha in senso opposto a quello che si vorrebbe. Un procedimento per un reato lieve, non solo interessa meno l�opinione pubblica, ma soprattutto pu� non richiedere all�imputato un impegno di tempo tale da pregiudicare l�esercizio delle sue funzioni. Questo argomento sembra non decisivo nemmeno per il Procuratore della Repubblica. Nell�atto di intervento (p.18), dopo aver argomentato in chiave di immunit�, mentre di vera immunit� non si tratta, ha definito come�assolutamente esatto� che il punto di vista da cui svolgere l�indagine � quello del �regime differenziato riguardo all�esercizio della giurisdizione�, riconoscendo cos� che il parametro in effetti utilizzabile � l�art.3 Cost. e dando cos� per superate le argomentazioni fondate su norme diverse. ------- A fronte del richiamo dell�art.51 Cost. si potrebbe obiettare che cariche elettive non sono solo quelle interessate dalla legge. Rispetto a quelle trascurate si potrebbe avere la disparit� di trat- 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tamento. Nessuna delle ordinanze ha sollevato la questione in questi termini. Viene affrontata ugualmente nella eventualit� che possa essere ritenuta comunque rilevante. L�argomento, anche se suggestivo, sarebbe infondato. Presupporrebbe la parit� di condizione tra tutte, o gran parte, delle cariche elettive non solo dello Stato, ma anche dei comuni, delle province e nelle regioni. Per quanto si voglia essere egualitari, sembra quanto meno azzardato escludere differenze rilevanti di posizione, ad esempio, tra il Presidente del Consiglio dei ministri, da una parte, ed i presidenti delle regioni, delle province e dei sindaci dei comuni dall�altra. Pur trascurando la diversit� degli impegni e delle responsabilit�, � radicalmente diversa la loro posizione a proposito della curiosit� che possono suscitare sull�opinione pubblica le vicende che li riguardano, non foss�altro dal punto di vista territoriale. In proposito non sembra necessario intrattenersi. L�estensione territoriale delle competenze � gi� un dato sufficiente a rendere ragionevoli trattamenti differenziati. La verifica pu� essere fatta anche in orizzontale, vale a dire tra le cariche dello Stato. I deputati e senatori ed i ministri (se parlamentari) non sono presi in considerazione dalla legge. Non per questo pu� ritenersi violato l�art.3. I parlamentari ed i ministri, non solo svolgono funzioni diverse e di minore responsabilit� rispetto a quelle della cariche tutelate, ma, soprattutto, esercitano le loro funzioni pi� rilevanti in forma collegiale. Il Presidente del Consiglio dei ministri (l�osservazione vale anche per il Presidente della Repubblica) esercita le sue funzioni tipiche soprattutto come organo individuale. A quelle assegnate dalle norme costituzionali vanno aggiunte le altre che derivano dall�ordinamento internazionale e da quello comunitario e dell�Unione che, essendo sempre pi� impegnative, richiedono anche un tempo maggiore. Le responsabilit� conseguenti non si diluiscono nella collegialit� e dall�opinione pubblica sono riportate direttamente alla persona anche in un ambito internazionale sempre pi� esteso,come � confermato da vicende recenti. Alla stregua dell�art.51 Cost. la norma contestata, nel realizzare i suoi obiettivi, ha graduato la tutela richiesta dalla norma costituzionale con criteri ragionevoli. D�altro canto, se si ritenesse il contrario, la sua illegittimit� potrebbe essere vista solo nel non aver esteso la sua applicabilit� ai ministri in carica. ------- Il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione sta �alle origini della formazione dello Stato di diritto�. Il principio � stato ritenuto violato da codesta Corte quando, prevedendo la sospensione automatica, ha ritenuto leso il diritto di difesa dell�imputato, sacrificato il diritto della parte civile �anche ammessa la possibilit� del trasferimento dell�azione in sede civile� e leso il principio della ragionevole durata del processo a causa di una sua stasi per un tempo indefinito e indeterminabile, cos� da vulnerare il diritto di azione e di difesa. Dalla sentenza di codesta Corte n.24 del 2004, fondata su queste premesse, si � ritenuto di poter trarre argomenti a sostegno della illegittimit� costituzionale della legge in esame (pp.11-12 dell�atto di intervento del procuratore della Repubblica di Milano). Gli argomenti desumibili dalla sentenza sono in senso contrario. Sul diritto dell�imputato alla difesa in giudizio la questione � superata per la possibilit� che gli TEMI ISTITUZIONALI 61 � data di rinunciare alla sospensione �in ogni momento�. E� lasciato all�interessato valutare se, per la natura dell�imputazione e la sua complessit�, il corso del procedimento possa pregiudicare l�esercizio delle sue funzioni. Il suo diritto di difesa, pertanto, � garantito insieme all�esercizio delle funzioni pubbliche. Codesta Corte, nel giudicare della posizione della parte civile, ha richiamato la sua sentenza n.353/1996, che, a sua volta, si � riportata al principio enunciato nella sentenza n.330/1994: ҏ certo che una stasi del processo che si accerti di durata indefinita ed indeterminabile, non possa non vulnerare il diritto di azione e di difesa della parte civile cui pure l�assetto del codice abrogato apprestava tutela, svincolandola dal processo penale nel caso di sospensione del processo per infermit� di mente dell�imputato�. La premessa era che �� per quanto attiene all�affermato vulnus arrecato all�art.24, primo e secondo comma, della Costituzione, il petitum effettivamente avuto di mira risulta incentrato sull�assenza, nel sistema del codice abrogato, di uno strumento che abiliti la parte civile ad esercitare l�azione in sede propria nonostante il processo penale non possa di fatto proseguire�. Dai precedenti di codesta Corte, richiamati dalla sentenza n.24/2004, si ricavano questi criteri di giudizio: - il diritto della parte civile alla tutela giurisdizionale � pregiudicato quando la sospensione � di durata indefinita ed indeterminabile; - la lesione si realizza quando alla parte civile non sia consentito trasferire la sua azione in sede civile, abbandonando il procedimento penale sospeso. Nessuna delle due condizioni ora ricorre. La sospensione � fissata dal quinto comma dell�art.1 nella sua durata massima, con la possibilit� che sia pi� breve nel caso che la legislatura si concluda prematuramente. Alla parte civile, inoltre, � consentito di trasferire la sua azione in sede civile, senza che incorra nella sospensione prevista nel terzo comma dell�art.75 c.p.c. e con la riduzione a met� dei termini di cui all�art.163 bis c.p.c. In questo modo � superato anche l�ostacolo che si potrebbe desumere dall�art.111 c.p.c. poich� il giudizio civile si trova accelerato rispetto al processo penale, processo del quale viene sistematicamente denunciata la durata eccessiva. Sono di facile individuazione gli interessi rilevanti ed i limiti in cui si possono considerare compressi. Codesta Corte, dopo aver rilevato che era un �interesse apprezzabile� la �assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche�, ha visto a suo tempo l�illegittimit� costituzionale della norma, oggetto di giudizio, nel contrasto con valori qualificati fondamentali, vale a dire con interessi che trovano nella Costituzione una tutela diretta, in particolare il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, il diritto di difesa dell�imputato, la tutela giurisdizionale della parte civile. Una volta ridotte le cariche tutelate e, soprattutto, modificate le forme di tutela, la verifica della legittimit� costituzionale della nuova normativa deve essere rinnovata per la diversa incidenza che presenta rispetto ai valori fondamentali, tutelati dalla Costituzione. La protezione delle serenit� nell�esercizio delle funzioni, peraltro, non � il solo obiettivo della norma. CՏ anche la necessit� di disporre del tempo sufficiente per approntare le proprie difese, che agli avvocati possono essere affidate sotto il profilo tecnico, ma non quando � necessaria la ricostruzione dei fatti e la ricerca della documentazione alla quale, a distanza di tempo, si deve spesso provvedere personalmente. Casi molto recenti e ben noti confermano come la presenza al dibattimento sia indispensabile 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 per una difesa efficiente, soprattutto quando, per la complessit� delle imputazioni, il processo ha una lunga durata e, in corrispondenza, maggiore � la curiosit� del pubblico. Il dato di fatto, dal quale non si pu� prescindere e che si deve ribadire, se si vuole mantenere concreta l�indagine, � che i processi che vedono coinvolte cariche pubbliche, in particolare di livello pi� elevato, richiamano la curiosit� dell�opinione pubblica, che viene anche stimolata dai media per incrementare il numero dei lettori e degli utenti. Da qui la necessit� ricorrente per i titolari, che non hanno la stessa protezione della riservatezza delle persone comuni, di seguire i processi con attenzione per essere in condizione di intervenire tempestivamente quando l�interesse del pubblico � sollecitato dalle forme suggestive adottate nel dare le notizie. A fronte di questo pericolo aggravato non si pu� ritenere irragionevole una tutela adeguata, naturalmente mantenuta in limiti proporzionati. ------- In corrispondenza cՏ l�interesse attinente all�esercizio della giurisdizione penale, il cui pregiudizio � solo per il ritardo nella conclusione dei procedimenti. La legge in esame ha trovato l�equilibrio tra gli interessi contrapposti. Alla sospensione del processo corrisponde la sospensione della prescrizione cosicch� la perseguibilit� del reato non � pregiudicata. Il ritardo potrebbe assumere una qualche rilevanza, ma solo in via ipotetica, se contemporaneamente non si lamentasse la durata eccessiva dei processi, alla quale non si riesce, e presumibilmente non si riuscir� per un certo tempo, a porre rimedio, malgrado i tentativi fatti. Con questo non si vuol dire che, quando i processi durano troppo a lungo, non si dovrebbe dare importanza ad un allungamento ulteriore. Il fatto che i processi abbiano una durata eccessiva comporta una eccessiva esposizione degli interessati sui media, aggravando i danni alla loro immagine pubblica. Sono rari i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancora di pi�, di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest�ultimo si trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti. Se la legge fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, non sarebbe eliminato il pericolo di danno all�esercizio delle funzioni che, in quanto elettive, trovano una tutela diffusa nella Costituzione, non solo nell�art.51. Vanno, pertanto, messi a raffronto i danni che ogni soluzione porterebbe ad uno degli interessi incompatibili. Nel farlo si deve tenere conto della situazione reale, con le sue inefficienze e le sue anomalie. In particolare: il modo in cui i processi si svolgono, spesso per difficolt� non rimediabili; la fuga di notizie coperte da segreto, prima che abbiano avuto la loro verifica processuale (non solo le registrazioni telefoniche); la durata dei processi; i rapporti tra uffici giudiziari e media; lo stile giornalistico (senza metterne in dubbio la liceit�) con il quale processi di un certo genere vengono trattati. La legge nella situazione attuale pone al riparo dai danni conseguenti alcune cariche di vertice dello Stato. Niente esclude che la situazione possa essere riesaminata quando evolvesse in misura tale da invertire il rapporto tra gli interessi rilevanti, modificando i pregiudizi rispettivi. In questa eventualit� trova una sua giustificazione il ricorso alla legge ordinaria. Con la Costituzione e con le leggi costituzionali sono delineate le strutture dello Stato, intese come le parti essenziali, per questo stabili. TEMI ISTITUZIONALI 63 Con la legge ordinaria, modificabile pi� agevolmente, si fa fronte alle esigenze meno durature cosicch� sar� possibile intervenire rapidamente quando la situazione reale si modificasse in misura tale da comportare un diverso bilanciamento degli interessi. I pregiudizi prevedibili per gli interessi rilevanti, da mettere a confronto, giustificano l�intervento legislativo. Da una parte ci sono quelli connessi alla durata del processo, nel quale si produce solo un ritardo senza danni definitivi. Dall�altra i danni immediati, spesso non riparabili, possono essere prodotti dai commenti ripetuti di fatti che poi risultano insussistenti. ---------- La situazione merita di essere esaminata anche da un punto di vista diverso. La magistratura costituisce un potere (codesta Corte lo ha ribadito ripetutamente) cosicch� diventa necessario verificare se, rispetto agli altri, l�equilibrio sia assicurato. Va chiarito che non si intende alludere all�uso politico dell�azione penale, che ha costituito talvolta oggetto di polemiche. L�indagine deve essere condotta in termini di equilibri, come definiti dalla Costituzione. Il presupposto da cui prendere le mosse � che il comportamento di tutti sia conforme alle norme che disciplinano la materia e che solo per le condizioni di fatto si producono effetti abnormi. Una tale situazione, al contrario di quanto potrebbe sembrare a prima vista, finisce col provocare una preoccupazione maggiore. Se quegli effetti si producessero per comportamenti scorretti, sarebbero sufficienti interventi episodici per rimediare. Quando � la situazione di fatto, oramai consolidata, che li produce, solo il legislatore � in grado di neutralizzarli con una normativa apposita. Esercitata l�azione penale nel pieno rispetto della Costituzione e delle norme penali, la durata del giudizio sfugge al controllo di chi ha assunto l�iniziativa per le disfunzioni di un sistema, che non consentono di realizzare un giusto processo. L�esposizione al pubblico di alcune cariche di vertice comporta che il procedimento, in particolare quando le imputazioni non attengono alle funzioni pubbliche, produce gli effetti distorti che sono stati gi� richiamati. Per valutare la ragionevolezza della legge, come si � gi� rilevato, vanno posti a raffronto gli effetti sui due interessi. Da una parte cՏ la sola sospensione di un procedimento. Dall�altra ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l�impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili. E questo, si ripete, senza che ci siano intenti persecutori e senza alcuna responsabilit� dei magistrati, per la sola disfunzione del sistema e per un certo modo in cui oggi operano i media, grazie ai nuovi mezzi di cui dispongono. Tra i poteri viene a prodursi uno squilibrio rispetto al loro rapporto delineato dalla Costituzione, squilibrio anche esso da valutare tenendo conto della situazione reale della giurisdizione penale, che � la sola interessata dalla legge, e non di quella presupposta dalla Costituzione. Un�azione penale, correttamente esercitata, ma che potrebbe risultare infondata, � in grado di produrre danni definitivi di livello politico. I poteri di governo verrebbero subordinati non a quello giurisdizionale, che si esprime con il giudicato, ma al solo esercizio dell�azione penale, che pu� essere legittimamente fondata anche 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 su elementi di prova insufficienti per una condanna, con effetti che si protraggono per tempi cos� lunghi che la stessa magistratura ritiene incompatibili con una vera giurisdizione. I mezzi attuali di comunicazione, legittimamente utilizzati, per l�evoluzione che hanno avuto sia per gli sviluppi tecnologici che per la conseguente diversa organizzazione sociale, si inseriscono tra l�esercizio dell�azione penale e le funzioni di governo con il rischio, certo non teorico, che la sola iniziativa giurisdizionale, ben prima che si pervenga ad una sentenza, anche se non passata in giudicato, produca effetti pregiudizievoli definitivi sull�esercizio delle funzioni del massimo livello politico, non solo senza il concorso degli organi della giurisdizione, ma anche senza una loro possibilit� di prevenzione. Secondo la Costituzione anche il potere politico � soggetto al potere giurisdizionale, che si esprime col giudicato. Non ci sono riferimenti costituzionali, nemmeno indiretti, dai quali si possa ricavare che effetti pregiudizievoli, analoghi a quelli del giudicato, possano essere prodotti dal solo esercizio dell�azione penale. ------ La legittimit� della norma impugnata resiste anche alla verifica della proporzionalit�. Gli interessi, che codesta Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare come prevalenti in linea di principio, subiscono solo un ritardo nella loro realizzazione, senza modifiche delle condizioni sostanziali di tutela. In corrispondenza si evitano danni irreparabili ad interessi, che non potrebbero essere reintegrati. Gli interessi sono di natura tale che solo uno poteva essere tutelato attraverso la sospensione, inapplicabile all�esercizio delle funzioni di governo se non a costo di pregiudizi maggiori. Dato per scontato che danni definitivi andavano evitati ad entrambi, non restava che adottare la soluzione che, eliminando la coincidenza temporale, prevedeva per uno solo un ritardo nella realizzazione, lasciandone inalterata la tutela sostanziale. Anche questo argomento � stato affrontato dal Procuratore della Repubblica di Milano (p.14). Che l�art.111 Cost. non tuteli solo l�imputato, ma che �garantisce la speditezza del processo e quindi l�effetto di concentrazione che consegue alla continuit� istruttoria dibattimentale (assunzione di prove), discussione finale e decisione del giudice�, non � risolutivo nel senso proposto. La riduzione della durata dei processi � sicuramente un obiettivo perseguito dalla norma. A fronte di questo interesse cՏ, peraltro, quello dell�imputato, ugualmente tutelato dalla Costituzione, Per verificare quale dei due, ed in quali limiti, dovesse prevalere o, comunque, in qual modo possano essere coordinati, � necessario metterli a confronto. Questo problema � stato trascurato nelle ordinanze di rimessione e dal Procuratore della Repubblica di Milano Sostiene quest�ultimo che la facolt�, riconosciuta all�interessato, di rinunciare alla sospensione, intesa come �un meccanismo a tutela del munus publicum�, sarebbe la conferma della incostituzionalit� della norma �essendo risaputo che l�esercizio dei munera pubblici non � rimesso alla libera scelta del titolare della carica�. L�effetto suggestivo di questo argomento si dissolve solo che la questione venga esaminata dal corretto punto di vista. Sar� l�interessato a giudicare se il tempo, che presumibilmente gli sar� necessario per seguire gli sviluppi del processo, sia compatibile con il corretto adempimento dei doveri di Presidente del Consiglio di ministri. La sua scelta di usufruire della sospensione avrebbe come effetto proprio la �tutela del munus publicum�. TEMI ISTITUZIONALI 65 L�argomento finisce poi per provare troppo. Una volta eliminata la norma, sarebbe messo a rischio proprio il munus pubblicum perch� il Presidente del Consiglio potrebbe trovarsi nelle condizioni di dover trascurare le funzioni pubbliche per potersi difendere in sede penale. Vale la pena di ripeterlo. E� significativo il fatto che nessuno dei remittenti si sia domandato se fosse conforme alla Costituzione che all�interessato non fosse consentito di esercitare correttamente le sue funzioni pubbliche senza andare incontro a pregiudizi al suo diritto di difesa. -------- Come si � rilevato sin dall�inizio, il parametro costituzionale, in base al quale il giudizio deve essere condotto, � quello enunciato da codesta Corte nel precedente, richiamato pi� volte: �il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto pi� profili � regolato da precetti costituzionali�. Anche il Procuratore della Repubblica di Milano finisce col riconoscere come �assolutamente esatto� che l�indagine si debba condurre dal punto di vista del �regime differenziato riguardo all�esercizio della giurisdizione�, anche se poi perviene a conclusioni negative in base a due argomenti, come si vedr� in seguito, entrambi infondati. A proposito del numero chiuso costituzionale dei trattamenti differenziati per le cariche elettive si � gi� detto. N� sembra che ad esso abbia inteso riferirsi codesta Corte. Un trattamento differenziato rispetto ad altre cariche elettive sembra ampiamente giustificato: quelle, prese in considerazione dalla norma, sono le quattro cariche di vertice con le maggiori responsabilit� politiche, in gran parte da esercitarsi in forma personale. Se si conviene su quest�ultima conclusione, resta esclusa a maggior ragione la violazione dell�art. 3 Cost. rispetto ad un qualsiasi altro soggetto, non investito di cariche pubbliche. Al Presidente del Consiglio dei ministri viene fatto una trattamento differenziato per evitare i danni che possono essere prodotti dalla contemporaneit� di un procedimento penale con l�esercizio di certe funzioni pubbliche. Risulta difficile vedere come questa situazione, sotto il profilo dell�art. 3 Cost., possa essere messa a confronto con chi non esercita funzioni pubbliche, nei confronti del quale, pertanto, non si riscontra una contemporaneit�, quanto meno analoga. Anche a voler trascurare le funzioni pubbliche del Presidente del Consiglio dei ministri, il cittadino comune ben difficilmente attrarr� la stessa curiosit� dei media. Il comune cittadino ha poi mezzi di difesa della propria riservatezza che il Presidente del Consiglio non ha. N� va trascurato che, proprio per la mancanza di una sua proiezione pubblica, una volta che fosse investito dall�attenzione dei media, potrebbe addirittura ricavarne dei benefici. Si potr� obiettare che tutto questo dipende da disfunzioni del sistema. Ma di queste si deve tenere conto nei giudizi ai sensi dell�art.3 Cost., nelle varie articolazioni che si trovano nella Costituzione, giudizi che debbono essere fondati sulle situazioni concrete e non su quelle ideali e per questo astratte. In proposito il Procuratore della Repubblica di Milano ha prospettato una incongruenza della disciplina, che ne determinerebbe la irragionevolezza. Se si � bene intesa l�argomentazione (p.18), la irragionevolezza starebbe nel fatto che la norma abbia tenuto conto non del tempo in cui il fatto � stato compiuto, ma della carica rivestita durante il processo, prendendo cos� in considerazione non circostanze oggettive, ma condizioni soggettive. La conseguenza sarebbe che un reato comune, commesso da chi era un comune cittadino, verrebbe ex post trattato come un reato funzionale e con una disciplina processuale pi� favorevole di quella vigente per reati funzionali. 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 L�equivoco, sul quale la tesi � fondata, � stato probabilmente provocato dal fatto che poco prima la questione era stata posta in termini di immunit�, sia pure temporanea. Va ancora una volta ripetuto che la norma non tocca la responsabilit� penale, che resta integra, cos� come non tocca l�esercizio dell�azione penale. Gi� per questo � quanto meno azzardato sostenere che la disciplina, prevista per i reati comuni, che consente soltanto la sospensione temporanea del procedimento, sia addirittura pi� favorevole di quella per i reati funzionali, che incide sulla responsabilit� penale e sulle perseguibilit� dei reati. Il pregiudizio, che la legge ha voluto evitare, � quello prodotto dalla pendenza di un procedimento penale a carico di chi nello stesso tempo � titolare di funzioni di rilievo costituzionale. Il legislatore � intervenuto sulla contemporaneit� delle pendenza del procedimento penale, qualunque fossero la natura del reato ed il tempo in cui � stato commesso. Guardare al reato e non al procedimento significa porsi da un punto di vista diverso da quello seguito dal legislatore, del quale soltanto si deve tener conto quando va giudicata la ragionevolezza di una norma. -------- Nell�ordinanza n.2 � prospettato un danno processuale ulteriore per il fatto che la norma contestata �nulla dice sull�utilizzabilit� delle prove assunte, che potrebbero venire del tutto disperse qualora, al termine dell�eventuale lungo periodo di operativit� della sospensione (di per s� inevitabile a causa dell�affievolirsi se non addirittura del venir meno delle fonti di prova), divenisse impossibile la ricostituzione del medesimo collegio�. Il Tribunale ha dato per scontata l�impossibilit� dell�utilizzo. E� questa � una tesi interpretativa, che la norma certo non impone e che non risulta sia stata seguita sino ad oggi da alcun giudice. Codesta Corte in pi� di un�occasione (v. da ultima ord. n.318/2008) ha dichiarato la legittimit� costituzionale dell�art.511 c.p.c., nella interpretazione che ne ha dato la Corte di cassazione a Sezione Unite. Le Sezioni Unite nella sentenza n. 2/1999 hanno fissato due principi: - che l�ultimo inciso dell�art.511 c.p.c. consente la sola lettura dei verbali delle prove testimoniali gi� raccolte qualora il nuovo esame dei testi non si svolga o per volont� delle parti, espressamente manifestata, ovvero implicita nella mancata richiesta di riaudizione, o per sopravvenuta impossibilit�; - che sono consentite deroghe, purch� previste dalla legge, anche se solo ordinaria, richiamando a conferma l�art.1.2 d.l. n.553/1996, convertito nella legge n.652/1996. Di tale possibilit� di deroga codesta Corte ha confermato la legittimit� costituzionale quando, dopo aver rilevato che la disciplina posta dall�art.511 c.p.c. � espressione del principio di immediatezza �principio il quale postula � salve le deroghe previste dalla legge � l�identit� tra il giudice che acquisisce le prove e quelle che decide�. Il giudice, pertanto, potr� vedere nella norma una deroga alla disciplina generale, consentendo la lettura dei verbali delle prove, senza tenere conto della volont� delle parti. Questa interpretazione sar� giustificata dal fatto che la norma ha introdotto una disciplina speciale a favore per l�imputato che, di conseguenza, non potr� pretendere una nuova escussione dei testi, mentre il P.M. vedr� ridotta la durata del processo attraverso la utilizzazione delle prove gi� esperite. Il fatto che in proposito la norma impugnata non dica nulla non significa che se ne debba dare una interpretazione che ne metta in dubbio la legittimit� costituzionale. TEMI ISTITUZIONALI 67 La specialit� ne consentir� una interpretazione funzionale o del risultato utile. Saranno i giudici a decidere se, nella situazione sottoposta al loro esame, le prove gi� esperite saranno utilizzabili direttamente attraverso la lettura dei verbali in applicazione della norma che, proprio perch� speciale, � in grado di introdurre una deroga alla disciplina generale. Una tale interpretazione, lasciata al giudice del processo, non far� sorgere questioni di legittimit� costituzionale, perch� la possibilit� di deroga con legge ordinaria � stata riconosciuta come consentita da codesta Corte. I dubbi sulla legittimit� costituzionale sono stati, dunque, fondati dai giudici remittenti solo su una delle possibili interpretazioni della norma, nemmeno la pi� probabile. Prima che sia adottata dalla giurisprudenza di legittimit� quei dubbi non possono essere presi in considerazione. -------- Nella ordinanza n.2 la questione di legittimit� costituzionale � proposta anche ai sensi dell�art. 136 Cost. A sostegno � richiamata la sentenza di codesta Corte n.922/1988. La sentenza richiamata smentisce, pi� che sostenere, la tesi del Tribunale di Milano. In quella occasione la nuova norma ne aveva riprodotta una, dichiarata costituzionalmente illegittima, �usando le identiche parole del testo precedente� (n.3 del Considerato in diritto). Codesta Corte, premesso che �non �� consentito ridare nuova efficacia giuridica ad una norma che ha perduto efficacia in conseguenza della sentenza di illegittimit��, ha precisato: �a meno che, tenuto conto di tutte queste circostanze, il quadro normativo in cui si � inserito l�articolo subentrante risulti mutato rispetto a quello in cui si colloca (e dal quale traeva argomento) la pronuncia della Corte�, cos� ribadendo un principio gi� enunciato nella sentenza n.223/1983, richiamata espressamente. Il quadro normativo, nel caso in esame, non solo � mutato, ma lo � in conformit� ai principi enunciati nella sentenza n.24/2004. Il legislatore oltre ad aver ristretto il numero dei destinatari, ha anche modificato tutte le norme, a proposito delle quali erano intervenuti i rilievi di illegittimit� costituzionale, e lo ha fatto adeguandosi ai criteri desumibili dalla sentenza di codesta Corte. Sar� comunque necessario un nuovo esame, sicuramente diverso da quello svolto da codesta Corte con la sentenza n.24/2004. Resta esclusa, pertanto, l�applicabilit� dell�art.136 Cost. ------- Per questi motivi si conclude perch� tutte le questioni di legittimit� costituzionale, sollevate con le ordinanze richiamate, siano dichiarate inammissibili o infondate. Roma. 3 settembre 2009. Glauco Nori Avvocato dello Stato 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La responsabilit� disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato Ennio Antonio Apicella* SOMMARIO: 1. La potest� punitiva nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato: dal r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 alla legge 3 aprile 1979 n. 103 � 2. Il regime disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato: violazioni e sanzioni � 3. Segue: il procedimento � 4. L�esonero dal servizio per gli avvocati alla terza e quarta classe � 5. De iure condendo. 1. La potest� punitiva nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato: dal r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 alla legge 3 aprile 1979 n. 103 La ricostruzione del regime della responsabilit� disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato non risulta agevole, sia per la concorrenza di plurime fonti normative per lo pi� prive di coordinamento, che a causa della mancanza di interventi della giurisprudenza in grado di tracciare attendibili direttrici interpretative. Per le stesse ragioni, non particolarmente significativi sono i contributi della dottrina, che si limita per lo pi� a rilevare come l�ordinamento dell�Avvocatura preveda oggi la cognizione dei procedimenti disciplinari da parte del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, rinviando per la disciplina sostanziale e procedurale allo statuto degli impiegati civili, con alcuni necessari adattamenti (1). Il r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 di approvazione del testo unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato (2), si limitava (art. 40) ad estendere al personale dell�Avvocatura le norme in materia di sanzioni e procedimento disciplinare contenute nella (*) Avvocato dello Stato. Il presente saggio � destinato al volume FANTACCHIOTTI, FRESA, TENORE, VITELLO. La responsabilit� disciplinare nelle carriere magistratuali, Milano (in corso di pubblicazione). (1) Di recente, CASO, Magistrati e avvocati dello Stato, in CARINCI e TENORE (a cura di), Il pubblico impiego non privatizzato, Milano 2007, vol. I, 690; gi�, P. VIRGA, Il pubblico impiego, Milano 1991, 554; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego nella giurisprudenza, Milano 1990, 701. (2) Sulle linee di sviluppo storico dell�Istituto, culminate nel testo unico del 1933, MANZARI, Avvocatura dello Stato, in Dig. disc. pubbl., Torino 1987, vol. II, 97 ss.; gi�, BATISTONI FERRARA, La difesa dello Stato in giudizio e la soluzione italiana, in L�Avvocatura dello Stato, Studio storico-giuridico per le celebrazioni del centenario, Roma 1976, 243 ss.; LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, ivi, 303 ss., 370 ss. Sul modello utilizzato dal legislatore unitario per realizzare l�unificazione della difesa dello Stato, CARAMAZZA, L�Avvocato regio nel Granducato di Toscana, ivi, 185 ss. TEMI ISTITUZIONALI 69 parte seconda del testo unico sullo stato giuridico degli impiegati civili dell'amministrazione statale all�epoca vigente (r.d. 30 dicembre 1923 n. 2960), con salvezza delle diverse disposizioni del coevo regolamento di esecuzione approvato con r.d. 30 ottobre 1933 n. 1612. Deroghe alle regole ordinarie per gli impiegati civili dello Stato erano introdotte dall'ordinamento dell'Avvocatura riguardo alla titolarit� della potest� punitiva per le sanzioni meno gravi - attribuita all�Avvocato generale per la censura e la riduzione dello stipendio, mentre le punizioni superiori erano irrogate agli avvocati con decreto reale ed ai procuratori con decreto del Capo del governo - ed alla commissione di disciplina, con attribuzione delle relative funzioni al Consiglio dei ministri o alla Commissione permanente del personale (costituita ai sensi dell�art. 25 dello stesso r.d. n. 1611 del 1933) in relazione al grado del funzionario incolpato; il procedimento, sommariamente regolato dal regolamento di esecuzione n. 1612 cit. (artt. 69 ss.) in via integrativa al regime comune degli impiegati civili, prevedeva la contestazione degli addebiti da parte dell�Avvocato generale, lo svolgimento della c.d. inchiesta disciplinare affidata ad un funzionario istruttore, al quale erano attribuiti anche i compiti dell�ufficio del personale, e la trattazione collegiale dinanzi al Consiglio dei ministri o alla Commissione del personale solo in riferimento alle sanzioni pi� gravi, mentre per le violazioni minori erano unificate nell�Avvocato generale le attivit� di impulso, istruttorie e decisorie. La definizione del sistema sanzionatorio del personale togato dell�Avvocatura mediante rinvio al testo unico degli impiegati civili dello Stato - che recava, in generale, un�espressa clausola di salvezza delle disposizioni contenute nelle leggi sulle avvocature erariali (art. 120 r.d. n. 2960 del 1923) - impediva di ritenere che l�equiparazione ai magistrati ordinari prevista dall�art. 23 r.d. n. 1611 del 1933 potesse essere intesa nel senso della estensione anche del relativo regime disciplinare; nonostante l�ampia formula normativa, infatti, la dottrina ha prevalentemente limitato tale equiparazione agli aspetti retributivi (3). Ci� conferma la particolare collocazione ordinamentale degli avvocati e procuratori dello Stato e la specialit� del loro stato giuridico - riflesso delle peculiarit� delle funzioni affidate all�Avvocatura e della sua singolare posizione istituzionale (4) -, che presenta significative deviazioni rispetto allo statuto generale del (3) CASO, Magistrati e avvocati dello Stato, cit., 674 s.; FERRI, Avvocatura dello Stato � I) Ordinamento, in Enc. giur. Treccani, vol. IV, Roma 1988, 4. Nel senso dell�estensione agli avvocati e procuratori dello Stato, per quanto non diversamente disposto, anche delle norme sullo stato giuridico dei magistrati dell�ordine giudiziario, invece, FALCONE e POZZI (a cura di), op. loc. cit. (4) Rilievo costante nella giurisprudenza, anche costituzionale: C. cost., ord. 12 gennaio 2000 n. 9, in Giur. cost. 2000, 67; gi� C. cost. 16 gennaio 1978 n. 1, in Giust. civ. 1978, III, 59. Nello stesso senso, spec. Cons. St., Ad. pl., 16 dicembre 1983 n. 27, in Foro amm. 1983, 2355; Cons. St., sez. VI, 21 aprile 1998 n. 540, in Cons. St. 1998, I, 669; di recente, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 20 maggio 2003 n. 5878, in Foro amm. T AR 2003, 1746. 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 pubblico impiego e si caratterizza soggettivamente in senso plurivalente: di funzionari per ci� che concerne il rapporto di servizio; di parificazione ai magistrati riguardo al rango ed al trattamento economico; di avvocati per ci� che concerne l�attivit� svolta e le implicazioni relative (5). La disciplina integrativa contenuta nel testo unico e nel regolamento di attuazione - imperniata sulle funzioni di impulso procedimentale e decisorie dell�Avvocato generale, che assorbivano quelle del capo ufficio e, almeno in parte, del ministro nel regime ordinario della responsabilit� degli impiegati statali - risultava, peraltro, coerente con la configurazione dell�Avvocatura dello Stato come istituzione fortemente verticistica. Infatti, secondo l�art. 17 r.d. n. 1611 del 1933, gli uffici dell'Avvocatura dipendono dal Capo del Governo (6) e sono posti sotto la immediata direzione dell'Avvocato generale, al quale oltre a compiti pi� direttamente collegati alle funzioni di rappresentanza in giudizio e consulenza legale - istruzioni generali e speciali direttive per la trattazione degli affari contenziosi e consultivi; risoluzione delle divergenze di parere tra le Avvocature distrettuali e con gli uffici amministrativi - erano pure attribuite la proposta per le nomine e per ogni altro provvedimento riguardante il personale dell�Avvocatura dello Stato e la vigilanza sull'andamento del servizio (art. 15 r.d. n. 1611 del 1933). Qualche incertezza derivava dalla unitaria considerazione dei �funzionari� del ruolo degli avvocati e di quello dei procuratori dello Stato e degli impiegati d'ordine e subalterni nel capo III del r.d. n. 1611 del 1933 e, segnatamente a fini disciplinari, nel capo XI del regolamento approvato con r.d. n. 1612 del 1933, che si limitava a differenziare il personale togato riguardo al provvedimento con il quale le sanzioni venivano irrogate (come si diceva, decreto reale, del Capo del governo o dell�Avvocato generale). Un contributo chiarificatore (anche se, come si vedr�, non del tutto esaustivo) si deve, solo dopo alcuni decenni, alla riforma dell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato operata dalla l. 3 aprile 1979 n. 103 (7), che all�art. 24 innova significativamente il regime dei procedimenti disciplinari nei confronti del personale togato, attribuendone la cognizione al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato - organo a formazione in parte elettiva istituito dall�art. 21 della medesima l. n. 103, che assorbe le funzioni della commissione di disciplina e del consiglio di amministrazione - e dichiarando per il resto ap- (5) Cos�, LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 380. (6) Rapporto di dipendenza che il Consiglio di Stato, con risalente consultazione, ha inteso anche in senso gerarchico, suscitando le critiche della dottrina: Cons. St., Ad. Gen. 23 novembre 1967 n. 1237, in Cons. St. 1967, I, 2349. Sull�argomento, JEMOLO, L�Avvocatura dello Stato, in Arch. giur. 1968, 246 ss.; VILLATA, Sulla natura del rapporto tra Presidenza del Consiglio dei Ministri ed Avvocatura dello Stato, in Foro amm. 1969, 25 ss. (7) Specificamente su tale riforma, SANTORO, L�Avvocatura dello Stato dopo la l. 3 aprile 1979 n. 103, in I T.A.R. 1981, II, 291 ss. TEMI ISTITUZIONALI 71 plicabili le disposizioni del titolo VII dello statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, con la sostituzione dell�Avvocato generale dello Stato al �capo ufficio� e del Presidente del consiglio dei ministri al �Ministro�. Agli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe di stipendio (corrispondente alla soppressa qualifica di sostituto avvocato generale) l�art. 24, terzo comma, l. n. 103 cit. estende la disciplina della dispensa dal servizio prevista dal testo unico n. 3 del 1957 per i direttori generali delle amministrazioni statali. Le modifiche introdotte dalla riforma del 1979 al regime disciplinare non possono che essere valutate positivamente. La devoluzione della cognizione sui procedimenti al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato - che, come si dir�, pu� essere considerata criterio interpretativo generale e residuale, idoneo a colmare le lacune rinvenibili nella disciplina del procedimento sanzionatorio (v. infra, sub � 3) - risponde ad avvertite esigenze di attenuazione del carattere verticistico dell�Istituto e di introduzione di elementi di �controllo democratico� dei componenti dell�Avvocatura sull�esercizio del potere punitivo (8), presenti anche nella normativa disciplinare degli appartenenti alle magistrature. A tali esigenze pu� farsi risalire la stessa previsione di una maggioranza particolarmente ampia per le deliberazioni adottate dal Consiglio degli avvocati e procuratori nell�esercizio delle funzioni disciplinari nei confronti del personale togato dell�Istituto (voto favorevole di sei dei nove componenti). Com�era gi� accaduto nel 1933, il rinvio espresso allo statuto degli impiegati civili dello Stato si presentava necessario. Infatti, l�art. 384 d.P.R. n. 3 del 1957 aveva escluso dall�applicazione delle disposizioni sugli impiegati civili dello Stato il personale dell'Avvocatura, ancora una volta considerando unitariamente (e inopportunamente) gli avvocati e procuratori dello Stato, per i quali l�esclusione trovava fondamento nella menzionata specialit� di stato giuridico, ed il personale di segreteria, esecutivo ed ausiliario, per il quale la medesima esenzione era priva di ragionevole giustificazione. In ogni caso, le disposizioni in materia di responsabilit� disciplinare contenute nel testo unico sull�ordinamento dell�Avvocatura del 1933 e del coevo regolamento di esecuzione devono ritenersi non pi� operanti. Per il personale amministrativo, la contrattualizzazione del rapporto di lavoro ha comportato la devoluzione integrale della materia disciplinare alla (8) In tal senso, la funzione �integratrice� dei poteri dell�Avvocato generale attribuita dalla modifica legislativa ad un organo almeno in parte elettivo accentua quel carattere di �giudizio dei simili� che distingue la gestione del rapporto d�impiego dei componenti dell�Avvocatura e fonda l�autonomia amministrativa dell�Istituto, gi� posto in luce da LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 397. Rileva MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 99, che la riforma del 1979, seppure parziale, ha valori di fondo ispirati a principi di efficienza e democraticit�. 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 fonte contrattuale (art. 55, comma 3, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), rendendo obbligatorio l�intervento, che prima della c.d. �seconda privatizzazione� operata dal d.lgs n. 80 del 1998 era solo facoltativo, della contrattazione collettiva quale fonte di individuazione di infrazioni e sanzioni. In tal senso, secondo la previsione dell�art. 72, commi 3 e 4, d.lgs. n. 165 cit., la stipulazione del contratto collettivo del 16 maggio 1995 per il comparto ministeri (9) ha determinato la disapplicazione delle previgenti disposizioni disciplinari, sostanziali e procedurali (10), secondo il peculiare meccanismo dell�art. 2 del medesimo d.lgs. n. 165, posto dal legislatore a presidio del principio di preferenza per la regolazione di fonte contrattuale e quale limite agli sconfinamenti delle fonti unilaterali, legge o atti amministrativi, generali o particolari (11): poich� le (9) Nel quale era compreso il personale della Presidenza del consiglio dei ministri prima della stipulazione del c.c.n.l. quadro del 18 dicembre 2002, che ha previsto un autonomo comparto di contrattazione collettiva (art. 2, comma 1, lett. g e art. 9). (10) Nonostante l�art. 72, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001 parli di abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni disciplinari (a differenza del comma 4 della medesima norma, che dispone la �inapplicabilit�� delle disposizioni sul procedimento sanzionatorio), dovrebbe trattarsi del medesimo meccanismo di cessazione di efficacia nello specifico ambito di riferimento � ossia, per il personale appartenente al comparto ministeri �, come si desume dal riferimento alla incompatibilit� con le previsioni del medesimo d.lgs. n. 165 e dalla operativit� del meccanismo a far data dalla stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, entrambi concernenti i soli dipendenti pubblici in regime contrattuale. Le norme contenute nello statuto degli impiegati civili dello Stato, infatti, devono ritenersi tuttora vigenti per il personale mantenuto in regime di diritto pubblico e, segnatamente, per gli avvocati e procuratori dello Stato: in generale, per la piena vigenza delle norme pubblicistiche riguardo ai rapporti di lavoro non privatizzati, SPEZIALE, La deroga della legge, del regolamento e dello statuto da parte del contratto collettivo, in Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, Commentario diretto da CARINCI e D�ANTONA, 2^ ed., Milano 2000, 276, anche sulle differenze tra abrogazione ed inapplicabilit�. In giurisprudenza, nel senso che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sottratti alla contrattualizzazione la disciplina del rapporto rimane affidata alla normativa di settore, nonch�, per quanto non diversamente previsto da norme speciali, dallo statuto degli impiegati civili dello Stato, Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, in Foro-amm-C.d.S. 2005, 2916; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 14 ottobre 2003 n. 8371, in I TAR 2003, I, 4132, entrambe in tema di esonero disciplinare di impiegato con qualifica di direttore generale. Ritiene invece (erroneamente) che la stipulazione del contratto collettivo abbia determinato l�abrogazione dell�art. 117 d.P.R.. n. 3 del 1957 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e processo penale, Cass. 21 aprile 2009 n. 9458, in motivazione, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico, a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2010, I. (11) Su questo meccanismo e, pi� in generale, sulla vicenda della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, sia consentito rinviare a APICELLA, Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Enc. dir., Aggiornamento, vol. VI, Milano 2002, 602 ss., spec. 606 s. Mette conto di segnalare, tuttavia, come la pi� recente legislazione abbia operato una sorta di ripubblicizzazione del rapporto d�impiego alle dipendenze delle amministrazioni, statuendo che �Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilit� sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ci� sia espressamente previsto dalla legge�: art. 1 l. 4 marzo 2009 n. 15, che ha tuttavia limitato l�applicabilit� di tale innovazione �alle disposizioni emanate o adottate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge�. L�art. 33 d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, attuativo della delega, attribuisce espressamente carattere im- TEMI ISTITUZIONALI 73 leggi di riforma del rapporto di lavoro pubblico hanno attribuito alla contrattazione collettiva sia la disciplina del procedimento che l'individuazione della tipologia delle condotte costituenti illecito e delle relative sanzioni - c.d. principio di �tipicit� contrattuale� (12) -, a far data dalla stipulazione del contratto collettivo non possono pi� trovare applicazione le norme generali e speciali del pubblico impiego (13). Per gli avvocati e procuratori dello Stato opera integralmente il richiamo allo statuto degli impiegati civili dello Stato, con i correttivi, anche procedurali, previsti dall�art. 24 l. n. 103 cit., che induce a ritenere abrogate per incompatibilit� le diverse disposizioni contenute nelle fonti normative del 1933: risultano, infatti, diversamente regolati rispetto all�originario sistema disciplinare dell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato non solo la titolarit� del potere punitivo, sempre in riferimento alla gravit� della sanzione da infliggere, ma anche l�esercizio delle attribuzioni della commissione di disciplina (con rilevanti conseguenze procedimentali, che saranno in prosieguo delineate) e la stessa responsabilit� degli avvocati con qualifica pi� elevata. 2. Il regime disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato: violazioni e sanzioni Come si accennava, l�art. 24 l. n. 103 del 1979 attribuisce al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato la cognizione dei procedimenti disciplinari a carico del personale togato dell�Avvocatura, al quale estende, con alcuni adattamenti, le disposizioni del titolo VII dello statuto degli impiegati civili dello Stato per quanto concerne le infrazioni, le relative sanzioni ed il procedimento. Anche per la collocazione in apertura dell�art. 24 cit., la devoluzione dei procedimenti al Consiglio degli avvocati e procuratori pu� essere considerata una previsione generale e residuale, idonea a costituire utile criterio interpretativo nelle frequenti ipotesi nelle quali la disciplina ordinaria del procedimento previsto per gli impiegati civili non risulti direttamente applicabile al personale togato dell�Avvocatura. Ci� sia per qualche difetto di coordinamento imputabile al legislatore, che per le peculiarit� ordinamentali dell�Avvocatura perativo alle disposizioni diverse da quelle del codice civile e delle leggi sul lavoro subordinato nell�impresa contenute nel d.lgs. n. 165 del 2001, con applicazione del regime della nullit� parziale e del meccanismo dell�inserzione automatica di clausole. (12) Sul quale, per tutti, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, Milano 2002, 108 ss. (13) Orientamento ormai consolidato della Corte suprema: Cass. 28 settembre 2006 n. 21032, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2007, I, 1259; Cass. 29 marzo 2006 n. 7196, ivi, 1260; Cass. 16 gennaio 2006 n. 758, ivi, 1261; Cass. 16 maggio 2003 n. 7704, ivi 2004, I, 274. 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dello Stato. In virt� del rinvio operato nella l. n. 103 cit., comunque, la disciplina delle condotte punibili e delle relative sanzioni (14) � quella contenuta negli artt. 78 ss. dello statuto degli impiegati civili: - censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, inflitta per lievi trasgressioni (art. 79 d.P.R. n. 3 del 1957); - riduzione dello stipendio da un decimo ad un quinto di una mensilit�, per un periodo non superiore a sei mesi, inflitta per grave negligenza in servizio, irregolarit� nell'ordine di trattazione degli affari, inosservanza dei doveri di ufficio, contegno scorretto verso i superiori, i colleghi, i dipendenti ed il pubblico, comportamento non conforme al decoro delle funzioni, violazione del segreto di ufficio (art. 80 d.P.R. n. 3 del 1957); - sospensione dalla qualifica, che consiste nell'allontanamento dal servizio con privazione dello stipendio da uno a sei mesi, inflitta per violazioni che determinano la riduzione dello stipendio connotate da particolare gravit�, denigrazione dell'Amministrazione o dei superiori, uso dell'impiego a fini personali, violazione del segreto d�ufficio che cagioni grave danno, interruzione o turbamento nella regolarit� o continuit� del servizio e volontario abbandono del servizio, tolleranza di abusi commessi da impiegati dipendenti (art. 81 d.P.R. n. 3 del 1957); - destituzione, che consiste nella rimozione definitiva dall�impiego, inflitta per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore e del senso morale o siano in grave contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato, grave abuso di autorit� o di fiducia, dolosa violazione dei doveri di ufficio che abbia portato grave pregiudizio allo Stato, ad enti pubblici o a privati; illecito uso o distrazione di somme amministrate o tenute in deposito, o connivente tolleranza di abusi commessi da impiegati dipendenti; richiesta o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati dell'impiegato per ragioni d'ufficio; gravi atti d'insubordinazione commessi pubblicamente o eccitamento all'insubordinazione; istigazione alla interruzione o al turbamento nella regolarit� o nella continuit� del servizio e al volontario abbandono del servizio (art. 84 d.P.R. n. 3 del 1957). Si applicano agli avvocati e procuratori dello Stato anche le disposizioni sulla sospensione cautelare, obbligatoria e facoltativa, dal servizio - istituto distinto dalla responsabilit� disciplinare - ed i suoi effetti sul rapporto d�impiego, contenute nel testo unico del 1957 (artt. 91 ss.), nonch� quelle, pi� recenti, introdotte dalla l. 27 marzo 2001 n. 97, che ha previsto (art. 4) la sospensione obbligatoria del dipendente pubblico a seguito di condanna pe- (14) Per l�analitica trattazione di infrazioni e sanzioni disciplinari, P. VIRGA, Il pubblico impiego, cit., 207 ss.; TERRANOVA, Il rapporto di pubblico impiego, Milano 1991, 219 ss.; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego, cit., 444 ss. TEMI ISTITUZIONALI 75 nale, anche non definitiva ed a pena condizionalmente sospesa, per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione. Nonostante qualcuno abbia affermato che le disposizioni della l. n. 97 cit. sono state introdotte per armonizzare i procedimenti disciplinari al nuovo regime contrattualistico dell�impiego pubblico (15), la giurisprudenza amministrativa non dubita della loro applicabilit� ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni mantenuti in regime di diritto pubblico (16), ritenendo, in particolare, che la menzionata norma sulla sospensione dal servizio a seguito di condanna non definitiva abbia portata pi� generale ed integrativa delle disposizioni del testo unico n. 3 del 1957 (17). Il rinvio statico operato dal legislatore allo statuto degli impiegati civili dello Stato, tuttavia, non � esente da problemi, sia di carattere generale, come tali comuni ai pubblici dipendenti non contrattualizzati (18), che specificamente riferiti al personale togato dell�Avvocatura. Incerta risulta, da un lato, l�applicazione della disciplina della destituzione �di diritto�. Le ipotesi di destituzione automatica indicate dall�art. 85 d.P.R. n. 3 del 1957 - che erano sopravvissute all�intervento demolitivo della Consulta (19) ed a quello abrogativo dell�art. 9, comma 1, l. 7 febbraio 1990 n. 19, entrambi riferiti al solo automatismo sanzionatorio (20) - dovrebbero ritenersi ormai superate dall�art. 5, comma 4, l. n. 97 del 2001 cit., secondo il quale l'estinzione del rapporto di �lavoro� o di �impiego� pu� essere pronunciata, a seguito di procedimento disciplinare, nel caso di sentenza penale irrevocabile di condanna, ancorch� sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. (15) T.A.R. Liguria, sez. I, 7 marzo 2008 n. 375, in Foro amm.-TAR 2008, 694, sulla base di un discutibile richiamo alla motivazione di Cass. 24 luglio 2003 n. 11506. (16) Cons. St., sez. IV, 31 dicembre 2007 n. 6809, in Foro amm.-C.d.S. 2007, 3417; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 10 maggio 2007 n. 4874, in Foro amm.-TAR 2007, 1763; T.A.R. Friuli Venezia Giulia 20 dicembre 2003 n. 930, ivi 2003, 3489, tutte riguardo a personale militare e delle forze di polizia. (17) Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2008 n. 3916, in Foro amm.-C.d.S. 2008, 2167. (18) Per quelli a regime contrattuale, come si � detto, le disposizioni sanzionatorie contenute nel testo unico sono ormai �inapplicabili�. (19) Che aveva dichiarata la illegittimit� costituzionale dell�art. 85 cit. nella parte in cui non prevedeva, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, lo svolgimento del procedimento disciplinare: C. cost. 14 ottobre 1988 n. 971, in Foro it. 1989, I, 22, con nota di G. VIRGA, �Revirement� della Corte costituzionale e conseguenze della pronuncia d�incostituzionalit� della destituzione di diritto nel campo del pubblico impiego; in Foro amm. 1989, 1661, con nota di CAPONI, Destituzione ipso iure e accesso agli impieghi pubblici dopo la sentenza C. cost. n. 971 del 1988; in Riv. it. dir. lav. 1989, I, 669, con nota di GRAGNOLI, La Corte costituzionale elimina la destituzione di diritto nel pubblico impiego. (20) In tal senso, ha chiarito Cons. St., sez. IV, 17 settembre 2002 n. 4665, in Foro amm.-C.d.S. 2002, 2006, che il termine perentorio di novanta giorni previsto dall'art. 9, comma 2, l. n. 19 del 1990 per la conclusione del procedimento disciplinare trova applicazione solamente alle ipotesi della destituzione di diritto di cui all'art. 85 t.u. n. 3 del 1957, operando nelle altre ipotesi la disciplina generale posta dal medesimo testo unico. 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il legislatore, infatti, ha disciplinato ex novo le conseguenze dell�azione penale, consentendo all�amministrazione l�esercizio del potere punitivo nell�ambito di un sistema che prevede l�applicazione delle misure cautelari del trasferimento e della sospensione dal servizio, entrambe obbligatorie e ad efficacia temporanea (artt. 3 e 4 l. n. 97), e della pena accessoria dell�estinzione del rapporto (art. 32-quinques cod. pen., introdotto dall�art. 5, comma 2, l. n. 97) nei casi di rinvio a giudizio e di condanna alla reclusione non inferiore a tre anni per i soli delitti di peculato (con esclusione del peculato d�uso), concussione e corruzione, propria o impropria ed in atti giudiziari (21). Non pare che in materia di cessazione dell�impiego possa predicarsi quel rapporto di integrazione tra le disposizioni della l. n. 97 cit. e quelle del testo unico n. 3 del 1957, che la giurisprudenza ha rinvenuto in materia di sospensione dell�impiegato dal servizio a seguito di condanna non definitiva (22): a prescindere dall�irrogazione della pena accessoria nei casi previsti dall'art. 32- quinquies cod. pen., poich� l�art. 5, comma 4, l. n. 97 cit. non opera alcun riferimento alle fattispecie delittuose, n� alla misura della pena in concreto applicata dal giudice penale, l�amministrazione sembra poter disporre la misura estintiva, all�esito di procedimento disciplinare, in ogni ipotesi di sentenza irrevocabile di condanna che abbia accertato la sussistenza di violazioni incompatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro o di impiego, senza che rilevi la natura delle condotte oggetto di sanzione giudiziaria (23). Risulta cos� fortemente ampliata l�area della responsabilit� disciplinare dei pubblici dipendenti rispetto alle originarie previsioni dello statuto degli impiegati civili, che contemplava la destituzione �di diritto� nei casi di condanna definitiva solo per alcuni delitti contro la personalit� dello Stato, la fede pubblica, la moralit� pubblica, il buon costume ed il patrimonio; tale ampliamento, del resto, appare coerente con l�intento del legislatore del 2001 di avanzare la soglia di tutela del canone di imparzialit� e buon andamento dell�azione amministrativa, accrescendo la portata degli esiti del processo penale nell�ambito del rapporto punitivo (24) e giungendo ad intensificare la rilevanza disciplinare di molti comportamenti extralavorativi che si ripercuotono in senso sfavorevole, in modo diretto o indiretto, sul rapporto d�impiego ed incidono sul prestigio e sul decoro del dipendente e dell�ufficio, e sulla quale, in passato, si � soffermata criticamente la dottrina (25). (21) Oltre che di frode del militare della Guardia di Finanza (art. 3 l. 9 dicembre 1941 n. 1383). (22) Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2008 n. 3916, cit. (23) Ritiene invece MAINARDI, Il potere disciplinare nel lavoro privato e pubblico, Milano 2002, 542, che l�estinzione del rapporto possa essere pronunciata in sede di procedimento disciplinare solo nelle ipotesi in cui per gli stessi delitti indicati nell�art. 32-quinques cod. pen. sia stata irrogata una pena inferiore ai tre anni di reclusione. (24) Sulle finalit� perseguite dalla l. n. 97 del 2001, per tutti, MAINARDI, ibidem, 512 s. (25) RUSSO, Diritti e doveri dei pubblici dipendenti, in Il rapporto di pubblico impiego nella le- TEMI ISTITUZIONALI 77 La nuova disciplina degli effetti della condanna penale sul rapporto di impiego sembra altres� aver abrogato per incompatibilit� anche le ipotesi di destituzione �di diritto� previste dall�art. 85, lett. b, d.P.R. n. 3 del 1957 come dipendenti dalla pena accessoria dell�interdizione perpetua dai pubblici uffici, o dalla misura di sicurezza detentiva e dalla libert� vigilata, che erano rimaste in vigore anche in epoca successiva all�intervento della l. n. 19 del 1990 (26). Tali ipotesi, tuttavia, possono essere, in massima in parte, �recuperate�: l�applicazione della misura interdittiva determina comunque la cessazione ipso iure del rapporto d�impiego quale �effetto indiretto della pena accessoria comminata in perpetuo� (27) per finalit� di difesa sociale e di prevenzione speciale, senza che l�amministrazione debba adottare provvedimenti costitutivi o discrezionali, mentre all�esecuzione della misura di sicurezza detentiva consegue la decadenza dall�impiego per ingiustificato abbandono del servizio (art. 127 d.P.R. n. 3 del 1957), similmente alla libert� vigilata ove le prescrizioni imposte dal giudice penale siano incompatibili con la prestazione continua e ininterrotta del servizio. Ulteriori incertezze, correlate alla risalente scelta legislativa di estendere agli avvocati e procuratori dello Stato il regime sanzionatorio degli impiegati civili, derivano dalla perdurante mancanza di illeciti specifici correlati all�esercizio della rappresentanza in giudizio e dell�attivit� consultiva, a differenza di quanto accade per i professionisti, anche pubblici dipendenti, iscritti all�albo degli avvocati, per i quali le condotte costituenti illecito disciplinare sono definite dalla legge mediante una clausola generale - abusi o mancanze nell'esercizio della professione e comunque fatti non conformi alla dignit� e al decoro professionale (art. 38 dell�ordinamento forense approvato con r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578) - e la loro concreta individuazione � rimessa all�organo tigislazione e nella giurisprudenza, Commentario sistematico diretto da BALLETTI, vol. III, Napoli 1988, 660 s., che richiama l�insegnamento di SANTI ROMANO in ordine alla necessit� di stabilire esattamente i limiti dell�ingerenza dell�amministrazione nella vita privata del pubblico dipendente. (26) La giurisprudenza recente, superando l�iniziale atteggiamento ondivago, ha ritenuto che il divieto di destituzione di diritto introdotto dall�art. 9 l. n. 19 del 1990 abbia determinato l�abrogazione della sola lett. a) dell�art. 85 d.P.R. n. 3 e non si riferisca alla diversa ipotesi di interdizione perpetua dai pubblici uffici, che comporta la cessazione del rapporto di impiego, e ne impedisce la costituzione, senza necessit� di un procedimento disciplinare: Cons. St., sez. V, 21 giugno 2007 n. 3324, in Foro amm.- C.d.S. 2007, 1851; nello stesso senso, Cons. St., sez. VI, 6 agosto 2002 n. 4099, ivi 2002, 1810. Infatti, a fronte di una determinazione giudiziale che recide in modo radicale e definitivo il rapporto di servizio non � coerente che all'amministrazione venga dato il potere di adottare una autonoma misura disciplinare che, se non coincidente con la destituzione, sarebbe inutiliter data; solo laddove la pena accessoria venga meno (a seguito di riabilitazione, o di indulto), rivive il potere disciplinare ed i termini dell�art. 9 cit. cominciano a decorrere dalla data in cui l�amministrazione viene a conoscenza del provvedimento giudiziale che fa venir meno la destituzione ex lege: cos�, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 15 settembre 2009 n. 5526; Cons. St., sez. VI, 20 giugno 2003 n. 3675, ivi 2003, 1971. (27) C. cost. 9 luglio 1999 n. 286, in Foro it. 2000, I, 321. Sul divieto di automatismi esplusivi e sull�identico risultato conseguito dal legislatore con la tecnica delle pene accessorie, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 296 ss. 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tolare del potere sanzionatorio (28). Definizione mediante clausola generale che comporta, secondo la giurisprudenza, la rilevanza a fini sanzionatori del codice deontologico, che costituisce fonte normativa integrativa del precetto legislativo (29) e neppure esaurisce i comportamenti illeciti disciplinarmente perseguibili, potendo essere puniti anche comportamenti atipici, come quelli che integrano un abuso degli strumenti che l'avvocato deve esercitare nell'interesse del proprio assistito (30). In proposito, non pu� non essere rilevata la peculiare posizione degli appartenenti agli uffici legali degli enti pubblici, iscritti all�albo speciale, che si trovano sottoposti al concomitante potere disciplinare dell�ordine professionale e del proprio datore di lavoro pubblico con riferimento a condotte che possono rilevare non solo sul piano della violazione dei doveri deontologici, ma anche nell�ambito del rapporto di servizio con l�ente pubblico dal quale dipendono. Ove si verifichi siffatta sovrapposizione, dovr� ammettersi la possibilit� che l�avvocato iscritto all�albo speciale subisca una duplice sanzione per la medesima condotta. Diversamente da quanto accade nell�ordinamento professionale forense, tuttavia, nello statuto degli impiegati civili dello Stato le condotte costituenti illecito sono tipizzate, anche se la norma disciplinare non ipotizza quasi mai un comportamento definito compiutamente in tutti i suoi elementi, demandando al titolare del potere sanzionatorio la collocazione del fatto nella previsione generale e la valutazione dell�opportunit� della repressione (31), e frequente �, (28) In tal senso, e sui limiti al sindacato giurisdizionale derivanti dall�adozione in sede legislativa di tale clausola generale, Cass., sez. un., 13 luglio 2005 n. 14700, in Rass. forense 2006, II, 1195; Cass., sez. un., 23 marzo 2005 n. 6216; Cass., sez. un., 27 gennaio 2004 n. 1414; Cass., sez. un., 10 dicembre 2001 n. 15601. In generale, sui problemi sulla responsabilit� disciplinare nei confronti degli iscritti all�albo degli avvocati e dell�esercizio della relativa azione, DE TILLA, La professione di avvocato, Milano 1998, I, 477 ss., 727 ss.; DANOVI, Commentario del codice deontologico, Milano 2004, passim. (29) Sulla rilevanza disciplinare delle violazioni del codice deontologico adottato dal Consiglio nazionale forense, Cass., sez. un., 20 dicembre 2007 n. 26810, in Giust. civ. 2008, I, 2167; Cass., sez. un., 20 maggio 2005 n. 10601, in Rass. forense 2006, II, 1193; Cass., sez. un., 23 marzo 2004 n. 5776, in Giur. it. 2005, 249. (30) Cass., sez. un., 7 febbraio 2006 n. 2509, che esclude dubbi di legittimit� costituzionale in ordine all�atipicit� delle condotte disciplinarmente rilevanti, in quanto la discrezionalit� dell'organo rappresentativo della categoria nella ricostruzione dei principi deontologici si svolge all'interno dei binari tracciati dalla legge ed in primo luogo da quella costituzionale. In tale ultimo senso, anche Cass., sez. un., 3 maggio 2005 n. 9097, in Giust. civ. 2006, I, 1814. Sulla genericit� ed atipicit� delle ipotesi alle quale l�art. 38 dell�ordinamento professionale del 1933 collega l�azione disciplinare nei confronti dei professionisti iscritti all�albo degli avvocati, anche Cass., sez. un., 15 luglio 2005 n. 14985, in Rass. forense 2006, II, 1196; Cass., sez. un., 10 giugno 2003 n. 9216, in Giust. civ. 2004, I, 733, con nota di MOROZZO DELLA ROCCA, Disciplina forense ed esercizio di funzioni giudiziarie onorarie; Cass., sez. un., 6 giugno 2002 n. 8225, ivi 2002, I, 2441. (31) RUSSO, Diritti e doveri dei pubblici dipendenti, cit., 661, che rileva come dalla genericit� della formulazione legislativa discenda l�esigenza di un�adeguata motivazione della decisione sanzionatoria. TEMI ISTITUZIONALI 79 anche in questo settore, il ricorso a clausole generali per l�individuazione delle condotte sanzionabili. Ha chiarito, al riguardo, la giurisprudenza che i fatti idonei a dar luogo a responsabilit� disciplinari non devono essere specificamente definiti da norme di legge o da regolamenti, talch� le indicazioni contenute nelle norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di varie ipotesi ed � la stessa amministrazione che, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilisce il rapporto tra l'infrazione e il fatto, che assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalit� (32); in senso difforme �, tuttavia, orientata la dottrina, che ritiene il principio di tassativit� e tipicit� applicabile anche al potere disciplinare, essendo predeterminati sia i comportamenti punibili che le sanzioni da applicare per le singole infrazioni, pur rilevando l�ampia discrezionalit� riconosciuta all�amministrazione sia per la minore precisione con la quale sono definite le singole infrazioni rispetto al diritto penale, che per la latitudine nella graduazione della sanzione, anche in relazione ai precedenti di carriera dell�impiegato (33). La diversa tecnica utilizzata dal legislatore per configurare le condotte punibili del personale togato dell�Avvocatura dello Stato e quelle dei professionisti, anche pubblici dipendenti, iscritti all�albo degli avvocati, rifluisce sulla natura e le finalit� del codice etico, previsto come obbligatorio dalla legge ed approvato con deliberazione del Comitato nazionale dell�Associazione unitaria degli avvocati e procuratori dello Stato del 5 maggio 1994 (34). Infatti, secondo l�attuale art. 54 d.lgs. n. 165 del 2001, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri definisce un �codice di comportamento� dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualit� dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini e, in parallelo, per ciascuna magistratura e l'Avvocatura dello Stato gli organi delle associazioni di categoria adottano un �codice etico�, da sottoporre all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. Le differenze tra i due codici, tuttavia, sono rilevanti. Al codice di comportamento dei pubblici dipendenti (35) parte della dottrina riconosce valenza (32) Orientamento consolidato, anche in ordine al sindacato del giudice amministrativo, limitato alla contraddittoriet�, illogicit� e travisamento dei fatti, con preclusione per valutazioni autonome, sia riguardo al fatto imputato e sanzionato disciplinarmente, che con riferimento alla misura e forma della sanzione inflitta: Cons. St., sez. VI, 28 marzo 2003 n. 1639, in Foro amm.-C.d.S. 2003, 1128; Cons. St., sez. VI, 20 febbraio 1987 n. 67, in Foro amm. 1987, 188; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 13 marzo 1998 n. 87, in Ragiusan 2000, 290; T.A.R. Toscana, sez. I, 2 dicembre 1994 n. 512, in Foro amm. 1995, 120. (33) P. VIRGA, Il pubblico impiego, cit., 208. (34) Pubblicato, unitamente a quelli delle magistrature, in Foro it. 1996, III, 51. (35) Attualmente definito con D.P.C.M. 28 novembre 2000, in Gazzetta ufficiale 10 aprile 2001 n. 84. 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 disciplinare e non meramente etica, in quanto l�art. 54, comma 3, d.lgs. n. 165 cit. ha previsto il coordinamento con il c.d. �codice disciplinare� contenuto nei contratti collettivi del personale con rapporto di lavoro contrattualizzato ed il successivo art. 55, comma 3, affida la definizione dei doveri del dipendente (presupposto delle infrazioni disciplinari) proprio al codice di comportamento; di conseguenza, la violazione dei doveri del codice di comportamento darebbe luogo all�irrogazione di sanzioni disciplinari, anche perch� i contratti collettivi contengono clausole di chiusura, che sanzionano la violazione di doveri non compresi nel codice disciplinare e, comunque, l�obbligatoriet� del codice deriva dal suo recepimento nel contratto nazionale o individuale, che rende vincolanti le norme di fonte unilaterale (36) (37). Non pu� invece essere attribuita diretta rilevanza sul piano disciplinare al codice etico dei componenti dell�Avvocatura, mancando nella legislazione di settore un analogo spazio riservato alle regole ivi contenute, che risultano prive del carattere della giuridicit�. Per il codice etico degli avvocati e procuratori dello Stato, nonostante la sua obbligatoriet�, neppure pu� predicarsi una natura affine a quella del codice deontologico degli avvocati, recante norme giuridiche che integrano il precetto legislativo ai fini della configurazione dell'illecito disciplinare (38). Come � stato rilevato in dottrina (39), i codici etici delle magistrature hanno natura analoga a quella dei codici di condotta liberamente adottati e trovano fondamento in una finalit� di giustificazione, ossia di richiesta di accettazione pubblica della funzione di una categoria e di ricerca di consenso sul ruolo da questa svolto; si tratta di regole etiche, prive dei caratteri di imperativit� e co- (36) NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 99 ss.; MAINARDI, Il potere disciplinare, cit., 301 ss.; P. VIRGA, Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, Milano 2002, 81. In effetti, dalla tornata contrattuale 2002/2005 la separazione tra �codice disciplinare�, espressione dell�autonomia collettiva, e �codice di comportamento�, di matrice unilaterale, si � fortemente attenuata, in quanto nella definizione degli obblighi del dipendente i contratti collettivi assumono espressamente le previsioni del codice di comportamento, la cui violazione diviene direttamente rilevante ai fini sanzionatori: �Il dipendente adegua altres� il proprio comportamento ai principi riguardanti il rapporto di lavoro contenuti nel codice di condotta allegato� (art. 11, lett. b, c.c.n.l. del 12 giugno 2003, comparto Ministeri; art. 23, lett. b, c.c.n.l. del 22 gennaio 2004, comparto regioni-autonomie locali). (37) Secondo una diversa opinione, tuttavia, il codice di comportamento avrebbe valenza metagiuridica e funzione residuale ed integrativa della definizione dei doveri del dipendente da parte della contrattazione collettiva, talch� le sue previsioni assumono immediata rilevanza disciplinare solo ove costituiscano oggetto di clausole negoziali collettive e siano collegate (in ossequio al principio di legalit�) a sanzioni determinate: GARGIULO, Commento all�art. 58-bis, in CORPACI, RUSCIANO, ZOPPOLI (a cura di), La riforma dell�organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Nuove leggi civ. comm. 1999, 1415; ESPOSITO, Commento agli artt. 59 e 59-bis, ivi, 1419; GREGORATTI e NUNIN, Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici tra deontologia e esigenze disciplinari, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, cit., I, 1641. (38) Cass., sez. un., 20 dicembre 2007 n. 26810, cit.; Cass., sez. un., 3 maggio 2005 n. 9097, cit.; Cass., sez. un., 23 marzo 2004 n. 5776, cit. (39) BARBAGALLO, I codici etici delle magistrature, in Foro it. 1996, III, 36 s. TEMI ISTITUZIONALI 81 ercibilit� propri delle norme giuridiche e, dunque, di valore ed efficacia sul piano delle fonti normative. Tale incoercibilit�, tuttavia, non esclude che alle regole contenute nei codici etici l�interprete possa fare riferimento per riempire di significato clausole generali contenute in disposizioni di legge (40): il contenuto del codice etico rileva cio� sul piano disciplinare solo indirettamente, potendo costituire parametro di valore indiziario per l�applicazione di sanzioni collegate a clausole di generico richiamo ai doveri del dipendente. Pi� specificamente, inteso come impegno pubblico all�assunzione di determinati comportamenti degli appartenenti al personale togato dell�Avvocatura dello Stato, in relazione all'adesione richiesta dall�art. 54, comma 4, d.lgs. n. 165 cit., il codice etico rileva ai fini dell�interpretazione delle violazioni disciplinari contenute nel testo unico e della delimitazione delle condotte produttive di sanzioni. Tale esigenza � particolarmente avvertita riguardo alla censura, per la quale il legislatore ha fissato solo sommariamente le condotte punibili, limitandosi l�art. 79 d.P.R. n. 3 del 1957 a prevederne l�irrogazione nel caso di �lievi trasgressioni�; ma le stesse violazioni rilevanti ai fini dell�irrogazione delle sanzioni pi� gravi sono definite in massima parte dallo statuto degli impiegati civili mediante l�utilizzazione di clausole generali, quali la �grave negligenza in servizio�, l��inosservanza dei doveri d�ufficio�, il �comportamento non conforme al decoro delle funzioni�, il �grave contrasto con i doveri di fedelt��, il �grave abuso di autorit� o d�ufficio� (artt. 80, 81 e 84 d.P.R. n. 3 cit.). Sempre sul piano della individuazione delle condotte punibili, va osservato come le violazioni concernenti l�attivit� professionale degli avvocati e procuratori dello Stato siano essenzialmente da ricondurre alla �inosservanza dei doveri d�ufficio� (art. 80, comma 3, lett. c, d.P.R. n. 3 del 1957) e, segnatamente, alla �grave negligenza in servizio� (art. 80, comma 3, lett. a, d.P.R. n. 3 cit.). In tale ambito, le regole contenute nel codice etico circa i comportamenti da assumere nel caso di assenza o impedimento (art. 7 del codice) e quelle concernenti l�impegno all�aggiornamento professionale e scientifico (art. 12 del codice), attengono alla diligenza nell�esecuzione della prestazione lavorativa e contribuiscono a definire il significato dell�infrazione definita come �grave negligenza in servizio�. Allo stesso modo, l�impegno alla riservatezza nei rapporti esterni, specie con i mezzi di comunicazione di massa (art. 10 del codice), pu� rilevare ai fini delle violazioni concernenti il segreto d�ufficio (artt. 80, comma 3, lett. f, e 81, comma 2, lett. d, d.P.R. n. 3 cit.) e l�indicazione specifica circa l�ordine di precedenza nella trattazione degli affari - che l�av- (40) BARBAGALLO, ibidem. 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 vocato o il procuratore dello Stato determina in relazione all�utilit� per le amministrazioni patrocinate, tenuto conto dell�entit� degli interessi in gioco e del grado di urgenza delle soluzioni richieste (art. 4 del codice) - delimita l�ambito della violazione prevista dall�art. 80, comma 3, lett. b, d.P.R. n. 3 cit. Si deve comunque escludere che possano costituire fonte di illecito disciplinare le scelte tecniche adottate in sede defensionale e le soluzioni suggerite alle amministrazioni patrocinate in sede consultiva, come si desume dall�autonomia professionale che l�ordinamento assicura agli avvocati e procuratori dello Stato nello svolgimento dei compiti di istituto. Infatti, se l'Avvocato generale e gli avvocati distrettuali impartiscono le direttive inerenti alla trattazione degli affari contenziosi e consultivi ed assicurano il coordinamento e l'unit� di indirizzo delle attivit� dell�Avvocatura (art. 15 r.d. n. 1611 del 1933, come sostituito dall�art. 15 l. n. 103 del 1979; art. 18 l. n. 103), gli avvocati e procuratori dello Stato, in caso di divergenza di opinioni nella trattazione di detti affari con l'Avvocato generale, con i vice avvocati generali o con l'Avvocato distrettuale, possono chiedere una risoluzione definiva del comitato consultivo e, se questa � contraria al loro avviso, di essere sostituiti nella trattazione dell'affare. Gli avvocati e procuratori dello Stato, peraltro, vantano un interesse tutelato a non essere sostituiti nella trattazione degli affari loro affidati, salvi i casi di situazioni obiettivamente ostative (quali l�assenza o l�impedimento), o di provvedimento di revoca determinato da gravi ragioni (art. 19 l. n. 103 cit.) (41). Problematica � pure l�operativit� dell�istituto della riabilitazione disciplinare. Poich� l�art. 3, ultimo comma, l. n. 103 del 1979 ha soppresso per gli avvocati dello Stato il rapporto informativo, ardua sembra l�applicazione dell�art. 87 del testo unico del 1957, che consente all�amministrazione, ove l'impiegato abbia riportato la qualifica di ottimo nei due anni successivi al provvedimento sanzionatorio, di rendere nulli gli effetti della sanzione e di modificare i giudizi conseguiti dopo l�irrrogazione della sanzione ed in conseguenza di questa. Risultano invece integralmente estensibili agli avvocati e procuratori dello Stato gli effetti legali delle sanzioni previsti dallo statuto degli impiegati civili dello Stato - ossia il ritardo di un anno nell'aumento periodico dello stipendio a decorrere dalla data in cui verrebbe a scadere il primo aumento successivo alla sanzione della riduzione dello stipendio (art. 80 comma 2, d.P.R. n. 3 del 1957), e l�esclusione dalla promozione per due anni dalla data della violazione quando sia inflitta la sospensione dalla qualifica, con ritardo di due o tre anni nell'aumento periodico dello stipendio e sottrazione del periodo di sospensione dal computo dell�anzianit� di servizio (art. 83 d.P.R. n. 3 cit.) -, nonch� l�istituto della recidiva disciplinare, ossia l�applicazione di una sanzione pi� grave (41) FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 4. TEMI ISTITUZIONALI 83 di quella prevista, qualora sia stata commessa una nuova violazione dopo una punizione per una infrazione della stessa specie (art. 86 d.P.R. n. 3 cit.). 3. Segue: il procedimento E�, tuttavia, nel rinvio alle norme sul procedimento contenute nello statuto degli impiegati civili che la disciplina sanzionatoria degli avvocati e procuratori dello Stato mostra i limiti pi� evidenti. Come si � detto, l�art. 24, comma 2, l. n. 103 del 1979 dichiara applicabili al rapporto d�impiego del personale togato dell�Avvocatura le disposizioni del titolo VII del testo unico approvato con d.P.R. n. 3 del 1957, sostituendo alla �commissione di disciplina� e al �consiglio di amministrazione� il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, al �capo ufficio� l'Avvocato generale dello Stato ed al �Ministro� il Presidente del consiglio dei ministri. Sotto un primo profilo, il rinvio espresso allo statuto degli impiegati civili comporta la pacifica natura amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati e procuratori dello Stato, rimanendo esclusa, sotto questo profilo, ogni equiparazione ai magistrati ordinari (42), per i quali il procedimento sanzionatorio ha natura giurisdizionale (43), e l�applicabilit� delle particolari garanzie che il legislatore ha previsto a salvaguardia della loro indipendenza e, in definitiva, dell�esercizio delle funzioni giurisdizionali, quale la possibilit� di assistenza di un avvocato di fiducia (44). Da tempo, infatti, la Consulta ha rilevato che l'esercizio della funzione disciplinare nell'ambito del pubblico impiego, della magistratura e delle libere professioni si esprime con modalit� diverse secondo la struttura dei singoli procedimenti, caratterizzati a volte come amministrativi, altre volte come giurisdizionali, in rispondenza a scelte del legislatore, al quale in materia di responsabilit� disciplinare � riconosciuta ampia discrezionalit� (45). (42) Sul contenuto di tale equiparazione, prevista sin dall�art. 23 r.d. n. 1611 del 1933 e ribadita dall�art. 1 l. n. 103 del 1979, ancora LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 385 ss. (43) Secondo la prevalente opinione: per le indicazioni, CASO, Magistrati ed avvocati dello Stato, cit., 396 s. (44) La garanzia dell'indipendenza del magistrato rileva anche in materia di responsabilit� disciplinare, perch� la prospettiva dell'irrogazione di una sanzione pu� condizionare il magistrato nello svolgimento delle funzioni che l'ordinamento gli affida: C. cost. 16 novembre 2000 n. 497, in Giust. civ. 2001, I, 601, riguardo ai magistrati ordinari; C. cost. 27 marzo 2009 n. 87, in Foro amm.-C.d.S. 2009, 627, con nota di BERTOLDINI, La Corte costituzionale sancisce l'illegittimit� costituzionale del divieto posto ai magistrati amministrativi e contabili di avvalersi di un avvocato di fiducia nel procedimento disciplinare, per i magistrati amministrativi e contabili. Sull�argomento, TENORE, La responsabilit� disciplinare dei magistrati amministrativi, in FANTACCHIOTTI, FRESA, TENORE, VITELLO, La responsabilit� disciplinare nelle carriere magistratuali, Milano (in corso di pubblicazione). (45) C. cost. 30 maggio 2008 n. 182, in Foro amm.-C.d.S. 2008, 1383; nello stesso senso, gi� C. cost. 13 aprile 1995, n. 119, in Giur. cost. 1995, 947; C. cost. 22 giugno 1976 n. 145, ivi 1976, 975. 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 In tale ambito, tuttavia, anche se nel procedimento amministrativo disciplinare il diritto di difesa non trova applicazione piena (46), deve rilevarsi come l�avvocato o procuratore dello Stato incolpato non possa avvalersi dell�assistenza di un difensore, nemmeno se componente della stessa Avvocatura, atteso che lo statuto degli impiegati civili non contempla tale possibilit�; siffatta limitazione determina qualche dubbio di compatibilit� costituzionale, ove si consideri che alle varie categorie di pubblici dipendenti, sia pur caratterizzate da assetti ordinamentali molto diversi, � sempre garantita l�attivit� defensionale, anche solo mediante un appartenente alla medesima amministrazione. Il regime di diritto pubblico del rapporto d�impiego, infatti, rende inapplicabile agli avvocati e procuratori dello Stato la norma della legge quadro sul pubblico impiego che assicurava al dipendente pubblico l'esercizio del diritto di difesa nei procedimenti disciplinari, anche mediante assistenza di un'associazione sindacale (art. 22 l. 29 marzo 1983 n. 93) e le successive previsioni attuative contenute negli atti di recepimento degli accordi nazionali di comparto (47). Sotto altro profilo, nell�apparente chiarezza della norma di rinvio, sfugge tuttavia al legislatore che lo statuto degli impiegati civili attribuisce la competenza generale in fase di avvio del procedimento disciplinare - svolgimento degli accertamenti preliminari e contestazione degli addebiti - al �capo del personale�, funzione che l�ordinamento particolare dell�Avvocatura dello Stato non prevede per gli avvocati e procuratori (48). In assenza di ulteriori indicazioni normative, come gi� prospettato, la relativa lacuna pu� essere colmata utilizzando il criterio indicato dal legislatore in apertura dell�art. 24, comma 1, l. n. 103 del 1979, nel senso della devoluzione dei procedimenti disciplinari al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato: la competenza dell�organo collegiale a conoscere tali procedimenti comporta l�esercizio delle fun- (46) Non potendo considerarsi irragionevole la decisione del legislatore di limitare la scelta del difensore dell'accusato, anche in considerazione della funzione svolta, ai dipendenti della stessa amministrazione: ancora C. cost. 30 maggio 2008 n. 182, cit. La dottrina ha da sempre rilevato l�esistenza di vaste zone d�ombra nel panorama dei diritti difensivi dell�inquisito e la non maturata consapevolezza che l�esigenza di imparzialit� � in funzione non soltanto del privato, ma anche del principio di buona amministrazione in genere: cos�, gi� RUSSO, Diritti e doveri dei pubblici dipendenti, cit., 540, in tema di partecipazione del funzionario istruttore alla decisione disciplinare. (47) In proposito, P. VIRGA, Il pubblico impiego, cit., 222, nt. 28, il quale ricorda che C. cost. 3 marzo 1988 n. 239, in Foro it. 1988, I, 249, pur avendo dichiarato inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 112 d.P.R. n. 3 del 1957 nella parte in cui non prevede l�assistenza del difensore nel giudizio disciplinare, ha tuttavia auspicato una riforma che tuteli effettivamente il diritto di difesa dell�incolpato. La salvezza degli ordinamenti giuridici ed economici degli avvocati e procuratori dello Stato (oltre che delle altre categorie di personale in regime di diritto pubblico) era prevista nell�art. 26 l. n. 93 del 1983. (48) L�art. 17 l. n. 103 del 1979 attribuisce al Segretario generale dell�Avvocatura l�esercizio delle funzioni di capo del personale nei soli confronti del personale amministrativo, secondo quanto gi� previsto dall�art. 8 l. 5 aprile 1964 n. 284. TEMI ISTITUZIONALI 85 zioni disciplinari che non siano espressamente riservate al Presidente del consiglio dei ministri o all�Avvocato generale e, in particolare, di quelle che lo statuto degli impiegati civili affida al capo del personale. Al Consiglio degli avvocati e procuratori sono pure attribuiti dall'art. 24, comma 2, l. n. 103 cit. i compiti che il testo unico del 1957 assegna alla commissione di disciplina ed al consiglio di amministrazione; nell�esercizio delle funzioni di commissione di disciplina nei confronti degli avvocati e procuratori, le deliberazioni dell�organo collegiale sono adottate con il voto favorevole di sei dei nove componenti (artt. 21, comma 7, e 23, comma 1, lett. g, l. n. 103). Nessuna particolare interferenza di funzioni sembra determinare la presidenza del Consiglio da parte dell�Avvocato generale dello Stato; anche nel sistema dello statuto degli impiegati civili, infatti, al �capo ufficio� non sono riconosciuti poteri di accertamento delle infrazioni, n� di impulso procedimentale, con riferimento alle sanzioni superiori alla censura che appartengono alla cognizione del Consiglio. Ebbene, descrivendo solo sommariamente lo svolgimento del procedimento sanzionatorio (49), la censura � irrogata con provvedimento motivato dell�Avvocato generale dello Stato, all�esito di una procedura semplificata che prescinde da trattazione collegiale e prevede la contestazione per iscritto degli addebiti e l�assegnazione all�avvocato o procuratore di un termine a discolpa non superiore a dieci giorni (art. 101 d.P.R. n. 3 del 1957). Pi� complesso �, invece, il procedimento applicativo delle rimanenti sanzioni (artt. 103 ss. d.P.R. n. 3 cit.), articolato in fasi distinte, tutte caratterizzate da una serie di adempimenti intermedi che si susseguono secondo cadenze soggette talune a termini inderogabili, in quanto posti a garanzia dell�incolpato, altre a termini solo sollecitatori (50). L�esercizio della potest� punitiva prevede, innanzi tutto, una fase squisitamente preparatoria di accertamenti preliminari, che si conclude con la decisione sul promovimento dell�azione. Quando venga a conoscenza di condotte potenzialmente sussumibili in fattispecie di illecito disciplinare (51), l�Avvocato generale, nell�esercizio delle funzioni di capo dell�ufficio, svolge le necessarie indagini e, ove ritenga che sia da irrogare una sanzione pi� grave della censura, rimette gli atti al Consiglio degli avvocati e procuratori; il Consiglio (49) Per gli approfondimenti, P. VIRGA, op. cit., 215 ss.; TERRANOVA, Il rapporto di pubblico impiego, cit., 207 ss.; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego, cit., 469 ss. (50) In giurisprudenza, per l�indicazione della natura dei vari termini che cadenzano il procedimento disciplinare secondo il t.u. n. 3 del 1957, Cons. St., Ad. pl., 25 gennaio 2000 n. 4, in Foro amm. 2000, 44, in motivazione. (51) La fonte di conoscenza delle violazioni non � tipizzata dalla legge e, di conseguenza, pu� essere la pi� varia: relazioni ispettive, esposti provenienti dall�autorit� giudiziaria o amministrativa, da avvocati o cittadini, notizie giornalistiche, comunicazioni del pubblico ministero sull�esercizio dell�azione penale (art. 129 disp. att. cod. proc. pen.). 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 che acquisisca comunque notizia di una infrazione disciplinare commessa da un avvocato o procuratore svolge gli opportuni accertamenti preliminari e, ove ritenga che il fatto sia punibile con la sanzione della censura, rimette gli atti all�Avvocato generale, mentre nei casi pi� gravi contesta subito gli addebiti, invitando l�inquisito a presentare le proprie giustificazioni scritte. Il procedimento disciplinare vero e proprio ha inizio con la contestazione degli addebiti, che deve essere effettuata a pena di nullit� mediante atto scritto da consegnare all'avvocato o procuratore, che ne rilascia ricevuta sullo stesso foglio; qualora la consegna personale non sia possibile, la comunicazione delle contestazioni viene fatta mediante raccomandata con avviso di ricevimento; se le comunicazioni relative al procedimento disciplinare non possono effettuarsi secondo tali formalit�, sono fatte mediante pubblicazione nell'albo dell'ufficio al quale appartiene l'incolpato. Entro venti giorni dalla comunicazione delle contestazioni, debbono essere presentate le giustificazioni al Consiglio degli avvocati e procuratori o, anche in piego chiuso, al capo dell'ufficio presso il quale l'avvocato presta servizio, che ne cura l'immediata trasmissione all'organo collegiale; il termine della presentazione delle giustificazioni pu� essere prorogato per gravi motivi, e per non pi� di quindici giorni, dallo stesso Consiglio; l'inquisito ha la facolt� di rinunciare al termine, con dichiarazione espressa resa per iscritto. Il Consiglio degli avvocati e procuratori, quando in base alle indagini preliminari ed alle giustificazioni dell'impiegato ritenga che non vi sia luogo a procedere in via disciplinare, ordina l'archiviazione degli atti dandone comunicazione all'interessato; qualora il Consiglio ritenga la violazione punibile con la censura trasmette gli atti all�Avvocato generale, affinch� provveda all�irrogazione della sanzione. La ritenuta unificazione nel Consiglio degli avvocati e procuratori delle funzioni del capo del personale e di quelle della commissione di disciplina comporta l�inapplicabilit� del meccanismo di rimessione previsto nell�art. 107 d.P.R. n. 3 del 1957. Sar� direttamente il Consiglio, ove si manifesti l�opportunit� di nuove indagini, a nominare un istruttore che abbia qualifica superiore a quella dell�incolpato, scelto tra i propri componenti; trattasi, quest�ultima, di una ulteriore conseguenza della pi� volte menzionata attribuzione legale della cognizione dei procedimenti disciplinari al Consiglio degli avvocati e procuratori. Le attivit� dell�istruttore si svolgono secondo le indicazioni degli artt. 108 ss. d.P.R. n. 3 cit., ed entro termini ivi previsti anche per la conclusione dell�inchiesta. Il Consiglio degli avvocati e procuratori, nell�esercizio delle funzioni di commissione di disciplina, � investito del potere di valutare i fatti addebitati all�incolpato e di proporre la misura sanzionatoria. All�uopo, la seduta per la trattazione orale viene fissata secondo le modalit� previste dagli artt. 111 ss. d.P.R. n. 3, senza che alla deliberazione partecipi il componente che ha svolto TEMI ISTITUZIONALI 87 le attivit� istruttorie, al fine di salvaguardare il principio di separazione tra funzione inquirente e giudicante (52), desumibile dall�art. 112, ultimo comma, d.P.R. n. 3 e comunque immanente al sistema, essendo il procedimento disciplinare governato dal principio costituzionale di imparzialit�. Il procedimento ha termine con l�adozione del provvedimento di proscioglimento, o di quello sanzionatorio. Ai sensi dell�art. 114 d.P.R. n. 3, il Consiglio degli avvocati e procuratori, se ritiene che nessun addebito possa muoversi all'incolpato, lo dichiara nella deliberazione, mentre ove consideri gli addebiti in tutto o in parte sussistenti propone la sanzione da applicare; il Presidente del consiglio dei ministri provvede con decreto motivato a dichiarare prosciolto l'incolpato da ogni addebito, o ad infliggere la sanzione in conformit� della deliberazione del Consiglio, salvo che non ritenga di disporre in modo pi� favorevole all�incolpato. Al riguardo, non pu� non rilevarsi l�anomalia derivante dall�irrogazione della destituzione, estintiva del rapporto d�impiego, mediante decreto del Presidente del consiglio dei ministri anche per gli avvocati dello Stato, nonostante che la nomina in servizio venga disposta con decreto del Presidente della Repubblica. A tal proposito, l�art. 71 del regolamento approvato con r.d. n. 1612 del 1933 aveva opportunamente differenziata la titolarit� del potere punitivo, prevedendo che le sanzioni pi� gravi nei confronti dei �funzionari del ruolo degli avvocati dello Stato� venissero inflitte con decreto reale. Il predetto rinvio allo statuto degli impiegati civili, oltre a non essere privo di elementi di incertezza, neppure esaurisce la disciplina del procedimento sanzionatorio. Trovano applicazione al rapporto d�impiego degli avvocati e procuratori dello Stato le previsioni della l. 7 febbraio 1990 n. 19 in tema di destituzione dei pubblici dipendenti (oltre che di circostanze del reato e di sospensione condizionale della pena), nonch�, come gi� rilevato, quelle della gi� menzionata l. n. 97 del 2001 in tema di rapporto tra procedimento penale e disciplinare, oltre che di effetti del giudicato penale nel giudizio disciplinare, che la giurisprudenza ritiene applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni mantenuti in regime di diritto pubblico (53). Sul piano dei rimedi giustiziali, infine, mette conto di rilevare come l�art. 102 d.P.R. n. 3 del 1957 ammetta il ricorso gerarchico contro il provvedimento di irrogazione della censura. Poich�, come si diceva, nei confronti degli avvocati e procuratori dello Stato la sanzione della censura � inflitta dall�Avvocato generale nell�esercizio delle funzioni di capo dell�ufficio attribuitegli (52) Cons. St., sez. IV, 23 novembre 2002, n. 6444, in Foro ammm.-CdS 2002, 2864; Cons. St. .sez. IV, 12 giugno 1993, n. 608, in Foro amm. 1993, 1249; Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 1991, n. 744, ivi 1991, 2635. (53) V. retro, nt. 16. 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dall�art. 24, comma 2, l. n. 103 del 1979, l�esperibilit� del ricorso gerarchico al Presidente del consiglio dei ministri dovrebbe rimanere esclusa mancando del tutto l�omogeneit� di funzioni che � alla base del rapporto di sovraordinazione gerarchica; come ha bene rilevato la dottrina, il collegamento solo strutturale dell�Avvocatura dello Stato con la Presidenza del consiglio - che l�art. 17 r.d. n. 1611 del 1933 definisce in termini di �dipendenza� - deve considerarsi esterno, ossia non incidente sulle rispettive sfere di competenza, e riguarda solo il corretto funzionamento e la regolare organizzazione dell�Istituto sotto il profilo della provvista del personale e delle risorse finanziarie e strumentali, senza condizionarne l�autonomia nello svolgimento delle funzioni tipiche, di ordine tecnico-professionale (54). Si �, tuttavia, gi� ricordato come una risalente consultazione dell�Adunanza generale del Consiglio di Stato abbia ritenuta proponibile l�impugnazione in via gerarchica degli atti con i quali l�Avvocato generale provvedeva all�assegnazione degli affari e, successivamente, a seguito delle rimostranze di un avvocato, lo invitava a mantenere un comportamento consono alla dignit� della funzione (55). Ed anzi, la stessa dottrina che limita al profilo organizzatorio la dipendenza dell�Avvocatura dalla Presidenza del Consiglio, ammette la relazione di gerarchia proprio in materia di provvedimenti concernenti lo stato giuridico ed il rapporto d�impiego degli avvocati e procuratori dello Stato (56), tra i quali rientra certamente l�applicazione delle misure disciplinari. Per le sanzioni diverse dalla censura, comminate con provvedimento del Presidente del consiglio, l�impugnazione in sede gerarchica rimane esclusa dalla definitivit� dell�atto derivante dalla collocazione dell�autorit� emanante al vertice dell�amministrazione. 4. L�esonero dal servizio per gli avvocati alla terza e quarta classe Come si � accennato, l�art. 24, comma 3, l. n. 103 del 1979 considera separatamente, sempre a fini sanzionatori, la posizione degli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe di stipendio, assoggettandoli all�esonero (54) VILLATA, Sulla natura del rapporto, cit., 49 s.; MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 99; FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 1. (55) Cons. St., Ad. gen., 23 novembre 1967 n. 1237, cit. In senso adesivo alla ricostruzione dall�Adunanza generale, SANTORO, L�Avvocatura dello Stato, cit., 292, nt. 7 e 8, che trova conferma del rapporto di �dipendenza gerarchica qualificata, sui generis� nell�innovazione introdotta dalla l. n. 103 del 1979 (art. 12) al potere di risoluzione delle divergenze tra l�Avvocatura dello Stato e le amministrazioni assistite circa l�instaurazione o la resistenza in giudizio, oggi affidato alla determinazione non delegabile del Ministro competente o alla determinazione degli organi delle regioni, o degli altri enti patrocinati, competenti a norma dei rispettivi statuti. (56) VILLATA, Ibidem, 50; MANZARI, Ibidem; pi� di recente, CASO, Magistrati e avvocati dello Stato, cit., 665. TEMI ISTITUZIONALI 89 dal servizio previsto per i direttori generali dagli artt. 78, ultimo comma, e 123 d.P.R. n. 3 del 1957. Si tratta di un istituto di natura disciplinare, caratterizzato tuttavia da un�accentuata specialit� di regime, che spazia dalla tipologia delle condotte rilevanti, al procedimento ed alla misura sanzionatoria applicabile. Presupposto � l�incompatibilit� del mantenimento in servizio dell�impiegato e, dunque, la grave violazione dei doveri d�ufficio (57), alla quale consegue come unica sanzione la cessazione del rapporto d�impiego; l�esenzione dei dipendenti con qualifica apicale da sanzioni disciplinari di tipo conservativo, contenuta nello statuto degli impiegati civili dello Stato, anticipa una scelta che i contratti collettivi avrebbero operata, dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro, per l�intero ambito della dirigenza delle pubbliche amministrazioni (58). Prevista per gli �impiegati con qualifica non inferiore a direttore generale�, si pu� dubitare che la dispensa disciplinare dal servizio trovi ancora applicazione nel sistema della dirigenza pubblica. Se infatti, nell�impianto del testo unico del 1957 la qualifica di �direttore generale� costituiva la posizione apicale della carriera direttiva del personale delle amministrazioni dello Stato (art. 153 e 155 d.P.R. n. 3), gi� a seguito del riordino operato con d.P.R. 30 giugno 1972 n. 748 alle direzioni generali ed uffici equiparati vennero preposti (art. 4) funzionari con qualifica di �dirigente generale�; pi� di recente, la prima riforma generale del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche articola la dirigenza in due sole qualifiche, confermando quella apicale di dirigente generale (art. 15 d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29), fino a quando gli artt. 10 e 13 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - oggi confluiti negli artt. 15 e 19 d.lgs. n. 165 del 2001 - procedono all�unificazione della qualifica dirigenziale e configurano la preposizione agli uffici dirigenziali di livello generale come la risultante di un incarico dirigenziale a termine, attribuito ai dirigenti dei ruoli di ciascuna amministrazione (59). (57) TERRANOVA, Il rapporto, cit., 231. (58) Infatti, per i dirigenti pubblici contrattualizzati, i fatti e comportamenti, anche estranei alla prestazione lavorativa, di gravit� tale da essere ostativi alla prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, costituiscono giusta causa di recesso dell�amministrazione: art. 41 c.c.n.l. Area I (ministeri) del 21 aprile 2006; art. 27 c.c.n.l. Area II (regioni ed enti locali) del 10 aprile 1996. Va tuttavia rilevato come la Corte suprema abbia svalutato tale circostanza, affermando che il licenziamento per giusta causa del dirigente comporta comunque la verifica della fondatezza degli addebiti mossi al lavoratore: Cass. 20 febbraio 2007 n. 3929, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2008, I, 1802. (59) La qualifica dirigenziale non esprime pi� una posizione lavorativa inserita nell�ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bens� esclusivamente l�idoneit� professionale del dipendente, che svolge le funzioni di direzione per effetto del conferimento di un incarico dirigenziale: Cass. 20 febbraio 2007 n. 3929, cit.; Cass. 22 dicembre 2004 n. 23760, ivi 2005, I, 1391; Cass. 20 marzo 2004 n. 5659, ivi 2004, I, 2471. La distinzione tra qualifica ed incarico � presente anche nella disciplina della dirigenza pubblica non contrattualizzata: per il personale della carriera prefettizia, artt. 1 e 12 d.lgs. n. 139 del 2000; per quello 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il conferimento delle funzioni di direzione degli uffici dirigenziali, anche apicali, mediante incarico a soggetti appartenenti all�unica qualifica di dirigente, induce a ritenere che le norme degli artt. 78, ultimo comma, e 123 d.P.R. n. 3 cit. siano rimaste prive di autonoma portata applicativa e finiscano per operare per i soli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe di stipendio in virt� del rinvio operato dall�art. 24 l. n. 103 del 1979. Il Consiglio di Stato ha, tuttavia, ritenuto legittimo il provvedimento di esonero disciplinare nei confronti di appartenente alla carriera diplomatica, ritenendo sufficiente per l�irrogazione della peculiare sanzione estintiva del rapporto la �qualifica� di dirigente generale (60). Va altres� rilevato che la previsione di una procedura disciplinare differenziata per gli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe era collocata nel quadro di una carriera ordinata sulle promozioni a scelta e sulla equiparazione del sostituto avvocato generale al direttore generale. Nell�ordinamento attuale, atteggiatosi sostanzialmente nella prassi in una progressione per anzianit�, attesa la gravit� dell�unica sanzione irrogabile, la norma si risolve, nella pratica, in una esenzione dalla responsabilit� disciplinare e, dunque, in un privilegio da superare. La disciplina dell�esonero dal servizio � comunque piuttosto scarna. L�art. 123 d.P.R. n. 3 cit. si limita a prevedere che la contestazione degli addebiti venga effettuata con atto del Ministro e, dunque, per il personale togato dell�Avvocatura (tenuto conto delle sostituzioni operate dall�art. 24, comma 2, cit.), con atto del Presidente del consiglio dei ministri, competente a ricevere anche le giustificazioni dell�incolpato. Il procedimento � snello e deformalizzato, in quanto il legislatore impegna l�amministrazione ad osservare i soli artt. 104 e 105 d.P.R. n. 3 del 1957 sulle formalit� per la contestazione degli addebiti e le giustificazioni dell�incolpato. Il Presidente del consiglio, qualora non accolga le giustificazioni, riferisce al Consiglio dei ministri, che delibera sulla compatibilit� dell'avvocato dello Stato ad essere mantenuto in servizio e sul diritto al trattamento di quiescenza e previdenza; la risoluzione del rapporto � disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del consiglio, quale contrarius actus rispetto al provvedimento di nomina in servizio. Anche per l�esonero dal servizio disposto per ragioni disciplinari non si rinvengono precedenti specifici riferiti agli avvocati dello Stato e la stessa produzione giurisprudenziale sui dirigenti generali delle amministrazioni statali � esigua. Come si accennava, solo in una circostanza il Consiglio di Stato (61) della carriera diplomatica, artt. 16 e 101 d.P.R. n. 18 del 1967, come modificati dal d.lgs. n. 85 del 2000; nell�ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, artt. 3 e 10 d.lgs. n. 63 del 2006. (60) Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, cit. (61) Ibidem. TEMI ISTITUZIONALI 91 ha provveduto a dettare le linee guida per l�applicazione dell�istituto, che vengono di seguito riassunte. Per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni mantenuti in regime di diritto pubblico dall�art. 3 d.lgs. n. 165 del 2001 - ai quali appartengono gli avvocati (ed i procuratori) dello Stato - la disciplina del rapporto rimane affidata alla normativa di settore, nonch�, per quanto non diversamente previsto da norme speciali, dallo statuto degli impiegati civili dello Stato. La particolare forma di procedimento disciplinare per gli impiegati con qualifica di direttore generale prevista dall'art. 123 d.P.R. n. 3 del 1957 � incentrata sulla contestazione degli addebiti, e le relative giustificazioni, e finalizzata a definire la compatibilit� dell'impiegato a permanere in servizio. Detta valutazione assume connotazioni prevalentemente organizzative, rispondendo all'esigenza di pubblico interesse che il personale appartenente alle qualifiche di vertice debba essere all'altezza dei compiti assegnatigli, sia per caratteristiche professionali che personali; tale finalit� organizzativa, tuttavia, non esime l'amministrazione da una delibazione complessiva ed attualizzata dell'operato del dipendente, proprio perch�, pure se occasionata da profili disciplinari, detta delibazione � finalizzata ad accertare la compatibilit� della permanenza in servizio. L'esonero disciplinare dal servizio non presuppone necessariamente l'incardinamento del dipendente con qualifica apicale in posizioni di vertice, essendo possibili per gli appartenenti a tale qualifica una pluralit� di impieghi; di conseguenza, l�applicazione della dispensa dal servizio per ragioni disciplinari discende esclusivamente dall�appartenenza alla qualifica di avvocato dello Stato alla terza e quarta classe, prescindendo del tutto dagli incarichi eventualmente attribuiti, quali quelli di Avvocato distrettuale, Segretario generale o Vice avvocato generale. L�istituto dell�esonero non trova, invece, applicazione nei confronti dell�Avvocato generale, che pu� essere nominato anche tra estranei all�Istituto ed appartiene a qualifica distinta da quella degli avvocati dello Stato (62). Ai fini della individuazione del procedimento da applicare, si deve considerare la qualifica rivestita dall�incolpato all'epoca della contestazione degli addebiti e della irrogazione della sanzione. La giurisprudenza ha altres� chiarito che l�esonero per ragioni disciplinari non � collegato ad una valutazione negativa delle prestazioni del pubblico dipendente (63), alla quale consegue, nel sistema della responsabilit� dirigen- (62) Rilevano che la qualifica di Avvocato generale � separata e distinta da quella degli altri avvocati dello Stato, FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 4; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego, cit., 700; MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 101. (63) Ancora Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, cit. In dottrina, sulle differenze tra esonero disciplinare e collocamento a riposo per ragioni di servizio dopo 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ziale, il collocamento a disposizione (64); tale distinzione trova conferma nello speciale ordinamento dell�Avvocatura dello Stato (art. 35 r.d. n. 1611 del 1933), che prevede, anche in sede di giudizio di promovibilit� ad avvocato alla terza classe, la dispensa dal servizio ed il collocamento a riposo come misura, non disciplinare, conseguente al difetto di operosit� o di capacit� che comportino inidoneit� all�esercizio delle funzioni proprie della qualifica (65). Rimangono tuttavia irrisolte numerose questioni poste dalla scarna disciplina dell�esonero, fonte di inevitabili incertezze applicative. Rilevano, sotto un primo profilo, la mancata definizione delle condotte sanzionabili - genericamente riconducibili a comportamenti che rendano incompatibile la prosecuzione del rapporto di servizio - e la mancata previsione di disposizioni analitiche per lo svolgimento del procedimento. Per quanto concerne le violazioni sembra doversi fare riferimento in via analogica al �codice disciplinare� contenuto nello statuto degli impiegati civili dello Stato e, segnatamente, considerata l�identit� degli effetti estintivi del rapporto d�impiego, alle infrazioni per le quali pu� essere disposta la destituzione, anche all�esito di condanna penale (art. 84 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 5, comma 4, l. n. 97 del 2001). Trova conferma, anche in questa circostanza, quanto gi� osservato riguardo alla difficolt� di emersione di condotte sanzionabili attinenti all�attivit� professionale, che dovranno necessariamente essere ricondotte alla �violazione dei doveri d�ufficio che abbia portato grave pregiudizio allo Stato, ad enti pubblici od a privati� (art. 84, lett. d, d.P.R. n. 3), che tuttavia rileva solo se commessa con dolo. Riguardo al procedimento, nonostante la natura disciplinare ribadita pure nell�incipit dell�art. 123 cit., richiamando espressamente ai soli artt. 104 e 105 d.P.R. n. 3 del 1957 il legislatore sembra voler escludere l�applicazione delle altre disposizioni contenute del titolo VII dello statuto degli impiegati civili dello Stato ed in particolare di quelle che cadenzano i tempi di avvio, svolgimento e conclusione del procedimento (artt. 97, 103, 107, 110, 111, 119, 120 il periodo massimo di permanenza nella posizione a disposizione, TERRANOVA, op. cit., 232, anche per le conseguenze sul trattamento di quiescenza. (64) Va comunque rilevato come l�istituto del collocamento a disposizione non risponda, all�interno del lavoro con le pubbliche amministrazioni, ad uno schema uniforme e rappresenti solo in prevalenza una misura conseguente alla valutazione negativa dei risultati assegnati in sede di conferimento dell�incarico: artt. 21 d.lgs. n. 165 del 2001 e 6 d.P.R. n. 150 del 1999 per i dirigenti con rapporto di lavoro contrattualizzato; art. 111 d.P.R. n. 18 del 1967, per il personale della carriera diplomatica. Nella carriera prefettizia, ad esempio, la ripetuta valutazione negativa comporta l�esclusione da ogni incarico per un periodo massimo di tre anni (art. 23 d.lgs. n. 139 del 2000), mentre il collocamento a disposizione pu� essere disposto quando sia richiesto dall�interesse del servizio (art. 237 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 24 d.lgs. n. 139 cit.). (65) Nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato, il collocamento a disposizione (e, dopo sei mesi, in aspettativa) � invece previsto, per esigenze di servizio, per gli avvocati distrettuali dello Stato dall�art. 37 t.u. n. 1611 e risulta, dopo la l. n. 103 del 1979, del tutto coerente con l�esercizio delle relative funzioni a seguito di incarico. TEMI ISTITUZIONALI 93 d.P.R. n. 3 cit.). Tale scelta, tuttavia, non sembra conciliabile con le peculiari esigenze sottese all�esercizio del potere punitivo, da individuarsi non solo nell�interesse dell�incolpato affinch� non siano rese pi� gravose le modalit� di difesa a causa del decorso del tempo, ma nello stesso interesse pubblico alla certezza del rapporto tra amministrazione e impiegato, che verrebbe inficiata (anche per i profili consequenziali inerenti agli sviluppi di carriera) ove questi restasse esposto senza limiti di tempo alla possibile attribuzione di rilevanza disciplinare a determinati comportamenti. In virt� di una interpretazione costituzionalmente orientata dell�art. 123 cit., dunque, sembra doversi ritenere che, pur in mancanza di un richiamo esplicito, trovino applicazione al procedimento per l�esonero disciplinare non solo la regola di ragionevole prontezza e tempestivit� nella contestazione degli addebiti (66) - che tempera l�imprescrittibilit� dell�illecito disciplinare (67) ed assurge a principio generale che fende trasversalmente la disciplina del lavoro pubblico e privato (68) - ma anche l�onere di coltivazione del procedimento sanzionatorio, del quale sono espressione i numerosi termini che ne cadenzano lo svolgimento ed ai quali la giurisprudenza ha attribuito natura perentoria in funzione di tutela della posizione dell�incolpato (69): visione ed estrazione copia degli atti (70); preavviso della trattazione davanti alla com- (66) Sulle modalit� di contestazione degli addebiti, per tutti, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 190 ss., con ampi richiami; riguardo specificamente alle libere professioni, TENORE CELESTE, La responsabilit� disciplinare del notaio ed il relativo procedimento, Milano 2008, 171 ss. (67) Il principio di imprescrittibilit� della responsabilit� disciplinare � accolto nel testo unico n. 3 del 1957 e si estende a tutte le categorie di pubblici dipendenti non contrattualizzati, sia civili che militari: cos�, di recente, Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2006 n. 3161, in Foro amm.-C.d.S. 2006, 1422, in fattispecie di procedimento nei confronti di magistrato amministrativo. (68) Sull�applicazione del principio nel rapporto di impiego pubblico, pur mancando nello statuto degli impiegati civili l�indicazione di un termine rigido il cui decorso comporti decadenza del potere sanzionatorio, ex plurimis, solo di recente, Cons. St., sez. IV, 30 gennaio 2009 n. 517, in Foro amm.- C.d.S. 2009, 145; Cons. St., sez. VI, 6 giugno 2008 n. 2723, ivi 2008, 1760; Cons. St., sez. VI, 11 ottobre 2007 n. 5340, ivi 2007, 2856. Sull�onere di tempestivit� nell�avvio e nella coltivazione del procedimento, anche Cons. St., Ad. pl., 28 febbraio 2002 n. 2, ivi 2002, 357. Nel lavoro contrattualizzato con le pubbliche amministrazioni, anche se i termini per la contestazione dell'addebito previsti nei contratti collettivi non sono considerati perentori, si ritiene il principio di immediatezza della contestazione elemento costitutivo del potere disciplinare del datore di lavoro: Cass. 2 ottobre 2007 n. 20654; Cass. 2 marzo 2007 n. 4932, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico, a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2007, I, 2976; Cass. 28 settembre 2006 n. 21032, ivi 2007, I, 1259; Cass. 23 dicembre 2004 n. 23900, ivi 2005, I, 3192. Anche nel lavoro privato, il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio risiede nell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, non consente all'imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto: Cass. 8 giugno 2009 n. 13167; Cass. 20 giugno 2006 n. 14115. (69) Per le relative indicazioni, Cons. St., Ad. pl., 25 gennaio 2000 n. 4, cit. (70) Cons. St., sez. IV, 13 aprile 2005 n. 1725, in Foro amm.-C.d.S. 2005, 1082; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 8 aprile 2008 n. 1065, in Foro amm-TAR 2008, 1115. 94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 missione di disciplina; rinnovazione a seguito di annullamento giurisdizionale di un precedente provvedimento sanzionatorio (71); perenzione per decorso di novanta giorni dall�ultimo atto (72); tempestivo avvio a seguito di sentenza penale di proscioglimento (73). Dubbia � pure la partecipazione al procedimento di dispensa del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, al quale, come si � detto, � devoluta, con previsione di carattere generale, la cognizione dei procedimenti punitivi a carico dei componenti dell�Avvocatura e sono attribuite funzioni di commissione di disciplina. La deliberazione del Consiglio dei ministri sull�incompatibilit� alla prosecuzione del servizio, tuttavia, non sembra compatibile con la proposta, parzialmente vincolante, che il Consiglio degli avvocati e procuratori dovrebbe formulare sulla sanzione da applicare ai sensi art. 114 d.P.R. n. 3 del 1957, anche se la doppia deliberazione collegiale sulla medesima vicenda disciplinare potrebbe essere ritenuto un aggravamento del procedimento imposto dall�esigenza di assicurare il �controllo democratico� sull�esercizio della potest� punitiva, perseguita dalla riforma approvata con l. n. 103 del 1979. Da ultimo, sembra opportuno rilevare come il contenuto precettivo della deliberazione del Consiglio dei ministri debba considerarsi la sola pronuncia sulla incompatibilit� del mantenimento in servizio (74) dell�avvocato dello Stato sottoposto ad incolpazione: nonostante l�impropria dizione usata dal legislatore, per quanto concerne il diritto al trattamento previdenziale operano le leggi speciali ed a tale normativa, che ha caratteri di inderogabilit�, la deliberazione conclusiva del procedimento di dispensa disciplinare non pu� che rinviare. 5. De iure condendo Le incertezze, le anomalie e le lacune rinvenute nella ricostruzione della responsabilit� disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato mostrano l�opportunit� di una profonda modifica legislativa della materia, auspicabilmente collocata in seno ad una riforma organica dell�Istituto, attesa ormai da troppo tempo. Incertezze, anomalie e lacune che, probabilmente, hanno contribuito non poco alla mancanza di precedenti significativi in ordine all�esercizio della potest� punitiva nei confronti dei componenti dell�Avvocatura (75). (71) Cons. St., sez. VI, 28 giugno 2007 n. 3774, Foro amm.-C.d.S. 2007, 1941; Cons. St., sez. VI, 10 ottobre 2005 n. 5447, ivi 2005, 2999. (72) Cons. St, sez. IV, 25 luglio 2007 n. 4142, ivi 2007, 2167; Cons. St., sez. V, 20 gennaio 2003 n. 176, ivi 2003, 113. (73) Cons. St., sez. VI, 21 agosto 2000 n. 4520, in Foro amm. 2000, 2748. (74) In tal senso, anche TERRANOVA, Il rapporto, cit., 232. (75) Il cattivo funzionamento del sistema disciplinare nella pubblica amministrazione � stigmatizzato in numerosi referti della Corte dei conti: per le indicazioni, ancora NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 270, nt. 229. TEMI ISTITUZIONALI 95 Il nuovo sistema punitivo dovrebbe essere delineato secondo direttrici che in questa sede possono essere solo tratteggiate: - soppressione dell�ormai anacronistico rinvio allo statuto degli impiegati civili dello Stato, fonte di equivoci e disarmonie sia sotto il profilo sostanziale dell�esercizio della potest� disciplinare, che riguardo a quello procedurale; - individuazione di condotte sanzionabili specificamente riferite allo svolgimento dell�attivit� professionale, anche mediante utilizzazione di una o pi� clausole generali, modellate sul regime disciplinare dell�ordinamento professionale forense; - esclusione espressa di ogni rilevanza disciplinare delle scelte tecniche adottate in sede contenziosa e consultiva; - ridefinizione della titolarit� del potere punitivo, con previsione che le sanzioni pi� gravi (segnatamente, quelle estintive del rapporto d�impiego) siano irrogate con decreto del Presidente della Repubblica nei confronti degli avvocati e con decreto del Presidente del consiglio dei ministri nei confronti dei procuratori dello Stato, secondo il modello adottato dal t.u. n. 1612 del 1933, mentre quelle meno gravi vengano adottate con provvedimento definitivo dell�Avvocato generale dello Stato; - definizione in via autonoma delle regole di procedura, con previsione dei tempi di avvio e svolgimento secondo principi di ragionevole prontezza e tempestivit� nella contestazione degli addebiti e di sollecita conclusione; - conferma della devoluzione dei procedimenti disciplinari al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, anche in via generale e residuale rispetto alle funzioni attribuite ad altri organi; - individuazione delle modalit� di difesa dell�incolpato, con possibilit� di assistenza tecnica dinanzi all�autorit� disciplinare; - previsione della riabilitazione disciplinare in relazione alle peculiarit� dell�ordinamento dell�Avvocatura; - superamento della disciplina differenziata per gli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe di stipendio, con conseguente unificazione del regime disciplinare del personale togato dell�Istituto. I L C O N T E N Z I O S O C O M U N I TA R I O E D I N T E R N A Z I O N A L E La sospensione dei diritti di voto connessi alle partecipazioni azionarie e i suoi riflessi sulla libert� di circolazione dei capitali Dimitris Liakopoulos* SOMMARIO: -1. Le resistenze opposte dagli Stati membri alla liberalizzazione nei servizi pubblici; -2. Procedura d'infrazione e libera circolazione dei capitali; -3. Le conclusioni dell'Avvocato generale Kokott e la giurisprudenza comunitaria; -4. Conclusioni. 1. Le resistenze opposte dagli Stati membri alla liberalizzazione nei servizi pubblici L�instaurazione del mercato interno prefigurata dall�Atto Unico Europeo ha comportato ampi interventi di liberalizzazione nei settori dei servizi pubblici; tale processo � stato tuttavia ostacolato da difficolt� che sembrano trovare riflesso nell�originaria ambiguit� della nozione stessa di servizio pubblico (1), essendo quest�ultima riferibile sia alla natura pubblica del soggetto gestore, sia alla natura degli interessi perseguiti: al riguardo la Comunicazione della (*) Avvocato cassazionista, docente in Diritto dell�unione europea ed internazione - Universit� della Tuscia. (1) Cfr. anche la Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. PERFETTI, Servizi di interesse economico generale e pubblici servizi, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2001, pag 482 ss. MUNARI, La disciplina dei servizi essenziali tra diritto comunitario, prerogative degli Stati membri e interesse generale, in Il Diritto dell�Unione Europea, 2002, pag. 67. TIZZANO, Trattati dell�Unione europea e della Comunit� europea, ed. Giuffr�, 2004, art. 86 ss. GERARDO MARCOU, I servizi pubblici tra regolazione e liberalizzazione: l�esperienza francese, inglese, e tedesca, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2000, pp. 125 ss. 98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Commissione del 20 settembre 2000 relativa ai servizi di interesse generale fornisce un contributo chiarificatore riferendo la locuzione servizio pubblico agli obblighi che il regolatore pubblico pu� imporre ai soggetti erogatori del servizio e consistenti in prestazioni che tali soggetti non sceglierebbero di fornire orientando la propria scelta in termini di convenienza imprenditoriale; la Commissione distingue inoltre tra pubblico servizio e settore pubblico, riferendo il primo alla natura dell�attivit� svolta ed il secondo allo statuto giuridico dei soggetti che lo compongono. Tutto ci� richiama la problematica del rapporto tra liberalizzazione e regime della propriet�, tra apertura del mercato e privatizzazione: quest�ultima, da taluno considerata necessaria a garantire il perdurare di effettive condizioni di concorrenza, resta in effetti una mera facolt� degli Stati membri, stante il principio di neutralit� sancito dall�art. 295 TCE (2) . Con riguardo al primo ordine di questioni, � opportuno considerare la contro-spinta opposta a fronte dell�azione comunitaria volta all�instaurazione del mercato interno e fondata sul diritto degli Stati membri di incaricare determinate imprese della gestione di servizi di interesse economico generale, tra l�altro con la possibilit� di una deroga alle regole di concorrenza in base al par. 2 dell�art. 86 TCE (3). Parallelamente l�attenzione della Commissione si � concentrata sulla liberalizzazione dei mercati dei servizi pubblici e sul corretto svolgimento dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, oltre che sul rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese possedute o controllate dai pubblici poteri e di quelle recentemente privatizzate. Va detto che nemmeno la prospettiva liberalizzatrice consente di comporre la tensione tra i livelli comunitario e nazionale, quantomeno laddove garantisce agli Stati membri il diritto di configurare il servizio con caratteri di universalit� e, correlativamente, il potere di riservare ad un monopolista nazionale il segmento del servizio stesso che costituisca un monopolio naturale. Le resistenze all�apertura dei mercati nei settori in questione si sono manifestate in almeno due direzioni: l�applicabilit� delle regole di concorrenza ai ser- (2) VERHOEVEN, Privatisation and EC law: Is the European commission neutral with respect to public versus private ownership of companies?, in The international and comparative law quarterly, 1996, pp. 862. DEVROE, Privatizations and community law: neutrality versus policy, in Common market law review, 1997, pp. 268 ss. (3) Cfr. dalla Corte di giustizia la sentenza n. 188-190/80, Francia, Italia e Regno Unito c. Commissione, �Trasparenza� del 6 luglio 1982. Mentre le imprese private decidono in modo autonomo nei limiti fissati dalle leggi, le proprie strategie industriali nell�ottica del profitto, le imprese pubbliche sono soggette all�influenza delle pubbliche autorit� che possono condizionarne le decisioni per scopi di interesse generale. Ai sensi dell�art. 2 della Direttiva 80/723/CEE della Commissione del 25 giugno 1980 relativamente alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e come modificata dalla Direttiva 2000/52/CE � impresa pubblica: �ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare direttamente o indirettamente un�influenza dominante per ragioni di propriet�, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina (�)�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 vizi pubblici e l�estensione ai relativi settori delle libert� di circolazione dei capitali e di stabilimento. Nel primo senso si � assistito all�acuirsi del conflitto tra la logica della concorrenza e quella dei pubblici servizi, in conseguenza dell�instaurazione del mercato interno ed a causa delle differenti concezioni circa il ruolo dello Stato e lo scopo dei servizi pubblici sviluppate dagli Stati membri: il risultato � stato il riconoscimento, da parte del diritto comunitario derivato e della giurisprudenza della Corte di giustizia, della possibilit� di giustificare regole particolari per i servizi pubblici, derogatorie rispetto alle regole della concorrenza o atte ad assicurare un livello specifico del servizio. Sintomatiche della particolare cautela in materia le posizioni espresse dalla Corte di giustizia in alcune pronunce concernenti presunti diritti esclusivi riconosciuti da taluni Stati membri a enti o societ� operanti nel settore dell�energia: precisando quanto stabilito dalla giurisprudenza Corbeau (4) ed Almelo (5) - secondo la quale le eccezioni alla concorrenza per le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale sono giustificate dalla necessit� di condurre l�impresa in condizioni economicamente accettabili, tenuto conto degli obblighi di interesse generale - la Corte ha escluso la necessit�, per tale giustificazione, di una minaccia alla sopravvivenza dell�impresa. Per quanto invece concerne specificamente il profilo degli ostacoli alla circolazione dei capitali, la stessa Commissione, nella Comunicazione del 19 luglio del 1997 relativa a taluni aspetti giuridici attinenti agli investimenti intracomunitari, ha ritenuto che non potessero negarsi le preoccupazioni che potevano giustificare la conservazione di una certa influenza da parte degli Stati membri sulle imprese privatizzate operanti nei settori dei servizi di interesse generale (6) o strategico: tale documento della Commissione (4) CGCE, 23 ottobre 1997, Commissione c. Paesi Bassi, causa C-157/94, Commissione c. Italia, C-158/94, Commissione c. Francia, C-159/94 e Commissione c. Spagna, causa 160/97. (5) 19 maggio 93, causa C-320/91; si veda al riguardo anche alle pagg. 64 e 67. (6) � lineare il confine tra servizi di natura economica e servizi di natura non economica a causa della presenza o dall�assenza dell�offerta di beni e servizi su un dato mercato secondo la Corte di giustizia con la sentenza n. C-159/91 e C-160/91 del 17 febbraio 1993 che si � concentrata su: �(�) ogni attivit� che implica l�offerta di beni e servizi su un dato mercato � un attivit� economica (�)�. I servizi non economici di interesse generale sembrano idonei a caratterizzare almeno quanto quelli economici, il modello europeo di societ�. Va sottolineato che: a) la loro individuazione � rimessa agli Stati membri; b) nell�identificarli gli Stati membri tracciano il confine, sottile e mutevole, rispetto ai servizi economici; c) allo stato attuale, i servizi non economici di interesse generale rimangono al di fuori dell�ambito di applicazione del diritto comunitario, primario e derivato. Per completezza ricordiamo l�art. III-6 del progetto del Trattato costituzionale che ha evidenziato: �Fatti salvi gli articoli III-55, III-56 e III-136 in considerazione dell�importanza dei servizi di interesse economico generale in quanto servizi ai quali tutti nell�Unione attribuiscono un valore e del ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l�Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell�ambito del campo di applicazione della costituzione, provvedono affinch� tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, segnatamente economiche e finanziarie che consentano di assolvere i rispettivi compiti (�)�. Cfr. ARGENTATI, Diritti speciali ed esclusivi e regole comunitarie di concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, 2002, pp. 394 ss. BASSI, I servizi pubblici comunitari: la loro recente comparsa, i loro primi sviluppi, 100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 � stato richiamato dalla giurisprudenza �golden share" (7) al fine di ricostruire la distinzione tra provvedimenti a carattere restrittivo degli investimenti intracomunitari e discriminatori - da ritenersi incompatibili con gli artt. 73 B e 52 (oggi 56 (8) e 43) del Trattato - e provvedimenti applicabili ai cittadini nazionali ed ai cittadini di altro Stato membro, ammissibili se giustificabili in base a motivi imperativi di interesse generale e fondati su criteri obiettivi, stabili e resi pubblici (9). L�istituto della golden share, dedicato alla liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale, � volto ad attribuire agli Stati, nelle imprese di recente privatizzazione, poteri speciali con riguardo alle decisioni pi� significative nella gestione di tali imprese e delle infrastrutture necessarie all�erogazione dei servizi di interesse generale; la Corte di giustizia ha, con una sola eccezione, dichiarato l�incompatibilit� di tali discipline nazionali con la libert� di circolazione dei capitali (10) . Un diverso profilo di incompatibilit� con la libert� fondamentale sancita dall�art. 56 TCE � stato riscontrato dalla giurisprudenza comunitaria (11) nella possibilit� di prevedere limiti all�acquisizione di partecipazioni in imprese nazionali da parte di operatori stranieri, possibilit� pertanto subito preclusa dalla Corte di giustizia. in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2006, pp. 70 ss. DE FALCO, Il servizio pubblico fra ordinamento comunitario e diritti interni, ed. Cedam, 2003. IANNELLO, Poteri pubblici e servizi privatizzati. L�idea di servizio pubblico nella nuova disciplina interna e comunitaria, ed. Giappichelli, 2005. MARCOU, I servizi pubblici tra regolazione e liberalizzazione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2000, pp. 126 ss. RANGONE, I servizi pubblici nell�ordinamento comunitario, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, pp. 434 ss. VARONE, Servizi pubblici locali e concorrenza, ed. Giappichelli, 2004. VILLATA, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, ed. Giuffr�, 2006. (7) Cfr. la sentenza della Corte di giustizia Commissione c. Francia C-483/99 e Commissione c. Belgio, C-503/99 del 4 giugno 2002 e Commissione c. Spagna, C-98/01 del 13 maggio 2003. Si tratta di sentenze che la Corte di giustizia si � pronunciata sulla contabilit� con il diritto comunitario delle golden shares che attribuiscono diritti speciali allo Stato in imprese recentemente privatizzate. La Corte ha affermato un�impresa privatizzata operante nei settori dei servizi di interesse generale o strategico in quanto devono rispettare le norme in materia di libera circolazione dei capitali e di libert� di stabilimento. Cfr. FERRARI, La golden share nella governance delle imprese locali di servizio, in Diritto pubblico delle Comunit� europee, 2008, pp. 884 ss. BALLARINO, BELLODI, La Golden share nel diritto comunitario. A proposito delle recenti sentenze della Corte comunitaria, in Rivista societaria, 2004, pp. 2 ss. PADROS REIG, La transformaci�n del regime jur�dico de la acci�n de oro en la jurisprudencia comunitaria europea, Madrid, 2007. (8) La lacunosit� dell�art. 56 riguarda la definizione di �restrizione�, limitandosi la disposizione in esame a vietarle tutte, senza prevedere differenze di trattamento tra misure distintamente o indistintamente applicabili e misure che riguardino l�importazione o l�esportazione, tanto verso Stati membri che verso Stati terzi. Cfr. anche la sentenza n. 157/85 Brugnoni e Ruffinengo, del 24 giugno 1986. (9) Sentenza 27 aprile 1994, causa C-392/92. cfr. SOTTILI, Il mercato dell�energia elettrica nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Il Diritto dell�Unione Europea, 1998, pp. 927 ss. (10) Fanno riferimento ad essa le sentenze rese nelle cause: Commissione c. Portogallo, C-367/98, Commissione c. Francia, C-483/99, Commissione c. Regno del Belgio, C-503/99 e Commissione c. Spagna, C-463/00. (11) Sentenza del 4 giugno 2002, Commissione c. Regno del Belgio, causa C-503/99. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 Quest�ultima ha esaminato, fra l�altro, la compatibilit� con l�art. 56 TCE della normativa nazionale portoghese (12) che consentiva la limitazione quantitativa delle azioni acquisibili da societ� straniere, con la possibilit�, per il caso di violazione di tali previsioni, di imporre la vendita forzata delle azioni eccedenti i limiti fissati, la perdita del diritto di voto o la nullit� delle acquisizioni. A tal riguardo, la Corte ha ravvisato una disparit� di trattamento per i cittadini di altri Stati membri, dalla quale ha fatto discendere la violazione della libert� di circolazione dei capitali. Il divieto generale di discriminazioni fondate sulla nazionalit� � sancito dall�art. 12 TCE (13): principio fondamentale del diritto comunitario, riaffermato da norme particolari del Trattato, specialmente in tema di libert� di circolazione, ha svolto un ruolo di grande rilievo nella realizzazione del mercato comune, contrastando la tendenza degli Stati all�adozione di politiche protezionistiche. La riserva espressamente prevista dalla norma lo rende applicabile solo in mancanza di disposizioni specificamente intese a vietare trattamenti discriminatori e limitatamente al �campo di applicazione del Trattato� (14), vale a dire situazioni ratione materiae o ratione personae collegate al diritto comunitario, quali, ad esempio, norme nazionali sullo svolgimento del processo, in quanto strumentali alla tutela giurisdizionale delle libert� fondamentali. Titolari del diritto sono i cittadini comunitari: sia le persone fisiche, sia le persone giuridiche. Peraltro, anche in presenza di disposizioni specifiche, l�art. 12 viene invocato per rafforzare soluzioni ad esse conseguenti o come fondamento dell�interpretazione restrittiva delle eccezioni previste da norme speciali - ad esempio quella relativa alle attivit� che partecipano all�esercizio dei pubblici poteri di cui all�art 45 - o, ancora, per estendere il principio da esso previsto a tutti i suoi aspetti di esercizio entro un determinato settore; ne consegue che il contrasto con una disposizione specifica determina a sua volta l�incompatibilit� con l�art. 12 (15). Il principio di parit� di trattamento si applica nei confronti di atti o comportamenti anche indirettamente riconducibili alla pubblica autorit� di uno Stato membro, pratiche discriminatorie da parte di soggetti privati titolari di posizioni di monopolio, atti o comportamenti discriminatori della Comunit�. Il divieto in esame impone agli Stati membri di non rifiutare ad un cittadino di altro paese comunitario i diritti garantiti ai propri cittadini. Per contro il di- (12) Causa C-367/98, Commissione c. Repubblica portoghese. (13) BESSON, LՏgalit� de traitement entre paiculiers en droit communautaire in Werro (ed.), �europ�anisation du droit priv�, Fribourg, 1998, pp. 58 ss. TRIDIMAS, The general principles of EC law, Oxford University press, Oxford, 1999, pp. 78 ss. (14) POCAR, Commentario breve ai trattati della Comunit� e dell�Unione europea, Padova, Cedam, 2001, art. 12 TCE. (15) CG 2 febbraio 1989, 186/87, Cowan. 102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 vieto di trattare situazioni analoghe in modo diverso incontra il limite di obiettive giustificazioni: la giurisprudenza comunitaria esclude tuttavia che queste ultime sussistano a fronte, ad esempio, dell�esigenza di garantire la solidariet� nazionale. Si ritiene inoltre che non possano ammettersi limitazioni dovute a motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanit� pubblica, bench� tale posizione non sia universalmente condivisa (16). La discriminazione vietata consiste inoltre nel trattamento identico di situazioni diverse; il divieto si estende pure alle discriminazioni dissimulate e indirette, da intendersi come quelle che, pur fondate su criteri diversi dalla nazionalit�, pervengano al medesimo risultato: ne � un esempio la residenza, sia qualora tale requisito sia previsto per i soli stranieri, sia quando sia previsto anche per i cittadini nazionali, data la maggiore probabilit� che gli stranieri risiedano altrove. Espressione specifica del principio di eguaglianza, dunque del divieto di disparit� di trattamento non obiettivamente giustificate, il divieto di cui all�art. 12 non colpisce le discriminazioni formali, cio� le situazioni solo apparentemente discriminatorie: occorre invece verificare la sussistenza di una discriminazione materiale, esaminando gli effetti di una disposizione. Il divieto di discriminazione in base alla nazionalit� non impedisce infine le discriminazioni a rovescio, sussistenti laddove ai cittadini di uno Stato membro venga imposto un trattamento pi� intensamente pregiudizievole rispetto a quello garantito a cittadini di altri paesi membri, per effetto di una norma interna meno favorevole: una situazione puramente interna � riscontrabile nei casi in cui un soggetto non si avvalga di diritti e libert� garantiti dal Trattato e nelle situazioni prive di collegamento con quelle oggetto di disciplina comunitaria. Tale discriminazione consegue all�assenza di discipline comunitarie di armonizzazione, come anche pu� intervenire qualora, pur in presenza di una norma comunitaria, il legislatore nazionale goda di un margine di discrezionalit�. 2. Procedura d'infrazione e libera circolazione dei capitali Ritenendo incompatibili le disposizioni italiane con il divieto, di cui all�art. 56 TCE, di ogni restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri e fra questi e paesi terzi, la Commissione, secondo quanto previsto dall�art. 226 TCE, avvia una procedura d�infrazione nei confronti della Repubblica italiana. (16) Commissione c. Repubblica italiana, C-174/04, ricorso per inadempimento da parte dell�Italia degli obblighi ad essa incombenti in base all�art. 56 TCE. TRIMARCHI BANFI, Considerazioni sui �nuovi� servizi pubblici, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2002, pp. 945 ss. GOBBATO, Golden share ed approccio uniforme in materia di capitali nella recente giurisprudenza comunitaria, in Il Diritto dell�Unione Europea, 2004, pp. 437 ss. CARTEI, I servizi di interesse economico generale tra riflusso dogmatico e regole di mercato, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario 2005, pp. 1226 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 Con lettera di costituzione in mora del 23 ottobre 2002, la Commissione precisa che il contrasto con l�art. 56 TCE dipende dal fatto che la sospensione dei diritti di voto avrebbe come conseguenza di rendere meno attraente l�investimento di capitali nelle societ� riguardo alle quali � prevista; la Commissione invita pertanto il Governo italiano a presentare osservazioni in proposito. La messa in mora costituisce l�avvio di una fase di contraddittorio stragiudiziale volta a portare a conoscenza dello Stato membro il comportamento ad esso imputato e le norme comunitarie ritenute violate, non lasciando sussistere dubbi sulla natura della procedura; stimola inoltre il contraddittorio invitando lo Stato stesso a presentare le proprie osservazioni, entro il termine stabilito in essa; costituisce infine condizione di forma sostanziale, i cui vizi producono l�irregolarit� del successivo, eventuale, parere motivato, dando luogo all�irricevibilit� del ricorso alla Corte di giustizia per violazione del principio del contraddittorio. Con nota del 12 marzo 2003 il Governo italiano ammette la restrizione alla libera circolazione dei capitali, giustificandola come l�unico strumento idoneo a tutelare la concorrenza. Non convinta dalle osservazioni del Governo italiano, la Commissione, con parere motivato dell�11 luglio 2003, impone alla Repubblica italiana di rimuovere l�inadempimento. Nella procedura d�infrazione, il parere motivato precisa il punto di vista della Commissione, attraverso la coerente esposizione delle Ragioni che hanno indotto la Commissione a ravvisare l�inadempimento contestato allo Stato; l�obbligo di motivazione assicura al destinatario del parere la possibilit� di difendersi e rende possibile il sindacato della Corte di giustizia; costituisce elemento sostanziale della procedura: la sua mancanza comporta l�irricevibilit� del ricorso alla Corte. Non avendo il Governo italiano reagito nel termine di due mesi stabilito dalla Commissione, quest�ultima propone ricorso chiedendo alla Corte di: dichiarare l�incompatibilit� della disposizione di cui al decreto-legge 192/2001 con l�art. 56 TCE; condannare l�Italia al pagamento delle spese processuali. Nel suo ricorso alla Corte di giustizia, la Commissione sostiene l�incompatibilit� della disposizione italiana controversa con l�art 56 TCE, rilevando come la sospensione del diritto di voto, privando il titolare della partecipazione azionaria della possibilit� di esercitare sull�impresa un�influenza corrispondente alle proporzioni della sua partecipazione, renda meno interessante l�investimento di capitali nelle societ� dei settori dell�energia elettrica e del gas: richiamando la giurisprudenza della Corte sulla golden share, la Commissione afferma che il decreto-legge 192/2001 introduce una normativa tale da dissuadere imprese pubbliche di altri Stati dall�acquisizione di partecipazioni negli operatori dei settori gi� menzionati; sarebbe inoltre irrilevante l�argomento del Governo italiano, secondo il quale il decreto-legge 192/2001 non introduce un trattamento discriminatorio: l�art. 56 TCE non distingue tra misure discriminatorie e non discriminatorie. 104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La giurisprudenza golden share, in effetti, consolidando il cd. �approccio uniforme� all�accertamento delle restrizioni alle quattro libert� di circolazione, consente di qualificare come ostacoli alla libert� di circolazione dei capitali non solo le misure discriminatorie, ma anche quelle indistintamente applicabili, purch� non giustificate da motivi previsti dal Trattato CE o da esigenze imperative. La sospensione del diritto di voto, essendo quest�ultimo connesso alle partecipazioni azionarie, violerebbe la libera circolazione dei capitali dovendosi ricondurre alla nozione di movimenti di capitali - come ricostruita in base alla nomenclatura allegata alla Direttiva 88/361/CEE per l�attuazione dell�art. 67 (17) del Trattato CE - l�investimento diretto transfrontaliero e, conseguentemente, la partecipazione effettiva al controllo e alla gestione di una societ�. La Corte di Giustizia � tornata ad occuparsi di golden share, per ribadire il consolidato orientamento dell'incompatibilit� di tale istituto con le norme comunitarie a tutela della libert� di circolazione dei capitali e di stabilimento. L'occasione (sentenza del 28 settembre 2006, cause riunite C-282/04 e C-283/04) � venuta dalla partecipazione del Governo olandese nelle due societ� risultanti dalla privatizzazione dell'azienda di Stato responsabile per posta, telegrafi e telefonia (Koninklijke Ptt). Le actions sp�cifiques in esame attribuiscono al Governo olandese speciali diritti di approvazione preventiva delle decisioni degli organi societari su molteplici aspetti, tra i quali emissione di azioni, riscatto delle golden share, fusione, scissione e scioglimento delle societ�, nonch� diritti di voto connessi alle azioni detenute, limitazione o soppressione del diritto d'opzione dei possessori di azioni ordinarie. Nonostante un accordo nel quale lo Stato olandese si � impegnato a utilizzare la golden share solo se necessario a tutelare i propri interessi di azionista rilevante e la garanzia del servizio postale universale, la Corte di giustizia ha considerato questi speciali diritti statutari contrari agli articoli 43 e 56 del Trattato. La previsione di un'approvazione preventiva statale per decisioni di rilevante importanza conferiscono un�influenza ingiustificata sulla gestione delle due societ�, superiore a quella spettante per la sua partecipazione ordinaria. Ci� si traduce in un�influenza negativa sugli investimenti diretti degli azionisti, oltre che in un effetto dissuasivo per gli investimenti stranieri. Queste golden share, dunque, non avrebbero, come sostenuto dal Governo olandese, riflessi aleatori e indiretti, ma porterebbero a restrizioni alla libera circolazione dei capitali e alla libert� di stabilimento. La Corte di giustizia ha condannato la Germania con la causa: C-112/05 del 23 ottobre 2007, bocciando la legge speciale tedesca che dal 1960 aveva conferito allo Stato di Bassa Sassonia una golden share nel pacchetto azionario di Volkswagen, allo scopo di proteggere la societ� dalle scalate. I giudici co- (17) POCAR, La comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una �European conflict of laws revolution�?, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2000, pp. 874 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 munitari hanno ritenuto che la legge del 1960 violi i principi del mercato unico, poich� conferisce diritti particolari ai poteri pubblici nella misura in cui si proibisce ad ogni azionista di detenere pi� del 20% dei diritti di voto, anche se l�azionista statale possiede una parte di capitale superiore a tale percentuale. Tale dispositivo ha permesso al Land tedesco, il solo grande azionista Volkswagen, di difendere il gruppo da scalate indesiderate. Infatti, la percentuale di azioni Volkswagen detenuto dallo Stato di Bassa Sassonia (il 20%), aveva un peso proporzionalmente maggiore in termini di diritti di voto. Inoltre, a chiunque altro era stato vietato di acquisire altrettanta parte del pacchetto azionario o altrettanti diritti di veto. Il Governo italiano considera anzitutto come il differente grado di recepimento negli ordinamenti nazionali delle Direttive di liberalizzazione dei settori dell�energia elettrica e del gas, rispettivamente 96/92 e 98/30, dunque la diseguale liberalizzazione dei mercati nazionali dell�elettricit� e del gas - situazione ammessa dalla stessa Commissione nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo 13 marzo 2001 sul completamento del mercato interno dell�energia - potrebbe consentire l�estensione di monopoli pubblici ai mercati liberalizzati. In tali circostanze gli Stati dovrebbero garantire la liberalizzazione agendo secondo il principio di sussidiariet�. Al riguardo sono citate disposizioni della direttiva 96/92 che: attribuiscono agli Stati membri il compito di far s�, secondo il principio di sussidiariet�, che la gestione delle imprese elettriche avvenga nel rispetto dei principi posti dalla Direttiva e in vista di un mercato concorrenziale (art. 3, n. 1); prevedono una clausola di reciprocit� (art. 19, n. 5); obbligano gli Stati membri ad instaurare meccanismi che, tenendo conto delle disposizioni del Trattato (in particolare dell�art. 56) impediscano abusi di posizione dominante e qualsiasi comportamento predatorio (art. 22). Il principio richiamato dal Governo italiano � stabilito dall�art. 5 TCE, con riguardo agli ambiti non appartenenti alla competenza esclusiva della Comunit�. Secondo un orientamento dottrinale, tale principio costituirebbe risultato e premessa dell�allargamento dell�azione comunitaria in tutti i settori strumentali allo sviluppo della Comunit�; a tale lettura positiva se ne contrappone altra negativa che ne fa discendere il primato dell�azione degli Stati membri rispetto a quella della Comunit�. � significativo che la sua enunciazione segua quella del principio di attribuzione: il principio in esame integra quest�ultimo in materia di competenze concorrenti, laddove l�intervento della Comunit� � concepito in termini negativi e vincolato alle condizioni della maggiore efficacia di esso, nella dimensione e negli effetti, rispetto all�azione statale e della insufficiente realizzabilit� dei suoi obiettivi da parte degli Stati membri. In altri termini, la fase dinamica concernente le modalit� di esercizio delle competenze comunitarie � retta dal principio di sussidiariet�, mentre nella fase statica di determinazione di tali competenze interviene il principio di attribu- 106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 zione. In conseguenza dell�introduzione del principio di sussidiariet�, la dottrina ha elaborato la teoria dell�abilitazione, secondo la quale l�esercizio della competenza comunitaria richiede in ogni caso una sorta di consenso da parte degli Stati membri. Il principio di sussidiariet� implica l�agire secondo buon senso, facendo solo ci� che pu� essere realizzato meglio al livello considerato: la scelta di quest�ultimo, come la definizione della portata e del contenuto dell�azione devono essere compiuti in base al test dell�efficacia comparativa, valutando la dimensione dell�azione, il contrasto dell�eventuale inerzia della Comunit� con i principi del Trattato o del mercato interno, il pregiudizio derivante agli Stati membri da tale inerzia, la certezza degli evidenti vantaggi conseguibili attraverso l�azione della Comunit�: deve risultarne un valore aggiunto dell�azione comunitaria rispetto a quella nazionale, per la maggior capacit� della prima di conseguire i risultati con il minor sforzo. Il principio in parola, fra quelli fondamentali dell�Unione europea, non pu� peraltro pregiudicare l�integrazione, n� prevalere su altri principi. Il Protocollo n. 30 allegato al Trattato di Amsterdam prevede la competenza delle Istituzioni comunitarie laddove risulti la necessit� della loro azione, essendo stata verificata l�impossibilit� degli Stati membri, agendo uti singuli, di ottenere risultati sufficienti; inoltre deve accertarsi che l�azione delle istituzioni comunitarie sia adeguata e non ridondante rispetto allo scopo che esse si prefiggono; sono inoltre indicati dei principi guida - concernenti ad esempio la dimensione transnazionale del problema o la necessit� di correggere distorsioni della concorrenza - che consentono di provare oltre il ragionevole dubbio opportunit� e congruenza dell�azione comunitaria. Poich� il principio di sussidiariet� costituisce regola superiore per i rapporti fra Comunit� e Stati membri, esso pu� essere invocato per valutare la legittimit� di un atto comunitario, in base ai criteri forniti dagli atti che hanno previsto la c.d. procedimentalizzazione del principio in parola; d�altronde l�atteggiamento prudente della Corte l�ha indotta ad una certa aderenza ad orientamenti maggiormente consolidati. Non manca tuttavia di osservarsi, nella giurisprudenza comunitaria, un favor nationis che, pur senza menzionarla esplicitamente, connota la sussidiariet� quale strumento di tutela delle specificit� nazionali; anche nei settori di competenza esclusiva, tale indirizzo giurisprudenziale ha determinato il restringimento delle competenze comunitarie: nella sentenza Keck e Mithouard, la Corte ha stabilito l�inapplicabilit� dell�art. 28 TCE alle misure concernenti le modalit� di vendita indistintamente applicabili a tutti gli operatori e a tutte le merci. Con riguardo al settore delle public utilities peraltro, se da un lato il principio di sussidiariet� verticale ha fondato istanze di limitazione dell�intervento comunitario a vantaggio degli ordinamenti nazionali - anche in con- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 107 siderazione dell�art. 16 TCE (18), secondo il quale, Comunit� e Stati membri provvedono al funzionamento dei servizi di interesse economico generale secondo le rispettive competenze - dall�altro ha ricevuto un�applicazione tale da accomunarlo pi� al principio di leale cooperazione che ad un criterio di riparto delle competenze: hanno militato in tal senso la sottoposizione al controllo della Commissione - e secondo una valutazione orientata al rispetto di criteri di mercato - dell�applicazione della deroga di cui all�art. 86 par. 2 TCE, l�estendersi della competenza a materie fortemente limitative della potest� degli Stati membri nell�ambito in considerazione - in ordine, ad esempio, alle libert� fondamentali, alla concorrenza ed alle reti trans europee - e soprattutto la prevalenza delle ragioni e necessit� del mercato interno sulla libert� degli Stati; in tal modo la prevalenza del diritto comunitario sulle norme nazionali ha finito col trasformare il principio di sussidiariet�, da baluardo dell�autonomia degli ordinamenti nazionali, in fonte di legittimazione dell�intervento comunitario. Nella causa in esame, la diversit� di regimi cui fa riferimento il Governo italiano dipende anche dalla circostanza che la privatizzazione delle imprese operanti nei settori considerati dalle direttive di liberalizzazione � rimasta una scelta degli Stati membri: ne risultano asimmetrie a cui non sembra, a taluni, sufficiente opporre l�applicazione ex post di regole di tutela della concorrenza, occorrendo invece l�adozione di interventi ex ante di regolazione della struttura dei mercati e degli assetti proprietari dei maggiori operatori. Secondo il Governo italiano la sospensione del diritto di voto consentirebbe di perseguire gli interessi comunitari previsti dalle due Direttive citate garantendo la gestione concorrenziale delle imprese operanti nei settori dell�energia elettrica e del gas. D�altronde sarebbero inapplicabili i criteri delle giurisprudenza relativa alle golden share dato che il caso di specie � opposto a quello di misure miranti a conservare l�influenza dello Stato e ad impedire la liberalizzazione di un mercato, essendo invece in questione l�ammissibilit� di un provvedimento unilaterale adottato a difesa dell�instaurazione di un mercato concorrenziale: la situazione disomogenea risultata dell�azione comunitaria richiederebbe opportuni correttivi a livello nazionale (19). In particolare la restrizione del diritto di voto non inciderebbe necessariamente sulla libera circolazione di capitali: in effetti disposizioni che prevedono la sospensione del diritto di voto sono contenute nel decreto (18) RADICATI DI BROZOLO, La nuova disposizione sui servizi di interesse economico generale, in Il Diritto dell�Unione europea, 1998, pp. 528 ss. ROSS, Article 16 EC and services of general interest: from derogation to obligation?, in European law review, 2000, pp. 30 ss. PERFETTI, Servizi di interesse economico generale e pubblici servizi, in Rivista italiana di diritto pubblico e comunitario, 2001, pp. 480 ss. (19) Presentate il 3 marzo 2005, nella causa in esame, C-174/04. 108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. L�art. 120 del decreto-legge ultimo citato impone, al comma 2, un obbligo di comunicazione avente ad oggetto le partecipazioni superiori al 2% del capitale, rappresentato da azioni con diritto di voto, di societ� quotate; stabilisce poi, al comma 5, la sospensione del diritto di voto per le azioni per le quali � stata omessa la predetta comunicazione: tale disciplina � stata introdotta in attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 maggio 2001, 2001/34/CE, riguardante l�ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l�informazione da pubblicare su di essi. Da ultimo si rileva come la disciplina italiana debba applicarsi solo fino alla realizzazione di un mercato pienamente liberalizzato nei settori dell�energia elettrica e del gas e come essa introduca misure strettamente necessarie e proporzionali, dal momento che la quotazione in borsa dell�impresa acquirente la partecipazione sarebbe sufficiente ad escluderne l�applicabilit�. Sarebbero dunque rispettate le condizioni di legittimit� di misure nazionali derogatorie alla libert� di circolazione dei capitali: necessit� ai fini della tutela di un interesse generale, proporzionalit� rispetto all�obiettivo perseguito ed agli effetti che ne derivano in relazione a quanto necessario per la tutela degli interessi che esse mirano a perseguire; bench� a tale ultimo riguardo occorra considerare la profondit� e l�estensione del sindacato di proporzionalit� della Corte di giustizia, posto che esso pu� ritenersi volto alla ricerca di una �soluzione che consenta di raggiungere l�obiettivo perseguito dalle autorit� nazionali in modo da incidere nella misura minore possibile sulle libert� comunitarie�(20). La Commissione invece, mentre esclude la competenza degli Stati membri ad adottare misure unilaterali in contrasto con le libert� fondamentali, ancorch� volte a contrastare squilibri nella realizzazione del mercato interno, ribadisce la propria a vegliare sulla corretta applicazione del diritto comunitario della concorrenza e circa la reazione a eventuali violazioni: misure unilaterali degli Stati membri introdurrebbero ulteriori inaccettabili distorsioni nel mercato comunitario. La ricorrente fa inoltre rilevare come la Repubblica italiana non abbia indicato motivi imperativi di sicurezza dell�approvvigionamento a giustificazione della normativa controversa. Quanto alle Direttive sul mercato interno, esse non riguardano l�acquisto di partecipazioni in societ� operanti nei settori dell�energia elettrica e del gas, dunque il governo italiano non pu� far valere la realizzazione di scopi da esse previsti. Infine da un lato le nuove Direttive sul mercato interno 2003/54 e 2003/55 hanno reagito alle disparit� denunciate del Governo ita- (20) Conclusioni presentate dall�avvocato generale Cosmas nella causa C-423/98, citate da TIZZANO, op. cit., pag. 429. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 109 liano, dall�altro spetta alla Commissione intervenire per reprimere violazioni alla concorrenza (21). 3. Le conclusioni dell'Avvocato generale Kokott e la giurisprudenza comunitaria Le conclusioni dell�Avvocato generale svolgono un ruolo di notevole importanza nella giurisprudenza comunitaria: come affermato dalla Corte di giustizia, queste ultime costituiscono l�atto conclusivo della fase orale, ponendosi pertanto al di fuori del dibattimento e aprendo la fase della deliberazione della Corte. Quanto all�effetto delle conclusioni sulla soluzione della controversia, esse non danno luogo a giudicato, non costituiscono titolo esecutivo, non sono vincolanti per la decisione della Corte. Nelle conclusioni, successivamente all�esposizione degli argomenti e delle osservazioni delle parti, � svolta una disamina dei testi normativi e della giurisprudenza della Corte al fine di rintracciare in quest�ultima l�interpretazione dei primi, ma anche di verificare l�adeguatezza, giuridica come pure sociale o culturale, di un dato orientamento giurisprudenziale, per suggerirne, all�occorrenza, la revisione. Le conclusioni costituiscono dunque un momento di riflessione libera ed autorevole con cui il collegio giudicante dovr� confrontarsi, per accoglierla o prenderne le distanze (22) . Ancora, la Corte ha chiarito che gli Avvocati generali operano il loro ruolo presentando �pubblicamente, con assoluta imparzialit� ed in piena indipendenza, conclusioni motivate� per assistere la Corte nel garantire il rispetto del diritto nell�interpretazione ed applicazione del Trattato: tale posizione di autonomia conferisce notevole autorevolezza alle conclusioni. Inoltre la lettura di esse rende noto il percorso logico-giuridico seguito dal collegio giudicante nella scelta di una soluzione ed agevola la comprensione della motivazione della sentenza, potendo quest�ultima essere sintetica, saltando passaggi logici minori per assicurare maggior coesione alla struttura argomentativa e rinviando, a complemento della motivazione, alle conclusioni, che presentano invece un maggior grado di articolazione ed offrono un�analisi pi� dettagliata degli argomenti proposti nel corso della causa. Infine, costituendo il punto di partenza dell�analisi del collegio, le con- (21) Ordinanza Emesa Sugar, nella causa C-17/98, con cui � stata respinta la richiesta di parte di replicare alle conclusioni dell�Avvocato Generale. (22) IANNONE, L�avvocato generale della Corte di giustizia delle Comunit� europee, in Il Diritto dell�Unione Europea, 2002, pag. 133. SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Diritto del commercio internazionale, 2003, pp. 674 ss. MAZZONI, Privatizzazioni e diritto antitrust: il caso italiano, in Rivista delle societ�, 1996, pp. 48. ROSSI, Privatizzazioni e diritto societario, in Rivista delle societ�, 1994, pp. 385 ss. 110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 clusioni dell�Avvocato generale sono un utile strumento anche nel caso in cui la decisione della Corte ne disattenda le indicazioni, svolgendo una funzione chiarificatrice del dibattito tra i giudici in sede di discussione della causa e fornendo un importante contributo all�evoluzione giurisprudenziale. Nel caso in esame, riferiti gli argomenti delle parti, l�Avvocato generale rileva come la limitazione dell�esercizio del diritto di voto, di cui alla legislazione italiana, rientri nell�ambito di applicazione della libert� di circolazione dei capitali di cui all�art. 56 TCE: in base alla nomenclatura di cui all�allegato I della Direttiva 88/361/CEE, gli investimenti diretti, da intendersi come le partecipazioni che consentono di partecipare alla gestione e al controllo di una societ�, sono movimenti di capitali ai sensi dell�art 56. La possibilit� di ricostruire la nozione di movimenti di capitali in base alla Direttiva citata, implicitamente abrogata dal Trattato di Maastricht ed il valore indicativo della nomenclatura in essa contenuta sono stati riconosciuti dalla Corte nella sentenza Trummer e Mayer. Questa pronuncia ha rilevato come l�art. 73 B (oggi 56) TCE riporti sostanzialmente il contenuto dell�art. 1 della Direttiva 88/361, pertanto la nomenclatura ad essa allegata: �conserva il valore indicativo che le era proprio prima� dell�entrata in vigore degli artt. 73 B e ssgg. (che hanno sostituito gli artt. 69 e 70, in base ai quali � stata adottata la menzionata Direttiva) �per definire la nozione di movimenti di capitali�: un�elencazione che, per previsione espressa, non ha carattere esaustivo. La non tassativit� di tale enumerazione si combina fra l�altro con l�esigenza di fornire un quadro definitorio suscettibile di adattarsi alla progressiva liberalizzazione. Pi� in particolare, quanto alla possibilit� di definire quali movimenti di capitali, ai sensi dell�art. 56 TCE, gli investimenti diretti sotto forma di partecipazione azionaria ad un�impresa, viene in considerazione la sentenza del 4 giugno 2002, Commissione c. Portogallo, causa C-367/98. Secondo la Corte, i punti I e II della nomenclatura di cui all�allegato della direttiva 88/361 e relative note esplicative �indicano che l�investimento diretto sotto forma di partecipazioni ad un�impresa attraverso il possesso di azioni e l�acquisto di titoli sul mercato di capitali costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell�art. 56 (numerazione attuale) TCE�; secondo le note esplicative l�investimento diretto si caratterizza per: �la possibilit� di partecipare effettivamente alla gestione di una societ� ed al suo controllo�. L�Avvocato generale considera inoltre come gli investimenti diretti siano tutelati anche dalla libert� di stabilimento (23) ; non propone tuttavia un�analisi giuridica al riguardo, dato che la domanda della ricorrente � limitata al profilo della violazione della libera circolazione dei capitali. In effetti, nell�ambito delle operazioni di dismissione della titolarit� di imprese pubbliche o di par- (23) CARRIROLO, Norme fiscali e libert� di stabilimento: Nuovi orientamenti della Corte di giustizia UE, in Fiscalit� internazionale, 2009, pp. 30 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 111 tecipazioni in esse, la scelta da parte degli enti pubblici (anche indiretta, come nel caso in commento) di potenziali acquirenti deve conformarsi ai principi di non discriminazione in base alla nazionalit� - sancito dall�art. 12 TCE - di libert� di stabilimento (24) - di cui all�art. 43 TCE - e di libert� di circolazione dei capitali, previsto dall�art. 56 TCE: l�acquisto di partecipazioni azionarie nazionali da parte di soggetti di altri Stati membri costituisce movimento di capitali (25) sia nell�ipotesi della sua realizzazione a fini di investimento finanziario, sia in quella in cui esso sia volto al conseguimento di una partecipazione effettiva alla gestione ed al controllo della societ�, limitandosi il profilo della libert� di stabilimento alla fattispecie dell�acquisizione del controllo della compagine societaria stessa; da ultimo, poich� l�art. 294 TCE, che costituisce applicazione specifica del principio di non discriminazione, impone agli Stati membri l�applicazione della disciplina nazionale alla partecipazione finanziaria dei cittadini comunitari al capitale delle societ�, la stessa creazione di un �nucleo stabile di azionisti di riferimento� (26), pu� censurarsi allorquando, anche in via di fatto, ne siano esclusi investitori stranieri. In particolare un procedimento di dismissione che, favorendo un soggetto, escludesse, a priori o pretestuosamente altri potenziali acquirenti, potrebbe qualificarsi, oltre che eventualmente quale violazione del divieto di discriminazione in base alla nazionalit�, anche come aiuto di Stato, con riguardo all�implicita rinuncia dello Stato privatizzatore al differenziale di prezzo ottenibile con procedimento competitivo. Del pari, � stata ritenuta in s� illecita la previsione di patti di sindacato strumentali ad una privatizzazione, sul rilievo che ad essi conseguirebbe una limitazione della gara concorrenziale; tesi questa, criticata considerando come solo della tutela dei consumatori dei beni o servizi (27) offerti dall�impresa (24) BIZIOLI, Evoluzione del diritto di stabilimento nella giurisprudenza fiscale della Corte di giustizia delle Comunit� europee, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1999, pp. 382 ss. DRURY, Migrating companies, in European law review, 1999, pp. 354 ss. (25) SANTONASTASO, La �saga� della golden share tra libert� di movimento di capitali e libert� di stabilimento, in Giurisprudenza commerciale, 2007, pp. 304 ss. RODIO, Le privatizzazioni in Europa, ed. Cedam, 2003. (26) Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni del 20 novembre 2007 che accompagna la comunicazione: Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo - I servizi di interesse generale, compressi i sevizi sociali di interesse generale: Un nuovo impegno europeo (COM (2007) 725-definitivo). (27) KALDELIS, Freedom of establishment versus freedom to provide services: An evaluation of case-law developments in the area of indistinctly applicable rules, in Legal issues of european integration, 2001, pp. 24 ss. SACERDOTI, VENTURINI, La liberalizzazione multilaterale dei servizi e i suoi riflessi in Italia, ed. Giuffr�, 1997. ANDENAS, ROTH, Services and free movement in EU law, Oxford University press, Oxford, 1999. MASTROIANNI, La libera prestazione dei servizi, in Strozzi (a cura di), Diritto dell�Unione europea, parte speciale, ed. Giappichelli, ultima edizione, pp. 220 ss. DANIELE, Diritto del mercato unico europeo. Cittadinanza, libert� di circolazione, concorrenza, aiuti di Stato, ed. Giuffr�, ultima edizione, pp. 118 ss. 112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 privatizzanda e dei concorrenti di quest�ultima debba preoccuparsi il diritto antitrust, essendo opportuno circoscriverne prudentemente l�ambito di operativit� alla tutela della concorrenza sul mercato industriale, anzich� estenderlo al market for corporate control, essendo di incerta individuazione i soggetti ai quali vietare la partecipazione al patto al solo motivo di un loro preesistente rapporto di concorrenzialit� esclusivamente finanziario. Tornando al caso in esame, l�Avvocato generale precisa quindi che le libert� fondamentali, pur stabilendo obblighi e divieti diretti agli Stati membri, possono essere fatte valere dalle imprese da questi controllate; d�altra parte la controversia concerne misure che impediscono ad una societ� pubblica di esercitare le proprie libert� fondamentali e rispetto alle quali tale impresa si trova in una situazione simile a quella di un�impresa privata. In dottrina si � peraltro parlato - con riguardo alle societ� caratterizzate dalla presenza di prerogative di intervento degli esecutivi degli Stati membri sulla struttura e sulla gestione di esse - di un tertium genus rispetto alle privatizzazioni formale e sostanziale, modello definito societ� sotto influenza pubblica, non potendosi ravvisare in esso l�esito n� di operazioni di trasformazione degli enti pubblici economici in societ� (almeno nel nomen iuris) di diritto privato - c.d. privatizzazione formale - n� della vendita di imprese pubbliche a soggetti privati: i poteri dello Stato di vietare trasferimenti azionari o la riserva ad esso di voti determinanti per la disponibilit� di cespiti aziendali strategici o per decisioni degli organi societari ritenute essenziali per (spesso indefiniti) interessi nazionali - introdotti in ragione della particolarit� costituita dal rilievo strategico di tali imprese - hanno dato luogo a moduli organizzativi resi peculiari dall�affievolimento dei diritti e delle prerogative dei soci a fronte dei detti poteri di intervento di soggetti pubblici. Prima ancora, � stata contestata in dottrina la stessa correttezza della qualificazione come privatizzazione di una operazione limitata al mero mutamento della forma giuridica da ente pubblico di gestione a societ� per azioni: risulta quantomeno ingannevole l�uso del termine privatizzazione per un�operazione il cui senso immediato � quello del ruolo dello Stato-imprenditore; considerazioni, queste, il cui sviluppo induce a ritenere indispensabile l�accompagnarsi della privatizzazione - sostanziale - alla liberalizzazione, evitando che la posizione di privilegio dell�impresa pubblica si converta in privata. Il passaggio al modello dello Stato-regolatore costituisce in effetti una conseguenza della primazia del mercato, a cui l�ordinamento comunitario, affidando ai meccanismi competitivi la realizzazione di un�ampia gamma di benefici - e perfino di obiettivi distributivi e di coesione - ammette solo correttivi: in tale ordine di idee la nozione di servizio di interesse economico generale � parsa a taluno segnare il passaggio dal servizio pubblico - caratterizzato dalla gestione diretta degli interessi della collettivit� - alla produzione normativa esterna al soggetto erogatore del servizio stesso, disciplina improntata al ri- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 113 spetto di principi di neutralit� e parit� tra tutti i soggetti del mercato; corollario di tale impostazione � il carattere sussidiario, rispetto al mercato, della regolazione: legittima solo a fronte della insufficienza del gioco concorrenziale rispetto a specifici obiettivi di interesse generale. Con maggiore intransigenza, si � posto in risalto come la privatizzazione sostanziale implichi la cessione ai privati del controllo della societ�, conservandosi ai poteri pubblici, in caso di alienazione della minoranza delle quote, la gestione ed amministrazione della societ� (28). Ancora, nel caso in commento, le conclusioni evidenziano come limitare la garanzia delle libert� fondamentali alle sole imprese private darebbe indirettamente luogo ad una privatizzazione delle imprese pubbliche, violando di fatto la neutralit� del Trattato CE rispetto al regime di propriet� degli Stati membri di cui all�art. 295 (29). Tale norma denota infatti la volont� di non interferire con i regimi di propriet� dei singoli Stati membri e, per contro, di non escludere la possibilit� di nazionalizzazioni; la sua origine, in particolare la formulazione dell�art. 83 del Trattato CECA, mostra come essa fosse intesa ad assicurare la neutralit� del Trattato rispetto alla propriet� delle imprese, lasciando agli Stati la libert� di determinare il proprio ruolo nell�economia. Pi� in generale essa esprime l�intenzione di evitare ingerenze comunitarie nelle scelte interne delle autorit� nazionali in materia di propriet�, in particolare nei casi di espropriazione o nazionalizzazione. Controversa la nozione di regime di propriet�: l�interpretazione letterale contrappone propriet� pubblica e privata sulla base della natura giuridica del proprietario, l�interpretazione finalistica ed economica include tutti i provvedimenti che consentono allo Stato, intervenendo nel settore pubblico, di contribuire alla configurazione dell�attivit� economica nazionale. D�altronde il principio di neutralit� non ha ostacolato gli interventi di liberalizzazione, n� una certa tendenza, da parte della Comunit�, a favorire indirettamente le privatizzazioni. In effetti, precluso il finanziamento delle imprese della mano pubblica con fondi pubblici, l�alternativa residua � stata il ricorso al capitale privato, ci� che ha imposto di scegliere fra una privatizzazione sostanziale che lasciasse al mercato la determinazione dell�effettiva gestione dell�impresa e la conservazione di paletti alla libert� di gestione da parte dei privati: quest�ultima opzione comporta peraltro la previsione di incentivi al capitale privato per indurlo ad accettare investimenti finanziari in posizione strategicamente subordinata, (28) BONELLI, Il codice delle privatizzazioni nazionali e locali, ed. Giuffr�, 2001, pp. 18 ss. DIVERIO, La libera prestazione dei servizi fra Comunit� europea e OMC, Giuffr�, 2007. (29) VERHOEVEN, Privatisation and EC law: Is the European Commission neutral with respect to public versus private ownership of companies?, op. cit. 114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dunque la garanzia di una redditivit� assicurata da una posizione monopolistica o dominante conservata all�impresa solo formalmente privatizzata; ne consegue il rovesciamento, di fatto, della disciplina sul controllo degli aiuti alle imprese. Inversamente, � stato evidenziato come rilevanti limiti alle scelte degli Stati membri in ordine alla dismissione delle loro partecipazioni nelle imprese siano stati costituiti dalla disciplina comunitaria in tema di concentrazioni e di aiuti di Stato: il criterio dell�investitore in economia di mercato, combinato con il principio di non discriminazione preclude, ad esempio, la possibilit� di determinare modalit� di cessione tali da realizzare ingiustificate situazioni di privilegio per i potenziali acquirenti. Pi� in generale � stato osservato come le privatizzazioni siano state tra gli ambiti pi� direttamente influenzati dal diritto comunitario: il principio di neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� degli Stati membri (30), ancorch� interpretato alla luce del principio di sussidiariet� - che consente l�intervento della Comunit�, in assenza di una sua competenza esclusiva, solo a fronte dell�evidente inadeguatezza degli ordinamenti degli Stati membri rispetto agli obiettivi comunitari - � stato ritenuto applicabile subordinatamente all�osservanza dei principi fondamentali del Trattato e segnatamente della libert� di circolazione dei capitali, del diritto di stabilimento, del principio di non discriminazione tra cittadini comunitari e, soprattutto, delle regole di concorrenza. Proprio la progressiva liberalizzazione della circolazione di capitali e servizi, la vieppi� intransigente applicazione delle regole di concorrenza e l�affermazione dell�incompatibilit� di talune discipline nazionali in materia di monopoli con l�instaurazione del mercato interno, hanno evidentemente stimolato la dismissione di partecipazioni statali nell�economia. Con riferimento al principio di neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� vigenti negli Stati membri, era peraltro stata sostenuta, dall�avvocato generale Colomer, la tesi secondo la quale sarebbe stato giustificato il provvedimento nazionale volto ad impedire l�acquisizione, da parte di un�impresa pubblica di altro Stato membro e detentrice di un monopolio legale sul suo territorio nazionale, della quota di maggioranza di un�impresa recentemente privatizzata. A sostegno di tale tesi, � stata svolta anzitutto una considerazione sulla collocazione sistematica della norma: inclusa tra le disposizioni generali e fi- (30) Cfr. la comunicazione della Commissione del 26 aprile 2006, attuazione del programma comunitario di Lisbona. I servizi sociali d'interesse generale nell'Unione europea (COM(2007) 177). Cfr. anche: CIRENEL, Le societ� di diritto �speciale� tra diritto comunitario delle societ� e diritto comunitario della concorrenza: societ� a partecipazione pubblica, privatizzazioni e �poteri speciali�, in Diritto del commercio internazionale, 1996, pp. 806 ss. CARBONE, Brevi note in tema di privatizzazioni e diritto comunitario, in Diritto del commercio internazionale 1999, pp. 231 ss. MARINI, Golden share e diritto comunitario nelle recenti sentenze della Corte di giustizia, in Diritto del commercio internazionale, 2002, pag. 490. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 115 nali, ha efficacia sull�insieme dei precetti del Trattato CE; si � posta quindi in risalto la perentoriet� della formulazione della norma e l�assenza in essa di qualsivoglia limitazione. Dall�imprecisione giuridica della locuzione �regime di propriet�� � stata poi tratta la conseguenza che essa dovesse esprimere un concetto economico, non giuridico; scartata l�interpretazione sistematica, considerando in un�ottica storica l�espressione �lascia impregiudicato�, evidenziando inoltre la menzione del �diritto di propriet� delle imprese� nella proposta formulata il 9 maggio 1950 dal Ministro degli Affari esteri francese Schumman e nell�art. 83 del Trattato CECA, si � tratta la conclusione che: �la preoccupazione del precetto riguarda la propriet� degli enti che operano nei rapporti economici�. Interpretando teleologicamente il precetto di cui all�art. 295 ed evidenziando come l�intenzione che emergeva dai Trattati istitutivi fosse solo quella di realizzare un�integrazione parziale - limitata all�imposizione agli Stati dei limiti derivanti dalle norme sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato, esclusa la capacit� di incidere nell�economia attraverso la propriet� delle imprese - l�argomentazione in esame � pervenuta alla conclusione che la locuzione �regime di propriet�� non attenesse all�ordinamento civilistico dei rapporti patrimoniali, ma all�insieme delle norme che attribuiscono la titolarit� di un�impresa in senso economico, assicurando al titolare un�influenza sulla determinazione e l�attuazione degli obiettivi economici dell�impresa. Ulteriormente si � precisato come la distinzione fra imprese pubbliche e private, lungi dall�esaurirsi nell�analisi della struttura azionaria, dipendesse dalla possibilit� dello Stato di imporre obiettivi di politica economica differenti da quelli improntati alla logica del profitto; ne � conseguita, da ultimo, la necessit� di estendere il principio di neutralit� ad �ogni provvedimento che, attraverso l�intervento nel settore pubblico, secondo l�accezione economica del termine, permette allo Stato di contribuire alla configurazione dell�attivit� economica nazionale�. Per altro verso occorre considerare come il diritto di propriet�, principio generale del diritto di cui la Corte garantisce l�osservanza qualora atti comunitari incidano su di esso, non costituisca nel diritto comunitario una prerogativa assoluta, dovendo considerarsi nella prospettiva della sua funzione sociale: atti comunitari possono limitarne l�esercizio in conseguenza del perseguimento di obiettivi di interesse generale da parte della Comunit�; tuttavia le restrizioni del diritto in parola da parte del diritto comunitario non devono dare luogo ad interventi inaccettabili e sproporzionati, lesivi nella sostanza del diritto di propriet� (31). Infine, la neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� esistenti (31) CGCE 6 luglio 1982, 188-190/80, Francia, Italia e Regno Unito c. Commissione. 116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 negli Stati membri non implica la parit� di trattamento fra imprese pubbliche e private: non osta all�imposizione alle imprese pubbliche di obblighi di trasparenza finanziaria. Nella causa in esame invece, dal divieto per gli Stati membri, di cui all�art. 86, n. 1 TCE (32) , di emanare o mantenere disposizioni contrarie al Trattato e in particolare alle disposizioni concernenti il principio di non discriminazione in base alla nazionalit� e le regole di concorrenza applicabili alle imprese, l�Avvocato generale Kokott deduce che le imprese pubbliche non possono essere svantaggiate negando loro il riconoscimento delle libert� fondamentali. Quanto alla nozione di restrizione della libera circolazione dei capitali, come emerge dalla giurisprudenza della Corte (33), essa comprende: �ogni provvedimento che renda pi� gravoso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero e sia pertanto tale da distogliere da questo l�investitore�; � a tal riguardo richiamata la nozione di restrizione elaborata dalla Corte con riferimento alla libera circolazione delle merci (34) . Un importante contributo � fornito dalla sentenza Trummer e Mayer in cui � sottoposta ad esame una normativa che allentando �il legame tra il credito da garantire, pagabile nella valuta di un altro Stato membro, e l'ipoteca - il cui valore pu�, a causa di fluttuazioni valutarie successive, divenire inferiore a quello del credito da garantire�- riduce l'efficacia e, pertanto, l'attrattiva dell�ipoteca stessa. Ne consegue che la normativa � �tale da dissuadere gli interessati dal formulare un credito nella valuta di un altro Stato membro� (35), privandoli cos� di una �prerogativa che costituisce una componente della libera circolazione dei capitali e dei pagamenti� (36). In effetti, secondo la giurisprudenza comunitaria, ratio del divieto di cui all�art. 56 TCE � quella di permettere ai cittadini comunitari di beneficiare delle condizioni pi� favorevoli offerte loro negli Stati membri per l�investimento o il collocamento di capitali. La nozione di restrizione ai movimenti di capitali deve inoltre ricavarsi facendo riferimento alla giurisprudenza relativa alla altre libert� di circolazione. (32) LOTTINI, L�art. 86 e il concetto di SIEG come �strumento diretto di liberalizzazione�, �ambito di competenza pubblica� e �ambito di pubblica responsabilit��: La necessit� di un chiarimento, in Giustizia amministrativa, 2007, pp. 720 ss. BERGAMINI, La nozione di servizio di interesse generale nel diritto dell�Unione europea: evoluzione e rapporto con le nozioni nazionali, in Diritto pubblico dell�Unione europea, 2007, pp. 4 ss. DI MAJO, Articolo 86, in Ferrari Bravo, Rizzo (a cura di), Codice dell�Unione europea, (a cura di Rizzo, Di Majo), ed. Giuffr�, 2008, pp. 374 ss. (33) Sentenza 16 marzo 1999, C-222/97, Trummer e Mayer. (34) Conclusioni Avvocato generale Colomer, presentate nelle cause: C-367/98, Commissione c. Portogallo; C-483/99, Commissione c. Francia; C-503/99, Commissione c. Belgio; al riguardo si vedano anche pp. 83 ss. (35) Conclusioni avvocato generale Capotorti nella causa 44/79, Hauer. (36) Sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville; 25-7-1991, C-76/90, S�ger; 30 novembre 1995, C-55/94, Gebhard. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 117 Con riguardo alla libera prestazione di servizi, la sentenza S�ger del 25 luglio 1991, pronunciata nella causa C-76/90, rileva come l�art. 59 (divenuto 49) del Trattato obblighi alla soppressione di qualsiasi restrizione, ancorch� indistintamente applicabile ai prestatori nazionali e a quelli di altri Stati membri, tale da vietare o ostacolare altrimenti le attivit� del prestatore stabilito in un altro Stato membro in cui fornisce legittimamente servizi analoghi. Riferendosi ai provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o scoraggiare l�esercizio delle libert� fondamentali garantite dal Trattato, la sentenza Gebhard, causa C-55/94, fissa quali condizioni di liceit� per tali provvedimenti: l�essere applicati in modo non discriminatorio, l�essere giustificati da motivi imperiosi di interesse pubblico, l�idoneit� a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e il non andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento. La misura di effetto equivalente pu� consistere in un atto normativo, una prassi burocratica, un orientamento giurisprudenziale, pi� in generale in un atto o un comportamento riconducibile ad un�articolazione dello Stato; d�altronde, considerando il combinato disposto degli artt. 28 e 10 del Trattato, potrebbe affermarsi la sussistenza di un obbligo degli Stati membri di adottare le misure necessarie ad impedire che i privati creino ostacoli indebiti alla libera circolazione delle merci. Solamente il carattere eccessivamente aleatorio ed indiretto dell�idoneit� di una misura ad ostacolare la libera circolazione delle merci ha potuto talora comportare l�esclusione del divieto. La formula si inscrive nel solco di una giurisprudenza assai liberale della Corte di giustizia, tanto articolata da apparire pi� episodica che sistematica, essendosi la Corte pronunciata in via pregiudiziale su un�amplissima gamma di problemi. Originariamente limitata alle misure distintamente applicabili - tanto da far ritenere che la discriminazione costituisse un connotato della nozione di restrizione quantitativa - l�applicazione del divieto di cui all�art. 28 � stata cos� estesa dalla giurisprudenza comunitaria alle misure indistintamente applicabili: tra le prime quelle che si applicano al momento o in occasione dell�importazione, in quanto in grado di ostacolare gli scambi transfrontalieri, come la sottoposizione del prodotto straniero ad un controllo non previsto per l�analogo nazionale o la duplicazione di un controllo gi� effettuato nel paese d�origine; tra le seconde, gli ostacoli tecnici che si sostanziano nelle caratteristiche tecniche imposte a determinati prodotti, idonei ad ostacolare la circolazione intracomunitaria a causa del costo aggiuntivo che il produttore straniero deve sopportare per via della disparit� tra le legislazioni nazionali: in assenza di un intervento armonizzatore della Comunit�, ciascuno Stato membro � libero di adottare norme anche divergenti da quelle degli altri; per contro in tale ambito la Corte ha elaborato il principio del mutuo riconoscimento, in base al quale uno Stato membro non pu� negare l�immissione in commercio di una merce 118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 legalmente prodotta e commercializzata nel paese d�origine, insistendo sull�applicazione della propria normativa tecnica laddove quella vigente nello Stato di origine sia equivalente (si badi: non identica o simile) a quella dello Stato d�importazione, salvo in presenza di esigenze imperative e sempre che la misura sia proporzionata al fine da raggiungere e necessaria: dunque l�affermata equivalenza delle legislazioni nazionali relative all�ambito considerato � limitata dal margine di intervento lasciato agli Stati membri per esigenze imperative, quali l�efficacia dei controlli fiscali, la protezione della salute, la lealt� delle transazioni commerciali, la difesa dei consumatori. Ora, poich� le norme contestate alla Repubblica italiana dalla Commissione limitano l�esercizio del diritto di voto, esse rendono il trasferimento meno attraente per il soggetto dotato delle caratteristiche cui � subordinata la loro applicabilit�. Va al riguardo menzionata la posizione, diffusa in dottrina, della necessit�, per lo stesso conseguimento di un�effettiva liberalizzazione dell�attivit� esercitata dall�impresa privatizzanda, al fine di una privatizzazione pro-competitiva dunque, dell�adozione di un modulo societario di diritto comune, sia per attrarre capitali privati, sia per favorire la futura sopravvivenza dell�impresa sul mercato, senza dimenticare come il risanamento del debito pubblico sia dipeso proprio dal successo delle dismissioni; considerazioni queste che hanno indotto a guardare con sospetto i numerosi elementi di specialit� che hanno caratterizzato le operazioni di privatizzazione sostanziale: anzitutto la mancanza della pluralit� di soci fondatori e la costituzione a prescindere da un atto di autonomia nelle societ� derivanti dalla trasformazioni di enti pubblici, le azioni delle quali sono state attribuite, in Itala ad esempio, al Ministero del tesoro, il cui capitale � stato accertato solo successivamente alla costituzione e nelle quali gli adempimenti in ordine a quest�ultima sono stati sostituiti dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Si � dunque avuta, come conseguenza dell�appartenenza allo Stato del fondo di dotazione degli enti trasformati in societ�, una originaria �quiescenza della funzione associativa� (37), da cui � disceso anche il perdurare della soggezione della societ� a discipline altre dal diritto comune delle societ� per azioni: ad esempio, secondo quanto previsto dall�art. 2362 c.c., la responsabilit� illimitata dello Stato per le obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione o, ancora, le disposizioni che regolano l�esercizio del diritto di voto, attribuendone la titolarit� a determinati organi pubblici. L�Avvocato generale Kokott si sofferma poi sull�irrilevanza dell�indistinta applicabilit� della disposizione italiana: la giurisprudenza della Corte ha infatti chiarito come una restrizione, nonostante la sua indifferenziata applicazione a residenti e non residenti, condizioni l�accesso al mercato qualora, incidendo (37) CG 20 febbraio 1979, 120/78, Cassis de Dijon. Cfr. anche: TESAURO, Diritto comunitario, ed. Cedam, 2008, pp. 407 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 119 sulla situazione dell�acquirente della partecipazione in quanto tale, sia idonea a dissuadere investitori di altri Stati poich� tale effetto di rendere pi� gravoso l�accesso al mercato favorisce gli operatori economici gi� presenti su di esso, di norma soggetti nazionali, dando pertanto luogo ad una restrizione indiretta (38). � del resto ormai pacifica la possibilit� di ravvisare violazioni delle libert� fondamentali anche a fronte di previsioni che, formalmente non discriminatorie, provochino nel rispettivo contesto applicativo risultati discriminatori: il principio di parit� di trattamento, specificato dalle disposizioni del Trattato in tema di libert� di circolazione dei capitali e di diritto di stabilimento, preclude anche quelle discriminazioni dissimulate che, attraverso l�adozione di criteri altri da quello di cittadinanza, pervengano al medesimo risultato di quelle palesi; fuori dalla circoscritte possibilit� di compressione delle citate libert� previste dal Trattato, come restrittivamente interpretate dalla giurisprudenza comunitaria, provvedimenti che incidano sull�acquisizione, da parte di stranieri comunitari, di azioni di societ� nazionali rilevano dunque immediatamente sotto il profilo della libert� di circolazione dei capitali e, laddove le dette acquisizioni siano volte al conseguimento del controllo della societ�, del diritto di stabilimento. D�altronde proprio l�ideologia concorrenziale sottesa al diritto comunitario e l�orientamento in tema di monopoli consolidatosi in sede comunitaria, parrebbero suggerire soluzioni concorrenziali per le imprese privatizzate, dunque integralmente rispettose dei principi fondamentali del diritto societario, anche considerando come discipline speciali da un lato tendano a configurare ipotesi distorsive della concorrenza e delle libert� fondamentali del Trattato, dall�altro, introducendo elementi di differenziazione nelle legislazioni societarie, ostacolino gli scambi intracomunitari. Deve inoltre aggiungersi che, nella fattispecie in esame, data l�avvenuta privatizzazione di ENEL ed ENI, le disposizioni contestate dalla Commissione non sarebbero state applicabili ad altri che a soggetti stranieri: l�indistinta applicabilit� di una disposizione non deve dunque valutarsi in astratto, considerando il mero dato dell�assenza di una esplicita previsione di applicabilit� ai soli soggetti stranieri, ma in concreto. Terminato di considerare la configurabilit�, in una disposizione normativa, di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, le conclusioni dell�avvocato generale Kokott passano ad occuparsi della possibilit� di giustificare la restrizione, ricordando i requisiti a tal fine indicati dalla Corte di giustizia (39): sussistenza dei motivi previsti dall�art. 58, par. 1 TCE oppure (38) Commissione c. UK, C-98/01; Commissione c. Spagna, C-463/00. (39) Sentenze rese nelle cause C-483/99, Commissione c. Francia e C-503/99, Commissione c. Belgio. 120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 di ragioni imperative di interesse pubblico; applicabilit� ad ogni persona o impresa che eserciti un�attivit� sul territorio dello Stato membro ospitante; idoneit� a garantire il conseguimento dello scopo perseguito; non superamento del necessario per il raggiungimento dello scopo stesso. In altri termini pu� dirsi - accostando il caso in esame alla giurisprudenza in materia di poteri speciali o golden shares (40), locuzione peraltro non sempre adeguata a definire fattispecie differenti, talora svincolate dalla stessa titolarit� di una partecipazione azionaria nelle societ� privatizzate - che, come l�attribuzione allo Stato di un potere di intervento sulla determinazione della composizione della compagine societaria o sulla sua gestione pone l�esigenza della verifica del grado di conoscibilit� dei criteri utilizzabili per il suo esercizio, cos� la predeterminazione da parte dello Stato membro di ostacoli dissuasivi - quali la sterilizzazione della partecipazione azionaria - dall�acquisto di partecipazioni deve soddisfare l�esigenza di una intrinseca reasonableness. Paiono in effetti poter conseguire il medesimo effetto sia il conferimento - consentito dall�art. 2458 c.c. e probabilmente tale da introdurre una incertezza del diritto configgente con le libert� fondamentali garantite dal Trattato - da parte dell�atto costitutivo, allo Stato o all�ente pubblico che detengano partecipazioni in una s.p.a., della facolt� di nominare amministratori o sindaci - i quali ben potrebbero ostacolare il trasferimento di rami d�azienda ad operatori stranieri - sia una norma che disponga la sospensione dei diritti di voto per le partecipazioni eccedenti una data percentuale del capitale sociale, di fatto in danno solo di operatori di altri paesi membri. Del resto la tendenza a limitare i poteri di gestione dell�organo assembleare delle societ� privatizzate pu� farsi risalire, in Italia, gi� alle disposizioni della legge 474 del 1994; in particolare l�art. 2 ha imposto l�individuazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri delle societ�, fra quelle controllate direttamente o indirettamente dallo Stato ed operanti in alcuni settori strategici, nei cui statuti doveva introdursi con deliberazione dell�assemblea straordinaria, prima di ogni atto che determinasse la perdita del controllo, una clausola attributiva al Ministro del tesoro di poteri speciali concernenti il gradimento all�acquisizione di partecipazioni rilevanti, il veto all�adozione di delibere particolarmente significative, il potere di nomina di amministratori e sindaci: il potere di veto riconosciuto al Ministro del tesoro in ordine a eventuali delibere modificative di tali clausole, garantendone la sopravvivenza potenzialmente illimitata, e privando i soci della disponibilit� di tali clausole, ha costituito l�aspetto maggiormente eversivo del modulo organizzativo tipico di una societ� per azioni; ne � derivata l�elisione dei principi di base del diritto (40) DE VIDO, La recente giurisprudenza comunitaria in materia di golden shares: Violazione delle norme sulla libera circolazione dei capitali o sul diritto di stabilimento, in Diritto del commercio internazionale, 2007, pp. 862 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 121 delle societ� per azioni, che affidano la gestione dell�impresa agli amministratori e l�adozione delle decisioni fondamentali in ordine alla vita della societ� ad un�Assemblea dominata dal principio di maggioranza. Sempre secondo le conclusioni dell�avvocato generale, l�applicazione del criterio di proporzionalit� rende non giustificabile la disciplina legislativa di cui al decreto-legge 192/2001, non essendo di fatto applicabile ad alcun operatore italiano. Viene invece lasciata aperta la questione della possibilit� di giustificare la disparit� di trattamento fra diverse categorie di imprese, di cui alla normativa contestata dalla Commissione, in base alla formula enunciata in alcune pronunce concernenti disposizioni tributarie relative alla libera circolazione dei capitali, nelle quali la Corte ha stabilito che la compatibilit� di una normativa tributaria nazionale con le disposizioni del Trattato sussiste qualora la �differenza di trattamento riguardi situazioni non obiettivamente paragonabili o sia giustificata da imperiosi motivi di interesse generale, quali la necessit� di salvaguardare la coerenza del regime fiscale, la lotta contro l�evasione e l�efficacia dei controlli fiscali� (41). Nelle sentenze sopra richiamate, la Corte ha ritenuto che la clausola di salvaguardia dettata dall�art. 58 par. 1 lett. a) abbia codificato una deroga precedentemente enucleata dalla giurisprudenza, secondo la quale, in attesa di armonizzazione comunitaria, eventuali distinzioni impositive possono mantenersi ancorch� tali da incidere sul mercato interno, rientrando la materia fiscale nella competenza degli Stati membri. Considerando tale formula � controverso se gli scopi perseguiti dal decreto legge 192/2001 possano considerarsi motivi imperativi di interesse generale. Come gi� detto, nell�ambito dei processi di privatizzazione si � potuto ripetutamente osservare l�emergere dell�esigenza degli Stati membri di tutelare tali processi a fronte della probabilit� dell�ingresso delle imprese privatizzate nella sfera di influenza di societ� controllate da altri Stati membri; al riguardo va per� tenuto presente che, non potendosi dubitare di come la mera sostituzione di un soggetto pubblico ad un altro frustri l�aspirazione al passaggio del controllo dell�impresa dalla mano pubblica al mercato, tale preoccupazione, pur potendo consentire una limitazione della possibilit� di altre imprese pubbliche nazionali di acquisire partecipazioni nella societ� privatizzanda, non consente di giustificare la predisposizione, da parte degli Stati membri, di strumenti che pervengano al risultato di precludere alle societ� controllate da enti pubblici stranieri l�assunzione di partecipazione nel capitale delle imprese da privatizzare: stante il principio di neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� esistenti negli Stati membri, l�impresa e la sua appartenenza a sog- (41) Tra le altre, sentenze 15 luglio 2004, causa C-315/02, Lenz e 6 giugno 2000, causa C-35/98, Verkooijen. 122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 getti pubblici sono fatti neutri sia con riguardo alle libert� fondamentali, sia con riguardo al diritto antitrust, di modo che deve escludersi che la difesa dei processi di privatizzazione possa condurre al paradosso della necessit� di una stabile limitazione del gioco della concorrenza alle sole imprese private. Deve inoltre considerarsi come la privatizzazione-da considerarsi secondo un�opinione imposta da quel controllo rafforzato della Comunit�, intrapreso a partire dalla Direttiva 80/723 del 25 giugno 1980 sulla trasparenza delle relazioni finanziarie fra Stati membri e loro imprese pubbliche, e sfociato in un trasferimento di poteri che ha consentito alla Commissione, con l�avallo della Corte di giustizia, l�adozione di atti di portata generale nel settore degli aiuti di Stato-sia stata spesso determinata nei suoi tempi e modalit� dal diritto comunitario che ha dettato previsioni dettagliate in tema di trasparenza ed effettivit� della concorrenza fra possibili acquirenti. � di seguito contestata l�affermazione del Governo italiano secondo la quale le direttive sul mercato comune dell�energia elettrica e del gas perseguirebbero la privatizzazione degli operatori: esse prevedono invece la liberalizzazione dei mercati, da conseguirsi attraverso l�eliminazione dei monopoli legali (42), l�apertura a nuovi operatori e la disaggregazione verticale dei settori considerati per garantire l�accesso dei terzi alle reti a condizioni non discriminatorie; non obbligano invece a privatizzare le imprese di approvvigionamento, tanto che impongono la redazione e la pubblicazione dei costi annuali a tutte: �le imprese qualunque sia il loro regime di propriet� o la loro forma giuridica�. Nelle conclusioni dell�avvocato generale � poi ritenuta infondata la tesi secondo la quale, in base al principio di sussidiariet� e alle previsioni delle direttive richiamate, spetterebbe al legislatore nazionale porre temporaneo rimedio ad eventuali squilibri insorgenti dalla non omogenea liberalizzazione dei mercati: tali interventi sarebbero invece di competenza della Commissione, la quale si � appunto mossa in tal senso con le proposte di nuova regolamentazione di entrambi i settori, che nel 2003 hanno condotto all�adozione di direttive da recepire entro il 1� luglio 2004. Certo fino alla completa apertura dei mercati una impresa in posizione dominante in uno Stato potrebbe impiegare i maggiori utili conseguiti grazie alla dominanza per estendere tale posizione ad altro Stato il cui mercato sia maggiormente concorrenziale: le clausole di reciprocit� di cui alle Direttive 96/92 e 98/30 non lo impediscono, �escludono solo che un�impresa in posi- (42) CIRENEI, Liberalizzazioni, servizi di interesse economico generale e sussidi incrociati; la Direttiva della Commissione 2000/52/CE e il nuovo ambito della �disciplina trasparenza�, in Diritto del commercio internazionale, 2001, pp. 282 ss. HANCHER, BUENDIA SIERRA, Cross-subsidisation and EC law, in Common market law review, 1998, pp. 902 ss. ABBAMONTE, Cross-subsidisation and community competition rules: Efficient pricing versus equity, in European law review, 1998, pp. 414 ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 123 zione protetta rifornisca clienti idonei in un altro Stato membro, anche se il gruppo di clienti corrispondente nel mercato nazionale non pu� ancora scegliere liberamente il fornitore�. Assumendo una diversa prospettiva d�analisi, vanno peraltro considerati i condizionamenti che il diritto antitrust pu� esercitare sulla disciplina privatizzatoria: poich� le norme a tutela della concorrenza si applicano a tutte le imprese, regola fondamentale di tale disciplina non pu� non essere la parit� di soggezione ad essa delle imprese pubbliche e private, par condicio che svolge pertanto un fondamentale ruolo chiarificatore della disciplina antitrust stessa. D�altronde, seppure, come pi� volte ricordato, in taluni settori si ponga a fronte della privatizzazione il problema della coerenza con l�interesse pubblico sotteso al tipo di attivit� svolta, � dubbio che possa conseguirne una evidente manipolazione del modello societario, anche considerando come la penetrante conformazione ad interessi pubblici delle societ� privatizzate conduca ad un mercato in cui tali societ� operano a fianco di societ� di diritto comune: la funzionalizzazione dell�assetto organizzativo sociale delle prime le penalizza rispetto alle seconde e cospira contro la stessa armonizzazione degli istituti un ambito comunitario; inoltre, l�alterazione del modello organizzativo della societ� pu� dare luogo ad una potenziale violazione dell�art. 86 par. 1 TCE: la diversit� di regime giuridico dell�impresa pubblica, qualora desse luogo ad un diritto speciale della stessa, altererebbe la parit� nella concorrenza; in altri termini la par condicio tra impresa pubblica e privata dovrebbe condurre all�eguaglianza dei modelli organizzativi. Laddove, come prospettato in dottrina, le deroghe al diritto comune introdotte dal legislatore nei processi di privatizzazione consentano l�attribuzione all�impresa privatizzanda della qualifica di impresa con diritti speciali i sensi dell�art. 86 par. 1 TCE, in quanto danti luogo ad una disciplina ad hoc da considerare alla stregua di un procedimento di durata non breve e non quale atto ad esecuzione immediata e completa, si avrebbe la conseguenza della immediata applicabilit� del divieto per lo Stato di realizzare situazioni anticoncorrenziali incompatibili con le finalit� del Trattato attraverso le dette imprese. Invece, le Direttive citate dal Governo italiano nel caso in esame obbligano gli Stati solo ad esercitare il controllo sulle imprese operanti sui loro territori senza consentire ai legislatori nazionali di ostacolare la partecipazione di imprese statali in imprese nazionali. L�avvocato generale rileva da ultimo come l�incompatibilit� tra la disciplina italiana in questione e la libert� di circolazione dei capitali non possa escludersi facendo valere il principio di neutralit� di cui all�art. 295 TCE, come la giurisprudenza comunitaria ha chiarito nelle cause relative alle golden shares; oltretutto nel caso di specie manca anche il collegamento con il regime di propriet�, non essendo il provvedimento inteso a tutelare la propriet� dello Stato. 124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 In base a tali argomenti, poich� il governo non ha addotto motivi di interesse generale a giustificazione della disciplina controversa, quest�ultima, dando luogo ad una restrizione alla libera circolazione dei capitali, non pu� nemmeno valersi delle possibilit� di giustificazione affermate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Requisiti per la giustificazione di restrizioni analoghe a quelle determinate dal decreto-legislativo 192/2001 sono stati illustrati nelle sentenze Commissione c. Francia, C-483/99 e Commissione c. Belgio, C-503/99 (43): nella prima, in particolare, si afferma che l�obiettivo della garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti rientra nell�ambito di un legittimo interesse pubblico tale da giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, in quanto, come gi� stabilito dalla Corte, l�obiettivo di garantire una fornitura minima costante di prodotti petroliferi pu� ricondursi ai motivi di pubblica sicurezza che possono giustificare un ostacolo alla libera circolazione delle merci; il ragionamento vale anche per gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali dal momento che la pubblica sicurezza rientra tra i motivi giustificativi di cui all�art. 58, 1 TCE: abbiamo dunque anche a questo riguardo l�applicazione di una statuizione della Corte, relativa alla libera circolazione delle merci, alla libert� di cui all�art. 56 TCE (44). Occorre peraltro precisare che la pubblica sicurezza pu� invocarsi solo in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad un interesse fondamentale della collettivit�. La possibilit� di giustificare restrizioni alla libera circolazione dei capitali in base all�art. 295 TCE � stata esclusa dalla Corte, fra l�altro, nella sentenza Commissione c. Francia, C-483/99: si nega che le preoccupazioni che possono giustificare il mantenimento di una certa influenza da parte degli Stati membri sulle imprese privatizzate operanti nei settori dei servizi di interesse generale o strategico, consentano agli Stati membri di far valere i loro regimi di propriet�, lasciati impregiudicati dal Trattato, per giustificare ostacoli alle libert� previste dal Trattato stesso, poich� il principio di neutralit� di cui all�art. 295 TCE non sottrae i regimi di propriet� esistenti negli Stati membri ai principi fondamentali del Trattato. Peraltro tale orientamento giurisprudenziale, non attribuendo rilevanza alle modalit� con cui i pubblici poteri intervengono nella gestione della societ� - attraverso poteri speciali o provvedimenti di sterilizzazione delle partecipazioni detenute nelle societ� partecipate - e prendendo in considerazione soltanto la deroga introdotta al diritto societario, si fonda su un�argomentazione di tipo privatistico che contrasta con la logica economica su cui si basa l�in- (43) Cfr. anche la sentenza della Corte di giustizia: n. C-58/99, Commissione c. Italia. I poteri speciali inseriti negli statuti ENI e della Telecom del 13 maggio 2000. (44) In particolare, sentenze emesse nei procedimenti C-483/99, Commissione c. Francia; C- 503/99, Commissione c. Belgio; C-463/00, Commissione c. Spagna. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 125 compatibilit� col Trattato delle disposizione che stabiliscono poteri speciali o, pi� in generale e come nel caso in commento, affievoliscono le prerogative degli azionisti: secondo tale impostazione infatti, l�incidenza sul modulo societario privatistico viene criticata in s�, in quanto in contrasto con il principio di parit� tra azionisti, ricavabile dall�art. 44 par. 2 lett. g) TCE, a prescindere dalla presenza di un pubblico interesse. Inoltre le disposizioni del decreto-legge 192/2001, essendo rivolte solo a imprese pubbliche, non pongono in essere un rimedio efficace contro i possibili problemi causati dalla disparit� di recepimento delle Direttive sulla liberalizzazione, posto che pure le imprese private potrebbero giovarsi della posizione dominante detenuta sul loro mercato nazionale per espandersi in un altro Stato membro; ne discende pertanto che il legislatore italiano ha inteso perseguire e garantire l�obiettivo della privatizzazione, che per� non giustifica restrizioni alla libera circolazione dei capitali (45). L�Avvocato generale propone dunque alla Corte di dichiarare che l�introduzione della disposizione che prevede la sospensione del diritto di voto per le partecipazioni eccedenti il 2% del capitale sociale di imprese di approvvigionamento dell�energia elettrica e del gas, detenute da imprese pubbliche in posizione dominante e non quotate, pregiudica la libera circolazione dei capitali e viola l�art. 56 TCE. Nello stesso tempo la Repubblica Italiana, in base al regolamento di procedura, deve essere condannato alle spese, poich� la Commissione ne ha fatto richiesta. Nel suo giudizio, la Corte richiama l�art. 56 TCE, interpretandolo in base alla nomenclatura di cui all�allegato I della Direttiva 88/361, per concludere che l�investimento diretto � caratterizzato dalla possibilit� di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo di una societ�. Ne consegue la necessit� di verificare se la sospensione dei diritti di voto di cui al decreto-legge 192/2001 costituisca una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri. Si osserva come tale sospensione, escludendo, per la categoria di imprese pubbliche considerata, l�effettiva partecipazione al controllo e alla gestione di imprese italiane in determinati settori, abbia l�effetto di dissuadere soggetti pubblici di altri Stati membri dall�acquisizione di partecipazioni in imprese italiane: si tratta quindi di una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata dall�art. 56 TCE (46). Il principio della libera circolazione dei capitali non opera infatti distinzioni tra imprese pubbliche o private, n� tra imprese in posizione dominante (45) VITALE, Libera circolazione dei capitali e tassazione dei dividendi in uscita: approccio comunitario, ultimi sviluppi e questioni aperte, in Diritto e pratica tributaria internazionale, 2008, pp. 654 ss. DEL SOLE, Libert� di stabilimento e libera circolazione dei capitali, in Fiscalit� internazionale, 2008, pp. 360 ss. GLENDI, Libera circolazione dei capitali, in Il Corriere tributario, 2007, pp. 1316 ss. (46) Sentenza 2 giugno 2005, resa nella causa C-174/04. 126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ed altre. Viene respinto l�argomento del Governo italiano secondo cui la restrizione dei diritti di voto disposta dal decreto-legge 192/2001 sarebbe analoga a quella, non incompatibile con la libera circolazione dei capitali, prevista dal decreto-legislativo 58 del 1998 in attuazione della Direttiva 2001/34/CE, riguardante l�ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l�informazione da pubblicare su tali valori: quest�ultima prevede solo obblighi di informazione al momento dell�acquisizione e cessione di una partecipazione importante in una societ� quotata in borsa, oltre all�obbligo degli Stati membri di introdurre adeguate sanzioni per l�inosservanza di tali obblighi; sono dunque irrilevanti, per la decisione della causa, le misure al riguardo adottate dagli Stati membri. Quanto alla possibilit� di giustificare in base al Trattato restrizioni alla libera circolazione di capitali previste da normative nazionali, si chiarisce come essa discenda solo dai motivi di cui all�art. 58, n. 1 TCE o da motivi imperativi di interesse pubblico, dall�idoneit� a conseguire lo scopo perseguito e dal limitarsi a quanto necessario per il conseguimento di quest�ultimo secondo il principio di proporzionalit�. Secondo il Governo italiano il decreto-legge contestato mirerebbe a garantire la concorrenza, evitando attacchi anticoncorrenziali in attesa di una effettiva liberalizzazione nel settore dell�energia in Europa, ma: �l�interesse al rafforzamento della struttura concorrenziale non costituisce valida giustificazione delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali". Deve invece applicarsi la normativa di cui al Regolamento del Consiglio 139 del 2004, in base al quale: �(�) la Commissione vieta le concentrazioni di dimensione comunitaria che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, �in particolare a causa (�) del rafforzamento di una posizione dominante� preesistente (�)� (47). La necessit� di garantire l�approvvigionamento di energia elettrica sul territorio italiano pu� giustificare a determinate condizioni restrizioni alla libera circolazione di capitali, ma il Governo italiano non ha dimostrato come la restrizione del diritto di voto per la categorie di imprese pubbliche considerata sia indispensabile al raggiungimento di tale fine: il decreto- legge 192/2001 non pu� pertanto ritenersi indispensabile a tale fine. Da tutto ci� consegue che, mantenendo in vigore la disposizione contestata, la Repubblica Italiana ha contravvenuto agli obblighi di cui all�art. 56 TCE. In seguito alla sentenza della Corte di giustizia del 2 giugno 2005, il governo italiano ha adottato il decreto-legge 14 maggio 2005 n. 81, recante �Disposizioni urgenti in materia di partecipazioni a societ� operanti nel mercato dell�energia elettrica e del gas�; tale provvedimento urgente abolisce i limiti (47) Sentenza resa nella causa C-367/98, Commissione c. Portogallo. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 127 imposti a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell�UE, qualora tali soggetti acquisiscano direttamente o indirettamente partecipazioni superiori al 2% nel capitale sociale di societ� operanti nei settori citati. Nell�emanare il provvedimento urgente in esame sono richiamate fra l�altro: la legge 14 novembre 1995, n. 481, concernente la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilit�; il decreto legge 192/2001; la legge 23 agosto 2004, recante delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia; la Direttiva 2003/54/CE del PE e del Consiglio del 26 giugno 2003; la Direttiva 2003/55/CE del PE e del Consiglio del 26 giugno 2003; la procedura di infrazione avviata dalla Commissione e conclusasi con la sentenza della Corte di giustizia, sopra menzionata, che ha dichiarato l�incompatibilit� delle disposizioni di cui al decreto-legge 192/2001 con l�art. 56 TCE. La L. 239/2004 in particolare, all�art. 1, comma 29, prevede l�ingerenza del potere esecutivo nel caso di transazioni intracomunitarie aventi ad oggetto imprese operanti nei settori dell�energia elettrica e del gas (�Fino alla completa realizzazione del mercato unico dell'energia elettrica e del gas naturale, in caso di operazioni di concentrazione di imprese operanti nei mercati dell'energia elettrica e del gas cui partecipino imprese o enti di Stati membri dell'Unione europea ove non sussistano adeguate garanzie di reciprocit�, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle attivit� produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, pu�, entro trenta giorni dalla comunicazione dell'operazione all'Autorit� garante della concorrenza e del mercato, definire condizioni e vincoli cui devono conformarsi le imprese o gli enti degli Stati membri interessati allo scopo di tutelare esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti nazionali di energia ovvero la concorrenza nei mercati�). Si tiene inoltre conto dei progressi degli Stati membri verso la realizzazione del mercato interno dell�energia elettrica e del gas. Si richiama l�obbligo di porre in essere le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per l�attuazione delle Direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE entro il 1� luglio 2004. Si considerano gli sforzi compiuti per la definizione di accordi e intese, tra i governi degli Stati membri, per la collaborazione nel settore dell�energia, la promozione della sicurezza degli approvvigionamenti nazionali di energia e la tutela della concorrenza. 4. Conclusioni L�adozione del provvedimento interviene a causa della straordinaria necessit� ed urgenza di emanare disposizioni che rimuovano i limiti e i vincoli posti alle imprese pubbliche degli Stati membri che, sebbene titolari di una 128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 posizione dominante sul proprio mercato nazionale, contribuiscono alla liberalizzazione ed allo sviluppo degli investimenti in Italia, nella prospettiva del mercato interno europeo. L�art. 1 del provvedimento in esame aggiunge all�art. 1 del decreto-legge 192/2001, un comma 3-bis in base al quale: �(�) Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nei riguardi dei soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione europea o dalle sue amministrazioni pubbliche, titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante, qualora le competenti Autorit� degli Stati interessati abbiano approvato norme, definito indirizzi e avviato le procedure per la privatizzazione di tali soggetti, quali la quotazione nei mercati finanziari regolamentati o altre procedure equivalenti e siano state definite con il Governo italiano intese finalizzate a tutelare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e l'apertura del mercato, promuovendo l'effettivo esercizio, in condizioni di reciprocit�, delle libert� fondamentali garantite dal Trattato istitutivo CE nell'accesso ai mercati dell'energia elettrica e del gas naturale (�)�. La Commissione ha peraltro inviato all�Italia, con lettera di costituzione in mora del 13 ottobre 2005, una richiesta di informazioni riguardanti l�esecuzione, da parte della Repubblica italiana, della sentenza della Corte di giustizia del 2 giugno 2005, ritenendo che le modifiche introdotte dal Governo italiano non abbiano dato piena esecuzione alla sentenza stessa. Il 4 aprile 2006 la Commissione ha infine provveduto, secondo l�art. 228 TCE, a formulare un parere motivato, la mancata conformazione al quale le consentirebbe di adire la Corte di giustizia, precisando l�importo, adeguato alle circostanze, della somma forfetaria o della penalit� che lo Stato membro dovr� versare, qualora la Corte riconosca che quest�ultimo non ha adottato i provvedimenti che l�esecuzione della sentenza comporta. Negli ultimi anni la Corte comunitaria ha gi� condannato numerosi Stati azionisti di controllo di societ� privatizzate nei settori strategici delle regulated industries, legittimando la sola normativa belga e chiarendo come, affinch� la previsione di una golden share in settori di servizi di interesse generale possa considerarsi conforme alle regole comunitarie, sia necessario che la normativa nazionale si fondi su un sistema di dichiarazioni a posteriori e non preventive, basate su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese interessate, nonch� sull'attribuzione di un rimedio giurisdizionale a qualsiasi soggetto colpito dalla misura restrittiva. Tutto lascia presagire che nuovi casi saranno sottoposti alla Corte, segno evidente delle resistenze che gli Stati continuano ad opporre nonostante i perentori diktat dei giudici comunitari. La battaglia europea sul fronte della golden share � ancora in corso. I Governi degli Stati membri contro cui la Commissione ha aperto formali procedure di infrazione sono ora impegnati a definire le proprie strategie con un duplice obiettivo. Da un lato, accogliere la forte sollecitazione a rimuovere le barriere alla circolazione dei capitali proveniente dalle Istituzioni europee. Dall�altro, pro- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 129 teggere le proprie societ� privatizzate in un contesto in cui prevalgono asimmetrie e mancano chiare regole di reciprocit�. La soluzione in grado di contemperare gli obiettivi dei Governi con quelli comunitari di apertura dei mercati dei capitali � semplice e si trova nel solco del Trattato CE e delle pi� recenti decisioni comunitarie. II Trattato (ai sensi dell�art. 58, n.1, lett. b) non pregiudica il diritto degli Stati membri di adottare misure che limitano la libera circolazione dei capitali se giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Una golden share conforme all�Europa non sarebbe di certo pi� debole, ma pi� trasparente, efficace, e funzionale alla ripresa del processo di privatizzazione, anche nei settori strategici pi� delicati. I legislatori dei paesi colpiti dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, cercano di salvarsi dai continui attacchi della Corte cercando di adottare una golden share �virtuosa�, ossia quella golden share basata su disposizioni normative che garantiscano: a) l�esistenza di un testo normativo preciso; b) un sistema di controllo statale successivo e non di autorizzazione preventiva; c) termini temporali precisi per proporre l�opposizione; d) un obbligo di motivazione per l�interferenza dello Stato; e) un controllo giurisdizionale effettivo. La Corte di giustizia, infatti, non perde occasione per censurare la presenza attiva del settore pubblico nell�economia, che cerca di continuare ad essere presente, mediante nuove invenzioni (poteri speciali proporzionali, interessi vitali dello Stato, strumenti finanziari, azioni speciali) che prima o poi verranno a loro volta censurate dalla Corte. Il tutto intervallato dalla creazione di clausole statutarie che, cercando di seguire i nuovi principi, o un aspetto letterale di questi, dettati dalla giurisprudenza comunitaria, tentano di anticipare le scelte legislative al fine di evitare ulteriori censure. I risultati di tali tentativi, quasi sempre negativi, dovrebbero, contrariamente a quanto avviene, indurre i legislatori a prendere atto della oramai limitatissima compatibilit� tra il ruolo attivo dello Stato e degli enti pubblici nell�attivit� d�impresa e le regole della concorrenza e del mercato. 130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La difficile applicazione del diritto comunitario nella zona grigia tra l�appalto e la concessione Cristina Sgubin* SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Considerazioni su alcune tipologie di modelli gestionali: appalto di lavori con manutenzione; global service; contratto misto; concessione di pubblico servizio - 2.1. Appalto di lavori con manutenzione - 2.2. Global service - 2.3. Contratto misto - 2.4. Concessione di servizi e Concessioni di pubblici servizi - 2.4.2. Il difficile equilibrio tra concessione di servizi e concessione di pubblici servizi - 3. Complessit� della tematica in materia di pubblici servizi e rapporti con i principi del diritto europeo - 4. Alcuni problemi di convivenza tra diritto nazionale e diritto europeo: portata e limiti del principio di prevalenza - 5. Brevi considerazioni conclusive. 1. Premessa Recenti orientamenti giurisprudenziali (1) e, da ultimo, la riforma del regime dei servizi pubblici locali (2), offrono lo spunto per una riflessione sulla (*) Dottoranda di ricerca in Diritto amministrativo presso l�Universit� di Roma �Tor Vergata�. (1) Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864; Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520; Cons. Stato, sez VI, 15 gennaio 2008, n. 36; Tar Lazio, Roma, 11 maggio 2007, n. 4315. (2) Cfr. Decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 �Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� europee", che con l'art. 15, relativo all'adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, modifica l'art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, introdotto con la legge di conversione n. 133 del 6 agosto 2008, c.d. Legge Tremonti. Una buona sintesi della complessiva evoluzione del concetto e dei modelli di gestione dei servizi pubblici locali, in F. DELLO SBARBA �I servizi pubblici locali: modelli di organizzazione e di gestione�, Torino, Giappichelli, 2009, passim ma in particolare cap. VI p. 195 e ss. Pi� in generale sulla complessa tematica dei servizi pubblici, tra i moltissimi saggi, cfr. F. MODERNE e G. MARCOU �L�id� de service public dans le droit des etats de l�unionn europeenne�, Ed. L�Harmattan, Paris, 2001; AA.VV. �La concession de service public face au droit communautaire�, Ed. Sirey, Paris, 1992; AA.VV. �I servizi a rete in Europa�, a cura di E. FERRARI, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000; L. VASQUES �I servizi pubblici locali nella prospettiva dei principi di libera concorrenza�, Torino, Giappichelli, 1999; AA.VV. �Studi in tema di liberalizzazioni�, a cura di E. STICCHI DAMIANI, Torino, Giappichelli 2008; L. ALLA �La concessione amministrativa nel diritto comunitario�, Milano, Giuffr� 2005 passim ma particolarmente p. 32 e ss.; 37 e ss; B. MAMELI �Servizio pubblico e concessione (l�influenza del mercato unico sui regimi protezionistici e regolamentati)�, Milano, Giuffr�, 1998; G. NAPOLITANO �Servizi pubblici e rapporti di utenza�, Padova, Cedam, 2001; R. CAVALLO PERIN �Comuni e province nella gestione dei servizi pubblici�, Napoli, Jovene, 1993; N. RANGONE �I servizi pubblici�, Bologna, il Mulino, 1999: R. D. RAIMO �Contratto e gestione indiretta di servizi pubblici�, Napoli, Esi, 2000; L. ROBOTTI (a cura di) �Competizioni e regole nel mercato dei servizi pubblici locali�, Bologna, Il Mulino, 2002; G. IACOVONE �Regolazione, diritti e interessi nei pubblici servizi�, Bari, Cacucci, 2004; L.R. PERFETTI e P. POLIDORI �Analisi economica e metodo giuridico: i servizi pubblici locali�, Padova, Cedam, 2003; R. VILLATA �Pubblici servizi: discussioni e problemi�, Milano, Giuffr�, 2001; E. SCOTTI �Il pubblico servizio tra tradizione nazionale e prospettive europee�, Padova, Cedam, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 131 difficile applicazione e interpretazione dei principi e delle regole del diritto comunitario, con riferimento a quella zona grigia del diritto che riguarda il regime degli appalti (3) e delle concessioni (4). 2003; F. VETR� �Il servizio pubblico a rete�, Torino, Giappichelli, 2005; �Servizi pubblici e societ� private: quali regole� a cura di V. DOMINICHELLI e G. SALA, Padova, Cedam, 2007; G. PIPERATA �Tipicit� e autonomia nei servizi pubblici locali�, Milano, Giuffr�, 2005; L. DE LUCIA �La regolazione amministrativa dei servizi di pubblica utilit��, Torino, Giappichelli, 2002; M. RAMAJOLI �Concessioni di pubblico servizio e diritto comunitario�, Dir. Amm., 1993; G. DI GASPARE �I servizi pubblici locali verso il mercato�, Dir. Pubbl. 1999; id. �Servizi pubblici locali in trasformazione�, Padova, Cedam, 2001; A. ZITO �I riparti di competenze in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma del titolo V della costituzione�, Dir. Amm, 2003; sempre attuale I.M. MARINO �Servizi pubblici e sistema autonomistico�, Milano, Giuffr�, 1986; L. PERFETTI �Contributo ad una teoria dei pubblici servizi�, Cedam, Padova, 2001; D. SORACE �La riflessione giuridica di Umberto Pototsching: i servizi pubblici�, in Dir. Pubblico, 2002; R. VILLATA �Pubblica amministrazione e servizi pubblici�, in Dir. Amm., 2003; per un apprfonodimento storico vedi U. POTOTSCHING, �I pubblici servizi�, Padova, Cedam, 1964, p.469. Sul delicato rapporto, anche nell'evoluzione storica, tra concessione di pubblico servizio e concessione di servizi in ambito comunitario, cfr. le osservazioni di F. MASTRAGOSTINO, �Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva comunitaria 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005�, a cura di R. GAROFOLI e M.A. SANDULLI, Milano, 2005, p. 99 e ss.. (3) In generale, sulla evoluzione del regime dei contratti della pubblica amministrazione vedi R. CARANTA �I contratti pubblici in sistema del diritto amministrativo italiano�, Torino, Giappichelli, 2004; AA.VV. �I contratti della pubblica amministrazione in Europa� a cura di E. FERRARI, Torino, Giappichelli, 2003; L. FRANZESE �Il contratto oltre privato e pubblico�, Padova, Cedam, 1998; S.S. SCOCA �Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali�, Milano, Giuffr�, 2008; A. BENEDETTI �I contratti della pubblica amministrazione tra specialit� e diritto comune�, Torino, Giappichelli, 1999. (4) Sul fenomeno concessorio, oltre ai testi di volta in volta citati vedi in particolare F. FRACCHIA �Concessione amministrativa�, in Enc. Dir., Annali I, Milano, Giuffr�, 2007, p. 250 e ss; D. SORACE, C. MARZUOLI �Concessioni amministrative�, in Dig. Disc. Pubbl., Volume III, Torino, UTET, 1989, p. 280 e ss; B. MAMELI �Concessioni amministrative�, in Dizionario di Diritto Pubblico, diretto da S. Cassese, Milano, Giuffr�, 2006, p. 1111 e ss.; M. DALBERTI �Concessioni amministrative�, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988; idem �Le concessioni amministrative�, Napoli, Jovene, 1981. Sul rapporto con i beni pubblici vedi in particolare B. TONOLETTI �Beni pubblici e concessioni�, Padova, Cedam, 2008; AA.VV. �I beni pubblici: tutela, valorizzazione e gestione�, a cura di A. POLICE, Milano, Giuffr�, 2008; A. MALTONI �Il conferimento di potest� pubbliche ai privati�, Torino, Giappichelli, 2005, ed ivi ampi riferimenti alla formazione della nozione originaria. Sul rapporto con i pubblici servizi vedi F. MASTRAGOSTINO �La concessione di servizi�, in Il Nuovo diritto degli appalti pubblici�, a cura di R. GAROFOLI, M.A. SANDULLI, cit. p. 97 e ss.; G. GRECO �Gli appalti di servizi e le concessioni di pubblico servizio�, in �Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico�, a cura di F. MASTRAGOISTINO, Padova, Cedam, 1998; C. CAVALLO PERIN �Riflessioni sull�oggetto e sugli effetti giuridici della concessione di servizio pubblico�, in Diritto amministrativo, 1994, p. 113 e ss; idem �La struttura della concessione nel servizio pubblico locale�, Torino, Giappichelli, 1998; F. FRACCHIA �Servizi pubblici e scelta del concessionario�, in Dir. amm., 1993, p. 367 e ss.; PIOGGIA �La concessione di pubblico servizio come provvedimento a contenuto convenzionalmente determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico�, in Dir. Pubbl. 1995, p. 567 e ss.; A. ROMANO �Profili della concessione di pubblici servizi� in Dir. Amm. 1994, p. 459 e ss.; F.G. SCOCA �La concessione come forma di gestione dei servizi pubblici�, in �Le conessioni di servizi pubblici�, a cura di F. ROVERSI MONACO, Rimini, Maggioli, 1988; G. PERICU, A. ROMANO, V, SPAGNOLO VIGORITA (a cura di) �La concessione di pubblico servizio�, Milano, Giuffr�, 1995. Sempre fondamentale lo scritto di U. POTOTSCHNIG �Concessione e appalto nell�esercizio dei pubblici servizi�, in Jus, 1995. Quanto alle concessioni di opera pubblica (precedentemente all�entrata in vigore del diritto europeo), 132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ComՏ noto, mentre il c.d. codice De Lise, approvato con D.lgs 163/2006 e s.m.i., ha disciplinato compiutamente l�istituto degli appalti di lavori pubblici, forniture e servizi (5), viceversa � stato alquanto laconico nella disciplina delle concessioni di servizi (6). Esso, infatti, si � limitato a darne due scarne definizioni, rispettivamente: a) nell�art. 3 �definizioni� (7) e b) nel regime dettato dall�articolo 30 (8). vedi N. ASSINI, A. MAROTTA �La concessione di opere pubbliche�, Padova, Cedam, 1981; F. PELLIZER �Le concessioni di opera pubblica�, Padova, Cedam, 1990; G. LEONE �Opere pubbliche fra appalto e concessione�, Padova, Cedam 1990. (5) V. SALVATORE �Diritto comunitario degli appalti pubblici�, Milano, Giuffr�, 2003; S. ARROWSMITH �The law of the public ad utilities procurement�, London, Sweet and Maxwell, ult. ed; F. SAITTA �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, Padova, Cedam, 2008; M. SANINO �Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, aggiornato al d.lg.31 luglio 2007, n. 113�, Milano, Utet, 2008; C. FRANCHINI (a cura di) �Contratti con la pubblica amministrazione�, Milano, Utet, 2007; A. CANCRINI, P. PISELLI, V. CAPUZZA �La nuova legge degli appalti pubblici�, Roma, Igop, 2008; R. MANGANI, F. MARZARI, D. SPINELLI �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, Ed. Il sole 24 ore, Milano, 2007; AA.VV. �Il nuovo codice di contratti pubblici di lavori, servizi, forniture�, Rimini, Maggioli, 2007; A. CARULLO, A. CLARIZIA (a cura di) �Legge quadro in materia di lavori pubblici�, Tomo I e II, Padova, Cedam, 2000; U. REALFONZO, C. GALTIERI, I. DEL GASTILLO �Appalti pubblici di forniture�, Milano, Ed. Il sole 24 ore, 2000; AA.VV. �Trattato sui contratti pubblici�, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, Giuffr� 2008; G. MONTEDORO, R., DI PACE, �Gli appalti di opere� Milano, Giuffr�, 2003; AA.VV. �Codice dei contratti pubblici�, Milano, Giuffr� 2007; AA.VV. �Repertorio degli appalti pubblici�, a cura di L.R. PERFETTI, Padova, Cedam 2005; AA.VV. �Commento al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture�, Torino, Giappichelli, 2007. In precedenza, sulla legge quadro, tra i moltissimi commenti vedi: AA.VV. �Commentario: La nuova legge quadro sui lavori Pubblici� a cura di F. CARINGELLA, Milano, Ipsoa 1999; AA.VV. �L'attrazione della legge quadro sui lavori pubblici�, commentario, a cura di L. CARBONE, F. CARINGELLA, G. DE MARZO, Milano, Ipsoa 2000; M. MAZZONE, C. LORIA �Manuale di diritto dei lavori pubblici�, II Ed., Roma, Edizioni Jandi Sapi, 2005; AA.VV. �Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni quater)�, Milano, Giuffr� 2003; A. CIANFLONE, G, GIOVANNINI �L'appalto di opere pubbliche�, XI Ed., Milano, Giuffr� 2003. Sugli appalti pubblici di forniture vedi: A. NOBILE �Gli appalti pubblici di forniture�, Roma, IPZS, 2003; idem �Gli appalti pubblici di servizi�, Roma, IPZS, 1997; AA.VV. �Gli appalti pubblici di servizi� a cura di E.PICOZZA, II Ed., Rimini, Maggioli, 1995; F. MASTRAGOSTINO �L'Appalto di opere pubbliche. Norme interne e disciplina comunitaria�, Bologna, Il Mulino, 1993. (6) Vedi in particolare G. MONTEDORO �La disciplina delle concessioni nella nuova direttiva quadro in attesa della disciplina compiuta del partenariato pubblico privato�, in �Nuovo diritto degli appalti pubblici�, a cura di M.A. SANDULLI E R. GAROFOLI, Milano Giuffr�; vedi anche G. GRECO �Gli appalti pubblici di servizi� in Riv. It. dir. pubbl. com., 1995, p. 1285, cit; F. MASTRAGOSTINO (a cura di) (con contributi di F. MASTRAGOSTINO, G. GRECO, M. CAMMELLI, L. RIGHI, D. DE PRETIS, A. LINGUITI, A. CANCRINI, P. PISELLI, F. PELLIZZER, D. FLORENZANO) �Appalti Pubblici di servizi e concessioni di servizio pubblico�, Cedam, Padova, 1998; P. LO GIUDICE �Gli appalti pubblici di servizi nella disciplina comunitaria e nazionale� in I TAR, 1998, p. 365; idem �I caratteri propri dell'appalto di servizi� in I TAR, 1998, p. 419; G. ALBANESE, D. BEZZI, N. FABIANO, A. FERRO, G. MELE �Gli Appalti di Servizi�, Giuffr�, Milano, 2000. (7) Cfr. art. 3 comma 12: �La concessione di servizi � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformit� all�articolo 30�. (8) Cfr art. 30 concessione di servizi: �1) Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi; 2) nella concessione di servizi la con- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 133 L�apparente lacuna del codice deve essere colmata con una puntuale analisi dei differenti istituti, allo scopo di definire il difficile rapporto tra la portata, il campo di applicazione e le eccezioni contenute nel trattato CE e nel diritto comunitario derivato, e la discrezionalit� legislativa lasciata agli Stati membri dall�articolo 16 del Trattato di Nizza attualmente vigente (9). Si considereranno a parte alcune novit� apportate dal Trattato di Lisbona, che tuttavia, allo stato attuale, rilevano solo indirettamente sul diritto amministrativo nazionale, in quanto, comՏ noto, tale Trattato non � stato ancora ratificato da tutti gli Stati membri. Sembra opportuno, ad avviso di chi scrive, inserire nella premessa anche l�aspetto principale di differenza tra il regime comunitario e quello nazionale che riguarda lo stesso modo di concepire il concetto di servizio. Come rappresentato dalla dottrina che si � occupata della nozione di servizio pubblico nella prospettiva Europea (10), il diritto comunitario inquadra la fattispecie nell�ambito della comune nozione di servizio, quale descritta dall�articolo 50 del Trattato CE. Poich� l�ordinamento comunitario si � originariamente formato per istituire un mercato comune, il servizio ha attinto la sua nozione da una prospettiva civilistica e mercantile: esso � una prestazione fornita normalmente dietro retribuzione e, in tale contesto, comprende con ampio spettro le attivit� di carattere industriale, commerciale, artigianale e le libere professioni. Fin dall�origine, il diritto europeo si � posto il problema dei servizi che costituiscono eccezione alle regole del mercato e della libera concorrenza, come confermato dall�esegesi dell�art. 86, gi� articolo 90, I e II paragrafo, del Trattato, ma ha scelto un approccio alquanto diverso da quelli nazionali, delineando due fattispecie: a) le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico troprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell�ordinario utile all�impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell�equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualit� del servizio da prestare�. (9) Art. 16 �Fatti salvi gli articolo 73, 82 e 83 in considerazione dell�importanza dei servizi di interesse economico generale nell�ambito dei valori comuni dell�Unione, nonch� del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, la Comunit� e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell�ambito del campo di applicazione del presente Trattato, provvedono affinch� tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti�. (10) M. RAMAJOLI �Concessioni di pubblico servizio e diritto comunitario�, in Dir. Amm, 1993; M. CLARICH �Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l�esperienza tedesca e italiana a confronto�, in R.T.D.P., 2003; L. MUSSELLI �Direttive comunitarie e creazione amministrativa di un mercato nei servizi pubblici�, in Dir. Amm., 1998; G. NAPOLITANO �Regole e mercato nei servizi pubblici�, Dir. Amm., 2005; A. QUIETI e A. ZUCCHETTI �Normativa CE: concorrenza e gare in materia di servizi pubblici locali sono proprio imposte dalla normativa CE?�, in Foro. Amm. C.d.S., 2003. 134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 generale; b) le imprese cui gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi (11). Inoltre ha sottoposto entrambe le fattispecie al controllo permanente della Commissione (12). Si deve anche tenere conto dell�importante ruolo svolto dalla CGE nel definire la portata e l�ambito di applicazione della nozione, in conformit� alla funzione riconosciuta alla medesima, insieme al Tribunale di I grado, di organi giurisdizionali cui compete in via esclusiva, nell�ambito delle rispettive competenze, il rispetto del diritto nella interpretazione e nella applicazione del Trattato (13). Viceversa, ogni stato membro ha disciplinato i propri servizi pubblici sia nazionali che locali secondo una prospettiva, appunto, nazionale (14). In Italia, con l�art. 43, che fa parte della c.d. Costituzione Economica in senso stretto (cio� composta dagli artt. 41, 42, e 43), ci si era orientati, secondo la propria tradizione, per una disciplina soggetta a regole diverse da quelle di mercato, cio� nell�ambito della c.d. riserva originaria dell�attivit� economica ai pubblici poteri, ovvero mediante il trasferimento dell�esercizio a mezzo di procedimenti concessori (15). � accaduto che mentre nel settore degli appalti pubblici gi� negli anni �80 del secolo scorso il diritto europeo � intervenuto con direttive (11) Per un approfondimento vedi A. PERICU, �Impresa ed obblighi di servizio pubblico. L�impresa di gestione dei servizi pubblici locali�, Milano, 2001; S. VARONE �Servizi pubblici locali e concorrenza�, Giappichelli Editore �Torino, 2004; D. CALDIROLA, �La dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero il servizio di interesse economico generale e il servizio universale�, in �Servizi pubblici concorrenza diritti�, a cura di L. AMMANNATI, M.A. CABIDDU, P. DE CARLI, Giuffr� Editore, 2001; E. FERRARI �Attivit� economiche ed attivit� sociali nei servizi di interesse generale�, Torino, Giappichelli, 2007. Precedentemente, sotto un profilo generale KOVAR �Droit communautaire et service public: esprit d�ortodoxie ou pnsp laicist� in Rev. Trim. De Droit. Eur. 1996; PAIS ANTUNES �L�article 90 du Trait�: obligations des etats membres et pouvoirs de la Commission�, ivi, 1991. Sui problemi generali della concorrenza A. POLICE �Tutela della concorrenza e pubblici poteri (profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust)�, Torino, Giappichelli, 2007; M. RAMAJOLI �Attivit� amministrativa e disciplina antitrust�, Milano, Giuffr�, 1998; G. NAPOLETANO �Diritto della concorrenza�, Lithos, Roma, 1996; I. VAN BAEL, J. F. BELLIS �Il diritto della concorrenza nella Comunit� europea�, Torino, Giappichelli, 1995 e pi� recentemente E. GUERRI �L�applicazione del diritto antitrust in Italia dopo il regolamento CE n. 1/2003�, Torino, Giappichelli, 2005; AA. VV. �L�applicazione del diritto comunitario della concorrenza�, Milano, Giuffr�, 2007. (12) Cfr. art. 86 par III: �La Commissione vigila sull�applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni�. Vedi in particolare M. ANTONIOLI �Comunicazioni della Commissione europea e atti amministrativi nazionali�, Milano, Giuffr�, 2000; idem �Mercato e regolazione�, Milano, Giuffr�, 2001. (13) Sul ruolo complessivo e innovativo della Corte di Giustizia europea, si vedano le considerazioni di S. CASSESE �La nuova costituzione economica�, Laterza, Bari, 2007. (14) A. ZITO �Il riparto di competenza in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma del Titolo V della Costituzione�, in Dir. Amm., 2003. (15) Vedi retro nota n. 4. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 135 self executing (16) e quindi in un ambito ritenuto immediatamente esposto alle regole del mercato e della libera concorrenza, viceversa esso � stato molto prudente nella funzione di armonizzazione dei servizi pubblici, in particolare di quelli locali. Paradossalmente, l�ordinamento comunitario � intervenuto maggiormente nell�ambito dei servizi pubblici nazionali, attraverso notissime direttive di liberalizzazione (es. nella materia dell�energia o nella politica dei trasporti) e molto meno nei servizi pubblici locali: anche se una forte incidenza diretta � costituita dalle progressive comunicazioni della Commissione Europea sui servizi di interesse generale, sulle privatizzazioni e sul partenariato pubblico privato; ed inoltre mediante le numerose sentenze della CGE sulla qualit� di organismo pubblico e di societ� in house providing. Ne consegue una prima conclusione, che cio� la materia dei servizi pubblici locali � stata solo indirettamente incisa dalle direttive sugli appalti pubblici, come correttamente trasposte da ultimo nel Codice dei contratti pubblici riportato in apertura. Occorre, quindi, focalizzare l�analisi sulle principali tipologie di modelli gestionali che maggiormente rientrano nella �zona grigia�, con l�obiettivo, ove possibile, di contribuire ad una pi� netta identificazione delle fattispecie nelle quali � obbligatoria l�applicazione del diritto comunitario nazionale sugli appalti; e viceversa di quelle lasciate, secondo la dottrina alla c.d. identit� nazionale degli stati membri, riconosciuta e garantita dall�art. 6 del Trattato sull�Unione europea (17). 2. Considerazioni su alcune tipologie di modelli gestionali: appalto di lavori con manutenzione; global service; contratto misto; concessione di pubblico servizio Come indicato dal titolo del paragrafo, le figure che qui si analizzano nel loro complesso, costituiscono appunto quella �zona grigia� tra lavori e servizi o, se si vuole, tra appalti e concessioni. Va altres� tenuto presente l�art. 30 del Codice dei Contratti pubblici comma 5: �restano ferme, purch� conformi ai principi dell�ordinamento comunitario, le discipline specifiche che prevedono, in luogo della concessione di servizi a terzi, l�affidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministrazioni aggiudicatrici� (18), art. 30 comma 6: �se un�amministrazione (16) Cos� riconosciute gi� dalla Sent. C. Cost. n. 64/90. (17) Sulla nozione di identit� nazionale cfr. E. PICOZZA �Diritto Amministrativo e diritto comunitario�, II ed, Torino, Giappichelli 2004. (18) Tale prescrizione del Codice dei Contratti � del tutto speculare a quella contenuta nel precedente art. 19 comma 2: �Il presente codice non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un�amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministra- 136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 aggiudicatrice concede ad un soggetto che non � un�amministrazione aggiudicatrice, diritto speciali o esclusivi di esercitare un�attivit� di diritto pubblico, l�atto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi nell�ambito di tali attivit�, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione in base alla nazionalit�� (19). 2.1. Appalto di lavori con manutenzione In via generale, l�appalto di lavori pubblici si caratterizza principalmente per tre profili: soggettivo, oggettivo e funzionale (20). zione aggiudicatrice o ad una associazione, o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virt� di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate, purch� tali disposizioni siano compatibili con il Trattato�. In giurisprudenza vedi Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864, che stabilisce il seguente principio: �Secondo l�articolo 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici, salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi�; pertanto, � erronea l�applicazione in via analogica della disciplina dettata all�articolo 70 del codice dei contratti, sul termine per la presentazione delle offerte, concernente le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara, alla diversa materia delle concessioni di servizi. � appena il caso di notare che entrambe le disposizioni, sugli appalti di servizi, e sulle concessioni di servizi, limitano rigidamente il proprio campo di applicazione al concetto di amministrazione aggiudicatrice che � testualmente definito dall�art. 3 comma 25 del codice dei contratti: �Le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti�. Come si vede il Codice dei Contratti si astiene, forse volutamente, dal definire le societ� in house providing anche perch� le medesime possono rientrare di volta in volta in altre categorie quali, a mero titolo esemplificativo, gli organismi di diritto pubblico e le imprese pubbliche. (19) Quest�ultima disposizione va tuttavia interpretata in combinato disposto con i commi 3 e 4 del medesimo articolo 30, secondo i quali rispettivamente: �La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principio desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�, previa gara informale cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all�oggetto della concessione, e con predeterminazione di criteri selettivi�. Appare evidente, quindi, il richiamo alla scarna giurisprudenza della CGE, a cominciare da caso Teleaustria del 2000, che ha ritenuto di dettare in via �pretoria� principi comuni per l�attribuzione delle concessione di servizi. Il codice dei contratti, tuttavia, si � spinto oltre, perch� nell�ultimo articolo della Parte I (Principi e disposizioni comuni, Titolo II, Contratti esclusi in tutto o in parte dall�ambito di applicazione del Codice, articolo 27, Principi relativi ai contratti esclusi) ha testualmente e analogamente stabilito: �L�affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall�applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, parit� di trattamento, trasparenza, proporzionalit�. L�affidamento deve essere preceduto da invito, ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l�oggetto del contratto�. Di particolare interesse � il comma 4, secondo cui �sono fatte salve discipline specifiche che prevedono forme pi� ampie di tutela della concorrenza�. Proprio a tale ultima disposizione, ad avviso personale di chi scrive, sembra essersi ispirato il decreto Tremonti - in parte qua - cio� applicando largamente il principio di esternalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. (20) E. STICCHI DAMIANI �La nozione di appalto pubblico. Riflessioni in tema di privatizzazione dell�attivit� amministrativa�, Milano, Giuffr�, 1999; P. SANTORO �L�ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo della legge quadro sui lavori pubblici rispetto alla disciplina comunitaria�, in Foro Amm., 2001. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 137 Quanto al primo, esso � stipulato tra un soggetto pubblico definito committente ed un esecutore, che di prassi � rappresentato da un soggetto privato. Quanto al secondo, con l�espressione �lavoro pubblico� si intende il risultato di un�attivit� umana, un opus che, costituendo il prodotto di una trasformazione o modifica strutturale definitiva di opere preesistenti, rappresenta in tal senso un quid novi, ovverosia la creazione di un nuovo bene o la modifica strutturale del bene originario, destinato a soddisfare un bisogno pubblico (21). L�oggetto particolare dell�appalto di lavori pubblici � costituito, pertanto, o dall�esecuzione di un�opera ex novo, o da lavori pubblici, intesi in senso ampio, a carattere manutentivo o modificativo, nel senso sopra descritto (22). Quanto al terzo profilo, l�opera deve avere una consistenza tale da poter essere valutata come autonoma, in senso economico o almeno tecnico o tecnologico, e tale teleologia rileva ancora maggiormente del concetto di prevalenza in senso strettamente economico. Tradizionalmente la manutenzione e, segnatamente, la manutenzione di un immobile o di un complesso immobiliare, � l�istituto contrattuale attraverso il quale il proprietario, il titolare di un diritto reale o personale di godimento, o comunque chi abbia il potere di disporre del bene, affida ad un terzo - che si assume a proprio rischio l�organizzazione dei mezzi a ci� necessari e la relativa gestione del servizio manutentivo - il compimento di tutto quanto necessario per garantire la conservazione della pi� conveniente funzionalit� ed efficienza del bene stesso, verso corrispettivo (23). Entrando nel dettaglio di questa figura contrattuale, � opportuno soffermarsi brevemente sull�analisi del concetto stesso di manutenzione, poich� esso rappresenta una nozione dibattuta e controversa. Problematica, infatti, � la distinzione del concetto di pura manutenzione ordinaria, per la quale risulta opportuno riferirsi ai criteri ermeneutici tratti dalla giurisprudenza medesima. Bisogna in primis sottolineare che tale attivit� (21) Vedi gi� G. LEONE �Opere pubbliche tra appalto e concessione�, Cedam, Padova, 1983; C. MARZUOLI �Aspetti della problematica dell�appalto di opere pubbliche (appalto e concessione di costruzione)�, in Foro Amm. 1988; F. MASTRAGOSTINO �L�appalto di opere pubbliche: norme interne e disciplina comunitaria�, Bologna, Il Mulino, 1993; E. PICOZZA �I lavori Pubblici�, Cedam, Padova, 1990; L. PERFETTI �L�amministrazione per accordi nell�esecuzione dei lavori pubblici�, in Dir. Amm., 1997; A. CANCRINI, P. PISELLI �I sistemi di scelta del contraente nell�appalto di opere pubbliche. Orientamenti giurisprudenziali� R.T.P.D., 1982. (22) Vedasi, per una definizione analitica, l�art. 3, commi 7 e 8, del d.lgs 163/06. (23) R. DI PACE �Il Global Service�, in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� a cura di C. FRANCHINI, UTET 2007; P. LUCHETTI, A. CANCRINI, F. PETULL�, �Global service manutentivo. Progetto, contratto e gestione�, EPC Libri, 2004; A. AREDDU �Dal contratto di manutenzione immobiliare al global service: verso una �nuova� committenza�, in cui si evidenzia che l�art. 2, comma 1, lett. l, del d.P.R. 554/99 e s.m.i. definisce la �manutenzione� come �la combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un�opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto�, in Lexitalia, n. 1/2005. 138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 non modifica la realt� fisica: anche quando l�utilizzazione o l�installazione di strutture aggiuntive possano determinare una variazione sul piano strutturale o funzionale, esse non sono di tale entit� da rappresentare una modificazione essenziale dell�opera rispetto allo stato originario, non comportando la creazione di un quid novi e non alterandone la destinazione d�uso originaria (24). Potrebbe, invece, argomentarsi diversamente, per quanto concerne le opere di manutenzione straordinaria che sono in grado di comportare la definitiva modifica strutturale di un�opera. In particolare, sull�ambito oggettivo, la norma elenca dettagliatamente le attivit� che rientrano nella nozione di lavori pubblici (25) includendovi le attivit� di "costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e ma- (24) Tale ampio concetto non corrisponde, se non parzialmente, a quello corrente nel linguaggio urbanistico-edilizio e tecnologico. Infatti, quanto al primo, il DPR 380/2001 e s.m.i. all�art. 3 (corrispondente all�originario articolo 31 della L. 5 agosto 1978 n. 457) dispone che. �a) per �interventi di manutenzione ordinaria� si intendono gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti. Agli effetti della disciplina degli appalti e delle concessioni tali interventi possono indifferentemente riguardare sia la manutenzione, sia il global service, sia, in modo accessorio, la stessa concessione di servizi. b) per �interventi di manutenzione straordinaria� si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, degli edifici, nonch� per realizzare ed integrare i servizi igienico sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unit� immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso�. Orbene, anche questo complesso di interventi pu� caso per caso, rientrare in una delle categorie sopra descritte, anche se precipuamente applicabile agli appalti pubblici di recupero del patrimonio edilizio esistente, di propriet� pubblica eventualmente insieme a pi� ampi interventi di cui alle lettere successive dell�art. 3. Del resto la stessa disposizione normativa, al comma 1, si preoccupa di stabilire letteralmente che le definizioni sopra riportate e le altre in essa presenti si intendono �ai fini del presente Testo Unico�. Quanto al secondo concetto, interventi tecnologici, esso riguarda principalmente gli impianti industriali o assimilati. Non esistendo una definizione generale si dovr� ricercare la ratio nelle discipline di settore. Sotto questo profilo, pu� essere considerata paradigmatica la definizione contenuta nella normativa sull�autorizzazione sia delle centrali elettriche alimentate da fonti tradizionali (d.l. 55/02 e s.m.i.) sia da fonti di energia rinnovabile (art. 12 DPR 387/03). In entrambi i casi, l�elemento strutturale � costituito dal concetto di componente impiantistica e da quello funzionale di conferma o aumento della potenza generatrice. Infatti, da un lato, la semplice sostituzione di una turbina, non costituisce variazione dell�opus ma integra sicuramente, qualora ne ricorrano le condizioni, un appalto di lavoro pubblico oppure di fornitura con posa in opera. Negli atri casi si parla di rifacimento totale o parziale dell�impianto che potr� di volta in volta, integrare appalto di lavori ovvero di fornitura con posa in opera. Non si pu� peraltro escludere il caso in cui l�appalto, comunque denominato, sia rigorosamente privato, quando il soggetto produttore non � titolare di particolare diritti esclusivi. Sulle problematiche degli impianti di energia elettrica vedi AA.VV. �Il nuovo regime autorizzatorio degli impianti di energia elettrica�, a cura di E. PICOZZA, Torino, Giappichelli, 2003, p. 1 e ss. (25) Per la definizione sostanziale dell�appalto di lavori pubblici come negozio occorre invece rifarsi alla generale nozione civilistica. Il Codice civile tratta del contratto di appalto nel Libro IV, Titolo III, Capo VII, artt. da 1655 a 1677. La dottrina civilistica prevalente fa rientrare l'appalto nella categoria dei rapporti giuridici di lavoro, con il contratto d'opera (art. 2222, Codice civile) e con il rapporto di lavoro subordinato (art. 2094, Codice civile ). Nell'ambito di questa categoria, vengono sottolineati il carattere peculiare dell'appalto quale tipica prestazione di risultato e la sua collocazione tra i rapporti giuridici di diritto commerciale. Secondo l'art. 1655: "L'appalto � il contratto con il quale IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 139 nutenzione di opere ed impianti ��, riconducendo nel suo ambito anche i contratti �misti�, di lavori, forniture e servizi; e i contratti di forniture o di servizi, quando comprendano lavori accessori superiori alla soglia del 50% del valore complessivo del contratto nel quale sono compresi. In questo modo, al criterio dell�accessoriet� � stato sostituito il criterio economico quale discrimine per l�applicazione della legge sui lavori pubblici e le rimanenti discipline (26). Il legislatore italiano ha pertanto evitato che il canone della accessoriet� potesse essere utilizzato, considerato il proprio carattere anfibologico, per eludere la disciplina pubblicistica, ed invocare il caso preferito dalla stazione appaltante. Ha introdotto, invece, accanto al suddetto criterio dell'accessoriet�, quello della prevalenza economica, che trova applicazione solamente nell'ipotesi in cui i lavori non costituiscano l'oggetto principale dell'appalto. 2.2. Global Service Il global service � un contratto atipico, mediante il quale si trasferisce ad un soggetto terzo, avente determinate caratteristiche professionali e struttura aziendale, la realizzazione di diverse prestazioni, finalizzate alla gestione e/o manutenzione di un bene o di un complesso di beni di propriet� della pubblica amministrazione. L'affidatario, considerate le proprie capacit� tecniche, individua le modalit� di svolgimento del servizio, ottimizzando spese e prestazioni, configurandosi in tal senso un'obbligazione di risultato con conseguente traslazione del rischio in capo a quest'ultimo. In tale ottica il global service rappresenta una considerevole capacit� di utilizzazione per le c.d. esternalizzazioni di attivit� delle Amministrazioni Pubbliche. Tale figura contrattuale si caratterizza nell'avere ad oggetto prestazioni eterogenee, che hanno una unica causa concreta. L�eterogeneit� delle prestazioni, costituisce per� un problema circa l'individuazione della disciplina applicabile alla fase di scelta del contraente. Esso � stato risolto dapprima in via una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro". Vedi gi� D. RUBINO �Dell�appalto�, in Commentario del Codice civile, a cura di A. SCIALOJA e G. BRANCA, Bologna, Zanichelli 1961; A. CIANFRONE �L�appalto di opere pubbliche�, IX ed., Milano, Giuffr�, 1993, p. 3-62; P. RESCIGNO �Appalto privato�, in Enc. Giur., Vol. II, Roma, 1988; L.V. MOSCARINI �L�appalto�, in �Trattato di diritto privato�, Vol. XI, Tomo III; �Obbligazioni e contratti�, diretto da P. RESCIGNO, Torino, 1985; C. GIANNATTASIO �L�appalto�, in �Trattato di diritto civile e commerciale� diretto da A. CICU e F. MESSINEO, Milano, Giuffr�, 1977. (26) Appare chiaro il riferimento all�art. 3 del DPR 380/01, ma a sommesso avviso di chi scrive, vanno debitamente tenute presenti le osservazioni contenute nella nota n. 24. 140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 giurisprudenziale, ed in seguito legislativamente con il criterio della prevalenza, introdotto nella L. 109/94, come recepito dalla legge Comunitaria del 2004 (27), ed ora nel Codice dei contratti pubblici. Si pu� forse aggiungere per completezza un�ultima considerazione: il global service in realt� evoca e si collega idealmente ad un concetto di patrimonio pubblico (28) (ad esempio la manutenzione degli uffici ubicati nella sede di una Pubblica Amministrazione), piuttosto che a quello di rete (29). Pi� in generale il global service affluisce nel problema dogmatico dei limiti alla tipicit� della attivit� negoziale della P.A. Si nota, in proposito, una prudente evoluzione del Giudice Amministrativo, soprattutto per quanto riguarda le fattispecie degli appalti e delle concessioni di servizi. Il punto pi� delicato � quello di assicurare che le singole previsioni del bando non compromettano la regola generale della apertura al mercato, della effettiva concorrenza e del rispetto della par condicio tra imprenditori partecipanti (30). 2.3. Contratto misto Il contratto misto � definito nell�articolo 14 del Codice dei Contratti Pubblici. Si � in presenza di un contratto misto, qualora l'esecuzione dell'appalto non possa configurarsi come una serie di attivit� tra loro indipendenti, alle quali attribuire un valore economico differenziato: � pertanto necessario - per comprendere quale sia la disciplina applicabile per la scelta del soggetto affidatario - dare rilevanza all'insieme delle attivit� poste in essere dalle parti, stimando il valore dell�intero ammontare in base al criterio funzionale circa le proporzioni di valore economico, acquisite dalle differenti prestazioni dedotte dal contratto (31). In base alla direttiva 2004/18/CE, qualora si sia in presenza di un contratto (27) R. DI PACE �Il Global Service�, p. 1139 e ss., in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� a cura di C. FRANCHINI, UTET 2007. (28) � noto infatti che, attraverso l�introduzione e la disciplina del concetto economico di �valorizzazione�, si � passati da una attenzione statica al patrimonio pubblico, quale componente del Demanio ovvero del patrimonio disponibile, in ordine al quale il limite era quello della tutela, cio� della conservazione piuttosto che della gestione, ad un concetto economico, per tener conto della eventuale prospettiva di futura alienazione e dismissione del patrimonio stesso. In materia vedi G. TERRACCIANO �Il Demanio quale strumento di finanza pubblica. Profili finanziari e tributari�, Giappichelli, Torino 2003; AA:VV. �I beni pubblici: tutela valorizzazione gestione�, a cura di A. POLICE, cit.; M. RENNA �La regolazione amministrativa dei beni a destinazione pubblica�, Milano, Giuffr� 2004; AA.VV. �Titolarit� pubblica e regolazione dei beni�, a cura dell�AIPDA, Milano, Giuffr�, 2003. (29) Vedi in generale sulla problematica F. DI PORTO �La disciplina delle reti nel diritto pubblico dell�economia�, Volume VI del Trattato del Diritto dell�Economia, diretto da E. PICOZZA ed E. GABRIELLI, Padova, Cedam 2008. (30) R. DI PACE �Partenariato pubblico privato e contratti atipici�, Milano, Giuffr�, 2006. (31) A. BERTOLDINI �La qualificazione degli appalti pubblici a causa mista fra diritto interno e IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 141 misto di servizi e forniture, vige appunto il criterio della prevalenza del valore. Per contro, come sopra esposto, se fanno parte del contratto misto anche i lavori, la disciplina applicabile sar� quella dei lavori pubblici, solamente qualora i lavori non abbiano natura strumentale rispetto all'oggetto principale dell'appalto (32). � necessario anche precisare che l�appalto misto ha un significato funzionale del tutto diverso dalla nozione di �contratto misto� (33). Il secondo � espressione del potere di autonomia negoziale delle parti nel determinare il contenuto anche in modo non rispondente ai tipi legali (art. 1322 c.c.). In particolare, si ha contratto misto quando si combinano in un unico negozio, elementi di diversi tipi contrattuali, che si fondono in un�unica causa; a differenza del contratto collegato, nel quale permane la pluralit� e l�individualit� di ciascun tipo negoziale, e del contratto quadro che pu� contenere una serie di prestazioni ciascuna delle quali former�, successivamente, oggetto di un determinato tipo negoziale (34). Qualora al contrario si usa l�espressione �appalto misto� si deve far rifediritto comunitario: verso un sindacato giurisdizionale sulla funzionalit� prevalente del contratto�, in Foro Amm. C.d.S., 2005; e precedentemente G. GRECO �Contratti misti e appalti comunitari�, in Riv. It. Dir. Pub. Com., 1994., p. 1262 e ss; G. TERRACCIANO �Appalti di servizi e appalti di forniture: individuazione dell'oggetto del contratto e i contratti misti nella disciplina nazionale e comunitaria� in Cons. Stato, 1996, II, p.147. (32) L�articolo 14 cerca di risolvere lo stesso problema della atipicit� che si � sopra descritto per il global service; infatti il comma 4 prescrive che �L�affidamento di un contratto misto, secondo il presente articolo, non deve avere come conseguenza di limitare o escludere l�applicazione delle pertinenti norme comunitarie relative all�aggiudicazione di lavori, servizi o forniture anche se non costituiscono l�oggetto principale del contratto, ovvero di limitare e distorcere la concorrenza�. Inoltre, sempre allo scopo do proteggere il principio di parit� degli operatori, l�art. 15 (qualificazione nei contratti misti), richiede che �L�operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto, deve possedere i requisiti di qualificazione e capacit� prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture, prevista dal contratto�. Vedi sul punto i commentari citati alla nota 4. (33) Si veda sul punto la sentenza della Corte di Giustizia della Comunit� Europea, del 10 aprile 2008, Causa C-412/04 sull�inadempimento della Repubblica italiana per aver adottato con la L. n. 109/94, legge quadro in materia di ll.pp., gli articoli 1 commi 1 e 5 e l�art. 27, commi 2 e 28, in violazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici. Nella sentenza la Corte di Giustizia Europea afferma che qualora un contratto contenga sia elementi riguardanti un appalto pubblico di lavori sia elementi riguardanti qualsiasi altro tipo di appalto pubblico, � l�oggetto principale del contratto a determinare quale direttiva applicare. Inoltre rileva che i lavori non possono giustificare ex se la classificazione del contratto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui gli stessi siano accessori e non costituiscano l�oggetto principale dell�appalto, e pertanto il valore rispettivo delle prestazioni dedotte costituisce solamente un criterio tra altri da considerare ai fini della determinazione principale dell�oggetto del contratto. (34) Sul contratto quadro vedi gi� GITTI �L�accordo quadro di appalto pubblico�, in Contratti, 1995, p. 6, p. 624; pi� in generale MESSINEO �Contratto normativo e contratto tipo� in Enc. Dir. Vol. X, Milano, 1962 p. 116 e ss. Sul concetto di contratto collegato V. LOPILATO, �Il collegamento negoziale�, in Lexfor - Diritto e formazione, rivista giuridica on-line; G. FERRANDO, �Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale�, in nuova Giur.civ.comm., 1997, II, p.233. Sul contratto misto E. DELL'AQUILA, �Riflessioni intorno ai c.d. contratti misti�, in Temi, 1974, p.589. 142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 rimento alle procedure di aggiudicazione che comprendono prestazioni differenti ed eterogenee rientranti in settori distinti. Si tratta di appalti aventi ad oggetto prestazioni tra di loro non assimilabili: ad esse si applica il regime giuridico della tipologia contrattuale economicamente pi� rilevante, atteso il criterio oggettivo introdotto dall�art. 1 della l. 415/98 (recepito dal codice dei contratti) essendo preclusa in tal senso alle parti l�autonomia contrattuale. Vi � quindi un�applicazione peculiare dell�istituto generale previsto dall�art. 1339 c.c. relativo alla integrazione ex lege del contenuto delle clausole contrattuali (35). 2.4. Concessione di servizi e Concessioni di pubblici servizi Riprendendo quanto si � accennato nelle premesse, la fattispecie che ora si esamina � tuttora molto problematica: non solo in Italia ma in quasi tutti gli Stati membri dell�Unione Europea, particolarmente quelli a regime di civil law. Tale problematicit� deriva dalla originaria contrapposizione, di origine francese, tra funzione pubblica e servizio pubblico, e sul piano dell�attivit�, tra attivit� di impero e attivit� di gestione. L�unico elemento comune alle due fattispecie � che in entrambe si manifesta una scissione tra la titolarit� del servizio, che permane in capo alla p.a.; e la gestione dello stesso che si trasferisce ad un privato: proprio nel trasferimento del rischio di gestione si caratterizza per il diritto comunitario la differenza con l�istituto dell�appalto (36). Per quanto riguarda gli altri elementi, viceversa, la Concessione di Servizi ex art. 30 del D.Lgs. 163/06 deve essere tenuta distinta dalla concessione di pubblico servizio, nozione a tutt�oggi molto dibattuta e controversa. (35) Sul punto v. R. GAROFOLI �La disciplina degli appalti misti� in M.A. SANDULLI e V. GAROFOLI �Il nuovo diritto degli appalti pubblici�, Milano, Giuffr�, 2005, p.33. (36) Cfr. Cons. St., Ad. Plen., 3 marzo 2008, secondo cui indicativa dell�individuazione di un �appalto di servizi� � la circostanza per cui l�ente affidante �corrisponde all�affidatario, per l�espletamento del servizio, un canone�; Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362: l�istituto della concessione, ai fini comunitari, si distingue dall�appalto �essenzialmente con riguardo alle modalit� di remunerazione dell�opera del concessionario�. Il �criterio della remunerazione� e del relativo �rischio di gestione� servono a distinguere gli appalti dalle concessioni di servizi non solo quando si tratta di aggiudicare i contratti in questione �a terzi�, intendendosi per tali i soggetti �esterni� all�amministrazione aggiudicatrice, ma anche quando gli appalti e le concessioni di servizi vengono gestiti �direttamente�, ossia secondo le modalit� dell�in house providing, a soggetti interni all�amministrazione o a soggetti che solo formalmente possono considerarsi ad essa esterni, ma che, in realt�, fanno parte dell�organizzazione della stessa amministrazione affidante. La Corte di giustizia europea ha, infatti, affermato che, nel caso in cui un comune si associ ad una societ� costituita da pi� enti locali affidandole direttamente la gestione di un servizio pubblico e la remunerazione della societ� provenga non dal comune, bens� dai pagamenti effettuati dagli utenti del servizio, non � applicabile la direttiva 92/50/CEE, abrogata e sostituita dalla direttiva 2004/18/CE, poich� �tale forma di remunerazione caratterizzata una concessione di pubblici servizi� (CGE, 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant, punti 24 e 25). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 143 La concessione di servizi, a differenza dell�appalto, presenta il vantaggio per il committente, di non sopportare il necessario esborso finanziario che venga a gravare sul soggetto esecutore, la cui remunerazione � affidata esclusivamente al provento della gestione del servizio a favore della collettivit� con il relativo rischio economico di gestione (37). Non a caso dalle indagini statistiche di questi ultimi venti anni si � notata una netta propensione anche per i grandi contratti di lavori pubblici ad utilizzare dapprima la concessione di opera pubblica (in Italia definita come concessione di sola costruzione); ovvero la concessione di lavori pubblici in Italia definita come concessione di costruzione e gestione. Tale propensione era giustificata con la forza dell�elemento fiduciario e dell�intuitu personae che si riteneva connaturata a tali forme di concessioni, ma � venuta meno gi� con le direttive 440/89 (38) e successive che hanno equiparato entrambi gli istituti all�appalto pubblico di lavori. Il legislatore ha, quindi, cercato di intervenire dettando ampi regimi transitori alle concessioni nazionali esistenti, regimi spesso incompatibili con la concorrenza. E si � addirittura astenuto per decenni dal riformare profondamente le concessioni di servizi pubblici locali. Basti pensare che nella legge di riforma delle autonomie locali (39), gli artt. 22 e 23 non dedicavano alcuna disposizione normativa alla procedura di scelta del contraente qualora l�amministrazione avesse deciso di esternalizzare il servizio (40) e si negava, almeno da parte della giurisprudenza, che tale disciplina fosse comunque rinvenibile nella Legge e nel Regolamento di contabilit� pubblica del 1923 (41). In realt� una norma di diritto positivo esisteva ed era contenuta nel Testo Unico per la finanza locale del 1931 (42), secondo cui le concessioni di pubblico servizio locale avrebbero dovuto, di norma, essere attribuite mediante gara pubblica e solo eccezionalmente a trattativa privata. Purtroppo, secondo la colorita espressione di Giannini la trattativa privata divenne la classica �foglia di fico� sia per gli appalti sia, ancor di pi�, per le concessioni. Tornando ora alla concessione di servizi in senso stretto, la definizione contenuta nelle direttiva 18/2004 non consente dubbi:�La concessione di servizi � un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pub- (37) Si veda in proposito F. SAITTA (a cura di) op.cit. �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, p. 997 ss. (38) S. CASSESE �I lavoro pubblici e la direttiva comunitaria n. 440 del 1989�, in Foro Amm., 1989. (39) L. 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali. (40) Cfr. O. M. CAPUTO �La concessione di servizi pubblici locali e l�art. 22, l. 8 giugno 1990, n. 142, fra effetto precettivo e quello (meramente) descrittivo�, in Foro Amm., 1995. (41) R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilit� dello stato. (42) R. D. 14 settembre 1931, n. 1175, Testo unico per la finanza locale, art. 267. 144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 blico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi (�)� (43). Non solo dunque nella concessione rilevano �attivit� a carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettivit��, ma tale imprenditorialit� assume addirittura una valenza ben pi� pregnante che nell�appalto, a ragione del rischio gestionale che vi si riconnette come elemento essenziale. Tuttavia, occorre distinguere la concessione di servizi dall�appalto di servizi, gi� espressamente considerato dalla direttiva CE/92/50 ed ora incorporato nelle direttive CE 17 e 18 del 2004 (44). La distinzione tra concessioni di servizi e appalti pubblici di servizi, infatti, non � nominalistica. Nell�appalto di servizi si applicano le stesse regole dell�appalto di lavori, per quanto riguarda la controprestazione del soggetto committente: essa di norma avviene in numerario (probabilmente per stadi di avanzamento o comunque periodicamente nel caso di somministrazione) e il c.d. rischio di gestione � attratto nella regola generale codicistica della fornitura del servizio a regola d�arte. Esso, quindi, non ha alcun collegamento con il rischio di gestione della concessione. Lo stesso libro verde degli appalti pubblici ha sottolineato che la scelta errata di un tipo di appalto anzich� di un altro pu� essere causa di infrazione comunitaria. Tale principio � applicabile per analogia anche alla distinzione tra appalto e concessione di servizi. Di conseguenza, occorre verificare se la prestazione di servizio � contenuta nell�elenco dei servizi prioritari allegato alla direttiva e se in base all�interpretazione secondo il contenuto oggettivo, l�amministrazione committente ha inteso manifestare la volont� di attribuire un appalto o una concessione. Anche in tale materia vi sono �zone grigie�, per esempio per il servizio r.s.u.: ma qualora il negozio giuridico abbia le caratteristiche oggettive dell�appalto, l�amministrazione lo deve obbligatoriamente attribuire secondo le regole del medesimo (45). Piuttosto, la giurisprudenza dovrebbe allinearsi sulla natura �contrattuale� della concessione di servizi. Infatti, comՏ noto, l�azione indiretta della comunit� europea, mediante la c.d. armonizzazione procedurale, trascina con s� una indiretta armonizzazione sostanziale, cio� sulla qualificazione della natura giuridica degli istituti dalla medesima regolati (46). (43) Dir. 2004/18/CE, art. 1, paragrafo 4. Occorre onestamente riconoscere che anche in sede comunitaria il tormento legato alla nozione � stato pari a quello nazionale. Basti considerare che gi� negli anni novanta dello scorso secolo venne stralciata la definizione dalla proposta di direttiva servizi. (44) ComՏ noto la direttiva CE/92/50 venne trasposta in Italia con due DPR del 17 marzo 1995: n. 157 per i settori aperti alla concorrenza; n. 158 per i settori gi� esclusi dalla concorrenza e successivamente definiti �settori speciali�. (45) Vedi retro rispettivamente nota 4 e 5. (46) Come gi� intuito e proposto da E. PICOZZA, �Il diritto pubblico dell�economia nell�integrazione europea�, Roma, Nis, 1996. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 145 � vero che la giurisprudenza ha ritenuto che l�articolo 30 contenga significative limitazioni della disciplina sugli appalti applicabile alle concessioni di servizi (47). La definizione puntualmente contenuta nell�articolo 2 comma 12 del codice, tuttavia, non lascia adito a dubbi. La concessione di servizi, infatti, viene definita come un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi: ci� che muta totalmente o parzialmente � solo l�obbligazione a carico del committente. Di conseguenza, dovrebbero trovare applicazione le stesse regole che disciplinano il riparto di giurisdizione in materia di appalti pubblici, compreso quello di servizi. 2.4.2. Il difficile equilibrio tra concessione di servizi e concessione di pubblici servizi Nell�attuale ottica denominata �di sussidiariet� orizzontale� (48), la concessione di pubblico servizio rappresenta una forma di cooperazione tra privati e pubblica amministrazione al fine di soddisfare le esigenze della collettivit� (49). Dal punto di vista comunitario, tra la nozione di servizi e di servizi pubblici sussiste un rapporto di genus a species: mentre nella nozione di servizi risulta indifferente la natura pubblica o privata dell�attivit� svolta (art. 50 Trattato CE), il servizio pubblico si caratterizza come servizio di interesse generale economico o non economico (art. 86 ex 90 Trattato CE) (50). Nella concessione, il criterio della proporzionalit� - principio di derivazione comunitaria - pur lasciando margine discrezionale alle amministrazioni sulla definizione dell�obiettivo da raggiungere, impone che il provvedimento adottato sia proporzionale allo scopo prefissato e che si concili con l�equilibrio (47) Cons Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864. (48) Su tale principio e valore fondamentale vedi per tutti T.E. FROSINI �Sussidiariet� (principio di) diritto costituzionale� in Enciclopedia del diritto, Annali II, Milano Giuffr� 2008, pg. 1133, ove amplia bibliografia. (49) Cfr. Sent. Tar Lombardia, Milano Sez. III, 20 dicembre 2005 n. 5633 �Il Collegio � dell�avviso che la fattispecie sia inquadrabile nella concessione di pubblico servizio posto che, sul piano oggettivo, per pubblico servizio deve intendersi un�attivit� economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale (cfr., in termini generali, Cons St., sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325 e Cons. St., sez. VI, n. 1514/2001)�. Tale nozione consente di ritenere superata sia la concezione propria della dottrina dello Stato della c.d. concessione traslativa o esercizio privato di funzioni pubbliche (originariamente sostenuta da Zanobini, 1918, e magistralmente riassunta da A.M. SANDULLI in �Manuale di diritto amministrativo�, XV ed., Napoli, Jovene, 1989, sia la concezione �organizzativa� sostenuta da M.S. GIANNINI in �Diritto Amministrativo�, Milano Giuffr�, 1970, e oggetto di pregevoli studi monografici, tra cui quello di F. TRIMARCHI �Profili organizzativi delle concessioni di pubblici servizi�, Milano 1967. (50) Cos� E. PICOZZA �Appalti Pubblici di Servizi�, Rimini, 1995 e B. RAGANELLI �Le concessioni di lavori e servizi� in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� a cura di CLAUDIO FRANCHINI, UTET 2007. 146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 finanziario del progetto in ordine alla durata della concessione, al fine di garantire l�autoremunerazione dello stesso (51). Considerata la delicatezza del tema, si pu� sostenere con ragionevole fondamento, che la Commissione Europea abbia voluto introdurre nelle direttive CE 17 e 18 del 2004 solo un primo segnale di assoggettamento della disciplina delle concessioni alle proprie norme e principi generali; avvertendo l�enorme eterogeneit� di qualificazione e di trattamento che a tale istituto viene riservato nei singoli Stati membri (52). Ci� al punto che, differentemente da quanto disciplinato per gli appalti pubblici, la norma citata si limita ad un primo tentativo di armonizzazione sostanziale e procedurale (53). Quella sostanziale consiste nella qualificazione della stessa come un contratto solo qualora il concessionario sia messo nell�effettiva condizione di remunerarsi attraverso la gestione del servizio, sopportando il c.d. rischio di gestione. Non deve indurre a facili entusiasmi, infatti, la comune denominazione di �contratto di servizio� che assume l�originario disciplinare di concessione. Infatti, sia la dottrina che la giurisprudenza estendono l�effetto di armonizzazione sostanziale solo in caso di sicura identificazione della fattispecie come appalto di servizi (54). Quanto infine all�armonizzazione procedurale, essa � tuttora di origine pretoria, poich� la Corte di Giustizia Europea ha dettato una serie di principi da applicarsi alle procedure di gara. Tali principi sono stati coraggiosamente applicati dall�articolo 30 del Codice dei contratti pubblici (si richiama qui quanto osservato in premessa), che, tuttavia, non risolve il dibattito sulla natura giuridica del contratto di servizio, componente essenziale della concessione. Volendo riassumere i principali orientamenti dottrinari e giurisprudenziali, essi si possono cos� schematizzare.: a) una parte della dottrina e della giurisprudenza si attiene al rapporto tradizionale tra concessione e contratto (55). Esso, in quanto contratto ad oggetto pubblico (Giannini), sarebbe del tutto subordinato alla concessione, di guisa che la decadenza della prima comporterebbe l�automatica inefficacia del secondo; (51) Vedi sul punto G. MODAFFERI �Soluzioni comunitarie alle patologie degli appalti pubblici�, Giappichelli, Torino, 2008, p. 406 e ss. (52) Vedi retro nota n. 10. (53) Cfr. art. 30 D.lgs. 163/2006, Codice dei contratti pubblici. (54) Sul concetto di armonizzazione sostanziale e procedurale e sulle loro differenza cfr. E. PICOZZA �Il diritto pubblico dell�economia nell�integrazione europea�, Roma Nis, 1996. (55) C.E. GALLI �Disciplina e gestione dei servizi pubblici economici: il quadro comunitario e nazionale nella pi� recente giurisprudenza�, in Dir. Amm. 2005; V. DOMENICHELLI �I servizi pubblici locali tra diritto amministrativo e diritto privato�, in Dir. Amm., 2002. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 147 b) secondo una teoria intermedia, il contratto concessorio andrebbe piuttosto inquadrato nella categoria generale degli accordi tra privati e pubblica amministrazione, disciplinati in via generale dall�art. 11 della legge sul procedimento amministrativo n. 241/1990 (56), con tutte le conseguenze che ne derivano. Questa tesi ha essenzialmente il pregio di risultare simmetrica con la norma sul riparto di giurisdizione di cui all�art. 5 della Legge Tar (57), anche se l�originario riferimento ai servizi pubblici � stato espunto dal medesimo articolo, ed � confluito attraverso l�art. 33 del D.lgs 80/1998 (58), nell�attuale art. 7 della L. 205 del 2000. Il vantaggio dell�applicazione della medesima consiste essenzialmente nel principio di concentrazione di giurisdizione esclusiva in capo al giudice amministrativo di tutte le controversie (59), comprese quelle riguardanti l�esecuzione del rapporto negoziale, a differenza di quanto ribadito dalla Corte di Cassazione a SS.UU. con la sentenza 27169/2007 e successive. � noto infatti che le controversie in materia di esecuzione degli appalti pubblici siano riservate al G.O., anche se residua un conflitto interpretativo tra la medesima Cassazione e il Consiglio di Stato, sull�individuazione del giudice competente a pronunciarsi in via principale sulla sorte del contratto a seguito dell�annullamento dell�aggiudicazione. c) Infine, secondo una tesi di chiara derivazione europea, anche la concessione di servizi pubblici dovrebbe essere equiparata ad un contratto (ovvero in altri termini � la procedura ad evidenza pubblica ad avere un rilievo strumentale rispetto al contratto di servizio), con la conseguenza che anche in tal caso, le controversie nascenti dal rapporto concessorio dovrebbero essere di competenza del G.O: come si � accennato in precedenza, questa sembra in effetti la tesi pi� aderente al diritto comunitario, anche se, paradossalmente, potrebbe violare il principio di concentrazione dei processi, che costituisce una delle principali applicazioni del principio, anch�esso comunitario di effettivit� della tutela giurisdizionale. (56) G. GRECO �Contratti e accordi della pubblica amministrazione con funzione transattiva (appunti per un nuovo studio)�, in Dir. Amm., 2005; idem �Accordi e contratti della pubblica amministrazione, tra suggestioni interpretative e necessit� di sistema�, in Dir. Amm., 2002; idem �Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto�, Torino, Giappichelli, 2003; idem �Le concessioni di pubblici servizi tra provvedimento e contratto�, in Dir. Amm., 1993, p. 381 e ss. (57) Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali. (58) Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 80, Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59. (59) R. IANNOTTA �La nuova giurisdizione esclusiva sui servizi pubblici� in Foro Amm. TAR, 2004. 148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 3. Complessit� della tematica in materia di pubblici servizi e rapporti con i principi del diritto europeo Alla materia dei pubblici servizi non � applicabile il principio dell�analogia con il diritto comunitario, poich� ivi non esiste una nozione di pubblico servizio comparabile con quelle nazionali, ma solo quella di �obblighi di servizio pubblico�che ha portata ben pi� restrittiva (60). Per il resto, la nozione si inserisce in quella pi� ampia di servizi di interesse generale economico e non economico. Secondo l�orientamento comunitario, i servizi d'interesse generale designano attivit� di servizio, commerciali o non, considerate di interesse generale dalle autorit� pubbliche e soggette quindi ad obblighi specifici di servizio pubblico. Essi raggruppano sia le attivit� di servizio non economico, sia i servizi di interesse economico generale. In tal senso sono assoggettate alle condizioni di cui all'articolo 86 (ex articolo 90 del Trattato), solamente le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale. A seguito del dibattito nato nel maggio 2003 con l�aggiornamento del Libro verde sui servizi di interesse generale, nel maggio 2004 la Commissione ha adottato un libro bianco, in cui si chiarisce la linea di condotta seguita dall'Unione europea, per favorire lo sviluppo di servizi d'interesse generale: in esso si espongono gli elementi pi� rilevanti di una strategia mirata a mettere a disposizione dei cittadini e delle imprese dell'Unione, servizi d'interesse generale facilmente usufruibili e di qualit�. La Corte Europea, in tutte le sentenze emesse a riguardo, ha sempre lasciato agli Stati membri la possibilit� di gestire direttamente i servizi, ivi compreso l�in house providing (61), oppure esternalizzandoli (62). (60) Come ha colto la dottrina (E. PICOZZA �Diritto dell�economia disciplina pubblica�, volume II, del �Trattato di diritto dell�economia� cit.), nel linguaggio comunitario l�obbligo di servizio pubblico costituisce una integrazione in via legale o amministrativa degli elementi essenziali del contratto. In altri termini la Comunit� ritiene che nel rilasciare autorizzazioni e/o concessioni per l�espletamento di servizi di interesse economico generale, gli Stati membri possano includere il rispetto di determinati obblighi, appunto, di servizio pubblico. Essi possono riguardare tanto le condizioni di fornitura del servizio (e in tal caso la nozione confluisce in quella di servizio universale), quanto la protezione di interessi pubblici di particolare valore: ambientali, paesaggistici e territoriali. In entrambi i casi una volta inseriti nel contenuto del contratto di servizio anche gli obblighi di servizio pubblico diventano elementi essenziali della prestazione a carico del privato. (61) F. DEGNI �Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza: alla tutela di un punto di equilibrio�, in Foro Amm. TAR, 2005; F. LIGUORI �I servizi pubblici locali: contendibilit� del mercato e impresa pubblica�, Giappichelli, Torino, 2004; S. COLOMBARI �Delegazione interorganica ovvero in house providing nei servizi pubblici locali�, in Foro Amm. C.d.S. 2004; S. COLOMBARI �La gestione dei servizi pubblici locali: nuove problematiche (in parte antiche)�, in Foro Amm. C.d.S., 2003; M. DUGATO �Le societ� per la gestione dei servizi pubblici locali�, IPSOA, 2001; F. FRACCHIA �Servizi pubblici e scelta del concessionario�, in Dir Amm., 1993. (62) Tale tesi trova conferma nelle considerazioni contenute nella sentenza Teckal , poi successivamente ribadite dal Giudice comunitario nella sentenza Teleaustria, Corte di Giustizia 7 dicembre IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 149 Quando tuttavia il servizio viene dato in concessione, si devono applicare gli stessi principi generali che valgono in materia di appalti (63). Infatti, nell�ambito dei servizi pubblici, ancorch� resi tramite modello in house, deve essere comunque assicurato il rispetto della concorrenza e la massima trasparenza (64). In tale contesto, anche se il bando costituisce lex specialis con cui l�amministrazione si vincola nelle procedure ad evidenza pubblica, per giurisprudenza consolidata i principi comunitari in materia di appalti - gi� contenuti nel Trattato istitutivo CE, e oggetto di corposa elaborazione da parte della Corte di Giustizia Europea (65) - trovano diretta applicazione negli Stati membri, non necessitando di alcuna interpositio da parte dei pubblici poteri nazionali (66). La questione riguardante il limite entro il quale gli Stati membri possono dettare una regolazione autonoma, sia di concetto che del relativo regime giuridico del servizio pubblico, soprattutto a carattere locale, rimane tuttavia controversa (67). I settori dell�ordinamento italiano, la cui disciplina � influenzata dal diritto comunitario, presentano elementi di criticit� dettati dalla necessit� di favorire l'integrazione europea attraverso procedure che assicurino alla Ce un ambito di intervento ancora pi� esteso. Tali procedure sono individuabili attraverso: a) l'introduzione di maggiori poteri e competenze tramite la procedura di 2000, causa C-324/98. Per un commento a proposito vedi FERRONI, in Osservatorio Comunitario, Urbanistica e Appalti, 2000, 921. (63) Cfr T.A.R. Puglia, Bari, III, 9 giugno 2004, n. 2483, �in riferimento alle gare aventi ad oggetto l�affidamento a terzi non del semplice svolgimento di funzioni pubblicistiche, ma di attivit� a carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettivit�, considerano necessario l�impiego dello strumento dell�appalto di servizi in luogo della concessione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, nr. 4688/00 cit.)�. (64) Vedi Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione 3 marzo 2008 n. 1. cfr. C. Giust. CE: 13 settembre 2007, C-260/04; sez. I, 13 ottobre 2005, C-458/03. (65) Si vedano in proposito le recentissime sentenze C. Giust. CE. Con la prima, del 10 settembre 2009, C-537/07, Sea S.r.l. contro Comune di Ponte Nossa, relativa ad un appalto di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti urbani, si � precisato che i principi di parit� di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza, cos� come l�obbligo di trasparenza che ne discende, non ostanto ad un affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una societ� in house providing. Gli stessi principi (di libera concorrenza, trasparenza e parit� di trattamento) sono stati successivamente riconosciuti dalla Corte di Giustizia con la pronuncia del 14 ottobre 2009, C-196/08, che ha visto contrapposte la societ� Acoset Spa alla Conferenza dei sindaci quale organo di gestione dell�Ambito Territoriale Ottimale idrico di Ragusa, anche nelle ipotesi di affidamento diretto di servizio pubblico, nel caso di specie di servizio idrico e di lavori connessi, a societ� mista nella procedura ad evidenza pubblica per la selezione del socio privato, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti al servizio da svolgere. (66) F. GAVERINI �Alle radici dell�in house providing: la giustizia amministrativa si rimette alla Corte di giustizia CE�, in Foro Amm. TAR, 2004. (67) Vedi retro nota n. 2. 150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 integrazione prevista dall'art. 308 (ex art. 235) del Trattato CE, che consente, con decisione unanime del Consiglio, su proposta della Commissione previa consultazione del Parlamento, nuove azioni non previste dal Trattato, se ritenute fondamentali per raggiungere gli obiettivi Comunitari (c.d. tesi dei poteri impliciti); b) il principio di sussidiariet� nelle materie di competenza non esclusiva della CE (art. 5 Trattato Ce). Tale principio � stato peraltro trasposto nel sistema nazionale, in modo difforme rispetto a come viene originariamente interpretato ed applicato nell�ordinamento europeo: in quest'ultimo contesto, infatti, esso viene attribuito alla CE, divenendo cos� un ulteriore strumento che concorre ad integrare l'intervento comunitario rispetto alla disciplina nazionale (68). Un ulteriore punto che merita di essere approfondito riguarda le modifiche che il Trattato di Lisbona, in attesa della ratifica da parte di tutti gli Stati Membri (n.d.r. in vigore dal 1� dicembre 2009), apporta al trattato Ce, relativamente alla regolazione generale da parte del Consiglio; nonch� allo strumento della legge comunitaria, e non agli strumenti di diritto derivato attualmente previsti dai trattati istitutivi della Comunit� e dei principi che da essi discendono (69). In attesa che tali dubbi interpretativi vengano risolti a livello comunitario, alcune ipotesi possono comunque essere escluse per interpretazione: 1. Il caso in cui la concessione sia espressamente qualificata come appalto di servizio dalle direttive CE 17 e 18 del 2004, si deve applicare la relativa disciplina contenuta nel codice dei contratti. Infatti, il principio di prevalenza del diritto comunitario e il carattere self executing delle direttive citate non consentono deroghe. Secondo l�orientamento costante della CGE, infatti, qualora la norma nazionale di ricezione sia incompleta o infedele ( ma non sembra essere questo il caso del Codice dei contratti pubblici), il soggetto leso nelle proprie situazioni giuridiche soggettive immediatamente protette dall�ordinamento comunitario come diritti soggettivi, potr� far valere direttamente presso il giudice competente la violazione della direttiva, con conseguente obbligo di disapplicazione delle norme nazionali incompatibili. Come notato dalla dottrina, infatti, l�armonizzazione procedurale trascina quella sostanziale, quindi l�espressa qualificazione dell�atto terminale della procedura come appalto si impone per il principio di prevalenza e di tipicit�. 2. Parimenti va esclusa l�ipotesi dell�appalto misto con prevalenza lavori, (68) Cos� S. A. ROMANO in �L�impatto della CE sull�amministrazione�, atti del Convegno tenutosi all�Universit� LUISS, Roma, 4 maggio 2001. (69) Si vedano, per un approfondimento, F. MASTRONARDI e A.M. SPAN� �Conoscere il Trattato di Lisbona�, Napoli, Simone, 2008; F. GABRIELE �Europa: la costituzione abbandonata�, Bari, Cacucci, 2008 passim ma particolarmente p. 273 e ss; M. C. BARUFFI, Dalla Costituzione europea al trattato di Lisbona, Padova, Cedam, 2008; J. ZILLER, Il nuovo trattato europeo, Bologna, Il Mulino, 2007; P. BILANCIA, M. D'AMICO (a cura), La nuova Europa dopo il trattato di Lisbona, Milano, Giuffr�, 2009. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 151 perch� appositamente regolato dal D. lgs. 163/06 . 3. Pacificamente va esclusa altres� l�ipotesi in cui si abbia una concessione di servizi perch� anch�essa regolata espressamente dal D. lgs. 163/06 (70). 4. Problematica appare, infine, la possibilit� nei casi residui di dichiarare autonomamente la fattispecie come servizio pubblico locale. La giurisprudenza della Corte di Giustizia infatti ha sempre sostenuto l�irrilevanza del criterio nominalistico, anche se dichiarato con legge (ci� varrebbe pertanto anche per l�articolo 112 del TUEL); di contro d� espressamente rilievo al criterio contenutistico e teleologico (come nel caso di specie nell�ipotesi di servizio pubblico rivolto a una collettivit� determinata o determinabile di utenti). Se la ricostruzione sopra prospettata � esatta, si giunge quindi alla necessaria conclusione che l�art. 112 del TUEL deve essere interpretato in conformit� ai principi del diritto europeo e dell�effetto utile (71). Pertanto � proprio �attraverso l�obbligo di interpretazione conforme, oppure attraverso il conseguente obbligo di disapplicazione, che risulta possibile dare una nozione giuridica e non politica del concetto di servizio pubblico locale all�articolo 112 t.u. 267/2000� (72). Come infatti � stato osservato nelle recenti pronunce della Corte Costituzionale (73), il Trattato non si limita a dettare norme programmatiche, ma isti- (70) Vedi retro nota sul contratto misto n. 34. (71) A. LOLLI �Servizi pubblici locali e societ� in house: ovvero la collaborazione degli enti locali per la realizzazione di interessi omogenei�, in Foro Amm. TAR, 2005; F. DEGNI �Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza: alla ricerca di un punto di equilibrio�, in Foro Amm. TAR, 2005; P. PIRAS �I servizi pubblici tra efficienza e fini sociali�, in Dir. Amm., 1996. (72) Cos� E. PICOZZA nella relazione al Convegno IGI del 14 febbraio 2008, Roma, su �La difficile convivenza tra diritto comunitario e diritto nazionale in materia di contratti e concessioni con le pubbliche amministrazioni�. Negli atti della relazione si prosegue sottolineando che �l�obbligo di interpretazione conforme o di disapplicazione grava esclusivamente sul giudice adito (se gi� non lo ha fatto l�amministrazione anche locale nel corso del procedimento ad evidenza pubblica), in applicazione del principio �jura novit curia�, e non sulla parte ricorrente. Ci� comporta l�obbligo per il giudice di disapplicare in parte qua il bando di gara incompatibile con il diritto europeo, indipendentemente dalla richiesta che ne faccia alcuna delle parti perch� tale operazione non attiene al thema decidendum ma alla ricerca della norma da applicare. L�integrazione del diritto comunitario in quello costituzionale come ribadito anche dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale n. 348/349 del 2007 e il progressivo abbandono della teoria �dualistica� nelle relazioni tra i due ordinamenti (c.d. separazione coordinata), comporta che l�indagine sulla norma applicabile appartenga alla ricostruzione della �validit�� del sistema normativo complessivo, e non pi� al solo accertamento della norma applicabile in concreto in quanto prevalente (la giurisprudenza della Corte di Giustizia � ferma da sempre su questo punto v. gi� la sentenza del 22 giugno 1989 sulla causa 103/88). In termini operativi ci� comporta che � del tutto indifferente la qualificazione �nominalistica� di concessione di servizio pubblico data dall�organo politico dell�ente locale o nazionale (v. gi� la sentenza della Corte di Giustizia del 26 aprile 1994 in causa C. 272/91). E che l�eventuale errore nella qualificazione non deve essere oggetto di apposita e tempestiva impugnazione del bando di gara, dovendo proprio questo essere autonomamente interpretato e applicato in modo conforme al diritto europeo, o in subordine disapplicato, da parte del giudice competente�. (73) Cfr. Cost. 406/05, 129/06 e le pi� recenti sentenze n. 348 e 349 del 24 ottobre 2007. 152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tuisce un complesso ordinamento giuridico unitario, in base al quale il principio di disapplicazione � necessario per tutelare e per garantire i principi degli effetti diretti e del primato del diritto comunitario. La Costituzione italiana, peraltro, garantisce tale effetto grazie al combinato disposto dell�articolo 11 e 117, I comma, relativi alla cessione di sovranit� da parte degli Stati membri. Al contrario, la Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo, che di per s� considerata non costituisce un ordinamento sopranazionale, troverebbe applicazione ai sensi dell�art. 117, che non comporta per il giudice nazionale l�obbligo di disapplicazione delle leggi confliggenti con gli obblighi convenzionali, bens� quello di dichiararne l�illegittimit� costituzionale da parte della Corte Costituzionale medesima (74). Come infatti taluni hanno affermato �.. il Giudice amministrativo - nolente o volente - � stato attratto nel circuito dell'ordinamento comunitario, � stato assorbito nella organizzazione della giustizia amministrativa comunitaria. In questa rivoluzione copernicana che lo sta coinvolgendo, il Giudice Amministrativo � stato munito - dalla Giurisprudenza della Corte di Giustiziadi ampi poteri creativi e financo conformativi, ad esso devoluti al precipuo scopo di pervenire alla completa attuazione dell'ordinamento comunitario� (75). Come si pu� notare dalle osservazioni che precedono, la soluzione del problema globale delle concessioni � lungi dall�essere quantomeno compiutamente affrontata. Da un punto di vista dogmatico, infatti, l�istituto della concessione non appare unitario neanche alla stregua dei singoli ordinamenti nazionali. Trova ancora applicazione concreta infatti la summa divisio tra conces- (74) Si veda per un commento alle sentenze 348 e 349 del 24 ottobre 2007, E. CANNIZZARO su Guida al Diritto, Diritto Comunitario e Internazionale, n. 3 2008, p. 17 e 18. (75) Si vedano gli atti della Relazione al Convegno di Lecce del 21-22 Novembre 1997: "Evoluzione della giustizia amministrativa - Integrazione europea - Prospettive di riforma" di CARLOMODICA. In tale Relazione si enucleano i principi dai quali si desume la supremazia del diritto comunitario e i loro corollari: a) il principio dell'obbligo di disapplicazione, da parte dei Giudici e delle Pubbliche Amministrazioni nazionali, degli atti normativi nazionali incompatibili con la normativa comunitaria; b) il principio della resistenza delle norme di interesse comunitario sulle norme nazionali sopravvenienti (o successive); c) il principio del controllo diffuso di costituzionalit�; d) il principio secondo cui gli Stati dell'Unione non possono giustificare il ritardo nell'attuazione del diritto comunitario in ragione del loro assetto interno di riparto di competenze e di poteri; e) il principio della necessaria cooperazione fra giudice nazionale e giudice comunitario, cooperazione da attuarsi mediante il meccanismo del c.d. "rinvio pregiudiziale di interpretazione"; f) il principio - non ancora pienamente affermato, ma in via di elaborazione - della assoluta inderogabilit� del diritto comunitario; principio comportante secondo parte della dottrina la rilevabilit� d'ufficio del vizio di violazione della normativa comunitaria; o, nella sua pi� estrema e rigida postulazione, la rilevabilit� d'ufficio della nullit�, per carenza assoluta di potere, dei provvedimenti amministrativi adottati in violazione della predetta normativa; g) il principio della sindacabilit� da parte del Giudice comunitario dei rimedi processuali di diritto interno. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 153 sioni costitutive e concessioni traslative. In secondo luogo la concessione di beni pubblici implica analisi e soluzioni di complesse problematiche molto diverse da quelle riguardanti la concessione di servizi (pubblici) (76). Vi sono inoltre figure intermedie, quali le concessioni di attivit�, di funzioni pubbliche, di rapporti, di singoli atti, come approfondito dalla migliore dottrina (77). In tali casi, il diritto comunitario si attiene comunque ad un criterio sostanzialistico, negando che la partecipazione del privato all�esercizio di pubblici poteri venga sottratta all�obbligo di concorrenza, se non si dimostra che detta attivit� � una diretta proiezione delle funzioni sovrane dello stato membro. Inoltre, non di rado la differenza fra concessione e autorizzazione si riduce a poco pi� di un mero nomen juris, al punto che gi� nella terza �Legge Bassanini� (78) si proponeva di sostituire molteplici procedimenti concessori con provvedimenti autorizzatori. Attese queste vistose difficolt�, si comprende meglio perch� la Commissione Europea, sulla base di numerose sentenze della Corte di Giustizia, abbia preferito tentare di affrontare con il nuovo articolo 17 del Trattato di Lisbona, solamente la portata e il campo di applicazione dei servizi di interesse generale a contenuto economico, i quali dovrebbero essere oggetto di una regolazione comunitaria complessiva. Per completare, � opportuno rilevare che quanto ai servizi di interesse generale a contenuto non economico, la Commissione Europea ne lascia alle identit� nazionali degli Stati Membri sia la qualificazione, sia il trattamento normativo, imponendo tuttavia il rispetto dei principi generali sulla concorrenza nelle ipotesi in cui le Pubbliche Amministrazioni intendano esternalizzare tali servizi mediante il ricorso al mercato (79). (76) Vedi retro, nota 3, in particolare i saggi riguardanti i regimi dei beni pubblici e concessioni. Tuttavia, almeno per quanto riguarda l�esperienza del demanio marittimo, si va affermando l�obbligo della procedura ad evidenza pubblica: ad avviso di chi scrive, in questo caso pi� che di armonizzazione, diretta o indiretta, si deve parlare di influenza del diritto comunitario anche in relazione ai tre principi generali di cui all�articolo 1 della L. 241/90: economicit�, efficienza, ed efficacia. (77) Cfr. M.S. GIANNINI �Diritto Amministrativo�, Giuffr�, Milano, 1993, idem �Diritto pubblico dell'economia�, Il Mulino, Bologna, 1994. (78) L. 16 giugno 1998 n. 191, Bassanini ter, Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127, nonche' norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica. (79) Sui servizi di interesse generale vedi G. CAGGIANO �La disciplina dei servizi di interesse economico generale�, Torino, Giappichelli, 2008; in particolare sul servizio universale G. F. CARTEI �Il servizio universale�, Milano, Giuffr�, 2002; M. CLARICH �Servizio pubblico e servizio universale: evoluzione della normativa e profili ricostruttivi�, in Dir. Pub., 1998, p. 187; sul concetto comunitario di obbligo di servizio pubblico A. PERICU �Impresa e obblighi di servizio pubblico�, Giuffr�, Milano, 2001. Vedi anche G. CORSO �I servizi pubblici comunitari�, in Riv. Giur. Quadr. dei Servizi Pubblici, 1999. 154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 L�art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 introdotto con la legge di conversione n. 133 del 6 agosto 2008 c.d. �Legge Tremonti�, disciplina �l�affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica�. Il citato articolo concerne le concessioni e non gli appalti di servizi, poich� i �servizi� a cui tale norma fa riferimento, in quanto �pubblici�, sono quelli che vengono resi non all�amministrazione, ma a favore del pubblico, inteso come (80). Le disposizioni dell�art. 23-bis si applicano, pertanto, esclusivamente alle concessioni di servizi, qualora si tratti di �servizi pubblici locali di rilevanza economica e non anche agli appalti di servizi, che sono disciplinati nel diritto comunitario dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e, in ambito interno, dal D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, c.d. Codice dei contratti pubblici, con il quale � stata data attuazione alle predette direttive. L�art. 23-bis disciplina �l�affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica�. Il conferimento della gestione dei servizi predetti deve avvenire come dispone il comma 2, �in via ordinaria�, a favore di imprenditori o di societ� in qualunque (80) L�Articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del DL 112/2008, cos� dispone: �1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la pi� ampia diffusione dei princ�pi di concorrenza, di libert� di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonch� di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalit� ed accessibilit� dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i princ�pi di sussidiariet�, proporzionalit� e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. 2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di societ� in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunit� europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�. 3. In deroga alle modalit� di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento pu� avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria. 4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicit� alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorit� garante della concorrenza e del mercato e alle autorit� di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. 5. Ferma restando la propriet� pubblica delle reti, la loro gestione pu� essere affidata a soggetti privati. 6. � consentito l'affidamento simultaneo con gara di una pluralit� di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non pu� essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore...�. Cfr. sul punto G. GUZZO �Societ� miste e affidamenti in house nella pi� recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale�, Milano, Giuffr�, 2009; D. ROSATO �I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un passo avanti verso la concorrenza?�, in Rassegna dell�Avvocatura dello Stato n. 3/2008; F. DELLO SBARBA, �I servizi pubblici locali�, cit., p. 195 e ss. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 155 forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica. Il comma 3 consente, tuttavia, che �in deroga� alle modalit� di affidamento �ordinario�, l�affidamento dei pubblici servizi locali di rilevanza economica possa avvenire �nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria�, ossia direttamente secondo le modalit� dell�in house providing. Viceversa, la disciplina comunitaria in materia di affidamenti diretti in house di concessioni di servizi pubblici risulta dalla elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia, secondo la quale tale affidamento � possibile laddove ricorrano i c.d. �criteri Teckal� (81) del controllo analogo e della realizzazione della parte pi� importante dell�attivit� svolta dall�ente affidatario con l�ente pubblico o con gli enti pubblici affidanti. A tali criteri, l�art. 23-bis ne ha aggiunti altri, sia di carattere sostanziale che procedurale. La Corte costituzionale ha affermato che le regole del Trattato CE poste a tutela della concorrenza, sono direttamente applicabili nell�ordinamento interno. La Corte ha aggiunto che alla tutela di tali regole � �finalizzata� anche �la delimitazione effettuata, in via interpretativa, dalla Corte di giustizia, dell�ambito di operativit� del modello gestionale dell�affidamento diretto dei servizi pubblici locali�(82). Nella dedotta prospettiva, appaiono, ad esempio, conformi alle regole del Trattato CE, �nel significato che � ad esse attribuito dalla giurisprudenza comunitaria�, i divieti posti ai �soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante le procedure competitive di cui al comma 2�, dal comma 9 dell�art. 23-bis, giacch� tali divieti �mirano ad assicurare la parit� nella competizione, che potrebbe essere alterata dall�accesso di soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati�. Bisogna, inoltre, evidenziare che la Corte ha riconosciuto che rientri nel potere organizzativo delle autorit� pubbliche produrre da s� beni, servizi o lavori mediante il ricorso a soggetti che, ancorch� giuridicamente distinti dal- (81) Sentenza del 18 novembre 1999, nella causa C-107/98, caso Teckal, riguardante la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di forniture. (82) Cfr. sent. C. Cost., 23 dicembre 2008, n. 439. Osserva sul punto R. GIOVAGNOLI, �Gli affidamenti in house tra lacune del codice e recenti interventi legislativi�, relazione al convegno sul codice dei contratti pubblici del 19 ottobre 2007, Palazzo Spada, per il decennale della rivista Urbanistica e Appalti, in www.giustizia-amministrativa.it, che la disciplina comunitaria, in effetti, ammette i c.d. affidamenti diretti, da intendersi non come affidamenti a trattativa privata ma come manifestazioni del principio di autorganizzazione o di autonomia istituzionale, in virt� del quale �gli enti pubblici possono organizzarsi nel modo ritenuto pi� opportuno per offrire i loro servizi o per reperire le prestazioni necessarie alle loro finalit� istituzionali�. Il diritto all�autonomia amministrativa dei comuni �, d�altra parte, contenuto nella Carta europea delle autonomie locali e ripreso dal Trattato di Lisbona che sottolinea l�autonomia amministrativa regionale e locale nella formazione della identit� nazionale, la quale deve essere tutelata. Ne discenderebbe, �in linea con il principio di sussidiariet�� che �gli enti regionali e locali hanno il diritto di scegliere liberamente la loro forma di prestazione dei servizi di interesse (economico) generale� (parere del Comitato delle regioni del 26 aprile 2006). 156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 l�ente conferente, siano legati a quest�ultimo da una �relazione organica�, c.d. affidamento in house. Nella �prospettiva europea, infatti, la pubblica amministrazione pu� decidere di erogare direttamente prestazioni di servizi a favore degli utenti mediante proprie strutture organizzative senza dovere ricorrere, per lo svolgimento di tali prestazioni, ad operatori economici attraverso il mercato� (83). Il comma 3 dell�art. 23-bis �circoscrive la possibilit� di affidamento diretto a casi del tutto eccezionali, data la difficolt� di individuare ipotesi di impossibilit� di ricorso al mercato in presenza di servizi pubblici locali�. Le amministrazioni locali vengono, pertanto, obbligate a ricorrere, per l�affidamento dei servizi pubblici, a procedure competitive ad evidenza pubblica. Le disposizioni dell�art. 23-bis, commi 3 e 4, non appaiono, quindi, conformi al diritto comunitario, poich� con le stesse viene limitata la capacit� degli enti locali di erogare direttamente, con propri strumenti organizzativi, servizi pubblici essenziali per la collettivit� di riferimento, essendo obbligati, nella maggior parte dei casi, a far svolgere tali servizi ad imprese �terze� individuate mediante procedure ad evidenza pubblica. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell�art. 23-bis, in quanto limitano la capacit� e l�autonomia, costituzionalmente garantita (art. 114, c.2, Cost.), degli enti locali sono applicabili esclusivamente a quei servizi per i quali sussista l�effettiva esigenza di perseguire l�obiettivo, espresso nel comma 1 dell�art. 23-bis, di �favorire la pi� ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libert� di stabilimento e di libera prestazione di servizi�. Per completezza, sembra comunque di poter affermare con ragionevole affidamento che a seguito del DL. 223/06 art. 11 e s.m.i., il modello in house stia progressivamente perdendo il carattere di vera e propria alternativa alla esternalizzazione dei servizi. (83) Sent. Corte Cost. n. 439/2008. A. D'ATENA, in �Sussidiariet� orizzontale e affidamento in house (Nota a Corte Cost. n. 439/2008)�, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2008, esamina la questione dell�applicabilit�, alla materia dei servizi pubblici locali, del principio di sussidiariet� orizzontale di cui all�art. 118 u.c. Cost., questione peraltro non affrontata dalla Corte. Secondo l�Autore �dalla disposizione dovrebbe dedursi che gli enti territoriali elencati dalla norma, in tanto, siano legittimati ad esercitare le attivit� di interesse generale da questa contemplate, in quanto il �privato� (da intendere ovviamente come settore) non sia in grado di dare ad esse adeguata copertura. In conseguenza di ci�, il confronto con il mercato (e con i principi della concorrenza) non dovrebbe avvenire solo dopo che l�ente pubblico ha deciso di non intervenire direttamente, ma anche prima: essendo ragionevole ritenere che l�intervento diretto si giustifichi esclusivamente nel rispetto della logica della sussidiariet�� Risulta ragionevolmente sostenibile che in Italia viga ormai una regola analoga a quella frequentemente enunciata dalle Gemeindeordnungen tedesche: la regola, in forza della quale gli enti territoriali possono assumere direttamente la gestione di attivit� imprenditoriali, solo se siano in grado di farlo a condizioni pi� favorevoli di quelle offerte dal mercato. Infatti, se la decisione di preferenza enunciata dalla norma ha un senso, da essa non possono non dedursi due corollari: a) che la scelta di procedere all�affidamento in house non sia dispensata dal rispetto del principio di sussidiariet�; b) che essa non sia inibita soltanto quando le condizioni offerte dal mercato siano pi� vantaggiose di quelle che l�impresa pubblica (o partecipata) sia in grado di garantire, ma anche � si badi � a parit� di condizioni�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 157 4. Alcuni problemi di convivenza tra diritto nazionale e diritto europeo: portata e limiti del principio di prevalenza Tra i numerosi problemi di corretta applicazione del diritto comunitario nel settore degli appalti e delle concessioni, si pone anche quello dei limiti di disapplicazione del bando, o avviso, di procedura ad evidenza pubblica. Infatti, dal punto di vista processuale, la giurisprudenza amministrativa � piuttosto costante nel ritenere che la condizione dell�azione, consistente nell�interesse a ricorrere, debba presentare i caratteri dell�attualit�, oltre che della concretezza e specificit� nella lesione della situazione giuridica soggettiva del soggetto ricorrente. Al contrario, nel diritto comunitario degli appalti, ed in particolare gi� nelle direttive CE 665/89 e 13/92 (le cui prescrizioni sono confluite nelle direttive CE 17/2004 e 18/2004), si ritiene sufficiente un comprovato rischio di lesione. A livello applicativo, si possono portare quantomeno due fattispecie: a) la prima riguarda l�impugnabilit� immediata della c.d. deliberazione o determina a contrarre, che, secondo un orientamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa, costituirebbe una fattispecie di attivit� interna, non direttamente e immediatamente rilevante all�esterno. Tuttavia, anche questo orientamento � in via di modificazione, a seguito delle numerose pronunce della Corte di Giustizia in materia di appalti in house, le cui determine o delibere sono certamente impugnabili in modo autonomo e diretto, qualora l�affidamento senza gara sia illegittimo perch� non ne sussistevano i presupposti (84). b) la seconda fattispecie � maggiormente complessa perch� riguarda in primo luogo i limiti della impugnabilit� immediata del bando di gara; e, in secondo luogo, l�ambito e l�individuazione del soggetto competente alla sua disapplicazione, in caso di accertata incompatibilit� delle clausole del bando con il diritto comunitario. (84) Corte di Giustizia CE, Sez. I, n. C-26/03 del 11 gennaio 2005, causa Stadt Halle V. Secondo la Corte di Giustizia, un'autorit� pubblica che sia un'amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilit� di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entit� esterne non appartenenti ai propri servizi. In tal caso, non si pu� parlare di contratto a titolo oneroso concluso con un entit� giuridicamente distinta dall'amministrazione aggiudicatrice, non sussistendo, quindi, i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici. La partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata al capitale di una societ� alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta societ� un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi. La Corte, pertanto, conclude ritenendo che nell'ipotesi in cui un'amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell'ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50, come modificata dalla direttiva 97/52, con una societ� da essa giuridicamente distinta, nella quale la detta amministrazione detiene una partecipazione insieme con una o pi� imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici previste dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate. 158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Senza voler ripercorrere le varie posizioni emerse a livello giurisprudenziale, che sono ampiamente note, si pu� ritenere, in linea di massima, sufficientemente pacifico che qualora le clausole del bando impediscano proprio la partecipazione del soggetto interessato, esso abbia l�onere di impugnare il medesimo direttamente ed entro i termini di decadenza dalla sua pubblicazione, non essendo tenuto a partecipare alla gara, che comporterebbe solo un inutile aggravio di spese e rallenterebbe l�attuazione del principio di effettivit� e immediatezza della tutela giurisdizionale. Viceversa, � molto confusa la posizione sui limiti di disapplicazione delle clausole del bando da parte della Amministrazione aggiudicatrice, come pure l�individuazione del soggetto a ci� competente. Sotto il primo profilo, la posizione della Corte di Giustizia � chiara fin dalla sentenza del 1989 in causa 103/88, c.d. caso Meazza (85). In tale occasione, la corte ritenne che l�obbligo di disapplicazione degli atti nazionali, di qualsiasi livello, incompatibili con il diritto europeo non gravasse solo sul giudice ma anche sulla PA, compresa quella locale. La giurisprudenza amministrativa, invece, ha insistito molto, anche di recente, sul carattere di lex specialis del bando e, pi� in generale, sul rapporto con i poteri di autotutela (86). (85) L�Amministrazione comunale di Milano, nell�espletamento di una gara di licitazione privata per la conclusione di un contratto d�appalto per i lavori di ampliamento e copertura dello stadio �G.Meazza�, ha applicato le disposizioni contenute negli articoli 4 dei D.L. 286/87, 302/87 e 393/87. Con questi decreti sono state considerate anomale, in base all�articolo 24 della l. 584/77, le offerte che presentavano una percentuale di ribasso superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse. I citati decreti legge prevedevano, quindi, un criterio di esclusione automatica delle offerte anormalmente basse, senza alcuna possibilit� di contraddittorio con l�offerente. Una disposizione normativa contenuta nella l. 478/87 ha convalidato i provvedimenti adottati nonch� i rapporti sorti sulla base degli stessi. In seguito � stata convalidata la delibera della Giunta municipale di Milano n. 6929, del 6 ottobre 1987, la quale, in applicazione del citato criterio matematico, ha escluso automaticamente in quanto anomala l�offerta della societ� �F.lli Costanzo�, aggiudicando l�appalto alla societ� �Lodigiani�. Tale deliberazione � stata impugnata dalla societ� esclusa innanzi al Tar Lombardia, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell�articolo 29 punto 5 della direttiva comunitaria 26 luglio 1971, n. 305, il quale richiede che l�esclusione delle offerte anomale debba essere preceduta da una qualche forma di contraddittorio tra la P.A. e l�impresa che ha presentato l�offerta, recepita dall�articolo 24 della l. 584/77, nonch� la violazione dell�articolo 11 Cost. e la conseguente inosservanza dei principi stabiliti negli articoli 177 e 189 del Trattato CE. Il Tar, sezione I, dopo aver adito la Corte di Giustizia sull�interpretazione della direttiva citata, ai sensi dell�articolo 177 del Trattato CE, accogliendo il ricorso, con la sentenza n. 554, del 25 novembre 1989, in TAR, 1989, I, p. 116, ha annullato gli atti emanati dall�Amministrazione comunale di Milano, poich� la stessa avrebbe dovuto disapplicare la normativa interna, in quanto contraria a disposizioni comunitarie. Successivamente, il Comune di Milano e la societ� Lodigiani hanno impugnato innanzi al Consiglio di Stato la sentenza del T.A.R. Lombardia; l�appello � stato rigettato con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, n. 452, del 6 aprile 1991, in Cons. Stato, 1991, I, p. 659 e in Foro Amm., 1991, p. 1076. (86) Vedi Cons Stato, Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263, secondo cui la disapplicazione del provvedimento amministrativo non opererebbe autonomamente, dovendo prima esercitare i poteri di autotutela nei confronti del provvedimento incompatibile. Ci sembra di poter criticare con ragionevole fondamento tale presa di posizione, in quanto si tratterebbe comunque di un caso di autotutela �dovuta�, poich� l�in- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159 Questo indirizzo giurisprudenziale non sembra, inoltre, conforme a quello specifico della Corte di Giustizia, secondo la quale - se da un lato le clausole del bando non sono chiare - non cՏ decadenza dai termini di impugnazione dello stesso; dall�altro si concede il rimedio giurisdizionale anche qualora si profilasse l�ipotesi dell�eventuale lesione di un diritto (87). Ancora pi� restrittivo � l�orientamento della giurisprudenza amministrativa sull�individuazione del soggetto competente, eventualmente, a disapplicare le clausole del bando incompatibili. Infatti, la giurisprudenza tende a negare la sussistenza di tale potere in capo alla commissione giudicatrice, stante il carattere di ufficio tecnico straordinario della medesima. Peraltro, se � vero che tale organismo esprime degli accertamenti e delle valutazioni di natura prevalentemente tecnica, non di meno esso fa parte, a tutti gli effetti di legge, dell�Amministrazione aggiudicatrice: una soluzione di compromesso potrebbe essere quella secondo cui, in tal caso, la commissione debba sospendere il proprio sub procedimento e investire della problematica il responsabile del procedimento. Viceversa, in base alla posizione costantemente assunta dalla Corte di Giustizia, secondo cui i giudici nazionali sono i primi organi garanti del corretto adempimento degli obblighi dello Stato membro, non sembra che il giudice nazionale competente possa sottrarsi al potere - dovere di disapplicazione, anche d�ufficio, del provvedimento nazionale incompatibile (88). Il punto � chiaramente controverso, in quanto al fondo della questione si manifesta addirittura un diverso modo di intendere la natura giuridica e le caratteristiche proprie del diritto amministrativo. Per la Corte di Giustizia Europea infatti, a partire dal celebre caso Brasserie (89), il vero e proprio potere teresse pubblico comunitario, al rispetto dei principi e regole posti dal medesimo ordinamento non � suscettibile di valutazione o di parificazione all�interesse pubblico dell�amministrazione aggiudicatrice e meno che mai a quello dei soggetti che abbiano acquisito dal provvedimento incompatibile una posizione giuridica di favore. (87) Vedi Dir. CE 665/89 e 13/92. (88) Vedi sul punto E. PICOZZA �Relazione alla sentenza n. 36 del 15 gennaio 2008 del Consiglio di Stato� Atti del Convegno IGI del 14 febbraio 2008. (89) Sentenza CGE 5 marzo 1996, cause riunite C-46 e C-48/93, casi Brasserie Du Pecheur e Factortame, secondo cui la facolt� di far valere dinanzi ai giudici nazionali le disposizioni del Trattato direttamente applicabili costituisce solo una garanzia minima e non � di per s� sufficiente ad assicurare la piena e totale applicazione del diritto comunitario. Questa facolt�, intesa a far prevalere l' applicazione di norme di diritto comunitario rispetto a quella di norme nazionali, non � sempre idonea a garantire al singolo i diritti attribuitigli dal diritto comunitario e, in particolare, a scongiurare il verificarsi di un danno conseguente ad una violazione di tale diritto imputabile a uno Stato membro. Poich� nel Trattato mancano disposizioni che disciplinano in modo diretto e puntuale le conseguenze delle violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati membri, spetta, quindi, alla Corte, nell' espletamento del compito demandatole dall' art. 164 del Trattato, garantire l' osservanza del diritto nell' interpretazione e nell' applicazione del Trattato, avvalendosi dei canoni interpretativi generalmente accolti, dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario e, se necessario, ai principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. 160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 discrezionale si concentrerebbe nelle c.d. politiche pubbliche, pressappoco assimilabili ai nostri atti di indirizzo e programmazione politico/amministrativa. Le procedure ad evidenza pubblica, invece, in quanto rientranti nell�attivit� di gestione, sarebbero espressione di un potere amministrativo semi o totalmente vincolato, in base alla tipologia di gara scelta dall�Amministrazione aggiudicatrice. Ad avviso della scrivente, pare possibile affermare, sotto questo profilo, che l�orientamento complessivo della giurisprudenza del Consiglio di Stato risenta del carattere maggiormente creativo attribuito al potere discrezionale dal diritto amministrativo italiano: ci� aiuterebbe a comprendere perch� il giudice nazionale spesso si sottragga all�obbligo di disapplicazione c.d. d�ufficio, cio� autonomo e non su istanza delle parti. Il quadro � tuttavia destinato a mutare qualora il Consiglio di Stato decida di seguire la recente linea di indirizzo interpretativo della Corte Costituzionale, sempre pi� favorevole alla teoria monista, e non pi� dualista, dell�integrazione comunitaria. La Corte Costituzionale, infatti, gi� da tempo ha compiuto un passo in avanti sull�obbligo di disapplicazione del giudice nazionale circa la norma interna contrastante con quella comunitaria, senza prescrivere la sospensione del giudizio e la rimessione di una previa questione di legittimit� costituzionale, salvo che non si tratti di giudizi promossi in via principale dallo Stato e volti ad impugnare leggi regionali o delle province autonome (90). In secondo luogo � tuttora aperta la questione se la mancata disapplicazione di norme nazionali incompatibili, o il mancato rinvio pregiudiziale possano costituire violazioni del limite esterno di giurisdizione e non di un semplice limite interno. Ad oggi, come sopra accennato, la Corte Costituzionale si � definitivamente schierata a favore dell�integrazione tra i due ordinamenti. Si tratta quindi di valutare se il compito della c.d. nomofilachia comunitaria spetti al giudice amministrativo e, soprattutto, al Consiglio di Stato ovvero alla Corte di Cassazione a sezioni unite, quale organo di vertice unitario di controllo della legittimit� (91). Si � visto gi�, per esempio, che con l�ordinanza del 13 giugno 2006, in (90) Ci� � ricavabile gi� dalle sentenze Corte Cost., 8 giugno 1984, n. 170; e Corte Cost., 11 luglio 1989, n. 389; tuttavia, solo con la recente sentenza 406/2005, la Corte Costituzionale ha espressamente utilizzato l�art. 117 comma 1, come parametro di legittimit� costituzionale, annullando la legge regionale censurata e configurando la direttiva comunitaria come norma interposta atta ad integrare il parametro interno. Tale principio viene, inoltre, ribadito e confermato nella successiva sentenza 129/2006. Sulla sentenza 406/2005 vedi A. CELOTTO �La Corte Costituzionale finalmente applica il primo comma dell�art. 117 cost.� (nota a margine della sentenza n. 406 del 2005) in www.giustamm.it. (91) Si veda M.V. FERRONI, �Il ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato�, Cedam, Padova, 2005. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 161 materia di omessa pronunzia del Consiglio di Stato sul risarcimento del danno, la Cassazione ha adottato una soluzione innovativa, indirettamente applicabile anche nelle controversie di rilevanza comunitaria, nelle quali trovino applicazione dei principi comunitari della effettivit� della tutela e del giusto processo, intesi anche come pienezza e completezza della tutela (92). Anche recentemente, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito tale punto di vista con la sentenza 30254 del 23 dicembre 2008. Non bisogna, infatti, dimenticare che la materia degli appalti e delle concessioni � attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in base all�art. 5 della L. 1034 del 1971 e, successivamente, con gli artt. 6 e 7 della L. 205 del 2000 e, da ultimo, dell�art. 245 del Codice dei Contratti pubblici (93). Ne consegue che se l�orientamento sopra riportato dalla Cassazione venisse applicato per analogia, la Cassazione ben potrebbe annullare con rinvio le sentenze del Consiglio di Stato che non abbiano accolto la questione pregiudiziale o comunque disapplicato norme e provvedimenti nazionali incompatibili con l�ordinamento europeo (94). Si ritiene invece che vada esclusa la soluzione secondo cui la Cassazione possa direttamente procedere alla disapplicazione o al rinvio pregiudiziale, perch� il Consiglio di Stato viene considerato anche dal diritto europeo come organo di giurisdizione di ultima istanza; esso � obbligato e non facoltizzato a tali adempimenti. La dottrina, infatti, ritiene che l�omessa considerazione di un precedente consolidato della Corte di Giustizia; come pure l�omesso rinvio pregiudiziale, costituiscano casi di responsabilit� civile dello stato membro a causa (92) G. MONTEDORO �Verso il diritto comunitario europeo degli appalti: spunti di riflessione in tema di effettivit� della tutela�, in Foro Amm., 1995. (93) Vedi gi� A. CORASANITI, �La nuova giurisdizione in materia di concessioni dopo l�art. 5 della l. n. 1034 del 1971�, R.T.D.P., 1976. (94) Il rinvio pregiudiziale � disciplinato dall�articolo 234 del Trattato CE. In tal modo si consente a qualsiasi giurisdizione nazionale, investita di una controversia, d'interrogare la Corte di giustizia delle Comunit� europee sul diritto comunitario nella misura in cui ne dipende la soluzione della controversia. La ratio �, quindi, quella di favorire la cooperazione attiva tra le giurisdizioni nazionali, l'applicazione uniforme del diritto comunitario in tutta l'Unione europea e, da ultimo, di garantire un controllo giurisdizionale sulla legittimit� degli atti comunitari. Anche se pu� essere richiesto su istanza di una delle parti della controversia, spetta al giudice nazionale pronunciarsi sul rinvio alla Corte di giustizia, rappresentando, altres�, uno strumento di cooperazione giudiziaria tra giudice comunitario e giudici nazionali. Esso d� al giudice nazionale la facolt�, se non pi� propriamente l�obbligo, di chiedere alla Corte di giustizia una pronuncia relativa a quale sia la corretta interpretazione e quindi la portata di una o pi� norme del diritto comunitario e, di conseguenza, se la corretta applicazione di una norma comunitaria precluda l�applicazione di una norma nazionale, trattandosi in tal caso di c.d. rinvio pregiudiziale di interpretazione, ovvero se un atto vincolante, adottato dalle istituzioni comunitarie, sia valido ed efficace anche nello Stato membro del giudice istante, trattandosi in questa seconda ipotesi di c.d. rinvio pregiudiziale di validit�. Vedi sul punto A BARONE �Giustizia comunitaria e funzioni interne�, Bari, Cacucci, 2008. 162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dell�inadempimento, da parte del giudice competente, sull�obbligo di prevalenza del diritto europeo (95). 5. Brevi considerazioni conclusive Dalle analisi che precedono, emerge la difficile convivenza tra diritto comunitario e diritto interno, soprattutto per il regime di quegli istituti che si situano a cavallo tra appalti e concessioni, costituendone una vera e propria �zona grigia�. Sotto questo profilo, nonostante l�apertura dimostrata dagli estensori del Codice dei contratti, l�intera materia delle concessioni attende ancora una uniformazione, o quantomeno, una armonizzazione sostanziale e processuale. Pi� volte la Commissione aveva preannunciato di voler proporre una direttiva specifica sul regime delle concessioni, ma le resistenze opposte dagli stati membri sembrano aver spostato l�intera questione al livello di scelte fondamentali della politica europea nel settore, come sembrerebbe dimostrare la nuova formulazione contenuta nel Trattato di Lisbona e analizzata nel precedente paragrafo 3, secondo cui si rinvia ad una futura normazione di carattere generale. Solo per gli appalti, il panorama normativo � considerevolmente mutato a seguito delle citate direttive 2004/17 e 2004/18, con le quali � stata dettata la nuova disciplina sostanziale delle procedure ad evidenza pubblica. Ad esse si � aggiunta la circostanza che in data 11 dicembre 2007 il Parlamento Europeo ed il Consiglio della Comunit� Europea hanno approvato la direttiva ricorsi 07/66 (96). Infatti, almeno per quanto riguarda l�ambito degli appalti, la nuova direttiva comunitaria sui ricorsi (97) conferma la rilevanza pratica della questione, prescrivendo a tal fine la privazione degli effetti del contratto se il giudice (95) Recentemente la Corte di cassazione a SS.UU., con la sentenza 17 aprile 2009 n. 9147, ha configurato la responsabilit� per inadempimento del diritto europeo, da parte di un potere legislativo interno, come obbligazione indennitaria ex lege, secondo i principi generali in materia di obbligazioni civili, dettati dall�art. 1218 c.c. Ad avviso di chi scrive, tale soluzione ben potrebbe applicarsi per analogia anche alla fattispecie sopra esaminata di inadempimento al diritto comunitario per responsabilit� del giudice nazionale. (96) Fra i primi commenti alla direttiva BARTOLINI � FANTINI, �La nuova direttiva Ricorsi�, in Urbanistica e Appalti, 2008/10, pp. 1093 ss.; G. GRECO, �La Direttiva 2007/66/ Ce: Illegittimit� comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti�, in www.Giustamm.it ; M. LIPARI, �Annullamento dell�aggiudicazione ed effetti del contratto: La parola al diritto comunitario�, in www.Giustamm.it, e anche in Il Foro Amm. Tar, 2008/1, pp. XLV ss. (97) La Direttiva Parlamento Europeo Consiglio CE 11/12/2007, n. 2007/66/CE dell�11 dicembre 2007 (Gazzetta ufficiale dell�Unione europea del 20 dicembre 2007, IT, L 335/31), in vigore dal 9 gennaio 2009, modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell�efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. La nuova disciplina comunitaria dovr� essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2009. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 163 competente non si � pronunziato almeno sulla questione cautelare. Essa partendo dal presupposto che il rispetto del diritto comunitario degli appalti, inteso principalmente alla luce dei richiamati principi comunitari di tutela del libero mercato e della concorrenza, non abbia goduto fino ad ora, in base alle precedenti direttive ricorsi 89/665 e 92/13, di proporzionate tutele procedimentali e giurisdizionali, si muove essenzialmente su di un diverso profilo. Intende, infatti, garantire principalmente a tutti i partecipanti, la disponibilit� di un arco temporale, intercorrente tra l�aggiudicazione e la stipula del successivo contratto, sufficiente per presentare ricorsi amministrativi e giurisdizionali alla stessa stazione appaltante ovvero ad altro organismo pubblico, o, infine, al giudice competente, assicurando cos� che il contratto non venga - medio tempore - stipulato. Il recepimento della direttiva ricorsi da adottarsi entro il 31 dicembre 2009 rappresenta, pertanto, l�occasione utile e necessaria al fine di regolare l�incidenza dell�annullamento della procedura ad evidenza pubblica rispetto al contratto di diritto privato, mediante l�eventuale adozione di una speciale disciplina di settore. La portata di tale prescrizione � assai ampia, soprattutto nel caso in cui l�interessato, o una pluralit� di soggetti interessati, intenda sottoporre al giudice competente i vizi inerenti all�intera procedura di aggiudicazione e perfino quelli relativi agli atti presupposti; beninteso nei soli casi in cui i medesimi non abbiano avuto l�onere di impugnare in modo immediato e diretto gli stessi atti presupposti. Appare scontato che in tutte le fattispecie controverse, il giudice amministrativo riceva una giurisdizione piena ed esclusiva, comprensiva, ovviamente, dei poteri - doveri di interpretazione degli atti nazionali conforme al diritto europeo degli appalti, e dell�eventuale obbligo di disapplicazione dei provvedimenti e/o operazioni irreversibilmente incompatibili. Pi� complesso � il problema della individuazione del giudice competente a pronunciarsi sul contratto stipulato e/o eseguito in violazione del divieto posto dalla direttiva. Infatti, qualora si segua l�orientamento tradizionale, recentemente ribadito della Corte di Cassazione a SS.UU., spetterebbe pur sempre alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario pronunciarsi sulla sussistenza delle forme di invalidit� e/o inefficacia ipotizzate dalla nuova direttiva ricorsi. Tuttavia, anche la norma comunitaria pare deporre piuttosto a favore di una concentrazione dei poteri del medesimo giudice amministrativo. Tale soluzione, in definitiva, appare maggiormente conforme ad una retta applicazione dei principi comunitari e nazionali sull�effettivit� della tutela giurisdizionale e sui principi del giusto processo. Essa, inoltre, cos� applicata, consentirebbe di sanare il contrasto di giurisprudenza tuttora esistente tra giudice amministrativo e giudice ordinario, sul punto. Per ottenere tale obiettivo, 164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 per�, � forse necessario superare l�orientamento formalistico e restrittivo che si � voluto far risalire alla sentenza della Corte Costituzionale 204/2004 e successive, in base al quale la posizione di diritto soggettivo non pu� mai essere indipendente da una situazione base di interesse legittimo. Infatti, insistendo su tale orientamento la giurisdizione del giudice amministrativo � da un lato piena, ma non esclusiva (98). Proprio su questa base sembra di poter affermare, con ragionevole fondamento, che la Corte di Cassazione continua a considerare la competenza a conoscere principaliter del contratto di appalto pubblico, come questione inerente alla tutela di diritti soggettivi perfetti, e come tale attribuita, viceversa, alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario. ComՏ noto, l�inconveniente di questa impropria doppia tutela � quello di aggravare l�accesso alla giustizia da parte dei soggetti interessati, inconveniente che verrebbe eliminato concentrando sul giudice amministrativo anche il potere di conoscere con efficacia principale, delle forme di invalidit� del contratto a seguito dell�annullamento dell�aggiudicazione. Ancora pi� complessa � la questione della portata e dei limiti di applicazione della direttiva ricorsi ai vizi delle concessioni di servizi. Infatti, da un lato l�equiparazione delle medesime ai normali contratti d�appalto, sembrerebbe deporre a favore di una applicazione analogica dei rimedi approntati dalla direttiva ricorsi anche in caso di impugnazione del procedimento ad evidenza pubblica per l�attribuzione di una concessione di servizi. In senso opposto, peraltro, milita il testo restrittivo adottato dalle direttive CE 17 e 18 del 2004 e dall�art. 30 del Codice dei contratti pubblici. A ci� si aggiunga anche l�orientamento, altrettanto restrittivo, di una parte della giurisprudenza amministrativa (99). Resta, infine, tuttora operante la distinzione, anche tipologica, tra concessioni di servizi e concessioni di pubblici servizi, soprattutto locali, esaminata nei paragrafi precedenti. In buona sostanza, sembra, quindi, potersi affermare che solo in presenza di una specifica disciplina comunitaria potr� dirsi compiuto l�intero processo di armonizzazione in materia di appalti e concessioni: in assenza, la giurisprudenza tender� a mantenere caratteri di frammentariet�, valorizzando, soprattutto, le peculiarit� della disciplina nazionale. (98) Come notato da A. POLICE, �La giurisdizione del giudice amministrativo � piena ma non � pi� esclsuiva�, in Giornale di Diritto Amministrativo, 2004; p. 976. (99) Cfr. in particolare Cons. di Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520, secondo cui le concessioni di servizi sarebbero sottoposte solo ai principi generali dell�ordinamento comunitario nel settore, ma non alle regole specifiche fissate in ordine alla procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 165 Cause riunite C-128/09, C-131/09, C-134/09 e C-135/09 - Materia trattata: ambiente e consumatori - Domanda di pronunce pregiudiziali proposte dal Conseil d'�tat (Belgio) il 6, 9 e 10 aprile 2009 - Convenuta: R�gion wallonne. (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 21622/09). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se l�art. 1, n. 5, della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, possa essere interpretato nel senso di escludere dal suo ambito di applicazione una normativa � quale la legge regionale della Regione vallona 17 luglio 2008, relativa a talune concessioni per le quali sussistono motivi imperativi di interesse generale � che si limiti ad affermare che �ricorrono i motivi imperativi di interesse generale� per il rilascio delle concessioni urbanistiche, delle concessioni ambientali e delle concessioni uniche relative ad atti ed opere da essa elencati e che �confermi� concessioni per le quali viene detto che �ricorrono i motivi imperativi di interesse generale�. 2) Se gli artt. 1, 5, 6, 7, 8 e 10 bis della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE e dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/35/CE, ostino a un sistema giuridico in cui il diritto di realizzare un progetto sottoposto a una valutazione dell�impatto sia conferito da un atto legislativo contro il quale non si pu� esperire ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge che consenta di contestare, quanto al merito e alla procedura seguita, la decisione attributiva del diritto di realizzare il progetto. 3) Se l�art. 9 della convenzione di Aarhus sull�accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l�accesso alla giustizia in materia ambientale, stipulata il 25 giugno 1998 e approvata dalla Comunit� europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, debba essere interpretato nel senso di obbligare gli Stati membri a prevedere la possibilit� di accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge per poter contestare la legittimit� di decisioni, atti o omissioni soggetti alle disposizioni dell�art. 6, per qualsiasi questione di merito o di procedura del sistema sostanziale o procedurale di autorizzazione dei progetti soggetti a valutazione dell�impatto. I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CE 166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 4) Se, alla luce della convenzione di Aarhus sull�accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l�accesso alla giustizia in materia ambientale, stipulata il 25 giugno 1998 e approvata dalla Comunit� europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, l�art. 10 bis della direttiva85/337/CEE, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE, debba essere interpretato nel senso di obbligare gli Stati membri a prevedere la possibilit� di accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad una altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge per poter contestare la legittimit� delle decisioni, degli atti o delle omissioni per qualsiasi questione di merito o di procedura del sistema sostanziale o procedurale di autorizzazione dei progetti soggetti a valutazione dell�impatto. IL CONTESTO FATTUALE Il 31 maggio 2003 la Soci�t� r�gionale wallonne du Transport (S.R.W.T.) depositava una richiesta di concessione urbanistica per il prolungamento di 413 metri della pista principale dell�aeroporto di Liegi. A seguito della realizzazione dello studio di impatto ambientale e della consultazione dei vari servizi sul progetto, era rilasciata una prima concessione alla S.R.W.T. con decreto ministeriale del 9 luglio 2004. Tale concessione veniva poi impugnata dalla Regione fiamminga con ricorso del 9 settembre 2004. Il 4 ottobre 2005 la concessione impugnata veniva ritirata e il 20 ottobre 2005 il fascicolo della procedura veniva trasmesso, in applicazione della normativa vallona, al Ministro fiammingo dei Lavori pubblici, dell�Energia, dell�Ambiente e della Natura. Nelle sue osservazioni del 6 aprile 2006 il Ministro fiammingo riteneva violato l�accordo di cooperazione 4 luglio 2004, relativo allo scambio di informazioni sui progetti con impatto ambientale interregionale e invitava, pertanto, a riprendere ab initio la procedura di domanda della concessione. Tuttavia il 13 settembre 2006 il ministro vallone per le Politiche abitative, Trasporti e Sviluppo territoriale rilasciava nuovamente la concessione urbanistica alla S.R.W.T. Il 17 novembre 2006 i Signori Antoine Boxus e Willy Roua proponevano ricorso per l�annullamento della suddetta concessione urbanistica. Con l�art. 6 della legge della regione vallona 17 luglio 2008, entrata in vigore il 25 luglio 2008, veniva confermata tale concessione �per la quale� - si prevede espressamente - �sussistono i motivi imperativi di interesse generale�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 167 LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO I quesiti proposti sembrano muoversi su differenti piani operativi. Il primo quesito pone infatti - in maniera per la verit� criptica - il problema di come debba intendersi l�art. 1 comma 5 della direttiva 85/337/CE, laddove dispone che �La presente direttiva non si applica ai progetti approvati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l�obiettivo della disponibilit� delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa�. Dal tenore letterale della citata disposizione emerge chiaramente che il provvedimento legislativo, per avvantaggiarsi del regime derogatorio offerto dalla direttiva, deve avere specificatamente ad oggetto un progetto dettagliato delle opere ad impatto ambientale, non potendosi viceversa limitare a sancire la sussistenza di generici motivi imperativi di interesse generale in riferimento ad opere che da esso vengono solo nominate. Sul piano strettamente funzionale va considerato che obiettivo fondamentale della direttiva d�impatto ambientale consiste nell�imporre agli operatori pubblici e privati, all�atto di realizzare un intervento che abbia un significativo impatto sul territorio e sull�ambiente, di evidenziare e valutare i costi e gli effetti che quella determinata iniziativa �scarica� sul territorio interessato, costi ed effetti che possono essere correttamente individuati solo attraverso la partecipazione alla fase di valutazione del progetto di tutti i soggetti la cui vita e le cui abitudini vengono in qualche modo modificati dalla realizzazione delle opere. Tale obiettivo viene normalmente ottenuto, negli Stati a democrazia rappresentativa, anche attraverso l�esame e la valutazione del progetto in sede di assemblea elettiva che sia dotata di un potere legislativo. Il dibattito che si svolge su un progetto effettivamente conosciuto da parte di un�assemblea legislativa, consente agli interessi incisi di essere rappresentati in sede di valutazione e realizza quindi senza necessit� di intermediazione gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 85/337/CE. Distinto problema sembra invece essere affrontato dal Consiglio di Stato del Belgio nei successivi quesiti, nei quali - una volta esperita la procedura di valutazione di impatto ambientale nelle forme previste in generale dalla normativa comunitaria - l�atto di autorizzazione e/o concessione, od anche l�atto finale della stessa procedura VIA, sia adottato nella forma di legge ( cosiddetta legge provvedimento). Secondo il giudice remittente la scelta del procedimento legislativo oltre a comportare un deficit di partecipazione diretta del pubblico interessato, riducendo la stessa a mera azione dei rappresentanti eletti (comunque diversa dalla partecipazione effettiva che pu� compiutamente realizzarsi solo all�interno di un procedimento amministrativo), paralizza i rimedi esperibili dal 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 cittadino per impugnare innanzi agli organi di giustizia l�approvazione di progetti ritenuti lesivi dei propri interessi sostanziali. La procedura legislativa, consentendo una compressione del diritto ad un ampio accesso alla giustizia, anche in virt� di ineliminabili ragioni di politica economica che sorreggono le scelte legislative, costituirebbe nel suo complesso un�eccezione rispetto all�intera disciplina dettata dalla direttiva 85/351/CE e dalla convenzione di Aarhus. La tesi del giudice a quo non � condividibile. L�art. 1, n. 5 della direttiva 85/337/CE, nel sottrarre alla procedura di VIA i progetti pubblici e privati oggetto di un particolare esaminato in sede legislativa, sembra implicitamente ammettere che l�atto finale di autorizzazione e/o approvazione, anche dopo esperita una procedura di VIA, possa consistere in un atto avente forza di legge. Se, ai sensi all�art. 10-bis della direttiva 85/337/CE, su ogni Stato membro incombe l�obbligo di garantire un ampio accesso alla giustizia, dovendo fornire anche �informazioni pratiche� sulle modalit� a tutela del diritto a ricorrere davanti ad un giudice per contestare la legittimit� formale e procedurale delle decisioni inerenti ai progetti con un impatto ambientale importante, nondimeno un�ottica di bilanciamento di interessi contrapposti, potrebbe comunque consentire di limitare il ricorso �alla giustizia�, laddove ricorrano giustificati motivi d�interesse pubblico, che inducono al rilascio della concessione e/o autorizzazione con legge. Inoltre occorre ricordare che lo stesso art. 10 bis della direttiva comunitaria, unitamente all�art. 9 della Convenzione di Aarhus, opera una distinzione tra la posizione giuridica relativa all�accesso alle informazioni, oggetto di una tutela assoluta, e la posizione giuridica soggettiva vantata �per contestare la legittimit� sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni� riguardanti opere ad impatto ambientale: mentre �chiunque� potrebbe procedere contro il diniego di accesso alle informazioni, solo il titolare di un interesse sostanziale o di un diritto potrebbe invece impugnare il provvedimento relativo ad attivit� specifiche per farne valere la violazione, ma tale diritto � �conformato�, anche e soprattutto dalle leggi nazionali Lo stesso art. 10 bis prevede infatti che gli Stati membri provvedano alla necessit� di garantire il controllo giurisdizionale di atti approvativi ed autorizzativi di progetti a rilevante impatto ambientale �in conformit� del proprio ordinamento giuridico nazionale�, per cui nel caso in cui il diritto alla realizzazione di un progetto ad impatto ambientale sia attribuito con legge, nonostante l�impoverimento della tutela che ne deriva, non sembra possibile configurare un obbligo a carico degli Stati di prevedere un ricorso avverso un provvedimento di legge, il quale, in conformit� ai principi costituzionali dell�ordinamento nazionale, pu� essere censurato, solo in presenza di alcuni condizioni, e con limitazioni in termini di cognizione e di accesso, mediante un IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 169 ricorso (indiretto) alla Corte Costituzionale. In conclusione il governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere alle domande pregiudiziali formulate dal Conseil d'�tat (Belgio) che: 1. La deroga prevista dall�art. 1, n. 5, della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, non � applicabile ad un atto legislativo quale la legge regionale della Regione vallona 17 luglio 2008, che, in relazione ad un�opera d�interesse pubblico, si limiti solo ad affermare che �ricorrono i motivi imperativi di interesse generale�. 2. 3 e 4. Gli artt. 1, 5, 6, 7, 8 e 10 bis della direttiva 85/337/CEE, come modificata dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE e dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/35/CE, e la Convenzione di Aarhus non ostano a un sistema giuridico in cui il diritto di realizzare un progetto sottoposto a una valutazione dell�impatto ambientale sia conferito da un atto legislativo contro il quale non si pu� esperire ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge che consenta di contestare, quanto al merito e alla procedura seguita, la decisione attributiva del diritto di realizzare il progetto. Roma, 2 agosto 2009 Avv. Giuseppe Fiengo Causa C-227/09 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Ordinario di Torino il 22 giugno 2009 - Antonino Accardo ed altri/Comune di Torino. (Avvocato dello Stato W. Ferrante - AL 29067/09). LE QUETIONI PREGIUDIZIALI 1) Se, gli articoli 5, 17 e 18 della direttiva del Consiglio della Comunit� Europea 93/104/CE del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell�organizzazione dell�orario di lavoro, vadano interpretati nel senso della loro idoneit� ad essere applicati direttamente nell�ordinamento dello Stato, indipendentemente dalla formale recezione ovvero a prescindere da norme interne che ne restringono l�applicabilit� a determinate categorie professionali, in una controversia in cui si registri un intervento delle parti sociali conforme a tale direttiva. 2) Se sia comunque obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente da tale incidenza diretta, utilizzare una direttiva non ancora recepita o, dopo il recepimento, la cui operativit� pare esclusa da norme interne, quale parametro interpretativo del diritto interno e cio� quale riferimento per scio- 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 gliere possibili dubbi esegetici. 3) Se sia inibito al giudice dello Stato membro adottare una pronuncia di illegittimit� di una condotta, con conseguente riconoscimento di risarcimento danni da fatto ingiusto ed illecito, quando tale condotta appaia autorizzata dalle parti sociali e tale autorizzazione sia coerente con il diritto comunitario, anche nella forma della direttiva non recepita. 4) Se il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato nel senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal paragrafo 2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato, l�intervento delle parti sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema di riposo settimanale. I FATTI DI CAUSA La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia avente ad oggetto la domanda di condanna del Comune di Torino al risarcimento del danno da usura psico-fisica, avanzata da alcuni dipendenti, agenti di polizia municipale, impegnati in servizio per sette giorni consecutivi, una volta ogni cinque settimane, nel periodo 1998 � 2007. L�attivit� lavorativa, organizzata con un sistema di turnazione che assicura un servizio continuativo 24 ore su 24 senza interruzione, garantisce tuttavia ai lavoratori periodi equivalenti di riposo compensativo differiti nel tempo. Il differimento del riposo rispetto al settimo giorno della quinta settimana � frutto di un accordo sindacale del 2 luglio 1986 tra l�amministrazione comunale e i rappresentanti in sede territoriale delle maggiori e pi� rappresentative organizzazioni sindacali italiane. I ricorrenti hanno posto a fondamento della loro domanda la violazione dell�art. 36 della Costituzione e dell�art. 2109 del codice civile, che sanciscono l�indisponibilit� del diritto del lavoratore di godere di un giorno di riposo ogni settimana. LA NORMATIVA COMUNITARIA RILEVANTE Come � noto, la direttiva del Consiglio dell�Unione Europea 93/104/CE, modificata successivamente dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/88/CE del 4 novembre 2003, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell�orario di lavoro. L�art. 5 della predetta direttiva, stabilisce la regola secondo la quale ogni Stato membro adotta le misure necessarie affinch� ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di sette giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di ventiquattro ore. Ai sensi dell�art. 17, paragrafo 1 della medesima direttiva, i singoli Stati IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 171 possono derogare alle disposizioni del citato art. 5 quando la durata dell�orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell�attivit� esercitata, non � misurata e/o predeterminata o pu� essere determinata dai lavoratori stessi, ed in particolare quando si tratta di dirigenti, di manodopera familiare o di lavoratori nel settore liturgico delle chiese. Con riferimento alla causa principale, che concerne agenti di polizia municipale, appare poi di particolare rilievo la norma di cui all�art. 17, paragrafo 2, secondo la quale si pu� derogare alle disposizioni di cui al citato art. 5 per via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, per un determinato elenco di attivit�, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali, ove ci� non sia possibile, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata. L�elenco di cui al citato paragrafo 2 comprende, per quanto qui interessa, le attivit� di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessit� di assicurare la protezione dei beni e delle persone, le attivit� caratterizzate dalla necessit� di assicurare la continuit� del servizio nonch� le attivit� di lavoro a turni. Il successivo paragrafo 3 del citato art. 17 prevede ulteriormente che la deroga all�art. 5 pu� essere effettuata, in generale e quindi non in relazione ad un determinato tipo di attivit�, �mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore�, sempre garantendo il riposo compensativo o, in mancanza, una protezione adeguata. L�art. 18 della direttiva 93/104/CE, rubricato �disposizioni finali�, prevede inoltre che gli Stati membri adottino le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro la data del 23 novembre 1996 o provvedano affinch�, al pi� tardi entro tale data, le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva. LA NORMATIVA NAZIONALE Ai sensi dell�art. 36, comma 3 della Costituzione italiana, �il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non pu� rinunciarvi�. A norma dell�art. 2109, comma 1 del codice civile italiano, �il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica�. 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La direttiva 93/104/CE � stata recepita dallo Stato italiano soltanto con il decreto legislativo del 8 aprile 2003, n. 66. In particolare, l�art. 9, comma 1 di tale decreto legislativo dispone che �il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all�art. 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo � calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni�. Il comma 2 del predetto articolo stabilisce, per quanto qui interessa, che fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1 �a) le attivit� di lavoro a turni� e dispone che �d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall�articolo 17, comma 4�. A sua volta, il citato art. 17, comma 4, precisa che le deroghe possono essere ammesse �soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata�. Nel periodo antecedente al recepimento tardivo della direttiva 93/104/CE nell�ordinamento italiano, la fattispecie del riposo compensativo era stata disciplinata consensualmente dalle parti sociali: prima nell�accordo sindacale recepito con D.P.R. del 13 maggio 1987, n. 268, successivamente nel C.C.N.L. del 14 settembre 2000 e, infine, nel C.C.N.L. del 5 ottobre 2001, i quali prevedono che al dipendente che, per particolari esigenze di lavoro, non usufruisce del giorno di riposo settimanale, deve essere corrisposto un compenso aggiuntivo (nel D.P.R. n. 268/1987 pari al 20%, nel C.C.N.L. del 14.9.2000 pari al 50% e nel C.C.N.L. del 5.10.2001 pari al 50% per ogni ora di lavoro effettivamente prestata) �con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro quindici giorni e comunque non oltre il bimestre successivo�. Successivamente alla trasposizione della direttiva in questione ad opera del decreto legislativo n. 66 del 2003, � intervenuto il decreto legislativo del 19 luglio 2004, n. 213, che ha espressamente escluso dall�ambito di applicazione del predetto d.lgs. n. 66 del 2003 il �personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonch� agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attivit� operative specificamente istituzionali�. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Sul primo quesito posto alla Corte Come noto, la possibilit� che possano emergere contrasti tra l�ordinamento nazionale e quello comunitario � stata pi� volte affrontata dalla Corte di Giustizia, che ha affermato che il principio della supremazia del diritto co- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 173 munitario si basa non su una prevalenza gerarchica tra norme ma sull�integrazione dei rispettivi settori d�azione degli ordinamenti. La Corte di Giustizia ha quindi precisato che i giudici nazionali sono obbligati ad applicare integralmente il diritto comunitario, disapplicando le disposizioni nazionali confliggenti. Ci� premesso, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la direttiva in questione sia direttamente applicabile nell�ordinamento italiano prima del suo recepimento e, dopo di esso, a prescindere da norme interne che ne escludano l�applicabilit� a determinate categorie professionali, laddove vi sia stato un intervento delle parti sociali conforme a tale direttiva. I ricorrenti della causa principale assumono che, in assenza di una norma che consenta di derogare agli articoli 36 della Costituzione e 2109 del codice civile, le clausole contrattuali contenute negli Accordi sindacali e nei Contratti collettivi sarebbero illegittime laddove alterano la cadenza del riposo settimanale e ne prevedono il possibile differimento temporale. Al riguardo, considerato che la pretesa volta ad ottenere il risarcimento del danno per usura psico-fisica per non aver potuto fruire ogni settimana del riposo di almeno 24 ore consecutive riguarda il periodo1998 � 2007, � fuor di dubbio che la direttiva � pienamente applicabile ai ricorrenti dalla sua trasposizione nell�ordinamento italiano con d.lgs. n. 66/2003 (8 aprile 2003) sino all�emanazione del d.lgs. n. 213/2004 che ha escluso l�applicabilit� del predetto d.lgs. n. 66/2003 agli addetti al servizio di polizia municipale (19 luglio 2004). Le perplessit� interpretative potrebbero riguardare al pi� il periodo precedente e quello successivo. Come correttamente osservato dal giudice del rinvio, per�, apparirebbe paradossale regolare il medesimo rapporto lavorativo in tre modi diversi a seconda del periodo di riferimento e pur in presenza di fonti contrattuali che hanno sempre autorizzato la deroga al riposo settimanale, con contestuale previsione del riposo compensativo da fruire entro un breve termine con una maggiorazione della retribuzione, beneficio peraltro non previsto dalla direttiva. In proposito, va ricordato che l�art. 18, paragrafo 3 della direttiva precisa che la stessa fissa dei requisiti minimi da rispettare ma che la sua attuazione non deve costituire una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori. Pertanto, se la contrattazione collettiva contemplava un compenso aggiuntivo per il riposo compensativo, il fatto che la direttiva non lo preveda non significa che questa maggiore tutela del lavoratore debba essere eliminata. A ben vedere poi sia l�art. 36 della Costituzione, sia l�art. 2109 del codice civile si limitano a dire che il lavoratore ha un diritto irrinunciabile al riposo settimanale ma non vietano espressamente il suo differimento (non tutte le set- 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 timane ma una volta ogni cinque settimane) in presenza di esigenze lavorative che impongano una continuit� del servizio, come nel caso degli agenti di polizia municipale. Il riposo settimanale non � soppresso, n� � monetizzato ma solo rinviato e deve essere fruito di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo, con un compenso aggiuntivo. Anche non volendo ritenere immediatamente applicabile la direttiva in questione, si sottolinea che la stessa, all�art. 18, paragrafo 1 impone agli Stati membri non solo di attuarla entro il 23 novembre 1993 ma di prendere tutte le misure necessarie per poter garantire �in qualsiasi momento� i risultati imposti dalla stessa. Pertanto, anche a prescindere da un suo formale recepimento, gli accordi sindacali e i contratti collettivi che gi� ne anticipavano il contenuto sono da ritenersi pienamente applicabili perch� conformi al diritto comunitario. Analogamente � da dirsi per il periodo successivo all�entrata in vigore del d.lgs. n. 213/2004 in quanto l�avvenuta sottrazione di alcune categorie professionali alla disciplina del d.lgs. n. 66/2003 non pu� che significare l�esclusione di eventuali ulteriori protezioni accordate da tale normativa (in ragione del rilevante interesse pubblico sotteso alla continuit� del servizio prestato dalle forze di polizia, dalle forze armate e dalla polizia municipale) ma certamente non il venir meno delle garanzie minime assicurate dalla direttiva e cio� un periodo equivalente di riposo compensativo. Sul secondo quesito posto alla Corte Anche al secondo quesito va data risposta positiva. La supremazia del diritto comunitario comporta infatti l�obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente dalla diretta applicabilit� di una direttiva non ancora recepita, di utilizzarla quale parametro ermeneutico del diritto interno anche laddove, dopo il suo recepimento, altra norma di diritto interno sembri circoscriverne la portata. Gli articoli 36 della Costituzione e l�art. 2109 del codice civile, che peraltro non vietano espressamente il differimento del riposo settimanale, limitandosi ad affermare che lo stesso � irrinunciabile, vanno quindi interpretati in modo conforme al diritto comunitario che tale possibilit� prevede esplicitamente a tutela di altri interessi altrettanto importanti quali, nel caso di specie, assicurare la sicurezza e l�ordine pubblico in ogni momento della giornata. Sul terzo quesito posto alla Corte Alla luce di quanto argomentato in relazione ai primi due quesiti, appare evidente che il giudice della causa principale non possa ritenere illegittima una condotta del datore di lavoro non solo espressamente autorizzata dalle parti sociali con varie fonti contrattuali e sindacali ma altres� conforme al di- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 175 ritto comunitario, con conseguente dichiarazione di infondatezza della domanda di risarcimento del danno, non potendosi configurare un alcun illecito. Sul quarto quesito posto alla Corte Quanto all�ultimo quesito, con il quale il giudice remittente chiede alla Corte se il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato nel senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal paragrafo 2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato, l�intervento delle parti sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema di riposo settimanale, si osserva che non pare condivisibile l�affermazione dei ricorrenti secondo la quale l�attivit� della polizia municipale non sarebbe compresa nell�elenco di cui all�art. 17, paragrafo 2. Infatti, la deroga all�art. 5 � consentita dall�art. 17, paragrafo 2 sia per le attivit� di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessit� di assicurare la protezione dei beni e delle persone (punto 2.1, lettera b), sia per le attivit� caratterizzate dalla necessit� di assicurare la continuit� del servizio (punto 2.1,lettera c), sia per le attivit� di lavoro a turni (punto 2.3, lettera a). L�attivit� della polizia municipale possiede tutte le citate caratteristiche. Peraltro, l�art.17, paragrafo 3 prevede la possibilit� di derogare all�art. 5 senza circoscriverla a determinate categorie di attivit� lavorative ma limitando alla fonte contrattuale o sindacale (e non anche alla fonte legislativa, regolamentare o amministrativa) tale prerogativa, il che sta a significare che la contrattazione collettiva - proprio per la partecipazione e il consenso delle parti sociali istituzionalmente deputate a rappresentare le istanze dei lavoratori � sembra avere maggiori margini derogatori della stessa fonte legislativa, regolamentare e amministrativa. Del resto, all�attivit� della polizia municipale, come si � detto, � applicabile sia il paragrafo 2, sia il paragrafo 3 del citato articolo 17. Conclusioni Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito affermando che gli articoli 5, 17 e 18 della direttiva 93/104/CE vadano interpretati nel senso della loro idoneit� ad essere applicati direttamente nell�ordinamento dello Stato, a prescindere da norme interne che ne restringono l�applicabilit� a determinate categorie professionali, in una controversia in cui si registri un intervento delle parti sociali conforme a tale direttiva. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito affermando che � comunque obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente da tale incidenza diretta, utilizzare una direttiva non ancora recepita o, dopo il recepimento, la cui operativit� pare esclusa da norme interne, quale parametro interpretativo del diritto interno e cio� quale riferimento per sciogliere possibili dubbi esegetici. 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il terzo quesito affermando che � inibito al giudice dello Stato membro adottare una pronuncia di illegittimit� di una condotta, con conseguente riconoscimento di risarcimento danni da fatto ingiusto ed illecito, quando tale condotta appaia autorizzata dalle parti sociali e tale autorizzazione sia coerente con il diritto comunitario, anche nella forma della direttiva non recepita. Il Governo italiano propone infine alla Corte di risolvere il quarto quesito affermando che il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato nel senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal paragrafo 2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato � tra le quali peraltro rientra anche quella della polizia municipale - l�intervento delle parti sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema di riposo settimanale. Roma, 16 ottobre 2009 Avv. Wally Ferrante Causa C-275/09 - Materia trattata: ambiente e consumatori - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Belgio) il 21 luglio 2009 - Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a./Vlaamse Gewest. Interveniente: Brussels International Airport Company NV, attualmente divenuta The Brussels Airport Company NV. (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 36589/09). LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Quando siano richieste diverse autorizzazioni per, da un lato, le opere di infrastruttura di un aeroporto con pista di decollo e di atterraggio di almeno 2.100 m, e dall�altro la gestione dell�aeroporto e quest�ultima autorizzazione � l�autorizzazione ambientale � venga rilasciata solo per un determinato periodo, se il termine �costruzione di cui al punto 7.a) dell�allegato I della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione d�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, deve essere inteso nel senso che uno studio sull�impatto ambientale deve essere presentato non solo per la creazione di opere di infrastruttura, ma anche per la gestione dell�aeroporto. 2) Se siffatto obbligo di valutazione dell�impatto ambientale valga anche per il rinnovo dell�autorizzazione ambientale dell�aeroporto, sia nel caso in cui detto rinnovo non si accompagni ad alcuna modifica o estensione della gestione, sia in quello in cui vengano realizzate siffatte modifiche o estensioni. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 177 3) Se ai fini dell�obbligo dello studio dell�impatto ambientale nel quadro del rinnovo di un�autorizzazione ambientale per un aeroporto faccia differenza se uno studio sull�impatto ambientale sia gi� stato predisposto in precedenza, in occasione di una precedente autorizzazione di gestione, e se l�aeroporto venisse gi� gestito nel momento in cui lo studio sull�impatto ambientale � stato introdotto dal legislatore europeo o interno. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Il Governo italiano in via preliminare osserva che i quesiti posti dal giudice a quo presentano aspetti di ambiguit� in relazione ai provvedimenti amministrativi che l�autorit� belga � chiamata ad adottare sull�aeroporto di Bruxelles, pacificamente gi� esistente e funzionante, in epoca anteriore alla stessa introduzione della VIA nell�ordinamento belga. Inoltre non � chiaro nei quesiti che cosa s�intenda per autorizzazione ambientale e come giochi in relazione ad essa l�esistenza di un termine di scadenza. In tale contesto d�incertezza, la Repubblica Italiana propone alcune osservazioni, con esplicita riserva di modifica delle stesse in sede di discussione orale, allorquando gli aspetti di ambiguit� sopra evidenziati si saranno chiariti. Sul primo quesito si ritiene che l�allegato I della direttiva 85/337/CEE con l�esplicito riferimento alla �costruzione� - riferimento non presente in relazione ad altri impianti previsti nello stesso allegato I - faccia puntuale riferimento ad una modifica fisica del sito interessato e non si riferisca a provvedimenti che incidono sulla modalit� di gestione del bene cos� strutturato. Nondimeno la posizione del Governo Italiano resta ferma nel ritenere, in conformit� alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ove un impianto aeroportuale con pista superiore a 2100 m, al momento della sua costruzione, non sia stato assoggettato a Valutazione di Impatto Ambientale, ogni modifica fisica dello stesso impianto, successiva all�entrata in vigore della direttiva europea e del relativo recepimento nell�ordinamento nazionale, comporta l�obbligo di uno studio d�impatto ambientale e della relativa valutazione, che deve ovviamente essere condotta in relazione all�impianto (vecchio e nuovo) nella sua globalit� d�incidenza sul territorio interessato (vedi in particolare sentenza 18 giugno 1998 in causa C-81/96). Ovviamente le decisioni delle Autorit� che statuisce sull�autorizzazione non potranno non tener conto della fisica esistenza (e funzionamento) di un aeroporto con pista di decollo e di atterraggio superiore ai 2.100 metri. Se questa � la premessa, la risposta agli ulteriori quesiti viene per coerenza formulata in senso negativo. Le autorizzazione ambientali (all�emissione di fumi, alla produzione di rifiuti, al rumore etc.), i periodici rinnovi delle stesse 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 e lo stesso rinnovo dell�autorizzazione/concessione alla gestione nella sua globalit�, non attengono alla costruzione di un nuovo bene ed alla localizzazione dell�aeroporto, ma si limitano a scelte concrete sulle modalit� (anche ambientali) per una corretta gestione aeroportuale. Potranno essere negate per ragioni di tutela ambientale, potranno introdursi limiti a modalit� di gestione aeroportuale (ad esempio il divieto di voli notturni), ma le relative autorizzazioni necessitano della specifica procedura di evidenziazione degli interessi ambientali e di partecipazione che caratterizza la VIA. Si propone quindi di risolvere i quesiti nel seguente modo: 1) Il termine �costruzione� di cui al punto 7.a) dell�allegato I della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione d�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, deve essere inteso nel senso che uno studio sull�impatto ambientale deve essere presentato soloper la creazione di nuove opere di infrastruttura. 2) L� obbligo di valutazione dell�impatto ambientale non vale per il rinnovo dell�autorizzazione ambientale dell�aeroporto nel caso in cui detto rinnovo non si accompagni ad alcuna modifica o estensione della struttura aeroportuale. 3) Ai fini dell�obbligo dello studio dell�impatto ambientale, nel quadro del rinnovo di un�autorizzazione ambientale per un aeroporto non � rilevante se uno studio sull�impatto ambientale sia gi� stato predisposto in precedenza, in occasione di una precedente autorizzazione di gestione, e se l�aeroporto venisse gi� gestito nel momento in cui lo studio sull�impatto ambientale � stato introdotto dal legislatore europeo o interno. Roma, 24 novembre 2009 Avv. Giuseppe Fiengo Causa T-314/06 - Materia trattata: politica commerciale - Ricorso presentato il 17 novembre 2006 - Whirpool Europe/Consiglio. (Avvocato dello Stato G. Albenzio - AL 20649/07). LE CONCLUSIONI DELLA RICORRENTE La ricorrente conclude che il Tribunale voglia: � dichiarare nullo il regolamento definitivo nella parte in cui la definizione del prodotto rilevante o somigliante, non comprende tutti i tipi di apparecchi frigo-congelatori di grande volume con almeno due pareti esterne side-by-side; � condannare il Consiglio alle spese. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 179 I MOTIVI E I PRINCIPALI ARGOMENTI La ricorrente, che � un produttore di elettrodomestici in Europa, in particolare di frigoriferi, chiede l'annullamento parziale del regolamento (CE) del Consiglio 25 agosto 2006, n. 1289/2006, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di alcuni frigoriferi side-by-side originari della Repubblica di Corea . A sostegno del ricorso, deduce che le istituzioni comunitarie sono incorse in violazione dell'art. 253 CE, per avere fornito una motivazione insufficiente per l'esclusione degli apparecchi frigoriferi a tre porte side-by-side dall'ambito del prodotto rilevante, specie alla luce delle circostanze della specie. La ricorrente deduce ancora che le istituzioni comunitarie sono incorse in violazione del suo diritto di essere sentita a proposito dell'esclusione all'ultimo momento dei refrigeratori a tre porte side-by-side dall'ambito del prodotto rilevante. La ricorrente afferma inoltre che le istituzioni comunitarie sono incorse in violazione dell'art. 15, n. 2 del regolamento di base, per non avere tempestivamente sentito il parere del comitato consultivo circa l'esclusione dei frigoriferi a tre porte side-by-side dall'ambito del prodotto rilevante. Infine la ricorrente deduce che le istituzioni comunitarie sono incorse in violazione del regolamento di base nel loro approccio nella definizione del prodotto rilevante basandosi sulle caratteristiche fisiche, senza considerare la percezione del consumatore. L�INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO ITALIANO Signor Presidente, signori Giudici, l�intervento del Governo italiano si incentra essenzialmente su due argomenti, l�uno procedurale e l�altro sostanziale. 1. Il primo argomento concerne la necessit� di rispettare le regole dettate dalla normativa in materia per il corretto svolgimento delle procedure attraverso le quali si perviene all�adozione delle disposizioni antidumping, con particolare riferimento al Regolamento CE 22 dicembre 1995 n. 384/96 del Consiglio, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte dei Paesi non membri della Comunit� Europea. L�art. 15, paragrafo 2, recita testualmente: �Il comitato si riunisce su convocazione del presidente. Questo comunica agli Stati membri, nel pi� breve tempo possibile, e comunque non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione, tutti gli elementi d'informazione utili�. Non � revocabile in dubbio che in una procedura di dumping l�inquadramento del prodotto la cui importazione si sospetta avvenga per la vendita sot- 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tocosto nel mercato comunitario sia una �informazione utile� di cui mettere al corrente gli Stati membri; rectius, la definizione del prodotto costituisce, pi� precisamente, informazione essenziale ai fini della procedura. 2. Nel caso di specie, trascorsi 13 mesi dall�inizio di una procedura d�inchiesta approfonditamente svoltasi, la Commissione, nel giro di 9 giorni, cambiava la definizione di prodotto su cui fino a quel momento aveva concordato e ne dava comunicazione ai membri del Comitato Consultivo appena tre giorni lavorativi prima della riunione dello stesso Comitato. La norma appare estremamente chiara, e dunque non pu� non cogliersene la violazione, nel pretendere che le informazioni utili siano trasmesse agli Stati membri non oltre 10 giorni lavorativi anteriori alla convocazione dell�organo consultivo. In tutta evidenza, la ratio di una tale previsione � di consentire agli Stati membri del Comitato di analizzare le questioni che saranno discusse in sede consultiva, di talch� ogni Stato possa essere in grado di portare il proprio punto di vista a tutela dell�interesse dell�industria nazionale e comunitaria. L�inosservanza di tale termine da parte della Commissione, tanto pi� nel modo eclatante in cui si � verificato nel caso de quo (gli Stati hanno avuto a disposizione 7 giorni in meno sui 10 previsti), svuota di contenuto la funzione assolta dal Comitato nella procedura antidumping. 3. L�art. 9, paragrafo 4, del Regolamento prevede che il Consiglio adotti le misure antidumping definitive su proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il Comitato Consultivo: si tratta dunque di un organo specializzato in materia il quale coopera all�adozione delle decisioni del Consiglio mediante le consultazioni, le osservazioni ed i suggerimenti necessari. Al fine di cogliere l�importanza della partecipazione effettiva del Comitato alla procedura fermiamo la nostra attenzione sulla sua composizione, prevista dal citato art. 15: in esso siedono infatti i rappresentanti degli Stati membri designati dalle Amministrazioni nazionali competenti nella materia (per l�Italia, il Ministero del Commercio Internazionale) i quali si affiancano alla Commissione, che � istituzione europea a competenza generale, in una materia altamente tecnica qualՏ quella di cui trattasi, e insieme forniscono al Consiglio il necessario ausilio specialistico per l�assunzione delle sue decisioni. Inoltre, si deve considerare che la partecipazione al Comitato dei rappresentanti degli Stati membri, in posizione di parit� rispetto alla Commissione, serve a bilanciare e coordinare la cura dell�interesse generale della Comunit� (perseguito dalla Commissione) con quella degli interessi nazionali degli Stati interessati dalla misura protezionistica in discussione. Questi due aspetti della rilevanza del ruolo assolto dal Comitato Consultivo nel corso della procedura antidumping restano evidentemente frustrati da una partecipazione disinformata dei singoli membri nazionali all�organo con- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 181 sultivo. E� proprio quanto accaduto nel caso di specie, in cui pochissimo tempo prima della riunione del Comitato i suoi membri venivano messi al corrente di un cambiamento della definizione di prodotto al quale non potevano seriamente opporsi nel contraddittorio del plenum del Comitato, restando in una posizione subordinata ed inerte rispetto a quella della Commissione. Per concludere su questo argomento, osserviamo che le regole di procedura dettate dal legislatore comunitario sono sempre cogenti e non possono essere lasciate all�arbitrio della Commissione che, a seguire il suo ragionamento, sarebbe libera di rispettare o no i termini imposti, di ridurli a piacimento e senza assicurare alcuna parit� di trattamento fra le parti che hanno diritto a prendere parte a quella procedura. Questa pretesa della Commissione e del Consiglio non trova alcun appiglio testuale nel regolamento e si pone in conflitto anche con il principio generale dell�art. 10 del Trattato il quale dispone che i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale cooperazione (in proposito si veda, da ultimo, la sentenza di codesto Tribunale di Primo Grado 30 settembre 2009, T-341/07): questa leale collaborazione � stata in tutta evidenza violata nella fattispecie e, pertanto, la procedura che ha portato all�adozione della decisione 25 agosto 2006 del Consiglio � viziata e vizia il provvedimento adottato che va, pertanto, annullato nella parte in cui modifica la decisione provvisoria del 28 febbraio 2006. 4. Il secondo profilo del nostro intervento concerne la finalit� delle misure antidumping e la necessit� di risolvere nel rispetto di queste finalit� il problema di cui oggi discutiamo, in ossequio al principio espresso nel Regolamento 384/1996, art. 1 e art. 21, il quale significativamente cos� recita: �Per decidere se sia necessario intervenire nell'interesse della Comunit� vengono valutati i diversi interessi nel loro complesso, compresi quelli dell'industria comunitaria, degli utenti e dei consumatori�. Nel caso di specie, la procedura di inchiesta aperta dalla Commissione su denunzia della Whirpool Europe relativamente alla condotta tenuta da esportatori di frigoriferi del modello �side by side� dalla Repubblica di Corea verso i mercati comunitari aveva accertato l�esistenza di condotte di dumping, il danno per l�industria comunitaria e la causalit�, giustificando l�adozione da parte della Commissione, in data 1 marzo 2006, delle opportune misure provvisorie. Merita rilievo, ai fini che ci occupano, la definizione di prodotto accolta dalla Commissione ed espressa nel Regolamento n. 355/2006 del 28 febbraio 2006, art. 2, paragrafo 1: �Il prodotto in esame � costituito da frigoriferi �side by side�, ossia combinazioni di frigoriferi e di congelatori-conservatori con capacit� superiore a 400 litri e muniti di almeno due porte esterne separate, ma adiacenti, originari della Repubblica di Corea e attualmente classificati 182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 al codice NC ex 8418 10 20 �. A parte la constatazione che a tale nozione di prodotto si giungeva attraverso una analisi approfondita degli elementi caratterizzanti la merce ritenuta oggetto di dumping, sia per le sue caratteristiche fisiche sia per la percezione che di essa aveva il consumatore, occorre sottolineare che quella definizione rispondeva esattamente alle finalit� dell�imposizione del dazio come desumibile dagli articoli 1, paragrafi 1 e 4, e 21 del Regolamento 384/1996. Era, infatti, ben chiaro dalla denunzia della Whirlpool, dagli elementi raccolti nel corso dell�istruttoria dalla Commissione e dalla convinzione che ne avevano tratto tutti gli Stati membri del Comitato e la stessa Commissione, che il pericolo per l�industria ed il commercio della Comunit� derivava dalla produzione ed esportazione, senza il rispetto delle regole della leale concorrenza da parte delle aziende coreane, di frigoriferi appartenenti alla categoria merceologica generale side-by-side indipendentemente da alcune caratteristiche esterne dei vari modelli (due o tre porte). In altre parole, la necessit� dell�intervento protezionistico restava immutata in relazione alle diverse configurazioni del prodotto comunque classificabile nella detta categoria; in tal senso, correttamente l�imposizione provvisoria del dazio riguardava tutti i frigoriferi �muniti di almeno due porte esterne separate�. Il successivo mutamento di posizione assunto nel provvedimento di imposizione definitiva del dazio non risponde, quindi, alle finalit� per le quali era stata aperta la procedura e non pone al riparo delle pratiche elusive dei principi della leale concorrenza le industrie comunitarie che producono frigoriferi ricompresi in quella categoria merceologica: la limitazione del dazio agli apparecchi a due porte produce un vantaggio esclusivamente per le industrie coreane interessate ed un danno per quelle europee, traendo in inganno il consumatore sulle caratteristiche e sul reale valore del prodotto; il che � proprio il contrario dello scopo che il legislatore comunitario ha voluto perseguire con il Regolamento 384/1996. Tale finalit� �, infatti, duplice: il presidio dei mercati europei da condotte scorrette che ne alterino gli equilibri mediante pratiche di vendita sottocosto e, al contempo, la tutela del consumatore che, irretito da prezzi assai pi� bassi, trascuri altri aspetti del prodotto. Questo ultimo profilo della ratio degli articoli 1 e 21 del Regolamento evidenzia, inoltre, l�erroneit� della posizione della Commissione e del Consiglio secondo cui non riveste decisiva importanza per la decisione di imposizione di un dazio antidumping la valutazione della percezione del consumatore per il prodotto in esame; trattasi, invece, di un elemento essenziale nell�economia della procedura! Ancora, la decisione che si contesta viola quanto disposto dagli articoli 1, paragrafo 4, e 13 del Regolamento 384 che intendono ampliare l�applica- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 183 zione delle misure protezionistiche a prodotti simili onde non consentire facili elusioni del sistema di antidumping, come sta gi� avvenendo nella specie. Il provvedimento impugnato, quindi, � da annullare anche per la violazione sostanziale dei citati articoli del Regolamento e della ratio della procedura da esso regolata. Per quanto sopra detto si conclude ribadendo la richiesta di annullamento del regolamento oggetto di impugnazione in questa sede per vizio di procedura; in subordine, se ne chiede l�annullamento parziale per vizio sostanziale per la parte che riguarda la definizione di prodotto. Con vittoria di spese. Lussemburgo, 11 novembre 2009 Avv. Giuseppe Albenzio Causa T-49/07 - Materia trattata: politica estera e sicurezza comune - Ricorso presentato il 20 febbraio 2007 - Sofiane Fahas (Milkendorf, Germania)/ Consiglio dell�Unione europea. (Avvocato dello Stato G. Albenzio - AL 11475/09). LE CONCLUSIONI DEL RICORRENTE � annullare la decisione 28 ottobre 2002, 2002/848/CE, che attua l'articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/ 2001, e che abroga la decisione 2002/460/CE, con cui il Consiglio ha emanato un elenco aggiornato delle persone, dei gruppi e delle entit� ai quali detto regolamento si applica, nonch� tutte le decisioni nel frattempo adottate dal Consiglio dell'Unione europea, inclusa la decisione 21 dicembre 2006, 2006/1008/CE, attualmente in vigore, nei limiti in cui riguardano il ricorrente; � dichiarare inapplicabili con riferimento al ricorrente tutte le decisioni summenzionate, inclusa la decisione 21 dicembre 2006, 2006/1008/CE; � condannare il Consiglio dell'Unione europea a pagare al ricorrente, a titolo di risarcimento dei danni subiti, la somma determinata equitativamente dal giudice, per un ammontare minimo per� di EUR 2. 000, 00; � condannare il convenuto alle spese. I MOTIVI E I PRINCIPALI ARGOMENTI Con il ricorso, il ricorrente impugna la decisione 2006/1008/CE e tutte le decisioni precedenti a partire dalla decisione 2002/848/CE , in quanto egli sia espressamente menzionato nel testo impugnato. 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 A fondamento del ricorso il ricorrente fa valere, in particolare, la violazione del suo diritto alla difesa e del suo diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale. Inoltre, la decisione 2006/1008/CE non sarebbe motivata e sarebbe pertanto in contrasto con l�art. 253 CE. L�INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Signor Presidente, signori Giudici, 1 � Come ha correttamente riportato il Giudice relatore nella relazione d�udienza, il ricorrente Sofiane Fahas ha limitato la sua richiesta di annullamento alla decisione n. 2008/583 del Consiglio dell�Unione Europea che ha sostituito le precedenti decisioni menzionate negli altri atti difensivi, rinnovando l�inserimento del ricorrente nelle liste di cui si discute. Poich� le precedenti decisioni del Consiglio non hanno pi� alcun valore e sono sostituite da quella su menzionata e considerato che il ricorrente concentra le sue censure e le sue conclusioni esclusivamente sull�ultima decisione, riteniamo di non dover discutere della loro legittimit� e che ogni ulteriore contestazione sulle stesse sia ormai inammissibile. 2 � Riguardo alla decisione 2008/583 nessuna censura di violazione dei diritti del ricorrente pu� ipotizzarsi, in quanto l�interessato � stato regolarmente e sufficientemente informato delle ragioni del suo inserimento nelle liste ed � stato messo in grado di esprimere le sue osservazioni al riguardo, come ha precisato e documentato il Consiglio nelle sue difese, alle quali nulla abbiamo da aggiungere. Lo stesso pu� dirsi anche per la successiva deliberazione del 2009 che ha confermato l�iscrizione del Fahas nelle liste, secondo quanto � stato specificato nelle difese del Consiglio. 3 � L�intervento del Governo italiano nel presente processo � di piena adesione alle deduzioni difensive ed alle richieste del Consiglio, cui ci riportiamo integralmente per evitare inutili ripetizioni. In questo intervento, quindi, fermeremo la nostra attenzione su alcuni aspetti di carattere generale rilevanti per la decisione. 4 � Il primo concerne la natura cautelare e conservativa della misura di iscrizione nelle liste e delle conseguenze che ne derivano (congelamento dei beni e delle risorse finanziarie e negazione del visto di ingresso nel Paesi della Comunit�). Questa natura comporta la necessit� di un collegamento della decisione del Consiglio ad un procedimento principale, aperto in uno Stato membro, per accertare la responsabilit� della persona o del gruppo oggetto dell�indagine, come � ovvio; da ci� discende che ogni contestazione sul merito della responsabilit� dell�indagato, sulla correttezza delle procedure di indagine e di giudizio e sulla loro durata deve essere formulata dinanzi alle Autorit� Giudiziarie IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 185 o Amministrative competenti per quel processo principale e non dinanzi al Tribunale della Comunit� nei confronti delle decisione cautelare, atteso che il Consiglio dell�Unione Europea non pu� che prendere atto della pendenza della procedura di indagine o di giudizio, della formulazione nei confronti dell�indagato di ipotesi di reato connesse ad attivit� terroristiche e della adozione da parte delle Autorit� nazionali competenti di decisioni o provvedimenti nei quali siano considerate valide quelle imputazioni. Questo chiaro principio ha trovato ulteriore conferma nella recente sentenza di codesto Tribunale del 30 settembre 2009, in causa T-341/07, ove, a conferma di quanto gi� statuito nelle precedenti sentenze OMPI e PMOI I, � stato detto che: �92. �L�elenco di cui trattasi deve quindi essere redatto, conformemente alle disposizioni dell�art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931, sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo che dimostrino che da parte di un�autorit� competente � stata adottata una decisione nei confronti delle persone, dei gruppi e delle entit� menzionati, sia che si tratti dell�avvio di indagini o di azioni penali per un atto di terrorismo, o per il tentativo di commetterlo, o per la partecipazione o l�agevolazione di un tale atto, basata su prove o indizi seri e credibili, sia che si tratti della condanna per tali fatti. Si intende per �autorit� competente� un�autorit� giudiziaria ovvero, se le autorit� giudiziarie non hanno alcuna competenza in materia, un�autorit� competente equivalente in tale settore. Inoltre, i nomi delle persone e delle entit� riprese sull�elenco devono formare oggetto di un riesame a intervalli regolari, almeno una volta ogni sei mesi, per garantire che la loro conferma sull�elenco rimanga giustificata, conformemente alle disposizioni dell�art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931.� Sempre nella stessa sentenza, al punto 93, � stato sottolineato che: �il procedimento che pu� condurre ad una misura di congelamento dei capitali ai sensi della normativa pertinente si svolge su due livelli, uno nazionale e l�altro comunitario. In un primo momento, un�autorit� nazionale competente, in linea di principio un�autorit� giudiziaria, deve adottare nei confronti dell�interessato una decisione che soddisfi la definizione dell�art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Se si tratta di una decisione di avvio di inchieste o di azioni penali, essa deve essere basata su prove o indizi seri e credibili. In un secondo momento, il Consiglio, all�unanimit�, deve decidere di includere l�interessato nell�elenco controverso, sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo che dimostrino l�adozione di una tale decisione. In seguito, il Consiglio deve accertarsi, a intervalli regolari, almeno una volta ogni sei mesi, che la presenza dell�interessato nell�elenco controverso resti giustificata.� E ancora che: �94. �ai sensi dell�art. 10 CE, i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale cooperazione� 95. �in un caso di applicazione dell�art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell�art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001, disposi- 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 zioni che instaurano una forma di cooperazione specifica tra il Consiglio e gli Stati membri nell�ambito della lotta comune al terrorismo, tale principio comporta, per il Consiglio, l�obbligo di rimettersi, per quanto possibile, alla valutazione dell�autorit� nazionale competente, quanto meno se si tratta di un�autorit� giudiziaria, in particolare riguardo all�esistenza di �prove o indizi seri e credibili� sui quali si fonda la decisione di quest�ultima.� Presupposti questi di una valida decisione cautelare che sono presenti tutti nella fattispecie. 5 � Poich�, quindi, nessun potere discrezionale ha il Consiglio circa la valutazione delle imputazioni n�, tanto meno, delle indagini in corso (come ribadito dalla menzionata sentenza del 30 settembre 2009: �96. �pur gravando effettivamente sul Consiglio l�onere della prova che il congelamento dei capitali di una persona, gruppo o entit� � o resta legalmente giustificato alla luce della normativa pertinente, tale onere ha un oggetto relativamente ristretto al livello del procedimento comunitario di congelamento dei capitali. Nel caso di una decisione iniziale di congelamento dei capitali, esso ha ad oggetto essenzialmente l�esistenza di informazioni precise o di elementi del fascicolo che dimostrino l�adozione nei confronti dell�interessato, da parte di un�autorit� nazionale, di una decisione che soddisfi la definizione di cui all�art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Peraltro, nel caso di una decisione successiva di congelamento dei capitali, a seguito di riesame, l�onere della prova ha essenzialmente ad oggetto la questione se il congelamento dei capitali resti giustificato alla luce di tutte le circostanze rilevanti della fattispecie e, in modo particolare, del seguito dato a tale decisione da parte dell�autorit� nazionale competente�), nessuna delle censure formulate dal ricorrente nei suoi atti difensivi pu� essere ammessa riguardo alle decisioni cautelari che il Consiglio deve adottare: n� l�accusa di violazione del suo diritto di difesa con riguardo alle contestazioni opponibili circa la fondatezza della imputazione n� l�eccezione di carenza o errore o insufficienza delle prove raccolte dall�Autorit� nazionale procedente n� la contestazione sulla eccessiva durata della procedura per pervenire ad una definiva decisione sulla sua colpevolezza. Il sig. Fahas ha avuto ed ha ancora la piena facolt� di proporre istanze e contestazioni dinanzi al Giudice italiano: durante le indagini ben avrebbe potuto richiedere quella verifica sulla sua voce riguardo alle intercettazioni telefoniche poste a base dell�accusa, ben avrebbe potuto contestare la veridicit� degli altri riscontri probatori rilevati dagli inquirenti, cio� i suoi contatti e frequentazioni con gli altri soggetti appartenenti al gruppo terroristico, la presenza del suo nome e del suo recapito nelle agende degli altri imputati ritenuti i capi e gli organizzatori della cellula terroristica, la sua attivit� di falsificazione dei documenti utilizzati dai terroristi (in poche parole, la sua attivit� di fiancheggiamento ed aiuto logistico al gruppo). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 187 Il sistema processuale penale italiano - in ossequio al principio del giusto processo sancito dall�art. 111 della Costituzione - pone sullo stesso piano l�accusa e la difesa dell�imputato, concede ai difensori dell�imputato le stesse facolt� della pubblica accusa, anche in punto di acquisizione delle prove che possono essere richieste o procurate direttamente, senza alcuna limitazione e senza alcuna preventiva autorizzazione dell�Autort� inquirente (si veda l�art. 327-bis del codice di procedura penale: Attivit� investigativa del difensore. 1. Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facolt� di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalit� stabilite nel titolo VI-bis del presente libro. 2. La facolt� indicata al comma 1 pu� essere attribuita per l'esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. 3. Le attivit� previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici.) Nulla di tutto questo ha fatto il Fahas, neppure dopo la sua estradizione, il suo arresto e il suo rinvio a giudizio. 6 � Ben avrebbe potuto, il Fahas proclamare la sua innocenza e chiedere al Giudice italiano lo stralcio della sua posizione e l�archiviazione del procedimento contro di lui, ben avrebbe potuto sollecitare la conclusione delle indagini e del giudizio: il sistema processuale penale italiano assoggetta a rigidi termini la durata delle indagini e la formulazione della eventuale richiesta di rinvio a giudizio (art. 405-407 c.p.p.), prevedendo la possibilit� di proroga di quei termini solo su richiesta motivata da valide ragioni che vengono vagliate dell�Autorit� giudiziaria, sentite anche le ragioni dell�imputato (v. l�art. 406: Proroga del termine. 1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, pu� richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano. 2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessit� delle indagini ovvero di oggettiva impossibilit� di concluderle entro il termine prorogato. 2-bis. Ciascuna proroga pu� essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi. ... 3. La richiesta di proroga � notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facolt� di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonch� alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichia- 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 rato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie. 4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori. 5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonch�, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. ... 6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini. 7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari � gi� scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell'articolo 405�). Nessuna iniziativa in tal senso ha assunto l�imputato che oggi ci viene a raccontare che aveva ritenuto �abbandonata� la procedura giudiziaria pendente in Italia dopo il tempo trascorso: questa affermazione costituisce una vera e propria offesa alla competenza dei Giudici di codesto Tribunale, atteso che tutti sappiamo che le procedure giudiziarie penali si devono sempre concludere con un provvedimento specifico, anche se di archiviazione, da notificare a tutti gli interessati (v. l�art. 408: Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato � infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta � trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate [c.p.p. 357] e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari [c.p.p. 294]. 2. L'avviso della richiesta � notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione. 3. Nell'avviso � precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa pu� prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.). 7 � Peraltro, il Fahas � stato destinatario di vari provvedimenti da parte delle Autorit� inquirenti e giudiziarie italiane: l�ordine di custodia in carcere, la richiesta di rinvio a giudizio, la decisione della fissazione del dibattimento e delle relative udienze; questi provvedimenti hanno sicuramente la natura di decisioni assunte da un�Autorit� competente, ai sensi dell�art. 1, n. 4, della IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 189 posizione comune 200/931 e dell�art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001 (si veda il punto 111 della sentenza 30 settembre 2009: �111. �una decisione di �apertura di indagini o di azioni penali�, per poter essere validamente invocata dal Consiglio, deve iscriversi nell�ambito di un procedimento nazionale avente ad oggetto direttamente e principalmente l�applicazione di una misura di tipo preventivo o repressivo all�interessato, a titolo della lotta al terrorismo e in ragione della sua implicazione nello stesso.�) e contengono l�esposizione delle ragioni delle imputazioni contestate al sig. Fahas, come prescritto dall�ordinamento processuale italiano (v. art. 552 c.p.p.: Decreto di citazione a giudizio. 1. Il decreto di citazione a giudizio contiene: a) le generalit� dell�imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonch� le generalit� delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori; b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata; c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonch� del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sar� giudicato in contumacia; e) l'avviso che l'imputato ha facolt� di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sar� assistito dal difensore di ufficio; ... g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari � depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facolt� di prenderne visione e di estrarne copia;�) ed in relazione alle decisioni assunte dall�Autorit� all�imputato � garantito il contraddittorio e la possibilit� di presentare le sue ragioni (v., quanto alla richiesta di rinvio a giudizio, l�art. 420: Costituzione delle parti. 1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato). Inoltre, dopo la chiusura delle indagini tutti gli atti istruttori sono consultabili da parte dell�imputato e del suo difensore (v. art. 415-bis: Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. 1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari. 2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate � depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facolt� di prenderne visione ed estrarne copia. 3. L'avviso contiene altres� l'avvertimento che l'indagato ha facolt�, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonch� di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi�). Senza contare la procedura di estradizione dalla Germania all�Italia per consentire la sua carcerazione, nel corso della quale il sig. Fahas ben ha potuto conoscere il contenuto ed il fondamento delle imputazioni e formulare le sue difese. Il sig. Fahas, quindi, non pu� lamentare oggi dinanzi a codesto Tribunale di non aver avuto comunicazione delle motivazioni delle decisioni del Consiglio e di non avere avuto la possibilit� di esercitare il suo diritto di difesa: tutte le sue facolt� ed i suoi diritti sul merito delle imputazioni avrebbe potuto e dovuto esperirle dinanzi alle Autorit� italiane e non pu� pretendere dal Consiglio altra informazione che quella relativa al procedimento giudiziario principale al quale la misura cautelare di competenza del Consiglio si connette. Non pu� pretendere il sig. Fahas di esercitare nel corso della procedura amministrativa per l�adozione della decisione cautelare quelle iniziative che ha omesso di esercitare dinanzi all�Atorit� giudiziaria italiana; non pu� pretendere di essere nuovamente informato di quanto gi� portato a sua conoscenza dalle Autorit� italiane (con atti regolarmente notificati e mai contestati); sul punto, citiamo ancora la sentenza del 30 settembre 2009, punti da 59 a 69. 8 � Il ricorrente contesta anche l�eccessiva durata (a suo dire) del processo di indagine in Italia, cosa che renderebbe insufficiente, ai fini della motivazione, il richiamo a detto procedimento da parte della decisione del Consiglio contestata. In primo luogo, occorre precisare che, come gi� detto, le indagini istruttorie secondo il codice di procedura penale italiano sono soggette a precisi termini di completamento e che il superamento di quei termini, come � accaduto per il processo in Italia concernente l�attivit� criminale della cellula terroristica della quale l�imputato � accusato di far parte, deve essere espressamente richiesto dagli inquirenti all�Autorit� giudiziaria che pu� o meno autorizzare la prosecuzione delle indagini (nella specie, la procecuzione delle indagini � stata autorizzata per la loro complessit� e per la necessit� di acquisire notizie ed elementi di riscontro in pi� Paesi e con la collaborazione di diverse Autorit� di indagine estere, in riferimento ad un numero considerevole di imputati); inoltre, come in ogni ordinamento giuridico, l�accertamento dei reati � soggetto IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 191 a termini di prescrizione entro i quali la sentenza deve diventare definitiva; nessuna ragione di illegittimit� del processo in Italia, quindi, esiste e il procedimento che si � aperto dinanzi al Tribunale di Napoli con l�udienza del 29 ottobre 2009, rinviata al 28 gennaio 2010 per indisposizione di uno dei giudici, � perfettamente regolare. Solo all�esito del dibattimento sar� adottata una sentenza sulla colpevolezza o meno del sig. Fahas e solo in relazione al contenuto di questa sentenza il Consiglio potr� adottare nuove determinazioni sull�inserimento dell�imputato nelle liste. Anche in questo caso, comunque, all�imputato � concessa dall�ordinamento italiano la possibilit� di sollecitare il compimento delle indagini (v. articoli 412 c.p.p.: Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale. 1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto motivato l'avocazione [c.p.p. 372] delle indagini preliminari se il pubblico ministero non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dal decreto di avocazione�. 413 c.p.p.: Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato. 1. La persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato pu� chiedere al procuratore generale di disporre l'avocazione a norma dell'articolo 412 comma 1. 2. Disposta l'avocazione, il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dalla richiesta proposta a norma del comma 1.). Ad ogni buon conto, il pregiudizio derivante all�imputato da una ipotetica eccessiva durata del processo in Italia potr� costituire oggetto di specifiche istanze dinanzi all�Autorit� giudiziaria italiana ovvero dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell�Uomo di Strasburgo, ma non pu� interessare la competenza del Tribunale della Comunit� Europee in questa sede e nell�attuale stato normativo nel quale deve essere espresso il giudizio di legittimit� della decisione del Consiglio contestata. 9 � In conclusione, il Governo italiano chiede che il ricorso del sig. Fahas sia rigettato sotto tutti i profili e che sia riconosciuto legittimo l�operato del Consiglio, sia quanto all�inserimento del ricorrente nelle liste contestate sia quanto all�adozione degli altri provvedimenti connessi, in particolare circa il congelamento dei beni e delle risorse finanziarie del sig. Fahas. Lussemburgo, 10 novembre 2009 Avv. Giuseppe Albenzio I L C O N T E N Z I O S O N A Z I O N A L E La qualit� di �parte� del Fondo di rotazione per la solidariet� alle vittime della mafia (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 21 luglio 2003 n. 11377; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 18 dicembre 2007 n. 26627; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 agosto 2008 n. 21927; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18 settembre 2009 n. 5618)* 1. Premessa. Il caso pratico. Il Fondo di rotazione non � parte in causa nei relativi giudizi risarcitori Presso l�Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria � stata notificata la comparsa di costituzione in riassunzione (dal Tribunale di Catanzaro) da parte dei congiunti di N. A. - vittima quest�ultimo di reato di tipo mafioso - con la quale i predetti attori insistono nel richiedere la condanna, in solido con l�autore del delitto, del Fondo in oggetto. Precisamente, controparte, in virt� della sentenza n. 131/2007, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Penale, ha dichiarato la colpevolezza del prevenuto (I. P.), per i reati a lui scritti, chiede che il Giudicante civile quantifichi il relativo danno, sancendone la condanna, in solido con l�autore del reato, contro il Fondo di rotazione per la solidariet� alle vittime dei reati di tipo mafioso. Sennonch� la legge 22 dicembre 1999 n. 512, istitutiva del Fondo di Rotazione, tiene ben distinta la responsabilit� penale degli autori del reato, cui consegue, agli effetti civili, la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni in favore delle vittime e dei loro eredi e l'obbligazione che la citata legge speciale n. 512/99 ha posto a carico del Fondo appositamente istituito in vista di (*) Le citate sentenze non vengono riportate in calce all�articolo, come da prassi di questa Rassegna, in quanto ampi stralci delle stesse sono gi� riprodotte nell�articolo. 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 uno scopo di solidariet�; con la conseguenza che, la chiara diversit� delle fonti esclude, da subito, che possa essere fondatamente ipotizzabile la configurabilit� di un rapporto giuridico solidale tra l�autore del fatto illecito ed il Fondo in questione. Sotto questo profilo, pertanto, non pu� non cogliersi che l�Amministrazione non assume il ruolo di parte processuale nei relativi giudizi risarcitori, e che, come tale, non � soggetto convenuto e/o resistente e che il Tribunale dinanzi al quale si svolge il giudizio, nel prendere atto della portata della legge n. 512/99, recentemente riformata dalla legge 28 novembre 2008 n. 186 e dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, dovr� astenersi dall�accogliere le eventuali domande di condanna, rivolte contro l�Amministrazione statale, in solido con l�autore del reato o meno. Del resto, la funzione di solidariet� che al Fondo � stata impressa dal Legislatore la si ricava gi� dai limiti indicati dalla su citata normativa entro i quali contenere lo stanziamento complessivo dei relativi oneri. Si precisa, in merito, che il vecchio disposto di cui all�art. 8 della legge n.512/1999 specificava che alla copertura finanziaria di tali oneri, quantificati in lire 20 miliardi annue a decorrere dall'anno 1999, �si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999 - 2001, nell�ambito dell'unit� revisionale di base di parte corrente "Fondo Speciale dello Stato di Previsione del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica per l' anno 1999�, allo scopo, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. L'art. 14 del regolamento di cui al DPR 28 maggio 2001 n. 284, inoltre, specifica che il Comitato di solidariet�, in caso di disponibilit� finanziarie insufficienti nell'anno di riferimento, delibera l'accesso al Fondo in quota proporzionale nella misura percentuale determinata all'inizio dell'anno dal Comitato medesimo, che entro il biennio successivo all'anno di riferimento, sulla base delle effettive risultanze, provvede alla liquidazione definitiva, senza aggravi di spesa derivanti da interessi, rivalutazioni ed oneri aggiuntivi. Stando cos� le cose si evidenzia che nessuna condanna al risarcimento, in solido con l'autore del delitto, pu� essere pronunciata nei confronti del "Fondo di rotazione", giacch� risulta obiettivamente incompatibile che la statuizione di condanna al risarcimento del danno possa essere resa inoperosa dalla previsione di un tetto di spesa. Del resto, che il Fondo non assume la posizione processuale di parte in causa, lo si evince anche dalla disposizione di cui all�art. 5 della legge 22 dicembre 1999 n. 512, rubricata �Domanda per l�accesso al Fondo�, che regolando le modalit� di inoltro della domanda, stabilisce, al 1� comma, che, nel caso in cui venga depositata la richiesta di rinvio a giudizio, ai sensi dell�art. 416 del codice di procedura penale, il giudice fa notificare al Fondo l�avviso del giorno, dell�ora e del luogo dell�udienza, con la richiesta di rinvio a giu- CONTENZIOSO NAZIONALE 195 dizio formulata dal pubblico ministero; mentre al secondo comma prevede che se la persona offesa si costituisce parte civile all�udienza preliminare, ovvero al dibattimento, il giudice fa notificare al Fondo il relativo verbale. Infine, il terzo comma sancisce che, nell�ambito del giudizio civile, l�attore notifica al Fondo l�atto di citazione, prima della costituzione delle altri parti. Dal che la inevitabile riflessione che il Fondo non � parte processuale nei relativi giudizi risarcitori, atteso che, altrimenti, non si comprenderebbe la ratio della medesima previsione, visto che se l�Amministrazione fosse parte convenuta l�attore dovrebbe notificare l�atto di citazione secondo norme di rito. Consegue, pertanto, da un punto di vista processuale, che la notificazione al Fondo di rotazione, effettuata a norma dell' art. 5 della legge citata, assolve alla funzione di mera comunicazione (�denuntiatio litis�), in quanto diretta a determinare la conoscenza da parte del Fondo della pendenza della lite: al punto che potrebbe prospettarsi che, proprio in virt� della funzione di mera comunicazione che la notificazione svolge nella circostanza, l�atto, diversamente dalla citazione in giudizio, sia trasmesso direttamente al Fondo e non gi� per esso, secondo le norme del patrocinio erariale, all�Avvocatura dello Stato competente per territorio. Ci� � avvalorato da quanto contenuto dagli ulteriori commi 4 e 5 del predetto articolo 5, secondo i quali, rispettivamente: a) la richiesta di pagamento al Fondo � accompagnata dalla copia autentica dell�estratto della sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero dall�estratto della sentenza di condanna al pagamento della provvisionale; ovvero dall�estratto della sentenza civile di liquidazione del danno; b) la domanda al Fondo per il risarcimento dei danni disposto con sentenza pronunciate prima della data di entrata in vigore della presente legge � proposta, a pena di decadenza, per la parte del risarcimento non ottenuta, entro un anno dalla data in vigore della legge stessa. 2. Le recenti modifiche al Fondo di rotazione di cui alla legge 28 novembre 2008 n. 186 e alla legge 15 luglio 2009 n. 94 Di recente, come su annunciato, la legge 28 novembre 2008 n. 186, di conversione del d.l. 2 ottobre 2008 n.151, ha modificato taluni aspetti della procedura in questione, accentando ancor pi� il potere dell�Amministrazione nella concessione del beneficio in oggetto. Ed invero, il Legislatore, dopo aver disposto all�art. 2-bis l�incremento, in via straordinaria, del Fondo di rotazione, per un importo di 30 milioni di euro (rispetto ai 20 miliardi di lire annue di cui all�art. 1 legge n.512/99), con l�articolo 2-ter ha aggiunto i seguenti commi: a) all�art. 4, dopo il 4� comma, il comma �4-bis . Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano anche quando la sentenza di condanna o la misura 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 di prevenzione o i relativi procedimenti in corso si riferiscono al soggetto deceduto in conseguenza della consumazione dei reati indicati al comma 1, salvo che lo stesso abbia assunto, precedentemente all�evento lesivo che ne ha cagionato la morte, la qualit� di collaboratore di giustizia ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e non sia intervenuta revoca del provvedimento di ammissione ai programmi di protezione per cause imputabili al soggetto medesimo. b) all�art. 6, comma 1, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti: c-bis) dell�inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne ha cagionato la morte, di un procedimento penale in corso o di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all�art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale nei confronti del soggetto deceduto in conseguenza dei reati di cui al comma 1 dell�art. 4; c-ter) dell�inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne ha cagionato la morte, di una misura di prevenzione, di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, applicata nei confronti del soggetto deceduto in conseguenza della consumazione dei reati indicati al comma 1 dell�articolo 4, o di un procedimento in corso per l�applicazione di una misura di prevenzione a termini della suddetta legge�. c) dopo l�articolo 7 � inserito il seguente: �Art. 7-bis (Ulteriore regolamento di attuazione). � 1. Con regolamento da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell�art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministero dell�Interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell�economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono adottate le opportune modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 28 maggio 2001, n. 284, con norme che prevedono: a) la sospensione, fino alla decisione del giudice civile, della ripetizione delle somme gi� liquidate da Comitato per effetto di una sentenza di condanna al pagamento della provvisionale, nel caso in cui il giudice dell�impugnazione, ai sensi dell�articolo 129 del codice di procedura penale, abbia dichiarato estinto il reato per morte del reo; b) la ripetizione delle somme gi� elargite a titolo di provvisionale, quando a seguito di estinzione del reato, l�azione risarcitoria esperita in sede civile nei confronti dei successori del reo si sia conclusa con la soccombenza della vittima attrice o dei suoi successori�. Sembra evidente come la prima delle due previsioni dell�art. 2 ter della legge 28 novembre 2008 n. 186, che introduce il comma 4 bis, all�art. 4 delle legge n. 512/99, sia finalizzato ad impedire che possano beneficiare dell�accesso al Fondo i familiari e gli eredi di quei soggetti che si siano resi responsabili di delitti di mafia o siano stati destinatari di misure di prevenzione di CONTENZIOSO NAZIONALE 197 cui alla legge 31 maggio 1965 n. 575. Non solo, con le previsioni di cui ai commi c-bis e c-ter, che l�art. 2 ter della su detta legge n. 186/20086, aggiunge all�art. 6, comma 1, dopo la lettera c), della legge n. 512/99, occorre, altres�, che l�Amministrazione accerti che la vittima del reato di tipo mafioso, bench� deceduta: a) non fosse interessata, alla data di presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne ha cagionato la morte, da un procedimento penale in corso o di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all�art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale; b) che nei suoi confronti non risulti applicata, alla data di presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne abbia cagionato la morte, una misura di prevenzione, di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero che non risulti un procedimento in corso per l�applicazione di una misura di prevenzione a termini della suddetta legge. Altro aspetto di rilievo introdotto dalla legge n. 186/08 � il fatto che, per certi versi, viene maggiormente tutelata la vittima del reato di tipo mafioso nell�ipotesi di giudizio d�appello dichiarato estinto per morte del reato. Infatti, l�art. 2 ter citato contempla l�inserimento, dopo l�art. 7 della legge n. 512/99, dell�art. 7 bis, il quale prevede l�emanazione di un nuovo regolamento che disciplini la sospensione della domanda di ripetizione delle somme erogate a titolo di provvisionale dal Fondo, nelle ipotesi in cui, come sopra riferito, il giudice d�appello dovesse dichiarare l�estinzione del reato per morte del reo (contrariamente a quanto fin qui contemplato dal dpr n.284/2001). E ci� fino a quando l�azione risarcitoria, proposta contro i successori del reo, si sia conclusa con la soccombenza degli stessi. Coerentemente, il Ministero dell�Interno ha emanato apposita circolare datata 11 dicembre 2008, con cui richiama l�attenzione degli organi istruttori circa gli adempimenti che dovranno essere assunti nel corso dell�istruttoria delle istanze di accesso al Fondo di rotazione riguardo all�acquisizione di notizie sul conto della vittima bench� deceduta e nel caso di giudizio dichiarato estinto ai sensi dell�art. 129 c.p.p. In questo contesto, poi, non pu� non segnalarsi le recenti disposizioni contenute ai commi 23 e 24 dell�art. 2 della legge 15 luglio 2009 n. 94, per le quali il diritto di accesso al Fondo di Solidariet�, per gli Enti, � limitato, entro i limiti delle disponibilit� finanziarie annuali, al rimborso delle spese processuali (con circolare del 8 agosto 2009, il Ministero competente ha reso noto di aver aggiornamento il sito �vittime delle mafie� secondo le modifiche intervenute). Per effetto di tale ultima previsione, il legislatore sembrerebbe aver corretto una precedente refuso, evitando, per il futuro, che gli Enti possano configurarsi soggetti legittimati ad accedere al Fondo di rotazione al pari delle persone fisiche vittime dei reati di tipo mafioso. 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 3. Parallelismo in punto di giurisdizione con la normativa in tema di concessione dei benefici in favore delle vittime del terrorismo e della mafia di cui alla legge n. 302/1990 La disciplina del Fondo di rotazione ha indubbi punti in comune - con riferimento alla fase della concessione da parte dell�organo competente deputato a deliberare sulle domande presentate (ossia il Comitato di Solidariet�, ex artt. 3 e 6 della legge n. 512/1999) - con la normativa in tema di concessione dei benefici in favore delle vittime del terrorismo e della mafia di cui alla legge n. 302/1990. In effetti, l'art. 1 della citata legge n. 302 del 20 ottobre 1990, modificato dalla legge n. 407 del 23 novembre 1998, prevede che venga corrisposta un'elargizione (fino a lire 150 milioni) a chiunque subisca un'invalidit� permanente per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo, di eversione dell'ordine democratico o di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalit� proprie della criminalit� organizzata di stampo mafioso di cui all'art. 416-bis del codice penale. Detti benefici possono, altres�, essere corrisposti ai familiari di coloro che abbiano perso la vita a causa dei medesimi eventi criminosi. Presupposto indispensabile affinch� sia concessa la speciale elargizione, in forza del combinato disposto dell'art. 1, 2� comma e dell'art. 9 bis della legge n. 302/1990, � che il soggetto leso e i soggetti destinatari risultino essere al tempo dell'evento del tutto estranei ad ambienti e rapporti delinquenziali. Ed infatti, in base all'art. 7 della legge n. 302/1990, i competenti organi amministrativi decidono sul conferimento dei benefici previsti dalla presente legge sulla base di quanto attestato in sede giurisdizionale con sentenza, ancorch� non definitiva, ovvero, ove la decisione amministrativa intervenga in assenza di riferimento a sentenza, sulla base delle informazioni acquisite e delle indagini esperite. A tali fini, i predetti organi si pronunciano sulla natura delle azioni criminose lesive, sul nesso di causalit� tra queste e le lesioni prodotte, sui singoli presupposti positivi e negativi stabiliti dalla legge in parola. In particolare, il relativo procedimento risulta disciplinato dal D.P.R. 28 luglio 1999 n. 510, che all�art. 9, prevede che il Prefetto competente trasmetta l�istanza al Ministero dell�interno, con un dettagliato rapporto sulle circostanze dell�evento mortale o invalidante, corredato di sentenza e della ulteriore connessa documentazione, ivi compreso il giudizio sanitario della Commissione medica ospedaliera, ed esprima il proprio parere. L�Amministrazione centrale, ricevuto il rapporto ed il parere del prefetto, qualora ritenga che vi siano obiettive ragione di incertezza in merito alla sussistenza dei requisiti diversi da quello sanitario, cui � subordinata la concessione dei benefici economici, pu� richiedere il parere alla Commissione consultiva e, ove, occorra, pu� disporre un supplemento di istruttoria. CONTENZIOSO NAZIONALE 199 Posto ci�, non sorprende se, in ordine alla giurisdizione, le due fattispecie vengono accomunate da un unico destino. A questo riguardo va detto che la Suprema Corte di Cassazione con sentenza emessa a Sezioni unite in data 18 dicembre 2007, n. 26627, ha avuto modo di affermare che: �Le vittime di terrorismo e della criminalit� organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all�erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa in materia, essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con riguardo all�entit� della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti della derogabilit�, rispetto ai quali l�Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, � estraneo al concetto di discrezionalit� amministrativa; pertanto nelle controversie concernenti il contributo previsto dalla l. 20 ottobre 1990 n. 302 va dichiarata la giurisdizione dell�A.G.O.�. In realt�, la giurisdizione del giudice ordinario, nella materia di che trattasi, � stata affermata dalla S.C. - sezioni unite - gi� con sentenza del 21 luglio 2003 n. 11377, con la quale il predetto Giudice ha, per l�appunto, statuito che: �Spetta al giudice ordinario - e non a quello amministrativo - occuparsi dei ricorsi dei familiari della vittime della mafia che protestano per essere state escluse, dal capo della Polizia, dal contributo economico statale di sostegno a chi ha avuto un parente ucciso dalla criminalit� organizzata (indennit� prevista dall'art. 5 l. 13 agosto 1980 n. 466 e 20 ottobre 1990 n. 302)�. In data appena successiva, si inserisce la sentenza del Tar Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria - n. 552/2004 RS del 21 luglio 2004, con la quale l�adito Tribunale, in adesione all�orientamento espresso dalla S.C., ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione motivando che �... con riferimento a controversia del tutto analoga a quella odierna � sulla quale si era pronunciato in primo grado questo Tribunale, con sentenza, di rigetto nel merito, n. 700 del 25 maggio 1999, ed in grado d�appello il Consiglio di Stato, con decisione di conferma di quella del primo giudice, n. 1965 del 23-11-2000, le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno di recente affermato la giurisdizione del giudice ordinario (Cass., SS.UU., 22 luglio 2003 n. 11377). Le Sezioni unite ritengono che �la discrezionalit� della pubblica amministrazione nella corresponsione di contributi o indennit�, che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Suprema Corte esclude la titolarit� di un diritto soggettivo in capo ai potenziali beneficiari, va intesa come libert� della pubblica amministrazione stessa di corrispondere o meno il contributo o l�indennit� quando, all�esito di una eventuale istruttoria, non sia contestabile la sussistenza dei requisiti di legge in capo a tali beneficiari. L�attivit� diretta, invece, all�accertamento di tali requisiti, anche ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, � estranea al concetto di discrezionalit� amministrativa. Applicando tali principi consegue che l�indennit� per cui � 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 causa � oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo, in quanto in ordine alla sua corresponsione non residua alcun margine di discrezionalit�, una volta che i competenti organi amministrativi abbiano compiuto, con esito favorevole per il richiedente, l�istruttoria�. Poco tempo dopo, � poi intervenuta, da parte del medesimo Tar, altra analoga sentenza (n. 1320/2005 del 16 agosto 2005). L�orientamento giurisprudenziale della S.C. sembra che sia condiviso dal Consiglio di Stato, sebbene, ancor di recente il Consiglio di Giustizia Amministrativa, Sezione Giurisdizionale, con sentenza del 23 settembre 2008 n. 813 accoglieva il ricorso proposto dall�Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, nell�interesse del Ministero dell�Interno, avverso la sentenza con la quale il Tar Sicilia - Sezione staccata di Catania aveva accolto il gravame spiegato dagli interessati contro il decreto ministeriale di diniego della concessione dei benefici previsti dalla legge n. 302/1990 e successive modificazioni. Invero, con l�ultima decisione che risulta nota e precisamente con sentenza 18 settembre 2009 n. 5618 (pubblicata su LexItalia.it) il massimo Organo di giustizia amministrativa ha ritenuto che: �La sentenza deve essere annullata senza rinvio in accoglimento del motivo del ricorso in appello postulante il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo con riguardo alla odierna controversia. Sebbene sia stata sollevata soltanto in via subordinata, invero la prima questione da prendere in esame concerne la sussistenza della giurisdizione del plesso amministrativo in subiecta materia. Ci� in adesione al consolidato orientamento secondo il quale "l'esame dell'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito ha carattere preliminare anche se detta eccezione � stata proposta, in sede di appello, in via gradata." (Consiglio di Stato , sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5831). Non osta alla proponibilit� del motivo di impugnazione in questione, peraltro, la circostanza che la parte che lo ha prospettato abbia rivestito in primo grado la posizione processuale di ricorrente, dovendosi ribadire (pur in presenza del recente evolutivo orientamento della Corte di Cassazione in tema di giudicato implicito in tema di giurisdizione) il tradizionale divisamento secondo cui "il ricorrente in appello, gi� attore e soccombente in primo grado, ha interesse a proporre il motivo di difetto di giurisdizione del giudice adito con il ricorso di primo grado, in quanto, pur considerando che l'appellante ha rivestito nel giudizio di primo grado la posizione di ricorrente principale e che, di conseguenza, dall'accoglimento del motivo dovrebbe discendere l'inammissibilit� del ricorso da lui proposto in primo grado, va ritenuto ugualmente sussistente l'interesse sostanziale del medesimo alla proposizione del motivo, interesse da individuarsi nel vantaggio di sostituire, in caso di accoglimento da parte del giudice d'appello, una pronuncia di inammissibilit� del ricorso di primo grado ad una pronuncia di infondatezza del ricorso stesso CONTENZIOSO NAZIONALE 201 emessa dal giudice di primo grado." (Consiglio di Stato , sez. VI, 13 luglio 1979, n. 521). La censura, certamente ammissibile per le anzidette ragioni, � fondata. Invero, secondo l'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, i familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalit� organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla relativa normativa, essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con riguardo all'entit� della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti dell'erogabilit�, circoscritti alla qualificazione dell'evento criminoso come riconducibile ad atti di terrorismo o di criminalit� organizzata e dovendo considerarsi, peraltro, che nell'accertamento del requisito previsto dall'art. 1 punto b) l. n. 302 del 1990, l'amministrazione si limita ad attuare un accertamento di natura costitutiva; pertanto, il giudice amministrativo difetta di giurisdizione sulla relativa controversia. (Consiglio di Stato , sez. VI, 14 marzo 2006, n. 1338). Pi� di recente, la Cassazione ha ribadito tale convincimento, affermando che "le vittime di terrorismo e della criminalit� organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all�erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa in materia, essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con riguardo all�entit� della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti della derogabilit�, rispetto ai quali l�Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, � estraneo al concetto di discrezionalit� amministrativa; pertanto nelle controversie concernenti il contributo previsto dalla l. 20 ottobre 1990 n. 302 va dichiarata la giurisdizione dell�A.G.O." (Cassazione civile , sez. un., 18 dicembre 2007, n. 26627). L�appellata amministrazione sostiene invece che, fondandosi la decisione appellata sul disposto di cui all�art. 9 bis della legge n. 302/1990 (le condizioni di estraneit� alla commissione degli atti terroristici o criminali e agli ambienti delinquenziali, di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, sono richieste, per la concessione dei benefici previsti dalla presente legge, nei confronti di tutti i soggetti destinatari) ricorrerebbe una fattispecie differente da quella presa in esame dalla giurisprudenza dianzi richiamata: la posizione attiva sarebbe qualificabile quale interesse legittimo, a cagione della sussistenza di un apprezzamento discrezionale demandato all�amministrazione. Tale tesi non � persuasiva, sol che si consideri che la invocata disposizione di cui all�art. 9 bis della legge n. 302/1990 non introduce in alcun modo ulteriori e/o differenti parametri valutativi rispetto a quelli di cui agli artt. 1 e 2 della citata legge, limitandosi ad estendere il richiesto requisito generale di ammissibilit� a tutti i possibili richiedenti. 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il parametro valutativo � pertanto identico: e d�altro canto, sarebbe stato ben singolare, anche sotto il profilo squisitamente logico, che la posizione attiva vantata subisse una differenziazione in relazione alla "qualit�" del soggetto richiedente, e che analoga differenza attingesse i parametri valutativi demandati all�amministrazione in punto di concedibilit� del beneficio. In relazione a tale constatazione appare certamente predicabile al caso di specie il richiamato orientamento giurisprudenziale che postula in subiecta materia la spettanza della Giurisdizione al Giudice ordinario. Ne discende l�accoglimento del ricorso in appello, l�annullamento senza rinvio dell�appellata decisione ai sensi dell�art. 34 comma I della legge n. 1034/1971 , e la declaratoria della spettanza al Giudice ordinario della giurisdizione in subiecta materia tenuto conto altres� del disposto di cui all�art. 59 della legge n. 69/2009. Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti in ragione della natura della controversia�. Si deve, pertanto, ritenere che non vi possono essere dubbi, alla stregua della commentata giurisprudenza, circa il fatto che, sulle questioni attinenti la debenza o meno dei benefici comunque elargiti dall�Amministrazione statale nei settori di cui � trattazione, la giurisdizione non si appartiene al giudice amministrativo ma al giudice ordinario. In particolare, con riferimento all�istituto del Fondo di rotazione, si ricorda la decisione 29 agosto 2008 n. 21927 (in Lexitalia.it), con cui la Corte di legittimit� - Sezioni Unite - ha ribadito che sono devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario le controversie relative all�accesso al fondo di rotazione previsto in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 512 del 1999. Scrivono, infatti, i giudici di legittimit� che �Queste sezioni unite (sentenze nn. 26626/2007; 1377/2003) con riferimento all�erogazione della speciale indennit� prevista dalla L. 20 ottobre 1990 n. 320 per le vittime del terrorismo e della criminalit� organizzata hanno affermato che i privati sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo, essendo al riguardo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale, sia con riguardo all�entit� della somma che con riguardo ai presupposti per la derogabilit�, anche ove si dovesse ritenere che l�accertamento di tali presupposti abbia carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo (in senso conforme v. anche Cons. di Stato, sez. 4^, 7 marzo 2001, n. 1320 e sez. 6^ 14 marzo 2006 n. 1338). Tale orientamento merita di essere confermato anche con riferimento all�accesso al fondo di rotazione alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alle legge n. 512 del 1999, che l�art. 4 qualifica espressamente come <<diritto>>�. N� � plausibile ritenere che le ultime modifiche legislative apportate al Fondo di rotazione - come sopra illustrate nei tratti salienti - possano indurre ad un ulteriore ripensamento circa l�attribuzione della giurisdizione in materia. CONTENZIOSO NAZIONALE 203 Non fosse altro che per la considerazione che la normativa che ha innovato la legge n. 512/99 non conferisce nuovi poteri discrezionali all�Amministrazione in merito alla fase di valutazione dell�istanza di acceso al fondo, ma, piuttosto, assegna, solo, nuovi incombenti, come l�acquisizione di notizie sul conto della vittima che afferiscono dati oggettivamente riscontrabili, destinati ad ampliare solo l�area dell�accertamento dei presupposti occorrenti per l�elargizione del beneficio. Avv. Roberto Antillo* (*) Avvocato dello Stato. 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 �Scorrimento della graduatoria� e riparto di giurisdizione (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 20 agosto 2009 n. 18499) In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi in tal caso valere, al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione". Ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la contestazione investe l'esercizio del potere della P.A., a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo ai sensi dell'art. 63, comma 4, del D.L.vo n. 165 del 2001. 1. Lo �scorrimento della graduatoria�: ratio dell�istituto La sentenza che si annota torna ad occuparsi dei risvolti, in punto di giurisdizione, della tematica dello �scorrimento della graduatoria�. Essa afferma, in particolare, che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ove l�idoneo si limiti a far valere il diritto all�assunzione, consequenziale alla decisione dell�amministrazione di utilizzare la graduatoria del concorso gi� espletato, mentre si radica la giurisdizione del giudice amministrativo ove il privato lamenti l�illegittimit� di un nuovo bando di concorso per il mancato ricorso all�assunzione degli idonei. La problematica origina dalla sempre pi� frequente previsione, all�interno delle leggi finanziarie, di disposizioni che consentono l�utilizzazione di graduatorie di concorsi oltre i termini scanditi dalle relative procedure concorsuali. Il ricorso all�istituto in rilievo � volto a contemperare due contrapposte esigenze. Da un lato, infatti, emerge il principio del concorso pubblico, suggellato dall�art. 97 Cost., alla stregua del quale �Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge�; dall�altro si staglia il principio dell�efficienza dell�azione amministrativa, il cui raggiungimento postula il conseguimento degli obiettivi con il minor impiego delle risorse. La tutela del primo implicherebbe infatti l�indizione di un nuovo concorso ogniqualvolta si delinei la rinuncia di uno o pi� vincitori o, a maggior ragione, una successiva vacanza di organico. E tuttavia, l�efficienza dell�azione amministrativa, in uno con le difficolt� CONTENZIOSO NAZIONALE 205 finanziarie registratesi nell�attuale contesto socio-economico, inducono invece, nelle evenienze sopraindicate, a procedere allo �scorrimento della graduatoria�, onde consentire l�assorbimento degli idonei senza incorrere nei costi e nella dilatazione dei tempi che inevitabilmente l�espletamento di una nuova procedura concorsuale comporta. Se invero l�emanazione di un nuovo bando di concorso rende possibile l�allargamento dei partecipanti e l�eventuale modifica dei requisiti di partecipazione, di modo da modularli in ragione della specificit� delle esigenze, ci� avviene a scapito del principio, costituzionalmente presidiato, del buon andamento dell�azione amministrativa (1). Quest�ultimo impone invero un modus operandi improntato alla conservazione ed economia dei mezzi giuridici (2), di guisa da evitare ogni dispendio di risorse che non si palesi necessario. La mediazione delle due rationes (3) � allora spesso conseguita mediante la previsione di un determinato arco temporale, entro il quale la graduatoria approvata rimane efficace e decorso il quale si rende necessario un nuovo bando, anche al fine di selezionare i soggetti maggiormente qualificati e pi� meritevoli. 2. L�art. 63 del T.U. 165/2001: norma innovativa o ricognitiva? La problematica concernente il riparto di giurisdizione in tema di �scorrimento della graduatoria�(4) postula una disamina delle modifiche introdotte dall�art. 63 T.U. 165/2001 in punto di giurisdizione. Per meglio intendere la soluzione abbracciata dalle Sezioni Unite � infatti necessario scandagliare brevemente il criterio di riparto introdotto (o confermato) dalla disposizione in disamina in tema di pubblico impiego, per poi poter applicare le coordinate cos� tracciate al caso dell�idoneo che azioni una pretesa all�utilizzo della graduatoria, ancora vigente, di un precedente concorso. E invero, alla luce dell�art. 113 Cost, co. 1 Cost., il normale criterio di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e organi di giustizia amministrativa risiede nella consistenza della posizione giuridica lesa, per cui al primo com- (1) Cfr. T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 27 marzo 2008, n. 1604. (2) MONZANI, La ultrattivit� della graduatoria non comporta in capo alla pubblica amministrazione un obbligo di assunzione �per scorrimento�, in FA � CS 2007, 2, 557. (3) Problematiche in parte analoghe si ripropongono nel settore degli appalti pubblici, in cui i valori in gioco, che necessitano di contemperamento, sono da un lato la concorrenza, valorizzata anche in sede comunitaria e alla base del sistema dell�evidenza pubblica, e dall�altro l�economia ed efficienza dei mezzi giuridici ed economici facenti capo alla stazione appaltante. Per approfondimenti cfr., amplius, PALMIERI, Scorrimento della graduatoria e tutela della concorrenza nell�esecuzione degli appalti pubblici, in Foro Amministrativo � CdS 2008, 3, 557. (4) Per un approfondito esame della problematica, cfr. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2009, 650 ss. 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 pete la cognizione delle vertenze concernenti diritti soggettivi e ai secondi quelle sugli interessi legittimi. Sono invero eccezionali e tassative le ipotesi di riparto per materia, nelle quali in capo a un giudice (normalmente il giudice amministrativo) si concentra la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Nella materia del pubblico impiego, come anticipato, sovviene al riguardo il disposto dell�art. 63 del T.U. 165/01, che recita: �Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilit� dirigenziale, nonch� quelle concernenti le indennit� di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorch� vengano in questione atti amministrativi presupposti [�] Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni�. La norma ha destato dubbi esegetici di non poco momento, registrandosi in dottrina e in giurisprudenza differenti interpretazioni. All�indomani della sua entrata in vigore, alcuni autori e diverse pronunce di prime cure hanno ritenuto che la disposizione in disamina abbia introdotto un�ipotesi eccentrica di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario. In particolare, tale ricostruzione discende dalla riconduzione alla giurisdizione del giudice ordinario anche delle controversie inerenti al conferimento e alla revoca di incarichi dirigenziali, aventi alla base atti di natura provvedi mentale. Ulteriori argomentazioni si individuano nella sussistenza della precedente giurisdizione esclusiva, in tema di pubblico impiego, del giudice amministrativo, di guisa che la particolare connessione tra diritti e interessi in subiecta materia giustificherebbe una mera �traslatio� in capo al giudice ordinario della cognizione prima spettante al giudice amministrativo. Alle considerazioni sistematiche si aggiunge poi il dato letterale, atteso che l�art. 63 T.U. 165/2001 espressamente si riferisce a �tutte� le controversie relative a i rapporti non privatizzati. Si segnala in proposito una decisione del Consiglio di Stato (5), la quale ritiene che la disposizione in commento abbia operato una devoluzione per materia del contenzioso ivi indicato al giudice ordinario, istituendo una giurisdizione esclusiva dello stesso, con conseguente possibilit� da parte del giudice di annullare gli atti amministrativi illegittimi. Ne consegue un ribaltamento dell�impostazione risultante dagli artt. 2-5 (5) Cons. St., Sez. V, 15 marzo 2001, n. 1519. CONTENZIOSO NAZIONALE 207 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, ove l�unico potere residuante in capo al giudice ordinario nei riguardi di un atto amministrativo � la cognizione incidentale dello stesso, con possibilit� di disapplicarlo ove illegittimo. La tesi della giurisdizione esclusiva del giudice ordinario ha nondimeno destato notevoli perplessit�, anche sulla scorta del rilievo che le argomentazioni poste a fondamento della stessa non sembrano insuperabili. Si obietta in primis che gli atti di conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali hanno contenuto privatistico, essendo adottati con la capacit� e i poteri del datore di lavoro privato. Tanto � vieppi� chiaro in virt� della riforma della dirigenza, operata con la legge 145/2002, che ha rimodulato questo istituto rendendolo compatibile con le coordinate tracciate dalla contrattualizzazione del pubblico impiego. La tesi che propende per la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario sembra inoltre collidere con il disposto dell�art. 63, co. 1, T.U. 165/2001, nella parte in cui dispone che �L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non � causa di sospensione del processo�. Orbene, aderendo all�impostazione qui criticata non si comprende in quali evenienze il giudice amministrativo possa conoscere, nella vigenza del rapporto di lavoro, della legittimit� di un provvedimento amministrativo. Sembra residuare un limitato spazio applicativo per il caso in cui il provvedimento che si assume viziato venga impugnato innanzi agli organi di giustizia amministrativa da parte di soggetti che siano terzi rispetto al rapporto di lavoro, rapporto che invece, per le parti, dovrebbe essere conosciuto nella sua interezza da parte del giudice ordinario. Si osserva poi, e l�assunto appare dirimente, che il dettato costituzionale non sembra consentire tale forma di giurisdizione, ammettendola, e solo in via eccezionale, per il giudice amministrativo, mentre la tutela accordabile da parte del giudice ordinario verso il cittadino � limitata ai diritti soggettivi. La norma di cui all�art. 63, secondo tale pi� convincente impostazione, avrebbe dunque carattere meramente ricognitivo e non innovativo, limitandosi a precisare che, anche con riferimento al pubblico impiego contrattualizzato, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo � fondato sul criterio della causa petendi. Orbene, non a caso la disposizione attribuisce allora la giurisdizione sulle procedure concorsuali, in cui vengono in rilievo norme di azione, a fronte delle quali il privato vanta, al pi�, una posizione di interesse legittimo, al giudice amministrativo, mentre rimette al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla costituzione, svolgimento, modificazione ed estinzione del rapporto di lavoro, ove vengono invece in rilievo diritti e obblighi inter privatos. La tesi ora esposta, che ritiene che l�art. 63 T.U. 165/2001 si limiti a riaffermare, nella materia in disamina, il generale criterio di riparto fondato sulla 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 causa petendi, � stata di recente ribadita dalle Sezioni Unite, con l�ordinanza 8 novembre 2005, n. 21592, nella quale si osserva che �La giurisdizione va determinata, non gi� in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ovvero del tipo di pronuncia richiesta al giudice, bens� alla stregua del criterio del cd. "petitum sostanziale", ossia considerando l'intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest'ultima dall'ordinamento giuridico�. � chiaro che l�adesione a una o all�altra delle impostazioni incide sulla questione, oggetto della presente trattazione, riguardante la giurisdizione in tema di �scorrimento� della graduatoria. E infatti, ove si ritenga sussistente la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario successivamente all�approvazione della graduatoria, al medesimo verr� attribuita de plano la giurisdizione per tutte le questioni insorte dopo tale atto, e dunque anche per quelle concernenti la pretesa degli idonei allo �scorrimento� della stessa. Qualora invece si ritenga che la norma di cui all�art. 63 T.U. 165/2001 confermi la giurisdizione generale di legittimit� del giudice amministrativo e la giurisdizione sui diritti soggettivi del giudice ordinario, sar� allora necessario interrogarsi preliminarmente sulla consistenza della posizione giuridica degli idonei, ove si verifichino delle vacanze di organico durante la vigenza della graduatoria, per poi risolvere il conseguente problema del giudice munito di giurisdizione. Le obiezioni alle quali si espone la tesi della giurisdizione esclusiva del giudice ordinario rendono preferibile l�orientamento, ormai prevalente, che fonda il criterio di riparto, anche con riguardo al pubblico impiego �privatizzato�, sulla natura della situazione soggettiva azionata. Il paragrafo successivo sar� pertanto dedicato alla disamina di tale pregiudiziale questione. 3. La posizione giuridica degli idonei Alla luce di quanto chiarito sulla portata applicativa della norma di cui all�art. 63 del T.U. 165/2001, � d�uopo svolgere qualche considerazione in ordine alla consistenza giuridica della posizione facente capo agli idonei nella situazione prospettata. Si registrano in dottrina e in giurisprudenza contrastanti orientamenti. In particolare, una prima tesi, emersa subito dopo il completamento della riforma del pubblico impiego, ritiene che gli idonei abbiano, durante il periodo di operativit� della graduatoria, un diritto soggettivo all�assunzione, con conseguente obbligo dell�amministrazione di provvedervi in caso di rinuncia da parte dei vincitori o in presenza di successive vacanze di organico. L�assunto muove dalla considerazione che le norme concernenti l�ultrat- CONTENZIOSO NAZIONALE 209 tivit� delle graduatorie dei concorsi pubblici sono spesso contenute nelle leggi finanziarie (6), atte al contenimento degli impegni di spesa gravanti sul bilancio dello Stato. Tali norme, in virt� della loro diretta incidenza sull�assetto finanziario dello Stato e della loro portata derogatoria, recherebbero l�attitudine a prevedere un vero e proprio obbligo in capo all�Amministrazione datrice di lavoro di far fronte alle nuove vacanze di organico, specie ove derivanti dalla rinuncia dei vincitori, mediante lo scorrimento della graduatoria di un concorso gi� espletato. Le disposizioni che sanciscono la conservazione di efficacia della graduatoria per coprire le vacanze successive, per il carattere imperativo delle regole di organizzazione, impongono all�amministrazione, secondo la tesi in disamina, di realizzare la semplificazione e l�economia da esse richieste. A fronte di tale obbligo, tale per cui l�emanazione di un bando per una nuova procedura concorsuale sarebbe per ci� solo illegittimo, si radicherebbe in capo al privato una posizione di diritto soggettivo, azionabile davanti al giudice ordinario, secondo le regole generali in tema di riparto. Sussisterebbe dunque un diritto soggettivo alla sottoscrizione del contratto di lavoro nel caso di posti resisi vacanti durante il periodo di validit� della graduatoria, una volta che si siano verificate le condizioni richieste per l�assunzione. L�impostazione de qua � condivisa da una recente ordinanza delle Sezioni Unite che, seppur occupandosi del diverso ma connesso profilo della giurisdizione, ritengono che �il candidato che, vantando una determinata posizione nella graduatoria gi� approvata ed il possesso dei requisiti del bando per il cd. scorrimento della graduatoria, pretenda di essere chiamato alla stipulazione del contratto di lavoro, fa valere il proprio diritto all�assunzione senza porre in discussione le procedure concorsuali, azionando una posizione soggettiva tutelabile dinanzi al Giudice ordinario�(7). Secondo alcuni, anzi, tale diritto avrebbe valenza costituzionale ex art. 36 della Carta Fondamentale, per cui la vulnerazione del medesimo, da parte dell�amministrazione che bandisca un nuovo concorso, potrebbe dare luogo a pregiudizi, anche di natura biologica, risarcibili, stante la lesione a monte di una prerogativa fondamentale della persona umana (8). L�impostazione in rassegna � stata peraltro esposta a obiezioni da parte dei sostenitori dell�orientamento opposto, che hanno evidenziato che non sus- (6) GAROFOLI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2009, 370. (7) Cass. civ., Sez. Un., 13 dicembre 2007, n. 26113. (8) In dottrina, cfr. CARPARELLI, �Panta rei�, la graduatoria del concorso e il bene della vita, in www.lexitalia.it, 2, 2003. In giurisprudenza, la tesi � sostenuta da Tribunale di Napoli � Capri, 20 febbraio 2002, ove si osserva addirittura che la sussistenza in capo agli idonei, cos� come ai vincitori, di un diritto soggettivo all�assunzione, imporrebbe il loro assorbimento tutte le volte in cui si manifesti una vacanza di organico (alla quale non si pu� dunque sopperire mediante con un nuovo bando o mediante la soppressione dei relativi profili professionali, adducendo la sussistenza di ragioni di ordine finanziario). 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 siste in capo all�amministrazione, anche in ipotesi di �ultrattivit�� della graduatoria, l�obbligo di procedere allo scorrimento della stessa, ben potendo l�ente indire un nuovo concorso. Anzi, si evidenzia che quest�ultima rimane l�ipotesi ordinaria, profilandosi come eccezionale il ricorso all�istituto dello �scorrimento� (9); la portata derogatoria delle norme che consentono tale possibilit� implica pertanto che, quando l�amministrazione decida di coprire le vacanze di organico mediante l�assunzione degli idonei, sussista in capo alla medesima un obbligo puntuale di motivazione. L�obbligo de quo si appunter� principalmente sulle concrete difficolt� finanziarie che investono l�ente, sulla sussistenza negli idonei dei profili professionali richiesti (ben potrebbero, infatti, nelle more, emergere nuove esigenze di qualificazione professionale alle quali non possa farsi fronte con le risorse umane reclutate secondo diversi parametri), sull�impossibilit� di aspettare i tempi di una nuova procedura concorsuale, etc. Di fronte al delinearsi di esigenze in termini di risorse umane, ove sia ancora vigente una precedente graduatoria, sussiste pertanto la discrezionalit� amministrativa (10) dell�ente in ordine alla possibilit� di procedere allo �scorrimento� della graduatoria o non piuttosto di bandire un nuovo concorso (11). L�impostazione de qua � condivisa da una recente pronuncia del T.A.R. Lazio, ove si afferma che �l�utilizzazione della graduatoria non pu� che essere ricondotta ad una scelta discrezionale dell�amministrazione, rispondente ad esigenze che sono correlate non all�interesse del singolo ma all�interesse pubblico�( 12). (9) In dottrina, ex multis, MONZANI, La ultrattivit� della graduatoria non comporta in capo alla pubblica amministrazione un obbligo di assunzione �per scorrimento�, FA CS, 2007, 2, 557. (10) In tal senso, cfr. T.A.R. Campania, 27 marzo 2008, n. 1604, in cui si ribadisce la mera facolt�, e giammai un obbligo, da parte delle amministrazioni, di utilizzare le graduatorie dei concorsi gi� espletati e ancora vigenti. In armonia con quanto affermato da Cons. St., Sez. V, 23 marzo 2004, n. 1527 e Cons. St., Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6758, si evidenzia infatti che lo �scorrimento� � un istituto di carattere eccezionale, a fronte del quale sussiste una discrezionalit� amministrativa della pubblica amministrativa, che incontra il solo limite di una motivazione puntuale e del perseguimento dell�interesse pubblico. Si prescinde, pertanto, dalla valutazione dell�interesse del privato, il quale pu� rilevare solo nell�ambito della generale comparazione di interessi alla base di ogni forma di discrezionalit�. In dottrina, cfr. NAVILLI, Graduatorie concorsuali nel pubblico impiego: giurisdizione, diritto degli idonei allo scorrimento e derogabilit� della contrattazione collettiva, in Lavoro nella P.A., 2004. (11) La discrezionalit� della pubblica amministrazione consente alla medesima di utilizzare la detta graduatoria anche per la copertura di posti vacanti corrispondenti a figure professionali parzialmente diverse, ma di pari categoria e profilo, anche se in questa evenienza l�obbligo di motivazione risulta ancora pi� puntuale, atteso che un nuovo concorso, con nuovi requisiti, � in genere pi� funzionale all�interesse pubblico. (12) T.A.R. Lazio - Roma, 24 agosto 2006, n. 7425. L�assunto � ripreso dal T.A.R. Puglia, 28 maggio 2008, n. 1307 ove si sottolinea che �come che siano espresse le norme di ultrattivit� delle graduatorie, esse non precludono all�amministrazione di preferire un�altra forma di reclutamento n� tanto meno creano un obbligo dell�amministrazione di coprire i posti liberi�. CONTENZIOSO NAZIONALE 211 Come � noto, a fronte (13) dell�ampiezza della possibilit� di scelta, la posizione del privato assume la consistenza di interesse legittimo, con conseguente possibilit� di impugnare l�atto che di tale potere sia espressione solo laddove i vizi da cui il medesimo sia affetto impattino sul bene della vita al quale anela. In altri termini, il bando di concorso non � ex se impugnabile dall�idoneo che abbia partecipato alla precedente procedura selettiva per lo stesso profilo professionale, ma solo ove sia affetto da vizi che lo rendano annullabile od oggi, e a fortiori, nullo. Alcuni autori sottolineano invero che il diritto all�assunzione non compete nemmeno ai vincitori di un concorso, atteso che l�amministrazione, anche successivamente all�approvazione della graduatoria e fermo restando l�obbligo di risarcimento del danno in ipotesi di responsabilit� precontrattuale, potrebbe non procedere all�assunzione, quando ci� contrasti con l�interesse pubblico. Tanto pu� verificarsi quante volte sia venuta meno la necessit� o l�opportunit� di reclutare nuovo personale, ovvero si siano inverati mutamenti oggettivi delle condizioni inerenti alla nomina (14). Logico corollario � che il provvedimento con cui la pubblica amministrazione opta per lo �scorrimento della graduatoria� � un atto di macro-organizzazione, che dunque fuoriesce dagli atti adottati �con la capacit� e i poteri del privato datore di lavoro�(15), rientrando nell�esercizio di una potest� amministrativa. Orbene, volendo aderire alla tesi che nega la sussistenza di un diritto soggettivo all�assunzione in capo agli idonei, nascente per il solo fatto dell�avvenuta approvazione della graduatoria (16), le questioni sul tappeto investono la natura giuridica della posizione degli idonei quante volte l�amministrazione, esercitando la sua discrezionalit�, abbia optato per lo scorrimento della graduatoria. Trattasi dell�ipotesi oggetto di attenzione da parte della sentenza che si annota, di guisa che occorre analizzarla funditus onde meglio comprendere la portata del principio affermato dalle Sezioni Unite. Secondo i pi�, una volta che l�amministrazione abbia operato la scelta di ricorrere all�assunzione degli idonei, in luogo di una nuova e dispendiosa pro- (13) Ex plurimis, App. Firenze, 16 marzo 2003, alla stregua della quale dopo l�esaurimento della fase pubblicistica della procedura concorsuale, con l�approvazione della relativa graduatoria, la scelta dell�amministrazione di reclutare nuovo personale fa sorgere in capo agli idonei un diritto soggettivo all�assunzione, nonch� Cass. civ., Sez. Un., 15 maggio 2003, n. 7307, Cass. civ., Sez. Un., 26 giugno 2002, n. 9332, Trib. Grosseto, 14 novembre 2001, n. 451. (14) T.A.R. Puglia, 26 febbraio 2008, n. 596. (15) Art. 2, comma 1, d.lgs. 165/2001. (16) ZOLI, Amministrazione del rapporto e tutela delle posizioni soggettive dei dipendenti pubblici, in DRI, 1993, 636; DANILELE, Problematiche della privatizzazione del pubblico impiego, in CS, 1998, 111. 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 cedura concorsuale, motivando opportunamente la decisione, si radica in capo all�idoneo, prima titolare di un interesse legittimo, una posizione di diritto soggettivo (17) . Il provvedimento con cui l�ente si avvale dello �scorrimento della graduatoria� integra cos� l�ultimo momento di una fattispecie a formazione complessiva, il cui perfezionamento comporta la nascita del diritto soggettivo in testa al privato. La decisione dell�amministrazione di utilizzare la graduatoria di un concorso precedente espletato � pertanto, ai fini della qualificazione della posizione giuridica dell�idoneo, del tutto equivalente all�espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con identificazione degli ulteriori vincitori �ancorch� mediante l�utilizzazione dell�intera sequenza di atti apertasi con il bando originario, recante la cd. lex specialis del concorso, e conclusasi con l�approvazione della graduatoria, che individua i soggetti da assumere�(18). 4. Precipitati in punto di giurisdizione Il privato che, nella situazione fattuale descritta, faccia valere il suo diritto all�assunzione non contesta allora gli atti che hanno scandito la procedura concorsuale al quale il medesimo ha partecipato; anzi, egli pone proprio l�approvazione della graduatoria a sostegno delle sue pretese (19). Tanto premesso, � evidente che egli, azionando un diritto soggettivo, non pu� che rivolgersi al giudice ordinario, proprio in virt� del criterio di riparto sulla causa petendi che, come visto, non appare derogato dall�art. 63 T.U. 165/2001, quale norma meramente ricognitiva dello stato dell�arte. � quanto afferma la sentenza 20 agosto 2009, n. 18499, laddove chiarisce che �In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo "scorrimento� della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi in tal caso valere, al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione�. Che il criterio di riparto adottato dalla pronuncia sia quello adottato nel caso del Caff� Greco (20) non ci sono dubbi, posto che la stessa decisione specifica che nelle ipotesi in cui la lesione del diritto discenda dall�indizione di (17) DAMIANO, Nota a T.A.R. Lazio, 26 agosto 2004 n. 8097 e Tar Lazio, 23 settembre 2004 n. 9708, in Lavoro nelle PA, 2004, 5, 919. (18) Cass. civ., Sez. Un., 9 marzo 2007, n. 5397. (19) Cass. civ., Sez. Un., 14 maggio 2007, n. 10490. (20) Concordato giurisprudenziale tra Mariano D�Amelio e Santi Romano che secondo la tradizione sarebbe stato siglato nel �29 nelle storiche sale del celeberrimo Caff� romano. CONTENZIOSO NAZIONALE 213 un nuovo concorso, la giurisdizione competa al giudice amministrativo. E infatti, in tale ultima evenienza, il candidato contesta principaliter la legittimit� del bando con cui si avvia una nuova procedura concorsuale e dunque aziona, in via immediata, una posizione di interesse legittimo, a fronte della quale la tutela � fornita, secondo l�art. 113 Cost., dagli organi di giustizia amministrativa. La tutela anelata dal privato, nell�ipotesi in rassegna, non potrebbe in vero essere accordata dal giudice ordinario, mediante la disapplicazione della decisione di indire un concorso o del relativo bando, secondo quanto previsto dall�art. 63, co. 1, T.U. 165/2001; tanto perch� il potere di disapplicazione del giudice ordinario presuppone che la controversia investa un diritto soggettivo, sul quale incide un provvedimento amministrativo conosciuto dal giudice ordinario incidenter tantum (21). Al riguardo, un�interessante pronuncia delle Sezioni Unite chiarisce che tale schema � presupposto dalla legge �laddove esprime la regola secondo cui l�impugnazione davanti al giudice amministrativo dell�atto amministrativo rilevante nella controversia non � causa di sospensione del processo [�], regola che si inserisce coerentemente nel sistema per la radicale diversit� delle controversie pendenti dinanzi a giudici di diverso ordine (l�una sull�atto; l�altra sul rapporto)� (22). Come detto, le Sezioni Unite, con la sentenza 20 agosto 2009, n. 18499, discernono il caso dell�idoneo che azioni il suo diritto all�assunzione come conseguenza dello scorrimento della graduatoria da quello dell�idoneo che si dolga, in prima battuta, dell�illegittimit� del provvedimento di indizione di una nuova procedura concorsuale, giungendo alle conclusioni poc�anzi rassegnate. Vale nondimeno interrogarsi sulla conclusione alla quale si giungerebbe applicando il criterio del riparto per materia, alla stregua del quale, come accennato, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario - come tale ricomprendente anche il potere dello stesso di annullare gli atti amministrativi illegittimi - per ogni fase del rapporto di lavoro successiva all�approvazione della graduatoria. � di tutta evidenza che, aderendo alla prospettazione in rassegna, sussiste parimenti la giurisdizione del giudice ordinario quante volte l�amministrazione abbia deciso di avvalersi di una graduatoria ancora valida e un candidato idoneo lamenti la mancata assunzione, sulla base della diversa graduatoria derivante dal concorso riservato. Nell�ipotesi in rilievo il privato pone infatti l�approvazione della graduatoria a fondamento della sua istanza, di guisa che la cognizione del giudice investe fatti successivi alla stessa (con particolare (21) Cass. civ., Sez. Un., 18 giugno 2008, n. 16527. (22) Ibidem. 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 riguardo alla decisione dell�ente di avvalersi della graduatoria del concorso gi� espletato). Interrogativi parzialmente diversi introduce invece il secondo caso analizzato dalla pronuncia che si annota, id est l�eventualit� che il riconoscimento del diritto all�assunzione derivi dalla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso. Sembra peraltro che in questa evenienza, pur aderendo alla tesi secondo cui la riforma del pubblico impiego abbia introdotto un criterio di riparto per materia, la giurisdizione competa nondimeno al giudice amministrativo. Tanto in virt� dell�art. 63, co. 4, T.U. 165/2001, a tenore del quale �Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni�. Orbene, nella fattispecie in disamina il privato lamenta, in via principale, l�illegittimit� del bando che d� avvio alla nuova procedura concorsuale, assumendo, presumibilmente, che il medesimo sia affetto da un vizio di legge. Le norme rispetto alle quali il medesimo si profila viziato sono invero quelle, contenute per lo pi� nelle leggi finanziarie, che dilazionano l�efficacia temporale della graduatoria, rendendola ancora vigente al momento dell�indizione del nuovo concorso. Fermo restando che, nel merito, la fondatezza del gravame amministrativo dipende dalla tesi che si reputi di condividere (l�alternativa, come accennato, � tra vincolativit� di tali disposizioni o discrezionalit� amministrativa dell�ente), in punto di giurisdizione il petitum immediato � l�annullamento di un atto logicamente antecedente rispetto all�approvazione della graduatoria che, secondo il criterio del riparto della materia, delimita la cognizione del giudice amministrativo. N� pu� obiettarsi che il bando sia successivo rispetto all�approvazione della graduatoria del concorso precedente, atteso che, nella prospettazione del ricorrente, id quod interest non � la legittimit� del concorso precedente, che anzi � presupposta, ma l�illegittimit� del bando successivo. Al riguardo � d�uopo evidenziare che la Cassazione (23), in una precedente pronuncia, evidenziando il carattere pubblicistico che connota le procedure concorsuali, modulandole secondo i parametri di efficienza e buon andamento ex art. 97 Cost., chiarisce che la riforma del pubblico impiego in nulla ha innovato la natura delle posizioni soggettive dei privati antecedenti all�approvazione della graduatoria, le quali hanno a tutt�oggi consistenza di interesse legittimo. La giurisdizione del giudice amministrativo � allora invocabile allorch� la controversia investa la singola procedura concorsuale o tenda a inficiarne (23) Cass. civ., Sez. Lav., 5 marzo 2003, n. 3252. CONTENZIOSO NAZIONALE 215 la graduatoria contestandone la legittimit� e chiedendone la revisione. Sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario qualora si agisca sul presupposto della definitivit� e della validit� della graduatoria o si faccia valere il proprio diritto alla nomina, contestandosi l�utilizzo della graduatoria successivamente all�assunzione dei vincitori. � quanto si verifica nella situazione fattuale oggetto della pronuncia in commento, nella quale si contesta l�utilizzo, per la copertura di vacanze di organico, della graduatoria ordinaria e non di quella del concorso riservato, all�interno della quale si colloca il privato che con la sua azione ha dato origine al giudizio, sottoposto alle Sezioni Unite a causa di un conflitto negativo di giurisdizione. Orbene, nell�ipotesi qui descritta il candidato non si duole del mancato ricorso all� �assorbimento� degli idonei, e dunque della decisione dell�amministrazione di procedere all�indizione di un nuovo concorso o alla soppressione dei posti in organico, bens� dell�utilizzo di una graduatoria diversa da quella nella quale egli si colloca, decisione a valle della scelta dell�amministrazione di sopperire alle carenze di organico mediante l�assunzione degli idonei di precedenti concorsi. La decisione dell�amministrazione connota la posizione del privato in termini di diritto soggettivo, a fronte del quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, indipendentemente dalla tesi a cui si ritenga di aderire in tema di riparto di giurisdizione (per materia o per posizione soggettiva azionata). Se ci� � vero, come sembra, la soluzione abbracciata dalle Sezioni Unite � tutto sommato obbligata, seppur nel coacervo di tesi che sul piano sostanziale e processuale si contendono la materia. Dott.ssa Lucrezia Fiandaca* Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 20 agosto 2009 n. 18499 - Pres. Carbone, Rel. Amoroso - P. M. ed altri (Avv. A. Chiappetti) c. I.N.P.D.A.P. (Avv. P. Massafra), Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato G. Albenzio) - Conflitto negativo di giurisdizione. (Omissis.... ) 4. Ad ogni buon conto sussiste in ogni caso la giurisdizione del giudice ordinario come ritenuto dal TAR Lazio. Infatti - come ha rilevato esattamente il TAR Lazio - la procedura concorsuale (anzi le due procedure concorsuali che vengono in rilievo) sono entrambe concluse, con graduatoria approvata e senza che i ricorrenti abbiano mosso alcuna contestazione in ordine alla graduatoria (*) Procuratore dello Stato. 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 stessa. Il problema che i ricorrenti sollevano riguarda l'utilizzo di queste graduatorie da parte dell'INPDAP. Si tratta quindi di una vicenda - e di un contenzioso - che si colloca a valle delle due procedure concorsuali sicch� non viene affatto in rilievo la (eccezionale) deroga alla generale giurisdizione del giudice ordinario di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4. La questione dibattuta infatti attiene all'uso che ha fatto l'istituto della graduatoria degli idonei del concorso ordinario (e al "non uso" della graduatoria degli idonei del concorso riservato); questione che radica un'ordinaria controversia di lavoro pubblico contrattualizzato devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario. Cfr. Cass. 18 giugno 2008 n. n. 16527 che ha affermato che in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione". Ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la contestazione investe l'esercizio del potere dell'amministrazione di merito , a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4. In senso conforme v. anche Cass., sez. un., 4 aprile 2008, n. 8736; 13 dicembre 2007, n. 26113; 9 marzo 2007, n. 5397. 5. In conclusione il denunciato conflitto negativo di giurisdizione va risolto nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario innanzi al quale vanno rimesse le parti; va conseguentemente cassata la suddetta sentenza del tribunale di Roma. Sussistono giustificati motivi - tenuto anche conto del comportamento processuale dei ricorrenti che, nel denunciare il conflitto negativo di giurisdizione, non hanno fatto menzione della terza pronuncia intervenuta tra le parti - per compensare tra le parti stesse le spese di questo giudizio di cassazione. PER QUESTI MOTIVI La Corte, a Sezioni Unite, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza del Tribunale di Roma e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale rimette le parti; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione. Cos� deciso in Roma, il 28 aprile 2009. CONTENZIOSO NAZIONALE 217 L�art. 4 del d.l. 90/2008 sulla giurisdizione in materia di emergenza rifiuti in Campania La genesi e le prime letture della Corte di Cassazione (Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 28 dicembre 2007 n.27187; Cassazione penale, Sezione I, sentenza 24 dicembre 2008 n. 48160; Cassazione penale, Sezione I, sentenza 27 novembre 2008 n. 44363; Cassazione penale, Sezione I, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2470) 1. La deroga in materia di giurisdizione nell�ambito del decreto legge 90/2008 A fronte della inadeguata gestione dell'attivit� di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, che durante lo scorso anno ha portato all'accumulo di quantit� insostenibili di immondizia nel territorio, il Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008 ha rilevato la necessit� e l'urgenza di adottare opportune iniziative volte al definitivo superamento della situazione. Come tristemente noto, il settore versava da tempo in una condizione di grave crisi sanitaria ed ambientale (1). Basti pensare che lo stato di emergenza ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225 (2), era stato dichiarato gi� con D.P.C.M. dell'11 febbraio 1994 (3). Il 23 maggio 2008 il Presidente della Repubblica ha quindi firmato il decreto legge n. 90, recante �Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile�(4), che, con l'art. 19, ha da ultimo prorogato lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2009. Il citato decreto legge � stato poi modificato, in sede di conversione, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123 (5). L�intervento di decretazione d�urgenza si fonda su un�ampia e dettagliata serie di premesse, costituenti una vera e propria motivazione del provvedimento. Oltre al tradizionale elenco di norme quadro e di precedenti normativi nella materia interessata, tali premesse descrivono minuziosamente il contesto (1) Per una ricostruzione complessiva della vicenda, si rinvia a BASSU C., Emergenza rifiuti a Napoli: la doppia faccia della sussidiariet�, in Rivista giuridica dell�ambiente, 2009, p. 403 ss. (2) La legge, agli articoli 2, comma 1, lett. c), e 5, comma 1, prevede l'adozione di tale misura in relazione ad �eventi che, per intensit� ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi straordinari�. (3) Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994. (4) Il decreto � stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 del 23 maggio 2008 ed � entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. (5) Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008 ed entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Il Governo era nuovamente intervenuto nella materia con il d.l. 17 giugno 2008 n. 107, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2008, recante �Ulteriori norme per assicurare lo smaltimento dei rifiuti in Campania�, poi decaduto. Al fine di assicurare continuit� nel servizio di trattamento dei rifiuti e prevenire l'aggravamento delle situazioni di pericolo in atto per l'incolumit� pubblica, il provvedimento autorizzava l'utilizzo degli impianti ex CDR. 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 emergenziale ed esplicano le soluzioni adottate, richiamando altres� le diverse vicende all'esame dei giudici (6). In particolare, la situazione emergenziale risultava strettamente connessa all'esigenza di disporre per legge l'individuazione e la realizzazione delle discariche utilizzabili per conferire i rifiuti urbani, in considerazione delle tensioni sociali che rendono critica la localizzazione degli impianti a servizio del ciclo di smaltimento dei rifiuti; di impedire il continuo svilupparsi di incendi dei rifiuti e la conseguente emissione di sostanze altamente inquinanti nell'atmosfera; di individuare soluzioni alternative al conferimento in discarica dei rifiuti urbani mediante il relativo smaltimento in impianti di termodistruzione; di disporre interventi di bonifica e di compensazione ambientale, nonch� interventi per la raccolta differenziata dei rifiuti nel territorio campano. � indubbio che il risultato configuri un vero e proprio statuto dell'emergenza, recante, con particolare riferimento al tema in esame, norme processuali che appaiono fortemente eccentriche rispetto ai consolidati principi e criteri del rito ordinario. Accanto a misure temporalmente limitate ed esplicitamente dirette a superare l'emergenza rifiuti nella regione Campania, il decreto ne prevede anche alcune destinate ad operare in tutto il Paese. Tra queste ultime assume particolare rilievo quella dettata dall'art. 4 in punto di giurisdizione. La disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo �tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati�. Essa sembra costituire attuazione (e peraltro anche integrazione) dei principi contenuti nella pronuncia n. 27187 del 28 dicembre 2007 delle Sezioni Unite della Cassazione, la quale pu� forse rappresentare un antecedente logico e cronologico della detta disposizione. Questi in sintesi gli ulteriori contenuti della legge: - l'art. 1 attribuisce al Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri �il coordinamento della complessiva azione di gestione dei rifiuti nella regione Campania per il periodo emergenziale� e prepone un Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri �in via di assoluta irripetibilit� e straordinariet� per far fronte alla gravissima situazione in corso�; - l'art. 2 specifica le attribuzioni del detto Sottosegretario di Stato che, in deroga a specifiche disposizioni legislative e regolamentari, provvede �all'attivazione dei siti da destinare a discarica�, ai quali � attribuita la qualifica di �aree di interesse strategico nazionale�; acquisisce �impianti, cave dismesse o abban- (6) V. PONTE D., Devolute al giudice amministrativo le controversie relative alla gestione, in Guida al diritto, n. 24, 2008, p. 108. CONTENZIOSO NAZIONALE 219 donate ed altri siti per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti�; dispone, �al fine di evitare interruzioni o turbamenti alla regolarit� della complessiva azione di gestione dei rifiuti e della connessa realizzazione dei necessari interventi ed opere, ivi compresi i termovalorizzatori, le discariche di servizio, i siti di stoccaggio provvisorio e ogni altro impianto�, di ogni bene mobile funzionale al corretto espletamento delle attivit� di propria competenza; si avvale della forza pubblica �al fine di assicurare piena effettivit� agli interventi ed alle iniziative occorrenti per fronteggiare l'emergenza in atto nella regione Campania�; - il medesimo articolo prevede altres� nuove ipotesi criminose per chi ostacola l'azione di gestione dei rifiuti ovvero distrugge, deteriora o rende inservibili componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti; - l'art. 3 detta specifiche disposizioni, aventi efficacia fino al termine dello stato emergenziale, in materia di �competenza dell'autorit� giudiziaria nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania�; - infine, i successivi articoli dispongono in ordine agli impianti di smaltimento, selezione, trattamento, e termovalorizzazione dei rifiuti, alle discariche ed agli impianti di depurazione, alla raccolta differenziata dei rifiuti, al finanziamento di specifiche iniziative di educazione ambientale. 2. Un antecedente giurisprudenziale dell�art. 4 Come si � anticipato, l�art. 4, a differenza delle altre disposizioni surriferite, � destinato ad operare nell�intera nazione. Giova sottolineare, comunque, che la norma, a ben vedere, non presenta un carattere di particolare novit�. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riferimento all'emergenza rifiuti discendeva, infatti, gi� dall'art. 3, comma 2 bis, del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, inserito dalla legge di conversione n. 21 del 27 gennaio 2006, il quale attribuiva al T.A.R. del Lazio la competenza esclusiva a pronunciare nel merito sulle domande di annullamento per motivi di legittimit� dei provvedimenti emanati nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225/1992 (7). L�art. 4, facendo salva la disposizione da ultimo citata, (7) La disciplina processuale introdotta dalla legge n. 21/2006 era stata fatta oggetto, da parte di numerosi giudici amministrativi, di molteplici dubbi di legittimit� costituzionale. Tuttavia la Corte Costituzionale con la sentenza n. 237 del 2007 aveva ritenuto che la devoluzione delle questioni indicate dall'art. 3, comma 2 bis, alla competenza inderogabile del T.A.R. del Lazio non fosse irragionevole. Secondo la Corte i provvedimenti adottati dagli organi governativi o dai commissari delegati per le emergenze dichiarate ai sensi dell'art. 5, quand'anche aventi efficacia territoriale circoscritta all'ambito di una sola Regione, sono, in quanto consequenziali a situazioni di emergenza dichiarate ai sensi di tale norma, non omogenei rispetto ai provvedimenti adottati - sempre per fronteggiare situazioni di emergenza dichiarate per� da organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali - da autorit� locali. Tuttavia in senso critico si veda CACCIAVILLANI C., Competenza inderogabile del T.A.R. del Lazio, translatio iudicii e garanzia del diritto di difesa - a margine della sentenza della Corte cost. n. 237 del 2007, in Giurisprudenza Costituzionale del 2007, pp. 2383 e ss. 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ne estende la portata a tutte le controversie relative alla complessiva azione di gestione dei rifiuti. La previsione viene espressamente motivata nelle premesse del decreto in esame attraverso il richiamo al mutamento giurisprudenziale intervenuto con la citata sentenza n. 27187/2007. Tale decisione trae spunto dalle affermazioni contenute nella sentenza n. 140 del 27 aprile 2007, con cui la Corte Costituzionale ha respinto le censure sollevate nei confronti della norma che assegnava alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto una determinata categoria di procedure e di provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica, nonch� le relative questioni risarcitorie. La Consulta ha precisato che non potrebbe sostenersi l'incostituzionalit� di tale disciplina invocando la natura fondamentale dei diritti coinvolti nelle controversie, posto che non consta �alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario � escludendone il giudice amministrativo � la tutela dei diritti costituzionalmente protetti�(8). Tenuto conto che la grave situazione in atto compromette innanzitutto i diritti fondamentali della popolazione locale (primo fra tutti quello alla salute) alla cui tutela sono finalizzate e funzionalizzate le disposizioni in materia di emergenza rifiuti, l�art. 4, in ossequio a quanto affermato nella pronuncia in rassegna, si preoccupa di precisare che la giurisdizione amministrativa esclusiva �si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati. Tale ulteriore inciso, se per un verso potrebbe apparire superfluo sulla base della riferita constatazione che la disciplina dei rifiuti impatta direttamente su diritti fondamentali, per un altro si � reso necessario alla luce del tradizionale orientamento della Cassazione, la quale, ragionando in termini di diritti incomprimibili, reputava riservate al giudice ordinario le controversie involgenti tali diritti. Giova ricordare che la pronuncia delle Sezioni Unite rappresenta il primo caso in cui ha trovato applicazione il nuovo terzo comma dell'art. 363 c.p.c., introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che consente di pronunciare d'ufficio il principio di diritto nell'interesse della legge. Infatti, la Corte ha ritenuto che la questione all'esame, relativa all'individuazione del giudice dinanzi al quale proporre la domanda volta ad inibire l'installazione e la messa in esercizio di una discarica di rifiuti, assumesse particolare importanza per il suo rilievo sociale in rapporto all'emergenza rifiuti della Campania. Le Sezioni Unite in quell'occasione hanno fatto applicazione del nuovo (8) Possono quindi, a buon diritto, essere riconosciuti alla giurisdizione amministrativa di legittimit� poteri idonei ad assicurare piena tutela, anche risarcitoria, per il danno asseritamente sofferto in violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell'illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione. V. PONTE D., cit., p. 113. CONTENZIOSO NAZIONALE 221 criterio di riparto della giurisdizione, introdotto dalla Corte costituzionale nelle ormai note sentenze n. 204 del 6 luglio 2004 e n. 191 dell'11 maggio 2006, fondato sull'esistenza o meno di esercizio di pubblico potere. In particolare, esse hanno affermato che le controversie relative alla installazione delle discariche di rifiuti spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto questioni afferenti la gestione del territorio nell'interesse dell'intera collettivit� nazionale e pertanto qualificate come �urbanistiche�, anche qualora sia denunciata una lesione di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute o alla salubrit� ambientale. La pronuncia della Cassazione asserisce che la portata di tale regola si estende anche ai comportamenti materiali, qualora siano consequenziali ad atti amministrativi o comunque espressivi di un potere autoritativo di cui sia denunciata l'illegittimit�, fino a che non degradino a comportamenti �di mero fatto�. Spetta allo stesso giudice amministrativo adottare, se ne ricorrono le condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducano di essere danneggiati da tali comportamenti materiali o dai provvedimenti autoritativi finalizzati all�installazione delle discariche. Pur ispirandosi ai principi sanciti dalla pronuncia all'esame, l'art. 4 � stato oggetto di dibattito sin dall'emanazione del decreto: il tenore testuale della disposizione sembra infatti non ammettere quella distinzione tra comportamenti della p.a. collegati all'esercizio di un pubblico potere e comportamenti posti in essere in via di mero fatto, la quale costituisce ormai un punto fermo per il riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo, nel primo caso, e giudice ordinario, nel secondo (9). Gi� in sede di discussione del progetto di legge di conversione del decreto erano state effettuate diverse sollecitazioni a valutare l'opportunit� di una precisazione nei termini riferiti, in linea con la giurisprudenza costituzionale e della Cassazione in tema di riparto (10). Tuttavia la legge di conversione non reca alcuna specificazione in tal senso. 3. L�interpretazione dell�art. 4 da parte dei giudici penali Una prima lettura dell�art. 4 � stata offerta dagli organi della giurisdizione penale. Si tratta evidentemente di una giurisdizione diversa da quella amministrativa, cui la norma � destinata. Il richiamo operato alla stessa � stato quindi volto esclusivamente a dare attuazione all�art. 3 del decreto. Tale ultima disposizione, al fine di semplificare la trattazione e garantire nel contempo un (9) Cfr. GUARNIER T., Il riparto di giurisdizione ai confini dell�interpretazione conforme: il caso dell�emergenza rifiuti campana al cospetto del T.A.R. Lazio, in www.federalismi.it. (10) Si vedano i Progetti di legge n. 1145 della Camera e A.S. n. 832 del Senato. 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 pi� efficace coordinamento delle attivit� investigative e di indagine, introduce deroghe alla competenza territoriale dell'Autorit� giudiziaria. In particolare, �nei procedimenti relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonch� a quelli ad essi connessi a norma dell'art. 12 del codice di procedura penale, attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all'articolo 2 del presente decreto�, esso attribuisce la competenza alla direzione distrettuale antimafia di Napoli, nella persona del procuratore della Repubblica e le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare a magistrati del Tribunale di Napoli (11). La Corte di Cassazione � stata chiamata a chiarire se nella competenza speciale della Procura di Napoli dovessero rientrare esclusivamente i reati connessi alla gestione dei rifiuti o anche quelli che, pur se di natura ambientale, risultavano del tutto estranei alla situazione emergenziale (12). La Suprema Corte, in pi� di un�occasione, con articolata motivazione ha affermato che l�art. 3, derogando al sistema del codice di rito, � norma eccezionale e come tale esige un�interpretazione restrittiva. La conferma ad una siffatta interpretazione � stata tratta proprio dall'art. 4, che, come diffusamente illustrato, sancisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo limitatamente alle controversie �comunque attinenti (...) alla complessiva azione di gestione dei rifiuti� (Cassazione penale, Sezione I, n. 44363 del 27 novembre 2008, n. 48160 del 24 dicembre 2008 e n. 2470 del 21 gennaio 2009). Il riferimento presente in entrambe le norme all��azione di gestione dei rifiuti� � stato infatti letto dalla giurisprudenza di legittimit� come dimostrazione dello specifico intento del legislatore di attribuire agli organi della giurisdizione amministrativa una competenza speculare a quella degli organi della giurisdizione penale, ovviamente in materie diverse. La lettura simmetrica delle due disposizioni offerta dalla Corte sembra cogliere nel segno e risulta particolarmente efficace, anche in considerazione della consimile previsione legislativa in tema di misure cautelari nelle due differenti giurisdizioni. Infatti, il secondo comma dell'art. 4, con disposizione di natura transitoria, introduce una procedura di conferma o di convalida da parte del giudice amministrativo delle misure cautelari eventualmente adottate da (11) L'articolo in parola, al fine di potenziare gli uffici giudiziari di Napoli, prevede, inoltre, la possibilit� di adottare idonee misure di redistribuzione dei magistrati in servizio e di riallocazione del personale amministrativo. (12) Al fine di superare alcune perplessit� che erano state evidenziate subito dopo l�entrata in vigore del decreto legge, in sede di conversione sono state apportate modifiche alla disposizione sulla competenza in materia penale tendenti a delimitare la formula �nei procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, connessi a norma dell�art. 12 c.p.p.� con la specificazione �attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all'articolo 2 del presente decreto�. Tuttavia ci� non � bastato a sciogliere i dubbi dei giudici di merito. CONTENZIOSO NAZIONALE 223 un'autorit� giudiziaria diversa, nel termine perentorio di trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto. Simmetricamente, il sesto comma dell�art. 3 stabilisce che tutte le misure cautelari eventualmente disposte prima della data di entrata in vigore del decreto, o convalidate da giudice diverso da quello collegiale presso il Tribunale di Napoli, cui la legge attribuisce la competenza a decidere in merito, cessano di avere effetto se entro venti giorni dalla trasmissione degli atti il giudice competente non provvede a norma degli artt. 292, 317 e 321 c.p.p.. Le pronunce della Cassazione penale in rassegna rinvengono quindi una ratio ispiratrice comune nelle disposizioni derogatorie e al rito amministrativo e al rito penale, che le induce ad includere nella giurisdizione speciale tutto e solo ci� che attiene all�attivit� di gestione dei rifiuti. In tal modo esse si rivelano in perfetta sintonia (ed anzi anticipano) l�interpretazione da ultimo affermatasi nella giurisprudenza amministrativa, che ha ricondotto alla propria giurisdizione tutto ci� che attiene alla complessa attivit� amministrativa specificamente finalizzata alla risoluzione dell�emergenza in atto. Avv. Luca Ventrella e Dott.ssa Margherita Sitongia* Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza 28 dicembre 2007 n. 27187 - Pres. Carbone, Rel. Forte - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario Straordinario del Governo per l�emergenza rifiuti in Campania (Avv. dello Stato G. Aiello) c/ Comune di Serre (Avv.ti Borriello e Falce) e altri. (...Omissis...) 2.1. Pregiudiziale � la questione dell'ammissibilit� del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., per la cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, dell'ordinanza collegiale del Tribunale di Salerno, che ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento urgente (�) emesso ai sensi dell'art. 700 c.p.c.. (...Omissis...) il ricorso straordinario per cassazione deve dichiararsi inammissibile in tutti i suoi motivi, non avendo il provvedimento impugnato stabilit� oggettiva e non potendo fare "stato" tra le parti e i loro aventi causa un accertamento in esso eventualmente contenuto, rispetto alla cui efficacia pu� incidere una qualsiasi pronuncia di altro Giudice, anche soggetta ad impugnazione, con la negazione della concreta esistenza del diritto a cautela del quale esso � stato emesso. (...Omissis...) Nella fattispecie, alle Amministrazioni ricorrenti potrebbe riconoscersi un interesse a chiedere sin da questo momento e prima dell'inizio della causa di merito da una delle parti della pro- (*) Luca Ventrella, avvocato dello Stato. Margherita Sitongia, dottore in giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 cedura cautelare, la individuazione in via definitiva del giudice dinanzi al quale proporre la domanda fondata sul preteso diritto cautelato (�). (...Omissis...) non � dubitabile che questa Corte a Sezioni unite (�) ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 1, possano esercitare d'ufficio il loro potere discrezionale di pronunciare il principio di diritto applicabile nella vicenda processuale come ad esse prospettata dai soggetti il cui ricorso sia stato ritenuto precluso. (...Omissis...) [Il] rilievo anche sociale e di fatto della questione di massima di particolare importanza emerge sicuro, in rapporto all'emergenza "rifiuti" della Campania e si connette all'interesse giuridico dei problemi collegati all'esercizio dei poteri amministrativi, con atti e comportamenti delle autorit�, che hanno rilievo anche in rapporto ai diritti incomprimibili dei privati e agli interessi diffusi di varie categorie di cittadini. L'inibitoria dell'attivit� materiale, potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei cittadini di Serre e ad un ambiente igienicamente sicuro (�), si fonda sul presupposto che, sui diritti fondamentali protetti dalla Costituzione, come quello alla salute in concreto nel caso cautelato, in quanto gli stessi non sono degradabili ad interessi legittimi, la P.A. agirebbe sempre in carenza assoluta di potere e quindi i comportamenti di essa dovrebbero sempre ritenersi non fondati sull'esercizio di un potere e valutarsi come attivit� materiali e di mero fatto, riservate alla esclusiva cognizione del giudice ordinario. Tale tesi � infondata e non conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale distingue sempre tra i comportamenti materiali, che esprimono l'esercizio di un potere amministrativo e sono collegati comunque ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato, da quelli di mero fatto, riservando quindi soltanto i primi alla cognizione dei giudici amministrativi, nella materie riservate alla giurisdizione esclusiva di questi ultimi (�). Effettivamente, prima della devoluzione alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi di alcune materie (�), proprio in materia di discariche di rifiuti urbani, questa Corte aveva riservato al Giudice ordinario ogni controversia in materia di danno alla salute, che dalla collocazione nel territorio di tali infrastrutture poteva derivare (�). Successivamente al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, non vi � invece ragione per denegare la cognizione dei Giudici amministrativi allorch�, in materia di giurisdizione esclusiva, vi sia una controversia avente ad oggetto comportamenti materiali che siano effetto di atti della P.A. o espressione di poteri di questa e ledano diritti, anche se fondamentali e tutelati dalla costituzione, perch� comunque resta ferma la cognizione giurisdizionale dei Giudici amministrativi, sulla base di quanto chiarito anche dalle sentenze della C. Cost. 28 aprile 2004 n. 204, 8 marzo 2006 n. 191, in rapporto alla lettura della parola "comportamenti", di cui al D.Lgs. sopra richiamato, art. 34, comma 1. In tale senso del resto � lo stesso dettato normativo della L. n. 205 del 2000, art. 3, che ha modificato la L. n. 1034 del 1971, art. 21, espressamente prevedendo una tutela cautelare nel corso del processo dinanzi ai giudici amministrativi, assimilabile a quella di cui all'art. 700 c.p.c. (...Omissis...) [Secondo tale norma] "la concessione o il diniego della misura cautelare non pu� essere subordinata a cauzione quando la concessione o il diniego della misura cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, all'integrit�, dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale", cos� evidenziando che anche il giudice amministrativo ha piena cognizione di essi, quando si verta in una controversia riservata alla sua CONTENZIOSO NAZIONALE 225 giurisdizione esclusiva (�). (...Omissis...) 5.3. Pertanto (�) deve pronunciarsi, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., comma 3, il seguente principio di diritto: "Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.), allorch� la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata l'illegittimit�, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei Giudici amministrativi, come ad es. in quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti" (...Omissis...) Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 24 dicembre 2008 n. 48160 - Pres. Chieffi, Rel. Cassano - Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di GIP Tribunale Santa Maria Capua Vetere. (...Omissis...) 2. Il 23 maggio 2008 il Presidente della Repubblica ha firmato il D.L. 23 maggio 2008, n. 90, recante "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile"(�). (...Omissis...) Non meno importante, nell'ottica emergenziale fondante la decretazione d'urgenza, � stata la valutazione degli esiti dei molteplici procedimenti giudiziali, evidenzianti il coinvolgimento della criminalit� organizzata nelle attivit� di gestione dei rifiuti nella regione Campania. Per tale motivo, sono state inserite nel testo di legge governativo alcune disposizioni "eccezionali" (art. 3) (�). ( ...Omissis...) Al fine di semplificarne la trattazione e garantire nel contempo un pi� efficace coordinamento delle attivit� investigative e di indagine durante lo stato emergenziale (ossia, sino al 31 dicembre 2009), il decreto ha introdotto (art. 3) deroghe alla competenza territoriale dell'Autorit� giudiziaria "nei procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonch� a quelli ad essi connessi a norma dell'art. 12 c.p.p. (...Omissis...) 3. Il citato decreto legge � stato modificato, in sede di conversione, dalla L. 14 luglio 2008, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008, entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ossia il 17 luglio 2008. (...Omissis...) Si tratta, infatti, di stabilire se la limitazione della nuova competenza funzionale collegiale "distrettuale", con riguardo ai reati ambientali, a "quelli attinenti alle attribuzioni del Sotto- 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 segretario di Stato, di cui all'art. 2 del presente decreto" si riferisca ai soli reati connessi ovvero abbia una valenza pi� ampia e serva ad esplicitare l'ambito della competenza dell'AG regionale. L'analisi della disciplina fondata sulla ricostruzione della voluntas legis e della occasio legis e sulla interpretazione letterale e logico-sistematica delle nuove disposizioni, quali risultano a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto legge, portano a ritenere che non solo con riferimento ai reati connessi, ma anche con riguardo ai reati principali, il legislatore abbia voluto attribuire al gip e al Tribunale collegiale regionale soltanto i reati riferiti alla gestione dei rifiuti e aventi attinenza con le attribuzioni del Sottosegretario di Stato, compresi ovviamente i nuovi reati introdotti dal D.L. n. 90 del 2008, art. 2, per i quali la concentrazione in capo ad un unico ufficio di Procura e di Tribunale � finalizzato ad assicurare la celerit� e la omogeneit� degli interventi in relazione all'emergenza rifiuti nella Regione Campania. Una conclusione del genere � avvalorata dalla ricostruzione della natura della norma. Si tratta, infatti, all'evidenza di una disposizione "eccezionale", come comprovato non solo dall'espresso tenore dell'art. 3, ma anche dalla introduzione, in deroga al sistema del codice di rito, di un giudice collegiale competente per le misure cautelari personali e reali; in quanto tale essa deve essere interpretata restrittivamente. Del resto sarebbe illogico e contrario alla ratio della legge ritenere che il legislatore, dichiaratamente intervenuto in maniera mirata, come si evince dal preambolo al decreto legge, per risolvere un problema specifico e urgente nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania, abbia voluto concentrare nell'organo giurisdizionale di nuova istituzione qualsiasi violazione in materia ambientale priva di qualsiasi obiettivo collegamento con la predetta emergenza. (...Omissis...) Un'ulteriore conferma a tale interpretazione restrittiva dell'art. 3 pu� essere tratta dall'art. 4, che amplia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo limitatamente alle controversie �comunque attinenti ...alla complessiva azione di gestione dei rifiuti...�. (...Omissis...) Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 27 novembre 2008 n. 44363 - Pres. Chieffi, Rel. Piraccini - Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di GIP Tribunale Santa Maria Capua Vetere. (Omissis) Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2470 - Pres. Chieffi, Rel. Bonito - Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di Tribunale di Torre Annunziata. (...Omissis...) Non vi � dubbio che la modifica dell'art. 3 in sede di conversione in legge � stata dettata dalla esigenza di contenere la infelice formulazione del testo iniziale del decreto legge con riferi- CONTENZIOSO NAZIONALE 227 mento ai reati connessi (�) la disposizione che ne � seguita (�) porta a ritenere che la limitazione ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti sia insita nella legge anche con riguardo ai reati principali. (...Omissis...) Tale interpretazione � confortata dal rilievo che si tratta di norma eccezionale, perch� introduce la figura del GIP e del GUP regionali, addirittura in composizione collegiale come GIP per le misure cautelari personali e reali, che non esistevano in precedenza nel nostro ordinamento e per cui la interpretazione deve essere restrittiva. (...Omissis...) Anche con riguardo al giudice amministrativo, di cui � stata ampliata con la stessa legge la giurisdizione esclusiva (art. 4), la competenza � stata limitata alle controversie comunque attinenti alla gestione dei rifiuti, con ci� confermando lo specifico intento del legislatore di attribuire anche agli organi della giurisdizione amministrativa una competenza speculare a quella degli organi della giurisdizione penale, ovviamente in materie diverse. Ci� posto, si ritiene che la competenza attribuita agli organi di cui all'art. 3 sia limitata, come recita anche il titolo di tale articolo, "ai procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania" che sono poi quelli attinenti alle specifiche attribuzione del Sottosegretario di Stato. (...Omissis...) 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La giurisdizione in materia di gestione dei rifiuti nel contesto emergenziale in Campania Evoluzione della giurisprudenza amministrativa e recenti arresti (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1653; Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1655; Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 1 aprile 2009 n. 3482; Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 30 settembre 2008 n. 5260; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n.1845; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1846; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1847; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1849; Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 13 marzo 2009 n. 2537; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 18 giugno 2009 n. 3990) 1. La prima esegesi in senso restrittivo Come � noto, con d.l. 28 maggio 2008 n. 90, il Governo ha emanato �Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile� (1). Con l�art. 4 del suddetto decreto, in punto di tutela giurisdizionale, � stato previsto che: �sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati�. Nella concreta applicazione della disposizione in rassegna da parte dei giudici amministrativi si � in un primo momento assistito all�affermarsi di un�interpretazione piuttosto restrittiva, forse anche dovuta ad una certa preoccupazione per la vastit� del contenzioso legato al contesto emergenziale campano. Con un�ultima sentenza, per�, il Consiglio di Stato sembra aver preso posizione a favore di una lettura maggiormente estensiva della norma stessa, con un revirement che suscita particolare interesse, soprattutto in vista degli ulteriori possibili sviluppi di una materia ancora in divenire. Nel tentativo di offrire una panoramica, per quanto incompleta, dello �stato dell�arte� in tale materia, si proceder� qui di seguito ad esaminare partitamene le due correnti interpretative. (1) Pubblicato sulla G.U. n. 120 del 23 maggio 2008, entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione e successivamente convertito con legge 14 luglio 2008, n. 123, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008 ed entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. CONTENZIOSO NAZIONALE 229 Il primo gruppo di sentenze che merita di essere esaminato quale espressione di un orientamento teso a restringere l'ambito della giurisdizione esclusiva in materia di rifiuti, attiene alla competenza del giudice amministrativo a pronunciarsi in ordine ai debiti degli enti locali nei confronti degli organi di gestione dell'emergenza rifiuti campana. Il decreto legge 90/2008 prevedeva il commissariamento dei comuni che non avessero garantito l'attuazione sistematica della raccolta differenziata, disponendo, in particolare, la soppressione dei vecchi Consorzi di Bacino e la loro fusione in un unico Consorzio, con il compito di verificare la sussistenza di eventuali debiti dei comuni campani nei confronti dei Consorzi soppressi e di nominare commissari ad acta in caso di inadempimento. Il T.A.R. Lazio, I Sezione, con sentenze nn. 1653 e 1655 del 18 febbraio 2009, relative all'impugnazione da parte di alcuni comuni campani della nomina dei commissari suddetti, nonch� della presupposta previsione di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 1� luglio 2008, come modificata dalla successiva ordinanza n. 3693 del 16 luglio 2008, ha negato la propria giurisdizione con riferimento alla domanda circa l'effettiva sussistenza della posizione debitoria delle amministrazioni comunali. La successiva sentenza n. 3482 del 1� aprile 2009 riguardava invece la contestazione da parte di un diverso comune degli atti con cui l'amministrazione straordinaria per l'emergenza rifiuti aveva operato una trattenuta sui trasferimenti erariali a fronte di un debito per il servizio di smaltimento dei rifiuti preventivamente accertato, sul presupposto che si sarebbe invece dovuto procedere ad una compensazione legale integrale tra detto debito ed il credito vantato a titolo di ristoro ambientale. Anche in questo caso il T.A.R. ha escluso la propria giurisdizione ritenendo che nella sostanza la richiesta avesse ad oggetto l'accertamento del diritto soggettivo alla predetta compensazione. Nelle suddette decisioni il giudice amministrativo, con la medesima motivazione, ha affermato che, in ossequio ad un'interpretazione conforme ai principi espressi dalle sentenze della Corte costituzionale n. 204/2004 e 191/2006, l'art. 4 in epigrafe attiene a situazioni che comportano l'esercizio di un pubblico potere, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa laddove l'azione sia tesa esclusivamente ad accertare la sussistenza o meno di diritti patrimoniali, senza incidere sull'azione amministrativa di gestione dei rifiuti (2). In particolare, il Tribunale ha richiamato ex professo i passaggi salienti della (2) � stato, comunque, rilevato che il T.A.R. non ha preso debitamente in considerazione l'ipotesi che la disciplina fosse intenzionalmente derogatoria del criterio di riparto comune, in ragione della peculiarit� della fattispecie e dello stesso contesto emergenziale, idoneo di per s� a richiedere l'attribuzione ad un unico giudice di tutte le controversie in materia, al fine di garantirne la specializzazione e la celerit� e per consentire il facile reperimento del foro competente da parte del privato cittadino. GUARNIER T., Il riparto di giurisdizione ai confini dell�interpretazione conforme: il caso dell�emergenza rifiuti campana al cospetto del T.A.R. Lazio, in www.federalismi.it. 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 storica sentenza (3) in cui la Consulta afferma che l'art. 103 Cost. non intende conferire al legislatore ordinario un'assoluta ed incondizionata discrezionalit� nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva. Per contro, tale discrezionalit� � limitata a materie �particolari�, necessariamente contrassegnate dalla circostanza che l'amministrazione pubblica, anche attraverso meri comportamenti, agisca comunque esercitando un potere, con la conseguenza che la sola partecipazione dell'amministrazione al giudizio o la presenza di un qualsivoglia interesse pubblico nella controversia non sono idonei a radicare la giurisdizione amministrativa. Il T.A.R. richiama altres� la sentenza n. 191/2006 (4), con la quale la Corte costituzionale � intervenuta a chiarire ulteriormente l'indicato criterio di riparto, distinguendo a seconda che i comportamenti dell'autorit� siano espressione di un pubblico potere, seppure illegittimamente esercitato, ovvero non siano l'effetto, neppure indiretto, di pubbliche determinazioni. Lo stesso T.A.R. ha quindi ritenuto che la fattispecie all'esame non comportasse affatto esercizio di poteri pubblici, afferendo invece a rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni a carattere negoziale intercorse tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti. Essa, in quanto relativa all'an o al quantum della pretesa patrimoniale fatta valere, � stata quindi qualificata dal Tribunale come meramente privatistica e perci� totalmente estranea all'ambito della propria giurisdizione. In definitiva, tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all'esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti sarebbero attratte dalla giurisdizione del giudice ordinario, bench� la fonte del rapporto obbligatorio controverso intenda regolamentare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. In termini sostanzialmente analoghi si � espressa la V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza del 30 settembre 2008 n. 5260, concernente l'impugnazione del rigetto della domanda cautelare proposta dinanzi al T.A.R. (3) Con essa la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimit�, tra gli altri, dell'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, riscritto dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevedeva che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto �gli atti, i provvedimenti e i comportamenti� anzich� �gli atti e i provvedimenti� delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati. In proposito, SANDULLI M. A., Un passo avanti e uno indietro: il giudice amministrativo � un giudice pieno, ma non pu� giudicare dei diritti (nota a margine di Corte Cost. n. 204 del 2004), in Rivista giuridica dell�edilizia, 2004, p. 1230 e ss. (4) Il giudice delle leggi, con tale sentenza, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 53 D.P.R. n. 327 del 2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a �i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati�, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio di un potere pubblico. Si veda SANDULLI M. A., Riparto di giurisdizione atto secondo: la Corte costituzionale fa chiarezza sugli effetti della sentenza 204 in tema di comportamenti acquisitivi, in www.federalismi. it. CONTENZIOSO NAZIONALE 231 Lazio per il mancato pagamento di fatture relative allo svolgimento del servizio di smaltimento rifiuti. Il provvedimento in parola ha affermato l'estraneit� alla giurisdizione amministrativa della domanda di accertamento di un diritto soggettivo e di condanna al pagamento di somme di denaro dovute in virt� di apposita convenzione, ribadendo la necessit� di un'interpretazione dell'art. 4 conforme ai principi sanciti dalla Corte costituzionale. La IV Sezione del Consiglio di Stato � stata poi chiamata a pronunciarsi sul diniego di assunzione di ex dipendenti delle societ� gi� affidatarie del servizio di smaltimento rifiuti da parte dell'amministrazione straordinaria deputata dal decreto a fronteggiare l'emergenza. Le sentenze nn. 1845, 1846, 1847 e 1849 del 27 marzo 2009, hanno considerato non rientrare nella giurisdizione esclusiva le controversie attinenti la provvista del personale dei soggetti pubblici adibiti alla gestione dei rifiuti, nella ritenuta applicazione alla questione degli ordinari canoni di riparto. La nozione di gestione dei rifiuti, nell'opinione del Supremo Consesso, si ricava dal disposto degli articoli 177 e seguenti del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante �Norme in materia ambientale�, e non include gli strumenti di provvista di risorse umane e materiali, i quali, di conseguenza, restano al di fuori della giurisdizione amministrativa esclusiva. Seppur sulla base di una diversa argomentazione, i giudici di ultima istanza pervengono quindi alla medesima conclusione gi� accolta dal T.A.R. Lazio, Sezione I, con sentenze nn. 10079/2008, 10093/2008, 10102/2008 e 10092/2008 (5). 2. La lectio lata sancita dal Consiglio di Stato Come si � anticipato, contrariamente ad un orientamento che sembrava andar consolidando la stretta esegesi fin qui esaminata, di recente la giurisprudenza amministrativa ha accolto un�interpretazione pi� ampia della norma in rassegna. Peraltro, gi� con la sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 2537 del 13 marzo 2009, era stata disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata ai sensi dell'art. 4. In particolare, la controversia riguardava l'impugnazione di alcune note del Capo della Missione Tecnico Operativa del Sottosegretario di Stato, le quali avevano disposto la restituzione alle societ� ex affidatarie del servizio di smaltimento dei rifiuti di beni e cespiti precedentemente presi in consegna ai sensi dell'art. 2 dell'O.P.C.M. n. 3693/2008. In quell�occasione il T.A.R. ha motivato la sussistenza della propria giurisdizione sulla sola base della natura (5) Il T.A.R. aveva negato la propria giurisdizione sul presupposto che il comma 4 dell'art. 63 del d.lgs. 165/2001 � che ha attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione di pubblici dipendenti � si riferisce al solo reclutamento basato sullo svolgimento di una procedura concorsuale, restando invece riservata alla giurisdizione ordinaria la cognizione di tutte le controversie che, come nei casi de quibus, prescindano dallo svolgimento di procedure a carattere selettivo. 232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 palesemente provvedimentale delle note impugnate, considerando il giudizio di non funzionalit� al servizio di smaltimento rifiuti dei beni restituiti, come necessariamente comportante l�esercizio di un potere discrezionale, senza tuttavia menzionare espressamente l�art. 4 invocato dalla difesa erariale. Pi� netto appare l'ampliamento dell'ambito della giurisdizione amministrativa operato dal Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 3990 del 18 giugno 2009, sul giudizio d'appello instaurato nei confronti della sentenza n. 3482/2009 surriferita, con cui il T.A.R. aveva riconosciuto che le controversie afferenti all'an o al quantum di una pretesa patrimoniale, esulando completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo, fossero da ricondurre alla giurisdizione del giudice ordinario. Nella citata decisione il Consiglio di Stato ha ancora una volta richiamato il d.lgs. n. 152/2006 in materia ambientale, ritenendo che la nozione di gestione dei rifiuti contenuta nell�art. 4 vada ricavata dall�art. 183, comma 1, lettera d), del suddetto decreto, che la definisce come �la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonch� il controllo delle discariche dopo la chiusura�. Lo stesso giudice di secondo grado ha tuttavia messo in luce come il testo normativo, al fine specifico di delimitare la giurisdizione, ampli tale concetto introducendo determinati elementi estensivi rappresentati dal richiamo espresso alla �complessiva azione di gestione dei rifiuti�, ai �comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati� e finanche ai �diritti costituzionalmente tutelati�. Il Consiglio di Stato ha poi richiamato la necessit�, peraltro gi� prospettata da tutte le precedenti sentenze in materia, di un�interpretazione conforme all�art. 103 Cost. della disposizione applicata, in particolare soggiungendo che possono rientrate nell�ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva nel settore dei rifiuti unicamente le �questioni strettamente connesse con l'azione gestionale�. Fin qui il Supremo Consesso sembrerebbe ancora propendere per un�esegesi restrittiva, anche in virt� del richiamo ad un proprio precedente in tal senso (6), ingenerando quindi nel lettore l�aspettativa di una conclusione conforme. Lo stesso Collegio, considerando che la fattispecie esaminata in primo grado dal T.A.R. atteneva alla regolazione delle poste economiche sottostanti allo svolgimento delle attivit� di gestione dei rifiuti, ha proceduto a riqualificare la stessa, non gi� come inerente �situazioni obbligatorie derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti�, bens� come �rapporti di debito e credito il cui ammontare [era] direttamente ricavabile, senza esercizio di poteri autoritativi ma unicamente con calcoli matematici, dall'applicazione (6) Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1849 del 27 marzo 2009, cit. CONTENZIOSO NAZIONALE 233 delle normative che li [avevano] quantificati�. Le normative cui si fa riferimento sono costituite da ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri. � peraltro discussa la natura provvedimentale o normativa di tali ordinanze. La conclusione cui giungono i giudici sembra aderire alla posizione che riconosce loro contenuto normativo (7). Una siffatta posizione trova fondamento nella circostanza che tali atti, oltre ad avere carattere generale ed astratto, hanno valenza innovativa dell'ordinamento in quanto, ai sensi dell'art. 5 l. 225/1992, possono prevedere disposizioni che l'amministrazione ritiene utili per fronteggiare l'evento emergenziale, finanche prevedendo deroghe ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Gi� con ordinanza n. 2407 del 12 maggio 2009 la IV Sezione del Consiglio di Stato aveva dato per presupposta la natura normativa delle suddette ordinanze ed aveva accolto l'istanza cautelare avanzata dalla difesa erariale �tenuto conto della natura delle ordinanze emesse ai sensi della legge n. 225/92 e del contenuto e delle finalit� perseguite dalla legislazione emergenziale per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania� (in termini sostanzialmente analoghi l'ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2316 dell'8 maggio 2009). Anche laddove afferma che l�ammontare delle poste economiche controverse sia direttamente ricavabile dall�applicazione delle O.P.C.M., il Supremo Organo di giustizia amministrativa, deducendo dall�assunta natura normativa delle stesse ordinanze l�assenza nel caso di specie di esercizio di poteri autoritativi, sembrerebbe propendere per la tesi della giurisdizione ordinaria. Ci� nonostante, nel sesto capoverso della pronuncia si palesa una subitanea cesura nell�argomentazione dei giudici. L�attenzione si sposta infatti su un diverso aspetto della fattispecie esaminata, ossia quello dell�esistenza di un �rapporto di connessione tra elemento gestionale e consequenziale regolazione dei rapporti economici sottostanti� cos� evidente da radicare necessariamente la giurisdizione esclusiva. Le obbligazioni avrebbero trovato infatti la loro fonte in attivit� contemplate nel Testo Unico ambientale e la quantificazione delle relative spettanze sarebbe avvenuta sulla scorta di parametri integralmente predeterminati dalle O.P.C.M.. Avrebbe forse meritato una spiegazione pi� approfondita l�esistenza nel caso di specie di quel rapporto di connessione ritenuto sufficiente a ricondurre la controversia all�ambito della �complessiva azione di gestione�. Sarebbe stato inoltre opportuno da parte del Consiglio di Stato fornire un�esemplifica- (7) Gran parte della dottrina considera le ordinanze amministrative di �emergenza� come una fonte di diritto a s� stante, connotata dall'efficacia circoscritta nel tempo e nel territorio e insuscettibile di applicazione analogica. Gi� CRISAFULLI V., Ordinanze di necessit�, interpretazione della Corte e sindacato del giudice comune, in Giurisprudenza italiana, 1956, p. 863 e ss. 234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 zione dei casi in cui tale rapporto ricorre, anche in considerazione del fatto che il Collegio ha rinviato ad un proprio precedente in cui, nel negare la sua giurisdizione, non aveva dato conto della sussistenza o meno di un siffatto rapporto di connessione, senza mettere debitamente in luce le differenze tra le due fattispecie. � da rilevare, inoltre, che il richiamo operato dal Consiglio di Stato all�assenza di esercizio di poteri autoritativi nel caso dell�applicazione delle O.P.C.M., piuttosto che avvalorare la tesi della riconduzione della fattispecie alla giurisdizione esclusiva, sembra introdurre ulteriori elementi di confusione. Invero, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, in tutte le questioni attinenti ad attivit� della pubblica amministrazione non comportanti esplicazione della funzione di amministrazione attiva non pu� radicarsi la giurisdizione amministrativa esclusiva. La decisione, seppur carente di un rigoroso ordine deduttivo nell�argomentare e non completamente persuasiva nella sua laconicit�, afferma comunque la natura tendenzialmente onnicomprensiva della competenza giurisdizionale voluta dal legislatore, con una soluzione che potrebbe presentare almeno il pregio di conformarsi maggiormente alla lettera della norma ed alla sua ratio ispiratrice. In conclusione, giova dar conto che sono pendenti alcuni ricorsi per regolamento di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, i quali, riproponendo l�interpretazione restrittiva dell�art. 4, sono tesi a far dichiarare la giurisdizione ordinaria su pretese afferenti esclusivamente vicende contrattuali o meri comportamenti dell�Amministrazione. La questione � attualmente al vaglio delle Sezioni Unite. Avv. Luca Ventrella e Dott.ssa Laura Zoppo* (*) Luca Ventrella, avvocato dello Stato. Laura Zoppo, dottore in giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE 235 Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1653 � Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Arienzo (Avv. Balletta) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. dello Stato Ventrella) e Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta (Avv. Labruna). (Omissis) Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1655 � Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Recale (Avv. Adinolfi) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. dello Stato Ventrella). (Omissis) Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 1� aprile 2009 n. 3482 � Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Montecorvino Pugliano (Avv.ti Mele e Visone) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario straordinario per l�emergenza rifiuti nella Regione Campania, Ministero dell�Interno (Avv. dello Stato Giacobbe) e Fibe Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone). (...Omissis...) Un�interpretazione costituzionalmente orientata dell�art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell�amministrazione pubblica, porta infatti a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l�esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, l�azione ha ad oggetto il mero accertamento della sussistenza o insussistenza di diritti a carattere patrimoniale senza incidere sull�azione amministrativa di gestione dei rifiuti. La sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, nel dichiarare l�illegittimit� costituzionale in parte qua dell�art. 33, co. 1 e 2, D.Lgs. 80/1998 come sostituito dall�art. 7, lett. a) L. 205/2000 ha avuto modo di precisare che l�art. 103, co. 1, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario un�assoluta ed incondizionata discrezionalit� nell�attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare �particolari materie� nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi; tali materie, tuttavia, devono essere �particolari� rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimit�, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, la quale � contrassegnata dalla circostanza che l�amministrazione pubblica agisce come autorit� nei confronti della quale � accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo, con la conseguente esclusione che la mera partecipazione dell�amministrazione al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia siano sufficienti a radicare la giurisdizione amministrativa. 236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Analogamente, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato l�illegittimit� costituzionale dell�art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a �i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati�, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all�esercizio di un potere pubblico. Di talch�, il Collegio ritiene che la giurisdizione del giudice amministrativo sia da escludere ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all�an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo. In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, sebbene l�amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all�esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorch� l�accordo privatistico fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. (...Omissis...) Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 30 settembre 2008 n. 5260 � Pres. La Medica, Rel. Fera � TEC S.p.a. Termo Energia Calabria e Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia S.p.a. (Avv.ti Bianchi e Selvaggi) c/ Commissario dell�Emergenza Ambientale Calabria n.c., Presidenza del Consiglio dei Ministri n.c. e Regione Calabria n.c. (...Omissis...) Considerato che, per le ragioni gi� esposte nell�ordinanza appellata, la domanda giudiziale attiene ad un�azione di accertamento del diritto soggettivo e di condanna al pagamento di somme di denaro che si assumono dovute in forza di apposita convenzione, ed �, quindi, per sua natura estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo. Considerato che l�art. 4 del d.l. 23.05.2008 n. 90 convertito nella l. n. 123/2008, nell�attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di �gestione di rifiuti� anche la cognizione sui �comportamenti dell�amministrazione pubblica� non pu� che essere interpretato, alla luce della giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 11 maggio 2006, n. 191), come riferito a �comportamenti collegati all�esercizio del pubblico potere dell�amministrazione�; Che, nel caso di specie invece il diritto controverso nasce non in via diretta da un provvedimento amministrativo ma attiene all�esecuzione di un atto negoziale e si pone su di un piano esclusivamente privatistico. (...Omissis...) CONTENZIOSO NAZIONALE 237 Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1845 � Pres. Salvatore, Rel. Greco � A. S. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato Ventrella) e altri. (Omissis) Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1846 � Pres. Salvatore, Rel. Greco � F. V. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato Ventrella) e altri. (Omissis) Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1847 � Pres. Salvatore, Rel. Greco � M. P. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato Ventrella) e altri. (Omissis) Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1849 � Pres. Salvatore, Rel. Sabatino � E. A. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissari ad acta Province di Napoli, Caserta, Salerno, Benevento e Avellino (Avv. dello Stato Ventrella). (...Omissis...) Considerato che la giurisdizione esclusiva, derivante dall'attribuzione data dall'art. 4 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 90 e convertito, con modificazioni, in legge 14 luglio 2008 n.123 "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile", concerne unicamente "tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti"; Considerato che la nozione di gestione dei rifiuti si evince dalla lettura degli art. 177 e sgg. del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 "Norme in materia ambientale" e non comprende gli strumenti di provvista di risorse umane e materiali, che vanno consequenzialmente ritenuti estranei all'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva; Considerato che, in assenza di norme derogatorie, la vicenda ricade nell'ordinario criterio di riparto tra le giurisdizioni e quindi, non essendo in questione alcuna procedura concorsuale, va condivisa la decisione del T.A.R. che ha ritenuto il proprio difetto di giurisdizione. (...Omissis...) 238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza13 marzo 2009 n. 2537 � Pres. Savo Amodio, Rel. di Nezza � Fibe S.p.a. e Fibe Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Capo della Missione tecnico-operativa ex O.P.C.M. n. 3705/2008 e Commissari ad acta Province di Napoli, Caserta, Salerno, Benevento e Avellino (Avv. dello Stato Ventrella). (...Omissis...) Disattesa in limine l�eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa erariale, stante la natura palesemente provvedimentale dei provvedimenti impugnati col ricorso principale (il giudizio di �non funzionalit�� non pu� che essere espresso nell�esercizio di un�attribuzione di tipo discrezionale), ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato nei sensi che seguono. (...Omissis...) Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 18 giugno 2009 n. 3990 � Pres. Trotta, Rel. Sabatino � Comune di Montecorvino Pugliano (Avv.ti Mele e Visone) c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario delegato ex O.P.C.M. 3653/2008, Ministero dell�Interno (Avv. dello Stato Giacobbe) e Fibe Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone). (...Omissis...) Considerato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giusta la norma di cui all'art.4 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 14 luglio 2008, n.123 "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile" comprende "tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati."; Considerato che il testo normativo, da un lato, fa riferimento alla nozione di gestione di rifiuti, espressamente definita dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 "Norme in materia ambientale" che all'art.183 comma 1 lett. d) come "la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonch� il controllo delle discariche dopo la chiusura", dall'altro introduce elementi estensivi di tale concetto, ai fini della delimitazione della giurisdizione, comprendendovi i "comportamenti", il riferimento alla "complessiva azione di gestione" ed infine la considerazione dei "diritti costituzionalmente tutelati"; Considerato che appare coerente, con una interpretazione costituzionalmente orientata, la delimitazione dell'area della giurisdizione esclusiva, in modo tale da farvi ricadere unicamente quelle questioni strettamente connesse con l'azione gestionale, in cui il carattere consequenziale � cos� diretto da far esistente una materia determinata, giusta il disposto dell'art. 103 Cost. (in tale senso, questa Sezione ha ritenuto non rientranti nella giurisdizione esclusiva le controversie attinenti la provvista del personale dei soggetti pubblici adibiti alla gestione dei rifiuti, applicando invece alla questione i canoni ordinari di riparto, Consiglio di Stato, sez.IV, n.1849 del 27 marzo 2009); Considerato che la fattispecie esaminata dal T.A.R. in primo grado attiene alla regolazione CONTENZIOSO NAZIONALE 239 delle poste economiche sottostanti allo svolgimento delle dette attivit�, e quindi a rapporti di debito e credito il cui ammontare � direttamente ricavabile, senza esercizio di poteri autoritativi ma unicamente con calcoli matematici, dall'applicazione delle normative che li hanno quantificati, ed in dettaglio dall'applicazione dell'art. 2 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 maggio 2003 n. 3286 "Disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all'aggravamento dello stato di crisi nell'attivit� dello smaltimento dei rifiuti da parte dei comuni sull'intero territorio della regione Campania" e dell'art. 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 2005 n. 3479 "Ulteriori disposizioni per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti della regione Campania"; Considerato che pertanto appare perplessa l'affermazione contenuta in sentenza per cui tale vicenda pu� essere considerata come inerente situazioni obbligatorie "derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti", atteso che la regolamentazione dei rapporti di debito e credito � integralmente conformata dalle ordinanze sopra citate; Considerato che nel caso in specie appare evidente il rapporto di connessione tra elemento gestionale e consequenziale regolazione dei rapporti economici sottostanti, atteso che le obbligazioni trovano la loro fonte in attivit� contemplate nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 (ossa nella partecipazione obbligatoria al consorzio per lo smaltimento ovvero alla subita allocazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti) e la quantificazione delle spettanze avviene sulla scorta di parametri integralmente predeterminati dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri prima evocate, anch'esse funzionalizzate alla tutela delle situazioni emergenziali in tema di rifiuti; Considerato che quindi nella fattispecie in esame si ricade nell'area di giurisdizione esclusiva, come delimitata dal citato art.4 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 14 luglio 2008, n.123, trattandosi di controversie attinenti la "complessiva azione di gestione", come sopra delimitata. (...Omissis...) 240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Responsabilit� dello Stato per inesatta trasposizione di direttiva comunitaria (Tribunale di Catanzaro, Sezione I civile, sentenza 20 aprile 2009) Gli attori sono tutti medici ammessi alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti alla entrata in vigore del d.lgs. 257/1991 che ha recepito, tardivamente, la direttiva comunitaria n. 82/76 in virt� della quale, ai medici specializzandi, doveva essere versata una retribuzione per tutta la durata del corso. Il suaccennato decreto ha previsto l�erogazione di borse di studio solo per i medici ammessi alle scuole di specializzazione con decorrenza dagli anni accademici 1991-1992 escludendo, quindi, dal beneficio, gli ammessi agli anni precedenti (1983-1991) i quali, giusta la direttiva CE, avrebbero avuto quel medesimo diritto. Da qui la pretesa risarcitoria degli attori che lamentano di avere subito un ingiusto danno in conseguenza del contegno illecito dello Stato italiano. * *** * Il d.lgs. 257/1991 ha recepito, tardivamente, la direttiva comunitaria n. 82/76 in virt� della quale, ai medici specializzandi, doveva essere versata una retribuzione per tutta la durata del corso. Il suaccennato decreto ha previsto l�erogazione di borse di studio solo per i medici ammessi alle scuole di specializzazione con decorrenza dagli anni accademici 1991-1992 escludendo, quindi, dal beneficio, gli ammessi agli anni precedenti (1983-1991) i quali, giusta la direttiva CE, avrebbero avuto quel medesimo diritto. Da qui la pretesa risarcitoria degli attori che lamentano di avere subito un ingiusto danno in conseguenza del contegno illecito dello Stato italiano. L'intervento del tribunale catanzarese, quanto ai rapporti tra prescrizione e cd. �estoppel�, non consta di precedenti analoghi. In primo luogo, il Tribunale si interroga sulla ammissibilit� di una responsabilit� dello Stato per fatto del Legislatore. La soluzione data � affermativa. Secondo il Tribunale, � configurabile una responsabilit� civile dello Stato, nei confronti del cittadino, per omessa, inesatta o tardiva trasposizione di una direttiva comunitaria che a questi riconosca una situazione giuridica soggettiva di vantaggio. I presupposti della responsabilit� dello Stato, sono: a) che il provvedimento assegni al cittadino europeo una situazione giuridica soggettiva di vantaggio; b) che tale situazione giuridica soggettiva sia precisa nel contenuto; c) che vi sia un nesso di causalit� tra la violazione dello Stato ed il danno subito da singolo; d) che la violazione sia grave e manifesta (fattispecie relativa alla inesatta trasposizione della direttiva 82/76/CEE da parte del Legislatore italiano con d.lgs. 257/1991). CONTENZIOSO NAZIONALE 241 Richiamando una autorevole dottrina, il tribunale disegna anche il volto di un siffatto atto illecito. La responsabilit� dello Stato per fatto del Legislatore ha, infatti, natura anfibologica: l�illecito comunitario � tipizzato, nei suoi elementi costitutivi, dalla giurisprudenza comunitaria, ma � disciplinato secondo la normativa interna allo Stato membro che si evoca in giudizio dinnanzi al giudice nazionale quale responsabile. Nel caso dell�Italia, trova applicazione la norma generale di cui all�art. 2043 codice civile e sussiste la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Viene poi precisato, per�, che la responsabilit� dello Stato per �trasposizione inesatta� (o tardiva) di una direttiva europea non configura un illecito permanente, ma istantaneo e che la prescrizione, dunque, decorre dal giorno in cui il fatto si � verificato, vale a dire con la data di entrata in vigore della legge di attuazione non conforme al comando comunitario. Ci� significa che il diritto si prescrive se non fatto valere entro 5 anni dalla data di entrata in vigore della legge di attuazione. Un'ultima battuta � dedicata all'argomento di maggiore interesse. Il Tribunale evidenzia come la giurisprudenza comunitaria affermi che lo Stato non pu� trarre vantaggio dal proprio inadempimento agli obblighi comunitari (cd. estoppel); ci� vuol dire, per�, secondo il Tribunale, che il termine di prescrizione interno ad uno Stato non pu� decorrere dalla data di emanazione della direttiva, ma dalla diversa data di sua trasposizione. L�applicazione del suddetto principio, cio�, n� sospende il corso della prescrizione, n� impedisce allo Stato di eccepirne l�avvenuto decorso ove, secondo il regime giuridico interno (artt. 2043, 2947 c.c.), il diritto si sia estinto per inerzia del suo titolare (che non lo ha fatto valere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge che ha trasposto infedelmente la direttiva comunitaria). Avv. Alfonso Mezzotero* Tribunale di Catanzaro, Sezione I civile, sentenza 20 aprile 2009 - Giudice monocratico dott. Alberto Nicola Filardo. (Omissis...) I fatti su descritti sono provati, non avendoli la convenuta contestati (cfr. Cassazione Sezione Prima Civile n. 5191 del 27 febbraio 2008, Pres. Luccioli, rel. De Chiara, nonch� Tribunale di Catanzaro, II sez. civile, sentenza 21 marzo 2008). La domanda deve essere scrutinata passando in rassegna le seguenti questioni, secondo un rigoroso ordine logico-giuridico: a) riepilogo dei fatti onde verificare se, effettivamente, la di- (*) Avvocato dello Stato. 242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 rettiva 82/76/CE sia stata trasposta in modo inesatto dallo Stato; b) in caso di risposta in senso affermativo, sulla qualificazione della domanda giuridica proposta dagli attori nel senso indicato in atto di citazione, come azione risarcitoria ex art. 2043 cod. civ.; c) allora, configurabilit�, in astratto, di una responsabilit� della Repubblica Italiana per inesatta trasposizione di una direttiva comunitaria; d) in caso di risposta favorevole, legittimazione passiva della convenuta; c) quindi, scrutinio della eccezione di prescrizione; d) in caso di accoglimento della eccezione di prescrizione, esame della controeccezione degli attori circa la inopponibilit� dei termini di prescrizione in caso di inadempimento dello Stato agli obblighi comunitari. 1. Riepilogo dei fatti sottesi alla domanda risarcitoria L�esigenza di assicurare in Europa uniformit� alla professione del medico� chirurgo, ispirata al principio di libera circolazione in ambito comunitario, conduceva alla emanazione della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975 (c.d. �di coordinamento�), relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative disciplinanti l�attivit� del medico-chirurgo nel territorio comunitario (esaustivo, nella ricostruzione, Cons. Stato, sez. VI, sent. 29 marzo 2007 n. 1464, est. Scola). La suddetta direttiva confluiva, congiuntamente alla dir. 75/362/CEE, nella direttiva 82/76/CEE del 26 gennaio 1982, relativa alla formazione dei medici specialisti, la quale regolamentava, in modo unitario e razionale, la formazione dei medici specializzandi, prevedendo, per essi, il diritto ad una �adeguata remunerazione�, nell�ammontare variabile in relazione al tipo stesso di formazione (a tempo pieno o a tempo ridotto, modalit� che non gode del favore del Legislatore comunitario). La direttiva in esame si chiudeva (articoli 16 e 17) con la prescrizione rivolta agli Stati membri �destinatari della presente direttiva� di adottare le misure �necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1982�. Lo Stato italiano rimaneva inadempiente ed era, pertanto, condannato dalla Corte di giustizia delle Comunit� europee che, con sentenza del 7 luglio 1987 (causa 49/86), accertava che la Repubblica italiana non aveva adottato nel termine prescritto le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 82/76/CEE ed era venuta meno agli obblighi che su di essa incombevano in forza del Trattato istitutivo della Comunit� europea. A questo stato di cose poneva (tardivamente) rimedio il legislatore con decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257, adottato su delega conferita con legge 29 dicembre 1990 n. 428 (c.d. legge comunitaria del 1990). La legge comunitaria per il 1990, delegava, infatti, al Governo la emanazione, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge-delega, dei decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva sopraccitata (v. art. 6 della legge comunitaria). Veniva, quindi, istituita una borsa di studio a favore dei medici specializzandi determinata per l�anno 1991 in lire 21.500.000 da corrispondersi per tutta la durata del corso di formazione. L�importo sarebbe stato incrementato annualmente (a decorrere dal 1� gennaio 1992) in misura corrispondente al tasso programmato di inflazione, sulla base di un decreto del Ministero della sanit� da emanarsi ogni tre anni. L�art. 8, comma secondo, del decreto legislativo 257 del 1991 fissava la decorrenza del beneficio dall�anno accademico 1991-92, escludendovi pertanto sia i medici che avevano cominciato il corso di specializzazione dal 1� gennaio 1983 in poi e conseguito il titolo prima del 1991, sia i medici che nel 1991 ancora frequentavano il corso CONTENZIOSO NAZIONALE 243 cominciato in anni precedenti. In altri termini, il legislatore escludeva dal nuovo ordinamento (fondato sulla retribuibilit� dei corsi e sul valore autonomo del titolo conseguito) i medici ammessi alle scuole negli anni precedenti alla attuazione delle direttive senza ovviamente neppure considerare i medici che avessero gi� conseguito il titolo in data anteriore, e riservava l�applicazione dell�ordinamento comunitario ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione dall�anno accademico 1991/1992. Le direttive �riconoscimento� (75/362/CEE) e �coordinamento� (75/363/CEE), nonch� la direttiva 82/76/CEE, che le riassume, venivano successivamente abrogate e sostituite dalla direttiva del Consiglio 93/16/CEE del 5 aprile 1993, intesa a codificare e a riunire in un testo unico per motivi di razionalit� e per maggiore chiarezza le disposizioni delle direttive sopra ricordate, che erano state nel tempo modificate ripetutamente in modo sostanziale. Successivamente, la disposizione recata dall�art. 8, comma 2, d.lgs. n. 257/1991 veniva ritenuta in contrasto con la direttiva 82/76/CEE e, in sede di annullamento dei decreti ministeriali che davano attuazione a quanto disposto dall�art. 2 del d.lgs. ult. cit., veniva disapplicata dal T.a.r. Lazio con una serie di sentenze (tra le quali la sentenza 25 febbraio 1994 n. 279). Veniva, anche, adita la stessa Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, che, nelle sentenze 25 febbraio 1999 in causa C 131/97, Annalisa Carbonari e a. c/ universit� degli studi di Bologna e a. 3 ottobre 2000 in causa C 371/97, Cinzia Gozza e a. c/universit� degli studi di Padova e a., affermava che dalle direttive del Consiglio 75/362/CEE (artt. 5 e 7); 75/353/CEE (art. 2, n. 1, lett. c), e 82/76/CEE derivava l'obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando. �L'adempimento di tale obbligo, ove lo Stato membro (come nel caso dell'Italia) non abbia adottato nel termine prescritto le misure di trasposizione delle direttive, deve essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti dall'ordinamento nazionale�. Nella sentenza Carbonari (punti da 48 a 53) la Corte di Lussemburgo indicava, quali modalit� di adempimento di tale obbligo, l'applicazione retroattiva delle norme nazionali di trasposizione, attraverso un'interpretazione di tali norme conforme alle direttive e, ove tale applicazione non fosse stata possibile, attraverso il risarcimento del danno da mancato adempimento, da parte dello Stato membro, degli obblighi derivanti dall'adesione al Trattato CE. Tali premesse inducono a dover ritenere assolutamente certo il presupposto fattuale da cui germina la richiesta degli attori: lo Stato italiano recep�, in modo inesatto, la direttiva per cui � causa, in quanto l�art. 8, comma II, della legge 8 agosto 1991, n. 257 dispose che le disposizioni del decreto si applicassero �a decorrere dall'anno accademico 1991-92� (n.b. il decreto � stato abrogato dall'art. 46, d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368, fatto salvo quanto disposto dall'art. 3, comma 2 dello stesso). 2. Qualificazione giuridica della domanda risarcitoria L�inadempimento dello Stato, agli obblighi scaturiti dalla direttiva 82/76, secondo la Corte di Giustizia, poteva dar luogo ad una duplice forma di tutela: o l�applicazione retroattiva delle norme di trasposizione, giusta una interpretatio iure communitario o il risarcimento del danno, mediante il ricorso all�istituto della responsabilit� civile interno. Gli odierni attori rientrano nel novero di quei medici specializzandi che sono stati privati del diritto soggettivo riconosciuto dalle direttive comunitarie in conseguenza della loro inesatta trasposizione, da parte del Legislatore. Consapevoli di non poter ricorrere ad una interpretazione retroattiva (ovvero il primo dei rimedi suaccennati), chiedono, dunque, un risarcimento 244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 del danno. Tale domanda va qualificata come richiesta risarcitoria ex art. 2043 c.c. (v. memoria ex art. 183 degli attori, del 12.7.2006, pag. 2) ma non nel senso indicato in atto di citazione: non si tratta di illecito comunitario omissivo (�omessa trasposizione della direttiva nei confronti degli attori�, pag. 8 atto di citazione) ricorrendo il precipuo caso della �inesatta trasposizione� di direttiva comunitaria (differente dalla �omessa trasposizione� per la presenza dell�intervento del Legislatore nel primo caso e l�assenza di attuazione nel secondo). Sussiste, su tale domanda, la giurisdizione del Giudice ordinario che, qui, dunque, va affermata (v. Corte di cassazione, sezioni unite civili, 4 febbraio 2005, n. 2203; Cons. Stato, sez. Vi, sent. 6 maggio 2008 n. 1994). Corre, allora, l�obbligo di accertare se una simile responsabilit� sia configurabile. 3. Responsabilit� dello Sato per mancata o inesatta attuazione della direttiva comunitaria (nella specie Dir. 82/76) Il Legislatore italiano ha recepito in modo infedele la direttiva comunitaria 82/76, cos� impedendo agli attori di poter beneficiare di un diritto soggettivo che veniva loro riconosciuto dal diritto sovranazionale. Parte attrice chiede, dunque, che questo Giudice voglia dichiarare la responsabilit� civile dello Stato per cattivo esercizio della funzione legislativa. Si tratta di questione che trova, ormai, una vasta letteratura, grazie ad un vivace interesse della dottrina per la questione. Nella giurisprudenza della Cassazione, tuttavia, la soluzione � stata, in passato, risolta in modo contrastante. Nel solco di un primo indirizzo, i Supremi giudici hanno affermato che deve escludersi che dalle norme dell'ordinamento comunitario possa farsi derivare, nell'ordinamento italiano il diritto soggettivo del singolo all'esercizio del potere legislativo - che � libero nei fini e sottratto perci� a qualsiasi sindacato giurisdizionale -, e che possa comunque qualificarsi in termini di illecito da imputare allo Stato-persona, ai sensi dell'art. 2043 c.c., una determinata conformazione dello stato-ordinamento, la pretesa del singolo di ottenere il risarcimento del danno subito per la mancata attuazione di una direttiva comunitaria. In particolare, nella sentenza 4915/2003, la Cassazione ha affermato che �nel dettare le norme fondamentali sull'organizzazione e sul funzionamento dello Stato, la Carta costituzionale regola la funzione legislativa, ripartendola tra il Governo ed il Parlamento, quale espressione di potere politico, libera cio� nei fini e sottratta pertanto a qualsiasi sindacato giurisdizionale. Ne consegue che in relazione all'esercizio di tale potere non sono configurabili situazioni soggettive protette dei singoli, onde deve escludersi che dalle norme dell'ordinamento comunitario possa farsi derivare, nell'ordinamento italiano, il diritto soggettivo del singolo all'esercizio del potere legislativo - che � libero nei fini e sottratto perci� a qualsiasi sindacato giurisdizionale -, e che possa comunque qualificarsi in termini di illecito da imputare allo Stato-persona, ai sensi dell'art. 2043 c.c., una determinata conformazione dello stato-ordinamento�. Con altro indirizzo, invece, la Cassazione ha riconosciuto la configurabilit� della responsabilit� di cui si discute. La Suprema Corte, in particolare, con la sentenza 7630/2003 (richiamata dagli attori) ha affermato che, in tema di risarcibilit� del danno subito dal singolo in conseguenza della mancata attuazione di direttiva comunitaria da parte del legislatore italiano, �deve riconoscersi il diritto del privato al risarcimento del danno, sia che l'interesse leso giuridicamente rilevante sia qua- CONTENZIOSO NAZIONALE 245 lificabile come interesse legittimo sia come diritto soggettivo, qualora lo Stato-membro non abbia adottato i provvedimenti attuativi nei termini previsti dalla direttiva stessa e allorch� si verifichino le seguenti condizioni, conformemente ai principi pi� volte enunciati dalla Corte di Giustizia : a) che la direttiva preveda l'attribuzione di diritti in capo ai singoli soggetti ; b) che tali diritti possano essere individuati in base alle disposizioni della direttiva ; c) che sussista il nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il pregiudizio subito dal soggetto leso�. Il contrasto deve essere risolto aderendo all�indirizzo giurisprudenziale pi� recente, racchiuso nelle statuizioni della sentenza della III sez. civile della Cassazione del 12 febbraio 2008 n. 3283 (v. anche Cass. civ., sez. lav., 11 marzo 2008, n. 6427). In linea con l'orientamento della Corte di giustizia delle Comunit� europee, il Collegio ha convenuto per la liquidazione del danno subito dai privati danneggiati per la mancata, tempestiva recezione nell'ordinamento interno delle disposizioni enucleate in una direttiva CE, in un caso del tutto analogo a quello per cui � causa. Questo Tribunale non intende discostarsi da siffatto ultimo indirizzo, innanzitutto poich� l�unico a rivelarsi in linea con le indicazioni della Corte di Giustizia Europea ed in secondo luogo poich� sostenuto, con argomentazioni condivisibili, dalla pi� autorevole dottrina occupatasi della questione. Si � segnalato, infatti, che la possibilit� di evocare in giudizio il proprio Stato, ai fini risarcitori, nei termini sin qui delineati, ha �lo scopo di coprire una smagliatura del sistema di tutela dei diritti soggettivi (e conseguente effettiva esecuzione dei comandi comunitari) progressivamente costruito�. L�effettivit� di tutela del cittadino europeo si traduce nella indefettibile presenza di strumenti di tutela volti a compensare il medesimo cittadino della eventuale perdita subita in conseguenza di una inerzia dello Stato che lo abbia privato di un diritto che la Comunit� europea gli aveva riconosciuto. Peraltro, nei rapporti regolati dal diritto internazionale la responsabilit� dello Stato per fatto del legislatore � universalmente e pacificamente ammessa. Va, dunque, licenziata la configurabilit� di una obbligazione risarcitoria pendente direttamente sullo Stato per una violazione concernente l�esercizio (o il mancato esercizio) della propria attivit� legislativa, giusta gli artt. 10 e 249 del TCE. Dal punto di vista del rito civile, si registra un allargamento della legittimazione processuale ad agire contro l�inadempienza dello Stato di fronte alla regola comunitaria, che certa dottrina non ha esitato a qualificare in termini di �effetto verticale indiretto� della direttiva. Tra l�altro, � l�art. 10 della Costituzione (come interpretato dalla Consulta) a legittimare, nel contesto della Comunit� Europea, in condizioni di parit� con gli altri Stati, delle limitazioni di sovranit� necessarie. I presupposti della responsabilit� dello Stato, sono: a) che il provvedimento assegni al cittadino europeo una situazione giuridica soggettiva di vantaggio (nel caso di specie: diritto alla retribuzione); b) che tale situazione giuridica soggettiva sia precisa nel contenuto (nel caso di specie: la questione non viene in rilievo, poich� si lamenta la inesatta trasposizione, provata); c) che vi sia un nesso di causalit� tra la violazione dello Stato ed il danno subito da singolo (nel caso di specie: se la trasposizione fosse stata esatta, certamente gli attori avrebbero conseguito il diritto alla retribuzione); d) che la violazione sia grave e manifesta (da ult. v. Corte giustizia CE, sez. II, 25 gennaio 2007, n. 278), nel caso di specie requisiti sicuramente sussistenti, dato l�esatto tenore della direttiva ed il valore �pregnante� del diritto riconosciuto ai singoli). 246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Si tratta di requisiti che la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto (Corte cost., 18 aprile 1991, n.168), che nella specie risultano senz�altro soddisfatti e che, comunque, l�Avvocatura dello Stato non ha neanche contestato (v. de jure condendo, il disegno di Legge n. 1082, approvato dal Senato in data 4 marzo 2009, che modifica l�art. 115 c.p.c. prevedendo che �salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonch� i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita�). 4. Legittimazione passiva dello Stato I principi appena enunciati conducono al rigetto della eccezione di difetto di legittimazione passiva in capo allo Stato. La questione (in questo caso di merito e non di rito, v. Cass. civ. Sez. III, 26 settembre 2006, n. 20819; Cass. civ. Sez. I, 28 aprile 2006, n. 9862 Cass. civ. Sez. I, 28 aprile 2006, n. 9878 Cass. civ. Sez. V, 28 aprile 2006, n. 10010) impone l'accertamento in concreto che il convenuto sia, dal lato passivo, effettivamente titolare del rapporto fatto valere in giudizio, in quanto si risolve nella attribuibilit� in capo al Stato della obbligazione fatta valere in giudizio. Orbene, � la stessa giurisprudenza comunitaria ad indicare, nello Stato-apparato, l�unico responsabile per la omessa trasposizione del diritto comunitario essendo a questi demandato, in questa materia, l�attuazione della direttiva. E, peraltro, trattandosi di azione risarcitoria, � nello Stato che va intravisto il diretto autore del danno lamentato dal danneggiato. Ha ragione, dunque, la difesa degli attori quando, correttamente, richiama la giurisprudenza comunitaria formatasi in calce all�art. 10 del Trattato. La conferma viene, infatti, proprio dalla lettura degli artt. 10 e 249 del Trattato CE che fa gravitare l�obbligo di trasposizione delle direttive direttamente sullo Stato. N� vi � da farsi questione circa l�eventuale competenza delle Regioni ex art. 117 cost. (come rimodellato in seguito alla entrata in vigore dell�3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) poich� nel caso di specie non rileva. Conclusivamente, la domanda risarcitoria va proposta nei confronti dello Stato quale persona giuridica, convenendolo in giudizio in persona del Presidente del Consiglio dei ministri (cos�, gi�, Tribunale di Roma 2 novembre 1999). 5. Prescrizione del diritto al risarcimento del danno per inesatta trasposizione di direttiva comunitaria Nel merito, l�Avvocatura eccepisce la prescrizione del diritto fatto valere dagli attori. Accertatane la sussistenza, nel caso di specie, occorre effettivamente rilevare che dall�entrata in vigore della legge che ha attuato inesattamente la direttiva per cui � causa (pubblicata nella Gazz. Uff. 16 agosto 1991, n. 191 ed efficace dall�1.9.1991) alla introduzione della lite dinnanzi questo Ufficio giudiziario (6 dicembre 2005) sono trascorsi circa 14 anni. Al riguardo va premesso quanto segue. I requisiti costitutivi dell�illecito aquiliano facente capo allo Stato ex artt. 10, 249 TCE, discendono dal diritto pretorile della Corte di Lussemburgo ma � la stessa Corte a rimettere agli Stati interni la regolamentazione della disciplina ad esso sotteso; altrimenti detto: a �quei requisiti�, l�Italia deve risarcire ma applicando il diritto interno. Ed, allora, affermata la responsabilit� dello Stato, questa va dichiarata secondo il regime in- CONTENZIOSO NAZIONALE 247 terno di cui all�art. 2043 c.c. Ed, infatti, la dottrina non ha esitato nel definire una siffatta regolamentazione multilevel come �anfibologica� o, ancora, come �illecito interfacciale�. Certo � che si tratta di un �rimedio comunitario� da attuare, nello Stato membro, secondo i canoni delle Leggi interne. Orbene, nel diritto interno italiano, il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si � verificato. Il problema da risolvere �, dunque, quello concernente la individuazione dell�exordium praescriptionis e, cio�, il dies a quo della decorrenza del termine di cui all�art. 2947 c.c. Secondo l�Avvocatura di Stato, il termine di prescrizione decorrerebbe dal 1 settembre 1991, data di entrata in vigore del d.lgs. 257/1991, cosicch� il diritto degli attori si sarebbe estinto per prescrizione (cfr. Tribunale di Roma, 14 giugno 2004). La controeccezione della difesa degli attori mira a respingere la tesi, segnalando che l�illecito dello Stato, nel caso di specie, non sarebbe da qualificare come illecito �istantaneo� bens� come fatto illecito permanente. Va precisato che l�atto stragiudiziale notificato dagli attori il data 27 marzo 2002 al MIUR, non ha valenza risolutiva della questione, poich�, comunque, intervenuto successivamente al decorso del termine di cui all�art. 2947 c.c. (nella visione sposata dall�Avvocatura di Stato). N� ha valenza risolutiva l�abrogazione del d.lgs. 257/1991 da parte del d.lgs. 368/1999 poich� il dato che qui rileva non � quello formale della normativa statuale ma quello fattuale della possibilit�, per il danneggiato, di far valere il diritto dal momento della lesione. Stessa sorte (l�irrilevanza) spetta alle argomentazioni concernenti i progetti di Leggi presentati in Parlamento nell�anno 2002, volti ad introdurre una forma di retribuzione per gli anni accademici anteriori a quelli presi di mira dal decreto del 1991; questi, infatti, hanno il precipuo fine di realizzare quella �retroattivit�� che la Corte Europea aveva suggerito e che i giudici nazionali non potevano realizzare in via interpretativa. Jus superveniens che si sarebbe sostituito al rimedio risarcitorio ma che, allo stato, � rimasto irrealizzato. Resta, allora, da verificare se la responsabilit� dello Stato per inesatta trasposizione di direttiva comunitaria sia da qualificare in termini di illecito permanente, poich�, in tali ipotesi, la prescrizione del diritto al risarcimento inizia a decorrere solo con la cessazione della permanenza (ad es., in materia di occupazione sine titulo, v. Consiglio Stato, sez. IV, 5 febbraio 2009, n. 650; Cass. civ., sez. I, 26 novembre 2008, n. 28214). Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, cfr. Cass. civ., sez. III, sentenza 13 marzo 2007, n. 5831), l�illecito permanente d� luogo ad un diritto al risarcimento, che sorge in modo continuo, e che in modo continuo si prescrive, se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si produce (Cassazione 6512/04). Va distinto dall�illecito permanente, quello ad effetti permanenti, in cui il danno si manifesta nella sfera giuridica del soggetto passivo in modo istantaneo lasciando, tuttavia, in essa, pregiudizi destinati a perdurare nel tempo. Occorre, cio�, verificare la permanenza dell�illecito in relazione alla sua struttura, come noto, scandita dai segmenti proprio del fatto giuridico: �fatto � effetto�. Laddove sia il fatto ad essere permanente, l�illecito ha pari natura; laddove, invece, sia l�effetto a perdurare nel tempo, l�illecito avr� natura istantanea. Orbene, nel caso di specie va, innanzitutto, avvertito che non viene in rilievo un illecito omissivo: questo fa capo alla responsabilit� per �omessa trasposizione� quando, cio�, il Legislatore non sia intervenuto affatto ad attuare il comando comunitario. 248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Si registra, al contrario, come gi� segnalato, una responsabilit� per �trasposizione inesatta� (o tardiva) che ricorre laddove l�attuazione della direttiva sia intempestiva o si discosti dalle indicazioni del Legislatore europeo: ma sia pur sempre avvenuta. Come precisa la dottrina, in questo caso il destinatario del diritto di matrice comunitaria viene �automaticamente� pregiudicato dalla condotta dinamica dello Stato e matura, da subito, l�interesse ad attingere dalla tutela riparatoria per pervenire a quel risultato che il suo apparato statale gli ha impedito di raggiungere. Si vuol dire che il �fatto� generatore di danno, e, cio�, l�esercizio illegittimo della funzione legislativa, � �istantaneo� e non permanente poich� si consuma nel momento stesso in cui viene congedato il testo normativo di cui si lamenti l�illegittimit�. Certa giurisprudenza di merito intervenuta in argomento ha, in tal senso, ritenuto che nella integrazione della condotta illecita non rilevi in s� il mancato recepimento della direttiva nei termini assegnati, quanto piuttosto la difformit� del diritto interno rispetto al diritto comunitario cosicch� �la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il danno si � manifestato� (cfr. Tribunale Bari, sez. III, 30 novembre 2007, n. 76). Un indirizzo ancora pi� rigoroso, sposato anche da alcuni giudici di questo Tribunale, ha addirittura affermato (cfr., da ultimo, Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. n. 1379/2008; Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. n. 853/2006; Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. n. 1524/2003; Trib. Torino, sez. I civ., sent. n.2741/2005) che il medico attore avrebbero potuto e dovuto tempestivamente agire per ottenere il riconoscimento del diritto sin dall�emanazione delle direttive comunitarie. Secondo questo Ufficio giudiziario, conclusivamente, la responsabilit� in cui incorre lo Stato per il fatto del Legislatore, che attui in modo inesatto la direttiva comunitaria scaduta, non configura un illecito permanente e, pertanto, la prescrizione decorre dall�entrata in vigore della normativa interna che traspone, in maniera infedele, il comando comunitario. Da quel momento in poi, il cittadino comunitario pu� far valere il suo diritto risarcitorio e, conseguentemente, decorre il termine di prescrizione di cui all�art. 2947 c.c. ( v. Tribunale Roma, 2 aprile 2005). 6. Infondatezza dell�eccezione di prescrizione per non poterne lo Stato beneficiare Affermato che la prescrizione � maturata nel caso di specie, occorre verificare se lo Stato ne possa o non beneficiare. Ed, infatti, la difesa degli attori richiama la giurisprudenza comunitaria per la quale, secondo la tesi difensiva, �fino a quando la trasposizione della direttiva non si sia realizzata, lo Stato inadempiente non pu� eccepire in giudizio n� la tardivit� di un�azione giudiziaria avviata nei suoi confronti da un singolo n� un termine di ricorso al giudice nazionale se non dal momento della trasposizione stessa�. Va subito segnalato che, come gi� detto, nel caso di specie la direttiva � stata trasposta, ma in modo inesatto. Non si versa, cio�, nel caso, diverso, in cui il Legislatore � rimasto inerte. Ci� detto � appena il caso di osservare che, alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria (cfr., ad esempio, Corte Giust. nel procedimento C-231/96, resa nell�ambito di un procedimento avente ad oggetto la richiesta di rimborso di una tassa di concessione governativa per l�iscrizione della societ� nel registro delle imprese), il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle pretese dei singoli fondate sul diritto comunitario, termini nazionali di decadenza o prescrizione il cui decorso prescinda dalla considerazione che, alla data in cui la pretesa poteva essere fatta valere, la direttiva non era stata ancora correttamente attuata nell�ordinamento nazionale. CONTENZIOSO NAZIONALE 249 Le modalit� di esercizio dell�azione risarcitoria restano disciplinate dal diritto nazionale, conservando rilevanza, rispetto a tale profilo, l�autonomia procedurale del singolo Stato membro, purch� le modalit� di tutela non rimangano frustrate da rimedi che rendono impossibile o eccessivamente difficile la salvaguardia dell�interesse leso (ad es. v. Cassazione civile , sez. trib., 12 gennaio 2007 , n. 526). Vi �, peraltro, da precisare quanto segue. L�istituto richiamato dalla difesa degli attori � di origine inglese (il cd. Estoppel) ma non ha il contenuto che gli si vorrebbe attribuire. Infatti, in primo luogo, esso comporta che lo Stato non possa trarre vantaggio dal proprio inadempimento agli obblighi comunitari; ci� vuol dire che il termine di prescrizione interno ad uno Stato non pu� decorrere dalla data di emanazione della direttiva ma dalla diversa data di sua trasposizione (v. la sentenza citata dall�Avv. � : Corte Giust. CE, 25 luglio 1991, causa C-208/90). E questo � un primo risvolto applicativo del principio che, per�, nel caso in esame, � rispettato da questo Giudice poich� la prescrizione viene fatta decorrere dalla attuazione (inesatta) della direttiva. In secondo luogo, il principio ha un altro risvolto. Sulla base di questo principio, infatti, lo Stato membro che sia inadempiente, per non avere trasposto tempestivamente o correttamente una direttiva nell'ordinamento interno, non pu� pretendere di applicare la sua normativa nei confronti di un soggetto che invochi la direttiva contro una legislazione interna che ha un contenuto non conforme al diritto comunitario (proprio a causa dell'inadempimento dello Stato che non ha provveduto ad adattare la legislazione interna alle disposizioni della direttiva). Non pu�, dunque, essere applicata dallo Stato, responsabile dell'inadempimento, la propria normativa non conforme alle direttive comunitarie (cfr. sentenze 5 aprile 1977, in causa 148/78, cit.; e 19 gennaio 1982, in causa 8/81, Becker, in Racc., 1982, 53). Ma si tratta, in questo caso, di fare buon governo del rapporto di gerarchia e competenza tra le fonti, nel senso che la primaut� del diritto comunitario importa la non-applicazione delle norme interne contrastanti. E la questione non esclude affatto che il Legislatore, in spregio del principio, applichi comunque la norma interna: poich� in questo caso ne risponde a titolo risarcitorio. E, qui, per�, l�azione risarcitoria � dallo Stato stesso disciplinata avvertendo che il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni poste per far fronte alla violazione di una direttiva un termine nazionale di decadenza o prescrizione che decorra �anche se la direttiva non sia stata ancora correttamente attuata nell'ordinamento nazionale� (v. Corte giustizia CE, 15 settembre 1998 , n. 231). Vi �, poi, una ultima ragione da addurre. Il regime di prescrizione, come si afferma autorevolmente, si giustifica nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, i quali non possono restare troppo a lungo sospesi, con il pericolo che sia resa impossibile o notevolmente difficile la prova dei fatti, in ragione del decorso di un notevole periodo di tempo. Ed, infatti, le norme sulla prescrizione sono inderogabili dai privati perch� d' ordine pubblico (art. 2936 c.c., v. Cassazione civile , sez. III, 18 gennaio 2005 , n. 900). Ci� vuol dire che l�illecito comunitario va coordinato con le esigenze di ordine pubblico dello Stato membro e siffatte esigenze legittimano l�applicazione di norme comuni (applicate, cio�, agli altri illeciti interni) che ragionevolmente e razionalmente impongano, ai fini di tutela, da parte del singolo, il rispetto di specifici e chiari oneri quali quello di ricorrere al Giudice entro cinque anni dal manifestarsi del nocumento. Si segnala infine, che nel periodo in cui la giurisprudenza amministrativa si dichiarava giudice 250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dotato di giurisdizione sulle controversie quali quelle in esame, nessun dubbio vi era circa il fatto che la prescrizione decorresse dalla entrata in vigore della legge attuativa della direttiva 82/76 (v. Consiglio di stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 1994 che decide nel merito essendosi formato il giudicato sulla giurisdizione: �il termine quinquennale di prescrizione risulta applicabile all'azione risarcitoria riconducibile a colpevole ritardo dell'Amministrazione, a norma dell'art. 2947 cod. civ. poich� l'originaria, non compiuta determinazione delle somme da corrispondere non impediva l'esercizio del diritto in questione, quanto meno dopo l'emanazione del D.Lgs. 257/1991, attuativo delle Direttive CEE). Conclusivamente, la domanda degli attori deve essere respinta, essendosi estinto il loro diritto per intervenuta prescrizione. 7. Pronuncia sulle spese Quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio, tenuto conto dei principi espressi da Cass. civ., Sezioni Unite, sentenza n. 19014 dell�11 settembre 2007, vista la declaratoria di rigetto delle domande attoree, esse andrebbero poste a carico degli attori applicando, quanto al valore della controversia, il principio del petitum. Ed, infatti, � irrilevante che l�Avvocatura non ne abbia fatto richiesta, posto che trattandosi di pronuncia accessoria il giudice pu� emetterla d�ufficio anche in assenza di domanda della parte (Cass. civ. 16.5.2003 n. 7639; Cass. civ. 10.2.2003 n. 1938). Questo Tribunale reputa, tuttavia, che ne vada disposta la compensazione integrale ai sensi dell�art. 92, comma II, c.p.c.. Le questioni affrontate non constano, infatti, almeno in parte, di precedenti specifici del Supremo Consesso e persiste, al riguardo, una certa divergenza di orientamenti in giurisprudenza. Trattasi di giusti motivi che rendono opportuna ed equa la declaratoria di compensazione integrale e, peraltro, il contegno processuale tenuto dall�Avvocatura di Stato (consapevole della complessit� della materia) conduce a leggere l�assenza di domande sulle spese come non-opposizione alla eventuale compensazione e, quindi, come comportamento della parte pubblica ispirato ai principi di lealt� e probit�. P.Q.M. Il Tribunale di Catanzaro, sezione I civile, in persona del giudice monocratico dott. Alberto Nicola Filardo, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (�) nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente in carica , disattesa ogni ulteriore eccezione, deduzione e difesa, cos� provvede: Rigetta le domande degli attori; Compensa integralmente le spese di lite tra le parti; Catanzaro l� 20 aprile 2009 CONTENZIOSO NAZIONALE 251 Ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. emessa dal Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche Ammissibilit� e conseguenze (Tribunale di Campobasso, ordinanza 18 giugno 2008, n. cron. 2985) L�articolata vicenda processuale antecedente alla pronuncia in commento � connotata da singolari profili al limite dell�abnormit�, tali da rendere opportuno un riepilogo delle fasi processuali variamente succedutesi davanti al Tribunale di Campobasso. Con atto notificato il 9 gennaio 2008 nove parti creditrici, danneggiate nel corso dell�alluvione del gennaio 2003, che ha interessato l�area del Consorzio per lo Sviluppo Industriale per la Valle del Biferno di Termoli, hanno intimato all�Amm.ne regionale ed al Tesoriere regionale il pignoramento di tutte le somme da quest�ultimo dovute alla prima in ragione del titolo rappresentato da un�ordinanza emessa in data 24 luglio 2007 dal Giudice Delegato del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli (adito per la valutazione dei profili di responsabilit� omissiva dell�Amministrazione regionale nell�adozione di cautele doverose preventive dell�evento), all�uopo vincolando l�importo complessivo di � 10.218.624,01. L�Amm.ne regionale col patrocinio dell�Avvocatura dello Stato si � opposta all�esecuzione eccependo l�inammissibilit�/nullit� della procedura esecutiva oltre che l�inesistenza/nullit� assoluta del titolo azionato, in particolare deducendo l�inutilizzabilit� dello strumento ex art. 186 quater c.p.c. (attivato con l�ordinanza in data 24 luglio 2007 del G.D. del T.R.A.P. presso la Corte d�Appello di Napoli, titolo posto in esecuzione) ed altres� censurando essenzialmente l�anomalia della procedura attivata, scaturente dal rito speciale ex T.U. 1775/1933, che tra l�altro non contempla l�ordinaria esecutoriet� di procedimenti di primo grado sfavorevoli all�Amm.ne. La domanda cautelare intesa all�immediata sospensione, anche inaudita altera parte, dell�esecuzione intrapresa - domanda proposta oltre che nel ricorso in opposizione anche nell�atto di costituzione nella procedura esecutiva - � stata inizialmente accolta dal magistrato togato designato per la trattazione dell�opposizione, contestualmente al decreto che ha fissato l�udienza di comparizione delle parti. A tale decreto ha fatto seguito altro provvedimento, del 25 febbraio 2008 del G.O.T. designato quale Giudice dell�Esecuzione, parimenti dichiarativo della sospensione della procedura esecutiva all�esito del giudizio di opposizione. Con successiva ordinanza depositata il 18 marzo 2008 il Tribunale di 252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Campobasso, con altro magistrato togato in funzione provvisoria di Giudice dell�Opposizione all�Esecuzione, ha deciso la richiesta di sospensione, rigettandola. Avverso tale provvedimento � insorta l�Amm.ne regionale con apposito reclamo, poi trattato congiuntamente e riunito con precedente reclamo delle controparti avverso il citato decreto del G.E. Entrambi i reclami sono stati quindi discussi all�udienza del 14 maggio 2008 e decisi con ordinanza depositata il 18 giugno 2008, in senso sfavorevole all�Amm.ne regionale. Tale ordinanza appare prima facie erronea e sostanzialmente elusiva di talune questioni espressamente poste col mezzo impugnatorio. In sintesi, l�organo giudicante nel rigettare il reclamo ha dedotto in generale l�applicabilit� al processo speciale delle acque delle norme contenute nel vigente codice di procedura civile (1), anche nelle parti (come quelle coinvolgente l�art. 186 quater) sconosciute al codice del 1865 previgente ed oggetto di novella con la riforma del 1995 (cfr. art. 7 d.l. 18 ottobre 1995 n. 432); a tal fine ha invocato l�autorit� di quell�indirizzo giurisprudenziale per il quale il rinvio generale operato dal T.U. sulle acque pubbliche al codice di procedura civile ha carattere dinamico (o non ricettizio) piuttosto che statico (ricettizio) (2), rendendo cos� possibile l�introduzione nel processo dinanzi al Tribunale speciale in questione della norma sopravvenuta di cui all�art. 186 quater c.p.c., con le conseguenze ravvisate dal primo Tribunale in tema di eseguibilit� �automatica� della relativa ordinanza, in rigetto delle prospettazioni difensive volte a valorizzare, oltre che l�art. 205 del medesimo Testo Unico (3) ed il suo connotato di specialit� (v. infra), in tema di limiti all�esecuzione forzata di provvedimenti di primo grado, innanzitutto l�inammissibilit� del richiamo di disposizioni estranee al contesto del c.p.c. 1865. (1) Cfr. art. 208 T.U. 1775/1933: �Per tutto ci� che non sia regolato dalle disposizioni del presente titolo si osservano le norme del Codice di procedura civile, dell'ordinamento e del regolamento giudiziario, approvati con RR. DD. 6 dicembre 1865, n. 2626, e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive leggi modificatrici ed integratrici, in quanto siano applicabili nonch�, pei ricorsi previsti nell'art. 143, le norme del Titolo III, Capo II del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di Stato�. (2) Come � noto, il rinvio fisso o materiale o statico o ricettizio, a differenza di quello formale o dinamico o mobile o di produzione, riguarda l�integrazione della norma richiamante con quella richiamata, con modalit� coinvolgente la disposizione e non la fonte (G.U. Rescigno), in termini indifferenti alle vicende modificative della disposizione richiamata, successive alla disposizione rinviante. (3) Art. 205 T.U. 1775/1933: �Sulla istanza delle parti pu� essere ordinata la esecuzione provvisoria delle sentenze dei Tribunali di prima istanza.//L'esecuzione provvisoria non pu� essere accordata nei confronti dell'Amministrazione dello Stato.//Le sentenze emesse dal Tribunale superiore in grado di appello sono esecutive a norma dell'art. 554 del Codice di procedura civile; il ricorso per cassazione non ne sospende la esecuzione.//Per l'esecuzione si osservano le norme stabilite dal libro II del Codice di procedura civile�. CONTENZIOSO NAZIONALE 253 La pronuncia cautelare in commento esprime un orientamento provvisorio (4), in attesa della decisione finale di merito e di quella del grado successivo (cfr. art. 616, ultima parte, c.p.c.) (5), con cui peraltro occorre confrontarsi, onde evidenziarne i profili di erroneit� e di inidoneit� a costituire un precedente significativo a livello nazionale. In primis va osservato che la natura ricettizia o meno dei rinvii de quo operati dal T.U. 1775 del 1933 - pur dandosi atto del consistente orientamento specificamente formatosi sull�art. 208 citato, in senso contrario alla tesi propugnata dall�Amministrazione interessata - � tutt�altro che pacifica anche nella giurisprudenza di legittimit�. Infatti, una semplice verifica appena meno che epidermica delle decisioni che la Corte di Cassazione - soprattutto a sezioni unite - ha pronunciato sul punto, consente di rendersi conto della non univocit� delle opinioni succedutesi nel tempo, spesso con mutamenti di indirizzo a distanza di pochi anni. Non pare affatto che il pi� recente indirizzo, anche se non in termini di assoluta consolidazione, sia pacificamente volto a ripudiare la natura staticoricettizia del suddetto rinvio, in termini conformi a quelli accreditati dal Tribunale di Campobasso. Particolarmente esplicita risulta la sent. Cass. civ., sez. un., 5 aprile 2007 n. 8520, in sede di valutazione dell�applicabilit� ratione temporis � denegata � del d.lgs. 40/2006: �[�]Deve ribadirsi, infatti, in conformit� a quanto assolutamente pacifico presso una pi� che consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite, [�] in armonia con la natura recettizia dei rinvii al codice di procedura civile contenuti nel R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 200, 201 e 202 (t.u. delle leggi sulle acque e gli impianti elettrici), e la conseguente applicabilit� delle richiamate disposizioni del codice di rito del 1865, [�..]. E' noto che il sistema processuale relativo alle controversie in materia di acque pubbliche, anche dopo l'entrata in vigore del codice di procedura civile del 1942, rimane collegato, nella sua interezza, attraverso i riferimenti contenuti nel R.D. n. 1775 del 1933, alle norme del codice di rito del 1865. Tali norme debbono, pertanto, ritenersi recepite dal suddetto testo unico, rimanendo estranee alla materia le modificazioni della procedura ordinaria apportate dal nuovo codice (tra le tantissime, cfr. Cass. 26 aprile 1969, n. 1350; Cass., sez. un., 29 aprile 1964, n. 1040; Cass., sez. un., 17 aprile 1963, n. 950). (4) Come � noto non impugnabile nemmeno con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto privo di natura definitiva e decisoria: in tal senso, di recente, cfr. ex plurimis Cassazione civile, sez. III, 12 marzo 2008, n. 6680. (5) L'ultimo inciso del nuovo art. 616 c.p.c. ammette implicitamente il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. soltanto avverso la sentenza che chiude il giudizio di opposizione all'esecuzione. Cfr. la sentenza citata sub nota 3). 254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 I riferimenti al codice di procedura civile [�..] hanno carattere di rinvio recettizio, ragion per cui nella materia indicata da queste disposizioni continua ad applicarsi il codice di procedura civile del 1865: salvo le modificazioni determinate dall'entrata in vigore della Costituzione (Cass., sez. un., 16 gennaio 1987, n. 301; Cass., sez. un., 21 febbraio 1976, n. 576; Cass., sez. un., 2 febbraio 1973, n. 311). E� chiaro che, aldil� del riferimento del caso specifico agli artt. 200-201- 202 del T.U. citato, la sentenza utilizza un ragionamento dirimente, che ben si attaglia al tema generale del rapporto tra T.U. e nuovo c.p.c., in termini che contribuiscono a lumeggiare non tanto e non solo il richiamo operato dall�art. 208 successivo, reputato dal Tribunale di Campobasso dirimente nella fattispecie in esame, quanto quello, contenuto nell�art. 205 cit. ultima parte (norma con palese connotato di �specialit��, anche in ordine al �rinvio� operato nel suo ultimo comma, rispetto a quello �generale� ex art. 208 successivo), al Libro Secondo (delle Esecuzioni) del c.p.c. del 1865. Anzi, a tal ultimo proposito, il rinvio contenuto nell�art. 205 citato opera in termini che a ben vedere consentirebbero anche di ipotizzare la carenza di presupposto normativo giustificativo della Giurisdizione ordinaria ai fini dell�esecuzione di provvedimenti dei Tribunali delle Acque, dovendosi conseguentemente ritenere la tendenziale coincidenza del giudice della cognizione di merito col giudice della relativa esecuzione, come ripetutamente chiarito con riferimento ad altri ordini giudiziali. Sul presupposto dell�insussistenza di una adeguato rinvio al Libro III del vigente c.p.c., potrebbero delinearsi gli estremi per avvalorare la competenza funzionale dello stesso Tribunale speciale, rientrando la pretesa azionata nell�esercizio dei diritti ex art. 140 T.U. 1775/1933 (6), tenuto conto che il giudice in questione ha cognizione - su diritti soggettivi - in materia di ottemperanza, sul modello del compendio Consiglio di Stato/TT.AA.RR.; l�alternativa risiederebbe nel ritenere che l�esecuzione dei provvedimenti definitivi dei Tribunali delle Acque sia possibile solo nei termini assimilabili all�ottemperanza amministrativa al giudicato civile, con contemporanea esclusione, oltre che della competenza del giudice ordinario, di quella del giudice speciale delle acque (7), il che in ogni caso pone oggettivamente nella fattispecie in esame una non trascurabile questione di carenza di giurisdizione, elusa dal Tribunale di Campobasso con la sopravvalutazione della chiave interpretativa desunta dall�art. 208 T.U. 1775/1933. (6) Si veda in particolare la lett. e). Non a caso la normativa speciale, aldil� del rinvio ex art. 205 ultimo comma, non reca o richiama espressamente disposizioni sulla competenza del Tribunale ordinario in tema di esecuzione forzata; in subordine, il rinvio in questione potrebbe essere inteso come limitato alle norme procedurali in quanto applicabili davanti allo stesso Giudice speciale. (7) In tal senso sembra orientarsi Tribunale sup.re acque, 04 gennaio 2007, n. 1, allorch� contempla la spettanza alla giurisdizione amministrativa del giudizio di ottemperanza relativo alle pronunce emesse dal Tribunale superiore in grado di appello, in materia di acque pubbliche e su diritti soggettivi. CONTENZIOSO NAZIONALE 255 In realt�, l�art. 208 (ma lo stesso argomento � utilizzabile con riferimento al rinvio contenuto nell�art. 205) ben esprime da s� i limiti del rinvio alle norme del codice di procedura civile. Esso, infatti, rimanda per tutto ci� che non sia regolato nel T.U. alle �norme del Codice di procedura civile, dell�ordinamento e del regolamento giudiziario, approvati con RR.DD. 6 dicembre 1865 n. 26262, e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive leggi modificatrici ed integratrici, in quanto siano applicabili�. Orbene, in base al primo inciso �delle successive leggi modificatrici ed integratrici�, non si pu� porre in relazione di continuit� il nuovo codice di procedura civile approvato con R.D. del 16 marzo 1942 n. 262 con il precedente del 1865, in quanto quest�ultimo non rappresenta n� una modificazione dello stesso (riscrivendo l�intero testo processuale con altra numerazione, diverse disposizioni e sostanziali innovazioni) n� tantomeno una semplice integrazione. Pertanto, � certamente pi� corretto ritenere che le modificazioni e le integrazioni cui fa riferimento l�art. 208 (analogamente e prioritariamente, l�art. 205) siano quelle intervenute tra l�approvazione del codice di procedura nel 1865 e l�approvazione del T.U. nel 1933, in adesione a quell�indirizzo dottrinale che �ncora il rinvio alla normativa vigente al momento in cui esso viene operato, con conseguente cristallizzazione dei contenuti prescrittivi del testo cos� come scritto all�epoca del richiamo. Sotto altro profilo, il secondo inciso �in quanto siano applicabili� contenuto nell�art. 208 evoca certamente un rapporto di specialit� tra la norma richiamante e quella richiamata. Tale rapporto di specialit� � stato correttamente messo in evidenza dalla Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi proprio sulla legittimit� costituzionale non a caso dell�art. 205, comma 1 del T.U. � con decisione che interessa in termini essenziali anche per altri versi la questione portata a conoscenza dell�organo giudiziario campobassano � nella parte in cui non prevede l�automatica efficacia esecutiva delle sentenze rese in prime cure dal tribunale regionale delle acque pubbliche. Nella sentenza del 10 marzo 2006 n.101 si legge, infatti, �che il processo in materia di acque pubbliche, pur con il rinvio meramente �residuale� alle norme del codice di procedura civile per tutto ci� che non sia espressamente regolato nel testo unico del 1933, presenta innegabili aspetti di specialit� per pi� profili anche relativi all'esecuzione, che viene, ad esempio, espressamente esclusa in via provvisoria per le sentenze dei tribunali di prima istanza se emesse nei confronti dell'amministrazione dello Stato; che la norma impugnata, tuttora operante, � speciale rispetto alle vigenti disposizioni del codice di rito, delle quali pu� farsi applicazione nel processo davanti ai tribunali regionali ed al Tribunale superiore delle acque pubbliche solo nei limiti indicati dal testo unico, pi� volte citato, per cui il complessivo sistema processuale disegnato dalla normativa del 1933, in quanto caratterizzato dall'intreccio di 256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 interessi di varia natura, pubblici e privati, non consente di operare integrazioni, attingendo alle corrispondenti norme del codice di rito, al di fuori dei casi in cui il rinvio a queste ultime sia espressamente disposto (come � avvenuto con l'art. 208 del citato t.u.), dal momento che ogni ulteriore intervento sistematico resta riservato alla discrezionalit� del legislatore, da esercitarsi nei limiti della ragionevolezza�. La riconosciuta specialit� nonch� - tra le righe - il carattere statico del rinvio al codice di procedura, affermati dal Giudice delle Leggi (con velato invito al legislatore ad effettuare un intervento sistematico) costituiscono indubbi punti di riferimento per la risoluzione del problema affrontato dall�ordinanza in esame, ad onta della disomogeneit� delle pronunce del giudice di legittimit� sulla �pregiudiziale� tematica della prospettabilit� del rinvio �dinamico�. Dopo la necessaria premessa di ordine generale e teoretico, non pu� che rilevarsi l�incongruenza nel merito dell�ordinanza in epigrafe, la quale si rivela tutt�altro che convincente, dal momento che - nel riconoscere l�applicabilit� ex lege dell�ordinanza di pagamento di cui all�art. 186 quater c.p.c. nel procedimento dinanzi al Tribunale delle Acque Pubbliche - disattende ampiamente non solo il filone giurisprudenziale sopra richiamato sulle modalit� e limiti del predetto �rinvio�, ma anche i principi affermati dalla Corte Costituzionale sui limiti di eseguibilit� delle decisioni del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche sfavorevoli alla P.A. Ribadito che appare dubbia l�applicabilit� di normativa estranea a quella oggetto del rinvio, va puntualizzato che l�esecuzione nei confronti della P.A. � preclusa, per quanto si desume con immediatezza dal chiaro tenore dell�art. 205 T.U., in difetto di un provvedimento (anche non collegiale di tipo decisorio finale quale la sentenza: v. infra, sub nota 7)) che contenga esplicitamente la clausola di provvisoria esecutivit�. Nel caso di specie si riscontra un provvedimento non rispondente al modello legale, previsto per l�integrazione dell�ipotesi (derogatoria, eccezionale, tassativa ed insuscettibile di interpretazione estensiva) dell�efficacia esecutiva dei pronunciamenti del Tribunale regionale delle Acque, in quanto carente: a) del connotato collegiale; b) della natura di sentenza (8); c) della carenza di un�espressa concessione del beneficio dell�anticipazione dell�esecutoriet�. N� pu� sostenersi in senso contrario che l�esecutivit� discende direttamente dall�art. 186 quater c.p.c. (8) Si noti al riguardo che anche l�eventuale valorizzazione della �consolidazione� dell�ordinanza in questione a seguito del meccanismo conclusivo del primo grado di giudizio e della sua sostanziale assunzione del connotato di provvedimento definitivo (con l�efficacia di �sentenza� impugnabile), correlata alla rinuncia ex art. 1864 quater c.p.c., militerebbe in senso ostativo al riconoscimento del diritto all�esecuzione, tenuto conto allora del diretto dettato legislativo, applicabile all�ordinanza in quanto divenuta provvedimento �finale� del grado predetto. CONTENZIOSO NAZIONALE 257 Ferma restando l�impossibilit� di applicazione dell�art. 186 quater c.p.c. nel processo dinanzi al TRAP, per quanto sopra evidenziato, non si vede come il provvedimento anticipatorio ex art. 186 quater possa acquisire un�attitudine che non potrebbe esplicare il (maggiore) provvedimento �anticipato�, oltre i limiti di una logica continenza dell�efficacia del primo rispetto alla capacit� esecutoria del secondo, come delineata dalla normativa speciale di riferimento, e comunque la norma non pu� che uniformarsi alle prescrizioni, condizioni e limitazioni specificamente vigenti in materia di acque, per la prevalenza da accordarsi alla norma �speciale�, non incisa da norma generale pur posteriore. Non a caso la limitazione dell�efficacia dei provvedimenti decisori in generale (e per quanto sopra precisato, deve ritenersi, anche l�ordinanza in esame), come disciplinata dall�art. 205 citato, � passata indenne al vaglio di costituzionalit� con la summenzionata sentenza n. 101/2006, quale espressione razionale ed insindacabile di una scelta di competenza del Legislatore. Appare semmai irrazionale sovvertire il principio emanato dalla Corte Costituzionale al fine di regredire verso la soluzione opposta, con riferimento al provvedimento provvisorio ed anticipatorio di quello finale. Ovviamente il riferimento normativo all��Amministrazione dello Stato� va letto cum grano salis e senza speculazioni sul dato letterale, da estendersi dunque a tutte le Amministrazioni pubbliche (resistenti o convenute), Regioni comprese, tenuto conto dell�epoca di adozione del T.U. in questione (la genesi delle Amministrazioni regionali � nettamente posteriore), che non poteva �scontare� l�arricchimento del panorama delle persone giuridiche pubbliche competenti in tema di acque ed i trasferimenti di funzioni in materia specifica (con conseguenti legittimazione processuale degli enti titolari di quelle funzioni ed applicabilit� del relativo regime processuale). Pertanto, la reiterata invocazione dell�eseguibilit� ex lege di ordinanze ex art. 186 quater c.p.c., doveva essere rapportata alla specialit� del procedimento di merito sottostante, connotata da previsione (v. art. 205 cit.) sull�impossibilit� di esecuzione provvisoria nei confronti della Pubblica Amministrazione (indicata quale �Amministrazioni dello Stato�, ma da intendersi (9) come riferita alle Amm.ni (Regioni) indicabili quali succeditrici �a titolo universale� nella titolarit� della quasi generalit� delle funzioni afferenti quel T.U. ed il cui esercizio ha un riflesso nei giudizi processualmente disciplinati dallo stesso Testo) e, in subordine, dalla necessit� di apposizione di apposita clausola di provvisoria esecutoriet� al provvedimento da attuarsi, in conformit� all�antica (pre- 1990) disciplina generale codicistica sull�efficacia dei pronunciamenti (9) Con adattamento interpretativo �dinamico� e prospettiva di �rinvio formale� qui singolarmente rifiutati dal Tribunale di Campobasso, che ha privilegiato invece il ricorso ad un sofisma che si fonda sul rilievo sostanziale per cui il T.U. del 1933 in questione non contempla le Regioni (come � noto create nel 1970) e dunque ad esse non si applicano i privilegi previsti per lo Stato. 258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 giudiziali di primo grado. In definitiva, il ragionamento sostenuto dal Tribunale - oltre che effettuare una contaminazione per nulla convincente, in spregio di pronunce orientatrici della Corte Costituzionale, tra la tesi fondata sul ripudio della natura statica del rinvio operato dall�art. 208 T.U. e quella sulla (trascurata) specialit� della normativa in materia, valorizzata solo per denegarne l�applicabilit� sopravvenuta agli enti cessionari della gran parte dei poteri gi� statali in materia di acque pubbliche - � dunque reticente sul punto della reale natura sostanziale del provvedimento eseguendo, e fuorviante allorch� (soffermandosi su un�analisi estranea ai limiti della propria competenza giurisdizionale) depone per un�efficacia ancora solo provvisoria ed �anticipatoria� dell�ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., come se dovesse ancora sopravvenire la sentenza di merito del Tribunale regionale napoletano in composizione collegiale; quindi, elusiva della reale problematica applicativa, incentrata sui limiti di eseguibilit� ex art. 205 T.U. 1775/1933. Per tali ragioni, l�ordinanza in commento non appare destinata a costituire un precedente rilevante e meritevole di seguito. Avv. Piero Vitullo* Avv. Margherita Cretella** Tribunale ordinario di Campobasso, ordinanza del 18 giugno 2008 n. cron. 2985. (...Omissis) Entrambi i reclami traggono origine dall�opposizione proposta dalla Regione Molise avverso l�esecuzione forzata di un�ordinanza di pagamento emessa ex art. 186 quater c. p. c. dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli, nell�ambito della quale sono state formulate due distinte richieste di sospensione dell�esecuzione stessa. (Omissis) La Regione sostiene, inoltre, che l�ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. emessa dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli il 24-7-2007 � priva di efficacia esecutiva in ragione della speciale disciplina stabilita dall�art. 205 del R.D. 11-12- 1933 n. 1775, che per le sentenze di primo grado emesse dai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche non prevede l�esecutivit� ex lege ma contempla il potere discrezionale del Giudice di concederla su istanza di parte. Ad avviso della Regione, quindi, detta ordinanza, non munita della clausola di provvisoria esecutoriet�, non � esecutiva, non potendo ritenersi applicabile (*) Avvocato dello Stato. (**) Stagista presso l�Avvocatura distrettuale di Campobasso. CONTENZIOSO NAZIONALE 259 alla fattispecie in esame il secondo comma dell�art. 186 quater c.p.c., perch� incompatibile con la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche. Dubbia appare, inoltre, secondo la Regione, la stessa r applicabilit� del primo comma dell�art. 186 quater c.p.c. al processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, poich� il Giudice delegato all�istruttoria non � munito del potere di decidere la controversia, riservato al Collegio, del quale fa parte anche un componente tecnico. Detti assunti non sono condivisi dal Tribunale. Invero, l�art. 208 del R.D. 11-12-1933 n. 1775 dispone che al processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, per tutto quanto non sia specificamente regolato dal titolo quarto del medesimo R.D., si applicano le norme codice di procedura civile, dell�ordinamento giudiziario e del regolamento giudiziario approvati con RR.DD. 6-12-1865 n. 2626 e 14-12- 1865 n. 2641 e le successive leggi modificatrici ed integratrici. Trattasi, dunque, non di un rinvio recettizio ma di un rinvio formale, non cristallizzato alle norme processuali vigenti all�epoca di entrata in vigore del R.D. 11-12-1933 n. 1775 ma aperto a tutte le modifiche ed integrazioni successivamente apportate al codice di procedura civile ed agli altri corpi normativi richiamati (cos�, Cass., S.U., 23-12-2004, n. 23838), in quanto siano applicabili, con tale ultima espressione intendendosi che dal rinvio formale de quo restano escluse le norme incompatibili con la disciplina speciale. Ci� precisato, osserva il Collegio che la provvisoria esecutoriet� accede ex lege all�ordinanza di pagamento emessa ai sensi dell�art. 186 quater c.p.c., la quale si configura come provvedimento anticipatorio munito di efficacia esecutiva e suscettibile, altres�, di acquistare l�efficacia della sentenza impugnabile qualora si verifichino le condizioni previste dall�ultimo comma del medesimo articolo. La scissione fra il momento di emissione dell�ordinanza e quello in cui essa acquista l�efficacia della sentenza impugnabile ed il carattere meramente eventuale e non necessario di tale equipollenza inducono a ritenere che detta ordinanza non possa essere equiparata ad una sentenza sin dalla sua emissione e che ad essa non si applichino, di conseguenza, le disposizioni di cui all�art. 205 del R.D. 11-12- 1933 n. 1775, espressamente dettate solo per le sentenze. Ne deriva che l�assenza, nel provvedimento emesso dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli, della clausola di provvisoria esecutoriet� non � decisiva al fine di escluderne l�efficacia esecutiva, la quale pu� essere perci� negata solo ritenendo che l�art. 186 quater c.p.c. sia in tutto o in parte incompatibile con la disciplina prevista per le sentenze dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche dal citato art. 205. Il Collegio ritiene che una siffatta incompatibilit� non sia ravvisabile. Il primo comma dell�art. 205 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, invero, stabilisce che le sentenze di primo grado dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche possono essere rese provvisoriamente esecutive su istanza di parte, sulla base di una valutazione discrezionale dell�organo giudicante. L�art. 186 quater c.p.c., invece, stabilisce che l�ordinanza di pagamento ivi prevista costituisce titolo esecutivo e pu� essere emessa alla chiusura dell�istruttoria, su istanza di parte e nei limiti in cui il giudice istruttore ritenga gi� raggiunta la prova. Trattandosi di un provvedimento anticipatorio esecutivo, l�istanza di parte rivolta ad ottenerlo ha per oggetto la concessione di un provvedimento munito di efficacia esecutiva, mentre la circostanza che il giudice istruttore �possa� e non �debba� disporre il pagamento se ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell�art. 186 quater c. p. c. (esaurimento dell�istruttoria e raggiungimento anche parziale della prova) induce a ritenere che il giudicante disponga di un apprezzabile margine di discrezionalit� che gli consente di denegare la concessione dell�ordinanza de qua tutte le volte in cui, pur essendo stata chiusa l�istruttoria, la complessit� della valutazione del materiale probatorio raccolto sconsigli l�adozione di un 260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 provvedimento esecutivo a struttura sommaria nonch� revocabile e renda opportuna, invece, l�adozione della modalit� decisoria ordinaria rappresentata dalla sentenza (cfr. Trib. Torino, Sez. III, 23-12-2006). Ben pu� ritenersi, dunque, con specifico riferimento al processo speciale dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, che l�ordinanza di pagamento in discorso possa essere denegata qualora, pur essendo stata raggiunta in tutto o in parte la prova del credito azionato, le circostanze del caso concreto rendano inopportuna la concessione di un provvedimento anticipatorio di condanna provvisoriamente esecutivo. L�art. 186 quater c. p. c., inoltre, si applica anche alle controversie nelle quali il Tribunale giudica in composizione collegiale e le ragioni di opportunit� che suggeriscono di rifiutare la concessione dell�ordinanza di cui si discute possono essere individuate anche nella complessit� della valutazione delle prove raccolte, tale da richiedere l�approfondimento collegiale delle questioni dibattute, onde alcuna incompatibilit� si ravvisa con la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, che regola la suddivisione delle funzioni tra l�organo collegiale ed il giudice delegato per l�istruzione della causa in modo del tutto analogo a quello previsto dal codice di procedura civile per il processo dinanzi ai Tribunali Ordinari. In definitiva, dunque: I) la concessione dell�ordinanza esecutiva ex art. 1 86 quater c. p. c. � subordinata alla presentazione di una specifica istanza della parte interessata, cos� come � stabilito dall�art. 205 del R.D. I 1-12-1933 n. 1775 per la concessione della provvisoria esecutoriet� delle sentenze di primo grado emesse dai Tribunali regionali delle Acque pubbliche; 2) il Giudice Istruttore pu� denegarla se motivi di opportunit� ne sconsiglino l�adozione, cos� come la clausola di provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche pu� essere accordata o negata sulla base di una valutazione discrezionale legata all�opportunit� o meno di rendere tali decisioni provvisoriamente esecutive; 3) nelle cause nelle quali il Tribunale Ordinario giudica in composizione collegiale l�ordinanza ex art. 186 quater c. p. c. � emessa dal Giudice Istruttore, senza che si renda necessaria una ulteriore ed apposita investitura in aggiunta alla designazione iniziale compiuta in via generale ai sensi dell�art. 168 bis c. p. c., mentre la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche non contempla alcuna espressa restrizione dei poteri del Giudice delegato per l�istruzione rispetto a quelli attribuiti al Giudice Istruttore del Tribunale collegiale Ordinario. Alla stregua dei precedenti rilievi, pertanto, il Collegio ritiene che non possa ravvisarsi alcuna incompatibilit� fra l�art. 186 quater c. p. c. e la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche stabilita dal R.D. 11-12-1933 n. 1775, poich� la concessione del provvedimento esecutivo de quo presuppone pur sempre un�espressa istanza della parte interessata ed il Giudice delegato per l�istruzione della causa, anche quando ritenga completa l�istruttoria, potr� denegarne la concessione quando motivi di opportunit� sconsiglino l�adozione di un provvedimento munito di efficacia esecutiva ovvero quando la valutazione del materiale probatorio raccolto appaia oltremodo complessa e richieda l�approfondimento collegiale delle questioni dibattute ed il contributo del componente tecnico alla formazione della decisione. Quanto al divieto di concessione della clausola di provvisoria esecuzione delle sentenze dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche rese nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, stabilito dal secondo comma dell�art. 205 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, esso non opera nella fattispecie in esame, nella quale il provvedimento della cui esecuzione provvisoria si tratta � stato emesso nei confronti di un ente diverso dallo Stato, al quale non pu� applicarsi per analogia la deroga tassativamente contemplata a favore delle sole Amministrazioni dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE 261 L�ordinanza emessa dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche di Napoli il 24-7-2007, quindi, deve ritenersi munita di efficacia esecutiva ai sensi del secondo comma dell�art. 186 quater c.p.c. e non pu� giudicarsi nulla n� inesistente, essendo stata emessa da un organo giurisdizionale al quale il relativo potere � attribuito, in virt� del rinvio formale disposto dall�art. 208 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, dal primo comma dell�art. 186 quater c.p.c., mentre ogni altra questione inerente alla concedibilit� dell�ordinanza esecutiva di pagamento de qua � riservata alla cognizione del Giudice dell�impugnazione, ai sensi della regola generale stabilita dall�art. 623 c.p.c.. (Omissis) 262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Sulla retroattivit� dell�art. 43 del T.U. Espropri Posizioni divergenti della giurisprudenza amministrativa e della Suprema Corte (Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 15 settembre 2009 n. 5523) Scrivo queste brevi note dopo avere letto la recentissima sentenza n. 5523/09 della IV Sezione del Consiglio di Stato. Devo confessare che, a seguito della lettura della predetta decisione, sono stato colto da un iniziale sconforto, avendo dovuto constatare, mio malgrado, di non essermi accorto che la Corte di Cassazione, o meglio le Sezioni Unite, avevano cambiato idea in ordine ad una delle pi� dibattute questioni nel panorama espropriativo ovvero quella della retroattivit�, o meno, dell�art. 43 del T.U. che, come ampiamente noto, ha sancito la �morte� della c.d. occupazione acquisitiva per lasciare il posto al c.d. atto di acquisizione coattiva sanante. Il passo della sentenza, cui mi riferisco, � il seguente: �Ne consegue che, in ipotesi di occupazione �sine titulo�, l�illecito posto in essere dall�amministrazione permane fino al sopravvenire di un eventuale atto formale di acquisizione, e che fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di prescrizione dell�azione di risarcimento del danno sofferto dall�originario proprietario dell�area (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2008, nr. 5984; id. 4 febbraio 2008, nr. 303; id. 21 maggio 2007, nr. 2582). Pertanto, atteso che (per la pacifica giurisprudenza della Sezione, ancor pi� da seguire dopo l�ordinanza n. 9001 del 2009 delle Sezioni Unite) i principi test� enunciati vanno applicati anche alle occupazioni verificatesi in epoca anteriore al citato d.P.R. nr. 327 del 2001��. Prima di raccontarvi come la semplice lettura della sentenza n. 9001/09 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione mi abbia ampiamente rincuorato sul fatto di non essermi perso un cos� importante revirement giurisprudenziale, occorre fare un passo indietro e sintetizzare le posizioni, da un lato, della giurisprudenza amministrativa (capeggiata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato) e, dall�altro, della Corte di Cassazione in tema di retroattivit�, o meno, dell�art. 43 del D.P.R. n. 327/01. * *** * Applicazione retroattiva (Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509; Cons. St., sez. V, 11 maggio 2009, n. 2877; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 29 aprile 2009, n. 913). La giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 18 marzo CONTENZIOSO NAZIONALE 263 2009, n. 603; T.A.R. Veneto, sez. I, 12 febbraio 2009, n. 347; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 18 novembre 2008, n. 2098; T.A.R. Napoli, sez. V, ord. 29 ottobre 2008, n. 730; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 22 settembre 2008, n. 2176; id., 17 settembre 2008, n. 2131; id., 14 luglio 2008, n. 1751; T.A.R. Lombardia, Brescia, 22 febbraio 2008, n. 140; T.A.R. Sardegna, sez. II, 31 gennaio 2008, n. 83; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 gennaio 2008, n. 156) ha, in pi� occasioni, affermato che l�art. 43 trova applicazione a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche antecedenti alla data di entrata in vigore del testo unico (30 giugno 2003), utilizzando diversi argomenti di carattere sostanziale. Innanzitutto, si � evidenziato che l�applicazione retroattiva dell�art. 43 � resa necessaria, in considerazione del fatto che l�occupazione acquisitiva non sarebbe conforme ai principi sanciti dalla CEDU. Inoltre, si � fornita una particolare interpretazione del successivo art. 57. Segnatamente, si � affermato che il suddetto articolo, nel disporre che le disposizioni del testo unico non operano con riferimento �ai progetti per i quali; alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, indifferibilit� ed urgenza�, fa riferimento unicamente al procedimento di espropriazione. Diverso �, invece, il caso in cui la P.A. emani l�atto di acquisizione, il quale, collocandosi ab externo del procedimento espropriativo, non rientra nell�ambito di operativit� della normativa transitoria di cui all�art. 57. In questo senso, si � anche sostenuto che l�art. 43 t.u. cit., che prevede quale unica alternativa alla restituzione del bene l�atto di acquisizione sanante, accompagnato dal risarcimento del danno, � norma non sostanziale, ma processuale, che incide sui poteri di condanna del giudice, con la conseguenza che trova applicazione a tutti i casi di occupazione sine titulo, sussistenti o meno alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 327/2001 (30 giugno 2003) e, quindi, a tutti i processi in corso, prescindendo dall�epoca in cui � stata ultimata l�opera (in tal senso, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 18 marzo 2009, n. 603; T.A.R. Veneto, sez. I, 12 febbraio 2009, n. 347; T.A.R. Catania, sez. II, 18 novembre 2008, n. 2098; T.A.R. Napoli, sez. V, ord. 29 ottobre 2008, n. 730). Del resto, sul versante sostanziale e dei principi generali, l�affermazione dell�applicabilit� retroattiva dell�art. 43 t.u. cit. trova giustificazione nell�esigenza, rimarcata dalla giurisprudenza amministrativa, di radiare dall�ordinamento un monstrum, quello dell�occupazione appropriativa, occasione di reiterate condanne dello Stato italiano da parte della Corte europea dei diritti dell�uomo. In questo contesto s�inserisce l�art. 43 cit., il quale, sul presupposto che la perdita della propriet� non possa collegarsi se non ad un atto di natura contrattuale o autoritativa, �introduce un meccanismo finalizzato a mettere in ordine in tutte quelle situazioni caratterizzate dalla sostanziale perdita della disponibilit� del bene in capo ad un privato, a favore di una Pubblica Amministrazione che lo utilizza per scopi di pubblica utilit� senza averne acquisito la propriet� nei modi ordinari� (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 14 luglio 2008, 264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 n. 1751). Infatti, costituendo il meccanismo di acquisizione in sanatoria della propriet� di cui all�art. 43 �uno strumento che regolarizza dall�esterno la procedura espropriativa e soddisfa le pretese risarcitorie dei privati in conformit� a principi presenti da tempo nel diritto comune europeo, il provvedimento di acquisizione � utilizzabile indipendentemente dal confine temporale stabilito dall�art. 57 del d.P.R. n. 327/2001� (T.A.R. Lombardia, Brescia, 22 febbraio 2008, n. 140). In aggiunta a ci�, la giurisprudenza (funditus, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 22 settembre 2008, n. 2176; id., 17 settembre 2008, n. 2131) sottolinea che �l�art. 43 cit. ha una portata ricognitiva di principi gi� immanenti nel nostro Ordinamento, mentre � innovativo solo nella parte in cui contempla la possibilit� di sanare le occupazioni illegittime con il decreto di acquisizione, nonch� l� ove stabilisce i criteri di determinazione del danno da liquidare con la sentenza di cui al comma 4�. Sicch�, �un problema di applicabilit� dell�art. 43 anche alle occupazioni precedenti alla entrata in vigore della norma si pu�, quindi, porre solo con riferimento alla ricordata parte innovativa dell�art. 43, ma non certo con riferimento alla parte di esso che, sottendendoli, si limita a riconoscere l�esistenza nel nostro ordinamento dei principi sopra ricordati�. Peraltro, ove si dovesse ritenere che i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di occupazione acquisitiva ed usurpativa (che, comՏ noto, comporta la traslazione della propriet� del bene a favore della P.A. quale conseguenza della realizzazione di un�opera sorretta da dichiarazione di pubblica utilit�; la possibilit� per il privato, il cui bene sia stato illecitamente utilizzato, di abdicare unilateralmente al proprio diritto; l�impossibilit� di procedere alla restituzione del bene privato sul quale sia stata realizzata una costosa opera pubblica e la sostituzione di essa restituzione con un risarcimento per equivalente) fossero effettivamente immanenti nel sistema del diritto italiano e che sono stati abrogati per effetto della entrata in vigore dell�art. 43, d.P.R. n. 327/2001, �ci� comunque non implicherebbe che tale norma, ed i principi ad essa sottesi, siano applicabili solo alle procedure intraprese sulla base di dichiarazione di pubblica utilit� successive alla entrata in vigore del d.P.R. 327/2001: in tal caso, infatti, si finirebbe per disapplicare, in tutta una serie di rapporti non ancora definiti, i principi della C.E.D.U. (cui l�art. 43 T.U. si ispira), i quali debbono invece trovare applicazione prevalente sulle norme interne contrarie. D�altro canto, ove si ritenesse l�art. 43 applicabile solo alle procedure successive alla entrata in vigore del T.U., se ne dovrebbe inferire che lo stesso legislatore ha dato per scontato che, anche nel vigore della nuova normativa, si vengano a creare situazioni patologiche simili a quelle verificatesi nel passato, il che � assurdo� (T.A.R. Bari, sez. III, 22 settembre 2008, n. 2176). L�argomento letterale, desumibile dalla formulazione dell�art. 57, d.P.R. n. 327/2001, unitamente al carattere processuale della nuova norma, � stato, CONTENZIOSO NAZIONALE 265 da ultimo, valorizzato da Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509 a sostegno dell�applicazione dell�istituto della c.d. acquisizione coattiva sanante, previsto dall�art. 43, anche nel caso in cui la dichiarazione di pubblica utilit� sia intervenuta prima dell�entrata in vigore del citato T.U.. Osserva il Collegio che: �Infondato � il motivo mediante il quale si deduce l�inapplicabilit� dell�art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001 a fattispecie usurpativa perfezionatasi prima della data (30 giugno 2003) di entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni. Secondo l�ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale della Sezione (inaugurato da IV Sez. n. 2582 del 2007) la procedura di acquisizione �in sanatoria� dell�area occupata sine titulo descritta dall�art. 43 trova infatti in generale applicazione anche con riguardo alle occupazioni attuate prima dell�entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001. In effetti, l'art. 57 del medesimo testo unico, richiamando i �procedimenti in corso� ha previsto norme transitorie unicamente per individuare l'ambito di applicazione della riforma in relazione alle diverse fasi fisiologiche del procedimento sostanziale, mentre l'atto di acquisizione ex art. 43 � emesso ab externo del procedimento espropriativo e non rientra, pertanto, nell'ambito di operativit� della normativa transitoria. Alle considerazioni di ordine generale che precedono va aggiunto che, come ben evidenziato dal T.A.R., il comma 3 dell�art. 43 introduce comunque uno ius superveniens di carattere processuale e quindi immediatamente applicabile�. Alle stesse conclusioni era poco prima pervenuta Cons. St., sez. V, 11 maggio 2009, n. 2877, secondo cui: �(..) 8. Con il primo mezzo si deduce l�inapplicabilit� dell�istituto della sanatoria previsto dall�art. 43 t.u. espr. Alle fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilit� sia intervenuta prima dell�entrata in vigore del t.u., ci� sulla scorta del tenore letterale della norma sancita dall�art. 57 del medesimo t.u. Il mezzo � infondato. Pur consapevole della contraria tesi sostenuta dalla Corte di cassazione sul punto controverso (cfr. da ultimo Cass. Civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 23943; sez. un., 4 maggio 2006, n. 10222), la sezione non intende discostarsi dall�indirizzo assunto dall�adunanza plenaria di questo Consiglio e dalla successiva giurisprudenza amministrativa (cfr. ad. Plen., 29 aprile 2005, n. 2; Cons. St., sez. IV, 21 maggio 2007, n. 2582, cui si rinvia a mente dell�art. 9, l. n. 205 del 2000)�. Alle stesse conclusioni, sulla base di pi� compiuto percorso argomentativo, perviene T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 29 aprile 2009, n. 813, secondo cui: �I principi desumibili dall�art. 43 risultano rilevanti anche nel presente giudizio, anche se l�occupazione del suolo in questione � stata disposta nel 1999. Infatti, l�art. 43 si riferisce a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche 266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 a quelle gi� sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico, in quanto l�art. 57 dello stesso, relativo all�"ambito di applicazione della normativa sui procedimenti in corso�, nel disporre che �le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, indifferibilit� ed urgenza�, riferendosi ai �procedimenti in corso� ha previsto norme transitorie unicamente per individuare l�ambito di applicazione della riforma in relazione alle diverse fasi �fisiologiche� del procedimento (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 novembre 2007 n. 6124). Il medesimo art. 57, invece, non ha limitato, neanche per implicito, l�ambito di applicazione dell'art. 43, che � opposto a quello delle norme che riguardano i �procedimenti in corso� (per la scadenza del termine entro il quale poteva essere emesso il decreto di esproprio, o per l�annullamento di un atto del procedimento ablatorio). In altri termini, l�atto di acquisizione - in quanto emesso ab externo del procedimento espropriativo - non rientra nell�ambito di operativit� della normativa transitoria di cui all�art. 57, il quale si propone di evitare che procedimenti avviati in applicazione della disciplina pregressa trovino ulteriore sviluppo e conclusione alla stregua di sopravvenuti assetti (riconoscendosi ultrattivit�, per tali fasi procedurali, alla precedente disciplina)�. Applicazione non retroattiva (Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 23943) Di diverso avviso � la Suprema Corte, secondo la quale, in tema di occupazione sine titulo, l�acquisizione sanante, ai sensi del combinato disposto degli artt. 43 e 57, d.P.R. n. 327/2001, pu� trovare applicazione solo in relazione a progetti di opere pubbliche successivi all�entrata in vigore del decreto medesimo (Cass. civ., sez. I, 8 maggio 2008, n. 11477). Al riguardo si sono utilizzati argomenti opposti e simmetrici rispetto a quelli impiegati dalla giurisprudenza amministrativa per propugnare la tesi opposta. In particolare, si � affermato che l�art. 57 del T.U. � chiaro nel sancire l�esclusione dell�applicazione retroattiva di tutte le disposizioni contenute nello testo unico, ivi compreso l�art. 43, il quale non � stato escluso dal legislatore. Al contempo, la Suprema Corte ha precisato che non si pu� giungere ad affermare la retroattivit� della disciplina di cui all�art. 43, in considerazione dell�affermata incompatibilit� dell�occupazione sine titulo con i principi CEDU. In questo senso, cos�, motiva Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 23493: �Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per la mancata applicazione della normativa introdotta dal D.P.R. n. 327 del 2001, e segnatamente degli artt. 43 e 55. In contrario, questa Corte ha avuto modo di chiarire come CONTENZIOSO NAZIONALE 267 il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43, laddove stabilisce l'entit� massima del risarcimento "nella misura corrispondente al valore del bene utilizzato per scopi di pubblica utilit�" pur nelle ipotesi di occupazione senza titolo in mancanza di dichiarazione di p.u., ovvero di vincolo preordinato all'esproprio, non pu� trovare applicazione nel caso in cui, come nella specie, il progetto dell'opera pubblica sia antecedente alla entrata in vigore del D.P.R. citato. L'art. 57 prevede, infatti, "la non applicabilit� delle disposizioni del testo unico (perci� non soltanto di natura sostanziale) ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, indifferibilit� ed urgenza. Per cui questa Corte ha ripetutamente affermato, anche a sezioni unite, che la chiara lettera della norma espressamente riferita a tutte le disposizioni del T.U., quali che ne siano la natura ed il contenuto, non consente di utilizzare un criterio ermeneutico diverso dal mero riscontro temporale in ordine alla data del progetto contenente la dichiarazione di pubblica utilit�; con la conseguenza che qualora siffatto progetto sia antecedente (...) alla data di entrata in vigore del T.U., la normativa dell'art. 43 risulta comunque inapplicabile: a nulla rilevando, una volta accertato che si faccia questione di applicazione delle disposizioni del T.U., la distinzione tra procedure espropriative in corso e procedure viziate in radice (anche per inutile scadenza dei diversi termini) o caducate da un annullamento giurisdizionale. O infine quella tra norme sostanziali e norme processuali, nel caso peraltro irrilevante essendo indubbio che la normativa dell'art. 43 sia di diritto sostanziale, come recentemente ribadito anche dalla Corte Costituzionale (sent. 191/2006). Il che d'altra parte � confermato dalla ratio legis, che ha caratterizzato l'art. 57: posto che la sua originaria formulazione era nel senso che la nuova normativa si applicasse immediatamente a ciascuna delle fasi della procedura ablativa non ancora concluse, perci� ingenerando problematiche di non facile soluzione per stabilire quando una fase procedimentale debba considerasi in itinere e quando gi� definita, o per converso mancante del tutto; che rischiavano di complicarsi ulteriormente in conseguenza delle successive vicende amministrative o giurisdizionali da cui l'assetto pregresso poteva risultare sconvolto. Ragion per cui il D.Lgs. n. 302 del 2002, art. 1, troncando in radice ogni possibile questione interpretativa, ha modificato la norma ancor prima che entrasse in vigore, ad essa sostituendo un criterio di discriminazione chiaro ed inequivoco per decidere dell'applicabilit� della intera normativa del T.U. sui procedimenti in corso, fondato esclusivamente sul dato temporale del primo atto del procedimento espropriativo in senso stretto, a prescindere dunque dalle sue successive vicende e dalle illegittimit� e dalla natura delle violazioni in cui l'espropriante possa incorrere, nonch� dei provvedimenti che possa emanare durante il prosieguo (Cass. Sez. un. 9343/2006; 5414/2004; 5048/2004; 19218/2003, nonch� 18239/2005)", (in tal senso, Cass., n. 2746, cit., in motivazione)�. 268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 * *** * Ebbene, questa era la situazione fino al 15 settembre 2009 quando, come un fulmine a ciel sereno, � stata pubblicata la sentenza n. 5523/09 del Consiglio di Stato nella quale, come emerge chiaramente dalla semplice lettura del passo, riportato in apertura della presente nota, viene sorprendentemente affermato che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 9001/09 avrebbe posto fine al contrasto giurisprudenziale, sintetizzato nei termini sopra riportati, riconoscendo la portata retroattiva dell�art. 43 del T.U.. Ma � stato sufficiente leggere la sentenza n. 9001/09 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per accorgermi che le cose non stavano assolutamente nei termini riportati dal Consiglio di Stato. Nella predetta sentenza, con la quale, peraltro, viene dichiarata l�inammissibilit� di un ricorso, proposto, ovviamente per motivi di giurisdizione, avverso una decisione del Consiglio di Stato, la Suprema Corte di legittimit� non afferma, in alcun modo, di avere cambiato idea in ordine alla retroattivit� dell�art. 43 del D.P.R. n. 327/01, limitandosi, invece, ad evidenziare che la tesi della retroattivit� della prefata norma risulta �prevalente nelle decisioni dei giudici amministrativi�; il che significa, soltanto, che la Corte di Cassazione ha preso atto che nella giurisprudenza amministrativa prevale la tesi della retroattivit� e non anche che la predetta tesi sia condivisibile. Quale insegnamento si pu� trarre da questa singolare vicenda giurisprudenziale? Al di l� della soddisfazione personale (della cui espressione mi scuso, fin da ora, con i lettori) che mi deriva dall�avere realizzato che la mia attenzione (o meglio, vigilanza) sull�evolversi della giurisprudenza in materia espropriativa non � gravemente scemata, mi permetto di osservare, non senza ironia, come la sentenza in commento possa costituire, forse, l�esempio di una nuova fase dei rapporti, particolarmente tesi negli ultimi decenni, fra il massimo Organo della giustizia amministrativa e l�Organo giurisdizionale, titolare della funzione nomofilattica; dopo l�era del c.d. �braccio di ferro� si apre, forse, quella della �finta uniformit��. In altre parole, sembra che il Consiglio di Stato, non volendosi pi� �scontrare� con la Suprema Corte ma non volendo, neppure, soggiacere alle interpretazioni di quest�ultima, abbia pensato bene di diventare, per cos� dire, il �portavoce� della Cassazione, facendo, per�, dire, a quest�ultima, cose che la stessa non ha mai detto. Non mi sembra, sinceramente, che questa nuova era possa dirsi migliore della precedente atteso che � preferibile un contraddittorio, anche se acceso (purch� si arrivi, poi, ad un compromesso ovvero ad un �concordato�), anzich� una finta uniformit� di opinioni che non fa onore a nessuno, soprattutto a chi se la inventa. M. B. CONTENZIOSO NAZIONALE 269 Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 15 settembre 2009 n. 5523 - Pres. f.f. Maruotti, est. Greco - Comune di Porto San Giorgio (Avv. S. Gattamelata) c. A. C. (Avv. M. Ortenzi). Tar Marche n. 22/2003. (... Omissis) FATTO Il Comune di Porto San Giorgio ha impugnato, chiedendone l�annullamento o la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla signora A. C., lo ha condannato a risarcire il danno cagionato dall�abusiva occupazione di terreni di propriet� della ricorrente, irreversibilmente asserviti a destinazione pubblica in assenza di un formale decreto di esproprio. A sostegno dell�appello ha dedotto: 1) �error in iudicando�: violazione e falsa applicazione dei principi in tema di prescrizione, ed in particolare violazione degli artt. 2043 e 2497 c.c.; eccesso di potere per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; 2) �error in iudicando�: falsa applicazione dell�art. 5-bis, comma VII-bis, del decreto legge 11 luglio 1992, nr. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, nr. 359, modificato dalla legge 23 dicembre 1996, nr. 662; mancata applicazione dell�art. 16 della legge 22 ottobre 1971, nr. 865; violazione dei principi generali in tema di istruttoria; eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei fatti. Si � costituita la signora A. C., la quale ha �in limine� eccepito l�improcedibilit� dell�appello, e nel merito ne ha comunque affermato l�infondatezza, concludendo per l�integrale conferma della sentenza impugnata. All�udienza del 30 giugno 2009, la causa � stata ritenuta per la decisione. DIRITTO 1. In via preliminare, va esaminata l�eccezione di improcedibilit� dell�impugnazione sollevata dalla parte appellata, signora A. C.; in particolare, detta improcedibilit� discenderebbe dall�avere l�Amministrazione, prima del presente gravame, notificato a controparte un altro atto di appello, poi non depositato nei termini di legge. L�eccezione � infondata. Infatti, costituisce principio giurisprudenziale pacifico che ai sensi dell�art. 358 c.p.c. (disposizione applicabile anche al processo amministrativo) la consumazione del potere di impugnazione presuppone necessariamente l�intervenuta declaratoria di inammissibilit� del primo gravame, essendo l�impugnazione riproponibile nel rispetto dei termini in mancanza di detta declaratoria; ne deriva che il mancato rispetto del termine di deposito del ricorso comporta la irritualit� dell�appello, ma non ne impedisce la reiterazione nel rispetto del termine di legge nelle more della declaratoria di irritualit� (cfr. Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2008, nr. 23591; Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2008, nr. 101; Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, nr. 6531). Nel caso di specie, il secondo appello � stato pacificamente proposto e depositato nei termini di legge, e per altro verso il primo atto di impugnazione � ancorch� notificato � non � mai stato depositato, sicch� giammai avrebbe potuto esserne dichiarata l�inammissibilit�: pertanto, si applicano �a fortiori� i principi appena richiamati. 2. Nel merito, l�appello � solo parzialmente fondato, nei termini e per le ragioni di seguito esposti. 270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 3. La signora A. C. � proprietaria di suoli nel territorio del Comune di Porto San Giorgio, a suo tempo oggetto di occupazione d�urgenza per la realizzazione di strade collinari adducenti al palazzetto dello sport; in relazione a tale procedura, malgrado la dichiarazione di pubblica utilit� fosse scaduta fin dal 9 luglio 1990 e i lavori si fossero conclusi gi� in data 15 giugno 1987 con irreversibile trasformazione dell�immobile, non � stato mai emesso un formale decreto di esproprio. In primo grado, la signora C. ha chiesto il risarcimento del danno per l�illecita occupazione del proprio suolo: domanda che il T.A.R. delle Marche ha accolto per quanto di ragione, indicando quale criterio di quantificazione del danno da risarcire quello previsto dall�art. 5-bis, comma VII-bis, del decreto legge 11 luglio 1992, nr. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, che per le occupazioni illegittime di suoli avvenute anteriormente al 30 settembre 1996 richiama i criteri di cui al comma I del medesimo articolo. In concreto, il primo giudice ha ritenuto che alla signora C. spettasse una somma pari alla media tra il valore venale dei terreni acquisiti alla data della loro irreversibile trasformazione e il valore del reddito dominicale degli stessi rivalutato a tale data, maggiorata del 10 %, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria. 4. Con il primo motivo d�impugnazione, l�Amministrazione ripropone l�eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento gi� formulata in primo grado, sul presupposto che il termine quinquennale di prescrizione di tale diritto avrebbe iniziato a decorrere dal 9 luglio 1990, ossia dalla data di scadenza della dichiarazione di pubblica utilit� (essendosi verificata l�irreversibile trasformazione del suolo anteriormente a detta scadenza), e che dopo un unico atto interruttivo posto in essere nel 1991 nessun esercizio del diritto �de quo� vi � stato fino al 1996, con conseguente estinzione della pretesa risarcitoria. Il motivo � infondato, ancorch� per ragioni diverse da quelle addotte dal primo giudice a sostegno della reiezione dell�eccezione di prescrizione. Ed invero, nella sentenza impugnata la prescrizione del diritto azionato � stata esclusa in applicazione delle �proroghe legislative� introdotte dagli artt. 14 del decreto legge 29 dicembre 1987, nr. 534, e 22 della legge 20 maggio 1991, nr. 158: al riguardo, parte appellante si dilunga nella dimostrazione della inapplicabilit� di tali disposizioni, �ratione temporis�, alla procedura per cui � causa. Tuttavia, il Collegio reputa che la questione sia del tutto inconferente ai fini della risposta al quesito relativo all�essere o meno maturata la prescrizione del diritto al risarcimento per l�occupazione �de qua�. Ed invero, tanto la sentenza impugnata quanto l�appello muovono dall�assunto che il �dies a quo� del termine prescrizionale vada ancorato al momento dell�irreversibile trasformazione del suolo oggetto di occupazione, sull�evidente presupposto che in tale momento si sia verificata l�acquisizione dell�immobile da parte dell�Amministrazione, secondo il modello della c.d. �accessione invertita�. Tale modello non � per� pi� validamente invocabile oggi che la giurisprudenza amministrativa e il legislatore, anche sotto la spinta di istanze comunitarie, hanno chiarito che la pubblica amministrazione non � mai legittimata ad acquisire a titolo originario la propriet� di un�area di propriet� altrui in assenza di un formale atto ablatorio: quest�ultimo, in carenza di decreto di esproprio tempestivamente adottato, pu� essere costituito dal decreto di acqusizione oggi previsto dall�art. 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, nr. 327. Ne consegue che, in ipotesi di occupazione �sine titulo�, l�illecito posto in essere dall�amministrazione permane fino al sopravvenire di un eventuale atto formale di acquisizione, e che CONTENZIOSO NAZIONALE 271 fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di prescrizione dell�azione di risarcimento del danno sofferto dall�originario proprietario dell�area (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2008, nr. 5984; id. 4 febbraio 2008, nr. 303; id. 21 maggio 2007, nr. 2582). Pertanto, atteso che (per la pacifica giurisprudenza della Sezione, ancor pi� da seguire dopo l�ordinanza n. 9001 del 2009 delle Sezioni Unite) i principi test� enunciati vanno applicati anche alle occupazioni verificatesi in epoca anteriore al citato d.P.R. nr. 327 del 2001, e poich� nel caso di specie � incontestato che nessun formale atto ablatorio � stato posto in essere dall�Amministrazione, non pu� parlarsi di decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. 5. Col secondo motivo d�appello, l�Amministrazione censura i criteri individuati dal primo giudice per la quantificazione del danno risarcibile, lamentando in particolare l�erroneit� del richiamo al criterio di cui all�art. 5-bis, comma VII-bis, del decreto legge nr. 333 del 1992, relativo alle aree edificabili, specie in relazione a quelle che erano state le risultanze di un�attivit� istruttoria espletata in corso di giudizio in ordine al regime urbanistico dei suoli oggetto di occupazione. Il motivo � fondato. Ed invero, dall�esame della documentazione acquisita nel corso del giudizio di primo grado (cfr. ordinanza istruttoria nr. 248 del 25 marzo 2002), emerge che all�epoca dell�illegittima occupazione i suoli in propriet� della signora C., sulla base del P.R.G. del Comune di Porto San Giorgio approvato nel 1975, erano destinati a �strada comunale�, e quindi non avevano vocazione edificatoria: ci� rende evidente, al di l� del silenzio sul punto serbato dalla sentenza impugnata, la insussistenza nella specie dei requisiti per l�applicabilit� del ridetto art. 5-bis d.l. nr. 333 del 1992. Il dato fattuale evidenziato dall�Amministrazione non � contestato da parte appellata, che ad esso per� contrappone innanzi tutto il rilievo che il vincolo espropriativo connesso alla destinazione suindicata � scaduto per decorrenza del termine quinquennale di durata, e in secondo luogo la necessit� di tener conto, ai fini dell�individuazione del �regime� dell�area, del contesto urbanistico circostante, che nella specie � caratterizzato da diffuse e consistenti edificazioni. Alla prima osservazione pu� replicarsi che l�intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, come � noto, produce l�effetto di rendere il suolo non specificamente pianificato: la circostanza � ammessa dalla stessa appellata, la quale per� argomenta dalla natura temporanea di tale regime �ex lege�, destinato a valere solo nelle more della formazione di un nuovo strumento urbanistico, per sostenere che l�inedificabilit� temporanea a esso connessa sarebbe � se ben si comprende � superabile attraverso una qualificazione della vocazione del suolo che tenga conto delle sue caratteristiche oggettive. Il rilievo cos� formulato non pu� essere condiviso, in quanto il regime delle aree non pianificate (gi� previsto dall�art. 4, ultimo comma, della legge n.10 del 1977, trasfuso nel testo unico sull�edilizia), ancorch� previsto dal legislatore come transitorio, � certamente tale da escludere una destinazione edificatoria, circostanza della quale non pu� non tenersi conto nello stimare il valore di mercato di un suolo che a tale regime risulti soggetto; col che si replica anche alla seconda osservazione di parte appellata, dal momento che nella fattispecie non vՏ questione di una possibile �riqualificazione� della destinazione del suolo �de quo�, dovendosi unicamente stimarne il valore di mercato alla data dell�occupazione ai fini della quantificazione del danno risarcibile. Le considerazioni che precedono (e che tengono conto dei dati di fatto esposti dalle parti e desumibili dalla documentazione acquisita) inducono a ritenere corretto l�avviso dell�Ammi- 272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 nistrazione appellante, secondo cui nel caso che occupa il valore dell�area occupata va determinato escludendo il carattere edificatorio dell�area e secondo il criterio di cui all�art. 16 della legge 22 ottobre 1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei valori agricoli medi della Regione Marche: in questo senso va rettificata la pronuncia impugnata con riguardo ai criteri per la quantificazione del danno, ferme restando le ulteriori statuizioni in essa contenute. 6. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, s�impone una pronuncia di parziale accoglimento dell�appello, limitatamente alle determinazioni relative alla quantificazione del danno da risarcire. 7. La parziale soccombenza reciproca costituisce giusto motivo per l�integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, accoglie l�appello nr. 4570 del 2003, limitatamente alla quantificazione del danno da risarcire e nei sensi di cui in motivazione, e lo respinge per il resto. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. CONTENZIOSO NAZIONALE 273 L�incidenza del falso nella materia degli appalti pubblici Il Consiglio di Stato esplora il terreno del �falso innocuo� (Consiglio di Stato, Sez. V ,sentenza 13 febbraio 2009 n. 829; Consiglio di Stato, Sez.VI, sentenza 4 agosto 2009 n. 4905; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 agosto 2009 n. 4927) L�art. 38, comma 1, lettera h), d. lgs. 163/2006 sanziona con l�esclusione dalla gara il comportamento dell�impresa che, nel presentare la domanda di partecipazione, fornisca dichiarazioni false o incomplete in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per l�affidamento dei subappalti. Tra le ipotesi pi� dibattute di falsit� vi � quella che investe la dichiarazione di assenza di condanne penali per reati gravi in danno dello Stato o della Comunit� che incidono sulla moralit� professionale (art. 38, comma 1, lettera c), d. lgs. 163/2006). Il problema deriva dal fatto che la categoria di reati considerati presuppone una valutazione tecnico discrezionale sui concetti di �gravit�� e di �moralit� professionale�: valutazione che � riservata, invero, alla stazione appaltante e che richiederebbe dunque una completa dichiarazione, da parte dell�impresa partecipante, di tutti i reati per i quali i soggetti indicati dalla norma abbiano riportato condanne definitive. Dovrebbe escludersi la possibilit� che le imprese partecipanti, sulle quali gravi qualche precedente penale, si attribuiscano il potere di operare una loro selezione dei reati, sulla base delle proprie convinzioni circa i concetti di �gravit�� e �moralit� professionale�: convinzioni che potrebbero non essere condivise dalla stazione appaltante, con conseguente appesantimento dell�attivit� di controllo ad opera di quest�ultima. Un giudizio tecnico discrezionale � richiesto anche per un altro requisito negativo di ammissione alle gare pubbliche: quello della esistenza di �gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro� (lettera c) (non anche, invece per le violazioni in materia di imposte e tasse, per le quali la lettera g) non richiede il requisito della gravit�). Il problema del falso potrebbe porsi a pi� ampio spettro per tutti i requisiti generali di ordine morale di cui all�art. 38, d. lgs. 163/2006: una dichiarazione falsa o reticente in relazione ad essi potrebbe integrare un�autonoma causa di esclusione dalla gara. � in questo delicato contesto che il giudice amministrativo � stato chia- 274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 mato a valutare la possibilit� di ricorrere alla figura (di matrice penalistica) del falso c.d. innocuo al fine di rispondere al seguente interrogativo: � da escludere l�impresa che dica il falso su una circostanza che, a una verifica ex post, risulti non rilevante ai fini dell�ammissione alla gara? Al riguardo, il Consiglio di Stato (v. decisione n. 4905/2009) distingue due categorie di requisiti generali ex art. 38, d. lgs. 163/2006: da un lato i �requisiti (e conseguenti cause di esclusione) il cui accertamento � oggettivo, e non implica valutazione alcuna (ad esempio il fallimento, la pendenza di un procedimento di prevenzione)�, e dall�altro lato i �requisiti (e conseguenti cause di esclusione), il cui accertamento implica una valutazione da parte della stazione appaltante: ad es. la condanna per reati �gravi� incidenti sulla �moralit� professionale�, la �grave negligenza� nell�esecuzione di precedenti contratti, le violazioni �gravi� in materia previdenziale�. Per i primi (requisiti il cui accertamento � oggettivo), la tesi della irrilevanza del falso innocuo (cio� la mancata o falsa comunicazione di circostanze che, oggettivamente, risultino inidonee a incidere sull�ammissione alla gara) appare pacificamente affermata dalla giurisprudenza. Pi� problematico � invece il discorso per i requisiti il cui accertamento � tecnico discrezionale, in primis quello dell�esistenza di condanne penali per reati gravi contro la moralit� professionale. Ebbene, anche con riferimento alle ipotesi di falsa (o, pi� sovente, di omessa) comunicazione di condanne penali � stata prospettata da alcuni la strada del �falso innocuo� per esonerare l�impresa partecipante dall�applicazione della causa di esclusione ogni qual volta, a una verifica ex post, il reato �omesso� sia risultato effettivamente non grave, o comunque tale da non incidere sulla moralit� professionale. Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 829/2009, nell�applicare il previgente art. 75, DPR 554/1999 (non modificato in maniera rilevante, quanto meno ai nostri fini, dall�art. 38, d. lgs. 163/2006), ha ritenuto il falso innocuo non idoneo a escludere un�impresa dalla gara, cos� argomentando: �Per quanto afferisce alla fattispecie cristallizzata dalla lett. h) della medesima norma, si deve parimenti osservare come essa non sanzioni l�in s� di una falsa dichiarazione ma la sua inerenza ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara...�. Posto, quindi, che, in coerenza con la ratio che anima la disciplina in subiecta materia, � oggetto di stigmatizzazione il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il dipanarsi della procedura competitiva, si deve escludere che possa assumere rilevanza, in chiave ostativa, il falso omissivo relativo all�esplicitazione di soggetti titolari di cariche rilevanti nel triennio ma non gravati da alcun precedente penale. Trattasi, in definitiva, per mutuare categorie penalistiche, di un falso innocuo, privo di qualsivoglia offensivit� rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come CONTENZIOSO NAZIONALE 275 tale non stigmatizzabile con la sanzione dell�esclusione�. Che questa pronuncia possa costituire il varco attraverso il quale affermare una generale irrilevanza e �scusabilit�� del falso innocuo, � lecito nutrire qualche dubbio. In realt�, pu� essere innocuo solo il falso che non richieda, ai fini della verifica della sua ininfluenza sull�esito del giudizio di ammissione alla gara, una valutazione tecnico discrezionale della stazione appaltante: quando cio� l�informazione omessa o dissimulata non determini, in modo oggettivo e indiscutibile, la certa esclusione dell�impresa dalla gara. Se invece tale valutazione � frutto di un giudizio tecnico discrezionale (come quello sotteso alla nozione di reato o violazione �gravi�, o a quella di �moralit� professionale�) rimesso alla competenza della stazione appaltante, il falso cessa di essere innocuo perch� finisce, in ogni caso, per spogliare la stazione appaltante di un proprio potere, per consegnare interamente (e direttamente) al giudice amministrativo il compito di valutare l�esistenza della causa di esclusione, e, in caso negativo, di dichiarare il carattere innocuo del falso. Nel precedente di Cons. Stato 829/2009 si afferma che non pu� essere disposta l�esclusione in caso di falso innocuo, che cio� � �privo di qualsivoglia offensivit� rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica� . Per la verit�, nella fattispecie esaminata in Cons. Stato 829/2009, il falso poteva anche essere considerato innocuo, dal momento che l�impresa aveva omesso di comunicare i nomi di tre direttori tecnici per i quali non esisteva alcun precedente penale: dunque la conoscenza o meno del loro nominativo non avrebbe influito in alcun modo sulla valutazione finale della stazione appaltante: soprattutto, la stazione appaltante, nel conoscere il nominativo dei tre direttori tecnici, non sarebbe stata chiamata ad effettuare alcuna valutazione tecnico discrezionale. Completamente diverso � il caso in cui l�omissione o la falsit� investano, invece, l�esistenza di un precedente penale, o di una violazione degli obblighi di sicurezza sul lavoro: queste sono sempre lesive della prerogativa della stazione appaltante di valutare (senza essere costretta a controlli successivi) la gravit� o meno di questi elementi. La necessit� di tutelare questa funzione accertativa della stazione appaltante (a dispetto della pretesa innocuit� di un falso che, nel caso esaminato, investiva un precedente penale asseritamente non grave e non incidente sulla moralit� professionale) � espressamente considerata nella decisione n. 4927/2009 del Consiglio di Stato, dove si afferma la legittimit� (in quanto non illogica e non irragionevole) della clausola del bando di gara che richieda espressamente alle imprese partecipanti la dichiarazione di tutte le condanne o sentenze di applicazione della pena, al fine di evitare �il rischio di dover at- 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tendere a verifiche e controlli successivi circa la sussistenza e la portata di ulteriori e non dichiarate condanne�. Osserva il Consiglio di Stato che una siffatta clausola risponde alla �esigenza di economicit� dell�azione amministrativa di spettanza della stazione appaltante�. Pur non affrontando direttamente il tema del falso innocuo, il Consiglio di Stato sembra quindi avallare la tesi della rilevanza (ostativa rispetto alla partecipazione alla gara) del falso che investa valutazioni di spettanza della stazione appaltante e dunque vada a ledere l�esigenza di rapidit� ed economicit� dell�azione amministrativa: e ci� a prescindere dall�esito del controllo sulla effettiva sussistenza di reati gravi contro la moralit� professionale e dunque del carattere �innocuo� del falso. Del resto, se si affermasse che l�esclusione per falso possa avvenire solo se il falso riguarda una circostanza che determinerebbe l�esclusione dalla gara, la causa d�esclusione della falsit� della dichiarazione sarebbe inutile, perch� opererebbe di per s� la causa di esclusione su cui la dichiarazione � risultata falsa o omessa. Questa strada di rigore (tale da limitare la rilevanza scusante del c.d. falso innocuo) imboccata dal Consiglio di Stato viene per� subordinata alla presenza di una specifica prescrizione del bando o disciplinare di gara, che imponga alle imprese partecipanti di comunicare tutti i precedenti penali e tutte le violazioni degli obblighi di sicurezza sul lavoro. Questa pare essere la soluzione prospettata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 4905/2009, dove si legge: �Un orientamento di questo Consesso, che il Collegio condivide e fa proprio, ha ritenuto che laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell�art. 38, codice, esso giustifica una valutazione di gravit�/non gravit� compiuta dal concorrente, sicch� il concorrente non pu� essere escluso per il solo fatto dell�omissione formale, cio� di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; andr� escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate. La dichiarazione del concorrente, in tale caso, non pu� essere ritenuta �falsa� (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2007 n. 945, che osserva testualmente che ove il bando richieda genericamente una dichiarazione circa la insussistenza delle cause di esclusione legali, il bando di fatto demanda �al singolo concorrente il giudizio circa l�incidenza sull�affidabilit� morale e professionale di eventuali reati dal medesimo commessi� sicch� ҏ da escludere che possa qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente stesso (la quale potr� tutt�al pi� non essere condivisa, ma giammai CONTENZIOSO NAZIONALE 277 potr� essere ritenuta falsa, e cio� non corrispondente ad un dato oggettivamente riscontrabile). Diversa sarebbe stata la situazione se fosse stato imposto al concorrente di dichiarare tutti i reati per i quali fossero intervenute sentenze di condanna passate in giudicato o applicazione della pena a richiesta ex art. 444 del codice di procedura penale, affidando poi all�amministrazione ogni valutazione in proposito. In tal caso infatti, qualora il concorrente avesse omesso di dichiarare taluno di tali reati, si sarebbe potuta configurare una falsa autocertificazione, con conseguente esclusione dalla gara�). Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia pi� preciso, e non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all�art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto pi� ampio e pi� puntuale rispetto a quanto prescritto dall�art. 38 codice, all�evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravit� o meno dell�illecito, al fine dell�esclusione. In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non � solo quella, sostanziale, dell�essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando�. � nostro parere che, in realt�, una specifica e ulteriore prescrizione del bando non sia necessaria: la legge riserva alla stazione appaltante un compito che si traduce in una valutazione tecnico discrezionale: la falsa o omessa indicazione di tutti gli elementi necessari per esercitare tale discrezionalit� � quindi sempre lesiva di questa prerogativa. A ben vedere, se la indicazione di tutti gli elementi necessari per la valutazione tecnico discrezionale della stazione appaltante � utile a un pi� funzionale e rapido svolgimento della attivit� di controllo, perch� far dipendere tale maggiore funzionalit� dalla scelta dell�amministrazione aggiudicatrice di inserire una prescrizione pi� rigida nel bando di gara? Ad ogni modo, per evitare contestazioni sul punto, e se venisse confermato l�orientamento contenuto in Cons. Stato n. 4927/2009, sarebbe sufficiente che le stazioni appaltanti prevedano sempre nel bando clausole che impongano la dichiarazione di tutte le condanne penali e di tutti i provvedimenti che abbiano accertato violazioni di norme in materia di sicurezza e di ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro: tali clausole (che il Consiglio di Stato non ritiene illogiche o irragionevoli) eliminerebbero ogni pretesa di valutazione ex ante dell�impresa partecipante, garantendo una pi� celere e funzionale azione di verifica della stazione appaltante. Avv. Lorenzo D�Ascia* (*) Avvocato dello Stato. 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 13 febbraio 2009 n. 829 - Pres. La Medica, Est. Caringella - Societ� Ellep� s.r.l. (Avv.ti A. Giuffr�, A. Mischi, A. Corinaldesi) c. Azienda Ospedaliera Provinciale Ospedale di Lecco (Avv. V. Avolio) - Riforma sent. TAR Lombardia - Milano Sez. III n. 20/2007. (...Omissis) FATTO E DIRITTO 1. Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto da Ellep� s.r.l. avverso gli atti relativi al pubblico incanto indetto dall� Azienda Ospedaliera Provinciale dell�Ospedale di Lecco per l�affidamento dei lavori di ristrutturazione ed adeguamento del presidio ospedaliero San Leopoldo Mandic di Merate, I lotto, per un importo a base d�asta di � 5.017.355,8 ed � 220.340,33 per oneri della sicurezza, culminato con l�aggiudicazione in favore dell�impresa Di Vieto s.r.l.. L�appellante contesta gli argomenti posti a fondamento del decisum di prime cure. Si sono costituiti in giudizio la stazione appaltante, l�impresa aggiudicataria ed il raggruppamento costituendo capitanato dalla Cipiemme s.r.l. La Sezione ha disposto incombenti istruttori. Le parti hanno prodotto memorie volte all�illustrazione delle rispettive posizioni difensive. All�udienza pubblica del 2 dicembre 2008 la causa � stata trattenuta in decisione dal Collegio. 2. L�appello � infondato. La tesi svolta dall�appellante ruota attorno alla considerazione che l�esito della gara � stato alterato in suo danno in ragione dell�ammissione di imprese che hanno reso false dichiarazioni riguardo alla sussistenza delle cause di esclusione previste dall�art. 75 del D.P.R. n. 554/1999. In particolare, la ricorrente contesta, anche in sede di appello, che i rappresentanti di tre raggruppamenti di imprese (tra i quali il raggruppamento Cipiemme), avrebbero reso delle dichiarazioni inveritiere, avendo precisato che non vi erano �soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara�, mentre dalla documentazione esibita e, nella specie, dalle attestazioni SOA allegate alla domanda di partecipazione si evince chiaramente che alcuni direttori tecnici sono cessati dall�incarico nel triennio in questione. La parabola argomentativa non merita adesione se si tiene conto del non contestato dato di fatto che i direttori suppostamene cessati nel triennio non sono gravati da alcun precedente penale. La Sezione conviene infatti con il Primo Giudice che nella specie non ricorressero i presupposti per l�esclusione delle imprese indicate dalla ricorrente, ai sensi sia della lett. c), che della lett. h) del menzionato art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, nel testo vigente prima dell�abrogazione decretata dal codice dei contratti pubblici varato con il decreto legislativo n. 163/2006 . A proposito dell�inapplicabilit� della causa preclusiva scolpita dall�art. 75 lett. c), � sufficiente rimarcare che essa ricollega l�esclusione all�esistenza -nella specie confutata delle inoppugnabili risultanze documentali versate in atti- di una sentenza di condanna o di patteggiamento per reati incidenti sull'affidabilit� morale e professionale, senza che assuma rilievo il mero dato formale della non veridicit� della dichiarazione circa i soggetti che abbiano ricoperto le cariche rilevanti nel periodo di tempo all�uopo preso in considerazione dalla disciplina normativa. Per quanto afferisce alla fattispecie cristallizzata dalla lett. h) della medesima norma, si deve CONTENZIOSO NAZIONALE 279 parimenti osservare come essa non sanzioni l�in s� di una falsa dichiarazione ma la sua inerenza ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara.......�. Posto, quindi, che, in coerenza con la ratio che anima la disciplina in subiecta materia, � oggetto di stigmatizzazione il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il dipanarsi della procedura competitiva, si deve escludere che possa assumere rilevanza, in chiave ostativa, il falso omissivo relativo all� esplicitazione di soggetti titolari di cariche rilevanti nel triennio ma non gravati da alcun precedente penale. Trattasi, in definitiva, per mutuare categorie penalistiche, di un falso innocuo, privo di qualsivoglia offensivit� rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come tale non stigmatizzabile con la sanzione dell�esclusione. Alla stessa stregua la disciplina di gara (si veda in particolare l�art. 3, punto 2, del disciplinare), laddove richiede che le imprese concorrenti attestino l�assenza delle cause di esclusione di cui all�art. 75 del D.P.R. 554/1999 anche nei confronti di soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione dell�avviso di gara, va interpretata, in coerenza con la normativa regolamentare, nel senso di non annettere rilievo ad omissioni e difformit� non incidenti su requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione. Va soggiunto, a conferma dei puntuali rilievi svolti al riguardo dal Primo Giudice, che la stessa giurisprudenza invocata dalla ricorrente, laddove considera legittima l�esclusione decretata in caso di dichiarazioni non veritiere con le quali era stata scientemente celata dall�impresa la presenza di condanne penali a carico di amministratori o legali rappresentanti cessati dalla carica, conferma, anzich� smentire, l�assunto secondo cui la falsit� assume rilievo solo ove tocchi circostanze (quale l�esistenza di precedenti penali sottoposti alla valutazione dell�amministrazione) influenti sulle condizioni e sui requisiti di partecipazione. 3. Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbenti rispetto agli ulteriori rilievi svolti dall�appellante, il ricorso in appello deve essere respinto. La peculiarit� della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , respinge l�appello. Spese compensate. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 4 agosto 2009 n. 4905 - Pres. Ruoppolo, Est. De Nictolis - Soc. La Lucente s.p.a. (G. Valla) c. Acquedotto Pugliese s.p.a. (Avv. G. Nardelli e E. Mocci), Autorit� per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, (Avvocatura generale dello Stato), I.N.P.S. (Avv.ti L. Caliulo, A. Coretti, L. Maritato, A. Sgroi), ed altri - Riforma sent. TAR Puglia Bari Sez. I n. 1622/08. (Omissis...) 6. Questioni sulla dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale. Il contenuto formale di tale dichiarazione secondo la legge di gara. 6.1. La principale questione, pregiudiziale a tutte le altre, sollevata con gli appelli, � quella della portata delle cause di esclusione per difetto dei requisiti di ordine generale di cui all�art. 38, d.lgs. n. 163/2006. Si assume, infatti, che nella specie il bando richiedeva una generica dichiarazione di insussi- 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 stenza delle cause di esclusione di cui al citato art. 38, parafrasandone la portata. Pertanto, correttamente le ricorrenti hanno dichiarato di non avere condanne penali per reati gravi (art. 38, co. 1, lett. c), e di non aver commesso gravi violazioni, definitivamente accertate, in materia contributiva (art. 38, co. 1, lett. i). Dalla documentazione successivamente acquisita, vale a dire i certificati penali e i d.u.r.c. non sarebbero affatto emerse n� condanne penali per reati gravi, n� violazioni previdenziali gravi, definitivamente accertate. Pertanto, non sussisterebbero le cause di esclusione menzionate, e la dichiarazione resa non sarebbe falsa e come tale presupposto per una autonoma causa di esclusione. 7. Il mezzo � fondato per quanto di ragione. 7.1. L�art. 38, d.lgs. n. 163/2006 menziona i c.d. requisiti di ordine morale, aventi carattere generale, nel senso che devono essere posseduti da tutti i concorrenti in qualsivoglia gara di appalto. Essi differiscono dai requisiti c.d. speciali, che riguardano non il profilo <<morale>>, ma la capacit� tecnico-professionale o economico-finanziaria, e che variano a seconda del tipo di appalto e di oggetto della prestazione. La mancanza dei requisiti generali si traduce in altrettante cause di esclusione. L�art. 38 elenca da un lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione) il cui accertamento � <<oggettivo>>, e non implica valutazione alcuna, ad es. il fallimento, la pendenza di un procedimento di prevenzione, e dall�altro lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione), il cui accertamento implica una valutazione da parte della stazione appaltante: ad es. la condanna per reati <<gravi>> incidenti sulla <<moralit� professionale>>, la <<grave negligenza>> nell�esecuzione di precedenti contratti, le violazioni <<gravi>> in materia previdenziale. 7.2. In relazione ai requisiti per i quali occorre compiere non un accertamento vincolato, ma una valutazione, si pone la questione, che ha avuto finora soluzione non univoca, di come debba essere formulata la dichiarazione del concorrente, in ordine al possesso dei requisiti. Su come vada formulata la dichiarazione, non pu� tuttavia disquisirsi in astratto, in quanto occorre avere riguardo alla legge speciale di gara (bando e disciplinare), e dunque verificare quale contenuto il bando attribuisce a tale dichiarazione. Non di rado i bandi richiedono, genericamente, che il concorrente dichiari di non trovarsi in una delle situazioni che sono causa di esclusione ai sensi dell�art. 38, codice. Ora, l�art. 38, considera causa di esclusione l�aver riportato condanna penale per <<reati gravi>> incidenti sulla moralit� professionale; ovvero l�aver commesso violazioni <<gravi>> alle norme in materia di contributi previdenziali o assistenziali. La valutazione di <<gravit�>> implica un apprezzamento che pu� essere compiuto diversamente dal concorrente e dalla stazione appaltante. Sicch�, se il bando indica genericamente di dichiarare l�insussistenza di una causa di esclusione, esso, di fatto, legittima il concorrente che abbia riportato condanne penali, o commesso violazioni in materia contributiva, a compiere una valutazione di gravit�/non gravit�. 7.3. Si pone pertanto la questione se possa considerarsi <<falsa>> una dichiarazione del concorrente, con cui si afferma di non aver riportato condanne per gravi reati incidenti sulla moralit� professionale, ovvero di non aver commesso gravi violazioni in materia contributiva, laddove sussistano condanne o violazioni in materia contributiva, ma esse si prestino a una valutazione opinabile di gravit�/non gravit�. Un orientamento di questo Consesso, che il Collegio condivide e fa proprio, ha ritenuto che laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di CONTENZIOSO NAZIONALE 281 esclusione dell�art. 38, codice, esso giustifica una valutazione di gravit�/non gravit� compiuta dal concorrente, sicch� il concorrente non pu� essere escluso per il solo fatto dell�omissione formale, cio� di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; andr� escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate. La dichiarazione del concorrente, in tale caso, non pu� essere ritenuta <<falsa>> (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2007 n. 945, che osserva testualmente che ove il bando richieda genericamente una dichiarazione circa la insussistenza delle cause di esclusione legali, il bando di fatto demanda <<al singolo concorrente il giudizio circa l�incidenza sull�affidabilit� morale e professionale di eventuali reati dal medesimo commessi>>sicch� <<� da escludere che possa qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente stesso (la quale potr� tutt�al pi� non essere condivisa,ma giammai potr� essere ritenuta falsa, e cio� non corrispondente ad un dato oggettivamente riscontrabile).Diversa sarebbe stata la situazione se fosse stato imposto al concorrente di dichiarare tutti i reati per i quali fossero intervenute sentenze di condanna passate in giudicato o applicazione della pena a richiesta ex art. 444 del codice di procedura penale,affidando poi all�amministrazione ogni valutazione in proposito. In tal caso infatti, qualora il concorrente avesse omesso di dichiarare taluno di tali reati, si sarebbe potuta configurare una falsa autocertificazione, con conseguente esclusione dalla gara.>>). 7.4. Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia pi� preciso, e non si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all�art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto pi� ampio e pi� puntuale rispetto a quanto prescritto dall�art. 38 codice, all�evidente fine di riservare alla stazione appaltante la valutazione di gravit� o meno dell�illecito, al fine dell�esclusione. In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non � solo quella, sostanziale, dell�essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando. 7.5. Fatta questa premessa di carattere generale, occorre esaminare che cosa, nel caso di specie, prescriveva la legge di gara, e quali sono i motivi che hanno determinato l�esclusione dalla gara. Il bando di gara (punto III.2.1) si limita a rinviare al disciplinare di gara. Il disciplinare, a sua volta (parte prima, paragrafo 2.1) richiede <<una o pi� dichiarazioni>> <<attestanti l�assenza delle cause di esclusione e il possesso dei requisiti come segue: (�) c) presenza nel concorrente di soggetti nei cui confronti � stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato (�) per reati gravi (�); i) violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (�)>>. Il bando, dunque, non richiede, come pure avrebbe potuto, una dichiarazione onnicomprensiva, che dichiarasse la presenza o assenza di qualsivoglia condanna penale e di qualsivoglia violazione contributiva; richiede la dichiarazione circa la presenza o assenza di condanna penale per reati gravi o gravi violazioni contributive, definitivamente accertate. 7.6. Dato che le cause di esclusione dalle gare sono da ritenere tassative, e che va applicato il principio di massima partecipazione alle gare, e considerato il tenore del bando, ne consegue che non costituisce di per s� dichiarazione falsa, e non d� luogo ad autonoma causa di esclusione, la omessa menzione di condanne penali non gravi e la omessa menzione di violazioni 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 contributive che non sono gravi o non sono definitivamente accertate, atteso che il bando, per come � formulato, non imponeva di dichiarare qualsivoglia condanna penale o violazione contributiva. 7.7. Neppure si pu� ritenere che vi sia stata una consapevole mala fede nell�omettere l�indicazione di tutte le condanne penali e di tutte le violazioni contributive, atteso che il concorrente sa che la propria dichiarazione viene sottoposta a verifica mediante acquisizione del certificato penale integrale e del d.u.r.c., sicch� sa che qualsivoglia reato o violazione contributiva da lui commessa, sar� sottoposta a vaglio di gravit�/non gravit�. 7.8. Nel caso di specie, pertanto, la asserita incompletezza della dichiarazione, sotto il profilo che non sarebbero state dichiarate tutte le condanne penali e tutte le violazioni contributive, non pu� essere di per s� sola causa di esclusione, ma pu� essere causa di esclusione solo se viene compiuta una verifica di gravit� delle violazioni. 7.9. Tale verifica di gravit� compete alla stazione appaltante e nella specie � stata del tutto omessa. Infatti il provvedimento di esclusione, e soprattutto i presupposti atti istruttori, si incentrano sulla presunta falsit� della dichiarazione, senza considerare che era il bando di gara, per come formulato, a indurre il concorrente a ritenere di dover dichiarare solo i reati gravi e le violazioni contributive gravi e definitivamente accertate. Ma negli atti impugnati non viene compiuta alcuna valutazione in ordine alla gravit� delle violazioni. 8. Segue. La dichiarazione in ordine all�assenza di condanne penali per reati gravi. 8.1. In ordine alla condanna penale riportata dall�amministratore della societ� La Lucente, trattandosi di illecito contravvenzionale, omessa consegna di prospetto di paga, di cui all�art. 1, l. n. 4/1953, in concreto punito con l�ammenda di lire quindicimila, e trattandosi di illecito depenalizzato sin dal 1994, andava compiuta una specifica valutazione di gravit�. 8.2. Non rileva in questa sede la condanna per decreto penale riportata dalla Opus Gas Metano s.r.l., perch� nel corso del giudizio di primo grado l�A.Q.P. con atto di autotutela (provvedimento del 18 aprile 2008) ha ritenuto di non dover annoverare tale condanna penale e la sua omessa dichiarazione da parte del concorrente tra i motivi del provvedimento di esclusione. 8.3. Si deve poi considerare una palese perplessit� e contraddittoriet� che emerge dal confronto tra provvedimento finale e atti istruttori. Infatti il provvedimento finale imputa le <<false dichiarazioni>> sulle condanne penali solo alle societ� Opus Gas Metano e La Lucente, e infatti sono queste le societ�, che, insieme alla mandataria dell�a.t.i., si sono ritenute lese e hanno impugnato il provvedimento di esclusione. Tuttavia negli atti istruttori si fa menzione di due condanne penali con decreto a carico del direttore tecnico di altra societ� mandante della medesima a.t.i., la Lombardi Ecologia s.r.l.; negli atti istruttori si omette la valutazione di gravit� per tali condanne; e nel provvedimento finale si omette del tutto di considerare la rilevanza della dichiarazione prodotta dalla societ� Lombardi Ecologia. Sicch� non � chiaro perch� per un componente dell�a.t.i. sarebbe rilevante l�omessa dichiarazione di una condanna penale, e per un altro sarebbe invece rilevante. 9. Segue. La dichiarazione in ordine all�assenza di gravi violazioni contributive, definitivamente accertate. 9.1. Quanto alle violazioni di carattere contributivo, il discorso deve essere pi� articolato, dovendosi attentamente ricostruire il quadro normativo vigente all�epoca della gara e del prov- CONTENZIOSO NAZIONALE 283 vedimento di esclusione. 9.2. L�art. 38, co. 1, lett. i), d.lgs. n. 163/2006, considera causa di esclusione non qualsivoglia violazione in materia di obblighi contributivi, ma solo le <<violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali>>. Va evidenziata la differenza rispetto al regime normativo previgente per gli appalti, quale � quello per cui � processo, di servizi nei settori speciali (ex esclusi). Prima dell�entrata in vigore del codice appalti, in base al combinato disposto degli artt. 22, d.lgs. n. 158/1995 e 12, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 157/1995, sono esclusi dalle gare, tra l�altro, coloro che <<che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti>>. E� evidente che prima del d.lgs. n. 163/2006, per gli appalti di servizi nei settori speciali, andava dichiarata dal concorrente qualsivoglia violazione in ordine al pagamento di contributi previdenziali e assistenziali. Nel nuovo regime, sono causa di esclusione solo le gravi violazioni, definitivamente accertate. 9.3. L�art. 38, d.lgs. n. 163/2006 crea anche una differenza tra la regolarit� contributiva richiesta al partecipante alla gara, e la regolarit� contributiva richiesta all�aggiudicatario al fine della stipula del contratto. Infatti, il concorrente pu� essere escluso solo in presenza di gravi violazioni, definitivamente accertate, sicch� le violazioni non gravi, o ancora non definitive, non sono causa di esclusione. Invece, al fine della stipula del contratto, l�affidatario deve presentare la certificazione di regolarit� contributiva ai sensi dell�art. 2, d.l. n. 210/2002 (art. 38, co. 3, d.lgs. n. 163/2006); tale disposizione, a sua volta, prevede il rilascio del d.u.r.c., documento unico di regolarit� contributiva, che attesta contemporaneamente la regolarit� contributiva quanto agli obblighi nei confronti dell�I.N.P.S., dell�I.N.A.I.L. e delle Casse edili. Il d.u.r.c. regolare, poi, � requisito che accompagna l�intera fase di esecuzione del contratto, essendo necessario al fine del pagamento secondo gli stati di avanzamento e al fine del pagamento della rata di saldo dopo il collaudo. 9.4. Si tratta allora di stabilire se la causa di esclusione di cui al citato art. 38, co. 1, lett. i), possa di per s� desumersi da un d.u.r.c. irregolare, e se, dunque, il concorrente che abbia un d.u.r.c. irregolare, laddove dichiari di non aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, ponga in essere una dichiarazione <<falsa>>. 9.5. Per risolvere tale questione, occorre esaminare quali sono i presupposti in presenza dei quali il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva, e quando invece viene attestato che difetta la regolarit� contributiva. Anche su questo punto, si � registrata una evoluzione normativa, tra la data degli atti di gara per cui � processo, e l�epoca successiva al provvedimento di esclusione. All�epoca degli atti di gara e del provvedimento di esclusione, si applicavano la circolare I.N.P.S. 26 luglio 2005 n. 92 e la circolare INAIL 25 luglio 2005 n. 38; in prosieguo, � stato adottato il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 24 ottobre 2007. Tra le circolari del 2005, vigenti all�epoca dei fatti, e il d.m. del 2007, successivo, non vi � perfetta coincidenza. Infatti, secondo le suddette circolari: a) il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva solo se non vi sono inadempienze in atto, sicch� anche una inadempienza di lieve entit� osta alla dichiarazione di regolarit� contributiva; b) se pende contenzioso amministrativo, il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva solo se il 284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ricorso verte su questioni controverse o interpretative, sia adeguatamente motivato e non sia manifestamente presentato a scopi dilatori o pretestuosi; fuori da queste ipotesi, l�irregolarit� contributiva, ancorch� sia contestata mediante un contenzioso amministrativo, osta alla dichiarazione di regolarit� contributiva; c) nulla dicono le circolari in ordine alla questione della irregolarit� contributiva <<sopravvenuta>> a causa di aiuti di Stato dichiarati dagli organi comunitari illegittimi, sicch� gli enti hanno formulato richieste di rimborso di contributi in precedenza oggetto di esonero o sgravio. Il d.m. del 2007 � stato emanato in attuazione dell�art. 1, co. 1176, l. n. 296/2006, a tenore del quale << Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali interessati e le parti sociali comparativamente pi� rappresentative sul piano nazionale, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalit� di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarit� contributiva di cui al comma 1175, nonch� le tipologie di pregresse irregolarit� di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerare ostative al rilascio del documento medesimo. In attesa dell'entrata in vigore del decreto di cui al presente comma sono fatte salve le vigenti disposizioni speciali in materia di certificazione di regolarit� contributiva nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura>>. Tale d.m., come si evince dalla sua premessa, disciplina il d.u.r.c. in termini generali, quale che sia lo scopo per cui il d.u.r.c. � richiesto, chiarendosi cos� un equivoco che poteva insorgere da una esegesi letterale della norma primaria (si legge nel preambolo: <<Considerata l'esigenza di una disciplina uniforme in ordine alle modalit� di rilascio ed ai contenuti analitici del Documento Unico di Regolarit� Contributiva (DURC), sia per la concessione di agevolazione �normative e contributive�, sia per gli appalti di lavori servizi e forniture pubbliche che per i lavori privati dell'edilizia, nonch� per la fruizione di benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria>>). Non � perci� dubbio che il d.m. in questione riguarda anche il d.u.r.c. necessario per l�affidamento di appalti pubblici. Secondo il nuovo d.m.: a) ai fini specifici della partecipazione a gare di appalto, viene fissata una soglia di <<gravit�>> delle violazioni, ritenendosi le violazioni al di sotto di tale soglia di gravit� non ostative al rilascio del d.u.r.c.: non si considera, in particolare, grave lo scostamento inferiore o pari al 5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione o, comunque, uno scostamento inferiore a 100 euro, fermo restando l�obbligo di versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del d.u.r.c. (art. 8, co. 3, d.m. citato); b) la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto in posizione irregolare; fino alla decisione che respinge il ricorso, pu� essere dichiarata la regolarit� contributiva (art. 8, co. 2, lett. a), d.m. citato); c) non costituisce causa ostativa al rilascio del d.u.r.c. l�aver beneficiato degli aiuti di stato specificati nel d.P.C.M. emanato ai sensi dell�art. 1, co. 1223, l. n. 296/2006, sebbene non ancora rimborsati o depositati in conto bloccato (art. 8, co. 4, d.m. citato). Sia le previgenti circolari, sia il d.m. ritengono non ostative della dichiarazione di regolarit� contributiva le pendenze processuali, fino alla sentenza definitiva. 9.6. Dopo il d.m. del 2007, si pu� affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarit� contributive <<definitivamente accertate>>, e solo quelle che superano una <<soglia di gravit�>>, CONTENZIOSO NAZIONALE 285 fissata autonomamente dal citato d.m. Sicch�, dopo il d.m. del 2007, una declaratoria di non regolarit� contributiva � grave indizio, ai fini dell�art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, che sia stata commessa una <<violazione grave>> e <<definitivamente accertata>>. Escluso, comunque, ogni automatismo, segnatamente quanto alla valutazione di <<gravit�>>, che il codice appalti riserva alla stazione appaltante, non essendo l�amministrazione vincolata a valutare la gravit� con gli stessi parametri utilizzati dal citato d.m. del 2007, che non costituisce atto attuativo del codice appalti. 9.7. Ma prima del d.m. del 2007, e dunque secondo la normativa in vigore all�epoca dei fatti di causa, il solo fatto che il d.u.r.c. non fosse regolare, non costituiva di per s� prova di una grave violazione contributiva definitivamente accertata, atteso che, come si � visto, secondo le citate circolari del 2005, era ostativo alla dichiarazione di regolarit� contributiva qualsivoglia inadempimento, a prescindere da qualsivoglia soglia di gravit�, e anche le irregolarit� che non fossero ancora definitivamente accertate, perch� era pendente contenzioso amministrativo. 9.8. Pertanto, nel caso specifico: a) la stazione appaltante, a fronte di d.u.r.c. che attestavano la non regolarit� alla data di presentazione della candidatura e alla data di presentazione dell�offerta, doveva accertare il tenore della irregolarit�, per verificare se fosse o meno grave; b) ci� era tanto pi� doveroso ove si consideri che sono stati esibiti d.u.r.c. successivi che invece attestano la regolarit� contributiva, sia a dette date, sia alla data dell�aggiudicazione; c) ci� era tanto pi� doveroso ove si consideri quanto dedotto dalla societ� La Lucente in ordine al contenzioso derivante dalle pronunce degli organi comunitari di illegittimit� di aiuti di Stato, che hanno determinato un obbligo postumo di versamento di contributi, inizialmente non dovuti; d) gli atti istruttori appaiono perplessi e carenti laddove affermano in via ipotetica, utilizzando il verbo al condizionale, violazioni gravi degli obblighi contributivi, senza indicare n� la fonte della notizia (che non risulta dai d.u.r.c. agli atti), n� la effettiva sussistenza delle violazioni. 9.9. Quanto in particolare, alla irregolarit� contributiva <<sopravvenuta>>, essa si riferisce a contratti di formazione e lavoro. La decisione della Commissione europea dell'11 maggio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� europee n. L 42, del 15 febbraio 2000, concernente il regime di aiuti di Stato concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, ha ritenuto illegittimo aiuto di stato le agevolazioni contributive connesse alla stipulazione di contratti di formazione lavoro, previste dalle seguenti norme: 1) decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, recante misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali; 2) legge 29 dicembre 1990, n. 407, recante disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993; 3) decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1� giugno 1991, n. 169, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno dell'occupazione; 4) decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, recante disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali; 5) art. 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196, recante norme in materia di promozione dell'occupazione. 286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Ne ha conseguentemente ordinato il recupero: dal che pu� verificarsi una irregolarit� contributiva di chi non ha restituito i contributi. Essendo la vicenda complessa in diritto e in fatto, la stazione appaltante, a fronte di una prima dichiarazione di non regolarit� contributiva e di un successivo rilascio di d.u.r.c., e delle deduzioni delle odierne ricorrenti, in ordine all�essere destinatarie di una richiesta di rimborso di contributi per i quali avevano originariamente fruito di sgravio, doveva acclarare la veridicit� delle dichiarazioni e quale fosse l�effettiva situazione di fatto. 10. Va aggiunto che i ricorsi di primo grado e gli atti di appello tentano di conseguire in sede giudiziaria il giudizio di <<non gravit�>> delle violazioni contributive. Ma sotto tale profilo le censure sono inammissibili perch� implicherebbero una non consentita sostituzione del giudice all�amministrazione. Infatti l�amministrazione non ha compiuto, come avrebbe dovuto, alcuna valutazione di gravit�/ non gravit� della violazione contributiva, decretando l�esclusione non per la gravit� della violazione contributiva, ma, a monte, per asserita falsit� della dichiarazione che ha omesso di indicare tutte le irregolarit� contributive. A fronte di tale radicale omissione di giudizio, il giudice non pu� compiere alcuna valutazione di gravit�/non gravit�. Il sindacato giurisdizionale sarebbe stato consentito, nei limiti dei tradizionali vizi di legittimit�, se l�amministrazione avesse compiuto una valutazione in termini di gravit�, e la stessa fosse stata impugnata in giudizio per contestarne l�eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento, illogicit�. 11. La portata dell�accoglimento degli appelli. I vizi autonomi degli atti consequenziali. 11.1. Alla luce di quanto esposto, il provvedimento di esclusione � illegittimo e va annullato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell�amministrazione, che dovr� valutare se le condanne penali e le violazioni contributive avessero o meno i connotati di gravit�. 11.2. Vanno annullati gli atti strettamente conseguenti, nei limiti dell�interesse dei ricorrenti, e, segnatamente: a) la segnalazione all�Autorit� di vigilanza; b) l�incameramento della cauzione; c) l�iscrizione nel casellario informatico. (Omissis...) P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), parzialmente pronunciando sugli appelli in epigrafe: 1) riunisce gli appelli; 2) accoglie in parte gli appelli e, per l�effetto: 2.a) annulla il provvedimento di annullamento dell�aggiudicazione in favore dell�a.t.i. appellante e quello di esclusione della medesima, e in via derivata i conseguenti provvedimenti di incameramento della cauzione e di iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti della stazione appaltante; (Omissis...) CONTENZIOSO NAZIONALE 287 Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 agosto 2009 n. 4927 - Pres. Ruoppolo, Est. Garofoli - Carena Impresa di costruzioni spa (Avv.ti G. Gerbi e L. Villani) c. Univerist� degli Studi di Genova (Avvocatura Generale dello Stato) - Riforma sent. TAR Liguria Genova Sez. II n. 1916/08. (...Omissis) FATTO Con la sentenza gravata il primo giudice ha in parte accolto il ricorso proposto dalla Societ� odierna appellante, annullando il decreto impugnato nella parte in cui ha disposto la segnalazione all�Autorit� di vigilanza sui contratti pubblici per false dichiarazioni in ordine al possesso dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara. Con la stessa sentenza � stato, invece, respinto il ricorso nella parte relativa all�impugnazione dell�esclusione della Societ� Carena dalla procedura di gara, disposta dalla stazione appaltante per falsa dichiarazione resa dalla stessa Societ� in ordine al possesso dei requisiti di gara. Insorge la societ� appellante avverso quest�ultimo capo della sentenza sostenendone l�erroneit� e chiedendone l�annullamento. All�udienza del 16 giugno 2009 la causa � stata trattenuta per la decisione. DIRITTO Il ricorso va respinto per le ragioni di seguito illustrate. Giova preliminarmente osservare che la questione sottoposta al vaglio del Collegio non � quella, di respiro pi� ampio, relativa al peso che la Stazione appaltante pu� ascrivere nel determinarsi all�esclusione dalla gara ex art. 38, co. 1, lett. c), D. Lgs. n. 163/2006, a false o incomplete dichiarazioni incidenti su requisiti non rilevanti per la partecipazione (in specie, condanne penali non incidenti sulla moralit� professionale), bens� quella relativa alla ragionevolezza di una clausola della lex specialis che imponga ai partecipanti, a pena di esclusione, di dichiarare tutte le condanne penali riportate, cos� sottraendo ai partecipanti la possibilit� di attendere a valutazioni in merito alla relativa rilevanza. Il Collegio non ignora, invero, che in merito al primo degli illustrati profili interpretativi sono anche di recente emerse opzioni intese a riconoscere rilievo alle sole falsit� o incompletezze rilevanti per la partecipazione, non anche al falso innocuo, privo cio� di attitudine offensiva rispetto ai reali interessi protetti dalle regole di gara, come tale non stigmatizzabile con la sanzione della esclusione (Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 829). In disparte la condivisibilit� o meno dell�esposto indirizzo interpretativo, il Collegio deve in questa sede valutare se sia ragionevole una clausola del bando che, come nella fattispecie in esame, imponga ai concorrenti, a pena di esclusione, di dichiarare tutte le condanne o sentenze di applicazione pena, senza riconoscere ai partecipanti la bench� minima possibilit� di valutare se le stesse possano o meno rientrare tra quelle che, ai sensi del citato art. 38, d. lgs. n. 163/2006, giustificano l�esclusione. Ebbene, ritiene il Collegio che la clausola in questione non si presti ad alcun rilievo di illogicit� o irragionevolezza rispondendo al contrario all�interesse della stazione appaltante a poter disporre di tutti gli elementi necessari per compiere le pertinenti valutazioni, anche e soprattutto in una prospettiva di economicit� dell�azione amministrativa, s� da evitare il rischio di dover attendere a verifiche e controlli successivi circa la sussistenza e la portata di ulteriori e non dichiarate condanne. D�altra parte, se quello illustrato � l�interesse sotteso alla indicata previsione della lex specialis 288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 non pu� ritenersi �innocuo� il falso commesso per effetto della mancata indicazione di condanne pure oggettivamente non incidenti sulla moralit� professionale, risultandone comunque compromessa la rappresentata esigenza di economicit� dell�azione amministrativa di spettanza della stazione appaltante. Alla stregua delle esposte ragioni va pertanto respinto il gravame. Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, rigetta l�appello. CONTENZIOSO NAZIONALE 289 L�operativit� del principio dell�anonimato nei concorsi pubblici Con particolare riferimento ai concorsi con due partecipanti* (Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sez. Reggio Calabria, sentenza 9 marzo 2009 n. 138) Con la sentenza in commento, pubblicata in data 9 marzo 2009, il Tar di Reggio Calabria ha deciso un particolare caso relativo allo svolgimento di un concorso pubblico. Con la prefata decisione il Tar reggino, conformemente alla consolidata giurisprudenza formatasi in materia, ha accolto il ricorso con il quale il candidato, che � risultato idoneo al concorso in oggetto, ha impugnato gli atti di approvazione dell�esito della procedura concorsuale, bandito per un solo posto di ricercatore universitario presso la Facolt� di ingegneria, per il settore scientifico - disciplinare ICAR/02 �costituzione idrauliche e marittime e idrologia�, in forza dei quali (atti) � stata dichiarata vincitrice la controinteressata. In particolare, il Giudice adito ha ritenuto �manifestamente fondato� il proposto gravame con il quale il ricorrente ha chiesto l�annullamento delle prove scritte sostenute dalla controinteressata, atteso che quest�ultima si sarebbe autocitata, rendendo cos� riconoscibile il suo elaborato. L�autocitazione, in particolare, faceva riferimento ad una pubblicazione redatta dalla stessa candidata in collaborazione con il presidente della commissione esaminatrice, pubblicazione che � stata inserita fra i titoli presentati e valutati dalla commissione. La puntuale motivazione dell�adito Tar tiene anche conto del fatto che �in una selezione come quella in esame dove i candidati operano nella medesima comunit� scientifica, spesso con collaborazioni e pubblicazioni svolte insieme a componenti della commissione d�esame, e dove partecipano pochi candidati (qui solo due), la capacit� di alcuni dati di rendere riconoscibile l�autore della prova diviene senz�altro maggiore rispetto a qualunque altro concorso al quale partecipa un elevato numero di concorrenti�. La sentenza in oggetto, sembra, pertanto, priva di vizi logico-giuridici e coerente, come su detto, alla copiosa giurisprudenza all�uopo richiamata ed alla quale si rimanda. L�unica obiezione che pu�, semmai, sollevarsi in merito alla pronuncia di che trattasi �, forse, quella per quale non sembra adeguatamente valutata la (*) Articolo gi� pubblicato nella rivista on line Diritto&Diritti (www.diritto.it) 290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 deduzione formulata dall�Avvocatura dello Stato, in camera di consiglio, secondo la quale l�eventuale riconoscimento della paternit� degli elaborati della controinteressata avrebbe quale inevitabile conseguenza che la medesima commissione d�esame avrebbe, per ci� stesso, avuto contezza, in sede di valutazione, anche della paternit� degli elaborati del ricorrente. In altri termini, la violazione del principio dell�anonimato commesso da uno dei due partecipanti (ovviamente dando per verificatasi detta violazione) comporterebbe il venir meno della segretezza della prova scritta anche nei confronti dell�altro candidato. Verrebbe cio� meno l�anonimato e la segretezza delle prove scritte sostenute dal candidato che si duole della autocitazione posta in essere dalla vincitrice del concorso, con la conseguenza che potrebbe ragionevolmente invocarsi, per il caso in esame, il principio (in realt� espunto da precedenti non proprio identici) per il quale la segretezza delle prove scritte, che si giustifica con la necessit� che dell�elaborato avvenga ignorando la paternit� del compito, quale garanzia di imparzialit� del giudizio, non trovi applicazione quando l�anonimato sia privo di utilit� pratica (Consiglio di Stato sentenza 12 ottobre 2004 n. 6556). Ad ogni modo, sembra pacifico che possa esservi violazione dell�anonimato pur in mancanza di un comportamento colpevole del candidato e ci� non di meno la procedura concorsuale sarebbe inficiata dal vizio in parola. Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto gi� modo di affermare, in un caso molto simile a quello in esame, che la violazione della segretezza nelle procedure concorsuali si configura pur in assenza di comportamenti posti in essere dai concorrenti (�La violazione della regola della segretezza nelle procedure concorsuali - posta a salvaguardia dei principi di imparzialit�, trasparenza e par condicio, che trovano fondamento nell�art. 97 della Costituzione - pu� discendere, oltre che da comportamenti posti in essere dai concorrenti, anche da atti od omissioni imputabili direttamente alla p.a.; il pieno rispetto dei richiamati principi esige non solo l�ossequio di regole formali espresse ma anche l�adozione di tutte le misure e cautele idonee a garantire, in concreto, l�anonimato, in relazione alla peculiarit� della singola procedura; pertanto, la presenza di tre soli candidati e la consegna a ciascuno di essi di un diverso numero di fogli, con annotazione a verbale della relativa circostanza, rende individuabili con certezza gli autori degli elaborati e tale situazione, determinatasi per effetto delle fortuite circostanze appena evidenziate, � apprezzabile oggettivamente, senza che assuma rilievo Io stato soggettivo di buona fede, che pu� peraltro presumersi in difetto di prova contraria (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 15 giugno 2007, n. 6191)�. Quanto su riferito giustifica la perplessit� per la quale si ritiene che il Giudicante non abbia adeguatamente valutato gli effetti mediati dell�accoglimento del ricorso del candidato dichiarato idoneo. CONTENZIOSO NAZIONALE 291 Infatti, con l�esperito gravame il ricorrente ha chiesto non gia l�annullamento dell�intera procedura, ma solo, come su spiegato, l�annullamento degli elaborati delle prove scritte della vincitrice del concorso, e, per l�effetto, la sua esclusione. Sicch�, una volta accolto, per l�appunto, il ricorso (e rigettato il ricorso incidentale), il ricorrente, i cui elaborati comunque devono ritenersi, di riflesso, riconosciuti o riconoscibili alla commissione, consoliderebbe il diritto, quale candidato idoneo, ad ambire al posto messo in concorso. Sembra, pertanto, che con la decisione in oggetto il Tar abbia s� ripristinato la legalit� nel caso specifico ma pare, altres�, che non abbia soddisfatto l�esigenza di giustizia sostanziale, visto che l�accertata violazione del principio di anonimato, sussistente per entrambi i candidati, avrebbe effetti unicamente a scapito della controinteressata. Vero �, del resto, che il Tar � tenuto a decidere in relazione alle domande di cui al ricorso e che, in presenza di una domanda tesa all�annullamento delle prove di una candidata non possa giungere a pronunciare l�annullamento dell�intera procedura. Ma allora che fare? La soluzione, forse, nei casi come quelli in esame, non va rinvenuta tanto nell�esigenza del rispetto del principio dell�anonimato e della segretezza delle prove scritte, quanto nella osservanza delle regole che stanno molto pi� a monte e che disciplinano la incompatibilit� dei membri di commissione. Invero, da una diversa prospettiva, maggiormente ancorata ai principi di buona fede che devono considerarsi vigenti nell�ambito delle procedure amministrative (1) e opponibili ai soggetti che vi partecipano, il vizio che interessa la procedura concorsuale in esame dovrebbe trovare il suo fondamento nella violazione del principio di imparzialit� alla stregua dell�articolo 51 del c.p.c. che disciplina le ipotesi obbligatorie di astensione del magistrato. Secondo, infatti, la giurisprudenza amministrativa elaborata sul punto, la previsione su citata troverebbe applicazione alle procedure concorsuali se i rapporti tra il candidato ed il commissario siano tali da far ritenere legittimo il sospetto di parzialit� del giudizio �cd. criterio sintomatico� (2). La circostanza che il rapporto di collaborazione tra un membro della commissione ed un candidato (rapporto frequente nell�ambito accademico), non � motivo in s� di incompatibilit�, non impedisce che possa diventarlo qualora emergano elementi tali che inducano a ritenere che il candidato non sia stato (1) Vedi C. FERRO �Principio della buona fede nell�azione amministrativa� - in Diritto&Diritti - Il portale giuridico italiano - inserito in Diritto&Diritti del 12/02/2009 - indirizzo web: http://www.diritto. it o in Lexltalia.it - Rivista internet di diritto pubblico n. 03/2009 - http://www.lexitalia.it. (2) Per una pi� compiuta analisi vedi FIORENTINO MARIO G.P. �I rapporti di conoscenza tra commissario e candidato nei concorsi universitari e il criterio sintomatico di incompatibilit�. L�applicabilit� dell�art. 51 n. 4 c.p.c. con riguardo ai lavori in collaborazione� in Diritto&Diritti� - inserito il 16/03/2006. 292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 giudicato in base alla prove del concorso e che, dunque, sia stato agevolato in virt� delle conoscenza intrattenute con il membro della commissione (3). In un contesto, quindi, proiettato il pi� possibile verso gli insegnamenti provenienti dal principio di solidariet� di cui all�art. 2 della Costituzione e dai cui traggono fonte i principi di correttezza, di buona fede e di equit� sostanziale (4) potrebbe volgersi l�attenzione per una interpretazione ermeneutica per la quale, nelle peculiari fattispecie come quelle in argomento, all�interessato dovrebbe porsi l�onere di impugnare l�esito della procedura concorsuale non gi� per far valere la censura diretta all�accertamento della violazione dell�anonimato e della segretezza delle prove i cui effetti, come su rilevato, si ripercuotono contro lo stesso ricorrente) ma, piuttosto, per reclamare la necessit� che la commissione operi in modo imparziale e che appaia all�esterno imparziale, pretendendo il rispetto dell�obbligo di astensione dei membri che possano (potenzialmente) influire nella scelta del candidato in forza dei pregressi rapporti di conoscenza personali e/o di collaborazione. Avv. Roberto Antillo* Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza del 9 marzo 2009 n. 138 - Pres. Vitellio, Est. Criscenti - R. P. (Avv.ti A. Cotroneo e D. Polimeni) c. Universit� degli Studi di Reggio Calabria (Avvocatura dello Stato). (... Omissis) 1. Con ricorso notificato in data 28 gennaio 2009 e ritualmente depositato l�ing. R. P., premesso di aver partecipato alla procedura di valutazione comparativa in oggetto, riportando i seguenti giudizi I) di livello buono l�attivit� documentata dal candidato nel curriculum, nei titoli e nelle dieci pubblicazioni presentate; II) discreta la prima prova scritta; III) buona la seconda prova scritta; IV) ottima la prova orale, impugnava gli atti in epigrafe indicati e ne chiedeva l�annullamento, previa loro sospensione, deducendo due autonomi motivi di illegittimit�. Si costituiva l�amministrazione universitaria, producendo relazione del 10 febbraio 2009 del Direttore amministrativo e del Capo servizio affari legali e documentazione afferente al concorso Alla camera di consiglio del 25 febbraio 2009, fissata per la trattazione della domanda cautelare, si costituiva la controinteressata Dott. R. Depositava anche ricorso incidentale gi� con- (3) Vedi commento alla sentenza del Tar Marche n. 70 del 17 marzo 2003 di Patrizia avv. Ioanna in Diritto&Diritti - inserito nel maggio 2003. (4) �Il dovere di correttezza� di FRANCESCO GAZZONE - Manuale di diritto privato. (*) Avvocato dello Stato. CONTENZIOSO NAZIONALE 293 segnato per la notificazione. Avvisate dal Collegio tutte le parti costituite della possibilit� di una definizione nel merito della controversia, queste nulla obiettavano ed anzi la difesa del P. - che gi� in ricorso aveva pure sollecitato il Tribunale all�adozione di una sentenza succintamente motivata - espressamente accettava il contraddittorio in ordine al ricorso incidentale, cos� rinunciando al termine per la difesa.. 2. Il ricorso principale � manifestamente fondato. 2.1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 13 e 14 DPR 9 maggio 1994 n. 487 e dell�art. 7 DPR 3 maggio 1957 n. 686 ed eccesso di potere per manifesta illogicit�. Sostiene che le prove scritte della candidata R. dovevano essere annullate in quanto nella redazione della prima prova scritta (contrassegnata col 2A) ella si � autocitata, rendendo cos� riconoscibile il suo elaborato. A pag. 21 della prova in questione � scritto, infatti, �Una legge di distribuzione biparametrica per le creste d�onda nel caso di onde che interagiscono con una parete perfettamente riflettente (capo di moto in riflessione), che tenga conto degli effetti di 2� ordine, � stata ricavata da R. e Arena�. L�autocitazione fa riferimento ad una pubblicazione redatta dalla stessa candidata in collaborazione, con il prof. Arena, presidente della commissione esaminatrice, pubblicazione che � stata anche inserita dalla candidata fra i titoli presentati e valutati dalla commissione. Si tratta della pubblicazione n. 3 dell�elenco, i cui autori sono appunto R. e Arena. Non vՏ dubbio che tale fatto ha dato luogo ad una palese ed insuperabile violazione del principio dell�anonimato fissato dagli artt. 7 DPR n. 686/57 e 14 DPR n. 487/94 (�Il candidato, dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, n� altro contrassegno � Il riconoscimento deve essere fatto a conclusione dell'esame e del giudizio di tutti gli elaborati dei concorrenti�) posto a garanzia del pi� generale principio di imparzialit� sancito dall'art. 97 della Costituzione e da ritenere valevole anche per questa tipologia di concorsi. Giova subito premettere che la normativa regolamentare, invocata dal ricorrente, contenuta in origine nel D.P.R. del 1957 e poi pedissequamente riprodotta nel D.P.R. del 1994 - seppure riferita alle modalit� di svolgimento dei concorsi per l'assunzione nei pubblici impieghi e non anche alle modalit� di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori espressamente disciplinate dal DPR 23 marzo 2000 n. 117 - deve intendersi applicabile, quantomeno per i profili che qui interessano, anche alle procedure di valutazione comparativa, come quella in esame, in quanto essa rappresenta in sostanza l'applicazione di ineludibili regole generali, di rilievo costituzionale, in materia di trasparenza e di imparzialit� dell'azione amministrativa (in termini Tar Perugia, 21 maggio 2008 n. 193, confermata da Cons. St., VI, 9 febbraio 2009 n. 734 e gi� Corte Conti, sez. contr., 17 novembre 1988 n. 2020). Essa �, peraltro, espressamente richiamata anche nel D.R. n. 73 del 26 febbraio 2008 di indizione del concorso in questione (�VISTO il D.P.R. 9 Maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, recante norme sull�accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, ed in particolare le disposizioni in materia di procedura generale, per lo svolgimento dei concorsi unici, e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi, e di trasparenza dell�azione amministrativa�). 2.2. Ci� chiarito va detto che il Collegio condivide il pacifico orientamento giurisprudenziale richiamato dalla controinteressata, in base al quale nei concorsi pubblici la regola dell'anonimato degli elaborati scritti non pu� essere intesa in modo assoluto, tale da comportare l'invalidit� delle prove ogni qualvolta sussista un'astratta possibilit� di riconoscimento, necessitando, 294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 invece, l'esistenza di elementi atti a comprovare in modo inequivoco che trattassi di segni di riconoscimento, per cui l'idoneit� dei segni a fungere da elemento di identificazione del candidato deve ravvisarsi soltanto laddove gli stessi assumano un carattere oggettivamente anomalo rispetto alle ordinarie manifestazioni del pensiero (cfr., fra le tante, Tar Catanzaro, II, 10 giugno 2008 n. 642; Tar Potenza, 11 luglio 2007 n. 489). E� vero per� che tali puntualizzazioni sono sicuramente riferibili all�ipotesi di segni o elementi non univoci, quali comunemente l�uso di penne con inchiostro diverso o di anomale grafie, la numerazione dei fogli, la presenza di diciture come �brutta copia� o similari, ma non all�ipotesi in cui l�elaborato contiene il nome del suo autore, perch� in tal caso l�anonimato � all�evidenza e indiscutibilmente violato. La controinteressata aggiunge che le citazioni in campo scientifico, improntato al principio della verificabilit� del risultato, sono indispensabili, tanto che anche il ricorrente se ne � avvalso nelle sue prove scritte. Tale affermazione - sicuramente valevole per l�attivit� scientifica, ma non necessariamente per le prove di un concorso - non supera in ogni caso il dato formale che l�elaborato contiene un riferimento espresso e nominativo ad un lavoro svolto dalla candidata unitamente al Prof. Arena, presidente della Commissione d�esame, dato che rende l�elaborato indiscutibilmente attribuibile alla candidata R. in chiara violazione della regola dell�anonimato. Se il riferimento al lavoro in questione, per la sua rilevanza in materia, era imprescindibile, come si riferisce nel controricorso essere stato affermato da parte del Prof. Boccotti, decano della materia e referente della scuola di ingegneria marittima di Reggio Calabria, sarebbe stata comunque sufficiente la citazione del risultato, senza l�espresso riferimento bibliografico (vd. sull�equivalenza di queste tipologie di citazione pag. 5 dello stesso controricorso). D�altronde il fatto, attestato dal Prof. Frega, che la legge elaborata dal Prof. Arena e della Dott. R. �ha ricevuto la necessaria diffusione in campo scientifico e che quindi pu� essere citata da qualsiasi studioso della materia ivi compresi, ovviamente, altri candidati� prova troppo in un concorso che ha visto la partecipazione di un solo altro candidato, oltre alla R. 2.3. Deve poi evidenziarsi che la regola dell�anonimato non pu� che essere opportunamente calibrata in relazione alla tipologia di concorso ed al numero di candidati che vi prendono parte. In una selezione come quella in esame dove i candidati operano nella medesima comunit� scientifica, spesso con collaborazioni e pubblicazioni svolte insieme a componenti della commissione d�esame, e dove partecipano pochi candidati (qui solo due), la capacit� di alcuni dati di rendere riconoscibile l�autore della prova diviene senz�altro maggiore rispetto a qualunque altro concorso al quale partecipa un elevato numero di concorrenti. Come � stato gi� significativamente osservato, la previsione di un largo margine di discrezionalit� alle commissioni esaminatrici nei concorsi universitari deve essere controbilanciata �da un maggior onere di garanzie formali da parte dell'amministrazione procedente: in considerazione della ampia discrezionalit� di cui sono attributarie le commissioni di tali concorsi, in cui non vi sono punteggi, e non vi � alcuna possibilit� di un automatico riscontro della legittimit� dell'operato della commissione, deve essere inteso in maniera pi� rigorosa il principio dell'anonimato degli elaborati scritti� (Tar Napoli, II, 4 dicembre 2006 n. 10355). Sicch�, in altri termini, o si giunge ad affermare che la regola dell�anonimato non opera affatto perch� � un concorso nel quale i candidati sono direttamente noti ai membri della Commissione e i loro elaborati sempre perfettamente riconoscibili, affermazione che, oltre a rendere in radice superfluo lo stesso concorso, � giuridicamente superata dai rilievi gi� svolti (� 2.1.), CONTENZIOSO NAZIONALE 295 o al contrario si deve valutare con maggior scrupolo e rigore la presenza di dati identificativi, come fatto ad esempio dall�Universit� di Milano in un caso di autocitazione similare a quello di cui si controverte (richiamato a pag. 5 del ricorso) o come statuito dalla giurisprudenza, con riguardo ad esempio al numero dei fogli aggiuntivi da consegnare ai candidati in numero perfettamente uguale (cfr. Tar Napoli, II, 15 giugno 2007 n. 6197), che ovviamente in altra tipologia di concorso sarebbe stato del tutto insignificante 2.4. In conclusione, l�autocitazione operata dalla candidata R. avrebbe dovuto indurre la Commissione a imporre l'esclusione della medesima dalla procedura concorsuale e, dunque, gli atti impugnati devono tutti essere annullati, senza valutazione del secondo motivo di ricorso, in quanto formulato solo in via gradata. 3. Stante la fondatezza del ricorso principale, occorre prendere in considerazione l�impugnativa incidentale. Con essa la R. deduce �errata valutazione dei tioli e delle pubblicazioni del dott. P., difetto di motivazione. Violazione dei criteri di massima fissati dalla Commissione Esaminatrice con verbale del 29.09.08. Erronea valutazione, contraddittoriet�, illogicit� verbale n. 2 del 5.11.2008. Conseguente esclusione dall�ammissione alla prova scritta. Sussistenza� Asserisce la controinteressata che delle dieci pubblicazioni prodotte ben cinque non sarebbero valutabili in sede di concorso, trattandosi di documenti a stampa di cui l�odierno ricorrente dichiara di avere eseguito il deposito legale nel mese di marzo 2008 (in realt� per una, la n. 5 dell�elenco, il deposito � del 2005). Sostiene ancora la controinteressata che non tenendo conto di queste cinque pubblicazioni di certo il candidato non avrebbe ottenuto un giudizio sufficiente per l�accesso alle prove scritte e sarebbe stato, quindi, escluso. Il Collegio ritiene che � anche a volere per mera ipotesi ammettere che questa sarebbe stata la conseguenza dell�estromissione delle cinque pubblicazioni con deposito legale, il che � per� tutt�altro che certo ed automatico � in ogni caso la doglianza � priva di fondamento. Il bando di concorso, con riferimento alle modalit� di presentazione delle domande, all�art. 3, penult. co., stabilisce che �Per i lavori stampati in Italia devono essere adempiuti gli obblighi previsti dall�art.1 del decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 1945, n. 660 << Ogni stampatore ha l�obbligo di consegnare, ogni qualsivoglia suo stampato o pubblicazione, quattro esemplari alla Prefettura della provincia nella quale ha sede l�officina grafica ed un esemplare alla locale Procura della Repubblica.>> Per attestare ci� � sufficiente che il candidato dichiari, sotto la propria responsabilit�, che l�opera � stata effettivamente pubblicata. Sono considerate valutabili ai fini della presente procedura di valutazione comparativa, le opere gi� edite al momento della scadenza del bando di concorso�. L�art. 5 poi, specificatamente dedicato alle pubblicazioni, al penult. co., stabilisce che �per i lavori stampati in Italia devono essere adempiuti gli obblighi previsti dall�art.1 del decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 1945, n. 660 << Ogni stampatore ha l�obbligo di consegnare, ogni qualsivoglia suo stampato o pubblicazione, quattro esemplari alla Prefettura della provincia nella quale ha sede l�officina grafica ed un esemplare alla locale Procura della Repubblica.>>�. Con tali ripetute indicazioni e con il richiamo a questa specifica normativa l�amministrazione universitaria ha posto sullo stesso medesimo piano opere edite, pubblicate e �depositate�, cos� scegliendo di considerare valutabili anche i lavori per i quali � stato fatto solo il deposito legale. La Commissione, che ha valutato le pubblicazioni di P. accompagnate da deposito legale, ha dunque pedissequamente seguito le regole speciali poste dal bando, nelle disposizioni sopra 296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 citate, non impugnate e neppure menzionate dalla ricorrente incidentale, che, peraltro, non vi avrebbe avuto interesse avendo anch�ella presentato a fini concorsuali pubblicazioni con la dicitura �in corso di stampa�. 4. Stante la particolarit� della controversia, le spese possono essere interamente compensate. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria � sezione staccata di Reggio Calabria - definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, cos� provvede: accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; annulla gli atti impugnati; compensa le spese. I P A R E R I D E L C O M I TAT O C O N S U LT I V O A.G.S. - Parere del 23 luglio 2009 prot. nn. 227713-17-21 - Detenzione di reti da pesca illegali (in particolare delle cosidette �spadare�) e relativa confisca. (Avv. Ettore Figliolia - AL 15100/09). �Con la nota in epigrafe codesto Comando Generale ha inoltrato richiesta di parere a questa Avvocatura Generale circa la possibilit� di confisca delle reti da pesca illegali, ed in particolare delle cosiddette �spadare�. La richiesta di parere nasce su impulso della Direzione marittima di Reggio Calabria che ha interessato la competente Avvocatura Distrettuale relativamente al divieto di detenzione di attrezzi da pesca non consentiti, ai sensi dell�art. 15, comma 1, lett. b), della legge 14 luglio 1965, n. 963. Il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto, per una complessiva analisi della questione, ha ritenuto di approfondire alcuni aspetti afferenti alla confisca degli attrezzi non consentiti, in violazione del predetto divieto di detenzione. In merito si rappresenta quanto segue. Il richiamato art. 15, comma 1, lett. b) recita testualmente: �Al fine di tutelare le risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato esercizio della pesca, � fatto divieto di [�] detenere attrezzi non consentiti, non autorizzati o non conformi alla normativa vigente�. Il divieto di detenzione di attrezzi non consentiti � stato introdotto dall�art. 8, comma 3, del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59, come convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101. Prima di tale modifica, il divieto di detenzione a bordo di attrezzi non consentiti era gi� sancito dall�art. 2 del Regio Decreto 4 aprile 1940, n. 1155. Tuttavia, tale ultima disposizione � stata ritenuta tacitamente abrogata dall�entrata in vigore delle legge 963/65 e, quindi, disapplicata, fintanto che la Direzione Generale della pesca marittima e dell�acquacoltura ha chiesto un parere all�Avvocatura Generale dello Stato, che, con nota del 6 dicembre 2006, ha confermato l�applicabilit� di tale norma. Il citato decreto legge 59/2008, con la modifica dell�art. 15 della legge 963/65, ha, quindi, nuovamente sancito il divieto di detenzione di attrezzi da 298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 pesca non consentiti, sgomberando il campo da eventuali dubbi circa la possibilit� o meno di sanzionare la detenzione degli attrezzi non consentiti, ma lasciando un certo margine di incertezza all�interprete in ordine al campo di applicazione ove opera tale divieto di detenzione. Ed infatti, non risulta precisato a livello normativo se la detenzione di attrezzi non consentiti sia vietata solo a bordo delle imbarcazioni, come gi� previsto dal Regio Decreto 1155/1940, ovvero anche in altri luoghi, quali, ad esempio, depositi, aree private o altri mezzi di trasporto. Detto dubbio interpretativo, appunto, � l�oggetto del parere richiesto dalla Direzione marittima di Reggio Calabria alla locale Avvocatura Distrettuale dello Stato che, nella nota di risposta del 7 aprile u.s., ha rappresentato che non sussisterebbero motivi ostativi per circoscrivere il divieto in questione alla sola detenzione a bordo di navi o nei porti. Secondo l�Avvocatura Distrettuale, pertanto, l�ambito di applicazione del divieto de quo non rileverebbe ai fini della sanzione principale di cui all�art. 26 della legge 963/65, che troverebbe applicazione tanto in caso di detenzione a bordo che altrove. Il problema, semmai, si presenterebbe in relazione all�applicazione della sanzione accessoria della confisca ai sensi dell�art. 27 della medesima legge, che prevede la confisca degli attrezzi �usati� in contrasto con le relative norme. L�Avvocatura Distrettuale, pertanto, evidenzia che il divieto di detenzione di attrezzi da pesca non consentiti � da intendersi ovunque vigente, e, di conseguenza, sempre sanzionabile ai sensi dell�art. 26 della legge 963/1965, mentre per l�applicazione della confisca di cui all�art. 27 � necessario l�uso dell�attrezzo. Quindi il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, sulla questione, ha interpellato questa Avvocatura Generale circa la possibilit� di superare i limiti posti dall�art. 27 sulla propria applicazione, ed adottare la sanzione accessoria della confisca avvalendosi dell�art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689 per cui, al comma 4, ҏ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose [�] la detenzione delle quali costituisce violazione amministrativa�. Specificamente codesto Comando Generale ha espresso la necessit� di un chiarimento normativo in proposito, stante la preoccupazione di efficacemente combattere il fenomeno illecito della pesca effettuata con attrezzi vietati dalla legge, e soprattutto quello della cattura del pesce spada mediante l�utilizzo delle reti da posta derivanti denominate �spadare�. L�uso di tali ultimi attrezzi da pesca, cui � imputabile un devastante impatto sull�ambiente marino, risulta come � noto essere stato vietato dall�Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 44/225 del dicembre del 1989, sulla scorta della quale � stato poi adottato il Regolamento CEE 894/97 che sancisce il divieto di utilizzo delle �spadare� in tutti i Paesi dell�Unione Europea a partire dal 1 gennaio 2002. VՏ da aggiungere, poi, che, quale misura di compensazione economica a favore del �ceto marittimo� che traeva la propria fonte di sosten- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 299 tamento dall�uso delle richiamate �spadare�, � stato predisposto un Piano di riconversione del valore complessivo di 200 milioni di euro, con previsione di indennizzo a favore dei soggetti che avessero abbandonato tale tipo di pesca. Ci� premesso, in via preliminare, va chiarito che le �spadare�, in mancanza di una normativa ad hoc, sono assoggettate alla stessa disciplina di qualunque attrezzo da pesca non consentito, seppure di minore impatto per l�ambiente marino. Passando poi all�esame della normativa di settore, occorre evidenziare, innanzi tutto, che l�interpretazione dell�art. 15, comma 1, lett. b), relativamente al divieto di detenzione di attrezzi da pesca non consentiti, operata dall�Avvocatura Distrettuale di Reggio Calabria, va sostanzialmente condivisa pur con le seguenti puntualizzazioni in relazione alle finalit� perseguite dalla norma, tenuto conto del bene giuridico oggetto di tutela. Al riguardo va detto che gi� la rubrica della norma �Tutela delle risorse biologiche e dell�attivit� di pesca� e l�incipit del precetto �Al fine di tutelare le risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato esercizio della pesca� comportano necessariamente che il divieto di detenzione vada rapportato all�effettiva tutela del bene considerato e ad un esercizio dell�attivit� di pesca quanto meno presunto. E non solo la lett. b) dell�articolo in esame, ma tutta la disposizione normativa nel suo complesso, portano a considerare che l�obiettivo � quello di tutelare l�ambiente marino mediante il divieto di attivit� di pesca illecite ovvero di azioni che siano strettamente connesse e strumentali all�esercizio illecito dell�attivit� di pesca. Pertanto, la detenzione anche se non a bordo di attrezzi da pesca non consentiti, per integrare gli estremi dell�illecito amministrativo, deve poter soddisfare i requisiti minimi di potenziale strumentalit� della detenzione stessa all�attivit� di pesca, laddove l�attivit� di pesca o � stata effettuata o, si presume, poteva, ovvero potrebbe effettuarsi. In altre parole qualsiasi disponibilit� della rete, sempre che non emergano elementi sintomatici per concrete circostanze oggettive o anche soggettive, di una sua idoneit� all�utilizzo della stessa per l�azione della pesca cos� come delineata dall�art. 15 della Legge n. 963/1965 (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Dec. n. 2202/2009) � da ritenere essere sanzionabile alla stregua della normativa de qua. Permane, invece, la dicotomia ravvisata dall�Avvocatura Distrettuale relativa all�applicazione della sanzione principale di cui all�art. 26, e della sanzione accessoria della confisca di cui all�art. 27 della medesima legge 963/1965. Infatti, se la detenzione � sufficiente ad integrare gli estremi dell�illecito amministrativo, per l�applicazione della confisca � necessario che l�attrezzo non consentito sia stato effettivamente utilizzato (e non semplicemente detenuto) per tale dovendo ritenersi anche la serie di atti preordinati allo scopo (ad es. custodia tra gli attrezzi usati per la pesca); oltre che l�uso specifico fattone in un contesto di contemporaneit�. Come sopra affermato, la preoccupazione del Comando Generale � di contrastare il dilagante fenomeno della pesca con reti illegali, soprattutto le �spadare�, utilizzando lo strumento normativo della confisca. Anche se risulta evidente la mancanza di raccordo ai fini che interessano nella fattispecie, tra l�art. 15, comma 1, lett. b) nella sua nuova formulazione, e la disposizione della sanzione accessoria della confisca di cui all�art. 27 che invece � rimasto immutato nella parte che ci interessa, la lettera della norma � precisa, e prevede la confisca dell�attrezzo non consentito solo se utilizzato (nel senso sopra precisato, che consente quindi che la misura ablatoria de qua sia suscettibile di essere adottata tutte le volte in cui, nel riscontro di circostanze oggettivamente univoche, risulti il compimento in concreto di condotte chiaramente preordinate alla pesca alla stregua della relativa nozione cos� come precisata dalla giurisprudenza: cfr. Dec. Cass. n. 2202/2003). Invece l�art. 20 della legge 689/81, i cui dubbi sull�applicazione sono esposti nella nota di codesto Comando Generale, non pu� trovare spazio in questa fattispecie, oltretutto, attesa la evidente specialit� della disposizione sanzionatoria di cui all�art. 27 test� citato, rispetto alle generali previsioni della richiamata L. 689/1981. Conclusivamente, nei sensi suesposti � la richiesta consultazione adottata sentito il Comitato Consultivo che si � espresso in conformit��. A.G.S. - Parere del 30 luglio 2009 prot. nn. 233463-7 - Esercizio del diritto di ritenzione ai sensi dell�art. 38 del Testo Unico delle disposizioni Legislative in materia Doganale di cui al d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43. (Avv. Giuseppe Albenzio - AL 32447/08). �Codesta Agenzia chiede alla Scrivente parere sulla portata del diritto di ritenzione disciplinato dall�art. 38 d.p.r. 43/73. I- In ordine al primo quesito posto a questa Avvocatura, relativo all�estensione dell�oggetto del diritto di ritenzione, attribuito allo Stato a garanzia della riscossione dell�imposta doganale, a merci diverse da quelle sulla cui esportazione o importazione insiste l�imposta garantita ed oggetto di operazioni economiche successive, sebbene riferibili allo stesso obbligato, si ritiene di dover esprimere parere negativo. 1. La disciplina del codice doganale comunitario prevede un diritto di ritenzione a garanzia del pagamento dei dazi dovuti da esercitarsi sulle merci oggetto dell�operazione (Reg. CE 2913/1992, art. 74: �quando l�accettazione di una dichiarazione in dogana faccia sorgere un�obbligazione doganale, lo 300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 svincolo delle merci che formano oggetto della dichiarazione pu� essere autorizzato soltanto se l�importo di tale obbligazione � stato pagato e garantito�; conforme il Reg. CE 450/2008-nuovo CDC, art. 124 ). Altra disposizione dello stesso codice adotta formulazione pi� generica (art. 232, par. 1: �Quando l�importo dei dazi non � stato pagato nel termine stabilito: a) l�autorit� doganale si avvale di tutte le possibilit� offertele dalle disposizioni in vigore compresa l�esecuzione coatta, per garantire il pagamento di detto importo�; conforme il Reg. CE 450/2008-nuovo CDC, art. 78), tuttavia da interpretare nel senso che le normative nazionali degli Stati membri potrebbero stabilire garanzie pi� ampie. La normativa italiana � rappresentata dall�art. 38 TULD, pienamente conforme al disposto del citato art. 74 CDC; il comma 2 dell�art. 38, gi� sul piano letterale, appare chiaro e puntuale individuando nelle �merci oggetto dell�imposta stessa� l�oggetto del diritto di ritenzione riconosciuto allo Stato il quale, per il soddisfacimento dell�imposta, � pure beneficiario di privilegi previsti dalla legge. Ulteriore argomento a sostegno di tale opzione interpretativa si rinviene nella funzione assolta dall�istituto e nella relativa disciplina del codice civile. 2. Il diritto di ritenzione � un diritto potestativo riconosciuto ad un creditore chirografario (ritenzione semplice) ovvero ad un creditore privilegiato (ritenzione privilegiata) a garanzia delle ragioni del credito. Tale diritto consiste nel potere del creditore, gi� detentore di beni del proprio debitore, di ritenere tali beni fin quando non sia soddisfatto il proprio credito. L�istituto assolve dunque ad una funzione preventiva di conservazione della garanzia patrimoniale. Difatti tale diritto, sotto il profilo dogmatico, � ascritto nel novero dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale atipici (nel senso che manca una disciplina generale di tale strumento, tuttavia nel codice civile sono disseminate previsioni che lo contemplano). Gi� cos� descritto l�istituto appare di stretta interpretazione poich� deroga al principio generale di parit� fra i creditori di uno stesso obbligato (di cui all�art. 2741 c.c.). Peraltro, alla ritenzione � stata riconosciuta l�essenza di strumento di autotutela privata, come noto, eccezionale in un ordinamento improntato al divieto di farsi giustizia da s�; da ci� deriva che tale diritto, cos� concepito, non � applicabile analogicamente a casi diversi da quelli previsti dalla legge. La giurisprudenza di merito e di legittimit� si � pronunciata costantemente per l�inapplicabilit� in via analogica del diritto di ritenzione. Si riportano alcune massime in termini: �In tema di affitto di cosa produttiva, l�art. 1620 c.c. attribuisce all�affittuario la facolt� di prendere ogni iniziativa idonea ad incrementare il reddito della cosa medesima; l�esercizio di tale facolt� non pu�, per�, tradursi in obblighi a carico del locatore e non pu�, pertanto, di per s� costituire titolo per pretendere da quest�ultimo indennit� per miglioramenti effettuati in attuazione PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 301 di dette iniziative; ne consegue che in nessun caso l�affittuario ha il diritto di ritenere l�azienda affittata fino a quando gli venga corrisposta l�indennit� o eventuale altra somma, sempre che dovute; n� rileva che il diritto di ritenzione sia previsto in materia di enfiteusi, di possesso di buona fede o in favore del coerede che conferisca un bene in natura, atteso che le norme che prevedono il diritto di ritenzione hanno natura eccezionale e non sono perci� suscettibili di applicazione analogica�(Cass., sez. III, 29 settembre 2005, n. 19162). �In materia possessoria, la normativa che prevede il rimborso delle spese sostenute per la manutenzione o la ristrutturazione ovvero la corresponsione di un indennizzo per l�apporto di migliorie, con il conseguente diritto alla ritenzione del bene sino al soddisfacimento del relativo credito, si applica soltanto in caso di possesso e non anche di detenzione e, essendo una norma eccezionale, non � suscettibile di applicazione in via analogica� (Cass., sez. II, 16 settembre 2004, n. 18651). �Il comodatario non pu� validamente e legittimamente esercitare il diritto di ritenzione sul bene (immobile) concessogli in comodato, essendogli propria una condizione di detenzione (o possesso qualificato) e non di possesso tout court del bene medesimo, n� pu� ritenersi ammissibile un'applicazione in via analogica delle facolt� previste per il possesso alla detenzione che confermi l'esercizio predetto� (App. Bologna Sez. I Sent., 26 febbraio 2008). I segnalati rilievi evidenziano, lo si ribadisce, l�esigenza di una stretta applicazione delle norme che prevedono il diritto di ritenzione in ossequio ai principi generali dell�ordinamento poc�anzi invocati; ci� posto e per le stesse ragioni su esposte, deve pure escludersi l�estensibilit� della portata applicativa del diritto di cui si discorre a beni diversi da quelli cui inerisce il credito garantito (nel nostro caso, l�imposta non ottemperata). 3. La stretta correlazione tra i beni oggetto del credito garantito e l�oggetto del diritto di ritenzione trova conforto nella giurisprudenza di seguito riportata: �I diritti di ritenzione e privilegio sulle cose trasportate previsti dagli articoli 2761 e 2756 c.c. in favore dei crediti dipendenti dal contratto di trasporto richiedono soltanto che la causa del credito sia il trasporto, e cio� che vi sia un rapporto di connessione tra le cose ed il credito, s� che tale privilegio � esercitabile anche su cose oggetto di un trasporto diverso da quello per cui � sorto il credito, se i singoli trasporti costituiscono esecuzione di un unico contratto� (Cass., Sez. III, sent. n. 13905 del 28 giugno 2005). �Il diritto di ritenzione attribuito dall'art. 2756, terzo comma, cod. civ. al creditore per le prestazioni e per le spese relative alla conservazione ed al miglioramento di beni mobili all'uopo affidatigli e da realizzare mediante riparazioni, addizioni o trasformazioni, si estende al pari del privilegio accordato sui beni medesimi e non pu� essere esercitato, quindi, riguardo ai danni da svalutazione monetaria ed alle spese del giudizio di cognizione, bens� solo 302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 per le spese ordinarie d'intervento nel processo di esecuzione e per gli interessi nei limiti stabiliti dall'art. 2749 cod. civ., facendo riferimento analogico anzich� alla data del pignoramento a quella d'inizio della procedura di vendita di cui agli artt. 2796 cod. civ. e segg.� (Cass., Sez. III, sent. n. 3362 del 7 aprile 1987). �La circostanza che tra due parti (nella specie, un importatore e uno spedizioniere doganale) sia in corso da tempo un rapporto commerciale e che siano state concordate le tariffe da applicarsi per i servizi dello spedizioniere, non fa venir meno l�autonomia dei mandati di volta in volta stipulati tra di esse in funzione di singoli incarichi e, pertanto, il mandatario non pu� esercitare il diritto di ritenzione ex art. 2761 c.c. a garanzia di suoi crediti sorti in relazione a precedenti incarichi� (Trib. Genova, 27 settembre 2006). 4. Tale conclusione risulta confermata anche dalle norme del codice civile che disciplinano il diritto de quo poich� esse circoscrivono la portata del diritto di ritenzione, esperibile sui soli beni del debitore che il creditore detenga in quanto oggetto del rapporto obbligatorio da cui � sorto il credito. Giova procedere alla disamina delle ipotesi codificate. L�art. 748, comma 4, c.c. nel disciplinare la collazione prevede che il coerede possa ritenere i beni donatigli in vita dal defunto finch� non gli siano rimborsate le somme dovute per spese e miglioramenti. L�usufruttuario che anticipi le spese per le riparazioni poste dalla legge a carico del proprietario pu�, alla scadenza dell�usufrutto, ritenere il bene a garanzia del rimborso di tali spese. L�art. 1011 c.c., altres�, sancisce il diritto di ritenzione dell�usufruttuario sui beni in usufrutto a garanzia della restituzione di somme da lui anticipate per imposte e pesi gravanti sul proprietario, o per passivit� a carico dell�eredit� data in usufrutto. Ai sensi dell�art. 1152 c.c. �Il possessore di buona fede pu� ritenere la cosa finch� non gli siano corrisposte le indennit� dovute (�)�. L�art. 1502 c.c. dispone che l�acquirente della cosa venduta con patto di riscatto possa ritenerla fino a che il venditore riscattante non abbia rimborsato le spese necessarie ed utili, enumerate nel comma 1 dello stesso articolo. Anche per i crediti privilegiati l�art. 2756, comma 3, cui altres� rinvia l�art. 2761, comma 4, detta la regola per cui �Il creditore � di crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento, nonch� di crediti del vettore, mandatario, depositario e sequestratario � pu� ritenere la cosa soggetta al privilegio finch� non � soddisfatto del suo credito (�)�. Si ricava dalle previsioni richiamate che connotato indefettibile dell�istituto di cui si discute � che i beni oggetto di ritenzione siano precisamente quelli che il creditore detiene in ragione dell�obbligazione da cui � scaturito il credito garantito. Quando si tratti di ritenzione privilegiata poi, comՏ nel caso di specie, alla ritenzione si pu� procedere solo con riguardo ai beni oggetto del cre- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 303 dito privilegiato. Pertanto, in ordine al credito tributario dello Stato inerente l�importazione e l�esportazione di merci e per il quale lo stesso soggetto pubblico gode di causa legittima di prelazione, la ritenzione pu� effettuarsi solo sulle specifiche merci il cui transito attraverso la dogana italiana � fonte di quella obbligazione tributaria per garantire la quale si esercita il diritto di ritenzione; di tal ch� sarebbe illegittimo assoggettare a ritenzione altre merci sebbene dello stesso debitore. 5. Un�eccezione a quanto finora sostenuto sembrerebbe rinvenirsi nell�art. 2794, comma 2, c.c.. La norma contempla un caso particolare in cui il debitore fornisce pegno a garanzia di un primo debito, dopodich� sorge a suo carico e a vantaggio del medesimo creditore un nuovo debito, successivo alla costituzione del pegno e che scadr� prima dell�avvenuto pagamento del primo debito; tale norma regola la descritta situazione sancendo che il creditore pu� ritenere la cosa consegnatagli in pegno perch� sia garantito anche il nuovo credito. Ci� nondimeno la previsione evocata appare insuscettibile di applicazione analogica al caso di specie, difettando il requisito dell�eadem ratio. Difatti nel caso del pegno, che ha fonte convenzionale, il legislatore ha inteso tutelare il creditore il quale facendo affidamento sull�esistenza di un pegno addivenga alla costituzione di un ulteriore rapporto debitorio con lo stesso soggetto ancor prima di verificarne la solvibilit� attraverso l�adempimento del primo credito. I privilegi sono invece di fonte legale e correlati all�importanza accordata dall�ordinamento alla causa obbligandi. L�eventuale successivo rapporto obbligatorio tra le stesse parti pu� non essere sorretto da alcuna esigenza di garanzia n� pu� configurarsi la delineata situazione di approfittamento della fiducia ingenerata nel creditore dall�esistenza di una causa legittima di prelazione correlata ad un precedente debito. Deve pure rilevarsi, con attenzione specifica al caso di cui � sollecitata la disamina, che i successivi rapporti obbligatori intercorrenti tra lo Stato e lo stesso operatore economico (proprietario della merce ovvero colui per conto del quali la merce � stata importata o esportata, secondo il dettato dell�art. 38, comma 1, TULD) saranno comunque garantiti da privilegi. 6. Concludendo si ritiene che il diritto di riscuotere imposte doganali non giustifica la ritenzione di merci riguardanti operazioni di transito successive a quella su cui si fonda la pretesa erariale. Pertanto la soddisfazione di pregressi crediti rimasti inevasi deve avvenire mediante le forme coercitive (anche in funzione cautelare) dell�esecuzione forzata, nel corso della quale il credito tributario sar� comunque preferito ad eventuali altre ragioni di credito, stante il privilegio generale che lo sorregge. II- Non pare potersi dubitare invece dell�esperibilit� del diritto di ritenzione su crediti tributari controversi relativi alla merce oggetto dell�operazione. Va rilevato in primo luogo, sul piano letterale, che l�art. 38 TULD non fa 304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 distinzioni tra imposte definitivamente accertate o meno. N� pu� trascurarsi che, come visto pi� sopra, l�istituto assolve ad una funzione preventiva di conservazione della garanzia patrimoniale che, da un lato, prescinde dal verificarsi dell�inadempimento e, dall�altro, resterebbe priva di valore se condizionata alla definitivit� del credito doganale. Deve infine osservarsi che tale soluzione appare compatibile con l�esigenza cautelare che sorgerebbe per la pendenza di un giudizio di accertamento sull�esistenza del diritto creditorio. Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo che si � espresso in conformit��. A.G.S. - Parere del 2 marzo 2009 prot. nn. 69337-43 (*) - Revoca dello status di rifugiato in presenza di una condanna. Sull�assimilazione tra sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. e sentenza definitiva. (Avv. Maurizio Borgo - AL 6404/09). �Si riscontra la nota del 16 febbraio 2009, prot. n. 516 con la quale codesta Commissione ha chiesto di conoscere l�avviso della Scrivente in ordine alla legittimit� della revoca dello status di rifugiato nei confronti dello straniero cui sia stata applicata, ex art. 444 c.p.p., una pena per uno dei reati di cui all�art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., e si rappresenta quanto segue. L�art. 13 del D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251, rubricato �Revoca dello status di rifugiato�, prevede quanto segue: �1. Fatto salvo l�obbligo del rifugiato di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, la revoca dello status di rifugiato di uno straniero � adottata su base individuale, qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, � accertato che: a) sussistono le condizioni di cui all�articolo 12; b) il riconoscimento dello status di rifugiato � stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti�. A sua volta, l�art. 12 del medesimo D.Lgs n. 251/07 (richiamato alla lettera a) dell�art. 13) dispone, quanto al diniego dello status di rifugiato, che lo stesso ��� non � riconosciuto quando: a) in conformit� a quanto stabilito dagli articoli 3, 4, 5 e 6 non sussistono i presupposti di cui agli articoli 7 e 8 ovvero sussistono le cause di esclusione di cui all�articolo 10; b) sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la si- PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 305 (*) Parere reso in via ordinaria. curezza dello Stato; c) lo straniero costituisce un pericolo per l�ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall�articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale�. Cos� ricostruito il quadro normativo di riferimento, � possibile passare all�esame della problematica, oggetto della richiesta di consultazione, ovvero se una sentenza con la quale sia stata applicata, ex art. 444 c.p.p., la pena per uno dei reati, previsti dall�art. 407, comma 2, lett. a) costituisca valida e legittima ragione di revoca dello status di rifugiato, a suo tempo concesso allo straniero. Al proposito, si osserva come l�art. 12 del D.Lgs n. 251/07 individui, quale causa ostativa al riconoscimento dello status di rifugiato, tra l�atro, la sussistenza di condanne definitive per reati che, secondo l�apprezzamento del legislatore, costituiscono presunzione assoluta della pericolosit� del soggetto extracomunitario per l�ordine e la sicurezza pubblica (previsione di cui alla lett. c) del prefato articolo). Se tale � la "ratio" della norma, non vi � ragione di escludere dalla sua valenza precettiva i casi in cui la pena, per i reati ivi previsti, sia stata applicata con il rito di cui all'art. 444 c.p.p. (cfr., in tale senso, Cons. Stato, Sez. VI, sent. 22 maggio 2007, n. 2592, resa in tema di diniego di rilascio della carta di soggiorno, per essere, il cittadino straniero, incorso, con sentenza pronunciata ex art. 444 c.p.p., in una condanna per un reato ostativo ai sensi dell�art. 9, comma 3, del D.Lgs. n. 286/98). Secondo la pi� recente giurisprudenza amministrativa, �anche la sentenza emessa nella forma processuale disciplinata dall'art. 444 (del c.p.p.: N.d.E.) accerta la responsabilit� agli effetti della legge penale, pur se con peculiarit� di rito. La semplificazione del procedimento - che muove dal dato confessorio di richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato ed introduce un momento negoziale di prospettazione della sua entit� - non sottrae tuttavia l'esito del processo alla potest� esclusiva dello Stato autorit� di sanzionare l'illecito penale. Il momento c.d. negoziale investe, invero, il "quantum" della pena, ma non certo il merito della sussistenza degli estremi della responsabilit� penale che, ancorch� con cognizione sommaria, � sempre accertata dal giudice. Quanto su esposto trova riscontro nella disciplina positiva dell'istituto in base alla quale l'applicazione della pena a seguito del c.d. patteggiamento avviene sempre su motivata valutazione da parte del giudice dell'insussistenza dei presupposti per addivenire ad una sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p. (perch� il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato, ecc.) e previo accertamento della corretta qualificazione giuridica del fatto ascritto e delle circostanze ad esso afferenti, quali presupposti della formulazione della richiesta di applicazione negoziata della pena� (cfr. sentenza del Consiglio di Stato, da ultimo citata). 306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 A mezzo del modello processuale delineato dall'art. 444 c.p.p. e segg., si perviene all'ascrizione dell'illecito penale ad un soggetto determinato, muovendo dall'ammissione di responsabilit� dello stesso inquisito congiunta alla proposta dell'applicazione della pena in misura determinata, e lo stesso art. 445, comma 1 bis, c.p.p (come risultante dalla novella di cui all�art. 1, comma 1, lett. a) della legge 12 giugno 2003, n. 134) espressamente equipara a una "pronuncia di condanna" la sentenza che definisce il processo (cfr., in ordine alla importanza della novella di cui alla legge n. 134/2003 sulla ricostruzione della natura del c.d. patteggiamento, Cass. SS.UU. penali, sentenza 29 novembre 2005, imp. Diop). A quanto sopra, si aggiunga che, a differenza dei casi in cui dai fatti accertati in sede penale si debbano trarre conseguenze ulteriori agli affetti di altre disposizioni di legge (come avviene nei casi di responsabilit� disciplinare dei pubblici dipendenti per fatti ascritti in sede penale), ove ricorrano precedenti penali, quali identificati dal richiamato art. 12, lett. c) del D.Lgs n. 251/07, la determinazione di codesta Commissione, di segno negativo, si configura come atto dovuto. Ci� esclude, peraltro, che, in sede di adozione del provvedimento di revoca, codesta Commissione debba procedere, caso per caso, alla valutazione delle pericolosit� sociale dello straniero, gi� beneficiario dello status di rifugiato. N� il predetto criterio di automatismo si pone in contrasto con i diritti di libert� personale del soggetto, gi� beneficiario dello status di rifugiato, poich� dette prerogative non hanno carattere assoluto, ma devono bilanciasi con altri interessi di rilievo pubblico (nella specie, le condizioni di ordine e sicurezza pubblica), cos� che possono prevedersi limiti e condizioni che, nella specie, assumendo a riferimento l'assenza in capo allo straniero di precedenti per reati di maggiore gravit�, non si configurano n� irragionevoli, n� sproporzionati�. PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 307 D O T T R I N A Il processo civile telematico come occasione della diffusione delle best practices nel settore giustizia Alfonso Contaldo e Michele Gorga* SOMMARIO: 1. Premessa - 1.2. Metodi di progettazione, sperimentazione e di diffusione del PCT -1.3. La configurazione di un sistema telematico di giustizia civile - 2. Il sistema attuale e le modalit� tecnico-operative del Processo Civile Telematico - 3. La costituzione delle parti nel processo telematico. Linee generali - 4. La procura alle liti - 4.1. La procura alle liti elettronica prima dell�ultima riforma - 4.2. La riforma della procura alle liti fatta con la legge n.89/2009 - 5. Il fascicolo informatico - 6. Le novit� normative introdotte dal D.M. della Giustizia del 10 Luglio 2009 - 7. Il regime vigente delle comunicazioni e delle notifiche nel processo civile fino all�emanazione dei previsti decreti ministeriali - 7.1. Il valore dell�e-mail come prova scritta alla luce delle disposizioni vigenti - 7.2. La validit� delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell�instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa - 8. Polisweb. Funzionamento e finalit� - 9. Lo stato di attuazione della disciplina sul processo telematico. 1. Premesse Con la locuzione �processo telematico� s�intende una nuova modalit� processuale, ovvero un insieme di nuove regole atte a disciplinare le fasi del processo in maniera diversa da quanto attualmente previsto dal codice di rito (*) Alfonso Contaldo, docente di Istituzioni di diritto pubblico nell�Universit� degli studi della Tuscia. Michele Gorga, docente di Diritto amministrativo nell�Universit� degli studi dell�Aquila. 310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 (1). Il �processo telematico� d� quindi la possibilit� ad avvocati, giudici e cancellieri di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici. Il Processo Civile Telematico (qui si seguito indicato con PCT) consiste quindi nella gestione �integrale� ed �integrata�, in forma digitale e telematica, della documentazione e delle comunicazioni prodotte nell�ambito di un qualsiasi procedimento del contenzioso civile. L�attuazione di questa modalit� processuale consentir� cio� di gestire, in forma digitale, qualsiasi informazione connessa ad un procedimento civile dall�atto di citazione alla sentenza, nonch� la gestione di tutte le comunicazioni e le notificazioni tra i diversi protagonisti processuali ossia giudici, avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari, consulenti tecnici mediante l�ausilio dell�informatica e della telematica. Obiettivo del PCT � infatti quello di semplificare le attivit� dei protagonisti del procedimento civile al fine di favorire la diffusione delle informazioni e la loro fruizione, eliminando il �passaggio di carte�, e quindi velocizzare gli adempimenti processuali con l�abbattimento dei �tempi del processo� in piena trasparenza e senza nulla concedere al taglio delle garanzie per le parti ed i loro difensori. Tecnicamente realizzare il PCT significa, anche, costruire e aggiornare banche dati interoperabili, registrare digitalmente la documentazione, gestire in forma telematica gli scambi informativi tra gli attori del sistema attraverso posta certificata e firma digitale, sostituire il fascicolo cartaceo con il fascicolo elettronico, costruire e aggiornare banche dati interoperabili. Su tutte queste dimensioni ed in accordo con le disposizioni di legge che si sono susseguite, sono in corso specifiche attivit� volte a garantire la piena realizzazione del PCT. Prima tra tutte le dotazioni hardware, e sullo stesso piano la realizzazione dei software, previsti negli adeguamenti normativi, nonch� nelle varie esperienze dei cd �Progetto Pilota�. I principali risultati previsti, ed attesi dall�applicazione sistemica delle tecnologie informatiche, riguardano la tempestivit� dello scambio dei documenti e delle comunicazioni relative al processo, la fa- (1) Vedi al riguardo LICCARDO P., Introduzione al processo civile telematico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 1165 ss.; CARPI F., Processo civile e telematica: riflessioni di un profano, in Il processo telematico. Nuovi ruoli e nuove tecnologie per un moderno processo civile, a cura di Jacchia M., Bologna, 2000, 110 ss.; SARZANA DI SANT�IPPOLITO F., Brevi considerazioni in margine al cd. processo telematico, in Corr. Giur., 2001, 832 ss.; SORRENTINO F., Il cosiddetto �processo telematico�, in Fisco, 2001,1871 ss.; FADDA S., L�uso di strumenti di informatici e telematici nel processo civile, in Diritto delle nuove tecnologie informatiche e dell�internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2001, 1507 ss.; RUGGERI V., Il processo civile telematico. Breve guida al D.M. 13 febbraio 2001, n. 123, Torino, 2001, spec. 63 ss.; VIGORITI V., E-commerce e tutela giurisdizionale, in Nuova giur. civ. comm., 2002, n.1-2, pt. 2, 20 ss.; BUFFA F., Il processo telematico. La gestione informatica, Milano, 2002, 72 ss.; RIEM G., Il processo civile telematico. Le nuove frontiere del processo alla luce del D.P.R. 123/2001, Napoli, 2001, spec. 31 ss.; BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; MORO P., L�informatica forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss.; CONTALDO A., GORGA M., E-law. La digitilizzazione delle informazioni giuridiche , le professioni forensi e il processo telematico, Soveria Mannelli (CZ), 2006, spec. 125 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, spec. 92 ss. DOTTRINA 311 cilit� di accesso a tutte le informazioni rilevanti per ciascuna causa, la trasparenza sulle diverse fasi e responsabilit� dell�iter del processo. Il PCT si presenta quindi, come un progetto di largo respiro e ad ampio raggio che, muovendo dall�applicazione al mondo della giustizia civile delle tecnologie informatiche e telematiche, consentir� di riconfigurare radicalmente le modalit� attraverso le quali i processi vengono trattati. Il PCT potrebbe rappresentare una delle leve fondamentali per affrontare il pi� generale problema della crisi della giustizia civile in Italia. Infatti certezza e rispetto delle regole, tempestivit� e trasparenza nella gestione dei conflitti sono condizioni fondamentali ed imprescindibili per il corretto funzionamento del sistema economico e per il mantenimento della convivenza civile. Dal punto di vista sistemistico il sistema informativo dovr� permettere una complessiva ridefinizione dei servizi di cancelleria, muovendo dalla riprogettazione complessiva delle mansioni di cancelleria che dovr� essere capace di veicolare le nuove integrazioni tra gli attori del processo. Occorrer� poi la ridefinizione della mission dei servizi della giustizia e dei nuovi ruoli che i diversi agenti organizzativi svolgono nell�attualit� e che dovranno svolgere, invece, in futuro e ci� mediante una ricostruzione del sistema degli �obiettivi� e degli standard professionali che muovendo da quelli in uso dovranno pervenire a quelli desiderati per le diverse figure professionali presenti all�interno del sotto-sistema tribunale. Occorrer� poi la costruzione di modelli di relazione interni ed esterni che siano coerenti con la progressiva realizzazione del processo telematico ed inoltre che siano capaci di veicolare una complessiva riprogettazione delle unit� operative interne all�organizzazione stessa e di ridefinire una serie di indicatori capaci di ausiliare la struttura magistratuale e amministrativa nel governo delle risorse, innescando momenti costanti di revisione organizzativa e professionale di tutti gli attori sociali del processo. La realizzazione del PCT agisce, quindi, secondo una logica sistemica che partendo dalla documentazione cartacea e degli sportelli fisici li sostituisce con la documentazione digitale ed i portali telematici allo scopo di facilitare le relazioni tra il tribunale, cittadini, avvocati, enti economici ed istituzioni (2), inserendosi cos� nell�ambito �e-goverment� ossia di quel sistema che utilizza le tecnologie innovative, nei processi amministrativi della Pubblica Amministrazione, allo scopo non solo di fornire migliori servizi ai cittadini ma, anche di concorre al miglioramento della vita democratica del Paese. Il PCT quindi, nella sua accezione pi� ampia, pu� considerarsi a tutti gli effetti uno dei vettori del cambiamento sociale perch� consente di riassumere il governo del sistema della giustizia civile che nello specifico, a fronte delle sue evidenti inefficienze non ha saputo ancora trovare, anche a dispetto delle continue mo- (2) Ci si permette di rinviare a CONTALDO A., Dalla teleamministrazione all�E-Government: una complessa transizione in fieri, in Foro. Amm. CdS, 2002, 1081 ss. 312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dificazioni legislative e normative, le leve per un efficace cambiamento. Il PCT interviene, quindi, direttamente sulle modalit� di lavoro ed induce e comporta modifiche degli attuali assetti organizzativi dei tribunali. 1.2. Metodi di progettazione, sperimentazione e di diffusione del PCT L�approccio sistemico al processo telematico richiede, quindi, un disegno non casuale e un raccordo organico tra tutte le componenti organizzative, tecnologiche e regolamentari del sistema della giustizia civile. Una metodologia di ricerca, progettazione e sperimentazione rispettosa delle condizioni operative e culturali di partenza, del ruolo e delle competenze dei diversi attori coinvolti nei procedimenti civili. Un approccio multidisciplinare nell�ottica di studio e verifica delle nuove soluzioni, con ricorso ad un percorso di progettazione, che sulla base di un programma generale gestito a livello nazionale, veda a livello locale le singole realt� giudiziarie tra loro raccordate nelle soluzioni informatiche di analisti di organizzazione dei processi lavorativi con il pi� alto coinvolgimento di esperti nelle differenti discipline dell�informatica e del diritto quali avvocati, giudici, cancellieri. Questi sono gli attori principali del PCT e non � concepibile un processo telematico senza la partecipazione dei principali utenti del sistema giustizia. Occorre, inoltre, rendere utile la sperimentazione attualmente in itinere, affidata ai giudici ed agli esperti informatici del Ministero della Giustizia, non essendo ancora ammissibile l�assenza di ogni verifica delle soluzioni progettuali di sperimentazione adottata su pi� tribunali locali (Bari, Bergamo, Bologna, Catania, Genova, Lamezia Terme, Padova) che, come le precedenti, rischiano di esaurirsi in mere esperienze di �progetto pilota� senza una conseguente attuazione definitiva, nelle stesse sedi, di sperimentazione. La metodologia fino ad oggi impiegata ha voluto, invece, rispondere solo ad una duplice esigenza residuale quella cio� di costruire sistemi adeguati dal punto di vista tecnico e dal punto di vista funzionale, verificati nelle loro specifiche e nelle loro modalit� operative, allo scopo di renderle poi successivamente replicabili su scala nazionale. Contestualmente tale metodica di realizzazione del PCT ha voluto integrare, sul progetto, a livello nazionale come per le specifiche realt� locali, le diverse competenze e articolazioni organizzative tipicamente �separate� nel sistema della giustizia civile, per garantire una maggiore capacit� di governo non solo della progettazione ma anche e soprattutto della fase di messa a regime e di gestione. In pratica, anche nella fase di progettazione sono stati coinvolti, in modo molto marginale, quelli che sono gli utilizzatori e i fruitori del PCT, e vale a dire giudici, cancellieri ed in modo ancora pi� marginale gli avvocati, tanto che per questa prima fase ben possiamo parlare di un PCT senza - se non contro - gli avvocati. Analoga residualit� nel coinvolgimento � stata fatta nella fase di sperimentazione sul DOTTRINA 313 territorio che, invece, ha avuto solo la duplice finalit� di collezionare note ed osservazioni �dal campo� e quindi rispondere a tutte le problematiche operative e di servizio che sono state evidenziate in fase di realizzazione del progetto stesso. Al di l� degli obiettivi tecnici espressi dalle tecnologie in azione, � bene sottolineare che sono emersi, ed esistono, altri possibili riflessi organizzativi direttamente connessi alla dimensione tecnologica del PCT che sono proprio quelli che potrebbero indurre ai cambiamenti pi� significativi. Tali implicazioni, motore dei cambiamenti potenziali, saranno evidenziate, sommariamente, qui di seguito. � pleonastico asserire come, per la loro natura, i riflessi e le implicazioni organizzative richiedono una approfondita riflessione tra gli addetti ai lavori e un governo consapevole del percorso per arrivare progressivamente ad un �trade-off� tra i vantaggi attesi e d i costi relativi associati allo sviluppo, all�utilizzo e al mantenimento del sistema stesso. La dematerializzazione spazio-temporale delle informazioni relazionali (digitalizzazione) che sostituisce la carta nelle relazioni tra giudici-avvocati-cancellieri-uffici esterni consente altres� di sostituire in via telematica operazioni ad oggi fatte di persona senza nulla togliere al valore giuridico delle stesse, quali ad esempio il conferimento di incarico al CTU (3). Inoltre la piena e puntuale conoscenza, aggiornata in tempo reale, del proprio ruolo e la possibilit� di �organizzare� e �selezionare� le informazioni, oltre all�ausilio del personale di cancelleria liberato dalla manipolazione delle carte, potr� consentire ad ogni giudice di organizzare il proprio ruolo e l�agenda delle udienze e di arrivare cos� pi� preparato a tutte le scadenze rituali con una significativa riduzione dei rinvii e delle riserve con maggiore spazio per i tentativi di conciliazione. Una causa programmata e preparata dal giudice, grazie agli strumenti telematici, rende immediatamente accessibile tutti gli atti del fascicolo informatico e trasforma cos� l�udienza da mero momento di ricerca ed aggiornamento �documentale�, tra giudice ed avvocati in ordine allo stato dell�arte della causa, a vero momento di discussione del merito della stessa con un recupero assoluto della dimensione orale del processo. L�applicazione delle nuove tecnologie, che di per s� riduce solo alcuni dei tempi e delle attivit� del processo, di converso libera le intelligenze di tutti coloro, cancellieri in primis, che oggi sono costretti a dedicare una parte cospicua del loro tempo alla semplice �manipolazione� e gestione della carta che non d� alcun valore aggiunto alla sostanza del processo. Considerando che in una qualsiasi struttura di servizio il capitale umano � da considerarsi risorsa principale, liberare intelligenze significa arricchire notevolmente le dotazioni base del sistema a parit� di costi. Ci� � particolarmente vero in un sistema organizzativo, come quello dei tribunali civili, dove rilevanti quote di (3) Vedi al riguardo BUONOMO G., La firma digitale ed il processo telematico, Milano, 2004, 121 ss.; IDEM, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss. 314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 personale laureato � prioritariamente dedicato ad attivit� di tipo segretariale. Si dovr� poi giungere ad una progressiva sostituzione degli sportelli fisici e delle tradizionali modalit� di accesso all�ufficio ed ai fascicoli, sostituendole l�accesso fisico con l�accesso telematico ai Portali delle sedi giudiziarie che dovranno consentire non solo lo scambio documentale, ma anche informativo e di servizio. Saranno cos� recuperate risorse umane oggi destinate alla semplice e non qualificata, ma quantitativamente rilevante, attivit� di tipo segretariale. Anche per i professionisti di cancelleria si hanno cio� le stesse potenzialit� gestionali che derivano dalla dematerializzazione degli atti del processo. L�utilizzo delle tecnologie informatiche consentir� inoltre di produrre in tempo reale, e attraverso modalit� just in time, molteplici operazioni �semplici� che oggi richiedono pi� passaggi operativi, il coinvolgimento di pi� operatori e conseguenti lunghi tempi di erogazione dei servizi. Tra questi si possono citare, a titolo di esempio, le domande di visura, le comunicazioni tra attori del sistema tramite biglietti di cancelleria, il deposito degli atti e la comunicazione di avvenuto deposito. Si giunger�, in tal modo, ad una progressiva costruzione di un knowledge system trasparente. L�esistenza di base dati con sentenze e provvedimenti dei giudici, la conoscenza in tempo reale degli orientamenti dei singoli uffici giudiziari faciliteranno una progressiva acquisizione di uniformit� negli orientamenti giurisprudenziali ed una pi� puntuale e sistematica conoscenza dei precedenti senza per questo imporre vincoli di tipo gerarchico, realizzando progressivamente un processo di apprendimento organizzativo, una sorta di nomofilachia indotta, che tender� ad uniformare i pronunciamenti della giustizia, tranquillizzando in questo modo l�utente finale sempre disorientato dall�eccessiva disomogeneit� di trattamento. L�attuale configurazione a compartimenti stagni del sistema organizzativo dei tribunali rende poi particolarmente difficoltosa la diffusione delle best practices che pure esistono all�interno del sistema come dimostrano i casi delle esecuzioni immobiliari, e di alcuni tribunali particolarmente attenti alla programmazione del lavoro (ad esempio si vedano i Tribunali civili di Bolzano e Torino). Trasparenza, conoscenza, informazione, risultati messi a disposizione di tutti in tempo reale facilitano i percorsi di benchmarking favorendo ancora una volta i processi di apprendimento organizzativo basati non su modelli astratti bens� su �prassi virtuose� sperimentate da altri colleghi e che possono venire assunte, modificate, arricchite e adattate alle proprie specificit�. Infine, � assolutamente plausibile, perch� � esattamente quello che si � verificato in tutti gli altri contesti, che l�utilizzo del PCT, nella sua concezione pi� ampia porti progressivamente ad una modificazione dei linguaggi e ad una loro semplificazione pi� attenta alla sostanza dei processi comunicativi, dei risultati ed alla retorica (antica) delle forme espositive. L�attuale configurazione organizzativa del processo, dei tribunali, delle relazioni con gli avvocati impedisce DOTTRINA 315 l�acquisizione di una cultura e di una logica dei servizi che metta al primo piano la relazione organizzazione-utente, l�individuazione delle responsabilit�, la definizione di tempi certi, i diritti dell�utente, la ricerca della qualit� del servizio stesso. L�insieme delle condizioni che supportano il PCT pu� consentire una progressiva crescita di una cultura unitaria dei servizi, la valorizzazione della responsabilit� sociale del tribunale come ente erogatore di giustizia, fino ad arrivare ad una carta dei servizi della giustizia che farebbe accrescere notevolmente la legittimazione sociale dell�intero sistema agli occhi del cittadino. L�utilizzo sistematico delle nuove tecnologie comporta inevitabilmente un aumento della trasparenza in tutto ci� che viene prodotto dai singoli e dall�organizzazione del suo complesso. Se la trasparenza � un valore in s� non bisogna dimenticare che proprio nella non trasparenza, nell�ambiguit� ed opacit� si nascondono prassi opportunistiche da parte di tutti gli attori organizzativi che sono anche quelli che si oppongono pi� ferocemente al cambiamento anche se con motivazioni surrettizie ed apparentemente nobili. 1.3. La configurazione di un sistema telematico di giustizia civile L�architettura tecnologica, i diversi applicativi, l�accesso alle banche dati, l�informatizzazione dei registri, la disponibilit� di statistiche gestionali e le implicazioni organizzative connesse al cambiamento tecnologico, consentono di riconfigurare il sistema della giustizia civile italiana (4) in un�ottica di graduale, ma incisivo, miglioramento delle prestazioni perch� diventa assai pi� semplice e fattibile la gestione consapevole delle principali dimensioni che incidono sull�andamento dei processi: le conoscenze, i tribunali, le cause. Per gestione delle conoscenze si intende la possibilit� offerta dalle tecnologie informatiche di governare in modo nuovo, dopo numerosi secoli di continuit�, l�intero sistema di conoscenze, informazioni e linguaggi che caratterizzano il processo inteso come percorso strutturato per la risoluzione dei conflitti e l�af- (4) Gi� nel piano triennale per l'informatica del 2003 � 2005 della Giustizia, nella parte relativa agli interventi di �e-government� si dice che il progetto Polis e Polis Web si prefigge di proseguire il processo di integrazione dell'applicativo Polis, orientato alla archiviazione e diffusione dei provvedimenti emessi in materia civile, con tutti i registri informatici dell'area civile, con l'obiettivo finale di centralizzare il punto del processo di automazione dell'attivit� del Giudice di diffondere la conoscenza della giurisprudenza di merito. Si prevede quindi un'evoluzione del software che consenta l'interazione degli Avvocati via web con i fascicoli del contenzioso ordinario (Polis Web). I principali benefici qualitativi gi� al tempo identificati sono: a) automazione delle attivit� del giudice e della cancelleria riguardo la redazione, l'archiviazione, pubblicazione e ricerca dei documenti relativi ai procedimenti civili; b) standardizzazione delle procedure; c) flessibilit� e rapidit� nell'acquisizione ed elaborazione dei dati. L'avvio del processo telematico � stato oggetto del Piano esecutivo d'azione n. 55 per l'anno 2003, della Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati in attuazione della Direttiva Generale del Ministro della Giustizia sull'attivit� amministrativa e sulla gestione per l'anno 2003 e fino al decreto ministeriale del 10 luglio 2009 � stato, e continuer� ad essere, oggetto di numerosi interventi normativi e regolamentari. 316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 fermazione della giustizia e come sistema assai complesso e sofisticato di relazione tra una pluralit� di attori organizzativi, valorizzando, rispetto a modelli generali ed astratti, le prassi (le pratiche) oggettivamente pi� efficaci in quanto sviluppano conoscenze situate (5). In particolare l�accesso telematico ad una pluralit� di banche dati, la facile conoscenza degli orientamenti del singolo giudice e/o della sezione, la rapidit� di scambio dei documenti tra gli attori, l�uso consapevole del copia e incolla, rendono pi� fruibili tutte quelle conoscenze che, fondamentali per la costruzione del contraddittorio, sono state ad oggi caratterizzate da estrema lentezza e difficolt� di reperimento perch� contenute in libri, riviste, documenti, fascicoli, di difficile e lento accesso. In questo caso non solo aumenta la facilit� di accesso ma cresce enormemente la quantit� delle fonti dalle quali si pu� attingere aumentando cos� la qualit� delle argomentazioni sostenibili. Per gestione dei tribunali si intende un percorso a pi� dimensioni che partendo da una diversa configurazione organizzativa dei tribunali e dei ruoli dei giudici e del personale di cancelleria, passando attraverso l�acquisizione di una cultura dei servizi, dei dati quantitativi, del risultato, utilizzando in maniera appropriata le tecnologie gi� oggi disponibili, individuando figure professionale dedicate a queste funzioni, predisponga tutte le pre-condizioni organizzative che mettono il singolo giudice nella condizione di dedicare il proprio tempo e la propria intelligenza allo jus dicere. In particolare l�allineamento delle cancellerie alle sezioni, la costituzione dell�ufficio della giustizia, l�avvio di metodologie di programmazione per lo smaltimento delle pendenze, l�utilizzo delle statistiche gestionali per l�organizzazione dei lavori e la programmazione degli stessi, consentono di individuare unit� organizzative responsabili di risultato che con l�attuale configurazione organizzativa e con le attuali strumentazioni disponibili sarebbe difficile identificare. Il management del tribunale pi� che un�invocazione ideologica diventa da un lato una possibilit� reale e dall�altro una necessit� per presidiare la complessit� del sistema. Per gestione delle cause, il cuore tecnologico dell�organizzazione giudiziaria, si intende la capacit� del singolo giudice supportato tanto dall�organizzazione che dalle tecnologie di governare le singole cause ed il suo ruolo in un�ottica pi� attenta alla sostanza del processo, ai risultati, ai tempi, ai costi. In particolare la facilit� di navigazione sul fascicolo elettronico, la possibilit� di accesso alle banche dati, la disponibilit� di strumenti operativi (la consolle del magistrato) per la redazione dei provvedimenti, il supporto del personale liberato dalle incombenze burocratiche, la disponibilit� in tempo reale di dati certi sull�andamento del suo ruolo, consentono al singolo giudice di ottimizzare l�utilizzo del suo tempo, di governare la propria agenda e di organizzare (5) Vedi ancora BUONOMO G., op. et loc. supra cit. DOTTRINA 317 le udienze in ragione delle diverse tipologie di cause. Gestione delle conoscenze, gestione dei tribunali, gestione delle cause sono fra loro strettamente interrelati e rappresentano la sostanza del cambiamento organizzativo indotto dal cambiamento tecnologico nella consapevolezza che qualunque ulteriore cambiamento del quadro normativo di per s� non sarebbe sufficiente a raggiungere i risultati attesi in termini di maggiore efficienza, efficacia ed equit� della giustizia civile. L�architettura prevede, quindi, che gli utenti esterni interagiscano con il �dominio Giustizia� (il SICI) (6) previa autenticazione con un punto di accesso esterno autorizzato dal Ministero della Giustizia (7). Il SIC, Sistema Informatico Civile, invece, � un sottoinsieme del dominio giustizia ossia una intranet accessibile solo a soggetti abilitati e al quale si interfacciano via internet altri domini intranet dello stesso tipo come ad esempio quello della libera avvocatura che si certifica ed accede dai singoli punti di accesso locale, presso i singoli Consigli dell�Ordine di appartenenza o dell�Avvocatura dello Stato che accede presso i suoi punti. (6) Il SIC � una parte della Rete Unitaria della Giustizia (R.U.G), in collaudo gi� dal settembre 1999, che a sua volta fa parte del pi� ampio Sistema Pubblico di Connettivit� (SPC). Il Gestore Centrale (GC) � la struttura tecnico - organizzativa con sede presso il Ministero della Giustizia e che fornisce i servizi di accesso al SIC ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali tra il SIC ed i soggetti abilitati. Il Gestore Locale (GL) � invece il sistema informatico che fornisce i servizi di accesso al singolo ufficio giudiziario o all'ufficio notifiche esecuzioni e protesti (UNEP) ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali tra il gestore centrale ed il singolo ufficio giudiziario o UNEP. Il servizio di consultazione web dei procedimenti � realizzato attraverso il sistema PolisWeb, che permette la consultazione via internet dei dati relativi ai procedimenti di contenzioso, lavoro, volontaria giurisdizione ed esecuzioni civili individuali e concorsuali e costituisce, ad oggi, la prima concreta esperienza di accesso �virtuale� all�ufficio che evita ai professionisti di recarsi fisicamente in cancelleria per ottenere informazioni allo sportello. I dati vengono copiati �nottetempo� dai sistemi di gestione dei registri presso gli Uffici Giudiziari nel sito unico nazionale dislocato fisicamente a Napoli. Insieme ai siti distrettuali temporanei di Milano e Roma, il sistema consente la consultazione di oltre 200 uffici giudiziari, di cui 16 Corti d�Appello e 66 sezioni distaccate. Gli avvocati che possono accedere a tali informazioni, attraverso 120 punti di accesso autorizzati, sono potenzialmente circa 120.000 sui quasi 200.000 avvocati italiani oltre che l�accesso a tutta l�Avvocatura dello Stato. Per quanto invece attiene il deposito degli atti e le notifiche telematiche, il vero e proprio �processo civile telematico� consiste nell�interscambio bi-direzionale di dati e di documenti informatici a valore legale, firmati quindi digitalmente e veicolati su canali sicuri (autenticati e criptati), con relativa creazione del fascicolo informatico, sostitutivo del cartaceo. Il sistema si basa su standard aperti (SOAP, XML,...) e realizza pertanto un�interoperabilit� tra le applicazioni esterne al �dominio Giustizia� (es. software di studio, sistemi di altre PP. AA.) e le applicazioni presso gli Uffici Giudiziari. Gli atti processuali e i provvedimenti sono documenti elettronici in formato PDF parzialmente strutturato nel senso che � un documento corredato di un file XML, che contiene i dati strutturati necessari per la veicolazione e per l�aggiornamento automatico dei sistemi. (7) Ci si permette di rinviare a CONTALDO A., GORGA M., Le regole del processo civile telematico alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in Diritto dell�Internet, 2008, spec. 12 ss. 318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 2. Il sistema attuale e le modalit� tecnico-operative del Processo Civile Telematico L�attuale sistema del contenzioso civile trova linfa nella dinamica della complessa realt� socio-economica di cui l�avvocato � stato sino ad oggi il primo filtro di mediazione tra le esigenze individuali dei singoli e la pretesa dello Stato di dirimere tutte le controversie (8). Tale sistema si � basato, fondamentalmente, sino ai giorni nostri, e non vi � ragione di credere che non si baser� anche per il futuro, sull�attivit� di liberi professionisti (9), i quali, in una sorta di geloso individualismo, hanno esercitato quella che pu� essere definita tra le pi� nobili e liberali tra le professioni intellettuali. A questo sistema non integrato per� con le esigenze del sistema economico occidentale corrisponde, attualmente, un processo civile strozzato da una procedura ridondante, e sempre uguale a se stessa, che prescinde dai valori degli interessi in gioco, siano essi rappresentati da pochi o da milioni di euro. L�avvocato, investito delle questioni, individua le norme di diritto applicabili al caso concreto e, svolta l�attivit� di ricerca e di studio (10), compie la prima attivit� di rilievo, esterno, consistente nella redazione dell�atto cartaceo e nel passaggio dello stesso all�ufficiale giudiziario che, certificandolo, lo notifica. Quindi segue l�attivit� di iscrizione della causa a ruolo, il deposito degli atti e dei documenti nonch� la consultazione, in cancelleria, del fascicolo della causa che sar� trattata alle udienze dinanzi al magistrato designato in base alla programmazione tabellare. Questo sistema risulta appesantito, poi, dalla possibilit� di depositare memorie (11), note di udienza, comparse, deduzioni istruttorie, processo verbale e quant�altro. Tutte queste attivit� devono essere, peraltro, compiute entro precisi termini, il mancato rispetto dei quali viene, talvolta, sanzionato con la nullit� degli atti che, per di pi�, in quanto scritti, finiscono per immobilizzare un processo previsto come sostanzialmente orale. In definitiva, l�attuale sistema esalta il metodo di lavoro basato sul riscontro cartaceo e si sostanzia nella raffinata, e a volta sofferta, redazione di atti scritti, da parte dell�avvocato, (8) Vedi al riguardo ALPA G., L�avvocato. I nuovi volti della professione forense, Bologna, 2005, spec. 72 ss. (9) Sulla liberalit� della professione forense � assi ampia la bibliografia. Si segnalano per opportuni approfondimenti SATTA F., voce Avvocato (ordinamento), in Enc. giur., IV, Milano, 1959, 653 ss.; VICONTE G., L�avvocato e l�Europa, Milano, 1999, 42 ss. (10) Sulle metodologie delle quali vedi ancora ALPA G., op. et loc. supra cit. (11) Al riguardo vedi POGGESCHI E. Memorie del diritto processuale civile, in Nvs. Dig., III, parag. 1: �Memorie� e �Comparse� sono termini usati a pi� riprese nel codice di procedura. << le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano ecc�.>>. Per l�a. per� sono: comparse gli scritti in cui la parte ha la facolt� i proporre domande, istanze, eccezioni e comunque fare dichiarazioni, come il disconoscimento di una scrittura privata, producenti effetti giuridici; sono memorie tutti gli altri scritti difensivi. L�a. ancora sostiene che il G.I. autorizzando le parti, in deroga la principio della trattazione orale della causa, a scambiarsi degli scritti difensivi pu� anche dar loro la facolt� di fare una vera e propria comparsa. DOTTRINA 319 nell�esame, da parte del giudice, delle opposte questioni giuridiche prospettate, nell�attivit� di comunicazione da parte della cancelleria e, infine, nell�attivit� di certificazione della notifica degli atti da parte dell�ufficiale giudiziario (12). Nell�attuale sistema, quindi, ogni operatore del processo compie la sua attivit� nel completo isolamento, senza interagire con le altre parti del processo. L�interazione avviene solo nel successivo momento dell�udienza di trattazione della causa o del compimento dell�atto istruttorio. Buona parte della disorganizzazione attuale della macchina giudiziaria deriva proprio da questo metodo di lavoro intorno al �fascicolo� (13), dove l�assenza di un unico documento, immediatamente consultabile da parte di tutti gli operatori, � fonte, spesso, di errori che influiscono sul ritardo e sulla decisione delle cause. Il �fascicolo elettronico�, in quanto immediatamente accessibile a tutti gli operatori del processo (14), consentir� appunto agli avvocati, al giudice, al personale di cancelleria (15), all�ufficiale giudiziario di interagire, attraverso ricerche incrociate, con quale benefico effetto sulla speditezza e sulla qualit� del lavoro delle professioni legali � facile immaginare (16). In questa prospettiva vanno lette tutte le norme sul processo civile telematico e, in particolare, quelle emanate dal succitato d.M.G. del 14 ottobre del 2004 sulle regole tecniche-operative del processo civile telematico, pubblicato sulla G.U. n. 272 del 19 novembre 2004, cos� come modificate ed aggiornate dal recente decreto del Ministero della Giustizia del 17 luglio 2008 e sulla base della quale ultima normativa risulta che tutti i soggetti abilitati al PCT comunicano, attraverso la casella di posta elettronica certificata (12) Ci si permette di rinviare al riguardo a CONTALDO A., GORGA M., E-law. Le professioni legali, la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, Soveria Mannelli (CZ), 2006, spec. 132 ss. (13) Vedi al riguardo per una panoramica delle problematiche pratiche in campo CAMMARATA M., Giustizia: Il fascicolo informatico, in www.interlex.it; MATTIOLI C., Il processo telematico, in www.foroeuropeo. it; BRIGANTI G., Il cd. processo telematico, in www.foroeuropeo.it; NIGER, Il processo telematico: speranze e prospettive, in www.diritto.it; (14) Vedi al riguardo BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; MORO P., L�informatica forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss., CONTALDO A., GORGA M., Le regole del processo civile telematico alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in Diritto dell�Internet, 2008, 21 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss. (15) Si ricava per� dall�attuale sistema legislativo vigente che al cancelliere in determinati casi � riconosciuto il potere di rifiutare un atto. Interessante e quindi, in relazione al processo telematico, la verifica di tale esercizio di potere da parte delle cancellerie e delle modalit� tecnico-operative in cui si dovrebbe concretizzare tale rifiuto di accettazione dell�atto. Per la dottrina tradizionale: BIANCA D�ESPINOSA L., Termini di costituzione, cancellazione dal ruolo, riassunzione del processo, in Riv. dir. proc civ., 1955, II, 85 <<Non � concepibile �concedere al cancelliere l�apprezzamento di una questione giuridica quale quella della scadenza dei termini �.Il Cancelliere dunque ricever� l�atto e nel caso sar� il giudice a rilevare la tardiva inserzione e costituzione>>. (16) Vedi al riguardo altres� le perplessit� di GRAZIANI A., L�illusione processualtelematica, in Arch. Civ. 2001, 960 ss. 320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 (CPECPT) (17). Il nuovo sistema prevede che il legale, dopo aver redatto l�atto, averlo certificato con la cifratura e averlo �imbustato� - attivit� certificata mediante smart-card - acceda, tramite internet, al punto di accesso (18). I soggetti abilitati esterni, infatti, accedono al SICI tramite un punto di accesso, che pu� essere attivato esclusivamente da soggetti pubblici, quali: a) i Consigli dell'Ordine degli Avvocati, ciascuno limitatamente ai propri iscritti; b) il Consiglio Nazionale Forense, limitatamente ai propri iscritti ed agli iscritti dei consigli dell'ordine degli avvocati; c) il Consiglio Nazionale del Notariato, limitatamente ai propri iscritti; d) l'Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti; e) il Ministero della giustizia, per i soggetti abilitati interni e, in via residuale, ove sussistano oggettive difficolt� per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti di cui ai precedenti punti a) e b); f) il Ministero della Giustizia, in via residuale, ove sussistano oggettive difficolt� per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti privati, che attivano e gestiscono un punto di accesso, i quali devono avere i seguenti requisiti: a) forma di societ� per azioni; b) capitale sociale e requisiti di onorabilit� di cui all�art. 25, co. 1 d.Lgs. 1� settembre 1993, n. 385. Ciascun soggetto pu� avvalersi di un solo punto di accesso e la certificazione del difensore e' svolta dal punto di accesso, qualora questo sia gestito da un Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, o dal Consiglio Nazionale Forense, oppure dal gestore centrale sulla base di copia dell'albo fornita al Ministero della Giustizia dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati e dal Consiglio Nazionale Forense. L'aggiornamento della copia dell'albo deve avvenire entro 72 ore dalla comunicazione dei provvedimenti di pertinenza all'interessato. Il Consiglio nazionale forense compie il servizio di certificazione dei difensori per i propri iscritti o, per gli iscritti dei consigli dell'ordine, su delega di questi ultimi. Per il difensore delle parti - soggetto abilitato esterno privato - � necessaria, ai fini dell'accesso al SICI, l'autenticazione presso un (17) Vedi ZICCARDI G., op. et loc. supra cit. (18) Ai sensi dell�art. 30 d.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004: �Requisiti tecnici del punto di accesso: 1. L'autenticazione dei soggetti abilitati esterni avviene secondo le specifiche previste dalla carta nazionale dei servizi. 2. I punti di accesso stabiliscono le connessioni con il gestore centrale esclusivamente mediante un collegamento diretto alla RUPA, autorizzato dal CNIPA. 3. Ciascun punto di accesso stabilisce con il gestore centrale un canale sicuro di comunicazione, che consente la reciproca autenticazione e riservatezza. 4. Il punto di accesso garantisce un livello di disponibilit� del servizio pari al 99,5 per cento, su base quadrimestrale, nei giorni feriali, dalle ore otto alle ore ventidue, dal luned� al venerd�, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre. 5. Le procedure per la fornitura dei servizi, attuate dal punto di accesso, sono dettagliatamente documentate sul manuale operativo, previsto dall'art. 33. 6. Tutte le azioni e le procedure di sicurezza, attivate dal punto di accesso, sono dettagliatamente documentate nel piano per la sicurezza, previsto dall'art. 34. 7. La frequenza di salvataggio dei dati e' almeno giornaliera. 8. Gli eventi significativi nel funzionamento del punto di accesso sono registrati sul giornale di controllo, di cui all'art. 35. 9. I canali di autenticazione del presente regolamento sono in SSL versione 3, con chiave a 1024 bit�. DOTTRINA 321 punto di accesso. Il SICI consente al difensore l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui � costituito e permette, negli altri casi, l'acquisizione delle informazioni necessarie per la costituzione in giudizio. In caso di delega, rilasciata ai sensi dell'art. 9, R.d.Lgs. 27 novembre 1933, n. 1578, il SICI consente all'avvocato delegato l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dall'avvocato delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell'ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L'accesso e' consentito, al delegato, fino alla comunicazione della revoca della delega. La delega, sottoscritta con firma digitale, e' rilasciata in conformit� al modello previsto dall'art. 56 del regolamento stesso. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono al SICI, per la consultazione e la copia degli atti del fascicolo telematico, nei limiti dell'incarico ricevuto e della autorizzazione concessa dal giudice. A seguito dell'autenticazione viene trasmesso al gestore centrale il codice fiscale del soggetto abilitato esterno privato (19). Il punto di accesso autentica il soggetto abilitato esterno pubblico e trasmette il relativo codice fiscale al gestore centrale. I dati sono utilizzati per individuare i privilegi di accesso alle informazioni contenute nel SICI e il sistema consente agli avvocati ed ai procuratori dello Stato l'accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui � parte una pubblica amministrazione. La comunicazione tra la postazione informatica del soggetto abilitato esterno ed il punto di accesso avviene mediante canale sicuro. Il punto di accesso mantiene in linea i documenti informatici inviati fino a quando non riceve un avviso di consegna dal gestore centrale o dal punto di accesso di destinazione. Fornisce, altres�, il servizio di ricezione, inviando, in risposta ad ogni documento informatico ricevuto dal gestore centrale o da un altro punto di accesso, una ricevuta breve di avvenuta consegna e, verificata l'assenza di virus informatici in ogni messaggio in arrivo e in partenza garantisce, per un periodo non inferiore a cinque anni, la conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti. Fornisce, inoltre, il servizio di distribuzione del software, dato come prototipo dal Ministero della Giustizia, per la redazione dei documenti informatici in formato PDF parzialmente strutturato con un modello di documenti in XML. I soggetti abilitati interni, invece, accedono al SICI attraverso la Rete Unica della Giustizia (RUG) ed attraverso il punto di accesso del Ministero della Giustizia. Il soggetto abilitato interno, ad esempio il magistrato, avr� sulla console del ruolo il programma per la relativa attivit�, la lista dei fascicoli per il periodo selezionato, lo stato della causa e delle attivit� da compiersi e, quindi, in ogni momento potr� visionare i fascicoli che tratter� all�udienza e (19) Ai sensi dell�art. 8, d.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004. 322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 potr� disciplinarli in base all�agenda immediatamente consultabile. Potr� visionare il contenuto dei fascicoli stessi, fare ricerche, scrivere il relativo provvedimento ed inserirlo immediatamente nel fascicolo. Gli sar� consentito, di avere, perci�, una visione completa ed unitaria, non solo di tutti i dati delle parti e dell�oggetto, ma anche della nota di iscrizione a ruolo, della procura, degli allegati e dei provvedimenti adottati. Per quanto riguarda la casella di posta elettronica certificata del processo telematico, � stato previsto che i soggetti abilitati esterni, per utilizzare i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici, dispongono di un indirizzo elettronico e della relativa casella di posta elettronica, denominata CPECPT, fornita e gestita dal punto di accesso, nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 12 (20) del decreto in parola. Ogni indirizzo elettronico, come definito nel d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, corrisponde ad una CPECPT. Ad ogni soggetto, che interagisce per via telematica con il SICI, corrisponde un solo indirizzo elettronico, inoltre ogni CPECPT � abilitata a ricevere messaggi provenienti unicamente da altri punti di accesso e dal gestore centrale. Il registro generale degli indirizzi elettronici, contenente l�elenco di tutti gli indirizzi elettronici attivati dai punti di accesso, attivo presso il gestore centrale, � accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo le modalit� compatibili con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive modificazioni. Il gestore centrale ed i punti locali possono fornire modalit� di accesso aggiuntive al proprio registro rispetto a quella prevista. L'accesso al SICI e la casella di posta elettronica si ottengono solo previa registrazione presso un punto di accesso; per la registrazione occorre una richiesta scritta, che il punto d'accesso � tenuto a conservare per almeno dieci anni. Con la registrazione, il punto di accesso acquisisce i dati relativi sia all'indirizzo elettronico delle persone fisiche che dell'indirizzo elettronico degli enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche e verifica l'identit� del richiedente ed il relativo codice fiscale (21). I difensori delle parti (20) In quanto la CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilit� per trenta giorni. Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico reso disponibile al destinatario, cui e' associata l'attestazione temporale di cui all'art. 45.D.M. cit. La posta certificata del processo telematico � conforme alle linee guida stabilite dal Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA). L'avviso di cui al comma 1 e' conservato, presso il punto d'accesso, per un periodo non inferiore a cinque anni. (21) Ai sensi dell�art. 13 d.M. cit. co. 3 �all'indirizzo elettronico delle persone fisiche, sono associate le seguenti informazioni: a) nome e cognome; b) luogo e data di nascita; c) codice fiscale; d) data, ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico; e) residenza; f) domicilio; g) stato dell'indirizzo: attivo, non attivo; h) certificato digitale relativo alla chiave pubblica, da utilizzare per la cifratura; i) consiglio dell'ordine o ente di appartenenza; j) stato del difensore: attivo, non attivo. Co. 4 All'indirizzo elettronico degli enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche, sono associate le DOTTRINA 323 presentano, all'atto della registrazione, un certificato rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in cui il consiglio dell'ordine di appartenenza attesta l'iscrizione all'albo, od all'albo speciale, od al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima all'esercizio della difesa e l'assenza di cause ostative allo svolgimento dell'attivit� difensiva. Gli esperti e gli ausiliari del giudice devono, invece, presentare, all'atto della registrazione, il certificato dell�iscrizione all'albo dei consulenti tecnici o copia della nomina da parte del giudice dalla quale deve risultare che l'incarico non � esaurito. Al momento della registrazione i soggetti abilitati esterni devono comunicare al punto di accesso determinate informazioni (22). Il punto di accesso attiva un registro degli indirizzi elettronici che contiene l'elenco di tutti gli indirizzi elettronici emessi, revocati o sospesi dal punto di accesso. Il difensore comunica al consiglio dell'ordine di appartenenza il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso, unitamente al proprio codice fiscale e ai dati identificativi del medesimo punto. Il difensore delle parti, l'esperto o l'ausiliario del giudice deve comunicare alla cancelleria competente il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso. Il registro degli indirizzi elettronici � accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo le modalit� compatibili con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive modificazioni. Per i soggetti abilitati esterni pubblici, ciascun punto di accesso comunica al Ministero della Giustizia, per via telematica, tutte le informazioni ed ogni loro variazione, al fine dell'inserimento nel registro generale degli indirizzi elettronici. Per i soggetti abilitati esterni privati (difensori) provvedono all'inserimento nei registri degli indirizzi elettronici i Consigli dell'Ordine degli Avvocati ed il Consiglio Nazionale Forense, che comunicano al Ministero della Giustizia ed ai punti di accesso di riferimento, per via telematica, le informazioni e le successive variazioni. Per quanto riguarda i requisiti tecnici dei registri degli indirizzi elettronici, � da dire che il gestore centrale ed i punti di accesso rendono disponibile una copia operativa dei propri registri degli indirizzi elettronici e mantengono l'originale inaccessibile dall'esterno, garantendo la conformit� tra la copia operaseguenti informazioni: a) denominazione sociale; b) codice fiscale; c) data, ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico; d) sede legale; e) certificato digitale relativo alla chiave pubblica da utilizzare per la cifratura; f) stato dell'indirizzo: attivo, non attivo�. (22) Al momento della registrazione, i soggetti abilitati esterni comunicano al punto di accesso le seguenti informazioni: a) nome e cognome; b) luogo e data di nascita; c) codice fiscale d) residenza; e) domicilio; f) certificato digitale, relativo alla chiave pubblica, per la cifratura; g) consiglio dell'ordine di appartenenza. I soggetti abilitati esterni comunicano al punto di accesso ogni variazione delle informazioni di cui alle lettere d), e), f) e g). Le informazioni di cui al comma 6, unitamente alla qualit� di difensore delle parti, di esperto o ausiliario del giudice, ed all'indirizzo elettronico assegnato e ad eventuali variazioni del suo stato, sono trasmesse dal punto di accesso al gestore centrale e, per i difensori delle parti, al consiglio dell'ordine di appartenenza. 324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 tiva e l'originale dei propri registri e risolvendo tempestivamente qualsiasi difformit�, registrandola in un apposito giornale di controllo. Le operazioni che modificano il contenuto dei registri sono consentite unicamente al personale espressamente autorizzato e sono registrate anch�esse in un apposito giornale di controllo. La data, l'ora e i minuti, iniziali e finali, di ogni intervallo di tempo nel quale i registri non risultano accessibili dall'esterno oppure sono indisponibili in una loro funzionalit� sono registrate in un apposito giornale di controllo. Almeno una copia dei registri � conservata in locali di sicurezza, ubicati in luoghi diversi da quelli ove sono custoditi gli originali. Il gestore centrale fornisce anche il servizio di consultazione del SICI e il servizio di trasmissione telematica degli atti. I soggetti abilitati esterni accedono ai servizi del gestore centrale esclusivamente attraverso il proprio punto di accesso. Dal punto di accesso, che fa parte della rete privata del sistema, le cartelle dei documenti firmati arrivano al gestore centrale e quest�ultimo, come detto, � il punto unico di interazione, a livello nazionale, tra il SICI ed i soggetti abilitati esterni ed � attivo presso il Ministero della Giustizia. La cartella da qui � inviata al gestore locale del singolo tribunale della cancelleria interessata. Il gestore locale �, infatti, parte del sistema informatico dell'ufficio giudiziario e dell'UNEP, come definito nel d.M.G. 24 maggio 2001, e deve rispettare i requisiti tecnici ed organizzativi definiti in tale ambito, che sono attivati appunto presso gli uffici giudiziari periferici e gli uffici dell�UNEP (23). Qui � il gestore locale della rete che provveder� ad autenticare i soggetti interni che possono accedere alla rete. Il legale, dal proprio punto di accesso, accede mediante internet fino al nodo del punto di accesso della rete privata. Il beneficio conseguente sar� che il gestore centrale non sar� esposto su internet, con conseguente maggiore flessibilit� delle politiche di autocertificazione e maggiore sicurezza dei punti di accesso. Opposto � il processo inverso, ad esempio, di comunicazione del provvedimento per mezzo del biglietto di cancelleria che dal gestore locale sar� trasmesso al centrale e, quindi, al punto di accesso locale da dove, mediante poi la rete internet, perverr� allo studio legale. Nelle comunicazioni o notificazioni al difensore, il gestore centrale controlla, mediante il registro generale degli indirizzi elettronici, la certificazione del difensore e, in caso di esito negativo del controllo, il gestore centrale inoltra la comunicazione o notifica all'ufficio giudiziario o all'UNEP un messaggio contenente l'esito del controllo. Il gestore centrale associa automaticamente, ad ogni documento informatico pervenuto da un punto di accesso, una attestazione temporale della ricezione del documento informatico contenente data, ora e minuti; questa attestazione � inserita in un messaggio inviato all'indirizzo elettronico del mittente ed associa automaticamente, ad ogni ricevuta, una at- (23) Ai sensi dell�art. 4, D.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004. DOTTRINA 325 testazione temporale comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo documento informatico da parte del destinatario. Questi dati sono trasmessi al gestore locale dell'ufficio giudiziario competente. Il sistema utilizza per gli adempimenti di cui innanzi un servizio di attestazione temporale basato, con una differenza non superiore ad un minuto primo, sulla scala di tempo UTC (IEN), determinata ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge 11 agosto 1991, n. 273. Verificata l'assenza di virus informatici in ogni messaggio, in arrivo e in partenza, se riceve un messaggio privo dei dati necessari all'instradamento verso l'ufficio giudiziario o verso l'UNEP, genera ed invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l'avviso del rifiuto del messaggio e l'indicazione degli elementi mancanti. Inoltra automaticamente tutti i documenti informatici provenienti dall'esterno del SICI e diretti verso il gestore locale dell'ufficio giudiziario o dell'UNEP ed associa l� attestazione temporale. Il gestore centrale, inoltre, fornisce un servizio di inoltro automatico di tutti i documenti informatici ricevuti dall'interno del SICI verso l'indirizzo elettronico di destinazione ed un servizio di conservazione di tutti i messaggi inviati e ricevuti, associati alle relative attestazioni temporali, con le modalit� previste dalla delibera CNIPA del 19 febbraio 2004, n. 11. I supporti sono inviati, con periodicit� mensile, ad un apposito centro di conservazione presso il Centro di Gestione Centralizzata del Ministero della Giustizia, che ne assicura la conservazione per un periodo non inferiore a cinque anni, eseguendo la certificazione del difensore, qualora non sia gi� stata compiuta dal punto d'accesso, e fornisce un servizio per verificare lo stato delle notifiche e delle relative ricevute brevi di avvenuta consegna. Il gestore locale, dal canto suo, fornisce: il servizio di consultazione del sistema informatico dell'ufficio giudiziario per i soggetti abilitati, collegati attraverso il gestore centrale mediante il sistema informatico di gestione della cancelleria; trasmette i documenti tra i sistemi informatici dell'ufficio giudiziario o dell'UNEP ed il gestore centrale, fornendo una verifica della ricezione di tutti i documenti informatici ricevuti dal gestore centrale e delle relative attestazioni temporali; decifra i messaggi crittografati ricevuti, secondo le regole previste, e cifra, con le modalit� di cui all'art. 43 del decreto in parola, i documenti in uscita, facenti parte del fascicolo informatico, quando sono destinati a soggetti abilitati esterni. Il gestore locale inoltre verifica automaticamente, con il controllo della firma digitale, l'autenticit� e l'integrit� di ogni documento informatico ricevuto e verifica, altres�, il rispetto dei formati nonch� l'assenza di virus. Infine rende disponibile il documento ricevuto al sistema informatico di gestione delle cancellerie civili o dell'UNEP, associandovi le informazioni dell'attivit� di verifica per valutarne la ricevibilit�. 326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 3. La costituzione delle parti nel processo telematico. Linee generali Da tutto quanto sopra rilevato dovrebbe essere ormai chiaro che, contrariamente a quello che il nome �processo telematico� potrebbe far inizialmente pensare, non si tratta di un nuovo sistema processuale, ovvero di nuove regole dettate ed atte a disciplinare le fasi del processo in maniera diversa da quanto previsto dal codice di rito attualmente in vigore. Il progetto di realizzazione di un �processo telematico� consiste, infatti, nella realizzazione di un insieme di applicazioni informatiche ed infrastrutture tecnologiche atte a rendere accessibile via web il sistema informatico civile, non solo per la consultazione dello stato delle cause, ma soprattutto per il deposito di atti, la consultazione del fascicolo elettronico e la trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti. Quando il sistema diverr� pienamente operativo sar� dunque possibile non solo consultare a distanza i registri di cancelleria ed i documenti contenuti nel fascicolo elettronico, ma anche richiedere a distanza copie di documenti, trasmettere per via telematica documenti di parte o formati d�ufficio per la loro acquisizione automatica nel registro e nel fascicolo; inviare in forma telematica gli avvisi relativi agli atti processuali compiuti; ottenere la registrazione e la trascrizione telematica degli atti giudiziari. Il tutto con evidente riduzione dei tempi del processo, unitamente ad una razionalizzazione degli stessi. Pertanto, ci� che deve correttamente intendersi per processo telematico, pertanto, � la possibilit� data alle parti, al giudice ed alla cancelleria, di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici. Da questo si deduce che le fasi processuali maggiormente interessate dalle novit� telematiche sono quella della comunicazione degli atti (notificazione inclusa) e quella della costituzione. Ed infatti, secondo quanto disposto dall�art. 4 del d.P.R. n. 123/2001 tutti gli atti ed i provvedimenti del processo possono anche essere compiuti come documenti informatici sottoscritti con firma digitale, essendo a tal fine previsto che ognuno dei soggetti coinvolti nel processo metta a disposizione il suo indirizzo elettronico (art. 7). A tal fine � prevista la creazione di un vero e proprio fascicolo informatico. Ai sensi dell�art. 12 del d.P.R. n. 123/2001 la cancelleria pu� provvedere a formare un fascicolo informatico, inserendo nello stesso tutti gli atti ed i documenti probatori inviati per via telematica dal difensore, il quale nello stesso modo far� pervenire la procura alle liti asseverata come conforme all�originale mediante sottoscrizione con firma digitale, nonch� la nota di iscrizione a ruolo. Come si vede, attraverso queste previsioni viene di fatto consentito alle parti di costituirsi in giudizio senza pi� recarsi fisicamente in cancelleria. Inoltre, il fascicolo informatico permetter� ai difensori, al giudice ed alla cancelleria di consultare on line il fascicolo d�ufficio e quelli di parte, con evidente dispendio di tempo ed energie. Per potersi costituire per via te- DOTTRINA 327 lematica l�avvocato dovr�, quindi, avere cura di formare documenti idonei ad essere trasmessi con questo particolare mezzo. A tal fine � stato di recente emanato un decreto ministeriale del 29 settembre 2008 che dispone che gli atti del processo in forma di documenti informatici devono essere redatti con file in formato PDF, che deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale e non deve avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non � pertanto ammessa la scansione di immagini; inoltre, la firma digitale, che deve necessariamente essere apposta all�atto, deve essere esterna. A ci� si aggiunga che l�atto in PDF deve essere accompagnato da un file XML che riporta i �dati di servizio� relativi all�atto e ritenuti essenziali per i sistemi di cancelleria, esso � denominato Dati Atto.xml, va firmato digitalmente e va imbustato insieme all�atto. Per la definizione di DatiAtto.xml sono stati utilizzati dei moduli che consentono di fornire una specifica chiara, ben definita e leggibile, nonch� di operare un maggior numero di controlli sia in fase di predisposizione dell�atto, che in fase di accettazione da parte dei sistemi di cancelleria. Il decreto ministeriale del 29 settembre 2008 sopra menzionato, contiene, poi, ulteriori dati tecnici per la formazione ed invio degli atti per via telematica. Lo stesso decreto contiene, inoltre, notazioni tecniche in ordine alla struttura dei messaggi di posta elettronica ordinaria e certificata, nonch� sull�effettuazione delle notificazioni e comunicazioni per via telematica. Prima del decreto ministeriale sopra menzionato, un altro decreto del 17 luglio 2008 aveva gi� dettato regole tecnico-operative per l�uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, specificando in particolare il funzionamento del sistema informatico civile previsto dal d.P.R. n. 123/2001, le modalit� di gestione centrale e locale, nonch� di certificazione del difensore. Questi soggetti, in particolare, vengono distinti in soggetti abilitati esterni privati, individuati nei difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice; soggetti abilitati esterni pubblici e cio� gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali; soggetti abilitati esterni, ossia i soggetti abilitati esterni privati e i soggetti abilitati esterni pubblici; ed infine soggetti abilitati interni, quali i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP. Lo stesso decreto ministeriale del 17 luglio detta, inoltre, i principi relativi alla trasmissione dei documenti informatici tra il sistema informatico civile ed entit� esterne, principi che rivestono in questa sede particolare importanza in quanto attengono esattamente allo scambio di documenti tra avvocati e sistema informatizzato della giustizia civile e quindi riguardano direttamente costituzione in giudizio, deposito atti, comunicazioni e notificazioni. Viene pertanto disposto che nella trasmissione di documenti informatici nell�ambito del procedimento civile trovino applicazione tutte le prescrizioni contenute nel nuovo codice dell�amministrazione digitale, d.lgs. 82/05, che ha abrogato e sostituito sia il Testo Unico delle disposizioni legislative e re- 328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 golamentari in materia di documentazione amministrativa d.P.R. n. 445/2000, sia le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 10/2002 (il riferimento operato dal decreto ministeriale esclusivamente al d.P.R. n. 445/2000 ed al d.lgs. n. 10/2002 deve infatti ritenersi effettuato al testo di legge oggi in vigore). Viene inoltre definito il momento in cui il documento informatico inviato viene recepito dal sistema informatico civile, dato assai rilevante ai fini della verificazione della tempestiva costituzione delle parti. Al riguardo, l�art. 38 del decreto ministeriale del 17 luglio 2008 dispone che il documento informatico inviato da un soggetto abilitato esterno (nel caso di specie pu� trattarsi proprio dell�avvocato) � ricevuto dal sistema informatico civile nel momento in cui il gestore centrale lo accetta ed associa l�attestazione temporale della ricezione del documento informatico, contenente data, ora e minuti e che viene, in modo correlato, inserita in un messaggio inviato all�indirizzo elettronico del mittente. Viceversa, il documento informatico inviato da un soggetto abilitato interno (ad esempio la cancelleria) � ricevuto dal soggetto abilitato esterno (l�avvocato) nel momento in cui il gestore centrale riceve la ricevuta di avvenuta consegna breve relativa al documento e vi associa l�attestazione temporale, comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo documento informatico da parte del destinatario, trasmettendo questi dati al gestore locale dell�ufficio giudiziario competente. E� importante rilevare, quindi, che il momento della ricezione dell�atto viene definito sempre con riferimento al GC, rimanendo irrilevante, invece, ai fini del computo dei termini e quant�altro, il momento di ricezione da parte del GL. Il gestore locale, infatti, ha principalmente il compito di fornire il servizio di consultazione del sistema informatico dell�ufficio giudiziario, per i soggetti abilitati collegati attraverso il GC. Nel caso in cui l�avvocato si avvalga del sistema per l�iscrizione a ruolo, l�art. 40 del decreto ministeriale del 17 luglio 2008 dispone che il sistema informatico dell�ufficio giudiziario invia al difensore che iscrive la causa a ruolo per via telematica una comunicazione recante il numero di ruolo del procedimento assegnato d�ufficio. 4. La procura alle liti E� dato oramai generalmente conosciuto, dalla generalit� dei consociati, che per agire in giudizio come attore o ricorrente e anche per resistere al ricorso, o anche costituirsi in giudizio, come convenuti ad una domanda da altri introdotta nei propri confronti, � sempre necessario farlo per ministero di un avvocato quale soggetto a ci� abilitato, dotato di quella competenza tecnica per ogni causa escluse, evidentemente, quelle per un certo valore minimo o per determinate materia. Ma esclusi questi casi particolari per stare in giudizio occorre sempre l�assistenza legale di un difensore, il quale, affinch� possa rappresentare la parte in giudizio deve necessariamente e preventivamente essere DOTTRINA 329 munito di mandato scritto, del cliente, rilasciato in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, ossia di una �procura alle liti� (24) o �mandato alle liti�. Anche nell�era della telematica e dell�informatica, l�approccio metodologico alla causa, da parte degli avvocati, non ha subito significativi cambiamenti rispetto a quello tradizionale in quanto le attivit� ancora consistono nello studio dei documenti, al ripensare ai colloqui con il cliente, all�identificazione gli istituti giuridici a favore e contro la parte che si deve rappresentare e ci� si fa mediante l�accesso alle banche dati istituzionali e certificate o tratte dalla libera fonte di internet. Tutto ci� al fine di trovare argomenti per sostenere la tesi a se favorevole e sfavorevole alla controparte. Questo modus operandi implicava ed implica il superamento delle problematiche che il �nuovo processo�o, meglio, la nuova metodologia di esercizio dell�attivit� professionale processuale, pone. Tra queste quella, molto dibattuta, non solo, tra i giuristi informatici, � quella relativa alla procura alla lite, alla sua sottoscrizione e alla conseguente certificazione da parte del difensore. La norma di riferimento, che qui di seguito esamineremo, � quella dell�art. 83 C.P.C. che deve essere preliminarmente scrutinata nella trattazione di questo primo fondamentale atto con il quale l�avvocato � investito della questione da patrocinare. L�esame quindi deve necessariamente muovere dalla trattazione di questo fondamentale atto quale � la �procura alle liti� (25) in quanto solo con la relativa certificazione dell�autenticit� della sottoscrizione, l�avvocato � abilitato all�esercizio dello Jus postulandi (26), che consiste nel cd. mandatum posto a margine o in calce all�atto di citazione, al ricorso, alla comparsa di risposta (27) o ad uno degli altri atti elencati nell�art. 125 del C.P.C. Prevedeva l�art. 83 C.P.C., nella pregressa formulazione, e per quanto qui interessa, che quando la parte � in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura che pu� essere generale o speciale conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Inoltre che la procura speciale pu� essere anche apposta in calce o a margine della citazione, ricorso, del contro- (24) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI F., Figura giuridica del difensore, in Riv. dir. proc. civ., 1940, I, 65; CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., II, 260 ss. (25) Vedi al riguardo CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., 250: �Per poter esercitare il �ministero� del difensore rappresentante bisogna che questi, a differenza del difensore assistente, sia munito di �procura� scritta (Art. 83 cpc): per questo la legge distingue il �difensore con procura� (art.86) che rappresenta la parte, dal difensore �senza procura� che per incarico che pu� essere puramente verbale, si limita ad assisterla�. Distinzione a cui corrispondeva la doppia iscrizione nell�albo forense per l�attivit� di funzione �procuratoria� e di �avvocato�, poi soppressa con legge n. 27 del 24 febbraio 1997 avente per oggetto appunto la soppressione dell�albo dei procuratori legali e nuove norme in materia di esercizio della professione forense. (26) Vedi al riguardo CARNELUTTI F., Lezioni sul processo penale, Milano, 1949, 190. (27) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI F., Figura giuridica del difensore, in Riv. dir. proc. civ. , 1940, I, 65; CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., , II, 260 ss. 330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 ricorso, della comparsa di risposta o d�intervento del precetto o della domanda d�intervento nell�esecuzione. In tali casi l�autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia per� congiunto materialmente all�atto cui si riferisce. Orbene proprio sulla possibilit� di considerarla la procura apposta in calce, anche se rilasciata su foglio separato congiunto, per�, materialmente all�atto cui si riferisce, la dottrina e la giurisprudenza ha molto dibattuto. Ed infatti atteso che la dematerializzazione degli atti del processo telematico coinvolge, come innanzi detto, anche la procura alle liti, nel caso in cui sia stata conferita su foglio separato, dall�atto processuale nel quale pu� fare riferimento, ai sensi dell�art. 83 del codice di procedura civile, si poneva il problema della �congiunzione materiale� richiesta dall�articolo stesso. Infatti la procura alle liti, sia essa rilasciata su documento informatico autonomo, ab origine, sottoscritto con firma digitale dal cliente ed autenticata altrettanto digitalmente dal legale, ovvero redatta in forma analogica e sottoscritta ed autenticata in modo tradizionale, per poi essere convertita in formato digitale ed asseverata conforme all'originale con firma digitale del difensore, non pu� essere ritenuta apposta n� in calce n� a margine di un atto giudiziario. La norma di riferimento infatti � sempre l�art. 83, commi 1 e 2 C.P.C., il quale prevede che: �quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alla lite pu� essere, poi, generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata�. La procura ad litem, che si inquadra nel pi� vasto ambito della rappresentanza, �, infatti, un negozio recettizio con cui la persona fisica, che sta nel giudizio o vuole promuoverlo, in proprio o in nome e per conto altrui, manifesta la volont� di attribuire l'incarico difensivo. Solo con essa al difensore nominato legalmente abilitato al patrocinio ha il potere-dovere di agire nel processo per la cura degli interessi dell'assistito. Il difensore, infatti, potr� direttamente e validamente agire nel processo in nome e per conto dell'assistito e gli effetti del proprio operato si rifletteranno immediatamente nella sfera giuridica del conferente, dato che la procura attribuisce la contemplatio domini, vale a dire il potere della spendita del nome. I limiti e le facolt� della rappresentanza processuale sono fissati, perci�, per legge e sono desumibili dall'articolo 84 del C.P.C., in quanto il difensore �pu� compiere o ricevere tutti gli atti del processo�, esclusi gli atti espressamente riservati dalla legge alla parte conferente o che comportino una disposizione del diritto in contesa. Sotto il profilo in esame, relativamente alla procura, molto interessanti sono i procedimenti che vengono instaurati con la proposizione di un ricorso dove la costituzione della parte rappresentata coincide con il deposito dell�atto introduttivo, con la conseguenza che la procura deve esistere, ed essere depositata contestualmente al ricorso stesso, al fine della valida instaurazione del DOTTRINA 331 rapporto processuale (28). Quando la procura ad litem � invece redatta su foglio separato, che deve essere materialmente congiunto, all�atto a cui si riferisce, si pone un serio problema in quanto la stessa non risulta essere n� a �margine� n� �in calce� al ricorso. Tale mandato, su atto separato, deve essere congiunta materialmente sull�originale, quindi spillata allo stesso, al momento della costituzione in giudizio, pur non occorrendo che sia tuttavia trascritta sulla copia notificata alla controparte (29). Tradizionalmente per� il mandatum ad litem � stato sempre concesso attraverso la specifica procura in calce o a margine dell�atto di citazione oppure della comparsa di risposta (30). Questa tradizionale distinzione tra mandato concesso a margine o in calce, in relazione alla procura elettronica, sin dall�inizio � stata ritenuta norma non applicabile alla fattispecie perch�, nella previsione regolamentare del processo telematico, la procura per disposizione normativa, deve essere rappresentato da un file autonomo sottoscritto con firma digitale dal cliente di seguito all�atto introduttivo del giudizio. A tale file deve poi, nella previsione normativa, essere apposta la firma digitale dell�avvocato, cosicch� la sottoscrizione risulta per autenticata dallo stesso professionista che con l�apposizione della propria firma, di seguito a quella del cliente, l�accompagna con la specificazione che quest�ultima � apposta �per autentica� (31) andando cos� a legalizzare il file del cliente. Sin dall�inizio, per�, dell�introdotta normativa regolamentare si � posto in dottrina, ed in giurisprudenza, il problema relativo alla sottoscrizione del mandato alla lite fatta dal cliente, che quale soggetto - sia esso Ente pubblico o persona fisica - l�abbia rilasciata su supporto cartaceo, o, se munito di firma digitale, la rilasci su supporto elettronico. Queste due problematiche principali: vale a dire quella del cliente privo e quella del cliente munito di firma digitale hanno trovato immediate soluzioni essendo queste due fattispecie abbastanza semplici in quanto per la prima ipotesi, trasformato il documento cartaceo in documento elettronico, con l�inserimento della stringa, che � il risultato della crittazione mediante chiave privata dell�impronta delle funzioni di hash, apposta la firma digitale dell�avvocato, per autentica, mediante una nuova cifratura della stessa, questa volta con la chiave privata, l�avvocato con la sua firma digitale attesta che la parte ha firmato il mandato. Nel secondo caso, e cio� quando il cliente � munito di firma digitale, l�avvocato, invece, con la propria firma digitale, fa solo l�autentica di quella sottoscrizione del mandato. Quanto test� detto si desume agevolmente dall�art. 10 del D.P.R. n. 123 del 2001, dove (28) In tal senso cfr. Cass. 4 febbraio 1999 n. 972. (29) In tal senso cfr. Cass. 25 luglio 1997 n. 6955. (30) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI, Figura giuridica del difensore, in Riv. Dir. Proc. Civ. , 1940, I, 65; REDENTI, Profili, pag. 371 segg.; CALAMANDREI, Isti., II pag. 260 e ss. (31) SATTA G., Commentario al codice di procedura civile. �la realt� � che nell�art. 83 non si parla di autenticazione, ma di certificazione�. 332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 � stato previsto che se il difensore si costituisce telematicamente, ma la procura gli � stata conferita su supporto cartaceo, questi dovr� trasmettere la copia informatica del documento cartaceo, con la garanzia di autenticit�, ossia con la procura asseverata come conforme all'originale, mediante sottoscrizione con firma digitale (32). E� stato, poi, posto in capo allo stesso difensore di depositare, al momento della costituzione in giudizio, l�originale cartaceo redatto al momento del conferimento dell�incarico. Nell�ipotesi di procura elettronica il mandato alle liti dovr� quindi,essere trasmesso insieme alla nota di iscrizione a ruolo - questa, si noti, andr� redatta in conformit� al modello di cui all'art. 3, comma 3, D.M. 123/2001 (33) - per via telematica come documento informatico, sottoscritto con firma digitale e redatto in modo conforme al modello definito dal decreto sulle regole tecnico-operative del processo telematico, dettate con il decreto del 14 ottobre del 2004, come modificato dal Decreto del 17 luglio 2008 (34). Proprio quest�ultima normativa deve essere tenuta presente proprio per quanto sar� detto nel paragrafo seguente. In questa sede, e per adesso, occorre precisare che il problema determinante, rispetto alla procura elettronica, � divenuto la trasmissione degli atti e dei documenti proprio in relazione a quella che era l�originaria previsione dell�art. 83 del C.P.C., e che solo recentemente � stata integrata e specificata come di seguito sar� meglio detto. Per il momento occorre soffermarsi sul fatto che prevedeva (e prevede) infatti l�originario art 83 C.P.C. al terzo comma che �la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato� ma subito (32) Ai sensi dell�art. 10 d.M.G. n. 123 del 2001 �Procura alle liti� 1. Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con firma digitale. (33) Ai sensi dell�art. 3 d.M.G. n. 123 del 2001 �Sistema informatico civile� 1. Il sistema informatico civile � strutturato con modalit� che assicurano: a) l'individuazione dell'ufficio giudiziario e del procedimento; b) l'individuazione del soggetto che inserisce, modifica o comunica l'atto; c) l'avvenuta ricezione della comunicazione dell'atto; d) l'automatica abilitazione del difensore e dell'ufficiale giudiziario. 2. Al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari per le attivit� rispettivamente consentite dal presente regolamento. 3. Con decreto del Ministero della Giustizia, sentita la CNIPA(gi� AIPA), sono stabilite le regole tecnico- operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonch� per l'accesso dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari. Con il medesimo decreto sono stabilite le regole tecnico- operative relative alla conservazione e all'archiviazione dei documenti informatici, conformemente alle prescrizioni di cui all'articolo 2, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e all'articolo 18 del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513. Vedi BUFFA, op. et loc. supra cit. (34) Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004, come modificato con il Decreto 17 luglio 2008 - Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in sostituzione del decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004, pubblicato nel supplemento ordinario n. 167 alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004 - In Gazzetta Ufficiale 2 agosto 2008, Supplemento Ordinario n. 180. DOTTRINA 333 dopo precisa che detto foglio deve essere �congiunto materialmente all�atto cui si riferisce�. Orbene allorquando la procura era rilasciata su supporto cartaceo, come atto materialmente separato, ipotesi di redazione del mandato su supporto cartaceo ad hoc come atto ulteriore diverso da quello in cui era stata redatta la citazione, la comparsa o uno degli altri atti elencati dall�art. 125 cpc, per questo atto, foglio separato il 3 co. dell�articolo in esame prescriveva - e prescrive - che come atto separato, ai fini della sua �congiunzione materiale�, � necessaria la sua spillatura - o incollatura - di seguito all�atto al quale fa riferimento. In merito rilevante � stata la casistica in ordine alle domande introdotte con ricorso - diversamente da quelle introdotte con citazione - per le quali dovendo il ricorrente costituirsi in cancelleria con il deposito del ricorso e, quindi, instaurandosi il rapporto non con la notifica del ricorso e del decreto, ma con il deposito del ricorso in cancelleria, non era mai possibile il rilascio della procura in data anteriore alla costituzione - in cancelleria - della parte rappresentata. La giurisprudenza ha sempre ritenuto, infatti, inidoneo un eventuale rilascio della procura successiva alla data del deposito in cancelleria come atto irrituale ai fini della corretta instaurazione del rapporto processuale (35). E� stato, infatti, pi� volte affermato che il ricorso all�art. 125 C.P.C., che prevede la possibilit� di rilasciare la procura al difensore in data posteriore alla notificazione dell�atto, purch� anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, non � mai applicabile nei procedimenti promossi mediante ricorso, in quanto in questi la costituzione della parte rappresentata coincide con il deposito del ricorso, con la conseguenza che l�eventuale mancanza della procura, al momento di detto deposito, comporta l�inesistenza dell�atto introduttivo, il quale risulta privo di un presupposto indispensabile per la valida instaurazione del rapporto processuale (36). N� l�invalidit� della costituzione in giudizio della parte, per difetto di procura al difensore rilasciata nei modi e nei tempi di cui agli artt. 83 e 125 C.P.C., si badi bene pu� essere sanata per effetto di una successiva ratifica dell�operato del difensore medesimo (37), diversamente da quanto vedremo previsto dalla riforma per i giudizi incardinati dopo il 4 luglio 2009. 4.1. La procura alle liti elettronica prima dell�ultima riforma In questa sede, prima di passare alla trattazione della nuova procura alla lite elettronica, cos� come risulta dalla recente riforma fatta con la legge (35) In tal senso multis vv.: Cass. Sent. 6280 del 3 giungo 1995; Cass. Sent. 9719 del 10 maggio 2005. (36) In tal senso Cass. Sent. 5119 del 10 maggio 1995; Cass. Sent. 972 del 4 febbraio 1999. (37) Cfr. Cass. Sent. 630 del 31 gennaio 1986. 334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 n. 69 del 2009, occorre esaminare comՏ stata risolta in giurisprudenza, sino ad ora, la problematica in ordine alla procura elettronica nella previsione normativa dell�art. 83 c.p.c. non integrato. Quest�ultima norma - che regolamenta il conferimento della procura alla lite, quale difesa tecnica obbligatoria per la parte in giudizio - � stata concepita e scritta, anche se non nella sua formulazione attuale, quasi settant�anni fa quando la percezione della realt� era solo analogica e quindi allorch� il foglio di carta bollata, sulla quale era rilasciata, era percepibile alla vista ed al tatto quale entit� �materiale�. Ora, per�, poich� la dematerializzazione degli atti del processo telematico, come abbiamo anticipato, coinvolge anche la procura alle liti l�insieme dei bit che ne rappresentano la sua costruzione risultano impalpabili in quanto, appunto, �virtuali�, come tali restano, sul monitor finch� il documento elettronico non viene stampato e salvato sull�hard disk, od in altra memoria di massa, per essere poi riutilizzato o spedito telematicamente come documento informatico. La procura alle liti redatta quindi in forma di documento informatico, in quanto entit� immateriale ed elemento virtuale, non pu� essere logicamente congiunta �materialmente� ad alcunch� atteso che il bit � impalpabile. Ora, come anticipato, della previsione della fattispecie, ante riforma, la norma � che nell�ipotesi in cui la procura sia rilasciata su atto separato quest�ultimo deve essere �congiunto materialmente� all�atto cui si riferisce, sicch� si � posto il non marginale problema di interpretare l�inciso �congiunto materialmente all�atto cui si riferisce� per quanto attiene al processo telematico e relativi documenti elettronici. Ed infatti mentre per i giudizi introdotti con ricorso il problema in ordine alla congiunzione materiale della procura all�atto al quale fa riferimento, nell�ipotesi in cui quest�ultima sia rilasciata su documento cartaceo, non pone particolare problematiche dovendo quest�ultima essere congiunta, anche per mezzo della semplice spillatura (o incollatura) all�atto al quale si riferisce, diversamente ed apparentemente insormontabile � subito apparsa la questione della �congiunzione materiale� nell�altra fattispecie in cui la procura fosse stata rilasciata, invece, elettronicamente. Per quest�ultima ipotesi ben difficile, anche sotto il profilo concettuale, era la sua �congiunzione materiale� all�atto al quale faceva riferimento ed anche sotto il profilo logico-giuridico l�attivit� di congiungere un atto immateriale elettronico ad un atto materiale, cartaceo, era esercitazione assai ardua. Tuttavia atteso l�insormontabilit� del problema concettuale di �congiunzione materiale di un atto immateriale�, prima della novella, era stata data una prima soluzione relativamente alla congiunzione della procura inviata per via telematica con un atto pure inviato telematicamente. Dobbiamo qui fare qui riferimento ad una, molto pubblicizzata, Ordinanza assunta in primo grado dal Tribunale di Milano, sezione VIII civile, depositata il 23 febbraio del DOTTRINA 335 2009. Per questa sezione di Tribunale (38) la procura telematica alle liti � valida a tutti gli effetti di legge purch� essa sia contenuta nella busta telematica ed inviata, in detta busta, unitamente al ricorso monitorio, entrambi firmati dall'avvocato con firma digitale ivi compresa la busta. Ha ritenuto cio� il Tribunale che nonostante la procura alle liti fosse stata rilasciata in un foglio separato dal ricorso non �congiunto materialmente� a quest'ultimo ma semplicemente �imbustato� con quest�ultimo, e quindi prodotto quale documento del fascicolo di parte, questa semplice modalit� di spedizione avrebbe soddisfatto il requisito della congiunzione materiale all'atto richiesta dall'articolo 83, comma 3, del codice di procedura civile. Invero nonostante il favore ottenuto, in vari settori, da questa decisione il giurista � sempre tenuto a verificare la correttezza del procedimento logico- giuridico seguito dal Tribunale muovendo �dal fatto� regolato dalla �lex specialis� per il processo telematico. Orbene, in fatto la fattispecie che � al nostro esame prende le mossa da un�opposizione a un decreto ingiuntivo la cui fase dell�intero procedimento si era svolta in via telematica e quindi il Tribunale ritenuto che l'articolo 10 del dpr n. 123/2001, prevede che: �Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con firma digitale�, ha ritenuto che anche nel procedimento monitorio telematico, la procura conferita su supporto cartaceo, e dunque su foglio separato dal ricorso cui si riferisce, pu� validamente essere �congiunta� allo stesso, mediante copia informatica certificata e autentica. Per il Tribunale di Milano cio� �l'inserimento del foglio separato contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore con firma digitale costituisce nel sistema telematico la congiunzione materiale della procura all'atto�, e ci� alla luce appunto dell'articolo 10 del dpr n. 123/2001, che, nella misura in cui lo richiede, �evidentemente ritiene necessario e sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa in copia informatica asseverata conforme con firma digitale e �imbustata� insieme al ricorso�. Pertanto � stato ritenuto che, nel caso sottoposto al suo esame, poich� nel fascicolo monitorio telematico la procura alle liti era stata spedita all'interno della busta telematica, sottoscritta con firma digitale dall'avvocato che aveva presentato e depositato telematicamente il ricorso monitorio, �l�imbustamento� della procura nella busta telematica (38) Tribunale di Milano - VIII sezione civile - ordinanza del 23 febbraio 2008. Secondo i Giudici la procura era valida in quanto il procedimento monitorio si era svolto in via telematica e, in applicazione di quanto disposto dall�art. 10 del D.P.R. n. 123/2001, il difensore, che si costituisce per via telematica, ha facolt� di trasmettere la procura conferita su supporto cartaceo in copia informatica, che � conforme all�originale mediante sottoscrizione con firma digitale. 336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 avrebbe soddisfatto il requisito richiesto della congiunzione materiale all'atto ex art. 83, comma 3, ultima parte, del c.p.c. Sulla base di questo ragionamento la procura telematica alle liti � stata dichiarata, pertanto, dal suddetto Tribunale, valida a tutti gli effetti di legge in quanto, a giudizio del Tribunale, l�unico requisito richiesto dalla normativa era che, la procura telematica, fosse contenuta nella busta telematica, unitamente all�atto a cui si riferiva, entrambi firmati dall'avvocato con firma digitale (39). Detta decisione non � per� condivisibile. Ed invero, alle stregua della normativa vigente, la stessa � assolutamente non conferente ai canoni della normativa regolamentare e codicistica sia in materia di formazione degli atti in formato elettronico, che di trasmissione degli stessi atti in modalit� telematica. In ordine all�assenza di valido fondamento giuridico, tale decisione appare essere manifestamente contraddetta dalla stessa lettera della legge essendo in stridente contrasto con quanto contenuto nel citato art. 10 del D.P.R. n. 123. Infatti in merito � da osservare che se � vero, comՏ vero, che l'articolo 10 del citato D.P.R., prevede che �Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con firma digitale� � altrettanto vero, per�, che la stessa norma appena dopo dispone che lo stesso difensore deve depositare, al momento della costituzione in giudizio, l�originale cartaceo redatto al momento del conferimento dell�incarico. Tale previsione normativa trova la sua logica giustificazione proprio in relazione ed in ragione della previsione, fatta dall�art. 83 C.P.C., della necessaria �congiunzione materiale� all�atto alla quale fa riferimento. In definitiva il legislatore altro non dice se non che nel procedimento che si svolge telematicamente ancorch� all�avvocato sia stato conferito dalla parte mandato cartaceo lo stesso � abilitato a trasformarla in documento elettronico, firmato digitalmente e inserirlo di seguito ai documenti elettronici della procedura, al fascicolo, al quale si riferisce ma che in questo caso la regolarit� del mandato si perfeziona con il deposito - in cancelleria - del documento cartaceo che viene allegato successivamente al documento elettronico dematerializzato. Ed � proprio quest�ultima attivit� che costituisce, quindi, nell�intenzione del legislatore, l�attivit� di �congiunzione materiale� della procura all�atto al quale fa riferimento. Diversamente l�imposizione dell�attivit� di deposito del documento cartaceo dopo quello inviato telematicamente non avrebbe alcun senso e sarebbe sotto il profilo giuridico completamente illogica. (39) Vedi al riguardo BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; MORO P., L�informatica forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss., CONTALDO A., GORGA M., Le regole del processo civile telematico alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in Diritto dell�Internet, 2008, 21 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss. DOTTRINA 337 Per l�Ordinanza in esame, invece, sarebbe l�attivit� di spedizione nella busta telematica firmata digitalmente, a soddisfare il requisito della congiunzione materiale richiesta dalla norma. Invero a seguire tale ragionamento ci troveremo dinanzi all�ovviet� di dover ritenere come assolutamente superflua la previsione normativa in forza della quale nel procedimento monitorio telematico, la procura conferita su supporto cartaceo, e dunque su foglio separato dal ricorso al quale si riferisce, deve sempre essere depositata al fascicolo successivamente quindi, ex post, per regolarizzare gli atti. Solo tale deposito, logicamente, soddisfa il requisito richiesto della �congiunzione materiale� voluto dalla norma. E� evidente, pertanto, sulla base di tali ultime osservazioni, che erroneamente il Tribunale di Milano ha ritenuto che �l'inserimento del foglio separato contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore con firma digitale costituisce nel sistema telematico la congiunzione materiale della procura all'atto�, e ci� ha fatto interpretando male l'articolo 10 (40) del dpr n. 123/2001 (41), nella misura in cui lo stesso richiede l�attivit� successiva. Per suddetto Tribunale, invece, la normativa richiederebbe solo �necessario-sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa in copia informatica asseverata conforme con firma digitale e �imbustata� insieme al ricorso�. Tuttavia neanche tale ultima prospettazione � condivisibile in quanto non appare rispettosa della normativa regolamentare in materia di imbustamento e trasmissione telematica degli atti e dei documenti nel processo telematico. La decisione infatti non tiene conto non solo del percorso della busta telematica ma neanche di quella che � la struttura della busta stessa. Ora qui tralasciando la parte relativa alla chiave di sessione e al certificato, va ricordato che la busta telematica, � strutturata in modo tale che il corpo dell�atto, nel nostro caso il ricorso per decreto ingiuntivo, sia in formato PDF, firmato autonomamente a parte, mentre gli allegati all�atto - es. prove documentali - siano allegati allo stesso atto. Nel caso in esame anche la procura � soggetta allo stesso percorso degli allegati e che nel percorso che fa la busta alla CPECPT dal terminale del legale, al punto di accesso, al gestore centrale e da questo al gestore locale, questa sar� �spaccottata� nel Reposority documentale del cancelliere, per poi essere trattata dalla consolle del magistrato. Ora � chiaro che la procura arriva al magistrato come allegato, alla stregua di ogni (40) D.M. 123/2001 Art. 10 (Procura alle liti) 1. Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con firma digitale. (41) D.M. 123/2001 Art. 3 (Sistema informatico civile) 1. Il sistema informatico civile � strutturato con modalit� che assicurano: a) l'individuazione dell'ufficio giudiziario e del procedimento; b) l'individuazione del soggetto che inserisce, modifica o comunica l'atto; c) l'avvenuta ricezione della comunicazione dell'atto; d) l'automatica abilitazione del difensore e dell'ufficiale giudiziario. 2. Al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari per le attivit� rispettivamente consentite dal presente regolamento. 338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 altro documento del fascicolo, e non come atto congiunto materialmente al ricorso anche se perviene nella stessa busta telematica. In merito, per meglio chiarire, occorre analizzare anche come la giurisprudenza ha trattato, sino ad ora, la materia, relativamente ai documenti cartacei dei giudizi introdotti con ricorso, e vedere come la giurisprudenza ha considerato la mancata �congiunzione materiale� all�atto atteso che un diverso trattamento per il processo telematico non troverebbe giustificazione sotto il profilo della parit� ed uguaglianza dinanzi alla legge, specie nel misto regime di decreti ingiuntivi telematici e cartacei. Orbene la giurisprudenza, in relazione ai documenti cartacei, continua a ritenere che vi sia mancanza del mandato, non sanabile neanche con il ricorso al 2 co. dell�art. 125 c.p.c.. Ed infatti dovendosi il ricorrente costituire in cancelleria, il rapporto ed il contraddittorio si instaura con la notifica del ricorso e del decreto. Quindi su tale base non � possibile il rilascio della procura in data anteriore alla costituzione della parte rappresentata in quanto un eventuale rilascio successivo, ex art. 83 c.p.c., non � idoneo per la rituale instaurazione del rapporto processuale (42). Si � posta cio� la questione se il ricorso con allegato decreto di fissazione di udienza rilasciato dal Cancelliere, con attestazione di conformit� all�originale depositato in Cancelleria, faccia piena prova in ordine a quanto in esso certificato fino a querela di falso, e se il ricorso all�art. 125 C.P.C., che prevede la possibilit� di rilasciare la procura al difensore in data posteriore alla notificazione dell�atto, purch� anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, sia applicabile nei procedimenti promossi mediante ricorso. Orbene � innegabile che unanimemente la giurisprudenza ha ritenuto che la mancanza della procura, al momento del deposito, nei giudizi introdotti con ricorso, comporti l�inesistenza dell�atto introduttivo, il quale risulta privo di un presupposto indispensabile per la valida instaurazione del rapporto processuale. 4.2. La riforma della procura alle liti fatta con la legge n.89/2009 Con la pubblicazione della legge 18 giugno 2009 n.69 recante: �Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit� nonch� in materia di processo civile�(43), in vigore dal 4 luglio 2009, sono state introdotte importanti novit� in tema di utilizzo degli strumenti informatici nel processo, nel senso che � stata data una ulteriore spinta verso la modalit� processuale telematica. In tema di procura alle liti le novit� da segnalare vanno nel senso dell�espresso riconoscimento della validit� della procura inserita nella memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta (42) Cass. Sent. 6280 del 3 giugno 1995; Cass. Sent. 9719 del 10 maggio 2005. (43) G.U. del 16 giugno 2009 n. 140, Supplemento Ordinario n. 95. DOTTRINA 339 o in sostituzione del difensore originariamente designato (art. 83, III comma); alla previsione della validit� della copia informatica autenticata con firma digitale della procura rilasciata su supporto informatico (art. 83, III comma); ed infine alla previsione della sanabilit� della procura nulla (art. 182, II comma). Con la prima modifica si � evidentemente voluto porre fine a quella giurisprudenza di legittimit� con la quale era stato affermato che nel giudizio di cassazione (44) - diversamente da quanto avviene nei giudizi di merito - la procura speciale non pu� essere rilasciata a margine o in calce ad atti che siano diversi dal ricorso o dal controricorso. L�art. 83, comma 3, infatti, nell�elencare gli atti a margine o in calce ai quali poteva essere apposta la procura speciale, individuava, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli ivi espressamente elencati. Pertanto, se la procura non veniva rilasciata sui predetti atti, era necessario che il conferimento si realizzasse nella forma prevista dal comma 2 del citato art. 83, cio� con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con riferimento agli elementi essenziali del giudizio, con l�indicazione delle parti e della sentenza impugnata. A quest�ultima conclusione la Suprema Corte era pervenuta proprio con riferimento all�ipotesi in cui sopraggiungeva la sostituzione del difensore precedentemente nominato con il ricorso o con il controricorso. Il principio trovava il suo fondamento nel fatto che il giudizio di cassazione � dominato dall�impulso d�ufficio - a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso o del controricorso - e come tale pertanto non essendo soggetto agli eventi di cui agli art. 299 ss. c.p.c.. implicava l�inammissibilit� del deposito di atti redatti dal nuovo difensore - ad es. un atto di costituzione - dato che la fattispecie non rientrava tra quelle su cui poteva essere apposta la procura speciale (45). Altra novit� che deve qui essere segnalata � la possibilit� di sanare o rinnovare la procura. L�art. 182, secondo comma, nuova versione, stabilisce infatti che �quando rileva � un vizio che determina la nullit� della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio � per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L�osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione�. Deriva che dalla data di entrata in vigore della nuova normativa - 4 luglio 2009 - per le procure irregolarmente conferite, da tale data, vi � sempre la possibilit� di sanare gli effetti, sostanziali e processuali tutte le volte in cui l�effettivo titolare del potere manifestava la volont� di voler far propri gli atti compiuti dal difensore, essendo adesso tali effetti soggetti a sanatoria con effetti re- (44) Cassazione Sezione Seconda Civile - Ordinanza n. 14520 del 19 giugno 2009; Consiglio di Stato Sezione 5 Sentenza n. 1361 del 9 marzo 2009. (45) In tal senso Cass. 13087/2006. 340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 troattivi. Viceversa per quelle, irregolari, conferite fino alla data del 4 luglio 2009, resta la previgente sanzione della non sanabilit�. Tralasciando le altre novit� introdotte dalla normativa di riforma � da segnalare la nuova formulazione del 3 co. dell�art. 83 c.p.c. (46), il quale ora � del seguente tenore: �La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia per� congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all�atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica�. E� stata quindi prevista espressamente, nella nuova formulazione, la validit� della procura rilasciata anche su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale, solo qualora per� questo sia congiunto - parificandola quindi alla previgente nozione di �congiunzione materiale� ut supra - all�atto cui si riferisce mediante strumenti informatici che dovranno essere per� individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Inoltre � stato previsto, con la nuova formulazione del comma in commento, che la procura potr� essere conferita anche su supporto cartaceo, ma che in tal caso il difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne dovr� trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica. Ora in merito alla chiarezza della norma alcune puntualizzazioni sono d�obbligo. Rilevato che la prima parte del comma in esame � restata immutata � che tra la tipologia degli atti � stata aggiunta la memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente desi- (46) Art. 83 - Procura alle liti - Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alle liti pu� essere generale o speciale e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale pu� essere anche apposta in calce o a margine della citazione, ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d�intervento del precetto o della domanda d�intervento nell�esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato. In tali casi l�autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia per� congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all�atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell�atto non � espressa volont� diversa. DOTTRINA 341 gnato, quello che qui interessa � che all�originaria formulazione che prevedeva che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato, che deve per� essere congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, � stato aggiunto che oltre al foglio separato congiunto materialmente, in alternativa, � tale anche il documento informatico separato sottoscritto con firma digitale. Per quest�ultimo � stato previsto, per�, che deve essere congiunto all�atto cui si riferisce �mediante strumenti informatici che saranno individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia�. Alla stregua di questa nuova disposizione se la procura alle liti per� � stata conferita su supporto cartaceo il difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne trasmette anche la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica (47). La tradizionale questione, quindi, della congiunzione materiale degli atti immateriali fatta prima della vigenza del riformato art. 83 C.P.C., non ha pi� ragione di esistere cos� come quella attinente alla distinzione del mandato concesso a margine o in calce, diversamente da quanto fino ad oggi era stata per l�altra metodica del mandato conferito su supporto cartaceo. Ora � proprio questa nuova formulazione aggiunta al terzo comma che ci consente di verificare la giustezza della non condivisibile posizione interpretativa tenuta dal foro Ambrosiano ut supra riportata, in quanto le modalit� della �congiunzione materiale� della procura elettronica al documento informatico o cartaceo dovr� avvenire �mediante strumenti informatici che saranno individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia� nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica (48). Questi strumenti, a tutt�oggi, non risultano essere stati ancora individuati e comunque non possono essere, come erroneamente � stato fatto, neanche ricondotti al semplice �imbustamento� degli atti della CPECPT (49) e alla spedizione della busta sia pure firmata digitalmente. 5. Il fascicolo informatico ComՏ noto, attualmente, il sistema informativo previsto dal vigente co- (47) Ibidem CONTALDO A., GORGA M. (48) CONTALDO A., GORGA M., Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle pi� recenti novit� normative, in Ciberspazio e diritto, 2009, spe.c 92 ss.. (49) La CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilit� per trenta giorni. Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico. 342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dice di procedura civile risulta, nella sua interezza, fondato sui registri di cancelleria. Tali registri sono disciplinati dagli artt. 28 - 34 delle disposizioni di attuazione al codice (50). Per oltre un cinquantennio il nostro legislatore non ha mai avvertito la necessit� di riallineare tale sistema informativo, progettato dal legislatore del 1942, che risente fortemente delle opzioni di fondo del dibattito teorico di quegli anni e delle esperienze maturate nella vigenza del codice del 1865 quanto ai due tipi di processo, formale e sommario, quando si concepiva e considerava il primo come un processo eminentemente scritto ed il secondo come un processo prevalentemente orale. Il legislatore del 1942 giunse cio� alla progettazione del sistema informativo e del processo civile sulla spinta del serrato dibattito tra i fautori e i contrari al principio di oralit� del processo, optando per un processo fortemente votato ai canoni dell�oralit� (51). Nella relazione del progetto si affermava, infatti, che �l�oralit� � senza dubbio l�anima del nuovo processo che si svolge attraverso una serie di dibattiti fra il giudice e le parti e i loro patroni� e nella relazione ancora si legge che �l�oralit� vorr� dire ritorno alla naturalezza e allo spirito di lealt� e comprensione, le schermaglie e le reticenze, che si annidano facilmente nei formalismi del processo scritto, saranno sventate dalla vicinanza ed alla confidenza di quelle conversazioni senza cerimonie, nelle quali il giudice trover� l�atmosfera per esercitare utilmente le sue iniziative istruttorie�. Su questo antico presupposto del sistema informativo (52) si inserisce la nuova normativa, essendo nodo cruciale e centrale del processo telematico proprio la disciplina del fascicolo di causa. In merito, l�art. 12 d.M.G. del 123 del 2001 prevede espressamente che � la cancelleria a dover procedere alla formazione informatica del fascicolo d'ufficio. La cancelleria, quindi, forma il fascicolo che contiene gli atti del processo come documenti informatici, ovvero copie informatiche dei medesimi atti quando questi siano stati depositati su supporto cartaceo. Va subito precisato, per�, che non scompare il fascicolo cartaceo ma ad esso si affianca quello informatico. Avremo, dunque, due fascicoli con la stessa numerazione, secondo quanto stabilito dall�art. 36 delle norme di attuazione del codice di procedura civile e, di conseguenza, due indici con la particolarit� che nell'indice degli atti contenuti nel fascicolo informatico andranno indicati anche i documenti contenuti in quello cartaceo, che � redatto in modo da consentire la diretta consultazione degli atti e dei documenti informatici dalla parte, oltre che in via telematica, anche nei locali della cancelleria attraverso (50) Si rimanda a LEVONI A., Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Milano 1992. (51) Vedi al riguardo CHIOVENDA G., Principii di diritto processuale, Napoli, ried. 1980, 678 ss. (52) Vedi al riguardo CHIOVENDA G., op. et loc. supra cit., 453 ss.; REDENTI E., op. et loc. supra cit., 154 ss.; SATTA F., op. et loc. supra cit., I, 214 ss. DOTTRINA 343 un videoterminale. Nelle intenzioni del legislatore, quindi, le parti, il giudice e la cancelleria potranno in ogni momento consultare on-line il fascicolo d�ufficio e i fascicoli di parte. Il fascicolo informatico d�ufficio avr�, pertanto, un contenuto peculiare rispetto a quello cartaceo in quanto non si tratter� di una duplicazione di tutti gli atti processuali acquisiti come documenti informatici (53), posto che il contenuto del fascicolo d'ufficio � circoscritto da quanto statuito dall'art. 168 cod. proc. civ., che prevede l�inserimento nel fascicolo di ufficio solo della nota d�iscrizione a ruolo, della copia dell�atto di citazione, della comparsa e delle memorie e, successivamente, dei processi verbali di udienza, dei provvedimenti del giudice, degli atti d�istruzione e del dispositivo della sentenza. Ai sensi dell'art. 9 del decreto in parola vi confluiranno, per�, anche i documenti probatori offerti in comunicazione o prodotti dalle parti o acquisiti al processo (54). Gli atti e i documenti probatori depositati dalle parti, contestualmente alla costituzione in giudizio o successivamente, sono inseriti in apposite sezioni del fascicolo informatico contenenti ciascuna l�indicazione del giudizio e della parte cui si riferiscono. Per tutti i documenti acquisiti su supporto cartaceo, invece, l'inserimento nel fascicolo informatico sar� effettuato dalla cancelleria solo se ci� non risulter� eccessivamente oneroso. A questo riguardo, ai sensi dell�art. 12, comma 2, � qualificato come eccessivamente onerosa l�estrazione della copia informatica di documenti probatori, prodotti o acquisiti su supporto cartaceo, quando il formato del documento da copiare � diverso da quelli indicati dal decreto all�art. 3, comma 3, ovvero se il numero delle pagine da copiare � superiore a venti. E� stabilito, per�, nel decreto medesimo che il numero delle pagine � periodicamente aggiornato. In deroga al comma 4 la cancelleria procede comunque all�estrazione della copia informatica di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo quando la parte allega ad essi la copia su supporto informatico, sempre che tale copia e tale supporto informatico siano compatibili con i tipi e i modelli stabiliti, al riguardo, dal decreto stesso. Nell'ipotesi in cui sia necessario acquisire il fascicolo d'ufficio su supporto cartaceo, la trasmissione potr� avvenire, in ogni stato e grado, anche per via telematica con le modalit� particolari fissate ex art. 3, comma 3, del d.M.G. n. 123 del 2001 e dirette ad assicurarne l'integrit�, l'autenticit� e la riservatezza. La cancelleria sar� tenuta a formare due indici, uno informatico ed uno cartaceo, e nell�indice degli atti del fascicolo informatico dovranno essere in- (53) Vedi al riguardo le analisi di MORO P., L�informatica forense, cit., 97 ss. (54) Ai sensi dell�art. 9 d.M.G. n. 123 del 2001 �Costituzione in giudizio e deposito� La parte che procede all'iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmette con il medesimo mezzo i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti probatori su supporto cartaceo. 344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dicati anche i documenti conservati solo nel fascicolo cartaceo. Il fascicolo informatico dovr�, inoltre, consentire la consultazione diretta degli atti e dei documenti informatici in esso inseriti. Nel caso di richiesta di trasmissione o di consultazione, totale o parziale, di un fascicolo il gestore locale, per garantire la riservatezza della comunicazione, deve utilizzare un meccanismo di crittografia basato sulla chiave pubblica di cifratura del soggetto abilitato esterno di destinazione e, nel caso di richiesta di copia conforme del fascicolo, totale o parziale, il cancelliere ne deve attestare la conformit� all'originale sottoscrivendola con la propria firma digitale. Le chiavi pubbliche dei soggetti abilitati esterni sono disponibili nel registro generale degli indirizzi. Infine, dopo la precisazione delle conclusioni, il responsabile della cancelleria deve apporre al fascicolo informatico la firma digitale ecc. Queste previsioni, per�, in costanza sia dell�attuale scarsit� di risorse tecnologiche ed umane che dell�attuale formazione professionale del personale di cancelleria, appaiono, obiettivamente, di difficile attuazione: si immagini la necessit� della riproduzione degli atti allegati alla produzione di parte, quali fatture, atti pubblici, atti tecnici ecc. Senza tenere conto, poi, che la stessa contemporanea esistenza di due fascicoli, uno cartaceo ed uno informatico, di sicuro incrementer� le incombenze del personale di cancelleria, non solo sotto il profilo quantitativo - raddoppio degli attuali carichi di lavoro - ma anche sotto il profilo qualitativo - dimestichezza con l�uso del personal computer, con le relative periferiche e col software applicativo - . Un�ulteriore perplessit�, nel senso sopradetto, � imposta dalla normativa per il pagamento dei diritti di copia degli atti del processo. I pagamenti per via telematica, relativamente agli atti giudiziari, devono essere, infatti, effettuati mediante il modello definito dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il pagamento pu� anche avvenire nelle forme di cui al d.P.R. 1 marzo 2001, n. 126. Gli estremi del pagamento devono essere allegati alla nota di iscrizione a ruolo o ad altra istanza inviata all'ufficio giudiziario. Se il pagamento � effettuato con sistemi non telematici, l'originale cartaceo dell'attestazione di pagamento deve, in ogni caso, essere presentato per la prima udienza. Il difensore nella richiesta di copia pu� chiedere l'indicazione dell'importo del diritto corrispondente che gli � comunicato, senza ritardo, dall'ufficio giudiziario. Alla richiesta di copia � associato un numero identificativo che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel fascicolo informatico per consentire il versamento secondo le modalit� previste dal summenzionato d.P.R. 6. Le novit� normative introdotte dal D.M. della Giustizia del 10 Luglio 2009 Recentemente � intervenuto un nuovo atto normativo del Ministro della Giustizia in materia di processo telematico, e cio� il D.MG: 10 luglio 1992, DOTTRINA 345 recante le nuove caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli informatici previste dall'art. 62, comma 2, del decreto ministeriale 17 luglio 2008. Tale provvedimento ha sostituito i modelli per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, anche dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, ha introdotto nuovi modelli per l'uso nelle procedure esecutive individuali e concorsuali. Gli atti del processo in forma di documenti informatici devono essere redatti come segue: a) l�atto � un file in formato PDF, che deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale e non deve avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non � pertanto ammessa la scansione di immagini; b) la firma digitale deve essere esterna, quindi il file nella busta sar� <nome file>.pdf.p7m; c) l�atto PDF deve essere accompagnato da un file XML che riporta i �dati di servizio� relativi all�atto e ritenuti essenziali per i sistemi di cancelleria, secondo gli XSD illustrati nel seguito; esso � denominato DatiAtto.xml, va firmato digitalmente e va imbustato insieme all�atto. Inoltre sono reperibili sul sito del Ministero della Giustizia gli schemi contenenti la specifica dei tipi base utilizzati per la definizione delle strutture dati relative ai dati dell'atto. In particolare vengono dichiarati due tipi XML astratti per la modellazione sia dell�atto introduttivo (con il quale si modellanole caratteristiche comuni di tutti gli atti introduttivi, cio� la specifica dell�anagrafica del procedimento, in altre parole l�indicazione degli avvocati e delle parti coinvolte nonch� l�oggetto di merito della causa. La definizione di tale tipologia base di atto si basa sulle informazioni che il sistema di cancelleria richiede al momento dell�iscrizione al ruolo) , sia dell�atto procedimento (con il quale si modella il generico atto in corso di causa, sia esso di parte o del magistrato). Entrambe le tipologie di atto elencate al paragrafo precedente (Atto Introduttivo e Atto Procedimento) possono includere riferimenti a documentazione, utili per classificare e contestualizzare l�atto all�interno dei sistemi di gestione documentale implementati lato cancelleria. Nella maggior parte dei casi, per gli atti di parte non � necessaria una specifica dei contenuti informativi dell'atto, ovvero a un tipo di atto (rootelement dello schema) corrisponde uno e un solo evento. Tuttavia per alcune tipologie di atto generiche (si pensi ad un generico documento di presentazione di una istanza) � necessario esplicitare il contenuto informativo, o meglio l�evento principale associato all�atto. A tal scopo, per queste tipologie di atti, viene introdotto l�elemento obbligatorio, deposito. Laddove applicabile � possibile specificare eventi secondari; l�elemento �istanze� � stato introdotto a tal proposito. In particolare ci� vale per alcuni atti introduttivi, in cui � possibile presentare contestualmente all�iscrizione della causa al ruolo istanze specifiche (ad esempio presentazione di istanze ex art. 186 ter). Durante la vita di un procedimento i dati relativi ai soggetti coinvolti (parti e avvocati) possono cambiare, ad esempio in seguito a costituzione di nuovi soggetti o modifica o correzione dei dati 346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 anagrafici dei soggetti gi� presenti. A tal proposito gli atti di parte presentano (opzionalmente o meno a seconda del tipo di atto) l�elemento �Modifiche Anagrafica�. Lo scopo dell�elemento � appunto quello di mantenere informazioni per la modifica dell�anagrafica delle parti di un procedimento, per la costituzione di una parte, per l�aggiunta di un nuovo avvocato, per l�indicazione di un consulente o semplicemente per presentare contestualmente ad un atto la modifica dei semplici dati anagrafici della parte, quali un cambio di indirizzo. A seconda del contesto in cui si trova, l�elemento ha valenza semantica diversa, ad esempio all�interno di un atto di costituzione indica i dati degli avvocati e delle parti che si intendono costituire. All�interno di atti di costituzione l�elemento � inoltre indicato come obbligatorio. All�interno di una memoria l�elemento � opzionale e pu� indicare la modifica dei dati della parte o l�aggiunta di un nuovo avvocato. Sono infine riportati i modelli informatici indicandone le caratteristiche specifiche ex art. 62, comma 2, del decreto ministeriale 17 luglio 2008. 7. Il regime vigente delle comunicazioni e delle notifiche nel processo civile fino all�emanazione dei previsti decreti ministeriali Nel processo civile comunicazione e notificazione appartengono a due distinte categorie di trasmissione di documenti, che, anche quando sono effettuate attraverso il servizio postale, legittimano una regolamentazione diversa. Infatti le comunicazioni non hanno per regola l'effetto, che hanno normalmente le notificazioni, di segnare cio� il momento per la decorrenza dei termini. La comunicazione, ex art. 136 cpc, � un atto con il quale il cancelliere informa le parti o gli altri soggetti del processo che si sono verificati determinati fatti processualmente rilevanti e quindi, la stessa, ha scopo informativo e non rileva ai fini della decorrenza dei termini utili per l�impugnazione, fatta eccezione per alcuni casi previsti dalla legge (per es. comunicazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine per proporre il regolamento di competenza) (55). La notificazione, invece, � un atto con il quale l�ufficiale giudiziario, su richiesta di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere, porta a conoscenza del destinatario un altro atto di cui � consegnata una copia che � conforme all�originale. Lo scopo �, quindi, la conoscenza dell�atto da parte del destinatario. Le diverse finalit� perseguite giustificano l�esistenza di procedure specifiche per le comunicazioni e le notificazioni (v. artt. 136-151 cpc) (55) Ci si permette dir inviare a CONTALDO A., GORGA M., Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica anche alla luce delle pi� recenti novit� normative, in Ciberspazio e diritto, 2009, spe.c 92 ss. DOTTRINA 347 che debbono essere comunicati o notificati nelle forme prescritte dalla legge. La comunicazione infatti � eseguita, nei casi in cui tale adempimento � previsto dalla legge ovvero � disposto dal giudice, la notificazione va eseguita, invece, nei casi previsti dalla legge per la produzione di determinati effetti processuali. Pu� essere oggetto di notificazione un atto del giudice, o un atto del cancelliere (biglietto di cancelleria per le comunicazioni), o un atto di parte (per es. la citazione in giudizio), oppure un atto del pubblico ministero. Mentre la comunicazione � atto esclusivo del cancelliere la notificazione degli atti � affidata all�ufficiale giudiziario, secondo precise regole di competenza territoriale (si veda legge n. 1229 del 1959) e pi� recentemente tale competenza � stata, con limiti puntuali, attribuita anche all�avvocato (56). La comunicazione avviene sempre a mezzo �biglietto di cancelleria� che si compone di due parti, delle quali una � consegnata al destinatario e l�altra � conservata dal cancelliere nel fascicolo di ufficio. La consegna per� pu� avvenire in una delle due forme previste dalla legge e vale a dire direttamente a mani del destinatario o per mezzo dell�ufficiale giudiziario (e in quest�ultimo caso, sia mediante consegna diretta che mediante il servizio postale). La notificazione si compie (57), invece, come innanzi detto con la consegna dell�atto ad istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere e quando la parte sta in giudizio a mezzo di difensore, la richiesta deve provenire (56) Con legge n. 53 del 1994 la potest� di notificazione, prima riservata in via esclusiva all�ufficiale giudiziario, � stata attribuita anche agli avvocati, per tutti gli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale. A tal fine � necessario che il difensore, iscritto all�albo degli avvocati e munito di procura alle liti, abbia ottenuto l�autorizzazione del consiglio dell�ordine nel cui albo � iscritto e sia munito di apposito registro cronologico. Il difensore pu� utilizzare la notificazione mediante consegna diretta dell�atto, previa vidimazione del consiglio dell�ordine, purch� il destinatario sia altro avvocato domiciliatario e sia iscritto nello stesso albo del difensore notificante. Pu� altres� utilizzare la forma della notificazione a mezzo del servizio postale, secondo le modalit� previste dalla legge n. 890 del 1982, salvo che l�Autorit� giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. (57) Nelle notificazioni mediante consegna diretta, l�ufficiale giudiziario deve documentare l�attivit� svolta con una relazione in calce all�originale e alla copia dell�atto, nella quale indica il modo e il luogo della consegna ( persona e qualit�), il tempo, il rifiuto di ricevere la copia o di sottoscrivere l�originale, le ricerche compiute, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilit� del destinatario. Nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, la prova documentale della notificazione � costituita oltre che dalla relazione dell�ufficiale giudiziario, anche dalla ricevuta di ritorno con le annotazioni dell�agente postale che ha provveduto alla consegna. La relazione formata dall�ufficiale giudiziario � atto pubblico e fa fede fino a querela di falso delle indagini svolte, dei fatti avvenuti in sua presenza e delle dichiarazioni a lui rese; fa fede fino a prova contraria delle altre circostanze che non sono frutto di sua diretta percezione (per esempio, la qualit� di familiare o di addetto alla casa della persona che ha ricevuto l�atto). Per le notificazioni per via telematica, l�ufficiale giudiziario restituisce per via telematica l�atto notificato, munito della relazione attestata dalla sua firma digitale. Nelle comunicazioni, la prova � data dalla ricevuta del destinatario o dalla relazione dell�ufficiale giudiziario, alla quale deve aggiungersi la ricevuta del plico raccomandato nel caso di consegna per posta. Per le comunicazioni per via telematica o mediante posta elettronica, la prova � data dalla ricevuta di consegna con sottoscrizione informatica mediante firma digitale. 348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 da quest�ultimo. Forme particolari (58) di notificazioni possono essere stabilite dal giudice caso per caso (per es. a mezzo telegrafo); pu� altres� essere autorizzata la notificazione per pubblici proclami ecc. Tutti i tipi di notifiche hanno, per�, come unico denominatore, il fine che � quello di portare nell�effettiva conoscenza dell�intimato l�atto notificato. Ci� � maggiormente evidente per quanto attiene la notificazione a mezzo del servizio postale. L�ufficiale giudiziario, in quest�ultimo caso, ne d� atto nella relazione, indicando l�ufficio postale tramite il quale ha provveduto alla spedizione. L�agente postale deve consegnare il plico in mani proprie del destinatario e la notificazione si ha per eseguita anche nel caso di rifiuto, del destinatario, a riceverlo. In caso di assenza o inidoneit� o rifiuto di dette persone, il plico � depositato presso l�ufficio postale e l�agente postale affigge un avviso sulla porta di ingresso o lo depone nella cassetta della corrispondenza dell�abitazione; al destinatario � altres� dato avviso mediante raccomandata con avviso di ricevimento. In materia � anche intervenuta la Corte costituzionale la quale, con sentenza n. 346 del 1998, ha dichiarato illegittima la disposizione dell�art. 8 della legge n. 90 del 1982, nella parte in cui prevede che il piego � restituito al mittente dopo il decorso di dieci giorni dalla data del deposito e che la notificazione si ha per eseguita trascorso tale termine. Lo scopo � evidente ed � quello che si vuole che il destinatario abbia effettiva conoscenza dell�atto che gli � notificato. Dopo la costituzione in giudizio per� solo il procuratore costituito � destinatario di tutte le notificazioni e le comunicazioni di atti endoprocessuali (59) mentre � inesistente la notifica quando � mancata del tutto la consegna dell�atto o quando sia stata effettuata in un luogo o a persona non ricollegabili alla persona del destinatario. La notificazione �, altres�, nulla se non sono state osservate le disposizioni di legge sulla persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi � incertezza assoluta sulla persona cui � stata fatta o sulla data, o se sono state violate le norme sulla competenza dell�ufficiale giu- (58) Con il d.P.R. n. 123 del 2001 � stato previsto il compimento per via telematica degli adempimenti relativi alla notificazione ( richiesta di notificazione compimento della notificazione, restituzione dall�ufficiale giudiziario alla parte dell�atto notificato, con relazione di notifica attestata dalla firma digitale); � fatta salva, tuttavia, la possibilit� per l�ufficiale giudiziario di procedere alla notificazione nelle forme ordinarie e ci� in considerazione delle eventuali difficolt� di utilizzare la via telematica. L�uso di mezzi di telecomunicazione per la trasmissione di atti del processo � consentito tra gli avvocati della stessa parte, purch� muniti di procura alle liti, e sempre che ricorrano le altre condizioni previste dalla legge n. 183 del 1993. (59) La notificazione all�estero viene effettuata in base alle convenzioni internazionali e, solo in mancanza o nel caso in cui sia impossibile applicarle, mediante gli adempimenti previsti dall�art. 142 cpc (spedizione al destinatario per mezzo del servizio postale e consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna al destinatario). Per le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ed extragiudiziali negli Stati della U.E. (ad eccezione della Danimarca), in materia civile e commerciale, trova applicazione il regolamento (CE) del Consiglio n. 1348/2000. DOTTRINA 349 diziario. La distinzione � importante perch� solo la notificazione nulla, e non gi� quella giuridicamente o materialmente inesistente, � suscettibile di sanatoria. La nullit� della notificazione �, infatti, sanata con effetto ex tunc in caso di rinnovazione o per l�avvenuto conseguimento dello scopo. Per esempio, se il convenuto si costituisce in giudizio, svolgendo le proprie difese, resta sanata la nullit� della notificazione della citazione. Anche la comunicazione pu� essere inesistente o nulla. E� stata ritenuta dalla giurisprudenza come non avvenuta la comunicazione degli atti processuali ad una delle parti mediante consegna del biglietto di cancelleria a persona non munita di apposita delega rilasciata dal difensore. Se il cancelliere si avvale dell�ufficiale giudiziario per la consegna del biglietto di cancelleria, l�eventuale nullit� della notificazione rende nulla la comunicazione. Le comunicazioni possono, poi, essere validamente eseguite in forme equipollenti, sempre che provengano dal cancelliere e risulti la certezza dell�avvenuta consegna al destinatario e della relativa data. Si tenga presente che le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con la sentenza 13 gennaio 2005 n. 458 hanno dichiarato la nullit� della notifica ex art. 140 c.p.c. in caso di mancato deposito dell�avviso di ricevimento. Quando cio� non � stata consegnata direttamente alla persona interessata - poich� il consolidamento per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario - la notificazione nei confronti del destinatario dell�atto si ha per eseguita con il compimento dell�ultimo degli adempimenti prescritti (vale a dire con la spedizione della raccomandata con l�avviso di ricevimento). Quest�ultimo adempimento ha proprio lo scopo di consentire la verifica che l�atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilit� del destinatario e deve pertanto essere allegato all�atto notificato tanto che la sua mancanza provoca la nullit� della notificazione. Si tenga presente ancora che il principio enunciato da detta sentenza gi� aveva trovato ingresso nel nostro ordinamento in forza della sentenza n. 477 del 26 novembre 2002 con la quale in sede di dichiarazione di incostituzionalit� del combinato disposto dell�art. 149 c.p.c. e dell�art. 4, III comma, della legge n. 890 del 1982 (60), in materia di notificazione di atti giudiziari tramite il servizio postale, la Corte, rifacendosi alla sua consolidata giurisprudenza in tema di notificazioni all�estero, aveva ribadito che, il principio della sufficienza del compimento delle sole formalit� rientranti nella disponibilit� del notificante, considerata la sua portata generale, non pu� non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e, dunque, anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che (60) Legge 20 novembre 1982, n. 890, disciplina la materia delle �Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari� (in G.U. 4 dicembre 1982, n. 334). 350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 possa derivare in capo al medesimo un effetto di decadenza, quando sono altri i soggetti (l�ufficiale giudiziario e l�agente postale) cui � riferibile quell�attivit�. Ed ancora nel percorso evolutivo la Corte Costituzionale ha ribadito, in primo luogo, il principio di fondo della sufficienza per il notificante delle sole formalit� che non sfuggono alla sua disponibilit� e, in secondo luogo, ha ribadito la configurabilit� di una netta scissione tra i due momenti perfezionativi del procedimento notificatorio, e cio� per il notificante e per il notificatario (61). Questo principio � stato poi codificato nel nuovo art. 149 cpc 3 co. In materia vi � stata anche una pluralit� di interventi della Corte Costituzionale (62). Si tenga presente in merito a questa problematica che con la legge 28 febbraio 2008 n. 31, di conversione del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 324, all�art. 36, commi 2-quater e 2-quinquies, sono state introdotte una serie di modifiche alla legge 890/82 ed in particolare all� art. 7 (63) della medesima � stato aggiunto il co. 6� il quale prevede che se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale d� notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata. Altra modifica di rilievo � quella che riguarda la notificazione delle sentenze avvenute prima del 1� marzo 2008. Stabilisce, infatti la legge in parola (61) La Corte Costituzionale con la sentenza n. 28 del 23 gennaio 2004 ha affermato che, il momento in cui la notifica (a mani) si deve considerare perfezionata per il notificante, � quello della mera consegna dell�atto all�ufficiale giudiziario, mentre resta fermo per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell�atto attestata dall�avviso di ricevimento con la conseguente decorrenza da quella stessa data, di qualsiasi termine imposto al destinatario stesso. (62) Corte Costituzionale, sentenza n. 151/1980; sentenza n.152/1980; sentenza n. 303/1985; sentenza n. 102/1986; sentenza n. 477/2002; sentenza n. 28/2004. (63) All' art. 7 della legge n. 890 del 1982 � stato aggiunto il 6� comma. Questo all'articolo nella sua forma originaria prevedeva che: 1. L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito. 2. Se la consegna non pu� essere fatta personalmente al destinatario, il piego � consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purch� il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia et� inferiore a quattordici anni. 3. In mancanza delle persone suindicate, il piego pu� essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, � comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario. 4. L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale � consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualit� rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo. 5. Qualora il consegnatario non sappia firmare o ne sia impossibilitato, l'agente postale fa menzione di tale circostanza sia sul registro di consegna sia sull'avviso di ricevimento, apponendovi la data e la propria sottoscrizione. 6. co. (aggiunto) �Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale d� notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata�. DOTTRINA 351 che �Le notificazioni delle sentenze gi� effettuate, ai sensi dell'articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi � stata consegna del piego personalmente al destinatario e se � provato che questi non ne ha avuto conoscenza�. Orbene poich� la legge � stata pubblicata il 29 febbraio 2008 ed � entrata in vigore il giorno successivo, cio� il 1� marzo 2008, a partire da tale data non producono decorrenza del termine solo se non notificate a mani proprie. Pertanto tutte le notifiche a mezzo posta effettuate dal 1� marzo 2008 a persona diversa dal destinatario, per le quali � stato omesso l'invio della raccomandata, sono nulle e quindi da rifare. E� da ritenere per� sempre salva l�ipotesi che l'atto abbia raggiunto il suo scopo. 7.1. Il valore dell�e-mail come prova scritta alla luce delle disposizioni vigenti E� stata posta in dottrina, relativamente alla circostanza relativa alla possibilit� di concedere un decreto ingiuntivo sulla base di una semplice e-mail, la problematica relativa al valore di quest�ultima come prova scritta idonea nel processo ai fini della procedura d�ingiunzione (64). In merito in dottrina si sono formate due tesi. Da un lato � stato sostenuto, sulla scorta dell�art. 10, comma 2, d.P.R. n. 445 del 2000, la possibilit� di riconoscere all�e-mail il requisito della prova scritta idoneo all�emissione di un decreto ingiuntivo (65); dall�altro, � stato negato tale possibilit�, ritenendo l�e-mail priva della firma elettronica (66), richiesta dalla norma per integrare il requisito della �forma scritta�, non idonea a poter essere considerata, in diritto, �forma scritta�. La prima tesi, in verit�, non pare essere condivisibile, limitatamente a quanto meglio sar� specificato di seguito, ma non per i motivi esposti dai sostenitori della seconda tesi. Infatti l�art. 10 in esame rivela, nella successione dei primi tre commi, una gradazione probatoria del documento informatico articolata in modo crescente in quanto per il comma 1 il documento informatico semplice ha l�efficacia probatoria, ex art. 2712 c.c. quale riproduzione meccanica; per il Co. 2 il documento informatico con firma elettronica, ha un�efficacia probatoria liberamente valutabile dal giudice, ex art. 116 c.p.c., sulla base di caratteristiche oggettive di qualit� e sicurezza; per il Co. 3, invece, il documento informatico con firma digitale-qualificata ha l�efficacia di prova legale. Su questa base normativa, di progressione dell�efficacia probatoria del documento informatico, � da armonizzare, quindi, ogni interpretazione, compresa quella relativa al primo periodo del comma 2, ove � disposto che il documento in- (64) Vedi ZICCARDI G., op. et loc. supra cit. (65) Cos� LICCARDO P., op. et loc. supra cit. (66) Cos� BUFFA F., op. et loc. supra cit. 352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 formatico con firma elettronica �soddisfa il requisito legale della forma scritta�. Questa disposizione, per�, va letta alla luce del successivo periodo dello stesso comma, che assegna al documento informatico con firma elettronica un�efficacia probatoria inferiore rispetto a quella propria della scrittura privata ex art. 2702 c.c. Ne consegue che, se la legge richiede la forma sottoscritta della scrittura privata (si pensi ad es. all�art. 1350 c.c., ma anche alle scritture private richieste ex art. 634 c.p.c. proprio per l�emissione dei decreti ingiuntivi), allora non pu� certo ritenersi sufficiente un documento informatico con (o senza) firma elettronica. A ci� deve aggiungersi che il primo periodo dell�art. 10, comma 2, non dice che il documento informatico con firma elettronica � forma scritta, ma solo che di tale forma soddisfa il requisito legale; quindi rimarcando la differenza ontologica tra la forma informatica legale e quella scritta, che sarebbe colmata, in tale sede, con un artificio di equiparazione limitata al profilo della valenza probatoria. In verit� siffatta interpretazione dell�art. 10 rifletterebbe l�intenzione del legislatore alla gradazione probatoria del documento informatico ma in ogni caso saremmo sempre in presenza di un difetto di firma elettronica nel messaggio di posta elettronica. Infatti pur ammettendo che l�e-mail sia dotata di firma elettronica per la stessa, in assenza della firma digitale, non potremo, comunque, ritenere sussistente la forma di scrittura privata imposta dalla legge ai fini dell�emissione del decreto ingiuntivo (che deve essere fondato su �prova scritta�) in quanto in tale ipotesi avremo che l�e-mail avrebbe solo validit� ex art. 2712 c.c., quale riproduzione meccanica, e quindi giammai come scrittura privata ex art. 2702 c.c., utile ai fini dell�emissione del decreto ingiuntivo. Ma a ben analizzare tale problematica, in ordine al valore dell�e-mail quale scrittura privata, non pu�, per�, prescindere dal pregiudiziale e pi� generale suo inquadramento, non solo e non tanto, in ordine al suo �valore� di prova nel processo ma soprattutto e pregiudizialmente della sua capacit� di essere un �mezzo, un �veicolo� di prova nello stesso processo. Questa indagine relativa alla �capacit�� dell�e- mail di essere �veicolo� di prova nel corso del processo non pu� per� prescindere dall�esame dell�attuale regime delle comunicazioni e delle notificazioni nel processo civile, non solo alla luce della novella dell�art. 136 c.p.c., ma soprattutto dall�interpretazione che la giurisprudenza di merito e di legittimit� ne ha dato fino alle pronunce recenti. 7.2. La validit� delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell�instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa Pertanto, in ordine alla problematica, sul valore dell�e-mail quale scrittura privata, non pu� prescindere dal pregiudiziale inquadramento del �va- DOTTRINA 353 lore� di prova che nel processo pu� avere l�e-mail ma soprattutto da quello ancor pi� pregiudiziale della sua capacit� di essere un �mezzo�, un �veicolo� di prova nello stesso processo. Tale problematica � stata di recente affrontata dalla Corte di Cassazione che con sentenza n. 4061 del 19 febbraio 2008, ha ritenuto valida la comunicazione di cancelleria, ex art. 136 cod. proc. civ., effettuata per e-mail all�indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio consiglio dell�ordine e da questo alla Corte d�Appello competente, pur limitando l�affermazione del principio con riferimento al caso in cui il destinatario abbia dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea. Nello specifico la Cassazione ha spiegato che ҏ valida la comunicazione di cancelleria effettuata per e-mail all�indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio dell.Ordine�, a patto che il destinatario dia �risposta per ricevuta, documentata dalla relativa stampa cartacea�. Risposta cio� non in automatico quando accedendo alla casella di posta elettronica la parte �legge� la posta (67) ma: �� necessaria la risposta manuale di ricevuta, con il tasto "rispondi" non essendo sufficiente la risposta in automatico, "letto"� (68). Orbene premesso che la posta elettronica � ormai divenuta di uso comune in ogni ambito della vita sociale e che negli ultimi tempi si sta facendo largo la PEC, ossia della Posta Elettronica Certificata (69), da non confondere con la posta elettronica semplice, in quanto il sistema PEC � un sistema di �trasporto� di documenti informatici in tutto simile alla posta elettronica �tradizionale�, con alcune caratteristiche aggiunte, volte a fornire agli utenti la certezza, a valore le- (67) In materia penale la lettura dell�e-mail di un dipendente non sempre � reato, infatti, in merito con sentenza resa all�udienza dell�11 dicembre 2007, depositata il 19 dicembre 2007, al n. 47096, la V Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha stabilito un fondamentale principio in tema di accesso alla posta elettronica dei dipendenti. Ha ritenuto, infatti, che non sempre costituisce reato leggere la posta elettronica dei dipendenti quando alle e-mail dei dipendenti � possibile accedere, da parte del datore di lavoro. (68) G. FINOCCHIARO, Diritto di internet, Bologna , 2001, 102 ss. Laddove evidenzia come il messaggio sia generato ed inviato automaticamente al mittente dal gestore del sistema di trasporto delle informazioni del destinatario nel momento in cui il messaggio inviato � reso disponibile al destinatario medesimo nella sua casella di posta elettronica. Relazione illustrativa del Regolamento. (69)L�uso della posta elettronica in sostituzione dei tradizionali mezzi (posta, fax, corriere) pone la necessit� di disporre di un sistema affidabile, sicuro ed adeguato in grado di garantire l�identificazione del mittente, l�integrit� e la confidenzialit� del messaggio, ma anche di attestare il recapito del messaggio stesso. Il servizio di posta certificata consente la trasmissione di un documento informatico per via telematica, assicurando l�avvenuta consegna, cos� come previsto dal Testo Unico sulla documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000) secondo le linee guida del Centro Tecnico per la Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA). Posta elettronica certificata � quindi quella che consente l'invio di messaggi la cui trasmissione � valida agli effetti di legge. L�utente di posta elettronica certificata, � la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione, o qualsiasi ente, associazione o organismo, che sia mittente o destinatario di posta elettronica certificata. 354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 gale, dell�invio e della consegna dei messaggi e-mail al destinatario � stato evidenziato che n� la prima n� la seconda devono essere confuse con la CPECPT (70) trattandosi in quest�ultimo caso di casella di posta elettronica certificata per il processo civile telematico e quindi ipotesi ben diversa da quella in esame. E all�uopo da evidenziare che con il termine di �certificata� nel secondo e terzo caso in parola ci si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell�avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati e quindi con certezza della trasmissione. Ora la decisione della Suprema Corte qui in esame completa il quadro normativo in materia in quanto comՏ noto le comunicazioni, in forma abbreviata, alle varie parti del processo possono avvenire anche via fax o per posta elettronica. La questione di diritto risolta dalla Suprema Corte di Cassazione � importantissima in quanto affronta il nodo, in vario modo gi� diversamente e contraddittoriamente affrontato dalla giurisprudenza, di merito, relativo al valore delle comunicazioni di cancelleria ex 136 c.p.c., se effettuate attraverso e-mail con risposta di conferma, documentate dalla relativa stampa cartacea. In merito a questa tematica sono stati, con la sentenza in esame, applicati i criteri decisori relativi al principio di libert� delle forme con le quali la comunicazione pu� essere effettuata cos� comՏ disciplinata dall'art. 136 c.p.c.; al principio del raggiungimento dello scopo della comunicazione, dimostrato sia dal messaggio di conferma, dato non in automatico, ma con il comando volontario �rispondi�, sia dalla presenza del difensore all'udienza di assunzione delle prove; del principio della disciplina legislativa specifica sulle comunicazioni di cancelleria con il mezzo elettronico. Per la giurisprudenza di merito (71) non sussisterebbe una tale possibilit� in quanto sia la legge n. 59 del 1997, art. 15 comma 2, che il D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 6, ed ancora il d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, artt. 2 e 6, hanno distinto tra requisiti del documento informatico per i quali � richiesta la sottoscrizione con firma digitale, e le comunicazione con biglietto di cancelleria, che non essendo un documento informatico ma una semplice modalit� di trasmissione telematica, tale requisito, della firma digitale, non � richiesta per la quale va, invece, seguita la disciplina appositamente prevista dal l�art. 6 d.P.R. n. 123 del 2001 - distinzione gi� pre- (70) Posta Elettronica Certificata (CPECPT). La posta elettronica certificata viene utilizzata per la trasmissione dei documenti informatici processuali da un U.G. ad un soggetto abilitato. Essa � coinvolta nei seguenti scambi informativi: Invio agli avvocati dei biglietti di cancelleria; Abilitazione e gestione delle utenze; Notifiche tra difensori; Consegna delle copie; L'immissione delle comunicazioni da parte di un UG e la gestione delle ricevute di avvenuta consegna rilasciate da un PdA rientrano nei compiti del GC. (71) Vedi Corte d'Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano. Sentenza 27/28 aprile 2005 n. 18, pubblicata sul sito www. foroeuropeo.it. DOTTRINA 355 sente nel d.P.R. n. 513 del 1997, art. 12 - in ordine alla modalit� della trasmissione. Ha infatti rilevato la suprema Corte che nella fattispecie in esame vi � addirittura un passaggio in pi� che garantisce la realizzazione dello scopo legale della procedura, e cio� una risposta non in automatico ma intenzionalmente generata dal computer destinatario a mezzo del tasto �rispondi� del programma di ricezione e scarico della corrispondenza elettronica. Il problema che si pone quindi � quello di verificare se questa decisione della Suprema Corte sia compatibile con la normativa prevista dal del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, artt. 6 e 8 con quanto prevede il d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 25 ed ancora il d.P.R. 7 aprile 2003, n. 137 e il D.Lgs. 23 febbraio 2002, n. 10, norme in base alle quali potrebbe ritenersi che anche la comunicazione di cancelleria ai sensi dell'art. 136 c.p.c., richiede la firma digitale. Orbene per rispondere a questo quesito occorre ricordare che l'art. 136 c.p.c., nel testo vigente al tempo, dei fatti di causa, disponeva: �Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti....; Il biglietto � consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o notificato dall'ufficiale giudiziario�. L'art. 45 disp. att. c.p.c., precisa poi che il biglietto si compone di due parti uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario e l'altra deve essere conservata nel fascicolo d'ufficio. In questa parte che � inserita nel fascicolo d'ufficio deve essere estesa la relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario. Orbene rilevato che la Corte di Cassazione (72) ha pi� volte esaminato la questione relativa al se la comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria debba avere luogo nelle forme specificate dall'art. 136 c.p.c. e dell�art. 45 disp. att. c.p.c., o, viceversa, possa avere rilievo anche la conoscenza del provvedimento acquisita per altra via, ha avuto modo di statuire, con orientamento antico e costante, fatto proprio dalle Sezioni Unite, che sono ammesse forme equipollenti a quelle stabilite dall'ordinamento, ogni qual volta ci sia un'attivit� del cancelliere; sia assicurata la completa conoscenza della comunicazione da parte del destinatario; vi sia la certezza della data. La giurisprudenza di legittimit� (73) ha al riguardo sempre ritenuto validi ed equipollenti il �visto per presa visione� apposto dal procuratore o da suo incaricato sull'originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice; l'inserimento, ad opera (72) Corte Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 10 giugno 1998, n. 5761, Corte di Cassazione, I sez. civ., sentenza 21 novembre 2006 n. 24742. (73) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 16 giugno 2004 n. 11319; Corte di Cassazione, sez. II civ., sentenza 12 settembre 1992 n. 10422. 356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 del cancelliere, nel verbale d'udienza, del decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico, e la relativa verbalizzazione (74) dell'impegno della parte a corrispondere la somma liquidata; la dichiarazione resa nella cancelleria (75) di aver preso visione dell'atto e di rinunciare alla relativa comunicazione. In tutte predette fattispecie rileva infatti sempre l�elemento volontaristico, e cio� l'accettazione da parte del procuratore nella forma equipollente, accettazione che tiene luogo nella sottoscrizione prevista dall'art. 45 disp. att. c.p.c. Sotto altro profilo, ma che porta all�identica risoluzione della problematica � stato posto in rilievo che il raggiungimento dello scopo della comunicazione (76) come in quella esaminata, ha ritenuto come equipollente il rilascio al creditore, su sua richiesta, di copia autentica del decreto con il quale il giudice delegato aveva fissato l'udienza per la comparizione delle parti e stabilito il termine per la notifica del provvedimento al curatore, in quanto tutto ci� comporta la effettiva presa di conoscenza, da parte del creditore stesso, del decreto de quo, ancorch� non comunicato dal cancelliere a norma dell'art. 136 cod. proc. civ., qualora risulti che l'atto abbia raggiunto il suo scopo per avere il creditore immediatamente utilizzato il detto decreto chiedendone la notificazione al curatore del fallimento. Orbene posto il principio volontaristico, appare ovvio che la comunicazione da parte dell'avvocato del proprio indirizzo e-mail all'Ordine, per la successiva comunicazione di cancelleria, secondo la procedura prevista dall'accordo tra il Tribunale e/o la Corte d'Appello ed il Consiglio dell'Ordine di appartenenza dell�avvocato costituisce sicuramente adesione del professionista alla convenzione. Il consenso espresso quindi che la comunicazione di cancelleria fosse effettuata con tale modalit� e la raggiunta garanzia che all'indirizzo dato il messaggio di cancelleria fosse stato letto dall'avvocato stesso, non in automatico, di aver ricevuto la comunicazione garantisce, appunto, la certezza richiesta dall'art. 136 c.p.c. Tale procedura di comunicazione risulta peraltro essere corretta sulla semplice base codicistica, e, con ogni evidenza, volta a realizzare l'obiettivo di cui all'art. 111 Cost., comma 2, inserito dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1992 n. 2. La procedura prevista dalla convenzione poi risulta corretta anche alla luce della legislazione speciale sul tema. Infatti gi� la legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 15, comma 2 (Delega al governo per la riforma della pubblica amministrazione), disponeva che �gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonch� la loro archiviazione trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge�, rimandando poi per la determinazione de �i criteri e le modalit� di applicazione del (74) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 26 giugno 2006 n. 14737. (75) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 20 ottobre 2005 n. 20279. (76) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 12 febbraio 2000 n. 2068. DOTTRINA 357 presente comma� a specifici regolamenti. Il D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 6, menziona anche l'amministrazione della giustizia (77) tra i soggetti pubblici destinati ad utilizzare i sistemi informativi automatizzati, sia pure con la riserva di particolari modalit� di applicazione. Ancora il Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti � stato emanato con D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, ed � testo fondamentale in materia. Ora le norme in materia da prendere in considerazione sono sicuramente l�art. 2 secondo il quale "l'attivit� di trasmissione, comunicazione o notificazione, dei documenti informatici � effettuata per via telematica attraverso il sistema informatico civile, fatto salvo quanto stabilito dall'art. 6; la norma ex art. art. 4, comma 3 dove � previsto che: �Ove dal presente regolamento non � espressamente prevista la sottoscrizione del documento informatico con la firma digitale, questa � sostituita dall'indicazione del nominativo del soggetto procedente prodotta sul documento dal sistema automatizzato, a norma del D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 3, comma 2� ed ancora l'art. 6 in forza del quale �Le comunicazioni con biglietto di cancelleria, nonch� la notificazione degli atti, quest'ultima come documento informatico sottoscritto con firma digitale, possono essere eseguite per via telematica, oltre che attraverso il sistema informatico civile, anche all'indirizzo elettronico dichiarato ai sensi dell'art. 7�. Ora � di evidenza, alla luce di predetta normativa, che vi � una chiara contrapposizione, ex art. 6, tra notificazione degli atti effettuata con firma digitale, attraverso il sistema informatico civile, e la comunicazioni con biglietto di cancelleria eseguita all'indirizzo elettronico dichiarato ai sensi dell'art. 7, secondo il quale ai fini delle comunicazioni e delle notificazione ai sensi dell'art. 6, l'indirizzo elettronico del difensore � unicamente quello comunicato dal medesimo al Consiglio dell'Ordine. Ma a ben guardare vi sono poi altre norme del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, che concorrono alla medesima conclusione e cos� � per l'art. 3, commi 2 e 3, per i quali al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari; le varie norme che, in attuazione dell'art. 4, comma 3 cit., precisano quali atti devono essere formati come documenti informatici sottoscritti con firma digitale (78) (art. 6 per le notificazioni, art. 10 per la procura alle liti, art. 11 per l'iscrizione al ruolo, art. 15 per il deposito della relazione del C.T.U., art. 17 per la trasmissione della sentenza). Infine la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, (77) MELONCELLI A., L�informazione amministrativa, Rimini, 1986, 25 ss.; ci si permette di rinviare a CONTALDO A., Il documento informatico e la firma digitale nella Pubblica amministrazione: appunti per una ricostruzione della fattispecie, Riv. amm. Rep. it., 2002 cit., 92 ss. (78) Sul punto vedi CAMMARATA M., MACCARONE E., La firma digitale sicura. Il documento informatico nell�ordinamento italiano, Milano, 2003, 112 ss. 358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 n. 1, lett. b, modificando leggermente la formula dall'art. 136 c.p.c., comma 2 prevedendo che �Il biglietto � consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o � rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica�, evidenzia la distinzione di ruoli e di modalit� di comunicazione tra il cancelliere e l'ufficiale giudiziario. Inoltre il terzo comma dell'art. 136, introdotto dalla Legge citata, prevede che �Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici teletrasmessi�, nel ribadire la distinzione tra documenti informatici e teletrasmessi, rinvia alla normativa regolamentare sopra citata. Orbene il carattere sostitutivo della procedura telematica rispetto a quella cartacea prevista dall'art. 136 c.p.c. e dall�art. 145 disp. att. c.p.c.; la possibilit�, ridotta ma effettiva, di malfunzionamento del sistema di trasmissione; la gravit� delle conseguenze decadenziali, impongono di ritenere che sia sicuramente necessaria la risposta manuale di ricevuta con il tasto �rispondi�, e non sufficiente la risposta in automatico �letto� (79). N� argomenti in contrario sembra possano trarsi dallo jus superveniens costituito dal nuovo testo dell'art. 136 c.p.c., comma 3, perch� questo rinvia alla normativa regolamentare sopra citata, la quale non disciplina il punto specifico in esame. N� alla materia processuale, specificamente disciplinata dal d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, � applicabile il d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, (art. 12) (80), per il quale il documento informatico trasmesso per via telematica si intende inviato e pervenuto al destinatario se trasmesso all'indirizzo elettronico da questi dichiarato. Quando quindi il destinatario della comunicazione da risposta per ricevuta non in automatico, la comunicazione risulta validamente effettuata. Possiamo quindi ritenere che la sentenza in parola ha affermato il principio di diritto che ritiene valida la comunicazione di cancelleria ex art. 136 c.p.c., effettuata per e-mail all'indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio dell'Ordine e da questi alla Corte d'Appello competente, a norma del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, artt. 2, 4, 6, del quale il destinatario ha dato risposta per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea, ma appositamente cliccando - manifestando cos� la sua volont� e la reale conoscenza dell�atto pervenuto - con l�apposito tasto �rispondi� (81). (79) Per identica soluzione, limitatamente alla risposta "ok" del servizio di trasmissione via fax vedi Corte Cassazione, I sez. civ., sentenza 25 marzo 2003 n. 4319. (80) Regolamento recante criteri e modalit� per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 15, co 2. Per un primo commento vedi CIACCI G., La firma digitale, Milano, 1999, 42 ss. (81) Sul vedi ancora CAMMARATA M., MACCARONE E., op. et loc. supra cit. DOTTRINA 359 8. Polisweb. Funzionamento e finalit� Il sistema Polisweb � sostanzialmente operativo dal giugno del 2005. La sua finalit� � quella di consentire all�avvocato di effettuare la consultazione via internet di dati relativi a cause di sua pertinenza, presso tutti gli uffici giudiziari. A tal fine l�avvocato dovr� scegliere un punto di accesso e registrarsi presso di esso, secondo le procedure definite dallo stesso punto di accesso, presentando un certificato, rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in cui il consiglio dell'ordine di appartenenza attesta l'iscrizione all'albo, all'albo speciale, al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima all�esercizio della difesa e l'assenza di cause ostative allo svolgimento dell'attivit� difensiva. Il punto di accesso � una struttura tecnico-organizzativa, che pu� essere realizzata da privati, dal Consiglio dell�Ordine o dal Consiglio Nazionale Forense (su delega del Consiglio dell�Ordine), necessariamente dislocata presso un�idonea struttura al di fuori dell�ufficio giudiziario (ossia della Rete Unica Giustizia - RUG) e dunque non di competenza del Ministero della Giustizia; � tipicamente composta da un server che si incarica di autenticare l�utente e di consentire quindi la connessione al server che espone i servizi di PolisWeb. Tale PDA deve essere in possesso dei requisiti previsti per i soggetti pubblici e privati ed esso pu� entrare in esercizio a seguito di emanazione di apposito provvedimento, previa verifica, effettuata sulla base di un piano delle verifiche appositamente predisposto dal Ministero della Giustizia. Per accedere a PolisWeb l�avvocato dovr� altres� dotarsi di altri due strumenti. In primo luogo una smart-card (o un altro dispositivo crittografico) contenente il certificato di autenticazione occorrente per essere autenticati in occasione della connessione al PDA, operazione necessaria preliminarmente all�effettuazione di qualsiasi operazione. A tal fine � opportuno che l�avvocato chieda al PDA dove e come reperire una smart-card compatibile con il Punto di Accesso stesso. Tale smart-card (che tipicamente contiene anche la firma digitale) deve comunque essere rilasciata da una Certification Authority accreditata CNIPA. L�avvocato dovr� inoltre dotarsi, ovviamente, di una connessione a internet in modo da raggiungere il punto di accesso. E pertanto, attraverso la sua personale postazione potr� cos� collegarsi al punto d�accesso e, tramite questo, raggiungere la home page di Polisweb che presenta l�elenco degli uffici giudiziari abilitati: qui sar� possibile consultare le informazioni di propria pertinenza presso l�ufficio selezionato. Con questo sistema, presso ogni ufficio giudiziario � possibile la consultazione delle banche dati relative al contenzioso civile; diritto del lavoro; volontaria giurisdizione; esecuzioni civili, immobiliari e mobiliari. Come � agevole rilevare da questa sintetica descrizione, il sistema di Polisweb consente soltanto una consultazione dei dati esistenti presso i vari uffici giudiziari. Si tratta quindi, di un modo per agevolare il reperimento di tali dati, evitando il sovraffollamento delle cancellerie in quanto l�avvocato 360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 stesso pu� agevolmente reperire dalla sua postazione tutti i dati necessari. Il sistema non consente, invece, agli operatori del diritto di svolgere attivit� connesse al processo, quali costituzione, iscrizione a ruolo, deposito del fascicolo e simili. 9. Lo stato di attuazione della disciplina sul processo telematico Il decreto ministeriale del 17 luglio 2008 prevede che l�attivazione del processo telematico sia preceduta da un decreto dirigenziale che accerti l�installazione e l�idoneit� delle attrezzature informatiche e la funzionalit� dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. L�autenticazione dei soggetti abilitati esterni dovr� avvenire secondo le specifiche della Carta Nazionale dei Servizi. Nonostante la disciplina sul processo telematico sia gi� molto dettagliata, praticamente ormai in stato avanzato, il sistema non � ancora operativo nel suo complesso. E� peraltro importante evidenziare che anche quando il PCT lo sar�, esso non sostituir� definitivamente il processo �cartaceo� ma, almeno in una prima fase, si affiancher� ad esso. Attualmente, dopo una fase di sperimentazione che, come precedentemente esposto, ha coinvolto solo alcune circoscrizioni di tribunali nazionali, il processo civile telematico � attivo in quattordici uffici giudiziari ma limitatamente ai soli procedimenti di ingiunzione. Pertanto, a seguito di decreti ministeriali di autorizzazione progressivamente emanati nel corso del 2009, � oggi � possibile richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo telematico presso i tribunali di: Brescia, Catania, Como, Genova, Lecco, Lodi, Milano, Napoli, Padova, Pavia, Varese, Vigevano e Voghera. Si tratta di un numero molto ridotto rispetto agli uffici giudiziari i cui dati sono caricati sul sito nazionale Polisweb (ben duecentoventuno uffici giudiziari di cui ottantanove sezioni distaccate) che, come gi� rilevato, riveste, tuttavia, una diversa funzione di consultazione. A ci� si aggiunga che a decorrere dall�1 giugno 2009, in ottemperanza al D.M. 26 maggio 2009, n. 57 si applicano, nel circondario del Tribunale di Milano, 1e disposizioni di cui all'articolo 51, commi 1, 3 e 4 del d.l. n. 112/2008 (convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133), secondo le quali le notificazioni e le comunicazioni in corso di causa (ex artt. 170 e 192 cpc) sono effettuate unicamente per via telematica all'indirizzo elettronico, ossia alla CPECPT del punto di accesso. Numerosi sono gli sforzi per dare attuazione ai piani di sviluppo del PCT e recentissimamente (82) a Venezia sono stati firmati due protocolli d'intesa per l'attuazione del Processo Civile Telematico per i Tribunali (82) Il 20 luglio 2009 a Venezia i ministri della Giustizia e della Pubblica Amministrazione e l'Innovazione insieme al Presidente della Corte d'Appello ed ai vertici della magistratura e dell�avvocatura dei Tribunali di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, hanno firmato due protocolli d'intesa per l'attuazione del Processo Civile Telematico. DOTTRINA 361 di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. Gli accordi riguardano, rispettivamente, la comunicazione dei biglietti di cancelleria per via telematica nei procedimenti civili di secondo grado, la digitalizzazione dei fascicoli di primo grado e l'inserimento in rete dei dati pubblici delle sentenze di primo grado, nonch� la realizzazione del progetto per la comunicazione dei biglietti di cancelleria per via telematica nei procedimenti civili di primo grado e la digitalizzazione dei fascicoli di primo grado per renderli disponibili in rete. 362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il controinteressato nel giudizio amministrativo Concetto, elementi costitutivi e casistica delle fattispecie problematiche applicative pi� ricorrenti Pasquale Fava* SOMMARIO: 1. L�identificazione dei contro interessati: l�elemento formale e quello sostanziale. - 2. L�esclusione dei controinteressati sostanziali e/o successivi dal novero delle parti necessarie. - 3. L�ordine di integrazione del contraddittorio ed i poteri del controinteressato pretermesso. - 4. Le principali applicazioni giurisprudenziali. Gli atti amministrativi generali ed i regolamenti. - 4.1. I piani urbanistici. - 4.2. Procedure concorsuali e ad evidenza pubblica. L�impugnazione degli atti di esclusione da un concorso o da una procedura ad evidenza pubblica. - 4.2.1. (Segue) L�impugnazione della graduatoria di un concorso o dell�atto di aggiudicazione di una gara. - 4.3. L�impugnazione dei giudizi di avanzamento in carriera dei militari. - 4.4. Le impugnazioni degli atti di controllo. La posizione dell�amministrazione controllata in relazione all�impugnazione da parte del terzo beneficiario dell�atto di controllo negativo. - 4.4.1. In caso di controllo positivo, nel giudizio di impugnazione dell�atto controllato, l�autorit� tutoria non � controinteressato. - 4.5. Le impugnazioni degli atti di diniego e del silenzio-rifiuto. - 4.6. La presentazione di esposti e denunce. 1. L�identificazione dei contro interessati: l�elemento formale e quello sostanziale Il controinteressato � parte necessaria del processo amministrativo (1). (*) Giudice della Corte dei conti. (1) Tra i principali contributi scientifici sul controinteressato si segnalano ABBAMONTE G., LASCHENA R., Giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo diretto da Santaniello G., Vol. XX, CEDAM, Padova, 2001, 198-200; BENVENUTI F., Parte (dir. amm.), in Enc. dir., XXXI, Giuffr�, Milano, 1981, 962 s.s.; BRIGNOLA F., Cointeressati e controinteressati nel processo amministrativo, in Studi per il cinquecentenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 1683 s.s.; CAIANIELLO V., Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, UTET, 2003, 617-620; CANGELLI F., Le parti, in Scoca F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 189-196; CARACCIOLO LA GROTTERIA A., Parti e contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. Proc. 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It., 1991, III, 27 ss.; OCCHIENA M., Controinteressato, intervento ad opponendum e opposizione di terzo: il processo amministrativo tra declamazione e applicazione, in Giur. It., 1993, III, 852; PAZIENZAV., Controinteressati �non diretti� ed (effettiva) tutela giurisdizionale: una �sentenza di sbarramento� del Consiglio di Stato, in Foro Amm., 1990, 1181 s.s.; PUGLIESE F., Nozione di controinteressato e modelli di processo amministrativo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1989; QUAGLIA M.A., Art. 21 L. TAR, in ROMANO A., Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, CEDAM, 1992, 590-593; RAMAJOLI M., Riflessioni in tema d�intervento e controinteressato nel giudizio amministrativo, in Dir. Proc. 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Attesa la loro qualit� di parte essenziale i controinteressati �formali e sostanziali� pur se pretermessi dovrebbero sempre poter intervenire nel processo amministrativo con i pi� ampi poteri spettanti alla parte (l�atto di intervento pu� essere anche meramente depositato in deroga al principio che richiedere la notifica dello stesso a pena di inammissibilit�), dovrebbe sempre poter proporre ricorso incidentale, appello e opposizione di terzo ordinaria. Nonostante le critiche di una parte della dottrina, la giurisprudenza non considera parti necessarie i controinteressati meramente sostanziali e quelli sopravvenuti e, quindi, non ritiene che sia necessario ordinare l�integrazione del contraddittorio nei loro confronti. A questi controinteressati, pur non potendo proporre ricorso incidentale, dovrebbe poter essere consentito di intervenire (l�atto di intervento, tuttavia, in quest�ipotesi deve essere notificato a pena di inammissibilit�), di appellare nonch� di proporre opposizione di terzo ordinaria. (2) �Il ricorso deve essere notificato tanto all�autorit� dalla quale � emanato l�atto o provvedimento impugnato, quanto alle persone alle quali l�atto o provvedimento medesimo direttamente si riferisce� (art. 7, R.D. 17 agosto 1907, n. 642). (3) �Il ricorso � diretto al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e deve essere, nei termini suddetti, notificato tanto all�autorit� dalla quale � emanato l�atto o il provvedimento impugnato, quanto alle persone, alle quali l�atto o il provvedimento direttamente si riferisce, salvo la possibilit� di rinnovare o integrare la notificazione, secondo le norme da stabilirsi con regolamento, nei casi di errore che dalla sezione sia ritenuto scusabile� (art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054). (4) �Il ricorso deve essere notificato tanto all�organo che ha emesso l�atto impugnato quanto ai 364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 La figura del controinteressato � tipicamente legata al giudizio di primo grado atteso che � generalmente ritenuto che non esistono soggetti cui deve essere notificato �aggiuntivamente� l�atto di gravame che � ammissibile in presenza della notifica ad una delle parti necessarie del giudizio d�appello, salva l�integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti necessarie pretermesse (5). La ratio legis delle menzionate disposizioni normative (che introducono un litisconsorzio necessario passivo) risiede nella circostanza che il potere esercitato dall�Amministrazione inveratosi nel provvedimento impugnato coinvolge normalmente non solo il ricorrente che assume l�iniziativa processuale, ma anche altri soggetti, che devono essere messi in condizione di partecipare al processo per tutelare le proprie situazioni giuridiche soggettive che potrebbero essere incise dall�annullamento giurisdizionale. L�ordinamento, pertanto, tutela questi soggetti considerandoli parti necessarie del processo amministrativo cui va obbligatoriamente notificato il ricorso introduttivo affinch� acquistino tecnicamente la qualit� di parte processuale. In altri termini, il potere amministrativo ordinariamente coinvolge e interessa pi� soggetti che possono essere titolari di situazioni soggettive contrapposte, gli uni ricevendo un pregiudizio, gli altri traendo un vantaggio dal provvedimento finale. Trasferendo le predette situazioni soggettive dalla sede procedimentale di esercizio del potere amministrativo a quella processuale, difatti, � evidente che i primi (ricorrenti) potrebbero ricevere un beneficio dall�annullamento del provvedimento, i secondi (controinteressati), per converso, trarrebbero vantaggio solo dalla conservazione del medesimo, vantando un interesse si segno opposto. L�interpretazione letterale degli articoli 7 R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 36 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, tuttavia, pur essendo ispirata alla riportata ratio legis, ha per lungo tempo astretto il dato sostanziale (titolarit� di un interesse contrapposto all�annullamento in quanto coinvolto dall�esercizio del potere concretatosi nell�atto impugnato) nelle strette maglie del requisito formale imposto dalle disposizioni: la necessit� che l�atto impugnato si riferisse �direttamente� al terzo. L�art. 21, comma 1, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, invece, utilizzando controinteressati ai quali l�atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno di essi, entro il termine di sessanta giorni� (art. 21, comma 1, legge 6 dicembre 1971, n. 1034). (5) �I c.d. controinteressati sono identificati solo sulla base del provvedimento impugnato, pertanto, non sono configurabili nel giudizio di appello, che ha ad oggetto la sentenza del giudice di primo grado e nel quale si riscontra l�identica posizione processuale di tutte le parti nei cui confronti tale decisione � stata pronunciata [�] Ai fini della rituale proposizione del ricorso in appello innanzi al Consiglio di Stato, � sufficiente la notificazione dell�atto di appello ad una sola delle parti necessarie del giudizio di primo grado, salva la successiva integrazione del contraddittorio, ai sensi dell�art. 331 del c.p.c., nei confronti delle altre parti necessarie� (Cons. Stato, ad. plen., 24 marzo 2004, n. 7; in termini gi� Cons. Stato, ad. plen., 14 novembre 1980, n. 50 e Id., ad. plen., 28 ottobre 1980, n. 39). DOTTRINA 365 la pi� moderna terminologia �controinteressato�, ha agevolato il percorso evolutivo della giurisprudenza verso l�allargamento del novero delle parti passivamente legittimate in via necessaria. Difatti, negli anni successivi alla riforma del 1971, si � progressivamente consolidato l�orientamento (6) secondo cui parti (passive) necessarie non sarebbero solo quelle che sono espressamente contemplate dal provvedimento impugnato, ma anche tutti coloro che siano obiettivamente individuabili dall�atto impugnato in quanto titolari di situazioni giuridiche soggettive coinvolte dal potere esercitato di segno opposto (perch� di natura conservativa) a quella attivata dal ricorrente (che ha natura demolitoria). La giurisprudenza, peraltro, per contemperare l�esigenza di non rendere troppo gravosi gli oneri processuali del ricorrente con quella di consentire ai soggetti portatori di un interesse sostanziale antitetico di partecipare al giudizio, ha successivamente chiarito con orientamento costante (7) che al fine di (6) �L�espressione �controinteressati ai quali l�atto direttamente si riferisce� adoperata dalla legge TAR va intesa non nel senso che debba trattarsi di soggetti le cui generalit� risultino nominativamente elencate nell�atto impugnato, bens� di soggetti obiettivamente individuabili sulla base dell�atto impugnato, quali titolari di posizioni giuridiche in ordine al rapporto del quale si controverte� (Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 1982, n. 514). La tesi � stata poi recepita dalla Plenaria (Cons. Stato, ad. plen., 28 settembre 1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. Stato, 1987, I, 1197). In termini Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 1989, n. 84, in Cons. Stato, 1989, I, 168, che si riferisce alla �facile individuabilit�� del controinteressato. (7) �La nozione di controinteressato nel processo amministrativo comprende tutti coloro che sono coinvolti da un provvedimento amministrativo ed abbiano acquistato, in relazione a detto provvedimento, una posizione giuridicamente qualificata alla sua conservazione� Cons. Stato, ad. plen., 28 settembre 1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. Stato, 1987, I, 1197, e successivamente Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2 (�Al fine dell�individuazione dei soggetti controinteressati, occorre far ricorso a due elementi, dei quali il primo, di carattere sostanziale, consiste nella titolarit� di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, ossia di una situazione giuridica analoga (ma di segno opposto) a quella che pu� essere fatta valere dal ricorrente; il secondo, di carattere formale, ricorre allorch� l�atto impugnato si riferisce direttamente ai soggetti coinvolti, indicandoli nominativamente�) e Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 9 (�La qualit� di controinteressato va individuata non in rapporto ad esigenze processuali, bens� in seguito al riconoscimento della titolarit� di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso ed alla circostanza che il provvedimento impugnato riguardi nominativamente un soggetto determinato, esplicitamente menzionato, o comunque agevolmente individuabile (c.d. elemento formale), il quale abbia un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento stesso�). Sul punto la giurisprudenza � costante. Tra le tante Cons. Stato, 16 dicembre 2004, n. 8079 (�La qualit� di controinteressato va individuata con riferimento alla titolarit� di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente ed in relazione alla circostanza che il provvedimento impugnato riguardi nominativamente un soggetto determinato, esplicitamente menzionato o comunque agevolmente individuabile che sia detentore di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento stesso�); Id., Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7893; Id., Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6743; Id., Sez. V, 7 febbraio 2003, n. 647; Id., Sez. V, 10 giugno 2002, n. 3202; Id. Sez. V, 17 dicembre 2001, n. 6254; Id., Sez. V, 17 marzo 2001, n. 1603; Id., Sez. V, 3 marzo 2001, n. 1227; Id., Sez. IV, 6 aprile 2000, n. 1982; Id., Sez. VI, 12 gennaio 2000, n. 189; Id., Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2117; Id., Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 22; Id., Sez. V, 17 dicembre 1998, n. 1806; Id., Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1684; Id., Sez. IV, 17 dicembre 366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 pervenire ad una corretta identificazione dei soggetti controinteressati da evocare obbligatoriamente in giudizio � necessaria la compresenza di due elementi: 1) il primo, di natura formale, richiede che il provvedimento impugnato indichi nominativamente i terzi oppure che questi siano �obiettivamente�, �facilmente� o �agevolemente� identificabili sulla base del medesimo (8), 2) il secondo ha carattere sostanziale dipendendo dalla sussistenza in capo al terzo di una situazione soggettiva giuridicamente qualificata di segno omogeneo e contrario a quella fatta valere dal ricorrente principale che si concreta nell�interesse alla conservazione del provvedimento impugnato atteso il pregiudizio che essi subirebbero dall�annullamento giurisdizionale. 2. L�esclusione dei controinteressati sostanziali e/o successivi dal novero delle parti necessarie Secondo la giurisprudenza prevalente, quindi, il controinteressato (meramente) sostanziale (non contemplato n� agevolmente identificabile dal provvedimento), pur potendo, secondo i casi, intervenire in primo grado e in appello, nonch� avendo la legittimazione ad appellare, non � considerato parte necessaria nei cui confronti va obbligatoriamente integrato il contraddittorio. Del pari � stato escluso che controinteressato c.d. �successivo� (9) sia parte necessaria del processo amministrativo atteso che, secondo l�orientamento prevalente, l�individuazione dei controinteressati va effettuata in relazione alle circostanze esistenti al momento dell�adozione del provvedimento impugnato, essendo irrilevanti le sopravvenienze di fatto o di diritto (10). 1998, n. 1516; Id., Sez. VI, 1 luglio 1997, n. 1040; Id., Sez. V, 3 luglio 1995, n. 991; Id., Sez. V, 6 ottobre 1993, n. 999; Id., Sez. V, 21 gennaio 1992, n. 72; Id., Sez. V, 20 settembre 1990, n. 684; Cons. Giust. Amm. Sic. 8 maggio 1997, n. 98; Id., Sez. VI, 9 febbraio 1989, n. 84 (�Controinteressato ad un ricorso giurisdizionale � colui al quale l�atto impugnato si riferisce direttamente, cio� colui che, contemplato nell�atto de quo, ovvero attraverso questo facilmente individuabile, abbi ottenuto, per effetto diretto e immediato dell�atto stesso, una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione del medesimo�). (8) Filippo Satta ritiene che sia assolutamente corretto l�orientamento giurisprudenziale che interpreta l�espressione �persone cui l�atto direttamente si riferisce� nel senso di soggetti agevolmente identificabili dal contenuto dell�atto anche se non espressamente menzionati (SATTA F., Giustizia amministrativa, 1997, 186-187). (9) �Nel giudizio amministrativo il ricorrente non � onerato a ricercare, ai fini dell�integrit� del contraddittorio, i c.d. controinteressati �successivi�, ossia quei soggetti che ripetono la loro posizione di vantaggio non direttamente dall�atto impugnato, bens� da atti successivi e consequenziali, il cui travolgimento sia determinato dall�eventuale annullamento dell�atto presupposto effettivamente lesivo� (Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5092). In termini Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 482, in Cons. Stato, 2004, I, 285 s.s., con nota di MAZZIA F., Controinteressati in tema di concorso pubblico. Per una recente posizione minoritaria contraria TAR Lazio, Sez. I, 18 luglio 2003, n. 6359, in Foro Amm. TAR, 2003, 2617, con nota di MARI G., Il controinteressato successivo come parte necessaria del processo amministrativo. DOTTRINA 367 3. L�ordine di integrazione del contraddittorio ed i poteri del controinteressato pretermesso Fermo restando che il contraddittorio deve, comunque, essere integro, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che ai fini dell�ammissibilit� (11) del ricorso � sufficiente che il ricorrente lo abbia notificato all�Amministrazione e ad almeno un controinteressato. Peraltro, ove il giudice riscontri che il contraddittorio avrebbe dovuto essere esteso ad altri soggetti, nei cui confronti sussistono tutti i descritti elementi formali e sostanziali che consentono di poter affermare di essere in presenza di un controinteressato pretermesso, � necessario che ordini l�integrazione del medesimo (12). � stato, difatti, chiarito che la sentenza di primo grado pronunciata in difetto di contraddittorio � affetta da un vizio di procedura, rilevabile anche d�ufficio (13), che, ai sensi dell�art. 35, 1� co., legge 6 dicembre 1971, n. 1034, impone al Consiglio di Stato l�annullamento con rinvio al giu- (10) Cons. Stato, ad. plen., 24 luglio 1997, n. 15 (�La qualit� di controinteressato all�annullamento di un provvedimento amministrato va accertata con riferimento alla data di emanazione del provvedimento medesimo a nulla rilevando i fatti e la situazioni sopravvenute�); Id., ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9 (�Ai fini dell�individuazione del controinteressato � di una regolare costituzione del contraddittorio, l�interesse alla conservazione dell�atto impugnato deve essere accertato con riferimento al momento in cui detto provvedimento fu adottato, non potendosi riconoscere alcun rilievo a fatti o circostanza verificatasi in epoca successiva ancorch� acquisiti nel corso della causa o addirittura desumibili dal merito della controversia�); Id., Sez. IV, 25 luglio 2005, n. 3971; Id., Sez. IV, 17 novembre 2004, n. 7533; Id., Sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7400; Id., Sez. V, 15 febbraio 2000, n. 815; Id., Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5092. (11) Cons. Stato, ad. plen., 28 settembre 1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. Stato, 1987, I, 1197. � stato precisato successivamente che il ricorso deve, a pena di inammissibilit�, comunque essere notificato al controinteressato (che era tale al momento dell�adozione del provvedimento) a prescindere dal fatto che sia successivamente venuta meno (ad esempio per rinuncia o decadenza) la situazione giuridica che lo rendeva parte passiva necessaria (Cons. Stato, Sez. V, 22 novembre 1996, n. 1381). Peraltro, in caso di difficolt� dell�identificazione dei controinteressati, l�Amministrazione sarebbe tenuta a fornire a coloro che abbiano intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale tutti gli elementi atti a consentire la notifica del gravame al controinteressato, sicch�, in mancanza di attivit� collaborativa della P.A. sarebbe illegittima la declaratoria di inammissibilit� del ricorso per omessa notifica al controinteressato (cos� Cons. Giust. Amm., 28 luglio 1988, n. 130). (12) Il termine imposto nell�ordine di integrazione del contraddittorio ha natura perentoria e la sua violazione comporta l�inammissibilit� (Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 1990, n. 920) o, secondo altra pi� risalente tesi, l�improcedibilit� del ricorso (TAR Lazio, Sez. II, 579/1977). (13) La giurisprudenza pi� recente dell�Adunanza Plenaria ha rivisitato il proprio orientamento pi� risalente (�Nei riguardi di una statuizione esplicita od implicita del giudice di primo grado ed erroneamente assumere la validit� del contraddittorio costituito, il sindacato del giudice d�appello, a cui per altri motivi la controversia sia stata devoluta, ben � esplicabile pur in assenza di impugnativa sul punto, essendo siffatta statuizione inidonea ad acquisire (quanto meno integralmente) gli estremi del giudicato, giacch� destinata per sua natura a direttamente riflettersi ed involgere le posizioni dei soggetti rimasti terzi nel giudizio� Cons. Stato, ad. plen., 28 ottobre 1980, n. 41) affermando l�ammissibilit� del sindacato giurisdizionale salva la formazione del giudicato implicito (�Deve in secondo luogo verificarsi l�integrit� del contraddittorio di primo grado, in ragione dell�asserita esistenza di controinteressati non 368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dice di primo grado (14). Una parte della dottrina (15), tuttavia, ha segnalato che la giurisprudenza non applica estensivamente questi poteri, limitandosi a pronunciare ordini di integrazione del contraddittorio solo in relazione ai controinteressati (formali) pretermessi e non anche a quelli meramente sostanziali. Si ritiene, tuttavia, che la giurisprudenza faccia un corretto utilizzo dei propri poteri anche alla luce del consolidato orientamento che richiede la necessaria coesistenza dell�elemento sostanziale con quello formale, essendo il primo da solo insufficiente ad integrare la nozione di contro interessato rilevante ai fini del ricorso introduttivo. Il controinteressato pretermesso, cui non sia stato notificato il ricorso originariamente o a seguito di un ordine di integrazione del contraddittorio del giudice, potr� comunque tutelarsi spiegando intervento in primo grado (16) o in appello (17 ) (in questo caso dovrebbero essergli riconosciuti gli stessi poteri intimati, sebbene manchi la deduzione di una specifica censura in tal senso nell�atto di appello. Infatti, in difetto di una specifica pronuncia sul punto da parte del giudice di primo grado, ben pu� il giudice d�appello esaminare la questione anche d�ufficio, ovvero, come nella specie, a seguito di sollecitazione di alcune parti� Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2). In altri termini, in caso di espressa pronuncia del giudice di primo grado sarebbe sempre necessaria un�impugnativa specifica in mancanza della quale il rilievo d�ufficio del Consiglio sarebbe precluso. (14) Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 1994, n. 13 (�Nel processo amministrativo la mancata integrazione del contraddittorio in primo grado costituisce difetto di procedura e comporta l�annullamento della sentenza con rinvio ai sensi dell�art. 35 l. TAR�). Analoga posizione � stata manifestata dalla Plenaria in relazione al giudizio in materia di accesso ai documenti (Cons. Stato, ad. plen., 24 giugno 1999, n. 16). In termini Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2003, n. 1269; Id., Sez. VI, 14 gennaio 2003, n. 106; Id., Sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 160. Prima della pronuncia della Plenaria avevano seguito l�orientamento favorevole all�annullamento con rinvio Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 1993, n. 837 e Id., Sez. V, 31 marzo 1992, n. 276. (15) CANGELLI F., Le parti, in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 192-193; D�ORSOGNA M., in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 270- 271. In giurisprudenza in favore dell�integrazione del contraddittorio anche nei confronti dei controinteressati sostanziali TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 luglio 2003, n. 6359. (16) Pur riconoscendone la praticabilit� qualifica come improprio l�intervento ad opponendum del controinteressato cui avrebbe dovuto essere notificato il ricorso introduttivo Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5741 (�� solo l�interesse di fatto a tipizzare nel processo amministrativo l�intervento adesivo ad opponendum, poich� l�eventuale diretto riferimento dell�atto nella sfera giuridica dell�interveniente (con un interesse legittimo alla sua conservazione), formalizzerebbe una fattispecie di intervento improprio, che configurerebbe la costituzione in giudizio di controinteressato, nei cui confronti si sarebbe dovuto notificare il ricorso�). (17) La fruibilit� dell�intervento del terzo in appello, riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa gi� prima dell�apertura della Corte costituzionale all�opposizione di terzo ordinaria intervenuta con la decisione 26 maggio 1995, n. 177 (�Non � precluso l�intervento in appello dei soggetti rimasti estranei nel giudizio di primo grado� Cons. Stato, ad. plen., 19 febbraio 1988, n. 2 [con questa pronuncia della Plenaria si avviava ad essere definitivamente superato l�orientamento minoritario che affermava, per converso, l�inammissibilit� dell�intervento di terzi in appello applicando l�art. 344 c.p.c. anche nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato � tra le decisioni che seguivano questa linea Cons. Stato, Sez. IV DOTTRINA 369 della parte in quanto interviene per l�integrazione del contraddittorio), appellando (18) oppure proponendo opposizione di terzo (ordinaria) (19) avverso la sentenza a lui sfavorevole. 6 luglio 1979, n. 571]; �L�intervento adesivo � proponibile anche nel giudizio di appello mancando un esplicito divieto legislativo e non essendo applicabile al processo amministrativo l�art. 344 c.p.c. che limita l�intervento in appello ai soli terzi che potrebbero proporre opposizione ex art. 404 del codice stesso� Id., Sez. V, 18 aprile 1988, n. 226; �Nel giudizio amministrativo che ha struttura e funzione diverse da quelle del giudizio civile e nel quale non � configurata la legittimazione del terzo a proporre opposizione ai sensi dell�art. 404 c.p.c., qualunque interessato, che non sia stato parte nel processo di primo grado, pu� spiegare intervento nel giudizio di appello pendente tra altre parti, al fine di sostenere adesivamente le ragioni di una si esse� Id., Sez. VI, 13 aprile 1982, n. 268), � stata confermata dalla giurisprudenza amministrativa anche dopo la menzionata pronuncia del Giudice delle leggi (�� ammissibile l�intervento in appello di soggetti che non hanno rivestito la posizione di parte formale nel giudizio di primo grado qualora essi siano titolari di una posizione di vantaggio che sia pregiudicata dalla sentenza� Cons. Stato, Sez., IV, 17 dicembre 2003, n. 8289; ��deve ritenersi ammissibile, anche per ragioni di economica processuale, l�intervento nel giudizio di appello di soggetti non aventi la qualifica di parte formale nel giudizio di primo grado, qualora ad essi possa derivare, anche indirettamente, un pregiudizio dalla decisione dell�impugnazione o possano tutelare una posizione di vantaggio attraverso la definizione della controversia� Id., Sez. IV, 20 maggio 2003, n. 2718; �� ammissibile l�intervento del terzo in appello da parte dei soggetti non aventi legittimazione di parte formale in primo grado, ancorch� possa essere successivamente esercitata l�opposizione di terzo secondo quanto ritenuto dalla Corte cost. 26 maggio 1995, n. 177� Id., Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1187; in termini Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 1999, n. 800). (18) L�orientamento protettivo, suggellato da una decisione dell�Adunanza Plenaria (�Non � contraddittorio negare per ragioni sostanziali ai proprietari la qualit� di controinteressati al ricorso di primo grado e riconoscere agli stessi la qualit� di parti sostanziali, titolari di autonoma legittimazione all�appello� Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2), � stato seguito dalla giurisprudenza successiva (�Sono legittimati ad impugnare le sentenze dei TAR non solo coloro che hanno partecipato al giudizio di primo grado in quanto parti originarie, oppure intervenuti nel processo, ma anche coloro che, a prescindere dalla loro presenza nel giudizio stesso, rivestano la qualit� di legittimi e necessari contraddittori in quanto titolari di un interesse contrastante con quello dedotto in giudizio e tale da esser pregiudicato dalla sentenza� Cons. Stato, Sez. VI; 26 giugno 2003, n. 3848; �Va ravvisata la legittimazione ad appellare in capo a soggetti che, pur non essendo parti necessarie del giudizio amministrativo di primo grado, risultino nondimeno titolari di una posizione sostanziale di interesse legittimo o comunque di una situazione di vantaggio in ordine alla conservazione dell�atto impugnato� Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2002, n. 1945; �La legittimazione ad appellare le sentenze del giudice amministrativo di primo grado deve essere riconosciuta oltre che alle parti necessarie del giudizio anche ai soggetti che, pur non essendo controinteressati in senso proprio in quanto non direttamente contemplati o comunque non essendo facilmente identificabili, sono tuttavia portatori di una situazione di vantaggio in ordine ad un bene della vita, dipendente dal potere amministrativo cui quel bene � soggetto, ma dotata di autonomia� Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2002, n. 1736;). In termini Cons. Stato, Sez IV, 13 ottobre 1999, n. 1571 e Id., Sez. IV, 28 maggio 1997, n. 582. (19) C. Cost. 17 maggio 1995, n. 177. Per un�ampia rassegna delle principali decisioni della giurisprudenza amministrativa successive dal dictum della Consulta che hanno tratteggiato la morfologia dell�opposizione di terzo nel processo amministrativo sia consentito rinviare a ESPOSITO W., FAVA P., L�opposizione di terzo nel processo amministrativo, La Tribuna, Piacenza, 2003. In precedenza TROISE MANGONI W., Controinteressato e opposizione di terzo nel processo amministrativo, in Riv. Trim. Dir. Proc. Amm., 1992, 171; OCCHIENA M., Controinteressato, intervento ad opponendum e opposizione di terzo: il processo amministrativo tra declamazione e applicazione, in Giur. It., 1993, III, 852; TIBERII M., La tutela del terzo al bivio tra rimedio dell�appello e/o dell�opposizione: una questione (non) solo di competenza, in Riv. Trim. Dir. Proc. Amm., 1999, 501. 370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 Il controinteressato che partecipa al giudizio, peraltro, pu� limitarsi ad articolare mere argomentazioni difensive a sostegno della legittimit� del provvedimento impugnato oppure allargare il thema decidendum attraverso la proposizione di un ricorso incidentale (20) con cui dedurre ulteriori vizi del provvedimento impugnato dal ricorrente (o di altri diversi ad esso connessi) con funzione conservativa in quanto esclusivamente finalizzati a paralizzare la possibilit� di accoglimento del ricorso principale. Per completezza va, altres�, rilevato che in relazione al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica � stato osservato (21) che i controinteressati formali e sostanziali pretermessi, in considerazione dell�impedimento alla possibilit� di chiedere la trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale e in deroga al principio generale che limita l�impugnativa giurisdizionale della decisione del Presidente ai soli errores in procedendo successivi al parere del Consiglio di Stato, dovrebbero poter impugnare la menzionata decisione anche per errores in iudicando. 4. Le principali applicazioni giurisprudenziali. Gli atti amministrativi generali ed i regolamenti La giurisprudenza consolidata esclude la presenza di controinteressati in relazione ai giudizi di impugnazione di atti amministrativi generali o regolamenti che al di l� dell�etichetta formale abbiano natura sostanzialmente amministrativa, atteso che essi non attribuiscono vantaggi in modo specifico ad un individuo rispetto agli altri destinatari comuni dell�azione amministrativa e, quindi, non fanno emergere situazioni soggettive differenziate e qualificate alla conservazione delle scelte operate con l�atto (22). 4.1. I piani urbanistici L�orientamento che esclude la presenza di controinteressati in relazione ad atti amministrativi generali o regolamentari � stato confermato anche in relazione alle impugnative di piani urbanistici. (20) Il ricorso incidentale va notificato entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso principale e depositato in segreteria nei dieci giorni successivi all�ultima notifica (art. 37, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054). Secondo l�Adunanza Plenaria nei processi regolati dal rito speciale accelerato il termine per la notifica del ricorso incidentale � dimezzato (Cons. Stato, ad. plen., 31 maggio 2002, n. 5). (21) IMMORDINO M., Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, 526. (22) Cons. Stato, Sez. VI, 10 gennaio 2002, n. 112; Id., ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2; Id. 9 giugno 1994, n. 483; Id., Sez. IV, 27 gennaio 1994, n. 67; Id., Sez.V, 14 dicembre 1992, n. 1472; Id., Sez. VI, 12 dicembre 1992, n. 1052; Id., Sez. IV, 1086/1981; Id., Sez. IV, 495/1976; Id., Sez. IV, 27 gennaio 1976, n. 42; Id., Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041; Id., Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932. DOTTRINA 371 Si � persino escluso che i soggetti nominativamente indicati negli stessi possano acquisire la qualit� di controinteressati. L�Adunanza Plenaria ha, difatti, affermato che �i proprietari di aree contemplati dal piano regolatore non hanno la posizione formale di controinteressati nei confronti del ricorso giurisdizionale proposto contro il piano stesso, e non sussiste quindi l�obbligo per il ricorrente di notificare ad essi il ricorso, ci� in quanto l�interesse qualificato, che costituisce la premessa per il riconoscimento della posizione di controinteressato, deve essere espressamente tutelato dal provvedimento e oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente dall�interesse perseguito dal ricorrente, cosa che non � rinvenibile nel piano regolatore, la cui funzione esclusiva � quella di predisporre un ordinato assetto del territorio comunale, prescindendo dalla posizione dei singoli proprietari di aree, e le cui previsioni urbanistiche - fatta eccezione per l�imposizione di vincoli espropriativi o preordinati all�espropriazione - sono insuscettibili di essere valutate in senso sfavorevole o favorevole dal proprietario dell�area� (23). (23) Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2. Per meglio comprendere le argomentazioni della Plenaria si riporta qui di seguito il passaggio della decisione �Deve in secondo luogo verificarsi l'integrit� dei contraddittorio di primo grado, in ragione dell'asserita esistenza di controinteressati non intimati, sebbene manchi la deduzione di una specifica censura in tal senso nell'atto di appello. Infatti, in difetto di una specifica pronuncia sul punto da parte del giudice di primo grado, ben pu� il giudice d'appello esaminare la questione anche d'ufficio, ovvero, come nella specie, a seguito di sollecitazione di alcune parti (Ferrovie dello Stato, COMMADE.MI. e Impresa Rambelli). Ai fini dell'individuazione dei soggetti controinteressati in generale la giurisprudenza consolidata richiede il concorso di due elementi. L'elemento sostanziale, necessario ma non sufficiente, consiste nella titolarit� di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, ossia di una situazione giuridica soggettiva analoga (ma di segno opposto) a quella che pu� esser fatta valere da un ricorrente. L'elemento formale ricorre allorch� l'atto impugnato direttamente si riferisca ai soggetti coinvolti. La giurisprudenza ha, peraltro, chiarito che non occorre l'indicazione nominativa nell'atto, purch� i soggetti controinteressati siano agevolmente individuabili (Ad.plen., 28 settembre 1987, n. 22). In applicazione dei principi generali sopra enunciati la giurisprudenza ha con numerose pronunce escluso la configurabilit� di controinteressati rispetto all'impugnazione di piani regolatori generali (Cons. Stato, sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041; id., 27 gennaio 1976, n. 42; id., 30 settembre 1976, n. 827; id., 17 gennaio 1978, n. 1 l; id., 27 febbraio 1979, n. 15 l; id., 11 maggio 1979, n. 312; id., 18 marzo 1980, n. 27; id., 7 giugno 1984, n. 434; id., 23 novembre 1985, n. 563) o di piani per l'edilizia economica e popolare (Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 1979, n. 985) o di piani degli insediamenti produttivi (Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 1989, n. 234). Alcune decisioni si sono discostate da tale orientamento, con riferimento a un p.i.p. in cui era gi� prevista l'impresa beneficiaria dell'espropriazione di aree (Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 1991, n. 384) o con riguardo a fattispecie in cui l'oggetto del contendere era proprio la posizione di relativo vantaggio attribuita a un terzo determinato dallo strumento urbanistico generale. In particolare, in un caso il ricorrente sosteneva che su di un terreno dovesse essere imposto un vincolo di inedificabilit� assoluta intorno a un depuratore (Con. Stato, sez IV, 29 gennaio 1993, n. 123), nell'altro il ricorrente lamentava che l'immobile del vicino fosse stato inserito all'interno della zona di completamento con l'effetto di renderlo conforme alle previsioni urbanistiche (Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 1995, n. 304). L�orientamento largamente prevalente, secondo cui in materia di strumenti urbanistici va esclusa, al 372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 L�orientamento � stato successivamente confermato dalla stessa Plenaria che ha rigettato l�eccezione di inammissibilit� del ricorso (per omessa notifica ai controinteressati) affermando che �deve escludersi la configurabilit� di soggetti controinteressati all'impugnazione di un piano regolatore generale indipendentemente da complesse vicende particolari (come la convenzione stipulata il 30 gennaio 1958 tra il Comune e l�Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, il ricorso giurisdizionale proposto dall'Amministrazione avverso la variante generale al P.R.G. approvata il 26 febbraio 1980 e le decisioni del T.A.R. e del Consiglio di Stato), la cui ricostruzione costituirebbe un onere eccessivamente gravoso per i soggetti che intendano ricorrere: in altri termini momento dell'impugnazione, la configurabilit� di interessi qualificati alla loro conservazione, merita di essere confermato, indipendentemente dalla natura dell'interesse legittimo fatto valere dal ricorrente. Vero � che, quando questi persegua l'eliminazione di una previsione che pone le premesse per un'espropriazione di un suo immobile o ne limiti le facolt� di godimento, si coglie pi� chiaramente il carattere riflesso e talvolta eventuale degli effetti sfavorevoli dell'annullamento per i terzi, mentre tali effetti sembrano emergere dalla stessa impostazione dell'impugnazione allorch� il ricorrente contesti scelte urbanistiche che consentono lo sfruttamento economico di aree altrui. Va, per�, considerato che l'interesse qualificato, che costituisce la premessa per il riconoscimento della posizione di controinteressato in senso formale, deve essere espressamente tutelato dal provvedimento e oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente dall'interesse perseguito dal ricorrente. Tali requisiti non ricorrono nel caso dello strumento urbanistico. In primo luogo la sua funzione esclusiva e quella di predisporre un ordinato assetto del territorio comunale, prescindendo dalle posizioni dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possano derivare dalla pianificazione. In secondo luogo, fatta eccezione per l'imposizione di vincoli espropriativi o preordinati all'espropriazione, la previsione urbanistica � per sua natura suscettibile di essere valutata in senso favorevole o sfavorevole dal proprietario dell'area. Ad esempio questi potrebbe ritenere eccessivamente restrittivi i limiti imposti all'edificazione e impugnare autonomamente il piano, sia pur perseguendo un interesse opposto a quello di chi mira a far imporre una destinazione a verde pubblico. In concreto soltanto la valutazione soggettiva del proprietario dell'area pu� condurre a una impugnazione autonoma del piano, a un intervento adesivo all'altrui impugnazione o a un intervento ad opponendum, come � avvenuto nel caso in esame. In conclusione, indipendentemente dalla questione della agevole individuabilit� dei proprietari delle aree contemplate dal piano, deve escludersi che i ricorrenti in primo grado avessero l'onere di notificare loro, a pena di inammissibilit�, il gravame. �, quindi, irrilevante la circostanza che, almeno uno di tali proprietari (le Ferrovie dello Stato) fosse nominativamente indicato negli atti impugnati. Occorre, infine, chiarire, in relazione ai dubbi prospettati nell'ordinanza di rimessione, che non � contraddittorio negare (per ragioni sostanziali e non per difetto di identificazione o di agevole identificabilit� ai proprietari la qualit� di controinteressati al ricorso di primo grado e riconoscere agli stessi la qualit� di parti sostanziali, titolari di autonoma legittimazione all'appello. L'interesse diretto e personale riconosciuto alle societ� M.G. e Residenza Francesca, allorch� si � respinta l'eccezione di inammissibilit� dell'appello per difetto di legittimazione, non �, infatti, il medesimo interesse che, sotto il profilo sostanziale, avrebbe comportato oggettivamente la qualit� di controinteressato delle stesse societ�, ma � un interesse qualificato, oltre che dalla titolarit� di un diritto di propriet�, anche dalla volont� di conservazione del piano manifestata con l'intervento ad opponendum spiegato in primo grado. Solo con un comportamento processuale successivo alla proposizione del ricorso (e quindi irrilevante ai fini della sua ammissibilit�) le societ� predette hanno operato una scelta che ha fatto emergere un interesse contrario al suo accoglimento� (Cons. Stato, A.P., 8 maggio 1996, n. 2). DOTTRINA 373 il Collegio, allorch� con la decisione parziale ha affermato in generale che l'interesse del controinteressato deve essere espressamente tutelato dal provvedimento e oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente dall'interesse perseguito dal ricorrente, non ha inteso porre a carico dei ricorrenti l'onere di eseguire laboriose ricerche su contratti e giudizi concernenti altre persone, ma ha escluso che rispetto all'impugnazione di qualsiasi piano regolatore generale possa configurarsi un soggetto controinteressato� (24). 4.2. Procedure concorsuali e ad evidenza pubblica. L�impugnazione degli atti di esclusione da un concorso o da una procedura ad evidenza pubblica Per giurisprudenza costante in relazione all�impugnazione dell�atto di esclusione da un concorso pubblico o da una procedura di evidenza pubblica non sono configurabili controinteressati. Tali non sarebbero n� gli altri esclusi (�nel ricorso proposto contro il provvedimento di esclusione da un concorso per l�accesso ad un impiego pubblico non rivestono la qualit� di controinteressati gli altri concorrenti parimenti esclusi essendo essi stessi legittimati a proporre autonomo gravame� (25) ) n� gli ammessi (�non sono ravvisabili controinteressati in senso tecnico ai quali debba essere notificato il ricorso rispetto all�impugnazione del provvedimento di ecslusione da procedura concorsuale� (26) ). 4.2.1. (Segue) L�impugnazione della graduatoria di un concorso o dell�atto di aggiudicazione di una gara Quando la procedura concorsuale o ad evidenza pubblica giunge al suo esito con l�approvazione rispettivamente della graduatoria dei vincitori e dell�aggiudicazione la giurisprudenza, per converso, afferma la sussistenza di controinteressati in relazione alle impugnative spiegate avverso i menzionati atti conclusivi. Con particolare riferimento alla graduatoria del concorso, si sostiene costantemente che il contraddittorio sia integro solo ove siano intimati tutti i soggetti risultati vincitori secondo la graduatoria impugnata (27). (24) Cons. Stato, ad. plen., 21 luglio 1997, n. 14; in termini Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2000, n. 3489; Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 1998, n. 827. (25) Cons. Giust. Amm. Sic., 4 dicembre 1998, n. 676. (26) Cons. Giust. Amm. Sic., 29 gennaio 1998, n. 19; in termini Cons. Stato, Sez. II, 28 giugno 1995, n. 1860. (27) �Nel ricorso proposto contro la graduatoria di un concorso assumono la posizione di controinteressati, cui il ricorso va notificato, tutti i vincitori, avendo gli stessi un interesse qualificato a mantenere la posizione conseguita� (Cons. Stato, Sez. VI, 28 aprile 1998, n. 559; in termini Cons. Stato, Sez. VI, 26 giugno 1998, n. 676). 374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 In queste ipotesi, attese le difficolt� di notifica a tutti i controinteressati, la giurisprudenza normalmente autorizza la notifica per pubblici proclami, fermo restando la necessit� di provvedere alla notifica individuale nei confronti dell�ultimo graduato (�in caso di impugnazione della graduatoria di un concorso il contraddittorio in primo grado non � correttamente instaurato e la sentenza pronunciata va annullata con rinvio qualora il primo giudice, in sede di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, non abbia ordinato la notificazione individuale del ricorso ai sensi dell�articolo 14 R.D. 642/1907 (art. 150 c.p.c) all�ultimo graduato, in considerazione della posizione differenziata di questi rispetto a quella degli altri controinteressati utilmente collocati in graduatoria� Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 1990, n. 106). Peraltro, il ricorrente potrebbe anche avere difficolt� ad individuare gli indirizzi dei vincitori che normalmente non risultano dalle graduatorie di concorso. Al fine di agevolare l�attivit� del ricorrente, che costituisce pur sempre esplicazione del diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto, l�Amministrazione sarebbe tenuta ad un�attivit� collaborativa volta a fornire le necessarie informazioni. Questa soluzione � stata condivisa da una parte della giurisprudenza amministrativa (28) che ha enucleato un vero e proprio dovere dell�Amministrazione al riguardo, sicch� ove la P.A. non dia al privato tutti gli elementi informativi atti a consentire al ricorrente l�individuazione dei controinteressati, il ricorso non potrebbe essere dichiarato inammissibile per omessa notifica alla parte necessaria. Con particolare riferimento alle impugnazioni relative alle procedure ad evidenza pubblica vanno distinte le ipotesi in cui venga impugnato l�atto di aggiudicazione da quelle in cui sia proprio l�aggiudicatario (in via provvisoria) che si dolga della mancata aggiudicazione definitiva. Ove, come nelle procedure di evidenza pubblica, il �vincitore� sia esclusivamente uno (l�aggiudicatario), l�impugnazione dell�aggiudicazione vede come controinteressato esclusivamente l�impresa aggiudicataria (29). La giurisprudenza � consolidata (�l�inconfigurabilit� di controinteressati rispetto ad atti iniziali o infraprocedimentali di una procedura concorsuale o paraconcorsuale pu� essere utilmente invocata solo quando l�impugnazione venga proposta prima dell�emanazione dell�atto conclusivo del procedimento (la graduatoria); nel caso in cui l�impugnazione viene per qualsiasi motivo proposta dopo l�emanazione del provvedimento conclusivo e contestualmente all�impugnativa di questo, il ricorso deve essere notificato a tutti i controinteressati quali individuabili dal provvedimento conclusivo, atteso che l�annullamento anche parziale dei criteri di massima sulla cui base � compilata la graduatoria comporta l�annullamento o la modifica della graduatoria e i controinteressati sono ben individuati o individuabili� - Cons. Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1041). (28) Cons. Giust. Amm. Sic. 28 luglio 1988, n. 130. (29) �Nel giudizio avente ad oggetto gli esiti di una gara per l�appalto di opere pubbliche l�unico controinteressato, al quale il ricorso deve essere notificato a pena di inammissibilit�, � l�impresa aggiudicataria, trattandosi dell�unico soggetto che dall�esecuzione dei provvedimenti impugnati riceve un concreto attuale vantaggio� Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1093; Cons. Stato, Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 22; Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2117. DOTTRINA 375 Nei giudizi aventi ad oggetto l�impugnazione da parte dell�aggiudicatario (provvisorio) del diniego di aggiudicazione definitiva, la giurisprudenza ritiene che non sussistono controinteressati (30). 4.3. L�impugnazione dei giudizi di avanzamento in carriera dei militari La giurisprudenza � assolutamente costante e consolidata nell�affermare che �nei ricorsi contro i giudizi di avanzamento a scelta degli ufficiali non sono individuabili controinteressati, atteso che l�eventuale accoglimento del ricorso comporta, secondo il meccanismo predeterminato dalla legge (articolo 54 l. 12 novembre 1955, n. 1137), solo l�annullamento della valutazione nella parte in cui si riferisce al ricorrente senza modificazione dell�esito per quanto attiene alla promozione degli altri ufficiali, con l�ulteriore conseguenza che l�eventuale promozione del ricorrente avviene in soprannumero e non comporta la fuoriuscita dal quadro di avanzamento di coloro che sono stati gi� promossi a norma dell�articolo 54, lett.b), l. 12 novembre 1955, n. 1137; pertanto, i pari grado del ricorrente che sono iscritti nel quadro di avanzamento (ma anche gli ufficiali scrutinati che precedono il ricorrente nella medesima graduatoria) non sono parti necessarie del giudizio� (31). 4.4. Le impugnazioni degli atti di controllo. La posizione dell�amministrazione controllata in relazione all�impugnazione da parte del terzo beneficiario dell�atto di controllo negativo In linea generale, con riferimento agli atti di controllo negativo, si � posto il problema se l�amministrazione controllante possa essere considerata controinteressata in relazione al ricorso giurisdizionale proposto dal privato. La Plenaria del Consiglio di Stato (32), recependo l�orientamento tradizionale (33), ha chiarito che l�Amministrazione vistasi annullare un provvedimento in sede di controllo � cointeressata in relazione al giudizio d�impugnazione (30) �Nel ricorso contro il diniego di aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici proposto dall�impresa che al termine della gara si era classificata al primo posto, non pu� essere riconosciuta la qualit� di controinteressato alle altre imprese che, in quanto collocate in posizione meno favorevole, da esse non contestata, non potrebbero dall�esito del giudizio vedere svanire o rafforzarsi il loro interesse ad un eventuale scorrimento della graduatoria stessa, giacch� il detto interesse non � direttamente collegato alla sorte dell�atto impugnato ma ad altri e successivi atti dell�amministrazione� Cons. Stato, Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 22. (31) Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 1998, n. 929; Sez. IV, 11 marzo 1997, n. 239; Sez. IV, 23 novembre 1996, n. 1241; Sez. IV, 18 aprile 1995, n. 249; Sez. IV, 23 maggio 1988, n. 427; Sez. IV, 13 aprile 1987, n. 230; Sez. IV, 14 luglio 1987, n. 436; Sez. IV, 16 giugno 1986, n. 422. (32) Cons. Stato, ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9. (33) L�orientamento tradizionale, osservando che l�Amministrazione controllata � titolare di un interesse adesivo e parallelo a quello del ricorrente in quanto l�accoglimento del ricorso conduce al ripristino dell�efficacia del provvedimento caducato per effetto del controllo negativo, aveva sempre 376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 dell�atto negativo di controllo introdotto dal terzo beneficiario del provvedimento caducato dall�autorit� tutoria. L�Amministrazione controllata, difatti, vantando un interesse alla conservazione del provvedimento annullato di segno analogo a quello del ricorrente, avrebbe dovuto anch�essa impugnare nei termini decadenziali l�atto negativo di controllo. Quindi, in questa ipotesi, l�interesse dell�Amministrazione controllata non � quello tipico del controinteressato (che � sostanzialmente opposto a quello dell�interessato), bens� quello che normalmente consente di proporre un ricorso in via principale. Peraltro, l�omissione di ogni iniziativa processuale da parte dell�Amministrazione nei termini decadenziali, non potrebbe essere sanata attraverso un atto di intervento (intempestivo) atteso che, in presenza di una situazione soggettiva che radica la legittimazione a ricorrere, � di regola esclusa quella ad intervenire in quanto gli interessi che le giustificano sono eterogenei e non sovrapponibili (34). escluso che la P.A. controllata potesse essere considerata parte necessaria controinteressata essendo quest�ultima fisiologicamente titolare dell�interesse alla difesa del proprio provvedimento negativamente riscontrato (in questi termini Cons. Stato, Sez. IV, 17 gennaio 1995, n. 16; Id., Sez. VI, 9 ottobre 1991, n. 622; Id., Sez. IV, 30 ottobre 1979, n. 877). L�orientamento contrario (Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1994, n. 609; Id., Sez. IV, 20 aprile 1993, n. 443; Id., Sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 209; Id., Sez. IV, 16 maggio 1985, n. 184; Id., Sez. IV, 17 novembre 1984, n. 858), per converso, ritenendo controinteressata l�Amministrazione controllata, dichiarava inammissibili i ricorsi non notificati a quest�ultima nelle ipotesi in cui la P.A.: a) avesse ricevuto un beneficio economico dal provvedimento di controllo negativo; b) si fosse trovata in effettivo contrasto di interessi con il ricorrente; c) avesse manifestato comportamenti adesivi. (34) �L�ente pubblico i cui atti sono sottoposti al controllo di altro organo ha un interesse alla conservazione in vita di tali atti identificabile nella tutela della propria attivit� volitiva, sia essa discrezionale o vincolata, compressa dall�atto negativo di controllo; pertanto, la posizione che nell�ambito del processo amministrativo assume l�amministrazione che ha emanato il provvedimento poi annullato in sede di controllo viene a coincidere con quella del soggetto al quale il provvedimento stesso avrebbe recato beneficio e non gi� con la posizione dell�organo di controllo al quale deve essere notificato il ricorso; ne consegue che l�ente controllato non assume la veste di controinteressato in senso tecnico nei riguardi del ricorso proposto dal beneficiario degli effetti dell�atto annullato e ci� nemmeno se dall�eventuale accoglimento del proposto gravame l�ente verrebbe sopportare un maggior onere finanziario atteso che l�amministrazione per il carattere pubblico che le � proprio � tenuta ad improntare la sua azione esclusivamente al rispetto della legge� (Cons. Stato, A.P., 21 giugno 1996, n. 9). La soluzione ha trovato adesioni nella giurisprudenza successiva (Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2000, n. 4575; in termini Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2001, n. 3213). Non �, tuttavia, mancata qualche manifestazione di dissenso relativa a fattispecie di adesione dell�Amministrazione controllata ai riscontri evidenziati da quella controllante rilevando che, in tali situazioni, potrebbe profilarsi un contrasto tra gli interessi del ricorrente e quelli della P.A. controllata (Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 1998, n. 53, che riprende la posizione della sezione IV del Consiglio dell�8 ottobre 1996, n. 1095). Sul punto non pu� essere sottaciuto che, secondo giurisprudenza costante, l�individuazione del soggetto controinteressato, che si concreta nell�accertamento della contestuale sussistenza in capo al soggetto dell�elemento formale (identificazione o identificabilit� risultante dal provvedimento impugnato) e di quello sostanziale (titolarit� di una situazione di interesse di segno omogeneo e contrario rispetto a quella del ricorrente principale), va effettuata in relazione al momento in cui l�atto amministrativo impugnato DOTTRINA 377 4.4.1. In caso di controllo positivo, nel giudizio di impugnazione dell�atto controllato, l�autorit� tutoria non � controinteressato In dottrina e in giurisprudenza � pacifico che gli atti di controllo positivo non siano autonomamente impugnabili in quanto privi di autonomia rispetto al provvedimento controllato e quindi non lesivi delle situazioni giuridiche soggettive incise dal provvedimento sottoposto a controllo (35) come pure che in queste fattispecie l�autorit� tutoria non sia controinteressata (36). 4.5. Le impugnazioni degli atti di diniego e del silenzio-rifiuto Posto che il controinteressato � solo colui che abbia acquistato una determinata posizione giuridica in virt� e per conseguenza diretta dell�atto impugnato e che quindi si trovi a difendere dal richiesto annullamento una posizione attribuitagli da quell�atto (37 ) � generalmente affermata l�insussistenza di controinteressati in relazione alle impugnazioni di atti negativi di diniego (questi ultimi, come tutti i provvedimenti negativi, non creando posizioni nuove e limitandosi a confermare lo status quo, ledono direttamente solo il soggetto che ha richiesto il provvedimento non recando diretto e preciso vantaggio ad alcun altro soggetto (38) ), nonch� di quelle aventi ad oggetto il silenzio- rifiuto, atteso che qui manca persino l�atto fonte di utilit� per eventuali terzi (la giurisprudenza ha assicurato la tutela del terzo attraverso il riconosciviene adottato, essendo irrilevante ogni sopravvenienza di fatto o di diritto. L�adesione dell�Amministrazione controllata ai riscontri dell�Autorit� tutoria � necessariamente successiva all�adozione dell�atto negativo di controllo impugnato e a nulla rileva che la prima, per la sopravvenienza fattuale (propria determinazione di adeguarsi alle indicazioni emergenti dall�atto di controllo), modifichi la propria situazione soggettiva che si trasforma in una posizione di interesse simile a quello dell�Autorit� controllante. Al tempo dell�adozione dell�atto di controllo impugnato, quindi, la P.A. controllata era cointeressata e tale rimane ai fini dell�applicazione della normativa sul contraddittorio nel processo amministrativo, non essendo il controinteressato sopravvenuto parte necessaria del giudizio amministrativo. La posizione di cointeressata dell�Amministrazione controllata ha consentito alla giurisprudenza di affermarne la legittimazione ad impugnare l�atto di controllo negativo e ad intervenire in senso adesivo nel giudizio da altri incardinato per l�annullamento dell�atto di controllo (Cons. Stato, Sez. IV, 8 ottobre 1996, n. 1095; Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 1999, n. 1837). Giova rilevare che nel caso in cui l�Amministrazione controllata si sia adeguata alle indicazioni dell�organo tutorio, l�impugnativa va estesa a queste successive determinazioni, a pena di improcedibilit� del ricorso originario (avente ad oggetto l�atto di controllo negativo) per sopravvenuta carenza di interesse, essendo stata assorbita la lesivit� dell�atto di controllo negativo nel nuovo provvedimento di amministrazione attiva. (35) Cons. Stato, Sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3483; Id., Sez. V, 1� marzo 1993, n. 314; TAR Lazio, Sez. I, 4 luglio 1992, n. 1092. (36) Cons. Stato, Sez. V, 26 maggio 1997, n. 567. (37) Cons. Stato, ad. plen., 28 luglio 1956, n. 8. (38) Cons. Stato, Sez. IV, 2327/2003. 378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 mento della sua legittimazione a proporre intervento ad opponendum (39)). Quest�ultimo orientamento potrebbe essere oggetto di rivisitazione ove si affermi un orientamento giurisprudenziale che, facendo leva sul testo del nuovo art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 come modificato dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 (di conversione del d.l. 14 marzo 2005, n. 35), ampli i poteri sindacatori del giudice amministrativo in relazione all�accertamento della fondatezza delle pretesa sostanziale del privato fino a predeterminare il contenuto del provvedimento che l�amministrazione dovr� adottare in quanto, in quest�ipotesi, i soggetti controinteressati potrebbero essere pregiudicati dal provvedimento richiesto dal ricorrente. Tale evoluzione, tuttavia, presupporrebbe che si dia rilievo ad una nozione di controinteressato meramente sostanziale finora ritenuta irrilevante dalla giurisprudenza amministrativa. 4.6. La presentazione di esposti e denunce Secondo la giurisprudenza amministrativa, di regola, la presentazione di esposti e denunce non attribuisce di per s� la qualit� di controinteressato (40). (39) Cons. Stato, Sez. V, 13 aprile 1989, n. 214; Id., Sez. V, 19 settembre 1985, n. 301; Id., Sez. V, 23 luglio 1994, n. 805. (40) Cons. Stato, Sez. V., 207/1976; TAR Lazio, Sez. I, 468/1981; TAR Toscana 1061/1979. Finito di stampare nel mese di dicembre 2009 Servizi Tipografici Carlo Colombo s.r.l. Via Roberto Malatesta n. 296 - Roma