ANNO LXI - N. 4 OTTOBRE-DICEMBRE 2009 
RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO
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SEGRETERIA DI REDAZIONE: Antonella Quirini 
HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giuseppe Albenzio, Roberto Antillo, Ennio 
Antonio Apicella, Alfonso Contaldo, Margherita Cretella, Pasquale Fava, Wally Ferrante, 
Lucrezia Fiandaca, Ettore Figliolia, Oscar Fiumara, Michele Gorga, Dimitris Liakopoulos, 
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INDICE - SOMMARIO 
TEMI ISTITUZIONALI 
Corte costituzionale, udienza del 3 novembre 2009. 
Commemorazione del Sen. Prof. Giuliano Vassalli, presidente emerito 
della Corte costituzionale da parte dell�Avvocato generale dello Stato 
Oscar Fiumara . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sul �Lodo Alfano�. 
La pronuncia della Consulta e la memoria difensiva. . . . . . . . . . . . . . . . 
Ennio Antonio Apicella, La responsabilit� disciplinare degli avvocati e 
procuratori dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 
Dimitris Liakopoulos, La sospensione dei diritti di voto connessi alle partecipazioni 
azionarie e i suoi riflessi sulla libert� di circolazione dei capitali 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Cristina Sgubin, La difficile applicazione del diritto comunitario nella 
zona grigia tra l�appalto e la concessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
1.- I giudizi in corso 
Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, cause riunite C-128/09, C- 
131/09, C-134/09 e C-135/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Wally Ferrante, Politica sociale, causa C-227/09. . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, causa C-275/09. . . . . . . . . . 
Giuseppe Albenzio, Politica commerciale, causa T-314/06. . . . . . . . . . . 
Giuseppe Albenzio, Politica estera e sicurezza comune, causa T-49/07 . 
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Roberto Antillo, La qualit� di �parte� del Fondo di rotazione per la solidariet� 
alle vittime della mafia (Cass., SS.UU., sent. 21 luglio 2003 n. 
11377; Cass. SS.UU., sent. 18 dicembre 2007 n. 26627; Cass. SS.UU., 
sent. 29 agosto 2008 n. 21927; CdS, Sez. VI, sent. 18 settembre 2009 n. 
5618). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Lucrezia Fiandaca, �Scorrimento della graduatoria� e riparto di giurisdizione 
(Cass. SS.UU., sent. 20 agosto 2009 n. 18499) . . . . . . . . . . . . . 
pag. 1 
�� 3 
�� 68 
�� 97 
�� 130 
�� 165 
�� 169 
�� 176 
�� 178 
�� 183 
�� 193 
�� 204
Luca Ventrella, Margherita Sitongia, L�art. 4 d.l. 90/2008 sulla giurisdizione 
in materia di emergenza rifiuti in Campania. La genesi e le prime 
letture della Corte di cassazione (Cass. civ., SS.UU., sent. 28 dicembre 
2007 n. 27187; Cass. penale, sez. I, sent. 24 dicembre 2008 n. 48160; 
Cass. penale, Sez. I, sent. 27 novembre 2008 n. 44363; Cass. penale, Sez. 
I, sent. 21 gennaio 2009 n. 2470) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Luca Ventrella, Laura Zoppo, La giurisdizione in materia di gestione dei 
rifiuti nel contesto emergenziale in Campania. Evoluzione della giurisprudenza 
amministrativa e recenti arresti (TAR Lazio, Sez. I, sent. 18 
febbraio 2009 n. 1653; TAR Lazio, Sez. I, sent. 18 febbraio 2009 n. 1655; 
TAR Lazio, Sez. I, sent. 1 aprile 2009 n. 3482; CdS, Sez. V, ord. 30 settembre 
2008 n. 5260; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1845; CdS, 
Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1846; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 
n. 1847; CdS, Sez. IV, sent. 27 marzo 2009 n. 1849; TAR Lazio, Sez. I, 
sent. 13 marzo 2009 n. 2537; Cds, Sez. IV, sent. 18 giugno 2009 n. 3990) 
Alfonso Mezzotero, Responsabilit� dello Stato per inesatta trasposizione 
di direttiva comunitaria (Tribunale di Catanzaro, Sez. I civ., sent. 20 aprile 
2009). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Piero Vitullo, Margherita Cretella, Ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. 
emessa dal Tribunale regionale delle acque pubbliche: ammissibilit� e 
conseguenze (Tribunale di Campobasso, ord. 18 giugno 200, n. cron. 
2985). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Maurizio Borgo, Sulla retroattivit� dell�art. 43 del T.U. Espropri. Posizioni 
divergenti della giurisprudenza amministrativa e della Corte di cassazione 
(CdS, Sez. IV, sent. 15 settembre 2009 n. 5523) . . . . . . . . . . . . . 
Lorenzo D�Ascia, L�incidenza del falso nella materia degli appalti pubblici. 
Il Consiglio di Stato esplora il terreno del �falso innocuo� (CdS, 
Sez. V, sent. 13 febbraio 2009 n. 829; CdS, Sez. VI, sent. 4 agosto 2009 
n. 4905; CdS, Sez. VI, sent. 11 agosto 2009 n. 4927) . . . . . . . . . . . . . . . 
Roberto Antillo, L�operativit� del principio dell�anonimato nei concorsi 
pubblici. Con particolare riferimento ai concorsi con due partecipanti 
(Tar Calabria, Sez. Reggio Calabria, sent. 9 marzo 2009 n. 138) . . . . . . 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Ettore Figliolia, Detenzione di reti da pesca illegali (in particolare delle 
cosidette �spadare�) e relativa confisca - AL 15100/09 . . . . . . . . . . . . . 
Giuseppe Albenzio, Esercizio del diritto di ritenzione ai sensi dell�art. 38 
del Testo Unico delle disposizioni Legislative in materia Doganale di cui 
al d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 - AL 32447/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 217 
�� 228 
�� 240 
�� 251 
�� 262 
�� 273 
�� 289 
�� 297 
�� 300
Maurizio Borgo, Revoca dello status di rifugiato in presenza di una condanna. 
Sull�assimilazione tra sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. e 
sentenza definitiva - AL 6404/09 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Alfonso Contaldo, Michele Gorga, Il processo civile telematico come occasione 
della diffusione delle best pratices nel settore giustizia . . . . . . . 
Pasquale Fava, Il controinteressato nel giudizio amministrativo. Concetto, 
elementi costitutivi e casistica delle fattispecie problematiche applicative 
pi� ricorrenti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 305 
�� 309 
�� 362
T E M I I S T I T U Z I O N A L I 
Commemorazione del Sen. Prof. Giuliano Vassalli, 
presidente emerito della Corte costituzionale, da parte 
dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara 
E� un onore, per me e per l�Avvocatura dello Stato che rappresento, ricordare 
in questa sede la figura del prof. Giuliano Vassalli, presidente emerito 
della Corte: una Corte che egli conobbe e di cui fu protagonista sin dalla prima 
udienza del 1956, allorch� come avvocato discusse della prima questione pregiudiziale 
(sulla sindacabilit� delle leggi anteriori all�era repubblicana); una 
Corte che egli lasci� come presidente, nel 2000, alla scadenza del suo mandato 
novennale. 
Figlio d�arte � si direbbe oggi � essendo stato suo padre Filippo anch�egli 
un grande giurista. Con un significativo parallelismo: il padre contribu� in 
modo molto penetrante alla stesura del codice civile; il figlio, allievo di Alfredo 
Rocco, var� l�attuale codice di procedura penale. 
Ma quest�ultima opera � stata solo un momento del suo prestigioso incedere.
Minimo comun denominatore � stata la sua qualit� di fine e profondo giurista. 
E su tale qualit� egli ha fondato le sue esperienze di avvocato, docente 
universitario, uomo politico, ministro della giustizia (per oltre tre anni), giudice 
e infine presidente di questa Corte; e, uscito da essa, ancora dispensatore della 
sua sapienza giuridica, del senso dello Stato, del suo esempio di integrit� morale, 
fino alla morte, sempre ed ovunque lasciando segni indelebili del suo 
passaggio. Il tutto arricchito da massimi riconoscimenti: accademico dei Lincei, 
medaglia d�oro come benemerito della cultura e dell�arte, medaglia d�argento 
al valor militare e croce di guerra (in relazione alla sua dolorosa 
esperienza durante l�occupazione nazista di Roma). 
Sono state gi� indicate le tappe pi� significative del suo lungo percorso
2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
nelle istituzioni e nella vita professionale. E cos� � stato ricordato il forte contributo 
dato alla giurisprudenza della Corte: non vՏ norma penale, sostanziale 
o processuale, portata all�esame di questa Corte che egli non abbia esaminato 
e sviscerato con cura e con rigore, contribuendo alla riaffermazione dei principi 
costituzionali di uguaglianza, personalit� della responsabilit� penale, garanzia 
della difesa. Merita anche una breve citazione la sentenza del 1996 con la 
quale venne definito l�ambito del sindacato di ragionevolezza e la salvaguardia 
della discrezionalit� del legislatore, con la netta distinzione fra norma eventualmente 
inopportuna e norma costituzionalmente illegittima, nei cui soli confini 
deve muoversi il giudizio della Corte. 
Mi sia consentito infine un piccolo (ma per me molto significativo) ricordo 
personale. Ai primi anni �70, io, da poco rientrato a Roma e relativamente 
giovane avvocato, ebbi due volte l�occasione di confrontarmi con l�Avv. 
Vassalli: lui come difensore di imputati, io come rappresentante dello Stato 
parte civile, in due delicati processi penali, collegati l�uno all�illegale esportazione 
all�estero di opere d�arte (uno degli imputati era � al di fuori di quel 
processo � quel signore che aveva congegnato la cessione al Metropolitan Museum 
del celebre vaso d�Eufronio), l�altro in relazione all�improvvisa morte 
di un noto industriale in un incidente aereo, con grosse implicazioni di carattere 
fiscale. Ebbene, pur nel suo indubbio ben differente peso e prestigio, 
l�Avv. Vassalli mi onor� di una attenta considerazione e di grande affabilit�, 
ulteriore evidente segno della sua professionalit�, del suo equilibrio, della sua 
sensibilit�. 
E� scomparso un grande uomo. 
Corte costituzionale, udienza del 3 novembre 2009
TEMI ISTITUZIONALI 3 
Sul �Lodo Alfano� 
La pronuncia della Consulta e la memoria difensiva 
La Corte ha individuato la ratio della norma impugnata nella protezione 
della funzione di governo. 
�La disposizione denunciata non pu� avere la finalit�, prevalente o esclusiva, 
di tutelare il diritto di difesa degli imputati perch� in tal caso - data la 
generalit� di tale diritto, quale espressamente prevista dall�art. 24 Cost. in 
relazione al principio di uguaglianza - avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli 
imputati che, in ragione della propria attivit�, abbiano difficolt� a partecipare 
al processo penale. Inoltre sarebbe intrinsecamente irragionevole e sproporzionata, 
rispetto alla suddetta finalit�, la previsione di una presunzione legale 
assoluta di legittimo impedimento derivante dal solo fatto della titolarit� della 
carica. Tale presunzione iuris et de iure impedirebbe, infatti, qualsiasi verifica 
circa la effettiva sussistenza dell�impedimento a comparire in giudizio e renderebbe 
operante la sospensione processuale anche nei casi in cui non sussista 
alcun impedimento e, quindi, non vi sia in concreto, alcuna esigenza di tutelare 
il diritto di difesa�. 
Questo argomento, che avrebbe potuto incidere sulla valutazione della 
ragionevolezza della norma, � stato ritenuto utile dalla Corte per individuarne 
la ratio. 
Il contemperamento del diritto di difesa con le esigenze dell�esercizio 
della giurisdizione � assicurato, secondo la Corte, dalla possibilit� di sospendere 
il processo per legittimo impedimento a comparire, consentito dal codice 
di procedura penale, �differenziando la posizione processuale del componente 
di un organo costituzionale solo per lo stretto necessario, senza alcun meccanismo 
automatico e generale�. Conclusione poi avvalorata con il rilievo che 
il meccanismo introdotto dalla legge non consentirebbe nemmeno una tutela 
adeguata degli interessi di difesa. 
La norma avrebbe introdotto una prerogativa costituzionale, da intendersi 
come �una specifica protezione delle persone munite di status costituzionali, 
tale da sottrarle all�applicazione delle regole ordinarie�. 
Tra di esse, secondo la Corte, vanno ricondotte anche le condizioni di 
procedibilit� e ogni altro meccanismo processuale di favore, qualunque ne 
siano gli effetti, in quanto incidente sul principio della parit� di trattamento 
rispetto alla giurisdizione e sul bilanciamento e l�assetto di interessi istituzionali 
�che non � consentito al legislatore ordinario alterare n� in peius n� in 
melius�. 
A sostegno sono richiamati gli artt. 68, 90 e 95 Cost.. Da queste norme, 
che hanno introdotto forme di non perseguibilit� di certi reati o in via assoluta
4 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
o a certe condizioni, si desume il divieto di ogni trattamento processuale differenziato 
perch� �il problema dell�individuazione dei limiti quantitativi e 
qualitativi delle prerogative assume una particolare rilevanza nello Stato di 
diritto�. Con la conseguenza che �il legislatore ordinario, in tema di prerogative 
(e cio� di immunit� intese in senso ampio) pu� intervenire solo per attuare, 
sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa 
ogni eventuale integrazione o estensione di tale dettato�. 
Qualunque trattamento differenziato in favore delle massime cariche politiche 
dello Stato non pu�, pertanto, essere introdotto con legge ordinaria, 
non per una espressa riserva di legge costituzionale, ma perch� �le suddette 
prerogative sono sistematicamente regolate da norme di rango costituzionale�. 
Fatte queste premesse, la Corte � passata a verificare �se la sospensione 
disciplinata dalla norma in questione abbia l�ulteriore caratteristica delle prerogative, 
e cio� quella di derogare al principio di uguaglianza creando una 
disparit� di trattamento�. 
La risposta positiva � stata fondata su diversi argomenti. 
Prima di tutto �in una evidente disparit� di trattamento delle alte cariche 
rispetto a tutti gli altri cittadini, che, pure, svolgono attivit� che la Costituzione 
considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche 
o funzione pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora pi� generalmente, quelle che il 
cittadino ha il dovere di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale 
e spirituale della societ� (art. 4, secondo comma, Cost.)�. 
In pratica, ogni attivit�, purch� svolta in vista di un interesse generale, 
dovrebbe essere tutelata allo stesso modo. 
La Corte non ha naturalmente trascurato che �il principio di uguaglianza 
comporta che, se situazioni uguali esigono uguale disciplina, situazioni diverse 
possono richiedere differenti discipline�. 
Ma ha superato la questione rilevando che, quando la differenziazione 
di fronte alla giurisdizione � in favore del titolare o di un componente di un 
organo costituzionale e si alleghi, come giustificazione, l�esigenza di proteggere 
le funzioni dell�organo, �si rende necessario che un tale ius singulare 
abbia una precisa copertura costituzionale� perch� �� il complessivo sistema 
delle suddette prerogative � regolato da norme di rango costituzionale, in 
quanto incide sull�equilibrio dei poteri dello Stato e contribuisce a connotare 
l�identit� costituzionale dell�ordinamento�. 
Seppure la peculiarit� delle funzioni, in particolare quelle di governo, 
potesse giustificare, in linea di principio, un trattamento differenziato, quindi 
anche attraverso una legge ordinaria, sarebbe comunque necessaria una legge 
costituzionale per la materia interessata, vale a dire il sistema delle prerogative 
della massime cariche dello Stato. 
Quello che la legge ordinaria potrebbe fare in via generale non �, per-
TEMI ISTITUZIONALI 5 
tanto, consentito quando il trattamento differenziato incide sull�equilibrio dei 
poteri dello Stato, che connota l�ordinamento costituzionale. 
La Corte, anche se non necessario, tenuto conto delle conclusioni a cui 
era gi� arrivata, ha voluto verificare, questa volta alla stregua dell�art. 3 
Cost., la legittimit� costituzionale della disparit� di trattamento dei presidenti, 
rispetto ai componenti degli organi costituzionali. 
�Non �� configurabile una preminenza del Presidente del Consiglio dei 
ministri rispetto ai ministri, perch� egli non � il solo titolare della funzione di 
indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l�unit�, promuovendo e coordinando 
l�attivit� dei ministri e ricopre, perci�, una posizione tradizionale 
definita di primus inter pares�. 
A sostegno � richiamato l�art. 95 Cost., secondo il quale, peraltro, il Presidente 
del Consiglio dei ministri dirige la politica generale e ne � responsabile, 
funzione e responsabilit� che la Corte ha ritenuto di rilievo secondario 
tanto da escludere che se ne possa dedurre la titolarit� della funzione di indirizzo.
Ha ugualmente escluso la rilevanza delle funzioni del Presidente del Consiglio 
dei ministri nei rapporti internazionali e con l�Unione Europea, tanto 
da non averli presi in particolare considerazione. 
Secondo la Corte, dunque: 
- la norma ha voluto garantire le funzioni di governo e non il diritto di 
difesa, che � tutelato da apposite norme processuali; 
- la sospensione del processo, anche se �immunit� meramente processuale�, 
rientra tra le prerogative degli organi costituzionali; 
- queste prerogative possono essere disciplinate solo da norme costituzionali 
perch� la loro disciplina costituisce �uno specifico sistema normativo, 
frutto di particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali�; 
- una disciplina di favore per il Presidente del Consiglio dei ministri 
viola anche il principio di uguaglianza nei confronti dei singoli ministri, perch� 
la posizione del primo non pu� essere considerata differenziata a sufficienza 
rispetto ai secondi; 
- un meccanismo generale ed automatico di sospensione del processo � 
eccessivo dal momento che il diritto di difesa dell�imputato � tutelato adeguatamente 
dalle norme sul legittimo impedimento, disciplinato dal codice di procedura 
penale. 
La violazione dell�art. 3 Cost. viene ad essere, pertanto, un argomento 
di conferma della illegittimit� costituzionale della norma per violazione degli 
artt. 68, 90 e 96 Cost. 
La Corte ha ritenuto violato anche l�art. 138 Cost., rilevando come la 
questione non avesse �carattere generico e formale�, ma fosse �specifica e 
di carattere sostanziale, in quanto denuncia� la violazione del principio di 
uguaglianza facendo espresso riferimento alle prerogative degli organi costi-
6 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tuzionali�. 
Sembrerebbe, pertanto, che la violazione di una norma costituzionale 
comporterebbe contemporaneamente anche la violazione l�art. 138 per non 
essere stato adottato lo strumento legislativo idoneo. 
La sentenza lascia non chiarito un punto, che era tra le questioni sollevate 
dal GIP di Roma, dichiarate inammissibili. Un trattamento differenziato 
in favore degli organi costituzionali nei confronti della giustizia penale, in deroga 
all�art. 3 Cost., pu� essere introdotto con legge costituzionale? Se l�art. 
3 � uno dei principi fondamentali della Costituzione, resta superato il principio 
che una deroga ad esso non pu� essere disposta nemmeno con legge costituzionale? 
Dalla motivazione non sembra che si possa desumere una risposta. 
Secondo la Corte si pu� incidere sulle prerogative degli organi costituzionali 
solo con legge costituzionale per ragioni di materia. L�art. 3 non trova 
applicazione. La norma viola anche l�art. 3 Cost. nei rapporti tra Presidente 
del Consiglio dei ministri e singoli ministri, ma, nello svolgere l�indagine a 
questo riguardo, la Corte non ha richiamato la necessit� della legge costituzionale. 
Nel caso di incompatibilit� temporale tra le funzioni di governo e le esigenze 
di difesa, la soluzione va trovata nella disciplina del legittimo impedimento. 
L�art. 486, secondo comma, c.p.p. attribuisce al giudice la valutazione 
della assoluta impossibilit� per l�imputato di comparire all�udienza, valutazione 
che, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, richiede un 
giudizio circa la rilevanza e l�urgenza dei compiti di governo. Per l�art. 486, 
secondo comma, la valutazione del giudice non pu� formare oggetto di discussione 
successiva, n� motivo di impugnazione. 
E� prevedibile, pertanto, che le questioni che dovessero insorgere finiranno 
con l�essere risolte nelle forme del conflitto di attribuzione.
TEMI ISTITUZIONALI 7 
SENTENZA N. 262 
ANNO 2009 
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
composta dai signori: 
- Francesco AMIRANTE Presidente 
- Ugo DE SIERVO Giudice 
- Paolo MADDALENA � 
- Alfio FINOCCHIARO � 
- Alfonso QUARANTA � 
- Franco GALLO � 
- Luigi MAZZELLA � 
- Gaetano SILVESTRI � 
- Sabino CASSESE � 
- Maria Rita SAULLE � 
- Giuseppe TESAURO � 
- Paolo Maria NAPOLITANO � 
- Giuseppe FRIGO � 
- Alessandro CRISCUOLO � 
- Paolo GROSSI � 
ha pronunciato la seguente 
SENTENZA 
nei giudizi di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni 
in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato), 
promossi dal Tribunale di Milano con ordinanze del 26 settembre e del 4 ottobre 2008 e dal 
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma con ordinanza del 26 settembre 
2008 rispettivamente iscritte al n. 397 e al n. 398 del registro ordinanze 2008, nonch� al n. 9 
del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima 
serie speciale, dell'anno 2008 e n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2009. 
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di costituzione 
dell'onorevole Silvio Berlusconi, nonch� del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale 
di Milano e di un sostituto della stessa Procura; 
udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 2009 il Giudice relatore Franco Gallo; 
uditi gli avvocati Alessandro Pace, per il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale 
di Milano e un sostituto della stessa Procura, Niccol� Ghedini, Piero Longo e Gaetano Pecorella, 
per l'onorevole Silvio Berlusconi, e l'avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente 
del Consiglio dei ministri. 
Ritenuto in fatto 
1. � Con ordinanza del 26 settembre 2008 (r.o. n. 397 del 2008), pronunciata nel corso di 
un processo penale in cui � imputato, fra gli altri, l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente 
del Consiglio dei ministri, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3,
8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
136 e 138 della Costituzione, questioni di legittimit� costituzionale dei commi 1 e 7 dell'art. 
1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale 
nei confronti delle alte cariche dello Stato). 
1.1. � Il primo dei commi censurati prevede che: �Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 
della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presidente 
della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera 
dei deputati e di Presidente del Consiglio dei Ministri sono sospesi dalla data di 
assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche 
ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione�. Il successivo 
comma 7 prevede che: �Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi 
penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente 
legge�. Gli altri commi dispongono che: a) �L'imputato o il suo difensore munito di procura 
speciale pu� rinunciare in ogni momento alla sospensione� (comma 2); b) �La sospensione 
non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 
392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili� (comma 
3); c) si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale e la sospensione, che 
opera per l'intera durata della carica o della funzione, non � reiterabile, salvo il caso di nuova 
nomina nel corso della stessa legislatura, n� si applica in caso di successiva investitura in altra 
delle cariche o delle funzioni (commi 4 e 5); d) �Nel caso di sospensione, non si applica la 
disposizione dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale� e, quando la parte civile 
trasferisce l'azione in sede civile, �i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del 
codice di procedura civile, sono ridotti alla met�, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle 
cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita� (comma 6). 
Osserva innanzitutto il rimettente che le questioni sono rilevanti perch� le disposizioni censurate, 
imponendo la sospensione del processo penale in corso a carico del Presidente del 
Consiglio dei ministri, trovano applicazione nel giudizio a quo. 
1.1.1. � In punto di non manifesta infondatezza della questione sollevata in riferimento all'art. 
138 Cost., il giudice a quo rileva che dette disposizioni trovano un precedente nell'art. 1 
della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione 
nonch� in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), dichiarato 
incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004. Secondo quanto 
osservato dal rimettente, la Corte, in tale pronuncia, ha affermato che il legislatore pu� prevedere 
ipotesi di sospensione del processo penale �finalizzate anche alla soddisfazione di esigenze 
extraprocessuali� e che la sospensione del processo penale nei confronti delle alte 
cariche mira a proteggere l'apprezzabile interesse, eterogeneo rispetto al processo, al sereno 
svolgimento della rilevante funzione da esse svolta; interesse che pu� essere protetto �in armonia 
con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto�. 
Da tale pronuncia della Corte emerge � sempre ad avviso del giudice a quo � �che disposizioni 
normative riguardanti le prerogative, l'attivit� e quant'altro di organi costituzionali richiedono 
il procedimento di revisione costituzionale. E ci� in quanto la circostanza che 
l'attivit� di detti organi sia disciplinata tramite la previsione di un'ipotesi di sospensione del 
processo penale, non esclude che in realt� essa riguardi non gi� il regolare funzionamento del 
processo, bens� le prerogative di organi costituzionali e comunque materie gi� riservate dal 
legislatore costituente alla Costituzione�. A tale conclusione il rimettente giunge sul rilievo 
che le disposizioni denunciate incidono su �plurimi ulteriori interessi di rango costituzionale 
quali la ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e l'obbligatoriet� dell'azione penale
TEMI ISTITUZIONALI 9 
(art. 112 Cost.), comunque vulnerata seppur non integralmente compromessa, per cui il loro 
bilanciamento deve necessariamente avvenire con norma costituzionale�. 
Il giudice a quo sottolinea che gi� dai lavori dell'Assemblea costituente si desume che la 
non perseguibilit� per reati extrafunzionali nei confronti del Presidente della Repubblica 
avrebbe dovuto essere prevista con legge costituzionale. Osserva, altres�, che il fatto che, nella 
specie, si trattasse �di limitazione dell'azione penale pi� pregnante di quell'attuale non rileva 
sulla necessit� di disciplinare la materia mediante norma costituzionale�; e ci� in quanto �non 
pu� essere messo in dubbio che si tratta in ogni caso di materia riservata, ex art. 138 Cost., al 
legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza che tutti i rapporti tra gli organi 
con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti con norma costituzionale�. 
A tale conclusione non osta � ad avviso del rimettente � la sentenza della Corte costituzionale 
n. 148 del 1983, relativa alla previsione con legge ordinaria dell'insindacabilit� dei voti 
dati e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura, perch� 
in essa la Corte afferma che �certo rimane il fatto che la scriminante in esame non � stata 
configurata dalla Carta costituzionale, bens� da una legge ordinaria ed appena nel gennaio 
1981, a molti anni dall'entrata in funzione del Consiglio Superiore della magistratura�. Secondo 
lo stesso rimettente, �la Corte, cos� dicendo, mostra di ritenere normalmente necessaria 
una legge costituzionale laddove si intervenga su organi costituzionali, tanto � vero che nel 
superare la questione non afferma affatto il principio della sufficienza della legge ordinaria 
in similari situazioni, ma perviene alla conclusione di legittimit� costituzionale sulla base di 
un complesso ragionamento che in sostanza giustifica il ricorso alla legge ordinaria con la ritardata 
sistemazione e collocazione della disciplina del C.S.M.�. Solo per completezza � prosegue 
il giudice a quo � �va evidenziato che, nella specie, si era comunque in presenza di una 
scriminante che ricalca cause di giustificazione generalissime quali l'esercizio di un diritto 
e/o l'adempimento di un dovere, per cui, di fatto, non veniva ad essere disciplinato l'�mbito 
delle prerogative di un organo costituzionale�. 
La necessit� di una legge costituzionale per disciplinare la materia oggetto delle norme denunciate 
non � messa in dubbio � sempre ad avviso del rimettente � neanche dalla considerazione 
che la Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 24 del 2004, non ha rilevato il 
contrasto della legge n. 140 del 2003 con l'art. 138 Cost. e che, cos� facendo, �la Corte avrebbe 
implicitamente rigettato tale profilo, in quanto, siccome pregiudiziale rispetto ad ogni altra 
questione, avrebbe dovuto necessariamente dichiararlo, ove lo avesse ritenuto�. Il giudice a 
quo osserva, sul punto, che tale considerazione si fonda sul presupposto dell'esistenza di una 
pregiudizialit� tecnico-giuridica tra la questione sollevata in riferimento all'art. 138 Cost. e 
quelle sollevate in base ad altri parametri e contesta la fondatezza di detto presupposto, rilevando 
che una tale pregiudizialit� non � deducibile �dalla complessiva motivazione della sentenza, 
in quanto la Corte, nell'accogliere la questione di legittimit� costituzionale in riferimento 
agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dichiara espressamente �assorbito ogni altro profilo di illegittimit� 
costituzionale�, lasciando cos� intendere che, in via gradata, sarebbero state prospettabili 
altre questioni�. 
N� a diverse conclusioni � secondo il rimettente � possono condurre le note del Presidente 
della Repubblica del 2 e del 23 luglio 2008, perch� le prerogative che si ritengono attribuite 
al Capo dello Stato in sede di autorizzazione alla presentazione alle Camere di un disegno di 
legge e in sede di promulgazione comportano solo un primo esame della legittimit� costituzionale, 
e cio� un controllo meno approfondito di quello demandato al giudice ordinario prima 
ed alla Corte costituzionale poi.
10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
1.1.2. � Quanto alle questioni proposte in riferimento agli artt. 3 e 136 Cost., il Tribunale 
sostiene che le norme denunciate violano sia il giudicato costituzionale sia il principio di 
uguaglianza, perch�, �avendo riproposto la medesima disciplina sul punto�, incorrono �nuovamente 
nella illegittimit� costituzionale, gi� ritenuta dalla Corte sotto il profilo della violazione 
dell'art. 3 Cost.�. Per il rimettente, infatti, esse accomunano �in una unica disciplina 
cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni� 
ed inoltre distinguono irragionevolmente, e �per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo 
ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti [...] rispetto agli altri componenti 
degli organi da loro presieduti�. Non sarebbe sufficiente ad evitare le prospettate 
illegittimit� costituzionali il fatto che le disposizioni censurate, diversamente dall'art. 1 della 
legge n. 140 del 2003, non includono il Presidente della Corte costituzionale tra le alte cariche 
per le quali opera la sospensione dei processi. Infatti, tale differenza di disciplina � prosegue 
il rimettente . non � idonea ad impedire la violazione dell'art. 136 Cost., cos� come interpretato 
dalla Corte costituzionale �con la sentenza n. 922/1988�. 
1.2. � Si � costituito in giudizio il suddetto imputato, chiedendo che le questioni proposte 
siano dichiarate non rilevanti e, comunque, manifestamente infondate. 
1.2.1. � La difesa dell'imputato deduce, quanto alla questione proposta in riferimento all'art. 
138 Cost., che: a) contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, la sentenza della Corte 
costituzionale n. 24 del 2004, avente ad oggetto l'art. 1 della legge n. 140 del 2003, non afferma 
n� che la sospensione del processo penale sia una �prerogativa di organi costituzionali� n� 
che tale sospensione richieda il procedimento di revisione costituzionale di cui all'art. 138 
Cost.; b) nella stessa sentenza si rileva, anzi, che il legislatore pu� legittimamente prevedere 
ipotesi di sospensione del processo penale per esigenze extraprocessuali � ad esempio, come 
nella specie, per soddisfare l'apprezzabile interesse al sereno svolgimento delle funzioni pubbliche 
connesse alle alte cariche dello Stato ., dovendosi intendere per �legislatore� quello 
ordinario e non quello costituzionale; c) la sentenza accoglie la questione di legittimit� costituzionale 
in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., dichiarando espressamente assorbito ogni altro 
profilo di illegittimit� costituzionale; d) l'assorbimento dichiarato dalla Corte ha ad oggetto i 
soli profili di merito e non anche il profilo relativo alla mancata approvazione della legge con 
il procedimento di revisione costituzionale, perch� tale ultimo profilo, avendo carattere formale 
e non sostanziale, � logicamente antecedente rispetto all'accoglimento della questione 
riferita agli artt. 3 e 24 Cost. e, pertanto, non pu� essere assorbito; e) la sentenza ha, in conclusione, 
implicitamente ritenuto non fondata ogni questione proposta in riferimento all'art. 
138 Cost.; f) non osta a tale conclusione il richiamo fatto dalla sentenza alla necessit� che 
l'apprezzabile interesse al sereno svolgimento delle funzioni pubbliche connesse alle alte cariche 
dello Stato vada tutelato �in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto, 
rispetto al cui migliore assetto la protezione � strumentale�, perch� tali princ�pi sono, secondo 
la stessa sentenza, quelli di cui agli artt. 3 e 24 Cost. e non quello di cui all'art. 138 Cost.; g) 
sulla scorta della pronuncia della Corte, il giudice a quo avrebbe dovuto evidenziare le peculiarit� 
della nuova disciplina censurata rispetto a quella dichiarata incostituzionale dalla Corte, 
specificando sotto quale profilo la prima, a differenza della seconda, violi l'art. 138 Cost. 
1.2.2. � Quanto alle finalit� della normativa censurata, la difesa dell'imputato deduce che: 
a) esse sono dirette non tanto a garantire il sereno svolgimento delle funzioni inerenti alle alte 
cariche dello Stato, quanto a tutelare il diritto di difesa dell'imputato nel processo, che presuppone 
la possibilit� di essere presente alle udienze e di avere il tempo necessario per predisporre 
la propria difesa; b) la prevalenza dell'esigenza della tutela del diritto di difesa rispetto
TEMI ISTITUZIONALI 11 
a quella del sereno svolgimento della funzione si ricava dalla previsione della rinunciabilit� 
della sospensione contenuta nel comma 2 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, perch� se il 
legislatore avesse voluto creare �in primis [�] una prerogativa istituzionale, avrebbe dovuto 
dotare la sospensione di un profilo di indisponibilit�, sulla base del presupposto che l'interesse 
istituzionale trascende anche l'eventuale interesse dell'imputato a farsi giudicare subito�; c) 
�non osta a questa ricostruzione il fatto che la Corte Costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente 
illegittima la legge n. 140/2003 anche perch� prevedeva una sospensione dei processi 
penali automatica e non rinunciabile: questo dato depone nel senso che una disposizione 
legislativa che sospenda i processi per le alte cariche dello Stato, senza dar loro la possibilit� 
di rinunciarvi, porrebbe nel nostro ordinamento seri problemi di costituzionalit�, ma non pu� 
far diventare la disposizione della legge n. 124/2008 ci� che non �, ovvero una prerogativa 
connessa al fatto di rivestire una determinata funzione�; d) la ricostruzione della ratio delle 
norme censurate nel senso che esse sono finalizzate a tutelare il diritto di difesa della persona 
che ricopre la carica trova conferma nel comma 5 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008 � il 
quale prevede la non reiterabilit� della sospensione � perch�, �se una stessa persona rivestisse, 
durante una legislatura, la funzione di Presidente della Camera, con conseguente sospensione 
dei processi penali a suo carico, e nella legislatura successiva ricoprisse la funzione di Presidente 
del Senato, senza poter pi� beneficiare della suddetta sospensione, si sarebbe costretti 
ad ammettere che per un'intera legislatura la Presidenza del Senato dovrebbe rimanere priva 
di una propria prerogativa istituzionale, la quale tornerebbe poi a rivivere una volta che venisse 
a ricoprire la funzione una persona che non avesse mai beneficiato della sospensione�; e) 
nella prospettiva della tutela del diritto di difesa, la durata di un mandato � il periodo di tempo 
che il legislatore ha ritenuto sufficiente per consentire alla persona che riveste la carica di organizzarsi 
per affrontare contemporaneamente gli impegni istituzionali di un eventuale nuovo 
incarico e il processo penale; f) la ratio dell'inciso �salvo il caso di nuova nomina nel corso 
della stessa legislatura�, che fa eccezione alla non reiterabilit� della sospensione, � bilanciare 
�l'esercizio del diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, con l'esercizio del 
munus publicum, tutelato dall'art. 51 della Costituzione�; g) �il meccanismo per cui una condizione 
soggettiva dell'imputato si traduce in una condizione di oggettiva difficolt� a che il 
processo si svolga regolarmente � [�] tutt'altro che nuovo�, perch� vale anche �per la sospensione 
del processo per l'imputato incapace, prevista dall'art. 71 c.p.p.�, che � un istituto 
diretto a tutelare �il fatto che la capacit� dell'imputato di partecipare coscientemente al processo 
� aspetto indefettibile del diritto di difesa senza il cui effettivo esercizio nessun processo 
� immaginabile�; h) ad analoga ratio � ispirato anche l'istituto del legittimo impedimento a 
comparire dell'imputato; i) non pu� essere condivisa l'affermazione del rimettente secondo 
cui �tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti 
con norma costituzionale�, perch� anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 124 del 
2008 il giudice di merito, davanti a un impegno istituzionale, riconosceva l'impossibilit� per 
l'imputato di essere presente al processo nonostante la Costituzione non preveda che le alte 
cariche dello Stato hanno diritto al riconoscimento di questi legittimi impedimenti; l) con la 
sentenza n. 148 del 1983, la Corte ha ammesso che il legislatore possa disciplinare con legge 
ordinaria addirittura una vera e propria circostanza scriminante, quale l'insindacabilit� dei 
voti dati e delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura, 
con la conseguenza che anche una mera causa di sospensione, quale quella oggetto delle disposizioni 
censurate, pu� essere disciplinata con legge ordinaria; m) i commi denunciati operano 
un ragionevole bilanciamento tra l'obbligatoriet� dell'azione penale e la ragionevole
12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
durata del processo, da un lato, e il diritto di difesa dell'imputato, dall'altro. 
1.2.3. � Quanto, in particolare, alla questione sollevata dal giudice a quo in riferimento all'art. 
136 Cost., la parte privata rileva che: a) contrariamente all'assunto del rimettente, la 
norma in esame non ha riproposto la medesima disciplina gi� dichiarata incostituzionale con 
la sentenza n. 24 del 2004, �n� ha perseguito e raggiunto, anche indirettamente, esiti corrispondenti 
a quelli gi� ritenuti lesivi della Costituzione�, ma ha un contenuto del tutto differente, 
ad esempio laddove prevede la rinunciabilit� della sospensione del processo; b) la nuova 
disciplina � diversa dalla vecchia anche sotto il profilo del trattamento della parte civile e 
della durata non indefinita della sospensione; c) i soggetti cui la sospensione si applica non 
coincidono con quelli indicati nella disciplina gi� dichiarata incostituzionale e la differenziazione 
del loro trattamento, �sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della 
giurisdizione, rispetto agli altri componenti degli organi collegiali � giustificata dall'intero 
nuovo assetto normativo, comunque diverso da quello gi� oggetto di censura costituzionale�, 
anche perch� �la Costituzione stessa riconosce l'autonomo rilievo nelle funzioni dei due Presidenti 
delle Camere rispetto agli altri membri del Parlamento (artt. 62 comma 2, 86 commi 
1 e 2, 88 comma 1 della Costituzione)� e perch� �del pari il Presidente del Consiglio dei ministri, 
ai sensi del primo comma dell'art. 95 della Costituzione, svolge funzioni proprie del 
tutto peculiari rispetto agli altri membri del Governo�. 
1.3. � Si � costituito il pubblico ministero del giudizio a quo, nelle persone del Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Milano e di un sostituto della stessa Procura. 
1.3.1. � Il pubblico ministero sostiene, in primo luogo, l'ammissibilit� della sua costituzione, 
nonostante il contrario indirizzo interpretativo della Corte costituzionale, espresso con le sentenze 
n. 361 del 1998, n. 1 e n. 375 del 1996 e con l'ordinanza n. 327 del 1995. Secondo la 
sua ricostruzione, �gli argomenti contrari alla legittimazione del p.m. sono i seguenti: 1) la 
distinta menzione del �pubblico ministero� e delle �parti� nell'attuale disciplina della legge 
11 marzo 1953, n. 87 (artt. 20, 23 e 25); 2) la menzione delle sole �parti� nella disciplina delle 
Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (artt. 3 e 17 [ora 16]); 3) la 
peculiarit� della posizione ordinamentale e processuale del p.m. nonostante ad esso debba riconoscersi 
la qualit� di parte nel processo a quo�. 
Quanto all'art. 20 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la difesa del pubblico ministero ritiene 
che esso, limitandosi a prevedere che per gli organi dello Stato (tra cui gli uffici del pubblico 
ministero) non � richiesta una difesa �professionale�, non riguardi n� valga a modificare la 
disciplina della legittimazione ad essere parte o ad intervenire in giudizio. 
Parimenti non decisivi, contro la legittimazione del pubblico ministero a costituirsi nel giudizio 
di costituzionalit�, sarebbero gli argomenti desumibili dagli artt. 23 e 25 della legge n. 
87 del 1953. 
Il quarto comma dell'art. 23 dispone che: �L'autorit� giurisdizionale ordina che a cura della 
cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando 
non se ne dia lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al pubblico ministero 
quando il suo intervento sia obbligatorio�. Dispone, a sua volta, il secondo comma dell'art. 
25 che: �Entro venti giorni dall'avvenuta notificazione dell'ordinanza, ai sensi dell'art. 23, le 
parti possono esaminare gli atti depositati nella cancelleria e presentare le loro deduzioni�. 
Secondo la difesa del pubblico ministero, il quarto comma dell'art. 23, da un lato, non esclude 
espressamente che l'ordinanza debba essere notificata al pubblico ministero che sia stato parte 
in giudizio e, dall'altro, ne impone la notifica al pubblico ministero, proprio perch� questo � 
stato "parte"; e ci� a prescindere dal fatto che il suo intervento fosse o no obbligatorio. A ci�
TEMI ISTITUZIONALI 13 
conseguirebbe che il pubblico ministero, sia che sia parte del giudizio principale, sia che debba 
obbligatoriamente intervenire in tale giudizio, pu� costituirsi nel giudizio dinanzi alla Corte 
costituzionale. 
Quanto agli artt. 3 e 17 delle previgenti norme integrative (attuali artt. 3 e 16), il pubblico 
ministero rileva che essi si limitano a riferirsi alle �parti�, non facendo �altro che presupporre 
una nozione aliunde determinata�. Essi, quindi, non ostano alle �conclusioni (favorevoli) raggiunte 
alla luce degli artt. 23 e 25 della legge n. 87 del 1953�. 
Quanto alla peculiarit� della posizione ordinamentale e processuale del pubblico ministero, 
la difesa rileva che il fatto che tale organo giudiziario, �secondo la nota formula dell'art. 73 
del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, debba vegliare �alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare 
amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti di stato, delle persone giuridiche 
e degli incapaci [�]� � indiscutibile, ma costituisce un argomento estraneo al problema�. Infatti, 
�un conto � l'imparzialit� istituzionale del pubblico ministero, un conto la sua parzialit� 
funzionale�, avendo rilevanza nel processo costituzionale solo tale ultimo profilo, in considerazione 
del fatto che i princ�pi costituzionali di parit� delle parti e del contraddittorio sono 
stati inequivocabilmente introdotti nell'ordinamento con la legge costituzionale 23 novembre 
1999, n. 2, entrata in vigore successivamente alle decisioni della Corte costituzionale che negano 
al pubblico ministero la legittimazione a costituirsi. Tali princ�pi � prosegue la difesa 
del pubblico ministero � esistevano nel nostro ordinamento gi� prima, �ma com'� noto, essi 
venivano desunti in giurisprudenza e in dottrina dall'art. 24 Cost. e quindi, come per tutti i diritti 
costituzionali previsti in Costituzione, di essi erano (e sono) titolari solo i soggetti privati, 
non i pubblici poteri. Conseguentemente sia il principio della parit� delle armi che il principio 
del contraddittorio avevano una portata unidirezionale. Garantivano il cittadino, ma non la 
pubblica accusa nel processo penale e non la p.a. nel processo amministrativo�. Ne deriverebbe 
che solo la nuova formulazione dell'art. 111 Cost. garantisce al pubblico ministero una 
piena qualit� di parte, sotto il profilo della parit� processuale e del contraddittorio, con la conseguenza 
che la Corte costituzionale potrebbe mutare il sopra citato orientamento giurisprudenziale, 
proprio alla luce del mutato quadro costituzionale. 
A tali considerazioni si dovrebbe aggiungere che nei casi � come quello di specie � in cui 
proprio il pubblico ministero abbia sollevato la questione di legittimit� costituzionale di fronte 
al giudice a quo, sarebbe irragionevole escluderlo dalla partecipazione al giudizio costituzionale. 
1.3.2. � Nel merito, il pubblico ministero chiede che siano accolte le questioni proposte dal 
rimettente. 
1.4. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura 
generale dello Stato, rilevando che: a) la questione sollevata in riferimento all'art. 
136 Cost. � infondata, perch� non si ha violazione del giudicato costituzionale qualora, come 
nel caso di specie, �il quadro normativo sopravvenuto, nel quale si inserisce la nuova disposizione, 
sia diverso da quello della legge precedente dichiarata costituzionalmente illegittima�; 
b) la questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost. � �inammissibile e comunque infondata
�, per i motivi esposti nell'atto di intervento nel procedimento r.o. n. 398 del 2008. 
1.5. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, la parte privata ha chiesto che 
venga dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del pubblico ministero, fondando 
la sua richiesta essenzialmente su due assunti. 
1.5.1. � Tale parte sostiene, in primo luogo, che il pubblico ministero non � assimilabile 
alle altre parti del giudizio a quo, rilevando che: a) l'art. 20, secondo comma, della legge n.
14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
87 del 1953 deve essere interpretato nel senso che esso contiene una previsione generale, 
volta a regolare esclusivamente la rappresentanza e difesa nel giudizio davanti alla Corte costituzionale; 
b) l'oggetto del giudizio costituzionale incidentale � la conformit� alla Costituzione 
o ad una legge costituzionale di una norma avente forza di legge ed il contraddittorio in 
tale giudizio si articola in �correlazione [�] con le posizioni soggettive che quella norma ha 
coinvolto nel giudizio principale, o che in relazione ad esso possono venir coinvolte� (secondo 
quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 163 del 2005); c) dalla correlazione 
del contraddittorio con le suddette �posizioni soggettive� deriva l'estraneit� al giudizio 
del pubblico ministero, perch� quest'ultimo � anche in base all'art. 73 del regio decreto 30 
gennaio 1941, n. 12 � �non rappresenta mai, per definizione, una posizione soggettiva, intendendosi 
con questa espressione, un interesse che non sia quello [�] della conformit� alla 
legge�; d) �la difesa di una parte privata [�] non pu� mai eccepire l'illegittimit� costituzionale 
di una norma che sia di favore al proprio assistito, e ci� per due ordini di ragioni: in primis 
perch� sarebbe carente di interesse (ma questo non rileverebbe perch� non si tratta di una impugnazione), 
ma in secondo luogo perch� risponderebbe del reato di patrocinio infedele ai 
sensi dell'art. 380 del codice penale, oltre che di grave illecito deontologico sanzionabile dal 
punto di vista disciplinare�; e) il pubblico ministero, per contro, ha natura di parte pubblica e 
ha �il diritto/dovere di eccepire l'incostituzionalit� di una norma sia a favore sia contro ciascuna 
delle parti�, anche nel processo civile; g) gli artt. 23 e 25 della legge n. 87 del 1953 � 
come interpretati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 1998 � distinguono 
espressamente le parti dal pubblico ministero, escludendo che quest'ultimo possa costituirsi 
nel giudizio costituzionale. 
1.5.2. � La stessa difesa sostiene, in secondo luogo, che al giudizio costituzionale non si 
applica il principio di parit� delle parti davanti al giudice sancito dall'art. 111 Cost., non essendo 
la Corte costituzionale un organo giurisdizionale, ed afferma, a sostegno di tale assunto, 
che, nel giudizio costituzionale: a) non trova applicazione il sesto comma dell'articolo 111 
Cost., derivando l'obbligo di motivazione delle sentenze della Corte dall'articolo 18, commi 
secondo e terzo, della legge n. 87 del 1953; b) non trova applicazione neanche il secondo 
comma dello stesso art. 111, perch� �il contraddittorio tra le parti avanti la Consulta � disciplinato, 
come noto, dalla legge 11 marzo 1953, n. 87 e dalle norme integrative per i giudizi 
avanti la Corte Costituzionale�; c) non si applica neppure il principio di terziet� e imparzialit� 
del giudice sancito dallo stesso art. 111 Cost., �perch� i giudici della Corte Costituzionale 
sono per natura (per ovvie ragioni concernenti la loro funzione) sempre terzi ed imparziali, 
tant'� che non possono astenersi n� essere ricusati contrariamente a quanto � necessariamente 
previsto per i giudici di qualsivoglia �processo��. 
1.6. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, il pubblico ministero del giudizio 
a quo insiste per l'accoglimento delle questioni proposte nell'ordinanza di rimessione, ribadendo 
le argomentazioni gi� svolte nella memoria di costituzione. 
2. � Con ordinanza del 4 ottobre 2008 (r.o. n. 398 del 2008), nel corso di un processo 
penale in cui � imputato anche l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente del Consiglio dei 
ministri, il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 68, 90, 96, 111, 112 
e 138 Cost., questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008. 
2.1. � In punto di rilevanza, il rimettente premette che l'articolo censurato, imponendo la 
sospensione del processo penale in corso a carico del Presidente del Consiglio dei ministri, 
trova necessaria applicazione nel giudizio a quo. 
Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il giudice a quo osserva che, con
TEMI ISTITUZIONALI 15 
la sentenza n. 24 del 2004, avente ad oggetto la legge n. 140 del 2003, la Corte costituzionale 
aveva affermato che: a) la natura e la funzione della norma consistevano �nel temporaneo arresto 
del normale svolgimento� del processo penale e miravano �alla soddisfazione di esigenze 
extraprocessuali [�] eterogenee rispetto a quelle proprie del processo�; b) il presupposto 
della sospensione era dato dalla �coincidenza delle condizioni di imputato e di titolare di una 
delle cinque pi� alte cariche dello Stato�; c) il bene che la misura intendeva tutelare andava 
ravvisato �nell'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a 
quelle cariche� e tale bene veniva definito, dapprima, come �interesse apprezzabile, che pu� 
essere tutelato in armonia con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore 
assetto la protezione � strumentale� e, poi, come espressione dei �fondamentali valori 
rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l'esigenza di protezione della serenit� 
dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione�; d) proprio �considerando 
che l'interesse pubblico allo svolgimento delle attivit� connesse alle alte cariche comporti nel 
contempo un legittimo impedimento a comparire�, il legislatore aveva voluto stabilire �una 
presunzione assoluta di legittimo impedimento�. 
Secondo quanto riferito dal rimettente, la Corte aveva, in detta sentenza, ravvisato l'incostituzionalit� 
della norma nel fatto che la sospensione in esame, che di per s� �crea un regime 
differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale�, fosse 
�generale, automatica e di durata non determinata�: generale, in quanto la sospensione concerneva 
�i processi per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca 
commessi, che siano extrafunzionali, cio� estranei alle attivit� inerenti alla carica�; automatica, 
in quanto la sospensione veniva disposta �in tutti i casi in cui la suindicata coincidenza� di 
imputato e titolare di un'alta carica �si verifichi, senza alcun filtro, quale che sia l'imputazione 
ed in qualsiasi momento dell'iter processuale, senza possibilit� di valutazione delle peculiarit� 
dei casi concreti�; di durata non determinata, in quanto la sospensione, �predisposta com'� 
alla tutela delle importanti funzioni di cui si � detto e quindi legata alla carica rivestita dall'imputato
�, subiva nella sua durata �gli effetti della reiterabilit� degli incarichi e comunque 
della possibilit� di investitura in altro tra i cinque indicati�. 
Sempre ad avviso del giudice a quo, nella menzionata sentenza n. 24 del 2004 la Corte 
aveva rilevato: a) la violazione del diritto di difesa previsto dall'art. 24 della Costituzione, in 
quanto all'imputato Ǐ posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso 
di un'imputazione che, in ipotesi, pu� concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, 
oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, 
l'accertamento giudiziale che egli pu� ritenere a s� favorevole, rinunciando al godimento di 
un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.)�; b) la violazione degli articoli 111 e 
112 Cost., perch� �all'effettivit� dell'esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi 
del processo�; c) la violazione dell'art. 3 Cost., perch� la norma, da un lato, accomunava in 
un'unica disciplina �cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la 
natura delle funzioni� e, dall'altro, distingueva, �per la prima volta sotto il profilo della parit� 
riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio 
dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti
�; d) la violazione dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, che aveva 
esteso a tutti i giudici della Corte costituzionale il godimento dell'immunit� accordata nel secondo 
comma dell'art. 68 della Costituzione ai membri delle due Camere. 
Il rimettente ritiene che il legislatore, nell'adottare la disciplina censurata � la quale prevede 
la sospensione dei processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di Presi-
16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della Camera 
dei deputati e di Presidente del Consiglio dei ministri �, non abbia tenuto conto di quanto affermato 
nella citata sentenza n. 24 del 2004, anche perch� ha sostanzialmente riprodotto le 
previsioni della legge n. 140 del 2003 in tema di sospensione del corso della prescrizione, ai 
sensi dell'art. 159 del codice penale, e di applicabilit� della norma anche ai processi penali in 
corso, in ogni fase, stato o grado. 
2.1.1. � Sulla scorta di tali considerazioni, il Tribunale sostiene che l'articolo denunciato si 
pone in contrasto, in primo luogo, con l'art. 138 Cost., perch� lo status �dei titolari delle pi� 
alte istituzioni della Repubblica � in s� materia tipicamente costituzionale, e la ragione � evidente: 
tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilit� si pongono 
quali eccezioni rispetto al principio generale dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti 
alla legge previsto dall'articolo 3 della Costituzione, principio fondante di uno Stato di diritto
�. 
2.1.2. � In secondo luogo, il giudice a quo rileva la violazione dell'art. 3 Cost., perch� le 
�guarentigie concesse a chi riveste cariche istituzionali risultano funzionali alla protezione 
delle funzioni apicali esercitate�, con la conseguenza che la facolt� di rinunciare alla sospensione 
processuale riconosciuta al titolare dell'alta carica si pone in contrasto con la tutela del 
munus publicum, attribuendo una discrezionalit� �meramente potestativa� al soggetto beneficiario, 
anzich� prevedere quei filtri aventi caratteri di terziet� e quelle valutazioni della peculiarit� 
dei casi concreti che soli, secondo la sentenza n. 24 del 2004, potrebbero costituire 
adeguato rimedio rispetto tanto all'automatismo generalizzato gi� stigmatizzato dalla Corte 
quanto �al vulnus al diritto di azione�. Lo stesso parametro costituzionale sarebbe, altres�, 
violato, perch� �il contenuto di tutte le disposizioni in argomento incide su un valore centrale 
per il nostro ordinamento democratico, quale � l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti all'esercizio 
della giurisdizione penale�. 
2.1.3. � � denunciata, in terzo luogo, la violazione degli artt. 3, 68, 90, 96 e 112 Cost., per 
la disparit� di trattamento tra la disciplina introdotta per i reati extrafunzionali e quella, di 
rango costituzionale, prevista per i reati funzionali delle quattro alte cariche in questione. Tale 
disparit� sarebbe irragionevole: a) per la mancata menzione dell'art. 68 Cost. fra le norme costituzionali 
espressamente fatte salve dalla legge n. 124 del 2008; b) per il fatto che �il bene 
giuridico considerato dalla legge ordinaria, e cio� il regolare svolgimento delle funzioni apicali 
dello Stato, � lo stesso che la Costituzione tutela per il Presidente della Repubblica con l'art. 
90, per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri con l'art. 96�; c) per la previsione 
di uno ius singulare per i reati extrafunzionali a favore del Presidente del Consiglio dei ministri, 
che, invece, la Costituzione accomuna ai ministri per i reati funzionali in conseguenza 
della sua posizione di primus inter pares. 
2.1.4. � Il rimettente ritiene, infine, che la norma censurata violi l'art. 111 Cost., sotto il 
profilo della ragionevole durata del processo, perch�: a) una sospensione formulata nei termini 
di cui alla disposizione denunciata, �bloccando il processo in ogni stato e grado per un periodo 
potenzialmente molto lungo, provoca un evidente spreco di attivit� processuale�; b) non essendo 
stabilito alcunch� �sull'utilizzabilit� delle prove gi� assunte� n� all'interno dello stesso 
processo penale al termine del periodo di sospensione n� all'interno della diversa sede in cui 
la parte civile abbia scelto di trasferire la propria azione, vi � la necessit� per la stessa parte 
�di sostenere ex novo l'onere probatorio in tutta la sua ampiezza�. 
2.2. � Si � costituito in giudizio il suddetto imputato, svolgendo rilievi in parte analoghi a 
quelli svolti nella memoria di costituzione nel procedimento r.o. n. 397 del 2008 e osservando,
TEMI ISTITUZIONALI 17 
in particolare, che la sospensione prevista dalla disposizione censurata non � un'immunit�. 
Secondo l'imputato, infatti, l'immunit� � una circostanza scriminante, che �tutela in via esclusiva, 
diretta ed immediata, il sereno e libero esercizio della funzione esercitata, garantendone 
l'autonomia da altri poteri�, avendo ad oggetto comportamenti per i quali �viene esclusa ogni 
responsabilit� penale che mai ed in nessun tempo pu� sorgere, n� durante l'esercizio della 
funzione n� in un momento successivo�. Riguardo ai reati extrafunzionali � prosegue la difesa 
� �sussiste certamente una reviviscenza della astratta punibilit�, a carica scaduta, sia nel caso 
di immunit� che nel caso di sospensione. Ma la ratio di questi due istituti � altrettanto pacificamente 
diversa, poich� la seconda tutela, in via principale, diretta ed immediata, lo svolgimento 
di un giusto processo attraverso la protezione del diritto di difesa, che del giusto 
processo � condizione ineliminabile, il quale subisce un arresto temporaneo sino al momento 
in cui cessa la carica esercitata, ossia la causa di legittimo impedimento a comparire�. 
2.2.1. � In relazione al principio di uguaglianza, la difesa della parte privata premette che 
l'ordinamento penale prevede molti casi in cui la diversit� di trattamento dipende da profili 
soggettivi (come, ad esempio, per i reati dei pubblici ufficiali o i reati militari). Con particolare 
riferimento all'asserita violazione degli artt. 68, 90 e 96 Cost., rileva che tali parametri nulla 
hanno a che vedere con l'articolo denunciato, perch� essi sono �rivolti, in via esclusiva, diretta 
ed immediata, a tutelare il sereno svolgimento delle funzioni rispetto al potere giurisdizionale, 
e dunque per tutelare un interesse pacificamente esterno al processo�. In particolare, gli articoli 
68 e 90 Cost. prevedrebbero una immunit� di natura funzionale, che �sottrae un soggetto alla 
giurisdizione, poich� comporta l'esclusione, che si protrae ad infinitum, di ogni responsabilit� 
penale�, mentre l'art. 96 Cost. �non prevede una immunit� ma una condizione di procedibilit�, 
ossia �una ulteriore ipotesi [�] di blocco definitivo dell'esercizio del potere giurisdizionale, 
qui derivante da una valutazione di un organo politico in merito alla sussistenza dei presupposti
�. Differentemente, la sospensione temporanea del processo penale prevista dalla disciplina 
denunciata �non � un istituto che esclude la giurisdizione e nemmeno l'eventuale 
responsabilit� penale, non tutela in via diretta ed immediata un interesse esterno al processo 
ma un diritto inviolabile interno ed immanente allo stesso. Di talch� il giudizio verrebbe s� 
sospeso, ma pacificamente rinizierebbe nel momento in cui cessi la causa che nega il suo intangibile 
diritto di difesa, ossia il perdurare della carica�. L'assoluta eterogeneit� tra la norma 
censurata e i menzionati parametri costituzionali sarebbe, inoltre, confermata dall'espressa 
previsione della salvezza dei �casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione�, la quale 
avrebbe la funzione di �accompagnare l'interprete nella direzione esattamente opposta a quella 
seguita dal giudice a quo, avvertendo che i beni giuridici tutelati non sono gli stessi per i quali 
� stata approvata la legge 124/08, non vi � perfetta comunanza di finalit� e nemmeno di ratio�. 
2.2.2. � In relazione al principio di ragionevolezza, la parte privata rileva che, poich� la disciplina 
censurata � volta a tutelare il diritto di difesa dell'imputato, � irrilevante la differenza 
di trattamento fra reati funzionali ed extrafunzionali, in quanto ogni volta che la Corte costituzionale 
�si � pronunciata sul diritto fondamentale di difesa personale non ha mai operato la 
ben che minima distinzione in ordine al tipo di reato oggetto dell'imputazione e nemmeno 
alla sua gravit��. Contrariamente, poi, a quanto ritenuto dal giudice a quo, il Presidente del 
Consiglio dei ministri e i ministri non sarebbero sullo stesso piano, perch� il primo comma 
dell'art. 95 Cost. � esclusivamente dedicato al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai suoi 
compiti e prevede che egli �dirige la politica generale del Governo e ne � responsabile. Mantiene 
l'unit� di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attivit� dei 
ministri�, mentre l'art. 92, secondo comma, Cost. gli assegna il potere di proporre la nomina
18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
e la revoca dei ministri. Ci� troverebbe conferma anche nel fatto che la legge elettorale vigente 
collega �l'apparentamento dei partiti politici ad un soggetto che si candida espressamente per 
esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio� e negli �incarichi internazionali correlati 
alla Presidenza del Consiglio, quali ad esempio la presidenza del G8 e del G20, che comportano 
una quantit� impressionante di impegni all'estero per pi� giorni consecutivi�. Un'ulteriore 
conferma della particolare posizione del Presidente del Consiglio dei ministri nell'ordinamento 
deriverebbe dalle previsioni della legge 23 agosto 1988, n. 400, la quale, in attuazione del 
dettato costituzionale, attribuisce a quest'ultimo molti poteri che i singoli ministri non hanno, 
come, tra gli altri: l'iniziativa per la presentazione della questione di fiducia dinanzi alle Camere; 
la convocazione del Consiglio dei ministri e di fissazione dell'ordine del giorno; la comunicazione 
alle Camere della composizione del Governo e di ogni mutamento in essa 
intervenuto; la proposizione della questione di fiducia; la sottoposizione al Presidente della 
Repubblica delle leggi per la promulgazione, dei disegni di legge per la presentazione alle 
Camere, dei testi dei decreti aventi valore o forza di legge, dei regolamenti governativi e degli 
altri atti indicati dalle leggi per l'emanazione; la controfirma degli atti di promulgazione delle 
leggi nonch� di ogni atto per il quale � intervenuta deliberazione del Consiglio dei ministri, 
degli atti che hanno valore o forza di legge e, insieme con il ministro proponente, degli altri 
atti indicati dalla legge; la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa governativa 
e, anche attraverso il ministro espressamente delegato, l'esercizio delle facolt� del Governo 
di cui all'articolo 72 Cost.; l'esercizio delle attribuzioni di cui alla legge n. 87 del 1953, 
e la promozione degli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle decisioni 
della Corte Costituzionale; la formulazione delle direttive politiche ed amministrative ai ministri, 
in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri, nonch� di quelle connesse 
alla propria responsabilit� di direzione della politica generale del Governo; il coordinamento 
e la promozione dell'attivit� dei ministri in ordine agli atti che riguardano la politica generale 
del Governo; la sospensione dell'adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a 
questioni politiche e amministrative, con la loro sottoposizione al Consiglio dei ministri nella 
riunione immediatamente successiva; il deferimento al Consiglio dei ministri della decisione 
di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo 
competenti; il coordinamento dell'azione del Governo relativa alle politiche comunitarie 
e all'attuazione delle politiche comunitarie. Dal punto di vista politico, invece �il Presidente 
del Consiglio risponde collegialmente per tutti gli atti del Consiglio dei ministri ma, non si 
pu� dimenticare, individualmente per quelli compiuti nell'esercizio delle funzioni a lui attribuitegli, 
in via esclusiva, dalla Costituzione e dalla legge ordinaria�. 
In conclusione, pare razionale alla difesa della parte che l'art. 96 Cost., in quanto diretto a 
garantire il sereno svolgimento del potere esecutivo, accomuni in un'unica disciplina coloro 
che esercitano lo stesso potere, sebbene con funzioni diverse e in posizione differenziata. Pare 
ugualmente razionale che la norma censurata, in quanto diretta a tutelare il diritto inviolabile 
alla difesa personale nel processo, tenga conto, invece, �delle disposizioni costituzionali, e 
della legge ordinaria di attuazione, che attribuiscono espressamente rilevantissimi poteri-doveri 
politici al Presidente del Consiglio dei ministri di cui � il solo responsabile, valutando 
dunque, in maniera altrettanto ragionevole, che solo i suoi impegni possono configurare un 
costante legittimo impedimento a comparire nel processo penale, diretto ad accertare una responsabilit� 
giuridica esclusivamente personale�. E ci� anche perch� � ad avviso della stessa 
difesa � �la Carta costituzionale non contiene, invece, alcuna attribuzione esplicita di poteri 
o doveri ai ministri, ma ne demanda la disciplina alla sola legge ordinaria e alla prassi�.
TEMI ISTITUZIONALI 19 
2.2.3. � La difesa passa, poi, a trattare specificamente il profilo soggettivo della disciplina 
censurata, sostenendo che il Presidente della Repubblica, i Presidenti del Senato della Repubblica 
e della Camera dei deputati e il Presidente del Consiglio dei ministri sono �accomunati 
da quattro caratteristiche: ricoprono posizioni di vertice in altrettanti organi costituzionali, 
sono titolari di funzioni istituzionali aventi natura politica, hanno l'incarico di adempiere peculiari 
doveri che la Costituzione espressamente impone loro e ricevono la propria investitura, 
in via diretta o mediata, dalla volont� popolare�. Diversa sarebbe la posizione del Presidente 
della Corte costituzionale, perch� egli �non riceve la propria investitura dalla volont�, n� diretta 
n� indiretta, del popolo. Si aggiunga che la sentenza 24/04 poneva in luce che la legge 
140/03 mentre faceva espressamente salvi gli artt. 90 e 96 Cost., nulla diceva a proposito del 
secondo comma dell'art. 3 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. Riscontrava, per 
tale ragione, gravi elementi di intrinseca irragionevolezza�. 
Secondo la difesa dell'imputato, �le alte cariche indicate dalla legge 124/08 si trovano tutte 
in una posizione nettamente differenziata rispetto agli altri componenti degli organi che eventualmente 
presiedono�. In particolare, il Presidente della Camera dei deputati: a) convoca in 
seduta comune il Parlamento e i delegati regionali per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica 
(art. 85, secondo comma, Cost.); b) indice la elezione del nuovo Presidente della 
Repubblica (art. 86, secondo comma, Cost.); c) convoca il Parlamento in seduta comune per 
l'elezione di un terzo dei giudici della Corte Costituzionale (art. 135, primo comma, Cost.); 
d) presiede le riunioni del Parlamento in seduta comune (art. 63, secondo comma, Cost.); e) 
rappresenta la Camera e ne assicura il buon funzionamento; f) sovrintende all'applicazione 
del regolamento presso tutti gli organi della Camera e decide sulle questioni relative alla sua 
interpretazione acquisendo, ove lo ritenga opportuno, il parere della Giunta per il regolamento, 
che presiede; g) emana circolari e disposizioni interpretative del regolamento; h) decide, in 
base ai criteri stabiliti dal regolamento, sull'ammissibilit� dei progetti di legge, degli emendamenti 
e ordini del giorno, degli atti di indirizzo e di sindacato ispettivo; i) cura l'organizzazione 
dei lavori della Camera convocando la Conferenza dei presidenti di gruppo e 
predisponendo, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza prescritta dal regolamento, 
il programma e il calendario; l) presiede l'Assemblea e gli organi preposti alle funzioni 
di organizzazione dei lavori e di direzione generale della Camera (Ufficio di presidenza, Conferenza 
dei presidenti di gruppo, Giunta per il regolamento); m) nomina i componenti degli 
organi interni di garanzia istituzionale (Giunta per il regolamento, Giunta delle elezioni, Giunta 
per le autorizzazioni richieste ai sensi dell'art. 68 Cost.); n) assicura il buon andamento dell'amministrazione 
interna della Camera, diretta dal Segretario generale, che ne risponde nei 
suoi riguardi. Il Presidente del Senato della Repubblica: a) esercita le funzioni di supplente 
del Presidente della Repubblica, in base all'art. 86 Cost., in ogni caso in cui questi non possa 
adempierle; b) viene sentito, al pari del Presidente della Camera dei deputati, dal Presidente 
della Repubblica prima di sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse (art. 88 
Cost.); c) rappresenta il Senato; d) regola l'attivit� di tutti i suoi organi; e) dirige e modera le 
discussioni; f) pone le questioni; g) stabilisce l'ordine delle votazioni e ne proclama il risultato; 
h) dispone dei poteri necessari per mantenere l'ordine e assicurare, sulla base del regolamento 
interno, il buon andamento dei lavori. 
In conclusione � prosegue la difesa dell'imputato � �nella logica della valorizzazione del 
dettato costituzionale, dei regolamenti di attuazione, e delle indicazioni della Consulta, il legislatore 
ha ragionevolmente ritenuto che solo gli impegni di codeste peculiari alte cariche 
politiche possano prospettare un costante legittimo impedimento a comparire nel processo
20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
penale, diretto ad accertare una responsabilit� giuridica esclusivamente personale, e che solo 
nei loro confronti sorga l'esigenza di tutelarne, in maniera specifica, la serenit� di azione�. 
Quanto alla facolt� di rinuncia alla sospensione prevista dal censurato comma 2 dell'art. 1 
della legge n. 124 del 2008, la parte privata sostiene che essa �d� la riprova che la ratio oggettivizzata 
in questo dettato legislativo � s� quella di tutelare, in via indiretta, un interesse 
politico, ma soprattutto, in via diretta ed immediata, l'inviolabile diritto di difesa. Altrimenti 
una facolt� di rinuncia non sarebbe stata prevista�. Ne conseguirebbe che �non vi � allora 
nessuna necessit� di prevedere un filtro per la tutela di tale primario diritto, poich� la normativa 
in esame costituisce concreta attuazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione�. 
2.2.4. � In relazione alla questione proposta in riferimento all'art. 138 Cost., la difesa dell'imputato, 
dopo avere premesso quanto dedotto nella memoria depositata nel procedimento 
r.o. n. 397 del 2008, passa ad esaminare le cause di sospensione regolate da leggi ordinarie e 
dirette a determinate categorie o a soggetti specificati per funzione, qualifica o qualit�. Sostiene, 
sul punto, che Ǐ assolutamente pacifico e notorio che la massima parte delle attribuzioni 
dei compiti e delle specificazioni in tema sono stati sempre posti in essere mediante 
leggi ordinarie�, anche perch� le riserve di legge costituzionale devono essere espressamente 
previste dalla Costituzione. Esistono infatti � prosegue la difesa � numerose cause di sospensione 
del processo previste con legge ordinaria �ed indirizzate a determinate categorie o a 
soggetti specificati per funzione, qualifica o qualit�, alcune delle quali sono dirette alla tutela 
di un diritto immanente al processo, altre di un interesse esclusivamente esterno�, come, ad 
esempio: nel codice di procedura penale �gli articoli 3, 37, 41, 47, 71, 344, 477, e 479, cos� 
come nel codice penale gli articoli 159 e 371-bis�; in materia tributaria, �quei molteplici decreti 
legge convertiti i quali, in correlazione con il condono previsto dagli stessi, disponevano 
una sospensione processuale estremamente lunga�; l'art. 243 del codice penale militare di 
guerra, �ove la sospensione � correlata alla condizione soggettiva di appartenenza a reparti 
mobilitati�; �l'art. 28 del D.P.R. 22.9.1988 n. 448 in tema di procedimenti nei confronti di 
minorenni�, in cui �la sospensione � addirittura ad personam ove si ritenga da parte del giudice 
di dover valutare la personalit� del minorenne�. 
2.2.5. � Quanto alla natura delle �cause di sospensione derivanti dalla sussistenza di immunit� 
internazionali�, la medesima difesa sostiene che esse non trovano copertura nell'art. 
10 Cost., perch� sono previste da trattati internazionali recepiti con legge ordinaria e non dalle 
�norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�. Sostiene, inoltre, che esse sono 
�squisitamente soggettive, ovvero strettamente correlate alla funzione svolta dal soggetto interessato
�, come ad esempio quelle previste dall'art. 31, primo comma, seconda parte, della 
Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 e dall'art. 43, primo 
comma, della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963. Sostiene, 
infine, che le immunit� hanno natura sia funzionale, sia extrafunzionale, in quanto coprono 
�tutti gli atti, compiuti come persona privata o come carica pubblica da parte del soggetto immune, 
siano quelli privati, precedenti o concorrenti, rispetto alla sua condizione di alto rappresentante 
dello Stato�, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte internazionale 
di giustizia e della Corte di cassazione e confermato dalla dottrina. 
2.2.6. � Quanto al parametro dell'art. 112 Cost., la difesa dell'imputato sostiene che: a) 
l'orientamento della Corte costituzionale, secondo cui fra il diritto di essere giudicato e il 
diritto di autodifendersi deve ritenersi prevalente quest'ultimo, si attaglia perfettamente alla 
sospensione prevista dalla norma censurata; b) l'art. 112 Cost. non impone un'assoluta continuit� 
nell'esercizio dell'azione penale una volta che questa viene avviata, essendo ben possibile
TEMI ISTITUZIONALI 21 
che vengano meno eventuali condizioni di procedibilit� oggettive o soggettive; c) �l'obbligatoriet� 
dell'azione penale non nasce dal semplice fatto storico antigiuridico, ma dal medesimo 
fatto connotato da una condizione di procedibilit� ex officio o su impulso di parte privata� e 
�il pubblico ministero ha s� l'obbligo di esercitare l'azione penale, ma sempre che non vi siano 
cause ostative o sospensive dell'azione stessa, che possono liberamente essere fissate dal legislatore, 
purch� non confliggano con i princ�pi di uguaglianza e di ragionevolezza�; d) l'ordinamento 
prevede la querela e la remissione di querela, oltre a fattispecie come l'immunit� 
o l'estradizione, nelle quali l'azione penale � preclusa �totalmente o parzialmente, temporaneamente 
o definitivamente�, nonch� fattispecie in cui �alcuni fatti di reato, pur nell'obbligatoriet� 
dell'azione penale e nell'antigiuridicit� della condotta, sono perseguibili soltanto a 
richiesta del Ministro della giustizia� o �se il soggetto agente si trovi nel territorio dello Stato, 
per i reati commessi all'estero� (artt. 8, 9 e 10 cod. pen.); e) l'art. 260 del codice penale militare 
di pace subordina la procedibilit� di una notevole serie di reati alla richiesta del comandante 
del corpo; f) l'art. 313 cod. pen. �subordina l'esercizio dell'azione penale per una lunga serie 
di delitti, alcuni di non certo modesta gravit�, addirittura all'autorizzazione del Ministro della 
Giustizia� e tale disciplina � stata ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 22 del 
1959, con la quale si � affermato che �l'istituto della autorizzazione a procedere trova fondamento 
nello stesso interesse pubblico tutelato dalle norme penali, in ordine al quale il procedimento 
penale potrebbe qualche volta risolversi in un danno pi� grave dell'offesa stessa�; g) 
nel caso in esame, �contrariamente a quanto accade con l'art. 313 c.p., ritenuto costituzionalmente 
corretto, non vi � una inibizione definitiva dell'azione penale bens� soltanto una temporanea 
sospensione del processo�, con la conseguenza che �la giurisdizione potr� poi 
effettivamente esplicarsi�. 
2.2.7. � Quanto alla violazione dell'art. 111 Cost., prospettata dal rimettente sotto il profilo 
della ragionevole durata del processo, la difesa dell'imputato osserva che: a) la disposizione 
censurata �segue alla lettera le indicazioni date da codesta Corte nella sentenza n. 24 del 2004, 
perch� impedisce che la stasi del processo si protragga per un tempo indefinito e indeterminabile 
e prevede espressamente, nel contempo, la non reiterabilit� delle sospensioni�; b) la 
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e quella costituzionale hanno riconosciuto 
la rilevanza del canone della ragionevole durata del processo, chiarendo, per�, che esso 
�non costituisce un valore assoluto, da perseguire ad ogni costo�; c) in particolare, la Corte 
costituzionale, con l'ordinanza n. 458 del 2002, ha affermato che: �il principio di ragionevole 
durata del processo non pu� comportare la vanificazione degli altri valori costituzionali che 
in esso sono coinvolti, primo fra i quali il diritto di difesa, che l'art. 24, secondo comma, proclama 
inviolabile in ogni stato e grado del procedimento�; d) ancora, la stessa Corte, con l'ordinanza 
n. 204 del 2001 ha affermato che: �il principio della ragionevole durata del processo 
[...] deve essere letto . alla luce dello stesso richiamo al connotato di "ragionevolezza ", che 
compare nella formula normativa . in correlazione con le altre garanzie previste dalla Carta 
costituzionale, a cominciare da quella relativa al diritto di difesa (art. 24 Cost.)�. 
Pi� in particolare, in relazione al rilievo del rimettente secondo cui �la sospensione cos� 
formulata, bloccando il processo in ogni stato e grado per un periodo potenzialmente molto 
lungo, provoca un evidente spreco di attivit� processuale�, la parte privata osserva che 
�l'istruttoria dibattimentale, per quanto riguarda la posizione dell'esponente, non � affatto conclusa 
mancando l'audizione del consulente tecnico di parte e l'audizione di numerosissimi testimoni
�. 
Quanto, poi, all'affermazione del giudice a quo per cui �la norma [...] nulla dice sull'utiliz-
22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
zabilit� delle prove gi� assunte, che potrebbero venire del tutto disperse qualora, al termine 
dell'eventualmente lungo periodo di operativit� della sospensione [...], divenisse impossibile 
la ricostruzione del medesimo collegio�, la difesa dell'imputato sostiene che si tratta di �una 
ipotesi del tutto potenziale e futura�, con conseguente inammissibilit�, per difetto di rilevanza, 
della relativa questione di legittimit� costituzionale. In ogni caso � prosegue la difesa dell'imputato 
� non si comprende �per quali ragioni sia oggi sostenibile dal rimettente l'affermazione 
che non sar� possibile ricostituire il medesimo collegio�, considerato che �la permanenza 
nello stesso ufficio giudiziario per la durata massima della carica di un Presidente del Consiglio 
dei ministri non � certamente infrequente, anzi, e comunque vi � sempre la possibilit� di 
ricostituzione mediante le opportune applicazioni�. Se poi lo stesso Tribunale, nella sua composizione 
attuale, proseguir� nel giudicare il coimputato pronunciando sentenza, �si porr�, 
qualsiasi sia la decisione, in una situazione di assoluta incompatibilit� sancita dal codice di 
rito�. La rinnovazione dell'istruttoria �non avrebbe in alcun modo l'effetto di porre nel nulla 
l'attivit� sino a quel momento compiuta, la quale invece si riverserebbe nel nuovo fascicolo 
del dibattimento� e sarebbero �poi le parti a dover decidere se richiedere l'espletamento di 
tutti o parte degli incombenti dibattimentali, fermo restando il contenuto del fascicolo del dibattimento
�. 
Quanto, infine, alla mancata previsione di una disciplina dell'utilizzabilit� in sede civile 
delle prove gi� assunte nel processo penale, la difesa dell'imputato ritiene che essa non comporta 
alcun divieto di utilizzabilit� delle prove stesse, perch� trovano applicazione le regole 
generali, �potendo cos� il giudice civile, in piena autonomia, utilizzarle e valutarle come semplici 
indizi o come prova esclusiva del proprio convincimento�. 
2.3. � Si � costituito il pubblico ministero del giudizio a quo, nelle persone del Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Milano e di un sostituto della stessa Procura. 
Il pubblico ministero sostiene l'ammissibilit� della sua costituzione in giudizio e chiede, 
nel merito, che siano accolte le questioni proposte dal rimettente, svolgendo considerazioni 
analoghe a quelle contenute nella memoria depositata nel procedimento r.o. n. 397 del 2008. 
2.4. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura 
generale dello Stato. 
2.4.1. � La difesa erariale rileva, in primo luogo, che la questione proposta in riferimento 
all'art. 138 Cost. � �inammissibile e comunque infondata�, perch� la disposizione censurata 
ha la funzione di tutelare il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni inerenti alle alte cariche 
dello Stato e la �materia, considerata di per s�, non � preclusa alla legge ordinaria�, come 
confermato dal fatto che altre fattispecie di sospensione sono disciplinate dal codice di procedura 
penale. �Il fatto che nella Costituzione si trovino alcune �prerogative� degli organi 
costituzionali� � prosegue l'Avvocatura generale � �non significa che non ne possano essere 
introdotte altre con legge ordinaria, ma solo che le prime costituiscono deroghe a princ�pi o 
normative posti dalla Costituzione stessa e che quindi solo nella Costituzione possono trovare 
deroghe�. Del resto � secondo la stessa difesa � �per dimostrare la necessit� della legge costituzionale 
si sarebbe dovuto indicare l'interesse incompatibile, garantito dalla Costituzione, 
rispetto alla quale la norma avrebbe dovuto costituire una deroga�, mentre il rimettente non 
ha indicato parametri costituzionali diversi dall'art. 138 Cost, �perch� in effetti non ce ne sono 
di utilizzabili�. Tale conclusione troverebbe conferma nella sentenza n. 24 del 2004, avente 
ad oggetto la legge n. 140 del 2003, con cui la Corte costituzionale, non avendo affrontato la 
questione della �forma legislativa utilizzabile�, ne avrebbe escluso implicitamente la rilevanza.

TEMI ISTITUZIONALI 23 
2.4.2. � In secondo luogo, la difesa erariale sostiene che la questione sollevata con riferimento 
all'art. 112 Cost. Ǐ inammissibile in quanto non compiutamente motivata (e comunque 
� manifestamente infondata in quanto, all'evidenza, la meramente disposta sospensione del 
processo [�] non incide, limitandola, sulla obbligatoriet� dell'esercizio dell'azione penale da 
parte del P.M.), al pari di quella prospettata con riferimento all'art. 68 Cost. (essendo le ragioni 
accennate nella ordinanza nella stessa non sviluppate, anche per quanto attiene alla rilevanza 
nel giudizio a quo)�. 
2.4.3. � In terzo luogo, quanto alla pretesa violazione del principio di uguaglianza dei cittadini 
davanti alla giurisdizione penale, l'Avvocatura generale rileva che sussiste una �posizione 
particolarmente qualificata delle alte cariche contemplate dalla norma in discussione, 
nella considerazione della possibile compromissione dello svolgimento delle elevate funzioni 
alle stesse affidate anche per la inovviabile risonanza, anche mediatica, ed in termini non limitati 
all'interno del Paese, dello svolgimento del processo penale a loro carico durante il periodo 
in cui le stesse funzioni sono esercitate�. La deroga alla giurisdizione prevista dalla 
norma denunciata sarebbe, del resto, �proporzionata ed adeguata alla finalit� perseguita, in 
termini sia di prevista predeterminata e non reiterabile durata della sospensione [�], sia di 
consentita rinuncia dell'interessato [�] sia, infine di tutela efficace ed �immediata� delle ragioni 
della eventuale parte civile�. 
2.4.4. � In quarto luogo, sempre ad avviso della difesa erariale, la norma censurata non � 
irragionevole, perch�, �in una logica conseguente ad una ponderazione e ad un bilanciamento 
degli interessi �in giuoco�, non � certo arbitrario che la stessa sottoposizione alla giurisdizione 
ordinaria del Presidente del Consiglio dei ministri per reati commessi nell'esercizio delle proprie 
funzioni sia costituzionalmente garantita dalla prevista autorizzazione del Parlamento, 
chiamato perci� a previamente valutare se la condotta sia meritevole di essere sottoposta all'esame 
del giudice ordinario, avanti al quale la ipotizzata immediatezza del perseguimento 
del reato funzionale trova la sua giustificazione nella preminente rilevanza istituzionale degli 
interessi di carattere generale coinvolti ed incisi dalla contestata condotta (rilevanza che, contrariamente 
a quanto assume il rimettente, non va valutata solo in termini di pena conseguente). 
All'incontro, la stessa esigenza non � comunque prospettabile con riferimento ai reati �comuni�, 
per i quali il processo � promosso dal P.M., senza necessit� di alcun previo �filtro politico�, 
e per il quale � prevista solo la sua sospensione, temporanea e predeterminata, nella 
ragionevole e su evidenziata considerazione del �pregiudizio� del suo svolgimento sull'esercizio 
delle funzioni istituzionali proprie dell'alta carica�. Non sarebbe, del pari, irragionevole 
la �disposta limitazione della sospensione, tra gli Organi di governo, al solo Presidente del 
Consiglio [�], poich� � indiscutibile la posizione costituzionalmente differenziata del primo 
rispetto agli altri componenti del Governo, spettando al Presidente (art. 95 Cost.) il dirigere 
la politica generale del Governo, essendone il responsabile, e il mantenere l'unit� di indirizzo 
politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attivit� dei Ministri�. 
2.4.5. � In quinto luogo, non sussisterebbe neppure la prospettata violazione del principio 
della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., perch�: da un lato, �la previsione, 
da parte della legge ordinaria, di cause che comportano, per ragioni oggettive o soggettive, il 
temporaneo arresto del normale svolgimento del processo penale [�] non mette in crisi il 
menzionato principio della ragionevole durata; d'altro lato, la temporanea sospensione del 
processo, quale delineata e come sopra "conformata" con la disposizione in discussione, � 
congruamente e ragionevolmente finalizzata ad evitare il rischio che sia pregiudicato il corretto 
e sereno esercizio delle eminenti funzioni pubbliche delle quale sono investite le alte cariche
24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ivi considerate�. 
2.4.6. � In sesto luogo, non pare decisivo alla difesa erariale �l'ulteriore rilievo della ordinanza 
che evidenzia la carenza di esplicita previsione circa la utilizzabilit� nell'ulteriore fase 
del processo dei mezzi di prova gi� assunti�, perch� �la disposizione de qua nulla espressamente 
dispone al riguardo� e spetter� al giudice a quo �motivatamente optare per una non 
preclusa e perci� possibile interpretazione dell'art. 511 c.p.p. che, tenendo conto della �particolarit�� 
del regime predisposto con la disposizione in discussione, consenta comunque [�] 
la utilizzazione delle prove gi� assunte nella precedente fase�. 
2.5. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, la parte privata chiede che venga 
dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del pubblico ministero, svolgendo rilievi 
analoghi a quelli contenuti nella memoria depositata in prossimit� dell'udienza nel procedimento 
r.o. n. 397 del 2008. 
2.6. � Con memoria depositata in prossimit� dell'udienza, il pubblico ministero del giudizio 
a quo insiste per l'accoglimento delle questioni proposte nell'ordinanza di rimessione, ribadendo 
le argomentazioni gi� svolte nella memoria di costituzione. 
3. � Con ordinanza del 26 settembre 2008 (r.o. n. 9 del 2009), nel corso di un procedimento 
penale in cui � sottoposto alle indagini, tra gli altri, l'on. Silvio Berlusconi, attuale Presidente 
del Consiglio dei ministri, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma 
ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008. 
3.1. � In punto di fatto, il rimettente premette che: a) �in data 4 luglio 2008 il p.m. ha avanzato 
richiesta di proroga dei termini di scadenza delle indagini preliminari (art. 406 c.p.p.) 
per il periodo di sei mesi, nell'�mbito del procedimento iscritto al n. 1349/08 del Registro 
delle notizie di reato�; b) �decorso il periodo di sospensione feriale dei termini di cui alla 
legge n. 742/1969, questo giudice si � trovato nella necessit� di procedere alla notificazione 
della richiesta del p.m. agli indagati, in vista dell'instaurazione del contraddittorio cartolare 
di cui all'art. 406, comma 3 c.p.p. che in via eventuale pu� instaurarsi prima della relativa decisione
�; c) in data 23 luglio 2008 � stata approvata dal Parlamento la norma censurata, il cui 
comma 1 impone la sospensione generale ed automatica dei processi penali nei confronti dei 
soggetti che rivestono la qualit� di Presidente della Repubblica, di Presidente della Camera 
dei deputati e del Senato della Repubblica e di Presidente del Consiglio dei ministri dalla data 
di assunzione e fino alla cessazione della carica, anche per processi penali relativi a fatti antecedenti 
l'assunzione della carica o della funzione. 
Quanto alla rilevanza delle sollevate questioni, il giudice a quo osserva che, anche se la locuzione 
�processi penali�, adoperata dal censurato comma 1, �lascerebbe intendere la non 
operativit� della legge per le fasi anteriori al giudizio propriamente inteso, da celebrarsi cio� 
in pubblico dibattimento�, un'attenta analisi del dato normativo non autorizza una tale interpretazione 
restrittiva. E ci� perch� � prosegue il giudice a quo � il successivo comma 7 stabilisce 
che �le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, 
in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge�. Secondo lo 
stesso rimettente, �se � certamente concepibile la circostanza che un processo, inteso come 
procedimento pervenuto alla fase del dibattimento pubblico, possa pendere in diversi gradi 
(primo, secondo, di legittimit�) e se � certamente possibile individuare all'interno dei gradi, 
diversi stati (quelli ad es. degli atti preliminari al dibattimento di primo, artt. 465-469 c.p.p. 
e di secondo grado, art. 601 c.p.p.; atti successivi alla deliberazione della sentenza di primo 
grado, artt. 544-548 c.p.p.; atti preliminari alla decisione del ricorso per Cassazione, art. 610
TEMI ISTITUZIONALI 25 
c.p.p.), non � invece giuridicamente ipotizzabile per il giudizio dibattimentale una fase che 
non sia quella in cui lo stesso � per l'appunto pervenuto�. Ci� dimostrerebbe �il carattere atecnico 
della locuzione adoperata (processo) che copre in realt� e come del resto espressamente 
enunciato, ogni fase, stato e grado del procedimento�, anche perch� altrimenti la previsione 
di legge sarebbe priva di rilevanza �dispositiva, precettiva o anche solo ermeneutica�. Un ulteriore 
argomento testuale a favore dell'applicabilit� della disciplina denunciata anche alla 
fase delle indagini preliminari si rinverrebbe nel disposto del censurato comma 3, il quale stabilisce 
che la sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, 
ai sensi degli articoli 392 e 467 cod. proc. pen., per l'assunzione delle prove non 
rinviabili. Tale previsione comporta � sempre secondo il rimettente � due necessarie implicazioni: 
a) la sospensione riguarda anche fasi precedenti il processo inteso come giudizio dibattimentale 
pubblico, dal momento che solo nel corso della fase delle indagini preliminari e 
dell'udienza preliminare � consentito il ricorso alla acquisizione anticipata delle prove mediante 
incidente probatorio; b) nella fase delle indagini preliminari � vietata, in linea generale, 
la raccolta delle prove e, al fine di permettere la celebrazione del futuro processo che potrebbe 
avere luogo alla scadenza del periodo di durata della carica dei soggetti considerati, � necessario 
ricorrere allo strumento dell'incidente probatorio. In particolare, il giudice a quo osserva 
che, �ove [�] il legislatore avesse voluto consentire [�] la raccolta delle prove anche nella 
fase delle indagini preliminari, nulla avrebbe detto al riguardo, laddove si � invece sentito in 
dovere di indicare espressamente le eccezioni [�] al principio [�] di vietare ogni acquisizione 
probatoria nei procedimenti a carico dei soggetti che ricoprono le cariche pubbliche�. 
3.1.1. � Sul piano comparatistico, il rimettente osserva che la disposizione censurata costituisce 
�un unicum� rispetto a quanto previsto da altri ordinamenti e ricorda che �solo le Costituzioni 
di pochi Stati (Grecia, Portogallo, Israele e Francia) prevedono l'immunit� 
temporanea per i reati comuni; essa � peraltro limitata alla figura del Presidente della Repubblica, 
che rappresenta l'unit� nazionale�. La stessa regola � prosegue il giudice a quo � non 
vale, invece, per i Presidenti del Parlamento n� tanto meno per il Capo dell'esecutivo, per il 
quale l'immunit� non � �mai estesa ai reati comuni� e �passa attraverso la tutela del mandato 
parlamentare che quasi sempre [�] si cumula nella figura del premier, sotto forma di previsione 
di autorizzazioni a procedere concesse da organi parlamentari (Spagna), Corti costituzionali 
(Francia) o tribunali comuni (Stati Uniti)�. Alla stessa logica sarebbero poi ispirate le 
soluzioni normative proprie di quei sistemi costituzionali �che prevedono fori speciali o particolari 
condizioni di procedibilit� (in genere ed ancora: autorizzazione a procedere della Camera 
di appartenenza) per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di alcune alte cariche 
dello Stato, per reati sia comuni che connessi all'esercizio delle funzioni (come ad es. in Spagna 
nei confronti del Capo del Governo e dei Ministri), mantenendo comunque la facolt� per 
la Corte costituzionale di esercitare un controllo sull'eventuale diniego opposto dallo organo 
parlamentare�. 
3.1.2. � Tanto premesso, il rimettente afferma che la disposizione denunciata v�ola, in primo 
luogo, l'art. 138 Cost., perch� �la deroga al principio di uguaglianza dinanzi alla giurisdizione 
ed alla legge � stata [�] introdotta con lo strumento della legge ordinaria, che nella gerarchia 
delle fonti si colloca evidentemente ad un livello inferiore rispetto alla legge costituzionale, 
la quale [�] � stata di per s� gi� ritenuta insuscettibile di alterare uno dei connotati fondamentali 
dell'ordinamento dello Stato espresso dal suddetto principio�. 
Rileva il giudice a quo che, �anche solo per disciplinare l'esercizio dell'azione penale nei 
confronti dei soggetti rivestiti della carica di Ministri (tra cui lo stesso Presidente del Consi-
26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
glio) in relazione ai reati commessi nell'esercizio delle relative finzioni, il legislatore � ricorso 
allo strumento della legge costituzionale (legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1), in funzione derogatoria, 
tra gli altri, proprio dell'art. 96 Cost.�. Il silenzio serbato sul punto dalla sentenza 
n. 24 del 2004, avente ad oggetto l'analoga disciplina della legge n. 140 del 2003, non pu� 
�valere come precedente a favore della costituzionalit� della scelta dello strumento normativo 
allora come oggi adottato, dal momento che gli effetti delle sentenze che dichiarano l'illegittimit� 
costituzionale delle disposizioni di legge sottoposte a scrutinio sono quelli espressamente 
previsti dagli artt. 27 e 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, e non si estendono anche alle 
questioni meramente deducibili�. 
3.1.3. � � dedotta, in secondo luogo, la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., sul 
rilievo che la disciplina crea ��un regime differenziato riguardo alla giurisdizione [...] penale� 
(sent. Cost. n. 24/2004)�, ponendosi cos� in contrasto con �uno dei princ�pi fondamentali del 
moderno Stato di diritto, rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, 
manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. 
Ad avviso del rimettente, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 24 del 2004, ha 
affermato, �con espressioni nette e limpide, ancorch� quantitativamente ridotte rispetto al 
corpo motivazionale�, che �nessuna legge, sia costituzionale e tanto meno ordinaria, pu� sovvertire 
uno dei princ�pi fondamentali del moderno Stato di diritto, rappresentato dalla parit� 
dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del principio di eguaglianza 
formale dinanzi alla legge�. L'assolutezza del principio sarebbe tale da sgombrare il campo 
dalla possibile obiezione che �le differenze che si riscontrano nell'articolo unico della legge 
n. 124/2008 rispetto all'art. 1, comma 2, della legge n. 140/2003 e l'eliminazione degli ulteriori 
punti di contrasto con altre norme costituzionali che caratterizzavano quella disciplina (menomazione 
del diritto di difesa dell'imputato e sacrificio delle ragioni della parte civile eventualmente 
costituta in giudizio in relazione all'art. 24 Cost., automatismo generalizzato della 
sospensione e stasi indefinita dei tempi del processo in relazione ancora all'art. 24 ed all'art. 
111 Cost.; irragionevolezza derivante dalla previsione di un'unica disciplina per cariche dello 
Stato diverse per fonti di investitura e natura delle funzioni ed irragionevolezza tra regime di 
esenzione dalla giurisdizione per le cariche apicali dello Stato rispetto ai membri degli organi 
costituzionali di appartenenza o di altri soggetti svolgenti funzioni omologhe, in rapporto all'art. 
3, secondo comma Cost.) possano fondare la legittimit� della previsione qui censurata�. 
3.1.4. � Sarebbe violato, in terzo luogo, l'art. 3 Cost., per l'irragionevolezza intrinseca della 
disciplina derivante dall'insindacabilit� della facolt� di rinunzia alla sospensione �dal momento 
che se l'interesse dichiaratamente perseguito dal legislatore � quello di assicurare la 
serenit� di svolgimento della funzione nel periodo di durata in carica (sent. Corte cost. n. 
24/2004), la sospensione dei procedimenti dovrebbe essere del tutto indisponibile da parte 
dei soggetti considerati, al fine di assicurarne appieno l'efficacia�. 
3.1.5. � L'articolo denunciato violerebbe, in quarto luogo, l'art. 111, secondo comma, Cost., 
perch� si porrebbe in contrasto con �un corollario immanente al principio di ragionevole durata 
del processo, consistente nella concentrazione delle fasi processuali, nel senso che nell'�mbito 
del procedimento penale, alla fase di acquisizione delle prove deve seguire entro 
tempi ragionevoli quella della loro verifica in pubblico dibattimento, ai fini della emissione 
di una giusta sentenza da parte del giudice�. 
3.1.6. � Il rimettente deduce, infine, il contrasto della norma censurata con gli artt. 3 e 112 
Cost., per violazione dei princ�pi di obbligatoriet� dell'azione penale e di uguaglianza sostanziale, 
sotto il profilo dell'irragionevolezza del contenuto derogatorio della disciplina censurata
TEMI ISTITUZIONALI 27 
rispetto al diritto comune, in quanto tale norma non si applica ai reati commessi nell'esercizio 
delle funzioni istituzionali, ma ai reati extrafunzionali �indistintamente commessi dai soggetti 
ivi indicati, di qualsivoglia natura e gravit�, finanche prima dell'assunzione della funzione 
pubblica�. 
Ad avviso del giudice a quo, la Costituzione consente deroghe al principio di obbligatoriet� 
dell'azione penale per �i soli reati commessi nell'esercizio di funzioni istituzionali e che siano 
intrinsecamente connaturati allo svolgimento delle medesime (artt. 68, 90, 96 e 122, quarto 
comma Cost.), situazione quest'ultima che fonda per l'appunto la ragionevolezza anche della 
deroga al regime ordinario di procedibilit� dei reati�. L'irragionevolezza denunziata � conclude 
il rimettente � risalterebbe in maniera ancora pi� netta nel caso in cui la sospensione 
intervenisse concretamente a bloccare, sia pur temporaneamente, procedimenti per reati gravi, 
�con il non voluto risultato di trasformare l'assunzione dell'incarico pubblico, comportante la 
generale temporanea immunit�, in momento di obiettivo disdoro per il prestigio intrinseco 
della funzione�. 
3.2. � Si � costituita la suddetta parte privata, svolgendo, nel merito, rilievi analoghi a quelli 
contenuti nelle memorie di costituzione nei procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e osservando, 
in punto di ammissibilit�, che le questioni proposte dal rimettente non sono ammissibili, 
perch� la disposizione censurata non trova applicazione nella fase delle indagini 
preliminari. La difesa non condivide, cio�, l'assunto del giudice a quo � investito dal pubblico 
ministero della richiesta di proroga dei termini di scadenza delle indagini � secondo cui, poich� 
il termine �processo� si attaglierebbe esclusivamente al procedimento pervenuto alla fase del 
dibattimento pubblico all'interno del quale non sarebbero individuabili fasi diverse, il termine 
�fase� usato dal comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2008 potrebbe avere significato 
giuridico esclusivamente in riferimento all'intero procedimento, comprensivo ovviamente 
anche della fase delle indagini preliminari. 
Ad avviso della difesa dell'imputato, tale assunto sarebbe erroneo, in primo luogo, perch� 
�anche nel �processo� sono individuabili varie fasi: prima della dichiarazione di apertura del 
dibattimento di cui all'art. 492 c.p.p. vi � la fase che spazia dalla costituzione delle parti (art. 
484 c.p.p.) alla decisione sulle questioni preliminari (art. 491 c.p.p.); poi segue la fase disciplinata 
dagli articoli 493, 494 e 495 c.p.p.; di seguito comincia la fase dell'istruzione dibattimentale 
(artt. 496-515 c.p.p.) nel corso della quale pu� innestarsi la fase delle nuove 
contestazioni (artt. 516-522 c.p.p.); segue la fase della discussione finale con la chiusura del 
dibattimento; e infine v'� la fase della deliberazione�; si tratterebbe di vere e proprie fasi e 
non di meri frammenti del processo, perch� esse sono disciplinate da regole specifiche e caratterizzate, 
ciascuna, da specifici diritti, facolt� e decadenze. 
In secondo luogo, non sarebbe �giuridicamente sostenibile che il �processo� sorga, come 
opina il giudice rimettente, solo quando il procedimento perviene alla fase del dibattimento 
pubblico. Nessuno dubita, infatti, che di processo si pu� e si debba parlare con l'inizio dell'azione 
penale che nel nostro ordinamento, com'� diffusamente noto, sorge con l'esercizio 
dell'azione penale da parte del pubblico ministero individuato, ratione temporis, dal primo 
comma dell'articolo 405 del codice di procedura penale�. 
La difesa della parte privata critica, poi, l'assunto del rimettente per cui il fatto che la norma 
censurata consenta al giudice di provvedere all'assunzione di prove non rinviabili ai sensi 
degli articoli 392 e 467 cod. proc. pen. comporterebbe che la sospensione del processo deve 
necessariamente essere intesa come sospensione anche del procedimento, �dal momento che 
solo nel corso della fase delle indagini preliminari [�] e dell'udienza preliminare [�] � con-
28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
sentito il ricorso alla acquisizione anticipata delle prove mediante incidente probatorio�. Secondo 
la difesa, �l'udienza preliminare partecipa appieno della species del processo dal momento 
che in tale fase � stata gi� esercitata l'azione penale con il deposito della richiesta di 
rinvio a giudizio ai sensi del combinato disposto degli articoli 405, primo comma e 416, primo 
comma del codice di procedura penale�, con la conseguenza che la previsione normativa richiamata 
dal rimettente circa l'assunzione di prove non rinviabili ben pu� applicarsi anche 
nel corso del processo. 
L'interpretazione data dal rimettente sarebbe, inoltre, smentita sia dai lavori preparatori � 
�durante i quali � stato reso manifesto l'�mbito di applicazione della norma in riferimento 
esclusivo al �processo� inteso proprio in senso tecnico giuridico di quella fase introdotta dall'avvenuto 
esercizio dell'azione penale� � sia dalla Procura della Repubblica di Roma, la quale 
� secondo quanto asserito dalla difesa della parte privata � ha chiesto, nel procedimento a 
quo, �l'archiviazione del procedimento� [recte: la proroga dei termini delle indagini preliminari] 
anche nei confronti del suddetto imputato. 
3.3. � � intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura 
generale dello Stato, richiamando le argomentazioni gi� svolte negli atti di intervento 
nei procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e concludendo nel senso che �le questioni sollevate 
siano dichiarate inammissibili o infondate�. 
4. � In prossimit� dell'udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e 
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha depositato un'unica memoria con riferimento 
ai procedimenti r.o. n. 397 e n. 398 del 2008 e n. 9 del 2009, nella quale ribadisce quanto gi� 
osservato negli atti di intervento e rileva, in particolare che: a) poich� il Presidente della Repubblica 
e i Presidenti delle Camere �non sono parti dei giudizi, nei quali sono intervenute le 
ordinanze di rimessione, manca la rilevanza per l'esame delle questioni che potrebbero insorgere 
nei loro confronti�, con conseguente inammissibilit� delle questioni medesime; b) le 
questioni relative al comma 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008 sono inammissibili, �perch� 
in proposito nel ricorso non sono proposti motivi autonomi e, comunque, manca qualsiasi 
argomentazione a sostegno�; c) il legislatore pu�, nella sua discrezionalit�, intervenire per 
coordinare l'interesse personale dell'imputato a difendersi nel processo e l'interesse generale 
all'�esercizio efficiente delle funzioni pubbliche�; d) �poich� il pregiudizio era provocato 
dalla contemporaneit� dell'esercizio delle funzioni e della pendenza del processo, non si poteva 
rimediare se non eliminando quella contemporaneit�� ed escludendo, invece, �qualsiasi forma 
di riduzione o di sospensione� delle funzioni, �che sarebbe stata pregiudizievole per l'interesse 
imprescindibile a che quelle funzioni siano esercitate con continuit��; e) l'inerzia del legislatore 
�avrebbe comportato la tolleranza di una situazione gi� di per s� non conforme alla Costituzione
�; f) la sospensione stabilita dalla norma censurata trova giustificazione anche nella 
grande risonanza mediatica che hanno i processi penali per reati extrafunzionali a carico del 
Presidente del Consiglio dei ministri; g) la previsione della sospensione dei processi con legge 
ordinaria trova giustificazione anche nell'esigenza di modificare agevolmente la relativa disciplina 
qualora �la situazione reale si modificasse in misura tale da comportare un diverso 
bilanciamento degli interessi�. 
5. � Con ordinanza pronunciata in udienza, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile 
la costituzione del Procuratore della Repubblica e del sostituto Procuratore della Repubblica 
presso il Tribunale di Milano nei giudizi introdotti dalle ordinanze di rimessione 
registrate al n. 397 ed al n. 398 dell'anno 2008.
TEMI ISTITUZIONALI 29 
Considerato in diritto 
1. � Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) dubita, in riferimento agli artt. 3, 136 e 
138 della Costituzione, della legittimit� costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 7, della legge 23 
luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti 
delle alte cariche dello Stato). Lo stesso Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008) dubita della 
legittimit� dell'intero art. 1 della legge n. 124 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 68, 90, 96, 
111, 112 e 138 Cost. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (r.o. 
n. 9 del 2009) dubita, in riferimento agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., della legittimit� dello 
stesso art. 1 della legge n. 124 del 2008. 
La disposizione censurata prevede, al comma 1, che: �Salvi i casi previsti dagli articoli 90 
e 96 della Costituzione, i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la qualit� di 
Presidente della Repubblica, di Presidente del Senato della Repubblica, di Presidente della 
Camera dei deputati e di Presidente del Consiglio dei Ministri sono sospesi dalla data di assunzione 
e fino alla cessazione della carica o della funzione. La sospensione si applica anche 
ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione�. Gli altri 
commi dispongono che: a) �L'imputato o il suo difensore munito di procura speciale pu� rinunciare 
in ogni momento alla sospensione� (comma 2); b) �La sospensione non impedisce 
al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, di provvedere, ai sensi degli articoli 392 e 467 del 
codice di procedura penale, per l'assunzione delle prove non rinviabili� (comma 3); c) si applicano 
le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale e la sospensione, che opera per l'intera 
durata della carica o della funzione, non � reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel 
corso della stessa legislatura, n� si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche 
o delle funzioni (commi 4 e 5); d) �Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione 
dell'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale� e, quando la parte civile trasferisce 
l'azione in sede civile, �i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura 
civile, sono ridotti alla met�, e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando 
precedenza al processo relativo all'azione trasferita� (comma 6); e) l'articolo si applica �anche 
ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente 
legge� (comma 7). 
Le questioni proposte dai rimettenti possono essere raggruppate in relazione ai parametri 
evocati. 
1.1. � L'art. 136 Cost. � evocato a parametro dal Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008), 
il quale osserva che i commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge n. 124 del 2008, �avendo riproposto 
la medesima disciplina sul punto�, incorrono �nuovamente nella illegittimit� costituzionale, 
gi� ritenuta dalla Corte� con la sentenza n. 24 del 2004. 
1.2. � L'art. 138 Cost. � evocato da tutti i rimettenti. 
Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) afferma che i denunciati commi 1 e 7 dell'art. 
1, della legge n. 124 del 2008 violano tale parametro costituzionale, perch� intervengono in 
una �materia riservata [�] al legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza 
che tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti 
con norma costituzionale�. 
In relazione all'intero art. 1, lo stesso Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008) rileva che 
�la normativa sullo status dei titolari delle pi� alte istituzioni della Repubblica � in s� materia 
tipicamente costituzionale, e la ragione � evidente: tutte le disposizioni che limitano o differiscono 
nel tempo la loro responsabilit� si pongono quali eccezioni rispetto al principio gene-
30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
rale dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge previsto dall'articolo 3 della Costituzione, 
principio fondante di uno Stato di diritto�. 
Secondo il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, l'art. 1 denunciato 
si pone in contrasto con l'evocato parametro, perch� �la deroga al principio di uguaglianza 
dinanzi alla giurisdizione ed alla legge � stata [�] introdotta con lo strumento della 
legge ordinaria, che nella gerarchia delle fonti si colloca evidentemente ad un livello inferiore 
rispetto alla legge costituzionale�. 
1.3. � Tre delle questioni sollevate sono riferite al principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 
Cost., sotto il profilo dell'irragionevole disparit� di trattamento rispetto alla giurisdizione. 
Con l'ordinanza r.o. n. 397 del 2008, il Tribunale di Milano rileva che i commi 1 e 7 dell'art. 
1 della legge n. 124 del 2008 violano tale parametro, per avere accomunato �in una unica disciplina 
cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle 
funzioni�, ed inoltre per aver distinto irragionevolmente e �per la prima volta sotto il profilo 
della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, 
del Consiglio dei ministri [...] rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti�. 
Con l'ordinanza r.o. n. 398 del 2008, lo stesso Tribunale lamenta che il parametro � violato, 
perch� �il contenuto di tutte le disposizioni in argomento incide su un valore centrale per il 
nostro ordinamento democratico, quale � l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti all'esercizio 
della giurisdizione penale�. 
Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma basa la sua censura sulla 
considerazione che la disposizione crea �un regime differenziato riguardo alla giurisdizione 
[...] penale�, ponendosi cos� in contrasto con �uno dei princ�pi fondamentali del moderno 
Stato di diritto, rappresentato dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione 
a sua volta del principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. 
1.4. � Lo stesso art. 3 Cost. � evocato anche sotto il profilo della ragionevolezza. 
Secondo il Tribunale di Milano (r.o. n. 398 del 2008), tale articolo � violato, perch� le �guarentigie 
concesse a chi riveste cariche istituzionali risultano funzionali alla protezione delle 
funzioni apicali esercitate�, con la conseguenza che la facolt� di rinunciare alla sospensione 
processuale riconosciuta al titolare dell'alta carica si pone in contrasto con la tutela del munus 
publicum, attribuendo una discrezionalit� �meramente potestativa� al soggetto beneficiario, 
anzich� prevedere quei filtri aventi carattere di terziet� e quelle valutazioni della peculiarit� 
dei casi concreti che soli, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004, potrebbero 
costituire adeguato rimedio rispetto tanto all'automatismo generalizzato del beneficio 
quanto �al vulnus al diritto di azione�. 
Ad avviso del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, l'irragionevolezza 
intrinseca della disciplina censurata deriva dall'insindacabilit� della facolt� di rinunzia 
alla sospensione, dal momento che, �se l'interesse dichiaratamente perseguito dal legislatore 
� quello di assicurare la serenit� di svolgimento della funzione nel periodo di durata in carica 
(sent. Corte cost. n. 24/2004), la sospensione dei procedimenti dovrebbe essere del tutto indisponibile 
da parte dei soggetti considerati�. 
1.5. � Il Tribunale di Milano formula un'articolata questione in riferimento agli artt. 3, 68, 
90, 96 e 112 Cost., sul rilievo che la disposizione denunciata crea una disparit� di trattamento 
tra la disciplina introdotta per i reati extrafunzionali e quella, di rango costituzionale, prevista 
per i reati funzionali commessi dalle quattro alte cariche in questione. Tale disparit� sarebbe 
irragionevole: a) per la mancata menzione dell'art. 68 Cost. fra le norme costituzionali espressamente 
fatte salve dalla legge n. 124 del 2008; b) per il fatto che �il bene giuridico considerato
TEMI ISTITUZIONALI 31 
dalla legge ordinaria, e cio� il regolare svolgimento delle funzioni apicali dello Stato, � lo 
stesso che la Costituzione tutela per il Presidente della Repubblica con l'art. 90, per il Presidente 
del Consiglio e per i ministri con l'art. 96�; c) per la previsione di uno ius singulare per 
i reati extrafunzionali a favore del Presidente del Consiglio dei ministri, che, invece, la Costituzione 
accomuna ai ministri per i reati funzionali in conseguenza della sua posizione di 
primus inter pares. 
1.6. � Il Giudice per indagini preliminari presso il Tribunale di Roma rileva la violazione 
del combinato disposto degli artt. 3 e 112 Cost., sotto il profilo dell'obbligatoriet� dell'azione 
penale e dell'uguaglianza sostanziale. Ad avviso del rimettente, la disciplina censurata pone 
una deroga irragionevole rispetto alla disciplina ordinaria, perch� non si applica ai reati commessi 
nell'esercizio delle funzioni istituzionali, ma ai reati extrafunzionali �indistintamente 
commessi dai soggetti ivi indicati, di qualsivoglia natura e gravit�, finanche prima dell'assunzione 
della funzione pubblica�. 
1.7. � Sia l'ordinanza r.o. n. 398 del 2008, sia l'ordinanza r.o. n. 9 del 2009 evocano quale 
parametro l'art. 111, secondo comma, Cost., sotto il profilo della ragionevole durata del processo. 
Per il primo dei due rimettenti, il parametro � violato perch� la disposizione denunciata 
blocca �il processo in ogni stato e grado per un periodo potenzialmente molto lungo� e provoca 
�un evidente spreco di attivit� processuale�, oltretutto non stabilendo alcunch� �sull'utilizzabilit� 
delle prove gi� assunte�, n� all'interno dello stesso processo penale al termine del 
periodo di sospensione, n� all'interno della diversa sede in cui la parte civile abbia scelto di 
trasferire la propria azione, con conseguente necessit� per la stessa parte �di sostenere ex 
novo l'onere probatorio in tutta la sua ampiezza�. 
Il secondo dei due rimettenti rileva che la disposizione censurata si pone in contrasto con 
�un corollario immanente al principio di ragionevole durata del processo, consistente nella 
concentrazione delle fasi processuali, nel senso che nell'�mbito del procedimento penale, alla 
fase di acquisizione delle prove deve seguire entro tempi ragionevoli quella della loro verifica 
in pubblico dibattimento, ai fini della emissione di una giusta sentenza da parte del giudice�. 
2. � In considerazione della parziale coincidenza dell'oggetto e dei motivi delle questioni 
sollevate, i giudizi devono essere riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi. 
3. � Va preliminarmente esaminata l'eccezione della difesa della parte privata con la quale 
si deduce l'inammissibilit�, per irrilevanza, delle questioni sollevate dal Giudice per le indagini 
preliminari presso il Tribunale di Roma (r.o. n. 9 del 2009), in quanto la disposizione censurata 
non trova applicazione nella fase delle indagini preliminari. La difesa contesta l'assunto del 
giudice a quo, secondo cui il termine �fase� usato dal comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 
124 del 2008 potrebbe avere significato giuridico esclusivamente in riferimento all'intero procedimento, 
comprensivo della fase delle indagini preliminari. 
L'eccezione � fondata. 
3.1. � Il giudice rimettente, al fine di giustificare l'applicazione della norma censurata anche 
alle indagini preliminari, si avvale di argomentazioni di natura semantica e sistematica. 
Sotto il profilo semantico, il rimettente afferma, innanzi tutto, che la locuzione �processi 
penali� (contenuta nell'art. 1, comma 1, della legge n. 124 del 2008) non pu� essere interpretata 
in senso tecnico, in modo tale da essere restrittivamente riferita al solo giudizio dibattimentale. 
Il legislatore avrebbe infatti adottato, in questo caso, una locuzione generica, idonea 
a ricomprendere nella nozione di �processo� anche la fase delle indagini preliminari. Inoltre, 
assume che il termine �fase� (contenuto nel comma 7 dell'art. 1) non pu� che riferirsi . per
32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
avere un significato plausibile . alla fase delle indagini preliminari, posto che �non � ipotizzabile, 
per il giudizio dibattimentale, una fase che non sia quella in cui lo stesso � per l'appunto 
pervenuto�. 
Sotto il profilo sistematico, il giudice rimettente afferma che il comma 3 del medesimo art. 
1 . stabilendo che �la sospensione non impedisce al giudice, ove ne ricorrano i presupposti, 
di provvedere ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, per l'assunzione 
di prove non rinviabili� . comporta necessariamente che la sospensione si applica anche alle 
fasi antecedenti al processo �inteso come giudizio dibattimentale pubblico�, dal momento 
che solo nella fase delle indagini preliminari e in quella dell'udienza preliminare � consentito 
il ricorso all'acquisizione anticipata delle prove mediante incidente probatorio. Il primo degli 
articoli richiamati disciplina i casi in cui si procede con incidente probatorio; il secondo fa riferimento 
al precedente al fine di disciplinare l'assunzione delle prove non rinviabili. Dal richiamo 
congiunto a tali articoli il rimettente desume la corrispondenza biunivoca tra incidente 
probatorio e indagini preliminari. 
3.2. � Nessuno di tali argomenti giustifica la conclusione cui il rimettente � pervenuto, vale 
a dire l'applicabilit� della sospensione anche alle indagini preliminari. Infatti, risulta contraddittorio 
evocare in modo discontinuo � come fa il rimettente � il rigore linguistico del testo 
normativo: rigore, da un lato, escluso con riferimento alla locuzione �processo penale� e, dall'altro, 
affermato con riferimento al termine �fase�. Inoltre, va rilevato che quest'ultimo termine 
. che non trova precisa connotazione nel sistema processuale penale . pu� denotare, in 
senso ampio e nell'uso comune, un punto o uno stadio della procedura, indifferentemente riferibile 
tanto alle �fasi del procedimento�, quanto a quelle del processo. Neppure il richiamo 
che la disposizione censurata fa agli artt. 392 e 467 cod. proc. pen. comporta necessariamente 
che la sospensione si estenda alle fasi antecedenti al processo. In realt� - in forza della giurisprudenza 
di questa Corte (sentenza n. 77 del 1994) - non esiste alcuna preclusione all'esperimento 
dell'incidente probatorio durante l'udienza preliminare, la quale costituisce una fase 
del processo estranea a quella delle indagini preliminari. Il richiamo alla disciplina dell'incidente 
probatorio e dell'assunzione delle prove non rinviabili - lungi dal comprovare una reciproca 
implicazione tra tali istituti e le indagini preliminari - vale solo a rimarcare il necessario 
presupposto dell'assunzione di tali prove, e cio� il connotato dell'urgenza. 
3.3. � Ulteriori considerazioni confortano un'interpretazione diversa da quella del rimettente. 
A prescindere, infatti, dall'inequivoca volont� manifestata dal legislatore storico, quale si 
trae dai lavori preparatori (ad esempio, l'intervento del Ministro della giustizia nella seduta 
antimeridiana del 22 luglio 2008 dell'Assemblea del Senato), ai fini dell'esclusione della fase 
delle indagini preliminari dal meccanismo sospensivo, � decisivo il rilievo delle conseguenze 
irragionevoli che originerebbero dalla diversa opzione interpretativa. Infatti, se la sospensione 
fosse applicata fin dalla fase delle indagini, vi sarebbe un grave pregiudizio all'esercizio dell'azione 
penale, perch� tale esercizio sarebbe non soltanto differito, ma sostanzialmente alterato, 
per l'estrema difficolt� di reperire le fonti di prova a distanza di diversi anni. Cos� 
interpretata, la disposizione censurata comporterebbe il rischio di una definitiva sottrazione 
dell'imputato alla giurisdizione; e ci� anche dopo la cessazione dall'alta carica. 
La stessa interpretazione avrebbe poi il paradossale ed irragionevole effetto - anche sul diritto 
di difesa della persona sottoposta alle indagini - di non consentire lo svolgimento delle 
indagini preliminari neanche nel caso in cui altre attivit� procedimentali per le quali non � 
applicabile la sospensione prevista dalla norma denunciata (come, ad esempio, l'applicazione
TEMI ISTITUZIONALI 33 
di misure cautelari e l'arresto obbligatorio in flagranza) fossero gi� state poste in essere. 
3.4. � Pu�, quindi, affermarsi che l'interpretazione del giudice rimettente contrasta con il 
tenore letterale della disposizione e conduce a risultati disarmonici rispetto al principio costituzionale 
di ragionevolezza. Da ci� deriva che le questioni prospettate con l'ordinanza di rimessione 
r.o. n. 9 del 2009 dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Roma 
sono inammissibili per difetto di rilevanza, perch� il rimettente non deve fare applicazione 
della norma oggetto del dubbio di costituzionalit�. 
4. � L'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilit� per irrilevanza di tutte 
le questioni sollevate, per la parte in cui esse riguardano disposizioni non applicabili al Presidente 
del Consiglio dei ministri, sul rilievo che nei giudizi principali � imputato solo il titolare 
di quest'ultima carica e non i titolari delle altre cariche dello Stato cui si riferisce l'articolo 
censurato. 
L'eccezione non � fondata. 
Si deve, infatti, rilevare che le disposizioni censurate costituiscono, sul piano oggettivo, 
una disciplina unitaria, che riguarda inscindibilmente le alte cariche dello Stato in essa previste, 
con la conseguenza che un'eventuale pronuncia di illegittimit� costituzionale limitata alle 
norme riguardanti solo una di tali cariche aggraverebbe l'illegittimit� costituzionale della disciplina, 
creando ulteriori motivi di disparit� di trattamento. Pertanto, ove questa Corte riscontrasse 
profili di disparit� di trattamento della disciplina censurata che riguardassero tutte 
le alte cariche dello Stato, la pronuncia di illegittimit� costituzionale dovrebbe necessariamente 
estendersi a tutte le disposizioni denunciate. 
A tali considerazioni si deve aggiungere che la sentenza n. 24 del 2004 ha implicitamente 
� ma chiaramente . ritenuto sussistente l'indicata inscindibilit� della disciplina relativa alle 
alte cariche dello Stato, perch�, in un caso analogo, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale 
dell'intero art. 1 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 
della Costituzione nonch� in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello 
Stato), con riferimento a tutte le cariche dello Stato in esso menzionate, nonostante che il giudizio 
principale riguardasse solo il Presidente del Consiglio dei ministri. 
5. � Occorre ora passare all'esame del merito delle questioni prospettate. 
Il Tribunale di Milano (r.o. n. 397 del 2008) censura i commi 1 e 7 dell'art. 1 della legge n. 
124 del 2008, in riferimento all'art. 136 Cost., per violazione del giudicato costituzionale formatosi 
sulla sentenza n. 24 del 2004. Il rimettente lamenta che i commi censurati hanno �riproposto 
la medesima disciplina� prevista dalla legge n. 140 del 2003, dichiarata 
incostituzionale con detta sentenza. 
La questione non � fondata. 
Come questa Corte ha pi� volte affermato (ex multis, sentenze n. 78 del 1992, n. 922 del 
1988), perch� vi sia violazione del giudicato costituzionale � necessario che una norma ripristini 
o preservi l'efficacia di una norma gi� dichiarata incostituzionale. 
Nel caso di specie, il legislatore ha introdotto una disposizione che non riproduce un'altra 
disposizione dichiarata incostituzionale, n� fa a quest'ultima rinvio. La disposizione presenta, 
invece, significative novit� normative, quali, ad esempio, la rinunciabilit� e la non reiterabilit� 
della sospensione dei processi penali (commi 2 e 5), nonch� una specifica disciplina a tutela 
della posizione della parte civile (comma 6), cos� mostrando di prendere in considerazione, 
sia pure parzialmente, la sentenza n. 24 del 2004. �, del resto, sul riconoscimento di tali novit� 
che si basano le note del Presidente della Repubblica - richiamate dal rimettente e dalle parti 
- che hanno accompagnato sia l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di
34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
legge in materia di processi penali alle alte cariche dello Stato sia la successiva promulgazione 
della legge. N� pu� sostenersi che, nel caso di specie, la violazione del giudicato costituzionale 
derivi dal fatto che alcune disposizioni dell'art. 1 � quali i censurati commi 1 e 7 � riproducono 
le disposizioni gi� dichiarate incostituzionali. Si deve infatti rilevare, in contrario, che lo scrutinio 
di detta violazione deve tenere conto del complesso delle norme che si succedono nel 
tempo, senza che abbia rilevanza l'eventuale coincidenza di singole previsioni normative. 
6. � Con le due citate ordinanze di rimessione, il Tribunale di Milano solleva altres� questioni 
di legittimit� costituzionale, evocando a parametro, ora congiuntamente ora disgiuntamente, 
le norme costituzionali in materia di prerogative (artt. 68, 90 e 96 Cost.) e gli artt. 3 e 
138 Cost. Tali questioni � al di l� della loro formulazione testuale, pi� o meno precisa � debbono 
essere distinte in due diversi gruppi, a seconda dell'effettivo contenuto delle censure: a) 
un primo gruppo � prospettato con riferimento alla violazione del combinato disposto degli 
artt. 3, primo comma, e 138 Cost., in relazione alle norme costituzionali in materia di prerogative, 
sotto il profilo della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, sia in generale sia 
nell'�mbito delle alte cariche dello Stato; b) un secondo gruppo � prospettato anch'esso con 
riferimento alla violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo, per�, dell'irragionevolezza intrinseca 
della disciplina denunciata. Tali diverse prospettazioni devono essere trattate separatamente. 
7. � Quanto al primo dei suddetti gruppi di questioni, il rimettente Tribunale muove dalla 
premessa che la Costituzione disciplina i rapporti tra gli organi costituzionali (o di rilievo costituzionale) 
e la giurisdizione penale, prevedendo, a tutela della funzione svolta da quegli 
organi, un numerus clausus di prerogative, derogatorie rispetto al principio dell'uguaglianza 
davanti alla giurisdizione. Da tale premessa il giudice a quo deriva la conseguenza che la disposizione 
censurata si pone contemporaneamente in contrasto sia con l'art. 3 Cost., perch� - 
con riferimento alle norme costituzionali in materia di prerogative - introduce una ingiustificata 
eccezione al suddetto principio di uguaglianza davanti alla giurisdizione, sia con l'art. 
138 Cost., perch� tale eccezione si sarebbe dovuta introdurre, se mai, con disposizione di 
rango costituzionale. 
7.1. � Con riguardo al medesimo primo gruppo di questioni, la difesa erariale ne eccepisce 
l'inammissibilit� per l'inadeguata indicazione del parametro evocato ed afferma, a sostegno 
di tale eccezione, che l'evocazione, da parte del rimettente, del solo art. 138 Cost. � il quale 
si limita a disciplinare il procedimento di adozione ed approvazione delle leggi di revisione 
costituzionale e delle altre leggi costituzionali � non � sufficiente ad individuare le altre disposizioni 
costituzionali dalle quali possa essere desunto l'interesse che il giudice a quo ritiene 
incompatibile con la norma censurata. 
L'eccezione non � fondata. 
Come si � sopra osservato, entrambe le ordinanze di rimessione non si limitano a denunciare 
la violazione dell'art. 138 Cost. quale mera conseguenza della violazione di una qualsiasi 
norma della Costituzione. Esse, infatti, non si basano sulla considerazione � di carattere generico 
e formale � che, in tal caso, solo una fonte di rango costituzionale sarebbe idonea (ove 
non violasse a sua volta princ�pi supremi, insuscettibili di revisione costituzionale) ad escludere 
il contrasto con la Costituzione. Al contrario, il Tribunale rimettente prospetta una questione 
specifica e di carattere sostanziale, in quanto denuncia - con adeguata indicazione dei 
parametri - la violazione del principio di uguaglianza facendo espresso riferimento alle prerogative 
degli organi costituzionali. 
7.2. � La difesa della parte privata e la difesa erariale deducono, inoltre, che questioni so-
TEMI ISTITUZIONALI 35 
stanzialmente identiche a quelle riferite all'art. 138 Cost. ed oggetto dei presenti giudizi di 
costituzionalit� sono state gi� scrutinate e dichiarate non fondate da questa Corte con la sentenza 
n. 24 del 2004, riguardante l'art. 1 della legge n. 140 del 2003, del tutto analogo, sul 
punto, al censurato art. 1 della legge n. 124 del 2008. In proposito, le suddette difese affermano 
che la citata sentenza, nel dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 140 
del 2003 per la violazione solo degli artt. 3 e 24 Cost., ha implicitamente rigettato la pur prospettata 
questione, riferita all'art. 138 Cost., circa l'inidoneit� della legge ordinaria a disporre 
la sospensione del processo penale instaurato nei confronti delle alte cariche dello Stato. In 
particolare, le medesime difese sostengono che tale ultima questione costituiva un punto logicamente 
e giuridicamente pregiudiziale della decisione e, perci�, non era suscettibile di assorbimento 
nella pronuncia di illegittimit� costituzionale per la violazione di altri parametri. 
In questa prospettiva, viene ulteriormente osservato che la suddetta sentenza n. 24 del 2004: 
a) l� dove afferma che � legittimo che il �legislatore� preveda una sospensione del processo 
penale per esigenze extraprocessuali, va interpretata nel senso che anche il �legislatore ordinario� 
pu� prevedere una sospensione del processo penale a tutela delle alte cariche dello 
Stato; b) l� dove afferma che l'�apprezzabile� interesse �pubblico� ad �assicurare il sereno 
svolgimento delle funzioni� inerenti alle alte cariche dello Stato deve essere tutelato �in armonia 
con i princ�pi fondamentali dello Stato di diritto�, va intesa nel senso che la legge ordinaria 
pu� ben essere adottata in materia, anche se deve operare un bilanciamento con i 
princ�pi di cui agli artt. 3 e 24 Cost. Su queste premesse, la difesa della parte privata e la difesa 
erariale eccepiscono che le ordinanze n. 397 e n. 398 del 2008 non prospettano profili nuovi 
o diversi da quelli gi� implicitamente valutati dalla Corte, con conseguente inammissibilit� o 
manifesta infondatezza delle questioni riferite al combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., 
in relazione alle norme costituzionali in materia di prerogative. 
Anche tale eccezione non � fondata. 
In primo luogo, � indubbio che la Corte non si � pronunciata sul punto. La sentenza n. 24 
del 2004, infatti, non esamina in alcun passo la questione dell'idoneit� della legge ordinaria 
ad introdurre la suddetta sospensione processuale. 
In secondo luogo, non si pu� ritenere che tale sentenza contenga un giudicato implicito sul 
punto. Ci� perch�, quando si � in presenza di questioni tra loro autonome per l'insussistenza 
di un nesso di pregiudizialit�, rientra nei poteri di questa Corte stabilire, anche per economia 
di giudizio, l'ordine con cui affrontarle nella sentenza e dichiarare assorbite le altre (sentenze 
n. 464 del 1992 e n. 34 del 1961). In tal caso, l'accoglimento di una qualunque delle questioni, 
comportando la caducazione della disposizione denunciata, � infatti idoneo a definire l'intero 
giudizio di costituzionalit� e non implica alcuna pronuncia sulle altre questioni, ma solo il 
loro assorbimento. � quanto avvenuto, appunto, con la citata sentenza n. 24 del 2004, la quale, 
in applicazione di detti princ�pi e in relazione alle stesse modalit� di prospettazione delle questioni, 
ha privilegiato l'esame dei fondamentali profili di uguaglianza e ragionevolezza ed ha 
dichiarato �assorbito ogni altro profilo di illegittimit� costituzionale�, lasciando cos� impregiudicata 
la questione riferita all'art. 138 Cost. La violazione di princ�pi e diritti fondamentali, 
particolarmente sottolineati dal rimettente dell'epoca � come il diritto di difesa, l'uguaglianza 
tra organi costituzionali e la ragionevolezza �, emergeva, infatti, in modo immediato e non 
discutibile dalla stessa analisi del meccanismo intrinseco di funzionamento del beneficio, cos� 
da rendere non necessaria ogni ulteriore indagine in merito alle altre questioni sollevate e, 
quindi, anche a quelle concernenti l'idoneit� della fonte, sia essa di rango ordinario o costituzionale.

36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
In terzo luogo, la mancata trattazione del punto consente in ogni caso al rimettente la proposizione 
di una questione analoga a quella gi� sollevata nel giudizio di cui alla sentenza n. 
24 del 2004. Trova infatti applicazione, nella specie, il principio giurisprudenziale secondo 
cui le questioni di legittimit� costituzionale possono essere riproposte sotto profili diversi da 
quelli esaminati dalla Corte con la pronuncia di rigetto (ex plurimis: sentenze n. 257 del 1991, 
n. 210 del 1976; ordinanze n. 218 del 2009, n. 464 del 2005, n. 356 del 2000). Ne consegue 
che la questione riferita all'art. 138 Cost., posta dal Tribunale di Milano, non pu� essere risolta 
con il mero richiamo alla sentenza n. 24 del 2004, ma deve essere scrutinata funditus da questa 
Corte, tanto pi� che detta questione ha ad oggetto una mutata disciplina legislativa. 
7.3. � La denunciata violazione degli artt. 3 e 138 Cost. � argomentata dal Tribunale rimettente 
sulla base dei seguenti due distinti assunti: a) tutte le prerogative di organi costituzionali, 
in quanto derogatorie rispetto al principio di uguaglianza, devono essere stabilite con norme 
di rango costituzionale; b) la norma denunciata introduce un'ipotesi di sospensione del processo 
penale, che si risolve in una prerogativa, perch� � diretta a salvaguardare il regolare 
funzionamento non gi� del processo, ma di alcuni organi costituzionali. 
Ciascuno di tali assunti esige uno specifico esame da parte di questa Corte. 
7.3.1. � Il primo, relativo alla necessit� che le prerogative abbiano copertura costituzionale, 
� corretto. 
Sul punto va precisato che le prerogative costituzionali (o immunit� in senso lato, come 
sono spesso denominate) si inquadrano nel genus degli istituti diretti a tutelare lo svolgimento 
delle funzioni degli organi costituzionali attraverso la protezione dei titolari delle cariche ad 
essi connesse. Esse si sostanziano � secondo una nozione su cui v'� costante e generale consenso 
nella tradizione dottrinale costituzionalistica e giurisprudenziale � in una specifica protezione 
delle persone munite di status costituzionali, tale da sottrarle all'applicazione delle 
regole ordinarie. Le indicate prerogative possono assumere, in concreto, varie forme e denominazioni 
(insindacabilit�; scriminanti in genere o immunit� sostanziali; inviolabilit�; immunit� 
meramente processuali, quali fori speciali, condizioni di procedibilit� o altro meccanismo 
processuale di favore; deroghe alle formalit� ordinarie) e possono riguardare sia gli atti propri 
della funzione (cosiddetti atti funzionali) sia gli atti ad essa estranei (cosiddetti atti extrafunzionali), 
ma in ogni caso presentano la duplice caratteristica di essere dirette a garantire l'esercizio 
della funzione di organi costituzionali e di derogare al regime giurisdizionale comune. 
Si tratta, dunque, di istituti che configurano particolari status protettivi dei componenti degli 
organi; istituti che sono, al tempo stesso, fisiologici al funzionamento dello Stato e derogatori 
rispetto al principio di uguaglianza tra cittadini. 
Il problema dell'individuazione dei limiti quantitativi e qualitativi delle prerogative assume 
una particolare importanza nello Stato di diritto, perch�, da un lato, come gi� rilevato da questa 
Corte, �alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parit� di trattamento 
rispetto alla giurisdizione� (sentenza n. 24 del 2004) e, dall'altro, gli indicati istituti 
di protezione non solo implicano necessariamente una deroga al suddetto principio, ma sono 
anche diretti a realizzare un delicato ed essenziale equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, 
potendo incidere sulla funzione politica propria dei diversi organi. Questa complessiva architettura 
istituzionale, ispirata ai princ�pi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, esige 
che la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione debba essere intesa 
come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi 
costituzionali; sistema che non � consentito al legislatore ordinario alterare n� in peius 
n� in melius.
TEMI ISTITUZIONALI 37 
Tale conclusione, dunque, non deriva dal riconoscimento di una espressa riserva di legge 
costituzionale in materia, ma dal fatto che le suddette prerogative sono sistematicamente regolate 
da norme di rango costituzionale. Tali sono, ad esempio, le norme che attengono alle 
funzioni connesse alle alte cariche considerate dalla norma denunciata, come: l'art. 68 Cost., 
il quale prevede per i parlamentari (e, quindi, anche per i Presidenti delle Camere) alcune prerogative 
sostanziali e processuali in relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati 
anche extrafunzionali (secondo e terzo comma); l'art. 90 Cost., il quale prevede l'irresponsabilit� 
del Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, 
tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; l'art. 96 Cost., il quale prevede 
per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la 
sottoposizione alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, 
secondo modalit� stabilite con legge costituzionale. 
In coerenza con siffatta impostazione, questa Corte ha chiaramente e costantemente affermato, 
in numerose pronunce emesse sia anteriormente che successivamente alla sentenza n. 
24 del 2004, il principio � che va qui ribadito � secondo cui il legislatore ordinario, in tema 
di prerogative (e cio� di immunit� intese in senso ampio), pu� intervenire solo per attuare, 
sul piano procedimentale, il dettato costituzionale, essendogli preclusa ogni eventuale integrazione 
o estensione di tale dettato. Al riguardo, la Corte ha affermato che: sono �eccezionalmente 
dettati, e da norme costituzionali, i casi di deroga al principio dell'obbligatoriet� 
dell'azione penale� (sentenza n. 4 del 1965); � esclusa la competenza del legislatore ordinario 
in materia di immunit� (sentenza n. 148 del 1983); vi � �concordia della giurisprudenza, della 
dottrina e dello stesso legislatore, nell'escludere che, attraverso legge ordinaria, sia ammissibile 
un'integrazione dell'art. 68, secondo comma, Cost., e comunque la posizione di una norma 
che attribuisca analoghe prerogative� idonee a derogare all'art. 112 Cost. (sentenza n. 300 del 
1984); l'art. 3 della legge n. 140 del 2003, nella parte in cui costituisce attuazione del primo 
comma dell'art. 68 Cost., non v�ola la Costituzione, perch� non comporta �un indebito allargamento 
della garanzia dell'insindacabilit� apprestata dalla norma costituzionale�, ma �pu� 
considerarsi di attuazione, e cio� finalizzata a rendere immediatamente e direttamente operativo 
sul piano processuale il disposto dell'art. 68, primo comma, della Costituzione� (sentenza 
n. 120 del 2004); il medesimo art. 3 della legge n. 140 del 2003 � una norma finalizzata �a 
garantire, sul piano procedimentale, un efficace e corretto funzionamento della prerogativa 
parlamentare� di cui al primo comma dell'art. 68 Cost. (sentenza n. 149 del 2007, che richiama 
la citata sentenza n. 120 del 2004). 
N� pu� obiettarsi che le prerogative possono essere introdotte anche dalla legge ordinaria, 
come avverrebbe per le immunit� diplomatiche previste da convenzioni internazionali, le 
quali, secondo la difesa della parte privata, non trovano copertura nell'art. 10 Cost., in quanto 
previste non dalle �norme del diritto internazionale generalmente riconosciute�, ma da trattati 
internazionali recepiti con legge ordinaria. In proposito, va osservato che la questione posta 
all'esame di questa Corte attiene esclusivamente alle prerogative dei componenti e dei titolari 
di organi costituzionali e non alle immunit� diplomatiche, le quali ultime, oltretutto, sono 
contemplate in leggi ordinarie che riproducono o, comunque, attuano norme internazionali 
generalmente riconosciute e, quindi, trovano copertura nell'art. 10 Cost. (sulla riconducibilit� 
delle immunit� diplomatiche previste da convenzioni internazionali alla categoria delle norme 
internazionali generalmente riconosciute, ex multis, sentenza n. 48 del 1979). Anche la disciplina 
speciale sulle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri in ordine 
ai reati funzionali commessi da costoro e da soggetti concorrenti, prevista dalla legge ordinaria
38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
5 giugno 1989, n. 219 (Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'art. 90 
della Costituzione) � anch'essa invocata a conforto della tesi della parte privata �, costituisce, 
del resto, mera attuazione della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli 
articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e 
norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 della Costituzione) ed ha, 
dunque, copertura costituzionale. 
Neppure pu� invocarsi, a sostegno della tesi dell'idoneit� della legge ordinaria a prevedere 
prerogative di organi di rilievo costituzionale, la citata sentenza di questa Corte n. 148 del 
1983, la quale ha ritenuto conforme a Costituzione la legge ordinaria sulla insindacabilit� 
delle opinioni espresse dai componenti del Consiglio superiore della magistratura nell'esercizio 
delle loro funzioni e concernenti l'oggetto della discussione. Detta sentenza ha affermato il 
principio secondo cui il legislatore ordinario non ha competenza nella materia delle immunit�, 
perch� queste �abbisognano di un puntuale fondamento, concretato dalla Costituzione o da 
altre leggi costituzionali�. La Corte, con tale pronuncia, ha infatti ritenuto che la legge ordinaria 
� fonte idonea a prevedere l'indicata insindacabilit� solo in considerazione del fatto che 
quest'ultima trova una precisa copertura costituzionale, essendo �rigorosamente circoscritta� 
alle �sole manifestazioni del pensiero funzionali all'esercizio dei poteri-doveri costituzionalmente 
spettanti ai componenti il Consiglio superiore� della magistratura e realizza un �ragionevole 
bilanciamento dei valori costituzionali in gioco�. 
�, infine, irrilevante il fatto che il titolare di un'alta carica potesse addurre, anche prima 
della entrata in vigore della norma denunciata ed in mancanza di una specifica norma costituzionale 
di prerogativa, il proprio legittimo impedimento a comparire nel processo penale in 
ragione dei propri impegni istituzionali. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della 
parte privata, ci� non dimostra affatto l'erroneit� dell'assunto secondo cui le prerogative dei 
componenti e dei titolari degli organi costituzionali devono essere previste da norme di rango 
costituzionale. La deducibilit� del legittimo impedimento a comparire nel processo penale, 
infatti, non costituisce prerogativa costituzionale, perch� prescinde dalla natura dell'attivit� 
che legittima l'impedimento, � di generale applicazione e, perci�, non deroga al principio di 
parit� di trattamento davanti alla giurisdizione. Si tratta, dunque, di uno strumento processuale 
posto a tutela del diritto di difesa di qualsiasi imputato, come tale legittimamente previsto da 
una legge ordinaria come il codice di rito penale, anche se tale strumento, nella sua pratica 
applicazione, va modulato in considerazione dell'entit� dell'impegno addotto dall'imputato 
(sentenze richiamate infra al punto 7.3.2.1.). 
7.3.2. � Il rimettente prosegue la sua argomentazione a sostegno della sollevata questione 
di legittimit� costituzionale assumendo altres�, come sopra detto, che la norma denunciata costituisce 
una prerogativa, perch� introduce, tramite una legge ordinaria, un'ipotesi di sospensione 
del processo penale che si risolve in una deroga al principio di uguaglianza. 
Anche tale assunto � corretto. 
Per giungere a tale conclusione occorre, in primo luogo, individuare � come messo in evidenza 
sia dai rimettenti che dalle difese � la ratio della disposizione censurata e, in secondo 
luogo, valutare la sussistenza della denunciata disparit� di trattamento. In relazione ad entrambi 
tali aspetti, occorre prendere le mosse dalla citata sentenza n. 24 del 2004, la quale � 
pur avendo limitato l'esame dell'art. 1 della legge n. 140 del 2003, analogo all'art. 1 della legge 
n. 124 del 2008, ai soli profili relativi alla violazione del diritto di difesa, all'irragionevolezza 
e all'uguaglianza tra organi costituzionali (come sopra rilevato al punto 7.2.) � fornisce importanti 
e precise indicazioni al riguardo.
TEMI ISTITUZIONALI 39 
7.3.2.1. � Quanto all'individuazione della ratio, va rilevato che, con riferimento al citato 
art. 1 della legge n. 140 del 2003, la sentenza di questa Corte n. 24 del 2004 ha chiarito che: 
a) la sospensione del processo penale prevista da quella norma per le alte cariche dello Stato 
(caratterizzata dalla generalit�, automaticit� e dalla durata non determinata) � finalizzata alla 
�soddisfazione di esigenze extraprocessuali�; b) tali esigenze consistono nella �protezione 
della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche in questione�, e cio� 
nell'�apprezzabile interesse� ad assicurare �il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che 
ineriscono a quelle cariche�; c) detto interesse va tutelato in armonia con i princ�pi fondamentali 
dello �Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione � strumentale�; d) 
la sospensione, dunque, � �predisposta [�] alla tutela delle importanti funzioni di cui si � 
detto�; e) ove si ritenesse (in base ad �un modo diverso, ma non opposto, di concepire i presupposti 
e gli scopi della norma�) che il legislatore, in considerazione dell'�interesse pubblico 
allo svolgimento delle attivit� connesse alle alte cariche�, abbia stimato tale svolgimento alla 
stregua di �un legittimo impedimento a comparire� nel processo penale ed abbia, perci�, �voluto 
stabilire una presunzione assoluta di legittimo impedimento�, la misura della sospensione 
processuale �anche sotto questo aspetto [�] appare diretta alla protezione della funzione�. 
Da tali inequivoche affermazioni discende il corollario che la sospensione processuale prevista 
dalla legge n. 140 del 2003 ha la ratio di proteggere la funzione pubblica, assicurando 
ai titolari delle alte cariche il sereno svolgimento delle loro funzioni (e, indirettamente, di 
quelle dell'organo al quale essi appartengono) attraverso l'attribuzione di uno specifico status 
protettivo. Non viene in rilievo, dunque, l'aspetto psicologico, individuale e contingente, della 
soggettiva serenit� del singolo titolare della carica statale, ma solo l'obiettiva protezione del 
regolare svolgimento delle attivit� connesse alla carica stessa. Dalle sopra citate affermazioni 
discende, altres�, l'ulteriore corollario che � inesatto sostenere che l'istituto della sospensione 
processuale e quello della prerogativa costituzionale sono tra loro incompatibili. Infatti, anche 
una sospensione processuale pu� essere prevista dall'ordinamento per soddisfare l'esigenza 
extraprocessuale di proteggere lo svolgimento della funzione propria di un organo costituzionale 
e, pertanto, pu� costituire lo strumento di una specifica prerogativa costituzionale. 
Perch� queste conclusioni riferite alla sospensione prevista dall'art. 1 della legge n. 140 del 
2003 possano considerarsi valide anche per la sospensione prevista dalla norma censurata, � 
necessario, per�, valutare se le due norme abbiano la medesima ratio. 
Ad avviso della difesa della parte privata, la diversit� di disciplina della sospensione di cui 
alla legge n. 140 del 2003 rispetto a quella di cui alla legge n. 124 del 2008 comporta la radicale 
diversit� delle rispettive rationes. Al riguardo, la medesima difesa sottolinea che, a differenza 
della precedente, la normativa denunciata prevede la rinunciabilit� e la non reiterabilit� 
della sospensione del processo, con la conseguenza che detta normativa ha la finalit� di tutelare 
(in via esclusiva o principale) non gi� la funzione inerente alla carica, ma il diritto di difesa 
garantito all'imputato dalla Costituzione e, quindi, di soddisfare esigenze proprie del processo. 
In forza della cos� individuata ratio legis, la parte privata esclude che la norma denunciata introduca 
una vera e propria prerogativa costituzionale ed afferma che, pertanto, la sospensione 
processuale in esame � stata legittimamente introdotta con legge ordinaria. A conferma della 
sopra indicata ratio legis, la suddetta parte privata osserva che la finalit� della tutela della difesa 
dell'imputato non � contraddetta dal principio della non reiterabilit� della sospensione in 
caso di assunzione di una nuova carica, perch� la legge considera l'assunzione del munus publicum 
come un legittimo impedimento solo per �la durata di un mandato�, che rappresenta 
�il periodo di tempo [�] sufficiente [�] per affrontare contemporaneamente gli impegni isti-
40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tuzionali di un eventuale nuovo incarico e il processo penale�. 
Tale ricostruzione delle finalit� della norma non pu� essere condivisa, per una pluralit� di 
ragioni. 
Va innanzitutto osservato che la stessa relazione al disegno di legge AC 1442 (che si � poi 
tradotto nella legge n. 124 del 2008) identifica espressamente la ratio della sospensione nell'esigenza 
di tutelare i princ�pi di �continuit� e regolarit� nell'esercizio delle pi� alte funzioni 
pubbliche� e non nella soddisfazione di esigenze difensive. 
In secondo luogo, va rilevato che la disposizione denunciata non pu� avere la finalit�, prevalente 
o esclusiva, di tutelare il diritto di difesa degli imputati, perch� in tal caso � data la 
generalit� di tale diritto, quale espressamente prevista dall'art. 24 Cost. in relazione al principio 
di uguaglianza � avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che, in ragione della propria 
attivit�, abbiano difficolt� a partecipare al processo penale. Inoltre, sarebbe intrinsecamente 
irragionevole e sproporzionata, rispetto alla suddetta finalit�, la previsione di una presunzione 
legale assoluta di legittimo impedimento derivante dal solo fatto della titolarit� della carica. 
Tale presunzione iuris et de iure impedirebbe, infatti, qualsiasi verifica circa l'effettiva sussistenza 
dell'impedimento a comparire in giudizio e renderebbe operante la sospensione processuale 
anche nei casi in cui non sussista alcun impedimento e, quindi, non vi sia, in concreto, 
alcuna esigenza di tutelare il diritto di difesa. La scelta del legislatore di aver riguardo esclusivamente 
ad alcune alte cariche istituzionali e di prevedere l'automatica sospensione del processo, 
senza alcuna verifica caso per caso dell'impedimento, evidenzia, dunque, che l'unica 
ratio compatibile con la norma censurata � proprio la protezione delle funzioni connesse 
all'�alta carica�. 
In terzo luogo, va ulteriormente osservato che il legittimo impedimento a comparire ha gi� 
rilevanza nel processo penale e non sarebbe stata necessaria la norma denunciata per tutelare, 
sotto tale aspetto, la difesa dell'imputato impedito a comparire nel processo per ragioni inerenti 
all'alta carica da lui rivestita. Come questa Corte ha rilevato, la sospensione del processo per 
legittimo impedimento a comparire disposta ai sensi del codice di rito penale contempera il 
diritto di difesa con le esigenze dell'esercizio della giurisdizione, differenziando la posizione 
processuale del componente di un organo costituzionale solo per lo stretto necessario, senza 
alcun meccanismo automatico e generale (sentenze n. 451 del 2005, n. 391 e n. 39 del 2004 
e n. 225 del 2001). E se l'esigenza della tutela del diritto di difesa � gi� adeguatamente soddisfatta 
in via generale dall'ordinamento con l'istituto del legittimo impedimento, non pu� che 
conseguirne anche la irrilevanza della rinunciabilit� della sospensione quale elemento per individuare 
la ratio della disposizione. 
In quarto luogo, va infine sottolineato che anche la caratteristica della non reiterabilit� della 
sospensione in caso di assunzione di una nuova alta carica da parte della stessa persona fisica 
non � elemento idoneo a individuare la ratio della normativa denunciata, perch� � incoerente 
rispetto a entrambe le rationes ipotizzate. Infatti, sia l'esigenza della tutela della difesa dell'imputato, 
sia quella della tutela della funzione permarrebbero anche in caso di assunzione 
della nuova carica. La normativa censurata, inoltre, fissa solo un limite massimo di durata del 
beneficio e non garantisce affatto � contrariamente a quanto afferma la parte privata � un periodo 
minimo per approntare la difesa, n� tantomeno garantisce il periodo minimo pari alla 
�durata di un mandato� (si consideri, ad esempio, il caso in cui il giudizio penale venga instaurato 
nei confronti del titolare della carica poco prima della cessazione di essa ed il medesimo 
soggetto persona fisica assuma, subito dopo, una nuova carica). 
Deve perci� concludersi che la ratio della norma denunciata, al pari di quella della norma
TEMI ISTITUZIONALI 41 
oggetto della sentenza di questa Corte n. 24 del 2004, va individuata nella protezione delle 
funzioni di alcuni organi costituzionali, realizzata attraverso l'introduzione di una peculiare 
sospensione del processo penale. 
7.3.2.2. � Chiarito che la protezione della funzione costituisce la ratio della norma censurata, 
occorre ora accertare se la sospensione disciplinata dalla norma in questione abbia l'ulteriore 
caratteristica delle prerogative, e cio� quella di derogare al principio di uguaglianza creando 
una disparit� di trattamento. 
La risposta a tale domanda deve essere positiva. 
La pi� volte citata sentenza di questa Corte n. 24 del 2004 ha precisato, sia pure con riferimento 
all'art. 1 della legge n. 140 del 2003, che la sospensione processuale per gli imputati 
titolari di alte cariche �crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione 
[�]�, regime che va posto a raffronto con il principio � anch'esso richiamato dalla suddetta 
sentenza � della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, fissato dall'art. 3 Cost. 
Non vi � dubbio che tali rilievi valgono anche per il censurato art. 1 della legge n. 124 del 
2008. La denunciata sospensione �, infatti, derogatoria rispetto al regime processuale comune, 
perch� si applica solo a favore dei titolari di quattro alte cariche dello Stato, con riferimento 
ai processi instaurati nei loro confronti, per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, 
in qualunque epoca commessi e, in particolare, ai reati extrafunzionali, cio� estranei alle attivit� 
inerenti alla carica. La deroga si risolve, in particolare, in una evidente disparit� di trattamento 
delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini che, pure, svolgono attivit� che la 
Costituzione considera parimenti impegnative e doverose, come quelle connesse a cariche o 
funzioni pubbliche (art. 54 Cost.) o, ancora pi� generalmente, quelle che il cittadino ha il dovere 
di svolgere, al fine di concorrere al progresso materiale o spirituale della societ� (art. 4, 
secondo comma, Cost.). 
� ben vero che il principio di uguaglianza comporta che, se situazioni uguali esigono uguale 
disciplina, situazioni diverse possono richiedere differenti discipline. Tuttavia, in base alla 
giurisprudenza di questa Corte citata al punto 7.3.1., deve ribadirsi che, nel caso in cui la differenziazione 
di trattamento di fronte alla giurisdizione riguardi il titolare o un componente 
di un organo costituzionale e si alleghi, quale ragione giustificatrice di essa, l'esigenza di proteggere 
le funzioni di quell'organo, si rende necessario che un tale ius singulare abbia una 
precisa copertura costituzionale. Si � visto, infatti, che il complessivo sistema delle suddette 
prerogative � regolato da norme di rango costituzionale, in quanto incide sull'equilibrio dei 
poteri dello Stato e contribuisce a connotare l'identit� costituzionale dell'ordinamento. 
7.3.2.3. - L'accertata violazione del principio di uguaglianza rileva, poi, sicuramente anche 
con specifico riferimento alle alte cariche dello Stato prese in considerazione dalla norma 
censurata: da un lato, sotto il profilo della disparit� di trattamento fra i Presidenti e i componenti 
degli organi costituzionali; dall'altro, sotto quello della parit� di trattamento di cariche 
tra loro disomogenee. 
7.3.2.3.1. - Quanto al primo profilo, va rilevato che le pur significative differenze che esistono 
sul piano strutturale e funzionale tra i Presidenti e i componenti di detti organi non sono 
tali da alterare il complessivo disegno del Costituente, che � quello di attribuire, rispettivamente, 
alle Camere e al Governo, e non ai loro Presidenti, la funzione legislativa (art. 70 
Cost.) e la funzione di indirizzo politico ed amministrativo (art. 95 Cost.). Non �, infatti, configurabile 
una preminenza del Presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai ministri, perch� 
egli non � il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne 
l'unit�, promuovendo e coordinando l'attivit� dei ministri e ricopre, perci�, una posizione tra-
42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dizionalmente definita di primus inter pares. 
Anche la disciplina costituzionale dei reati ministeriali conferma che il Presidente del Consiglio 
dei ministri e i ministri sono sullo stesso piano. Il sistema dell'art. 96 Cost. e della legge 
costituzionale n. 1 del 1989 prevede, infatti, per tali cariche lo stesso regime di prerogative, 
limitato ai reati funzionali; regime che risulta alterato dalla previsione per il solo Presidente 
del Consiglio dei ministri della sospensione dei processi per reati extrafunzionali. E ci� a prescindere 
dall'ulteriore vulnus all'art. 3 Cost. derivante dal fatto che la normativa denunciata - 
al pari di quella gi� dichiarata incostituzionale con la citata sentenza n. 24 del 2004 - continua 
a prevedere, per tutti i reati extrafunzionali, un meccanismo generale e automatico di sospensione 
del processo, che non pu� trovare ragionevole giustificazione in un supposto maggiore 
disvalore dei reati funzionali rispetto a tutti, indistintamente, gli altri reati. 
Del pari, non � configurabile una significativa preminenza dei Presidenti delle Camere 
sugli altri componenti, perch� tutti i parlamentari partecipano all'esercizio della funzione legislativa 
come rappresentanti della Nazione e, in quanto tali, sono soggetti alla disciplina uniforme 
dell'art. 68 Cost. 
Questi princ�pi sono gi� stati enunciati da questa Corte con la citata sentenza n. 24 del 2004, 
dove si afferma, in relazione all'art. 1 della legge n. 140 del 2003, che �La Corte ritiene che 
anche sotto altro profilo l'art. 3 Cost. sia violato dalla norma censurata. Questa, infatti, [�] 
distingue, per la prima volta sotto il profilo della parit� riguardo ai princ�pi fondamentali della 
giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale 
rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti�. N� a tali conclusioni pu� opporsi 
- come fa la difesa della parte privata - che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe 
assunto una posizione costituzionale differenziata rispetto a quella dei ministri in forza della 
legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati 
e del Senato della Repubblica), che ha introdotto nel d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione 
del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), l'art. 
14-bis, secondo cui, nel procedimento elettorale � necessaria la formale indicazione preventiva 
del capo della forza politica o della coalizione. Si deve, infatti rilevare che tale legge, in quanto 
fonte di rango ordinario, non � idonea a modificare la posizione costituzionale del Presidente 
del Consiglio dei ministri. 
7.3.2.3.2. - In relazione all'ulteriore profilo della parit� di trattamento di cariche disomogenee, 
deve essere ribadito quanto gi� affermato da questa Corte con la stessa sentenza n. 24 
del 2004, secondo cui tale disomogeneit� � da ricondurre sia alle �fonti di investitura�, sia 
alla �natura delle funzioni�. 
Non ostano a tale conclusione le opinioni espresse nel corso dei lavori preparatori dell'articolo 
censurato in cui si osserva che l'elemento che accomuna tali cariche � che tutte �trovano 
la propria legittimazione � in via diretta o mediata � nella volont� popolare� e nella �natura 
politica� della funzione esercitata. In contrario si deve rilevare, infatti, che la �legittimazione 
popolare� e la �natura politica della funzione� sono elementi troppo generici, perch� comuni 
anche ad altri organi, statali e non statali (quali, ad esempio, i singoli parlamentari o i ministri 
o i Presidenti delle Giunte regionali o i consiglieri regionali), e pertanto inidonei a configurare 
un'omogeneit� di situazioni che giustifichi una parit� di trattamento quanto alle prerogative. 
7.3.3. � In base alle osservazioni che precedono, si deve concludere che la sospensione 
processuale prevista dalla norma censurata � diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni 
proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, 
crea un'evidente disparit� di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistono,
TEMI ISTITUZIONALI 43 
pertanto, entrambi i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con conseguente inidoneit� 
della legge ordinaria a disciplinare la materia. In particolare, la normativa censurata attribuisce 
ai titolari di quattro alte cariche istituzionali un eccezionale ed innovativo status 
protettivo, che non � desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e che, pertanto, 
� privo di copertura costituzionale. Essa, dunque, non costituisce fonte di rango idoneo a disporre 
in materia. 
8. - Deve, pertanto, dichiararsi l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 del 
2008, per violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., in relazione alla disciplina 
delle prerogative di cui agli artt. 68, 90 e 96 Cost. 
Restano assorbite le questioni relative all'irragionevolezza intrinseca della denunciata disciplina, 
indicate al punto 6, lettera b), e ogni altra questione non esaminata. 
per questi motivi 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
riuniti i giudizi, 
dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni 
in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello 
Stato); 
dichiara inammissibili le questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge n. 124 
del 2008, sollevate dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, in riferimento 
agli articoli 3, 111, 112 e 138 Cost., con l'ordinanza r.o. n. 9 del 2009 indicata in 
epigrafe. 
Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 
2009. 
F.to: 
Francesco AMIRANTE, Presidente 
Franco GALLO, Redattore 
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere 
Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2009. 
Il Direttore della Cancelleria 
F.to: DI PAOLA 
Allegato: 
ordinanza letta all'udienza del 6 ottobre 2009 
ORDINANZA 
Ritenuto che il Procuratore della Repubblica ed il sostituto Procuratore della Repubblica 
presso il Tribunale di Milano, con memorie depositate il 7 gennaio 2009, si sono costituiti nei 
giudizi incidentali di legittimit� costituzionale introdotti dal Tribunale di Milano con le ordinanze 
del 26 settembre 2008 (r.o. n. 397 del 2008) e del 4 ottobre 2008 (r.o. n. 398 del 2008); 
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 361 del 1998, n. 1 e n. 375 del 
1996; ordinanza n. 327 del 1995), la costituzione del pubblico ministero nel giudizio incidentale 
di costituzionalit� � inammissibile;
44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
che tale giurisprudenza trae argomento, essenzialmente, dalle disposizioni che disciplinano 
il processo costituzionale (articoli 20, 23 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87; articoli 3 e 
17 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale del 16 marzo 1956 
e successive modificazioni; articoli 3 e 16 delle Norme integrative davanti alla Corte costituzionale 
del 7 ottobre 2008), le quali, per un verso, non prevedono espressamente la costituzione 
del pubblico ministero nei giudizi incidentali di legittimit� costituzionale e, per altro 
verso, distinguono costantemente il �pubblico ministero� dalle �parti� ed attribuiscono solo 
a queste ultime la facolt� di costituirsi in detti giudizi di costituzionalit�, impedendo, cos�, 
ogni interpretazione estensiva od analogica volta ad attribuire la medesima facolt� al pubblico 
ministero; 
che tali conclusioni vanno mantenute anche con riguardo all'attuale formulazione dell'art. 
111, secondo comma, della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale 23 novembre 
1999, n. 2, il quale stabilisce che �ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le 
parti, in condizioni di parit��; 
che, infatti, questa Corte ha pi� volte precisato che la parit� tra accusa e difesa affermata 
dal citato precetto costituzionale . il quale ha conferito veste autonoma ad un principio, quello 
di parit� delle parti, �pacificamente gi� insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali� 
(ordinanze n. 110 del 2003, n. 347 del 2002 e n. 421 del 2001) . non comporta necessariamente, 
nel processo penale, l'identit� tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli 
dell'imputato, potendo una disparit� di trattamento �risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, 
sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione 
allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della 
giustizia� (sentenza n. 26 del 2007; ordinanze n. 46 del 2004, n. 165 del 2003 ed altre; nonch�, 
sulla base del previgente testo dell'art. 111 Cost.: sentenze n. 98 del 1994, n. 432 del 1992 ed 
altre ancora); 
che, a maggior ragione, il principio costituzionale della parit� delle parti � dovendosi modulare 
in ragione sia della specificit� della posizione dei diversi soggetti processuali, sia delle 
particolarit� delle fattispecie, sia delle peculiari esigenze dei vari processi (nella specie, del 
processo innanzi a questa Corte) � non implica necessariamente l'identit� tra i poteri del pubblico 
ministero e quelli delle parti nel processo costituzionale; 
che dunque, in armonia con tali princ�pi e con riferimento al pubblico ministero, � da ritenersi 
�non irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di distinguere tale organo rispetto 
alle parti del procedimento a quo, non prevedendone la legittimazione a costituirsi nel 
giudizio sulle leggi� (sentenza n. 361 del 1998). 
per questi motivi 
LA CORTE COSTITUZIONALE 
dichiara inammissibile la costituzione del Procuratore della Repubblica e del sostituto Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Milano nei giudizi introdotti dalle ordinanze 
di rimessione registrate al n. 397 ed al n. 398 del 2008. 
F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente
TEMI ISTITUZIONALI 45 
AL 35640/08 � 36879/08 � 36881/08; nn.397/08, 398/08 e 9/2009 reg. ord. 
CORTE COSTITUZIONALE 
-------- 
Memoria 
del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall�Avvocatura Generale dello Stato, presso 
la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma 
nel giudizio di legittimit� costituzionale 
della legge 23 luglio 2008, n.124 promosso dalle ordinanze del Giudice per le indagini preliminari 
presso il Tribunale di Roma 26/9/08, del Tribunale di Milano, Sezione I Penale, 26/9/08 
e del Tribunale di Milano, Sezione X Penale, 4/10/08. 
------ 
Le questioni sollevate con le tre ordinanze sono in gran parte identiche e per il resto connesse. 
Per questo viene depositata una sola memoria, nella quale saranno affrontate tutte le argomentazioni 
svolte dai Giudici, cercando di coordinarle tra di loro. 
Per rendere pi� agevole l�esposizione l�ordinanza del Giudice delle indagini preliminari presso 
il Tribunale di Roma sar� indicata come ordinanza del GIP e, delle due ordinanze del Tribunale 
di Milano, come ordinanza n.1 quella in data 26 settembre 2008 e come ordinanza n.2 quella 
del 4 ottobre 2008. 
Il GIP presso il Tribunale di Roma si � soffermato sulla sua collocazione nell�ambito del processo 
penale. 
Non se ne tratter� perch� le stesse questioni di legittimit� costituzionale che ha sollevato, ed 
in base agli stessi parametri costituzionali, dovranno essere affrontate da codesta Corte perch� 
proposte con l�ordinanza n.2 dal Tribunale di Milano. 
-------- 
D�ora in avanti, per brevit�, la legge n.124/08 sar� richiamata come la legge. 
L�ordinanza n.2 ha sottoposto alla verifica di codesta Corte l�intero art.1 della legge; l�ordinanza 
n.1 i commi 1 e 7; l�ordinanza del GIP il solo comma 1. 
Del primo comma dell�art.1 andr� esaminata solo la disposizione che riguarda il Presidente 
del Consiglio dei ministri perch�, tra le quattro cariche prese in considerazione, solo quest�ultimo 
� imputato nei giudizi. 
Le posizioni del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei ministri e dei 
Presidenti della Camere dal punto di vista costituzionale sono diverse. La loro diversit� non 
sembra che richieda di essere argomentata. 
Di conseguenza nei confronti di ciascuna di esse la questione di legittimit� costituzionale non 
si proporrebbe negli stessi termini. 
Poich� tre non sono parti dei giudizi, nei quali sono intervenute le ordinanze di rimessione, 
manca la rilevanza per l�esame delle questioni che potrebbero insorgere nei loro confronti. 
Se si dovessero intendere come proposte, andrebbero dichiarate inammissibili. 
Solo per individuare la ratio della norma nella sua struttura unitaria talvolta ci si riferir� a 
tutte e quattro le cariche, trascurando le possibili varianti, proprie di ciascuna. 
------- 
Nell�ordinanza n.1 la questione � stata sollevata anche per il comma 7. 
Se fosse dichiarata la illegittimit� costituzionale del primo comma, la questione resterebbe 
superata.
46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Pur se non detto espressamente, � evidente che � stata proposta in via subordinata, per l�ipotesi 
che il primo comma sia dichiarato costituzionalmente legittimo. Solo in questo caso, infatti, 
potrebbe assumere rilevanza la verifica della legittimit� costituzionale della norma, che dispone 
l�applicabilit� dell�art.1 anche ai processi penali in corso al momento della sua entrata 
in vigore. 
La questione, anche se dovesse risultare rilevante, andrebbe dichiarata inammissibile perch� 
in proposito nel ricorso non sono proposti motivi autonomi e, comunque, manca qualsiasi argomentazione 
a sostegno. Non � possibile, pertanto, nemmeno svolgere alcuna difesa. 
E� intervenuto in giudizio il Procuratore della Repubblica di Milano. 
Le prime undici pagine dell�atto sono dedicate a dimostrare che ormai sarebbe superata la 
giurisprudenza di codesta Corte, secondo la quale nei giudizi incidentali in materia penale 
l�intervento del Pubblico Ministero non � ammissibile. 
Tenuto conto dei precedenti, non sembra necessario soffermarsi sull�argomento. 
Saranno, peraltro, prese ugualmente in considerazione le tesi svolte nell�atto di intervento 
perch� non sorga il dubbio che la prevedibile conferma della inammissibilit� dell�intervento 
abbia precluso l�esame di argomentazioni decisive. 
L�obiettivo della norma contestata sembra evidente: si � voluto rimediare all�incompatibilit� 
che pu� insorgere tra l�esercizio delle funzioni politiche pi� elevate, previste dalla Costituzione, 
e le necessit� di difesa in un procedimento penale, per chi ne � titolare, a causa dell�insufficienza 
del tempo necessario per provvedere ad entrambi. 
Ci si deve, pertanto, domandare: 
- se l�intervento del legislatore fosse consentito; 
- se la scelta dell�interesse a cui dare la prevalenza, ma solo in via temporanea, sia stata 
ragionevole; 
- se sia stata rispettata la proporzionalit�. 
-------- 
Salvo a verificarlo in seguito, per il momento si d� per presupposto che l�incompatibilit� accennata 
possa verificarsi. 
Era consentito al legislatore di porvi rimedio ? 
Gli interessi da coordinare erano due: quello personale dell�imputato a difendersi in giudizio, 
che la Costituzione nell�art.24 tutela nella forma di diritto inviolabile; quello, generale oltre 
che personale, all�esercizio efficiente delle funzioni pubbliche. 
Evitare che la tutela dell�uno pregiudicasse l�altro per il legislatore era non solo consentito, 
ma addirittura doveroso dal momento che dalla Costituzione non sono desumibili i criteri per 
il loro coordinamento. Ed era consentito al legislatore ordinario perch� rivolto a rendere effettive 
le tutele, gi� previste dalla Costituzione. 
Ritenere precluso al legislatore ordinario qualsiasi iniziativa, anche se entro i limiti costituzionali, 
significherebbe accettare il rischio che, almeno in alcune occasioni, uno dei due interessi 
possa essere pregiudicato, non sempre con la possibilit� di rimedio. 
Nessuno dei Giudici remittenti si � domandato se fosse conforme alla Costituzione la situazione 
precedente, che si ricreerebbe se la norma fosse dichiarata incostituzionale. 
Alla domanda non sembra che potr� sottrarsi codesta Corte. 
La premessa per l�indagine successiva �, pertanto, che, naturalmente nei limiti consentiti dalla 
Costituzione, il legislatore ordinario, se non doveva, almeno poteva intervenire per assicurare 
che due interessi trovassero il massimo della tutela possibile quando la loro tutela integrale
TEMI ISTITUZIONALI 47 
contemporanea fosse impossibile. 
L�alternativa era che la scelta fosse lasciata al titolare secondo la sua personale prospettazione 
del momento, senza nessuna garanzia di ragionevolezza. 
La natura degli interessi imponeva che il loro coordinamento fosse realizzato secondo criteri 
generali, vincolanti e predeterminati, che potevano essere fissati solo dal legislatore 
------ 
Le questioni sulla legittimit� costituzionale delle norme impugnate possono assumere una 
prospettiva diversa a seconda del punto di vista dal quale l�indagine viene svolta. 
Per questo l�esame sar� condotto separatamente per ciascuno degli interessi in modo da verificare 
in una visione integrata se la gradazione delle tutele sia stata predisposta secondo criteri 
costituzionalmente corretti. 
La scelta dell�interesse, da esaminare per primo, non deve essere intesa come riconoscimento 
preconcetto della sua prevalenza, ma solo come necessit� espositiva. 
-------- 
L�incompatibilit� tra lo svolgimento delle funzioni politiche pi� elevate e la difesa in un processo 
penale a carico di uno dei titolari, presa in considerazione dalla legge, � solo quella temporale, 
provocata dalla possibile insufficienza del tempo per provvedere ad entrambi secondo 
le necessit�. 
La soluzione non poteva essere trovata se non nella eliminazione della contemporaneit�, possibile 
solo attraverso lo spostamento nel tempo di una delle due esigenze. 
Non sarebbe stato sicuramente consentito eliminarne una, o facendo perdere le funzioni o rendendo 
improcedibile il processo penale, perch� in entrambi i casi sarebbe stata violata una 
disposizione costituzionale. 
La sospensione dell�esercizio delle funzioni pubbliche, ammesso che la Costituzione lo consentisse, 
avrebbe creato difficolt�, difficili da superare, la cui evidenza non sembra richiedere 
commenti. 
Non restava che intervenire sul procedimento, suscettibile di sospensione senza danni non rimediabili 
agli interessi protetti. 
La sola possibilit� residua, come si � rilevato, era disinteressarsi dell�argomento, lasciando il 
rischio che uno degli interessi restasse pregiudicato secondo le contingenze del momento e la 
scelta personale dell�interessato. 
--------- 
Il legislatore ha ritenuto di intervenire e lo ha fatto nell�esercizio di quella discrezionalit� che 
indubbiamente gli va riconosciuta. 
In contestazione � solo il mezzo di intervento, o il criterio adottato, ma non, in linea di principio, 
il potere di intervenire. 
Si insiste su questa premessa perch� risulti chiaro che, di fronte ad una incompatibilit� che in 
diverse occasioni si � gi� verificata, il legislatore aveva quanto meno il potere, se non il dovere, 
di intervenire (salvo a vedere se con il mezzo adeguato e con criteri corretti). 
La soluzione non poteva essere che dare la precedenza, solo temporale e limitata, ad uno dei 
due interessi, ritenuto al momento prevalente. 
Nella scelta non si poteva non tenere conto della diversa natura dei due interessi: l�uno, quello 
alla difesa nel giudizio penale, di natura individuale, in quanto inerente alla persona; l�altro, 
quello al corretto esercizio delle funzioni pubbliche, attinente non alla sola persona del titolare, 
ma soprattutto all�adempimento di doveri del pi� alto livello politico. 
Questa differenza si imponeva all�attenzione del legislatore quanto meno come punto da cui
48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
partire per verificare l�entit� del pregiudizio (se definitivo e non rimediabile o solo temporaneo 
e quindi meno grave), che per ciascuno di essi si sarebbe prodotto dando la prevalenza all�altro. 
Consentendo la sospensione dei processi, la prevalenza � stata data, ma solo per un tempo 
iniziale limitato, all�esercizio delle funzioni pubbliche, evidentemente in considerazione del 
loro rango, senza benefici dal punto di vista sostanziale a favore dell�imputato. 
Vale la pena di ripeterlo: poich� il pregiudizio era provocato dalla contemporaneit� dell�esercizio 
delle funzioni e della pendenza del processo, non si poteva rimediare se non eliminando 
quella contemporaneit�. 
Per la natura delle funzioni pubbliche � stata esclusa qualsiasi forma di riduzione o di sospensione 
del loro esercizio, che sarebbe stata pregiudizievole per l�interesse imprescindibile a 
che quelle funzioni siano esercitate con continuit�. 
Al legislatore non restava che intervenire sul processo nella forma meno pregiudizievole, 
quale � che la sospensione per un certo tempo, lasciando integra la responsabilit� dell�imputato, 
realizzando il rapporto pi� bilanciato possibile tra azione penale, da una parte, e diritto 
di difesa, dall�altra. 
Sul piano del diritto penale sostanziale, pertanto, non si sono avuti effetti. 
-------- 
Codesta Corte si � ripetutamente occupata del diritto di difesa dell�imputato. 
Sembra sufficiente richiamare una pronuncia recente (ord.112/2007) nella quale, rifacendosi 
a suoi precedenti, codesta Corte ha ribadito che �fra il diritto di essere giudicato (che non 
esclude che all�esito del giudizio venga pronunciata condanna) e il diritto di autodifendersi 
deve� ritenersi prevalente quest�ultimo�. 
Il diritto di difesa, dunque, va sempre tutelato, senza eccezioni, anche a costo di ritardare il 
giudizio. 
Su quest�ultimo punto ci si sofferma solo per prevenire perplessit�. 
Se si tiene presente la situazione di fatto, sulla quale � intervenuta la decisione richiamata, risulta 
del tutto chiaro che per codesta Corte il diritto di essere giudicato pu� comportare che 
la decisione sia legittimamente ritardata perch� il diritto di difesa � uno dei capisaldi della 
giustizia penale, che deve necessariamente essere esercitata nelle forme che di quel diritto 
consentano la tutela, anche a costo di allungare la durata del procedimento. 
Codesta si era pronunciata in termini quanto mai chiari gi� con la sentenza n.341/1999: �La 
garanzia costituzionale del diritto di difesa comprende la effettiva possibilit� che la partecipazione 
personale dell�imputato al procedimento avvenga in modo consapevole, in specie� 
nelle fasi che l�ordinamento affida al principio di oralit�: il che comporta sia la possibilit� effettiva 
di percepire, comprendendone il significato linguistico, le espressioni orali dell�autorit� 
procedente e degli altri protagonisti del procedimento, sia di esprimersi a sua volta essendo 
percepito e compreso� 
Il diritto di difesa, ormai, non � riconosciuto solo dagli ordinamenti statali, ma ha trovato il 
suo riconoscimento definitivo in ambiti pi� estesi. 
Anche la Corte di Giustizia CE ha avuto occasione di pronunciarsi recentemente (sentenza 2 
aprile 2009, Gambazzi c. Daimler Chrysler Canada Inc, CIBC Mellon Trust Company, C- 
394/07) ribadendo che il diritto di difesa �occupa una posizione eminente nell�organizzazione 
e nello svolgimento di un processo equo e figura tra i diritti fondamentali che risultano dalle 
tradizioni costituzionali comuni negli Stati membri e dai trattati internazionali in materia di 
tutela dei diritti dell�uomo, cui gli Stati membri hanno cooperato ed aderito, tra i quali parti-
TEMI ISTITUZIONALI 49 
colare significato riveste la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e 
delle libert� fondamentali�. 
Un intervento nella forma della sospensione non poteva essere disposto sull�esercizio delle 
funzioni pubbliche (non � facile immaginare come), se non a costo di questioni di costituzionalit� 
di tutta evidenza. 
La Costituzione non prevede un Vice Presidente del Consiglio dei ministri, dando per presupposto 
che il Presidente non possa spogliarsi delle sue funzioni in base ad una delega generale. 
In quanto non prevista dalla Costituzione, la sostituzione, disposta in via 
amministrativa, non potrebbe essere generale ed organica e, comunque, dovrebbe avvenire 
per libera scelta con la possibilit� per il Presidente del Consiglio di svolgere un controllo continuo 
sull�esercizio in modo verificarne la correttezza, della quale manterrebbe la responsabilit� 
politica. 
Queste condizioni sarebbero ugualmente impossibili se l�interessato dovesse essere distolto 
dai suoi compiti di governo dalle necessit� di difesa in sede penale. 
In mancanza di una alternativa praticabile, il legislatore non poteva che dare la prevalenza all�esercizio 
delle funzioni, tutelando contemporaneamente il diritto alla difesa dell�imputato 
attraverso l� intervento meno invasivo sul processo, quale � la sospensione per la durata minima 
e sufficiente. 
Non fare niente avrebbe comportato la tolleranza di una situazione gi� di per s� non conforme 
alla Costituzione. 
Non sposta i termini della questione il fatto che l�incompatibilit� � solo eventuale. 
L�eventualit�, come l�esperienza conferma, non significa impossibilit�. 
Nelle occasioni di incompatibilit�, qualunque ne fosse il numero, il coordinamento dei due 
interessi non poteva che essere lasciato al legislatore attraverso criteri predeterminati, applicabili 
a tutti, cos� da evitare la scelta personale da parte dell�interessato. 
-------- 
Dal punto di vista dell�art.24 Cost. la norma non solo � legittima, ma addirittura dovuta. 
Bench� fosse loro onere, i Giudici emittenti non si sono domandati se fosse corretto lasciare 
le cose come stavano e, in caso negativo, come si sarebbe dovuto coniugare diversamente 
l�esercizio delle funzioni politiche in discussione con il diritto di difesa. 
Stando al loro silenzio in proposito, sembrerebbe che, secondo quei Giudici, la situazione meritasse 
di rimanere invariata. 
Certamente la domanda se le porr� codesta Corte. 
La sospensione � prevista per tutti i processi, qualunque sia il reato contestato, attinente o 
estraneo alle funzioni pubbliche, perch� � la pendenza del giudizio di per s� che fa sorgere il 
problema. 
Rilevato, dunque, che la pendenza di un processo penale a proprio carico pu� ostacolare seriamente 
l�esercizio delle funzioni politiche pi� elevate; che quelle funzioni sono attribuite 
per la realizzazione di interessi generali, che vanno ben al di l� della sfera del titolare; che il 
diritto di difesa nel processo penale non pu� subire menomazioni; che la durata richiede un 
notevole impiego di tempo; che la sola possibilit� era quella di sfasare temporalmente l�esercizio 
delle funzioni rispetto alla pendenza del giudizio; la conclusione era, in pratica, obbligata. 
Una soluzione andava trovata e quella adottata era la sola in grado di tutelare adeguatamente 
entrambi gli interessi. 
La soluzione � quella secondo la quale si producono i danni a somma minore. 
-------- 
50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La legge va ora esaminata dal punto di vista delle funzioni pubbliche per verificare se sia stato 
ragionevole dare la prevalenza al loro esercizio. 
Secondo l�art.51, terzo comma, Cost. chi � chiamato a funzioni elettive ha il diritto di disporre 
del tempo necessario al loro adempimento. 
L�interesse tutelato non � quello personale di chi � titolare delle funzioni o, se anche lo fosse, 
lo sarebbe solo in via indiretta e strumentale. 
La norma vuole assicurare il corretto esercizio di alcune funzioni , tanto pi� necessario quanto 
pi� sono elevate nella scala costituzionale. 
Anche se al momento della sua formulazione si � forse tenuto conto di situazioni diverse, la 
norma sarebbe comunque violata quando, per una disfunzione del sistema, l�interessato fosse 
costretto a dedicare una parte consistente del suo tempo alla difesa in giudizio, sottraendolo a 
quello necessario per l�esercizio delle proprie funzioni politiche. 
Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne � responsabile 
(art.95 Cost.). 
Chi ha la responsabilit� della politica generale del Governo deve anche potervi dedicare tutto 
il tempo necessario, con la dovuta serenit� e senza condizionamenti, soprattutto quando, per le 
difficolt� di lungo periodo, l�opera di mediazione politica richiede un impegno sempre maggiore. 
E� facilmente immaginabile come sarebbe giudicato un Presidente del Consiglio dei ministri 
che per le proprie necessit� di difesa in un processo penale trascurasse le sue funzioni. Gli sarebbe 
sicuramente addebitata una grave responsabilit�, anche se solo politica, per avere anteposto 
i suoi interessi personali a quelli generali. 
Se l�incompatibilit� durasse a lungo, per sottrarsi alla responsabilit� politica senza pregiudicare 
il suo interesse alla difesa, potrebbe trovarsi anche nella necessit� di dare le dimissioni. 
�L�esigenza di protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse alle cariche 
in questione� � stata ritenuta meritevole di considerazione da codesta Corte, per poi metterla a 
raffronto con altri valori, ritenuti in quel caso prevalenti, sia pure entro certi limiti. 
Anche da questo angolo visuale resta confermato che, per il rilievo costituzionale di entrambi 
gli interessi, convergenti sulla stessa persona, un intervento del legislatore era pi� che giustificato. 
L�avviso contrario presupporrebbe che il rischio di incompatibilit� sia preferibile a qualsiasi 
soluzione di compromesso e che l�incompatibilit� sarebbe conforme al disegno costituzionale. 
Premesso che la ricerca di una soluzione, se non imposta, era quanto meno consentita, resta da 
vedere se sia stata trovata in un giusto equilibrio tra i due interessi. 
------- 
Si vedr� in seguito come le questioni, in via diretta o indiretta, finiscano tutte per fondarsi sulla 
violazione dell�art.3 Cost., il cui accertamento presuppone la irragionevolezza del trattamento 
differenziato che la norma impugnata introduce per i titolari della cariche che vi sono elencate. 
L�argomento viene anticipato per fare alcune precisazioni preliminari. 
L�indagine sulla ragionevolezza presuppone che sia individuata la posizione rispetto alla quale 
verificare se la disciplina differenziata trovi una giustificazione ragionevole. 
Il beneficio processuale, anche se di natura soltanto temporanea, � stato riservato alle cariche 
di valenza politica pi� elevata per assicurare un efficiente esercizio delle loro funzioni a tutela 
soprattutto di interessi generali. 
Gi� confrontando le cariche, prese in considerazione, la ratio appare ben diversa da quella che 
ispirava la legge n.140/2003, che si riferiva anche a cariche senza valenza politica. La norma,
TEMI ISTITUZIONALI 51 
pertanto, ha ora quella omogeneit�, la cui mancanza codesta Corte ha rilevato nella legge dichiarata 
costituzionalmente illegittima. 
L�indagine non sar� condotta in astratto, fondandola su simmetrie costituzionali, ma tenendo 
conto della situazione attuale della giustizia penale che, almeno per un certo tempo, � destinata 
a protrarsi. 
Che l�indagine non possa essere condotta in astratto lo richiede il suo oggetto. 
Se � la ragionevolezza della disciplina che va valutata, non si pu� non tenere conto delle situazioni 
di fatto in cui le cariche interessate possono venire a trovarsi per la concretezza che deve 
necessariamente avere ogni giudizio con questo oggetto. 
Dalla individuazione di tali situazioni si deve, pertanto, prendere le mosse. 
Gli strumenti di comunicazione, almeno nell�ultimo decennio, secondo il giudizio generale 
hanno subito una vera rivoluzione. 
Dalla sola carta stampata, la cui utilizzazione, da un lato, consentiva un accesso meno ampio 
e, dall�altro, per i tempi disponibili, rendeva possibile una presentazione delle notizie pi� elaborata, 
si � passati a mezzi elettronici (la televisione, internet ed altre reti di comunicazione) 
accessibili anche attraverso la telefonia mobile ed in tempi c.d. reali. 
Certe informazioni, per le peculiarit� dei mezzi disponibili, oggi sono date in forme ben diverse 
da quelle tradizionali. 
I nuovi mezzi di comunicazione trovano in gran parte il loro sostegno finanziario nella pubblicit�, 
richiamata dal numero dei destinatari. 
Perch� questo numero sia il pi� elevato possibile le notizie sono presentate nelle forme che suscitano 
maggiormente la curiosit� del pubblico, utilizzando formule suggestive che, anche 
quando non ne alterano la sostanza, consentono una migliore penetrazione nella opinione pubblica. 
Coloro che sono pi� esposti al pubblico, tra questi le personalit� politiche di vertice, hanno 
una minore tutela della loro riservatezza(art.136 d. lgs. n.196/2003). 
Per limitarsi alla sfera della giustizia, � una constatazione ricorrente, che trova riscontro in una 
pratica generale, che la flessibilit� dei nuovi mezzi di comunicazione ha portato alla spettacolarizzazione 
delle notizie, quando i fatti sono ritenuti tali da interessare la pubblica opinione. 
La notizia viene data non solo all�inizio del procedimento, o quando la sentenza � stata pubblicata, 
ma con continuit� durante il suo svolgimento, corredata da commenti di estrazione diversa, 
cosicch� (anche questa � una constatazione unanime) l�informazione sugli sviluppi 
intermedi finisce col prevalere sulla notizia circa la conclusione del procedimento. 
In pratica (va sottolineato che si sta parlando dell�uso corretto del mezzo) quando la sentenza 
� pubblicata l�orientamento prevalente dell�opinione pubblica si � gi� formato e la sentenza 
diventa oggetto di giudizio, piuttosto che provvedimento da accettare. 
Data la sua legittimit� (diverse sarebbero le conclusioni se si incorresse in violazioni di norme, 
anche se non penali), la situazione si deve considerare ormai consolidata e destinata a ripetersi 
nel tempo, almeno fino a che non intervengano sopravvenienze che ne determino una evoluzione. 
E� di questa situazione, riferita naturalmente alla rilevanza pubblica delle figure istituzionali 
prese in considerazione dalle norme impugnate, che si deve tenere conto nello svolgere l�indagine 
sollecitata delle tre ordinanze, se della ragionevolezza si vuole seguire una nozione a sua 
volta ragionevole. 
-------- 
L�esame sar� condotto senza tenere conto dei fatti rilevanti nei procedimenti, nei quali sono
52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
state emesse le ordinanze, in modo che il giudizio non diventi, sia pure indirettamente, un 
giudizio clinico su quei fatti, ma investa la noma nella sua generalit� ed astrattezza. 
In questo non si pu� vedere alcuna contraddizione con quanto si � appena rilevato. 
La norma non pu� essere presa in considerazione se non nella sua astrattezza, che ne costituisce 
il carattere tipico. 
E� solo nel valutarne la ragionevolezza che si deve tenere conto dell�ambiente reale in cui � 
destinata ad operare e non di un ambiente teorico che non trova nessun corrispondenza nella 
situazione attuale. 
La legge introduce un caso di sospensione dei processi penali. 
La materia, considerata di per s�, non � preclusa alla legge ordinaria. 
Se ne ha la conferma nel codice di procedura penale, che disciplina casi di sospensione del 
processo penale nelle diverse sue fasi. 
Solo a titolo di esempio si richiama l�art.479, dove la sospensione � prevista, senza la prefissione 
di un termine certo di durata, nei casi di pregiudiziale civile o amministrativa. 
La sospensione �, dunque, materia che, considerata di per s�, pu� essere oggetto di legge ordinaria. 
La sospensione, inoltre, � stata consentita, sempre dalla legge ordinaria, anche per motivi attinenti 
alla situazione dell�imputato. 
Baster� qui richiamare gli artt.71, 486 e 519 c.p.c., dove la sospensione � giustificata da sue 
esigenze personali. 
Non sembra necessario aggiungere altro in proposito poich� codesta Corte nella sentenza n. 
24/2004 ha avuto occasione di distinguere le quattro categorie in cui possono essere ricondotte 
le sospensioni disciplinate dal codice di procedura penale. 
Come � rilevato nella stessa sentenza, �la sospensione, di solito prevista per situazioni oggettive 
del processo, � funzionale al suo regolare svolgimento�. 
Non per questo pu� essere esclusa, in via di principio, una sospensione per esigenze diverse. 
�Ci� non significa che quello delle sospensioni sia un sistema chiuso e che il legislatore non 
possa stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali, 
ma implica la necessit� di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalit� perseguite, 
eterogenee rispetto a quelle proprie del processo� (v. sempre sent. n.24/2004; d�ora in avanti 
questa sentenza si intender� richiamata ogni volta che saranno trascritte parti della motivazione 
senza indicazioni ulteriori). 
Da qui la necessit� di verificare se le esigenze, alle quali ha inteso fare fronte la legge, siano 
equiparabili a quelle prese in considerazione dal codice di procedura penale o, comunque, 
possano giustificare un ritardo nella conclusione del procedimento. 
Come ha rilevato codesta Corte, �occorre � accertare e valutare come la norma incida sui 
principi del processo e sulle posizioni e sui diritti in esso coinvolti�. 
Che � poi l�indagine sollecitata dal GIP, dove la verifica della legittimit� costituzionale della 
norma viene richiesta sul parametro della �parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione 
a sua volta del principio di uguaglianza formale dinanzi alla legge�. 
L�ordinanza parte dalla premessa che la natura della legge, se costituzionale o ordinaria, non 
ha rilievo perch� deroghe all�art.3, prive di base ragionevole, non potrebbero essere disposte 
nemmeno con legge costituzionale. 
Questa affermazione trova riscontro nella giurisprudenza di codesta Corte, secondo la quale 
anche una legge costituzionale � soggetta alla verifica di legittimit� alla stregua dei diritti inalienabili 
della persona ed ai principi fondamentali della Costituzione, tra i quali quelli fissati
TEMI ISTITUZIONALI 53 
negli articoli 2 e 3 (sent. n.1146/1988 e precedenti richiamati). 
Nella stessa ordinanza, peraltro, � dedotta anche la violazione dell�art.138, primo comma, andando 
contro alla premessa dalla quale lo stesso Giudice � partito. 
Sulla violazione dell�art.138 � fondata l�ordinanza n.1, secondo la quale le �disposizioni normative 
riguardanti le prerogative, l�attivit� e quant�altro di organi costituzionali richiedono il 
procedimento di revisione costituzionale. E ci� in quanto la circostanza che l�attivit� di detti 
organi sia disciplinata tramite la previsione di un�ipotesi di sospensione del processo penale, 
non esclude che in realt� essa riguardi non gi� il regolare funzionamento del processo, bens� 
le prerogative di organi costituzionali e comunque materie gi� riservate dal legislatore costituente 
alla Costituzione�. 
Tutte le �prerogative� di organi costituzionali (che, secondo quanto si desume dall�ordinanza, 
sarebbero costituite da trattamenti differenziati, ma non � precisato rispetto a chi) andrebbero, 
pertanto, disciplinate da norme costituzionali. Ci sarebbe, in altre parole, una riserva per materia. 
Queste affermazioni mancano di base costituzionale. 
Nell�ordinanza la sola norma della Costituzione richiamata � l�art.138, che regola il procedimento 
legislativo costituzionale, ma non elenca le materie da disciplinare con legge costituzionale. 
La legge, in quanto ordinaria, pu� aver violato solo altre norme costituzionali sostantive, che 
tutelano interessi che la legge avrebbe pregiudicato. 
Il procedimento legislativo costituzionale, disciplinato dall�art.138, per definizione non pu� 
essere stato violato quando il legislatore ha provveduto con legge ordinaria. E� il non avervi 
fatto ricorso che, secondo il remittente, avrebbe comportato la violazione di norme costituzionali 
sostantive, tra le quali non pu� ricondursi l�art.138, in quanto norma di procedimento.. 
E non sembra senza significato che codesta Corte, nel giudicare sulla legge n.140/2003, non 
abbia affrontato la questione della forma legislativa utilizzabile. 
Se fosse stata ritenuta necessaria una legge costituzionale, la questione sarebbe stata presumibilmente 
affrontata per prima perch� avrebbe evitato a codesta Corte l�indagine di merito, 
condotta per arrivare alla conclusione che la norma era in contrasto con altri valori prevalenti, 
costituzionalmente garantiti, malgrado il carattere fondamentale dei valori che la legge ordinaria 
aveva voluto tutelare. 
Esclusa l�utilit� del richiamo dell�art.138, restano solo argomenti assertivi senza l�indicazione 
dei parametri costituzionali, secondo i quali dovrebbe essere condotto il giudizio. 
Oltre al brano gi� trascritto, nell�ordinanza si legge che � � la categoria giuridica prescelta 
per il raggiungimento dello scopo perseguito � assolutamente irrilevante ai fini che qui interessano, 
posto che non pu� essere messo in dubbio che si tratta in ogni caso di materia riservata, 
ex art.138 Cost., al legislatore costituente, cos� come dimostrato dalla circostanza che 
tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale ed il processo penale sono definiti 
da norme costituzionali�. 
A sostegno di queste affermazioni, lo si ripete, non sono richiamate norme o principi costituzionali 
che sarebbero stati violati. 
Il fatto che nella Costituzione siano previste alcune prerogative degli organi costituzionali 
non comporta che non ne possano essere introdotte altre con legge ordinaria. 
Le prime costituiscono deroghe a norme e principi, posti dalla Costituzione stessa, che pertanto 
solo nella Costituzione potevano essere previste. 
La legge, invece, ha solo voluto prevenire possibili incompatibilit� tra interessi, entrambi tu-
54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
telati dalla Costituzione, conflitti che la Costituzione, anche per la natura delle sue norme, 
non ha preso in considerazione. 
Per evitarlo, la legge, secondo la sua funzione tipica, ha predeterminato il criterio da seguire 
nella soluzione del conflitto, coordinando le norme costituzionali. 
------- 
Il Tribunale di Milano ha richiamato norme costituzionali sostantive, ma ha trascurato che gli 
articoli 68, 90 e 96 incidono sulla responsabilit� penale e non sul processo, mentre � nel solo 
svolgersi del processo che produce effetti la norma in esame, lasciando integra la responsabilit�. 
E�, pertanto, evidente l�equivoco su cui � caduta l�ordinanza n.2, dove il contrasto con l�art.96 
Cost. � visto nella �assoluta irragionevolezza di una norma ordinaria che, a parit� di bene tutelato, 
formula per i reati extrafunzionali una disciplina ordinaria diversa da quella voluta 
dalla Costituzione per i reati funzionali�. 
La irragionevolezza denunziata non � riscontrabile per la diversit� del bene tutelato che in 
una caso (artt.90 e 96 Cost.) investe la responsabilit� penale, mentre in quello in esame solo 
la durata del processo senza incidere sulla responsabilit�. 
Ha sostenuto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano nel suo atto di intervento 
(p.12), che �l�accertato contrasto con gli artt.3 e 24 Cost. dimostra �. inequivocabilmente 
che la forma prescelta per disporre la sospensione dei processi per reati 
extrafunzionali delle Alte cariche era comunque insufficiente�. 
A proposito dell�art.3 il Procuratore della Repubblica � in contrasto con il GIP di Roma. 
Se la norma non fosse compatibile con l�art.3 Cost. la �forma prescelta� non sarebbe stata rilevante 
perch� nemmeno con la legge costituzionale sarebbe stato possibile derogare al principio 
di uguaglianza. 
Che la forma legislativa adottata sia indifferente ha finito per riconoscerlo lo stesso Procuratore 
della Repubblica di Milano quando ha rilevato (p.12) che �sarebbe insufficiente a tal fine 
anche una legge costituzionale qualora si ritenesse, come ritenuto in passato da codesta Corte 
�, che il principio costituzionale d�eguaglianza sia una �principio supremo dell�ordinamento�, 
come tale immodificabile con legge costituzionale�. 
Il richiamo poi dell�art.24 un po� sorprende perch� � proprio la tutela del diritto di difesa dell�imputato 
che costituisce l�obiettivo della norma. 
Quanto dedotto dal Procuratore della Repubblica non ha, pertanto, il valore dimostrativo che 
gli si � voluto attribuire. 
------ 
Si ritorna cos� alla questione, come proposta dall�ordinanza del Gip. L�indagine va condotta 
alla stregua dell�art.3 Cost. 
Il giudizio sull�uguaglianza, in quanto di relazione, richiede la individuazione del termine di 
riferimento. 
Secondo il Giudice remittente il termine sarebbe la posizione dei cittadini. 
Va, pertanto, accertato se il trattamento differenziato rispetto al cittadino, predisposto dalla 
norma per alcune figure istituzionali, sia ragionevole. 
�Il principio di uguaglianza comporta infatti che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, 
situazioni diverse possono implicare differenti normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha 
decisivo rilievo il livello che l�ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione 
di diversit� pu� venire in considerazione�. 
La norma fa espressamente salvi �i casi previsti dagli articolo 90 e 96 della Costituzione�.
TEMI ISTITUZIONALI 55 
Sorprende che nell�ordinanza di remissione si affermi, e che il Procuratore della Repubblica 
confermi, che �la disciplina in esame � stata, inoltre, stabilita con una legge che, dichiarando 
di derogare espressamente agli artt.90 e 96 della Costituzione, non � stata adottata secondo la 
procedura di revisione costituzionale di cui all�art.138 Cost. ��. 
Fare salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 non significa apportarvi deroghe; significa, al 
contrario, che si interviene al di fuori della loro sfera. 
Secondo il GIP i trattamenti differenziati per il Presidente della Repubblica ed il Presidente 
del Consiglio sarebbero solo quelli previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali. 
Se quei trattamenti costituissero deroghe all�art.3, la tesi diventerebbe contraddittoria perch� 
lo stesso Giudice � partito dalla premessa che nemmeno una legge costituzionale potrebbe 
derogare al principio di uguaglianza. 
Se poi negli articoli 90 e 96 Cost. fosse vista la fissazione di un numero chiuso dei trattamenti 
differenziati, la tesi sarebbe solo affermata senza l�indicazione della base costituzionale. 
L�art.90 esclude la responsabilit�, anche penale, del Presidente della Repubblica per gli atti 
compiuti nell�esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla 
Costituzione. 
Nei suoi confronti, pertanto, per limitarsi alla sfera penale, un procedimento non pu� essere 
nemmeno iniziato per mancanza di responsabilit� o, se si preferisce, perch� gli atti compiuti 
nell�esercizio delle funzioni non costituiscono reato (la legge n.124/2008 non � applicabile al 
giudizio previsto dagli artt.90 e 134 Cost.).. 
L�art.96, dopo aver confermato che per i reati commessi nell�esercizio delle funzioni il Presidente 
del Consiglio dei ministri � sottoposto alla giurisdizione ordinaria, richiede l�autorizzazione 
del Senato o della Camera dei deputati per l�esercizio dell�azione penale. 
Se non interviene l�autorizzazione il reato, in ipotesi, persiste, ma l�azione penale non pu� 
essere esercitata ed il Presidente del Consiglio dei ministri non incorre nella responsabilit� 
conseguente. 
Entrambe le norme sono a tutela di funzioni di rilievo politico rispetto a possibili interferenze 
del potere giurisdizionale, in via assoluta nei confronti del Presidente della Repubblica, e sotto 
condizione per il Presidente del Consiglio. Tutelano, dunque, nel merito l�esercizio delle funzioni 
nel senso che, in considerazione dei fini, in vista dei quali quelle funzioni sono esercitate, 
evitano interferenze da parte dell�autorit� giudiziaria, che potrebbero pregiudicare la realizzazione 
di interessi superiori. 
E� evidente che per sottrarre, in base a valutazioni prettamente politiche, alla giurisdizione 
generale o solo a quella penale fatti che, se commessi da altri soggetti, sarebbero stati perseguibili, 
il legislatore costituente non ha potuto che prevederlo nella Costituzione, dove si trovano 
i principi della materia. 
La legge impugnata opera su di un piano diverso. Vi sono fatti salvi i casi previsti dagli articoli 
90 e 96 Cost. solo per un eccesso di scrupolo. Era scontato che una legge ordinaria non potesse 
portare deroghe a norme costituzionali. 
Da questi articoli non si possono trarre argomenti per concludere che la materia della sospensione 
del processo sia riservata alla legge costituzionale. 
Codesta Corte lo ha confermato quando, nel brano gi� riportato, ha precisato che quello delle 
sospensioni previste dalle leggi ordinarie non costituisce un sistema chiuso cosicch� al legislatore 
non � precluso stabilire altre sospensioni finalizzate alla soddisfazione di esigenze extraprocessuali. 
CՏ solo la necessit� �di identificare i presupposti di tali sospensioni e le finalit� 
perseguite, eterogenee rispetto a quelle proprie del processo�.
56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
-------- 
Le ordinanze hanno rimesso complessivamente a codesta Corte la verifica della legittimit� costituzionale 
alla stregua degli articoli 3, comma 1 e 2, 68, 69, 111, comma 2, 112, 136 e 138 
Cost. 
Dell�art 138 si � gi� trattato. 
Gli articoli 111 e 112 vanno esaminati in coordinamento con l�art.3, ponendosi dal punto di 
vista gi� indicato da codesta Corte. 
Il giudizio sui trattamenti differenziati deve essere condotto �riguardo all�esercizio della giurisdizione� 
o, come � detto nell�ordinanza di remissione del GIP, secondo il principio �rappresentato 
dalla parit� dei cittadini di fronte alla giurisdizione, manifestazione a sua volta del 
principio di eguaglianza formale dinanzi alla legge�. 
E� quindi inapplicabile l�art.112 Cost.che sancisce l�obbligatoriet� dell�azione penale (non � 
senza significato che, pur essendo stata la questione di legittimit� costituzionale sollevata anche 
per la sua violazione, l�art.112 nella motivazione della sentenza n.24/2004 non sia stato mai 
richiamato). 
La norma contestata non tocca il potere di iniziativa del P.M., del quale, al contrario, presuppone 
l�esercizio e la sua continuit�. 
Lo conferma il fatto che resta impregiudicato il potere anche del PM di chiedere l�acquisizione 
di prove ai sensi dell�art.392 c.p.c., come il Tribunale stesso ha ricordato. 
In tutte e tre le ordinanze si sostiene il contrario, ma senza argomentare o con argomentazioni 
non pertinenti. 
Nella ordinanza del GIP la violazione dell�art.112 Cost. viene dedotta �sotto il profilo della irragionevolezza 
del suo connotato derogatorio rispetto al diritto comune�, quindi, se si � bene 
inteso, per violazione del principio di uguaglianza. 
Nella ordinanza n.1 � detto che �l�intervento legislativo incide � su plurimi interessi di rango 
costituzionale quali la ragionevole durata del processo (art.111 Cost.) e l�obbligatoriet� dell�azione 
penale (art.112 Cost.), comunque vulnerata seppur non integralmente compromessa...�. 
Anche il Tribunale di Milano nutre, dunque, qualche perplessit� tanto che non arriva a sostenere 
che la violazione sia integrale. 
Questo spiega perch� poi porti a sostegno argomenti incongrui. 
Le discussioni intervenute in sede costituente - il Tribunale lo ha ricordato - hanno riguardato 
la �perseguibilit� per reati extrafunzionali, che non si sarebbe potuta introdurre se non con 
norma della Costituzione�. 
Ma il Tribunale subito dopo riconosce che �si trattava di limitazione dell�azione penale pi� 
pregnante di quell�attuale�, diversa pregnanza che, a suo giudizio, �non rileva sulla necessit� 
di disciplinare la materia mediante norma costituzionale�. 
Senonch� l�irrilevanza, affermata con sicurezza, manca di dimostrazione. 
Nella ordinanza n.2 l�art.112 Cost. � richiamato tra i parametri costituzionali rispetto ai quali 
si richiede la verifica di legittimit� costituzionale, ma non se ne tratta nella motivazione. 
Risulta evidente la distorsione prospettica in cui le ordinanze sono incorse nelle svolgere le 
loro argomentazioni. 
L�art.112 Cost. si rivolge al Pubblico Ministero, imponendogli l�obbligo di esercitare l�azione 
penale. 
La norma contestata non limita l�esercizio dell�azione penale da parte del PM. 
Nel disporre la sospensione dei processi penali presuppone, al contrario, che questi siano stati 
avviati e che l�azione penale sia stata gi� esercitata e l�obbligo adempiuto. La norma non �,
TEMI ISTITUZIONALI 57 
per esempio, applicabile se � richiesta l�archiviazione ai sensi dell�art.408 c.p.c. 
Del processo, una volta iniziato, � rinviato nel tempo solo il proseguimento, consentendo nel 
frattempo di procedere a quegli adempimenti che non possono essere ritardati in modo da evitare 
al processo danni non rimediabili. 
Che l�art.112 sia violato � sostenuto anche dal Procuratore della Repubblica di Milano, che richiama 
a sostegno alcune sentenze di codesta Corte (p.15). 
I richiami non sono pertinenti. 
La garanzia dell�indipendenza del Pubblico Ministero nell�esercizio della propria funzione, 
che nella sentenza n.84/1979 � indicata come il primo degli obiettivi dell�art.112, non � incisa 
sotto nessun profilo dalla norma impugnata. 
L�uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale, che vi � indicata come secondo obiettivo 
dell�art.112, � valutata nei rapporti tra il P.M. e gli autori di reati in base al rilievo che �l�obbligo 
dell�esercizio dell�azione penale da parte del Pubblico Ministero esige che egli sia titolare di 
tale azione in relazione a qualunque fatto di reato, comunque conosciuto� cosicch� quest�ultimo 
non pu� dosare diversamente la sua iniziativa secondo la persona interessata. 
In prospettiva diversa, del tutto estranea alla questione da affrontare in questa sede, � stata esaminata 
l�obbligatoriet� dell�azione penale nella sentenza n.88/91. 
Dalla ordinanza n. 33/203 (che ha dichiarato inammissibile la questione, fondata su di una interpretazione 
non condivisa del giudice remittente) si ricavano argomenti in senso contrario 
perch� vi � affermato che anche �l�intera gamma delle condizioni di procedibilit�� (non si 
tratta, dunque, di sospensione del processo) rientrano �quanto a casi e disciplina, nella esclusiva 
sfera della discrezionalit� legislativa� e proprio perch� la questione interessava norme sulla 
procedibilit�, �che fanno eccezione alla opposta e generale regola dell�azione penale incondizionata�, 
� stato richiamato l�art.112 Cost. in quanto norma ispiratrice. 
Dalla sentenza n. 26/2007 si ricava che la differenza delle discipline va giudicata nel rispetto 
del canone della ragionevolezza, vale a dire ai sensi dell�art.3 Cost., che � appunto il parametro 
secondo il quale la legge andr� giudicata. 
------ 
Restano da prendere in considerazione gli articoli 3 e 111. 
Gli articoli 90 e 96 della Costituzione, fatti salvi dalla norma, riguardano il Presidente della 
Repubblica ed il Presidente del Consiglio dei Ministri. 
Diventa utile, pertanto, prendere in esame sotto il profilo dei principi anche la posizione del 
Presidente della Repubblica, malgrado la irrilevanza in giudizio delle questioni che potrebbero 
riguardarlo. 
Codesta Corte ha gi� messo a confronto con il principio di parit� di trattamento rispetto alla 
giurisdizione �l�esigenza di protezione della serenit� dello svolgimento delle attivit� connesse 
alle cariche in questione�. 
L�esperienza dimostra che i pericoli a cui � esposta questa esigenza non sono andati riducendosi. 
La stampa recente ha richiamato vicende che portarono alle dimissioni di un Presidente della 
Repubblica in un periodo turbolento della vita costituzionale italiana nel corso di un procedimento 
penale a carico di altri, in cui rimase coinvolto attraverso i commenti collaterali ai fatti 
di causa. 
I mezzi di comunicazione al tempo erano diversi e meno penetranti di quelli attuali, ma il rilievo 
che la vicenda ebbe sulla televisione e sulla stampa, con venature spesso scandalistiche, 
port� ad effetti non rimediabili sulla base di giudizi che sono poi risultati infondati quando la
58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
situazione � ritornata nella normalit�. 
Il titolare di funzioni del massimo rilievo politico non solo deve avere la serenit� sufficiente 
per il loro esercizio corretto, ma prima di tutto deve essere sottratto ad ogni condizionamento, 
che possa pregiudicare la stessa continuit� dell�esercizio. 
Richiamando quei fatti risalenti che, perso valore politico attuale, sono oramai confinati nella 
sfera storica, si � voluto mettere in evidenza come talvolta la sola minaccia di un procedimento 
penale pu� costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i 
sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono poi dimostrati infondati. 
Il richiamo � stato fatto anche perch� ne riesca confermato che l�indagine deve essere condotta 
non su ipotesi astratte, ma tenendo presente la reale situazione attuale. 
I rischi di una sorta di aberratio quasi mai possono essere evitati dal magistrato. 
Il Pubblico Ministero, a seguito di notizie di reato, anche solo per verificarle, deve prendere 
alcune iniziative ed il giudicante, una volta che ne sia investito, non si pu� sottrarre ai suoi 
doveri d�ufficio. 
Quando la notizia perviene agli organi di informazione il magistrato ne perde il controllo e 
nei media si innesta quel procedimento che, anche se condotto nel rispetto delle norme, non 
� pi� condizionabile, con la possibilit�, tutt�altro che teorica, di portare alle dimissioni indipendentemente 
dalla fondatezza delle imputazioni. 
L�esperienza dice che le pi� alte cariche dello Stato, in pendenza di un procedimento penale, 
possono venire a trovarsi, se non nell�impossibilit�, nella seria difficolt� di continuare nell�esercizio 
delle loro funzioni per la loro esposizione mediatica gi� prima che si arrivi ad una 
sentenza, definitiva o non definitiva che sia. 
Anche se non si arriva alle dimissioni, che costituiscono il pericolo estremo, si pu� creare una 
forte corrente di opinione contraria, che rende quanto meno precarie le condizioni personali 
di serenit� che secondo la Costituzione, come codesta Corte ha confermato, debbono essere 
assicurate all�interessato ed in mancanza delle quali resta pregiudicato l�interesse generale 
sottostante. 
Questo pericolo, ormai immanente nel sistema delle c.d. comunicazioni di massa, � aggravato 
dalla situazione in cui oggi si trova la giustizia italiana. 
Malgrado l�art.111 Cost., � un fatto notorio che i processi, per un difetto di sistema, hanno 
durate non compatibili con la giustizia, intesa come servizio per la comunit�. 
L�art.111 � stato modificato proprio per questo, anche se con risultati non ancora percepibili. 
Ne consegue che, quando il procedimento viene spettacolarizzato (si � adoperato questo aggettivo 
perch� ormai di uso comune), la durata del processo moltiplica i rischi perch� i suoi 
sviluppi finiscono con l�essere argomento, anche esso di lunga durata, delle cronache e dei 
commenti. 
Pi� elevata � la carica e maggiore � la curiosit� del pubblico. Con la curiosit� del pubblico 
aumenta anche la richiesta di pubblicit� sui mezzi di comunicazione che ne trattano, che a 
sua volta induce ad insistere sull�argomento. 
E� provato dall�esperienza che la curiosit� � maggiore quando i fatti sono estranei all�esercizio 
delle funzioni pubbliche ed investono la sfera privata. Il contrario di quella potrebbe essere la 
prima impressione. 
Sono oggi di gran successo di audience (come oggi si dice, in corrispondenza al termine anglosassone 
reality, con il quale si definisce il genere) spettacoli sulla vita quotidiana, anche 
di persone comuni. La stessa vita di privati talvolta attira l�attenzione del vasto pubblico televisivo 
pi� di eventi di interesse generale, attenzione che � maggiormente stimolata dai fatti
TEMI ISTITUZIONALI 59 
privati di personalit� pubbliche. 
I processi in cui sono coinvolti soggetti ad esposizione pubblica richiedono spesso istruttorie 
complesse. Anche questo � confermato dall�esperienza. 
La durata dei procedimenti, la complessit� delle istruttorie, la necessit� ricorrente di assistere 
alla escussione dei testi per contestarne le dichiarazione o per farle completare, mette comunque 
in difficolt� l�imputato e lo espone a rischi maggiori qualora non sia in grado di presenziare 
alle udienze con una certa continuit�. 
La loro esposizione pubblica aggrava la necessit� di presenziare per essere in grado di controllare 
ed eventualmente attenuare gli effetti che la cronaca giudiziaria potrebbe produrre 
sulla loro credibilit�. 
Anche di questo si ha conferma nella esperienza giudiziaria recente. 
Il Procuratore della Repubblica di Milano nell�atto di intervento (pp.16-17) ha portato a sostegno 
delle sue tesi argomenti comparatistici. 
Non basta peraltro sostenere che �in nessun altro Stato democratico� si troverebbero norme 
analoghe. Bisognerebbe anche accertare se in quegli Stati i processi abbiano una durata paragonabile 
a quella dei processi italiani, durata, come si ripete, che ha fatto mettere in dubbio 
che si abbia una effettiva tutela giurisdizionale. 
La norma non ha nessun rapporto con il fumus persecutionis, in quanto l�obiettivo che si pone 
� quello di evitare che l�esercizio di funzioni di rilievo costituzionale sia pregiudicato dal 
modo in cui in Italia di fatto ed in via ordinaria, senza intenti persecutori, si svolgono i procedimenti 
penali. 
Ma soprattutto va ribadito che la legge non sottrae gli interessati alla giurisdizione penale, 
ma sospende solo i procedimenti, senza incidere minimamente sulla responsabilit� penale, 
quindi senza previsione di immunit�, come sembra sostenere il Procuratore della Repubblica 
di Milano ( p.17). 
Nel fatto, poi, �che un ministro potrebbe essere processato per un reato funzionale, anche 
modesto, di abuso di ufficio, mentre non potrebbe essere giudicato in sede penale un presidente 
del consiglio che ha commesso evasione fiscale, oppure falsi in bilancio �, se commessi 
da chi esercita funzioni pubbliche� non si pu� vedere niente di paradossale perch� i reati funzionali 
di un ministro hanno una valenza politica tale da rendere utile una decisione quanto 
pi� tempestiva possibile, valenza che non hanno, quanto meno nella stessa misura, i reati comuni 
di un presidente del consiglio. 
Che poi l�imputato possa non avvalersi della sospensione per un reato lieve e non per uno 
grave (p.17), se ha un significato, lo ha in senso opposto a quello che si vorrebbe. 
Un procedimento per un reato lieve, non solo interessa meno l�opinione pubblica, ma soprattutto 
pu� non richiedere all�imputato un impegno di tempo tale da pregiudicare l�esercizio 
delle sue funzioni. 
Questo argomento sembra non decisivo nemmeno per il Procuratore della Repubblica. 
Nell�atto di intervento (p.18), dopo aver argomentato in chiave di immunit�, mentre di vera 
immunit� non si tratta, ha definito come�assolutamente esatto� che il punto di vista da cui 
svolgere l�indagine � quello del �regime differenziato riguardo all�esercizio della giurisdizione�, 
riconoscendo cos� che il parametro in effetti utilizzabile � l�art.3 Cost. e dando cos� 
per superate le argomentazioni fondate su norme diverse. 
------- 
A fronte del richiamo dell�art.51 Cost. si potrebbe obiettare che cariche elettive non sono solo 
quelle interessate dalla legge. Rispetto a quelle trascurate si potrebbe avere la disparit� di trat-
60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tamento. 
Nessuna delle ordinanze ha sollevato la questione in questi termini. 
Viene affrontata ugualmente nella eventualit� che possa essere ritenuta comunque rilevante. 
L�argomento, anche se suggestivo, sarebbe infondato. 
Presupporrebbe la parit� di condizione tra tutte, o gran parte, delle cariche elettive non solo 
dello Stato, ma anche dei comuni, delle province e nelle regioni. 
Per quanto si voglia essere egualitari, sembra quanto meno azzardato escludere differenze rilevanti 
di posizione, ad esempio, tra il Presidente del Consiglio dei ministri, da una parte, ed i 
presidenti delle regioni, delle province e dei sindaci dei comuni dall�altra. 
Pur trascurando la diversit� degli impegni e delle responsabilit�, � radicalmente diversa la loro 
posizione a proposito della curiosit� che possono suscitare sull�opinione pubblica le vicende 
che li riguardano, non foss�altro dal punto di vista territoriale. 
In proposito non sembra necessario intrattenersi. 
L�estensione territoriale delle competenze � gi� un dato sufficiente a rendere ragionevoli trattamenti 
differenziati. 
La verifica pu� essere fatta anche in orizzontale, vale a dire tra le cariche dello Stato. 
I deputati e senatori ed i ministri (se parlamentari) non sono presi in considerazione dalla legge. 
Non per questo pu� ritenersi violato l�art.3. 
I parlamentari ed i ministri, non solo svolgono funzioni diverse e di minore responsabilit� rispetto 
a quelle della cariche tutelate, ma, soprattutto, esercitano le loro funzioni pi� rilevanti 
in forma collegiale. 
Il Presidente del Consiglio dei ministri (l�osservazione vale anche per il Presidente della Repubblica) 
esercita le sue funzioni tipiche soprattutto come organo individuale. 
A quelle assegnate dalle norme costituzionali vanno aggiunte le altre che derivano dall�ordinamento 
internazionale e da quello comunitario e dell�Unione che, essendo sempre pi� impegnative, 
richiedono anche un tempo maggiore. 
Le responsabilit� conseguenti non si diluiscono nella collegialit� e dall�opinione pubblica sono 
riportate direttamente alla persona anche in un ambito internazionale sempre pi� esteso,come 
� confermato da vicende recenti. 
Alla stregua dell�art.51 Cost. la norma contestata, nel realizzare i suoi obiettivi, ha graduato la 
tutela richiesta dalla norma costituzionale con criteri ragionevoli. 
D�altro canto, se si ritenesse il contrario, la sua illegittimit� potrebbe essere vista solo nel non 
aver esteso la sua applicabilit� ai ministri in carica. 
------- 
Il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione sta �alle origini della formazione 
dello Stato di diritto�. 
Il principio � stato ritenuto violato da codesta Corte quando, prevedendo la sospensione automatica, 
ha ritenuto leso il diritto di difesa dell�imputato, sacrificato il diritto della parte civile 
�anche ammessa la possibilit� del trasferimento dell�azione in sede civile� e leso il principio 
della ragionevole durata del processo a causa di una sua stasi per un tempo indefinito e indeterminabile, 
cos� da vulnerare il diritto di azione e di difesa. 
Dalla sentenza di codesta Corte n.24 del 2004, fondata su queste premesse, si � ritenuto di poter 
trarre argomenti a sostegno della illegittimit� costituzionale della legge in esame (pp.11-12 
dell�atto di intervento del procuratore della Repubblica di Milano). 
Gli argomenti desumibili dalla sentenza sono in senso contrario. 
Sul diritto dell�imputato alla difesa in giudizio la questione � superata per la possibilit� che gli
TEMI ISTITUZIONALI 61 
� data di rinunciare alla sospensione �in ogni momento�. 
E� lasciato all�interessato valutare se, per la natura dell�imputazione e la sua complessit�, il 
corso del procedimento possa pregiudicare l�esercizio delle sue funzioni. Il suo diritto di difesa, 
pertanto, � garantito insieme all�esercizio delle funzioni pubbliche. 
Codesta Corte, nel giudicare della posizione della parte civile, ha richiamato la sua sentenza 
n.353/1996, che, a sua volta, si � riportata al principio enunciato nella sentenza n.330/1994: ҏ 
certo che una stasi del processo che si accerti di durata indefinita ed indeterminabile, non possa 
non vulnerare il diritto di azione e di difesa della parte civile cui pure l�assetto del codice abrogato 
apprestava tutela, svincolandola dal processo penale nel caso di sospensione del processo 
per infermit� di mente dell�imputato�. 
La premessa era che �� per quanto attiene all�affermato vulnus arrecato all�art.24, primo e 
secondo comma, della Costituzione, il petitum effettivamente avuto di mira risulta incentrato 
sull�assenza, nel sistema del codice abrogato, di uno strumento che abiliti la parte civile ad 
esercitare l�azione in sede propria nonostante il processo penale non possa di fatto proseguire�. 
Dai precedenti di codesta Corte, richiamati dalla sentenza n.24/2004, si ricavano questi criteri 
di giudizio: 
- il diritto della parte civile alla tutela giurisdizionale � pregiudicato quando la sospensione 
� di durata indefinita ed indeterminabile; 
- la lesione si realizza quando alla parte civile non sia consentito trasferire la sua azione in 
sede civile, abbandonando il procedimento penale sospeso. 
Nessuna delle due condizioni ora ricorre. 
La sospensione � fissata dal quinto comma dell�art.1 nella sua durata massima, con la possibilit� 
che sia pi� breve nel caso che la legislatura si concluda prematuramente. 
Alla parte civile, inoltre, � consentito di trasferire la sua azione in sede civile, senza che incorra 
nella sospensione prevista nel terzo comma dell�art.75 c.p.c. e con la riduzione a met� dei termini 
di cui all�art.163 bis c.p.c. 
In questo modo � superato anche l�ostacolo che si potrebbe desumere dall�art.111 c.p.c. poich� 
il giudizio civile si trova accelerato rispetto al processo penale, processo del quale viene sistematicamente 
denunciata la durata eccessiva. 
Sono di facile individuazione gli interessi rilevanti ed i limiti in cui si possono considerare 
compressi. 
Codesta Corte, dopo aver rilevato che era un �interesse apprezzabile� la �assicurazione del sereno 
svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche�, ha visto a suo tempo 
l�illegittimit� costituzionale della norma, oggetto di giudizio, nel contrasto con valori qualificati 
fondamentali, vale a dire con interessi che trovano nella Costituzione una tutela diretta, in particolare 
il principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, il diritto di difesa dell�imputato, 
la tutela giurisdizionale della parte civile. 
Una volta ridotte le cariche tutelate e, soprattutto, modificate le forme di tutela, la verifica della 
legittimit� costituzionale della nuova normativa deve essere rinnovata per la diversa incidenza 
che presenta rispetto ai valori fondamentali, tutelati dalla Costituzione. 
La protezione delle serenit� nell�esercizio delle funzioni, peraltro, non � il solo obiettivo della 
norma. CՏ anche la necessit� di disporre del tempo sufficiente per approntare le proprie difese, 
che agli avvocati possono essere affidate sotto il profilo tecnico, ma non quando � necessaria 
la ricostruzione dei fatti e la ricerca della documentazione alla quale, a distanza di tempo, si 
deve spesso provvedere personalmente. 
Casi molto recenti e ben noti confermano come la presenza al dibattimento sia indispensabile
62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
per una difesa efficiente, soprattutto quando, per la complessit� delle imputazioni, il processo 
ha una lunga durata e, in corrispondenza, maggiore � la curiosit� del pubblico. 
Il dato di fatto, dal quale non si pu� prescindere e che si deve ribadire, se si vuole mantenere 
concreta l�indagine, � che i processi che vedono coinvolte cariche pubbliche, in particolare 
di livello pi� elevato, richiamano la curiosit� dell�opinione pubblica, che viene anche stimolata 
dai media per incrementare il numero dei lettori e degli utenti. 
Da qui la necessit� ricorrente per i titolari, che non hanno la stessa protezione della riservatezza 
delle persone comuni, di seguire i processi con attenzione per essere in condizione di intervenire 
tempestivamente quando l�interesse del pubblico � sollecitato dalle forme suggestive 
adottate nel dare le notizie. 
A fronte di questo pericolo aggravato non si pu� ritenere irragionevole una tutela adeguata, 
naturalmente mantenuta in limiti proporzionati. 
------- 
In corrispondenza cՏ l�interesse attinente all�esercizio della giurisdizione penale, il cui pregiudizio 
� solo per il ritardo nella conclusione dei procedimenti. 
La legge in esame ha trovato l�equilibrio tra gli interessi contrapposti. 
Alla sospensione del processo corrisponde la sospensione della prescrizione cosicch� la perseguibilit� 
del reato non � pregiudicata. 
Il ritardo potrebbe assumere una qualche rilevanza, ma solo in via ipotetica, se contemporaneamente 
non si lamentasse la durata eccessiva dei processi, alla quale non si riesce, e presumibilmente 
non si riuscir� per un certo tempo, a porre rimedio, malgrado i tentativi fatti. 
Con questo non si vuol dire che, quando i processi durano troppo a lungo, non si dovrebbe 
dare importanza ad un allungamento ulteriore. 
Il fatto che i processi abbiano una durata eccessiva comporta una eccessiva esposizione degli 
interessati sui media, aggravando i danni alla loro immagine pubblica. 
Sono rari i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancora di pi�, 
di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest�ultimo si 
trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti. 
Se la legge fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, non sarebbe eliminato il pericolo 
di danno all�esercizio delle funzioni che, in quanto elettive, trovano una tutela diffusa nella 
Costituzione, non solo nell�art.51. 
Vanno, pertanto, messi a raffronto i danni che ogni soluzione porterebbe ad uno degli interessi 
incompatibili. 
Nel farlo si deve tenere conto della situazione reale, con le sue inefficienze e le sue anomalie. 
In particolare: il modo in cui i processi si svolgono, spesso per difficolt� non rimediabili; la 
fuga di notizie coperte da segreto, prima che abbiano avuto la loro verifica processuale (non 
solo le registrazioni telefoniche); la durata dei processi; i rapporti tra uffici giudiziari e media; 
lo stile giornalistico (senza metterne in dubbio la liceit�) con il quale processi di un certo genere 
vengono trattati. 
La legge nella situazione attuale pone al riparo dai danni conseguenti alcune cariche di vertice 
dello Stato. 
Niente esclude che la situazione possa essere riesaminata quando evolvesse in misura tale da 
invertire il rapporto tra gli interessi rilevanti, modificando i pregiudizi rispettivi. 
In questa eventualit� trova una sua giustificazione il ricorso alla legge ordinaria. 
Con la Costituzione e con le leggi costituzionali sono delineate le strutture dello Stato, intese 
come le parti essenziali, per questo stabili.
TEMI ISTITUZIONALI 63 
Con la legge ordinaria, modificabile pi� agevolmente, si fa fronte alle esigenze meno durature 
cosicch� sar� possibile intervenire rapidamente quando la situazione reale si modificasse in 
misura tale da comportare un diverso bilanciamento degli interessi. 
I pregiudizi prevedibili per gli interessi rilevanti, da mettere a confronto, giustificano l�intervento 
legislativo. 
Da una parte ci sono quelli connessi alla durata del processo, nel quale si produce solo un ritardo 
senza danni definitivi. 
Dall�altra i danni immediati, spesso non riparabili, possono essere prodotti dai commenti ripetuti 
di fatti che poi risultano insussistenti. 
---------- 
La situazione merita di essere esaminata anche da un punto di vista diverso. 
La magistratura costituisce un potere (codesta Corte lo ha ribadito ripetutamente) cosicch� 
diventa necessario verificare se, rispetto agli altri, l�equilibrio sia assicurato. 
Va chiarito che non si intende alludere all�uso politico dell�azione penale, che ha costituito 
talvolta oggetto di polemiche. 
L�indagine deve essere condotta in termini di equilibri, come definiti dalla Costituzione. 
Il presupposto da cui prendere le mosse � che il comportamento di tutti sia conforme alle 
norme che disciplinano la materia e che solo per le condizioni di fatto si producono effetti 
abnormi. 
Una tale situazione, al contrario di quanto potrebbe sembrare a prima vista, finisce col provocare 
una preoccupazione maggiore. 
Se quegli effetti si producessero per comportamenti scorretti, sarebbero sufficienti interventi 
episodici per rimediare. 
Quando � la situazione di fatto, oramai consolidata, che li produce, solo il legislatore � in 
grado di neutralizzarli con una normativa apposita. 
Esercitata l�azione penale nel pieno rispetto della Costituzione e delle norme penali, la durata 
del giudizio sfugge al controllo di chi ha assunto l�iniziativa per le disfunzioni di un sistema, 
che non consentono di realizzare un giusto processo. 
L�esposizione al pubblico di alcune cariche di vertice comporta che il procedimento, in particolare 
quando le imputazioni non attengono alle funzioni pubbliche, produce gli effetti distorti 
che sono stati gi� richiamati. 
Per valutare la ragionevolezza della legge, come si � gi� rilevato, vanno posti a raffronto gli 
effetti sui due interessi. 
Da una parte cՏ la sola sospensione di un procedimento. Dall�altra ci sarebbero danni a funzioni 
elettive, che non potrebbero essere esercitate con l�impegno dovuto, quando non si arrivi 
addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili. 
E questo, si ripete, senza che ci siano intenti persecutori e senza alcuna responsabilit� dei magistrati, 
per la sola disfunzione del sistema e per un certo modo in cui oggi operano i media, 
grazie ai nuovi mezzi di cui dispongono. 
Tra i poteri viene a prodursi uno squilibrio rispetto al loro rapporto delineato dalla Costituzione, 
squilibrio anche esso da valutare tenendo conto della situazione reale della giurisdizione 
penale, che � la sola interessata dalla legge, e non di quella presupposta dalla Costituzione. 
Un�azione penale, correttamente esercitata, ma che potrebbe risultare infondata, � in grado di 
produrre danni definitivi di livello politico. 
I poteri di governo verrebbero subordinati non a quello giurisdizionale, che si esprime con il 
giudicato, ma al solo esercizio dell�azione penale, che pu� essere legittimamente fondata anche
64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
su elementi di prova insufficienti per una condanna, con effetti che si protraggono per tempi 
cos� lunghi che la stessa magistratura ritiene incompatibili con una vera giurisdizione. 
I mezzi attuali di comunicazione, legittimamente utilizzati, per l�evoluzione che hanno avuto 
sia per gli sviluppi tecnologici che per la conseguente diversa organizzazione sociale, si inseriscono 
tra l�esercizio dell�azione penale e le funzioni di governo con il rischio, certo non teorico, 
che la sola iniziativa giurisdizionale, ben prima che si pervenga ad una sentenza, anche 
se non passata in giudicato, produca effetti pregiudizievoli definitivi sull�esercizio delle funzioni 
del massimo livello politico, non solo senza il concorso degli organi della giurisdizione, ma 
anche senza una loro possibilit� di prevenzione. 
Secondo la Costituzione anche il potere politico � soggetto al potere giurisdizionale, che si 
esprime col giudicato. Non ci sono riferimenti costituzionali, nemmeno indiretti, dai quali si 
possa ricavare che effetti pregiudizievoli, analoghi a quelli del giudicato, possano essere prodotti 
dal solo esercizio dell�azione penale. 
------ 
La legittimit� della norma impugnata resiste anche alla verifica della proporzionalit�. 
Gli interessi, che codesta Corte ha gi� avuto occasione di dichiarare come prevalenti in linea 
di principio, subiscono solo un ritardo nella loro realizzazione, senza modifiche delle condizioni 
sostanziali di tutela. 
In corrispondenza si evitano danni irreparabili ad interessi, che non potrebbero essere reintegrati. 
Gli interessi sono di natura tale che solo uno poteva essere tutelato attraverso la sospensione, 
inapplicabile all�esercizio delle funzioni di governo se non a costo di pregiudizi maggiori. 
Dato per scontato che danni definitivi andavano evitati ad entrambi, non restava che adottare 
la soluzione che, eliminando la coincidenza temporale, prevedeva per uno solo un ritardo nella 
realizzazione, lasciandone inalterata la tutela sostanziale. 
Anche questo argomento � stato affrontato dal Procuratore della Repubblica di Milano (p.14). 
Che l�art.111 Cost. non tuteli solo l�imputato, ma che �garantisce la speditezza del processo e 
quindi l�effetto di concentrazione che consegue alla continuit� istruttoria dibattimentale (assunzione 
di prove), discussione finale e decisione del giudice�, non � risolutivo nel senso proposto. 
La riduzione della durata dei processi � sicuramente un obiettivo perseguito dalla norma. 
A fronte di questo interesse cՏ, peraltro, quello dell�imputato, ugualmente tutelato dalla Costituzione, 
Per verificare quale dei due, ed in quali limiti, dovesse prevalere o, comunque, in 
qual modo possano essere coordinati, � necessario metterli a confronto. 
Questo problema � stato trascurato nelle ordinanze di rimessione e dal Procuratore della Repubblica 
di Milano 
Sostiene quest�ultimo che la facolt�, riconosciuta all�interessato, di rinunciare alla sospensione, 
intesa come �un meccanismo a tutela del munus publicum�, sarebbe la conferma della incostituzionalit� 
della norma �essendo risaputo che l�esercizio dei munera pubblici non � rimesso 
alla libera scelta del titolare della carica�. 
L�effetto suggestivo di questo argomento si dissolve solo che la questione venga esaminata dal 
corretto punto di vista. 
Sar� l�interessato a giudicare se il tempo, che presumibilmente gli sar� necessario per seguire 
gli sviluppi del processo, sia compatibile con il corretto adempimento dei doveri di Presidente 
del Consiglio di ministri. La sua scelta di usufruire della sospensione avrebbe come effetto 
proprio la �tutela del munus publicum�.
TEMI ISTITUZIONALI 65 
L�argomento finisce poi per provare troppo. 
Una volta eliminata la norma, sarebbe messo a rischio proprio il munus pubblicum perch� il 
Presidente del Consiglio potrebbe trovarsi nelle condizioni di dover trascurare le funzioni pubbliche 
per potersi difendere in sede penale. 
Vale la pena di ripeterlo. E� significativo il fatto che nessuno dei remittenti si sia domandato se 
fosse conforme alla Costituzione che all�interessato non fosse consentito di esercitare correttamente 
le sue funzioni pubbliche senza andare incontro a pregiudizi al suo diritto di difesa. 
-------- 
Come si � rilevato sin dall�inizio, il parametro costituzionale, in base al quale il giudizio deve 
essere condotto, � quello enunciato da codesta Corte nel precedente, richiamato pi� volte: �il 
principio della parit� di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, 
sotto pi� profili � regolato da precetti costituzionali�. 
Anche il Procuratore della Repubblica di Milano finisce col riconoscere come �assolutamente 
esatto� che l�indagine si debba condurre dal punto di vista del �regime differenziato riguardo 
all�esercizio della giurisdizione�, anche se poi perviene a conclusioni negative in base a due 
argomenti, come si vedr� in seguito, entrambi infondati. 
A proposito del numero chiuso costituzionale dei trattamenti differenziati per le cariche elettive 
si � gi� detto. N� sembra che ad esso abbia inteso riferirsi codesta Corte. 
Un trattamento differenziato rispetto ad altre cariche elettive sembra ampiamente giustificato: 
quelle, prese in considerazione dalla norma, sono le quattro cariche di vertice con le maggiori 
responsabilit� politiche, in gran parte da esercitarsi in forma personale. 
Se si conviene su quest�ultima conclusione, resta esclusa a maggior ragione la violazione dell�art.
3 Cost. rispetto ad un qualsiasi altro soggetto, non investito di cariche pubbliche. 
Al Presidente del Consiglio dei ministri viene fatto una trattamento differenziato per evitare i 
danni che possono essere prodotti dalla contemporaneit� di un procedimento penale con l�esercizio 
di certe funzioni pubbliche. Risulta difficile vedere come questa situazione, sotto il profilo 
dell�art. 3 Cost., possa essere messa a confronto con chi non esercita funzioni pubbliche, nei 
confronti del quale, pertanto, non si riscontra una contemporaneit�, quanto meno analoga. 
Anche a voler trascurare le funzioni pubbliche del Presidente del Consiglio dei ministri, il cittadino 
comune ben difficilmente attrarr� la stessa curiosit� dei media. 
Il comune cittadino ha poi mezzi di difesa della propria riservatezza che il Presidente del Consiglio 
non ha. N� va trascurato che, proprio per la mancanza di una sua proiezione pubblica, 
una volta che fosse investito dall�attenzione dei media, potrebbe addirittura ricavarne dei benefici. 
Si potr� obiettare che tutto questo dipende da disfunzioni del sistema. 
Ma di queste si deve tenere conto nei giudizi ai sensi dell�art.3 Cost., nelle varie articolazioni 
che si trovano nella Costituzione, giudizi che debbono essere fondati sulle situazioni concrete 
e non su quelle ideali e per questo astratte. 
In proposito il Procuratore della Repubblica di Milano ha prospettato una incongruenza della 
disciplina, che ne determinerebbe la irragionevolezza. 
Se si � bene intesa l�argomentazione (p.18), la irragionevolezza starebbe nel fatto che la norma 
abbia tenuto conto non del tempo in cui il fatto � stato compiuto, ma della carica rivestita durante 
il processo, prendendo cos� in considerazione non circostanze oggettive, ma condizioni 
soggettive. La conseguenza sarebbe che un reato comune, commesso da chi era un comune 
cittadino, verrebbe ex post trattato come un reato funzionale e con una disciplina processuale 
pi� favorevole di quella vigente per reati funzionali.
66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
L�equivoco, sul quale la tesi � fondata, � stato probabilmente provocato dal fatto che poco 
prima la questione era stata posta in termini di immunit�, sia pure temporanea. 
Va ancora una volta ripetuto che la norma non tocca la responsabilit� penale, che resta integra, 
cos� come non tocca l�esercizio dell�azione penale. 
Gi� per questo � quanto meno azzardato sostenere che la disciplina, prevista per i reati comuni, 
che consente soltanto la sospensione temporanea del procedimento, sia addirittura pi� favorevole 
di quella per i reati funzionali, che incide sulla responsabilit� penale e sulle perseguibilit� 
dei reati. 
Il pregiudizio, che la legge ha voluto evitare, � quello prodotto dalla pendenza di un procedimento 
penale a carico di chi nello stesso tempo � titolare di funzioni di rilievo costituzionale. 
Il legislatore � intervenuto sulla contemporaneit� delle pendenza del procedimento penale, 
qualunque fossero la natura del reato ed il tempo in cui � stato commesso. 
Guardare al reato e non al procedimento significa porsi da un punto di vista diverso da quello 
seguito dal legislatore, del quale soltanto si deve tener conto quando va giudicata la ragionevolezza 
di una norma. 
-------- 
Nell�ordinanza n.2 � prospettato un danno processuale ulteriore per il fatto che la norma contestata 
�nulla dice sull�utilizzabilit� delle prove assunte, che potrebbero venire del tutto disperse 
qualora, al termine dell�eventuale lungo periodo di operativit� della sospensione (di 
per s� inevitabile a causa dell�affievolirsi se non addirittura del venir meno delle fonti di 
prova), divenisse impossibile la ricostituzione del medesimo collegio�. 
Il Tribunale ha dato per scontata l�impossibilit� dell�utilizzo. 
E� questa � una tesi interpretativa, che la norma certo non impone e che non risulta sia stata 
seguita sino ad oggi da alcun giudice. 
Codesta Corte in pi� di un�occasione (v. da ultima ord. n.318/2008) ha dichiarato la legittimit� 
costituzionale dell�art.511 c.p.c., nella interpretazione che ne ha dato la Corte di cassazione a 
Sezione Unite. 
Le Sezioni Unite nella sentenza n. 2/1999 hanno fissato due principi: 
- che l�ultimo inciso dell�art.511 c.p.c. consente la sola lettura dei verbali delle prove testimoniali 
gi� raccolte qualora il nuovo esame dei testi non si svolga o per volont� delle parti, 
espressamente manifestata, ovvero implicita nella mancata richiesta di riaudizione, o per sopravvenuta 
impossibilit�; 
- che sono consentite deroghe, purch� previste dalla legge, anche se solo ordinaria, richiamando 
a conferma l�art.1.2 d.l. n.553/1996, convertito nella legge n.652/1996. 
Di tale possibilit� di deroga codesta Corte ha confermato la legittimit� costituzionale quando, 
dopo aver rilevato che la disciplina posta dall�art.511 c.p.c. � espressione del principio di immediatezza 
�principio il quale postula � salve le deroghe previste dalla legge � l�identit� tra 
il giudice che acquisisce le prove e quelle che decide�. 
Il giudice, pertanto, potr� vedere nella norma una deroga alla disciplina generale, consentendo 
la lettura dei verbali delle prove, senza tenere conto della volont� delle parti. 
Questa interpretazione sar� giustificata dal fatto che la norma ha introdotto una disciplina speciale 
a favore per l�imputato che, di conseguenza, non potr� pretendere una nuova escussione 
dei testi, mentre il P.M. vedr� ridotta la durata del processo attraverso la utilizzazione delle 
prove gi� esperite. 
Il fatto che in proposito la norma impugnata non dica nulla non significa che se ne debba dare 
una interpretazione che ne metta in dubbio la legittimit� costituzionale.
TEMI ISTITUZIONALI 67 
La specialit� ne consentir� una interpretazione funzionale o del risultato utile. 
Saranno i giudici a decidere se, nella situazione sottoposta al loro esame, le prove gi� esperite 
saranno utilizzabili direttamente attraverso la lettura dei verbali in applicazione della norma 
che, proprio perch� speciale, � in grado di introdurre una deroga alla disciplina generale. 
Una tale interpretazione, lasciata al giudice del processo, non far� sorgere questioni di legittimit� 
costituzionale, perch� la possibilit� di deroga con legge ordinaria � stata riconosciuta 
come consentita da codesta Corte. 
I dubbi sulla legittimit� costituzionale sono stati, dunque, fondati dai giudici remittenti solo 
su una delle possibili interpretazioni della norma, nemmeno la pi� probabile. 
Prima che sia adottata dalla giurisprudenza di legittimit� quei dubbi non possono essere presi 
in considerazione. 
-------- 
Nella ordinanza n.2 la questione di legittimit� costituzionale � proposta anche ai sensi dell�art.
136 Cost. 
A sostegno � richiamata la sentenza di codesta Corte n.922/1988. 
La sentenza richiamata smentisce, pi� che sostenere, la tesi del Tribunale di Milano. 
In quella occasione la nuova norma ne aveva riprodotta una, dichiarata costituzionalmente illegittima, 
�usando le identiche parole del testo precedente� (n.3 del Considerato in diritto). 
Codesta Corte, premesso che �non �� consentito ridare nuova efficacia giuridica ad una 
norma che ha perduto efficacia in conseguenza della sentenza di illegittimit��, ha precisato: 
�a meno che, tenuto conto di tutte queste circostanze, il quadro normativo in cui si � inserito 
l�articolo subentrante risulti mutato rispetto a quello in cui si colloca (e dal quale traeva argomento) 
la pronuncia della Corte�, cos� ribadendo un principio gi� enunciato nella sentenza 
n.223/1983, richiamata espressamente. 
Il quadro normativo, nel caso in esame, non solo � mutato, ma lo � in conformit� ai principi 
enunciati nella sentenza n.24/2004. 
Il legislatore oltre ad aver ristretto il numero dei destinatari, ha anche modificato tutte le 
norme, a proposito delle quali erano intervenuti i rilievi di illegittimit� costituzionale, e lo ha 
fatto adeguandosi ai criteri desumibili dalla sentenza di codesta Corte. 
Sar� comunque necessario un nuovo esame, sicuramente diverso da quello svolto da codesta 
Corte con la sentenza n.24/2004. 
Resta esclusa, pertanto, l�applicabilit� dell�art.136 Cost. 
------- 
Per questi motivi 
si conclude 
perch� tutte le questioni di legittimit� costituzionale, sollevate con le ordinanze richiamate, 
siano dichiarate inammissibili o infondate. 
Roma. 3 settembre 2009. 
Glauco Nori 
Avvocato dello Stato
68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La responsabilit� disciplinare degli 
avvocati e procuratori dello Stato 
Ennio Antonio Apicella* 
SOMMARIO: 1. La potest� punitiva nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato: dal r.d. 
30 ottobre 1933 n. 1611 alla legge 3 aprile 1979 n. 103 � 2. Il regime disciplinare degli avvocati 
e procuratori dello Stato: violazioni e sanzioni � 3. Segue: il procedimento � 4. L�esonero 
dal servizio per gli avvocati alla terza e quarta classe � 5. De iure condendo. 
1. La potest� punitiva nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato: dal r.d. 
30 ottobre 1933 n. 1611 alla legge 3 aprile 1979 n. 103 
La ricostruzione del regime della responsabilit� disciplinare degli avvocati 
e procuratori dello Stato non risulta agevole, sia per la concorrenza di plurime 
fonti normative per lo pi� prive di coordinamento, che a causa della mancanza 
di interventi della giurisprudenza in grado di tracciare attendibili direttrici interpretative. 
Per le stesse ragioni, non particolarmente significativi sono i contributi 
della dottrina, che si limita per lo pi� a rilevare come l�ordinamento 
dell�Avvocatura preveda oggi la cognizione dei procedimenti disciplinari da 
parte del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato, rinviando per la disciplina 
sostanziale e procedurale allo statuto degli impiegati civili, con alcuni 
necessari adattamenti (1). 
Il r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 di approvazione del testo unico sulla rappresentanza 
e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura 
dello Stato (2), si limitava (art. 40) ad estendere al personale dell�Avvocatura 
le norme in materia di sanzioni e procedimento disciplinare contenute nella 
(*) Avvocato dello Stato. 
Il presente saggio � destinato al volume FANTACCHIOTTI, FRESA, TENORE, VITELLO. 
La responsabilit� disciplinare nelle carriere magistratuali, Milano (in corso di pubblicazione). 
(1) Di recente, CASO, Magistrati e avvocati dello Stato, in CARINCI e TENORE (a cura di), Il pubblico 
impiego non privatizzato, Milano 2007, vol. I, 690; gi�, P. VIRGA, Il pubblico impiego, Milano 
1991, 554; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego nella giurisprudenza, Milano 1990, 701. 
(2) Sulle linee di sviluppo storico dell�Istituto, culminate nel testo unico del 1933, MANZARI, Avvocatura 
dello Stato, in Dig. disc. pubbl., Torino 1987, vol. II, 97 ss.; gi�, BATISTONI FERRARA, La difesa 
dello Stato in giudizio e la soluzione italiana, in L�Avvocatura dello Stato, Studio storico-giuridico per 
le celebrazioni del centenario, Roma 1976, 243 ss.; LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, ivi, 
303 ss., 370 ss. 
Sul modello utilizzato dal legislatore unitario per realizzare l�unificazione della difesa dello Stato, CARAMAZZA, 
L�Avvocato regio nel Granducato di Toscana, ivi, 185 ss.
TEMI ISTITUZIONALI 69 
parte seconda del testo unico sullo stato giuridico degli impiegati civili dell'amministrazione 
statale all�epoca vigente (r.d. 30 dicembre 1923 n. 2960), con 
salvezza delle diverse disposizioni del coevo regolamento di esecuzione approvato 
con r.d. 30 ottobre 1933 n. 1612. Deroghe alle regole ordinarie per gli 
impiegati civili dello Stato erano introdotte dall'ordinamento dell'Avvocatura 
riguardo alla titolarit� della potest� punitiva per le sanzioni meno gravi - attribuita 
all�Avvocato generale per la censura e la riduzione dello stipendio, mentre 
le punizioni superiori erano irrogate agli avvocati con decreto reale ed ai procuratori 
con decreto del Capo del governo - ed alla commissione di disciplina, 
con attribuzione delle relative funzioni al Consiglio dei ministri o alla Commissione 
permanente del personale (costituita ai sensi dell�art. 25 dello stesso 
r.d. n. 1611 del 1933) in relazione al grado del funzionario incolpato; il procedimento, 
sommariamente regolato dal regolamento di esecuzione n. 1612 cit. 
(artt. 69 ss.) in via integrativa al regime comune degli impiegati civili, prevedeva 
la contestazione degli addebiti da parte dell�Avvocato generale, lo svolgimento 
della c.d. inchiesta disciplinare affidata ad un funzionario istruttore, 
al quale erano attribuiti anche i compiti dell�ufficio del personale, e la trattazione 
collegiale dinanzi al Consiglio dei ministri o alla Commissione del personale 
solo in riferimento alle sanzioni pi� gravi, mentre per le violazioni 
minori erano unificate nell�Avvocato generale le attivit� di impulso, istruttorie 
e decisorie. 
La definizione del sistema sanzionatorio del personale togato dell�Avvocatura 
mediante rinvio al testo unico degli impiegati civili dello Stato - che recava, 
in generale, un�espressa clausola di salvezza delle disposizioni contenute 
nelle leggi sulle avvocature erariali (art. 120 r.d. n. 2960 del 1923) - impediva 
di ritenere che l�equiparazione ai magistrati ordinari prevista dall�art. 23 r.d. n. 
1611 del 1933 potesse essere intesa nel senso della estensione anche del relativo 
regime disciplinare; nonostante l�ampia formula normativa, infatti, la dottrina 
ha prevalentemente limitato tale equiparazione agli aspetti retributivi (3). Ci� 
conferma la particolare collocazione ordinamentale degli avvocati e procuratori 
dello Stato e la specialit� del loro stato giuridico - riflesso delle peculiarit� delle 
funzioni affidate all�Avvocatura e della sua singolare posizione istituzionale 
(4) -, che presenta significative deviazioni rispetto allo statuto generale del 
(3) CASO, Magistrati e avvocati dello Stato, cit., 674 s.; FERRI, Avvocatura dello Stato � I) Ordinamento, 
in Enc. giur. Treccani, vol. IV, Roma 1988, 4. Nel senso dell�estensione agli avvocati e procuratori 
dello Stato, per quanto non diversamente disposto, anche delle norme sullo stato giuridico dei 
magistrati dell�ordine giudiziario, invece, FALCONE e POZZI (a cura di), op. loc. cit. 
(4) Rilievo costante nella giurisprudenza, anche costituzionale: C. cost., ord. 12 gennaio 2000 n. 
9, in Giur. cost. 2000, 67; gi� C. cost. 16 gennaio 1978 n. 1, in Giust. civ. 1978, III, 59. Nello stesso 
senso, spec. Cons. St., Ad. pl., 16 dicembre 1983 n. 27, in Foro amm. 1983, 2355; Cons. St., sez. VI, 21 
aprile 1998 n. 540, in Cons. St. 1998, I, 669; di recente, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 20 maggio 
2003 n. 5878, in Foro amm. T AR 2003, 1746.
70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
pubblico impiego e si caratterizza soggettivamente in senso plurivalente: di 
funzionari per ci� che concerne il rapporto di servizio; di parificazione ai magistrati 
riguardo al rango ed al trattamento economico; di avvocati per ci� che 
concerne l�attivit� svolta e le implicazioni relative (5). 
La disciplina integrativa contenuta nel testo unico e nel regolamento di 
attuazione - imperniata sulle funzioni di impulso procedimentale e decisorie 
dell�Avvocato generale, che assorbivano quelle del capo ufficio e, almeno in 
parte, del ministro nel regime ordinario della responsabilit� degli impiegati 
statali - risultava, peraltro, coerente con la configurazione dell�Avvocatura 
dello Stato come istituzione fortemente verticistica. 
Infatti, secondo l�art. 17 r.d. n. 1611 del 1933, gli uffici dell'Avvocatura 
dipendono dal Capo del Governo (6) e sono posti sotto la immediata direzione 
dell'Avvocato generale, al quale oltre a compiti pi� direttamente collegati alle 
funzioni di rappresentanza in giudizio e consulenza legale - istruzioni generali 
e speciali direttive per la trattazione degli affari contenziosi e consultivi; risoluzione 
delle divergenze di parere tra le Avvocature distrettuali e con gli uffici 
amministrativi - erano pure attribuite la proposta per le nomine e per ogni altro 
provvedimento riguardante il personale dell�Avvocatura dello Stato e la vigilanza 
sull'andamento del servizio (art. 15 r.d. n. 1611 del 1933). 
Qualche incertezza derivava dalla unitaria considerazione dei �funzionari� 
del ruolo degli avvocati e di quello dei procuratori dello Stato e degli 
impiegati d'ordine e subalterni nel capo III del r.d. n. 1611 del 1933 e, segnatamente 
a fini disciplinari, nel capo XI del regolamento approvato con r.d. n. 
1612 del 1933, che si limitava a differenziare il personale togato riguardo al 
provvedimento con il quale le sanzioni venivano irrogate (come si diceva, decreto 
reale, del Capo del governo o dell�Avvocato generale). 
Un contributo chiarificatore (anche se, come si vedr�, non del tutto esaustivo) 
si deve, solo dopo alcuni decenni, alla riforma dell�ordinamento dell�Avvocatura 
dello Stato operata dalla l. 3 aprile 1979 n. 103 (7), che all�art. 
24 innova significativamente il regime dei procedimenti disciplinari nei confronti 
del personale togato, attribuendone la cognizione al Consiglio degli avvocati 
e procuratori dello Stato - organo a formazione in parte elettiva istituito 
dall�art. 21 della medesima l. n. 103, che assorbe le funzioni della commissione 
di disciplina e del consiglio di amministrazione - e dichiarando per il resto ap- 
(5) Cos�, LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 380. 
(6) Rapporto di dipendenza che il Consiglio di Stato, con risalente consultazione, ha inteso anche 
in senso gerarchico, suscitando le critiche della dottrina: Cons. St., Ad. Gen. 23 novembre 1967 n. 1237, 
in Cons. St. 1967, I, 2349. Sull�argomento, JEMOLO, L�Avvocatura dello Stato, in Arch. giur. 1968, 246 
ss.; VILLATA, Sulla natura del rapporto tra Presidenza del Consiglio dei Ministri ed Avvocatura dello 
Stato, in Foro amm. 1969, 25 ss. 
(7) Specificamente su tale riforma, SANTORO, L�Avvocatura dello Stato dopo la l. 3 aprile 1979 
n. 103, in I T.A.R. 1981, II, 291 ss.
TEMI ISTITUZIONALI 71 
plicabili le disposizioni del titolo VII dello statuto degli impiegati civili dello 
Stato approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, con la sostituzione dell�Avvocato 
generale dello Stato al �capo ufficio� e del Presidente del consiglio dei 
ministri al �Ministro�. Agli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la 
terza classe di stipendio (corrispondente alla soppressa qualifica di sostituto 
avvocato generale) l�art. 24, terzo comma, l. n. 103 cit. estende la disciplina 
della dispensa dal servizio prevista dal testo unico n. 3 del 1957 per i direttori 
generali delle amministrazioni statali. 
Le modifiche introdotte dalla riforma del 1979 al regime disciplinare non 
possono che essere valutate positivamente. La devoluzione della cognizione 
sui procedimenti al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato - che, 
come si dir�, pu� essere considerata criterio interpretativo generale e residuale, 
idoneo a colmare le lacune rinvenibili nella disciplina del procedimento sanzionatorio 
(v. infra, sub � 3) - risponde ad avvertite esigenze di attenuazione 
del carattere verticistico dell�Istituto e di introduzione di elementi di �controllo 
democratico� dei componenti dell�Avvocatura sull�esercizio del potere punitivo 
(8), presenti anche nella normativa disciplinare degli appartenenti alle 
magistrature. A tali esigenze pu� farsi risalire la stessa previsione di una maggioranza 
particolarmente ampia per le deliberazioni adottate dal Consiglio 
degli avvocati e procuratori nell�esercizio delle funzioni disciplinari nei confronti 
del personale togato dell�Istituto (voto favorevole di sei dei nove componenti). 
Com�era gi� accaduto nel 1933, il rinvio espresso allo statuto degli impiegati 
civili dello Stato si presentava necessario. Infatti, l�art. 384 d.P.R. n. 3 
del 1957 aveva escluso dall�applicazione delle disposizioni sugli impiegati civili 
dello Stato il personale dell'Avvocatura, ancora una volta considerando 
unitariamente (e inopportunamente) gli avvocati e procuratori dello Stato, per 
i quali l�esclusione trovava fondamento nella menzionata specialit� di stato 
giuridico, ed il personale di segreteria, esecutivo ed ausiliario, per il quale la 
medesima esenzione era priva di ragionevole giustificazione. 
In ogni caso, le disposizioni in materia di responsabilit� disciplinare contenute 
nel testo unico sull�ordinamento dell�Avvocatura del 1933 e del coevo 
regolamento di esecuzione devono ritenersi non pi� operanti. 
Per il personale amministrativo, la contrattualizzazione del rapporto di 
lavoro ha comportato la devoluzione integrale della materia disciplinare alla 
(8) In tal senso, la funzione �integratrice� dei poteri dell�Avvocato generale attribuita dalla modifica 
legislativa ad un organo almeno in parte elettivo accentua quel carattere di �giudizio dei simili� 
che distingue la gestione del rapporto d�impiego dei componenti dell�Avvocatura e fonda l�autonomia 
amministrativa dell�Istituto, gi� posto in luce da LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 
397. 
Rileva MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 99, che la riforma del 1979, seppure parziale, ha valori 
di fondo ispirati a principi di efficienza e democraticit�.
72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
fonte contrattuale (art. 55, comma 3, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), rendendo 
obbligatorio l�intervento, che prima della c.d. �seconda privatizzazione� operata 
dal d.lgs n. 80 del 1998 era solo facoltativo, della contrattazione collettiva 
quale fonte di individuazione di infrazioni e sanzioni. In tal senso, secondo la 
previsione dell�art. 72, commi 3 e 4, d.lgs. n. 165 cit., la stipulazione del contratto 
collettivo del 16 maggio 1995 per il comparto ministeri (9) ha determinato 
la disapplicazione delle previgenti disposizioni disciplinari, sostanziali e 
procedurali (10), secondo il peculiare meccanismo dell�art. 2 del medesimo 
d.lgs. n. 165, posto dal legislatore a presidio del principio di preferenza per la 
regolazione di fonte contrattuale e quale limite agli sconfinamenti delle fonti 
unilaterali, legge o atti amministrativi, generali o particolari (11): poich� le 
(9) Nel quale era compreso il personale della Presidenza del consiglio dei ministri prima della 
stipulazione del c.c.n.l. quadro del 18 dicembre 2002, che ha previsto un autonomo comparto di contrattazione 
collettiva (art. 2, comma 1, lett. g e art. 9). 
(10) Nonostante l�art. 72, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001 parli di abrogazione delle disposizioni 
in materia di sanzioni disciplinari (a differenza del comma 4 della medesima norma, che dispone la 
�inapplicabilit�� delle disposizioni sul procedimento sanzionatorio), dovrebbe trattarsi del medesimo 
meccanismo di cessazione di efficacia nello specifico ambito di riferimento � ossia, per il personale 
appartenente al comparto ministeri �, come si desume dal riferimento alla incompatibilit� con le previsioni 
del medesimo d.lgs. n. 165 e dalla operativit� del meccanismo a far data dalla stipulazione 
dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, entrambi concernenti i soli dipendenti pubblici in 
regime contrattuale. 
Le norme contenute nello statuto degli impiegati civili dello Stato, infatti, devono ritenersi tuttora 
vigenti per il personale mantenuto in regime di diritto pubblico e, segnatamente, per gli avvocati e 
procuratori dello Stato: in generale, per la piena vigenza delle norme pubblicistiche riguardo ai rapporti 
di lavoro non privatizzati, SPEZIALE, La deroga della legge, del regolamento e dello statuto da 
parte del contratto collettivo, in Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, Commentario 
diretto da CARINCI e D�ANTONA, 2^ ed., Milano 2000, 276, anche sulle differenze tra abrogazione 
ed inapplicabilit�. In giurisprudenza, nel senso che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni 
sottratti alla contrattualizzazione la disciplina del rapporto rimane affidata alla normativa di settore, 
nonch�, per quanto non diversamente previsto da norme speciali, dallo statuto degli impiegati civili 
dello Stato, Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, in Foro-amm-C.d.S. 2005, 2916; T.A.R. Lazio, 
Roma, sez. I, 14 ottobre 2003 n. 8371, in I TAR 2003, I, 4132, entrambe in tema di esonero disciplinare 
di impiegato con qualifica di direttore generale. Ritiene invece (erroneamente) che la stipulazione del 
contratto collettivo abbia determinato l�abrogazione dell�art. 117 d.P.R.. n. 3 del 1957 in tema di rapporti 
tra procedimento disciplinare e processo penale, Cass. 21 aprile 2009 n. 9458, in motivazione, 
nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico, a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2010, I. 
(11) Su questo meccanismo e, pi� in generale, sulla vicenda della privatizzazione del rapporto 
di lavoro pubblico, sia consentito rinviare a APICELLA, Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in 
Enc. dir., Aggiornamento, vol. VI, Milano 2002, 602 ss., spec. 606 s. 
Mette conto di segnalare, tuttavia, come la pi� recente legislazione abbia operato una sorta di ripubblicizzazione 
del rapporto d�impiego alle dipendenze delle amministrazioni, statuendo che �Eventuali 
disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui 
applicabilit� sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono 
essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente 
applicabili, solo qualora ci� sia espressamente previsto dalla legge�: art. 1 l. 4 marzo 2009 n. 
15, che ha tuttavia limitato l�applicabilit� di tale innovazione �alle disposizioni emanate o adottate 
successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge�. 
L�art. 33 d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, attuativo della delega, attribuisce espressamente carattere im-
TEMI ISTITUZIONALI 73 
leggi di riforma del rapporto di lavoro pubblico hanno attribuito alla contrattazione 
collettiva sia la disciplina del procedimento che l'individuazione della 
tipologia delle condotte costituenti illecito e delle relative sanzioni - c.d. principio 
di �tipicit� contrattuale� (12) -, a far data dalla stipulazione del contratto 
collettivo non possono pi� trovare applicazione le norme generali e speciali 
del pubblico impiego (13). 
Per gli avvocati e procuratori dello Stato opera integralmente il richiamo 
allo statuto degli impiegati civili dello Stato, con i correttivi, anche procedurali, 
previsti dall�art. 24 l. n. 103 cit., che induce a ritenere abrogate per incompatibilit� 
le diverse disposizioni contenute nelle fonti normative del 1933: risultano, 
infatti, diversamente regolati rispetto all�originario sistema disciplinare 
dell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato non solo la titolarit� del potere 
punitivo, sempre in riferimento alla gravit� della sanzione da infliggere, ma 
anche l�esercizio delle attribuzioni della commissione di disciplina (con rilevanti 
conseguenze procedimentali, che saranno in prosieguo delineate) e la 
stessa responsabilit� degli avvocati con qualifica pi� elevata. 
2. Il regime disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato: violazioni e 
sanzioni 
Come si accennava, l�art. 24 l. n. 103 del 1979 attribuisce al Consiglio 
degli avvocati e procuratori dello Stato la cognizione dei procedimenti disciplinari 
a carico del personale togato dell�Avvocatura, al quale estende, con alcuni 
adattamenti, le disposizioni del titolo VII dello statuto degli impiegati 
civili dello Stato per quanto concerne le infrazioni, le relative sanzioni ed il 
procedimento. 
Anche per la collocazione in apertura dell�art. 24 cit., la devoluzione dei 
procedimenti al Consiglio degli avvocati e procuratori pu� essere considerata 
una previsione generale e residuale, idonea a costituire utile criterio interpretativo 
nelle frequenti ipotesi nelle quali la disciplina ordinaria del procedimento 
previsto per gli impiegati civili non risulti direttamente applicabile al 
personale togato dell�Avvocatura. Ci� sia per qualche difetto di coordinamento 
imputabile al legislatore, che per le peculiarit� ordinamentali dell�Avvocatura 
perativo alle disposizioni diverse da quelle del codice civile e delle leggi sul lavoro subordinato nell�impresa 
contenute nel d.lgs. n. 165 del 2001, con applicazione del regime della nullit� parziale e 
del meccanismo dell�inserzione automatica di clausole. 
(12) Sul quale, per tutti, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento disciplinare 
nel pubblico impiego privatizzato, Milano 2002, 108 ss. 
(13) Orientamento ormai consolidato della Corte suprema: Cass. 28 settembre 2006 n. 21032, 
nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2007, I, 
1259; Cass. 29 marzo 2006 n. 7196, ivi, 1260; Cass. 16 gennaio 2006 n. 758, ivi, 1261; Cass. 16 maggio 
2003 n. 7704, ivi 2004, I, 274.
74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dello Stato. 
In virt� del rinvio operato nella l. n. 103 cit., comunque, la disciplina delle 
condotte punibili e delle relative sanzioni (14) � quella contenuta negli artt. 
78 ss. dello statuto degli impiegati civili: 
- censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, 
inflitta per lievi trasgressioni (art. 79 d.P.R. n. 3 del 1957); 
- riduzione dello stipendio da un decimo ad un quinto di una mensilit�, 
per un periodo non superiore a sei mesi, inflitta per grave negligenza in servizio, 
irregolarit� nell'ordine di trattazione degli affari, inosservanza dei doveri 
di ufficio, contegno scorretto verso i superiori, i colleghi, i dipendenti ed il 
pubblico, comportamento non conforme al decoro delle funzioni, violazione 
del segreto di ufficio (art. 80 d.P.R. n. 3 del 1957); 
- sospensione dalla qualifica, che consiste nell'allontanamento dal servizio 
con privazione dello stipendio da uno a sei mesi, inflitta per violazioni che determinano 
la riduzione dello stipendio connotate da particolare gravit�, denigrazione 
dell'Amministrazione o dei superiori, uso dell'impiego a fini 
personali, violazione del segreto d�ufficio che cagioni grave danno, interruzione 
o turbamento nella regolarit� o continuit� del servizio e volontario abbandono 
del servizio, tolleranza di abusi commessi da impiegati dipendenti 
(art. 81 d.P.R. n. 3 del 1957); 
- destituzione, che consiste nella rimozione definitiva dall�impiego, inflitta 
per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore e del senso morale o 
siano in grave contrasto con i doveri di fedelt� dell'impiegato, grave abuso di 
autorit� o di fiducia, dolosa violazione dei doveri di ufficio che abbia portato 
grave pregiudizio allo Stato, ad enti pubblici o a privati; illecito uso o distrazione 
di somme amministrate o tenute in deposito, o connivente tolleranza di 
abusi commessi da impiegati dipendenti; richiesta o accettazione di compensi 
o benefici in relazione ad affari trattati dell'impiegato per ragioni d'ufficio; 
gravi atti d'insubordinazione commessi pubblicamente o eccitamento all'insubordinazione; 
istigazione alla interruzione o al turbamento nella regolarit� o 
nella continuit� del servizio e al volontario abbandono del servizio (art. 84 
d.P.R. n. 3 del 1957). 
Si applicano agli avvocati e procuratori dello Stato anche le disposizioni 
sulla sospensione cautelare, obbligatoria e facoltativa, dal servizio - istituto 
distinto dalla responsabilit� disciplinare - ed i suoi effetti sul rapporto d�impiego, 
contenute nel testo unico del 1957 (artt. 91 ss.), nonch� quelle, pi� recenti, 
introdotte dalla l. 27 marzo 2001 n. 97, che ha previsto (art. 4) la 
sospensione obbligatoria del dipendente pubblico a seguito di condanna pe- 
(14) Per l�analitica trattazione di infrazioni e sanzioni disciplinari, P. VIRGA, Il pubblico impiego, 
cit., 207 ss.; TERRANOVA, Il rapporto di pubblico impiego, Milano 1991, 219 ss.; FALCONE e POZZI (a 
cura di), Il pubblico impiego, cit., 444 ss.
TEMI ISTITUZIONALI 75 
nale, anche non definitiva ed a pena condizionalmente sospesa, per alcuni delitti 
contro la pubblica amministrazione. Nonostante qualcuno abbia affermato 
che le disposizioni della l. n. 97 cit. sono state introdotte per armonizzare i 
procedimenti disciplinari al nuovo regime contrattualistico dell�impiego pubblico 
(15), la giurisprudenza amministrativa non dubita della loro applicabilit� 
ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni mantenuti in regime di diritto 
pubblico (16), ritenendo, in particolare, che la menzionata norma sulla sospensione 
dal servizio a seguito di condanna non definitiva abbia portata pi� generale 
ed integrativa delle disposizioni del testo unico n. 3 del 1957 (17). 
Il rinvio statico operato dal legislatore allo statuto degli impiegati civili 
dello Stato, tuttavia, non � esente da problemi, sia di carattere generale, come 
tali comuni ai pubblici dipendenti non contrattualizzati (18), che specificamente 
riferiti al personale togato dell�Avvocatura. 
Incerta risulta, da un lato, l�applicazione della disciplina della destituzione 
�di diritto�. Le ipotesi di destituzione automatica indicate dall�art. 85 d.P.R. 
n. 3 del 1957 - che erano sopravvissute all�intervento demolitivo della Consulta 
(19) ed a quello abrogativo dell�art. 9, comma 1, l. 7 febbraio 1990 n. 
19, entrambi riferiti al solo automatismo sanzionatorio (20) - dovrebbero ritenersi 
ormai superate dall�art. 5, comma 4, l. n. 97 del 2001 cit., secondo il 
quale l'estinzione del rapporto di �lavoro� o di �impiego� pu� essere pronunciata, 
a seguito di procedimento disciplinare, nel caso di sentenza penale irrevocabile 
di condanna, ancorch� sia stato concesso il beneficio della 
sospensione condizionale della pena. 
(15) T.A.R. Liguria, sez. I, 7 marzo 2008 n. 375, in Foro amm.-TAR 2008, 694, sulla base di un 
discutibile richiamo alla motivazione di Cass. 24 luglio 2003 n. 11506. 
(16) Cons. St., sez. IV, 31 dicembre 2007 n. 6809, in Foro amm.-C.d.S. 2007, 3417; T.A.R. Campania 
Napoli, sez. VI, 10 maggio 2007 n. 4874, in Foro amm.-TAR 2007, 1763; T.A.R. Friuli Venezia 
Giulia 20 dicembre 2003 n. 930, ivi 2003, 3489, tutte riguardo a personale militare e delle forze di polizia. 
(17) Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2008 n. 3916, in Foro amm.-C.d.S. 2008, 2167. 
(18) Per quelli a regime contrattuale, come si � detto, le disposizioni sanzionatorie contenute nel 
testo unico sono ormai �inapplicabili�. 
(19) Che aveva dichiarata la illegittimit� costituzionale dell�art. 85 cit. nella parte in cui non prevedeva, 
in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, lo svolgimento del procedimento disciplinare: 
C. cost. 14 ottobre 1988 n. 971, in Foro it. 1989, I, 22, con nota di G. VIRGA, �Revirement� 
della Corte costituzionale e conseguenze della pronuncia d�incostituzionalit� della destituzione di diritto 
nel campo del pubblico impiego; in Foro amm. 1989, 1661, con nota di CAPONI, Destituzione ipso iure 
e accesso agli impieghi pubblici dopo la sentenza C. cost. n. 971 del 1988; in Riv. it. dir. lav. 1989, I, 
669, con nota di GRAGNOLI, La Corte costituzionale elimina la destituzione di diritto nel pubblico impiego.
(20) In tal senso, ha chiarito Cons. St., sez. IV, 17 settembre 2002 n. 4665, in Foro amm.-C.d.S. 
2002, 2006, che il termine perentorio di novanta giorni previsto dall'art. 9, comma 2, l. n. 19 del 1990 
per la conclusione del procedimento disciplinare trova applicazione solamente alle ipotesi della destituzione 
di diritto di cui all'art. 85 t.u. n. 3 del 1957, operando nelle altre ipotesi la disciplina generale 
posta dal medesimo testo unico.
76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il legislatore, infatti, ha disciplinato ex novo le conseguenze dell�azione 
penale, consentendo all�amministrazione l�esercizio del potere punitivo nell�ambito 
di un sistema che prevede l�applicazione delle misure cautelari del 
trasferimento e della sospensione dal servizio, entrambe obbligatorie e ad efficacia 
temporanea (artt. 3 e 4 l. n. 97), e della pena accessoria dell�estinzione 
del rapporto (art. 32-quinques cod. pen., introdotto dall�art. 5, comma 2, l. n. 
97) nei casi di rinvio a giudizio e di condanna alla reclusione non inferiore a 
tre anni per i soli delitti di peculato (con esclusione del peculato d�uso), concussione 
e corruzione, propria o impropria ed in atti giudiziari (21). 
Non pare che in materia di cessazione dell�impiego possa predicarsi quel 
rapporto di integrazione tra le disposizioni della l. n. 97 cit. e quelle del testo 
unico n. 3 del 1957, che la giurisprudenza ha rinvenuto in materia di sospensione 
dell�impiegato dal servizio a seguito di condanna non definitiva (22): a 
prescindere dall�irrogazione della pena accessoria nei casi previsti dall'art. 32- 
quinquies cod. pen., poich� l�art. 5, comma 4, l. n. 97 cit. non opera alcun riferimento 
alle fattispecie delittuose, n� alla misura della pena in concreto 
applicata dal giudice penale, l�amministrazione sembra poter disporre la misura 
estintiva, all�esito di procedimento disciplinare, in ogni ipotesi di sentenza 
irrevocabile di condanna che abbia accertato la sussistenza di violazioni incompatibili 
con la prosecuzione del rapporto di lavoro o di impiego, senza che 
rilevi la natura delle condotte oggetto di sanzione giudiziaria (23). 
Risulta cos� fortemente ampliata l�area della responsabilit� disciplinare 
dei pubblici dipendenti rispetto alle originarie previsioni dello statuto degli 
impiegati civili, che contemplava la destituzione �di diritto� nei casi di condanna 
definitiva solo per alcuni delitti contro la personalit� dello Stato, la fede 
pubblica, la moralit� pubblica, il buon costume ed il patrimonio; tale ampliamento, 
del resto, appare coerente con l�intento del legislatore del 2001 di avanzare 
la soglia di tutela del canone di imparzialit� e buon andamento dell�azione 
amministrativa, accrescendo la portata degli esiti del processo penale nell�ambito 
del rapporto punitivo (24) e giungendo ad intensificare la rilevanza disciplinare 
di molti comportamenti extralavorativi che si ripercuotono in senso 
sfavorevole, in modo diretto o indiretto, sul rapporto d�impiego ed incidono 
sul prestigio e sul decoro del dipendente e dell�ufficio, e sulla quale, in passato, 
si � soffermata criticamente la dottrina (25). 
(21) Oltre che di frode del militare della Guardia di Finanza (art. 3 l. 9 dicembre 1941 n. 1383). 
(22) Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2008 n. 3916, cit. 
(23) Ritiene invece MAINARDI, Il potere disciplinare nel lavoro privato e pubblico, Milano 2002, 
542, che l�estinzione del rapporto possa essere pronunciata in sede di procedimento disciplinare solo 
nelle ipotesi in cui per gli stessi delitti indicati nell�art. 32-quinques cod. pen. sia stata irrogata una pena 
inferiore ai tre anni di reclusione. 
(24) Sulle finalit� perseguite dalla l. n. 97 del 2001, per tutti, MAINARDI, ibidem, 512 s. 
(25) RUSSO, Diritti e doveri dei pubblici dipendenti, in Il rapporto di pubblico impiego nella le-
TEMI ISTITUZIONALI 77 
La nuova disciplina degli effetti della condanna penale sul rapporto di 
impiego sembra altres� aver abrogato per incompatibilit� anche le ipotesi di 
destituzione �di diritto� previste dall�art. 85, lett. b, d.P.R. n. 3 del 1957 come 
dipendenti dalla pena accessoria dell�interdizione perpetua dai pubblici uffici, 
o dalla misura di sicurezza detentiva e dalla libert� vigilata, che erano rimaste 
in vigore anche in epoca successiva all�intervento della l. n. 19 del 1990 (26). 
Tali ipotesi, tuttavia, possono essere, in massima in parte, �recuperate�: l�applicazione 
della misura interdittiva determina comunque la cessazione ipso 
iure del rapporto d�impiego quale �effetto indiretto della pena accessoria comminata 
in perpetuo� (27) per finalit� di difesa sociale e di prevenzione speciale, 
senza che l�amministrazione debba adottare provvedimenti costitutivi o discrezionali, 
mentre all�esecuzione della misura di sicurezza detentiva consegue 
la decadenza dall�impiego per ingiustificato abbandono del servizio (art. 127 
d.P.R. n. 3 del 1957), similmente alla libert� vigilata ove le prescrizioni imposte 
dal giudice penale siano incompatibili con la prestazione continua e ininterrotta 
del servizio. 
Ulteriori incertezze, correlate alla risalente scelta legislativa di estendere 
agli avvocati e procuratori dello Stato il regime sanzionatorio degli impiegati 
civili, derivano dalla perdurante mancanza di illeciti specifici correlati all�esercizio 
della rappresentanza in giudizio e dell�attivit� consultiva, a differenza di 
quanto accade per i professionisti, anche pubblici dipendenti, iscritti all�albo 
degli avvocati, per i quali le condotte costituenti illecito disciplinare sono definite 
dalla legge mediante una clausola generale - abusi o mancanze nell'esercizio 
della professione e comunque fatti non conformi alla dignit� e al decoro 
professionale (art. 38 dell�ordinamento forense approvato con r.d.l. 27 novembre 
1933 n. 1578) - e la loro concreta individuazione � rimessa all�organo tigislazione 
e nella giurisprudenza, Commentario sistematico diretto da BALLETTI, vol. III, Napoli 1988, 
660 s., che richiama l�insegnamento di SANTI ROMANO in ordine alla necessit� di stabilire esattamente i 
limiti dell�ingerenza dell�amministrazione nella vita privata del pubblico dipendente. 
(26) La giurisprudenza recente, superando l�iniziale atteggiamento ondivago, ha ritenuto che il 
divieto di destituzione di diritto introdotto dall�art. 9 l. n. 19 del 1990 abbia determinato l�abrogazione 
della sola lett. a) dell�art. 85 d.P.R. n. 3 e non si riferisca alla diversa ipotesi di interdizione perpetua dai 
pubblici uffici, che comporta la cessazione del rapporto di impiego, e ne impedisce la costituzione, senza 
necessit� di un procedimento disciplinare: Cons. St., sez. V, 21 giugno 2007 n. 3324, in Foro amm.- 
C.d.S. 2007, 1851; nello stesso senso, Cons. St., sez. VI, 6 agosto 2002 n. 4099, ivi 2002, 1810. 
Infatti, a fronte di una determinazione giudiziale che recide in modo radicale e definitivo il rapporto di 
servizio non � coerente che all'amministrazione venga dato il potere di adottare una autonoma misura 
disciplinare che, se non coincidente con la destituzione, sarebbe inutiliter data; solo laddove la pena accessoria 
venga meno (a seguito di riabilitazione, o di indulto), rivive il potere disciplinare ed i termini 
dell�art. 9 cit. cominciano a decorrere dalla data in cui l�amministrazione viene a conoscenza del provvedimento 
giudiziale che fa venir meno la destituzione ex lege: cos�, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 15 
settembre 2009 n. 5526; Cons. St., sez. VI, 20 giugno 2003 n. 3675, ivi 2003, 1971. 
(27) C. cost. 9 luglio 1999 n. 286, in Foro it. 2000, I, 321. 
Sul divieto di automatismi esplusivi e sull�identico risultato conseguito dal legislatore con la tecnica 
delle pene accessorie, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 296 ss. 
78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tolare del potere sanzionatorio (28). Definizione mediante clausola generale 
che comporta, secondo la giurisprudenza, la rilevanza a fini sanzionatori del 
codice deontologico, che costituisce fonte normativa integrativa del precetto 
legislativo (29) e neppure esaurisce i comportamenti illeciti disciplinarmente 
perseguibili, potendo essere puniti anche comportamenti atipici, come quelli 
che integrano un abuso degli strumenti che l'avvocato deve esercitare nell'interesse 
del proprio assistito (30). 
In proposito, non pu� non essere rilevata la peculiare posizione degli appartenenti 
agli uffici legali degli enti pubblici, iscritti all�albo speciale, che si 
trovano sottoposti al concomitante potere disciplinare dell�ordine professionale 
e del proprio datore di lavoro pubblico con riferimento a condotte che possono 
rilevare non solo sul piano della violazione dei doveri deontologici, ma anche 
nell�ambito del rapporto di servizio con l�ente pubblico dal quale dipendono. 
Ove si verifichi siffatta sovrapposizione, dovr� ammettersi la possibilit� che 
l�avvocato iscritto all�albo speciale subisca una duplice sanzione per la medesima 
condotta. 
Diversamente da quanto accade nell�ordinamento professionale forense, 
tuttavia, nello statuto degli impiegati civili dello Stato le condotte costituenti 
illecito sono tipizzate, anche se la norma disciplinare non ipotizza quasi mai 
un comportamento definito compiutamente in tutti i suoi elementi, demandando 
al titolare del potere sanzionatorio la collocazione del fatto nella previsione generale 
e la valutazione dell�opportunit� della repressione (31), e frequente �, 
(28) In tal senso, e sui limiti al sindacato giurisdizionale derivanti dall�adozione in sede legislativa 
di tale clausola generale, Cass., sez. un., 13 luglio 2005 n. 14700, in Rass. forense 2006, II, 1195; Cass., 
sez. un., 23 marzo 2005 n. 6216; Cass., sez. un., 27 gennaio 2004 n. 1414; Cass., sez. un., 10 dicembre 
2001 n. 15601. 
In generale, sui problemi sulla responsabilit� disciplinare nei confronti degli iscritti all�albo degli avvocati 
e dell�esercizio della relativa azione, DE TILLA, La professione di avvocato, Milano 1998, I, 477 
ss., 727 ss.; DANOVI, Commentario del codice deontologico, Milano 2004, passim. 
(29) Sulla rilevanza disciplinare delle violazioni del codice deontologico adottato dal Consiglio 
nazionale forense, Cass., sez. un., 20 dicembre 2007 n. 26810, in Giust. civ. 2008, I, 2167; Cass., sez. 
un., 20 maggio 2005 n. 10601, in Rass. forense 2006, II, 1193; Cass., sez. un., 23 marzo 2004 n. 5776, 
in Giur. it. 2005, 249. 
(30) Cass., sez. un., 7 febbraio 2006 n. 2509, che esclude dubbi di legittimit� costituzionale in ordine 
all�atipicit� delle condotte disciplinarmente rilevanti, in quanto la discrezionalit� dell'organo rappresentativo 
della categoria nella ricostruzione dei principi deontologici si svolge all'interno dei binari 
tracciati dalla legge ed in primo luogo da quella costituzionale. In tale ultimo senso, anche Cass., sez. 
un., 3 maggio 2005 n. 9097, in Giust. civ. 2006, I, 1814. 
Sulla genericit� ed atipicit� delle ipotesi alle quale l�art. 38 dell�ordinamento professionale del 1933 
collega l�azione disciplinare nei confronti dei professionisti iscritti all�albo degli avvocati, anche Cass., 
sez. un., 15 luglio 2005 n. 14985, in Rass. forense 2006, II, 1196; Cass., sez. un., 10 giugno 2003 n. 
9216, in Giust. civ. 2004, I, 733, con nota di MOROZZO DELLA ROCCA, Disciplina forense ed esercizio di 
funzioni giudiziarie onorarie; Cass., sez. un., 6 giugno 2002 n. 8225, ivi 2002, I, 2441. 
(31) RUSSO, Diritti e doveri dei pubblici dipendenti, cit., 661, che rileva come dalla genericit� 
della formulazione legislativa discenda l�esigenza di un�adeguata motivazione della decisione sanzionatoria.

TEMI ISTITUZIONALI 79 
anche in questo settore, il ricorso a clausole generali per l�individuazione delle 
condotte sanzionabili. 
Ha chiarito, al riguardo, la giurisprudenza che i fatti idonei a dar luogo a 
responsabilit� disciplinari non devono essere specificamente definiti da norme 
di legge o da regolamenti, talch� le indicazioni contenute nelle norme relative 
al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di varie ipotesi 
ed � la stessa amministrazione che, in sede di formazione del provvedimento 
sanzionatorio, stabilisce il rapporto tra l'infrazione e il fatto, che assume rilevanza 
disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalit� (32); 
in senso difforme �, tuttavia, orientata la dottrina, che ritiene il principio di tassativit� 
e tipicit� applicabile anche al potere disciplinare, essendo predeterminati 
sia i comportamenti punibili che le sanzioni da applicare per le singole 
infrazioni, pur rilevando l�ampia discrezionalit� riconosciuta all�amministrazione 
sia per la minore precisione con la quale sono definite le singole infrazioni 
rispetto al diritto penale, che per la latitudine nella graduazione della sanzione, 
anche in relazione ai precedenti di carriera dell�impiegato (33). 
La diversa tecnica utilizzata dal legislatore per configurare le condotte punibili 
del personale togato dell�Avvocatura dello Stato e quelle dei professionisti, 
anche pubblici dipendenti, iscritti all�albo degli avvocati, rifluisce sulla 
natura e le finalit� del codice etico, previsto come obbligatorio dalla legge ed 
approvato con deliberazione del Comitato nazionale dell�Associazione unitaria 
degli avvocati e procuratori dello Stato del 5 maggio 1994 (34). 
Infatti, secondo l�attuale art. 54 d.lgs. n. 165 del 2001, il Dipartimento 
della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri definisce un 
�codice di comportamento� dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, 
anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di 
assicurare la qualit� dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini 
e, in parallelo, per ciascuna magistratura e l'Avvocatura dello Stato gli organi 
delle associazioni di categoria adottano un �codice etico�, da sottoporre 
all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. 
Le differenze tra i due codici, tuttavia, sono rilevanti. Al codice di comportamento 
dei pubblici dipendenti (35) parte della dottrina riconosce valenza 
(32) Orientamento consolidato, anche in ordine al sindacato del giudice amministrativo, limitato 
alla contraddittoriet�, illogicit� e travisamento dei fatti, con preclusione per valutazioni autonome, sia 
riguardo al fatto imputato e sanzionato disciplinarmente, che con riferimento alla misura e forma della 
sanzione inflitta: Cons. St., sez. VI, 28 marzo 2003 n. 1639, in Foro amm.-C.d.S. 2003, 1128; Cons. St., 
sez. VI, 20 febbraio 1987 n. 67, in Foro amm. 1987, 188; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 13 
marzo 1998 n. 87, in Ragiusan 2000, 290; T.A.R. Toscana, sez. I, 2 dicembre 1994 n. 512, in Foro amm. 
1995, 120. 
(33) P. VIRGA, Il pubblico impiego, cit., 208. 
(34) Pubblicato, unitamente a quelli delle magistrature, in Foro it. 1996, III, 51. 
(35) Attualmente definito con D.P.C.M. 28 novembre 2000, in Gazzetta ufficiale 10 aprile 2001 
n. 84.
80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
disciplinare e non meramente etica, in quanto l�art. 54, comma 3, d.lgs. n. 165 
cit. ha previsto il coordinamento con il c.d. �codice disciplinare� contenuto 
nei contratti collettivi del personale con rapporto di lavoro contrattualizzato 
ed il successivo art. 55, comma 3, affida la definizione dei doveri del dipendente 
(presupposto delle infrazioni disciplinari) proprio al codice di comportamento; 
di conseguenza, la violazione dei doveri del codice di comportamento 
darebbe luogo all�irrogazione di sanzioni disciplinari, anche perch� i contratti 
collettivi contengono clausole di chiusura, che sanzionano la violazione di doveri 
non compresi nel codice disciplinare e, comunque, l�obbligatoriet� del 
codice deriva dal suo recepimento nel contratto nazionale o individuale, che 
rende vincolanti le norme di fonte unilaterale (36) (37). 
Non pu� invece essere attribuita diretta rilevanza sul piano disciplinare 
al codice etico dei componenti dell�Avvocatura, mancando nella legislazione 
di settore un analogo spazio riservato alle regole ivi contenute, che risultano 
prive del carattere della giuridicit�. 
Per il codice etico degli avvocati e procuratori dello Stato, nonostante la 
sua obbligatoriet�, neppure pu� predicarsi una natura affine a quella del codice 
deontologico degli avvocati, recante norme giuridiche che integrano il precetto 
legislativo ai fini della configurazione dell'illecito disciplinare (38). Come � 
stato rilevato in dottrina (39), i codici etici delle magistrature hanno natura 
analoga a quella dei codici di condotta liberamente adottati e trovano fondamento 
in una finalit� di giustificazione, ossia di richiesta di accettazione pubblica 
della funzione di una categoria e di ricerca di consenso sul ruolo da 
questa svolto; si tratta di regole etiche, prive dei caratteri di imperativit� e co- 
(36) NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� ed il procedimento, cit., 99 ss.; MAINARDI, Il potere 
disciplinare, cit., 301 ss.; P. VIRGA, Il pubblico impiego dopo la privatizzazione, Milano 2002, 81. 
In effetti, dalla tornata contrattuale 2002/2005 la separazione tra �codice disciplinare�, espressione dell�autonomia 
collettiva, e �codice di comportamento�, di matrice unilaterale, si � fortemente attenuata, 
in quanto nella definizione degli obblighi del dipendente i contratti collettivi assumono espressamente 
le previsioni del codice di comportamento, la cui violazione diviene direttamente rilevante ai fini sanzionatori: 
�Il dipendente adegua altres� il proprio comportamento ai principi riguardanti il rapporto di 
lavoro contenuti nel codice di condotta allegato� (art. 11, lett. b, c.c.n.l. del 12 giugno 2003, comparto 
Ministeri; art. 23, lett. b, c.c.n.l. del 22 gennaio 2004, comparto regioni-autonomie locali). 
(37) Secondo una diversa opinione, tuttavia, il codice di comportamento avrebbe valenza metagiuridica 
e funzione residuale ed integrativa della definizione dei doveri del dipendente da parte della 
contrattazione collettiva, talch� le sue previsioni assumono immediata rilevanza disciplinare solo ove 
costituiscano oggetto di clausole negoziali collettive e siano collegate (in ossequio al principio di legalit�) 
a sanzioni determinate: GARGIULO, Commento all�art. 58-bis, in CORPACI, RUSCIANO, ZOPPOLI (a cura 
di), La riforma dell�organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, 
in Nuove leggi civ. comm. 1999, 1415; ESPOSITO, Commento agli artt. 59 e 59-bis, ivi, 1419; GREGORATTI 
e NUNIN, Il codice di comportamento dei dipendenti pubblici tra deontologia e esigenze 
disciplinari, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, cit., I, 1641. 
(38) Cass., sez. un., 20 dicembre 2007 n. 26810, cit.; Cass., sez. un., 3 maggio 2005 n. 9097, cit.; 
Cass., sez. un., 23 marzo 2004 n. 5776, cit. 
(39) BARBAGALLO, I codici etici delle magistrature, in Foro it. 1996, III, 36 s.
TEMI ISTITUZIONALI 81 
ercibilit� propri delle norme giuridiche e, dunque, di valore ed efficacia sul 
piano delle fonti normative. 
Tale incoercibilit�, tuttavia, non esclude che alle regole contenute nei codici 
etici l�interprete possa fare riferimento per riempire di significato clausole 
generali contenute in disposizioni di legge (40): il contenuto del codice etico 
rileva cio� sul piano disciplinare solo indirettamente, potendo costituire parametro 
di valore indiziario per l�applicazione di sanzioni collegate a clausole 
di generico richiamo ai doveri del dipendente. 
Pi� specificamente, inteso come impegno pubblico all�assunzione di determinati 
comportamenti degli appartenenti al personale togato dell�Avvocatura 
dello Stato, in relazione all'adesione richiesta dall�art. 54, comma 4, d.lgs. 
n. 165 cit., il codice etico rileva ai fini dell�interpretazione delle violazioni disciplinari 
contenute nel testo unico e della delimitazione delle condotte produttive 
di sanzioni. Tale esigenza � particolarmente avvertita riguardo alla 
censura, per la quale il legislatore ha fissato solo sommariamente le condotte 
punibili, limitandosi l�art. 79 d.P.R. n. 3 del 1957 a prevederne l�irrogazione 
nel caso di �lievi trasgressioni�; ma le stesse violazioni rilevanti ai fini dell�irrogazione 
delle sanzioni pi� gravi sono definite in massima parte dallo statuto 
degli impiegati civili mediante l�utilizzazione di clausole generali, quali 
la �grave negligenza in servizio�, l��inosservanza dei doveri d�ufficio�, il 
�comportamento non conforme al decoro delle funzioni�, il �grave contrasto 
con i doveri di fedelt��, il �grave abuso di autorit� o d�ufficio� (artt. 80, 81 e 
84 d.P.R. n. 3 cit.). 
Sempre sul piano della individuazione delle condotte punibili, va osservato 
come le violazioni concernenti l�attivit� professionale degli avvocati e 
procuratori dello Stato siano essenzialmente da ricondurre alla �inosservanza 
dei doveri d�ufficio� (art. 80, comma 3, lett. c, d.P.R. n. 3 del 1957) e, segnatamente, 
alla �grave negligenza in servizio� (art. 80, comma 3, lett. a, d.P.R. 
n. 3 cit.). 
In tale ambito, le regole contenute nel codice etico circa i comportamenti 
da assumere nel caso di assenza o impedimento (art. 7 del codice) e quelle 
concernenti l�impegno all�aggiornamento professionale e scientifico (art. 12 
del codice), attengono alla diligenza nell�esecuzione della prestazione lavorativa 
e contribuiscono a definire il significato dell�infrazione definita come 
�grave negligenza in servizio�. Allo stesso modo, l�impegno alla riservatezza 
nei rapporti esterni, specie con i mezzi di comunicazione di massa (art. 10 del 
codice), pu� rilevare ai fini delle violazioni concernenti il segreto d�ufficio 
(artt. 80, comma 3, lett. f, e 81, comma 2, lett. d, d.P.R. n. 3 cit.) e l�indicazione 
specifica circa l�ordine di precedenza nella trattazione degli affari - che l�av- 
(40) BARBAGALLO, ibidem.
82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
vocato o il procuratore dello Stato determina in relazione all�utilit� per le amministrazioni 
patrocinate, tenuto conto dell�entit� degli interessi in gioco e del 
grado di urgenza delle soluzioni richieste (art. 4 del codice) - delimita l�ambito 
della violazione prevista dall�art. 80, comma 3, lett. b, d.P.R. n. 3 cit. 
Si deve comunque escludere che possano costituire fonte di illecito disciplinare 
le scelte tecniche adottate in sede defensionale e le soluzioni suggerite 
alle amministrazioni patrocinate in sede consultiva, come si desume 
dall�autonomia professionale che l�ordinamento assicura agli avvocati e procuratori 
dello Stato nello svolgimento dei compiti di istituto. Infatti, se l'Avvocato 
generale e gli avvocati distrettuali impartiscono le direttive inerenti 
alla trattazione degli affari contenziosi e consultivi ed assicurano il coordinamento 
e l'unit� di indirizzo delle attivit� dell�Avvocatura (art. 15 r.d. n. 1611 
del 1933, come sostituito dall�art. 15 l. n. 103 del 1979; art. 18 l. n. 103), gli 
avvocati e procuratori dello Stato, in caso di divergenza di opinioni nella trattazione 
di detti affari con l'Avvocato generale, con i vice avvocati generali o 
con l'Avvocato distrettuale, possono chiedere una risoluzione definiva del comitato 
consultivo e, se questa � contraria al loro avviso, di essere sostituiti 
nella trattazione dell'affare. Gli avvocati e procuratori dello Stato, peraltro, 
vantano un interesse tutelato a non essere sostituiti nella trattazione degli affari 
loro affidati, salvi i casi di situazioni obiettivamente ostative (quali l�assenza 
o l�impedimento), o di provvedimento di revoca determinato da gravi ragioni 
(art. 19 l. n. 103 cit.) (41). 
Problematica � pure l�operativit� dell�istituto della riabilitazione disciplinare. 
Poich� l�art. 3, ultimo comma, l. n. 103 del 1979 ha soppresso per gli 
avvocati dello Stato il rapporto informativo, ardua sembra l�applicazione dell�art. 
87 del testo unico del 1957, che consente all�amministrazione, ove l'impiegato 
abbia riportato la qualifica di ottimo nei due anni successivi al 
provvedimento sanzionatorio, di rendere nulli gli effetti della sanzione e di 
modificare i giudizi conseguiti dopo l�irrrogazione della sanzione ed in conseguenza 
di questa. 
Risultano invece integralmente estensibili agli avvocati e procuratori dello 
Stato gli effetti legali delle sanzioni previsti dallo statuto degli impiegati civili 
dello Stato - ossia il ritardo di un anno nell'aumento periodico dello stipendio 
a decorrere dalla data in cui verrebbe a scadere il primo aumento successivo 
alla sanzione della riduzione dello stipendio (art. 80 comma 2, d.P.R. n. 3 del 
1957), e l�esclusione dalla promozione per due anni dalla data della violazione 
quando sia inflitta la sospensione dalla qualifica, con ritardo di due o tre anni 
nell'aumento periodico dello stipendio e sottrazione del periodo di sospensione 
dal computo dell�anzianit� di servizio (art. 83 d.P.R. n. 3 cit.) -, nonch� l�istituto 
della recidiva disciplinare, ossia l�applicazione di una sanzione pi� grave 
(41) FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 4.
TEMI ISTITUZIONALI 83 
di quella prevista, qualora sia stata commessa una nuova violazione dopo una 
punizione per una infrazione della stessa specie (art. 86 d.P.R. n. 3 cit.). 
3. Segue: il procedimento 
E�, tuttavia, nel rinvio alle norme sul procedimento contenute nello statuto 
degli impiegati civili che la disciplina sanzionatoria degli avvocati e procuratori 
dello Stato mostra i limiti pi� evidenti. 
Come si � detto, l�art. 24, comma 2, l. n. 103 del 1979 dichiara applicabili 
al rapporto d�impiego del personale togato dell�Avvocatura le disposizioni del 
titolo VII del testo unico approvato con d.P.R. n. 3 del 1957, sostituendo alla 
�commissione di disciplina� e al �consiglio di amministrazione� il Consiglio 
degli avvocati e procuratori dello Stato, al �capo ufficio� l'Avvocato generale 
dello Stato ed al �Ministro� il Presidente del consiglio dei ministri. 
Sotto un primo profilo, il rinvio espresso allo statuto degli impiegati civili 
comporta la pacifica natura amministrativa del procedimento disciplinare nei 
confronti degli avvocati e procuratori dello Stato, rimanendo esclusa, sotto 
questo profilo, ogni equiparazione ai magistrati ordinari (42), per i quali il procedimento 
sanzionatorio ha natura giurisdizionale (43), e l�applicabilit� delle 
particolari garanzie che il legislatore ha previsto a salvaguardia della loro indipendenza 
e, in definitiva, dell�esercizio delle funzioni giurisdizionali, quale 
la possibilit� di assistenza di un avvocato di fiducia (44). Da tempo, infatti, la 
Consulta ha rilevato che l'esercizio della funzione disciplinare nell'ambito del 
pubblico impiego, della magistratura e delle libere professioni si esprime con 
modalit� diverse secondo la struttura dei singoli procedimenti, caratterizzati a 
volte come amministrativi, altre volte come giurisdizionali, in rispondenza a 
scelte del legislatore, al quale in materia di responsabilit� disciplinare � riconosciuta 
ampia discrezionalit� (45). 
(42) Sul contenuto di tale equiparazione, prevista sin dall�art. 23 r.d. n. 1611 del 1933 e ribadita 
dall�art. 1 l. n. 103 del 1979, ancora LAPORTA e CANANZI, L�Avvocatura dello Stato, cit., 385 ss. 
(43) Secondo la prevalente opinione: per le indicazioni, CASO, Magistrati ed avvocati dello Stato, 
cit., 396 s. 
(44) La garanzia dell'indipendenza del magistrato rileva anche in materia di responsabilit� disciplinare, 
perch� la prospettiva dell'irrogazione di una sanzione pu� condizionare il magistrato nello svolgimento 
delle funzioni che l'ordinamento gli affida: C. cost. 16 novembre 2000 n. 497, in Giust. civ. 
2001, I, 601, riguardo ai magistrati ordinari; C. cost. 27 marzo 2009 n. 87, in Foro amm.-C.d.S. 2009, 
627, con nota di BERTOLDINI, La Corte costituzionale sancisce l'illegittimit� costituzionale del divieto 
posto ai magistrati amministrativi e contabili di avvalersi di un avvocato di fiducia nel procedimento 
disciplinare, per i magistrati amministrativi e contabili. 
Sull�argomento, TENORE, La responsabilit� disciplinare dei magistrati amministrativi, in FANTACCHIOTTI, 
FRESA, TENORE, VITELLO, La responsabilit� disciplinare nelle carriere magistratuali, Milano (in corso 
di pubblicazione). 
(45) C. cost. 30 maggio 2008 n. 182, in Foro amm.-C.d.S. 2008, 1383; nello stesso senso, gi� C. 
cost. 13 aprile 1995, n. 119, in Giur. cost. 1995, 947; C. cost. 22 giugno 1976 n. 145, ivi 1976, 975.
84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
In tale ambito, tuttavia, anche se nel procedimento amministrativo disciplinare 
il diritto di difesa non trova applicazione piena (46), deve rilevarsi 
come l�avvocato o procuratore dello Stato incolpato non possa avvalersi dell�assistenza 
di un difensore, nemmeno se componente della stessa Avvocatura, 
atteso che lo statuto degli impiegati civili non contempla tale possibilit�; siffatta 
limitazione determina qualche dubbio di compatibilit� costituzionale, ove 
si consideri che alle varie categorie di pubblici dipendenti, sia pur caratterizzate 
da assetti ordinamentali molto diversi, � sempre garantita l�attivit� defensionale, 
anche solo mediante un appartenente alla medesima amministrazione. 
Il regime di diritto pubblico del rapporto d�impiego, infatti, rende inapplicabile 
agli avvocati e procuratori dello Stato la norma della legge quadro sul pubblico 
impiego che assicurava al dipendente pubblico l'esercizio del diritto di difesa 
nei procedimenti disciplinari, anche mediante assistenza di un'associazione 
sindacale (art. 22 l. 29 marzo 1983 n. 93) e le successive previsioni attuative 
contenute negli atti di recepimento degli accordi nazionali di comparto (47). 
Sotto altro profilo, nell�apparente chiarezza della norma di rinvio, sfugge 
tuttavia al legislatore che lo statuto degli impiegati civili attribuisce la competenza 
generale in fase di avvio del procedimento disciplinare - svolgimento 
degli accertamenti preliminari e contestazione degli addebiti - al �capo del 
personale�, funzione che l�ordinamento particolare dell�Avvocatura dello Stato 
non prevede per gli avvocati e procuratori (48). In assenza di ulteriori indicazioni 
normative, come gi� prospettato, la relativa lacuna pu� essere colmata 
utilizzando il criterio indicato dal legislatore in apertura dell�art. 24, comma 
1, l. n. 103 del 1979, nel senso della devoluzione dei procedimenti disciplinari 
al Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato: la competenza dell�organo 
collegiale a conoscere tali procedimenti comporta l�esercizio delle fun- 
(46) Non potendo considerarsi irragionevole la decisione del legislatore di limitare la scelta del 
difensore dell'accusato, anche in considerazione della funzione svolta, ai dipendenti della stessa amministrazione: 
ancora C. cost. 30 maggio 2008 n. 182, cit. 
La dottrina ha da sempre rilevato l�esistenza di vaste zone d�ombra nel panorama dei diritti difensivi 
dell�inquisito e la non maturata consapevolezza che l�esigenza di imparzialit� � in funzione non soltanto 
del privato, ma anche del principio di buona amministrazione in genere: cos�, gi� RUSSO, Diritti e doveri 
dei pubblici dipendenti, cit., 540, in tema di partecipazione del funzionario istruttore alla decisione disciplinare. 
(47) In proposito, P. VIRGA, Il pubblico impiego, cit., 222, nt. 28, il quale ricorda che C. cost. 3 
marzo 1988 n. 239, in Foro it. 1988, I, 249, pur avendo dichiarato inammissibile la questione di legittimit� 
costituzionale dell�art. 112 d.P.R. n. 3 del 1957 nella parte in cui non prevede l�assistenza del difensore 
nel giudizio disciplinare, ha tuttavia auspicato una riforma che tuteli effettivamente il diritto di 
difesa dell�incolpato. 
La salvezza degli ordinamenti giuridici ed economici degli avvocati e procuratori dello Stato (oltre che 
delle altre categorie di personale in regime di diritto pubblico) era prevista nell�art. 26 l. n. 93 del 1983. 
(48) L�art. 17 l. n. 103 del 1979 attribuisce al Segretario generale dell�Avvocatura l�esercizio delle 
funzioni di capo del personale nei soli confronti del personale amministrativo, secondo quanto gi� previsto 
dall�art. 8 l. 5 aprile 1964 n. 284.
TEMI ISTITUZIONALI 85 
zioni disciplinari che non siano espressamente riservate al Presidente del consiglio 
dei ministri o all�Avvocato generale e, in particolare, di quelle che lo 
statuto degli impiegati civili affida al capo del personale. 
Al Consiglio degli avvocati e procuratori sono pure attribuiti dall'art. 24, 
comma 2, l. n. 103 cit. i compiti che il testo unico del 1957 assegna alla commissione 
di disciplina ed al consiglio di amministrazione; nell�esercizio delle 
funzioni di commissione di disciplina nei confronti degli avvocati e procuratori, 
le deliberazioni dell�organo collegiale sono adottate con il voto favorevole 
di sei dei nove componenti (artt. 21, comma 7, e 23, comma 1, lett. g, l. n. 
103). Nessuna particolare interferenza di funzioni sembra determinare la presidenza 
del Consiglio da parte dell�Avvocato generale dello Stato; anche nel 
sistema dello statuto degli impiegati civili, infatti, al �capo ufficio� non sono 
riconosciuti poteri di accertamento delle infrazioni, n� di impulso procedimentale, 
con riferimento alle sanzioni superiori alla censura che appartengono 
alla cognizione del Consiglio. 
Ebbene, descrivendo solo sommariamente lo svolgimento del procedimento 
sanzionatorio (49), la censura � irrogata con provvedimento motivato 
dell�Avvocato generale dello Stato, all�esito di una procedura semplificata che 
prescinde da trattazione collegiale e prevede la contestazione per iscritto degli 
addebiti e l�assegnazione all�avvocato o procuratore di un termine a discolpa 
non superiore a dieci giorni (art. 101 d.P.R. n. 3 del 1957). 
Pi� complesso �, invece, il procedimento applicativo delle rimanenti sanzioni 
(artt. 103 ss. d.P.R. n. 3 cit.), articolato in fasi distinte, tutte caratterizzate 
da una serie di adempimenti intermedi che si susseguono secondo cadenze 
soggette talune a termini inderogabili, in quanto posti a garanzia dell�incolpato, 
altre a termini solo sollecitatori (50). 
L�esercizio della potest� punitiva prevede, innanzi tutto, una fase squisitamente 
preparatoria di accertamenti preliminari, che si conclude con la decisione 
sul promovimento dell�azione. Quando venga a conoscenza di condotte 
potenzialmente sussumibili in fattispecie di illecito disciplinare (51), l�Avvocato 
generale, nell�esercizio delle funzioni di capo dell�ufficio, svolge le necessarie 
indagini e, ove ritenga che sia da irrogare una sanzione pi� grave della 
censura, rimette gli atti al Consiglio degli avvocati e procuratori; il Consiglio 
(49) Per gli approfondimenti, P. VIRGA, op. cit., 215 ss.; TERRANOVA, Il rapporto di pubblico impiego, 
cit., 207 ss.; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego, cit., 469 ss. 
(50) In giurisprudenza, per l�indicazione della natura dei vari termini che cadenzano il procedimento 
disciplinare secondo il t.u. n. 3 del 1957, Cons. St., Ad. pl., 25 gennaio 2000 n. 4, in Foro amm. 
2000, 44, in motivazione. 
(51) La fonte di conoscenza delle violazioni non � tipizzata dalla legge e, di conseguenza, pu� 
essere la pi� varia: relazioni ispettive, esposti provenienti dall�autorit� giudiziaria o amministrativa, da 
avvocati o cittadini, notizie giornalistiche, comunicazioni del pubblico ministero sull�esercizio dell�azione 
penale (art. 129 disp. att. cod. proc. pen.).
86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
che acquisisca comunque notizia di una infrazione disciplinare commessa da 
un avvocato o procuratore svolge gli opportuni accertamenti preliminari e, ove 
ritenga che il fatto sia punibile con la sanzione della censura, rimette gli atti 
all�Avvocato generale, mentre nei casi pi� gravi contesta subito gli addebiti, 
invitando l�inquisito a presentare le proprie giustificazioni scritte. 
Il procedimento disciplinare vero e proprio ha inizio con la contestazione 
degli addebiti, che deve essere effettuata a pena di nullit� mediante atto scritto 
da consegnare all'avvocato o procuratore, che ne rilascia ricevuta sullo stesso 
foglio; qualora la consegna personale non sia possibile, la comunicazione delle 
contestazioni viene fatta mediante raccomandata con avviso di ricevimento; 
se le comunicazioni relative al procedimento disciplinare non possono effettuarsi 
secondo tali formalit�, sono fatte mediante pubblicazione nell'albo dell'ufficio 
al quale appartiene l'incolpato. Entro venti giorni dalla comunicazione 
delle contestazioni, debbono essere presentate le giustificazioni al Consiglio 
degli avvocati e procuratori o, anche in piego chiuso, al capo dell'ufficio presso 
il quale l'avvocato presta servizio, che ne cura l'immediata trasmissione all'organo 
collegiale; il termine della presentazione delle giustificazioni pu� essere 
prorogato per gravi motivi, e per non pi� di quindici giorni, dallo stesso Consiglio; 
l'inquisito ha la facolt� di rinunciare al termine, con dichiarazione 
espressa resa per iscritto. 
Il Consiglio degli avvocati e procuratori, quando in base alle indagini preliminari 
ed alle giustificazioni dell'impiegato ritenga che non vi sia luogo a 
procedere in via disciplinare, ordina l'archiviazione degli atti dandone comunicazione 
all'interessato; qualora il Consiglio ritenga la violazione punibile 
con la censura trasmette gli atti all�Avvocato generale, affinch� provveda all�irrogazione 
della sanzione. 
La ritenuta unificazione nel Consiglio degli avvocati e procuratori delle 
funzioni del capo del personale e di quelle della commissione di disciplina 
comporta l�inapplicabilit� del meccanismo di rimessione previsto nell�art. 107 
d.P.R. n. 3 del 1957. Sar� direttamente il Consiglio, ove si manifesti l�opportunit� 
di nuove indagini, a nominare un istruttore che abbia qualifica superiore 
a quella dell�incolpato, scelto tra i propri componenti; trattasi, quest�ultima, 
di una ulteriore conseguenza della pi� volte menzionata attribuzione legale 
della cognizione dei procedimenti disciplinari al Consiglio degli avvocati e 
procuratori. Le attivit� dell�istruttore si svolgono secondo le indicazioni degli 
artt. 108 ss. d.P.R. n. 3 cit., ed entro termini ivi previsti anche per la conclusione 
dell�inchiesta. 
Il Consiglio degli avvocati e procuratori, nell�esercizio delle funzioni di 
commissione di disciplina, � investito del potere di valutare i fatti addebitati 
all�incolpato e di proporre la misura sanzionatoria. All�uopo, la seduta per la 
trattazione orale viene fissata secondo le modalit� previste dagli artt. 111 ss. 
d.P.R. n. 3, senza che alla deliberazione partecipi il componente che ha svolto
TEMI ISTITUZIONALI 87 
le attivit� istruttorie, al fine di salvaguardare il principio di separazione tra 
funzione inquirente e giudicante (52), desumibile dall�art. 112, ultimo comma, 
d.P.R. n. 3 e comunque immanente al sistema, essendo il procedimento disciplinare 
governato dal principio costituzionale di imparzialit�. 
Il procedimento ha termine con l�adozione del provvedimento di proscioglimento, 
o di quello sanzionatorio. Ai sensi dell�art. 114 d.P.R. n. 3, il Consiglio 
degli avvocati e procuratori, se ritiene che nessun addebito possa 
muoversi all'incolpato, lo dichiara nella deliberazione, mentre ove consideri 
gli addebiti in tutto o in parte sussistenti propone la sanzione da applicare; il 
Presidente del consiglio dei ministri provvede con decreto motivato a dichiarare 
prosciolto l'incolpato da ogni addebito, o ad infliggere la sanzione in conformit� 
della deliberazione del Consiglio, salvo che non ritenga di disporre in 
modo pi� favorevole all�incolpato. 
Al riguardo, non pu� non rilevarsi l�anomalia derivante dall�irrogazione 
della destituzione, estintiva del rapporto d�impiego, mediante decreto del Presidente 
del consiglio dei ministri anche per gli avvocati dello Stato, nonostante 
che la nomina in servizio venga disposta con decreto del Presidente della Repubblica. 
A tal proposito, l�art. 71 del regolamento approvato con r.d. n. 1612 
del 1933 aveva opportunamente differenziata la titolarit� del potere punitivo, 
prevedendo che le sanzioni pi� gravi nei confronti dei �funzionari del ruolo 
degli avvocati dello Stato� venissero inflitte con decreto reale. 
Il predetto rinvio allo statuto degli impiegati civili, oltre a non essere privo 
di elementi di incertezza, neppure esaurisce la disciplina del procedimento 
sanzionatorio. 
Trovano applicazione al rapporto d�impiego degli avvocati e procuratori 
dello Stato le previsioni della l. 7 febbraio 1990 n. 19 in tema di destituzione 
dei pubblici dipendenti (oltre che di circostanze del reato e di sospensione condizionale 
della pena), nonch�, come gi� rilevato, quelle della gi� menzionata 
l. n. 97 del 2001 in tema di rapporto tra procedimento penale e disciplinare, 
oltre che di effetti del giudicato penale nel giudizio disciplinare, che la giurisprudenza 
ritiene applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni 
mantenuti in regime di diritto pubblico (53). 
Sul piano dei rimedi giustiziali, infine, mette conto di rilevare come l�art. 
102 d.P.R. n. 3 del 1957 ammetta il ricorso gerarchico contro il provvedimento 
di irrogazione della censura. Poich�, come si diceva, nei confronti degli avvocati 
e procuratori dello Stato la sanzione della censura � inflitta dall�Avvocato 
generale nell�esercizio delle funzioni di capo dell�ufficio attribuitegli 
(52) Cons. St., sez. IV, 23 novembre 2002, n. 6444, in Foro ammm.-CdS 2002, 2864; Cons. St. 
.sez. IV, 12 giugno 1993, n. 608, in Foro amm. 1993, 1249; Cons. St., sez. VI, 28 ottobre 1991, n. 744, 
ivi 1991, 2635. 
(53) V. retro, nt. 16.
88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dall�art. 24, comma 2, l. n. 103 del 1979, l�esperibilit� del ricorso gerarchico 
al Presidente del consiglio dei ministri dovrebbe rimanere esclusa mancando 
del tutto l�omogeneit� di funzioni che � alla base del rapporto di sovraordinazione 
gerarchica; come ha bene rilevato la dottrina, il collegamento solo strutturale 
dell�Avvocatura dello Stato con la Presidenza del consiglio - che l�art. 
17 r.d. n. 1611 del 1933 definisce in termini di �dipendenza� - deve considerarsi 
esterno, ossia non incidente sulle rispettive sfere di competenza, e riguarda 
solo il corretto funzionamento e la regolare organizzazione dell�Istituto 
sotto il profilo della provvista del personale e delle risorse finanziarie e strumentali, 
senza condizionarne l�autonomia nello svolgimento delle funzioni tipiche, 
di ordine tecnico-professionale (54). 
Si �, tuttavia, gi� ricordato come una risalente consultazione dell�Adunanza 
generale del Consiglio di Stato abbia ritenuta proponibile l�impugnazione 
in via gerarchica degli atti con i quali l�Avvocato generale provvedeva 
all�assegnazione degli affari e, successivamente, a seguito delle rimostranze 
di un avvocato, lo invitava a mantenere un comportamento consono alla dignit� 
della funzione (55). Ed anzi, la stessa dottrina che limita al profilo organizzatorio 
la dipendenza dell�Avvocatura dalla Presidenza del Consiglio, 
ammette la relazione di gerarchia proprio in materia di provvedimenti concernenti 
lo stato giuridico ed il rapporto d�impiego degli avvocati e procuratori 
dello Stato (56), tra i quali rientra certamente l�applicazione delle misure disciplinari. 
Per le sanzioni diverse dalla censura, comminate con provvedimento del 
Presidente del consiglio, l�impugnazione in sede gerarchica rimane esclusa 
dalla definitivit� dell�atto derivante dalla collocazione dell�autorit� emanante 
al vertice dell�amministrazione. 
4. L�esonero dal servizio per gli avvocati alla terza e quarta classe 
Come si � accennato, l�art. 24, comma 3, l. n. 103 del 1979 considera separatamente, 
sempre a fini sanzionatori, la posizione degli avvocati dello Stato 
che abbiano conseguito la terza classe di stipendio, assoggettandoli all�esonero 
(54) VILLATA, Sulla natura del rapporto, cit., 49 s.; MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 99; 
FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 1. 
(55) Cons. St., Ad. gen., 23 novembre 1967 n. 1237, cit. 
In senso adesivo alla ricostruzione dall�Adunanza generale, SANTORO, L�Avvocatura dello Stato, cit., 
292, nt. 7 e 8, che trova conferma del rapporto di �dipendenza gerarchica qualificata, sui generis� nell�innovazione 
introdotta dalla l. n. 103 del 1979 (art. 12) al potere di risoluzione delle divergenze tra 
l�Avvocatura dello Stato e le amministrazioni assistite circa l�instaurazione o la resistenza in giudizio, 
oggi affidato alla determinazione non delegabile del Ministro competente o alla determinazione degli 
organi delle regioni, o degli altri enti patrocinati, competenti a norma dei rispettivi statuti. 
(56) VILLATA, Ibidem, 50; MANZARI, Ibidem; pi� di recente, CASO, Magistrati e avvocati dello 
Stato, cit., 665. 
TEMI ISTITUZIONALI 89 
dal servizio previsto per i direttori generali dagli artt. 78, ultimo comma, e 123 
d.P.R. n. 3 del 1957. 
Si tratta di un istituto di natura disciplinare, caratterizzato tuttavia da 
un�accentuata specialit� di regime, che spazia dalla tipologia delle condotte 
rilevanti, al procedimento ed alla misura sanzionatoria applicabile. Presupposto 
� l�incompatibilit� del mantenimento in servizio dell�impiegato e, dunque, 
la grave violazione dei doveri d�ufficio (57), alla quale consegue come unica 
sanzione la cessazione del rapporto d�impiego; l�esenzione dei dipendenti con 
qualifica apicale da sanzioni disciplinari di tipo conservativo, contenuta nello 
statuto degli impiegati civili dello Stato, anticipa una scelta che i contratti collettivi 
avrebbero operata, dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro, per 
l�intero ambito della dirigenza delle pubbliche amministrazioni (58). 
Prevista per gli �impiegati con qualifica non inferiore a direttore generale�, 
si pu� dubitare che la dispensa disciplinare dal servizio trovi ancora applicazione 
nel sistema della dirigenza pubblica. Se infatti, nell�impianto del 
testo unico del 1957 la qualifica di �direttore generale� costituiva la posizione 
apicale della carriera direttiva del personale delle amministrazioni dello Stato 
(art. 153 e 155 d.P.R. n. 3), gi� a seguito del riordino operato con d.P.R. 30 
giugno 1972 n. 748 alle direzioni generali ed uffici equiparati vennero preposti 
(art. 4) funzionari con qualifica di �dirigente generale�; pi� di recente, la prima 
riforma generale del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni 
pubbliche articola la dirigenza in due sole qualifiche, confermando quella apicale 
di dirigente generale (art. 15 d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29), fino a quando 
gli artt. 10 e 13 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - oggi confluiti negli artt. 15 e 19 
d.lgs. n. 165 del 2001 - procedono all�unificazione della qualifica dirigenziale 
e configurano la preposizione agli uffici dirigenziali di livello generale come 
la risultante di un incarico dirigenziale a termine, attribuito ai dirigenti dei 
ruoli di ciascuna amministrazione (59). 
(57) TERRANOVA, Il rapporto, cit., 231. 
(58) Infatti, per i dirigenti pubblici contrattualizzati, i fatti e comportamenti, anche estranei alla 
prestazione lavorativa, di gravit� tale da essere ostativi alla prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto 
di lavoro, costituiscono giusta causa di recesso dell�amministrazione: art. 41 c.c.n.l. Area I (ministeri) 
del 21 aprile 2006; art. 27 c.c.n.l. Area II (regioni ed enti locali) del 10 aprile 1996. 
Va tuttavia rilevato come la Corte suprema abbia svalutato tale circostanza, affermando che il licenziamento 
per giusta causa del dirigente comporta comunque la verifica della fondatezza degli addebiti 
mossi al lavoratore: Cass. 20 febbraio 2007 n. 3929, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro pubblico 
a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2008, I, 1802. 
(59) La qualifica dirigenziale non esprime pi� una posizione lavorativa inserita nell�ambito di 
una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bens� esclusivamente l�idoneit� 
professionale del dipendente, che svolge le funzioni di direzione per effetto del conferimento di un incarico 
dirigenziale: Cass. 20 febbraio 2007 n. 3929, cit.; Cass. 22 dicembre 2004 n. 23760, ivi 2005, I, 
1391; Cass. 20 marzo 2004 n. 5659, ivi 2004, I, 2471. 
La distinzione tra qualifica ed incarico � presente anche nella disciplina della dirigenza pubblica non 
contrattualizzata: per il personale della carriera prefettizia, artt. 1 e 12 d.lgs. n. 139 del 2000; per quello
90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il conferimento delle funzioni di direzione degli uffici dirigenziali, anche 
apicali, mediante incarico a soggetti appartenenti all�unica qualifica di dirigente, 
induce a ritenere che le norme degli artt. 78, ultimo comma, e 123 d.P.R. 
n. 3 cit. siano rimaste prive di autonoma portata applicativa e finiscano per 
operare per i soli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe 
di stipendio in virt� del rinvio operato dall�art. 24 l. n. 103 del 1979. Il Consiglio 
di Stato ha, tuttavia, ritenuto legittimo il provvedimento di esonero disciplinare 
nei confronti di appartenente alla carriera diplomatica, ritenendo 
sufficiente per l�irrogazione della peculiare sanzione estintiva del rapporto la 
�qualifica� di dirigente generale (60). 
Va altres� rilevato che la previsione di una procedura disciplinare differenziata 
per gli avvocati dello Stato che abbiano conseguito la terza classe era 
collocata nel quadro di una carriera ordinata sulle promozioni a scelta e sulla 
equiparazione del sostituto avvocato generale al direttore generale. Nell�ordinamento 
attuale, atteggiatosi sostanzialmente nella prassi in una progressione 
per anzianit�, attesa la gravit� dell�unica sanzione irrogabile, la norma si risolve, 
nella pratica, in una esenzione dalla responsabilit� disciplinare e, dunque, 
in un privilegio da superare. 
La disciplina dell�esonero dal servizio � comunque piuttosto scarna. L�art. 
123 d.P.R. n. 3 cit. si limita a prevedere che la contestazione degli addebiti 
venga effettuata con atto del Ministro e, dunque, per il personale togato dell�Avvocatura 
(tenuto conto delle sostituzioni operate dall�art. 24, comma 2, 
cit.), con atto del Presidente del consiglio dei ministri, competente a ricevere 
anche le giustificazioni dell�incolpato. 
Il procedimento � snello e deformalizzato, in quanto il legislatore impegna 
l�amministrazione ad osservare i soli artt. 104 e 105 d.P.R. n. 3 del 1957 sulle 
formalit� per la contestazione degli addebiti e le giustificazioni dell�incolpato. 
Il Presidente del consiglio, qualora non accolga le giustificazioni, riferisce al 
Consiglio dei ministri, che delibera sulla compatibilit� dell'avvocato dello 
Stato ad essere mantenuto in servizio e sul diritto al trattamento di quiescenza 
e previdenza; la risoluzione del rapporto � disposta con decreto del Presidente 
della Repubblica su proposta del Presidente del consiglio, quale contrarius 
actus rispetto al provvedimento di nomina in servizio. 
Anche per l�esonero dal servizio disposto per ragioni disciplinari non si 
rinvengono precedenti specifici riferiti agli avvocati dello Stato e la stessa produzione 
giurisprudenziale sui dirigenti generali delle amministrazioni statali 
� esigua. Come si accennava, solo in una circostanza il Consiglio di Stato (61) 
della carriera diplomatica, artt. 16 e 101 d.P.R. n. 18 del 1967, come modificati dal d.lgs. n. 85 del 2000; 
nell�ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, artt. 3 e 10 d.lgs. n. 63 del 2006. 
(60) Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, cit. 
(61) Ibidem.
TEMI ISTITUZIONALI 91 
ha provveduto a dettare le linee guida per l�applicazione dell�istituto, che vengono 
di seguito riassunte. 
Per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni mantenuti in regime di 
diritto pubblico dall�art. 3 d.lgs. n. 165 del 2001 - ai quali appartengono gli 
avvocati (ed i procuratori) dello Stato - la disciplina del rapporto rimane affidata 
alla normativa di settore, nonch�, per quanto non diversamente previsto 
da norme speciali, dallo statuto degli impiegati civili dello Stato. 
La particolare forma di procedimento disciplinare per gli impiegati con 
qualifica di direttore generale prevista dall'art. 123 d.P.R. n. 3 del 1957 � incentrata 
sulla contestazione degli addebiti, e le relative giustificazioni, e finalizzata 
a definire la compatibilit� dell'impiegato a permanere in servizio. Detta 
valutazione assume connotazioni prevalentemente organizzative, rispondendo 
all'esigenza di pubblico interesse che il personale appartenente alle qualifiche 
di vertice debba essere all'altezza dei compiti assegnatigli, sia per caratteristiche 
professionali che personali; tale finalit� organizzativa, tuttavia, non esime 
l'amministrazione da una delibazione complessiva ed attualizzata dell'operato 
del dipendente, proprio perch�, pure se occasionata da profili disciplinari, detta 
delibazione � finalizzata ad accertare la compatibilit� della permanenza in servizio. 
L'esonero disciplinare dal servizio non presuppone necessariamente l'incardinamento 
del dipendente con qualifica apicale in posizioni di vertice, essendo 
possibili per gli appartenenti a tale qualifica una pluralit� di impieghi; 
di conseguenza, l�applicazione della dispensa dal servizio per ragioni disciplinari 
discende esclusivamente dall�appartenenza alla qualifica di avvocato 
dello Stato alla terza e quarta classe, prescindendo del tutto dagli incarichi 
eventualmente attribuiti, quali quelli di Avvocato distrettuale, Segretario generale 
o Vice avvocato generale. L�istituto dell�esonero non trova, invece, applicazione 
nei confronti dell�Avvocato generale, che pu� essere nominato 
anche tra estranei all�Istituto ed appartiene a qualifica distinta da quella degli 
avvocati dello Stato (62). 
Ai fini della individuazione del procedimento da applicare, si deve considerare 
la qualifica rivestita dall�incolpato all'epoca della contestazione degli 
addebiti e della irrogazione della sanzione. 
La giurisprudenza ha altres� chiarito che l�esonero per ragioni disciplinari 
non � collegato ad una valutazione negativa delle prestazioni del pubblico dipendente 
(63), alla quale consegue, nel sistema della responsabilit� dirigen- 
(62) Rilevano che la qualifica di Avvocato generale � separata e distinta da quella degli altri avvocati 
dello Stato, FERRI, Avvocatura dello Stato, cit., 4; FALCONE e POZZI (a cura di), Il pubblico impiego, 
cit., 700; MANZARI, Avvocatura dello Stato, cit., 101. 
(63) Ancora Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2005 n. 6023, cit. 
In dottrina, sulle differenze tra esonero disciplinare e collocamento a riposo per ragioni di servizio dopo
92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ziale, il collocamento a disposizione (64); tale distinzione trova conferma nello 
speciale ordinamento dell�Avvocatura dello Stato (art. 35 r.d. n. 1611 del 
1933), che prevede, anche in sede di giudizio di promovibilit� ad avvocato 
alla terza classe, la dispensa dal servizio ed il collocamento a riposo come misura, 
non disciplinare, conseguente al difetto di operosit� o di capacit� che 
comportino inidoneit� all�esercizio delle funzioni proprie della qualifica (65). 
Rimangono tuttavia irrisolte numerose questioni poste dalla scarna disciplina 
dell�esonero, fonte di inevitabili incertezze applicative. 
Rilevano, sotto un primo profilo, la mancata definizione delle condotte 
sanzionabili - genericamente riconducibili a comportamenti che rendano incompatibile 
la prosecuzione del rapporto di servizio - e la mancata previsione 
di disposizioni analitiche per lo svolgimento del procedimento. 
Per quanto concerne le violazioni sembra doversi fare riferimento in via 
analogica al �codice disciplinare� contenuto nello statuto degli impiegati civili 
dello Stato e, segnatamente, considerata l�identit� degli effetti estintivi del rapporto 
d�impiego, alle infrazioni per le quali pu� essere disposta la destituzione, 
anche all�esito di condanna penale (art. 84 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 5, comma 
4, l. n. 97 del 2001). Trova conferma, anche in questa circostanza, quanto gi� 
osservato riguardo alla difficolt� di emersione di condotte sanzionabili attinenti 
all�attivit� professionale, che dovranno necessariamente essere ricondotte alla 
�violazione dei doveri d�ufficio che abbia portato grave pregiudizio allo Stato, 
ad enti pubblici od a privati� (art. 84, lett. d, d.P.R. n. 3), che tuttavia rileva 
solo se commessa con dolo. 
Riguardo al procedimento, nonostante la natura disciplinare ribadita pure 
nell�incipit dell�art. 123 cit., richiamando espressamente ai soli artt. 104 e 105 
d.P.R. n. 3 del 1957 il legislatore sembra voler escludere l�applicazione delle 
altre disposizioni contenute del titolo VII dello statuto degli impiegati civili 
dello Stato ed in particolare di quelle che cadenzano i tempi di avvio, svolgimento 
e conclusione del procedimento (artt. 97, 103, 107, 110, 111, 119, 120 
il periodo massimo di permanenza nella posizione a disposizione, TERRANOVA, op. cit., 232, anche per 
le conseguenze sul trattamento di quiescenza. 
(64) Va comunque rilevato come l�istituto del collocamento a disposizione non risponda, all�interno 
del lavoro con le pubbliche amministrazioni, ad uno schema uniforme e rappresenti solo in prevalenza 
una misura conseguente alla valutazione negativa dei risultati assegnati in sede di conferimento 
dell�incarico: artt. 21 d.lgs. n. 165 del 2001 e 6 d.P.R. n. 150 del 1999 per i dirigenti con rapporto di lavoro 
contrattualizzato; art. 111 d.P.R. n. 18 del 1967, per il personale della carriera diplomatica. Nella 
carriera prefettizia, ad esempio, la ripetuta valutazione negativa comporta l�esclusione da ogni incarico 
per un periodo massimo di tre anni (art. 23 d.lgs. n. 139 del 2000), mentre il collocamento a disposizione 
pu� essere disposto quando sia richiesto dall�interesse del servizio (art. 237 d.P.R. n. 3 del 1957; art. 24 
d.lgs. n. 139 cit.). 
(65) Nell�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato, il collocamento a disposizione (e, dopo sei 
mesi, in aspettativa) � invece previsto, per esigenze di servizio, per gli avvocati distrettuali dello Stato 
dall�art. 37 t.u. n. 1611 e risulta, dopo la l. n. 103 del 1979, del tutto coerente con l�esercizio delle relative 
funzioni a seguito di incarico.
TEMI ISTITUZIONALI 93 
d.P.R. n. 3 cit.). Tale scelta, tuttavia, non sembra conciliabile con le peculiari 
esigenze sottese all�esercizio del potere punitivo, da individuarsi non solo 
nell�interesse dell�incolpato affinch� non siano rese pi� gravose le modalit� 
di difesa a causa del decorso del tempo, ma nello stesso interesse pubblico 
alla certezza del rapporto tra amministrazione e impiegato, che verrebbe inficiata 
(anche per i profili consequenziali inerenti agli sviluppi di carriera) ove 
questi restasse esposto senza limiti di tempo alla possibile attribuzione di rilevanza 
disciplinare a determinati comportamenti. 
In virt� di una interpretazione costituzionalmente orientata dell�art. 123 
cit., dunque, sembra doversi ritenere che, pur in mancanza di un richiamo 
esplicito, trovino applicazione al procedimento per l�esonero disciplinare non 
solo la regola di ragionevole prontezza e tempestivit� nella contestazione degli 
addebiti (66) - che tempera l�imprescrittibilit� dell�illecito disciplinare (67) 
ed assurge a principio generale che fende trasversalmente la disciplina del lavoro 
pubblico e privato (68) - ma anche l�onere di coltivazione del procedimento 
sanzionatorio, del quale sono espressione i numerosi termini che ne 
cadenzano lo svolgimento ed ai quali la giurisprudenza ha attribuito natura 
perentoria in funzione di tutela della posizione dell�incolpato (69): visione ed 
estrazione copia degli atti (70); preavviso della trattazione davanti alla com- 
(66) Sulle modalit� di contestazione degli addebiti, per tutti, NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� 
ed il procedimento, cit., 190 ss., con ampi richiami; riguardo specificamente alle libere professioni, 
TENORE CELESTE, La responsabilit� disciplinare del notaio ed il relativo procedimento, Milano 2008, 
171 ss.
(67) Il principio di imprescrittibilit� della responsabilit� disciplinare � accolto nel testo unico n. 
3 del 1957 e si estende a tutte le categorie di pubblici dipendenti non contrattualizzati, sia civili che militari: 
cos�, di recente, Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2006 n. 3161, in Foro amm.-C.d.S. 2006, 1422, in 
fattispecie di procedimento nei confronti di magistrato amministrativo. 
(68) Sull�applicazione del principio nel rapporto di impiego pubblico, pur mancando nello statuto 
degli impiegati civili l�indicazione di un termine rigido il cui decorso comporti decadenza del potere 
sanzionatorio, ex plurimis, solo di recente, Cons. St., sez. IV, 30 gennaio 2009 n. 517, in Foro amm.- 
C.d.S. 2009, 145; Cons. St., sez. VI, 6 giugno 2008 n. 2723, ivi 2008, 1760; Cons. St., sez. VI, 11 ottobre 
2007 n. 5340, ivi 2007, 2856. Sull�onere di tempestivit� nell�avvio e nella coltivazione del procedimento, 
anche Cons. St., Ad. pl., 28 febbraio 2002 n. 2, ivi 2002, 357. 
Nel lavoro contrattualizzato con le pubbliche amministrazioni, anche se i termini per la contestazione 
dell'addebito previsti nei contratti collettivi non sono considerati perentori, si ritiene il principio di immediatezza 
della contestazione elemento costitutivo del potere disciplinare del datore di lavoro: Cass. 
2 ottobre 2007 n. 20654; Cass. 2 marzo 2007 n. 4932, nell�Osservatorio di giurisprudenza sul lavoro 
pubblico, a cura di APICELLA, in Giust. civ. 2007, I, 2976; Cass. 28 settembre 2006 n. 21032, ivi 2007, 
I, 1259; Cass. 23 dicembre 2004 n. 23900, ivi 2005, I, 3192. 
Anche nel lavoro privato, il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio risiede 
nell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, 
non consente all'imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo 
da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto: Cass. 8 
giugno 2009 n. 13167; Cass. 20 giugno 2006 n. 14115. 
(69) Per le relative indicazioni, Cons. St., Ad. pl., 25 gennaio 2000 n. 4, cit. 
(70) Cons. St., sez. IV, 13 aprile 2005 n. 1725, in Foro amm.-C.d.S. 2005, 1082; T.A.R. Puglia, 
Lecce, sez. II, 8 aprile 2008 n. 1065, in Foro amm-TAR 2008, 1115.
94 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
missione di disciplina; rinnovazione a seguito di annullamento giurisdizionale 
di un precedente provvedimento sanzionatorio (71); perenzione per decorso 
di novanta giorni dall�ultimo atto (72); tempestivo avvio a seguito di sentenza 
penale di proscioglimento (73). 
Dubbia � pure la partecipazione al procedimento di dispensa del Consiglio 
degli avvocati e procuratori dello Stato, al quale, come si � detto, � devoluta, 
con previsione di carattere generale, la cognizione dei procedimenti punitivi 
a carico dei componenti dell�Avvocatura e sono attribuite funzioni di commissione 
di disciplina. La deliberazione del Consiglio dei ministri sull�incompatibilit� 
alla prosecuzione del servizio, tuttavia, non sembra compatibile con la 
proposta, parzialmente vincolante, che il Consiglio degli avvocati e procuratori 
dovrebbe formulare sulla sanzione da applicare ai sensi art. 114 d.P.R. n. 3 del 
1957, anche se la doppia deliberazione collegiale sulla medesima vicenda disciplinare 
potrebbe essere ritenuto un aggravamento del procedimento imposto 
dall�esigenza di assicurare il �controllo democratico� sull�esercizio della potest� 
punitiva, perseguita dalla riforma approvata con l. n. 103 del 1979. 
Da ultimo, sembra opportuno rilevare come il contenuto precettivo della 
deliberazione del Consiglio dei ministri debba considerarsi la sola pronuncia 
sulla incompatibilit� del mantenimento in servizio (74) dell�avvocato dello 
Stato sottoposto ad incolpazione: nonostante l�impropria dizione usata dal legislatore, 
per quanto concerne il diritto al trattamento previdenziale operano 
le leggi speciali ed a tale normativa, che ha caratteri di inderogabilit�, la deliberazione 
conclusiva del procedimento di dispensa disciplinare non pu� che 
rinviare. 
5. De iure condendo 
Le incertezze, le anomalie e le lacune rinvenute nella ricostruzione della 
responsabilit� disciplinare degli avvocati e procuratori dello Stato mostrano 
l�opportunit� di una profonda modifica legislativa della materia, auspicabilmente 
collocata in seno ad una riforma organica dell�Istituto, attesa ormai da 
troppo tempo. Incertezze, anomalie e lacune che, probabilmente, hanno contribuito 
non poco alla mancanza di precedenti significativi in ordine all�esercizio 
della potest� punitiva nei confronti dei componenti dell�Avvocatura (75). 
(71) Cons. St., sez. VI, 28 giugno 2007 n. 3774, Foro amm.-C.d.S. 2007, 1941; Cons. St., sez. VI, 
10 ottobre 2005 n. 5447, ivi 2005, 2999. 
(72) Cons. St, sez. IV, 25 luglio 2007 n. 4142, ivi 2007, 2167; Cons. St., sez. V, 20 gennaio 2003 
n. 176, ivi 2003, 113. 
(73) Cons. St., sez. VI, 21 agosto 2000 n. 4520, in Foro amm. 2000, 2748. 
(74) In tal senso, anche TERRANOVA, Il rapporto, cit., 232. 
(75) Il cattivo funzionamento del sistema disciplinare nella pubblica amministrazione � stigmatizzato 
in numerosi referti della Corte dei conti: per le indicazioni, ancora NOVIELLO e TENORE, La responsabilit� 
ed il procedimento, cit., 270, nt. 229.
TEMI ISTITUZIONALI 95 
Il nuovo sistema punitivo dovrebbe essere delineato secondo direttrici 
che in questa sede possono essere solo tratteggiate: 
- soppressione dell�ormai anacronistico rinvio allo statuto degli impiegati 
civili dello Stato, fonte di equivoci e disarmonie sia sotto il profilo sostanziale 
dell�esercizio della potest� disciplinare, che riguardo a quello procedurale; 
- individuazione di condotte sanzionabili specificamente riferite allo svolgimento 
dell�attivit� professionale, anche mediante utilizzazione di una o pi� 
clausole generali, modellate sul regime disciplinare dell�ordinamento professionale 
forense; 
- esclusione espressa di ogni rilevanza disciplinare delle scelte tecniche 
adottate in sede contenziosa e consultiva; 
- ridefinizione della titolarit� del potere punitivo, con previsione che le 
sanzioni pi� gravi (segnatamente, quelle estintive del rapporto d�impiego) 
siano irrogate con decreto del Presidente della Repubblica nei confronti degli 
avvocati e con decreto del Presidente del consiglio dei ministri nei confronti 
dei procuratori dello Stato, secondo il modello adottato dal t.u. n. 1612 del 
1933, mentre quelle meno gravi vengano adottate con provvedimento definitivo 
dell�Avvocato generale dello Stato; 
- definizione in via autonoma delle regole di procedura, con previsione 
dei tempi di avvio e svolgimento secondo principi di ragionevole prontezza e 
tempestivit� nella contestazione degli addebiti e di sollecita conclusione; 
- conferma della devoluzione dei procedimenti disciplinari al Consiglio 
degli avvocati e procuratori dello Stato, anche in via generale e residuale rispetto 
alle funzioni attribuite ad altri organi; 
- individuazione delle modalit� di difesa dell�incolpato, con possibilit� 
di assistenza tecnica dinanzi all�autorit� disciplinare; 
- previsione della riabilitazione disciplinare in relazione alle peculiarit� 
dell�ordinamento dell�Avvocatura; 
- superamento della disciplina differenziata per gli avvocati dello Stato 
che abbiano conseguito la terza classe di stipendio, con conseguente unificazione 
del regime disciplinare del personale togato dell�Istituto.
I L C O N T E N Z I O S O 
C O M U N I TA R I O E D 
I N T E R N A Z I O N A L E 
La sospensione dei diritti di voto connessi 
alle partecipazioni azionarie e i suoi riflessi 
sulla libert� di circolazione dei capitali 
Dimitris Liakopoulos* 
SOMMARIO: -1. Le resistenze opposte dagli Stati membri alla liberalizzazione nei servizi 
pubblici; -2. Procedura d'infrazione e libera circolazione dei capitali; -3. Le conclusioni dell'Avvocato 
generale Kokott e la giurisprudenza comunitaria; -4. Conclusioni. 
1. Le resistenze opposte dagli Stati membri alla liberalizzazione nei servizi 
pubblici 
L�instaurazione del mercato interno prefigurata dall�Atto Unico Europeo 
ha comportato ampi interventi di liberalizzazione nei settori dei servizi pubblici; 
tale processo � stato tuttavia ostacolato da difficolt� che sembrano trovare 
riflesso nell�originaria ambiguit� della nozione stessa di servizio pubblico (1), 
essendo quest�ultima riferibile sia alla natura pubblica del soggetto gestore, 
sia alla natura degli interessi perseguiti: al riguardo la Comunicazione della 
(*) Avvocato cassazionista, docente in Diritto dell�unione europea ed internazione - Universit� 
della Tuscia. 
(1) Cfr. anche la Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 
2006 relativa ai servizi nel mercato interno. PERFETTI, Servizi di interesse economico generale e pubblici 
servizi, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2001, pag 482 ss. MUNARI, La disciplina 
dei servizi essenziali tra diritto comunitario, prerogative degli Stati membri e interesse generale, in Il 
Diritto dell�Unione Europea, 2002, pag. 67. TIZZANO, Trattati dell�Unione europea e della Comunit� 
europea, ed. Giuffr�, 2004, art. 86 ss. GERARDO MARCOU, I servizi pubblici tra regolazione e liberalizzazione: 
l�esperienza francese, inglese, e tedesca, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 
2000, pp. 125 ss.
98 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Commissione del 20 settembre 2000 relativa ai servizi di interesse generale 
fornisce un contributo chiarificatore riferendo la locuzione servizio pubblico 
agli obblighi che il regolatore pubblico pu� imporre ai soggetti erogatori del 
servizio e consistenti in prestazioni che tali soggetti non sceglierebbero di fornire 
orientando la propria scelta in termini di convenienza imprenditoriale; la 
Commissione distingue inoltre tra pubblico servizio e settore pubblico, riferendo 
il primo alla natura dell�attivit� svolta ed il secondo allo statuto giuridico 
dei soggetti che lo compongono. Tutto ci� richiama la problematica del rapporto 
tra liberalizzazione e regime della propriet�, tra apertura del mercato e 
privatizzazione: quest�ultima, da taluno considerata necessaria a garantire il 
perdurare di effettive condizioni di concorrenza, resta in effetti una mera facolt� 
degli Stati membri, stante il principio di neutralit� sancito dall�art. 295 
TCE (2) . 
Con riguardo al primo ordine di questioni, � opportuno considerare la 
contro-spinta opposta a fronte dell�azione comunitaria volta all�instaurazione 
del mercato interno e fondata sul diritto degli Stati membri di incaricare determinate 
imprese della gestione di servizi di interesse economico generale, 
tra l�altro con la possibilit� di una deroga alle regole di concorrenza in base al 
par. 2 dell�art. 86 TCE (3). Parallelamente l�attenzione della Commissione si 
� concentrata sulla liberalizzazione dei mercati dei servizi pubblici e sul corretto 
svolgimento dei processi di privatizzazione delle imprese pubbliche, oltre 
che sul rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese possedute 
o controllate dai pubblici poteri e di quelle recentemente privatizzate. 
Va detto che nemmeno la prospettiva liberalizzatrice consente di comporre 
la tensione tra i livelli comunitario e nazionale, quantomeno laddove garantisce 
agli Stati membri il diritto di configurare il servizio con caratteri di 
universalit� e, correlativamente, il potere di riservare ad un monopolista nazionale 
il segmento del servizio stesso che costituisca un monopolio naturale. 
Le resistenze all�apertura dei mercati nei settori in questione si sono manifestate 
in almeno due direzioni: l�applicabilit� delle regole di concorrenza ai ser- 
(2) VERHOEVEN, Privatisation and EC law: Is the European commission neutral with respect to 
public versus private ownership of companies?, in The international and comparative law quarterly, 
1996, pp. 862. DEVROE, Privatizations and community law: neutrality versus policy, in Common market 
law review, 1997, pp. 268 ss. 
(3) Cfr. dalla Corte di giustizia la sentenza n. 188-190/80, Francia, Italia e Regno Unito c. Commissione, 
�Trasparenza� del 6 luglio 1982. Mentre le imprese private decidono in modo autonomo nei 
limiti fissati dalle leggi, le proprie strategie industriali nell�ottica del profitto, le imprese pubbliche sono 
soggette all�influenza delle pubbliche autorit� che possono condizionarne le decisioni per scopi di interesse 
generale. Ai sensi dell�art. 2 della Direttiva 80/723/CEE della Commissione del 25 giugno 1980 
relativamente alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche 
e come modificata dalla Direttiva 2000/52/CE � impresa pubblica: �ogni impresa nei confronti della 
quale i poteri pubblici possano esercitare direttamente o indirettamente un�influenza dominante per ragioni 
di propriet�, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina (�)�.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 
vizi pubblici e l�estensione ai relativi settori delle libert� di circolazione dei 
capitali e di stabilimento. Nel primo senso si � assistito all�acuirsi del conflitto 
tra la logica della concorrenza e quella dei pubblici servizi, in conseguenza 
dell�instaurazione del mercato interno ed a causa delle differenti concezioni 
circa il ruolo dello Stato e lo scopo dei servizi pubblici sviluppate dagli Stati 
membri: il risultato � stato il riconoscimento, da parte del diritto comunitario 
derivato e della giurisprudenza della Corte di giustizia, della possibilit� di giustificare 
regole particolari per i servizi pubblici, derogatorie rispetto alle regole 
della concorrenza o atte ad assicurare un livello specifico del servizio. 
Sintomatiche della particolare cautela in materia le posizioni espresse 
dalla Corte di giustizia in alcune pronunce concernenti presunti diritti esclusivi 
riconosciuti da taluni Stati membri a enti o societ� operanti nel settore dell�energia: 
precisando quanto stabilito dalla giurisprudenza Corbeau (4) ed Almelo 
(5) - secondo la quale le eccezioni alla concorrenza per le imprese 
incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale sono giustificate 
dalla necessit� di condurre l�impresa in condizioni economicamente 
accettabili, tenuto conto degli obblighi di interesse generale - la Corte ha 
escluso la necessit�, per tale giustificazione, di una minaccia alla sopravvivenza 
dell�impresa. Per quanto invece concerne specificamente il profilo degli 
ostacoli alla circolazione dei capitali, la stessa Commissione, nella Comunicazione 
del 19 luglio del 1997 relativa a taluni aspetti giuridici attinenti agli 
investimenti intracomunitari, ha ritenuto che non potessero negarsi le preoccupazioni 
che potevano giustificare la conservazione di una certa influenza da 
parte degli Stati membri sulle imprese privatizzate operanti nei settori dei servizi 
di interesse generale (6) o strategico: tale documento della Commissione 
(4) CGCE, 23 ottobre 1997, Commissione c. Paesi Bassi, causa C-157/94, Commissione c. Italia, 
C-158/94, Commissione c. Francia, C-159/94 e Commissione c. Spagna, causa 160/97. 
(5) 19 maggio 93, causa C-320/91; si veda al riguardo anche alle pagg. 64 e 67. 
(6) � lineare il confine tra servizi di natura economica e servizi di natura non economica a causa 
della presenza o dall�assenza dell�offerta di beni e servizi su un dato mercato secondo la Corte di giustizia 
con la sentenza n. C-159/91 e C-160/91 del 17 febbraio 1993 che si � concentrata su: �(�) ogni attivit� 
che implica l�offerta di beni e servizi su un dato mercato � un attivit� economica (�)�. I servizi non 
economici di interesse generale sembrano idonei a caratterizzare almeno quanto quelli economici, il 
modello europeo di societ�. Va sottolineato che: a) la loro individuazione � rimessa agli Stati membri; 
b) nell�identificarli gli Stati membri tracciano il confine, sottile e mutevole, rispetto ai servizi economici; 
c) allo stato attuale, i servizi non economici di interesse generale rimangono al di fuori dell�ambito di 
applicazione del diritto comunitario, primario e derivato. Per completezza ricordiamo l�art. III-6 del 
progetto del Trattato costituzionale che ha evidenziato: �Fatti salvi gli articoli III-55, III-56 e III-136 in 
considerazione dell�importanza dei servizi di interesse economico generale in quanto servizi ai quali 
tutti nell�Unione attribuiscono un valore e del ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, 
l�Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell�ambito del campo di applicazione 
della costituzione, provvedono affinch� tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, segnatamente 
economiche e finanziarie che consentano di assolvere i rispettivi compiti (�)�. Cfr. ARGENTATI, 
Diritti speciali ed esclusivi e regole comunitarie di concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, 
2002, pp. 394 ss. BASSI, I servizi pubblici comunitari: la loro recente comparsa, i loro primi sviluppi,
100 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
� stato richiamato dalla giurisprudenza �golden share" (7) al fine di ricostruire 
la distinzione tra provvedimenti a carattere restrittivo degli investimenti intracomunitari 
e discriminatori - da ritenersi incompatibili con gli artt. 73 B e 
52 (oggi 56 (8) e 43) del Trattato - e provvedimenti applicabili ai cittadini nazionali 
ed ai cittadini di altro Stato membro, ammissibili se giustificabili in 
base a motivi imperativi di interesse generale e fondati su criteri obiettivi, stabili 
e resi pubblici (9). 
L�istituto della golden share, dedicato alla liberalizzazione dei servizi di 
interesse economico generale, � volto ad attribuire agli Stati, nelle imprese di 
recente privatizzazione, poteri speciali con riguardo alle decisioni pi� significative 
nella gestione di tali imprese e delle infrastrutture necessarie all�erogazione 
dei servizi di interesse generale; la Corte di giustizia ha, con una sola 
eccezione, dichiarato l�incompatibilit� di tali discipline nazionali con la libert� 
di circolazione dei capitali (10) . 
Un diverso profilo di incompatibilit� con la libert� fondamentale sancita 
dall�art. 56 TCE � stato riscontrato dalla giurisprudenza comunitaria (11) nella 
possibilit� di prevedere limiti all�acquisizione di partecipazioni in imprese nazionali 
da parte di operatori stranieri, possibilit� pertanto subito preclusa dalla 
Corte di giustizia. 
in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2006, pp. 70 ss. DE FALCO, Il servizio pubblico fra 
ordinamento comunitario e diritti interni, ed. Cedam, 2003. IANNELLO, Poteri pubblici e servizi privatizzati. 
L�idea di servizio pubblico nella nuova disciplina interna e comunitaria, ed. Giappichelli, 2005. 
MARCOU, I servizi pubblici tra regolazione e liberalizzazione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 
2000, pp. 126 ss. RANGONE, I servizi pubblici nell�ordinamento comunitario, in Giornale di 
diritto amministrativo, 2005, pp. 434 ss. VARONE, Servizi pubblici locali e concorrenza, ed. Giappichelli, 
2004. VILLATA, Pubblici servizi. Discussioni e problemi, ed. Giuffr�, 2006. 
(7) Cfr. la sentenza della Corte di giustizia Commissione c. Francia C-483/99 e Commissione c. 
Belgio, C-503/99 del 4 giugno 2002 e Commissione c. Spagna, C-98/01 del 13 maggio 2003. Si tratta 
di sentenze che la Corte di giustizia si � pronunciata sulla contabilit� con il diritto comunitario delle 
golden shares che attribuiscono diritti speciali allo Stato in imprese recentemente privatizzate. La Corte 
ha affermato un�impresa privatizzata operante nei settori dei servizi di interesse generale o strategico in 
quanto devono rispettare le norme in materia di libera circolazione dei capitali e di libert� di stabilimento. 
Cfr. FERRARI, La golden share nella governance delle imprese locali di servizio, in Diritto pubblico delle 
Comunit� europee, 2008, pp. 884 ss. BALLARINO, BELLODI, La Golden share nel diritto comunitario. A 
proposito delle recenti sentenze della Corte comunitaria, in Rivista societaria, 2004, pp. 2 ss. PADROS 
REIG, La transformaci�n del regime jur�dico de la acci�n de oro en la jurisprudencia comunitaria europea, 
Madrid, 2007. 
(8) La lacunosit� dell�art. 56 riguarda la definizione di �restrizione�, limitandosi la disposizione 
in esame a vietarle tutte, senza prevedere differenze di trattamento tra misure distintamente o indistintamente 
applicabili e misure che riguardino l�importazione o l�esportazione, tanto verso Stati membri 
che verso Stati terzi. Cfr. anche la sentenza n. 157/85 Brugnoni e Ruffinengo, del 24 giugno 1986. 
(9) Sentenza 27 aprile 1994, causa C-392/92. cfr. SOTTILI, Il mercato dell�energia elettrica nella 
giurisprudenza della Corte di giustizia, in Il Diritto dell�Unione Europea, 1998, pp. 927 ss. 
(10) Fanno riferimento ad essa le sentenze rese nelle cause: Commissione c. Portogallo, C-367/98, 
Commissione c. Francia, C-483/99, Commissione c. Regno del Belgio, C-503/99 e Commissione c. Spagna, 
C-463/00. 
(11) Sentenza del 4 giugno 2002, Commissione c. Regno del Belgio, causa C-503/99. 
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 
Quest�ultima ha esaminato, fra l�altro, la compatibilit� con l�art. 56 TCE 
della normativa nazionale portoghese (12) che consentiva la limitazione quantitativa 
delle azioni acquisibili da societ� straniere, con la possibilit�, per il 
caso di violazione di tali previsioni, di imporre la vendita forzata delle azioni 
eccedenti i limiti fissati, la perdita del diritto di voto o la nullit� delle acquisizioni. 
A tal riguardo, la Corte ha ravvisato una disparit� di trattamento per i 
cittadini di altri Stati membri, dalla quale ha fatto discendere la violazione 
della libert� di circolazione dei capitali. 
Il divieto generale di discriminazioni fondate sulla nazionalit� � sancito 
dall�art. 12 TCE (13): principio fondamentale del diritto comunitario, riaffermato 
da norme particolari del Trattato, specialmente in tema di libert� di circolazione, 
ha svolto un ruolo di grande rilievo nella realizzazione del mercato 
comune, contrastando la tendenza degli Stati all�adozione di politiche protezionistiche. 
La riserva espressamente prevista dalla norma lo rende applicabile solo 
in mancanza di disposizioni specificamente intese a vietare trattamenti discriminatori 
e limitatamente al �campo di applicazione del Trattato� (14), vale a 
dire situazioni ratione materiae o ratione personae collegate al diritto comunitario, 
quali, ad esempio, norme nazionali sullo svolgimento del processo, in 
quanto strumentali alla tutela giurisdizionale delle libert� fondamentali. Titolari 
del diritto sono i cittadini comunitari: sia le persone fisiche, sia le persone 
giuridiche. Peraltro, anche in presenza di disposizioni specifiche, l�art. 12 
viene invocato per rafforzare soluzioni ad esse conseguenti o come fondamento 
dell�interpretazione restrittiva delle eccezioni previste da norme speciali 
- ad esempio quella relativa alle attivit� che partecipano all�esercizio dei pubblici 
poteri di cui all�art 45 - o, ancora, per estendere il principio da esso previsto 
a tutti i suoi aspetti di esercizio entro un determinato settore; ne consegue 
che il contrasto con una disposizione specifica determina a sua volta l�incompatibilit� 
con l�art. 12 (15). 
Il principio di parit� di trattamento si applica nei confronti di atti o comportamenti 
anche indirettamente riconducibili alla pubblica autorit� di uno 
Stato membro, pratiche discriminatorie da parte di soggetti privati titolari di 
posizioni di monopolio, atti o comportamenti discriminatori della Comunit�. 
Il divieto in esame impone agli Stati membri di non rifiutare ad un cittadino 
di altro paese comunitario i diritti garantiti ai propri cittadini. Per contro il di- 
(12) Causa C-367/98, Commissione c. Repubblica portoghese. 
(13) BESSON, LՏgalit� de traitement entre paiculiers en droit communautaire in Werro (ed.), �europ�anisation 
du droit priv�, Fribourg, 1998, pp. 58 ss. TRIDIMAS, The general principles of EC law, 
Oxford University press, Oxford, 1999, pp. 78 ss. 
(14) POCAR, Commentario breve ai trattati della Comunit� e dell�Unione europea, Padova, 
Cedam, 2001, art. 12 TCE. 
(15) CG 2 febbraio 1989, 186/87, Cowan.
102 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
vieto di trattare situazioni analoghe in modo diverso incontra il limite di obiettive 
giustificazioni: la giurisprudenza comunitaria esclude tuttavia che queste 
ultime sussistano a fronte, ad esempio, dell�esigenza di garantire la solidariet� 
nazionale. Si ritiene inoltre che non possano ammettersi limitazioni dovute a 
motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanit� pubblica, bench� tale 
posizione non sia universalmente condivisa (16). 
La discriminazione vietata consiste inoltre nel trattamento identico di situazioni 
diverse; il divieto si estende pure alle discriminazioni dissimulate e 
indirette, da intendersi come quelle che, pur fondate su criteri diversi dalla nazionalit�, 
pervengano al medesimo risultato: ne � un esempio la residenza, sia 
qualora tale requisito sia previsto per i soli stranieri, sia quando sia previsto 
anche per i cittadini nazionali, data la maggiore probabilit� che gli stranieri 
risiedano altrove. Espressione specifica del principio di eguaglianza, dunque 
del divieto di disparit� di trattamento non obiettivamente giustificate, il divieto 
di cui all�art. 12 non colpisce le discriminazioni formali, cio� le situazioni solo 
apparentemente discriminatorie: occorre invece verificare la sussistenza di una 
discriminazione materiale, esaminando gli effetti di una disposizione. 
Il divieto di discriminazione in base alla nazionalit� non impedisce infine 
le discriminazioni a rovescio, sussistenti laddove ai cittadini di uno Stato membro 
venga imposto un trattamento pi� intensamente pregiudizievole rispetto a 
quello garantito a cittadini di altri paesi membri, per effetto di una norma interna 
meno favorevole: una situazione puramente interna � riscontrabile nei 
casi in cui un soggetto non si avvalga di diritti e libert� garantiti dal Trattato 
e nelle situazioni prive di collegamento con quelle oggetto di disciplina comunitaria. 
Tale discriminazione consegue all�assenza di discipline comunitarie 
di armonizzazione, come anche pu� intervenire qualora, pur in presenza di 
una norma comunitaria, il legislatore nazionale goda di un margine di discrezionalit�. 
2. Procedura d'infrazione e libera circolazione dei capitali 
Ritenendo incompatibili le disposizioni italiane con il divieto, di cui all�art. 
56 TCE, di ogni restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri e 
fra questi e paesi terzi, la Commissione, secondo quanto previsto dall�art. 226 
TCE, avvia una procedura d�infrazione nei confronti della Repubblica italiana. 
(16) Commissione c. Repubblica italiana, C-174/04, ricorso per inadempimento da parte dell�Italia 
degli obblighi ad essa incombenti in base all�art. 56 TCE. TRIMARCHI BANFI, Considerazioni sui �nuovi� 
servizi pubblici, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 2002, pp. 945 ss. GOBBATO, Golden 
share ed approccio uniforme in materia di capitali nella recente giurisprudenza comunitaria, in Il Diritto 
dell�Unione Europea, 2004, pp. 437 ss. CARTEI, I servizi di interesse economico generale tra riflusso 
dogmatico e regole di mercato, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario 2005, pp. 1226 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 
Con lettera di costituzione in mora del 23 ottobre 2002, la Commissione precisa 
che il contrasto con l�art. 56 TCE dipende dal fatto che la sospensione dei 
diritti di voto avrebbe come conseguenza di rendere meno attraente l�investimento 
di capitali nelle societ� riguardo alle quali � prevista; la Commissione 
invita pertanto il Governo italiano a presentare osservazioni in proposito. 
La messa in mora costituisce l�avvio di una fase di contraddittorio stragiudiziale 
volta a portare a conoscenza dello Stato membro il comportamento 
ad esso imputato e le norme comunitarie ritenute violate, non lasciando sussistere 
dubbi sulla natura della procedura; stimola inoltre il contraddittorio invitando 
lo Stato stesso a presentare le proprie osservazioni, entro il termine 
stabilito in essa; costituisce infine condizione di forma sostanziale, i cui vizi 
producono l�irregolarit� del successivo, eventuale, parere motivato, dando 
luogo all�irricevibilit� del ricorso alla Corte di giustizia per violazione del 
principio del contraddittorio. 
Con nota del 12 marzo 2003 il Governo italiano ammette la restrizione 
alla libera circolazione dei capitali, giustificandola come l�unico strumento 
idoneo a tutelare la concorrenza. Non convinta dalle osservazioni del Governo 
italiano, la Commissione, con parere motivato dell�11 luglio 2003, impone 
alla Repubblica italiana di rimuovere l�inadempimento. Nella procedura d�infrazione, 
il parere motivato precisa il punto di vista della Commissione, attraverso 
la coerente esposizione delle Ragioni che hanno indotto la Commissione 
a ravvisare l�inadempimento contestato allo Stato; l�obbligo di motivazione 
assicura al destinatario del parere la possibilit� di difendersi e rende possibile 
il sindacato della Corte di giustizia; costituisce elemento sostanziale della procedura: 
la sua mancanza comporta l�irricevibilit� del ricorso alla Corte. 
Non avendo il Governo italiano reagito nel termine di due mesi stabilito 
dalla Commissione, quest�ultima propone ricorso chiedendo alla Corte di: dichiarare 
l�incompatibilit� della disposizione di cui al decreto-legge 192/2001 
con l�art. 56 TCE; condannare l�Italia al pagamento delle spese processuali. 
Nel suo ricorso alla Corte di giustizia, la Commissione sostiene l�incompatibilit� 
della disposizione italiana controversa con l�art 56 TCE, rilevando come 
la sospensione del diritto di voto, privando il titolare della partecipazione azionaria 
della possibilit� di esercitare sull�impresa un�influenza corrispondente 
alle proporzioni della sua partecipazione, renda meno interessante l�investimento 
di capitali nelle societ� dei settori dell�energia elettrica e del gas: richiamando 
la giurisprudenza della Corte sulla golden share, la Commissione 
afferma che il decreto-legge 192/2001 introduce una normativa tale da dissuadere 
imprese pubbliche di altri Stati dall�acquisizione di partecipazioni negli 
operatori dei settori gi� menzionati; sarebbe inoltre irrilevante l�argomento 
del Governo italiano, secondo il quale il decreto-legge 192/2001 non introduce 
un trattamento discriminatorio: l�art. 56 TCE non distingue tra misure discriminatorie 
e non discriminatorie.
104 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La giurisprudenza golden share, in effetti, consolidando il cd. �approccio 
uniforme� all�accertamento delle restrizioni alle quattro libert� di circolazione, 
consente di qualificare come ostacoli alla libert� di circolazione dei capitali 
non solo le misure discriminatorie, ma anche quelle indistintamente applicabili, 
purch� non giustificate da motivi previsti dal Trattato CE o da esigenze 
imperative. La sospensione del diritto di voto, essendo quest�ultimo connesso 
alle partecipazioni azionarie, violerebbe la libera circolazione dei capitali dovendosi 
ricondurre alla nozione di movimenti di capitali - come ricostruita in 
base alla nomenclatura allegata alla Direttiva 88/361/CEE per l�attuazione dell�art. 
67 (17) del Trattato CE - l�investimento diretto transfrontaliero e, conseguentemente, 
la partecipazione effettiva al controllo e alla gestione di una 
societ�. La Corte di Giustizia � tornata ad occuparsi di golden share, per ribadire 
il consolidato orientamento dell'incompatibilit� di tale istituto con le 
norme comunitarie a tutela della libert� di circolazione dei capitali e di stabilimento. 
L'occasione (sentenza del 28 settembre 2006, cause riunite C-282/04 
e C-283/04) � venuta dalla partecipazione del Governo olandese nelle due societ� 
risultanti dalla privatizzazione dell'azienda di Stato responsabile per 
posta, telegrafi e telefonia (Koninklijke Ptt). Le actions sp�cifiques in esame 
attribuiscono al Governo olandese speciali diritti di approvazione preventiva 
delle decisioni degli organi societari su molteplici aspetti, tra i quali emissione 
di azioni, riscatto delle golden share, fusione, scissione e scioglimento delle 
societ�, nonch� diritti di voto connessi alle azioni detenute, limitazione o soppressione 
del diritto d'opzione dei possessori di azioni ordinarie. 
Nonostante un accordo nel quale lo Stato olandese si � impegnato a utilizzare 
la golden share solo se necessario a tutelare i propri interessi di azionista 
rilevante e la garanzia del servizio postale universale, la Corte di giustizia 
ha considerato questi speciali diritti statutari contrari agli articoli 43 e 56 del 
Trattato. La previsione di un'approvazione preventiva statale per decisioni di 
rilevante importanza conferiscono un�influenza ingiustificata sulla gestione 
delle due societ�, superiore a quella spettante per la sua partecipazione ordinaria. 
Ci� si traduce in un�influenza negativa sugli investimenti diretti degli 
azionisti, oltre che in un effetto dissuasivo per gli investimenti stranieri. Queste 
golden share, dunque, non avrebbero, come sostenuto dal Governo olandese, 
riflessi aleatori e indiretti, ma porterebbero a restrizioni alla libera circolazione 
dei capitali e alla libert� di stabilimento. 
La Corte di giustizia ha condannato la Germania con la causa: C-112/05 
del 23 ottobre 2007, bocciando la legge speciale tedesca che dal 1960 aveva 
conferito allo Stato di Bassa Sassonia una golden share nel pacchetto azionario 
di Volkswagen, allo scopo di proteggere la societ� dalle scalate. I giudici co- 
(17) POCAR, La comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una �European conflict of 
laws revolution�?, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2000, pp. 874 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 
munitari hanno ritenuto che la legge del 1960 violi i principi del mercato unico, 
poich� conferisce diritti particolari ai poteri pubblici nella misura in cui si 
proibisce ad ogni azionista di detenere pi� del 20% dei diritti di voto, anche 
se l�azionista statale possiede una parte di capitale superiore a tale percentuale. 
Tale dispositivo ha permesso al Land tedesco, il solo grande azionista Volkswagen, 
di difendere il gruppo da scalate indesiderate. Infatti, la percentuale 
di azioni Volkswagen detenuto dallo Stato di Bassa Sassonia (il 20%), aveva 
un peso proporzionalmente maggiore in termini di diritti di voto. Inoltre, a 
chiunque altro era stato vietato di acquisire altrettanta parte del pacchetto azionario 
o altrettanti diritti di veto. 
Il Governo italiano considera anzitutto come il differente grado di recepimento 
negli ordinamenti nazionali delle Direttive di liberalizzazione dei settori 
dell�energia elettrica e del gas, rispettivamente 96/92 e 98/30, dunque la 
diseguale liberalizzazione dei mercati nazionali dell�elettricit� e del gas - situazione 
ammessa dalla stessa Commissione nella comunicazione al Consiglio 
e al Parlamento europeo 13 marzo 2001 sul completamento del mercato interno 
dell�energia - potrebbe consentire l�estensione di monopoli pubblici ai 
mercati liberalizzati. 
In tali circostanze gli Stati dovrebbero garantire la liberalizzazione agendo 
secondo il principio di sussidiariet�. Al riguardo sono citate disposizioni della 
direttiva 96/92 che: attribuiscono agli Stati membri il compito di far s�, secondo 
il principio di sussidiariet�, che la gestione delle imprese elettriche avvenga 
nel rispetto dei principi posti dalla Direttiva e in vista di un mercato 
concorrenziale (art. 3, n. 1); prevedono una clausola di reciprocit� (art. 19, n. 
5); obbligano gli Stati membri ad instaurare meccanismi che, tenendo conto 
delle disposizioni del Trattato (in particolare dell�art. 56) impediscano abusi 
di posizione dominante e qualsiasi comportamento predatorio (art. 22). Il principio 
richiamato dal Governo italiano � stabilito dall�art. 5 TCE, con riguardo 
agli ambiti non appartenenti alla competenza esclusiva della Comunit�. 
Secondo un orientamento dottrinale, tale principio costituirebbe risultato 
e premessa dell�allargamento dell�azione comunitaria in tutti i settori strumentali 
allo sviluppo della Comunit�; a tale lettura positiva se ne contrappone altra 
negativa che ne fa discendere il primato dell�azione degli Stati membri rispetto 
a quella della Comunit�. � significativo che la sua enunciazione segua quella 
del principio di attribuzione: il principio in esame integra quest�ultimo in materia 
di competenze concorrenti, laddove l�intervento della Comunit� � concepito 
in termini negativi e vincolato alle condizioni della maggiore efficacia 
di esso, nella dimensione e negli effetti, rispetto all�azione statale e della insufficiente 
realizzabilit� dei suoi obiettivi da parte degli Stati membri. 
In altri termini, la fase dinamica concernente le modalit� di esercizio delle 
competenze comunitarie � retta dal principio di sussidiariet�, mentre nella fase 
statica di determinazione di tali competenze interviene il principio di attribu-
106 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
zione. In conseguenza dell�introduzione del principio di sussidiariet�, la dottrina 
ha elaborato la teoria dell�abilitazione, secondo la quale l�esercizio 
della competenza comunitaria richiede in ogni caso una sorta di consenso 
da parte degli Stati membri. Il principio di sussidiariet� implica l�agire secondo 
buon senso, facendo solo ci� che pu� essere realizzato meglio al livello 
considerato: la scelta di quest�ultimo, come la definizione della portata 
e del contenuto dell�azione devono essere compiuti in base al test dell�efficacia 
comparativa, valutando la dimensione dell�azione, il contrasto dell�eventuale 
inerzia della Comunit� con i principi del Trattato o del mercato 
interno, il pregiudizio derivante agli Stati membri da tale inerzia, la certezza 
degli evidenti vantaggi conseguibili attraverso l�azione della Comunit�: deve 
risultarne un valore aggiunto dell�azione comunitaria rispetto a quella nazionale, 
per la maggior capacit� della prima di conseguire i risultati con il 
minor sforzo. 
Il principio in parola, fra quelli fondamentali dell�Unione europea, non 
pu� peraltro pregiudicare l�integrazione, n� prevalere su altri principi. Il Protocollo 
n. 30 allegato al Trattato di Amsterdam prevede la competenza delle 
Istituzioni comunitarie laddove risulti la necessit� della loro azione, essendo 
stata verificata l�impossibilit� degli Stati membri, agendo uti singuli, di ottenere 
risultati sufficienti; inoltre deve accertarsi che l�azione delle istituzioni 
comunitarie sia adeguata e non ridondante rispetto allo scopo che esse si 
prefiggono; sono inoltre indicati dei principi guida - concernenti ad esempio 
la dimensione transnazionale del problema o la necessit� di correggere distorsioni 
della concorrenza - che consentono di provare oltre il ragionevole 
dubbio opportunit� e congruenza dell�azione comunitaria. 
Poich� il principio di sussidiariet� costituisce regola superiore per i rapporti 
fra Comunit� e Stati membri, esso pu� essere invocato per valutare la 
legittimit� di un atto comunitario, in base ai criteri forniti dagli atti che hanno 
previsto la c.d. procedimentalizzazione del principio in parola; d�altronde 
l�atteggiamento prudente della Corte l�ha indotta ad una certa aderenza ad 
orientamenti maggiormente consolidati. 
Non manca tuttavia di osservarsi, nella giurisprudenza comunitaria, un 
favor nationis che, pur senza menzionarla esplicitamente, connota la sussidiariet� 
quale strumento di tutela delle specificit� nazionali; anche nei settori 
di competenza esclusiva, tale indirizzo giurisprudenziale ha determinato il 
restringimento delle competenze comunitarie: nella sentenza Keck e Mithouard, 
la Corte ha stabilito l�inapplicabilit� dell�art. 28 TCE alle misure concernenti 
le modalit� di vendita indistintamente applicabili a tutti gli operatori 
e a tutte le merci. 
Con riguardo al settore delle public utilities peraltro, se da un lato il 
principio di sussidiariet� verticale ha fondato istanze di limitazione dell�intervento 
comunitario a vantaggio degli ordinamenti nazionali - anche in con-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 107 
siderazione dell�art. 16 TCE (18), secondo il quale, Comunit� e Stati membri 
provvedono al funzionamento dei servizi di interesse economico generale 
secondo le rispettive competenze - dall�altro ha ricevuto un�applicazione 
tale da accomunarlo pi� al principio di leale cooperazione che ad un criterio 
di riparto delle competenze: hanno militato in tal senso la sottoposizione al 
controllo della Commissione - e secondo una valutazione orientata al rispetto 
di criteri di mercato - dell�applicazione della deroga di cui all�art. 86 par. 2 
TCE, l�estendersi della competenza a materie fortemente limitative della potest� 
degli Stati membri nell�ambito in considerazione - in ordine, ad esempio, 
alle libert� fondamentali, alla concorrenza ed alle reti trans europee - e 
soprattutto la prevalenza delle ragioni e necessit� del mercato interno sulla 
libert� degli Stati; in tal modo la prevalenza del diritto comunitario sulle 
norme nazionali ha finito col trasformare il principio di sussidiariet�, da baluardo 
dell�autonomia degli ordinamenti nazionali, in fonte di legittimazione 
dell�intervento comunitario. 
Nella causa in esame, la diversit� di regimi cui fa riferimento il Governo 
italiano dipende anche dalla circostanza che la privatizzazione delle imprese 
operanti nei settori considerati dalle direttive di liberalizzazione � rimasta 
una scelta degli Stati membri: ne risultano asimmetrie a cui non sembra, a 
taluni, sufficiente opporre l�applicazione ex post di regole di tutela della concorrenza, 
occorrendo invece l�adozione di interventi ex ante di regolazione 
della struttura dei mercati e degli assetti proprietari dei maggiori operatori. 
Secondo il Governo italiano la sospensione del diritto di voto consentirebbe 
di perseguire gli interessi comunitari previsti dalle due Direttive citate 
garantendo la gestione concorrenziale delle imprese operanti nei settori 
dell�energia elettrica e del gas. D�altronde sarebbero inapplicabili i criteri 
delle giurisprudenza relativa alle golden share dato che il caso di specie � 
opposto a quello di misure miranti a conservare l�influenza dello Stato e ad 
impedire la liberalizzazione di un mercato, essendo invece in questione l�ammissibilit� 
di un provvedimento unilaterale adottato a difesa dell�instaurazione 
di un mercato concorrenziale: la situazione disomogenea risultata 
dell�azione comunitaria richiederebbe opportuni correttivi a livello nazionale 
(19).
In particolare la restrizione del diritto di voto non inciderebbe necessariamente 
sulla libera circolazione di capitali: in effetti disposizioni che prevedono 
la sospensione del diritto di voto sono contenute nel decreto 
(18) RADICATI DI BROZOLO, La nuova disposizione sui servizi di interesse economico generale, in Il 
Diritto dell�Unione europea, 1998, pp. 528 ss. ROSS, Article 16 EC and services of general interest: from 
derogation to obligation?, in European law review, 2000, pp. 30 ss. PERFETTI, Servizi di interesse economico 
generale e pubblici servizi, in Rivista italiana di diritto pubblico e comunitario, 2001, pp. 480 ss. 
(19) Presentate il 3 marzo 2005, nella causa in esame, C-174/04.
108 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico delle disposizioni in materia 
di intermediazione finanziaria. L�art. 120 del decreto-legge ultimo citato impone, 
al comma 2, un obbligo di comunicazione avente ad oggetto le partecipazioni 
superiori al 2% del capitale, rappresentato da azioni con diritto di 
voto, di societ� quotate; stabilisce poi, al comma 5, la sospensione del diritto 
di voto per le azioni per le quali � stata omessa la predetta comunicazione: 
tale disciplina � stata introdotta in attuazione della direttiva del Parlamento 
europeo e del Consiglio 28 maggio 2001, 2001/34/CE, riguardante l�ammissione 
di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l�informazione da pubblicare 
su di essi. 
Da ultimo si rileva come la disciplina italiana debba applicarsi solo fino 
alla realizzazione di un mercato pienamente liberalizzato nei settori dell�energia 
elettrica e del gas e come essa introduca misure strettamente necessarie 
e proporzionali, dal momento che la quotazione in borsa 
dell�impresa acquirente la partecipazione sarebbe sufficiente ad escluderne 
l�applicabilit�. Sarebbero dunque rispettate le condizioni di legittimit� di 
misure nazionali derogatorie alla libert� di circolazione dei capitali: necessit� 
ai fini della tutela di un interesse generale, proporzionalit� rispetto all�obiettivo 
perseguito ed agli effetti che ne derivano in relazione a quanto necessario 
per la tutela degli interessi che esse mirano a perseguire; bench� a tale 
ultimo riguardo occorra considerare la profondit� e l�estensione del sindacato 
di proporzionalit� della Corte di giustizia, posto che esso pu� ritenersi 
volto alla ricerca di una �soluzione che consenta di raggiungere l�obiettivo 
perseguito dalle autorit� nazionali in modo da incidere nella misura minore 
possibile sulle libert� comunitarie�(20). 
La Commissione invece, mentre esclude la competenza degli Stati 
membri ad adottare misure unilaterali in contrasto con le libert� fondamentali, 
ancorch� volte a contrastare squilibri nella realizzazione del mercato 
interno, ribadisce la propria a vegliare sulla corretta applicazione del diritto 
comunitario della concorrenza e circa la reazione a eventuali violazioni: misure 
unilaterali degli Stati membri introdurrebbero ulteriori inaccettabili distorsioni 
nel mercato comunitario. La ricorrente fa inoltre rilevare come la 
Repubblica italiana non abbia indicato motivi imperativi di sicurezza dell�approvvigionamento 
a giustificazione della normativa controversa. 
Quanto alle Direttive sul mercato interno, esse non riguardano l�acquisto 
di partecipazioni in societ� operanti nei settori dell�energia elettrica e del 
gas, dunque il governo italiano non pu� far valere la realizzazione di scopi 
da esse previsti. Infine da un lato le nuove Direttive sul mercato interno 
2003/54 e 2003/55 hanno reagito alle disparit� denunciate del Governo ita- 
(20) Conclusioni presentate dall�avvocato generale Cosmas nella causa C-423/98, citate da TIZZANO, 
op. cit., pag. 429.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 109 
liano, dall�altro spetta alla Commissione intervenire per reprimere violazioni 
alla concorrenza (21). 
3. Le conclusioni dell'Avvocato generale Kokott e la giurisprudenza comunitaria 
Le conclusioni dell�Avvocato generale svolgono un ruolo di notevole 
importanza nella giurisprudenza comunitaria: come affermato dalla Corte di 
giustizia, queste ultime costituiscono l�atto conclusivo della fase orale, ponendosi 
pertanto al di fuori del dibattimento e aprendo la fase della deliberazione 
della Corte. 
Quanto all�effetto delle conclusioni sulla soluzione della controversia, 
esse non danno luogo a giudicato, non costituiscono titolo esecutivo, non 
sono vincolanti per la decisione della Corte. Nelle conclusioni, successivamente 
all�esposizione degli argomenti e delle osservazioni delle parti, � 
svolta una disamina dei testi normativi e della giurisprudenza della Corte al 
fine di rintracciare in quest�ultima l�interpretazione dei primi, ma anche di 
verificare l�adeguatezza, giuridica come pure sociale o culturale, di un dato 
orientamento giurisprudenziale, per suggerirne, all�occorrenza, la revisione. 
Le conclusioni costituiscono dunque un momento di riflessione libera ed autorevole 
con cui il collegio giudicante dovr� confrontarsi, per accoglierla o 
prenderne le distanze (22) . 
Ancora, la Corte ha chiarito che gli Avvocati generali operano il loro 
ruolo presentando �pubblicamente, con assoluta imparzialit� ed in piena indipendenza, 
conclusioni motivate� per assistere la Corte nel garantire il rispetto 
del diritto nell�interpretazione ed applicazione del Trattato: tale 
posizione di autonomia conferisce notevole autorevolezza alle conclusioni. 
Inoltre la lettura di esse rende noto il percorso logico-giuridico seguito dal 
collegio giudicante nella scelta di una soluzione ed agevola la comprensione 
della motivazione della sentenza, potendo quest�ultima essere sintetica, saltando 
passaggi logici minori per assicurare maggior coesione alla struttura 
argomentativa e rinviando, a complemento della motivazione, alle conclusioni, 
che presentano invece un maggior grado di articolazione ed offrono 
un�analisi pi� dettagliata degli argomenti proposti nel corso della causa. 
Infine, costituendo il punto di partenza dell�analisi del collegio, le con- 
(21) Ordinanza Emesa Sugar, nella causa C-17/98, con cui � stata respinta la richiesta di parte di 
replicare alle conclusioni dell�Avvocato Generale. 
(22) IANNONE, L�avvocato generale della Corte di giustizia delle Comunit� europee, in Il Diritto 
dell�Unione Europea, 2002, pag. 133. SALERNO, Golden shares, interessi pubblici e modelli societari 
tra diritto interno e disciplina comunitaria, in Diritto del commercio internazionale, 2003, pp. 674 ss. 
MAZZONI, Privatizzazioni e diritto antitrust: il caso italiano, in Rivista delle societ�, 1996, pp. 48. ROSSI, 
Privatizzazioni e diritto societario, in Rivista delle societ�, 1994, pp. 385 ss.
110 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
clusioni dell�Avvocato generale sono un utile strumento anche nel caso in 
cui la decisione della Corte ne disattenda le indicazioni, svolgendo una funzione 
chiarificatrice del dibattito tra i giudici in sede di discussione della 
causa e fornendo un importante contributo all�evoluzione giurisprudenziale. 
Nel caso in esame, riferiti gli argomenti delle parti, l�Avvocato generale rileva 
come la limitazione dell�esercizio del diritto di voto, di cui alla legislazione 
italiana, rientri nell�ambito di applicazione della libert� di circolazione 
dei capitali di cui all�art. 56 TCE: in base alla nomenclatura di cui all�allegato 
I della Direttiva 88/361/CEE, gli investimenti diretti, da intendersi come le 
partecipazioni che consentono di partecipare alla gestione e al controllo di una 
societ�, sono movimenti di capitali ai sensi dell�art 56. 
La possibilit� di ricostruire la nozione di movimenti di capitali in base 
alla Direttiva citata, implicitamente abrogata dal Trattato di Maastricht ed il 
valore indicativo della nomenclatura in essa contenuta sono stati riconosciuti 
dalla Corte nella sentenza Trummer e Mayer. Questa pronuncia ha rilevato 
come l�art. 73 B (oggi 56) TCE riporti sostanzialmente il contenuto dell�art. 1 
della Direttiva 88/361, pertanto la nomenclatura ad essa allegata: �conserva il 
valore indicativo che le era proprio prima� dell�entrata in vigore degli artt. 73 
B e ssgg. (che hanno sostituito gli artt. 69 e 70, in base ai quali � stata adottata 
la menzionata Direttiva) �per definire la nozione di movimenti di capitali�: 
un�elencazione che, per previsione espressa, non ha carattere esaustivo. 
La non tassativit� di tale enumerazione si combina fra l�altro con l�esigenza 
di fornire un quadro definitorio suscettibile di adattarsi alla progressiva 
liberalizzazione. Pi� in particolare, quanto alla possibilit� di definire quali movimenti 
di capitali, ai sensi dell�art. 56 TCE, gli investimenti diretti sotto forma 
di partecipazione azionaria ad un�impresa, viene in considerazione la sentenza 
del 4 giugno 2002, Commissione c. Portogallo, causa C-367/98. 
Secondo la Corte, i punti I e II della nomenclatura di cui all�allegato della 
direttiva 88/361 e relative note esplicative �indicano che l�investimento diretto 
sotto forma di partecipazioni ad un�impresa attraverso il possesso di azioni e 
l�acquisto di titoli sul mercato di capitali costituiscono movimenti di capitali 
ai sensi dell�art. 56 (numerazione attuale) TCE�; secondo le note esplicative 
l�investimento diretto si caratterizza per: �la possibilit� di partecipare effettivamente 
alla gestione di una societ� ed al suo controllo�. 
L�Avvocato generale considera inoltre come gli investimenti diretti siano 
tutelati anche dalla libert� di stabilimento (23) ; non propone tuttavia un�analisi 
giuridica al riguardo, dato che la domanda della ricorrente � limitata al profilo 
della violazione della libera circolazione dei capitali. In effetti, nell�ambito 
delle operazioni di dismissione della titolarit� di imprese pubbliche o di par- 
(23) CARRIROLO, Norme fiscali e libert� di stabilimento: Nuovi orientamenti della Corte di giustizia 
UE, in Fiscalit� internazionale, 2009, pp. 30 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 111 
tecipazioni in esse, la scelta da parte degli enti pubblici (anche indiretta, come 
nel caso in commento) di potenziali acquirenti deve conformarsi ai principi 
di non discriminazione in base alla nazionalit� - sancito dall�art. 12 TCE - di 
libert� di stabilimento (24) - di cui all�art. 43 TCE - e di libert� di circolazione 
dei capitali, previsto dall�art. 56 TCE: l�acquisto di partecipazioni azionarie 
nazionali da parte di soggetti di altri Stati membri costituisce movimento di 
capitali (25) sia nell�ipotesi della sua realizzazione a fini di investimento finanziario, 
sia in quella in cui esso sia volto al conseguimento di una partecipazione 
effettiva alla gestione ed al controllo della societ�, limitandosi il 
profilo della libert� di stabilimento alla fattispecie dell�acquisizione del controllo 
della compagine societaria stessa; da ultimo, poich� l�art. 294 TCE, che 
costituisce applicazione specifica del principio di non discriminazione, impone 
agli Stati membri l�applicazione della disciplina nazionale alla partecipazione 
finanziaria dei cittadini comunitari al capitale delle societ�, la stessa creazione 
di un �nucleo stabile di azionisti di riferimento� (26), pu� censurarsi allorquando, 
anche in via di fatto, ne siano esclusi investitori stranieri. 
In particolare un procedimento di dismissione che, favorendo un soggetto, 
escludesse, a priori o pretestuosamente altri potenziali acquirenti, potrebbe 
qualificarsi, oltre che eventualmente quale violazione del divieto di discriminazione 
in base alla nazionalit�, anche come aiuto di Stato, con riguardo all�implicita 
rinuncia dello Stato privatizzatore al differenziale di prezzo 
ottenibile con procedimento competitivo. 
Del pari, � stata ritenuta in s� illecita la previsione di patti di sindacato 
strumentali ad una privatizzazione, sul rilievo che ad essi conseguirebbe una 
limitazione della gara concorrenziale; tesi questa, criticata considerando come 
solo della tutela dei consumatori dei beni o servizi (27) offerti dall�impresa 
(24) BIZIOLI, Evoluzione del diritto di stabilimento nella giurisprudenza fiscale della Corte di 
giustizia delle Comunit� europee, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1999, pp. 382 ss. 
DRURY, Migrating companies, in European law review, 1999, pp. 354 ss. 
(25) SANTONASTASO, La �saga� della golden share tra libert� di movimento di capitali e libert� 
di stabilimento, in Giurisprudenza commerciale, 2007, pp. 304 ss. RODIO, Le privatizzazioni in Europa, 
ed. Cedam, 2003. 
(26) Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato 
economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni del 20 novembre 2007 che accompagna la comunicazione: 
Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo - I servizi di interesse generale, compressi 
i sevizi sociali di interesse generale: Un nuovo impegno europeo (COM (2007) 725-definitivo). 
(27) KALDELIS, Freedom of establishment versus freedom to provide services: An evaluation of 
case-law developments in the area of indistinctly applicable rules, in Legal issues of european integration, 
2001, pp. 24 ss. SACERDOTI, VENTURINI, La liberalizzazione multilaterale dei servizi e i suoi riflessi 
in Italia, ed. Giuffr�, 1997. ANDENAS, ROTH, Services and free movement in EU law, Oxford University 
press, Oxford, 1999. MASTROIANNI, La libera prestazione dei servizi, in Strozzi (a cura di), Diritto dell�Unione 
europea, parte speciale, ed. Giappichelli, ultima edizione, pp. 220 ss. DANIELE, Diritto del mercato 
unico europeo. Cittadinanza, libert� di circolazione, concorrenza, aiuti di Stato, ed. Giuffr�, ultima 
edizione, pp. 118 ss.
112 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
privatizzanda e dei concorrenti di quest�ultima debba preoccuparsi il diritto 
antitrust, essendo opportuno circoscriverne prudentemente l�ambito di operativit� 
alla tutela della concorrenza sul mercato industriale, anzich� estenderlo 
al market for corporate control, essendo di incerta individuazione i soggetti 
ai quali vietare la partecipazione al patto al solo motivo di un loro preesistente 
rapporto di concorrenzialit� esclusivamente finanziario. 
Tornando al caso in esame, l�Avvocato generale precisa quindi che le libert� 
fondamentali, pur stabilendo obblighi e divieti diretti agli Stati membri, 
possono essere fatte valere dalle imprese da questi controllate; d�altra parte la 
controversia concerne misure che impediscono ad una societ� pubblica di esercitare 
le proprie libert� fondamentali e rispetto alle quali tale impresa si trova 
in una situazione simile a quella di un�impresa privata. 
In dottrina si � peraltro parlato - con riguardo alle societ� caratterizzate 
dalla presenza di prerogative di intervento degli esecutivi degli Stati membri 
sulla struttura e sulla gestione di esse - di un tertium genus rispetto alle privatizzazioni 
formale e sostanziale, modello definito societ� sotto influenza pubblica, 
non potendosi ravvisare in esso l�esito n� di operazioni di trasformazione 
degli enti pubblici economici in societ� (almeno nel nomen iuris) di diritto 
privato - c.d. privatizzazione formale - n� della vendita di imprese pubbliche 
a soggetti privati: i poteri dello Stato di vietare trasferimenti azionari o la riserva 
ad esso di voti determinanti per la disponibilit� di cespiti aziendali strategici 
o per decisioni degli organi societari ritenute essenziali per (spesso 
indefiniti) interessi nazionali - introdotti in ragione della particolarit� costituita 
dal rilievo strategico di tali imprese - hanno dato luogo a moduli organizzativi 
resi peculiari dall�affievolimento dei diritti e delle prerogative dei soci a fronte 
dei detti poteri di intervento di soggetti pubblici. 
Prima ancora, � stata contestata in dottrina la stessa correttezza della qualificazione 
come privatizzazione di una operazione limitata al mero mutamento 
della forma giuridica da ente pubblico di gestione a societ� per azioni: risulta 
quantomeno ingannevole l�uso del termine privatizzazione per un�operazione 
il cui senso immediato � quello del ruolo dello Stato-imprenditore; considerazioni, 
queste, il cui sviluppo induce a ritenere indispensabile l�accompagnarsi 
della privatizzazione - sostanziale - alla liberalizzazione, evitando che la posizione 
di privilegio dell�impresa pubblica si converta in privata. 
Il passaggio al modello dello Stato-regolatore costituisce in effetti una 
conseguenza della primazia del mercato, a cui l�ordinamento comunitario, affidando 
ai meccanismi competitivi la realizzazione di un�ampia gamma di benefici 
- e perfino di obiettivi distributivi e di coesione - ammette solo correttivi: 
in tale ordine di idee la nozione di servizio di interesse economico generale � 
parsa a taluno segnare il passaggio dal servizio pubblico - caratterizzato dalla 
gestione diretta degli interessi della collettivit� - alla produzione normativa 
esterna al soggetto erogatore del servizio stesso, disciplina improntata al ri-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 113 
spetto di principi di neutralit� e parit� tra tutti i soggetti del mercato; corollario 
di tale impostazione � il carattere sussidiario, rispetto al mercato, della regolazione: 
legittima solo a fronte della insufficienza del gioco concorrenziale rispetto 
a specifici obiettivi di interesse generale. 
Con maggiore intransigenza, si � posto in risalto come la privatizzazione 
sostanziale implichi la cessione ai privati del controllo della societ�, conservandosi 
ai poteri pubblici, in caso di alienazione della minoranza delle quote, 
la gestione ed amministrazione della societ� (28). Ancora, nel caso in commento, 
le conclusioni evidenziano come limitare la garanzia delle libert� fondamentali 
alle sole imprese private darebbe indirettamente luogo ad una 
privatizzazione delle imprese pubbliche, violando di fatto la neutralit� del Trattato 
CE rispetto al regime di propriet� degli Stati membri di cui all�art. 295 
(29).
Tale norma denota infatti la volont� di non interferire con i regimi di propriet� 
dei singoli Stati membri e, per contro, di non escludere la possibilit� di 
nazionalizzazioni; la sua origine, in particolare la formulazione dell�art. 83 
del Trattato CECA, mostra come essa fosse intesa ad assicurare la neutralit� 
del Trattato rispetto alla propriet� delle imprese, lasciando agli Stati la libert� 
di determinare il proprio ruolo nell�economia. Pi� in generale essa esprime 
l�intenzione di evitare ingerenze comunitarie nelle scelte interne delle autorit� 
nazionali in materia di propriet�, in particolare nei casi di espropriazione o nazionalizzazione. 
Controversa la nozione di regime di propriet�: l�interpretazione letterale 
contrappone propriet� pubblica e privata sulla base della natura giuridica del 
proprietario, l�interpretazione finalistica ed economica include tutti i provvedimenti 
che consentono allo Stato, intervenendo nel settore pubblico, di contribuire 
alla configurazione dell�attivit� economica nazionale. D�altronde il 
principio di neutralit� non ha ostacolato gli interventi di liberalizzazione, n� 
una certa tendenza, da parte della Comunit�, a favorire indirettamente le privatizzazioni. 
In effetti, precluso il finanziamento delle imprese della mano pubblica 
con fondi pubblici, l�alternativa residua � stata il ricorso al capitale privato, 
ci� che ha imposto di scegliere fra una privatizzazione sostanziale che lasciasse 
al mercato la determinazione dell�effettiva gestione dell�impresa e la conservazione 
di paletti alla libert� di gestione da parte dei privati: quest�ultima opzione 
comporta peraltro la previsione di incentivi al capitale privato per indurlo 
ad accettare investimenti finanziari in posizione strategicamente subordinata, 
(28) BONELLI, Il codice delle privatizzazioni nazionali e locali, ed. Giuffr�, 2001, pp. 18 ss. DIVERIO, 
La libera prestazione dei servizi fra Comunit� europea e OMC, Giuffr�, 2007. 
(29) VERHOEVEN, Privatisation and EC law: Is the European Commission neutral with respect to 
public versus private ownership of companies?, op. cit.
114 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dunque la garanzia di una redditivit� assicurata da una posizione monopolistica 
o dominante conservata all�impresa solo formalmente privatizzata; ne consegue 
il rovesciamento, di fatto, della disciplina sul controllo degli aiuti alle imprese. 
Inversamente, � stato evidenziato come rilevanti limiti alle scelte degli 
Stati membri in ordine alla dismissione delle loro partecipazioni nelle imprese 
siano stati costituiti dalla disciplina comunitaria in tema di concentrazioni e 
di aiuti di Stato: il criterio dell�investitore in economia di mercato, combinato 
con il principio di non discriminazione preclude, ad esempio, la possibilit� di 
determinare modalit� di cessione tali da realizzare ingiustificate situazioni di 
privilegio per i potenziali acquirenti. 
Pi� in generale � stato osservato come le privatizzazioni siano state tra 
gli ambiti pi� direttamente influenzati dal diritto comunitario: il principio di 
neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� degli Stati membri (30), 
ancorch� interpretato alla luce del principio di sussidiariet� - che consente l�intervento 
della Comunit�, in assenza di una sua competenza esclusiva, solo a 
fronte dell�evidente inadeguatezza degli ordinamenti degli Stati membri rispetto 
agli obiettivi comunitari - � stato ritenuto applicabile subordinatamente 
all�osservanza dei principi fondamentali del Trattato e segnatamente della libert� 
di circolazione dei capitali, del diritto di stabilimento, del principio di 
non discriminazione tra cittadini comunitari e, soprattutto, delle regole di concorrenza. 
Proprio la progressiva liberalizzazione della circolazione di capitali e servizi, 
la vieppi� intransigente applicazione delle regole di concorrenza e l�affermazione 
dell�incompatibilit� di talune discipline nazionali in materia di 
monopoli con l�instaurazione del mercato interno, hanno evidentemente stimolato 
la dismissione di partecipazioni statali nell�economia. Con riferimento 
al principio di neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� vigenti negli 
Stati membri, era peraltro stata sostenuta, dall�avvocato generale Colomer, la 
tesi secondo la quale sarebbe stato giustificato il provvedimento nazionale 
volto ad impedire l�acquisizione, da parte di un�impresa pubblica di altro Stato 
membro e detentrice di un monopolio legale sul suo territorio nazionale, della 
quota di maggioranza di un�impresa recentemente privatizzata. 
A sostegno di tale tesi, � stata svolta anzitutto una considerazione sulla 
collocazione sistematica della norma: inclusa tra le disposizioni generali e fi- 
(30) Cfr. la comunicazione della Commissione del 26 aprile 2006, attuazione del programma comunitario 
di Lisbona. I servizi sociali d'interesse generale nell'Unione europea (COM(2007) 177). Cfr. 
anche: CIRENEL, Le societ� di diritto �speciale� tra diritto comunitario delle societ� e diritto comunitario 
della concorrenza: societ� a partecipazione pubblica, privatizzazioni e �poteri speciali�, in Diritto del 
commercio internazionale, 1996, pp. 806 ss. CARBONE, Brevi note in tema di privatizzazioni e diritto 
comunitario, in Diritto del commercio internazionale 1999, pp. 231 ss. MARINI, Golden share e diritto 
comunitario nelle recenti sentenze della Corte di giustizia, in Diritto del commercio internazionale, 
2002, pag. 490.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 115 
nali, ha efficacia sull�insieme dei precetti del Trattato CE; si � posta quindi in 
risalto la perentoriet� della formulazione della norma e l�assenza in essa di 
qualsivoglia limitazione. Dall�imprecisione giuridica della locuzione �regime 
di propriet�� � stata poi tratta la conseguenza che essa dovesse esprimere un 
concetto economico, non giuridico; scartata l�interpretazione sistematica, considerando 
in un�ottica storica l�espressione �lascia impregiudicato�, evidenziando 
inoltre la menzione del �diritto di propriet� delle imprese� nella 
proposta formulata il 9 maggio 1950 dal Ministro degli Affari esteri francese 
Schumman e nell�art. 83 del Trattato CECA, si � tratta la conclusione che: �la 
preoccupazione del precetto riguarda la propriet� degli enti che operano nei 
rapporti economici�. 
Interpretando teleologicamente il precetto di cui all�art. 295 ed evidenziando 
come l�intenzione che emergeva dai Trattati istitutivi fosse solo quella 
di realizzare un�integrazione parziale - limitata all�imposizione agli Stati dei 
limiti derivanti dalle norme sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato, esclusa la 
capacit� di incidere nell�economia attraverso la propriet� delle imprese - l�argomentazione 
in esame � pervenuta alla conclusione che la locuzione �regime 
di propriet�� non attenesse all�ordinamento civilistico dei rapporti patrimoniali, 
ma all�insieme delle norme che attribuiscono la titolarit� di un�impresa 
in senso economico, assicurando al titolare un�influenza sulla determinazione 
e l�attuazione degli obiettivi economici dell�impresa. 
Ulteriormente si � precisato come la distinzione fra imprese pubbliche e 
private, lungi dall�esaurirsi nell�analisi della struttura azionaria, dipendesse 
dalla possibilit� dello Stato di imporre obiettivi di politica economica differenti 
da quelli improntati alla logica del profitto; ne � conseguita, da ultimo, la necessit� 
di estendere il principio di neutralit� ad �ogni provvedimento che, attraverso 
l�intervento nel settore pubblico, secondo l�accezione economica del 
termine, permette allo Stato di contribuire alla configurazione dell�attivit� economica 
nazionale�. 
Per altro verso occorre considerare come il diritto di propriet�, principio 
generale del diritto di cui la Corte garantisce l�osservanza qualora atti comunitari 
incidano su di esso, non costituisca nel diritto comunitario una prerogativa 
assoluta, dovendo considerarsi nella prospettiva della sua funzione sociale: 
atti comunitari possono limitarne l�esercizio in conseguenza del perseguimento 
di obiettivi di interesse generale da parte della Comunit�; tuttavia le restrizioni 
del diritto in parola da parte del diritto comunitario non devono dare luogo ad 
interventi inaccettabili e sproporzionati, lesivi nella sostanza del diritto di propriet� 
(31). 
Infine, la neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di propriet� esistenti 
(31) CGCE 6 luglio 1982, 188-190/80, Francia, Italia e Regno Unito c. Commissione.
116 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
negli Stati membri non implica la parit� di trattamento fra imprese pubbliche 
e private: non osta all�imposizione alle imprese pubbliche di obblighi di trasparenza 
finanziaria. 
Nella causa in esame invece, dal divieto per gli Stati membri, di cui all�art. 
86, n. 1 TCE (32) , di emanare o mantenere disposizioni contrarie al Trattato 
e in particolare alle disposizioni concernenti il principio di non discriminazione 
in base alla nazionalit� e le regole di concorrenza applicabili alle imprese, 
l�Avvocato generale Kokott deduce che le imprese pubbliche non possono essere 
svantaggiate negando loro il riconoscimento delle libert� fondamentali. 
Quanto alla nozione di restrizione della libera circolazione dei capitali, 
come emerge dalla giurisprudenza della Corte (33), essa comprende: �ogni 
provvedimento che renda pi� gravoso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero 
e sia pertanto tale da distogliere da questo l�investitore�; � a tal 
riguardo richiamata la nozione di restrizione elaborata dalla Corte con riferimento 
alla libera circolazione delle merci (34) . 
Un importante contributo � fornito dalla sentenza Trummer e Mayer in 
cui � sottoposta ad esame una normativa che allentando �il legame tra il credito 
da garantire, pagabile nella valuta di un altro Stato membro, e l'ipoteca - il cui 
valore pu�, a causa di fluttuazioni valutarie successive, divenire inferiore a 
quello del credito da garantire�- riduce l'efficacia e, pertanto, l'attrattiva dell�ipoteca 
stessa. Ne consegue che la normativa � �tale da dissuadere gli interessati 
dal formulare un credito nella valuta di un altro Stato membro� (35), 
privandoli cos� di una �prerogativa che costituisce una componente della libera 
circolazione dei capitali e dei pagamenti� (36). 
In effetti, secondo la giurisprudenza comunitaria, ratio del divieto di cui 
all�art. 56 TCE � quella di permettere ai cittadini comunitari di beneficiare 
delle condizioni pi� favorevoli offerte loro negli Stati membri per l�investimento 
o il collocamento di capitali. La nozione di restrizione ai movimenti di 
capitali deve inoltre ricavarsi facendo riferimento alla giurisprudenza relativa 
alla altre libert� di circolazione. 
(32) LOTTINI, L�art. 86 e il concetto di SIEG come �strumento diretto di liberalizzazione�, �ambito 
di competenza pubblica� e �ambito di pubblica responsabilit��: La necessit� di un chiarimento, in 
Giustizia amministrativa, 2007, pp. 720 ss. BERGAMINI, La nozione di servizio di interesse generale nel 
diritto dell�Unione europea: evoluzione e rapporto con le nozioni nazionali, in Diritto pubblico dell�Unione 
europea, 2007, pp. 4 ss. DI MAJO, Articolo 86, in Ferrari Bravo, Rizzo (a cura di), Codice 
dell�Unione europea, (a cura di Rizzo, Di Majo), ed. Giuffr�, 2008, pp. 374 ss. 
(33) Sentenza 16 marzo 1999, C-222/97, Trummer e Mayer. 
(34) Conclusioni Avvocato generale Colomer, presentate nelle cause: C-367/98, Commissione c. 
Portogallo; C-483/99, Commissione c. Francia; C-503/99, Commissione c. Belgio; al riguardo si vedano 
anche pp. 83 ss. 
(35) Conclusioni avvocato generale Capotorti nella causa 44/79, Hauer. 
(36) Sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville; 25-7-1991, C-76/90, S�ger; 30 novembre 
1995, C-55/94, Gebhard.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 117 
Con riguardo alla libera prestazione di servizi, la sentenza S�ger del 25 
luglio 1991, pronunciata nella causa C-76/90, rileva come l�art. 59 (divenuto 
49) del Trattato obblighi alla soppressione di qualsiasi restrizione, ancorch� 
indistintamente applicabile ai prestatori nazionali e a quelli di altri Stati membri, 
tale da vietare o ostacolare altrimenti le attivit� del prestatore stabilito in 
un altro Stato membro in cui fornisce legittimamente servizi analoghi. 
Riferendosi ai provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o scoraggiare 
l�esercizio delle libert� fondamentali garantite dal Trattato, la sentenza 
Gebhard, causa C-55/94, fissa quali condizioni di liceit� per tali provvedimenti: 
l�essere applicati in modo non discriminatorio, l�essere giustificati da 
motivi imperiosi di interesse pubblico, l�idoneit� a garantire il conseguimento 
dello scopo perseguito e il non andare oltre quanto necessario per il suo raggiungimento. 
La misura di effetto equivalente pu� consistere in un atto normativo, una 
prassi burocratica, un orientamento giurisprudenziale, pi� in generale in un 
atto o un comportamento riconducibile ad un�articolazione dello Stato; d�altronde, 
considerando il combinato disposto degli artt. 28 e 10 del Trattato, potrebbe 
affermarsi la sussistenza di un obbligo degli Stati membri di adottare 
le misure necessarie ad impedire che i privati creino ostacoli indebiti alla libera 
circolazione delle merci. 
Solamente il carattere eccessivamente aleatorio ed indiretto dell�idoneit� 
di una misura ad ostacolare la libera circolazione delle merci ha potuto talora 
comportare l�esclusione del divieto. La formula si inscrive nel solco di una 
giurisprudenza assai liberale della Corte di giustizia, tanto articolata da apparire 
pi� episodica che sistematica, essendosi la Corte pronunciata in via pregiudiziale 
su un�amplissima gamma di problemi. 
Originariamente limitata alle misure distintamente applicabili - tanto da 
far ritenere che la discriminazione costituisse un connotato della nozione di 
restrizione quantitativa - l�applicazione del divieto di cui all�art. 28 � stata cos� 
estesa dalla giurisprudenza comunitaria alle misure indistintamente applicabili: 
tra le prime quelle che si applicano al momento o in occasione dell�importazione, 
in quanto in grado di ostacolare gli scambi transfrontalieri, come la sottoposizione 
del prodotto straniero ad un controllo non previsto per l�analogo 
nazionale o la duplicazione di un controllo gi� effettuato nel paese d�origine; 
tra le seconde, gli ostacoli tecnici che si sostanziano nelle caratteristiche tecniche 
imposte a determinati prodotti, idonei ad ostacolare la circolazione intracomunitaria 
a causa del costo aggiuntivo che il produttore straniero deve 
sopportare per via della disparit� tra le legislazioni nazionali: in assenza di un 
intervento armonizzatore della Comunit�, ciascuno Stato membro � libero di 
adottare norme anche divergenti da quelle degli altri; per contro in tale ambito 
la Corte ha elaborato il principio del mutuo riconoscimento, in base al quale 
uno Stato membro non pu� negare l�immissione in commercio di una merce
118 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
legalmente prodotta e commercializzata nel paese d�origine, insistendo sull�applicazione 
della propria normativa tecnica laddove quella vigente nello 
Stato di origine sia equivalente (si badi: non identica o simile) a quella dello 
Stato d�importazione, salvo in presenza di esigenze imperative e sempre che 
la misura sia proporzionata al fine da raggiungere e necessaria: dunque l�affermata 
equivalenza delle legislazioni nazionali relative all�ambito considerato 
� limitata dal margine di intervento lasciato agli Stati membri per esigenze 
imperative, quali l�efficacia dei controlli fiscali, la protezione della salute, la 
lealt� delle transazioni commerciali, la difesa dei consumatori. 
Ora, poich� le norme contestate alla Repubblica italiana dalla Commissione 
limitano l�esercizio del diritto di voto, esse rendono il trasferimento 
meno attraente per il soggetto dotato delle caratteristiche cui � subordinata la 
loro applicabilit�. Va al riguardo menzionata la posizione, diffusa in dottrina, 
della necessit�, per lo stesso conseguimento di un�effettiva liberalizzazione 
dell�attivit� esercitata dall�impresa privatizzanda, al fine di una privatizzazione 
pro-competitiva dunque, dell�adozione di un modulo societario di diritto comune, 
sia per attrarre capitali privati, sia per favorire la futura sopravvivenza 
dell�impresa sul mercato, senza dimenticare come il risanamento del debito 
pubblico sia dipeso proprio dal successo delle dismissioni; considerazioni queste 
che hanno indotto a guardare con sospetto i numerosi elementi di specialit� 
che hanno caratterizzato le operazioni di privatizzazione sostanziale: anzitutto 
la mancanza della pluralit� di soci fondatori e la costituzione a prescindere da 
un atto di autonomia nelle societ� derivanti dalla trasformazioni di enti pubblici, 
le azioni delle quali sono state attribuite, in Itala ad esempio, al Ministero 
del tesoro, il cui capitale � stato accertato solo successivamente alla costituzione 
e nelle quali gli adempimenti in ordine a quest�ultima sono stati sostituiti 
dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Si � dunque avuta, come conseguenza 
dell�appartenenza allo Stato del fondo di dotazione degli enti trasformati 
in societ�, una originaria �quiescenza della funzione associativa� (37), 
da cui � disceso anche il perdurare della soggezione della societ� a discipline 
altre dal diritto comune delle societ� per azioni: ad esempio, secondo quanto 
previsto dall�art. 2362 c.c., la responsabilit� illimitata dello Stato per le obbligazioni 
sorte anteriormente alla costituzione o, ancora, le disposizioni che regolano 
l�esercizio del diritto di voto, attribuendone la titolarit� a determinati 
organi pubblici. 
L�Avvocato generale Kokott si sofferma poi sull�irrilevanza dell�indistinta 
applicabilit� della disposizione italiana: la giurisprudenza della Corte ha infatti 
chiarito come una restrizione, nonostante la sua indifferenziata applicazione 
a residenti e non residenti, condizioni l�accesso al mercato qualora, incidendo 
(37) CG 20 febbraio 1979, 120/78, Cassis de Dijon. Cfr. anche: TESAURO, Diritto comunitario, 
ed. Cedam, 2008, pp. 407 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 119 
sulla situazione dell�acquirente della partecipazione in quanto tale, sia idonea 
a dissuadere investitori di altri Stati poich� tale effetto di rendere pi� gravoso 
l�accesso al mercato favorisce gli operatori economici gi� presenti su di esso, 
di norma soggetti nazionali, dando pertanto luogo ad una restrizione indiretta 
(38).
� del resto ormai pacifica la possibilit� di ravvisare violazioni delle libert� 
fondamentali anche a fronte di previsioni che, formalmente non discriminatorie, 
provochino nel rispettivo contesto applicativo risultati discriminatori: il 
principio di parit� di trattamento, specificato dalle disposizioni del Trattato in 
tema di libert� di circolazione dei capitali e di diritto di stabilimento, preclude 
anche quelle discriminazioni dissimulate che, attraverso l�adozione di criteri 
altri da quello di cittadinanza, pervengano al medesimo risultato di quelle palesi; 
fuori dalla circoscritte possibilit� di compressione delle citate libert� previste 
dal Trattato, come restrittivamente interpretate dalla giurisprudenza 
comunitaria, provvedimenti che incidano sull�acquisizione, da parte di stranieri 
comunitari, di azioni di societ� nazionali rilevano dunque immediatamente 
sotto il profilo della libert� di circolazione dei capitali e, laddove le dette acquisizioni 
siano volte al conseguimento del controllo della societ�, del diritto 
di stabilimento. 
D�altronde proprio l�ideologia concorrenziale sottesa al diritto comunitario 
e l�orientamento in tema di monopoli consolidatosi in sede comunitaria, 
parrebbero suggerire soluzioni concorrenziali per le imprese privatizzate, dunque 
integralmente rispettose dei principi fondamentali del diritto societario, 
anche considerando come discipline speciali da un lato tendano a configurare 
ipotesi distorsive della concorrenza e delle libert� fondamentali del Trattato, 
dall�altro, introducendo elementi di differenziazione nelle legislazioni societarie, 
ostacolino gli scambi intracomunitari. 
Deve inoltre aggiungersi che, nella fattispecie in esame, data l�avvenuta 
privatizzazione di ENEL ed ENI, le disposizioni contestate dalla Commissione 
non sarebbero state applicabili ad altri che a soggetti stranieri: l�indistinta applicabilit� 
di una disposizione non deve dunque valutarsi in astratto, considerando 
il mero dato dell�assenza di una esplicita previsione di applicabilit� ai 
soli soggetti stranieri, ma in concreto. 
Terminato di considerare la configurabilit�, in una disposizione normativa, 
di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, le conclusioni dell�avvocato 
generale Kokott passano ad occuparsi della possibilit� di 
giustificare la restrizione, ricordando i requisiti a tal fine indicati dalla Corte 
di giustizia (39): sussistenza dei motivi previsti dall�art. 58, par. 1 TCE oppure 
(38) Commissione c. UK, C-98/01; Commissione c. Spagna, C-463/00. 
(39) Sentenze rese nelle cause C-483/99, Commissione c. Francia e C-503/99, Commissione c. 
Belgio.
120 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
di ragioni imperative di interesse pubblico; applicabilit� ad ogni persona o impresa 
che eserciti un�attivit� sul territorio dello Stato membro ospitante; idoneit� 
a garantire il conseguimento dello scopo perseguito; non superamento 
del necessario per il raggiungimento dello scopo stesso. 
In altri termini pu� dirsi - accostando il caso in esame alla giurisprudenza 
in materia di poteri speciali o golden shares (40), locuzione peraltro non sempre 
adeguata a definire fattispecie differenti, talora svincolate dalla stessa titolarit� 
di una partecipazione azionaria nelle societ� privatizzate - che, come 
l�attribuzione allo Stato di un potere di intervento sulla determinazione della 
composizione della compagine societaria o sulla sua gestione pone l�esigenza 
della verifica del grado di conoscibilit� dei criteri utilizzabili per il suo esercizio, 
cos� la predeterminazione da parte dello Stato membro di ostacoli dissuasivi 
- quali la sterilizzazione della partecipazione azionaria - dall�acquisto 
di partecipazioni deve soddisfare l�esigenza di una intrinseca reasonableness. 
Paiono in effetti poter conseguire il medesimo effetto sia il conferimento 
- consentito dall�art. 2458 c.c. e probabilmente tale da introdurre una incertezza 
del diritto configgente con le libert� fondamentali garantite dal Trattato - da 
parte dell�atto costitutivo, allo Stato o all�ente pubblico che detengano partecipazioni 
in una s.p.a., della facolt� di nominare amministratori o sindaci - i 
quali ben potrebbero ostacolare il trasferimento di rami d�azienda ad operatori 
stranieri - sia una norma che disponga la sospensione dei diritti di voto per le 
partecipazioni eccedenti una data percentuale del capitale sociale, di fatto in 
danno solo di operatori di altri paesi membri. 
Del resto la tendenza a limitare i poteri di gestione dell�organo assembleare 
delle societ� privatizzate pu� farsi risalire, in Italia, gi� alle disposizioni 
della legge 474 del 1994; in particolare l�art. 2 ha imposto l�individuazione 
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri delle societ�, fra quelle 
controllate direttamente o indirettamente dallo Stato ed operanti in alcuni settori 
strategici, nei cui statuti doveva introdursi con deliberazione dell�assemblea 
straordinaria, prima di ogni atto che determinasse la perdita del controllo, 
una clausola attributiva al Ministro del tesoro di poteri speciali concernenti il 
gradimento all�acquisizione di partecipazioni rilevanti, il veto all�adozione di 
delibere particolarmente significative, il potere di nomina di amministratori e 
sindaci: il potere di veto riconosciuto al Ministro del tesoro in ordine a eventuali 
delibere modificative di tali clausole, garantendone la sopravvivenza potenzialmente 
illimitata, e privando i soci della disponibilit� di tali clausole, ha 
costituito l�aspetto maggiormente eversivo del modulo organizzativo tipico di 
una societ� per azioni; ne � derivata l�elisione dei principi di base del diritto 
(40) DE VIDO, La recente giurisprudenza comunitaria in materia di golden shares: Violazione 
delle norme sulla libera circolazione dei capitali o sul diritto di stabilimento, in Diritto del commercio 
internazionale, 2007, pp. 862 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 121 
delle societ� per azioni, che affidano la gestione dell�impresa agli amministratori 
e l�adozione delle decisioni fondamentali in ordine alla vita della societ� 
ad un�Assemblea dominata dal principio di maggioranza. 
Sempre secondo le conclusioni dell�avvocato generale, l�applicazione del 
criterio di proporzionalit� rende non giustificabile la disciplina legislativa di 
cui al decreto-legge 192/2001, non essendo di fatto applicabile ad alcun operatore 
italiano. 
Viene invece lasciata aperta la questione della possibilit� di giustificare 
la disparit� di trattamento fra diverse categorie di imprese, di cui alla normativa 
contestata dalla Commissione, in base alla formula enunciata in alcune pronunce 
concernenti disposizioni tributarie relative alla libera circolazione dei 
capitali, nelle quali la Corte ha stabilito che la compatibilit� di una normativa 
tributaria nazionale con le disposizioni del Trattato sussiste qualora la �differenza 
di trattamento riguardi situazioni non obiettivamente paragonabili o sia 
giustificata da imperiosi motivi di interesse generale, quali la necessit� di salvaguardare 
la coerenza del regime fiscale, la lotta contro l�evasione e l�efficacia 
dei controlli fiscali� (41). 
Nelle sentenze sopra richiamate, la Corte ha ritenuto che la clausola di 
salvaguardia dettata dall�art. 58 par. 1 lett. a) abbia codificato una deroga precedentemente 
enucleata dalla giurisprudenza, secondo la quale, in attesa di armonizzazione 
comunitaria, eventuali distinzioni impositive possono 
mantenersi ancorch� tali da incidere sul mercato interno, rientrando la materia 
fiscale nella competenza degli Stati membri. 
Considerando tale formula � controverso se gli scopi perseguiti dal decreto 
legge 192/2001 possano considerarsi motivi imperativi di interesse generale. 
Come gi� detto, nell�ambito dei processi di privatizzazione si � potuto 
ripetutamente osservare l�emergere dell�esigenza degli Stati membri di tutelare 
tali processi a fronte della probabilit� dell�ingresso delle imprese privatizzate 
nella sfera di influenza di societ� controllate da altri Stati membri; al riguardo 
va per� tenuto presente che, non potendosi dubitare di come la mera sostituzione 
di un soggetto pubblico ad un altro frustri l�aspirazione al passaggio del 
controllo dell�impresa dalla mano pubblica al mercato, tale preoccupazione, 
pur potendo consentire una limitazione della possibilit� di altre imprese pubbliche 
nazionali di acquisire partecipazioni nella societ� privatizzanda, non 
consente di giustificare la predisposizione, da parte degli Stati membri, di strumenti 
che pervengano al risultato di precludere alle societ� controllate da enti 
pubblici stranieri l�assunzione di partecipazione nel capitale delle imprese da 
privatizzare: stante il principio di neutralit� del Trattato rispetto ai regimi di 
propriet� esistenti negli Stati membri, l�impresa e la sua appartenenza a sog- 
(41) Tra le altre, sentenze 15 luglio 2004, causa C-315/02, Lenz e 6 giugno 2000, causa C-35/98, 
Verkooijen.
122 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
getti pubblici sono fatti neutri sia con riguardo alle libert� fondamentali, sia 
con riguardo al diritto antitrust, di modo che deve escludersi che la difesa dei 
processi di privatizzazione possa condurre al paradosso della necessit� di una 
stabile limitazione del gioco della concorrenza alle sole imprese private. 
Deve inoltre considerarsi come la privatizzazione-da considerarsi secondo 
un�opinione imposta da quel controllo rafforzato della Comunit�, intrapreso a 
partire dalla Direttiva 80/723 del 25 giugno 1980 sulla trasparenza delle relazioni 
finanziarie fra Stati membri e loro imprese pubbliche, e sfociato in un 
trasferimento di poteri che ha consentito alla Commissione, con l�avallo della 
Corte di giustizia, l�adozione di atti di portata generale nel settore degli aiuti 
di Stato-sia stata spesso determinata nei suoi tempi e modalit� dal diritto comunitario 
che ha dettato previsioni dettagliate in tema di trasparenza ed effettivit� 
della concorrenza fra possibili acquirenti. 
� di seguito contestata l�affermazione del Governo italiano secondo la 
quale le direttive sul mercato comune dell�energia elettrica e del gas perseguirebbero 
la privatizzazione degli operatori: esse prevedono invece la liberalizzazione 
dei mercati, da conseguirsi attraverso l�eliminazione dei monopoli 
legali (42), l�apertura a nuovi operatori e la disaggregazione verticale dei settori 
considerati per garantire l�accesso dei terzi alle reti a condizioni non discriminatorie; 
non obbligano invece a privatizzare le imprese di 
approvvigionamento, tanto che impongono la redazione e la pubblicazione dei 
costi annuali a tutte: �le imprese qualunque sia il loro regime di propriet� o la 
loro forma giuridica�. 
Nelle conclusioni dell�avvocato generale � poi ritenuta infondata la tesi 
secondo la quale, in base al principio di sussidiariet� e alle previsioni delle direttive 
richiamate, spetterebbe al legislatore nazionale porre temporaneo rimedio 
ad eventuali squilibri insorgenti dalla non omogenea liberalizzazione 
dei mercati: tali interventi sarebbero invece di competenza della Commissione, 
la quale si � appunto mossa in tal senso con le proposte di nuova regolamentazione 
di entrambi i settori, che nel 2003 hanno condotto all�adozione di direttive 
da recepire entro il 1� luglio 2004. 
Certo fino alla completa apertura dei mercati una impresa in posizione 
dominante in uno Stato potrebbe impiegare i maggiori utili conseguiti grazie 
alla dominanza per estendere tale posizione ad altro Stato il cui mercato sia 
maggiormente concorrenziale: le clausole di reciprocit� di cui alle Direttive 
96/92 e 98/30 non lo impediscono, �escludono solo che un�impresa in posi- 
(42) CIRENEI, Liberalizzazioni, servizi di interesse economico generale e sussidi incrociati; la Direttiva 
della Commissione 2000/52/CE e il nuovo ambito della �disciplina trasparenza�, in Diritto del 
commercio internazionale, 2001, pp. 282 ss. HANCHER, BUENDIA SIERRA, Cross-subsidisation and EC 
law, in Common market law review, 1998, pp. 902 ss. ABBAMONTE, Cross-subsidisation and community 
competition rules: Efficient pricing versus equity, in European law review, 1998, pp. 414 ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 123 
zione protetta rifornisca clienti idonei in un altro Stato membro, anche se il 
gruppo di clienti corrispondente nel mercato nazionale non pu� ancora scegliere 
liberamente il fornitore�. 
Assumendo una diversa prospettiva d�analisi, vanno peraltro considerati 
i condizionamenti che il diritto antitrust pu� esercitare sulla disciplina privatizzatoria: 
poich� le norme a tutela della concorrenza si applicano a tutte le 
imprese, regola fondamentale di tale disciplina non pu� non essere la parit� 
di soggezione ad essa delle imprese pubbliche e private, par condicio che 
svolge pertanto un fondamentale ruolo chiarificatore della disciplina antitrust 
stessa. 
D�altronde, seppure, come pi� volte ricordato, in taluni settori si ponga a 
fronte della privatizzazione il problema della coerenza con l�interesse pubblico 
sotteso al tipo di attivit� svolta, � dubbio che possa conseguirne una evidente 
manipolazione del modello societario, anche considerando come la penetrante 
conformazione ad interessi pubblici delle societ� privatizzate conduca ad un 
mercato in cui tali societ� operano a fianco di societ� di diritto comune: la 
funzionalizzazione dell�assetto organizzativo sociale delle prime le penalizza 
rispetto alle seconde e cospira contro la stessa armonizzazione degli istituti 
un ambito comunitario; inoltre, l�alterazione del modello organizzativo della 
societ� pu� dare luogo ad una potenziale violazione dell�art. 86 par. 1 TCE: la 
diversit� di regime giuridico dell�impresa pubblica, qualora desse luogo ad un 
diritto speciale della stessa, altererebbe la parit� nella concorrenza; in altri termini 
la par condicio tra impresa pubblica e privata dovrebbe condurre all�eguaglianza 
dei modelli organizzativi. 
Laddove, come prospettato in dottrina, le deroghe al diritto comune introdotte 
dal legislatore nei processi di privatizzazione consentano l�attribuzione 
all�impresa privatizzanda della qualifica di impresa con diritti speciali i 
sensi dell�art. 86 par. 1 TCE, in quanto danti luogo ad una disciplina ad hoc 
da considerare alla stregua di un procedimento di durata non breve e non quale 
atto ad esecuzione immediata e completa, si avrebbe la conseguenza della immediata 
applicabilit� del divieto per lo Stato di realizzare situazioni anticoncorrenziali 
incompatibili con le finalit� del Trattato attraverso le dette imprese. 
Invece, le Direttive citate dal Governo italiano nel caso in esame obbligano 
gli Stati solo ad esercitare il controllo sulle imprese operanti sui loro territori 
senza consentire ai legislatori nazionali di ostacolare la partecipazione 
di imprese statali in imprese nazionali. L�avvocato generale rileva da ultimo 
come l�incompatibilit� tra la disciplina italiana in questione e la libert� di circolazione 
dei capitali non possa escludersi facendo valere il principio di neutralit� 
di cui all�art. 295 TCE, come la giurisprudenza comunitaria ha chiarito 
nelle cause relative alle golden shares; oltretutto nel caso di specie manca 
anche il collegamento con il regime di propriet�, non essendo il provvedimento 
inteso a tutelare la propriet� dello Stato.
124 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
In base a tali argomenti, poich� il governo non ha addotto motivi di interesse 
generale a giustificazione della disciplina controversa, quest�ultima, 
dando luogo ad una restrizione alla libera circolazione dei capitali, non pu� 
nemmeno valersi delle possibilit� di giustificazione affermate dalla giurisprudenza 
della Corte di giustizia. 
Requisiti per la giustificazione di restrizioni analoghe a quelle determinate 
dal decreto-legislativo 192/2001 sono stati illustrati nelle sentenze Commissione 
c. Francia, C-483/99 e Commissione c. Belgio, C-503/99 (43): nella 
prima, in particolare, si afferma che l�obiettivo della garanzia della sicurezza 
degli approvvigionamenti rientra nell�ambito di un legittimo interesse pubblico 
tale da giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, in 
quanto, come gi� stabilito dalla Corte, l�obiettivo di garantire una fornitura 
minima costante di prodotti petroliferi pu� ricondursi ai motivi di pubblica sicurezza 
che possono giustificare un ostacolo alla libera circolazione delle 
merci; il ragionamento vale anche per gli ostacoli alla libera circolazione dei 
capitali dal momento che la pubblica sicurezza rientra tra i motivi giustificativi 
di cui all�art. 58, 1 TCE: abbiamo dunque anche a questo riguardo l�applicazione 
di una statuizione della Corte, relativa alla libera circolazione delle 
merci, alla libert� di cui all�art. 56 TCE (44). 
Occorre peraltro precisare che la pubblica sicurezza pu� invocarsi solo 
in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad un interesse fondamentale 
della collettivit�. La possibilit� di giustificare restrizioni alla libera circolazione 
dei capitali in base all�art. 295 TCE � stata esclusa dalla Corte, fra l�altro, 
nella sentenza Commissione c. Francia, C-483/99: si nega che le preoccupazioni 
che possono giustificare il mantenimento di una certa influenza da parte 
degli Stati membri sulle imprese privatizzate operanti nei settori dei servizi di 
interesse generale o strategico, consentano agli Stati membri di far valere i 
loro regimi di propriet�, lasciati impregiudicati dal Trattato, per giustificare 
ostacoli alle libert� previste dal Trattato stesso, poich� il principio di neutralit� 
di cui all�art. 295 TCE non sottrae i regimi di propriet� esistenti negli Stati 
membri ai principi fondamentali del Trattato. 
Peraltro tale orientamento giurisprudenziale, non attribuendo rilevanza 
alle modalit� con cui i pubblici poteri intervengono nella gestione della societ� 
- attraverso poteri speciali o provvedimenti di sterilizzazione delle partecipazioni 
detenute nelle societ� partecipate - e prendendo in considerazione soltanto 
la deroga introdotta al diritto societario, si fonda su un�argomentazione 
di tipo privatistico che contrasta con la logica economica su cui si basa l�in- 
(43) Cfr. anche la sentenza della Corte di giustizia: n. C-58/99, Commissione c. Italia. I poteri 
speciali inseriti negli statuti ENI e della Telecom del 13 maggio 2000. 
(44) In particolare, sentenze emesse nei procedimenti C-483/99, Commissione c. Francia; C- 
503/99, Commissione c. Belgio; C-463/00, Commissione c. Spagna.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 125 
compatibilit� col Trattato delle disposizione che stabiliscono poteri speciali o, 
pi� in generale e come nel caso in commento, affievoliscono le prerogative 
degli azionisti: secondo tale impostazione infatti, l�incidenza sul modulo societario 
privatistico viene criticata in s�, in quanto in contrasto con il principio 
di parit� tra azionisti, ricavabile dall�art. 44 par. 2 lett. g) TCE, a prescindere 
dalla presenza di un pubblico interesse. 
Inoltre le disposizioni del decreto-legge 192/2001, essendo rivolte solo a 
imprese pubbliche, non pongono in essere un rimedio efficace contro i possibili 
problemi causati dalla disparit� di recepimento delle Direttive sulla liberalizzazione, 
posto che pure le imprese private potrebbero giovarsi della 
posizione dominante detenuta sul loro mercato nazionale per espandersi in un 
altro Stato membro; ne discende pertanto che il legislatore italiano ha inteso 
perseguire e garantire l�obiettivo della privatizzazione, che per� non giustifica 
restrizioni alla libera circolazione dei capitali (45). 
L�Avvocato generale propone dunque alla Corte di dichiarare che l�introduzione 
della disposizione che prevede la sospensione del diritto di voto per 
le partecipazioni eccedenti il 2% del capitale sociale di imprese di approvvigionamento 
dell�energia elettrica e del gas, detenute da imprese pubbliche in 
posizione dominante e non quotate, pregiudica la libera circolazione dei capitali 
e viola l�art. 56 TCE. Nello stesso tempo la Repubblica Italiana, in base al 
regolamento di procedura, deve essere condannato alle spese, poich� la Commissione 
ne ha fatto richiesta. 
Nel suo giudizio, la Corte richiama l�art. 56 TCE, interpretandolo in base 
alla nomenclatura di cui all�allegato I della Direttiva 88/361, per concludere 
che l�investimento diretto � caratterizzato dalla possibilit� di partecipare effettivamente 
alla gestione e al controllo di una societ�. 
Ne consegue la necessit� di verificare se la sospensione dei diritti di voto 
di cui al decreto-legge 192/2001 costituisca una restrizione ai movimenti di 
capitali tra Stati membri. Si osserva come tale sospensione, escludendo, per 
la categoria di imprese pubbliche considerata, l�effettiva partecipazione al controllo 
e alla gestione di imprese italiane in determinati settori, abbia l�effetto 
di dissuadere soggetti pubblici di altri Stati membri dall�acquisizione di partecipazioni 
in imprese italiane: si tratta quindi di una restrizione alla libera circolazione 
dei capitali vietata dall�art. 56 TCE (46). 
Il principio della libera circolazione dei capitali non opera infatti distinzioni 
tra imprese pubbliche o private, n� tra imprese in posizione dominante 
(45) VITALE, Libera circolazione dei capitali e tassazione dei dividendi in uscita: approccio comunitario, 
ultimi sviluppi e questioni aperte, in Diritto e pratica tributaria internazionale, 2008, pp. 
654 ss. DEL SOLE, Libert� di stabilimento e libera circolazione dei capitali, in Fiscalit� internazionale, 
2008, pp. 360 ss. GLENDI, Libera circolazione dei capitali, in Il Corriere tributario, 2007, pp. 1316 ss. 
(46) Sentenza 2 giugno 2005, resa nella causa C-174/04.
126 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ed altre. Viene respinto l�argomento del Governo italiano secondo cui la restrizione 
dei diritti di voto disposta dal decreto-legge 192/2001 sarebbe analoga 
a quella, non incompatibile con la libera circolazione dei capitali, prevista 
dal decreto-legislativo 58 del 1998 in attuazione della Direttiva 2001/34/CE, 
riguardante l�ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l�informazione 
da pubblicare su tali valori: quest�ultima prevede solo obblighi di 
informazione al momento dell�acquisizione e cessione di una partecipazione 
importante in una societ� quotata in borsa, oltre all�obbligo degli Stati membri 
di introdurre adeguate sanzioni per l�inosservanza di tali obblighi; sono dunque 
irrilevanti, per la decisione della causa, le misure al riguardo adottate dagli 
Stati membri. 
Quanto alla possibilit� di giustificare in base al Trattato restrizioni alla 
libera circolazione di capitali previste da normative nazionali, si chiarisce 
come essa discenda solo dai motivi di cui all�art. 58, n. 1 TCE o da motivi imperativi 
di interesse pubblico, dall�idoneit� a conseguire lo scopo perseguito 
e dal limitarsi a quanto necessario per il conseguimento di quest�ultimo secondo 
il principio di proporzionalit�. 
Secondo il Governo italiano il decreto-legge contestato mirerebbe a garantire 
la concorrenza, evitando attacchi anticoncorrenziali in attesa di una effettiva 
liberalizzazione nel settore dell�energia in Europa, ma: �l�interesse al 
rafforzamento della struttura concorrenziale non costituisce valida giustificazione 
delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali". 
Deve invece applicarsi la normativa di cui al Regolamento del Consiglio 
139 del 2004, in base al quale: �(�) la Commissione vieta le concentrazioni 
di dimensione comunitaria che ostacolino in modo significativo una concorrenza 
effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, �in particolare 
a causa (�) del rafforzamento di una posizione dominante� 
preesistente (�)� (47). La necessit� di garantire l�approvvigionamento di energia 
elettrica sul territorio italiano pu� giustificare a determinate condizioni restrizioni 
alla libera circolazione di capitali, ma il Governo italiano non ha 
dimostrato come la restrizione del diritto di voto per la categorie di imprese 
pubbliche considerata sia indispensabile al raggiungimento di tale fine: il decreto-
legge 192/2001 non pu� pertanto ritenersi indispensabile a tale fine. Da 
tutto ci� consegue che, mantenendo in vigore la disposizione contestata, la 
Repubblica Italiana ha contravvenuto agli obblighi di cui all�art. 56 TCE. 
In seguito alla sentenza della Corte di giustizia del 2 giugno 2005, il governo 
italiano ha adottato il decreto-legge 14 maggio 2005 n. 81, recante �Disposizioni 
urgenti in materia di partecipazioni a societ� operanti nel mercato 
dell�energia elettrica e del gas�; tale provvedimento urgente abolisce i limiti 
(47) Sentenza resa nella causa C-367/98, Commissione c. Portogallo.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 127 
imposti a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro 
dell�UE, qualora tali soggetti acquisiscano direttamente o indirettamente 
partecipazioni superiori al 2% nel capitale sociale di societ� operanti nei settori 
citati. 
Nell�emanare il provvedimento urgente in esame sono richiamate fra l�altro: 
la legge 14 novembre 1995, n. 481, concernente la concorrenza e la regolazione 
dei servizi di pubblica utilit�; il decreto legge 192/2001; la legge 23 
agosto 2004, recante delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti 
in materia di energia; la Direttiva 2003/54/CE del PE e del Consiglio del 
26 giugno 2003; la Direttiva 2003/55/CE del PE e del Consiglio del 26 giugno 
2003; la procedura di infrazione avviata dalla Commissione e conclusasi con 
la sentenza della Corte di giustizia, sopra menzionata, che ha dichiarato l�incompatibilit� 
delle disposizioni di cui al decreto-legge 192/2001 con l�art. 56 
TCE.
La L. 239/2004 in particolare, all�art. 1, comma 29, prevede l�ingerenza 
del potere esecutivo nel caso di transazioni intracomunitarie aventi ad oggetto 
imprese operanti nei settori dell�energia elettrica e del gas (�Fino alla completa 
realizzazione del mercato unico dell'energia elettrica e del gas naturale, in caso 
di operazioni di concentrazione di imprese operanti nei mercati dell'energia 
elettrica e del gas cui partecipino imprese o enti di Stati membri dell'Unione 
europea ove non sussistano adeguate garanzie di reciprocit�, il Presidente del 
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle attivit� produttive, di 
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, pu�, entro trenta giorni 
dalla comunicazione dell'operazione all'Autorit� garante della concorrenza e 
del mercato, definire condizioni e vincoli cui devono conformarsi le imprese 
o gli enti degli Stati membri interessati allo scopo di tutelare esigenze di sicurezza 
degli approvvigionamenti nazionali di energia ovvero la concorrenza 
nei mercati�). 
Si tiene inoltre conto dei progressi degli Stati membri verso la realizzazione 
del mercato interno dell�energia elettrica e del gas. Si richiama l�obbligo 
di porre in essere le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative 
per l�attuazione delle Direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE entro il 1� luglio 
2004. Si considerano gli sforzi compiuti per la definizione di accordi e intese, 
tra i governi degli Stati membri, per la collaborazione nel settore dell�energia, 
la promozione della sicurezza degli approvvigionamenti nazionali di energia 
e la tutela della concorrenza. 
4. Conclusioni 
L�adozione del provvedimento interviene a causa della straordinaria necessit� 
ed urgenza di emanare disposizioni che rimuovano i limiti e i vincoli 
posti alle imprese pubbliche degli Stati membri che, sebbene titolari di una
128 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
posizione dominante sul proprio mercato nazionale, contribuiscono alla liberalizzazione 
ed allo sviluppo degli investimenti in Italia, nella prospettiva del 
mercato interno europeo. L�art. 1 del provvedimento in esame aggiunge all�art. 
1 del decreto-legge 192/2001, un comma 3-bis in base al quale: �(�) Le disposizioni 
di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nei riguardi dei soggetti controllati 
direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione europea o dalle 
sue amministrazioni pubbliche, titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione 
dominante, qualora le competenti Autorit� degli Stati interessati abbiano 
approvato norme, definito indirizzi e avviato le procedure per la privatizzazione 
di tali soggetti, quali la quotazione nei mercati finanziari regolamentati o altre 
procedure equivalenti e siano state definite con il Governo italiano intese finalizzate 
a tutelare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e l'apertura 
del mercato, promuovendo l'effettivo esercizio, in condizioni di reciprocit�, delle 
libert� fondamentali garantite dal Trattato istitutivo CE nell'accesso ai mercati 
dell'energia elettrica e del gas naturale (�)�. 
La Commissione ha peraltro inviato all�Italia, con lettera di costituzione in 
mora del 13 ottobre 2005, una richiesta di informazioni riguardanti l�esecuzione, 
da parte della Repubblica italiana, della sentenza della Corte di giustizia 
del 2 giugno 2005, ritenendo che le modifiche introdotte dal Governo italiano 
non abbiano dato piena esecuzione alla sentenza stessa. 
Il 4 aprile 2006 la Commissione ha infine provveduto, secondo l�art. 228 
TCE, a formulare un parere motivato, la mancata conformazione al quale le 
consentirebbe di adire la Corte di giustizia, precisando l�importo, adeguato 
alle circostanze, della somma forfetaria o della penalit� che lo Stato membro 
dovr� versare, qualora la Corte riconosca che quest�ultimo non ha adottato i 
provvedimenti che l�esecuzione della sentenza comporta. 
Negli ultimi anni la Corte comunitaria ha gi� condannato numerosi Stati 
azionisti di controllo di societ� privatizzate nei settori strategici delle regulated 
industries, legittimando la sola normativa belga e chiarendo come, affinch� la 
previsione di una golden share in settori di servizi di interesse generale possa 
considerarsi conforme alle regole comunitarie, sia necessario che la normativa 
nazionale si fondi su un sistema di dichiarazioni a posteriori e non preventive, 
basate su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese 
interessate, nonch� sull'attribuzione di un rimedio giurisdizionale a qualsiasi 
soggetto colpito dalla misura restrittiva. Tutto lascia presagire che nuovi casi 
saranno sottoposti alla Corte, segno evidente delle resistenze che gli Stati continuano 
ad opporre nonostante i perentori diktat dei giudici comunitari. La battaglia 
europea sul fronte della golden share � ancora in corso. I Governi degli 
Stati membri contro cui la Commissione ha aperto formali procedure di infrazione 
sono ora impegnati a definire le proprie strategie con un duplice obiettivo. 
Da un lato, accogliere la forte sollecitazione a rimuovere le barriere alla 
circolazione dei capitali proveniente dalle Istituzioni europee. Dall�altro, pro-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 129 
teggere le proprie societ� privatizzate in un contesto in cui prevalgono asimmetrie 
e mancano chiare regole di reciprocit�. La soluzione in grado di contemperare 
gli obiettivi dei Governi con quelli comunitari di apertura dei 
mercati dei capitali � semplice e si trova nel solco del Trattato CE e delle pi� 
recenti decisioni comunitarie. II Trattato (ai sensi dell�art. 58, n.1, lett. b) non 
pregiudica il diritto degli Stati membri di adottare misure che limitano la libera 
circolazione dei capitali se giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica 
sicurezza. Una golden share conforme all�Europa non sarebbe di certo 
pi� debole, ma pi� trasparente, efficace, e funzionale alla ripresa del processo 
di privatizzazione, anche nei settori strategici pi� delicati. I legislatori dei paesi 
colpiti dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, cercano di salvarsi 
dai continui attacchi della Corte cercando di adottare una golden share �virtuosa�, 
ossia quella golden share basata su disposizioni normative che garantiscano: 
a) l�esistenza di un testo normativo preciso; b) un sistema di controllo 
statale successivo e non di autorizzazione preventiva; c) termini temporali precisi 
per proporre l�opposizione; d) un obbligo di motivazione per l�interferenza 
dello Stato; e) un controllo giurisdizionale effettivo. 
La Corte di giustizia, infatti, non perde occasione per censurare la presenza 
attiva del settore pubblico nell�economia, che cerca di continuare ad essere 
presente, mediante nuove invenzioni (poteri speciali proporzionali, 
interessi vitali dello Stato, strumenti finanziari, azioni speciali) che prima o 
poi verranno a loro volta censurate dalla Corte. Il tutto intervallato dalla creazione 
di clausole statutarie che, cercando di seguire i nuovi principi, o un 
aspetto letterale di questi, dettati dalla giurisprudenza comunitaria, tentano di 
anticipare le scelte legislative al fine di evitare ulteriori censure. I risultati di 
tali tentativi, quasi sempre negativi, dovrebbero, contrariamente a quanto avviene, 
indurre i legislatori a prendere atto della oramai limitatissima compatibilit� 
tra il ruolo attivo dello Stato e degli enti pubblici nell�attivit� d�impresa 
e le regole della concorrenza e del mercato.
130 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La difficile applicazione del diritto comunitario 
nella zona grigia tra l�appalto e la concessione 
Cristina Sgubin* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Considerazioni su alcune tipologie di modelli gestionali: 
appalto di lavori con manutenzione; global service; contratto misto; concessione di pubblico 
servizio - 2.1. Appalto di lavori con manutenzione - 2.2. Global service - 2.3. Contratto misto 
- 2.4. Concessione di servizi e Concessioni di pubblici servizi - 2.4.2. Il difficile equilibrio tra 
concessione di servizi e concessione di pubblici servizi - 3. Complessit� della tematica in materia 
di pubblici servizi e rapporti con i principi del diritto europeo - 4. Alcuni problemi di 
convivenza tra diritto nazionale e diritto europeo: portata e limiti del principio di prevalenza 
- 5. Brevi considerazioni conclusive. 
1. Premessa 
Recenti orientamenti giurisprudenziali (1) e, da ultimo, la riforma del regime 
dei servizi pubblici locali (2), offrono lo spunto per una riflessione sulla 
(*) Dottoranda di ricerca in Diritto amministrativo presso l�Universit� di Roma �Tor Vergata�. 
(1) Cons. Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864; Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2008, n. 
4520; Cons. Stato, sez VI, 15 gennaio 2008, n. 36; Tar Lazio, Roma, 11 maggio 2007, n. 4315. 
(2) Cfr. Decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 �Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi 
comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunit� europee", che con 
l'art. 15, relativo all'adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza 
economica, modifica l'art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, introdotto con la legge di 
conversione n. 133 del 6 agosto 2008, c.d. Legge Tremonti. Una buona sintesi della complessiva evoluzione 
del concetto e dei modelli di gestione dei servizi pubblici locali, in F. DELLO SBARBA �I servizi 
pubblici locali: modelli di organizzazione e di gestione�, Torino, Giappichelli, 2009, passim ma in particolare 
cap. VI p. 195 e ss. 
Pi� in generale sulla complessa tematica dei servizi pubblici, tra i moltissimi saggi, cfr. F. MODERNE e 
G. MARCOU �L�id� de service public dans le droit des etats de l�unionn europeenne�, Ed. L�Harmattan, 
Paris, 2001; AA.VV. �La concession de service public face au droit communautaire�, Ed. Sirey, Paris, 
1992; AA.VV. �I servizi a rete in Europa�, a cura di E. FERRARI, Raffaello Cortina Editore, Milano, 
2000; L. VASQUES �I servizi pubblici locali nella prospettiva dei principi di libera concorrenza�, Torino, 
Giappichelli, 1999; AA.VV. �Studi in tema di liberalizzazioni�, a cura di E. STICCHI DAMIANI, Torino, 
Giappichelli 2008; L. ALLA �La concessione amministrativa nel diritto comunitario�, Milano, Giuffr� 
2005 passim ma particolarmente p. 32 e ss.; 37 e ss; B. MAMELI �Servizio pubblico e concessione (l�influenza 
del mercato unico sui regimi protezionistici e regolamentati)�, Milano, Giuffr�, 1998; G. NAPOLITANO 
�Servizi pubblici e rapporti di utenza�, Padova, Cedam, 2001; R. CAVALLO PERIN �Comuni 
e province nella gestione dei servizi pubblici�, Napoli, Jovene, 1993; N. RANGONE �I servizi pubblici�, 
Bologna, il Mulino, 1999: R. D. RAIMO �Contratto e gestione indiretta di servizi pubblici�, Napoli, 
Esi, 2000; L. ROBOTTI (a cura di) �Competizioni e regole nel mercato dei servizi pubblici locali�, Bologna, 
Il Mulino, 2002; G. IACOVONE �Regolazione, diritti e interessi nei pubblici servizi�, Bari, Cacucci, 
2004; L.R. PERFETTI e P. POLIDORI �Analisi economica e metodo giuridico: i servizi pubblici 
locali�, Padova, Cedam, 2003; R. VILLATA �Pubblici servizi: discussioni e problemi�, Milano, Giuffr�, 
2001; E. SCOTTI �Il pubblico servizio tra tradizione nazionale e prospettive europee�, Padova, Cedam,
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 131 
difficile applicazione e interpretazione dei principi e delle regole del diritto 
comunitario, con riferimento a quella zona grigia del diritto che riguarda il regime 
degli appalti (3) e delle concessioni (4). 
2003; F. VETR� �Il servizio pubblico a rete�, Torino, Giappichelli, 2005; �Servizi pubblici e societ� 
private: quali regole� a cura di V. DOMINICHELLI e G. SALA, Padova, Cedam, 2007; G. PIPERATA �Tipicit� 
e autonomia nei servizi pubblici locali�, Milano, Giuffr�, 2005; L. DE LUCIA �La regolazione amministrativa 
dei servizi di pubblica utilit��, Torino, Giappichelli, 2002; M. RAMAJOLI �Concessioni di 
pubblico servizio e diritto comunitario�, Dir. Amm., 1993; G. DI GASPARE �I servizi pubblici locali 
verso il mercato�, Dir. Pubbl. 1999; id. �Servizi pubblici locali in trasformazione�, Padova, Cedam, 
2001; A. ZITO �I riparti di competenze in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma del titolo 
V della costituzione�, Dir. Amm, 2003; sempre attuale I.M. MARINO �Servizi pubblici e sistema autonomistico�, 
Milano, Giuffr�, 1986; L. PERFETTI �Contributo ad una teoria dei pubblici servizi�, Cedam, 
Padova, 2001; D. SORACE �La riflessione giuridica di Umberto Pototsching: i servizi pubblici�, in Dir. 
Pubblico, 2002; R. VILLATA �Pubblica amministrazione e servizi pubblici�, in Dir. Amm., 2003; per un 
apprfonodimento storico vedi U. POTOTSCHING, �I pubblici servizi�, Padova, Cedam, 1964, p.469. 
Sul delicato rapporto, anche nell'evoluzione storica, tra concessione di pubblico servizio e concessione 
di servizi in ambito comunitario, cfr. le osservazioni di F. MASTRAGOSTINO, �Il nuovo diritto degli appalti 
pubblici nella direttiva comunitaria 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005�, a cura di 
R. GAROFOLI e M.A. SANDULLI, Milano, 2005, p. 99 e ss.. 
(3) In generale, sulla evoluzione del regime dei contratti della pubblica amministrazione vedi R. 
CARANTA �I contratti pubblici in sistema del diritto amministrativo italiano�, Torino, Giappichelli, 
2004; AA.VV. �I contratti della pubblica amministrazione in Europa� a cura di E. FERRARI, Torino, 
Giappichelli, 2003; L. FRANZESE �Il contratto oltre privato e pubblico�, Padova, Cedam, 1998; S.S. 
SCOCA �Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali�, Milano, Giuffr�, 2008; A. 
BENEDETTI �I contratti della pubblica amministrazione tra specialit� e diritto comune�, Torino, Giappichelli, 
1999. 
(4) Sul fenomeno concessorio, oltre ai testi di volta in volta citati vedi in particolare F. FRACCHIA 
�Concessione amministrativa�, in Enc. Dir., Annali I, Milano, Giuffr�, 2007, p. 250 e ss; D. SORACE, 
C. MARZUOLI �Concessioni amministrative�, in Dig. Disc. Pubbl., Volume III, Torino, UTET, 1989, p. 
280 e ss; B. MAMELI �Concessioni amministrative�, in Dizionario di Diritto Pubblico, diretto da S. 
Cassese, Milano, Giuffr�, 2006, p. 1111 e ss.; M. DALBERTI �Concessioni amministrative�, in Enc. 
Giur., VII, Roma, 1988; idem �Le concessioni amministrative�, Napoli, Jovene, 1981. Sul rapporto 
con i beni pubblici vedi in particolare B. TONOLETTI �Beni pubblici e concessioni�, Padova, Cedam, 
2008; AA.VV. �I beni pubblici: tutela, valorizzazione e gestione�, a cura di A. POLICE, Milano, Giuffr�, 
2008; A. MALTONI �Il conferimento di potest� pubbliche ai privati�, Torino, Giappichelli, 2005, ed ivi 
ampi riferimenti alla formazione della nozione originaria. 
Sul rapporto con i pubblici servizi vedi F. MASTRAGOSTINO �La concessione di servizi�, in Il Nuovo diritto 
degli appalti pubblici�, a cura di R. GAROFOLI, M.A. SANDULLI, cit. p. 97 e ss.; G. GRECO �Gli appalti 
di servizi e le concessioni di pubblico servizio�, in �Appalti pubblici di servizi e concessioni di 
servizio pubblico�, a cura di F. MASTRAGOISTINO, Padova, Cedam, 1998; C. CAVALLO PERIN �Riflessioni 
sull�oggetto e sugli effetti giuridici della concessione di servizio pubblico�, in Diritto amministrativo, 
1994, p. 113 e ss; idem �La struttura della concessione nel servizio pubblico locale�, Torino, Giappichelli, 
1998; F. FRACCHIA �Servizi pubblici e scelta del concessionario�, in Dir. amm., 1993, p. 367 e 
ss.; PIOGGIA �La concessione di pubblico servizio come provvedimento a contenuto convenzionalmente 
determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico�, in Dir. Pubbl. 1995, p. 567 e ss.; A. ROMANO 
�Profili della concessione di pubblici servizi� in Dir. Amm. 1994, p. 459 e ss.; F.G. SCOCA �La 
concessione come forma di gestione dei servizi pubblici�, in �Le conessioni di servizi pubblici�, a cura 
di F. ROVERSI MONACO, Rimini, Maggioli, 1988; G. PERICU, A. ROMANO, V, SPAGNOLO VIGORITA (a 
cura di) �La concessione di pubblico servizio�, Milano, Giuffr�, 1995. Sempre fondamentale lo scritto 
di U. POTOTSCHNIG �Concessione e appalto nell�esercizio dei pubblici servizi�, in Jus, 1995. 
Quanto alle concessioni di opera pubblica (precedentemente all�entrata in vigore del diritto europeo),
132 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ComՏ noto, mentre il c.d. codice De Lise, approvato con D.lgs 163/2006 
e s.m.i., ha disciplinato compiutamente l�istituto degli appalti di lavori pubblici, 
forniture e servizi (5), viceversa � stato alquanto laconico nella disciplina 
delle concessioni di servizi (6). 
Esso, infatti, si � limitato a darne due scarne definizioni, rispettivamente: 
a) nell�art. 3 �definizioni� (7) e b) nel regime dettato dall�articolo 30 (8). 
vedi N. ASSINI, A. MAROTTA �La concessione di opere pubbliche�, Padova, Cedam, 1981; F. PELLIZER 
�Le concessioni di opera pubblica�, Padova, Cedam, 1990; G. LEONE �Opere pubbliche fra appalto e 
concessione�, Padova, Cedam 1990. 
(5) V. SALVATORE �Diritto comunitario degli appalti pubblici�, Milano, Giuffr�, 2003; S. ARROWSMITH 
�The law of the public ad utilities procurement�, London, Sweet and Maxwell, ult. ed; F. 
SAITTA �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, Padova, Cedam, 2008; M. SANINO �Commento al codice 
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, aggiornato al d.lg.31 luglio 2007, n. 
113�, Milano, Utet, 2008; C. FRANCHINI (a cura di) �Contratti con la pubblica amministrazione�, Milano, 
Utet, 2007; A. CANCRINI, P. PISELLI, V. CAPUZZA �La nuova legge degli appalti pubblici�, Roma, 
Igop, 2008; R. MANGANI, F. MARZARI, D. SPINELLI �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, Ed. Il sole 
24 ore, Milano, 2007; AA.VV. �Il nuovo codice di contratti pubblici di lavori, servizi, forniture�, Rimini, 
Maggioli, 2007; A. CARULLO, A. CLARIZIA (a cura di) �Legge quadro in materia di lavori pubblici�, 
Tomo I e II, Padova, Cedam, 2000; U. REALFONZO, C. GALTIERI, I. DEL GASTILLO �Appalti 
pubblici di forniture�, Milano, Ed. Il sole 24 ore, 2000; AA.VV. �Trattato sui contratti pubblici�, diretto 
da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, Giuffr� 2008; G. MONTEDORO, R., DI PACE, 
�Gli appalti di opere� Milano, Giuffr�, 2003; AA.VV. �Codice dei contratti pubblici�, Milano, Giuffr� 
2007; AA.VV. �Repertorio degli appalti pubblici�, a cura di L.R. PERFETTI, Padova, Cedam 2005; 
AA.VV. �Commento al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture�, Torino, Giappichelli, 
2007. In precedenza, sulla legge quadro, tra i moltissimi commenti vedi: AA.VV. �Commentario: La 
nuova legge quadro sui lavori Pubblici� a cura di F. CARINGELLA, Milano, Ipsoa 1999; AA.VV. �L'attrazione 
della legge quadro sui lavori pubblici�, commentario, a cura di L. CARBONE, F. CARINGELLA, 
G. DE MARZO, Milano, Ipsoa 2000; M. MAZZONE, C. LORIA �Manuale di diritto dei lavori pubblici�, 
II Ed., Roma, Edizioni Jandi Sapi, 2005; AA.VV. �Legge quadro sui lavori pubblici (Merloni quater)�, 
Milano, Giuffr� 2003; A. CIANFLONE, G, GIOVANNINI �L'appalto di opere pubbliche�, XI Ed., Milano, 
Giuffr� 2003. Sugli appalti pubblici di forniture vedi: A. NOBILE �Gli appalti pubblici di forniture�, 
Roma, IPZS, 2003; idem �Gli appalti pubblici di servizi�, Roma, IPZS, 1997; AA.VV. �Gli appalti 
pubblici di servizi� a cura di E.PICOZZA, II Ed., Rimini, Maggioli, 1995; F. MASTRAGOSTINO �L'Appalto 
di opere pubbliche. Norme interne e disciplina comunitaria�, Bologna, Il Mulino, 1993. 
(6) Vedi in particolare G. MONTEDORO �La disciplina delle concessioni nella nuova direttiva 
quadro in attesa della disciplina compiuta del partenariato pubblico privato�, in �Nuovo diritto degli 
appalti pubblici�, a cura di M.A. SANDULLI E R. GAROFOLI, Milano Giuffr�; vedi anche G. GRECO �Gli 
appalti pubblici di servizi� in Riv. It. dir. pubbl. com., 1995, p. 1285, cit; F. MASTRAGOSTINO (a cura 
di) (con contributi di F. MASTRAGOSTINO, G. GRECO, M. CAMMELLI, L. RIGHI, D. DE PRETIS, A. LINGUITI, 
A. CANCRINI, P. PISELLI, F. PELLIZZER, D. FLORENZANO) �Appalti Pubblici di servizi e concessioni di 
servizio pubblico�, Cedam, Padova, 1998; P. LO GIUDICE �Gli appalti pubblici di servizi nella disciplina 
comunitaria e nazionale� in I TAR, 1998, p. 365; idem �I caratteri propri dell'appalto di servizi� in I 
TAR, 1998, p. 419; G. ALBANESE, D. BEZZI, N. FABIANO, A. FERRO, G. MELE �Gli Appalti di Servizi�, 
Giuffr�, Milano, 2000. 
(7) Cfr. art. 3 comma 12: �La concessione di servizi � un contratto che presenta le stesse caratteristiche 
di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di 
servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, 
in conformit� all�articolo 30�. 
(8) Cfr art. 30 concessione di servizi: �1) Salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni 
del codice non si applicano alle concessioni di servizi; 2) nella concessione di servizi la con-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 133 
L�apparente lacuna del codice deve essere colmata con una puntuale analisi 
dei differenti istituti, allo scopo di definire il difficile rapporto tra la portata, 
il campo di applicazione e le eccezioni contenute nel trattato CE e nel diritto 
comunitario derivato, e la discrezionalit� legislativa lasciata agli Stati membri 
dall�articolo 16 del Trattato di Nizza attualmente vigente (9). Si considereranno 
a parte alcune novit� apportate dal Trattato di Lisbona, che tuttavia, allo 
stato attuale, rilevano solo indirettamente sul diritto amministrativo nazionale, 
in quanto, comՏ noto, tale Trattato non � stato ancora ratificato da tutti gli 
Stati membri. 
Sembra opportuno, ad avviso di chi scrive, inserire nella premessa anche 
l�aspetto principale di differenza tra il regime comunitario e quello nazionale 
che riguarda lo stesso modo di concepire il concetto di servizio. 
Come rappresentato dalla dottrina che si � occupata della nozione di servizio 
pubblico nella prospettiva Europea (10), il diritto comunitario inquadra 
la fattispecie nell�ambito della comune nozione di servizio, quale descritta 
dall�articolo 50 del Trattato CE. Poich� l�ordinamento comunitario si � originariamente 
formato per istituire un mercato comune, il servizio ha attinto la 
sua nozione da una prospettiva civilistica e mercantile: esso � una prestazione 
fornita normalmente dietro retribuzione e, in tale contesto, comprende con 
ampio spettro le attivit� di carattere industriale, commerciale, artigianale e le 
libere professioni. 
Fin dall�origine, il diritto europeo si � posto il problema dei servizi che 
costituiscono eccezione alle regole del mercato e della libera concorrenza, 
come confermato dall�esegesi dell�art. 86, gi� articolo 90, I e II paragrafo, del 
Trattato, ma ha scelto un approccio alquanto diverso da quelli nazionali, delineando 
due fattispecie: 
a) le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico 
troprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e 
di sfruttare economicamente il servizio. Il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un 
prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori 
a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell�ordinario utile all�impresa, ovvero qualora 
sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell�equilibrio economico-finanziario 
degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualit� del servizio da prestare�. 
(9) Art. 16 �Fatti salvi gli articolo 73, 82 e 83 in considerazione dell�importanza dei servizi di 
interesse economico generale nell�ambito dei valori comuni dell�Unione, nonch� del loro ruolo nella 
promozione della coesione sociale e territoriale, la Comunit� e gli Stati membri, secondo le rispettive 
competenze e nell�ambito del campo di applicazione del presente Trattato, provvedono affinch� tali 
servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti�. 
(10) M. RAMAJOLI �Concessioni di pubblico servizio e diritto comunitario�, in Dir. Amm, 1993; 
M. CLARICH �Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l�esperienza tedesca e italiana a 
confronto�, in R.T.D.P., 2003; L. MUSSELLI �Direttive comunitarie e creazione amministrativa di un 
mercato nei servizi pubblici�, in Dir. Amm., 1998; G. NAPOLITANO �Regole e mercato nei servizi pubblici�, 
Dir. Amm., 2005; A. QUIETI e A. ZUCCHETTI �Normativa CE: concorrenza e gare in materia di 
servizi pubblici locali sono proprio imposte dalla normativa CE?�, in Foro. Amm. C.d.S., 2003.
134 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
generale; 
b) le imprese cui gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi 
(11).
Inoltre ha sottoposto entrambe le fattispecie al controllo permanente della 
Commissione (12). 
Si deve anche tenere conto dell�importante ruolo svolto dalla CGE nel 
definire la portata e l�ambito di applicazione della nozione, in conformit� alla 
funzione riconosciuta alla medesima, insieme al Tribunale di I grado, di organi 
giurisdizionali cui compete in via esclusiva, nell�ambito delle rispettive competenze, 
il rispetto del diritto nella interpretazione e nella applicazione del 
Trattato (13). 
Viceversa, ogni stato membro ha disciplinato i propri servizi pubblici sia 
nazionali che locali secondo una prospettiva, appunto, nazionale (14). In Italia, 
con l�art. 43, che fa parte della c.d. Costituzione Economica in senso stretto 
(cio� composta dagli artt. 41, 42, e 43), ci si era orientati, secondo la propria 
tradizione, per una disciplina soggetta a regole diverse da quelle di mercato, 
cio� nell�ambito della c.d. riserva originaria dell�attivit� economica ai pubblici 
poteri, ovvero mediante il trasferimento dell�esercizio a mezzo di procedimenti 
concessori (15). � accaduto che mentre nel settore degli appalti pubblici gi� 
negli anni �80 del secolo scorso il diritto europeo � intervenuto con direttive 
(11) Per un approfondimento vedi A. PERICU, �Impresa ed obblighi di servizio pubblico. L�impresa 
di gestione dei servizi pubblici locali�, Milano, 2001; S. VARONE �Servizi pubblici locali e 
concorrenza�, Giappichelli Editore �Torino, 2004; D. CALDIROLA, �La dimensione comunitaria del 
servizio pubblico ovvero il servizio di interesse economico generale e il servizio universale�, in 
�Servizi pubblici concorrenza diritti�, a cura di L. AMMANNATI, M.A. CABIDDU, P. DE CARLI, Giuffr� 
Editore, 2001; E. FERRARI �Attivit� economiche ed attivit� sociali nei servizi di interesse generale�, 
Torino, Giappichelli, 2007. Precedentemente, sotto un profilo generale KOVAR �Droit communautaire 
et service public: esprit d�ortodoxie ou pnsp laicist� in Rev. Trim. De Droit. Eur. 1996; PAIS 
ANTUNES �L�article 90 du Trait�: obligations des etats membres et pouvoirs de la Commission�, 
ivi, 1991. 
Sui problemi generali della concorrenza A. POLICE �Tutela della concorrenza e pubblici poteri (profili 
di diritto amministrativo nella disciplina antitrust)�, Torino, Giappichelli, 2007; M. RAMAJOLI 
�Attivit� amministrativa e disciplina antitrust�, Milano, Giuffr�, 1998; G. NAPOLETANO �Diritto 
della concorrenza�, Lithos, Roma, 1996; I. VAN BAEL, J. F. BELLIS �Il diritto della concorrenza 
nella Comunit� europea�, Torino, Giappichelli, 1995 e pi� recentemente E. GUERRI �L�applicazione 
del diritto antitrust in Italia dopo il regolamento CE n. 1/2003�, Torino, Giappichelli, 2005; AA. 
VV. �L�applicazione del diritto comunitario della concorrenza�, Milano, Giuffr�, 2007. 
(12) Cfr. art. 86 par III: �La Commissione vigila sull�applicazione delle disposizioni del presente 
articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni�. Vedi in 
particolare M. ANTONIOLI �Comunicazioni della Commissione europea e atti amministrativi nazionali�, 
Milano, Giuffr�, 2000; idem �Mercato e regolazione�, Milano, Giuffr�, 2001. 
(13) Sul ruolo complessivo e innovativo della Corte di Giustizia europea, si vedano le considerazioni 
di S. CASSESE �La nuova costituzione economica�, Laterza, Bari, 2007. 
(14) A. ZITO �Il riparto di competenza in materia di servizi pubblici locali dopo la riforma 
del Titolo V della Costituzione�, in Dir. Amm., 2003. 
(15) Vedi retro nota n. 4.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 135 
self executing (16) e quindi in un ambito ritenuto immediatamente esposto alle 
regole del mercato e della libera concorrenza, viceversa esso � stato molto 
prudente nella funzione di armonizzazione dei servizi pubblici, in particolare 
di quelli locali. 
Paradossalmente, l�ordinamento comunitario � intervenuto maggiormente 
nell�ambito dei servizi pubblici nazionali, attraverso notissime direttive di liberalizzazione 
(es. nella materia dell�energia o nella politica dei trasporti) e 
molto meno nei servizi pubblici locali: anche se una forte incidenza diretta � 
costituita dalle progressive comunicazioni della Commissione Europea sui 
servizi di interesse generale, sulle privatizzazioni e sul partenariato pubblico 
privato; ed inoltre mediante le numerose sentenze della CGE sulla qualit� di 
organismo pubblico e di societ� in house providing. 
Ne consegue una prima conclusione, che cio� la materia dei servizi pubblici 
locali � stata solo indirettamente incisa dalle direttive sugli appalti pubblici, 
come correttamente trasposte da ultimo nel Codice dei contratti pubblici 
riportato in apertura. 
Occorre, quindi, focalizzare l�analisi sulle principali tipologie di modelli 
gestionali che maggiormente rientrano nella �zona grigia�, con l�obiettivo, 
ove possibile, di contribuire ad una pi� netta identificazione delle fattispecie 
nelle quali � obbligatoria l�applicazione del diritto comunitario nazionale sugli 
appalti; e viceversa di quelle lasciate, secondo la dottrina alla c.d. identit� nazionale 
degli stati membri, riconosciuta e garantita dall�art. 6 del Trattato 
sull�Unione europea (17). 
2. Considerazioni su alcune tipologie di modelli gestionali: appalto di lavori 
con manutenzione; global service; contratto misto; concessione di pubblico 
servizio 
Come indicato dal titolo del paragrafo, le figure che qui si analizzano nel 
loro complesso, costituiscono appunto quella �zona grigia� tra lavori e servizi 
o, se si vuole, tra appalti e concessioni. 
Va altres� tenuto presente l�art. 30 del Codice dei Contratti pubblici 
comma 5: �restano ferme, purch� conformi ai principi dell�ordinamento comunitario, 
le discipline specifiche che prevedono, in luogo della concessione 
di servizi a terzi, l�affidamento di servizi a soggetti che sono a loro volta amministrazioni 
aggiudicatrici� (18), art. 30 comma 6: �se un�amministrazione 
(16) Cos� riconosciute gi� dalla Sent. C. Cost. n. 64/90. 
(17) Sulla nozione di identit� nazionale cfr. E. PICOZZA �Diritto Amministrativo e diritto comunitario�, 
II ed, Torino, Giappichelli 2004. 
(18) Tale prescrizione del Codice dei Contratti � del tutto speculare a quella contenuta nel 
precedente art. 19 comma 2: �Il presente codice non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati 
da un�amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un'altra amministra-
136 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
aggiudicatrice concede ad un soggetto che non � un�amministrazione aggiudicatrice, 
diritto speciali o esclusivi di esercitare un�attivit� di diritto pubblico, 
l�atto di concessione prevede che, per gli appalti di forniture conclusi con terzi 
nell�ambito di tali attivit�, detto soggetto rispetti il principio di non discriminazione 
in base alla nazionalit�� (19). 
2.1. Appalto di lavori con manutenzione 
In via generale, l�appalto di lavori pubblici si caratterizza principalmente 
per tre profili: soggettivo, oggettivo e funzionale (20). 
zione aggiudicatrice o ad una associazione, o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un 
diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virt� di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative 
pubblicate, purch� tali disposizioni siano compatibili con il Trattato�. In giurisprudenza vedi Cons. 
Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864, che stabilisce il seguente principio: �Secondo l�articolo 30, 
comma 1, del codice dei contratti pubblici, salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni 
del codice non si applicano alle concessioni di servizi�; pertanto, � erronea l�applicazione in via analogica 
della disciplina dettata all�articolo 70 del codice dei contratti, sul termine per la presentazione delle offerte, 
concernente le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara, alla diversa materia 
delle concessioni di servizi. � appena il caso di notare che entrambe le disposizioni, sugli appalti 
di servizi, e sulle concessioni di servizi, limitano rigidamente il proprio campo di applicazione al concetto 
di amministrazione aggiudicatrice che � testualmente definito dall�art. 3 comma 25 del codice dei contratti: 
�Le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; 
gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da 
detti soggetti�. Come si vede il Codice dei Contratti si astiene, forse volutamente, dal definire le societ� 
in house providing anche perch� le medesime possono rientrare di volta in volta in altre categorie quali, 
a mero titolo esemplificativo, gli organismi di diritto pubblico e le imprese pubbliche. 
(19) Quest�ultima disposizione va tuttavia interpretata in combinato disposto con i commi 3 e 4 
del medesimo articolo 30, secondo i quali rispettivamente: �La scelta del concessionario deve avvenire 
nel rispetto dei principio desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in 
particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, parit� di trattamento, 
mutuo riconoscimento, proporzionalit�, previa gara informale cui sono invitati almeno cinque concorrenti, 
se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all�oggetto della concessione, e con 
predeterminazione di criteri selettivi�. Appare evidente, quindi, il richiamo alla scarna giurisprudenza 
della CGE, a cominciare da caso Teleaustria del 2000, che ha ritenuto di dettare in via �pretoria� principi 
comuni per l�attribuzione delle concessione di servizi. Il codice dei contratti, tuttavia, si � spinto oltre, 
perch� nell�ultimo articolo della Parte I (Principi e disposizioni comuni, Titolo II, Contratti esclusi in 
tutto o in parte dall�ambito di applicazione del Codice, articolo 27, Principi relativi ai contratti esclusi) 
ha testualmente e analogamente stabilito: �L�affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, 
servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall�applicazione del presente codice, avviene nel rispetto 
dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, parit� di trattamento, trasparenza, proporzionalit�. 
L�affidamento deve essere preceduto da invito, ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l�oggetto 
del contratto�. Di particolare interesse � il comma 4, secondo cui �sono fatte salve discipline specifiche 
che prevedono forme pi� ampie di tutela della concorrenza�. Proprio a tale ultima disposizione, 
ad avviso personale di chi scrive, sembra essersi ispirato il decreto Tremonti - in parte qua - cio� applicando 
largamente il principio di esternalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 
(20) E. STICCHI DAMIANI �La nozione di appalto pubblico. Riflessioni in tema di privatizzazione 
dell�attivit� amministrativa�, Milano, Giuffr�, 1999; P. SANTORO �L�ambito di applicazione soggettivo 
ed oggettivo della legge quadro sui lavori pubblici rispetto alla disciplina comunitaria�, in Foro Amm., 
2001.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 137 
Quanto al primo, esso � stipulato tra un soggetto pubblico definito committente 
ed un esecutore, che di prassi � rappresentato da un soggetto privato. 
Quanto al secondo, con l�espressione �lavoro pubblico� si intende il risultato 
di un�attivit� umana, un opus che, costituendo il prodotto di una trasformazione 
o modifica strutturale definitiva di opere preesistenti, rappresenta 
in tal senso un quid novi, ovverosia la creazione di un nuovo bene o la modifica 
strutturale del bene originario, destinato a soddisfare un bisogno pubblico (21). 
L�oggetto particolare dell�appalto di lavori pubblici � costituito, pertanto, 
o dall�esecuzione di un�opera ex novo, o da lavori pubblici, intesi in senso 
ampio, a carattere manutentivo o modificativo, nel senso sopra descritto (22). 
Quanto al terzo profilo, l�opera deve avere una consistenza tale da poter 
essere valutata come autonoma, in senso economico o almeno tecnico o tecnologico, 
e tale teleologia rileva ancora maggiormente del concetto di prevalenza 
in senso strettamente economico. 
Tradizionalmente la manutenzione e, segnatamente, la manutenzione di 
un immobile o di un complesso immobiliare, � l�istituto contrattuale attraverso 
il quale il proprietario, il titolare di un diritto reale o personale di godimento, 
o comunque chi abbia il potere di disporre del bene, affida ad un terzo - che si 
assume a proprio rischio l�organizzazione dei mezzi a ci� necessari e la relativa 
gestione del servizio manutentivo - il compimento di tutto quanto necessario 
per garantire la conservazione della pi� conveniente funzionalit� ed efficienza 
del bene stesso, verso corrispettivo (23). 
Entrando nel dettaglio di questa figura contrattuale, � opportuno soffermarsi 
brevemente sull�analisi del concetto stesso di manutenzione, poich� esso 
rappresenta una nozione dibattuta e controversa. 
Problematica, infatti, � la distinzione del concetto di pura manutenzione 
ordinaria, per la quale risulta opportuno riferirsi ai criteri ermeneutici tratti 
dalla giurisprudenza medesima. Bisogna in primis sottolineare che tale attivit� 
(21) Vedi gi� G. LEONE �Opere pubbliche tra appalto e concessione�, Cedam, Padova, 1983; C. 
MARZUOLI �Aspetti della problematica dell�appalto di opere pubbliche (appalto e concessione di costruzione)�, 
in Foro Amm. 1988; F. MASTRAGOSTINO �L�appalto di opere pubbliche: norme interne e 
disciplina comunitaria�, Bologna, Il Mulino, 1993; E. PICOZZA �I lavori Pubblici�, Cedam, Padova, 
1990; L. PERFETTI �L�amministrazione per accordi nell�esecuzione dei lavori pubblici�, in Dir. Amm., 
1997; A. CANCRINI, P. PISELLI �I sistemi di scelta del contraente nell�appalto di opere pubbliche. Orientamenti 
giurisprudenziali� R.T.P.D., 1982. 
(22) Vedasi, per una definizione analitica, l�art. 3, commi 7 e 8, del d.lgs 163/06. 
(23) R. DI PACE �Il Global Service�, in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� a cura di C. 
FRANCHINI, UTET 2007; P. LUCHETTI, A. CANCRINI, F. PETULL�, �Global service manutentivo. Progetto, 
contratto e gestione�, EPC Libri, 2004; A. AREDDU �Dal contratto di manutenzione immobiliare al 
global service: verso una �nuova� committenza�, in cui si evidenzia che l�art. 2, comma 1, lett. l, del 
d.P.R. 554/99 e s.m.i. definisce la �manutenzione� come �la combinazione di tutte le azioni tecniche, 
specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare 
un�opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione 
del progetto�, in Lexitalia, n. 1/2005.
138 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
non modifica la realt� fisica: anche quando l�utilizzazione o l�installazione di 
strutture aggiuntive possano determinare una variazione sul piano strutturale 
o funzionale, esse non sono di tale entit� da rappresentare una modificazione 
essenziale dell�opera rispetto allo stato originario, non comportando la creazione 
di un quid novi e non alterandone la destinazione d�uso originaria (24). 
Potrebbe, invece, argomentarsi diversamente, per quanto concerne le 
opere di manutenzione straordinaria che sono in grado di comportare la definitiva 
modifica strutturale di un�opera. 
In particolare, sull�ambito oggettivo, la norma elenca dettagliatamente le 
attivit� che rientrano nella nozione di lavori pubblici (25) includendovi le attivit� 
di "costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e ma- 
(24) Tale ampio concetto non corrisponde, se non parzialmente, a quello corrente nel linguaggio 
urbanistico-edilizio e tecnologico. Infatti, quanto al primo, il DPR 380/2001 e s.m.i. all�art. 3 (corrispondente 
all�originario articolo 31 della L. 5 agosto 1978 n. 457) dispone che. �a) per �interventi di 
manutenzione ordinaria� si intendono gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento 
e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza 
gli impianti tecnologici esistenti. Agli effetti della disciplina degli appalti e delle concessioni 
tali interventi possono indifferentemente riguardare sia la manutenzione, sia il global service, sia, in 
modo accessorio, la stessa concessione di servizi. b) per �interventi di manutenzione straordinaria� si 
intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, degli 
edifici, nonch� per realizzare ed integrare i servizi igienico sanitari e tecnologici, sempre che non alterino 
i volumi e le superfici delle singole unit� immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni 
di uso�. Orbene, anche questo complesso di interventi pu� caso per caso, rientrare in una delle 
categorie sopra descritte, anche se precipuamente applicabile agli appalti pubblici di recupero del patrimonio 
edilizio esistente, di propriet� pubblica eventualmente insieme a pi� ampi interventi di cui 
alle lettere successive dell�art. 3. Del resto la stessa disposizione normativa, al comma 1, si preoccupa 
di stabilire letteralmente che le definizioni sopra riportate e le altre in essa presenti si intendono �ai 
fini del presente Testo Unico�. Quanto al secondo concetto, interventi tecnologici, esso riguarda principalmente 
gli impianti industriali o assimilati. Non esistendo una definizione generale si dovr� ricercare 
la ratio nelle discipline di settore. Sotto questo profilo, pu� essere considerata paradigmatica la 
definizione contenuta nella normativa sull�autorizzazione sia delle centrali elettriche alimentate da 
fonti tradizionali (d.l. 55/02 e s.m.i.) sia da fonti di energia rinnovabile (art. 12 DPR 387/03). In entrambi 
i casi, l�elemento strutturale � costituito dal concetto di componente impiantistica e da quello 
funzionale di conferma o aumento della potenza generatrice. Infatti, da un lato, la semplice sostituzione 
di una turbina, non costituisce variazione dell�opus ma integra sicuramente, qualora ne ricorrano le 
condizioni, un appalto di lavoro pubblico oppure di fornitura con posa in opera. Negli atri casi si parla 
di rifacimento totale o parziale dell�impianto che potr� di volta in volta, integrare appalto di lavori ovvero 
di fornitura con posa in opera. Non si pu� peraltro escludere il caso in cui l�appalto, comunque 
denominato, sia rigorosamente privato, quando il soggetto produttore non � titolare di particolare diritti 
esclusivi. Sulle problematiche degli impianti di energia elettrica vedi AA.VV. �Il nuovo regime autorizzatorio 
degli impianti di energia elettrica�, a cura di E. PICOZZA, Torino, Giappichelli, 2003, p. 1 e 
ss. 
(25) Per la definizione sostanziale dell�appalto di lavori pubblici come negozio occorre invece 
rifarsi alla generale nozione civilistica. Il Codice civile tratta del contratto di appalto nel Libro IV, 
Titolo III, Capo VII, artt. da 1655 a 1677. La dottrina civilistica prevalente fa rientrare l'appalto nella 
categoria dei rapporti giuridici di lavoro, con il contratto d'opera (art. 2222, Codice civile) e con il rapporto 
di lavoro subordinato (art. 2094, Codice civile ). Nell'ambito di questa categoria, vengono sottolineati 
il carattere peculiare dell'appalto quale tipica prestazione di risultato e la sua collocazione tra 
i rapporti giuridici di diritto commerciale. Secondo l'art. 1655: "L'appalto � il contratto con il quale
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 139 
nutenzione di opere ed impianti ��, riconducendo nel suo ambito anche i contratti 
�misti�, di lavori, forniture e servizi; e i contratti di forniture o di servizi, 
quando comprendano lavori accessori superiori alla soglia del 50% del valore 
complessivo del contratto nel quale sono compresi. 
In questo modo, al criterio dell�accessoriet� � stato sostituito il criterio 
economico quale discrimine per l�applicazione della legge sui lavori pubblici 
e le rimanenti discipline (26). 
Il legislatore italiano ha pertanto evitato che il canone della accessoriet� 
potesse essere utilizzato, considerato il proprio carattere anfibologico, per eludere 
la disciplina pubblicistica, ed invocare il caso preferito dalla stazione appaltante. 
Ha introdotto, invece, accanto al suddetto criterio dell'accessoriet�, 
quello della prevalenza economica, che trova applicazione solamente nell'ipotesi 
in cui i lavori non costituiscano l'oggetto principale dell'appalto. 
2.2. Global Service 
Il global service � un contratto atipico, mediante il quale si trasferisce ad 
un soggetto terzo, avente determinate caratteristiche professionali e struttura 
aziendale, la realizzazione di diverse prestazioni, finalizzate alla gestione e/o 
manutenzione di un bene o di un complesso di beni di propriet� della pubblica 
amministrazione. 
L'affidatario, considerate le proprie capacit� tecniche, individua le modalit� 
di svolgimento del servizio, ottimizzando spese e prestazioni, configurandosi 
in tal senso un'obbligazione di risultato con conseguente traslazione 
del rischio in capo a quest'ultimo. 
In tale ottica il global service rappresenta una considerevole capacit� di 
utilizzazione per le c.d. esternalizzazioni di attivit� delle Amministrazioni Pubbliche. 
Tale figura contrattuale si caratterizza nell'avere ad oggetto prestazioni 
eterogenee, che hanno una unica causa concreta. L�eterogeneit� delle prestazioni, 
costituisce per� un problema circa l'individuazione della disciplina applicabile 
alla fase di scelta del contraente. Esso � stato risolto dapprima in via 
una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento 
di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro". Vedi gi� D. RUBINO �Dell�appalto�, 
in Commentario del Codice civile, a cura di A. SCIALOJA e G. BRANCA, Bologna, Zanichelli 
1961; A. CIANFRONE �L�appalto di opere pubbliche�, IX ed., Milano, Giuffr�, 1993, p. 3-62; P. RESCIGNO 
�Appalto privato�, in Enc. Giur., Vol. II, Roma, 1988; L.V. MOSCARINI �L�appalto�, in �Trattato 
di diritto privato�, Vol. XI, Tomo III; �Obbligazioni e contratti�, diretto da P. RESCIGNO, Torino, 1985; 
C. GIANNATTASIO �L�appalto�, in �Trattato di diritto civile e commerciale� diretto da A. CICU e F. MESSINEO, 
Milano, Giuffr�, 1977. 
(26) Appare chiaro il riferimento all�art. 3 del DPR 380/01, ma a sommesso avviso di chi scrive, 
vanno debitamente tenute presenti le osservazioni contenute nella nota n. 24.
140 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
giurisprudenziale, ed in seguito legislativamente con il criterio della prevalenza, 
introdotto nella L. 109/94, come recepito dalla legge Comunitaria del 
2004 (27), ed ora nel Codice dei contratti pubblici. 
Si pu� forse aggiungere per completezza un�ultima considerazione: il global 
service in realt� evoca e si collega idealmente ad un concetto di patrimonio 
pubblico (28) (ad esempio la manutenzione degli uffici ubicati nella sede di 
una Pubblica Amministrazione), piuttosto che a quello di rete (29). Pi� in generale 
il global service affluisce nel problema dogmatico dei limiti alla tipicit� 
della attivit� negoziale della P.A. Si nota, in proposito, una prudente evoluzione 
del Giudice Amministrativo, soprattutto per quanto riguarda le fattispecie 
degli appalti e delle concessioni di servizi. Il punto pi� delicato � quello di 
assicurare che le singole previsioni del bando non compromettano la regola 
generale della apertura al mercato, della effettiva concorrenza e del rispetto 
della par condicio tra imprenditori partecipanti (30). 
2.3. Contratto misto 
Il contratto misto � definito nell�articolo 14 del Codice dei Contratti Pubblici. 
Si � in presenza di un contratto misto, qualora l'esecuzione dell'appalto 
non possa configurarsi come una serie di attivit� tra loro indipendenti, alle 
quali attribuire un valore economico differenziato: � pertanto necessario - per 
comprendere quale sia la disciplina applicabile per la scelta del soggetto affidatario 
- dare rilevanza all'insieme delle attivit� poste in essere dalle parti, stimando 
il valore dell�intero ammontare in base al criterio funzionale circa le 
proporzioni di valore economico, acquisite dalle differenti prestazioni dedotte 
dal contratto (31). 
In base alla direttiva 2004/18/CE, qualora si sia in presenza di un contratto 
(27) R. DI PACE �Il Global Service�, p. 1139 e ss., in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� 
a cura di C. FRANCHINI, UTET 2007. 
(28) � noto infatti che, attraverso l�introduzione e la disciplina del concetto economico di �valorizzazione�, 
si � passati da una attenzione statica al patrimonio pubblico, quale componente del Demanio 
ovvero del patrimonio disponibile, in ordine al quale il limite era quello della tutela, cio� della conservazione 
piuttosto che della gestione, ad un concetto economico, per tener conto della eventuale prospettiva 
di futura alienazione e dismissione del patrimonio stesso. In materia vedi G. TERRACCIANO �Il 
Demanio quale strumento di finanza pubblica. Profili finanziari e tributari�, Giappichelli, Torino 2003; 
AA:VV. �I beni pubblici: tutela valorizzazione gestione�, a cura di A. POLICE, cit.; M. RENNA �La regolazione 
amministrativa dei beni a destinazione pubblica�, Milano, Giuffr� 2004; AA.VV. �Titolarit� 
pubblica e regolazione dei beni�, a cura dell�AIPDA, Milano, Giuffr�, 2003. 
(29) Vedi in generale sulla problematica F. DI PORTO �La disciplina delle reti nel diritto pubblico 
dell�economia�, Volume VI del Trattato del Diritto dell�Economia, diretto da E. PICOZZA ed E. GABRIELLI, 
Padova, Cedam 2008. 
(30) R. DI PACE �Partenariato pubblico privato e contratti atipici�, Milano, Giuffr�, 2006. 
(31) A. BERTOLDINI �La qualificazione degli appalti pubblici a causa mista fra diritto interno e
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 141 
misto di servizi e forniture, vige appunto il criterio della prevalenza del valore. 
Per contro, come sopra esposto, se fanno parte del contratto misto anche i lavori, 
la disciplina applicabile sar� quella dei lavori pubblici, solamente qualora 
i lavori non abbiano natura strumentale rispetto all'oggetto principale dell'appalto 
(32). 
� necessario anche precisare che l�appalto misto ha un significato funzionale 
del tutto diverso dalla nozione di �contratto misto� (33). 
Il secondo � espressione del potere di autonomia negoziale delle parti nel 
determinare il contenuto anche in modo non rispondente ai tipi legali (art. 
1322 c.c.). In particolare, si ha contratto misto quando si combinano in un 
unico negozio, elementi di diversi tipi contrattuali, che si fondono in un�unica 
causa; a differenza del contratto collegato, nel quale permane la pluralit� e 
l�individualit� di ciascun tipo negoziale, e del contratto quadro che pu� contenere 
una serie di prestazioni ciascuna delle quali former�, successivamente, 
oggetto di un determinato tipo negoziale (34). 
Qualora al contrario si usa l�espressione �appalto misto� si deve far rifediritto 
comunitario: verso un sindacato giurisdizionale sulla funzionalit� prevalente del contratto�, in 
Foro Amm. C.d.S., 2005; e precedentemente G. GRECO �Contratti misti e appalti comunitari�, in Riv. 
It. Dir. Pub. Com., 1994., p. 1262 e ss; G. TERRACCIANO �Appalti di servizi e appalti di forniture: individuazione 
dell'oggetto del contratto e i contratti misti nella disciplina nazionale e comunitaria� in 
Cons. Stato, 1996, II, p.147. 
(32) L�articolo 14 cerca di risolvere lo stesso problema della atipicit� che si � sopra descritto per 
il global service; infatti il comma 4 prescrive che �L�affidamento di un contratto misto, secondo il presente 
articolo, non deve avere come conseguenza di limitare o escludere l�applicazione delle pertinenti 
norme comunitarie relative all�aggiudicazione di lavori, servizi o forniture anche se non costituiscono 
l�oggetto principale del contratto, ovvero di limitare e distorcere la concorrenza�. Inoltre, sempre allo 
scopo do proteggere il principio di parit� degli operatori, l�art. 15 (qualificazione nei contratti misti), richiede 
che �L�operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto, 
deve possedere i requisiti di qualificazione e capacit� prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione 
di lavori, servizi, forniture, prevista dal contratto�. Vedi sul punto i commentari citati alla nota 4. 
(33) Si veda sul punto la sentenza della Corte di Giustizia della Comunit� Europea, del 10 aprile 
2008, Causa C-412/04 sull�inadempimento della Repubblica italiana per aver adottato con la L. n. 
109/94, legge quadro in materia di ll.pp., gli articoli 1 commi 1 e 5 e l�art. 27, commi 2 e 28, in violazione 
delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici. Nella sentenza la Corte di Giustizia Europea 
afferma che qualora un contratto contenga sia elementi riguardanti un appalto pubblico di lavori sia elementi 
riguardanti qualsiasi altro tipo di appalto pubblico, � l�oggetto principale del contratto a determinare 
quale direttiva applicare. Inoltre rileva che i lavori non possono giustificare ex se la classificazione 
del contratto come appalto pubblico di lavori nella misura in cui gli stessi siano accessori e non costituiscano 
l�oggetto principale dell�appalto, e pertanto il valore rispettivo delle prestazioni dedotte costituisce 
solamente un criterio tra altri da considerare ai fini della determinazione principale dell�oggetto 
del contratto. 
(34) Sul contratto quadro vedi gi� GITTI �L�accordo quadro di appalto pubblico�, in Contratti, 
1995, p. 6, p. 624; pi� in generale MESSINEO �Contratto normativo e contratto tipo� in Enc. Dir. Vol. X, 
Milano, 1962 p. 116 e ss. Sul concetto di contratto collegato V. LOPILATO, �Il collegamento negoziale�, 
in Lexfor - Diritto e formazione, rivista giuridica on-line; G. FERRANDO, �Recenti orientamenti in tema 
di collegamento negoziale�, in nuova Giur.civ.comm., 1997, II, p.233. Sul contratto misto E. DELL'AQUILA, 
�Riflessioni intorno ai c.d. contratti misti�, in Temi, 1974, p.589.
142 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
rimento alle procedure di aggiudicazione che comprendono prestazioni differenti 
ed eterogenee rientranti in settori distinti. Si tratta di appalti aventi ad 
oggetto prestazioni tra di loro non assimilabili: ad esse si applica il regime 
giuridico della tipologia contrattuale economicamente pi� rilevante, atteso il 
criterio oggettivo introdotto dall�art. 1 della l. 415/98 (recepito dal codice dei 
contratti) essendo preclusa in tal senso alle parti l�autonomia contrattuale. 
Vi � quindi un�applicazione peculiare dell�istituto generale previsto 
dall�art. 1339 c.c. relativo alla integrazione ex lege del contenuto delle clausole 
contrattuali (35). 
2.4. Concessione di servizi e Concessioni di pubblici servizi 
Riprendendo quanto si � accennato nelle premesse, la fattispecie che ora 
si esamina � tuttora molto problematica: non solo in Italia ma in quasi tutti 
gli Stati membri dell�Unione Europea, particolarmente quelli a regime di civil 
law. Tale problematicit� deriva dalla originaria contrapposizione, di origine 
francese, tra funzione pubblica e servizio pubblico, e sul piano dell�attivit�, 
tra attivit� di impero e attivit� di gestione. L�unico elemento comune alle due 
fattispecie � che in entrambe si manifesta una scissione tra la titolarit� del 
servizio, che permane in capo alla p.a.; e la gestione dello stesso che si trasferisce 
ad un privato: proprio nel trasferimento del rischio di gestione si caratterizza 
per il diritto comunitario la differenza con l�istituto dell�appalto 
(36).
Per quanto riguarda gli altri elementi, viceversa, la Concessione di Servizi 
ex art. 30 del D.Lgs. 163/06 deve essere tenuta distinta dalla concessione 
di pubblico servizio, nozione a tutt�oggi molto dibattuta e controversa. 
(35) Sul punto v. R. GAROFOLI �La disciplina degli appalti misti� in M.A. SANDULLI e V. GAROFOLI 
�Il nuovo diritto degli appalti pubblici�, Milano, Giuffr�, 2005, p.33. 
(36) Cfr. Cons. St., Ad. Plen., 3 marzo 2008, secondo cui indicativa dell�individuazione di un 
�appalto di servizi� � la circostanza per cui l�ente affidante �corrisponde all�affidatario, per l�espletamento 
del servizio, un canone�; Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362: l�istituto della concessione, 
ai fini comunitari, si distingue dall�appalto �essenzialmente con riguardo alle modalit� di remunerazione 
dell�opera del concessionario�. Il �criterio della remunerazione� e del relativo �rischio di gestione� 
servono a distinguere gli appalti dalle concessioni di servizi non solo quando si tratta di aggiudicare i 
contratti in questione �a terzi�, intendendosi per tali i soggetti �esterni� all�amministrazione aggiudicatrice, 
ma anche quando gli appalti e le concessioni di servizi vengono gestiti �direttamente�, ossia 
secondo le modalit� dell�in house providing, a soggetti interni all�amministrazione o a soggetti che 
solo formalmente possono considerarsi ad essa esterni, ma che, in realt�, fanno parte dell�organizzazione 
della stessa amministrazione affidante. La Corte di giustizia europea ha, infatti, affermato che, 
nel caso in cui un comune si associ ad una societ� costituita da pi� enti locali affidandole direttamente 
la gestione di un servizio pubblico e la remunerazione della societ� provenga non dal comune, bens� 
dai pagamenti effettuati dagli utenti del servizio, non � applicabile la direttiva 92/50/CEE, abrogata e 
sostituita dalla direttiva 2004/18/CE, poich� �tale forma di remunerazione caratterizzata una concessione 
di pubblici servizi� (CGE, 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant, punti 24 e 25).
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 143 
La concessione di servizi, a differenza dell�appalto, presenta il vantaggio 
per il committente, di non sopportare il necessario esborso finanziario che 
venga a gravare sul soggetto esecutore, la cui remunerazione � affidata esclusivamente 
al provento della gestione del servizio a favore della collettivit� 
con il relativo rischio economico di gestione (37). Non a caso dalle indagini 
statistiche di questi ultimi venti anni si � notata una netta propensione anche 
per i grandi contratti di lavori pubblici ad utilizzare dapprima la concessione 
di opera pubblica (in Italia definita come concessione di sola costruzione); 
ovvero la concessione di lavori pubblici in Italia definita come concessione 
di costruzione e gestione. Tale propensione era giustificata con la forza dell�elemento 
fiduciario e dell�intuitu personae che si riteneva connaturata a tali 
forme di concessioni, ma � venuta meno gi� con le direttive 440/89 (38) e 
successive che hanno equiparato entrambi gli istituti all�appalto pubblico di 
lavori. 
Il legislatore ha, quindi, cercato di intervenire dettando ampi regimi transitori 
alle concessioni nazionali esistenti, regimi spesso incompatibili con la 
concorrenza. E si � addirittura astenuto per decenni dal riformare profondamente 
le concessioni di servizi pubblici locali. Basti pensare che nella legge 
di riforma delle autonomie locali (39), gli artt. 22 e 23 non dedicavano alcuna 
disposizione normativa alla procedura di scelta del contraente qualora l�amministrazione 
avesse deciso di esternalizzare il servizio (40) e si negava, almeno 
da parte della giurisprudenza, che tale disciplina fosse comunque 
rinvenibile nella Legge e nel Regolamento di contabilit� pubblica del 1923 
(41). In realt� una norma di diritto positivo esisteva ed era contenuta nel Testo 
Unico per la finanza locale del 1931 (42), secondo cui le concessioni di pubblico 
servizio locale avrebbero dovuto, di norma, essere attribuite mediante 
gara pubblica e solo eccezionalmente a trattativa privata. Purtroppo, secondo 
la colorita espressione di Giannini la trattativa privata divenne la classica �foglia 
di fico� sia per gli appalti sia, ancor di pi�, per le concessioni. 
Tornando ora alla concessione di servizi in senso stretto, la definizione 
contenuta nelle direttiva 18/2004 non consente dubbi:�La concessione di servizi 
� un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pub- 
(37) Si veda in proposito F. SAITTA (a cura di) op.cit. �Il nuovo codice dei contratti pubblici�, p. 
997 ss. 
(38) S. CASSESE �I lavoro pubblici e la direttiva comunitaria n. 440 del 1989�, in Foro Amm., 
1989. 
(39) L. 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali. 
(40) Cfr. O. M. CAPUTO �La concessione di servizi pubblici locali e l�art. 22, l. 8 giugno 1990, 
n. 142, fra effetto precettivo e quello (meramente) descrittivo�, in Foro Amm., 1995. 
(41) R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio 
e sulla contabilit� dello stato. 
(42) R. D. 14 settembre 1931, n. 1175, Testo unico per la finanza locale, art. 267.
144 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
blico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di 
servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi (�)� (43). 
Non solo dunque nella concessione rilevano �attivit� a carattere imprenditoriale 
costituenti servizio alla collettivit��, ma tale imprenditorialit� assume 
addirittura una valenza ben pi� pregnante che nell�appalto, a ragione del rischio 
gestionale che vi si riconnette come elemento essenziale. 
Tuttavia, occorre distinguere la concessione di servizi dall�appalto di servizi, 
gi� espressamente considerato dalla direttiva CE/92/50 ed ora incorporato 
nelle direttive CE 17 e 18 del 2004 (44). La distinzione tra concessioni di servizi 
e appalti pubblici di servizi, infatti, non � nominalistica. 
Nell�appalto di servizi si applicano le stesse regole dell�appalto di lavori, 
per quanto riguarda la controprestazione del soggetto committente: essa di 
norma avviene in numerario (probabilmente per stadi di avanzamento o comunque 
periodicamente nel caso di somministrazione) e il c.d. rischio di gestione 
� attratto nella regola generale codicistica della fornitura del servizio a 
regola d�arte. Esso, quindi, non ha alcun collegamento con il rischio di gestione 
della concessione. Lo stesso libro verde degli appalti pubblici ha sottolineato 
che la scelta errata di un tipo di appalto anzich� di un altro pu� essere 
causa di infrazione comunitaria. Tale principio � applicabile per analogia anche 
alla distinzione tra appalto e concessione di servizi. Di conseguenza, occorre 
verificare se la prestazione di servizio � contenuta nell�elenco dei servizi prioritari 
allegato alla direttiva e se in base all�interpretazione secondo il contenuto 
oggettivo, l�amministrazione committente ha inteso manifestare la volont� di 
attribuire un appalto o una concessione. 
Anche in tale materia vi sono �zone grigie�, per esempio per il servizio 
r.s.u.: ma qualora il negozio giuridico abbia le caratteristiche oggettive dell�appalto, 
l�amministrazione lo deve obbligatoriamente attribuire secondo le 
regole del medesimo (45). 
Piuttosto, la giurisprudenza dovrebbe allinearsi sulla natura �contrattuale� 
della concessione di servizi. Infatti, comՏ noto, l�azione indiretta della comunit� 
europea, mediante la c.d. armonizzazione procedurale, trascina con s� 
una indiretta armonizzazione sostanziale, cio� sulla qualificazione della natura 
giuridica degli istituti dalla medesima regolati (46). 
(43) Dir. 2004/18/CE, art. 1, paragrafo 4. Occorre onestamente riconoscere che anche in sede 
comunitaria il tormento legato alla nozione � stato pari a quello nazionale. Basti considerare che gi� 
negli anni novanta dello scorso secolo venne stralciata la definizione dalla proposta di direttiva servizi. 
(44) ComՏ noto la direttiva CE/92/50 venne trasposta in Italia con due DPR del 17 marzo 1995: 
n. 157 per i settori aperti alla concorrenza; n. 158 per i settori gi� esclusi dalla concorrenza e successivamente 
definiti �settori speciali�. 
(45) Vedi retro rispettivamente nota 4 e 5. 
(46) Come gi� intuito e proposto da E. PICOZZA, �Il diritto pubblico dell�economia nell�integrazione 
europea�, Roma, Nis, 1996.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 145 
� vero che la giurisprudenza ha ritenuto che l�articolo 30 contenga significative 
limitazioni della disciplina sugli appalti applicabile alle concessioni 
di servizi (47). La definizione puntualmente contenuta nell�articolo 2 comma 
12 del codice, tuttavia, non lascia adito a dubbi. La concessione di servizi, infatti, 
viene definita come un contratto che presenta le stesse caratteristiche di 
un appalto pubblico di servizi: ci� che muta totalmente o parzialmente � solo 
l�obbligazione a carico del committente. Di conseguenza, dovrebbero trovare 
applicazione le stesse regole che disciplinano il riparto di giurisdizione in materia 
di appalti pubblici, compreso quello di servizi. 
2.4.2. Il difficile equilibrio tra concessione di servizi e concessione di pubblici 
servizi 
Nell�attuale ottica denominata �di sussidiariet� orizzontale� (48), la concessione 
di pubblico servizio rappresenta una forma di cooperazione tra privati 
e pubblica amministrazione al fine di soddisfare le esigenze della collettivit� 
(49).
Dal punto di vista comunitario, tra la nozione di servizi e di servizi pubblici 
sussiste un rapporto di genus a species: mentre nella nozione di servizi 
risulta indifferente la natura pubblica o privata dell�attivit� svolta (art. 50 Trattato 
CE), il servizio pubblico si caratterizza come servizio di interesse generale 
economico o non economico (art. 86 ex 90 Trattato CE) (50). 
Nella concessione, il criterio della proporzionalit� - principio di derivazione 
comunitaria - pur lasciando margine discrezionale alle amministrazioni 
sulla definizione dell�obiettivo da raggiungere, impone che il provvedimento 
adottato sia proporzionale allo scopo prefissato e che si concili con l�equilibrio 
(47) Cons Stato, Sez. V, 11 maggio 2009, n. 2864. 
(48) Su tale principio e valore fondamentale vedi per tutti T.E. FROSINI �Sussidiariet� (principio 
di) diritto costituzionale� in Enciclopedia del diritto, Annali II, Milano Giuffr� 2008, pg. 1133, ove 
amplia bibliografia. 
(49) Cfr. Sent. Tar Lombardia, Milano Sez. III, 20 dicembre 2005 n. 5633 �Il Collegio � dell�avviso 
che la fattispecie sia inquadrabile nella concessione di pubblico servizio posto che, sul piano oggettivo, 
per pubblico servizio deve intendersi un�attivit� economica esercitata per erogare prestazioni 
volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale (cfr., in 
termini generali, Cons St., sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325 e Cons. St., sez. VI, n. 1514/2001)�. 
Tale nozione consente di ritenere superata sia la concezione propria della dottrina dello Stato della c.d. 
concessione traslativa o esercizio privato di funzioni pubbliche (originariamente sostenuta da Zanobini, 
1918, e magistralmente riassunta da A.M. SANDULLI in �Manuale di diritto amministrativo�, XV ed., 
Napoli, Jovene, 1989, sia la concezione �organizzativa� sostenuta da M.S. GIANNINI in �Diritto Amministrativo�, 
Milano Giuffr�, 1970, e oggetto di pregevoli studi monografici, tra cui quello di F. TRIMARCHI 
�Profili organizzativi delle concessioni di pubblici servizi�, Milano 1967. 
(50) Cos� E. PICOZZA �Appalti Pubblici di Servizi�, Rimini, 1995 e B. RAGANELLI �Le concessioni 
di lavori e servizi� in �I Contratti della Pubblica Amministrazione� a cura di CLAUDIO FRANCHINI, 
UTET 2007.
146 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
finanziario del progetto in ordine alla durata della concessione, al fine di garantire 
l�autoremunerazione dello stesso (51). 
Considerata la delicatezza del tema, si pu� sostenere con ragionevole fondamento, 
che la Commissione Europea abbia voluto introdurre nelle direttive 
CE 17 e 18 del 2004 solo un primo segnale di assoggettamento della disciplina 
delle concessioni alle proprie norme e principi generali; avvertendo l�enorme 
eterogeneit� di qualificazione e di trattamento che a tale istituto viene riservato 
nei singoli Stati membri (52). Ci� al punto che, differentemente da quanto disciplinato 
per gli appalti pubblici, la norma citata si limita ad un primo tentativo 
di armonizzazione sostanziale e procedurale (53). 
Quella sostanziale consiste nella qualificazione della stessa come un contratto 
solo qualora il concessionario sia messo nell�effettiva condizione di remunerarsi 
attraverso la gestione del servizio, sopportando il c.d. rischio di 
gestione. 
Non deve indurre a facili entusiasmi, infatti, la comune denominazione 
di �contratto di servizio� che assume l�originario disciplinare di concessione. 
Infatti, sia la dottrina che la giurisprudenza estendono l�effetto di armonizzazione 
sostanziale solo in caso di sicura identificazione della fattispecie come 
appalto di servizi (54). 
Quanto infine all�armonizzazione procedurale, essa � tuttora di origine 
pretoria, poich� la Corte di Giustizia Europea ha dettato una serie di principi 
da applicarsi alle procedure di gara. 
Tali principi sono stati coraggiosamente applicati dall�articolo 30 del Codice 
dei contratti pubblici (si richiama qui quanto osservato in premessa), che, 
tuttavia, non risolve il dibattito sulla natura giuridica del contratto di servizio, 
componente essenziale della concessione. 
Volendo riassumere i principali orientamenti dottrinari e giurisprudenziali, 
essi si possono cos� schematizzare.: 
a) una parte della dottrina e della giurisprudenza si attiene al rapporto tradizionale 
tra concessione e contratto (55). Esso, in quanto contratto ad oggetto 
pubblico (Giannini), sarebbe del tutto subordinato alla concessione, di guisa 
che la decadenza della prima comporterebbe l�automatica inefficacia del secondo; 
(51) Vedi sul punto G. MODAFFERI �Soluzioni comunitarie alle patologie degli appalti pubblici�, 
Giappichelli, Torino, 2008, p. 406 e ss. 
(52) Vedi retro nota n. 10. 
(53) Cfr. art. 30 D.lgs. 163/2006, Codice dei contratti pubblici. 
(54) Sul concetto di armonizzazione sostanziale e procedurale e sulle loro differenza cfr. E. PICOZZA 
�Il diritto pubblico dell�economia nell�integrazione europea�, Roma Nis, 1996. 
(55) C.E. GALLI �Disciplina e gestione dei servizi pubblici economici: il quadro comunitario e 
nazionale nella pi� recente giurisprudenza�, in Dir. Amm. 2005; V. DOMENICHELLI �I servizi pubblici 
locali tra diritto amministrativo e diritto privato�, in Dir. Amm., 2002.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 147 
b) secondo una teoria intermedia, il contratto concessorio andrebbe piuttosto 
inquadrato nella categoria generale degli accordi tra privati e pubblica 
amministrazione, disciplinati in via generale dall�art. 11 della legge sul procedimento 
amministrativo n. 241/1990 (56), con tutte le conseguenze che ne 
derivano. Questa tesi ha essenzialmente il pregio di risultare simmetrica con 
la norma sul riparto di giurisdizione di cui all�art. 5 della Legge Tar (57), anche 
se l�originario riferimento ai servizi pubblici � stato espunto dal medesimo articolo, 
ed � confluito attraverso l�art. 33 del D.lgs 80/1998 (58), nell�attuale 
art. 7 della L. 205 del 2000. Il vantaggio dell�applicazione della medesima 
consiste essenzialmente nel principio di concentrazione di giurisdizione esclusiva 
in capo al giudice amministrativo di tutte le controversie (59), comprese 
quelle riguardanti l�esecuzione del rapporto negoziale, a differenza di quanto 
ribadito dalla Corte di Cassazione a SS.UU. con la sentenza 27169/2007 e successive. 
� noto infatti che le controversie in materia di esecuzione degli appalti 
pubblici siano riservate al G.O., anche se residua un conflitto interpretativo 
tra la medesima Cassazione e il Consiglio di Stato, sull�individuazione del 
giudice competente a pronunciarsi in via principale sulla sorte del contratto a 
seguito dell�annullamento dell�aggiudicazione. 
c) Infine, secondo una tesi di chiara derivazione europea, anche la concessione 
di servizi pubblici dovrebbe essere equiparata ad un contratto (ovvero 
in altri termini � la procedura ad evidenza pubblica ad avere un rilievo strumentale 
rispetto al contratto di servizio), con la conseguenza che anche in tal 
caso, le controversie nascenti dal rapporto concessorio dovrebbero essere di 
competenza del G.O: come si � accennato in precedenza, questa sembra in effetti 
la tesi pi� aderente al diritto comunitario, anche se, paradossalmente, potrebbe 
violare il principio di concentrazione dei processi, che costituisce una 
delle principali applicazioni del principio, anch�esso comunitario di effettivit� 
della tutela giurisdizionale. 
(56) G. GRECO �Contratti e accordi della pubblica amministrazione con funzione transattiva 
(appunti per un nuovo studio)�, in Dir. Amm., 2005; idem �Accordi e contratti della pubblica amministrazione, 
tra suggestioni interpretative e necessit� di sistema�, in Dir. Amm., 2002; idem �Accordi 
amministrativi tra provvedimento e contratto�, Torino, Giappichelli, 2003; idem �Le concessioni di 
pubblici servizi tra provvedimento e contratto�, in Dir. Amm., 1993, p. 381 e ss. 
(57) Legge 6 dicembre 1971 n. 1034, Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali. 
(58) Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 80, Nuove disposizioni in materia di organizzazione 
e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e 
di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 
1997, n. 59. 
(59) R. IANNOTTA �La nuova giurisdizione esclusiva sui servizi pubblici� in Foro Amm. TAR, 
2004.
148 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
3. Complessit� della tematica in materia di pubblici servizi e rapporti con i 
principi del diritto europeo 
Alla materia dei pubblici servizi non � applicabile il principio dell�analogia 
con il diritto comunitario, poich� ivi non esiste una nozione di pubblico 
servizio comparabile con quelle nazionali, ma solo quella di �obblighi di servizio 
pubblico�che ha portata ben pi� restrittiva (60). Per il resto, la nozione 
si inserisce in quella pi� ampia di servizi di interesse generale economico e 
non economico. 
Secondo l�orientamento comunitario, i servizi d'interesse generale designano 
attivit� di servizio, commerciali o non, considerate di interesse generale 
dalle autorit� pubbliche e soggette quindi ad obblighi specifici di servizio pubblico. 
Essi raggruppano sia le attivit� di servizio non economico, sia i servizi 
di interesse economico generale. In tal senso sono assoggettate alle condizioni 
di cui all'articolo 86 (ex articolo 90 del Trattato), solamente le imprese incaricate 
della gestione di servizi di interesse economico generale. 
A seguito del dibattito nato nel maggio 2003 con l�aggiornamento del 
Libro verde sui servizi di interesse generale, nel maggio 2004 la Commissione 
ha adottato un libro bianco, in cui si chiarisce la linea di condotta seguita dall'Unione 
europea, per favorire lo sviluppo di servizi d'interesse generale: in 
esso si espongono gli elementi pi� rilevanti di una strategia mirata a mettere 
a disposizione dei cittadini e delle imprese dell'Unione, servizi d'interesse generale 
facilmente usufruibili e di qualit�. 
La Corte Europea, in tutte le sentenze emesse a riguardo, ha sempre lasciato 
agli Stati membri la possibilit� di gestire direttamente i servizi, ivi compreso 
l�in house providing (61), oppure esternalizzandoli (62). 
(60) Come ha colto la dottrina (E. PICOZZA �Diritto dell�economia disciplina pubblica�, volume 
II, del �Trattato di diritto dell�economia� cit.), nel linguaggio comunitario l�obbligo di servizio pubblico 
costituisce una integrazione in via legale o amministrativa degli elementi essenziali del contratto. In 
altri termini la Comunit� ritiene che nel rilasciare autorizzazioni e/o concessioni per l�espletamento di 
servizi di interesse economico generale, gli Stati membri possano includere il rispetto di determinati 
obblighi, appunto, di servizio pubblico. Essi possono riguardare tanto le condizioni di fornitura del 
servizio (e in tal caso la nozione confluisce in quella di servizio universale), quanto la protezione di 
interessi pubblici di particolare valore: ambientali, paesaggistici e territoriali. In entrambi i casi una 
volta inseriti nel contenuto del contratto di servizio anche gli obblighi di servizio pubblico diventano 
elementi essenziali della prestazione a carico del privato. 
(61) F. DEGNI �Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza: alla tutela di un punto di equilibrio�, 
in Foro Amm. TAR, 2005; F. LIGUORI �I servizi pubblici locali: contendibilit� del mercato e 
impresa pubblica�, Giappichelli, Torino, 2004; S. COLOMBARI �Delegazione interorganica ovvero in 
house providing nei servizi pubblici locali�, in Foro Amm. C.d.S. 2004; S. COLOMBARI �La gestione 
dei servizi pubblici locali: nuove problematiche (in parte antiche)�, in Foro Amm. C.d.S., 2003; M. 
DUGATO �Le societ� per la gestione dei servizi pubblici locali�, IPSOA, 2001; F. FRACCHIA �Servizi 
pubblici e scelta del concessionario�, in Dir Amm., 1993. 
(62) Tale tesi trova conferma nelle considerazioni contenute nella sentenza Teckal , poi successivamente 
ribadite dal Giudice comunitario nella sentenza Teleaustria, Corte di Giustizia 7 dicembre
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 149 
Quando tuttavia il servizio viene dato in concessione, si devono applicare 
gli stessi principi generali che valgono in materia di appalti (63). Infatti, nell�ambito 
dei servizi pubblici, ancorch� resi tramite modello in house, deve essere 
comunque assicurato il rispetto della concorrenza e la massima 
trasparenza (64). 
In tale contesto, anche se il bando costituisce lex specialis con cui l�amministrazione 
si vincola nelle procedure ad evidenza pubblica, per giurisprudenza 
consolidata i principi comunitari in materia di appalti - gi� contenuti 
nel Trattato istitutivo CE, e oggetto di corposa elaborazione da parte della 
Corte di Giustizia Europea (65) - trovano diretta applicazione negli Stati membri, 
non necessitando di alcuna interpositio da parte dei pubblici poteri nazionali 
(66). 
La questione riguardante il limite entro il quale gli Stati membri possono 
dettare una regolazione autonoma, sia di concetto che del relativo regime giuridico 
del servizio pubblico, soprattutto a carattere locale, rimane tuttavia controversa 
(67). 
I settori dell�ordinamento italiano, la cui disciplina � influenzata dal diritto 
comunitario, presentano elementi di criticit� dettati dalla necessit� di favorire 
l'integrazione europea attraverso procedure che assicurino alla Ce un ambito 
di intervento ancora pi� esteso. 
Tali procedure sono individuabili attraverso: 
a) l'introduzione di maggiori poteri e competenze tramite la procedura di 
2000, causa C-324/98. Per un commento a proposito vedi FERRONI, in Osservatorio Comunitario, Urbanistica 
e Appalti, 2000, 921. 
(63) Cfr T.A.R. Puglia, Bari, III, 9 giugno 2004, n. 2483, �in riferimento alle gare aventi ad oggetto 
l�affidamento a terzi non del semplice svolgimento di funzioni pubblicistiche, ma di attivit� a 
carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettivit�, considerano necessario l�impiego dello 
strumento dell�appalto di servizi in luogo della concessione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, nr. 4688/00 
cit.)�. 
(64) Vedi Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione 3 marzo 2008 n. 1. cfr. C. Giust. CE: 
13 settembre 2007, C-260/04; sez. I, 13 ottobre 2005, C-458/03. 
(65) Si vedano in proposito le recentissime sentenze C. Giust. CE. Con la prima, del 10 settembre 
2009, C-537/07, Sea S.r.l. contro Comune di Ponte Nossa, relativa ad un appalto di raccolta, trasporto 
e smaltimento di rifiuti urbani, si � precisato che i principi di parit� di trattamento e di non discriminazione 
in base alla cittadinanza, cos� come l�obbligo di trasparenza che ne discende, non ostanto ad 
un affidamento diretto di un appalto pubblico di servizi ad una societ� in house providing. Gli stessi 
principi (di libera concorrenza, trasparenza e parit� di trattamento) sono stati successivamente riconosciuti 
dalla Corte di Giustizia con la pronuncia del 14 ottobre 2009, C-196/08, che ha visto contrapposte 
la societ� Acoset Spa alla Conferenza dei sindaci quale organo di gestione dell�Ambito Territoriale Ottimale 
idrico di Ragusa, anche nelle ipotesi di affidamento diretto di servizio pubblico, nel caso di 
specie di servizio idrico e di lavori connessi, a societ� mista nella procedura ad evidenza pubblica per 
la selezione del socio privato, previa verifica dei requisiti finanziari, tecnici, operativi e di gestione riferiti 
al servizio da svolgere. 
(66) F. GAVERINI �Alle radici dell�in house providing: la giustizia amministrativa si rimette alla 
Corte di giustizia CE�, in Foro Amm. TAR, 2004. 
(67) Vedi retro nota n. 2.
150 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
integrazione prevista dall'art. 308 (ex art. 235) del Trattato CE, che consente, 
con decisione unanime del Consiglio, su proposta della Commissione previa 
consultazione del Parlamento, nuove azioni non previste dal Trattato, se ritenute 
fondamentali per raggiungere gli obiettivi Comunitari (c.d. tesi dei poteri 
impliciti); 
b) il principio di sussidiariet� nelle materie di competenza non esclusiva 
della CE (art. 5 Trattato Ce). 
Tale principio � stato peraltro trasposto nel sistema nazionale, in modo 
difforme rispetto a come viene originariamente interpretato ed applicato nell�ordinamento 
europeo: in quest'ultimo contesto, infatti, esso viene attribuito 
alla CE, divenendo cos� un ulteriore strumento che concorre ad integrare l'intervento 
comunitario rispetto alla disciplina nazionale (68). 
Un ulteriore punto che merita di essere approfondito riguarda le modifiche 
che il Trattato di Lisbona, in attesa della ratifica da parte di tutti gli Stati Membri 
(n.d.r. in vigore dal 1� dicembre 2009), apporta al trattato Ce, relativamente 
alla regolazione generale da parte del Consiglio; nonch� allo strumento della 
legge comunitaria, e non agli strumenti di diritto derivato attualmente previsti 
dai trattati istitutivi della Comunit� e dei principi che da essi discendono (69). 
In attesa che tali dubbi interpretativi vengano risolti a livello comunitario, 
alcune ipotesi possono comunque essere escluse per interpretazione: 
1. Il caso in cui la concessione sia espressamente qualificata come appalto 
di servizio dalle direttive CE 17 e 18 del 2004, si deve applicare la relativa disciplina 
contenuta nel codice dei contratti. Infatti, il principio di prevalenza 
del diritto comunitario e il carattere self executing delle direttive citate non 
consentono deroghe. Secondo l�orientamento costante della CGE, infatti, qualora 
la norma nazionale di ricezione sia incompleta o infedele ( ma non sembra 
essere questo il caso del Codice dei contratti pubblici), il soggetto leso nelle 
proprie situazioni giuridiche soggettive immediatamente protette dall�ordinamento 
comunitario come diritti soggettivi, potr� far valere direttamente presso 
il giudice competente la violazione della direttiva, con conseguente obbligo 
di disapplicazione delle norme nazionali incompatibili. Come notato dalla dottrina, 
infatti, l�armonizzazione procedurale trascina quella sostanziale, quindi 
l�espressa qualificazione dell�atto terminale della procedura come appalto si 
impone per il principio di prevalenza e di tipicit�. 
2. Parimenti va esclusa l�ipotesi dell�appalto misto con prevalenza lavori, 
(68) Cos� S. A. ROMANO in �L�impatto della CE sull�amministrazione�, atti del Convegno tenutosi 
all�Universit� LUISS, Roma, 4 maggio 2001. 
(69) Si vedano, per un approfondimento, F. MASTRONARDI e A.M. SPAN� �Conoscere il Trattato 
di Lisbona�, Napoli, Simone, 2008; F. GABRIELE �Europa: la costituzione abbandonata�, Bari, Cacucci, 
2008 passim ma particolarmente p. 273 e ss; M. C. BARUFFI, Dalla Costituzione europea al trattato di 
Lisbona, Padova, Cedam, 2008; J. ZILLER, Il nuovo trattato europeo, Bologna, Il Mulino, 2007; P. BILANCIA, 
M. D'AMICO (a cura), La nuova Europa dopo il trattato di Lisbona, Milano, Giuffr�, 2009.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 151 
perch� appositamente regolato dal D. lgs. 163/06 . 
3. Pacificamente va esclusa altres� l�ipotesi in cui si abbia una concessione 
di servizi perch� anch�essa regolata espressamente dal D. lgs. 163/06 
(70). 
4. Problematica appare, infine, la possibilit� nei casi residui di dichiarare 
autonomamente la fattispecie come servizio pubblico locale. La giurisprudenza 
della Corte di Giustizia infatti ha sempre sostenuto l�irrilevanza del criterio 
nominalistico, anche se dichiarato con legge (ci� varrebbe pertanto anche per 
l�articolo 112 del TUEL); di contro d� espressamente rilievo al criterio contenutistico 
e teleologico (come nel caso di specie nell�ipotesi di servizio pubblico 
rivolto a una collettivit� determinata o determinabile di utenti). 
Se la ricostruzione sopra prospettata � esatta, si giunge quindi alla necessaria 
conclusione che l�art. 112 del TUEL deve essere interpretato in conformit� 
ai principi del diritto europeo e dell�effetto utile (71). Pertanto � proprio 
�attraverso l�obbligo di interpretazione conforme, oppure attraverso il conseguente 
obbligo di disapplicazione, che risulta possibile dare una nozione 
giuridica e non politica del concetto di servizio pubblico locale all�articolo 
112 t.u. 267/2000� (72). 
Come infatti � stato osservato nelle recenti pronunce della Corte Costituzionale 
(73), il Trattato non si limita a dettare norme programmatiche, ma isti- 
(70) Vedi retro nota sul contratto misto n. 34. 
(71) A. LOLLI �Servizi pubblici locali e societ� in house: ovvero la collaborazione degli enti locali 
per la realizzazione di interessi omogenei�, in Foro Amm. TAR, 2005; F. DEGNI �Servizi pubblici locali 
e tutela della concorrenza: alla ricerca di un punto di equilibrio�, in Foro Amm. TAR, 2005; P. PIRAS �I 
servizi pubblici tra efficienza e fini sociali�, in Dir. Amm., 1996. 
(72) Cos� E. PICOZZA nella relazione al Convegno IGI del 14 febbraio 2008, Roma, su �La difficile 
convivenza tra diritto comunitario e diritto nazionale in materia di contratti e concessioni con le pubbliche 
amministrazioni�. Negli atti della relazione si prosegue sottolineando che �l�obbligo di interpretazione 
conforme o di disapplicazione grava esclusivamente sul giudice adito (se gi� non lo ha fatto 
l�amministrazione anche locale nel corso del procedimento ad evidenza pubblica), in applicazione del 
principio �jura novit curia�, e non sulla parte ricorrente. Ci� comporta l�obbligo per il giudice di disapplicare 
in parte qua il bando di gara incompatibile con il diritto europeo, indipendentemente dalla richiesta 
che ne faccia alcuna delle parti perch� tale operazione non attiene al thema decidendum ma alla 
ricerca della norma da applicare. L�integrazione del diritto comunitario in quello costituzionale come 
ribadito anche dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale n. 348/349 del 2007 e il progressivo abbandono 
della teoria �dualistica� nelle relazioni tra i due ordinamenti (c.d. separazione coordinata), 
comporta che l�indagine sulla norma applicabile appartenga alla ricostruzione della �validit�� del sistema 
normativo complessivo, e non pi� al solo accertamento della norma applicabile in concreto in quanto 
prevalente (la giurisprudenza della Corte di Giustizia � ferma da sempre su questo punto v. gi� la sentenza 
del 22 giugno 1989 sulla causa 103/88). In termini operativi ci� comporta che � del tutto indifferente la 
qualificazione �nominalistica� di concessione di servizio pubblico data dall�organo politico dell�ente 
locale o nazionale (v. gi� la sentenza della Corte di Giustizia del 26 aprile 1994 in causa C. 272/91). E 
che l�eventuale errore nella qualificazione non deve essere oggetto di apposita e tempestiva impugnazione 
del bando di gara, dovendo proprio questo essere autonomamente interpretato e applicato in modo 
conforme al diritto europeo, o in subordine disapplicato, da parte del giudice competente�. 
(73) Cfr. Cost. 406/05, 129/06 e le pi� recenti sentenze n. 348 e 349 del 24 ottobre 2007.
152 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tuisce un complesso ordinamento giuridico unitario, in base al quale il principio 
di disapplicazione � necessario per tutelare e per garantire i principi degli 
effetti diretti e del primato del diritto comunitario. 
La Costituzione italiana, peraltro, garantisce tale effetto grazie al combinato 
disposto dell�articolo 11 e 117, I comma, relativi alla cessione di sovranit� 
da parte degli Stati membri. 
Al contrario, la Convenzione Europea dei Diritti dell�Uomo, che di per 
s� considerata non costituisce un ordinamento sopranazionale, troverebbe applicazione 
ai sensi dell�art. 117, che non comporta per il giudice nazionale 
l�obbligo di disapplicazione delle leggi confliggenti con gli obblighi convenzionali, 
bens� quello di dichiararne l�illegittimit� costituzionale da parte della 
Corte Costituzionale medesima (74). 
Come infatti taluni hanno affermato �.. il Giudice amministrativo - nolente 
o volente - � stato attratto nel circuito dell'ordinamento comunitario, � 
stato assorbito nella organizzazione della giustizia amministrativa comunitaria. 
In questa rivoluzione copernicana che lo sta coinvolgendo, il Giudice Amministrativo 
� stato munito - dalla Giurisprudenza della Corte di Giustiziadi 
ampi poteri creativi e financo conformativi, ad esso devoluti al precipuo 
scopo di pervenire alla completa attuazione dell'ordinamento comunitario� 
(75).
Come si pu� notare dalle osservazioni che precedono, la soluzione del 
problema globale delle concessioni � lungi dall�essere quantomeno compiutamente 
affrontata. 
Da un punto di vista dogmatico, infatti, l�istituto della concessione non 
appare unitario neanche alla stregua dei singoli ordinamenti nazionali. 
Trova ancora applicazione concreta infatti la summa divisio tra conces- 
(74) Si veda per un commento alle sentenze 348 e 349 del 24 ottobre 2007, E. CANNIZZARO su 
Guida al Diritto, Diritto Comunitario e Internazionale, n. 3 2008, p. 17 e 18. 
(75) Si vedano gli atti della Relazione al Convegno di Lecce del 21-22 Novembre 1997: "Evoluzione 
della giustizia amministrativa - Integrazione europea - Prospettive di riforma" di CARLOMODICA. 
In tale Relazione si enucleano i principi dai quali si desume la supremazia del diritto comunitario e i 
loro corollari: a) il principio dell'obbligo di disapplicazione, da parte dei Giudici e delle Pubbliche Amministrazioni 
nazionali, degli atti normativi nazionali incompatibili con la normativa comunitaria; b) il 
principio della resistenza delle norme di interesse comunitario sulle norme nazionali sopravvenienti (o 
successive); c) il principio del controllo diffuso di costituzionalit�; d) il principio secondo cui gli Stati 
dell'Unione non possono giustificare il ritardo nell'attuazione del diritto comunitario in ragione del loro 
assetto interno di riparto di competenze e di poteri; e) il principio della necessaria cooperazione fra giudice 
nazionale e giudice comunitario, cooperazione da attuarsi mediante il meccanismo del c.d. "rinvio 
pregiudiziale di interpretazione"; f) il principio - non ancora pienamente affermato, ma in via di elaborazione 
- della assoluta inderogabilit� del diritto comunitario; principio comportante secondo parte della 
dottrina la rilevabilit� d'ufficio del vizio di violazione della normativa comunitaria; o, nella sua pi� 
estrema e rigida postulazione, la rilevabilit� d'ufficio della nullit�, per carenza assoluta di potere, dei 
provvedimenti amministrativi adottati in violazione della predetta normativa; g) il principio della sindacabilit� 
da parte del Giudice comunitario dei rimedi processuali di diritto interno. 
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 153 
sioni costitutive e concessioni traslative. 
In secondo luogo la concessione di beni pubblici implica analisi e soluzioni 
di complesse problematiche molto diverse da quelle riguardanti la concessione 
di servizi (pubblici) (76). 
Vi sono inoltre figure intermedie, quali le concessioni di attivit�, di funzioni 
pubbliche, di rapporti, di singoli atti, come approfondito dalla migliore 
dottrina (77). In tali casi, il diritto comunitario si attiene comunque ad un criterio 
sostanzialistico, negando che la partecipazione del privato all�esercizio 
di pubblici poteri venga sottratta all�obbligo di concorrenza, se non si dimostra 
che detta attivit� � una diretta proiezione delle funzioni sovrane dello stato 
membro. 
Inoltre, non di rado la differenza fra concessione e autorizzazione si riduce 
a poco pi� di un mero nomen juris, al punto che gi� nella terza �Legge Bassanini� 
(78) si proponeva di sostituire molteplici procedimenti concessori con 
provvedimenti autorizzatori. 
Attese queste vistose difficolt�, si comprende meglio perch� la Commissione 
Europea, sulla base di numerose sentenze della Corte di Giustizia, abbia 
preferito tentare di affrontare con il nuovo articolo 17 del Trattato di Lisbona, 
solamente la portata e il campo di applicazione dei servizi di interesse generale 
a contenuto economico, i quali dovrebbero essere oggetto di una regolazione 
comunitaria complessiva. 
Per completare, � opportuno rilevare che quanto ai servizi di interesse generale 
a contenuto non economico, la Commissione Europea ne lascia alle 
identit� nazionali degli Stati Membri sia la qualificazione, sia il trattamento 
normativo, imponendo tuttavia il rispetto dei principi generali sulla concorrenza 
nelle ipotesi in cui le Pubbliche Amministrazioni intendano esternalizzare 
tali servizi mediante il ricorso al mercato (79). 
(76) Vedi retro, nota 3, in particolare i saggi riguardanti i regimi dei beni pubblici e concessioni. 
Tuttavia, almeno per quanto riguarda l�esperienza del demanio marittimo, si va affermando l�obbligo 
della procedura ad evidenza pubblica: ad avviso di chi scrive, in questo caso pi� che di armonizzazione, 
diretta o indiretta, si deve parlare di influenza del diritto comunitario anche in relazione ai tre principi 
generali di cui all�articolo 1 della L. 241/90: economicit�, efficienza, ed efficacia. 
(77) Cfr. M.S. GIANNINI �Diritto Amministrativo�, Giuffr�, Milano, 1993, idem �Diritto pubblico 
dell'economia�, Il Mulino, Bologna, 1994. 
(78) L. 16 giugno 1998 n. 191, Bassanini ter, Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo 1997, 
n. 59, e 15 maggio 1997, n. 127, nonche' norme in materia di formazione del personale dipendente e di 
lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica. 
(79) Sui servizi di interesse generale vedi G. CAGGIANO �La disciplina dei servizi di interesse economico 
generale�, Torino, Giappichelli, 2008; in particolare sul servizio universale G. F. CARTEI �Il servizio 
universale�, Milano, Giuffr�, 2002; M. CLARICH �Servizio pubblico e servizio universale: 
evoluzione della normativa e profili ricostruttivi�, in Dir. Pub., 1998, p. 187; sul concetto comunitario 
di obbligo di servizio pubblico A. PERICU �Impresa e obblighi di servizio pubblico�, Giuffr�, Milano, 
2001. Vedi anche G. CORSO �I servizi pubblici comunitari�, in Riv. Giur. Quadr. dei Servizi Pubblici, 
1999.
154 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
L�art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 introdotto con la legge di 
conversione n. 133 del 6 agosto 2008 c.d. �Legge Tremonti�, disciplina �l�affidamento 
e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica�. Il 
citato articolo concerne le concessioni e non gli appalti di servizi, poich� i 
�servizi� a cui tale norma fa riferimento, in quanto �pubblici�, sono quelli che 
vengono resi non all�amministrazione, ma a favore del pubblico, inteso come 
(80).
Le disposizioni dell�art. 23-bis si applicano, pertanto, esclusivamente alle 
concessioni di servizi, qualora si tratti di �servizi pubblici locali di rilevanza 
economica e non anche agli appalti di servizi, che sono disciplinati nel diritto 
comunitario dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e, in ambito interno, dal 
D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163, c.d. Codice dei contratti pubblici, con il quale � 
stata data attuazione alle predette direttive. L�art. 23-bis disciplina �l�affidamento 
e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica�. Il conferimento 
della gestione dei servizi predetti deve avvenire come dispone il 
comma 2, �in via ordinaria�, a favore di imprenditori o di societ� in qualunque 
(80) L�Articolo 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del DL 112/2008, cos� dispone: 
�1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici 
locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la 
pi� ampia diffusione dei princ�pi di concorrenza, di libert� di stabilimento e di libera prestazione dei 
servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito 
locale, nonch� di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalit� ed accessibilit� dei servizi pubblici 
locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e 
m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i princ�pi di sussidiariet�, 
proporzionalit� e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano 
a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. 
2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori 
o di societ� in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza 
pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunit� europea e dei principi generali 
relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, trasparenza, 
adeguata pubblicit�, non discriminazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�. 
3. In deroga alle modalit� di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni che, a 
causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale 
di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento pu� avvenire 
nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria. 4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve 
dare adeguata pubblicit� alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente 
trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorit� garante della concorrenza 
e del mercato e alle autorit� di regolazione del settore, ove costituite, per l'espressione di un parere sui 
profili di competenza da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. 5. Ferma 
restando la propriet� pubblica delle reti, la loro gestione pu� essere affidata a soggetti privati. 6. � consentito 
l'affidamento simultaneo con gara di una pluralit� di servizi pubblici locali nei casi in cui possa 
essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell'affidamento, 
unica per tutti i servizi, non pu� essere superiore alla media calcolata sulla base della durata 
degli affidamenti indicata dalle discipline di settore...�. Cfr. sul punto G. GUZZO �Societ� miste e affidamenti 
in house nella pi� recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale�, Milano, Giuffr�, 2009; 
D. ROSATO �I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un passo avanti verso la concorrenza?�, 
in Rassegna dell�Avvocatura dello Stato n. 3/2008; F. DELLO SBARBA, �I servizi pubblici locali�, 
cit., p. 195 e ss.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 155 
forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica. 
Il comma 3 consente, tuttavia, che �in deroga� alle modalit� di affidamento 
�ordinario�, l�affidamento dei pubblici servizi locali di rilevanza 
economica possa avvenire �nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria�, 
ossia direttamente secondo le modalit� dell�in house providing. 
Viceversa, la disciplina comunitaria in materia di affidamenti diretti in 
house di concessioni di servizi pubblici risulta dalla elaborazione giurisprudenziale 
della Corte di giustizia, secondo la quale tale affidamento � possibile 
laddove ricorrano i c.d. �criteri Teckal� (81) del controllo analogo e della realizzazione 
della parte pi� importante dell�attivit� svolta dall�ente affidatario 
con l�ente pubblico o con gli enti pubblici affidanti. A tali criteri, l�art. 23-bis 
ne ha aggiunti altri, sia di carattere sostanziale che procedurale. 
La Corte costituzionale ha affermato che le regole del Trattato CE poste 
a tutela della concorrenza, sono direttamente applicabili nell�ordinamento interno. 
La Corte ha aggiunto che alla tutela di tali regole � �finalizzata� anche 
�la delimitazione effettuata, in via interpretativa, dalla Corte di giustizia, 
dell�ambito di operativit� del modello gestionale dell�affidamento diretto dei 
servizi pubblici locali�(82). 
Nella dedotta prospettiva, appaiono, ad esempio, conformi alle regole del 
Trattato CE, �nel significato che � ad esse attribuito dalla giurisprudenza comunitaria�, 
i divieti posti ai �soggetti titolari della gestione di servizi pubblici 
locali non affidati mediante le procedure competitive di cui al comma 2�, dal 
comma 9 dell�art. 23-bis, giacch� tali divieti �mirano ad assicurare la parit� 
nella competizione, che potrebbe essere alterata dall�accesso di soggetti con 
posizioni di privilegio in determinati mercati�. 
Bisogna, inoltre, evidenziare che la Corte ha riconosciuto che rientri nel 
potere organizzativo delle autorit� pubbliche produrre da s� beni, servizi o lavori 
mediante il ricorso a soggetti che, ancorch� giuridicamente distinti dal- 
(81) Sentenza del 18 novembre 1999, nella causa C-107/98, caso Teckal, riguardante la direttiva 
del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici 
di forniture. 
(82) Cfr. sent. C. Cost., 23 dicembre 2008, n. 439. Osserva sul punto R. GIOVAGNOLI, �Gli affidamenti 
in house tra lacune del codice e recenti interventi legislativi�, relazione al convegno sul codice 
dei contratti pubblici del 19 ottobre 2007, Palazzo Spada, per il decennale della rivista Urbanistica e 
Appalti, in www.giustizia-amministrativa.it, che la disciplina comunitaria, in effetti, ammette i c.d. affidamenti 
diretti, da intendersi non come affidamenti a trattativa privata ma come manifestazioni del 
principio di autorganizzazione o di autonomia istituzionale, in virt� del quale �gli enti pubblici possono 
organizzarsi nel modo ritenuto pi� opportuno per offrire i loro servizi o per reperire le prestazioni necessarie 
alle loro finalit� istituzionali�. Il diritto all�autonomia amministrativa dei comuni �, d�altra 
parte, contenuto nella Carta europea delle autonomie locali e ripreso dal Trattato di Lisbona che sottolinea 
l�autonomia amministrativa regionale e locale nella formazione della identit� nazionale, la quale 
deve essere tutelata. Ne discenderebbe, �in linea con il principio di sussidiariet�� che �gli enti regionali 
e locali hanno il diritto di scegliere liberamente la loro forma di prestazione dei servizi di interesse (economico) 
generale� (parere del Comitato delle regioni del 26 aprile 2006).
156 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
l�ente conferente, siano legati a quest�ultimo da una �relazione organica�, c.d. 
affidamento in house. Nella �prospettiva europea, infatti, la pubblica amministrazione 
pu� decidere di erogare direttamente prestazioni di servizi a favore 
degli utenti mediante proprie strutture organizzative senza dovere ricorrere, 
per lo svolgimento di tali prestazioni, ad operatori economici attraverso il mercato� 
(83). 
Il comma 3 dell�art. 23-bis �circoscrive la possibilit� di affidamento diretto 
a casi del tutto eccezionali, data la difficolt� di individuare ipotesi di impossibilit� 
di ricorso al mercato in presenza di servizi pubblici locali�. Le 
amministrazioni locali vengono, pertanto, obbligate a ricorrere, per l�affidamento 
dei servizi pubblici, a procedure competitive ad evidenza pubblica. 
Le disposizioni dell�art. 23-bis, commi 3 e 4, non appaiono, quindi, conformi 
al diritto comunitario, poich� con le stesse viene limitata la capacit� 
degli enti locali di erogare direttamente, con propri strumenti organizzativi, 
servizi pubblici essenziali per la collettivit� di riferimento, essendo obbligati, 
nella maggior parte dei casi, a far svolgere tali servizi ad imprese �terze� individuate 
mediante procedure ad evidenza pubblica. 
Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell�art. 23-bis, in quanto limitano 
la capacit� e l�autonomia, costituzionalmente garantita (art. 114, c.2, Cost.), 
degli enti locali sono applicabili esclusivamente a quei servizi per i quali sussista 
l�effettiva esigenza di perseguire l�obiettivo, espresso nel comma 1 dell�art. 
23-bis, di �favorire la pi� ampia diffusione dei principi di concorrenza, 
di libert� di stabilimento e di libera prestazione di servizi�. 
Per completezza, sembra comunque di poter affermare con ragionevole 
affidamento che a seguito del DL. 223/06 art. 11 e s.m.i., il modello in house 
stia progressivamente perdendo il carattere di vera e propria alternativa alla 
esternalizzazione dei servizi. 
(83) Sent. Corte Cost. n. 439/2008. A. D'ATENA, in �Sussidiariet� orizzontale e affidamento in 
house (Nota a Corte Cost. n. 439/2008)�, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2008, esamina la questione 
dell�applicabilit�, alla materia dei servizi pubblici locali, del principio di sussidiariet� orizzontale 
di cui all�art. 118 u.c. Cost., questione peraltro non affrontata dalla Corte. Secondo l�Autore �dalla disposizione 
dovrebbe dedursi che gli enti territoriali elencati dalla norma, in tanto, siano legittimati ad 
esercitare le attivit� di interesse generale da questa contemplate, in quanto il �privato� (da intendere ovviamente 
come settore) non sia in grado di dare ad esse adeguata copertura. In conseguenza di ci�, il 
confronto con il mercato (e con i principi della concorrenza) non dovrebbe avvenire solo dopo che l�ente 
pubblico ha deciso di non intervenire direttamente, ma anche prima: essendo ragionevole ritenere che 
l�intervento diretto si giustifichi esclusivamente nel rispetto della logica della sussidiariet�� Risulta 
ragionevolmente sostenibile che in Italia viga ormai una regola analoga a quella frequentemente enunciata 
dalle Gemeindeordnungen tedesche: la regola, in forza della quale gli enti territoriali possono assumere 
direttamente la gestione di attivit� imprenditoriali, solo se siano in grado di farlo a condizioni 
pi� favorevoli di quelle offerte dal mercato. Infatti, se la decisione di preferenza enunciata dalla norma 
ha un senso, da essa non possono non dedursi due corollari: a) che la scelta di procedere all�affidamento 
in house non sia dispensata dal rispetto del principio di sussidiariet�; b) che essa non sia inibita soltanto 
quando le condizioni offerte dal mercato siano pi� vantaggiose di quelle che l�impresa pubblica (o partecipata) 
sia in grado di garantire, ma anche � si badi � a parit� di condizioni�.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 157 
4. Alcuni problemi di convivenza tra diritto nazionale e diritto europeo: portata 
e limiti del principio di prevalenza 
Tra i numerosi problemi di corretta applicazione del diritto comunitario 
nel settore degli appalti e delle concessioni, si pone anche quello dei limiti di 
disapplicazione del bando, o avviso, di procedura ad evidenza pubblica. Infatti, 
dal punto di vista processuale, la giurisprudenza amministrativa � piuttosto 
costante nel ritenere che la condizione dell�azione, consistente nell�interesse 
a ricorrere, debba presentare i caratteri dell�attualit�, oltre che della concretezza 
e specificit� nella lesione della situazione giuridica soggettiva del soggetto 
ricorrente. Al contrario, nel diritto comunitario degli appalti, ed in 
particolare gi� nelle direttive CE 665/89 e 13/92 (le cui prescrizioni sono confluite 
nelle direttive CE 17/2004 e 18/2004), si ritiene sufficiente un comprovato 
rischio di lesione. 
A livello applicativo, si possono portare quantomeno due fattispecie: 
a) la prima riguarda l�impugnabilit� immediata della c.d. deliberazione o 
determina a contrarre, che, secondo un orientamento tradizionale della giurisprudenza 
amministrativa, costituirebbe una fattispecie di attivit� interna, non 
direttamente e immediatamente rilevante all�esterno. Tuttavia, anche questo 
orientamento � in via di modificazione, a seguito delle numerose pronunce 
della Corte di Giustizia in materia di appalti in house, le cui determine o delibere 
sono certamente impugnabili in modo autonomo e diretto, qualora l�affidamento 
senza gara sia illegittimo perch� non ne sussistevano i presupposti 
(84).
b) la seconda fattispecie � maggiormente complessa perch� riguarda in 
primo luogo i limiti della impugnabilit� immediata del bando di gara; e, in secondo 
luogo, l�ambito e l�individuazione del soggetto competente alla sua disapplicazione, 
in caso di accertata incompatibilit� delle clausole del bando con 
il diritto comunitario. 
(84) Corte di Giustizia CE, Sez. I, n. C-26/03 del 11 gennaio 2005, causa Stadt Halle V. Secondo 
la Corte di Giustizia, un'autorit� pubblica che sia un'amministrazione aggiudicatrice, ha la possibilit� di 
adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, 
tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entit� esterne non appartenenti ai propri 
servizi. In tal caso, non si pu� parlare di contratto a titolo oneroso concluso con un entit� giuridicamente 
distinta dall'amministrazione aggiudicatrice, non sussistendo, quindi, i presupposti per applicare le norme 
comunitarie in materia di appalti pubblici. La partecipazione, anche minoritaria, di un'impresa privata 
al capitale di una societ� alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni 
caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta societ� un controllo analogo a quello che essa 
esercita sui propri servizi. La Corte, pertanto, conclude ritenendo che nell'ipotesi in cui un'amministrazione 
aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell'ambito 
di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50, come modificata dalla direttiva 97/52, 
con una societ� da essa giuridicamente distinta, nella quale la detta amministrazione detiene una partecipazione 
insieme con una o pi� imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici previste 
dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate.
158 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Senza voler ripercorrere le varie posizioni emerse a livello giurisprudenziale, 
che sono ampiamente note, si pu� ritenere, in linea di massima, sufficientemente 
pacifico che qualora le clausole del bando impediscano proprio 
la partecipazione del soggetto interessato, esso abbia l�onere di impugnare il 
medesimo direttamente ed entro i termini di decadenza dalla sua pubblicazione, 
non essendo tenuto a partecipare alla gara, che comporterebbe solo un 
inutile aggravio di spese e rallenterebbe l�attuazione del principio di effettivit� 
e immediatezza della tutela giurisdizionale. 
Viceversa, � molto confusa la posizione sui limiti di disapplicazione delle 
clausole del bando da parte della Amministrazione aggiudicatrice, come pure 
l�individuazione del soggetto a ci� competente. 
Sotto il primo profilo, la posizione della Corte di Giustizia � chiara fin 
dalla sentenza del 1989 in causa 103/88, c.d. caso Meazza (85). In tale occasione, 
la corte ritenne che l�obbligo di disapplicazione degli atti nazionali, di 
qualsiasi livello, incompatibili con il diritto europeo non gravasse solo sul giudice 
ma anche sulla PA, compresa quella locale. 
La giurisprudenza amministrativa, invece, ha insistito molto, anche di recente, 
sul carattere di lex specialis del bando e, pi� in generale, sul rapporto 
con i poteri di autotutela (86). 
(85) L�Amministrazione comunale di Milano, nell�espletamento di una gara di licitazione privata 
per la conclusione di un contratto d�appalto per i lavori di ampliamento e copertura dello stadio �G.Meazza�, 
ha applicato le disposizioni contenute negli articoli 4 dei D.L. 286/87, 302/87 e 393/87. Con questi 
decreti sono state considerate anomale, in base all�articolo 24 della l. 584/77, le offerte che presentavano 
una percentuale di ribasso superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse. I citati decreti 
legge prevedevano, quindi, un criterio di esclusione automatica delle offerte anormalmente basse, senza 
alcuna possibilit� di contraddittorio con l�offerente. Una disposizione normativa contenuta nella l. 478/87 
ha convalidato i provvedimenti adottati nonch� i rapporti sorti sulla base degli stessi. In seguito � stata 
convalidata la delibera della Giunta municipale di Milano n. 6929, del 6 ottobre 1987, la quale, in applicazione 
del citato criterio matematico, ha escluso automaticamente in quanto anomala l�offerta della societ� 
�F.lli Costanzo�, aggiudicando l�appalto alla societ� �Lodigiani�. Tale deliberazione � stata 
impugnata dalla societ� esclusa innanzi al Tar Lombardia, deducendo la violazione e la falsa applicazione 
dell�articolo 29 punto 5 della direttiva comunitaria 26 luglio 1971, n. 305, il quale richiede che l�esclusione 
delle offerte anomale debba essere preceduta da una qualche forma di contraddittorio tra la P.A. e l�impresa 
che ha presentato l�offerta, recepita dall�articolo 24 della l. 584/77, nonch� la violazione dell�articolo 11 
Cost. e la conseguente inosservanza dei principi stabiliti negli articoli 177 e 189 del Trattato CE. Il Tar, 
sezione I, dopo aver adito la Corte di Giustizia sull�interpretazione della direttiva citata, ai sensi dell�articolo 
177 del Trattato CE, accogliendo il ricorso, con la sentenza n. 554, del 25 novembre 1989, in TAR, 
1989, I, p. 116, ha annullato gli atti emanati dall�Amministrazione comunale di Milano, poich� la stessa 
avrebbe dovuto disapplicare la normativa interna, in quanto contraria a disposizioni comunitarie. Successivamente, 
il Comune di Milano e la societ� Lodigiani hanno impugnato innanzi al Consiglio di Stato 
la sentenza del T.A.R. Lombardia; l�appello � stato rigettato con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione 
V, n. 452, del 6 aprile 1991, in Cons. Stato, 1991, I, p. 659 e in Foro Amm., 1991, p. 1076. 
(86) Vedi Cons Stato, Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263, secondo cui la disapplicazione del provvedimento 
amministrativo non opererebbe autonomamente, dovendo prima esercitare i poteri di autotutela 
nei confronti del provvedimento incompatibile. Ci sembra di poter criticare con ragionevole fondamento 
tale presa di posizione, in quanto si tratterebbe comunque di un caso di autotutela �dovuta�, poich� l�in-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159 
Questo indirizzo giurisprudenziale non sembra, inoltre, conforme a quello 
specifico della Corte di Giustizia, secondo la quale - se da un lato le clausole 
del bando non sono chiare - non cՏ decadenza dai termini di impugnazione 
dello stesso; dall�altro si concede il rimedio giurisdizionale anche qualora si 
profilasse l�ipotesi dell�eventuale lesione di un diritto (87). 
Ancora pi� restrittivo � l�orientamento della giurisprudenza amministrativa 
sull�individuazione del soggetto competente, eventualmente, a disapplicare 
le clausole del bando incompatibili. Infatti, la giurisprudenza tende a 
negare la sussistenza di tale potere in capo alla commissione giudicatrice, 
stante il carattere di ufficio tecnico straordinario della medesima. Peraltro, se 
� vero che tale organismo esprime degli accertamenti e delle valutazioni di 
natura prevalentemente tecnica, non di meno esso fa parte, a tutti gli effetti di 
legge, dell�Amministrazione aggiudicatrice: una soluzione di compromesso 
potrebbe essere quella secondo cui, in tal caso, la commissione debba sospendere 
il proprio sub procedimento e investire della problematica il responsabile 
del procedimento. 
Viceversa, in base alla posizione costantemente assunta dalla Corte di 
Giustizia, secondo cui i giudici nazionali sono i primi organi garanti del corretto 
adempimento degli obblighi dello Stato membro, non sembra che il giudice 
nazionale competente possa sottrarsi al potere - dovere di disapplicazione, 
anche d�ufficio, del provvedimento nazionale incompatibile (88). 
Il punto � chiaramente controverso, in quanto al fondo della questione si 
manifesta addirittura un diverso modo di intendere la natura giuridica e le caratteristiche 
proprie del diritto amministrativo. Per la Corte di Giustizia Europea 
infatti, a partire dal celebre caso Brasserie (89), il vero e proprio potere 
teresse pubblico comunitario, al rispetto dei principi e regole posti dal medesimo ordinamento non � suscettibile 
di valutazione o di parificazione all�interesse pubblico dell�amministrazione aggiudicatrice e 
meno che mai a quello dei soggetti che abbiano acquisito dal provvedimento incompatibile una posizione 
giuridica di favore. 
(87) Vedi Dir. CE 665/89 e 13/92. 
(88) Vedi sul punto E. PICOZZA �Relazione alla sentenza n. 36 del 15 gennaio 2008 del Consiglio 
di Stato� Atti del Convegno IGI del 14 febbraio 2008. 
(89) Sentenza CGE 5 marzo 1996, cause riunite C-46 e C-48/93, casi Brasserie Du Pecheur e Factortame, 
secondo cui la facolt� di far valere dinanzi ai giudici nazionali le disposizioni del Trattato direttamente 
applicabili costituisce solo una garanzia minima e non � di per s� sufficiente ad assicurare la 
piena e totale applicazione del diritto comunitario. Questa facolt�, intesa a far prevalere l' applicazione 
di norme di diritto comunitario rispetto a quella di norme nazionali, non � sempre idonea a garantire al 
singolo i diritti attribuitigli dal diritto comunitario e, in particolare, a scongiurare il verificarsi di un danno 
conseguente ad una violazione di tale diritto imputabile a uno Stato membro. Poich� nel Trattato mancano 
disposizioni che disciplinano in modo diretto e puntuale le conseguenze delle violazioni del diritto comunitario 
da parte degli Stati membri, spetta, quindi, alla Corte, nell' espletamento del compito demandatole 
dall' art. 164 del Trattato, garantire l' osservanza del diritto nell' interpretazione e nell' applicazione 
del Trattato, avvalendosi dei canoni interpretativi generalmente accolti, dei principi fondamentali dell'ordinamento 
giuridico comunitario e, se necessario, ai principi generali comuni agli ordinamenti giuridici 
degli Stati membri. 
160 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
discrezionale si concentrerebbe nelle c.d. politiche pubbliche, pressappoco 
assimilabili ai nostri atti di indirizzo e programmazione politico/amministrativa. 
Le procedure ad evidenza pubblica, invece, in quanto rientranti nell�attivit� 
di gestione, sarebbero espressione di un potere amministrativo semi o 
totalmente vincolato, in base alla tipologia di gara scelta dall�Amministrazione 
aggiudicatrice. Ad avviso della scrivente, pare possibile affermare, sotto 
questo profilo, che l�orientamento complessivo della giurisprudenza del Consiglio 
di Stato risenta del carattere maggiormente creativo attribuito al potere 
discrezionale dal diritto amministrativo italiano: ci� aiuterebbe a comprendere 
perch� il giudice nazionale spesso si sottragga all�obbligo di disapplicazione 
c.d. d�ufficio, cio� autonomo e non su istanza delle parti. 
Il quadro � tuttavia destinato a mutare qualora il Consiglio di Stato decida 
di seguire la recente linea di indirizzo interpretativo della Corte Costituzionale, 
sempre pi� favorevole alla teoria monista, e non pi� dualista, 
dell�integrazione comunitaria. 
La Corte Costituzionale, infatti, gi� da tempo ha compiuto un passo in 
avanti sull�obbligo di disapplicazione del giudice nazionale circa la norma 
interna contrastante con quella comunitaria, senza prescrivere la sospensione 
del giudizio e la rimessione di una previa questione di legittimit� costituzionale, 
salvo che non si tratti di giudizi promossi in via principale dallo Stato 
e volti ad impugnare leggi regionali o delle province autonome (90). 
In secondo luogo � tuttora aperta la questione se la mancata disapplicazione 
di norme nazionali incompatibili, o il mancato rinvio pregiudiziale possano 
costituire violazioni del limite esterno di giurisdizione e non di un 
semplice limite interno. 
Ad oggi, come sopra accennato, la Corte Costituzionale si � definitivamente 
schierata a favore dell�integrazione tra i due ordinamenti. Si tratta 
quindi di valutare se il compito della c.d. nomofilachia comunitaria spetti al 
giudice amministrativo e, soprattutto, al Consiglio di Stato ovvero alla Corte 
di Cassazione a sezioni unite, quale organo di vertice unitario di controllo 
della legittimit� (91). 
Si � visto gi�, per esempio, che con l�ordinanza del 13 giugno 2006, in 
(90) Ci� � ricavabile gi� dalle sentenze Corte Cost., 8 giugno 1984, n. 170; e Corte Cost., 11 luglio 
1989, n. 389; tuttavia, solo con la recente sentenza 406/2005, la Corte Costituzionale ha espressamente 
utilizzato l�art. 117 comma 1, come parametro di legittimit� costituzionale, annullando la legge regionale 
censurata e configurando la direttiva comunitaria come norma interposta atta ad integrare il parametro 
interno. Tale principio viene, inoltre, ribadito e confermato nella successiva sentenza 129/2006. Sulla 
sentenza 406/2005 vedi A. CELOTTO �La Corte Costituzionale finalmente applica il primo comma dell�art. 
117 cost.� (nota a margine della sentenza n. 406 del 2005) in www.giustamm.it. 
(91) Si veda M.V. FERRONI, �Il ricorso in Cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato�, 
Cedam, Padova, 2005.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 161 
materia di omessa pronunzia del Consiglio di Stato sul risarcimento del 
danno, la Cassazione ha adottato una soluzione innovativa, indirettamente 
applicabile anche nelle controversie di rilevanza comunitaria, nelle quali trovino 
applicazione dei principi comunitari della effettivit� della tutela e del 
giusto processo, intesi anche come pienezza e completezza della tutela (92). 
Anche recentemente, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito 
tale punto di vista con la sentenza 30254 del 23 dicembre 2008. 
Non bisogna, infatti, dimenticare che la materia degli appalti e delle concessioni 
� attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
in base all�art. 5 della L. 1034 del 1971 e, successivamente, con gli artt. 6 e 
7 della L. 205 del 2000 e, da ultimo, dell�art. 245 del Codice dei Contratti 
pubblici (93). 
Ne consegue che se l�orientamento sopra riportato dalla Cassazione venisse 
applicato per analogia, la Cassazione ben potrebbe annullare con rinvio 
le sentenze del Consiglio di Stato che non abbiano accolto la questione pregiudiziale 
o comunque disapplicato norme e provvedimenti nazionali incompatibili 
con l�ordinamento europeo (94). 
Si ritiene invece che vada esclusa la soluzione secondo cui la Cassazione 
possa direttamente procedere alla disapplicazione o al rinvio pregiudiziale, 
perch� il Consiglio di Stato viene considerato anche dal diritto europeo come 
organo di giurisdizione di ultima istanza; esso � obbligato e non facoltizzato 
a tali adempimenti. 
La dottrina, infatti, ritiene che l�omessa considerazione di un precedente 
consolidato della Corte di Giustizia; come pure l�omesso rinvio pregiudiziale,
costituiscano casi di responsabilit� civile dello stato membro a causa 
(92) G. MONTEDORO �Verso il diritto comunitario europeo degli appalti: spunti di riflessione in 
tema di effettivit� della tutela�, in Foro Amm., 1995. 
(93) Vedi gi� A. CORASANITI, �La nuova giurisdizione in materia di concessioni dopo l�art. 5 
della l. n. 1034 del 1971�, R.T.D.P., 1976. 
(94) Il rinvio pregiudiziale � disciplinato dall�articolo 234 del Trattato CE. In tal modo si consente 
a qualsiasi giurisdizione nazionale, investita di una controversia, d'interrogare la Corte di giustizia delle 
Comunit� europee sul diritto comunitario nella misura in cui ne dipende la soluzione della controversia. 
La ratio �, quindi, quella di favorire la cooperazione attiva tra le giurisdizioni nazionali, l'applicazione 
uniforme del diritto comunitario in tutta l'Unione europea e, da ultimo, di garantire un controllo giurisdizionale 
sulla legittimit� degli atti comunitari. Anche se pu� essere richiesto su istanza di una delle 
parti della controversia, spetta al giudice nazionale pronunciarsi sul rinvio alla Corte di giustizia, rappresentando, 
altres�, uno strumento di cooperazione giudiziaria tra giudice comunitario e giudici nazionali. 
Esso d� al giudice nazionale la facolt�, se non pi� propriamente l�obbligo, di chiedere alla Corte 
di giustizia una pronuncia relativa a quale sia la corretta interpretazione e quindi la portata di una o pi� 
norme del diritto comunitario e, di conseguenza, se la corretta applicazione di una norma comunitaria 
precluda l�applicazione di una norma nazionale, trattandosi in tal caso di c.d. rinvio pregiudiziale di interpretazione, 
ovvero se un atto vincolante, adottato dalle istituzioni comunitarie, sia valido ed efficace 
anche nello Stato membro del giudice istante, trattandosi in questa seconda ipotesi di c.d. rinvio pregiudiziale 
di validit�. Vedi sul punto A BARONE �Giustizia comunitaria e funzioni interne�, Bari, Cacucci, 
2008.
162 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dell�inadempimento, da parte del giudice competente, sull�obbligo di prevalenza 
del diritto europeo (95). 
5. Brevi considerazioni conclusive 
Dalle analisi che precedono, emerge la difficile convivenza tra diritto comunitario 
e diritto interno, soprattutto per il regime di quegli istituti che si situano 
a cavallo tra appalti e concessioni, costituendone una vera e propria 
�zona grigia�. 
Sotto questo profilo, nonostante l�apertura dimostrata dagli estensori del 
Codice dei contratti, l�intera materia delle concessioni attende ancora una uniformazione, 
o quantomeno, una armonizzazione sostanziale e processuale. 
Pi� volte la Commissione aveva preannunciato di voler proporre una direttiva 
specifica sul regime delle concessioni, ma le resistenze opposte dagli 
stati membri sembrano aver spostato l�intera questione al livello di scelte fondamentali 
della politica europea nel settore, come sembrerebbe dimostrare la 
nuova formulazione contenuta nel Trattato di Lisbona e analizzata nel precedente 
paragrafo 3, secondo cui si rinvia ad una futura normazione di carattere 
generale. 
Solo per gli appalti, il panorama normativo � considerevolmente mutato 
a seguito delle citate direttive 2004/17 e 2004/18, con le quali � stata dettata 
la nuova disciplina sostanziale delle procedure ad evidenza pubblica. Ad esse 
si � aggiunta la circostanza che in data 11 dicembre 2007 il Parlamento Europeo 
ed il Consiglio della Comunit� Europea hanno approvato la direttiva ricorsi 
07/66 (96). 
Infatti, almeno per quanto riguarda l�ambito degli appalti, la nuova direttiva 
comunitaria sui ricorsi (97) conferma la rilevanza pratica della questione, 
prescrivendo a tal fine la privazione degli effetti del contratto se il giudice 
(95) Recentemente la Corte di cassazione a SS.UU., con la sentenza 17 aprile 2009 n. 9147, ha 
configurato la responsabilit� per inadempimento del diritto europeo, da parte di un potere legislativo 
interno, come obbligazione indennitaria ex lege, secondo i principi generali in materia di obbligazioni 
civili, dettati dall�art. 1218 c.c. Ad avviso di chi scrive, tale soluzione ben potrebbe applicarsi per analogia 
anche alla fattispecie sopra esaminata di inadempimento al diritto comunitario per responsabilit� 
del giudice nazionale. 
(96) Fra i primi commenti alla direttiva BARTOLINI � FANTINI, �La nuova direttiva Ricorsi�, in Urbanistica 
e Appalti, 2008/10, pp. 1093 ss.; G. GRECO, �La Direttiva 2007/66/ Ce: Illegittimit� comunitaria, 
sorte del contratto ed effetti collaterali indotti�, in www.Giustamm.it ; M. LIPARI, �Annullamento 
dell�aggiudicazione ed effetti del contratto: La parola al diritto comunitario�, in www.Giustamm.it, e 
anche in Il Foro Amm. Tar, 2008/1, pp. XLV ss. 
(97) La Direttiva Parlamento Europeo Consiglio CE 11/12/2007, n. 2007/66/CE dell�11 dicembre 
2007 (Gazzetta ufficiale dell�Unione europea del 20 dicembre 2007, IT, L 335/31), in vigore dal 9 gennaio 
2009, modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento 
dell�efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. La 
nuova disciplina comunitaria dovr� essere recepita dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2009.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 163 
competente non si � pronunziato almeno sulla questione cautelare. 
Essa partendo dal presupposto che il rispetto del diritto comunitario degli 
appalti, inteso principalmente alla luce dei richiamati principi comunitari di 
tutela del libero mercato e della concorrenza, non abbia goduto fino ad ora, in 
base alle precedenti direttive ricorsi 89/665 e 92/13, di proporzionate tutele 
procedimentali e giurisdizionali, si muove essenzialmente su di un diverso 
profilo. 
Intende, infatti, garantire principalmente a tutti i partecipanti, la disponibilit� 
di un arco temporale, intercorrente tra l�aggiudicazione e la stipula del 
successivo contratto, sufficiente per presentare ricorsi amministrativi e giurisdizionali 
alla stessa stazione appaltante ovvero ad altro organismo pubblico, 
o, infine, al giudice competente, assicurando cos� che il contratto non venga - 
medio tempore - stipulato. 
Il recepimento della direttiva ricorsi da adottarsi entro il 31 dicembre 2009 
rappresenta, pertanto, l�occasione utile e necessaria al fine di regolare l�incidenza 
dell�annullamento della procedura ad evidenza pubblica rispetto al contratto 
di diritto privato, mediante l�eventuale adozione di una speciale 
disciplina di settore. 
La portata di tale prescrizione � assai ampia, soprattutto nel caso in cui 
l�interessato, o una pluralit� di soggetti interessati, intenda sottoporre al giudice 
competente i vizi inerenti all�intera procedura di aggiudicazione e perfino 
quelli relativi agli atti presupposti; beninteso nei soli casi in cui i medesimi 
non abbiano avuto l�onere di impugnare in modo immediato e diretto gli stessi 
atti presupposti. 
Appare scontato che in tutte le fattispecie controverse, il giudice amministrativo 
riceva una giurisdizione piena ed esclusiva, comprensiva, ovviamente, 
dei poteri - doveri di interpretazione degli atti nazionali conforme al 
diritto europeo degli appalti, e dell�eventuale obbligo di disapplicazione dei 
provvedimenti e/o operazioni irreversibilmente incompatibili. 
Pi� complesso � il problema della individuazione del giudice competente 
a pronunciarsi sul contratto stipulato e/o eseguito in violazione del divieto 
posto dalla direttiva. Infatti, qualora si segua l�orientamento tradizionale, recentemente 
ribadito della Corte di Cassazione a SS.UU., spetterebbe pur sempre 
alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario pronunciarsi sulla 
sussistenza delle forme di invalidit� e/o inefficacia ipotizzate dalla nuova direttiva 
ricorsi. Tuttavia, anche la norma comunitaria pare deporre piuttosto a 
favore di una concentrazione dei poteri del medesimo giudice amministrativo. 
Tale soluzione, in definitiva, appare maggiormente conforme ad una retta 
applicazione dei principi comunitari e nazionali sull�effettivit� della tutela giurisdizionale 
e sui principi del giusto processo. Essa, inoltre, cos� applicata, 
consentirebbe di sanare il contrasto di giurisprudenza tuttora esistente tra giudice 
amministrativo e giudice ordinario, sul punto. Per ottenere tale obiettivo,
164 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
per�, � forse necessario superare l�orientamento formalistico e restrittivo che 
si � voluto far risalire alla sentenza della Corte Costituzionale 204/2004 e successive, 
in base al quale la posizione di diritto soggettivo non pu� mai essere 
indipendente da una situazione base di interesse legittimo. Infatti, insistendo 
su tale orientamento la giurisdizione del giudice amministrativo � da un lato 
piena, ma non esclusiva (98). Proprio su questa base sembra di poter affermare, 
con ragionevole fondamento, che la Corte di Cassazione continua a considerare 
la competenza a conoscere principaliter del contratto di appalto pubblico, 
come questione inerente alla tutela di diritti soggettivi perfetti, e come tale attribuita, 
viceversa, alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario. 
ComՏ noto, l�inconveniente di questa impropria doppia tutela � quello 
di aggravare l�accesso alla giustizia da parte dei soggetti interessati, inconveniente 
che verrebbe eliminato concentrando sul giudice amministrativo anche 
il potere di conoscere con efficacia principale, delle forme di invalidit� del 
contratto a seguito dell�annullamento dell�aggiudicazione. 
Ancora pi� complessa � la questione della portata e dei limiti di applicazione 
della direttiva ricorsi ai vizi delle concessioni di servizi. 
Infatti, da un lato l�equiparazione delle medesime ai normali contratti 
d�appalto, sembrerebbe deporre a favore di una applicazione analogica dei rimedi 
approntati dalla direttiva ricorsi anche in caso di impugnazione del procedimento 
ad evidenza pubblica per l�attribuzione di una concessione di 
servizi. In senso opposto, peraltro, milita il testo restrittivo adottato dalle direttive 
CE 17 e 18 del 2004 e dall�art. 30 del Codice dei contratti pubblici. A 
ci� si aggiunga anche l�orientamento, altrettanto restrittivo, di una parte della 
giurisprudenza amministrativa (99). 
Resta, infine, tuttora operante la distinzione, anche tipologica, tra concessioni 
di servizi e concessioni di pubblici servizi, soprattutto locali, esaminata 
nei paragrafi precedenti. 
In buona sostanza, sembra, quindi, potersi affermare che solo in presenza 
di una specifica disciplina comunitaria potr� dirsi compiuto l�intero processo 
di armonizzazione in materia di appalti e concessioni: in assenza, la giurisprudenza 
tender� a mantenere caratteri di frammentariet�, valorizzando, soprattutto, 
le peculiarit� della disciplina nazionale. 
(98) Come notato da A. POLICE, �La giurisdizione del giudice amministrativo � piena ma non � 
pi� esclsuiva�, in Giornale di Diritto Amministrativo, 2004; p. 976. 
(99) Cfr. in particolare Cons. di Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4520, secondo cui le concessioni 
di servizi sarebbero sottoposte solo ai principi generali dell�ordinamento comunitario nel settore, 
ma non alle regole specifiche fissate in ordine alla procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 165 
Cause riunite C-128/09, C-131/09, C-134/09 e C-135/09 - Materia trattata: 
ambiente e consumatori - Domanda di pronunce pregiudiziali proposte 
dal Conseil d'�tat (Belgio) il 6, 9 e 10 aprile 2009 - Convenuta: 
R�gion wallonne. (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 21622/09). 
LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 
1) Se l�art. 1, n. 5, della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione 
dell�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, possa 
essere interpretato nel senso di escludere dal suo ambito di applicazione una 
normativa � quale la legge regionale della Regione vallona 17 luglio 2008, 
relativa a talune concessioni per le quali sussistono motivi imperativi di interesse 
generale � che si limiti ad affermare che �ricorrono i motivi imperativi 
di interesse generale� per il rilascio delle concessioni urbanistiche, delle concessioni 
ambientali e delle concessioni uniche relative ad atti ed opere da essa 
elencati e che �confermi� concessioni per le quali viene detto che �ricorrono 
i motivi imperativi di interesse generale�. 
2) Se gli artt. 1, 5, 6, 7, 8 e 10 bis della direttiva 85/337/CEE, come modificata 
dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE e dalla direttiva del Parlamento 
europeo e del Consiglio 2003/35/CE, ostino a un sistema giuridico in cui il 
diritto di realizzare un progetto sottoposto a una valutazione dell�impatto sia 
conferito da un atto legislativo contro il quale non si pu� esperire ricorso dinanzi 
ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale 
istituito dalla legge che consenta di contestare, quanto al merito e 
alla procedura seguita, la decisione attributiva del diritto di realizzare il progetto.
3) Se l�art. 9 della convenzione di Aarhus sull�accesso alle informazioni, 
la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l�accesso alla giustizia 
in materia ambientale, stipulata il 25 giugno 1998 e approvata dalla 
Comunit� europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 
2005/370/CE, debba essere interpretato nel senso di obbligare gli Stati membri 
a prevedere la possibilit� di accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad 
un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale 
istituito dalla legge per poter contestare la legittimit� di decisioni, atti o omissioni 
soggetti alle disposizioni dell�art. 6, per qualsiasi questione di merito o 
di procedura del sistema sostanziale o procedurale di autorizzazione dei progetti 
soggetti a valutazione dell�impatto. 
I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CE
166 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
4) Se, alla luce della convenzione di Aarhus sull�accesso alle informazioni, 
la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l�accesso alla 
giustizia in materia ambientale, stipulata il 25 giugno 1998 e approvata dalla 
Comunit� europea con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 
2005/370/CE, l�art. 10 bis della direttiva85/337/CEE, come modificata dalla 
direttiva 2003/35/CE, debba essere interpretato nel senso di obbligare gli Stati 
membri a prevedere la possibilit� di accesso a una procedura di ricorso dinanzi 
ad un organo giurisdizionale o ad una altro organo indipendente ed imparziale 
istituito dalla legge per poter contestare la legittimit� delle decisioni, 
degli atti o delle omissioni per qualsiasi questione di merito o di procedura 
del sistema sostanziale o procedurale di autorizzazione dei progetti soggetti 
a valutazione dell�impatto. 
IL CONTESTO FATTUALE 
Il 31 maggio 2003 la Soci�t� r�gionale wallonne du Transport (S.R.W.T.) 
depositava una richiesta di concessione urbanistica per il prolungamento di 
413 metri della pista principale dell�aeroporto di Liegi. 
A seguito della realizzazione dello studio di impatto ambientale e della 
consultazione dei vari servizi sul progetto, era rilasciata una prima concessione 
alla S.R.W.T. con decreto ministeriale del 9 luglio 2004. Tale concessione veniva 
poi impugnata dalla Regione fiamminga con ricorso del 9 settembre 2004. 
Il 4 ottobre 2005 la concessione impugnata veniva ritirata e il 20 ottobre 
2005 il fascicolo della procedura veniva trasmesso, in applicazione della normativa 
vallona, al Ministro fiammingo dei Lavori pubblici, dell�Energia, 
dell�Ambiente e della Natura. Nelle sue osservazioni del 6 aprile 2006 il Ministro 
fiammingo riteneva violato l�accordo di cooperazione 4 luglio 2004, relativo 
allo scambio di informazioni sui progetti con impatto ambientale 
interregionale e invitava, pertanto, a riprendere ab initio la procedura di domanda 
della concessione. 
Tuttavia il 13 settembre 2006 il ministro vallone per le Politiche abitative, 
Trasporti e Sviluppo territoriale rilasciava nuovamente la concessione urbanistica 
alla S.R.W.T. 
Il 17 novembre 2006 i Signori Antoine Boxus e Willy Roua proponevano 
ricorso per l�annullamento della suddetta concessione urbanistica. 
Con l�art. 6 della legge della regione vallona 17 luglio 2008, entrata in 
vigore il 25 luglio 2008, veniva confermata tale concessione �per la quale� - 
si prevede espressamente - �sussistono i motivi imperativi di interesse generale�.

IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 167 
LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO 
I quesiti proposti sembrano muoversi su differenti piani operativi. Il primo 
quesito pone infatti - in maniera per la verit� criptica - il problema di come 
debba intendersi l�art. 1 comma 5 della direttiva 85/337/CE, laddove dispone 
che �La presente direttiva non si applica ai progetti approvati nei dettagli mediante 
un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti 
dalla presente direttiva, incluso l�obiettivo della disponibilit� delle informazioni, 
vengono raggiunti tramite la procedura legislativa�. 
Dal tenore letterale della citata disposizione emerge chiaramente che il 
provvedimento legislativo, per avvantaggiarsi del regime derogatorio offerto 
dalla direttiva, deve avere specificatamente ad oggetto un progetto dettagliato 
delle opere ad impatto ambientale, non potendosi viceversa limitare a sancire 
la sussistenza di generici motivi imperativi di interesse generale in riferimento 
ad opere che da esso vengono solo nominate. 
Sul piano strettamente funzionale va considerato che obiettivo fondamentale 
della direttiva d�impatto ambientale consiste nell�imporre agli operatori 
pubblici e privati, all�atto di realizzare un intervento che abbia un significativo 
impatto sul territorio e sull�ambiente, di evidenziare e valutare i costi e gli effetti 
che quella determinata iniziativa �scarica� sul territorio interessato, costi 
ed effetti che possono essere correttamente individuati solo attraverso la partecipazione 
alla fase di valutazione del progetto di tutti i soggetti la cui vita e 
le cui abitudini vengono in qualche modo modificati dalla realizzazione delle 
opere. 
Tale obiettivo viene normalmente ottenuto, negli Stati a democrazia rappresentativa, 
anche attraverso l�esame e la valutazione del progetto in sede di 
assemblea elettiva che sia dotata di un potere legislativo. Il dibattito che si 
svolge su un progetto effettivamente conosciuto da parte di un�assemblea legislativa, 
consente agli interessi incisi di essere rappresentati in sede di valutazione 
e realizza quindi senza necessit� di intermediazione gli obiettivi 
perseguiti dalla direttiva 85/337/CE. 
Distinto problema sembra invece essere affrontato dal Consiglio di Stato 
del Belgio nei successivi quesiti, nei quali - una volta esperita la procedura di 
valutazione di impatto ambientale nelle forme previste in generale dalla normativa 
comunitaria - l�atto di autorizzazione e/o concessione, od anche l�atto 
finale della stessa procedura VIA, sia adottato nella forma di legge ( cosiddetta 
legge provvedimento). 
Secondo il giudice remittente la scelta del procedimento legislativo oltre 
a comportare un deficit di partecipazione diretta del pubblico interessato, riducendo 
la stessa a mera azione dei rappresentanti eletti (comunque diversa 
dalla partecipazione effettiva che pu� compiutamente realizzarsi solo all�interno 
di un procedimento amministrativo), paralizza i rimedi esperibili dal
168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
cittadino per impugnare innanzi agli organi di giustizia l�approvazione di progetti 
ritenuti lesivi dei propri interessi sostanziali. La procedura legislativa, 
consentendo una compressione del diritto ad un ampio accesso alla giustizia, 
anche in virt� di ineliminabili ragioni di politica economica che sorreggono 
le scelte legislative, costituirebbe nel suo complesso un�eccezione rispetto all�intera 
disciplina dettata dalla direttiva 85/351/CE e dalla convenzione di 
Aarhus. 
La tesi del giudice a quo non � condividibile. 
L�art. 1, n. 5 della direttiva 85/337/CE, nel sottrarre alla procedura di VIA 
i progetti pubblici e privati oggetto di un particolare esaminato in sede legislativa, 
sembra implicitamente ammettere che l�atto finale di autorizzazione 
e/o approvazione, anche dopo esperita una procedura di VIA, possa consistere 
in un atto avente forza di legge. 
Se, ai sensi all�art. 10-bis della direttiva 85/337/CE, su ogni Stato membro 
incombe l�obbligo di garantire un ampio accesso alla giustizia, dovendo fornire 
anche �informazioni pratiche� sulle modalit� a tutela del diritto a ricorrere davanti 
ad un giudice per contestare la legittimit� formale e procedurale delle 
decisioni inerenti ai progetti con un impatto ambientale importante, nondimeno 
un�ottica di bilanciamento di interessi contrapposti, potrebbe comunque consentire 
di limitare il ricorso �alla giustizia�, laddove ricorrano giustificati motivi 
d�interesse pubblico, che inducono al rilascio della concessione e/o 
autorizzazione con legge. 
Inoltre occorre ricordare che lo stesso art. 10 bis della direttiva comunitaria, 
unitamente all�art. 9 della Convenzione di Aarhus, opera una distinzione 
tra la posizione giuridica relativa all�accesso alle informazioni, oggetto di una 
tutela assoluta, e la posizione giuridica soggettiva vantata �per contestare la 
legittimit� sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni� riguardanti 
opere ad impatto ambientale: mentre �chiunque� potrebbe procedere contro il 
diniego di accesso alle informazioni, solo il titolare di un interesse sostanziale 
o di un diritto potrebbe invece impugnare il provvedimento relativo ad attivit� 
specifiche per farne valere la violazione, ma tale diritto � �conformato�, anche 
e soprattutto dalle leggi nazionali 
Lo stesso art. 10 bis prevede infatti che gli Stati membri provvedano alla 
necessit� di garantire il controllo giurisdizionale di atti approvativi ed autorizzativi 
di progetti a rilevante impatto ambientale �in conformit� del proprio 
ordinamento giuridico nazionale�, per cui nel caso in cui il diritto alla realizzazione 
di un progetto ad impatto ambientale sia attribuito con legge, nonostante 
l�impoverimento della tutela che ne deriva, non sembra possibile 
configurare un obbligo a carico degli Stati di prevedere un ricorso avverso un 
provvedimento di legge, il quale, in conformit� ai principi costituzionali dell�ordinamento 
nazionale, pu� essere censurato, solo in presenza di alcuni condizioni, 
e con limitazioni in termini di cognizione e di accesso, mediante un
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 169 
ricorso (indiretto) alla Corte Costituzionale. 
In conclusione il governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere alle 
domande pregiudiziali formulate dal Conseil d'�tat (Belgio) che: 
1. La deroga prevista dall�art. 1, n. 5, della direttiva 85/337/CEE, concernente 
la valutazione dell�impatto ambientale di determinati progetti pubblici 
e privati, non � applicabile ad un atto legislativo quale la legge regionale 
della Regione vallona 17 luglio 2008, che, in relazione ad un�opera d�interesse 
pubblico, si limiti solo ad affermare che �ricorrono i motivi imperativi di interesse 
generale�. 
2. 3 e 4. Gli artt. 1, 5, 6, 7, 8 e 10 bis della direttiva 85/337/CEE, come 
modificata dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE e dalla direttiva del Parlamento 
europeo e del Consiglio 2003/35/CE, e la Convenzione di Aarhus non 
ostano a un sistema giuridico in cui il diritto di realizzare un progetto sottoposto 
a una valutazione dell�impatto ambientale sia conferito da un atto legislativo 
contro il quale non si pu� esperire ricorso dinanzi ad un organo 
giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla 
legge che consenta di contestare, quanto al merito e alla procedura seguita, 
la decisione attributiva del diritto di realizzare il progetto. 
Roma, 2 agosto 2009 Avv. Giuseppe Fiengo 
Causa C-227/09 - Materia trattata: politica sociale - Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dal Tribunale Ordinario di Torino il 22 giugno 
2009 - Antonino Accardo ed altri/Comune di Torino. (Avvocato dello 
Stato W. Ferrante - AL 29067/09). 
LE QUETIONI PREGIUDIZIALI 
1) Se, gli articoli 5, 17 e 18 della direttiva del Consiglio della Comunit� 
Europea 93/104/CE del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell�organizzazione 
dell�orario di lavoro, vadano interpretati nel senso della loro 
idoneit� ad essere applicati direttamente nell�ordinamento dello Stato, indipendentemente 
dalla formale recezione ovvero a prescindere da norme interne 
che ne restringono l�applicabilit� a determinate categorie professionali, in 
una controversia in cui si registri un intervento delle parti sociali conforme a 
tale direttiva. 
2) Se sia comunque obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente 
da tale incidenza diretta, utilizzare una direttiva non ancora recepita 
o, dopo il recepimento, la cui operativit� pare esclusa da norme interne, quale 
parametro interpretativo del diritto interno e cio� quale riferimento per scio-
170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
gliere possibili dubbi esegetici. 
3) Se sia inibito al giudice dello Stato membro adottare una pronuncia 
di illegittimit� di una condotta, con conseguente riconoscimento di risarcimento 
danni da fatto ingiusto ed illecito, quando tale condotta appaia autorizzata 
dalle parti sociali e tale autorizzazione sia coerente con il diritto 
comunitario, anche nella forma della direttiva non recepita. 
4) Se il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato nel 
senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal 
paragrafo 2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato, l�intervento 
delle parti sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie 
in tema di riposo settimanale. 
I FATTI DI CAUSA 
La domanda pregiudiziale trae origine da una controversia avente ad oggetto 
la domanda di condanna del Comune di Torino al risarcimento del danno 
da usura psico-fisica, avanzata da alcuni dipendenti, agenti di polizia municipale, 
impegnati in servizio per sette giorni consecutivi, una volta ogni cinque 
settimane, nel periodo 1998 � 2007. 
L�attivit� lavorativa, organizzata con un sistema di turnazione che assicura 
un servizio continuativo 24 ore su 24 senza interruzione, garantisce tuttavia 
ai lavoratori periodi equivalenti di riposo compensativo differiti nel tempo. 
Il differimento del riposo rispetto al settimo giorno della quinta settimana 
� frutto di un accordo sindacale del 2 luglio 1986 tra l�amministrazione comunale 
e i rappresentanti in sede territoriale delle maggiori e pi� rappresentative 
organizzazioni sindacali italiane. 
I ricorrenti hanno posto a fondamento della loro domanda la violazione 
dell�art. 36 della Costituzione e dell�art. 2109 del codice civile, che sanciscono 
l�indisponibilit� del diritto del lavoratore di godere di un giorno di riposo ogni 
settimana. 
LA NORMATIVA COMUNITARIA RILEVANTE 
Come � noto, la direttiva del Consiglio dell�Unione Europea 93/104/CE, 
modificata successivamente dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 
2003/88/CE del 4 novembre 2003, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza 
e di salute in materia di organizzazione dell�orario di lavoro. 
L�art. 5 della predetta direttiva, stabilisce la regola secondo la quale ogni 
Stato membro adotta le misure necessarie affinch� ogni lavoratore benefici, 
per ogni periodo di sette giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 
ventiquattro ore. 
Ai sensi dell�art. 17, paragrafo 1 della medesima direttiva, i singoli Stati
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 171 
possono derogare alle disposizioni del citato art. 5 quando la durata dell�orario 
di lavoro, a causa delle caratteristiche dell�attivit� esercitata, non � misurata 
e/o predeterminata o pu� essere determinata dai lavoratori stessi, ed in particolare 
quando si tratta di dirigenti, di manodopera familiare o di lavoratori nel 
settore liturgico delle chiese. 
Con riferimento alla causa principale, che concerne agenti di polizia municipale, 
appare poi di particolare rilievo la norma di cui all�art. 17, paragrafo 
2, secondo la quale si pu� derogare alle disposizioni di cui al citato art. 5 per 
via legislativa, regolamentare o amministrativa o mediante contratti collettivi 
o accordi conclusi fra le parti sociali, per un determinato elenco di attivit�, a 
condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi 
di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali, ove ci� non sia possibile, 
a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata. 
L�elenco di cui al citato paragrafo 2 comprende, per quanto qui interessa, 
le attivit� di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessit� 
di assicurare la protezione dei beni e delle persone, le attivit� caratterizzate 
dalla necessit� di assicurare la continuit� del servizio nonch� le attivit� di lavoro 
a turni. 
Il successivo paragrafo 3 del citato art. 17 prevede ulteriormente che la 
deroga all�art. 5 pu� essere effettuata, in generale e quindi non in relazione ad 
un determinato tipo di attivit�, �mediante contratti collettivi o accordi conclusi 
tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole 
fissate da dette parti sociali, mediante contratti o accordi conclusi tra le parti 
sociali ad un livello inferiore�, sempre garantendo il riposo compensativo o, 
in mancanza, una protezione adeguata. 
L�art. 18 della direttiva 93/104/CE, rubricato �disposizioni finali�, prevede 
inoltre che gli Stati membri adottino le disposizioni legislative, regolamentari 
ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro la 
data del 23 novembre 1996 o provvedano affinch�, al pi� tardi entro tale data, 
le parti sociali applichino consensualmente le disposizioni necessarie, fermo 
restando che gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per 
poter garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla presente direttiva. 
LA NORMATIVA NAZIONALE 
Ai sensi dell�art. 36, comma 3 della Costituzione italiana, �il lavoratore 
ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non pu� rinunciarvi�. 
A norma dell�art. 2109, comma 1 del codice civile italiano, �il prestatore 
di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza 
con la domenica�.
172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La direttiva 93/104/CE � stata recepita dallo Stato italiano soltanto con il 
decreto legislativo del 8 aprile 2003, n. 66. 
In particolare, l�art. 9, comma 1 di tale decreto legislativo dispone che �il 
lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro 
ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare 
con le ore di riposo giornaliero di cui all�art. 7. Il suddetto periodo 
di riposo consecutivo � calcolato come media in un periodo non superiore a 
14 giorni�. 
Il comma 2 del predetto articolo stabilisce, per quanto qui interessa, che 
fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1 �a) le attivit� di lavoro a 
turni� e dispone che �d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, 
nel rispetto delle condizioni previste dall�articolo 17, comma 4�. 
A sua volta, il citato art. 17, comma 4, precisa che le deroghe possono essere 
ammesse �soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati 
periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la 
concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile 
per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata 
una protezione appropriata�. 
Nel periodo antecedente al recepimento tardivo della direttiva 93/104/CE 
nell�ordinamento italiano, la fattispecie del riposo compensativo era stata disciplinata 
consensualmente dalle parti sociali: prima nell�accordo sindacale 
recepito con D.P.R. del 13 maggio 1987, n. 268, successivamente nel C.C.N.L. 
del 14 settembre 2000 e, infine, nel C.C.N.L. del 5 ottobre 2001, i quali prevedono 
che al dipendente che, per particolari esigenze di lavoro, non usufruisce 
del giorno di riposo settimanale, deve essere corrisposto un compenso 
aggiuntivo (nel D.P.R. n. 268/1987 pari al 20%, nel C.C.N.L. del 14.9.2000 
pari al 50% e nel C.C.N.L. del 5.10.2001 pari al 50% per ogni ora di lavoro 
effettivamente prestata) �con diritto al riposo compensativo da fruire di regola 
entro quindici giorni e comunque non oltre il bimestre successivo�. 
Successivamente alla trasposizione della direttiva in questione ad opera 
del decreto legislativo n. 66 del 2003, � intervenuto il decreto legislativo del 
19 luglio 2004, n. 213, che ha espressamente escluso dall�ambito di applicazione 
del predetto d.lgs. n. 66 del 2003 il �personale delle Forze di polizia, 
delle Forze armate, nonch� agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, 
in relazione alle attivit� operative specificamente istituzionali�. 
LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO 
Sul primo quesito posto alla Corte 
Come noto, la possibilit� che possano emergere contrasti tra l�ordinamento 
nazionale e quello comunitario � stata pi� volte affrontata dalla Corte 
di Giustizia, che ha affermato che il principio della supremazia del diritto co-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 173 
munitario si basa non su una prevalenza gerarchica tra norme ma sull�integrazione 
dei rispettivi settori d�azione degli ordinamenti. 
La Corte di Giustizia ha quindi precisato che i giudici nazionali sono obbligati 
ad applicare integralmente il diritto comunitario, disapplicando le disposizioni 
nazionali confliggenti. 
Ci� premesso, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la direttiva in questione 
sia direttamente applicabile nell�ordinamento italiano prima del suo recepimento 
e, dopo di esso, a prescindere da norme interne che ne escludano 
l�applicabilit� a determinate categorie professionali, laddove vi sia stato un 
intervento delle parti sociali conforme a tale direttiva. 
I ricorrenti della causa principale assumono che, in assenza di una norma 
che consenta di derogare agli articoli 36 della Costituzione e 2109 del codice 
civile, le clausole contrattuali contenute negli Accordi sindacali e nei Contratti 
collettivi sarebbero illegittime laddove alterano la cadenza del riposo settimanale 
e ne prevedono il possibile differimento temporale. 
Al riguardo, considerato che la pretesa volta ad ottenere il risarcimento 
del danno per usura psico-fisica per non aver potuto fruire ogni settimana del 
riposo di almeno 24 ore consecutive riguarda il periodo1998 � 2007, � fuor di 
dubbio che la direttiva � pienamente applicabile ai ricorrenti dalla sua trasposizione 
nell�ordinamento italiano con d.lgs. n. 66/2003 (8 aprile 2003) sino 
all�emanazione del d.lgs. n. 213/2004 che ha escluso l�applicabilit� del predetto 
d.lgs. n. 66/2003 agli addetti al servizio di polizia municipale (19 luglio 
2004). 
Le perplessit� interpretative potrebbero riguardare al pi� il periodo precedente 
e quello successivo. 
Come correttamente osservato dal giudice del rinvio, per�, apparirebbe 
paradossale regolare il medesimo rapporto lavorativo in tre modi diversi a seconda 
del periodo di riferimento e pur in presenza di fonti contrattuali che 
hanno sempre autorizzato la deroga al riposo settimanale, con contestuale previsione 
del riposo compensativo da fruire entro un breve termine con una maggiorazione 
della retribuzione, beneficio peraltro non previsto dalla direttiva. 
In proposito, va ricordato che l�art. 18, paragrafo 3 della direttiva precisa 
che la stessa fissa dei requisiti minimi da rispettare ma che la sua attuazione 
non deve costituire una giustificazione per il regresso del livello generale di 
protezione dei lavoratori. 
Pertanto, se la contrattazione collettiva contemplava un compenso aggiuntivo 
per il riposo compensativo, il fatto che la direttiva non lo preveda 
non significa che questa maggiore tutela del lavoratore debba essere eliminata.
A ben vedere poi sia l�art. 36 della Costituzione, sia l�art. 2109 del codice 
civile si limitano a dire che il lavoratore ha un diritto irrinunciabile al riposo 
settimanale ma non vietano espressamente il suo differimento (non tutte le set-
174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
timane ma una volta ogni cinque settimane) in presenza di esigenze lavorative 
che impongano una continuit� del servizio, come nel caso degli agenti di polizia 
municipale. 
Il riposo settimanale non � soppresso, n� � monetizzato ma solo rinviato 
e deve essere fruito di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre 
successivo, con un compenso aggiuntivo. 
Anche non volendo ritenere immediatamente applicabile la direttiva in 
questione, si sottolinea che la stessa, all�art. 18, paragrafo 1 impone agli Stati 
membri non solo di attuarla entro il 23 novembre 1993 ma di prendere tutte 
le misure necessarie per poter garantire �in qualsiasi momento� i risultati imposti 
dalla stessa. 
Pertanto, anche a prescindere da un suo formale recepimento, gli accordi 
sindacali e i contratti collettivi che gi� ne anticipavano il contenuto sono da 
ritenersi pienamente applicabili perch� conformi al diritto comunitario. 
Analogamente � da dirsi per il periodo successivo all�entrata in vigore 
del d.lgs. n. 213/2004 in quanto l�avvenuta sottrazione di alcune categorie professionali 
alla disciplina del d.lgs. n. 66/2003 non pu� che significare l�esclusione 
di eventuali ulteriori protezioni accordate da tale normativa (in ragione 
del rilevante interesse pubblico sotteso alla continuit� del servizio prestato 
dalle forze di polizia, dalle forze armate e dalla polizia municipale) ma certamente 
non il venir meno delle garanzie minime assicurate dalla direttiva e cio� 
un periodo equivalente di riposo compensativo. 
Sul secondo quesito posto alla Corte 
Anche al secondo quesito va data risposta positiva. 
La supremazia del diritto comunitario comporta infatti l�obbligo del giudice 
dello Stato membro, indipendentemente dalla diretta applicabilit� di una 
direttiva non ancora recepita, di utilizzarla quale parametro ermeneutico del 
diritto interno anche laddove, dopo il suo recepimento, altra norma di diritto 
interno sembri circoscriverne la portata. 
Gli articoli 36 della Costituzione e l�art. 2109 del codice civile, che peraltro 
non vietano espressamente il differimento del riposo settimanale, limitandosi 
ad affermare che lo stesso � irrinunciabile, vanno quindi interpretati 
in modo conforme al diritto comunitario che tale possibilit� prevede esplicitamente 
a tutela di altri interessi altrettanto importanti quali, nel caso di specie, 
assicurare la sicurezza e l�ordine pubblico in ogni momento della giornata. 
Sul terzo quesito posto alla Corte 
Alla luce di quanto argomentato in relazione ai primi due quesiti, appare 
evidente che il giudice della causa principale non possa ritenere illegittima 
una condotta del datore di lavoro non solo espressamente autorizzata dalle 
parti sociali con varie fonti contrattuali e sindacali ma altres� conforme al di-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 175 
ritto comunitario, con conseguente dichiarazione di infondatezza della domanda 
di risarcimento del danno, non potendosi configurare un alcun illecito. 
Sul quarto quesito posto alla Corte 
Quanto all�ultimo quesito, con il quale il giudice remittente chiede alla 
Corte se il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato nel 
senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal paragrafo 
2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato, l�intervento delle 
parti sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema 
di riposo settimanale, si osserva che non pare condivisibile l�affermazione dei 
ricorrenti secondo la quale l�attivit� della polizia municipale non sarebbe compresa 
nell�elenco di cui all�art. 17, paragrafo 2. 
Infatti, la deroga all�art. 5 � consentita dall�art. 17, paragrafo 2 sia per le 
attivit� di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessit� di 
assicurare la protezione dei beni e delle persone (punto 2.1, lettera b), sia per 
le attivit� caratterizzate dalla necessit� di assicurare la continuit� del servizio 
(punto 2.1,lettera c), sia per le attivit� di lavoro a turni (punto 2.3, lettera a). 
L�attivit� della polizia municipale possiede tutte le citate caratteristiche. 
Peraltro, l�art.17, paragrafo 3 prevede la possibilit� di derogare all�art. 5 
senza circoscriverla a determinate categorie di attivit� lavorative ma limitando 
alla fonte contrattuale o sindacale (e non anche alla fonte legislativa, regolamentare 
o amministrativa) tale prerogativa, il che sta a significare che la contrattazione 
collettiva - proprio per la partecipazione e il consenso delle parti 
sociali istituzionalmente deputate a rappresentare le istanze dei lavoratori � 
sembra avere maggiori margini derogatori della stessa fonte legislativa, regolamentare 
e amministrativa. 
Del resto, all�attivit� della polizia municipale, come si � detto, � applicabile 
sia il paragrafo 2, sia il paragrafo 3 del citato articolo 17. 
Conclusioni 
Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito 
affermando che gli articoli 5, 17 e 18 della direttiva 93/104/CE vadano interpretati 
nel senso della loro idoneit� ad essere applicati direttamente nell�ordinamento 
dello Stato, a prescindere da norme interne che ne restringono 
l�applicabilit� a determinate categorie professionali, in una controversia in cui 
si registri un intervento delle parti sociali conforme a tale direttiva. 
Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito 
affermando che � comunque obbligo del giudice dello Stato membro, indipendentemente 
da tale incidenza diretta, utilizzare una direttiva non ancora 
recepita o, dopo il recepimento, la cui operativit� pare esclusa da norme interne, 
quale parametro interpretativo del diritto interno e cio� quale riferimento 
per sciogliere possibili dubbi esegetici.
176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il terzo quesito 
affermando che � inibito al giudice dello Stato membro adottare una pronuncia 
di illegittimit� di una condotta, con conseguente riconoscimento di risarcimento 
danni da fatto ingiusto ed illecito, quando tale condotta appaia autorizzata 
dalle parti sociali e tale autorizzazione sia coerente con il diritto 
comunitario, anche nella forma della direttiva non recepita. 
Il Governo italiano propone infine alla Corte di risolvere il quarto quesito 
affermando che il paragrafo 3 dell�articolo 17 della direttiva vada interpretato 
nel senso di consentire autonomamente e cio� in modo del tutto svincolato dal 
paragrafo 2 e dall�elenco di attivit� e professioni ivi indicato � tra le quali peraltro 
rientra anche quella della polizia municipale - l�intervento delle parti 
sociali e l�introduzione da parte delle stesse di regole derogatorie in tema di 
riposo settimanale. 
Roma, 16 ottobre 2009 Avv. Wally Ferrante 
Causa C-275/09 - Materia trattata: ambiente e consumatori - Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Belgio) 
il 21 luglio 2009 - Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a./Vlaamse Gewest. Interveniente: 
Brussels International Airport Company NV, attualmente divenuta 
The Brussels Airport Company NV. (Avvocato dello Stato G. Fiengo - AL 
36589/09). 
LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 
1) Quando siano richieste diverse autorizzazioni per, da un lato, le opere 
di infrastruttura di un aeroporto con pista di decollo e di atterraggio di almeno 
2.100 m, e dall�altro la gestione dell�aeroporto e quest�ultima autorizzazione 
� l�autorizzazione ambientale � venga rilasciata solo per un determinato periodo, 
se il termine �costruzione di cui al punto 7.a) dell�allegato I della direttiva 
del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione 
d�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata 
dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, deve essere inteso 
nel senso che uno studio sull�impatto ambientale deve essere presentato non 
solo per la creazione di opere di infrastruttura, ma anche per la gestione dell�aeroporto. 
2) Se siffatto obbligo di valutazione dell�impatto ambientale valga anche 
per il rinnovo dell�autorizzazione ambientale dell�aeroporto, sia nel caso in 
cui detto rinnovo non si accompagni ad alcuna modifica o estensione della 
gestione, sia in quello in cui vengano realizzate siffatte modifiche o estensioni.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 177 
3) Se ai fini dell�obbligo dello studio dell�impatto ambientale nel quadro 
del rinnovo di un�autorizzazione ambientale per un aeroporto faccia differenza 
se uno studio sull�impatto ambientale sia gi� stato predisposto in precedenza, 
in occasione di una precedente autorizzazione di gestione, e se l�aeroporto 
venisse gi� gestito nel momento in cui lo studio sull�impatto ambientale � stato 
introdotto dal legislatore europeo o interno. 
LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO 
Il Governo italiano in via preliminare osserva che i quesiti posti dal giudice 
a quo presentano aspetti di ambiguit� in relazione ai provvedimenti amministrativi 
che l�autorit� belga � chiamata ad adottare sull�aeroporto di 
Bruxelles, pacificamente gi� esistente e funzionante, in epoca anteriore alla 
stessa introduzione della VIA nell�ordinamento belga. Inoltre non � chiaro nei 
quesiti che cosa s�intenda per autorizzazione ambientale e come giochi in relazione 
ad essa l�esistenza di un termine di scadenza. 
In tale contesto d�incertezza, la Repubblica Italiana propone alcune osservazioni, 
con esplicita riserva di modifica delle stesse in sede di discussione 
orale, allorquando gli aspetti di ambiguit� sopra evidenziati si saranno chiariti. 
Sul primo quesito si ritiene che l�allegato I della direttiva 85/337/CEE 
con l�esplicito riferimento alla �costruzione� - riferimento non presente in relazione 
ad altri impianti previsti nello stesso allegato I - faccia puntuale riferimento 
ad una modifica fisica del sito interessato e non si riferisca a 
provvedimenti che incidono sulla modalit� di gestione del bene cos� strutturato.
Nondimeno la posizione del Governo Italiano resta ferma nel ritenere, in 
conformit� alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ove un impianto 
aeroportuale con pista superiore a 2100 m, al momento della sua costruzione, 
non sia stato assoggettato a Valutazione di Impatto Ambientale, ogni modifica 
fisica dello stesso impianto, successiva all�entrata in vigore della direttiva europea 
e del relativo recepimento nell�ordinamento nazionale, comporta l�obbligo 
di uno studio d�impatto ambientale e della relativa valutazione, che deve 
ovviamente essere condotta in relazione all�impianto (vecchio e nuovo) nella 
sua globalit� d�incidenza sul territorio interessato (vedi in particolare sentenza 
18 giugno 1998 in causa C-81/96). Ovviamente le decisioni delle Autorit� che 
statuisce sull�autorizzazione non potranno non tener conto della fisica esistenza 
(e funzionamento) di un aeroporto con pista di decollo e di atterraggio 
superiore ai 2.100 metri. 
Se questa � la premessa, la risposta agli ulteriori quesiti viene per coerenza 
formulata in senso negativo. Le autorizzazione ambientali (all�emissione di 
fumi, alla produzione di rifiuti, al rumore etc.), i periodici rinnovi delle stesse
178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
e lo stesso rinnovo dell�autorizzazione/concessione alla gestione nella sua globalit�, 
non attengono alla costruzione di un nuovo bene ed alla localizzazione 
dell�aeroporto, ma si limitano a scelte concrete sulle modalit� (anche ambientali) 
per una corretta gestione aeroportuale. Potranno essere negate per ragioni 
di tutela ambientale, potranno introdursi limiti a modalit� di gestione aeroportuale 
(ad esempio il divieto di voli notturni), ma le relative autorizzazioni necessitano 
della specifica procedura di evidenziazione degli interessi ambientali 
e di partecipazione che caratterizza la VIA. 
Si propone quindi di risolvere i quesiti nel seguente modo: 
1) Il termine �costruzione� di cui al punto 7.a) dell�allegato I della direttiva 
del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione 
d�impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata 
dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, deve essere inteso 
nel senso che uno studio sull�impatto ambientale deve essere presentato soloper 
la creazione di nuove opere di infrastruttura. 
2) L� obbligo di valutazione dell�impatto ambientale non vale per il rinnovo 
dell�autorizzazione ambientale dell�aeroporto nel caso in cui detto rinnovo 
non si accompagni ad alcuna modifica o estensione della struttura 
aeroportuale. 
3) Ai fini dell�obbligo dello studio dell�impatto ambientale, nel quadro 
del rinnovo di un�autorizzazione ambientale per un aeroporto non � rilevante 
se uno studio sull�impatto ambientale sia gi� stato predisposto in precedenza, 
in occasione di una precedente autorizzazione di gestione, e se l�aeroporto 
venisse gi� gestito nel momento in cui lo studio sull�impatto ambientale � stato 
introdotto dal legislatore europeo o interno. 
Roma, 24 novembre 2009 Avv. Giuseppe Fiengo 
Causa T-314/06 - Materia trattata: politica commerciale - Ricorso 
presentato il 17 novembre 2006 - Whirpool Europe/Consiglio. (Avvocato 
dello Stato G. Albenzio - AL 20649/07). 
LE CONCLUSIONI DELLA RICORRENTE 
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia: 
� dichiarare nullo il regolamento definitivo nella parte in cui la definizione 
del prodotto rilevante o somigliante, non comprende tutti i tipi di apparecchi 
frigo-congelatori di grande volume con almeno due pareti esterne 
side-by-side; 
� condannare il Consiglio alle spese.
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 179 
I MOTIVI E I PRINCIPALI ARGOMENTI 
La ricorrente, che � un produttore di elettrodomestici in Europa, in particolare 
di frigoriferi, chiede l'annullamento parziale del regolamento (CE) 
del Consiglio 25 agosto 2006, n. 1289/2006, che istituisce un dazio antidumping 
definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti 
sulle importazioni di alcuni frigoriferi side-by-side originari della Repubblica 
di Corea . 
A sostegno del ricorso, deduce che le istituzioni comunitarie sono incorse 
in violazione dell'art. 253 CE, per avere fornito una motivazione insufficiente 
per l'esclusione degli apparecchi frigoriferi a tre porte side-by-side dall'ambito 
del prodotto rilevante, specie alla luce delle circostanze della specie. 
La ricorrente deduce ancora che le istituzioni comunitarie sono incorse 
in violazione del suo diritto di essere sentita a proposito dell'esclusione all'ultimo 
momento dei refrigeratori a tre porte side-by-side dall'ambito del prodotto 
rilevante. 
La ricorrente afferma inoltre che le istituzioni comunitarie sono incorse 
in violazione dell'art. 15, n. 2 del regolamento di base, per non avere tempestivamente 
sentito il parere del comitato consultivo circa l'esclusione dei frigoriferi 
a tre porte side-by-side dall'ambito del prodotto rilevante. 
Infine la ricorrente deduce che le istituzioni comunitarie sono incorse in 
violazione del regolamento di base nel loro approccio nella definizione del 
prodotto rilevante basandosi sulle caratteristiche fisiche, senza considerare 
la percezione del consumatore. 
L�INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO ITALIANO 
Signor Presidente, signori Giudici, 
l�intervento del Governo italiano si incentra essenzialmente su due argomenti, 
l�uno procedurale e l�altro sostanziale. 
1. Il primo argomento concerne la necessit� di rispettare le regole dettate 
dalla normativa in materia per il corretto svolgimento delle procedure attraverso 
le quali si perviene all�adozione delle disposizioni antidumping, con 
particolare riferimento al Regolamento CE 22 dicembre 1995 n. 384/96 del 
Consiglio, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da 
parte dei Paesi non membri della Comunit� Europea. 
L�art. 15, paragrafo 2, recita testualmente: �Il comitato si riunisce su convocazione 
del presidente. Questo comunica agli Stati membri, nel pi� breve 
tempo possibile, e comunque non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione, 
tutti gli elementi d'informazione utili�. 
Non � revocabile in dubbio che in una procedura di dumping l�inquadramento 
del prodotto la cui importazione si sospetta avvenga per la vendita sot-
180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tocosto nel mercato comunitario sia una �informazione utile� di cui mettere 
al corrente gli Stati membri; rectius, la definizione del prodotto costituisce, 
pi� precisamente, informazione essenziale ai fini della procedura. 
2. Nel caso di specie, trascorsi 13 mesi dall�inizio di una procedura d�inchiesta 
approfonditamente svoltasi, la Commissione, nel giro di 9 giorni, cambiava 
la definizione di prodotto su cui fino a quel momento aveva concordato 
e ne dava comunicazione ai membri del Comitato Consultivo appena tre giorni 
lavorativi prima della riunione dello stesso Comitato. 
La norma appare estremamente chiara, e dunque non pu� non cogliersene 
la violazione, nel pretendere che le informazioni utili siano trasmesse agli Stati 
membri non oltre 10 giorni lavorativi anteriori alla convocazione dell�organo 
consultivo. 
In tutta evidenza, la ratio di una tale previsione � di consentire agli Stati 
membri del Comitato di analizzare le questioni che saranno discusse in sede 
consultiva, di talch� ogni Stato possa essere in grado di portare il proprio punto 
di vista a tutela dell�interesse dell�industria nazionale e comunitaria. 
L�inosservanza di tale termine da parte della Commissione, tanto pi� nel 
modo eclatante in cui si � verificato nel caso de quo (gli Stati hanno avuto a 
disposizione 7 giorni in meno sui 10 previsti), svuota di contenuto la funzione 
assolta dal Comitato nella procedura antidumping. 
3. L�art. 9, paragrafo 4, del Regolamento prevede che il Consiglio adotti 
le misure antidumping definitive su proposta presentata dalla Commissione 
dopo aver sentito il Comitato Consultivo: si tratta dunque di un organo specializzato 
in materia il quale coopera all�adozione delle decisioni del Consiglio 
mediante le consultazioni, le osservazioni ed i suggerimenti necessari. 
Al fine di cogliere l�importanza della partecipazione effettiva del Comitato 
alla procedura fermiamo la nostra attenzione sulla sua composizione, prevista 
dal citato art. 15: in esso siedono infatti i rappresentanti degli Stati 
membri designati dalle Amministrazioni nazionali competenti nella materia 
(per l�Italia, il Ministero del Commercio Internazionale) i quali si affiancano 
alla Commissione, che � istituzione europea a competenza generale, in una 
materia altamente tecnica qualՏ quella di cui trattasi, e insieme forniscono al 
Consiglio il necessario ausilio specialistico per l�assunzione delle sue decisioni.
Inoltre, si deve considerare che la partecipazione al Comitato dei rappresentanti 
degli Stati membri, in posizione di parit� rispetto alla Commissione, 
serve a bilanciare e coordinare la cura dell�interesse generale della Comunit� 
(perseguito dalla Commissione) con quella degli interessi nazionali degli Stati 
interessati dalla misura protezionistica in discussione. 
Questi due aspetti della rilevanza del ruolo assolto dal Comitato Consultivo 
nel corso della procedura antidumping restano evidentemente frustrati da 
una partecipazione disinformata dei singoli membri nazionali all�organo con-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 181 
sultivo. 
E� proprio quanto accaduto nel caso di specie, in cui pochissimo tempo 
prima della riunione del Comitato i suoi membri venivano messi al corrente 
di un cambiamento della definizione di prodotto al quale non potevano seriamente 
opporsi nel contraddittorio del plenum del Comitato, restando in una 
posizione subordinata ed inerte rispetto a quella della Commissione. 
Per concludere su questo argomento, osserviamo che le regole di procedura 
dettate dal legislatore comunitario sono sempre cogenti e non possono 
essere lasciate all�arbitrio della Commissione che, a seguire il suo ragionamento, 
sarebbe libera di rispettare o no i termini imposti, di ridurli a piacimento 
e senza assicurare alcuna parit� di trattamento fra le parti che hanno 
diritto a prendere parte a quella procedura. 
Questa pretesa della Commissione e del Consiglio non trova alcun appiglio 
testuale nel regolamento e si pone in conflitto anche con il principio generale 
dell�art. 10 del Trattato il quale dispone che i rapporti tra gli Stati 
membri e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale 
cooperazione (in proposito si veda, da ultimo, la sentenza di codesto Tribunale 
di Primo Grado 30 settembre 2009, T-341/07): questa leale collaborazione � 
stata in tutta evidenza violata nella fattispecie e, pertanto, la procedura che ha 
portato all�adozione della decisione 25 agosto 2006 del Consiglio � viziata e 
vizia il provvedimento adottato che va, pertanto, annullato nella parte in cui 
modifica la decisione provvisoria del 28 febbraio 2006. 
4. Il secondo profilo del nostro intervento concerne la finalit� delle misure 
antidumping e la necessit� di risolvere nel rispetto di queste finalit� il problema 
di cui oggi discutiamo, in ossequio al principio espresso nel Regolamento 
384/1996, art. 1 e art. 21, il quale significativamente cos� recita: �Per decidere 
se sia necessario intervenire nell'interesse della Comunit� vengono valutati i 
diversi interessi nel loro complesso, compresi quelli dell'industria comunitaria, 
degli utenti e dei consumatori�. 
Nel caso di specie, la procedura di inchiesta aperta dalla Commissione 
su denunzia della Whirpool Europe relativamente alla condotta tenuta da 
esportatori di frigoriferi del modello �side by side� dalla Repubblica di Corea 
verso i mercati comunitari aveva accertato l�esistenza di condotte di dumping, 
il danno per l�industria comunitaria e la causalit�, giustificando l�adozione da 
parte della Commissione, in data 1 marzo 2006, delle opportune misure provvisorie. 
Merita rilievo, ai fini che ci occupano, la definizione di prodotto accolta 
dalla Commissione ed espressa nel Regolamento n. 355/2006 del 28 febbraio 
2006, art. 2, paragrafo 1: �Il prodotto in esame � costituito da frigoriferi �side 
by side�, ossia combinazioni di frigoriferi e di congelatori-conservatori con 
capacit� superiore a 400 litri e muniti di almeno due porte esterne separate, 
ma adiacenti, originari della Repubblica di Corea e attualmente classificati
182 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
al codice NC ex 8418 10 20 �. 
A parte la constatazione che a tale nozione di prodotto si giungeva attraverso 
una analisi approfondita degli elementi caratterizzanti la merce ritenuta 
oggetto di dumping, sia per le sue caratteristiche fisiche sia per la percezione 
che di essa aveva il consumatore, occorre sottolineare che quella definizione 
rispondeva esattamente alle finalit� dell�imposizione del dazio come desumibile 
dagli articoli 1, paragrafi 1 e 4, e 21 del Regolamento 384/1996. 
Era, infatti, ben chiaro dalla denunzia della Whirlpool, dagli elementi raccolti 
nel corso dell�istruttoria dalla Commissione e dalla convinzione che ne 
avevano tratto tutti gli Stati membri del Comitato e la stessa Commissione, 
che il pericolo per l�industria ed il commercio della Comunit� derivava dalla 
produzione ed esportazione, senza il rispetto delle regole della leale concorrenza 
da parte delle aziende coreane, di frigoriferi appartenenti alla categoria 
merceologica generale side-by-side indipendentemente da alcune caratteristiche 
esterne dei vari modelli (due o tre porte). 
In altre parole, la necessit� dell�intervento protezionistico restava immutata 
in relazione alle diverse configurazioni del prodotto comunque classificabile 
nella detta categoria; in tal senso, correttamente l�imposizione 
provvisoria del dazio riguardava tutti i frigoriferi �muniti di almeno due porte 
esterne separate�. 
Il successivo mutamento di posizione assunto nel provvedimento di imposizione 
definitiva del dazio non risponde, quindi, alle finalit� per le quali 
era stata aperta la procedura e non pone al riparo delle pratiche elusive dei 
principi della leale concorrenza le industrie comunitarie che producono frigoriferi 
ricompresi in quella categoria merceologica: la limitazione del dazio agli 
apparecchi a due porte produce un vantaggio esclusivamente per le industrie 
coreane interessate ed un danno per quelle europee, traendo in inganno il consumatore 
sulle caratteristiche e sul reale valore del prodotto; il che � proprio 
il contrario dello scopo che il legislatore comunitario ha voluto perseguire con 
il Regolamento 384/1996. 
Tale finalit� �, infatti, duplice: il presidio dei mercati europei da condotte 
scorrette che ne alterino gli equilibri mediante pratiche di vendita sottocosto 
e, al contempo, la tutela del consumatore che, irretito da prezzi assai pi� bassi, 
trascuri altri aspetti del prodotto. 
Questo ultimo profilo della ratio degli articoli 1 e 21 del Regolamento 
evidenzia, inoltre, l�erroneit� della posizione della Commissione e del Consiglio 
secondo cui non riveste decisiva importanza per la decisione di imposizione 
di un dazio antidumping la valutazione della percezione del consumatore 
per il prodotto in esame; trattasi, invece, di un elemento essenziale nell�economia 
della procedura! 
Ancora, la decisione che si contesta viola quanto disposto dagli articoli 
1, paragrafo 4, e 13 del Regolamento 384 che intendono ampliare l�applica-
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 183 
zione delle misure protezionistiche a prodotti simili onde non consentire facili 
elusioni del sistema di antidumping, come sta gi� avvenendo nella specie. 
Il provvedimento impugnato, quindi, � da annullare anche per la violazione 
sostanziale dei citati articoli del Regolamento e della ratio della procedura 
da esso regolata. 
Per quanto sopra detto 
si conclude ribadendo la richiesta di annullamento del regolamento oggetto 
di impugnazione in questa sede per vizio di procedura; in subordine, se 
ne chiede l�annullamento parziale per vizio sostanziale per la parte che riguarda 
la definizione di prodotto. Con vittoria di spese. 
Lussemburgo, 11 novembre 2009 Avv. Giuseppe Albenzio 
Causa T-49/07 - Materia trattata: politica estera e sicurezza comune 
- Ricorso presentato il 20 febbraio 2007 - Sofiane Fahas (Milkendorf, Germania)/
Consiglio dell�Unione europea. (Avvocato dello Stato G. Albenzio - 
AL 11475/09). 
LE CONCLUSIONI DEL RICORRENTE 
� annullare la decisione 28 ottobre 2002, 2002/848/CE, che attua l'articolo 
2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/ 2001, e che abroga la 
decisione 2002/460/CE, con cui il Consiglio ha emanato un elenco aggiornato 
delle persone, dei gruppi e delle entit� ai quali detto regolamento si applica, 
nonch� tutte le decisioni nel frattempo adottate dal Consiglio dell'Unione europea, 
inclusa la decisione 21 dicembre 2006, 2006/1008/CE, attualmente in 
vigore, nei limiti in cui riguardano il ricorrente; 
� dichiarare inapplicabili con riferimento al ricorrente tutte le decisioni 
summenzionate, inclusa la decisione 21 dicembre 2006, 2006/1008/CE; 
� condannare il Consiglio dell'Unione europea a pagare al ricorrente, 
a titolo di risarcimento dei danni subiti, la somma determinata equitativamente 
dal giudice, per un ammontare minimo per� di EUR 2. 000, 00; 
� condannare il convenuto alle spese. 
I MOTIVI E I PRINCIPALI ARGOMENTI 
Con il ricorso, il ricorrente impugna la decisione 2006/1008/CE e tutte 
le decisioni precedenti a partire dalla decisione 2002/848/CE , in quanto egli 
sia espressamente menzionato nel testo impugnato.
184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
A fondamento del ricorso il ricorrente fa valere, in particolare, la violazione 
del suo diritto alla difesa e del suo diritto ad un'effettiva tutela giurisdizionale. 
Inoltre, la decisione 2006/1008/CE non sarebbe motivata e sarebbe 
pertanto in contrasto con l�art. 253 CE. 
L�INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA 
Signor Presidente, signori Giudici, 
1 � Come ha correttamente riportato il Giudice relatore nella relazione 
d�udienza, il ricorrente Sofiane Fahas ha limitato la sua richiesta di annullamento 
alla decisione n. 2008/583 del Consiglio dell�Unione Europea che ha 
sostituito le precedenti decisioni menzionate negli altri atti difensivi, rinnovando 
l�inserimento del ricorrente nelle liste di cui si discute. 
Poich� le precedenti decisioni del Consiglio non hanno pi� alcun valore 
e sono sostituite da quella su menzionata e considerato che il ricorrente concentra 
le sue censure e le sue conclusioni esclusivamente sull�ultima decisione, 
riteniamo di non dover discutere della loro legittimit� e che ogni ulteriore contestazione 
sulle stesse sia ormai inammissibile. 
2 � Riguardo alla decisione 2008/583 nessuna censura di violazione dei 
diritti del ricorrente pu� ipotizzarsi, in quanto l�interessato � stato regolarmente 
e sufficientemente informato delle ragioni del suo inserimento nelle liste ed � 
stato messo in grado di esprimere le sue osservazioni al riguardo, come ha 
precisato e documentato il Consiglio nelle sue difese, alle quali nulla abbiamo 
da aggiungere. 
Lo stesso pu� dirsi anche per la successiva deliberazione del 2009 che ha 
confermato l�iscrizione del Fahas nelle liste, secondo quanto � stato specificato 
nelle difese del Consiglio. 
3 � L�intervento del Governo italiano nel presente processo � di piena 
adesione alle deduzioni difensive ed alle richieste del Consiglio, cui ci riportiamo 
integralmente per evitare inutili ripetizioni. 
In questo intervento, quindi, fermeremo la nostra attenzione su alcuni 
aspetti di carattere generale rilevanti per la decisione. 
4 � Il primo concerne la natura cautelare e conservativa della misura di 
iscrizione nelle liste e delle conseguenze che ne derivano (congelamento dei 
beni e delle risorse finanziarie e negazione del visto di ingresso nel Paesi della 
Comunit�). 
Questa natura comporta la necessit� di un collegamento della decisione 
del Consiglio ad un procedimento principale, aperto in uno Stato membro, per 
accertare la responsabilit� della persona o del gruppo oggetto dell�indagine, 
come � ovvio; da ci� discende che ogni contestazione sul merito della responsabilit� 
dell�indagato, sulla correttezza delle procedure di indagine e di giudizio 
e sulla loro durata deve essere formulata dinanzi alle Autorit� Giudiziarie
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 185 
o Amministrative competenti per quel processo principale e non dinanzi al 
Tribunale della Comunit� nei confronti delle decisione cautelare, atteso che il 
Consiglio dell�Unione Europea non pu� che prendere atto della pendenza della 
procedura di indagine o di giudizio, della formulazione nei confronti dell�indagato 
di ipotesi di reato connesse ad attivit� terroristiche e della adozione da 
parte delle Autorit� nazionali competenti di decisioni o provvedimenti nei 
quali siano considerate valide quelle imputazioni. 
Questo chiaro principio ha trovato ulteriore conferma nella recente sentenza 
di codesto Tribunale del 30 settembre 2009, in causa T-341/07, ove, a 
conferma di quanto gi� statuito nelle precedenti sentenze OMPI e PMOI I, � 
stato detto che: �92. �L�elenco di cui trattasi deve quindi essere redatto, conformemente 
alle disposizioni dell�art. 1, n. 4, della posizione comune 
2001/931, sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo che 
dimostrino che da parte di un�autorit� competente � stata adottata una decisione 
nei confronti delle persone, dei gruppi e delle entit� menzionati, sia che 
si tratti dell�avvio di indagini o di azioni penali per un atto di terrorismo, o 
per il tentativo di commetterlo, o per la partecipazione o l�agevolazione di un 
tale atto, basata su prove o indizi seri e credibili, sia che si tratti della condanna 
per tali fatti. Si intende per �autorit� competente� un�autorit� giudiziaria 
ovvero, se le autorit� giudiziarie non hanno alcuna competenza in 
materia, un�autorit� competente equivalente in tale settore. Inoltre, i nomi 
delle persone e delle entit� riprese sull�elenco devono formare oggetto di un 
riesame a intervalli regolari, almeno una volta ogni sei mesi, per garantire 
che la loro conferma sull�elenco rimanga giustificata, conformemente alle disposizioni 
dell�art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931.� 
Sempre nella stessa sentenza, al punto 93, � stato sottolineato che: �il procedimento 
che pu� condurre ad una misura di congelamento dei capitali ai 
sensi della normativa pertinente si svolge su due livelli, uno nazionale e l�altro 
comunitario. In un primo momento, un�autorit� nazionale competente, in linea 
di principio un�autorit� giudiziaria, deve adottare nei confronti dell�interessato 
una decisione che soddisfi la definizione dell�art. 1, n. 4, della posizione 
comune 2001/931. Se si tratta di una decisione di avvio di inchieste o di azioni 
penali, essa deve essere basata su prove o indizi seri e credibili. In un secondo 
momento, il Consiglio, all�unanimit�, deve decidere di includere l�interessato 
nell�elenco controverso, sulla base di informazioni precise o di elementi del 
fascicolo che dimostrino l�adozione di una tale decisione. In seguito, il Consiglio 
deve accertarsi, a intervalli regolari, almeno una volta ogni sei mesi, 
che la presenza dell�interessato nell�elenco controverso resti giustificata.� 
E ancora che: �94. �ai sensi dell�art. 10 CE, i rapporti tra gli Stati membri 
e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale cooperazione�
95. �in un caso di applicazione dell�art. 1, n. 4, della posizione 
comune 2001/931 e dell�art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001, disposi-
186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
zioni che instaurano una forma di cooperazione specifica tra il Consiglio e 
gli Stati membri nell�ambito della lotta comune al terrorismo, tale principio 
comporta, per il Consiglio, l�obbligo di rimettersi, per quanto possibile, alla 
valutazione dell�autorit� nazionale competente, quanto meno se si tratta di 
un�autorit� giudiziaria, in particolare riguardo all�esistenza di �prove o indizi 
seri e credibili� sui quali si fonda la decisione di quest�ultima.� 
Presupposti questi di una valida decisione cautelare che sono presenti tutti 
nella fattispecie. 
5 � Poich�, quindi, nessun potere discrezionale ha il Consiglio circa la 
valutazione delle imputazioni n�, tanto meno, delle indagini in corso (come 
ribadito dalla menzionata sentenza del 30 settembre 2009: �96. �pur gravando 
effettivamente sul Consiglio l�onere della prova che il congelamento 
dei capitali di una persona, gruppo o entit� � o resta legalmente giustificato 
alla luce della normativa pertinente, tale onere ha un oggetto relativamente 
ristretto al livello del procedimento comunitario di congelamento dei capitali. 
Nel caso di una decisione iniziale di congelamento dei capitali, esso ha ad 
oggetto essenzialmente l�esistenza di informazioni precise o di elementi del 
fascicolo che dimostrino l�adozione nei confronti dell�interessato, da parte di 
un�autorit� nazionale, di una decisione che soddisfi la definizione di cui all�art. 
1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Peraltro, nel caso di una decisione 
successiva di congelamento dei capitali, a seguito di riesame, l�onere 
della prova ha essenzialmente ad oggetto la questione se il congelamento dei 
capitali resti giustificato alla luce di tutte le circostanze rilevanti della fattispecie 
e, in modo particolare, del seguito dato a tale decisione da parte dell�autorit� 
nazionale competente�), nessuna delle censure formulate dal 
ricorrente nei suoi atti difensivi pu� essere ammessa riguardo alle decisioni 
cautelari che il Consiglio deve adottare: n� l�accusa di violazione del suo diritto 
di difesa con riguardo alle contestazioni opponibili circa la fondatezza 
della imputazione n� l�eccezione di carenza o errore o insufficienza delle prove 
raccolte dall�Autorit� nazionale procedente n� la contestazione sulla eccessiva 
durata della procedura per pervenire ad una definiva decisione sulla sua colpevolezza. 
Il sig. Fahas ha avuto ed ha ancora la piena facolt� di proporre istanze e 
contestazioni dinanzi al Giudice italiano: durante le indagini ben avrebbe potuto 
richiedere quella verifica sulla sua voce riguardo alle intercettazioni telefoniche 
poste a base dell�accusa, ben avrebbe potuto contestare la veridicit� 
degli altri riscontri probatori rilevati dagli inquirenti, cio� i suoi contatti e frequentazioni 
con gli altri soggetti appartenenti al gruppo terroristico, la presenza 
del suo nome e del suo recapito nelle agende degli altri imputati ritenuti i capi 
e gli organizzatori della cellula terroristica, la sua attivit� di falsificazione dei 
documenti utilizzati dai terroristi (in poche parole, la sua attivit� di fiancheggiamento 
ed aiuto logistico al gruppo).
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 187 
Il sistema processuale penale italiano - in ossequio al principio del giusto 
processo sancito dall�art. 111 della Costituzione - pone sullo stesso piano l�accusa 
e la difesa dell�imputato, concede ai difensori dell�imputato le stesse facolt� 
della pubblica accusa, anche in punto di acquisizione delle prove che 
possono essere richieste o procurate direttamente, senza alcuna limitazione e 
senza alcuna preventiva autorizzazione dell�Autort� inquirente (si veda l�art. 
327-bis del codice di procedura penale: Attivit� investigativa del difensore. 
1. Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, 
il difensore ha facolt� di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare 
elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalit� 
stabilite nel titolo VI-bis del presente libro. 
2. La facolt� indicata al comma 1 pu� essere attribuita per l'esercizio del 
diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale 
e per promuovere il giudizio di revisione. 
3. Le attivit� previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del 
difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie 
specifiche competenze, da consulenti tecnici.) 
Nulla di tutto questo ha fatto il Fahas, neppure dopo la sua estradizione, 
il suo arresto e il suo rinvio a giudizio. 
6 � Ben avrebbe potuto, il Fahas proclamare la sua innocenza e chiedere 
al Giudice italiano lo stralcio della sua posizione e l�archiviazione del procedimento 
contro di lui, ben avrebbe potuto sollecitare la conclusione delle indagini 
e del giudizio: il sistema processuale penale italiano assoggetta a rigidi 
termini la durata delle indagini e la formulazione della eventuale richiesta di 
rinvio a giudizio (art. 405-407 c.p.p.), prevedendo la possibilit� di proroga di 
quei termini solo su richiesta motivata da valide ragioni che vengono vagliate 
dell�Autorit� giudiziaria, sentite anche le ragioni dell�imputato (v. l�art. 406: 
Proroga del termine. 
1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, pu� richiedere al giudice, 
per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta 
contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la 
giustificano. 
2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei 
casi di particolare complessit� delle indagini ovvero di oggettiva impossibilit� 
di concluderle entro il termine prorogato. 
2-bis. Ciascuna proroga pu� essere autorizzata dal giudice per un tempo 
non superiore a sei mesi. 
... 
3. La richiesta di proroga � notificata, a cura del giudice, con l'avviso 
della facolt� di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, 
alla persona sottoposta alle indagini nonch� alla persona offesa dal reato che, 
nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichia-
188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
rato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla 
scadenza del termine per la presentazione delle memorie. 
4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in 
camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori. 
5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, 
il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa 
la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico 
ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonch�, nella ipotesi prevista 
dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle 
forme previste dall'articolo 127. 
... 
6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza 
con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini. 
7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il 
termine per le indagini preliminari � gi� scaduto, fissa un termine non superiore 
a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero 
a norma dell'articolo 405�). 
Nessuna iniziativa in tal senso ha assunto l�imputato che oggi ci viene a 
raccontare che aveva ritenuto �abbandonata� la procedura giudiziaria pendente 
in Italia dopo il tempo trascorso: questa affermazione costituisce una vera e 
propria offesa alla competenza dei Giudici di codesto Tribunale, atteso che 
tutti sappiamo che le procedure giudiziarie penali si devono sempre concludere 
con un provvedimento specifico, anche se di archiviazione, da notificare a tutti 
gli interessati (v. l�art. 408: Richiesta di archiviazione per infondatezza della 
notizia di reato. 
1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, 
se la notizia di reato � infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. 
Con la richiesta � trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione 
relativa alle indagini espletate [c.p.p. 357] e i verbali degli atti 
compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari [c.p.p. 294]. 
2. L'avviso della richiesta � notificato, a cura del pubblico ministero, alla 
persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, 
abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione. 
3. Nell'avviso � precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa 
pu� prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata 
di prosecuzione delle indagini preliminari.). 
7 � Peraltro, il Fahas � stato destinatario di vari provvedimenti da parte 
delle Autorit� inquirenti e giudiziarie italiane: l�ordine di custodia in carcere, 
la richiesta di rinvio a giudizio, la decisione della fissazione del dibattimento 
e delle relative udienze; questi provvedimenti hanno sicuramente la natura di 
decisioni assunte da un�Autorit� competente, ai sensi dell�art. 1, n. 4, della
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 189 
posizione comune 200/931 e dell�art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001 
(si veda il punto 111 della sentenza 30 settembre 2009: �111. �una decisione 
di �apertura di indagini o di azioni penali�, per poter essere validamente invocata 
dal Consiglio, deve iscriversi nell�ambito di un procedimento nazionale 
avente ad oggetto direttamente e principalmente l�applicazione di una misura 
di tipo preventivo o repressivo all�interessato, a titolo della lotta al terrorismo 
e in ragione della sua implicazione nello stesso.�) e contengono l�esposizione 
delle ragioni delle imputazioni contestate al sig. Fahas, come prescritto dall�ordinamento 
processuale italiano (v. art. 552 c.p.p.: Decreto di citazione a 
giudizio. 
1. Il decreto di citazione a giudizio contiene: 
a) le generalit� dell�imputato o le altre indicazioni personali che valgono 
a identificarlo nonch� le generalit� delle altre parti private, con l'indicazione 
dei difensori; 
b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata; 
c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze 
aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, 
con l'indicazione dei relativi articoli di legge; 
d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonch� del luogo, 
del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che 
non comparendo sar� giudicato in contumacia; 
e) l'avviso che l'imputato ha facolt� di nominare un difensore di fiducia 
e che, in mancanza, sar� assistito dal difensore di ufficio; 
... 
g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari � depositato 
nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno 
facolt� di prenderne visione e di estrarne copia;�) ed in relazione alle decisioni 
assunte dall�Autorit� all�imputato � garantito il contraddittorio e la possibilit� 
di presentare le sue ragioni (v., quanto alla richiesta di rinvio a giudizio, 
l�art. 420: Costituzione delle parti. 
1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria 
del pubblico ministero e del difensore dell'imputato). 
Inoltre, dopo la chiusura delle indagini tutti gli atti istruttori sono consultabili 
da parte dell�imputato e del suo difensore (v. art. 415-bis: Avviso all'indagato 
della conclusione delle indagini preliminari. 
1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 
405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta 
di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona 
sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini 
preliminari. 
2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si 
procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo
190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini 
espletate � depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato 
e il suo difensore hanno facolt� di prenderne visione ed estrarne copia. 
3. L'avviso contiene altres� l'avvertimento che l'indagato ha facolt�, entro 
il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare 
documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al 
pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonch� di presentarsi 
per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. 
Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico 
ministero deve procedervi�). 
Senza contare la procedura di estradizione dalla Germania all�Italia per 
consentire la sua carcerazione, nel corso della quale il sig. Fahas ben ha potuto 
conoscere il contenuto ed il fondamento delle imputazioni e formulare le sue 
difese. 
Il sig. Fahas, quindi, non pu� lamentare oggi dinanzi a codesto Tribunale 
di non aver avuto comunicazione delle motivazioni delle decisioni del Consiglio 
e di non avere avuto la possibilit� di esercitare il suo diritto di difesa: tutte 
le sue facolt� ed i suoi diritti sul merito delle imputazioni avrebbe potuto e 
dovuto esperirle dinanzi alle Autorit� italiane e non pu� pretendere dal Consiglio 
altra informazione che quella relativa al procedimento giudiziario principale 
al quale la misura cautelare di competenza del Consiglio si connette. 
Non pu� pretendere il sig. Fahas di esercitare nel corso della procedura 
amministrativa per l�adozione della decisione cautelare quelle iniziative che 
ha omesso di esercitare dinanzi all�Atorit� giudiziaria italiana; non pu� pretendere 
di essere nuovamente informato di quanto gi� portato a sua conoscenza 
dalle Autorit� italiane (con atti regolarmente notificati e mai contestati); sul 
punto, citiamo ancora la sentenza del 30 settembre 2009, punti da 59 a 69. 
8 � Il ricorrente contesta anche l�eccessiva durata (a suo dire) del processo 
di indagine in Italia, cosa che renderebbe insufficiente, ai fini della motivazione, 
il richiamo a detto procedimento da parte della decisione del Consiglio 
contestata. 
In primo luogo, occorre precisare che, come gi� detto, le indagini istruttorie 
secondo il codice di procedura penale italiano sono soggette a precisi termini 
di completamento e che il superamento di quei termini, come � accaduto 
per il processo in Italia concernente l�attivit� criminale della cellula terroristica 
della quale l�imputato � accusato di far parte, deve essere espressamente richiesto 
dagli inquirenti all�Autorit� giudiziaria che pu� o meno autorizzare la 
prosecuzione delle indagini (nella specie, la procecuzione delle indagini � stata 
autorizzata per la loro complessit� e per la necessit� di acquisire notizie ed 
elementi di riscontro in pi� Paesi e con la collaborazione di diverse Autorit� 
di indagine estere, in riferimento ad un numero considerevole di imputati); 
inoltre, come in ogni ordinamento giuridico, l�accertamento dei reati � soggetto
IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 191 
a termini di prescrizione entro i quali la sentenza deve diventare definitiva; 
nessuna ragione di illegittimit� del processo in Italia, quindi, esiste e il procedimento 
che si � aperto dinanzi al Tribunale di Napoli con l�udienza del 29 
ottobre 2009, rinviata al 28 gennaio 2010 per indisposizione di uno dei giudici, 
� perfettamente regolare. Solo all�esito del dibattimento sar� adottata una sentenza 
sulla colpevolezza o meno del sig. Fahas e solo in relazione al contenuto 
di questa sentenza il Consiglio potr� adottare nuove determinazioni sull�inserimento 
dell�imputato nelle liste. 
Anche in questo caso, comunque, all�imputato � concessa dall�ordinamento 
italiano la possibilit� di sollecitare il compimento delle indagini (v. articoli 
412 c.p.p.: Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio 
dell'azione penale. 
1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto 
motivato l'avocazione [c.p.p. 372] delle indagini preliminari se il pubblico 
ministero non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine 
stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Il procuratore generale 
svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro 
trenta giorni dal decreto di avocazione�. 
413 c.p.p.: Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona 
offesa dal reato. 
1. La persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato pu� 
chiedere al procuratore generale di disporre l'avocazione a norma dell'articolo 
412 comma 1. 
2. Disposta l'avocazione, il procuratore generale svolge le indagini preliminari 
indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dalla richiesta 
proposta a norma del comma 1.). 
Ad ogni buon conto, il pregiudizio derivante all�imputato da una ipotetica 
eccessiva durata del processo in Italia potr� costituire oggetto di specifiche 
istanze dinanzi all�Autorit� giudiziaria italiana ovvero dinanzi alla Corte Europea 
dei Diritti dell�Uomo di Strasburgo, ma non pu� interessare la competenza 
del Tribunale della Comunit� Europee in questa sede e nell�attuale stato 
normativo nel quale deve essere espresso il giudizio di legittimit� della decisione 
del Consiglio contestata. 
9 � In conclusione, il Governo italiano chiede che il ricorso del sig. Fahas 
sia rigettato sotto tutti i profili e che sia riconosciuto legittimo l�operato del 
Consiglio, sia quanto all�inserimento del ricorrente nelle liste contestate sia 
quanto all�adozione degli altri provvedimenti connessi, in particolare circa il 
congelamento dei beni e delle risorse finanziarie del sig. Fahas. 
Lussemburgo, 10 novembre 2009 Avv. Giuseppe Albenzio
I L C O N T E N Z I O S O 
N A Z I O N A L E 
La qualit� di �parte� del Fondo di rotazione 
per la solidariet� alle vittime della mafia 
(Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 21 luglio 2003 n. 11377; Cassazione, Sezioni Unite, 
sentenza 18 dicembre 2007 n. 26627; Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 agosto 2008 
n. 21927; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18 settembre 2009 n. 5618)* 
1. Premessa. Il caso pratico. Il Fondo di rotazione non � parte in causa nei 
relativi giudizi risarcitori 
Presso l�Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria � stata 
notificata la comparsa di costituzione in riassunzione (dal Tribunale di Catanzaro) 
da parte dei congiunti di N. A. - vittima quest�ultimo di reato di tipo mafioso 
- con la quale i predetti attori insistono nel richiedere la condanna, in 
solido con l�autore del delitto, del Fondo in oggetto. 
Precisamente, controparte, in virt� della sentenza n. 131/2007, con la 
quale il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Penale, ha dichiarato la colpevolezza 
del prevenuto (I. P.), per i reati a lui scritti, chiede che il Giudicante 
civile quantifichi il relativo danno, sancendone la condanna, in solido con l�autore 
del reato, contro il Fondo di rotazione per la solidariet� alle vittime dei 
reati di tipo mafioso. 
Sennonch� la legge 22 dicembre 1999 n. 512, istitutiva del Fondo di Rotazione, 
tiene ben distinta la responsabilit� penale degli autori del reato, cui 
consegue, agli effetti civili, la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni 
in favore delle vittime e dei loro eredi e l'obbligazione che la citata legge speciale 
n. 512/99 ha posto a carico del Fondo appositamente istituito in vista di 
(*) Le citate sentenze non vengono riportate in calce all�articolo, come da prassi di questa Rassegna, 
in quanto ampi stralci delle stesse sono gi� riprodotte nell�articolo.
194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
uno scopo di solidariet�; con la conseguenza che, la chiara diversit� delle fonti 
esclude, da subito, che possa essere fondatamente ipotizzabile la configurabilit� 
di un rapporto giuridico solidale tra l�autore del fatto illecito ed il Fondo 
in questione. 
Sotto questo profilo, pertanto, non pu� non cogliersi che l�Amministrazione 
non assume il ruolo di parte processuale nei relativi giudizi risarcitori, 
e che, come tale, non � soggetto convenuto e/o resistente e che il Tribunale 
dinanzi al quale si svolge il giudizio, nel prendere atto della portata della legge 
n. 512/99, recentemente riformata dalla legge 28 novembre 2008 n. 186 e dalla 
legge 15 luglio 2009 n. 94, dovr� astenersi dall�accogliere le eventuali domande 
di condanna, rivolte contro l�Amministrazione statale, in solido con 
l�autore del reato o meno. 
Del resto, la funzione di solidariet� che al Fondo � stata impressa dal Legislatore 
la si ricava gi� dai limiti indicati dalla su citata normativa entro i 
quali contenere lo stanziamento complessivo dei relativi oneri. 
Si precisa, in merito, che il vecchio disposto di cui all�art. 8 della legge 
n.512/1999 specificava che alla copertura finanziaria di tali oneri, quantificati 
in lire 20 miliardi annue a decorrere dall'anno 1999, �si provvede mediante 
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 
1999 - 2001, nell�ambito dell'unit� revisionale di base di parte corrente 
"Fondo Speciale dello Stato di Previsione del Ministero del Tesoro, del Bilancio 
e della Programmazione Economica per l' anno 1999�, allo scopo, parzialmente 
utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. 
L'art. 14 del regolamento di cui al DPR 28 maggio 2001 n. 284, inoltre, 
specifica che il Comitato di solidariet�, in caso di disponibilit� finanziarie insufficienti 
nell'anno di riferimento, delibera l'accesso al Fondo in quota proporzionale 
nella misura percentuale determinata all'inizio dell'anno dal 
Comitato medesimo, che entro il biennio successivo all'anno di riferimento, 
sulla base delle effettive risultanze, provvede alla liquidazione definitiva, senza 
aggravi di spesa derivanti da interessi, rivalutazioni ed oneri aggiuntivi. 
Stando cos� le cose si evidenzia che nessuna condanna al risarcimento, 
in solido con l'autore del delitto, pu� essere pronunciata nei confronti del 
"Fondo di rotazione", giacch� risulta obiettivamente incompatibile che la statuizione 
di condanna al risarcimento del danno possa essere resa inoperosa 
dalla previsione di un tetto di spesa. 
Del resto, che il Fondo non assume la posizione processuale di parte in 
causa, lo si evince anche dalla disposizione di cui all�art. 5 della legge 22 dicembre 
1999 n. 512, rubricata �Domanda per l�accesso al Fondo�, che regolando 
le modalit� di inoltro della domanda, stabilisce, al 1� comma, che, nel 
caso in cui venga depositata la richiesta di rinvio a giudizio, ai sensi dell�art. 
416 del codice di procedura penale, il giudice fa notificare al Fondo l�avviso 
del giorno, dell�ora e del luogo dell�udienza, con la richiesta di rinvio a giu-
CONTENZIOSO NAZIONALE 195 
dizio formulata dal pubblico ministero; mentre al secondo comma prevede che 
se la persona offesa si costituisce parte civile all�udienza preliminare, ovvero 
al dibattimento, il giudice fa notificare al Fondo il relativo verbale. Infine, il 
terzo comma sancisce che, nell�ambito del giudizio civile, l�attore notifica al 
Fondo l�atto di citazione, prima della costituzione delle altri parti. 
Dal che la inevitabile riflessione che il Fondo non � parte processuale nei 
relativi giudizi risarcitori, atteso che, altrimenti, non si comprenderebbe la 
ratio della medesima previsione, visto che se l�Amministrazione fosse parte 
convenuta l�attore dovrebbe notificare l�atto di citazione secondo norme di 
rito. 
Consegue, pertanto, da un punto di vista processuale, che la notificazione 
al Fondo di rotazione, effettuata a norma dell' art. 5 della legge citata, assolve 
alla funzione di mera comunicazione (�denuntiatio litis�), in quanto diretta a 
determinare la conoscenza da parte del Fondo della pendenza della lite: al 
punto che potrebbe prospettarsi che, proprio in virt� della funzione di mera 
comunicazione che la notificazione svolge nella circostanza, l�atto, diversamente 
dalla citazione in giudizio, sia trasmesso direttamente al Fondo e non 
gi� per esso, secondo le norme del patrocinio erariale, all�Avvocatura dello 
Stato competente per territorio. 
Ci� � avvalorato da quanto contenuto dagli ulteriori commi 4 e 5 del predetto 
articolo 5, secondo i quali, rispettivamente: a) la richiesta di pagamento 
al Fondo � accompagnata dalla copia autentica dell�estratto della sentenza di 
condanna passata in giudicato, ovvero dall�estratto della sentenza di condanna 
al pagamento della provvisionale; ovvero dall�estratto della sentenza civile di 
liquidazione del danno; b) la domanda al Fondo per il risarcimento dei danni 
disposto con sentenza pronunciate prima della data di entrata in vigore della 
presente legge � proposta, a pena di decadenza, per la parte del risarcimento 
non ottenuta, entro un anno dalla data in vigore della legge stessa. 
2. Le recenti modifiche al Fondo di rotazione di cui alla legge 28 novembre 
2008 n. 186 e alla legge 15 luglio 2009 n. 94 
Di recente, come su annunciato, la legge 28 novembre 2008 n. 186, di 
conversione del d.l. 2 ottobre 2008 n.151, ha modificato taluni aspetti della 
procedura in questione, accentando ancor pi� il potere dell�Amministrazione 
nella concessione del beneficio in oggetto. 
Ed invero, il Legislatore, dopo aver disposto all�art. 2-bis l�incremento, 
in via straordinaria, del Fondo di rotazione, per un importo di 30 milioni di 
euro (rispetto ai 20 miliardi di lire annue di cui all�art. 1 legge n.512/99), con 
l�articolo 2-ter ha aggiunto i seguenti commi: 
a) all�art. 4, dopo il 4� comma, il comma �4-bis . Le disposizioni di cui ai 
commi 3 e 4 si applicano anche quando la sentenza di condanna o la misura
196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
di prevenzione o i relativi procedimenti in corso si riferiscono al soggetto deceduto 
in conseguenza della consumazione dei reati indicati al comma 1, salvo 
che lo stesso abbia assunto, precedentemente all�evento lesivo che ne ha cagionato 
la morte, la qualit� di collaboratore di giustizia ai sensi delle vigenti 
disposizioni di legge e non sia intervenuta revoca del provvedimento di ammissione 
ai programmi di protezione per cause imputabili al soggetto medesimo.
b) all�art. 6, comma 1, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti: 
c-bis) dell�inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell�evento 
lesivo che ne ha cagionato la morte, di un procedimento penale in 
corso o di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all�art. 407, 
comma 2, lettera a), del codice di procedura penale nei confronti del soggetto 
deceduto in conseguenza dei reati di cui al comma 1 dell�art. 4; 
c-ter) dell�inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell�evento 
lesivo che ne ha cagionato la morte, di una misura di prevenzione, di 
cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, applicata 
nei confronti del soggetto deceduto in conseguenza della consumazione dei 
reati indicati al comma 1 dell�articolo 4, o di un procedimento in corso per 
l�applicazione di una misura di prevenzione a termini della suddetta legge�. 
c) dopo l�articolo 7 � inserito il seguente: 
�Art. 7-bis (Ulteriore regolamento di attuazione). � 1. Con regolamento 
da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente 
disposizione, ai sensi dell�art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 
400, su proposta del Ministero dell�Interno, di concerto con i Ministri della 
giustizia, dell�economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro, 
della salute e delle politiche sociali, sono adottate le opportune modificazioni 
al regolamento di cui al decreto del Presidente della repubblica 28 maggio 
2001, n. 284, con norme che prevedono: 
a) la sospensione, fino alla decisione del giudice civile, della ripetizione 
delle somme gi� liquidate da Comitato per effetto di una sentenza di condanna 
al pagamento della provvisionale, nel caso in cui il giudice dell�impugnazione, 
ai sensi dell�articolo 129 del codice di procedura penale, abbia dichiarato 
estinto il reato per morte del reo; 
b) la ripetizione delle somme gi� elargite a titolo di provvisionale, quando 
a seguito di estinzione del reato, l�azione risarcitoria esperita in sede civile 
nei confronti dei successori del reo si sia conclusa con la soccombenza della 
vittima attrice o dei suoi successori�. 
Sembra evidente come la prima delle due previsioni dell�art. 2 ter della 
legge 28 novembre 2008 n. 186, che introduce il comma 4 bis, all�art. 4 delle 
legge n. 512/99, sia finalizzato ad impedire che possano beneficiare dell�accesso 
al Fondo i familiari e gli eredi di quei soggetti che si siano resi responsabili 
di delitti di mafia o siano stati destinatari di misure di prevenzione di
CONTENZIOSO NAZIONALE 197 
cui alla legge 31 maggio 1965 n. 575. 
Non solo, con le previsioni di cui ai commi c-bis e c-ter, che l�art. 2 ter 
della su detta legge n. 186/20086, aggiunge all�art. 6, comma 1, dopo la lettera 
c), della legge n. 512/99, occorre, altres�, che l�Amministrazione accerti che 
la vittima del reato di tipo mafioso, bench� deceduta: a) non fosse interessata, 
alla data di presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne ha cagionato 
la morte, da un procedimento penale in corso o di una sentenza di condanna 
per uno dei reati di cui all�art. 407, comma 2, lettera a), del codice di 
procedura penale; b) che nei suoi confronti non risulti applicata, alla data di 
presentazione della domanda o dell�evento lesivo che ne abbia cagionato la 
morte, una misura di prevenzione, di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e 
successive modificazioni, ovvero che non risulti un procedimento in corso per 
l�applicazione di una misura di prevenzione a termini della suddetta legge. 
Altro aspetto di rilievo introdotto dalla legge n. 186/08 � il fatto che, per 
certi versi, viene maggiormente tutelata la vittima del reato di tipo mafioso 
nell�ipotesi di giudizio d�appello dichiarato estinto per morte del reato. Infatti, 
l�art. 2 ter citato contempla l�inserimento, dopo l�art. 7 della legge n. 512/99, 
dell�art. 7 bis, il quale prevede l�emanazione di un nuovo regolamento che disciplini 
la sospensione della domanda di ripetizione delle somme erogate a titolo 
di provvisionale dal Fondo, nelle ipotesi in cui, come sopra riferito, il 
giudice d�appello dovesse dichiarare l�estinzione del reato per morte del reo 
(contrariamente a quanto fin qui contemplato dal dpr n.284/2001). E ci� fino 
a quando l�azione risarcitoria, proposta contro i successori del reo, si sia conclusa 
con la soccombenza degli stessi. 
Coerentemente, il Ministero dell�Interno ha emanato apposita circolare 
datata 11 dicembre 2008, con cui richiama l�attenzione degli organi istruttori 
circa gli adempimenti che dovranno essere assunti nel corso dell�istruttoria 
delle istanze di accesso al Fondo di rotazione riguardo all�acquisizione di notizie 
sul conto della vittima bench� deceduta e nel caso di giudizio dichiarato 
estinto ai sensi dell�art. 129 c.p.p. 
In questo contesto, poi, non pu� non segnalarsi le recenti disposizioni 
contenute ai commi 23 e 24 dell�art. 2 della legge 15 luglio 2009 n. 94, per le 
quali il diritto di accesso al Fondo di Solidariet�, per gli Enti, � limitato, entro 
i limiti delle disponibilit� finanziarie annuali, al rimborso delle spese processuali 
(con circolare del 8 agosto 2009, il Ministero competente ha reso noto 
di aver aggiornamento il sito �vittime delle mafie� secondo le modifiche intervenute). 
Per effetto di tale ultima previsione, il legislatore sembrerebbe aver corretto 
una precedente refuso, evitando, per il futuro, che gli Enti possano configurarsi 
soggetti legittimati ad accedere al Fondo di rotazione al pari delle 
persone fisiche vittime dei reati di tipo mafioso. 
198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
3. Parallelismo in punto di giurisdizione con la normativa in tema di concessione 
dei benefici in favore delle vittime del terrorismo e della mafia di cui 
alla legge n. 302/1990 
La disciplina del Fondo di rotazione ha indubbi punti in comune - con riferimento 
alla fase della concessione da parte dell�organo competente deputato 
a deliberare sulle domande presentate (ossia il Comitato di Solidariet�, ex artt. 
3 e 6 della legge n. 512/1999) - con la normativa in tema di concessione dei 
benefici in favore delle vittime del terrorismo e della mafia di cui alla legge 
n. 302/1990. 
In effetti, l'art. 1 della citata legge n. 302 del 20 ottobre 1990, modificato 
dalla legge n. 407 del 23 novembre 1998, prevede che venga corrisposta 
un'elargizione (fino a lire 150 milioni) a chiunque subisca un'invalidit� permanente 
per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo, 
di eversione dell'ordine democratico o di fatti delittuosi commessi per 
il perseguimento delle finalit� proprie della criminalit� organizzata di stampo 
mafioso di cui all'art. 416-bis del codice penale. Detti benefici possono, altres�, 
essere corrisposti ai familiari di coloro che abbiano perso la vita a causa dei 
medesimi eventi criminosi. 
Presupposto indispensabile affinch� sia concessa la speciale elargizione, 
in forza del combinato disposto dell'art. 1, 2� comma e dell'art. 9 bis della 
legge n. 302/1990, � che il soggetto leso e i soggetti destinatari risultino essere 
al tempo dell'evento del tutto estranei ad ambienti e rapporti delinquenziali. 
Ed infatti, in base all'art. 7 della legge n. 302/1990, i competenti organi 
amministrativi decidono sul conferimento dei benefici previsti dalla presente 
legge sulla base di quanto attestato in sede giurisdizionale con sentenza, ancorch� 
non definitiva, ovvero, ove la decisione amministrativa intervenga in 
assenza di riferimento a sentenza, sulla base delle informazioni acquisite e 
delle indagini esperite. A tali fini, i predetti organi si pronunciano sulla natura 
delle azioni criminose lesive, sul nesso di causalit� tra queste e le lesioni prodotte, 
sui singoli presupposti positivi e negativi stabiliti dalla legge in parola. 
In particolare, il relativo procedimento risulta disciplinato dal D.P.R. 28 
luglio 1999 n. 510, che all�art. 9, prevede che il Prefetto competente trasmetta 
l�istanza al Ministero dell�interno, con un dettagliato rapporto sulle circostanze 
dell�evento mortale o invalidante, corredato di sentenza e della ulteriore connessa 
documentazione, ivi compreso il giudizio sanitario della Commissione 
medica ospedaliera, ed esprima il proprio parere. L�Amministrazione centrale, 
ricevuto il rapporto ed il parere del prefetto, qualora ritenga che vi siano obiettive 
ragione di incertezza in merito alla sussistenza dei requisiti diversi da 
quello sanitario, cui � subordinata la concessione dei benefici economici, pu� 
richiedere il parere alla Commissione consultiva e, ove, occorra, pu� disporre 
un supplemento di istruttoria. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 199 
Posto ci�, non sorprende se, in ordine alla giurisdizione, le due fattispecie 
vengono accomunate da un unico destino. 
A questo riguardo va detto che la Suprema Corte di Cassazione con sentenza 
emessa a Sezioni unite in data 18 dicembre 2007, n. 26627, ha avuto 
modo di affermare che: �Le vittime di terrorismo e della criminalit� organizzata 
sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio 
diritto soggettivo all�erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa 
in materia, essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con 
riguardo all�entit� della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo 
ai presupposti della derogabilit�, rispetto ai quali l�Amministrazione 
svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente 
ricognitivo, ma valutativo, � estraneo al concetto di discrezionalit� amministrativa; 
pertanto nelle controversie concernenti il contributo previsto dalla 
l. 20 ottobre 1990 n. 302 va dichiarata la giurisdizione dell�A.G.O.�. 
In realt�, la giurisdizione del giudice ordinario, nella materia di che trattasi, 
� stata affermata dalla S.C. - sezioni unite - gi� con sentenza del 21 luglio 
2003 n. 11377, con la quale il predetto Giudice ha, per l�appunto, statuito che: 
�Spetta al giudice ordinario - e non a quello amministrativo - occuparsi dei 
ricorsi dei familiari della vittime della mafia che protestano per essere state 
escluse, dal capo della Polizia, dal contributo economico statale di sostegno 
a chi ha avuto un parente ucciso dalla criminalit� organizzata (indennit� prevista 
dall'art. 5 l. 13 agosto 1980 n. 466 e 20 ottobre 1990 n. 302)�. 
In data appena successiva, si inserisce la sentenza del Tar Calabria - Sezione 
Staccata di Reggio Calabria - n. 552/2004 RS del 21 luglio 2004, con la 
quale l�adito Tribunale, in adesione all�orientamento espresso dalla S.C., ha 
dichiarato il proprio difetto di giurisdizione motivando che �... con riferimento 
a controversia del tutto analoga a quella odierna � sulla quale si era pronunciato 
in primo grado questo Tribunale, con sentenza, di rigetto nel merito, n. 
700 del 25 maggio 1999, ed in grado d�appello il Consiglio di Stato, con decisione 
di conferma di quella del primo giudice, n. 1965 del 23-11-2000, le 
Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno di recente affermato la giurisdizione 
del giudice ordinario (Cass., SS.UU., 22 luglio 2003 n. 11377). Le 
Sezioni unite ritengono che �la discrezionalit� della pubblica amministrazione 
nella corresponsione di contributi o indennit�, che secondo la pacifica giurisprudenza 
di questa Suprema Corte esclude la titolarit� di un diritto soggettivo 
in capo ai potenziali beneficiari, va intesa come libert� della pubblica amministrazione 
stessa di corrispondere o meno il contributo o l�indennit� quando, 
all�esito di una eventuale istruttoria, non sia contestabile la sussistenza dei 
requisiti di legge in capo a tali beneficiari. L�attivit� diretta, invece, all�accertamento 
di tali requisiti, anche ove dovesse avere carattere non semplicemente 
ricognitivo, ma valutativo, � estranea al concetto di discrezionalit� 
amministrativa. Applicando tali principi consegue che l�indennit� per cui �
200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
causa � oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo, in quanto in ordine 
alla sua corresponsione non residua alcun margine di discrezionalit�, una 
volta che i competenti organi amministrativi abbiano compiuto, con esito favorevole 
per il richiedente, l�istruttoria�. Poco tempo dopo, � poi intervenuta, 
da parte del medesimo Tar, altra analoga sentenza (n. 1320/2005 del 16 agosto 
2005). 
L�orientamento giurisprudenziale della S.C. sembra che sia condiviso dal 
Consiglio di Stato, sebbene, ancor di recente il Consiglio di Giustizia Amministrativa, 
Sezione Giurisdizionale, con sentenza del 23 settembre 2008 n. 813 
accoglieva il ricorso proposto dall�Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, 
nell�interesse del Ministero dell�Interno, avverso la sentenza con la 
quale il Tar Sicilia - Sezione staccata di Catania aveva accolto il gravame spiegato 
dagli interessati contro il decreto ministeriale di diniego della concessione 
dei benefici previsti dalla legge n. 302/1990 e successive modificazioni. 
Invero, con l�ultima decisione che risulta nota e precisamente con sentenza 
18 settembre 2009 n. 5618 (pubblicata su LexItalia.it) il massimo Organo 
di giustizia amministrativa ha ritenuto che: �La sentenza deve essere annullata 
senza rinvio in accoglimento del motivo del ricorso in appello postulante il 
difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo con riguardo 
alla odierna controversia. 
Sebbene sia stata sollevata soltanto in via subordinata, invero la prima 
questione da prendere in esame concerne la sussistenza della giurisdizione 
del plesso amministrativo in subiecta materia. 
Ci� in adesione al consolidato orientamento secondo il quale "l'esame 
dell'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito ha carattere preliminare 
anche se detta eccezione � stata proposta, in sede di appello, in via 
gradata." (Consiglio di Stato , sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5831). 
Non osta alla proponibilit� del motivo di impugnazione in questione, peraltro, 
la circostanza che la parte che lo ha prospettato abbia rivestito in primo 
grado la posizione processuale di ricorrente, dovendosi ribadire (pur in presenza 
del recente evolutivo orientamento della Corte di Cassazione in tema 
di giudicato implicito in tema di giurisdizione) il tradizionale divisamento secondo 
cui "il ricorrente in appello, gi� attore e soccombente in primo grado, 
ha interesse a proporre il motivo di difetto di giurisdizione del giudice adito 
con il ricorso di primo grado, in quanto, pur considerando che l'appellante 
ha rivestito nel giudizio di primo grado la posizione di ricorrente principale 
e che, di conseguenza, dall'accoglimento del motivo dovrebbe discendere 
l'inammissibilit� del ricorso da lui proposto in primo grado, va ritenuto ugualmente 
sussistente l'interesse sostanziale del medesimo alla proposizione del 
motivo, interesse da individuarsi nel vantaggio di sostituire, in caso di accoglimento 
da parte del giudice d'appello, una pronuncia di inammissibilit� del 
ricorso di primo grado ad una pronuncia di infondatezza del ricorso stesso
CONTENZIOSO NAZIONALE 201 
emessa dal giudice di primo grado." (Consiglio di Stato , sez. VI, 13 luglio 
1979, n. 521). 
La censura, certamente ammissibile per le anzidette ragioni, � fondata. 
Invero, secondo l'orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, 
i familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalit� organizzata 
sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto 
soggettivo all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla relativa normativa, 
essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con riguardo 
all'entit� della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai 
presupposti dell'erogabilit�, circoscritti alla qualificazione dell'evento criminoso 
come riconducibile ad atti di terrorismo o di criminalit� organizzata e 
dovendo considerarsi, peraltro, che nell'accertamento del requisito previsto 
dall'art. 1 punto b) l. n. 302 del 1990, l'amministrazione si limita ad attuare 
un accertamento di natura costitutiva; pertanto, il giudice amministrativo difetta 
di giurisdizione sulla relativa controversia. (Consiglio di Stato , sez. VI, 
14 marzo 2006, n. 1338). 
Pi� di recente, la Cassazione ha ribadito tale convincimento, affermando 
che "le vittime di terrorismo e della criminalit� organizzata sono titolari, in 
presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo all�erogazione 
della speciale elargizione prevista dalla normativa in materia, 
essendo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale sia con riguardo all�entit� 
della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti 
della derogabilit�, rispetto ai quali l�Amministrazione svolge un accertamento 
che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma 
valutativo, � estraneo al concetto di discrezionalit� amministrativa; pertanto 
nelle controversie concernenti il contributo previsto dalla l. 20 ottobre 1990 
n. 302 va dichiarata la giurisdizione dell�A.G.O." (Cassazione civile , sez. un., 
18 dicembre 2007, n. 26627). 
L�appellata amministrazione sostiene invece che, fondandosi la decisione 
appellata sul disposto di cui all�art. 9 bis della legge n. 302/1990 (le condizioni 
di estraneit� alla commissione degli atti terroristici o criminali e agli 
ambienti delinquenziali, di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, sono richieste, per 
la concessione dei benefici previsti dalla presente legge, nei confronti di tutti 
i soggetti destinatari) ricorrerebbe una fattispecie differente da quella presa 
in esame dalla giurisprudenza dianzi richiamata: la posizione attiva sarebbe 
qualificabile quale interesse legittimo, a cagione della sussistenza di un apprezzamento 
discrezionale demandato all�amministrazione. 
Tale tesi non � persuasiva, sol che si consideri che la invocata disposizione 
di cui all�art. 9 bis della legge n. 302/1990 non introduce in alcun modo 
ulteriori e/o differenti parametri valutativi rispetto a quelli di cui agli artt. 1 
e 2 della citata legge, limitandosi ad estendere il richiesto requisito generale 
di ammissibilit� a tutti i possibili richiedenti.
202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il parametro valutativo � pertanto identico: e d�altro canto, sarebbe stato 
ben singolare, anche sotto il profilo squisitamente logico, che la posizione attiva 
vantata subisse una differenziazione in relazione alla "qualit�" del soggetto 
richiedente, e che analoga differenza attingesse i parametri valutativi 
demandati all�amministrazione in punto di concedibilit� del beneficio. 
In relazione a tale constatazione appare certamente predicabile al caso 
di specie il richiamato orientamento giurisprudenziale che postula in subiecta 
materia la spettanza della Giurisdizione al Giudice ordinario. 
Ne discende l�accoglimento del ricorso in appello, l�annullamento senza 
rinvio dell�appellata decisione ai sensi dell�art. 34 comma I della legge n. 
1034/1971 , e la declaratoria della spettanza al Giudice ordinario della giurisdizione 
in subiecta materia tenuto conto altres� del disposto di cui all�art. 
59 della legge n. 69/2009. 
Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti in 
ragione della natura della controversia�. 
Si deve, pertanto, ritenere che non vi possono essere dubbi, alla stregua 
della commentata giurisprudenza, circa il fatto che, sulle questioni attinenti la 
debenza o meno dei benefici comunque elargiti dall�Amministrazione statale 
nei settori di cui � trattazione, la giurisdizione non si appartiene al giudice amministrativo 
ma al giudice ordinario. 
In particolare, con riferimento all�istituto del Fondo di rotazione, si ricorda 
la decisione 29 agosto 2008 n. 21927 (in Lexitalia.it), con cui la Corte 
di legittimit� - Sezioni Unite - ha ribadito che sono devolute alla giurisdizione 
del Giudice ordinario le controversie relative all�accesso al fondo di rotazione 
previsto in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 
512 del 1999. Scrivono, infatti, i giudici di legittimit� che �Queste sezioni 
unite (sentenze nn. 26626/2007; 1377/2003) con riferimento all�erogazione 
della speciale indennit� prevista dalla L. 20 ottobre 1990 n. 320 per le vittime 
del terrorismo e della criminalit� organizzata hanno affermato che i privati 
sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto 
soggettivo, essendo al riguardo la p.a. priva di ogni potest� discrezionale, sia 
con riguardo all�entit� della somma che con riguardo ai presupposti per la 
derogabilit�, anche ove si dovesse ritenere che l�accertamento di tali presupposti 
abbia carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo (in senso 
conforme v. anche Cons. di Stato, sez. 4^, 7 marzo 2001, n. 1320 e sez. 6^ 14 
marzo 2006 n. 1338). Tale orientamento merita di essere confermato anche 
con riferimento all�accesso al fondo di rotazione alle vittime dei reati di tipo 
mafioso, di cui alle legge n. 512 del 1999, che l�art. 4 qualifica espressamente 
come <<diritto>>�. 
N� � plausibile ritenere che le ultime modifiche legislative apportate al 
Fondo di rotazione - come sopra illustrate nei tratti salienti - possano indurre 
ad un ulteriore ripensamento circa l�attribuzione della giurisdizione in materia. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 203 
Non fosse altro che per la considerazione che la normativa che ha innovato 
la legge n. 512/99 non conferisce nuovi poteri discrezionali all�Amministrazione 
in merito alla fase di valutazione dell�istanza di acceso al fondo, ma, 
piuttosto, assegna, solo, nuovi incombenti, come l�acquisizione di notizie sul 
conto della vittima che afferiscono dati oggettivamente riscontrabili, destinati 
ad ampliare solo l�area dell�accertamento dei presupposti occorrenti per l�elargizione 
del beneficio. 
Avv. Roberto Antillo* 
(*) Avvocato dello Stato.
204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
�Scorrimento della graduatoria� 
e riparto di giurisdizione 
(Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 20 agosto 2009 n. 18499) 
In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali 
nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata dal 
candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento 
del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla 
giurisdizione del giudice ordinario, facendosi in tal caso valere, al di fuori dell'ambito della 
procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione". Ove, invece, la pretesa al riconoscimento 
del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione 
di un nuovo concorso, la contestazione investe l'esercizio del potere della P.A., a cui 
corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo 
ai sensi dell'art. 63, comma 4, del D.L.vo n. 165 del 2001. 
1. Lo �scorrimento della graduatoria�: ratio dell�istituto 
La sentenza che si annota torna ad occuparsi dei risvolti, in punto di giurisdizione, 
della tematica dello �scorrimento della graduatoria�. Essa afferma, 
in particolare, che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ove l�idoneo 
si limiti a far valere il diritto all�assunzione, consequenziale alla decisione 
dell�amministrazione di utilizzare la graduatoria del concorso gi� espletato, 
mentre si radica la giurisdizione del giudice amministrativo ove il privato lamenti 
l�illegittimit� di un nuovo bando di concorso per il mancato ricorso all�assunzione 
degli idonei. 
La problematica origina dalla sempre pi� frequente previsione, all�interno 
delle leggi finanziarie, di disposizioni che consentono l�utilizzazione di graduatorie 
di concorsi oltre i termini scanditi dalle relative procedure concorsuali.
Il ricorso all�istituto in rilievo � volto a contemperare due contrapposte 
esigenze. 
Da un lato, infatti, emerge il principio del concorso pubblico, suggellato 
dall�art. 97 Cost., alla stregua del quale �Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni 
si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge�; 
dall�altro si staglia il principio dell�efficienza dell�azione amministrativa, il 
cui raggiungimento postula il conseguimento degli obiettivi con il minor impiego 
delle risorse. 
La tutela del primo implicherebbe infatti l�indizione di un nuovo concorso 
ogniqualvolta si delinei la rinuncia di uno o pi� vincitori o, a maggior ragione, 
una successiva vacanza di organico. 
E tuttavia, l�efficienza dell�azione amministrativa, in uno con le difficolt�
CONTENZIOSO NAZIONALE 205 
finanziarie registratesi nell�attuale contesto socio-economico, inducono invece, 
nelle evenienze sopraindicate, a procedere allo �scorrimento della graduatoria�, 
onde consentire l�assorbimento degli idonei senza incorrere nei costi e 
nella dilatazione dei tempi che inevitabilmente l�espletamento di una nuova 
procedura concorsuale comporta. 
Se invero l�emanazione di un nuovo bando di concorso rende possibile 
l�allargamento dei partecipanti e l�eventuale modifica dei requisiti di partecipazione, 
di modo da modularli in ragione della specificit� delle esigenze, ci� 
avviene a scapito del principio, costituzionalmente presidiato, del buon andamento 
dell�azione amministrativa (1). Quest�ultimo impone invero un modus 
operandi improntato alla conservazione ed economia dei mezzi giuridici (2), 
di guisa da evitare ogni dispendio di risorse che non si palesi necessario. 
La mediazione delle due rationes (3) � allora spesso conseguita mediante 
la previsione di un determinato arco temporale, entro il quale la graduatoria 
approvata rimane efficace e decorso il quale si rende necessario un nuovo 
bando, anche al fine di selezionare i soggetti maggiormente qualificati e pi� 
meritevoli. 
2. L�art. 63 del T.U. 165/2001: norma innovativa o ricognitiva? 
La problematica concernente il riparto di giurisdizione in tema di �scorrimento 
della graduatoria�(4) postula una disamina delle modifiche introdotte 
dall�art. 63 T.U. 165/2001 in punto di giurisdizione. 
Per meglio intendere la soluzione abbracciata dalle Sezioni Unite � infatti 
necessario scandagliare brevemente il criterio di riparto introdotto (o confermato) 
dalla disposizione in disamina in tema di pubblico impiego, per poi 
poter applicare le coordinate cos� tracciate al caso dell�idoneo che azioni una 
pretesa all�utilizzo della graduatoria, ancora vigente, di un precedente concorso. 
E invero, alla luce dell�art. 113 Cost, co. 1 Cost., il normale criterio di riparto 
di giurisdizione tra giudice ordinario e organi di giustizia amministrativa 
risiede nella consistenza della posizione giuridica lesa, per cui al primo com- 
(1) Cfr. T.A.R. Campania - Napoli, Sez. V, 27 marzo 2008, n. 1604. 
(2) MONZANI, La ultrattivit� della graduatoria non comporta in capo alla pubblica amministrazione 
un obbligo di assunzione �per scorrimento�, in FA � CS 2007, 2, 557. 
(3) Problematiche in parte analoghe si ripropongono nel settore degli appalti pubblici, in cui i valori 
in gioco, che necessitano di contemperamento, sono da un lato la concorrenza, valorizzata anche in 
sede comunitaria e alla base del sistema dell�evidenza pubblica, e dall�altro l�economia ed efficienza 
dei mezzi giuridici ed economici facenti capo alla stazione appaltante. Per approfondimenti cfr., amplius, 
PALMIERI, Scorrimento della graduatoria e tutela della concorrenza nell�esecuzione degli appalti pubblici, 
in Foro Amministrativo � CdS 2008, 3, 557. 
(4) Per un approfondito esame della problematica, cfr. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, 
Roma, 2009, 650 ss.
206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
pete la cognizione delle vertenze concernenti diritti soggettivi e ai secondi 
quelle sugli interessi legittimi. Sono invero eccezionali e tassative le ipotesi 
di riparto per materia, nelle quali in capo a un giudice (normalmente il giudice 
amministrativo) si concentra la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. 
Nella materia del pubblico impiego, come anticipato, sovviene al riguardo 
il disposto dell�art. 63 del T.U. 165/01, che recita: �Sono devolute al giudice 
ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai 
rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 
1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di 
cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il 
conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilit� dirigenziale, 
nonch� quelle concernenti le indennit� di fine rapporto, comunque 
denominate e corrisposte, ancorch� vengano in questione atti amministrativi 
presupposti [�] Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo 
le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei 
dipendenti delle pubbliche amministrazioni�. 
La norma ha destato dubbi esegetici di non poco momento, registrandosi 
in dottrina e in giurisprudenza differenti interpretazioni. 
All�indomani della sua entrata in vigore, alcuni autori e diverse pronunce 
di prime cure hanno ritenuto che la disposizione in disamina abbia introdotto 
un�ipotesi eccentrica di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario. In particolare, 
tale ricostruzione discende dalla riconduzione alla giurisdizione del 
giudice ordinario anche delle controversie inerenti al conferimento e alla revoca 
di incarichi dirigenziali, aventi alla base atti di natura provvedi mentale. 
Ulteriori argomentazioni si individuano nella sussistenza della precedente 
giurisdizione esclusiva, in tema di pubblico impiego, del giudice amministrativo, 
di guisa che la particolare connessione tra diritti e interessi in subiecta 
materia giustificherebbe una mera �traslatio� in capo al giudice ordinario della 
cognizione prima spettante al giudice amministrativo. 
Alle considerazioni sistematiche si aggiunge poi il dato letterale, atteso 
che l�art. 63 T.U. 165/2001 espressamente si riferisce a �tutte� le controversie 
relative a i rapporti non privatizzati. 
Si segnala in proposito una decisione del Consiglio di Stato (5), la quale 
ritiene che la disposizione in commento abbia operato una devoluzione per 
materia del contenzioso ivi indicato al giudice ordinario, istituendo una giurisdizione 
esclusiva dello stesso, con conseguente possibilit� da parte del giudice 
di annullare gli atti amministrativi illegittimi. 
Ne consegue un ribaltamento dell�impostazione risultante dagli artt. 2-5 
(5) Cons. St., Sez. V, 15 marzo 2001, n. 1519.
CONTENZIOSO NAZIONALE 207 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, ove l�unico potere residuante 
in capo al giudice ordinario nei riguardi di un atto amministrativo � la cognizione 
incidentale dello stesso, con possibilit� di disapplicarlo ove illegittimo. 
La tesi della giurisdizione esclusiva del giudice ordinario ha nondimeno 
destato notevoli perplessit�, anche sulla scorta del rilievo che le argomentazioni 
poste a fondamento della stessa non sembrano insuperabili. 
Si obietta in primis che gli atti di conferimento e revoca degli incarichi 
dirigenziali hanno contenuto privatistico, essendo adottati con la capacit� e i 
poteri del datore di lavoro privato. Tanto � vieppi� chiaro in virt� della riforma 
della dirigenza, operata con la legge 145/2002, che ha rimodulato questo istituto 
rendendolo compatibile con le coordinate tracciate dalla contrattualizzazione 
del pubblico impiego. 
La tesi che propende per la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario 
sembra inoltre collidere con il disposto dell�art. 63, co. 1, T.U. 165/2001, nella 
parte in cui dispone che �L'impugnazione davanti al giudice amministrativo 
dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non � causa di sospensione 
del processo�. Orbene, aderendo all�impostazione qui criticata non si 
comprende in quali evenienze il giudice amministrativo possa conoscere, nella 
vigenza del rapporto di lavoro, della legittimit� di un provvedimento amministrativo. 
Sembra residuare un limitato spazio applicativo per il caso in cui il provvedimento 
che si assume viziato venga impugnato innanzi agli organi di giustizia 
amministrativa da parte di soggetti che siano terzi rispetto al rapporto di 
lavoro, rapporto che invece, per le parti, dovrebbe essere conosciuto nella sua 
interezza da parte del giudice ordinario. 
Si osserva poi, e l�assunto appare dirimente, che il dettato costituzionale 
non sembra consentire tale forma di giurisdizione, ammettendola, e solo in 
via eccezionale, per il giudice amministrativo, mentre la tutela accordabile da 
parte del giudice ordinario verso il cittadino � limitata ai diritti soggettivi. 
La norma di cui all�art. 63, secondo tale pi� convincente impostazione, 
avrebbe dunque carattere meramente ricognitivo e non innovativo, limitandosi 
a precisare che, anche con riferimento al pubblico impiego contrattualizzato, 
il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo � fondato sul 
criterio della causa petendi. 
Orbene, non a caso la disposizione attribuisce allora la giurisdizione sulle 
procedure concorsuali, in cui vengono in rilievo norme di azione, a fronte delle 
quali il privato vanta, al pi�, una posizione di interesse legittimo, al giudice 
amministrativo, mentre rimette al giudice ordinario la giurisdizione in ordine 
alla costituzione, svolgimento, modificazione ed estinzione del rapporto di lavoro, 
ove vengono invece in rilievo diritti e obblighi inter privatos. 
La tesi ora esposta, che ritiene che l�art. 63 T.U. 165/2001 si limiti a riaffermare, 
nella materia in disamina, il generale criterio di riparto fondato sulla
208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
causa petendi, � stata di recente ribadita dalle Sezioni Unite, con l�ordinanza 
8 novembre 2005, n. 21592, nella quale si osserva che �La giurisdizione va 
determinata, non gi� in base al criterio della soggettiva prospettazione della 
domanda, ovvero del tipo di pronuncia richiesta al giudice, bens� alla stregua 
del criterio del cd. "petitum sostanziale", ossia considerando l'intrinseca consistenza 
della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice 
stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest'ultima 
dall'ordinamento giuridico�. 
� chiaro che l�adesione a una o all�altra delle impostazioni incide sulla 
questione, oggetto della presente trattazione, riguardante la giurisdizione in 
tema di �scorrimento� della graduatoria. E infatti, ove si ritenga sussistente la 
giurisdizione esclusiva del giudice ordinario successivamente all�approvazione 
della graduatoria, al medesimo verr� attribuita de plano la giurisdizione per 
tutte le questioni insorte dopo tale atto, e dunque anche per quelle concernenti 
la pretesa degli idonei allo �scorrimento� della stessa. 
Qualora invece si ritenga che la norma di cui all�art. 63 T.U. 165/2001 
confermi la giurisdizione generale di legittimit� del giudice amministrativo e 
la giurisdizione sui diritti soggettivi del giudice ordinario, sar� allora necessario 
interrogarsi preliminarmente sulla consistenza della posizione giuridica 
degli idonei, ove si verifichino delle vacanze di organico durante la vigenza 
della graduatoria, per poi risolvere il conseguente problema del giudice munito 
di giurisdizione. 
Le obiezioni alle quali si espone la tesi della giurisdizione esclusiva del 
giudice ordinario rendono preferibile l�orientamento, ormai prevalente, che 
fonda il criterio di riparto, anche con riguardo al pubblico impiego �privatizzato�, 
sulla natura della situazione soggettiva azionata. 
Il paragrafo successivo sar� pertanto dedicato alla disamina di tale pregiudiziale 
questione. 
3. La posizione giuridica degli idonei 
Alla luce di quanto chiarito sulla portata applicativa della norma di cui 
all�art. 63 del T.U. 165/2001, � d�uopo svolgere qualche considerazione in ordine 
alla consistenza giuridica della posizione facente capo agli idonei nella 
situazione prospettata. 
Si registrano in dottrina e in giurisprudenza contrastanti orientamenti. 
In particolare, una prima tesi, emersa subito dopo il completamento della 
riforma del pubblico impiego, ritiene che gli idonei abbiano, durante il periodo 
di operativit� della graduatoria, un diritto soggettivo all�assunzione, con conseguente 
obbligo dell�amministrazione di provvedervi in caso di rinuncia da 
parte dei vincitori o in presenza di successive vacanze di organico. 
L�assunto muove dalla considerazione che le norme concernenti l�ultrat-
CONTENZIOSO NAZIONALE 209 
tivit� delle graduatorie dei concorsi pubblici sono spesso contenute nelle leggi 
finanziarie (6), atte al contenimento degli impegni di spesa gravanti sul bilancio 
dello Stato. Tali norme, in virt� della loro diretta incidenza sull�assetto finanziario 
dello Stato e della loro portata derogatoria, recherebbero l�attitudine 
a prevedere un vero e proprio obbligo in capo all�Amministrazione datrice di 
lavoro di far fronte alle nuove vacanze di organico, specie ove derivanti dalla 
rinuncia dei vincitori, mediante lo scorrimento della graduatoria di un concorso 
gi� espletato. 
Le disposizioni che sanciscono la conservazione di efficacia della graduatoria 
per coprire le vacanze successive, per il carattere imperativo delle regole 
di organizzazione, impongono all�amministrazione, secondo la tesi in 
disamina, di realizzare la semplificazione e l�economia da esse richieste. 
A fronte di tale obbligo, tale per cui l�emanazione di un bando per una 
nuova procedura concorsuale sarebbe per ci� solo illegittimo, si radicherebbe 
in capo al privato una posizione di diritto soggettivo, azionabile davanti al giudice 
ordinario, secondo le regole generali in tema di riparto. 
Sussisterebbe dunque un diritto soggettivo alla sottoscrizione del contratto 
di lavoro nel caso di posti resisi vacanti durante il periodo di validit� della graduatoria, 
una volta che si siano verificate le condizioni richieste per l�assunzione. 
L�impostazione de qua � condivisa da una recente ordinanza delle 
Sezioni Unite che, seppur occupandosi del diverso ma connesso profilo della 
giurisdizione, ritengono che �il candidato che, vantando una determinata posizione 
nella graduatoria gi� approvata ed il possesso dei requisiti del bando 
per il cd. scorrimento della graduatoria, pretenda di essere chiamato alla stipulazione 
del contratto di lavoro, fa valere il proprio diritto all�assunzione 
senza porre in discussione le procedure concorsuali, azionando una posizione 
soggettiva tutelabile dinanzi al Giudice ordinario�(7). 
Secondo alcuni, anzi, tale diritto avrebbe valenza costituzionale ex art. 
36 della Carta Fondamentale, per cui la vulnerazione del medesimo, da parte 
dell�amministrazione che bandisca un nuovo concorso, potrebbe dare luogo a 
pregiudizi, anche di natura biologica, risarcibili, stante la lesione a monte di 
una prerogativa fondamentale della persona umana (8). 
L�impostazione in rassegna � stata peraltro esposta a obiezioni da parte 
dei sostenitori dell�orientamento opposto, che hanno evidenziato che non sus- 
(6) GAROFOLI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2009, 370. 
(7) Cass. civ., Sez. Un., 13 dicembre 2007, n. 26113. 
(8) In dottrina, cfr. CARPARELLI, �Panta rei�, la graduatoria del concorso e il bene della vita, in 
www.lexitalia.it, 2, 2003. In giurisprudenza, la tesi � sostenuta da Tribunale di Napoli � Capri, 20 febbraio 
2002, ove si osserva addirittura che la sussistenza in capo agli idonei, cos� come ai vincitori, di un diritto 
soggettivo all�assunzione, imporrebbe il loro assorbimento tutte le volte in cui si manifesti una vacanza 
di organico (alla quale non si pu� dunque sopperire mediante con un nuovo bando o mediante la soppressione 
dei relativi profili professionali, adducendo la sussistenza di ragioni di ordine finanziario).
210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
siste in capo all�amministrazione, anche in ipotesi di �ultrattivit�� della graduatoria, 
l�obbligo di procedere allo scorrimento della stessa, ben potendo 
l�ente indire un nuovo concorso. 
Anzi, si evidenzia che quest�ultima rimane l�ipotesi ordinaria, profilandosi 
come eccezionale il ricorso all�istituto dello �scorrimento� (9); la portata 
derogatoria delle norme che consentono tale possibilit� implica pertanto che, 
quando l�amministrazione decida di coprire le vacanze di organico mediante 
l�assunzione degli idonei, sussista in capo alla medesima un obbligo puntuale 
di motivazione. 
L�obbligo de quo si appunter� principalmente sulle concrete difficolt� finanziarie 
che investono l�ente, sulla sussistenza negli idonei dei profili professionali 
richiesti (ben potrebbero, infatti, nelle more, emergere nuove 
esigenze di qualificazione professionale alle quali non possa farsi fronte con 
le risorse umane reclutate secondo diversi parametri), sull�impossibilit� di 
aspettare i tempi di una nuova procedura concorsuale, etc. 
Di fronte al delinearsi di esigenze in termini di risorse umane, ove sia ancora 
vigente una precedente graduatoria, sussiste pertanto la discrezionalit� 
amministrativa (10) dell�ente in ordine alla possibilit� di procedere allo �scorrimento� 
della graduatoria o non piuttosto di bandire un nuovo concorso (11). 
L�impostazione de qua � condivisa da una recente pronuncia del T.A.R. 
Lazio, ove si afferma che �l�utilizzazione della graduatoria non pu� che essere 
ricondotta ad una scelta discrezionale dell�amministrazione, rispondente ad 
esigenze che sono correlate non all�interesse del singolo ma all�interesse pubblico�(
12). 
(9) In dottrina, ex multis, MONZANI, La ultrattivit� della graduatoria non comporta in capo alla 
pubblica amministrazione un obbligo di assunzione �per scorrimento�, FA CS, 2007, 2, 557. 
(10) In tal senso, cfr. T.A.R. Campania, 27 marzo 2008, n. 1604, in cui si ribadisce la mera facolt�, 
e giammai un obbligo, da parte delle amministrazioni, di utilizzare le graduatorie dei concorsi gi� espletati 
e ancora vigenti. In armonia con quanto affermato da Cons. St., Sez. V, 23 marzo 2004, n. 1527 e 
Cons. St., Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6758, si evidenzia infatti che lo �scorrimento� � un istituto di carattere 
eccezionale, a fronte del quale sussiste una discrezionalit� amministrativa della pubblica amministrativa, 
che incontra il solo limite di una motivazione puntuale e del perseguimento dell�interesse 
pubblico. Si prescinde, pertanto, dalla valutazione dell�interesse del privato, il quale pu� rilevare solo 
nell�ambito della generale comparazione di interessi alla base di ogni forma di discrezionalit�. In dottrina, 
cfr. NAVILLI, Graduatorie concorsuali nel pubblico impiego: giurisdizione, diritto degli idonei allo scorrimento 
e derogabilit� della contrattazione collettiva, in Lavoro nella P.A., 2004. 
(11) La discrezionalit� della pubblica amministrazione consente alla medesima di utilizzare la 
detta graduatoria anche per la copertura di posti vacanti corrispondenti a figure professionali parzialmente 
diverse, ma di pari categoria e profilo, anche se in questa evenienza l�obbligo di motivazione risulta 
ancora pi� puntuale, atteso che un nuovo concorso, con nuovi requisiti, � in genere pi� funzionale 
all�interesse pubblico. 
(12) T.A.R. Lazio - Roma, 24 agosto 2006, n. 7425. L�assunto � ripreso dal T.A.R. Puglia, 28 
maggio 2008, n. 1307 ove si sottolinea che �come che siano espresse le norme di ultrattivit� delle graduatorie, 
esse non precludono all�amministrazione di preferire un�altra forma di reclutamento n� tanto 
meno creano un obbligo dell�amministrazione di coprire i posti liberi�. 
CONTENZIOSO NAZIONALE 211 
Come � noto, a fronte (13) dell�ampiezza della possibilit� di scelta, la posizione 
del privato assume la consistenza di interesse legittimo, con conseguente 
possibilit� di impugnare l�atto che di tale potere sia espressione solo 
laddove i vizi da cui il medesimo sia affetto impattino sul bene della vita al 
quale anela. 
In altri termini, il bando di concorso non � ex se impugnabile dall�idoneo 
che abbia partecipato alla precedente procedura selettiva per lo stesso profilo 
professionale, ma solo ove sia affetto da vizi che lo rendano annullabile od 
oggi, e a fortiori, nullo. 
Alcuni autori sottolineano invero che il diritto all�assunzione non compete 
nemmeno ai vincitori di un concorso, atteso che l�amministrazione, anche successivamente 
all�approvazione della graduatoria e fermo restando l�obbligo 
di risarcimento del danno in ipotesi di responsabilit� precontrattuale, potrebbe 
non procedere all�assunzione, quando ci� contrasti con l�interesse pubblico. 
Tanto pu� verificarsi quante volte sia venuta meno la necessit� o l�opportunit� 
di reclutare nuovo personale, ovvero si siano inverati mutamenti oggettivi 
delle condizioni inerenti alla nomina (14). 
Logico corollario � che il provvedimento con cui la pubblica amministrazione 
opta per lo �scorrimento della graduatoria� � un atto di macro-organizzazione, 
che dunque fuoriesce dagli atti adottati �con la capacit� e i poteri del 
privato datore di lavoro�(15), rientrando nell�esercizio di una potest� amministrativa. 
Orbene, volendo aderire alla tesi che nega la sussistenza di un diritto soggettivo 
all�assunzione in capo agli idonei, nascente per il solo fatto dell�avvenuta 
approvazione della graduatoria (16), le questioni sul tappeto investono 
la natura giuridica della posizione degli idonei quante volte l�amministrazione, 
esercitando la sua discrezionalit�, abbia optato per lo scorrimento della graduatoria. 
Trattasi dell�ipotesi oggetto di attenzione da parte della sentenza che si 
annota, di guisa che occorre analizzarla funditus onde meglio comprendere la 
portata del principio affermato dalle Sezioni Unite. 
Secondo i pi�, una volta che l�amministrazione abbia operato la scelta di 
ricorrere all�assunzione degli idonei, in luogo di una nuova e dispendiosa pro- 
(13) Ex plurimis, App. Firenze, 16 marzo 2003, alla stregua della quale dopo l�esaurimento della 
fase pubblicistica della procedura concorsuale, con l�approvazione della relativa graduatoria, la scelta 
dell�amministrazione di reclutare nuovo personale fa sorgere in capo agli idonei un diritto soggettivo 
all�assunzione, nonch� Cass. civ., Sez. Un., 15 maggio 2003, n. 7307, Cass. civ., Sez. Un., 26 giugno 
2002, n. 9332, Trib. Grosseto, 14 novembre 2001, n. 451. 
(14) T.A.R. Puglia, 26 febbraio 2008, n. 596. 
(15) Art. 2, comma 1, d.lgs. 165/2001. 
(16) ZOLI, Amministrazione del rapporto e tutela delle posizioni soggettive dei dipendenti pubblici, 
in DRI, 1993, 636; DANILELE, Problematiche della privatizzazione del pubblico impiego, in CS, 
1998, 111.
212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
cedura concorsuale, motivando opportunamente la decisione, si radica in capo 
all�idoneo, prima titolare di un interesse legittimo, una posizione di diritto soggettivo 
(17) . 
Il provvedimento con cui l�ente si avvale dello �scorrimento della graduatoria� 
integra cos� l�ultimo momento di una fattispecie a formazione complessiva, 
il cui perfezionamento comporta la nascita del diritto soggettivo in 
testa al privato. 
La decisione dell�amministrazione di utilizzare la graduatoria di un concorso 
precedente espletato � pertanto, ai fini della qualificazione della posizione 
giuridica dell�idoneo, del tutto equivalente all�espletamento di tutte le 
fasi di una procedura concorsuale, con identificazione degli ulteriori vincitori 
�ancorch� mediante l�utilizzazione dell�intera sequenza di atti apertasi con il 
bando originario, recante la cd. lex specialis del concorso, e conclusasi con 
l�approvazione della graduatoria, che individua i soggetti da assumere�(18). 
4. Precipitati in punto di giurisdizione 
Il privato che, nella situazione fattuale descritta, faccia valere il suo diritto 
all�assunzione non contesta allora gli atti che hanno scandito la procedura concorsuale 
al quale il medesimo ha partecipato; anzi, egli pone proprio l�approvazione 
della graduatoria a sostegno delle sue pretese (19). 
Tanto premesso, � evidente che egli, azionando un diritto soggettivo, non 
pu� che rivolgersi al giudice ordinario, proprio in virt� del criterio di riparto 
sulla causa petendi che, come visto, non appare derogato dall�art. 63 T.U. 
165/2001, quale norma meramente ricognitiva dello stato dell�arte. 
� quanto afferma la sentenza 20 agosto 2009, n. 18499, laddove chiarisce 
che �In materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure 
concorsuali nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione 
della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella 
graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo 
"scorrimento� della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione 
del giudice ordinario, facendosi in tal caso valere, al di fuori dell'ambito 
della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione�. 
Che il criterio di riparto adottato dalla pronuncia sia quello adottato nel 
caso del Caff� Greco (20) non ci sono dubbi, posto che la stessa decisione specifica 
che nelle ipotesi in cui la lesione del diritto discenda dall�indizione di 
(17) DAMIANO, Nota a T.A.R. Lazio, 26 agosto 2004 n. 8097 e Tar Lazio, 23 settembre 2004 n. 
9708, in Lavoro nelle PA, 2004, 5, 919. 
(18) Cass. civ., Sez. Un., 9 marzo 2007, n. 5397. 
(19) Cass. civ., Sez. Un., 14 maggio 2007, n. 10490. 
(20) Concordato giurisprudenziale tra Mariano D�Amelio e Santi Romano che secondo la tradizione 
sarebbe stato siglato nel �29 nelle storiche sale del celeberrimo Caff� romano.
CONTENZIOSO NAZIONALE 213 
un nuovo concorso, la giurisdizione competa al giudice amministrativo. 
E infatti, in tale ultima evenienza, il candidato contesta principaliter la 
legittimit� del bando con cui si avvia una nuova procedura concorsuale e dunque 
aziona, in via immediata, una posizione di interesse legittimo, a fronte 
della quale la tutela � fornita, secondo l�art. 113 Cost., dagli organi di giustizia 
amministrativa. 
La tutela anelata dal privato, nell�ipotesi in rassegna, non potrebbe in vero 
essere accordata dal giudice ordinario, mediante la disapplicazione della decisione 
di indire un concorso o del relativo bando, secondo quanto previsto 
dall�art. 63, co. 1, T.U. 165/2001; tanto perch� il potere di disapplicazione del 
giudice ordinario presuppone che la controversia investa un diritto soggettivo, 
sul quale incide un provvedimento amministrativo conosciuto dal giudice ordinario 
incidenter tantum (21). 
Al riguardo, un�interessante pronuncia delle Sezioni Unite chiarisce che 
tale schema � presupposto dalla legge �laddove esprime la regola secondo cui 
l�impugnazione davanti al giudice amministrativo dell�atto amministrativo rilevante 
nella controversia non � causa di sospensione del processo [�], regola 
che si inserisce coerentemente nel sistema per la radicale diversit� delle controversie 
pendenti dinanzi a giudici di diverso ordine (l�una sull�atto; l�altra 
sul rapporto)� (22). 
Come detto, le Sezioni Unite, con la sentenza 20 agosto 2009, n. 18499, 
discernono il caso dell�idoneo che azioni il suo diritto all�assunzione come 
conseguenza dello scorrimento della graduatoria da quello dell�idoneo che si 
dolga, in prima battuta, dell�illegittimit� del provvedimento di indizione di 
una nuova procedura concorsuale, giungendo alle conclusioni poc�anzi rassegnate. 
Vale nondimeno interrogarsi sulla conclusione alla quale si giungerebbe 
applicando il criterio del riparto per materia, alla stregua del quale, come accennato, 
sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario - come tale 
ricomprendente anche il potere dello stesso di annullare gli atti amministrativi 
illegittimi - per ogni fase del rapporto di lavoro successiva all�approvazione 
della graduatoria. 
� di tutta evidenza che, aderendo alla prospettazione in rassegna, sussiste 
parimenti la giurisdizione del giudice ordinario quante volte l�amministrazione 
abbia deciso di avvalersi di una graduatoria ancora valida e un candidato idoneo 
lamenti la mancata assunzione, sulla base della diversa graduatoria derivante 
dal concorso riservato. Nell�ipotesi in rilievo il privato pone infatti 
l�approvazione della graduatoria a fondamento della sua istanza, di guisa che 
la cognizione del giudice investe fatti successivi alla stessa (con particolare 
(21) Cass. civ., Sez. Un., 18 giugno 2008, n. 16527. 
(22) Ibidem.
214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
riguardo alla decisione dell�ente di avvalersi della graduatoria del concorso 
gi� espletato). 
Interrogativi parzialmente diversi introduce invece il secondo caso analizzato 
dalla pronuncia che si annota, id est l�eventualit� che il riconoscimento 
del diritto all�assunzione derivi dalla negazione degli effetti del provvedimento 
di indizione di un nuovo concorso. Sembra peraltro che in questa evenienza, 
pur aderendo alla tesi secondo cui la riforma del pubblico impiego abbia introdotto 
un criterio di riparto per materia, la giurisdizione competa nondimeno 
al giudice amministrativo. Tanto in virt� dell�art. 63, co. 4, T.U. 165/2001, a 
tenore del quale �Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo 
le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei 
dipendenti delle pubbliche amministrazioni�. 
Orbene, nella fattispecie in disamina il privato lamenta, in via principale, 
l�illegittimit� del bando che d� avvio alla nuova procedura concorsuale, assumendo, 
presumibilmente, che il medesimo sia affetto da un vizio di legge. Le 
norme rispetto alle quali il medesimo si profila viziato sono invero quelle, 
contenute per lo pi� nelle leggi finanziarie, che dilazionano l�efficacia temporale 
della graduatoria, rendendola ancora vigente al momento dell�indizione 
del nuovo concorso. 
Fermo restando che, nel merito, la fondatezza del gravame amministrativo 
dipende dalla tesi che si reputi di condividere (l�alternativa, come accennato, 
� tra vincolativit� di tali disposizioni o discrezionalit� amministrativa dell�ente), 
in punto di giurisdizione il petitum immediato � l�annullamento di un 
atto logicamente antecedente rispetto all�approvazione della graduatoria che, 
secondo il criterio del riparto della materia, delimita la cognizione del giudice 
amministrativo. 
N� pu� obiettarsi che il bando sia successivo rispetto all�approvazione 
della graduatoria del concorso precedente, atteso che, nella prospettazione del 
ricorrente, id quod interest non � la legittimit� del concorso precedente, che 
anzi � presupposta, ma l�illegittimit� del bando successivo. 
Al riguardo � d�uopo evidenziare che la Cassazione (23), in una precedente 
pronuncia, evidenziando il carattere pubblicistico che connota le procedure 
concorsuali, modulandole secondo i parametri di efficienza e buon 
andamento ex art. 97 Cost., chiarisce che la riforma del pubblico impiego in 
nulla ha innovato la natura delle posizioni soggettive dei privati antecedenti 
all�approvazione della graduatoria, le quali hanno a tutt�oggi consistenza di 
interesse legittimo. 
La giurisdizione del giudice amministrativo � allora invocabile allorch� 
la controversia investa la singola procedura concorsuale o tenda a inficiarne 
(23) Cass. civ., Sez. Lav., 5 marzo 2003, n. 3252.
CONTENZIOSO NAZIONALE 215 
la graduatoria contestandone la legittimit� e chiedendone la revisione. Sussiste 
invece la giurisdizione del giudice ordinario qualora si agisca sul presupposto 
della definitivit� e della validit� della graduatoria o si faccia valere il proprio 
diritto alla nomina, contestandosi l�utilizzo della graduatoria successivamente 
all�assunzione dei vincitori. 
� quanto si verifica nella situazione fattuale oggetto della pronuncia in 
commento, nella quale si contesta l�utilizzo, per la copertura di vacanze di organico, 
della graduatoria ordinaria e non di quella del concorso riservato, all�interno 
della quale si colloca il privato che con la sua azione ha dato origine 
al giudizio, sottoposto alle Sezioni Unite a causa di un conflitto negativo di 
giurisdizione. 
Orbene, nell�ipotesi qui descritta il candidato non si duole del mancato 
ricorso all� �assorbimento� degli idonei, e dunque della decisione dell�amministrazione 
di procedere all�indizione di un nuovo concorso o alla soppressione 
dei posti in organico, bens� dell�utilizzo di una graduatoria diversa da quella 
nella quale egli si colloca, decisione a valle della scelta dell�amministrazione 
di sopperire alle carenze di organico mediante l�assunzione degli idonei di 
precedenti concorsi. 
La decisione dell�amministrazione connota la posizione del privato in termini 
di diritto soggettivo, a fronte del quale sussiste la giurisdizione del giudice 
ordinario, indipendentemente dalla tesi a cui si ritenga di aderire in tema di 
riparto di giurisdizione (per materia o per posizione soggettiva azionata). 
Se ci� � vero, come sembra, la soluzione abbracciata dalle Sezioni Unite 
� tutto sommato obbligata, seppur nel coacervo di tesi che sul piano sostanziale 
e processuale si contendono la materia. 
Dott.ssa Lucrezia Fiandaca* 
Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 20 agosto 2009 n. 18499 - Pres. Carbone, Rel. 
Amoroso - P. M. ed altri (Avv. A. Chiappetti) c. I.N.P.D.A.P. (Avv. P. Massafra), Presidenza 
del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato G. Albenzio) - Conflitto negativo di giurisdizione. 
(Omissis.... ) 
4. Ad ogni buon conto sussiste in ogni caso la giurisdizione del giudice ordinario come ritenuto 
dal TAR Lazio. 
Infatti - come ha rilevato esattamente il TAR Lazio - la procedura concorsuale (anzi le due 
procedure concorsuali che vengono in rilievo) sono entrambe concluse, con graduatoria approvata 
e senza che i ricorrenti abbiano mosso alcuna contestazione in ordine alla graduatoria 
(*) Procuratore dello Stato.
216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
stessa. Il problema che i ricorrenti sollevano riguarda l'utilizzo di queste graduatorie da parte 
dell'INPDAP. Si tratta quindi di una vicenda - e di un contenzioso - che si colloca a valle delle 
due procedure concorsuali sicch� non viene affatto in rilievo la (eccezionale) deroga alla generale 
giurisdizione del giudice ordinario di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4. 
La questione dibattuta infatti attiene all'uso che ha fatto l'istituto della graduatoria degli 
idonei del concorso ordinario (e al "non uso" della graduatoria degli idonei del concorso riservato); 
questione che radica un'ordinaria controversia di lavoro pubblico contrattualizzato 
devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario. Cfr. Cass. 18 giugno 2008 n. n. 16527 che 
ha affermato che in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure 
concorsuali nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata 
dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento 
del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene 
alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell'ambito della procedura 
concorsuale, il "diritto all'assunzione". Ove, invece, la pretesa al riconoscimento del suddetto 
diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un 
nuovo concorso, la contestazione investe l'esercizio del potere dell'amministrazione di merito 
, a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo 
ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4. In senso conforme v. anche 
Cass., sez. un., 4 aprile 2008, n. 8736; 13 dicembre 2007, n. 26113; 9 marzo 2007, n. 5397. 
5. In conclusione il denunciato conflitto negativo di giurisdizione va risolto nel senso della 
sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario innanzi al quale vanno rimesse le parti; 
va conseguentemente cassata la suddetta sentenza del tribunale di Roma. 
Sussistono giustificati motivi - tenuto anche conto del comportamento processuale dei ricorrenti 
che, nel denunciare il conflitto negativo di giurisdizione, non hanno fatto menzione 
della terza pronuncia intervenuta tra le parti - per compensare tra le parti stesse le spese di 
questo giudizio di cassazione. 
PER QUESTI MOTIVI 
La Corte, a Sezioni Unite, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza del Tribunale di 
Roma e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale rimette le parti; compensa 
tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione. 
Cos� deciso in Roma, il 28 aprile 2009.
CONTENZIOSO NAZIONALE 217 
L�art. 4 del d.l. 90/2008 sulla giurisdizione in 
materia di emergenza rifiuti in Campania 
La genesi e le prime letture della Corte di Cassazione 
(Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 28 dicembre 2007 n.27187; Cassazione penale, 
Sezione I, sentenza 24 dicembre 2008 n. 48160; Cassazione penale, Sezione I, sentenza 27 
novembre 2008 n. 44363; Cassazione penale, Sezione I, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2470) 
1. La deroga in materia di giurisdizione nell�ambito del decreto legge 90/2008 
A fronte della inadeguata gestione dell'attivit� di raccolta e smaltimento 
dei rifiuti nella Regione Campania, che durante lo scorso anno ha portato all'accumulo 
di quantit� insostenibili di immondizia nel territorio, il Consiglio 
dei Ministri del 21 maggio 2008 ha rilevato la necessit� e l'urgenza di adottare 
opportune iniziative volte al definitivo superamento della situazione. Come 
tristemente noto, il settore versava da tempo in una condizione di grave crisi 
sanitaria ed ambientale (1). Basti pensare che lo stato di emergenza ai sensi 
della legge 25 febbraio 1992, n. 225 (2), era stato dichiarato gi� con D.P.C.M. 
dell'11 febbraio 1994 (3). Il 23 maggio 2008 il Presidente della Repubblica ha 
quindi firmato il decreto legge n. 90, recante �Misure straordinarie per fronteggiare 
l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione 
Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile�(4), che, con l'art. 19, 
ha da ultimo prorogato lo stato di emergenza sino al 31 dicembre 2009. Il 
citato decreto legge � stato poi modificato, in sede di conversione, dalla legge 
14 luglio 2008, n. 123 (5). 
L�intervento di decretazione d�urgenza si fonda su un�ampia e dettagliata 
serie di premesse, costituenti una vera e propria motivazione del provvedimento. 
Oltre al tradizionale elenco di norme quadro e di precedenti normativi 
nella materia interessata, tali premesse descrivono minuziosamente il contesto 
(1) Per una ricostruzione complessiva della vicenda, si rinvia a BASSU C., Emergenza rifiuti a Napoli: 
la doppia faccia della sussidiariet�, in Rivista giuridica dell�ambiente, 2009, p. 403 ss. 
(2) La legge, agli articoli 2, comma 1, lett. c), e 5, comma 1, prevede l'adozione di tale misura in 
relazione ad �eventi che, per intensit� ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi straordinari�. 
(3) Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1994. 
(4) Il decreto � stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 del 23 maggio 2008 ed � entrato in 
vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. 
(5) Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008 ed entrata in vigore il giorno successivo 
a quello della sua pubblicazione. Il Governo era nuovamente intervenuto nella materia con il d.l. 
17 giugno 2008 n. 107, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2008, recante �Ulteriori 
norme per assicurare lo smaltimento dei rifiuti in Campania�, poi decaduto. Al fine di assicurare continuit� 
nel servizio di trattamento dei rifiuti e prevenire l'aggravamento delle situazioni di pericolo in atto 
per l'incolumit� pubblica, il provvedimento autorizzava l'utilizzo degli impianti ex CDR.
218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
emergenziale ed esplicano le soluzioni adottate, richiamando altres� le diverse 
vicende all'esame dei giudici (6). 
In particolare, la situazione emergenziale risultava strettamente connessa all'esigenza 
di disporre per legge l'individuazione e la realizzazione delle discariche 
utilizzabili per conferire i rifiuti urbani, in considerazione delle tensioni sociali 
che rendono critica la localizzazione degli impianti a servizio del ciclo di smaltimento 
dei rifiuti; di impedire il continuo svilupparsi di incendi dei rifiuti e la 
conseguente emissione di sostanze altamente inquinanti nell'atmosfera; di individuare 
soluzioni alternative al conferimento in discarica dei rifiuti urbani mediante 
il relativo smaltimento in impianti di termodistruzione; di disporre 
interventi di bonifica e di compensazione ambientale, nonch� interventi per la 
raccolta differenziata dei rifiuti nel territorio campano. 
� indubbio che il risultato configuri un vero e proprio statuto dell'emergenza, 
recante, con particolare riferimento al tema in esame, norme processuali che appaiono 
fortemente eccentriche rispetto ai consolidati principi e criteri del rito ordinario. 
Accanto a misure temporalmente limitate ed esplicitamente dirette a superare 
l'emergenza rifiuti nella regione Campania, il decreto ne prevede anche alcune 
destinate ad operare in tutto il Paese. Tra queste ultime assume particolare rilievo 
quella dettata dall'art. 4 in punto di giurisdizione. 
La disposizione devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
�tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti 
alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con 
comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati�. 
Essa sembra costituire attuazione (e peraltro anche integrazione) dei principi 
contenuti nella pronuncia n. 27187 del 28 dicembre 2007 delle Sezioni Unite 
della Cassazione, la quale pu� forse rappresentare un antecedente logico e cronologico 
della detta disposizione. 
Questi in sintesi gli ulteriori contenuti della legge: 
- l'art. 1 attribuisce al Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza 
del Consiglio dei Ministri �il coordinamento della complessiva azione di gestione 
dei rifiuti nella regione Campania per il periodo emergenziale� e prepone un 
Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri �in via di 
assoluta irripetibilit� e straordinariet� per far fronte alla gravissima situazione 
in corso�; 
- l'art. 2 specifica le attribuzioni del detto Sottosegretario di Stato che, in deroga 
a specifiche disposizioni legislative e regolamentari, provvede �all'attivazione 
dei siti da destinare a discarica�, ai quali � attribuita la qualifica di �aree 
di interesse strategico nazionale�; acquisisce �impianti, cave dismesse o abban- 
(6) V. PONTE D., Devolute al giudice amministrativo le controversie relative alla gestione, in 
Guida al diritto, n. 24, 2008, p. 108.
CONTENZIOSO NAZIONALE 219 
donate ed altri siti per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti�; dispone, �al 
fine di evitare interruzioni o turbamenti alla regolarit� della complessiva azione 
di gestione dei rifiuti e della connessa realizzazione dei necessari interventi ed 
opere, ivi compresi i termovalorizzatori, le discariche di servizio, i siti di stoccaggio 
provvisorio e ogni altro impianto�, di ogni bene mobile funzionale al corretto 
espletamento delle attivit� di propria competenza; si avvale della forza 
pubblica �al fine di assicurare piena effettivit� agli interventi ed alle iniziative 
occorrenti per fronteggiare l'emergenza in atto nella regione Campania�; 
- il medesimo articolo prevede altres� nuove ipotesi criminose per chi ostacola 
l'azione di gestione dei rifiuti ovvero distrugge, deteriora o rende inservibili 
componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti; 
- l'art. 3 detta specifiche disposizioni, aventi efficacia fino al termine dello 
stato emergenziale, in materia di �competenza dell'autorit� giudiziaria nei procedimenti 
penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania�; 
- infine, i successivi articoli dispongono in ordine agli impianti di smaltimento, 
selezione, trattamento, e termovalorizzazione dei rifiuti, alle discariche 
ed agli impianti di depurazione, alla raccolta differenziata dei rifiuti, al finanziamento 
di specifiche iniziative di educazione ambientale. 
2. Un antecedente giurisprudenziale dell�art. 4 
Come si � anticipato, l�art. 4, a differenza delle altre disposizioni surriferite, 
� destinato ad operare nell�intera nazione. Giova sottolineare, comunque, che la 
norma, a ben vedere, non presenta un carattere di particolare novit�. La giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo con riferimento all'emergenza rifiuti 
discendeva, infatti, gi� dall'art. 3, comma 2 bis, del decreto legge 30 novembre 
2005, n. 245, inserito dalla legge di conversione n. 21 del 27 gennaio 2006, il 
quale attribuiva al T.A.R. del Lazio la competenza esclusiva a pronunciare nel 
merito sulle domande di annullamento per motivi di legittimit� dei provvedimenti 
emanati nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5 della 
legge n. 225/1992 (7). L�art. 4, facendo salva la disposizione da ultimo citata, 
(7) La disciplina processuale introdotta dalla legge n. 21/2006 era stata fatta oggetto, da parte di 
numerosi giudici amministrativi, di molteplici dubbi di legittimit� costituzionale. Tuttavia la Corte Costituzionale 
con la sentenza n. 237 del 2007 aveva ritenuto che la devoluzione delle questioni indicate 
dall'art. 3, comma 2 bis, alla competenza inderogabile del T.A.R. del Lazio non fosse irragionevole. Secondo 
la Corte i provvedimenti adottati dagli organi governativi o dai commissari delegati per le emergenze 
dichiarate ai sensi dell'art. 5, quand'anche aventi efficacia territoriale circoscritta all'ambito di una 
sola Regione, sono, in quanto consequenziali a situazioni di emergenza dichiarate ai sensi di tale norma, 
non omogenei rispetto ai provvedimenti adottati - sempre per fronteggiare situazioni di emergenza dichiarate 
per� da organi esponenziali di enti territoriali regionali o sub regionali - da autorit� locali. Tuttavia 
in senso critico si veda CACCIAVILLANI C., Competenza inderogabile del T.A.R. del Lazio, translatio 
iudicii e garanzia del diritto di difesa - a margine della sentenza della Corte cost. n. 237 del 2007, in 
Giurisprudenza Costituzionale del 2007, pp. 2383 e ss. 
220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ne estende la portata a tutte le controversie relative alla complessiva azione di 
gestione dei rifiuti. 
La previsione viene espressamente motivata nelle premesse del decreto 
in esame attraverso il richiamo al mutamento giurisprudenziale intervenuto 
con la citata sentenza n. 27187/2007. Tale decisione trae spunto dalle affermazioni 
contenute nella sentenza n. 140 del 27 aprile 2007, con cui la Corte 
Costituzionale ha respinto le censure sollevate nei confronti della norma che 
assegnava alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie 
aventi ad oggetto una determinata categoria di procedure e di provvedimenti 
in materia di impianti di energia elettrica, nonch� le relative questioni 
risarcitorie. La Consulta ha precisato che non potrebbe sostenersi l'incostituzionalit� 
di tale disciplina invocando la natura fondamentale dei diritti coinvolti 
nelle controversie, posto che non consta �alcun principio o norma nel 
nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario � escludendone 
il giudice amministrativo � la tutela dei diritti costituzionalmente 
protetti�(8). 
Tenuto conto che la grave situazione in atto compromette innanzitutto i 
diritti fondamentali della popolazione locale (primo fra tutti quello alla salute) 
alla cui tutela sono finalizzate e funzionalizzate le disposizioni in materia di 
emergenza rifiuti, l�art. 4, in ossequio a quanto affermato nella pronuncia in 
rassegna, si preoccupa di precisare che la giurisdizione amministrativa esclusiva 
�si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente 
tutelati. Tale ulteriore inciso, se per un verso potrebbe apparire superfluo 
sulla base della riferita constatazione che la disciplina dei rifiuti impatta direttamente 
su diritti fondamentali, per un altro si � reso necessario alla luce 
del tradizionale orientamento della Cassazione, la quale, ragionando in termini 
di diritti incomprimibili, reputava riservate al giudice ordinario le controversie 
involgenti tali diritti. 
Giova ricordare che la pronuncia delle Sezioni Unite rappresenta il primo 
caso in cui ha trovato applicazione il nuovo terzo comma dell'art. 363 c.p.c., 
introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che consente di pronunciare d'ufficio 
il principio di diritto nell'interesse della legge. Infatti, la Corte ha ritenuto 
che la questione all'esame, relativa all'individuazione del giudice dinanzi al 
quale proporre la domanda volta ad inibire l'installazione e la messa in esercizio 
di una discarica di rifiuti, assumesse particolare importanza per il suo rilievo 
sociale in rapporto all'emergenza rifiuti della Campania. 
Le Sezioni Unite in quell'occasione hanno fatto applicazione del nuovo 
(8) Possono quindi, a buon diritto, essere riconosciuti alla giurisdizione amministrativa di legittimit� 
poteri idonei ad assicurare piena tutela, anche risarcitoria, per il danno asseritamente sofferto in 
violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell'illegittimo esercizio del potere pubblico da parte 
della pubblica amministrazione. V. PONTE D., cit., p. 113.
CONTENZIOSO NAZIONALE 221 
criterio di riparto della giurisdizione, introdotto dalla Corte costituzionale nelle 
ormai note sentenze n. 204 del 6 luglio 2004 e n. 191 dell'11 maggio 2006, 
fondato sull'esistenza o meno di esercizio di pubblico potere. 
In particolare, esse hanno affermato che le controversie relative alla installazione 
delle discariche di rifiuti spettano alla giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo, in quanto questioni afferenti la gestione del territorio 
nell'interesse dell'intera collettivit� nazionale e pertanto qualificate come �urbanistiche�, 
anche qualora sia denunciata una lesione di diritti fondamentali 
tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute o alla salubrit� ambientale. 
La pronuncia della Cassazione asserisce che la portata di tale regola si 
estende anche ai comportamenti materiali, qualora siano consequenziali ad 
atti amministrativi o comunque espressivi di un potere autoritativo di cui sia 
denunciata l'illegittimit�, fino a che non degradino a comportamenti �di mero 
fatto�. Spetta allo stesso giudice amministrativo adottare, se ne ricorrono le 
condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare provvisoriamente gli effetti 
della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente 
risarcitorie dei soggetti che deducano di essere danneggiati da tali comportamenti 
materiali o dai provvedimenti autoritativi finalizzati 
all�installazione delle discariche. 
Pur ispirandosi ai principi sanciti dalla pronuncia all'esame, l'art. 4 � stato 
oggetto di dibattito sin dall'emanazione del decreto: il tenore testuale della disposizione 
sembra infatti non ammettere quella distinzione tra comportamenti 
della p.a. collegati all'esercizio di un pubblico potere e comportamenti posti 
in essere in via di mero fatto, la quale costituisce ormai un punto fermo per il 
riparto della giurisdizione tra giudice amministrativo, nel primo caso, e giudice 
ordinario, nel secondo (9). Gi� in sede di discussione del progetto di legge di 
conversione del decreto erano state effettuate diverse sollecitazioni a valutare 
l'opportunit� di una precisazione nei termini riferiti, in linea con la giurisprudenza 
costituzionale e della Cassazione in tema di riparto (10). Tuttavia la 
legge di conversione non reca alcuna specificazione in tal senso. 
3. L�interpretazione dell�art. 4 da parte dei giudici penali 
Una prima lettura dell�art. 4 � stata offerta dagli organi della giurisdizione 
penale. Si tratta evidentemente di una giurisdizione diversa da quella amministrativa, 
cui la norma � destinata. Il richiamo operato alla stessa � stato quindi 
volto esclusivamente a dare attuazione all�art. 3 del decreto. Tale ultima disposizione, 
al fine di semplificare la trattazione e garantire nel contempo un 
(9) Cfr. GUARNIER T., Il riparto di giurisdizione ai confini dell�interpretazione conforme: il caso 
dell�emergenza rifiuti campana al cospetto del T.A.R. Lazio, in www.federalismi.it. 
(10) Si vedano i Progetti di legge n. 1145 della Camera e A.S. n. 832 del Senato.
222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
pi� efficace coordinamento delle attivit� investigative e di indagine, introduce 
deroghe alla competenza territoriale dell'Autorit� giudiziaria. In particolare, 
�nei procedimenti relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione 
dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonch� 
a quelli ad essi connessi a norma dell'art. 12 del codice di procedura penale, 
attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all'articolo 2 del 
presente decreto�, esso attribuisce la competenza alla direzione distrettuale 
antimafia di Napoli, nella persona del procuratore della Repubblica e le funzioni 
di giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare a magistrati 
del Tribunale di Napoli (11). 
La Corte di Cassazione � stata chiamata a chiarire se nella competenza 
speciale della Procura di Napoli dovessero rientrare esclusivamente i reati connessi 
alla gestione dei rifiuti o anche quelli che, pur se di natura ambientale, 
risultavano del tutto estranei alla situazione emergenziale (12). 
La Suprema Corte, in pi� di un�occasione, con articolata motivazione ha 
affermato che l�art. 3, derogando al sistema del codice di rito, � norma eccezionale 
e come tale esige un�interpretazione restrittiva. La conferma ad una 
siffatta interpretazione � stata tratta proprio dall'art. 4, che, come diffusamente 
illustrato, sancisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo limitatamente 
alle controversie �comunque attinenti (...) alla complessiva azione 
di gestione dei rifiuti� (Cassazione penale, Sezione I, n. 44363 del 27 novembre 
2008, n. 48160 del 24 dicembre 2008 e n. 2470 del 21 gennaio 2009). 
Il riferimento presente in entrambe le norme all��azione di gestione dei 
rifiuti� � stato infatti letto dalla giurisprudenza di legittimit� come dimostrazione 
dello specifico intento del legislatore di attribuire agli organi della giurisdizione 
amministrativa una competenza speculare a quella degli organi della 
giurisdizione penale, ovviamente in materie diverse. 
La lettura simmetrica delle due disposizioni offerta dalla Corte sembra 
cogliere nel segno e risulta particolarmente efficace, anche in considerazione 
della consimile previsione legislativa in tema di misure cautelari nelle due differenti 
giurisdizioni. Infatti, il secondo comma dell'art. 4, con disposizione di 
natura transitoria, introduce una procedura di conferma o di convalida da parte 
del giudice amministrativo delle misure cautelari eventualmente adottate da 
(11) L'articolo in parola, al fine di potenziare gli uffici giudiziari di Napoli, prevede, inoltre, la 
possibilit� di adottare idonee misure di redistribuzione dei magistrati in servizio e di riallocazione del 
personale amministrativo. 
(12) Al fine di superare alcune perplessit� che erano state evidenziate subito dopo l�entrata in vigore 
del decreto legge, in sede di conversione sono state apportate modifiche alla disposizione sulla 
competenza in materia penale tendenti a delimitare la formula �nei procedimenti relativi ai reati riferiti 
alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, connessi a norma 
dell�art. 12 c.p.p.� con la specificazione �attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui 
all'articolo 2 del presente decreto�. Tuttavia ci� non � bastato a sciogliere i dubbi dei giudici di merito.
CONTENZIOSO NAZIONALE 223 
un'autorit� giudiziaria diversa, nel termine perentorio di trenta giorni dall'entrata 
in vigore del decreto. Simmetricamente, il sesto comma dell�art. 3 stabilisce 
che tutte le misure cautelari eventualmente disposte prima della data di 
entrata in vigore del decreto, o convalidate da giudice diverso da quello collegiale 
presso il Tribunale di Napoli, cui la legge attribuisce la competenza a 
decidere in merito, cessano di avere effetto se entro venti giorni dalla trasmissione 
degli atti il giudice competente non provvede a norma degli artt. 292, 
317 e 321 c.p.p.. 
Le pronunce della Cassazione penale in rassegna rinvengono quindi una 
ratio ispiratrice comune nelle disposizioni derogatorie e al rito amministrativo 
e al rito penale, che le induce ad includere nella giurisdizione speciale tutto e 
solo ci� che attiene all�attivit� di gestione dei rifiuti. In tal modo esse si rivelano 
in perfetta sintonia (ed anzi anticipano) l�interpretazione da ultimo affermatasi 
nella giurisprudenza amministrativa, che ha ricondotto alla propria 
giurisdizione tutto ci� che attiene alla complessa attivit� amministrativa specificamente 
finalizzata alla risoluzione dell�emergenza in atto. 
Avv. Luca Ventrella e Dott.ssa Margherita Sitongia* 
Cassazione Civile, Sezioni Unite, sentenza 28 dicembre 2007 n. 27187 - Pres. Carbone, 
Rel. Forte - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario Straordinario del Governo 
per l�emergenza rifiuti in Campania (Avv. dello Stato G. Aiello) c/ Comune di Serre (Avv.ti 
Borriello e Falce) e altri. 
(...Omissis...) 
2.1. Pregiudiziale � la questione dell'ammissibilit� del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., 
per la cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, dell'ordinanza 
collegiale del Tribunale di Salerno, che ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento 
urgente (�) emesso ai sensi dell'art. 700 c.p.c.. 
(...Omissis...) il ricorso straordinario per cassazione deve dichiararsi inammissibile in tutti i 
suoi motivi, non avendo il provvedimento impugnato stabilit� oggettiva e non potendo fare 
"stato" tra le parti e i loro aventi causa un accertamento in esso eventualmente contenuto, rispetto 
alla cui efficacia pu� incidere una qualsiasi pronuncia di altro Giudice, anche soggetta 
ad impugnazione, con la negazione della concreta esistenza del diritto a cautela del quale esso 
� stato emesso. 
(...Omissis...) 
Nella fattispecie, alle Amministrazioni ricorrenti potrebbe riconoscersi un interesse a chiedere 
sin da questo momento e prima dell'inizio della causa di merito da una delle parti della pro- 
(*) Luca Ventrella, avvocato dello Stato. 
Margherita Sitongia, dottore in giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura 
dello Stato.
224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
cedura cautelare, la individuazione in via definitiva del giudice dinanzi al quale proporre la 
domanda fondata sul preteso diritto cautelato (�). 
(...Omissis...) non � dubitabile che questa Corte a Sezioni unite (�) ai sensi dell'art. 374 c.p.c., 
comma 1, possano esercitare d'ufficio il loro potere discrezionale di pronunciare il principio 
di diritto applicabile nella vicenda processuale come ad esse prospettata dai soggetti il cui ricorso 
sia stato ritenuto precluso. 
(...Omissis...) 
[Il] rilievo anche sociale e di fatto della questione di massima di particolare importanza emerge 
sicuro, in rapporto all'emergenza "rifiuti" della Campania e si connette all'interesse giuridico 
dei problemi collegati all'esercizio dei poteri amministrativi, con atti e comportamenti delle 
autorit�, che hanno rilievo anche in rapporto ai diritti incomprimibili dei privati e agli interessi 
diffusi di varie categorie di cittadini. 
L'inibitoria dell'attivit� materiale, potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei cittadini di 
Serre e ad un ambiente igienicamente sicuro (�), si fonda sul presupposto che, sui diritti fondamentali 
protetti dalla Costituzione, come quello alla salute in concreto nel caso cautelato, 
in quanto gli stessi non sono degradabili ad interessi legittimi, la P.A. agirebbe sempre in carenza 
assoluta di potere e quindi i comportamenti di essa dovrebbero sempre ritenersi non 
fondati sull'esercizio di un potere e valutarsi come attivit� materiali e di mero fatto, riservate 
alla esclusiva cognizione del giudice ordinario. 
Tale tesi � infondata e non conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale distingue 
sempre tra i comportamenti materiali, che esprimono l'esercizio di un potere amministrativo 
e sono collegati comunque ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato, 
da quelli di mero fatto, riservando quindi soltanto i primi alla cognizione dei giudici amministrativi, 
nella materie riservate alla giurisdizione esclusiva di questi ultimi (�). 
Effettivamente, prima della devoluzione alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi 
di alcune materie (�), proprio in materia di discariche di rifiuti urbani, questa Corte aveva 
riservato al Giudice ordinario ogni controversia in materia di danno alla salute, che dalla collocazione 
nel territorio di tali infrastrutture poteva derivare (�). 
Successivamente al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, 
n. 205, non vi � invece ragione per denegare la cognizione dei Giudici amministrativi allorch�, 
in materia di giurisdizione esclusiva, vi sia una controversia avente ad oggetto comportamenti 
materiali che siano effetto di atti della P.A. o espressione di poteri di questa e ledano diritti, 
anche se fondamentali e tutelati dalla costituzione, perch� comunque resta ferma la cognizione 
giurisdizionale dei Giudici amministrativi, sulla base di quanto chiarito anche dalle sentenze 
della C. Cost. 28 aprile 2004 n. 204, 8 marzo 2006 n. 191, in rapporto alla lettura della parola 
"comportamenti", di cui al D.Lgs. sopra richiamato, art. 34, comma 1. 
In tale senso del resto � lo stesso dettato normativo della L. n. 205 del 2000, art. 3, che ha 
modificato la L. n. 1034 del 1971, art. 21, espressamente prevedendo una tutela cautelare nel 
corso del processo dinanzi ai giudici amministrativi, assimilabile a quella di cui all'art. 700 
c.p.c. 
(...Omissis...) 
[Secondo tale norma] "la concessione o il diniego della misura cautelare non pu� essere subordinata 
a cauzione quando la concessione o il diniego della misura cautelare attenga ad interessi 
essenziali della persona quali il diritto alla salute, all'integrit�, dell'ambiente, ovvero 
ad altri beni di primario rilievo costituzionale", cos� evidenziando che anche il giudice amministrativo 
ha piena cognizione di essi, quando si verta in una controversia riservata alla sua
CONTENZIOSO NAZIONALE 225 
giurisdizione esclusiva (�). 
(...Omissis...) 
5.3. Pertanto (�) deve pronunciarsi, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., comma 3, il seguente principio 
di diritto: "Anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla costituzione, quali il diritto 
alla salute (art. 32 Cost.), allorch� la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento 
materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata 
l'illegittimit�, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei Giudici amministrativi, 
come ad es. in quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva 
delle relative controversie e circa la sussistenza in concreto dei diritti vantati e il contemperamento 
o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente 
salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente 
gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente 
risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti" 
(...Omissis...) 
Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 24 dicembre 2008 n. 48160 - Pres. Chieffi, Rel. 
Cassano - Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di GIP 
Tribunale Santa Maria Capua Vetere. 
(...Omissis...) 
2. Il 23 maggio 2008 il Presidente della Repubblica ha firmato il D.L. 23 maggio 2008, n. 90, 
recante "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei 
rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile"(�). 
(...Omissis...) 
Non meno importante, nell'ottica emergenziale fondante la decretazione d'urgenza, � stata la 
valutazione degli esiti dei molteplici procedimenti giudiziali, evidenzianti il coinvolgimento 
della criminalit� organizzata nelle attivit� di gestione dei rifiuti nella regione Campania. Per 
tale motivo, sono state inserite nel testo di legge governativo alcune disposizioni "eccezionali" 
(art. 3) (�). 
( ...Omissis...) 
Al fine di semplificarne la trattazione e garantire nel contempo un pi� efficace coordinamento 
delle attivit� investigative e di indagine durante lo stato emergenziale (ossia, sino al 31 dicembre 
2009), il decreto ha introdotto (art. 3) deroghe alla competenza territoriale dell'Autorit� 
giudiziaria "nei procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia 
ambientale nella regione Campania, nonch� a quelli ad essi connessi a norma dell'art. 
12 c.p.p. 
(...Omissis...) 
3. Il citato decreto legge � stato modificato, in sede di conversione, dalla L. 14 luglio 2008, 
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008, entrata in vigore il giorno successivo 
a quello della sua pubblicazione, ossia il 17 luglio 2008. 
(...Omissis...) 
Si tratta, infatti, di stabilire se la limitazione della nuova competenza funzionale collegiale 
"distrettuale", con riguardo ai reati ambientali, a "quelli attinenti alle attribuzioni del Sotto-
226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
segretario di Stato, di cui all'art. 2 del presente decreto" si riferisca ai soli reati connessi ovvero 
abbia una valenza pi� ampia e serva ad esplicitare l'ambito della competenza dell'AG regionale. 
L'analisi della disciplina fondata sulla ricostruzione della voluntas legis e della occasio legis 
e sulla interpretazione letterale e logico-sistematica delle nuove disposizioni, quali risultano 
a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto legge, portano a ritenere 
che non solo con riferimento ai reati connessi, ma anche con riguardo ai reati principali, il legislatore 
abbia voluto attribuire al gip e al Tribunale collegiale regionale soltanto i reati riferiti 
alla gestione dei rifiuti e aventi attinenza con le attribuzioni del Sottosegretario di Stato, compresi 
ovviamente i nuovi reati introdotti dal D.L. n. 90 del 2008, art. 2, per i quali la concentrazione 
in capo ad un unico ufficio di Procura e di Tribunale � finalizzato ad assicurare la 
celerit� e la omogeneit� degli interventi in relazione all'emergenza rifiuti nella Regione Campania. 
Una conclusione del genere � avvalorata dalla ricostruzione della natura della norma. Si tratta, 
infatti, all'evidenza di una disposizione "eccezionale", come comprovato non solo dall'espresso 
tenore dell'art. 3, ma anche dalla introduzione, in deroga al sistema del codice di rito, di un 
giudice collegiale competente per le misure cautelari personali e reali; in quanto tale essa deve 
essere interpretata restrittivamente. Del resto sarebbe illogico e contrario alla ratio della legge 
ritenere che il legislatore, dichiaratamente intervenuto in maniera mirata, come si evince dal 
preambolo al decreto legge, per risolvere un problema specifico e urgente nel settore dello 
smaltimento dei rifiuti in Campania, abbia voluto concentrare nell'organo giurisdizionale di 
nuova istituzione qualsiasi violazione in materia ambientale priva di qualsiasi obiettivo collegamento 
con la predetta emergenza. 
(...Omissis...) 
Un'ulteriore conferma a tale interpretazione restrittiva dell'art. 3 pu� essere tratta dall'art. 4, 
che amplia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo limitatamente alle controversie 
�comunque attinenti ...alla complessiva azione di gestione dei rifiuti...�. 
(...Omissis...) 
Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 27 novembre 2008 n. 44363 - Pres. Chieffi, Rel. 
Piraccini - Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di GIP 
Tribunale Santa Maria Capua Vetere. 
(Omissis) 
Cassazione Penale, Sezione I, sentenza 21 gennaio 2009 n. 2470 - Pres. Chieffi, Rel. Bonito 
- Sul conflitto di competenza sollevato da Tribunale di Napoli nei confronti di Tribunale di 
Torre Annunziata. 
(...Omissis...) 
Non vi � dubbio che la modifica dell'art. 3 in sede di conversione in legge � stata dettata dalla 
esigenza di contenere la infelice formulazione del testo iniziale del decreto legge con riferi-
CONTENZIOSO NAZIONALE 227 
mento ai reati connessi (�) la disposizione che ne � seguita (�) porta a ritenere che la limitazione 
ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti sia insita nella legge anche con riguardo ai reati 
principali. 
(...Omissis...) 
Tale interpretazione � confortata dal rilievo che si tratta di norma eccezionale, perch� introduce 
la figura del GIP e del GUP regionali, addirittura in composizione collegiale come GIP per le 
misure cautelari personali e reali, che non esistevano in precedenza nel nostro ordinamento e 
per cui la interpretazione deve essere restrittiva. 
(...Omissis...) 
Anche con riguardo al giudice amministrativo, di cui � stata ampliata con la stessa legge la 
giurisdizione esclusiva (art. 4), la competenza � stata limitata alle controversie comunque attinenti 
alla gestione dei rifiuti, con ci� confermando lo specifico intento del legislatore di attribuire 
anche agli organi della giurisdizione amministrativa una competenza speculare a 
quella degli organi della giurisdizione penale, ovviamente in materie diverse. Ci� posto, si ritiene 
che la competenza attribuita agli organi di cui all'art. 3 sia limitata, come recita anche il 
titolo di tale articolo, "ai procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania" 
che sono poi quelli attinenti alle specifiche attribuzione del Sottosegretario di Stato. 
(...Omissis...)
228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La giurisdizione in materia di gestione dei 
rifiuti nel contesto emergenziale in Campania 
Evoluzione della giurisprudenza amministrativa e recenti arresti 
(Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1653; 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 1655; 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 1 aprile 2009 n. 3482; 
Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 30 settembre 2008 n. 5260; Consiglio di Stato, 
Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n.1845; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 
2009 n. 1846; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1847; Consiglio di 
Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1849; Tribunale Amministrativo Regionale del 
Lazio, Sezione I, sentenza 13 marzo 2009 n. 2537; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 
18 giugno 2009 n. 3990) 
1. La prima esegesi in senso restrittivo 
Come � noto, con d.l. 28 maggio 2008 n. 90, il Governo ha emanato �Misure 
straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento 
dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile� 
(1). Con l�art. 4 del suddetto decreto, in punto di tutela giurisdizionale, � stato 
previsto che: �sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti 
alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere 
con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa 
equiparati. La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie 
relative a diritti costituzionalmente tutelati�. 
Nella concreta applicazione della disposizione in rassegna da parte dei 
giudici amministrativi si � in un primo momento assistito all�affermarsi di 
un�interpretazione piuttosto restrittiva, forse anche dovuta ad una certa preoccupazione 
per la vastit� del contenzioso legato al contesto emergenziale campano. 
Con un�ultima sentenza, per�, il Consiglio di Stato sembra aver preso 
posizione a favore di una lettura maggiormente estensiva della norma stessa, 
con un revirement che suscita particolare interesse, soprattutto in vista degli ulteriori 
possibili sviluppi di una materia ancora in divenire. 
Nel tentativo di offrire una panoramica, per quanto incompleta, dello �stato 
dell�arte� in tale materia, si proceder� qui di seguito ad esaminare partitamene 
le due correnti interpretative. 
(1) Pubblicato sulla G.U. n. 120 del 23 maggio 2008, entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione 
e successivamente convertito con legge 14 luglio 2008, n. 123, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 
n. 165 del 16 luglio 2008 ed entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
CONTENZIOSO NAZIONALE 229 
Il primo gruppo di sentenze che merita di essere esaminato quale espressione 
di un orientamento teso a restringere l'ambito della giurisdizione esclusiva 
in materia di rifiuti, attiene alla competenza del giudice amministrativo a pronunciarsi 
in ordine ai debiti degli enti locali nei confronti degli organi di gestione 
dell'emergenza rifiuti campana. Il decreto legge 90/2008 prevedeva il 
commissariamento dei comuni che non avessero garantito l'attuazione sistematica 
della raccolta differenziata, disponendo, in particolare, la soppressione dei 
vecchi Consorzi di Bacino e la loro fusione in un unico Consorzio, con il compito 
di verificare la sussistenza di eventuali debiti dei comuni campani nei confronti 
dei Consorzi soppressi e di nominare commissari ad acta in caso di 
inadempimento. 
Il T.A.R. Lazio, I Sezione, con sentenze nn. 1653 e 1655 del 18 febbraio 
2009, relative all'impugnazione da parte di alcuni comuni campani della nomina 
dei commissari suddetti, nonch� della presupposta previsione di cui all'ordinanza 
del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3686 del 1� luglio 2008, come 
modificata dalla successiva ordinanza n. 3693 del 16 luglio 2008, ha negato la 
propria giurisdizione con riferimento alla domanda circa l'effettiva sussistenza 
della posizione debitoria delle amministrazioni comunali. 
La successiva sentenza n. 3482 del 1� aprile 2009 riguardava invece la 
contestazione da parte di un diverso comune degli atti con cui l'amministrazione 
straordinaria per l'emergenza rifiuti aveva operato una trattenuta sui trasferimenti 
erariali a fronte di un debito per il servizio di smaltimento dei rifiuti preventivamente 
accertato, sul presupposto che si sarebbe invece dovuto procedere 
ad una compensazione legale integrale tra detto debito ed il credito vantato a 
titolo di ristoro ambientale. Anche in questo caso il T.A.R. ha escluso la propria 
giurisdizione ritenendo che nella sostanza la richiesta avesse ad oggetto l'accertamento 
del diritto soggettivo alla predetta compensazione. 
Nelle suddette decisioni il giudice amministrativo, con la medesima motivazione, 
ha affermato che, in ossequio ad un'interpretazione conforme ai principi 
espressi dalle sentenze della Corte costituzionale n. 204/2004 e 191/2006, 
l'art. 4 in epigrafe attiene a situazioni che comportano l'esercizio di un pubblico 
potere, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa laddove 
l'azione sia tesa esclusivamente ad accertare la sussistenza o meno di diritti patrimoniali, 
senza incidere sull'azione amministrativa di gestione dei rifiuti (2). 
In particolare, il Tribunale ha richiamato ex professo i passaggi salienti della 
(2) � stato, comunque, rilevato che il T.A.R. non ha preso debitamente in considerazione l'ipotesi che 
la disciplina fosse intenzionalmente derogatoria del criterio di riparto comune, in ragione della peculiarit� 
della fattispecie e dello stesso contesto emergenziale, idoneo di per s� a richiedere l'attribuzione ad un unico 
giudice di tutte le controversie in materia, al fine di garantirne la specializzazione e la celerit� e per consentire 
il facile reperimento del foro competente da parte del privato cittadino. GUARNIER T., Il riparto di giurisdizione 
ai confini dell�interpretazione conforme: il caso dell�emergenza rifiuti campana al cospetto del T.A.R. 
Lazio, in www.federalismi.it.
230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
storica sentenza (3) in cui la Consulta afferma che l'art. 103 Cost. non intende 
conferire al legislatore ordinario un'assoluta ed incondizionata discrezionalit� 
nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione 
esclusiva. Per contro, tale discrezionalit� � limitata a materie �particolari�, 
necessariamente contrassegnate dalla circostanza che 
l'amministrazione pubblica, anche attraverso meri comportamenti, agisca comunque 
esercitando un potere, con la conseguenza che la sola partecipazione 
dell'amministrazione al giudizio o la presenza di un qualsivoglia interesse pubblico 
nella controversia non sono idonei a radicare la giurisdizione amministrativa. 
Il T.A.R. richiama altres� la sentenza n. 191/2006 (4), con la quale la Corte 
costituzionale � intervenuta a chiarire ulteriormente l'indicato criterio di riparto, 
distinguendo a seconda che i comportamenti dell'autorit� siano espressione 
di un pubblico potere, seppure illegittimamente esercitato, ovvero non 
siano l'effetto, neppure indiretto, di pubbliche determinazioni. 
Lo stesso T.A.R. ha quindi ritenuto che la fattispecie all'esame non comportasse 
affatto esercizio di poteri pubblici, afferendo invece a rapporti obbligatori 
derivanti da pattuizioni a carattere negoziale intercorse tra le parti per 
regolamentare la gestione dei rifiuti. Essa, in quanto relativa all'an o al quantum 
della pretesa patrimoniale fatta valere, � stata quindi qualificata dal Tribunale 
come meramente privatistica e perci� totalmente estranea all'ambito 
della propria giurisdizione. 
In definitiva, tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee 
all'esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti sarebbero 
attratte dalla giurisdizione del giudice ordinario, bench� la fonte del rapporto 
obbligatorio controverso intenda regolamentare, anche da un punto di vista 
patrimoniale, la gestione dei rifiuti. 
In termini sostanzialmente analoghi si � espressa la V Sezione del Consiglio 
di Stato, con ordinanza del 30 settembre 2008 n. 5260, concernente l'impugnazione 
del rigetto della domanda cautelare proposta dinanzi al T.A.R. 
(3) Con essa la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimit�, tra gli altri, dell'art. 34 del d.lgs. 
31 marzo 1998, n. 80, riscritto dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevedeva 
che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per 
oggetto �gli atti, i provvedimenti e i comportamenti� anzich� �gli atti e i provvedimenti� delle pubbliche 
amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati. In proposito, SANDULLI M. A., Un passo avanti e 
uno indietro: il giudice amministrativo � un giudice pieno, ma non pu� giudicare dei diritti (nota a margine 
di Corte Cost. n. 204 del 2004), in Rivista giuridica dell�edilizia, 2004, p. 1230 e ss. 
(4) Il giudice delle leggi, con tale sentenza, ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 53 
D.P.R. n. 327 del 2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
le controversie relative a �i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad 
esse equiparati�, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all'esercizio 
di un potere pubblico. Si veda SANDULLI M. A., Riparto di giurisdizione atto secondo: la Corte costituzionale 
fa chiarezza sugli effetti della sentenza 204 in tema di comportamenti acquisitivi, in www.federalismi.
it.
CONTENZIOSO NAZIONALE 231 
Lazio per il mancato pagamento di fatture relative allo svolgimento del servizio 
di smaltimento rifiuti. Il provvedimento in parola ha affermato l'estraneit� 
alla giurisdizione amministrativa della domanda di accertamento di un diritto 
soggettivo e di condanna al pagamento di somme di denaro dovute in virt� di 
apposita convenzione, ribadendo la necessit� di un'interpretazione dell'art. 4 
conforme ai principi sanciti dalla Corte costituzionale. 
La IV Sezione del Consiglio di Stato � stata poi chiamata a pronunciarsi 
sul diniego di assunzione di ex dipendenti delle societ� gi� affidatarie del servizio 
di smaltimento rifiuti da parte dell'amministrazione straordinaria deputata 
dal decreto a fronteggiare l'emergenza. Le sentenze nn. 1845, 1846, 1847 e 
1849 del 27 marzo 2009, hanno considerato non rientrare nella giurisdizione 
esclusiva le controversie attinenti la provvista del personale dei soggetti pubblici 
adibiti alla gestione dei rifiuti, nella ritenuta applicazione alla questione 
degli ordinari canoni di riparto. La nozione di gestione dei rifiuti, nell'opinione 
del Supremo Consesso, si ricava dal disposto degli articoli 177 e seguenti del 
d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante �Norme in materia ambientale�, e non include 
gli strumenti di provvista di risorse umane e materiali, i quali, di conseguenza, 
restano al di fuori della giurisdizione amministrativa esclusiva. Seppur 
sulla base di una diversa argomentazione, i giudici di ultima istanza pervengono 
quindi alla medesima conclusione gi� accolta dal T.A.R. Lazio, Sezione 
I, con sentenze nn. 10079/2008, 10093/2008, 10102/2008 e 10092/2008 (5). 
2. La lectio lata sancita dal Consiglio di Stato 
Come si � anticipato, contrariamente ad un orientamento che sembrava 
andar consolidando la stretta esegesi fin qui esaminata, di recente la giurisprudenza 
amministrativa ha accolto un�interpretazione pi� ampia della norma in 
rassegna. 
Peraltro, gi� con la sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. I, n. 2537 del 13 marzo 
2009, era stata disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata ai sensi 
dell'art. 4. In particolare, la controversia riguardava l'impugnazione di alcune 
note del Capo della Missione Tecnico Operativa del Sottosegretario di Stato, 
le quali avevano disposto la restituzione alle societ� ex affidatarie del servizio 
di smaltimento dei rifiuti di beni e cespiti precedentemente presi in consegna 
ai sensi dell'art. 2 dell'O.P.C.M. n. 3693/2008. In quell�occasione il T.A.R. ha 
motivato la sussistenza della propria giurisdizione sulla sola base della natura 
(5) Il T.A.R. aveva negato la propria giurisdizione sul presupposto che il comma 4 dell'art. 63 del 
d.lgs. 165/2001 � che ha attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia 
di procedure concorsuali per l'assunzione di pubblici dipendenti � si riferisce al solo reclutamento basato 
sullo svolgimento di una procedura concorsuale, restando invece riservata alla giurisdizione ordinaria 
la cognizione di tutte le controversie che, come nei casi de quibus, prescindano dallo svolgimento di 
procedure a carattere selettivo.
232 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
palesemente provvedimentale delle note impugnate, considerando il giudizio 
di non funzionalit� al servizio di smaltimento rifiuti dei beni restituiti, come 
necessariamente comportante l�esercizio di un potere discrezionale, senza tuttavia 
menzionare espressamente l�art. 4 invocato dalla difesa erariale. 
Pi� netto appare l'ampliamento dell'ambito della giurisdizione amministrativa 
operato dal Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 3990 del 18 
giugno 2009, sul giudizio d'appello instaurato nei confronti della sentenza n. 
3482/2009 surriferita, con cui il T.A.R. aveva riconosciuto che le controversie 
afferenti all'an o al quantum di una pretesa patrimoniale, esulando completamente 
dal possibile esercizio di un potere autoritativo, fossero da ricondurre 
alla giurisdizione del giudice ordinario. 
Nella citata decisione il Consiglio di Stato ha ancora una volta richiamato 
il d.lgs. n. 152/2006 in materia ambientale, ritenendo che la nozione di gestione 
dei rifiuti contenuta nell�art. 4 vada ricavata dall�art. 183, comma 1, lettera d), 
del suddetto decreto, che la definisce come �la raccolta, il trasporto, il recupero 
e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, 
nonch� il controllo delle discariche dopo la chiusura�. Lo stesso giudice di 
secondo grado ha tuttavia messo in luce come il testo normativo, al fine specifico 
di delimitare la giurisdizione, ampli tale concetto introducendo determinati 
elementi estensivi rappresentati dal richiamo espresso alla �complessiva 
azione di gestione dei rifiuti�, ai �comportamenti dell'amministrazione pubblica 
o dei soggetti alla stessa equiparati� e finanche ai �diritti costituzionalmente 
tutelati�. 
Il Consiglio di Stato ha poi richiamato la necessit�, peraltro gi� prospettata 
da tutte le precedenti sentenze in materia, di un�interpretazione conforme all�art. 
103 Cost. della disposizione applicata, in particolare soggiungendo che 
possono rientrate nell�ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva nel 
settore dei rifiuti unicamente le �questioni strettamente connesse con l'azione 
gestionale�. 
Fin qui il Supremo Consesso sembrerebbe ancora propendere per un�esegesi 
restrittiva, anche in virt� del richiamo ad un proprio precedente in tal 
senso (6), ingenerando quindi nel lettore l�aspettativa di una conclusione conforme. 
Lo stesso Collegio, considerando che la fattispecie esaminata in primo 
grado dal T.A.R. atteneva alla regolazione delle poste economiche sottostanti 
allo svolgimento delle attivit� di gestione dei rifiuti, ha proceduto a riqualificare 
la stessa, non gi� come inerente �situazioni obbligatorie derivanti da pattuizioni 
di tipo negoziale intervenute tra le parti�, bens� come �rapporti di 
debito e credito il cui ammontare [era] direttamente ricavabile, senza esercizio 
di poteri autoritativi ma unicamente con calcoli matematici, dall'applicazione 
(6) Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1849 del 27 marzo 2009, cit.
CONTENZIOSO NAZIONALE 233 
delle normative che li [avevano] quantificati�. 
Le normative cui si fa riferimento sono costituite da ordinanze del Presidente 
del Consiglio dei Ministri. � peraltro discussa la natura provvedimentale 
o normativa di tali ordinanze. La conclusione cui giungono i giudici sembra 
aderire alla posizione che riconosce loro contenuto normativo (7). Una siffatta 
posizione trova fondamento nella circostanza che tali atti, oltre ad avere carattere 
generale ed astratto, hanno valenza innovativa dell'ordinamento in 
quanto, ai sensi dell'art. 5 l. 225/1992, possono prevedere disposizioni che 
l'amministrazione ritiene utili per fronteggiare l'evento emergenziale, finanche 
prevedendo deroghe ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali 
dell'ordinamento giuridico. 
Gi� con ordinanza n. 2407 del 12 maggio 2009 la IV Sezione del Consiglio 
di Stato aveva dato per presupposta la natura normativa delle suddette ordinanze 
ed aveva accolto l'istanza cautelare avanzata dalla difesa erariale 
�tenuto conto della natura delle ordinanze emesse ai sensi della legge n. 
225/92 e del contenuto e delle finalit� perseguite dalla legislazione emergenziale 
per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania� (in termini sostanzialmente 
analoghi l'ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2316 
dell'8 maggio 2009). 
Anche laddove afferma che l�ammontare delle poste economiche controverse 
sia direttamente ricavabile dall�applicazione delle O.P.C.M., il Supremo 
Organo di giustizia amministrativa, deducendo dall�assunta natura normativa 
delle stesse ordinanze l�assenza nel caso di specie di esercizio di poteri autoritativi, 
sembrerebbe propendere per la tesi della giurisdizione ordinaria. 
Ci� nonostante, nel sesto capoverso della pronuncia si palesa una subitanea 
cesura nell�argomentazione dei giudici. L�attenzione si sposta infatti su 
un diverso aspetto della fattispecie esaminata, ossia quello dell�esistenza di 
un �rapporto di connessione tra elemento gestionale e consequenziale regolazione 
dei rapporti economici sottostanti� cos� evidente da radicare necessariamente 
la giurisdizione esclusiva. Le obbligazioni avrebbero trovato infatti 
la loro fonte in attivit� contemplate nel Testo Unico ambientale e la quantificazione 
delle relative spettanze sarebbe avvenuta sulla scorta di parametri integralmente 
predeterminati dalle O.P.C.M.. 
Avrebbe forse meritato una spiegazione pi� approfondita l�esistenza nel 
caso di specie di quel rapporto di connessione ritenuto sufficiente a ricondurre 
la controversia all�ambito della �complessiva azione di gestione�. Sarebbe 
stato inoltre opportuno da parte del Consiglio di Stato fornire un�esemplifica- 
(7) Gran parte della dottrina considera le ordinanze amministrative di �emergenza� come una 
fonte di diritto a s� stante, connotata dall'efficacia circoscritta nel tempo e nel territorio e insuscettibile 
di applicazione analogica. Gi� CRISAFULLI V., Ordinanze di necessit�, interpretazione della Corte e sindacato 
del giudice comune, in Giurisprudenza italiana, 1956, p. 863 e ss.
234 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
zione dei casi in cui tale rapporto ricorre, anche in considerazione del fatto 
che il Collegio ha rinviato ad un proprio precedente in cui, nel negare la sua 
giurisdizione, non aveva dato conto della sussistenza o meno di un siffatto 
rapporto di connessione, senza mettere debitamente in luce le differenze tra 
le due fattispecie. 
� da rilevare, inoltre, che il richiamo operato dal Consiglio di Stato all�assenza 
di esercizio di poteri autoritativi nel caso dell�applicazione delle 
O.P.C.M., piuttosto che avvalorare la tesi della riconduzione della fattispecie 
alla giurisdizione esclusiva, sembra introdurre ulteriori elementi di confusione. 
Invero, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, in tutte le questioni 
attinenti ad attivit� della pubblica amministrazione non comportanti esplicazione 
della funzione di amministrazione attiva non pu� radicarsi la giurisdizione 
amministrativa esclusiva. 
La decisione, seppur carente di un rigoroso ordine deduttivo nell�argomentare 
e non completamente persuasiva nella sua laconicit�, afferma comunque 
la natura tendenzialmente onnicomprensiva della competenza 
giurisdizionale voluta dal legislatore, con una soluzione che potrebbe presentare 
almeno il pregio di conformarsi maggiormente alla lettera della norma ed 
alla sua ratio ispiratrice. 
In conclusione, giova dar conto che sono pendenti alcuni ricorsi per regolamento 
di giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, i quali, riproponendo 
l�interpretazione restrittiva dell�art. 4, sono tesi a far dichiarare la 
giurisdizione ordinaria su pretese afferenti esclusivamente vicende contrattuali 
o meri comportamenti dell�Amministrazione. 
La questione � attualmente al vaglio delle Sezioni Unite. 
Avv. Luca Ventrella e Dott.ssa Laura Zoppo* 
(*) Luca Ventrella, avvocato dello Stato. 
Laura Zoppo, dottore in giurisprudenza, ha svolto la pratica forense presso l�Avvocatura dello 
Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 235 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 
1653 � Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Arienzo (Avv. Balletta) c/ Presidenza 
del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. dello Stato Ventrella) 
e Consorzio Unico di Bacino delle Province di Napoli e Caserta (Avv. Labruna). 
(Omissis) 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 18 febbraio 2009 n. 
1655 � Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Recale (Avv. Adinolfi) c/ Presidenza 
del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile (Avv. dello Stato Ventrella). 
(Omissis) 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza 1� aprile 2009 n. 3482 
� Pres. Giovannini, Rel. Caponigro � Comune di Montecorvino Pugliano (Avv.ti Mele e Visone) 
c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario straordinario per l�emergenza 
rifiuti nella Regione Campania, Ministero dell�Interno (Avv. dello Stato Giacobbe) e Fibe 
Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone). 
(...Omissis...) 
Un�interpretazione costituzionalmente orientata dell�art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, 
dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di 
gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell�amministrazione pubblica, 
porta infatti a ritenere, in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale 
n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l�esercizio 
di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle 
ipotesi in cui, come nella fattispecie, l�azione ha ad oggetto il mero accertamento della sussistenza 
o insussistenza di diritti a carattere patrimoniale senza incidere sull�azione amministrativa 
di gestione dei rifiuti. 
La sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, nel dichiarare l�illegittimit� costituzionale 
in parte qua dell�art. 33, co. 1 e 2, D.Lgs. 80/1998 come sostituito dall�art. 7, lett. a) L. 
205/2000 ha avuto modo di precisare che l�art. 103, co. 1, Cost. non ha conferito al legislatore 
ordinario un�assoluta ed incondizionata discrezionalit� nell�attribuzione al giudice amministrativo 
di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di 
indicare �particolari materie� nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione 
investe anche diritti soggettivi; tali materie, tuttavia, devono essere �particolari� rispetto a 
quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimit�, nel senso che devono partecipare 
della loro medesima natura, la quale � contrassegnata dalla circostanza che l�amministrazione 
pubblica agisce come autorit� nei confronti della quale � accordata tutela al cittadino davanti 
al giudice amministrativo, con la conseguente esclusione che la mera partecipazione dell�amministrazione 
al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella controversia 
siano sufficienti a radicare la giurisdizione amministrativa.
236 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Analogamente, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 191/2006, ha dichiarato l�illegittimit� 
costituzionale dell�art. 53 D.P.R. 327/2001 nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a �i comportamenti delle pubbliche 
amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati�, non esclude i comportamenti non 
riconducibili, nemmeno mediatamente, all�esercizio di un potere pubblico. 
Di talch�, il Collegio ritiene che la giurisdizione del giudice amministrativo sia da escludere 
ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti 
da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti 
e, quindi, afferisca all�an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, 
di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere 
autoritativo. 
In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione 
dei rifiuti, sebbene l�amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto 
conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente 
contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, 
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le 
singole censure, totalmente estranee all�esercizio del potere pubblico di gestione in materia 
di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorch� l�accordo 
privatistico fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia stato stipulato per regolamentare, 
anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti. 
(...Omissis...) 
Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza 30 settembre 2008 n. 5260 � Pres. La Medica, 
Rel. Fera � TEC S.p.a. Termo Energia Calabria e Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia S.p.a. 
(Avv.ti Bianchi e Selvaggi) c/ Commissario dell�Emergenza Ambientale Calabria n.c., Presidenza 
del Consiglio dei Ministri n.c. e Regione Calabria n.c. 
(...Omissis...) 
Considerato che, per le ragioni gi� esposte nell�ordinanza appellata, la domanda giudiziale 
attiene ad un�azione di accertamento del diritto soggettivo e di condanna al pagamento di 
somme di denaro che si assumono dovute in forza di apposita convenzione, ed �, quindi, per 
sua natura estranea alla giurisdizione del giudice amministrativo. 
Considerato che l�art. 4 del d.l. 23.05.2008 n. 90 convertito nella l. n. 123/2008, nell�attribuire 
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di �gestione di rifiuti� anche 
la cognizione sui �comportamenti dell�amministrazione pubblica� non pu� che essere interpretato, 
alla luce della giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 11 maggio 2006, n. 191), 
come riferito a �comportamenti collegati all�esercizio del pubblico potere dell�amministrazione�; 
Che, nel caso di specie invece il diritto controverso nasce non in via diretta da un provvedimento 
amministrativo ma attiene all�esecuzione di un atto negoziale e si pone su di un piano 
esclusivamente privatistico. 
(...Omissis...)
CONTENZIOSO NAZIONALE 237 
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1845 � Pres. Salvatore, Rel. 
Greco � A. S. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei 
Ministri (Avv. dello Stato Ventrella) e altri. 
(Omissis) 
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1846 � Pres. Salvatore, Rel. 
Greco � F. V. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei 
Ministri (Avv. dello Stato Ventrella) e altri. 
(Omissis) 
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1847 � Pres. Salvatore, Rel. 
Greco � M. P. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei 
Ministri, Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello 
Stato Ventrella) e altri. 
(Omissis) 
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 27 marzo 2009 n. 1849 � Pres. Salvatore, Rel. Sabatino 
� E. A. (Avv.ti Furgiuele, Abbamonte, Bruno e Piacci) c/ Presidenza del Consiglio dei 
Ministri, Commissari ad acta Province di Napoli, Caserta, Salerno, Benevento e Avellino 
(Avv. dello Stato Ventrella). 
(...Omissis...) 
Considerato che la giurisdizione esclusiva, derivante dall'attribuzione data dall'art. 4 del decreto 
legge 23 maggio 2008 n. 90 e convertito, con modificazioni, in legge 14 luglio 2008 
n.123 "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti 
nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile", concerne unicamente 
"tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva 
azione di gestione dei rifiuti"; 
Considerato che la nozione di gestione dei rifiuti si evince dalla lettura degli art. 177 e sgg. 
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 "Norme in materia ambientale" e non comprende 
gli strumenti di provvista di risorse umane e materiali, che vanno consequenzialmente ritenuti 
estranei all'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva; 
Considerato che, in assenza di norme derogatorie, la vicenda ricade nell'ordinario criterio di 
riparto tra le giurisdizioni e quindi, non essendo in questione alcuna procedura concorsuale, 
va condivisa la decisione del T.A.R. che ha ritenuto il proprio difetto di giurisdizione. 
(...Omissis...)
238 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I, sentenza13 marzo 2009 n. 2537 
� Pres. Savo Amodio, Rel. di Nezza � Fibe S.p.a. e Fibe Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone) 
c/ Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Sottosegretario 
di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Capo della Missione 
tecnico-operativa ex O.P.C.M. n. 3705/2008 e Commissari ad acta Province di Napoli, Caserta, 
Salerno, Benevento e Avellino (Avv. dello Stato Ventrella). 
(...Omissis...) 
Disattesa in limine l�eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa erariale, stante 
la natura palesemente provvedimentale dei provvedimenti impugnati col ricorso principale 
(il giudizio di �non funzionalit�� non pu� che essere espresso nell�esercizio di un�attribuzione 
di tipo discrezionale), ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato nei sensi che seguono. 
(...Omissis...) 
Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 18 giugno 2009 n. 3990 � Pres. Trotta, Rel. Sabatino 
� Comune di Montecorvino Pugliano (Avv.ti Mele e Visone) c/ Presidenza del Consiglio dei 
Ministri, Commissario delegato ex O.P.C.M. 3653/2008, Ministero dell�Interno (Avv. dello 
Stato Giacobbe) e Fibe Campania S.p.a. (Avv.ti Magr� e Carbone). 
(...Omissis...) 
Considerato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giusta la norma di cui 
all'art.4 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 14 
luglio 2008, n.123 "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento 
dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile" comprende 
"tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla 
complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione 
pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La giurisdizione di cui sopra 
si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati."; 
Considerato che il testo normativo, da un lato, fa riferimento alla nozione di gestione di rifiuti, 
espressamente definita dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 "Norme in materia ambientale" 
che all'art.183 comma 1 lett. d) come "la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento 
dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonch� il controllo delle 
discariche dopo la chiusura", dall'altro introduce elementi estensivi di tale concetto, ai fini 
della delimitazione della giurisdizione, comprendendovi i "comportamenti", il riferimento 
alla "complessiva azione di gestione" ed infine la considerazione dei "diritti costituzionalmente 
tutelati"; 
Considerato che appare coerente, con una interpretazione costituzionalmente orientata, la delimitazione 
dell'area della giurisdizione esclusiva, in modo tale da farvi ricadere unicamente 
quelle questioni strettamente connesse con l'azione gestionale, in cui il carattere consequenziale 
� cos� diretto da far esistente una materia determinata, giusta il disposto dell'art. 103 
Cost. (in tale senso, questa Sezione ha ritenuto non rientranti nella giurisdizione esclusiva le 
controversie attinenti la provvista del personale dei soggetti pubblici adibiti alla gestione dei 
rifiuti, applicando invece alla questione i canoni ordinari di riparto, Consiglio di Stato, sez.IV, 
n.1849 del 27 marzo 2009); 
Considerato che la fattispecie esaminata dal T.A.R. in primo grado attiene alla regolazione
CONTENZIOSO NAZIONALE 239 
delle poste economiche sottostanti allo svolgimento delle dette attivit�, e quindi a rapporti di 
debito e credito il cui ammontare � direttamente ricavabile, senza esercizio di poteri autoritativi 
ma unicamente con calcoli matematici, dall'applicazione delle normative che li hanno quantificati, 
ed in dettaglio dall'applicazione dell'art. 2 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 
dei Ministri 9 maggio 2003 n. 3286 "Disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all'aggravamento 
dello stato di crisi nell'attivit� dello smaltimento dei rifiuti da parte dei comuni 
sull'intero territorio della regione Campania" e dell'art. 3 dell'ordinanza del Presidente del 
Consiglio dei Ministri 14 dicembre 2005 n. 3479 "Ulteriori disposizioni per fronteggiare 
l'emergenza nel settore dei rifiuti della regione Campania"; 
Considerato che pertanto appare perplessa l'affermazione contenuta in sentenza per cui tale 
vicenda pu� essere considerata come inerente situazioni obbligatorie "derivanti da pattuizioni 
di tipo negoziale intervenute tra le parti", atteso che la regolamentazione dei rapporti di debito 
e credito � integralmente conformata dalle ordinanze sopra citate; 
Considerato che nel caso in specie appare evidente il rapporto di connessione tra elemento 
gestionale e consequenziale regolazione dei rapporti economici sottostanti, atteso che le obbligazioni 
trovano la loro fonte in attivit� contemplate nel decreto legislativo 3 aprile 2006, 
n.152 (ossa nella partecipazione obbligatoria al consorzio per lo smaltimento ovvero alla 
subita allocazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti) e la quantificazione delle spettanze 
avviene sulla scorta di parametri integralmente predeterminati dalle ordinanze del Presidente 
del Consiglio dei Ministri prima evocate, anch'esse funzionalizzate alla tutela delle situazioni 
emergenziali in tema di rifiuti; 
Considerato che quindi nella fattispecie in esame si ricade nell'area di giurisdizione esclusiva, 
come delimitata dal citato art.4 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 90, convertito, con modificazioni, 
in legge 14 luglio 2008, n.123, trattandosi di controversie attinenti la "complessiva 
azione di gestione", come sopra delimitata. 
(...Omissis...)
240 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Responsabilit� dello Stato per inesatta 
trasposizione di direttiva comunitaria 
(Tribunale di Catanzaro, Sezione I civile, sentenza 20 aprile 2009) 
Gli attori sono tutti medici ammessi alle scuole di specializzazione negli 
anni accademici precedenti alla entrata in vigore del d.lgs. 257/1991 che ha 
recepito, tardivamente, la direttiva comunitaria n. 82/76 in virt� della quale, 
ai medici specializzandi, doveva essere versata una retribuzione per tutta la 
durata del corso. Il suaccennato decreto ha previsto l�erogazione di borse di 
studio solo per i medici ammessi alle scuole di specializzazione con decorrenza 
dagli anni accademici 1991-1992 escludendo, quindi, dal beneficio, gli 
ammessi agli anni precedenti (1983-1991) i quali, giusta la direttiva CE, 
avrebbero avuto quel medesimo diritto. Da qui la pretesa risarcitoria degli 
attori che lamentano di avere subito un ingiusto danno in conseguenza del 
contegno illecito dello Stato italiano. 
* *** * 
Il d.lgs. 257/1991 ha recepito, tardivamente, la direttiva comunitaria n. 
82/76 in virt� della quale, ai medici specializzandi, doveva essere versata una 
retribuzione per tutta la durata del corso. Il suaccennato decreto ha previsto 
l�erogazione di borse di studio solo per i medici ammessi alle scuole di specializzazione 
con decorrenza dagli anni accademici 1991-1992 escludendo, 
quindi, dal beneficio, gli ammessi agli anni precedenti (1983-1991) i quali, 
giusta la direttiva CE, avrebbero avuto quel medesimo diritto. 
Da qui la pretesa risarcitoria degli attori che lamentano di avere subito 
un ingiusto danno in conseguenza del contegno illecito dello Stato italiano. 
L'intervento del tribunale catanzarese, quanto ai rapporti tra prescrizione 
e cd. �estoppel�, non consta di precedenti analoghi. 
In primo luogo, il Tribunale si interroga sulla ammissibilit� di una responsabilit� 
dello Stato per fatto del Legislatore. La soluzione data � affermativa. 
Secondo il Tribunale, � configurabile una responsabilit� civile dello Stato, 
nei confronti del cittadino, per omessa, inesatta o tardiva trasposizione di una 
direttiva comunitaria che a questi riconosca una situazione giuridica soggettiva 
di vantaggio. I presupposti della responsabilit� dello Stato, sono: a) che il provvedimento 
assegni al cittadino europeo una situazione giuridica soggettiva di 
vantaggio; b) che tale situazione giuridica soggettiva sia precisa nel contenuto; 
c) che vi sia un nesso di causalit� tra la violazione dello Stato ed il danno 
subito da singolo; d) che la violazione sia grave e manifesta (fattispecie relativa 
alla inesatta trasposizione della direttiva 82/76/CEE da parte del Legislatore 
italiano con d.lgs. 257/1991).
CONTENZIOSO NAZIONALE 241 
Richiamando una autorevole dottrina, il tribunale disegna anche il volto 
di un siffatto atto illecito. La responsabilit� dello Stato per fatto del Legislatore 
ha, infatti, natura anfibologica: l�illecito comunitario � tipizzato, nei suoi elementi 
costitutivi, dalla giurisprudenza comunitaria, ma � disciplinato secondo 
la normativa interna allo Stato membro che si evoca in giudizio dinnanzi al 
giudice nazionale quale responsabile. Nel caso dell�Italia, trova applicazione 
la norma generale di cui all�art. 2043 codice civile e sussiste la legittimazione 
passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
Viene poi precisato, per�, che la responsabilit� dello Stato per �trasposizione 
inesatta� (o tardiva) di una direttiva europea non configura un illecito 
permanente, ma istantaneo e che la prescrizione, dunque, decorre dal giorno 
in cui il fatto si � verificato, vale a dire con la data di entrata in vigore della 
legge di attuazione non conforme al comando comunitario. Ci� significa che 
il diritto si prescrive se non fatto valere entro 5 anni dalla data di entrata in vigore 
della legge di attuazione. 
Un'ultima battuta � dedicata all'argomento di maggiore interesse. 
Il Tribunale evidenzia come la giurisprudenza comunitaria affermi che lo 
Stato non pu� trarre vantaggio dal proprio inadempimento agli obblighi comunitari 
(cd. estoppel); ci� vuol dire, per�, secondo il Tribunale, che il termine 
di prescrizione interno ad uno Stato non pu� decorrere dalla data di emanazione 
della direttiva, ma dalla diversa data di sua trasposizione. L�applicazione 
del suddetto principio, cio�, n� sospende il corso della prescrizione, n� impedisce 
allo Stato di eccepirne l�avvenuto decorso ove, secondo il regime giuridico 
interno (artt. 2043, 2947 c.c.), il diritto si sia estinto per inerzia del suo 
titolare (che non lo ha fatto valere entro cinque anni dalla data di entrata in vigore 
della legge che ha trasposto infedelmente la direttiva comunitaria). 
Avv. Alfonso Mezzotero* 
Tribunale di Catanzaro, Sezione I civile, sentenza 20 aprile 2009 - Giudice monocratico 
dott. Alberto Nicola Filardo. 
(Omissis...) 
I fatti su descritti sono provati, non avendoli la convenuta contestati (cfr. Cassazione Sezione 
Prima Civile n. 5191 del 27 febbraio 2008, Pres. Luccioli, rel. De Chiara, nonch� Tribunale 
di Catanzaro, II sez. civile, sentenza 21 marzo 2008). 
La domanda deve essere scrutinata passando in rassegna le seguenti questioni, secondo un rigoroso 
ordine logico-giuridico: a) riepilogo dei fatti onde verificare se, effettivamente, la di- 
(*) Avvocato dello Stato.
242 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
rettiva 82/76/CE sia stata trasposta in modo inesatto dallo Stato; b) in caso di risposta in senso 
affermativo, sulla qualificazione della domanda giuridica proposta dagli attori nel senso indicato 
in atto di citazione, come azione risarcitoria ex art. 2043 cod. civ.; c) allora, configurabilit�, 
in astratto, di una responsabilit� della Repubblica Italiana per inesatta trasposizione 
di una direttiva comunitaria; d) in caso di risposta favorevole, legittimazione passiva della 
convenuta; c) quindi, scrutinio della eccezione di prescrizione; d) in caso di accoglimento 
della eccezione di prescrizione, esame della controeccezione degli attori circa la inopponibilit� 
dei termini di prescrizione in caso di inadempimento dello Stato agli obblighi comunitari. 
1. Riepilogo dei fatti sottesi alla domanda risarcitoria 
L�esigenza di assicurare in Europa uniformit� alla professione del medico� chirurgo, ispirata 
al principio di libera circolazione in ambito comunitario, conduceva alla emanazione della 
direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975 (c.d. �di coordinamento�), relativa 
al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative disciplinanti 
l�attivit� del medico-chirurgo nel territorio comunitario (esaustivo, nella ricostruzione, Cons. 
Stato, sez. VI, sent. 29 marzo 2007 n. 1464, est. Scola). 
La suddetta direttiva confluiva, congiuntamente alla dir. 75/362/CEE, nella direttiva 
82/76/CEE del 26 gennaio 1982, relativa alla formazione dei medici specialisti, la quale regolamentava, 
in modo unitario e razionale, la formazione dei medici specializzandi, prevedendo, 
per essi, il diritto ad una �adeguata remunerazione�, nell�ammontare variabile in 
relazione al tipo stesso di formazione (a tempo pieno o a tempo ridotto, modalit� che non 
gode del favore del Legislatore comunitario). 
La direttiva in esame si chiudeva (articoli 16 e 17) con la prescrizione rivolta agli Stati membri 
�destinatari della presente direttiva� di adottare le misure �necessarie per conformarsi alla 
presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1982�. 
Lo Stato italiano rimaneva inadempiente ed era, pertanto, condannato dalla Corte di giustizia 
delle Comunit� europee che, con sentenza del 7 luglio 1987 (causa 49/86), accertava che la 
Repubblica italiana non aveva adottato nel termine prescritto le disposizioni necessarie per 
conformarsi alla direttiva 82/76/CEE ed era venuta meno agli obblighi che su di essa incombevano 
in forza del Trattato istitutivo della Comunit� europea. 
A questo stato di cose poneva (tardivamente) rimedio il legislatore con decreto legislativo 8 
agosto 1991 n. 257, adottato su delega conferita con legge 29 dicembre 1990 n. 428 (c.d. 
legge comunitaria del 1990). 
La legge comunitaria per il 1990, delegava, infatti, al Governo la emanazione, entro il termine 
di un anno dalla data di entrata in vigore della legge-delega, dei decreti legislativi recanti le 
norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva sopraccitata (v. art. 6 della legge comunitaria). 
Veniva, quindi, istituita una borsa di studio a favore dei medici specializzandi determinata 
per l�anno 1991 in lire 21.500.000 da corrispondersi per tutta la durata del corso di formazione. 
L�importo sarebbe stato incrementato annualmente (a decorrere dal 1� gennaio 1992) in misura 
corrispondente al tasso programmato di inflazione, sulla base di un decreto del Ministero della 
sanit� da emanarsi ogni tre anni. L�art. 8, comma secondo, del decreto legislativo 257 del 
1991 fissava la decorrenza del beneficio dall�anno accademico 1991-92, escludendovi pertanto 
sia i medici che avevano cominciato il corso di specializzazione dal 1� gennaio 1983 in poi e 
conseguito il titolo prima del 1991, sia i medici che nel 1991 ancora frequentavano il corso
CONTENZIOSO NAZIONALE 243 
cominciato in anni precedenti. 
In altri termini, il legislatore escludeva dal nuovo ordinamento (fondato sulla retribuibilit� 
dei corsi e sul valore autonomo del titolo conseguito) i medici ammessi alle scuole negli anni 
precedenti alla attuazione delle direttive senza ovviamente neppure considerare i medici che 
avessero gi� conseguito il titolo in data anteriore, e riservava l�applicazione dell�ordinamento 
comunitario ai soli medici ammessi alle scuole di specializzazione dall�anno accademico 
1991/1992. 
Le direttive �riconoscimento� (75/362/CEE) e �coordinamento� (75/363/CEE), nonch� la direttiva 
82/76/CEE, che le riassume, venivano successivamente abrogate e sostituite dalla direttiva 
del Consiglio 93/16/CEE del 5 aprile 1993, intesa a codificare e a riunire in un testo 
unico per motivi di razionalit� e per maggiore chiarezza le disposizioni delle direttive sopra 
ricordate, che erano state nel tempo modificate ripetutamente in modo sostanziale. 
Successivamente, la disposizione recata dall�art. 8, comma 2, d.lgs. n. 257/1991 veniva ritenuta 
in contrasto con la direttiva 82/76/CEE e, in sede di annullamento dei decreti ministeriali 
che davano attuazione a quanto disposto dall�art. 2 del d.lgs. ult. cit., veniva disapplicata dal 
T.a.r. Lazio con una serie di sentenze (tra le quali la sentenza 25 febbraio 1994 n. 279). 
Veniva, anche, adita la stessa Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, che, nelle sentenze 
25 febbraio 1999 in causa C 131/97, Annalisa Carbonari e a. c/ universit� degli studi di Bologna 
e a. 3 ottobre 2000 in causa C 371/97, Cinzia Gozza e a. c/universit� degli studi di Padova 
e a., affermava che dalle direttive del Consiglio 75/362/CEE (artt. 5 e 7); 75/353/CEE 
(art. 2, n. 1, lett. c), e 82/76/CEE derivava l'obbligo incondizionato e sufficientemente preciso 
di retribuire la formazione del medico specializzando. �L'adempimento di tale obbligo, ove 
lo Stato membro (come nel caso dell'Italia) non abbia adottato nel termine prescritto le misure 
di trasposizione delle direttive, deve essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti 
dall'ordinamento nazionale�. 
Nella sentenza Carbonari (punti da 48 a 53) la Corte di Lussemburgo indicava, quali modalit� 
di adempimento di tale obbligo, l'applicazione retroattiva delle norme nazionali di trasposizione, 
attraverso un'interpretazione di tali norme conforme alle direttive e, ove tale applicazione 
non fosse stata possibile, attraverso il risarcimento del danno da mancato adempimento, 
da parte dello Stato membro, degli obblighi derivanti dall'adesione al Trattato CE. 
Tali premesse inducono a dover ritenere assolutamente certo il presupposto fattuale da cui 
germina la richiesta degli attori: lo Stato italiano recep�, in modo inesatto, la direttiva per cui 
� causa, in quanto l�art. 8, comma II, della legge 8 agosto 1991, n. 257 dispose che le disposizioni 
del decreto si applicassero �a decorrere dall'anno accademico 1991-92� (n.b. il decreto 
� stato abrogato dall'art. 46, d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368, fatto salvo quanto disposto dall'art. 
3, comma 2 dello stesso). 
2. Qualificazione giuridica della domanda risarcitoria 
L�inadempimento dello Stato, agli obblighi scaturiti dalla direttiva 82/76, secondo la Corte di 
Giustizia, poteva dar luogo ad una duplice forma di tutela: o l�applicazione retroattiva delle 
norme di trasposizione, giusta una interpretatio iure communitario o il risarcimento del danno, 
mediante il ricorso all�istituto della responsabilit� civile interno. 
Gli odierni attori rientrano nel novero di quei medici specializzandi che sono stati privati del 
diritto soggettivo riconosciuto dalle direttive comunitarie in conseguenza della loro inesatta 
trasposizione, da parte del Legislatore. Consapevoli di non poter ricorrere ad una interpretazione 
retroattiva (ovvero il primo dei rimedi suaccennati), chiedono, dunque, un risarcimento
244 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
del danno. 
Tale domanda va qualificata come richiesta risarcitoria ex art. 2043 c.c. (v. memoria ex art. 
183 degli attori, del 12.7.2006, pag. 2) ma non nel senso indicato in atto di citazione: non si 
tratta di illecito comunitario omissivo (�omessa trasposizione della direttiva nei confronti 
degli attori�, pag. 8 atto di citazione) ricorrendo il precipuo caso della �inesatta trasposizione� 
di direttiva comunitaria (differente dalla �omessa trasposizione� per la presenza dell�intervento 
del Legislatore nel primo caso e l�assenza di attuazione nel secondo). 
Sussiste, su tale domanda, la giurisdizione del Giudice ordinario che, qui, dunque, va affermata 
(v. Corte di cassazione, sezioni unite civili, 4 febbraio 2005, n. 2203; Cons. Stato, sez. Vi, 
sent. 6 maggio 2008 n. 1994). 
Corre, allora, l�obbligo di accertare se una simile responsabilit� sia configurabile. 
3. Responsabilit� dello Sato per mancata o inesatta attuazione della direttiva comunitaria 
(nella specie Dir. 82/76) 
Il Legislatore italiano ha recepito in modo infedele la direttiva comunitaria 82/76, cos� impedendo 
agli attori di poter beneficiare di un diritto soggettivo che veniva loro riconosciuto dal 
diritto sovranazionale. 
Parte attrice chiede, dunque, che questo Giudice voglia dichiarare la responsabilit� civile dello 
Stato per cattivo esercizio della funzione legislativa. 
Si tratta di questione che trova, ormai, una vasta letteratura, grazie ad un vivace interesse della 
dottrina per la questione. 
Nella giurisprudenza della Cassazione, tuttavia, la soluzione � stata, in passato, risolta in modo 
contrastante. 
Nel solco di un primo indirizzo, i Supremi giudici hanno affermato che deve escludersi che 
dalle norme dell'ordinamento comunitario possa farsi derivare, nell'ordinamento italiano il 
diritto soggettivo del singolo all'esercizio del potere legislativo - che � libero nei fini e sottratto 
perci� a qualsiasi sindacato giurisdizionale -, e che possa comunque qualificarsi in termini di 
illecito da imputare allo Stato-persona, ai sensi dell'art. 2043 c.c., una determinata conformazione 
dello stato-ordinamento, la pretesa del singolo di ottenere il risarcimento del danno subito 
per la mancata attuazione di una direttiva comunitaria. 
In particolare, nella sentenza 4915/2003, la Cassazione ha affermato che �nel dettare le norme 
fondamentali sull'organizzazione e sul funzionamento dello Stato, la Carta costituzionale regola 
la funzione legislativa, ripartendola tra il Governo ed il Parlamento, quale espressione 
di potere politico, libera cio� nei fini e sottratta pertanto a qualsiasi sindacato giurisdizionale. 
Ne consegue che in relazione all'esercizio di tale potere non sono configurabili situazioni soggettive 
protette dei singoli, onde deve escludersi che dalle norme dell'ordinamento comunitario 
possa farsi derivare, nell'ordinamento italiano, il diritto soggettivo del singolo all'esercizio 
del potere legislativo - che � libero nei fini e sottratto perci� a qualsiasi sindacato giurisdizionale 
-, e che possa comunque qualificarsi in termini di illecito da imputare allo Stato-persona, 
ai sensi dell'art. 2043 c.c., una determinata conformazione dello stato-ordinamento�. 
Con altro indirizzo, invece, la Cassazione ha riconosciuto la configurabilit� della responsabilit� 
di cui si discute. 
La Suprema Corte, in particolare, con la sentenza 7630/2003 (richiamata dagli attori) ha affermato 
che, in tema di risarcibilit� del danno subito dal singolo in conseguenza della mancata 
attuazione di direttiva comunitaria da parte del legislatore italiano, �deve riconoscersi il diritto 
del privato al risarcimento del danno, sia che l'interesse leso giuridicamente rilevante sia qua-
CONTENZIOSO NAZIONALE 245 
lificabile come interesse legittimo sia come diritto soggettivo, qualora lo Stato-membro non 
abbia adottato i provvedimenti attuativi nei termini previsti dalla direttiva stessa e allorch� si 
verifichino le seguenti condizioni, conformemente ai principi pi� volte enunciati dalla Corte 
di Giustizia : a) che la direttiva preveda l'attribuzione di diritti in capo ai singoli soggetti ; b) 
che tali diritti possano essere individuati in base alle disposizioni della direttiva ; c) che sussista 
il nesso di causalit� tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il pregiudizio subito 
dal soggetto leso�. 
Il contrasto deve essere risolto aderendo all�indirizzo giurisprudenziale pi� recente, racchiuso 
nelle statuizioni della sentenza della III sez. civile della Cassazione del 12 febbraio 2008 n. 
3283 (v. anche Cass. civ., sez. lav., 11 marzo 2008, n. 6427). 
In linea con l'orientamento della Corte di giustizia delle Comunit� europee, il Collegio ha 
convenuto per la liquidazione del danno subito dai privati danneggiati per la mancata, tempestiva 
recezione nell'ordinamento interno delle disposizioni enucleate in una direttiva CE, in 
un caso del tutto analogo a quello per cui � causa. 
Questo Tribunale non intende discostarsi da siffatto ultimo indirizzo, innanzitutto poich� 
l�unico a rivelarsi in linea con le indicazioni della Corte di Giustizia Europea ed in secondo 
luogo poich� sostenuto, con argomentazioni condivisibili, dalla pi� autorevole dottrina occupatasi 
della questione. 
Si � segnalato, infatti, che la possibilit� di evocare in giudizio il proprio Stato, ai fini risarcitori, 
nei termini sin qui delineati, ha �lo scopo di coprire una smagliatura del sistema di tutela dei 
diritti soggettivi (e conseguente effettiva esecuzione dei comandi comunitari) progressivamente 
costruito�. 
L�effettivit� di tutela del cittadino europeo si traduce nella indefettibile presenza di strumenti 
di tutela volti a compensare il medesimo cittadino della eventuale perdita subita in conseguenza 
di una inerzia dello Stato che lo abbia privato di un diritto che la Comunit� europea 
gli aveva riconosciuto. 
Peraltro, nei rapporti regolati dal diritto internazionale la responsabilit� dello Stato per fatto 
del legislatore � universalmente e pacificamente ammessa. 
Va, dunque, licenziata la configurabilit� di una obbligazione risarcitoria pendente direttamente 
sullo Stato per una violazione concernente l�esercizio (o il mancato esercizio) della propria 
attivit� legislativa, giusta gli artt. 10 e 249 del TCE. 
Dal punto di vista del rito civile, si registra un allargamento della legittimazione processuale 
ad agire contro l�inadempienza dello Stato di fronte alla regola comunitaria, che certa dottrina 
non ha esitato a qualificare in termini di �effetto verticale indiretto� della direttiva. 
Tra l�altro, � l�art. 10 della Costituzione (come interpretato dalla Consulta) a legittimare, nel 
contesto della Comunit� Europea, in condizioni di parit� con gli altri Stati, delle limitazioni 
di sovranit� necessarie. 
I presupposti della responsabilit� dello Stato, sono: a) che il provvedimento assegni al cittadino 
europeo una situazione giuridica soggettiva di vantaggio (nel caso di specie: diritto alla retribuzione); 
b) che tale situazione giuridica soggettiva sia precisa nel contenuto (nel caso di specie: 
la questione non viene in rilievo, poich� si lamenta la inesatta trasposizione, provata); c) 
che vi sia un nesso di causalit� tra la violazione dello Stato ed il danno subito da singolo (nel 
caso di specie: se la trasposizione fosse stata esatta, certamente gli attori avrebbero conseguito 
il diritto alla retribuzione); d) che la violazione sia grave e manifesta (da ult. v. Corte giustizia 
CE, sez. II, 25 gennaio 2007, n. 278), nel caso di specie requisiti sicuramente sussistenti, dato 
l�esatto tenore della direttiva ed il valore �pregnante� del diritto riconosciuto ai singoli).
246 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Si tratta di requisiti che la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto (Corte cost., 18 aprile 
1991, n.168), che nella specie risultano senz�altro soddisfatti e che, comunque, l�Avvocatura 
dello Stato non ha neanche contestato (v. de jure condendo, il disegno di Legge n. 1082, approvato 
dal Senato in data 4 marzo 2009, che modifica l�art. 115 c.p.c. prevedendo che �salvi 
i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte 
dalle parti o dal pubblico ministero, nonch� i fatti non specificatamente contestati dalla parte 
costituita�). 
4. Legittimazione passiva dello Stato 
I principi appena enunciati conducono al rigetto della eccezione di difetto di legittimazione 
passiva in capo allo Stato. 
La questione (in questo caso di merito e non di rito, v. Cass. civ. Sez. III, 26 settembre 2006, 
n. 20819; Cass. civ. Sez. I, 28 aprile 2006, n. 9862 Cass. civ. Sez. I, 28 aprile 2006, n. 9878 
Cass. civ. Sez. V, 28 aprile 2006, n. 10010) impone l'accertamento in concreto che il convenuto 
sia, dal lato passivo, effettivamente titolare del rapporto fatto valere in giudizio, in quanto si 
risolve nella attribuibilit� in capo al Stato della obbligazione fatta valere in giudizio. 
Orbene, � la stessa giurisprudenza comunitaria ad indicare, nello Stato-apparato, l�unico responsabile 
per la omessa trasposizione del diritto comunitario essendo a questi demandato, 
in questa materia, l�attuazione della direttiva. 
E, peraltro, trattandosi di azione risarcitoria, � nello Stato che va intravisto il diretto autore 
del danno lamentato dal danneggiato. 
Ha ragione, dunque, la difesa degli attori quando, correttamente, richiama la giurisprudenza 
comunitaria formatasi in calce all�art. 10 del Trattato. 
La conferma viene, infatti, proprio dalla lettura degli artt. 10 e 249 del Trattato CE che fa gravitare 
l�obbligo di trasposizione delle direttive direttamente sullo Stato. 
N� vi � da farsi questione circa l�eventuale competenza delle Regioni ex art. 117 cost. (come 
rimodellato in seguito alla entrata in vigore dell�3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, 
n. 3) poich� nel caso di specie non rileva. 
Conclusivamente, la domanda risarcitoria va proposta nei confronti dello Stato quale persona 
giuridica, convenendolo in giudizio in persona del Presidente del Consiglio dei ministri (cos�, 
gi�, Tribunale di Roma 2 novembre 1999). 
5. Prescrizione del diritto al risarcimento del danno per inesatta trasposizione di direttiva 
comunitaria 
Nel merito, l�Avvocatura eccepisce la prescrizione del diritto fatto valere dagli attori. 
Accertatane la sussistenza, nel caso di specie, occorre effettivamente rilevare che dall�entrata 
in vigore della legge che ha attuato inesattamente la direttiva per cui � causa (pubblicata nella 
Gazz. Uff. 16 agosto 1991, n. 191 ed efficace dall�1.9.1991) alla introduzione della lite dinnanzi 
questo Ufficio giudiziario (6 dicembre 2005) sono trascorsi circa 14 anni. 
Al riguardo va premesso quanto segue. 
I requisiti costitutivi dell�illecito aquiliano facente capo allo Stato ex artt. 10, 249 TCE, discendono 
dal diritto pretorile della Corte di Lussemburgo ma � la stessa Corte a rimettere agli 
Stati interni la regolamentazione della disciplina ad esso sotteso; altrimenti detto: a �quei requisiti�, 
l�Italia deve risarcire ma applicando il diritto interno. 
Ed, allora, affermata la responsabilit� dello Stato, questa va dichiarata secondo il regime in-
CONTENZIOSO NAZIONALE 247 
terno di cui all�art. 2043 c.c. 
Ed, infatti, la dottrina non ha esitato nel definire una siffatta regolamentazione multilevel 
come �anfibologica� o, ancora, come �illecito interfacciale�. 
Certo � che si tratta di un �rimedio comunitario� da attuare, nello Stato membro, secondo i 
canoni delle Leggi interne. 
Orbene, nel diritto interno italiano, il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito 
si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si � verificato. 
Il problema da risolvere �, dunque, quello concernente la individuazione dell�exordium praescriptionis 
e, cio�, il dies a quo della decorrenza del termine di cui all�art. 2947 c.c. Secondo 
l�Avvocatura di Stato, il termine di prescrizione decorrerebbe dal 1 settembre 1991, data di 
entrata in vigore del d.lgs. 257/1991, cosicch� il diritto degli attori si sarebbe estinto per prescrizione 
(cfr. Tribunale di Roma, 14 giugno 2004). 
La controeccezione della difesa degli attori mira a respingere la tesi, segnalando che l�illecito 
dello Stato, nel caso di specie, non sarebbe da qualificare come illecito �istantaneo� bens� 
come fatto illecito permanente. 
Va precisato che l�atto stragiudiziale notificato dagli attori il data 27 marzo 2002 al MIUR, 
non ha valenza risolutiva della questione, poich�, comunque, intervenuto successivamente al 
decorso del termine di cui all�art. 2947 c.c. (nella visione sposata dall�Avvocatura di Stato). 
N� ha valenza risolutiva l�abrogazione del d.lgs. 257/1991 da parte del d.lgs. 368/1999 poich� 
il dato che qui rileva non � quello formale della normativa statuale ma quello fattuale della 
possibilit�, per il danneggiato, di far valere il diritto dal momento della lesione. 
Stessa sorte (l�irrilevanza) spetta alle argomentazioni concernenti i progetti di Leggi presentati 
in Parlamento nell�anno 2002, volti ad introdurre una forma di retribuzione per gli anni accademici 
anteriori a quelli presi di mira dal decreto del 1991; questi, infatti, hanno il precipuo 
fine di realizzare quella �retroattivit�� che la Corte Europea aveva suggerito e che i giudici 
nazionali non potevano realizzare in via interpretativa. Jus superveniens che si sarebbe sostituito 
al rimedio risarcitorio ma che, allo stato, � rimasto irrealizzato. 
Resta, allora, da verificare se la responsabilit� dello Stato per inesatta trasposizione di direttiva 
comunitaria sia da qualificare in termini di illecito permanente, poich�, in tali ipotesi, la prescrizione 
del diritto al risarcimento inizia a decorrere solo con la cessazione della permanenza 
(ad es., in materia di occupazione sine titulo, v. Consiglio Stato, sez. IV, 5 febbraio 2009, n. 
650; Cass. civ., sez. I, 26 novembre 2008, n. 28214). 
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis, cfr. Cass. civ., sez. III, sentenza 
13 marzo 2007, n. 5831), l�illecito permanente d� luogo ad un diritto al risarcimento, che 
sorge in modo continuo, e che in modo continuo si prescrive, se non esercitato entro cinque 
anni dal momento in cui si produce (Cassazione 6512/04). 
Va distinto dall�illecito permanente, quello ad effetti permanenti, in cui il danno si manifesta 
nella sfera giuridica del soggetto passivo in modo istantaneo lasciando, tuttavia, in essa, pregiudizi 
destinati a perdurare nel tempo. 
Occorre, cio�, verificare la permanenza dell�illecito in relazione alla sua struttura, come noto, 
scandita dai segmenti proprio del fatto giuridico: �fatto � effetto�. Laddove sia il fatto ad 
essere permanente, l�illecito ha pari natura; laddove, invece, sia l�effetto a perdurare nel tempo, 
l�illecito avr� natura istantanea. 
Orbene, nel caso di specie va, innanzitutto, avvertito che non viene in rilievo un illecito omissivo: 
questo fa capo alla responsabilit� per �omessa trasposizione� quando, cio�, il Legislatore 
non sia intervenuto affatto ad attuare il comando comunitario.
248 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Si registra, al contrario, come gi� segnalato, una responsabilit� per �trasposizione inesatta� 
(o tardiva) che ricorre laddove l�attuazione della direttiva sia intempestiva o si discosti dalle 
indicazioni del Legislatore europeo: ma sia pur sempre avvenuta. 
Come precisa la dottrina, in questo caso il destinatario del diritto di matrice comunitaria viene 
�automaticamente� pregiudicato dalla condotta dinamica dello Stato e matura, da subito, l�interesse 
ad attingere dalla tutela riparatoria per pervenire a quel risultato che il suo apparato 
statale gli ha impedito di raggiungere. 
Si vuol dire che il �fatto� generatore di danno, e, cio�, l�esercizio illegittimo della funzione 
legislativa, � �istantaneo� e non permanente poich� si consuma nel momento stesso in cui 
viene congedato il testo normativo di cui si lamenti l�illegittimit�. 
Certa giurisprudenza di merito intervenuta in argomento ha, in tal senso, ritenuto che nella 
integrazione della condotta illecita non rilevi in s� il mancato recepimento della direttiva nei 
termini assegnati, quanto piuttosto la difformit� del diritto interno rispetto al diritto comunitario 
cosicch� �la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui il danno si � manifestato� 
(cfr. Tribunale Bari, sez. III, 30 novembre 2007, n. 76). 
Un indirizzo ancora pi� rigoroso, sposato anche da alcuni giudici di questo Tribunale, ha addirittura 
affermato (cfr., da ultimo, Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. n. 1379/2008; Trib. Catanzaro, 
sez. II civ., sent. n. 853/2006; Trib. Catanzaro, sez. II civ., sent. n. 1524/2003; Trib. 
Torino, sez. I civ., sent. n.2741/2005) che il medico attore avrebbero potuto e dovuto tempestivamente 
agire per ottenere il riconoscimento del diritto sin dall�emanazione delle direttive 
comunitarie. Secondo questo Ufficio giudiziario, conclusivamente, la responsabilit� in cui incorre 
lo Stato per il fatto del Legislatore, che attui in modo inesatto la direttiva comunitaria 
scaduta, non configura un illecito permanente e, pertanto, la prescrizione decorre dall�entrata 
in vigore della normativa interna che traspone, in maniera infedele, il comando comunitario. 
Da quel momento in poi, il cittadino comunitario pu� far valere il suo diritto risarcitorio e, 
conseguentemente, decorre il termine di prescrizione di cui all�art. 2947 c.c. ( v. Tribunale 
Roma, 2 aprile 2005). 
6. Infondatezza dell�eccezione di prescrizione per non poterne lo Stato beneficiare 
Affermato che la prescrizione � maturata nel caso di specie, occorre verificare se lo Stato ne 
possa o non beneficiare. 
Ed, infatti, la difesa degli attori richiama la giurisprudenza comunitaria per la quale, secondo 
la tesi difensiva, �fino a quando la trasposizione della direttiva non si sia realizzata, lo Stato 
inadempiente non pu� eccepire in giudizio n� la tardivit� di un�azione giudiziaria avviata nei 
suoi confronti da un singolo n� un termine di ricorso al giudice nazionale se non dal momento 
della trasposizione stessa�. 
Va subito segnalato che, come gi� detto, nel caso di specie la direttiva � stata trasposta, ma in 
modo inesatto. Non si versa, cio�, nel caso, diverso, in cui il Legislatore � rimasto inerte. 
Ci� detto � appena il caso di osservare che, alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza 
comunitaria (cfr., ad esempio, Corte Giust. nel procedimento C-231/96, resa nell�ambito 
di un procedimento avente ad oggetto la richiesta di rimborso di una tassa di concessione governativa 
per l�iscrizione della societ� nel registro delle imprese), il diritto comunitario non 
vieta ad uno Stato membro di opporre alle pretese dei singoli fondate sul diritto comunitario, 
termini nazionali di decadenza o prescrizione il cui decorso prescinda dalla considerazione 
che, alla data in cui la pretesa poteva essere fatta valere, la direttiva non era stata ancora correttamente 
attuata nell�ordinamento nazionale.
CONTENZIOSO NAZIONALE 249 
Le modalit� di esercizio dell�azione risarcitoria restano disciplinate dal diritto nazionale, conservando 
rilevanza, rispetto a tale profilo, l�autonomia procedurale del singolo Stato membro, 
purch� le modalit� di tutela non rimangano frustrate da rimedi che rendono impossibile o eccessivamente 
difficile la salvaguardia dell�interesse leso (ad es. v. Cassazione civile , sez. 
trib., 12 gennaio 2007 , n. 526). 
Vi �, peraltro, da precisare quanto segue. 
L�istituto richiamato dalla difesa degli attori � di origine inglese (il cd. Estoppel) ma non ha 
il contenuto che gli si vorrebbe attribuire. Infatti, in primo luogo, esso comporta che lo Stato 
non possa trarre vantaggio dal proprio inadempimento agli obblighi comunitari; ci� vuol dire 
che il termine di prescrizione interno ad uno Stato non pu� decorrere dalla data di emanazione 
della direttiva ma dalla diversa data di sua trasposizione (v. la sentenza citata dall�Avv. � : 
Corte Giust. CE, 25 luglio 1991, causa C-208/90). 
E questo � un primo risvolto applicativo del principio che, per�, nel caso in esame, � rispettato 
da questo Giudice poich� la prescrizione viene fatta decorrere dalla attuazione (inesatta) della 
direttiva. 
In secondo luogo, il principio ha un altro risvolto. Sulla base di questo principio, infatti, lo 
Stato membro che sia inadempiente, per non avere trasposto tempestivamente o correttamente 
una direttiva nell'ordinamento interno, non pu� pretendere di applicare la sua normativa nei 
confronti di un soggetto che invochi la direttiva contro una legislazione interna che ha un contenuto 
non conforme al diritto comunitario (proprio a causa dell'inadempimento dello Stato 
che non ha provveduto ad adattare la legislazione interna alle disposizioni della direttiva). 
Non pu�, dunque, essere applicata dallo Stato, responsabile dell'inadempimento, la propria 
normativa non conforme alle direttive comunitarie (cfr. sentenze 5 aprile 1977, in causa 
148/78, cit.; e 19 gennaio 1982, in causa 8/81, Becker, in Racc., 1982, 53). 
Ma si tratta, in questo caso, di fare buon governo del rapporto di gerarchia e competenza tra 
le fonti, nel senso che la primaut� del diritto comunitario importa la non-applicazione delle 
norme interne contrastanti. 
E la questione non esclude affatto che il Legislatore, in spregio del principio, applichi comunque 
la norma interna: poich� in questo caso ne risponde a titolo risarcitorio. 
E, qui, per�, l�azione risarcitoria � dallo Stato stesso disciplinata avvertendo che il diritto comunitario 
non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni poste per far fronte alla violazione 
di una direttiva un termine nazionale di decadenza o prescrizione che decorra �anche 
se la direttiva non sia stata ancora correttamente attuata nell'ordinamento nazionale� (v. Corte 
giustizia CE, 15 settembre 1998 , n. 231). 
Vi �, poi, una ultima ragione da addurre. Il regime di prescrizione, come si afferma autorevolmente, 
si giustifica nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, i quali non possono restare 
troppo a lungo sospesi, con il pericolo che sia resa impossibile o notevolmente difficile 
la prova dei fatti, in ragione del decorso di un notevole periodo di tempo. 
Ed, infatti, le norme sulla prescrizione sono inderogabili dai privati perch� d' ordine pubblico 
(art. 2936 c.c., v. Cassazione civile , sez. III, 18 gennaio 2005 , n. 900). 
Ci� vuol dire che l�illecito comunitario va coordinato con le esigenze di ordine pubblico dello 
Stato membro e siffatte esigenze legittimano l�applicazione di norme comuni (applicate, cio�, 
agli altri illeciti interni) che ragionevolmente e razionalmente impongano, ai fini di tutela, da 
parte del singolo, il rispetto di specifici e chiari oneri quali quello di ricorrere al Giudice entro 
cinque anni dal manifestarsi del nocumento. 
Si segnala infine, che nel periodo in cui la giurisprudenza amministrativa si dichiarava giudice
250 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dotato di giurisdizione sulle controversie quali quelle in esame, nessun dubbio vi era circa il 
fatto che la prescrizione decorresse dalla entrata in vigore della legge attuativa della direttiva 
82/76 (v. Consiglio di stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 1994 che decide nel merito essendosi 
formato il giudicato sulla giurisdizione: �il termine quinquennale di prescrizione risulta applicabile 
all'azione risarcitoria riconducibile a colpevole ritardo dell'Amministrazione, a norma 
dell'art. 2947 cod. civ. poich� l'originaria, non compiuta determinazione delle somme da corrispondere 
non impediva l'esercizio del diritto in questione, quanto meno dopo l'emanazione 
del D.Lgs. 257/1991, attuativo delle Direttive CEE). 
Conclusivamente, la domanda degli attori deve essere respinta, essendosi estinto il loro diritto 
per intervenuta prescrizione. 
7. Pronuncia sulle spese 
Quanto alla regolamentazione delle spese del giudizio, tenuto conto dei principi espressi da 
Cass. civ., Sezioni Unite, sentenza n. 19014 dell�11 settembre 2007, vista la declaratoria di 
rigetto delle domande attoree, esse andrebbero poste a carico degli attori applicando, quanto 
al valore della controversia, il principio del petitum. 
Ed, infatti, � irrilevante che l�Avvocatura non ne abbia fatto richiesta, posto che trattandosi di 
pronuncia accessoria il giudice pu� emetterla d�ufficio anche in assenza di domanda della 
parte (Cass. civ. 16.5.2003 n. 7639; Cass. civ. 10.2.2003 n. 1938). 
Questo Tribunale reputa, tuttavia, che ne vada disposta la compensazione integrale ai sensi 
dell�art. 92, comma II, c.p.c.. 
Le questioni affrontate non constano, infatti, almeno in parte, di precedenti specifici del Supremo 
Consesso e persiste, al riguardo, una certa divergenza di orientamenti in giurisprudenza. 
Trattasi di giusti motivi che rendono opportuna ed equa la declaratoria di compensazione integrale 
e, peraltro, il contegno processuale tenuto dall�Avvocatura di Stato (consapevole della 
complessit� della materia) conduce a leggere l�assenza di domande sulle spese come non-opposizione 
alla eventuale compensazione e, quindi, come comportamento della parte pubblica 
ispirato ai principi di lealt� e probit�. 
P.Q.M. 
Il Tribunale di Catanzaro, sezione I civile, in persona del giudice monocratico dott. Alberto 
Nicola Filardo, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (�) nei confronti 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente in carica , disattesa ogni 
ulteriore eccezione, deduzione e difesa, cos� provvede: 
Rigetta le domande degli attori; 
Compensa integralmente le spese di lite tra le parti; 
Catanzaro l� 20 aprile 2009
CONTENZIOSO NAZIONALE 251 
Ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. emessa dal 
Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche 
Ammissibilit� e conseguenze 
(Tribunale di Campobasso, ordinanza 18 giugno 2008, n. cron. 2985) 
L�articolata vicenda processuale antecedente alla pronuncia in commento 
� connotata da singolari profili al limite dell�abnormit�, tali da rendere opportuno 
un riepilogo delle fasi processuali variamente succedutesi davanti al Tribunale 
di Campobasso. 
Con atto notificato il 9 gennaio 2008 nove parti creditrici, danneggiate 
nel corso dell�alluvione del gennaio 2003, che ha interessato l�area del Consorzio 
per lo Sviluppo Industriale per la Valle del Biferno di Termoli, hanno 
intimato all�Amm.ne regionale ed al Tesoriere regionale il pignoramento di 
tutte le somme da quest�ultimo dovute alla prima in ragione del titolo rappresentato 
da un�ordinanza emessa in data 24 luglio 2007 dal Giudice Delegato 
del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Napoli (adito per la valutazione 
dei profili di responsabilit� omissiva dell�Amministrazione regionale 
nell�adozione di cautele doverose preventive dell�evento), all�uopo vincolando 
l�importo complessivo di � 10.218.624,01. 
L�Amm.ne regionale col patrocinio dell�Avvocatura dello Stato si � opposta 
all�esecuzione eccependo l�inammissibilit�/nullit� della procedura esecutiva 
oltre che l�inesistenza/nullit� assoluta del titolo azionato, in particolare 
deducendo l�inutilizzabilit� dello strumento ex art. 186 quater c.p.c. (attivato 
con l�ordinanza in data 24 luglio 2007 del G.D. del T.R.A.P. presso la Corte 
d�Appello di Napoli, titolo posto in esecuzione) ed altres� censurando essenzialmente 
l�anomalia della procedura attivata, scaturente dal rito speciale ex 
T.U. 1775/1933, che tra l�altro non contempla l�ordinaria esecutoriet� di procedimenti 
di primo grado sfavorevoli all�Amm.ne. 
La domanda cautelare intesa all�immediata sospensione, anche inaudita 
altera parte, dell�esecuzione intrapresa - domanda proposta oltre che nel ricorso 
in opposizione anche nell�atto di costituzione nella procedura esecutiva 
- � stata inizialmente accolta dal magistrato togato designato per la trattazione 
dell�opposizione, contestualmente al decreto che ha fissato l�udienza di comparizione 
delle parti. 
A tale decreto ha fatto seguito altro provvedimento, del 25 febbraio 2008 
del G.O.T. designato quale Giudice dell�Esecuzione, parimenti dichiarativo 
della sospensione della procedura esecutiva all�esito del giudizio di opposizione. 
Con successiva ordinanza depositata il 18 marzo 2008 il Tribunale di
252 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Campobasso, con altro magistrato togato in funzione provvisoria di Giudice 
dell�Opposizione all�Esecuzione, ha deciso la richiesta di sospensione, rigettandola. 
Avverso tale provvedimento � insorta l�Amm.ne regionale con apposito 
reclamo, poi trattato congiuntamente e riunito con precedente reclamo delle 
controparti avverso il citato decreto del G.E. 
Entrambi i reclami sono stati quindi discussi all�udienza del 14 maggio 
2008 e decisi con ordinanza depositata il 18 giugno 2008, in senso sfavorevole 
all�Amm.ne regionale. 
Tale ordinanza appare prima facie erronea e sostanzialmente elusiva di 
talune questioni espressamente poste col mezzo impugnatorio. 
In sintesi, l�organo giudicante nel rigettare il reclamo ha dedotto in generale 
l�applicabilit� al processo speciale delle acque delle norme contenute nel 
vigente codice di procedura civile (1), anche nelle parti (come quelle coinvolgente 
l�art. 186 quater) sconosciute al codice del 1865 previgente ed oggetto 
di novella con la riforma del 1995 (cfr. art. 7 d.l. 18 ottobre 1995 n. 432); a tal 
fine ha invocato l�autorit� di quell�indirizzo giurisprudenziale per il quale il 
rinvio generale operato dal T.U. sulle acque pubbliche al codice di procedura 
civile ha carattere dinamico (o non ricettizio) piuttosto che statico (ricettizio) 
(2), rendendo cos� possibile l�introduzione nel processo dinanzi al Tribunale 
speciale in questione della norma sopravvenuta di cui all�art. 186 quater c.p.c., 
con le conseguenze ravvisate dal primo Tribunale in tema di eseguibilit� �automatica� 
della relativa ordinanza, in rigetto delle prospettazioni difensive 
volte a valorizzare, oltre che l�art. 205 del medesimo Testo Unico (3) ed il suo 
connotato di specialit� (v. infra), in tema di limiti all�esecuzione forzata di 
provvedimenti di primo grado, innanzitutto l�inammissibilit� del richiamo di 
disposizioni estranee al contesto del c.p.c. 1865. 
(1) Cfr. art. 208 T.U. 1775/1933: �Per tutto ci� che non sia regolato dalle disposizioni del presente 
titolo si osservano le norme del Codice di procedura civile, dell'ordinamento e del regolamento giudiziario, 
approvati con RR. DD. 6 dicembre 1865, n. 2626, e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive 
leggi modificatrici ed integratrici, in quanto siano applicabili nonch�, pei ricorsi previsti nell'art. 143, le 
norme del Titolo III, Capo II del T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di Stato�. 
(2) Come � noto, il rinvio fisso o materiale o statico o ricettizio, a differenza di quello formale o 
dinamico o mobile o di produzione, riguarda l�integrazione della norma richiamante con quella richiamata, 
con modalit� coinvolgente la disposizione e non la fonte (G.U. Rescigno), in termini indifferenti 
alle vicende modificative della disposizione richiamata, successive alla disposizione rinviante. 
(3) Art. 205 T.U. 1775/1933: �Sulla istanza delle parti pu� essere ordinata la esecuzione provvisoria 
delle sentenze dei Tribunali di prima istanza.//L'esecuzione provvisoria non pu� essere accordata 
nei confronti dell'Amministrazione dello Stato.//Le sentenze emesse dal Tribunale superiore in grado di 
appello sono esecutive a norma dell'art. 554 del Codice di procedura civile; il ricorso per cassazione 
non ne sospende la esecuzione.//Per l'esecuzione si osservano le norme stabilite dal libro II del Codice 
di procedura civile�.
CONTENZIOSO NAZIONALE 253 
La pronuncia cautelare in commento esprime un orientamento provvisorio 
(4), in attesa della decisione finale di merito e di quella del grado successivo 
(cfr. art. 616, ultima parte, c.p.c.) (5), con cui peraltro occorre confrontarsi, 
onde evidenziarne i profili di erroneit� e di inidoneit� a costituire un precedente 
significativo a livello nazionale. 
In primis va osservato che la natura ricettizia o meno dei rinvii de quo 
operati dal T.U. 1775 del 1933 - pur dandosi atto del consistente orientamento 
specificamente formatosi sull�art. 208 citato, in senso contrario alla tesi propugnata 
dall�Amministrazione interessata - � tutt�altro che pacifica anche nella 
giurisprudenza di legittimit�. 
Infatti, una semplice verifica appena meno che epidermica delle decisioni 
che la Corte di Cassazione - soprattutto a sezioni unite - ha pronunciato sul 
punto, consente di rendersi conto della non univocit� delle opinioni succedutesi 
nel tempo, spesso con mutamenti di indirizzo a distanza di pochi anni. 
Non pare affatto che il pi� recente indirizzo, anche se non in termini di 
assoluta consolidazione, sia pacificamente volto a ripudiare la natura staticoricettizia 
del suddetto rinvio, in termini conformi a quelli accreditati dal Tribunale 
di Campobasso. 
Particolarmente esplicita risulta la sent. Cass. civ., sez. un., 5 aprile 2007 
n. 8520, in sede di valutazione dell�applicabilit� ratione temporis � denegata 
� del d.lgs. 40/2006: �[�]Deve ribadirsi, infatti, in conformit� a quanto assolutamente 
pacifico presso una pi� che consolidata giurisprudenza di queste 
Sezioni Unite, [�] in armonia con la natura recettizia dei rinvii al codice di 
procedura civile contenuti nel R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 200, 201 
e 202 (t.u. delle leggi sulle acque e gli impianti elettrici), e la conseguente applicabilit� 
delle richiamate disposizioni del codice di rito del 1865, [�..]. 
E' noto che il sistema processuale relativo alle controversie in materia 
di acque pubbliche, anche dopo l'entrata in vigore del codice di procedura civile 
del 1942, rimane collegato, nella sua interezza, attraverso i riferimenti 
contenuti nel R.D. n. 1775 del 1933, alle norme del codice di rito del 1865. 
Tali norme debbono, pertanto, ritenersi recepite dal suddetto testo unico, 
rimanendo estranee alla materia le modificazioni della procedura ordinaria 
apportate dal nuovo codice (tra le tantissime, cfr. Cass. 26 aprile 1969, n. 
1350; Cass., sez. un., 29 aprile 1964, n. 1040; Cass., sez. un., 17 aprile 1963, 
n. 950). 
(4) Come � noto non impugnabile nemmeno con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 
Cost., in quanto privo di natura definitiva e decisoria: in tal senso, di recente, cfr. ex plurimis Cassazione 
civile, sez. III, 12 marzo 2008, n. 6680. 
(5) L'ultimo inciso del nuovo art. 616 c.p.c. ammette implicitamente il ricorso straordinario ex 
art. 111 Cost. soltanto avverso la sentenza che chiude il giudizio di opposizione all'esecuzione. Cfr. la 
sentenza citata sub nota 3).
254 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
I riferimenti al codice di procedura civile [�..] hanno carattere di rinvio 
recettizio, ragion per cui nella materia indicata da queste disposizioni continua 
ad applicarsi il codice di procedura civile del 1865: salvo le modificazioni 
determinate dall'entrata in vigore della Costituzione (Cass., sez. un., 16 gennaio 
1987, n. 301; Cass., sez. un., 21 febbraio 1976, n. 576; Cass., sez. un., 2 
febbraio 1973, n. 311). 
E� chiaro che, aldil� del riferimento del caso specifico agli artt. 200-201- 
202 del T.U. citato, la sentenza utilizza un ragionamento dirimente, che ben si 
attaglia al tema generale del rapporto tra T.U. e nuovo c.p.c., in termini che 
contribuiscono a lumeggiare non tanto e non solo il richiamo operato dall�art. 
208 successivo, reputato dal Tribunale di Campobasso dirimente nella fattispecie 
in esame, quanto quello, contenuto nell�art. 205 cit. ultima parte (norma 
con palese connotato di �specialit��, anche in ordine al �rinvio� operato nel 
suo ultimo comma, rispetto a quello �generale� ex art. 208 successivo), al 
Libro Secondo (delle Esecuzioni) del c.p.c. del 1865. 
Anzi, a tal ultimo proposito, il rinvio contenuto nell�art. 205 citato opera 
in termini che a ben vedere consentirebbero anche di ipotizzare la carenza di 
presupposto normativo giustificativo della Giurisdizione ordinaria ai fini dell�esecuzione 
di provvedimenti dei Tribunali delle Acque, dovendosi conseguentemente 
ritenere la tendenziale coincidenza del giudice della cognizione 
di merito col giudice della relativa esecuzione, come ripetutamente chiarito 
con riferimento ad altri ordini giudiziali. Sul presupposto dell�insussistenza 
di una adeguato rinvio al Libro III del vigente c.p.c., potrebbero delinearsi gli 
estremi per avvalorare la competenza funzionale dello stesso Tribunale speciale, 
rientrando la pretesa azionata nell�esercizio dei diritti ex art. 140 T.U. 
1775/1933 (6), tenuto conto che il giudice in questione ha cognizione - su diritti 
soggettivi - in materia di ottemperanza, sul modello del compendio Consiglio 
di Stato/TT.AA.RR.; l�alternativa risiederebbe nel ritenere che 
l�esecuzione dei provvedimenti definitivi dei Tribunali delle Acque sia possibile 
solo nei termini assimilabili all�ottemperanza amministrativa al giudicato 
civile, con contemporanea esclusione, oltre che della competenza del giudice 
ordinario, di quella del giudice speciale delle acque (7), il che in ogni caso 
pone oggettivamente nella fattispecie in esame una non trascurabile questione 
di carenza di giurisdizione, elusa dal Tribunale di Campobasso con la sopravvalutazione 
della chiave interpretativa desunta dall�art. 208 T.U. 1775/1933. 
(6) Si veda in particolare la lett. e). Non a caso la normativa speciale, aldil� del rinvio ex art. 205 
ultimo comma, non reca o richiama espressamente disposizioni sulla competenza del Tribunale ordinario 
in tema di esecuzione forzata; in subordine, il rinvio in questione potrebbe essere inteso come limitato 
alle norme procedurali in quanto applicabili davanti allo stesso Giudice speciale. 
(7) In tal senso sembra orientarsi Tribunale sup.re acque, 04 gennaio 2007, n. 1, allorch� contempla 
la spettanza alla giurisdizione amministrativa del giudizio di ottemperanza relativo alle pronunce 
emesse dal Tribunale superiore in grado di appello, in materia di acque pubbliche e su diritti soggettivi.
CONTENZIOSO NAZIONALE 255 
In realt�, l�art. 208 (ma lo stesso argomento � utilizzabile con riferimento 
al rinvio contenuto nell�art. 205) ben esprime da s� i limiti del rinvio alle 
norme del codice di procedura civile. Esso, infatti, rimanda per tutto ci� che 
non sia regolato nel T.U. alle �norme del Codice di procedura civile, dell�ordinamento 
e del regolamento giudiziario, approvati con RR.DD. 6 dicembre 
1865 n. 26262, e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive leggi modificatrici 
ed integratrici, in quanto siano applicabili�. Orbene, in base al primo 
inciso �delle successive leggi modificatrici ed integratrici�, non si pu� porre 
in relazione di continuit� il nuovo codice di procedura civile approvato con 
R.D. del 16 marzo 1942 n. 262 con il precedente del 1865, in quanto quest�ultimo 
non rappresenta n� una modificazione dello stesso (riscrivendo l�intero 
testo processuale con altra numerazione, diverse disposizioni e sostanziali innovazioni) 
n� tantomeno una semplice integrazione. 
Pertanto, � certamente pi� corretto ritenere che le modificazioni e le integrazioni 
cui fa riferimento l�art. 208 (analogamente e prioritariamente, l�art. 
205) siano quelle intervenute tra l�approvazione del codice di procedura nel 
1865 e l�approvazione del T.U. nel 1933, in adesione a quell�indirizzo dottrinale 
che �ncora il rinvio alla normativa vigente al momento in cui esso viene 
operato, con conseguente cristallizzazione dei contenuti prescrittivi del testo 
cos� come scritto all�epoca del richiamo. 
Sotto altro profilo, il secondo inciso �in quanto siano applicabili� contenuto 
nell�art. 208 evoca certamente un rapporto di specialit� tra la norma richiamante 
e quella richiamata. 
Tale rapporto di specialit� � stato correttamente messo in evidenza dalla 
Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi proprio sulla legittimit� costituzionale 
non a caso dell�art. 205, comma 1 del T.U. � con decisione che interessa 
in termini essenziali anche per altri versi la questione portata a 
conoscenza dell�organo giudiziario campobassano � nella parte in cui non prevede 
l�automatica efficacia esecutiva delle sentenze rese in prime cure dal tribunale 
regionale delle acque pubbliche. 
Nella sentenza del 10 marzo 2006 n.101 si legge, infatti, �che il processo 
in materia di acque pubbliche, pur con il rinvio meramente �residuale� alle 
norme del codice di procedura civile per tutto ci� che non sia espressamente 
regolato nel testo unico del 1933, presenta innegabili aspetti di specialit� per 
pi� profili anche relativi all'esecuzione, che viene, ad esempio, espressamente 
esclusa in via provvisoria per le sentenze dei tribunali di prima istanza se 
emesse nei confronti dell'amministrazione dello Stato; che la norma impugnata, 
tuttora operante, � speciale rispetto alle vigenti disposizioni del codice 
di rito, delle quali pu� farsi applicazione nel processo davanti ai tribunali regionali 
ed al Tribunale superiore delle acque pubbliche solo nei limiti indicati 
dal testo unico, pi� volte citato, per cui il complessivo sistema processuale disegnato 
dalla normativa del 1933, in quanto caratterizzato dall'intreccio di
256 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
interessi di varia natura, pubblici e privati, non consente di operare integrazioni, 
attingendo alle corrispondenti norme del codice di rito, al di fuori dei 
casi in cui il rinvio a queste ultime sia espressamente disposto (come � avvenuto 
con l'art. 208 del citato t.u.), dal momento che ogni ulteriore intervento 
sistematico resta riservato alla discrezionalit� del legislatore, da esercitarsi 
nei limiti della ragionevolezza�. 
La riconosciuta specialit� nonch� - tra le righe - il carattere statico del 
rinvio al codice di procedura, affermati dal Giudice delle Leggi (con velato 
invito al legislatore ad effettuare un intervento sistematico) costituiscono indubbi 
punti di riferimento per la risoluzione del problema affrontato dall�ordinanza 
in esame, ad onta della disomogeneit� delle pronunce del giudice di 
legittimit� sulla �pregiudiziale� tematica della prospettabilit� del rinvio �dinamico�. 
Dopo la necessaria premessa di ordine generale e teoretico, non pu� che 
rilevarsi l�incongruenza nel merito dell�ordinanza in epigrafe, la quale si rivela 
tutt�altro che convincente, dal momento che - nel riconoscere l�applicabilit� 
ex lege dell�ordinanza di pagamento di cui all�art. 186 quater c.p.c. nel procedimento 
dinanzi al Tribunale delle Acque Pubbliche - disattende ampiamente 
non solo il filone giurisprudenziale sopra richiamato sulle modalit� e limiti 
del predetto �rinvio�, ma anche i principi affermati dalla Corte Costituzionale 
sui limiti di eseguibilit� delle decisioni del Tribunale Regionale delle Acque 
Pubbliche sfavorevoli alla P.A. 
Ribadito che appare dubbia l�applicabilit� di normativa estranea a quella 
oggetto del rinvio, va puntualizzato che l�esecuzione nei confronti della P.A. 
� preclusa, per quanto si desume con immediatezza dal chiaro tenore dell�art. 
205 T.U., in difetto di un provvedimento (anche non collegiale di tipo decisorio 
finale quale la sentenza: v. infra, sub nota 7)) che contenga esplicitamente la 
clausola di provvisoria esecutivit�. 
Nel caso di specie si riscontra un provvedimento non rispondente al modello 
legale, previsto per l�integrazione dell�ipotesi (derogatoria, eccezionale, 
tassativa ed insuscettibile di interpretazione estensiva) dell�efficacia esecutiva 
dei pronunciamenti del Tribunale regionale delle Acque, in quanto carente: a) 
del connotato collegiale; b) della natura di sentenza (8); c) della carenza di 
un�espressa concessione del beneficio dell�anticipazione dell�esecutoriet�. 
N� pu� sostenersi in senso contrario che l�esecutivit� discende direttamente 
dall�art. 186 quater c.p.c. 
(8) Si noti al riguardo che anche l�eventuale valorizzazione della �consolidazione� dell�ordinanza 
in questione a seguito del meccanismo conclusivo del primo grado di giudizio e della sua sostanziale 
assunzione del connotato di provvedimento definitivo (con l�efficacia di �sentenza� impugnabile), correlata 
alla rinuncia ex art. 1864 quater c.p.c., militerebbe in senso ostativo al riconoscimento del diritto 
all�esecuzione, tenuto conto allora del diretto dettato legislativo, applicabile all�ordinanza in quanto divenuta 
provvedimento �finale� del grado predetto.
CONTENZIOSO NAZIONALE 257 
Ferma restando l�impossibilit� di applicazione dell�art. 186 quater c.p.c. 
nel processo dinanzi al TRAP, per quanto sopra evidenziato, non si vede come 
il provvedimento anticipatorio ex art. 186 quater possa acquisire un�attitudine 
che non potrebbe esplicare il (maggiore) provvedimento �anticipato�, oltre i 
limiti di una logica continenza dell�efficacia del primo rispetto alla capacit� 
esecutoria del secondo, come delineata dalla normativa speciale di riferimento, 
e comunque la norma non pu� che uniformarsi alle prescrizioni, condizioni e 
limitazioni specificamente vigenti in materia di acque, per la prevalenza da 
accordarsi alla norma �speciale�, non incisa da norma generale pur posteriore. 
Non a caso la limitazione dell�efficacia dei provvedimenti decisori in generale 
(e per quanto sopra precisato, deve ritenersi, anche l�ordinanza in 
esame), come disciplinata dall�art. 205 citato, � passata indenne al vaglio di 
costituzionalit� con la summenzionata sentenza n. 101/2006, quale espressione 
razionale ed insindacabile di una scelta di competenza del Legislatore. 
Appare semmai irrazionale sovvertire il principio emanato dalla Corte 
Costituzionale al fine di regredire verso la soluzione opposta, con riferimento 
al provvedimento provvisorio ed anticipatorio di quello finale. 
Ovviamente il riferimento normativo all��Amministrazione dello Stato� 
va letto cum grano salis e senza speculazioni sul dato letterale, da estendersi 
dunque a tutte le Amministrazioni pubbliche (resistenti o convenute), Regioni 
comprese, tenuto conto dell�epoca di adozione del T.U. in questione (la genesi 
delle Amministrazioni regionali � nettamente posteriore), che non poteva 
�scontare� l�arricchimento del panorama delle persone giuridiche pubbliche 
competenti in tema di acque ed i trasferimenti di funzioni in materia specifica 
(con conseguenti legittimazione processuale degli enti titolari di quelle funzioni 
ed applicabilit� del relativo regime processuale). 
Pertanto, la reiterata invocazione dell�eseguibilit� ex lege di ordinanze ex 
art. 186 quater c.p.c., doveva essere rapportata alla specialit� del procedimento 
di merito sottostante, connotata da previsione (v. art. 205 cit.) sull�impossibilit� 
di esecuzione provvisoria nei confronti della Pubblica Amministrazione (indicata 
quale �Amministrazioni dello Stato�, ma da intendersi (9) come riferita 
alle Amm.ni (Regioni) indicabili quali succeditrici �a titolo universale� nella 
titolarit� della quasi generalit� delle funzioni afferenti quel T.U. ed il cui esercizio 
ha un riflesso nei giudizi processualmente disciplinati dallo stesso Testo) 
e, in subordine, dalla necessit� di apposizione di apposita clausola di provvisoria 
esecutoriet� al provvedimento da attuarsi, in conformit� all�antica (pre- 
1990) disciplina generale codicistica sull�efficacia dei pronunciamenti 
(9) Con adattamento interpretativo �dinamico� e prospettiva di �rinvio formale� qui singolarmente 
rifiutati dal Tribunale di Campobasso, che ha privilegiato invece il ricorso ad un sofisma che si fonda 
sul rilievo sostanziale per cui il T.U. del 1933 in questione non contempla le Regioni (come � noto create 
nel 1970) e dunque ad esse non si applicano i privilegi previsti per lo Stato.
258 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
giudiziali di primo grado. 
In definitiva, il ragionamento sostenuto dal Tribunale - oltre che effettuare 
una contaminazione per nulla convincente, in spregio di pronunce orientatrici 
della Corte Costituzionale, tra la tesi fondata sul ripudio della natura statica 
del rinvio operato dall�art. 208 T.U. e quella sulla (trascurata) specialit� della 
normativa in materia, valorizzata solo per denegarne l�applicabilit� sopravvenuta 
agli enti cessionari della gran parte dei poteri gi� statali in materia di 
acque pubbliche - � dunque reticente sul punto della reale natura sostanziale 
del provvedimento eseguendo, e fuorviante allorch� (soffermandosi su un�analisi 
estranea ai limiti della propria competenza giurisdizionale) depone per 
un�efficacia ancora solo provvisoria ed �anticipatoria� dell�ordinanza ex art. 
186 quater c.p.c., come se dovesse ancora sopravvenire la sentenza di merito 
del Tribunale regionale napoletano in composizione collegiale; quindi, elusiva 
della reale problematica applicativa, incentrata sui limiti di eseguibilit� ex art. 
205 T.U. 1775/1933. 
Per tali ragioni, l�ordinanza in commento non appare destinata a costituire 
un precedente rilevante e meritevole di seguito. 
Avv. Piero Vitullo* 
Avv. Margherita Cretella** 
Tribunale ordinario di Campobasso, ordinanza del 18 giugno 2008 n. cron. 2985. 
(...Omissis) 
Entrambi i reclami traggono origine dall�opposizione proposta dalla Regione Molise avverso 
l�esecuzione forzata di un�ordinanza di pagamento emessa ex art. 186 quater c. p. c. dal Tribunale 
regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli, nell�ambito 
della quale sono state formulate due distinte richieste di sospensione dell�esecuzione stessa. 
(Omissis) 
La Regione sostiene, inoltre, che l�ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. emessa dal Tribunale 
regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello di Napoli il 24-7-2007 � priva di 
efficacia esecutiva in ragione della speciale disciplina stabilita dall�art. 205 del R.D. 11-12- 
1933 n. 1775, che per le sentenze di primo grado emesse dai Tribunali regionali delle Acque 
Pubbliche non prevede l�esecutivit� ex lege ma contempla il potere discrezionale del Giudice 
di concederla su istanza di parte. Ad avviso della Regione, quindi, detta ordinanza, non munita 
della clausola di provvisoria esecutoriet�, non � esecutiva, non potendo ritenersi applicabile 
(*) Avvocato dello Stato. 
(**) Stagista presso l�Avvocatura distrettuale di Campobasso.
CONTENZIOSO NAZIONALE 259 
alla fattispecie in esame il secondo comma dell�art. 186 quater c.p.c., perch� incompatibile 
con la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche. 
Dubbia appare, inoltre, secondo la Regione, la stessa r applicabilit� del primo comma dell�art. 
186 quater c.p.c. al processo dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, poich� il 
Giudice delegato all�istruttoria non � munito del potere di decidere la controversia, riservato 
al Collegio, del quale fa parte anche un componente tecnico. 
Detti assunti non sono condivisi dal Tribunale. 
Invero, l�art. 208 del R.D. 11-12-1933 n. 1775 dispone che al processo dinanzi ai Tribunali 
regionali delle Acque Pubbliche, per tutto quanto non sia specificamente regolato dal titolo 
quarto del medesimo R.D., si applicano le norme codice di procedura civile, dell�ordinamento 
giudiziario e del regolamento giudiziario approvati con RR.DD. 6-12-1865 n. 2626 e 14-12- 
1865 n. 2641 e le successive leggi modificatrici ed integratrici. Trattasi, dunque, non di un 
rinvio recettizio ma di un rinvio formale, non cristallizzato alle norme processuali vigenti all�epoca 
di entrata in vigore del R.D. 11-12-1933 n. 1775 ma aperto a tutte le modifiche ed integrazioni 
successivamente apportate al codice di procedura civile ed agli altri corpi normativi 
richiamati (cos�, Cass., S.U., 23-12-2004, n. 23838), in quanto siano applicabili, con tale ultima 
espressione intendendosi che dal rinvio formale de quo restano escluse le norme incompatibili 
con la disciplina speciale. Ci� precisato, osserva il Collegio che la provvisoria 
esecutoriet� accede ex lege all�ordinanza di pagamento emessa ai sensi dell�art. 186 quater 
c.p.c., la quale si configura come provvedimento anticipatorio munito di efficacia esecutiva 
e suscettibile, altres�, di acquistare l�efficacia della sentenza impugnabile qualora si verifichino 
le condizioni previste dall�ultimo comma del medesimo articolo. La scissione fra il momento 
di emissione dell�ordinanza e quello in cui essa acquista l�efficacia della sentenza impugnabile 
ed il carattere meramente eventuale e non necessario di tale equipollenza inducono a ritenere 
che detta ordinanza non possa essere equiparata ad una sentenza sin dalla sua emissione e che 
ad essa non si applichino, di conseguenza, le disposizioni di cui all�art. 205 del R.D. 11-12- 
1933 n. 1775, espressamente dettate solo per le sentenze. Ne deriva che l�assenza, nel provvedimento 
emesso dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di Appello 
di Napoli, della clausola di provvisoria esecutoriet� non � decisiva al fine di escluderne l�efficacia 
esecutiva, la quale pu� essere perci� negata solo ritenendo che l�art. 186 quater c.p.c. 
sia in tutto o in parte incompatibile con la disciplina prevista per le sentenze dei Tribunali regionali 
delle Acque Pubbliche dal citato art. 205. Il Collegio ritiene che una siffatta incompatibilit� 
non sia ravvisabile. Il primo comma dell�art. 205 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, invero, 
stabilisce che le sentenze di primo grado dei Tribunali regionali delle Acque Pubbliche possono 
essere rese provvisoriamente esecutive su istanza di parte, sulla base di una valutazione 
discrezionale dell�organo giudicante. L�art. 186 quater c.p.c., invece, stabilisce che l�ordinanza 
di pagamento ivi prevista costituisce titolo esecutivo e pu� essere emessa alla chiusura dell�istruttoria, 
su istanza di parte e nei limiti in cui il giudice istruttore ritenga gi� raggiunta la 
prova. Trattandosi di un provvedimento anticipatorio esecutivo, l�istanza di parte rivolta ad 
ottenerlo ha per oggetto la concessione di un provvedimento munito di efficacia esecutiva, 
mentre la circostanza che il giudice istruttore �possa� e non �debba� disporre il pagamento se 
ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell�art. 186 quater c. p. c. (esaurimento 
dell�istruttoria e raggiungimento anche parziale della prova) induce a ritenere che il giudicante 
disponga di un apprezzabile margine di discrezionalit� che gli consente di denegare la concessione 
dell�ordinanza de qua tutte le volte in cui, pur essendo stata chiusa l�istruttoria, la 
complessit� della valutazione del materiale probatorio raccolto sconsigli l�adozione di un
260 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
provvedimento esecutivo a struttura sommaria nonch� revocabile e renda opportuna, invece, 
l�adozione della modalit� decisoria ordinaria rappresentata dalla sentenza (cfr. Trib. Torino, 
Sez. III, 23-12-2006). Ben pu� ritenersi, dunque, con specifico riferimento al processo speciale 
dinanzi ai Tribunali regionali delle Acque Pubbliche, che l�ordinanza di pagamento in discorso 
possa essere denegata qualora, pur essendo stata raggiunta in tutto o in parte la prova del credito 
azionato, le circostanze del caso concreto rendano inopportuna la concessione di un provvedimento 
anticipatorio di condanna provvisoriamente esecutivo. L�art. 186 quater c. p. c., 
inoltre, si applica anche alle controversie nelle quali il Tribunale giudica in composizione collegiale 
e le ragioni di opportunit� che suggeriscono di rifiutare la concessione dell�ordinanza 
di cui si discute possono essere individuate anche nella complessit� della valutazione delle 
prove raccolte, tale da richiedere l�approfondimento collegiale delle questioni dibattute, onde 
alcuna incompatibilit� si ravvisa con la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali 
regionali delle Acque Pubbliche, che regola la suddivisione delle funzioni tra l�organo collegiale 
ed il giudice delegato per l�istruzione della causa in modo del tutto analogo a quello previsto 
dal codice di procedura civile per il processo dinanzi ai Tribunali Ordinari. In definitiva, 
dunque: I) la concessione dell�ordinanza esecutiva ex art. 1 86 quater c. p. c. � subordinata 
alla presentazione di una specifica istanza della parte interessata, cos� come � stabilito dall�art. 
205 del R.D. I 1-12-1933 n. 1775 per la concessione della provvisoria esecutoriet� delle sentenze 
di primo grado emesse dai Tribunali regionali delle Acque pubbliche; 2) il Giudice 
Istruttore pu� denegarla se motivi di opportunit� ne sconsiglino l�adozione, cos� come la clausola 
di provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado dei Tribunali regionali delle 
Acque Pubbliche pu� essere accordata o negata sulla base di una valutazione discrezionale 
legata all�opportunit� o meno di rendere tali decisioni provvisoriamente esecutive; 3) nelle 
cause nelle quali il Tribunale Ordinario giudica in composizione collegiale l�ordinanza ex art. 
186 quater c. p. c. � emessa dal Giudice Istruttore, senza che si renda necessaria una ulteriore 
ed apposita investitura in aggiunta alla designazione iniziale compiuta in via generale ai sensi 
dell�art. 168 bis c. p. c., mentre la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali regionali 
delle Acque Pubbliche non contempla alcuna espressa restrizione dei poteri del Giudice delegato 
per l�istruzione rispetto a quelli attribuiti al Giudice Istruttore del Tribunale collegiale 
Ordinario. 
Alla stregua dei precedenti rilievi, pertanto, il Collegio ritiene che non possa ravvisarsi alcuna 
incompatibilit� fra l�art. 186 quater c. p. c. e la disciplina speciale del processo dinanzi ai Tribunali 
regionali delle Acque Pubbliche stabilita dal R.D. 11-12-1933 n. 1775, poich� la concessione 
del provvedimento esecutivo de quo presuppone pur sempre un�espressa istanza della 
parte interessata ed il Giudice delegato per l�istruzione della causa, anche quando ritenga completa 
l�istruttoria, potr� denegarne la concessione quando motivi di opportunit� sconsiglino 
l�adozione di un provvedimento munito di efficacia esecutiva ovvero quando la valutazione 
del materiale probatorio raccolto appaia oltremodo complessa e richieda l�approfondimento 
collegiale delle questioni dibattute ed il contributo del componente tecnico alla formazione 
della decisione. 
Quanto al divieto di concessione della clausola di provvisoria esecuzione delle sentenze dei 
Tribunali regionali delle Acque Pubbliche rese nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, 
stabilito dal secondo comma dell�art. 205 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, esso non opera nella 
fattispecie in esame, nella quale il provvedimento della cui esecuzione provvisoria si tratta � 
stato emesso nei confronti di un ente diverso dallo Stato, al quale non pu� applicarsi per analogia 
la deroga tassativamente contemplata a favore delle sole Amministrazioni dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 261 
L�ordinanza emessa dal Tribunale regionale delle Acque Pubbliche di Napoli il 24-7-2007, 
quindi, deve ritenersi munita di efficacia esecutiva ai sensi del secondo comma dell�art. 186 
quater c.p.c. e non pu� giudicarsi nulla n� inesistente, essendo stata emessa da un organo giurisdizionale 
al quale il relativo potere � attribuito, in virt� del rinvio formale disposto dall�art. 
208 del R.D. 11-12-1933 n. 1775, dal primo comma dell�art. 186 quater c.p.c., mentre ogni 
altra questione inerente alla concedibilit� dell�ordinanza esecutiva di pagamento de qua � riservata 
alla cognizione del Giudice dell�impugnazione, ai sensi della regola generale stabilita 
dall�art. 623 c.p.c.. 
(Omissis)
262 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Sulla retroattivit� dell�art. 43 del T.U. Espropri 
Posizioni divergenti della giurisprudenza 
amministrativa e della Suprema Corte 
(Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 15 settembre 2009 n. 5523) 
Scrivo queste brevi note dopo avere letto la recentissima sentenza n. 
5523/09 della IV Sezione del Consiglio di Stato. 
Devo confessare che, a seguito della lettura della predetta decisione, sono 
stato colto da un iniziale sconforto, avendo dovuto constatare, mio malgrado, 
di non essermi accorto che la Corte di Cassazione, o meglio le Sezioni Unite, 
avevano cambiato idea in ordine ad una delle pi� dibattute questioni nel panorama 
espropriativo ovvero quella della retroattivit�, o meno, dell�art. 43 del 
T.U. che, come ampiamente noto, ha sancito la �morte� della c.d. occupazione 
acquisitiva per lasciare il posto al c.d. atto di acquisizione coattiva sanante. 
Il passo della sentenza, cui mi riferisco, � il seguente: �Ne consegue che, 
in ipotesi di occupazione �sine titulo�, l�illecito posto in essere dall�amministrazione 
permane fino al sopravvenire di un eventuale atto formale di acquisizione, 
e che fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di 
prescrizione dell�azione di risarcimento del danno sofferto dall�originario 
proprietario dell�area (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2008, nr. 5984; id. 
4 febbraio 2008, nr. 303; id. 21 maggio 2007, nr. 2582). Pertanto, atteso che 
(per la pacifica giurisprudenza della Sezione, ancor pi� da seguire dopo l�ordinanza 
n. 9001 del 2009 delle Sezioni Unite) i principi test� enunciati vanno 
applicati anche alle occupazioni verificatesi in epoca anteriore al citato d.P.R. 
nr. 327 del 2001��. 
Prima di raccontarvi come la semplice lettura della sentenza n. 9001/09 
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione mi abbia ampiamente rincuorato 
sul fatto di non essermi perso un cos� importante revirement giurisprudenziale, 
occorre fare un passo indietro e sintetizzare le posizioni, da un lato, della giurisprudenza 
amministrativa (capeggiata dalla IV Sezione del Consiglio di 
Stato) e, dall�altro, della Corte di Cassazione in tema di retroattivit�, o meno, 
dell�art. 43 del D.P.R. n. 327/01. 
* *** * 
Applicazione retroattiva (Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509; Cons. St., 
sez. V, 11 maggio 2009, n. 2877; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 29 aprile 
2009, n. 913). 
La giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 18 marzo
CONTENZIOSO NAZIONALE 263 
2009, n. 603; T.A.R. Veneto, sez. I, 12 febbraio 2009, n. 347; T.A.R. Sicilia, 
Catania, sez. II, 18 novembre 2008, n. 2098; T.A.R. Napoli, sez. V, ord. 29 ottobre 
2008, n. 730; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 22 settembre 2008, n. 2176; 
id., 17 settembre 2008, n. 2131; id., 14 luglio 2008, n. 1751; T.A.R. Lombardia, 
Brescia, 22 febbraio 2008, n. 140; T.A.R. Sardegna, sez. II, 31 gennaio 
2008, n. 83; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 gennaio 2008, n. 156) ha, 
in pi� occasioni, affermato che l�art. 43 trova applicazione a tutti i casi di occupazione 
sine titulo, anche antecedenti alla data di entrata in vigore del testo 
unico (30 giugno 2003), utilizzando diversi argomenti di carattere sostanziale. 
Innanzitutto, si � evidenziato che l�applicazione retroattiva dell�art. 43 � 
resa necessaria, in considerazione del fatto che l�occupazione acquisitiva non 
sarebbe conforme ai principi sanciti dalla CEDU. Inoltre, si � fornita una particolare 
interpretazione del successivo art. 57. Segnatamente, si � affermato 
che il suddetto articolo, nel disporre che le disposizioni del testo unico non 
operano con riferimento �ai progetti per i quali; alla data di entrata in vigore 
dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, indifferibilit� 
ed urgenza�, fa riferimento unicamente al procedimento di espropriazione. 
Diverso �, invece, il caso in cui la P.A. emani l�atto di acquisizione, 
il quale, collocandosi ab externo del procedimento espropriativo, non rientra 
nell�ambito di operativit� della normativa transitoria di cui all�art. 57. In questo 
senso, si � anche sostenuto che l�art. 43 t.u. cit., che prevede quale unica alternativa 
alla restituzione del bene l�atto di acquisizione sanante, accompagnato 
dal risarcimento del danno, � norma non sostanziale, ma processuale, 
che incide sui poteri di condanna del giudice, con la conseguenza che trova 
applicazione a tutti i casi di occupazione sine titulo, sussistenti o meno alla 
data di entrata in vigore del d.P.R. n. 327/2001 (30 giugno 2003) e, quindi, a 
tutti i processi in corso, prescindendo dall�epoca in cui � stata ultimata l�opera 
(in tal senso, T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 18 marzo 2009, n. 603; T.A.R. Veneto, 
sez. I, 12 febbraio 2009, n. 347; T.A.R. Catania, sez. II, 18 novembre 
2008, n. 2098; T.A.R. Napoli, sez. V, ord. 29 ottobre 2008, n. 730). 
Del resto, sul versante sostanziale e dei principi generali, l�affermazione 
dell�applicabilit� retroattiva dell�art. 43 t.u. cit. trova giustificazione nell�esigenza, 
rimarcata dalla giurisprudenza amministrativa, di radiare dall�ordinamento 
un monstrum, quello dell�occupazione appropriativa, occasione di 
reiterate condanne dello Stato italiano da parte della Corte europea dei diritti 
dell�uomo. In questo contesto s�inserisce l�art. 43 cit., il quale, sul presupposto 
che la perdita della propriet� non possa collegarsi se non ad un atto di natura 
contrattuale o autoritativa, �introduce un meccanismo finalizzato a mettere in 
ordine in tutte quelle situazioni caratterizzate dalla sostanziale perdita della 
disponibilit� del bene in capo ad un privato, a favore di una Pubblica Amministrazione 
che lo utilizza per scopi di pubblica utilit� senza averne acquisito 
la propriet� nei modi ordinari� (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 14 luglio 2008,
264 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
n. 1751). Infatti, costituendo il meccanismo di acquisizione in sanatoria della 
propriet� di cui all�art. 43 �uno strumento che regolarizza dall�esterno la procedura 
espropriativa e soddisfa le pretese risarcitorie dei privati in conformit� 
a principi presenti da tempo nel diritto comune europeo, il provvedimento di 
acquisizione � utilizzabile indipendentemente dal confine temporale stabilito 
dall�art. 57 del d.P.R. n. 327/2001� (T.A.R. Lombardia, Brescia, 22 febbraio 
2008, n. 140). 
In aggiunta a ci�, la giurisprudenza (funditus, T.A.R. Puglia, Bari, sez. 
III, 22 settembre 2008, n. 2176; id., 17 settembre 2008, n. 2131) sottolinea 
che �l�art. 43 cit. ha una portata ricognitiva di principi gi� immanenti nel nostro 
Ordinamento, mentre � innovativo solo nella parte in cui contempla la possibilit� 
di sanare le occupazioni illegittime con il decreto di acquisizione, nonch� 
l� ove stabilisce i criteri di determinazione del danno da liquidare con la sentenza 
di cui al comma 4�. Sicch�, �un problema di applicabilit� dell�art. 43 
anche alle occupazioni precedenti alla entrata in vigore della norma si pu�, 
quindi, porre solo con riferimento alla ricordata parte innovativa dell�art. 43, 
ma non certo con riferimento alla parte di esso che, sottendendoli, si limita a 
riconoscere l�esistenza nel nostro ordinamento dei principi sopra ricordati�. 
Peraltro, ove si dovesse ritenere che i principi elaborati dalla giurisprudenza 
in materia di occupazione acquisitiva ed usurpativa (che, comՏ noto, comporta 
la traslazione della propriet� del bene a favore della P.A. quale conseguenza 
della realizzazione di un�opera sorretta da dichiarazione di pubblica 
utilit�; la possibilit� per il privato, il cui bene sia stato illecitamente utilizzato, 
di abdicare unilateralmente al proprio diritto; l�impossibilit� di procedere alla 
restituzione del bene privato sul quale sia stata realizzata una costosa opera 
pubblica e la sostituzione di essa restituzione con un risarcimento per equivalente) 
fossero effettivamente immanenti nel sistema del diritto italiano e che 
sono stati abrogati per effetto della entrata in vigore dell�art. 43, d.P.R. n. 
327/2001, �ci� comunque non implicherebbe che tale norma, ed i principi ad 
essa sottesi, siano applicabili solo alle procedure intraprese sulla base di dichiarazione 
di pubblica utilit� successive alla entrata in vigore del d.P.R. 
327/2001: in tal caso, infatti, si finirebbe per disapplicare, in tutta una serie di 
rapporti non ancora definiti, i principi della C.E.D.U. (cui l�art. 43 T.U. si 
ispira), i quali debbono invece trovare applicazione prevalente sulle norme interne 
contrarie. D�altro canto, ove si ritenesse l�art. 43 applicabile solo alle 
procedure successive alla entrata in vigore del T.U., se ne dovrebbe inferire 
che lo stesso legislatore ha dato per scontato che, anche nel vigore della nuova 
normativa, si vengano a creare situazioni patologiche simili a quelle verificatesi 
nel passato, il che � assurdo� (T.A.R. Bari, sez. III, 22 settembre 2008, n. 
2176). 
L�argomento letterale, desumibile dalla formulazione dell�art. 57, d.P.R. 
n. 327/2001, unitamente al carattere processuale della nuova norma, � stato,
CONTENZIOSO NAZIONALE 265 
da ultimo, valorizzato da Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3509 a sostegno 
dell�applicazione dell�istituto della c.d. acquisizione coattiva sanante, previsto 
dall�art. 43, anche nel caso in cui la dichiarazione di pubblica utilit� sia intervenuta 
prima dell�entrata in vigore del citato T.U.. 
Osserva il Collegio che: 
�Infondato � il motivo mediante il quale si deduce l�inapplicabilit� dell�art. 
43 del D.P.R. n. 327 del 2001 a fattispecie usurpativa perfezionatasi 
prima della data (30 giugno 2003) di entrata in vigore del T.U. sulle espropriazioni. 
Secondo l�ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale della Sezione 
(inaugurato da IV Sez. n. 2582 del 2007) la procedura di acquisizione �in sanatoria� 
dell�area occupata sine titulo descritta dall�art. 43 trova infatti in generale 
applicazione anche con riguardo alle occupazioni attuate prima 
dell�entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001. In effetti, l'art. 57 del medesimo 
testo unico, richiamando i �procedimenti in corso� ha previsto norme 
transitorie unicamente per individuare l'ambito di applicazione della riforma 
in relazione alle diverse fasi fisiologiche del procedimento sostanziale, mentre 
l'atto di acquisizione ex art. 43 � emesso ab externo del procedimento espropriativo 
e non rientra, pertanto, nell'ambito di operativit� della normativa transitoria. 
Alle considerazioni di ordine generale che precedono va aggiunto che, 
come ben evidenziato dal T.A.R., il comma 3 dell�art. 43 introduce comunque 
uno ius superveniens di carattere processuale e quindi immediatamente applicabile�. 
Alle stesse conclusioni era poco prima pervenuta Cons. St., sez. V, 11 
maggio 2009, n. 2877, secondo cui: �(..) 8. Con il primo mezzo si deduce 
l�inapplicabilit� dell�istituto della sanatoria previsto dall�art. 43 t.u. espr. Alle 
fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilit� sia intervenuta prima dell�entrata 
in vigore del t.u., ci� sulla scorta del tenore letterale della norma sancita 
dall�art. 57 del medesimo t.u. Il mezzo � infondato. Pur consapevole della 
contraria tesi sostenuta dalla Corte di cassazione sul punto controverso (cfr. 
da ultimo Cass. Civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 23943; sez. un., 4 maggio 
2006, n. 10222), la sezione non intende discostarsi dall�indirizzo assunto dall�adunanza 
plenaria di questo Consiglio e dalla successiva giurisprudenza amministrativa 
(cfr. ad. Plen., 29 aprile 2005, n. 2; Cons. St., sez. IV, 21 maggio 
2007, n. 2582, cui si rinvia a mente dell�art. 9, l. n. 205 del 2000)�. 
Alle stesse conclusioni, sulla base di pi� compiuto percorso argomentativo, 
perviene T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 29 aprile 2009, n. 813, secondo 
cui: 
�I principi desumibili dall�art. 43 risultano rilevanti anche nel presente 
giudizio, anche se l�occupazione del suolo in questione � stata disposta nel 
1999. Infatti, l�art. 43 si riferisce a tutti i casi di occupazione sine titulo, anche
266 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
a quelle gi� sussistenti alla data di entrata in vigore del testo unico, in quanto 
l�art. 57 dello stesso, relativo all�"ambito di applicazione della normativa sui 
procedimenti in corso�, nel disporre che �le disposizioni del presente testo 
unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello 
stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, indifferibilit� 
ed urgenza�, riferendosi ai �procedimenti in corso� ha previsto norme transitorie 
unicamente per individuare l�ambito di applicazione della riforma in relazione 
alle diverse fasi �fisiologiche� del procedimento (cfr. Cons. St., sez. 
IV, 30 novembre 2007 n. 6124). 
Il medesimo art. 57, invece, non ha limitato, neanche per implicito, l�ambito 
di applicazione dell'art. 43, che � opposto a quello delle norme che riguardano 
i �procedimenti in corso� (per la scadenza del termine entro il quale 
poteva essere emesso il decreto di esproprio, o per l�annullamento di un atto 
del procedimento ablatorio). In altri termini, l�atto di acquisizione - in quanto 
emesso ab externo del procedimento espropriativo - non rientra nell�ambito 
di operativit� della normativa transitoria di cui all�art. 57, il quale si propone 
di evitare che procedimenti avviati in applicazione della disciplina pregressa 
trovino ulteriore sviluppo e conclusione alla stregua di sopravvenuti assetti 
(riconoscendosi ultrattivit�, per tali fasi procedurali, alla precedente disciplina)�. 
Applicazione non retroattiva (Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 23943) 
Di diverso avviso � la Suprema Corte, secondo la quale, in tema di occupazione 
sine titulo, l�acquisizione sanante, ai sensi del combinato disposto 
degli artt. 43 e 57, d.P.R. n. 327/2001, pu� trovare applicazione solo in relazione 
a progetti di opere pubbliche successivi all�entrata in vigore del decreto 
medesimo (Cass. civ., sez. I, 8 maggio 2008, n. 11477). 
Al riguardo si sono utilizzati argomenti opposti e simmetrici rispetto a 
quelli impiegati dalla giurisprudenza amministrativa per propugnare la tesi 
opposta. In particolare, si � affermato che l�art. 57 del T.U. � chiaro nel sancire 
l�esclusione dell�applicazione retroattiva di tutte le disposizioni contenute 
nello testo unico, ivi compreso l�art. 43, il quale non � stato escluso dal legislatore. 
Al contempo, la Suprema Corte ha precisato che non si pu� giungere 
ad affermare la retroattivit� della disciplina di cui all�art. 43, in considerazione 
dell�affermata incompatibilit� dell�occupazione sine titulo con i principi 
CEDU. 
In questo senso, cos�, motiva Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2008, n. 
23493: 
�Le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per la mancata applicazione 
della normativa introdotta dal D.P.R. n. 327 del 2001, e segnatamente 
degli artt. 43 e 55. In contrario, questa Corte ha avuto modo di chiarire come
CONTENZIOSO NAZIONALE 267 
il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43, laddove stabilisce l'entit� massima del risarcimento 
"nella misura corrispondente al valore del bene utilizzato per scopi 
di pubblica utilit�" pur nelle ipotesi di occupazione senza titolo in mancanza 
di dichiarazione di p.u., ovvero di vincolo preordinato all'esproprio, non pu� 
trovare applicazione nel caso in cui, come nella specie, il progetto dell'opera 
pubblica sia antecedente alla entrata in vigore del D.P.R. citato. L'art. 57 prevede, 
infatti, "la non applicabilit� delle disposizioni del testo unico (perci� 
non soltanto di natura sostanziale) ai progetti per i quali, alla data di entrata in 
vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit�, 
indifferibilit� ed urgenza. Per cui questa Corte ha ripetutamente affermato, 
anche a sezioni unite, che la chiara lettera della norma espressamente riferita 
a tutte le disposizioni del T.U., quali che ne siano la natura ed il contenuto, 
non consente di utilizzare un criterio ermeneutico diverso dal mero riscontro 
temporale in ordine alla data del progetto contenente la dichiarazione di pubblica 
utilit�; con la conseguenza che qualora siffatto progetto sia antecedente 
(...) alla data di entrata in vigore del T.U., la normativa dell'art. 43 risulta comunque 
inapplicabile: a nulla rilevando, una volta accertato che si faccia questione 
di applicazione delle disposizioni del T.U., la distinzione tra procedure 
espropriative in corso e procedure viziate in radice (anche per inutile scadenza 
dei diversi termini) o caducate da un annullamento giurisdizionale. O infine 
quella tra norme sostanziali e norme processuali, nel caso peraltro irrilevante 
essendo indubbio che la normativa dell'art. 43 sia di diritto sostanziale, come 
recentemente ribadito anche dalla Corte Costituzionale (sent. 191/2006). Il 
che d'altra parte � confermato dalla ratio legis, che ha caratterizzato l'art. 57: 
posto che la sua originaria formulazione era nel senso che la nuova normativa 
si applicasse immediatamente a ciascuna delle fasi della procedura ablativa 
non ancora concluse, perci� ingenerando problematiche di non facile soluzione 
per stabilire quando una fase procedimentale debba considerasi in itinere e 
quando gi� definita, o per converso mancante del tutto; che rischiavano di 
complicarsi ulteriormente in conseguenza delle successive vicende amministrative 
o giurisdizionali da cui l'assetto pregresso poteva risultare sconvolto. 
Ragion per cui il D.Lgs. n. 302 del 2002, art. 1, troncando in radice ogni possibile 
questione interpretativa, ha modificato la norma ancor prima che entrasse 
in vigore, ad essa sostituendo un criterio di discriminazione chiaro ed 
inequivoco per decidere dell'applicabilit� della intera normativa del T.U. sui 
procedimenti in corso, fondato esclusivamente sul dato temporale del primo 
atto del procedimento espropriativo in senso stretto, a prescindere dunque dalle 
sue successive vicende e dalle illegittimit� e dalla natura delle violazioni in 
cui l'espropriante possa incorrere, nonch� dei provvedimenti che possa emanare 
durante il prosieguo (Cass. Sez. un. 9343/2006; 5414/2004; 5048/2004; 
19218/2003, nonch� 18239/2005)", (in tal senso, Cass., n. 2746, cit., in motivazione)�.

268 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
* *** * 
Ebbene, questa era la situazione fino al 15 settembre 2009 quando, come 
un fulmine a ciel sereno, � stata pubblicata la sentenza n. 5523/09 del Consiglio 
di Stato nella quale, come emerge chiaramente dalla semplice lettura del passo, 
riportato in apertura della presente nota, viene sorprendentemente affermato 
che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 9001/09 avrebbe 
posto fine al contrasto giurisprudenziale, sintetizzato nei termini sopra riportati, 
riconoscendo la portata retroattiva dell�art. 43 del T.U.. 
Ma � stato sufficiente leggere la sentenza n. 9001/09 delle Sezioni Unite 
della Corte di Cassazione per accorgermi che le cose non stavano assolutamente 
nei termini riportati dal Consiglio di Stato. 
Nella predetta sentenza, con la quale, peraltro, viene dichiarata l�inammissibilit� 
di un ricorso, proposto, ovviamente per motivi di giurisdizione, avverso 
una decisione del Consiglio di Stato, la Suprema Corte di legittimit� non 
afferma, in alcun modo, di avere cambiato idea in ordine alla retroattivit� dell�art. 
43 del D.P.R. n. 327/01, limitandosi, invece, ad evidenziare che la tesi 
della retroattivit� della prefata norma risulta �prevalente nelle decisioni dei 
giudici amministrativi�; il che significa, soltanto, che la Corte di Cassazione 
ha preso atto che nella giurisprudenza amministrativa prevale la tesi della retroattivit� 
e non anche che la predetta tesi sia condivisibile. 
Quale insegnamento si pu� trarre da questa singolare vicenda giurisprudenziale? 
Al di l� della soddisfazione personale (della cui espressione mi scuso, fin 
da ora, con i lettori) che mi deriva dall�avere realizzato che la mia attenzione 
(o meglio, vigilanza) sull�evolversi della giurisprudenza in materia espropriativa 
non � gravemente scemata, mi permetto di osservare, non senza ironia, 
come la sentenza in commento possa costituire, forse, l�esempio di una nuova 
fase dei rapporti, particolarmente tesi negli ultimi decenni, fra il massimo Organo 
della giustizia amministrativa e l�Organo giurisdizionale, titolare della 
funzione nomofilattica; dopo l�era del c.d. �braccio di ferro� si apre, forse, 
quella della �finta uniformit��. 
In altre parole, sembra che il Consiglio di Stato, non volendosi pi� �scontrare� 
con la Suprema Corte ma non volendo, neppure, soggiacere alle interpretazioni 
di quest�ultima, abbia pensato bene di diventare, per cos� dire, il 
�portavoce� della Cassazione, facendo, per�, dire, a quest�ultima, cose che la 
stessa non ha mai detto. 
Non mi sembra, sinceramente, che questa nuova era possa dirsi migliore 
della precedente atteso che � preferibile un contraddittorio, anche se acceso 
(purch� si arrivi, poi, ad un compromesso ovvero ad un �concordato�), anzich� 
una finta uniformit� di opinioni che non fa onore a nessuno, soprattutto a chi 
se la inventa. 
M. B.
CONTENZIOSO NAZIONALE 269 
Consiglio di Stato, Sezione Quarta, sentenza 15 settembre 2009 n. 5523 - Pres. f.f. Maruotti, 
est. Greco - Comune di Porto San Giorgio (Avv. S. Gattamelata) c. A. C. (Avv. M. Ortenzi). 
Tar Marche n. 22/2003. 
(... Omissis) 
FATTO 
Il Comune di Porto San Giorgio ha impugnato, chiedendone l�annullamento o la riforma, la 
sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, in parziale accoglimento del ricorso proposto 
dalla signora A. C., lo ha condannato a risarcire il danno cagionato dall�abusiva occupazione 
di terreni di propriet� della ricorrente, irreversibilmente asserviti a destinazione pubblica in 
assenza di un formale decreto di esproprio. 
A sostegno dell�appello ha dedotto: 
1) �error in iudicando�: violazione e falsa applicazione dei principi in tema di prescrizione, 
ed in particolare violazione degli artt. 2043 e 2497 c.c.; eccesso di potere per omessa, insufficiente 
e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; 
2) �error in iudicando�: falsa applicazione dell�art. 5-bis, comma VII-bis, del decreto legge 
11 luglio 1992, nr. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, nr. 359, modificato dalla legge 
23 dicembre 1996, nr. 662; mancata applicazione dell�art. 16 della legge 22 ottobre 1971, nr. 
865; violazione dei principi generali in tema di istruttoria; eccesso di potere per difetto di 
istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei fatti. 
Si � costituita la signora A. C., la quale ha �in limine� eccepito l�improcedibilit� dell�appello, 
e nel merito ne ha comunque affermato l�infondatezza, concludendo per l�integrale conferma 
della sentenza impugnata. 
All�udienza del 30 giugno 2009, la causa � stata ritenuta per la decisione. 
DIRITTO 
1. In via preliminare, va esaminata l�eccezione di improcedibilit� dell�impugnazione sollevata 
dalla parte appellata, signora A. C.; in particolare, detta improcedibilit� discenderebbe dall�avere 
l�Amministrazione, prima del presente gravame, notificato a controparte un altro atto 
di appello, poi non depositato nei termini di legge. 
L�eccezione � infondata. 
Infatti, costituisce principio giurisprudenziale pacifico che ai sensi dell�art. 358 c.p.c. (disposizione 
applicabile anche al processo amministrativo) la consumazione del potere di impugnazione 
presuppone necessariamente l�intervenuta declaratoria di inammissibilit� del primo 
gravame, essendo l�impugnazione riproponibile nel rispetto dei termini in mancanza di detta 
declaratoria; ne deriva che il mancato rispetto del termine di deposito del ricorso comporta la 
irritualit� dell�appello, ma non ne impedisce la reiterazione nel rispetto del termine di legge 
nelle more della declaratoria di irritualit� (cfr. Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2008, nr. 23591; 
Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2008, nr. 101; Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, nr. 6531). 
Nel caso di specie, il secondo appello � stato pacificamente proposto e depositato nei termini 
di legge, e per altro verso il primo atto di impugnazione � ancorch� notificato � non � mai 
stato depositato, sicch� giammai avrebbe potuto esserne dichiarata l�inammissibilit�: pertanto, 
si applicano �a fortiori� i principi appena richiamati. 
2. Nel merito, l�appello � solo parzialmente fondato, nei termini e per le ragioni di seguito 
esposti.
270 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
3. La signora A. C. � proprietaria di suoli nel territorio del Comune di Porto San Giorgio, a 
suo tempo oggetto di occupazione d�urgenza per la realizzazione di strade collinari adducenti 
al palazzetto dello sport; in relazione a tale procedura, malgrado la dichiarazione di pubblica 
utilit� fosse scaduta fin dal 9 luglio 1990 e i lavori si fossero conclusi gi� in data 15 giugno 
1987 con irreversibile trasformazione dell�immobile, non � stato mai emesso un formale decreto 
di esproprio. 
In primo grado, la signora C. ha chiesto il risarcimento del danno per l�illecita occupazione 
del proprio suolo: domanda che il T.A.R. delle Marche ha accolto per quanto di ragione, indicando 
quale criterio di quantificazione del danno da risarcire quello previsto dall�art. 5-bis, 
comma VII-bis, del decreto legge 11 luglio 1992, nr. 333, convertito nella legge 8 agosto 
1992, che per le occupazioni illegittime di suoli avvenute anteriormente al 30 settembre 1996 
richiama i criteri di cui al comma I del medesimo articolo. 
In concreto, il primo giudice ha ritenuto che alla signora C. spettasse una somma pari alla 
media tra il valore venale dei terreni acquisiti alla data della loro irreversibile trasformazione 
e il valore del reddito dominicale degli stessi rivalutato a tale data, maggiorata del 10 %, oltre 
agli interessi e alla rivalutazione monetaria. 
4. Con il primo motivo d�impugnazione, l�Amministrazione ripropone l�eccezione di prescrizione 
del diritto al risarcimento gi� formulata in primo grado, sul presupposto che il termine 
quinquennale di prescrizione di tale diritto avrebbe iniziato a decorrere dal 9 luglio 1990, 
ossia dalla data di scadenza della dichiarazione di pubblica utilit� (essendosi verificata l�irreversibile 
trasformazione del suolo anteriormente a detta scadenza), e che dopo un unico atto 
interruttivo posto in essere nel 1991 nessun esercizio del diritto �de quo� vi � stato fino al 
1996, con conseguente estinzione della pretesa risarcitoria. 
Il motivo � infondato, ancorch� per ragioni diverse da quelle addotte dal primo giudice a sostegno 
della reiezione dell�eccezione di prescrizione. 
Ed invero, nella sentenza impugnata la prescrizione del diritto azionato � stata esclusa in applicazione 
delle �proroghe legislative� introdotte dagli artt. 14 del decreto legge 29 dicembre 
1987, nr. 534, e 22 della legge 20 maggio 1991, nr. 158: al riguardo, parte appellante si dilunga 
nella dimostrazione della inapplicabilit� di tali disposizioni, �ratione temporis�, alla procedura 
per cui � causa. 
Tuttavia, il Collegio reputa che la questione sia del tutto inconferente ai fini della risposta al 
quesito relativo all�essere o meno maturata la prescrizione del diritto al risarcimento per l�occupazione 
�de qua�. 
Ed invero, tanto la sentenza impugnata quanto l�appello muovono dall�assunto che il �dies a 
quo� del termine prescrizionale vada ancorato al momento dell�irreversibile trasformazione 
del suolo oggetto di occupazione, sull�evidente presupposto che in tale momento si sia verificata 
l�acquisizione dell�immobile da parte dell�Amministrazione, secondo il modello della 
c.d. �accessione invertita�. 
Tale modello non � per� pi� validamente invocabile oggi che la giurisprudenza amministrativa 
e il legislatore, anche sotto la spinta di istanze comunitarie, hanno chiarito che la pubblica 
amministrazione non � mai legittimata ad acquisire a titolo originario la propriet� di un�area 
di propriet� altrui in assenza di un formale atto ablatorio: quest�ultimo, in carenza di decreto 
di esproprio tempestivamente adottato, pu� essere costituito dal decreto di acqusizione oggi 
previsto dall�art. 43 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, nr. 327. 
Ne consegue che, in ipotesi di occupazione �sine titulo�, l�illecito posto in essere dall�amministrazione 
permane fino al sopravvenire di un eventuale atto formale di acquisizione, e che
CONTENZIOSO NAZIONALE 271 
fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di prescrizione dell�azione di risarcimento 
del danno sofferto dall�originario proprietario dell�area (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 
2008, nr. 5984; id. 4 febbraio 2008, nr. 303; id. 21 maggio 2007, nr. 2582). 
Pertanto, atteso che (per la pacifica giurisprudenza della Sezione, ancor pi� da seguire dopo 
l�ordinanza n. 9001 del 2009 delle Sezioni Unite) i principi test� enunciati vanno applicati 
anche alle occupazioni verificatesi in epoca anteriore al citato d.P.R. nr. 327 del 2001, e poich� 
nel caso di specie � incontestato che nessun formale atto ablatorio � stato posto in essere dall�Amministrazione, 
non pu� parlarsi di decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento 
del danno. 
5. Col secondo motivo d�appello, l�Amministrazione censura i criteri individuati dal primo 
giudice per la quantificazione del danno risarcibile, lamentando in particolare l�erroneit� del 
richiamo al criterio di cui all�art. 5-bis, comma VII-bis, del decreto legge nr. 333 del 1992, 
relativo alle aree edificabili, specie in relazione a quelle che erano state le risultanze di un�attivit� 
istruttoria espletata in corso di giudizio in ordine al regime urbanistico dei suoli oggetto 
di occupazione. 
Il motivo � fondato. 
Ed invero, dall�esame della documentazione acquisita nel corso del giudizio di primo grado 
(cfr. ordinanza istruttoria nr. 248 del 25 marzo 2002), emerge che all�epoca dell�illegittima 
occupazione i suoli in propriet� della signora C., sulla base del P.R.G. del Comune di Porto 
San Giorgio approvato nel 1975, erano destinati a �strada comunale�, e quindi non avevano 
vocazione edificatoria: ci� rende evidente, al di l� del silenzio sul punto serbato dalla sentenza 
impugnata, la insussistenza nella specie dei requisiti per l�applicabilit� del ridetto art. 5-bis 
d.l. nr. 333 del 1992. 
Il dato fattuale evidenziato dall�Amministrazione non � contestato da parte appellata, che ad 
esso per� contrappone innanzi tutto il rilievo che il vincolo espropriativo connesso alla destinazione 
suindicata � scaduto per decorrenza del termine quinquennale di durata, e in secondo 
luogo la necessit� di tener conto, ai fini dell�individuazione del �regime� dell�area, del contesto 
urbanistico circostante, che nella specie � caratterizzato da diffuse e consistenti edificazioni. 
Alla prima osservazione pu� replicarsi che l�intervenuta scadenza del vincolo espropriativo, 
come � noto, produce l�effetto di rendere il suolo non specificamente pianificato: la circostanza 
� ammessa dalla stessa appellata, la quale per� argomenta dalla natura temporanea di tale regime 
�ex lege�, destinato a valere solo nelle more della formazione di un nuovo strumento 
urbanistico, per sostenere che l�inedificabilit� temporanea a esso connessa sarebbe � se ben 
si comprende � superabile attraverso una qualificazione della vocazione del suolo che tenga 
conto delle sue caratteristiche oggettive. 
Il rilievo cos� formulato non pu� essere condiviso, in quanto il regime delle aree non pianificate 
(gi� previsto dall�art. 4, ultimo comma, della legge n.10 del 1977, trasfuso nel testo unico 
sull�edilizia), ancorch� previsto dal legislatore come transitorio, � certamente tale da escludere 
una destinazione edificatoria, circostanza della quale non pu� non tenersi conto nello stimare 
il valore di mercato di un suolo che a tale regime risulti soggetto; col che si replica anche alla 
seconda osservazione di parte appellata, dal momento che nella fattispecie non vՏ questione 
di una possibile �riqualificazione� della destinazione del suolo �de quo�, dovendosi unicamente 
stimarne il valore di mercato alla data dell�occupazione ai fini della quantificazione 
del danno risarcibile. 
Le considerazioni che precedono (e che tengono conto dei dati di fatto esposti dalle parti e 
desumibili dalla documentazione acquisita) inducono a ritenere corretto l�avviso dell�Ammi-
272 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
nistrazione appellante, secondo cui nel caso che occupa il valore dell�area occupata va determinato 
escludendo il carattere edificatorio dell�area e secondo il criterio di cui all�art. 16 della 
legge 22 ottobre 1971, nr. 865, ossia tenendo conto dei valori agricoli medi della Regione 
Marche: in questo senso va rettificata la pronuncia impugnata con riguardo ai criteri per la 
quantificazione del danno, ferme restando le ulteriori statuizioni in essa contenute. 
6. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, s�impone una pronuncia di parziale accoglimento dell�appello, 
limitatamente alle determinazioni relative alla quantificazione del danno da risarcire. 
7. La parziale soccombenza reciproca costituisce giusto motivo per l�integrale compensazione 
delle spese del doppio grado di giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, accoglie l�appello nr. 4570 del 2003, 
limitatamente alla quantificazione del danno da risarcire e nei sensi di cui in motivazione, e 
lo respinge per il resto. 
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
CONTENZIOSO NAZIONALE 273 
L�incidenza del falso nella materia 
degli appalti pubblici 
Il Consiglio di Stato esplora il terreno del �falso innocuo� 
(Consiglio di Stato, Sez. V ,sentenza 13 febbraio 2009 n. 829; 
Consiglio di Stato, Sez.VI, sentenza 4 agosto 2009 n. 4905; 
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 agosto 2009 n. 4927) 
L�art. 38, comma 1, lettera h), d. lgs. 163/2006 sanziona con l�esclusione 
dalla gara il comportamento dell�impresa che, nel presentare la domanda di 
partecipazione, fornisca dichiarazioni false o incomplete in merito ai requisiti 
e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e per 
l�affidamento dei subappalti. 
Tra le ipotesi pi� dibattute di falsit� vi � quella che investe la dichiarazione 
di assenza di condanne penali per reati gravi in danno dello Stato o della 
Comunit� che incidono sulla moralit� professionale (art. 38, comma 1, lettera 
c), d. lgs. 163/2006). 
Il problema deriva dal fatto che la categoria di reati considerati presuppone 
una valutazione tecnico discrezionale sui concetti di �gravit�� e di �moralit� 
professionale�: valutazione che � riservata, invero, alla stazione 
appaltante e che richiederebbe dunque una completa dichiarazione, da parte 
dell�impresa partecipante, di tutti i reati per i quali i soggetti indicati dalla 
norma abbiano riportato condanne definitive. 
Dovrebbe escludersi la possibilit� che le imprese partecipanti, sulle quali 
gravi qualche precedente penale, si attribuiscano il potere di operare una loro 
selezione dei reati, sulla base delle proprie convinzioni circa i concetti di �gravit�� 
e �moralit� professionale�: convinzioni che potrebbero non essere condivise 
dalla stazione appaltante, con conseguente appesantimento dell�attivit� 
di controllo ad opera di quest�ultima. 
Un giudizio tecnico discrezionale � richiesto anche per un altro requisito 
negativo di ammissione alle gare pubbliche: quello della esistenza di �gravi 
infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni 
altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro� (lettera c) (non anche, invece 
per le violazioni in materia di imposte e tasse, per le quali la lettera g) non richiede 
il requisito della gravit�). 
Il problema del falso potrebbe porsi a pi� ampio spettro per tutti i requisiti 
generali di ordine morale di cui all�art. 38, d. lgs. 163/2006: una dichiarazione 
falsa o reticente in relazione ad essi potrebbe integrare un�autonoma causa di 
esclusione dalla gara. 
� in questo delicato contesto che il giudice amministrativo � stato chia-
274 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
mato a valutare la possibilit� di ricorrere alla figura (di matrice penalistica) 
del falso c.d. innocuo al fine di rispondere al seguente interrogativo: � da escludere 
l�impresa che dica il falso su una circostanza che, a una verifica ex post, 
risulti non rilevante ai fini dell�ammissione alla gara? 
Al riguardo, il Consiglio di Stato (v. decisione n. 4905/2009) distingue 
due categorie di requisiti generali ex art. 38, d. lgs. 163/2006: da un lato i �requisiti 
(e conseguenti cause di esclusione) il cui accertamento � oggettivo, e 
non implica valutazione alcuna (ad esempio il fallimento, la pendenza di un 
procedimento di prevenzione)�, e dall�altro lato i �requisiti (e conseguenti 
cause di esclusione), il cui accertamento implica una valutazione da parte della 
stazione appaltante: ad es. la condanna per reati �gravi� incidenti sulla �moralit� 
professionale�, la �grave negligenza� nell�esecuzione di precedenti contratti, 
le violazioni �gravi� in materia previdenziale�. 
Per i primi (requisiti il cui accertamento � oggettivo), la tesi della irrilevanza 
del falso innocuo (cio� la mancata o falsa comunicazione di circostanze 
che, oggettivamente, risultino inidonee a incidere sull�ammissione alla gara) 
appare pacificamente affermata dalla giurisprudenza. 
Pi� problematico � invece il discorso per i requisiti il cui accertamento � 
tecnico discrezionale, in primis quello dell�esistenza di condanne penali per 
reati gravi contro la moralit� professionale. 
Ebbene, anche con riferimento alle ipotesi di falsa (o, pi� sovente, di 
omessa) comunicazione di condanne penali � stata prospettata da alcuni la 
strada del �falso innocuo� per esonerare l�impresa partecipante dall�applicazione 
della causa di esclusione ogni qual volta, a una verifica ex post, il reato 
�omesso� sia risultato effettivamente non grave, o comunque tale da non incidere 
sulla moralit� professionale. 
Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 829/2009, nell�applicare il previgente 
art. 75, DPR 554/1999 (non modificato in maniera rilevante, quanto 
meno ai nostri fini, dall�art. 38, d. lgs. 163/2006), ha ritenuto il falso innocuo 
non idoneo a escludere un�impresa dalla gara, cos� argomentando: 
�Per quanto afferisce alla fattispecie cristallizzata dalla lett. h) della medesima 
norma, si deve parimenti osservare come essa non sanzioni l�in s� di 
una falsa dichiarazione ma la sua inerenza ai requisiti ed alle condizioni rilevanti 
per la partecipazione alle procedure di gara...�. Posto, quindi, che, in 
coerenza con la ratio che anima la disciplina in subiecta materia, � oggetto di 
stigmatizzazione il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il 
dipanarsi della procedura competitiva, si deve escludere che possa assumere 
rilevanza, in chiave ostativa, il falso omissivo relativo all�esplicitazione di 
soggetti titolari di cariche rilevanti nel triennio ma non gravati da alcun precedente 
penale. Trattasi, in definitiva, per mutuare categorie penalistiche, di 
un falso innocuo, privo di qualsivoglia offensivit� rispetto agli interessi presidiati 
dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come
CONTENZIOSO NAZIONALE 275 
tale non stigmatizzabile con la sanzione dell�esclusione�. 
Che questa pronuncia possa costituire il varco attraverso il quale affermare 
una generale irrilevanza e �scusabilit�� del falso innocuo, � lecito nutrire 
qualche dubbio. 
In realt�, pu� essere innocuo solo il falso che non richieda, ai fini della 
verifica della sua ininfluenza sull�esito del giudizio di ammissione alla gara, 
una valutazione tecnico discrezionale della stazione appaltante: quando cio� 
l�informazione omessa o dissimulata non determini, in modo oggettivo e indiscutibile, 
la certa esclusione dell�impresa dalla gara. 
Se invece tale valutazione � frutto di un giudizio tecnico discrezionale 
(come quello sotteso alla nozione di reato o violazione �gravi�, o a quella di 
�moralit� professionale�) rimesso alla competenza della stazione appaltante, 
il falso cessa di essere innocuo perch� finisce, in ogni caso, per spogliare la 
stazione appaltante di un proprio potere, per consegnare interamente (e direttamente) 
al giudice amministrativo il compito di valutare l�esistenza della 
causa di esclusione, e, in caso negativo, di dichiarare il carattere innocuo del 
falso.
Nel precedente di Cons. Stato 829/2009 si afferma che non pu� essere 
disposta l�esclusione in caso di falso innocuo, che cio� � �privo di qualsivoglia 
offensivit� rispetto agli interessi presidiati dalle regole che governano la procedura 
di evidenza pubblica� . 
Per la verit�, nella fattispecie esaminata in Cons. Stato 829/2009, il falso 
poteva anche essere considerato innocuo, dal momento che l�impresa aveva 
omesso di comunicare i nomi di tre direttori tecnici per i quali non esisteva 
alcun precedente penale: dunque la conoscenza o meno del loro nominativo 
non avrebbe influito in alcun modo sulla valutazione finale della stazione appaltante: 
soprattutto, la stazione appaltante, nel conoscere il nominativo dei 
tre direttori tecnici, non sarebbe stata chiamata ad effettuare alcuna valutazione 
tecnico discrezionale. 
Completamente diverso � il caso in cui l�omissione o la falsit� investano, 
invece, l�esistenza di un precedente penale, o di una violazione degli obblighi 
di sicurezza sul lavoro: queste sono sempre lesive della prerogativa della stazione 
appaltante di valutare (senza essere costretta a controlli successivi) la 
gravit� o meno di questi elementi. 
La necessit� di tutelare questa funzione accertativa della stazione appaltante 
(a dispetto della pretesa innocuit� di un falso che, nel caso esaminato, 
investiva un precedente penale asseritamente non grave e non incidente sulla 
moralit� professionale) � espressamente considerata nella decisione n. 
4927/2009 del Consiglio di Stato, dove si afferma la legittimit� (in quanto non 
illogica e non irragionevole) della clausola del bando di gara che richieda 
espressamente alle imprese partecipanti la dichiarazione di tutte le condanne 
o sentenze di applicazione della pena, al fine di evitare �il rischio di dover at-
276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tendere a verifiche e controlli successivi circa la sussistenza e la portata di 
ulteriori e non dichiarate condanne�. 
Osserva il Consiglio di Stato che una siffatta clausola risponde alla �esigenza 
di economicit� dell�azione amministrativa di spettanza della stazione 
appaltante�. 
Pur non affrontando direttamente il tema del falso innocuo, il Consiglio 
di Stato sembra quindi avallare la tesi della rilevanza (ostativa rispetto alla 
partecipazione alla gara) del falso che investa valutazioni di spettanza della 
stazione appaltante e dunque vada a ledere l�esigenza di rapidit� ed economicit� 
dell�azione amministrativa: e ci� a prescindere dall�esito del controllo 
sulla effettiva sussistenza di reati gravi contro la moralit� professionale e dunque 
del carattere �innocuo� del falso. 
Del resto, se si affermasse che l�esclusione per falso possa avvenire solo 
se il falso riguarda una circostanza che determinerebbe l�esclusione dalla gara, 
la causa d�esclusione della falsit� della dichiarazione sarebbe inutile, perch� 
opererebbe di per s� la causa di esclusione su cui la dichiarazione � risultata 
falsa o omessa. 
Questa strada di rigore (tale da limitare la rilevanza scusante del c.d. falso 
innocuo) imboccata dal Consiglio di Stato viene per� subordinata alla presenza 
di una specifica prescrizione del bando o disciplinare di gara, che imponga 
alle imprese partecipanti di comunicare tutti i precedenti penali e tutte le violazioni 
degli obblighi di sicurezza sul lavoro. 
Questa pare essere la soluzione prospettata dal Consiglio di Stato con la 
decisione n. 4905/2009, dove si legge: 
�Un orientamento di questo Consesso, che il Collegio condivide e fa proprio, 
ha ritenuto che laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione 
di insussistenza delle cause di esclusione dell�art. 38, codice, esso 
giustifica una valutazione di gravit�/non gravit� compiuta dal concorrente, 
sicch� il concorrente non pu� essere escluso per il solo fatto dell�omissione 
formale, cio� di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni 
contributive; andr� escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che 
le condanne o le violazioni contributive siano gravi e definitivamente accertate. 
La dichiarazione del concorrente, in tale caso, non pu� essere ritenuta 
�falsa� (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 
2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 22 febbraio 2007 n. 945, che osserva testualmente 
che ove il bando richieda genericamente una dichiarazione circa la insussistenza 
delle cause di esclusione legali, il bando di fatto demanda �al 
singolo concorrente il giudizio circa l�incidenza sull�affidabilit� morale e professionale 
di eventuali reati dal medesimo commessi� sicch� ҏ da escludere 
che possa qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente 
stesso (la quale potr� tutt�al pi� non essere condivisa, ma giammai
CONTENZIOSO NAZIONALE 277 
potr� essere ritenuta falsa, e cio� non corrispondente ad un dato oggettivamente 
riscontrabile). 
Diversa sarebbe stata la situazione se fosse stato imposto al concorrente 
di dichiarare tutti i reati per i quali fossero intervenute sentenze di condanna 
passate in giudicato o applicazione della pena a richiesta ex art. 444 del codice 
di procedura penale, affidando poi all�amministrazione ogni valutazione 
in proposito. In tal caso infatti, qualora il concorrente avesse omesso di dichiarare 
taluno di tali reati, si sarebbe potuta configurare una falsa autocertificazione, 
con conseguente esclusione dalla gara�). 
Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia pi� preciso, e non 
si limiti a chiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di 
esclusione di cui all�art. 38, codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte 
le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: in tal caso, il bando esige 
una dichiarazione dal contenuto pi� ampio e pi� puntuale rispetto a quanto 
prescritto dall�art. 38 codice, all�evidente fine di riservare alla stazione appaltante 
la valutazione di gravit� o meno dell�illecito, al fine dell�esclusione. 
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non � solo quella, sostanziale, 
dell�essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, 
di aver omesso una dichiarazione prescritta dal bando�. 
� nostro parere che, in realt�, una specifica e ulteriore prescrizione del 
bando non sia necessaria: la legge riserva alla stazione appaltante un compito 
che si traduce in una valutazione tecnico discrezionale: la falsa o omessa indicazione 
di tutti gli elementi necessari per esercitare tale discrezionalit� � 
quindi sempre lesiva di questa prerogativa. 
A ben vedere, se la indicazione di tutti gli elementi necessari per la valutazione 
tecnico discrezionale della stazione appaltante � utile a un pi� funzionale 
e rapido svolgimento della attivit� di controllo, perch� far dipendere tale 
maggiore funzionalit� dalla scelta dell�amministrazione aggiudicatrice di inserire 
una prescrizione pi� rigida nel bando di gara? 
Ad ogni modo, per evitare contestazioni sul punto, e se venisse confermato 
l�orientamento contenuto in Cons. Stato n. 4927/2009, sarebbe sufficiente 
che le stazioni appaltanti prevedano sempre nel bando clausole che 
impongano la dichiarazione di tutte le condanne penali e di tutti i provvedimenti 
che abbiano accertato violazioni di norme in materia di sicurezza e di 
ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro: tali clausole (che il Consiglio 
di Stato non ritiene illogiche o irragionevoli) eliminerebbero ogni pretesa 
di valutazione ex ante dell�impresa partecipante, garantendo una pi� celere e 
funzionale azione di verifica della stazione appaltante.
Avv. Lorenzo D�Ascia* 
(*) Avvocato dello Stato.
278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 13 febbraio 2009 n. 829 - Pres. La Medica, Est. 
Caringella - Societ� Ellep� s.r.l. (Avv.ti A. Giuffr�, A. Mischi, A. Corinaldesi) c. Azienda Ospedaliera 
Provinciale Ospedale di Lecco (Avv. V. Avolio) - Riforma sent. TAR Lombardia - Milano 
Sez. III n. 20/2007. 
(...Omissis) 
FATTO E DIRITTO 
1. Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto da Ellep� s.r.l. 
avverso gli atti relativi al pubblico incanto indetto dall� Azienda Ospedaliera Provinciale dell�Ospedale 
di Lecco per l�affidamento dei lavori di ristrutturazione ed adeguamento del presidio 
ospedaliero San Leopoldo Mandic di Merate, I lotto, per un importo a base d�asta di � 
5.017.355,8 ed � 220.340,33 per oneri della sicurezza, culminato con l�aggiudicazione in favore 
dell�impresa Di Vieto s.r.l.. 
L�appellante contesta gli argomenti posti a fondamento del decisum di prime cure. 
Si sono costituiti in giudizio la stazione appaltante, l�impresa aggiudicataria ed il raggruppamento 
costituendo capitanato dalla Cipiemme s.r.l. 
La Sezione ha disposto incombenti istruttori. 
Le parti hanno prodotto memorie volte all�illustrazione delle rispettive posizioni difensive. 
All�udienza pubblica del 2 dicembre 2008 la causa � stata trattenuta in decisione dal Collegio. 
2. L�appello � infondato. 
La tesi svolta dall�appellante ruota attorno alla considerazione che l�esito della gara � stato 
alterato in suo danno in ragione dell�ammissione di imprese che hanno reso false dichiarazioni 
riguardo alla sussistenza delle cause di esclusione previste dall�art. 75 del D.P.R. n. 554/1999. 
In particolare, la ricorrente contesta, anche in sede di appello, che i rappresentanti di tre raggruppamenti 
di imprese (tra i quali il raggruppamento Cipiemme), avrebbero reso delle dichiarazioni 
inveritiere, avendo precisato che non vi erano �soggetti cessati dalla carica nel 
triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara�, mentre dalla documentazione 
esibita e, nella specie, dalle attestazioni SOA allegate alla domanda di partecipazione 
si evince chiaramente che alcuni direttori tecnici sono cessati dall�incarico nel triennio in questione. 
La parabola argomentativa non merita adesione se si tiene conto del non contestato dato di 
fatto che i direttori suppostamene cessati nel triennio non sono gravati da alcun precedente 
penale. 
La Sezione conviene infatti con il Primo Giudice che nella specie non ricorressero i presupposti 
per l�esclusione delle imprese indicate dalla ricorrente, ai sensi sia della lett. c), che della 
lett. h) del menzionato art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, nel testo vigente prima dell�abrogazione 
decretata dal codice dei contratti pubblici varato con il decreto legislativo n. 163/2006 . 
A proposito dell�inapplicabilit� della causa preclusiva scolpita dall�art. 75 lett. c), � sufficiente 
rimarcare che essa ricollega l�esclusione all�esistenza -nella specie confutata delle inoppugnabili 
risultanze documentali versate in atti- di una sentenza di condanna o di patteggiamento 
per reati incidenti sull'affidabilit� morale e professionale, senza che assuma rilievo il mero 
dato formale della non veridicit� della dichiarazione circa i soggetti che abbiano ricoperto le 
cariche rilevanti nel periodo di tempo all�uopo preso in considerazione dalla disciplina normativa. 
Per quanto afferisce alla fattispecie cristallizzata dalla lett. h) della medesima norma, si deve
CONTENZIOSO NAZIONALE 279 
parimenti osservare come essa non sanzioni l�in s� di una falsa dichiarazione ma la sua inerenza 
ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara.......�. 
Posto, quindi, che, in coerenza con la ratio che anima la disciplina in subiecta materia, � oggetto 
di stigmatizzazione il mendacio idoneo, in chiave funzionale, ad influenzare il dipanarsi 
della procedura competitiva, si deve escludere che possa assumere rilevanza, in chiave ostativa, 
il falso omissivo relativo all� esplicitazione di soggetti titolari di cariche rilevanti nel 
triennio ma non gravati da alcun precedente penale. Trattasi, in definitiva, per mutuare categorie 
penalistiche, di un falso innocuo, privo di qualsivoglia offensivit� rispetto agli interessi 
presidiati dalle regole che governano la procedura di evidenza pubblica, come tale non stigmatizzabile 
con la sanzione dell�esclusione. 
Alla stessa stregua la disciplina di gara (si veda in particolare l�art. 3, punto 2, del disciplinare), 
laddove richiede che le imprese concorrenti attestino l�assenza delle cause di esclusione di 
cui all�art. 75 del D.P.R. 554/1999 anche nei confronti di soggetti cessati dalla carica nel triennio 
antecedente la data di pubblicazione dell�avviso di gara, va interpretata, in coerenza con 
la normativa regolamentare, nel senso di non annettere rilievo ad omissioni e difformit� non 
incidenti su requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione. 
Va soggiunto, a conferma dei puntuali rilievi svolti al riguardo dal Primo Giudice, che la stessa 
giurisprudenza invocata dalla ricorrente, laddove considera legittima l�esclusione decretata 
in caso di dichiarazioni non veritiere con le quali era stata scientemente celata dall�impresa 
la presenza di condanne penali a carico di amministratori o legali rappresentanti cessati dalla 
carica, conferma, anzich� smentire, l�assunto secondo cui la falsit� assume rilievo solo ove 
tocchi circostanze (quale l�esistenza di precedenti penali sottoposti alla valutazione dell�amministrazione) 
influenti sulle condizioni e sui requisiti di partecipazione. 
3. Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbenti rispetto agli ulteriori rilievi svolti dall�appellante, 
il ricorso in appello deve essere respinto. 
La peculiarit� della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del grado. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , respinge l�appello. 
Spese compensate. 
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 4 agosto 2009 n. 4905 - Pres. Ruoppolo, Est. De Nictolis 
- Soc. La Lucente s.p.a. (G. Valla) c. Acquedotto Pugliese s.p.a. (Avv. G. Nardelli e E. 
Mocci), Autorit� per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, (Avvocatura 
generale dello Stato), I.N.P.S. (Avv.ti L. Caliulo, A. Coretti, L. Maritato, A. Sgroi), ed 
altri - Riforma sent. TAR Puglia Bari Sez. I n. 1622/08. 
(Omissis...) 
6. Questioni sulla dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale. Il 
contenuto formale di tale dichiarazione secondo la legge di gara. 
6.1. La principale questione, pregiudiziale a tutte le altre, sollevata con gli appelli, � quella 
della portata delle cause di esclusione per difetto dei requisiti di ordine generale di cui all�art. 
38, d.lgs. n. 163/2006. 
Si assume, infatti, che nella specie il bando richiedeva una generica dichiarazione di insussi-
280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
stenza delle cause di esclusione di cui al citato art. 38, parafrasandone la portata. Pertanto, 
correttamente le ricorrenti hanno dichiarato di non avere condanne penali per reati gravi (art. 
38, co. 1, lett. c), e di non aver commesso gravi violazioni, definitivamente accertate, in materia 
contributiva (art. 38, co. 1, lett. i). 
Dalla documentazione successivamente acquisita, vale a dire i certificati penali e i d.u.r.c. non 
sarebbero affatto emerse n� condanne penali per reati gravi, n� violazioni previdenziali gravi, 
definitivamente accertate. 
Pertanto, non sussisterebbero le cause di esclusione menzionate, e la dichiarazione resa non 
sarebbe falsa e come tale presupposto per una autonoma causa di esclusione. 
7. Il mezzo � fondato per quanto di ragione. 
7.1. L�art. 38, d.lgs. n. 163/2006 menziona i c.d. requisiti di ordine morale, aventi carattere 
generale, nel senso che devono essere posseduti da tutti i concorrenti in qualsivoglia gara di 
appalto. 
Essi differiscono dai requisiti c.d. speciali, che riguardano non il profilo <<morale>>, ma la 
capacit� tecnico-professionale o economico-finanziaria, e che variano a seconda del tipo di 
appalto e di oggetto della prestazione. 
La mancanza dei requisiti generali si traduce in altrettante cause di esclusione. 
L�art. 38 elenca da un lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione) il cui accertamento � 
<<oggettivo>>, e non implica valutazione alcuna, ad es. il fallimento, la pendenza di un procedimento 
di prevenzione, e dall�altro lato requisiti (e conseguenti cause di esclusione), il cui 
accertamento implica una valutazione da parte della stazione appaltante: ad es. la condanna 
per reati <<gravi>> incidenti sulla <<moralit� professionale>>, la <<grave negligenza>> 
nell�esecuzione di precedenti contratti, le violazioni <<gravi>> in materia previdenziale. 
7.2. In relazione ai requisiti per i quali occorre compiere non un accertamento vincolato, ma 
una valutazione, si pone la questione, che ha avuto finora soluzione non univoca, di come 
debba essere formulata la dichiarazione del concorrente, in ordine al possesso dei requisiti. 
Su come vada formulata la dichiarazione, non pu� tuttavia disquisirsi in astratto, in quanto 
occorre avere riguardo alla legge speciale di gara (bando e disciplinare), e dunque verificare 
quale contenuto il bando attribuisce a tale dichiarazione. 
Non di rado i bandi richiedono, genericamente, che il concorrente dichiari di non trovarsi in 
una delle situazioni che sono causa di esclusione ai sensi dell�art. 38, codice. 
Ora, l�art. 38, considera causa di esclusione l�aver riportato condanna penale per <<reati 
gravi>> incidenti sulla moralit� professionale; ovvero l�aver commesso violazioni <<gravi>> 
alle norme in materia di contributi previdenziali o assistenziali. 
La valutazione di <<gravit�>> implica un apprezzamento che pu� essere compiuto diversamente 
dal concorrente e dalla stazione appaltante. 
Sicch�, se il bando indica genericamente di dichiarare l�insussistenza di una causa di esclusione, 
esso, di fatto, legittima il concorrente che abbia riportato condanne penali, o commesso 
violazioni in materia contributiva, a compiere una valutazione di gravit�/non gravit�. 
7.3. Si pone pertanto la questione se possa considerarsi <<falsa>> una dichiarazione del concorrente, 
con cui si afferma di non aver riportato condanne per gravi reati incidenti sulla moralit� 
professionale, ovvero di non aver commesso gravi violazioni in materia contributiva, 
laddove sussistano condanne o violazioni in materia contributiva, ma esse si prestino a una 
valutazione opinabile di gravit�/non gravit�. 
Un orientamento di questo Consesso, che il Collegio condivide e fa proprio, ha ritenuto che 
laddove il bando richiede genericamente una dichiarazione di insussistenza delle cause di
CONTENZIOSO NAZIONALE 281 
esclusione dell�art. 38, codice, esso giustifica una valutazione di gravit�/non gravit� compiuta 
dal concorrente, sicch� il concorrente non pu� essere escluso per il solo fatto dell�omissione 
formale, cio� di non aver dichiarato tutte le condanne penali o tutte le violazioni contributive; 
andr� escluso solo ove la stazione appaltante ritenga che le condanne o le violazioni contributive 
siano gravi e definitivamente accertate. 
La dichiarazione del concorrente, in tale caso, non pu� essere ritenuta <<falsa>> (Cons. St., 
sez. V, 8 settembre 2008 n. 4244; Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2008 n. 4897; Cons. St., sez. V, 
22 febbraio 2007 n. 945, che osserva testualmente che ove il bando richieda genericamente 
una dichiarazione circa la insussistenza delle cause di esclusione legali, il bando di fatto demanda 
<<al singolo concorrente il giudizio circa l�incidenza sull�affidabilit� morale e professionale 
di eventuali reati dal medesimo commessi>>sicch� <<� da escludere che possa 
qualificarsi falsa dichiarazione una valutazione soggettiva del concorrente stesso (la quale 
potr� tutt�al pi� non essere condivisa,ma giammai potr� essere ritenuta falsa, e cio� non 
corrispondente ad un dato oggettivamente riscontrabile).Diversa sarebbe stata la situazione 
se fosse stato imposto al concorrente di dichiarare tutti i reati per i quali fossero intervenute 
sentenze di condanna passate in giudicato o applicazione della pena a richiesta ex art. 444 
del codice di procedura penale,affidando poi all�amministrazione ogni valutazione in proposito. 
In tal caso infatti, qualora il concorrente avesse omesso di dichiarare taluno di tali reati, 
si sarebbe potuta configurare una falsa autocertificazione, con conseguente esclusione dalla 
gara.>>). 
7.4. Diverso discorso deve essere fatto quando il bando sia pi� preciso, e non si limiti a chiedere 
una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all�art. 38, 
codice, ma specifichi che vanno dichiarate tutte le condanne penali, o tutte le violazioni contributive: 
in tal caso, il bando esige una dichiarazione dal contenuto pi� ampio e pi� puntuale 
rispetto a quanto prescritto dall�art. 38 codice, all�evidente fine di riservare alla stazione appaltante 
la valutazione di gravit� o meno dell�illecito, al fine dell�esclusione. 
In siffatta ipotesi, la causa di esclusione non � solo quella, sostanziale, dell�essere stata commessa 
una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver omesso una dichiarazione prescritta 
dal bando. 
7.5. Fatta questa premessa di carattere generale, occorre esaminare che cosa, nel caso di specie, 
prescriveva la legge di gara, e quali sono i motivi che hanno determinato l�esclusione dalla 
gara. 
Il bando di gara (punto III.2.1) si limita a rinviare al disciplinare di gara. 
Il disciplinare, a sua volta (parte prima, paragrafo 2.1) richiede <<una o pi� dichiarazioni>> 
<<attestanti l�assenza delle cause di esclusione e il possesso dei requisiti come segue: (�) c) 
presenza nel concorrente di soggetti nei cui confronti � stata pronunciata sentenza di condanna 
passata in giudicato (�) per reati gravi (�); i) violazioni gravi, definitivamente accertate, 
alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali (�)>>. 
Il bando, dunque, non richiede, come pure avrebbe potuto, una dichiarazione onnicomprensiva, 
che dichiarasse la presenza o assenza di qualsivoglia condanna penale e di qualsivoglia 
violazione contributiva; richiede la dichiarazione circa la presenza o assenza di condanna penale 
per reati gravi o gravi violazioni contributive, definitivamente accertate. 
7.6. Dato che le cause di esclusione dalle gare sono da ritenere tassative, e che va applicato il 
principio di massima partecipazione alle gare, e considerato il tenore del bando, ne consegue 
che non costituisce di per s� dichiarazione falsa, e non d� luogo ad autonoma causa di esclusione, 
la omessa menzione di condanne penali non gravi e la omessa menzione di violazioni
282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
contributive che non sono gravi o non sono definitivamente accertate, atteso che il bando, per 
come � formulato, non imponeva di dichiarare qualsivoglia condanna penale o violazione 
contributiva. 
7.7. Neppure si pu� ritenere che vi sia stata una consapevole mala fede nell�omettere l�indicazione 
di tutte le condanne penali e di tutte le violazioni contributive, atteso che il concorrente 
sa che la propria dichiarazione viene sottoposta a verifica mediante acquisizione del certificato 
penale integrale e del d.u.r.c., sicch� sa che qualsivoglia reato o violazione contributiva da lui 
commessa, sar� sottoposta a vaglio di gravit�/non gravit�. 
7.8. Nel caso di specie, pertanto, la asserita incompletezza della dichiarazione, sotto il profilo 
che non sarebbero state dichiarate tutte le condanne penali e tutte le violazioni contributive, 
non pu� essere di per s� sola causa di esclusione, ma pu� essere causa di esclusione solo se 
viene compiuta una verifica di gravit� delle violazioni. 
7.9. Tale verifica di gravit� compete alla stazione appaltante e nella specie � stata del tutto 
omessa. 
Infatti il provvedimento di esclusione, e soprattutto i presupposti atti istruttori, si incentrano 
sulla presunta falsit� della dichiarazione, senza considerare che era il bando di gara, per come 
formulato, a indurre il concorrente a ritenere di dover dichiarare solo i reati gravi e le violazioni 
contributive gravi e definitivamente accertate. 
Ma negli atti impugnati non viene compiuta alcuna valutazione in ordine alla gravit� delle 
violazioni. 
8. Segue. La dichiarazione in ordine all�assenza di condanne penali per reati gravi. 
8.1. In ordine alla condanna penale riportata dall�amministratore della societ� La Lucente, 
trattandosi di illecito contravvenzionale, omessa consegna di prospetto di paga, di cui all�art. 
1, l. n. 4/1953, in concreto punito con l�ammenda di lire quindicimila, e trattandosi di illecito 
depenalizzato sin dal 1994, andava compiuta una specifica valutazione di gravit�. 
8.2. Non rileva in questa sede la condanna per decreto penale riportata dalla Opus Gas Metano 
s.r.l., perch� nel corso del giudizio di primo grado l�A.Q.P. con atto di autotutela (provvedimento 
del 18 aprile 2008) ha ritenuto di non dover annoverare tale condanna penale e la sua 
omessa dichiarazione da parte del concorrente tra i motivi del provvedimento di esclusione. 
8.3. Si deve poi considerare una palese perplessit� e contraddittoriet� che emerge dal confronto 
tra provvedimento finale e atti istruttori. 
Infatti il provvedimento finale imputa le <<false dichiarazioni>> sulle condanne penali solo 
alle societ� Opus Gas Metano e La Lucente, e infatti sono queste le societ�, che, insieme alla 
mandataria dell�a.t.i., si sono ritenute lese e hanno impugnato il provvedimento di esclusione. 
Tuttavia negli atti istruttori si fa menzione di due condanne penali con decreto a carico del 
direttore tecnico di altra societ� mandante della medesima a.t.i., la Lombardi Ecologia s.r.l.; 
negli atti istruttori si omette la valutazione di gravit� per tali condanne; e nel provvedimento 
finale si omette del tutto di considerare la rilevanza della dichiarazione prodotta dalla societ� 
Lombardi Ecologia. Sicch� non � chiaro perch� per un componente dell�a.t.i. sarebbe rilevante 
l�omessa dichiarazione di una condanna penale, e per un altro sarebbe invece rilevante. 
9. Segue. La dichiarazione in ordine all�assenza di gravi violazioni contributive, definitivamente 
accertate. 
9.1. Quanto alle violazioni di carattere contributivo, il discorso deve essere pi� articolato, dovendosi 
attentamente ricostruire il quadro normativo vigente all�epoca della gara e del prov-
CONTENZIOSO NAZIONALE 283 
vedimento di esclusione. 
9.2. L�art. 38, co. 1, lett. i), d.lgs. n. 163/2006, considera causa di esclusione non qualsivoglia 
violazione in materia di obblighi contributivi, ma solo le <<violazioni gravi, definitivamente 
accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali>>. 
Va evidenziata la differenza rispetto al regime normativo previgente per gli appalti, quale � 
quello per cui � processo, di servizi nei settori speciali (ex esclusi). 
Prima dell�entrata in vigore del codice appalti, in base al combinato disposto degli artt. 22, 
d.lgs. n. 158/1995 e 12, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 157/1995, sono esclusi dalle gare, tra l�altro, 
coloro che <<che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali 
e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello 
Stato in cui sono stabiliti>>. 
E� evidente che prima del d.lgs. n. 163/2006, per gli appalti di servizi nei settori speciali, andava 
dichiarata dal concorrente qualsivoglia violazione in ordine al pagamento di contributi 
previdenziali e assistenziali. Nel nuovo regime, sono causa di esclusione solo le gravi violazioni, 
definitivamente accertate. 
9.3. L�art. 38, d.lgs. n. 163/2006 crea anche una differenza tra la regolarit� contributiva richiesta 
al partecipante alla gara, e la regolarit� contributiva richiesta all�aggiudicatario al fine 
della stipula del contratto. 
Infatti, il concorrente pu� essere escluso solo in presenza di gravi violazioni, definitivamente 
accertate, sicch� le violazioni non gravi, o ancora non definitive, non sono causa di esclusione. 
Invece, al fine della stipula del contratto, l�affidatario deve presentare la certificazione di regolarit� 
contributiva ai sensi dell�art. 2, d.l. n. 210/2002 (art. 38, co. 3, d.lgs. n. 163/2006); 
tale disposizione, a sua volta, prevede il rilascio del d.u.r.c., documento unico di regolarit� 
contributiva, che attesta contemporaneamente la regolarit� contributiva quanto agli obblighi 
nei confronti dell�I.N.P.S., dell�I.N.A.I.L. e delle Casse edili. 
Il d.u.r.c. regolare, poi, � requisito che accompagna l�intera fase di esecuzione del contratto, 
essendo necessario al fine del pagamento secondo gli stati di avanzamento e al fine del pagamento 
della rata di saldo dopo il collaudo. 
9.4. Si tratta allora di stabilire se la causa di esclusione di cui al citato art. 38, co. 1, lett. i), 
possa di per s� desumersi da un d.u.r.c. irregolare, e se, dunque, il concorrente che abbia un 
d.u.r.c. irregolare, laddove dichiari di non aver commesso violazioni gravi, definitivamente 
accertate, ponga in essere una dichiarazione <<falsa>>. 
9.5. Per risolvere tale questione, occorre esaminare quali sono i presupposti in presenza dei 
quali il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva, e quando invece viene attestato che difetta la 
regolarit� contributiva. 
Anche su questo punto, si � registrata una evoluzione normativa, tra la data degli atti di gara 
per cui � processo, e l�epoca successiva al provvedimento di esclusione. 
All�epoca degli atti di gara e del provvedimento di esclusione, si applicavano la circolare 
I.N.P.S. 26 luglio 2005 n. 92 e la circolare INAIL 25 luglio 2005 n. 38; in prosieguo, � stato 
adottato il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 24 ottobre 2007. 
Tra le circolari del 2005, vigenti all�epoca dei fatti, e il d.m. del 2007, successivo, non vi � 
perfetta coincidenza. 
Infatti, secondo le suddette circolari: 
a) il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva solo se non vi sono inadempienze in atto, sicch� 
anche una inadempienza di lieve entit� osta alla dichiarazione di regolarit� contributiva; 
b) se pende contenzioso amministrativo, il d.u.r.c. attesta la regolarit� contributiva solo se il
284 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ricorso verte su questioni controverse o interpretative, sia adeguatamente motivato e non sia 
manifestamente presentato a scopi dilatori o pretestuosi; fuori da queste ipotesi, l�irregolarit� 
contributiva, ancorch� sia contestata mediante un contenzioso amministrativo, osta alla dichiarazione 
di regolarit� contributiva; 
c) nulla dicono le circolari in ordine alla questione della irregolarit� contributiva <<sopravvenuta>> 
a causa di aiuti di Stato dichiarati dagli organi comunitari illegittimi, sicch� gli enti 
hanno formulato richieste di rimborso di contributi in precedenza oggetto di esonero o sgravio. 
Il d.m. del 2007 � stato emanato in attuazione dell�art. 1, co. 1176, l. n. 296/2006, a tenore del 
quale << Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali 
interessati e le parti sociali comparativamente pi� rappresentative sul piano nazionale, 
da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono 
definite le modalit� di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarit� contributiva 
di cui al comma 1175, nonch� le tipologie di pregresse irregolarit� di natura previdenziale 
ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerare ostative al rilascio 
del documento medesimo. In attesa dell'entrata in vigore del decreto di cui al presente comma 
sono fatte salve le vigenti disposizioni speciali in materia di certificazione di regolarit� contributiva 
nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura>>. 
Tale d.m., come si evince dalla sua premessa, disciplina il d.u.r.c. in termini generali, quale 
che sia lo scopo per cui il d.u.r.c. � richiesto, chiarendosi cos� un equivoco che poteva insorgere 
da una esegesi letterale della norma primaria (si legge nel preambolo: <<Considerata l'esigenza 
di una disciplina uniforme in ordine alle modalit� di rilascio ed ai contenuti analitici 
del Documento Unico di Regolarit� Contributiva (DURC), sia per la concessione di agevolazione 
�normative e contributive�, sia per gli appalti di lavori servizi e forniture pubbliche che 
per i lavori privati dell'edilizia, nonch� per la fruizione di benefici e sovvenzioni previsti dalla 
disciplina comunitaria>>). 
Non � perci� dubbio che il d.m. in questione riguarda anche il d.u.r.c. necessario per l�affidamento 
di appalti pubblici. 
Secondo il nuovo d.m.: 
a) ai fini specifici della partecipazione a gare di appalto, viene fissata una soglia di <<gravit�>> 
delle violazioni, ritenendosi le violazioni al di sotto di tale soglia di gravit� non ostative 
al rilascio del d.u.r.c.: non si considera, in particolare, grave lo scostamento inferiore o pari al 
5% tra le somme dovute e quelle versate con riferimento a ciascun periodo di paga o di contribuzione 
o, comunque, uno scostamento inferiore a 100 euro, fermo restando l�obbligo di 
versamento del predetto importo entro i trenta giorni successivi al rilascio del d.u.r.c. (art. 8, 
co. 3, d.m. citato); 
b) la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto 
in posizione irregolare; fino alla decisione che respinge il ricorso, pu� essere dichiarata la regolarit� 
contributiva (art. 8, co. 2, lett. a), d.m. citato); 
c) non costituisce causa ostativa al rilascio del d.u.r.c. l�aver beneficiato degli aiuti di stato 
specificati nel d.P.C.M. emanato ai sensi dell�art. 1, co. 1223, l. n. 296/2006, sebbene non ancora 
rimborsati o depositati in conto bloccato (art. 8, co. 4, d.m. citato). 
Sia le previgenti circolari, sia il d.m. ritengono non ostative della dichiarazione di regolarit� 
contributiva le pendenze processuali, fino alla sentenza definitiva. 
9.6. Dopo il d.m. del 2007, si pu� affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarit� contributive 
<<definitivamente accertate>>, e solo quelle che superano una <<soglia di gravit�>>,
CONTENZIOSO NAZIONALE 285 
fissata autonomamente dal citato d.m. 
Sicch�, dopo il d.m. del 2007, una declaratoria di non regolarit� contributiva � grave indizio, 
ai fini dell�art. 38, co. 1, lett. i), codice appalti, che sia stata commessa una <<violazione 
grave>> e <<definitivamente accertata>>. Escluso, comunque, ogni automatismo, segnatamente 
quanto alla valutazione di <<gravit�>>, che il codice appalti riserva alla stazione appaltante, 
non essendo l�amministrazione vincolata a valutare la gravit� con gli stessi parametri 
utilizzati dal citato d.m. del 2007, che non costituisce atto attuativo del codice appalti. 
9.7. Ma prima del d.m. del 2007, e dunque secondo la normativa in vigore all�epoca dei fatti 
di causa, il solo fatto che il d.u.r.c. non fosse regolare, non costituiva di per s� prova di una 
grave violazione contributiva definitivamente accertata, atteso che, come si � visto, secondo 
le citate circolari del 2005, era ostativo alla dichiarazione di regolarit� contributiva qualsivoglia 
inadempimento, a prescindere da qualsivoglia soglia di gravit�, e anche le irregolarit� 
che non fossero ancora definitivamente accertate, perch� era pendente contenzioso amministrativo. 
9.8. Pertanto, nel caso specifico: 
a) la stazione appaltante, a fronte di d.u.r.c. che attestavano la non regolarit� alla data di presentazione 
della candidatura e alla data di presentazione dell�offerta, doveva accertare il tenore 
della irregolarit�, per verificare se fosse o meno grave; 
b) ci� era tanto pi� doveroso ove si consideri che sono stati esibiti d.u.r.c. successivi che 
invece attestano la regolarit� contributiva, sia a dette date, sia alla data dell�aggiudicazione; 
c) ci� era tanto pi� doveroso ove si consideri quanto dedotto dalla societ� La Lucente in ordine 
al contenzioso derivante dalle pronunce degli organi comunitari di illegittimit� di aiuti di 
Stato, che hanno determinato un obbligo postumo di versamento di contributi, inizialmente 
non dovuti; 
d) gli atti istruttori appaiono perplessi e carenti laddove affermano in via ipotetica, utilizzando 
il verbo al condizionale, violazioni gravi degli obblighi contributivi, senza indicare n� la fonte 
della notizia (che non risulta dai d.u.r.c. agli atti), n� la effettiva sussistenza delle violazioni. 
9.9. Quanto in particolare, alla irregolarit� contributiva <<sopravvenuta>>, essa si riferisce a 
contratti di formazione e lavoro. 
La decisione della Commissione europea dell'11 maggio 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
delle Comunit� europee n. L 42, del 15 febbraio 2000, concernente il regime di aiuti 
di Stato concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, ha ritenuto illegittimo 
aiuto di stato le agevolazioni contributive connesse alla stipulazione di contratti di formazione 
lavoro, previste dalle seguenti norme: 
1) decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 
1984, n. 863, recante misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali; 
2) legge 29 dicembre 1990, n. 407, recante disposizioni diverse per l'attuazione della manovra 
di finanza pubblica 1991-1993; 
3) decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, dalla legge 1� giugno 
1991, n. 169, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno dell'occupazione; 
4) decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 
1994, n. 451, recante disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli 
oneri sociali; 
5) art. 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196, recante norme in materia di promozione dell'occupazione.

286 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Ne ha conseguentemente ordinato il recupero: dal che pu� verificarsi una irregolarit� contributiva 
di chi non ha restituito i contributi. 
Essendo la vicenda complessa in diritto e in fatto, la stazione appaltante, a fronte di una prima 
dichiarazione di non regolarit� contributiva e di un successivo rilascio di d.u.r.c., e delle deduzioni 
delle odierne ricorrenti, in ordine all�essere destinatarie di una richiesta di rimborso 
di contributi per i quali avevano originariamente fruito di sgravio, doveva acclarare la veridicit� 
delle dichiarazioni e quale fosse l�effettiva situazione di fatto. 
10. Va aggiunto che i ricorsi di primo grado e gli atti di appello tentano di conseguire in sede 
giudiziaria il giudizio di <<non gravit�>> delle violazioni contributive. 
Ma sotto tale profilo le censure sono inammissibili perch� implicherebbero una non consentita 
sostituzione del giudice all�amministrazione. 
Infatti l�amministrazione non ha compiuto, come avrebbe dovuto, alcuna valutazione di gravit�/
non gravit� della violazione contributiva, decretando l�esclusione non per la gravit� della 
violazione contributiva, ma, a monte, per asserita falsit� della dichiarazione che ha omesso di 
indicare tutte le irregolarit� contributive. 
A fronte di tale radicale omissione di giudizio, il giudice non pu� compiere alcuna valutazione 
di gravit�/non gravit�. 
Il sindacato giurisdizionale sarebbe stato consentito, nei limiti dei tradizionali vizi di legittimit�, 
se l�amministrazione avesse compiuto una valutazione in termini di gravit�, e la stessa 
fosse stata impugnata in giudizio per contestarne l�eccesso di potere per difetto di motivazione, 
travisamento, illogicit�. 
11. La portata dell�accoglimento degli appelli. I vizi autonomi degli atti consequenziali. 
11.1. Alla luce di quanto esposto, il provvedimento di esclusione � illegittimo e va annullato, 
fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell�amministrazione, che dovr� valutare se le condanne 
penali e le violazioni contributive avessero o meno i connotati di gravit�. 
11.2. Vanno annullati gli atti strettamente conseguenti, nei limiti dell�interesse dei ricorrenti, 
e, segnatamente: 
a) la segnalazione all�Autorit� di vigilanza; 
b) l�incameramento della cauzione; 
c) l�iscrizione nel casellario informatico. 
(Omissis...) 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), parzialmente pronunciando sugli 
appelli in epigrafe: 
1) riunisce gli appelli; 
2) accoglie in parte gli appelli e, per l�effetto: 
2.a) annulla il provvedimento di annullamento dell�aggiudicazione in favore dell�a.t.i. appellante 
e quello di esclusione della medesima, e in via derivata i conseguenti provvedimenti di 
incameramento della cauzione e di iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli 
ulteriori provvedimenti della stazione appaltante; 
(Omissis...)
CONTENZIOSO NAZIONALE 287 
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 agosto 2009 n. 4927 - Pres. Ruoppolo, Est. Garofoli 
- Carena Impresa di costruzioni spa (Avv.ti G. Gerbi e L. Villani) c. Univerist� degli Studi di 
Genova (Avvocatura Generale dello Stato) - Riforma sent. TAR Liguria Genova Sez. II n. 
1916/08. 
(...Omissis) 
FATTO 
Con la sentenza gravata il primo giudice ha in parte accolto il ricorso proposto dalla Societ� 
odierna appellante, annullando il decreto impugnato nella parte in cui ha disposto la segnalazione 
all�Autorit� di vigilanza sui contratti pubblici per false dichiarazioni in ordine al possesso 
dei requisiti richiesti per la partecipazione alla gara. 
Con la stessa sentenza � stato, invece, respinto il ricorso nella parte relativa all�impugnazione 
dell�esclusione della Societ� Carena dalla procedura di gara, disposta dalla stazione appaltante 
per falsa dichiarazione resa dalla stessa Societ� in ordine al possesso dei requisiti di gara. 
Insorge la societ� appellante avverso quest�ultimo capo della sentenza sostenendone l�erroneit� 
e chiedendone l�annullamento. 
All�udienza del 16 giugno 2009 la causa � stata trattenuta per la decisione. 
DIRITTO 
Il ricorso va respinto per le ragioni di seguito illustrate. 
Giova preliminarmente osservare che la questione sottoposta al vaglio del Collegio non � 
quella, di respiro pi� ampio, relativa al peso che la Stazione appaltante pu� ascrivere nel determinarsi 
all�esclusione dalla gara ex art. 38, co. 1, lett. c), D. Lgs. n. 163/2006, a false o incomplete 
dichiarazioni incidenti su requisiti non rilevanti per la partecipazione (in specie, 
condanne penali non incidenti sulla moralit� professionale), bens� quella relativa alla ragionevolezza 
di una clausola della lex specialis che imponga ai partecipanti, a pena di esclusione, 
di dichiarare tutte le condanne penali riportate, cos� sottraendo ai partecipanti la possibilit� di 
attendere a valutazioni in merito alla relativa rilevanza. 
Il Collegio non ignora, invero, che in merito al primo degli illustrati profili interpretativi sono 
anche di recente emerse opzioni intese a riconoscere rilievo alle sole falsit� o incompletezze 
rilevanti per la partecipazione, non anche al falso innocuo, privo cio� di attitudine offensiva 
rispetto ai reali interessi protetti dalle regole di gara, come tale non stigmatizzabile con la sanzione 
della esclusione (Cons. Stato, Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 829). 
In disparte la condivisibilit� o meno dell�esposto indirizzo interpretativo, il Collegio deve in 
questa sede valutare se sia ragionevole una clausola del bando che, come nella fattispecie in 
esame, imponga ai concorrenti, a pena di esclusione, di dichiarare tutte le condanne o sentenze 
di applicazione pena, senza riconoscere ai partecipanti la bench� minima possibilit� di valutare 
se le stesse possano o meno rientrare tra quelle che, ai sensi del citato art. 38, d. lgs. n. 
163/2006, giustificano l�esclusione. 
Ebbene, ritiene il Collegio che la clausola in questione non si presti ad alcun rilievo di illogicit� 
o irragionevolezza rispondendo al contrario all�interesse della stazione appaltante a poter disporre 
di tutti gli elementi necessari per compiere le pertinenti valutazioni, anche e soprattutto 
in una prospettiva di economicit� dell�azione amministrativa, s� da evitare il rischio di dover 
attendere a verifiche e controlli successivi circa la sussistenza e la portata di ulteriori e non 
dichiarate condanne. 
D�altra parte, se quello illustrato � l�interesse sotteso alla indicata previsione della lex specialis
288 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
non pu� ritenersi �innocuo� il falso commesso per effetto della mancata indicazione di condanne 
pure oggettivamente non incidenti sulla moralit� professionale, risultandone comunque 
compromessa la rappresentata esigenza di economicit� dell�azione amministrativa di spettanza 
della stazione appaltante. 
Alla stregua delle esposte ragioni va pertanto respinto il gravame. 
Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, rigetta l�appello.
CONTENZIOSO NAZIONALE 289 
L�operativit� del principio dell�anonimato 
nei concorsi pubblici 
Con particolare riferimento ai concorsi con due partecipanti* 
(Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, 
Sez. Reggio Calabria, sentenza 9 marzo 2009 n. 138) 
Con la sentenza in commento, pubblicata in data 9 marzo 2009, il Tar di 
Reggio Calabria ha deciso un particolare caso relativo allo svolgimento di un 
concorso pubblico. 
Con la prefata decisione il Tar reggino, conformemente alla consolidata 
giurisprudenza formatasi in materia, ha accolto il ricorso con il quale il candidato, 
che � risultato idoneo al concorso in oggetto, ha impugnato gli atti di 
approvazione dell�esito della procedura concorsuale, bandito per un solo posto 
di ricercatore universitario presso la Facolt� di ingegneria, per il settore scientifico 
- disciplinare ICAR/02 �costituzione idrauliche e marittime e idrologia�, 
in forza dei quali (atti) � stata dichiarata vincitrice la controinteressata. 
In particolare, il Giudice adito ha ritenuto �manifestamente fondato� il 
proposto gravame con il quale il ricorrente ha chiesto l�annullamento delle 
prove scritte sostenute dalla controinteressata, atteso che quest�ultima si sarebbe 
autocitata, rendendo cos� riconoscibile il suo elaborato. L�autocitazione, 
in particolare, faceva riferimento ad una pubblicazione redatta dalla stessa 
candidata in collaborazione con il presidente della commissione esaminatrice, 
pubblicazione che � stata inserita fra i titoli presentati e valutati dalla commissione. 
La puntuale motivazione dell�adito Tar tiene anche conto del fatto che 
�in una selezione come quella in esame dove i candidati operano nella medesima 
comunit� scientifica, spesso con collaborazioni e pubblicazioni svolte 
insieme a componenti della commissione d�esame, e dove partecipano pochi 
candidati (qui solo due), la capacit� di alcuni dati di rendere riconoscibile 
l�autore della prova diviene senz�altro maggiore rispetto a qualunque altro 
concorso al quale partecipa un elevato numero di concorrenti�. 
La sentenza in oggetto, sembra, pertanto, priva di vizi logico-giuridici e 
coerente, come su detto, alla copiosa giurisprudenza all�uopo richiamata ed 
alla quale si rimanda. 
L�unica obiezione che pu�, semmai, sollevarsi in merito alla pronuncia 
di che trattasi �, forse, quella per quale non sembra adeguatamente valutata la 
(*) Articolo gi� pubblicato nella rivista on line Diritto&Diritti (www.diritto.it)
290 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
deduzione formulata dall�Avvocatura dello Stato, in camera di consiglio, secondo 
la quale l�eventuale riconoscimento della paternit� degli elaborati della 
controinteressata avrebbe quale inevitabile conseguenza che la medesima commissione 
d�esame avrebbe, per ci� stesso, avuto contezza, in sede di valutazione, 
anche della paternit� degli elaborati del ricorrente. 
In altri termini, la violazione del principio dell�anonimato commesso da 
uno dei due partecipanti (ovviamente dando per verificatasi detta violazione) 
comporterebbe il venir meno della segretezza della prova scritta anche nei 
confronti dell�altro candidato. 
Verrebbe cio� meno l�anonimato e la segretezza delle prove scritte sostenute 
dal candidato che si duole della autocitazione posta in essere dalla vincitrice 
del concorso, con la conseguenza che potrebbe ragionevolmente 
invocarsi, per il caso in esame, il principio (in realt� espunto da precedenti 
non proprio identici) per il quale la segretezza delle prove scritte, che si giustifica 
con la necessit� che dell�elaborato avvenga ignorando la paternit� del 
compito, quale garanzia di imparzialit� del giudizio, non trovi applicazione 
quando l�anonimato sia privo di utilit� pratica (Consiglio di Stato sentenza 12 
ottobre 2004 n. 6556). 
Ad ogni modo, sembra pacifico che possa esservi violazione dell�anonimato 
pur in mancanza di un comportamento colpevole del candidato e ci� non 
di meno la procedura concorsuale sarebbe inficiata dal vizio in parola. 
Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto gi� modo di affermare, 
in un caso molto simile a quello in esame, che la violazione della segretezza 
nelle procedure concorsuali si configura pur in assenza di comportamenti 
posti in essere dai concorrenti (�La violazione della regola della segretezza 
nelle procedure concorsuali - posta a salvaguardia dei principi di imparzialit�, 
trasparenza e par condicio, che trovano fondamento nell�art. 97 della Costituzione 
- pu� discendere, oltre che da comportamenti posti in essere dai concorrenti, 
anche da atti od omissioni imputabili direttamente alla p.a.; il pieno 
rispetto dei richiamati principi esige non solo l�ossequio di regole formali 
espresse ma anche l�adozione di tutte le misure e cautele idonee a garantire, 
in concreto, l�anonimato, in relazione alla peculiarit� della singola procedura; 
pertanto, la presenza di tre soli candidati e la consegna a ciascuno di essi di 
un diverso numero di fogli, con annotazione a verbale della relativa circostanza, 
rende individuabili con certezza gli autori degli elaborati e tale situazione, 
determinatasi per effetto delle fortuite circostanze appena evidenziate, 
� apprezzabile oggettivamente, senza che assuma rilievo Io stato soggettivo 
di buona fede, che pu� peraltro presumersi in difetto di prova contraria (T.A.R. 
Campania Napoli, sez. II, 15 giugno 2007, n. 6191)�. 
Quanto su riferito giustifica la perplessit� per la quale si ritiene che il Giudicante 
non abbia adeguatamente valutato gli effetti mediati dell�accoglimento 
del ricorso del candidato dichiarato idoneo.
CONTENZIOSO NAZIONALE 291 
Infatti, con l�esperito gravame il ricorrente ha chiesto non gia l�annullamento 
dell�intera procedura, ma solo, come su spiegato, l�annullamento degli 
elaborati delle prove scritte della vincitrice del concorso, e, per l�effetto, la 
sua esclusione. Sicch�, una volta accolto, per l�appunto, il ricorso (e rigettato 
il ricorso incidentale), il ricorrente, i cui elaborati comunque devono ritenersi, 
di riflesso, riconosciuti o riconoscibili alla commissione, consoliderebbe il diritto, 
quale candidato idoneo, ad ambire al posto messo in concorso. 
Sembra, pertanto, che con la decisione in oggetto il Tar abbia s� ripristinato 
la legalit� nel caso specifico ma pare, altres�, che non abbia soddisfatto 
l�esigenza di giustizia sostanziale, visto che l�accertata violazione del principio 
di anonimato, sussistente per entrambi i candidati, avrebbe effetti unicamente 
a scapito della controinteressata. 
Vero �, del resto, che il Tar � tenuto a decidere in relazione alle domande 
di cui al ricorso e che, in presenza di una domanda tesa all�annullamento delle 
prove di una candidata non possa giungere a pronunciare l�annullamento dell�intera 
procedura. 
Ma allora che fare? 
La soluzione, forse, nei casi come quelli in esame, non va rinvenuta tanto 
nell�esigenza del rispetto del principio dell�anonimato e della segretezza delle 
prove scritte, quanto nella osservanza delle regole che stanno molto pi� a 
monte e che disciplinano la incompatibilit� dei membri di commissione. 
Invero, da una diversa prospettiva, maggiormente ancorata ai principi di 
buona fede che devono considerarsi vigenti nell�ambito delle procedure amministrative 
(1) e opponibili ai soggetti che vi partecipano, il vizio che interessa 
la procedura concorsuale in esame dovrebbe trovare il suo fondamento 
nella violazione del principio di imparzialit� alla stregua dell�articolo 51 del 
c.p.c. che disciplina le ipotesi obbligatorie di astensione del magistrato. 
Secondo, infatti, la giurisprudenza amministrativa elaborata sul punto, la 
previsione su citata troverebbe applicazione alle procedure concorsuali se i 
rapporti tra il candidato ed il commissario siano tali da far ritenere legittimo 
il sospetto di parzialit� del giudizio �cd. criterio sintomatico� (2). 
La circostanza che il rapporto di collaborazione tra un membro della commissione 
ed un candidato (rapporto frequente nell�ambito accademico), non � 
motivo in s� di incompatibilit�, non impedisce che possa diventarlo qualora 
emergano elementi tali che inducano a ritenere che il candidato non sia stato 
(1) Vedi C. FERRO �Principio della buona fede nell�azione amministrativa� - in Diritto&Diritti - 
Il portale giuridico italiano - inserito in Diritto&Diritti del 12/02/2009 - indirizzo web: http://www.diritto.
it o in Lexltalia.it - Rivista internet di diritto pubblico n. 03/2009 - http://www.lexitalia.it. 
(2) Per una pi� compiuta analisi vedi FIORENTINO MARIO G.P. �I rapporti di conoscenza tra commissario 
e candidato nei concorsi universitari e il criterio sintomatico di incompatibilit�. L�applicabilit� 
dell�art. 51 n. 4 c.p.c. con riguardo ai lavori in collaborazione� in Diritto&Diritti� - inserito il 
16/03/2006.
292 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
giudicato in base alla prove del concorso e che, dunque, sia stato agevolato in 
virt� delle conoscenza intrattenute con il membro della commissione (3). 
In un contesto, quindi, proiettato il pi� possibile verso gli insegnamenti 
provenienti dal principio di solidariet� di cui all�art. 2 della Costituzione e dai 
cui traggono fonte i principi di correttezza, di buona fede e di equit� sostanziale 
(4) potrebbe volgersi l�attenzione per una interpretazione ermeneutica per la 
quale, nelle peculiari fattispecie come quelle in argomento, all�interessato dovrebbe 
porsi l�onere di impugnare l�esito della procedura concorsuale non gi� 
per far valere la censura diretta all�accertamento della violazione dell�anonimato 
e della segretezza delle prove i cui effetti, come su rilevato, si ripercuotono 
contro lo stesso ricorrente) ma, piuttosto, per reclamare la necessit� che 
la commissione operi in modo imparziale e che appaia all�esterno imparziale, 
pretendendo il rispetto dell�obbligo di astensione dei membri che possano (potenzialmente) 
influire nella scelta del candidato in forza dei pregressi rapporti 
di conoscenza personali e/o di collaborazione. 
Avv. Roberto Antillo* 
Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, 
sentenza del 9 marzo 2009 n. 138 - Pres. Vitellio, Est. Criscenti - R. P. (Avv.ti A. Cotroneo 
e D. Polimeni) c. Universit� degli Studi di Reggio Calabria (Avvocatura dello Stato). 
(... Omissis) 
1. Con ricorso notificato in data 28 gennaio 2009 e ritualmente depositato l�ing. R. P., premesso 
di aver partecipato alla procedura di valutazione comparativa in oggetto, riportando i 
seguenti giudizi I) di livello buono l�attivit� documentata dal candidato nel curriculum, nei 
titoli e nelle dieci pubblicazioni presentate; II) discreta la prima prova scritta; III) buona la 
seconda prova scritta; IV) ottima la prova orale, impugnava gli atti in epigrafe indicati e ne 
chiedeva l�annullamento, previa loro sospensione, deducendo due autonomi motivi di illegittimit�. 
Si costituiva l�amministrazione universitaria, producendo relazione del 10 febbraio 2009 del 
Direttore amministrativo e del Capo servizio affari legali e documentazione afferente al concorso 
Alla camera di consiglio del 25 febbraio 2009, fissata per la trattazione della domanda cautelare, 
si costituiva la controinteressata Dott. R. Depositava anche ricorso incidentale gi� con- 
(3) Vedi commento alla sentenza del Tar Marche n. 70 del 17 marzo 2003 di Patrizia avv. Ioanna 
in Diritto&Diritti - inserito nel maggio 2003. 
(4) �Il dovere di correttezza� di FRANCESCO GAZZONE - Manuale di diritto privato. 
(*) Avvocato dello Stato.
CONTENZIOSO NAZIONALE 293 
segnato per la notificazione. 
Avvisate dal Collegio tutte le parti costituite della possibilit� di una definizione nel merito 
della controversia, queste nulla obiettavano ed anzi la difesa del P. - che gi� in ricorso aveva 
pure sollecitato il Tribunale all�adozione di una sentenza succintamente motivata - espressamente 
accettava il contraddittorio in ordine al ricorso incidentale, cos� rinunciando al termine 
per la difesa.. 
2. Il ricorso principale � manifestamente fondato. 
2.1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 13 e 14 DPR 9 maggio 
1994 n. 487 e dell�art. 7 DPR 3 maggio 1957 n. 686 ed eccesso di potere per manifesta illogicit�. 
Sostiene che le prove scritte della candidata R. dovevano essere annullate in quanto nella redazione 
della prima prova scritta (contrassegnata col 2A) ella si � autocitata, rendendo cos� 
riconoscibile il suo elaborato. A pag. 21 della prova in questione � scritto, infatti, �Una legge 
di distribuzione biparametrica per le creste d�onda nel caso di onde che interagiscono con una 
parete perfettamente riflettente (capo di moto in riflessione), che tenga conto degli effetti di 
2� ordine, � stata ricavata da R. e Arena�. 
L�autocitazione fa riferimento ad una pubblicazione redatta dalla stessa candidata in collaborazione, 
con il prof. Arena, presidente della commissione esaminatrice, pubblicazione che � 
stata anche inserita dalla candidata fra i titoli presentati e valutati dalla commissione. Si tratta 
della pubblicazione n. 3 dell�elenco, i cui autori sono appunto R. e Arena. 
Non vՏ dubbio che tale fatto ha dato luogo ad una palese ed insuperabile violazione del principio 
dell�anonimato fissato dagli artt. 7 DPR n. 686/57 e 14 DPR n. 487/94 (�Il candidato, 
dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, n� altro contrassegno � Il riconoscimento 
deve essere fatto a conclusione dell'esame e del giudizio di tutti gli elaborati dei concorrenti�) 
posto a garanzia del pi� generale principio di imparzialit� sancito dall'art. 97 della 
Costituzione e da ritenere valevole anche per questa tipologia di concorsi. Giova subito premettere 
che la normativa regolamentare, invocata dal ricorrente, contenuta in origine nel 
D.P.R. del 1957 e poi pedissequamente riprodotta nel D.P.R. del 1994 - seppure riferita alle 
modalit� di svolgimento dei concorsi per l'assunzione nei pubblici impieghi e non anche alle 
modalit� di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di 
ruolo e dei ricercatori espressamente disciplinate dal DPR 23 marzo 2000 n. 117 - deve intendersi 
applicabile, quantomeno per i profili che qui interessano, anche alle procedure di valutazione 
comparativa, come quella in esame, in quanto essa rappresenta in sostanza 
l'applicazione di ineludibili regole generali, di rilievo costituzionale, in materia di trasparenza 
e di imparzialit� dell'azione amministrativa (in termini Tar Perugia, 21 maggio 2008 n. 193, 
confermata da Cons. St., VI, 9 febbraio 2009 n. 734 e gi� Corte Conti, sez. contr., 17 novembre 
1988 n. 2020). Essa �, peraltro, espressamente richiamata anche nel D.R. n. 73 del 26 febbraio 
2008 di indizione del concorso in questione (�VISTO il D.P.R. 9 Maggio 1994, n. 487, e successive 
modificazioni ed integrazioni, recante norme sull�accesso agli impieghi nelle pubbliche 
amministrazioni, ed in particolare le disposizioni in materia di procedura generale, per lo 
svolgimento dei concorsi unici, e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi, e di 
trasparenza dell�azione amministrativa�). 
2.2. Ci� chiarito va detto che il Collegio condivide il pacifico orientamento giurisprudenziale 
richiamato dalla controinteressata, in base al quale nei concorsi pubblici la regola dell'anonimato 
degli elaborati scritti non pu� essere intesa in modo assoluto, tale da comportare l'invalidit� 
delle prove ogni qualvolta sussista un'astratta possibilit� di riconoscimento, necessitando,
294 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
invece, l'esistenza di elementi atti a comprovare in modo inequivoco che trattassi di segni di 
riconoscimento, per cui l'idoneit� dei segni a fungere da elemento di identificazione del candidato 
deve ravvisarsi soltanto laddove gli stessi assumano un carattere oggettivamente anomalo 
rispetto alle ordinarie manifestazioni del pensiero (cfr., fra le tante, Tar Catanzaro, II, 
10 giugno 2008 n. 642; Tar Potenza, 11 luglio 2007 n. 489). 
E� vero per� che tali puntualizzazioni sono sicuramente riferibili all�ipotesi di segni o elementi 
non univoci, quali comunemente l�uso di penne con inchiostro diverso o di anomale grafie, 
la numerazione dei fogli, la presenza di diciture come �brutta copia� o similari, ma non all�ipotesi 
in cui l�elaborato contiene il nome del suo autore, perch� in tal caso l�anonimato � 
all�evidenza e indiscutibilmente violato. 
La controinteressata aggiunge che le citazioni in campo scientifico, improntato al principio 
della verificabilit� del risultato, sono indispensabili, tanto che anche il ricorrente se ne � avvalso 
nelle sue prove scritte. 
Tale affermazione - sicuramente valevole per l�attivit� scientifica, ma non necessariamente 
per le prove di un concorso - non supera in ogni caso il dato formale che l�elaborato contiene 
un riferimento espresso e nominativo ad un lavoro svolto dalla candidata unitamente al Prof. 
Arena, presidente della Commissione d�esame, dato che rende l�elaborato indiscutibilmente 
attribuibile alla candidata R. in chiara violazione della regola dell�anonimato. 
Se il riferimento al lavoro in questione, per la sua rilevanza in materia, era imprescindibile, 
come si riferisce nel controricorso essere stato affermato da parte del Prof. Boccotti, decano 
della materia e referente della scuola di ingegneria marittima di Reggio Calabria, sarebbe stata 
comunque sufficiente la citazione del risultato, senza l�espresso riferimento bibliografico (vd. 
sull�equivalenza di queste tipologie di citazione pag. 5 dello stesso controricorso). 
D�altronde il fatto, attestato dal Prof. Frega, che la legge elaborata dal Prof. Arena e della 
Dott. R. �ha ricevuto la necessaria diffusione in campo scientifico e che quindi pu� essere citata 
da qualsiasi studioso della materia ivi compresi, ovviamente, altri candidati� prova troppo 
in un concorso che ha visto la partecipazione di un solo altro candidato, oltre alla R. 
2.3. Deve poi evidenziarsi che la regola dell�anonimato non pu� che essere opportunamente 
calibrata in relazione alla tipologia di concorso ed al numero di candidati che vi prendono 
parte. 
In una selezione come quella in esame dove i candidati operano nella medesima comunit� 
scientifica, spesso con collaborazioni e pubblicazioni svolte insieme a componenti della commissione 
d�esame, e dove partecipano pochi candidati (qui solo due), la capacit� di alcuni 
dati di rendere riconoscibile l�autore della prova diviene senz�altro maggiore rispetto a qualunque 
altro concorso al quale partecipa un elevato numero di concorrenti. 
Come � stato gi� significativamente osservato, la previsione di un largo margine di discrezionalit� 
alle commissioni esaminatrici nei concorsi universitari deve essere controbilanciata �da 
un maggior onere di garanzie formali da parte dell'amministrazione procedente: in considerazione 
della ampia discrezionalit� di cui sono attributarie le commissioni di tali concorsi, in 
cui non vi sono punteggi, e non vi � alcuna possibilit� di un automatico riscontro della legittimit� 
dell'operato della commissione, deve essere inteso in maniera pi� rigorosa il principio 
dell'anonimato degli elaborati scritti� (Tar Napoli, II, 4 dicembre 2006 n. 10355). 
Sicch�, in altri termini, o si giunge ad affermare che la regola dell�anonimato non opera affatto 
perch� � un concorso nel quale i candidati sono direttamente noti ai membri della Commissione 
e i loro elaborati sempre perfettamente riconoscibili, affermazione che, oltre a rendere 
in radice superfluo lo stesso concorso, � giuridicamente superata dai rilievi gi� svolti (� 2.1.),
CONTENZIOSO NAZIONALE 295 
o al contrario si deve valutare con maggior scrupolo e rigore la presenza di dati identificativi, 
come fatto ad esempio dall�Universit� di Milano in un caso di autocitazione similare a quello 
di cui si controverte (richiamato a pag. 5 del ricorso) o come statuito dalla giurisprudenza, 
con riguardo ad esempio al numero dei fogli aggiuntivi da consegnare ai candidati in numero 
perfettamente uguale (cfr. Tar Napoli, II, 15 giugno 2007 n. 6197), che ovviamente in altra tipologia 
di concorso sarebbe stato del tutto insignificante 
2.4. In conclusione, l�autocitazione operata dalla candidata R. avrebbe dovuto indurre la Commissione 
a imporre l'esclusione della medesima dalla procedura concorsuale e, dunque, gli 
atti impugnati devono tutti essere annullati, senza valutazione del secondo motivo di ricorso, 
in quanto formulato solo in via gradata. 
3. Stante la fondatezza del ricorso principale, occorre prendere in considerazione l�impugnativa 
incidentale. 
Con essa la R. deduce �errata valutazione dei tioli e delle pubblicazioni del dott. P., difetto di 
motivazione. Violazione dei criteri di massima fissati dalla Commissione Esaminatrice con 
verbale del 29.09.08. Erronea valutazione, contraddittoriet�, illogicit� verbale n. 2 del 
5.11.2008. Conseguente esclusione dall�ammissione alla prova scritta. Sussistenza� 
Asserisce la controinteressata che delle dieci pubblicazioni prodotte ben cinque non sarebbero 
valutabili in sede di concorso, trattandosi di documenti a stampa di cui l�odierno ricorrente 
dichiara di avere eseguito il deposito legale nel mese di marzo 2008 (in realt� per una, la n. 5 
dell�elenco, il deposito � del 2005). 
Sostiene ancora la controinteressata che non tenendo conto di queste cinque pubblicazioni di 
certo il candidato non avrebbe ottenuto un giudizio sufficiente per l�accesso alle prove scritte 
e sarebbe stato, quindi, escluso. 
Il Collegio ritiene che � anche a volere per mera ipotesi ammettere che questa sarebbe stata 
la conseguenza dell�estromissione delle cinque pubblicazioni con deposito legale, il che � 
per� tutt�altro che certo ed automatico � in ogni caso la doglianza � priva di fondamento. 
Il bando di concorso, con riferimento alle modalit� di presentazione delle domande, all�art. 
3, penult. co., stabilisce che �Per i lavori stampati in Italia devono essere adempiuti gli obblighi 
previsti dall�art.1 del decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 1945, n. 660 << Ogni 
stampatore ha l�obbligo di consegnare, ogni qualsivoglia suo stampato o pubblicazione, quattro 
esemplari alla Prefettura della provincia nella quale ha sede l�officina grafica ed un esemplare 
alla locale Procura della Repubblica.>> Per attestare ci� � sufficiente che il candidato 
dichiari, sotto la propria responsabilit�, che l�opera � stata effettivamente pubblicata. Sono 
considerate valutabili ai fini della presente procedura di valutazione comparativa, le opere gi� 
edite al momento della scadenza del bando di concorso�. L�art. 5 poi, specificatamente dedicato 
alle pubblicazioni, al penult. co., stabilisce che �per i lavori stampati in Italia devono essere 
adempiuti gli obblighi previsti dall�art.1 del decreto legislativo luogotenenziale 31 agosto 
1945, n. 660 << Ogni stampatore ha l�obbligo di consegnare, ogni qualsivoglia suo stampato 
o pubblicazione, quattro esemplari alla Prefettura della provincia nella quale ha sede l�officina 
grafica ed un esemplare alla locale Procura della Repubblica.>>�. 
Con tali ripetute indicazioni e con il richiamo a questa specifica normativa l�amministrazione 
universitaria ha posto sullo stesso medesimo piano opere edite, pubblicate e �depositate�, cos� 
scegliendo di considerare valutabili anche i lavori per i quali � stato fatto solo il deposito legale. 
La Commissione, che ha valutato le pubblicazioni di P. accompagnate da deposito legale, ha 
dunque pedissequamente seguito le regole speciali poste dal bando, nelle disposizioni sopra
296 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
citate, non impugnate e neppure menzionate dalla ricorrente incidentale, che, peraltro, non vi 
avrebbe avuto interesse avendo anch�ella presentato a fini concorsuali pubblicazioni con la 
dicitura �in corso di stampa�. 
4. Stante la particolarit� della controversia, le spese possono essere interamente compensate. 
P.Q.M. 
Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria � sezione staccata di Reggio Calabria - 
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, cos� provvede: 
accoglie il ricorso principale; 
rigetta il ricorso incidentale; 
annulla gli atti impugnati; 
compensa le spese.
I P A R E R I D E L C O M I TAT O 
C O N S U LT I V O 
A.G.S. - Parere del 23 luglio 2009 prot. nn. 227713-17-21 - Detenzione 
di reti da pesca illegali (in particolare delle cosidette �spadare�) e relativa 
confisca. (Avv. Ettore Figliolia - AL 15100/09). 
�Con la nota in epigrafe codesto Comando Generale ha inoltrato richiesta 
di parere a questa Avvocatura Generale circa la possibilit� di confisca delle 
reti da pesca illegali, ed in particolare delle cosiddette �spadare�. 
La richiesta di parere nasce su impulso della Direzione marittima di Reggio 
Calabria che ha interessato la competente Avvocatura Distrettuale relativamente 
al divieto di detenzione di attrezzi da pesca non consentiti, ai sensi 
dell�art. 15, comma 1, lett. b), della legge 14 luglio 1965, n. 963. 
Il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto, per una complessiva 
analisi della questione, ha ritenuto di approfondire alcuni aspetti afferenti 
alla confisca degli attrezzi non consentiti, in violazione del predetto 
divieto di detenzione. In merito si rappresenta quanto segue. 
Il richiamato art. 15, comma 1, lett. b) recita testualmente: �Al fine di tutelare 
le risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato 
esercizio della pesca, � fatto divieto di [�] detenere attrezzi non consentiti, 
non autorizzati o non conformi alla normativa vigente�. Il divieto di detenzione 
di attrezzi non consentiti � stato introdotto dall�art. 8, comma 3, del decreto 
legge 8 aprile 2008, n. 59, come convertito, con modificazioni, dalla 
legge 6 giugno 2008, n. 101. Prima di tale modifica, il divieto di detenzione a 
bordo di attrezzi non consentiti era gi� sancito dall�art. 2 del Regio Decreto 4 
aprile 1940, n. 1155. Tuttavia, tale ultima disposizione � stata ritenuta tacitamente 
abrogata dall�entrata in vigore delle legge 963/65 e, quindi, disapplicata, 
fintanto che la Direzione Generale della pesca marittima e dell�acquacoltura 
ha chiesto un parere all�Avvocatura Generale dello Stato, che, con nota del 6 
dicembre 2006, ha confermato l�applicabilit� di tale norma. 
Il citato decreto legge 59/2008, con la modifica dell�art. 15 della legge 
963/65, ha, quindi, nuovamente sancito il divieto di detenzione di attrezzi da
298 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
pesca non consentiti, sgomberando il campo da eventuali dubbi circa la possibilit� 
o meno di sanzionare la detenzione degli attrezzi non consentiti, ma 
lasciando un certo margine di incertezza all�interprete in ordine al campo di 
applicazione ove opera tale divieto di detenzione. Ed infatti, non risulta precisato 
a livello normativo se la detenzione di attrezzi non consentiti sia vietata 
solo a bordo delle imbarcazioni, come gi� previsto dal Regio Decreto 
1155/1940, ovvero anche in altri luoghi, quali, ad esempio, depositi, aree private 
o altri mezzi di trasporto. Detto dubbio interpretativo, appunto, � l�oggetto 
del parere richiesto dalla Direzione marittima di Reggio Calabria alla locale 
Avvocatura Distrettuale dello Stato che, nella nota di risposta del 7 aprile u.s., 
ha rappresentato che non sussisterebbero motivi ostativi per circoscrivere il 
divieto in questione alla sola detenzione a bordo di navi o nei porti. Secondo 
l�Avvocatura Distrettuale, pertanto, l�ambito di applicazione del divieto de 
quo non rileverebbe ai fini della sanzione principale di cui all�art. 26 della 
legge 963/65, che troverebbe applicazione tanto in caso di detenzione a bordo 
che altrove. Il problema, semmai, si presenterebbe in relazione all�applicazione 
della sanzione accessoria della confisca ai sensi dell�art. 27 della medesima 
legge, che prevede la confisca degli attrezzi �usati� in contrasto con le relative 
norme. L�Avvocatura Distrettuale, pertanto, evidenzia che il divieto di detenzione 
di attrezzi da pesca non consentiti � da intendersi ovunque vigente, e, di 
conseguenza, sempre sanzionabile ai sensi dell�art. 26 della legge 963/1965, 
mentre per l�applicazione della confisca di cui all�art. 27 � necessario l�uso 
dell�attrezzo. 
Quindi il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, sulla questione, 
ha interpellato questa Avvocatura Generale circa la possibilit� di superare i limiti 
posti dall�art. 27 sulla propria applicazione, ed adottare la sanzione accessoria 
della confisca avvalendosi dell�art. 20 della legge 24 novembre 1981, 
n. 689 per cui, al comma 4, ҏ sempre disposta la confisca amministrativa 
delle cose [�] la detenzione delle quali costituisce violazione amministrativa�.
Specificamente codesto Comando Generale ha espresso la necessit� di 
un chiarimento normativo in proposito, stante la preoccupazione di efficacemente 
combattere il fenomeno illecito della pesca effettuata con attrezzi vietati 
dalla legge, e soprattutto quello della cattura del pesce spada mediante l�utilizzo 
delle reti da posta derivanti denominate �spadare�. L�uso di tali ultimi 
attrezzi da pesca, cui � imputabile un devastante impatto sull�ambiente marino, 
risulta come � noto essere stato vietato dall�Assemblea Generale delle Nazioni 
Unite con la Risoluzione 44/225 del dicembre del 1989, sulla scorta della quale 
� stato poi adottato il Regolamento CEE 894/97 che sancisce il divieto di utilizzo 
delle �spadare� in tutti i Paesi dell�Unione Europea a partire dal 1 gennaio 
2002. VՏ da aggiungere, poi, che, quale misura di compensazione 
economica a favore del �ceto marittimo� che traeva la propria fonte di sosten-
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 299 
tamento dall�uso delle richiamate �spadare�, � stato predisposto un Piano di 
riconversione del valore complessivo di 200 milioni di euro, con previsione 
di indennizzo a favore dei soggetti che avessero abbandonato tale tipo di pesca. 
Ci� premesso, in via preliminare, va chiarito che le �spadare�, in mancanza 
di una normativa ad hoc, sono assoggettate alla stessa disciplina di qualunque 
attrezzo da pesca non consentito, seppure di minore impatto per 
l�ambiente marino. 
Passando poi all�esame della normativa di settore, occorre evidenziare, 
innanzi tutto, che l�interpretazione dell�art. 15, comma 1, lett. b), relativamente 
al divieto di detenzione di attrezzi da pesca non consentiti, operata dall�Avvocatura 
Distrettuale di Reggio Calabria, va sostanzialmente condivisa pur 
con le seguenti puntualizzazioni in relazione alle finalit� perseguite dalla 
norma, tenuto conto del bene giuridico oggetto di tutela. 
Al riguardo va detto che gi� la rubrica della norma �Tutela delle risorse 
biologiche e dell�attivit� di pesca� e l�incipit del precetto �Al fine di tutelare 
le risorse biologiche delle acque marine ed assicurare il disciplinato esercizio 
della pesca� comportano necessariamente che il divieto di detenzione vada 
rapportato all�effettiva tutela del bene considerato e ad un esercizio dell�attivit� 
di pesca quanto meno presunto. E non solo la lett. b) dell�articolo in esame, 
ma tutta la disposizione normativa nel suo complesso, portano a considerare 
che l�obiettivo � quello di tutelare l�ambiente marino mediante il divieto di attivit� 
di pesca illecite ovvero di azioni che siano strettamente connesse e strumentali 
all�esercizio illecito dell�attivit� di pesca. 
Pertanto, la detenzione anche se non a bordo di attrezzi da pesca non consentiti, 
per integrare gli estremi dell�illecito amministrativo, deve poter soddisfare 
i requisiti minimi di potenziale strumentalit� della detenzione stessa 
all�attivit� di pesca, laddove l�attivit� di pesca o � stata effettuata o, si presume, 
poteva, ovvero potrebbe effettuarsi. 
In altre parole qualsiasi disponibilit� della rete, sempre che non emergano 
elementi sintomatici per concrete circostanze oggettive o anche soggettive, di 
una sua idoneit� all�utilizzo della stessa per l�azione della pesca cos� come delineata 
dall�art. 15 della Legge n. 963/1965 (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Dec. n. 
2202/2009) � da ritenere essere sanzionabile alla stregua della normativa de 
qua. 
Permane, invece, la dicotomia ravvisata dall�Avvocatura Distrettuale relativa 
all�applicazione della sanzione principale di cui all�art. 26, e della sanzione 
accessoria della confisca di cui all�art. 27 della medesima legge 
963/1965. Infatti, se la detenzione � sufficiente ad integrare gli estremi dell�illecito 
amministrativo, per l�applicazione della confisca � necessario che 
l�attrezzo non consentito sia stato effettivamente utilizzato (e non semplicemente 
detenuto) per tale dovendo ritenersi anche la serie di atti preordinati 
allo scopo (ad es. custodia tra gli attrezzi usati per la pesca); oltre che l�uso
specifico fattone in un contesto di contemporaneit�. 
Come sopra affermato, la preoccupazione del Comando Generale � di 
contrastare il dilagante fenomeno della pesca con reti illegali, soprattutto le 
�spadare�, utilizzando lo strumento normativo della confisca. 
Anche se risulta evidente la mancanza di raccordo ai fini che interessano 
nella fattispecie, tra l�art. 15, comma 1, lett. b) nella sua nuova formulazione, 
e la disposizione della sanzione accessoria della confisca di cui all�art. 27 che 
invece � rimasto immutato nella parte che ci interessa, la lettera della norma 
� precisa, e prevede la confisca dell�attrezzo non consentito solo se utilizzato 
(nel senso sopra precisato, che consente quindi che la misura ablatoria de qua 
sia suscettibile di essere adottata tutte le volte in cui, nel riscontro di circostanze 
oggettivamente univoche, risulti il compimento in concreto di condotte 
chiaramente preordinate alla pesca alla stregua della relativa nozione cos� 
come precisata dalla giurisprudenza: cfr. Dec. Cass. n. 2202/2003). 
Invece l�art. 20 della legge 689/81, i cui dubbi sull�applicazione sono 
esposti nella nota di codesto Comando Generale, non pu� trovare spazio in 
questa fattispecie, oltretutto, attesa la evidente specialit� della disposizione 
sanzionatoria di cui all�art. 27 test� citato, rispetto alle generali previsioni della 
richiamata L. 689/1981. 
Conclusivamente, nei sensi suesposti � la richiesta consultazione adottata 
sentito il Comitato Consultivo che si � espresso in conformit��. 
A.G.S. - Parere del 30 luglio 2009 prot. nn. 233463-7 - Esercizio del 
diritto di ritenzione ai sensi dell�art. 38 del Testo Unico delle disposizioni Legislative 
in materia Doganale di cui al d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43. (Avv. 
Giuseppe Albenzio - AL 32447/08). 
�Codesta Agenzia chiede alla Scrivente parere sulla portata del diritto di 
ritenzione disciplinato dall�art. 38 d.p.r. 43/73. 
I- In ordine al primo quesito posto a questa Avvocatura, relativo all�estensione 
dell�oggetto del diritto di ritenzione, attribuito allo Stato a garanzia della 
riscossione dell�imposta doganale, a merci diverse da quelle sulla cui esportazione 
o importazione insiste l�imposta garantita ed oggetto di operazioni 
economiche successive, sebbene riferibili allo stesso obbligato, si ritiene di 
dover esprimere parere negativo. 
1. La disciplina del codice doganale comunitario prevede un diritto di ritenzione 
a garanzia del pagamento dei dazi dovuti da esercitarsi sulle merci 
oggetto dell�operazione (Reg. CE 2913/1992, art. 74: �quando l�accettazione 
di una dichiarazione in dogana faccia sorgere un�obbligazione doganale, lo 
300 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009
svincolo delle merci che formano oggetto della dichiarazione pu� essere autorizzato 
soltanto se l�importo di tale obbligazione � stato pagato e garantito�; 
conforme il Reg. CE 450/2008-nuovo CDC, art. 124 ). 
Altra disposizione dello stesso codice adotta formulazione pi� generica 
(art. 232, par. 1: �Quando l�importo dei dazi non � stato pagato nel termine 
stabilito: a) l�autorit� doganale si avvale di tutte le possibilit� offertele dalle 
disposizioni in vigore compresa l�esecuzione coatta, per garantire il pagamento 
di detto importo�; conforme il Reg. CE 450/2008-nuovo CDC, art. 78), 
tuttavia da interpretare nel senso che le normative nazionali degli Stati membri 
potrebbero stabilire garanzie pi� ampie. 
La normativa italiana � rappresentata dall�art. 38 TULD, pienamente conforme 
al disposto del citato art. 74 CDC; il comma 2 dell�art. 38, gi� sul piano 
letterale, appare chiaro e puntuale individuando nelle �merci oggetto dell�imposta 
stessa� l�oggetto del diritto di ritenzione riconosciuto allo Stato il quale, 
per il soddisfacimento dell�imposta, � pure beneficiario di privilegi previsti 
dalla legge. 
Ulteriore argomento a sostegno di tale opzione interpretativa si rinviene 
nella funzione assolta dall�istituto e nella relativa disciplina del codice civile. 
2. Il diritto di ritenzione � un diritto potestativo riconosciuto ad un creditore 
chirografario (ritenzione semplice) ovvero ad un creditore privilegiato 
(ritenzione privilegiata) a garanzia delle ragioni del credito. Tale diritto consiste 
nel potere del creditore, gi� detentore di beni del proprio debitore, di ritenere 
tali beni fin quando non sia soddisfatto il proprio credito. L�istituto 
assolve dunque ad una funzione preventiva di conservazione della garanzia 
patrimoniale. Difatti tale diritto, sotto il profilo dogmatico, � ascritto nel novero 
dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale atipici (nel senso 
che manca una disciplina generale di tale strumento, tuttavia nel codice civile 
sono disseminate previsioni che lo contemplano). Gi� cos� descritto l�istituto 
appare di stretta interpretazione poich� deroga al principio generale di parit� 
fra i creditori di uno stesso obbligato (di cui all�art. 2741 c.c.). 
Peraltro, alla ritenzione � stata riconosciuta l�essenza di strumento di autotutela 
privata, come noto, eccezionale in un ordinamento improntato al divieto 
di farsi giustizia da s�; da ci� deriva che tale diritto, cos� concepito, non 
� applicabile analogicamente a casi diversi da quelli previsti dalla legge. 
La giurisprudenza di merito e di legittimit� si � pronunciata costantemente 
per l�inapplicabilit� in via analogica del diritto di ritenzione. Si riportano alcune 
massime in termini: 
�In tema di affitto di cosa produttiva, l�art. 1620 c.c. attribuisce all�affittuario 
la facolt� di prendere ogni iniziativa idonea ad incrementare il reddito 
della cosa medesima; l�esercizio di tale facolt� non pu�, per�, tradursi in obblighi 
a carico del locatore e non pu�, pertanto, di per s� costituire titolo per 
pretendere da quest�ultimo indennit� per miglioramenti effettuati in attuazione 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 301
di dette iniziative; ne consegue che in nessun caso l�affittuario ha il diritto di 
ritenere l�azienda affittata fino a quando gli venga corrisposta l�indennit� o 
eventuale altra somma, sempre che dovute; n� rileva che il diritto di ritenzione 
sia previsto in materia di enfiteusi, di possesso di buona fede o in favore del 
coerede che conferisca un bene in natura, atteso che le norme che prevedono 
il diritto di ritenzione hanno natura eccezionale e non sono perci� suscettibili 
di applicazione analogica�(Cass., sez. III, 29 settembre 2005, n. 19162). 
�In materia possessoria, la normativa che prevede il rimborso delle spese 
sostenute per la manutenzione o la ristrutturazione ovvero la corresponsione 
di un indennizzo per l�apporto di migliorie, con il conseguente diritto alla ritenzione 
del bene sino al soddisfacimento del relativo credito, si applica soltanto 
in caso di possesso e non anche di detenzione e, essendo una norma 
eccezionale, non � suscettibile di applicazione in via analogica� (Cass., sez. 
II, 16 settembre 2004, n. 18651). 
�Il comodatario non pu� validamente e legittimamente esercitare il diritto 
di ritenzione sul bene (immobile) concessogli in comodato, essendogli propria 
una condizione di detenzione (o possesso qualificato) e non di possesso tout 
court del bene medesimo, n� pu� ritenersi ammissibile un'applicazione in via 
analogica delle facolt� previste per il possesso alla detenzione che confermi 
l'esercizio predetto� (App. Bologna Sez. I Sent., 26 febbraio 2008). 
I segnalati rilievi evidenziano, lo si ribadisce, l�esigenza di una stretta applicazione 
delle norme che prevedono il diritto di ritenzione in ossequio ai 
principi generali dell�ordinamento poc�anzi invocati; ci� posto e per le stesse 
ragioni su esposte, deve pure escludersi l�estensibilit� della portata applicativa 
del diritto di cui si discorre a beni diversi da quelli cui inerisce il credito garantito 
(nel nostro caso, l�imposta non ottemperata). 
3. La stretta correlazione tra i beni oggetto del credito garantito e l�oggetto 
del diritto di ritenzione trova conforto nella giurisprudenza di seguito riportata: 
�I diritti di ritenzione e privilegio sulle cose trasportate previsti dagli articoli 
2761 e 2756 c.c. in favore dei crediti dipendenti dal contratto di trasporto 
richiedono soltanto che la causa del credito sia il trasporto, e cio� che 
vi sia un rapporto di connessione tra le cose ed il credito, s� che tale privilegio 
� esercitabile anche su cose oggetto di un trasporto diverso da quello per cui 
� sorto il credito, se i singoli trasporti costituiscono esecuzione di un unico 
contratto� (Cass., Sez. III, sent. n. 13905 del 28 giugno 2005). 
�Il diritto di ritenzione attribuito dall'art. 2756, terzo comma, cod. civ. 
al creditore per le prestazioni e per le spese relative alla conservazione ed al 
miglioramento di beni mobili all'uopo affidatigli e da realizzare mediante riparazioni, 
addizioni o trasformazioni, si estende al pari del privilegio accordato 
sui beni medesimi e non pu� essere esercitato, quindi, riguardo ai danni 
da svalutazione monetaria ed alle spese del giudizio di cognizione, bens� solo 
302 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009
per le spese ordinarie d'intervento nel processo di esecuzione e per gli interessi 
nei limiti stabiliti dall'art. 2749 cod. civ., facendo riferimento analogico anzich� 
alla data del pignoramento a quella d'inizio della procedura di vendita di 
cui agli artt. 2796 cod. civ. e segg.� (Cass., Sez. III, sent. n. 3362 del 7 aprile 
1987). 
�La circostanza che tra due parti (nella specie, un importatore e uno spedizioniere 
doganale) sia in corso da tempo un rapporto commerciale e che 
siano state concordate le tariffe da applicarsi per i servizi dello spedizioniere, 
non fa venir meno l�autonomia dei mandati di volta in volta stipulati tra di 
esse in funzione di singoli incarichi e, pertanto, il mandatario non pu� esercitare 
il diritto di ritenzione ex art. 2761 c.c. a garanzia di suoi crediti sorti 
in relazione a precedenti incarichi� (Trib. Genova, 27 settembre 2006). 
4. Tale conclusione risulta confermata anche dalle norme del codice civile 
che disciplinano il diritto de quo poich� esse circoscrivono la portata del diritto 
di ritenzione, esperibile sui soli beni del debitore che il creditore detenga in 
quanto oggetto del rapporto obbligatorio da cui � sorto il credito. 
Giova procedere alla disamina delle ipotesi codificate. 
L�art. 748, comma 4, c.c. nel disciplinare la collazione prevede che il coerede 
possa ritenere i beni donatigli in vita dal defunto finch� non gli siano rimborsate 
le somme dovute per spese e miglioramenti. 
L�usufruttuario che anticipi le spese per le riparazioni poste dalla legge a 
carico del proprietario pu�, alla scadenza dell�usufrutto, ritenere il bene a garanzia 
del rimborso di tali spese. 
L�art. 1011 c.c., altres�, sancisce il diritto di ritenzione dell�usufruttuario 
sui beni in usufrutto a garanzia della restituzione di somme da lui anticipate 
per imposte e pesi gravanti sul proprietario, o per passivit� a carico dell�eredit� 
data in usufrutto. 
Ai sensi dell�art. 1152 c.c. �Il possessore di buona fede pu� ritenere la 
cosa finch� non gli siano corrisposte le indennit� dovute (�)�. 
L�art. 1502 c.c. dispone che l�acquirente della cosa venduta con patto di 
riscatto possa ritenerla fino a che il venditore riscattante non abbia rimborsato 
le spese necessarie ed utili, enumerate nel comma 1 dello stesso articolo. 
Anche per i crediti privilegiati l�art. 2756, comma 3, cui altres� rinvia 
l�art. 2761, comma 4, detta la regola per cui �Il creditore � di crediti per prestazioni 
e spese di conservazione e miglioramento, nonch� di crediti del vettore, 
mandatario, depositario e sequestratario � pu� ritenere la cosa soggetta 
al privilegio finch� non � soddisfatto del suo credito (�)�. 
Si ricava dalle previsioni richiamate che connotato indefettibile dell�istituto 
di cui si discute � che i beni oggetto di ritenzione siano precisamente quelli 
che il creditore detiene in ragione dell�obbligazione da cui � scaturito il credito 
garantito. Quando si tratti di ritenzione privilegiata poi, comՏ nel caso di specie, 
alla ritenzione si pu� procedere solo con riguardo ai beni oggetto del cre- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 303
dito privilegiato. 
Pertanto, in ordine al credito tributario dello Stato inerente l�importazione 
e l�esportazione di merci e per il quale lo stesso soggetto pubblico gode di 
causa legittima di prelazione, la ritenzione pu� effettuarsi solo sulle specifiche 
merci il cui transito attraverso la dogana italiana � fonte di quella obbligazione 
tributaria per garantire la quale si esercita il diritto di ritenzione; di tal ch� sarebbe 
illegittimo assoggettare a ritenzione altre merci sebbene dello stesso debitore. 
5. Un�eccezione a quanto finora sostenuto sembrerebbe rinvenirsi nell�art. 
2794, comma 2, c.c.. La norma contempla un caso particolare in cui il debitore 
fornisce pegno a garanzia di un primo debito, dopodich� sorge a suo carico e 
a vantaggio del medesimo creditore un nuovo debito, successivo alla costituzione 
del pegno e che scadr� prima dell�avvenuto pagamento del primo debito; 
tale norma regola la descritta situazione sancendo che il creditore pu� ritenere 
la cosa consegnatagli in pegno perch� sia garantito anche il nuovo credito. 
Ci� nondimeno la previsione evocata appare insuscettibile di applicazione 
analogica al caso di specie, difettando il requisito dell�eadem ratio. Difatti nel 
caso del pegno, che ha fonte convenzionale, il legislatore ha inteso tutelare il 
creditore il quale facendo affidamento sull�esistenza di un pegno addivenga 
alla costituzione di un ulteriore rapporto debitorio con lo stesso soggetto ancor 
prima di verificarne la solvibilit� attraverso l�adempimento del primo credito. 
I privilegi sono invece di fonte legale e correlati all�importanza accordata 
dall�ordinamento alla causa obbligandi. L�eventuale successivo rapporto obbligatorio 
tra le stesse parti pu� non essere sorretto da alcuna esigenza di garanzia 
n� pu� configurarsi la delineata situazione di approfittamento della 
fiducia ingenerata nel creditore dall�esistenza di una causa legittima di prelazione 
correlata ad un precedente debito. 
Deve pure rilevarsi, con attenzione specifica al caso di cui � sollecitata la 
disamina, che i successivi rapporti obbligatori intercorrenti tra lo Stato e lo 
stesso operatore economico (proprietario della merce ovvero colui per conto 
del quali la merce � stata importata o esportata, secondo il dettato dell�art. 38, 
comma 1, TULD) saranno comunque garantiti da privilegi. 
6. Concludendo si ritiene che il diritto di riscuotere imposte doganali non 
giustifica la ritenzione di merci riguardanti operazioni di transito successive a 
quella su cui si fonda la pretesa erariale. Pertanto la soddisfazione di pregressi 
crediti rimasti inevasi deve avvenire mediante le forme coercitive (anche in 
funzione cautelare) dell�esecuzione forzata, nel corso della quale il credito tributario 
sar� comunque preferito ad eventuali altre ragioni di credito, stante il 
privilegio generale che lo sorregge. 
II- Non pare potersi dubitare invece dell�esperibilit� del diritto di ritenzione 
su crediti tributari controversi relativi alla merce oggetto dell�operazione. 
Va rilevato in primo luogo, sul piano letterale, che l�art. 38 TULD non fa 
304 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009
distinzioni tra imposte definitivamente accertate o meno. 
N� pu� trascurarsi che, come visto pi� sopra, l�istituto assolve ad una funzione 
preventiva di conservazione della garanzia patrimoniale che, da un lato, 
prescinde dal verificarsi dell�inadempimento e, dall�altro, resterebbe priva di 
valore se condizionata alla definitivit� del credito doganale. 
Deve infine osservarsi che tale soluzione appare compatibile con l�esigenza 
cautelare che sorgerebbe per la pendenza di un giudizio di accertamento 
sull�esistenza del diritto creditorio. 
Il presente parere � stato sottoposto all�esame del Comitato Consultivo 
che si � espresso in conformit��. 
A.G.S. - Parere del 2 marzo 2009 prot. nn. 69337-43 (*) - Revoca dello 
status di rifugiato in presenza di una condanna. Sull�assimilazione tra sentenza 
patteggiata ex art. 444 c.p.p. e sentenza definitiva. (Avv. Maurizio Borgo - 
AL 6404/09). 
�Si riscontra la nota del 16 febbraio 2009, prot. n. 516 con la quale codesta 
Commissione ha chiesto di conoscere l�avviso della Scrivente in ordine 
alla legittimit� della revoca dello status di rifugiato nei confronti dello straniero 
cui sia stata applicata, ex art. 444 c.p.p., una pena per uno dei reati di 
cui all�art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., e si rappresenta quanto segue. 
L�art. 13 del D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251, rubricato �Revoca dello 
status di rifugiato�, prevede quanto segue: �1. Fatto salvo l�obbligo del rifugiato 
di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione 
in suo possesso, la revoca dello status di rifugiato di uno straniero 
� adottata su base individuale, qualora, successivamente al riconoscimento 
dello status di rifugiato, � accertato che: a) sussistono le condizioni di cui all�articolo 
12; b) il riconoscimento dello status di rifugiato � stato determinato, 
in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, 
o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti�. 
A sua volta, l�art. 12 del medesimo D.Lgs n. 251/07 (richiamato alla lettera 
a) dell�art. 13) dispone, quanto al diniego dello status di rifugiato, che lo 
stesso ��� non � riconosciuto quando: a) in conformit� a quanto stabilito 
dagli articoli 3, 4, 5 e 6 non sussistono i presupposti di cui agli articoli 7 e 8 
ovvero sussistono le cause di esclusione di cui all�articolo 10; b) sussistono 
fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la si- 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 305 
(*) Parere reso in via ordinaria.
curezza dello Stato; c) lo straniero costituisce un pericolo per l�ordine e la sicurezza 
pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati 
previsti dall�articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale�. 
Cos� ricostruito il quadro normativo di riferimento, � possibile passare 
all�esame della problematica, oggetto della richiesta di consultazione, ovvero 
se una sentenza con la quale sia stata applicata, ex art. 444 c.p.p., la pena per 
uno dei reati, previsti dall�art. 407, comma 2, lett. a) costituisca valida e legittima 
ragione di revoca dello status di rifugiato, a suo tempo concesso allo straniero. 
Al proposito, si osserva come l�art. 12 del D.Lgs n. 251/07 individui, 
quale causa ostativa al riconoscimento dello status di rifugiato, tra l�atro, la 
sussistenza di condanne definitive per reati che, secondo l�apprezzamento del 
legislatore, costituiscono presunzione assoluta della pericolosit� del soggetto 
extracomunitario per l�ordine e la sicurezza pubblica (previsione di cui alla 
lett. c) del prefato articolo). 
Se tale � la "ratio" della norma, non vi � ragione di escludere dalla sua 
valenza precettiva i casi in cui la pena, per i reati ivi previsti, sia stata applicata 
con il rito di cui all'art. 444 c.p.p. (cfr., in tale senso, Cons. Stato, Sez. VI, sent. 
22 maggio 2007, n. 2592, resa in tema di diniego di rilascio della carta di soggiorno, 
per essere, il cittadino straniero, incorso, con sentenza pronunciata ex 
art. 444 c.p.p., in una condanna per un reato ostativo ai sensi dell�art. 9, comma 
3, del D.Lgs. n. 286/98). 
Secondo la pi� recente giurisprudenza amministrativa, �anche la sentenza 
emessa nella forma processuale disciplinata dall'art. 444 (del c.p.p.: N.d.E.) 
accerta la responsabilit� agli effetti della legge penale, pur se con peculiarit� 
di rito. La semplificazione del procedimento - che muove dal dato confessorio 
di richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato ed introduce un 
momento negoziale di prospettazione della sua entit� - non sottrae tuttavia 
l'esito del processo alla potest� esclusiva dello Stato autorit� di sanzionare 
l'illecito penale. Il momento c.d. negoziale investe, invero, il "quantum" della 
pena, ma non certo il merito della sussistenza degli estremi della responsabilit� 
penale che, ancorch� con cognizione sommaria, � sempre accertata dal 
giudice. Quanto su esposto trova riscontro nella disciplina positiva dell'istituto 
in base alla quale l'applicazione della pena a seguito del c.d. patteggiamento 
avviene sempre su motivata valutazione da parte del giudice dell'insussistenza 
dei presupposti per addivenire ad una sentenza di proscioglimento ai sensi 
dell'art. 129 c.p. (perch� il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, 
il fatto non costituisce reato, ecc.) e previo accertamento della corretta qualificazione 
giuridica del fatto ascritto e delle circostanze ad esso afferenti, 
quali presupposti della formulazione della richiesta di applicazione negoziata 
della pena� (cfr. sentenza del Consiglio di Stato, da ultimo citata). 
306 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009
A mezzo del modello processuale delineato dall'art. 444 c.p.p. e segg., si 
perviene all'ascrizione dell'illecito penale ad un soggetto determinato, muovendo 
dall'ammissione di responsabilit� dello stesso inquisito congiunta alla 
proposta dell'applicazione della pena in misura determinata, e lo stesso art. 
445, comma 1 bis, c.p.p (come risultante dalla novella di cui all�art. 1, comma 
1, lett. a) della legge 12 giugno 2003, n. 134) espressamente equipara a una 
"pronuncia di condanna" la sentenza che definisce il processo (cfr., in ordine 
alla importanza della novella di cui alla legge n. 134/2003 sulla ricostruzione 
della natura del c.d. patteggiamento, Cass. SS.UU. penali, sentenza 29 novembre 
2005, imp. Diop). 
A quanto sopra, si aggiunga che, a differenza dei casi in cui dai fatti accertati 
in sede penale si debbano trarre conseguenze ulteriori agli affetti di 
altre disposizioni di legge (come avviene nei casi di responsabilit� disciplinare 
dei pubblici dipendenti per fatti ascritti in sede penale), ove ricorrano precedenti 
penali, quali identificati dal richiamato art. 12, lett. c) del D.Lgs n. 
251/07, la determinazione di codesta Commissione, di segno negativo, si configura 
come atto dovuto. 
Ci� esclude, peraltro, che, in sede di adozione del provvedimento di revoca, 
codesta Commissione debba procedere, caso per caso, alla valutazione 
delle pericolosit� sociale dello straniero, gi� beneficiario dello status di rifugiato. 
N� il predetto criterio di automatismo si pone in contrasto con i diritti di 
libert� personale del soggetto, gi� beneficiario dello status di rifugiato, poich� 
dette prerogative non hanno carattere assoluto, ma devono bilanciasi con altri 
interessi di rilievo pubblico (nella specie, le condizioni di ordine e sicurezza 
pubblica), cos� che possono prevedersi limiti e condizioni che, nella specie, 
assumendo a riferimento l'assenza in capo allo straniero di precedenti per reati 
di maggiore gravit�, non si configurano n� irragionevoli, n� sproporzionati�. 
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 307
D O T T R I N A 
Il processo civile telematico 
come occasione della diffusione delle 
best practices nel settore giustizia 
Alfonso Contaldo e Michele Gorga* 
SOMMARIO: 1. Premessa - 1.2. Metodi di progettazione, sperimentazione e di diffusione 
del PCT -1.3. La configurazione di un sistema telematico di giustizia civile - 2. Il sistema 
attuale e le modalit� tecnico-operative del Processo Civile Telematico - 3. La costituzione 
delle parti nel processo telematico. Linee generali - 4. La procura alle liti - 4.1. La procura 
alle liti elettronica prima dell�ultima riforma - 4.2. La riforma della procura alle liti fatta 
con la legge n.89/2009 - 5. Il fascicolo informatico - 6. Le novit� normative introdotte dal 
D.M. della Giustizia del 10 Luglio 2009 - 7. Il regime vigente delle comunicazioni e delle 
notifiche nel processo civile fino all�emanazione dei previsti decreti ministeriali - 7.1. Il 
valore dell�e-mail come prova scritta alla luce delle disposizioni vigenti - 7.2. La validit� 
delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice ai fini dell�instaurazione 
del regolare contraddittorio nel processo civile prima della novella legislativa - 8. Polisweb. 
Funzionamento e finalit� - 9. Lo stato di attuazione della disciplina sul processo telematico. 
1. Premesse 
Con la locuzione �processo telematico� s�intende una nuova modalit� 
processuale, ovvero un insieme di nuove regole atte a disciplinare le fasi del 
processo in maniera diversa da quanto attualmente previsto dal codice di rito 
(*) Alfonso Contaldo, docente di Istituzioni di diritto pubblico nell�Universit� degli studi della 
Tuscia. 
Michele Gorga, docente di Diritto amministrativo nell�Universit� degli studi dell�Aquila. 
310 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
(1). Il �processo telematico� d� quindi la possibilit� ad avvocati, giudici e 
cancellieri di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante 
documenti informatici. Il Processo Civile Telematico (qui si seguito indicato 
con PCT) consiste quindi nella gestione �integrale� ed �integrata�, in forma 
digitale e telematica, della documentazione e delle comunicazioni prodotte 
nell�ambito di un qualsiasi procedimento del contenzioso civile. L�attuazione 
di questa modalit� processuale consentir� cio� di gestire, in forma digitale, 
qualsiasi informazione connessa ad un procedimento civile dall�atto di citazione 
alla sentenza, nonch� la gestione di tutte le comunicazioni e le notificazioni 
tra i diversi protagonisti processuali ossia giudici, avvocati, cancellieri, 
ufficiali giudiziari, consulenti tecnici mediante l�ausilio dell�informatica e 
della telematica. Obiettivo del PCT � infatti quello di semplificare le attivit� 
dei protagonisti del procedimento civile al fine di favorire la diffusione delle 
informazioni e la loro fruizione, eliminando il �passaggio di carte�, e quindi 
velocizzare gli adempimenti processuali con l�abbattimento dei �tempi del 
processo� in piena trasparenza e senza nulla concedere al taglio delle garanzie 
per le parti ed i loro difensori. 
Tecnicamente realizzare il PCT significa, anche, costruire e aggiornare 
banche dati interoperabili, registrare digitalmente la documentazione, gestire 
in forma telematica gli scambi informativi tra gli attori del sistema attraverso 
posta certificata e firma digitale, sostituire il fascicolo cartaceo con il fascicolo 
elettronico, costruire e aggiornare banche dati interoperabili. Su tutte queste 
dimensioni ed in accordo con le disposizioni di legge che si sono susseguite, 
sono in corso specifiche attivit� volte a garantire la piena realizzazione del 
PCT. Prima tra tutte le dotazioni hardware, e sullo stesso piano la realizzazione 
dei software, previsti negli adeguamenti normativi, nonch� nelle varie esperienze 
dei cd �Progetto Pilota�. I principali risultati previsti, ed attesi dall�applicazione 
sistemica delle tecnologie informatiche, riguardano la tempestivit� 
dello scambio dei documenti e delle comunicazioni relative al processo, la fa- 
(1) Vedi al riguardo LICCARDO P., Introduzione al processo civile telematico, in Riv. trim. dir. proc. 
civ., 2000, 1165 ss.; CARPI F., Processo civile e telematica: riflessioni di un profano, in Il processo telematico. 
Nuovi ruoli e nuove tecnologie per un moderno processo civile, a cura di Jacchia M., Bologna, 
2000, 110 ss.; SARZANA DI SANT�IPPOLITO F., Brevi considerazioni in margine al cd. processo telematico, 
in Corr. Giur., 2001, 832 ss.; SORRENTINO F., Il cosiddetto �processo telematico�, in Fisco, 2001,1871 
ss.; FADDA S., L�uso di strumenti di informatici e telematici nel processo civile, in Diritto delle nuove 
tecnologie informatiche e dell�internet, a cura di G. Cassano, Milano, 2001, 1507 ss.; RUGGERI V., Il 
processo civile telematico. Breve guida al D.M. 13 febbraio 2001, n. 123, Torino, 2001, spec. 63 ss.; 
VIGORITI V., E-commerce e tutela giurisdizionale, in Nuova giur. civ. comm., 2002, n.1-2, pt. 2, 20 ss.; 
BUFFA F., Il processo telematico. La gestione informatica, Milano, 2002, 72 ss.; RIEM G., Il processo civile 
telematico. Le nuove frontiere del processo alla luce del D.P.R. 123/2001, Napoli, 2001, spec. 31 
ss.; BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; MORO P., L�informatica 
forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss.; CONTALDO A., GORGA M., E-law. La digitilizzazione 
delle informazioni giuridiche , le professioni forensi e il processo telematico, Soveria Mannelli 
(CZ), 2006, spec. 125 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, spec. 92 ss.
DOTTRINA 311 
cilit� di accesso a tutte le informazioni rilevanti per ciascuna causa, la trasparenza 
sulle diverse fasi e responsabilit� dell�iter del processo. Il PCT si presenta 
quindi, come un progetto di largo respiro e ad ampio raggio che, 
muovendo dall�applicazione al mondo della giustizia civile delle tecnologie 
informatiche e telematiche, consentir� di riconfigurare radicalmente le modalit� 
attraverso le quali i processi vengono trattati. Il PCT potrebbe rappresentare 
una delle leve fondamentali per affrontare il pi� generale problema della 
crisi della giustizia civile in Italia. Infatti certezza e rispetto delle regole, tempestivit� 
e trasparenza nella gestione dei conflitti sono condizioni fondamentali 
ed imprescindibili per il corretto funzionamento del sistema economico e per 
il mantenimento della convivenza civile. 
Dal punto di vista sistemistico il sistema informativo dovr� permettere 
una complessiva ridefinizione dei servizi di cancelleria, muovendo dalla riprogettazione 
complessiva delle mansioni di cancelleria che dovr� essere capace 
di veicolare le nuove integrazioni tra gli attori del processo. Occorrer� 
poi la ridefinizione della mission dei servizi della giustizia e dei nuovi ruoli 
che i diversi agenti organizzativi svolgono nell�attualit� e che dovranno svolgere, 
invece, in futuro e ci� mediante una ricostruzione del sistema degli 
�obiettivi� e degli standard professionali che muovendo da quelli in uso dovranno 
pervenire a quelli desiderati per le diverse figure professionali presenti 
all�interno del sotto-sistema tribunale. Occorrer� poi la costruzione di modelli 
di relazione interni ed esterni che siano coerenti con la progressiva realizzazione 
del processo telematico ed inoltre che siano capaci di veicolare una complessiva 
riprogettazione delle unit� operative interne all�organizzazione stessa 
e di ridefinire una serie di indicatori capaci di ausiliare la struttura magistratuale 
e amministrativa nel governo delle risorse, innescando momenti costanti 
di revisione organizzativa e professionale di tutti gli attori sociali del processo. 
La realizzazione del PCT agisce, quindi, secondo una logica sistemica che 
partendo dalla documentazione cartacea e degli sportelli fisici li sostituisce 
con la documentazione digitale ed i portali telematici allo scopo di facilitare 
le relazioni tra il tribunale, cittadini, avvocati, enti economici ed istituzioni 
(2), inserendosi cos� nell�ambito �e-goverment� ossia di quel sistema che utilizza 
le tecnologie innovative, nei processi amministrativi della Pubblica Amministrazione, 
allo scopo non solo di fornire migliori servizi ai cittadini ma, 
anche di concorre al miglioramento della vita democratica del Paese. Il PCT 
quindi, nella sua accezione pi� ampia, pu� considerarsi a tutti gli effetti uno 
dei vettori del cambiamento sociale perch� consente di riassumere il governo 
del sistema della giustizia civile che nello specifico, a fronte delle sue evidenti 
inefficienze non ha saputo ancora trovare, anche a dispetto delle continue mo- 
(2) Ci si permette di rinviare a CONTALDO A., Dalla teleamministrazione all�E-Government: una 
complessa transizione in fieri, in Foro. Amm. CdS, 2002, 1081 ss.
312 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dificazioni legislative e normative, le leve per un efficace cambiamento. Il 
PCT interviene, quindi, direttamente sulle modalit� di lavoro ed induce e comporta 
modifiche degli attuali assetti organizzativi dei tribunali. 
1.2. Metodi di progettazione, sperimentazione e di diffusione del PCT 
L�approccio sistemico al processo telematico richiede, quindi, un disegno 
non casuale e un raccordo organico tra tutte le componenti organizzative, tecnologiche 
e regolamentari del sistema della giustizia civile. Una metodologia 
di ricerca, progettazione e sperimentazione rispettosa delle condizioni operative 
e culturali di partenza, del ruolo e delle competenze dei diversi attori coinvolti 
nei procedimenti civili. Un approccio multidisciplinare nell�ottica di 
studio e verifica delle nuove soluzioni, con ricorso ad un percorso di progettazione, 
che sulla base di un programma generale gestito a livello nazionale, 
veda a livello locale le singole realt� giudiziarie tra loro raccordate nelle soluzioni 
informatiche di analisti di organizzazione dei processi lavorativi con 
il pi� alto coinvolgimento di esperti nelle differenti discipline dell�informatica 
e del diritto quali avvocati, giudici, cancellieri. Questi sono gli attori principali 
del PCT e non � concepibile un processo telematico senza la partecipazione 
dei principali utenti del sistema giustizia. Occorre, inoltre, rendere utile la sperimentazione 
attualmente in itinere, affidata ai giudici ed agli esperti informatici 
del Ministero della Giustizia, non essendo ancora ammissibile l�assenza 
di ogni verifica delle soluzioni progettuali di sperimentazione adottata su pi� 
tribunali locali (Bari, Bergamo, Bologna, Catania, Genova, Lamezia Terme, 
Padova) che, come le precedenti, rischiano di esaurirsi in mere esperienze di 
�progetto pilota� senza una conseguente attuazione definitiva, nelle stesse sedi, 
di sperimentazione. 
La metodologia fino ad oggi impiegata ha voluto, invece, rispondere solo 
ad una duplice esigenza residuale quella cio� di costruire sistemi adeguati dal 
punto di vista tecnico e dal punto di vista funzionale, verificati nelle loro specifiche 
e nelle loro modalit� operative, allo scopo di renderle poi successivamente 
replicabili su scala nazionale. Contestualmente tale metodica di 
realizzazione del PCT ha voluto integrare, sul progetto, a livello nazionale 
come per le specifiche realt� locali, le diverse competenze e articolazioni organizzative 
tipicamente �separate� nel sistema della giustizia civile, per garantire 
una maggiore capacit� di governo non solo della progettazione ma 
anche e soprattutto della fase di messa a regime e di gestione. In pratica, anche 
nella fase di progettazione sono stati coinvolti, in modo molto marginale, quelli 
che sono gli utilizzatori e i fruitori del PCT, e vale a dire giudici, cancellieri 
ed in modo ancora pi� marginale gli avvocati, tanto che per questa prima fase 
ben possiamo parlare di un PCT senza - se non contro - gli avvocati. Analoga 
residualit� nel coinvolgimento � stata fatta nella fase di sperimentazione sul
DOTTRINA 313 
territorio che, invece, ha avuto solo la duplice finalit� di collezionare note ed 
osservazioni �dal campo� e quindi rispondere a tutte le problematiche operative 
e di servizio che sono state evidenziate in fase di realizzazione del progetto 
stesso. Al di l� degli obiettivi tecnici espressi dalle tecnologie in azione, � bene 
sottolineare che sono emersi, ed esistono, altri possibili riflessi organizzativi 
direttamente connessi alla dimensione tecnologica del PCT che sono proprio 
quelli che potrebbero indurre ai cambiamenti pi� significativi. Tali implicazioni, 
motore dei cambiamenti potenziali, saranno evidenziate, sommariamente, 
qui di seguito. � pleonastico asserire come, per la loro natura, i riflessi 
e le implicazioni organizzative richiedono una approfondita riflessione tra gli 
addetti ai lavori e un governo consapevole del percorso per arrivare progressivamente 
ad un �trade-off� tra i vantaggi attesi e d i costi relativi associati 
allo sviluppo, all�utilizzo e al mantenimento del sistema stesso. La dematerializzazione 
spazio-temporale delle informazioni relazionali (digitalizzazione) 
che sostituisce la carta nelle relazioni tra giudici-avvocati-cancellieri-uffici 
esterni consente altres� di sostituire in via telematica operazioni ad oggi fatte 
di persona senza nulla togliere al valore giuridico delle stesse, quali ad esempio 
il conferimento di incarico al CTU (3). Inoltre la piena e puntuale conoscenza, 
aggiornata in tempo reale, del proprio ruolo e la possibilit� di �organizzare� e 
�selezionare� le informazioni, oltre all�ausilio del personale di cancelleria liberato 
dalla manipolazione delle carte, potr� consentire ad ogni giudice di organizzare 
il proprio ruolo e l�agenda delle udienze e di arrivare cos� pi� 
preparato a tutte le scadenze rituali con una significativa riduzione dei rinvii 
e delle riserve con maggiore spazio per i tentativi di conciliazione. Una causa 
programmata e preparata dal giudice, grazie agli strumenti telematici, rende 
immediatamente accessibile tutti gli atti del fascicolo informatico e trasforma 
cos� l�udienza da mero momento di ricerca ed aggiornamento �documentale�, 
tra giudice ed avvocati in ordine allo stato dell�arte della causa, a vero momento 
di discussione del merito della stessa con un recupero assoluto della dimensione 
orale del processo. 
L�applicazione delle nuove tecnologie, che di per s� riduce solo alcuni 
dei tempi e delle attivit� del processo, di converso libera le intelligenze di tutti 
coloro, cancellieri in primis, che oggi sono costretti a dedicare una parte cospicua 
del loro tempo alla semplice �manipolazione� e gestione della carta 
che non d� alcun valore aggiunto alla sostanza del processo. Considerando 
che in una qualsiasi struttura di servizio il capitale umano � da considerarsi risorsa 
principale, liberare intelligenze significa arricchire notevolmente le dotazioni 
base del sistema a parit� di costi. Ci� � particolarmente vero in un 
sistema organizzativo, come quello dei tribunali civili, dove rilevanti quote di 
(3) Vedi al riguardo BUONOMO G., La firma digitale ed il processo telematico, Milano, 2004, 121 
ss.; IDEM, Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss.
314 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
personale laureato � prioritariamente dedicato ad attivit� di tipo segretariale. 
Si dovr� poi giungere ad una progressiva sostituzione degli sportelli fisici e 
delle tradizionali modalit� di accesso all�ufficio ed ai fascicoli, sostituendole 
l�accesso fisico con l�accesso telematico ai Portali delle sedi giudiziarie che 
dovranno consentire non solo lo scambio documentale, ma anche informativo 
e di servizio. Saranno cos� recuperate risorse umane oggi destinate alla semplice 
e non qualificata, ma quantitativamente rilevante, attivit� di tipo segretariale. 
Anche per i professionisti di cancelleria si hanno cio� le stesse 
potenzialit� gestionali che derivano dalla dematerializzazione degli atti del 
processo. 
L�utilizzo delle tecnologie informatiche consentir� inoltre di produrre in 
tempo reale, e attraverso modalit� just in time, molteplici operazioni �semplici� 
che oggi richiedono pi� passaggi operativi, il coinvolgimento di pi� operatori 
e conseguenti lunghi tempi di erogazione dei servizi. Tra questi si 
possono citare, a titolo di esempio, le domande di visura, le comunicazioni tra 
attori del sistema tramite biglietti di cancelleria, il deposito degli atti e la comunicazione 
di avvenuto deposito. Si giunger�, in tal modo, ad una progressiva 
costruzione di un knowledge system trasparente. L�esistenza di base dati 
con sentenze e provvedimenti dei giudici, la conoscenza in tempo reale degli 
orientamenti dei singoli uffici giudiziari faciliteranno una progressiva acquisizione 
di uniformit� negli orientamenti giurisprudenziali ed una pi� puntuale 
e sistematica conoscenza dei precedenti senza per questo imporre vincoli di 
tipo gerarchico, realizzando progressivamente un processo di apprendimento 
organizzativo, una sorta di nomofilachia indotta, che tender� ad uniformare i 
pronunciamenti della giustizia, tranquillizzando in questo modo l�utente finale 
sempre disorientato dall�eccessiva disomogeneit� di trattamento. 
L�attuale configurazione a compartimenti stagni del sistema organizzativo 
dei tribunali rende poi particolarmente difficoltosa la diffusione delle best 
practices che pure esistono all�interno del sistema come dimostrano i casi delle 
esecuzioni immobiliari, e di alcuni tribunali particolarmente attenti alla programmazione 
del lavoro (ad esempio si vedano i Tribunali civili di Bolzano e 
Torino). Trasparenza, conoscenza, informazione, risultati messi a disposizione 
di tutti in tempo reale facilitano i percorsi di benchmarking favorendo ancora 
una volta i processi di apprendimento organizzativo basati non su modelli 
astratti bens� su �prassi virtuose� sperimentate da altri colleghi e che possono 
venire assunte, modificate, arricchite e adattate alle proprie specificit�. Infine, 
� assolutamente plausibile, perch� � esattamente quello che si � verificato in 
tutti gli altri contesti, che l�utilizzo del PCT, nella sua concezione pi� ampia 
porti progressivamente ad una modificazione dei linguaggi e ad una loro semplificazione 
pi� attenta alla sostanza dei processi comunicativi, dei risultati ed 
alla retorica (antica) delle forme espositive. L�attuale configurazione organizzativa 
del processo, dei tribunali, delle relazioni con gli avvocati impedisce
DOTTRINA 315 
l�acquisizione di una cultura e di una logica dei servizi che metta al primo 
piano la relazione organizzazione-utente, l�individuazione delle responsabilit�, 
la definizione di tempi certi, i diritti dell�utente, la ricerca della qualit� del servizio 
stesso. L�insieme delle condizioni che supportano il PCT pu� consentire 
una progressiva crescita di una cultura unitaria dei servizi, la valorizzazione 
della responsabilit� sociale del tribunale come ente erogatore di giustizia, fino 
ad arrivare ad una carta dei servizi della giustizia che farebbe accrescere notevolmente 
la legittimazione sociale dell�intero sistema agli occhi del cittadino. 
L�utilizzo sistematico delle nuove tecnologie comporta inevitabilmente un aumento 
della trasparenza in tutto ci� che viene prodotto dai singoli e dall�organizzazione 
del suo complesso. Se la trasparenza � un valore in s� non bisogna 
dimenticare che proprio nella non trasparenza, nell�ambiguit� ed opacit� si 
nascondono prassi opportunistiche da parte di tutti gli attori organizzativi che 
sono anche quelli che si oppongono pi� ferocemente al cambiamento anche 
se con motivazioni surrettizie ed apparentemente nobili. 
1.3. La configurazione di un sistema telematico di giustizia civile 
L�architettura tecnologica, i diversi applicativi, l�accesso alle banche dati, 
l�informatizzazione dei registri, la disponibilit� di statistiche gestionali e le 
implicazioni organizzative connesse al cambiamento tecnologico, consentono 
di riconfigurare il sistema della giustizia civile italiana (4) in un�ottica di graduale, 
ma incisivo, miglioramento delle prestazioni perch� diventa assai pi� 
semplice e fattibile la gestione consapevole delle principali dimensioni che 
incidono sull�andamento dei processi: le conoscenze, i tribunali, le cause. Per 
gestione delle conoscenze si intende la possibilit� offerta dalle tecnologie informatiche 
di governare in modo nuovo, dopo numerosi secoli di continuit�, 
l�intero sistema di conoscenze, informazioni e linguaggi che caratterizzano il 
processo inteso come percorso strutturato per la risoluzione dei conflitti e l�af- 
(4) Gi� nel piano triennale per l'informatica del 2003 � 2005 della Giustizia, nella parte relativa 
agli interventi di �e-government� si dice che il progetto Polis e Polis Web si prefigge di proseguire il 
processo di integrazione dell'applicativo Polis, orientato alla archiviazione e diffusione dei provvedimenti 
emessi in materia civile, con tutti i registri informatici dell'area civile, con l'obiettivo finale di centralizzare 
il punto del processo di automazione dell'attivit� del Giudice di diffondere la conoscenza della giurisprudenza 
di merito. Si prevede quindi un'evoluzione del software che consenta l'interazione degli 
Avvocati via web con i fascicoli del contenzioso ordinario (Polis Web). I principali benefici qualitativi 
gi� al tempo identificati sono: a) automazione delle attivit� del giudice e della cancelleria riguardo la 
redazione, l'archiviazione, pubblicazione e ricerca dei documenti relativi ai procedimenti civili; b) standardizzazione 
delle procedure; c) flessibilit� e rapidit� nell'acquisizione ed elaborazione dei dati. 
L'avvio del processo telematico � stato oggetto del Piano esecutivo d'azione n. 55 per l'anno 2003, della 
Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati in attuazione della Direttiva Generale del Ministro 
della Giustizia sull'attivit� amministrativa e sulla gestione per l'anno 2003 e fino al decreto ministeriale 
del 10 luglio 2009 � stato, e continuer� ad essere, oggetto di numerosi interventi normativi e 
regolamentari. 
316 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
fermazione della giustizia e come sistema assai complesso e sofisticato di relazione 
tra una pluralit� di attori organizzativi, valorizzando, rispetto a modelli 
generali ed astratti, le prassi (le pratiche) oggettivamente pi� efficaci in quanto 
sviluppano conoscenze situate (5). 
In particolare l�accesso telematico ad una pluralit� di banche dati, la facile 
conoscenza degli orientamenti del singolo giudice e/o della sezione, la rapidit� 
di scambio dei documenti tra gli attori, l�uso consapevole del copia e incolla, 
rendono pi� fruibili tutte quelle conoscenze che, fondamentali per la costruzione 
del contraddittorio, sono state ad oggi caratterizzate da estrema lentezza 
e difficolt� di reperimento perch� contenute in libri, riviste, documenti, fascicoli, 
di difficile e lento accesso. In questo caso non solo aumenta la facilit� di 
accesso ma cresce enormemente la quantit� delle fonti dalle quali si pu� attingere 
aumentando cos� la qualit� delle argomentazioni sostenibili. Per gestione 
dei tribunali si intende un percorso a pi� dimensioni che partendo da 
una diversa configurazione organizzativa dei tribunali e dei ruoli dei giudici e 
del personale di cancelleria, passando attraverso l�acquisizione di una cultura 
dei servizi, dei dati quantitativi, del risultato, utilizzando in maniera appropriata 
le tecnologie gi� oggi disponibili, individuando figure professionale dedicate 
a queste funzioni, predisponga tutte le pre-condizioni organizzative che 
mettono il singolo giudice nella condizione di dedicare il proprio tempo e la 
propria intelligenza allo jus dicere. In particolare l�allineamento delle cancellerie 
alle sezioni, la costituzione dell�ufficio della giustizia, l�avvio di metodologie 
di programmazione per lo smaltimento delle pendenze, l�utilizzo delle 
statistiche gestionali per l�organizzazione dei lavori e la programmazione degli 
stessi, consentono di individuare unit� organizzative responsabili di risultato 
che con l�attuale configurazione organizzativa e con le attuali strumentazioni 
disponibili sarebbe difficile identificare. Il management del tribunale pi� che 
un�invocazione ideologica diventa da un lato una possibilit� reale e dall�altro 
una necessit� per presidiare la complessit� del sistema. 
Per gestione delle cause, il cuore tecnologico dell�organizzazione giudiziaria, 
si intende la capacit� del singolo giudice supportato tanto dall�organizzazione 
che dalle tecnologie di governare le singole cause ed il suo ruolo in 
un�ottica pi� attenta alla sostanza del processo, ai risultati, ai tempi, ai costi. 
In particolare la facilit� di navigazione sul fascicolo elettronico, la possibilit� 
di accesso alle banche dati, la disponibilit� di strumenti operativi (la consolle 
del magistrato) per la redazione dei provvedimenti, il supporto del personale 
liberato dalle incombenze burocratiche, la disponibilit� in tempo reale di dati 
certi sull�andamento del suo ruolo, consentono al singolo giudice di ottimizzare 
l�utilizzo del suo tempo, di governare la propria agenda e di organizzare 
(5) Vedi ancora BUONOMO G., op. et loc. supra cit. 
DOTTRINA 317 
le udienze in ragione delle diverse tipologie di cause. Gestione delle conoscenze, 
gestione dei tribunali, gestione delle cause sono fra loro strettamente 
interrelati e rappresentano la sostanza del cambiamento organizzativo indotto 
dal cambiamento tecnologico nella consapevolezza che qualunque ulteriore 
cambiamento del quadro normativo di per s� non sarebbe sufficiente a raggiungere 
i risultati attesi in termini di maggiore efficienza, efficacia ed equit� 
della giustizia civile. L�architettura prevede, quindi, che gli utenti esterni interagiscano 
con il �dominio Giustizia� (il SICI) (6) previa autenticazione con 
un punto di accesso esterno autorizzato dal Ministero della Giustizia (7). Il 
SIC, Sistema Informatico Civile, invece, � un sottoinsieme del dominio giustizia 
ossia una intranet accessibile solo a soggetti abilitati e al quale si interfacciano 
via internet altri domini intranet dello stesso tipo come ad esempio 
quello della libera avvocatura che si certifica ed accede dai singoli punti di 
accesso locale, presso i singoli Consigli dell�Ordine di appartenenza o dell�Avvocatura 
dello Stato che accede presso i suoi punti. 
(6) Il SIC � una parte della Rete Unitaria della Giustizia (R.U.G), in collaudo gi� dal settembre 
1999, che a sua volta fa parte del pi� ampio Sistema Pubblico di Connettivit� (SPC). Il Gestore Centrale 
(GC) � la struttura tecnico - organizzativa con sede presso il Ministero della Giustizia e che fornisce i 
servizi di accesso al SIC ed i servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali 
tra il SIC ed i soggetti abilitati. Il Gestore Locale (GL) � invece il sistema informatico che fornisce i 
servizi di accesso al singolo ufficio giudiziario o all'ufficio notifiche esecuzioni e protesti (UNEP) ed i 
servizi di trasmissione telematica dei documenti informatici processuali tra il gestore centrale ed il singolo 
ufficio giudiziario o UNEP. Il servizio di consultazione web dei procedimenti � realizzato attraverso 
il sistema PolisWeb, che permette la consultazione via internet dei dati relativi ai procedimenti di contenzioso, 
lavoro, volontaria giurisdizione ed esecuzioni civili individuali e concorsuali e costituisce, ad 
oggi, la prima concreta esperienza di accesso �virtuale� all�ufficio che evita ai professionisti di recarsi 
fisicamente in cancelleria per ottenere informazioni allo sportello. I dati vengono copiati �nottetempo� 
dai sistemi di gestione dei registri presso gli Uffici Giudiziari nel sito unico nazionale dislocato fisicamente 
a Napoli. Insieme ai siti distrettuali temporanei di Milano e Roma, il sistema consente la consultazione 
di oltre 200 uffici giudiziari, di cui 16 Corti d�Appello e 66 sezioni distaccate. Gli avvocati che 
possono accedere a tali informazioni, attraverso 120 punti di accesso autorizzati, sono potenzialmente 
circa 120.000 sui quasi 200.000 avvocati italiani oltre che l�accesso a tutta l�Avvocatura dello Stato. Per 
quanto invece attiene il deposito degli atti e le notifiche telematiche, il vero e proprio �processo civile 
telematico� consiste nell�interscambio bi-direzionale di dati e di documenti informatici a valore legale, 
firmati quindi digitalmente e veicolati su canali sicuri (autenticati e criptati), con relativa creazione del 
fascicolo informatico, sostitutivo del cartaceo. Il sistema si basa su standard aperti (SOAP, XML,...) e 
realizza pertanto un�interoperabilit� tra le applicazioni esterne al �dominio Giustizia� (es. software di 
studio, sistemi di altre PP. AA.) e le applicazioni presso gli Uffici Giudiziari. Gli atti processuali e i 
provvedimenti sono documenti elettronici in formato PDF parzialmente strutturato nel senso che � un 
documento corredato di un file XML, che contiene i dati strutturati necessari per la veicolazione e per 
l�aggiornamento automatico dei sistemi. 
(7) Ci si permette di rinviare a CONTALDO A., GORGA M., Le regole del processo civile telematico 
alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in Diritto dell�Internet, 2008, spec. 12 ss.
318 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
2. Il sistema attuale e le modalit� tecnico-operative del Processo Civile Telematico 
L�attuale sistema del contenzioso civile trova linfa nella dinamica della 
complessa realt� socio-economica di cui l�avvocato � stato sino ad oggi il 
primo filtro di mediazione tra le esigenze individuali dei singoli e la pretesa 
dello Stato di dirimere tutte le controversie (8). Tale sistema si � basato, fondamentalmente, 
sino ai giorni nostri, e non vi � ragione di credere che non si 
baser� anche per il futuro, sull�attivit� di liberi professionisti (9), i quali, in 
una sorta di geloso individualismo, hanno esercitato quella che pu� essere definita 
tra le pi� nobili e liberali tra le professioni intellettuali. A questo sistema 
non integrato per� con le esigenze del sistema economico occidentale corrisponde, 
attualmente, un processo civile strozzato da una procedura ridondante, 
e sempre uguale a se stessa, che prescinde dai valori degli interessi in gioco, 
siano essi rappresentati da pochi o da milioni di euro. L�avvocato, investito 
delle questioni, individua le norme di diritto applicabili al caso concreto e, 
svolta l�attivit� di ricerca e di studio (10), compie la prima attivit� di rilievo, 
esterno, consistente nella redazione dell�atto cartaceo e nel passaggio dello 
stesso all�ufficiale giudiziario che, certificandolo, lo notifica. Quindi segue 
l�attivit� di iscrizione della causa a ruolo, il deposito degli atti e dei documenti 
nonch� la consultazione, in cancelleria, del fascicolo della causa che sar� trattata 
alle udienze dinanzi al magistrato designato in base alla programmazione 
tabellare. Questo sistema risulta appesantito, poi, dalla possibilit� di depositare 
memorie (11), note di udienza, comparse, deduzioni istruttorie, processo verbale 
e quant�altro. Tutte queste attivit� devono essere, peraltro, compiute entro 
precisi termini, il mancato rispetto dei quali viene, talvolta, sanzionato con la 
nullit� degli atti che, per di pi�, in quanto scritti, finiscono per immobilizzare 
un processo previsto come sostanzialmente orale. In definitiva, l�attuale sistema 
esalta il metodo di lavoro basato sul riscontro cartaceo e si sostanzia 
nella raffinata, e a volta sofferta, redazione di atti scritti, da parte dell�avvocato, 
(8) Vedi al riguardo ALPA G., L�avvocato. I nuovi volti della professione forense, Bologna, 2005, 
spec. 72 ss. 
(9) Sulla liberalit� della professione forense � assi ampia la bibliografia. Si segnalano per opportuni 
approfondimenti SATTA F., voce Avvocato (ordinamento), in Enc. giur., IV, Milano, 1959, 653 ss.; VICONTE 
G., L�avvocato e l�Europa, Milano, 1999, 42 ss. 
(10) Sulle metodologie delle quali vedi ancora ALPA G., op. et loc. supra cit. 
(11) Al riguardo vedi POGGESCHI E. Memorie del diritto processuale civile, in Nvs. Dig., III, 
parag. 1: �Memorie� e �Comparse� sono termini usati a pi� riprese nel codice di procedura. << le comparse 
e le memorie consentite dal giudice si comunicano ecc�.>>. Per l�a. per� sono: comparse gli 
scritti in cui la parte ha la facolt� i proporre domande, istanze, eccezioni e comunque fare dichiarazioni, 
come il disconoscimento di una scrittura privata, producenti effetti giuridici; sono memorie tutti gli altri 
scritti difensivi. L�a. ancora sostiene che il G.I. autorizzando le parti, in deroga la principio della trattazione 
orale della causa, a scambiarsi degli scritti difensivi pu� anche dar loro la facolt� di fare una vera 
e propria comparsa. 
DOTTRINA 319 
nell�esame, da parte del giudice, delle opposte questioni giuridiche prospettate, 
nell�attivit� di comunicazione da parte della cancelleria e, infine, nell�attivit� 
di certificazione della notifica degli atti da parte dell�ufficiale giudiziario (12). 
Nell�attuale sistema, quindi, ogni operatore del processo compie la sua attivit� 
nel completo isolamento, senza interagire con le altre parti del processo. L�interazione 
avviene solo nel successivo momento dell�udienza di trattazione 
della causa o del compimento dell�atto istruttorio. 
Buona parte della disorganizzazione attuale della macchina giudiziaria 
deriva proprio da questo metodo di lavoro intorno al �fascicolo� (13), dove 
l�assenza di un unico documento, immediatamente consultabile da parte di 
tutti gli operatori, � fonte, spesso, di errori che influiscono sul ritardo e sulla 
decisione delle cause. Il �fascicolo elettronico�, in quanto immediatamente 
accessibile a tutti gli operatori del processo (14), consentir� appunto agli avvocati, 
al giudice, al personale di cancelleria (15), all�ufficiale giudiziario di 
interagire, attraverso ricerche incrociate, con quale benefico effetto sulla speditezza 
e sulla qualit� del lavoro delle professioni legali � facile immaginare 
(16).
In questa prospettiva vanno lette tutte le norme sul processo civile telematico 
e, in particolare, quelle emanate dal succitato d.M.G. del 14 ottobre 
del 2004 sulle regole tecniche-operative del processo civile telematico, pubblicato 
sulla G.U. n. 272 del 19 novembre 2004, cos� come modificate ed aggiornate 
dal recente decreto del Ministero della Giustizia del 17 luglio 2008 e 
sulla base della quale ultima normativa risulta che tutti i soggetti abilitati al 
PCT comunicano, attraverso la casella di posta elettronica certificata 
(12) Ci si permette di rinviare al riguardo a CONTALDO A., GORGA M., E-law. Le professioni legali, 
la digitalizzazione delle informazioni giuridiche e il processo telematico, Soveria Mannelli (CZ), 2006, 
spec. 132 ss. 
(13) Vedi al riguardo per una panoramica delle problematiche pratiche in campo CAMMARATA M., 
Giustizia: Il fascicolo informatico, in www.interlex.it; MATTIOLI C., Il processo telematico, in www.foroeuropeo.
it; BRIGANTI G., Il cd. processo telematico, in www.foroeuropeo.it; NIGER, Il processo telematico: 
speranze e prospettive, in www.diritto.it; 
(14) Vedi al riguardo BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; 
MORO P., L�informatica forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss., CONTALDO A., 
GORGA M., Le regole del processo civile telematico alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in 
Diritto dell�Internet, 2008, 21 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss. 
(15) Si ricava per� dall�attuale sistema legislativo vigente che al cancelliere in determinati casi � 
riconosciuto il potere di rifiutare un atto. Interessante e quindi, in relazione al processo telematico, la 
verifica di tale esercizio di potere da parte delle cancellerie e delle modalit� tecnico-operative in cui si 
dovrebbe concretizzare tale rifiuto di accettazione dell�atto. Per la dottrina tradizionale: BIANCA D�ESPINOSA 
L., Termini di costituzione, cancellazione dal ruolo, riassunzione del processo, in Riv. dir. proc 
civ., 1955, II, 85 <<Non � concepibile �concedere al cancelliere l�apprezzamento di una questione giuridica 
quale quella della scadenza dei termini �.Il Cancelliere dunque ricever� l�atto e nel caso sar� il 
giudice a rilevare la tardiva inserzione e costituzione>>. 
(16) Vedi al riguardo altres� le perplessit� di GRAZIANI A., L�illusione processualtelematica, in 
Arch. Civ. 2001, 960 ss.
320 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
(CPECPT) (17). Il nuovo sistema prevede che il legale, dopo aver redatto 
l�atto, averlo certificato con la cifratura e averlo �imbustato� - attivit� certificata 
mediante smart-card - acceda, tramite internet, al punto di accesso (18). 
I soggetti abilitati esterni, infatti, accedono al SICI tramite un punto di accesso, 
che pu� essere attivato esclusivamente da soggetti pubblici, quali: a) i Consigli 
dell'Ordine degli Avvocati, ciascuno limitatamente ai propri iscritti; b) il Consiglio 
Nazionale Forense, limitatamente ai propri iscritti ed agli iscritti dei 
consigli dell'ordine degli avvocati; c) il Consiglio Nazionale del Notariato, limitatamente 
ai propri iscritti; d) l'Avvocatura dello Stato, le amministrazioni 
statali o equiparate e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti; 
e) il Ministero della giustizia, per i soggetti abilitati interni e, in via residuale, 
ove sussistano oggettive difficolt� per l'attivazione del servizio da 
parte dei soggetti di cui ai precedenti punti a) e b); f) il Ministero della Giustizia, 
in via residuale, ove sussistano oggettive difficolt� per l'attivazione del 
servizio da parte dei soggetti privati, che attivano e gestiscono un punto di accesso, 
i quali devono avere i seguenti requisiti: a) forma di societ� per azioni; 
b) capitale sociale e requisiti di onorabilit� di cui all�art. 25, co. 1 d.Lgs. 1� 
settembre 1993, n. 385. Ciascun soggetto pu� avvalersi di un solo punto di 
accesso e la certificazione del difensore e' svolta dal punto di accesso, qualora 
questo sia gestito da un Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, o dal Consiglio 
Nazionale Forense, oppure dal gestore centrale sulla base di copia dell'albo 
fornita al Ministero della Giustizia dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati e 
dal Consiglio Nazionale Forense. L'aggiornamento della copia dell'albo deve 
avvenire entro 72 ore dalla comunicazione dei provvedimenti di pertinenza 
all'interessato. Il Consiglio nazionale forense compie il servizio di certificazione 
dei difensori per i propri iscritti o, per gli iscritti dei consigli dell'ordine, 
su delega di questi ultimi. Per il difensore delle parti - soggetto abilitato esterno 
privato - � necessaria, ai fini dell'accesso al SICI, l'autenticazione presso un 
(17) Vedi ZICCARDI G., op. et loc. supra cit. 
(18) Ai sensi dell�art. 30 d.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 
272 del 19 novembre 2004: �Requisiti tecnici del punto di accesso: 1. L'autenticazione dei soggetti abilitati 
esterni avviene secondo le specifiche previste dalla carta nazionale dei servizi. 2. I punti di accesso 
stabiliscono le connessioni con il gestore centrale esclusivamente mediante un collegamento diretto alla 
RUPA, autorizzato dal CNIPA. 3. Ciascun punto di accesso stabilisce con il gestore centrale un canale 
sicuro di comunicazione, che consente la reciproca autenticazione e riservatezza. 4. Il punto di accesso 
garantisce un livello di disponibilit� del servizio pari al 99,5 per cento, su base quadrimestrale, nei giorni 
feriali, dalle ore otto alle ore ventidue, dal luned� al venerd�, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato 
e dei giorni ventiquattro e trentuno dicembre. 5. Le procedure per la fornitura dei servizi, attuate dal 
punto di accesso, sono dettagliatamente documentate sul manuale operativo, previsto dall'art. 33. 6. 
Tutte le azioni e le procedure di sicurezza, attivate dal punto di accesso, sono dettagliatamente documentate 
nel piano per la sicurezza, previsto dall'art. 34. 7. La frequenza di salvataggio dei dati e' almeno 
giornaliera. 8. Gli eventi significativi nel funzionamento del punto di accesso sono registrati sul giornale 
di controllo, di cui all'art. 35. 9. I canali di autenticazione del presente regolamento sono in SSL versione 
3, con chiave a 1024 bit�.
DOTTRINA 321 
punto di accesso. 
Il SICI consente al difensore l'accesso alle informazioni contenute nei 
fascicoli dei procedimenti in cui � costituito e permette, negli altri casi, l'acquisizione 
delle informazioni necessarie per la costituzione in giudizio. In caso 
di delega, rilasciata ai sensi dell'art. 9, R.d.Lgs. 27 novembre 1933, n. 1578, 
il SICI consente all'avvocato delegato l'accesso alle informazioni contenute 
nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dall'avvocato delegante, previa comunicazione, 
a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell'ufficio 
giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L'accesso e' 
consentito, al delegato, fino alla comunicazione della revoca della delega. La 
delega, sottoscritta con firma digitale, e' rilasciata in conformit� al modello 
previsto dall'art. 56 del regolamento stesso. Gli esperti e gli ausiliari del giudice 
accedono al SICI, per la consultazione e la copia degli atti del fascicolo 
telematico, nei limiti dell'incarico ricevuto e della autorizzazione concessa dal 
giudice. A seguito dell'autenticazione viene trasmesso al gestore centrale il codice 
fiscale del soggetto abilitato esterno privato (19). 
Il punto di accesso autentica il soggetto abilitato esterno pubblico e trasmette 
il relativo codice fiscale al gestore centrale. I dati sono utilizzati per 
individuare i privilegi di accesso alle informazioni contenute nel SICI e il sistema 
consente agli avvocati ed ai procuratori dello Stato l'accesso alle informazioni 
contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui � parte una pubblica 
amministrazione. La comunicazione tra la postazione informatica del soggetto 
abilitato esterno ed il punto di accesso avviene mediante canale sicuro. Il punto 
di accesso mantiene in linea i documenti informatici inviati fino a quando non 
riceve un avviso di consegna dal gestore centrale o dal punto di accesso di destinazione. 
Fornisce, altres�, il servizio di ricezione, inviando, in risposta ad 
ogni documento informatico ricevuto dal gestore centrale o da un altro punto 
di accesso, una ricevuta breve di avvenuta consegna e, verificata l'assenza di 
virus informatici in ogni messaggio in arrivo e in partenza garantisce, per un 
periodo non inferiore a cinque anni, la conservazione di tutti i messaggi inviati 
e ricevuti. Fornisce, inoltre, il servizio di distribuzione del software, dato come 
prototipo dal Ministero della Giustizia, per la redazione dei documenti informatici 
in formato PDF parzialmente strutturato con un modello di documenti 
in XML. I soggetti abilitati interni, invece, accedono al SICI attraverso la Rete 
Unica della Giustizia (RUG) ed attraverso il punto di accesso del Ministero 
della Giustizia. Il soggetto abilitato interno, ad esempio il magistrato, avr� 
sulla console del ruolo il programma per la relativa attivit�, la lista dei fascicoli 
per il periodo selezionato, lo stato della causa e delle attivit� da compiersi e, 
quindi, in ogni momento potr� visionare i fascicoli che tratter� all�udienza e 
(19) Ai sensi dell�art. 8, d.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 
272 del 19 novembre 2004. 
322 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
potr� disciplinarli in base all�agenda immediatamente consultabile. Potr� visionare 
il contenuto dei fascicoli stessi, fare ricerche, scrivere il relativo provvedimento 
ed inserirlo immediatamente nel fascicolo. Gli sar� consentito, di 
avere, perci�, una visione completa ed unitaria, non solo di tutti i dati delle 
parti e dell�oggetto, ma anche della nota di iscrizione a ruolo, della procura, 
degli allegati e dei provvedimenti adottati. Per quanto riguarda la casella di 
posta elettronica certificata del processo telematico, � stato previsto che i soggetti 
abilitati esterni, per utilizzare i servizi di trasmissione telematica dei documenti 
informatici, dispongono di un indirizzo elettronico e della relativa 
casella di posta elettronica, denominata CPECPT, fornita e gestita dal punto 
di accesso, nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 12 (20) del decreto in parola. 
Ogni indirizzo elettronico, come definito nel d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, 
corrisponde ad una CPECPT. Ad ogni soggetto, che interagisce per via telematica 
con il SICI, corrisponde un solo indirizzo elettronico, inoltre ogni 
CPECPT � abilitata a ricevere messaggi provenienti unicamente da altri punti 
di accesso e dal gestore centrale. Il registro generale degli indirizzi elettronici, 
contenente l�elenco di tutti gli indirizzi elettronici attivati dai punti di accesso, 
attivo presso il gestore centrale, � accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo 
le modalit� compatibili con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica 
RFC 1777 e successive modificazioni. Il gestore centrale ed i punti locali 
possono fornire modalit� di accesso aggiuntive al proprio registro rispetto a 
quella prevista. 
L'accesso al SICI e la casella di posta elettronica si ottengono solo previa 
registrazione presso un punto di accesso; per la registrazione occorre una richiesta 
scritta, che il punto d'accesso � tenuto a conservare per almeno dieci 
anni. Con la registrazione, il punto di accesso acquisisce i dati relativi sia all'indirizzo 
elettronico delle persone fisiche che dell'indirizzo elettronico degli 
enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche e verifica 
l'identit� del richiedente ed il relativo codice fiscale (21). I difensori delle parti 
(20) In quanto la CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilit� per trenta 
giorni. Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di 
identificativo univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica 
certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico 
reso disponibile al destinatario, cui e' associata l'attestazione temporale di cui all'art. 45.D.M. cit. 
La posta certificata del processo telematico � conforme alle linee guida stabilite dal Centro Nazionale 
per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA). L'avviso di cui al comma 1 e' conservato, 
presso il punto d'accesso, per un periodo non inferiore a cinque anni. 
(21) Ai sensi dell�art. 13 d.M. cit. co. 3 �all'indirizzo elettronico delle persone fisiche, sono associate 
le seguenti informazioni: a) nome e cognome; b) luogo e data di nascita; c) codice fiscale; d) data, 
ora e minuti dell'ultima variazione dell'indirizzo elettronico; e) residenza; f) domicilio; g) stato dell'indirizzo: 
attivo, non attivo; h) certificato digitale relativo alla chiave pubblica, da utilizzare per la cifratura; 
i) consiglio dell'ordine o ente di appartenenza; j) stato del difensore: attivo, non attivo. Co. 4 All'indirizzo 
elettronico degli enti collettivi, siano essi non riconosciuti ovvero persone giuridiche, sono associate le
DOTTRINA 323 
presentano, all'atto della registrazione, un certificato rilasciato in data non anteriore 
a venti giorni, in cui il consiglio dell'ordine di appartenenza attesta 
l'iscrizione all'albo, od all'albo speciale, od al registro dei praticanti abilitati, 
oppure la qualifica che legittima all'esercizio della difesa e l'assenza di cause 
ostative allo svolgimento dell'attivit� difensiva. Gli esperti e gli ausiliari del 
giudice devono, invece, presentare, all'atto della registrazione, il certificato 
dell�iscrizione all'albo dei consulenti tecnici o copia della nomina da parte del 
giudice dalla quale deve risultare che l'incarico non � esaurito. Al momento 
della registrazione i soggetti abilitati esterni devono comunicare al punto di 
accesso determinate informazioni (22). 
Il punto di accesso attiva un registro degli indirizzi elettronici che contiene 
l'elenco di tutti gli indirizzi elettronici emessi, revocati o sospesi dal 
punto di accesso. Il difensore comunica al consiglio dell'ordine di appartenenza 
il proprio indirizzo elettronico, relativo alla CPECPT rilasciata dal punto di 
accesso, unitamente al proprio codice fiscale e ai dati identificativi del medesimo 
punto. Il difensore delle parti, l'esperto o l'ausiliario del giudice deve comunicare 
alla cancelleria competente il proprio indirizzo elettronico, relativo 
alla CPECPT rilasciata dal punto di accesso. Il registro degli indirizzi elettronici 
� accessibile a tutti i soggetti abilitati, secondo le modalit� compatibili 
con il protocollo LDAP, definito nella specifica pubblica RFC 1777 e successive 
modificazioni. Per i soggetti abilitati esterni pubblici, ciascun punto di 
accesso comunica al Ministero della Giustizia, per via telematica, tutte le informazioni 
ed ogni loro variazione, al fine dell'inserimento nel registro generale 
degli indirizzi elettronici. Per i soggetti abilitati esterni privati (difensori) 
provvedono all'inserimento nei registri degli indirizzi elettronici i Consigli 
dell'Ordine degli Avvocati ed il Consiglio Nazionale Forense, che comunicano 
al Ministero della Giustizia ed ai punti di accesso di riferimento, per via telematica, 
le informazioni e le successive variazioni. 
Per quanto riguarda i requisiti tecnici dei registri degli indirizzi elettronici, 
� da dire che il gestore centrale ed i punti di accesso rendono disponibile una 
copia operativa dei propri registri degli indirizzi elettronici e mantengono l'originale 
inaccessibile dall'esterno, garantendo la conformit� tra la copia operaseguenti 
informazioni: a) denominazione sociale; b) codice fiscale; c) data, ora e minuti dell'ultima variazione 
dell'indirizzo elettronico; d) sede legale; e) certificato digitale relativo alla chiave pubblica da 
utilizzare per la cifratura; f) stato dell'indirizzo: attivo, non attivo�. 
(22) Al momento della registrazione, i soggetti abilitati esterni comunicano al punto di accesso le 
seguenti informazioni: a) nome e cognome; b) luogo e data di nascita; c) codice fiscale d) residenza; e) 
domicilio; f) certificato digitale, relativo alla chiave pubblica, per la cifratura; g) consiglio dell'ordine 
di appartenenza. I soggetti abilitati esterni comunicano al punto di accesso ogni variazione delle informazioni 
di cui alle lettere d), e), f) e g). Le informazioni di cui al comma 6, unitamente alla qualit� di 
difensore delle parti, di esperto o ausiliario del giudice, ed all'indirizzo elettronico assegnato e ad eventuali 
variazioni del suo stato, sono trasmesse dal punto di accesso al gestore centrale e, per i difensori 
delle parti, al consiglio dell'ordine di appartenenza.
324 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
tiva e l'originale dei propri registri e risolvendo tempestivamente qualsiasi difformit�, 
registrandola in un apposito giornale di controllo. Le operazioni che 
modificano il contenuto dei registri sono consentite unicamente al personale 
espressamente autorizzato e sono registrate anch�esse in un apposito giornale 
di controllo. La data, l'ora e i minuti, iniziali e finali, di ogni intervallo di tempo 
nel quale i registri non risultano accessibili dall'esterno oppure sono indisponibili 
in una loro funzionalit� sono registrate in un apposito giornale di controllo. 
Almeno una copia dei registri � conservata in locali di sicurezza, ubicati 
in luoghi diversi da quelli ove sono custoditi gli originali. 
Il gestore centrale fornisce anche il servizio di consultazione del SICI e 
il servizio di trasmissione telematica degli atti. I soggetti abilitati esterni accedono 
ai servizi del gestore centrale esclusivamente attraverso il proprio 
punto di accesso. Dal punto di accesso, che fa parte della rete privata del sistema, 
le cartelle dei documenti firmati arrivano al gestore centrale e quest�ultimo, 
come detto, � il punto unico di interazione, a livello nazionale, tra il SICI 
ed i soggetti abilitati esterni ed � attivo presso il Ministero della Giustizia. La 
cartella da qui � inviata al gestore locale del singolo tribunale della cancelleria 
interessata. Il gestore locale �, infatti, parte del sistema informatico dell'ufficio 
giudiziario e dell'UNEP, come definito nel d.M.G. 24 maggio 2001, e deve rispettare 
i requisiti tecnici ed organizzativi definiti in tale ambito, che sono attivati 
appunto presso gli uffici giudiziari periferici e gli uffici dell�UNEP (23). 
Qui � il gestore locale della rete che provveder� ad autenticare i soggetti interni 
che possono accedere alla rete. Il legale, dal proprio punto di accesso, accede 
mediante internet fino al nodo del punto di accesso della rete privata. Il beneficio 
conseguente sar� che il gestore centrale non sar� esposto su internet, con 
conseguente maggiore flessibilit� delle politiche di autocertificazione e maggiore 
sicurezza dei punti di accesso. Opposto � il processo inverso, ad esempio, 
di comunicazione del provvedimento per mezzo del biglietto di cancelleria 
che dal gestore locale sar� trasmesso al centrale e, quindi, al punto di accesso 
locale da dove, mediante poi la rete internet, perverr� allo studio legale. 
Nelle comunicazioni o notificazioni al difensore, il gestore centrale controlla, 
mediante il registro generale degli indirizzi elettronici, la certificazione 
del difensore e, in caso di esito negativo del controllo, il gestore centrale inoltra 
la comunicazione o notifica all'ufficio giudiziario o all'UNEP un messaggio 
contenente l'esito del controllo. Il gestore centrale associa automaticamente, 
ad ogni documento informatico pervenuto da un punto di accesso, una attestazione 
temporale della ricezione del documento informatico contenente data, 
ora e minuti; questa attestazione � inserita in un messaggio inviato all'indirizzo 
elettronico del mittente ed associa automaticamente, ad ogni ricevuta, una at- 
(23) Ai sensi dell�art. 4, D.M.G. del 14 ottobre del 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 
272 del 19 novembre 2004. 
DOTTRINA 325 
testazione temporale comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo 
documento informatico da parte del destinatario. Questi dati sono trasmessi 
al gestore locale dell'ufficio giudiziario competente. Il sistema utilizza per gli 
adempimenti di cui innanzi un servizio di attestazione temporale basato, con 
una differenza non superiore ad un minuto primo, sulla scala di tempo UTC 
(IEN), determinata ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge 11 agosto 1991, 
n. 273. Verificata l'assenza di virus informatici in ogni messaggio, in arrivo e 
in partenza, se riceve un messaggio privo dei dati necessari all'instradamento 
verso l'ufficio giudiziario o verso l'UNEP, genera ed invia automaticamente 
al mittente un messaggio di errore, contenente l'avviso del rifiuto del messaggio 
e l'indicazione degli elementi mancanti. Inoltra automaticamente tutti i documenti 
informatici provenienti dall'esterno del SICI e diretti verso il gestore 
locale dell'ufficio giudiziario o dell'UNEP ed associa l� attestazione temporale. 
Il gestore centrale, inoltre, fornisce un servizio di inoltro automatico di tutti i 
documenti informatici ricevuti dall'interno del SICI verso l'indirizzo elettronico 
di destinazione ed un servizio di conservazione di tutti i messaggi inviati 
e ricevuti, associati alle relative attestazioni temporali, con le modalit� previste 
dalla delibera CNIPA del 19 febbraio 2004, n. 11. I supporti sono inviati, con 
periodicit� mensile, ad un apposito centro di conservazione presso il Centro 
di Gestione Centralizzata del Ministero della Giustizia, che ne assicura la conservazione 
per un periodo non inferiore a cinque anni, eseguendo la certificazione 
del difensore, qualora non sia gi� stata compiuta dal punto d'accesso, e 
fornisce un servizio per verificare lo stato delle notifiche e delle relative ricevute 
brevi di avvenuta consegna. 
Il gestore locale, dal canto suo, fornisce: il servizio di consultazione del 
sistema informatico dell'ufficio giudiziario per i soggetti abilitati, collegati attraverso 
il gestore centrale mediante il sistema informatico di gestione della 
cancelleria; trasmette i documenti tra i sistemi informatici dell'ufficio giudiziario 
o dell'UNEP ed il gestore centrale, fornendo una verifica della ricezione 
di tutti i documenti informatici ricevuti dal gestore centrale e delle relative attestazioni 
temporali; decifra i messaggi crittografati ricevuti, secondo le regole 
previste, e cifra, con le modalit� di cui all'art. 43 del decreto in parola, i documenti 
in uscita, facenti parte del fascicolo informatico, quando sono destinati 
a soggetti abilitati esterni. Il gestore locale inoltre verifica automaticamente, 
con il controllo della firma digitale, l'autenticit� e l'integrit� di ogni documento 
informatico ricevuto e verifica, altres�, il rispetto dei formati nonch� l'assenza 
di virus. Infine rende disponibile il documento ricevuto al sistema informatico 
di gestione delle cancellerie civili o dell'UNEP, associandovi le informazioni 
dell'attivit� di verifica per valutarne la ricevibilit�.
326 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
3. La costituzione delle parti nel processo telematico. Linee generali 
Da tutto quanto sopra rilevato dovrebbe essere ormai chiaro che, contrariamente 
a quello che il nome �processo telematico� potrebbe far inizialmente 
pensare, non si tratta di un nuovo sistema processuale, ovvero di nuove regole 
dettate ed atte a disciplinare le fasi del processo in maniera diversa da quanto 
previsto dal codice di rito attualmente in vigore. Il progetto di realizzazione 
di un �processo telematico� consiste, infatti, nella realizzazione di un insieme 
di applicazioni informatiche ed infrastrutture tecnologiche atte a rendere accessibile 
via web il sistema informatico civile, non solo per la consultazione 
dello stato delle cause, ma soprattutto per il deposito di atti, la consultazione 
del fascicolo elettronico e la trasmissione per via telematica di comunicazioni, 
notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti. Quando il 
sistema diverr� pienamente operativo sar� dunque possibile non solo consultare 
a distanza i registri di cancelleria ed i documenti contenuti nel fascicolo 
elettronico, ma anche richiedere a distanza copie di documenti, trasmettere 
per via telematica documenti di parte o formati d�ufficio per la loro acquisizione 
automatica nel registro e nel fascicolo; inviare in forma telematica gli 
avvisi relativi agli atti processuali compiuti; ottenere la registrazione e la trascrizione 
telematica degli atti giudiziari. Il tutto con evidente riduzione dei 
tempi del processo, unitamente ad una razionalizzazione degli stessi. Pertanto, 
ci� che deve correttamente intendersi per processo telematico, pertanto, � la 
possibilit� data alle parti, al giudice ed alla cancelleria, di formare, comunicare 
e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici. Da questo si 
deduce che le fasi processuali maggiormente interessate dalle novit� telematiche 
sono quella della comunicazione degli atti (notificazione inclusa) e quella 
della costituzione. 
Ed infatti, secondo quanto disposto dall�art. 4 del d.P.R. n. 123/2001 tutti 
gli atti ed i provvedimenti del processo possono anche essere compiuti come 
documenti informatici sottoscritti con firma digitale, essendo a tal fine previsto 
che ognuno dei soggetti coinvolti nel processo metta a disposizione il suo indirizzo 
elettronico (art. 7). A tal fine � prevista la creazione di un vero e proprio 
fascicolo informatico. Ai sensi dell�art. 12 del d.P.R. n. 123/2001 la cancelleria 
pu� provvedere a formare un fascicolo informatico, inserendo nello stesso tutti 
gli atti ed i documenti probatori inviati per via telematica dal difensore, il quale 
nello stesso modo far� pervenire la procura alle liti asseverata come conforme 
all�originale mediante sottoscrizione con firma digitale, nonch� la nota di iscrizione 
a ruolo. Come si vede, attraverso queste previsioni viene di fatto consentito 
alle parti di costituirsi in giudizio senza pi� recarsi fisicamente in 
cancelleria. Inoltre, il fascicolo informatico permetter� ai difensori, al giudice 
ed alla cancelleria di consultare on line il fascicolo d�ufficio e quelli di parte, 
con evidente dispendio di tempo ed energie. Per potersi costituire per via te-
DOTTRINA 327 
lematica l�avvocato dovr�, quindi, avere cura di formare documenti idonei ad 
essere trasmessi con questo particolare mezzo. A tal fine � stato di recente 
emanato un decreto ministeriale del 29 settembre 2008 che dispone che gli 
atti del processo in forma di documenti informatici devono essere redatti con 
file in formato PDF, che deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento 
testuale e non deve avere restrizioni per le operazioni di selezione e 
copia di parti; non � pertanto ammessa la scansione di immagini; inoltre, la 
firma digitale, che deve necessariamente essere apposta all�atto, deve essere 
esterna. A ci� si aggiunga che l�atto in PDF deve essere accompagnato da un 
file XML che riporta i �dati di servizio� relativi all�atto e ritenuti essenziali 
per i sistemi di cancelleria, esso � denominato Dati Atto.xml, va firmato digitalmente 
e va imbustato insieme all�atto. Per la definizione di DatiAtto.xml 
sono stati utilizzati dei moduli che consentono di fornire una specifica chiara, 
ben definita e leggibile, nonch� di operare un maggior numero di controlli sia 
in fase di predisposizione dell�atto, che in fase di accettazione da parte dei sistemi 
di cancelleria. Il decreto ministeriale del 29 settembre 2008 sopra menzionato, 
contiene, poi, ulteriori dati tecnici per la formazione ed invio degli 
atti per via telematica. Lo stesso decreto contiene, inoltre, notazioni tecniche 
in ordine alla struttura dei messaggi di posta elettronica ordinaria e certificata, 
nonch� sull�effettuazione delle notificazioni e comunicazioni per via telematica. 
Prima del decreto ministeriale sopra menzionato, un altro decreto del 17 
luglio 2008 aveva gi� dettato regole tecnico-operative per l�uso degli strumenti 
informatici e telematici nel processo civile, specificando in particolare il funzionamento 
del sistema informatico civile previsto dal d.P.R. n. 123/2001, le 
modalit� di gestione centrale e locale, nonch� di certificazione del difensore. 
Questi soggetti, in particolare, vengono distinti in soggetti abilitati esterni privati, 
individuati nei difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi 
speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice; soggetti abilitati esterni 
pubblici e cio� gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di 
amministrazioni statali; soggetti abilitati esterni, ossia i soggetti abilitati esterni 
privati e i soggetti abilitati esterni pubblici; ed infine soggetti abilitati interni, 
quali i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP. Lo stesso 
decreto ministeriale del 17 luglio detta, inoltre, i principi relativi alla trasmissione 
dei documenti informatici tra il sistema informatico civile ed entit� 
esterne, principi che rivestono in questa sede particolare importanza in quanto 
attengono esattamente allo scambio di documenti tra avvocati e sistema informatizzato 
della giustizia civile e quindi riguardano direttamente costituzione 
in giudizio, deposito atti, comunicazioni e notificazioni. 
Viene pertanto disposto che nella trasmissione di documenti informatici 
nell�ambito del procedimento civile trovino applicazione tutte le prescrizioni 
contenute nel nuovo codice dell�amministrazione digitale, d.lgs. 82/05, che 
ha abrogato e sostituito sia il Testo Unico delle disposizioni legislative e re-
328 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
golamentari in materia di documentazione amministrativa d.P.R. n. 445/2000, 
sia le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 10/2002 (il riferimento operato dal 
decreto ministeriale esclusivamente al d.P.R. n. 445/2000 ed al d.lgs. n. 
10/2002 deve infatti ritenersi effettuato al testo di legge oggi in vigore). Viene 
inoltre definito il momento in cui il documento informatico inviato viene recepito 
dal sistema informatico civile, dato assai rilevante ai fini della verificazione 
della tempestiva costituzione delle parti. Al riguardo, l�art. 38 del 
decreto ministeriale del 17 luglio 2008 dispone che il documento informatico 
inviato da un soggetto abilitato esterno (nel caso di specie pu� trattarsi proprio 
dell�avvocato) � ricevuto dal sistema informatico civile nel momento in cui il 
gestore centrale lo accetta ed associa l�attestazione temporale della ricezione 
del documento informatico, contenente data, ora e minuti e che viene, in modo 
correlato, inserita in un messaggio inviato all�indirizzo elettronico del mittente. 
Viceversa, il documento informatico inviato da un soggetto abilitato interno 
(ad esempio la cancelleria) � ricevuto dal soggetto abilitato esterno (l�avvocato) 
nel momento in cui il gestore centrale riceve la ricevuta di avvenuta consegna 
breve relativa al documento e vi associa l�attestazione temporale, 
comprensiva di data, ora e minuti di ricezione del relativo documento informatico 
da parte del destinatario, trasmettendo questi dati al gestore locale 
dell�ufficio giudiziario competente. E� importante rilevare, quindi, che il momento 
della ricezione dell�atto viene definito sempre con riferimento al GC, 
rimanendo irrilevante, invece, ai fini del computo dei termini e quant�altro, il 
momento di ricezione da parte del GL. Il gestore locale, infatti, ha principalmente 
il compito di fornire il servizio di consultazione del sistema informatico 
dell�ufficio giudiziario, per i soggetti abilitati collegati attraverso il GC. Nel 
caso in cui l�avvocato si avvalga del sistema per l�iscrizione a ruolo, l�art. 40 
del decreto ministeriale del 17 luglio 2008 dispone che il sistema informatico 
dell�ufficio giudiziario invia al difensore che iscrive la causa a ruolo per via 
telematica una comunicazione recante il numero di ruolo del procedimento 
assegnato d�ufficio. 
4. La procura alle liti 
E� dato oramai generalmente conosciuto, dalla generalit� dei consociati, 
che per agire in giudizio come attore o ricorrente e anche per resistere al ricorso, 
o anche costituirsi in giudizio, come convenuti ad una domanda da altri 
introdotta nei propri confronti, � sempre necessario farlo per ministero di un 
avvocato quale soggetto a ci� abilitato, dotato di quella competenza tecnica 
per ogni causa escluse, evidentemente, quelle per un certo valore minimo o 
per determinate materia. Ma esclusi questi casi particolari per stare in giudizio 
occorre sempre l�assistenza legale di un difensore, il quale, affinch� possa rappresentare 
la parte in giudizio deve necessariamente e preventivamente essere
DOTTRINA 329 
munito di mandato scritto, del cliente, rilasciato in forma di atto pubblico o 
scrittura privata autenticata, ossia di una �procura alle liti� (24) o �mandato 
alle liti�. Anche nell�era della telematica e dell�informatica, l�approccio metodologico 
alla causa, da parte degli avvocati, non ha subito significativi cambiamenti 
rispetto a quello tradizionale in quanto le attivit� ancora consistono 
nello studio dei documenti, al ripensare ai colloqui con il cliente, all�identificazione 
gli istituti giuridici a favore e contro la parte che si deve rappresentare 
e ci� si fa mediante l�accesso alle banche dati istituzionali e certificate o tratte 
dalla libera fonte di internet. Tutto ci� al fine di trovare argomenti per sostenere 
la tesi a se favorevole e sfavorevole alla controparte. Questo modus operandi 
implicava ed implica il superamento delle problematiche che il �nuovo 
processo�o, meglio, la nuova metodologia di esercizio dell�attivit� professionale 
processuale, pone. Tra queste quella, molto dibattuta, non solo, tra i giuristi 
informatici, � quella relativa alla procura alla lite, alla sua sottoscrizione 
e alla conseguente certificazione da parte del difensore. La norma di riferimento, 
che qui di seguito esamineremo, � quella dell�art. 83 C.P.C. che deve 
essere preliminarmente scrutinata nella trattazione di questo primo fondamentale 
atto con il quale l�avvocato � investito della questione da patrocinare. 
L�esame quindi deve necessariamente muovere dalla trattazione di questo fondamentale 
atto quale � la �procura alle liti� (25) in quanto solo con la relativa 
certificazione dell�autenticit� della sottoscrizione, l�avvocato � abilitato all�esercizio 
dello Jus postulandi (26), che consiste nel cd. mandatum posto a 
margine o in calce all�atto di citazione, al ricorso, alla comparsa di risposta 
(27) o ad uno degli altri atti elencati nell�art. 125 del C.P.C. 
Prevedeva l�art. 83 C.P.C., nella pregressa formulazione, e per quanto qui 
interessa, che quando la parte � in giudizio col ministero di un difensore, questi 
deve essere munito di procura che pu� essere generale o speciale conferita con 
atto pubblico o scrittura privata autenticata. Inoltre che la procura speciale pu� 
essere anche apposta in calce o a margine della citazione, ricorso, del contro- 
(24) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI F., Figura giuridica del difensore, 
in Riv. dir. proc. civ., 1940, I, 65; CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., II, 260 
ss. 
(25) Vedi al riguardo CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., 250: �Per 
poter esercitare il �ministero� del difensore rappresentante bisogna che questi, a differenza del difensore 
assistente, sia munito di �procura� scritta (Art. 83 cpc): per questo la legge distingue il �difensore 
con procura� (art.86) che rappresenta la parte, dal difensore �senza procura� che per incarico che 
pu� essere puramente verbale, si limita ad assisterla�. Distinzione a cui corrispondeva la doppia iscrizione 
nell�albo forense per l�attivit� di funzione �procuratoria� e di �avvocato�, poi soppressa con legge 
n. 27 del 24 febbraio 1997 avente per oggetto appunto la soppressione dell�albo dei procuratori legali 
e nuove norme in materia di esercizio della professione forense. 
(26) Vedi al riguardo CARNELUTTI F., Lezioni sul processo penale, Milano, 1949, 190. 
(27) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI F., Figura giuridica del difensore, 
in Riv. dir. proc. civ. , 1940, I, 65; CALAMANDREI P., Istituzioni di diritto processuale civile, cit., , II, 260 
ss.
330 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
ricorso, della comparsa di risposta o d�intervento del precetto o della domanda 
d�intervento nell�esecuzione. In tali casi l�autografia della sottoscrizione della 
parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in 
calce anche se rilasciata su foglio separato che sia per� congiunto materialmente 
all�atto cui si riferisce. Orbene proprio sulla possibilit� di considerarla 
la procura apposta in calce, anche se rilasciata su foglio separato congiunto, 
per�, materialmente all�atto cui si riferisce, la dottrina e la giurisprudenza ha 
molto dibattuto. Ed infatti atteso che la dematerializzazione degli atti del processo 
telematico coinvolge, come innanzi detto, anche la procura alle liti, nel 
caso in cui sia stata conferita su foglio separato, dall�atto processuale nel quale 
pu� fare riferimento, ai sensi dell�art. 83 del codice di procedura civile, si poneva 
il problema della �congiunzione materiale� richiesta dall�articolo stesso. 
Infatti la procura alle liti, sia essa rilasciata su documento informatico autonomo, 
ab origine, sottoscritto con firma digitale dal cliente ed autenticata altrettanto 
digitalmente dal legale, ovvero redatta in forma analogica e 
sottoscritta ed autenticata in modo tradizionale, per poi essere convertita in 
formato digitale ed asseverata conforme all'originale con firma digitale del difensore, 
non pu� essere ritenuta apposta n� in calce n� a margine di un atto 
giudiziario. La norma di riferimento infatti � sempre l�art. 83, commi 1 e 2 
C.P.C., il quale prevede che: �quando la parte sta in giudizio col ministero di 
un difensore, questi deve essere munito di procura. La procura alla lite pu� 
essere, poi, generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o 
scrittura privata autenticata�. 
La procura ad litem, che si inquadra nel pi� vasto ambito della rappresentanza, 
�, infatti, un negozio recettizio con cui la persona fisica, che sta nel 
giudizio o vuole promuoverlo, in proprio o in nome e per conto altrui, manifesta 
la volont� di attribuire l'incarico difensivo. Solo con essa al difensore 
nominato legalmente abilitato al patrocinio ha il potere-dovere di agire nel 
processo per la cura degli interessi dell'assistito. Il difensore, infatti, potr� direttamente 
e validamente agire nel processo in nome e per conto dell'assistito 
e gli effetti del proprio operato si rifletteranno immediatamente nella sfera 
giuridica del conferente, dato che la procura attribuisce la contemplatio domini, 
vale a dire il potere della spendita del nome. I limiti e le facolt� della rappresentanza 
processuale sono fissati, perci�, per legge e sono desumibili dall'articolo 
84 del C.P.C., in quanto il difensore �pu� compiere o ricevere tutti gli 
atti del processo�, esclusi gli atti espressamente riservati dalla legge alla parte 
conferente o che comportino una disposizione del diritto in contesa. Sotto il 
profilo in esame, relativamente alla procura, molto interessanti sono i procedimenti 
che vengono instaurati con la proposizione di un ricorso dove la costituzione 
della parte rappresentata coincide con il deposito dell�atto 
introduttivo, con la conseguenza che la procura deve esistere, ed essere depositata 
contestualmente al ricorso stesso, al fine della valida instaurazione del
DOTTRINA 331 
rapporto processuale (28). Quando la procura ad litem � invece redatta su foglio 
separato, che deve essere materialmente congiunto, all�atto a cui si riferisce, 
si pone un serio problema in quanto la stessa non risulta essere n� a 
�margine� n� �in calce� al ricorso. Tale mandato, su atto separato, deve essere 
congiunta materialmente sull�originale, quindi spillata allo stesso, al momento 
della costituzione in giudizio, pur non occorrendo che sia tuttavia trascritta 
sulla copia notificata alla controparte (29). Tradizionalmente per� il mandatum 
ad litem � stato sempre concesso attraverso la specifica procura in calce o a 
margine dell�atto di citazione oppure della comparsa di risposta (30). Questa 
tradizionale distinzione tra mandato concesso a margine o in calce, in relazione 
alla procura elettronica, sin dall�inizio � stata ritenuta norma non applicabile 
alla fattispecie perch�, nella previsione regolamentare del processo telematico, 
la procura per disposizione normativa, deve essere rappresentato da un file autonomo 
sottoscritto con firma digitale dal cliente di seguito all�atto introduttivo 
del giudizio. A tale file deve poi, nella previsione normativa, essere apposta la 
firma digitale dell�avvocato, cosicch� la sottoscrizione risulta per autenticata 
dallo stesso professionista che con l�apposizione della propria firma, di seguito 
a quella del cliente, l�accompagna con la specificazione che quest�ultima � 
apposta �per autentica� (31) andando cos� a legalizzare il file del cliente. Sin 
dall�inizio, per�, dell�introdotta normativa regolamentare si � posto in dottrina, 
ed in giurisprudenza, il problema relativo alla sottoscrizione del mandato alla 
lite fatta dal cliente, che quale soggetto - sia esso Ente pubblico o persona 
fisica - l�abbia rilasciata su supporto cartaceo, o, se munito di firma digitale, 
la rilasci su supporto elettronico. Queste due problematiche principali: vale a 
dire quella del cliente privo e quella del cliente munito di firma digitale hanno 
trovato immediate soluzioni essendo queste due fattispecie abbastanza semplici 
in quanto per la prima ipotesi, trasformato il documento cartaceo in documento 
elettronico, con l�inserimento della stringa, che � il risultato della 
crittazione mediante chiave privata dell�impronta delle funzioni di hash, apposta 
la firma digitale dell�avvocato, per autentica, mediante una nuova cifratura 
della stessa, questa volta con la chiave privata, l�avvocato con la sua firma 
digitale attesta che la parte ha firmato il mandato. Nel secondo caso, e cio� 
quando il cliente � munito di firma digitale, l�avvocato, invece, con la propria 
firma digitale, fa solo l�autentica di quella sottoscrizione del mandato. Quanto 
test� detto si desume agevolmente dall�art. 10 del D.P.R. n. 123 del 2001, dove 
(28) In tal senso cfr. Cass. 4 febbraio 1999 n. 972. 
(29) In tal senso cfr. Cass. 25 luglio 1997 n. 6955. 
(30) Sulla procura alle liti si veda, anche, per tutti: CARNELUTTI, Figura giuridica del difensore, 
in Riv. Dir. Proc. Civ. , 1940, I, 65; REDENTI, Profili, pag. 371 segg.; CALAMANDREI, Isti., II pag. 260 e 
ss. 
(31) SATTA G., Commentario al codice di procedura civile. �la realt� � che nell�art. 83 non si 
parla di autenticazione, ma di certificazione�. 
332 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
� stato previsto che se il difensore si costituisce telematicamente, ma la procura 
gli � stata conferita su supporto cartaceo, questi dovr� trasmettere la 
copia informatica del documento cartaceo, con la garanzia di autenticit�, 
ossia con la procura asseverata come conforme all'originale, mediante sottoscrizione 
con firma digitale (32). E� stato, poi, posto in capo allo stesso 
difensore di depositare, al momento della costituzione in giudizio, l�originale 
cartaceo redatto al momento del conferimento dell�incarico. 
Nell�ipotesi di procura elettronica il mandato alle liti dovr� quindi,essere 
trasmesso insieme alla nota di iscrizione a ruolo - questa, si noti, andr� 
redatta in conformit� al modello di cui all'art. 3, comma 3, D.M. 123/2001 
(33) - per via telematica come documento informatico, sottoscritto con 
firma digitale e redatto in modo conforme al modello definito dal decreto 
sulle regole tecnico-operative del processo telematico, dettate con il decreto 
del 14 ottobre del 2004, come modificato dal Decreto del 17 luglio 2008 
(34). Proprio quest�ultima normativa deve essere tenuta presente proprio 
per quanto sar� detto nel paragrafo seguente. In questa sede, e per adesso, 
occorre precisare che il problema determinante, rispetto alla procura elettronica, 
� divenuto la trasmissione degli atti e dei documenti proprio in relazione 
a quella che era l�originaria previsione dell�art. 83 del C.P.C., e che 
solo recentemente � stata integrata e specificata come di seguito sar� meglio 
detto. Per il momento occorre soffermarsi sul fatto che prevedeva (e prevede) 
infatti l�originario art 83 C.P.C. al terzo comma che �la procura si 
considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato� ma subito 
(32) Ai sensi dell�art. 10 d.M.G. n. 123 del 2001 �Procura alle liti� 1. Se la procura alle liti � stata 
conferita su supporto cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica 
della procura medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con 
firma digitale. 
(33) Ai sensi dell�art. 3 d.M.G. n. 123 del 2001 �Sistema informatico civile� 1. Il sistema informatico 
civile � strutturato con modalit� che assicurano: a) l'individuazione dell'ufficio giudiziario e del 
procedimento; b) l'individuazione del soggetto che inserisce, modifica o comunica l'atto; c) l'avvenuta 
ricezione della comunicazione dell'atto; d) l'automatica abilitazione del difensore e dell'ufficiale giudiziario. 
2. Al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali 
giudiziari per le attivit� rispettivamente consentite dal presente regolamento. 
3. Con decreto del Ministero della Giustizia, sentita la CNIPA(gi� AIPA), sono stabilite le regole tecnico-
operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonch� per l'accesso 
dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari. Con il medesimo decreto sono stabilite le regole tecnico-
operative relative alla conservazione e all'archiviazione dei documenti informatici, conformemente 
alle prescrizioni di cui all'articolo 2, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e all'articolo 18 
del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513. Vedi BUFFA, op. et loc. supra cit. 
(34) Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004, come modificato con il 
Decreto 17 luglio 2008 - Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo 
civile, in sostituzione del decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004, pubblicato nel supplemento 
ordinario n. 167 alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 19 novembre 2004 - In Gazzetta Ufficiale 
2 agosto 2008, Supplemento Ordinario n. 180. 
DOTTRINA 333 
dopo precisa che detto foglio deve essere �congiunto materialmente all�atto 
cui si riferisce�. Orbene allorquando la procura era rilasciata su supporto 
cartaceo, come atto materialmente separato, ipotesi di redazione del mandato 
su supporto cartaceo ad hoc come atto ulteriore diverso da quello in 
cui era stata redatta la citazione, la comparsa o uno degli altri atti elencati 
dall�art. 125 cpc, per questo atto, foglio separato il 3 co. dell�articolo in 
esame prescriveva - e prescrive - che come atto separato, ai fini della sua 
�congiunzione materiale�, � necessaria la sua spillatura - o incollatura - di 
seguito all�atto al quale fa riferimento. In merito rilevante � stata la casistica 
in ordine alle domande introdotte con ricorso - diversamente da quelle introdotte 
con citazione - per le quali dovendo il ricorrente costituirsi in cancelleria 
con il deposito del ricorso e, quindi, instaurandosi il rapporto non 
con la notifica del ricorso e del decreto, ma con il deposito del ricorso in 
cancelleria, non era mai possibile il rilascio della procura in data anteriore 
alla costituzione - in cancelleria - della parte rappresentata. La giurisprudenza 
ha sempre ritenuto, infatti, inidoneo un eventuale rilascio della procura 
successiva alla data del deposito in cancelleria come atto irrituale ai 
fini della corretta instaurazione del rapporto processuale (35). E� stato, infatti, 
pi� volte affermato che il ricorso all�art. 125 C.P.C., che prevede la 
possibilit� di rilasciare la procura al difensore in data posteriore alla notificazione 
dell�atto, purch� anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, 
non � mai applicabile nei procedimenti promossi mediante 
ricorso, in quanto in questi la costituzione della parte rappresentata coincide 
con il deposito del ricorso, con la conseguenza che l�eventuale mancanza 
della procura, al momento di detto deposito, comporta l�inesistenza dell�atto 
introduttivo, il quale risulta privo di un presupposto indispensabile per la 
valida instaurazione del rapporto processuale (36). N� l�invalidit� della costituzione 
in giudizio della parte, per difetto di procura al difensore rilasciata 
nei modi e nei tempi di cui agli artt. 83 e 125 C.P.C., si badi bene 
pu� essere sanata per effetto di una successiva ratifica dell�operato del difensore 
medesimo (37), diversamente da quanto vedremo previsto dalla riforma 
per i giudizi incardinati dopo il 4 luglio 2009. 
4.1. La procura alle liti elettronica prima dell�ultima riforma 
In questa sede, prima di passare alla trattazione della nuova procura 
alla lite elettronica, cos� come risulta dalla recente riforma fatta con la legge 
(35) In tal senso multis vv.: Cass. Sent. 6280 del 3 giungo 1995; Cass. Sent. 9719 del 10 maggio 
2005. 
(36) In tal senso Cass. Sent. 5119 del 10 maggio 1995; Cass. Sent. 972 del 4 febbraio 1999. 
(37) Cfr. Cass. Sent. 630 del 31 gennaio 1986. 
334 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
n. 69 del 2009, occorre esaminare comՏ stata risolta in giurisprudenza, 
sino ad ora, la problematica in ordine alla procura elettronica nella previsione 
normativa dell�art. 83 c.p.c. non integrato. Quest�ultima norma - che 
regolamenta il conferimento della procura alla lite, quale difesa tecnica 
obbligatoria per la parte in giudizio - � stata concepita e scritta, anche se 
non nella sua formulazione attuale, quasi settant�anni fa quando la percezione 
della realt� era solo analogica e quindi allorch� il foglio di carta bollata, 
sulla quale era rilasciata, era percepibile alla vista ed al tatto quale 
entit� �materiale�. Ora, per�, poich� la dematerializzazione degli atti del 
processo telematico, come abbiamo anticipato, coinvolge anche la procura 
alle liti l�insieme dei bit che ne rappresentano la sua costruzione risultano 
impalpabili in quanto, appunto, �virtuali�, come tali restano, sul monitor 
finch� il documento elettronico non viene stampato e salvato sull�hard 
disk, od in altra memoria di massa, per essere poi riutilizzato o spedito telematicamente 
come documento informatico. 
La procura alle liti redatta quindi in forma di documento informatico, 
in quanto entit� immateriale ed elemento virtuale, non pu� essere logicamente 
congiunta �materialmente� ad alcunch� atteso che il bit � impalpabile. 
Ora, come anticipato, della previsione della fattispecie, ante riforma, 
la norma � che nell�ipotesi in cui la procura sia rilasciata su atto separato 
quest�ultimo deve essere �congiunto materialmente� all�atto cui si riferisce, 
sicch� si � posto il non marginale problema di interpretare l�inciso 
�congiunto materialmente all�atto cui si riferisce� per quanto attiene al 
processo telematico e relativi documenti elettronici. Ed infatti mentre per 
i giudizi introdotti con ricorso il problema in ordine alla congiunzione materiale 
della procura all�atto al quale fa riferimento, nell�ipotesi in cui quest�ultima 
sia rilasciata su documento cartaceo, non pone particolare 
problematiche dovendo quest�ultima essere congiunta, anche per mezzo 
della semplice spillatura (o incollatura) all�atto al quale si riferisce, diversamente 
ed apparentemente insormontabile � subito apparsa la questione 
della �congiunzione materiale� nell�altra fattispecie in cui la procura fosse 
stata rilasciata, invece, elettronicamente. Per quest�ultima ipotesi ben difficile, 
anche sotto il profilo concettuale, era la sua �congiunzione materiale� 
all�atto al quale faceva riferimento ed anche sotto il profilo 
logico-giuridico l�attivit� di congiungere un atto immateriale elettronico 
ad un atto materiale, cartaceo, era esercitazione assai ardua. Tuttavia atteso 
l�insormontabilit� del problema concettuale di �congiunzione materiale di 
un atto immateriale�, prima della novella, era stata data una prima soluzione 
relativamente alla congiunzione della procura inviata per via telematica 
con un atto pure inviato telematicamente. Dobbiamo qui fare qui 
riferimento ad una, molto pubblicizzata, Ordinanza assunta in primo grado 
dal Tribunale di Milano, sezione VIII civile, depositata il 23 febbraio del
DOTTRINA 335 
2009. Per questa sezione di Tribunale (38) la procura telematica alle liti � 
valida a tutti gli effetti di legge purch� essa sia contenuta nella busta telematica 
ed inviata, in detta busta, unitamente al ricorso monitorio, entrambi 
firmati dall'avvocato con firma digitale ivi compresa la busta. Ha ritenuto 
cio� il Tribunale che nonostante la procura alle liti fosse stata rilasciata in 
un foglio separato dal ricorso non �congiunto materialmente� a quest'ultimo 
ma semplicemente �imbustato� con quest�ultimo, e quindi prodotto 
quale documento del fascicolo di parte, questa semplice modalit� di spedizione 
avrebbe soddisfatto il requisito della congiunzione materiale all'atto 
richiesta dall'articolo 83, comma 3, del codice di procedura civile. 
Invero nonostante il favore ottenuto, in vari settori, da questa decisione il 
giurista � sempre tenuto a verificare la correttezza del procedimento logico-
giuridico seguito dal Tribunale muovendo �dal fatto� regolato dalla 
�lex specialis� per il processo telematico. Orbene, in fatto la fattispecie 
che � al nostro esame prende le mossa da un�opposizione a un decreto ingiuntivo 
la cui fase dell�intero procedimento si era svolta in via telematica 
e quindi il Tribunale ritenuto che l'articolo 10 del dpr n. 123/2001, prevede 
che: �Se la procura alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore, 
che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica 
della procura medesima, asseverata come conforme all'originale 
mediante sottoscrizione con firma digitale�, ha ritenuto che anche nel procedimento 
monitorio telematico, la procura conferita su supporto cartaceo, 
e dunque su foglio separato dal ricorso cui si riferisce, pu� validamente 
essere �congiunta� allo stesso, mediante copia informatica certificata e autentica. 
Per il Tribunale di Milano cio� �l'inserimento del foglio separato 
contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore con 
firma digitale costituisce nel sistema telematico la congiunzione materiale 
della procura all'atto�, e ci� alla luce appunto dell'articolo 10 del dpr n. 
123/2001, che, nella misura in cui lo richiede, �evidentemente ritiene necessario 
e sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa 
in copia informatica asseverata conforme con firma digitale e �imbustata� 
insieme al ricorso�. Pertanto � stato ritenuto che, nel caso sottoposto al 
suo esame, poich� nel fascicolo monitorio telematico la procura alle liti 
era stata spedita all'interno della busta telematica, sottoscritta con firma 
digitale dall'avvocato che aveva presentato e depositato telematicamente 
il ricorso monitorio, �l�imbustamento� della procura nella busta telematica 
(38) Tribunale di Milano - VIII sezione civile - ordinanza del 23 febbraio 2008. Secondo i Giudici 
la procura era valida in quanto il procedimento monitorio si era svolto in via telematica e, in applicazione 
di quanto disposto dall�art. 10 del D.P.R. n. 123/2001, il difensore, che si costituisce per via telematica, 
ha facolt� di trasmettere la procura conferita su supporto cartaceo in copia informatica, che � conforme 
all�originale mediante sottoscrizione con firma digitale.
336 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
avrebbe soddisfatto il requisito richiesto della congiunzione materiale all'atto 
ex art. 83, comma 3, ultima parte, del c.p.c. Sulla base di questo ragionamento 
la procura telematica alle liti � stata dichiarata, pertanto, dal suddetto 
Tribunale, valida a tutti gli effetti di legge in quanto, a giudizio del Tribunale, 
l�unico requisito richiesto dalla normativa era che, la procura telematica, fosse 
contenuta nella busta telematica, unitamente all�atto a cui si riferiva, entrambi 
firmati dall'avvocato con firma digitale (39). 
Detta decisione non � per� condivisibile. Ed invero, alle stregua della normativa 
vigente, la stessa � assolutamente non conferente ai canoni della normativa 
regolamentare e codicistica sia in materia di formazione degli atti in 
formato elettronico, che di trasmissione degli stessi atti in modalit� telematica. 
In ordine all�assenza di valido fondamento giuridico, tale decisione appare essere 
manifestamente contraddetta dalla stessa lettera della legge essendo in 
stridente contrasto con quanto contenuto nel citato art. 10 del D.P.R. n. 123. 
Infatti in merito � da osservare che se � vero, comՏ vero, che l'articolo 10 del 
citato D.P.R., prevede che �Se la procura alle liti � stata conferita su supporto 
cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia 
informatica della procura medesima, asseverata come conforme all'originale 
mediante sottoscrizione con firma digitale� � altrettanto vero, per�, che la 
stessa norma appena dopo dispone che lo stesso difensore deve depositare, al 
momento della costituzione in giudizio, l�originale cartaceo redatto al momento 
del conferimento dell�incarico. Tale previsione normativa trova la sua 
logica giustificazione proprio in relazione ed in ragione della previsione, fatta 
dall�art. 83 C.P.C., della necessaria �congiunzione materiale� all�atto alla quale 
fa riferimento. In definitiva il legislatore altro non dice se non che nel procedimento 
che si svolge telematicamente ancorch� all�avvocato sia stato conferito 
dalla parte mandato cartaceo lo stesso � abilitato a trasformarla in 
documento elettronico, firmato digitalmente e inserirlo di seguito ai documenti 
elettronici della procedura, al fascicolo, al quale si riferisce ma che in questo 
caso la regolarit� del mandato si perfeziona con il deposito - in cancelleria - 
del documento cartaceo che viene allegato successivamente al documento elettronico 
dematerializzato. Ed � proprio quest�ultima attivit� che costituisce, 
quindi, nell�intenzione del legislatore, l�attivit� di �congiunzione materiale� 
della procura all�atto al quale fa riferimento. Diversamente l�imposizione 
dell�attivit� di deposito del documento cartaceo dopo quello inviato telematicamente 
non avrebbe alcun senso e sarebbe sotto il profilo giuridico completamente 
illogica. 
(39) Vedi al riguardo BUONOMO G., Processo telematico e firma digitale, Milano, 2004, 72 ss.; 
MORO P., L�informatica forense. Verit� e metodo, Cinisello Balsamo (MI), 2006, 96 ss., CONTALDO A., 
GORGA M., Le regole del processo civile telematico alla luce della pi� recente disciplina del SICI, in 
Diritto dell�Internet, 2008, 21 ss.; BUONOMO G., Il nuovo processo telematico, Milano, 2009, 121 ss. 
DOTTRINA 337 
Per l�Ordinanza in esame, invece, sarebbe l�attivit� di spedizione nella 
busta telematica firmata digitalmente, a soddisfare il requisito della congiunzione 
materiale richiesta dalla norma. Invero a seguire tale ragionamento ci 
troveremo dinanzi all�ovviet� di dover ritenere come assolutamente superflua 
la previsione normativa in forza della quale nel procedimento monitorio telematico, 
la procura conferita su supporto cartaceo, e dunque su foglio separato 
dal ricorso al quale si riferisce, deve sempre essere depositata al fascicolo successivamente 
quindi, ex post, per regolarizzare gli atti. Solo tale deposito, logicamente, 
soddisfa il requisito richiesto della �congiunzione materiale� 
voluto dalla norma. E� evidente, pertanto, sulla base di tali ultime osservazioni, 
che erroneamente il Tribunale di Milano ha ritenuto che �l'inserimento del foglio 
separato contenente la procura nella busta telematica firmata dal difensore 
con firma digitale costituisce nel sistema telematico la congiunzione 
materiale della procura all'atto�, e ci� ha fatto interpretando male l'articolo 
10 (40) del dpr n. 123/2001 (41), nella misura in cui lo stesso richiede l�attivit� 
successiva. Per suddetto Tribunale, invece, la normativa richiederebbe solo 
�necessario-sufficiente che la procura su supporto cartaceo sia trasmessa in 
copia informatica asseverata conforme con firma digitale e �imbustata� insieme 
al ricorso�. Tuttavia neanche tale ultima prospettazione � condivisibile 
in quanto non appare rispettosa della normativa regolamentare in materia di 
imbustamento e trasmissione telematica degli atti e dei documenti nel processo 
telematico. La decisione infatti non tiene conto non solo del percorso della 
busta telematica ma neanche di quella che � la struttura della busta stessa. Ora 
qui tralasciando la parte relativa alla chiave di sessione e al certificato, va ricordato 
che la busta telematica, � strutturata in modo tale che il corpo dell�atto, 
nel nostro caso il ricorso per decreto ingiuntivo, sia in formato PDF, firmato 
autonomamente a parte, mentre gli allegati all�atto - es. prove documentali - 
siano allegati allo stesso atto. Nel caso in esame anche la procura � soggetta 
allo stesso percorso degli allegati e che nel percorso che fa la busta alla 
CPECPT dal terminale del legale, al punto di accesso, al gestore centrale e da 
questo al gestore locale, questa sar� �spaccottata� nel Reposority documentale 
del cancelliere, per poi essere trattata dalla consolle del magistrato. Ora � 
chiaro che la procura arriva al magistrato come allegato, alla stregua di ogni 
(40) D.M. 123/2001 Art. 10 (Procura alle liti) 1. Se la procura alle liti � stata conferita su supporto 
cartaceo, il difensore, che si costituisce per via telematica, trasmette la copia informatica della procura 
medesima, asseverata come conforme all'originale mediante sottoscrizione con firma digitale. 
(41) D.M. 123/2001 Art. 3 (Sistema informatico civile) 1. Il sistema informatico civile � strutturato 
con modalit� che assicurano: a) l'individuazione dell'ufficio giudiziario e del procedimento; b) l'individuazione 
del soggetto che inserisce, modifica o comunica l'atto; c) l'avvenuta ricezione della comunicazione 
dell'atto; d) l'automatica abilitazione del difensore e dell'ufficiale giudiziario. 
2. Al sistema informatico civile possono accedere attivamente soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali 
giudiziari per le attivit� rispettivamente consentite dal presente regolamento.
338 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
altro documento del fascicolo, e non come atto congiunto materialmente al ricorso 
anche se perviene nella stessa busta telematica. In merito, per meglio 
chiarire, occorre analizzare anche come la giurisprudenza ha trattato, sino 
ad ora, la materia, relativamente ai documenti cartacei dei giudizi introdotti 
con ricorso, e vedere come la giurisprudenza ha considerato la mancata 
�congiunzione materiale� all�atto atteso che un diverso trattamento per il 
processo telematico non troverebbe giustificazione sotto il profilo della parit� 
ed uguaglianza dinanzi alla legge, specie nel misto regime di decreti 
ingiuntivi telematici e cartacei. Orbene la giurisprudenza, in relazione ai 
documenti cartacei, continua a ritenere che vi sia mancanza del mandato, 
non sanabile neanche con il ricorso al 2 co. dell�art. 125 c.p.c.. Ed infatti 
dovendosi il ricorrente costituire in cancelleria, il rapporto ed il contraddittorio 
si instaura con la notifica del ricorso e del decreto. Quindi su tale base 
non � possibile il rilascio della procura in data anteriore alla costituzione 
della parte rappresentata in quanto un eventuale rilascio successivo, ex art. 
83 c.p.c., non � idoneo per la rituale instaurazione del rapporto processuale 
(42). Si � posta cio� la questione se il ricorso con allegato decreto di fissazione 
di udienza rilasciato dal Cancelliere, con attestazione di conformit� 
all�originale depositato in Cancelleria, faccia piena prova in ordine a quanto 
in esso certificato fino a querela di falso, e se il ricorso all�art. 125 C.P.C., 
che prevede la possibilit� di rilasciare la procura al difensore in data posteriore 
alla notificazione dell�atto, purch� anteriormente alla costituzione 
della parte rappresentata, sia applicabile nei procedimenti promossi mediante 
ricorso. Orbene � innegabile che unanimemente la giurisprudenza ha 
ritenuto che la mancanza della procura, al momento del deposito, nei giudizi 
introdotti con ricorso, comporti l�inesistenza dell�atto introduttivo, il quale 
risulta privo di un presupposto indispensabile per la valida instaurazione 
del rapporto processuale. 
4.2. La riforma della procura alle liti fatta con la legge n.89/2009 
Con la pubblicazione della legge 18 giugno 2009 n.69 recante: �Disposizioni 
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivit� 
nonch� in materia di processo civile�(43), in vigore dal 4 luglio 2009, sono 
state introdotte importanti novit� in tema di utilizzo degli strumenti informatici 
nel processo, nel senso che � stata data una ulteriore spinta verso la 
modalit� processuale telematica. In tema di procura alle liti le novit� da segnalare 
vanno nel senso dell�espresso riconoscimento della validit� della 
procura inserita nella memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta 
(42) Cass. Sent. 6280 del 3 giugno 1995; Cass. Sent. 9719 del 10 maggio 2005. 
(43) G.U. del 16 giugno 2009 n. 140, Supplemento Ordinario n. 95.
DOTTRINA 339 
o in sostituzione del difensore originariamente designato (art. 83, III 
comma); alla previsione della validit� della copia informatica autenticata 
con firma digitale della procura rilasciata su supporto informatico (art. 83, 
III comma); ed infine alla previsione della sanabilit� della procura nulla 
(art. 182, II comma). Con la prima modifica si � evidentemente voluto porre 
fine a quella giurisprudenza di legittimit� con la quale era stato affermato 
che nel giudizio di cassazione (44) - diversamente da quanto avviene nei 
giudizi di merito - la procura speciale non pu� essere rilasciata a margine 
o in calce ad atti che siano diversi dal ricorso o dal controricorso. L�art. 83, 
comma 3, infatti, nell�elencare gli atti a margine o in calce ai quali poteva 
essere apposta la procura speciale, individuava, con riferimento al giudizio 
di cassazione, soltanto quelli ivi espressamente elencati. Pertanto, se la procura 
non veniva rilasciata sui predetti atti, era necessario che il conferimento 
si realizzasse nella forma prevista dal comma 2 del citato art. 83, 
cio� con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, con riferimento 
agli elementi essenziali del giudizio, con l�indicazione delle parti e della 
sentenza impugnata. A quest�ultima conclusione la Suprema Corte era pervenuta 
proprio con riferimento all�ipotesi in cui sopraggiungeva la sostituzione 
del difensore precedentemente nominato con il ricorso o con il 
controricorso. Il principio trovava il suo fondamento nel fatto che il giudizio 
di cassazione � dominato dall�impulso d�ufficio - a seguito della sua instaurazione 
con la notifica e il deposito del ricorso o del controricorso - e come 
tale pertanto non essendo soggetto agli eventi di cui agli art. 299 ss. c.p.c.. 
implicava l�inammissibilit� del deposito di atti redatti dal nuovo difensore 
- ad es. un atto di costituzione - dato che la fattispecie non rientrava tra 
quelle su cui poteva essere apposta la procura speciale (45). Altra novit� 
che deve qui essere segnalata � la possibilit� di sanare o rinnovare la procura. 
L�art. 182, secondo comma, nuova versione, stabilisce infatti che 
�quando rileva � un vizio che determina la nullit� della procura al difensore, 
il giudice assegna alle parti un termine perentorio � per il rilascio 
della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L�osservanza del 
termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si 
producono sin dal momento della prima notificazione�. Deriva che dalla 
data di entrata in vigore della nuova normativa - 4 luglio 2009 - per le procure 
irregolarmente conferite, da tale data, vi � sempre la possibilit� di sanare 
gli effetti, sostanziali e processuali tutte le volte in cui l�effettivo 
titolare del potere manifestava la volont� di voler far propri gli atti compiuti 
dal difensore, essendo adesso tali effetti soggetti a sanatoria con effetti re- 
(44) Cassazione Sezione Seconda Civile - Ordinanza n. 14520 del 19 giugno 2009; Consiglio di 
Stato Sezione 5 Sentenza n. 1361 del 9 marzo 2009. 
(45) In tal senso Cass. 13087/2006. 
340 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
troattivi. Viceversa per quelle, irregolari, conferite fino alla data del 4 luglio 
2009, resta la previgente sanzione della non sanabilit�. Tralasciando le altre 
novit� introdotte dalla normativa di riforma � da segnalare la nuova formulazione 
del 3 co. dell�art. 83 c.p.c. (46), il quale ora � del seguente tenore: 
�La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato 
che sia per� congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, o su documento 
informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all�atto 
cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto 
del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti � stata conferita su 
supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici 
ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto 
della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, 
la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica�. 
E� stata quindi prevista espressamente, nella nuova formulazione, 
la validit� della procura rilasciata anche su documento informatico separato, 
sottoscritto con firma digitale, solo qualora per� questo sia congiunto - parificandola 
quindi alla previgente nozione di �congiunzione materiale� ut supra 
- all�atto cui si riferisce mediante strumenti informatici che dovranno essere 
per� individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Inoltre � 
stato previsto, con la nuova formulazione del comma in commento, che la procura 
potr� essere conferita anche su supporto cartaceo, ma che in tal caso il 
difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne dovr� trasmette 
la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, 
anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione 
dei documenti informatici trasmessi in via telematica. 
Ora in merito alla chiarezza della norma alcune puntualizzazioni sono 
d�obbligo. Rilevato che la prima parte del comma in esame � restata immutata 
� che tra la tipologia degli atti � stata aggiunta la memoria di nomina del nuovo 
difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente desi- 
(46) Art. 83 - Procura alle liti - Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, 
questi deve essere munito di procura. La procura alle liti pu� essere generale o speciale e deve essere 
conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata. La procura speciale pu� essere anche apposta 
in calce o a margine della citazione, ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d�intervento 
del precetto o della domanda d�intervento nell�esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo 
difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato. In tali casi l�autografia 
della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in 
calce anche se rilasciata su foglio separato che sia per� congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, 
o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all�atto cui si riferisce 
mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura 
alle liti � stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici 
ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, 
anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici 
e trasmessi in via telematica. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato 
grado del processo, quando nell�atto non � espressa volont� diversa. 
DOTTRINA 341 
gnato, quello che qui interessa � che all�originaria formulazione che prevedeva 
che la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato, 
che deve per� essere congiunto materialmente all�atto cui si riferisce, � 
stato aggiunto che oltre al foglio separato congiunto materialmente, in alternativa, 
� tale anche il documento informatico separato sottoscritto con firma 
digitale. Per quest�ultimo � stato previsto, per�, che deve essere congiunto all�atto 
cui si riferisce �mediante strumenti informatici che saranno individuati 
con apposito decreto del Ministero della giustizia�. Alla stregua di questa 
nuova disposizione se la procura alle liti per� � stata conferita su supporto cartaceo 
il difensore, che si costituisce attraverso strumenti telematici, ne trasmette 
anche la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto 
della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione 
e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica 
(47). La tradizionale questione, quindi, della congiunzione materiale degli atti 
immateriali fatta prima della vigenza del riformato art. 83 C.P.C., non ha pi� 
ragione di esistere cos� come quella attinente alla distinzione del mandato concesso 
a margine o in calce, diversamente da quanto fino ad oggi era stata per 
l�altra metodica del mandato conferito su supporto cartaceo. 
Ora � proprio questa nuova formulazione aggiunta al terzo comma che ci 
consente di verificare la giustezza della non condivisibile posizione interpretativa 
tenuta dal foro Ambrosiano ut supra riportata, in quanto le modalit� 
della �congiunzione materiale� della procura elettronica al documento informatico 
o cartaceo dovr� avvenire �mediante strumenti informatici che saranno 
individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia� nel rispetto 
della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione 
e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica 
(48). Questi strumenti, a tutt�oggi, non risultano essere stati ancora individuati 
e comunque non possono essere, come erroneamente � stato fatto, neanche ricondotti 
al semplice �imbustamento� degli atti della CPECPT (49) e alla spedizione 
della busta sia pure firmata digitalmente. 
5. Il fascicolo informatico 
ComՏ noto, attualmente, il sistema informativo previsto dal vigente co- 
(47) Ibidem CONTALDO A., GORGA M. 
(48) CONTALDO A., GORGA M., Le comunicazioni e le notifiche di cancelleria per via telematica 
anche alla luce delle pi� recenti novit� normative, in Ciberspazio e diritto, 2009, spe.c 92 ss.. 
(49) La CPECPT garantisce la ricezione dei messaggi e la loro disponibilit� per trenta giorni. 
Successivamente il messaggio viene archiviato e sostituito da un avviso che contiene i dati di identificativo 
univoco del messaggio, mittente, data, ora e minuti di arrivo. Il servizio di posta elettronica 
certificata restituisce al mittente una ricevuta breve di avvenuta consegna per ogni documento informatico.

342 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dice di procedura civile risulta, nella sua interezza, fondato sui registri di cancelleria. 
Tali registri sono disciplinati dagli artt. 28 - 34 delle disposizioni di 
attuazione al codice (50). Per oltre un cinquantennio il nostro legislatore non 
ha mai avvertito la necessit� di riallineare tale sistema informativo, progettato 
dal legislatore del 1942, che risente fortemente delle opzioni di fondo del dibattito 
teorico di quegli anni e delle esperienze maturate nella vigenza del codice 
del 1865 quanto ai due tipi di processo, formale e sommario, quando si 
concepiva e considerava il primo come un processo eminentemente scritto ed 
il secondo come un processo prevalentemente orale. Il legislatore del 1942 
giunse cio� alla progettazione del sistema informativo e del processo civile 
sulla spinta del serrato dibattito tra i fautori e i contrari al principio di oralit� 
del processo, optando per un processo fortemente votato ai canoni dell�oralit� 
(51). Nella relazione del progetto si affermava, infatti, che �l�oralit� � senza 
dubbio l�anima del nuovo processo che si svolge attraverso una serie di dibattiti 
fra il giudice e le parti e i loro patroni� e nella relazione ancora si legge 
che �l�oralit� vorr� dire ritorno alla naturalezza e allo spirito di lealt� e comprensione, 
le schermaglie e le reticenze, che si annidano facilmente nei formalismi 
del processo scritto, saranno sventate dalla vicinanza ed alla 
confidenza di quelle conversazioni senza cerimonie, nelle quali il giudice trover� 
l�atmosfera per esercitare utilmente le sue iniziative istruttorie�. Su questo 
antico presupposto del sistema informativo (52) si inserisce la nuova 
normativa, essendo nodo cruciale e centrale del processo telematico proprio 
la disciplina del fascicolo di causa. In merito, l�art. 12 d.M.G. del 123 del 2001 
prevede espressamente che � la cancelleria a dover procedere alla formazione 
informatica del fascicolo d'ufficio. La cancelleria, quindi, forma il fascicolo 
che contiene gli atti del processo come documenti informatici, ovvero copie 
informatiche dei medesimi atti quando questi siano stati depositati su supporto 
cartaceo. 
Va subito precisato, per�, che non scompare il fascicolo cartaceo ma ad 
esso si affianca quello informatico. Avremo, dunque, due fascicoli con la stessa 
numerazione, secondo quanto stabilito dall�art. 36 delle norme di attuazione 
del codice di procedura civile e, di conseguenza, due indici con la particolarit� 
che nell'indice degli atti contenuti nel fascicolo informatico andranno indicati 
anche i documenti contenuti in quello cartaceo, che � redatto in modo da consentire 
la diretta consultazione degli atti e dei documenti informatici dalla 
parte, oltre che in via telematica, anche nei locali della cancelleria attraverso 
(50) Si rimanda a LEVONI A., Le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, Milano 
1992. 
(51) Vedi al riguardo CHIOVENDA G., Principii di diritto processuale, Napoli, ried. 1980, 678 ss. 
(52) Vedi al riguardo CHIOVENDA G., op. et loc. supra cit., 453 ss.; REDENTI E., op. et loc. supra 
cit., 154 ss.; SATTA F., op. et loc. supra cit., I, 214 ss. 
DOTTRINA 343 
un videoterminale. Nelle intenzioni del legislatore, quindi, le parti, il giudice 
e la cancelleria potranno in ogni momento consultare on-line il fascicolo d�ufficio 
e i fascicoli di parte. 
Il fascicolo informatico d�ufficio avr�, pertanto, un contenuto peculiare 
rispetto a quello cartaceo in quanto non si tratter� di una duplicazione di tutti 
gli atti processuali acquisiti come documenti informatici (53), posto che il contenuto 
del fascicolo d'ufficio � circoscritto da quanto statuito dall'art. 168 cod. 
proc. civ., che prevede l�inserimento nel fascicolo di ufficio solo della nota 
d�iscrizione a ruolo, della copia dell�atto di citazione, della comparsa e delle 
memorie e, successivamente, dei processi verbali di udienza, dei provvedimenti 
del giudice, degli atti d�istruzione e del dispositivo della sentenza. 
Ai sensi dell'art. 9 del decreto in parola vi confluiranno, per�, anche i documenti 
probatori offerti in comunicazione o prodotti dalle parti o acquisiti al 
processo (54). Gli atti e i documenti probatori depositati dalle parti, contestualmente 
alla costituzione in giudizio o successivamente, sono inseriti in apposite 
sezioni del fascicolo informatico contenenti ciascuna l�indicazione del 
giudizio e della parte cui si riferiscono. Per tutti i documenti acquisiti su supporto 
cartaceo, invece, l'inserimento nel fascicolo informatico sar� effettuato 
dalla cancelleria solo se ci� non risulter� eccessivamente oneroso. A questo 
riguardo, ai sensi dell�art. 12, comma 2, � qualificato come eccessivamente 
onerosa l�estrazione della copia informatica di documenti probatori, prodotti 
o acquisiti su supporto cartaceo, quando il formato del documento da copiare 
� diverso da quelli indicati dal decreto all�art. 3, comma 3, ovvero se il numero 
delle pagine da copiare � superiore a venti. E� stabilito, per�, nel decreto medesimo 
che il numero delle pagine � periodicamente aggiornato. In deroga al 
comma 4 la cancelleria procede comunque all�estrazione della copia informatica 
di documenti probatori prodotti o acquisiti su supporto cartaceo quando 
la parte allega ad essi la copia su supporto informatico, sempre che tale copia 
e tale supporto informatico siano compatibili con i tipi e i modelli stabiliti, al 
riguardo, dal decreto stesso. Nell'ipotesi in cui sia necessario acquisire il fascicolo 
d'ufficio su supporto cartaceo, la trasmissione potr� avvenire, in ogni 
stato e grado, anche per via telematica con le modalit� particolari fissate ex 
art. 3, comma 3, del d.M.G. n. 123 del 2001 e dirette ad assicurarne l'integrit�, 
l'autenticit� e la riservatezza. 
La cancelleria sar� tenuta a formare due indici, uno informatico ed uno 
cartaceo, e nell�indice degli atti del fascicolo informatico dovranno essere in- 
(53) Vedi al riguardo le analisi di MORO P., L�informatica forense, cit., 97 ss. 
(54) Ai sensi dell�art. 9 d.M.G. n. 123 del 2001 �Costituzione in giudizio e deposito� La parte 
che procede all'iscrizione a ruolo o alla costituzione in giudizio per via telematica trasmette con il medesimo 
mezzo i documenti probatori come documenti informatici o le copie informatiche dei documenti 
probatori su supporto cartaceo. 
344 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dicati anche i documenti conservati solo nel fascicolo cartaceo. Il fascicolo 
informatico dovr�, inoltre, consentire la consultazione diretta degli atti e dei 
documenti informatici in esso inseriti. Nel caso di richiesta di trasmissione o 
di consultazione, totale o parziale, di un fascicolo il gestore locale, per garantire 
la riservatezza della comunicazione, deve utilizzare un meccanismo di 
crittografia basato sulla chiave pubblica di cifratura del soggetto abilitato 
esterno di destinazione e, nel caso di richiesta di copia conforme del fascicolo, 
totale o parziale, il cancelliere ne deve attestare la conformit� all'originale sottoscrivendola 
con la propria firma digitale. Le chiavi pubbliche dei soggetti 
abilitati esterni sono disponibili nel registro generale degli indirizzi. Infine, 
dopo la precisazione delle conclusioni, il responsabile della cancelleria deve 
apporre al fascicolo informatico la firma digitale ecc. 
Queste previsioni, per�, in costanza sia dell�attuale scarsit� di risorse tecnologiche 
ed umane che dell�attuale formazione professionale del personale 
di cancelleria, appaiono, obiettivamente, di difficile attuazione: si immagini 
la necessit� della riproduzione degli atti allegati alla produzione di parte, quali 
fatture, atti pubblici, atti tecnici ecc. Senza tenere conto, poi, che la stessa contemporanea 
esistenza di due fascicoli, uno cartaceo ed uno informatico, di sicuro 
incrementer� le incombenze del personale di cancelleria, non solo sotto 
il profilo quantitativo - raddoppio degli attuali carichi di lavoro - ma anche 
sotto il profilo qualitativo - dimestichezza con l�uso del personal computer, 
con le relative periferiche e col software applicativo - . 
Un�ulteriore perplessit�, nel senso sopradetto, � imposta dalla normativa 
per il pagamento dei diritti di copia degli atti del processo. I pagamenti per 
via telematica, relativamente agli atti giudiziari, devono essere, infatti, effettuati 
mediante il modello definito dal Ministero dell'economia e delle finanze. 
Il pagamento pu� anche avvenire nelle forme di cui al d.P.R. 1 marzo 2001, n. 
126. Gli estremi del pagamento devono essere allegati alla nota di iscrizione 
a ruolo o ad altra istanza inviata all'ufficio giudiziario. Se il pagamento � effettuato 
con sistemi non telematici, l'originale cartaceo dell'attestazione di pagamento 
deve, in ogni caso, essere presentato per la prima udienza. Il difensore 
nella richiesta di copia pu� chiedere l'indicazione dell'importo del diritto corrispondente 
che gli � comunicato, senza ritardo, dall'ufficio giudiziario. Alla 
richiesta di copia � associato un numero identificativo che, in caso di pagamento 
dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel fascicolo informatico 
per consentire il versamento secondo le modalit� previste dal 
summenzionato d.P.R. 
6. Le novit� normative introdotte dal D.M. della Giustizia del 10 Luglio 2009 
Recentemente � intervenuto un nuovo atto normativo del Ministro della 
Giustizia in materia di processo telematico, e cio� il D.MG: 10 luglio 1992,
DOTTRINA 345 
recante le nuove caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli informatici 
previste dall'art. 62, comma 2, del decreto ministeriale 17 luglio 
2008. Tale provvedimento ha sostituito i modelli per l'uso di strumenti informatici 
e telematici nel processo civile, anche dinanzi alla Suprema Corte di 
Cassazione, ha introdotto nuovi modelli per l'uso nelle procedure esecutive 
individuali e concorsuali. Gli atti del processo in forma di documenti informatici 
devono essere redatti come segue: a) l�atto � un file in formato PDF, 
che deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale e 
non deve avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non 
� pertanto ammessa la scansione di immagini; b) la firma digitale deve essere 
esterna, quindi il file nella busta sar� <nome file>.pdf.p7m; c) l�atto PDF deve 
essere accompagnato da un file XML che riporta i �dati di servizio� relativi 
all�atto e ritenuti essenziali per i sistemi di cancelleria, secondo gli XSD illustrati 
nel seguito; esso � denominato DatiAtto.xml, va firmato digitalmente e 
va imbustato insieme all�atto. 
Inoltre sono reperibili sul sito del Ministero della Giustizia gli schemi 
contenenti la specifica dei tipi base utilizzati per la definizione delle strutture 
dati relative ai dati dell'atto. In particolare vengono dichiarati due tipi XML 
astratti per la modellazione sia dell�atto introduttivo (con il quale si modellanole 
caratteristiche comuni di tutti gli atti introduttivi, cio� la specifica dell�anagrafica 
del procedimento, in altre parole l�indicazione degli avvocati e 
delle parti coinvolte nonch� l�oggetto di merito della causa. La definizione di 
tale tipologia base di atto si basa sulle informazioni che il sistema di cancelleria 
richiede al momento dell�iscrizione al ruolo) , sia dell�atto procedimento (con 
il quale si modella il generico atto in corso di causa, sia esso di parte o del 
magistrato). Entrambe le tipologie di atto elencate al paragrafo precedente 
(Atto Introduttivo e Atto Procedimento) possono includere riferimenti a documentazione, 
utili per classificare e contestualizzare l�atto all�interno dei sistemi 
di gestione documentale implementati lato cancelleria. Nella maggior 
parte dei casi, per gli atti di parte non � necessaria una specifica dei contenuti 
informativi dell'atto, ovvero a un tipo di atto (rootelement dello schema) corrisponde 
uno e un solo evento. Tuttavia per alcune tipologie di atto generiche 
(si pensi ad un generico documento di presentazione di una istanza) � necessario 
esplicitare il contenuto informativo, o meglio l�evento principale associato 
all�atto. A tal scopo, per queste tipologie di atti, viene introdotto 
l�elemento obbligatorio, deposito. Laddove applicabile � possibile specificare 
eventi secondari; l�elemento �istanze� � stato introdotto a tal proposito. In particolare 
ci� vale per alcuni atti introduttivi, in cui � possibile presentare contestualmente 
all�iscrizione della causa al ruolo istanze specifiche (ad esempio 
presentazione di istanze ex art. 186 ter). Durante la vita di un procedimento i 
dati relativi ai soggetti coinvolti (parti e avvocati) possono cambiare, ad esempio 
in seguito a costituzione di nuovi soggetti o modifica o correzione dei dati
346 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
anagrafici dei soggetti gi� presenti. A tal proposito gli atti di parte presentano 
(opzionalmente o meno a seconda del tipo di atto) l�elemento �Modifiche Anagrafica�. 
Lo scopo dell�elemento � appunto quello di mantenere informazioni per 
la modifica dell�anagrafica delle parti di un procedimento, per la costituzione 
di una parte, per l�aggiunta di un nuovo avvocato, per l�indicazione di un consulente 
o semplicemente per presentare contestualmente ad un atto la modifica 
dei semplici dati anagrafici della parte, quali un cambio di indirizzo. A seconda 
del contesto in cui si trova, l�elemento ha valenza semantica diversa, ad esempio 
all�interno di un atto di costituzione indica i dati degli avvocati e delle 
parti che si intendono costituire. All�interno di atti di costituzione l�elemento 
� inoltre indicato come obbligatorio. All�interno di una memoria l�elemento � 
opzionale e pu� indicare la modifica dei dati della parte o l�aggiunta di un 
nuovo avvocato. Sono infine riportati i modelli informatici indicandone le caratteristiche 
specifiche ex art. 62, comma 2, del decreto ministeriale 17 luglio 
2008. 
7. Il regime vigente delle comunicazioni e delle notifiche nel processo civile 
fino all�emanazione dei previsti decreti ministeriali 
Nel processo civile comunicazione e notificazione appartengono a due 
distinte categorie di trasmissione di documenti, che, anche quando sono effettuate 
attraverso il servizio postale, legittimano una regolamentazione diversa. 
Infatti le comunicazioni non hanno per regola l'effetto, che hanno normalmente 
le notificazioni, di segnare cio� il momento per la decorrenza dei termini. La 
comunicazione, ex art. 136 cpc, � un atto con il quale il cancelliere informa le 
parti o gli altri soggetti del processo che si sono verificati determinati fatti 
processualmente rilevanti e quindi, la stessa, ha scopo informativo e non rileva 
ai fini della decorrenza dei termini utili per l�impugnazione, fatta eccezione 
per alcuni casi previsti dalla legge (per es. comunicazione della sentenza ai 
fini della decorrenza del termine per proporre il regolamento di competenza) 
(55). 
La notificazione, invece, � un atto con il quale l�ufficiale giudiziario, su 
richiesta di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere, porta 
a conoscenza del destinatario un altro atto di cui � consegnata una copia che 
� conforme all�originale. Lo scopo �, quindi, la conoscenza dell�atto da parte 
del destinatario. Le diverse finalit� perseguite giustificano l�esistenza di procedure 
specifiche per le comunicazioni e le notificazioni (v. artt. 136-151 cpc) 
(55) Ci si permette dir inviare a CONTALDO A., GORGA M., Le comunicazioni e le notifiche di 
cancelleria per via telematica anche alla luce delle pi� recenti novit� normative, in Ciberspazio e 
diritto, 2009, spe.c 92 ss.
DOTTRINA 347 
che debbono essere comunicati o notificati nelle forme prescritte dalla legge. 
La comunicazione infatti � eseguita, nei casi in cui tale adempimento � previsto 
dalla legge ovvero � disposto dal giudice, la notificazione va eseguita, invece, 
nei casi previsti dalla legge per la produzione di determinati effetti processuali. 
Pu� essere oggetto di notificazione un atto del giudice, o un atto del cancelliere 
(biglietto di cancelleria per le comunicazioni), o un atto di parte (per es. la citazione 
in giudizio), oppure un atto del pubblico ministero. Mentre la comunicazione 
� atto esclusivo del cancelliere la notificazione degli atti � affidata 
all�ufficiale giudiziario, secondo precise regole di competenza territoriale (si 
veda legge n. 1229 del 1959) e pi� recentemente tale competenza � stata, con 
limiti puntuali, attribuita anche all�avvocato (56). 
La comunicazione avviene sempre a mezzo �biglietto di cancelleria� che 
si compone di due parti, delle quali una � consegnata al destinatario e l�altra 
� conservata dal cancelliere nel fascicolo di ufficio. La consegna per� pu� avvenire 
in una delle due forme previste dalla legge e vale a dire direttamente a 
mani del destinatario o per mezzo dell�ufficiale giudiziario (e in quest�ultimo 
caso, sia mediante consegna diretta che mediante il servizio postale). La notificazione 
si compie (57), invece, come innanzi detto con la consegna dell�atto 
ad istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere e 
quando la parte sta in giudizio a mezzo di difensore, la richiesta deve provenire 
(56) Con legge n. 53 del 1994 la potest� di notificazione, prima riservata in via esclusiva all�ufficiale 
giudiziario, � stata attribuita anche agli avvocati, per tutti gli atti in materia civile, amministrativa 
e stragiudiziale. A tal fine � necessario che il difensore, iscritto all�albo degli avvocati e 
munito di procura alle liti, abbia ottenuto l�autorizzazione del consiglio dell�ordine nel cui albo � 
iscritto e sia munito di apposito registro cronologico. Il difensore pu� utilizzare la notificazione mediante 
consegna diretta dell�atto, previa vidimazione del consiglio dell�ordine, purch� il destinatario 
sia altro avvocato domiciliatario e sia iscritto nello stesso albo del difensore notificante. Pu� altres� 
utilizzare la forma della notificazione a mezzo del servizio postale, secondo le modalit� previste dalla 
legge n. 890 del 1982, salvo che l�Autorit� giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente. 
(57) Nelle notificazioni mediante consegna diretta, l�ufficiale giudiziario deve documentare 
l�attivit� svolta con una relazione in calce all�originale e alla copia dell�atto, nella quale indica il 
modo e il luogo della consegna ( persona e qualit�), il tempo, il rifiuto di ricevere la copia o di sottoscrivere 
l�originale, le ricerche compiute, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla 
reperibilit� del destinatario. Nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, la prova documentale 
della notificazione � costituita oltre che dalla relazione dell�ufficiale giudiziario, anche dalla ricevuta 
di ritorno con le annotazioni dell�agente postale che ha provveduto alla consegna. La relazione formata 
dall�ufficiale giudiziario � atto pubblico e fa fede fino a querela di falso delle indagini svolte, 
dei fatti avvenuti in sua presenza e delle dichiarazioni a lui rese; fa fede fino a prova contraria delle 
altre circostanze che non sono frutto di sua diretta percezione (per esempio, la qualit� di familiare o 
di addetto alla casa della persona che ha ricevuto l�atto). Per le notificazioni per via telematica, l�ufficiale 
giudiziario restituisce per via telematica l�atto notificato, munito della relazione attestata dalla 
sua firma digitale. Nelle comunicazioni, la prova � data dalla ricevuta del destinatario o dalla relazione 
dell�ufficiale giudiziario, alla quale deve aggiungersi la ricevuta del plico raccomandato nel caso di 
consegna per posta. Per le comunicazioni per via telematica o mediante posta elettronica, la prova � 
data dalla ricevuta di consegna con sottoscrizione informatica mediante firma digitale. 
348 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
da quest�ultimo. 
Forme particolari (58) di notificazioni possono essere stabilite dal giudice 
caso per caso (per es. a mezzo telegrafo); pu� altres� essere autorizzata la notificazione 
per pubblici proclami ecc. Tutti i tipi di notifiche hanno, per�, come 
unico denominatore, il fine che � quello di portare nell�effettiva conoscenza 
dell�intimato l�atto notificato. Ci� � maggiormente evidente per quanto attiene 
la notificazione a mezzo del servizio postale. L�ufficiale giudiziario, in quest�ultimo 
caso, ne d� atto nella relazione, indicando l�ufficio postale tramite il 
quale ha provveduto alla spedizione. L�agente postale deve consegnare il plico 
in mani proprie del destinatario e la notificazione si ha per eseguita anche nel 
caso di rifiuto, del destinatario, a riceverlo. In caso di assenza o inidoneit� o 
rifiuto di dette persone, il plico � depositato presso l�ufficio postale e l�agente 
postale affigge un avviso sulla porta di ingresso o lo depone nella cassetta 
della corrispondenza dell�abitazione; al destinatario � altres� dato avviso mediante 
raccomandata con avviso di ricevimento. In materia � anche intervenuta 
la Corte costituzionale la quale, con sentenza n. 346 del 1998, ha dichiarato 
illegittima la disposizione dell�art. 8 della legge n. 90 del 1982, nella parte in 
cui prevede che il piego � restituito al mittente dopo il decorso di dieci giorni 
dalla data del deposito e che la notificazione si ha per eseguita trascorso tale 
termine. Lo scopo � evidente ed � quello che si vuole che il destinatario abbia 
effettiva conoscenza dell�atto che gli � notificato. 
Dopo la costituzione in giudizio per� solo il procuratore costituito � destinatario 
di tutte le notificazioni e le comunicazioni di atti endoprocessuali 
(59) mentre � inesistente la notifica quando � mancata del tutto la consegna 
dell�atto o quando sia stata effettuata in un luogo o a persona non ricollegabili 
alla persona del destinatario. La notificazione �, altres�, nulla se non sono state 
osservate le disposizioni di legge sulla persona alla quale deve essere consegnata 
la copia, o se vi � incertezza assoluta sulla persona cui � stata fatta o 
sulla data, o se sono state violate le norme sulla competenza dell�ufficiale giu- 
(58) Con il d.P.R. n. 123 del 2001 � stato previsto il compimento per via telematica degli adempimenti 
relativi alla notificazione ( richiesta di notificazione compimento della notificazione, restituzione 
dall�ufficiale giudiziario alla parte dell�atto notificato, con relazione di notifica attestata dalla firma digitale); 
� fatta salva, tuttavia, la possibilit� per l�ufficiale giudiziario di procedere alla notificazione nelle 
forme ordinarie e ci� in considerazione delle eventuali difficolt� di utilizzare la via telematica. L�uso di 
mezzi di telecomunicazione per la trasmissione di atti del processo � consentito tra gli avvocati della 
stessa parte, purch� muniti di procura alle liti, e sempre che ricorrano le altre condizioni previste dalla 
legge n. 183 del 1993. 
(59) La notificazione all�estero viene effettuata in base alle convenzioni internazionali e, solo in 
mancanza o nel caso in cui sia impossibile applicarle, mediante gli adempimenti previsti dall�art. 142 
cpc (spedizione al destinatario per mezzo del servizio postale e consegna di altra copia al pubblico ministero 
che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna al destinatario). Per le 
notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ed extragiudiziali negli Stati della U.E. (ad eccezione 
della Danimarca), in materia civile e commerciale, trova applicazione il regolamento (CE) del Consiglio 
n. 1348/2000. 
DOTTRINA 349 
diziario. La distinzione � importante perch� solo la notificazione nulla, e non 
gi� quella giuridicamente o materialmente inesistente, � suscettibile di sanatoria. 
La nullit� della notificazione �, infatti, sanata con effetto ex tunc in caso 
di rinnovazione o per l�avvenuto conseguimento dello scopo. Per esempio, se 
il convenuto si costituisce in giudizio, svolgendo le proprie difese, resta sanata 
la nullit� della notificazione della citazione. 
Anche la comunicazione pu� essere inesistente o nulla. E� stata ritenuta 
dalla giurisprudenza come non avvenuta la comunicazione degli atti processuali 
ad una delle parti mediante consegna del biglietto di cancelleria a persona 
non munita di apposita delega rilasciata dal difensore. Se il cancelliere si avvale 
dell�ufficiale giudiziario per la consegna del biglietto di cancelleria, 
l�eventuale nullit� della notificazione rende nulla la comunicazione. Le comunicazioni 
possono, poi, essere validamente eseguite in forme equipollenti, 
sempre che provengano dal cancelliere e risulti la certezza dell�avvenuta consegna 
al destinatario e della relativa data. 
Si tenga presente che le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione 
con la sentenza 13 gennaio 2005 n. 458 hanno dichiarato la nullit� della notifica 
ex art. 140 c.p.c. in caso di mancato deposito dell�avviso di ricevimento. 
Quando cio� non � stata consegnata direttamente alla persona interessata - poich� 
il consolidamento per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento 
notificatorio nei confronti del destinatario - la notificazione nei 
confronti del destinatario dell�atto si ha per eseguita con il compimento dell�ultimo 
degli adempimenti prescritti (vale a dire con la spedizione della raccomandata 
con l�avviso di ricevimento). Quest�ultimo adempimento ha 
proprio lo scopo di consentire la verifica che l�atto sia pervenuto nella sfera 
di conoscibilit� del destinatario e deve pertanto essere allegato all�atto notificato 
tanto che la sua mancanza provoca la nullit� della notificazione. Si tenga 
presente ancora che il principio enunciato da detta sentenza gi� aveva trovato 
ingresso nel nostro ordinamento in forza della sentenza n. 477 del 26 novembre 
2002 con la quale in sede di dichiarazione di incostituzionalit� del combinato 
disposto dell�art. 149 c.p.c. e dell�art. 4, III comma, della legge n. 890 del 
1982 (60), in materia di notificazione di atti giudiziari tramite il servizio postale, 
la Corte, rifacendosi alla sua consolidata giurisprudenza in tema di notificazioni 
all�estero, aveva ribadito che, il principio della sufficienza del 
compimento delle sole formalit� rientranti nella disponibilit� del notificante, 
considerata la sua portata generale, non pu� non riferirsi ad ogni tipo di notificazione 
e, dunque, anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente 
irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che 
(60) Legge 20 novembre 1982, n. 890, disciplina la materia delle �Notificazioni di atti a mezzo 
posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari� (in G.U. 4 dicembre 
1982, n. 334).
350 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
possa derivare in capo al medesimo un effetto di decadenza, quando sono altri 
i soggetti (l�ufficiale giudiziario e l�agente postale) cui � riferibile quell�attivit�. 
Ed ancora nel percorso evolutivo la Corte Costituzionale ha ribadito, in 
primo luogo, il principio di fondo della sufficienza per il notificante delle sole 
formalit� che non sfuggono alla sua disponibilit� e, in secondo luogo, ha ribadito 
la configurabilit� di una netta scissione tra i due momenti perfezionativi 
del procedimento notificatorio, e cio� per il notificante e per il notificatario 
(61). Questo principio � stato poi codificato nel nuovo art. 149 cpc 3 co. In 
materia vi � stata anche una pluralit� di interventi della Corte Costituzionale 
(62). Si tenga presente in merito a questa problematica che con la legge 28 
febbraio 2008 n. 31, di conversione del decreto legge 31 dicembre 2007 n. 
324, all�art. 36, commi 2-quater e 2-quinquies, sono state introdotte una serie 
di modifiche alla legge 890/82 ed in particolare all� art. 7 (63) della medesima 
� stato aggiunto il co. 6� il quale prevede che se il piego non viene consegnato 
personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale d� notizia al destinatario 
medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata. 
Altra modifica di rilievo � quella che riguarda la notificazione delle sentenze 
avvenute prima del 1� marzo 2008. Stabilisce, infatti la legge in parola 
(61) La Corte Costituzionale con la sentenza n. 28 del 23 gennaio 2004 ha affermato che, il momento 
in cui la notifica (a mani) si deve considerare perfezionata per il notificante, � quello della mera 
consegna dell�atto all�ufficiale giudiziario, mentre resta fermo per il destinatario, il principio del perfezionamento 
della notificazione solo alla data di ricezione dell�atto attestata dall�avviso di ricevimento 
con la conseguente decorrenza da quella stessa data, di qualsiasi termine imposto al destinatario stesso. 
(62) Corte Costituzionale, sentenza n. 151/1980; sentenza n.152/1980; sentenza n. 303/1985; sentenza 
n. 102/1986; sentenza n. 477/2002; sentenza n. 28/2004. 
(63) All' art. 7 della legge n. 890 del 1982 � stato aggiunto il 6� comma. Questo all'articolo nella 
sua forma originaria prevedeva che: 
1. L'agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito. 
2. Se la consegna non pu� essere fatta personalmente al destinatario, il piego � consegnato, nel luogo 
indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente 
con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purch� il consegnatario 
non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia et� inferiore a quattordici anni. 
3. In mancanza delle persone suindicate, il piego pu� essere consegnato al portiere dello stabile ovvero 
a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, � comunque tenuta alla distribuzione della 
posta al destinatario. 
4. L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale 
� consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma 
deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualit� rivestita 
dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo. 
5. Qualora il consegnatario non sappia firmare o ne sia impossibilitato, l'agente postale fa menzione di 
tale circostanza sia sul registro di consegna sia sull'avviso di ricevimento, apponendovi la data e la propria 
sottoscrizione. 
6. co. (aggiunto) �Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale 
d� notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata�. 

DOTTRINA 351 
che �Le notificazioni delle sentenze gi� effettuate, ai sensi dell'articolo 7 della 
citata legge n. 890 del 1982, alla data di entrata in vigore della legge di conversione 
del presente decreto non producono la decorrenza del relativo termine 
di impugnazione se non vi � stata consegna del piego personalmente al 
destinatario e se � provato che questi non ne ha avuto conoscenza�. Orbene 
poich� la legge � stata pubblicata il 29 febbraio 2008 ed � entrata in vigore il 
giorno successivo, cio� il 1� marzo 2008, a partire da tale data non producono 
decorrenza del termine solo se non notificate a mani proprie. Pertanto tutte le 
notifiche a mezzo posta effettuate dal 1� marzo 2008 a persona diversa dal destinatario, 
per le quali � stato omesso l'invio della raccomandata, sono nulle e 
quindi da rifare. E� da ritenere per� sempre salva l�ipotesi che l'atto abbia raggiunto 
il suo scopo. 
7.1. Il valore dell�e-mail come prova scritta alla luce delle disposizioni vigenti 
E� stata posta in dottrina, relativamente alla circostanza relativa alla possibilit� 
di concedere un decreto ingiuntivo sulla base di una semplice e-mail, 
la problematica relativa al valore di quest�ultima come prova scritta idonea 
nel processo ai fini della procedura d�ingiunzione (64). In merito in dottrina 
si sono formate due tesi. Da un lato � stato sostenuto, sulla scorta dell�art. 10, 
comma 2, d.P.R. n. 445 del 2000, la possibilit� di riconoscere all�e-mail il requisito 
della prova scritta idoneo all�emissione di un decreto ingiuntivo (65); 
dall�altro, � stato negato tale possibilit�, ritenendo l�e-mail priva della firma 
elettronica (66), richiesta dalla norma per integrare il requisito della �forma 
scritta�, non idonea a poter essere considerata, in diritto, �forma scritta�. La 
prima tesi, in verit�, non pare essere condivisibile, limitatamente a quanto meglio 
sar� specificato di seguito, ma non per i motivi esposti dai sostenitori della 
seconda tesi. Infatti l�art. 10 in esame rivela, nella successione dei primi tre 
commi, una gradazione probatoria del documento informatico articolata in 
modo crescente in quanto per il comma 1 il documento informatico semplice 
ha l�efficacia probatoria, ex art. 2712 c.c. quale riproduzione meccanica; per 
il Co. 2 il documento informatico con firma elettronica, ha un�efficacia probatoria 
liberamente valutabile dal giudice, ex art. 116 c.p.c., sulla base di caratteristiche 
oggettive di qualit� e sicurezza; per il Co. 3, invece, il documento 
informatico con firma digitale-qualificata ha l�efficacia di prova legale. Su 
questa base normativa, di progressione dell�efficacia probatoria del documento 
informatico, � da armonizzare, quindi, ogni interpretazione, compresa quella 
relativa al primo periodo del comma 2, ove � disposto che il documento in- 
(64) Vedi ZICCARDI G., op. et loc. supra cit. 
(65) Cos� LICCARDO P., op. et loc. supra cit. 
(66) Cos� BUFFA F., op. et loc. supra cit. 
352 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
formatico con firma elettronica �soddisfa il requisito legale della forma 
scritta�. Questa disposizione, per�, va letta alla luce del successivo periodo 
dello stesso comma, che assegna al documento informatico con firma elettronica 
un�efficacia probatoria inferiore rispetto a quella propria della scrittura 
privata ex art. 2702 c.c. Ne consegue che, se la legge richiede la forma 
sottoscritta della scrittura privata (si pensi ad es. all�art. 1350 c.c., ma anche 
alle scritture private richieste ex art. 634 c.p.c. proprio per l�emissione dei 
decreti ingiuntivi), allora non pu� certo ritenersi sufficiente un documento 
informatico con (o senza) firma elettronica. A ci� deve aggiungersi che il 
primo periodo dell�art. 10, comma 2, non dice che il documento informatico 
con firma elettronica � forma scritta, ma solo che di tale forma soddisfa il 
requisito legale; quindi rimarcando la differenza ontologica tra la forma informatica 
legale e quella scritta, che sarebbe colmata, in tale sede, con un 
artificio di equiparazione limitata al profilo della valenza probatoria. In verit� 
siffatta interpretazione dell�art. 10 rifletterebbe l�intenzione del legislatore 
alla gradazione probatoria del documento informatico ma in ogni 
caso saremmo sempre in presenza di un difetto di firma elettronica nel messaggio 
di posta elettronica. Infatti pur ammettendo che l�e-mail sia dotata 
di firma elettronica per la stessa, in assenza della firma digitale, non potremo, 
comunque, ritenere sussistente la forma di scrittura privata imposta 
dalla legge ai fini dell�emissione del decreto ingiuntivo (che deve essere 
fondato su �prova scritta�) in quanto in tale ipotesi avremo che l�e-mail 
avrebbe solo validit� ex art. 2712 c.c., quale riproduzione meccanica, e 
quindi giammai come scrittura privata ex art. 2702 c.c., utile ai fini dell�emissione 
del decreto ingiuntivo. Ma a ben analizzare tale problematica, 
in ordine al valore dell�e-mail quale scrittura privata, non pu�, per�, prescindere 
dal pregiudiziale e pi� generale suo inquadramento, non solo e non 
tanto, in ordine al suo �valore� di prova nel processo ma soprattutto e pregiudizialmente 
della sua capacit� di essere un �mezzo, un �veicolo� di 
prova nello stesso processo. Questa indagine relativa alla �capacit�� dell�e-
mail di essere �veicolo� di prova nel corso del processo non pu� per� 
prescindere dall�esame dell�attuale regime delle comunicazioni e delle notificazioni 
nel processo civile, non solo alla luce della novella dell�art. 136 
c.p.c., ma soprattutto dall�interpretazione che la giurisprudenza di merito e 
di legittimit� ne ha dato fino alle pronunce recenti. 
7.2. La validit� delle comunicazioni di cancelleria fatte a mezzo e-mail semplice 
ai fini dell�instaurazione del regolare contraddittorio nel processo civile 
prima della novella legislativa 
Pertanto, in ordine alla problematica, sul valore dell�e-mail quale scrittura 
privata, non pu� prescindere dal pregiudiziale inquadramento del �va-
DOTTRINA 353 
lore� di prova che nel processo pu� avere l�e-mail ma soprattutto da quello 
ancor pi� pregiudiziale della sua capacit� di essere un �mezzo�, un �veicolo� 
di prova nello stesso processo. Tale problematica � stata di recente 
affrontata dalla Corte di Cassazione che con sentenza n. 4061 del 19 febbraio 
2008, ha ritenuto valida la comunicazione di cancelleria, ex art. 136 
cod. proc. civ., effettuata per e-mail all�indirizzo elettronico comunicato 
dal difensore al proprio consiglio dell�ordine e da questo alla Corte d�Appello 
competente, pur limitando l�affermazione del principio con riferimento 
al caso in cui il destinatario abbia dato risposta per ricevuta non in 
automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea. 
Nello specifico la Cassazione ha spiegato che ҏ valida la comunicazione 
di cancelleria effettuata per e-mail all�indirizzo elettronico comunicato 
dal difensore al proprio Consiglio dell.Ordine�, a patto che il 
destinatario dia �risposta per ricevuta, documentata dalla relativa stampa 
cartacea�. Risposta cio� non in automatico quando accedendo alla casella 
di posta elettronica la parte �legge� la posta (67) ma: �� necessaria la risposta 
manuale di ricevuta, con il tasto "rispondi" non essendo sufficiente 
la risposta in automatico, "letto"� (68). Orbene premesso che la posta elettronica 
� ormai divenuta di uso comune in ogni ambito della vita sociale e 
che negli ultimi tempi si sta facendo largo la PEC, ossia della Posta Elettronica 
Certificata (69), da non confondere con la posta elettronica semplice, 
in quanto il sistema PEC � un sistema di �trasporto� di documenti 
informatici in tutto simile alla posta elettronica �tradizionale�, con alcune 
caratteristiche aggiunte, volte a fornire agli utenti la certezza, a valore le- 
(67) In materia penale la lettura dell�e-mail di un dipendente non sempre � reato, infatti, in merito 
con sentenza resa all�udienza dell�11 dicembre 2007, depositata il 19 dicembre 2007, al n. 47096, la V 
Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha stabilito un fondamentale principio in tema di accesso alla 
posta elettronica dei dipendenti. Ha ritenuto, infatti, che non sempre costituisce reato leggere la posta 
elettronica dei dipendenti quando alle e-mail dei dipendenti � possibile accedere, da parte del datore di 
lavoro. 
(68) G. FINOCCHIARO, Diritto di internet, Bologna , 2001, 102 ss. Laddove evidenzia come il messaggio 
sia generato ed inviato automaticamente al mittente dal gestore del sistema di trasporto delle informazioni 
del destinatario nel momento in cui il messaggio inviato � reso disponibile al destinatario 
medesimo nella sua casella di posta elettronica. Relazione illustrativa del Regolamento. 
(69)L�uso della posta elettronica in sostituzione dei tradizionali mezzi (posta, fax, corriere) pone 
la necessit� di disporre di un sistema affidabile, sicuro ed adeguato in grado di garantire l�identificazione 
del mittente, l�integrit� e la confidenzialit� del messaggio, ma anche di attestare il recapito del messaggio 
stesso. Il servizio di posta certificata consente la trasmissione di un documento informatico per via telematica, 
assicurando l�avvenuta consegna, cos� come previsto dal Testo Unico sulla documentazione 
amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000) secondo le linee guida del Centro Tecnico per la Rete Unitaria 
della Pubblica Amministrazione (RUPA). Posta elettronica certificata � quindi quella che consente l'invio 
di messaggi la cui trasmissione � valida agli effetti di legge. 
L�utente di posta elettronica certificata, � la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione, 
o qualsiasi ente, associazione o organismo, che sia mittente o destinatario di posta elettronica certificata. 

354 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
gale, dell�invio e della consegna dei messaggi e-mail al destinatario � stato 
evidenziato che n� la prima n� la seconda devono essere confuse con la 
CPECPT (70) trattandosi in quest�ultimo caso di casella di posta elettronica 
certificata per il processo civile telematico e quindi ipotesi ben diversa da 
quella in esame. 
E all�uopo da evidenziare che con il termine di �certificata� nel secondo 
e terzo caso in parola ci si riferisce al fatto che il gestore del servizio 
rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell�avvenuta 
spedizione del messaggio ed eventuali allegati e quindi con certezza della 
trasmissione. Ora la decisione della Suprema Corte qui in esame completa 
il quadro normativo in materia in quanto comՏ noto le comunicazioni, in 
forma abbreviata, alle varie parti del processo possono avvenire anche via 
fax o per posta elettronica. La questione di diritto risolta dalla Suprema 
Corte di Cassazione � importantissima in quanto affronta il nodo, in vario 
modo gi� diversamente e contraddittoriamente affrontato dalla giurisprudenza, 
di merito, relativo al valore delle comunicazioni di cancelleria ex 
136 c.p.c., se effettuate attraverso e-mail con risposta di conferma, documentate 
dalla relativa stampa cartacea. In merito a questa tematica sono 
stati, con la sentenza in esame, applicati i criteri decisori relativi al principio 
di libert� delle forme con le quali la comunicazione pu� essere effettuata 
cos� comՏ disciplinata dall'art. 136 c.p.c.; al principio del raggiungimento 
dello scopo della comunicazione, dimostrato sia dal messaggio di conferma, 
dato non in automatico, ma con il comando volontario �rispondi�, sia dalla 
presenza del difensore all'udienza di assunzione delle prove; del principio 
della disciplina legislativa specifica sulle comunicazioni di cancelleria con 
il mezzo elettronico. Per la giurisprudenza di merito (71) non sussisterebbe 
una tale possibilit� in quanto sia la legge n. 59 del 1997, art. 15 comma 2, 
che il D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 6, ed ancora il d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 
123, artt. 2 e 6, hanno distinto tra requisiti del documento informatico per 
i quali � richiesta la sottoscrizione con firma digitale, e le comunicazione 
con biglietto di cancelleria, che non essendo un documento informatico ma 
una semplice modalit� di trasmissione telematica, tale requisito, della firma 
digitale, non � richiesta per la quale va, invece, seguita la disciplina appositamente 
prevista dal l�art. 6 d.P.R. n. 123 del 2001 - distinzione gi� pre- 
(70) Posta Elettronica Certificata (CPECPT). La posta elettronica certificata viene utilizzata per 
la trasmissione dei documenti informatici processuali da un U.G. ad un soggetto abilitato. Essa � coinvolta 
nei seguenti scambi informativi: Invio agli avvocati dei biglietti di cancelleria; Abilitazione e gestione 
delle utenze; Notifiche tra difensori; Consegna delle copie; L'immissione delle comunicazioni da 
parte di un UG e la gestione delle ricevute di avvenuta consegna rilasciate da un PdA rientrano nei compiti 
del GC. 
(71) Vedi Corte d'Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano. Sentenza 27/28 aprile 2005 
n. 18, pubblicata sul sito www. foroeuropeo.it. 
DOTTRINA 355 
sente nel d.P.R. n. 513 del 1997, art. 12 - in ordine alla modalit� della trasmissione. 
Ha infatti rilevato la suprema Corte che nella fattispecie in esame 
vi � addirittura un passaggio in pi� che garantisce la realizzazione dello 
scopo legale della procedura, e cio� una risposta non in automatico ma intenzionalmente 
generata dal computer destinatario a mezzo del tasto �rispondi� 
del programma di ricezione e scarico della corrispondenza 
elettronica. Il problema che si pone quindi � quello di verificare se questa 
decisione della Suprema Corte sia compatibile con la normativa prevista 
dal del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, artt. 6 e 8 con quanto prevede il 
d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 25 ed ancora il d.P.R. 7 aprile 2003, 
n. 137 e il D.Lgs. 23 febbraio 2002, n. 10, norme in base alle quali potrebbe 
ritenersi che anche la comunicazione di cancelleria ai sensi dell'art. 136 
c.p.c., richiede la firma digitale. Orbene per rispondere a questo quesito occorre 
ricordare che l'art. 136 c.p.c., nel testo vigente al tempo, dei fatti di 
causa, disponeva: �Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non 
bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al 
pubblico ministero, alle parti....; Il biglietto � consegnato dal cancelliere al 
destinatario, che ne rilascia ricevuta, o notificato dall'ufficiale giudiziario�. 
L'art. 45 disp. att. c.p.c., precisa poi che il biglietto si compone di due parti 
uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario e l'altra deve 
essere conservata nel fascicolo d'ufficio. In questa parte che � inserita nel 
fascicolo d'ufficio deve essere estesa la relazione di notificazione dell'ufficiale 
giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario. 
Orbene rilevato che la Corte di Cassazione (72) ha pi� volte esaminato 
la questione relativa al se la comunicazione del provvedimento ad opera 
della cancelleria debba avere luogo nelle forme specificate dall'art. 136 
c.p.c. e dell�art. 45 disp. att. c.p.c., o, viceversa, possa avere rilievo anche 
la conoscenza del provvedimento acquisita per altra via, ha avuto modo di 
statuire, con orientamento antico e costante, fatto proprio dalle Sezioni 
Unite, che sono ammesse forme equipollenti a quelle stabilite dall'ordinamento, 
ogni qual volta ci sia un'attivit� del cancelliere; sia assicurata la 
completa conoscenza della comunicazione da parte del destinatario; vi sia 
la certezza della data. 
La giurisprudenza di legittimit� (73) ha al riguardo sempre ritenuto validi 
ed equipollenti il �visto per presa visione� apposto dal procuratore o 
da suo incaricato sull'originale del biglietto di cancelleria predisposto per 
la comunicazione o sul provvedimento del giudice; l'inserimento, ad opera 
(72) Corte Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 10 giugno 1998, n. 5761, Corte di Cassazione, I 
sez. civ., sentenza 21 novembre 2006 n. 24742. 
(73) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 16 giugno 2004 n. 11319; Corte di Cassazione, sez. II 
civ., sentenza 12 settembre 1992 n. 10422. 
356 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
del cancelliere, nel verbale d'udienza, del decreto di liquidazione del compenso 
al consulente tecnico, e la relativa verbalizzazione (74) dell'impegno 
della parte a corrispondere la somma liquidata; la dichiarazione resa nella 
cancelleria (75) di aver preso visione dell'atto e di rinunciare alla relativa comunicazione. 
In tutte predette fattispecie rileva infatti sempre l�elemento volontaristico, 
e cio� l'accettazione da parte del procuratore nella forma 
equipollente, accettazione che tiene luogo nella sottoscrizione prevista dall'art. 
45 disp. att. c.p.c. Sotto altro profilo, ma che porta all�identica risoluzione 
della problematica � stato posto in rilievo che il raggiungimento dello scopo 
della comunicazione (76) come in quella esaminata, ha ritenuto come equipollente 
il rilascio al creditore, su sua richiesta, di copia autentica del decreto 
con il quale il giudice delegato aveva fissato l'udienza per la comparizione 
delle parti e stabilito il termine per la notifica del provvedimento al curatore, 
in quanto tutto ci� comporta la effettiva presa di conoscenza, da parte del creditore 
stesso, del decreto de quo, ancorch� non comunicato dal cancelliere a 
norma dell'art. 136 cod. proc. civ., qualora risulti che l'atto abbia raggiunto il 
suo scopo per avere il creditore immediatamente utilizzato il detto decreto 
chiedendone la notificazione al curatore del fallimento. Orbene posto il principio 
volontaristico, appare ovvio che la comunicazione da parte dell'avvocato 
del proprio indirizzo e-mail all'Ordine, per la successiva comunicazione di 
cancelleria, secondo la procedura prevista dall'accordo tra il Tribunale e/o la 
Corte d'Appello ed il Consiglio dell'Ordine di appartenenza dell�avvocato costituisce 
sicuramente adesione del professionista alla convenzione. Il consenso 
espresso quindi che la comunicazione di cancelleria fosse effettuata con tale 
modalit� e la raggiunta garanzia che all'indirizzo dato il messaggio di cancelleria 
fosse stato letto dall'avvocato stesso, non in automatico, di aver ricevuto 
la comunicazione garantisce, appunto, la certezza richiesta dall'art. 136 c.p.c. 
Tale procedura di comunicazione risulta peraltro essere corretta sulla semplice 
base codicistica, e, con ogni evidenza, volta a realizzare l'obiettivo di cui all'art. 
111 Cost., comma 2, inserito dalla Legge Costituzionale 23 novembre 1992 
n. 2. La procedura prevista dalla convenzione poi risulta corretta anche alla 
luce della legislazione speciale sul tema. Infatti gi� la legge 15 marzo 1997, 
n. 59, art. 15, comma 2 (Delega al governo per la riforma della pubblica amministrazione), 
disponeva che �gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica 
amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti 
stipulati nelle medesime forme, nonch� la loro archiviazione trasmissione con 
strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge�, rimandando 
poi per la determinazione de �i criteri e le modalit� di applicazione del 
(74) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 26 giugno 2006 n. 14737. 
(75) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 20 ottobre 2005 n. 20279. 
(76) Corte Cassazione, sez. I civ., sentenza 12 febbraio 2000 n. 2068. 
DOTTRINA 357 
presente comma� a specifici regolamenti. Il D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, 
art. 6, menziona anche l'amministrazione della giustizia (77) tra i soggetti pubblici 
destinati ad utilizzare i sistemi informativi automatizzati, sia pure con la 
riserva di particolari modalit� di applicazione. Ancora il Regolamento recante 
disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel 
processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali 
della Corte dei conti � stato emanato con D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, ed 
� testo fondamentale in materia. Ora le norme in materia da prendere in considerazione 
sono sicuramente l�art. 2 secondo il quale "l'attivit� di trasmissione, 
comunicazione o notificazione, dei documenti informatici � effettuata 
per via telematica attraverso il sistema informatico civile, fatto salvo quanto 
stabilito dall'art. 6; la norma ex art. art. 4, comma 3 dove � previsto che: �Ove 
dal presente regolamento non � espressamente prevista la sottoscrizione del 
documento informatico con la firma digitale, questa � sostituita dall'indicazione 
del nominativo del soggetto procedente prodotta sul documento dal sistema 
automatizzato, a norma del D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, art. 3, 
comma 2� ed ancora l'art. 6 in forza del quale �Le comunicazioni con biglietto 
di cancelleria, nonch� la notificazione degli atti, quest'ultima come documento 
informatico sottoscritto con firma digitale, possono essere eseguite per via telematica, 
oltre che attraverso il sistema informatico civile, anche all'indirizzo 
elettronico dichiarato ai sensi dell'art. 7�. Ora � di evidenza, alla luce di predetta 
normativa, che vi � una chiara contrapposizione, ex art. 6, tra notificazione 
degli atti effettuata con firma digitale, attraverso il sistema informatico 
civile, e la comunicazioni con biglietto di cancelleria eseguita all'indirizzo 
elettronico dichiarato ai sensi dell'art. 7, secondo il quale ai fini delle comunicazioni 
e delle notificazione ai sensi dell'art. 6, l'indirizzo elettronico del difensore 
� unicamente quello comunicato dal medesimo al Consiglio 
dell'Ordine. Ma a ben guardare vi sono poi altre norme del d.P.R. 13 febbraio 
2001, n. 123, che concorrono alla medesima conclusione e cos� � per l'art. 3, 
commi 2 e 3, per i quali al sistema informatico civile possono accedere attivamente 
soltanto i difensori delle parti e gli ufficiali giudiziari; le varie norme 
che, in attuazione dell'art. 4, comma 3 cit., precisano quali atti devono essere 
formati come documenti informatici sottoscritti con firma digitale (78) (art. 6 
per le notificazioni, art. 10 per la procura alle liti, art. 11 per l'iscrizione al 
ruolo, art. 15 per il deposito della relazione del C.T.U., art. 17 per la trasmissione 
della sentenza). Infine la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, 
(77) MELONCELLI A., L�informazione amministrativa, Rimini, 1986, 25 ss.; ci si permette di rinviare 
a CONTALDO A., Il documento informatico e la firma digitale nella Pubblica amministrazione: appunti 
per una ricostruzione della fattispecie, Riv. amm. Rep. it., 2002 cit., 92 ss. 
(78) Sul punto vedi CAMMARATA M., MACCARONE E., La firma digitale sicura. Il documento informatico 
nell�ordinamento italiano, Milano, 2003, 112 ss.
358 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
n. 1, lett. b, modificando leggermente la formula dall'art. 136 c.p.c., comma 2 
prevedendo che �Il biglietto � consegnato dal cancelliere al destinatario, che 
ne rilascia ricevuta, o � rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica�, evidenzia 
la distinzione di ruoli e di modalit� di comunicazione tra il cancelliere 
e l'ufficiale giudiziario. Inoltre il terzo comma dell'art. 136, introdotto dalla 
Legge citata, prevede che �Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo 
telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa anche regolamentare, 
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti 
informatici teletrasmessi�, nel ribadire la distinzione tra documenti 
informatici e teletrasmessi, rinvia alla normativa regolamentare sopra citata. 
Orbene il carattere sostitutivo della procedura telematica rispetto a quella cartacea 
prevista dall'art. 136 c.p.c. e dall�art. 145 disp. att. c.p.c.; la possibilit�, 
ridotta ma effettiva, di malfunzionamento del sistema di trasmissione; la gravit� 
delle conseguenze decadenziali, impongono di ritenere che sia sicuramente 
necessaria la risposta manuale di ricevuta con il tasto �rispondi�, e non 
sufficiente la risposta in automatico �letto� (79). N� argomenti in contrario 
sembra possano trarsi dallo jus superveniens costituito dal nuovo testo dell'art. 
136 c.p.c., comma 3, perch� questo rinvia alla normativa regolamentare sopra 
citata, la quale non disciplina il punto specifico in esame. N� alla materia processuale, 
specificamente disciplinata dal d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123, � applicabile 
il d.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, (art. 12) (80), per il quale il 
documento informatico trasmesso per via telematica si intende inviato e pervenuto 
al destinatario se trasmesso all'indirizzo elettronico da questi dichiarato. 
Quando quindi il destinatario della comunicazione da risposta per ricevuta non 
in automatico, la comunicazione risulta validamente effettuata. Possiamo 
quindi ritenere che la sentenza in parola ha affermato il principio di diritto che 
ritiene valida la comunicazione di cancelleria ex art. 136 c.p.c., effettuata per 
e-mail all'indirizzo elettronico comunicato dal difensore al proprio Consiglio 
dell'Ordine e da questi alla Corte d'Appello competente, a norma del d.P.R. 
13 febbraio 2001, n. 123, artt. 2, 4, 6, del quale il destinatario ha dato risposta 
per ricevuta non in automatico, documentata dalla relativa stampa cartacea, 
ma appositamente cliccando - manifestando cos� la sua volont� e la reale conoscenza 
dell�atto pervenuto - con l�apposito tasto �rispondi� (81). 
(79) Per identica soluzione, limitatamente alla risposta "ok" del servizio di trasmissione via fax 
vedi Corte Cassazione, I sez. civ., sentenza 25 marzo 2003 n. 4319. 
(80) Regolamento recante criteri e modalit� per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione 
di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 15, co 
2. Per un primo commento vedi CIACCI G., La firma digitale, Milano, 1999, 42 ss. 
(81) Sul vedi ancora CAMMARATA M., MACCARONE E., op. et loc. supra cit. 
DOTTRINA 359 
8. Polisweb. Funzionamento e finalit� 
Il sistema Polisweb � sostanzialmente operativo dal giugno del 2005. La 
sua finalit� � quella di consentire all�avvocato di effettuare la consultazione 
via internet di dati relativi a cause di sua pertinenza, presso tutti gli uffici giudiziari. 
A tal fine l�avvocato dovr� scegliere un punto di accesso e registrarsi 
presso di esso, secondo le procedure definite dallo stesso punto di accesso, 
presentando un certificato, rilasciato in data non anteriore a venti giorni, in 
cui il consiglio dell'ordine di appartenenza attesta l'iscrizione all'albo, all'albo 
speciale, al registro dei praticanti abilitati, oppure la qualifica che legittima 
all�esercizio della difesa e l'assenza di cause ostative allo svolgimento dell'attivit� 
difensiva. Il punto di accesso � una struttura tecnico-organizzativa, che 
pu� essere realizzata da privati, dal Consiglio dell�Ordine o dal Consiglio Nazionale 
Forense (su delega del Consiglio dell�Ordine), necessariamente dislocata 
presso un�idonea struttura al di fuori dell�ufficio giudiziario (ossia della 
Rete Unica Giustizia - RUG) e dunque non di competenza del Ministero della 
Giustizia; � tipicamente composta da un server che si incarica di autenticare 
l�utente e di consentire quindi la connessione al server che espone i servizi di 
PolisWeb. Tale PDA deve essere in possesso dei requisiti previsti per i soggetti 
pubblici e privati ed esso pu� entrare in esercizio a seguito di emanazione di 
apposito provvedimento, previa verifica, effettuata sulla base di un piano delle 
verifiche appositamente predisposto dal Ministero della Giustizia. Per accedere 
a PolisWeb l�avvocato dovr� altres� dotarsi di altri due strumenti. In primo 
luogo una smart-card (o un altro dispositivo crittografico) contenente il certificato 
di autenticazione occorrente per essere autenticati in occasione della 
connessione al PDA, operazione necessaria preliminarmente all�effettuazione 
di qualsiasi operazione. A tal fine � opportuno che l�avvocato chieda al PDA 
dove e come reperire una smart-card compatibile con il Punto di Accesso 
stesso. Tale smart-card (che tipicamente contiene anche la firma digitale) deve 
comunque essere rilasciata da una Certification Authority accreditata CNIPA. 
L�avvocato dovr� inoltre dotarsi, ovviamente, di una connessione a internet in 
modo da raggiungere il punto di accesso. E pertanto, attraverso la sua personale 
postazione potr� cos� collegarsi al punto d�accesso e, tramite questo, raggiungere 
la home page di Polisweb che presenta l�elenco degli uffici giudiziari 
abilitati: qui sar� possibile consultare le informazioni di propria pertinenza 
presso l�ufficio selezionato. Con questo sistema, presso ogni ufficio giudiziario 
� possibile la consultazione delle banche dati relative al contenzioso civile; 
diritto del lavoro; volontaria giurisdizione; esecuzioni civili, immobiliari e 
mobiliari. Come � agevole rilevare da questa sintetica descrizione, il sistema 
di Polisweb consente soltanto una consultazione dei dati esistenti presso i vari 
uffici giudiziari. Si tratta quindi, di un modo per agevolare il reperimento di 
tali dati, evitando il sovraffollamento delle cancellerie in quanto l�avvocato
360 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
stesso pu� agevolmente reperire dalla sua postazione tutti i dati necessari. Il 
sistema non consente, invece, agli operatori del diritto di svolgere attivit� connesse 
al processo, quali costituzione, iscrizione a ruolo, deposito del fascicolo 
e simili. 
9. Lo stato di attuazione della disciplina sul processo telematico 
Il decreto ministeriale del 17 luglio 2008 prevede che l�attivazione del 
processo telematico sia preceduta da un decreto dirigenziale che accerti l�installazione 
e l�idoneit� delle attrezzature informatiche e la funzionalit� dei servizi 
di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio. 
L�autenticazione dei soggetti abilitati esterni dovr� avvenire secondo le specifiche 
della Carta Nazionale dei Servizi. Nonostante la disciplina sul processo 
telematico sia gi� molto dettagliata, praticamente ormai in stato avanzato, il 
sistema non � ancora operativo nel suo complesso. E� peraltro importante evidenziare 
che anche quando il PCT lo sar�, esso non sostituir� definitivamente 
il processo �cartaceo� ma, almeno in una prima fase, si affiancher� ad esso. 
Attualmente, dopo una fase di sperimentazione che, come precedentemente 
esposto, ha coinvolto solo alcune circoscrizioni di tribunali nazionali, il processo 
civile telematico � attivo in quattordici uffici giudiziari ma limitatamente 
ai soli procedimenti di ingiunzione. Pertanto, a seguito di decreti ministeriali 
di autorizzazione progressivamente emanati nel corso del 2009, � oggi � possibile 
richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo telematico presso i tribunali 
di: Brescia, Catania, Como, Genova, Lecco, Lodi, Milano, Napoli, Padova, 
Pavia, Varese, Vigevano e Voghera. Si tratta di un numero molto ridotto rispetto 
agli uffici giudiziari i cui dati sono caricati sul sito nazionale Polisweb 
(ben duecentoventuno uffici giudiziari di cui ottantanove sezioni distaccate) 
che, come gi� rilevato, riveste, tuttavia, una diversa funzione di consultazione. 
A ci� si aggiunga che a decorrere dall�1 giugno 2009, in ottemperanza al D.M. 
26 maggio 2009, n. 57 si applicano, nel circondario del Tribunale di Milano, 
1e disposizioni di cui all'articolo 51, commi 1, 3 e 4 del d.l. n. 112/2008 (convertito 
nella legge 6 agosto 2008, n. 133), secondo le quali le notificazioni e 
le comunicazioni in corso di causa (ex artt. 170 e 192 cpc) sono effettuate unicamente 
per via telematica all'indirizzo elettronico, ossia alla CPECPT del 
punto di accesso. Numerosi sono gli sforzi per dare attuazione ai piani di sviluppo 
del PCT e recentissimamente (82) a Venezia sono stati firmati due protocolli 
d'intesa per l'attuazione del Processo Civile Telematico per i Tribunali 
(82) Il 20 luglio 2009 a Venezia i ministri della Giustizia e della Pubblica Amministrazione e l'Innovazione 
insieme al Presidente della Corte d'Appello ed ai vertici della magistratura e dell�avvocatura 
dei Tribunali di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza, 
hanno firmato due protocolli d'intesa per l'attuazione del Processo Civile Telematico. 
DOTTRINA 361 
di Bassano del Grappa, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e 
Vicenza. Gli accordi riguardano, rispettivamente, la comunicazione dei biglietti 
di cancelleria per via telematica nei procedimenti civili di secondo 
grado, la digitalizzazione dei fascicoli di primo grado e l'inserimento in rete 
dei dati pubblici delle sentenze di primo grado, nonch� la realizzazione del 
progetto per la comunicazione dei biglietti di cancelleria per via telematica 
nei procedimenti civili di primo grado e la digitalizzazione dei fascicoli di 
primo grado per renderli disponibili in rete. 
362 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il controinteressato nel giudizio amministrativo 
Concetto, elementi costitutivi e casistica delle fattispecie 
problematiche applicative pi� ricorrenti 
Pasquale Fava* 
SOMMARIO: 1. L�identificazione dei contro interessati: l�elemento formale e quello sostanziale. 
- 2. L�esclusione dei controinteressati sostanziali e/o successivi dal novero delle 
parti necessarie. - 3. L�ordine di integrazione del contraddittorio ed i poteri del controinteressato 
pretermesso. - 4. Le principali applicazioni giurisprudenziali. Gli atti amministrativi 
generali ed i regolamenti. - 4.1. I piani urbanistici. - 4.2. Procedure concorsuali e ad evidenza 
pubblica. L�impugnazione degli atti di esclusione da un concorso o da una procedura ad evidenza 
pubblica. - 4.2.1. (Segue) L�impugnazione della graduatoria di un concorso o dell�atto 
di aggiudicazione di una gara. - 4.3. L�impugnazione dei giudizi di avanzamento in carriera 
dei militari. - 4.4. Le impugnazioni degli atti di controllo. La posizione dell�amministrazione 
controllata in relazione all�impugnazione da parte del terzo beneficiario dell�atto di controllo 
negativo. - 4.4.1. In caso di controllo positivo, nel giudizio di impugnazione dell�atto controllato, 
l�autorit� tutoria non � controinteressato. - 4.5. Le impugnazioni degli atti di diniego 
e del silenzio-rifiuto. - 4.6. La presentazione di esposti e denunce. 
1. L�identificazione dei contro interessati: l�elemento formale e quello sostanziale
Il controinteressato � parte necessaria del processo amministrativo (1). 
(*) Giudice della Corte dei conti. 
(1) Tra i principali contributi scientifici sul controinteressato si segnalano ABBAMONTE G., LASCHENA 
R., Giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo diretto da Santaniello G., Vol. 
XX, CEDAM, Padova, 2001, 198-200; BENVENUTI F., Parte (dir. amm.), in Enc. dir., XXXI, Giuffr�, 
Milano, 1981, 962 s.s.; BRIGNOLA F., Cointeressati e controinteressati nel processo amministrativo, in 
Studi per il cinquecentenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 1683 s.s.; CAIANIELLO V., Manuale 
di diritto processuale amministrativo, Torino, UTET, 2003, 617-620; CANGELLI F., Le parti, in Scoca 
F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 189-196; CARACCIOLO LA GROTTERIA A., 
Parti e contraddittorio nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1993, 35 s.s.; CERULLI IRELLI 
V., Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2006, 538-539; CORLETTO D., La tutela 
dei terzi nel processo amministrativo, CEDAM, Padova, 1992; CORLETTO D., La tutela dell�interesse al 
provvedimento e i terzi, in Dir. Proc. Amm., 2001, 928 s.s.; D�ALESSIO V.F., Le parti nel giudizio amministrativo, 
Roma, 1915; DOMENICHELLI V., Le parti del processo, in CASSESE S., Trattato di diritto amministrativo 
(Diritto amministrativo speciale), Tomo V (Il processo amministrativo), Giuffr�, Milano, 
2003, 4335-4339; ESPOSITOW.- FAVA P., L�opposizione di terzo nel processo amministrativo, La Tribuna, 
Piacenza, 2003; MELE E., L�impugnazione dell�atto negativo di controllo e i suoi effetti sulla teoria del 
procedimento amministrativo, in Foro Amm., 1984, 2546 s.s.; MIGNONE C., Il Giudizio di primo grado, 
in MAZZAROLLI L., PERICU G., ROVERSIMONACO F.A., SCOCA F.G., Diritto amministrativo, Vol. II (Parte 
speciale e giustizia amministrativa), Bologna, Monduzzi, 2005, 537-538; Migliorini L., Il contraddittorio 
nel processo amministrativo, Rimini, Maggioli, 1984; OCCHIENA M., Osservazioni sulla categoria dei
DOTTRINA 363 
Gli articoli 7 R.D. 17 agosto 1907, n. 642 (2), e 36 R.D. 26 giugno 1924, 
n. 1054 (3), sanciscono l�obbligo della notifica del ricorso alle persone cui 
l�atto impugnato �direttamente si riferisce� mentre l�art. 21, comma 1, legge 
6 dicembre 1971, n. 1034 (4) (come novellato dall�art. 1, comma 1, legge 21 
luglio 2000, n. 205), si riferisce letteralmente al �controinteressato�. 
controinteressati, Giur. It., 1991, III, 27 ss.; OCCHIENA M., Controinteressato, intervento ad opponendum 
e opposizione di terzo: il processo amministrativo tra declamazione e applicazione, in Giur. It., 1993, 
III, 852; PAZIENZAV., Controinteressati �non diretti� ed (effettiva) tutela giurisdizionale: una �sentenza 
di sbarramento� del Consiglio di Stato, in Foro Amm., 1990, 1181 s.s.; PUGLIESE F., Nozione di controinteressato 
e modelli di processo amministrativo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1989; QUAGLIA 
M.A., Art. 21 L. TAR, in ROMANO A., Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, 
Padova, CEDAM, 1992, 590-593; RAMAJOLI M., Riflessioni in tema d�intervento e controinteressato 
nel giudizio amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1996, 155; SALVIA F., Le parti, in SANDULLI A., Diritto 
processuale amministrativo (Corso di diritto amministrativo diretto da Cassese S.), Giuffr�, Milano, 
2007, 99-101; SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene, 1989, 1415-1419; 
SATTA F., Giustizia amministrativa, 1997, 186-187; SAITTA N., Sistema di giustizia amministrativa, 2005, 
55-56; STICCHI DAMIANI E., Le parti necessarie nel processo amministrativo, Giuffr�, Milano, 1988; TIBERII 
M., La tutela del terzo al bivio tra rimedio dell�appello e/o dell�opposizione: una questione (non) 
solo di competenza, in Riv. Trim. Dir. Proc. Amm., 1999, 501; TRAINA D.M., La proposizione del ricorso 
e la tutela cautelare, in MORBIDELLI G., Codice della giustizia amministrativa, Giuffr�, Milano, 2005, 
514-515; TRAVI A., Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2006, 227-228; TROISE 
MANGONI W., Controinteressato e opposizione di terzo nel processo amministrativo, in Riv. Trim. Dir. 
Proc. Amm., 1992, 171; VIRGA P., Diritto amministrativo, Vol. II (Atti e ricorsi), Milano, Giuffr�, 1995, 
313. 
Giova sinteticamente segnalare sin d�ora, anticipando talune conclusioni che saranno di seguito meglio 
precisate, che secondo l�orientamento costante della giurisprudenza amministrativa sono considerati 
parte necessaria solo i controinteressati che cumulino il possesso del requisito formale (identificazione 
o identificabilit� risultante dal provvedimento impugnato) e di quello sostanziale (titolarit� di una situazione 
di interesse di segno omogeneo e contrario rispetto a quella del ricorrente principale). Ove 
questi controinteressati siano stati pretermessi � necessario ordinare l�integrazione del contraddittorio 
atteso che in mancanza la sentenza di primo grado va annullata con rinvio. Attesa la loro qualit� di parte 
essenziale i controinteressati �formali e sostanziali� pur se pretermessi dovrebbero sempre poter intervenire 
nel processo amministrativo con i pi� ampi poteri spettanti alla parte (l�atto di intervento pu� essere 
anche meramente depositato in deroga al principio che richiedere la notifica dello stesso a pena di 
inammissibilit�), dovrebbe sempre poter proporre ricorso incidentale, appello e opposizione di terzo ordinaria. 
Nonostante le critiche di una parte della dottrina, la giurisprudenza non considera parti necessarie i controinteressati 
meramente sostanziali e quelli sopravvenuti e, quindi, non ritiene che sia necessario ordinare 
l�integrazione del contraddittorio nei loro confronti. A questi controinteressati, pur non potendo 
proporre ricorso incidentale, dovrebbe poter essere consentito di intervenire (l�atto di intervento, tuttavia, 
in quest�ipotesi deve essere notificato a pena di inammissibilit�), di appellare nonch� di proporre opposizione 
di terzo ordinaria. 
(2) �Il ricorso deve essere notificato tanto all�autorit� dalla quale � emanato l�atto o provvedimento 
impugnato, quanto alle persone alle quali l�atto o provvedimento medesimo direttamente si riferisce� 
(art. 7, R.D. 17 agosto 1907, n. 642). 
(3) �Il ricorso � diretto al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e deve essere, nei termini 
suddetti, notificato tanto all�autorit� dalla quale � emanato l�atto o il provvedimento impugnato, quanto 
alle persone, alle quali l�atto o il provvedimento direttamente si riferisce, salvo la possibilit� di rinnovare 
o integrare la notificazione, secondo le norme da stabilirsi con regolamento, nei casi di errore che dalla 
sezione sia ritenuto scusabile� (art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054). 
(4) �Il ricorso deve essere notificato tanto all�organo che ha emesso l�atto impugnato quanto ai
364 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
La figura del controinteressato � tipicamente legata al giudizio di primo 
grado atteso che � generalmente ritenuto che non esistono soggetti cui deve 
essere notificato �aggiuntivamente� l�atto di gravame che � ammissibile in 
presenza della notifica ad una delle parti necessarie del giudizio d�appello, 
salva l�integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti necessarie 
pretermesse (5). 
La ratio legis delle menzionate disposizioni normative (che introducono 
un litisconsorzio necessario passivo) risiede nella circostanza che il potere 
esercitato dall�Amministrazione inveratosi nel provvedimento impugnato 
coinvolge normalmente non solo il ricorrente che assume l�iniziativa processuale, 
ma anche altri soggetti, che devono essere messi in condizione di partecipare 
al processo per tutelare le proprie situazioni giuridiche soggettive che 
potrebbero essere incise dall�annullamento giurisdizionale. L�ordinamento, 
pertanto, tutela questi soggetti considerandoli parti necessarie del processo 
amministrativo cui va obbligatoriamente notificato il ricorso introduttivo affinch� 
acquistino tecnicamente la qualit� di parte processuale. In altri termini, 
il potere amministrativo ordinariamente coinvolge e interessa pi� soggetti che 
possono essere titolari di situazioni soggettive contrapposte, gli uni ricevendo 
un pregiudizio, gli altri traendo un vantaggio dal provvedimento finale. Trasferendo 
le predette situazioni soggettive dalla sede procedimentale di esercizio 
del potere amministrativo a quella processuale, difatti, � evidente che i 
primi (ricorrenti) potrebbero ricevere un beneficio dall�annullamento del provvedimento, 
i secondi (controinteressati), per converso, trarrebbero vantaggio 
solo dalla conservazione del medesimo, vantando un interesse si segno opposto. 
L�interpretazione letterale degli articoli 7 R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 
36 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, tuttavia, pur essendo ispirata alla riportata 
ratio legis, ha per lungo tempo astretto il dato sostanziale (titolarit� di un interesse 
contrapposto all�annullamento in quanto coinvolto dall�esercizio del 
potere concretatosi nell�atto impugnato) nelle strette maglie del requisito formale 
imposto dalle disposizioni: la necessit� che l�atto impugnato si riferisse 
�direttamente� al terzo. 
L�art. 21, comma 1, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, invece, utilizzando 
controinteressati ai quali l�atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno di essi, entro il termine di 
sessanta giorni� (art. 21, comma 1, legge 6 dicembre 1971, n. 1034). 
(5) �I c.d. controinteressati sono identificati solo sulla base del provvedimento impugnato, pertanto, 
non sono configurabili nel giudizio di appello, che ha ad oggetto la sentenza del giudice di primo 
grado e nel quale si riscontra l�identica posizione processuale di tutte le parti nei cui confronti tale decisione 
� stata pronunciata [�] Ai fini della rituale proposizione del ricorso in appello innanzi al Consiglio 
di Stato, � sufficiente la notificazione dell�atto di appello ad una sola delle parti necessarie del 
giudizio di primo grado, salva la successiva integrazione del contraddittorio, ai sensi dell�art. 331 del 
c.p.c., nei confronti delle altre parti necessarie� (Cons. Stato, ad. plen., 24 marzo 2004, n. 7; in termini 
gi� Cons. Stato, ad. plen., 14 novembre 1980, n. 50 e Id., ad. plen., 28 ottobre 1980, n. 39).
DOTTRINA 365 
la pi� moderna terminologia �controinteressato�, ha agevolato il percorso evolutivo 
della giurisprudenza verso l�allargamento del novero delle parti passivamente 
legittimate in via necessaria. 
Difatti, negli anni successivi alla riforma del 1971, si � progressivamente 
consolidato l�orientamento (6) secondo cui parti (passive) necessarie non sarebbero 
solo quelle che sono espressamente contemplate dal provvedimento 
impugnato, ma anche tutti coloro che siano obiettivamente individuabili dall�atto 
impugnato in quanto titolari di situazioni giuridiche soggettive coinvolte 
dal potere esercitato di segno opposto (perch� di natura conservativa) a quella 
attivata dal ricorrente (che ha natura demolitoria). 
La giurisprudenza, peraltro, per contemperare l�esigenza di non rendere 
troppo gravosi gli oneri processuali del ricorrente con quella di consentire ai 
soggetti portatori di un interesse sostanziale antitetico di partecipare al giudizio, 
ha successivamente chiarito con orientamento costante (7) che al fine di 
(6) �L�espressione �controinteressati ai quali l�atto direttamente si riferisce� adoperata dalla 
legge TAR va intesa non nel senso che debba trattarsi di soggetti le cui generalit� risultino nominativamente 
elencate nell�atto impugnato, bens� di soggetti obiettivamente individuabili sulla base dell�atto 
impugnato, quali titolari di posizioni giuridiche in ordine al rapporto del quale si controverte� (Cons. 
Stato, Sez. IV, 28 luglio 1982, n. 514). La tesi � stata poi recepita dalla Plenaria (Cons. Stato, ad. plen., 
28 settembre 1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. Stato, 1987, I, 1197). 
In termini Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 1989, n. 84, in Cons. Stato, 1989, I, 168, che si riferisce alla 
�facile individuabilit�� del controinteressato. 
(7) �La nozione di controinteressato nel processo amministrativo comprende tutti coloro che sono 
coinvolti da un provvedimento amministrativo ed abbiano acquistato, in relazione a detto provvedimento, 
una posizione giuridicamente qualificata alla sua conservazione� Cons. Stato, ad. plen., 28 settembre 
1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. Stato, 1987, I, 1197, e successivamente Cons. 
Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2 (�Al fine dell�individuazione dei soggetti controinteressati, occorre 
far ricorso a due elementi, dei quali il primo, di carattere sostanziale, consiste nella titolarit� di un interesse 
qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, ossia di una situazione giuridica 
analoga (ma di segno opposto) a quella che pu� essere fatta valere dal ricorrente; il secondo, di carattere 
formale, ricorre allorch� l�atto impugnato si riferisce direttamente ai soggetti coinvolti, indicandoli nominativamente�) 
e Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 9 (�La qualit� di controinteressato va individuata 
non in rapporto ad esigenze processuali, bens� in seguito al riconoscimento della titolarit� di 
un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso ed alla circostanza 
che il provvedimento impugnato riguardi nominativamente un soggetto determinato, esplicitamente 
menzionato, o comunque agevolmente individuabile (c.d. elemento formale), il quale abbia un interesse 
giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento stesso�). 
Sul punto la giurisprudenza � costante. 
Tra le tante Cons. Stato, 16 dicembre 2004, n. 8079 (�La qualit� di controinteressato va individuata 
con riferimento alla titolarit� di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione 
del ricorrente ed in relazione alla circostanza che il provvedimento impugnato riguardi nominativamente 
un soggetto determinato, esplicitamente menzionato o comunque agevolmente individuabile che sia detentore 
di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione del provvedimento stesso�); Id., 
Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7893; Id., Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6743; Id., Sez. V, 7 febbraio 2003, n. 
647; Id., Sez. V, 10 giugno 2002, n. 3202; Id. Sez. V, 17 dicembre 2001, n. 6254; Id., Sez. V, 17 marzo 
2001, n. 1603; Id., Sez. V, 3 marzo 2001, n. 1227; Id., Sez. IV, 6 aprile 2000, n. 1982; Id., Sez. VI, 12 
gennaio 2000, n. 189; Id., Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2117; Id., Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 22; Id., 
Sez. V, 17 dicembre 1998, n. 1806; Id., Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1684; Id., Sez. IV, 17 dicembre
366 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
pervenire ad una corretta identificazione dei soggetti controinteressati da evocare 
obbligatoriamente in giudizio � necessaria la compresenza di due elementi: 
1) il primo, di natura formale, richiede che il provvedimento impugnato 
indichi nominativamente i terzi oppure che questi siano �obiettivamente�, �facilmente� 
o �agevolemente� identificabili sulla base del medesimo (8), 2) il 
secondo ha carattere sostanziale dipendendo dalla sussistenza in capo al terzo 
di una situazione soggettiva giuridicamente qualificata di segno omogeneo e 
contrario a quella fatta valere dal ricorrente principale che si concreta nell�interesse 
alla conservazione del provvedimento impugnato atteso il pregiudizio 
che essi subirebbero dall�annullamento giurisdizionale. 
2. L�esclusione dei controinteressati sostanziali e/o successivi dal novero delle 
parti necessarie 
Secondo la giurisprudenza prevalente, quindi, il controinteressato (meramente) 
sostanziale (non contemplato n� agevolmente identificabile dal provvedimento), 
pur potendo, secondo i casi, intervenire in primo grado e in 
appello, nonch� avendo la legittimazione ad appellare, non � considerato parte 
necessaria nei cui confronti va obbligatoriamente integrato il contraddittorio. 
Del pari � stato escluso che controinteressato c.d. �successivo� (9) sia 
parte necessaria del processo amministrativo atteso che, secondo l�orientamento 
prevalente, l�individuazione dei controinteressati va effettuata in relazione 
alle circostanze esistenti al momento dell�adozione del provvedimento 
impugnato, essendo irrilevanti le sopravvenienze di fatto o di diritto (10). 
1998, n. 1516; Id., Sez. VI, 1 luglio 1997, n. 1040; Id., Sez. V, 3 luglio 1995, n. 991; Id., Sez. V, 6 ottobre 
1993, n. 999; Id., Sez. V, 21 gennaio 1992, n. 72; Id., Sez. V, 20 settembre 1990, n. 684; Cons. Giust. 
Amm. Sic. 8 maggio 1997, n. 98; Id., Sez. VI, 9 febbraio 1989, n. 84 (�Controinteressato ad un ricorso 
giurisdizionale � colui al quale l�atto impugnato si riferisce direttamente, cio� colui che, contemplato 
nell�atto de quo, ovvero attraverso questo facilmente individuabile, abbi ottenuto, per effetto diretto e 
immediato dell�atto stesso, una posizione giuridicamente qualificata alla conservazione del medesimo�). 
(8) Filippo Satta ritiene che sia assolutamente corretto l�orientamento giurisprudenziale che interpreta 
l�espressione �persone cui l�atto direttamente si riferisce� nel senso di soggetti agevolmente 
identificabili dal contenuto dell�atto anche se non espressamente menzionati (SATTA F., Giustizia amministrativa, 
1997, 186-187). 
(9) �Nel giudizio amministrativo il ricorrente non � onerato a ricercare, ai fini dell�integrit� del 
contraddittorio, i c.d. controinteressati �successivi�, ossia quei soggetti che ripetono la loro posizione 
di vantaggio non direttamente dall�atto impugnato, bens� da atti successivi e consequenziali, il cui travolgimento 
sia determinato dall�eventuale annullamento dell�atto presupposto effettivamente lesivo� 
(Cons. Stato, Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5092). In termini Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2004, n. 
482, in Cons. Stato, 2004, I, 285 s.s., con nota di MAZZIA F., Controinteressati in tema di concorso pubblico. 
Per una recente posizione minoritaria contraria TAR Lazio, Sez. I, 18 luglio 2003, n. 6359, in Foro 
Amm. TAR, 2003, 2617, con nota di MARI G., Il controinteressato successivo come parte necessaria del 
processo amministrativo.
DOTTRINA 367 
3. L�ordine di integrazione del contraddittorio ed i poteri del controinteressato 
pretermesso 
Fermo restando che il contraddittorio deve, comunque, essere integro, la 
giurisprudenza amministrativa ha precisato che ai fini dell�ammissibilit� (11) 
del ricorso � sufficiente che il ricorrente lo abbia notificato all�Amministrazione 
e ad almeno un controinteressato. 
Peraltro, ove il giudice riscontri che il contraddittorio avrebbe dovuto essere 
esteso ad altri soggetti, nei cui confronti sussistono tutti i descritti elementi 
formali e sostanziali che consentono di poter affermare di essere in presenza 
di un controinteressato pretermesso, � necessario che ordini l�integrazione del 
medesimo (12). � stato, difatti, chiarito che la sentenza di primo grado pronunciata 
in difetto di contraddittorio � affetta da un vizio di procedura, rilevabile 
anche d�ufficio (13), che, ai sensi dell�art. 35, 1� co., legge 6 dicembre 
1971, n. 1034, impone al Consiglio di Stato l�annullamento con rinvio al giu- 
(10) Cons. Stato, ad. plen., 24 luglio 1997, n. 15 (�La qualit� di controinteressato all�annullamento 
di un provvedimento amministrato va accertata con riferimento alla data di emanazione del provvedimento 
medesimo a nulla rilevando i fatti e la situazioni sopravvenute�); Id., ad. plen., 21 giugno 1996, 
n. 9 (�Ai fini dell�individuazione del controinteressato � di una regolare costituzione del contraddittorio, 
l�interesse alla conservazione dell�atto impugnato deve essere accertato con riferimento al momento in 
cui detto provvedimento fu adottato, non potendosi riconoscere alcun rilievo a fatti o circostanza verificatasi 
in epoca successiva ancorch� acquisiti nel corso della causa o addirittura desumibili dal merito 
della controversia�); Id., Sez. IV, 25 luglio 2005, n. 3971; Id., Sez. IV, 17 novembre 2004, n. 7533; Id., 
Sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7400; Id., Sez. V, 15 febbraio 2000, n. 815; Id., Sez. V, 26 settembre 
2000, n. 5092. 
(11) Cons. Stato, ad. plen., 28 settembre 1987, n. 22, in Rass. Avv. Stato, 1987, I, 348, e in Cons. 
Stato, 1987, I, 1197. 
� stato precisato successivamente che il ricorso deve, a pena di inammissibilit�, comunque essere notificato 
al controinteressato (che era tale al momento dell�adozione del provvedimento) a prescindere dal 
fatto che sia successivamente venuta meno (ad esempio per rinuncia o decadenza) la situazione giuridica 
che lo rendeva parte passiva necessaria (Cons. Stato, Sez. V, 22 novembre 1996, n. 1381). 
Peraltro, in caso di difficolt� dell�identificazione dei controinteressati, l�Amministrazione sarebbe tenuta 
a fornire a coloro che abbiano intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale tutti gli elementi atti a 
consentire la notifica del gravame al controinteressato, sicch�, in mancanza di attivit� collaborativa della 
P.A. sarebbe illegittima la declaratoria di inammissibilit� del ricorso per omessa notifica al controinteressato 
(cos� Cons. Giust. Amm., 28 luglio 1988, n. 130). 
(12) Il termine imposto nell�ordine di integrazione del contraddittorio ha natura perentoria e la 
sua violazione comporta l�inammissibilit� (Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 1990, n. 920) o, secondo 
altra pi� risalente tesi, l�improcedibilit� del ricorso (TAR Lazio, Sez. II, 579/1977). 
(13) La giurisprudenza pi� recente dell�Adunanza Plenaria ha rivisitato il proprio orientamento 
pi� risalente (�Nei riguardi di una statuizione esplicita od implicita del giudice di primo grado ed erroneamente 
assumere la validit� del contraddittorio costituito, il sindacato del giudice d�appello, a cui 
per altri motivi la controversia sia stata devoluta, ben � esplicabile pur in assenza di impugnativa sul 
punto, essendo siffatta statuizione inidonea ad acquisire (quanto meno integralmente) gli estremi del 
giudicato, giacch� destinata per sua natura a direttamente riflettersi ed involgere le posizioni dei soggetti 
rimasti terzi nel giudizio� Cons. Stato, ad. plen., 28 ottobre 1980, n. 41) affermando l�ammissibilit� del 
sindacato giurisdizionale salva la formazione del giudicato implicito (�Deve in secondo luogo verificarsi 
l�integrit� del contraddittorio di primo grado, in ragione dell�asserita esistenza di controinteressati non
368 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dice di primo grado (14). 
Una parte della dottrina (15), tuttavia, ha segnalato che la giurisprudenza 
non applica estensivamente questi poteri, limitandosi a pronunciare ordini di 
integrazione del contraddittorio solo in relazione ai controinteressati (formali) 
pretermessi e non anche a quelli meramente sostanziali. 
Si ritiene, tuttavia, che la giurisprudenza faccia un corretto utilizzo dei 
propri poteri anche alla luce del consolidato orientamento che richiede la necessaria 
coesistenza dell�elemento sostanziale con quello formale, essendo il 
primo da solo insufficiente ad integrare la nozione di contro interessato rilevante 
ai fini del ricorso introduttivo. 
Il controinteressato pretermesso, cui non sia stato notificato il ricorso originariamente 
o a seguito di un ordine di integrazione del contraddittorio del 
giudice, potr� comunque tutelarsi spiegando intervento in primo grado (16) o 
in appello (17 ) (in questo caso dovrebbero essergli riconosciuti gli stessi poteri 
intimati, sebbene manchi la deduzione di una specifica censura in tal senso nell�atto di appello. Infatti, 
in difetto di una specifica pronuncia sul punto da parte del giudice di primo grado, ben pu� il giudice 
d�appello esaminare la questione anche d�ufficio, ovvero, come nella specie, a seguito di sollecitazione 
di alcune parti� Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2). In altri termini, in caso di espressa pronuncia 
del giudice di primo grado sarebbe sempre necessaria un�impugnativa specifica in mancanza della quale 
il rilievo d�ufficio del Consiglio sarebbe precluso. 
(14) Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 1994, n. 13 (�Nel processo amministrativo la mancata integrazione 
del contraddittorio in primo grado costituisce difetto di procedura e comporta l�annullamento 
della sentenza con rinvio ai sensi dell�art. 35 l. TAR�). Analoga posizione � stata manifestata dalla Plenaria 
in relazione al giudizio in materia di accesso ai documenti (Cons. Stato, ad. plen., 24 giugno 1999, 
n. 16). 
In termini Cons. Stato, Sez. VI, 10 marzo 2003, n. 1269; Id., Sez. VI, 14 gennaio 2003, n. 106; Id., Sez. 
VI, 14 gennaio 2002, n. 160. 
Prima della pronuncia della Plenaria avevano seguito l�orientamento favorevole all�annullamento con 
rinvio Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 1993, n. 837 e Id., Sez. V, 31 marzo 1992, n. 276. 
(15) CANGELLI F., Le parti, in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 
192-193; D�ORSOGNA M., in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2006, 270- 
271. 
In giurisprudenza in favore dell�integrazione del contraddittorio anche nei confronti dei controinteressati 
sostanziali TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 luglio 2003, n. 6359. 
(16) Pur riconoscendone la praticabilit� qualifica come improprio l�intervento ad opponendum 
del controinteressato cui avrebbe dovuto essere notificato il ricorso introduttivo Cons. Stato, Sez. IV, 
18 ottobre 2002, n. 5741 (�� solo l�interesse di fatto a tipizzare nel processo amministrativo l�intervento 
adesivo ad opponendum, poich� l�eventuale diretto riferimento dell�atto nella sfera giuridica dell�interveniente 
(con un interesse legittimo alla sua conservazione), formalizzerebbe una fattispecie di intervento 
improprio, che configurerebbe la costituzione in giudizio di controinteressato, nei cui confronti 
si sarebbe dovuto notificare il ricorso�). 
(17) La fruibilit� dell�intervento del terzo in appello, riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa 
gi� prima dell�apertura della Corte costituzionale all�opposizione di terzo ordinaria intervenuta 
con la decisione 26 maggio 1995, n. 177 (�Non � precluso l�intervento in appello dei soggetti rimasti 
estranei nel giudizio di primo grado� Cons. Stato, ad. plen., 19 febbraio 1988, n. 2 [con questa pronuncia 
della Plenaria si avviava ad essere definitivamente superato l�orientamento minoritario che affermava, 
per converso, l�inammissibilit� dell�intervento di terzi in appello applicando l�art. 344 c.p.c. anche nel 
giudizio innanzi al Consiglio di Stato � tra le decisioni che seguivano questa linea Cons. Stato, Sez. IV
DOTTRINA 369 
della parte in quanto interviene per l�integrazione del contraddittorio), appellando 
(18) oppure proponendo opposizione di terzo (ordinaria) (19) avverso 
la sentenza a lui sfavorevole. 
6 luglio 1979, n. 571]; �L�intervento adesivo � proponibile anche nel giudizio di appello mancando un 
esplicito divieto legislativo e non essendo applicabile al processo amministrativo l�art. 344 c.p.c. che 
limita l�intervento in appello ai soli terzi che potrebbero proporre opposizione ex art. 404 del codice 
stesso� Id., Sez. V, 18 aprile 1988, n. 226; �Nel giudizio amministrativo che ha struttura e funzione diverse 
da quelle del giudizio civile e nel quale non � configurata la legittimazione del terzo a proporre 
opposizione ai sensi dell�art. 404 c.p.c., qualunque interessato, che non sia stato parte nel processo di 
primo grado, pu� spiegare intervento nel giudizio di appello pendente tra altre parti, al fine di sostenere 
adesivamente le ragioni di una si esse� Id., Sez. VI, 13 aprile 1982, n. 268), � stata confermata dalla 
giurisprudenza amministrativa anche dopo la menzionata pronuncia del Giudice delle leggi (�� ammissibile 
l�intervento in appello di soggetti che non hanno rivestito la posizione di parte formale nel giudizio 
di primo grado qualora essi siano titolari di una posizione di vantaggio che sia pregiudicata dalla sentenza� 
Cons. Stato, Sez., IV, 17 dicembre 2003, n. 8289; ��deve ritenersi ammissibile, anche per ragioni 
di economica processuale, l�intervento nel giudizio di appello di soggetti non aventi la qualifica di parte 
formale nel giudizio di primo grado, qualora ad essi possa derivare, anche indirettamente, un pregiudizio 
dalla decisione dell�impugnazione o possano tutelare una posizione di vantaggio attraverso la definizione 
della controversia� Id., Sez. IV, 20 maggio 2003, n. 2718; �� ammissibile l�intervento del terzo 
in appello da parte dei soggetti non aventi legittimazione di parte formale in primo grado, ancorch� 
possa essere successivamente esercitata l�opposizione di terzo secondo quanto ritenuto dalla Corte cost. 
26 maggio 1995, n. 177� Id., Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1187; in termini Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 
1999, n. 800). 
(18) L�orientamento protettivo, suggellato da una decisione dell�Adunanza Plenaria (�Non � contraddittorio 
negare per ragioni sostanziali ai proprietari la qualit� di controinteressati al ricorso di 
primo grado e riconoscere agli stessi la qualit� di parti sostanziali, titolari di autonoma legittimazione 
all�appello� Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2), � stato seguito dalla giurisprudenza successiva 
(�Sono legittimati ad impugnare le sentenze dei TAR non solo coloro che hanno partecipato al giudizio 
di primo grado in quanto parti originarie, oppure intervenuti nel processo, ma anche coloro che, a prescindere 
dalla loro presenza nel giudizio stesso, rivestano la qualit� di legittimi e necessari contraddittori 
in quanto titolari di un interesse contrastante con quello dedotto in giudizio e tale da esser pregiudicato 
dalla sentenza� Cons. Stato, Sez. VI; 26 giugno 2003, n. 3848; �Va ravvisata la legittimazione ad appellare 
in capo a soggetti che, pur non essendo parti necessarie del giudizio amministrativo di primo 
grado, risultino nondimeno titolari di una posizione sostanziale di interesse legittimo o comunque di 
una situazione di vantaggio in ordine alla conservazione dell�atto impugnato� Cons. Stato, Sez. V, 10 
aprile 2002, n. 1945; �La legittimazione ad appellare le sentenze del giudice amministrativo di primo 
grado deve essere riconosciuta oltre che alle parti necessarie del giudizio anche ai soggetti che, pur 
non essendo controinteressati in senso proprio in quanto non direttamente contemplati o comunque non 
essendo facilmente identificabili, sono tuttavia portatori di una situazione di vantaggio in ordine ad un 
bene della vita, dipendente dal potere amministrativo cui quel bene � soggetto, ma dotata di autonomia� 
Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2002, n. 1736;). In termini Cons. Stato, Sez IV, 13 ottobre 1999, n. 1571 
e Id., Sez. IV, 28 maggio 1997, n. 582. 
(19) C. Cost. 17 maggio 1995, n. 177. 
Per un�ampia rassegna delle principali decisioni della giurisprudenza amministrativa successive dal dictum 
della Consulta che hanno tratteggiato la morfologia dell�opposizione di terzo nel processo amministrativo 
sia consentito rinviare a ESPOSITO W., FAVA P., L�opposizione di terzo nel processo 
amministrativo, La Tribuna, Piacenza, 2003. In precedenza TROISE MANGONI W., Controinteressato e 
opposizione di terzo nel processo amministrativo, in Riv. Trim. Dir. Proc. Amm., 1992, 171; OCCHIENA 
M., Controinteressato, intervento ad opponendum e opposizione di terzo: il processo amministrativo 
tra declamazione e applicazione, in Giur. It., 1993, III, 852; TIBERII M., La tutela del terzo al bivio tra 
rimedio dell�appello e/o dell�opposizione: una questione (non) solo di competenza, in Riv. Trim. Dir. 
Proc. Amm., 1999, 501.
370 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
Il controinteressato che partecipa al giudizio, peraltro, pu� limitarsi ad 
articolare mere argomentazioni difensive a sostegno della legittimit� del provvedimento 
impugnato oppure allargare il thema decidendum attraverso la proposizione 
di un ricorso incidentale (20) con cui dedurre ulteriori vizi del 
provvedimento impugnato dal ricorrente (o di altri diversi ad esso connessi) 
con funzione conservativa in quanto esclusivamente finalizzati a paralizzare 
la possibilit� di accoglimento del ricorso principale. 
Per completezza va, altres�, rilevato che in relazione al ricorso straordinario 
al Presidente della Repubblica � stato osservato (21) che i controinteressati 
formali e sostanziali pretermessi, in considerazione dell�impedimento 
alla possibilit� di chiedere la trasposizione del ricorso straordinario al Presidente 
della Repubblica in sede giurisdizionale e in deroga al principio generale 
che limita l�impugnativa giurisdizionale della decisione del Presidente ai soli 
errores in procedendo successivi al parere del Consiglio di Stato, dovrebbero 
poter impugnare la menzionata decisione anche per errores in iudicando. 
4. Le principali applicazioni giurisprudenziali. Gli atti amministrativi generali 
ed i regolamenti 
La giurisprudenza consolidata esclude la presenza di controinteressati in 
relazione ai giudizi di impugnazione di atti amministrativi generali o regolamenti 
che al di l� dell�etichetta formale abbiano natura sostanzialmente amministrativa, 
atteso che essi non attribuiscono vantaggi in modo specifico ad 
un individuo rispetto agli altri destinatari comuni dell�azione amministrativa 
e, quindi, non fanno emergere situazioni soggettive differenziate e qualificate 
alla conservazione delle scelte operate con l�atto (22). 
4.1. I piani urbanistici 
L�orientamento che esclude la presenza di controinteressati in relazione 
ad atti amministrativi generali o regolamentari � stato confermato anche in relazione 
alle impugnative di piani urbanistici. 
(20) Il ricorso incidentale va notificato entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito 
del ricorso principale e depositato in segreteria nei dieci giorni successivi all�ultima notifica (art. 37, 
R.D. 26 giugno 1924, n. 1054). 
Secondo l�Adunanza Plenaria nei processi regolati dal rito speciale accelerato il termine per la notifica 
del ricorso incidentale � dimezzato (Cons. Stato, ad. plen., 31 maggio 2002, n. 5). 
(21) IMMORDINO M., Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, in SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, 
526. 
(22) Cons. Stato, Sez. VI, 10 gennaio 2002, n. 112; Id., ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2; Id. 9 giugno 
1994, n. 483; Id., Sez. IV, 27 gennaio 1994, n. 67; Id., Sez.V, 14 dicembre 1992, n. 1472; Id., Sez. VI, 
12 dicembre 1992, n. 1052; Id., Sez. IV, 1086/1981; Id., Sez. IV, 495/1976; Id., Sez. IV, 27 gennaio 
1976, n. 42; Id., Sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041; Id., Sez. IV, 28 ottobre 1975, n. 932.
DOTTRINA 371 
Si � persino escluso che i soggetti nominativamente indicati negli stessi 
possano acquisire la qualit� di controinteressati. 
L�Adunanza Plenaria ha, difatti, affermato che �i proprietari di aree contemplati 
dal piano regolatore non hanno la posizione formale di controinteressati 
nei confronti del ricorso giurisdizionale proposto contro il piano stesso, 
e non sussiste quindi l�obbligo per il ricorrente di notificare ad essi il ricorso, 
ci� in quanto l�interesse qualificato, che costituisce la premessa per il riconoscimento 
della posizione di controinteressato, deve essere espressamente 
tutelato dal provvedimento e oggettivamente percepibile come un vantaggio, 
indipendentemente dall�interesse perseguito dal ricorrente, cosa che non � 
rinvenibile nel piano regolatore, la cui funzione esclusiva � quella di predisporre 
un ordinato assetto del territorio comunale, prescindendo dalla posizione 
dei singoli proprietari di aree, e le cui previsioni urbanistiche - fatta 
eccezione per l�imposizione di vincoli espropriativi o preordinati all�espropriazione 
- sono insuscettibili di essere valutate in senso sfavorevole o favorevole 
dal proprietario dell�area� (23). 
(23) Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2. 
Per meglio comprendere le argomentazioni della Plenaria si riporta qui di seguito il passaggio della decisione 
�Deve in secondo luogo verificarsi l'integrit� dei contraddittorio di primo grado, in ragione 
dell'asserita esistenza di controinteressati non intimati, sebbene manchi la deduzione di una specifica 
censura in tal senso nell'atto di appello. Infatti, in difetto di una specifica pronuncia sul punto da parte 
del giudice di primo grado, ben pu� il giudice d'appello esaminare la questione anche d'ufficio, ovvero, 
come nella specie, a seguito di sollecitazione di alcune parti (Ferrovie dello Stato, COMMADE.MI. e 
Impresa Rambelli). 
Ai fini dell'individuazione dei soggetti controinteressati in generale la giurisprudenza consolidata richiede 
il concorso di due elementi. 
L'elemento sostanziale, necessario ma non sufficiente, consiste nella titolarit� di un interesse qualificato 
alla conservazione del provvedimento impugnato, ossia di una situazione giuridica soggettiva analoga 
(ma di segno opposto) a quella che pu� esser fatta valere da un ricorrente. 
L'elemento formale ricorre allorch� l'atto impugnato direttamente si riferisca ai soggetti coinvolti. La 
giurisprudenza ha, peraltro, chiarito che non occorre l'indicazione nominativa nell'atto, purch� i soggetti 
controinteressati siano agevolmente individuabili (Ad.plen., 28 settembre 1987, n. 22). 
In applicazione dei principi generali sopra enunciati la giurisprudenza ha con numerose pronunce 
escluso la configurabilit� di controinteressati rispetto all'impugnazione di piani regolatori generali 
(Cons. Stato, sez. IV, 14 novembre 1975, n. 1041; id., 27 gennaio 1976, n. 42; id., 30 settembre 1976, n. 
827; id., 17 gennaio 1978, n. 1 l; id., 27 febbraio 1979, n. 15 l; id., 11 maggio 1979, n. 312; id., 18 
marzo 1980, n. 27; id., 7 giugno 1984, n. 434; id., 23 novembre 1985, n. 563) o di piani per l'edilizia 
economica e popolare (Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 1979, n. 985) o di piani degli insediamenti 
produttivi (Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 1989, n. 234). 
Alcune decisioni si sono discostate da tale orientamento, con riferimento a un p.i.p. in cui era gi� prevista 
l'impresa beneficiaria dell'espropriazione di aree (Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 1991, n. 384) o 
con riguardo a fattispecie in cui l'oggetto del contendere era proprio la posizione di relativo vantaggio 
attribuita a un terzo determinato dallo strumento urbanistico generale. In particolare, in un caso il ricorrente 
sosteneva che su di un terreno dovesse essere imposto un vincolo di inedificabilit� assoluta intorno 
a un depuratore (Con. Stato, sez IV, 29 gennaio 1993, n. 123), nell'altro il ricorrente lamentava 
che l'immobile del vicino fosse stato inserito all'interno della zona di completamento con l'effetto di 
renderlo conforme alle previsioni urbanistiche (Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 1995, n. 304). 
L�orientamento largamente prevalente, secondo cui in materia di strumenti urbanistici va esclusa, al
372 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
L�orientamento � stato successivamente confermato dalla stessa Plenaria 
che ha rigettato l�eccezione di inammissibilit� del ricorso (per omessa notifica 
ai controinteressati) affermando che �deve escludersi la configurabilit� di soggetti 
controinteressati all'impugnazione di un piano regolatore generale indipendentemente 
da complesse vicende particolari (come la convenzione 
stipulata il 30 gennaio 1958 tra il Comune e l�Amministrazione delle Ferrovie 
dello Stato, il ricorso giurisdizionale proposto dall'Amministrazione avverso 
la variante generale al P.R.G. approvata il 26 febbraio 1980 e le decisioni del 
T.A.R. e del Consiglio di Stato), la cui ricostruzione costituirebbe un onere 
eccessivamente gravoso per i soggetti che intendano ricorrere: in altri termini 
momento dell'impugnazione, la configurabilit� di interessi qualificati alla loro conservazione, merita 
di essere confermato, indipendentemente dalla natura dell'interesse legittimo fatto valere dal ricorrente. 
Vero � che, quando questi persegua l'eliminazione di una previsione che pone le premesse per un'espropriazione 
di un suo immobile o ne limiti le facolt� di godimento, si coglie pi� chiaramente il carattere 
riflesso e talvolta eventuale degli effetti sfavorevoli dell'annullamento per i terzi, mentre tali effetti sembrano 
emergere dalla stessa impostazione dell'impugnazione allorch� il ricorrente contesti scelte urbanistiche 
che consentono lo sfruttamento economico di aree altrui. 
Va, per�, considerato che l'interesse qualificato, che costituisce la premessa per il riconoscimento della 
posizione di controinteressato in senso formale, deve essere espressamente tutelato dal provvedimento 
e oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente dall'interesse perseguito dal ricorrente. 
Tali requisiti non ricorrono nel caso dello strumento urbanistico. 
In primo luogo la sua funzione esclusiva e quella di predisporre un ordinato assetto del territorio comunale, 
prescindendo dalle posizioni dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi 
possano derivare dalla pianificazione. 
In secondo luogo, fatta eccezione per l'imposizione di vincoli espropriativi o preordinati all'espropriazione, 
la previsione urbanistica � per sua natura suscettibile di essere valutata in senso favorevole o 
sfavorevole dal proprietario dell'area. Ad esempio questi potrebbe ritenere eccessivamente restrittivi i 
limiti imposti all'edificazione e impugnare autonomamente il piano, sia pur perseguendo un interesse 
opposto a quello di chi mira a far imporre una destinazione a verde pubblico. In concreto soltanto la 
valutazione soggettiva del proprietario dell'area pu� condurre a una impugnazione autonoma del piano, 
a un intervento adesivo all'altrui impugnazione o a un intervento ad opponendum, come � avvenuto nel 
caso in esame. 
In conclusione, indipendentemente dalla questione della agevole individuabilit� dei proprietari delle 
aree contemplate dal piano, deve escludersi che i ricorrenti in primo grado avessero l'onere di notificare 
loro, a pena di inammissibilit�, il gravame. �, quindi, irrilevante la circostanza che, almeno uno di tali 
proprietari (le Ferrovie dello Stato) fosse nominativamente indicato negli atti impugnati. 
Occorre, infine, chiarire, in relazione ai dubbi prospettati nell'ordinanza di rimessione, che non � contraddittorio 
negare (per ragioni sostanziali e non per difetto di identificazione o di agevole identificabilit� 
ai proprietari la qualit� di controinteressati al ricorso di primo grado e riconoscere agli stessi la 
qualit� di parti sostanziali, titolari di autonoma legittimazione all'appello. 
L'interesse diretto e personale riconosciuto alle societ� M.G. e Residenza Francesca, allorch� si � respinta 
l'eccezione di inammissibilit� dell'appello per difetto di legittimazione, non �, infatti, il medesimo 
interesse che, sotto il profilo sostanziale, avrebbe comportato oggettivamente la qualit� di controinteressato 
delle stesse societ�, ma � un interesse qualificato, oltre che dalla titolarit� di un diritto di propriet�, 
anche dalla volont� di conservazione del piano manifestata con l'intervento ad opponendum 
spiegato in primo grado. Solo con un comportamento processuale successivo alla proposizione del ricorso 
(e quindi irrilevante ai fini della sua ammissibilit�) le societ� predette hanno operato una scelta 
che ha fatto emergere un interesse contrario al suo accoglimento� (Cons. Stato, A.P., 8 maggio 1996, 
n. 2).
DOTTRINA 373 
il Collegio, allorch� con la decisione parziale ha affermato in generale che 
l'interesse del controinteressato deve essere espressamente tutelato dal provvedimento 
e oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente 
dall'interesse perseguito dal ricorrente, non ha inteso porre a carico 
dei ricorrenti l'onere di eseguire laboriose ricerche su contratti e giudizi concernenti 
altre persone, ma ha escluso che rispetto all'impugnazione di qualsiasi 
piano regolatore generale possa configurarsi un soggetto 
controinteressato� (24). 
4.2. Procedure concorsuali e ad evidenza pubblica. L�impugnazione degli atti 
di esclusione da un concorso o da una procedura ad evidenza pubblica 
Per giurisprudenza costante in relazione all�impugnazione dell�atto di 
esclusione da un concorso pubblico o da una procedura di evidenza pubblica 
non sono configurabili controinteressati. 
Tali non sarebbero n� gli altri esclusi (�nel ricorso proposto contro il 
provvedimento di esclusione da un concorso per l�accesso ad un impiego pubblico 
non rivestono la qualit� di controinteressati gli altri concorrenti parimenti 
esclusi essendo essi stessi legittimati a proporre autonomo gravame� 
(25) ) n� gli ammessi (�non sono ravvisabili controinteressati in senso tecnico 
ai quali debba essere notificato il ricorso rispetto all�impugnazione del provvedimento 
di ecslusione da procedura concorsuale� (26) ). 
4.2.1. (Segue) L�impugnazione della graduatoria di un concorso o dell�atto 
di aggiudicazione di una gara 
Quando la procedura concorsuale o ad evidenza pubblica giunge al suo 
esito con l�approvazione rispettivamente della graduatoria dei vincitori e dell�aggiudicazione 
la giurisprudenza, per converso, afferma la sussistenza di 
controinteressati in relazione alle impugnative spiegate avverso i menzionati 
atti conclusivi. 
Con particolare riferimento alla graduatoria del concorso, si sostiene costantemente 
che il contraddittorio sia integro solo ove siano intimati tutti i soggetti 
risultati vincitori secondo la graduatoria impugnata (27). 
(24) Cons. Stato, ad. plen., 21 luglio 1997, n. 14; in termini Cons. Stato, Sez. IV, 22 giugno 2000, 
n. 3489; Cons. Stato, Sez. IV, 18 maggio 1998, n. 827. 
(25) Cons. Giust. Amm. Sic., 4 dicembre 1998, n. 676. 
(26) Cons. Giust. Amm. Sic., 29 gennaio 1998, n. 19; in termini Cons. Stato, Sez. II, 28 giugno 
1995, n. 1860. 
(27) �Nel ricorso proposto contro la graduatoria di un concorso assumono la posizione di controinteressati, 
cui il ricorso va notificato, tutti i vincitori, avendo gli stessi un interesse qualificato a 
mantenere la posizione conseguita� (Cons. Stato, Sez. VI, 28 aprile 1998, n. 559; in termini Cons. Stato, 
Sez. VI, 26 giugno 1998, n. 676).
374 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
In queste ipotesi, attese le difficolt� di notifica a tutti i controinteressati, 
la giurisprudenza normalmente autorizza la notifica per pubblici proclami, 
fermo restando la necessit� di provvedere alla notifica individuale nei confronti 
dell�ultimo graduato (�in caso di impugnazione della graduatoria di un concorso 
il contraddittorio in primo grado non � correttamente instaurato e la 
sentenza pronunciata va annullata con rinvio qualora il primo giudice, in sede 
di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, non abbia ordinato la 
notificazione individuale del ricorso ai sensi dell�articolo 14 R.D. 642/1907 
(art. 150 c.p.c) all�ultimo graduato, in considerazione della posizione differenziata 
di questi rispetto a quella degli altri controinteressati utilmente collocati 
in graduatoria� Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 1990, n. 106). 
Peraltro, il ricorrente potrebbe anche avere difficolt� ad individuare gli 
indirizzi dei vincitori che normalmente non risultano dalle graduatorie di concorso. 
Al fine di agevolare l�attivit� del ricorrente, che costituisce pur sempre 
esplicazione del diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto, l�Amministrazione 
sarebbe tenuta ad un�attivit� collaborativa volta a fornire le necessarie 
informazioni. Questa soluzione � stata condivisa da una parte della 
giurisprudenza amministrativa (28) che ha enucleato un vero e proprio dovere 
dell�Amministrazione al riguardo, sicch� ove la P.A. non dia al privato tutti 
gli elementi informativi atti a consentire al ricorrente l�individuazione dei controinteressati, 
il ricorso non potrebbe essere dichiarato inammissibile per 
omessa notifica alla parte necessaria. 
Con particolare riferimento alle impugnazioni relative alle procedure ad 
evidenza pubblica vanno distinte le ipotesi in cui venga impugnato l�atto di 
aggiudicazione da quelle in cui sia proprio l�aggiudicatario (in via provvisoria) 
che si dolga della mancata aggiudicazione definitiva. 
Ove, come nelle procedure di evidenza pubblica, il �vincitore� sia esclusivamente 
uno (l�aggiudicatario), l�impugnazione dell�aggiudicazione vede 
come controinteressato esclusivamente l�impresa aggiudicataria (29). 
La giurisprudenza � consolidata (�l�inconfigurabilit� di controinteressati rispetto ad atti iniziali o infraprocedimentali 
di una procedura concorsuale o paraconcorsuale pu� essere utilmente invocata solo 
quando l�impugnazione venga proposta prima dell�emanazione dell�atto conclusivo del procedimento 
(la graduatoria); nel caso in cui l�impugnazione viene per qualsiasi motivo proposta dopo l�emanazione 
del provvedimento conclusivo e contestualmente all�impugnativa di questo, il ricorso deve essere notificato 
a tutti i controinteressati quali individuabili dal provvedimento conclusivo, atteso che l�annullamento 
anche parziale dei criteri di massima sulla cui base � compilata la graduatoria comporta 
l�annullamento o la modifica della graduatoria e i controinteressati sono ben individuati o individuabili� 
- Cons. Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1041). 
(28) Cons. Giust. Amm. Sic. 28 luglio 1988, n. 130. 
(29) �Nel giudizio avente ad oggetto gli esiti di una gara per l�appalto di opere pubbliche l�unico 
controinteressato, al quale il ricorso deve essere notificato a pena di inammissibilit�, � l�impresa aggiudicataria, 
trattandosi dell�unico soggetto che dall�esecuzione dei provvedimenti impugnati riceve 
un concreto attuale vantaggio� Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 1998, n. 1093; Cons. Stato, Sez. V, 13 
gennaio 1999, n. 22; Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 1999, n. 2117.
DOTTRINA 375 
Nei giudizi aventi ad oggetto l�impugnazione da parte dell�aggiudicatario 
(provvisorio) del diniego di aggiudicazione definitiva, la giurisprudenza ritiene 
che non sussistono controinteressati (30). 
4.3. L�impugnazione dei giudizi di avanzamento in carriera dei militari 
La giurisprudenza � assolutamente costante e consolidata nell�affermare 
che �nei ricorsi contro i giudizi di avanzamento a scelta degli ufficiali non 
sono individuabili controinteressati, atteso che l�eventuale accoglimento del 
ricorso comporta, secondo il meccanismo predeterminato dalla legge (articolo 
54 l. 12 novembre 1955, n. 1137), solo l�annullamento della valutazione nella 
parte in cui si riferisce al ricorrente senza modificazione dell�esito per quanto 
attiene alla promozione degli altri ufficiali, con l�ulteriore conseguenza che 
l�eventuale promozione del ricorrente avviene in soprannumero e non comporta 
la fuoriuscita dal quadro di avanzamento di coloro che sono stati gi� 
promossi a norma dell�articolo 54, lett.b), l. 12 novembre 1955, n. 1137; pertanto, 
i pari grado del ricorrente che sono iscritti nel quadro di avanzamento 
(ma anche gli ufficiali scrutinati che precedono il ricorrente nella medesima 
graduatoria) non sono parti necessarie del giudizio� (31). 
4.4. Le impugnazioni degli atti di controllo. La posizione dell�amministrazione 
controllata in relazione all�impugnazione da parte del terzo beneficiario dell�atto 
di controllo negativo 
In linea generale, con riferimento agli atti di controllo negativo, si � posto 
il problema se l�amministrazione controllante possa essere considerata controinteressata 
in relazione al ricorso giurisdizionale proposto dal privato. La 
Plenaria del Consiglio di Stato (32), recependo l�orientamento tradizionale 
(33), ha chiarito che l�Amministrazione vistasi annullare un provvedimento 
in sede di controllo � cointeressata in relazione al giudizio d�impugnazione 
(30) �Nel ricorso contro il diniego di aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici proposto 
dall�impresa che al termine della gara si era classificata al primo posto, non pu� essere riconosciuta 
la qualit� di controinteressato alle altre imprese che, in quanto collocate in posizione meno favorevole, 
da esse non contestata, non potrebbero dall�esito del giudizio vedere svanire o rafforzarsi il loro interesse 
ad un eventuale scorrimento della graduatoria stessa, giacch� il detto interesse non � direttamente collegato 
alla sorte dell�atto impugnato ma ad altri e successivi atti dell�amministrazione� Cons. Stato, 
Sez. V, 13 gennaio 1999, n. 22. 
(31) Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 1998, n. 929; Sez. IV, 11 marzo 1997, n. 239; Sez. IV, 23 novembre 
1996, n. 1241; Sez. IV, 18 aprile 1995, n. 249; Sez. IV, 23 maggio 1988, n. 427; Sez. IV, 13 
aprile 1987, n. 230; Sez. IV, 14 luglio 1987, n. 436; Sez. IV, 16 giugno 1986, n. 422. 
(32) Cons. Stato, ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9. 
(33) L�orientamento tradizionale, osservando che l�Amministrazione controllata � titolare di un 
interesse adesivo e parallelo a quello del ricorrente in quanto l�accoglimento del ricorso conduce al ripristino 
dell�efficacia del provvedimento caducato per effetto del controllo negativo, aveva sempre
376 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
dell�atto negativo di controllo introdotto dal terzo beneficiario del provvedimento 
caducato dall�autorit� tutoria. L�Amministrazione controllata, difatti, 
vantando un interesse alla conservazione del provvedimento annullato di segno 
analogo a quello del ricorrente, avrebbe dovuto anch�essa impugnare nei termini 
decadenziali l�atto negativo di controllo. Quindi, in questa ipotesi, l�interesse 
dell�Amministrazione controllata non � quello tipico del 
controinteressato (che � sostanzialmente opposto a quello dell�interessato), 
bens� quello che normalmente consente di proporre un ricorso in via principale. 
Peraltro, l�omissione di ogni iniziativa processuale da parte dell�Amministrazione 
nei termini decadenziali, non potrebbe essere sanata attraverso un atto 
di intervento (intempestivo) atteso che, in presenza di una situazione soggettiva 
che radica la legittimazione a ricorrere, � di regola esclusa quella ad intervenire 
in quanto gli interessi che le giustificano sono eterogenei e non 
sovrapponibili (34). 
escluso che la P.A. controllata potesse essere considerata parte necessaria controinteressata essendo quest�ultima 
fisiologicamente titolare dell�interesse alla difesa del proprio provvedimento negativamente 
riscontrato (in questi termini Cons. Stato, Sez. IV, 17 gennaio 1995, n. 16; Id., Sez. VI, 9 ottobre 1991, 
n. 622; Id., Sez. IV, 30 ottobre 1979, n. 877). 
L�orientamento contrario (Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 1994, n. 609; Id., Sez. IV, 20 aprile 1993, n. 
443; Id., Sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 209; Id., Sez. IV, 16 maggio 1985, n. 184; Id., Sez. IV, 17 novembre 
1984, n. 858), per converso, ritenendo controinteressata l�Amministrazione controllata, dichiarava inammissibili 
i ricorsi non notificati a quest�ultima nelle ipotesi in cui la P.A.: a) avesse ricevuto un beneficio 
economico dal provvedimento di controllo negativo; b) si fosse trovata in effettivo contrasto di interessi 
con il ricorrente; c) avesse manifestato comportamenti adesivi. 
(34) �L�ente pubblico i cui atti sono sottoposti al controllo di altro organo ha un interesse alla 
conservazione in vita di tali atti identificabile nella tutela della propria attivit� volitiva, sia essa discrezionale 
o vincolata, compressa dall�atto negativo di controllo; pertanto, la posizione che nell�ambito 
del processo amministrativo assume l�amministrazione che ha emanato il provvedimento poi annullato 
in sede di controllo viene a coincidere con quella del soggetto al quale il provvedimento stesso avrebbe 
recato beneficio e non gi� con la posizione dell�organo di controllo al quale deve essere notificato il ricorso; 
ne consegue che l�ente controllato non assume la veste di controinteressato in senso tecnico nei 
riguardi del ricorso proposto dal beneficiario degli effetti dell�atto annullato e ci� nemmeno se dall�eventuale 
accoglimento del proposto gravame l�ente verrebbe sopportare un maggior onere finanziario 
atteso che l�amministrazione per il carattere pubblico che le � proprio � tenuta ad improntare la sua 
azione esclusivamente al rispetto della legge� (Cons. Stato, A.P., 21 giugno 1996, n. 9). 
La soluzione ha trovato adesioni nella giurisprudenza successiva (Cons. Stato, Sez. V, 23 agosto 2000, 
n. 4575; in termini Cons. Stato, Sez. V, 18 giugno 2001, n. 3213). 
Non �, tuttavia, mancata qualche manifestazione di dissenso relativa a fattispecie di adesione dell�Amministrazione 
controllata ai riscontri evidenziati da quella controllante rilevando che, in tali situazioni, 
potrebbe profilarsi un contrasto tra gli interessi del ricorrente e quelli della P.A. controllata (Cons. Stato, 
Sez. V, 23 gennaio 1998, n. 53, che riprende la posizione della sezione IV del Consiglio dell�8 ottobre 
1996, n. 1095). 
Sul punto non pu� essere sottaciuto che, secondo giurisprudenza costante, l�individuazione del soggetto 
controinteressato, che si concreta nell�accertamento della contestuale sussistenza in capo al soggetto 
dell�elemento formale (identificazione o identificabilit� risultante dal provvedimento impugnato) e di 
quello sostanziale (titolarit� di una situazione di interesse di segno omogeneo e contrario rispetto a quella 
del ricorrente principale), va effettuata in relazione al momento in cui l�atto amministrativo impugnato
DOTTRINA 377 
4.4.1. In caso di controllo positivo, nel giudizio di impugnazione dell�atto controllato, 
l�autorit� tutoria non � controinteressato 
In dottrina e in giurisprudenza � pacifico che gli atti di controllo positivo 
non siano autonomamente impugnabili in quanto privi di autonomia rispetto 
al provvedimento controllato e quindi non lesivi delle situazioni giuridiche 
soggettive incise dal provvedimento sottoposto a controllo (35) come pure che 
in queste fattispecie l�autorit� tutoria non sia controinteressata (36). 
4.5. Le impugnazioni degli atti di diniego e del silenzio-rifiuto 
Posto che il controinteressato � solo colui che abbia acquistato una determinata 
posizione giuridica in virt� e per conseguenza diretta dell�atto impugnato 
e che quindi si trovi a difendere dal richiesto annullamento una 
posizione attribuitagli da quell�atto (37 ) � generalmente affermata l�insussistenza 
di controinteressati in relazione alle impugnazioni di atti negativi di diniego 
(questi ultimi, come tutti i provvedimenti negativi, non creando posizioni 
nuove e limitandosi a confermare lo status quo, ledono direttamente solo il 
soggetto che ha richiesto il provvedimento non recando diretto e preciso vantaggio 
ad alcun altro soggetto (38) ), nonch� di quelle aventi ad oggetto il silenzio-
rifiuto, atteso che qui manca persino l�atto fonte di utilit� per eventuali 
terzi (la giurisprudenza ha assicurato la tutela del terzo attraverso il riconosciviene 
adottato, essendo irrilevante ogni sopravvenienza di fatto o di diritto. L�adesione dell�Amministrazione 
controllata ai riscontri dell�Autorit� tutoria � necessariamente successiva all�adozione dell�atto 
negativo di controllo impugnato e a nulla rileva che la prima, per la sopravvenienza fattuale (propria 
determinazione di adeguarsi alle indicazioni emergenti dall�atto di controllo), modifichi la propria situazione 
soggettiva che si trasforma in una posizione di interesse simile a quello dell�Autorit� controllante. 
Al tempo dell�adozione dell�atto di controllo impugnato, quindi, la P.A. controllata era 
cointeressata e tale rimane ai fini dell�applicazione della normativa sul contraddittorio nel processo amministrativo, 
non essendo il controinteressato sopravvenuto parte necessaria del giudizio amministrativo. 
La posizione di cointeressata dell�Amministrazione controllata ha consentito alla giurisprudenza di affermarne 
la legittimazione ad impugnare l�atto di controllo negativo e ad intervenire in senso adesivo 
nel giudizio da altri incardinato per l�annullamento dell�atto di controllo (Cons. Stato, Sez. IV, 8 ottobre 
1996, n. 1095; Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 1999, n. 1837). 
Giova rilevare che nel caso in cui l�Amministrazione controllata si sia adeguata alle indicazioni dell�organo 
tutorio, l�impugnativa va estesa a queste successive determinazioni, a pena di improcedibilit� del 
ricorso originario (avente ad oggetto l�atto di controllo negativo) per sopravvenuta carenza di interesse, 
essendo stata assorbita la lesivit� dell�atto di controllo negativo nel nuovo provvedimento di amministrazione 
attiva. 
(35) Cons. Stato, Sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3483; Id., Sez. V, 1� marzo 1993, n. 314; TAR Lazio, 
Sez. I, 4 luglio 1992, n. 1092. 
(36) Cons. Stato, Sez. V, 26 maggio 1997, n. 567. 
(37) Cons. Stato, ad. plen., 28 luglio 1956, n. 8. 
(38) Cons. Stato, Sez. IV, 2327/2003.
378 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 4/2009 
mento della sua legittimazione a proporre intervento ad opponendum (39)). 
Quest�ultimo orientamento potrebbe essere oggetto di rivisitazione ove 
si affermi un orientamento giurisprudenziale che, facendo leva sul testo del 
nuovo art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 come modificato dalla legge 14 
maggio 2005, n. 80 (di conversione del d.l. 14 marzo 2005, n. 35), ampli i poteri 
sindacatori del giudice amministrativo in relazione all�accertamento della 
fondatezza delle pretesa sostanziale del privato fino a predeterminare il contenuto 
del provvedimento che l�amministrazione dovr� adottare in quanto, in 
quest�ipotesi, i soggetti controinteressati potrebbero essere pregiudicati dal 
provvedimento richiesto dal ricorrente. Tale evoluzione, tuttavia, presupporrebbe 
che si dia rilievo ad una nozione di controinteressato meramente sostanziale 
finora ritenuta irrilevante dalla giurisprudenza amministrativa. 
4.6. La presentazione di esposti e denunce 
Secondo la giurisprudenza amministrativa, di regola, la presentazione di 
esposti e denunce non attribuisce di per s� la qualit� di controinteressato (40). 
(39) Cons. Stato, Sez. V, 13 aprile 1989, n. 214; Id., Sez. V, 19 settembre 1985, n. 301; Id., Sez. 
V, 23 luglio 1994, n. 805. 
(40) Cons. Stato, Sez. V., 207/1976; TAR Lazio, Sez. I, 468/1981; TAR Toscana 1061/1979.
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