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ANNO LX � N. 3 LUGLIO SETTEMBRE 2008 



PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



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COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi � Giuseppe Guarino 
Natalino Irti � Eugenio Picozza � Franco Gaetano Scoca. 

DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo � CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 

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Paolo Gentili � Antonio Palatiello � Massimo Santoro � Carlo Sica. 

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Luigi Gabriele Correnti � Giuseppe Di Gesu � Paolo Grasso � Pierfrancesco La Spina � Maria 
Vittoria Lumetti � Marco Meloni � Maria Assunta Mercati � Alfonso Mezzotero � Riccardo 
Montagnoli � Domenico Mutino � Nicola Parri � Adele Quattrone � Pietro Vitullo. 

SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Pioppi e Antonella Quirini 

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AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it � Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia � Printed in Italy 

Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 

Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Via Roberto Malatesta n. 296 - 00176 Roma 




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INDICE 
� 
SOMMARIO 


TEMI 
ISTITUZIONALI 


Avvicendamenti alla Corte costituzionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
1 
Saluto dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al Presidenteuscente della Corte costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Giu-
seppe Frigo � Corte costituzionale, udienza del 4 novembre 2008 
Saluto dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al nuovo Pre-
sidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e al nuovo giu-
dice Alessandro Criscuolo � Corte costituzionale, udienza del 18 
novembre 2008 


CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


Dimitris Liakopoulos, Giuseppe Mancini, La direttiva n. 2005/56/CE 
e
la nuova disciplina comunitaria delle fusioni transfrontaliere di societ� 
di capitali. . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
7 


Liliana Tessaroli, Dossier -Nuove aperture negli appalti in house e nelle 
societ� miste. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 32 


Daniele Rosato, I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: 
un passo avanti verso la concorrenza?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 71 


1.- Le decisioni 
Carolina Layek, Appalti pubblici: legittimazione ad agire 
singulatim 
da 
parte di imprese membri di una associazione temporanea. 
(Corte di 
Giustizia CE, sent. 4 ottobre 2007 nella causa C-492/06) . . . . . . . . . . . . . . . . . � 86 


2.- I giudizi in corsoWally Ferrante, Agricoltura, causa C-343/07. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 94 
Wally Ferrante, Aiuti di Stato, causa C-415/07 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 101 
Wally Ferrante, Spazio di libert�, sicurezza e giustizia, causa C-444/07 . . . . � 105 
Sergio Fiorentino, Libera prestazione dei servizi, causa C-138/08. . . . . . . . . . � 108 
Giuseppe Albenzio, Libera circolazione delle merci, causa C-158/08 . . . . . . � 116 
Giuseppe Albenzio, Giustizia e affari interni, cause riunite da C-175/08 
a C-179/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 123 
Giuseppe Fiengo, Libera prestazione dei servizi, causa C-196/08 . . . . . . . . . � 131 
Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, causa C-218/08 . . . . . . . . . . . . . � 134 
Giuseppe Fiengo, Spazio di libert�, sicurezza e giustizia, causa C-261/08 . . .� 138 
Giacomo Aiello, Ambiente e consumatori, causa C-297/08 . . . . . . . . . . . . . � 142 
Sergio Fiorentino, Aiuti di Stato, causa T-53/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 156 


CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
GiuseppeFiengo,Limitiallacapacit�giuridicaperleimpresepubblichechegestisconoservizipubblicilocali(CorteCost.,sent.1agosto2008n.326)....
. 
.
� 
167 




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Alessandro 
Nastri, 
Inderogabilit� 
del 
foro 
erariale 
(anche 
a 
fronte 
di 
unaeccezione 
incompleta) 
(Cassaz.
, 
sez. 
III 
civ.
, 
ord. 
7 
agosto 
2008 
n. 
21413) 
. 
. 
pag. 
181 


Massimo Bachetti, Alessandra Bruni, Tullio Matteo Rubera, Le forze 
multinazionali all�estero e l�immunit� penale dei militari: il caso�Calipari� 
(Corte d�Assise di Roma, sez. III, sent. 25 ottobre 2007 n. 21; 
Cassaz. Penale, sez. I, sent. 24 luglio 2008 n. 31171) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 184 


Valeria Camilli, La natura giuridica degli enti fiera 
(T.A.R. Lazio, sez. 
III ter, sent. 1 aprile 2008 n. 2779) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 214 


Alessandro Nastri, Obbligo di motivazione sulla valutazione delle prove
di concorso: il punteggio alfanumerico non basta 
(T.A.R. Campania, 
Napoli, sez. V, sent. 2 settembre 2008, n. 9992) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 226 


PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 233 


CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 


Roberto Antillo, Considerazioni critiche e spunti di riflessione sul sistema 
delle notifiche a mezzo posta (Art. 7 della legge 20 novembre 1982


n. 890, come modificato dall�art. 36, co.2-quater 
e 2-quinques 
della 
legge 28 febbraio 2008 n. 31). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 275 
INDICI 
SISTEMATICI 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 283 




TEMIISTITUZIONALI
Avvicendamenti alla Corte costituzionale 


Saluto dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al Presidenteuscente della Corte costituzionale Franco Bile e al nuovo giudiceGiuseppe Frigo 


�Signor Presidente, signori giudici,

� per me ancora una volta un onore ed un piacere porgere, a nome ditutta l�Avvocatura dello Stato e mio personale, un saluto a Lei, signorPresidente Franco Bile, in occasione del Suo commiato dalla Corte a distan-
za di oltre due anni dall�insediamento al vertice del supremo organo digaranzia costituzionale. 

� inoltre un privilegio dare il benvenuto al nuovo giudice costituziona-
le, Prof. Giuseppe Frigo, eletto con vastissimo consenso parlamentare, gra-
zie al quale l�organico della Corte, che dal maggio 2007 ha lavorato a ranghiridotti, � stato finalmente ricomposto.

1.1 Le qualit� professionali e personali dell�insigne giurista Franco Bilesono state gi� ampiamente illustrate dal Prof. Flick e, al momento della suanomina a Presidente della Corte costituzionale nel settembre 2006, avevo gi�ricordato il suo prezioso contributo scientifico prima quale alto magistratogiunto 
sino 
alla 
carica 
di 
Primo 
Presidente 
Aggiunto 
della 
Corte 
diCassazione e poi come componente della Corte costituzionale, in seno allaquale, sin dal novembre 2005, ha ricoperto l�incarico di Vice Presidente.
In questa sede, mi limiter� a ricordare l�autorevole apporto fornito allagiurisprudenza costituzionale e l�equilibrato impulso impresso nell�affronta-
re le delicate questioni che si sono presentate all�esame della Corte duranteil biennio in cui ha ricoperto l�incarico di Presidente. 

Si � trattato di un mandato di un certo respiro temporale che ha consen-
tito al Presidente Bile di conferire continuit� e stabilit� a principi vecchi enuovi e di interpretare al meglio, a mezzo dei provvedimenti adottati sia inqualit� di Presidente che di relatore, l�essenza dell�istituzione di garanziaposta direttamente dalla Costituzione a presidio dei diritti fondamentali dallastessa proclamati. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


L�imparzialit� e l�indipendenza di giudizio hanno da sempre caratteriz-
zato la funzione dei giudici costituzionali e il Presidente Bile � stato fedele atale connaturale vocazione, assicurando alla Corte nel suo complesso quel-
l�altissimo ruolo di custode e garante dei valori costituzionali che celebranoquest�anno il loro sessantennio.

In un sistema che sconta le strutturali carenze dell�amministrazione dellagiustizia, che assegnano all�Italia il triste primato nella durata dei processi,
la Corte costituzionale, sotto la presidenza di Franco Bile, ha registrato uncospicuo aumento dei giudizi definiti, che consente di stimare in meno di unanno i tempi medi di durata del contenzioso costituzionale, anche grazie allarazionalizzazione della formazione del ruolo delle udienze mediante accor-
pamento di questioni identiche o simili.

Consentitemi una breve carrellata sulle decisioni pi� rilevanti pronuncia-
te nell�ultimo biennio, quello appunto della presidenza di Franco Bile.

1.2 Tra i giudizi in via incidentale, possiamo ricordare le sentenze intema di parit� tra i coniugi in merito al cognome spettante al figlio legittimo
(n. 61/2006 e 254/2006) e quelle in materia di immigrazione e di condizionegiuridica degli stranieri non comunitari, che testimoniano l�evoluzione socio
� culturale e la graduale apertura delle frontiere di un Paese che storicamen-
te si caratterizzava per la sua forte emigrazione. 
Particolarmente significative sono anche le decisioni che hanno traccia-
to i limiti di ammissibilit� dello spoil system 
in ambito statale e regionale 
(sentenze n. 103/2007 e 104/2007).

In materia penale, hanno rivestito un notevole impatto nella riafferma-
zione del principio della parit� delle parti e, rispettivamente, nella definizio-
ne del confine tra tutela della privacy ed esigenze processuali, da un lato, ledeclaratorie di incostituzionalit� della inappellabilit� da parte del pubblicoministero delle sentenze penali di proscioglimento (sentenze n. 26/2007 e320/2007) e, dall�altro, la pronuncia in tema di utilizzabilit� delle intercetta-
zioni telefoniche nei confronti di indagati non parlamentari quando la con-
versazione sia avvenuta con un parlamentare (sentenza n. 390/2007). 

Particolarmente innovativa � stata inoltre, nel delineare i rapporti e gliequilibri tra poteri dello Stato, la sentenza che, nel solco gi� tracciato inmerito all�illegittimit� della reiterazione dei decreti legge, ha sancito la sin-
dacabilit�, ad opera della Corte costituzionale, della sussistenza dei presup-
posti di necessit� e urgenza di un decreto legge adottato dal Governo malgra-
do l�avvenuta conversione in legge da parte del Parlamento (n. 171/2007).

1.3 Nell�ambito del contenzioso regionale (che, come di consueto, haparticolarmente investito le leggi finanziarie, fenomeno che sembra puntual-
mente riproporsi con la nuova recentissima manovra finanziaria � d.l. 112/08conv. in legge 133/08), va registrata una netta inversione di tendenza rispet-
to alla impennata che aveva caratterizzato i giudizi sui conflitti di attribuzio-
ne dopo la riforma del titolo 
V 
della Costituzione del 2001. 
Nel corso del 2007 tali giudizi sono notevolmente diminuiti, tanto daconsentire un ritorno alla consueta proporzione tra ricorsi in via principale ericorsi in via incidentale, probabilmente grazie al graduale adeguamento, 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


tanto dello Stato quanto delle Regioni, ai principi enucleati dalla giurispru-
denza costituzionale, in particolare al canone di leale collaborazione. 

Circa i conflitti di attribuzioni tra poteri dello Stato, non si pu� nonaccennare alle decisioni, di cui pure � stato attento relatore il Presidente Bile,
in tema di insindacabilit� delle opinioni espresse dai parlamentari nell�eser-
cizio delle loro funzioni ai sensi dell�art. 68 della Costituzione, notevolmen-
te ridimensionata ove tali opinioni siano state manifestate extra moenia 
inassenza di un nesso funzionale con l�espletamento delle funzioni di parla-
mentare, come in una testimonianza in un processo penale (sentenza n.
329/2006) o in un articolo pubblicato su un settimanale (sentenza n.
373/2006).

1.4 La Corte costituzionale ha dovuto inoltre confrontarsi con il progres-
sivo allargamento dello scenario in cui � chiamata ad operare, aprendosi aipi� vasti orizzonti sopranazionali.
Fermo che il diritto comunitario direttamente applicabile prevale suldiritto interno incompatibile, con il solo limite della sua conformit� ai prin-
cipi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inaliena-
bili della persona umana (da ultimo, sentenza n. 284/2007), la Corte ha perla prima volta affermato, la possibilit� per essa di avvalersi, nei giudizi in viaprincipale in cui � giudice unico della questione, del rinvio pregiudiziale allaCorte di giustizia europea, ove sorgano dubbi di conformit� della legge inter-
na con la normativa comunitaria, prerogativa prima riservata esclusivamen-
te, dalla stessa Corte, al giudice della causa a quo.

In tale contesto, sono altrettanto innovative le sentenze che hannodichiarato l�illegittimit� costituzionale delle norme sui criteri di determina-
zione dell�indennit� di espropriazione (n. 348/2007) e del risarcimento deldanno in caso di occupazione appropriativa (n. 349/2007), ritenute non con-
formi alle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell�uomo, daconsiderarsi �norme interposte� integrative del parametro costituzionale,
come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Questi brevi cenni alle decisioni che ho ritenuto pi� significative nell�ul-
timo biennio rappresentano solo un�esemplificazione della ben pi� cospicuae complessa opera svolta dalla Corte, nella quale il presidente Bile ha potu-
to esprimere tutta la sua competenza e il suo equilibrio, lasciando un�impron-
ta particolarmente marcata e duratura.

Grazie, quindi, Presidente Bile, per l�alta opera che Ella ha svolto abeneficio di tutti gli operatori del diritto e dei cittadini. E grazie � mi consen-
ta Signor Presidente � per la Sua preziosa amicizia in questi anni, che mi haparticolarmente onorato.

2.1 Con la nomina del Prof. Giuseppe Frigo, la Corte si arricchisce delbagaglio di esperienza professionale di un eminente giurista, la cui persona-
lit� si � espressa autorevolmente nella vita concreta del diritto e nel mondoscientifico, sia come avvocato penalista che come docente universitario.
Presidente dell�Unione delle Camere penali per due mandati consecutivi, hacontribuito alla stesura del codice di procedura penale ed � stato promotoredella battaglia che ha portato all�inserimento nella Carta costituzionale del 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


principio del �giusto processo� sancito dal nuovo art. 111, fornendo un con-
tributo decisivo alla definizione della linea di demarcazione tra il potere pub-
blico e le libert� individuali nell�ambito di un processo improntato al rispet-
to delle garanzie di imparzialit� ed indipendenza. 

Autore di numerosi scritti di diritto processuale penale, il Prof. Frigo,
dando prova di una spiccata sensibilit� internazionalistica, ha nel tempoorientato i suoi studi, i suoi insegnamenti ed i suoi preziosi contributi scien-
tifici nel campo del diritto processuale penale comparato ed europeo, parte-
cipando come relatore alla stesura del disegno di legge delega per l�attuazio-
ne in Italia della Decisione quadro del 13 giugno 2002 sul mandato d�arrestoeuropeo.

2.2 Moltissimi i processi di grande rilievo in cui � stato protagonista: frai tanti, dalla difesa del finanziere Gnutti nel processo per la scalata alla bancaAntonveneta, alla costituzione di parte civile nel processo per il sequestrodell�imprenditore Soffiantini, alla difesa di Adriano Sofri per ottenere larevisione del processo per l�omicidio del commissario Calabresi. E in que-
st�aula � ricordo � ha rappresentato le ragioni del Governo degli Stati Unitid�America in una questione attinente alla legittimit� dell�estradizione versoquel Paese per delitti puniti con la pena capitale.
Grazie alle evidenti doti di equilibrio, al suo eccellente profilo professio-
nale e alla vastissima competenza in un campo del diritto particolarmentedelicato e rilevante, il Prof. Frigo certamente contribuir� a consolidare ilruolo insostituibile della Corte costituzionale di garante dei principi che fon-
dano la societ� civile e lo Stato di diritto.

Al neo giudice e a tutti i suoi componenti, quindi, i miei migliori auguridi buon lavoro a beneficio dell�intera collettivit��.

Corte costituzionale, udienza del 4 novembre 2008. 


Saluto dell�Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al nuovoPresidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e al nuovogiudice Alessandro Criscuolo 


�Signor Presidente, signori giudici,

rivolgo, a nome di tutta l�Avvocatura dello Stato e mio personale, le pi�vive congratulazioni al nuovo Presidente della Corte costituzionale Prof.
Giovanni Maria Flick e un caloroso benvenuto al nuovo giudice costituzio-
nale eletto dalla Corte di cassazione, il magistrato Alessandro Criscuolo.

1. La vasta e multiforme esperienza professionale del Prof. Flick, sem-
pre improntata all�eccellenza in ogni ruolo ed incarico ricoperto nel corsodella brillante carriera di giurista a tutto tondo, ha costituito il naturale titoloper la nomina al vertice del supremo organo di garanzia costituzionale, dopoche lo stesso ha ricoperto da ormai tre anni la carica di Vice Presidente.
Da magistrato requirente e giudicante, a professore universitario di dirit-
to penale e di procedura penale, da avvocato penalista a rappresentante del 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


Governo italiano nella Convenzione per la redazione della Carta dei dirittifondamentali dell�Unione europea, il Prof. Flick ha altres� ricoperto la pre-
stigiosa e delicata carica di Ministro Guardasigilli, arricchendo il mondo deldiritto con i suoi preziosi contributi scientifici, dispensati nell�esercizio dellefunzioni di volta in volta assunte.

La 
nomina 
a 
giudice 
costituzionale, 
e 
ora 
a 
Presidente 
della 
stessa, 
sono 
stati 
il 
logico 
coronamento 
di 
un 
percorso 
professionale 
contraddistinto 
dallastraordinaria 
capacit� 
di 
cogliere 
i 
mutamenti 
della 
societ� 
e 
di 
adattare 
la 
norma 
astratta 
all�evoluzione 
dei 
tempi.Autore 
di 
monografie 
e 
di 
numerosi 
saggi 
ed 
articoli, 
il 
campo 
di 
elezione 
del 
Prof. 
Flick 
� 
stato 
prevalentementequello 
del 
diritto 
penale 
che, 
pi� 
di 
ogni 
altra 
branca 
del 
diritto, 
segna 
quellacruciale 
frontiera 
tra 
autorit� 
pubblica 
e 
libert� 
individuale 
del 
cittadino.

Grazie a questa non comune sinergia di esperienza pratica e di riflessio-
ne scientifica, il Prof. Flick ha offerto un insostituibile apporto, in particola-
re nelle materie del diritto penale dell�economia e della intermediazionefinanziaria, della criminalit� organizzata, dei diritti della persona e della pub-
blica amministrazione. 


2. Con la nomina di Alessandro Criscuolo, la Corte si � arricchita dell�e-
sperienza professionale sia nel campo civile che in quello penale di un altomagistrato, giunto a ricoprire le cariche prima di Presidente della sesta sezio-
ne penale e poi di Presidente della prima sezione civile della Suprema Corte.
Tra 
i 
vari 
ed 
importanti 
incarichi 
istituzionali 
ricoperti 
dal 
giudiceCriscuolo, 
si 
possono 
ricordare 
inoltre 
quello 
di 
componente 
del 
ConsiglioSuperiore 
della 
Magistratura, 
di 
Presidente 
supplente 
del 
Tribunale 
superioredelle 
acque 
pubbliche 
e 
di 
Presidente 
dell�Associazione 
nazionale 
magistrati.

Autore di diversi scritti, � stato estensore di numerose sentenze, pubbli-
cate su riviste giuridiche, in materia di diritto di famiglia, di diritto societa-
rio e fallimentare e di diritto comunitario.

Grazie alle sue evidenti qualit� professionali e culturali e alle doti diequilibrio proprie di chi ha sempre operato in veste di terziet� ed imparziali-
t�, il giudice Criscuolo certamente contribuir� a rafforzare il compito fonda-
mentale della Corte costituzionale di garante dei principi democratici e deivalori della libert� e dell�uguaglianza.

Al neo Presidente, al nuovo giudice e a tutti i componenti della Corte,
esprimo tutti i complimenti e gli auguri, miei e dell�intera Avvocatura delloStato, nella consapevolezza che essi sanno mettere a frutto nel migliore deimodi le differenti esperienze tecniche maturate nelle singole professioni e lediverse sensibilit� culturali ed ideali, che consentono di rispondere compiu-
tamente alle istanze di equit� e di giustizia sostanziale dei cittadini�. 

Corte costituzionale, udienza del 18 novembre 2008. 



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ILCONTENZIOSOCOMUNITARIOEDINTERNAZIONALE
La 
direttiva 
n. 
2005/56/CE 
e 
la 
nuova 
disciplina
comunitaria delle fusioni transfrontaliere
di societ� di capitali 


di Dimitris Liakopoulos(*
) 
e Giuseppe Mancini(**
) 


SOMMARIO: -1. Le radici storiche e normative di una legge non pi� procrastinabile;
-2. Brevi cenni storici in merito all�adozione della XIV 
direttiva societaria; -3. Lo sviluppodel mercato, della concorrenza e dell�occupazione come basi dell�intervento legislativo; -4.
Gli elementi sostanziali della direttiva n. 2005/56/CE. Ambiti di applicazione e fonti rego-
latrici; -5. La procedura di fusione nei suoi tratti essenziali. La redazione del progettocomune di fusione e gli adempimenti pubblicitari interni ed esterni; -6. Le relazioni degliorgani di amministrazione e degli esperti indipendenti; -7. L�approvazione del progettocomune di fusione; -8. La supervisione preventiva e successiva sulla legittimit� dell�interaprocedura; -9. Efficacia, registrazione dell�avvenuta fusione ed i relativi effetti; -10. Profilidi specialit� delle fusioni transfrontaliere. La partecipazione dei lavoratori ed il regimefiscale applicabile. Il necessario richiamo alla societ� europea a garanzia dei diritti parte-
cipativi; -11. L�applicazione del regime di neutralit� fiscale alle operazioni cross-border; -

12. Considerazioni finali. 
1. La direttiva n. 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del26 ottobre 2005, entrata in vigore con il D.Lgs. 30 maggio 2008 n. 108 del27 febbraio 2008 (1) ha accettato un compito particolarmente arduo: colma-
(*
) 
Avvocato, Professore a contratto in diritto dell�Unione europea ed internazionale 
� 
Universit� della Tuscia. 


(**
) 
Dottore in Scienze Politiche � Universit� della Tuscia.

(1) GU 17 giugno 2008 n. 140, cfr. anche: ARN�, FISCHETTI, 
Le fusioni transfrontalie-
re. Esame 
della direttiva 2005/56/CE e del D.Lgs. 108/2008, ed. Egea, 2008. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

8 


re una lacuna importante in materia di diritto delle societ� per facilitare lefusioni transfrontaliere delle imprese commerciali evitando che le legislazio-
ni nazionali loro applicabili (in generale quella dello Stato della sede princi-
pale) venissero vissute come un ostacolo. In particolare, lo sguardo del legis-
latore si � rivolto a tutte le societ� di capitali di medie e grandi dimensionidesiderose di operare in pi� di uno Stato membro ma non in tutta Europa, equindi riluttanti ad adottare lo statuto di Societ� Europea.

Infatti, come si avr� modo di analizzare approfonditamente in seguito, ladirettiva n. 2005/56/CE arriver� proprio a coinvolgere non solo le societ� perazioni, ma anche quelle aventi altre forme sociali come, ad esempio, le S.r.l.,
agevolando le alleanze all�interno dell�Unione tramite un meccanismo moltosemplice: assimilando la procedura di fusione transfrontaliera a quella appli-
cabile alle operazioni di concentrazione in ambito nazionale tra imprese sog-
gette alla normativa del medesimo Stato membro. In breve, gli shareholdersdovranno confrontarsi soltanto con la normativa del Paese in cui hanno laloro sede statutaria senza dover necessariamente prendere in considerazionela paralizzante pluralit� di legislazioni nazionali. 

Inoltre, una volta creata la nuova entit�, dovranno applicarle una solalegislazione nazionale: quella dello Stato membro in cui la societ� risultantedalla fusione avr� stabilito la propria sede. E quindi facile notare come que-
sta nuova normativa si inserisca perfettamente nel progetto di modernizza-
zione del diritto societario europeo, processo avente come obiettivo finale lacreazione di un benchmark 
normativo positivo, improntato ad una fattivaprotezione degli azionisti e dei terzi in un quadro di regole in grado di rinvi-
gorire la competitivit� e l�efficienza delle societ� europee, consentendo lorodi operare liberamente in tutto il territorio dell�Unione (2).

2. La complessit� e la portata dello sforzo richiesto al legislatore comu-
nitario non potrebbero essere meglio rappresentati se non guardando ad unlungo iter 
politico-dottrinale della XIV 
Direttiva. L�emanazione di unanuova normativa che fosse capace di colmare un vuoto rilevante in tema didiritto societario, rivolgendosi a tutte le societ� di capitali, cercando allostesso tempo di rilanciare e rafforzare la competitivit� dell�economia euro-
pea nell�ottica della �Strategia di Lisbona� � stata soltanto l�ultima tappa diuna trattativa addirittura trentennale.
Infatti, l�impossibilit� di eludere il confronto tra molteplici disciplinequali l�economia politica, le differenti legislazioni nazionali a sfondo tribu-
tario ed in tema di intese, si accompagnava con il crescente bisogno di pre-
disporre uno strumento, alternativo all�assunzione di partecipazioni ed all�al-
leanza tra imprese tramite contratti, che fosse in grado di concentrare unapluralit� di societ� in una singola unit� giuridico-economica.

Sideve,quindi,risalirefinoallontano1965perindividuare 
laprimapro-
postainviatadallaCommissioneaigovernideisingoliStatimembriintemadi 


(2) TESAURO, Diritto comunitario, Cedam, Padova, 2008. 

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fusioni 
transfrontaliere 
tra 
imprese 
di 
Paesi 
diversi: 
si 
fa 
riferimento 
al 
Memorandum 
sulle 
concentrazioni 
dell�allora 
Commissario 
per 
la 
concorren-
za 
von 
der 
Groeben, 
nel 
quale 
la 
creazione 
di 
societ� 
di 
respiro 
europeo 
veni-
va 
gi� 
concepita 
come 
una 
necessit� 
in 
rapporto 
sia 
alla 
struttura 
del 
mercato 
comune,siaal 
crescente 
�peso� 
delle 
impresedeipaesiterzi.Sideve,tuttavia, 
ancora 
una 
volta 
sottolineare 
come 
i 
singoli 
ordinamenti 
giuridici 
nazionalinonsiprestasseroataletipodiaggregazionecausal�assenzadinormedidirit-
tointernazionaleprivatoindividuantiunaprecisa 
leggeregolatrice(c.d.normedi 
conflitto)
, 
rendendo 
necessario 
ricercare 
la 
soluzione 
caso 
per 
caso.

Nonostante i diversi impedimenti esistenti, tanto di natura sostanzialequanto procedurale, il fatto che soltanto due anni dopo la pubblicazione dellasummenzionata relazione il legislatore comunitario avesse tentato un nuovointervento era sintomatico dell�urgenza di approdare ad una normativa nuovaed omogenea. Nel 1967, infatti, parallelamente ai lavori che avrebbero con-
dotto all�emanazione della dir. n. 78/855/CEE proprio in tema di fusioni, ungruppo di esperti nazionali coadiuvato da alcuni responsabili della Comunit�diede alla luce un primordiale progetto di convenzione sulle fusioni interna-
zionali. La base giuridica di tale proposta era da individuarsi nell�allora art.
220 linea 4 Tr. CE (oggi art. 293): �Gli Stati membri avvieranno fra loro (�)
negoziati intesi a garantire (...) la possibilit� di fusione di societ� soggette alegislazioni nazionali diverse�. In particolare ai padri della proposta in paro-
la deve essere riconosciuto il merito di aver cercato di accompagnare il pre-
sente principio con una vera e propria normativa uniforme in materia difusioni internazionali.

Tale disciplina sarebbe stata assunta, nel 1973, come punto di riferimen-
to per un ulteriore progetto di convenzione in materia, il quale, sebbene subi-
to abbandonato, avrebbe aperto la strada a quella che sarebbe dovuta esserela X Direttiva societaria, riguardante proprio le fusioni transfrontaliere.
Risale, quindi, al 14 dicembre 1984 la prima vera proposta di direttiva inmateria di alleanze fra societ� situate in Stati membri diversi. Come tutte lealtre direttive cronologicamente antecedenti e successive, anche questa indi-
viduava il proprio fondamento normativo nell�art. 44 n. 2 lett. g), che attri-
buisce al Consiglio ed alla Commissione un ruolo primario nel concretizza-
re la libert� di stabilimento per le attivit� commerciali. Ben si comprendonole ragioni che hanno spinto le istituzioni comunitarie ad optare per una fontecome la direttiva: cos� facendo, ex 
art. 2 della proposta, i singoli Stati avreb-
bero potuto disciplinare una fusione transfrontaliera riferendosi, ove nonfosse stato disposto diversamente alla dir. n. 78/855/CEE. Ci� significavache, oltre a lasciare ai governi nazionali una certa libert� quanto alle moda-
lit� di attuazione concreta, in un�ottica di praticit� sarebbe stato sufficienteattingere alla III Direttiva tramite semplici rinvii. In questo modo la nuovaproposta si differenziava da tutte quelle precedenti anche in termini stretta-
mente quantitativi: infatti, nonostante la complessit� del suo contenutosostanziale sintomo dell�evoluzione della situazione giuridica europea, nelcontempo si osservava una drastica diminuzione del numero di articoli pro-
posti (da una media di 69 a soli 17)
. 




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In questo modo la futura decima direttiva avrebbe trovato la sua natura-
le collocazione nell�opera di armonizzazione ed omogeneizzazione del dirit-
to europeo delle societ� in tema di fusioni iniziata proprio dalla direttiva del1978. Come anticipato, una fusione transfrontaliera sarebbe quindi dovutasoggiacere in larga parte alla stessa identica procedura prevista per una fusio-
ne interna, fatte salve alcune disposizioni specifiche improntate ad un mag-
gior rigore procedurale: ad esempio, secondo il dettato dell�art. 5.2 della pro-
posta, il progetto di fusione si sarebbe dovuto redigere con atto pubblico seimposto dalla legislazione di una delle imprese coinvolte; oppure la previsio-
ne ex 
art. 11, che l�operazione sarebbe rimasta inefficace fino a quando lesociet� non avessero proceduto all�espletamento dei controlli e delle forma-
lit� previste.

Nonostante il contenuto particolarmente variegato e garantista la propo-
sta di X Direttiva societaria non incontr� mai il parere favorevole delParlamento. La giustificazione addotta dagli Stati riluttanti alla nuova nor-
mativa era la stessa che aveva ostacolato le iniziative legislative precedenti:
le imprese avrebbero potuto usufruire di una operazione straordinariamentepotente come la fusione per sottrarsi all�applicazione di norme nazionali perloro svantaggiose o penalizzanti.

Si fa riferimento, in particolare, alle numerose e per molti versi antiteti-
che leggi in materia di partecipazione dei lavoratori nella gestione dell�im-
presa vigenti in ciascun Paese della Comunit�. Per siffatte ragioni, la propo-
sta di X Direttiva venne ufficialmente cancellata dall�agenda dei lavori dellaCommissione nel 2001. La scelta dell�Istituzione di non concentrarsi su taleproposta avrebbe facilmente potuto costituire una valida ragione per accusa-
re il legislatore comunitario di scarsa autorevolezza ed incapacit� nel bilan-
ciare i differenti interessi nazionali: tuttavia, la decisione di non abbandona-
re, bens� semplicemente di rimandare l�adozione di una direttiva in tema difusioni cross-border 
si rivel� corretta. L�8 ottobre del medesimo anno videinfatti l�approvazione sia dello statuto della Societ� europea, sia della relati-
va direttiva che lo integrava proprio in riferimento alla partecipazione deilavoratori alla vita sociale.

Proprio a tale direttiva si deve la predisposizione di alcuni principi diriferimento che, nel 2003, hanno aperto le porte ad una nuova proposta intema di fusioni transfrontaliere concretizzatasi, due anni dopo, proprio nellaXIV 
Direttiva. In conclusione, come si avr� modo di analizzare in manierapi� diffusa nei paragrafi successivi, la dir. n. 2005/56/CE non � altro che ilrisultato della combinazione di diverse normative precedenti: le dir. n.
78/855/CEE, sulle fusioni di societ� per azioni, il regolamento CE n.
2001/2157 sullo statuto della S.E. e la dir. n. 2001/86/CE che lo completa inmerito al coinvolgimento dei lavoratori ed, infine, le dir. n. 90/434/CEE e n.
2005/19/CE relative al regime fiscale applicabile.

3. Come si � avuto modo di anticipare nel capitolo precedente, si potevaeffettivamente parlare di fusioni solo quando le societ� interessate erano sta-
bilite in un determinato Stato membro, quello che nel proprio ordinamentogiuridico contemplava la possibilit� di allearsi con imprese di un Paese 

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diverso senza incappare in ostacoli come, ad esempio, la liquidazione dellepersone giuridiche coinvolte. Negli altri, invece, le differenze tra le legisla-
zioni nazionali erano tante e tali da obbligarle a ricorrere a complesse, costo-
se e non sempre efficaci e trasparenti, costruzioni giuridiche. Secondo quan-
to sostenuto gi� da diversi anni dalle imprese della Comunit� e dall�unionedelle Confederazioni industriali europee (UNICE), dotare tutte le societ� dicapitali di uno strumento giuridico adeguato che eliminasse qualsiasi ostaco-
lo alle fusioni era quanto mai doveroso.

Nello specifico, tale intervento avrebbe dovuto trovare la propria ispira-
zione in un principio molto semplice: ridurre i costi di tali operazioni in unclima generalizzato di certezza giuridica. Gi� analizzando il contenuto dellaproposta di emanazione della dir. n. 2005/56/CE (3) � chiaramente possibilenotare come questa si distingua da tutte le iniziative antecedenti; questo, inparticolare, spicca in merito a tre aspetti: il campo d�applicazione sul qualela futura normativa avrebbe dovuto dispiegare i propri effetti, le fonti legis-
lative a cui avrebbe fatto riferimento, sia nazionali che di diritto comunitarioderivato, e la tutela delle minoranze. 

Per quanto concerne il primo aspetto, come si � gia accennato, la propo-
sta prevedeva di estendere il campo d�applicazione fino a ricomprenderetutte le societ� di capitali, soprattutto quelle piccole e medie imprese noninteressate alla creazione di una Societ� europea; unico comune denomina-
tore sarebbe stato solo il fatto di essere dotate di personalit� giuridica e diavere un patrimonio sociale distinto col quale rispondere dei debiti sociali.
Riguardo, invece, alla normativa di riferimento il principio dell�applicazio-
ne della legislazione nazionale sarebbe stato integrato dagli elementi fondan-
ti la costituzione di una S.E.

Infatti, 
oltre 
ad 
assumere 
come 
punto 
cardine 
le 
procedure 
di 
fusione 
insi-
te 
nelle 
singolelegislazioni 
nazionali 
gi�benconosciuteagli 
operatoridel 
set-
tore, 
� 
importante 
notare 
come 
non 
si 
fossero 
trascurate 
le 
soluzioni 
poste 
dalregolamento 
CE 
n. 
2157/2001 
del 
Consiglio 
relativo 
allo 
statuto 
della 
Societ�europea, 
e 
della 
direttiva 
n. 
2001/86/CE 
sempre 
del 
Consiglio 
che 
lo 
comple-
ta, 
per 
quanto 
riguarda 
la 
partecipazione 
dei 
lavoratori 
negli 
organi 
decisiona-
li 
della 
societ� 
incorporante 
o 
della 
nuova 
societ� 
derivante 
dalla 
fusione.

Quanto, 
infine, 
alla 
tutela 
delle 
minoranze 
avrebbero 
trovato 
protezionesecondolalegislazionenazionalegliinteressideicreditori,degliobbligazioni-
sti,deipossessoridititolidiversidalleazioni,deisocidiminoranzaedeilavo-
ratori 
per 
quanto 
riguarda 
i 
diritti 
diversi 
da 
quelli 
di 
partecipazione 
nella 
societ�, 
nei 
confronti 
di 
ciascuna 
delle 
societ� 
partecipanti 
alla 
fusione 
(4)
. 


(3) COM 
(2003) 703 definitivo n. 2003/0277, del Parlamento europeo e del Consigliosulle fusioni transfrontaliere di societ� di capitali presentata alla Commissione il 18 novem-
bre 2003.
(4) Nello specifico ci si riferisce alla direttiva n. 2001/23/CE del Consiglio del 12marzo 2001 relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti diimprese, alla direttiva n. 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell�11 marzo2002 istitutiva di un quadro generale in merito all�informazione e alla consultazione dei 

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Tuttavia, oltre a tali incombenze, la futura direttiva avrebbe dovuto assolve-
re ad un ulteriore compito, decisamente pi� complesso e generalizzato: l�ac-
crescimento della mobilit� dei capitali nel mercato interno allo scopo difavorirne lo sviluppo e la progressiva integrazione. 

Si trattava dunque, di procedere nel solco gi� tracciato dalla XIII diretti-
va societaria in tema di offerte pubbliche d�acquisto, ossia continuare nelconsolidamento di un vero e proprio level playing field, 
un terreno di giococomune caratterizzato da regole omogenee e vincolanti per tutti i soggettieconomici presenti nel territorio dell�Unione. Il risultato ultimo che si inten-
deva perseguire era quello di rafforzare la tendenza alla specializzazione deisistemi economici consentendo da un lato di usufruire di economie di scalae, dall�altro, di creare terreno fertile per gli investimenti stranieri in territo-
rio comunitario.

Come puntualmente sottolineato dal Benchmark Definition of ForeignDirect Investment (BDFDI) dell�Ocse e dall�European Union Bilance ofPayments dell�ECB, la situazione riguardante i foreign direct investments 
inEuropa � sempre stata caratterizzata da una forte discontinuit�. � bene spe-
cificare come con il termine �Investimenti di Diritto Estero� si faccia riferi-
mento a tipologie di investimento internazionali effettuate da soggetti (socie-
t� di capitali, privati, ecc.) residenti in un determinato Paese destinati adimprese site in uno Stato diverso: lo scopo � di ottenere interessi nel medio-
lungo periodo partecipando fattivamente alla gestione dell�impresa. Si pos-
sono facilmente intuire le molteplici situazioni che rischiavano di mettere arepentaglio tali operazioni. 

Si pensi ad esempio ad atteggiamenti nazional-protezionistici ostili allapenetrazione straniera quali, ad esempio, le cd. golden shares, ossia la sub-
ordinazione delle transazioni concernenti imprese operanti in settori strategi-
ci per l�interesse nazionale ad autorizzazioni amministrative; oppure, ed �questa la situazione alla quale la direttiva sulle fusioni ha posto rimedio, allaconcomitanza di un vuoto legislativo comunitario in materia ed una plurali-
t� di normative nazionali discordanti e paralizzanti.

In realt�, quest�ultimo era soltanto l�impedimento pi� macroscopico chesi presentava agli occhi degli operatori del settore: non si deve, infatti,
dimenticare 
che 
proprio 
la 
Commissione 
stessa, 
durante 
il 
ConsiglioEuropeo ECOFIN tenutosi a Sheveningen nel 2004, aveva lanciato una verae propria consultazione pubblica per analizzare gli ulteriori ostacoli allefusioni transfrontaliere esistenti.

Il panorama che ne deriv� fu, invero, poco incoraggiante: oltre agliimpedimenti di natura strettamente giuridica spiccavano anche gli abusi di 


lavoratori, nonch� alle direttive n. 94/45/CE del Consiglio del 22 settembre 1994 e n.
97/74/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 riguardanti entrambe l�istituzione di un comi-
tato aziendale europeo e di una procedura per l�informazione e la consultazione dei lavora-
tori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie. 




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potere delle autorit� di vigilanza nazionali, le incertezze procedurali, lediversit� in tema di corporate governance presenti in ogni Paese, l�eccessi-
va frammentazione dei mercati azionari europei.

Tuttavia, 
l�ambito 
fiscale 
era 
la 
concretizzazione 
maggiormente 
rappre-
sentativa 
di 
tali 
ostacoli. 
Ben 
nota, 
infatti, 
era 
la 
prassi 
invalsa 
in 
diversi 
Paesi 
di 
applicare 
una 
exit 
tax 
nel 
caso 
in 
cui 
una 
societ� 
trasferisse 
la 
propria 
sedeall�estero, 
imposizione 
questa 
che 
trovava 
la 
propria 
giustificazione 
nel 
tenta-
tivo 
di 
trattenerla 
nel 
territorio 
nazionale 
nel 
timore 
di 
perdere 
gettito 
fiscale. 
Barriere 
di 
siffatta 
natura 
si 
ponevano 
in 
palese 
contrasto 
con 
l�aspirazione 
dicreare 
un 
mercato 
europeo 
perfettamente 
integrato, 
come 
� 
stato 
puntualmen-
te 
sottolineato,oltreche 
dal 
diritto 
positivo, 
anche 
dalla 
giurisprudenza 
comu-
nitaria 
(5)
. 
Infatti, 
sul 
primo 
versante 
� 
recentemente 
intervenuto 
il 
legislatoreeuropeo 
in 
prima 
persona: 
tramite 
la 
direttiva 
n. 
2005/19/CE 
del 
17 
marzo2005 
si 
sono 
approntate 
modifiche 
sostanziali 
alla 
dir. 
n. 
90/434/CEE 
proprio 
in 
riferimento 
al 
regime 
fiscale 
comune 
da 
applicarsi 
alle 
fusioni, 
ed 
alle 
altre 
operazioni 
straordinarie, 
intercorrenti 
fra 
societ� 
di 
Stati 
membri 
diversi.

Sul 
versante 
giurisprudenziale, 
invece, 
uno 
dei 
leading 
cases 
in 
materia 
� 
statalacausaC-9/02Hughes,nellaqualealsoggettoinquestione,personafisi-
ca 
di 
nazionalit� 
francese, 
era 
stata 
applicata 
una 
tassa 
d�uscita 
su 
plusvalenze 
non 
realizzate 
proprio 
per 
il 
fatto 
di 
aver 
trasferito 
la 
sede 
fiscale 
all�estero.

Basandosi sulle conclusioni dell�Avvocato Generale J. Mischo, la Cortenon ha potuto non rilevare l�incompatibilit� della norma contenuta nell�art.
167 bis del Code G�n�ral des Impots con i principi fondamentali del dirittocomunitario. Al punto n. 45 della sentenza, infatti, sancisce chiaramente che�� anche se l�art. 167 bis del CGI non vieta ad un contribuente francese diesercitare il suo diritto di stabilimento, questa disposizione non � tuttaviaidonea a limitare l�esercizio di tale diritto avendo, perlomeno, un effetto dis-
suasivo nei confronti dei contribuenti che desiderano andare a stabilirsi in unaltro Stato membro�.

Non trova accoglimento nelle parole della Corte neppure la giustifica-
zione addotta dal Conseil d��tat in sede di rinvio pregiudiziale relativa alloscopo di evitare l�evasione fiscale, dal momento che �... l�art. 167 bis delCGI eccede ampiamente quanto � necessario per raggiungere lo scopo cheesso persegue�� (punto n. 52). 

Sulla base di tali considerazioni � facile comprendere la pronuncia fina-
le della Corte di giustizia: �Il principio della libert� di stabilimento posto dal-
l�art. 43 del Trattato CE deve essere interpretato nel senso che esso osta a cheuno Stato membro introduca, a fini di prevenzione di un rischio di evasionefiscale, un meccanismo d�imposizione delle plusvalenze non ancora realiz-
zate, in caso di trasferimento del domicilio fiscale di un contribuente al difuori di questo Stato�. 

(5) Sentenza dell�11 marzo 2004 relativa alla causa C-9/02 Hughes de Lasteyrie du 
Saillant v. Ministere de l�Economie, des Finances e de l�Industrie. 

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� dunque facile notare come, allo stesso modo delle precedenti direttivesocietarie anche la n. 2005/56/CE sia stata modellata sull�impronta dell�art.

44.2 lett. g) 
Tr. CE. Infatti, anche in questo caso l�azione comunitaria nelmondo delle imprese non solo � stata autorizzata ma di fatto incoraggiata: losviluppo della concorrenza e dei mercati, la crescita delle economie naziona-
li e, di riflesso, di quella europea ed un sensibile incremento delle prospetti-
ve occupazionali nella massima tutela della libert� di stabilimento erano pro-
prio i compiti che la XIV 
Direttiva societaria era chiamata ad assolvere. Inessa, quindi, la coordinazione ed il raggruppamento di societ� di capitali diStati membri diversi si accompagna ad una tutela uniforme degli interessipubblici coinvolti nel pieno rispetto dell�art. 43 Tr. CE.
4. Venendo all�analisi degli elementi sostanziali della nuova normativa �necessario operare, in via preliminare, una distinzione tra un ambito di appli-
cazione oggettivo ed uno soggettivo. Sotto il primo punto di vista ricadononel campo d�azione della direttiva tanto le fusioni per incorporazione quan-
to quelle proprie. Infatti, alle lettere a) 
e b) 
dell�art. 2 si stabilisce che con iltermine �fusione� si debba far riferimento sia alla circostanza in cui �una opi� societ� trasferiscano, a causa e all�atto dello scioglimento senza liquida-
zione, la totalit� del loro patrimonio attivo e passivo ad altra societ� preesi-
stente (la societ� incorporante)� sia all�eventualit� che, nelle medesime cir-
costanze �due o pi� societ� (lo) trasferiscano ad una societ� da loro costitui-
ta (la nuova societ�)�.
Il conferimento patrimoniale potr� avvenire, in entrambe le fattispeciemediante l�assegnazione ai rispettivi soci di titoli o quote rappresentativi delcapitale sociale dell�incorporante o della nuova societ�, fatta salva la possi-
bilit� di un eventuale conguaglio in contanti non superiore al 10% del lorovalore nominale o della loro parit� contabile; questo, naturalmente sempreche la legislazione di almeno uno degli Stati membri interessati lo consenta(art. 3 lett. a)). Da ultimo, la lettera 
c) 
del medesimo articolo contemplaanche la possibilit� che una societ�, la controllata trasferisca sempre a causae all�atto dello scioglimento senza liquidazione le sue attivit� e passivit�all�impresa che detiene il 100% delle quote o dei titoli rappresentativi del suocapitale sociale, ossia la controllante. Dal punto di vista strettamente sogget-
tivo invece, si evince chiaramente come la nuova normativa abbia ottempe-
rato alla necessit� di rivolgersi a tutte le tipologie di societ� di capitali perfavorirne la coordinazione ed il raggruppamento. Sul punto il legislatorecomunitario � stato particolarmente preciso: nel novero delle societ� di capi-
tali interessate debbono ricomprendersi tanto quelle costituite ai sensi del-
l�art. 1 della dir. n. 68/151/CEE, la prima direttiva societaria quanto, pi� ingenerale, quelle che rispettino le condizioni di garanzia previste dalla mede-
sima a tutela degli interessi dei soci e dei terzi, quindi anche le S.r.l. Si pu�facilmente notare come la dir. n. 2005/56/CE presenti un campo d�applica-
zione soggettivo decisamente pi� ampio della III Direttiva, la n. 78/855/CE,
la quale si limitava alle sole societ� per azioni. � comunque pacifico che taliimprese debbano disporre di capitale sociale, personalit� giuridica e di unpatrimonio distinto con il quale rispondere dei loro debiti. La direttiva, dun-



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que, si applica alle fusioni intercorrenti tra societ� di capitali che siano costi-
tuite conformemente alla legislazione di uno Stato membro (art. 1). Le sud-
dette societ�, inoltre, dovranno avere la loro sede sociale, l�amministrazionecentrale o il loro centro di attivit� principale in territorio comunitario e,
ovviamente, dovranno essere soggette alla legislazione di Stati membri dif-
ferenti. Sono anche previste delle ipotesi di esclusione: gli Stati membriinfatti conservano il diritto di non applicare la presente direttiva nel caso incui nella fusione transfrontaliera sia coinvolta una societ� cooperativa, anchese quest�ultima rientrasse nella definizione di �societ� di capitali� di cuisopra (art. 3.2) (6).

Inoltre, in un�ottica cautelare nei confronti degli investitori, resistono lediscipline comunitarie specifiche per gli intermediari finanziari e per gliorganismi di investimento collettivo di valori mobiliari. In merito al dirittoapplicabile alle operazioni di fusione transfrontaliera ad una prima letturasembrerebbe che la XIVDirettiva si ponga in netta antitesi con l�obiettivo diarmonizzazione ed omogeneizzazione dei diritti nazionali che intende perse-
guire. La contraddizione in questione si pu� facilmente riscontrare gi� nelpreambolo della legge stessa. Se, infatti, nel primo e secondo punto si valu-
ta come necessaria �� al fine di garantire il completamento ed il funziona-
mento del mercato unico (l�adozione) di disposizioni comunitarie volte afacilitare la realizzazione di fusioni transfrontaliere tra diversi tipi di societ�di capitali soggette alle legislazioni di Stati membri�, immediatamente dopopare che il legislatore comunitario ritorni sui suoi passi asserendo che ��
ogni societ� partecipante ad una fusione transfrontaliera ed ogni terzo inte-
ressato restino soggetti alle disposizioni e alle formalit� della legislazionenazionale che sarebbe applicabile in caso di fusione nazionale (...)�.

In sostanza, anche se sarebbe potuta sembrare maggiormente auspicabi-
le l�emanazione di una normativa che regolasse l�intera procedura di fusio-
ne in modo assolutamente identico per ogni Paese membro eliminando qual-
siasi problema di conflitto di leggi, la scelta � stata invece quella di nonricondurre tutte le legislazioni nazionali ad un�unica disciplina. La ratio 
ditale decisione, solo apparentemente antitetica, si sostanzia nell�esigenza dipreservare il principio di sussidiariet�. Infatti, in base all�assunto dell�art. 5Tr. CE, la Comunit� � legittimata a legiferare in materie non di sua esclusi-

(6) Secondo il terzo comma dell�art. 3 la direttiva: ��non si applica alle fusioni trans-
frontaliere a cui partecipa una societ� avente per oggetto l�investimento collettivo di capita-
li raccolti presso il pubblico, che opera secondo il principio della ripartizione del rischio ele cui quote, a richiesta dei possessori, sono riscattate o rimborsate, direttamente o indiret-
tamente, attingendo alle attivit� di detta societ�. Gli atti o le operazioni compiuti da talesociet� per garantire che la quotazione in borsa delle sue quote non vari in modo significa-
tivo rispetto al valore netto d�inventario sono considerati equivalenti a un tale riscatto o rim-
borso�. Per quanto concerne tali imprese si vedano le direttive n. 85/611/CE 
(in GUCE L.
375 del 31 dicembre 1985), e le n. 2001/107/CE 
e n. 2001/108/CE (in 
GUCE L. 41/20 e L.
41/35 del 13 febbraio 2002)
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va competenza soltanto se gli obiettivi da perseguire posti dal Trattato pos-
sono essere realizzati in modo pi� efficace a livello comunitario, ma la suaazione non potr� mai travalicare quanto strettamente necessario al loro rag-
giungimento.

Sulla base di siffatte considerazioni l�art. 4 della direttiva enuncia che,
in linea di principio, si potr� assistere ad un fusione transfrontaliera traimprese solo se consentita dalle rispettive legislazioni nazionali. 

Inoltre, qualora non fosse disposto altrimenti, ��una societ� che parte-
cipa ad una fusione transfrontaliera rispetta le disposizioni e le formalit�della legislazione nazionale cui � soggetta�. Questa disposizione, invero, �improntata alla maggior tutela possibile dei creditori, degli azionisti e deilavoratori delle imprese interessate: le normative nazionali in materiadovranno, infatti, pervadere tutto l�iter decisionale relativo alla fusione.
Viene, inoltre, fatta salva la possibilit� che lo Stato membro possa adottaredisposizioni volte ad assicurare una protezione adeguata dei soci di minoran-
za che si sono opposti all�operazione straordinaria. 

Allo stesso modo �se la legislazione di uno Stato membro consente alleautorit� nazionali di opporsi, per motivi di interesse pubblico, ad una fusio-
ne a livello nazionale, tale legislazione si applica anche a una fusione trans-
frontaliera se almeno una delle societ� che partecipano alla fusione � sogget-
ta al diritto di tale Stato membro�. Come pi� volte sottolineato anche dallagiurisprudenza della Corte di Giustizia, tali restrizioni potranno essere attua-
te solo se giustificate da esigenze imperative di interesse generale e, sempree comunque, a queste proporzionate. In chiusura �, inoltre, stabilito che lepresenti disposizioni non sono applicabili qualora lo fosse anche l�art. 21 delgi� noto regolamento CE n. 139/2004 relativo al controllo sulle concentra-
zioni tra imprese.

5. Agli art. 5 e seguenti della direttiva viene dettagliatamente descrittal�intera procedura di fusione. Punto di partenza, come anche si � avuto mododi osservare in merito alla disciplina della III Direttiva, � la predisposizionedi un progetto comune. Il legislatore comunitario ha demandato tale incom-
benza agli organi di direzione e di amministrazione di ciascuna impresa coin-
volta, non senza evidenziarne i requisiti essenziali (art. 5 lettere da a) 
a l)).
Agli Stati membri viene comunque lasciata la possibilit� di derogare inmelius 
introducendo ulteriori vincoli, soprattutto se funzionali ad una mag-
giore tutela dei creditori, dei soci e dei terzi.
Nello specifico si dovranno evidenziare: la forma, la denominazione e lasede statutaria delle societ� che partecipano alla fusione e quelle previste perla societ� finale; il concambio di titoli e quote degli shareholders, 
il loroeventuale conguaglio, nonch� le modalit� di assegnazione di quelli rappre-
sentativi del capitale sociale della societ� derivante dalla fusione e la data adecorrere dalla quale danno diritto alla partecipazione agli utili.

Questo �, invero, il punto pi� delicato in quanto � essenzialmente dallaconvenienza dei rapporti di cambio che dipende l�approvazione della fusio-
ne da parte dei soci. Per questo motivo la valutazione sulla loro congruit� �rimessa ad esperti nella maggior parte dei casi esterni alle aziende coinvolte 




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sulla base, in primo luogo, di un�ottica fiduciaria ed, in secondo luogo, dellacomplessit� dell�analisi da compiere. Infatti, la valutazione del patrimoniodella societ� risultante non potr� essere semplicemente la risultante dellasomma di quelli delle partecipanti, in quanto con una fusione si ha, prima ditutto, una vera e propria compenetrazione di organi aziendali, ciascuno deiquali apporta una utilit� complementare non solo patrimoniale all�impresafinale.

Proseguendo nell�analisi degli elementi essenziali del progetto di fusio-
ne dovranno, inoltre, essere indicati: i possibili risvolti a livello occupazio-
nale; la data a decorrere dalla quale le operazioni delle societ� che partecipa-
no alla fusione saranno fiscalmente riconducibili all�impresa finale; i diritti

o le misure accordati ai soci titolari di diritti speciali o ai possessori di titolidiversi dalle quote rappresentative del capitale sociale; eventuali benefitsattribuiti agli esperti che esaminano il progetto di fusione, ai membri degliorgani di amministrazione, di direzione, di vigilanza o di controllo dellesociet� coinvolte; l�atto costitutivo e lo statuto della societ� derivante dallafusione transfrontaliera; le modalit� relative al coinvolgimento dei lavorato-
ri e la definizione dei loro diritti di partecipazione nella societ� finale; l�elen-
cazione delle attivit� e delle passivit� trasferite alla societ� finale; la datadella chiusura dei conti delle societ� partecipanti alla fusione.
Si pu� notare come, a differenza di un normale progetto di fusione qualeera quello disciplinato dalla dir. n. 78/855/CE, in questo caso si riscontri lapresenza di elementi sostanziali supplementari proprio motivati dal caratteretransfrontaliero dell�operazione (ad esempio l�indicazione della denomina-
zione e della sede prevista per la nuova societ�). Il primo rinvio effettivo allesingole legislazioni nazionali si ha in merito alla pubblicazione del progetto:
questo, infatti, dovr� essere pubblicato secondo le modalit� previste dallalegislazione nazionale di ciascuno Stato membro delle societ� coinvolte,
secondo quanto disposto dall�art. 3 della dir. n. 68/151/CEE. Inoltre, ilsecondo comma del suddetto articolo disciplina anche la pubblicit� internadel progetto, il quale dovr� essere messo a disposizione dei rappresentantidei lavoratori o dei lavoratori stessi almeno un mese prima della data previ-
sta per la delibera di approvazione ed, i medesimi, avranno diritto di pren-
derne visione fino alla fine del suddetto mese (art. 6).

6.Allo stesso identico regime pubblicitario soggiacciono altri due docu-
menti: la relazione di accompagnamento del progetto di fusione, che gliorgani di direzione ed amministrazione sono obbligati a redigere, e la rela-
zione degli esperti indipendenti. Per quanto concerne la prima, ex 
art. 7 della 
direttiva, il management 
deve predispone �� una relazione destinata ai soci,
nella quale illustra e giustifica gli aspetti giuridici ed economici della fusio-
ne transfrontaliera e (ne) spiega le conseguenze per i soci, i creditori e i lavo-
ratori. La relazione � messa a disposizione dei soci e dei rappresentanti deilavoratori o, in assenza di questi ultimi, dei lavoratori stessi, almeno un meseprima della data dell�assemblea generale...�. 
Riprendendo una disposizione presente nella dir. n. 2004/25/CE in temadi o.p.a. alla relazione dovr� allegarsi il parere espresso dei rappresentanti 




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dei lavoratori a patto che gli organi societari lo ricevano in tempo utile perconsegnarlo all�assemblea (art. 7 ultimo comma).

In merito alla seconda, invece, esperti indipendenti (persone fisiche ogiuridiche) dovranno fornirla nel medesimo termine ai soci dell�impresadalla quale sono stati designati (art. 8). In un�ottica di riduzione dei costi diexpertise, � oltremodo possibile che gli esperti siano individuati dalle auto-
rit� giudiziarie o amministrative degli Stati a cui appartengono le societ�coinvolte dietro loro richiesta congiunta; in questo caso la relazione sar�indirizzata ai soci di entrambe le imprese. Gli esperti hanno il diritto di chie-
dere a ciascuna delle societ� che partecipano alla fusione tutte le informazio-
ni che ritengono necessarie e, per quanto concerne gli elementi sostanzialidella relazione la direttiva rinvia all�art. 10.2 della dir. n. 78/855/CE. 

L�esame 
delprogettocomunedi 
fusione 
transfrontaliera 
da 
partediesper-
ti 
indipendenti 
o 
la 
relazione 
degli 
esperti 
non 
sono 
tuttavia 
richiesti 
qualora 
i 
soci 
di 
ciascuna 
societ� 
che 
partecipano 
vi 
rinuncino 
all�unanimit� 
(art. 
8).

7. 
Espletate 
tutte 
le 
formalit� 
di 
cui 
sopra, 
all�assemblea 
generale 
di 
cia-
scunadellesociet�partecipanti�rimessa 
l�approvazionedelprogettodifusio-
ne(art.9).LeradicigarantistedellaXIVDirettivasirinvengonoancheinque-
sto 
frangente: 
infatti, 
qualora 
l�assemblea 
lo 
ritenesse 
necessario, 
potrebbesubordinare 
l�alleanza 
alla 
condizione 
che 
vengano 
espressamente 
approvate 
le 
modalit� 
relative 
alla 
partecipazione 
dei 
lavoratori 
nella 
societ� 
derivante 
dalla 
fusione 
(art. 
9.2)
. 
Tramite 
un 
rinvio 
all�art. 
8 
della 
III 
Direttiva 
societa-
ria, 
nell�ultimo 
comma 
dell�art. 
9si 
ha, 
tuttavia, 
anche 
un�eccezioneche 
portaad 
escludere 
l�approvazione 
del 
progetto 
da 
parte 
dell�assemblea. 
Infatti, 
nel 
caso 
in 
cui 
ci 
si 
trovi 
in 
presenza 
di 
una 
fusione per 
incorporazione, 
la 
legisla-
zionediunoStatomembropotr�anchenonimporreladeliberazionediappro-
vazione 
all�assemblea 
generale 
dell�incorporante 
qualora 
vengano 
soddisfatte 
tre 
condizioni: 
la 
pubblicit� 
sia 
fatta, 
per 
la 
societ� 
incorporante, 
almeno 
un 
mese 
prima 
della 
data 
di 
riunione 
dell�assemblea 
generale 
dell�incorporata, 
tutti 
isuoi 
azionisti 
abbiano 
avuto 
ildiritto, 
almeno 
unmese 
prima, 
diprende-
re 
visione, 
presso 
la 
sede 
sociale 
di 
tale 
societ�, 
dei 
relativi 
documenti, 
ed 
uno
o 
pi� 
di 
quelli 
dell�incorporante 
(che 
dispongano 
di 
azioni 
per 
una 
percentua-
le 
non 
inferiore 
al 
5% 
del 
capitale 
sottoscritto) 
abbiano 
avuto 
il 
diritto 
di 
otte-
nere 
la 
convocazione 
dell�assemblea 
generale.
8. I successivi articoli 10 ed 11 costituiscono uno dei tratti distintivimaggiormente significativi della nuova disciplina delle fusioni trasfrontalie-
re. Infatti, come si � avuto modo di accennare in precedenza, il Parlamentoed il Consiglio non solo si sono preoccupati di predispone una disciplina ingrado di incoraggiare le alleanze fra imprese di Paesi diversi, ma hannoanche focalizzato la loro attenzione nel fissare precisi parametri a salvaguar-
dia delle minoranze ed, in generale, della legittimit� dell�intera procedura.
Nella costante osservanza del summenzionato principio di sussidiariet� l�art.
10 prescrive che ogni Stato membro individui un organo giurisdizionale adhoc 
(un notaio o un�altra autorit�) proprio per controllare la legittimit� dellafusione transfrontaliera per la parte di procedura soggetta alla sua legislazio-
ne nazionale. 

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L�analisi della suddetta dovr� concretizzarsi in un certificato, rilasciato aciascuna delle societ� coinvolte, ove si attesti l�adempimento regolare delleformalit� preliminari richieste. Invece, nel caso particolare in cui lo Statomembro cui � soggetta una societ� che partecipa alla fusione preveda unaprocedura di controllo formale presso un organo giurisdizionale, tale proce-
dura si applicher� solo se le altre societ� coinvolte la accettino espressamen-
te pur non essendo prevista dalle loro legislazioni.

Il certificato preliminare sar� qui emettibile anche a giudizio pendente,
purch� ne venga fatta menzione, e la successiva pronuncia sar� vincolantenei confronti della societ� finale e di tutti i suoi soci. Invero, la direttiva non� stata altrettanto puntuale nello stabilire quali potrebbero essere le conse-
guenze del mancato rilascio di tale certificato. Si potrebbe ipotizzare che illegislatore comunitario, nonostante il pericolo di generare disparit� di tratta-
mento, abbia inteso lasciare carta bianca ai suoi omologhi nazionali. L�art.
11 completa le precedenti previsioni specificando che ogni Stato designiun�ulteriore autorit�, distinta dalle precedenti ma avente le medesime carat-
teristiche, il cui compito sar� di attestare che le imprese interessate abbianoapprovato il progetto comune di fusione negli stessi termini e che siano statedefinite, ex 
art. 16, le modalit� relative alla partecipazione dei lavoratori. Atale scopo ciascuna delle societ� partecipanti dovr� trasmettere loro il certi-
ficato di cui sopra entro sei mesi dal suo rilascio, nonch� il progetto comunedi fusione approvato dall�assemblea generale. La presente previsione inducea ritenere che non possano essere apportate modifiche al progetto di fusioneoriginario in sede di approvazione ma, anche in questo caso, nulla vienedetto in caso di un eventuale giudizio negativo.

9.Anche in questo frangente il Parlamento ed il Consiglio si sono rivol-
ti ai legislatori nazionali. Secondo l�art. 12: �La legislazione dello Statomembro cui � soggetta la societ� derivante dalla fusione transfrontalieradetermina la data (successiva all�adempimento dei controlli di cui all�art.
precedente) a partire dalla quale la fusione transfrontaliera ha efficacia�. Unavolta che l�alleanza diviene efficace si preclude la strada a qualsiasi succes-
siva pronuncia di nullit� (art. 17). Il medesimo meccanismo � previsto ancheper la registrazione (art. 13). E, infatti, la legislazione di ciascuno degli Statimembri a cui sono soggette le societ� partecipanti a dover determinare inriferimento al proprio territorio, le modalit� di pubblicazione della avvenutafusione. Tali modalit� devono rispecchiare quelle prescritte dalla direttiva n.
68/151/CEE, la I Direttiva societaria: si ricordano le tre forme minime di cuiall�art. 3, ossia l�apertura di un fascicolo riguardante la nuova societ� pressoun registro pubblico, la sua pubblicazione in un bollettino ufficiale naziona-
le ed, infine, l�espressa indicazione in ogni documento commerciale del tipo,
della sede, del registro e del numero di iscrizione della societ�. 
Al registro spetter� il compito di notificare l�acquisizione di efficaciadella fusione a quello presso il quale erano iscritte le imprese partecipanti ilquale provveder� a cancellarne a sua volta l�iscrizione in un�ottica di tuteladei soci e dei terzi. Con la cancellazione dell�iscrizione dell�ultima delleimprese partecipanti la procedura di fusione pu� dirsi completata e, da que-



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sto momento, l�alleanza pu� effettivamente iniziare a produrre i propri effet-
ti. Naturalmente, le conseguenze maggiormente prevedibili sono proprioquelle che nel progetto comune di fusione erano viste dagli organi ammini-
strativi della societ� interessate come gli obiettivi da raggiungere. L�art. 14della direttiva opera, in questo frangente, una precisa distinzione sulla basedel fatto che si sia intrapresa una fusione per incorporazione o una fusionepropria. Nel primo caso (art. 14.1 lett. a)
, 
b), c)) l�intero patrimonio dell�in-
corporata viene trasfuso, in tutte le sue componenti attive e passive, in quel-
lo dell�incorporante, la societ� incorporata si estingue ipso jure ed i relativi 
soci assumono il medesimo status 
nell�incorporante. Inoltre, il legislatore haritenuto opportuno fornire ulteriori specificazioni in merito a siffatta ipotesistabilendo che nessuna quota dell�incorporante possa essere scambiata conquote dell�incorporata nel caso in cui siano detenute dall�una o dall�altrasociet� o da terzi che agiscano in loro nome (art. 14.5 lett. a) 
e b)).

Il secondo caso (art. 14.2 lett. 
a), b), c)) si discosta dal precedente per ilfatto che entrambe le societ� trasferiscono i propri patrimoni in un nuovosoggetto giuridico e, per questo motivo, entrambe si estinguono, mentre irispettivi soci continuano ad operare nella nuova impresa.

Anche in merito alla descrizione degli effetti prodotti dalla fusione trans-
frontaliera la direttiva non manca di predispone adeguate tutele per i terzi. Icommi terzo e quarto dell�art. 14, infatti, dispongono che: �Qualora (...) lalegislazione di uno Stato membro prescriva formalit� particolari per l�oppo-
nibilit� ai terzi del trasferimento di determinati beni, diritti e obbligazioniapportati dalle societ� partecipanti alla fusione, tali formalit� sono adempiu-
te dalla societ� derivante dalla fusione transfrontaliera�. Il principio dellasuccessione automatica in capo all�impresa finale opera, infine, anche per irapporti individuali di lavoro: �I diritti e gli obblighi delle societ� che parte-
cipano alla fusione derivanti dai contratti di lavoro individuali o dai rappor-
ti di lavoro esistenti alla data in cui la fusione transfrontaliera acquista effi-
cacia sono (...) trasferiti alla societ� derivante dalla fusione transfrontalieraalla data a partire dalla quale la fusione ha efficacia�.

10. Uno dei profili della nuova direttiva sulle fusioni transfrontaliere chemerita di essere analizzato in maniera pi� approfondita concerne il coinvol-
gimento dei lavoratori delle societ� partecipanti alla fusione nella gestionedell�impresa finale. Proprio questa tematica ha costituito l�ostacolo principa-
le con il quale il legislatore comunitario ha dovuto ripetutamente confrontar-
si. Infatti, le difformit� legislative presenti nei singoli ordinamenti giuridicinazionali non solo impedivano di addivenire ad una normativa unica vinco-
lante per tutti, ma creavano anche numerose perplessit� in merito a quale fraqueste si sarebbe dovuta applicare nell�ipotesi di fusione tra imprese di dueStati membri diversi. Il rischio era tanto prevedibile quanto rilevante. Sipensi ad un�ipotesi di fusione tra due societ� di Stati membri diversi e, quin-
di, soggette a due differenti legislazioni; poniamo il caso che la prima di que-
ste possa contare nel proprio ordinamento su di una normativa riguardante lapresenza dei lavoratori nell�impresa particolarmente avanzata e garantistamentre, la seconda, sia impossibilitata ad usufruire di analoghe disposizioniin quanto pi� arretrate o del tutto assenti. 

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Come � possibile intuire, nell�incertezza della legge applicabile all�im-
presa finale, i lavoratori maggiormente garantiti sarebbero potuti essere sot-
toposti all�altra legislazione vedendosi, in questo modo, privati di gran partedei loro diritti. L�esempio appena proposto illustra perfettamente quantoripetutamente accaduto nel panorama societario europeo. Si pensi, infatti,
alla radicale contrapposizione tra la normativa tedesca sulla presenza deilavoratori ai vertici dell�azienda e quelle della maggior parte degli altri Paesieuropei, Italia in primis.

LaMitbestimmung(letteralmente�cogestione�o�codeterminazione�)era, 
senza 
ombra 
di 
dubbio, 
la 
disciplina 
legislativa 
pi� 
avanzata 
in 
materia.
Introdotta 
nel 
lontano 
1951 
basandosi 
sulla 
concezione 
di 
�stato 
sociale� 
pro-
posta 
gi� 
da 
Bismarck 
e, 
successivamente, 
sul 
modello 
di 
�economia 
sociale 
dimercato� 
diAdenauer,avevacristallizzatoildesideriopartecipativodeisin-
dacatitedeschi 
siaalivello 
macroeconomico, 
sia 
alivello 
della 
singola 
impre-
sa.Infatti,solodaquestasicominciaaparlareseriamentedico-gestione,tanto 
che 
nel 
modello 
dualistico 
di 
governance 
tipicamente 
tedesco, 
si 
arriv� 
a 
pre-
vederechenellesociet�conpi�dimilledipendentiilavoratoripotesserovigi-
lare 
sull�operato 
del 
consiglio 
di 
gestione 
(il 
Vorstand) 
attraverso 
loro 
rappre-
sentanti 
(cinque 
su 
undici 
membri 
totali) 
in 
quello 
di 
sorveglianza 
(l�Aufsich-
strat)
. 
Tale 
impostazione 
non 
solo 
consentiva 
di 
conferire 
alle 
maestranze 
un 
ruolo 
non 
esclusivamente 
materiale 
nella 
vita 
societaria 
ma, 
aspetto 
ben 
pi�rilevante, coinvolgendole nella fase decisionale si garantiva la stabilit� sociale 
prevenendo 
eventuali 
conflitti. 
Il 
modello 
tedesco, 
tuttavia, 
costituiva 
l�ecce-
zione 
di 
un 
panorama 
legislativo 
nazionale 
variegato 
e 
tendenzialmente 
pi�arretrato 
in 
materia, 
situazione 
che, 
appunto, 
rendeva 
difficile 
intraprendere 
tranquillamenteunafusionetransfrontaliera.Perpoterfornireunasoluzioneai 
suddetti 
problemi, 
la 
dir. 
n. 
2005/56/CE 
ha 
ritenuto 
opportuno 
attingere 
alleproposteoffertedallenormativecomunitarieprecedentiscegliendo,tralealtre, 
ilmodellopartecipativofornitodalladir.n.2001/86/CE.Questa,comesiricor-
der� 
aveva 
contribuito 
a 
colmare 
le 
lacune 
presenti 
nello 
statuto 
della 
Societ�europea 
proprio 
in 
fatto 
di 
partecipazione 
dei 
lavoratori. 
Il 
principio 
informa-
toreinmateriavienedunqueripropostonell�art.16.1delladirettivasullefusio-
ni,ovesistabilisceche: 
�...lasociet�derivantedallafusionetransfrontaliera� 
soggetta 
alle 
disposizioni 
vigenti 
in 
materia 
di 
partecipazione 
dei 
lavoratori, 
ove 
esistano, 
nello 
Stato 
membro 
in 
cui 
� 
situata 
la 
sua 
sede 
sociale�.

La presente disposizione gi� sufficientemente chiara ed esaustiva, vieneper� sottoposta nei paragrafi successivi ad una serie minuziosa di derogheimprontate all�applicazione della normativa in grado di offrire il maggiorlivello di tutela possibile per i dipendenti, nell�ottica di scongiurare compor-
tamenti elusivi. Infatti, se ci si basasse soltanto sull�assunto precedente iltema della partecipazione dei lavoratori alla vita sociale potrebbe assumererilevanza strategica nella scelta del Paese ove collocare la sede della societ�risultante dalla fusione, aprendo cos� la strada ad una �race to the bottom� 
verso lo Stato dotato di una normativa meno efficace.

Ecco, dunque, che il criterio della sede sociale non opera, in primoluogo, nel caso in cui almeno una delle societ� partecipanti abbia, nei sei 




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mesi precedenti la pubblicazione del progetto comune di fusione, un nume-
ro medio di lavoratori superiore a 500 e sia gestita proprio ai sensi delladirettiva n. 2001/86/CE (art. 16.2) (7). Sono dunque le rilevanti dimensionioccupazionali anche solo di una delle imprese coinvolte ad aver indotto illegislatore comunitario a prediligere una normativa precisa, specifica e gene-
ralmente ben conosciuta a livello europeo per quanto concerne la partecipa-
zione dei lavoratori, anzich� rimettere tutto ad una legislazione nazionaleignota a tutti fino al completamento della procedura.

Ma la suddetta � soltanto la prima tra le eccezioni proposte. La lettera a)
del secondo comma dell�art. 16 dispone che il principio generale non debbatrovare applicazione nel caso in cui il diritto del Paese di stabilimento nonpreveda un livello di coinvolgimento almeno identico a quello presente nellesociet� partecipanti: �...le eventuali disposizioni in vigore riguardanti la par-
tecipazione dei lavoratori nello Stato membro in cui � situata la sede socialedella societ� derivante dalla fusione transfrontaliera non si applicano se lalegislazione nazionale applicabile alla societ� derivante dalla fusione nonprevede un livello di partecipazione dei lavoratori almeno identico a quelloattuato nelle societ� che partecipano alla fusione di cui trattasi, misurato conriferimento alla quota di rappresentanti dei lavoratori tra i membri dell�orga-
no di amministrazione o dell�organo di vigilanza o dei rispettivi comitati odel gruppo dirigente competente per i centri di profitto della societ�, qualo-
ra sia prevista la rappresentanza dei lavoratori�. 

Alla medesima soluzione si deve arrivare anche nell�ipotesi in cui ildiritto applicabile alla nuova societ� non contempli per i lavoratori operantiin sue filiali site in altri paesi, una facolt� di esercitare i diritti di partecipa-
zione identica a quella di cui godono i lavoratori dello Stato in cui � situatala sede sociale (art. 16. lett. b)): �� non contempla per i lavoratori di stabi-
limenti della societ� derivante dalla fusione transfrontaliera situati in altriStati membri, un diritto ad esercitare diritti di partecipazione identico a quel-
lo di cui godono i lavoratori impiegati nello Stato membro in cui � situata lasede sociale della societ� derivante dalla fusione trasfontaliera�.

Giova sottolineare come, in base a tale disposizione anche le societ�aventi una soglia occupazionale inferiore alle 500 unit� potranno usufruiredel regime di cogestione qualora siano il risultato di una fusione nella qualene goda almeno una delle partecipanti. Questo consente di concludere che sifar� riferimento al suddetto numero di dipendenti soltanto se la societ� fina-
le sar� situata in uno Stato dotato di una normativa pi� vantaggiosa per ilavoratori: infatti, nel caso in cui non si raggiungessero le 500 unit� si appli-
cherebbe semplicemente il principio generale di cui all�art. 16. 


(7) Nello specifico si fa riferimento a quanto definito nell�art. 2 lettera 
k 
della direttivadel 2001, il quale definisce il termine �partecipazione� come ��l�influenza dell�organo dirappresentanza dei lavoratori e/o dei rappresentati dei lavoratori nelle attivit� di una societ�mediante: � il diritto di eleggere o designare alcuni dei membri dell�organo di vigilanza o diamministrazione della societ�, o � il diritto di raccomandare la designazione di alcuni o ditutti i membri dell�organo di vigilanza o di amministrazione della societ� e/o di opporvisi�
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Il 
minimo 
comune 
denominatore 
che 
sottende 
le 
eccezioni 
appena 
analiz-
zate 
si 
riscontra 
nella 
loro 
concretizzazione 
ed 
� 
di 
nuovo 
da 
ricercarsi 
nelledisposizioni 
riguardanti 
la 
Societ� 
europea. 
Il 
comma 
terzo 
dell�art. 
16, 
infat-
ti, 
pone 
l�interprete 
dinanzi 
ad 
una 
scelta 
obbligata 
consistente 
nel 
diretto 
rin-
vio 
ad 
alcuni 
articoli 
del 
regolamento 
CE 
n. 
2157/2001 
e 
della 
direttiva 
n.
2001/86/CE. 
La 
normativa 
richiamata 
ha 
portata 
di 
applicazione 
generale 
in 
virt� 
del 
tredicesimo 
�considerando� 
del 
preambolo 
della 
XIV 
Direttiva 
(8).

Della Societ� europea e della relativa regolamentazione anche in tema dicoinvolgimento dei lavoratori giova richiamare in questa sede soltanto glielementi strettamente indispensabili all�analisi in corso.

Per quanto concerne la fonte regolamentare importa quanto stabilito del-
l�art. 12, paragrafi 2, 3 e 4. Nello specifico, l�iscrizione di una Societ� euro-
pea nel registro tenuto dallo Stato della sede potr� aver luogo �... soltantoprevia conclusione di un accordo sulle modalit� relative al coinvolgimentodei lavoratori ai sensi dell�articolo 4 della direttiva n. 2001/86/CE�, ovvero�� previa decisione ai sensi dell�articolo 3, paragrafo 6 di detta direttiva�,
oppure ancora �trascorso il periodo previsto per i negoziati ai sensi dell�arti-
colo 5 di detta direttiva, non sia stato concluso un accordo�.

L�accordo ex 
art. 4 sar� altres� necessario nel caso in cui la persona giu-
ridica venga costituita mediante fusione salvo il caso in cui nessuna dellesociet� partecipanti fosse soggetta gi� da prima a norme di partecipazione.
Infine, lo statuto della Societ� europea non dovr� mai essere in conflitto conle modalit� relative al coinvolgimento dei lavoratori in questi termini stabi-
lite e, laddove lo sia, sar� da modificarsi per quanto necessario.

Il dettato letterale dell�art. 16.3 della XIVDirettiva, tuttavia non si esau-
risce in un mero �rinvio nel rinvio�: infatti, attinge non soltanto alle normeappena analizzate, le quali a loro volta si basano su quanto introdotto dalladirettiva del 2001, ma dalla lettera a) alla lettera h) evidenzia ulteriori dispo-
sizioni della direttiva medesima di cui si rende necessaria l�applicazione. Ilrisultato ottenuto � quello di predisporre una normativa efficace in meritoalla partecipazione dei lavoratori nelle imprese generatesi da fusione inun�ottica di continuit� con la produzione legislativa precedente.

Anche riguardo il contenuto dei numerosi articoli della direttiva n.
2001/86/CE si ritiene opportuna soltanto una descrizione dei tratti essenzia-
li rinviando, per un esame approfondito al capitolo iniziale. La lettera a) 
del-
l�art. 16 rinvia agli art. 3 paragrafi 1, 2 e 3, 4 (primo comma, primo trattino,
e secondo comma) 5 e 7: tali riguardano la c.d. delegazione speciale di nego-
ziazione il cui compito, anche in caso di fusione transfrontaliera sar� di sta-
bilire assieme agli organi competenti delle societ� partecipanti le modalit�del coinvolgimento dei lavoratori nella societ� finale tramite accordo scritto. 


(8) Si veda sul punto PANNIER, The EU 
cross border merger directive � a new dimen-
sion for employee participation and company restructuring, in European Business Law 
Review, volume 16, 2005, pag. 1424-1442. 

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I possibili candidati ad entrare a far parte di tale organo, le maggioranzeassembleari richieste per l�elezione ed i requisiti imprescindibili per poterneesercitare le prerogative sono naturalmente i medesimi gi� analizzati in pre-
cedenza. Alla successiva lettera b) 
vengono ripresi i primi tre paragrafi del-
l�art. 4: esso concerne i doveri di lealt� e reciproca collaborazione che avreb-
bero dovuto permeare le trattative per giungere all�accordo sulle modalit� dicoinvolgimento dei lavoratori del quale, successivamente, vengono detta-
gliatamente enumerati i requisiti sostanziali (il campo d�applicazione, lacomposizione, il numero di membri, le attribuzioni e la procedura previstaper l�informazione e la consultazione dell�organo di rappresentanza ecc...).

La durata e la legge applicabile alla procedura di negoziazione � tassati-
vamente specificata dagli art. 5 e 6 della direttiva n. 2001/86/CE ripresi dallelettere c) 
e d) 
dell�art. 16. I negoziati devono esaurirsi nel termine di sei mesi(prorogabili di comune accordo, fino ad un anno) dalla costituzione delladelegazione speciale di negoziazione. Salvo diversa disposizione la leggeapplicabile alla procedura di negoziazione � quella dello Stato membro distabilimento della societ� finale.

La lettera e), in seguito, si ricollega immediatamente a questo assuntorinviando ai tre paragrafi dell�art. 7 riguardante proprio l�applicazione prati-
ca della suddetta normativa alla Societ� europea anche se � stato fatto ogget-
to di alcune deroghe ad hoc 
per renderlo maggiormente adattabile ai finidelle direttiva sulle fusioni transfrontaliere.

Alla lettera f) 
dell�art. 16, invece, vengono ribaditi i doveri di riservatez-
za che i membri della delegazione speciale di negoziazione sono necessaria-
mente tenuti ad osservare, le misure accordate in materia di tutela e protezio-
ne dei rappresentanti dei lavoratori e gli obblighi di osservanza posti in capoagli Stati membri in riferimento alla direttiva stessa (artt. 8, 10 e 12 delladirettiva n. 2001/86/CE), per i quali viene ribadito che �� possono adottarele misure necessarie a garantire che siano mantenute dopo l�iscrizione dellasociet� derivante dalla fusione le strutture della rappresentanza dei lavorato-
ri delle societ� partecipanti che cesseranno di esistere come entit� giuridichedistinte� (art. 13.4 della direttiva n. 2001/86/CE ex 
art. 16 lett. g)).

L�art. 
16 
illustra 
i 
principi 
e 
le 
modalit� 
che 
i 
singoli 
Paesi 
dovrannoosservareperattuareidirittidipartecipazioneappenadescritti.Essi,adesem-
pio, 
dovranno 
conferire 
agli 
organi 
delle 
societ� 
partecipanti 
alla 
fusione 
ildiritto 
di 
scegliere 
di 
essere 
direttamente 
assoggettati 
alle 
disposizioni 
inmateria 
di 
partecipazione 
stabilite 
dalla 
legislazione 
dello 
Stato 
membro 
incuisar�situatalasededell�impresafinale;ci�potr�avvenireancheattribuen-
do 
alla 
delegazione 
speciale 
di 
negoziazione 
il 
diritto 
di 
decidere 
di 
non 
avviarenegoziatiodiporretermineaquelligi�avviati.(art.16.4lett.a) 
e 
b)).

Inoltre, gli Stati potranno stabilire di limitare la quota di rappresentantidei lavoratori nell�organo di amministrazione della societ� finale con ununico limite inderogabile: qualora in una delle societ� partecipanti i rappre-
sentanti dei lavoratori costituiscano almeno un terzo dell�organo di ammini-
strazione o di vigilanza, tale limitazione non potr� mai tradursi in una quotadi rappresentanti inferiore a un terzo (art. 16.4 lett. c))
. 




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In ultimo giova sottolineare come ai singoli Stati membri non vengaimposto l�obbligo di tener conto dei lavoratori impiegati in altri Paesi Ue alfine di calcolare l�ordine di grandezza delle soglie che permettono di acce-
dere ai diritti di partecipazione secondo la legislazione interna: il riferimen-
to, dunque riguarder� unicamente i lavoratori nazionali ex 
art. 16.5. 


Laratio 
sottesa a tale esclusione � da individuarsi nella volont� del legis-
latore comunitario di non ingerirsi in modo eccessivo negli ordinamenti giu-
ridici nazionali in ossequio al principio di sussidiariet� (art. 5 Tr. CE).

Le linee finali del complesso art. 16 concludono l�intera disciplina sulcoinvolgimento dei lavoratori assicurando che la societ� finale debba neces-
sariamente assumere una forma giuridica tale da assicurare la continuit� del-
l�esercizio dei diritti di partecipazione; con tale limitazione si intende natu-
ralmente evitare che la fusione costituisca un mezzo strumentale per mutarelo status 
delle imprese coinvolte al fine di limitarli o escluderli (art. 16.6).

Inoltre, �Qualora la societ� derivante dalla fusione transfrontaliera siagestita in regime di partecipazione dei lavoratori � obbligata ad adottareprovvedimenti per garantire la tutela dei diritti di partecipazione in caso disuccessive fusioni interne, entro tre anni dalla data in cui prende effetto lafusione transfrontaliera� (art. 16.7): la societ� finale assolver� a tale obbligoapplicando di nuovo la normativa appena illustrata (9).

In merito alla partecipazione attiva dei lavoratori nella gestione dell�im-
presa si rendono necessarie in conclusione, alcune riflessioni. Si � avutoampiamente modo di constatare come nella XIV 
Direttiva il legislatorecomunitario abbia inteso riprendere ed ampliare i meccanismi di tutela intro-
dotti da fonti legislative precedenti. 

Tuttavia questo rafforzamento delle rappresentanze dei poteri delle dele-
gazioni speciali di negoziazione ed i vincoli imposti alle societ� partecipan-
ti alla fusione hanno dato luogo a diverse perplessit� a livello dottrinale;
nello specifico, non sono mancate prese di posizione particolarmente dub-
biose in merito alla ragionevolezza delle suddette restrizioni, le quali arriva-
vano addirittura a dubitare della loro legittimit� in rapporto ai principi fon-
damentali del diritto comunitario in generale e del diritto di stabilimento inparticolare.

Ma, in realt�, oggi la normativa appena analizzata si trova sotto accusaper un altro motivo: si ritiene, infatti, che una forte presenza di lavoratorinegli organi di gestione soprattutto nelle societ� di grandi dimensioni, possa 


(9) Si veda, ad esempio, STORM, Cross-border mergers, the rule of reason and emplo-
yee 
participation, in European Company Law Review, 
volume III, giugno 2006, pag. 130-
138: in questa analisi l�autore esprime pi� di una perplessit� in merito alla compatibilit� diprincipi di cui agli art. 16 s. della XIV 
Direttiva con il dettato dell�art. 43 Tr.CE:
�Undoubtedly, article 16 constitutes a restriction to the freedom of establishment. The que-
stion is whether this restriction is justified by the rule of reason (�) The problems of dupli-
cation of employee participation remains, but my general impression is that, considered asa part of CBM directive, article 16 is likely to pass the proportionality test� (pag. 137)
. 




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compromettere la celerit� dei processi decisionali e, quindi, la competitivit�dell�impresa. Questo, invero, era un timore evidenziato gi� dallo Stato italia-
no, il quale fu l�unico ad opporsi all�introduzione del sistema di partecipa-
zione dei lavoratori: ci� avvenne soprattutto sulla spinta delle organizzazio-
ni sindacali le quali vedevano in tale situazione proprio un pericolo di ecces-
siva identificazione dei dipendenti nell�impresa e una conseguente confusio-
ne con le prerogativa del management.

Il pericolo della creazione di forti legami e di scambi reciproci tra diri-
genti e lavoratori sulla base di interessi politici e sindacali, il timore chemembri dell�organo di supervisione, magari anche sprovvisti dell�indipen-
denza e delle competenze necessarie operassero nell�esclusivo interessedelle maestranze senza curarsi dei managers 
hanno, per�, aperto gli occhianche agli Stati da sempre sostenitori delle misure di cui sopra.

Non 
�, 
infatti 
un 
mistero 
che 
proprio 
la 
Germania 
stia 
valutando 
la 
possi-
bilit� 
di 
addivenire 
ad 
un 
ridimensionamento 
del 
sistema 
di 
partecipazione: 
leproposte 
di 
riforma 
del 
diritto 
societario 
tedesco 
hanno 
incontrato 
alterne 
for-
tunegi�apartiredal2000perarrivarenel2004,adunprogettoelaboratosullabase 
delle 
proposte 
dell�Associazione 
tedesca 
dei 
datori 
di 
lavoro 
(BDA) 
e 
laFederazione 
delle 
industrie 
tedesche 
(BDI) 
avente 
come 
punto 
cardine 
il 
con-
cetto 
di 
partecipazione 
come 
risultato 
di 
un 
costante 
processo 
di 
mediazione 
e 
negoziazione 
da 
applicare 
caso 
per 
caso 
a 
seconda 
delle 
dimensioni 
aziendali.
Si 
�, 
dunque, 
compreso 
che 
la 
Mitbestimmung 
ben 
si 
poteva 
adattare 
al 
conte-
sto 
del 
1951 
ove, 
complice 
l�esperienza 
dittatoriale 
nazista, 
si 
cerc� 
di 
dare 
ai 
sindacatiunruolofattivoneiconsiglidisorveglianzaperevitareulteriorideri-
vepolitichema,nelmercatoglobaleattuale,fattodidecisionistrategichepreserapidamente,comporterebbeilpericolodifarprecipitare 
laGermaniaagliulti-
mi 
posti 
riguardo 
gli 
standard 
di 
corporate 
governance.

11. Il secondo aspetto relativo alle fusioni transfrontaliere di societ� dicapitali che necessita di un breve approfondimento concerne il regime fisca-
le applicabile a tali operazioni straordinarie. In merito a questa fattispecie itesti normativi di riferimento sono due direttive: la n. 90/434/CEE e la n.
2005/19/CE entrambe invero, gi� considerate in precedenza nei loro trattiessenziali. Le presenti, infatti, devono essere necessariamente prese in con-
siderazione congiuntamente, dal momento che quella successiva non ha fattoaltro che ampliare le disposizioni della precedente riguardo le alleanze cross-
border. 
Il concetto chiave racchiuso nella direttiva n. 90/434/CEE � ormainoto: la predisposizione di un regime fiscale comune applicabile alle fusio-
ni, alle scissioni ed ai conferimenti d�attivo tra le societ� stabilite in Statimembri diversi.
Se, da una parte, questa enunciazione induce a ritenere che il legislatorecomunitario abbia predisposto da subito una disciplina completa ed efficacecapace di far fronte a tutte gli aspetti di natura tributaria legati a siffatte ope-
razioni, dall�altra si deve realisticamente constatare come, quindici annidopo, si sia reso quanto mai necessario un intervento integrativo. La diretti-
va del 1990, infatti, assolveva l�obiettivo, squisitamente microeconomico, direndere fiscalmente neutre le operazioni straordinarie menzionate e, soltan-



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to in via subordinata, anche a quello di incoraggiare le fusioni transfrontalie-
re nel mercato interno (10).

Gli sforzi del legislatore comunitario si erano dunque focalizzati sullarimozione di tutte le disposizioni nazionali di natura fiscale potenzialmentepenalizzanti, come si evinceva chiaramente dal preambolo della direttivamedesima: �... tali operazioni non devono essere intralciate da restrizioni,
svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degliStati membri; occorre quindi istituire regole fiscali neutre nei riguardi dellaconcorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mer-
cato comune, di migliorare la loro produttivit� e di rafforzare la loro posizio-
ne competitiva sul piano internazionale�.

Per poter comprendere appieno le modifiche e le innovazioni apportatedalla direttiva n. 2005/1/CE in merito alle fusioni transfrontaliere si rendenecessaria una succinta descrizione della direttiva n. 90. Dopo aver ribadito,
ex 
art. 1, l�applicazione della medesima da parte dei singoli Paesi europeialle operazioni di fusione, scissione, conferimenti d�attivo e scambi di azio-
ni riguardanti societ� di due o pi� Stati membri, la direttiva descrive le sud-
dette operazioni nei loro tratti essenziali (art. 2 lettere da a) 
a i), e art. 3 let-
tere a), b), c)).

Ilcuore 
innovativodellanormativainparolarisiedenelsuccessivoTITO-
LO 
II 
ove, 
nell�art. 
4, 
si 
definisce 
chiaramente 
come 
la 
fusione 
(
o 
altra 
opera-
zione 
analoga) 
non 
comporti 
alcuna 
imposizione 
sulle 
plusvalenze 
determina-
te 
dalla 
differenza 
fra 
le 
attivit� 
e 
le 
passivit�trasferite, 
bens� 
soltanto 
su 
quel-
le 
che 
saranno 
realizzate 
de 
facto. 
Ecco, 
dunque, 
cosa 
debba 
concretamente 
intendersi 
con 
la 
terminologia 
�neutralit� 
fiscale�
. 
Invero, 
la 
ratio 
di 
tale 
pre-
visione 
era 
da 
ricercare 
nella 
volont� 
di 
evitare 
un�imposizione 
subito 
all�atto 
dell�operazione 
tutelando, 
allo 
stesso 
tempo, 
gli 
interessi 
dello 
Stato 
dell�ac-
quisita.Perquantoconcernegliarticolisuccessivigiovasolamenteosservarne 
il 
carattere 
eminentemente 
tecnico-pratico, 
aspetto 
che 
non 
solo 
contribuisce 
ad 
individuare 
negli 
esperti 
di 
diritto 
tributario 
i 
primi 
destinatari 
di 
tali 
dispo-
sizioni, 
ma 
consente 
anche 
di 
eleggere 
il 
precedente 
art. 
4 
come 
il 
vero 
e 
pro-
prio 
tratto 
distintivo 
e 
principio 
informatore 
della 
direttiva.

Brevemente, sempre in un�ottica di neutralit�, agli Stati membri � pre-
scritto di adottare le misure necessarie affinch� gli accantonamenti o le riser-
ve costituiti in franchigia parziale o totale di imposta �... siano riprese dallestabili organizzazioni della societ� beneficiaria situate nello Stato dellasociet� conferente� (art. 5), e, di seguito, che l�assegnazione di titoli rappre-
sentativi del capitale sociale della societ� beneficiaria (o acquirente) ad unsocio della conferente (o acquistata) non comporti alcuna imposizione sulsuo reddito, sui suoi utili o sulle sue plusvalenze (art. 8)
. 


(10) Per una descrizione completa del contenuto della direttiva n. 90/434/CEE si veda-
no LECOURT, 
L�influence du droit communautaire sur la constitution de gropments,
Bibliotheque de droit priv�, 
tome 
331, L.G.D.J. 2000, pag. 432-441, 
e 
MENEJUCQ, Droit 
international et europeenne des soci�t�s, 
Paris, Montchrestien 2001, pag. 221-223. 

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In riferimento ai conferimenti d�attivo trover� applicazione tutta quantala normativa di cui agli articoli precedenti ex 
art. 9: �Gli articoli 4, 5 e 6 siapplicano ai conferimenti d�attivo� salvo particolari specificazioni nel casoin cui fra i beni conferiti figuri una �stabile organizzazione della societ� con-
ferente�, situata in uno Stato membro diverso da quello di tale societ�: inquesto caso allo Stato toccher� rinunciare ad ogni diritto all�imposizione didetta organizzazione (art. 10). La direttiva si conclude, tuttavia, con unadisposizione dalla natura spiccatamente cautelare: la cd. �clausola di salva-
guardia� di cui all�art. 11.

Questa consente a ciascun Paese membro di rifiutarsi di applicare intutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV 
qualora risulti che le ope-
razioni poste in essere abbiano come obiettivo principale la frode o l�evasio-
ne fiscale (art. 11.1). In aggiunta, dal fatto che anche solo una delle suddet-
te operazioni non sia effettuata �� per valide ragioni economiche��, siammette la presunzione che il suo obiettivo reale fosse, appunto, uno dei sif-
fatti reati (art. 11.1 lett. a)).

La clausola opera anche nel caso in cui una societ� non sia pi� in gradodi soddisfare le condizioni richieste per la rappresentanza dei lavoratori negliorgani della societ� secondo le modalit� applicabili prima dell�operazione(art. 11.1 lett. b)). Questi sono gli elementi normativi caratterizzanti la diret-
tiva del 1990 rappresentati nei loro tratti essenziali.

Le ragioni che, invece, hanno spinto le istituzioni dell�Unione a rivede-
re ma, soprattutto, ad ampliare la portata della politica fiscale applicabile alleoperazioni di fusione transfrontaliere, risiede proprio nel loro costante incre-
mento. Come, infatti, si � gi� brevemente accennato in precedenza, il feno-
meno delle alleanze cross-border 
fra societ� di capitali di stati membri diver-
si ha subito nel corso degli ultimi anni una costante trasformazione.

I tratti distintivi di questo sviluppo sono rappresentati tanto dalla nasci-
ta di veri e propri nuovi modelli di persona giuridica (ad esempio, la Societ�europea e la Societ� Cooperativa europea), quanto da un loro differentemodello di comportamento sui mercati. �, infatti, notorio come il principiobase dell�odierno mondo degli affari sia quello di aumentare le propriedimensioni su scala se non mondiale almeno europea nel minor tempo pos-
sibile. In questo, un ruolo decisivo lo hanno giocato lo sviluppo dell�econo-
mia globale, l�abbattimento della maggior parte dei vincoli normativi pena-
lizzanti e, soprattutto, l�affacciarsi sui mercati internazionali di nuovi Paesia seguito dell�allargamento dell�Unione, fenomeni che hanno rappresentatoper le medie e grandi imprese un�opportunit� di crescita pi� unica che rara.

Il legislatore non ha quindi potuto esimersi dall�individuare nuove solu-
zioni dal punto di vista fiscale che potessero facilmente collocarsi in questoscenario, dal momento che affrontare questi cambiamenti usufruendo soltan-
to di una normativa datata quindici anni addietro poteva dirsi una sceltaeccessivamente ottimistica. La direttiva n. 2005/19/CE, del 17 febbraio, �stata, dunque, chiamata ad ottemperare alle suddette esigenze apportando dasubito un notevole ampliamento all�elenco delle societ� interessate: oltre allepersone giuridiche gi� contemplate sono state, infatti, incluse altre realt� 




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quali le cooperative, le societ� di persone, le casse di risparmio, le mutue, lefondazioni, le associazioni.

Infatti, la lettera k) 
dell�Allegato annovera: le societ� di diritto italianodenominate �societ� per azioni�, �societ� in accomandita per azioni�, �socie-
t� a responsabilit� limitata�, �societ� cooperative�, �societ� di mutua assicu-
razione�, nonch� �gli enti pubblici e privati...�.

Naturalmente, unico comune denominatore � l�esercizio, anche solo par-
ziale, di un�attivit� economica. Giova specificare che, anche se non menzio-
nate, tale regime � parimenti applicabile tanto alle Societ� europee quantoalle Societ� cooperative europee ed, anzi, proprio in merito a queste produr-
r� conseguenze positive evitando che vengano immediatamente tassate leplusvalenze generate da un eventuale trasferimento della loro sede. 
A 
stabi-
lire questo � proprio uno degli articoli d�apertura della direttiva, l�art. 1.2 lett.
b, che modifica l�art. 1 della direttiva n. 90/434/CEE: �Ogni Stato membroapplica (la direttiva n. 90/434/CEE) ai trasferimenti di sede sociale da unoStato membro all�altro operanti dalle societ� europee di cui al regolamentoCE n. 2157/2001 (...) e dalle societ� cooperative europee di cui al regolamen-
to CE n. 1435/2003��. 

Si pu� dunque agevolmente notare come rimangano del tutto impregiu-
dicati i connotati essenziali della direttiva del �90 ed, anzi, ne escano raffor-
zati. Costituiscono ancora valore portante elementi quali il rinvio dell�impo-
sizione del reddito, degli utili e delle plusvalenze derivanti dalle riorganizza-
zioni aziendali, la tutela dei diritti di imposizione degli Stati membri, e l�eli-
minazione di eventuali ostacoli per la fluidit� del mercato interno, come laduplice imposizione.

Infatti, l�art. 4 direttiva n. 2005/19/CE, sostitutivo di quello della diretti-
va precedente, non fa altro che confermare che la fusione e la scissione noncomportano alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenzatra il valore reale degli elementi d�attivo e di passivo conferiti e il loro valo-
re fiscale. Il medesimo articolo, tuttavia, non si esaurisce nella suddetta pre-
visione ma richiama uno degli elementi innovativi introdotti ex 
novo 
dalladirettiva del 2005.

Esso, infatti, prevede l�applicazione del regime di neutralit� anche alla:
�� scissione parziale��. Si tratta di un vero e proprio nuovo tipo di opera-
zione straordinaria denominato anche �split-off�
, 
una scissione limitata chenon comporta l�estinzione della societ� conferente. Questa, dunque, rimanein vita anche se parte delle proprie componenti attive o passive sono state tra-
sferite in uno dei rami di attivit� della beneficiaria tramite l�assegnazione aipropri soci di titoli rappresentativi del suo capitale sociale. Tale disposizio-
ne � immediatamente seguita da un�importante precisazione in merito allapratica dello scambio d�azioni (art. 1.3 lett. b)) (11). La nuova direttiva, 


(11) Si veda l�art. 1.3 lett. a) 
della dir. n. 2005/19/CE che aggiunge la lettera b) bisall�art. 2 della dir. n. 90/434/CEE: �scissione parziale: l�operazione mediante la quale unasociet� trasferisce, senza essere sciolta, mantenendo almeno un ramo di attivit�, uno o pi� 

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infatti, applica un criterio quantitativo omogeneo per la commisurazionedelle partecipazioni reciproche in caso di fusione tra le societ� controllanti ele rispettive controllate, stabilendo che per ottenere l�esenzione fiscale siasufficiente che una di esse abbia il possesso di una quota del 10% del capi-
tale dell�altra. � importante sottolineare che tale regime trover� applicazio-
ne anche nel caso in cui una societ� intenda trasformare una propria succur-
sale in una filiale. Come si ricorder�, le suddette strutture si differenzianonotevolmente fra loro per un requisito sostanziale: la prima, in quanto sem-
plice entit� sussidiaria di un�impresa stabilita in un altro Stato membro, non� dotata di autonomia, mentre la seconda, per essere tale, ne deve esserenecessariamente provvista.

Nella fattispecie in parola, dunque, la liquidazione della succursale aseguito del conferimento d�attivo nella filiale ed all�immediata attribuzionealla societ� �madre� delle proprie partecipazioni, non determiner� plusvalen-
ze imponibili e, nello stesso tempo, non si arrecher� alcuna perdita all�erariodello Stato dove era sita, poich� le attivit� e le passivit� conferite continua-
no a soggiacere alla sua giurisdizione fiscale.

Avviandosi alla conclusione dell�esame in corso � necessario da ultimoprestare attenzione a quanto introdotto dalla nuova direttiva in merito allalotta contro la frode e l�evasione fiscale. In tale frangente il legislatore comu-
nitario, oltre a quanto gi� visto riguardo al trasferimento della sede di una

S.E. o di una S.C.E. ha provveduto ad inserire nella dir. n. 90/434/CEE untitolo totalmente nuovo relativo al caso particolare delle �entit� trasparenti�.
Il TITOLO IV 
Bis dispone, dunque, che: �Qualora uno Stato membroconsideri una societ� conferente o acquistata non residente come non traspa-
rente sotto il profilo fiscale (...) esso ha il diritto di non applicare le disposi-
zioni della presente direttiva per la tassazione dell�azionista diretto o indiret-
to di detta societ� per quanto riguarda il reddito, gli utili o le plusvalenze didetta societ��.

Lo Stato membro che esercita tale diritto potr� quindi imporre il paga-
mento della tassa normalmente applicabile al reddito, agli utili o alle plusva-
lenze della societ�. Naturalmente ci� potr� avvenire soltanto in seguito aduna attenta valutazione delle caratteristiche giuridiche dell�impresa derivan-
ti dalla legge in forza della quale � stata costituita.

Ma 
i 
mezzi 
di 
reazione 
concessi 
ai 
singoli 
Paesi 
dell�Unione 
non 
si 
esau-
riscono 
nella 
disposizione 
appena 
analizzata. 
Infatti, 
nella 
medesima 
fattispe-
cie 
ciascuno 
Stato 
godr� 
anche 
del 
diritto 
di 
non 
applicare 
in 
toto 
l�art. 
8.1, 
.2 


e 
.3 
della 
direttiva, 
proprio 
quello 
che 
stabiliva 
per 
le 
operazioni 
straordinarie, 
rami di attivit� a una o pi� societ� preesistenti o nuove, mediante l�assegnazione ai propri-
soci, secondo un criterio proporzionale, di titoli rappresentativi del capitale sociale dellesociet� beneficiarie del conferimento ed eventualmente di un saldo in contanti che non supe-
ri il 10% del valore nominale o, in mancanza, del valore nominale, della parit� contabile ditali titoli�
. 




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compresa 
la 
scissione 
parziale, 
il 
regime 
di 
neutralit� 
fiscale, 
applicando 
allasociet� 
interessata 
lo 
stesso 
regime 
tributario 
a 
cui 
sarebbe 
stata 
soggetta 
se 
fosse 
stata 
residente 
nel 
territorio 
della 
Stato 
membro 
in 
questione. 
In 
conclu-
sione, 
le 
integrazioni 
offerte 
dalla 
direttiva 
n. 
2005/19/CE 
sembrano 
in 
grado 
di 
colmare 
le 
lacune 
della 
direttiva 
n. 
90/434/CEE, 
e 
di 
far 
fronte 
alle 
esigen-
ze 
di 
chiarezza 
ed, 
anche, 
di 
legalit� 
dell�attuale 
situazione 
europea. 
Ma 
que-
sta 
� 
una 
valutazione 
esprimibile, 
per 
ora, 
soltanto 
�sulla 
carta�
: 
infatti, 
non-
ostante 
non 
si 
sia 
reso 
praticabilein 
questa 
sedeun 
esamenellaloro 
interezza,
si 
deve, 
tuttavia, 
rilevare 
come 
il 
periodo 
di 
applicazione 
pratica 
delle 
suddet-
tenovit�siaancoraeccessivamentebreveperpoterfareunbilancioeffettivoe 
reale 
delle 
loro 
conseguenze.

12. La direttiva n. 2005/56/CE, cos� come succintamente illustrata neisuoi tratti fondamentali, costituisce in ultima analisi uno degli interventi nor-
mativi maggiormente auspicati nei settori produttivi dei singoli Paesidell�Unione. Evitando di dilungarsi eccessivamente ribadendo le caratteristi-
che dell�attuale panorama societario europeo si pu� concludere rilevandoche il legislatore abbia tentato di esaudire le diverse istanze provenienti dalmondo delle imprese. Richieste che, per la molteplicit� degli interessi coin-
volti, puntavano su di un compromesso per nulla agevole: la predisposizio-
ne di un testo legislativo che fosse in grado non solo di favorire le alleanzeinternazionali fra societ� in un contesto economico in continua accelerazio-
ne e mutamento, ma anche di salvaguardare i diritti fondamentali dei lavora-
tori, delle minoranze azionarie e dei terzi. � oltremodo necessario ricordarecome la tematica da affrontare si rivelasse particolarmente delicata anche, esoprattutto, a causa dell�atteggiamento protezionista di diversi governi euro-
pei alle fusioni transfrontaliere. Tale avversione era invero da ricercarsi nellapaura di una possibile perdita della loro influenza sulle nuove entit� nate, datali operazioni, dal momento che avrebbero potuto stabilire la propria sedein uno qualsiasi degli altri Paesi europei; concezione questa che avrebbepotuto anche andare a scontrarsi con gli interessi diffusi dei consumatori e,
quindi, in aperto contrasto con la logica stessa del mercato.
Per queste ragioni, essendo perfettamente conscia del fatto che l�appli-
cazione pratica della XIVDirettiva potrebbe generare situazioni spiacevoli econtroproducenti, la Commissione ha gi� previsto di procedere ad un suoriesame e, se necessario, alle modifiche del caso, nel termine di cinque annidalla sua entrata in vigore. 




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Dossier 


Nuove aperture negli appalti in house 
e nelle societ� miste 


di Liliana Tessaroli(*
) 


SOMMARIO: 1. Premessa. -2. Appalti in house. -3. L�adunanza plenaria del Consiglio diStato n. 1 del 2008. -4. Istitutionalised Pubblic-Private Parterships (IPPP). -5. Differenze easpetti comuni degli appalti in house 
e delle societ� miste. -6. I riflessi del Disegno di leggeLanzilotta e del Decreto Bersani in materia di �appalti 
in house�. -7. La sentenza della 
Corte di Giustizia nella causa Adelfo c/o Tragsa. -8. Comunicazione Interpretativa dellaCommissione Europea del 5 febbraio 2008. -9. L�ultimo intervento della Corte di Giustizia.
-10. Conclusioni. 


IN 
ALLEGATO(**): 1. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza del 3 marzo 2008 n.

1. -2. Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Osservazioni del Governo italiano, causapregiudiziale C-573/07. -3. Decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, Art. 23-bis. -4. Corte diGiustizia delle Comunit� europee, Seconda Sezione, sentenza del 17 luglio 2008 nella causaC-371/05. 
1. Premessa 
Oggetto del lavoro � l�analisi della disciplina degli �appalti in house� edelle societ� miste. Lo scopo � quello di focalizzare lo stato dell�arte di que-
sti due istituti dopo una cospicua e non sempre coerente giurisprudenza elegislazione nazionale (1) e comunitaria.

La problematica dell�in house providing � particolarmente importante inquanto riguarda il settore degli appalti pubblici, che ha un ruolo fondamen-
tale nella vita economica del nostro Paese; la Commissione europea sostie-
ne che tale istituto sia �uno strumento strategico per ottimizzare il funziona-
mento del mercato unico europeo� (2). 

2. Appalti in house 
Gli �appalti in house� sono sostanzialmente degli appalti pubblici chevengono affidati a soggetti che sono parte della stessa amministrazioneaggiudicatrice. L�espressione in house providing 
trova le sue origini nel libro 


(* )Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello 
Stato. 


(**) Gli allegati sono pubblicati secondo l�ordine cronologico relativo alla redazionedegli atti.

(1) Ultimo intervento in questa materia effettuato dal legislatore nazionale con D.L.
112 del 2008, vedi documento in allegato.
(2) Libro Bianco, �Gli appalti pubblici nell�Unione Europea�, 1998. 

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bianco del 1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al set-
tore degli appalti pubblici, definisce gli appalti in house 
come �quelli aggiu-
dicati 
all�interno 
della 
Pubblica 
amministrazione, 
ad 
esempio 
traAmministrazione centrale e locale o, ancora, tra una Amministrazione eduna societ� interamente controllata� (3).

La fattispecie degli appalti in house legittima l�affidamento diretto,
senza previa gara, del servizio di un ente pubblico ad una persona giuridica-
mente distinta, qualora l�ente eserciti sulla seconda un controllo analogo aquello dallo stesso esercitato sui propri servizi e che la seconda realizzi laparte pi� importante della propria attivit� con l�ente o con gli enti che la con-
trollano (4). L�affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentitotutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servi-
zio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una societ� esterna chesia qualificabile come una longa manus 
dell�ente stesso. Il modello di orga-
nizzazione � meramente interno, qualificabile in termini di delegazione inter-
organica (5), il che esclude l�applicazione della disciplina comunitaria deipubblici appalti (6). Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, di nondiscriminazione e di trasparenza (7), tale istituto � ammissibile solo nelrispetto rigoroso di alcune condizioni, individuate dalla giurisprudenzacomunitaria ed elaborate anche da quella nazionale. Le condizioni per laconfigurabilit� dell�in house providing, costituendo un�eccezione alle regolegenerali del diritto comunitario, vanno interpretate restrittivamente secondola giurisprudenza comunitaria e nazionale (8). 

Negli ultimi mesi ci sono stati importanti sviluppi in questo ambito, siaa seguito dell�attivit� del giudice amministrativo nazionale che delle autori-
t� comunitarie, che in varie occasioni sono tornati ad occuparsi dell�istitutocercando di cristallizzarne la disciplina. 

(3) Idem.
(4) Corte Giustizia, sent. 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal.
(5) La formula �delegazione interorganica� � utilizzata come sinonimo di �in house 
providing� per indicare quella forma gestionale �che non esula dalla sfera amministrativa 
dell�amministrazione aggiudicatrice�, in Libro Bianco �Gli appalti pubblici nell�Unione 
Europea� 1998, punto 2.1.3.
(6) Le direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE.
(7) 
�Nel 
settore 
degli 
appalti 
pubblici 
e 
delle 
concessioni, 
nel 
caso 
in 
cui 
un�autorit�pubblica 
affidi 
la 
prestazione 
di 
attivit� 
economiche 
a 
terzi 
trovano 
applicazione 
il 
principiodi 
parit� 
di 
trattamento 
e 
le 
sue 
specifiche 
manifestazioni, 
ossia 
il 
divieto 
di 
discriminazionein 
base 
alla 
nazionalit� 
e 
gli 
articoli 
43 
e 
49 
del 
trattato 
CE, 
che 
riguardano 
rispettivamen-
te 
la 
libert� 
di 
stabilimento 
e 
la 
libera 
prestazioni 
dei 
servizi. 
Pi� 
precisamente, 
i 
principiderivantidagli 
articoli 
43 
e 
49 
del 
trattato 
CE 
comprendono 
non 
soltanto 
la 
non 
discrimina-
zione 
e 
la 
parit� 
di 
trattamento, 
ma 
anche 
la 
trasparenza, 
il 
mutuo 
riconoscimento 
e 
la 
pro-
porzionalit��
. 
Si 
veda 
in 
proposito 
la 
comunicazione 
interpretativa 
della 
Commissione 
sulleconcessioni 
nel 
diritto 
comunitario, 
GU 
C 
121 
del 
29 
aprile 
2000, 
pag. 
6.
(8) Corte di Giustizia sent. del 6 aprile 2006, C-410/04 e Consiglio di Stato, sez. II,
parere n. 456 del 2007. 

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3. L�adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008
Il giudice amministrativo ha ritenuto la fattispecie oggetto del ricorso(affidamento diretto da parte di un�ASLdel servizio di assistenza domicilia-
re territoriale ad una societ� mista, solo �controllata� dall�ente pubblico) nonriconducibile all�ipotesi di un appalto in house, ma alla diversa ipotesi del-
l�affidamento del servizio a societ� mista. La linea di confine tra questi duemodelli non � mai stata chiaramente delineata e si pu� sostenere che l�asce-
sa e la caduta del modello della societ� mista pubblico e privato non � nien-
t�altro che il riflesso dell�evoluzione giurisprudenziale della nozione di affi-
damento diretto o in house. Infatti, dalle aperture iniziali del giudice nazio-
nale che ha interpretato estensivamente il concetto di societ� in house 
fino adincludervi molte fattispecie di societ� miste a partecipazione pubblica mag-
gioritaria (9), con conseguente esclusione della necessit� di procedere all�af-
fidamento del servizio attraverso procedure a evidenza pubblica, si � giuntiprogressivamente a un�interpretazione della nozione sempre pi� ristretta,
prima da parte della Corte di Giustizia e poi dalla giurisprudenza nazionale(10). Su questo punto sembra che il Consiglio di Stato abbia finalmente rag-
giunto un punto fermo: l�in house providing e la societ� mista sono due isti-
tuti incompatibili tra loro, la configurabilit� dell�una esclude l�altra (11). Ilnodo centrale della questione riguarda l�applicabilit� delle procedure ad evi-
denza pubblica alle societ� miste e l�affidamento diretto da parte della pub-
blica amministrazione in deroga alle disposizioni comunitarie in materia diappalti. 


4. Istitutionalised Pubblic-Private Parterships (IPPP)
Secondo il diritto comunitario, le societ� miste rientrano nel concetto diIstitutionalised Pubblic-Private Partnerships 
(IPPP), la cui origine risale al�libro verde� della Commissione CE relativo al IPPPe al diritto comunitariodegli appalti e delle concessioni. La Commissione ha precisato che il termi-
ne IPPPsi riferisce in generale a �forme di cooperazione tra le autorit� pub-
bliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, lacostruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un�infrastrut-
tura o la fornitura di un servizio� (12). Sono stati previsti due tipi di parte-
nariato pubblico-privato: il tipo �puramente contrattuale� e quello �istituzio-
nalizzato�. 

(9) 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
V, 
sent. 
n. 
272 
del 
2005, 
si 
afferma 
che 
la 
societ� 
per 
azionia 
capitale 
pubblico 
maggioritario 
costituisce 
un 
modello 
alternativo 
alle 
aziende 
speciali 
epertanto 
l�affidamento 
del 
servizio 
pu� 
avvenire 
senza 
esperimento 
di 
una 
procedura 
di 
gara.
(10) Secondo M. Clarich, �Le societ� miste a capitale pubblico e privato tra affidamen-
ti in �house� e concorrenza per il mercato�, in Corriere giuridico n. 7 del 2007, editoriale 
Enti pubblici.
(11) Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 456 del 2007 e Ad. Plenaria n. 1 del 2008.
(12) Libro verde del 30 aprile 2004. 

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Il primo � quello �basato esclusivamente su legami contrattuali tra i varisoggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o pi� compiti,
pi� o meno ampi, vengono affidati al partner privato�. I modelli di partena-
riato di tipo contrattuale pi� conosciuti sono l�appalto e la concessione. 

Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato pi� conosciuto � quel-
lo della societ� mista, basata sulla cooperazione tra il settore pubblico e quel-
lo privato in seno a un�entit� distinta detenuta congiuntamente dal partnerpubblico e dal partner privato, la quale ha la �missione� di assicurare la for-
nitura di un�opera o di un servizio a favore del pubblico. 

� bene precisare che a livello comunitario non esiste una normativa spe-
cifica sulla costituzione dei IPPP. 

5. Differenze e aspetti comuni degli appalti in house e delle societ� miste
Il modello di societ� mista che si � sviluppato e diffuso in Italia noncoincide n� con quello ipotizzato dalla Commissione europea n� con quelloin house, anche se presenta degli aspetti comuni.

Le societ� miste previste dal nostro ordinamento condividono con gliorganismi in house 
la possibilit� di essere affidatarie dirette degli incarichiad esse attribuiti, nonch�, almeno di solito, la prevalenza della loro attivit� afavore dell�ente o degli enti pubblici che le costituiscono. 

La societ� mista si differenzia dagli organismi in house, 
perch� i control-
li che su di esse esercitano gli enti pubblici che le costituiscono sono quelliche vengono normalmente esercitati dai soci di una societ� di capitali e chenon hanno nulla a che vedere con i controlli ai quali devono essere sottopo-
sti gli organismi in house.

Le societ� miste del nostro diritto interno condividono con quelle previ-
ste dalla Commissione europea la necessit� che il socio privato venga sceltomediante una procedura concorrenziale. Pertanto, se � vero che alle societ�miste previste dall�ordinamento interno gli incarichi sono affidati diretta-
mente, � del pari vero che il coinvolgimento dei privati nello svolgimento ditali incarichi avviene attraverso una procedura concorrenziale e, quindi, nelrispetto del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni. 

Questi due modelli, la societ� mista nazionale e quella comunitaria, sidifferenziano in quanto nella prima l�attivit� ad essa affidata non �, almenodi norma, svolta dai soci, ma direttamente dalla societ� con la propria orga-
nizzazione imprenditoriale, per cui il ruolo che esercita il socio pubblico non� quello di un semplice controllore, come previsto dal secondo. 

Analizzati 
gli 
aspetti 
comuni 
e 
le 
differenze 
di 
questi 
due 
istituti, 
passia-
mooraall�evoluzione 
legislativadelladisciplinanazionaledellesociet�miste. 


6. I riflessi del Disegno di legge Lanzilotta e del Decreto Bersani in materiadi �appalti in house�
In Italia, negli ultimi quindici anni, si � detto che la privatizzazione dellagestione dei servizi pubblici � un processo imposto dal diritto comunitarioe/o dalla �mano invisibile del mercato�. Il Testo Unico degli enti locali del 




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2000, riconosce ai Comuni il potere di scegliere il proprio modello organiz-
zativo di gestione dei servizi (pubblico, misto, privato); nel disegno di leggeLanzilotta (13) la modalit� di gestione dei servizi � unica con l�esternalizza-
zione e l�uso del modello privatistico della societ� per azioni. L�ex ministroper gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, ha dichiarato: �Vogliamo restitui-
re al mercato ci� che � del mercato. Vogliamo riaprire un�area di mercatoche � stata progressivamente occupata da soggetti pubblici in modo impro-
prio. Con l�articolo 13 del decreto legge sulle liberalizzazioni abbiamo volu-
to mettere fine a questa situazione e il divieto per le societ� pubbliche chesvolgono un�attivit� strumentale di acquisire nuovi contratti fuori del loroterritorio di casa � gi� in vigore� (14). � stata l�ex ministro a proporre l�in-
serimento nel decreto legge Bersani della norma (15) che vieta l�ulterioreespansione di societ� pubbliche che, forti della rendita data dall�affidamentosenza gara in casa, vanno poi fuori ad acquisire altri contratti. 

Il tentativo del legislatore � quello di mettere sullo stesso piano l�attivi-
t� svolta dal settore pubblico e da quello privato, dimenticando il fine checaratterizza e differenzia questi due ambiti. La pubblica amministrazionenello svolgimento della sua attivit� persegue l�interesse generale della collet-
tivit� mentre le societ� private da sempre rimangono ancorate all��utile�. 

Il 
tema 
dell�in 
house 
� 
disciplinato 
dall�art. 
13 
della 
legge 
4 
agosto 
2006 


n. 
248, 
di 
conversione 
del 
D.L. 
4 
luglio 
2006, 
n. 
223. 
Tale 
articolo 
stabilisce 
che 
l�ambito 
soggettivo 
di 
applicazione 
della 
normativa 
riguarda 
esclusiva-
mente 
le 
societ� 
a 
capitale 
interamente 
pubblico 
o 
misto, 
costituite 
o 
parteci-
pate 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
regionali 
o 
locali. 
� 
assente 
ogni 
riferi-
mento 
ad 
amministrazioni 
o 
ad 
enti 
statali, 
cosicch� 
le 
relative 
societ� 
sono 
da 
ritenersi 
escluse 
dall�ambito 
di 
applicazione 
della 
disposizione. 
Tale 
man-
canza 
priva 
il 
nostro 
ordinamento 
di 
una 
legislazione 
sistematica 
e 
completa.
L�art. 13 stabilisce un particolar regime giuridico per le societ� che rien-
trano nell�ambito di applicazione di questa normativa. Infatti, esse non pos-
sono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, pubblici o privati chesiano. La normativa richiede una corrispondenza soggettiva tra enti pubblicititolari del capitale sociale ed enti beneficiari delle prestazioni effettuate datale societ�. La societ� deve svolgere tutta la sua attivit�, e non solo la parteprincipale di essa, a favore dell�ente socio: deve operare solo per quest�ulti-
mo. In questa ottica, il decreto Bersani detta una disciplina pi� rigorosarispetto agli indirizzi della giurisprudenza comunitaria, che non esigono l�e-
sclusivit� a favore dell�ente affidante e che, invece, ammettono che la socie-
t� pubblica svolga anche un�attivit� a favore di altri soggetti. Per queste 


(13) Disegno di legge n. 772 recante delega al Governo per il riordino dei servizi pub-
blici locali presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (Prodi), dal Ministro per gliaffari regionali e le autonomie locali (Lanzilotta) e dal Ministro dello sviluppo economico(Bersani) di concerto col Ministro dell�interno (Amato) e col Ministro delle infrastrutture.
(14) Intervista Linda Lanzillotta di Giorgio Santilli da Il Sole 24ore 
del 14 luglio 2006.
(15)Art.13dellalegge4agosto2006n.248,diconversionedelD.L.4luglio2006,n.223. 

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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


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societ� sussiste il divieto di partecipare ad altre societ� o enti. L�obiettivodella disposizione � quello di evitare che, attraverso l�acquisizione di parte-
cipazioni azionarie, si eluda in via indiretta l�obbligo di svolgere attivit�esclusivamente per i propri azionisti e quello di tutelare la concorrenza. 

L�Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato considera regola ormaiacquisita nel nostro ordinamento la necessit�, in ambito di costituzione disociet� miste, di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner pri-
vato. Tale regola � riscontrabile anche nel testo dell�art. 1, comma 2, delD.Lgs. n. 163 del 2006 che prescrive che �Nei casi in cui le norme vigenticonsentono la costituzione di societ� miste per la realizzazione e/o gestionedi un�opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene conprocedure di evidenza pubblica�. Ne consegue una vera e propria enuncia-
zione del principio secondo cui, nella costituzione di societ� miste, consen-
tite nei soli casi gi� previsti da una disciplina speciale, nel rispetto del prin-
cipio di legalit�, la scelta del socio deve avvenire �con procedure di eviden-
za pubblica�.

� prescritto che tali societ� abbiano come oggetto sociale esclusivo laproduzione di beni e di servizi strumentali all�attivit� degli enti partecipanti

o lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competen-
za. In questo modo, il legislatore ha voluto evitare che queste societ� possa-
no diversificare i loro ambiti di attivit�, estendendole in settori diversi ovedeve pienamente operare il regime di concorrenza. 
Questi interventi legislativi hanno ingiustificatamente irrigidito l�ambitodi operativit� della pubblica amministrazione e l�eccessivo rigore � evidenteanche in una recente sentenza della Corte di Lussemburgo. 


7. La sentenza della Corte di Giustizia nella causa Adelfo c/o Tragsa
La 
Corte 
di 
Giustizia, 
con 
la 
sentenza 
del 
19 
aprile 
2007, 
resa 
in 
causa 
pregiudiziale 
C-295/95 
(Ademfo 
c/
o 
Tragsa)
, 
ha 
aperto 
�un 
spiraglio 
ad 
un 
significativoallargamentodell�inhouseproviding� 
(16).Lanovit�e 
l�impor-
tanzadelladecisioneconsistenellacircostanzacheabbiaapplicatoinotiprin-
cipi 
degli 
appalti 
in 
house 
(
a 
partire 
dalla 
sentenza 
Teckal 
del 
1999) 
ad 
una 
societ� 
che 
opera 
nell�interesse 
di 
pi� 
amministrazioni 
pubbliche 
e 
presentauna 
struttura 
organizzativa 
tipica 
delle 
imprese. 
La 
Transformaci�n 
AgrariaSA 
� 
una 
societ� 
statale 
spagnola, 
che 
presta 
servizi 
essenziali 
in 
materia 
disviluppo 
rurale 
e 
conservazione 
dell�ambiente 
e 
al 
cui 
capitale 
partecipanoentilocali.LaTragsa�unostrumentoesecutivoeserviziotecnicodell�ammi-
nistrazione 
ed 
� 
tenuta 
ad 
effettuare 
in 
via 
esclusiva, 
direttamente 
o 
per 
il 
tra-
mite 
delle 
sue 
controllate, 
i 
lavori 
ad 
essa 
attribuiti 
dall�amministrazione 
generale 
dello 
Stato, 
nelle 
materie 
che 
costituiscono 
l�oggetto 
sociale 
dellasociet� 
e 
segnatamente 
quelli 
che 
hanno 
carattere 
urgente 
o 
che 
sono 
stati 


(16) G. Fiengo, �Un significativo allargamento dell�in house provinding�, in Rassegna 
Avvocatura dello Stato n. 1 del 2007. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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ordinati 
in 
seguito 
alla 
constatazione 
di 
situazioni 
urgenti. 
Per 
i 
lavori, 
l�assi-
stenza 
tecnica, 
le 
consulenze 
e 
le 
forniture 
e 
la 
prestazione 
di 
sevizi 
ad 
essa 
affidati 
la 
Tragsa 
e 
le 
sue 
filiali 
ricevono 
un 
corrispettivo 
pari 
ad 
un 
importo 
corrispondente 
alle 
spese 
da 
loro 
sostenute, 
in 
applicazione 
di 
un 
sistema 
tariffario 
predeterminato. 
La 
Corte 
di 
Lussemburgo 
ha 
ritenuto 
che 
non 
viola 
le 
direttive 
sugli 
appalti 
n� 
crea 
distorsioni 
della 
concorrenza 
il 
fatto 
che 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
si 
attrezzino 
per 
auto-produrre 
attivit� 
e 
servizi 
che 
potrebbero 
in 
alternativa 
costituire 
prestazioni 
da 
richiedere 
al 
mercato 
degli 
appalti. 
La 
premessa 
dell�operazione 
� 
che 
l�amministrazione 
disponga 
di 
�fabbriche, 
scorte, 
officine 
o 
servizi 
tecnici 
ed 
industriali 
idonei 
alla 
rea-
lizzazione 
delle 
opere 
progettate�. 
In 
tale 
contesto 
l�attivit� 
di 
un�impresa 
pubblica 
costituisce 
strumento 
lecito 
di 
razionalizzazione 
degli 
interventi 
e 
utile 
paragone 
per 
la 
conoscenza 
dei 
costi 
effettivi 
del 
settore 
degli 
appalti.

Dal confronto del decreto Bersani con questa sentenza si evince unadisciplina italiana pi� penalizzante per la pubblica amministrazione rispettoa quella riservata dalla Corte di Giustizia, in quanto la normativa nazionalerichiede una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitalesociale ed enti beneficiari delle prestazioni effettuate da tale societ�. Lasociet� deve svolgere tutta la sua attivit�, e non solo la parte principale diessa, a favore dell�ente socio: deve operare solo per quest�ultimo. 


8. Comunicazione Interpretativa della Commissione Europea del 5 febbraio2008 
Un ulteriore atto che merita di essere analizzato in materia di societ�miste � la comunicazione interpretativa COM(2007)6661 della Commis-
sione europea del 5 febbraio 2008 relativa all�applicazione del diritto comu-
nitario su appalti e concessioni alle societ� miste pubblico-private. Con que-
sto documento, la Commissione ha cercato di colmare le lacune lasciate dalledirettive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Con questa iniziativa di soft law, laCommissione chiarisce che i requisiti di ammissibilit� del ricorso all�inhouse providing 
devono essere interpretati restrittivamente alla luce dellagiurisprudenza comunitaria e che questo non deve costituire un ostacolo allacreazione di IPPP, per le quali � richiesto solo il rispetto della concorrenza.
Lo scopo della Commissione � quello di chiarire quando e come le regolecomunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni si applicano allacostituzione di societ� miste. La Commissione sostiene che �l�incertezzagiuridica che regna attorno alla partecipazione di partner privati ai IPPPpu� nuocere al successo della formula. Il rischio di dar vita a strutture basa-
te su contratti che successivamente possono rivelarsi non conformi al dirit-
to comunitario pu� dissuadere le autorit� pubbliche e i soggetti privati dal 
costituire partenariati pubblico-privati istituzionalizzati� (17). �L�obiettivo 


(17) 
Comunicazione 
interpretativa 
della 
Commissione 
del 
5 
febbraio 
2008C(2007)6661. 

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della comunicazione � accrescere la certezza del diritto e, soprattutto, dareuna risposta alle preoccupazioni espresse da pi� parti circa l�applicazionedel diritto comunitario alla partecipazione di partner privati nei IPPP, vistada alcuni come un elemento che rischia di rendere tale formula pocoattraente se non addirittura impraticabile� (18). La Commissione ha fonda-
to questo documento sul principio della Corte di Giustizia, secondo il qualela partecipazione di un socio privato nel capitale esclude che sia ipotizzabi-
le il ricorso all�in house providing rispetto alla societ� in questione. In effet-
ti la Corte di Lussemburgo ha rilevato che la partecipazione, anche minori-
taria o potenziale (19), di un�impresa privata al capitale di una societ� allaquale partecipi anche l�amministrazione aggiudicatrice esclude in ogni casola possibilit� di una relazione �interna� (in house), sottratta in linea di prin-
cipio alla normativa in materia di appalti pubblici, tra l�amministrazioneaggiudicatrice e la societ� in questione (20). �La costituzione del IPPP, ledisposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessio-
ni impongono all�amministrazione aggiudicatrice di seguire una proceduraequa e trasparente quando procede alla selezione del partner privato che, nel-
l�ambito della sua partecipazione all�entit� a capitale misto, fornisce beni,
lavori o servizi, o quando procede all�aggiudicazione di un appalto pubblico

o di una concessione a un�entit� a capitale misto. In ogni caso, le ammini-
strazioni aggiudicatrici non possono �ricorrere a manovre dirette a celarel�aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a societ� ad economia mista� 
(21). �Per costituire un IPPPin modo conforme ai principi del diritto comu-
nitario, evitando nel contempo i problemi connessi ad una duplice procedu-
ra, si pu� procedere nel modo seguente: il partner privato � selezionato nel-
l�ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggettosia l�appalto pubblico o la concessione da aggiudicare all�entit� a capitalemisto, sia il contributo operativo del partner privato all�esecuzione di taliprestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell�entit� acapitale misto. La selezione del partner privato � accompagnata dalla costi-
tuzione del IPPP 
e dall�aggiudicazione dell�appalto pubblico o della con-
cessione all�entit� a capitale misto� (22). La Commissione sottolinea, poi, 
(18) Idem.
(19)IlConsigliodiStato,nelconfermareiprincipidellasentenzadellaCortediGiustiziadel 
13 
ottobre 
2005, 
Parking 
Brixen, 
ha 
statuito 
che 
i 
requisiti 
dell�affidamento 
in 
house 
non 
sussistono 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
capitale 
della 
societ� 
affidataria 
sia 
�aperta� 
ai 
privati. 


(20) Se con la sentenza Stadt Halle 
la Corte di Giustizia ha escluso la possibilit� di affi-
damenti diretti quando il soggetto aggiudicatore � partecipato da privati, con la pi� recentesentenza Parkin Brixen 
il giudice comunitario si � spinto ancora oltre sancendo l�illegittimi-
t� dell�affidamento diretto nel caso in cui nonostante la titolarit� totalmente pubblica delgestore, non sembra comunque possibile che la pubblica amministrazione possa esercitareil controllo analogo.
(21) 
Comunicazione 
interpretativa 
della 
Commissione 
del 
5 
febbraio 
2008C(2007)6661 p. 5.
(22) 
Idem. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
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che non � assolutamente necessario bandire due gare (scelta del partner pri-
vato ed affidamento dell�opera o del servizio): per operare un affidamentoconforme ai principi comunitari ed evitare al tempo stesso la doppia garabaster� selezionare il partner 
privato dell�IPPP 
mediante un�unica gara, cheabbia ad oggetto sia il contratto pubblico da assegnare alla futura societ�mista, sia la scelta del partner 
con la specificazione del contributo operativoche quest�ultimo dovr� eseguire e/o del contributo alla gestione della socie-
t�. Il suggerimento della Commissione alle stazioni appaltanti (ed alle impre-
se che con le stesse collaborano) � di definire �a monte� il rapporto negozia-
le con il partner privato della societ� mista, conformemente ai principi comu-
nitari di trasparenza e concorrenza . 

La comunicazione interpretativa della Commissione europea ha unaposizione diversa rispetto a quella dell�adunanza plenaria del Consiglio diStato in merito: la prima non ritiene necessaria la doppia gara per la sceltadel partner privato e per l�affidamento, mentre il Consiglio di Stato la racco-
manda in caso di servizi pubblici locali. Quale posizione operativa occorreprendere in merito? L�augurio che al pi� presto la giurisprudenza e la legis-
lazione nazionali possano dare delle indicazioni in merito e soprattutto inlinea con le indicazioni comunitarie, evitando dispendio di energie in causee in rinvii pregiudiziali inutili. 


9. L�ultimo intervento della Corte di Giustizia 
La Corte di Giustizia sembra aver operato un�ulteriore interpretazioneestensiva del concetto di in house providing 
alla luce della recentissima sen-
tenza del 17 luglio 2008, causa C-371/05 (Commissione delle Comunit� 
europee 
c. 
Repubblica italiana).

La 
causa 
si 
riferisce 
a 
un 
contratto 
di 
fornitura 
di 
servizi 
informatici 
affi-
dati 
mediante 
convenzione, 
senza 
una 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica, 
dalComune 
di 
Mantova 
alla 
societ�ASI. 
Il 
fatto 
era 
stato 
oggetto 
dell�attenzionedapartedellaCommissioneeuropeachepresent�ricorsodinanziallaCortedi 
Lussemburgo 
per 
constatare 
la 
violazione 
da 
parte 
dello 
Stato 
italiano 
degli 
obblighi 
che 
le 
gli 
incombono 
in 
forza 
della 
direttiva 
92/50, 
in 
particolare 
degli 
artt. 
11 
e 
15, 
n. 
2. 
La 
Corte 
di 
Giustizia 
accoglie 
il 
ricorso 
della 
Repub-
blica 
italiana 
e 
condanna 
la 
Commissione 
europea 
alle 
spese 
processuali. 
Lasentenza 
sembra 
poter 
essere 
letta 
come 
una 
ulteriore 
apertura 
nella 
direzione 
di 
una 
interpretazione 
estensiva 
dell�istituto 
dell�in 
house 
provindig. 


Il giudice comunitario afferma che �si deve rilevare che la possibilit�per 
i 
privati di partecipare al capitale della societ� aggiudicataria, in con-
siderazione in particolare della forma societaria di quest�ultima, non 
� 
suf-
ficiente, in assenza di una loro effettiva partecipazione al momento della sti-
pula di una convenzione come quella di cui trattasi nella presente causa, perconcludere che la prima condizione, relativa al controllo dell�autorit� 
pub-
blica, non sia soddisfatta. Infatti, per ragioni di certezza del diritto, l�even-
tuale obbligo per l�amministrazione aggiudicatrice di procedere ad unagara d�appalto dev�essere valutato, in via di principio, alla luce delle condi-
zioni esistenti alla data dell�aggiudicazione dell�appalto pubblico di cui 




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trattasi� Circostanze particolari, segnatamente qualora risulti che l�aper-
tura del capitale dell�ente interessato a soci privati era prevista sin dall�as-
segnazione del suddetto appalto pubblico, possono, di certo, richiedere chesia presa in considerazione la partecipazione effettiva di detti soci interve-
nuta successivamente a tale assegnazione (23). Tuttavia, nella fattispecie, �giocoforza constatare che la Commissione non � riuscita a fornire la provadell�esistenza di tali circostanze particolari� Nel caso in cui diversi entidetengano un�impresa, la condizione relativa all�attivit� pu� ricorrere qua-
lora tale impresa svolga la parte pi� importante della propria attivit� nonnecessariamente con questo o con quell�ente, ma con tali enti complessiva-
mente considerati. Di conseguenza, l�attivit� da prendere in considerazionenel caso di un�impresa detenuta da vari enti � quella realizzata da dettaimpresa con tutti questi enti (24)�(25).

Dalla lettura della pronuncia della Corte di Giustizia ci sono alcuni puntiche meritano di essere sottolineati.

Sembra poter cogliere dalle parole del giudice comunitario che l�apertu-
ra potenziale al capitale privato non � pi� un ostacolo per la configurazionedi appalti in house. 
Il giudice, nazionale, deve effettuare un controllo concre-
to al momento dell�aggiudicazione dell�appalto sulla presenza e sull�inge-
renza del privato. 

La lettura combinata di questa sentenza con quella della Tragsa sembrasuggerire la possibilit� da parte delle amministrazioni o enti statali di costi-
tuire societ� miste e procedere all�affidamento 
in house, colmando in tal 
modo il vuoto lasciato dal Decreto Bersani in merito. 


10. Conclusioni 
A 
seguito della sentenza del 17 luglio del 2008, per i due istituti, dellasociet� mista e dell�in house providing, 
non sembra pi� sostenibile la loroincompatibilit�. Inoltre, si pu� finalmente affermare il superamento dello�spauracchio� dell�apertura nazionale ai soci privati, a condizione che que-
sti non possano incidere sulla gestione dell�ente di nuova costituzione.

Dall�analisi degli atti in merito alla disciplina dell�in house providing edelle societ� miste � chiaro che la posizione presa dal Consiglio di Stato nel-
l�adunanza plenaria � sostanzialmente uguale a quella dettata dal legislatorenazionale, e in questo non ci sarebbe niente di male, se non che ancora unavolta le istituzioni comunitarie sono gi� andate oltre, superando quegli osta-
coli che la nostra disciplina nazionale fatica a superare. Il rischio � che sep-
pur l�adunanza plenaria del Consiglio di Stato sia recente, essa potrebbe 


(23) V., in tal senso, Corte di Giustizia, sent. del 10 novembre 05, causa C-29/04,
Commissione/Austria, punto 
38.
(24) V. Corte di Giustizia, sent. del 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo 
e 
Consorzio Alisei, cit., punti 
70 e 71.
(25) Corte di Giustizia sent. del 17 luglio 2008, causa C-371/05. 

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DELLO 
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essere gi� stata superata alla luce di un�interpretazione sistematica degli atticomunitari. 


(All. 1)

Sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, 10 dicem-
bre 2007-3 marzo 2008, n. 1, 
sul ricorso in appello proposto da Azienda Sanitaria Locale(A.S.L.) 19 di Asti/Medicasa Italia S.p.A./Regione Piemonte e Azienda MultiserviziOspedalieri e Sanitari (A.M.O.S.) S.p.A. 


(� Omissis)
Fatto e diritto 


1. Medicasa Italia s.p.a. impugnava in primo grado i seguenti atti dell�Azienda sanita-
ria locale (A.S.L.) 19 di Asti:
a) provvedimenti sconosciuti, con cui si � inteso affidare direttamente all�Azienda multiser-
vizi ospedalieri e sanitari (A.M.O.S.) s.p.a. il servizio di assistenza domiciliare;
b) ogni atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi compresa la nota 4ottobre 2006, n. 19835.
Successivamente Medicasa Italia s.p.a. impugnava con motivi aggiunti i seguenti provvedi-
menti della detta A.S.L.
: 
c) determina del direttore del dipartimento tecnico logistico F.F. 23 ottobre 2006, n. 520T.L.;
d) determina del detto direttore 26 ottobre 2006, n. 526/T.L.;
e) ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, compresa la citatanota n. 19835/2006;
f) note in data 25-26 ottobre 2006.
Veniva chiesta anche la condanna dell�A.S.L. 19 di Asti al risarcimento del danno. 
Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso e i motivi aggiun-
ti. 
L�A.S.L. 19 di Asti ha dapprima proposto appello avverso il dispositivo, per i seguenti moti-
vi: 
1) erroneit� dell�appellata sentenza per inammissibilit� del ricorso di primo grado;
2) erroneit� dell�appellata sentenza per violazione, sotto altro profilo, dell�art. 9-bis del
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, e per infondatezza 
del ricorso di primo grado.
Una volta pubblicata la sentenza, ha poi notificato motivi di appello avverso la stessa.
Medicasa Italia s.p.a. si � costituita in giudizio, resistendo al ricorso e, con successiva
memoria, ha replicato ai motivi di appello successivamente notificati.
La sezione quinta di questo Consiglio, con decisione 23 ottobre 2007, n. 5587, ha rimesso
la causa all�esame dell�adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
L�A.S.L. 19 di Asti ha poi depositato memoria.
2. Di seguito si espongono i tratti essenziali della controversia per cui � causa, comericostruiti anche dalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5587/2007.
L�A.S.L. 19 di Asti, con bando spedito per le pubblicazioni in data 11 maggio 2006, avevaindetto una gara avente a oggetto �individuazione partner per la fornitura di supporto inte-
grativo per attivit� sanitarie territoriali di cura alla persona� per la durata di cinque anni. 

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Successivamente, il direttore amministrativo dell�A.S.L. inviava la nota prot. n. 19835 indata 4 ottobre 2006 a Medicasa Italia s.p.a., attuale gestrice del servizio, e (per conoscenza)
alla societ� mista A.M.O.S. s.p.a., avente il seguente contenuto: �Avendo intenzione di pro-
cedere all�affidamento diretto alla societ� AMOS, da noi controllata, della gestione dell�as-
sistenza domiciliare territoriale, si invita la Ditta in indirizzo a mettere a disposizione dellasociet� AMOS tutti i dati relativi alla gestione di che trattasi�, precisando che l�A.S.L. 19 diAsti aveva acquisito da uno degli azionisti pubblici una quota del capitale della societ�

A.M.O.S. (il 18% del totale). Quest�ultima societ� era stata costituita nel 2004 con la parte-
cipazione di numerosi soggetti sia pubblici che privati.
Il provvedimento era impugnato da Medicasa Italia s.p.a., nella sua duplice qualit� di attua-
le titolare della gestione del servizio di assistenza domiciliare e di soggetto imprenditorialeoperante nel settore, interessato ad aspirare all�affidamento del nuovo servizio tramite l�e-
spletamento di una gara pubblica.
In seguito, la societ� ricorrente, con motivi aggiunti depositati in data 3 novembre 2006,
chiedeva l�annullamento, previa adozione di misura cautelare: della determina del direttoredel dipartimento tecnico logistico F.F. n. 520/T.L. in data 23 ottobre 2006, in corso di ese-
cutivit�, con la quale l�A.S.L. 19 di Asti aveva revocato la procedura ristretta indetta condetermina n. 247/T.L. in data 27 aprile 2006 per l�individuazione di partner per la fornituradi supporto integrativo per attivit� sanitarie territoriali di cura alla persona (cure sanitariedomiciliari) e aveva affidato il predetto servizio ad A.M.O.S. s.p.a. per un triennio; delladetermina n. 526/T.L. in data 26 ottobre 2006, con la quale il detto direttore aveva rettifica-
to la determina n. 520/T.L. in data 23 ottobre 2006 dichiarandone l�immediata esecutivit�;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi comprese lanota 4 ottobre 2006, n. 19835, con la quale l�A.S.L. 19 di Asti aveva invitato la ricorrente amettere a disposizione di A.M.O.S. s.p.a. tutti i dati relativi alla gestione dell�assistenzadomiciliare �avendo intenzione di procedere all�affidamento diretto� alla societ� innanzicitata, e, da ultimo, le note in data 25-26 ottobre 2006, con cui la stessa amministrazioneaveva comunicato la revoca della procedura ristretta precedentemente bandita e l�affidamen-
to diretto, immediatamente esecutivo, del servizio alla societ� mista A.M.O.S. s.p.a..
3. Il primo giudice, con la sentenza appellata, ha accolto il ricorso e i motivi aggiuntidi Medicasa Italia s.p.a., annullando i provvedimenti impugnati, ma, per genericit� dellarichiesta e mancata quantificazione, non ha disposto il risarcimento del danno. Lo stesso, inparticolare, ha:
a) respinto le eccezioni di inammissibilit� del ricorso;
b) chiarito che il thema decidendum 
riguarda la legittimit� dell�affidamento diretto del ser-
vizio di assistenza domiciliare a una societ� mista pubblico�privato, in cui la societ� � com-
posta da una pluralit� di aziende sanitarie (che complessivamente detengono la maggioran-
za del capitale sociale) e dai soci privati che sono stati scelti con una procedura negoziata aevidenza pubblica;
c) ritenuto � aderendo al parere reso dalla sezione seconda di questo Consiglio il 18 aprile2007 con il n. 456 � che non sia accettabile l�opinione per cui, per il solo fatto che il socioprivato sia scelto tramite procedura a evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l�af-
fidamento diretto;
d) affermato che, nella specie, l�argomento usato dall�amministrazione, per cui la scelta deisoci privati attraverso la procedura negoziata a evidenza pubblica implicherebbe necessaria-
mente la legittimit� dell�affidamento del servizio di assistenza domiciliare, non � condivisi-
bile; posto che: 

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d.a) come si evince dall�oggetto statutario della societ�, si � in presenza di una societ� aven-
te un oggetto plurimo e variegato dal punto di vista qualitativo, per cui non si pu� afferma-
re che la scelta con gara del socio, effettuata �a monte� della costituzione della societ�,
garantisca gli stessi effetti di una pubblica gara da svolgersi con riferimento al singolo ser-
vizio;
d.b) non vi � alcuna norma statutaria che limiti l�operativit� della societ� A.M.O.S. entrol�ambito territoriale all�interno del quale operano le aziende sanitarie che partecipano alcapitale sociale della medesima societ�;
d.c) 
ai 
sensi 
dell�art. 
7 
dello 
statuto 
della 
societ�A.M.O.S.
, 
con 
riguardo 
alla 
cedibilit� 
delleazioni,vi� 
un�ampiapossibilit�diaccesso 
alcapitale 
della 
societ�daparte 
di 
soggettipriva-
ti, 
per 
i 
quali 
non 
viene 
rispettata 
la 
regola 
della 
scelta 
con 
procedura 
a 
evidenza 
pubblica;
e) 
ritenuto 
infondata 
la 
tesi 
secondo 
cui 
il 
principio 
di 
libera 
concorrenza 
sarebbe 
sostanzial-
mente 
rispettato 
essendo 
stato 
consentito 
a 
tutti 
gli 
operatori 
di 
entrare 
a 
fare 
parte 
della 
stes-
sa 
societ�, 
data 
la 
diversit� 
tra 
la 
partecipazione 
a 
una 
gara 
per 
l�aggiudicazione 
di 
un 
singo-
lo 
servizio 
e 
la 
partecipazione 
a 
gara 
per 
la 
scelta 
di 
partner 
per 
una 
societ� 
�multiutilities�;
f) 
affermato 
che, 
al 
di 
fuori 
dei 
ristrettissimi 
limiti 
in 
cui 
� 
ammissibile 
il 
fenomeno 
dell�in 
house 
providing, 
l�affidamento 
del 
servizio 
deve 
avvenire 
previa 
gara; 
cos� 
come 
ritenuto 
� 
diversamente 
dall�avviso 
della 
sezione 
seconda 
di 
questo 
Consiglio 
espresso 
con 
il 
parere 
n.
456/2007 
(sul 
punto 
non 
condiviso) 
� 
anche 
dal 
Consiglio 
di 
giustizia 
amministrativa 
per 
laRegionesiciliana,ilquale,con 
ladecisione27ottobre2006,n.589:ha 
disapplicato,percon-
trasto 
con 
la 
giurisprudenza 
comunitaria, 
l�art. 
113, 
comma 
5, 
lett. 
b)
, 
del 
D.Lgs. 
18 
agosto2000, 
n. 
267 
(secondo 
cui 
�L�erogazione 
del 
servizio 
avviene 
secondo 
le 
discipline 
di 
setto-
re 
e 
nel 
rispetto 
della 
normativa 
dell�Unione 
europea, 
con 
conferimento 
della 
titolarit� 
delservizio�
a 
societ� 
a 
capitale 
misto 
pubblico 
privato 
nelle 
quali 
il 
socio 
privato 
venga 
sceltoattraversol�espletamentodigareconprocedureadevidenzapubblicacheabbianodatogaran-
zia 
di 
rispetto 
delle 
norme 
interne 
e 
comunitarie 
in 
materia 
di 
concorrenza 
secondo 
le 
lineedi 
indirizzo 
emanate 
dalle 
autorit� 
competenti 
attraverso 
provvedimenti 
o 
circolari 
specifi-
che�)
; 
e 
statuito 
che 
la 
costituzione 
di 
una 
societ� 
mista, 
pure 
con 
la 
scelta 
del 
socio 
a 
segui-
to 
di 
gara, 
non 
esime 
dall�effettuazione 
di 
una 
seconda 
gara 
per 
l�affidamento 
del 
servizio.

4. La sezione quinta di questo Consiglio, con la decisione n. 5587/2007 di rimessioneall�adunanza plenaria, ha respinto il primo motivo di appello, ritenendo: infondata l�ecce-
zione dell�A.S.L. appellante di inammissibilit� del ricorso di primo grado � secondo cuiMedicasa Italia s.p.a. non avrebbe alcun interesse all�impugnazione dell�affidamento diret-
to alla societ� mista A.M.O.S. � in quanto l�art. 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992 non prevedeaffatto un divieto assoluto di esternalizzazione dell�attivit� di cura alla persona e non impe-
disce l�affidamento a terzi, con pubblica gara, dei relativi servizi; e, quindi, sussistente lalegittimazione di Medicasa Italia s.p.a. a contestare i provvedimenti di affidamento del ser-
vizio alla societ� A.M.O.S.
. 
Ha poi deferito all�esame dell�adunanza plenaria le seguenti questioni:
1) in tema di in house providing: 
a) quali siano, in linea di diritto e alla stregua dell�ordinamento europeo e nazionale, le con-
dizioni prescritte per il legittimo affidamento in house;
b) delineare le coordinate di riferimento del concetto di prevalenza dell�attivit� svolta perl�amministrazione affidante;
c) quali siano i contorni essenziali della nozione di �controllo analogo�;
2) in tema di diversi profili attinenti alla legittimit� dell�affidamento di contratti pubblici oservizi a societ� miste, in assenza di un�apposita procedura di gara: 

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d) se il parere della sezione seconda di questo Consiglio n. 456/2007 sia condivisibile nellaparte in cui:
d.a) 
afferma 
l�equivalenza 
tra 
il 
contratto 
di 
societ� 
e 
l�appalto, 
valutandosi 
la 
necessit�, 
omeno, 
di 
deferire 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
la 
seguente 
specifica 
questione: 
�se 
sia 
compatibile

omenoconildiritto 
comunitariolaregoladi 
dirittointerno 
chepermette 
l�affidamentodirettodiunserviziorientrantenell�ambitoapplicativodelladirettivan.
18/2004effettuatodauna
amministrazioneaggiudicatrice 
in 
favorediuna 
societ� 
mista, 
costituitadalla 
stessa 
amministrazione 
e 
da 
altri 
soci 
privati, 
individuati 
mediante 
apposita 
gara 
ad 
evidenza 
pubblica�
;
d.b) indica, quali condizioni per ammettere l�affidamento diretto alla societ� mista:
d.b.a) l�esistenza di un�apposita norma speciale che lo consenta;
d.b.b) l�affidamento con procedura di evidenza pubblica dell�attivit� operativa della societ�
mista al partner privato tramite la stessa gara volta all�individuazione di quest�ultimo, valutandosi 
l�opportunit� di demandare alla Corte di giustizia anche uno specifico quesito interpretativo, 
concernente i limiti di compatibilit� con il diritto comunitario di una partecipazione 
societaria privata di carattere meramente finanziario, purch� la procedura selettiva per
l�individuazione del socio privato abbia consentito, in modo trasparente e imparziale, di scegliere 
l�impresa in possesso delle prescritte attitudini professionali, che abbia offerto la
migliore proposta;
d.b.c) la necessit� di delimitare adeguatamente le finalit� della societ� mista cui affidare il
servizio senza gara, con la conseguente illegittimit� di affidamenti diretti a �societ� miste
aperte�, o a finalit� generalista;
d.b.d) la necessit� di motivare in modo particolarmente approfondito la scelta organizzativa
di ricorrere alla societ� mista anzich� rivolgersi integralmente al mercato;
d.b.e) la necessit� di stabilire un limite temporale ragionevole alla durata del rapporto sociale, 
accompagnata dall�espressa previsione della scadenza del periodo di affidamento per evitare 
che il socio divenga �socio stabile� della societ� mista;
d.b.f) l�esistenza di un concreto riferimento allo svolgimento di attivit� e funzioni pubbliche, 
con la conseguente esigenza di chiarire la portata di siffatto requisito;
e) se sia legittimo l�affidamento di un servizio effettuato senza gara a una societ� mista da
parte di un�amministrazione che abbia acquistato successivamente la partecipazione nella
societ� stessa e quando la societ� non era stata appositamente costituita per quella specifica
attivit� oggetto dell�affidamento.
5. L�adunanza plenaria ritiene, innanzitutto, di circoscrivere la sua pronuncia all�esamedi quelli che sono i motivi di appello ancora da decidere, dato che il primo motivo � statorespinto dalla sezione quinta con la decisione di remissione all�adunanza stessa.
L�A.S.L. appellante, con il secondo motivo, censura la pronuncia di accoglimento del primogiudice, secondo cui � illegittimo l�affidamento senza gara (o diretto) del servizio di assi-
stenza domiciliare a una societ� mista, anche se con partecipazione maggioritaria pubblicae con iniziale scelta dei soci privati effettuata attraverso apposita procedura selettiva di evi-
denza pubblica. L�A.S.L. sostiene che:
1) sussisterebbero le regole fissate dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il parere
n. 456/2007, per legittimare l�affidamento diretto a societ� mista, poich�:
1.1) A.M.O.S. s.p.a. non sarebbe una societ� a oggetto plurimo avendo invece l�attivit�
sociale scopo delimitato e specifico; il socio operativo � stato scelto previa gara; e la sperimentazione 
ha durata limitata;
1.2) non sarebbe esatto che essa pu� operare anche all�esterno rispetto alle aziende sanitarie 
che l�hanno costituita; 

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1.3)nonsarebbeesattocheleprevisionidell�attocostitutivodellasociet�inordineallacedibi-
lit� 
delle 
quote 
incidono 
negativamente 
sulla 
possibilit� 
di 
un 
affidamento 
diretto 
del 
servizio;
1.4) vi sarebbe lo specifico dettato normativo costituito dall�art. 9-bis, comma 1, del D.Lgs.

n. 502/1992;
2) per effetto dell�art. 13, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, 
dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 (cos� detto decreto Bersani, secondo cui le societ� miste
�sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al
comma 1�), sussisterebbe nella specie il controllo analogo che, secondo l�orientamento della
Corte di giustizia dell�Unione europea (U.E.), consente comunque l�affidamento diretto.
L�appellante ha chiesto anche, in via subordinata, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia 
dell�U.E. con riguardo agli artt. 13 del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni,
dalla l. n. 248/2006, e 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992.
Le prospettazioni essenziali dell�appello sono le seguenti:
a) nella fattispecie in esame sussisterebbero i requisiti concreti del �controllo analogo� 
a
quello operato sui propri servizi interni, esercitato dall�amministrazione committente sulla
societ� attuatrice del servizio, tali da giustificare l�affidamento senza gara, secondo il modulo 
operativo e gestionale riconducibile alla formula del legittimo in house providing, delineato 
dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale;
b) in ogni caso, sarebbe legittimo l�affidamento di un servizio, senza gara, a una societ�
mista a prevalente partecipazione pubblica i cui soci privati siano stati individuati all�esito
di procedure selettive aperte, trasparenti e non discriminatorie, conformi al diritto comunitario 
e ai suoi principi.
6. Ci� premesso, con riguardo alla natura e alla struttura di A.M.O.S. s.p.a., l�adunan-
za plenaria deve precisare quanto segue.
A.M.O.S. s.p.a. � stata costituita il 4 ottobre 2004, con durata stabilita sino al 31 dicembre
2024, tra l�Azienda sanitaria ospedaliera (A.S.O.) S. Croce e Carle di Cuneo (con il
43,10%), l�A.S.L. n. 15 di Cuneo (con il 4%), l�A.S.L. n. 16 di Mondov�-Ceva (con il 10%),
l�A.S.L. n. 17 di Savigliano (con il 10%), l�A.S.L. n. 18 di Alba e Bra (con il 3%) e altre
sette societ� private (MARKAS s.r.l. con il 4,85%, GPI s.r.l. con il 4,85%, CON.I.COS s.p.a.
con il 4,10%, H.C. HOSPITAL 
CONSULTING con il 4,10%, IDROCENTRO s.p.a. con il
4%, RICCOBONO s.p.a. con il 4% e BCS s.r.l. con il 4%)
.
I soggetti privati sono stati scelti attraverso un procedimento a evidenza pubblica, con procedura 
negoziata indetta il 17 settembre 2003 e conclusasi con la deliberazione del direttore 
generale dell�A.S.O. S. Croce e Carle di Cuneo n. 546 in data 29 marzo 2004, che ha
approvato gli esiti della procedura per la scelta dei soci di minoranza; divisi in soci finanziari, 
soci del settore sanitario e soci del settore non sanitario.
L�art. 7 dello statuto prevede che la propriet� delle azioni, i diritti di usufrutto sulle stesse,
nonch� i relativi diritti di opzione sono liberamente trasferibili tra soggetti pubblici; mentre,
negli altri casi, l�alienazione � subordinata alla preventiva autorizzazione del consiglio di
amministrazione, entro il termine di trenta giorni, scaduto il quale l�autorizzazione si considera 
concessa. 
L�A.S.L. 19 di Asti ha deliberato in data 14 giugno 2006 l�acquisto dall�A.S.O. S. Croce 
e
Carle di Cuneo di una quota pari al 18% del capitale sociale di A.M.O.S. s.p.a. (delibera del
commissario n. 15). I soci privati partecipano, quindi, al capitale sociale per circa il 30%
delle azioni. 
Il presidente del consiglio di amministrazione della societ� (organo collegiale composto da
nove membri) � nominato dai soli soci di parte pubblica, mentre il vice presidente � desi

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gnato dai soli soci privati. Il consiglio di amministrazione � eletto dall�assemblea con ilsistema delle liste separate, prevedendosi che alla lista la quale ottenga il maggior numerodi voti siano attribuiti 6 seggi e i restanti tre alla lista che segue in graduatoria.
Mancano specifiche clausole statutarie o regole di funzionamento tipiche della societ� chegarantiscano una qualche forma di intenso e dominante controllo dell�amministrazione sullastruttura societaria. Il collegio sindacale della societ� � composto da tre membri, di cui unosolo � scelto dalle amministrazioni (con funzioni di presidente), mentre uno � designato daisoci privati e il terzo dall�assemblea. Il comitato tecnico di controllo, organo cui � affidatoil compito di sovrintendere all�operato del presidente e dell�amministratore delegato per leattivit� svolte a favore delle aziende pubbliche socie di A.M.O.S., � composto da due mem-
bri designati dai soci privati, mentre uno soltanto � individuato dai soci pubblici.
La 
societ� 
mista 
ha 
un 
oggetto 
sociale 
variegato 
che 
comprende, 
ai 
sensi 
dell�art. 
4 
dello 
sta-
tuto: 
a) 
la 
prestazione 
di 
servizi 
alberghieri 
e 
amministrativi; 
b) 
l�attivit� 
di 
gestione 
e 
manu-
tenzione 
di 
beni, 
sia 
mobili 
che 
immobili 
(incluse 
le 
aree 
verdi)
; 
c) 
la 
prestazione 
di 
serviziospedalieri 
e 
territoriali 
[attivit� 
di 
laboratorio 
analisi, 
di 
radiologia 
e 
neuroradiologia, 
attivi-
t�anestesiologica(disupportoachirurgiaambulatoriale, 
daysurgeryechirurgiaabassacom-
plessit�),dialisipercronici,riabilitazione].Lasociet�potr�compieretutteleoperazionicom-
merciali, 
immobiliari, 
mobiliari 
e 
finanziarie 
ritenute 
necessarie 
o 
utili 
per 
il 
conseguimentodell�oggetto 
sociale 
e 
cos� 
tra 
l�altro 
anche 
l�assunzione, 
nei 
limiti 
di 
legge, 
di 
partecipazioniin 
altre 
societ� 
o 
enti 
aventi 
oggetto 
sociale 
analogo, 
affine 
o 
complementare 
al 
proprio.
Dal maggio 2006 A.M.O.S. s.p.a. non � pi� una societ� meramente operativa, ma � diventa-
ta un gruppo (holding), che detiene la totalit� della partecipazione in Energy Service (socie-
t� che gestisce l�intermediazione di energia), nonch� la maggioranza delle quote di SIA

s.p.a. (societ� che provvede all�archiviazione di dati) e di AMG Lavanderie Domino (che
svolge servizi di lavanderia)
.
Va poi ribadito che, nella specie, n� l�originario statuto di A.M.O.S. s.p.a., n� gli atti della
gara preordinata alla scelta del socio privato hanno indicato la concreta possibilit� di estensione 
dell�attivit� nell�ambito dell�A.S.L. 19 di Asti. 
7. Quanto all�attivit� affidata ad A.M.O.S. s.p.a., l�adunanza plenaria condivide le con-
siderazioni svolte dalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007.
Si tratta dell�esecuzione di prestazioni sociosanitarie, intese come attivit� atte a soddisfarebisogni di salute della persona, ossia di cura e assistenza di persone assistite dal Serviziosanitario nazionale (art. 3-septies, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 502/1992 e art. 1 della l.r. del 
Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1).
Le prestazioni non sono riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e nazio-
nale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi [direttiva 31 marzo 2004, n.
2004/18/CEE e D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture)]. Ma vanno riportate alla previsione dell�allegato II B (che elenca i �ser-
vizi sanitari e sociali�) dell�art. 20 del D.Lgs. n. 163/2006 (il quale attua gli artt. 20 e 21della direttiva 2004/18/CEE, nonch� gli artt. 31 e 32 della direttiva 2004/17/CEE, ripren-
dendo le previsioni gi� contenute nell�art. 3, comma 2, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 enell�art. 7, comma 3, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158). Secondo l�art. 20, comma 1, delD.Lgs. n. 163/2006, l�aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nel-
l�allegato II B � disciplinata esclusivamente dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avvisosui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).
Tuttavia, secondo l�art. 27, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, �l�affidamento dei contrattipubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall�applica-

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zione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicit�, efficacia, imparzialit�, 
parit� di trattamento, trasparenza, proporzionalit�� e �L�affidamento deve essere preceduto 
da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l�oggetto del contratto.
�
Resta ferma, quindi, la necessit� di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi 
del diritto comunitario.
Indicativa dell�individuazione di un appalto di servizi �, nella specie, la circostanza per cui
l�A.S.L. 19 di Asti corrisponde ad A.M.O.S. s.p.a. (per l�espletamento del servizio) un canone 
mensile, oltre a un importo per ogni accesso del personale infermieristico e riabilitativo
(cos� come prima il tutto veniva pagato a Medicasa Italia s.p.a., precedente gestore)
.
L�adunanza plenaria rileva che la diretta erogazione delle prestazioni (da parte del gestore
del servizio) in favore della collettivit�, ossia degli utenti del Servizio sanitario nazionale,
potrebbe indurre anche a configurare un servizio pubblico anzich� un appalto di servizi. Ma
ci� non sposta il problema di fondo. Trattandosi di attivit� di rilevanza economica oggetto
di contratto da stipulare con una pubblica amministrazione, devono sempre applicarsi le
regole della Comunit� europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parit� di
trattamento e di trasparenza.
Si tratta dei principi del Trattato, che sono quelli di:
a) libert� di stabilimento (art. 43)
;
b) libera prestazione dei servizi (art. 49)
;
c) 
parit� 
di 
trattamento 
e 
divieto 
di 
discriminazione 
in 
base 
alla 
nazionalit� 
(artt. 
43 
e 
49)
;
d) trasparenza e non discriminazione (art. 86, che vieta le misure di favore a vantaggio delle
imprese che godono di diritti speciali o esclusivi e di quelle pubbliche)
.
Anche 
nell�ambito 
dei 
servizi 
pubblici 
deve 
essere 
assicurata 
l�apertura 
alla 
concorrenza 
(C.
giust. 
CE: 
13 
settembre 
2007, 
C-260/04; 
sez. 
I, 
13 
ottobre 
2005, 
C-458/03)
. 
Ogni 
interessato
ha 
diritto 
di 
avere 
accesso 
alle 
informazioni 
adeguate 
prima 
che 
venga 
attribuito 
un 
servizio
pubblico,dimodoche,seloavessedesiderato,sarebbestatoingradodimanifestareilproprio
interessea 
conseguirlo 
(C.giust. 
CE, 
sez.I, 
10 
novembre 
2005, 
C-29/04).Inoltre, 
trasparenza
e 
pubblicit� 
devono 
essere 
date 
alla 
notizia 
dell�indizione 
della 
procedura 
di 
affidamento;
imparzialit� 
o 
non 
discriminatoriet� 
devono 
determinare 
le 
regole 
di 
conduzione 
di 
questa.
Si rimanda, in particolare, all�art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006 (dal titolo �Concessione di servizi�), 
il quale, al comma 3, richiama i �principi generali relativi ai contratti pubblici� (nel
rispetto dei quali, oltre che di quelli �desumibili dal Trattato�, deve avvenire la scelta del
concessionario di servizi), che sono quelli di �trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, 
parit� di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit��; principi i quali
impongono la previa indizione di una gara, seppure informale.
I principi generali del Trattato valgono comunque anche per i contratti e le fattispecie diverse 
da quelle concretamente contemplate; quali (oltre alla concessione di servizi) gli appalti
sottosoglia e i contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l�interesse concorrenziale delle
imprese e dei professionisti (ad esempio, le concessioni di beni pubblici di rilevanza economica; 
da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362)
.
Va rilevato, infine, che, nella specie, trattandosi di attivit� inerente il Servizio sanitario
nazionale affidata da una A.S.L., non si applicano le disposizioni relative ai servizi pubblici 
locali, riferite, nel loro ambito soggettivo, alle sole amministrazioni di cui al D.Lgs. n.
267/2000 (testo unico delle leggi sull�ordinamento degli enti locali) e, in particolare, le prescrizioni 
di cui all�art. 113 (�servizi pubblici locali di rilevanza economica�)
.


8. L�espressione in house providing 
compare per la prima volta nel libro bianco del1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al settore degli appalti pubblici, 

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49 


CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


49 


specifica il concetto degli appalti in house 
come �quelli aggiudicati all�interno della
Pubblica amministrazione, ad esempio tra Amministrazione centrale e locale o, ancora, tra
una Amministrazione ed una societ� interamente controllata�
. 
La 
situazione 
di 
in 
house 
legittima 
l�affidamento 
diretto, 
senza 
previa 
gara, 
del 
servizio 
di 
un
entepubblicoaunapersonagiuridicamentedistinta,qualoral�enteesercitisulsecondouncontrollo 
analogo 
a 
quello 
dallo 
stesso 
esercitato 
sui 
propri 
servizi 
e 
la 
seconda 
realizzi 
la 
parte
pi� 
importante 
della 
propria 
attivit� 
con 
l�ente 
o 
con 
gli 
enti 
che 
la 
controllano 
(C. 
giust. 
CE,
18 
novembre 
1999, 
C-107/98, 
Teckal)
. 
L�affidamento 
diretto 
di 
un 
servizio 
pubblico 
viene
consentitotuttelevolteincuiunentepubblicodecidadiaffidarelagestionedelservizio,aldi
fuori 
del 
sistema 
della 
gara, 
avvalendosi 
di 
una 
societ� 
esterna 
(ossia, 
soggettivamente 
separata) 
che 
presenti 
caratteristiche 
tali 
da 
poterla 
qualificare 
come 
una 
�derivazione�
, 
o 
una
longa 
manus, 
dell�ente 
stesso. 
Da 
qui, 
l�espressione 
in 
house 
che 
richiama, 
appunto, 
una
gestione 
in 
qualche 
modo 
riconducibile 
allo 
stesso 
ente 
affidante 
o 
a 
sue 
articolazioni.
Si � in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini 
di delegazione interorganica. Mentre, la disciplina comunitaria dei pubblici appalti va
applicata se l�ente affidatario sia distinto dall�amministrazione aggiudicatrice sul piano formale 
e sia autonomo sul piano sostanziale.
Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione, e trasparenza (tutti
costituenti canoni fondamentali del trattato istitutivo della Comunit� europea), siffatto istituto 
� stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune rigorose condizioni, individuate
dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate anche da quella nazionale.
� stato affermato che, in astratto, l�affidamento diretto del servizio viola il principio di concorrenza 
sotto un duplice profilo: a) da una parte, sottrae al libero mercato quote di contratti 
pubblici, nei confronti dei quali le impresse ordinarie vengono escluse da ogni possibile
accesso; b) dall�altra, si costituisce a favore dell�impresa affidataria una posizione di ingiusto 
privilegio, garantendole l�acquisizione di contratti. Il tutto si traduce nella creazione di
posizioni di vantaggio economico che l�impresa in house 
pu� sfruttare anche nel mercato,
nel quale si presenta come �particolarmente� competitiva, con conseguente alterazione della
par condicio 
(per l�analisi delle distorsioni economiche derivanti dall�affidamento diretto, 
e
anche per la giurisprudenza comunitaria in materia, si veda Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 
2007, n. 719)
.
Le misure contenitive adottate gi� in ambito comunitario per eliminare o ridurre i suddetti
inconvenienti sono costituite dalle stringenti condizioni poste per rendere legittimo l�affidamento 
in house, rappresentate da:
1) il cos� detto �controllo analogo a quello svolto sui propri servizi�, necessariamente esercitato 
dall�ente pubblico nei confronti dell�impresa affidataria;
2) il rapporto di stretta strumentalit� fra le attivit� dell�impresa �in house� e le esigenze pubbliche 
che l�ente controllante � chiamato a soddisfare. 
La 
giurisprudenza 
comunitaria, 
in 
particolare, 
ha 
utilizzato 
l�espressione 
in 
house 
providing 
per 
identificare 
il 
fenomeno 
di 
�autoproduzione� 
di 
beni, 
servizi 
o 
lavori 
da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione: 
la 
quale 
acquisisce 
un 
bene 
o 
un 
servizio 
attingendoli 
all�interno 
della
propria 
compagine 
organizzativa 
senza 
ricorrere 
a 
�terzi� 
tramite 
gara 
(cos� 
detta 
esternalizzazione)
edunquealmercato(apartiredaC.giust.CE,18novembre1999,C-107/98,Teckal)
.
In 
ragione 
del 
�controllo 
analogo� 
e 
della 
�destinazione 
prevalente 
dell�attivit��
, 
l�ente 
in 
house 
non 
pu� 
ritenersi 
terzo 
rispetto 
all�amministrazione 
controllante 
ma 
deve 
considerarsi
comeunodeiservizipropridell�amministrazionestessa:non�,pertanto,necessariochel�amministrazione 
ponga 
in 
essere 
procedure 
di 
evidenza 
pubblica 
per 
l�affidamento 
di 
appalti. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

50 


I requisiti dell�in house providing, costituendo un�eccezione alle regole generali del dirittocomunitario, vanno interpretati restrittivamente (C. giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04 eCons. Stato, sez. II, n. 456/2007).
La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societariacomposta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalita-
ria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un�impresa privata al capitale di unasociet�, alla quale partecipi anche l�amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni casoche tale amministrazione possa esercitare su detta societ� un 
controllo analogo a quello cheessa svolge sui propri servizi [C. giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05, Asociaci�n deEmpresas Forestales c. Transformaci�n Agraria SA(TRASGA); 21 luglio 2005, C-231/03,
Consorzio Corame; 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle]. Occorre, quindi, che l�ente pos-
segga 
l�intero 
pacchetto azionario della societ� affidataria (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio2006, n. 4440; in precedenza Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345 aveva ritenutoche la quota pubblica dovesse essere comunque superiore al 99%).
Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria � necessaria ma non sufficiente (C. giust.CE,
11 
maggio 2006, C-340/04; Cons. Stato, sez. VI, 1� giugno 2007, n. 2932 e 3 aprile 2007,

n. 1514), servendo maggiori strumenti di controllo da parte dell�ente rispetto a quelli previsti 
dal diritto civile. In particolare:
a)lostatutodellasociet�nondeveconsentirecheunaquotadelcapitalesociale,ancheminoritaria, 
possa 
essere 
alienata 
a 
soggetti 
privati 
(Cons. 
Stato, 
sez.V, 
30 
agosto 
2006, 
n. 
5072)
;
b) il consiglio di amministrazione della societ� non deve avere rilevanti poteri gestionali 
e
all�ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto 
a
quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato,
sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514)
;
c) 
l�impresa 
non 
deve 
avere 
acquisito 
una 
vocazione 
commerciale 
che 
rende 
precario 
il 
controllo 
dell�ente 
pubblico 
e 
che 
risulterebbe, 
tral�altro: 
dall�ampliamento 
dell�oggetto 
sociale;
dall�apertura 
obbligatoria 
della 
societ�, 
a 
breve 
termine, 
ad 
altri 
capitali; 
dall�espansione 
territorialedell�attivit�dellasociet�atuttal�Italiaeall�estero(
C.giust.CE:10novembre2005,
C-29/04, 
M�dling 
o 
Commissione 
c.Austria; 
13 
ottobre 
2005, 
C-458/03, 
Parking 
Brixen)
;
d) le decisioni pi� importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell�ente affidante 
(Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5)
.
In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza 
dei presupposti dell�in house, occorrendo anche un�influenza determinante da parte
del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (C. giust. CE,
11 maggio 2006, C-340/04, societ� Carbotermo e Consorzio Alisei c. Comune di Busto
Arsizio). Ne consegue che l�in house 
esclude la terziet�, poich� l�affidamento avviene 
a
favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalit� giuridica, si trova in condizioni 
di soggezione nei confronti dell�ente affidante che � in grado di determinarne le scelte, 
e l�impresa � anche sotto l�influenza dominante dell�ente.
Da ultimo (Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719), sempre in aggiunta alla
necessaria totale propriet� del capitale da parte del soggetto pubblico, si � ritenuto essenziale 
il concorso dei seguenti ulteriori fattori, tutti idonei a concretizzare una forma di controllo 
che sia effettiva, e non solo formale o apparente:
a) il controllo del bilancio;
b) il controllo sulla qualit� della amministrazione;
c) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti;
d) 
la 
totale 
dipendenza 
dell�affidatario 
diretto 
in 
tema 
di 
strategie 
e 
politiche 
aziendali. 

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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


51 


L�in house, cos� come costruito dalla giurisprudenza comunitaria, sembra rappresentare, pi�
che un modello di organizzazione dell�amministrazione, un�eccezione alle regole generali
del diritto comunitario, le quali richiedono la previa gara.
L�adunanza plenaria ritiene, pertanto, come rilevato inizialmente anche dalla sezione quinta 
di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007, che nella specie non vi siano i presupposti 
per configurare un�ipotesi di in house providing. Ci� in quanto deve escludersi, in via
generale, la riconducibilit� del modello organizzativo della societ� mista 
a quello dell�in 
house providing. E A.M.O.S. s.p.a. � una societ� mista a capitale pubblico di maggioranza
in cui circa il 30% del capitale appartiene a privati.
Si prescinde, conseguentemente, dall�esame delle varie questioni in tema di �in house providing� 
cos� come rimesse dalla sezione quinta.


9. 
La 
fattispecie 
per 
cui 
� 
causa 
va 
riportata 
nell�ambito 
dell�affidamento 
dei 
servizi 
asociet� 
(non 
interamente 
posseduta 
dall�ente 
pubblico, 
ma) 
a 
capitale 
misto 
pubblico/privato.
Il fenomeno delle societ� miste rientra nel concetto di partenariato pubblico privato (PPP),
la cui codificazione risale al �libro verde� della Commissione CE relativo al PPP 
e al dirit-
to comunitario degli appalti e delle concessioni. Nel �libro verde�, presentato il 30 aprile2004, la Commissione ha affermato che il termine PPP 
si riferisce in generale a �forme dicooperazione tra le autorit� pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire ilfinanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un�infra-
struttura o la fornitura di un servizio�
. 
La Commissione, nel citato �libro verde�, ha ritenuto di potere individuare due tipi di par-
tenariato pubblico-privato; e precisamente il tipo �puramente contrattuale� e quello �istitu-
zionalizzato�
. 
La 
ratio 
dell�istituto 
va 
rinvenuta 
nella 
difficolt� 
dell�amministrazione 
di 
reperire 
risorsenecessarie 
ad 
assicurare 
la 
fornitura 
di 
un�opera 
o 
di 
un 
servizio 
alla 
collettivit�. 
In 
un 
qua-
dro 
di 
questo 
tipo, 
il 
ricorso 
a 
capitali 
ed 
energie 
private 
diventa 
momento 
quasi 
ineludibilenel 
difficile 
compito 
di 
garantire 
un�azione 
amministrativa 
efficiente 
ed 
efficace, 
fortementeimprontata 
a 
criteri 
di 
economicit�. 
L�acquisizione 
del 
patrimonio 
cognitivo, 
composto 
diconoscenzetecnicheescientifiche,maturatodalprivatonellesingoleareestrategichediaffa-
ri, 
costituisce 
un 
arricchimento 
del 
know-how 
pubblico 
oltre 
che 
un 
possibile 
alleggerimentodegli 
oneri 
economico-finanziari, 
che 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
devono 
sopportare 
insede 
di 
erogazione 
di 
servizi 
o 
di 
realizzazione 
di 
opere 
pubbliche 
o 
di 
pubblica 
utilit�.
Sia la Commissione che il Parlamento europeo concordano nel ritenere che le forme di PPPnon costituiscono �l�anticamera� di un processo di privatizzazione delle funzioni pubbliche,
dal momento che le sinergie tra pubblica amministrazione e soggetti privati possono gene-
rare effetti positivi per la collettivit�, atteggiandosi a strumento alternativo alla stessa priva-
tizzazione. Per questo motivo l�assemblea di Strasburgo ha qualificato, senza mezzi termi-
ni, il PPP, in tutte le sue manifestazioni, come un possibile strumento di organizzazione egestione delle funzioni pubbliche, riconoscendo alle amministrazioni la pi� ampia facolt� distabilire se avvalersi o meno di soggetti privati terzi, oppure di imprese interamente control-
late oppure, in ultimo, di esercitare direttamente i propri compiti istituzionali.
Il PPP 
di tipo �puramente contrattuale� � quello �basato esclusivamente su legami contrat-
tuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o pi� compiti pi�
o meno ampi � tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento
o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio � vengono affidati al partner privato�.
I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale pi� conosciuti sono l�appalto e laconcessione. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

52 


I 
partenariati 
pubblico 
privato 
di 
tipo 
istituzionalizzato 
sono, 
secondo 
la 
Commissione 
euro-
pea 
(si 
veda 
il 
citato 
�libro 
verde�)
, 
quelli 
che 
implicano 
una 
cooperazione 
tra 
il 
settore 
pub-
blico 
e 
il 
settore 
privato 
in 
seno 
a 
un�entit� 
distinta; 
che 
implicano, 
cio�, 
la 
creazione 
diun�entit� 
detenuta 
congiuntamente 
dal 
partner 
pubblico 
e 
dal 
partner 
privato, 
la 
quale 
ha 
la�missione� 
di 
assicurare 
la 
fornitura 
di 
un�opera 
o 
di 
un 
servizio 
a 
favore 
del 
pubblico.
Ilmodellodipartenariatoditipoistituzionalizzatopi�conosciuto�quellodellasociet�mista.
La Commissione europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo �istitu-
zionalizzato� a quello di tipo �puramente contrattuale� e, perci�, a considerare applicabileanche al primo tipo di partenariato il �diritto comunitario degli appalti pubblici e delle con-
cessioni�. Ci� ha delle ovvie ricadute sulle modalit� di scelta del partner privato, essendochiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, devono applicarsi, comeavviene per l�affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sullalibera prestazione dei servizi e sulla libert� di stabilimento, nonch� i principi di trasparenza,
non discriminazione, parit� di trattamento, proporzionalit� e reciproco riconoscimento.
La necessit� di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il qualecostituire societ� miste costituisce una regola ormai acquisita nell�ordinamento interno. Ecomunque l�unico limite posto dal Parlamento europeo consiste nel rispetto dei principi diconcorrenza, trasparenza, parit� di trattamento, proporzionalit�; principi, tutti, che trovanocittadinanza all�interno del Trattato dell�U.E.. Anche perch� lo stesso �libro verde� precisache la partnership 
pubblico-privato va senz�altro favorita ma non pu� rappresentare unmodo per eludere la disciplina della concorrenza.
Al riguardo il D.Lgs. n. 163/2006 si limita, all�art. 1, comma 2, a prescrivere che, �Nei casiin cui le norme vigenti consentono la costituzione di societ� miste per la realizzazione e/ogestione di un�opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con pro-
cedure di evidenza pubblica�. La norma ha cos� inteso solo codificare il principio secondocui, in questi casi, la scelta del socio deve comunque avvenire �con procedure di evidenzapubblica� (Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007).

10. La sezione quinta, nel rimettere all�esame dell�adunanza plenaria, ha rilevato comela questione della possibilit� di affidare direttamente il servizio a societ� partecipate dall�en-
te pubblico, allorquando le esigenze di tutela della concorrenza siano state rispettate amonte, col previo esperimento della pubblica gara indetta per l�individuazione del partnerprivato, trova in giurisprudenza soluzioni non univoche.
Ad atteggiamenti di totale chiusura nei confronti della possibilit� di affidare direttamente asociet� miste la gestione dei servizi [che postulerebbero, invece, l�esperimento di una spe-
cifica gara, diversa e successiva rispetto a quella necessaria all�individuazione del socio pri-
vato di minoranza (soluzione fatta propria dal Consiglio di giustizia amministrativa per laRegione siciliana con la citata decisione n. 589/2006)], fa da contraltare la tesi sostenuta dauna parte della dottrina e della giurisprudenza, secondo cui la societ� mista a prevalente par-
tecipazione pubblica pu� essere sempre affidataria diretta dei servizi, alla sola condizioneche la scelta del contraente privato sia avvenuta mediante trasparenti procedure selettive.
Una 
posizione 
intermedia 
tra 
i 
due 
riferiti 
orientamenti 
� 
stata 
espressa 
dalla 
sezione 
secondadi 
questo 
Consiglio, 
con 
il 
citato 
parere 
n. 
456/2007, 
che 
si 
incentra 
sulla 
ritenuta 
ampia 
fun-
gibilit� 
tra 
lo 
schema 
funzionale 
della 
societ� 
mista 
e 
quello 
dell�appalto. 
In 
altri 
termini,
secondo 
la 
sezione 
consultiva, 
la 
gestione 
del 
servizio 
pu� 
essere 
indifferentemente 
affidataconappositocontrattodiappalto,oconlostrumentoalternativodelcontrattodisociet�,costi-
tuendo 
apposita 
societ� 
a 
capitale 
misto. 
Nel 
caso 
del 
�socio 
di 
lavoro�
, 
�socio 
industriale� 
o 
�socio 
operativo� 
(come 
contrapposti 
al 
�socio 
finanziario�)
, 
si 
� 
affermato 
che 
l�attivit� 
che 

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53 


CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


53 


si 
ritiene 
�affidata� 
(senza 
gara) 
alla 
societ� 
mista 
sia, 
nella 
sostanza, 
da 
ritenere 
affidata 
(con
gara) 
al 
partnerprivatosceltocon 
una 
proceduradi 
evidenza 
pubblica, 
la 
quale 
abbia 
a 
oggetto, 
al 
tempo 
stesso, 
anche 
l�attribuzione 
dei 
suoi 
compiti 
operativi 
e 
la 
qualit� 
di 
socio.
In particolare, con il citato parere n. 456/2007, si � affermato che:
a) non � condivisibile la posizione �estrema� secondo la quale, per il solo fatto che il socio
privato � scelto tramite procedura di evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l�affidamento 
diretto;
b) tale ipotesi suscita perplessit� per il caso di societ� miste �aperte�, nelle quali il socio,
ancorch� selezionato con gara, non viene scelto per finalit� definite, ma soltanto come partner 
privato per una societ� �generalista�, alla quale affidare direttamente l�erogazione di servizi 
non ancora identificati al momento della scelta del socio e con lo scopo di svolgere
anche attivit� extra moenia, avvalendosi semmai dei vantaggi derivanti dal rapporto privilegiato 
stabilito con il partner pubblico;
c) � ammissibile il ricorso alla figura della societ� mista (quantomeno) nel caso in cui essa
non costituisca, in sostanza, la beneficiaria di un �affidamento diretto�, ma la modalit� organizzativa 
con la quale l�amministrazione controlla l�affidamento disposto, con gara, al
�socio operativo� della societ�;
d)ilricorsoatalefiguradevecomunqueavvenireacondizionechesussistano�oltreallaspecifica 
previsione 
legislativa 
che 
ne 
fondi 
la 
possibilit�, 
alle 
motivate 
ragioni 
e 
alla 
scelta 
del
socio 
con 
gara, 
ai 
sensi 
dell�art. 
1, 
comma 
2, 
del 
D.Lgs. 
n. 
163/2006 
� 
garanzie 
tali 
da 
fugare 
gli 
ulteriori 
dubbi 
e 
ragioni 
di 
perplessit� 
in 
ordine 
alla 
restrizione 
della 
concorrenza;
e) 
laddove 
vi 
siano 
giustificate 
ragioni 
per 
non 
ricorrere 
a 
un 
affidamento 
esterno 
integrale,
�legittimoconfigurare,quantomeno,unmodelloorganizzativoincuiricorranoduegaranzie:
1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l�affidamento del servizio pubblico
e gara per la scelta del socio, in cui quest�ultimo si configuri come un �socio industriale od
operativo�, il quale concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi
dello stesso; il che vuol dire effettuazione di una gara che con la scelta del socio definisca
anche l�affidamento del servizio operativo;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione �alla scadenza del periodo di affidamento�, 
evitando cos� che il socio divenga �socio stabile� della societ� mista, possibilmente 
prescrivendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite 
le modalit� per l�uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso
in cui all�esito della successiva gara egli risulti non pi� aggiudicatario.
La sezione quinta propende per l�ipotesi ricostruttiva di cui al detto parere (non ancora
vagliata dalla giurisprudenza comunitaria), temperandola per� con alcune precisazioni 
e
puntualizzazioni, ed invocando altres� l�intervento del giudice comunitario.


11. L�adunanza plenaria ritiene l�illegittimit� dell�impugnato affidamento siccome nonpreceduto da una procedura concorrenziale.
Va ribadito, innanzitutto, che, nella controversia per cui � causa, non pu� invocarsi quantostatuito dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con la citata deci-
sione n. 589/2006, secondo cui la stretta osservanza del diritto comunitario in materia disociet� miste comporta un�interpretazione restrittiva, se non addirittura disapplicativa, del-
l�art. 113, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 267/2000; nel senso che la costituzione di una talesociet�, anche con scelta del socio a seguito di gara, non esime dall�effettuazione di unaseconda gara per l�affidamento del servizio. Ci� in quanto non si � in presenza di servizipubblici locali, ai quali solamente si pu� applicare (e conseguentemente disapplicare) il cita-
to art. 113 (si veda quanto osservato alla fine del paragrafo 7 della presente decisione)
. 

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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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12.Alivello comunitario il coinvolgimento nella gestione dei servizi di soggetti priva-
ti viene visto con favore, potendo essi apportare alla pubblica amministrazione know how 
e 
una gestione pi� manageriale. Ma il ricorso allo strumento della societ� mista si pu� presta-
re ad abusi, avendo spesso costituito un espediente per aggirare la regola dell�affidamentodei servizi sulla base di una procedura competitiva.
Il modello elaborato dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il citato parere n.
456/2007, rappresenta una delle possibili soluzioni delle problematiche connesse alla costi-
tuzione delle societ� miste e all�affidamento del servizio alle stesse; nel rispetto del princi-
pio di concorrenza, nonch� nella ricerca di contemperare le esigenze di cooperazione tra set-
tore pubblico e privato con quelle di tutela della concorrenza. Il modello presuppone la fun-
gibilit� tra contratto di appalto e contratto sociale, e si fonda sulla necessit� che la gestionedel servizio venga prevista allorquando si costituisce la societ�.
L�adunanza plenaria ritiene che, allo stato e in mancanza di indicazioni precise da parte dellanormativa e della giurisprudenza comunitaria, non sia elaborabile una soluzione univoca oun modello definitivo. Si corre il rischio di dar luogo a interpretazioni �praeter legem�, chepotrebbero non trovare l�avallo della Corte di giustizia. E comunque la fattispecie per cui �causa, a parte l�inconfigurabilit� di un servizio pubblico locale, non rientra nei confini delmodello cos� come costruito dalla sezione seconda di questo Consiglio.
Medicasa Italia s.p.a. era il precedente gestore del servizio di cure sanitarie domiciliari; ser-
vizio che si era aggiudicato nel 2000 dall�A.S.L. 19 di Asti a seguito di apposita gara ban-
dita dall�azienda stessa. Il servizio veniva gestito dalla societ� medesima in regime di pro-
roga sino agli ultimi mesi del 2006.
Nell�aprile 2006, infatti, l�A.S.L. 19 di Asti aveva bandito una nuova gara per �individua-
zione partner per la fornitura di supporto integrativo per attivit� sanitarie territoriali di curaalla persona�. Nel giugno 2006 l�A.S.L. 19 di Asti aveva per� acquisito (da soci pubblici) il18% delle azioni di A.M.O.S. s.p.a., che esisteva gi� dal 2004. Conseguentemente, avevadeciso di revocare la gara gi� bandita e di affidare direttamente il servizio a quest�ultima.
Il modello costruito con il citato parere n. 456/2007 non � rinvenibile nella specie in quan-
to non si � verificata la prima delle condizioni richieste; ossia che il socio venga sceltomediante procedura a evidenza pubblica nella quale la gestione del servizio sia stata defini-
ta e precisata. Il che vuol dire avere stabilito, contestualmente alla scelta (previa gara) delsocio il quale dovr� gestire il servizio, quanto meno le caratteristiche della gestione stessa(ossia condizioni, modalit� e durata). Non si � verificato, quindi, quel presupposto costitui-
to dall�effettuazione �di una gara che con la scelta del socio definisca anche l�affidamentodel servizio operativo�.
In particolare, la controversia per cui � causa non � in alcun modo assimilabile all�ipotesisulla quale � stato reso il citato parere n. 456/2007 anche perch�:
a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima l�affidamento (dall�A.S.L. 19 di Asti) del servi-
zio alla societ� mista;
b) n� l�originario statuto della societ� mista n� gli atti della gara preordinata alla scelta deisoci privati hanno previsto la possibilit� di estensione dell�attivit� della societ� stessa nel-
l�ambito dell�A.S.L. 19;
c) la scelta dei soci � stata effettuata da amministrazione diversa da quella (A.S.L. 19) cheha dopo affidato il servizio alla societ� mista, avendo acquisito una percentuale del capita-
le della societ� solo alcuni anni successivi alla costituzione di quest�ultima;
d) la societ� mista non � stata appositamente costituita solo per quella specifica attivit� inseguito oggetto di affidamento; 

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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


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e) nella societ� mista non vi � il socio operativo che concorre materialmente allo svolgimen-
to del servizio ma tre tipi di soci: finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario;
f)nellagestionedel 
servizio,ditiposanitario,affidatoalla 
societ�mistasonocoinvoltiindif-
ferentemente 
tutti 
i 
soci, 
e 
quindi 
anche 
quelli 
non 
del 
settore 
sanitario 
e 
quelli 
finanziari;
g) l�oggetto sociale della societ� mista � variegato e di ampie dimensioni (si veda l�art. 4dello statuto e quanto osservato al paragrafo 6 della presente decisione e sottolineato anchedalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007).
Mancando la principale condizione, richiesta dal citato parere n. 456/2007, per potere con-
siderare legittimo un affidamento diretto (effettuazione �di una gara che con la scelta delsocio definisca anche l�affidamento del servizio operativo�), si prescinde dall�esame dellevarie questioni sul medesimo parere rimesse dalla sezione quinta; questioni la cui soluzio-
ne non serve alla decisione della controversia per cui � causa.

13. L�illegittimit� del contestato affidamento � avvenuto in via diretta senza previa gara 
� consegue alla violazione dei principi del Trattato dell�U.E.; ossia del principio di concorrenza 
e di quelli, che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, adeguata pubblicit�, 
non discriminazione e parit� di trattamento.
Siffatti principi, che hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27,
comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006) e che si elevano a principi 
generali di tutti i contratti pubblici, sono direttamente applicabili, a prescindere dalla
ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali
disposizioni interne di segno contrario (Cons. Stato, sez. VI: 30 gennaio 2007, n. 362; 30
dicembre 2005, n. 7616; 25 gennaio 2005, n. 168)
.
Alla stregua della comunicazione della Commissione europea del 12 aprile 2000, pubblicata 
in Gazzetta ufficiale n. C 121 del 29 aprile 2000, richiamata e sviluppata da una circolare 
della Presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento per le politiche comunitarie n.
945 in data 1� marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato 
e congruo all�importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in
via diretta e self-executing 
dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate da specifiche
disposizioni comunitarie (nella specie concessione di servizi) volte a dare la stura a una procedura 
competitiva puntualmente regolata.
Con 
la 
comunicazione 
della 
Commissione 
si 
� 
rimarcato 
che, 
�bench� 
ilTrattato 
non 
contenga 
alcuna 
esplicita 
menzione 
degli 
appalti 
pubblici, 
n� 
delle 
concessioni, 
molte 
delle 
sue
disposizionisonorilevantiinmateria.SitrattadellenormedelTrattatochepresidianoegarantiscono 
il 
buon 
funzionamento 
del 
mercato 
unico, 
ossia: 
� 
le 
norme 
che 
vietano 
qualsiasi
discriminazionefondatasullanazionalit�(articolo12,paragrafo1,exarticolo6,paragrafo1)
; 
� 
le 
norme 
relative 
alla 
libera 
circolazione 
delle 
merci 
(articoli 
28 
� 
ex 
30 
� 
e 
seguenti)
, 
alla 
libert� 
di 
stabilimento(articoli 
43 
� 
ex 
52 
�
e 
seguenti),allaliberaprestazionedi 
servizi 
(articoli 
49 
� 
ex 
59 
�
e 
seguenti) 
nonch�le 
eccezioni 
a 
tali 
norme 
previste 
agli 
articoli 
30, 
45 
e 
46 
(ex 
articoli 
36, 
55 
e 
56)
; 
� 
le 
disposizioni 
dell�articolo 
86 
(ex 
90) 
del 
Trattato�
.
La detta circolare ha a sua volta puntualizzato che, �a prescindere dall�applicabilit� di specifici 
regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli
articoli da 28 a 30 (ex 
articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex 
articoli da 52 a 66) del Trattato 
o
dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte. Si tratta in particolare dei principi di
non discriminazione, di parit� di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalit� 
cos� come risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale della Corte europea 
che si � posta all�avanguardia nella loro elaborazione�. Segnatamente �il principio di
trasparenza, strettamente legato a quello di non discriminazione poich� garantisce condizio

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DELLO 
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� N. 3/2008

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ni 
di 
concorrenza 
non 
falsate 
ed 
esige 
che 
le 
amministrazioni 
concedenti 
rendano 
pubblica,
con 
appropriati 
mezzi 
di 
pubblicit�, 
la 
loro 
intenzione 
di 
ricorrere 
ad 
una 
concessione.
Secondo 
le 
indicazioni 
della 
Commissione 
europea 
(si 
veda 
il 
punto 
3.1.2 
dellaComunicazione 
interpretativa) 
tali 
forme 
di 
pubblicit� 
dovranno 
contenere 
le 
informazioninecessarie 
affinch� 
potenziali 
concessionari 
siano 
in 
grado 
di 
valutare 
il 
loro 
interesse 
a 
par-
tecipare 
alla 
procedura 
quali 
l�indicazione 
dei 
criteri 
di 
selezione 
ed 
attribuzione, 
l�oggettodella 
concessione 
e 
delle 
prestazioni 
attese 
dal 
concessionario. 
Spetter� 
poi 
in 
particolare 
aigiudici 
nazionali 
valutare 
se 
tali 
obblighi 
siano 
stati 
osservati 
attraverso 
l�adozione 
di 
appro-
priate 
regole 
o 
prassi 
amministrative�. 
Inoltre, 
�la 
sottoposizione 
delle 
concessioni 
di 
servizialprincipiodinondiscriminazione,inparticolareinbaseallanazionalit�,�statorecentemen-
teconfermatoanchedallagiurisprudenzacomunitaria,chehaprecisatocomel�obbligoditra-
sparenza 
a 
cui 
sono 
tenute 
le 
amministrazioni 
consiste 
nel 
garantire, 
in 
favore 
di 
ogni 
poten-
ziale 
offerente, 
un 
adeguato 
livello 
di 
pubblicit� 
che 
consenta 
l�apertura 
degli 
appalti 
dei 
ser-
vizi 
alla 
concorrenza 
nonch� 
il 
controllo 
sull�imparzialit� 
delle 
procedure 
di 
aggiudicazione(Corte 
di 
giustizia, 
sentenza 
7 
dicembre 
2000, 
causa 
C-324/98, 
cit.
, 
considerato 
n. 
62)�.
La circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative dell�art. 81del Trattato porta in sostanza a ritenere che le norme delle stesse siano puramente applica-
tive, con riferimento a determinati appalti, di principi generali che, essendo sanciti in modouniversale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse daquelle concretamente contemplate.
Di qui l�immediata operativit� dei principi, sopra esposti con riferimento alla concessionedi servizi, anche agli appalti sottosoglia (si veda la circolare del dipartimento per le politi-
che comunitarie in data 30 giugno 2002, ove si richiama l�ordinanza 3 dicembre 2001, C-
59/00 e la sentenza 7 dicembre 2000, C-324, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, resedalla Corte di giustizia) e ai contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l�interesse con-
correnziale delle imprese e dei professionisti, nonch�, infine, alle stesse concessioni di benipubblici di rilevanza economica.
La Corte di giustizia, in particolare, ha statuito che, �sebbene le direttive comunitarie checoordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applichino soltanto aicontratti il cui valore supera un determinato limite previsto espressamente in ciascuna delledette direttive, il solo fatto che il legislatore comunitario abbia considerato che le procedu-
re particolari e rigorose previste in tali direttive non sono adeguate allorch� si tratta di appal-
ti pubblici di scarso valore, non significa che questi ultimi siano esclusi dall�ambito di appli-
cazione del diritto comunitario� (si veda, in tal senso, l�ordinanza 3 dicembre 2001, C-
59/00, punto 19). Gi� in precedenza il giudice comunitario aveva sottolineato la necessit�del rispetto del principio di trasparenza anche per gli appalti non rientranti espressamentenella sfera di applicazione di una direttiva, ricordando che, �nonostante il fatto che siffatticontratti, allo stadio attuale del diritto comunitario, siano esclusi dalla sfera di applicazionedella direttiva 93/38, gli enti aggiudicatori che li stipulano sono ci� nondimeno tenuti arispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, e il principio di non discrimina-
zione in base alla nazionalit� in particolare� (sentenza 7 dicembre 2000, C-324/98,
Teleaustria c. Post & Telekom Austria, punto 60).
Il Consiglio di Stato (sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934) ha gi� richiamato e condiviso gliorientamenti della Corte di giustizia, puntualizzando che norme comunitarie vincolanti benpossono imporsi oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti. Si � richia-
mata la posizione della Commissione U.E., secondo la quale, anche nei casi in cui non trovaapplicazione la direttiva sugli appalti di servizi (in particolare, nell�ipotesi delle concessio-



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ni di pubblici servizi), la scelta del contraente incontra i limiti indicati dalle norme delTrattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comuni-
tario; tra cui la non discriminazione, la parit� di trattamento, la trasparenza. E si � afferma-
to che si impone cos� una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare inogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (per l�affermazione dei medesimi principie per la rilevanza generale degli obblighi di trasparenza nella scelta dei contraenti, speciequando si tratta di servizi pubblici, C. giust. CE, 7 dicembre 2000, C-324/98).
Siffatte affermazioni, anche se rese con riferimento alla concessione di servizi pubblici che� figura diversa dall�appalto di servizi, hanno una portata generale e possono adattarsi a ognifattispecie estranea all�immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti (Cons.
Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934).
Il principio di concorrenza � uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in relazione almondo delle commesse pubbliche. Esso garantisce la completa parit� di accesso di tutte leimprese europee al monte dei contratti pubblici. La conseguenza rilevante � che le impreseeuropee (e anche quelle dello stesso Paese del cui ordinamento 
giuridico si giudica) devonoessere poste sullo stesso piano, concedendo loro le medesime opportunit�; sia sotto il profi-
lo dell�accesso ai contratti pubblici (e quindi attraverso il sistema ordinario dell�evidenzapubblica), sia impedendo che particolari situazioni economiche pongano alcune di esse inuna condizione di privilegio o comunque di favore economico.
Da 
ci� 
consegue 
che 
il 
sistemadell�affidamentodiretto, 
in 
primo 
luogo,costituisce 
eccezionedi 
stretta 
interpretazione 
al 
sistema 
ordinario 
delle 
gare; 
e, 
in 
secondo 
luogo, 
deve 
rispondereabenprecisipresupposti(insussistentinellacontroversiapercui�causa),inassenzadeiqualil�affidamento 
� 
idoneo 
a 
turbare 
la 
par 
condicio 
e 
quindi 
a 
violare 
il 
Trattato 
(e 
le 
direttive).
Recentemente siffatti principi sono stati ribaditi dalla Corte costituzionale, con la sentenza22 novembre 2007, n. 401.
Nell�ambito dei contratti pubblici, ad avviso della Consulta, viene soprattutto in rilievo l�a-
spetto della tutela della concorrenza, che si concretizza, in primo luogo, nell�esigenza diassicurare la pi� ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore; inossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libert� di stabili-
mento e della libera prestazione dei servizi. Le procedure di evidenza pubblica nella sceltadel contraente devono essere idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di pari-
t� di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalit� e di trasparenza. 
La Corte haquindi evidenziato che la nozione comunitaria di concorrenza, che si riflette su quella di cuiall�art. 117, comma 2, lett. e), della cost., � definita come concorrenza �per� il mercato, laquale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurinoil rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati.
Sul 
piano 
interno, 
l�osservanza 
di 
siffatti 
principi 
costituisce 
anche 
attuazione 
delle 
stesseregolecostituzionalidibuonandamentoeimparzialit�,lequali,aisensidell�art.97dellacost.,
devono 
guidare 
tutta 
l�azione 
dell�amministrazione.Anzi, 
� 
proprio 
l�esigenza 
di 
uniformarelanormativainternaaquellacomunitaria 
�sulpianodelladisciplinadelprocedimentodiscel-
ta 
del 
contraente 
� 
nel 
perseguimento 
della 
tutela 
della 
concorrenza, 
ad 
avere 
determinato 
ildefinitivosuperamento 
della 
concezione 
che 
vedeva 
la 
procedimentalizzazione 
dell�attivit� 
disceltadelcontraentedettatanell�esclusivointeressedell�amministrazione.Pervenendosiall�o-
biettivoprimariocostituitodalla 
tuteladegliinteressideglioperatori,adaccederealmercatoea 
concorrere 
per 
il 
mercato. 
Il 
che 
realizza 
pur 
sempre 
medesime 
finalit�.

14. Con riguardo allo specifico dettato normativo, invocato dall�appellante, costituitodall�art. 9-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 502/1992 � secondo cui �Le regioni e le province 

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autonome di Trento e di Bolzano, autorizzano programmi di sperimentazione aventi a ogget-
to nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Serviziosanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di societ� miste a capi-
tale pubblico e privato� � esso consente solo la costituzione di societ� miste; possibilit� che,
altrimenti, sarebbe vietata (ai sensi del comma 4 del citato art. 9-bis, �Al di fuori dei pro-
grammi di sperimentazione di cui al presente articolo, � fatto divieto alle aziende delServizio sanitario nazionale di costituire societ� di capitali aventi per oggetto sociale lo svol-
gimento di compiti diretti di tutela della salute�). Ma non permette certo l�affidamento diret-
to del servizio alla societ� stessa. Diversamente opinando si tratterebbe di norma da disap-
plicare siccome contraria ai principi del Trattato.
Non risulta risolutivo, in favore dell�appellante, nemmeno l�intervento dell�art. 13, commi1 e 2, del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248/2006 (cos� dettodecreto Bersani), secondo cui le societ� a capitale interamente pubblico o misto, costituite

o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni 
e
servizi strumentali all�attivit� di tali enti in funzione della loro attivit�, con esclusione dei
servizi pubblici locali: 
� devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti (viene fissata, 
quindi, la regola dell�esclusivit�, in luogo di quella della prevalenza)
; 
� non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, n� in affidamento 
diretto n� con gara, e non possono partecipare ad altre societ� o enti; 
� sono a oggetto sociale esclusivo.
� sufficiente rilevare che l�oggetto sociale esclusivo non va inteso come divieto delle societ� 
cos� dette multiutilities, ma rafforza la regola dell�esclusivit� evitando che dopo l�affidamento 
la societ� possa andare a fare altro (Cons. Stato, sez. III, 25 settembre 2007, n. 322 
e
sez. II, 18 aprile 2007, n. 456). E comunque, diversamente da quanto prospettato dall�appellante, 
data la differenza del fenomeno �societ� mista� rispetto a quello dell�in house providing, 
il disposto del comma 2 del citato art. 13 �secondo cui le societ� miste �sono ad oggetto 
sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1� � non 
ha dato luogo a quel �controllo analogo� che legittima l�affidamento diretto.
15. Alla luce di quanto statuito dall�adunanza plenaria, che ha evidenziato l�irrilevan-
za delle norme invocate anche perch� non consentono l�affidamento diretto del servizio,
vengono meno alla radice le condizioni per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giu-
stizia dell�U.E. con riguardo agli artt. 13 del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazio-
ni, dalla l. n. 248/2006, e 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992, cos� come richiesto dall�appellante. 
16. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese del giudizio, sussisten-
do giusti motivi, possono essere compensate. Non vi � luogo a provvedere sulle spese neiconfronti dei soggetti appellati non costituiti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria) respinge il ricorso inappello.
Compensa tra le parti le spese del giudizio. Nulla spese nei confronti dei soggetti appellatinon costituiti. 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall�autorit� amministrativa.
Cos� deciso in Roma il 10 dicembre 2007 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale(adunanza plenaria), in camera di consiglio. 




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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


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(All. 2)

Giudizio in corso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunit� europee. Causa C-
573/07 � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale 
Amministrativo 
Regionale per 
la Lombardia (Italia) il 28 dicembre 2007 
� Sea s.r.l./Comune di Ponte 
Nossa. (Avvocato dello Stato G. Fiengo � AL9414/08)
. 


LA 
QUESTIONE 
PREGIUDIZIALE

Se sia compatibile con il diritto comunitario ed in particolare con la libert� di stabilimentoovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di pari-
t� di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza di cui agli artt. 12, 43, 45, 46 49 e86 del Trattato, l�affidamento diretto di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dirifiuti solidi urbani ed assimilati ad una societ� per azioni a capitale interamente pubblicoe statuto conformato � ai fini dell�art. 113 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 � cos� come espo-
sto in motivazione. 


IL 
FATTO 
La 
SEAS.r.l.
, 
gi� 
aggiudicataria 
a 
seguito 
di 
pubblica 
gara 
dell�appalto 
di 
servizio 
di 
raccol-
ta, 
trasporto 
e 
smaltimento 
dei 
rifiuti 
solidi 
urbani 
ed 
assimilati 
nel 
territorio 
del 
Comune 
diPonte 
Nossa 
per 
il 
triennio 
2004/2006, 
ha 
impugnato 
la 
deliberazione 
comunale 
relativa 
allaprocedura 
di 
affidamento 
diretto 
del 
servizio 
di 
raccolta 
e 
trasporto 
rifiuti 
alla 
societ�SE.T.Co. 
S.p.a. 
di 
cui 
il 
comune 
� 
divenuto 
socio. 
La 
SE.T.Co. 
S.p.a. 
� 
una 
societ� 
parteci-
pata 
da 
alcuni 
Comuni 
della 
Val 
Seriana, 
il 
cui 
il 
maggior 
azionista 
� 
il 
Comune 
di 
Clusone.
LapartecipazionedelComunediPonteNossa�statadispostainvistadell�affidamentodiret-
to 
alla 
societ� 
del 
servizio 
in 
questione, 
poi 
effettivamente 
disposto 
dal 
1 
gennaio 
2007.
Laricorrentelamentavatral�altrolaviolazionedell�art.113TUELedegliartt.43,49e86delTrattato 
CE, 
inquanto 
il 
Comuneneiconfronti 
della 
Se.T.Conon 
eserciterebbequel 
�control-
lo 
analogo� 
che 
solo 
consente 
l�affidamento 
diretto 
di 
un 
servizio 
ad 
una 
societ� 
partecipata.
Il TAR Lombardia con ordinanza n. 148/07 del 11 ottobre 2007 rimetteva alla Corte diGiustizia la questione pregiudiziale relativa alla compatibilit� dell�affidamento diretto di unservizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilati ad unasociet� per azione a capitale interamente pubblico e statuto conformato � ai fini dell�art. 113 
D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 � con gli artt. 12, 43, 45, 46, 49 e 86 del Trattato sulla liber-
t� di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gliobblighi di parit� di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza. 


LE 
OSSERVAZIONI 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 
Laquestionevienepostadalgiudiceaquocomeproblemadicompatibilit�dell�art.113TUELcon 
gli 
artt. 
12, 
43, 
45, 
46, 
49 
e 
86 
del 
Trattato 
CE: 
si 
tratterebbe 
di 
stabilire 
se 
l�art. 
113 
delD.Lgs. 
n. 
267 
del 
2000 
che 
consente 
agli 
enti 
locali 
minori, 
ovvero 
a 
Province 
e 
Comuni, 
diaffidare 
direttamente 
la 
gestione 
dei 
servizi 
pubblici 
locali 
di 
rilevanza 
economica 
a 
�societ� 
acapitaleinteramentepubblico�,acondizioneper�chelasociet��realizzilapartepi�impor-
tante 
della 
propria 
attivit� 
con 
l�ente 
o 
gli 
entipubbliciche 
la 
controllano�
e 
che 
�l�enteo 
glienti 
pubblici 
titolari 
del 
capitale 
sociale 
esercitino 
sulla 
societ� 
un 
controllo 
analogo 
a 
quel-
lo 
esercitato 
sui 
propri 
servizi�
, 
sia 
compatibile 
con 
la 
normativa 
comunitaria, 
che 
tutela 
lalibert� 
di 
stabilimento 
ovvero 
di 
prestazioni 
di 
servizi, 
con 
il 
divieto 
di 
discriminazione 
e 
congli 
obblighi 
di 
parit� 
di 
trattamento, 
di 
trasparenza 
e 
di 
libera 
concorrenza.
L�ordinanza 
del 
TAR 
per 
la 
Lombardia 
ha 
per 
oggetto 
specificatamente 
la 
cosiddetta 
gestio-
ne 
�in 
house� 
di 
servizi 
pubblici 
da 
parte 
di 
autorit� 
nazionali, 
prevalentemente 
locali. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
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Il paradigma di questa modalit� di gestione dei pubblici servizi si sostanzia nella scelta daparte della stazione appaltante di gestire in proprio 
un determinato servizio pubblico, delquale ha la titolarit�, affidandolo direttamente ad una societ� di cui detiene la totalit� (o lamaggioranza) del capitale sociale e che, normalmente, ha creato a tali precipui fini. Purpotendo apparire come un affidamento ad un terzo, in quanto l�attribuzione del servizioavviene a favore di un soggetto avente formalmente autonoma soggettivit� (pubblico o pri-
vata), in realt� questa distinta persona giuridica non rappresenta altro che una longa manusdella stessa amministrazione pubblica. L�utilit� del ricorso a questa particolare modalit� digestione dei sevizi pubblici � quella di consentire all�ente pubblico l�utilizzo di strumenti pi�duttili e flessibili alle esigenze del mercato (ad esempio la limitazione della responsabilit�tipica delle societ� di capitali), pur mantenendo sull�ente affidatario del servizio controllianaloghi a quelli che pu� esercitare sulle proprie articolazioni interne. L�individuazione e ladisciplina di questa particolare modalit� di gestione trova fondamento nello stesso dirittocomunitario; si vedano al riguardo il libro verde sui servizi di interesse generale COM 
(2003), 270, la relazione sullo stesso al Parlamento europeo di Philippe Herzog, nonch� lasuccessiva conforme risoluzione del Parlamento europeo sul predetto libro verde � punto 35 
� ove si parla in maniera espressa del �diritto all�autoproduzione dei servizi� da parte deglienti pubblici ed � stata riconosciuta legittima della stessa Corte di giustizia del Lussemburgo(sentenza Teckal 
del 18 novembre 1999 in causa C-107/1998 nonch� da ultimo nella senten-
za Tragsa del 19 aprile 2007 in causa C-295/05).
Il problema posto dal giudice nazionale riguarda le modalit� attraverso cui l�ente pubblicoesercita sul soggetto affidatario del servizio quel �controllo gestionale e finanziario strin-
gente� che, secondo la giurisprudenza comunitaria, consente di assimilarne la struttura aduna propria, particolare, articolazione organizzativa.
In via preliminare si osserva che si tratta di un quesito che non sembra riguardare l�applica-
zione del Trattato e delle norme comunitarie, quanto piuttosto l�interpretazione del dirittointerno al fine di verificare in concreto se si sia in presenza, nel caso dedotto in lite, di uncontrollo gestionale e finanziario stringente �controllo analogo�, ai fini dell�applicazionedella deroga alla pubblica gara, consentita dalla normativa comunitaria e nazionale. 
� noto al riguardo che la normativa nazionale ha trasfuso letteralmente le indicazioni dellasentenza 
Teckal 
della Corte di Giustizia del 18 novembre 1999 nel comma 5 lettera c) del-
l�art. 113 del Testo Unico sugli Enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, cos� modificato da ulti-
mo dal D.L. n. 269 del 2003 e relativa legge di conversione) che disciplina la gestione dellereti e dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In virt� della predetta disposizionela gestione dei servizi pubblici locali pu� avvenire solo osservando le specifiche e tassativeforme organizzative previste dal quinto comma, la cui nuova formulazione rende, pertanto,
non pi� utilizzabili altre forme di affidamento previste in precedenza (quali il ricorso alleconvenzioni di cui agli artt. 30 del D.Lgs. 267 del 2000 e 15 della legge 241 del 1990), anchein virt� della espressa clausola contenuta nel primo comma dell�art. 113 in cui si affermache �le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalit� di gestione ed affida-
mento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabi-
li��. In proposito � possibile rilevare che la disposizione previgente � stata interamentesostituita dalla nuova ipotesi formulata dall�art. 113, comma 5 lett. c) che prevede l�affida-
mento diretto a societ� a capitale interamente pubblico a due condizioni: 
a) che l�ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla societ� un con-
trollo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e 
b) che la societ� realizzi la parte pi� importante della propria attivit� con l�ente o gli entipubblici che la controllano. 




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L�art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 � nient�altro che la trasfusione letterale di indicazionioperate dalla giurisprudenza comunitaria e pertanto sicuramente compatibile con le normecomunitarie in materia di tutela della libert� di stabilimento, ovvero di prestazioni di servi-
zi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parit� di trattamento, di trasparen-
za e di libera concorrenza. Infatti, i giudici di Lussemburgo nella sentenza del 6 aprile 2006nella causa tra l�Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori contro il Comune di Barihanno affermato che l�art. 113 � in linea di principio conforme al diritto comunitario.
Sembra evidente che si tratta comunque di semplici modalit� organizzative nella gestionepubblica dei servizi d�interesse generale in relazione alle quali non hanno ragion d�essere idubbi sollevati dal giudice nazionale in ordine alla conformit� al diritto comunitario.
Nel caso di specie si tratta di verificare se sussistono i requisiti stabiliti dalla sentenza Teckal 
tra l�ente e la societ� a capitale interamente pubblico che solo consentono l�esclusione del-
l�applicazione della normativa del Trattato.
In ambito comunitario si � cercato di affrontare il peculiare e delicato problema degli appal-
ti in house 
in diverse pronunce della Corte di Giustizia (C-306/96, C-108/98, C-107/98, C-
231/03, C-458/03). La Corte ha stabilito la non obbligatoriet� del ricorso alla gara di affida-
mento, qualora l�amministrazione aggiudicatrice eserciti sul soggetto aggiudicatario un�controllo analogo� a quello esercitato sui propri servizi, e tale ente realizzi la parte pi�importante della propria attivit� con l�amministrazione che lo controlla, in quanto si prescin-
derebbe dall�ambito di applicazione della direttiva 92/50. 
La Corte richiede un controllo �analogo�, che non sia esattamente coincidente, identico aquello tipico del vertice amministrativo rispetto agli apparati dell�ente; e comunque nondeve trattarsi di un controllo debole n� meramente formale, in quanto l�ente locale deveavere la possibilit� di far valere in maniera completa i propri interessi nell�ambito dell�im-
presa. La formula gestionale si sostanzia in un recepimento pieno e rigoroso del modello del�in house providing� o della �delegazione interorganica�, contemplato per gli appalti pub-
blici nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. Il suddetto modello implica chela societ� affidataria sia in sostanza nient�altro che una sorta di diramazione organizzativadell�ente locale, privo di una sua autonomia imprenditoriale e di capacit� decisionali distin-
te da quelle dell�ente stesso. 
Secondo il giudice comunitario esclusivamente nell�ipotesi in cui l�amministrazione aggiu-
dicatrice concluda un contratto con un soggetto che � qualificabile in delega interorganicacon la stessa si esuler� dall�ambito di applicazione della normativa comunitaria. E per com-
piere tale valutazione si deve ricercare la contemporanea presenza nel rapporto tra i due sog-
getti della dipendenza formale, di quella economica e di quella amministrativa, tali elemen-
ti devono essere unificati e caratterizzati dall�omogeneit� di indirizzi nella gestione che ledue persone giuridiche distinte (controllante e controllato) devono assolutamente persegui-
re nella loro gestione (missione).
Al riguardo la Corte di Giustizia nella sentenza 11 gennaio 2005, Stadt Halle, ha precisatoche il concetto di �controllo analogo� implica che il soggetto su cui tale controllo viene eser-
citato abbia come sua finalit� esclusiva il perseguimento dell�interesse pubblico; ci� nonsarebbe possibile nel caso di partecipazione al soggetto stesso da parte di un imprenditoreprivato, che per sua natura tende a perseguire anche un interesse proprio, diverso dall�inte-
resse pubblico in senso stretto. Di conseguenza, la partecipazione di un socio privato, anchese minoritaria, secondo la Corte impedisce di considerare la societ� in questione un�artico-
lazione organizzativa dell�ente committente, non consente di parlare di societ� in house 
e di 
procedere all�affidamento senza gara (vedi peraltro in senso pi� flessibile la decisione n. C-



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295/05 citata). Tale orientamento viene ribadito dalla Corte di Giustizia, pochi mesi dopo,
con la decisione nella causa Co.Na.Me. 
a mezzo della quale il giudice comunitario ha escluso 
la possibilit� di affidamenti in house 
nelle ipotesi in cui il soggetto aggiudicatore sia partecipato 
da privati. La presenza del privato sarebbe idonea, ex se, a precludere la spendibilit� 
di un �controllo analogo�
. 
La Corte ha precisato che, trattandosi di un�eccezione alle regole generali di diritto comunitario, 
le due condizioni devono essere interpretate restrittivamente, e l�onere di dimostrare
l�effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regola 
grava sul soggetto che intende avvalersene. 
La sentenza del 11 maggio 2006, Carbotermo S.p.A. e Consorzio Alisei contro Comune di 
Busto Arsizio e AGESP 
S.p.a., avvia un atteggiamento meno rigido del giudice comunitario
in ordine ai presupposti del controllo analogo, laddove, pur confermando che l�ente pubblico 
deve poter influenzare le decisioni della societ� partecipata in maniera determinate �sia 
sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti�, la Corte di Giustizia ha riconosciuto 
una presunzione di controllo analogo in quelle ipotesi in cui la societ� sia posseduta per
intero dall�amministrazione aggiudicatrice. 
L�esistenza di un ente distinto � facile da concepire, in quanto � sufficiente accertare che l�operatore 
economico sia costituito sotto una forma giuridica diversa da quella dell�amministrazione 
aggiudicatrice. Al contrario, non sempre � agevole rendersi conto del grado di
effettiva autonomia di cui l�ente dispone. In particolare, la natura del controllo esercitato dal
soggetto pubblico su un organismo giuridicamente distinto, o il livello a partire dal quale si
pu� ritenere che quest�ultimo svolga la parte essenziale della sua attivit� con l�autorit� pubblica 
dalla quale dipende, in determinate circostanze possono suscitare incertezze.
Riassumendo, il controllo analogo sussiste ogniqualvolta si accerti l�esistenza di uno stringente 
controllo gestionale e finanziario dell�ente pubblico sulla societ� partecipata, in modo
tale che i compiti affidati alla societ� saranno trattati come se fossero stati ad essa delegati
dall�amministrazione. In virt� di tale rapporto il soggetto partecipato, non possedendo alcuna 
autonomia decisionale in relazione ai pi� importanti atti di gestione, si configura come
un�entit� distinta solo formalmente dall�amministrazione, ma che in concreto continua 
a
costituire parte della stessa. 
A 
tali condizione si pu� ritenere che tra l�amministrazione e la
societ� sussista, agli effetti pratici un rapporto tale da impedire l�applicazione delle regole
comunitarie in materia di appalti pubblici. 
Nell�ordinamento italiano � stato inoltre mantenuto il comma 6 dell�art. 113 TUELsul divieto 
di partecipazione alle gare da parte �delle societ� che in Italia ed all�estero, gestiscono 
a
qualunque titolo servizi pubblici locali in virt� di un affidamento diretto, di una procedura
non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi�
. 
Si tratta quindi di una normativa nazionale che � stata dettata in funzione dell�accelerazione 
del processo di liberalizzazione dei pubblici servizi locali, ma che, in un assetto definitivo 
della materia, potrebbe anche venire meno, in quanto il comportamento di una societ�
costituita (ed � rimasta assegnataria senza gara di servizi) potrebbe ragionevolmente trovare 
eventuale sanzione sotto altri e diversi aspetti della disciplina della concorrenza. 
La giurisprudenza comunitaria e nazionale riconosce in linea di massima la non applicazione 
delle norme del Trattato CE in merito alla libert� di stabilimento ovvero di prestazione di
servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parit� di trattamento, di trasparenza 
e di libera concorrenza, quando l�affidamento diretto di un servizio avviene tra un
ente locale e una societ� a capitale interamente pubblico, dove la prima esercita un controllo 
analogo sulla seconda. 




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Spetta quindi al giudice a quo 
accertare in concreto se sussiste o meno il �controllo analo-
go� da parte di un ente locale, comune di Ponte Nossa, sulla societ�, SE.T.Co. S.p.a. Taleanalisi deve essere effettuata attraverso lo statuto da societ� aggiudicataria e sugli effettivipoteri di controllo e di gestione dell�ente sulla societ�. In particolare il giudice nazionaledeve tener conto delle modalit� attraverso cui l�ente pubblico esercita il controllo analogonell�ambito di uffici e strutture appartenenti alla sua organizzazione (persona giuridica) evalutare, in relazione alla struttura affidataria in house dell�appalto, se sussistono ed operi-
no procedure e strumenti idonei ad assicurare in concreto l�esercizio di un potere di indiriz-
zo �equivalente� quanto ad effetti (cosiddetto �controllo analogo�). Ogni diversa valutazio-
ne meramente astratta rischia di dire troppo o troppo poco�
Pertanto il governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere alla domanda pregiudizialeformulata dal Tribunale Amministrativo della Lombardia, sezione staccata di Brescia, nelsenso che: 


�L�articolo art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 � compatibile con la normativa comu-
nitaria sulla libert� di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discri-
minazione e con gli obblighi di parit� di trattamento, di trasparenza e di libera concorren-
za di cui agli artt. 12, 43, 45, 46, 49 e 86 del Trattato, in quanto la giurisprudenza dellaCorte di Giustizia delle comunit� europee ha pi� volte stabilito la possibilit� dell�affida-
mento diretto di servizi a societ� per azione a capitale interamente pubblico e statuto con-
formato a condizione che l�ente affidante eserciti un �controllo analogo� su quest�ultima.
Il �controllo analogo� pu� essere effettuato in diverse modalit� e sussiste qualora tra l�en-
te e la societ� aggiudicataria vi sia contemporanea presenza della dipendenza formale, eco-
nomica e amministrativa. L�accertamento in concreto di tale controllo � di competenza delgiudice nazionale� . 

Roma, 10 aprile 2008 

(All. 3)

Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112 
Art. 23-bis. 
Servizi pubblici locali di rilevanza economica 


1. 
Le 
disposizioni 
del 
presente 
articolo 
disciplinano 
l�affidamento 
e 
la 
gestione 
dei 
ser-
vizi 
pubblici 
locali 
di 
rilevanza 
economica, 
in 
applicazione 
della 
disciplina 
comunitaria 
e 
alfine 
di 
favorire 
la 
pi� 
ampia 
diffusione 
dei 
princ�pi 
di 
concorrenza, 
di 
libert� 
di 
stabilimentoe 
di 
libera 
prestazione 
dei 
servizi 
di 
tutti 
gli 
operatori 
economici 
interessati 
alla 
gestione 
diservizi 
di 
interesse 
generale 
in 
ambito 
locale, 
nonch� 
di 
garantire 
il 
diritto 
di 
tutti 
gli 
utentiall�universalit�e 
accessibilit� 
dei 
servizi 
pubblicilocalie 
allivelloessenzialedelle 
prestazio-
ni, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
117, 
secondo 
comma, 
lettere 
e) 
e 
m)
, 
della 
Costituzione, 
assicurandoun 
adeguato 
livello 
di 
tutela 
degli 
utenti, 
secondo 
i 
princ�pi 
di 
sussidiariet�, 
proporzionalit� 
eleale 
cooperazione. 
Le 
disposizioni 
contenute 
nel 
presente 
articolo 
si 
applicano 
a 
tutti 
i 
servi-
zi 
pubblici 
locali 
e 
prevalgono 
sulle 
relative 
discipline 
di 
settore 
con 
esse 
incompatibili.
2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, afavore di imprenditori o di societ� in qualunque forma costituite individuati mediante pro-
cedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princ�pi del Trattato che istituiscela Comunit� europea e dei princ�pi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, deiprinc�pi di economicit�, efficacia, imparzialit�, trasparenza, adeguata pubblicit�, non discri-
minazione, parit� di trattamento, mutuo riconoscimento,proporzionalit�. 

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64 


3. In deroga alle modalit� di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioniche, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologichedel contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al merca-
to, l�affidamento pu� avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria.
4. 
Nei 
casi 
di 
cui 
al 
comma 
3, 
l�ente 
affidante 
deve 
dare 
adeguata 
pubblicit� 
alla 
scelta,
motivandola 
in 
base 
ad 
un�analisi 
del 
mercato, 
e 
contestualmente 
trasmettere 
una 
relazionecontenente 
gli 
esiti 
della 
predetta 
verifica 
all�Autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
merca-
to 
e 
alle 
autorit� 
di 
regolazione 
del 
settore, 
ove 
costituite, 
per 
l�espressione 
di 
un 
parere 
suiprofilidicompetenza,darendereentrosessantagiornidallaricezionedellapredettarelazione.
5. Ferma restando la propriet� pubblica delle reti, la loro gestione pu� essere affidataa soggetti privati.
6. 
� 
consentito 
l�affidamento 
simultaneo 
con 
gara 
di 
una 
pluralit� 
di 
servizi 
pubblicilocali 
nei 
casi 
in 
cui 
possa 
essere 
dimostrato 
che 
tale 
scelta 
sia 
economicamente 
vantaggiosa.
Inquestocasoladuratadell�affidamento,unicapertuttiiservizi,nonpu�esseresuperioreallamedia 
calcolata 
sulla 
base 
della 
durata 
degli 
affidamenti 
indicata 
dalle 
discipline 
di 
settore.
7. Le regioni e gli enti locali, nell�ambito delle rispettive competenze e d�intesa con laConferenza unificata di cui all�articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, 
e 
successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i bacini digara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle economie di scala edi scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell�espletamento dei servizi, non-
ch� l�integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi pi� redditizi, garanten-
do il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di impianto per pi� sog-
getti gestori e la copertura degli obblighi di servizio universale.
8. Salvo quanto previsto dal comma 10, lettera e), le concessioni relative al servizioidrico integrato rilasciate con procedure diverse dall�evidenza pubblica cessano comunqueentro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessit� di apposita deliberazione del-
l�ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate ai sensi del comma 3. 
9. I soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante leprocedure competitive di cui al comma 2, nonch� i soggetti cui � affidata la gestione dellereti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dal-
l�attivit� di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulterioriovvero in ambiti territoriali diversi, n� svolgere servizi o attivit� per altri enti pubblici o pri-
vati, n� direttamente, n� tramite loro controllanti o altre societ� che siano da essi controlla-
te o partecipate, n� partecipando a gare. Il divieto di cui al periodo precedente non si appli-
ca alle societ� quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubbli-
ci locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l�affidamento, medianteprocedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio gi� a loro affidato. Inogni caso, entro la data del 31 dicembre 2010, per l�affidamento dei servizi si procedemediante procedura competitiva ad evidenza pubblica.
10. Il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro centot-
tanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
sentita la Conferenza unificata di cui all�articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, 
n. 281, e successive modificazioni, nonch� le competenti Commissioni parlamentari, emana
uno o pi� regolamenti, ai sensi dell�articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 
400, al fine di:
a) prevedere l�assoggettamento dei soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali al patto
di stabilit� interno e l�osservanza da parte delle societ� in house e delle societ� a partecipa

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zione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l�acquisto di beni e servizi 
e per l�assunzione di personale;
b) prevedere, in attuazione dei princ�pi di proporzionalit� e di adeguatezza di cui all�articolo 
118 della Costituzione, che i comuni con un limitato numero di residenti possano svolgere 
le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata;
c) prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei
servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilit�;
d) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici
locali, individuando le norme applicabili in via generale per l�affidamento di tutti i servizi
pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas,
nonch� in materia di acqua;
e) disciplinare, per i settori diversi da quello idrico, fermo restando il limite massimo stabilito 
dall�ordinamento di ciascun settore per la cessazione degli affidamenti effettuati con
procedure diverse dall�evidenza pubblica o da quella di cui al comma 3, la fase transitoria,
ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alle disposizioni di cui al presente 
articolo, prevedendo tempi differenziati e che gli affidamenti diretti in essere debbano
cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo;
f) prevedere l�applicazione del principio di reciprocit� ai fini dell�ammissione alle gare di
imprese estere;
g) limitare, secondo criteri di proporzionalit�, sussidiariet� orizzontale e razionalit� economica, 
i casi di gestione in regime d�esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le
altre attivit� economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili 
con le garanzie di universalit� e accessibilit� del servizio pubblico locale;
h) prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di ammortamento degli investimenti 
e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale e mai superiore ai tempi di
recupero degli investimenti;
i) disciplinare, in ogni caso di subentro, la cessione dei beni, di propriet� del precedente
gestore, necessari per la prosecuzione del servizio;
l) prevedere adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale anche con riguardo agli utenti
dei servizi;
m) individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente articolo.


11. L�articolo 113 del testo unico delle leggi sull�ordinamento degli enti locali, di cuial 
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, � abrogato nelleparti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.
12. Restano salve le procedure di affidamento gi� avviate alla data di entrata in vigo-
re della legge di conversione del presente decreto. 
(All. 4)

Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Seconda Sezione, 17 luglio 
2008 nella causa C-371/05 � Commissione delle Comunit� europee/Repubblica italiana.
(Avvocato dello Stato G. Fiengo � AL 
52569/05)
. 


Inadempimento di uno Stato � Direttiva 92/50/CEE � Artt. 11 e 15, n. 2 � Appalti pubblici 
di servizi � Aggiudicazione dei servizi informatici del Comune di Mantova �Aggiudicazionediretta senza previa pubblicazione di un bando di gara. 




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(�Omissis)

1. Con il presente ricorso la Commissione delle Comunit� europee chiede alla Corte diconstatare che, avendo il Comune di Mantova affidato in via diretta e senza pubblicazionedi un apposito bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� europee 
la gestione, lamanutenzione e lo sviluppo di propri servizi informatici all�ASI SpA 
(in prosieguo:
l��ASI�), la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delladirettiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudica-
zione degli appalti pubblici di servizi (GU L209, pag. 1), cos� come modificata dalla diret-
tiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE (GU 
L 
199, pag. 1) (in prosieguo: la �diret-
tiva 92/50�), in particolare degli artt. 11 e 15, n. 2, della suddetta direttiva 92/50.
Contesto normativo 


2. L�art. 1, lett. a)-f), della direttiva 92/50 recita come segue:
�Ai fini della presente direttiva s�intendono per:
a) �appalti pubblici di servizi�, i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra unprestatore di servizi ed un�amministrazione aggiudicatrice, (�);
b) �amministrazioni aggiudicatrici�, lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubbli-
co, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico.
Per �organismo di diritto pubblico� 
si intende qualsiasi organismo: 
� istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non
industriale o commerciale, 
e 
� avente personalit� giuridica, 
e 
� 
la 
cui 
attivit� 
� 
finanziatain 
modo 
maggioritario 
dallo 
Stato, 
dagli 
enti 
localio 
da 
organismi
di 
diritto 
pubblico, 
oppure 
la 
cui 
gestione 
� 
soggetta 
al 
controllo 
di 
questi 
ultimi, 
oppure 
il 
cui
organo 
d�amministrazione, 
di 
direzione 
o 
di 
vigilanza 
� 
costituito 
da 
membri 
pi� 
della 
met�
dei 
quali 
� 
designata 
dallo 
Stato, 
dagli 
enti 
locali 
o 
da 
altri 
organismi 
di 
diritto 
pubblico.
(�
)
c) �prestatori di servizi� 
le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici che forniscono 
servizi. Viene chiamato �offerente� il prestatore di servizi che presenti un�offerta 
e
�candidato� chi solleciti un invito a partecipare ad una procedura ristretta o negoziata;
d) �procedure aperte� 
le procedure nazionali nell�ambito delle quali tutti i prestatori di servizi 
interessati possono presentare offerte;
e) �procedure ristrette� 
le procedure nazionali nell�ambito delle quali possono presentare
offerte soltanto i prestatori di servizi invitati dall�amministrazione;
f) �procedure negoziate� 
le procedure nazionali nell�ambito delle quali le amministrazioni
consultano i prestatori di servizi di loro scelta e negoziano i termini del contratto con uno 
o
pi� di essi�
.
3.Ai sensi dell�art. 7, n. 1, della medesima direttiva, quest�ultima si applica agli appal-
ti pubblici di servizi il cui importo stimato al netto dell�IVA 
sia pari o superiore a [EUR]
200000. 
4. L�art. 8 di detta direttiva cos� prevede:
�Gli appalti aventi per oggetto servizi elencati nell�allegato I Avengono aggiudicati confor-
memente alle disposizioni dei titoli da III a VI�.
5. L�art. 11, n. 1, della direttiva 92/50, che compare al titolo III della stessa rubricato
�Scelta delle procedure d�aggiudicazione e norme relative ai concorsi di progettazione�,
dispone che, nell�aggiudicare gli appalti pubblici di servizi, le amministrazioni aggiudicatri-
ci applichino le procedure definite all�art. 1, lett. d)-f), di tale direttiva. I nn. 2 e 3 di detto 

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art. 11 specificano i casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici ricorrono alla proceduranegoziata, rispettivamente, previa pubblicazione di un bando di gara e senza pubblicazionedi un tale bando. Il n. 4 del citato art. 11 precisa che in tutti gli altri casi le amministrazioniassegnano gli appalti di servizi con procedura aperta ovvero con procedura ristretta.

6.Ai sensi dell�art. 15, n. 2, della direttiva 92/50, che figura al titolo Vdella stessa rela-
tivo alle norme comuni di pubblicit�:
�Le amministrazioni che intendono aggiudicare un appalto pubblico di servizi medianteprocedura aperta, ristretta o, nei casi stabiliti nell�articolo 11, negoziata, rendono nota taleintenzione con un bando di gara�.
7. Tra i servizi a norma dell�art. 8 l�allegato I Adi tale direttiva comprende, nella cate-
goria 7, i �servizi informatici ed affini�.
Procedimento precontenzioso

8. Mediante una convenzione conclusa in data 2 dicembre 1997, il Comune di Mantovaaffidava all�ASI la gestione, la manutenzione e lo sviluppo dei servizi informatici comuna-
li fino al 31 dicembre 2012 (in prosieguo: la �convenzione�), senza che tale attribuzionefosse oggetto di una procedura di gara.
9. In seguito ad un reclamo, la Commissione indirizzava alla Repubblica italiana, indata 20 giugno 2001, una lettera in cui chiedeva delucidazioni in merito alla convenzione ericordava le condizioni affinch� un appalto pubblico possa essere sottratto all�applicazionedelle direttive comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Il suddetto Statomembro rispondeva con lettera 26 giugno 2001 sostenendo l�inapplicabilit� delle disposi-
zioni della direttiva 92/50 al caso di specie.
10. Il 24 ottobre 2001 la Commissione indirizzava una lettera di diffida alla Repubblicaitaliana, alla quale quest�ultima rispondeva in data 11 febbraio 2002.
11. In seguito all�esame delle osservazioni presentate dalla Repubblica italiana, laCommissione, in data 27 giugno 2002, emetteva un parere motivato invitando tale Statomembro ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al suddetto parere nel termi-
ne di due mesi dalla data di ricezione dello stesso. 
12. Poich� la Repubblica italiana non ha dato riscontro a tale parere motivato, laCommissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso 


13. Con ordinanza del presidente della Corte 4 maggio 2006, la Repubblica diFinlandia � stata ammessa a intervenire nella causa a sostegno delle conclusioni dellaRepubblica italiana. Con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 5 settembre2006, la Repubblica di Finlandia ha informato la Corte della sua intenzione di rinunciare adintervenire nella presente causa. Con ordinanza del presidente della Corte 2 ottobre 2006, laRepubblica di Finlandia � stata cancellata come parte interveniente nella controversia.
Argomenti delle parti

14. La Commissione deduce un motivo unico a sostegno del proprio ricorso, afferman-
do che la convenzione non � stata conclusa nel rispetto degli artt. 11 e 15, n. 2, della diret-
tiva 92/50.
15. La Commissione sostiene, infatti, che la convenzione rientra nell�ambito di appli-
cazione della direttiva 92/50 e che, pertanto, avrebbe dovuto essere stipulata conformemen-
te, in particolare, ai citati articoli.
16. Facendo riferimento alla sentenza della Corte 18 novembre 1999, causa C-107/98,
Teckal (Racc. pag. I-8121), essa esclude che la relazione tra il Comune di Mantova e l�ASIpossa essere qualificata come gestione �interna� ai sensi di tale sentenza. Infatti, il control-

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lo esercitato dal suddetto comune sull�ASI in applicazione degli artt. 8 e 11 della conven-
zione sarebbe analogo a quello di un semplice azionista di maggioranza di una societ� perazioni e sarebbe limitato dalla necessit� di prendere in considerazione gli interessi degli altriazionisti di tale societ�. D�altronde, la Commissione fa notare che il Comune di Mantova �uscito dal capitale dell�ASI senza che ci� abbia messo fine alla convenzione.

17. Per contro, la Repubblica italiana sostiene che, al momento della conclusione dellaconvenzione e conformemente alla normativa nazionale vigente, il capitale dell�ASI erainteramente detenuto dal Comune di Mantova e da altri comuni limitrofi. Pertanto il 
Comune di Mantova avrebbe avuto su tale societ� un controllo strutturale e funzionale ana-
logo a quello esercitato sui propri servizi.
18. La Repubblica italiana sottolinea che il Comune di Mantova designava i membridegli organi direttivi della suddetta societ�. Inoltre, � pacifico che l�unico interesse tutelatodalla convenzione � quello del suddetto comune. 
A 
ci� si aggiunge che le spese dell�ASIsarebbero periodicamente stabilite da delibere comunali. Il Comune di Mantova si sarebbeanche riservato la possibilit� di procedere a una serie di verifiche degli obiettivi previstidalla convenzione. Aquesto proposito, la nomina di un funzionario ai sensi dell�art. 8 dellaconvenzione sarebbe l�espressione di quel potere di supervisione che detto comune devemantenere per soddisfare il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri ser-
vizi stabilito dalla citata sentenza Teckal. 
19. 
In 
ogni 
caso, 
la 
Repubblica 
italiana 
precisa 
che, 
conformemente 
alle 
decisioni 
adot-
tate 
in 
occasione 
dell�assemblea 
generale 
degli 
azionisti 
dell�ASI, 
tenutasi 
il 
23 
dicembre2004,ilComunediMantova�definitivamenteuscitodalcapitalesocialedell�ASIecheque-
st�ultima 
ha 
cessato 
di 
svolgere 
le 
attivit� 
oggetto 
della 
convenzione 
al 
31 
dicembre 
2006.
Giudizio della Corte 


20. Occorre anzitutto rilevare che le parti non contestano che la convenzione riguardala fornitura di servizi di cui all�allegato I Adella direttiva 92/50 e che il valore di tali servi-
zi oltrepassa la soglia, fissata all�art. 7, n. 1, di tale direttiva, idonea a far rientrare la con-
venzione nell�ambito di applicazione della direttiva stessa.
21. Tuttavia, la Repubblica italiana fa valere che la convenzione non doveva essereassoggettata alle norme che disciplinano gli appalti pubblici, dato che i criteri di gestione
�interna� erano soddisfatti. 
22. Atale proposito si deve rammentare che, secondo la costante giurisprudenza dellaCorte, l�indizione di una gara pubblica, conformemente alle direttive relative all�aggiudica-
zione degli appalti pubblici, non � obbligatoria, anche quando l�affidatario � un ente giuri-
dicamente distinto dall�amministrazione aggiudicatrice, qualora siano soddisfatte le duecondizioni seguenti. Da un lato, l�amministrazione pubblica, che � un�amministrazioneaggiudicatrice, deve esercitare sull�ente giuridicamente distinto di cui trattasi un controlloanalogo a quello che esercita sui propri servizi e, dall�altro, tale ente deve svolgere la partepi� importante della sua attivit� con l�ente o gli enti pubblici che lo detengono (v., in parti-
colare, sentenze Teckal, cit., punto 50, e 8 aprile 2008, causa C-337/05, Commissione/Italia,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36 e giurisprudenza citata).
23. Occorre pertanto esaminare se, riguardo all�ASI, le due condizioni richieste dallagiurisprudenza citata al punto precedente siano soddisfatte.
24. Per quanto attiene alla prima condizione, relativa al controllo da parte dell�autorit�pubblica, dalla giurisprudenza della Corte emerge che � necessario tener conto non solo ditutte le disposizioni normative, ma altres� delle circostanze pertinenti del caso di specie.
Dall�esame deve risultare che la societ� aggiudicataria � soggetta a un controllo che consen-

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te all�amministrazione aggiudicatrice di condizionarne le decisioni. Deve trattarsi di unapossibilit� di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici sia sulle decisioni impor-
tanti di detta societ� (v. sentenze 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc.
pag. I-8585, punto 65, e 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei,
Racc. pag. I-4137, punto 36).

25. La Repubblica italiana ha affermato, senza essere contraddetta sul punto dallaCommissione, che il Comune di Mantova aveva la possibilit�, per il suo ruolo di socio dimaggioranza dell�ASI, di designare i membri degli organi direttivi e di condizionare l�atti-
vit� di questa societ�. Essa ha parimenti evidenziato che, in applicazione della convenzio-
ne, il consiglio comunale del suddetto comune stabiliva, per mezzo di delibere, le spese difunzionamento di detta societ� e che il Comune di Mantova si era riservato la possibilit� dicompiere una serie di verifiche, da un lato, con la nomina di un funzionario comunale inca-
ricato di collaborare, stimolare e controllare l�operato dell�ASI e, dall�altro, con il controllosulla contabilit� di detta societ� al fine di assicurare la piena applicazione delle norme dicorrettezza contabile e delle norme di tutela previste dalla convenzione.
26. Ne risulta che il suddetto comune aveva la facolt� di incidere in modo determinan-
te tanto sugli obiettivi strategici quanto sulle decisioni importanti dell�ASI tramite la nomi-
na dei membri degli organi direttivi di tale societ� e di un funzionario comunale incaricatodi orientare e controllare l�operato di quest�ultima. Tale facolt� � sufficiente a dimostrarel�esistenza di un potere di controllo strutturale e funzionale del Comune di Mantova su dettasociet� analogo a quello esercitato sui propri servizi, cos� da soddisfare la prima condizionestabilita dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Teckal.
27.Tuttavia,laCommissionesostienechelasuddettacondizionenonpotevaesseresod-
disfatta 
in 
quanto, 
in 
primo 
luogo, 
al 
momento 
della 
stipula 
della 
convenzione 
partecipavanoalcapitaledell�ASIdueorganismididirittoprivato,laTEASpAel�APAMSpA,e,insecon-
do 
luogo, 
anche 
a 
voler 
supporre 
che 
l�ASI 
fosse 
una 
societ� 
a 
capitale 
interamente 
pubbli-
co, 
la 
partecipazione 
di 
soci 
privati 
era 
esplicitamente 
prevista 
sin 
dalla 
sua 
costituzione.

28. Orbene, quanto al primo argomento avanzato dalla Commissione, � sufficiente con-
statare che quest�ultima non ha contestato le informazioni fornite dalla Repubblica italiananella controreplica in base alle quali le due societ� in questione erano a loro volta impresecomunali. 
29. Per quanto riguarda il secondo argomento esposto dalla Commissione, si deve rile-
vare che la possibilit� per i privati di partecipare al capitale della societ� aggiudicataria, inconsiderazione in particolare della forma societaria di quest�ultima, non � sufficiente, inassenza di una loro effettiva partecipazione al momento della stipula di una convenzionecome quella di cui trattasi nella presente causa, per concludere che la prima condizione, rela-
tiva al controllo dell�autorit� pubblica, non sia soddisfatta. Infatti, per ragioni di certezza deldiritto, l�eventuale obbligo per l�amministrazione aggiudicatrice di procedere ad una garad�appalto dev�essere valutato, in via di principio, alla luce delle condizioni esistenti alla datadell�aggiudicazione dell�appalto pubblico di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 10 novem-
bre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 38).
30. 
Circostanze 
particolari, 
segnatamente 
qualora 
risulti 
che 
l�apertura 
del 
capitale 
del-
l�enteinteressatoasociprivatieraprevistasindall�assegnazionedelsuddettoappaltopubbli-
co, 
possono, 
di 
certo, 
richiedere 
che 
sia 
presa 
in 
considerazione 
la 
partecipazione 
effettiva 
didetti 
soci 
intervenuta 
successivamente 
a 
tale 
assegnazione 
(v.
, 
in 
tal 
senso, 
sentenzaCommissione/Austria, 
cit.
, 
punto 
38)
. 
Tuttavia, 
nella 
fattispecie, 
� 
giocoforza 
constatare 
chela 
Commissione 
non 
� 
riuscita 
a 
fornire 
la 
prova 
dell�esistenza 
di 
tali 
circostanze 
particolari. 

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31. Per quanto attiene alla seconda condizione, relativa all�attivit� dell�ente in questio-
ne, � d�uopo rammentare che un�impresa svolge la parte pi� importante della sua attivit� conl�ente che la detiene, ai sensi della citata sentenza Teckal, se l�attivit� di detta impresa �destinata principalmente all�ente in questione e ogni altra attivit� risulta avere solo un carat-
tere marginale (v. sentenza Carbotermo e Consorzio Alisei, cit., punto 63).
32. Inoltre, nel caso in cui diversi enti detengano un�impresa, la condizione relativaall�attivit� pu� ricorrere qualora tale impresa svolga la parte pi� importante della propriaattivit� non necessariamente con questo o con quell�ente, ma con tali enti complessivamen-
te considerati. Di conseguenza, l�attivit� da prendere in considerazione nel caso di un�im-
presa detenuta da vari enti � quella realizzata da detta impresa con tutti questi enti (v. sen-
tenza Carbotermo e Consorzio Alisei, cit., punti 70 e 71).
33. Atale proposito, dai documenti presentati dalla Repubblica italiana emerge che, sesi tiene conto delle attivit� svolte dall�ASI non soltanto a favore del Comune di Mantova,
bens� per tutti gli enti che la detengono, tali attivit� possono essere considerate come essen-
zialmente dedicate ai suddetti enti. 
34. Pertanto, la seconda condizione stabilita dalla Corte al punto 50 della citata senten-
za Teckal � soddisfatta. 
35. Alla luce di ci�, si deve ritenere che la Repubblica italiana abbia sufficientementedimostrato in diritto che le condizioni richieste dalla giurisprudenza citata al punto 22 dellapresente sentenza sono soddisfatte e che, pertanto, il Comune di Mantova non era tenuto aindire una gara pubblica prima di concludere la convenzione.
36.Diconseguenza,ilricorsodellaCommissionedev�essererespintoinquantoinfondato.
Sulle spese

37. Ai sensi dell�art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente �condannata alle spese se ne � stata fatta domanda. Poich� la Repubblica italiana ne ha fattodomanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev�essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso � respinto.
2) La Commissione delle Comunit� europee � condannata alle spese. 




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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


I servizi pubblici locali alla luce della recente
riforma:un passo avanti verso la concorrenza? 


di Daniele Rosato(*
) 


SOMMARIO: 1. Premessa � 2. Servizi pubblici locali e servizi di interesse generale: 
cenni al contesto comunitario. � 3. Il servizio pubblico locale a rilevanza economica: delcarattere �economico� del servizio. � 4. La disciplina statale: dal D.Lgs. n. 267 del 2000 
alla recente riforma. � 5. Considerazioni conclusive. 


1. Premessa 
Ladisciplinadeiservizipubblicilocalioffredasempreinteressantispun-
ti 
di 
riflessione 
favoriti 
dal 
continuo 
susseguirsi 
di 
interventi 
riformatori. 
Iltema 
� 
da 
sempre 
assai 
controverso, 
basti 
pensare 
in 
proposito 
alla 
difficolt� 
di 
prospettare 
una 
precisa 
definizione 
della 
nozione 
di 
pubblico 
servizio 
(1).

La questione concerne in particolare il ruolo delle autorit� pubbliche nel-
l�economia, che consiste da un lato nel garantire il buon funzionamento delmercato e il rispetto delle regole del gioco da parte di tutti gli interessati, edall�altro nel garantire l�interesse generale e in particolare la soddisfazionedei bisogni essenziali dei cittadini quando il mercato non vi sopperisce.

Originariamente concepiti al di fuori del mercato, i servizi pubblici loca-
li rappresentano oggi un settore fondamentale per l�economia nazionale el�esistenza di vincoli per le imprese che intendano fare ingresso nel relativomercato costituisce un ostacolo per lo sviluppo di quel confronto competiti-
vo che generalmente produce uno sviluppo dei servizi pubblici in termini diqualit� ed efficacia, a vantaggio dei cittadini e delle imprese.

Soprattutto a partire dagli anni Novanta si � diffuso un ampio dibattitocirca l�opportunit� di modificare il regime giuridico di quei servizi pubblici 


(*) Dottore in giurisprudenza.

(1) Sulle problematiche connesse all�individuazione della nozione di pubblico servizio,
D. ROSATO, Concessioni e appalti di servizi tra diritto comunitario e diritto nazionale, in 
Rassegna dell�Avvocatura dello Stato, 2008, II, 109; V.F. GIGLINI, 
Osservazioni sull�evolu-
zione della nozione �Servizio Pubblico�, in Foro amm., 1998, 2280; V. PARISIO, Servizi pub-
blici e Monopoli, in E. PICOZZA, Dizionario di diritto pubblico dell�economia 
(a cura di) 
Rimini, 1997; F. MERUSI, Servizi pubblici instabili, Bologna, 1990; U. POTOTSCHNIG, 
I pub-
blici servizi, Padova, 1964; A. DEVALLES, I servizi pubblici, in Primo trattato completo di 
diritto amministrativo, (a cura di) V. E. ORLANDO, 1930, VI, 379. Per una pregevole esposi-
zione della concezione comunitaria di pubblico servizio e delle implicazioni che comportal�adattamento al diritto comunitario, E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunita-
rio, Torino, 2004. Per un confronto tra le diverse idee che si hanno della nozione di serviziopubblico nel sistema giuridico francese, inglese e tedesco, G. MARCOU, I servizi pubblici traregolazione e liberalizzazione: l�esperienza francese, inglese e tedesca a confronto, in Riv. 
it. dir. pubbl. com., 2000, 1, 125. 

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che sino a quel momento erano stati impostati secondo i tradizionali model-
li organizzativi di stampo pubblicistico. In particolare l�art. 41, comma 3, el�art. 43 della Carta costituzionale hanno a lungo rappresentato la base giu-
ridica per legittimare provvedimenti a sostegno dell�intervento pubblico nel-
l�economia, avallando costituzionalmente l�esercizio in regime di monopo-
lio legale di numerosi servizi pubblici a contenuto economico (2).

In un Paese come il nostro, tradizionalmente caratterizzato da un forteintervento statale nell�economia, sono stati i processi di liberalizzazioneavviati a livello comunitario a far venir meno le situazioni di monopolio. Perpoter meglio comprendere, dunque, la disciplina dei servizi pubblici localirisulta opportuno innanzitutto effettuare una ricostruzione del contestocomunitario che ha fortemente condizionato questo settore (3)
. 


2. Servizi pubblici locali e servizi di interesse generale: cenni al contestocomunitario 
Nei 
primi 
anni 
di 
vita 
della 
Comunit� 
l�obiettivo 
di 
raggiungere 
un�inte-
grazione 
economica 
ha 
portato 
a 
concentrare 
l�impegno 
degli 
organi 
comuni-
tari 
principalmente 
sulla 
rimozione 
delle 
barriere 
al 
commercio 
fra 
gli 
Stati 
membri. 
Il 
presupposto 
che 
ha 
dato 
origine 
all�intervento 
della 
Comunit� 
nel 
settore 
dei 
servizi 
pubblici, 
dunque, 
� 
stato 
diverso 
da 
quello 
tradizionalmente 
rinvenibilenegliordinamentinazionaliperch�ildirittocomunitarioinmateria 
si 
� 
a 
lungo 
concentrato 
esclusivamente 
sui 
principi 
in 
tema 
di 
concorrenza 
e 
di 
accesso 
al 
mercato, 
senza 
prendere 
direttamente 
in 
considerazione 
il 
punto 
di 
vista 
degli 
utenti. 
Pi� 
precisamente, 
ci� 
che 
ha 
assunto 
rilievo 
per 
il 
diritto 
comunitario 
� 
stato 
il 
rapporto 
tra 
lo 
svolgimento 
delle 
attivit� 
economiche 
di 
interesse 
generale 
e 
le 
norme 
del 
Trattato 
poste 
a 
tutela 
della 
concorrenza. 


L�originaria 
scelta 
della 
Comunit� 
era 
dovuta 
non 
soltanto 
all�oggettiva 
difficolt� 
di 
disciplinare 
una 
materia 
caratterizzata 
dalla 
presenza 
negli 
Stati 
membri 
di 
qualificazioni 
giuridiche 
spesso 
divergenti 
tra 
loro, 
quanto 
alla 
volont� 
di 
non 
invadere 
una 
materia 
particolarmente 
delicata 
perch� 
incide 
su 
interessichenonpresentanocaratteremeramenteeconomicooindividualistico. 


(2) Cfr. F. CINTIOLI, Servizi pubblici e concorrenza. Servizi di interesse economicogenerale, promozione e tutela della concorrenza, in Dir. Un. Eur., 2006, 3, 453. L�Autorepone al lettore una serie di interrogativi quale, tra gli altri, quello di capire se nel settore deiservizi di interesse economico generale vi sia spazio tanto per i diritti che per le libert�,
rispondendo in termini positivi e ritenendo che in sede comunitaria il confine si sia di recen-
te spostato verso i primi. Un giusto equilibrio, secondo l�Autore, potrebbe essere garantitodagli organi di vigilanza.
(3) Cfr. M. CLARICH, 
Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l�esperienzaitaliana e tedesca a confronto, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 1, 91, il quale ritiene che �ildiritto europeo ha rappresentato un fattore di cambiamento epocale anche nel settore dei ser-
vizi pubblici, componente essenziale dello Stato sociale in espansione per buona parte delsecolo scorso�. L�Autore analizza l�impatto che la costituzione economica europea ha avutosull�ordinamento italiano e su quello tedesco, concludendo che l�effetto sia stato molto pi�dirompente nel primo che nel secondo. 

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Successivamente, 
intorno 
agli 
inizi 
degli 
anni 
Novanta, 
il 
diritto 
comuni-
tario 
ha 
cambiato 
la 
propria 
impostazione.
A 
livello 
europeo 
� 
stata 
progres-
sivamentepercepitalanecessit�che 
laComunit�estendessel�ambitodeipro-
pri 
interessi 
al 
di 
l� 
di 
quello 
strettamente 
economico. 
Ne 
� 
dimostrazione,
semplice 
quanto 
significativa, 
il 
cambiamento 
nella 
denominazione: 
non 
pi�Comunit� 
Economica 
Europea 
(CEE) 
ma 
Comunit� 
Europea 
(CE)
. 
Con 
ilTrattatodiMaastricht, 
inparticolare,laComunit�hafissatotraipropriobiet-
tivi 
la 
promozione 
di 
uno 
sviluppo 
che 
sia 
non 
solamente 
economico, 
ma 
anche 
equilibrato, 
la 
realizzazione 
di 
una 
coesione 
economica 
e 
sociale 
(4).

� in questo contesto che il diritto comunitario ha avvertito l�immediatarilevanza dei servizi pubblici e ha riconosciuto che le relative funzioni pos-
sono giustificare l�applicazione di un regime particolare, tale da legittimarederoghe alle regole della concorrenza o la previsione di garanzie funzionalial raggiungimento di un certo standard qualitativo del servizio. In tal senso� stato importante l�apporto della giurisprudenza di Lussemburgo in ordineall�interpretazione dell�art. 86, par. 2, del Trattato e alle condizioni al verifi-
carsi delle quali le regole poste a tutela della concorrenza possono conosce-
re delle deroghe nel settore dei servizi pubblici (5).

Aben vedere, la nozione di servizio pubblico � sostanzialmente estraneaal diritto comunitario in quanto il legislatore europeo ha preferito utilizzarecategorie concettuali di pi� ampio respiro quali le nozioni di servizio di inte-
resse generale e di servizio di interesse economico generale (6).

Per 
quanto 
riguarda 
la 
prima, 
tale 
espressione 
non 
� 
presente 
nel 
Trattato 
edilriferimentoprincipale�ilLibrobiancosuiservizidiinteressegenerale(7)
. 


(4) Sul tema, P. MENGOZZI, European Community Law. 
From Common Market to 
European Union, London/Dordrecht/Boston, 1992, 307.
(5) In generale, sul ruolo assunto dalla giurisprudenza di Lussemburgo in ordine allosviluppo del diritto comunitario, A. TIZZANO, Il ruolo della Corte di Giustizia nella prospet-
tiva dell�Unione Europea, in Riv. dir. intern., 1994, 922; M. VAN 
EMPEL, 
The 1992 
Programme: Interaction between legislation and judiciary, in Legal Issues on European 
Integration, 1992, 2; P. MENGOZZI, 
La rule of law e il diritto comunitario di formazione giu-
risprudenziale, in Riv. dir. eur., 1992, 511, il quale mette in evidenza che �la Corte di giusti-
zia delle Comunit� europee ha assunto, per la precisazione del diritto comunitario e la suaprogressiva integrazione nel tempo, un ruolo che sicuramente trascende quello tradizional-
mente proprio dei giudici ordinari, anche di ultima istanza, dei paesi membri, specie di quel-
li dell�Europa continentale (�) esiste una parte sempre pi� importante del diritto comunita-
rio che � di formazione giurisprudenziale�. Si veda anche M.P. CHITI, 
I signori del dirittocomunitario: la Corte di Giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. 
trim. dir. pubbl., 1991, 796.
(6) Nel Trattato l�unica disposizione che fa espressamente riferimento ai servizi pub-
blici � l�art. 73 (gi� 77) in materia di trasporti, secondo la quale �sono compatibili con il pre-
sente trattato tutti gli aiuti richiesti dalle necessit� di coordinamento dei trasporti ovvero cor-
rispondenti al rimborso di talune servit� inerenti alla nozione di pubblico servizio�.
(7) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alComitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 12 maggio 2004,
COM (2004) 374. Presentato come estensione del Libro verde sui servizi di interesse gene-

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Si 
tratta 
di 
una 
categoria 
pi� 
ampia 
rispetto 
a 
quella 
dei 
servizi 
di 
interesseeconomico 
generale 
in 
quanto 
riguarda 
tanto 
i 
servizi 
di 
mercato 
che 
quellinon 
di 
mercato 
che 
le 
autorit� 
pubbliche 
considerano 
di 
interesse 
generale 
eche 
pertanto 
assoggettano 
a 
specifici 
obblighi 
di 
servizio 
pubblico 
(8).

L�espressione �servizi di interesse economico generale� � invece presen-
te negli artt. 16 e 86, par. 2, del Trattato (9). Tali servizi sono stati definitidalla Commissione come quelli di natura economica che in virt� di un crite-
rio di interesse generale gli Stati membri o la Comunit� assoggettano a spe-
cifici obblighi di servizio pubblico (10).

L�art. 16 del Trattato riconosce la rilevanza dei servizi di interesse eco-
nomico generale e la loro importanza quale strumento per la promozionedella coesione sociale e territoriale, impegnando pertanto gli Stati membri ela Comunit� a provvedere affinch� tali servizi funzionino �in base a principie condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti� (11).

Il Trattato si occupa dei servizi di interesse economico generale anchenell�art. 86, laddove � stabilito che in linea di principio le imprese che gesti-
scono tali servizi soggiacciono come ogni altra alle norme poste a tutela dellaconcorrenza, ma che detta regola generale conosce un�eccezione qualoral�applicazione di tali norme possa compromettere la specifica missione affi-
data a tali imprese (12)
. 


rale, il Libro bianco illustra i criteri adottati dall�Unione europea per sostenere lo sviluppodei servizi di interesse generale di qualit�. In esso figurano i principali elementi di una stra-
tegia diretta ad assicurare a tutti i cittadini e a tutte le imprese servizi di alta qualit� a prez-
zi accessibili.

(8) Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi di interesse genera-
le, COM(2003) 270, Gazzetta ufficiale C 76 del 25 marzo 2004, punto 16.
(9) I servizi di interesse economico generale sono citati anche nell�art. 36 della Cartadei diritti fondamentali dell�Unione europea, secondo il quale l�Unione riconosce e rispettal�accesso ai servizi di interesse economico generale al fine di promuovere la coesione socia-
le e territoriale dell�Unione stessa.
(10) Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi di interesse gene-
rale, punto 17.
(11) Nel senso che l�applicazione delle regole del Trattato non debba sfociare in unpeggioramento della qualit� e della disponibilit� dei servizi pubblici, L.G. RADICATI 
DIBROZOLO, La nuova disposizione sui servizi di interesse economico generale, in Dir. Un. 
Europea, 1998, 273. Per un�analisi delle diverse opinioni espresse in dottrina in ordine alsignificato e all�effetto dell�art. 16 del Trattato, M. CLARICH, Servizi pubblici e diritto euro-
peo della concorrenza: l�esperienza italiana e tedesca a confronto, op. cit. 
(12) Per un�analisi dell�art. 86 si rinvia a R. SCHMIDT, 
La liberalizzazione dei servizi di 
interesse generale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 3, 687; D. SORACE, 
Servizi pubblici e ser-
vizi (economici) di pubblica utilit�, in Dir. pubbl., 1999, 7; P. FATTORI, Monopoli pubblici 
e 
art. 90 del Trattato CE nella giurisprudenza comunitaria, in Mercato, concorrenza e rego-
le, 1999, 127; G. TESAURO, 
Intervento pubblico nell�economia e art. 90, n. 2, del Trattato 
CE, in Dir. Un. Eur., 1996, 719; A. PAPPALARDO, Commento all�art. 90, in Trattato istituti-
vo 
della 
Comunit� 
economica 
europea, 
Commentario, 
R. 
QUADRI, 
R. 
MONACO, 
A. 
TRABUCCHI, 
(diretto da), Milano, 1965, vol. I, 692. N. RANGONE, I servizi pubblici nell�or-
dinamento comunitario, in Giorn. dir. amm., 4, 2005, 433, rileva che �i servizi di interesse 

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La disposizione � stata oggetto di una cospicua giurisprudenza comuni-
taria e, mentre in un primo momento i giudici di Lussemburgo con rigorehanno ridotto al minimo l�ambito delle attivit� sottratte alle regole concor-
renziali, successivamente hanno sostenuto un orientamento meno rigido conla possibilit� di deroghe al regime competitivo (13). La Corte di Giustizia,
nel tentativo di garantire il giusto equilibrio tra le diverse esigenze che lanorma tenta di conciliare, ha ammesso eccezioni alla libera concorrenza nonsolo quando possa risultare compromesso l�adempimento delle specifichemissioni assegnate al concessionario, ma anche quando tale deroga risultinecessaria per salvaguardare l�equilibrio economico dell�impresa incaricatadella gestione del servizio.

Pi� in generale, � stata la considerazione che gradualmente si � manife-
stata a livello comunitario intorno all�importanza dei servizi di interesse eco-
nomico generale al fine di soddisfare i diritti fondamentali che ha dato origi-
ne ad una tendenza maggiormente incline alle deroghe concorrenziali. Ildiritto comunitario, pur nella convinzione che il libero mercato rappresentil�obiettivo primario da raggiungere, ha progressivamente accolto l�idea cheil processo di liberalizzazione non debba in alcun modo compromettere laqualit� dei servizi, la loro continuit� ed accessibilit�. La Comunit� ha dun-
que promosso un�apertura graduale del mercato, accompagnata da misure ditutela dell�interesse generale per garantire, in particolare attraverso la teoriadel servizio universale, l�accesso di ciascun cittadino europeo ad un serviziodi qualit� e ad un prezzo accessibile.

Quale, allora, il punto di equilibrio tra le diverse esigenze, da una partegarantire il rispetto delle regole del mercato da parte di tutti gli interessati, edall�altra garantire la soddisfazione delle finalit� di interesse generale?

Al riguardo la comunicazione della Commissione sui servizi di interes-
se generale per accertare la compatibilit� con il diritto comunitario di unaderoga al regime concorrenziale utilizza il parametro della proporzionalit�(14). Tale criterio richiede che i mezzi impiegati per il raggiungimento della 


economico generale sono presi in considerazione dal Trattato Ce in quanto costituisconoeccezioni al libero gioco del mercato (�) Questo consente di derogare al principio dellaconcorrenza come regola generale solo quando ci� risulti necessario al raggiungimento delservizio pubblico (�) Su questa base la Comunit� europea ha promosso una liberalizzazio-
ne controllata, vale a dire un�apertura graduale del mercato, accompagnata da misure di tute-
la dell�interesse generale�.

(13) Cfr. Corte di Giustizia, sentenze 17 maggio 2001, C-340/99; 19 maggio 1993, C-
320/91; 27 aprile 1994, C-393/92; 30 aprile 1974, C-155/73. Per un�indagine della giuri-
sprudenza comunitaria in ordine all�interpretazione dell�art. 86, comma 2, del Trattato, P.
CASSINIS, Diritti speciali ed esclusivi e diritto della concorrenza, in Trattato di diritto pri-
vato dell�Unione europea, VII, G.F. AIANI-P. BENACCHIO 
(diretto da), Torino, 2006; M. 
LOTTINI, 
I servizi di interesse economico generale: una nozione controversa, in Riv. it. dir. 
pubbl. com., 2005, 5, 1351.
(14) Comunicazione della Commissione, I servizi di interesse generale in Europa(2001/C 17/04), punto 23. 

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missione di interesse generale non debbano originare distorsioni non indi-
spensabili degli scambi. In altre parole, ogni restrizione alle libert� del mer-
cato interno non deve eccedere quanto strettamente necessario per garantireil buon andamento della missione in quanto la realizzazione del servizio diinteresse economico generale deve essere comunque garantita e le impresealle quali tale compito � affidato devono comunque essere in grado di soste-
nere gli oneri specifici ed i costi che ne derivano. 


3. Il servizio pubblico locale a rilevanza economica: del carattere �econo-
mico� del servizio 
Nel nostro ordinamento i servizi pubblici locali sono stati distinti nelledue categorie contemplate dall�art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 comemodificato dall�art. 14 del Decreto legge n. 269 del 2003: servizi a rilevan-
za economica e servizi che sono privi di tale rilevanza (15).

La 
differenzatra 
le 
due 
categorienon 
� 
di 
poco 
rilievo 
in 
quantoa 
secon-
da 
che 
un 
servizio 
venga 
ricondotto 
in 
una 
categoria 
piuttosto 
che 
nell�altra 
l�interprete�tenutoadapplicareunostatutobendifferente.Infatti,mentreper 
i 
servizi 
pubblici 
locali 
con 
rilevanza 
economica 
l�affidamento 
mediante 
pro-
cedure 
ad 
evidenza 
pubblica 
costituisce 
la 
regola 
generale, 
peraltro 
suscetti-
bile 
di 
deroghe, 
per 
i 
servizi 
privi 
di 
tale 
rilevanza, 
viceversa, 
l�affidamentodirettocostituisceilfondamentalestrumentodisceltadelconcessionario(16).

L�importanza della distinzione, come � noto, � accresciuta in seguito allasentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2004, in quanto dall�inquadra-
mento di un servizio come avente rilevanza economica o meno non discen-

(15) 
Decreto 
legge 
n. 
269 
del 
2003, 
�Disposizioni 
urgenti 
per 
favorire 
lo 
sviluppo 
e 
perla 
correzione 
dell�andamento 
dei 
conti 
pubblici�
, 
pubblicato 
nella 
G.U. 
del 
2 
ottobre 
2003,
convertito 
nella 
l. 
24 
novembre 
2003, 
n. 
326. 
In 
precedenza, 
l�art. 
35 
della 
legge 
n. 
448 
del2001 
attribuiva 
rilievo 
alla 
�rilevanza 
industriale� 
del 
servizio. 
Il 
legislatore 
del 
2003 
facen-
do 
riferimento 
alla 
diversa 
espressione 
�rilevanza 
economica� 
ha 
ampliato 
sensibilmente 
ilcampodiapplicazionedellanorma,inquantoquest�ultimacategoriaapparepi�ampiarispet-
toallaprecedente.Peruncommentoallaprecedenteriformadell�art.113attuataconl�art.35della 
legge 
n. 
448 
del 
2001, 
si 
veda 
E. 
CARLONI, 
Il 
�carattere� 
del 
servizio 
locale 
e 
il 
suoaffidamento: 
il 
sistema 
italiano 
fra 
aperture, 
paradossi 
e 
regressioni 
(nota 
a 
Cons. 
di 
Stato, 
sez. 
V, 
15 
aprile 
2004, 
n. 
2155)
, 
in 
Servizi 
pubb. 
e 
appalti, 
2004, 
4, 
786; 
C. 
CALVIERI, 
Lanuova 
disciplina 
dei 
servizi 
pubblici 
di 
cui 
all�art. 
35 
L. 
448/2001 
e 
sua 
compatibilit� 
conprocessi 
di 
riorganizzazione 
in 
atto, 
consultabile 
sul 
sito 
www.lexitalia.it, 
2002, 
4.
(16) La previsione di un tale differente regime � dovuta, secondo parte della dottrina,
alle minori esigenze di tutela in ordine ai servizi pubblici di rilevanza non economica.
Mentre nei servizi di rilevanza economica l�elemento ispiratore sarebbe rappresentato dallatutela della concorrenza, nel caso invece dei servizi privi di tale rilevanza �le esigenze dellaconcorrenza appaiono sensibilmente temperate dall�esigenza di dare massima espressionealla dimensione sociale, che in questi servizi assume grande rilievo�: T. TESSARO, 
I servizi 
pubblici locali privi di rilevanza economica, in Comuni d�Italia, 2004, 22; si veda anche C. 
SAN 
MAURO, Le pi� recenti norme sui servizi pubblici locali: note di inquadramento, con-
sultabile sul sito www.giustamm.it. 

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de pi� solamente il diverso regime applicabile in ordine alla procedura diaffidamento ma anche la fonte, rispettivamente nazionale o regionale, abili-
tata a disciplinare la materia (17).

Quella tra servizi di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza� una distinzione di matrice esclusivamente statale in quanto l�ordinamentocomunitario non conosce tale distinzione. In ambito europeo, viceversa, esi-
ste la ripartizione tra servizi di interesse generale tout court 
e servizi di inte-
resse economico generale, importante in quanto mentre i servizi di interessegenerale di natura non economica non sono soggetti a norme comunitariespecifiche n� alle norme del Trattato sul mercato interno, la concorrenza e gliaiuti di stato (18), i servizi di interesse economico generale sono sottopostial diritto comunitario in materia di libert� di stabilimento, alle norme sullaconcorrenza e sugli aiuti di stato e, in particolare, alla disciplina contenutanell�art. 86 del Trattato secondo la quale le imprese che gestiscono tali ser-
vizi soggiacciono come ogni altra impresa alle norme poste a tutela dellaconcorrenza.

La giurisprudenza comunitaria ha ricondotto il concetto di economicit�nell�ambito della nozione di impresa, precisando che essa �abbraccia qual-
siasi entit� che esercita un�attivit� economica, a prescindere dallo status giu-
ridico di detta entit� e della sua modalit� di finanziamento� (19). Al riguar-
do, la stessa giurisprudenza ha indicato che �costituisce attivit� economicaqualsiasi attivit� che implica l�offerta di beni o servizi in un determinatomercato� (20)
. 


(17) Con tale sentenza la Consulta ha dichiarato l�illegittimit� costituzionale dell�art. 
113 bis del D.Lgs. n. 267 del 2000 contenente la disciplina statale delle forme di gestionedei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, mentre ha lasciato sostanzialmenteimmutato l�impianto dell�art. 113 che disciplina, invece, i servizi pubblici locali con rilevan-
za economica. Secondo la Corte Costituzionale lo Stato nel dettare la disciplina dell�affida-
mento di questi ultimi servizi trae la propria legittimazione nella materia della tutela dellaconcorrenza, mentre tale titolo non sarebbe invocabile per la disciplina dei servizi privi dirilevanza economica perch� �in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale�.
Per un commento alla sentenza E. ZANELLI, Servizi pubblici locali e Corte Costituzionale un 
passo avanti e due indietro, in 
Corriere giuridico, 2005, 1; A. POLICE-W. GIULIETTI, 
Servizipubblici, servizi sociali e mercato: un difficile equilibrio, (nota a Corte costituzionale n. 272del 2004), in Servizi pubblici e appalti, 2004, 831; G. SCIULLO, Stato, regioni e servizi pub-
blici locali nella pronuncia n. 272/04 della Consulta, consultabile sul sito www.lexitalia.it.
(18) Tali servizi sono tuttavia oggetto delle norme comunitarie che si applicano anchealle attivit� non economiche e a quelle che non incidono sugli scambi intracomunitari, comeil principio fondamentale di non discriminazione o quello della libera circolazione delle per-
sone. In questi termini il Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi diinteresse generale, punti 32 e 43.
(19) Corte di Giustizia, sentenze 21 settembre 1999, C-67/96, punto 39; 23 aprile 1991,
C-41/90, punto 21; 17 febbraio 1993, C-159/91 e C-160/91, punto 17; 16 novembre 1995,
C-244/94, punto 14.
(20) Corte di Giustizia, sentenze 18 giugno 1998, C- 35/96, punto 36; 16 giugno 1987,
C-118/85, punto 7. In questi termini anche il Libro verde della Commissione del 21 maggio2003 sui servizi di interesse generale, punti 43 e 44. 

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AVVOCATURA 
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Quello del giudice comunitario � evidentemente un indirizzo rigorosofinalizzato a tutelare nella maggiore misura possibile il libero mercato. Comeaccennato nel paragrafo che precede, alla luce della giurisprudenza comuni-
taria sulla portata dell�art. 86, par. 2, la deroga all�applicazione delle regoledel Trattato dirette a instaurare un mercato comune pu� trovare applicazionesolamente se la missione dell�ente che detiene il monopolio presuppone chetali norme vengano disapplicate. In altre parole, l�applicabilit� della suddet-
ta deroga sarebbe subordinata alla dimostrazione che l�applicazione dellenorme poste a tutela della concorrenza renderebbe impossibile l�adempimen-
to di tale missione (21).

Anche la giurisprudenza italiana ha affrontato la questione della rilevan-
za economica o meno dei servizi pubblici locali. Tale esame, infatti, risultaindispensabile per il giudice amministrativo per determinare la legittimit�dell�affidamento diretto di un servizio pubblico. In assenza di una disposi-
zione legislativa che ne fornisca una precisa definizione, la nozione di servi-
zio pubblico locale con rilevanza economica e quella di servizio privo di sif-
fatta rilevanza devono essere ricostruite in via interpretativa.

La giurisprudenza amministrativa ritiene che tale distinzione debba esse-
re ancorata all�impatto che l�attivit� pu� avere sull�assetto della concorrenzae ai suoi caratteri di redditivit�. Cos� argomentando, assume rilevanza eco-
nomica il servizio che si svolge in un settore per il quale potrebbe esistere,
almeno potenzialmente, una redditivit� e quindi una competizione sul mer-
cato; e ci� ancorch� siano previste forme di finanziamento pubblico, pi� omeno ampie, dell�attivit� in questione. Dovrebbe, viceversa, essere conside-
rato privo di tale rilevanza il servizio che, per la sua natura o per i vincoli aiquali � sottoposta la relativa gestione, non origina alcuna competizione e,
quindi, appare irrilevante ai fini della concorrenza (22)
. 


(21) Corte di Giustizia, sentenza 23 maggio 2000, C-209/98, punti 74-81; Trib. di Igrado, 13 giugno 2000, procedimenti riuniti T-204/97 e T-270/97, punti 125 e 126;
Conclusioni dell�Avvocato generale presentate il 12 febbraio 2008 nella causa T-289/03. Ilpunto 22 della comunicazione della Commissione sui servizi di interesse generale in Europa
(G.U. 2001, C 17/04), richiede che, affinch� sia applicabile la deroga di cui all�art. 86, par.
2, la missione di servizio pubblico sia chiaramente definita e sia affidata esplicitamente conatto pubblico. Tale obbligo discenderebbe dall�esigenza di garantire la certezza giuridica ela trasparenza nei confronti dei cittadini e sarebbe indispensabile affinch� la Commissionepossa verificare il rispetto del criterio di proporzionalit�.
(22) Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 30 agosto 2006, n. 5072, in Foro amm. CDS,
con nota di S. GOBBATO, 
Regole di concorrenza e gestione in house 
dei servizi socio-assi-
stenziali, 
2007, 2, 575. Il giudice amministrativo con questa pronuncia ha inoltre specifica-
to che allorch� un soggetto sia chiamato a svolgere sia servizi dotati di rilevanza economi-
ca sia servizi che, astrattamente, potrebbero esserne privi �deve aversi comunque riguardoalla globalit� dei servizi espletati dal soggetto societario e, quindi, al carattere essenzialmen-
te economico che li contraddistingue e che impedisce di porli su piani separati e non comu-
nicanti�. Si veda anche T.A.R. Puglia, Bari, sentenza 8 marzo 2006, n. 1318; T.A.R. Liguria,
sez. II, sentenza 28 aprile 2005, n. 527. 

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La rilevanza economica del servizio, secondo questo indirizzo, vienesostanzialmente a dipendere dal tipo di attivit� che si svolge. 
A 
prescinderedalle ulteriori caratteristiche che contraddistinguono la missione, infatti,
sarebbe l�esistenza di un mercato nel settore a determinare la rilevanza eco-
nomica del servizio. Alla base di questo orientamento sembra esserci lavolont� di garantire il maggior livello di tutela per il regime concorrenziale,
in quanto dire che un servizio ha rilievo economico quando opera in un set-
tore in cui potrebbe esistere �almeno potenzialmente� un mercato concorren-
ziale significa imporre alla pubblica amministrazione di svolgere la procedu-
ra di gara in relazione all�affidamento di ogni servizio che origina reddito,
salvo ovviamente le ipotesi in cui l�applicazione delle norme concorrenzialipossa compromettere la realizzazione della missione affidata. 


4. La disciplina statale: dal testo unico degli enti locali alla recente riforma
Ladisciplinadeiservizipubblicilocali 
negliultimianni�stata 
oggettodiuna 
serie 
di 
riforme 
che 
ne 
hanno 
pi� 
volte 
modificato 
il 
contenuto 
(23).
L�ennesimariscritturadellenormeintalemateria�attualmentecontenutanel-
l�art. 
23 
bis 
del 
Decreto 
legge 
25 
giugno 
2008, 
n. 
112 
(24)
. 
In 
precedenza 
ladisciplinageneralediriferimentoeracontenutanell�art.113delD.Lgs.n.267del2000(25),ilqualestabilivachel�erogazionedelserviziopotevaavvenire:

a) a societ� di capitali individuate attraverso l�espletamento di gare conprocedure ad evidenza pubblica;

b) a societ� di capitale misto pubblico privato nelle quali il socio priva-
to venga scelto attraverso l�espletamento di gare con procedure ad evidenzapubblica;

c)asociet�acapitaleinteramente 
pubblico 
a 
condizioneche 
l�enteo 
glienti 
pubblici 
titolari 
del 
capitale 
sociale 
esercitino 
sulla 
societ� 
un 
control-
lo 
analogo 
a 
quello 
esercitato 
sui 
propri 
servizi 
e 
che 
la 
societ� 
realizzi 
laparte 
pi� 
importante 
della 
propria 
attivit� 
con 
l�ente 
o 
gli 
enti 
pubblici 
che 
la 
controllano. 


(23) 
Il 
primo 
provvedimento 
legislativo 
che 
ha 
riguardato 
in 
maniera 
globale 
i 
servizipubblici 
risale 
ai 
primi 
anni 
del 
secolo 
scorso. 
Si 
tratta 
della 
legge 
29 
marzo 
1903 
n. 
103,
volta 
a 
disciplinare 
il 
fenomeno 
delle 
c.d. 
municipalizzazioni, 
vale 
a 
dire 
dell�assunzione 
deiservizi 
pubblici 
da 
parte 
degli 
enti 
locali. 
L�art. 
112 
del 
D.Lgs. 
n. 
267 
del 
2000 
qualifica 
ser-
vizi 
pubblici 
locali 
quelli 
�che 
abbiano 
per 
oggetto 
la 
produzione 
di 
beni 
ed 
attivit� 
rivolte 
arealizzare 
fini 
sociali 
e 
a 
promuovere 
lo 
sviluppo 
economico 
e 
civile 
delle 
comunit� 
locali�.
(24) Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, �Disposizioni urgenti per lo sviluppo eco-
nomico, la semplificazione, la competitivit�, la stabilizzazione della finanza pubblica e laperequazione tributaria�. L�art. 23 bis � stato inserito dalla legge di conversione 6 agosto2008, n. 133. Per un primo commento, R. DE 
NICTOLIS, 
La riforma dei servizi pubblici loca-
li, in Urb. e app., 2008, 1109; S. COLOMBARI, 
La disciplina dei servizi pubblici locali: carat-
tere integrativo e non riformatore dell�art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, consultabile sul sito 
www.giustamm.it.
(25) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, �Testo unico delle leggi sull�ordinamento degli entilocali�, pubblicato nella G.U. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. 

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AVVOCATURA 
DELLO 
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Come 
anticipato, 
con 
l�entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 
133 
del 
6 
agosto 
2008 
ladisciplinadeiservizipubblicilocalidirilevanzaeconomica�oracon-
tenuta 
nell�art. 
23 
bis 
della 
stessa 
legge. 
Infatti, 
nonostante 
l�ultima 
parte 
del 
primo 
comma 
stabilisca 
che 
le 
disposizioni 
contenute 
nell�art. 
23 
bis 
si 
appli-
cano 
�atuttiiservizipubblicilocali�,talenormanonpu�cheessereinterpre-
tata 
in 
stretta 
connessione 
con 
la 
prima 
parte 
del 
medesimo 
comma, 
sicch� 
l�espressione 
�tutti 
i 
servizi 
pubblici 
locali� 
deve 
essere 
considerata 
come 
comprensiva 
esclusivamente 
di 
quelli 
che 
presentano 
rilevanza 
economica. 


Uno 
dei 
punti 
di 
maggiore 
rilievo 
introdotti 
dalla 
recente 
riforma 
con-
cerne 
le 
modalit� 
di 
affidamento 
del 
servizio 
pubblico 
locale. 
Il 
legislatore 
ha 
introdotto 
quale 
regola 
generale 
l�indispensabilit� 
della 
gara 
ai 
fini 
del-
l�affidamento 
della 
gestione 
del 
servizio, 
in 
quanto 
il 
conferimento 
deve 
avvenire 
�in 
via 
ordinaria� 
mediante 
procedure 
competitive 
ad 
evidenzapubblica 
(26)
. 
La 
disposizione, 
tuttavia, 
non 
descrive 
le 
modalit� 
di 
esple-
tamento 
della 
proceduracompetitiva, 
limitandosiad 
indicare 
che 
essadovr� 
svolgersi 
�nel 
rispetto 
dei 
principi 
del 
Trattato 
che 
istituisce 
la 
Comunit� 
europea 
e 
dei 
principi 
generali 
relativi 
ai 
contratti 
pubblici 
e, 
in 
particola-
re,deiprincipidieconomicit�,efficacia,imparzialit�,trasparenza,adegua-
ta 
pubblicit�, 
non 
discriminazione, 
parit� 
di 
trattamento, 
mutuo 
riconosci-
mento, 
proporzionalit��
. 
Le 
amministrazioni 
affidanti 
in 
virt� 
di 
una 
dispo-
sizionecomequellaincommentosi 
trovano 
oggiagodere 
diunampio 
mar-
gine 
di 
discrezionalit� 
nella 
definizione 
delle 
procedure 
di 
gara, 
in 
quanto 
l�unico 
limite 
al 
riguardo 
rinvenibile 
� 
il 
rispetto 
dei 
principi 
generali 
elen-
cati 
dal 
legislatore.

Si � detto dell�introduzione del principio dell�indispensabilit� della garaai fini dell�affidamento del servizio pubblico locale avente rilevanza econo-
mica. La riforma, tuttavia, ha inserito una rilevante deroga alla regola gene-
rale stabilendo che laddove sussistano �peculiari caratteristiche economi-
che, sociali, ambientali e geomorfologiche� che non consentono �un effica-
ce e utile ricorso al mercato�, l�affidamento da parte dell�ente locale pu� 
essere effettuato �nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria�.
Anche in questo caso il legislatore non descrive quali siano le modalit� diaffidamento in deroga; sembra tuttavia che la norma implicitamente facciariferimento e legittimi l�accesso al sistema in house providing (27). Alla lucedel diritto comunitario la pubblica amministrazione non � obbligata ad indi-
re una procedura competitiva qualora ricorrano due condizioni: che l�ammi-
nistrazione eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello che 


(26) 
B. RAGANELLI-G. PIGA, La questione del conferimento dei servizi pubblici locali 
di rilevanza economica, lavoro compreso nel rapporto di Confindustria del mese di settem-
bre 2008, sottolineano che lo svolgimento di una procedura di gara costituisce la condizio-
ne necessaria per la creazione di un esito concorrenziale ma rischia di non essere sufficien-
te a tal fine se non � accompagnato dalla sussistenza di altre condizioni, tra le quali la qua-
lit� del capitolato.
(27) Cfr. S. COLOMBARI, La disciplina dei servizi pubblici locali, op. cit., 5. 

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essa esercita sui propri uffici; che tale soggetto svolga la parte pi� importan-
te della sua attivit� a favore dell�amministrazione aggiudicatrice (28).

La 
possibilit� 
per 
l�ente 
locale 
di 
�sfuggire� 
dallo 
svolgimento 
della 
gara 
ad 
evidenza 
pubblica 
�rifugiandosi� 
nella 
fattispecie 
in 
house 
� 
parzialmente 
attenuata 
dalla 
previsione 
dell�obbligo 
in 
capo 
all�amministrazione 
di 
fornire 
pubblicit� 
della 
scelta, 
di 
motivarla 
sulla 
base 
di 
un�analisi 
del 
mercato 
e 
di 
trasmettere 
una 
relazione 
che 
contenga 
gli 
esiti 
di 
tale 
verifica 
all�Autorit� 
Antitrust 
e 
alleAutorit� 
di 
regolazione 
del 
settore, 
ove 
esistenti, 
affinch� 
esse 
esprimano 
un 
parere 
entro 
sessanta 
giorni 
dalla 
ricezione 
della 
relazione.

La riforma, dunque, non ha determinato un�apertura totale dei servizipubblici locali al mercato n� tantomeno il de profundis dell�affidamento inhouse: la novit�, invece, sembra consistere nell�aver aggravato il procedi-
mento amministrativo che regge tali affidamenti imponendo una maggioreponderazione da parte degli enti locali, i quali saranno tenuti a motivare laloro scelta in base ad un�analisi di mercato che dia dimostrazione delle ragio-
ni di ordine economico, sociale, ambientale e geomorfologico che non per-
mettono un efficace ed utile ricorso al mercato.

Tale disposizione apre ad una serie di riflessioni. Innanzitutto in meritoalle modalit� ed ai termini entro i quali deve essere condotta da parte dell�en-
te locale che ha inteso derogare al principio della gara l�analisi di mercato.
In assenza di alcun parametro stabilito ex lege in ordine al contenuto di taleanalisi, lo stesso non pu� che essere rimesso ad una valutazione discreziona-
le da parte dell�amministrazione affidante. Quanto invece allo scopo di taleanalisi, sembra che attraverso la stessa l�amministrazione debba dimostrareche l�esternalizzazione non rappresenta la soluzione preferibile per la gestio-
ne del servizio pubblico locale. In secondo luogo la previsione di una pro-
dromica indagine da parte degli enti locali, specialmente con riferimento aquelli di minore dimensione, inevitabilmente costringer� tali amministrazio-
ni a sostenere una spesa aggiuntiva non trascurabile. Infine, in assenza didiversa precisazione legislativa, il parere dell�Autorit� Antitrust � obbligato-
rio ma deve essere considerato non vincolante e allora, ecco il punto, quale� l�effettivo limite stabilito dalla norma? 


(28) 
Numerosi 
sono 
gliAutori 
che 
hanno 
preso 
in 
esame 
il 
fenomeno 
in 
house 
provi-
ding. 
Tra 
gli 
altri, 
S. 
COLOMBARI, 
Il 
modello 
in 
house 
providing 
tra 
mito 
(interno) 
e 
realt� 
(comunitaria)
, 
in 
Urb. 
e 
app.
, 
2008, 
211; 
G. 
FIENGO, 
Un 
significativo 
allargamento 
dell�in 
house 
providing, 
in 
Rass. 
Avv. 
Stato, 
2007, 
I, 
254; 
R. 
CAVALLO 
PERIN� 
D. 
CASALINI, 
L�in 
house 
providing: 
un�impresa 
dimezzata, 
in 
Dir. 
amm.
, 
2006, 
1; 
D. 
ROSATO, 
Appalti 
in 
house: 
rassegna 
critica 
della 
giurisprudenza, 
in 
Rass. 
Avv. 
Stato, 
2006, 
IV, 
33; 
R. 
DENICTOLIS, 
La 
Corte 
si 
pronuncia 
in 
tema 
di 
tutela 
della 
trattativa 
privata, 
negli 
affidamen-
ti 
in 
house 
a 
societ� 
miste, 
in 
Urb. 
e 
App.
, 
2005, 
295; 
B. 
MAMELI, 
Affidamenti 
in 
house 
e 
libera 
concorrenza, 
in 
Urb. 
e 
app.
, 
2003, 
1419; 
C. 
ALBERTI, 
Appalti 
in 
house, 
concessioni 
in 
house 
ed 
esternalizzazione, 
in 
Riv. 
it. 
dir. 
pubb. 
com.
, 
2001, 
495. 
Per 
la 
giurisprudenza,
per 
la 
sua 
valenza 
riassuntiva, 
Consiglio 
di 
Stato,Ad. 
Plen.
, 
3 
marzo 
2008, 
n. 
1, 
in 
Foro 
it.
, 
2008, 
III, 
161. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

82 


Le disposizioni in commento, in realt�, bench� ispirate dall�apprezzabi-
le intento di limitare il diffondersi di deroghe ingiustificate al principio gene-
rale della gara, non appaiono idonee a raggiungere agevolmente tale auspi-
cabile risultato.

La 
riforma 
haprevistoanche 
lapossibilit� 
diaffidamento 
simultaneo 
con 
unica 
gara 
di 
una 
pluralit� 
di 
servizi 
pubblici 
locali 
qualora 
l�ente 
affidante 
riesca 
a 
dimostrare 
che 
tale 
scelta 
sia 
economicamente 
vantaggiosa.Anche 
in 
relazioneataleipotesi,probabilmente,sarebbestatopi�opportunoseillegis-
latore 
avesse 
stabilito 
espressamente 
i 
criteri 
che 
l�ente 
deve 
considerare 
per 
dimostrare 
il 
vantaggio 
economico 
di 
tale 
scelta 
organizzativa. 
In 
assenza 
di 
tale 
previsione, 
infatti, 
l�amministrazione 
affidante 
si 
trova 
a 
godere 
di 
un 
ampio 
margine 
di 
discrezionalit� 
nell�effettuare 
la 
propria 
scelta. 


La 
riforma 
ha 
introdotto 
una 
rilevante 
novit� 
anche 
per 
quanto 
concerne 
il 
soggetto 
affidatario 
del 
servizio 
pubblico 
locale. 
In 
base 
al 
nuovo 
quadronormativo, 
infatti, 
possono 
partecipare 
alla 
gara 
per 
l�affidamento 
dellagestione 
dei 
servizi 
tutti 
gli 
imprenditori 
e 
tutte 
le 
societ� 
indipendentemente 
dalla 
veste 
giuridica 
che 
esse 
assumano. 
In 
tal 
modo 
il 
legislatore 
ha 
recepito 
l�orientamentodelgiudicecomunitariosecondoilqualeigiudiciitalianisono 
tenuti 
a 
disapplicare 
norme 
come 
l�art. 
113, 
comma 
5, 
lett. 
a) 
del 
TUEL 
per 
manifesta 
incompatibilit� 
con 
i 
principi 
di 
parit� 
di 
trattamento, 
di 
divieto 
di 
discriminazione e di libera concorrenza sanciti dalTrattato (29) perch� impe-
discono 
ad 
operatori 
economici 
di 
presentare 
offerte 
soltanto 
per 
il 
fatto 
chetali 
offerenti 
non 
presentano 
la 
forma 
giuridica 
corrispondente 
ad 
una 
deter-
minata 
categoria 
di 
persone 
giuridiche.Alla 
luce 
del 
nuovo 
contesto 
normati-
vo 
e 
giurisprudenziale 
il 
discrimine 
della 
forma 
societaria, 
dunque, 
non 
pu� 
pi�operare 
neiriguardidellasociet� 
partecipantealla 
gara 
perla 
gestione 
del 
servizio 
pubblico 
locale, 
al 
cui 
affidamento 
pu� 
concorrere 
qualsivoglia 
sog-
getto, 
anche 
costituito 
in 
forma 
diversa 
dalla 
societ� 
di 
capitali. 


La disciplina contenuta nell�art. 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008,

n. 112 trova il proprio ambito di applicazione con riferimento a tutti i servi-
zi pubblici locali a rilevanza economica. Nel testo, per�, c�� anche una 
(29) Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, sentenza 18 dicembre 2007, C-357/06.
L�art. 113, comma 5, lett. a) del TUELstabiliva che l�erogazione del servizio potesse avve-
nire con conferimento della titolarit� del servizio a societ� di capitali individuate attraversol�espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica. Il giudice di Lussemburgo hastabilito che �l�art. 26 n. 1 e 2 della direttiva del Consiglio 92/50/CE osta a disposizioninazionali, come quelle costituite dagli art. 113, comma 5, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 198,
comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006 e art. 2, comma 6, l.r. Lombardia n. 26 del 2003, che impe-
discono ad operatori economici di presentare offerte, soltanto per il fatto che tali offerentinon abbiano la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giu-
ridiche, ossia quella delle societ� di capitali. Il giudice nazionale, in tal caso, � obbligato adare un�interpretazione ed un�applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunita-
rio e, qualora siffatta interpretazione conforme non sia possibile, a disapplicare ogni dispo-
sizione di diritto interna contraria a tali prescrizioni�. Conforme a questo orientamento larecente pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008 n. 4242. 

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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


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disposizione che fa specifico riferimento al servizio idrico integrato. Si trat-
ta del comma ottavo, il quale stabilisce che qualora all�attuale concessiona-
rio sia stata affidata la gestione del servizio senza una previa gara ad eviden-
za pubblica, l�efficacia del titolo concessorio termina il 31 dicembre 2010,
senza la necessit� che l�ente affidante adotti una delibera ad hoc. La dispo-
sizione stabilisce anche che qualora le concessioni del servizio idrico inte-
grato siano state affidate in presenza delle particolari condizioni che legitti-
mano la deroga al principio della gara, tali affidamenti sono esclusi dalla ces-
sazione. Il dato letterale (�sono escluse dalla cessazione le concessioni affi-
date ai sensi del comma 3�) fa presumere che il momento rilevante per veri-
ficare la presenza delle condizioni che legittimano la deroga sia quello in cui� stato effettuato l�affidamento originario. Tuttavia, secondo una parte delladottrina, sarebbe pi� ragionevole fare riferimento al momento, successivo,
della prevista cessazione della concessione quale momento per accertare lasussistenza delle condizioni derogatorie, �in quanto sarebbe illogico impor-
re la decadenza delle concessioni in essere assentite a trattativa diretta se poicomunque si pu� far ricorso anche nell�attualit� (rectius 
anche dopo il 2010)
alla trattativa diretta in forza del pi� volte citato comma 3� (30).

Degna di commento � anche la previsione del divieto per i titolari di ser-
vizi pubblici locali non affidati mediante procedura competitiva, nonch� peri soggetti cui sia stata affidata la gestione delle reti, qualora separata dall�at-
tivit� di erogazione dei servizi, di acquisire la gestione di servizi ulterioriovvero in ambiti territoriali diversi, di svolgere servizi o attivit� per altri entipubblici o privati, n� direttamente n� tramite loro controllanti o altre societ�che siano da essi controllate o partecipate, n� partecipando a gare. La dispo-
sizione precisa che tale divieto non si estende alle societ� quotate nei merca-
ti regolamentati e che non opera in relazione alle gare per il conferimentodello stesso servizio pubblico di cui il privato sia stato precedentemente con-
cessionario (31).

Il 
divieto 
appare 
particolarmente 
restrittivo 
e 
probabilmente 
solleva 
deidubbi 
di 
legittimit� 
costituzionale 
e 
comunitaria 
in 
particolare 
con 
riferimen-
to 
alle 
norme 
poste 
a 
tutela 
dell�iniziativa 
privata. 
Infatti, 
tale 
limite 
preclude 
aisoggettiaffidataridirettidiunserviziopubblicolocalediconcorrere,anche 
mediante 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica, 
per 
l�affidamento 
di 
un 
servizio 
pubblico 
ulteriore, 
e 
ci� 
anche 
quando 
il 
servizio 
inerisca 
ad 
un 
ambito 
terri-
toriale 
diverso, 
anche 
quando 
a 
competere 
per 
l�ulteriore 
servizio 
sia 
una 
societ� 
controllante, 
controllata 
o 
semplicemente 
partecipata 
dall�affidataria 
diretta. 
Inoltre 
la 
disposizione 
comprende 
il 
divieto, 
particolarmente 
limitati-
vo, 
di 
svolgere 
servizi 
o 
attivit� 
anche 
per 
altri 
soggetti 
�pubblici 
o 
privati�
. 


(30) Cfr. F. LILLI, �La nuova disciplina di riforma dei servizi pubblici locali�, consul-
tabile sul sito www.giustamm.it, 
pubblicato il 17 settembre 2008.
(31) La disposizione riprende sostanzialmente il divieto di cui all�art. 113, comma 6,
del D.Lgs. n. 267 del 2000. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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La riforma dei servizi pubblici locali non si esaurisce nel decreto legge

n. 112 del 2008, in quanto il comma 10 dell�art. 23 bis 
demanda ad uno o pi�regolamenti governativi il compito di completare la riforma. Per un giudiziocompleto sulla riforma, dunque, non si pu� che attendere l�emanazione ditali regolamenti per valutarne il contenuto.
Per quanto concerne il rapporto tra la nuova disciplina e quella di cuiall�art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 il legislatore non ha fornito un para-
metro certo, rinviando il compito di individuare quali norme di tale ultimadisposizione siano incompatibili con la nuova disciplina all�interprete e,
plausibilmente, al regolamento di cui al comma 10, il quale, tra l�altro, dovr��individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente artico-
lo�. In attesa dell�auspicato regolamento governativo, il giudizio circa la tec-
nica normativa utilizzata dal legislatore non pu� essere esente da criticheperch� in contrasto con quelli che sono i principi generali di drafting legis-
lativo. Sarebbe stata preferibile un�esplicita indicazione da parte del legisla-
tore di quali norme contenute nell�art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 devo-
no oggi ritenersi applicabili, evitando ogni forma di abrogazione implicita econ una soluzione maggiormente consona a quel canone della certezza deldiritto spesso ignorato dal nostro legislatore. Medio tempore, sar� l�interpre-
te a dover determinare �le parti incompatibili con le disposizioni del presen-
te articolo�, ovvero stabilire in quale misura l�art. 113 debba considerarsiattualmente abrogato.

Per 
quanto 
attiene 
alla 
regolamentazione 
del 
periodo 
transitorio, 
l�art. 
23 
bis 
contiene 
norme 
in 
tema 
di 
transitoria 
prosecuzione 
delle 
gestioni 
in 
corso 
al 
momento 
dell�entrata 
in 
vigore 
della 
nuova 
disciplina. 
Il 
legislatore 
ha 
sta-
bilito 
espressamente 
che 
restano 
salve 
le 
procedure 
di 
affidamento 
avviate 
enon 
ancora 
concluse 
nel 
momento 
in 
cui 
la 
legge 
n. 
113 
del 
2008 
� 
entrata 
in 
vigore,inossequioaquell�interpretazionedelprincipiodellacertezzadeldirit-
to 
elaborata 
dal 
giudice 
comunitario 
secondo 
cui 
la 
cessazione 
di 
una 
conces-
sione 
preesistente 
all�entrata 
in 
vigore 
di 
una 
nuova 
norma 
deve 
essere 
corre-
data 
da 
un 
periodo 
transitorio 
che 
permetta 
alle 
parti 
del 
contratto 
di 
scioglie-
re 
irispettivirapporticontrattualiacondizioniaccettabilisiadalpuntodivista 
delle 
esigenze 
del 
servizio 
pubblico, 
sia 
dal 
punto 
di 
vista 
economico 
(32)
. 


5. Riflessioni conclusive 
La 
riforma 
dei 
servizi 
pubblici 
locali 
introdotta 
con 
l�art. 
23 
bis 
della 
legge 
n. 
133 
del 
2008 
rappresenta 
l�ennesimo 
tentativo 
di 
disciplinare 
questa 
complessamateria.Sesembracondivisibilechela 
ratio 
dellariformasiastata 
quella 
di 
tutelare 
il 
pi� 
possibile 
il 
principio 
della 
libera 
concorrenza 
(33)
, 


(32) Corte di Giustizia, sez. II, sentenza 17 luglio 2008, nel procedimento C-347/06.
(33) Cfr. G. GUZZO, La nuova veste dei servizi pubblici locali alla luce degli emenda-
menti e sub-emendamenti al ddl n. AC 1386 di conversione del dl 112/08, consultabile sul 
sito www.dirittodeiservizipubblici.it. 

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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 


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appare 
tuttavia 
evidente 
che 
il 
disegno 
del 
legislatore 
sia 
suscettibile 
di 
un 
miglioramento, 
in 
vista 
di 
una 
pi� 
ampia 
affermazione 
di 
quella 
concorren-
za 
che 
generalmente 
� 
considerata 
funzionale 
all�efficienza 
operativa 
dei 
servizi 
(34).

Ferme 
restando 
le 
osservazioni 
esposte, 
in 
generale 
si 
pu� 
sostenere 
che 
a 
frontediuna 
condivisibileaffermazionedelprincipiodellagaracomerego-
lagenerale,laprevisionedideroghecomequelleprevistealcomma3dell�art.
23 
bis, 
di 
fatto, 
non 
fa 
che 
riproporre 
le 
questioni 
oggi 
ancora 
aperte 
in 
tema 
di 
affidamenti 
diretti. 
L�aver 
individuato 
quale 
parametro 
per 
�aggirare� 
laregoladellagaraunodaiconnotatiincerti,infatti,noncontribuisceapromuo-
vereunamaggiorecertezzadeldirittoenonconsenteladefinitivaaperturadel 
settore 
alla 
libera 
concorrenza. 
La 
disposizione 
si 
presta 
ad 
interpretazionievidentementediscrezionali 
lequali,anche 
inragionedellaprassiesistentein 
questo 
settore, 
non 
fanno 
apparire 
improbabile 
un 
ricorso 
assai 
frequente 
da 
parte 
degli 
enti 
locali 
alla 
deroga 
al 
principio 
della 
gara.

La riforma della disciplina dei servizi pubblici locali, dunque, sotto que-
sto profilo non rappresenta un reale passo avanti verso il libero sviluppo deimercati, n� tantomeno la conclusione dell�opera di sistemazione di questatormentata materia. L�art. 23 bis, piuttosto, costituisce un nuovo interventolegislativo che se da una parte puntualizza alcune questioni, dall�altra nelascia aperte altre non meno importanti. 


(34) Segnalazione dell�Autorit� garante della concorrenza e del mercato (AS457) del24 luglio 2008 sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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LEDECISIONI
Appalti pubblici: legittimazione 
ad agire singulatim 
da parte di imprese
membri di una associazione temporanea 


(Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Sezione Sesta, ordinanza del 4ottobre 2007 nella causa C-492/06) 


L�ordinanza oggetto della presente nota a commento concerne la que-
stione 
della 
legittimazione o meno delle imprese, facenti parte di una asso-
ciazione temporanea (ATI), ad agire in giudizio a titolo individuale, addive-
nendo alla conclusione della piena compatibilit� comunitaria di un ordina-
mento nazionale che riconosca la legittimazione attiva anche ai singoli mem-
bri di un�ATI. 


Fatto 


� opportuno, in via preliminare, offrire un quadro dei fatti posti al vagliodella Corte al fine di comprendere la portata della sua statuizione.

In data 30 novembre 2004 l�Azienda Ospedaliera Ospedale NiguardaCa�Granda di Milano pubblicava un bando di gara avente ad oggetto un ser-
vizio di elisoccorso. Venivano depositate le offerte. La prima, da parte dellaElilombarda in quanto capofila di un�associazione temporanea in via dicostituzione; la seconda, depositata dal Consorzio il quale risultava poiaggiudicatario.

La 
Elilombarda 
proponeva 
dinanzi 
al 
Tribunale 
AmministrativoRegionale della Lombardia, in nome proprio e a titolo individuale, un ricor-
so rivolto contro tale decisione. Il Consorzio sollevava l�eccezione di inam-
missibilit� per difetto di legittimazione ad agire singulatim 
in quanto � a suo 
dire � unico soggetto legittimato a ricorrere era l�ATI, seppure ancora in viadi costituzione, quale unico centro di interesse.

Il TAR accoglieva il ricorso dell�Elilombarda, riferendosi alla giurispru-
denza maggioritaria del Consiglio di Stato.

Il Consorzio proponeva, dunque, appello al Consiglio di Stato il quale,
sospendendo il procedimento, con ordinanza (1) sottoponeva al vaglio dellaCorte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: �l�art. 1 della cd.
direttiva � ricorsi n. 89/665 deve essere interpretato nel senso che osta a che, 


(1) CdS, sez. V, n. 6677 del 14 novembre 2006. 

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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-Le decisioni 


secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazio-
ne di un appalto possa essere proposto a titolo individuale da uno solo deimembri di un�associazione temporanea priva di personalit� giuridica, che hapartecipato in quanto tale ad una procedura di aggiudicazione di un appaltopubblico e non si � vista attribuire il detto appalto?�
. 


La decisione della Corte di Giustizia consolida l�orientamento maggiorita-
rio della giurisprudenza amministrativa dello Stato italiano

La tesi prevalente nella giurisprudenza amministrativa nazionale (2)
ammette la legittimazione processuale delle singole imprese facenti parte diun�ATI, sia gi� costituita sia in via di costituzione, ad agire individualmente,
sulla base della circostanza per cui, nonostante la partecipazione ad un rag-
gruppamento e nonostante il conferimento di un mandato ad una capogrup-
po, le singole imprese rimangono tuttavia titolari di propri diritti soggettivied interessi legittimi, aventi ciascuna un proprio interesse ad agire.

Si cita, a titolo esemplificativo, la pronuncia del Consiglio di Stato sez.
Vn. 1805 del 19 aprile 2005 secondo cui, relativamente ad un�ATI costituen-
da, �la possibilit� di una futura costituzione di un soggetto diverso, l�ATIappunto, non priva i singoli partecipanti della propria legittimazione attiva.
In particolare nelle gare per affidamento di appalti pubblici, ciascuno deisoggetti che hanno chiesto di partecipare dichiarando di volersi riunire inassociazione temporanea in caso di aggiudicazione, � legittimato, come por-
tatore di un interesse proprio riconosciuto dall�ordinamento, ad impugnarel�aggiudicazione. E ancora, si menziona la pi� recente pronuncia delConsiglio di Stato, sez. V, n. 5577 del 23 ottobre 2007 per cui �Il collegio,
pur prendendo atto della esistenza di alcune posizioni differenziate, ritienepreferibile l�opinione secondo cui, anche prima della costituzione dell�asso-
ciazione temporanea di impresa e del conferimento della rappresentanza allacapogruppo mandataria, ciascuna impresa mandante ha il diritto di proporrericorso avverso le determinazioni della procedura di gara che provochinolesione dei propri interessi� le regole interne possono stabilire una legitti-
mazione al ricorso ancora pi� ampia ed estesa di quella prevista dal dirittocomunitario, riferendola a ciascuna delle singole imprese facenti parte dellacostituenda ATI � (3). 

(2) Ex multis, CdS sez. IV, n. 397 del 23 gennaio 2002; CdS sez. Vn. 5646 del 30 ago-
sto 2004; CdS sez. 
V 
n. 1411 del 18 marzo 2004; CdS sez. 
V 
n. 6769 del 30 ottobre 2003;
CdS sez. IV 
n. 3721 del 10 giugno 2004; CdS sez. 
V 
n. 5577 del 23 ottobre 2007.
(3) Confr. TAR Calabria n. 170 del 18 luglio 1983; CdS, sez. VI, n. 937 del 23 gennaio2002; CdS, sez. IV, n. 3721 del 10 giugno 2004 per cui �il conferimento del mandato spe-
ciale collettivo irrevocabile gratuito all�impresa capogruppo attribuisce al legale rappresen-
tante di quest�ultima la rappresentanza processuale nei confronti dell�amministrazione edelle imprese terze controinteressate, ma non preclude o limita la facolt� delle singoleimprese mandanti di agire in giudizio singulatim, mancando una espressa previsione in talsenso nella normativa comunitaria di riferimento ed in quella nazionale di recepimento�
. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


Diavvisocontrario�latesi(4),minoritariaingiurisprudenza,secondocui 
necessariamentelalegittimazione 
ad 
agirespetti 
al 
raggruppamentoin 
s�poi-
ch�aisolifinidellapartecipazioneallagarasicreaununicocentrodiinteres-
se, 
un 
unico 
concorrente, 
che 
partecipa 
alla 
gara 
formulando 
un�unica 
offerta,
e 
che 
va 
mantenuto 
su 
un 
piano 
di 
parit� 
rispetto 
agli 
altri 
concorrenti, 
desti-
nataridiun�unicanotificazioneallaimpresacapogruppoaifinidelladecorren-
za 
del 
termine 
per 
impugnare 
gli 
atti 
di 
gara 
lesivi 
in 
sede 
giurisdizionale.

La Corte di Giustizia aveva gi� esaminato analoga questione con la notasentenza Espace-Trianon (5).

La fattispecie posta all�esame della Corte concerneva la compatibilit�comunitaria dell�ordinamento belga in materia di appalti pubblici il qualenon prevedeva la legittimazione ad agire singulatim 
delle imprese di una 
ATI. La Corte ha statuito che, �la direttiva ricorsi 89/665/CEE non osta ache la normativa nazionale di uno Stato membro preveda che le singoleimprese costituite in raggruppamento temporaneo non siano legittimate adimpugnare in via autonoma l�aggiudicazione della gara d�appalto cui abbia-
no preso parte nell�ambito del raggruppamento stesso�.

Con 
la 
sentenza 
Espace-Trianon 
viene, 
dunque, 
dichiarato 
conforme 
all�ordinamento 
comunitario 
il 
sistema 
processuale 
(belga, 
nella 
fattispecie) 
nella 
misura 
in 
cui 
prevede 
che 
il 
ricorso 
contro 
l�aggiudicazione 
di 
un 
appal-
to 
possa 
essere 
proposto 
unicamente 
dalla 
totalit� 
dei 
membri 
di 
un�ATI.

Nulla si dice, tuttavia, in merito al caso in cui il singolo Stato membroammetta la possibilit� per le imprese di agire singulatim, non rientrando la 
questione � secondo le parole dell�Avvocato Generale � nell�oggetto del giu-
dizio.

Nelcaso 
dispecie, 
ConsorzioElisoccorsoc/
o 
Elilombarda,postoall�esa-
me 
della 
presente 
nota 
a 
commento, 
risolutive 
sono 
le 
conclusionidell�Avvocato 
Generaleilquale 
ha 
affermato 
che 
�la 
circostanza 
chein 
alcu-
ni 
Stati 
membri 
anche 
i 
singoli 
componenti 
di 
un 
raggruppamento 
di 
impren-
ditoripossanoproporrericorsononmutailfattoche 
ladirettiva 
�ricorsinon 
richiede 
una 
siffatta 
possibilit�. 
Gli 
Stati 
membri, 
infatti, 
inlinea 
diprincipioben 
possono 
andare 
oltre 
i 
requisiti 
minimi 
stabiliti 
dalle 
direttive�.

Ulteriori elementi, inoltre, quali la lettera della norma comunitaria non-
ch� l�obiettivo prefissato dall�ordinamento comunitario, costituiscono indicirilevanti al fine di poter sostenere la compatibilit� del sistema nazionale ita-
liano con l�ordinamento comunitario in materia.

L�art. 1 comma 3 della citata direttiva, infatti, dispone che �gli Statimembri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondomodalit� che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque 


(4) Ex pluribus, CdS, sez. 
V 
n. 5032 del 09 luglio 2004; CdS, sez. V, n. 3950 del 17 
luglio 2001.
(5) Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, Sezione Seconda, sentenza dell�8 set-
tembre 2005, C-129/04. Richiamata, nella fattispecie oggetto della presente nota a commen-
to, dall�ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia. 

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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-Le decisioni 


abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l�aggiudicazione di un determinatoappalto pubblico��.

L�utilizzo della locuzione �per lo meno a chiunque� (nel testo della diret-
tiva in lingua ufficiale �au moins a toute personne ayant ou ayant eu un int�-
r�t � obtenir un march� public�) � sintomatico del potenziale ampliamentodella sfera dei soggetti legittimati ad agire.

In secondo luogo, la normativa comunitaria � finalizzata ad una tutelache sia la pi� ampia possibile. 

Dunque, la cd. direttiva � ricorsi individua una soglia minima di tutelaprocessuale inderogabile. La stessa Corte di Giustizia ha pi� volte affermatoche �la direttiva 89/665 detta soltanto i requisiti minimi che le procedured�impugnazione previste dagli ordinamenti giuridici nazionali devono rispet-
tare per garantire l�osservanza delle disposizioni comunitarie in materia diappalti pubblici� (ex multis Corte di Giustizia CE, Sezione Sesta, 27 febbraio 
2003, C-327/00)
. 


Considerazioni conclusive 


La Corte di Giustizia CE, con l�ordinanza oggetto della presente nota acommento, nell�affermare che �l�art. 1 della direttiva del Consiglio 21dicembre 1989, 89/665/CEE� deve essere interpretato nel senso che nonosta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione diaggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo indivi-
duale da uno soltanto dei membri di un�associazione temporanea priva dipersonalit� giuridica la quale abbia partecipato in quanto tale alla proce-
dura di aggiudicazione dell�appalto suddetto e non se lo sia visto attribui-
re�, si conforma all�orientamento maggioritario della giurisprudenza ammi-
nistrativa nazionale consolidandolo.

La direttiva citata, infatti, fissa soltanto degli standards 
minimi indero-
gabili dai singoli Stati membri e pertanto si ammette la possibilit� di amplia-
re tali standards 
come, nel caso di specie, consentendo una legittimazione adagire in giudizio singulatim 
delle imprese facenti parte di una associazione 
temporanea. La ratio della direttiva n. 665/89 � quella di rendere efficaci leprocedure di ricorso definendo la piattaforma minima delle garanzie giuri-
sdizionali offerte alle imprese che concorrono alle procedure per l�affida-
mento di pubblici appalti. Questa finalit� non � certamente contraddetta dadisposizioni con cui i singoli Stati membri introducano regole volte ad allar-
gare le opportunit� del sindacato giurisdizionale sulla corretta applicazionedel diritto comunitario. 


Dott.ssa Carolina Layek(*
) 


(*
) 
Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�AvvocaturaGenerale dello Stato. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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Ordinanza della Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Sesta Sezione, 4 ottobre 
2007 nella 
causa C-492/06 
� Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consigliodi Stato � Consorzio Elisoccorso San Raffaele/Elilombarda Srl, Azienda OspedalieraOspedale Niguarda C� Granda di Milano. (Avvocato dello Stato G. Fiengo � AL 
8224/07). 

Appalti pubblici � Direttiva 89/665/CEE � Procedura di ricorso in materia di aggiudicazio-
ne di appalti pubblici � Soggetti ammessi ad accedere alle procedure di ricorso �
Associazione temporanea offerente � Diritto di ciascuno dei membri di un�associazionetemporanea di proporre ricorso a titolo individuale. 


(� Omissis)

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione dell�art. 1 delladirettiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legis-
lative, regolamentari e amministrative relative all�applicazione delle procedure di ricorso inmateria di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag.
33), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE (GU L 209,
pag. 1; in prosieguo: la �direttiva 89/665�).
2. Tale domanda � stata proposta nell�ambito di una controversia pendente tra ilConsorzio Elisoccorso San Raffaele (in prosieguo: il �Consorzio�) e la Elilombarda Srl (inprosieguo: la �Elilombarda�), capofila di un�associazione temporanea in via di costituzio-
ne, e riguardante un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico. 
Contesto normativo 
La normativa comunitaria 


3. L�art. 1 della direttiva 89/665 dispone:
�1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto
riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive
71/305/CEE, 77/62/CEE e 92/50/CEE (...), le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici 
possano essere oggetto di ricorsi efficaci e, in particolare, quanto pi� rapidi possibile, 
secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare nell�articolo 2,
paragrafo 7, in quanto tali decisioni [abbiano] violato il diritto comunitario in materia di
appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto.
(...
)
3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo
modalit� che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia
avuto interesse a ottenere l�aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture
o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare 
gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura 
abbia preventivamente informato l�autorit� aggiudicatrice della pretesa violazione 
e
della propria intenzione di presentare un ricorso�
.
4. L�art. 2, n. 1, di tale direttiva prevede:
�Gli Stati membri fanno s� che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all�articolo 1prevedano i poteri che permettano di:
(�)
b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifi-
cazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara,
nei capitolati d�oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazio-
ne dell�appalto in questione; 

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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-Le decisioni 


(�)�.

5. L�art. 26, n. 1, della direttiva 92/50 cos� dispone:
�Le offerte possono venir presentate da raggruppamenti di prestatori di servizi. 
A 
tali rag-
gruppamenti non pu� venir richiesto di assumere una forma giuridica specifica ai fini dellapresentazione dell�offerta; ci� pu� tuttavia venir richiesto al raggruppamento selezionatouna volta che gli sia stato aggiudicato l�appalto�.
La normativa nazionale 


6. La normativa nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, diforniture e di servizi [v., rispettivamente, legge 11 febbraio 1994, n. 109 (GURI n. 41 del19 febbraio 1994), decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358 (GURI n. 188 dell�11 agosto1992), e decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (GURI n. 104 del 6 maggio 1995)] nonpreclude n� limita la facolt� delle singole imprese che fanno parte di un��associazione tem-
poranea� o di un �raggruppamento d�imprese� di agire in giudizio a titolo individuale. 
7.SecondounacostantegiurisprudenzadelConsigliodiStato,leimpresechesonomem-
bri 
di 
un�associazione 
temporanea 
o 
di 
un 
raggruppamento 
d�imprese 
sono 
individualmentelegittimate 
ad 
impugnare 
gli 
atti 
concernenti 
l�appalto 
pubblico 
cui 
esse 
hanno 
partecipato.

Causa principale e questione pregiudiziale

8. In data 30 novembre 2004 l�Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca�Granda diMilano faceva pubblicare, in quanto autorit� aggiudicatrice, un bando di gara avente adoggetto, segnatamente, un servizio di elisoccorso per un importo di EUR 25 900 000.
9. Venivano depositate due offerte. La prima, da parte della Elilombarda in qualit� dicapofila di un�associazione temporanea in via di costituzione tra la detta impresa e laHelitalia SpA, mentre la seconda veniva depositata dal Consorzio, composto dalla ElilarioItalia SpAe dalla Air Viaggi San Raffaele Srl.
10. Il 28 aprile 2005 l�autorit� aggiudicatrice attribuiva l�appalto al Consorzio, al qualeveniva notificata la decisione con nota 10 maggio 2005.
11. La Elilombarda proponeva dinanzi al Tribunale amministrativo regionale dellaLombardia (in prosieguo: il �TAR Lombardia�), in nome proprio e a titolo individuale, unricorso rivolto, tra l�altro, contro tale decisione.
12. Nell�ambito di tale procedimento, il Consorzio sollevava un�eccezione d�inammis-
sibilit� sostenendo che il ricorso era stato proposto non dall�associazione temporanea in viadi costituzione stessa, la quale, a suo parere, sarebbe stata l�unica legittimata ad agire in giu-
dizio per la tutela del proprio interesse a vedersi aggiudicare l�appalto, bens� da uno solodegli operatori economici componenti tale associazione. 
13. Riferendosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, il TAR Lombardia respin-
geva l�eccezione di inammissibilit� e, accogliendo il ricorso, annullava i provvedimentiadottati dall�autorit� aggiudicatrice. 
14. Il Consorzio ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale, in via pre-
liminare, deve esaminare la decisione del TAR Lombardia relativa all�ammissibilit� delricorso proposto dalla Elilombarda.
15. Nella sua ordinanza di rinvio il Consiglio di Stato evidenzia, da un lato, che la nor-
mativa nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici non preclude n� limita lafacolt� delle singole imprese facenti parte di un�associazione di agire in giudizio singulatime, dall�altro, che il TAR Lombardia ha effettivamente applicato i principi stabiliti a taleriguardo dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato stesso. 
16.Tuttavia,essosichiedese,inconsiderazionediquantostatuitodallaCortenellasen-
tenza8settembre2005,causaC-129/04,EspaceTrianoneSofibail(Racc.pag. 
I-7805),l�art. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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1 
della 
direttiva 
89/665 
osti 
ad 
un 
ricorso 
proposto 
a 
titolo 
individuale 
da 
uno 
dei 
membri 
diun�associazione 
temporanea 
offerente 
avverso 
una 
decisione 
di 
aggiudicazione 
di 
un 
appalto.

17. In tale contesto il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e disottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
�Se l�art. 1 della direttiva 89/665 (�) debba essere interpretato nel senso che osta a che,
secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appaltopossa essere proposto a titolo individuale da uno solo dei membri di un�associazione tem-
poranea priva di personalit� giuridica, che ha partecipato in quanto tale ad una procedurad�aggiudicazione di un appalto pubblico e non si � vista attribuire il detto appalto�.
Sulla questione pregiudiziale

18. Ai sensi dell�art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualorala soluzione di una questione pregiudiziale possa essere chiaramente desunta dalla giuri-
sprudenza, la Corte, dopo aver sentito l�avvocato generale, pu� statuire in qualsiasi momen-
to con ordinanza motivata. 
19. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede se l�art. 1 della direttiva 89/665debba essere interpretato nel senso che osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso con-
tro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titoloindividuale da uno solo dei membri di un�associazione temporanea priva di personalit� giu-
ridica, la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dell�appal-
to suddetto e non se lo sia visto attribuire. 
20. Atale riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell�art. 1, n. 3, della citata diretti-
va, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso da questa previstesiano accessibili �per lo meno� a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l�aggiu-
dicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causadi una violazione denunciata del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o dellenorme nazionali che hanno recepito tale diritto.
21. 
Nederiva 
che 
la 
direttiva89/665stabilisce 
solamente 
i 
requisiti 
minimi 
che 
le 
proce-
dured�impugnazioneprevistedagliordinamentigiuridicinazionalidevonorispettarepergaran-
tire 
l�osservanza 
delle 
disposizioni 
comunitarie 
in 
materia 
di 
appalti 
pubblici 
(v. 
sentenza 
19giugno 
2003, 
causa 
C-315/01, 
GAT, 
Racc. 
pag. 
I-6351, 
punto 
45 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata).
22. Nella sua citata sentenza Espace Trianon e Sofibail, la Corte ha interpretato l�art.
1 della direttiva 89/665 in una situazione in cui l�ordinamento giuridico interno esigeva cheun ricorso di annullamento contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblicovenisse proposto da tutti i membri componenti un�associazione temporanea offerente. 
23. Riferendosi ad una situazione quale quella contemplata dalle questioni pregiudi-
ziali che le erano state sottoposte, la Corte ha rilevato, ai punti 19-21 di tale sentenza, che:
� un�associazione temporanea poteva essere considerata come un soggetto avente interessea ottenere l�aggiudicazione di un appalto pubblico ai sensi dell�art. 1, n. 3, della direttiva89/665, dal momento che, avendo presentato un�offerta per l�appalto pubblico in questione,
essa aveva dimostrato il proprio interesse ad ottenerlo;
� nella causa principale nulla impediva che i membri dell�associazione temporanea propo-
nessero tutti insieme, in quanto associati o in nome proprio, un ricorso di annullamento con-
tro le decisioni controverse. 
24. La Corte � pertanto pervenuta alla conclusione, al punto 22 della citata sentenza,
che la disposizione procedurale nazionale in questione non limitava l�accessibilit� ad unricorso in modo contrario all�art. 1, n. 3, della direttiva 89/665. 
25.Diconseguenza,essahastatuitochel�art. 
1ditaledirettivanonostaache,secondoil 
diritto 
nazionale 
di 
uno 
Stato 
membro, 
il 
ricorso 
contro 
una 
decisione 
di 
aggiudicazione 
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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-Le decisioni 


unappaltopubblicopossaesserepropostounicamentedallatotalit�deimembridiun�associa-
zione 
temporanea 
priva 
di 
personalit� 
giuridica, 
la 
quale 
abbia 
partecipato 
in 
quanto 
tale 
allaprocedura 
di 
aggiudicazione 
dell�appalto 
suddetto 
e 
non 
se 
lo 
sia 
visto 
attribuire.

26. Cos� facendo, come rilevato giustamente dalla Elilombarda e dalla Commissionedelle Comunit� europee nelle loro osservazioni scritte, la Corte ha solamente stabilito, conriferimento alle circostanze proprie della causa principale, una soglia minima di accesso airicorsi in materia di appalti garantita dalla direttiva 89/665.
27. Essa non ha assolutamente escluso che altri Stati membri possano, nel loro dirittonazionale, concedere un accesso pi� esteso a tali ricorsi, sancendo una nozione di legittima-
zione ad agire pi� ampia di quella, minima, garantita dalla citata direttiva. 
28. Infatti, in assenza di una disposizione specifica di quest�ultima, spetta all�ordina-
mento giuridico interno di ciascuno Stato membro determinare in particolare se e a qualicondizioni la legittimazione ad agire nelle procedure di ricorso possa essere estesa alleimprese facenti parte di un�associazione che abbia in quanto tale presentato un�offerta. 
29.Atale riguardo occorre precisare che, dal momento che si tratta di modalit� proce-
durali di ricorso in giudizio destinate ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti daldiritto comunitario ai candidati ed agli offerenti lesi da decisioni delle autorit� aggiudicatri-
ci, tali modalit� non devono mettere in pericolo l�effetto utile della direttiva 89/665 (v. sen-
tenza 12 dicembre 2002, causa C-470/99, Universale-Bau e a., Racc. pag. I-11617, punto72), il cui obiettivo � di garantire che le decisioni illegittime delle autorit� aggiudicatici pos-
sano essere oggetto di ricorsi efficaci e quanto pi� rapidi possibile. 
30.Tuttavia, a differenza di ci� che sostiene il governo cipriota, un�interpretazione del-
l�art. 1 della citata direttiva che permetta di estendere la legittimazione ad agire in giudizioa ciascuno dei membri di un�associazione temporanea la quale abbia presentato un�offertain un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico non compromette il dettoobiettivo, ma risulta, al contrario, idonea a contribuire alla sua realizzazione. 
31. Pertanto, occorre rispondere alla questione proposta dichiarando che l�art. 1 delladirettiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che non osta a che, secondo il dirittonazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possaessere proposto a titolo individuale da uno soltanto dei membri di un�associazione tempora-
nea priva di personalit� giuridica la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura diaggiudicazione dell�appalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. 
Sulle spese

32. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costitui-
sce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono darluogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

L�art. 1 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina ledisposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all�applicazione delle pro-
cedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavo-
ri, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essereinterpretato nel senso che non osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro unadecisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo individua-
le da uno soltanto dei membri di un�associazione temporanea priva di personalit� giuridi-
ca la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dell�appaltosuddetto e non se lo sia visto attribuire. 




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I GIUDIZIINCORSOALLACORTEDIGIUSTIZIACE
Causa C-343/07 � Materia trattata: agricoltura � Domanda di pronun-
cia pregiudiziale proposta dalla Corte d�appello di Torino (Italia) il 25luglio 2007 
� Bavaria N.V. e Bavaria Italia s.r.l./Bayerischer Brauerbund

e.V. (Avvocato dello Stato W. Ferrante � AL 
36475/07)
. 
LE 
QUESTIONI 
PREGIUDIZIALI 


1) Se il Regolamento CE n. 1347/2001 del Consiglio del 28/6/01 sia onon invalido, eventualmente anche come invalidit� derivata da quella dialtri atti, sotto i seguenti profili:

Violazione di principi generali 

� per invalidit� del combinato disposto dell�art. 1.1 e dell� 
Allegato I delReg. CEE 2081/1992 nella parte in cui consente la registrazione di indica-
zioni geografiche relative alla �birra�, che � bevanda alcolica (erroneamen-
te) ricompresa nel citato Allegato I tra i �prodotti alimentari� menzionatinel citato art. 1.1, e non � compresa tra i �prodotti agricoli� di cuiall�Allegato I del Trattato CE ed agli artt. 32 (ex 38) e 37 (ex 43) del mede-
simo, su cui il Consiglio ha fondato i propri poteri nell�emanare il Reg. CEE2081/1992;
� per invalidit� dell�art. 17 del Reg. CEE 2081/1992 nella parte in cui pre-
vede una procedura accelerata di registrazione tale da limitare e pregiudi-
care in misura sostanziale i diritti dei soggetti interessati, non prevedendoalcun diritto di opposizione, con una chiara violazione dei principi di tra-
sparenza e di certezza giuridica; ci�, in particolare, sia alla luce della com-
plessit� del procedimento di registrazione della stessa IGP 
�BayerischesBier�, durato oltre sette anni dal 1994 al 2001, sia dell�espresso riconosci-
mento nel Considerando n. 13 del Reg. CE 692/2003, il cui art. 15 ha per lecitate ragioni abrogato l�art. 17 del Reg. CEE 2081/1992;
Carenza di requisiti formali 


� 
perch� 
l�indicazione 
�Bayerisches 
Bier� 
non 
soddisfa 
le 
condizioni 
richie-
ste 
dall�art. 
17 
del 
Reg. 
CEE 
2081/1992 
per 
poter 
accedere 
alla 
registrazio-
ne 
secondo 
la 
procedura 
semplificata 
dallo 
stesso 
prevista, 
in 
quanto 
tale 
indicazione, 
al 
momento 
della 
presentazione 
della 
domanda 
di 
registrazione, 
non 
era 
in 
Germania 
�giuridicamente 
protetta� 
n� 
�sancita 
dall�uso�.
� perch� la ricorrenza dei requisiti per la registrazione dell�indicazione�Bayerisches Bier� non � stata debitamente considerata n� dal Governotedesco prima di presentare alla Commissione la domanda di registrazione,
n� dalla Commissione stessa dopo aver ricevuto la domanda, contrariamen-
te a quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenzadel 6 dicembre 2001, in causa C-269/99, Kuhre Spreewalder Gurken);
� perch� la domanda di registrazione dell�indicazione �Bayerisches Bier�
non � stata presentata tempestivamente dal Governo tedesco, secondo quan-

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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


95 


to previsto dall�art. 17.1 del Reg. CEE 2081/92 (sei mesi successivamenteall�entrata in vigore del Regolamento, avvenuta in data 24 luglio 1993), dalmomento che la domanda inizialmente presentata dal richiedente prevedevaotto diverse indicazioni, con la possibilit� di ulteriori e indefinite variazio-
ni, che confluirono nell�attuale unica indicazione �Bayerisckes Bier� solodopo che il termine finale del 24 gennaio 1994 era da lungo tempo scaduto;

Carenza di requisiti sostanziali 


� perch� l�indicazione �Bayerisches Bier� non soddisfa i requisiti sostanzia-
li stabiliti dall�art. 2.2.b del Reg. CEE 2081/1992 ai fini della registrazionea titolo di indicazione geografica protetta, stante il carattere generico diquesta indicazione, che ha storicamente designato birra prodotta secondoun particolare metodo di produzione originato in Baviera nel corso del XIXsecolo e quindi diffusosi nel resto d�Europa ed in tutto il mondo (il cosiddet-
to �metodo bavarese� a bassa fermentazione), che anche oggi in alcune lin-
gue europee (danese, svedese, finlandese) � termine generico per la birra, eche, in ogni caso, al pi� pu� solamente e genericamente indicare �birra pro-
dotta nella Baviera tedesca�, di qualsiasi tipologia tra le numerosissime ediversissime esistenti, senza che sia rinvenibile alcun �nesso diretto� (sen-
tenza della Corte di Giustizia del 7 novembre 2000, in causa C-312/98,
Warsteiner) tra una specifica qualit�, la reputazione o altre caratteristichedel prodotto (birra) e la sua specifica origine geografica (Baviera), n� ricor-
rendo i �casi eccezionali� richiesti dalla citata norma per consentire la regi-
strazione di un�indicazione geografica comprensiva del nome di un Paese; 
� 
perch�, 
per 
quanto 
detto 
al 
paragrafo 
che 
precede, 
l�indicazione�Bayerisches Bier� � un�indicazione �generica�, in quanto tale esclusadalla possibilit� di registrazione ai sensi degli artt. 3.1 e 17.2 del Reg. CE2081/92.
� perch� l�indicazione �Bayerisches Bier� non avrebbe dovuto essere regi-
strata ai sensi dell�art. 14.3 del Reg. CEE 2081/92, dal momento che�Bayerisches Bier�, tenuto conto della �fama, della notoriet� e della dura-
ta di utilizzazione� dei Marchi Bavaria, � �tale da indurre il consumatore inerrore quanto alla vera identit� del prodotto�;
2) in subordine, per il caso di ritenuta irricevibilit� o di infondatezzadella questione sub 1), se il Regolamento CE n� 1347/2001 del Consiglio del28/6/01 debba ovvero non interpretarsi nel senso che il riconoscimento dellaIGP 
�Bayerisches Bier� ivi contenuto non pregiudichi la validit� ed utiliz-
zabilit� dei preesistenti marchi di terzi in cui compaia la dizione �Bavaria�
. 


L�INTERVENTO 
ORALE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale,

Il 
rinvio 
pregiudiziale 
trae 
origine 
da 
una 
controversia 
pendente 
innanzialla 
Corte 
d�appello 
di 
Torino 
promossa 
dalla 
Bayerischer 
Brauerbund 
e 
V. 
(BBB) 
nei 
confronti 
delle 
due 
societ� 
Bavaria 
N.V. 
e 
Bavaria 
Italia 
s.r.l.
, 
alfine 
di 
ottenere 
una 
pronuncia 
che 
inibisca 
a 
queste 
ultime 
la 
prosecuzione 
dell�uso 
in 
Italia 
di 
una 
serie 
di 
marchi, 
il 
cui 
cuore 
distintivo 
� 
rappresentato 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


96 


daltermine�Bavaria�,previadichiarazionedinullit�deglistessiacausadella 
interferenza 
con 
l�indicazione 
geografica 
protetta 
(IGP) 
�Bayerisches 
Bier�.

Analoghe cause sono state proposte in Spagna e in Germania e, in parti-
colare, il Bundesgerichtshof ha presentato una domanda di rinvio pregiudi-
ziale con ordinanza del 14 febbraio 2008, Causa C-120/08, che � stata sospe-
sa in attesa della decisione della presente causa.

� stata parimenti sospesa la causa T-178/06 proposta dalla Bavaria con-
tro il Consiglio ai sensi dell�art. 288 del Trattato innanzi al Tribunale diprimo grado, volta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente deri-
vante dall�adozione del regolamento n. 1347/2001 che ha registrato l�IGP�Bayerisches Bier� .

Il giudice remittente pone sostanzialmente due quesiti: uno attinente allavalidit� del regolamento n. 1347/2001, posta in dubbio per una serie di moti-
vi formali e sostanziali, e uno, subordinato, in caso di ritenuta validit� delpredetto regolamento, attinente all�interpretazione dello stesso e, specifica-
mente, alla possibilit� di coesistenza dei preesistenti marchi Bavaria conl�IGP 
Bayerisches Bier.

Implicitamente, per� la Corte d�appello di Torino demanda alla Corte digiustizia un ulteriore accertamento pregiudiziale attinente alla ricevibilit� delprimo quesito, non avendo le societ� Bavaria e Bavaria Italia tempestiva-
mente impugnato il regolamento n. 1347/2001 nel termine di due mesi pre-
visto dall�art. 230 del Trattato.

Sileggeinfattia 
p.4dell�ordinanza 
dirinvio: 
�reputaquestaCortechele 
ragioni 
di 
inammissibilit� 
della 
questione 
pregiudiziale 
comunitaria, 
ritenutedalTribunale,nonsianofondatemacheinognicasosiaopportunocheancheil 
possibile 
dubbio 
al 
riguardo 
venga 
affrontato 
dalla 
Corte 
di 
giustizia 
UE�.

Affronter� quindi per prima tale questione, assorbente per la decisionedel quesito concernente la validit� del regolamento.

Sulla ricevibilit� del primo quesito

Il regolamento n. 1347/01 riguardava direttamente ed individualmenteBavaria e perci� andava impugnato nei termini previsti dall�art. 230 delTrattato, essendo ormai preclusa al diretto destinatario del regolamento lapossibilit� di eccepirne l�invalidit� innanzi al giudice nazionale o tramite rin-
vio pregiudiziale alla Corte di giustizia.

In proposito, non pu� condividersi quanto affermato dalla Commissioneal punto 61 delle sue osservazioni in ordine al fatto che le conseguenze dellaregistrazione dell�IGP 
Bayerisches Bier a carico di Bavaria e Bavaria Italianon deriverebbero direttamente dal regolamento n. 1347/2001 bens� dagliarticoli 13 e 14 del regolamento n. 2081/92.

Da un lato, � vero infatti che il 4� considerando del regolamento1347/2001 prevede la possibilit� di proseguire l�uso del marchio olandeseBavaria e del marchio danese H�ker Bajer nonostante la registrazionedell�IGPBayerisches Bier �nella misura in cui essi soddisfano le condizionipreviste all�articolo 14, paragrafo 2 del regolamento n. 2081/92�, demandan-
do quindi al giudice nazionale la verifica circa la possibilit� di coesistenzadei marchi preesistenti con la predetta IGP. 




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ED 
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Dall�altro, � vero per� che il 3� considerando afferma espressamente chel�IGP 
Bayerisches Bier e il marchio Bavaria non si trovano nella situazioneprevista dall�art. 14, paragrafo, 3 del regolamento n. 2081/92 in quanto laregistrazione della denominazione Bayerisches Bier non � tale da indurre ilconsumatore in errore quanto alla vera identit� del prodotto.

Tale accertamento non solo si riferisce testualmente al marchio Bavaria(e non a titolo di esempio come nel 4� considerando) e al suo rapporto conl�IGP 
Bayerisches Bier ma � idoneo a far discendere automaticamente con-
seguenze pregiudizievoli per i titolari del marchio Bavaria, a prescinderedalla valutazione del giudice nazionale in ordine alla sussistenza delle con-
dizioni di applicabilit� delle norme del regolamento n. 2081/1992.

Anche dal 5� considerando deriva l�accertamento di un fatto potenzial-
mente dannoso per Bavaria e non pi� confutabile ove non tempestivamentecontestato e cio� l�esclusione del carattere generico della denominazione�bayerisches�, che avrebbe impedito la sua registrazione come IGP, nonessendo dimostrato che tale termine o la sua traduzione nelle altre lingue siadiventato sinonimo di �birra�.

Da tale accertamento derivano direttamente effetti nella sfera giuridicadi Bavaria e cio� l�interferenza con i suoi marchi, senza necessit� di adozio-
ne di ulteriori misure di attuazione.

Che il regolamento n. 1347/2001 abbia prodotto effetti diretti nei con-
fronti di Bavaria � peraltro ulteriormente confermato dalla proposizione daparte di questa di un�azione di risarcimento dei danni derivanti dall�adozio-
ne del predetto regolamento innanzi al Tribunale di primo grado ai sensi del-
l�art. 288 del Trattato (Causa T-178/06).

Il predetto regolamento riguarda inoltre individualmente Bavaria inquanto deve ritenersi destinatario di un atto di un�istituzione comunitariaogni soggetto che sia toccato da tale atto �a causa di determinate qualit� per-
sonali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalit��
(sentenza Plaumann, causa C-25/62).

Peraltro, come affermato dalla costante giurisprudenza della Corte, i ter-
mini di ricorso sono intesi a preservare la certezza del diritto, evitando cheatti comunitari produttivi di effetti giuridici vengano rimessi in questioneall�infinito (sentenza TWD, causa C-188/92).

Va ricordato inoltre che l�articolo 230, paragrafo 4, CE dispone che:
�qualsiasi persona fisica o giuridica pu� proporre (...) un ricorso contro ledecisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendocome un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, lariguardano direttamente ed individualmente�. 

Il caso della sentenza Codorniu, causa C-309/89, appare perfettamentesovrapponibile alla fattispecie in esame. La Corte ha chiarito infatti che unadisposizione regolamentare che riservi l�utilizzazione della dicitura �cr�-
mant� a vini spumanti di qualit�, prodotti in una regione determinata in con-
dizioni specifiche, in Francia e in Lussemburgo ha, per la sua natura e la suaportata, un carattere normativo, in quanto si applica alla generalit� degli ope-
ratori economici interessati ma non pu� per questo escludersi che essa possaconcernere individualmente alcuni di loro. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


98 


Pertanto la societ� spagnola Codorniu che produca e ponga in commer-
cio vini spumanti di qualit�, prodotti in una regione determinata, la qualemolto tempo prima dell�adozione del regolamento ha registrato in Spagna unmarchio contenente il termine �cr�mant� e ne ha fatto uso sia prima che dopola registrazione, si trova in particolari circostanze atte a distinguerla dallageneralit� degli altri operatori economici, in quanto la suddetta disposizionegiunge al risultato di impedirle di far uso del suo marchio denominativo.

La Corte ha quindi concluso, in quel caso, che la Codorniu poteva edanzi doveva impugnare il regolamento nel termine di decadenza previsto dalTrattato.

Quindi, anche nella fattispecie, mentre non vi era onere di tempestivaimpugnazione del regolamento da parte di tutti i produttori di birra, che purepossono subire indirettamente effetti di ripercussione dalla registrazionedell�IGP 
Bayerisches Bier, certamente tale onere vi era da parte dellaBavaria che � espressamente citata nel regolamento censurato e i cui marchiinterferiscono con la predetta IGP.

Sulla questione relativa alla validit� del regolamento n. 1347/2001 

Le suesposte considerazioni basterebbero a ritenere risolto il primo que-
sito nel senso della sua irricevibilit�, con conseguente intangibilit� del rego-
lamento n. 1347/2001, da ritenersi pienamente valido a tutti gli effetti.

Per 
completezza, 
affronter� 
comunque 
i 
vari 
profili 
di 
invalidit� 
prospet-
tati 
dal 
giudice 
remittente, 
soffermandomi 
in 
particolare 
sulle 
dedotte 
carenze 
formali 
onde 
evitare 
ripetizioni 
rispetto 
alla 
discussione 
orale 
delle 
altre 
parti 
che 
hanno 
presentato 
osservazioni 
conformi 
a 
quelle 
del 
Governo 
italiano.

Sotto un primo profilo, il giudice remittente ritiene il regolamento n.
1347/2001 affetto da invalidit� derivata rispetto al regolamento generale n.
2081/92 atteso che la �birra�, in quanto bevanda alcolica, non avrebbe potu-
to essere indicata tra i �prodotti alimentari� suscettibili di registrazione comeIGP 
elencati nell�allegato I del predetto regolamento, che trova la propriabase giuridica nell�art. 37 del Trattato, atteso che l�allegato I del Trattato noncomprende la birra tra i �prodotti agricoli�.

Innanzitutto, va ribadito che la birra non pu� essere assimilata, in quan-
to bevanda alcolica, al vino che � espressamente sottratto dall�art. 1, paragra-
fo 1 dall�ambito di applicazione del regolamento n. 2081/92 in quanto il set-
tore vitivinicolo � tradizionalmente oggetto di specifica disciplina in sedecomunitaria, che appresta una protezione anche superiore rispetto a quellastabilita dal regolamento n. 2081/92.

Inoltre, la Corte di Giustizia ha precisato che le misure che si fondanosugli articoli 32 e seguenti del Trattato, per dare attuazione alla politica agri-
cola comune, possono anche concernere in via accessoria prodotti non com-
presi nell�allegato I del Trattato (causa C-11/88, causa C-180/96) quando laloro produzione e commercializzazione persegua i medesimi obiettivi dellaPAC enunciati dall�art. 33 del Trattato. 

** ** *
* 


Sotto un secondo profilo, secondo la Corte d�Appello di Torino, l�IGPinquestione, tenuto conto della particolare complessit� del caso, non avrebbe 




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COMUNITARIO 
ED 
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-I giudizi in corso 


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dovuto essere registrata secondo la procedura semplificata prevista dall�arti-
colo 17 del regolamento n. 2081/92 che, non prevedendo alcun diritto diopposizione ai sensi dell�art. 7, ha comportato una chiara violazione dei prin-
cipi del contraddittorio. 

Al riguardo, si deve invece rilevare che, come emerge espressamente dal1� considerando del regolamento n. 1347/2001, nel corso della procedura diregistrazione dell�IGPin questione, sono state chieste informazioni comple-
mentari al fine di accertare la conformit� di detta denominazione al dispostodegli articoli 2 e 4 del regolamento e quindi sono state ampiamente rispetta-
te le esigenze del contraddittorio.

In particolare, come confermato nelle osservazioni della Commissione,
la Bavaria ha potuto sottoporre varie volte ai servizi della Commissione ilproprio punto di vista tramite le autorit� olandesi e ha fatto ad essi perveni-
re dossier molto dettagliati riguardanti il marchio Bavaria ed i prodotti conquesto designati.

Inoltre, con lettera del 9 novembre 2000, la Commissione invitava tuttigli Stati membri a produrre informazioni tali da permettere di determinare sela denominazione Bayerisches Bier avesse assunto, sul loro territorio, carat-
tere di denominazione generica, elemento che sarebbe stato ostativo allaregistrazione come IGP.

L�istruttoria � stata quindi completa ed approfondita, come si evinceanche dalla durata della procedura (7 anni), e non ha comportato alcuna com-
promissione del principio del contraddittorio.

Quanto all�avvenuta abrogazione della procedura di cui all�art. 17 delregolamento n. 2081/92 da parte del regolamento n. 692/2003, va ricordatoche detta procedura semplificata aveva lo scopo di consentire, entro il brevetermine di sei mesi dall�entrata in vigore del regolamento, la presentazionedi domande di registrazione a livello comunitario delle denominazioni gi�esistenti, tutelate negli Stati membri o sancite dall�uso.

� evidente quindi che, data la natura transitoria della norma in questio-
ne, l�abrogazione della stessa � da giustificarsi semplicemente con l�avvenu-
to esaurimento dei suoi effetti. 


** ** *
* 


Sotto 
un 
terzo 
profilo, 
secondo 
la 
Corte 
d�Appello 
diTorino, 
non 
sarebbe 
stato 
possibile 
ricorrere 
alla 
procedura 
semplificata 
di 
cui 
all�articolo 
17 
delregolamento 
n. 
2081/92 
in 
quanto 
l�IGP 
in 
questione, 
al 
momento 
della 
pre-
sentazione 
della 
domanda 
di 
registrazione, 
non 
era 
in 
Germania 
�giuridica-
mente 
protetta�
, 
n� 
�sancita 
dall�uso�.

In 
proposito, 
occorre 
ricordare 
che, 
in 
Germania, 
prima 
dell�adozione 
delregolamenton.2081/92, 
l�unicaprotezioneoffertaalledenominazionigeogra-
ficheeraquelladerivantedalle 
disposizionigeneraliinmateriadiconcorrenza 
sleale.

Peraltro, 
dalla 
domanda 
di 
registrazione, 
� 
risultatoche 
taledenominazione 
era 
protetta 
da 
alcune 
convenzioni 
bilaterali 
concluse 
dalla 
Germania 
con 
la 
Francia,conl�Italia,conlaSpagnaeconlaSvizzera,ilchenonpu�chesignifi-
carechedettadenominazione 
fosse 
consacratadall�uso 
sul 
territorio 
nazionale. 




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DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


100 


Ci� detto, va sottolineato che, conformemente alla sentenza K�hne(causa C-269/99), esiste una ripartizione di competenze tra lo Stato membrointeressato e la Commissione nella verifica delle condizioni per ottenere laregistrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine.

In particolare, non spetta alla Commissione determinare se una denomi-
nazione notificata da uno Stato membro sia sancita dall�uso, se il prodotto dicui trattasi debba beneficiare, secondo la sua natura, di una DOP 
o di unaIGP 
o se la zona geografica sia stata definita correttamente.

Infatti, la verifica della sussistenza di tali requisiti richiede conoscenzeapprofondite di elementi particolari dello Stato membro interessato, che pos-
sono essere accertati pi� agevolmente dalle autorit� competenti di tale Statomentre la Commissione � tenuta a svolgere soltanto un esame formale perverificare che la valutazione effettuata dalle autorit� competenti non siaviziata da un errore manifesto.

In proposito, va evidenziato che nella causa collegata e sospesa C-
120/08, il Bundesgerichtshof, e quindi il massimo organo della giustiziatedesca, ha espressamente accertato, nell�ordinanza di rinvio pregiudizialedel 14 febbraio 2008, quale giudice nazionale competente ai sensi dellarichiamata giurisprudenza comunitaria, che il termine Bayerisches Bier noncostituisce in Germania una denominazione generica.

Dovranno quindi trarsene le dovute conseguenze anche nel presente giu-
dizio. 


** ** *
* 
Sotto un quarto profilo, il giudice remittente ritiene che la domanda diregistrazione dell�IGP 
non sarebbe stata presentata tempestivamente.

Al riguardo, posto che la domanda � stata pacificamente presentata neltermine di sei mesi dall�entrata in vigore del regolamento, il vizio formaleatterrebbe, secondo la Corte d�appello di Torino al fatto che la domanda �stata modificata successivamente allo scadere del predetto termine.

In proposito, basti osservare che nella citata sentenza K�hne 
(causa C-
269/99), la Corte di giustizia ha precisato che, contrariamente all�art. 5 delregolamento n. 2081/92, il quale prevede espressamente che, nell�ambito delprocedimento normale, la domanda di registrazione sia accompagnata daldisciplinare, l�art. 17 dello stesso regolamento si limita, per la procedurasemplificata, ad imporre agli Stati membri l�obbligo di comunicare allaCommissione quali denominazioni, tra quelle giuridicamente protette o san-
cite dall�uso, essi desiderano far registrare. 

Pertanto, conformemente alla citata sentenza, il predetto articolo 17 nonpu� essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri l�obbli-
go di comunicare, entro un termine di sei mesi, la versione definitiva deldisciplinare e degli altri documenti rilevanti, con la conseguenza che qual-
siasi modifica del disciplinare inizialmente presentato comporterebbe l�ap-
plicazione del procedimento normale. Deve quindi concludersi che ladomanda di registrazione dell�IGP� stata presentata tempestivamente.

** ** *
* 
Quantoaisollevatiprofilidiinvalidit�delregolamentopercarenzesostan-
ziali, 
rinvio 
a 
quanto 
gi� 
ampiamente 
esposto 
nelle 
osservazioni 
scritte. 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


101 


Sulla questione relativa all�interpretazione del regolamento n. 1347/2001

Con il secondo quesito, formulato in subordine, il giudice remittentechiede alla Corte se il Regolamento n. 1347/2001 debba interpretarsi nelsenso che il riconoscimento della IGP 
�Bayerisches Bier� 
ivi contenuto pre-
giudichi o meno la validit� ed utilizzabilit� dei preesistenti marchi di terzi incui compaia la dizione �Bavaria�. 

In proposito, si osserva che una questione simile � gi� stata affrontatadalla Corte di Giustizia nel caso Gorgonzola (causa C-87/97).

In detta sentenza, la Corte ha innanzitutto chiarito che la nozione di�evocazione� di cui all�art. 13, n. 1 lett. b) del regolamento n. 2081/92 si rife-
risce all�ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto, nellaspecie �Cambozola�, incorpori una parte di una denominazione protetta,
nella specie �Gorgonzola�, di modo che il consumatore, in presenza delnome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferi-
mento, la merce che fruisce della denominazione. 

Per i termini Bayerisches Bier e Bavaria, occorre poi tener conto delfatto che, ai sensi dell�art. 13, paragrafo 1, lett. b) del regolamento n.
2081/92, la tutela contro l�evocazione si estende anche alla traduzione delladenominazione protetta, nella specie, �Birra Bavarese�.

Ma, soprattutto, la Corte, nella sentenza Gorgonzola, ha stabilito chespetta al Giudice nazionale stabilire se le condizioni poste dall�articolo 14,
paragrafo 2, del regolamento n. 2081/92, consentano la prosecuzione dell�u-
so del marchio previamente registrato nonostante la registrazione della deno-
minazione di origine protetta, fondandosi in particolare sulla situazione giu-
ridica vigente al momento della registrazione del marchio onde valutare sequest�ultima sia stata effettuata in buona fede e non comporti un inganno delconsumatore.

Alla luce di tale precedente giurisprudenziale, si ritiene che anche i que-
siti posti dal Bundesgerichtshof nella causa collegata C-120/08, volti sostan-
zialmente a stabilire se l�IGPcomunitaria debba prevalere o meno su un mar-
chio internazionale preesistente e se l�uso di quest�ultimo possa proseguirenonostante la registrazione dell�IGP, saranno decisi alla luce dei principiaffermati dalla richiamata sentenza Gorgonzola.

Lussemburgo, 18 settembre 2008 Avv. Wally Ferrante 


Causa C-415/07 � Materia trattata: aiuti di Stato � Domanda di pronun-
cia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore(Italia) il 10 
settembre 2007 � Lodato Gennaro & C. SpA/Istituto naziona-
le della previdenza sociale (INPS), SCCI. (Avvocato dello Stato W. Ferrante

� AL 
42622/07)
. 
LA 
QUESTIONE 
PREGIUDIZIALE 


Se il diritto comunitario recato dagli Orientamenti in materia di aiutiall�occupazione, dagli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalit� 




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� N. 3/2008 


102 


regionale, e dal Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5dicembre 2002, debba essere interpretato nel senso che, per verificare se visia stato incremento dei posti di lavoro, si debba operare il confronto tra lamedia ULA 
(forza occupazionale) dell�anno precedente all�assunzione e lamedia ULA 
dell�anno successivo all�assunzione, o se invece debba essereinterpretato nel senso che si debba, o anche solo si possa, operare il confron-
to tra la media ULA 
dell�anno precedente all�assunzione ed il dato puntua-
le della forza lavoro esistente in azienda nel solo giorno dell�assunzione. 


L�INTERVENTO 
ORALE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale,

IlgiudicedelrinviochiedeallaCortesegliorientamentiinmateriadiaiuti 
a 
favore 
dell�occupazione, 
gli 
orientamenti 
in 
materia 
di 
aiuti 
di 
Stato 
a 
finali-
t� 
regionale 
e 
il 
regolamento 
n. 
2204/2002 
debbano 
essere 
interpretati 
nelsensochel�incrementodelnumerodeipostidilavoro,affinch�leimpresepos-
sano 
fruire 
degli 
sgravi 
contributivi, 
deve 
essere 
calcolato 
confrontando 
lamedia 
ULA(unit� 
di 
lavoro 
annuale) 
dell�anno 
precedente 
all�assunzione 
con 
la 
media 
ULA 
dell�anno 
successivo 
� 
e 
quindi 
due 
dati 
omogenei 
� 
ovvero 
confrontando 
la 
media 
ULAdell�anno 
precedente 
all�assunzione 
con 
il 
nume-
ro 
dei 
lavoratori 
alla 
data 
dell�assunzione 
� 
e 
quindi 
due 
parametri 
eterogenei.

La legislazione italiana, ed in particolare l�art. 3, comma 5 della legge n.
448/1998 e l�art. 44, comma 1 della legge n. 448/2001, come successivamen-
te specificati dalle due circolari INPS, hanno adottato la seconda soluzione,
prevedendo che il calcolo dell�incremento sia ricavato in relazione al datopuntuale risultante il giorno dell�assunzione.

Il giudice del rinvio propende invece per la prima soluzione, ritenendoche il raffronto debba essere fatto tra la media ULA 
dell�anno precedente equella dell�anno successivo all�assunzione e chiede conforto alla Corte digiustizia in ordine alla correttezza di tale interpretazione.

Ci� premesso, va ricordato che i due regimi di aiuti di cui alle due sud-
dette leggi del 1998 e del 2001 (di cui la seconda ribadisce presupposti e con-
dizioni della prima, fissando una nuova data di riferimento per il calcolodelle nuove assunzioni) sono stati dichiarati dalla Commissione compatibilicon il mercato comune.

Per giungere a tale conclusione, come ricordato dalla stessa Lodato alpunto 14 delle osservazioni scritte, la Commissione ha richiesto allo Statoitaliano di precisare le modalit� di calcolo dell�incremento netto del numerodi dipendenti nel senso che �la creazione di posti di lavoro � calcolata in rap-
porto alla media dei lavoratori dell�impresa nel corso dei dodici mesi prece-
denti l�assunzione�.

Nessun riferimento viene fatto invece dalla Commissione al secondo ter-
mine di paragone che, secondo la Lodato, dovrebbe anch�esso essere unparametro temporale di pari durata e cio� annuale.

SelaCommissioneavesseintesosubordinarelacompatibilit�dell�aiutodi 
Statoadun 
calcolodell�incrementodellaforzalavorobasato 
sudueparametri 




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ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


103 


temporalidiparidurata(lamediadell�annoprecedenteequelladell�annosuc-
cessivo 
all�assunzione) 
lo 
avrebbe 
richiesto 
espressamente 
allo 
Stato 
italianoche,conlaversioneoriginariadelledueleggidel1998edel2001,avevapara-
metrato 
detto 
calcolo 
al 
confronto 
di 
due 
dati 
giornalieri: 
il 
31 
dicembre 
1998 
e, 
rispettivamente, 
il 
31 
dicembre 
2001 
e 
il 
giorno 
dell�assunzione.

Invece la Commissione si � limitata a richiedere, per il calcolo dell�in-
cremento dei posti di lavoro, di far riferimento alla media dei dodici mesiprecedenti l�assunzione.

Ne deriva che il secondo termine di confronto previsto dalla legislazio-
ne italiana e cio� il dato relativo al giorno dell�assunzione, � stato ritenutodall�istituzione comunitaria coerente e compatibile con il mercato comune.

Va sottolineato inoltre che, a fronte dell�art. 87, paragrafo 1 del Trattato,
che pone in linea generale il divieto di aiuti di Stato alle imprese in quantoidonei a falsare la concorrenza, le ipotesi derogatorie di cui ai paragrafi 2 e3 della stessa norma, in quanto ipotesi eccezionali e tassative, debbono esse-
re interpretate restrittivamente, come correttamente osservato dall�INPS aipunti 17 e 18 delle osservazioni. 

Ci� detto, si osserva che la Commissione, nelle sue osservazioni scritte,
pur concordando nella sostanza con le argomentazioni del Governo italianoper quanto concerne l�individuazione della ratio 
giustificatrice degli aiuti diStato in questione, consistenti in sgravi contributivi per incentivare l�incre-
mento dell�occupazione e garantire la stabilit� e la continuit� nel tempo deinuovi posti di lavoro, tuttavia conclude nel senso che il criterio di calcolodell�aumento netto dei posti di lavoro presupporrebbe due termini temporalidi paragone omogenei (l�anno precedente e l�anno successivo all�assunzio-
ne), consentendo cos� di usufruire del beneficio anche alle imprese che siavvalgano prevalentemente di lavoratori stagionali, il cui rapporto di lavoronon � quindi caratterizzato da quella stabilit� e continuit� che costituisce lagiustificazione dell�aiuto.

La Commissione pur non escludendo la legittimit� di un regime di aiutiche preveda regole pi� rigide, per quanto riguarda la condizione della stabi-
lit� e della continuit� nel tempo dei nuovi posti di lavoro, quale quello italia-
no, ritiene coerente con la finalit� dell�aiuto anche la considerazione delleassunzioni di lavoratori stagionali.

Tale tesi non appare condivisibile.

Infatti, pur essendo connaturato a determinate attivit�, quali quelle turi-
stiche o quelle di raccolta e trasformazione di prodotti agricoli stagionali,
come nel caso di specie, un picco di attivit� in determinati periodi dell�anno,
con la conseguente necessit� di assumere un maggior numero di dipendentiper quel determinato periodo, il presupposto indefettibile per poter beneficia-
re degli sgravi contributivi in questione sembra essere invece l�incremento diposti di lavoro stabili e duraturi.

Che questa sia la finalit� degli aiuti in questione emerge in modo inequi-
vocabile dal punto 21 degli Orientamenti in materia di aiuti all�occupazione,
che prevede due condizioni che vanno entrambe nella direzione dell�incenti-
vo alla stabilit� del rapporto: 1. l�obbligo di effettuare l�assunzione nel qua-



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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
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104 


dro di un contratto a tempo indeterminato o di durata sufficientemente lunga;

2. l�obbligo di mantenere il nuovo posto di lavoro per un periodo di tempominimo dopo la sua creazione.
Dette condizioni sono contemplate esplicitamente anche nella legislazio-
ne italiana ed in particolare all�art. 3, comma 6, lettere f) e c) della legge488/98 che richiedono, rispettivamente, che i contratti di lavoro siano atempo indeterminato e che il livello di occupazione raggiunto a seguito dellenuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato, pariad un triennio.

In questo quadro, appare contraddittoria la posizione della Commissioneche, da un lato, afferma espressamente, al punto 35 delle osservazioni, che alfine di stabilire l�incremento netto dei posti di lavoro si possono contare soloi posti di lavoro creati in maniera stabile e mantenuti per un periodo minimoe che i lavoratori assunti in maniera precaria, per un periodo estremamentelimitato, non possono invece essere calcolati; dall�altro, ritiene preferibile ilsistema di calcolo dell�incremento dei posti di lavoro prospettato dal giudi-
ce del rinvio che, richiedendo il confronto tra due dati temporali omogenei(l�anno precedente e l�anno successivo) consente di beneficiare dell�aiutoanche chi assuma un gran numero di lavoratori stagionali che costituisconol�antitesi del rapporto stabile e continuativo.

Peraltro, non appare affatto necessario che anche il secondo termine diconfronto sia anch�esso un periodo di tempo (e non un giorno) al fine dipoter compensare i posti di lavoro creati e soppressi in un arco temporale.

Infatti non solo l�art. 3, comma 6 lettera d) della legge 448/98 prevedeche l�incremento della base occupazionale venga considerato al netto dellediminuzioni addirittura in societ� controllate ma il periodo successivo allanuova assunzione, come si � detto, � stato oggetto di specifica valutazionesia da parte del legislatore italiano, sia dagli orientamenti in materia di aiutiall�occupazione.

Tale 
periodo 
per� 
rileva 
esclusivamente 
ai 
fini 
del 
requisito 
del 
manteni-
mento 
del 
livello 
occupazionale 
raggiunto 
a 
seguito 
delle 
nuove 
assunzioni,
pena 
la 
revoca 
del 
beneficio, 
requisito 
distinto 
dall�incremento 
occupazionale 
netto 
e 
parimenti 
necessario 
per 
il 
diritto 
allo 
sgravio 
contributivo 
triennale.

Di conseguenza, la modalit� di calcolo dell�incremento occupazionalenetto prospettata dal giudice a quo 
verrebbe a sovrapporsi, almeno parzial-
mente, al requisito del mantenimento occupazionale raggiunto, ingenerandosolo confusione nella verifica degli elementi costitutivi del diritto allo sgra-
vio contributivo.

Quanto al rilievo del giudice del rinvio secondo il quale il criterio adot-
tato dall�INPS nel calcolo dell�incremento occupazionale si risolverebbe inuna disparit� di trattamento tra imprese che hanno una forza occupazionalecostante e imprese che esercitano attivit� stagionali, caratterizzata da picchidi assunzioni, si ribadisce che tale diverso trattamento non appare ingiustifi-
cato ed anzi il fatto che le imprese stagionali incontrino limiti nel fruire dellosgravio triennale � del tutto coerente sia con la ratio 
della legislazione italia-
na, sia con la normativa comunitaria in materia di aiuti all�occupazione. 




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COMUNITARIO 
ED 
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Infatti, la norma di diritto interno, subordinando il beneficio contributi-
vo all�assunzione del lavoratore con rapporto di lavoro a tempo indetermina-
to ed al mantenimento del livello occupazionale raggiunto per un periodo ditre anni, � finalizzata a premiare l�incremento di occupazione stabile e nondi quella saltuaria tipica delle attivit� stagionali, che non offrono alcunagaranzia di continuit� nel rapporto di lavoro.

Lussemburgo, 21 ottobre 2008 Avv. Wally Ferrante 


Causa C-444/07 � Materia trattata: spazio di libert�, sicurezza e giusti-
zia � Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sad Rejonowy 
Gdansk � P�lnoc 
w 
Gdansku (Repubblica di Polonia) il 27 settembre 
2007 � MG Probud Gdynia Sp. z o.o. w Gdyni/Ufficio doganale principaledi Saarbrucken. (Avvocato dello Stato W. Ferrante � AL 
33958/07)
. 


LE 
QUESTIONI 
PREGIUDIZIALI 


1)Se, 
inconsiderazionedegliarticoliagliartt.3,4,16,17nonch�25del 
regolamento 
CE 
del 
Consiglio 
29 
maggio 
2000, 
n. 
1346, 
relativo 
alle 
proce-
dure 
di 
insolvenza, 
cio� 
alla 
luce 
della 
normativa 
concernente 
la 
competenza 
internazionale 
dei 
giudici 
dello 
Stato 
di 
apertura 
del 
procedimento 
di 
insol-
venza, 
il 
diritto 
di 
applicarla 
a 
tale 
procedimento 
nonch� 
i 
presupposti 
e 
gli 
effetti 
del 
riconoscimento 
del 
procedimento 
di 
insolvenza, 
gli 
organi 
dell�am-
ministrazione 
statale 
di 
uno 
Stato 
membro 
abbiano 
il 
diritto 
di 
procedere 
al 
pignoramento 
di 
mezzi 
finanziari 
depositati 
sul 
conto 
bancario 
di 
un 
opera-
tore 
economico 
in 
seguito 
all�apertura 
in 
un 
altro 
Stato 
membro 
del 
procedi-
mento 
relativo 
alla 
sua 
insolvenza 
(applicazione 
del 
cosiddetto 
sequestro 
dei 
beni) 
in 
contrasto 
con 
la 
legge 
nazionale 
dello 
Stato 
di 
apertura 
del 
procedi-
mento 
(art. 
4 
del 
regolamento 
del 
Consiglio 
29 
maggio 
2000, 
n. 
1346, 
relati-
vo 
alle 
procedure 
di 
insolvenza) 
in 
una 
situazione 
in 
cui 
non 
sussistono 
i 
pre-
supposti 
di 
un�applicazione 
degli 
artt. 
5 
e 
10 
del 
regolamento;

2) se, alla luce dell�art. 25, punto 1 e segg. del regolamento CE delConsiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, gliorgani dell�amministrazione statale di uno Stato membro, in cui non � statoaperto alcun procedimento secondario di insolvenza e che sono soggetti alriconoscimento ai sensi dell�art. 16 del regolamento, possano rifiutare diriconoscere le decisioni dello Stato di apertura concernenti lo svolgimento ela chiusura del procedimento di insolvenza, basate sugli artt. 31-51 dellaConvenzione di Bruxelles sulla competenza, il riconoscimento e l�esecuzio-
ne delle decisioni in materie civili e commerciali, richiamandosi a normati-
ve nazionali. 


IL 
FATTO 


Le 
questioni 
pregiudiziali 
sono 
state 
sollevate 
dal 
Tribunale 
polacco 
nelcorsodiunaprocedura 
fallimentarediunasociet�avente 
lasuasedeprincipa-



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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


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le 
in 
Polonia 
ed 
una 
sede 
secondaria 
in 
Germania 
al 
fine 
di 
accertare 
la 
legit-
timit� 
degli 
atti 
esecutivi 
posti 
in 
essere 
in 
Germania 
dall�Ufficio 
doganale 
diSaarbr�ckenchehaprocedutoalpignoramentodidepositibancariedaltricre-
ditifinanziarivantatidallasociet�insolventeinGermanianeiconfrontidicon-
troparti 
tedesche, 
successivamente 
all�apertura 
del 
fallimento 
in 
Polonia. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Al 
primo 
quesito, 
secondo 
il 
Governo 
italiano, 
va 
data 
risposta 
negativa. 


Varilevatoinfattiche,anormadell�art.3delregolamenton.1346del2000, 
sonocompetentiadaprire 
laproceduradiinsolvenzaigiudicidelloStatomem-
bronelcuiterritorio�situatoilcentrodegliinteressiprincipalideldebitore.Perle 
societ�elepersone 
giuridichesipresume 
che 
ilcentrodegli 
interessi 
princi-
pali 
sia, 
fino 
a 
prova 
contraria, 
il 
luogo 
in 
cui 
si 
trova 
la 
sede 
statutaria. 


Se 
il 
centro 
degli 
interessi 
principali 
del 
debitore 
� 
situato 
nel 
territorio 
di 
unoStatomembro,igiudicidiunaltroStatomembrosonocompetentiadapri-
reunaproceduradiinsolvenzaneiconfrontideldebitoresolosequestipossie-
de 
una 
dipendenza 
nel 
territorio 
di 
tale 
altro 
Stato 
membro. 
Gli 
effetti 
di 
tale 
procedura 
sono 
limitati 
ai 
beni 
del 
debitore 
che 
si 
trovano 
in 
tale 
territorio.

Nella fattispecie in esame � fuori discussione che la competenza � delgiudice polacco e che non � stata aperta una procedura concorsuale seconda-
ria in Germania. 

Ai sensi del seguente art. 4 dello stesso regolamento, inoltre, alla proce-
dura di insolvenza e ai suoi effetti, si applica la legge dello Stato membro nelcui territorio � aperta la procedura. 

La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, losvolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina inparticolare, tra l�altro: i debitori che per la loro qualit� possono essere assog-
gettati alla procedura di insolvenza; i beni che sono oggetto di spossessa-
mento e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l�apertura della proce-
dura di insolvenza; gli effetti della procedura di insolvenza sui contratti incorso di cui il debitore � parte; gli effetti della procedura di insolvenza sulleazioni giudiziarie individuali, salvo che per i procedimenti pendenti. 

Un�importante eccezione � posta dall�art. 5, a mente del quale l�apertu-
ra della procedura di insolvenza non pregiudica il diritto reale del creditore

o del terzo sui beni materiali o immateriali, mobili o immobili, siano essibeni determinati o universalit� di beni indeterminati variabili nel tempo, dipropriet� del debitore, che, al momento dell�apertura della procedura, si tro-
vano nel territorio di un altro Stato membro. 
Ne deriva che, nel caso in esame, non sembra sia ammesso dal regola-
mento il diritto di pignorare, dopo l�apertura della procedura di insolvenza,
depositi bancari o crediti finanziari esistenti presso enti siti in uno Statomembro differente da quello di apertura del procedimento concorsuale, postoche tali beni esulano dalla disciplina derogatoria delineata dal citato art. 5.

Si tratta infatti, da quanto emerge dall�ordinanza di rimessione, di pigno-
ramento di crediti basati su contratti di deposito o assimilabili, e quindi di 




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COMUNITARIO 
ED 
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beni che, come segnala il Tribunale polacco, sono ritenuti, dalla legge appli-
cabile ai sensi del regolamento, oggetto di spossessamento. 

N� � applicabile nella fattispecie l�ulteriore eccezione di cui all�art. 10del regolamento, in base al quale gli effetti della procedura di insolvenza sulcontratto e sul rapporto di lavoro sono disciplinati dalla legge dello Statomembro applicabile al contratto di lavoro.

L�Ufficio doganale tedesco avrebbe pertanto dovuto fare istanza per l�a-
pertura di una procedura concorsuale secondaria in Germania presso ilTribunale ove ha sede la dipendenza della societ� polacca ai sensi dell�art. 3,
paragrafi 2 e 3 ovvero insinuare i propri crediti al passivo fallimentare nellaprocedura aperta in Polonia, ai sensi dell�art. 39 del regolamento, al fine dinon pregiudicare la massa dei creditori.

Dopo l�apertura del fallimento infatti non sono pi� ammessi atti esecuti-
vi individuali ed anzi l�art. 20 del regolamento dispone che il creditore che,
dopo l�apertura del fallimento, ottenga con qualsiasi mezzo, in particolaremediante azioni esecutive, soddisfazione totale o parziale del credito conbeni del debitore situati nel territorio di un altro Stato membro, deve restitui-
re al curatore ci� che ha ottenuto.

Come risulta dal terzo considerando del regolamento, infatti, atteso chel�attivit� delle imprese presentano sempre di pi� implicazioni trasfrontaliere,
� necessario che la normativa comunitaria imponga di coordinare i provve-
dimenti da adottare in merito al patrimonio del debitore insolvente.

Proprio al fine di salvaguardare la parit� di trattamento dei creditori, iconsiderando 20 e 21 precisano che le procedure principali e secondarie diinsolvenza possono contribuire ad un efficace liquidazione dell�attivo se �effettuato un coordinamento tra tutte le procedure pendenti.

Pertanto, qualora la societ� insolvente abbia una dipendenza in un altroStato membro rispetto alla sua sede statutaria, il regolamento consente al cre-
ditore la suddetta alternativa: far aprire una procedura concorsuale seconda-
ria in detto Stato membro ovvero insinuarsi al passivo del fallimento apertonello Stato membro ove la societ� ha la sua sede principale.

Gli � precluso invece di promuovere azioni esecutive individuali.

** ** *
* 


Quanto al secondo quesito, la soluzione dipende dall�accertamento se laprocedura di insolvenza aperta in Polonia rientri o meno, ai sensi dell�art. 2,
paragrafo 1, lettera a), nell�elenco di cui all�allegato A, come integrato conil regolamento (CE) n. 603/2005 adottato a seguito dell�adesione all�Unioneeuropea dei nuovi Stati membri, tra cui la Polonia.

Tale circostanza non sembra essere stata accertata dal giudice del rinvioche, a p. 3 dell�ordinanza di rimessione, da atto che i giudici tedeschi hannoritenuto che l�apertura del procedimento a Danzica non ostacolasse il seque-
stro e pignoramento dei detti crediti, proprio in quanto la procedura nonrisulterebbe rientrare nell�allegato 
A 
del regolamento, che specifica tassati-
vamente quali sono le procedure di insolvenza rilevanti nei singoli Stati. 

Se, cio�, non si trattasse di procedimento rientrante nel predetto allega-
to, cadrebbe la rilevanza della questione posta. 




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DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


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Altrimenti, ai sensi degli artt. 16 e 25 del regolamento, la decisione diapertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Statomembro � riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produ-
ce effetto nello Stato in cui la procedura � aperta ed � eseguita a norma degliarticoli 31 e 51 della Convenzione di Bruxelles. 


** ** *
* 


Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo que-
sito nel senso che gli organi dell�amministrazione statale di uno Stato mem-
bro non hanno il diritto di procedere al pignoramento di mezzi finanziaridepositati sul conto bancario di un operatore economico, in seguito all�aper-
tura in un altro Stato membro del procedimento relativo alla sua insolvenzain contrasto con la legge nazionale dello Stato di apertura del procedimentoin una situazione in cui non sussistono i presupposti di un�applicazione degliartt. 5 e 10 del regolamento.

Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo que-
sito nel senso che, alla luce dell�art. 25, punto 1 e segg. del regolamento CEdel Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolven-
za, gli organi dell�amministrazione statale di uno Stato membro, in cui non� stato aperto alcun procedimento secondario di insolvenza e che sono sog-
getti al riconoscimento ai sensi dell�art. 16 del regolamento, possono rifiuta-
re di riconoscere le decisioni dello Stato di apertura concernenti lo svolgi-
mento e la chiusura del procedimento di insolvenza, basate sugli artt. 31-51della Convenzione di Bruxelles sulla competenza, il riconoscimento e l�ese-
cuzione delle decisioni in materia civili e commerciali, solo se la procedurain questione non rientra nell�elenco di cui all�allegato Adel regolamento.

Roma, 10 ottobre 2008 Avv.Wally Ferrante 


Causa C-138/08 � Materia trattata: libera prestazione dei servizi �
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fov�rosi �t�lot�bla(Repubblica Ungheria) il 7 aprile 2008 
� Hochtief AG e Linde-Kca-
Dresden 
GmbH/K�zeszerzes�k 
Tan�csa 
K�zbeszerz�si 
D�ntibizotts�g.
(Avvocato dello Stato S. Fiorentino � AL 
24119/08)
. 


LE 
QUESTIONI 
PREGIUDIZIALI 


1) Se sia applicabile il regime di cui all�art. 44, n. 3, della direttiva2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazionedegli appalti pubblici di lavori [, di forniture e di servizi], che ha sostituitol�art. 22 della direttiva del Consiglio 93/37/CEE, qualora l�inizio della pro-
cedura di appalto si sia verificato in un lasso di tempo in cui la direttiva2004/18/CE era gi� entrata in vigore, ma non era ancora scaduto il periodoconcesso agli Stati membri per l�attuazione della direttiva in parola, cos� chequest�ultima non era ancora stata recepita nel diritto interno.

2) Qualora la prima questione sia risolta in senso affermativo, si chiedealtres� alla Corte di giustizia se, in caso di procedure negoziate con pubbli-



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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


109 


cazione di un bando di gara, considerato che l�art. 44, n. 3 della direttiva2004/18/CE stabilisce che �[i]n ogni caso il numero di candidati invitatideve essere sufficiente ad assicurare un�effettiva concorrenza�, si debbainterpretare la limitazione del numero di candidati idonei nel senso che nellaseconda fase � quella relativa all�aggiudicazione dell�appalto � debbaesserci invariabilmente un numero minimo di candidati (pari a tre).

3) Qualora la prima questione sia risolta in senso negativo, si chiedealtres� alla Corte di giustizia se il requisito che �vi sia un numero sufficien-
te di candidati idonei�, di cui all�art. 22, n. 3 della direttiva del Consiglio93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pub-
blici di lavori (in prosieguo: la �Direttiva�), si debba interpretare nel sensoche, quando non si raggiunga il numero minimo (tre) di candidati idoneiinvitati a partecipare, l�iter della procedura non possa proseguire con l�in-
vito a presentare offerte.

4) Qualora la Corte di giustizia risolva la terza questione in senso nega-
tivo, si chiede altres� se l�art. 22, n. 2, secondo comma, della Direttiva, col-
locato fra le disposizioni relative alle procedure ristrette, in base al quale�[i]n ogni caso, il numero dei candidati ammessi a presentare offerta deveessere sufficiente ad assicurare una concorrenza reale�, si applichi alle pro-
cedure negoziate in due fasi disciplinate al n. 3. 


IL 
FATTO 


Con decisione del 13 febbraio 2008, depositata il successivo 7 aprile, ilFov�rosi �t�lot�bla 
(Corte d�Appello della Capitale), nell�ambito di un pro-
cedimento civile di appello promosso dalla �Hochtief AG� e dalla �LindeKca Dresden GmbH� (in prosieguo: �le appellanti� 
o 
�le ricorrenti�) neiconfronti della �Commissione decisoria in materia di aggiudicazione di pub-
blici appalti del Consiglio per i pubblici appalti� (�l�appellata� o �la conve-
nuta�), a favore della quale � intervenuto il Comune di Budapest, ha sotto-
posto alla Corte i sopra esposti quesiti.

Il 5 febbraio 2005 il Comune di Budapest, agendo in qualit� di ammini-
strazione aggiudicatrice, ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell�UnioneEuropea un bando di gara per una procedura negoziata avente ad oggettolavori il cui valore superava la soglia di rilevanza prevista dalla direttiva. Ilnumero di candidati che sarebbero stati invitati a formulare offerte era fissa-
to in un minimo di tre e in un massimo di cinque. Nel termine fissato dalbando sono pervenute cinque candidature, fra le quali quelle delle ricorrenti(che, secondo quanto � dato ricavare dall�ordinanza di rinvio, erano riunitein consorzio o in associazione temporanea). L�amministrazione aggiudicatri-
ce ha chiuso la fase di presentazione delle offerte, ha ritenuto idonei due solicandidati ed ha comunicato loro l�invito a presentare offerte.

Le ricorrenti sono insorte con un ricorso nel quale hanno contestato,
oltre alla propria esclusione (1), la decisione dell�amministrazione aggiudi-
catrice di proseguire nella procedura di gara nonostante il numero delle can-
didature considerate valide ed idonee fosse inferiore a tre. 



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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


110 


Le parti hanno proposto al Tribunale punti di vista contrastanti in ordinealla interpretazione della normativa interna ungherese, vertenti principal-
mente sull�articolo 130, nn. 1 e 7, della �2003. �vi CXXIX. T�rv�ny. 
a 
K�zbeszerz�sekril� (legge ungherese in materia di aggiudicazione di appal-
ti pubblici: in prosieguo �Kbt.�): secondo l�appellata e l�interveniente, que-
sta norma prescrive di invitare a presentare offerte candidati in numero paria quello stabilito, ma non impone di considerare deserta la fase di presenta-
zione delle candidature e, quindi, di arrestare l�iter della procedura nel casoin cui le candidature valide siano in numero inferiore. Le ricorrenti hannoinsistito nella tesi opposta, facendo leva sull�articolo 22, paragrafi 2 e 3,
della direttiva, alla luce del quale doveva essere interpretato l�articolo 130,
nn. 1 e 7, della Kbt..

Il Tribunale ha rigettato il ricorso, in quanto ha ritenuto che il requisitodi cui alla norma nazionale ungherese si riferisca esclusivamente al limitesuperiore, nel senso di vietare che siano invitati un numero di candidati supe-
riore a tale limite. In mancanza di disposizioni in tal senso, non � invece pos-
sibile dichiarare la gara deserta nel caso in cui il numero dei candidati ido-
nei non raggiunga il limite inferiore.

Le ricorrenti si sono appellate al Giudice di secondo grado, tornando adinvocare la propria lettura dell�art. 22, par. 3, della direttiva, secondo la qualenon sarebbe consentita la partecipazione di meno di tre candidati alla fasedella negoziazione. Questa regola, secondo le ricorrenti, � stata ribadita nel-
l�art. 44, par. 3, della direttiva 2004/18/CE. 

Nella motivazione del rinvio, la Corte d�Appello ha interpretato le dispo-
sizioni della Kbt. nel senso che, qualora vi siano candidati idonei che abbia-
no presentato candidature valide, l�iter della procedura deve proseguire, seb-
bene il loro numero sia minore del limite inferiore. Al fine di assicurare laconcorrenza effettiva �, infatti, sufficiente che l�amministrazione aggiudica-
trice, nel momento in cui si inizia la procedura, fissi dei limiti inferiori esuperiori conformi alla norma. 


LA 
NORMATIVA 
COMUNITARIA 
RILEVANTE 


I quesiti posti nell�ordinanza di rinvio portano sull�interpretazione delladirettiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, Direttiva del Consiglioche coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori.

L�articolo 1, che contiene le definizioni rilevanti per la direttiva, chiari-
sce quanto segue:
�Ai fini della presente direttiva: 
a � d) ... Omissis ... 
e) le �procedure aperte� sono le procedure nazionali in cui ogni imprendi-
tore interessato pu� presentare un�offerta; 

(1) Le ragioni dell�esclusione sono illustrate nell�ordinanza di rimessione, ma in que-
sto scritto se ne prescinder� in quanto non rilevanti ai fini delle questioni pregiudiziali. 

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f) le �procedure ristrette� sono le procedure nazionali in cui soltanto gli
imprenditori invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici possono presentare 
un�offerta; 
g) le �procedure negoziate� sono le procedure nazionali in cui le amministrazioni 
aggiudicatrici consultano gli imprenditori di propria scelta e negoziano 
con uno o pi� di essi le condizioni del contratto; 
h) �offerente� � l�imprenditore che ha presentato un�offerta e�candidato� 
�
chi chiede un invito a partecipare a una procedura ristretta o a una procedura 
negoziata�
. 


L�articolo 22 della direttiva dispone:

�1. Nelle procedure ristrette e nelle procedure negoziate, le amministrazioniaggiudicatrici scelgono, sulla base delle informazioni riguardanti la situa-
zione personale dell�imprenditore e delle informazioni e formalit� necessa-
rie per la valutazione delle condizioni minime di carattere economico e tec-
nico che questi ultimi devono soddisfare, i candidati che esse inviteranno apresentare un�offerta o a negoziare, fra quelli che posseggono le qualificherichieste dagli articoli da 24 a 29. 
2. Le amministrazioni aggiudicatrici, quando attribuiscono un appaltomediante procedura ristretta, possono prevedere la forcella all�interno dellaquale si collocher� il numero delle imprese che esse intendono invitare. Inquesto caso, la forcella � indicata nel bando di gara. La forcella � stabilitain funzione della natura dell�opera da realizzare. La cifra meno elevata dellaforcella non deve essere inferiore a cinque. La cifra superiore della forcellapu� essere fissata a venti. 
In ogni caso, il numero dei candidati ammessi a presentare offerta deve esse-
re sufficiente ad assicurare una concorrenza reale. 
3. Le amministrazioni aggiudicatrici, quando attribuiscono un appaltomediante procedura negoziata, nei casi previsti all�articolo 7, paragrafo 2,
il numero dei candidati ammessi a negoziare non pu� essere inferiore a tre,
a condizione che vi sia un numero sufficiente di candidati idonei.
4. Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici faccia-
no appello, senza discriminazione agli imprenditori degli altri Stati membriaventi le qualifiche prescritte e che ci� avvenga a condizioni uguali a quel-
le applicabili agli imprenditori nazionali�. 
L�intera direttiva � stata abrogata dall�articolo 82 della direttiva delParlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE, relativaal coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dilavori, di forniture e di servizi. Questa direttiva, all�articolo 1, par. 11, con-
tiene le seguenti definizioni:

�a) Le �procedure aperte� sono le procedure in cui ogni operatore economico 
interessato pu� presentare un�offerta. 
b) 
Le 
�procedure 
ristrette
� 
sono 
le 
procedure 
alle 
quali 
ogni 
operatore 
economico 
pu� 
chiedere 
di 
partecipare 
e 
in 
cui 
soltanto 
gli 
operatori 
economici
invitati 
dalle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
possono 
presentare 
un�offerta.
c) Il �dialogo competitivo� � una procedura alla quale qualsiasi operatore
economico pu� chiedere di partecipare e nella quale l�amministrazione 




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aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura al
fine di elaborare una o pi� soluzioni atte a soddisfare le sue necessit� e sulla
base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare 
le offerte. 
... Omissis..
.
d) Le �procedure negoziate� sono le procedure in cui le amministrazioni
aggiudicatrici consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano
con uno o pi� di essi le condizioni dell�appalto. 
e) ... Omissis ...�
. 


L�articolo 44, paragrafo 3, della direttiva dispone:

�3. Nelle procedure ristrette, nelle procedure negoziate con pubblicazione diun bando di gara e nel dialogo competitivo, le amministrazioni aggiudica-
trici possono limitare il numero di candidati idonei che inviteranno a presen-
tare un�offerta, a negoziare od a partecipare al dialogo, purch� vi sia unnumero sufficiente di candidati idonei. Le amministrazioni aggiudicatriciindicano nel bando di gara i criteri o le norme obiettivi e non discriminato-
ri che intendono applicare, il numero minimo di candidati che intendonoinvitare e, all�occorrenza, il numero massimo.
Nelle procedure ristrette il numero minimo di candidati � cinque. Nelle pro-
cedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo com-
petitivo il numero minimo di candidati � tre. In ogni caso il numero di can-
didati invitati deve essere sufficiente ad assicurare un�effettiva concorrenza.
Le amministrazioni aggiudicatrici invitano un numero di candidati almenopari al numero minimo prestabilito. Se il numero di candidati che soddisfa-
no i criteri di selezione e i livelli minimi � inferiore al numero minimo, l�am-
ministrazione aggiudicatrice pu� proseguire la procedura invitando il can-
didato o i candidati in possesso delle capacit� richieste. L�amministrazioneaggiudicatrice non pu� includere in tale procedura altri operatori economi-
ci che non abbiano chiesto di partecipare o candidati che non abbiano lecapacit� richieste�.
L�articolo 80 della direttiva 2004/18/CE, al paragrafo 1, dispone:
�Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamenta-
ri e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entroil 31 gennaio 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione�. 

Il successivo articolo 82, al paragrafo 1, stabilisce:
�La direttiva 92/50/CEE, ad eccezione dell�articolo 41, e le direttive93/36/CEE e 93/37/CEE sono abrogate, a decorrere dalla data di cui all�ar-
ticolo 80, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di rece-
pimento e di attuazione di cui all�allegato XI�
. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Analisi � Primo quesito

Con 
il 
primo 
quesito, 
il 
Giudice 
del 
rinvio 
chiede 
di 
conoscere 
se 
sia 
applicabile 
ai 
fatti 
di 
causa 
il 
regime 
di 
cui 
all�art. 
44, 
par. 
3, 
della 
direttiva2004/18/CE,sebbenelaprocedurad�appaltoabbiaavutoinizioinun�epocain 




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cuiladirettivanonerastataancorarecepitaneldirittointerno 
ein 
cuinonera 
ancora 
scaduto 
il 
termine 
di 
trasposizione 
previsto 
dalla 
direttiva 
medesima.

Ritiene il Governo italiano che, in conformit� alla consolidata giurispru-
denza di codesta Corte, al quesito debba darsi risposta negativa.

Alle norme di una direttiva il cui termine di trasposizione non sia scadu-
to non pu� essere attribuita efficacia ai fini del c.d. effetto diretto verticale(rispetto al quale sembrerebbero, invece, sussistere le condizioni soggettivenel giudizio a quo).

� noto, infatti, come la ragione giustificatrice del principio dell�effettodiretto verticale delle direttive risieda nella necessit� di evitare che uno Statomembro si giovi della propria situazione di inadempimento per negare al sin-
golo l�esercizio di un diritto attribuito da una direttiva. Questa � anche laragione per la quale il principio non pu� essere invocato da uno Stato peraffermare un obbligo del singolo. Infatti le direttive, in base all�articolo 249CE e a differenza delle norme del Trattato, non possono istituire direttamen-
te obblighi a carico dei singoli.

Sin da epoca risalente codesta Corte ha, pertanto, enunciato il principio

� al quale il Governo italiano ritiene occorra dare continuit� � secondo ilquale in pendenza del termine di trasposizione l�inosservanza dell�obbligodello Stato di realizzare il risultato voluto dalla direttiva non � sanzionabile,
sebbene nel periodo tra l�entrata in vigore della direttiva e la scadenza deltermine per il recepimento gravi sugli Stati membri un obbligo di standstill,
che ha fonte in elementari doveri di buona fede e di leale cooperazione e checomporta che gli Stati devono astenersi dall�adottare disposizioni che possa-
no compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva (2).
Poich� non consta che la norma nazionale, che la giurisdizione di rinvioha prospettato di dover applicare, sia stata introdotta nell�ordinamentoungherese dopo l�entrata di vigore della direttiva 2004/18/CE, la questionedi una eventuale violazione dell�obbligo di standstill 
non pu� venire in rilie-
vo nella presente controversia. 

Per ragioni sostanzialmente analoghe deve escludersi che alle normedella direttiva 2004/18/CE possa essere attribuita efficacia ai fini dell�effet-
to c.d. di primazia del diritto comunitario 
e, dunque, di disapplicazione dellenorme di diritto interno con esso contrastanti.

Sul punto, baster� rilevare che i fatti oggetto della controversia avevanoesaurito i propri effetti in un�epoca nella quale, non essendo scaduto il ter-
mine previsto dall�articolo 80 della direttiva 2004/18/CE, non si era prodot-
to l�effetto abrogativo previsto dall�art. 82 della medesima direttiva. 
A 
taleepoca, pertanto, aveva ancora pieno vigore la direttiva 93/37/CEE, alla lucedelle cui norme deve esser analizzata la situazione di fatto per cui � causa ela compatibilit� della norma ungherese con il diritto comunitario (3)
. 


(2) Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-129/06, Inter-Environment Wallonie, punti da 
45 a 50. 
(3) Si confronti, per un caso analogo, la sentenza 29 novembre 2007, causa C-119/06,
Commissione/Italia, punto 33. 

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Secondo e terzo quesito

In considerazione della risposta che � stata suggerita per il primo quesi-
to, ritiene il Governo italiano che la Corte debba trascorrere all�esame delterzo quesito. Nella presente sezione, tuttavia, si analizzeranno anche glieffetti dell�art. 44, par. 3, della direttiva 2004/18/CE che, ad avviso delGoverno italiano, non conducono a risultati difformi rispetto a quelli prodot-
ti dall�articolo 22, par. 3, della direttiva 93/37/CEE.

L�articolo 22, par. 3, della direttiva 93/77/CEE dispone(va) che nel casoin cui le amministrazioni aggiudicatrici attribuissero un appalto medianteprocedura negoziata, il numero dei candidati ammessi a negoziare non potes-
se essere inferiore a tre �a condizione che vi sia un numero sufficiente di can-
didati idonei�.

La direttiva 2004/18/CE, attraverso il combinato disposto dei commi 1 e2 dell�art. 44, par. 3, ha previsto una regola analoga. Al successivo commaterzo del medesimo paragrafo la direttiva chiarisce che il numero minimo siriferisce ai candidati che le amministrazioni aggiudicatrici �invitano� e chequalora il numero dei candidati che soddisfano i criteri di selezione e i livel-
li minimi sia inferiore al numero minimo, l�amministrazione aggiudicatrice
�pu� proseguire la procedura invitando il candidato o i candidati in posses-
so delle capacit� richieste�. 

Entrambe le direttive, pertanto, seppure attraverso disposizioni parzial-
mente difformi, sembrano piuttosto chiare nell�affermare un analogo princi-
pio, e cio� che il rispetto del numero minimo di candidati da ammettere allafase della negoziazione � subordinato alla sussistenza un numero almenopari di candidati idonei e che, nel caso in cui non si verifichi tale condizio-
ne, il limite rimane quello del rispetto della �effettiva concorrenza� (4).

Questa previsione � enunciata espressamente dalla direttiva 2004/18/CE,
all�articolo 44, par. 3, comma 3. 

Ma la stessa soluzione si ricava dal tenore letterale dell�articolo 22, par.
3, della direttiva 93/37/CEE, perch� la regola secondo la quale il numerominimo dei candidati ammessi a negoziare debba essere almeno pari a tre �affermata alla condizione dell�esistenza di un numero sufficiente di candida-
ti idonei. Quindi il fatto che questa condizione non si verifichi non compor-
ta, come invece ritengono le ricorrenti nel giudizio a quo, che la procedurasi debba arrestare, ma, pi� semplicemente, che non si applichi la regola sulnumero minimo pari a tre dei candidati ammessi (5)
. 


(4) Questo limite, ribadito dall�art. 22, par. 2, comma 2, inerisce evidentemente a tuttele procedure previste dalla direttiva, costituendone l�obiettivo: v., per tutte, sentenza 7 otto-
bre 2004, causa C-247/02, Sintesi S.p.a., punti 35 -37.
(5) In effetti, la versione italiana dell�art. 22, par. 3, della direttiva 93/37/CEE � piutto-
sto approssimativa. Ma l�interpretazione letterale che si � proposta nel testo sembra a mag-
gior ragione imposta ove si abbia riguardo alla versione inglese della direttiva (�Where thecontracting authorities award a contract by negotiated procedure as referred to in Article 7(2), the number of candidates admitted to negotiate may not be less than three provided that 

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In altre parole, il numero minimo di candidati � condizione di procedibi-
lit� della procedura di aggiudicazione solo se sussistano in tale numero sog-
getti qualificati. 

La soluzione appare imposta anche dall�interpretazione sistematica, per-
ch� dalla definizione contenuta nell�articolo 1 della direttiva 93/37/CEE (laquale non � stata sostanzialmente modificata dalla direttiva 2004/18/CE), siricava che nella procedura negoziata la fase della negoziazione pu� coinvol-
gere �uno o pi�
� 
imprenditori, il che appunto esclude che a questa fase deb-
bano prendere parte almeno tre offerenti. Questa definizione, infatti, riguar-
da tutte le procedure negoziate, indipendentemente dal fatto che si ricadanell�ambito del paragrafo 2 o del paragrafo 3 dell�articolo 7 della direttiva(dal fatto, cio�, che sia necessaria, o meno, la pubblicazione preliminare diun bando di gara).

Va, inoltre, evidenziato che l�articolo 22, par. 3, utilizza il termine �can-
didato� che, secondo la definizione contenuta nell�articolo 1, par. 1, letteraf), � nozione (distinta da quella di �offerente�) che individua �chi chiede un 
invito a partecipare� o a una procedura negoziata�. Anche questo ulterio-
re riferimento testuale sembra, quindi, confermare che la norma voglia sal-
vaguardare la concorrenza con riferimento alla potenzialit� degli offerentiqualificati per la partecipazione al negoziato e non alla effettivit� delle offer-
te poi presentate nella procedura medesima. 

In conclusione, ritiene il Governo italiano che la questione posta dal giu-
dice a quo 
debba essere risolta, indipendentemente dalla disciplina applica-
bile nel caso in esame, affermando che il principio di effettiva concorrenzadebba essere garantito ex ante dall�amministrazione aggiudicatrice e, quindi,
nella fase dell�invito rivolto alle imprese a presentare le candidature, fermorestando che il bando di gara pu� disporre che si prosegua nella proceduraanche in presenza di un numero di candidati idonei inferiori al minimo. Ci�in quanto l�effettivit� della concorrenza non dipende dal numero delle impre-
se che si ammettono a partecipare alla negoziazione, ma dalle condizioni chesi creano per un mercato aperto e competitivo, ossia dalla individuazione deirequisiti che si chiedono alle stesse, che devono essere tali da non limitare lapossibilit� concreta di presentare offerte.

Quarto quesito

Alla luce della risposta che si � suggerita per i precedenti quesiti, ilGoverno italiano non ritiene di dover prendere posizione sul quarto quesito. 

Conclusioni

Allastreguadelleconsiderazionicheprecedono,ilGovernoitalianosugge-
risceallaCortedirispondereaiquesitisottopostialsuoesameaffermandoche: 


there is a sufficient number of suitable candidates�) ed a quella francese (�Lorsque les pou-
voirs adjudicateurs passent un march� par proc�dure n�goci�e, dans les cas vis�s � l�arti-
cle 7 paragraphe 2, le nombre des candidats admis � n�gocier ne peut �tre inf�rieur � trois,
� condition qu�il y ait un nombre suffisant de candidats appropri�s�)
. 




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Il regime di cui all�art. 44, n. 3, della direttiva 2004/18/CE, relativa alcoordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dilavori [, di forniture e di servizi], che ha sostituito l�art. 22 della direttiva delConsiglio 93/37/CEE, non � applicabile qualora l�inizio della procedura diappalto si sia verificato in un lasso di tempo in cui la direttiva 2004/18/CEera gi� entrata in vigore, ma non era ancora scaduto il periodo concesso agliStati membri per l�attuazione della direttiva medesima, n� essa era stata con-
cretamente trasposta nell�ordinamento dello Stato membro in cui si � svoltala procedura.

L�articolo 22, paragrafo 3, della direttiva del Consiglio 1993/37/CEEdeve essere interpretato nel senso di consentire all�amministrazione aggiudi-
catrice, qualora non vi sia un numero sufficiente di candidati idonei, di pro-
seguire la procedura negoziata per l�aggiudicazione di un appalto pubblicodi lavori, ammettendo alla negoziazione un numero di candidati inferiore aquello minimo.

Analoga regola va affermata, per le fattispecie cui ratione temporis 
siapplica la direttiva 2004/18/CE, ai sensi del suo articolo 44, paragrafo 3. 

Roma, 4 agosto 2008 Avv. Sergio Fiorentino 


Causa C-158/08 � Materia trattata: libera circolazione delle merci �
Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dalla 
CommissioneTributaria Regionale di 
Trieste (Italia) il 16 aprile 2008 
� Agenzia delleDogane Circoscrizione doganale di Trieste/Pometon SpA. (Avvocato delloStato G. Albenzio � AL14326/08)
. 


LE 
QUESTIONI 
PREGIUDIZIALI 


1) Se sia legittimo ritenere che il regime di perfezionamento attivo, cos�come attuato dalla Pometon S.p.A., possa violare i principi di politica doga-
nale della Comunit�, ed in particolare quelli della legislazione antidumpinggenerale e di quella specifica, oltre che quelli del Codice DoganaleComunitario (Reg. CE n. 2913/1992). In particolare si chiede se l�art. 13 delReg. CE n. 384/1996 debba essere interpretato quale principio di portatagenerale, applicabile quale clausola generale dell�ordinamento comunita-
rio, direttamente precettiva anche nei rapporti tra Autorit� nazionali e con-
tribuenti, oltre che nel procedimento di imposizione del dazio antidumping;
per esempio si chiede se esso possa essere invocato in attuazione dei con-
trolli doganali, secondo la nozione di cui all�art. 4, comma I, n. 14, delCodice Doganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992);

2) se il combinato disposto dell�art. 13 del Reg. CE n. 384/1996, in temadi elusione della normativa antidumping, e degli artt. 114 e ss. del CodiceDoganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992) in tema di perfezionamentoattivo, e degli artt. 202, 204, 212 e 214 in tema di nascita dell�obbligazionedoganale, possano essere interpretati nel senso che: l�assoggettamento adazio antidumping 
di una merce non � escluso nel caso di preordinato acqui-



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sto del prodotto stesso da soggetto di nazionalit� di un Paese non assogget-
tato a dazio antidumping, il quale lo abbia a sua volta acquistato dal Paeseassoggettato a tale misura, e senza modificarlo in alcun modo lo abbiaavviato a temporanea importazione nella Comunit� in regime di perfeziona-
mento attivo, per poi reimportarlo trasformato, ma provvisoriamente e perpoche ore, e rivenderlo immediatamente alla stessa societ� del Paese comu-
nitario che aveva curato il perfezionamento attivo;

3) se in assenza di norme sanzionatorie comunitarie, per non averle rin-
venute questo giudice, il giudice dello Stato membro possa applicare normedel proprio ordinamento che consentano di dichiarare, ricorrendone i pre-
supposti, la nullit� dei contratti di affidamento in perfezionamento attivo edi vendita del prodotto compensatorio, quali gli artt. 1343 (causa illecita),
1344 (contratto in frode alla legge) e 1345 (motivo illecito) del codice civi-
le italiano e gli artt. 1414 e ss. del codice civile italiano, in tema di simula-
zione, per il caso di ritenuta e comprovata violazione dei principi comunita-
ri di cui sopra;

4) se anche per altre ragioni o criteri interpretativi che CodestaSpettabile Corte vorr� compiacersi di indicare, l�operazione sopra descrit-
ta, qualora preordinata al fine di creare un aggiramento del dazio antidum-
ping, sia conforme al regime di perfezionamento attivo oppure violi effetti-
vamente i principi doganali in tema di applicazione del dazio 
antidumpingche Codesta Spettabile Corte vorr� indicare;

5) se, anche per altre ragioni o criteri interpretativi che CodestaSpettabile Corte vorr� compiacersi di indicare, l�operazione in questioneconcretizzi una importazione definitiva di prodotto assoggettato a dazio anti-
dumping. 


IL 
FATTO 


Con ordinanza pronunciata in data 13 marzo 2008 e depositata il giornostesso, l�Autorit� Giudiziaria in epigrafe indicata ha sollevato davanti allaCorte una questione pregiudiziale, ai sensi dell�art. 234 TCE, nell�ambito delprocedimento di secondo grado pendente fra le parti come sopra riportate eche vede il suo punto centrale nel tentativo della Pometon S.p.A. di porre inessere un fraudolento ed articolato (ma ben palese) artifizio volto all�elusio-
ne del dazio antidumping 
di cui al Reg. CE n. 2402/98 del 3 novembre 1998.

Dal contenuto dell�ordinanza risulta che la controparte, in buona sostan-
za, ha contestato l�erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 114 ss.
del Codice Doganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992, da ora CDC) rela-
tivi al regime di perfezionamento attivo (che per brevit�, da ora, si indiche-
r� con la sigla PA) e degli artt. 551 e 552 del Reg. CE n. 2454/1993; nel det-
taglio si sostiene, con erroneit� che ci si accinge a dimostrare, che nessunanorma del CDC o di altri testi comunitari di settore, vieti la re-importazionenel territorio della Comunit� di merce soggetta al regime di PA; si aggiunge,
con altrettanta artificiosit� rispetto a quanto in concreto accaduto, che nonavrebbe alcun rilievo la circostanza che vengano re-importati nel territorio 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
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118 


della Comunit� i prodotti compensatori derivanti da prodotti di base sogget-
ti a dazio antidumping per il caso di importazione definitiva. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Il Governo italiano, quanto ai quesiti posti, ritiene di dover intervenirenel presente giudizio perch� l�emananda decisione pu� avere riflessi impor-
tanti su contenziosi pendenti fra le Autorit� Doganali Nazionali ed alcunioperatori commerciali, in relazione alla possibilit�, che si corre il rischio diconcretare, di legittimare comportamenti fraudolenti ed artificiose �architet-
ture� aventi quale unica vera finalit� quella di eludere la debenza del dazioantidumping.

Alla luce di quanto poc�anzi affermato si ritiene utile, perch� il quadroin cui codesta Corte di Giustizia � chiamata ad operare sia il pi� trasparentee completo possibile, ripercorrere per tratti essenziali le �tappe� fattuali eprocessuali che hanno condotto sino all�odierna domanda di pronuncia pre-
giudiziale.

Il ricorso in appello, nel cui alveo � sorta l�esigenza del rinvio pregiudi-
ziale, trae origine da alcune operazioni di importazione temporanea (si dimo-
strer� in dettaglio come questo requisito della temporaneit� sia in realt� fit-
tizio) 
effettuate dalla societ� Pometon S.p.Anegli anni 1998-2001; importa-
zioni effettuate dalla societ� collegata Pometon d.o.o., con sede in Sezana(SLO) e costituita nel Novembre 1998 (si faccia molta attenzione alle dateche si riportano, avendo le stesse forte portata esplicativa circa la fraudolen-
ta operazione messa in atto), aventi ad oggetto pani di magnesio greggio diorigine cinese da sottoporre a lavorazione per conto della stessa societ� col-
legata, al fine di trasformarli in granuli, trucioli e monconi di magnesio. Lamerce in questione, va evidenziato, qualora fosse stata definitivamenteimportata, sarebbe stata gravata dal dazio antidumping 
ai sensi del Reg. CE 


n. 2402/98 del 03 novembre 1998. 
Il prodotto, inoltre, era importato nel quadro di contratti di lavorazioneper conto del committente estero Pometon d.o.o., societ� costituita, comedetto, nel mese di novembre 1998, vale a dire nel medesimo mese (con con-
testualit� davvero singolare e chiarissima nel suo significato) in cui laComunit� Europea, con la finalit� concreta di evitare un sicuro danno all�e-
conomia comunitaria, ha emesso il Reg. CE pi� volte citato ed ha in tal modoistituito un dazio antidumping 
sulle importazioni di magnesio greggio di ori-
gine cinese. Palesemente dunque, rispetto alla Pometon S.p.A., la societ�slovena test� menzionata si � trovata nella duplice, �strana� veste di commit-
tente delle lavorazioni sul magnesio e, allo stesso tempo, di venditrice delprodotto finito compensatorio (granuli e trucioli di magnesio); una circolari-
t� quella richiamata di cui va sottolineata la portata elusiva della debenza deldazio altrimenti dovuto, come risulter� chiaro dalle considerazioni che svi-
lupperemo in prosieguo. 

La vertenza processuale � che ha innescato il giudizio di gravame da cui� nata la domanda pregiudiziale della Commissione Tributaria Regionale 
e 




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la necessit� del presente intervento � � stata cos� originata da 64 operazionidi importazione per le quali controparte ha richiesto (adducendo falsamenteche il prodotto sarebbe stato destinato alla ri-esportazione fuori dallaComunit�) ed ha ottenuto la sottoposizione al regime di PA(artt. 114 e ss. delReg. CE n. 2913/1992). Aquesto punto, e si comincia a delineare la architet-
tura elusiva messa in piedi e della quale si intende impedire la possibileattuazione, la Pometon S.p.A., dopo aver importato temporaneamente ed inprocedura semplificata ai sensi dell�art. 568 del Reg. CE n. 2454/1993 ilmagnesio greggio soggetto a dazio antidumping 
(voce doganale 81041100),
lo ha trasformato nel prodotto compensatorio costituito da grani, trucioli emonconi (voce doganale 810430009) non soggetto, al contrario, al medesi-
mo dazio; una volta trasformato il prodotto � stato ri-esportato attraverso ilvalico doganale di Fernetti (TS). 

Si giunge ora al momento saliente e di maggior rilievo nella dinamicafattuale della vicenda de qua: 
a distanza di poche ore, al massimo un giorno,
tempi evidentemente molto (singolarmente) brevi, senza pagare il dazio anti-
dumping, la merce, che non aveva giammai raggiunto lo stabilimento slove-
no ma era rimasta in sosta presso l�autoporto di Sezana, con lo stesso mezzodi trasporto veniva reintrodotta in importazione in Italia in quanto vendutadalla Pometon d.o.o. alla Pometon S.p.A. 

La dinamica elusiva posta in essere trova conferma nella quasi conte-
stualit� di accadimenti di importanza centrale per la vertenza in causa (si fariferimento alla data di costituzione della societ� collegata slovena significa-
tivamente coincidente con quella in cui la Comunit� Europea ha istituito ildazio antidumping, nonch� al brevissimo lasso di tempo che separa la espor-
tazione della merce dalla sua reintroduzione in territorio italiano) e nel fatto(accertato e risultante dagli atti in modo incontestabile) che le date delle fat-
ture relative alla vendita della merce erano per lo pi� antecedenti o coinci-
denti con le date delle fatture di esportazione del prodotto compensatoriodall�Italia alla Slovenia: se si considera che quasi il 90% del prodotto espor-
tato veniva definitivamente re-importato, risulta palese come le tempisticheevidenzino la reale intenzione di aggirare i dazi. 

Questi fatti non sono stati correttamente interpretati dalla CommissioneTributaria Provinciale di Trieste (che, su ricorso della societ� importatrice,
ha annullato gli avvisi di accertamento suppletivi e di rettifica emessi dallacircoscrizione doganale di Trieste) ma hanno indotto la CommissioneTributaria Regionale, cui l�Ufficio doganale aveva proposto appello, asospendere il procedimento e proporre questione pregiudiziale a codestaCorte di Giustizia articolando i quesiti precedentemente richiamati.

Sulla base dei fatti dianzi menzionati si intende premettere alle conside-
razioni di diritto che verranno esplicitate e che potranno fungere da ausilioall�interpretazione che codesta Corte di Giustizia � chiamata ad effettuare,
alcune notazioni stimolate da inesatte affermazioni contenute nella memoriadi controparte del 26-27 marzo 2008. Si legge nell�atto ex adverso formula-
to che �(1) l�ordinanza della CTR� chiede l�applicazione del diritto alla fat-
tispecie� che si riscontra la non esistenza di una norma sul punto che si 




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DELLO 
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vorrebbe esaminare. 
[Per cui] Non pu� interpretarsi una norma che non esi-
ste� (2) 
Che le questioni ed i quesiti posti� non possono estendersi allainterpretazione� del combinato disposto di pi� norme� per indi da questocombinato disposto trarre principi� [infine] (3) 
che l�Agenzia delle Doganeha proposto si appello, ma trascurando talune delle affermazioni e statuizio-
ni della decisione di primo grado��. 

Si deve ricordare a Controparte, in prima battuta, che la pronuncia pre-
giudiziale cui si chiama codesta Corte di Giustizia secondo il disposto di cuiall�art. 234 Trattato costituisce uno strumento fondamentale per la costruzio-
ne dell�ordinamento giuridico comunitario e la definizione dei suoi rapporticon gli ordinamenti degli Stati membri. La procedura consente di realizzareuna forma essenziale di cooperazione tra giudici nazionali e CG (CG 1dicembre 65, 16/65, Schwarze); si realizza, con lo stesso, un meccanismocentralizzato di interpretazione del diritto comunitario. La pronuncia pregiu-
diziale, inoltre, ha un carattere per molti aspetti non formale, tanto � vero cheper giurisprudenza stessa di codesta Corte si � ritenuto non compatibile coni meccanismi di cui all�art. 234 citato obbligare il giudice nazionale ad uneccessivo formalismo nella formulazione del quesito (CG 1 dicembre 65,16/65, Schwarze), ne consegue che spetterebbe a codesto stesso organo assi-
stere il giudice nazionale anche se il quesito � mal formulato, addiritturapotendo giungere perfino ad una riformulazione dello stesso. Il giudicenazionale deve, dal canto suo, fornire tutti gli elementi che consentono diidentificare le questioni di diritto comunitario che, tenuto conto dell�oggettodella controversia, richiedono un�interpretazione, in modo da rendere que-
st�ultima utile per il giudice nazionale (CG 12 luglio 79, 244/78; 15 ottobre80, 4/79, Providence Agricole; 4 dicembre 80, 54/80, Wilner).

Anche sulla scorta di quanto detto, dunque, risulta evidente come le con-
testazioni che Controparte formula in merito all�inammissibilit� ed improce-
dibilit� dei quesiti formulati nell�ordinanza di rinvio sono destituite di qual-
sivoglia 
fondamento. 
Se 
si 
pone 
mente 
ai 
quesiti 
formulati 
dallaCommissione Tributaria Provinciale bene si comprende il portato �sistema-
tico� degli stessi: la Commissione di Trieste, infatti, prendendo atto dell�in-
certezza che avvolge la normativa che si � richiamata in materia antidum-
ping, al fine di chiarire ogni dubbio, ha attivato codesta Corte per compren-
dere il portato della stessa in punto di sanzionabilit� di comportamenti defacto 
elusivi e fraudolenti; ci� che si � chiesto, in sintesi, � una interpretazio-
ne della normativa che si � sottoposta ad analisi anche �in chiave sistemati-
ca� (ecco il rilievo del �combinato disposto�); in questo senso si richiamanogli artt. 13 del Reg. CE n. 384/1995, 114 e ss. del CDC, nonch� 202, 204,212 e 214 dello stesso; appunto in chiave sistematica, sinergica, perch� il�panorama normativo� fornisca l�esatta dimensione interpretativa da dare aldisposto di cui all�art. 13 citato. 

In questa stessa direzione si fa menzione della fattispecie concreta, nonevidentemente per �chiedere l�applicazione del diritto alla fattispecie�,
come ex adverso 
sostenuto, quanto per dare concretezza e �corpo� alla tesiinterpretativa che si � intesa proporre, solo indirettamente riferendosi al caso 




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di specie. Vale a dire, in termini concreti, chiedere �se l�operazione descrit-
ta�, qualora preordinata al fine di creare un aggiramento del dazio anti-
dumping, sia conforme al regime di perfezionamento attivo oppure violieffettivamente i principi doganali in tema� 
non vuole essere una richiesta diapplicazione del diritto al caso specifico; piuttosto, invece, il tentativo dicomprendere, attraverso l�esempio costituito dalla fattispecie de qua, se la 
natura �lata� della normativa sub iudice possa essere ermeneuticamente col-
mata ritenendo elusivo dei dazi il comportamento occasionalmente emerso,
ovviamente sintomatico ed esemplificativo della possibile casistica di setto-
re, e parallelamente considerare il disposto su cui si intende far chiarezzacome orientato a sanzionare lo stesso. I due profili sono cio� complementa-
ri, risvolti normativi e fattuali, tessere di un mosaico di cui si cerca, e si chie-
de, la migliore e pi� trasparente composizione. 

In relazione, invece, all�affermazione di controparte a detta della quale�l�Agenzia delle Dogane ha proposto si appello, ma trascurando talunedelle affermazioni e statuizioni della decisione di primo grado�
, 
per cui sullestesse si sarebbe formato il giudicato interno, la stessa si appalesa erronea edinfondata. Se si legge correttamente il ricorso in appello dell�Agenzia delleDogane, ictu oculi 
emerge � da un lato � l�affermazione introduttiva �la sen-
tenza impugnata� � contraddittoria e non correttamente motivata per cui variformata per i motivi di seguito specificati� 
(che �, a tutta evidenza, un�cappello introduttivo� sotto il quale sussumere il resto del ricorso) e � dal-
l�altro lato � lo sviluppo dell�appello secondo �i motivi di seguito 
(puntual-
mente e dettagliatamente) specificati� ed assorbenti le singole tappe dell�iterargomentativo che ha inteso seguire la Commissione Provinciale nella sen-
tenza impugnata, con l�espressione di censure chiare e non certo �contraddit-
torie� (�molti elementi lasciano concordemente ritenere che le due societ�abbiano messo in piedi un escamotage per evitare il pagamento del dazioantidumping�): delle due l�una, o l�architettura fraudolenta non sussiste o,
altrimenti ravvisandola, non si vede come si possa integrare quella vera�intenzione di riesportare fuori dal territorio doganale della Comunit� iprodotti compensatori� 
di cui all�art. 551 del Reg. CE n. 2454/1993, scon-
fessata con evidenza dalle dinamiche dei fatti come sopra descritti e dallerisultanze oggettive che sono state acquisite agli atti.

Passando alla formulazione di osservazioni in punto di diritto sulla disci-
plina comunitaria in discussione, osserviamo che la normativa antidumpingnasce per combattere l�elusione dei requisiti e delle condizioni sancite perl�applicazione dei trattamenti preferenziali e per la sospensione dalla deben-
za dei dazi, al fine di assicurare il reale rispetto del principio della concor-
renza fra le imprese e della tutela dei consumatori. Il dumping, nello specifi-
co, � una forma di discriminazione del prezzo di un prodotto mediante laquale i produttori vendono sul mercato estero ad un prezzo pi� basso di quel-
lo praticato sul mercato nazionale. Tale sistema pu� dar luogo ad una discri-
minazione �internazionale�, costituita per l�appunto dal Dumping 
stesso.
L�evoluzione in atto del commercio internazionale, improntato ad un cre-
scente liberismo economico, ha reso evidente la necessit� di misure idonee 
a 




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garantire il libero gioco della concorrenza contro eventuali pratiche elusivedella stessa. 

Rebus sic stantibus, 
si deve chiarire che il regime di PA, disciplinato trale altre norme dagli artt. 114 e ss. CDC, nonch� dagli artt. 549 e ss. Reg. CE

n. 2454/1993, consiste nella temporanea importazione di merci terze cheentrano nel territorio della Comunit� temporaneamente per essere ivi lavora-
te e poi riesportate verso paesi terzi come prodotti compensatori. La finalit�economica dell�operazione � favorire, senza falsare la concorrenza, l�impre-
sa comunitaria che in questo modo mette al servizio dell�operatore estero ilproprio Know-how. 
La stessa dicitura �temporanea� chiarisce come l�ultimo 
step 
di questa operazione � la esportazione del prodotto lavorato. 
Queste affermazioni trovano il loro addentellato normativo nell�art. 118CDC (secondo cui �L�autorit� doganale stabilisce il termine entro il quale iprodotti compensatori devono essere stati esportati o riesportati o averericevuto un�altra destinazione doganale. Questo termine � fissato tenendoconto del tempo necessario per effettuare le operazioni di perfezionamentoe lo smercio dei prodotti compensatori�) e nell�art. 551 pi� volte citato, 
a 
detta del quale �il sistema della sospensione [dai diritti doganali previodeposito di idonea garanzia per gli stessi diritti gravanti sulle merci] � con-
cesso solo quando il richiedente abbia veramente l�intenzione di riesportarefuori dal territorio doganale della Comunit� i prodotti compensatori�. Ove,
invece, i prodotti compensatori ricevono una destinazione doganale diversasi applicano gli artt. 121 e 122 del CDC in relazione ai quali rispettivamen-
te �Fermo restando l�articolo 122, quando sorga un�obbligazione doganale,
l�importo della stessa � determinato in base agli elementi di tassazione invigore per le merci d�importazione al momento dell�accettazione delladichiarazione relativa al vincolo di tali merci al regime di perfezionamentoattivo� 
e, ex 
art. 122, �In deroga all�articolo 121, 
i prodotti compensatori: 
a) sono soggetti ai dazi all�importazione loro applicabili quando: 

� sono immessi in libera pratica�;
b)sonosoggettiaidaziall�importazionedeterminatisecondolenormeappli-
cabili 
nel 
quadro 
del 
regime 
doganale 
considerato� 
quando 
siano 
stati 
vin-
colati 
ad 
un 
regime 
sospensivo 
o 
posti 
in 
zona 
franca 
o 
in 
deposito 
franco�.
In questo quadro normativo vanno indicate le seguenti circostanze dota-
te di �gravit�, precisione e concordanza�: 

� vi � stato un procedimento penale a carico dei responsabili della Pometon
S.p.A. e della Pometon d.o.o. nel quale il G.I.P. di Trieste, nel disporre l�ar-
chiviazione del procedimento a carico del rappresentante legale dellaPometon S.p.A. per abolitio criminis, ha ravvisato nel comportamento del-
l�imputato il reato di contrabbando finalizzato ad eludere il pagamento deldazio antidumping 
sul magnesio greggio importato dalla Cina; 
� 
la 
societ� 
Pometon 
d.o.o. 
� 
stata 
costituita 
il 
16 
novembre 
1998, 
nello 
stessomese 
in 
cui 
la 
Comunit� 
aveva 
istituito 
il 
dazio 
antidumping, 
vicinanza 
tem-
porale, 
per 
non 
dire 
contestualit�, 
che 
appare 
pi� 
che 
un 
semplice 
dettaglio; 
� i prodotti compensatori sono stati riesportati verso la stessa Pometon slo-
vena con lo stesso mezzo di trasporto con cui l�87% degli stessi � stato dopo 

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poche ore, un giorno al massimo, re-importato definitivamente; la merce nonha mai raggiunto lo stabilimento sloveno ma � rimasta in sosta presso l�au-
toporto di Sezana;

� le date delle fatture emesse dalla Pometon d.o.o., per i granuli e trucioli re-
introdotti, sono anteriori a quelle emesse dalla Pometon S.p.A. all�atto dellariesportazione degli stessi prodotti;
� se la Pometon S.p.
A 
avesse optato per l�immissione in libera pratica, ilmagnesio sarebbe stato assoggettato al dazio antidumping.
Le circostanze richiamate depongono indiscutibilmente a favore della confi-
gurazione di un�architettura fraudolenta ed elusiva la debenza dei dazi inquestione; un artifizio tra la Pometon italiana e la consorella slovena sma-
scherato dall�evidenza che prima ancora di riesportare il prodotto compensa-
torio oggetto della lavorazione la Pometon d.o.o aveva gi� venduto il prodot-
to al partner italiano; il tutto chiarifica come le merci erano state gi� cedutea terzi e che, in realt�, mai vi era stata la concreta intenzione di operare invia di importazione temporanea e di regime di PA, essendo stata messa inpiedi, invece, un�operazione di elusione della normativa posta a tutela dellaconcorrenza e dei consumatori rispetto alle pratiche di dumping. 
In conclusione

il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottopo-
sti al suo esame affermando che: in base all�ordito normativo rappresentatodagli artt. 13 del Reg. CE n. 384/1995, 114 e ss. del CDC, nonch� 202, 204,212 e 214 dello stesso, 549 e ss. del Reg. CEE n. 2454/1993, con particola-
re riferimento all�art. 551 del medesimo testo, il principio di cui all�art. 13dianzi citato sia da considerare di portata generale; come tale invocabile persanzionare comportamenti, quale quello da cui � originata l�odierna verten-
zaprocessuale,palesemente 
incontrastoconlanormativacomunitariarichia-
mata, 
e 
cos� 
correttamente 
interpretata, 
nonch� 
con 
la 
ratio 
della 
stessa. 


Roma, 5 luglio 2008 Avv. Giuseppe Albenzio 


Cause riunite da C-175/08 a C-179/08 � Materia trattata: giustizia eaffari interni � Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalBundesverwaltungsgerichts 
(Germania) 
il 
29 
aprile 
2008. 
AydinSalahadin Abdulla, Kamil Hasan, Khoshnaw Abdullah, Ahmed Adem eHamrin 
Mosa 
Rashi, 
Dler 
Jamal/ 
Repubblica 
federale 
di 
Germania. 
(Avvocato dello Stato G. Albenzio � AL27547/08)
. 


LE 
QUESTIONI 
PREGIUDIZIALI 


1) Se l�art. 11, n. 1. lett. e) della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004,2004/83/CE, debba essere interpretato nel senso che � a prescindere dal-
l�art. 1, lett. c), n. 5, secondo periodo, della Convenzione sullo statuto deirifugiati 28 luglio 1951 (Convenzione di Ginevra) � lo status di rifugiato siestingua al momento in cui venga meno il fondato timore del rifugiato stes-
so di essere perseguitato, ai sensi dell�art. 2, lett. c) della direttiva, in base 




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� N. 3/2008 


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al quale il riconoscimento sia stato concesso e non sussistano altri motivi ditimore di persecuzione ai sensi dello stesso art. 2, lett. c). 

2) In caso di soluzione negativa al quesito sub 1) se la cessazione dellostatus di rifugiato ai sensi dell�art. 11 n. 1, lett. e) della direttiva, presuppon-
ga inoltre che nello Stato di cui il rifugiato � cittadino: 
a) sussista un soggetto che offra protezione ai sensi dell�art. 7 n. 1, delladirettiva e, in tal caso, se sia al riguardo sufficiente che l�offerta di protezio-
ne sia resa possibile solo con l�ausilio di truppe multinazionali, 
b) il rifugiato non sia esposto a danno grave ai sensi dell�art. 15 della diret-
tiva, in base al quale possa beneficiare della protezione sussidiaria ai sensidel successivo art. 18, e/o, 
c) le condizioni di sicurezza siano stabili e le condizioni di vita generaligarantiscano i requisiti minimi di sussistenza.

3) Se, nella fattispecie in cui le precedenti circostanze, in base alle qualisia stato riconosciuto all�interessato lo status di rifugiato, siano venutemeno, nuove differenti circostanze che integrino una situazione di persecu-
zionea) debbano essere valutate sulla base del criterio di probabilit� applicabileai fini del riconoscimento dello status di rifugiato ovvero se nei confrontidell�interessato debba essere applicato un criterio differente, 
b) debbano essere valutate in considerazione delle agevolazioni probatoriepreviste dall�art. 4, n. 4. 

IL 
FATTO 


L�Autorit� Giudiziaria in epigrafe citata ha sollevato davanti alla Corteuna questione pregiudiziale, ai sensi dell�art. 234 Tr, nell�ambito dei relativiprocedimenti pendenti fra le parti come riportate e che vede il suo puntonodale nella problematica connessa all�estinzione dello status 
di rifugiato. 

I ricorrenti (tutti cittadini iracheni), che hanno fatto ingresso nel periodocompreso tra il 1997 ed il 2002 in Germania ed ivi hanno chiesto asilo,
hanno impugnato la revoca del riconoscimento del loro status 
di rifugiati.
Nella causa C-175/08, il ricorrente, di etnia turcmena e religione sunnita, hadomandato asilo sulla base dell�asserito timore di ritorsioni, legate all�averaccoltellato un membro del partito Baath come reazione all�arresto del pro-
prio fratello; sempre sulla base di motivi legati a problemi con membri delpartito Baath � supportata la domanda del ricorrente, di etnia curda e religio-
ne islamica, nella causa C-179/08; nella causa C-176/08 chi domanda asilo�, invece, un soggetto di etnia araba e religione sunnita che fonda la propriarichiesta sul dato di fatto che un suo cugino avrebbe nascosto nel suo domi-
cilio documenti di un partito di opposizione vietato ed una pistola, oggettirinvenuti nel corso di una perquisizione domiciliare; nella causa C-177/08, ilricorrente, di etnia curda e religione islamica, ha chiesto asilo nel timore, unavolta rientrato nel suo paese, di subire persecuzioni di natura politica peraver sottoposto a censura il governo iracheno attraverso articoli di giornale,
nella sua qualit� di appartenente al PKK; infine, la richiesta dei coniugi di 




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religione islamica e di etnia araba (ricorrente 1) e curda (ricorrente 2), nellacausa C-178/08, � fondata sulla circostanza che il ricorrente 1 � ricercatodalla polizia segreta per aver partecipato ad un partito di opposizione deno-
minato �Hisb-AlSchaab-Al-Dimoqrati�.

In tutte le controversie la revoca del riconoscimento dello status 
di rifu-
giato, avvenuta tra il settembre 2004 e l�ottobre 2005, � stata posta in esserein considerazione della �mutata situazione in Iraq�. Successivamente i giu-
dici amministrativi aditi hanno annullato le decisioni di revoca argomentan-
do sulla base dell��instabile situazione� presente nel paese di cui i ricorrentisono 
cittadini. 
Tuttavia, 
a 
seguito 
dell�impugnazione 
proposta 
dallaRepubblica federale tedesca, le decisioni in prime cure sono state riformaterigettando le domande dei ricorrenti in quanto il regime dittatoriale diSaddam Hussein avrebbe oramai perso il potere militare e politico nel terri-
torio e non sussisterebbe nemmeno la �sufficiente probabilit�� di una nuovapersecuzione, anche per motivi diversi; non configurandosi minacce neppu-
re provenienti dalle forze multinazionali o dal partito curdo dell�Iraq delnord. Infatti, come si legge nella domanda di pronuncia pregiudiziale, �perquanto attiene al ripetersi di attacchi terroristici ed alla prosecuzione diaperti combattimenti tra forze di opposizione militanti e forze di sicurezzaregolari nonch� truppe della coalizione, non si ravviserebbe in tali eventialcun elemento rilevante ai fini del sorgere del diritto all�asilo dei ricorren-
ti� Pericoli di carattere generico esulerebbero� dall�ambito di tutela�
dell�art. 1, lett. c), n. 5 della 
Convenzione di Ginevra�. Ricorrendo perCassazione, poi, i ricorrenti hanno dedotto che provvedimenti di revocarisulterebbero in contrasto con la direttiva 2004/83/CE, nonch� con l�art. 1,
lett. c), della Convenzione sullo statuto dei rifugiati. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Riteniamo utile premettere, per nostra memoria e completezza di espo-
sizione, alcune brevi notazioni sulle fonti normative richiamate nella doman-
da di pronuncia pregiudiziale. La Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951sullo statuto dei rifugiati, ratificata dall�Italia con legge 24 luglio 1954 n.
722, ha costituito un importante sviluppo del processo avviato dalla Societ�delle Nazioni negli anni Venti; erano state, infatti, le inedite dimensioniassunte dalla prima guerra mondiale e le sue devastanti conseguenze sullapopolazione civile a sollecitare la nuova istituzione internazionale a dotarsidi un corpo di leggi specifico per i rifugiati. L�Europa era stata poi ancoraprofondamente ed ulteriormente segnata, materialmente e moralmente, dallaseconda guerra mondiale; milioni di persone erano prive di un alloggio espesso anche di cittadinanza, a causa degli scontri politici, religiosi ed etni-
ci che avevano accompagnato la guerra. Il timore dello scoppio di nuove ten-
sioni tra gli stati europei indusse le Nazioni Unite a istituire nel dicembre del1950 l�Alto commissariato delle NU per i rifugiati (UNHCR), che inizi� aoperare il 1� gennaio del 1951; l�atto istitutivo fu basato sulle libert� e suidiritti fondamentali stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichia-



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razione universale dei diritti umani da poco approvata (10 dicembre 1948);
di conseguenza, la Convenzione riconobbe ai rifugiati non solo il dirittoall�asilo e all�assistenza ma, anche, quello al lavoro, all�istruzione, alla pro-
fessione di fede, all�associazione, al possesso di documenti e ad adire i tri-
bunali dei Paesi ospiti; la Convenzione stabil� altres� i doveri del rifugiato,
tra i quali il rispetto delle leggi dello stato ospite. Inizialmente concepita perfronteggiare la grave situazione europea causata dagli �avvenimenti anterio-
ri al 1� gennaio 1951�, la Convenzione venne modificata con il Protocollo diNew York del 1967, che abol� i riferimenti temporali e geografici contenutinel documento originale, estendendone il raggio d�azione. 

La direttiva 2004/83/CE �Recante norme minime sull�attribuzione, a cit-
tadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altri-
menti bisognosa di protezione internazionale, nonch� norme minime sulcontenuto della protezione riconosciuta�, dal canto suo, ha disciplinato inmaniera organica i profili della suddetta protezione e nei suoi considerando 
ha affermato che �Il Consiglio europeo� ha convenuto di lavorare all�isti-
tuzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull�appli-
cazione� della convenzione di Ginevra �e di garantire in tal modo che nes-
suno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al princi-
pio di non refoulement (divieto di rimpatrio a rischio persecuzione)� [con-
siderando n. 2] e che �i familiari, semplicemente per la loro relazione con ilrifugiato, sono di norma esposti ad atti di persecuzione al punto che questoaspetto potrebbe costituire la base per beneficiare dello status di rifugiato�
[considerando n. 27]. 

Da queste disposizioni e dalla loro ratio 
emerge l�importanza, nellamateria in cui si versa, dell�individuazione della reale portata del fumus 
per-
secutionis, nonch� della relativit� di elementi che seppur indiziari vannoconcretamente supportati.

Il 
Governo 
italiano, 
riguardo 
ai 
quesiti 
formulati 
dal 
giudice 
remittente, 
ritiene 
di 
dover 
intervenire 
nel 
presente 
giudizio, 
data 
la 
centralit� 
delle 
que-
stionididirittocheinerisconoallo�status 
dirifugiato� 
eleodierneproblema-
tiche 
connesse 
alle 
dimensioni 
patologiche 
dei 
fenomeni 
di 
immigrazione.

La domanda pregiudiziale muove, ai fini della sua puntale definizione,
dal �nodo interpretativo� relativo alla cessazione o estinzione dello �statusdi rifugiato�. Il dubbio, come espresso dall�autorit� giudiziaria tedesca, sem-
bra insinuarsi nell�esatto portato delle condizioni legittimanti il processoinverso al riconoscimento dello status 
medesimo; a tal proposito le incertez-
ze si estendono, inoltre, alla comprensione delle modalit� di valutazione dieventuali nuove circostanze che escludano o legittimino detto status. Lamancanza di chiarezza a riguardo deriverebbe, secondo ci� di cui si ha con-
tezza, dalla eccesiva ampiezza e genericit� del disposto dell�art. 11, n. 1 lett.
e) della direttiva del Consiglio 2004/83/CE (d�ora in avanti per brevit� ladirettiva), ove si afferma che �un cittadino di un paese terzo o un apolidecessa di essere un rifugiato qualora: � e) non possa pi� rinunciare alla pro-
tezione del paese di cui ha la cittadinanza, perch� sono venute meno le cir-
costanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato�. 



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In proposito, si rileva che il legislatore italiano ha dato piena attuazioneal richiamato art. 11 della direttiva con il decreto legislativo 19 novembre2007 n. 251, il cui art. 9 ha specificato che: �non devono sussistere gravimotivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine� (comma2) 
e che la cessazione della qualifica di rifugiato deve essere dichiarata�sulla base di una valutazione individuale della situazione personale dellostraniero� (comma 3).

La giurisprudenza nazionale nella materia risulta orientata nello stessosenso del Legislatore, secondo quanto si passa ad esporre, dando contezza dirilievi e valutazioni che potranno essere utili per la pronuncia pregiudiziale. 

Sulla questione se lo status 
di rifugiato si estingua al venir meno del�fondato timore� di subire delle persecuzioni o del timore concernente altrimotivi in tale direzione orientati, la Corte di Cassazione si � cos� espressa: 
� 
sez. I civile, 20 dicembre 2007, n. 26822 � �il ricorso al �notorio� non pu�sostituire la ricerca di un sostegno probatorio adeguato alla prospettazioneattorea relativa alla persecuzione di una intera minoranza etnica da parte diuno Stato extraeuropeo e, dall�altro canto, la persecuzione rilevante ai finidel riconoscimento dello status � quella che specificamente pu� coinvolgereil singolo richiedente. E si tratta di considerazioni del tutto in linea con iprincipi espressi da questa Corte in ripetute pronunzie (Cass. 25028.05 -
18353.06 -18941.06 -19930.07 - cfr. anche 16417.07) alla stregua dellequali deve essere ribadito che la situazione persecutoria rilevante ai fini indisamina � quella di chi, per l�appartenenza ad etnia, associazione, credopolitico o religioso ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vitarischi verosimilmente, nel paese di origine o provenienza, di essere espostoa specifiche misure sanzionatorie (penali, amministrative, materiali) a cari-
co della sua integrit� fisica o libert� personale. La valutazione demandataquindi al Giudice del merito, adito in opposizione al diniego frapposto alladomanda dalla competente Commissione, si deve fondare sulla verifica dellaricorrenza di entrambi i dati oggettivi (attinta anche in via di ragionamentiinferenziali), quello afferente la condizione socio politica normativa delPaese di provenienza e quella relativa alla singola posizione del richieden-
te (esposto a rischio concreto di sanzioni), senza poter ricavare sillogistica-
mente ed automaticamente dalla prima la seconda (non ogni appartenentead una minoranza discriminata essendo automaticamente un perseguita-
to)�; � sez. I civile, 2 dicembre 2005, n. 26278 � �In base alla convenzionedi Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata in Italia con l. 24 luglio 1954 n. 722,
lo �status� di rifugiato deve essere riconosciuto qualora lo straniero abbiasubito la violazione di diritti umani fondamentali sanciti da documenti inter-
nazionali o abbia il fondato timore di essere personalmente perseguitato nelPaese di origine. Pertanto, pur potendosi ammettere che l�onere della provadei requisiti fondanti lo �status� di rifugiato sia da valutare con minor rigo-
re, poich� tanto pi� grave risulta la persecuzione tanto minore � la possibi-
lit� per lo straniero di fornirla, chi intende chiedere il riconoscimento delpredetto �status� deve provare il pericolo cui andrebbe incontro con il rim-
patrio, con precisi riferimenti all�effettivit� e all�attualit� del rischio, non 




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essendo all�uopo sufficienti le dichiarazioni dell�interessato, le attestazioniprovenienti da terzi estranei al giudizio (in difetto di altri elementi di provaatti a suffragare le risultanze promananti da detti scritti), il riferimento asituazioni politico-economiche di dissesto del Paese di origine o a persecu-
zioni nei confronti di non specificate etnie di appartenenza ovvero il richia-
mo al fatto notorio, non accompagnato dall�indicazione di specifiche circo-
stanze riguardanti direttamente il richiedente�. 

Secondo il Consiglio di Stato: � sez. Atti norm., 19 aprile 2004, n. 200 
� 
�Le categorie dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico non sono del tuttosovrapponibili: il rifugiato versa in una situazione di fondato timore di per-
secuzione che pu� non coincidere con quella del richiedente asilo, per ilquale l�art. 10 comma 3 Cost., indica come requisito la circostanza che allostraniero sia impedito, nel suo paese, l�effettivo esercizio delle libert� demo-
cratiche garantite dalla Costituzione italiana. Per contro, le due categoriesono unitariamente disciplinate, giacch� il precetto costituzionale accordaad entrambe una piena tutela, per il tramite di una figura giuridica ricondu-
cibile alla categoria degli �status� e dei diritti soggettivi�; � sez. IV, 7 mag-
gio 1998 , n. 779 � �Lo �status 
di rifugiato� politico non pu� essere ricono-
sciuto ai sensi della convenzione di Ginevra in mancanza di prova certacirca l�effettivit� di un rischio attuale per la propria libert� ed incolumit�,
che possa derivare dal ritorno in patria�; � sez. IV, 10 marzo 1998, n. 405 


� �La scelta della Commissione centrale circa la concedibilit� o meno dellostatus di rifugiato si traduce in un provvedimento amministrativo, la cuimotivazione deve essere congrua e logica e deve dar conto delle risultanzedell�istruttoria esperita, al fine di accertare la situazione personale di fattodel richiedente nel suo Paese di origine, avuto particolare riguardo allevariazioni delle condizioni politico-istituzionali, di sicurezza pubblica e divivibilit� democratica�. 
Le decisione appena menzionate evidenziano che i presupposti su cui sibasano lo stato di rifugiato e il diritto di asilo sono diversi: secondo laConvenzione di Ginevra del 1951, infatti, fattore determinante del rifugio �il fondato timore dello straniero di essere direttamente perseguitato nel suoPaese di origine in ragione di idee, fede, religione, razza, non essendo suffi-
ciente una persecuzione generalizzata, come sarebbe quella che coinvolges-
se intere etnie o gruppi di popolazione, dovendo trattarsi di persecuzione per-
sonale verso chi chiede il riconoscimento. 

Si pu� aggiungere che i rifugiati costituiscono �apolidi di fatto� perch�,
in fatto, non godono la protezione del proprio Stato e, normalmente, non ladesiderano, pur avendone la cittadinanza. Non cos� per il richiedente asilo,
in quanto presupposto per il riconoscimento di detto diritto � l�impedimentonel Paese di origine dell�effettivo esercizio delle libert� democratiche garan-
tite costituzionalmente (art. 10 comma 3, Costituzione italiana). La catego-
ria dei rifugiati politici � meno ampia di quella degli aventi diritto di asilo ea questi viene solo garantito l�ingresso nello Stato, mentre il rifugiato politi-
co 
riconosciuto 
consegue 
uno 
status 
di 
migliore 
favore 
secondo 
laConvenzione di Ginevra. 



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Da quanto esposto deriva, inoltre, che non sussistono i presupposti vali-
di per conseguire il riconoscimento dello status 
di rifugiato quando lo stra-
niero adduce la persecuzione ad opera di esponenti dell�amministrazione delproprio Stato facente capo ad un governo smantellato dal mutato regime,
come in sostanza accade nelle fattispecie all�esame del giudice remittente,
ove � stato ritenuto che gli esponenti della precedente amministrazione poli-
tica irachena non potessero pi� attuare la temuta persecuzione.

La risposta ai quesiti posti deve, quindi, basarsi sulla considerazione chel�estinzione dello status 
di rifugiato deve conseguire ad un processo che siaprecipuamente inverso rispetto a quello che conduce al riconoscimento dellostatus medesimo e la disposizione di cui all�art. 11 n.1, lett. e), della diretti-
va deve essere interpretata ed applicata nel senso che l�interessato deve pro-
vare il pericolo cui andrebbe incontro con il rimpatrio, con precisi riferimen-
ti all�effettivit� e all�attualit� del rischio, non essendo all�uopo sufficientimere dichiarazioni o le attestazioni provenienti da terzi estranei al giudizio(in difetto di altri elementi di prova atti a suffragare le risultanze promanan-
ti da detti scritti) n� il riferimento a situazioni politico-economiche di disse-
sto del Paese di origine o a persecuzioni nei confronti di non specificate etniedi appartenenza ovvero il richiamo al fatto notorio, non accompagnato dal-
l�indicazione di specifiche circostanze riguardanti direttamente il richieden-
te (cfr. Cassazione civile, sez. I, 2 dicembre 2005, n. 26278, sopra citata).

Peraltro, data la delicatezza dei profili che si toccano e che attengono alrispetto dei diritti e della dignit� umana, l�indagine del Giudice deve essereconcreta, effettiva ed attuale, e deve tener conto della nozione degli �atti dipersecuzione� secondo l�art. 9 della direttiva: �Gli atti di persecuzione aisensi dell�articolo 1A 
della convenzione di Ginevra devono: a) essere suffi-
cientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una viola-
zione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cuiqualsiasi deroga � esclusa a norma dell�articolo 15, paragrafo 2, della con-
venzione europea di salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fonda-
mentali; oppure b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazionidei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sullapersona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a)�.

Non possono, quindi, costituire motivi adeguati a giustificare una revo-
ca dello status 
�la generica gravit� della situazione politica economica e lastessa mancanza dell�esercizio delle libert� democratiche, �di per s� nonsufficienti a costituire i presupposti per il riconoscimento dello �status� dirifugiato, essendo necessario che la specifica situazione soggettiva delrichiedente, in rapporto alle caratteristiche oggettive nel paese, faccianoritenere un pericolo per l�incolumit� della persona� (cos� T.A.R. Lombardia 
Milano, sez. I, 9 ottobre 2003 , n. 4527). 

Il fumus persecutionis, il fondato timore di subire una persecuzione, per-
sonalmente e singolarmente considerata, costituisce il vero discrimen 
ingrado di legittimare il riconoscimento dello status 
in questione; in ossequioa quanto disposto dall�art. 11, n. 2 della direttiva [�Ai fini dell�applicazionedelle lettere e) e f) del paragrafo 1, gli Stati membri esaminano se il cambia-



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mento delle circostanze ha un significato e una natura non temporanea talida eliminare il fondato timore di persecuzioni�] la valutazione va condottasu due binari, quello della condizione oggettiva del paese dal quale ci si rifu-
gia e quella soggettiva del cittadino o dell�apolide che chiede rifugio, sullabase della probabilit� effettiva della persecuzione, concretata in una poten-
zialit� che non rimanga generica o collegata a contesti di calamit� naturale odissesto politico.

Da ci� consegue che non possono rilevare situazioni legate alla sussi-
stenza o meno di un governo pienamente funzionante o di strutture fonda-
mentali dell�amministrazione od anche di adeguate infrastrutture e che, alcontrario, possono rilevare situazioni di �protezione� equipollenti quali quel-
le di protezione internazionale e quasi-statale (ad esempio un�entit� gover-
nativa locale, pur embrionale ma supportata nel suo sviluppo a seguito di unmutamento di regime da forze multinazionali come quelle di peace-keeping),
giusto quanto disposto dall�art. 1, lett. c) n. 5 della Convenzione di Ginevra,
il quale prevede che una persona non possa pi� fruire della Convenzionestessa �se, cessate le circostanze in base alle quali � stata riconosciuta comerifugiato, essa non pu� continuare a rifiutare di domandare la protezionedello Stato di cui ha la cittadinanza�. 

Ai fini della verifica della �protezione� disponibile per il rifugiato occor-
re, poi, tener conto che una persona esposta ad un �danno grave� come defi-
nito dall�art. 15 della direttiva, pu� accedere alla �protezione sussidiaria� dicui agli artt. 18 e ss. della medesima; questa forma di tutela costituisce, tut-
tavia, forma di protezione autonoma, sistematicamente collocata in un capoa parte (il VI) tanto che, come si legge nell�art. 20 n. 2 della direttiva, �ledisposizioni del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle personeammissibili a beneficiare della protezione sussidiaria�, a dare evidenza della 
diversit� delle due fattispecie. 

Ultimo profilo fatto oggetto di rinvio risulta essere quello relativo alcome valutare, ai fini dell�estinzione dello status 
di rifugiato, l�emersione dinuove circostanze potenzialmente �a rischio persecuzione�; se le stesse cio�vadano esaminate attraverso lo stesso criterio di probabilit� applicabile insede di riconoscimento dello statuto di rifugiato e con le agevolazioni proba-
torie di cui all�art. 4 n. 4 della direttiva, il quale recita �Il fatto che un richie-
dente abbia gi� subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffat-
te persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timo-
re del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subiredanni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecu-
zioni o danni gravi non si ripeteranno�. 

Su questo punto non possiamo concordare con le valutazioni espressedall�Autorit� giudiziaria tedesca; in particolare, sembra pi� rispondente allafinalit� della normativa in materia ritenere, quanto all�applicazione del crite-
rio di probabilit� effettiva, o del real risk, 
che sicuramente le circostanzenuove e difformi vanno valutate sempre con il metro del �fondato timore dipersecuzione�; quanto poi all�agevolazione probatoria di cui all�art. 4 cit.,
essa non sembra sia da limitare alla sola ipotesi in cui sussista un nesso tra 




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le nuove circostanze e quelle che hanno legittimato la concessione dello sta-
tus; non solamente per un favor 
nei confronti del soggetto che chiede tutelama per una applicazione puntuale della disposizione [�Il fatto che un richie-
dente abbia gi� subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffat-
te persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timo-
re del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subiredanni gravi�]: nel caso, infatti, in cui la persona abbia subito persecuzioni ogravi danni questo costituisce un indizio ai fini della sussistenza di un fon-
dato timore, anche se successivamente mutano le circostanze di fatto; al con-
trario, nel caso di minacce, essendo le stesse letteralmente agganciate a �sif-
fatte persecuzioni� (vale a dire a quelle gi� subite), ci� vuol dire che il venirmeno della minaccia o il persistere della stessa va valutato in relazione aquella stessa persecuzione che si � subita e sulla quale la minaccia insiste,
non ad altra. 

In conclusione

il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottopo-
sti al suo esame affermando: � che lo status 
di rifugiato si estingue al venirmeno del �fondato timore� di essere perseguitato, valutando concretamenteanche l�eventuale emersione di nuove circostanze legittimanti il medesimotimore; � che il soggetto che offra protezione ai sensi dell�art. 7, n. 1 delladirettiva pu� configurarsi anche come quasi-statale, dunque supportato nel-
l�esercizio del potere politico-territoriale anche da truppe multinazionali; 
� 
che il soggetto del quale si predica la revoca dello status 
non sia esposto adanno grave, per la quale ipotesi vi � specifica e differente disciplina; � chenon rilevano, ai fini della revoca dello status 
in questione ed in assoluto, nep-
pure la stabilit� delle condizioni di sicurezza del paese e di vita della perso-
na; � che le possibili nuove circostanze, potenzialmente capaci di integrareuna situazione di persecuzione, devono essere valutate con il criterio della�possibilit� effettiva� e con l�agevolazione probatoria di cui all�art. 4, n. 4della direttiva; fatta eccezione per l�ipotesi delle minacce per le quali �necessario un nesso con le persecuzioni gi� subite, stante la lettera dellanorma (�minacce dirette di siffatte persecuzioni�).

Roma, 23 agosto 2008 Avv. Giuseppe Albenzio 

Causa C-196/08 � Materia trattata: libera prestazione dei servizi �
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ammini-
strativo Regionale per 
la Sicilia (Italia) il 14 maggio 2008 � AcosetSpA/Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa e a.
(Avvocato dello Stato G. Fiengo � AL 
26740/08)
. 


LA 
QUESTIONE 
PREGIUDIZIALE 


Se � conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di tra-
sparenza e libera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, unmodello di societ� mista pubblico-privata costituita appositamente per l�e-



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spletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale econ oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio inquestione, nella quale il socio privato con natura �industriale�ed �operati-
va�, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previaverifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente ope-
rativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specificheda fornire. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


La questione posta dal Tar per la Sicilia si pone � com�� dato compren-
dere dall�ordinanza di rinvio � in relazione all�organizzazione del servizioidrico integrato nella provincia di Ragusa. Si tratta di tutta evidenza dell�af-
fidamento di un pubblico servizio attraverso concessione trentennale, nellaquale non rilevano tanto le normative specifiche sugli appalti di pubblici ser-
vizi quanto i principi generali che si ricavano dagli articoli 43, 49 e 86 delTrattato. Il principale corrispettivo della concessione � nella possibilit� dirichiedere agli utenti la tariffa idrica che la procedura di gara individua comecompensativa del servizio reso.

Ulteriore 
aspetto 
che 
la 
difesa 
erariale 
intende 
mettere 
in 
evidenza 
� 
chein 
siffatta 
fattispecie 
non 
si 
� 
propriamente 
nell�ambito 
dell�in 
house 
provi-
ding,quantopiuttostonell�ambitodeltema,ugualmenteaffrontatodagliorga-
ni 
della 
Comunit�, 
del 
cosiddetto 
partenariato 
pubblico/privato: 
l�ATO 
ritie-
ne 
di 
poter 
gestire 
ed 
intende 
gestire 
in 
forma 
pubblica 
(attraverso 
una 
socie-
t� 
ad 
obbligatoria 
prevalenza 
di 
capitale 
pubblico) 
il 
servizio 
idrico 
integratonella 
provincia 
di 
Ragusa, 
ma 
non 
possiede 
integralmente 
nel 
suo 
interno 
lecapacit� 
tecniche 
ed 
operative 
per 
condurre 
in 
via 
esclusiva 
il 
servizio 
richie-
sto. 
La 
societ� 
mista 
� 
lo 
strumento 
che 
consente 
alle 
singole 
amministrazio-
ni 
associate 
nell�ATO 
di 
�autoprodurre, 
sia 
pure 
in 
parte� 
il 
servizio.

La societ� mista a prevalente (ed obbligatoria) partecipazione pubblicaviene costituita al solo scopo di gestire quel servizio pubblico, 
non pu� sot-
trarsi a tale compito e alla fine della missione viene sciolta. La finalit� per laquale la struttura viene costituita non ha quindi carattere industriale e com-
merciale e quindi non costituisce, secondo la giurisprudenza della Corte diGiustizia, neppure un �organismo di diritto pubblico�; nondimeno lo statutodella societ� ed il disciplinare di gara prevedono che si ricorra alle regoledell�evidenza pubblica ogniqualvolta la societ� mista debba richiedere a terzidei servizi, lavori o forniture.

La scelta del socio di minoranza avviene attraverso una gara (europea)
ad evidenza pubblica nella quale sono analiticamente indicati tutti gli obbli-
ghi del futuro concessionario, i lavori da svolgere nel trentennio e le regolecui la prestazione del servizio deve essere svolta. L�offerta di gara, per acqui-
sire il 49% della partecipazione alla societ� affidataria del servizio, precisa,
attraverso l�indicazione analitica delle voci di tariffa, la posizione di vantag-
gio che il privato va ad acquisire nel diventare partner degli enti pubbliciassociati. 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


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La Repubblica Italiana ritiene compatibile con il diritto comunitario cheuna gara individui contestualmente l�oggetto (specifico) della concessione diun pubblico servizio ad una societ� mista e l�ingresso in tale compaginesocietaria di un imprenditore privato, che diviene socio di minoranza tecni-
co/operativo. Tale orientamento � confermato dalla recente comunicazioneinterpretativa della Commissione delle Comunit� Europee del 5 febbraio2008. La Commissione stabilisce che �per costituire un PPPI in modo con-
forme ai principi del diritto comunitario evitando nel contempo i problemiconnessi ad una duplice procedura si pu� procedere nel modo seguente: ilpartner privato � selezionato nell�ambito di una procedura trasparente econcorrenziale, che ha per oggetto sia l�appalto pubblico o la concessioneda aggiudicare all�entit� a capitale misto, sia il contributo operativo delpartner privato all�esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo ammi-
nistrativo alla gestione dell�entit� a capitale misto. La selezione del partnerprivato � accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall�aggiudicazionedell�appalto pubblico o della concessione all�entit� a capitale misto�. Al difuori di tale ipotesi il partenariato pubblico privato resterebbe escluso dallagestione dei pubblici servizi in quanto il successivo affidamento del servizioalla societ� mista troverebbe un ostacolo insormontabile negli angusti limiticui la giurisprudenza comunitaria ha ristretto l�in house providing 
(Vedi 
peraltro, in senso pi� aperto, le recenti sentenze in C-371/05 Commissionec/Repubblica Italiana 
e in C-295/05 Asemfo c/Tragsa e Spagna).

Unico 
problema 
sul 
quale 
va 
appuntata 
l�attenzione 
della 
Corte 
� 
� 
ad 
avviso 
della 
difesa 
erariale 
� 
quello 
del 
cosidetto 
�ius 
variandi�
, 
ovverosia 
ilpotere 
degli 
enti 
concedenti 
(
i 
comuni 
associati 
nella 
societ� 
mista, 
e 
la 
stessa 
ATO)dipoterapportarevariazioninellagestionedeipubbliciserviziperinde-
rogabili 
sopravvenienze 
d�interesse 
pubblico. 
Tale 
potere 
� 
diffuso 
in 
tutti 
gliordinamenti 
nazionali 
e 
di 
norma 
comporta 
una 
sorta 
di 
indennizzo 
a 
favore 
delsoggettoprivatochevedemodificatointuttoo 
inparteilsuotitoloconces-
sorio. 
In 
proposito 
la 
Commissione 
nella 
soprarichiamata 
comunicazione 
sostiene 
che 
��essendo 
in 
genere 
costituito 
per 
la 
prestazione 
di 
un 
servizio 
nell�arco 
di 
un 
periodo 
di 
tempo 
abbastanza 
lungo, 
il 
PPPI 
deve 
essere 
ingrado 
di 
adattarsi 
ad 
alcune 
variazioni 
intervenute 
nel 
contesto 
economico, 
giuridico 
o 
tecnico. 
Le 
disposizioni 
comunitarie 
in 
materia 
di 
appalti 
pubblicie 
concessioni 
non 
impediscono 
di 
tener 
conto 
di 
queste 
variazioni, 
purch� 
sianorispettati 
ilprincipiodi 
parit� 
ditrattamentoeilprincipiodi 
trasparen-
za. 
Di 
conseguenza, 
qualora 
l�autorit� 
aggiudicatrice 
desideri, 
per 
ragioni 
precise, 
avere 
la 
possibilit� 
di 
modificare 
determinate 
condizioni 
dell�appalto 
dopo 
la 
scelta 
dell�aggiudicatario, 
dovr� 
prevedere 
espressamente 
tale 
possi-
bilit�diadeguamento,cos�comelesuemodalit�diapplicazione,nelbandodi 
garaonelcapitolatod�oneriedelimitarel�ambitoall�internodelqualelapro-
cedura 
deve 
svolgersi, 
cosicch� 
tutte 
le 
imprese 
interessate 
a 
partecipareall�appalto 
ne 
siano 
a 
conoscenza 
fin 
dall�inizio 
e 
si 
trovino 
pertanto 
su 
un 
piede 
di 
parit� 
nel 
momento 
della 
formulazione 
dell�offerta�.

In tale contesto si comprende la ragione di una clausola e/o patto para-
sociale, inserito nel disciplinare di gara e richiamato anche nell�ordinanza di 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


134 


rimessione del TAR per la Sicilia, a norma del quale in caso di �f) nell�even-
tualit� che, nell�esercizio delle proprie prerogative, i competenti organi deli-
berassero di collocare in Borsa una parte delle azioni possedute dal Sociopubblico, riconoscimento al Socio di minoranza del 50% della plusvalenzarispetto al valore nominale conseguita col collocamento in Borsa al nettodegli oneri fiscali�. Tale disposizione in realt� presuppone lo scioglimentodella societ� mista e il venir meno della concessione trentennale del servizioidrico integrato, restando fermo a forza di statuto che la societ� stessa deveessere a �partecipazione pubblica maggioritaria� (art. 1 dello Statuto)
. 


** ** *
* 


Tanto premesso il Governo della Repubblica Italiana ritiene che codestaEcc.ma Corte di Giustizia possa rispondere al quesito nel senso che �� con-
forme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza elibera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, un modellodi societ� mista pubblico-privata costituita appositamente per l�espletamen-
to di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggettosociale esclusivo, nella quale il socio privato con natura �industriale� 
ed�operativa�, sia contestualmente 
selezionato mediante una procedura di evi-
denza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che diquelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere ealle prestazioni specifiche da fornire. Resta di competenza del giudice nazio-
nale la verifica in concreto che l�oggetto degli affidamenti (dei servizi, lavo-
ri od altro) el�ambito dei poteri del socio privato siano specificatamente edanaliticamente predefiniti in sede di bando di gara�.

Roma, 5 agosto 2008 Avv. Giuseppe Fiengo 


Causa C-218/08 � Materia trattata: ambiente e consumatori � Ricorsopresentato il 22 maggio 2008 � Commissione delle Comunit� europee/ 
Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Fiengo � AL22424/08)
. 


LE 
CONCLUSIONI 
DELLA 
COMMISSIONE 


Constatare che la Repubblica italiana, non avendo predisposto piani diemergenza esterni per tutti gli stabilimenti, per i quali questi piani sonorichiesti, � venuta meno agli obblighi imposti dall�art. 11, paragrafo 1, let-
tera c) della direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul con-
trollo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanzepericolose, come modificata dalla direttiva 2003/105/CE.

Condannare 
la 
Repubblica 
italiana 
al 
pagamento 
delle 
spese 
di 
giudizio. 


IL 
CONTRORICORSO 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Nel costituirsi nel presente giudizio la Repubblica Italiana intende met-
tere in luce come l�elaborazione della pianificazione di emergenza esternaper gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante, il cui ritardo 




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ED 
INTERNAZIONALE 
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viene contestato dalla Commissione con il presente ricorso, abbia scontato infase di avvio la difficolt� del trasferimento delle competenze amministrativealle Regioni ai sensi dell�art. 72 del decreto legislativo n. 112/98. Tale dispo-
sizione subordinava il passaggio di dette funzioni ad una serie di condizioniche ancora oggi non sono state ancora pienamente realizzate: adozione dispecifica normativa regionale finalizzata a raccordare i vari soggetti incari-
cati dell�istruttoria e a garantire la sicurezza del territorio e della popolazio-
ne; attivazione delle Agenzie Regionali di Protezione dell�Ambiente; stipuladi un accordo di Programma Stato-Regioni per la verifica dei presupposti perlo svolgimento delle funzioni.

In tale contesto il legislatore nazionale, con l�art. 20 del decreto legisla-
tivo n. 334/99, aveva previsto che sino alla piena attuazione dell�art. 72 delDecreto Legislativo n. 112/98: �il Prefetto, 
d�intesa con le regioni e gli entilocali interessati, previa consultazione della popolazione, e nell�ambito delledisponibilit� finanziarie previste a legislazione vigente, predispone il pianodi emergenza esterna e ne coordina l�attuazione�. Le oggettive difficolt� diordine gestionale legate a tale impegno, di carattere chiaramente surrogato-
rio, appaiono ancor pi� evidenti se si guarda il vigente assetto di competen-
ze in materia di protezione civile che vede come principali riferimenti gli entilocali e le regioni e solo in via sussidiaria o in specifici ambiti il livello digoverno centrale.

Nondimeno 
� 
anche 
in 
concomitanza 
con 
l�avvio 
da 
parte 
dellaCommissione della procedura d�infrazione � gli adempimenti sono staticompletati e la Commissione � stata edotta a pi� riprese dello �stato di avan-
zamento delle attivit��. La procedura contenziosa, che precede il giudizio diinadempimento innanzi alla Corte di Giustizia ha raggiunto pienamente ilsuo scopo e la sentenza che dovesse intervenire si limiter� necessariamentea dichiarare un inadempimento che oramai non sussiste.

Questi i fatti.

Il 
Ministero 
dell�Interno, 
Dipartimento 
dei 
Vigili 
del 
Fuoco, 
delSoccorso Pubblico e della Difesa Civile, � intervenuto con circolare n.1347-
028/S(22), in data 4 settembre 2007, diretta ai Prefetti, ribadendo innanzitut-
to come la predisposizione, il riesame, la sperimentazione e, se necessario,
l�aggiornamento dei piani di emergenza esterni per gli stabilimenti a rischiodi incidente rilevante nonch�, in caso di evento, l�attivazione delle procedu-
re di cui all�articolo 24, co. 2, del decreto legislativo n. 334 del 17 agosto1999, rientrassero a diritto vigente nelle materie di competenza del Prefetto.

� stata, pertanto, richiamata l�attenzione dei Prefetti stessi sulla proce-
dura d�infrazione avviata nei confronti dell�Italia a causa della non correttaapplicazione della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenticonnessi con determinate sostanze pericolose e sulla conseguente necessit�che venisse adottata, con urgenza, ogni utile iniziativa ai fini del completa-
mento della pianificazione d�emergenza esterna su tutto il territorio naziona-
le. Inoltre, per disporre di pi� esaurienti elementi informativi nel settore,
sono stati richiesti puntuali ed aggiornati dati sullo stato delle pianificazioniin argomento nel territorio di rispettiva competenza, nonch� notizie su even-



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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


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tuali difficolt� di ordine gestionale, procedurale, tecnico o finanziario diostacolo all�assolvimento dell�adempimento in parola.

Contestualmente � stato promosso, nell�ambito del Tavolo Tecnico per ladefinizione dell�accordo � quadro fra Governo e Regioni per il trasferimen-
to alle stesse delle competenze amministrative relative alle attivit� a rischiodi incidente rilevante (presso l�Ufficio per il Federalismo Amministrativodella Presidenza del Consiglio dei Ministri), l�inserimento della seguentedisposizione finalizzata a realizzare una maggiore collaborazione fra Stato eRegioni: �Nelle more del conferimento delle funzioni di cui al presenteaccordo, il Ministero dell�Interno e le Regioni e le Province autonome siimpegnano, altres�, a definire ogni utile raccordo e modalit� di collabora-
zione per la pi� rapida ed efficace elaborazione della pianificazione delleemergenze. Detta collaborazione sar� attivata in sede di tavoli tecnici pro-
mossi e coordinati dai Prefetti�.

Alla fine del 2007, in risposta al parere motivato n. C(2007)4876 del 17ottobre 2007, la Presidenza del Consiglio dei Ministri � Dipartimento dellePolitiche Comunitarie � con nota del 21 dicembre 2007, prot. DCPC-
0011225-24/12/2007-2.36.4.19, comunic� alla Commissione, sulla base deidati acquisiti dalle Prefetture, confrontati con le informazioni in possesso delMinistero dell�Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e delDipartimento della Protezione Civile, la seguente situazione: �su 537 stabi-
limenti esistenti in Italia ai quali si applica l�art. 9 della direttiva 96/82/CE(dato fornito ed aggiornato dal Ministero dell�Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare al 31 ottobre 2007), sono risultati n. 394 piani di emer-
genza esterna redatti ed approvati (pari al 73%) ed ulteriori 40 piani in fasedi avanzata redazione per una percentuale complessiva pari all�81%�.

Rispetto ai dati precedentemente forniti alla Commissione Europea,
occorre evidenziare che con l�entrata in vigore del D.lgs. 21 settembre 2005,

n. 238, che ha modificato il D.lgs 17 agosto 1999, n.334,sono risultate inclu-
se nel campo di applicazione del predetto art. 9 della direttiva 96/82/CE (cor-
rispondente all�art. 8 del decreto legislativo n. 334/99) nuove attivit� sogget-
te alla presentazione del rapporto di sicurezza in conseguenza delle modifi-
che apportate all�allegato I (ad esempio, le sostanze esplosive), mentre altre,
gi� incluse, sono state espunte.
In detta nota, viene altres� rappresentata l�intensa attivit� profusa dalMinistero dell�Interno � Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del SoccorsoPubblico e della Difesa Civile � e la valenza dell�impegno preso, unitamen-
te alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della ProtezioneCivile, ed al Ministero dell�Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,
di conseguire entro il termine del 30 giugno 2008 il completamento dellapredetta pianificazione d�emergenza esterna, corrispondendo cos� alle solle-
citazioni della Commissione Europea.

In linea con l�impegno preso, sin dall�inizio del 2008, vengono pertantorealizzate le seguenti attivit�: 

� i Direttori Regionali ed Interregionali dei Vigili del Fuoco vengono solle-
citati a continuare a fornire il loro indispensabile supporto alle Prefetture, sia 

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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
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nel corso di svariati incontri tenutisi presso il Dipartimento dei Vigili delFuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, sia con circolare n.
DCPST/A4/RS/108, in data 15 gennaio 2008, dell�Area Rischi Industrialidel predetto Dipartimento;

� 
le 
Prefetture 
capoluogo 
di 
regione 
sono 
sensibilizzate 
per 
ogni 
utile 
inizia-
tiva 
di 
coordinamento 
da 
attuare 
in 
ciascuna 
regione 
finalizzata 
al 
completa-
mentodellapredettapianificazioneentroil30giugno2008concircolaren.33-
028/S(22),indata21gennaio2008,nonch�inoccasionediincontrichesisonotenuti 
presso 
il 
Dipartimento 
deiVVF; 
tale 
coordinamento 
si 
� 
rivelato 
effica-
ce 
consentendo 
finalmente 
un 
monitoraggio 
esteso 
all�intero 
territorio 
nazio-
nale 
ed 
una 
gestione 
mirata 
delle 
situazioni 
di 
maggiore 
criticit�;
� il Dipartimento per le Politiche Comunitarie sollecita ulteriormente leRegioni a fornire la massima collaborazione alle Prefetture ed a tal fine indata 3 marzo 2008 tiene apposito incontro con i predetti Enti; 
� 
il 
coordinamento 
operativo 
effettuato 
dal 
Dipartimento 
della 
Protezione 
Civile 
si 
svolge 
in 
particolare 
nell�ambito 
dell�appositoTavoloTecnico 
inter-
ministeriale 
istituito 
presso 
il 
predetto 
Dipartimento, 
ove 
realizza 
quattro 
incontri 
con 
i 
funzionari 
responsabili 
del 
settore 
della 
Protezione 
Civile 
dellePrefetturecapoluogodiregioneedellerelativeRegioni.Attraversotaliincon-
tri 
si 
condividono 
le 
esperienze 
maturate, 
si 
forniscono 
ulteriori 
indicazioni, 
si 
trovano 
soluzioni 
in 
presenza 
di 
situazioni 
di 
difficolt�; 
� il monitoraggio degli stabilimenti riconducibili alla disciplina di cui all�art.
8 del decreto legislativo 334/1999 e delle relative pianificazioni di emergen-
za esterne � gestito in maniera coordinata e sinergica mantenendo come rife-
rimento la banca dati del Ministero dell�Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare che opera i necessari aggiornamenti in caso di accerta-
mento di una diversa disciplina cui assoggettare i vari stabilimenti. 
Tale monitoraggio ha consentito dunque di pervenire ad una quantifica-
zione condivisa delle industrie a rischio incidente rilevante assoggettate alladisciplina di cui all�art. 8 del decreto legislativo n.334/99 e pari a 509 stabi-
limenti. Rispetto al totale di 537 industrie censite al dicembre 2007, il moni-
toraggio ed il connesso riscontro della loro effettiva assoggettabilit� allanorma, ha determinato l�eliminazione di 31 stabilimenti e l�aggiunta di 3 perun totale, come detto, di 509.

La collaterale e determinante attivit� di predisposizione e approvazionedei Piani di Emergenza Esterna posta in essere dai Prefetti, supportati a livel-
lo territoriale dalle strutture periferiche del Corpo Nazionale dei Vigili delFuoco e dalle Regioni, ha reso cos� possibile il raggiungimento dell�impegnoassunto nei confronti della Commissione alla fine del 2007 e cio� di comple-
tare su tutto il territorio nazionale la pianificazione di emergenza esterna perle industrie a rischio incidente rilevante di cui all�art. 9 della direttiva96/82/CE (corrispondente all�art. 8 del decreto legislativo n. 334/99)

Previa puntuale verifica di tutti i dati pervenuti � realizzata mediantecontrollo incrociato dei dati trasmessi dalle Prefetture con le informazionidel Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero dell�Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare � si rappresenta dunque che al 30 giu-



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AVVOCATURA 
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gno 2008 la situazione nella Repubblica Italiana � la seguente: 
industrie arischio incidente rilevante (assoggettate all�art. 8 decreto legislativo n.
334/99) totale n. 509 � piani di emergenza esterna (redatti ed aggiornati al 30giugno 2008) totale n. 509.

In conclusione la Repubblica Italiana, ha messo in atto ogni sforzo percorrispondere all�impegno, preso nei confronti della Commissione Europea,
di completare entro il 30 giugno 2008 la pianificazione dell�emergenza ester-
na delle industrie riconducibili alla disciplina di cui all�art. 9 della direttiva96/82/CE (corrispondente all�art. 8 del decreto legislativo n 334/99).

Tale obiettivo si presentava ambizioso (ma si � ritenuto di doverlo rea-
lizzare in tempi pi� brevi attraverso un maggiore impegno da parte di tutti isoggetti a vario titolo coinvolti. Del resto, ogni progettualit� di rilievo deveessere sfidante ma concretamente attuabile, pertanto, va programmata e rea-
lizzata tenendo realisticamente conto delle risorse in gioco. In particolare,
nel progetto promosso dall�Italia per superare quel ritardo nella elaborazio-
ne della pianificazione di emergenza esterna contestato dalla CommissioneEuropa con la procedura d�infrazione di cui trattasi, risultava determinante iltermine del 30 giugno 2008.

Dato il tempo trascorso senza che la Commissione Europea avesse inten-
tato ricorso alla Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, si era consolida-
ta l�idea di un implicito consenso della Commissione stessa rispetto a talescadenza. Inspiegabilmente, invece, pochi giorni prima che scadesse il ter-
mine, e sebbene fosse cessata ogni ragione di dissenso, in quanto la pianifi-
cazione a quella data era gi� quasi del tutto completata la CommissioneEuropea ha proposto ricorso notificandolo in data 5 giugno 2008: la valenzadi un�eventuale condanna diviene in questo contesto �puramente statistica�.

P.Q.M.
Si chiede che la Commissione valuti l�opportunit� di far cessare il pre-
sente giudizio, atteso l�intervenuto adeguamento della Repubblica italianaalla direttiva comunitaria.

Roma, 11 luglio 2008 Avv. Giuseppe Fiengo 


Causa C-261/08 � Materia trattata: spazio di libert�, sicurezza e giusti-
zia 
� 
Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dal 
TribunalSuperior 
de Justicia de Murcia (Spagna) il 19 giugno 2008 � Mar�a JuliaZurita Garc�a/Delegado del Gobierno en la Regi�n de Murcia. (Avvocatodello Stato G. Fiengo � AL 
33946/08)
. 


LA 
QUESTIONE 
PREGIUDIZIALE 


Se le norme del Trattato che istituisce le Comunit� europee, in partico-
lare del suo art. 62, nn. 1 e 2 lett. a), nonch� del regolamento del Parlamentoeuropeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codicecomunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da partedelle persone (codice frontiere Schengen), segnatamente gli artt. 5, 11 e 13 




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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
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di detto regolamento, debbano essere interpretate nel senso che esse ostanoad una normativa, quale quella nazionale e la giurisprudenza che la inter-
preta, la quale ammette la possibilit� di sostituire l�espulsione di qualsiasi�cittadino di un paese terzo� sprovvisto di un titolo che autorizzi l�ingressoe il soggiorno nel territorio dell�Unione europea con l�irrogazione di un�am-
menda. 


IL 
FATTO 


Con ordinanza notificata il 31 luglio 2008, la Corte di cassazione dellaComunit� di Murcia (Spagna) � Sezione del contenzioso amministrativo,
nella causa proposta dalla cittadina boliviana Mar�a Julia Zurita Garc�a,
(impugnazione della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorsoavverso il decreto di espulsione emesso in data 15 novembre 2006 dal dele-
gato del Governo della regione di Murcia), ha proposto dinanzi alla Corte diGiustizia dell�Unione Europea domanda di pronuncia pregiudiziale.

La Corte remittente ha evidenziato anzitutto, con riferimento alla fatti-
specie concreta devoluta al suo giudizio, che il decreto di espulsione condivieto di ingresso per 5 anni nello spazio Schengen, ritenuto legittimo dallasentenza impugnata dalla ricorrente, era stato emesso in applicazione del-
l�art. 53 lett. a) della Ley Organica 4/2000, secondo cui costituisce infrazio-
ne grave �Il fatto di trovarsi in territorio spagnolo in situazione irregolare,
per non aver ottenuto la proroga del soggiorno, il permesso di soggiorno odocumenti analoghi, ove esigibili, o perch� tali documenti sono scaduti dapi� di tre mesi, sempre che l�interessato non abbia chiesto il rinnovo deglistessi nel termine regolarmente previsto�; per tale condotta � previstaun�ammenda, che per� pu� essere sostituita (come avvenuto nel caso di spe-
cie) dall�irrogazione dell�espulsione, all�esito del procedimento amministra-
tivo. Nell�appello, la ricorrente censurava la sentenza impugnata evidenzian-
do l�inammissibilit� del mantenimento della sanzione dell�espulsione: e ci�in quanto l�amministrazione non aveva rispettato, nella valutazione dellacondotta trasgressiva, i criteri di proporzionalit� necessari per giustificare lasostituzione della sanzione di ammenda con l�espulsione.

La Corte ha quindi richiamato il Trattato CE (art. 62, relativo all�adozio-
ne di misure concernenti l�attraversamento delle frontiere esterne degli Statimembri) ed il regolamento (CE) n. 562/2006, istitutivo del �codice frontiereSchengen�, analizzando compiutamente gli articoli 5 (che detta le condizio-
ni d�ingresso per i cittadini di Paesi terzi: documento, visto, mezzi di sussi-
stenza, ecc.), 11 (che regola la presunzione di insussistenza delle condizionirelative alla durata del soggiorno, e la conseguente espulsione del cittadinodi un Paese terzo, qualora il documento di viaggio di quest�ultimo sia privodel timbro d�ingresso) e 13 (relativo al respingimento dei cittadini di Paesiterzi che non soddisfino le condizioni di ingresso di cui all�art. 5). 

Per altro verso, la Corte remittente ha posto in evidenza la possibileincongruenza della normativa spagnola: infatti, la natura di vera e propriasanzione, che la legge conferisce all�espulsione dello straniero non in regola 




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AVVOCATURA 
DELLO 
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� N. 3/2008 


140 


con le norme sul soggiorno, comporta la necessit� di rispettare, al momentodella sua irrogazione (in luogo dell�ammenda), il rispetto dei principi di ade-
guata motivazione e di proporzionalit�. In tale prospettiva, deve essere san-
zionata con l�ammenda, e non con l�espulsione, la mancanza di documenta-
zione idonea all�ingresso e al soggiorno nel territorio spagnolo (e quindinella UE), qualora manchino circostanze aggravanti o comunque elementigiustificativi della sostituzione della sanzione pecuniaria con l�espulsione.
Ci� determina, evidentemente, il permanere nello spazio UE di persone privedei necessari requisiti.

All�esito di tale disamina, la Corte remittente ha sostenuto che la rego-
lamentazione della materia in sede comunitaria implica la necessit� dell�u-
scita dal territorio dell�Unione europea (attraverso il respingimento o l�e-
spulsione) del cittadino di un Paese terzo che si trovi a soggiornarvi senzaessere in possesso dei requisiti necessari. Asostegno di tale assunto, la Corteha richiamato non solo il respingimento e l�espulsione previsti dai gi� citatiarticoli 11 e 13 del regolamento istitutivo del codice frontiere Schengen, maanche la normativa comunitaria in tema di visti e di Fondo europeo per i rim-
patri (evidenziando come, nella premessa del regolamento istitutivo di talefondo, sia stato sottolineato che una politica comunitaria efficace in materiadi rimpatri costituisce un necessario complemento ad una politica credibilein tema di immigrazione legale ed asilo), nonch�, da ultimo, il principio dileale collaborazione sancito dall�art. 10 del Trattato CE. 


LA 
POSIZIONE 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Sembra necessario evidenziare, preliminarmente, che, pur avendo laCorte remittente individuato ed analizzato, quale normativa comunitariaapplicabile al caso concreto, gli articoli 11 e 13 del regolamento (CE) n.
562/2006 istitutivo del codice frontiere Schengen, l�ordinanza di rimessionenon contiene indicazioni fattuali idonee a ricondurre la fattispecie concretaalle norme predette. In particolare, va sottolineato che l�espulsione di cuiall�art. 11 del regolamento � prevista esclusivamente per la specifica ipotesiin cui sul documento di viaggio in possesso di un cittadino di un Paese terzo,
che si trovi nel territorio UE, non vi sia il visto di ingresso (che deve esseresistematicamente apposto, ai sensi dell�art. 10, ad ogni ingresso od uscita delcittadino): ci� determina una presunzione di illiceit� del soggiorno che, senon superata attraverso documentazione sostitutiva (biglietti di viaggio,
ecc.), determina l�espulsione.

Dall�ordinanza di rimessione, peraltro, non emerge che la ricorrentesig.ra Garc�a si sia trovata in tale specifica situazione, essendo stata richia-
mata la sola norma interna che sanziona con l�ammenda (eventualmentesostituita con l�espulsione) l�irregolarit� del soggiorno per non aver ottenutoil permesso di soggiorno, la sua proroga o documenti analoghi, ovvero pernon aver richiesto il rinnovo di tali documenti scaduti da oltre tre mesi.

Altrettanto � a dirsi, 
mutatis mutandis, per il respingimento alla frontie-
ra di cui all�art. 13 del regolamento citato. Non � quindi da escludere che la 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
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141 


Corte di Giustizia possa ritenere, in via interlocutoria, di invitare la Cortespagnola a fornire adeguate precisazioni in ordine alla fattispecie concretasottoposta alla sua valutazione.

Al di l� di tali rilievi di ordine preliminare, si ritiene che le considerazio-
ni svolte dalla Corte remittente a sostegno della incompatibilit�, con lenorme comunitarie, della sanzione pecuniaria prevista dalle leggi spagnoleper l�irregolare soggiorno di cittadini di Paesi terzi � considerazioni imper-
niate anche sulla necessit� di una coerenza sistematica nell�interpretazionedelle norme comunitarie � siano condivisibili e, quel che pi� conta, in lineacon le importanti modifiche normative che si registrano nella materia delcontrasto all�immigrazione clandestina.

Da un lato, deve infatti evidenziarsi che, tra le modifiche al Trattatosull�Unione europea introdotte dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007vi � l�inserimento dell�art. 63-bis, ai sensi del quale (comma 1) �l�Unionesviluppa una politica comune dell�immigrazione intesa ad assicurare, inogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l�equo trattamento dei cit-
tadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli stati mementi e la pre-
venzione e il contrasto rafforzato dell�immigrazione illegale e della trattadegli esseri umani�. In tale prospettiva, si prevede tra l�altro che ilParlamento europeo ed il Consiglio adottino, deliberando con proceduraordinaria, misure in tema di �immigrazione clandestina e soggiorno irrego-
lare, compresi l�allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiornoirregolare� (art. 63-bis, comma 2, lett. c).

D�altro lato, assume rilevanza la definitiva approvazione in data 18 giu-
gno 2008, da parte del Parlamento europeo, della direttiva recante norme eprocedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini dipaesi terzi soggiornanti illegalmente.

Per quanto qui interessa, occorre richiamare il principio fissato in viagenerale dall�art. 6, par. 1, secondo il quale �Gli Stati membri adottano unadecisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzoin posizione irregolare nel loro territorio�, fatte salve alcune ipotesi partico-
lari (possesso di documenti per il diritto di soggiornare in altro Stato mem-
bro; esistenza di accordi bilaterali per la riconsegna della persona ad altroStato membro; concessione di un permesso di soggiorno per motivi caritate-
voli, umanitari; ecc.). 

D�altraparte,iltestoapprovatodalParlamentoeuropeo�oltreafarsalve 
eventuali 
norme 
pi� 
favorevoli 
derivanti 
da 
accordi 
bilaterali 
o 
multilateralicon 
paesi 
terzi, 
o 
previste 
dall�acquis 
comunitario 
in 
tema 
di 
immigrazioneed 
asilo, 
ed 
oltre 
a 
prevedere 
che 
siano 
tenute 
nella 
dovuta 
considerazione 
leesigenze 
del 
minore, 
i 
motivi 
di 
famiglia 
e 
di 
salute, 
e 
sia 
rispettato 
il 
princi-
pio 
di 
non-refoulement 
� 
lascia 
agli 
Stati 
membri 
la 
facolt� 
di 
introdurre 
o 
mantenere 
disposizioni 
interne 
pi� 
favorevoli 
rispetto 
alla 
direttiva, 
�purch� 
compatibili 
con 
le 
norme 
in 
essa 
stabilite� 
(art. 
4, 
par. 
3).Alla 
luce 
di 
quan-
to 
fin 
qui 
esposto, 
sembra 
da 
escludere 
che 
tale 
compatibilit� 
possa 
essere 
ravvisata 
in 
una 
norma 
che 
si 
limiti 
a 
sanzionare 
l�irregolarit� 
del 
soggiorno 
con 
un�ammenda. 
Significativo, 
in 
proposito, 
� 
anche 
il 
considerando 
n. 
8, 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


142 


secondo 
cui 
�Si 
riconosce 
che 
� 
legittimo 
che 
gli 
Stati 
membri 
procedano 
al 
rimpatrio 
di 
cittadini 
di 
paesi 
terzi 
in 
posizione 
irregolare. 
Il 
presupposto 
di 
questo 
assunto 
� 
che 
esistano 
regimi 
in 
materia 
di 
asilo 
giusti 
ed 
efficienti 
che 
rispettano 
pienamente 
il 
principio 
di 
non-refoulement�.

Infine il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 15marzo 2006, n. 502, che istituisce un codice comunitario relativo al regimedi attraversamento delle frontiere da parte delle persone, regola, con l�art. 15,
le condizioni di ingresso per i cittadini di paesi terzi, e prevede chiaramente,
con l�art. 134, che �sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadinidi paesi terzi che non soddisfano tutte le condizioni d�ingresso previste dal-
l�articolo 5, paragrafo 1�.

Pertanto, si ritiene che il soggiorno nel territorio dell�Unione europea dicittadini di paesi terzi privi dei necessari requisiti imponga �necessariamen-
te l�uscita dal territorio, sia mediante il respingimento alla frontiera, siamediante l�espulsione�, e che una politica comunitaria efficace in materia dirimpatri costituisca un necessario completamento ad una politica credibile inmateria di immigrazione legale e asilo, nonch� una componente importantedella lotta contro l�immigrazione clandestina.

Tanto premesso � superate per quanto di ragione le questioni di rice-
vibilit� del quesito � la Repubblica Italiana suggerisce alla Corte di rispon-
dere nel senso che:

Le norme del Trattato che istituisce le Comunit� europee, in particolaredel suo art. 62, nn. 1 e 2 lett. a), nonch� del regolamento del Parlamentoeuropeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codicecomunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da partedelle persone (codice frontiere Schengen), segnatamente gli artt. 5, 11 e 13di detto regolamento devono essere interpretate nel senso che ostano ad unanormativa nazionale e ad una giurisprudenza che la interpreta, la qualeammette la possibilit� di sostituire l�espulsione di qualsiasi �cittadino di unpaese terzo� sprovvisto di un titolo che autorizzi l�ingresso e il soggiorno nelterritorio dell�Unione europea con l�irrogazione di un�ammenda.

Roma, 2 ottobre 2008 Avv. Giuseppe Fiengo 


Causa C-297/08 � Materia trattata: ambiente e consumatori � Ricorsopresentato il 3 luglio 2008 � Commissione delle Comunit� europee/
Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Aiello � AL28020/06)
. 


LE 
CONCLUSIONI 
DELLA 
COMMISSIONE 


Constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, con riferi-
mento alla regione Campania, tutte le misure necessarie ad assicurare che irifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute umana e senzarecare pregiudizio all�ambiente, ed in particolare non avendo stabilito unarete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, � venuta meno agliobblighi 
imposti 
dagli 
articoli 
4 
e 
5 
della 
direttiva 
2006/12/CE 
del 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


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Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 relativa ai rifiuti.
Condannare 
la 
Repubblica 
italiana 
al 
pagamento 
delle 
spese 
di 
giudizio. 


IL 
CONTRORICORSO 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Fatti e procedura 

A 
seguito della grave situazione ambientale e sanitaria determinatasinella regione Campania nel settore della gestione dei rifiuti, venne dichiara-
to � con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (d�ora innanziDPCM) del 11 febbraio 1994, successivamente prorogato fino al 31 dicem-
bre 2009 ex 
art. 19 Dl 90/08 (convertito nella l. n.123/08) � lo stato di emer-
genza ai sensi dell�articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225,
che prevede l�adozione di tale misura in relazione ad �eventi che, per inten-
sit� ed 
estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordi-
nari� (art. 2, comma 1, sub. c) .

La disposizione normativa sopra richiamata consente di nominare unorgano straordinario � il Commissario delegato � che riunisce in s� le fun-
zioni e le competenze ordinariamente svolte da altri Enti ed Amministrazionipubbliche e ci� allo scopo di assicurare la rapida attuazione degli interventifinalizzati al superamento della fase emergenziale.

Inizialmente venne individuato quale Commissario delegato il Prefettodi Napoli a cui venne affidato il compito di accentrare nella mano pubblicala gestione dei rifiuti in Campania allo scopo di sottrarla a forti interessimalavitosi e ci� mediante la requisizione delle discariche private e la realiz-
zazione di nuove discariche pubbliche.

L�attivit� di gestione del servizio di smaltimento venne per lo pi� affida-
ta ai Consorzi di bacino che erano stati appositamente costituiti dalla leggedella regione Campania (d�ora innanzi L.R.) n.10/93, proprio per la gestioneunitaria e coordinata � in forma associata � delle discariche pubbliche dei 
rifiuti urbani.

Per l�attuazione del Piano Regionale dei rifiuti, la L.R. 10/93 aveva indi-
viduato 18 ambiti territoriali omogenei nei quali, attraverso la costituzione di�soggetti 
strumentali obbligatori� dei comuni rientranti nei predetti ambiti

(n. 18 Consorzi Obbligatori), si sarebbe provveduto alla gestione dello smal-
timento dei rifiuti urbani prodotti nei rispettivi bacini.
A 
fronte di tale previsione, per�, non tutti i Consorzi costituiti ex legeregionale svolsero effettivamente la funzione per la quale erano stati costi-
tuiti, in quanto non tutti disponevano dei necessari sversatoi pubblici e, gi�in quella fase, le poche discariche consortili realizzate venivano utilizzateanche per lo smaltimento dei rifiuti provenienti da altri ambiti territoriali,
cos� allontanando sempre pi� il rientro dalla situazione emergenziale.

Pertanto nella vigenza dello stato emergenziale, nel 1996, il Presidentedella Regione Campania venne nominato Commissario di Governo per l�ap-
provazione del Piano Regionale dei Rifiuti con il compito di individuare unadeguato sistema di gestione dei rifiuti urbani utile a garantire la regolareerogazione del corrispondente servizio pubblico essenziale. 




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DELLO 
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Il piano approvato nel 1997, ed adeguato al D.Lgs 22/97 allora vigente,
di recepimento delle direttive comunitarie in materia di rifiuti, aveva indivi-
duato quale soluzione alle esigenze di smaltimento dei rifiuti urbani residua-
li dalla raccolta differenziata della regione Campania, un sistema impianti-
stico basato sulla termovalorizzazione del rifiuto, previo trattamento in com-
bustibile da rifiuti (d�ora innanzi CdR). 

Tale sistema di gestione era stato definito in esito ad un�attenta ricogni-
zione dei volumi di rifiuti urbani prodotti, delle relative caratteristiche mer-
ceologiche e della loro distribuzione sull�intero territorio regionale, nel qualesono compresi ben 551 comuni distribuiti su 5 province dove risiede circa il10% della popolazione italiana.

Con ordinanza del Ministro dell�Interno, allora delegato per il coordina-
mento della protezione civile, n. 2774 del 31 marzo 1998, d�intesa con ilMinistero dell�Ambiente, con il Presidente della Giunta della regioneCampania, con l�allora Ministero del Tesoro e con quello dell�Industria, sidiede atto che l�emergenza non avrebbe potuto essere superata se nonmigliorando la raccolta differenziata e la valorizzazione delle frazioni per lequali � consentito il riciclaggio ed il recupero di materie, avviando iniziativeindustriali in grado di ricevere ed utilizzare i rifiuti solidi urbani prodotti neiComuni della Regione Campania per produrre CdR ed utilizzare il medesi-
mo per la produzione di energia.

Detta ordinanza prevedeva la stipula, a seguito dell�espletamento di pro-
cedure di gara di rilevanza comunitaria, di contratti per l�affidamento dellosmaltimento dei rifiuti solidi urbani, a valle della raccolta differenziata, pro-
dotti nei comuni della regione Campania ad operatori privati capaci di rea-
lizzare impianti per la produzione di CdR, nonch� impianti per l�inceneri-
mento e la conseguente produzione di energia (termovalorizzatori).

Il sistema doveva per� completarsi con un�efficace raccolta differenzia-
ta alla quale dovevano provvedere autonomamente i Comuni della regioneCampania.

I 2 bandi di gara rispettivamente riferiti alla provincia di Napoli ed alresto delle province campane, prevedevano l�affidamento della progettazio-
ne esecutiva, costruzione e gestione del servizio per un periodo di dieci anni. 

I due appalti vennero aggiudicati nel 2000 alla Fibe S.p.A. e la FibeCampania S.p.A. (societ� del gruppo Impregilo) alle quali, con contratti n.
11503 del 7 giugno 2000 e n. 51 del 5 settembre 2001, venne attribuito in viaesclusiva il servizio di smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania,
mediante la realizzazione e gestione di 7 impianti per la produzione di CdRe di 2 impianti di termovalorizzazione del CdR dedicati alla produzione dienergia elettrica localizzati nei comuni di Acerra e di S. Maria La Fossa.

Le appaltatrici si impegnavano ad una lavorazione dei rifiuti urbani pertrarne una percentuale di CdR (da avviare ai termovalorizzatori), un�aliquo-
ta di Frazione organica stabilizzata (d�ora innanzi FOS), da impiegare perripristini ambientali ed un�ulteriore percentuale residua, non superiore al10% di sovvalli (scarti di lavorazione) da avviare in aree di stoccaggio primae discariche di servizio poi. 




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ED 
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-I giudizi in corso 


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Tali societ� avrebbero dovuto eseguire, in forza dei citati contratti, a pro-
pria cura e spese, la realizzazione di tutti gli impianti occorrenti impiegandomezzi finanziari propri e/o che avrebbero reperito autonomamente mediantelo strumento della finanza di progetto, a fronte della riscossione presso glienti locali debitori di una tariffa di smaltimento dei rifiuti pari a � 83 per ognichilogrammo di rifiuti conferito agli impianti di CdR e dei proventi derivan-
ti dalla vendita di energia elettrica prodotta dai termovalorizzatori a tariffaagevolata per otto anni.

Le medesime affidatarie si erano per di pi� impegnate ad assicurare lacapacit� di smaltimento necessaria a coprire il fabbisogno regionale fin dalmomento della stipula del contratto ed a prescindere dal completamento delsistema impiantistico, nonch� dai livelli della raccolta differenziata assicura-
ti dai Comuni campani.

Con apposite ordinanze del Commissario delegato per l�emergenza rifiu-
ti i Comuni della Campania vennero inoltre obbligati a conferire i rifiutipresso gli impianti di CdR. 

L�esecuzione dell�appalto incontr� numerose difficolt�, sia nella tempi-
stica di realizzazione degli impianti a causa delle proteste delle popolazioniresidenti nei siti prescelti, sia nel reperimento di adeguate volumetrie didiscarica a servizio del sistema di smaltimento regionale.

Tale situazione comport� una rapida saturazione delle poche discarichee delle aree di stoccaggio del CdR disponibili ed una condizione di generalecriticit� del funzionamento degli impianti utilizzati per la lavorazione deirifiuti.

Si evidenziarono inoltre carenze nella progettazione degli impianti diCdR e nella relativa gestione.

Il CdR risultava infatti di qualit� inferiore rispetto alle caratteristichepreviste in contratto (15.000 Kj/Kg ed umidit� inferiore al 25%), la frazioneorganica stabilizzata (FOS) risultava ricca di impurit� (vetro, plastica inmodo particolare), conservava un tasso di umidit� elevato (superiore al 60%)
e presentava un indice respirometrico molto alto.

La FOS non veniva infatti raffinata adeguatamente e non era sottopostaad un sufficiente processo di stabilizzazione che ne avrebbe potuto consen-
tire l�impiego in interventi di recupero ambientale.

L�aggravarsi dell�emergenza determin� le dimissioni del CommissarioPresidente della Regione Campania ed il conseguente intervento diretto delGoverno italiano mediante la nomina di un diverso commissario delegatocon l�OPCM 3341/04.

Con il Dl 17 febbraio 2005, n.14 (convertito nella legge 15 aprile 2005,
n.53), vennero tra l�altro adottate misure per consentire l�adeguamento tec-
nico-funzionale degli impianti di CdR attribuendo al Commissario delegatoun potere sostitutivo in caso di inerzia delle societ� affidatarie del servizio.

Nel frattempo la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoliaveva avviato un�inchiesta in relazione alle descritte inadempienze contrat-
tuali individuando profili di responsabilit� per il reato di frode nelle pubbli-
che forniture ex 
art. 356 cp a carico dei vertici delle societ� appaltatrici non-



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ch� di taluni funzionari della precedente struttura commissariale con esseconniventi e sottoponendo a sequestro tutti gli impianti di CdR presenti nellaregione Campania.

Per questi motivi divennero impossibili i necessari adeguamenti impian-
tistici.

Le inadempienze contrattuali determinarono quindi un vasto contenzio-
so tra la struttura commissariale e le affidatarie che culmin� nella risoluzio-
ne ex lege 
dei contratti per effetto dell�articolo 1, comma 1 del Dl. 30 novem-
bre 2005, n.245 (convertito con modificazioni dalla legge n.21/06). 

Detto 
provvedimento 
legislativo 
impose 
comunque 
alle 
societ� 
Fibe 


s.p.a.eFibeCampanias.p.a.diproseguirel�attivit�digestionedelserviziodi 
smaltimentodeirifiutinellaregioneCampaniafinoalsubentrodeinuoviaffi-
datari 
da 
reperire 
all�esito 
di 
una 
procedura 
di 
gara 
di 
evidenza 
comunitaria.
L�art. 5 del Dl n.245/05, per migliorare i livelli della raccolta differen-
ziata, dispose inoltre che tale attivit� fosse assicurata dai Consorzi di cui allaLR n.10/93, prevedendone il commissariamento per il caso inerzia e apr� lastrada a convenzioni con il CONAI che � il consorzio nazionale deputato allavalorizzazione delle frazioni di plastica, carta, vetro, legno, metalli ferrosi enon ferrosi.

Al commissario delegato venivano assegnati ancora maggiori poteri perliberare le strade e gli impianti di CdR dai rifiuti in essi stoccati con una spe-
cifica ed aggiuntiva dotazione finanziaria di 80 milioni di euro.

Nonostante la vasta portata precettiva dei richiamati interventi normati-
vi l�esito di tali misure fu solo parzialmente positivo in quanto consent� uni-
camente di attenuare gli effetti della crisi superando il momento di conge-
stione che si era verificato.

Iconsorzidiederoinfattiunlimitatoapportoalmiglioramentodeilivellidiraccolta 
differenziata 
nonostante 
fossero 
stati 
in 
buon 
numero 
commissariati.

Afronte delle descritte carenze gestionali delle affidatarie del servizio dismaltimento dei rifiuti e della paralisi determinatasi nel sistema, la gestionecommissariale si vide costretta a realizzare nuovi siti per lo stoccaggio deirifiuti in attesa del loro avvio a definitivo smaltimento nei programmati ter-
movalorizzatori di Acerra e S. Maria La Fossa, nonch� al trasporto ed allosmaltimento in Germania di una parte del rifiuto umido prodotto, con onerieconomici di gran lunga superiori a quelli che si sarebbero pagati ove il siste-
ma impiantistico avesse risposto efficacemente alle esigenze del territorio.

Ancora una volta la forte opposizione delle popolazione rallent� od inalcuni casi vanific� addirittura l�apertura di nuove discariche od anche di sitidi stoccaggio cosicch� il trasporto e lo smaltimento fuori regione rimase perlungo tempo l�unica alternativa possibile.

Inoltre si dovette disporre il declassamento dei 7 impianti di CDR rea-
lizzati presso i quali venne dunque autorizzata l�effettuazione di un tratta-
mento di selezione e tritovagliatura dei rifiuti urbani al fine da ridurne i volu-
mi da inviare in discarica.

Nelfrattempoconprovvedimentocommissarialen.89del27marzo2006, 
veniva 
indetta 
la 
gara 
per 
l�aggiudicazione 
dell�appalto 
relativo 
allo 
smalti-



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COMUNITARIO 
ED 
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mento 
dei 
rifiuti 
nella 
regione 
Campania, 
il 
quale 
prevedeva, 
tra 
l�altro, 
che 


�l�aggiudicatario 
del 
servizio 
� 
obbligato 
[�
] 
all�acquisizione 
della 
proprie-
t� 
di 
impianti 
di 
termovalorizzazione 
in 
corso 
di 
realizzazione 
ed 
al 
loro 
com-
pletamento 
ovvero 
alla 
costruzione 
ex 
novo�
, 
nonch� 
degli 
impianti 
di 
CdR.

All�atto del passaggio di consegne il soggetto subentrante doveva corri-
spondere alle precedenti affidatarie il valore degli impianti risultante dairispettivi bilanci certificati.

In particolare, per gli impianti di CdR il valore era pari all�ammortamen-
to degli oneri residui, mentre quello del termovalorizzatore di Acerra, eraparametrato al costo delle opere risultante dalle fatture gi� contabilizzate alladata del 15 dicembre 2005, pari a � 100.369.853,00. 

I 
bandi 
di 
gara 
venivano 
per� 
impugnati 
dalla 
societ� 
Impregilo 
(capo-
gruppodellesociet�Fibes.p.aeFibeCampanias.p.a.)perlaparteincuiesclu-
devalesociet�exaffidatariedallapossibilit�diparteciparvi.Aseguitodelsud-
detto 
ricorso 
il 
Tribunale 
amministrativo 
regionale 
del 
Lazio 
sospendeva 
la 
gara. 
Per 
effetto 
di 
tale 
pronuncia 
venivano 
riaperti 
i 
termini 
della 
gara 
alloscopo 
di 
consentire 
la 
partecipazione 
delle 
pi� 
volte 
richiamate 
societ�.

Tuttavia, la nuova procedura di gara non sortiva esito positivo a causadella mancanza di almeno due domande di partecipazione valide.

Quindi con provvedimento commissariale n. 285 del 3 agosto 2006,
veniva approvato un secondo bando di gara, con una parziale modifica dellecondizioni di aggiudicazione dell�appalto.

Nelle more dell�espletamento della seconda procedura selettiva, all�esi-
to della sopracitata inchiesta penale la Procura della Repubblica presso ilTribunale di Napoli, in data 31 luglio 2007, chiedeva il rinvio a giudizio deivertici delle ex affidatarie Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a. e di alcuni per-
sonaggi a suo tempo impiegati presso la struttura Commissariale contestan-
do tra l�altro che le ex affidatarie del servizio avevano indicato nei propribilanci un valore gonfiato degli impianti (che dovevano essere acquisiti dalnuovo soggetto affidatario).

Tenuto conto di quanto precede e del nuovo aggravamento della crisinello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, il Legislatore, condecreto legge del 9 ottobre 2006 n. 263 (convertito, con modificazioni, dallalegge 6 dicembre 2006 n. 290), ha tra l�altro annullato il secondo bando digara prevedendo all�articolo 3, comma 1 bis che �nel necessario passaggiodi consegne ai nuovi affidatari del servizio, ivi comprese quelle relative alpersonale ed agli eventuali beni mobili ed immobili che appare utile rileva-
re, si doveva tenere conto dell�effettiva funzionalit�, della vetust� e dellostato di manutenzione�.

Il Commissario Delegato ha pertanto ridefinito le condizioni per l�affi-
damento del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. 

Sulla base di tale disposizione � stato pubblicato, nella G.U. n. 126 del21 novembre 2007 un terzo bando di gara. Anche questa � andata nuovamen-
te deserta a causa della mancata presentazione di offerte.

Oltre ai problemi evidenziati non pu� trascurarsi il fatto che tutte le ini-
ziative intraprese dalle autorit� competenti per la realizzazione di adeguate 




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DELLO 
STATO 
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volumetrie di discarica o qualunque altra tipologia di impianto necessaria peril ciclo di smaltimento dei rifiuti, sono state sempre avversate da dure prote-
ste dei cittadini residenti nei diversi territori della regione Campania.

Tali proteste oltre ad alimentare un vastissimo contenzioso giudiziario,
sono spesso sfociate in atti eclatanti, come testimonia anche la rassegna degliarticoli di stampa allegata al ricorso della Commissione, con cortei di massa,
l�occupazione dei siti interessati dalla localizzazione delle discariche o deisiti di stoccaggio, le aggressioni al personale del Commissariato, gli scontricon la polizia, gli incendi di cassonetti e di pneumatici, i blocchi dei cantie-
ri e cos� via. 

Per evidenti motivi di ordine pubblico, l�azione commissariale ha quin-
di subito continui rallentamenti e ripensamenti sulle migliori soluzioni daadottare.

Ancora una volta si � cercato di superare tali immense difficolt� con ilricorso alla decretazione d�urgenza per cui il richiamato Dl 263/06 ha attri-
buito al Capo del Dipartimento della protezione civile le funzioni di commis-
sario delegato, ha stanziato ulteriori 20 milioni di euro, ha rinforzato le misu-
re per incrementare i livelli della raccolta differenziata (art.4), ha cercato difavorire il consenso delle popolazioni interessate accompagnando l�aperturadelle nuove discariche con la bonifica dei limitrofi territori inquinati (art.5),
ha previsto perfino la riapertura delle discariche gi� chiuse che presentavanoancora volumetrie residue ed ha previsto l�adeguamento del piano regionaledi smaltimento dei rifiuti (art.3).

Essendo risultato per� vano ogni tentativo di procedere all�apertura dinuove discariche, o di riaprire quelle in precedenza chiuse, anche a causa diprovvedimenti inibitori adottati dalla magistratura penale ed essendo immi-
nente la chiusura della discarica di Villa Ricca (NA) che assorbiva gran partedei rifiuti campani, � stato adottato l�ulteriore decreto legge del 11 maggio2007, n.61 (convertito dalla legge 11 luglio 2007, n.87).

Questa 
volta 
si 
era 
proceduto 
ad 
una 
designazione 
per 
via 
normativa 
dei 
siti 
di 
Serre 
(SA)
, 
Savignano 
Irpino 
(AV)
, 
Terzigno 
(NA) 
e 
S. 
ArcangeloTrimonte 
(BN) 
da 
adibire 
a 
discarica 
(art.1)
, 
la 
riutilizzazione 
delle 
discariche 
gi� 
sottoposte 
a 
sequestro 
e 
la 
requisizione 
delle 
cave 
abbandonate 
(art.2).

Ai fini della raccolta differenziata veniva previsto l�impiego obbligato-
rio dei consorzi ex LR n.10/93 da parte degli enti locali campani, il coinvol-
gimento delle province mediante la nomina dei rispettivi presidenti nellaposizione di sub commissari del Commissario delegato (art.6).

Quest�ultimo decreto intendeva realizzare il principio di autosufficienzaimpiantistica a livello provinciale per consentire lo sgombero dei rifiuti stoc-
cati negli impianti di CdR ed i necessari interventi di manutenzione straordi-
naria per migliorarne l�efficienza, nonch� risolvere il problema dello smalti-
mento in attesa del completamento del sistema impiantistico anche con lamessa in esercizio dei termovalorizzatori.

Questo decreto � stato inoltrato alla Commissione con nota della rappre-
sentanza d�Italia presso l�Unione Europea del 16 maggio 2007, prot. 5621.

Il Governo italiano riteneva in tal modo necessario fare chiarezza in 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


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ordine ad un esposto inviato dal Sindaco di Serre che si opponeva all�aper-
tura della discarica di Valle della Masseria incentrato sulla pretesa violazio-
ne di vincoli paesistici.

Talenotadescriveinmodoesaustivolaportatadell�emergenzanellaregio-
neCampaniaedallamedesimasirimandaancheesoprattuttoper 
laparterela-
tiva 
alle 
misure 
programmate 
per 
il 
superamento 
del 
contesto 
emergenziale.

Il 
DL 
n.61/07 
veniva 
inoltre 
illustrato 
in 
un�apposita 
riunione 
aBruxelles nella quale le Autorit� italiane chiedevano chiarimenti in ordinealle procedure d�urgenza che potevano intraprendersi per ottenere rapida-
mente la Valutazione d�impatto ambientale nel pieno rispetto della normati-
va comunitaria vigente.

In data 29 giugno 2007 la Commissione costituiva in mora il Governoitaliano per la violazione degli artt. 4 e 5 della Direttiva 2006/12/CE, ritenen-
do il predetto strumento normativo inadeguato a risolvere in modo struttura-
le l�emergenza.

Le proteste della popolazione ed un provvedimento cautelare delTribunale di Salerno impedivano la realizzazione della discarica di valorestrategico di Valle della Masseria nel comune di Serre che avrebbe consenti-
to la rapida eliminazione dei rifiuti giacenti negli impianti di CdR e sullestrade Campane.

Essendo venuti meno i presupposti per l�attuazione di questa parte rile-
vante del piano, il Commissario delegato, Capo del Dipartimento della pro-
tezione civile Dr. Bertolaso rassegnava le proprie dimissioni.

Al suo posto subentrava quindi il Prefetto di Napoli Dr. Pansa il qualeriusciva ad aprire, sia pure con grave ritardo rispetto ai tempi in origine pro-
grammati una discarica alternativa in localit� Macchia Soprana sempre nelcomune di Serre.

Con nota inoltrata dalla ITALRAP 
3 agosto 2007 prot 8720, il Governoitaliano forniva gli elementi informativi richiesti descrivendo le soluzioniindividuate per pervenire nel breve e nel lungo termine alla positiva soluzio-
ne del problema.

Oltre alla descrizione degli impianti adibiti allo smaltimento dei rifiuti edello stato della loro realizzazione si fornivano assicurazioni in ordineall�aggiornamento del piano regionale al fine di:
�prevedere in armonia con la legislazione comunitaria, le priorit� delleazioni di prevenzione nella produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale,
recupero di energia e smaltimento;
contenere l�indicazione del numero e della rispettiva capacit� produttivadegli impianti;
assicurare il conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata, la pienatracciabilit� del ciclo dei rifiuti, l�utilizzo delle migliore tecnologie disponi-
bili, metodi di trattamento biologico ed un elevato livello di tutela ambien-
tale e sanitaria.�

Nel mese di Settembre 2007 veniva disposto il sequestro della discaricadi Lo Uttaro (in provincia di Caserta) e tornava a riacutizzarsi la crisi nellosmaltimento dei rifiuti. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


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Alla missiva del 3 agosto 2007 del Governo italiano, faceva seguito unalettera di costituzione in mora complementare del 23 ottobre 2007 con cui laCommissione ribadiva i rilievi precedentemente esposti, estendeva la conte-
stazione agli artt. 3 e 7 della Direttiva 2006/12/CE e dichiarava che l�adozio-
ne del nuovo Piano (aggiornato alla luce delle prescrizioni contenute nel Dln.61/07) doveva considerarsi �conditio sine qua non per l�instaurazione diun efficace sistema di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti perNapoli e la regione Campania, anche al fine di raggiungere finalmente ilpieno rispetto della direttiva rifiuti�.

La bozza del nuovo piano di gestione dei rifiuti oltre allo stato degliinterventi infrastrutturali e di gestione dell�emergenza venivano illustrati allaCommissione dalle Autorit� italiane in un�apposita riunione a Bruxelles il 20novembre 2007.

In seguito il Governo italiano inoltrava per il tramite dell�ITALRAP 
indata 24 dicembre 2007 prot.14145 un�ulteriore nota di risposta alla costitu-
zione in mora complementare precisando l�imminente adozione del pianoregionale e lo stato delle opere realizzate; detto Piano veniva infatti adottatoil 28 dicembre 2007.

Il 31 dicembre 2007 scadeva il mandato del Commissario delegatoPrefetto di Napoli Dr.Pansa.

Con 
nota 
dell�ITALRAP 
del 
25 
gennaio 
2008, 
n.968 
il 
Governo 
italianonotificava 
alla 
Commissione 
l�adozione 
di 
un�ordinanza 
di 
protezione 
civile 
conlaqualevenivanominatoilDr.De 
Gennaro(exCapodellaPolizia)Com-
missario 
delegato 
per 
l�emergenza 
rifiuti 
in 
Campania 
con 
il 
compito 
di 
risol-
vere 
la 
fase 
acuta 
dell�emergenza 
in 
120 
giorni 
e 
nel 
contempo 
veniva 
previ-
sto 
lo 
smaltimento 
di 
una 
parte 
dei 
rifiuti 
campani 
in 
altre 
regioni 
italiane.

Quest�ultimo Commissario delegato con nota del 25 gennaio 2008 illu-
strava alla Commissione il programma con il quale intendeva intervenire perrisolvere i problemi incontrati.

Durante il suo mandato detto Commissario riusciva a tamponare l�emer-
genza aprendo un grande sito di stoccaggio dei rifiuti in localit� Ferrandelle(CE), il medesimo avviava inoltre le procedure per l�apertura delle discari-
che di Savignano Irpino e S.Arcangelo Trimonte.

A 
seguito 
di 
una 
riunione 
con 
le 
autorit� 
italiane 
svoltasi 
a 
Roma 
il 
28 
gennaio 
2008 
la 
Commissione 
inviava 
il 
31 
gennaio 
2008 
un 
parere 
moti-
vato 
contestando 
la 
violazione 
degli 
artt. 
4 
e 
5 
della 
Direttiva 
2006/12/CEper 
la 
mancanza 
di 
una 
rete 
integrata 
ed 
adeguata 
di 
impianti 
di 
smaltimen-
to 
dei 
rifiuti 
ritenendo 
che 
con 
le 
misure 
adottate 
il 
Governo 
italiano 
nonpotesse 
garantire 
l�uscita 
dall�emergenza 
e 
�giudicando 
pertanto 
necessa-
rio 
che 
le 
autorit� 
italiane 
compiano 
sforzi 
aggiuntivi 
al 
fine 
di 
risolvere 
la 
crisi 
una 
volta 
per 
tutte, 
anche 
al 
fine 
di 
raggiungere 
gli 
obbiettivi 
previsti 
dal 
nuovo 
piano 
di 
gestione 
dei 
rifiuti 
per 
assicurare 
il 
rispetto 
degli 
stan-
dard 
ambientali 
ed 
igienici 
fondamentali 
per 
il 
territorio 
campano 
ed 
i 
suoi 
abitanti�.

L�interlocuzione del Governo italiano con la Commissione proseguivaed i rappresentanti dei servizi competenti venivano invitati a constatare per-



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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
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sonalmente la situazione dello stato d�emergenza attraverso una visita deiterritori campani svoltasi il 14-15 febbraio 2008.

Con nota del 4 marzo 2008 il Commissario delegato inviava ai servizidella Commissione un�articolata relazione sul lavoro svolto illustrando neldettaglio lo stato di realizzazione delle discariche, dei siti di stoccaggio, deitrasporti di rifiuti fuori regione, della raccolta differenziata e delle iniziativedi bonifica dei siti inquinati.

Altre note descrivevano lo stato dei lavori del termovalorizzatore diAcerra e i dati sulla raccolta differenziata.

Il Governo italiano ha continuato anche in seguito e lo sta facendo tut-
t�ora ad aggiornare periodicamente la Commissione sulle singole iniziativeche venivano adottate.

Con 
il 
decreto 
legge 
del 
23 
maggio 
2008, 
n.90 
(convertito 
in 
legge 
il 
14 
luglio2008,n.123)sonostateintrodotteimportantinovit�normativemedian-
te 
la 
preposizione 
di 
un 
apposito 
Sottosegretario 
di 
Stato 
alla 
soluzione 
delcontesto 
emergenziale, 
l�individuazione 
di 
nuove 
discariche 
da 
aprire 
attri-
buendo 
nel 
contempo 
ai 
siti 
individuati 
la 
qualifica 
di 
siti 
di 
interesse 
strate-
gico 
nazionale 
con 
la 
possibilit� 
di 
farli 
attrezzare 
e 
difendere 
dall�esercito.

� 
stato 
aumentato 
a 
quattro 
il 
numero 
dei 
termovalorizzatori 
da 
realizzareaggiungendoaquellidiAcerraeS.MariaLaFossa,quellidiNapolieSalerno.

� stato previsto lo scioglimento ed accorpamento in un unico consorziodi quelli delle province di Napoli e Caserta per migliorare i livelli della rac-
colta differenziata.

Sono state previste misure di semplificazione e di accentramento dellacompetenza anche a livello di giurisdizione penale per impedire la prolifera-
zione di pronunce spesso contraddittorie tra di esse.

In attuazione di questo ultimo decreto sono stati finalmente raggiuntisignificativi risultati che fanno ritenere imminente la cessazione dello statod�emergenza.

Nel mese di Giugno 2008 � stata aperta la discarica di Savignano Irpinoe successivamente quella S.Arcangelo Trimonte.

� in corso di apertura la discarica di Chiaiano in provincia di Napoli esono in corso di svolgimento le indagini geognostiche preliminari per l�aper-
tura di quella di Andretta in provincia di Avellino.

� stato potenziato al massimo lo smaltimento dei rifiuti anche traspor-
tandoli in discariche fuori della regione Campania (i rifiuti complessivamen-
te rimossi dalle strade dal 14 gennaio al 1� marzo ammontano a 269mila ton-
nellate, cui si aggiungono 79 mila tonnellate di 
eco balle 
presso i siti di stoc-
caggio per un risultato complessivo di 348mila tonnellate di rifiuti messi insicurezza) ed attualmente la complessiva capacit� di smaltimento dei rifiuti� superiore alla produzione giornaliera.

Sono ripresi i lavori per l�ultimazione del termovalorizzatore di Acerraed � in corso la gara per l�affidamento della sua gestione.

� in corso la gara per l�aggiudicazione della realizzazione e gestione del-
l�inceneritore del comune di Salerno, mentre � stato localizzato nella zona diNapoli Est il sito dove sorger� il quarto termovalorizzatore. 




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152 


C�� infine un maggiore coinvolgimento delle province campane nellagestione dell�emergenza con l�intento di accelerare i tempi per la restituzio-
ne delle competenze agli enti che vi sono ordinariamente preposti.

Tutto ci� premesso in punto di fatto il Governo italiano ritiene l�infon-
datezza del ricorso della Commissione per le seguenti considerazioni in 


DirittoPretesa violazione dell�art.5 della direttiva 2006/12/CE

L�art. 5 della direttiva recita: �1. Gli Stati membri, di concerto con altriStati membri qualora ci� risulti necessario od opportuno, adottano le misu-
re appropriate per la creazione di una rete integrata ed adeguata di impian-
ti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologiche pi� perfezionate adisposizione che non comportino costi eccessivi. Questa rete deve consenti-
re alla Comunit� nel suo insieme di raggiungere l�autosufficienza in materiadi smaltimento di rifiuti ed ai singoli Stati membri di mirare al conseguimen-
to di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessit�di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. 

2. 
tale 
rete 
deve 
permettere 
lo 
smaltimento 
dei 
rifiuti 
in 
uno 
degli 
impianti 
appropriati 
pi� 
vicini, 
grazie 
all�utilizzazione 
dei 
metodi 
e 
delle 
tecnologie 
pi� 
idonei 
a 
garantire 
un 
alto 
grado 
di 
protezione 
dell�ambiente 
e 
della 
salute�.
La censura prospettata dalla Commissione appare viziata da un�insuffi-
ciente analisi delle cause storiche che hanno determinato la grave situazionedi fatto venutasi a creare nella regione Campania.

I livelli della raccolta differenziata, che mediamente corrispondono alivello regionale alla percentuale indicata dalla Commissione nel ricorsointroduttivo del presente giudizio, non tengono conto delle diverse realt� pre-
senti sul territorio campano dove pure esistono situazioni di eccellenza conComuni che superano la percentuale di raccolta differenziata del 35%.

La modestia del risultato complessivo del territorio campano � comun-
que dovuta alla particolarit� del tessuto economico regionale che prevedescarsi insediamenti industriali, ad una sostanziale sfiducia dei cittadini neiconfronti delle Istituzioni legata proprio al permanere dello stato di emergen-
za ed ad una scarsa presenza sul territorio regionale della filiera impiantisti-
ca, soprattutto privata, con piattaforme di riciclatori. 

� evidente che i livelli della raccolta differenziata potranno crescere pereffetto delle iniziative intraprese anche con il D.L. n. 90/08, che sono consi-
stite in un affiancamento della struttura del Sottosegretario agli enti locali perincentivare l�acquisto delle necessarie attrezzature e lo svolgimento dellaraccolta differenziata.

Sonostatiperci�adottate,conparticolareattenzionealcomunediNapoli 
e 
della 
provincia 
di 
Caserta, 
iniziative 
di 
raccolta 
straordinaria 
di 
carta 
e 
car-
tone 
pressogliesercizi 
commerciali,effettuatadopo 
l�orariodichiusura 
dalla 
locale 
azienda 
municipalizzata 
e 
con 
il 
concorso 
anche 
dell�esercito.

I dati sugli esiti della raccolta effettuata a Napoli indicano un incremen-
to di oltre il 50% rispetto all�analogo periodo dello scorso anno. 




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ED 
INTERNAZIONALE 
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153 


Sono state inoltre programmate altre iniziative di raccolta straordinariaindirizzate ad altre frazioni di rifiuti e/o localizzate in aree particolari delcomune di Napoli.

� stata inoltre attivata la raccolta di RAEE (rifiuti elettrici ed elettroni-
ci) ad iniziare dai comuni turistici della Campania. 

D�intesa con la Regione � in atto in 600 scuole della Campania di ogniordine e grado un progetto di educazione ambientale e di attuazione dellaraccolta differenziata.

Sempre d�intesa con la Regione � infine in atto un progetto d� gpp (green 
public procurement) 
nell�ambito del quale gli uffici pubblici saranno chia-
mati ad attuare la raccolta differenziata.

Per quanto riguarda le misure strutturali volte ad incrementare i livelli d�raccolta differenziata in Campania, sono poi in corso le iniziative per dareattuazione alla disposizione dell�O.P.C.M. n. 3639/08 (art. 3) diretta a far siche tutti i Comuni della Campania si dotino in tempi brevi di piani per la rac-
colta differenziata e ne avviino l�attuazione.

La norma citata prevede la predisposizione di pianificazioni comunaliper la raccolta differenziata, disponendo che in caso di inadempimento lesuddette attivit� siano compiute da un commissario ad acta 
nominato dal 
Commissario delegato.

Ad oggi 530 comuni hanno gi� attuato le prime misure per l�avvio dellaraccolta differenziata; 73 comuni (circa 370.000 abitanti) hanno raggiuntopercentuali tra il 50% ed il 90% e 134 comuni (circa 1.000.000 abitanti)
hanno raggiunto percentuali tra il 25% ed il 50%.

Per quanto attiene ai sette impianti di CdR la Commissione ha omessodi considerare che le disfunzioni sono state dovute ad inadempienze contrat-
tuali, se non addirittura a comportamenti criminosi in relazione ai quali ilGoverno italiano ha cercato in ogni modo di limitare al massimo le conse-
guenze pregiudizievoli per la popolazione.

� 
evidenteche 
se 
gli 
impianti 
inquestionefosserostati 
correttamente 
rea-
lizzati 
e 
gestiti 
dagli 
appaltatori 
privati 
nel 
rispetto 
delle 
prescrizioni 
contrat-
tuali,ivolumideirifiutiinviatiadiscaricanelcorsodegliultimiseiannisareb-
berostatidigranlungainferiori,inquantolamaggiorpartesarebbestatasmal-
tita 
nei 
programmati 
termovalorizzatori 
o 
utilizzata 
per 
ripristini 
ambientali. 


Le 
risultanze 
dell�inchiesta 
penale 
condotta 
dalla 
Procura 
dellaRepubblica presso il Tribunale di Napoli descrivono in modo inequivoco ilquadro delle responsabilit� in relazione alle quali il Governo italiano, comela popolazione campana, sono state le parti danneggiate.

L�apertura delle discariche programmate dal D.L. n. 90/08 sta permet-
tendo finalmente di liberare tutti gli impianti predetti dai quantitativi di rifiu-
ti ivi stoccati per procedere alla ristrutturazione cui dovranno provvedere inuovi affidatari del servizio di gestione dello smaltimento dei rifiuti nellaRegione Campania.

Anche la mancata messa in esercizio dei termovalorizzatori si inscrivenel quadro delle incapacit� delle ex affidatarie del servizio di portarne a con-
clusione la realizzazione. 




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STATO 
� N. 3/2008 


154 


Ledescrittevicendegiudiziariehannoperdipi�determinatolarevocadei 
finanziamentidapartedellebanchecheavevanosostenutoil 
projectfinancingcon 
il 
quale 
le 
societ� 
Fibe 
S.p.A. 
e 
Fibe 
Campania 
S.p.Aavevano 
trovato 
lacopertura 
degli 
oneri 
relativi 
alla 
realizzazione 
dei 
termo 
valorizzatori. 


Come 
si 
diceva 
in 
narrativa, 
vani 
sono 
risultati 
i 
diversi 
tentativi 
effettua-
ti 
dalla 
struttura 
commissarialeper 
individuare, 
anchealivello 
europeo,nuovi 
soggetti 
imprenditoriali 
capaci 
di 
subentrare 
nella 
gestione 
del 
servizio, 
nella 
ristrutturazione 
degli 
impianti 
e 
nel 
completamento 
dei 
termovalorizzatori.

I motivi possono essere rintracciati nei costi di ingresso ragguardevoliper l�acquisizione degli impianti e nell�oggettiva rischiosit� dell�impegnoimprenditoriale in territori come quelli Campani che sono purtroppo caratte-
rizzati da fenomeni endemici di malavita organizzata.

In relazione alle discariche si deve osservare che, se � vero che almomento del parere motivato era in funzione solo quella di Macchia Soprananel comune di Serre � anche vero che le azioni poste in essere dai vari com-
missari delegati che si sono avvicendati nel tempo per aprire i nuovi siti didiscarica sono state ostacolati in tutti i modi dalla popolazione con atti diprotesta eclatanti a fronte dei quali, rispetto all�attuazione coattiva del pro-
getto si � dovuta prediligere la tutela dell�ordine pubblico e la conseguentesalvaguardia delle vite umane.

Solo oggi, come si diceva in narrativa, � stata raggiunta una capacit� dismaltimento superiore alla produzione giornaliera dei rifiuti urbani prodottinella regione Campania e ci� in virt� del fatto che non si � esitato ad usarel�esercito per attuare le iniziative definite dal Governo italiano.

Questo insieme di circostanze che risulta dimostrato da documenti edinchieste che i mass media 
hanno reso di pubblico dominio hanno impeditola piena attuazione del piano smaltimento dei rifiuti del 1997 e dei suoi suc-
cessivi adeguamenti descritti in narrativa.

Tali situazioni si qualificano nei termini della forza maggiore essendositrattato di circostanze indipendenti dalla volont� del Governo italiano, anor-
mali ed imprevedibili che hanno impedito l�attuazione del programma per lasoluzione dell�emergenza rifiuti nella Regione Campania (Sent. Corte diGiustizia del 17 ottobre 2002, causa 208/01).

L�insieme dei fattori negativi descritti (condotte criminose delle ex affi-
datarie del servizio regionale di smaltimento dei rifiuti e di taluni componen-
ti della struttura commissariale, resistenze della popolazione, irreperibilit�nel mercato europeo di operatori economici disposti al subentro) hannoavuto carattere di straordinariet� tale da non poter essere evitati malgradotutta la dirigenza spiegata dalle Autorit� italiane (Sent. Corte di Giustizia 08marzo 1988, causa 296/86).

Il Governo italiano ha impegnato nel tentativo di risolvere la crisi i pro-
pri 
migliori 
esponenti 
(Presidenti 
di 
Regione, 
Prefetti, 
il 
Capo 
delDipartimento della protezione civile, l�ex Capo della Polizia ed attualeresponsabile dei Servizi Informativi di Sicurezza Nazionali), ed ha profusoenergie ed investimenti che solo per il periodo compreso tra il 2003 ed il2008 ammontano a circa 400 milioni di euro. 




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COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
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Di questi sforzi sovraumani la Commissione sembra essersi resa peral-
tro conto laddove non solo ha rinunciato alla contestazione degli articoli 3 e7 della Direttiva 2006/12/CE, prendendo atto dell�intervenuta approvazionedell�aggiornamento del piano regionale di smaltimento dei rifiuti, ma haanche invitato il Governo italiano a compiere �sforzi aggiuntivi� per risolve-
re la crisi.

Proprio raccogliendo queste indicazioni, il Governo italiano ha operatoun definitivo cambiamento di rotta attraverso l�adozione del D.L. 90/08, che,
oltre al pacchetto di misure descritte in narrativa (gli interventi pi� significa-
tivi sono stati infatti realizzati proprio nell�arco temporale gennaio-marzo2008, nonch� nel periodo successivo sino ad oggi), ha pianificato la realiz-
zazione del doppio degli inceneritori in origine previsti. 

Trattasi di opere per le quali le procedure amministrative propedeutichesono state gi� avviate, ma che comunque non potranno vedere la luce primadei prossimi tre anni, fatta eccezione per il termovalorizzatore di Acerra cheentrer� in funzione l�anno venturo.

Quando il sistema degli inceneritori sar� completato il ricorso alla disca-
rica sar� veramente residuale e diminuiranno i contrasti con le popolazioniche fino ad oggi hanno afflitto l�azione del Governo italiana.

Conclusivamente sul punto si segnala che la contestata violazione del-
l�art. 4 della Direttiva 2006/12/CE non pu� essere imputata all�inerzia delGoverno italiano. 


Pretesa violazione dell�art. 4 della Direttiva 2006/12/CE

L�art. 4 di cui in epigrafe impone che gli Stati membri �adottano le misu-
re necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senzapericolo per la salute dell�uomo e senza usare procedimenti o metodi chepotrebbero recare pregiudizio all�ambiente ed in particolare:
a) senza creare rischio per l�acqua, l�aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori od odori;
c) senza danneggiare il paesaggio ed i siti di particolare interesse.

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l�abbandono, loscarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti�.

Questa censura viene fatta derivare come automatica conseguenza diquella precedentemente esaminata.

La Commissione ha tuttavia omesso di produrre qualsivoglia allegazio-
ne probatoria sul punto essendosi limitata a citare la vicenda delle discaricheabusive presenti sul territorio italiano esaminata da Codesta Corte nellacausa C-135/05, che � del tutto inconferente nel caso di specie, cos� comel�ulteriore pronuncia resa nella causa C-361/05.

Le discariche ed i siti di stoccaggio aperti in Campania dalla Strutturacommissariale e quindi riconducibile all�azione del Governo italiano sonostati infatti realizzati sempre nel pieno rispetto della normativa comunitariadi cui alla direttiva 1999/31/CE.

Con i predetti impianti nulla hanno a che fare gli sversamenti illeciti dirifiuti presenti sul territorio campano che sono oggetto di una costante atti-
vit� di bonifica e che non hanno mai rappresentato un�alternativa proposta, 




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suggerita od avallata dalle Autorit� nazionali che hanno fatto quanto possi-
bile per assicurarne la rimozione anche attraverso l�intervento dell�esercito.

In relazione a questo profilo la contestazione della Commissione sembrainoltre generica e perplessa perch� non specifica a quale delle ipotesi previ-
ste dalle lettere a), b) 
o c) 
dell�art. 4 della Direttiva 2000/12/CE, si riferisca-
no le violazioni contestate.

Uno studio commissionato dalla struttura commissariale dimostra inol-
tre che anche nel momento pi� acuto della crisi nella regione Campania nonvi sono state conseguenze pregiudizievoli per la pubblica incolumit� ed inparticolare per la salute umana.

N� pu� attribuirsi alcun valore probatorio alle premesse del DL 
n.90/08richiamate nel punto 94 del ricorso avversario, che fanno esclusivo riferi-
mento ad una situazione di pericolo che detto strumento normativo miraappunto ad elidere, come in effetti � realmente avvenuto negli ultimi mesi.

Per le considerazioni che precedono il Governo italiano confida nell�ac-
coglimento delle seguenti

Conclusioni

Piaccia all�Ecc.ma Corte di Giustizia adita respingere il ricorso dellaCommissione indicato in epigrafe.

Con vittoria delle spese di lite.

Roma, 18 settembre 2008 Avv. Giacomo Aiello 


Causa T-53/08 � Materia trattata: aiuti di Stato � Ricorso presentato il 
31 
gennaio 2008 � Italia/Commissione. (Avvocato dello Stato S. Fiorentino 


� AL 
47651/07)
. 
LE 
CONCLUSIONI 
DELLA 
RICORRENTE 


Annullare la decisione della Commissione n. C(2007) 5400 def. del 20novembre 2007, notificata in data 21 novembre 2007, relativa all�aiuto diStato n. C 36/A/2006 (ex NN 38/2006) cui l�Italia ha dato esecuzione a favo-
re di Thyssenkrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche. 

I 
MOTIVI 
DELLA 
RICORRENTE 


Con la decisione impugnata, l�aiuto di Stato cui l�Italia ha dato esecu-
zione a favore di Thyssenkrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche,
e quello concesso e non ancora corrisposto agli stessi beneficiari, sottoforma di condizioni tariffarie favorevoli per la fornitura di energia elettrica,
sono stati dichiarati incompatibili col mercato comune.

A 
sostegno delle proprie pretensioni, la ricorrente fa valere i seguentimotivi:

1) Violazione degli articoli 87, par. 1, e 88, par 3, CE ed erronea rico-
struzione del fatto. Nella propria decisione la Commissione non ha conside-
rato che la misura adottata dallo Stato italiano ed oggetto di contestazione 




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COMUNITARIO 
ED 
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noncostituivaaiutodiStato,difettandodelrequisitodell�attribuzionedelvan-
taggio 
economico. 
Infatti 
la 
misura 
di 
proroga 
delle 
tariffe 
elettriche 
specialida 
applicarsi 
alle 
societ� 
interessate 
dal 
procedimento, 
aventi 
causa 
dallasociet� 
Terni 
S.p.A. 
costituiva 
una 
dovuta 
integrazione 
dell�indennizzo 
daespropriazione 
asuo 
tempo 
accordatoallasociet�TerniS.p.A.
, 
inragionedelfatto 
che 
sopravvenute 
disposizioni 
di 
legge 
avrebbero 
comportato 
una 
mag-
giore 
durata 
della 
concessione 
di 
produzione 
dell�energia 
espropriata.

2) Violazione degli articoli 87 e 88 n. 3 CE ed erronea ricostruzione delfatto. Nella propria decisione la Commissione non ha considerato che lamisura adottata dallo Stato italiano ed oggetto di contestazione non costitui-
va aiuto di Stato, difettando del requisito della concessione dell�aiutomediante risorse statali. Infatti il costo della misura � posto a carico deglialtri utenti del servizio di fornitura dell�energia.

3) Violazione delle forme sostanziali sub specie di carenza di istruttoriae violazione del contraddittorio. Nella propria decisione la Commissione hadefinito irrilevanti le risultanze di uno studio economico tendente a valutareil complesso dei sacrifici imposti alla societ� Terni per effetto dell�espro-
priazione e il complesso dei benefici da essa ricavati a titolo di indennizzo,
perch� la congruit� del meccanismo risarcitorio pu� essere effettuata solo exante, cio� al momento dell�esproprio. Lo studio era stato realizzato in con-
formit� a precedenti indicazioni della Commissione. La Commissione, rite-
nendo in astratto irrilevante uno studio da essa in precedenza richiesto,
avrebbe dovuto approfondire l�istruttoria, riaprendo il contraddittorio sullemodalit� di esecuzione dello studio. 


MEMORIA 
DI 
REPLICA 
DEL 
GOVERNO 
ITALIANO 


Letto il controricorso depositato dalla Commissione delle Comunit�europee (in prosieguo �la Commissione� o �Controparte�), il Governo ita-
liano espone, con il presente scritto, ulteriori argomentazioni in replica.

Si argomenter� separatamente in ordine alle osservazioni svolte dallaCommissione rispetto ai tre motivi di ricorso proposti dal Governo italiano.
Nel contesto della replica alle osservazioni mosse da Controparte al primomotivo di ricorso, verranno anche svolte alcune controdeduzioni rispetto aquanto da essa enunciato nella sezione denominata �(i)l contesto fattuale 
e 
giuridico
� 
del proprio scritto (1).

Sul primo motivo di ricorso: violazione degli articoli 87, par. 1, e 88, par. 3,
CE ed erronea ricostruzione del fatto

La misura oggetto della decisione consiste in una ulteriore proroga, sinoal 2010, del regime delle tariffe elettriche accordato alla Terni S.p.A. (2) 


(1) Punti da 3 a 9 del controricorso.
(2) Regime di cui hanno poi beneficiato tre societ� succedute alla Terni S.p.A., laThyssenKrupp, la Cementir e la Nuova Terni (collettivamente indicate come �ex 
Terni�)
. 

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negli anni 1962/3, in occasione delle espropriazione dei suoi impianti e delsuo diritto a produrre energia per autoconsumo (quest�ultimo oggetto di unaconcessione pubblica, destinata ad esaurirsi il 31 dicembre 1992).

In tale circostanza lo Stato italiano indennizz� l�impresa attraverso laconcessione di uno speciale regime tariffario (in prosieguo anche indicatocome �tariffa Terni�), che aveva lo scopo di far s� che l�impresa sostenesse,
per l�energia, costi analoghi a quelli che avrebbe scontato se avesse potutoconservare il diritto a produrre energia (3). 

La durata del regime tariffario fu allineata alla durata residua della con-
cessione: l�articolo 6, comma 2, del decreto che disponeva l�espropriazione,
stabiliva, infatti, che la tariffa compensativa sarebbe stata praticata sino al 31dicembre 1992. Questo sistema di indennizzo rese superfluo calcolare, all�e-
poca dell�esproprio, il valore della concessione (diversamente da quanto sidovette fare per gli impianti), perch� l�allineamento tra durata della conces-
sione e durata del regime speciale tariffario garantiva entrambe le parti dalrischio di sovra (o sotto) compensazione. 

Come rilevato nel ricorso, nella decisione impugnata si afferma di poteraccettare questo sistema di indennizzo (v. soprattutto punti da 73 a 76),
essendo �concepibile che le autorit� italiane abbiano inteso allineare la sca-
denza della tariffa Terni alla scadenza generale, nel 1992, delle concessio-
ni� (4) (punto 77). La Commissione ha, in particolare, ritenuto che �il 
pac-
chetto risarcitorio originario sia stato congruo
� 
(punto 78) ed ha concluso 
che �la questione cruciale consiste nello stabilire se le proroghe ripetute diquesto regime tariffario possano essere considerate parte integrante dell�in-
dennizzo� (punto 79)
. 


(3) Che questa fosse la finalit� della tariffa compensativa � un dato pacifico nella giu-
risprudenza italiana: oltre alla sentenza 21 novembre 2003, n. 17686 della Corte di cassa-
zione, gi� citata al punto 18 del ricorso, pu� qui richiamarsi la recente sentenza 19 luglio2007, n. 3223, della Corte d�Appello di Roma, che ha ribadito che �lo speciale regime tarif-
fario previsto temporaneamente per la spa Terni � Societ� per l�Industria e l�Elettricit�(alla quale sono subentrate le tre societ� ...) dagli artt. 7 e 8 del D.P.R. n. 1165/1963, la cuiscadenza � stata prorogata sino al 31 dicembre 2001 con l�art. 20 c. 4 legge n. 9/1991, mirachiaramente � in attuazione dei principi stabiliti nell�art. 4 della legge n. 1643/1962 dinazionalizzazione dell�energia elettrica � a conservare alla Terni (la quale, pur rivestendola qualit� di impresa autoproduttrice di energia elettrica, era stata tuttavia inclusa, permotivi di collocazione territoriale, nel trasferimento all�Enel delle attivit� elettriche dispo-
sto dalla legge n. 1643 citata), per la fornitura di energia elettrica per le attivit� da questaesercitate, tendenzialmente costi analoghi a quelli che la stessa avrebbe sopportato se aves-
se potuto continuare ad utilizzare energia autoprodotta�.
(4) L�enfasi sul riferimento alla scadenza generale 
delle concessioni, ha lo scopo diattirare l�attenzione sul cambiamento di opinione della Commissione che, nel controricorso,
mette ripetutamente in dubbio che la data del 1992 fosse quella generale di scadenza delleconcessioni degli altri autoproduttori. Ad avviso del Governo italiano la questione, in ognicaso, non � decisiva: ci� che appare decisivo � verificare se le concessioni delle societ� exTerni � cio� le concessioni che queste avrebbero conservato in assenza dell�espropriazione 
� sarebbero rientrate nei regimi di proroga attuati dalle leggi del 1991 e del 1999. 

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COMUNITARIO 
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La conclusione appare del tutto condivisibile ed in linea con quantosostenuto dal Governo italiano nel primo motivo di ricorso: se la misuracostituisse una dovuta integrazione dell�indennizzo, essa non potrebbe rien-
trare nella nozione di aiuto di Stato, perch� non avrebbe l�effetto di attribui-
re un vantaggio economico c.d. �artificiale� al beneficiario.

Ebbene, a giudizio del Governo italiano questa �, per l�appunto, la situa-
zione che si � verificata nella fattispecie. 

Adiversa conclusione potrebbe pervenirsi solo ove si omettesse di con-
siderare che, nel caso dell�espropriazione subita da Terni, l�elemento dellacorrispondenza tra la durata della concessione e la durata della tariffa specia-
le era sicuramente un elemento fondamentale del rapporto, perch� ne garan-
tiva l�equilibrio economico (il c.d. sinallagma): non sembra possa revocarsiin dubbio � n�, invero, la Commissione lo ha fatto � che la coincidenza trala data di scadenza della tariffa e la data di scadenza della concessione nonera occasionale, ma era stata voluta dalle parti per assicurare la corrispettivi-
t� della prestazioni. Il venir meno di questa corrispondenza temporale, per-
tanto, avrebbe inevitabilmente determinato un�alterazione dei termini fonda-
mentali del rapporto. La norma di proroga, mirando ad impedire che si pro-
ducesse tale alterazione, non ha quindi attribuito alcun vantaggio indebitoalle societ� ex Terni, ma, ben diversamente, ha evitato che queste avessero arisentire di un danno ingiusto. 

�, 
infatti, 
indubbiocheleparti,dandovita 
�attraversoildecreto 
diespro-
prio 
non 
contestato 
da 
Terni 
� 
ad 
un 
rapporto 
di 
durata 
senza 
la 
previsione 
dimeccanismi 
convenzionali 
di 
revisione 
delle 
tariffe, 
avessero 
accettato 
ilrischio 
che, 
per 
effetto 
di 
un 
mutamento 
delle 
condizioni 
generali 
del 
mercato 
elettrico, 
l�accordo 
si 
sarebbe 
potuto 
rivelare, 
ex 
post, 
vantaggioso 
per 
l�una 
oper 
l�altra 
delle 
parti. 
Questo 
rischio 
era 
certamente 
stato 
considerato 
almomento 
della 
conclusione 
di 
quello 
che 
la 
Commissione 
definisce 
l�accordorisarcitorio 
intervenuto 
tra 
le 
parti, 
o 
comunque 
avrebbe 
ragionevolmentedovuto 
esserlo, 
cosicch� 
esso 
costituiva 
la 
c.d. 
alea 
normale 
dell�accordo.

Quel che sembra altrettanto certo, tuttavia, � che le parti non potesseroprefigurarsi che la concessione, ove rimasta in capo a Terni, avrebbe potutoavere una scadenza diversa da quella del 31 dicembre 1992: un simile even-
to, interamente rimesso alla volont� del legislatore, non era certo prevedibi-
le nel 1962, n� pu� ritenersi che fosse stato accettato dalle parti come rischio. 

Ci� ribadito, non sembra che possano persuadere le obiezioni formulatedalla Commissione rispetto al primo dei motivi di ricorso.

LaCommissione 
imputaalGoverno 
italianodivolerignorare 
chelaforni-
turadielettricit�erastataespressamenteaccordataallasociet�finoal31dicem-
bre 
1992, 
senza 
ancorare 
in 
alcun 
modo 
la 
durata 
della 
tariffaTerni 
alla 
durata 
delle 
concessioni 
di 
altri 
autoproduttori 
(le 
quali 
non 
necessariamente 
doveva-
no 
scadere 
il 
31 
dicembre 
1992)
. 
In 
questo 
contesto, 
non 
poteva 
avere 
quindirilievo 
che 
le 
concessioni 
degli 
altri 
autoproduttori 
fossero 
state 
prorogate.

Ora, questa obiezione sembra il frutto di un equivoco nel quale � lo si 
riconosce � la Commissione pu� essere stata indotta anche da un difetto dichiarezza del ricorso introduttivo sul punto. 




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In quel ricorso si � sempre riferita l�operativit� della proroga alle conces-
sioni degli altri autoproduttori perch� era sembrato evidente che solo questeultime potevano risentire della proroga, dal momento che le societ� ex Terninon erano pi� titolari delle concessioni in conseguenza dell�espropriazione.
I restanti autoproduttori erano �altri�, rispetto alle imprese ex Terni, per l�ap-
punto in quanto solo la Terni aveva subito l�espropriazione.

Terni (e poi le societ� ex Terni) non era evidentemente pi� un autopro-
duttore, ma era titolare di un meccanismo risarcitorio che, come riconosce laCommissione ad esempio al punto 73 della decisione, era volto ad equipa-
rarla ad �autoproduttore virtuale�: la natura del tutto eccezionale dell�espro-
priazione che Terni, unica tra gli autoproduttori, aveva subito, imponeva diricostruire in capo ad essa una situazione quanto pi� possibile vicina a quel-
la che si sarebbe prodotta se essa non avesse subito l�espropriazione.

In 
un 
simile 
contesto, 
il 
punto 
cruciale 
non 
� 
tanto 
quello 
di 
verificare 
se 
vifosseunnessotra 
ilmeccanismorisarcitorioprevistoperTernieleconces-
sioni 
degli 
altri 
autoproduttori, 
quanto 
piuttosto 
di 
esaminare 
se 
le 
leggi 
di 
proroga 
si 
sarebbero 
applicate 
aTerni 
nel 
caso 
in 
cui 
questa, 
secondo 
la 
rego-
la 
generale, 
non 
si 
fosse 
vista 
espropriare 
degli 
impianti 
e 
della 
concessione.

Ebbene, non sembra si possa dubitare che le norme di proroga (cio� l�art.
24 della legge n. 9 del 1991 e l�art. 12, comma 7, del decreto legislativo n.
79 del 1999) avrebbero interessato anche le concessioni di cui era titolareTerni, se la societ� ne avesse conservato la disponibilit�. 

� evidente, pertanto, che il fatto di impedire alle imprese ex Terni dibeneficiare di tali proroghe legislative � evidentemente sotto forma di proro-
ga della tariffa compensativa � avrebbe fatto cessare la condizione di �auto-
produttore virtuale�, che la stessa Commissione riconosce fosse ragionevolemantenere in capo a queste imprese. Si �, d�altronde, gi� rilevato al punto 18del ricorso che questa esigenza di conservazione della condizione di �auto-
produttore virtuale� ha indotto la Corte di cassazione italiana a ritenere chele societ� ex Terni non dovessero pagare il c.d. �sovraprezzo nuovi impian-
ti�, inserito nella tariffa elettrica italiana a partire dal 1992, dal momento chegli autoproduttori ne erano stati esonerati. 

La Commissione dubita, poi, che vi fosse un nesso tra le norme di pro-
roga della tariffa Terni e le norme di proroga delle concessioni: non � prova-
to, sostiene la Commissione, che le due proroghe della tariffa Terni fosseroconnesse alle proroghe delle concessioni degli altri autoproduttori (v. puntida 7 a 9 e da 24 a 27 del controricorso). In altre parole, Controparte mette indubbio che la reale finalit� delle norme di proroga della tariffa Terni fossequella di integrare l�originario indennizzo, in ragione della maggiore durata,
sia pure virtuale, della concessione espropriata.

Sarebbe,pertanto,casualechelaprorogadellatariffaTernicontenutanella 
legge 
n. 
9 
del 
1991 
abbia 
lo 
stesso 
termine 
della 
proroga 
delle 
concessioni, 
peraltro 
disposta 
nel 
contesto 
della 
stessa 
legge. 
E 
sempre 
a 
fattori 
occasiona-
li 
sarebbe 
dovuto 
che 
la 
ulteriore 
proroga, 
decisa 
con 
la 
misura 
del 
2005 
quicontestata,siproiettisuunadata(il31dicembre2010)che�lamedesimadata 
sino 
alla 
quale 
sono 
state 
nuovamente 
prorogate 
le 
altre 
concessioni 
(5)
. 




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Ora, il Tribunale potr� giudicare � qualora lo riterr� � se si tratti di effet-
tivamente di una casualit�. Quel che � certo � che, con il primo motivo diricorso, il Governo italiano ha contestato che la misura in esame rientrassenella nozione di aiuto di Stato. Ed � noto che ai fini della qualificazione diuna misura come aiuto di Stato devono considerarsene esclusivamente glieffetti, reali o potenziali (6). Altri aspetti, come le causa e gli obiettivi sotte-
si alla misura, vanno considerati nella fase successiva dell�indagine, relativaalla compatibilit� dell�aiuto con il mercato comune, che non � in discussio-
ne in questa sede. Quindi, qualora si condivida che le societ� ex Terni aves-
sero diritto ad una proroga della tariffa Terni, a titolo di dovuta integrazionedell�originario indennizzo, la misura che ha l�effetto di accordare tale proro-
ga non pu� essere considerata aiuto di Stato, indipendentemente dalle finali-
t� che si � proposto il legislatore nazionale nell�adottarla. 

Da ultimo, la Commissione rileva (v. punti da 21 a 23 del controricorso)
che ove si ritenesse che l�indennizzo spettante a Terni fosse in qualche modoancorato alla durata delle concessioni, risentendo di eventi successivi inci-
denti su tale durata, ne risulterebbe contraddetto il principio secondo cui l�in-
dennizzo per l�esproprio di un bene deve essere determinato tenendo presen-
te il valore di tale bene al momento dell�esproprio. Controparte cita, alriguardo, la sentenza n. 5 del 1980 della Corte costituzionale italiana (7) erichiama il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l�indenniz-
zo concesso per l�espropriazione di una area non edificabile non deve esse-
re rivisto nel caso in cui, per effetto di provvedimenti successivi all�espro-
prio, la stessa area divenga edificabile (e quindi acquisti valore).

SembraalGoverno 
italianoche,ancoraunavolta,laCommissionetrascu-
ri 
l�oggetto 
dell�espropriazione 
subita 
da 
Terni, 
che 
non 
era 
costituita 
esclusi-
vamente 
da 
beni, 
ma 
comprendeva 
anche 
il 
diritto 
a 
produrre 
energia, 
il 
cuivalore 
era 
in 
funzione 
della 
sua 
durata. 
Ma 
la 
Commissione 
trascura, 
soprat-
tutto, 
che 
nel 
caso 
di 
specie 
non 
si 
decise 
di 
�indennizzare 
la 
societ� 
Terni 


(5) Riguardo al fatto che la seconda proroga della tariffa Terni sia intervenuta solo nel2005, e dunque a distanza di sei anni dalla proroga delle concessioni (circostanza che,
secondo la Commissione, confermerebbe nuovamente come non vi sia alcun nesso tra le duemisure: v. punto 27 del controricorso), occorre ricordare che, come descritto al punto 22 delricorso, la misura contenuta nell�articolo 20, comma 4, della legge 9/91, vale a dire quella asuo tempo autorizzata dalla Commissione, prevedeva una fase di c.d. 
phasing out, durantela quale proseguiva un regime speciale tariffario, sia pure in misura decrescente. � eviden-
te, pertanto, che il problema del mancato allineamento tra durata della tariffa Terni e duratadelle concessioni si rese pi� acuto solo in prossimit� della scadenza di tale fase e ci� spiegail motivo per cui si intervenne solo nel 2005. 
(6) Si tratta di un principio pacifico: v., inter alia, Corte di giustizia, sentenza 12 dicem-
bre 2002, causa C-5/01, Belgio c. Commissione, 
punti 45 e 46.
(7) Sentenza che, tuttavia, non sembra pertinente, visto che essa tendeva all�afferma-
zione del principio che l�indennit� di esproprio non pu� essere irrisoria o, comunque, note-
volmente inferiore al valore venale del bene. La sentenza non pu� certo essere interpretatacome espressione di un orientamento teso a limitare l�importo dell�indennizzo. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


162 


secondo 
un 
importo 
fisso 
basato 
sul 
valore 
di 
mercato 
dei 
beni 
espropriati�,
bens� 
di 
concedere 
l�indennizzo 
�sotto 
forma 
di 
un 
quantitativo 
fisso 
di 
ener-
gia 
al 
prezzo 
che 
la 
societ� 
avrebbe 
pagato 
se 
avesse 
conservato 
i 
propriimpianti
� 
(sisononuovamenteutilizzate 
leespressionicontenutenelpunto73della 
decisione 
impugnata, 
nel 
contesto 
del 
quale 
la 
Commissione 
riconosceche 
questo 
metodo 
rispondeva 
ad 
una 
precisa 
logica 
economica, 
che 
facevaleva 
�sul 
fatto 
di 
equiparare 
Terni 
ad 
un 
�autoproduttore 
virtuale��).

Ne consegue che � diversamente dal caso dell�espropriazione di terreni,
nel quale si realizza uno scambio istantaneo tra propriet� del bene e denaro(o altra utilit�) � le parti avevano dato vita, nella fattispecie, ad un meccani-
smo risarcitorio eccezionale, che si realizzava attraverso un rapporto c.d. didurata. Ed � solo in quest�ultimo tipo di rapporti, quelli, cio�, che non hannoesecuzione istantanea, che possono avere rilievo gli eventi sopravvenuti (8).
Di questo principio, ossia del principio di irrilevanza dell�eccessiva onerosi-
t� sopravvenuta nei contratti istantanei (e non di un preteso principio dinecessaria predeterminazione dell�indennit� di esproprio), costituisce princi-
palmente applicazione la giurisprudenza citata da Controparte relativa all�e-
spropriazione di terreni. Ma � evidente che questa giurisprudenza tiene contoanche del fatto che l�acquisto della edificabilit� per un terreno non � certo unevento straordinario ed imprevedibile.

Si vede, quindi, che una riconsiderazione dei termini iniziali del rappor-
to si sarebbe imposta anche alla stregua degli ordinari principi del diritto pri-
vato e, in particolare, del principio di buona fede e di fairness 
che, comenoto, non � parte del solo ordinamento giuridico nazionale, ma anche di quel-
lo comunitario. Pu�, infatti, reputarsi essere ormai oggetto di acquis commu-
nautaire 
una concezione del contratto secondo la quale la pattuizione delleparti non debba sempre essere considerata intangibile, ma possa subire � incasi eccezionali e giustificati � delle integrazioni o modificazioni, volte diripristinare il programma economico originariamente stabilito dalle partiquando esso sia notevolmente alterato da circostanze esterne impreviste, ilcui rischio non era stato accettato. 

Questo principio � stato, ad esempio, codificato nella c.d. clausola dihardship 
prevista nei Principle of International Commercial Contracts(PICC), elaborati in seno all�Unidroit. Nella sezione dedicata all�esecuzionedel contratto, l�enunciazione generale secondo la quale le parti sono tenute 


(8) Si confronti l�articolo 1467 del codice civile italiano, nel quale � contenuto l�istitu-
to della eccessiva onerosit� sopravvenuta:
�Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la pre-
stazione di una delle parti � divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avveni-
menti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione pu� domandare larisoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall�articolo 1458. 
La risoluzione non pu� essere domandata se la sopravvenuta onerosit� rientra nell�aleanormale del contratto. 
La parte contro la quale � domandata la risoluzione pu� evitarla offrendo di modificareequamente le condizioni del contratto�
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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


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ad eseguire le rispettive prestazioni anche se esse siano divenute pi� onero-
se 
(art. 
6.2.1), 
� 
corretta, 
appunto, 
dall�istituto 
della 
hardship. 
I 
caratteri 
diquesto 
istituto 
sono 
descritti 
nell�articolo 
6.2.2.
: 
l�onerosit� 
deve 
derivare 
dacircostanze 
esterne 
sopravvenute 
(
o 
almeno 
non 
conosciute 
all�epoca 
dellastipula)
, 
non 
previste 
(n� 
prevedibili) 
al 
momento 
della 
conclusione 
del 
con-
tratto, 
non 
dipendenti 
dalla 
parte 
che 
le 
invoca 
e 
il 
cui 
rischio 
non 
sia 
stato 
accettato 
in 
contratto. 
L�effetto 
della 
hardship 
� 
diretto 
al 
mantenimento 
delcontratto,traducendosiinundirittoallarinegoziazioneenellafacolt�dichie-
dere 
al 
giudice 
la 
risoluzione 
o 
la 
riconduzione 
ad 
equit� 
del 
rapporto 
(9).

Un principio ed un meccanismo molto simili sono descritti nell�articolo

6.111 dei Principles of European Contract Law (PECL), elaborati dalla 
Commissione 
sul 
diritto 
europeo 
dei 
contratti 
(c.d. 
CommissioneLando/Beale) e destinati ad �essere applicati come norme generali di dirittodei contratti nell�Unione europea� (cfr. art. 1, par.1) (10)
. 
(9) Si riporta, per comodit� dei Giudicanti, il testo del capitolo 6, sezione 2, intitolata 
�Hardship�, dei PICC (versione 2004)
: 
�Article 6.2.1 -Contract to be observedWhere the performance of a contract becomes more onerous for one of the parties, thatparty is nevertheless bound to perform its obligations subject to the following provisions onhardship. 
Article 6.2.2 -Definition of hardship 
There is hardship where the occurrence of events fundamentally alters the equilibrium of thecontract either because the cost of a party�s performance has increased or because the valueof the performance a party receives has diminished, 
and 
(a) the events occur or become known to the disadvantaged party after the conclusionof the contract; 
(b) the events could not reasonably have been taken into account by the disadvantagedparty at the time of the conclusion of the contract; 
(c) the events are beyond the control of the disadvantaged party; 
and 
(d) the risk of the events was not assumed by the disadvantaged party. 
Article 6.2.3 -Effects of hardship 
(1) In case of hardship the disadvantaged party is entitled to request renegotiations. Therequest shall be made without undue delay and shall indicate the grounds on which it isbased.
(2) The request for renegotiation does not in itself entitle the disadvantaged party to with-
hold performance. 
(3) Upon failure to reach agreement within a reasonable time either party may resort to thecourt.
(4) If the court finds hardship it may, if reasonable, 
(a) terminate the contract at a date and on terms to be fixed, 
or
(b) adapt the contract with a view to restoring its equilibrium�.
(10) 
Si riporta l�articolo 6.111, rubricato �Change of Circumstances�
, 
dei PECL(ver-
sione 1999):
�(1) Aparty is bound to fulfil its obligations even if performance has become more onerous,
whether because the cost of performance has increased or because the value of the perfor-
mance it receives has diminished. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


164 


Nella 
fattispecie, 
alla 
luce 
delle 
considerazioni 
sin 
qui 
svolte,
� 
giocoforzaritenere 
che 
ricorressero 
le 
condizioni 
per 
l�applicazione 
dei 
suddetti 
istituti. 


Sul secondo motivo di ricorso: violazione degli artt. 87 e 88 n. 3 CE ed erro-
nea ricostruzione del fatto

In replica al secondo motivo di ricorso, la Commissione ha eccepito chela componente tariffaria tramite la quale le societ� ex Terni vengono rimbor-
sate (attraverso la corresponsione di un ammontare pari alla differenza traimporto pieno della tariffa e importo della tariffa Terni), avrebbe natura para-
fiscale, il che rende evidente che la misura contestata � attuata attraversorisorse statali.

Si tratterebbe, infatti, di un contributo obbligatorio riscosso dallo Stato,
il cui introito � destinato a determinate imprese.

Sul punto, si ritiene che il Tribunale disponga gi� di tutti gli elementi perdecidere e, pertanto, ci si limita a ribadire, in via di estrema sintesi, quantoenunciato nel ricorso introduttivo.

Il costo sostenuto per l�indennizzo dovuto a Terni �, evidentemente, uncosto di produzione e distribuzione dell�energia. � evidente che questo costoindustriale debba essere posto a carico dei clienti dell�impresa, vale a diredegli utenti del servizio elettrico (i quali lo scontano a misura del proprioconsumo, attraverso il pagamento di una particolare voce della tariffa): nonsi vede dove l�ENEL 
dovrebbe altrimenti reperire le disponibilit� per finan-
ziare questo costo. 

N� pu� assumere rilievo decisivo che l�importo della tariffa, ed anchedella voce supplementare, sia determinato da provvedimenti pubblici delleautorit� di regolazione. � questa, infatti, una caratteristica che inerisce all�in-
tera tariffa. 

Non si tratta, pertanto, di un prelievo parafiscale, sia perch�, come rile-
vato nel ricorso, esiste un vincolo di destinazione assoluta tra prelievo 
e 


(2) If, however, performance of the contract becomes excessively onerous because of a chan-
ge of circumstances, the parties are bound to enter into negotiations with a view to adap-
ting the contract or terminating it, provided that:
(a) the change of circumstances occurred after the time of conclusion of the contract,
(b) the possibility of a change of circumstances was not one which could reasonably
have been taken into account at the time of conclusion of the contract, 
and

(c) the risk of the change of circumstances is not one which, according to the contract,
the party affected should be required to bear.
(3) If the parties fail to reach agreement within a reasonable period, the court may: 
(a) end the contract at a date and on terms to be determined by the court; 
or
(b) adapt the contract in order to distribute between the parties in a just and equitablemanner the losses and gains resulting from the change of circumstances.
In either case, the court may award damages for the loss suffered through a party refusingto negotiate or breaking off negotiations contrary to good faith and fair dealing�
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CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
-I giudizi in corso 


165 


beneficiari dell�introito sia, e soprattutto, perch� tali somme vengono eroga-
te alle imprese beneficiarie a titolo di corrispettivo per la �cessione�, ossiaper la subita espropriazione, degli impianti e della concessione a produrre. 

Sul terzo motivo di ricorso: violazione delle forme sostanziali sub specie dicarenza di istruttoria e violazione del contraddittorio

Rispetto al terzo motivo di ricorso, la Commissione obietta che, puravendo commissionato al Governo italiano uno studio teso a confrontare ilvalore contabile dei beni espropriati e il valore dei benefici concessi, nelcorso degli anni, attraverso la tariffa Terni, essa non avrebbe mai accettato ilprincipio secondo il quale poteva avere un qualche rilievo la valutazione ex 
post 
della congruit� dell�indennizzo (rinunciando ad opporvi il principiosecondo il quale questa congruit� pu� essere valutata solo ex ante).

Per tale ragione, la Commissione non avrebbe avuto motivo, prima diassumere la decisione definitiva, di informare le autorit� italiane della pro-
pria decisione di ritenere irrilevante, gi� in astratto, lo studio, n� di riaprireil contraddittorio su tale questione.

In ogni caso, se pure si ipotizzasse l�esistenza di una irregolarit� del pro-
cedimento, il Governo italiano non avrebbe portato argomenti per dimostra-
re che tale irregolarit� abbia avuto una qualche incidenza sulla decisione.
Non � vero, in particolare, che ci� avrebbe impedito alle autorit� italiane diintrodurre nel procedimento nuovi e significativi argomenti difensivi.

Quanto al primo aspetto, non si pu� non ribadire come la condotta dellaCommissione, nel corso del procedimento, sia stata quanto meno contraddit-
toria: non si vede perch� venga commissionato un studio, se poi, una voltavisionate le conclusioni dello studio, si reputi che lo studio non possa averealcun rilievo essendo ispirato ad un metodo �quello della valutazione expost 
della congruit� � comunque inidoneo a portare un qualsiasi contributo alla 
decisione.

Sembra, per converso, evidente che, commissionando lo studio con lemodalit� descritte al punto 68 del ricorso, la Commissione abbia ingeneratoun legittimo affidamento nelle autorit� italiane circa il fatto che le risultanzedel lavoro sarebbero state in qualche modo valutate ai fini del decidere. 

Si vede pertanto che, nel dichiarare senz�altro irrilevante lo studio, peral-
tro esternando questo giudizio solo nel contesto della decisione finale (punto86 della decisione) e nel valutarne il contenuto solo ad abundantiam 
(puntida 87 a 90), la Commissione ha violato questo affidamento che si era inge-
nerato all�interno del provvedimento.

Quanto alla seconda obiezione, relativa alla (non) incidenza di un even-
tuale vizio del procedimento sul contenuto della decisione, nel ricorso (punto75) si � gi� cercato di spiegare che, qualora la Commissione avesse manife-
stato, in un atto antecedente alla decisione, il proprio ripensamento o le pro-
prie perplessit� sul metodo dello studio, aprendo un contraddittorio sulpunto, il Governo italiano avrebbe potuto far valere, a propria volta, le pro-
prie perplessit�.

In questa fase, il Governo italiano avrebbe, quindi, potuto far valere cheil metodo proposto per lo studio � se, forse, come afferma la Commissione 




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� N. 3/2008 


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al punto 87 della decisione, sottovalutava il vantaggio tariffario della Terni 
� 
certamente sottovalutava il sacrificio economico della societ�, perch� lolimitava al valore degli impianti, senza considerare come autonomo oggettodi valutazione il diritto espropriato, cio� la concessione a produrre. 

E questa mancata valutazione ha finito per influire anche sulla correttez-
za dell�analisi sostanziale che, sia pure ad abundantiam, la Commissione ha 
svolto. 


Conclusioni

Per le ragioni sin qui illustrate il Governo della Repubblica Italiana insi-
ste nelle conclusioni formulate nel ricorso e confida nel loro accoglimento.

Roma, 14 luglio 2008 Avv. Sergio Fiorentino 




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ILCONTENZIOSONAZIONALE
Limiti alla capacit� giuridica per 
le imprese 
pubbliche che gestiscono servizi pubblici locali 


(Corte costituzionale, sentenza 1 agosto 2008 n. 326) 


La materia dei pubblici servizi locali non trova requie. Da un lato unaCorte di Giustizia dell�Unione Europea incerta sulle caute aperture sull� 
inhouse providing, dall�altra un legislatore nazionale e la giurisprudenzaamministrativa che, in nome di una privatizzazione i cui effetti positivi sullagestione dei pubblici servizi locali sono tutti da dimostrare, tendono ad assu-
mere nei confronti del diritto europeo degli appalti e dei pubblici servizi unatteggiamento �pi� realista del re�.

Con 
la 
sentenza 
328 
del 
1� 
agosto 
2008 
la 
Corte 
costituzionale, 
che 
era 
rimasta 
sostanzialmente 
estranea 
alle 
molte 
scelte 
fatte 
dal 
legislatore 
ordina-
riosulTestoUnicodegliEntiLocaliintemadiadeguamentoallenormeeuro-
pee 
sulla 
concorrenza 
e 
sugli 
appalti, 
entra 
nel 
gioco 
e 
rigetta, 
come 
non 
fon-
data, 
la 
questione 
di 
costituzionalit� 
sull�art 
13 
del 
Decreto 
Legge 
Bersaniladdoveimponealleaziendepubbliche 
affidatarie 
in 
house 
diservizilocalididismettere 
tutte 
le 
partecipazioni 
e 
gli 
interessi 
che 
possano 
riferirsi 
a 
enti 
esoggetti 
(pubblici 
e 
privati) 
diversi 
da 
quelli 
che 
li 
hanno 
creati.

La tesi della Corte costituzionale pu� anche convincere sul piano politi-
co istituzionale; occorre trovare un freno all�allargamento oltre misura dellepartecipazioni pubbliche regionali, chi svolge per privilegio un servizio pub-
blico non pu� ragionevolmente usare di questa posizione privilegiata perandare a disturbare la normale concorrenza tra imprenditori privati nelle garepubbliche di appalti servizi e forniture, occorre trasparenza, concorrenziali-
t� e via dicendo.

In tale contesto tuttavia quello che preoccupa il giurista � il procedimen-
to attraverso cui la Corte costituzionale arriva alle sue conclusioni e la giu-
stificazione che essa adduce per evitare di affrontare il problema di fondoposto dalle regioni. Pu� il legislatore nazionale limitare del tutto il poteredelle amministrazioni regionali e locali di individuare liberamente la sfera 




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RASSEGNA 
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DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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dei pubblici servizi di cui una comunit� locale intende accollarsi la respon-
sabilit� gestionale? Ed in secondo luogo, una volta che un soggetto pubblicoesercita direttamente (con propri uffici) o attraverso una societ� a totale par-
tecipazione pubblica un dato servizio pubblico, pu� il soggetto operativo uti-
lizzare la propria esperienza e capacit� per proporsi poi ad altri soggetti pub-
blici o privati? Od anche, pi� semplicemente, pu� vendere a privati o a pub-
blici, i sottoprodotti della propria attivit� economica, realizzando quel mini-
mo di efficienza ed economia di gestione che pur la legge impone alle strut-
ture comunque pubbliche?

La Corte assorbe tutte queste legittime domande in una distinzione chefa da premessa alla motivazione della sua sentenza: �Le disposizioni impu-
gnate definiscono il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giu-
ridico in base al quale le societ� operano, ma in relazione all�oggetto socia-
le di queste ultime. Tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attivi-
t� amministrativa in forma privatistica e attivit� d�impresa di enti pubblici.
L�una e l�altra possono essere svolte attraverso societ� di capitali, ma lecondizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi � attivit� ammini-
strativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da societ� di capita-
li che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondocaso, vi � erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), inregime di concorrenza.

Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attivit� perevitare che un soggetto, che svolge attivit� amministrativa, eserciti allo stes-
so tempo attivit� d�impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso pu�godere in quanto pubblica amministrazione��.

Sar� vero? Finalmente dopo cent�anni dalle municipalizzazioni abbiamoun criterio fisso per distinguere tra pubblica funzione e pubblico servizio? 

Eppure le disposizioni legislative interpretate dalla Corte sono ben scar-
ne; esse individuano i soggetti disciplinati dall�art 13 del decreto Bersaniunitariamente nelle �societ�, a capitale interamente pubblico o misto, costi-
tuite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione dibeni e servizi strumentali all�attivit� di tali enti, nonch�, nei casi consentitidalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative diloro competenza�.

La distinzione nella legge non esiste, ma serve ad affossare un�esperien-
za collettiva di accumulo e paragone, che in Italia � tradizionale ed in tuttaEuropa viene comunemente e legittimamente (sul piano del diritto comuni-
tario) praticata. 


G.F. 
Corte costituzionale, sentenza del 1 agosto 2008 n. 326 
� Pres. 
F. Bile � Red. 
S. Cassese 


-nei giudizi di legittimit� costituzionale dell�art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
recante �Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e larazionalizzazione della spesa pubblica, nonch� interventi in materia di entrate e di contra-
sto all�evasione fiscale�, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, 

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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


recante �Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e larazionalizzazione della spesa pubblica, nonch� interventi in materia di entrate e di contra-
sto all�evasione fiscale�, promossi con ricorsi della Regione Veneto (nn. 2 ricorsi � Avv.ti 


M. Bertolissi e A. Manzi), della Regione siciliana (Avv. G. Pitruzzella), della Regione Friuli-
Venezia Giulia (Avv. G. Falcon) e della Regione Valle d�Aosta (Avv. F.S. Marini), c/
Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato D. Del Gaizo)
. 
�(�) Ritenuto in fatto

1.- La Regione Veneto ha sollevato, con un primo ricorso (n. 96 del 2006), questionedi legittimit� costituzionale, oltre che di altre norme dello stesso decreto-legge, dell�art. 13del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante �Disposizioni urgenti per il rilancio econo-
mico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonch� inter-
venti in materia di entrate e di contrasto all�evasione fiscale�, per violazione degli artt. 3,97, 114, 117, 118, 119 e 120 del la Costituzione.

L�articolo 
impugnato 
(che 
reca 
la 
rubrica 
�Norme 
per 
la 
riduzione 
dei 
costi 
degli 
appa-
rati 
pubblici 
regionali 
e 
locali 
e 
a 
tutela 
della 
concorrenza�) 
impone 
alcuni 
limiti 
alle 
societ�,
a 
capitale 
interamente 
pubblico 
o 
misto, 
costituite 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
regionalie 
locali 
per 
la 
produzione 
di 
beni 
e 
servizi 
strumentali 
all�attivit� 
di 
tali 
enti, 
nonch�, 
nei 
casiconsentiti 
dalla 
legge, 
per 
lo 
svolgimento 
esternalizzato 
di 
funzioni 
amministrative 
di 
lorocompetenza.�stabilito,inparticolare,cheesseoperinoesclusivamenteconglienticostituen-
ti 
ed 
affidanti, 
non 
svolgano 
prestazioni 
a 
favore 
di 
altri 
soggetti 
pubblici 
o 
privati, 
non 
par-
tecipino 
ad 
altre 
societ� 
o 
enti 
e 
abbiano 
oggetto 
sociale 
esclusivo. 
L�articolo 
contiene 
ancheuna 
disciplina 
transitoria, 
che 
definisce 
i 
termini 
e 
le 
modalit� 
della 
cessazione 
delle 
attivit�non 
consentite, 
e 
commina 
la 
nullit� 
ai 
contratti 
conclusi 
in 
violazione 
delle 
nuove 
norme.

Ad 
avviso 
della 
Regione, 
il 
legislatore 
statale 
ha 
inteso, 
con 
le 
norme 
impugnate, 
evitarealterazioniodistorsionidellaconcorrenzaeassicurarelaparit�deglioperatori,impedendochesoggettidestinatarideicosiddetti�obblighidiserviziopubblico�,soloformalmenteprivatizza-
ti 
ma 
soggetti 
a 
un�influenza 
dominante 
dei 
pubblici 
poteri, 
possano 
operare, 
avvantaggiando-
si 
del 
regime 
speciale 
di 
cui 
godono, 
anche 
sul 
libero 
mercato. 
Date 
queste 
finalit� 
della 
disci-
plina 
statale, 
reputa 
peraltro 
la 
Regione 
che 
la 
norma 
impugnata 
violi 
la 
sfera 
di 
autonomiaregionale 
poich�, 
facendo 
valere 
ragioni 
di 
tutela 
della 
concorrenza, 
comprime 
irragionevol-
mente 
l�autonomia 
legislativa 
e 
amministrativa 
della 
Regione. 
Con 
le 
disposizioni 
impugnate,
secondo 
la 
ricorrente, 
�si 
� 
posta 
in 
essere 
una 
disciplina 
puntuale 
che 
non 
lascia 
alcuno 
spa-
zio 
alla 
Regione 
per 
dettare 
una 
normativa 
che 
tenga 
conto 
delle 
necessit� 
locali 
e 
nemmenodei 
tempi 
di 
attuazione 
dei 
principi 
statali 
secondo 
criteri 
di 
adeguatezza 
e 
proporzionalit�.

2.-Con 
un 
secondo 
ricorso 
(n. 
103 
del 
2006)
, 
la 
Regione 
Veneto 
ha 
sollevato 
questionedilegittimit�costituzionale,oltrechedialtrenormedellostessodecreto-legge,dell�art.13deldecreto-legge 
n. 
223 
del 
2006, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
4 
agosto 
2006, 
n.
248,recante�Conversioneinlegge,conmodificazioni,deldecretolegge4luglio2006,n.223,
recantedisposizioniurgentiper 
il 
rilancio 
economicoe 
sociale, 
per 
il 
contenimento 
elarazio-
nalizzazione 
della 
spesa 
pubblica, 
nonch� 
interventi 
in 
materia 
di 
entrate 
e 
di 
contrasto 
all�e-
vasione 
fiscale�
, 
per 
violazione 
degli 
artt. 
3, 
97, 
114, 
117, 
118, 
119 
e 
120 
della 
Costituzione.

Questione di legittimit� costituzionale dello stesso articolo, oltre che di altre normedello stesso decreto-legge, � stata sollevata anche dalla Regione siciliana (r. ric. n. 104 del2006), dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (r. ric. n. 105 del 2006) e dalla Regione Valled�Aosta (r. ric. n. 107 del 2006)
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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

170 


L�articolo impugnato (che, anche a seguito della conversione, reca la rubrica �Normeper la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorren-
za�) impone alcuni limiti alle societ�, a capitale interamente pubblico o misto, costituite opartecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni eservizi strumentali all�attivit� di tali enti, in funzione della loro attivit�, con esclusione deiservizi pubblici locali, nonch�, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternaliz-
zato di funzioni amministrative di loro competenza. � stabilito, in particolare, che esse ope-
rino esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non svolgano presta-
zioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, non partecipino -con esclusione delle socie-
t� che svolgono l�attivit� di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui aldecreto legislativo 1� settembre 1993, n. 385 -ad altre societ� o enti e abbiano oggetto socia-
le esclusivo. L�articolo contiene anche una disciplina transitoria, che definisce i termini e lemodalit� della cessazione delle attivit� non consentite, e commina la nullit� ai contratti con-
clusi in violazione delle nuove norme. 


3.-Il 
ricorso 
della 
Regione 
Veneto 
lamenta 
la 
violazione 
degli 
artt. 
3, 
97, 
114, 
117, 
118,119e120dellaCostituzione.SecondolaRegione,laleggediconversionedeldecreto,lungidal-
l�eliminare 
le 
norme 
lesive 
dell�autonomia 
regionale, 
ne 
ha 
introdotto 
di 
nuove, 
viziate 
di 
ille-
gittimit� 
costituzionale 
sotto 
i 
medesimi 
profili. 
Permangono, 
pertanto, 
nell�art. 
13 
del 
decreto-
legge,qualerisultadopolaconversione,lestesseviolazioni 
dell�autonomialegislativae 
ammi-
nistrativa 
della 
Regione 
e 
degli 
enti 
locali, 
fatte 
valere 
con 
il 
precedente 
ricorso 
n. 
96 
del 
2006.

4.- Il ricorso della Regione siciliana lamenta la violazione degli artt. 41, primo e terzocomma, e 3 Cost., sotto il duplice profilo della violazione dei principi di eguaglianza e diragionevolezza, nonch� degli artt. 14, lettera p), e 17, lettera i), del regio decreto legislativo15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto regionale della Regione siciliana).
Premette la Regione che la disposizione censurata si riferisce esclusivamente alle cosiddet-
te �societ� strumentali�, costituite o partecipate dalle Regioni e dagli altri enti locali per laproduzione di beni e servizi a favore di tali enti e che, a norma del suddetto articolo, essedebbono operare esclusivamente con gli enti costituenti e affidanti, non possono svolgereprestazioni a favore di altri soggetti pubblici e privati, neppure a seguito di gara pubblica, enon possono partecipare ad altre societ� o enti.

Secondo la Regione, la norma impone alle societ� strumentali limitazioni territorialiche non appaiono coerenti con l�art. 41 Cost., il quale, nell�affermare il principio della libe-
ra iniziativa economica privata (primo comma), �circoscrive l�intervento dello Stato allafunzione di indirizzo e coordinamento dell�attivit� economica pubblica e privata a fini socia-
li (terzo comma)�. Aggiunge la Regione che il legislatore statale, ponendo il divieto in que-
stione per le sole societ� a capitale interamente pubblico o misto (pubblico-privato), costi-
tuite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali, le ha penalizzate rispetto allesociet� costituite o partecipate dallo Stato o concessionarie di pubblici servizi, e ci� in vio-
lazione, oltre che del suindicato parametro costituzionale, anche del principio di uguaglian-
za sancito dall�art. 3 Cost. e senza attenersi ad alcun criterio di proporzionalit� e adeguatez-
za (sentenza n. 14 del 2004), essenziale a definire l�ambito di operativit� della competenzalegislativa statale in materia di �tutela della concorrenza�. Osserva ancora la Regione che lanorma statale in esame, disciplinando l�attivit� di enti strumentali della Regione, appare lesi-
va della competenza legislativa esclusiva in materia di �ordinamento degli uffici e degli entiregionali�, prevista dall�art. 14, lettera p), dello statuto siciliano, e, in ogni caso, di quella 
prevista dall�art. 17, lettera i), dello statuto per �tutte le altre materie che implicano servizidi prevalente interesse regionale�
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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


5.- Il ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione degli artt. 3, 41,117 e 119 Cost., nonch� dell�art. 4, comma unico, nn. 1, 1-bis, e n. 6, dell�art. 8 e art. 48della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-
Venezia Giulia).

Osserva preliminarmente la Regione che la legge di conversione ha aggiunto nell�art.
1 del decreto-legge il comma 1-bis, recante una �clausola di salvaguardia� in virt� dellaquale �le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale ealle province autonome di Trento e di Bolzano in conformit� agli statuti speciali e alle rela-
tive norme di attuazione�. Pertanto, ove si dovesse ritenere che, per effetto di tale clausola,
le norme impugnate non si applichino nella Regione Friuli-Venezia Giulia, verrebbero menole doglianze da essa avanzate.

Il ricorso della Regione � articolato in sei motivi.

5.1.- Con il primo motivo, la Regione eccepisce che i commi 1, 2 e 4, dell�art. 13 deldecreto-legge, come convertito, sono lesivi dell�autonomia organizzativa e finanziaria dellaRegione, in quanto sottopongono ad un regime giuridico restrittivo e discriminatorio lesociet� pubbliche o miste, costituite o partecipate dalle amministrazioni regionali e localiper la produzione di beni e servizi strumentali, �senza collegare le limitazioni al godimentodi una condizione di esonero dalla concorrenza grazie ad un regime di affidamento diretto�.

Ricorda innanzitutto la Regione che essa � legittimata anche a far valere l�autonomiafinanziaria degli enti locali, atteso che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto sussisten-
te in via generale una tale legittimazione in capo alle Regioni, dal momento che �la strettaconnessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regio-
nali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenzelocali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regiona-
li� (sentenza n. 417 del 2005).

LaRegioneosservapoichelesevererestrizioniimposteallesociet�contemplatesicol-
legano 
�non 
a 
particolari 
condizioni 
di 
favore 
nelle 
quali 
le 
societ� 
in 
argomento 
svolgano 
laloro 
attivit�, 
ma 
alla 
stessa 
struttura 
soggettiva 
ed 
all�oggetto 
di 
tali 
societ�.Ad 
avviso 
dellaRegione, 
se 
per 
�societ� 
costituite 
o 
partecipate 
per 
la 
produzione 
di 
beni 
e 
servizi 
strumen-
tali
� 
si 
dovessero 
intendere 
le 
�societ� 
che 
svolgono 
tali 
servizi 
in 
regime 
di 
affidamentodiretto�
, 
le 
restrizioni 
si 
collegherebbero 
alla 
condizione 
di 
affidamento 
privilegiato 
i 
n 
cuiesse 
si 
trovano: 
�ed 
� 
ovvio 
che, 
se 
cos� 
fosse, 
basterebbe 
uscire 
da 
tale 
condizione 
per 
ritor-
nare 
al 
regime 
generale 
delle 
societ�, 
senza 
restrizione 
alcuna�
. 
Questa 
interpretazione, 
pro-
segue 
la 
Regione, 
sarebbe 
senz�altro 
coerente 
con 
la 
finalit� 
dichiarata 
della 
norma 
di 
�evi-
tare 
alterazioni 
o 
distorsioni 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato 
e 
di 
assicurare 
la 
parit� 
deglioperatori�
. 
Tale 
interpretazione 
non 
� 
consentita, 
tuttavia, 
dalla 
formulazione 
letterale 
dellanorma, 
la 
quale, 
nel 
restringere 
la 
capacit� 
contrattuale 
anche 
di 
societ� 
che 
non 
godono 
dialcun 
privilegio 
di 
affidamento 
diretto, 
viola 
in 
modo 
diretto 
le 
competenze 
statutarie 
dellaRegione,inquantoincidesumaterieregionali(cio�sull�organizzazionedellaRegioneedeglienti 
locali 
e 
sull�industria 
e 
commercio: 
art. 
4, 
nn. 
1, 
1-bis 
e 
6, 
dello 
statuto; 
art. 
117, 
quartocomma, 
Cost.
, 
in 
relazione 
all�art. 
10 
della 
legge 
cost. 
n. 
3 
del2001, 
dato 
chel�organizzazio-
ne 
regionale 
e 
l�industria 
e 
commercio 
ricadono 
nella 
competenza 
piena 
delle 
Regioni 
ordi-
narie) 
e 
interferisce 
con 
l�autonomia 
amministrativa 
(cui 
� 
funzionale 
quella 
organizzativa) 
efinanziaria 
della 
Regione 
e 
degli 
enti 
locali 
(artt. 
8 
e 
48 
e 
seguenti 
dello 
statuto).

Le norme impugnate, secondo la ricorrente, violano inoltre: il principio di uguaglian-
za di cui all�art. 3, primo comma, Cost., dato che vengono trattate in modo diseguale situa-
zioni uguali, nonch� i principi di ragionevolezza e proporzionalit�; l�art. 41 Cost., in quan-



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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

172 


to esse precludono l�esercizio del diritto di libera iniziativa economica, il quale, a condizio-
ne che non si alteri la concorrenza, vale ugualmente per i soggetti pubblici e privati (ecomunque sarebbe leso il diritto di iniziativa dei privati nelle societ� miste); �il principio diragionevolezza e di proporzionalit�, in quanto le norme impugnate �pongono drastichelimitazioni di capacit� dove basterebbe un limite connesso all�eventuale affidamento diret-
to dei compiti strumentali�.

5.2.-Con 
un 
secondo 
motivo 
di 
ricorso, 
la 
Regione 
prospetta 
l�illegittimit� 
costituzio-
naledell�art. 
13,commi1,2e4,deldecreto-leggen.223del2006,comeconvertito,inquan-
tolesivodell�autonomiaorganizzativaefinanziariadellaRegione,laddovesottoponelesocie-
t� 
pubbliche 
o 
miste, 
costituite 
o 
partecipate 
dalle 
amministrazioni 
regionali 
e 
locali 
per 
laproduzione 
dibenie 
servizi 
strumentali,�ad 
un 
regimegiuridico 
restrittivoediscriminatorio,
rispetto 
alle 
altre 
societ� 
ed 
alle 
stesse 
societ� 
pubbliche 
o 
miste 
partecipate 
dallo 
Stato 
o 
daamministrazioni 
nazionali�
. 
Si 
tratta, 
secondo 
la 
Regione, 
di 
una 
ragione 
di 
illegittimit� 
che,
al 
contrario 
della 
precedente, 
non 
pu� 
essere 
superata 
da 
un�interpretazione 
adeguatrice.
Invero, 
le 
disposizioni 
impugnate 
discriminano, 
rendendola 
deteriore, 
la 
condizione 
giuridicadellesociet�partecipatedalleRegioniedaglientilocalirispettoallesociet�che,perscopideltutto 
simili, 
sono 
costituite 
o 
partecipate 
dallo 
Stato 
o 
da 
altri 
enti 
pubblici 
nazionali.

Argomenta la ricorrente che non solo le Regioni e gli enti locali, ma anche lo Stato edenti pubblici nazionali hanno costituito societ� pubbliche o miste per l�esercizio di funzionistrumentali. Se pure nel merito fosse giustificata una disciplina restrittiva della capacit� con-
trattuale di determinati tipi di societ� a partecipazione pubblica, non lo sarebbe una restri-
zione della capacit� contrattuale ed operativa delle sole societ� costituite o partecipate dalleRegioni e dagli enti locali, �che vengono poste in una condizione di vera e propria minori-
t� giuridica�. Onde � evidente, prosegue la Regione, che la discriminazione cos� posta �con-
traddice il principio di uguaglianza e costituisce un abuso della stessa potest� legislativa sta-
tale in materia di ordinamento civilistico delle societ�: potest� che viene [.] esercitata nonper porre una disciplina generale del fenomeno delle societ� a partecipazione pubblica, maesclusivamente in danno delle societ� regionali e locali�. 

5.3.- Un terzo motivo di ricorso � incentrato sull�illegittimit� costituzionale dell�art.
13, commi 1, 2 e 4, del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, in quanto lesivo del-
l�autonomia organizzativa e finanziaria della Regione nella parte in cui vieta �indiscrimina-
tamente alle societ� pubbliche o miste, costituite o partecipate dalle amministrazioni regio-
nali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali, di �operare� per soggetti diver-
si dagli enti costituenti, partecipanti o affidanti, di svolgere �prestazioni� a favore di altrisoggetti pubblici o privati, nonch� di partecipare ad altre societ� o enti�.

Con 
riguardo 
al 
divieto 
di 
partecipare 
ad 
altre 
societ� 
o 
enti, 
la 
Regione 
fa 
rilevare 
chele 
societ� 
regionali, 
al 
pari 
delle 
societ� 
statali, 
operano 
talora 
attraverso 
altre 
societ�, 
il 
cuicapitale 
sociale 
� 
posseduto 
dalle 
prime 
al 
cento 
per 
cento, 
quindi 
le 
misure 
contestate 
prive-
rebbero 
irragionevolmente 
le 
societ� 
in 
questione 
di 
ogni 
flessibilit� 
operativa 
e, 
per 
quantoriguarda 
la 
partecipazione 
ad 
enti, 
di 
ogni 
capacit� 
di 
collegamento 
con 
la 
stessa 
realt� 
di 
cuidebbono 
occuparsi. 
Un 
discorso 
analogo 
riguarda, 
secondo 
la 
Regione, 
il 
limite 
relativoall��operare
� 
solo 
con 
gli 
enti 
costituenti, 
partecipanti 
o 
affidanti 
e 
alle 
�prestazioni�
, 
escluseinrelazionead�altrisoggettipubblicioprivati�,chesirisolverebbenellaviolazione,oltrechedei 
principi 
di 
ragionevolezza 
e 
di 
proporzionalit�, 
del 
principio 
di 
certezza 
del 
diritto.

5.4.- Uno specifico motivo riguarda l�illegittimit� costituzionale dell�art. 13, comma3, del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, che impone termini per cessare le atti-
vit� non consentite e sanzioni per il mancato rispetto dei divieti. Secondo la Regione, tali 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime, in primo luogo, in quanto presuppon-
gono e completano l�illegittima disciplina sopra censurata. 

In secondo luogo, il terzo periodo, che stabilisce l�inefficacia dei contratti relativi adattivit� non cedute o scorporate, sarebbe illegittimo sotto il profilo della contraddittoriet� edella irragionevolezza, in relazione a quanto disposto dai due periodi precedenti. Osserva laricorrente che le societ� in questione possono �transitoriamente� -per dodici mesi -conti-
nuare a svolgere le loro attivit�; che a tali dodici mesi seguono, in base al secondo periodo,
altri diciotto mesi, durante i quali le �attivit� non consentite� possono essere cedute a terzi

o scorporate in una diversa societ� da cedere sul mercato. Senonch�, prosegue la difesa dellaRegione, quel che dispone il terzo periodo -cio� la cessazione degli effetti dei contratti rela-
tivi alle attivit� non cedute o scorporate nel �termine indicato nel primo periodo� (cio� allascadenza dei primi dodici mesi) -� del tutto assurdo, poich� le attivit� cedute o scorporatee, corrispondentemente, quelle non cedute o scorporate, risulteranno soltanto alla fine delperiodo di diciotto mesi che le Regioni e gli enti locali hanno a disposizione per provvede-
re alla cessione o allo scorporo. La norma, dunque, sarebbe, prima ancora che costituzional-
mente illegittima, di impossibile applicazione, se non �retroattivamente�.
5.5.- Un altro profilo di illegittimit� costituzionale investirebbe il secondo periodo delcomma 3, ove �la facolt� data alle societ� strumentali di cedere le attivit� a terzi o di scor-
porarle costituendo una societ� da collocare sul mercato dovesse intendersi come preclusi-
va della possibilit� di cedere o scorporare tali attivit� in favore di altra societ� regionale olocale, da costituire o esistente, che operi esclusivamente sul mercato, e non rientri nelcampo di applicazione dell�art. 1 3�. In effetti, osserva la Regione, �l�obbligo di cedere aterzi, o sul mercato (che � composto anch�esso, ovviamente, di �terzi�) beni e patrimoni che,
attraverso la societ�, costituiscono risorse economiche e nel caso imprenditoriali dellecomunit� locali ne viola l�autonomia finanziaria, in contraddizione aperta con l�art. 119Cost. e con l�art. 48 e seguenti dello statuto regionale e realizza una sorta di esproprio di atti-
vit� economiche, del tutto privo di fondamento costituzionale e del tutto privo di connessio-
ni con l�obbiettivo di tutelare la concorrenza�
. 


5.6.-Unulteriore,autonomoprofilodiirragionevolezzadell�art.13,comma4,deldecre-
to-legge 
n. 
223 
del 
2006, 
come 
convertito, 
per 
le 
stesse 
ragioni 
di 
cui 
al 
punto 
precedente,
emerge, 
secondo 
la 
Regione, 
in 
quanto 
si 
ritenga 
che 
la 
nullit� 
dei 
contratti 
stipulati 
in 
viola-
zionedelleprescrizionideicommi1e2colpiscetuttiicontrattistipulatidallesociet�dicuialcomma 
1 
che, 
al 
momento 
del 
contratto, 
conservino 
partecipazioni 
in 
altre 
societ� 
o 
enti.
Osserva 
al 
riguardo 
la 
Regione 
che 
le 
partecipazioni 
non 
costituiscono 
�attivit�
� 
e 
non 
rien-
trano,dunque,nelcampodiapplicazionedelcomma3edellescadenzetemporaliivipreviste.
Le 
partecipazioni 
sono, 
infatti, 
in 
primo 
luogo 
elementi 
patrimoniali, 
la 
cui 
cessione 
potrebbeessere 
facile 
o 
difficile, 
o 
anche 
giuridicamente 
impossibile 
ove 
non 
si 
trovasse 
alcun 
sogget-
todispostoadacquistarle.D�altronde,unacosa�lanullit�dicontrattichedirettamentesirife-
riscano 
ad 
attivit� 
vietate 
(ferme 
restando 
le 
censure 
sopra 
esposte 
su 
tali 
divieti 
e 
sulla 
loroformulazione)
; 
tutt�altra 
cosa 
sarebbe 
la 
nullit� 
di 
contratti 
che 
si 
riferiscono 
ad 
attivit� 
con-
sentite, 
e 
che 
nessun 
rapporto 
hanno 
con 
le 
ipotizzate 
partecipazioni 
in 
societ� 
o 
enti.

6.-Il 
ricorso 
della 
RegioneValle 
d�Aosta 
lamenta 
la 
violazione 
degli 
artt. 
3 
e 
117 
Cost.,
nonch� 
dell�art. 
2, 
comma 
1, 
lettere 
a)
e 
b)
, 
dello 
statuto 
della 
Regione 
Valle 
d�Aosta 
di 
cuialla 
legge 
costituzionale 
26 
gennaio 
1948, 
n. 
4 
(Statuto 
regionale 
per 
laValle 
d�Aosta).

Osserva preliminarmente la Regione che, in virt� della �clausola di salvaguardia�,
contenuta nell�art. 1, comma 1-bis 
del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, que-
sto si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

174 


�in conformit� agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione�. Tuttavia, il tenoreletterale delle disposizioni impugnate non consente di escludere con certezza la loro effica-
cia nei riguardi delle Regioni ad autonomia speciale, trattandosi di prescrizioni che, se rife-
rite anche alla Regione Valle d�Aosta, presentano molteplici profili di illegittimit� costitu-
zionale. Pertanto, la possibilit� che esse vadano interpretate in senso lesivo delle attribuzio-
ni della Regione induce a farle oggetto di impugnazione, sulla scorta della giurisprudenzadella Corte, per cui il giudizio in via principale pu� concernere questioni sollevate sulla basedi interpretazioni non implausibili prospettate dal ricorrente (sentenza n. 412 del 2004).

6.1.- Con il primo motivo di ricorso, la Regione eccepisce la violazione del principiocostituzionale di ragionevolezza, sub specie 
di vizio di irrazionalit�, nonch� dell�art. 117,
secondo e quarto comma, Cost., e dell�art. 2, comma 1, lettere a) e b), dello statuto specia-
le per la Valle d�Aosta.

Secondo la Regione, �per quanto l�intervento normativo dichiari di voler perseguire latutela della concorrenza, in realt� esso, lungi dal rimuovere elementi distorsivi del mercato

o dal promuovere un ampliamento delle possibilit� di accesso degli attori che vi operano,
determina il ben diverso effetto di escludere dal mercato stesso una categoria di soggetti�,
vale a dire proprio �le societ�, a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalleamministrazioni pubbliche regionali e locali�, con i requisiti dianzi riferiti. L�effetto di limi-
tazione della concorrenza sarebbe fatto palese, in particolare, dalla previsione in base allaquale le societ� di cui s�� detto non possono svolgere prestazioni a favore di soggetti diver-
si dagli enti costituenti, partecipanti o affidanti, neppure a seguito dell�espletamento di unagara. Sostiene la Regione che, �poich� sono proprio le procedure di gara ad assicurare pereccellenza, e anzi ad esaltare la concorrenza tra i diversi operatori economici presenti sulmercato, l�esclusione della possibilit� di competere a danno di taluno di essi -per giunta, peril mero fatto di essere costituiti o partecipati non da qualsivoglia ente pubblico, ma soltantoda enti regionali e locali -determina esattamente una forma di quella alterazione e distorsio-
ne della concorrenza e del mercato che la norma impugnata manifesta di voler evitare�. Delresto, prosegue la Regione, a smentire qualunque relazione fra le disposizioni impugnate epresunte attuazioni di obblighi comunitari, � sufficiente rilevare come neppure la giurispru-
denza comunitaria in tema di in house providing, particolarmente solerte nella garanzia dellaconcorrenza, abbia mai richiesto che societ�, a capitale interamente pubblico o misto, costi-
tuite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali �per la produzione di beni e ser-
vizi strumentali all�attivit� di tali enti� o �per lo svolgimento di funzioni amministrative diloro competenza�, operino esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.
N� si comprende, secondo la Regione, come possa ragionevolmente perseguirsi la tuteladella concorrenza imponendo i riferiti divieti esclusivamente alle societ� costituite o parte-
cipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, senza estendere le medesime proi-
bizioni alle analoghe societ� costituite o partecipate dalle amministrazioni statali.
Data, dunque, la palese contraddittoriet� tra il fine che l�art. 13 del decreto legge n.
223 del 2006 si propone di perseguire (la tutela della concorrenza) ed i risultati cui essoapproda, la norma impugnata viene ad incidere sine titulo 
in un ambito di competenza nor-
mativa che risulta assegnato alla Regione Valle d�Aosta sia dalle previsioni di cui all�art. 2,
comma 1, lettera a) e b), dello statuto speciale (che rimettono alla potest� legislativa regio-
nale, rispettivamente, le materie �ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dallaRegione e stato giuridico ed economico del personale� e �ordinamento de gli enti locali edelle relative circoscrizioni�), sia dal combinato disposto dei commi secondo e quarto del-
l�art. 117 Cost., a norma dei quali spetta alla potest� legislativa statale soltanto la disciplinadell��ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato�
. 




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175 


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


6.2.- Un secondo motivo di ricorso assume che le norme recate dall�art. 13 del decre-
to-legge n. 223 del 2006, come convertito, violino i principi di proporzionalit� e di leale col-
laborazione e, ancora, l�art. 117, secondo e quarto comma, Cost. e l�art. 2, comma 1, lette-
re a) e b), dello statuto speciale della Regione Valle d�Aosta.

Osserva 
la 
Regione 
che 
la 
legislazione 
statale, 
che 
invada 
gli 
ambiti 
di 
materia 
di 
perti-
nenzadelleRegionifondandoilsuointerventosull�esigenzadiporrenormeinunadellemate-
rie 
-quale 
la 
tutela 
della 
concorrenza 
-finalistiche 
o 
trasversali, 
deve 
comunque 
rispettarerequisitiineludibili, 
ulteriori 
rispetto 
a 
quello 
della 
sua 
razionalit�. 
Essa, 
per 
potersi 
dire 
legit-
tima,deveessere�giustificata�e�proporzionata�rispettoall�obiettivoperseguito(sentenzen.
214 
del 
2006, 
n. 
175 
del 
2005 
e 
nn. 
272 
e 
14 
del 
2004)
. 
Inoltre, 
la 
Corte 
ha 
precisato 
(
a 
parti-
re 
dalla 
sentenza 
n. 
407 
del 
2002) 
che 
l�esercizio 
della 
potest� 
legislativa 
statale 
in 
una 
mate-
ria 
�finalistica
� 
� 
subordinato 
all�esigenza 
di 
curare 
un 
interesse 
�unitario 
e 
infrazionabile�.

Secondo la ricorrente, l�invasione operata dalle norme contestate risulta del tutto spro-
porzionata rispetto alle modalit� attraverso cui viene perseguita la finalit� di tutela della con-
correnza. La normativa statale censurata, infatti, sacrifica integralmente la competenzaregionale a legiferare sulle societ� costituite o partecipate dalla Regione o dagli enti locali,
non lasciando alcuno spazio per l�intervento regolativo della Regione. La violazione delprincipio di proporzionalit� deriverebbe anche da quella del principio di leale collaborazio-
ne: a fronte della compressione della competenza normativa in ambiti di loro spettanza, l�in-
tervento legislativo statale non � stato preceduto da meccanismi e procedi menti che mettes-
sero le Regioni in condizione di svolgere qualche forma di partecipazione e di offrire il lorocontributo all�elaborazione della disciplina statale. Ci� vale tanto pi�, secondo la ricorren-
te, con riferimento alle Regioni ad autonomia speciale.

LaRegioneosserva 
poiche,
a 
frontedel 
sacrificio 
integraledellacompetenzaregionale,
tanto 
poco 
era 
pressante 
l��interesse 
unitario 
e 
infrazionabile
� 
che 
il 
legislatore 
statale 
haomesso 
di 
estendere 
i 
divieti 
previsti 
nell�art. 
13 
alle 
societ� 
costituite 
o 
partecipate 
dalleamministrazioni 
statali. 
Se 
davvero 
si 
fosse 
inteso 
perseguire 
un 
interesse 
unitario, 
secondo 
laricorrente, 
i 
rigidi 
criteri 
di 
esclusione 
avrebbero 
dovuto 
trovare 
applicazione 
innanzitutto 
neiconfronti 
delle 
societ� 
in 
cui 
sono 
coinvolte 
le 
amministrazioni 
dello 
Stato, 
dal 
momento 
che� 
proprio 
lo 
Stato 
l�ente 
territoriale 
che 
rappresenta 
la 
massima 
istanza 
unitaria.

7.- In tutti i giudizi si � costituita, per il Presidente del Consiglio dei ministri,
l�Avvocatura generale dello Stato. Essa rileva, preliminarmente, che la legge di conversio-
ne n. 248 del 2006 del d.l. n. 223 del 2006 ha introdotto una serie di modifiche ad alcune 
disposizioni del decreto impugnate con il primo ricorso della Regione Veneto (retro, sub 
1).
Donde, con riguardo a tali disposizioni, la configurabilit� di un�ipotesi di inammissibilit�sopravvenuta o di cessazione della materia del contendere.

Nel merito di tutti i ricorsi, l�Avvocatura generale dello Stato osserva che le disposi-
zioni impugnate dalle Regioni sono finalizzate a garantire l�esercizio della libera concorren-
za, talch� esse rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di
�tutela della concorrenza� (art. 117, comma secondo, lettera e, Cost.). Inoltre, la natura �tra-
sversale� di tale competenza comporta la legittimit� dell�intervento del legislatore stataleanche su ambiti materiali astrattamente rientranti nella competenza legislativa regionale, siaconcorrente sia residuale. 


Quanto alla censura delle Regioni circa il carattere puntuale e di dettaglio della disci-
plina contenuta nell�art. 13, l�Avvocatura generale dello Stato rileva che la disciplina conte-
nuta nella norma impugnata attiene essenzialmente alla materia dell�ordinamento civile, puressa rientrante nella competenza esclusiva del legislatore statale (art. 117, comma secondo, 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

176 


lettera l, Cost.), �siccome attinente all�attivit� negoziale di societ� operanti in regime priva-
tistico�. Per la stessa ragione, sarebbero infondate, secondo l�Avvocatura generale delloStato, le censure delle Regioni in ordine alla disposizione che prevede la nullit� dei contrat-
ti conclusi in violazione della disciplina recata dall�art. 13.

Quanto al ricorso della Regione siciliana, l�Avvocatura generale dello Stato eccepisce:
la genericit� e, quindi, l�inammissibilit� della censura circa il mancato rispetto dei criteri diproporzionalit� e adeguatezza; la conformit� delle disposizioni impugnate ai principi comu-
nitari in materia di appalti in house 
e di aiuti di Stato; l�insussistenza della violazione dellacompetenza legislativa esclusiva della Regione in materia di �ordinamento degli uffici edegli enti regionali�, nonch� di �servizi di prevalente interesse regionale� (artt. 14, lettera 
p, e 17, lettera i, dello statuto siciliano); l�inammissibilit� delle censure attinenti alla prete-
sa violazione dell�art. 3, sotto il profilo del principio di uguaglianza, e dell�art. 41 Cost.,
attesa la costante giurisprudenza della Corte, sia anteriore alla legge costituzionale n. 3 del2001 (sentenze nn. 373 e 126 del 1997 e n. 29 del 1995), sia posteriore (sentenza n. 274 del2003), per cui �le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione di norme costituzio-
nali, non relative al riparto di competenze con lo Stato, solo quando tale violazione compor-
ti un�incisione, diretta o indiretta, delle competenze attribuite dalla Costituzione alleRegioni stesse�; incisione che, all�evidenza, nel caso di specie non ricorrerebbe affatto.

Quanto al ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, l�Avvocatura generale delloStato eccepisce: l�infondatezza delle censure fondate sulla supposta violazione della compe-
tenza legislativa regionale, esclusiva o concorrente, in materia di organizzazione dellaRegione e degli enti locali, di industria e di commercio; l�infondatezza o l�inammissibilit�delle censure che la Regione muove alla norma statale con riferimento agli artt. 3, primocomma, e 41 Cost., nonch� ai principi di ragionevolezza, proporzionalit�, tutela dell�affida-
mento e buona fede; l�inammissibilit� della censura relativa all�art. 13, comma 3, secondoperiodo, del decreto-legge convertito, poich� la ricorrente, nel ritenere illegittima la facolt�delle societ� strumentali di cedere o scorporare le attivit�, fonda la censura sulla mera ipo-
tesi interpretativa che tale previsione sia preclusiva della possibilit� di cedere o scorporaretali attivit� in favore di altra societ� regionale o locale, operante esclusivamente sul merca-
to, senza prendere posizione sulla esattezza o meno di tale interpretazione.

8.- In prossimit� dell�udienza, le Regioni ricorrenti hanno depositato memorie insi-
stendo sui motivi del ricorso. L�Avvocatura generale dello Stato ha, a sua volta, depositatouna memoria unica, ribadendo le precedenti argomentazioni.
Considerato in diritto 


1.-LaRegioneVenetohapromossonumerosequestionidilegittimit�costituzionaleinviaprincipaledeldecreto-legge4luglio2006,n.223(Disposizioniurgentiperilrilancioeconomi-
co 
e 
sociale, 
per 
il 
contenimento 
e 
la 
razionalizzazione 
della 
spesa 
pubblica, 
nonch� 
interventiin 
materia 
di 
entrate 
edicontrastoall�evasione 
fiscale)e,traqueste, 
dell�art. 
13 
deltestoorigi-
nario 
del 
decreto, 
per 
violazione 
degli 
artt. 
3, 
97, 
114, 
117, 
118, 
119 
e 
120 
della 
Costituzione.

Le 
Regioni 
Veneto, 
siciliana, 
Friuli-Venezia 
Giulia 
e 
Valle 
d�Aosta, 
con 
quattro 
distintiricorsi, 
hanno 
promosso 
numerose 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
in 
via 
principale 
deldecreto-leggen.223del2006,convertito, 
conmodificazioni,dallalegge 
4agosto2006,n.248(Conversione 
in 
legge, 
con 
modificazioni, 
del 
decreto-legge 
4 
luglio 
2006, 
n. 
223, 
recantedisposizioni 
urgenti 
per 
il 
rilancio 
economico 
e 
sociale, 
per 
il 
contenimento 
e 
la 
razionalizza-
zione 
della 
spesa 
pubblica, 
nonch� 
interventi 
in 
materia 
di 
entrate 
e 
di 
contrasto 
all�evasionefiscale)
, 
e, 
tra 
queste, 
dell�art. 
13, 
per 
violazione 
dei 
seguenti 
parametri 
costituzionali: 
art. 
3(tuttelericorrenti),art.41(RegionesicilianaeRegioneFriuli-VeneziaGiulia),art.97(Regione 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


Veneto)
, 
art. 
114 
(Regione 
Veneto)
, 
art. 
117 
(Regione 
Veneto, 
Regione 
Friuli-Venezia 
Giulia,
RegioneValle 
d�Aosta)
, 
art. 
118 
(RegioneVeneto)
, 
art. 
119 
(RegioneVeneto 
e 
Regione 
Friuli-
Venezia 
Giulia) 
e 
art. 
120 
(Regione 
Veneto) 
della 
Costituzione, 
artt. 
14, 
lettera 
p)
, 
e 
17, 
lettera 
i)
, 
del 
regio 
decreto 
legislativo 
15 
maggio 
1946, 
n. 
455 
(Approvazione 
dello 
Statuto 
regionaledella 
Regione 
siciliana) 
(Regione 
siciliana)
, 
artt. 
4, 
n. 
1, 
n. 
1-bis 
e 
n. 
6, 
8 
e 
48 
e 
seguenti 
dellalegge 
costituzionale 
31 
gennaio 
1963, 
n. 
1 
(Statuto 
speciale 
della 
Regione 
Friuli-VeneziaGiulia) 
(Regione 
Friuli-Venezia 
Giulia)
, 
art. 
2, 
primo 
comma, 
lettere 
a)
e 
b)
, 
della 
legge 
costi-
tuzionale 
26 
gennaio 
1948, 
n. 
4 
(Statuto 
regionale 
per 
laValle 
d�Aosta) 
(Valle 
d�Aosta).

L�articolo censurato impone alcune limitazioni alle societ� partecipate da Regioni edenti locali per lo svolgimento di funzioni amministrative o attivit� strumentali alle stesse.

A 
norma del comma 1, al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza edel mercato e di assicurare la parit� degli operatori, le societ� a capitale interamente pubbli-
co o misto -costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzionedi beni e servizi strumentali all�attivit� di tali enti, nonch�, nei casi consentiti dalla legge,
per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza -devono 
operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non possono svolgere prestazio-
ni a favore di altri soggetti pubblici o privati, n� in affidamento diretto n� con gara, e nonpossono partecipare ad altre societ� o enti 

Anorma del comma 2, le predette societ� sono ad oggetto sociale esclusivo e non pos-
sono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.

Ilcomma3dettaunadisciplinatransitoria,perlacessazionedelleattivit� 
nonconsentite.

Il comma 4 dispone per i contratti conclusi dopo l�entrata in vigore del decreto-legge,
prevedendo la nullit� dei contratti conclusi in violazione dei commi 1 e 2.

2.- Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre disposizioni contenute neldecreto-legge n. 223 del 2006, sia nel testo originario sia in quello risultante dalle modifi-
che apportate in sede di conversione dalla legge n. 246 del 2006, vengono all�esame dellapresente pronuncia le questioni relative all�art. 13.

3.- I ricorsi pongono questioni analoghe; deve, quindi, essere disposta la riunione deirelativi giudizi ai fini di una trattazione unitaria e di un�unica decisione.

4.- Non sono ammissibili le questioni sollevate con riferimento agli artt. 114, 118, 119e 120 Cost., perch� non autonomamente argomentate, quindi generiche.

5.- Non sono ammissibili neanche le questioni sollevate con riferimento ai soli artt. 3e 41 Cost. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, anche successiva alla leggecostituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo 
V 
della parte seconda dellaCostituzione), non sono ammissibili le censure prospettate dalle Regioni rispetto a parame-
tri costituzionali diversi dalle norme che operano il riparto di competenze con lo Stato, qua-
lora queste non si risolvano in lesioni delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione(sentenze n. 190 del 2008 e, con particolare riferimento all�art. 41 Cost., n. 272 del 2005).

6.- Le censure sollevate dalla Regione Veneto con il ricorso n. 96 del 2006, propostoprima della conversione del decreto-legge, devono intendersi assorbite in quelle, di identi-
co tenore, sollevate con il ricorso n. 103 del 2006.

7.- Successivamente alla proposizione dei ricorsi, i commi 3 e 4 dell�articolo impugna-
to sono stati modificati dall�art. 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Lerelative modifiche, pur incidendo sui termini di alcune delle censure formulate dalle ricor-
renti, non sono tali da determinare la cessazione della materia del contendere.

8.- Le ulteriori questioni, sollevate dalle Regioni in ordine ad altri parametri costitu-
zionali, non sono fondate. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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8.1.- Dette questioni riguardano la lesione, da parte delle disposizioni impugnate, dellapotest� legislativa regionale in materia di organizzazione degli uffici regionali e degli entilocali, fondata sull�art. 117 Cost. e, per quanto riguarda le Regioni siciliana, Friuli-VeneziaGiulia e Valle d�Aosta, sulle norme degli statuti speciali (artt. 14, lettera p) e 17, lettera i),
del regio decreto legislativo n. 455 del 1946; artt. 4, n. 1, n. 1-bis 
e n. 6, 8 e 48 e seguenti, 
della legge costituzionale n. 1 del 1963; art. 2, comma 1, lettere a) e b), della legge costitu-
zionale n. 4 del 1948).

Il parametro costituzionale e le norme statutarie comprendono l�organizzazione deiservizi regionali e i rapporti tra le Regioni e le societ�, attraverso le quali le Regioni stessesvolgono le loro funzioni. 
A 
norma dell�art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ledisposizioni della stessa legge costituzionale, che prevedono forme di autonomia pi� ampierispetto a quelle gi� attribuite, si applicano anche alle Regioni a statuto speciale. Ora, men-
tre la potest� legislativa regionale disciplinata dall�art. 117, quarto comma, � sottoposta soloai limiti dettati dal primo comma dello stesso articolo, la potest� legislativa delle Regioni astatuto speciale in materia di organizzazione delle societ� dipendenti, esercenti l�industria oi servizi, deve sottostare agli ulteriori e pi� severi limiti derivanti dagli artt. 14 e 17 dellostatuto della Regione siciliana (rispettivamente, riforme agrarie e industriali deliberate dallaCostituente e principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato), dall�art.
4 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia (principi generali dell�ordinamento giu-
ridico della Repubblica, norme fondamentali delle riforme economico-sociali, interessinazionali e delle altre regioni) e dall�art. 2 dello statuto della Regione Valle d�Aosta (prin-
cipi dell�ordinamento giuridico della Repubblica, interessi nazionali, norme fondamentalidelle riforme economico-sociali della Repubblica).

Di conseguenza, si pu� fare esclusivo riferimento all�art. 117 Cost., in quanto la pote-
st� legislativa da esso conferita assicura una autonomia pi� ampia di quella prevista daglistatuti speciali. La questione pu� dunque essere affrontata in termini unitari.

8.2.-Vapremessochenon�idoneaaescludereun�eventualelesionedellapotest�legis-
lativa 
regionale 
la 
previsione 
contenuta 
nell�art. 
1, 
comma 
1-bis, 
del 
decreto-legge 
n. 
223, 
inbase 
alla 
quale 
�le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
presente 
decreto 
si 
applicano 
alle 
regioni 
a 
statutospeciale 
e 
alle 
province 
autonome 
diTrento 
e 
di 
Bolzano 
in 
conformit� 
agli 
statuti 
speciali 
ealle 
relative 
norme 
di 
attuazione�
. 
Secondo 
la 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, 
simili 
clauso-
le, 
formulate 
in 
termini 
generici, 
non 
hanno 
l�effetto 
di 
escludere 
una 
lesione 
della 
potest�legislativa 
regionale 
(sentenze 
nn. 
165 
e 
162 
del 
2007 
e 
nn. 
234, 
118 
e 
88 
del 
2006).

8.3.-Le 
disposizioni 
impugnate 
definiscono 
il 
proprio 
ambito 
di 
applicazione 
nonsecondo 
il 
titolo 
giuridico 
in 
base 
al 
quale 
le 
societ� 
operano, 
ma 
in 
relazione 
all�oggettosociale 
di 
queste 
ultime. 
Tali 
disposizioni 
sono 
fondate 
sulla 
distinzione 
tra 
attivit� 
ammini-
strativainformaprivatisticaeattivit�d�impresadientipubblici.L�unael�altrapossonoesse-
re 
svolte 
attraverso 
societ� 
di 
capitali, 
ma 
le 
condizioni 
di 
svolgimento 
sono 
diverse. 
Nelprimocasovi�attivit�amministrativa,dinaturafinaleostrumentale,postainesseredasocie-
t� 
di 
capitali 
che 
operano 
per 
conto 
di 
una 
pubblica 
amministrazione. 
Nel 
secondo 
caso, 
vi 
�erogazione 
di 
servizi 
rivolta 
al 
pubblico 
(consumatori 
o 
utenti)
, 
in 
regime 
di 
concorrenza.

Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attivit� per evitare che unsoggetto, che svolge attivit� amministrativa, eserciti allo stesso tempo attivit� d�impresa,
beneficiando dei privilegi dei quali esso pu� godere in quanto pubblica amministrazione.
Non � negata n� limitata la libert� di iniziativa economica degli enti territoriali, ma � impo-
sto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a unafrequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza. 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


Ci� premesso, occorre valutare sia l�oggetto della disciplina, sia la sua finalit�.

8.4.- Dal primo punto di vista, le disposizioni in esame riguardano l�attivit� di societ�partecipate dalle Regioni e dagli enti locali. Si tratta di un oggetto che pu� rientrare nellamateria dell�organizzazione amministrativa, di competenza legislativa regionale, o, al paridelle previsioni in materia di contratti, pure contenute nell�articolo impugnato, nella mate-
ria dell��ordinamento civile�, di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

L�ambito di tale ultima materia � stato precisato da questa Corte. Essa ha affermato chela potest� legislativa dello Stato comprende gli aspetti che ineriscono a rapporti di naturaprivatistica, per i quali sussista un�esigenza di uniformit� a livello nazionale; che essa non� esclusa dalla presenza di aspetti di specialit� rispetto alle previsioni codicistiche; che essacomprende la disciplina delle persone giuridiche di diritto privato; che in essa sono inclusiistituti caratterizzati da elementi di matrice pubblicistica, ma che conservano natura privati-
stica (sentenze nn. 159 e 51 del 2008, nn. 438 e 401 del 2007 e n. 29 del 2006).

La disciplina censurata non rientra nella materia dell�organizzazione amministrativaperch� non � rivolta a regolare una forma di svolgimento dell�attivit� amministrativa. Essarientra, invece, nella materia -definita prevalentemente in base all�oggetto -�ordinamento 
civile�, perch� mira a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato e a tracciareil confine tra attivit� amministrativa e attivit� di persone giuridiche private.

8.5.- Dal secondo punto di vista, le disposizioni impugnate hanno il dichiarato scopodi tutelare la concorrenza. 


Questa 
Corte 
ha 
cos� 
delimitato 
la 
�tutela 
della 
concorrenza�
: 
la 
titolarit� 
della 
relativapotest� 
legislativa 
consente 
allo 
Stato 
di 
adottare 
misure 
di 
garanzia 
del 
mantenimento 
dimercati 
gi� 
concorrenziali 
e 
misure 
di 
liberalizzazione 
dei 
mercati 
stessi; 
queste 
misure 
pos-
sono 
anche 
essere 
volte 
a 
evitare 
che 
un 
operatore 
estenda 
la 
propria 
posizione 
dominante 
inaltri 
mercati; 
l�intervento 
statale 
pu� 
consistere 
nell�emanazione 
di 
una 
disciplina 
analitica,
laqualepu�influiresumaterieattribuiteallacompetenzalegislativadelleRegioni;spettaallaCorte 
effettuare 
un 
rigoroso 
scrutinio 
delle 
relative 
norme 
statali, 
volto 
ad 
accertare 
se 
l�in-
tervento 
normativo 
sia 
coerente 
con 
i 
principi 
della 
concorrenza, 
e 
se 
esso 
sia 
proporzionatorispetto 
a 
questo 
fine 
(sentenze 
nn. 
63 
e 
51 
del 
2008 
e 
nn. 
421, 
401, 
303 
e 
38 
del 
2007).

L�obiettivo delle disposizioni impugnate � quello di evitare che soggetti dotati di pri-
vilegi operino in mercati concorrenziali. Dunque, la disciplina delle societ� con partecipa-
zione pubblica dettata dalla norma statale � rivolta ad impedire che dette societ� costituisca-
no fattori di distorsione della concorrenza. Essa rientra, quindi, nella materia -definita pre-
valentemente in base al fine -della �tutela della concorrenza�
. 


8.6.- Si pu� riassuntivamente affermare che le disposizioni impugnate sono riconduci-
bili alla competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile, in quanto volte adefinire i confini tra l�attivit� amministrativa e l�attivit� d�impresa, soggetta alle regole delmercato, e alla competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza, inquanto volte a eliminare distorsioni della concorrenza stessa.

8.7.- Ai fini della riconducibilit� della disciplina contestata alla tutela della concorren-
za, resta da valutare, indipendentemente da valutazioni di merito sul suo contenuto, la pro-
porzionalit� di tale disciplina e, quindi, la sua idoneit� a perseguire finalit� inerenti alla tute-
la della concorrenza (sentenze nn. 452 e 401 del 2007). Questo scrutinio va operato distin-
tamente per le varie previsioni dell�articolo impugnato.

Vengono in considerazione, in primo luogo, quelle che impediscono alle societ� inquestione di operare per soggetti diversi dagli enti territoriali soci o affidanti, imponendo difatto una separazione societaria, e obbligandole ad avere un oggetto sociale esclusivo. Esse 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

180 


mirano ad assicurare la parit� nella competizione, che potrebbe essere alterata dall�accessodi soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati. Da questo punto di vista, essenon appaiono irragionevoli, n� sproporzionate rispetto alle esigenze indicate.

Va valutato, in secondo luogo, il divieto di detenere partecipazioni in altre societ� oenti. Esso � complementare rispetto alle altre disposizioni considerate. � volto, infatti, a evi-
tare che le societ� in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni oarticolazioni, le attivit� loro precluse. La disposizione impugnata vieta loro non di detenerequalsiasi partecipazione o di aderire a qualsiasi ente, ma solo di detenere partecipazioni insociet� o enti che operino in settori preclusi alle societ� stesse. Intesa in questi termini, lanorma appare proporzionata rispetto al fine di tutela della concorrenza.

Infine, le ulteriori disposizioni, che dettano una disciplina transitoria e dispongono inordine ai contratti conclusi successivamente all�entrata in vigore del decreto-legge, costitui-
scono sanzione e complemento delle disposizioni finora considerate e, a loro volta, regola-
no non irragionevolmente la fase di adeguamento alla nuova disciplina da parte delle socie-
t� destinatarie di essa. 

Per questi motivi 
la Corte Costituzionale riuniti i giudizi, 


1) dichiara 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 13 deldecreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante �Disposizioni urgenti per il rilancio economicoe sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonch� interventiin materia di entrate e di contrasto all�evasione fiscale�, convertito, c on modificazioni, dallalegge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata dalle Regioni Veneto, siciliana, Friuli-Venezia Giuliae Valle d�Aosta in riferimento all�art. 3 della Costituzione, con i ricorsi in epigrafe;

2) dichiara 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale della stessa normasollevata dalle Regioni siciliana e Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all�art. 41 Cost., coni ricorsi in epigrafe;

3) dichiara 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale della stessa normasollevata dalle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all�art. 119 Cost., coni ricorsi in epigrafe;

4) dichiara 
inammissibile la questione di legittimit� costituzionale della stessa normasollevata dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 114, 118 e 120 Cost., con i ricorsi inepigrafe;

5) dichiara 
non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 13 del decre-
to-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,
recante �Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
sollevata dalle Regioni Veneto, siciliana, Friuli-Venezia Giulia e Valle d�Aosta, con i ricor-
si in epigrafe, con riferimento all�art. 117 Cost.; agli artt. 14, lettera p), e 17, lettera i), dello 
statuto della Regione siciliana; agli artt. 4, n. 1, n. 1-bis 
e n. 6, 8 e 48 e seguenti dello statu-
to della Regione Friuli-Venezia Giulia; e all�art. 2, comma 1, lettere a) e b), dello statuto 
della Regione Valle d�Aosta.

Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il30 luglio 2008 (�)�
. 




IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
181 


Inderogabilit� del foro erariale
(anche a fronte di una eccezione incompleta) 


(Corte 
di 
Cassazione, 
sezione 
terza 
civile, 
ordinanza 
7 
agosto 
2008 
n. 
21413) 


La Cassazione torna a pronunciarsi sul dibattuto tema del foro erariale,
ribadendo la sua natura inderogabile e la conseguente rilevabilit� d�ufficio daparte del giudice. Fin qui nulla di nuovo, visto che la rilevabilit� d�ufficiodella competenza territoriale indicata dall�art. 25 c.p.c. � espressamente san-
cita dall�art. 9 R.D. 1611/33, e la sua inderogabilit� � stata pi� volte ribaditadalla Suprema Corte (v., ex multis, Cass. sez. III, 13 luglio 2004, n. 12978;
Cass., sez. I, 3 settembre 2004, n. 17880).

La peculiarit� dell�ordinanza in questione sta, piuttosto, nell�aver chiari-
to che la rilevabilit� d�ufficio del foro erariale �include� in s� quella dei foripresupposti sulla base dei quali esso si determina.

La vicenda, esemplare per la sua linearit�, riguarda un�azione di respon-
sabilit� civile per risarcimento danni esercitata presso il Tribunale di Tarantonei confronti del Ministero della Salute.

L�amministrazione convenuta nulla ha avuto da eccepire sull�individua-
zione attorea del luogo in cui l�obbligazione era sorta e di quello in cui lastessa doveva eseguirsi. Fori che sarebbero stati alternativamente competen-
ti secondo le norme ordinarie (rispettivamente quali forum delicti e forumdestinatae solutionis ex art. 20 c.p.c.), ma che la difesa del Ministero eccepi-
va essere inderogabilmente incompetenti in virt� dell�operativit� del foroerariale, e quindi in favore del �giudice del luogo dove ha sede l�ufficiodell�Avvocatura dello Stato�, seppur all�interno del medesimo distretto.

Essendosi limitata l�Avvocatura dello Stato a sollevare l�eccezione in viagenerica, indicando quale Tribunale competente quello di Lecce e senzanulla dire sulle premesse in base alle quali il foro erariale veniva individua-
to, il Tribunale di Taranto ha rigettato l�eccezione con sentenza parziale 22giugno 2007. Nella motivazione si legge che tale eccezione si � articolatacon la deduzione della competenza del Tribunale di Lecce �senza rappresen-
tare la competenza del Tribunale di Taranto quale forum delicti e forum desti-
natae solutionis, ai sensi della seconda parte dell�art. 25 c.p.c.�.

Decidendo sul ricorso per Regolamento di Competenza proposto dalMinistero della Salute, la Cassazione ha completamente ribaltato l�argomen-
tazione del Tribunale tarantino, facendo opportunamente chiarezza sull�am-
piezza delle ricadute processuali della natura inderogabile del foro erariale:
in particolare, ha precisato che l�inderogabilit� del foro erariale esclude diper 
s� 
la 
sussistenza 
di 
qualsivoglia 
onere 
di 
contestazione 
a 
caricodell�Amministrazione convenuta, anche in relazione ai fori presupposti.

Si 
tratta 
di 
un 
orientamento 
nuovo, 
che 
smentisce 
precedenti 
pronunce 
disegno 
opposto 
della 
stessa 
Cassazione. 
Tra 
le 
altre, 
Cass.
, 
sez. 
III, 
30 
luglio 
2004, 
n. 
14718 
aveva 
infatti 
stabilito 
che 
�nel 
giudizio 
in 
cui 
� 
parte 
un�AmministrazionedelloStato,sel�obbligazionededottaabbiaoriginedaun 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008 


fatto 
illecito, 
ai 
fini 
della 
individuazione 
del 
giudice 
competente 
per 
territorio 
ai 
sensi 
degli 
artt. 
6 
del 
R.D. 
del 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611 
e 
25 
c.p.c.
, 
il 
forum 
delicti 
concorre, 
inviaalternativa,conil 
forumdestinataesolutionis 
dadeter-
minare 
in 
base 
alle 
norme 
di 
contabilit� 
pubblica 
art. 
54 
del 
R.D. 
18 
novem-
bre 
1923 
n. 
2440, 
artt. 
278, 
lett. 
d)
, 
287 
e 
407 
del 
R.D. 
23 
maggio 
1924 
n. 
827�qualora 
in 
detto 
giudizio 
l�Amministrazione 
dello 
Stato 
eccepisca 
l�in-
competenza 
per 
territorio, 
ha 
l�onere 
di 
contestare 
la 
competenza 
del 
giudice 
adito 
con 
riferimento, 
tra 
l�altro, 
ad 
entrambi 
i 
criteri 
di 
collegamento 
e, 
in 
mancanza, 
l�eccezione 
deve 
ritenersi 
inammissibile 
e, 
conseguentemente 
la 
competenza 
resta 
definitivamente 
radicata 
innanzi 
al 
giudice 
adito�
. 


Bene, nell�effettuare un vero e proprio revirement sul punto, con l�ordi-
nanza di seguito riportata la Suprema Corte afferma che �l�onere di contesta-
zione�non � concepibile, tenuto conto che il regime di rilevazione dell�in-
competenza territoriale derivante dal foro erariale � riconducibile a quelloproprio della competenza territoriale inderogabile, e che tale riconduzione� incompatibile con il pretendere che quando l�eccezione venga formulatadalla difesa erariale sia completa�.

Del resto appare quantomeno contraddittorio asserire che la competenzadel foro erariale non � derogabile dalla volont� delle parti, e che tuttavia losono i fori presupposti sulla base dei quali lo stesso viene determinato: in talmodo si offrirebbe alle parti la facolt� di �scegliersi� il foro erariale che pre-
feriscono, in palese contrasto con la ratio 
di norme (l�art. 25 c.p.c. e l�art. 6

R.D. 1611/33) che sono pacificamente basate sul pubblico interesse. 
Il richiamo al �giudice che sarebbe competente secondo le norme ordi-
narie� (art. 25 c.p.c.), insomma, non pu� di certo includere in s� il richiamoalla facolt� delle parti di derogarvi, nel contesto di una norma che fonda unforo esclusivo e inderogabile. 


Dott. Alessandro Nastri(*
) 


Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 agosto 2008, n. 21413 � Pres. P. Vittoria 
� 
Cons. Rel. R. Frasca � Ministero della Salute c/ C. D. 


�(omissis) Ritenuto quanto segue:

Il 
Ministero 
della 
Salute 
ha 
proposto 
istanza 
di 
regolamento 
di 
competenza 
avverso 
lasentenzaparzialedel22giugno2007,conlaqualeilTribunalediTaranto,SezioneDistaccatadi 
Manduria, 
ha 
dichiarato 
la 
propria 
competenza 
sulla 
controversia 
introdotta 
nei 
suoi 
con-
fronti 
e 
nei 
confronti 
della 
Regione 
Puglia 
da 
C.D.
, 
per 
ottenere 
il 
risarcimento 
di 
danni 
sof-
ferti 
per 
avere 
contratto 
un�epatite 
a 
causa 
di 
una 
trasfusione 
di 
sangue 
infetto.

Il tribunale ha dichiarato la propria competenza per l�incompletezza dell�eccezione disussistenza della competenza del Tribunale di Lecce, proposta dal Ministero, in quanto essa 


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello 
Stato. 



IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


si sarebbe articolata con la deduzione della competenza di quel tribunale, per essere ilTribunale di Taranto � Sezione Distaccata di Manduria ricompreso nel distretto di Corted�Appello in cui ha sede l�Avvocatura dello Stato �senza rappresentare la competenza delTribunale di Manduria quale forum delicti e forum destinatae solutionis, ai sensi della 
seconda parte del citato art. 25 c.p.c., e, per l�effetto, senza contestare (rectius 
fondare) la 
competenza di quello adito in relazione a tutti i fori concorrenti�
. 


Considerato quanto segue:

La relazione redatta ai sensi dell�art. 380-bis 
c.p.c. � stata del seguente tenore: �[�
] 
L�istanza di regolamento di competenza � che, in relazione al motivo su cui si fonda (�vio-
lazione ed errata applicazione degli art. 25 c.p.c. e 6 r.d. n. 1611/33�) prospetta un quesitodi diritto � appare fondata.

Nella specie, fermo che l�eccezione di incompetenza territoriale per l�esistenza del foroerariale, quando tale foro viene in considerazione rispetto ad un�amministrazione statale, �rilevabile d�ufficio 
(art. 9 del r.d. n. 1611/33: ed in disparte la questione del termine entro ilquale il rilevo pu� avvenire), erroneamente il Tribunale ha considerato l�eccezione propostadalla difesa erariale come un�eccezione di incompetenza territoriale derogabile, onerandoquella difesa di contestare tutti i fori indicati dall�art. 25 c.p.c. in relazione alle controversieconcernenti obbligazioni. L�onere di contestazione, viceversa, non � concepibile, tenutoconto che il regime di rilevazione dell�incompetenza territoriale derivante dal foro erariale� riconducibile a quello proprio della competenza territoriale inderogabile 
(in tal senso, ex 
multis, Cass. n. 17880/04) e che tale riconduzione � incompatibile con il pretendere chequando l�eccezione venga formulata dalla difesa erariale sia �completa� 
(non pu�, dunque, 
condividersi viceversa Cass. n. 14718 del 2004, che � senza peraltro farsi carico di questo 
problema � ha appunto onerato la difesa erariale dell�amministrazione statale del detto oneredi contestazione: il principio affermato da tale sentenza � semmai applicabile allorch� il foroerariale sia esteso ad un ente pubblico diverso dallo Stato senza l�espressa previsione del-
l�inderogabilit�: si veda Cass. n. 7514 del 2005).

Il collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione.

Deve, pertanto, dichiararsi la competenza del Tribunale di Lecce, al quale pu� rimet-
tersi il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M. La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Lecce, al quale rimette la deci-
sione sulle spese del giudizio di regolamento. Assegna per la riassunzione termine di mesiquattro.
Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 3 luglio2008 (�)�
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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

184 


Le forze multinazionali all�estero 
e 
l�immunit� penale dei militari: 
il caso �Calipari� 


(Corte d�Assise di Roma, sezione terza, sentenza 25 ottobre 2007 n. 21; 
Cassazione Penale, sezione prima, sentenza 24 luglio 2008 n. 31171) 


SOMMARIO: 
1.- Il caso �Calipari�. 2.- La sentenza della terza Corte d�Assise di Roma.
3.- La sentenza della prima Sezione Penale della Corte di Cassazione. 4.-La �legge dellabandiera� nel caso di occupazione militare straniera. 5.- Il contesto storico-ordinamentaleiracheno. Tipologia di operazioni multinazionali. 6.- La legge della bandiera nel caso diconsenso dello Stato territoriale alla presenza straniera. 6.1.- La legge della bandiera: navicivili. 6.2.- Navi militari. 6.3.- La finzione dell�extraterritorialit�. 6.4.- I corpi di truppa. 7.-
L�immunit� funzionale degli organi stranieri. 7.1.- Ratio. 
7.2.- Natura giuridica. 7.3.-
Estensione oggettiva: la sfera funzionale. 7.4.-Ambito soggettivo. 


1. Il caso �Calipari� 
Le sentenze in commento si occupano della condizione giuridica deicorpi di truppa inviati all�estero, con riguardo alla giurisdizione penale suifatti commessi nell�esercizio delle funzioni. 

Nella specie, si trattava di giudicare il militare americano Mario Luis Lozano che, lasera del 4 marzo 2005, mentre era di guardia ad un posto di blocco istituito in prossimit�dell�aeroporto di Baghdad, esplose diverse raffiche di mitra all�indirizzo della ToyotaCorolla su cui viaggiavano i funzionari del SISMI Nicola Calipari ed Andrea Carpani e lagiornalista Giuliana Sgrena, appena liberata dai primi due dopo il sequestro di persona di cuiera rimasta vittima. Nell�episodio, il Calipari rimase ucciso nell�atto di riparare la Sgrenacon il proprio corpo, mentre questa ed il Carpani riportarono lesioni. La Procura di Roma,
svolte le indagini, contest� al Lozano i reati di omicidio e tentato omicidio plurimo, per iquali l�imputato fu rinviato a giudizio.

Su pressione del governo italiano, gli Stati Uniti istituirono una Commissione d�inchie-
sta, cui furono invitati due rappresentanti del nostro Paese. I lavori, condotti secondo leregole dell�esercito americano, si conclusero con due documenti distinti, uno di parte ame-
ricana, l�altro di parte italiana. Il primo ritenne rispettate le regole d�ingaggio ed attribu� l�in-
cidente all�eccessiva velocit� con cui la vettura si era avvicinata al posto di blocco, nonch�al difetto informativo delle autorit� italiane nei confronti del Comando USA 
circa l�opera-
zione in corso. Il documento di parte italiana imput� il fatto all�inesperienza dei militariamericani, chiamati ad operare in un difficile clima di tensione dopo un breve addestramen-
to. Si noti che il Lozano apparteneva alla Guardia Nazionale, e come tale aveva ricevuto unaddestramento di appena sei mesi.

Secondo la Corte di Assise di Roma, i militari di stanza all�esterogodrebbero d�immunit� sia dalla giurisdizione locale, sia da quella di terziStati, secondo un principio consuetudinario del diritto internazionale chia-



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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
185 


mato �legge della bandiera�, in forza del quale essi sarebbero assoggettatisoltanto al potere dello Stato di appartenenza (1).

Secondo la Corte di Cassazione � investita della questione a seguito diricorso immediato contro la sentenza della Corte d�Assise � i fatti commes-
si dai suddetti militari nell�esercizio delle funzioni (nella specie, di guardiae controllo ad un posto di blocco) rientrerebbero invece nella diversa regola,
anch�essa di diritto internazionale generale, che prevede l�immunit� funzio-
nale degli individui che abbiano agito in veste di organi di Stati stranieri.

Entrambe le sentenze, seppur con diverse motivazioni, concludonoaffermando il difetto di giurisdizione penale dello Stato italiano sui fatti.

Qui di seguito, in sintesi, i passaggi principali delle due decisioni. 


2. 
La sentenza della terza Corte d�Assise di Roma. 
LaCorted�Assisenegalagiurisdizioneitalianasuifatti,chiamandoacon-
forto 
sia 
il 
diritto 
internazionale 
consuetudinario, 
sia 
la 
Risoluzione 
delConsigliodiSicurezzadelleN.U.n.1546del8giugno2004(il 
�SOFAIraq�)
. 


Dopo 
aver 
ripercorso 
i 
tragici 
eventi 
verificatisi 
a 
Baghdad 
il 
4 
marzo2005, 
la 
Corte 
qualifica 
lo 
scenario 
iracheno 
al 
tempo 
dei 
fatti 
in 
termini 
di 
occupazione 
militare 
straniera. 
Da 
ci� 
fa 
discendere 
l�applicazione 
� 
in 
via 
esclusivaeprevalenterispettoadognialtrocriteriodiradicamentodellagiuri-
sdizione(universalit�,territorialit�,personalit�attiva,personalit�passiva) 
�di 
un 
principio 
che 
essa 
afferma 
appartenere 
alla 
dottrina 
dell�occupatio 
belli,
chiamato 
�leggedellabandiera�.Inforzaditaleprincipio,dicarattereinterna-
zionale 
consuetudinario, 
i 
membri 
di 
contingenti 
stranieri 
d�occupazionegodrebberodiimmunit�perifatticommessinelloStatodisoggiorno,essendo 
soggetti 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
dello 
Stato 
d�appartenenza. 
Si 
tratterebbedi 
un 
principio 
consuetudinario 
di 
secolare 
ed 
incontestata 
applicazione 
(non 
sono, 
tuttavia, 
citati 
precedenti)
, 
giustificato 
dalla 
mancanza 
d�effettiva 
indi-
pendenza 
dei 
poteri 
locali 
in 
uno 
Stato 
occupato, 
il 
che 
escluderebbe 
l�eserci-
zio 
della 
giurisdizione 
locale; 
nonch�, 
nel 
caso 
di 
missioni 
multinazionali, 
dalprincipio 
di 
reciprocit�, 
assicurando 
a 
ciascuno 
Stato 
l�esercizio 
indisturbato 
della 
giurisdizione 
sui 
propri 
militari, 
senza 
interferenze 
altrui.

La giurisdizione esclusiva dello Stato d�invio deriverebbe altres� dallaRisoluzione n. 1546/04 (che autorizzava la presenza della Forza multinazio-
nale stanziata in Iraq con compiti di mantenimento della pace e della sicu-
rezza), che avrebbe applicazione diretta ed immediata nel nostro ordinamen-
to giuridico. Tale risoluzione richiama le lettere indirizzate al Consiglio diSicurezza dall�allora Primo Ministro iracheno Ayad Allawi e dal Segretariodi Stato USAColin Powell (lettere in cui si ravviserebbe il SOFA 
�Status of 


(1) La sentenza � stata annotata da RONZITTIN., Bisogna stipulare accordi specifici per 
i rapporti interni alle coalizioni, in Guida al diritto, 2008, 6, pp. 52 ss.; GANDINI 
F., in Foro 
italiano, 2008, II, 245 ss. Cfr. altres� CASSESES., La legge ed il caso Calipari, in Repubblica,
15 gennaio 2008, 22. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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Forces Agreement� relativo alla missione multinazionale in Iraq). La letteradi Colin Powell afferma che gli Stati fornitori dei contingenti ��haveresponsibility for excercising jurisdiction of their personnel��, da cuidovrebbe desumersi l�attribuzione a ciascuno Stato della giurisdizione suipropri contingenti. Tale Risoluzione sarebbe stata attuata dall�Order n. 17, 
adottato 
dopo 
pochi 
giorni 
dalla 
Coalition 
Provisional 
Authority 
(ilComando della Forza multinazionale che aveva preso il potere in Iraq dopola deposizione di Saddam), nel quale � prevista la soggezione dei membridella forza allo Stato di invio. 


3. La sentenza della prima Sezione Penale della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione, a seguito di ricorso proposto dalla P.G. presso laCorte d�Appello, dalla Procura presso il Tribunale di Roma e da una delleparti civili (Sgrena), ha corretto la motivazione della sentenza gravata, con-
fermandone il dispositivo.

La legge della bandiera, a parere del giudice di legittimit�, sarebbe didubbia vigenza nell�ordinamento internazionale, e non sarebbe comunqueapplicabile al caso di specie, in quanto relativa ai rapporti cd. �verticali� fraStato d�invio e Stato di soggiorno dei militari, e non a quelli �orizzontali� traStato di invio e Paesi terzi, in rilievo nel caso di specie. Anche la Risoluzione

n. 1546, a prescindere dalla sua diretta applicabilit� nell�ordinamento inter-
no (che la Corte di Cassazione preferisce escludere), riguarda i soli rapportiverticali. Il richiamato Order n. 17 � peraltro incapace di vincolare il giudi-
ce italiano � espressamente richiama, quanto al proprio ambito di applicazio-
ne, l��Iraqi legal process�, il solo a venire escluso.
Secondo la Corte di Cassazione, l�immunit� dell�imputato deriverebbeda una pi� generale regola del diritto internazionale generale, cui l�Italia �tenuta a conformarsi in base all�art. 10 comma 1 Cost.: quella che stabiliscel�immunit� funzionale degli organi di Stati stranieri per i fatti commessi nel-
l�esercizio delle funzioni. In tale ambito, rientrerebbe il militare americano,
dislocato in Iraq nell�ambito della Forza multinazionale, ma sotto diretto edimmediato controllo del Comando statunitense, in relazione alle attivit� diguardia e controllo ad un posto di blocco. Le operazioni militari sarebberol�ontologica manifestazione della sovranit� di uno Stato e l�espressione pi�diretta dell�esercizio di funzioni pubbliche, con conseguente imputazionedelle stesse allo Stato e non all�individuo che in nome e per conto di questoabbia agito. Essendo lo Stato immune, a sua volta, dalla giurisdizione civiledi altri Paesi per danni conseguenti ad attivit� ufficiali (par in parem non 
habet jurisdictio), la sua responsabilit� potrebbe esser fatta valere solo nel-
l�ambito delle relazioni con gli altri Stati, sul piano del diritto internaziona-
le. Uniche eccezioni riguarderebbero il caso di crimini internazionali che, inquanto minano le fondamenta stesse della coesistenza tra i popoli, costitui-
rebbero il punto di rottura dell�esercizio tollerabile della sovranit�, impe-
gnando la responsabilit� penale dell�individuo-organo e quella civile risarci-
toria (aquiliana) dello Stato. 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
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4. La �legge della bandiera� nel caso di occupazioni straniere.
La pronuncia della Corte d�Assise si pone sulla scia di quella dottrinache ha affermato la soggezione allo Stato di appartenenza dei militari invia-
ti all�estero in missione, derivante da un�asserita norma di diritto internazio-
nale consuetudinario chiamata �legge della bandiera�, o �legge dello zaino�,
ed icasticamente riassunta dai brocardi �ubi signa est jurisdictio� e �la loi 
suit le drapeau�.

Con riferimento alle occupazioni militari � definite come l�insediamen-
to stabile nel territorio di uno Stato di agenti militari stranieri, ivi penetratisenza il consenso del sovrano locale, delle cui strutture statuali abbianoacquisito il controllo (2) � si � sostenuto che l�ordinamento della forza occu-
pante sarebbe rimesso allo Stato di appartenenza (3). 

Ci�, peraltro, si collega a ragioni pratiche, pi� che giuridiche, riferibilialla situazione di occupazione, per cui le autorit� locali o sono controllatedallo stesso Stato d�invio, o non sono in grado di funzionare.

La soggezione allo Stato d�invio delle truppe d�occupazione � stataaffermata dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale (antesignana,
nell�ambito della disciolta Societ� delle Nazioni, dell�odierna Corte diGiustizia Internazionale). In un caso deciso nel lontano 1909, essa riconob-
be come regola generale che un esercito straniero occupante ha la giurisdi-
zione esclusiva (intesa in senso lato, come sottoposizione alla propria auto-
rit�) sui propri militari (4). 

Peraltro, 
nonostante 
avesse 
qualificato 
tale 
giurisdizione 
con 
il 
termine 
�exclusive�,laCorteammisecheessapotesseentrareinconcorsoconaltregiu-
risdizioni(nellaspecie,quellaconsolaretedesca)echenonesistesseroregoledicarattere 
generale 
per 
accordare 
preferenza 
all�una 
od 
all�altra, 
dovendosi 
divolta 
in 
volta 
risolvere 
il 
conflitto 
alla 
luce 
delle 
circostanze 
concrete 
del 
caso. 


Alla 
Corte 
era 
stato 
chiesto 
di 
statuire 
su 
un 
incidente 
verificatosi 
nel 
porto 
diCasablancatraGermaniaeFrancia.Il25settembre1908,membridelConsolatoImperialediGermaniaavevanocercatodiimbarcaresuunanavetedescaalcunidisertoriappartenentiallaLegione 
straniera 
francese 
di 
stanza 
in 
Marocco, 
al 
fine 
di 
assicurarne 
la 
fuga. 
Tre 
disertorierano 
di 
nazionalit� 
tedesca 
ed 
avevano 
chiesto 
protezione 
alla 
propria 
autorit� 
consolare.
All�attodell�imbarco,ilgruppoerastatosorpresodamilitarifrancesiche,ingaggiatouncon-
trasto 
violento 
con 
gli 
agenti 
consolari 
tedeschi, 
avevano 
arrestato 
tutti 
i 
disertori.

La Corte, partendo dalla circostanza che Casablanca era sottoposta ad occupazionemilitare francese, afferm� che �an occupying army exercises as a general rule an exclusivejurisdiction over all persons belonging to it�. 

Al contempo, tuttavia, riconobbe che in Marocco vigeva un regime di giurisdizioneextraterritoriale in forza del quale �the German consular authority exercises as a generalrule an exclusive jurisdiction over all German subjects who happen to be in that country�. 

(2) VENTURINI 
G., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Forze Armate 
� II) Forzearmate all�estero 
� Dir. Int., 1989, vol. XIV, p. 1. 
(3) VENTURINI 
G., cit., p. 1.
(4) Francia c. Germania, caso Deserters of Casablanca, 22 maggio 1909. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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Adott�, 
quindi, 
una 
soluzione 
intermedia: 
da 
un 
lato, 
stabil� 
che 
la 
preferenza 
dovesseessere 
accordata 
alla 
giurisdizione 
dello 
Stato 
occupante, 
in 
quanto 
i 
disertori 
non 
avevanolasciato 
il 
territorio 
posto 
sotto 
l�immediato, 
attuale 
ed 
effettivo 
controllo 
della 
forza 
armatacui 
appartenevano; 
dall�altro, 
afferm� 
che 
il 
Console 
tedesco 
non 
potesse 
essere 
biasimatoper 
aver 
protetto 
i 
disertori 
del 
proprio 
Paese, 
attesa 
la 
difficolt� 
di 
stabilire 
con 
chiarezza 
edin 
modo 
universalmente 
accettato 
i 
rapporti 
fra 
giurisdizione 
militare 
ed 
autorit� 
consolare.

Nel 
caso 
del 
Lozano, 
il 
riferimento 
alla 
legge 
della 
bandiera 
non 
convin-
ce. 
L�impossibilit� 
di 
funzionare, 
o 
la 
scarsa 
indipendenza 
del 
potere 
giurisdi-
zionale 
locale 
(in 
quanto 
controllato 
dallo 
Stato 
occupante)
, 
non 
esclude 
lagiurisdizione 
di 
terzi 
Stati. 
Inoltre, 
come 
detto 
sopra, 
la 
stessa 
Corte 
PermanentediGiustiziainternazionaleammiseilconcorsofragiurisdizionedi 
bandiera 
e 
terze 
giurisdizioni 
(rapporto 
�orizzontale�)
, 
negando 
l�esistenza 
di 
regole 
generali 
in 
grado 
di 
risolverlo 
ad 
esclusivo 
favore 
dell�una 
o 
dell�altra.

Soprattutto, suscita perplessit� la ricostruzione in termini di occupazio-
ne militare straniera del contesto iracheno al tempo dei fatti, per le ragioniseguenti. 


5. Il contesto storico-ordinamentale iracheno. Tipologia di operazioni mul-
tinazionali. 
L�occupazione militare della Forza multinazionale dovrebbe ritenersicessata il 28 giugno 2004, quando vi � stato il passaggio di poteri fral�Autorit� Provvisoria della Coalizione (cd. CPA 
�Coalition Provisional 
Authority�) � che aveva governato il Paese a partire dalla caduta del prece-
dente regime � ed il neonato Governo ad interim dell�Iraq.

Corretto appare, al riguardo, il richiamo effettuato dalla sentenza dellaCorte di Cassazione alla Risoluzione n. 1546 dell�8 giugno 2004. Tale riso-
luzione (che ha autorizzato la presenza della Forza multinazionale in Iraqcon compiti di mantenimento della pace e della sicurezza) approvava la for-
mazione di un Governo ad interim iracheno, indicando il 30 giugno 2004come termine perch� acquisisse i pieni poteri. Prendeva atto che ��la pre-
senza della forza multinazionale � su richiesta del subentrante Governo adinterim dell�Iraq��, consenso che risulta espresso nell�allegata lettera del-
l�allora Primo Ministro del Governo ad interim dell�Iraq, Ayad Allawi.

Dell�effettiva assunzione di piena autorit� da parte del Governo ad inte-
rim iracheno, avvenuta il successivo 28 giugno 2004, prende atto laRisoluzione n. 1637 del 8 novembre 2005.

Dato che di occupazione pu� parlarsi solo in mancanza 
del consenso delsovrano territoriale, a seguito dell�ingresso non autorizzato di agenti milita-
ri stranieri (5), sembra potersi escludere che, al tempo dei fatti (4 marzo2005), in Iraq vi fosse uno scenario di occupazione militare.

La sentenza della Corte di Cassazione in commento guarda l�Iraq piut-
tosto come il teatro di svolgimento di una missione multinazionale di pace 


(5) VENTURINI 
G., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Forze Armate 
� II) Forzearmate all�estero 
� Dir. Int., 1989, vol. XIV. 

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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
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delle N.U. (peace support operations). Gli elementi distintivi di questa 
sarebbero: a) 
il consenso dello Stato ospitante; b) 
l�impiego di forze militari 
da parte di Paesi terzi; c) 
la variet� e complessit� dei compiti, anche di poli-
zia, attribuiti ai reparti stranieri. 

In 
dottrina, 
le 
operazioni 
multinazionali 
organizzate 
per 
fronteggiaresituazioni 
di 
crisi, 
interna 
od 
internazionale, 
sono 
state 
variamente 
classifica-
te(6).Un�utiledistinzionepotrebbeesserequellafra:1)operazionisottodiret-
to 
comando 
delle 
N.U.
, 
in 
base 
agli 
artt. 
43 
ss. 
della 
relativa 
Carta, 
peraltromai 
attuate; 
2) 
operazioni 
non 
fondate 
sull�art. 
43 
della 
Carta, 
ma 
sempre 
nelquadro 
delle 
N.U.
; 
3) 
operazioni 
condotte 
al 
di 
fuori 
dell�ambito 
delle 
N.U. 


1. Operazioni sotto diretto comando delle N.U., in base agli artt. 43 ss. della relativaCarta: 
sono le sole in cui pu� prescindersi dal consenso dello Stato ospitante (oltre ai casidi legittima difesa). � previsto che il Consiglio di Sicurezza possa adottare, al fine di tute-
lare la pace e la sicurezza internazionali, misure implicanti l�uso della forza (art. 42). Atalfine, si servir� dei contingenti militari che gli Stati membri si impegnano a fornire. Tali con-
tingenti vengono sottoposti al comando unificato di un Comitato di Stato Maggiore, organocomune dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, posto sotto il diretto controllodi quest�ultimo. 
Tali disposizioni della Carta delle N.U. non sono mai state attuate.

2. Operazioni per il mantenimento della pace condotte nel quadro delle N.U., ma nonfondate sull�art. 43 della Carta di San Francisco (7): vengono realizzate sotto gli auspicidelle N.U., che conferiscono il loro �mandato� ad intervenire; presuppongono il consensodello Stato territoriale; e sono condotte attraverso forze speciali d�intervento composte daicontingenti di diversi Paesi, collocati sotto un comando unificato che risponde, in modo pi�
o meno intenso, agli organi delle N.U. 
A 
volte, viene previsto il potere del SegretarioGenerale di dettare disposizioni vincolanti circa diritti ed obblighi della Forza, ed �l�Organizzazione stessa a retribuirne i membri. Cos� avvenne nelle missioni di pace inMedio Oriente (UNEF 
�United Nations Emergency Force� 
I, dal 1956 al 1967 ed UNEF II,
dal 1974 al 1976), e similmente nella missione in Congo del 1960 (ONUC �United Nations 
Force in the Congo�), a Cipro nel 1964 (UNFICYP 
�United Nations Force in Cyprus�) ed 
in Libano nel 1978 (UNIFIL 
�United Nations Interim Force in Lebanon�).
3. Operazioni condotte fuori dall�ambito delle N.U.
: 
possono esser a loro volta realiz-
zate nel quadro di organizzazioni regionali di mutua difesa come la NATO (8) (ad es., l�in-
tervento in Kosovo contro la Repubblica Federale di Iugoslavia nel marzo-giugno 1999)
. 
(6) 
Cfr. 
RONZITTI 
N.
, 
Le 
operazioni 
multilaterali 
all�estero 
a 
partecipazione 
italiana,
Dossier 
pubblicato 
dal 
Servizio 
Affari 
Internazionali 
del 
Servizio 
Studi 
del 
Senato 
dellaRepubblica, 
n. 
44, 
maggio 
2006, 
pp. 
5 
ss. 
distingue 
fra 
operazioni 
a 
comando 
Onu 
o 
sotto 
lasuaegida,operazioniacomandoOnudi 
peaceenforcement 
(ex 
art.43CartaN.U.),operazio-
ni 
di 
peace 
keeping 
robusto, 
operazioni 
autorizzate 
dal 
Consiglio 
di 
Sicurezza 
delle 
N.U.
comportanti 
l�uso 
della 
forza, 
operazioni 
condotte 
col 
consenso 
dello 
Stato 
territoriale, 
ma 
aldifuoridelquadroOnu,operazionidi 
peacekeeping 
opeaceenforcementintrapresenell�am-
bito 
di 
organizzazioni 
regionali, 
operazioni 
inquadrabili 
nella 
nozione 
di 
legittima 
difesa.
(7) Su cui cfr. VENTURINI 
G., cit., pp. 2 ss. 
(8) In merito alle quali, cfr. RONZITTI 
N., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce 
Forze Armate 
� III) � Forze internazionali, vol. XIV, 2000, pp. 6 ss. 

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Poich� l�impiego della forza armata � vietato nel diritto internazionale, se non nei casi diautorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle N.U. o di legittima difesa, � richiesto il con-
senso dello Stato territoriale. Peraltro, si ammette che l�autorizzazione del Consiglio diSicurezza possa intervenire ex post, sanando l�iniziale illiceit� di un intervento, come � acca-
duto nel caso citato del Kosovo con la Risoluzione n. 1244/99. 

Si ammette, altres�, la liceit� di un intervento armato non autorizzato a tutela dei pro-
pri cittadini all�estero in pericolo di vita (9). Si tende ad escludere, invece, la liceit� del cd.
�intervento umanitario�, in cui si interviene a protezione della popolazione civile di unoStato contro la minaccia di genocidio o di trattamenti inumani e degradanti, ma senza l�au-
torizzazione del Consiglio di Sicurezza. 


6. La legge della bandiera nel caso di consenso dello Stato territoriale allapresenza straniera.
Di legge della bandiera si � parlato anche fuori dalle ipotesi di occupa-
zione, per i corpi di truppa stranieri regolarmente ammessi da uno Stato nelproprio territorio (10).

Il consenso al loro transito o soggiorno equivarrebbe alla rinuncia adesercitare poteri coercitivi sui contingenti, sui loro membri e sui quartierimilitari in cui sono stanziati (11). Tale rinuncia, e la conseguente esclusionedella giurisdizione territoriale, riguarderebbe i fatti commessi nell�eserciziodelle funzioni, nonch� quelli compiuti all�interno degli accampamenti mili-
tari, anche se in veste privata (12). Per gli altri, la giurisdizione dello Statodi origine potrebbe concorrere con quella dello Stato di soggiorno, anche setaluno pone, come condizione all�esercizio di quest�ultima, che il colpevolesia stato arrestato dalle autorit� locali (13).

Tale regola costituisce la (discutibile) estensione di un principio propriodel diritto della navigazione (14). 

6.1. La legge della bandiera: navi civili.
Le navi civili e commerciali che navigano in alto mare sono sottopostealle leggi, all�autorit� ed alla giurisdizione dello Stato di cui hanno la nazio-
nalit� (15). Con disposizione ricognitiva del diritto consuetudinario, laConvenzione di Montego Bay stabilisce che ciascuna nave naviga sotto labandiera di un solo Stato ed � soggetta alla sua giurisdizione esclusiva.
Eccezioni al principio riguardano le navi pirata (che qualunque Stato pu� 


(9) RONZITTI 
N., Le operazioni multilaterali, 
cit., p. 7. 
(10) DOMINIONI 
O., Immunit�, estraterritorialit� e asilo nel diritto penale internazio-
nale, in RIDPP, 1979, pp. 394-5.
(11) RONZITTI 
N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. 
(12) PETTA 
P., La Costituzione e la Convenzione sullo status delle truppe della 
N.A.T.O., in Giurisprudenza Costituzionale, 1973, I, p. 983. DOMINIONI, O., cit., pp. 394-5. 
(13) DOMINIONI 
O., cit., p. 395. 
(14) RONZITTI 
N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. 
(15) CONFORTI 
B., Diritto internazionale, Napoli, 2002 (VI ed.), pp. 281 ss. 

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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


catturare e punire, secondo un regime di universalit� giurisdizionale), quelleche esercitano la tratta di schiavi, e vari altri casi ivi previsti. 

Ove la nave entri nella zona economica esclusiva di uno Stato, la sogge-
zione allo Stato di bandiera si comprime in relazione al diritto dello Statocostiero di far rispettare le regole attinenti alla sfruttamento delle relativerisorse marine.

Infine, 
se 
la 
nave 
entra 
in 
acque 
territoriali 
o 
in 
porti 
stranieri, 
la 
esclu-
siva 
soggezione 
allo 
Stato 
di 
bandiera 
riguarda 
soltanto 
i 
fatti 
attinenti 
allavita 
di 
bordo, 
con 
esclusione 
delle 
condotte 
che 
si 
ripercuotono 
sull�ordi-
ne 
pubblico 
locale, 
per 
le 
quali 
sussiste 
la 
giurisdizione 
dello 
Stato 
costie-
ro 
(16).

6.2. Navi militari 
La legge della bandiera, prevista del diritto internazionale (generale econvenzionale) in relazione alle navi civili e commerciali, viene applicataanche alle navi da guerra.

Gi� nel 1812, la Corte Suprema USAafferm� che, se una nave da guer-
ra entra nelle acque territoriali di una Potenza amica disposta a riceverla,
costituisce principio di diritto pubblico internazionale quello per cui deveessere considerata esente dalla giurisdizione di tale Potenza amica (caso TheSchooner Exchange c. Mc Faddon).

Lo Stato costiero, che abbia accolto la nave militare straniera, o nelle cuiacque o porti questa sia stata costretta a riparare per ragioni di necessit� lega-
te a calamit� della navigazione (17), dovr� astenersi dal compiere qualunqueatto coercitivo sulla nave intesa come oggetto, oppure a bordo della stessanei confronti dei membri dell�equipaggio e delle altre persone/cose che ivi sitrovino (18). Si tratta di una inviolabilit� analoga a quella riconosciuta per lesedi e residenze diplomatiche, spiegata, soprattutto in passato, tramite ilricorso alla finzione della extraterritorialit� (su cui infra).

Secondo 
alcuni, 
l�esenzione 
dalla 
giurisdizione 
locale 
delle 
navi 
da 
guer-
raderivantedall�applicazionedellaleggedellabandiera,riguarderebbeanche 
i 
membri 
dell�equipaggio 
quando 
scendono 
a 
terra 
inquadrati 
come 
corpo. 
Secondoaltri,coprirebbe 
ifattidaquestirealizzatiaterrainvesteufficiale(inuniforme) 
ed 
in 
servizio 
comandato, 
individuale 
o 
collettivo, 
per 
l�unit�.

La legge della bandiera � stata estesa agli aeromobili militari ed alle navied agli aerei di Stato in servizio governativo (19). 

(16) Cass. S.U. n. 183136/90. Cass. pen., Sez. IV, n. 216605/01. Cass. pen., Sez. III, n.
113527/69. Per il caso di giurisdizione italiana su nostri mercantili in acque straniere, Cass.
Pen., Sez. IV, n. 151807/82. 
(17) DOMINIONI 
O., cit., p. 395. 
(18) VENTURINI 
G., cit., p. 1. GIULIANO, M., SCOVAZZI, T., TREVES, T., Diritto interna-
zionale II, Milano, 1983, 514 ss. 
(19) GIULIANO 
M., et al., cit., p. 516. 

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AVVOCATURA 
DELLO 
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6.3. La finzione dell�extraterritorialit�. 
Sulla base di una teoria risalente al giurista Grozio (20), le navi stranie-
re sarebbero territoire flottant 
dello Stato di bandiera, cos� come le sedi eresidenze diplomatiche andrebbero considerate una porzione territorialedello Stato accreditante.

La tesi della extraterritorialit� venne respinta nel 1938 dal ComitatoGiudiziario del Consiglio Privato inglese nel caso Chung Chi Cheung c. TheKing (21)
. 


Il 
caso 
sottoposto 
al 
Consiglio 
Privato 
riguardava 
l�omicidio 
del 
comandante 
di 
unanave 
da 
guerra 
cinese, 
commesso 
a 
bordo 
della 
stessa 
mentre 
era 
nel 
porto 
di 
Hong 
Kong. 
Ilresponsabile 
era 
stato 
catturato 
da 
parte 
delle 
autorit� 
inglesi, 
intervenute 
su 
richiesta 
delnuovo 
comandante, 
ed 
era 
stato 
da 
queste 
processato 
e 
condannato. 
L�assassino, 
fondandosisullafinzionediextraterritorialit�,avevacontestatolagiurisdizioneinglese,essendosiilfattoverificato 
a 
bordo 
della 
nave 
e, 
quindi, 
in 
territorio 
cinese. 
Il 
Consiglio 
Privato 
respinse 
taleargomento 
ed 
afferm� 
che 
non 
solo 
il 
fatto 
si 
era 
verificato 
in 
territorio 
coloniale 
inglese, 
mache 
l�immunit� 
di 
cui 
godono 
le 
navi 
straniere 
era 
stata, 
nella 
specie, 
oggetto 
di 
rinuncia 
daparte 
delle 
autorit� 
cinesi, 
con 
conseguente 
legittimit� 
dell�arresto 
e 
della 
condanna.

L�inadeguatezza della fictio juris dell�extraterritorialit� emerge dallaconsiderazione che fatti ivi realizzati sono, ad importanti effetti di legge,
considerati commessi nello Stato territoriale: il bambino venuto al mondoall�interno di un�ambasciata si considera nato nello Stato territoriale, e diquesto acquista la nazionalit�; il delinquente che commetta reati nella sedediplomatica, salvo che sia titolare di una immunit�, dovr� esser consegnatoalle autorit� locali senza bisogno di ricorrere all�estradizione; e queste pro-
cederanno contro di lui secondo le regole previste per i reato compiuti nelloStato, e non all�estero.

L�inviolabilit� dei luoghi in questione, piuttosto che all�extraterritoriali-
t�, viene oggi generalmente ricondotta ad una manifestazione dell�immunit�propria delle persone cui i luoghi citati sono pertinenti, rispetto a misurecoercitive che comprimerebbero la sfera di libert� di tali persone (22).

6.4. I corpi di truppa.
Come 
si 
� 
detto 
supra, 
secondo 
alcuni 
la 
legge 
della 
bandiera 
andrebbe 
estesaancheaicorpiditruppaammessiasoggiornarenelterritoriodiunoStato 
straniero.Iloromembrisarebberoimmunidallagiurisdizionelocaleconriferi-
mentoaifatticommessinell�eserciziodellefunzioniedaquellicompiutiall�in-
terno 
degli 
accampamenti 
militari, 
mentre 
per 
ogni 
altro 
fatto 
sussisterebbe 
lagiurisdizione 
concorrente 
dello 
Stato 
di 
origine 
e 
di 
quello 
di 
soggiorno 
(23)
. 


(20) 
GROTII 
H.
, 
De 
iurebelliac 
pacis 
libritres, 
II,Amsterdam, 
1646,cap.XVIII, 
par. 
4. 
(21) In Giurisprudenza comparata, IX, pp. 177 ss. 
(22) DOMINIONI 
O., cit., pp. 408 ss. MALLINTOPPI, 
Enciclopedia del diritto, voce 
Diplomatici agenti 
(Dir. intern.), vol. XII, Giuffr�, pp. 592-3. 
(23) PETTA 
P., cit., p. 983. DOMINIONI 
O., cit., pp. 394-5. MANTOVANI 
F., Diritto pena-
le, Padova, 2001, p. 846. 

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NAZIONALE 


La corrispondenza al diritto consuetudinario di tale estensione � tutt�al-
tro che incontroversa.

Agli autori che l�hanno sostenuta, si � contrapposta quella dottrina cheha escluso l�esistenza di specifiche norme consuetudinarie in materia (24),
ha ricondotto la legge della bandiera al suo alveo naturale (relativo alle solenavi da guerra) (25), ha contestato la possibilit� di estenderne il trattamentoai corpi di truppa per la marcata diversit� delle situazioni cui d� luogo la pre-
senza di questi rispetto alle navi (26). Talora si � affermato che lo Stato ter-
ritoriale sarebbe, al massimo, tenuto a tollerare l�esercizio dei poteri discipli-
nari e di governo da parte del comandante del reparto straniero, al fine dimantenere la coesione e l�ordine all�interno dell�unit� (27); talaltra, che lagiurisdizione esclusiva dello Stato d�invio riguarderebbe soltanto i fatti pura-
mente interni al contingente (28). 

L�inesistenza di consuetudini internazionali al riguardo appare coerentecon la natura relativamente recente del fenomeno della presenza consensua-
le di contingenti stranieri, fenomeno del tutto eccezionale e sporadico primadella met� del Novecento, per cui la coscienza sociale degli Stati non � statastimolata a sviluppare principi ad hoc. Il che � tanto pi� vero per le (ancorpi� recenti) missioni multinazionali di pace (29). Quando, a partire dalsecondo dopoguerra, l�ammissione al soggiorno di truppe straniere ha inizia-
to a verificarsi pi� frequentemente, la prassi generalizzata di regolare la lorocondizione con appositi accordi (i SOFA 
�Status of Forces Agremment�) ha 
impedito la formazione di norme consuetudinarie. 

Il fatto che gran parte di questi accordi prevedano l�esenzione dalla giu-
risdizione locale dei militari stranieri (30) non prova l�esistenza di una coin-
cidente regola consuetudinaria, che il SOFA 
codificherebbe: l�argomento 


(24) PAGLIARO 
A., in Enc. del Diritto, voce Immunit� (dir. pen.), 1970, p. 217, affermache, a parte l�immunit� funzionale che spetta a tutti gli organi stranieri, i militari stranieri(inter alios) godono solo delle immunit� loro garantite da trattati internazionali recepiti daldiritto interno.
(25) VENTURINI 
G., cit.
(26) GIULIANO 
M., et al., cit., p. 518. 
(27) GIULIANO 
M., et al., cit., p. 517. 
(28) RONZITTI 
N., Bisogna stipulare�, cit., p. 53. 
(29) GIULIANO 
M., et al., cit., p. 518 e 520.
(30) Si veda la Convenzione di Londra del 1951 sullo status delle Forze NATO. Essaafferma, in linea generale, il principio del concorso fra giurisdizioni d�invio e di soggiorno,
regolandolo poi attraverso il meccanismo della �priorit� giurisdizionale�, integrato dallafacolt� di rinuncia alla stessa. La priorit� spetta allo Stato d�origine nel caso di fatti com-
messi da membri delle forze NATO di stanza in territorio di uno Stato parte del TrattatoNord Atlantico alternativamente: 1. nell�esercizio delle funzioni; 2. nei confronti dello Statod�origine, o di membri della forza che siano suoi cittadini e relativi beni (art. VII Conv.
Londra). Nell�ambito della disciolta Organizzazione del Patto di Varsavia (sulla quale cfr.
VENTURINI, G., cit., p. 3.), si prevedeva la giurisdizione dello Stato d�invio sui fatti commes-
si dai membri dell�alleanza, di stanza nel relativo territorio, alternativamente: 1. nell�eserci-
zio delle funzioni; 2. ai danni dello Stato d�origine o di suoi organi. 

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pu� essere rovesciato, affermando che proprio il ricorso ad apposita discipli-
na convenzionale esclude l�esistenza di una �legge della bandiera� consue-
tudinaria (31). Secondo alcuni, l�invalsa prassi di stipulare accordi sulla con-
dizione delle forze armate deriverebbe proprio dai dubbi circa la vigenza ele conseguenze applicative del principio della bandiera (32).

Si noti che l�esistenza di una consuetudine internazionale non pu� esse-
re presunta, ma deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, sia con rife-
rimento alla diuturnitas che all�opinio juris, 
dimostrazione che non appareessere stata fornita dalla Corte d�Assise nella sentenza in commento.
L�esigenza di una tale dimostrazione � tanto pi� forte se l�oggetto della asse-
rita regola � un�immunit�, che � regola di carattere eccezionale (come talenon applicabile in modo analogico od estensivo) rispetto al generale princi-
pio, affermato gi� nel 1906 dalla Corte Permanente di Giustizia internazio-
nale nel caso Lotus, per cui spetta a ciascuno Stato la scelta dei criteri di radi-
camento della propria giurisdizione, salvi espliciti limiti posti dal dirittointernazionale (33). Circa l�interpretazione restrittiva delle immunit� previ-
ste dal diritto internazionale, quali limiti all�obbligatoriet� della legge pena-
le italiana, si � pronunciata anche la Corte di Cassazione italiana (34).

L�esistenza di una consuetudine internazionale che vorrebbe i militaristranieri esenti dalla giurisdizione locale � stata ritenuta, in passato, dallanostra giurisprudenza costituzionale. Pronunciandosi in relazione alla disci-
plina recata dalla Convenzione di Londra del 1951 sullo status delle ForzeNATO (cd. NATO SOFA), la Corte Costituzionale afferm� che il riparto frale giurisdizioni dello Stato di soggiorno e dello Stato d�invio da essa previ-
sto costituiva un contemperamento del principio della territorialit� con quel-
lo della soggezione allo Stato di appartenenza e che il criterio di riparto cos�delineato andasse �posto in relazione alle consuetudini generali internazio-
nali, secondo cui lo Stato di origine conserva il proprio potere giurisdiziona-
le in ordine ai reati commessi in tempo di pace dagli appartenenti alla forzadi stanza nei territori alleati; consuetudini non irrilevanti per lo Stato italia-
no il cui ordinamento, ai sensi dell�art. 10 Cost., si conforma alle norme didiritto internazionale generalmente riconosciute�. Secondo tale obiter dic-
tum, l�immunit� dei militari stranieri rispetto allo Stato di soggiorno sarebbesia funzionale che extrafunzionale (35).

Con la seconda delle sentenze in commento, la Corte di Cassazione poneoggi in dubbio l�esistenza della legge della bandiera, citando il noto caso 


(31) CASSESE 
S., cit.
(32) RONZITTI 
N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. RONZITTI 
N., in Enc, giur., cit., p. 11. 
(33) GANDINI 
F., cit., p. 246.
(34) Cass. pen., Sez. III, n. 49666/04. Cass. pen., Sez. III, n. 210861/98.
(35) Corte Cost., sent. 27 giugno 1973, n. 96 (c.c. 14 giugno 1973), Astrup, inGiurisprudenza Costituzionale, 1973, I, pp. 975 ss., con nota critica di PETTA 
P., LaCostituzione, cit., che ammette l�esistenza della consuetudine in parola, ma ne limita l�am-
bito alla sfera funzionale ed ai fatti commessi all�interno degli accampamenti militari. 

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NAZIONALE 
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Lotus, in cui la Corte Permanente di Giustizia internazionale, nel 1908, occu-
pandosi di un incidente navale, lo consider� �not universally accepted�.

Peraltro, la Corte non entra a fondo nella questione dell�esistenza dellanorma consuetudinaria de qua, ritenendola comunque inapplicabile al casodi specie: la legge della bandiera riguarderebbe i soli rapporti �verticali� fraStato di soggiorno e Stato d�invio, non anche quelli orizzontali fra Stato d�in-
vio (USA) e Stati terzi (Italia). Ci� appare corretto, se si considera che l�e-
senzione dalla giurisdizione locale nel caso di occupazione militare deriva daragioni pratiche legate all�impossibilit� di funzionare dei poteri locali, ocomunque alla loro soggezione allo Stati occupante; il che non esclude lapossibilit� di esercizio di giurisdizioni terze. Mentre, nel caso di soggiornodi truppe straniere col consenso dello Stato territoriale, la rinuncia ad inter-
ferire con i contingenti ammessi, che sarebbe implicita in tale consenso, nonspiegherebbe efficacia rispetto ad altri Stati diversi da quello territorialerinunciante. 


7. L�immunit� funzionale degli organi stranieri.
Nella seconda delle sentenze in commento, la Corte di Cassazione haricondotto il difetto di giurisdizione dello Stato italiano all�immunit� funzio-
nale degli organi stranieri, prevista dal diritto internazionale generale.

Dell�esistenza di tale regola consuetudinaria non sembra potersi dubita-
re. Incertezze sussistono quanto alla sua estensione soggettiva, che moltilimitano ai soli organi verticistici dello Stato.

7.1. Ratio. 
La 
rinuncia 
all�interesse 
punitivo 
statuale 
nei 
confronti 
degli 
organi 
diStatistraniericheabbianocommessofattipenalmenterilevantiviene 
ingene-
re 
ricondotta 
a 
considerazioni 
di 
opportunit� 
politica, 
legate 
alla 
salvaguardia 
delle 
relazioni 
internazionali 
e 
dei 
rapporti 
di 
convivenza 
fra 
popoli 
(36)
. 
Le 
immunit� 
sono 
volte 
a 
garantire 
la 
libert� 
funzionale 
dell�organo 
e 
l�indipen-
denzadelloStatocuiappartiene(37),risolvendosiinunaformadirispettoper 
la 
sua 
sovranit�. 
Poich� 
uno 
Stato 
agisce 
per 
mezzo 
dei 
propri 
organi, 
ha 
ildiritto 
di 
pretendere 
che 
l�attivit� 
di 
questi 
sia 
considerata 
come 
sua 
propria 
enon 
come 
attivit� 
individuale 
di 
privati 
(38)
; 
eventuali 
contestazioni 
relativeal 
comportamento 
degli 
agenti 
stranieri 
dovranno 
esser 
fatte 
valere 
sul 
piano 
dei 
rapporti 
fra 
Stati. 
Parallelamente, 
ciascuno 
Stato 
ha 
l�obbligo 
di 
concede-

(36) ROMANO 
M., sub art. 3 in Commentario sistematico del Codice Penale, Milano, 
2004, p. 92.
(37) DOMINIONI 
O., cit., p. 378. CONFORTI 
B., cit., p. 242, ricollega l�immunit� funzio-
nale alla duplice ragione di garantire l�esercizio indisturbato delle funzioni da parte dell�or-
gano dell�imputazione organica della sua attivit� allo Stato di appartenenza. MARAZZI, A.
, 
Novissimo Digesto It., voce Immunit� diplomatiche,1957, p. 196 parla di libert� d�azione 
dell�agente diplomatico.
(38) RONZITTI 
N., Bisogna stipulare, cit., p. 52. 

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re 
le 
immunit� 
in 
questione 
per 
consentire 
il 
normale 
svolgimento 
dell�attivi-
t� 
degli 
organi 
stranieri 
ammessi 
sul 
proprio 
territorio 
(39).

Di tutela dell�indipendenza funzionale parlano espressamente diverseconvenzioni internazionali, come ragione giustificativa delle immunit� daesse previste per i rappresentanti degli Stati presso organizzazioni internazio-
nali quali ONU, FAO, ELDO, ESRO (40).

Anche la Corte di Giustizia Internazionale, nel caso Congo c. Belgiodeciso nel 2002 (Arrest Warrant) 
ha ricondotto l�immunit� in questioneall�esigenza di assicurare la libera esplicazione delle funzioni proprie del-
l�organo.

Taluno attribuisce l�immunit� de qua a ragioni di teoria generale, pi� chead una norma autonomamente vigente: in base alla teoria organicistica, l�at-
tivit� dell�organo andrebbe imputata all�organizzazione d�appartenenza,
essendo esclusa in radice la possibilit� di attribuirla all�individuo che abbiaagito nell�esercizio delle funzioni (41). Vera e propria immunit� sarebbe soloquella extrafunzionale, o ratione personae, mentre l�irresponsabilit� penaledell�individuo per gli atti propri del suo ufficio sarebbe solo l�automaticaconseguenza dell�imputazione organica. 

L�indicazione della teoria organicistica come ragione dell�irresponsabi-
lit� dell�individuo-organo � stata criticata. Si � sostenuto che la teoria gene-
rale conosce casi di doppia imputazione � all�ente ed all�organo � dell�atti-
vit� di quest�ultimo, come nel caso dei pubblici dipendenti e funzionari che,
ai sensi dell�art. 28 Cost., sono pienamente responsabili per i fatti commes-
si in violazione dei diritti. Inoltre, se la teoria organica impedisse d�imputa-
re all�organo i fatti realizzati nell�esercizio delle funzioni, ci� dovrebbe vale-
re anche per i comportamenti meritori, precludendo la loro valutazione, ades., al fine di concedere onorificenze. E non si spiegherebbe il suo venirmeno in tempo di guerra, visto che il codice penale militare di guerra preve-
de la punizione di militari esteri in una serie di casi (art. 13) (42). 

7.2. Natura giuridica.
Rispetto alla natura giuridica dell�immunit� in questione, sono stateespresse diverse opinioni. Vi � chi l�ha ricondotta ad una causa di giustifica-
zione, riferibile all�esercizio del diritto o all�adempimento del dovere (43)
. 


(39) MALLINTOPPI 
A., cit., p. 590.
(40)Prot.suiprivilegieleimmunit�dell�ESROedell�ELDO,firmatiil31ottobre1963edil29giugno1964,ratificatidall�Italiaconl.n.1313/1967(art.14par.2).Convenzionesuiprivilegieleimmunit�delleNazioniUnite,approvatadall�AssembleageneraledelleNazioniUniteil13febbraio1946,ratificataconleggen.1318/57(art.4�Sezz.11-12).AccordoItalia 
� 
FAO 
del 
31 
ottobre 
1950, 
ratificato 
con 
legge 
n. 
11/51 
(Sez. 
26 
b)
. 
(41) MALLINTOPPI 
A., cit., p. 590. RICCIO, L., Digesto delle disc. pen., voce Immunit�,
1994, p. 181.
(42) Cos� PAGLIAROA., cit., p. 216. 
(43) PAGLIAROA., cit., p. 216. 

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In senso critico, si � notato che la conseguente liceit� del fatto comportereb-
be inaccettabili conseguenze in termini di non punibilit� del concorrenteextranues, non risarcibilit� del danno morale, non configurabilit� del favo-
reggiamento nei confronti di chi abbia aiutato l�immune a sottrarsi alle inda-
gini, n� della calunnia nel caso l�immune sia stato ingiustamente accusato;
non sarebbero configurabili nemmeno la legittima difesa o la ritorsione (44). 

Altri parlano di un limite all�esercizio della giurisdizione penale di carat-
tere permanente (45). Altri ancora, di una causa di esclusione personale dellapena, o di non punibilit�, che non esclude l�illiceit� del fatto, ma impedisceche ne seguano conseguenze penali per ragioni opportunistiche (46).

7.3 Estensione oggettiva: la sfera funzionale.
Gli organi stranieri sono irresponsabili per i fatti compiuti nell�eserciziodelle loro funzioni (47): immunit� funzionale, appunto, o ratione materiae.
L�individuazione dei confini della sfera funzionale si presta a larghezzeinterpretative. Dovrebbe escludersi che essa sia limitata ai soli atti di ufficioin senso tecnico, o � all�opposto � estesa a qualunque condotta occasional-
mente connessa alla funzione (48). Correttamente si � riferito l�ambitooggettivo dell�immunit� in questione alle condotte che, inserendosi funzio-
nalmente nelle mansioni d�ufficio, ne costituiscano l�estrinsecazione moda-
le, ponendosi in rapporto di causalit� necessaria con i compiti propri dell�or-
gano (49). Si dovr� verificare, con una indagine condotta caso per caso, lanatura dell�atto, la sua forma, il fine perseguito, il contenuto, da ci� inferen-
do se sia stato compiuto in veste di organo o di privato. Peraltro, viene abi-
tualmente rimessa allo Stato di appartenenza la competenza ad indicare se ilsoggetto sia un suo organo e se abbia agito nell�esercizio delle funzioni. Inquesto 
senso, 
potrebbe 
leggersi 
il 
documento 
finale 
approvato 
dallaCommissione d�inchiesta americana istituita per far luce sui fatti. L�aver rite-
nuto, da parte USA, che siano state rispettate le regole d�ingaggio significaalmeno tre cose: aver qualificato il Lozano come proprio organo di Stato;
aver ritenuto che egli non abbia travalicato i limiti delle sue funzioni; avere,
in definitiva, convalidato e fatto propria la sua azione, che dovr� essere con-
siderata a tutti gli effetti attivit� dello Stato americano.

Un limite alla sfera funzionale, oltre il quale sussiste la responsabilit� del

singolo seppur organo dello Stato, riguarda i crimini internazionali. Essi,

costituendo abuso della sovranit� statuale, ingenerano la responsabilit� civi-

(44) MANTOVANI 
F., cit. 
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 
2000.
(45) ROMANO 
M., cit., p. 92. 
(46) MANTOVANI 
F., cit. 
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 
2000, p. 148.
(47) Per taluni di essi (es. agenti diplomatici), all�immunit� funzionale (cd. rationemateriae) 
se ne accompagna una extrafunzionale (o ratione personae).
(48) PAGLIAROA., cit., p. 214. 
(49) PAGLIAROA., cit., p. 214, DOMIMIONI 
O., cit. pp. 383-4. 

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le dello Stato e quella penale (nonch� civile) dell�individuo organo che liabbia commessi. Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazione ritieneche non sia configurabile un tale crimine nel caso di specie. In contrario,
potrebbe affermarsi che la posizione apicale della vittima nell�ambito deiservizi segreti di una Potenza alleata, il tipo di missione condotta (volta allaliberazione di civili ostaggio di gruppi terroristici), nonch� il valore assegna-
to alla vita umana nelle Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario,
potrebbero configurare quel quid pluris proprio dei crimini internazionali. Atal fine, sarebbe presupposto imprescindibile la verifica processuale di even-
tuali 
responsabilit� 
nella 
catena 
di 
comando 
USA 
connesse 
ad 
un 
ipotetico 
intento 
di 
contrastare 
l�attivit� 
di 
liberazione 
degli 
ostaggi, 
in 
quanto 
condot-
ta 
(forse) 
anche 
mediante 
il 
pagamento 
dei 
riscatti; 
responsabilit� 
che 
potreb-
be 
dare 
alla 
vicenda 
una 
colorazione 
diversa, 
forse 
ai 
confini 
del 
crimine 
internazionale. 
Una 
sicura 
qualificazione 
dei 
fatti 
� 
tale 
da 
escludere 
che 
il 
caso 
de 
quo 
possa 
rientrare 
nell�eccezione 
all�immunit� 
funzionale 
costituita 
dai 
crimini 
internazionali 
� 
avrebbe 
potuto 
aversi 
solo 
all�esito 
del 
processo.

Analogamente potrebbe dirsi con riferimento alla questione relativa allanatura politica o comune del delitto de quo, ai fini della sussistenza dellecondizioni di procedibilit� richieste dagli artt. 8 e 10 c.p., questione cui lasentenza della Corte da Cassazione accenna in fine. L�accertamento delleprecise circostanze del caso (e di eventuali responsabilit� del comando USA)
avrebbe assicurato una sicura riconduzione del fatto alternativamente agliartt. 8 (delitto oggettivamente o soggettivamente politico) o 10 c.p. (delittocomune), con le relative conseguenze in termini di procedibilit�.

7.4. Ambito soggettivo.
Le principali perplessit� relative alla regola consuetudinaria in questio-
ne riguardano la sua estensione a qualunque organo straniero o la sua limita-
zione ai soli vertici dell�organizzazione statuale estera.

Nel primo senso dovrebbe far propendere la riconduzione dell�immuni-
t� alla teoria organicistica, nonch� la ricostruzione del principio operata dallaCorte di Cassazione nella sentenza in commento, che ne fa un corollariodella regola dell�immunit� (ristretta) degli Stati dalla altrui giurisdizionecivile, secondo una teoria risalente al Kelsen, peraltro oggi criticata (50). Si� affermato che qualunque organo inserito nell�apparato organizzativo sta-
tuale, a qualunque categoria appartenga ed a prescindere dall�attivit� svolta,
interna od esterna, beneficerebbe dell�immunit� in parola (51). 

In senso contrario, l�immunit� organica � stata limitata ai soli vertici del-
l�apparato statale estero: Capi di Stato e di Governo, agenti diplomatici, rap-
presentanti di Stati esteri, con esclusione di ogni altro organo (52). Con spe-

(50) DE 
SENA 
P., DE 
VITTOR 
F., Immunit� degli Stati dalla giurisdizione e violazioni didiritti dell�uomo: la sentenza della Cassazione italiana nel caso Ferrini, in Giur. It.
, 
2005,255 ss.
(51) MORELLI, 
Diritto processuale civile internazionale II, Padova, 1954, p. 214. 
MALLINTOPPI, A., cit. p. 590. 
(52) ANTOLISEI 
F., cit. 
CONFORTI 
B., cit. 245. 

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cifico riferimento ai militari, l�immunit� � stata affermata soltanto per icomandanti dei reparti stranieri (53). 

Le pronunce della Corte di Giustizia Internazionale citate dalla sentenzain commento (Congo c. Belgio; Gibuti c. Francia) si occupano di organi divertice (ex Ministro degli Esteri; Capo di Stato, Capo della Sicurezza,
Procuratore generale, e per questi ultimi due nemmeno entrano nel merito).
Nel caso McLeod, pure cit. dalla Corte di Cassazione, veniva invece in rilie-
vo la posizione di un militare inglese, arrestato dalle autorit� americane nel1840 per aver preso parte ad un�operazione ostile condotta contro la naveCaroline, in cui avevano trovato la morte alcuni cittadini americani. 


Nel 1837, durante la rivolta canadese contro la Gran Bretagna, la nave Caroline, utiliz-
zata dagli americani per forniresupporto ai ribelli canadesi, venne attaccata e distrutta da ungruppo armato comandato da un ufficiale inglese. Alcuni anni dopo, Mc Leod, sospettato diaver preso parte all�operazione, fu arrestato dalle autorit� dello Stato di New York. Dopo leproteste formali del Governo inglese, il governo americano riconobbe l�immunit� funziona-
le del Mc Leod, avendo questi agito in base ad ordini prevenienti dalla Regina d�Inghilterra.
Ci�, tuttavia, non imped� al giudice dello Stato di New York di processare e condannarel�imputato.

In un caso accaduto nel 1887, che coinvolse Francia e Germania, siammise l�immunit� di un funzionario doganale francese, Schnaebele, che erastato arrestato dalle autorit� tedesche per aver organizzato una rete di spie nelPaese. La Francia protest� ed egli fu rilasciato su ordine di Bismarck. 

Nella Claims Convention 
tenutasi il 25 settembre 1924 tra Francia eMessico, quest�ultimo assunse su di s� la responsabilit� per gli atti compiu-
ti dalle proprie forze rivoluzionarie, accettando l�ampio principio per cui�responsibility of the State exists whether its organs acted in conformancewith or contrary to law or to the order of a superior authority� (54).

La nostra giurisprudenza penale ha in genere ricondotto l�immunit� fun-
zionale ai soli Capi di Stato e Ministri degli Esteri, affermando l�impossibi-
lit� di interpretazioni estensive od analogiche. (55) Nel caso risolto, laCassazione neg� il riconoscimento di un�immunit� di diritto internazionalegenerale al deputato alla sanit� ed alla sicurezza sociale del Congresso diStato di S. Marino.

Trattandosi di norme consuetudinarie, per di pi� di carattere ecceziona-

le, la mancanza di unanimit� sulla loro massima estensione soggettiva

dovrebbe spingere a ritenere accertata solo l�estensione minore.

Ci si � chiesto quali implicazioni possa avere l�immunit� in parola perNazioni di piccole dimensioni, atteso che esse non potrebbero punire gli 


(53) VENTURINI 
G., cit., p. 1.
(54) Tali precedenti sono citati da MISKOVSKY 
M., C., Impunity of Agents in 
International 
Law, 
in 
CIA 
Historical 
Review 
Program, 
1993, 
reperibile 
su: 
https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/kent-
csi/vol5no2/html/v05i2a10p_0001.htm [Accesso 4/9/08, 15.30].
(55) Cass. pen., Sez. III, n. 210861/98, cit. 

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organi di Stati esteri per i fatti criminosi commessi, n� avrebbero sufficientepotere per pretendere un adeguato ristoro sul piano del diritto internazionalerispetto a pi� potenti Stati (56).

In 
conclusione, 
si 
segnala 
che 
la 
Corte 
Costituzionale 
tedesca, 
nel 
casoBruns�Z,haaffermatocheStatidiversidaquellodiaccreditamentononsareb-
berotenutiarispettarel�immunit�dell�organo(nellaspecie,diplomatico)(57)
. 


Avv.ti Massimo Bachetti(*), Alessandra Bruni(**),
Dott. Matteo Tullio Maria Rubera(***
) 


Corte d�Assise di Roma, sezione terza, sentenza 25 ottobre 2007 n. 21(****)� � Pres. A. 
Gargani � P.M. 
F. Ionta, P. Saviotti, E. Amelio � Imputato M. L. Lozano (Avv. A. Biffani) 
� 
Parti civili: Villecco R. Calipari, in proprio e quale esercente la patria potest� sul figliominore F. Calipari; S. Calipari (Avv. F. Coppi); G. Sgrena (Avv. A. Gamberini); P.L. Scolari(Avv. S. Sabattini); Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato M. BachettiI) 


Esiste una norma consuetudinaria di diritto internazionale, come tale applicabileanche in assenza di uno specifico trattato od accordo, chiamata �legge della bandiera� 
o 
�legge dello zaino�, per cui i contingenti militari che si trovano all�estero in regime di guer-
ra o di pace rispondono in via esclusiva alle proprie leggi ed allo Stato di appartenenza. 

Da esso deriva una sostanziale e completa immunit� delle forze militari straniere siadalla giurisdizione dello Stato territoriale (il che si giustifica in quanto l�organizzazione sta-
tuale di un Paese occupato �, nella gran parte dei casi, priva di effettiva indipendenza), siadalla giurisdizione di Paesi terzi, in ossequio stavolta al principio di reciprocit�, caposal-
do del diritto internazionale. 


Deve pertanto dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confrontidel militare straniero, appartenente ad una forza multinazionale dislocata all�estero, per ifatti ivi commessi in danno di cittadini italiani. 


Corte di Cassazione Penale, sezione prima, sentenza 24 luglio 2008 n. 31171 � Pres. P. 
Bardovagni � Est. 
G. Canzio. 


Costituisce principio di fonte internazionale consuetudinaria, universalmente accetta-
to dalla prevalente dottrina e dalle prassi giurisprudenziali, nazionali e internazionali, rece-

(56) MISKOVSKY 
M., C., cit.
(57) Cit. in CONFORTI 
B., cit.
, 
p. 243. 
(*)Avvocato dello Stato. 
(**)Avvocato dello Stato. 
(***
) 
Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello 
Stato. 


(****) La sentenza � gi� stata pubblicata in questa Rassegna, 2008, n. 1, p. 262, con 
nota di DAVIDE 
GIOVANNELLI, Lex est araneae tela: l�esercizio della giurisdizione USAe 
l�accertamento delle violazioni dello ius in bello. 




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pito nell�ordinamento giuridico italiano in forza dell�adeguamento automatico dispostodall�art. 10, 1� comma, Cost.,siccome norma di diritto internazionale generale preesisten-
te, come tale prevalente sui criteri di collegamento delineati dalle norme statali anche difonte penale, quello per cui sono sottratti alla giurisdizione civile o penale di uno Stato este-
ro i fatti e gli atti eseguiti iure imperii 
dagli individui-organi di un altro Stato nell�eserciziodei compiti e delle funzioni pubbliche ad essi attribuiti, tra le quali ontologicamente rien-
trano le attivit� eseguite nel corso di operazioni militari. 

Esso costituisce il naturale corollario del principio, pure consuetudinario, sull�immu-
nit� �ristretta� degli Stati dalla giurisdizione straniera per la responsabilit� civile derivan-
te da attivit� di natura ufficiale, iure imperii, materialmente eseguite dai suoi organi,
espressione diretta e immediata della funzione sovrana degli Stati.

I militari sono organi dello Stato e pertanto gode di immunit� funzionale il soldatoappartenente ad un contingente militare straniero dislocato all�estero nell�ambito di unaforza multinazionale di pace delle N.U. per i fatti che abbia commesso nell�esercizio dellefunzioni di guardia e di controllo ad un posto di blocco, per i quali non sussiste la giurisdi-
zione penale dello Stato italiano. 

� (Omissis) Ritenuto in fatto

1.-Con decreto del 7 febbraio 2007 il giudice dell�udienza preliminare del Tribunale diRoma disponeva il rinvio a giudizio davanti alla Corte d�assise di Mario Luiz Lozano, sol-
dato del contingente militare USAdislocato con la Forza Multinazionale in territorio irache-
no, in servizio come artigliere al posto di blocco (istituito la sera del 4 marzo 2005 al check-
point 541, in corrispondenza dell�intersezione fra la Route Vernon e la Route Irish in dire-
zione dell�aeroporto di Baghdad, in attesa del passaggio del convoglio dell�ambasciatoreUSA), per rispondere dei reati di omicidio e tentato omicidio in danno di Nicola Calipari eAndrea Carpani, funzionari del SISMI in missione in Iraq per la liberazione di GiulianaSgrena, giornalista rapita da un gruppo di terroristi islamici e appena liberata, e della mede-
sima Sgrena, per avere, esplodendo numerosi colpi d�arma da fuoco con un mitragliatoreautomatico contro l�autovettura sulla quale essi viaggiavano, in avvicinamento al posto diblocco e in direzione dell�aeroporto, cagionato la morte di Calipari e il ferimento di Carpanie della Sgrena. 

La Corte di assise di Roma dichiarava con sentenza del 25 ottobre 2007 non doversi 
procedere nei confronti del Lozano per difetto della giurisdizione italiana, sulla base di untriplice rilievo: 

a) innanzi tutto, prevaleva sul criterio di collegamento della giurisdizione �passiva� ilprincipio consuetudinario di diritto internazionale della c.d. �legge della bandiera�, diretta-
mente applicabile in virt� dell�art. 10, 1� comma, Cost., per cui � attribuita in via esclusivaallo Stato di invio di un contingente militare all�estero la giurisdizione per gli illeciti com-
messi dal proprio personale in territorio straniero; 

b) il regime di immunit� dalla giurisdizione di Stati diversi da quello di invio trovavaconferma sia nella risoluzione n. 1546 dell�8 giugno 2004 del Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite, ritenuta self-executing nel nostro ordinamento, sia nelle allegate lettere delPrimo Ministro iracheno e del Segretario di Stato USA 
(coerenti con quanto dispostodall�Ordine 27 giugno 2004 n. 17 della CPA, confermato dal successivo Ordine n. 100 del28 giugno 2004), nelle quali, riconoscendosi la fine dell�occupazione militare da partedell�Autorit� Provvisoria della Coalizione e la ripristinata sovranit� statale dell�Iraq a fardata dal 30 giugno 2004, s�attribuiva a ciascuno degli Stati partecipanti alla Forza 




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Multinazionale, per la fase di transizione, la responsabilit� per l�esercizio della giurisdizio-
ne sul proprio personale; 

c) non si profilavano ipotesi di giurisdizione concorrente da parte di altri Stati, in forzadi ulteriori criteri di collegamento, quale la territorialit� o la nazionalit� della vittima, e, inogni caso, il Dipartimento di Giustizia USA 
aveva esercitato la giurisdizione primaria,
escludendo in concreto la sussistenza di indizi di reit� a carico del Lozano e disponendo lachiusura del caso, ritenendo che il militare avesse agito in conformit� alle regole d�ingaggiopreviste per il posto di blocco. 

2.-Avverso detta sentenza hanno proposto distinti e immediati ricorsi per cassazione ilProcuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma (anche su richiesta del difensoredelle parti civili Calipari, motivata per relationem all�allegato parere pro veritate del Prof. 
Giuseppe Cataldi), il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d�appello diRoma e il difensore della parte civile Sgrena. 

La pubblica accusa, a sostegno della tesi favorevole alla giurisdizione dello Stato ita-
liano, sostiene, con articolati motivi di censura, in parte sovrapponibili ai rilievi critici delProf. Cataldi, che: 

a) non esiste un principio consuetudinario internazionale, definito �legge della bandie-
ra�, n� accordi internazionali che prevedano regole di riparto della giurisdizione fra gli Statipartecipanti ad una Forza Multinazionale operante nel territorio di un altro Stato, nel sensodell�esclusiva attribuzione della giurisdizione allo Stato di invio di ciascun contingente mili-
tare e con carattere di prevalenza su ogni altro criterio di collegamento; 

b) la Risoluzione ONU n. 1546 del 2004 (che non pu� considerarsi self-executing n� 
immediatamente esecutiva nell�ordinamento statale, in assenza di uno specifico atto legisla-
tivo interno), le allegate lettere Allawi-Powell e gli Ordini nn. 17 e 100 della CPAsi limita-
vano a stabilire la giurisdizione esclusiva degli Stati membri della MNF, e quindi una sortadi immunit� del personale, solo nel rapporto con la giurisdizione territoriale dello Stato disoggiorno, ma non nei rapporti fra gli Stati contribuenti alla MNF; 

c) in numerose leggi statali, emanate fra il 2003 e il 2007 per regolamentare la disci-
plina delle missioni italiane all�estero, si � stabilita la giurisdizione penale italiana e la com-
petenza del Tribunale di Roma per tutti i reati commessi in territorio iracheno dallo �stra-
niero� a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alla missione; 

d) con la giurisdizione �attiva� degli USA 
concorreva quella �passiva� dell�Italia inragione della nazionalit� delle vittime, a norma degli artt. 8 e 10 cod. pen., mentre dal rap-
porto investigativo delle autorit� militari statunitensi non risultava che gli USA 
avesseroesercitato la giurisdizione nel caso concreto. 

I motivi di diritto esposti dalla pubblica accusa sono condivisi e sviluppati con ulterio-
ri considerazioni � a sostegno della tesi della giurisdizione italiana � dal difensore dellaparte civile Sgrena, il quale sottolinea la �dimensione assiologica degli interessi protetti�,
come criterio di determinazione della concorrente giurisdizione �passiva� dell�Italia, inassenza di specifiche norme derogatorie di carattere pattizio, al fine di evitare situazioni diimpunit� per crimini gravemente lesivi dei diritti fondamentali dell�uomo. 

L�Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi per la Presidenza del Consiglio deiMinistri, si � associata alle richieste della pubblica accusa e della parte civile ricorrente. 

3.-La correttezza della sentenza impugnata � invece sostenuta dal difensore dell�impu-
tato, il quale ha replicato con apposite memorie ai motivi di gravame dei ricorrenti, allegan-
do a sostegno delle proprie argomentazioni i pareri pro veritate del Dr. Dieter Fleck, consu-
lente di diritto internazionale del Governo della Repubblica Federale di Germania, e delProf. Fredric I. Lederer, esperto di diritto penale militare americano. 



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Dopo avere dato atto del contesto storico-politico e del regime giuridico vigente in Iraqall�epoca dei fatti, la difesa dell�imputato confuta analiticamente i rilievi critici sviluppatidai ricorrenti e ribadisce (anche mediante diffuse citazioni giurisprudenziali e dottrinali): 

a) l�esistenza e la rilevanza della norma consuetudinaria sulla c.d. �legge della bandie-
ra�, ai fini dell�attribuzione della giurisdizione esclusiva allo Stato di invio sul proprio per-
sonale partecipante alla Forza Multinazionale operante in Iraq; 

b) il riconoscimento di tale giurisdizione in forza della Risoluzione n. 1546 del 2004del Consiglio di Sicurezza, adottata ai sensi del Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite eperci� vincolante, oltre che recepita nell�ordinamento italiano mediante le leggi di finanzia-
mento della missione in Iraq, nonch� degli Ordini nn. 17 e 100 della CPA, riguardanti lo sta-
tus del personale degli Stati contribuenti alla MNF; 

c) in ogni caso, il primato della giurisdizione �attiva� statunitense in forza della normadi diritto internazionale generale che sancisce l� 
�immunit� funzionale� dalla giurisdizionedello Stato straniero dell�individuo-organo, il quale, come il Lozano, abbia agito iure impe-
rii nell�esercizio delle funzioni militari di guardia e controllo a un posto di blocco; 

d) l�insussistenza, nella specie, di eccezioni alla regola dell�immunit� funzionale chepotrebbero radicare la giurisdizione penale italiana, non configurandosi comunque un �cri-
mine internazionale�, per l�evidente assenza nelle modalit� del fatto contestato al Lozanodelle caratteristiche di gravit�, intensit�, arbitrariet�, odiosit� ed intenzionalit�, proprie deicrimini contro l�umanit� e dei crimini di guerra; 

e) 
l�avvenuto, 
effettivo, 
esercizio 
della 
giurisdizione 
penale 
nei 
confronti 
del 
Lozano 
peri 
fatti 
di 
cui 
all�odierno 
processo, 
da 
parte 
della 
giustizia 
militare 
degli 
Stati 
Uniti, 
giusta 
ilparere 
del 
Prof. 
Lederer 
circa 
i 
termini 
e 
le 
modalit� 
di 
investigazione 
e 
chiusura 
del 
caso.

Il P.G. presso la Corte di cassazione, non condividendo le censure dei ricorrenti, ha con-
cluso per il rigetto dei ricorsi, sull�assunto della immunit� funzionale dell�imputato dallagiurisdizione penale italiana per il compimento di atti eseguiti nell�esercizio delle funzionimilitari affidategli. 

Considerato in diritto 


1.-La questione di giurisdizione. La Corte di cassazione � chiamata a rispondere al 
quesito �se, con riferimento all�uccisione e al ferimento di due funzionari del SISMI, in mis-
sione governativa in territorio iracheno per conseguire la liberazione di una giornalistarapita, e della medesima giornalista appena liberata (attinti da numerosi colpi di arma dafuoco esplosi contro l�autovettura sulla quale essi viaggiavano la sera del 4 marzo 2005 adun posto di blocco istituito nei pressi dell�aeroporto di Baghdad), reati contestati ad un sol-
dato in servizio al posto di blocco ed appartenente al contingente militare USA, dislocatoin Iraq con la Forza Multinazionale, in forza della Risoluzione n. 1546 del 2004 delConsiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sussista, o non, la giurisdizione penale delloStato italiano�. 

2.-Il contesto storico-ordinamentale. Assume preminente rilievo, per l�inquadramentodel contesto storico-ordinamentale vigente al momento del fatto omicidiario in Iraq (oveoperava fin dal 2003 un contingente militare italiano, nell�ambito della missione umanitariadenominata �Antica Babilonia� di stabilizzazione e ricostruzione postbellica di quel Paese),
la Risoluzione n. 1546 adottata l�8 giugno 2004, alla stregua del Cap. VII della relativaCarta, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la quale, richiamate le preceden-
ti Risoluzioni nn. 1483, 1500 e 1511 del 2003, si dava atto della fine della �occupazione� daparte dell�Autorit� Provvisoria della Coalizione (CPA) e dell�apertura di nuova fase di �tran-



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sizione� verso la ripristinata indipendenza e sovranit� statale dell�Iraq a far data dal 30 giu-
gno 2004. 

Con il consenso del Governo iracheno ed a supporto della transizione politica, venivaconfermata l�autorizzazione della Forza Multinazionale (MNF), sotto comando unificato, adesercitare l�autorit� per adottare ogni misura necessaria per contribuire al mantenimento �of 
security and stability� in Iraq (con l�obbligo per gli Stati Uniti di riferire, per conto dellaMNF, degli sforzi fatti e dei progressi conseguiti), �in accordance � si aggiunge � with inter-
national law, including obligations under international humanitarian law�. 

La Risoluzione n. 1546 richiamava, a sua volta, le annesse lettere 5 giugno 2004 delPrimo Ministro iracheno, Ayad Allawi, e del Segretario di Stato USA, Colin Powell, nellequali erano fissate le intese dirette ad assicurare il coordinamento fra il Governo iracheno ela Forza Multinazionale. 

In particolare, nella lettera di Powell si avvertiva che, per contribuire efficacemente allasicurezza, la MNF doveva continuare a funzionare in un quadro che offrisse al personale lo 
status di cui aveva bisogno per portare a termine la missione, nel quale gli Stati contribuen-
ti �have responsibility for exercising jurisdiction over the personnel� alla stregua dell��exi-
sting framework�; si aggiungeva, inoltre, che i contingenti militari che formavano la MNF 
erano impegnati a compiere le loro attivit� �under the law of armed conflict, including the 
Geneva Conventions�. 

In 
tal 
senso 
era 
anche 
orientata 
la 
disciplina 
dettata 
dalla 
Sez. 
2 
dell�Order 
n. 
17 
(con-
fermato 
dal 
successivo 
Order 
n. 
100, 
Sez. 
3 
� 
8, 
del 
28 
giugno 
2004)
, 
emanato 
il 
27 
giugno2004 
da 
L. 
Paul 
Bremer, 
rappresentante 
della 
CPA, 
circa 
lo 
status 
del 
personale 
civile 
e 
mili-
tare 
della 
MNF, 
stabilendosi 
che 
il 
relativo 
personale 
�shall 
be 
immune 
from 
Iraqi 
legal 
pro-
cess� 
(�1) 
e 
�shallbesubjectto 
the 
exclusive 
jurisdictionoftheir 
SendingStates� 
(�
� 
3 
e 
4).

2.1.-Quanto al regime giuridico del contingente militare italiano che dal 2003 al 2006,
insieme ad altri contingenti della coalizione multinazionale a comando unificato, ha parte-
cipato alla missione umanitaria di stabilizzazione e ricostruzione postbellica dell�Iraq, vasegnalato il d.l. 24 giugno 2004 n. 160, conv. in l. 30 luglio 2004, n. 207, recante prorogadella partecipazione italiana a missioni internazionali, che, insieme con la finalizzazionedelle 
attivit� 
operative 
�nell�ambito 
degli 
obiettivi 
e 
delle 
finalit� 
individuati 
nellaRisoluzione delle Nazioni Unite n. 1546 dell�8 giugno 2004� (art. 1, comma 2), statuisce,
fra le disposizioni in materia penale, che �i reati commessi dallo straniero in territorio ira-
cheno, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle missioni � sono punitisempre a richiesta del Ministro della giustizia e sentito il Ministro della difesa per i reaticommessi a danno di appartenenti alle forze armate� (art. 10, comma 2) e che �per i reati dicui al comma 2 la competenza territoriale � del tribunale di Roma� (art. 10, comma 3):
disposizioni, quest�ultime, tralaticiamente reiterate nei successivi decreti legge sulla parte-
cipazione italiana a missioni internazionali (v., fra gli altri, l�art. 13 del d.l. 19 gennaio 2005

n. 3, conv. in l. 18 marzo 2005 n. 37, e, da ultimo, l�art. 5 del d.l. 31 gennaio 2008 n. 8, conv.
in l. 13 marzo 2008 n. 45). 
2.2.-Lo stazionamento sul territorio iracheno di contingenti militari appartenenti allaMNF, tenuto conto del contesto storico e internazionale in cui le operazioni di interventoerano inserite, si collocava dunque, almeno a partire dalla Risoluzione n. 1546, nell�ambitodelle missioni di pace (peace support operations) delle Nazioni Unite, definite, di volta in 
volta, peace-keeping, peace-building o peace-enforcement, a seconda del prevalere di talu-
ni aspetti (la sicurezza, la stabilit�, la tutela dei diritti umani ecc.) rispetto al mero manteni-
mento della pace: tutte caratterizzate, peraltro, nonostante il moltiplicarsi e la diversit� delle 




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NAZIONALE 


situazioni di crisi internazionali, anche non belliche o postbelliche, dal consenso dello Statoospitante (Host State), dal significativo impiego di personale militare da parte degli Stati 
contribuenti (Sending States) e, infine, dalla pluralit� e complessit� delle funzioni e degliobiettivi perseguiti anche di polizia internazionale, sulla base del meccanismo previsto dalCap. VII della Carta delle Nazioni Unite. 

3.-La 
�legge della bandiera� (�nello zaino�)
. 
Orbene, a fronte del descritto moduloorganizzativo, multinazionale e multifunzionale, della missione di pace autorizzata dalleNazioni Unite in Iraq, difficilmente riconducibile ai classici schemi di occupazione bellicaelaborati nel passato, appare davvero inadeguato il riferimento fatto nel caso in esame dallaCorte d�assise di Roma, al fine di paralizzare l�operativit� del criterio di collegamento dellagiurisdizione �passiva� dello Stato italiano, giusta la nazionalit� delle vittime del fatto cri-
minoso (artt. 8 e 10 cod. pen.; art. 13 d.l. 19 gennaio 2005 n. 3, conv. in l. 18 marzo 2005

n. 37), ad un preteso principio internazionale consuetudinario (c.d. �legge della bandiera�),
universalmente riconosciuto e direttamente applicabile in virt� dell�art. 10, 1� comma,
Cost., in virt� del quale � attribuita in via esclusiva allo Stato di invio del contingente mili-
tare all�estero, in caso di occupazione, bellica o non, transito e stazionamento di truppe stra-
niere sul territorio di uno Stato, la giurisdizione civile e penale per gli illeciti commessi dalproprio personale in quel territorio. 
Pure a prescindere dai dubbi espressi dalla Corte permanente di giustizia internaziona-
le nella remota decisione pronunciata il 7 settembre 1927 nel caso S.S. Lotus, circa l�effet-
tiva prova dell�esistenza di �a rule of customary international law which established theexclusive jurisdiction of the State whose flag was flown on board a merchant ship on thehigh seas�, poich� �the principle is not universally accepted�, osservavano infatti le SezioniUnite penali di questa Corte, gi� con sentenza del 28 novembre 1959, Meitner (in Giust. 
pen., 1960, III, 481; cui adde Cass., Sez. II, 30 gennaio 1959, P.M. in proc. Parker, ivi, 1959, 
III, 424 e Sez. II, 15 aprile 1959, Knopich, ivi, 1960, III, 22), che l�evolversi dei rapportiinternazionali dopo il secondo conflitto mondiale, con la conseguente creazione di basi per-
manenti nel territorio di altri Stati, �� ha determinato la progressiva limitazione del princi-
pio della c.d. giurisdizione della bandiera (�ubi signa et jurisdictio�, �la loi suit le dra-
peau�), in forza del quale veniva riconosciuto allo Stato d�origine, o della bandiera, �ne 
impediatur officium�, e cio� ad assicurargli la disponibilit� dei propri reparti, il diritto diesercitare la giurisdizione sulle proprie truppe dislocate in territorio estero e perci� esenti daquella dello Stato occupato od ospitante�. 

Segnalavano le Sezioni Unite, con tale storica sentenza, come nella Convenzione diLondra del 19 giugno 1951, ratificata e resa esecutiva con legge 30 novembre 1955 n. 1335,
concernente lo statuto dei militari appartenenti alle forze armate della NATO dislocate interritorio alleato (c.d. NATO SOFA), il tradizionale principio immunitario di personalit� atti-
va, �a tutela della funzione e non della persona�, per i reati commessi dall�organo militarenell�espletamento del servizio � �on official duty� �, veniva limitato rispetto al principio diterritorialit�: �accanto alla gi� esclusiva giurisdizione della bandiera, � riconosciuta quelladello Stato di soggiorno�, prevedendo l�art. VII del Trattato Nord Atlantico un pi� sofistica-
to sistema di riparto e regolamentazione delle priorit� fra le due giurisdizioni concorrenti. 

E in tal senso si sono altres� pronunciati sia la Corte costituzionale (n. 96 del 1973 e n.
446 del 1999), sia taluni giudici di merito (G.i.p. Trib. Trento, 13 luglio 1998, Ashby e altri,
nel caso Cermis, in Cass. pen., 1999, 3588). 

4.- 
I 
SOFAs (Status of Forces Agreements): il SOFA 
Iraq. 
Con riguardo alla frammen-
tarie declinazioni dei moderni modelli delle missioni di pace istituite o autorizzate dalle 




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AVVOCATURA 
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Nazioni Unite sono cresciute � come si � detto � le difficolt� di identificazione del quadrodelle fonti normative, nazionali o internazionali, applicabili alle condotte penalmente illeci-
te del personale dei plurimi contingenti militari, operanti anche per conto di organismisopranazionali, e ci� soprattutto in considerazione della multinazionalit� della forza impie-
gata in una medesima missione, della portata del mandato internazionale che ne legittimal�operato, del tipo e dell�effettivit� della catena di comando, del ruolo delle regole d�ingag-
gio e di altre variabili, anche in rapporto alla singola o alle diverse nazionalit� dei militariautori dell�illecito e al margine di applicazione riservato alla giurisdizione locale. 

Trova oggi, pertanto, ampia diffusione la prassi internazionale di disciplinare pattizia-
mente il dispiegarsi di immunit� funzionali e il sistema di riparto della giurisdizione pena-
le, mediante un nucleo di norme regolatrici dello status del personale dei contingenti mili-
tari impegnati nelle operazioni militari all�estero, incorporate in pi� ampi accordi stipulatifra gli Stati contribuenti alla Forza Multinazionale e lo Stato di soggiorno delle truppe:
accordi bilaterali o multilaterali denominati SOFAs � Status of Forces Agreements -, direttia risolvere i problemi che possono insorgere dalla convivenza delle leggi dello Stato di invioe di quello di destinazione in ordine alle condotte criminose poste in essere dal personaledella Forza Multinazionale nell�espletamento del servizio. 

Assume indubbio rilievo, in questa logica consensuale, il modello di riferimento per lastesura di siffatti accordi costituito dal Model SOFAONU (Model status-of-forces agreement 
for peace-keeping operations) adottato dalle Nazioni Unite nel 1990 (Rapporto delSegretario Generale, Doc. A/45/594, 9 ottobre 1990), che statuisce l�immunit� dalla giuri-
sdizione locale e la competenza esclusiva sui militari dello Stato di appartenenza per ognireato commesso nello Stato di destinazione, nel corso di un�attivit� finalizzata all�adempi-
mento dei propri doveri, escludendo radicalmente la competenza di quest�ultimo (art. VI, �
46, 47-b, 48), seguito dal Model Agreement del 1991 tra l�ONU e i Paesi membri che con-
tribuiscono al personale delle missioni (Doc. A/46/185, 23 maggio 1991, art. VIII). 

A 
siffatto modello sembra sostanzialmente ispirarsi, d�altra parte, anche la specificadisciplina dettata dalla Risoluzione n. 1546 del Consiglio di Sicurezza, dalle annesse lette-
re 5giugno 2004 del Primo Ministro iracheno e del Segretario di Stato USAe dalle disposi-
zioni dell�Order n. 17, sopra richiamate, circa lo status, le immunit� e la giurisdizione esclu-
siva dello Stato d�invio del personale della MNF (c.d. SOFA 
Iraq).

Gli accordi bilaterali o multilaterali detti SOFAs, anche nella pi� articolata versione diuna regolamentazione del riparto e della priorit� della giurisdizione (quali esempi di �sha-
red jurisdiction�, v. l�art. VII dell�Accordo di Londra del 1951 tra i Paesi della NATO e l�art. 
17 del Model SOFA 
UE stipulato il 17 novembre 2003 tra gli Stati membri dell�UnioneEuropea), sono diretti, pertanto, a disciplinare, convenzionalmente e nel dettaglio, i rappor-
ti per cos� dire �verticali� tra lo Stato di invio e lo Stato di destinazione, escludendo, in lineadi principio, la competenza �territoriale� di quest�ultimo in favore dell�esclusiva giurisdi-
zione �attiva� dello Stato di appartenenza per i fatti illeciti commessi nell�espletamento delservizio dai componenti del contingente militare. 

E per�, nonostante la tendenziale riserva di giurisdizione a favore dello Stato d�inviorivelata dalle prassi internazionali, non � dato ancora ravvisare l�esistenza di un riconosciu-
to principio consuetudinario internazionale ovvero di accordi ad hoc o SOFAs, che dettino 
speciali ed esplicite regole di riparto �orizzontale� della giurisdizione fra gli Stati parteci-
panti alla Coalizione o alla Forza Multinazionale operante nel territorio di un altro Stato. 

S�intende dire, in altre parole, che non risulta affermato con chiarezza nel sistema didiritto internazionale lo status dei contingenti multinazionali nei loro rapporti reciproci, n� 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


tantomeno l�esclusiva attribuzione della giurisdizione allo Stato di appartenenza di ciascuncontingente militare, con carattere di prevalenza su ogni altro criterio concorrente di colle-
gamento, come quello della giurisdizione �passiva�, neppure nei pi� drammatici casi �come 
nella specie � di �danni collaterali� o di �fuoco amico�, cio� di condotte criminose, dolose

o colpose, in danno di membri del contingente militare o comunque cittadini di altro Stato,
contribuente e alleato nella medesima missione di pace: zone grigie, queste, caratterizzatedall�emersione di problematiche nuove e controverse per l�evidente coinvolgimento di unapluralit� di ordinamenti. 
Donde l�irrilevanza, ai fini della controversa questione di giurisdizione, del problemaattinente 
alla 
pretesa 
natura 
self-executing, 
o 
non, 
nell�ordinamento 
italiano 
dellaRisoluzione del Consiglio Sicurezza n. 1546 del 2004, pur dovendosi rilevare che l�opzio-
ne negativa sembra preferibile alla luce della prassi legislativa italiana che richiede unanorma di adattamento interno, soprattutto se ne debbano conseguire effetti indiretti in mate-
ria penale, ostandovi la riserva di legge ex art. 25, 2� comma Cost. (Cass., Sez. I, 8 luglio 
1994, Barcot, in Giur. it., 1995, II, 232). 

5.- L�immunit� funzionale (ratione materiae) 
degli organi dello Stato estero. Anche perquest�aspetto, dunque, in assenza di una solida e riconosciuta consuetudine o di convenzio-
ni internazionali, bilaterali o multilaterali, che disegnino con chiarezza �the legal frame-
work�, per quanto riguarda lo status del personale e la sorte delle relazioni �orizzontali� fra 
gli Stati contribuenti alle missioni internazionali di pace, si rivela inadeguata l�analisi con-
dotta dalla Corte d�assise per giustificare la soluzione ostativa, nel caso di specie, all�opera-
tivit� del criterio di collegamento della giurisdizione �passiva� dello Stato italiano ex artt. 
8 
e 10 del codice penale (dovendosi escludere, in ogni caso, l�applicabilit� dell�art. 13 d.l. n.
3 del 2005, conv. in l. n. 37 del 2005, atteso che nessuno dei cittadini italiani coinvolti neitragici eventi cagionati dall�azione militare del Lozano partecipava alla missione di pace inIraq, essendo il Calipari e il Carpani funzionari del Sismi incaricati ad hoc della liberazio-
ne della Sgrena, giornalista sequestrata da terroristi iracheni). 

Ritiene, invece, questa Corte che il fondamento del primato esclusivo della giurisdizio-
ne �attiva� degli USAdebba rinvenirsi nel principio consuetudinario di diritto internaziona-
le che sancisce la �immunit� funzionale� (ratione materiae), dalla giurisdizione interna delloStato straniero, nella specie quello italiano, dell�individuo-organo il quale, come l�imputatoLozano, soldato del contingente militare statunitense facente parte della MNF, operante inIraq sotto l�egida del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ma sotto il �controllo effet-
tivo� della struttura di comando dello Stato d�invio (v., in proposito, Corte eur. d. uomo, 31maggio 2007, nei casi Behrami e Saramati c. Francia), abbia agito iure imperii nell�eserci-
zio delle funzioni di guardia e di controllo a un posto di blocco. 

Costituisce, 
infatti, 
principio 
di 
fonte 
internazionale 
consuetudinaria, 
universalmenteaccettato 
dalla 
prevalente 
dottrina 
e 
dalle 
prassi 
giurisprudenziali, 
nazionali 
e 
internazionali,
recepito 
nell�ordinamento 
giuridico 
italiano 
siccome 
norma 
di 
diritto 
internazionale 
generalepreesistente(Cortecost.,n.48del1979),inforzadell�adeguamentoautomaticodispostodal-
l�art. 
10, 
1� 
comma, 
Cost.
, 
e 
prevalente, 
in 
quanto 
tale, 
sui 
criteri 
di 
collegamento 
delineatidalle 
norme 
statali 
anche 
di 
fonte 
penale, 
quello 
per 
cui 
sono 
sottratti 
alla 
giurisdizione 
civi-
le 
o 
penale 
di 
uno 
Stato 
estero 
i 
fatti 
e 
gli 
atti 
eseguiti 
iure 
imperii 
dagli 
individui-organi 
diun 
altro 
Stato 
nell�esercizio 
dei 
compiti 
e 
delle 
funzioni 
pubbliche 
ad 
essi 
attribuiti.

L�esistenza di una siffatta norma consuetudinaria di diritto internazionale e la sua ope-
rativit� nel nostro ordinamento non sono revocabili in dubbio, poich� il principio dellaimmunit� funzionale, pure nella nozione �ristretta� o �relativa�, limitata cio� alle sole atti-



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vit� che, a differenza di quelle �iure gestionis�, sono espressione diretta e immediata dellafunzione sovrana degli Stati, tra le quali ontologicamente rientrano le attivit� eseguite nelcorso di operazioni militari, ha trovato ampio e incontroverso riconoscimento, fin dal risa-
lente e famoso caso McLeod del 29 dicembre 1837, sia nella dottrina che nella giurispruden-
za, interna e internazionale. 

Aconforto della tesi della permanente validit� del principio dell�immunit� dalla giuri-
sdizione civile per questa tipologia di atti possono richiamarsi, oltre la costante giurispru-
denza nazionale di legittimit� (Cass., Sez. Un. civ., nn. 14199 e 14201 del 2008, n. 11255del 2005, n. 5044 del 2004, n. 8157 del 2002, n. 530 del 2000), le pronunzie di altre Cortisupreme europee (17 luglio 2002 della Corte Suprema greca, 26 giugno 2003 della Cortefederale di cassazione tedesca, 16 dicembre 2003 della Corte di cassazione francese, 14 giu-
gno 2006 della House of Lords 
inglese, nel caso Jones), gli arresti della Corte europea dei 
diritti dell�uomo (21 novembre 2001, Al Adsani c. Regno Unito, 12 dicembre 2002, 
Kalogeropoulou c. Grecia e Germania, 14 dicembre 2006, Markovic c. Italia), la decisione 
29 ottobre 1997 del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, caso Bla�ki� (sub-
poena) e, infine, la pi� recente pronunzia della Corte internazionale di giustizia, 4 giugno 
2008, Gibuti c. Francia, �� 185, 194-196 (cui adde, della stessa Corte, la sent. 14 febbraio2002, Repubblica democratica del Congo c. Belgio, caso del Mandato d�arresto dell�11 
aprile 2000 nei confronti dell�ex Ministro degli esteri Yerodia, � 58). 

La regola (autonoma e distinta da quella sulla �immunit� personale� o ratione perso-
nae, di cui beneficiano tradizionalmente alcuni organi dello Stato, temporaneamente ma perqualsiasi atto da essi compiuto finch� rivestono il relativo ruolo, perci� insuscettibile diinterpretazioni estensive o analogiche: Cass., Sez. III, 17 marzo 1997 n. 1011, P.M. in proc.
Ghiotti, rv. 210861; Sez. III, 17 settembre 2004 n. 49666, P.M. in proc. Djukanovic, rv.
230222), costituisce il naturale corollario del principio, pure consuetudinario, sull�immuni-
t� �ristretta� degli Stati dalla giurisdizione straniera per la responsabilit� civile derivante daattivit� di natura ufficiale, iure imperii, materialmente eseguite dai suoi organi. Ogni Stato,
indipendente e sovrano, � libero di stabilire la propria organizzazione interna e individuarele persone autorizzate ad agire per suo conto, sicch�, una volta determinate la qualit� diorgano e la sua competenza, le relative condotte individuali esprimono l�esercizio di unafunzione pubblica e sono imputabili allo Stato, comportandone, senza indebite interferenzeda parte dei tribunali di un altro Stato, solo la responsabilit� per l�eventuale illecito interna-
zionale da far valere nei rapporti fra lo Stato leso e lo Stato responsabile, a garanzia dell�as-
setto strutturale della stessa comunit� e delle relazioni internazionali nel rispetto delle reci-
proche sovranit� fra gli Stati (�par in parem non habet imperium/jurisdictionem�).

Va sottolineato altres� che l�immunit�, quale regola generale (nei procedimenti civili),
� enunciata sia nella Convenzione europea sull�immunit� degli Stati del 16 maggio 1972, sianella pi� recente Convenzione di New York sulle immunit� giurisdizionali degli Stati e deiloro beni, adottata dall�Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 dicembre 2004 (entram-
be non ratificate dall�Italia), redatte secondo il metodo della �lista� delle �commercial 
exceptions� con riguardo ad attivit� di tipo privatistico. 

Restano comunque escluse dalla c.d. tort exception, e perci� dalla sfera di applicazio-
ne di entrambe le Convenzioni, le azioni o le omissioni produttive di lesioni personali edanni, imputabili alle forze armate di uno Stato straniero stanziate sul territorio di altroStato, vieppi� in situazioni di conflitto armato, che continuano ad essere regolate da �the 
rules of customary international law� (v. l�art. 12 della Convenzione di New York, sullabase dell�opinione resa dal Prof. G. Hafner, Presidente del Comitato ad hoc incaricato di 




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NAZIONALE 


redigere la Convenzione, alla Sesta Commissione dell�Assemblea generale il 25 ottobre2005, e l�art. 31 della Convenzione di Basilea). 

Il principio dell�immunit� funzionale sembra, infine, espressamente confermato dalloStatuto della Corte penale internazionale (ratificato dall�Italia con legge 12 luglio 1999, n.
232), che, pur sancendo l�irrilevanza delle qualifiche ufficiali e delle immunit� delle perso-
ne chiamate a rispondere davanti ad essa (art. 27), esige peraltro la cooperazione o il con-
senso dello Stato terzo o dello Stato d�invio per la rinunzia all�immunit� e per la consegnada parte dello Stato territoriale della persona ricercata, come nel caso di militare appartenen-
te al contingente dello Stato d�invio (art. 98). 

6.-�Immunit� funzionale�, �crimini internazionali� 
e 
�jus cogens�. � peraltro ricostrui-
bile una pi� recente tendenza evolutiva, sia nella dottrina internazionalistica che in una parteancora minoritaria della giurisprudenza interna, diretta a contrastare la pi� ampia applica-
zione della regola consuetudinaria sull�immunit� dello Stato estero, relativamente allaresponsabilit� civile derivante dall�attivit� illecita compiuta iure imperii da un suo organo,
oltre che sull�immunit� dalla giurisdizione penale dell�individuo-organo autore del medesi-
mo illecito, prospettandosene la �cedevolezza� laddove gli atti siano stati eseguiti in viola-
zione di norme di diritto internazionale cogente, come in tema di tutela dei diritti fondamen-
tali dell�uomo, per essersi l�individuo-organo reso colpevole di �crimini internazionali�, 
a 
garanzia di valori fondanti la comunit� internazionale nel suo insieme. 

D�altra 
parte, 
pur 
dovendosi 
dare 
atto 
della 
prevalenza 
dell�opposta 
tesi, 
che 
al 
pi�ammette 
deroghe 
solo 
di 
fonte 
convenzionale, 
come 
per 
il 
genocidio 
o 
la 
tortura, 
alla 
dot-
trina 
dell�immunit� 
dello 
Stato, 
�as 
the 
current 
rule 
of 
public 
international 
law�(House 
of 
Lords,14giugno2006,nelcaso 
Jones,e24marzo1999,nelcaso 
PinochetIII;Cortesupre-
ma 
d�Irlanda, 
15 
dicembre 
1995, 
nel 
caso 
McElhinney; 
Corte 
suprema 
dell�Ontario, 
1 
mag-
gio 
2002, 
nel 
caso 
Bouzari; 
C. 
eur. 
d. 
uomo, 
21 
novembre 
2001, 
Al 
Adsani 
c. 
Regno 
Unito, 
21 
novembre 
2001, 
McElhinney 
c. 
Irlanda, 
12 
dicembre 
2002, 
Kalogeropoulou 
c. 
Grecia 
e 
Germania, 
14 
dicembre 
2006, 
Markovic 
c. 
Italia; 
C.I.G.
, 
14 
febbraio 
2002, 
caso 
del 
Mandato 
d�arresto, 
� 
58; 
Trib. 
pen. 
intern. 
per 
la 
ex 
Yugoslavia, 
10 
dicembre 
1998, 
caso 
Furund�ija)
, 
merita 
di 
essere 
sottolineato 
che 
nelle 
pi� 
attente 
decisioni 
della 
Corte 
euro-
pea 
dei 
diritti 
dell�uomo 
(21 
novembre 
2001, 
Al 
Adsani 
e 
12 
dicembre 
2002,
Kalogeropoulou, 
citt.
) 
si 
avverte, 
tuttavia, 
che 
ci� 
�does 
not 
preclude 
a 
development 
in 
customary 
international 
law 
in 
the 
future�
. 


Pu� pertanto ritenersi (condividendosi, sul punto, le lucide argomentazioni dei pi�recenti arresti delle Sezioni Unite civili: n. 5044 del 2004, nn. 14199 e 14201 del 2008, citt.)
che sia �in via di formazione� una consuetudine internazionale la quale, in considerazionedel 
carattere 
cogente 
e 
imperativo 
delle 
norme 
di 
diritto 
internazionale 
umanitario(�peremptory 
norms 
of 
general 
international 
law�
, 
nella 
dizione 
dell�art. 
53 
dellaConvenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati), che impongono il rispet-
to dei diritti umani fondamentali, e della concreta lesivit� di �valori universali che trascen-
dono gli interessi delle singole comunit� statali�, � diretta a limitare l�immunit� dallaresponsabilit� civile dello Stato estero, il cui organo, pur nell�esercizio di un�attivit� iure 
imperii, come in situazioni belliche, si sia tuttavia reso autore di atti di gravit� tale da �mina-
re le fondamenta stesse della coesistenza tra i popoli� (Corte cost. di Ungheria, n. 53 del1993), configurabili perci� come �crimini internazionali�. 

D�altra parte, anche sul diverso piano del regime della responsabilit� penale individua-

le per talune fattispecie di crimini contro l�umanit�, crimini di guerra o atti di genocidio

commessi dall�individuo-organo di uno Stato estero, pure nell�esercizio di funzioni ufficia-



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li, questa Corte suprema ha affermato, in armonia con le risalenti decisioni pronunziate neiconfronti di criminali nazisti dai Tribunali militari internazionali di Norimberga e Tokyo,
dalla Corte suprema israeliana il 29 maggio 1962 nel caso Eichmann e da altre Corti supre-
me interne, l�imprescrittibilit� dei reati e, in considerazione del criterio di collegamentodella nazionalit� delle vittime o del luogo di commissione del delitto ovvero in forza dellauniversalit� della giurisdizione ex art. 7 n. 5 cod. pen., ha ritenuto pacificamente sussisten-
te la giurisdizione passiva o per taluni versi universale. E ci� sull�assorbente rilievo che l�e-
secuzione di un barbaro eccidio di prigionieri inermi, in violazione del diritto bellico e deipi� elementari principi umanitari dello jus gentium, nel pur inadeguato quadro di riferimen-
to vigente all�epoca dei fatti (Convenzioni dell�Aja del 1899 e del 1907 sulle leggi e gli usidi guerra terrestre e marittima), anteriore al regime delle regole del diritto umanitario belli-
co di cui alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e ai due Protocolli addizionali del1977, recava ontologicamente �le stimmate� della riconoscibile contrariet� ai pi� elementa-
ri principi di umanit� e della clamorosa criminosit� dello sterminio di massa (Trib. Supr.
Mil., 25 ottobre 1952, Kappler; Cass., Sez. I pen., 16 novembre 1998 n. 1230, Priebke 
e 
Hass, per l�eccidio delle Fosse Ardeatine; Sez. I pen., 8 novembre 2007 n. 4060/08,
Sommer, per la strage di Sant�Anna di Stazzema). 

Dalla parallela e antinomica coesistenza nell�ordinamento internazionale dei due prin-
cipi, entrambi di portata generale, consegue, come logico corollario, che l�eventuale conflit-
to, laddove essi vengano contemporaneamente in rilievo, debba risolversi sul piano sistema-
tico del coordinamento e sulla base del criterio del bilanciamento degli interessi, dandosiprevalenza al principio di rango pi� elevato e di jus cogens, quindi alla garanzia che nonresteranno impuniti i pi� gravi crimini lesivi dei diritti inviolabili di libert� e dignit� dellapersona umana, �per il suo contenuto assiologico di meta-valore� nella comunit� interna-
zionale, rispetto agli interessi degli Stati all�uguaglianza sovrana e alla non interferenza, rap-
presentando la violazione di quei diritti fondamentali �il punto di rottura dell�esercizio tol-
lerabile della sovranit��, in altre parole l��abuso di sovranit�� dello Stato. 

7.-La non configurabilit�, nella specie, del �crimine di guerra�. Occorre pertanto 
chiedersi, a questo punto, se nella vicenda omicidiaria de qua possa, o non, ravvisarsi un cri-
mine internazionale, idoneo a paralizzare, insieme con l�immunit� funzionale dell�imputa-
to, l�eccezione di difetto di giurisdizione del giudice penale italiano, essendosi gi� rimarca-
to come l�applicazione delle norme di diritto internazionale umanitario, incluse quelle dellaConvenzione di Ginevra, prevista in via generale per le operazioni multinazionali di pace sumandato o autorizzazione delle Nazioni Unite (Bollettino del Segretario Generale, 
6 agosto1999), costituisca oggetto di specifiche clausole della Risoluzione del Consiglio di sicurez-
za n. 1546 del 2004 e dell�annessa lettera di Powell: donde l�irrilevanza, a tal fine, della defi-
nizione della situazione irachena, almeno a far data dalla fine dell�occupazione militare insenso stretto, come conflitto armato internazionale o non internazionale. 

Si osserva in dottrina � e il rilievo va condiviso � che i crimini individuali di natura 
propriamente internazionale hanno una struttura complessa, nel senso che essi, anche se sisostanziano in fattispecie costituenti reati per il singolo ordinamento penale nazionale (es.
omicidio), presentano, rispetto agli schemi di parte speciale dei vari codici penali, un quidpluris costituito da uno o pi� elementi tipici, soggettivi e oggettivi, atti a trasformarli quali-
tativamente e ad elevarli a rango autonomo di delitti lesivi degli interessi e dei valori dellacomunit� internazionale nel suo insieme. 

Dovendosi certamente escludere la configurabilit�, nella specie, di un �crimine contro 
l�umanit��, inserito in un contesto di pratica diffusa e sistematica contro la popolazione civi-



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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


le di cui l�autore abbia consapevolezza (per la puntuale descrizione di questa figura, v. l�art.
7 dello Statuto della Corte penale internazionale, nonch� Trib. pen. intern. per la ex 
Yugoslavia, 2 settembre 1998, caso Akayesu), mette conto di rilevare, quanto alla categoria 
dei �crimini di guerra�, che si qualificano tali le violazioni gravi (�grave breaches�) deldiritto umanitario nei conflitti armati, a tutela della vita e dell�integrit� fisica e psichica dellepersone, appartenenti in particolare alla popolazione civile, che in quel contesto non pren-
dono parte alle ostilit�. 

Crimini, quest�ultimi, che, gi� codificati nelle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949e nei due Protocolli addizionali del 1977 (ratificati dall�Italia con leggi, rispettivamente, del27 ottobre 1951 n. 1739 e dell�11 dicembre 1985 n. 762), sono altres� analiticamente indi-
cati nel dettagliato elenco di cui all�art. 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, ela cui repressione � affidata sia alle giurisdizioni penali interne degli Stati contraenti (sullabase dei tradizionali criteri della territorialit�, della personalit� attiva o passiva e della uni-
versalit�), sia ai Tribunali penali internazionali ad hoc (per la ex Yugoslavia e per il Ruanda) 
sia alla Corte penale internazionale. 

In particolare, mette conto di rilevare che: � espressamente vietato dall�art. 3 comunealle quattro Convenzioni di Ginevra, nei confronti dei civili e delle persone che non parte-
cipano direttamente alle ostilit�, l�omicidio in tutte le sue forme (�murder of all kinds�: � 
1 
a); l�art. 147 della IV 
Convenzione annovera nella lista delle infrazioni gravi, per le quali ilprecedente art. 146 impegna le Parti contraenti a deferirne gli autori ai propri tribunali o aconsegnarli ad un�altra Parte interessata al procedimento (�aut dedere aut judicare�, secon-
do il principio di complementarit� della giurisdizione), l�omicidio intenzionale (�wilful kil-
ling�); infine, l�art. 85 del I Protocollo addizionale qualifica infrazioni gravi gli atti commes-
si intenzionalmente che provochino la morte o lesioni gravi all�integrit� fisica o alla salutedi persone coinvolte in attacchi alla popolazione civile. 

L�art. 8 dello Statuto della Corte penale internazionale statuisce, a sua volta, che s�in-
tendono per �crimini di guerra� (per cui la Corte ha competenza a giudicare, in particolarese commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie dicrimini analoghi commessi su larga scala) gli atti posti in essere contro le persone protettedalle norme delle Convenzioni di Ginevra, costituenti �gravi violazioni�, fra i quali l��omi-
cidio intenzionale� (2)(a)(i) e, nei conflitti armati internazionali, �dirigere intenzionalmen-
te attacchi contro civili che non partecipano direttamente alle ostilit�� (2)(b)(i), o, nei con-
flitti armati non di carattere internazionale � escluse le situazioni interne di disordini e ten-
sioni -, le gravi violazioni dell�art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra, fra le quali gli�atti di violenza contro la vita e l�integrit� della persona, in particolare tutte le forme di omi-
cidio� (2)(c)(i), o �dirigere intenzionalmente attacchi contro civili che non partecipino diret-
tamente alle ostilit�� (2)(e)(i): fattispecie, queste, per le quali si esige, quale indefettibileelemento costitutivo, la consapevolezza da parte dell�autore del crimine delle circostanzefattuali che fissano lo stato di protezione della vittima secondo le leggi internazionali rego-
latrici del conflitto armato. 

Orbene, 
ritiene 
questa 
Corte, 
ai 
fini 
della 
dedottaquestionedi 
giurisdizione, 
chesia 
evi-
dente 
la 
sproporzione 
di 
scala 
fra 
la 
vicenda 
in 
esame 
(nei 
termini 
fattuali 
della 
imputazioneomicidiaria 
contestata 
al 
Lozano, 
come 
stabilizzatasi 
all�esito 
dell�udienza 
preliminare) 
e 
lecaratteristichesoggettiveedoggettivedel 
�criminediguerra�,conriguardosiaalladefinizio-
nedi 
�gravebreaches�nellecitatenormedidirittoumanitariodeiconflittiarmati,siaallepi�recentiprassigiurisprudenzialiinterne(perl�Italia,v.G.u.p.Trib.mil.Roma,9maggio2007,
nel 
caso 
di 
uso 
delle 
armi 
da 
parte 
di 
militari 
italiani 
di 
stanza 
in 
Iraq 
contro 
un�ambulanza 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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irachena 
e 
il 
personale 
addetto, 
con 
la 
conseguente 
uccisione 
di 
civili; 
per 
la 
Spagna, 
v.
Tribunal 
Supremo, 
11 
dicembre 
2006 
e 
Audiencia 
Nacional, 
13 
maggio 
2008, 
nel 
caso 
del-
l�attacco 
intenzionale 
eindiscriminato 
daparte 
diuncarroarmatostatunitensecontro 
l�HotelPalestine 
aBaghdad, 
ove 
eranonotoriamentealloggiatigiornalistidellastampa 
internaziona-
le, 
con 
la 
conseguente 
uccisione 
di 
un 
giornalista 
spagnolo 
Jos� 
Manuel 
Couso).

Sembrano 
ostare, 
in 
linea 
di 
principio, 
alla 
configurabilit� 
di 
un 
odioso 
e 
inumano 
attoostile 
contro 
civili 
e 
quindi 
del 
�crimine 
di 
guerra�
, 
nonostante 
l�indubbia 
tragicit� 
deglieventi 
lesivi 
in 
danno 
di 
persone 
estranee 
al 
conflitto 
armato 
iracheno, 
la 
concreta 
dimensio-
nestorico-fattualedell�episodio(l�approssimarsidelveicolo,conabordoiduefunzionariita-
lianielagiornalistaliberata,inavvicinamentovelocealpostodibloccoperraggiungerel�ae-
roporto 
militare 
di 
Baghdad; 
la 
localizzazione 
del 
checkpoint 
all�intersezione 
fra 
due 
strade 
di 
accesso 
all�aeroporto, 
gi� 
oggetto 
di 
ripetuti 
attacchi 
terroristici; 
la 
situazione 
obiettiva 
dimassima 
allerta 
dei 
soldati 
in 
servizio 
al 
posto 
di 
blocco, 
in 
attesa 
del 
corteo 
dell�ambascia-
tore 
USAin 
Iraq; 
l�ora 
notturna) 
e 
il 
carattere 
isolato 
e 
individuale 
dell�atto. 
E 
ci� 
a 
prescin-
dere 
da 
ogni 
valutazione 
di 
merito, 
in 
questa 
sede 
inammissibile, 
circa 
la 
pur 
richiesta, 
pienaconsapevolezza 
� 
da 
parte 
dell�autore 
� 
delle 
circostanze 
fattuali 
dalle 
quali 
poter 
desumerelo 
statuto 
di 
protezione 
delle 
vittime, 
nonch� 
in 
ordine 
alla 
effettiva 
necessit� 
militare 
e 
allaproporzionalit� 
dell�attacco, 
e 
alla 
corretta 
osservanza 
degli 
ordini 
e 
delle 
regole 
d�ingaggio.

D�altra parte, non pu� affatto considerarsi priva di significato la circostanza che nep-
pure la pubblica accusa ha mai preso in considerazione l�ipotesi che nella vicenda in esamepotesse configurarsi un �crimine di guerra�. 

Il reato di omicidio di Calipari e di tentato omicidio di Carpani e Sgrena � stato inveroqualificato dal pubblico ministero prima come delitto �comune� e poi come delitto �politi-
co�, commesso dallo straniero all�estero a danno dello Stato e di cittadini italiani, con rife-
rimento alle specifiche condizioni di procedibilit� richieste, rispettivamente, dagli artt. 10 e8 cod. pen., ma non con riguardo allo spazio di tutela incondizionata consentito dal princi-
pio di universalit� di cui all�art. 7 n. 5 cod. pen., qualora si fosse invece ravvisata la naturainternazionale del delitto secondo la IV 
Convenzione di Ginevra del 1949. 

Nessun cenno al preteso �crimine di guerra� � dato altres� rinvenire nei pur diffusi earticolati motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza impugnata dalProcuratore Generale e dal Procuratore della Repubblica di Roma (cui l�Avvocatura delloStato si � limitata a prestare adesione). 

8.- Le statuizioni decisorie. 
A 
conclusione delle suesposte considerazioni, riguardo alquesito sottoposto al vaglio di questa Corte (enunciato retro, sub 1), pu� affermarsi il 
seguente principio di diritto: 

�Non sussiste la giurisdizione penale dello Stato italiano n� quella dello Stato territo-
riale, bens� quella esclusiva degli USA, Stato di invio del personale militare partecipantealla Forza Multinazionale in Iraq, in applicazione del principio di diritto internazionaleconsuetudinario della ��immunit� funzionale�� o ratione materiae dell�individuo-organodello Stato estero dalla giurisdizione penale di un altro Stato, per gli atti eseguiti iure impe-
rii nell�esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti: principio non derogabile, nellaspecie, per l�assenza nelle circostanze e modalit� del fatto contestato delle caratteristicheproprie della ��grave violazione�� del diritto internazionale umanitario, con particolareriguardo alla non configurabilit� nel caso concreto di un ��crimine contro l�umanit��� o diun ��crimine di guerra���. 

Di talch�, attesa la priorit� esclusiva della giurisdizione degli Stati Uniti in ordine allafattispecie criminosa de qua, resta assorbita la questione riguardante la verifica dell�avvenu-



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CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


to, effettivo, esercizio da parte dello Stato d�invio, della giurisdizione penale nei confrontidel Lozano: giurisdizione che, secondo il parere del Prof. Lederer, sarebbe stata comunqueattivata nei termini e con le modalit� propri del sistema di giustizia penale militare statuni-
tense, concludendosi con una pronuncia analoga ad una sorta di provvedimento di non luogoa procedere, sull�assunto che il soldato avesse agito (�cercando di neutralizzare il veicoloche si stava avvicinando e che era stato percepito dalle forze come una minaccia�: nota 19aprile 
2006 
del 
direttore 
della 
divisione 
criminale, 
ufficio 
affari 
internazionali, 
delDipartimento della Giustizia USA) in conformit� alle regole d�ingaggio previste per le ope-
razioni di guardia e di controllo al posto di blocco. 

Risulta parimenti assorbita l�ulteriore questione in rito, anch�essa pregiudiziale, cui sifa cenno nella narrativa della sentenza impugnata e che � desumibile dagli atti, circa la sus-
sistenza, per il delitto in esame, di una valida condizione di procedibilit�, pur dovendo laCorte sottolineare l�anomalia procedimentale per cui, a fronte della formale richiesta 8marzo 2005 del Ministro della Giustizia di procedere contro ignoti in ordine a tale delitto,
ai sensi dell�art. 10 cod. pen. (delitto �comune� commesso dallo straniero all�estero, per cuioccorre l�ulteriore presupposto che egli si trovi nel territorio dello Stato), il G.u.p. delTribunale di Roma, nel disporre il rinvio a giudizio del Lozano con decreto del 7 febbraio2007, ha qualificato lo stesso, secondo la concorde prospettazione del P.M. e delle PP.CC.
circa l�avvenuta lesione di interessi politici dello Stato, sottesi all�incarico governativo diottenere la liberazione della giornalista rapita, come delitto �oggettivamente politico�, per lacui procedibilit�, a differenza del delitto comune, l�art. 8 cod. pen. non prescrive, oltre larichiesta del Ministro della Giustizia, la necessaria presenza dello straniero nel territorionazionale. 

In definitiva, la declaratoria di non doversi procedere nei confronti del Lozano per

difetto della giurisdizione penale italiana va confermata, pur con le opportune rettificazioni,

nei termini suesposti, del percorso giustificativo delle ragioni della decisione impugnata. 

Al rigetto dei ricorsi della parte pubblica e della parte civile segue la condanna di que-
st�ultima al pagamento delle spese del procedimento, a norma dell�art. 592, comma 1 c.p.p.. 

P. Q. M. Rigetta i ricorsi e condanna la ricorrente parte civile al pagamento delle spese 
processuali.
Cos� deliberato in Roma il 19 giugno 2008�
. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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La natura giuridica degli enti fiera 


(Tribunale Amministrativo Regionale Lazio, sezione terza ter,
sentenza 1 aprile 2008 n. 2779) 


La memoria difensiva pubblicata in calce, presentata nell�ambito delcontenzioso sorto tra Fiera di Genova s.p.a. e A.G.COM. affronta la temati-
ca della natura giuridica degli enti fiera.

In 
particolare 
nella 
fattispecie 
Fiera 
di 
Genova 
s.p.a. 
aveva, 
in 
un 
primotempo, 
impugnato 
la 
nota 
del 
servizio 
ispettivo 
e 
registro 
dell�A.G.COM.
(449/CONSdell�8febbraio2007),concuilesiintimaval�adempimentodegli 
obblighi 
inerenti 
l�acquisto 
di 
pubblicit� 
istituzionale 
sui 
mezzi 
di 
comunica-
zione 
di 
massa 
di 
cui 
all�art. 
41 
D.Lgs. 
177/2005 
(t.u. 
radiotelevisione).

La ricorrente contestava l�applicazione dell�art. 41 nei propri confronti,
in quanto la trasformazione da ente pubblico economico in s.p.a. attuata pereffetto dell�art. 10 della legge 7/2001, escludendone la natura pubblicistica,
ne avrebbe impedito la riconducibilit� alle �amministrazioni pubbliche� eagli �enti pubblici anche economici�, soggetti formalmente destinatari del-
l�obbligo di pubblicit� istituzionale. Inoltre, anche sotto il profilo sostanzia-
le, la ricorrente Fiera rinveniva argomento contrario alla sua configurazionequale amministrazione pubblica nonch� quale organismo di diritto pubblico,
in quanto soggetto operante in mercati concorrenziali, dalla giurisprudenzacomunitaria formatasi con riguardo agli enti fiera.

Infine, la violazione dell�art 41 avrebbe rilevato anche per ci� che pro-
priamente attiene all�attivit� pubblicitaria svolta da Fiera di Genova. Infatti,
in ragione della ritenuta natura d�impresa commerciale, Fiera di Genova

s.p.a. non svolgerebbe attivit� di �comunicazione istituzionale�, bens� attivi-
t� di pubblicit� commerciale al pari delle altre imprese operanti in regime diconcorrenza.
In seguito, la ricorrente, con motivi aggiunti impugnava anche l�ordinan-
za -ingiunzione di pagamento di � 5.200,00, emessa da A.G.COM. a segui-
to dell�accertamento della violazione degli obblighi 
ex 
art. 41 cit.

In tale contesto veniva, pertanto, depositata in giudizio, gi� per l�udien-
za camerale fissata per la trattazione dell�istanza cautelare, la memoria incalce riprodotta. Vi si contesta l�argomento principale su cui si fonda il ricor-
so, vale a dire la natura d�impresa commerciale della ricorrente, sostenendo-
ne, viceversa, la natura di ente pubblico economico. E tale natura, da cui con-
segue l�applicabilit� dell�articolo 41 del T.U. 177/05, viene desunta da spe-
cifici indici di pubblicit�, ossia: 1) la natura interamente pubblica degli azio-
nisti tra cui � ripartito il capitale sociale, 2) il potere di nomina dell�interoconsiglio di amministrazione previsto dallo statuto esclusivamente in capoagli enti pubblici azionisti, nonch� 3) le finalit� di interesse pubblico espres-
samente assegnate a Fiera di Genova dalla legge regionale 8 del 9 febbraio2000 che ha funzionalizzato la disciplina dell�attivit� fieristica alla diffusio-
ne e all�incremento dell�attivit� produttiva regionale. 




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CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


215 


Pertanto ivi, in ragione degli indici rintracciabili nella fattispecie erichiamando la consolidata giurisprudenza di legittimit� circa l�ascrivibilit�degli enti fieristici alla categoria degli enti pubblici economici, si argomen-
ta la natura di ente pubblico economico di Fiera di Genova s.p.a., desumen-
done l�applicabilit� dell�art. 41 T.U. 177/2005 e deducendo conseguente-
mente il carattere istituzionale dell�attivit� pubblicitaria svolta dalla stessa. 

Il T.A.R. Lazio, sez. terza ter, con sentenza 2779/2008 si � pronunciatoaccogliendo il ricorso principale ed i motivi aggiunti, proposti da Fiera diGenova s.p.a., escludendo l�applicazione dell�art. 41 nei confronti della stes-
sa. Il Tribunale regionale non ha ritenuto gli indici di riconoscibilit� addottinella specie come realmente idonei a provare la natura di ente pubblico eco-
nomico di Fiera, in quanto non capaci di attestare il carattere meramente for-
male della sua privatizzazione 

In considerazione degli ultimi orientamenti della giurisprudenza ammi-
nistrativa sugli enti fiera (cfr C.d.S. sent. 2913/2008), volti a riconoscerenatura commerciale all�attivit� fieristica, si � ritenuto di prestare acquiescen-
za alla sentenza del T.A.R. 


Dott.ssa Valeria Camilli(*
) 


Tribunale Amministrativo Regionale peril Lazio, sezione terza ter, sentenza del 1 apri-
le 2008 n. 2779 
� Pres. 
I. Riggio � Rel. 
S. Fantini � Fiera di Genova S.p.a. (Avv.ti L. Cocchi 
e D. Vaiano) c/ A.G.COM. � Autorit� per le Garanzie nelle Comunicazioni (ct. 11309/07, 
Avv. dello Stato R. Guizzi)
. 


� (�) Fatto. 


Con atto ritualmente notificato e depositato la societ� ricorrente, derivante dalla tra-
sformazione, avvenuta nel 2003, in forza della legge n. 7/2001, dell�omonimo ente pubbli-
co economico, premesso di svolgere attivit� commerciale � fieristica in regime di libert� diimpresa e di concorrenza sul mercato, espone di avere subito, nel novembre 2006, un�ispe-
zione da parte di incaricati dell�A.G.COM., nella considerazione che non avrebbe ottempe-
rato a quanto previsto dall�art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005. 

Gi� in sede ispettiva la societ� esponente ha sostenuto di non essere soggetta alla pre-
detta normativa, ma l�A.G.COM. le ha contestato, con atto del 24 gennaio 2007, la manca-
ta indicazione delle somme destinate alla comunicazione istituzionale, nonch� il mancatorispetto delle quote percentuali impiegate per l�acquisto degli spazi sui mezzi di comunica-
zione di massa. 


Nonostante le controdeduzioni presentate in data 5 marzo 2007, con l�atto oggetto digravame l�A.G.COM., sotto comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie per il casodi mancata ottemperanza, ha chiesto di effettuare le prescritte comunicazioni nel termine diquindici giorni. 


(*) Dottoranda in Diritto costituzionale e pubblico generale, Universit� di Roma �LaSapienza� ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

216 


Avverso detto provvedimento deduce il seguente, articolato, motivo di diritto: violazio-
ne dell�art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005; carenza di potere; violazione della delibera n.
139/05/CONS del 7 marzo 2005.

L�art. 41 del T.U.R. ha come soggetti destinatari le amministrazioni pubbliche (di cuiall�art. 1, II comma, del D.Lgs. n. 165/01) e gli enti pubblici anche economici.

La Fiera di Genova � stata un ente pubblico economico, ma in seguito ha visto mutarela propria natura, in applicazione dell�art. 10 della legge n. 7/2001, con la trasformazione insociet� per azioni avvenuta nel 2003; � dunque, attualmente, un soggetto privato costituitoin forma di s.p.a.

Accanto 
a 
tale 
profilo 
formale 
va 
osservato 
come 
gi� 
l�art. 
1 
della 
legge 
n. 
7/2001prevedesse 
che 
l�attivit� 
fieristica 
� 
libera; 
tale 
norma 
� 
stata 
peraltro 
ritenuta 
incompati-
bile 
con 
il 
diritto 
comunitario 
dal1a 
sentenza 
15 
gennaio 
2002, 
in 
causa 
C-439/99, 
dellaCorte 
di 
Giustizia; 
in 
conformit� 
la 
legge 
n. 
7/2001 
� 
stata 
abrogata 
dall�art. 
6 
della 
legge

n. 
62/2005.
La Corte di Giustizia, con un�altra pronuncia, sempre riguardante l�ordinamento italia-
no (sentenza 10 maggio 2001), ha altres� escluso che gli enti fieristici possano considerarsiorganismi di diritto pubblico ai fini dell�applicazione della disciplina sugli appalti pubblici.

Anche sotto il profilo sostanziale, dunque, la Fiera di Genova S.p.a. non pu� conside-
rarsi un�amministrazione pubblica, ovvero un ente pubblico economico, ma un soggetto pri-
vato che opera in un settore di libero mercato concorrenziale, alla stregua di ogni altraimpresa commerciale.

La societ� ricorrente non intrattiene alcun rapporto pubblicistico con un ente di riferi-
mento, in forza di norme di diritto pubblico, ed il suo statuto non prevede prescrizioni esor-
bitanti rispetto a quelle tipiche di una societ� di diritto privato.

Si aggiunga a quanto precede che l�attivit� pubblicitaria svolta da Fiera di Genova

S.p.a. non � riconducibile a quella contemplata e regolata dall�art. 41 del T.U.R.; ed inveroquesta disposizione ha ad oggetto non gi� la pubblicit� commerciale, ma la comunicazione
o pubblicit� istituzionale, che � un qualcosa di completamente diverso sul piano funzionale,
come � dato inferire dalla previsione dell�art. 1 della legge n. 150/2000.
La comunicazione istituzionale riguarda l�esercizio di funzioni e servizi pubblici, e nonla pura attivit� di impresa, cui si addice la pubblicit� commerciale finalizzata all�accaparra-
mento della clientela. 


Quindi anche sul piano dei contenuti delle attivit� regolate dall�art. 41 del D.Lgs. n.
177/2005 la Fiera di Genova risulta estranea all�ambito di applicazione della norma.

In conclusione, la Fiera di Genova S.p.a. e la sua attivit� pubblicitaria non possono rite-
nersi in alcun modo soggette alla disciplina dell�art. 41 del D.Lgs. n.177/2005.

Si � costituita in giudizio l�A.G.COM. argomentatamente chiedendo la reiezione delricorso. 


Con successivo atto ritualmente notificato e depositato sono stati proposti motiviaggiunti avverso l�ordinanza-ingiunzione, di cui alla delibera n. 449/07/CONS in data 2agosto 2007, recante una sanzione pecuniaria di euro 5.200,00 per la violazione dell�art. 41,
I, III, IV 
comma, del D.Lgs. n. 177/05, deducendosi le seguenti censure:

1) Violazione dell�art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005; carenza di potere; violazione dell�art.
6 della legge n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione della deli-
bera n. 139/05/CONS del 7 marzo 2005.

In aggiunta a quanto gi� esposto nel ricorso principale, occorre replicare al corredomotivazionale del provvedimento impugnato. 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


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In primo luogo, non appare rilevante il fatto che Fiera di Genova S.p.a. abbia subitouna mera privatizzazione formale, continuando ad essere partecipata in misura maggiorita-
ria da Amministrazioni pubbliche (in particolare, il capitale � al 73% in mano di enti pub-
blici, e per il resto della F. s.p.a.); ed invero la titolarit� della maggioranza azionaria noncomporta un�influenza sulla societ� tale da snaturarne il carattere privato, ben potendosiriferire anche ad imprese delle quali ai pubblici poteri interessa l�esistenza sul mercato.

Nel caso di specie i soci pubblici detengono la S.p.a. Fiera affinch� la Liguria e Genovaabbiano un polo fieristico, ma la lasciano del tutto libera nella gestione della propria attivi-
t� imprenditoriale; in altre parole, non si vede imprimere una mission di pubblico interesse.

Allo stesso modo, non appare dirimente la facolt� di nomina degli amministratori attri-
buita statutariamente agli enti-soci.

Si tratta di un elemento inserito privatisticamente (con lo statuto), a norma dell�art.
2449 del c.c., nell�ambito di un�organizzazione privatistica che svolge attivit� di diritto pri-
vato in regime di concorrenza.

La previsione statutaria � stata inserita allo scopo di consentire che, fino a quando ilcapitale rimane in mano agli enti pubblici attuali soci, la rappresentanza di ciascuno nel con-
siglio sia equilibrata, in proporzione del suo peso nella compagine azionaria, ed in corri-
spondenza ad un iniziale accordo intervenuto tra gli enti stessi; in altri termini, si � intesoraggiungere l�effetto di un patto parasociale per mezzo della predetta previsione statutaria.

In 
terzo 
luogo, 
contrariamente 
a 
quanto 
ritenuto 
dall�A.G.COM., 
l�oggetto 
sociale 
dellaFieradiGenovaS.p.a.nonhaalcunaidoneit�adimostrareunapretesa 
�sostanza� 
pubblicistica.

In realt�, l�oggetto sociale della Fiera � l�esercizio dell�attivit� fieristica, che presentale gi� evidenziate caratteristiche commerciali, industriali e concorrenziali, sebbene rivestapure un interesse di carattere generale per lo sviluppo economico locale.

� improprio il riferimento ai �poteri di concessione�, espressione che richiama non gi�un potere pubblicistico, bens� la facolt� di disporre degli spazi attribuendone la disponibili-
t� a terzi, in relazione ad attivit� di interesse fieristico.

Indefinitiva,tuttiipretesiindicidiunasostanzapubblicisticadellaS.p.a.FieradiGenova,
indicatidall�Autorit�asostegnodelproprioimpugnatoprovvedimento,nonhannonelconcre-
tocasodispeciel�idoneit�adassolvereadunasiffattafunzione,essendocompatibiliancheconla 
natura 
sostanzialmente 
privatistica 
della 
societ� 
e 
spiegabili 
in 
tale 
prospettiva.

Va al contrario evidenziato come 1�A.G.COM. non ha considerato altri decisivi ele-
menti ai fini di una corretta qualificazione della natura giuridica della societ� ricorrente; inprimo luogo il fatto che l�organizzazione di detta societ� non � regolata da alcuna norma odaltro atto pubblicistico; in secondo luogo la circostanza che i suoi atti non sono soggetti acontrolli di pubbliche Autorit�; in terzo luogo l�insussistenza di poteri di direttiva od indi-
rizzo nei confronti di Fiera di Genova da parte di soggetti pubblici.

Inoltre la societ� ricorrente non fruisce di alcun finanziamento pubblico, n� subiscenessun altro tipo di influenza pubblicistica nella gestione.

Occorre 
inoltre 
ribadire 
che 
l�art. 
41 
del 
D.Lgs. 
n. 
177/05 
non 
appare 
applicabile 
all�at-
tivit� 
pubblicitaria 
svolta 
da 
Fiera 
di 
Genova 
S.p.a.
, 
avendo 
la 
norma 
ad 
oggetto 
non 
gi� 
lapubblicit� 
commerciale, 
ma 
la 
comunicazione 
o 
pubblicit� 
istituzionale 
(che 
evoca 
il 
concet-
to 
di 
attivit� 
amministrativa, 
secondo 
quanto 
pu� 
inferirsi 
dalla 
norma 
di 
cui 
alla 
legge 
n.
150/2000)
; 
sotto 
tale 
profilo 
si 
delinea 
il 
difetto 
di 
istruttoria 
del 
provvedimento 
gravato, 
chenon 
ha 
adeguatamente 
accertato 
i 
fatti 
rilevanti 
per 
l�applicazione 
della 
norma 
sanzionatoria.

2) In subordine : violazione dell�art. 11 della legge n. 689/1981 e dell�art. 3 della legge

n. 241/1990; difetto di istruttoria e di motivazione. 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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Nella 
parametrazione 
dell�entit� 
della 
sanzione 
al 
massimo 
della 
pena 
edittalel�A.G.COM. non ha affatto valorizzato i molteplici elementi a �discarico� precedentementedelineati, evidentemente incidenti sulla �gravit�� dell�infrazione, di cui la norma epigrafatarichiede che si tenga conto.

All�udienza del 14 febbraio 2008 la causa � stata trattenuta in decisione. 


Diritto 


1.-Il 
thema 
decidendum 
del 
ricorso 
principale 
ed, 
analogamente, 
del 
primo 
motivoaggiunto, 
rivolti, 
rispettivamente, 
avverso 
la 
nota 
prot. 
n. 
8842/07 
dell�
8 
febbraio 
2007, 
e 
ladeliberan.449/07/CONS,ruotaintornoall�asseritamenteerroneaapplicazionedell�art.41 
del

T.U.R.(D.Lgs.31luglio2005,n.177)fattadall�A.G.COM.nellafattispecieinesame,nell�as-
sunto 
che 
Fiera 
di 
Genova 
S.p.a. 
non 
sia 
tenuta, 
e 
sotto 
il 
profilo 
formale, 
e 
sotto 
il 
profilosostanziale,nonch�inragionedeltipodipubblicit�effettuata,alladisciplinasulla�destinazio-
ne 
della 
pubblicit� 
di 
amministrazioni 
ed 
enti 
pubblici�
, 
ed 
alla 
strumentale 
comunicazioneall�Autorit� 
delle 
somme 
impegnate 
per 
l�acquisto 
di 
spazi 
su 
mezzi 
di 
comunicazione 
dimassa, 
con 
conseguente 
illegittimit� 
della 
richiesta 
di 
effettuare 
le 
comunicazioni 
in 
materia,
e 
soprattutto 
dell�ordinanza-ingiunzione 
che 
sanziona 
l�omissione 
della 
comunicazione.
In sintesi, a sostegno della tesi della propria non soggezione all�art. 41 del T.U.R., Fieradi Genova S.p.a. allega di essere (a fare tempo dal 2003 non pi� ente pubblico economico,
ma) soggetto di diritto privato costituito in forma di s.p.a., privo dei connotati dell�organi-
smo di diritto pubblico, ed operante nel contesto di un libero mercato concorrenziale;
aggiunge che, sul piano oggettivo, l�attivit� pubblicitaria da essa svolta ha natura commer-
ciale, e non rientra dunque nell�ambito della �comunicazione istituzionale�, predefinita dal-
l�art. 1 della legge 7 giugno 2000, n. 150. 

L�assunto dell�A.G.COM., chiaramente desumibile dall�articolato corredo motivazio-
nale dell�impugnata delibera n. 449/07/CONS, 
e poi ribadito nei propri scritti difensivi, �che invece Fiera di Genova S.p.a. sia, nella sostanza, un ente pubblico (economico), cometale soggetto all�art. 41 del T.U.R., in quanto: a) 
la societ� � derivata da una privatizzazio-
ne meramente formale dell�ente pubblico economico �Fiera di Genova�, e ci� comporta ilpermanente vincolo al perseguimento del fine pubblico; b) 
la partecipazione pubblica mag-
gioritaria al capitale sociale, se giustifica la previsione statutaria che rimette agli enti pub-
blici-soci la nomina degli amministratori della societ�, conferma la natura pubblicistica del-
l�ente, gi� desumibile dall�oggetto sociale; c) 
la natura istituzionale della comunicazione 
pubblicitaria deve ritenersi compatibile anche con un oggetto sociale che contempla lo svol-
gimento di attivit� economiche.

Ritiene il Collegio, pur nella consapevolezza che la questione implicata dalla fattispe-
cie controversa prospetta problemi ermeneutici prismatici, a pi� facce, e non consente dun-
que di pervenire a soluzioni senza margini di incertezza, che debba essere preferita la pro-
spettazione di parte ricorrente. Procedendo per ordine, pu� essere anzitutto condiviso l�as-
sunto metodologico dell�A.G.COM. alla stregua del quale, prevalendo, ai fini della qualifi-
cazione di un soggetto come pubblico o privato, il criterio della sostanza sulla forma, a fron-
te di una privatizzazione meramente formale dell�ente pubblico economico, occorre orien-
tare l�indagine sulla base di �indicatori di tipo sostanziale che riflettono, da un lato, la fun-
zionalizzazione dell�attivit� istituzionale della � persona giuridica alla realizzazione difinalit� di interesse generale, e, dall�altro, la chiara sottoposizione della sua gestione ad uncontrollo pubblico�.

Ed invero, quanto meno a principiare dalla nota sentenza 28 dicembre 1993, n. 466della Corte costituzionale la giurisprudenza prevalente, con riferimento alle societ� deriva-



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te dalla privatizzazione formale degli enti pubblici economici, ha affermato il principio percui il solo mutamento della veste giuridica non � sufficiente ad escludere il controllo dellaCorte dei Conti sulle societ� (ex 
art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259)
; 
pi� generalmen-
te, ha definito di �diritto speciale� le societ� connotate da significativi tratti pubblicistici,
rinvenendo il criterio di qualificazione sul piano sostanziale (in termini, ex multis, Cons. 
Stato, Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498; Cons Stato, Sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478; Cons.
Stato, Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1206).

Posta questa premessa, si evince peraltro dal provvedimento sanzionatorio gravato chel�Autorit� ha utilizzato, quali �indici di riconoscibilit�� della natura pubblica della societ�,
la partecipazione pubblica al capitale sociale, la previsione statutaria che rimette agli entipubblici soci la designazione degli amministratori, nonch� le finalit� di interesse pubblicodesunte dall�oggetto sociale.

Sotto il primo profilo, occorre tenere conto della distinzione di fondo tra enti pubblicia struttura di s.p.a. e s.p.a. costituite o partecipate da enti pubblici, che hanno per� naturagiuridica di diritto privato.

Secondo il consolidato orientamento di dottrina e di giurisprudenza, la natura pubblicadel soggetto proprietario non condiziona la natura giuridica della societ� per azioni, che sipone come modello neutrale, bon � tout faire. Ove dunque non sia il diritto positivo a qua-
lificare in termini pubblicistici una societ�, ovvero a sottoporla ad una disciplina speciale,
le societ� per azioni semplicemente partecipate devono ritenersi societ� di diritto privato.

Ne 
consegue 
come, 
diper 
s�,la 
connotazione 
diFiera 
di 
Genova 
come 
societ� 
a 
parteci-
pazione 
pubblica 
largamente 
maggioritaria 
non 
valga 
a 
qualificarla 
come 
soggetto 
pubblico.

D�altro canto, anche riflettendo sulle modalit� di istituzione di questa societ�, si pu�evidenziare come la legge 11 gennaio 2001, n. 7, all�art. 10, nel prevedere il riordino, daparte delle Regioni, mediante trasformazione in s.p.a., degli enti fieristici gi� costituiti ericonosciuti, non ne ha predeterminato n� la denominazione, n� la necessaria propriet� pub-
blica di una quota maggioritaria.

Ed infatti il secondo comma del predetto art. 10 dispone che �gli statuti delle societ�per azioni possono prevedere la libera circolazione delle azioni emesse a seguito della tra-
sformazione�, potendosi dunque escludere che l�esistenza e la destinazione funzionale dellasociet� sia indisponibile alla volont� dei propri organi deliberativi.

Neppure pu� ritenersi indice significativo della natura pubblica della societ� ricorren-
te la circostanza per cui l�art. 16 del suo statuto preveda la designazione da parte degli entipubblici-soci dei membri del C.d.A., tra cui vengono scelti il Presidente, i Vice Presidenti el�Amministratore Delegato. Ed infatti tale disposizione statutaria appare conforme allanorma dell�art. 2499 del codice civile, che, nel disciplinare le societ� a partecipazione pub-
blica, enuclea, come unico, seppure significativo, profilo derogatorio rispetto al modellogenerale, proprio la possibilit� che lo statuto conferisca all�ente pubblico la facolt� di nomi-
nare uno o pi� amministratori o sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza.

La 
deroga 
rispetto 
al 
diritto 
comune, 
applicabile 
a 
tutte 
le 
societ� 
a 
partecipazione 
pub-
blica,consiste 
proprio 
nellapossibilit�di 
pattuireche 
la 
nomina 
elarevoca 
degli 
amministra-
tori 
siano 
sottratte 
alle 
deliberazioni 
dell�assemblea 
e 
riservate 
all�ente 
pubblico 
azionista.

Ne discende che l�art. 2449 del codice civile consente, in via generale, all�ente pubbli-
co di fruire di un potere di controllo non proporzionato alla sua partecipazione nel capitalesociale. 


Anche a condividere che tale situazione possa suscitare dubbi sulla compatibilit�comunitaria di una siffatta norma, come recentemente rilevato dalla Corte di Giustizia C.E. 




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con la sentenza 6 dicembre 2007, nei procedimenti riuniti C-463/04 e C-464/04, le disposi-
zioni statutarie che ad essa si conformano non possono apprezzarsi, come ha invece ritenu-
to 1�A.G.COM., alla stregua di �significative deviazioni rispetto allo schema legale tipicodelle societ� di capitali, anomalie sintomatiche della sua natura sostanzialmente pubblica�.

Una previsione statutaria attuativa di una disciplina di portata generale non pu�, in altreparole, costituire indice sintomatico della natura sostanzialmente pubblica di una societ� perazioni. 


N� coglie nel segno l�ulteriore assunto della delibera in esame secondo cui l�acquisi-
zione e conservazione di posizioni di comando in favore dei pubblici poteri prescinderebbedal mantenimento della loro qualit� di soci, in quanto, in realt�, una tale possibilit� risultapreclusa dall�intervenuta abrogazione dell�art. 2450 del codice civile ad opera del d.l. 15febbraio 2007, n. 10, convertito nella legge 6 aprile 2007, n. 46.

Occorre, anzi, rilevare come nel caso di specie si evinca dalle disposizioni statutarie un�contenimento delle prerogative pubblicistiche� sulla societ� partecipata; ed invero, a fron-
te della richiamata previsione dell�art. 2449 del codice, che consente all�ente pubblico dinominare e revocare gli amministratori secondo modalit� extra-assembleari, lo statuto (sem-
pre all�art. 16) stabilisce che gli amministratori sono revocabili a norma di legge, e soprat-
tutto che �l�eventuale revoca o sostituzione degli Amministratori spettano all�Assembleaordinaria dei soci�, e non dunque all�ente che li ha nominati.

Allo stesso modo, l�art. 2449 del codice civile consente agli enti pubblici di nominareanche i sindaci, mentre lo statuto di Fiera di Genova S.p.a., all�art. 21, prevede che questisiano nominati dall�assemblea. 


Con 
riguardo, 
poi, 
all�ulteriore 
argomento, 
utilizzato 
dall�Autorit�, 
secondo 
cui 
lo 
scoposociale 
statutariamente 
predefinito 
evidenzierebbe 
�finalit� 
di 
indubbio 
interesse 
pubblico,
rappresentatedallapromozionedellosviluppoeconomicoregionaleattraversolavalorizzazio-
ne, 
a 
fini 
commerciali, 
dei 
prodotti 
e 
dei 
servizi 
forniti 
da 
imprese 
operanti 
nel 
suddetto 
baci-
no 
territoriale�
, 
ritiene 
il 
Collegio 
didovermuovere 
daldato 
normativo, 
secondo 
cui 
�l�attivi-
t� 
fieristica 
� 
libera. 
Lo 
Stato 
e 
le 
regioni, 
di 
concerto 
con 
i 
comuni 
interessati, 
nell�ambitodelle 
rispettive 
competenze, 
garantiscono 
la 
libera 
concorrenza, 
la 
trasparenza 
e 
la 
libert�d�impresa,anchetutelandolaparit�dicondizioniperl�accessoallestrutturenonch�l�adegua-
tezza 
della 
qualit� 
dei 
servizi 
agli 
espositori 
ed 
agli 
utenti 
...
� 
(art. 
1, 
III 
comma, 
della 
leggequadro 
sul 
settore 
fieristico 
11 
gennaio 
2001, 
n. 
7, 
abrogata 
dalla 
legge 
18 
aprile 
2005, 
n. 
62).

Ipotizzandola come ancora vigente, gi� tale prescrizione legislativa, evidenzia che lesociet� che svolgono attivit� fieristica (e tale � l�oggetto della ricorrente, secondo il chiaroenunciato dell�art. 4 dello statuto) sono imprese che operano in regime di concorrenza;
ancora pi� esplicitamente, il successivo art. 2, lett. a), stabilisce che le manifestazioni fieri-
stiche sono �attivit� commerciali�
. 


Tali elementi, di per s�, male si conciliano con un modello di societ� avente natura pub-
blica. 


Al contrario, l�attribuzione alla societ� di compiti di rilievo pubblico � certamente com-
patibile con la natura privata del soggetto operatore.

Va aggiunto che la legge n. 7/2001 � stata, come premesso, abrogata dall�art. 6 dellalegge n. 62/2005 (legge comunitaria per il 2004), in esecuzione della sentenza della Cortedi Giustizia C.E. 15/1/2002, nella causa C-439/99.

Detta sentenza ha statuito che l�attivit� di organizzatore di fiere costituisce un�attivit�economica che rientra nel capitolo del Trattato relativo al diritto di stabilimento quando �svolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile 
e 




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continuativa, mentre rientra nel capitolo del Trattato relativo ai servizi quando � svolta daun cittadino di uno Stato membro che si sposta in un altro Stato membro per esercitare taleattivit� in via temporanea.

In tale modo, la Corte di Giustizia, come riconosciuto anche dall�Avvocatura delloStato nella propria memoria difensiva, ha affermato l�incompatibilit� con il principio di libe-
ra prestazione dei servizi e con la libert� di stabilimento di quelle norme statali o regionalitendenti a precludere a soggetti privati l�esercizio dell�attivit� fieristica. Un�ulteriore con-
ferma della natura commerciale dell�attivit� svolta dagli �enti fieristici� viene da un�altrasentenza della Corte di Giustizia, la 10 maggio 2001, nelle cause C-223/99 e C-260/99, con-
cernente l�ente Fiera di Milano, ma la cui portata dispositiva ha efficacia ultra partes, che 
ne ha escluso la natura di organismo di diritto pubblico, difettando la relativa attivit� pro-
prio del carattere non industriale o commerciale.

Non 
appare 
neppure 
fondato 
su 
solide 
basi 
l�assunto 
motivazionale 
della 
delibera

n. 
449/07/CONS 
secondo 
cui 
gli 
enti 
pubblici 
soci 
della 
S.p.a. 
Fiera 
di 
Genova 
ne 
orien-
terebbero 
la 
gestione.
Edinfattilasociet�nonrisultaintrattenerealcunrapportopubblicisticoconl�ente(melius 
gli 
enti) 
di 
riferimento, 
ad 
instar 
di 
un 
contratto 
di 
servizio, 
tale 
da 
imprimere 
una 
specificamissione 
di 
interesse 
generale, 
quand�anche 
economico, 
alla 
propria 
attivit� 
imprenditoriale,
n� 
la 
societ� 
risulta 
soggetta 
ad 
alcun 
potere 
di 
direttiva 
da 
parte 
dell�ente 
ausiliato.

Al contempo, non pu�, quale indice di influenza dominante, parlarsi di un finanziamen-
to pubblico (regionale), pari ad euro 3.700.000,00, avvenuto per il tramite di F. S.p.a., costi-
tuendo detto importo il conferimento iniziale di un socio pubblico per la costituzione diFiera di Genova S.p.A. remunerato attraverso gli utili di esercizio.

N� appare condivisibile l�assunto defensionale dell�A.G.COM. secondo cui dalla fun-
zionalizzazione dell�attivit� fieristica alla diffusione ed incremento dell�attivit� produttivaregionale, operata dalla L.R. Liguria 9 febbraio 2000, n. 8, deriverebbe una �destinazionefunzionale� anche della societ� ricorrente. Una siffatta interrelazione, che sarebbe, secondol�Avvocatura, idonea a connotare quanto meno in termini di necessariet� l�esistenza di Fieradi Genova S.p.a., non trova in realt� conforto nel testo normativo.

Ed 
invero 
l�art. 
5, 
sia 
nel 
testo 
originario, 
che 
in 
quello 
derivato 
dalla 
novella 
apportatadalla 
L.R. 
23 
giugno 
2005, 
n. 
8, 
nell�enucleare 
i 
soggetti 
organizzatori, 
precisa 
che 
le 
manife-
stazionifieristichesonoorganizzatedasoggettipubblicieprivati,senzadunqueindividuareunrapporto 
di 
strumentalit� 
necessaria 
con 
Fiera 
di 
Genova 
S.p.a.
, 
(rapporto) 
escluso 
anche 
dalsuccessivo 
art. 
13 
in 
tema 
di 
�politiche 
promozionali�
, 
che 
sono 
affidate 
all�ente 
regionale.

Sotto il profilo soggettivo pu� dunque conclusivamente ritenersi che Fiera di Genova

S.p.a. non rientri nell�ambito di applicazione dell�art. 41 del T.U.R., che vede come destina-
tari le Amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici anche economici, ma non anche i sog-
getti privati, tra cui vanno annoverate societ� per azioni partecipate da enti pubblici prive disignificativi tratti pubblicistici.
2. -Ritiene il Collegio che sia fondata anche la doglianza con cui viene dedotta l�inap-
plicabilit� dell�art. 41 del D.Lgs. n. 177/05 ratione obiecti, nella considerazione che l�atti-
vit� pubblicitaria svolta da Fiera di Genova S.p.a. non sia riconducibile alla comunicazione
o pubblicit� istituzionale. Ora, precisato che questa censura non pu� ritenersi, contrariamen-
te a quanto sostenuto dall�Avvocatura, tautologica, nel senso di meramente consequenzialealla risoluzione del problema della natura giuridica del soggetto che si avvale della pubbli-
cit�, in quanto non pu� escludersi che un ente pubblico economico svolga anche pubblicit�non istituzionale (e dunque semplicemente commerciale, finalizzata cio� al procacciamen-

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AVVOCATURA 
DELLO 
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� N. 3/2008

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to di clientela), � indubbio che nel caso di specie le due questioni, per la forza dell�argomen-
to di inclusione (secondo cui il pi� comprende il meno), vengono a sovrapporsi.

Si intende dire che l�esclusione della natura pubblicistica della societ� ricorrente indu-
ce anche ad escludere che la stessa possa avere svolto pubblicit� istituzionale sui mezzi dicomunicazione di massa, senza comunicare le somme impegnate per l�acquisto degli spazipubblicitari. In ogni modo, appare al Collegio viziato l�assunto motivazionale della gravatadelibera n. 449/07/CONS secondo cui �la natura istituzionale della comunicazione pubbli-
citaria ... deve ritenersi pienamente compatibile anche con un oggetto sociale che contemplilo svolgimento di attivit� prevalentemente o esclusivamente economiche, atteso che la stes-
sa norma di riferimento espressamente include tra i soggetti pubblici anche gli Enti pubbli-
ci economici, per definizione istituzionalmente votati all�ottenimento di una quota rilevan-
te di ricavi attraverso la produzione di beni e la commercializzazione di servizi�.

Ed infatti, proprio in ragione della nozione tecnica e dei contenuti specifici della �atti-
vit� di informazione e di comunicazione istituzionale�, evincibile dall�art. 1 della legge n.
150/00, l�Autorit�, anche assumendo la natura pubblica della societ�, avrebbe dovuto tene-
re conto e verificare quanto espressamente rappresentato da Fiera di Genova in ordine alfatto di non avere mai svolto siffatta attivit� di comunicazione. 


In questi termini, il provvedimento gravato, dando per scontato ci� che in realt� non loera, � incorso anche nel difetto di istruttoria. Anche sotto tale profilo oggettivo deve dunqueaffermarsi la non soggezione della societ� ricorrente all�art. 41 del T.U.R.

3. -Alla stregua di quanto precede il ricorso principale ed il primo motivo aggiuntodevono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati; il che esime ilCollegio dalla disamina del secondo motivo aggiunto, peraltro articolato in via subordinata,
con cui si contesta la misura della sanzione pecuniaria.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio � Sezione 
terza ter 
definiti-
vamente pronunciando, accoglie il ricorso principale ed i motivi aggiunti, con conseguenteannullamento degli atti impugnati. Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall�Autorit� amministrativa. Cos� decisoin Roma, nella camera di consiglio del 14 febbraio 2008 (...)�
. 


Avvocatura Generale dello Stato � Tribunale Amministrativo Regionale per 
il Lazio, 
sezione terza ter � Memoria difensiva 
per l�Autorit� per le Garanzie nelle Comunicazioni 
(A.G.COM.). 

�Conattonotificatopressol�esponenteAvvocaturaloscorso8ottobre,laFieradiGenova

s.p.a. 
ha 
impugnato 
� 
chiedendone 
l�annullamento, 
previa 
sospensione 
dell�efficacia 
� 
l�ordi-
nanza 
ingiunzione 
di 
cui 
alla 
delibera 
449/07/CONS, 
con 
cui 
l�A.G.COM. 
le 
ha 
ingiunto 
ilpagamento 
della 
somma 
di 
� 
5.200,00 
avendo 
accertato, 
a 
carico 
di 
essa 
ricorrente, 
la 
viola-
zionedelledisposizionicontenuteall�articolo41commi1,3e4delD.Lgs.177/05.Lapredet-
taimpugnativasiinseriscenelsolco 
delgiudiziogi�pendenteinnanziacodestoIll.moT.A.R.
epromossoavversolanota 
�diffidadelservizioispettivodell�AGCOMdell�8febbraio2007,
con 
cuiveniva 
intimatoallaFiera 
diGenova 
s.p.a.di 
ottemperare 
all�obbligodi 
comunicazio-
nedellesommeimpegnate 
afini 
dipubblicit� 
istituzionalein 
relazione 
agli 
anni2004 
e2005,
dietro 
comminatoria 
dell�applicazione 
della 
sanzione 
in 
fatto 
irrogata 
con 
l�ordinanza 
oggettodel 
gravame 
cui 
si 
resiste. 
Gi� 
in 
occasione 
della 
pregressa 
impugnativa, 
la 
s.p.a. 
Fiera 
di 

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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


223 


Genova 
� 
anticipando 
le 
argomentazioni 
difensive 
pi� 
diffusamente 
illustrate 
nell�odiernoricorso 
� 
aveva 
contestato 
l�applicabilit� 
nei 
suoi 
confronti 
della 
normativa 
in 
tema 
di 
pubbli-
cit�istituzionale,assumendo 
diaverdismessolaqualit� 
diente 
pubblico 
economico,giustalatrasformazione 
in 
societ� 
per 
azioni 
effettuata 
ai 
sensi 
dell�articolo 
10 
della 
legge 
7/2001 
e 
dinonrientrare,perl�effetto,nelnoverodeisoggetti(appuntolepubblicheamministrazionieglienti 
pubblici, 
anche 
economici) 
destinatari 
dell�obbligo 
sancito 
dall�articolo 
41 
del 
D.Lgs.
177/05; 
adduceva, 
poi, 
quale 
ulteriore 
argomento 
a 
supporto 
della 
propria 
estraneit� 
all�ambi-
todi 
applicazionedellanorma 
dequa,una 
considerazionediordine 
oggettivo,incentratasulla 
natura 
commerciale 
dell�attivit� 
pubblicitaria 
svolta 
da 
essa 
ricorrente, 
finalizzata 
cio� 
all�ac-
quisizione 
di 
quote 
di 
mercato 
e 
non 
gi� 
all�informazione 
e 
comunicazione 
delle 
pubblicheamministrazioni 
cui 
�, 
invece 
, 
preordinata 
la 
pubblicit� 
istituzionale 
(stando 
alla 
definizioneche 
se 
ne 
ricava 
dall�articolo 
1 
della 
legge 
n. 
150/2000).

Ebbene, 
anche 
a 
voler 
prescindere 
da 
ogni 
considerazione, 
pur 
decisiva 
in 
sede 
cautela-
re,inordinealpericuluminmoracheapparefrancamenteinsussistente,inragionedellanatu-
ra 
strettamente 
pecuniaria 
della 
sanzione 
comminata 
(peraltro 
di 
importo 
assai 
modesto 
e,
come 
tale, 
inidonea 
ad 
incidere 
in 
maniera 
apprezzabile 
sull�assetto 
patrimoniale 
dell�entericorrente) 
che 
vale 
ad 
escludere 
in 
radice 
l�irreparabilit� 
del 
pregiudizio, 
il 
ricorso 
avversa-
rio 
merita, 
comunque, 
esito 
di 
rigetto 
perch� 
totalmente 
privo 
di 
alcun 
fumus 
di 
fondatezza. 


L�impianto argomentativo sotteso al ricorso avversario appare incentrato, in sostanza,
sul misconoscimento della qualit� soggettiva di ente pubblico economico che la ricorrentepretende di fondare sull�avvenuta trasformazione in societ� per azioni, ai sensi dell�articolo10 della legge7/2001, e sull�inidoneit� degli indici fattuali espressamente menzionati nelladelibera dell�AGCOM � quali la ripartizione del capitale sociale, la previsione statutariadella riserva, in favore degli enti pubblici azionisti, della nomina di tutti componenti delconsiglio di amministrazione, l�indicazione, quale scopo sociale, della promozione dellosviluppo economico regionale � ad attestare, come preteso dall�Autorit� resistente, il carat-
tere solo formale dell�avvenuta privatizzazione. In altri termini, secondo l�avversa prospet-
tazione, la Fiera di Genova, 
in conseguenza dell�assunzione della forma societaria, si atteg-
gerebbe quale normale impresa commerciale, operante come soggetto privato all�interno diun mercato concorrenziale, l�oggetto sociale identificandosi, invero con l�esercizio di un�at-
tivit� � quella fieristica � cui andrebbero riconosciute caratteristiche commerciali a tutti glieffetti, anche alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustiziaed ispirati all�esigenza di tutela della libert� di impresa e della libera concorrenza in tale set-
tore; di guisa che a nulla varrebbero, in contrario, sempre secondo l�avverso assunto, le con-
siderazioni formulate dall�Autorit� garante circa le finalit� dichiaratamente di interessegenerale (recte, pubblicistiche) dell�attivit� svolta da essa ricorrente.

Ebbene, l�argomentazione principale su cui si fonda l�avverso ricorso � e che, giovaribadirlo, si incentra sulla natura di impresa della societ� ricorrente (l�altro, riferito argo-
mento, vertente sull�inapplicabilit� dell�art. 41 ratione obiecti 
appare, francamente, tautolo-
gico, la natura commerciale piuttosto che istituzionale della pubblicit� dell�ente essendo,
invero, subordinata all�individuazione della sua natura giuridica), non risulta decisiva, ovesi consideri che l�ente pubblico economico, al cui novero indiscutibilmente appartengono gli 
enti fiera, come meglio si dir� tra breve, � per definizione un�impresa 
(pubblica), rappresen-
tando niente altro che un modulo organizzatorio attraverso cui si realizza l�intervento diret-
to dello Stato nell�economia. 

A 
ben vedere, le indicazioni elaborate in sede comunitaria (segnatamente la direttiva80/723/CEE), alla stregua della quali pu� qualificarsi come pubblica quell�impresa su cui 
i 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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pubblici poteri esercitino un�influenza dominante 
(nel senso cio� che lo Stato, ovvero altrienti pubblici, territoriali e non, ne detengano la maggioranza del capitale, dispongano dellamaggioranza dei voti o possano nominare pi� della met� di membri dell�organo di ammini-
strazione) confermano l�insufficienza del mero riferimento alla natura imprenditoriale del-
l�ente al fine di escluderne la sostanza pubblicistica; piuttosto, la riscontrata ed, in punto dimero fatto, nella specie neppure contestata presenza degli indici di influenza dominante 
rap-
presenta un indizio univoco del carattere solo formale della privatizzazione della ricorrenteFiera di Genova. Risulta, invero, per tabulas, dal documento in allegato 4 alla presentememoria, che l�azionariato della Fiera � al 73% in mano pubblica (Regione, Provincia,
Camera di Commercio, Autorit� portuale) ed al restante 27% in mano della F., societ� finan-
ziaria ligure per lo sviluppo economico, il cui pacchetto azionario � detenuto al 53% dallaRegione Liguria ed alla quale la medesima Regione ha assegnato, sulla base di norma dilegge ad hoc 
(art.1 l.r. n. 40 del 15 novembre 2002) un finanziamento di � 3.700.000,00 perla partecipazione, per conto di esso ente locale, alla societ� derivante dalla trasformazionedell�Ente autonomo internazionale Fiera di Genova (il che, sia detto per inciso, smentiscel�affermazione contenuta a pagina 19 del ricorso, secondo cui la ricorrente non godrebbe dialcun finanziamento pubblico e conferma la natura schiettamente pubblicistica della socie-
t�: diversamente, il finanziamento in questione non si sottrarrebbe a seri dubbi di compati-
bilit� con il divieto comunitario di aiuti di Stato; mentre � certamente giustificato, ex 
art. 86 
par. 2 CE, dall�attribuzione alla fiera di un �servizio di interesse economico generale�; ilche, traducendo il concetto comunitario in categorie interne, contribuisce a connotare lasociet� fieristica come ente pubblico economico, quali gli enti del genere sono sempre stati).
Del pari, � incontestato in fatto che gli enti pubblici azionisti, per espressa previsione statu-
taria, siano titolari del potere di nomina dell�intero 
consiglio di amministrazione, altro indi-
ce rilevante ai fini che ne occupano.

N� la bont� di tale assunto trova smentita nell�orientamento formatosi in seno alla giu-
risprudenza comunitaria che (nella decisione C-439/99, citata ex adverso) ha statuito circal� 
incompatibilit� con il principio di libera prestazione di servizi e con la libert� di stabili-
mento di quelle norme nazionali, e/o di legislazione regionale, tendenti, in ultima analisi aprecludere a soggetti privati l�esercizio dell�attivit� fieristica (in tal senso dovendo, invero,
ragionevolmente intendersi l�affermazione della contrariet� agli articoli 52 e 59 del TrattatoCE di quelle norme regionali che subordinavano l�attivit� di organizzatore di fiere all�inter-
vento di autorit� pubbliche nella designazione totale o parziale degli organi di enti fieristi-
ci, ovvero al rilascio di un provvedimento autorizzatorio). La tesi della ricorrente che pre-
tende di trarre dai principi affermati dalla Corte una conferma indiretta della propria naturadi impresa privata finisce, in realt�, per provare troppo; la sostanziale privatizzazione delsettore fieristico, scaturita anche dal mutamento del quadro normativo di riferimento conse-
guente agli interventi della Corte di Giustizia, se consente, da un lato, di escludere il mono-
polio pubblico dell�attivit� fieristica (nel senso che essa non pu� essere pi� esercitata in viaesclusiva da enti pubblici o da soggetti formalmente privati, ma partecipati dai pubblicipoteri) non implica, per�, automaticamente, come pretende controparte, il riconoscimentodella natura indefettibilmente privatistica degli operatori del settore, laddove essa sia � come 
nella specie � � smentita dalla sussistenza di precisi indicatori della natura pubblicistica delsoggetto esercente l�attivit�, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita.

La verit� � che alcuna delle argomentazioni spese nel ricorso � idonea a smentire lanatura di ente pubblico economico 
della Fiera di Genova s.p.a. (e quindi come tale destina-
taria degli obblighi sanciti all�articolo 41 D.Lgs. 177/05). D�altronde, dell�ascrivibilit� degli 




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NAZIONALE 


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enti fieristici alla categoria degli enti pubblici economici non si � mai dubitato, alla luce delcostante orientamento della giurisprudenza della Cassazione; basti richiamare al riguardo lanota sentenza delle Sezioni Unite n. 97/2000 sull�ente Fiera di Milano che recependo nume-
rosi precedenti delle medesime S.U. (a partire dalla sentenza n. 4002 del 1982) ha ribaditocome l�ente � fiera pur perseguendo finalit� di interesse generale operi nel settore della pro-
duzione o scambio di beni e servizi mediante un�organizzazione di tipo imprenditoriale edietro corrispettivi diretti al recupero dei costi della relativa attivit� (il cosiddetto scopo di 
lucro in senso oggettivo).

N� tale situazione � sostanzialmente mutata per effetto dell�entrata in vigore della legge 


� quadro sull�attivit� fieristica (la n. 7 dell�11 gennaio 2001), ed in particolare della previ-
sione dell�articolo 10 invocato ex adverso, che nel demandare alle Regioni la disciplina diriordino degli enti fieristici ne prevedeva la trasformazione anche in societ� per azioni,
senza tuttavia che dall�assunzione di un diversa forma giuridica potesse derivare, in quelquadro normativo, una modifica della sostanza pubblicistica dell�ente. 
N� in contrario varrebbe obiettare che l�abrogazione della predetta legge � quadro adopera della legge comunitaria per il 2004 (n. 62 del 18 aprile 2005) abbia di fatto compor-
tato il mutamento della natura giuridica dell�ente fiera (da ente pubblico economico a impre-
sa commerciale costituita in forma di s.p.a). L�abrogazione della legge quadro va inscritta, 
invero, nell�ambito del processo di privatizzazione 
del settore fieristico e si � resa necessa-
ria nella misura in cui detta legge conteneva prescrizioni idonee a configurare l�attivit� fie-
ristica in termini di attivit� sottoposta ad un regime autorizzatorio; tuttavia essa non potevacomportare � n� in fatto ha comportato � un mutamento della natura giuridica dell�ente-
fiera, le cui vicende soggettive sono rimaste insensibili alla predetta abrogazione, che nonha, significativamente, inciso � non determinandone, infatti, la caducazione � sulla gi� avve-
nuta trasformazione della forma giuridica dell�ente in s.p.a..

La verit� � che carattere dirimente al fine di affermare la perdurante natura pubblicadell�ente assume la considerazione della specifica finalit� pubblicistica assegnatagli dallalegge. Si vuol dire, in altri termini, che se indubbiamente la circostanza che lo svolgimentodi una certa attivit� risponda ad una generica finalit� di interesse collettivo non vale di pers� ad attribuire sostanza pubblicistica al soggetto che tale attivit� eserciti, � altrettanto vero,
per� che, una tale connotazione in senso pubblicistico si produca indefettibile in presenza dinorma di legge che correli all�esercizio di una data attivit� una specifica 
finalit� di interes-
se pubblico. E nella specie ci� � quanto avvenuto con la legge regionale n. 8 del 9 febbraio2000 che ha funzionalizzato la disciplina dell�attivit� fieristica alla diffusione e all�incre-
mento dell�attivit� produttiva regionale. 

L�assegnazione pertanto all�attivit� fieristica di una specifica finalit� di interesse pub-
blico 
� ribadita anche nell�ulteriore intervento del legislatore (si allude alla gi� citata l.r.
40/2002) merc� l�assegnazione alla finanziaria regionale di un assai ingente finanziamentoal fine della partecipazione dell�ente locale alla Fiera 
� se vale, da un lato, a connotare in 
termini di necessariet� 
l�esistenza dell�ente medesimo, d�altro lato consente di confermare,
nel concorso dei sopradetti indici di pubblicit� � non esclusi, n� contraddetti dalla privatiz-
zazione del settore � la natura di ente pubblico della ricorrente societ�.

Tanto premesso ed osservato, e con riserva di ulteriore deduzione difensiva, si chiedeil rigetto del ricorso e dell�istanza cautelare, con il favore delle spese di lite. 
Roma, 22 ottobre 2007 � Avvocato dello Stato Roberta Guizzi�
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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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Obbligo di motivazione sulla valutazione delle
prove di concorso: 
il punteggio alfanumerico non basta 


(Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sezione quinta, sentenza 2settembre 2008 n. 9992) 


Il T.A.R. Campania, con la sentenza 2 settembre 2008 n. 9992, torna apronunciarsi sul dibattuto tema della motivazione degli atti concorsuali divalutazione delle prove orali o scritte. 

Si tratta di un importante passo avanti nella piena affermazione, nellamateria dei pubblici concorsi, del principio di pubblicit� e trasparenza del-
l�azione amministrativa. Un percorso doveroso in una materia, quella delleassunzioni per il pubblico impiego, dove � fondamentale rimuovere agliocchi della collettivit� qualsiasi dubbio circa l�imparzialit� della pubblicaamministrazione.

Gi� da qualche anno (a partire da Cons. Stato, sez. VI, 30 aprile 2003, n.
2331) il Consiglio di Stato aveva correttamente riveduto le sue posizioni tra-
dizionali, scardinando l�antica affermazione secondo cui il punteggio nume-
rico rappresenta di per s� l�implicita motivazione, senza necessit� di alcunaulteriore specificazione: importanti, in tal senso, i richiami alla trasparenza ealla necessaria comprensibilit� dell�iter logico dal quale scaturiscono i pun-
teggi numerici assegnati. 

Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato si era poi smentito con successivepronunce (v. Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5175 e Cons. Stato, sez.
IV, 17 settembre 2004 n. 6155), affermando che �anche dopo l�entrata invigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, il voto numerico costituisce suffi-
ciente motivazione del giudizio relativo alla valutazione della prova scrittadi un esame�. Avoler tacere, poi, della tesi estrema e formalistica che esclu-
deva in toto l�obbligo di motivazione dei giudizi sulle prove di concorsosulla base della natura non provvedimentale delle valutazioni, espressione didiscrezionalit� tecnica.

A 
fronte di un panorama giurisprudenziale cos� frammentato � interve-
nuta la Corte costituzionale: nella stessa ordinanza (27 gennaio 2006, n. 28)
in cui dichiarava inammissibili le questioni di legittimit� costituzionale del-
l�art. 3 legge 241/90, la Consulta aveva �suggerito� ai giudici amministrati-
vi di adottare letture ermeneutiche conformi ai principi costituzionali, e inparticolare agli artt. 3, 24, 97, 98 e 113 Cost., nella direzione di un pi� pre-
gnante obbligo motivazionale a carico della P.A. nella materia dei concorsipubblici.

Oggi, nel solco di quella �esortazione� dei giudici costituzionali, il

T.A.R. Campania assesta un colpo importante alla tesi restrittiva tradiziona-
le, precisando che �sotto il profilo dell�adempimento dell�obbligo di motiva-
zione�il voto numerico � sufficiente, ma solo a condizione che esso sia leg-
gibile o interpretabile alla stregua di una congrua e articolata predetermi-

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NAZIONALE 


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nazione dei criteri stabiliti per la sua attribuzione�. La motivazione dellasentenza passa attraverso una valorizzazione del dato normativo di cuiall�art. 12 del d.P.R. n. 487/94 (regolamento recante norme sull�accesso agliimpieghi nelle pubbliche amministrazioni e sulle modalit� di svolgimentodei concorsi), secondo cui �le commissioni esaminatrici alla prima riunione, 
stabiliscono i criteri e le modalit� di valutazione delle prove concorsuali, daformalizzare nei relativi verbali al fine di assegnare i punteggi attribuiti allesingole prove�.

Ed infatti nel caso di specie era proprio la predeterminazione dei criteria mancare, avendo la commissione omesso di definire alcunch� in meritoalle modalit� di giudizio delle prove concorsuali; salvo poi elencare, nei ver-
bali della seduta dedicata alla correzione delle prove scritte, un confuso elen-
co di criteri di giudizio da applicarsi alle sole prove scritte, limitandosi aduna vuota formula di stile (�tenuto conto delle risposte fornite alle doman-
de�) per la valutazione della prova orale.

L�illegittimit� di una tale prassi, del resto, � testimoniata anche dalleistruzioni generali impartite dalle stesse amministrazioni interessate, le qualivanno adeguandosi alle istanze sociali, prima ancora che giurisdizionali, dichiarezza e trasparenza nei procedimenti concorsuali. Emblematica, in talsenso, � l�ordinanza del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 9 ottobre 2008, n.
368, la quale concede tutela cautelare alla ricorrente rilevando che �gli ela-
borati 
sono stati valutati solo con attribuzione di un punteggio numerico, inviolazione anche delle istruzioni impartite al riguardo dalla Commissionecentrale per l�esame di avvocato, sessione 2007, con nota del 20 dicembre2007�.

Accogliendo il ricorso del candidato risultato non idoneo, il T.A.R.
Campania si pronuncia anche sulla giurisdizione del giudice ordinario inordine alla declaratoria di invalidit� del contratto stipulato dalla P.A. con ilvincitore del concoso. Il contratto, pur collocandosi a valle di un procedi-
mento pubblicistico di selezione della controparte, � da considerarsi un attodi diritto privato. Dunque, unico sindacatore del contratto e della sua esecu-
zione resta il giudice ordinario, ferma restando la tutela che il privato pu�ottenere grazie all�effetto conformativo della sentenza caducatoria del G.A.
e attraverso un eventuale giudizio di ottemperanza. 


Dott. Alessandro Nastri(*
) 


Tribunale Amministrativo Regionale per 
la Campania, sezione quinta, sentenza 2 set-
tembre 2008 n. 9992 
� Pres.A. Onorato � Rel. 
P. Carpentieri � C.G. (Avv. F. Filipponio) c/
Comune (...), in persona del Sindaco p.t. (Avv.ti A. Carlino e L. Cicatiello) e nei confrontidi N.C. (Avv. M. Costabile) e S.C. (Avv. B. Della Morte). 

(*
) 
Dottore 
in 
Giurisprudenza, 
ammesso 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato. 




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AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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�(�) Fatto e Diritto

Con il ricorso in trattazione � notificato il 17 dicembre 2007, e depositato in Segreteria 
il 22 dicembre 2007 � il sig. C. G. ha impugnato gli atti della procedura concorsuale indica-
ta 
in 
epigrafe, 
indetta 
dal 
Comune 
(�
) 
con 
bando 
approvato 
con 
determina 
dirigenziale 
del2001,confermatacondeliberazionedel28febbraio2006,perlacoperturaatempoindetermi-
nato 
di 
un 
posto 
vacante 
di 
istruttore 
tecnico 
di 
categoria 
C, 
con 
posizione 
economica 
C1,
all�esitodellaqualeilricorrente,nonostanteilpositivoesitodelleprovescrittaepratica(nellequali 
aveva 
ottenuto 
il 
punteggio 
di 
27/30 
e 
21/30)
, 
� 
stato 
infine 
giudicato 
non 
idoneo 
peraver 
conseguito 
alla 
prova 
orale 
un 
punteggio 
(17/30) 
inferiore 
alla 
soglia 
minima 
di 
punti21/30 
stabilita 
dal 
bando 
(vincitore 
del 
concorso 
risultava 
il 
sig. 
N. 
C.
, 
con 
complessivi 
punti52, 
mentre 
secondo 
classificato 
era 
proclamato 
il 
sig. 
S. 
C.
, 
con 
complessivi 
punti 
45).

Parte ricorrente ha dedotto, a sostegno del proposto gravame, diversi motivi di viola-
zione di legge e di eccesso di potere (violazione dell�art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 487 del1994, per omessa predeterminazione, da parte della commissione giudicatrice, dei criteri perl�assegnazione dei punteggi da attribuire alle singole prove; insufficienza del richiamo, ope-
rato dalla commissione nella prima riunione del 6 marzo 2007, all�art. 31 del regolamentocomunale per l�accesso agli impieghi, che contiene una laconica e inadeguata considerazio-
ne delle modalit� di valutazione delle prove concorsuali; conseguente insufficienza motiva-
zionale del mero voto numerico assegnato dalla commissione; mancata indicazione del votoespresso da ciascun commissario; omessa motivazione, nel verbale n. 10 relativo alle proveorali, dei voti numerici attribuiti, in contrasto con i verbali nn. 8 e 9, relativi alle prove scrit-
te, nei quali, invece, sarebbe stata fornita una motivazione dei giudizi sugli elaborati dei can-
didati; illogicit� del giudizio negativo formulato in sede di prova orale, rispetto ai buonirisultati delle prove scritta e pratica e rispetto ai titoli vantati dal ricorrente, diploma di geo-
metra e laurea in ingegneria, violazione del divieto di inserire domande �a sorpresa� nellaprova orale).

Si sono costituiti ed hanno resistito in giudizio il Comune (�) e i soggetti controinte-
ressati (vincitore del concorso e secondo classificato), variamente contestando in rito e nelmerito le avverse deduzioni e prospettazioni.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 22 gennaio 2008 e depositato il 24 gennaio2008 il ricorrente ha quindi contestato, per vizi di invalidit� derivata, i conseguenti e suc-
cessivi atti concernenti la stipula del contratto individuale di lavoro con il sig. N., vincitoredella procedura selettiva.

Alla pubblica udienza del 17 luglio 2008 la causa � stata chiamata e introitata in deci-
sione. 


Il ricorso � fondato e merita pertanto accoglimento.

Con il primo, articolato, motivo di censura parte ricorrente si duole, in sostanza, del-
l�insufficienza del voto numerico, privo, riguardo alla prova orale, di ogni altra motivazio-
ne, e ci� in raccordo alla dedotta violazione della prescrizione dell�art. 1 del d.P.R. n. 487del 1994 di predefinizione, da parte della commissione giudicatrice di criteri per l�assegna-
zione dei punteggi numerici e per la valutazione delle singole prove.

Tra 
le 
due 
opposte 
tesi 
che 
ancora 
si 
rinvengono 
nella 
giurisprudenza 
amministrativa 
inordineallaquestionedellasufficienzadelvotonumericosottoilprofilodell�adempimentodel-
l�obbligo 
di 
motivazione, 
il 
Collegio 
opta 
per 
la 
posizione 
intermedia, 
sicuramente 
la 
pi�ragionevole,secondolaqualeilvotonumerico�sufficiente,masoloacondizionecheessosia�leggibile� 
o 
interpretabile 
alla 
stregua 
di 
una 
congrua 
e 
articolata 
predeterminazione 
dei 
cri-
teri 
stabiliti 
per 
la 
sua 
attribuzione, 
predeterminazione 
che 
pu� 
essere 
contenuta 
direttamente 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


229 


nel 
bando 
e/o 
essere 
aggiunta 
(
o 
integrata) 
dalla 
commissione 
giudicatrice 
nella 
sua 
primariunione 
costituiva 
(
e 
comunque, 
come 
� 
ovvio, 
prima 
dell�esame 
o 
dello 
svolgimento 
delleprove).Al 
riguardogiova 
ricordareche,amentedelrichiamatoart.12 
delregolamentorecan-
te 
norme 
sull�accesso 
agli 
impieghi 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
le 
modalit� 
di 
svolgi-
mento 
dei 
concorsi, 
dei 
concorsi 
unicie 
dellealtre 
forme 
di 
assunzione 
nei 
pubblici 
impieghi,
di 
cui 
al 
d.P.R. 
n. 
487 
del 
1994, 
Le 
commissioni 
esaminatrici, 
alla 
prima 
riunione, 
stabilisco-
no 
i 
criteri 
e 
le 
modalit� 
di 
valutazione 
delle 
prove 
concorsuali, 
da 
formalizzare 
nei 
relativiverbali, 
al 
fine 
di 
assegnare 
i 
punteggi 
attribuiti 
alle 
singole 
prove. 


Nel caso di specie, come giustamente rilevato criticamente dal ricorrente, risulta pertabulas 
che la commissione giudicatrice, nella sua prima riunione effettiva, quella del 6marzo 2007 (verbale n. 2), ha operato un mero richiamo al regolamento comunale per l�ac-
cesso agli impieghi, �in particolare all�art. 31�, limitandosi a stabilire di �attenersi a quan-
to da esso stabilito in riferimento ai criteri e alle modalit� di valutazione delle prove con-
corsuali�. Ora, l�articolo 31 del predetto regolamento comunale, relativo all�accesso alla 6�
qualifica funzionale (istruttore), ora cat. C, sotto la lettera �C) Area tecnico � progettuale�,
si limita a indicare i titoli di studio e le prove di esame da sostenere, ma nulla dice circa icriteri di valutazione. L�articolo 42 del regolamento, riguardante lo svolgimento della provaorale, si limita per parte sua a stabilire che �nel giudizio inerente alla prova orale si dovr�tener conto in particolare del modo di esprimersi e della precisione concettuale soprattuttoper i profili professionali appartenenti al livello Ve superiori�, formulazione che il Collegiogiudica insufficiente a soddisfare la ritenuta necessit� di un�articolata e seria predetermina-
zione dei criteri di giudizio.

Il Collegio osserva peraltro come, nella fattispecie concreta in esame, la rilevata viola-
zione del disposto dell�art. 1 del d.P.R. n. 487 del 1994 e la conseguente insufficienza delmero punteggio numerico a soddisfare l�obbligo di adeguata motivazione discendente inlinea generale dalla previsione dell�art. 3 della legge n. 241 del 1990, risultano vieppi� evi-
denti alla luce del concreto modus operandi 
seguito dalla commissione. Questa, infatti,
come giustamente stigmatizzato dalla parte ricorrente, operando in modo contraddittorio,
mentre ha predeterminato i criteri di valutazione e motivato l�attribuzione del punteggio perle prove scritte e pratiche (dove pure tale esigenza sarebbe potuta apparire in linea astrattameno stringente, attesa la obiettiva riesaminabilit� dell�elaborato scritto), inspiegabilmentenulla di tutto ci� ha invece fatto con riguardo alla prova orale, che maggiormente, per la suaintrinseca natura, avrebbe richiesto tali adempimenti. 

Ed 
invero, 
mentre 
nel 
verbale 
n. 
8 
della 
seduta 
del 
17 
luglio 
2007, 
dedicata 
alla 
valuta-
zione 
delle 
prove 
scritte, 
la 
commissione 
ha 
precisato 
in 
modo 
compiuto 
e 
articolato 
i 
criteridi 
giudiziocui 
sisarebbe 
attenuta 
(�1^ 
prova: 
la 
valutazione 
terr� 
conto 
di: 
a) 
chiarezza 
del-
l�esposizione 
sintattica 
e 
grammaticale; 
b) 
chiarezza 
e 
coerenza 
logica 
. 
. 
. 
. 
; 
c) 
completez-
za 
della 
trattazione 
dell�argomento 
. 
. 
etc:
; 
2^ 
prova: 
a) 
capacit� 
del 
candidato 
di 
tradurrele 
scelte 
progettuali 
proposte 
dalla 
traccia 
nello 
specifico 
elaborato 
richiesto; 
b) 
grado 
disicurezza 
dimostrato 
. 
. 
. 
c) 
completezza 
della 
trattazione 
. 
. 
. 
etc.�)
, 
nel 
verbale 
n. 
10 
dellaseduta 
del 
28 
settembre 
2007, 
dedicata 
alla 
celebrazione 
della 
prova 
orale, 
riguardo 
ai 
crite-
ri 
di 
valutazione 
si 
rinviene 
la 
mera 
riproduzione 
della 
laconica 
frase 
contenuta 
nel 
gi� 
cita-
to 
art. 
42 
del 
regolamento 
(�nel 
giudizio 
inerente 
alla 
prova 
orale 
si 
dovr� 
tenere 
conto 
inparticolaredelmododiesprimersiedellaprecisioneconcettuale�).Allastessastregua,men-
tre 
nei 
verbali 
nn. 
8 
e 
(in 
prosieguo) 
9, 
relativi 
alla 
valutazione 
delle 
prove 
scritta 
e 
pratica, 
�formulataeriportataunacongruamotivazionedelpunteggiorelativoaciascunelaboratocor-
retto 
(�il 
punteggio 
corrispondente 
alla 
valutazione 
espressa 
� 
stato 
quindi 
attribuito 
cos� 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

230 


come 
di 
seguito 
specificato: 
1) 
Elaborato 
n. 
1�
: 
Punteggio 
21/30 
� 
L�illustrazione 
evidenzia 
solo 
alcune 
parziali 
conoscenze 
dell�argomento 
. 
. 
. 
etc.�
, 
e 
cos� 
a 
seguire 
per 
tutti 
gli 
altrielaborati)
, 
nulla 
del 
genere 
pu� 
invece 
rinvenirsi 
nel 
verbale 
n. 
10, 
relativo 
alla 
prova 
orale,
dove, 
per 
ciascun 
candidato 
esaminato, 
sono 
riportate 
solo 
le 
domande 
estratte, 
mentre 
lavalutazione 
� 
racchiusa 
nella 
sola, 
seguente 
formula, 
identicamente 
ripetuta 
per 
tutti 
i 
candi-
dati: 
�La 
Commissione, 
terminata 
la 
prova, 
allontana 
i 
presenti 
e 
tenuto 
conto 
delle 
rispostefornite 
alle 
domande, 
attribuisce 
al 
candidato 
sig. 
...
. 
punti 
...�
. 


Alla 
stregua 
dello 
specifico 
modo di operare della commissione emerge, ad avviso delCollegio, una evidente lacuna motivazionale che menoma la correttezza della procedura ene impedisce ogni seria controllabilit�, e ci� proprio, deve ribadirsi, nel pi� delicato e deter-
minante passaggio della valutazione della prova orale, dove massima � la discrezionalit�valutativa della commissione e minima � la traccia documentale dell�effettivo andamento 
della prova stessa. Risulta dunque monca e manchevole proprio la parte decisiva della pro-
cedura concorsuale oggetto di lite, quella in cui, in definitiva, si sono decise le sorti dellaselezione ed � stata determinata la vittoria dei soggetti controinteressati, peraltro, non pu�sottacersi anche questo profilo, con parziale ribaltamento degli esiti � quelli s�, documenta-
ti e motivati � delle precedenti prove scritte. � proprio la impalpabilit� dei giudizi puramen-
te numerici e la non riscontrabilit� degli stessi con qualsivoglia base documentale che avreb-
be invece imposto una predeterminazione dei criteri di giudizio e, soprattutto, un�analiticamotivazione sulla qualit� delle risposte fornite dai singoli candidati nella prova orale, ancorpi� ampia di quella che, per lo meno, era stata inserita e sviluppata nel verbale relativo allacorrezione delle prove scritte, tenuto anche del fatto, gi� sopra richiamato, che la valutazio-
ne della prova orale, costruita nel bando con l�introduzione di un soglia minima di idoneit�,
assumeva oggettivamente un rilievo particolarmente importante e delicato nella definizionedell�esito della procedura. 

Alla 
luce 
di 
queste 
considerazioni 
acquista 
vigore 
e 
rilievo 
anche 
l�ultimo 
profilodi 
cen-
suradedottodallapartericorrente,intesoaporreinevidenzalaillogicit�delgiudiziodiinido-
neit� 
formulato 
in 
sede 
di 
prova 
orale 
del 
ricorrente 
medesimo 
� 
senza 
alcuna 
motivazione 
e 
riscontro 
documentale 
� 
dalla 
commissione 
giudicatrice, 
in 
contrasto 
con 
gli 
esiti 
� 
essi 
s�, 
invece, 
motivati 
e 
documentati 
-delle 
precedenti 
prove 
scritte, 
dove 
il 
ricorrente 
aveva 
ripor-
tato 
lusinghieri 
discreti 
(27/30 
e 
21/30)
, 
inferiori, 
s�, 
rispetto 
a 
quelli 
del 
vincitore 
sig. 
N.
, 
mamiglioridiquellidelsecondoclassificato,sig.S.(cheavevaottenuto21/30e23/30).Parimentirilevante 
appare 
infine 
il 
profilo, 
pure 
dedotto 
dalla 
parte 
ricorrente, 
inteso 
a 
porre 
in 
eviden-
za 
la 
illogicit�, 
rispetto 
al 
rilievo 
dei 
titoli 
professionali 
specifici 
vantati 
(diploma 
di 
geometrae 
laurea 
in 
ingegneria)
, 
del 
giudizio 
di 
idoneit� 
conseguito 
alla 
prova 
orale, 
formulato 
dallacommissione 
nelle 
modalit� 
non 
controllabili 
che 
qui 
si 
sono 
criticate.

Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve dunque giudicarsi fondato e va accolto, conconseguente annullamento degli atti impugnati. L�amministrazione dovr�, per conseguenza,
riprendere e rifare la procedura selettiva a partire dall�ultimo degli atti legittimi, a partire,
dunque, dal verbale n. 9 del 7 agosto 2007, di redazione della graduatoria dei candidatiammessi all�orale, mentre dovr� rifare la prova orale, previa adeguata predeterminazione deicriteri di giudizio e avendo cura di riportate nel verbale, oltre alle domande estratte, ancheuna chiara, anche se sintetica, valutazione delle risposte fornite dai candidati.

Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha dunque attaccato i consequenziali attidi stipula del contratto di lavoro del controinteressato vincitore del concorso sig. N.C.

Il Collegio, in ossequio alle indicazioni di recente fornite dall�adunanza plenaria delConsiglio con la decisione n. 9 del 30 luglio 2008 e dalle sezioni unite della Cassazione con 




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IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


231 


la pronuncia 28 dicembre 2007, n. 27169 (nella analoga materia della sorte del contratto diappalto per effetto dell�annullamento dell�aggiudicazione), deve declinare la propria giuri-
sdizione su tale domanda, restando ascritta alla cognizione del G.O. la validit� e l�efficaciadell�atto contrattuale (salvo, come affermato nella plenaria, l�obbligo in capo all�ammini-
strazione soccombente di conformarsi alle statuizioni della sentenza di annullamento e la 
connessa possibilit� per il ricorrente di agire in sede di ottemperanza per ottenere, anchedinanzi al G.A., le pronunce consequenziali, che dovrebbero, ad avviso del Collegio, limi-
tarsi alla rilevazione e alla declaratoria della sopravvenuta caducazione del contratto, ovve-
ro della sua sopravvenuta inefficacia per l�inverarsi della condizione risolutiva tacitamenteinclusa nel contratto che sia stipulato tra le parti nonostante la pendenza del ricorso impu-
gnatorio degli atti presupposti, evento condizionante risolutivo costituito per l�appunto dallasentenza amministrativa di annullamento). Il difetto di giurisdizione sulla domanda propo-
sta con l�atto di motivi aggiunti investe, per�, il solo contratto [punto 2) della rubrica], manon anche la determinazione di contrattare, che resta, invece, impugnabile dinanzi al G.A.
ed � illegittima per illegittimit� derivata dalla riscontrata invalidit� degli atti presuppostilegittimanti la sua adozione.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della resistenteamministrazione comunale, nell�importo liquidato in dispositivo, potendo invece compen-
sarsi riguardo ai soggetti controinteressati.

P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione quinta, defini-
tivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l�effetto, annulla gli attiimpugnati con il ricorso principale, nonch� la determinazione dirigenziale n. 396 del 23novembre 2007, impugnata in sede di motivi aggiunti; dichiara inammissibile per difetto digiurisdizione di questo adito G.A. l�impugnativa del contratto di lavoro stipulato in data 28novembre 2007 tra il Comune (�) e il sig. C. N.
Condanna il Comune (�) al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese

processuali (�); compensa le spese di lite nei confronti delle parti controinteressate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall�Autorit� amministrativa.
Cos� deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 17 luglio 2008�
. 




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IPARERIDELCOMITATOCONSULTIVO
A.G.S. � Parere del 26 agosto 2008 n. 102376.
Applicabilit� dell�art. 12, comma 5, prima parte, del D.Lgs. n. 472/97alle c.d. imposte istantanee (consultivo 12265/08, avvocato G. Albenzio)
. 


�1. (�) codesta Agenzia chiede parere sulla applicabilit� dell�istitutodella �continuazione� di cui all�art. 12, comma 5, prima parte, del D.Lgs. n.
472/97, ai tributi doganali e alle accise.
Per rispondere al quesito, questa Avvocatura Generale ritiene utile parti-
re da un�analisi ricostruttiva della regula iuris 
di cui all�art. 12 per poternein tale direzione comprendere l�eventuale applicabilit� alle c.d. imposteistantanee.

La 
disposizione 
in 
parola 
disciplina, 
per 
espressa 
rubrica, 
il 
concorso 
di 
violazioni 
e 
la 
continuazione. 
La 
�nuova 
continuazione�
, 
come 
si 
� 
definito 
l�istituto 
di 
cui 
all�art. 
12, 
comma 
5, 
D.Lgs. 
n. 
472/1997, 
affonda 
le 
radicinella 
delega 
per 
la 
riforma 
del 
sistema 
sanzionatorio 
tributario 
inserita 
nella 
legge23dicembre1996, 
n.662: 
l�art. 
3, 
comma 
133, 
lett. 
h)dellaleggedele-
ga 
citata 
ha 
previsto, 
tra 
i 
principi 
e 
criteri 
direttivi 
per 
la 
revisione 
organica 
edilcompletamentodelladisciplinadellesanzionitributarienonpenali,quel-
lodellaregolamentazione 
�dellacontinuazioneedelconcorsoformaledivio-
lazioni 
sulla 
base 
dei 
criteri 
risultanti 
dall�articolo 
81 
del 
codice 
penale�
; 
sipu� 
affermare, 
quindi, 
che 
attualmente 
la 
regola 
in 
materia 
� 
costituita 
dalcumulo 
materiale 
(tot 
crimina 
tot 
poenae) 
delle 
sanzioni, 
l�exceptio, 
invece, 
dal 
cumulo 
giuridico 
(che 
risponde, 
invece, 
alla 
ratio 
quando 
plura 
delicata 
tendunt 
ad 
eundem 
finem, 
pro 
uno 
tantum 
puniuntur, 
cio� 
quando 
pi� 
reatitendono 
al 
medesimo 
fine 
� 
per 
uno 
soltanto 
che 
si 
deve 
essere 
puniti).

3. Il primo problema che si pone alla luce della disciplina tributaria � cheil comma 3 dell�art. 7, in materia di recidiva, presenta un�importante diffe-
renza rispetto alle norme previgenti sulla recidiva ed a quella di cui all�art.
12: la nuova norma sembra prescindere dall�intervento di una contestazione
o irrogazione tra la prima violazione e le successive, circostanza che, inve-
ce, esclude espressamente ex 
art. 12, comma 6, la configurabilit� del concor-
so e della continuazione.
Va per� evidenziato che ci� non assume rilievo ai fini della compatibili-
t� tra recidiva e cumulo giuridico delle sanzioni: se � vero che la recidiva 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

234 


necessita di una precedente irrogazione di sanzioni, non � altrettanto veroche la stessa non sar� mai applicabile unitamente alla continuazione la quale,
viceversa, � interrotta dalla punizione delle violazioni pregresse. Questo per-
ch� ben pu� accadere che le violazioni siano tutte commesse anteriormenteall�irrogazione della sanzione, momento nel quale si potranno applicareentrambe le discipline e che non oster� all�integrazione degli estremi dellafattispecie del reato continuato ove il limite � posto per le condotte posterio-
ri 
alla constatazione della sanzione. 

Ulterioreparticolarit�dell�art.12delD.Lgs.n.472/1997� 
l�equiparazio-
ne, 
ai 
fini 
del 
trattamento 
sanzionatorio, 
del 
concorso 
materiale 
al 
concorso 
formale 
di 
violazioni, 
con 
la 
punizione 
per 
entrambi 
a 
mezzo 
di 
una 
sanzione 
�unica� 
pi� 
mite 
(�cumulo 
giuridico�) 
rispetto 
alla 
somma 
delle 
singole 
san-
zioniirrogabili(�cumulomateriale�).Tuttavia,mentreperil 
concorsoforma-
le 
eterogeneo 
e 
materiale 
omogeneo 
di 
violazioni 
formali 
(vale 
a 
dire 
di 
vio-
lazioni 
che, 
ai 
sensi 
dell�art. 
6 
del 
D.Lgs. 
n. 
472/1997, 
non 
incidono 
sulla 
determinazionedella 
baseimponibile 
ma 
sonocomunqueidoneeadostacola-
re 
l�attivit� 
di 
controllo 
dell�Amministrazione) 
il 
beneficio 
� 
incondizionato 
(art. 
12, 
comma 
1)
, 
nel 
caso 
del 
concorso 
materiale, 
in 
specie 
nella 
forma 
dellacontinuazione oggettiva (art. 12, comma 2), esso � subordinato alla sus-
sistenza di un nesso di continuazione tra le stesse �oggettivato� ed espressi-
vo del �particolarismo tributaristico� cui si accennava. Quest�ultimorequisi-
to, 
traducendo 
in 
campo 
tributario 
i 
�criteri 
risultanti 
dall�art. 
81 
c.p.�,
� 
stato 
individuato 
dal 
legislatore 
delegato 
nel 
caso 
di 
�chi, 
anche 
in 
tempi 
diversi, 
commette 
pi� 
violazioni 
che, 
nella 
loro 
progressione, 
pregiudicano 
o 
tendono 
a 
pregiudicare 
la 
determinazione 
dell�imponibile 
ovvero 
la 
liquida-
zione 
anche 
periodica 
del 
tributo� 
(art. 
12, 
comma 
2).

All�indomani della riforma � stato osservato che la nozione di continua-
zione oggettiva di cui al comma 2 dell�art. 12 (recte, progressione) costitui-
sce un superamento delle previgenti figure sotto diversi e rilevanti profili:
quello dell�obbligatoriet� 
(si chiarisce che la concessione del beneficio non� facoltativa per gli uffici); quello dell� 
elemento psicologico 
(non essendo 
richiesta una �medesima risoluzione�; tale irrilevanza della identit� 
dellarisoluzione che dovrebbe guidare i singoli illeciti � spiegata nella relazioneillustrativa dello schema di decreto legislativo recante principi generali inmateria di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, ovesi legge che: �non potendo utilizzare la nozione di disegno criminoso di cuiall�art. 81 c.p. che sottintende necessariamente il dolo, si � valorizzata l�o-
biettiva convergenza di pi� trasgressioni tese all�evasione�.); quello tempo-
rale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); quello oggettivo(applicandosi alla generalit� dei tributi ed anche tra violazioni non riguar-
danti lo stesso tributo). 

La continuazione nell�illecito amministrativo tributario risulta �oggetti-
vizzata�
, 
in quanto deve poter essere dedotta dalle violazioni stesse, di pers� indicative dell�unicit� intellettiva del trasgressore; si evita, cos�, anche ladifficolt� operativa di ricostruire sul piano psicologico il �medesimo dise-
gno�, tanto pi� in una materia connotata, di norma, dalla colposit� delle con-



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DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


dotte. Va tuttavia considerato che, per loro stessa natura, tutte le violazionitributarie convergono in senso lato a pregiudicare o, quanto meno, a �tende-
re a pregiudicare� la determinazione dell�imponibile o la liquidazione perio-
dica dei tributi. 

4. La questione interpretativa di maggior rilievo � sorta per effetto deldecreto legislativo �correttivo� 30 marzo 2000, n. 99. 
Il comma 5 dell�art. 12 prevedeva, prima della novella, che �se le viola-
zioni riguardano periodi di imposta diversi la sanzione base � aumentatadalla met� al triplo�; il quadro giurisprudenziale in proposito era particolar-
mente disomogeneo; il prevalente indirizzo era, tuttavia, negativo: -Cass.,
sez. I, 15 ottobre 1997, n. 10102 � �Il beneficio della riduzione della penapecuniaria, previsto dal 2� comma dell�art. 8 l. 7 gennaio 1929 n. 4, nel casodi violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesimarisoluzione � applicabile anche in materia di infrazioni alla legge sull�Iva(in base al rinvio contenuto nell�art. 75 d.p.r. 633/72), ma non quando leinfrazioni siano commesse in differenti periodi di imposta�; si riteneva, 
infatti, che �Oltre tale momento 
(la fine del periodo di imposta; n.d.r.), siriteneva fosse possibile concepire solo l�inizio non gi� la prosecuzione diuna nuova progressione� (cos� il Ministero delle Finanze, Circolare n. 138/Edel 5 luglio 2000, par. 2.1.). 

Per superare le asserite resistenze degli uffici e dirimere l�incertezzainterpretativa, il comma 5 veniva cos� riformulato: �quando violazioni dellastessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica lasanzione base aumentata dalla met� al triplo�.

La 
lettera 
della 
norma, 
in 
prima 
battuta, 
porta 
a 
ritenere 
che 
per 
unificare 
le 
violazioni 
commesse 
nel 
corso 
di 
pi� 
anni 
non 
sia 
necessario 
il 
vincolo 
della 
progressione, 
essendo 
sufficiente 
il 
requisito 
della 
�stessa 
indole�
. 
Ne 
conseguirebbe 
che 
la 
commissione 
di 
diverse 
violazioni 
in 
pi� 
periodi 
d�im-
posta 
godrebbe 
del 
beneficio 
della 
continuazione 
a 
prescindere 
da 
ogni 
lega-
me 
�strutturale� 
tra 
le 
stesse, 
essendo 
sufficiente 
anche 
la 
sola 
identit� 
dellanorma 
violata 
o 
la 
rassomiglianza 
tra 
le 
trasgressioni. 
Questa 
interpretazione,
pur 
se 
aderente 
alla 
mera 
lettera 
della 
norma, 
non 
solo 
conduce 
a 
inaccettabi-
liimplicazionidiordinesistematicomaproducerilevantieffettidistorsivisul-
l�applicazione 
dell�art. 
12, 
in 
stridente 
contrasto 
con 
la 
ratio 
dell�istituto.

L�Amministrazione finanziaria, al contrario, con la citata Circolare n.
138/E, ha ritenuto che il nuovo comma 5 si proponesse soltanto di superare,
sul piano terminologico, l�interpretazione �abrogante� di chi negava che la�progressione� potesse superare il singolo periodo d�imposta. Se � vero che 
per il combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 7, comma 3, la sanzio-
ne unica si applica alle violazioni di �disposizioni diverse che, per la naturadei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le moda-
lit� dell�azione, presentano profili di sostanziale identit��, questa sostanzia-
le identit�, per l�amministrazione, deve essere interpretata e ricercata allaluce dello stesso art. 12 e, in particolare, secondo una logica di coerenza coni commi 1 e 2. Ne consegue che la �sostanziale identit�� o la �stessa indole�
andrebbe rinvenuta ai fini del �cumulo giuridico� nella comune attitudine 
a 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

236 


pregiudicare la base imponibile nei diversi periodi d�imposta mediante unlegame che interconnetta le violazioni stesse.

Occorre, 
quindi, 
stabilire 
quando 
ricorra 
nelle 
violazioni 
quella 
progres-
sione 
costituente 
il 
nuovo 
elemento 
oggettivo 
di 
unione 
delle 
diverse 
trasgres-
sioni 
(cos� 
Cass. 
17 
gennaio 
2002 
n. 
450: 
�
� 
necessario 
un 
collegamento 
trale 
condotte 
sanzionate 
tale 
da 
recare 
pregiudizio, 
anche 
solo 
potenziale, 
alladeterminazione 
dell�imponibile 
ovvero 
alla 
liquidazione 
dell�imposta�)
. 
Sullabase 
di 
quanto 
sin 
qui 
argomentato, 
si 
deve 
ritenere 
che 
non 
sar� 
da 
indagarelo 
scopo 
unitario 
perseguito 
dal 
soggetto 
quanto 
piuttosto 
il 
collegamento 
traleplurimeviolazionielaconsequenzialit�logicaestrumentaletralestesseper 
il 
raggiungimento 
dell�obiettivo 
prefisso 
(sottrazione 
di 
materia 
imponibile 
alla 
tassazione 
ovvero 
omesso 
versamento 
delle 
imposte)
. 
Dunque, 
�Il 
signi-
ficato 
da 
attribuire 
alla 
nozione 
�della 
stessa 
indole� 
se 
da 
un 
lato 
devegarantirelariconduzioneadunit�delleviolazioni 
commesseinpi�periodidi 
imposta, 
dall�altro 
non 
pu� 
comportare 
presupposti 
applicativi 
pi� 
favorevoliproprio 
in 
relazione 
all�ipotesi 
trasgressiva 
ritenuta 
pi� 
grave 
in 
quanto 
arti-
colata 
su 
pi� 
periodi 
di 
imposta�.nel 
contesto 
dell�art. 
12 
il 
carattere 
comu-
ne 
delle 
singole 
violazioni 
risiede 
nel 
fatto 
che 
le 
stesse 
siano 
riconducibili 
ai 
criteri 
generali 
di 
cui 
ai 
commi 
1 
e 
2�.in 
questa 
prospettiva 
il 
comma 
3�.
e 
la 
previsione 
di 
cui 
al 
comma 
4 
risultano 
applicabili 
anche 
alle 
violazioni 
di 
cui 
al 
comma 
5�(citata 
Circolare 
5 
luglio 
2000, 
n. 
138/E).

Si aggiunge che, malgrado il tenore perentorio della disposizione (�siapplica la sanzione base aumentata dalla met� al triplo�), � da ritenere, inol-
tre, che l�aumento del comma 5 vada operato sulla sanzione �base�, da uti-
lizzare a sua volta per determinare la sanzione unica mediante gli altriaumenti previsti dagli ulteriori commi della disposizione. In secondo luogo,
non sembra che i periodi di imposta interessati debbano essere necessaria-
mente contigui, considerato che tale condizione non � espressamente richie-
sta dalla nuova norma e che per la consolidata giurisprudenza penalistica nonvi sono limiti temporali alla continuazione, pur dovendosi distinguere que-
st�ultima dalla �ricaduta� nel reato. 

5. Queste sintetiche notazioni a carattere generale sono utili per l�inqua-
dramento dell�istituto della continuazione nella peculiare cornice della sedesmateriae 
tributaria e per comprendere come la diversit� strutturale, teleolo-
gica e di politica del diritto che presiede all�ambito penalistico ed a quellotributario ha inciso sulla fattispecie che il D.Lgs. 472/1997 ha introdotto e lacui ratio 
� stata cos� individuata dall�amministrazione finanziaria: �La fina-
lit� perseguita con la modifica (decreto correttivo n. 99/200; n.d.r.)�� statadi allargare il campo applicativo del concorso e della progressione a viola-
zioni della stessa indole, commesse in periodi di imposta diversi, nelle ipo-
tesi in cui il concorso o la progressione, regolati dai primi due commi trovi-
no applicazione nell�ambito del singolo periodo� (nota 4 ottobre 2000, n.
206965/E, del Dir. centr. Accertamento e programmazione). 
In questa direzione si pu� affrontare l�ulteriore problema dell�applicabi-
lit� dell�istituto della �nuova continuazione� anche alle imposte c.d. istanta-
nee muovendo dalle seguenti considerazioni. 



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I 
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DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


In ambito tributario, come noto, per �periodo di imposta� si vuole inten-
dere il periodo preso a riferimento per la commisurazione dei redditi ai finidell�applicazione dell�imposta; lo stesso si dice costituito dall�anno solareper le persone fisiche, le societ� di persone e i soggetti ad esse equiparate;
dall�esercizio o periodo di gestione della societ� o dell�ente, determinatodalla legge o dall�atto costitutivo, per le societ� e gli enti soggetti all�Ires;
dall�anno solare per gli organi e le amministrazioni dello Stato non soggettiall�Ires, come si evince, quale previsione generale, dall�art. 7, comma 1, 
del

d.P.
R 
22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) �l�imposta � dovuta per anni sola-
ri, a ciascuno dei quali corrisponde un�obbligazione tributaria autonoma�.
Il comma 2 dello stesso articolo, per�, precisa che �L�imputazione deiredditi al periodo di imposta � regolata dalle norme relative alla categorianella quale rientrano�; si pu�, cos�, ritenere che l�applicazione della regolagenerale vada coordinata con la disciplina specifica delle singole imposte e,
in definitiva, sia soggetta ad una valutazione caso per caso. 

In particolare, per le imposte indirette sulla fabbricazione e sul consumo,
l�art. 2, comma 2 del D.Lgs. 504/1995 (TUA) stabilisce che �l�obbligazionetributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione.
L�accisa � esigibile all�atto della immissione in consumo del prodotto nelterritorio dello Stato.�: si deve, quindi, escludere la ricorrenza di un vero 
e 
proprio 
�periodo di imposta�; peraltro, a diversa conclusione si deve giun-
gere per l�imposta di consumo sull�energia elettrica per la quale, ai sensi del-
l�art. 55: �L�accertamento e la liquidazione d�imposta per le officine cheproducono energia elettrica a scopo di vendita e per le officine che produco-
no energia elettrica per uso proprio, munite di misuratore, � fatto dall�uffi-
cio tecnico di finanza, competente per territorio, sulla base della dichiara-
zione di consumo annuale presentata dal fabbricante�.

6. 
Nella 
Circolare 
ministeriale 
n. 
180/E, 
si 
legge 
(in 
tema 
di 
ravvedimen-
to 
operoso 
ex 
art. 
13 
D.Lgs. 
472/97) 
che 
�
a 
proposito 
delle 
due 
soglie 
tempo-
rali 
previste 
dalla 
disposizione 
in 
esame 
(�termine 
per 
la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
relativa 
all�anno 
nel 
corso 
del 
quale 
� 
stata 
commessa 
la 
vio-
lazione� 
e 
�un 
anno 
dall�omissione 
o 
dall�errore�
) 
si 
chiarisce 
che 
la 
diver-
sificazione 
� 
in 
sostanza 
correlata 
alla 
distinzione 
tra 
i 
c.d. 
�tributi 
periodi-
ci� 
cui 
inerisce 
un 
obbligo 
di 
dichiarazione 
che 
si 
rinnova 
appunto 
periodi-
camente(adesempio,impostesuiredditi,IVA)eic.d. 
�tributiistantanei� 
chetale 
obbligo 
non 
configurano 
(ad 
esempio, 
imposta 
di 
registro, 
sulle 
succes-
sioni)�
; 
tenendo 
conto 
di 
quanto 
gi� 
sopra 
detto 
sulle 
peculiarit� 
della 
disci-
plina 
dell�art. 
12 
rispetto 
ai 
principi 
penalistici 
di 
cui 
all�art. 
81 
c.p. 
e 
dell�in-
dirizzo 
della 
giurisprudenza 
della 
Cassazione, 
secondo 
cui 
�l�art. 
12 
d.lg. 
n. 
472 
del 
1997 
prevede 
espressamente 
l�obbligatoriet� 
dell�istituto 
della 
conti-
nuazione 
per 
l�ipotesi 
di 
violazioni 
riguardanti 
diversi 
periodi 
di 
imposta, 
stabilendo,perquestafattispecie,regoledimaggiorrigore 
ma 
fermorestan-
do, 
comunque, 
l�obbligo 
di 
procedere 
al 
cumulo 
giuridico 
delle 
sanzioni� 
(Cass. 
Civ. 
, 
sez. 
trib.
, 
08 
marzo 
2000 
, 
n. 
2609)
, 
si 
deve 
dedurre 
che 
la 
miti-
gazione 
sanzionatoria 
prevista 
dal 
comma 
5 
dell�art. 
12 
in 
questione 
vada 
letta 
come 
eccezione 
alla 
regola 
del 
cumulo 
materiale, 
i 
cui 
confini 
non 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

238 


andrebbero 
dilatati 
aldil� 
di 
quanto 
gi� 
emergente 
dalla 
lettera 
della 
disposi-
zione 
agevolativa, 
e 
come 
tale 
restrittivamente 
applicabile, 
nel 
rispetto 
della 
ratio 
dellanormaesecondolalineainterpretativadettatadallaSupremaCorteinriferimentoalprevigenteart.8r.d.4/1929(Cass.,sez.I,17dicembre1992,

n. 
13336: 
�Va 
esclusa 
la 
�continuazione
� 
in 
riferimento 
a 
singole 
condotte 
concretizzate 
in 
periodi 
fiscali 
diversi 
perch� 
legate 
non 
dalla 
�risoluzione 
criminosa
� 
che 
caratterizza 
la 
�continuazione�
, 
ma 
connotate 
dal 
solo 
gene-
rico 
intento 
di 
lucro 
a 
danno 
dell�erario, 
onnipresente 
nella 
condotta 
di 
ogni 
evasore, 
ma 
insufficiente 
nelle 
fattispecie 
legate 
a 
precisi 
dati 
temporali 
per 
l�attribuzione 
del 
vincolo 
previsto 
dall�art. 
8 
l. 
n. 
4/1929�).
7. In conclusione, ad avviso della Scrivente, qualora i tributi amministra-
ti da codesta Agenzia siano, quanto a presupposto impositivo, parametrabiliad un c.d. �periodo di imposta�, si pu� ritenere che trovi applicazione ladisciplina pi� favorevole della continuazione finanziaria di cui al comma 5dell�art. 12 D.Lgs. 472/97; qualora, invece, non ricorra il detto requisito ladisciplina in esame non potr� trovare applicazione poich� l�imposta deveessere necessariamente qualificata come istantanea quanto a genesi dell�ob-
bligo, senza che rilevino le modalit� della riscossione che sono ininfluenti alfine della qualificazione dell�imposta (come si avvince indirettamente ancheda Cass. 17 gennaio 2002 n. 450 
che, in relazione ad omessi pagamentiperiodi dell�I.V.A., ha ritenuto applicabile 
l�art. 12, comma 1, quale �con-
corso materiale omogeneo�, perch� �l�esecuzione dei versamenti dell�im-
posta sul valore aggiunto, che attiene alla fase di riscossione dell�imposta,
presuppone necessariamente, non che la determinazione dell�imponibile,
anche la (auto) liquidazione dell�I.V.A. da parte del soggetto passivo; in altritermini, il versamento dell�I.V.A., imposto dalla legge, riguarda l�impostagi� determinata e liquidata dal soggetto passivo, secondo le regole propriedettate per tale tributo�) (�)�
. 
A.G.S. � Parere del 22 settembre 2008 n. 110090.
Art. 36 legge 31/08. Disposizioni in materia di riscossione (consultivo21110/08, avvocato G. Albenzio)
. 


�1. Codesta Agenzia [delle Dogane] chiede chiarimenti in ordine allaattuazione dell�art. 36 della Legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione,
con modificazioni del Decreto Legge 31 dicembre 2007, n. 248. 
Tale articolo ha apportato rilevanti modifiche in materia di riscossionedei tributi; in particolare, i commi 2 bis e 2 ter dell�art. 36 hanno, rispettiva-
mente, abrogato il secondo comma e novellato il primo comma, primo perio-
do, dell�art. 19 d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 e novellato l�art. 26 delD.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, che disciplinano la rateazione dellesomme iscritte a ruolo; l�art. 19, comma 1, � stato ulteriormente modificatodall�art. 83, comma 23, punto a), d.l. 112/08.

Ai sensi dell�art. 19, comma 1, attuale formulazione, 
�l�agente dellariscossione, su richiesta del contribuente, pu� concedere, nelle ipotesi di 




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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


temporanea situazione di obiettiva difficolt� dello stesso, la ripartizione delpagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantaduerate mensili�. 

CodestaAgenzia, 
a 
seguito 
della 
devoluzione 
all�agente 
della 
riscossionedelpoterediaccordarelarateazionedelpagamentodelleentrateiscrittearuolodalleAgenzie 
fiscali, 
sottraendolo 
all�ente 
creditore, 
ha 
chiesto 
chiarimenti 
inmerito 
alla 
sua 
applicazione 
ai 
crediti 
costituenti 
risorse 
proprie 
dellaComunit� 
iscritti 
a 
ruolo, 
in 
relazione 
al 
disposto 
dell�art. 
229 
del 
Reg. 
CEE 
2913/1992 
� 
Codice 
Doganale 
Comunitario 
(ora 
art. 
77 
Reg. 
CE 
450/2008)
, 
ipotizzando 
che 
il 
potere 
dell�autorit� 
doganale 
di 
accordare 
la 
rateazione 
delpagamento 
dei 
dazi 
sia 
operante 
solo 
fino 
al 
momento 
in 
cui 
il 
credito 
non 
sistato 
affidato 
all�agente 
della 
riscossione 
per 
l�esecuzione 
coattiva.

2. Nel rispondere al quesito posto occorre preliminarmente ricordare che 
la ratio 
sottesa a tutti gli interventi legislativi che nel tempo si sono succe-
duti in tema di pagamento dilazionato delle imposte iscritte a ruolo e da ulti-
mo alla dilazione di pagamento prevista dall�articolo 19 del d.P.R. n. 602 del29 settembre 1973, � quella di agevolare l�assolvimento dell�obbligazionetributaria nella considerazione che, in particolari situazioni, il pagamento deldebito possa risultare eccessivamente oneroso per il contribuente che si troviin temporanea difficolt� economica (identica ratio � espressa dal CodiceDoganale Comunitario); questo spiega l�ultimo intervento modificativo delprimo comma del detto art. 19.
Anche l�abrogazione del secondo comma dell�art. 19 � che intendevaevitare che il contribuente potesse formulare richieste di rateazione mera-
mente dilatorie e, a tal fine, individuava all�interno del procedimento dellariscossione coattiva un momento, l�inizio della procedura esecutiva, supera-
to il quale il contribuente perdeva il diritto di chiedere la rateazione del paga-
mento � era intesa a ulteriormente agevolare coloro che versano in tempora-
nea situazione di obiettiva difficolt�, escludendo che l�avvio della proceduraesecutiva costituisca una condizione ostativa alla facolt� di concedere larateazione; d�altronde, detta abrogazione era giustificata dalla circostanzache il limite temporale, costituito dall�inizio della procedura esecutiva, nonha pi� alcuna ragione di esistere in considerazione del fatto che la gestionedell�istanza � affidata allo stesso soggetto che cura la procedura esecutiva,
ossia l�agente delle riscossione. 

Risulta chiaro dalla lettera delle nuove disposizioni legislative che lafigura dell�agente della riscossione � fortemente responsabilizzata nellagestione del credito, oltre che naturalmente nella funzione della riscossione,
nella quale assume sempre maggiori responsabilit� sostituendo pienamentel�ente creditore.

L�ambito applicativo del suddetto articolo 19 � destinato, poi, adampliarsi ulteriormente in considerazione della nuova formulazione dell�art.
26 D.Lgs. n. 46/1999, come novellato dal comma 2 ter 
dell�art. 36 della L. 


n. 31/2008.
In base al testo previgente dell�art. 26 D.Lgs. n. 46/1999, la rateazione 
ex 
art. 19 d.P.R. n. 602/73 si applicava solo alle entrate tributarie dello Stato, 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

240 


con esclusione, quindi, delle entrate tributarie non statali e delle entrate nontributarie per le quali la rateazione poteva essere concessa in base a singoledisposizioni speciali, fermo restando l�onere di presentare la richiesta dirateazione, a pena di decadenza, prima dell�inizio della procedura esecutiva.
Con le modifiche apportate dal suddetto art. 36, comma 2 ter all�art. 26D.Lgs. n. 46/1999, la disciplina dell�art. 19 diventa applicabile a tutte leentrate iscritte a ruolo da Amministrazioni statali, da Agenzie istituite dalloStato, 
da 
autorit� 
amministrative 
indipendenti 
e 
da 
enti 
previdenziali 
(comma 1).

3. Ai sensi dell�art. 229 vecchio C.D.C. e, ora, dell�art. 77 nuovo Reg.
450/08 (in vigore dal 24 giugno 2008) l�autorit� doganale pu� concedere aldebitore facilitazioni di pagamento dei dazi diverse dalla dilazione (art. 74-
76, gi� art. 224-227 vecchio C.D.C.), la concessione delle quali � subordina-
ta alla costituzione di una garanzia che pu� non essere richiesta in conside-
razione delle condizioni economiche o sociali del debitore (par. 2. �Le auto-
rit� doganali possono rinunciare a chiedere una garanzia o ad applicare uninteresse di credito quando � stabilito, sulla base di una valutazione docu-
mentata della situazione del debitore, che ci� provocherebbe gravi difficol-
t� di carattere economico o sociale�).
A 
disciplinare la successiva fase della riscossione coattiva dell�importodei dazi � il successivo art. 78 (gi� art. 232 vecchio C.D.C.) in base al quale�le autorit� doganali si avvalgono di tutte le possibilit� offerte dalla legis-
lazione dello Stato membro interessato per assicurare il pagamento di dettoimporto� (par. 1, comma 1).

Codesta Agenzia, fino all�entrata in vigore delle nuove disposizioni, rite-
neva applicabile il suindicato art. 229 C.D.C. anche ai crediti gi� iscritti aruolo costituiti dalle risorse proprie della Comunit� europea ed affidati all�a-
gente della riscossione per l�esecuzione coattiva, in virt� del fatto che la con-
cessione della rateazione del pagamento, nella vecchia formulazione dell�art.
19, 
era 
riservata, 
anche 
in 
tale 
fase, 
all�autorit� 
doganale, 
ente 
creditore, 
e 
si 
pone 
ora 
il 
problema 
se 
il 
nuovo 
art. 
77 
Reg. 
450/08 
(gi� 
art. 
229 
vecchioC.D.C.)rimanga 
ancora 
applicabile 
anche 
ai 
crediti 
iscritti 
a 
ruolo, 
in 
ragione 
della 
novit� 
introdotta 
dal 
suddetto 
art. 
19, 
secondo 
il 
quale 
� 
l�agente 
della 
riscossione 
e 
non 
pi� 
l�ente 
creditore 
a 
decidere 
sull�istanza 
di 
rateazione.

4. Questa Avvocatura Generale ritiene che la lettera dell�art. 77 nuovo
C.D.C. non ponga alcuna preclusione per l�ammissione alla rateazione anchedei crediti gi� iscritti a ruolo, ai sensi del novellato art. 19 d.P.R. 602/73, eche tale interpretazione sia conforme alla ratio 
perseguita dal legislatore 
comunitario, individuabile � come gi� detto � nell�intento di agevolare l�as-
solvimento dell�obbligazione daziaria. 
Quanto alle garanzie per la rateazione, che il nuovo art. 19 d.P.R. 602/73non richiede, a differenza di quanto previsto dall�art. 77 C.D.C., secondo ilquale le facilitazioni di pagamento diverse dalla dilazione sono normalmen-
te subordinate alla costituzione di una garanzia (richiesta inderogabilmenteper la dilazione di cui all�art. 74) salvo che tale pretesa possa provocare aldebitore gravi difficolt� economiche o sociali. 




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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


A 
parere della Scrivente, l�intento del legislatore nazionale si pone pie-
namente in linea con quello del legislatore comunitario, escludendo che l�i-
nizio della procedura esecutiva (e, a maggior ragione, la semplice iscrizionea ruolo) costituisca una condizione ostativa alla facolt� di concedere la ratea-
zione e riconoscendo il potere di concedere la ripartizione del pagamento adun soggetto, l�agente della riscossione, che, al tempo stesso, gestisce l�istan-
za e cura la riscossione. 

Del resto, come opportunamente ricordato da Codesta Agenzia, laDecisione del Consiglio del 29 settembre 2000 all�art. 8, comma 1 prevedeche �le risorse proprie 
sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle dispo-
sizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali�, quindi ai 
sensi del d.P.R. n. 602/73 e del D.Lgs. n. 46/99. 

Peraltro, allorch� si tratti di risorse proprie della Comunit�, il concessio-
nario dovr� seguire le prescrizioni dell�art. 77 C.D.C. piuttosto che quelledell�art. 19 d.P.R. 602/73 in punto di richiesta di garanzie.

5. In conclusione, l�affidamento al soggetto incaricato della riscossionedel potere di concedere rateazioni al debitore vale anche per i dazi che costi-
tuiscono risorse proprie della Comunit�, ai sensi e per gli effetti di cui all�art.
77 nuovo C.D.C., con la specifica disciplina sulle garanzie ivi prevista (�)�
. 
A.G.S. -Parere del 24 settembre 2008 n. 111007.
Interpretazione dell�art. 7, 6� co. D.L. 248/07 convertito in legge 31/08

(consultivo 25247/08, avvocato A. Palatiello)
. 


�(�) codesto Ministero chiede il parere della Scrivente in merito allaindividuazione del �destinatario dell�atto� da notificare, di cui al comma 6�
dell�art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, aggiunto dal comma 2 qua-
ter 
dell�art. 36 D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, nel testo integrato della leggedi conversione, n. 31/08: si tratta in particolare di stabilire se la norma, cherichiede la spedizione di avviso raccomandato quando il �piego non vieneconsegnato personalmente al destinatario dell�atto�, riguardi anche le perso-
ne giuridiche. Codesto Ministero propende per la risposta negativa al quesi-
to, segnalando anche gli inconvenienti pratici che dalla opposta soluzionederiverebbero.

Questa 
Avvocatura 
Generale 
osserva 
che 
l�opinione 
di 
codestoMinistero, nel senso che il 6� comma dell�art. 7 della legge 20 novembre1982, n. 890, inequivocabilmente si riferirebbe alla notificazione fatta allapersona fisica, non pu�, nella sua assolutezza, essere condivisa.

Giova premettere che nel diritto vivente, per come risulta dalla giuri-
sprudenza della Corte di Cassazione, � ius receptum 
nel senso che l�art. 7della legge n. 890/82 operi anche nei riguardi delle persone giuridiche (exmultis, da ultimo Cass. 20 settembre 2007, n. 19468; per la verit� la Corte diCassazione non ha mai dubitato dell�operativit� della norma in esame per lenotifiche 
ai 
soggetti 
diversi 
dalla 
persona 
fisica)
. 
Anche 
la 
CorteCostituzionale ha dato per pacifica la lettura della norma nei sensi predetti, 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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ed ha evidenziato, per quanto ora interessa, che l�obbligo di spedire la racco-
mandata, ora introdotto dal comma 2 quater dell�art. 36 D.L. n. 248/07, conv.
in legge n. 31/08, non � affatto imposto dai principi costituzionali (CorteCost. 19 aprile 2007, n. 131). In tale contesto � tesi improbabile quella secon-
do cui l�introduzione del comma 6� nel corpo dell�art. 7 riguardi solo le per-
sone fisiche; ed � comunque tesi che non pu� essere seguita in mancanza diriscontri certi da parte della giurisprudenza, ove si consideri che l�omissionedell�avviso, ove occorrente, darebbe luogo a nullit� del procedimento notifi-
catorio.

Il problema, piuttosto, � un altro ed � dato dall�individuazione dellanozione di �destinatario dell�atto�, cui la norma riferisce l�obbligo della spe-
dizione della raccomandata con la quale si d� notizia a quel destinatario del-
l�avvenuta notifica. 

Quando si tratta di �ente collettivo� il �destinatario dell�atto� � un �sog-
getto giuridico� che opera necessariamente attraverso persone fisiche; l�art.
145 c.p.c., per le notifiche �a mano�, elenca le persone fisiche abilitate allaricezione dell�atto, una delle quali � il rappresentante, ma a questi sono pari-
ficati l��incaricato� della ricezione, e l�addetto alla sede; un �ovvero� con-
giunge il portiere dello stabile a queste figure. Vige il principio della imme-
desimazione organica (Cass. n. 15468/07, cit.) in virt� del quale la consegnadell�atto fatta ad uno dei predetti soggetti esaurisce le formalit� volute dallalegge. Potrebbe dunque sostenersi per tale verso che l�art. 7, comma 6, inesame riguardi, s�, la persona giuridica, ma data l�equivalenza che il sistemaattribuisce, in materia, al legale rappresentante, all�incaricato della ricezionee all�addetto alla sede, non richiede affatto la spedizione della raccomanda-
ta quando il procedimento di notificazione si sia perfezionato con la ricezio-
ne del plico da parte di uno dei soggetti ora menzionati. Residua un dubbioper il portiere dello stabile, (�ovvero� potrebbe leggersi come �in mancan-
za�) e dunque allo stato � norma di prudenza pretendere, in caso di consegnadel plico al portiere, l�invio della raccomandata, pur essendovi spazio, incaso di erronea omissione, per la tesi della inutilit� dell�incombente leggen-
do l� 
�ovvero� come �vel etiam� ed argomentando dall�art. 10 della stessalegge n. 890/82 (cfr. Cass. 21 febbraio 2006, n. 3685). La cennata interpre-
tazione supera gli inconvenienti pratici segnalati da codesto Ministero conriguardo alle �Societ� di grandi dimensioni�.

Naturalmente la raccomandata va trasmessa quando la richiesta di noti-
fica indichi le generalit� del legale rappresentante ed il suo domicilio perso-
nale, diverso dalla sede della Societ� (�� si notifichi alla Soc. X in personadell l.r. Sig. � residente in ....�; oppure �� si notifichi al Sig. � residentein ... n.q. di 1.r. della Soc. X�) perch� in questo caso � volont� del richieden-
te far consegnare l�atto alla persona fisica indicata nel proprio domicilio sic-
ch� �personalmente� torna ad avere la valenza che l�avverbio ha per le noti-
ficazioni alle persone fisiche.

Si 
dovr� 
ovviamente 
attendere 
l�eventuale 
formarsi 
della 
giurisprudenza 
suitemiaccennati;perorasembraeccessivoscrupolopretenderel�inviodella 
raccomandata 
quando 
il 
plico 
� 
consegnato, 
nella 
sede 
dell�Ente, 
a 
mani 
del-



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PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


l�addetto 
alla 
ricezione 
o 
dell�addetto 
alla 
sede; 
� 
invece 
doverosa 
cautela,
comeaccennato,fartrasmettere 
laraccomandataquandoilplicopostale,con-
tenente 
l�atto 
notificato, 
sia 
stato 
consegnato 
al 
portiere 
dello 
stabile 
(o, 
a 
maggior 
ragione, 
al 
custode: 
cfr. 
Cass. 
14 
febbraio 
2003, 
n. 
2276) 
(..)�
. 


A.G.S. � Parere del 24 settembre 2008 n. 111028.
Richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di deca-
denza dall�incarico dirigenziale di livello generale ex 
art. 3 comma 7 l. 
145/2002 � Ricorso al Tribunale Civile di Roma, sez. lavoro, in materia didecadenza dall�incarico dirigenziale di livello generale ex 
art 3 comma 7legge 
145/2002. 
Richiesta 
patrocinio 
proposta 
transattiva 
(consultivo 
43615/07, avvocato G. Fiengo)
. 


�(�) codesta Amministrazione richiede il parere della Scrivente in ordi-
ne alle posizioni giuridiche di dirigenti generali, cessati dall�incarico loroaffidato in forza dell�art. 3 comma 7 della legge n. 145/2002, dichiarato inco-
stituzionale con sentenza 23 marzo 2007 n. 103 della Corte Costituzionale.
In particolare l�Amministrazione fonda l�opportunit� di una ipotesi transatti-
va: a) 
sul parere reso dalla Scrivente con nota n. 7142 in data 20 gennaio2005 con riguardo al trattamento giuridico ed economico dei Soprintendentiregionali non confermati come Direttori regionali; b) 
sull�orientamento deigiudici del lavoro che in vario modo tendono a riconoscere, oltre al dirittoalla intera retribuzione, forme di responsabilit� dell�Amministrazione perdanni alla reputazione personale, all�immagine, per perdita di chances 
e/oper demansionamento; c) 
sulle ordinanze del T.A.R. Lazio 1� ottobre 2007 edel Tribunale di Roma 9 luglio 2007 che, con successiva sentenza della CorteCostituzionale n. 161 del 2008, hanno portato alla declaratoria di incostitu-
zionalit� dell�art 2, commi 159 e 161 del decreto legge 3 ottobre 2006, n.262convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286; d) 
sul-
l�ordinanza del Consiglio di Stato 16 ottobre 2007 che ha rimesso alla CorteCostituzionale la questione di legittimit� della legge n.8/2007 della RegioneLazio che prevede, per i dirigenti rimossi sulla base dello spoils system,
dichiarate illegittime l�alternativa tra la reintegrazione in servizio e la corre-
sponsione di un �equo indennizzo�, con scelta rimessa alla Regione.

In linea di fatto si segnalano alcuni precedenti di transazione e/o acquie-
scenza nei quali ai dirigenti generali rimossi dall�incarico � stato riconosciu-
to dall�Amministrazione un danno da �demansionamento� per il periodo nel 
quale non � attribuito un incarico equivalente.

Va ricordato, innanzi tutto, che la Corte Costituzionale, con la sentenza23 marzo 2007 n. 103 ha dichiarato l�illegittimit� costituzionale del settimocomma dell�articolo 3 della legge 145/2002 nella parte in cui dispone �che ipredetti incarichi cessano al sessantesimo giorno dalla data di entrata invigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodoelusivamente le attivit� di ordinaria amministrazione�, volendo censurareessenzialmente il carattere automatico e privo di verifica procedimentale 




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STATO 
� N. 3/2008

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della cessazione dall�incarico prima della scadenza. Analogo vizio � statocensurato con la sentenza n. 161/2008 per quanto concerne l�articolo 2comma 161 del decreto legge 3 ottobre 2006.

Le sentenze con le quali la magistratura ha disposto la reintegrazionenelle funzioni dei dirigenti rimossi e/o la condanna al risarcimento di danni,
a vario titolo, sono state tuttavia per la quasi totalit� impugnate dallaScrivente laddove, sia a fini della reintegrazione che del risarcimento, face-
vano leva sull�affermazione una responsabilit� dell�amministrazione in rela-
zione alla cessazione dell�incarico. Risulta infatti difficile, sia sul piano teo-
rico che su quello pratico, ipotizzare una colpa dell�Amministrazione per uneffetto che deriva direttamente da un legge successivamente dichiarata inco-
stituzionale. Siffatta responsabilit�, se � anche ipotizzabile in astratto nel-
l�ambito dell�ordinamento internazionale e/o comunitario (ai quali organigiurisdizionali, tuttavia, i dirigenti generali rimossi possono direttamenterivolgere le loro pretese), non trova fondamento nell�ambito dell�ordinamen-
to nazionale nel quale il datore di lavoro non risponde dell�applicazione(anche volontaria) di una legge dichiarata successivamente incostituzionale(vedi Cass. Sez. lavoro 21 aprile 1997 n. 3432 e 3 febbraio 1999, n. 941) el�Amministrazione statale non pu� in alcun modo sottrarsi al dovere di appli-
care una legge.

In tale contesto la Scrivente ritiene che debba essere approfondito ilmeccanismo giuridico che deriva dalla declaratoria di illegittimit� costituzio-
nale di una fonte normativa primaria. L�articolo 136 della Costituzione sta-
bilisce infatti che �Quando la Corte dichiara l�illegittimit� costituzionale diuna norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avereefficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione� e da taledisposizione la dottrina e la giurisprudenza, soprattutto in relazione all�esi-
genza di disapplicare la norma illegittima anche nel giudizio a quo, hannointeso questa cessazione di efficacia nel senso pienamente ripristinatoriodella situazione quo ante, salvo che per posizioni esaurite (per effetto di giu-
dicato 
o, 
comunque, 
situazioni 
definite, 
secondo 
l�insegnamento 
diCassazione SS.UU. 9 giugno 1989 n. 2786). In altri termini la norma dichia-
rata costituzionalmente illegittima non pu� trovare applicazione 
dal giornosuccessivo alla declaratoria di incostituzionalit� e nel rapporto tra le parti ingiudizio � come se non fosse mai esistita. Affermazione quest�ultima che,
seppure descrive con chiarezza la situazione esistente tra le parti di un giu-
dizio a quo, va tuttavia presa con cautela dal momento che un�inesistenza ex 
tunc 
di una fonte legittimante un comportamento o un effetto, potrebbeindurre (ed � l�errore nel quale sono caduti molti giudici del lavoro nelle con-
troversie di cui si discute) a ritenere illeciti e/o colposi in ipsa re 
i compor-
tamenti dell�Amministrazione che si � limitata ad applicare o a giovarsi diuna norma dichiarata poi costituzionalmente illegittima.

Tuttavia nel caso di specie � derivando l�effetto caducatorio degli inca-
richi dirigenziali direttamente dalla legge � la declaratoria di incostituziona-
lit� della stessa legge comporta pacificamente la ricostruzione e reviviscen-
za del rapporto illegittimamente cessato e il dovere dell�amministrazione 
a 




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CONSULTIVO 


darvi adempimento, sia pure tardivo. 
In altri termini deve essere ricostruitol�intero contenuto del contratto e/o incarico attribuito ed illegittimamenterevocato e allo stesso occorre dare attuazione, compatibilmente con la ragio-
nevole presa in considerazione di evenienze sopravvenute. La possibilit� diprocedere discrezionalmente attraverso la scelta tra ricostruzione e indenniz-
zi (predeterminati o meno) ha d�altronde trovato una reazione contrariamolto ferma da parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato (ordinanza

C.d.S 16 ottobre 2007 citata)
Un primo contenuto dell�adempimento contrattuale � il diritto alla retri-
buzione fissa, 
prevista dal disciplinare allegato all�atto del conferimento. Adavviso della Scrivente tale emolumento spetta fino al termine convenziona-
le del rapporto, salvo che l�Amministrazione non sia in grado di provarel�impossibilit� del dipendente a svolgere in tutto o in parte l�attivit� promes-
sa per sopravvenienza di nuovi incarichi retribuiti dalla stessa od altra ammi-
nistrazione o di terzi e/o per pensionamento; la decadenza dall�incarico fainfatti venir meno una serie di incompatibilit� che rendono possibile da partedel dirigente lo svolgimento di altre attivit� che, in costanza di rapporto,
sarebbero state incompatibili.

I giudici del lavoro, invero, tendono a limitare, nei casi di reintegrazio-
ne, il diritto alla ricostruzione della carriera evitando cumulo di retribuzionie/o compensi; talvolta, in relazione alla difficolt� di procedere a compensa-
zioni tra diversi enti erogatori, � stato previsto l�obbligo del beneficiario chesi giova della �ricostruzione della carriera� di restituire i ratei di pensione 
percepiti.

Un secondo contenuto contrattuale attiene al compenso promesso per 
i 
risultati. 
In chiave di adempimento di un contratto esistente, l�allegazionedella promessa di tale compenso nello schema contrattuale � � ad avvisodella Scrivente � chiara prova dell�esistenza di una chance, sulla quale laparte ha fatto (e fa) legittimo affidamento. L�amministrazione pu� ragione-
volmente provare che quella chance 
non si sarebbe mai potuta realizzare persopravvenienza di leggi e/o atti ministeriali che riducano gli obiettivi e rela-
tivi compensi etc. � tuttavia, evidente, come, in mancanza di oggettivi edapplicati criteri di valutazione dei risultati (oltretutto in relazione ad una atti-
vit� di fatto non svolta), tale adduzione di prova contraria si presenta perl�amministrazione estremamente difficile, al limite della cosiddetta probatio 
diabolica.

Il terzo contenuto contrattuale da prendere in considerazione � il dirittodella persona a svolgere il lavoro a suo tempo affidato, per l�esperienza cheacquisisce e per le ulteriori possibilit� di progressione professionale che losvolgimento di tale lavoro implica. Tale diritto trova, tuttavia � ad avvisodella Scrivente � un limite, previsto nei contratti ed in varie disposizioni dilegge, nella possibilit� dell�Amministrazione di affidare al dirigente rimossoun incarico equivalente. Nei limiti e fino a quando l�Amministrazione non siavvale di tale facolt�, ragionevolmente si ritiene configurabile in astratto laprevisione di un limitato diritto economico che ristori tale mancanza. Taleindennizzo, ancorch� impropriamente denominato quale �danno da deman-



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DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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sionamento� nella specie e sulla base delle premesse considerazioni, di pers� non ha carattere risarcitorio, ma meramente compensativo di un interessecontrattuale della parte non realizzato.

Ed � proprio sul piano dell�assetto degli interessi e del principio genera-
le dell�indennizzabilit� di situazioni di arricchimento/impoverimento senzacausa (argomenta ex 
art. 3 e 41 Cost.) che si coglie a pieno la ragione per laquale l�amministrazione � oggi chiamata ad adempiere in toto 
un contrattoche, senza sua colpa, non ha avuto integrale attuazione: l�amministrazioneinfatti si � giovata della decadenza stabilita dalla norma di legge dichiarataillegittima e, liberatasi di un pregresso impegno (anche) contrattuale, ha datocorso alla sostituzione del dipendente nell�incarico, perseguendo in tal modola cura ottimale dell�interesse pubblico, quale si presentava agli organi cuiera 
affidata 
la 
responsabilit� 
politico-amministrativa 
della 
scelta.
Evidentemente si tratta di una valutazione che copre esclusivamente il perio-
do contrattuale residuo e deve essere condotta dall�Amministrazione caso 
per caso, 
avendo cio� riguardo al pregiudizio in effetti subito dal dirigenteche, per effetto della cessazione dall�incarico, non ha potuto svolgere l�atti-
vit� concordata e nei limiti sopra evidenziati.

In sintesi � avviso della Scrivente che l�Amministrazione possa procede-
re al riconoscimento e/o all�acquiescenza su queste tre voci contrattuali, e ci�in forza del solo effetto della declaratoria d�incostituzionalit� delle normesopra citate, escludendo ogni ipotesi di colpa dell�amministrazione nella 
decadenza 
e qualsiasi valutazione dei comportamenti successivi della stessaamministrazione in ordine all�affidamento di nuovi incarichi, in tutto o inparte equivalenti: i comportamenti dell�amministrazione � nei limiti in cui si 
adeguano in tutto o in parte alle aspettative del dirigente � possono limitare 
gli effetti della declaratoria di incostituzionalit� e il quantum 
della pretesadel dirigente decaduto, ma non eliminano in via teorica il diritto del dirigen-
te alla reintegrazione nella posizione illegittimamente incisa e all�adempi-
mento puntuale del contratto a suo tempo stipulato, nei limiti in cui tale pun-
tuale (retroattivo adempimento) non implichi, ovviamente, un ingiustificato 
arricchimento dello stesso dipendente.

L�adempimento di un contratto (mai decaduto) � debito di valore e spet-
tano di norma rivalutazioni ed interessi. Tuttavia, ponendo la transazioneun�esigenza imprescindibile di un aliquid datum aliquid retentum, sar� curadell�Amministrazione proporre per il visto legale della Scrivente, ipotesitransattive nelle quali tali voci vengano � ove possibile � in tutto o in parte 
abbattute.

Sulla base di tali presupposti si attende di ricevere, per le valutazionianalitiche di competenza, gli schemi di atti transattivi che l�Amministrazioneintenda adottare.

Il presente parere, sul quale � stato sentito l�avviso del ComitatoConsultivo di cui alla legge 103/79, che si � espresso in conformit�, vieneinviato anche al Dipartimento della Funzione Pubblica e all�IGOP 
�
. 


Si riporta qui di seguito la recente sentenza della Corte Costituzionale. 




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Corte costituzionale, sentenza 24 ottobre 2008 n. 351 
� Pres. 
G.M. Flick � Rel. 
S. Cassese 


� nel giudizio di legittimit� costituzionale dell�art. 1, commi 1 e 2, della legge della RegioneLazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazionedi enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegit-
time dalla Corte costituzionale), promosso con ordinanza del 16 ottobre 2007 dal Consigliodi Stato sul ricorso proposto da F. C. (Avv.ti F. Castiello e G. De Santis) contro la RegioneLazio ed altri, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell�anno 2008. 
�(�) Ritenuto in fatto 


1.- Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell�art. 1,
commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernen-
ti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazionedegli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 

1.1.- Le disposizioni impugnate stabiliscono che: �1. La Giunta regionale, nei confron-
ti dei componenti di organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti, i quali siano decadu-
ti dalla carica ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime a seguito di sen-
tenze della Corte costituzionale, con conseguente risoluzione dei contratti di diritto privatodisciplinanti i relativi rapporti di lavoro, � autorizzata a deliberare in via alternativa: a) il 
reintegro nelle cariche e il ripristino dei relativi rapporti di lavoro; b) un�offerta di equo 
indennizzo. 2. La soluzione di cui al comma 1, lettera b), � comunque adottata qualora il rap-
porto di lavoro sia stato interrotto, di fatto, per oltre sei mesi�.

1.2.- Il collegio rimettente ricostruisce le vicende del giudizio principale nei terminiche seguono. Il ricorrente, in applicazione della disciplina normativa regionale in base allaquale i vertici degli organi istituzionali vengono meno con l�insediamento del nuovoConsiglio regionale (cosiddetto spoils system), � stato dichiarato decaduto dall�incarico didirettore generale della Azienda USLRm/E. Avverso tale decisione egli ha presentato ricor-
so al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, proponendo in via incidentale domandacautelare, che � stata rigettata dal giudice di primo grado. Il ricorrente ha successivamenteproposto appello cautelare per l�annullamento e la riforma dell�ordinanza di reiezione delTar Lazio. Chiamato a pronunciarsi su tale appello cautelare, il Consiglio di Stato ha solle-
vato questione di legittimit� costituzionale delle disposizioni legislative regionali istitutivedel predetto sistema di spoils system. Tale disciplina legislativa (art. 71, commi 1, 3 e 4, let-
tera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9, recante �Legge finanziaria 
regionale per l�esercizio 2005�; art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 
novembre 2004, n. 1, recante �Nuovo Statuto della Regione Lazio�) � stata dichiarata costi-
tuzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 104 del 2007. Prima della pro-
secuzione dell�appello cautelare, tuttavia, sono entrate in vigore le disposizioni legislativeregionali impugnate, in applicazione delle quali la Regione Lazio, non essendo possibiledisporre la reintegrazione a causa del decorso del periodo di sei mesi di interruzione di fattodel rapporto (art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 8 del 2007), ha �convenuto� un inden-
nizzo pari a 15 mensilit�, bench� nessun accordo � chiarisce il collegio rimettente � sia stato 
formalizzato con il ricorrente, il quale ha invece insistito per l�adozione di ogni opportunamisura cautelare che valga a rendere effettiva la sentenza n. 104 del 2007 della Corte costi-
tuzionale. Nella camera di consiglio fissata per la ripresa dell�incidente cautelare, ilConsiglio di Stato ha quindi nuovamente sospeso il giudizio, rimettendo alla Corte la que-



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stione di legittimit� costituzionale delle nuove disposizioni legislative regionali, introdotte,
nelle more del giudizio, per disciplinare la posizione dei soggetti decaduti dall�incarico sullabase della disciplina gi� dichiarata illegittima con la citata sentenza n. 104 del 2007.

1.3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo 
osserva che la disciplina impugnata risultapreclusiva dell�adozione di misure di tutela cautelare in forma specifica, le quali, in man-
canza di tale disciplina, sarebbero invece accordate al ricorrente, come del resto sono stateaccordate a favore di altri direttori generali decaduti in base alla disciplina dichiarata illegit-
tima con la medesima sentenza n. 104 del 2007. Per un verso, infatti, il venir meno ex tunc 
della base legislativa dei provvedimenti impugnati renderebbe scontato il giudizio progno-
stico sull�esito del ricorso, di cui all�art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzionedei Tribunali amministrativi regionali). Per altro verso, la natura del pregiudizio sub�to dalricorrente, che ne mette in discussione la stessa identit� professionale, giustificherebbe l�ap-
plicazione della tutela cautelare in forma specifica. Quest�ultima, tuttavia, risulta appuntopreclusa dalla norma impugnata, la quale, in caso di interruzione di fatto del rapporto peroltre sei mesi, impone la soluzione dell�offerta di equo indennizzo, escludendo quella, cherappresenterebbe peraltro una solo apparente alternativa, del reintegro nella carica.

1.4.- In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente ritiene che la disci-
plina legislativa regionale impugnata contrasti con una pluralit� di parametri costituzionali.

In primo luogo, prevedendo la possibilit� (e in certe condizioni la necessit�) dell�inden-
nizzo in luogo della reintegrazione, essa reintrodurrebbe, sebbene in una �forma onerosa�,
lo stesso meccanismo di spoils system 
che la Corte costituzionale ha gi� ritenuto non con-
forme a Costituzione, incorrendo, pertanto, nella stessa violazione dell�art. 97 Cost. rileva-
ta dalla sentenza n. 104 del 2007. 


Insecondoluogo,ledisposizionilegislativeregionaliimpugnatecontrasterebberocongliartt.3,24,103e113Cost.sottoundupliceprofilo.Perunverso,esserisulterebberolesivedelprincipio 
di 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale 
contro 
gli 
atti 
della 
pubblica 
amministrazio-
ne, 
limitando 
tale 
tutela 
al 
solo 
profilo 
risarcitorio. 
Per 
altro 
verso, 
tale 
limitazione 
sarebbeirragionevolmente 
disposta 
soltanto 
a 
carico 
dei 
dirigenti 
decaduti 
in 
base 
a 
norme 
regionalidichiarate 
illegittime 
dalla 
Corte 
costituzionale 
e 
non 
anche 
a 
carico 
di 
dirigenti 
revocati 
dal-
l�incarico 
con 
provvedimenti 
giudicati 
illegittimi 
nelle 
competenti 
sedi. 
Ci� 
rappresenterebbeunaviolazionedell�art.3Cost.,�interminidiragionevolezzadellaclassificazionelegislativa�.

In terzo luogo, secondo il Collegio rimettente, le modalit� e i tempi di approvazionedella normativa impugnata (in pendenza dei giudizi che avevano dato luogo alla pronunciadella Corte costituzionale n. 104 del 2007 e immediatamente dopo che il Consiglio di Statoaveva accordato la tutela cautelare in forma specifica in uno di tali giudizi) farebbero sup-
porre che essa sia stata introdotta non per regolare in astratto la materia, ma per incideresulle sorti del procedimento giurisdizionale in corso, con eccesso di potere legislativo e con-
seguente violazione dell�art. 101 Cost.

Infine, 
la 
disciplina 
regionale, 
della 
cui 
costituzionalit� 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
dubita,
riguarderebbe 
oggetti 
�(limiti 
agli 
effetti 
delle 
sentenze 
della 
Corte 
costituzionale 
e 
allagammadellemisurecautelarinelprocessoamministrativo)�cherientranonellematerieriser-
vate 
dall�art. 
117, 
secondo 
comma, 
lettera 
l)
, 
Cost. 
alla 
competenza 
esclusiva 
dello 
Stato:
�giurisdizione 
e 
norme 
processuali; 
ordinamento 
civile 
e 
penale; 
giustizia 
amministrativa�.

2.- Si � costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio principale, che, aderendo piena-
mente agli argomenti sviluppati nell�ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, insisteper la fondatezza della questione di legittimit� costituzionale nei termini prospettati dalCollegio rimettente. 




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3.- Si � costituito in giudizio il controinteressato nel giudizio principale, chiedendo ilrigetto della sollevata questione di legittimit� costituzionale.

4.- In prossimit� dell�udienza pubblica, lo stesso controinteressato ha presentato istan-
za di rinvio dell�udienza, motivata come segue: �La Regione Lazio ha presentato una pro-
posta di legge (n. 408 del 7 ottobre 2008), messa all�ordine del giorno per l�approvazionedel plenum 
del Consiglio del giorno 20 p.v. e che tale legge sostituir� la l. r. n. 8/07 sotto-
posta al vostro giudizio la cui udienza � fissata per il 21 ottobre p.v�. 

5.-Nel 
corso 
dell�udienza, 
la 
difesa 
del 
controinteressato 
ha 
insistito 
per 
il 
rinvio 
dell�u-
dienza 
e 
prodotto 
copia 
della 
citata 
proposta 
di 
legge, 
approvata 
in 
data 
20 
ottobre 
2008 
dalConsiglio 
della 
Regione 
Lazio, 
chiedendo 
che 
siano 
rimessi 
gli 
atti 
al 
giudice 
a 
quo 
affinch�rivaluti 
la 
rilevanza 
della 
questione 
alla 
luce 
del 
mutato 
quadro 
normativo 
di 
riferimento.
Considerato in diritto 


1.- Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimit� costituzionale dell�art. 1,
commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernen-
ti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazione 
degli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 

In 
particolare, 
secondo 
il 
Collegio 
rimettente, 
la 
violazione 
dell�art. 
97 
dellaCostituzione deriverebbe dalla circostanza che le disposizioni impugnate escludono laobbligatoria reintegrazione del dirigente che sia automaticamente decaduto dall�incarico inbase ad una disposizione dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Tali disposizioni,
nel prevedere la facolt� della Giunta regionale di offrire al dirigente un indennizzo in luogodella reintegrazione e, soprattutto, nel disporre l�obbligo della Giunta stessa di offrire l�in-
dennizzo nel caso di interruzione di fatto del rapporto per un periodo superiore a sei mesi,
avrebbero l�effetto � secondo il rimettente � di �reintrodurre la possibilit� di far luogo a quel 
meccanismo di spoils 
system 
che la Corte costituzionale ha gi� rilevato non conforme aCostituzione�, dal momento che, �a ben vedere, la l. r. n. 8 del 2007 non � altro che unaforma onerosa di spoils system�. 

1.2.- In via preliminare, va rilevato che risulta ininfluente, ai fini di questa decisione,
la proposta di legge regionale di modifica delle disposizioni censurate, gi� approvata e nonancora pubblicata, cui ha fatto riferimento la difesa della parte privata costituita (controin-
teressata nel giudizio a quo), nella sua richiesta, non accolta, di rinvio dell�udienza didiscussione. La Corte, infatti, ritiene che il contenuto di tale proposta � che riguarda la sosti-
tuzione della originaria previsione alternativa dell�offerta di equo indennizzo (di cui alla let-
tera b, dell�articolo 1, comma 1, della legge regionale Lazio n. 8 del 2007) con il risarcimen-
to del danno, nonch� la ridefinizione dell�ambito temporale di operativit� della possibilit�della deliberazione alternativa da parte della Giunta regionale (di cui all�art. 1, comma 2) 
� 
lascerebbe inalterato, per quanto rileva ai fini della presente questione, l�assetto normativodenunciato come costituzionalmente illegittimo dal giudice a quo e non inciderebbe, in con-
siderazione dei profili di legittimit� costituzionale prospettati, sulla decisione che il giudicerimettente � chiamato ad adottare. 

1.3.- Vanno inoltre disattese le eccezioni di inammissibilit� sollevate, nel corso dell�u-
dienza, dalla difesa del controinteressato nel giudizio principale, secondo la quale la que-
stione posta dal rimettente sarebbe priva di rilevanza, da un lato, in ragione dell�intervenu-
to decorso, nelle more del giudizio, dell�originario termine di durata dell�incarico, e, dall�al-
tro lato, in virt� dell�intervenuta approvazione dell�art. 1, comma 79, della legge regionale11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della 




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Regione Lazio), per cui �sono prorogati sino al 30 giugno 2010 i contratti dei direttori gene-
rali delle aziende unit� sanitarie locali e delle aziende ospedaliere attualmente in carica�.

Con riferimento alla prima eccezione di inammissibilit�, il giudice rimettente, argo-
mentando in modo non irragionevole, ha ritenuto che il suo potere di concedere la tutela cau-
telare resti insensibile rispetto alla circostanza di fatto del decorso del termine originaria-
mente fissato per l�incarico, dal momento che �il lasso di tempo occorrente ad ottenere tute-
la giurisdizionale [...] non pu� mai risolversi in pregiudizio per la parte che la richiede�.

In relazione alla seconda eccezione di inammissibilit�, va osservato che una legge cheproroghi la durata degli incarichi dei direttori generali in carica non pu� avere l�effetto disanare l�eventuale illegittimit� degli atti con cui essi sono stati conferiti. 

2.- La questione � fondata con riferimento all�art. 97 Cost.. 

A 
differenza di quanto accade nel settore privato, nel quale il potere di licenziamentodel datore di lavoro � limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico ilpotere dell�amministrazione di esonerare un dirigente dall�incarico e di risolvere il relativorapporto di lavoro, � circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nel-
l�interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di pi� generaliinteressi collettivi. Si tratta di interessi che trovano riconoscimento nelle norme costituzio-
nali, come questa Corte ha di recente chiarito con la sentenza n. 103 del 2007 e, con speci-
fico riferimento alla posizione dei direttori generali di aziende sanitarie locali, con la sen-
tenza n. 104 del 2007. In tale ultima pronuncia, in particolare, la Corte ha affermato che
�l�imparzialit� e il buon andamento esigono che la posizione del direttore generale sia cir-
condata da garanzie�. Le garanzie non mirano soltanto a proteggere il direttore generalecome dipendente, ma discendono anche da principi costituzionali posti a protezione di inte-
ressi pubblici: l�imparzialit� amministrativa, con cui, secondo quanto affermato da questaCorte, contrasta un regime di automatica cessazione dell�incarico che non rispetti il giustoprocedimento; il buon andamento, che risulta pregiudicato, sempre in base alla giurispru-
denza di questa Corte, da un sistema di automatica sostituzione dei dirigenti che prescindadall�accertamento dei risultati conseguiti. 

Da tutto ci� deriva, sul piano degli strumenti di tutela, che forme di riparazione econo-
mica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno o le indennit� riconosciute dalla discipli-
na privatistica in favore del lavoratore ingiustificatamente licenziato, non possono rappre-
sentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da attiillegittimi di rimozione di dirigenti amministrativi. In particolare, la circostanza che il diret-
tore generale di azienda sanitaria locale, rimosso automaticamente e senza contraddittorio,
riceva, in applicazione della disposizione legislativa regionale impugnata, un ristoro econo-
mico, non attenua in alcun modo il pregiudizio da quella rimozione arrecato all�interessecollettivo all�imparzialit� e al buon andamento della pubblica amministrazione. Tale pregiu-
dizio, anzi, appare in certa misura aggravato, dal momento che, come correttamente rilevail Collegio rimettente alludendo ad una �forma onerosa di spoils system�, la collettivit� sub-
isce anche un aggiuntivo costo finanziario: all�obbligo di corrispondere la retribuzione deinuovi dirigenti sanitari, nominati in sostituzione di quelli automaticamente decaduti, siaggiunge, infatti, quello di corrispondere a questi ultimi un ristoro economico.

Gli altri profili di censura restano assorbiti.

Per questi motivi 
la Corte Costituzionale dichiara l�illegittimit� costituzionale dell�art.
1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concer-
nenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale)
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Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il22 ottobre 2008�. 


A.D.S. di Catanzaro � Parere del 2 ottobre 2008 n. 24046 (*
) 
Istanza di aggiornamento informative antimafia ex 
art. 10, comma 8, 


d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (consultivo 6845/08, avvocato A. Mezzotero). 
�(�) codesta Prefettura ha richiesto il parere di questa Avvocatura inordine all�istanza di aggiornamento delle informative antimafia afferenti leSociet� (�)�, formulata, ai sensi dell�art. 10, comma 8, seconda alinea, dalla

[X] S.p.A. con istanza del 9 agosto 2008. 
Considerata la particolare complessit� delle questioni sottese alla con-
sultazione richiesta alla Scrivente, in disparte alla novit� del tema che invol-
ge i rapporti tra il sistema delle informative antimafia e l�istituto del trust,
giova preliminarmente ricostruire la vicenda da cui muove l�istanza diaggiornamento delle informative antimafia formulata dalla [X] S.p.A. 

Con sentenza n. 81/2008 del 9 giugno 2008, il G.I.P. presso il Tribunaledi Catanzaro ha condannato V. (�) � titolare di gran parte delle azioni delle 
suindicate Societ� (...) � alla pena di 4 anni di reclusione, per i reati di cui 
agli artt. 110 e 416-bis 
c.p.; per i reati di cui agli artt. 81, 110, 479 c.p. � conl�aggravante di cui all�art. 7, l. n. 203/1991; nonch� per i reati di cui agli artt.
81, 110, 319, 321 c.p., e art. 5, l. Cost. n. 1/1999, art. 86, d.P.R. n. 570/1960,
e art. 1, l. n. 108/1968, con l�aggravante di cui all�art. 7, l. n. 203/1991. 

In ragione di tale condanna, nel corso del luglio 2008, codesta Prefetturaha provveduto ad emettere numerosi provvedimenti interdittivi ex 
art. 10,

d.P.R. n. 252/1998, oltre che a svolgere accertamenti successivi ai sensi del-
l�art. 11, 3 comma, d.P.R. n. 252/1998, afferenti le Societ� (�); in questocontesto, in particolare, risulta essere stata emessa la nota informativa del 29luglio 2008, prot. n. 15118-2008-AREA 
1/AM, inoltrata all�Ufficio delCommissario Delegato per il superamento della situazione di criticit�ambientale nel territorio della Regione Calabria (istituito ai sensi dell�art. 10,
O.P.C.M. n. 3690 del 4 luglio 2008), in forza della quale il Commissariodelegato pro tempore 
(con ordinanza n. 7247 dell�8 agosto 2008) ha provve-
duto ad inibire i conferimenti presso la discarica privata per rifiuti non peri-
colosi sita in loc. (�) di propriet� e gestita dalla societ� S. S.p.A.
Con la citata istanza del 9 agosto 2008 � acquisita al protocollo di code-
sta Prefettura al n. 16637/08/AM �, la medesima [X] S.p.A., in persona delsuo amministratore unico (�), ha chiesto l�aggiornamento delle informazio-
ni antimafia ex 
art. 10, comma 8, seconda alinea, d.P.R. n. 252/1998, addu-
cendo il verificarsi di decisivi mutamenti dell�assetto organizzativo e gestio-

(*
) 
Il parere � stato reso dall�Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro in via ordi-
naria 




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nale 
delle 
Societ� 
(�)
, 
tali 
da 
far 
venir 
meno 
la 
rilevanza 
dei 
precedenti 
ele-
mentiostativialrilasciodiinformazionifavorevoli:talisopravvenienzeconsi-
sterebbero 
nell�avvenuta 
costituzione 
di 
un 
trust, 
per 
effetto 
del 
quale 
� 
stata 
dispostalasegregazioneditutte 
lepartecipazionisociali(dellostessoV.)all�o-
monimo 
Gruppo 
societario, 
giusto 
atto 
(�)
, 
oltre 
che 
nelle 
dimissioni 
dello 
stesso V. 
dalla 
funzione 
di 
Dirigente 
della 
[X] 
S. 
p.A.
, 
con 
atto 
comunicato 
indata 
5 
agosto 
2008. 
Conclude, 
pertanto, 
la 
[X] 
S. 
p.A. 
sostenendo 
che 
sareb-
bero 
venute 
meno 
le 
circostanze 
prima 
rilevanti 
ai 
fini 
dell�accertamento 
dei 
tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa, 
cui 
conseguirebbe 
l�aggiornamento 
delleinformative 
ai 
sensi 
dell�art. 
10, 
comma 
8, 
d.P.R. 
n. 
252/1998.

Ci� posto, al fine di rendere il parere richiesto, si ritiene opportuno � inconsiderazione della complessit� della materia � fornire un breve inquadra-
mento della normativa di riferimento, a corredo degli elementi su cui (ingenerale) si fonda l�informativa prefettizia nelle diverse tipologie conosciu-
te dall�ordinamento. Le considerazioni che al riguardo si svolgeranno valgo-
no � salve le peculiarit� che si segnaleranno nella parte conclusiva della pre-
sente consultazione � anche con riferimento al procedimento di secondogrado avviato su istanza della [X] S.p.A. del 9 agosto 2008 volto all�aggior-
namento delle informazioni e disciplinato dall�art. 10, comma 8, d.P.R. n.
252/1998.

Tale analisi consentir� di verificare la sussistenza o meno dei tentativi diinfiltrazione mafiosa nella nuova struttura societaria (da intendere in sensolato) costituita per effetto del trust, analizzandone le peculiarit� principalienucleate dalla dottrina e dalla (finora modesta) giurisprudenza formatasi inmateria.

Com�� noto, il sistema delle informative � stato fortemente innovato dalD.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490 (successivamente modificato ed integrato dal

d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252), che ha sostituito alla certificazione prodottadal concorrente la trasmissione diretta alla stazione appaltante, a cura dellaPrefettura competente per territorio, della documentazione e delle notizierilevanti.
L�art. 4, D.Lgs. n. 490 del 1994 sancisce il divieto di contrattazione conla p.a., esplicitato anche nella formula del divieto di approvazione o autoriz-
zazione dei contratti, ove sia maturata a carico dell�impresa una delle dueseguenti circostanze: 

a) quando l�informazione prefettizia comunichi la sussistenza a caricodei soggetti responsabili dell�impresa (cos� come puntualmente identificatidalla legge) delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indica-
te nell�allegato 1, D.Lgs. cit. (ossia le cause di divieto, di sospensione o didecadenza previste dall�art. 10, l. 31 maggio 1965, n. 575, che, a sua volta,
si riferisce all�applicazione di misure di prevenzione ovvero all�applicazio-
ne provvisoria di provvedimenti giudiziali interdittivi nel corso del procedi-
mento aperto per l�applicazione delle dette misure); 

b) quando la Prefettura trasmetta (alla stazione appaltante) �informazio-
ni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa� tendenti a condi-
zionare le scelte e gli indirizzi delle societ� od imprese interessate. 



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Giova chiarire che il divieto di contrarre (inteso in senso ampio) costi-
tuisce una misura cautelare di tipo spiccatamente preventivo, che mira a con-
trastare l�azione del crimine organizzato, colpendo gli interessi economicidelle associazioni, anche a prescindere dal concreto accertamento in sedepenale di uno o pi� reati che vi siano direttamente connessi.

In particolare, alla stregua della normativa contenuta nel D.Lgs. n. 490del 1994 e nel d.P.R. n. 252 del 1998, la giurisprudenza (tra le tante, Cons.
St., sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4065; id. 1 marzo 2001, n. 1148; Cons. St., sez.
V, 24 ottobre 2000, n. 5710; Cons. giust. amm. reg. sic., 16 settembre 2002,

n. 543) ha delineato tre categorie di informative prefettizie:
1.- la prima, ricognitiva di cause di divieto, di per s� interdittive, ai sensidell�art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 490 del 1994 (che nel sistema del d.P.R. n.
252 del 1998 possono identificarsi con �le situazioni relative ai tentativi di 
infiltrazione mafiosa� desunte dalle lett. a) e b) del comma 7 dell�art. 10); 

2.- la seconda, relativa ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa ten-
denti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle societ� o delle imprese inte-
ressate, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefettoe che nel sistema del d.P.R. n. 252 del 1998 possono identificarsi negli ele-
menti emersi dagli accertamenti di cui alla lett. c), comma 7, dell�art. 10, 


d.P.R. cit.;
3.- la terza, relativa alle informazioni supplementari e atipiche, il cuieffetto interdittivo � rimesso ad una valutazione autonoma e discrezionaledell�amministrazione destinataria dell�informativa prevista dall�art. 1-sep-
ties, d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito con modificazioni dalla l. 12ottobre 1982, n. 726 (articolo aggiunto dall�art. 2, l. 15 novembre 1988, n.
486, e richiamato dall�art. 10, comma 9, d.P.R. n. 252 del 1998), �fondatasull�accertamento di elementi i quali, pur denotando il pericolo di collega-
mento fra imprese e la criminalit� organizzata non raggiungono la soglia digravit� prevista dall�art. 4, D.Lgs. 490/1994 (�) perch� non integranti deltutto il tentativo di infiltrazione� (in proposito, si vedano, tra le tante, Cons.
St., sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2014; Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2003, n.
1979). Tuttavia, in forza dell�art. 113, R.d. n. 827/1924, tale informativa,
anche se �priva di efficacia interdittiva automatica, consente l�attivazionedegli ordinari poteri discrezionali di ritiro del contratto da parte della sta-
zione appaltante� (cos�, Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1979). 

Chiara 
�, 
dunque, 
la 
distinzione 
tra 
l�informativa 
antimafia 
tipica, 
adotta-
ta 
ai 
sensi 
dell�art. 
10, 
d.P.R. 
n. 
252/1998, 
e 
quella 
cd. 
atipica 
di 
cui 
all�art. 
1-
septies, 
d.l. 
n. 
629/1982: 
la 
prima 
determina 
una 
situazione 
generalizzata 
diincapacit� 
a 
contrarre 
nei 
confronti 
di 
qualsiasi 
pubblica 
amministrazione, 
diversamentedall�informativaatipica,chehaunvaloremeramenteendoproce-
dimentale, 
circoscritto 
all�amministrazione 
cui 
� 
indirizzata 
che 
rimane 
titola-
rediunpoterediscrezionalecircalavalutazionedelle 
informazioniricevuteaifini 
dell�affidamento 
dell�appalto. 
Inoltre, 
mentre 
nel 
caso 
di 
informativa 
pre-
fettizia 
antimafia 
cd. 
atipica 
ex 
art. 
1-septies, 
d.l. 
n. 
629/1982, 
la 
stazione 
appaltante 
conserva 
una 
potest� 
discrezionale 
e 
deve 
autonomamente 
valutare 
le 
informazioni 
ricevute 
senza 
procedere 
automaticamente 
all�esclusione 
del-



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l�impresa, 
con 
la 
conseguenza 
che 
i 
provvedimenti 
di 
mantenimento 
o 
di 
riso-
luzione 
del 
rapporto 
sono 
comunque 
il 
frutto 
di 
una 
scelta 
motivata 
della 
sta-
zione 
appaltante, 
nel 
caso 
invece 
dell�informativa 
antimafia 
ex 
art. 
10, 
d.P.R.
n.252/1998,lastazioneappaltantenonhaalcunpoterediscrezionaleattesochel�esclusione 
dell�impresa 
deriva 
direttamente 
dall�atto 
prefettizio 
(in 
ordine 
atale 
distinzione, 
tra 
le 
pi� 
recenti, 
si 
vedano: 
T.A.R. 
Lazio, 
Roma, 
sez. 
I, 
9 
luglio2008,n.6487;Cons.St.,sez.V,28marzo2008,n.1310;id.12febbraio2008, 
n. 
491; 
Cons. 
St.
, 
sez. 
VI, 
3 
maggio 
2007, 
n. 
1948).

Per quanto non rilevi direttamente ai fini della consultazione richiestaalla Scrivente, � appena il caso di aggiungere, per completezza, che, ai sensidell�art. 1, lett. e), d.P.R. 252/1998, la documentazione relativa ai requisitiantimafia di un soggetto non � richiesta dall�Amministrazione per provvedi-
menti e contratti di valore inferiore a trecento milioni delle vecchie lire, pariad �. 154.937,07. In buona sostanza, l�acquisizione dell�informativa antima-
fia sub 
1) e 2) � nell�ambito della disciplina dettata dal D.Lgs. 12 aprile2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e fornitu-
re) � � obbligatoria per i contratti sopra soglia comunitaria (fissata dall�art.
28, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006, in �. 5.278.000,00), mentre sussi-
ste un potere discrezionale per le stazioni appaltanti di richiedere allaPrefettura l�informativa antimafia, di cui all�art. 10, d.P.R. n. 252/1998,
anche nel caso di gara d�appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria,
ma non inferiore a trecento milioni delle vecchie lire (pari ad �. 154.937,07),
limite espressamente previsto dal cit. art. 1, lett. e) (si veda, in proposito,
Cons. St., sez. VI, 29 gennaio 2008, n. 240; da ultimo, Cons. St., sez. V, 19settembre 2008, n. 4533, secondo cui: �Il d.P.R. n. 252/1998 impone, da unlato, l�obbligo assoluto di acquisire l�informativa antimafia qualora l�im-
porto della gara di appalto superi la soglia comunitaria (art. 10); dall�altro,
esclude la richiesta di tale informativa nel caso di appalti di importo infe-
riore a Lire 300 milioni (art. 1 lett. e). Al di l� di questi due valori (da �. 300milioni alla soglia comunitaria), la normativa non d� alcuna specifica indi-
cazione (se debba valere il solo certificato camerale antimafia ovvero se siaammessa, in aggiunta a questo, la possibilit� di richiedere informazioni),
per cui, in questa zona non regolamentata, non pu� escludersi l�eserciziodella discrezionalit� della stazione appaltante, nel senso che la stessa �legittimata a richiedere le informazioni antimafia, e che, una volta formula-
ta la richiesta, il Prefetto sia tenuto a dare seguito a tale richiesta�).

Giova evidenziare, sotto altro profilo, che � riguardo alle informativeantimafia (e, in particolare, a quella di cui all�art. 10, comma 7, lett. c), d.P.R.
3 giugno 1998, n. 252) � il Prefetto esercita un potere di accertamento dimassima ampiezza, in ragione della preminente esigenza di tutelare, anchenella fase istruttoria, l�interesse generale all�ordine ed alla sicurezza pubbli-
ca, ed anche in relazione al settore dei contratti tra mondo imprenditoriale ePubblica Amministrazione. Del resto, � stato osservato come il concetto di�tentativo di infiltrazione mafiosa� si presenta estremamente sfumato e dif-
ferenziato rispetto alla configurazione che si ha in sede normativa di feno-
meni criminali di stampo associativo mafioso, e ci� sia nell�ambito del pro-



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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


cesso penale che del procedimento volto all�adozione di misure di preven-
zione, tantoch� anche il relativo potere di accertamento da parte del Prefettosi caratterizza per l�estrema duttilit� dei mezzi all�uopo destinati che posso-
no assumere (in pratica) qualsiasi forma. Infatti, la giurisprudenza ha preci-
sato che per l�adozione dell�informativa antimafia �non occorre n� la provadi fatti di reato, n� la prova dell�effettiva infiltrazione mafiosa nell�impresa,
n� la prova del reale condizionamento delle scelte dell�impresa da parte diassociazioni o soggetti mafiosi, essendo sufficiente il �tentativo di infiltra-
zione� avente lo scopo di condizionare le scelte dell�impresa, anche se talescopo non si � in concreto realizzato� (cos�, con diffusa motivazione, T.A.R.
Calabria, Catanzaro, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 38; da ultimo, si vedano,

T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487; Cons. St., sez. VI, 29 feb-
braio 2008, n. 756).
Sovente la sussistenza del tentativo di infiltrazione prescinde dall�accer-
tamento della sua genesi, risolvendosi nel mero riscontro del fatto che l�im-
presa costituisca comunque uno strumento, anche per interposta persona, diingerenza da parte di organizzazioni criminali in specifici rapporti conl�Amministrazione Pubblica. In tal senso, a mero titolo esemplificativo, �utile ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto legittima l�informativa pre-
fettiziaex 
art. 10, d.P.R. n. 252/1998 adottata per soggetti �indiziati di appar-
tenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni,
comunque localmente denominate, che perseguano finalit�, o agiscano conmetodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso� 
(art. 1, l. 
31 maggio 1965, n. 575) 
in presenza di stretti rapporti familiari con sogget-
ti coinvolti nell�ambiente di criminalit� organizzata. Sicch�, facendo appli-
cazione dei principi fin qui esposti, si �, in particolare, precisato che �� per-
tanto legittima una informativa antimafia, secondo la quale sussistono ten-
tativi di infiltrazione della criminalit� organizzata, motivata facendo riferi-
mento: 1) al fatto che il titolare dell�impresa risulta �gravitare nell�ambitodi influenza di nota cosca mafiosa�, essendo stato deferito all�Autorit�Giudiziaria per �estorsione, danneggiamento, violazione della legge sullearmi, associazione mafiosa ed altro�, a nulla rilevando che con sentenza delTribunale � ufficio del Giudice per le indagini preliminari � sia stato pro-
sciolto; 2) agli stretti rapporti di parentela (nella specie il riferimento era alpadre ed al cognato), atteso che spesso nel settore in questione � secondodati di comune esperienza � esistono veri e propri sodalizi familiari, tali da 
rendere non irrilevante � sul piano presuntivo � tali circostanze� (cos�, Cons. 
St., sez. VI, 19 agosto 2008, n. 3958). 

L�ampiezza della discrezionalit� del Prefetto comporta, quale immedia-
ta conseguenza processuale, che la valutazione prefettizia � sindacabile insede giurisdizionale solo se emergano manifesti vizi logici e di congruit� conriguardo alle informazioni assunte o alle deduzioni che da esse sono statetratte (cos�, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 38; nellastessa direzione, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, III, 19 settembre 2007,

n. 7875; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 aprile 2006, n. 3540, nonch�,
da ultimo, Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2008, n. 3658; T.A.R. Lazio, Roma, 

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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

256 


sez. III, 1 luglio 2008, n. 6348 e Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3603,
secondo cui: �� illegittima una informativa prefettizia antimafia secondo cuisussisterebbero tentativi di infiltrazione della criminalit� organizzata in unasociet� che si fonda su di un quadro istruttorio lacunoso ed incongruo e suaffermazioni apodittiche e sostanzialmente prive di concreti ed attualiriscontri fattuali�) ovvero quando non dia conto, con motivazione adeguata,
dell�attualit� del rischio dell�infiltrazione (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I,
4 aprile 2008, n. 493; Cons. St., sez. V, 27 giugno 2006, n. 4135). 

Siritiene,peraltro,chelavalutazionerimessaall�autorit�prefettiziadallanormativa 
di 
riferimento 
per 
quanto 
attiene 
alla 
sussistenza 
di 
eventuali 
ten-
tativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
tendenti 
a 
condizionare 
le 
scelte 
e 
gli 
indirizzi 
delle 
societ� 
interessate, 
per 
la 
specifica 
natura 
del 
giudizio 
formulato, 
� 
con-
notatadall�utilizzodipeculiaricognizioniditecnica 
investigativaepoliziesca 
e, 
pertanto, 
pu� 
definirsi 
tipico 
esercizio 
di 
discrezionalit� 
tecnica, 
che 
esclu-
de 
la 
possibilit� 
per 
il 
giudice 
amministrativo 
di 
svolgere 
un 
sindacato 
pieno 
e 
assoluto, 
ma 
non 
impedisce 
allo 
stesso 
di 
formulare 
un 
giudizio 
di 
logica 
e 
congruit� 
delle 
informazioni 
assunte 
e 
di 
poter 
eventualmente 
rilevare 
se 
ictu 
oculi 
ifattiriferitidalPrefettoconfigurinoomenolafattispecieprevistadallanorma 
(T.A.R. 
Campania, 
Napoli, 
III, 
4 
aprile 
2002 
n. 
1861).

La 
motivazione 
dell�informativa 
prefettizia 
dovr�, 
dunque, 
essere 
ester-
nata 
con 
rigore 
logico 
alla 
luce 
di 
specifici 
elementi 
indiziari 
esitati 
dall�i-
struttoria 
compiuta, 
onde 
fugare 
ogni 
dubbio 
di 
ragionevolezza 
e 
di 
logicit� 
dell�azione 
amministrativa 
(si 
veda, 
a 
tal 
proposito, 
Cons. 
St.
, 
sez. 
VI, 
9 
set-
tembre 
2008, 
n. 
4306, 
secondo 
cui 
�Anche 
se 
� 
vero 
infatti 
che 
il 
giudiziopenale, 
anche 
quando 
nettamente 
formulato 
in 
senso 
contrario, 
non 
esclude 
che 
l�Amministrazione 
possa 
individuare 
elementi 
di 
sospetto 
a 
carico 
del-
l�interessato, 
l�Amministrazione 
stessa 
ha 
in 
ogni 
caso 
il 
dovere 
� 
essendo 
il 
giudice 
penale 
signore 
del 
fatto 
� 
di 
motivare 
con 
il 
massimo 
rigore 
la 
suavalutazionesulpericolodicondizionamentomafioso�);l�informativaantima-
fia, 
quindi, 
�deve 
fondarsi 
su 
di 
un 
quadro 
fattuale 
di 
elementi 
che, 
pur 
nondovendoassurgerenecessariamentealivellodiprova(ancheindiretta),sianotali 
da 
far 
ritenere 
ragionevolmente, 
secondo 
l�id 
quod 
plerumque 
accidit,
l�esistenza 
di 
elementi 
che 
sconsigliano 
l�instaurazione 
di 
unrapportocon 
lapubblica 
amministrazione� 
(Cons. 
St.
, 
VI, 
29 
febbraio 
2008, 
n. 
756).

Tantochiaritoinordineallavigentedisciplinadelleinformativeprefettizie 
antimafia, 
occorre 
a 
questo 
punto 
procedere 
ad 
esaminare 
l�atto 
istitutivo 
del 
�Trust 
V.
� 
(cos� 
denominato 
nello 
stesso 
atto 
istitutivo)
, 
onde 
acclarare 
� 
in 
puntodidiritto�l�ingerenzadellostessoV.nellagestionesocialedelleSociet� 
(�)
, 
nonostante 
la 
segregazione 
delle 
sue 
partecipazioni 
societarie 
in 
trust.

L�indagine va, dunque, condotta con riguardo alla descrizione analiticadel struttura fiduciaria del trust in esame, ad integrazione di quanto gi� pun-
tualmente ravvisato da codesta Prefettura con la nota qui in riscontro, preci-
sando che, com�� intuibile, non � possibile in questa sede analizzare in mododiffuso ed organico tutti i problemi applicativi posti da tale istituto (molti deiquali di rilievo eminentemente teorico e comunque eccentrici rispettoall�ambito della consultazione richiesta alla Scrivente da codesta Prefettura). 



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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Atal fine, giova illustrare la natura, la struttura e gli effetti di tale nego-
zio giuridico di derivazione anglosassone, che ha avuto ingresso nel nostroordinamento attraverso la Convenzione dell�Aja, approvata l�1 luglio 1985dalla 
Conf�rence 
de 
La 
Haye 
de 
droit 
international 
priv�, 
ratificatadall�Italia con la legge n. 364/1989 ed entrata in vigore nel gennaio del 1992(in argomento, per eventuali approfondimenti, tra i tanti contributi della dot-
trina, si segnalano, in particolare: ANELLI, Fiducia e trust, in Trattato del 
contratto, a cura di ROPPO, vol. III, 736 ss., 2006, Milano, Giuffr�; BARTOLI,
Prime riflessioni sull�art. 2645 ter 
c.c. e sul rapporto fra negozio di destina-
zione di diritto interno e trust, in Corriere del merito, 2006, 6, 697 ss.
; 
D�AMBROSIO, Trust interno: cos� la validit� in Italia, in Diritto e giustizia, 
D&G., 2005, f. 38, 37 ss.; LOPILATO, I trusts interni, in Questioni attuali sul 
contratto, 
approfondimenti 
tematici 
e 
giurisprudenza 
annotata, 
2004,
Milano, Giuffr�, 383 ss., ove ulteriori riferimenti dottrinali ed indicazionedella giurisprudenza pronunciatasi in materia; LUPOI, Trusts, Milano, 2001; 
MAZZAMUTO, Il trust, in Manuale di diritto privato europeo (Parte VII, Cap. 
XXXII), a cura di CASTRONOVO 
e 
MAZZAMUTO, 2007, Milano, Giuffr�). 

L�istituto del trust 
nasce nell�ambito dell�evoluzione giurisprudenziale 
dell�Equity, propria dei sistemi giuridici (anglosassoni) di common law, laquale costituisce un insieme di principi di diritto che intervengono, in viasuppletiva, ogniqualvolta l�applicazione dello stretto diritto risulti in concre-
to iniqua, operando come criterio di giustizia che tiene conto delle particola-
rit� del caso di specie e delle correlate circostanze umane, al fine di realizza-
re la cd. �giustizia del caso concreto�. 

Come segnalato dalla dottrina (per tutti, si veda MAZZAMUTO, op. cit.), il 
trust � una figura giuridica atipica molto controversa, suscettibile di essereadattata ad una molteplicit� di rapporti, certamente di natura patrimoniale. Inogni caso, il punto di arrivo del complesso dibattito dottrinale intorno a taleistituto � rappresentato dalla sua qualificazione come negozio atipico trasla-
tivo di diritti (reali, di natura obbligatoria o di aspettativa), la cui costituzio-
ne � ritenuta ammissibile a condizione che esso sia sorretto da una causa giu-
stificatrice e sia finalizzato a perseguire scopi meritevoli di tutela alla stre-
gua del nostro ordinamento (in tal senso, LUPOI, op. cit., 265-267; in giuri-
sprudenza, Trib. Velletri, ord. 29 giugno 2005, n. 11, in Corr. giur., 5, 2006)
. 
Si esclude, poi, che il trust 
abbia natura contrattuale (in tal senso, Trib. 
Napoli, 1 ottobre 2003, in Diritto e Giustizia, D.&G., 2004, f. 8, 92)
. 


Con estremo sforzo di schematizzazione del trust 
pu� essere fornita laseguente definizione: si tratta di un insieme di rapporti giuridici caratterizza-
ti dalla presenza di un soggetto � il disponente � che trasferisce beni o dirit-
ti ad un altro soggetto � il trustee 
� il quale assume l�impegno di impiegarequanto ricevuto per il soddisfacimento dell�interesse di uno o pi� soggetti 
� 
i beneficiari � o per un fine determinato. 

Dal punto di vista strutturale, quindi, il trust consiste in un rapporto giu-
ridico tra pi� soggetti: il settlor (o disponente), il trustee 
e i beneficiaries.

Il settlor 
dispone di una massa di beni a favore del trustee, il quale ne 
acquista la piena propriet� formale (trust property). Allo stesso modo, il tru-



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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

258 


stee 
si vincola al perseguimento di un fine a lui soggettivamente estraneo 
(cd. trust 
di scopo) e che pu� assumere i contenuti pi� vari (per lo pi�, � voltoa beneficiare soggetti terzi: beneficiaries o cestuis que trust; in tal caso si 
parla di trust 
a beneficiari determinati). 

I beneficiaries 
vantano, pertanto, un diritto di credito nei confronti del 
trustee 
(in dottrina, LUPOI, op. cit.), avente ad oggetto: a) il rendiconto della 
gestione ad opera del trustee 
in conformit� degli obblighi fiduciari indicati 
nell�atto istitutivo del trust; b) il trasferimento dei beni alla cessazione del 
trust. Di ci� ha preso atto il Legislatore tributario individuando, ai fini del-
l�imposizione sui redditi, due principali categorie di trust: a) trust 
con bene-
ficiari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai benefi-
ciari stessi; b) trust 
senza beneficiari individuati, i cui redditi vengono tassa-
ti direttamente in capo al trust 
(si veda, a tal proposito, la disciplina dettatadalla Legge finanziaria per il 2007, art. 1, comma 74 e segg.). 

Si � accennato che, secondo la dottrina maggioritaria, �l�istituto del trustnon si identifica n� con un contratto n� con una persona giuridica n� con unente autonomo. �, altres�, da rifiutare una ricostruzione del trust 
incentrata: 
a) sulla presunta scissione del diritto di propriet� in una propriet� formalein capo al trustee 
e in una propriet� sostanziale in capo ai beneficiari (c.d.
equitable ownership); b) sulla coesistenza in ordine ai beni costituiti in trustdi pi� diritti reali di contenuto diverso� (cfr., MAZZAMUTO, op. cit.). In buona 
sostanza, non vi � nessuna doppia propriet� sui beni segregati in trust. Infatti, 
il diritto dei beneficiari nei sistemi di diritto civile (civil law) non � un dirit-
to reale, ma personale verso il trustee (cos� Corte Giust., 17 maggio 1992, in 
causa C-294/92, caso Webb v. Webb).

Il settlor 
affida la propriet� (formale) esclusiva dei beni conferiti in trustal trustee, al quale � demandata la gestione del patrimonio segregato alloscopo prefigurato dal medesimo disponente e, per quanto riguarda il caso dispecie, �allo scopo di consentire, per tutto il periodo di vigenza del Trust,
l�amministrazione indipendente da parte del Trustee 
del patrimonio conferi-
to in Trust 
(�) nell�interesse dei beneficiari� (cfr. pag. 6 dell�atto istitutivo 
del �Trust V. (...). 

Cos� il trustee, dal canto suo, non � un rappresentante n� un mandatario 
del settlor, o del beneficiario o del trust (Corte giust., 17 maggio 1992, C-
294/92, cit.).

Ci� nondimeno, i beni conferiti in trust non si confondono con il patri-
monio personale del trustee, costituendo piuttosto un patrimonio separato 
(cd. effetto segregativo), tantoch� il patrimonio conferito in trust 
non pu�essere aggredito dai creditori (n� dagli aventi causa) personali del disponen-
te e/o del Trustee, cos� formando una massa separata e distinta. In tal senso,
si pone l�art. 1, comma 74 e segg., l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finan-
ziaria 2007), riconoscendo al trust 
un�autonoma soggettivit� tributaria rile-
vante ai fini dell�imposta tipica delle societ� (IRES), degli enti commercialie non commerciali (sull�interpretazione di tale norma, si veda la circolaredell�Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, 6agosto 2007, n. 48/E). 



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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Pertanto, sempre secondo la ricostruzione che dell�istituto fornisce ladottrina, dopo la costituzione del trust, il settlor 
non � pi� titolare di un inte-
resse giuridicamente rilevante sui beni conferiti in trust. E ci� in ragione delfatto che il patrimonio segregato entra a far parte della sfera giuridica del tru-
stee. Sicch�, in via generale, il disponente non pu� influenzarne le scelteamministrative del trustee, salvo il caso in cui lo stesso si sia riservato deidiritti nella qualit� di beneficiario. La posizione del disponente si caratteriz-
za, dunque, per la perdita definitiva del controllo sui beni costituiti in trust,
nonch� per la mancanza di qualsiasi strumento di tutela azionabile nei con-
fronti del trustee, qualora questi impieghi i beni per una finalit� diversa daquella indicata dallo stesso disponente. 

Invero, il trustee gode di discrezionalit� nell�esercizio dei suoi compiti,
ma � vincolato al rispetto degli obblighi di carattere fiduciario, volti alla sal-
vaguardia dell�interesse dei beneficiari. Il vincolo funzionale che caratteriz-
za la sua posizione giustifica la limitazione all�esercizio del diritto formal-
mente trasferitogli (ammesso che di un vero e proprio trasferimento si possaparlare), con l�ulteriore conseguenza di non poter distrarre a proprio favorele utilit� derivate dai beni, che devono essere destinate a favore dei benefi-
ciari o della finalit� programmata. 

Mette conto evidenziare che il disponente pu� (come di fatto � avvenu-
to nel caso di specie) nominare altres� un protector 
per garantirsi un control-
lo pi� pregnante sull�operato del trustee. Infatti, il protector 
� una persona 
(fisica o giuridica) di fiducia del settlor, con il compito di vigilare e verifica-
re che le indicazioni contenute nell�atto istitutivo del trust siano rispettate. 
A 
tal fine, lo stesso protector 
ha il potere/dovere di sostituire il trustee, qualo-
ra questi si rendesse inadempiente. 

Esaminati(ingenerale)iprofilifunzionaliestrutturalidel 
trust,delqualesi 
� 
illustrata 
anche 
la 
natura 
giuridica 
(negoziale 
e 
non 
contrattuale, 
secondo 
latesi 
maggioritaria),si 
passa 
ora 
adesaminareneldettaglio 
le 
singoledispo-
sizioni 
dell�atto 
istitutivo 
del 
�Trust 
V.�
, 
alla 
stregua 
dei 
principi 
suesposti.

Da un�attenta disamina dell�atto istitutivo del �Trust 
V.� trasmesso alla 
Scrivente � dato desumere quanto segue. 

1.-Con 
atto 
(�)
, 
V.
, 
nella 
sua 
veste 
di 
disponente, 
ha 
istituito 
un 
trust 
(denominato 
�Trust 
V.�)
, 
irrevocabile 
e 
discrezionale, 
a 
favore 
del 
proprio 
coniuge 
(�
) 
(alla 
quale 
� 
legato 
in 
regime 
di 
separazione 
dei 
beni)
, 
nonch� 
afavore 
delle 
due 
figlie 
(�)
, 
individuate 
nell�atto 
pubblico 
quali 
beneficiarie;

2.-il trust � regolato dalla legge sul trust 
inglese, consentendo l�art. 6della Convenzione dell�Aja al disponente di scegliere la legge alla quale sot-
toporre il trust 
e ci� indipendentemente dalla sussistenza di elementi ogget-
tivi di collegamento; 

3.-la durata del trust 
� fissata in tre anni 
(a far data dalla sottoscrizionedel medesimo atto istitutivo, ossia dal 7 agosto 2008), termine allo spiraredel quale il patrimonio conferito sar� distribuito � in parti eguali fra loro � afavore dei beneficiari su indicati, fatta salva l�eventuale proroga (cfr., pag. 3dell�atto istitutivo �Trust 
V.�); 

4.-V.R., nella sua qualit� di disponente, ha nominato quale Trustee 
B.,
gi� ragioniere-commercialista della [Y] S.p.A. fino al 2007. Dal carteggio 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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trasmesso risulta che, con successivo atto (�), allo stesso B. � poi succedu-
to nella carica di trustee 
il dott. T., gi� Procuratore della Repubblica pressoil Tribunale di (...), oggi in quiescenza; 

5.-con 
l�atto 
istitutivo, 
il 
disponente 
ha 
nominato 
(in 
modo 
irrevocabile) 
quale 
protector 
il 
proprio 
fratello; 
allo 
stato 
risulta 
che, 
con 
istanza 
del 
17 
set-
tembre 
2008, 
V. 
abbia 
chiesto 
al 
Presidente 
del 
competente 
Tribunale 
di 
voler 
provvedereall�elezionediunnuovoProtector,traduenominativiindicatidallo 
stessodisponente(dicuinon�riportatoilnominativonelcarteggiotrasmesso)
; 


6.- l�atto istitutivo del trust 
(pag. 6) prevede, quale scopo precipuo del 
negozio giuridico, l�amministrazione indipendente da parte del Trustee 
delpatrimonio conferito in Trust al fine di garantire l�integrit� dello stessopatrimonio a favore dei beneficiari. Il Trust, pertanto, svolger� una funzio-
ne di garanzia di integrit� e di buona amministrazione nell�interesse dei 
beneficiari stessi; 

7.-per l�effetto, a mente dell�art. 4 (rubricato: poteri del Trustee) dell�at-
to costitutivo �Il Trustee (�) diviene proprietario del patrimonio che gliviene trasferito a tale titolo e, pertanto, � legittimato a compiere qualunqueatto di amministrazione ordinaria e straordinaria e di disposizione, nessunoescluso, come spettanti al pieno proprietario�. Lo stesso art. 4 dispone, altre-
s�, che lo stesso Trustee gode e dispone dei beni del Trust, senza alcuna limi-
tazione e senza dover mai giustificare i propri poteri che coincidono conquelli che la legge riconosce al proprietario o titolare dei beni del Trust,
potendo anche disporre dell�eventuale capitale ove i redditi non fossero suf-
ficienti allo scopo proposto;

8.-inoltre, l�art. 7 (rubricato: successione del 
Trustee) dell�atto costituti-
vo dispone che �La nomina di un nuovo 
Trustee deve avvenire per atto pub-
blico. Nel caso in cui sia stato nominato un solo 
Trustee, 
il 
Trustee, previo 
consenso del 
Protector, pu� nominare uno o pi� 
Trustees 
affinch� gli succe-
dano secondo le regole previste dalla legge regolatrice del 
Trust�, preveden-
do, ulteriormente, che �Nel caso siano stati nominati pi� 
Trustees, ciascun 
Trustee, previo consenso degli altri 
Trustees nominati e del 
Protector, pu�nominare un 
Trustee affinch� gli succeda secondo le regole previste dalla 
legge regolatrice del 
Trust�.

Alla luce di tali peculiari caratteristiche del �Trust 
V.�, � da ritenere che, 
nonostante la formale segregazione in trust 
delle proprie azioni, il disponen-
te esercita in ogni caso un�influenza dominante (ed effettiva) sulle Societ�dell�omonimo Gruppo. 

Depongono in tal senso le seguenti considerazioni. 

1.- In primo luogo, si rappresenta che la gestione del patrimonio segre-
gato � per quanto possa dirsi �indipendente� � � affidata ad un professioni-
sta di fiducia del V., il quale (come gi� evidenziato) pu� essere revocato dalprotector, a sua volta uomo di fiducia dello stesso V., ad oggi il fratello; 


2.-tuttavia, se da un lato � gi� stata inoltrata istanza al Presidente delcompetente Tribunale per la sostituzione dell�attuale protector, fratello deldisponente, dall�altro lato, non pu� sottacersi il fatto che lo stesso settlorabbia individuato due persone di fiducia quali possibili candidati alla carica 




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I 
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DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


di protector (si veda, in proposito, quanto disposto dall�art. 6, pag. 10, del-
l�atto istitutivo del �Trust 
V.�). In merito, la dottrina ha precisato che attra-
verso la figura del protector, istituito dal disponente nell�atto costitutivoovvero anche in un momento successivo, � possibile controllare la gestionefiduciaria e vigilare sulla fedelt� e sulla diligenza del trustee (per un�ampia 
analisi della figura del protector, si rinvia a TARISSI 
DE 
JACOBIS, Il Guardiano 
e la sua successione, in Trust e attivit� fiduciaria, 2000, 1, 123 ss.). 

3.- inoltre, l�atto istitutivo del trust 
di che trattasi sancisce espressamen-
te (cfr., pag. 3, ultimo periodo) che, in caso di premorienza di uno dei bene-
ficiari (moglie e figlie del V.), la propriet� dei beni conferiti in trust verr� 
assegnata �ai suoi eredi legittimi�, tra i quali deve certamente includersi l�o-
dierno disponente; 

4.-la 
discrezionalit� 
in 
capo 
al 
disponente 
di 
nominare 
altri 
beneficiari 
e/
o 
revocare 
quelli 
gi� 
nominati 
� 
un 
rilevante 
sintomo 
di 
ingerenza 
(anche 
poten-
ziale) 
dello 
stesso 
Settlor 
nella 
gestione 
del 
patrimonio 
segregato. 
Non 
pu�,
infatti,escludersicheeglipossanominaresestessoqualebeneficiariodelTrust.

5.- occorre, inoltre, sottolineare che, ai sensi dell�art. 10 (reddito del 
Trust) dell�atto istitutivo del �Trust 
V.�, �Il reddito del Trust 
(�) sar� dal 
Trustee 
distribuito in parti uguali ai beneficiari�. 
A 
tal proposito, si ribadi-
sce che i beneficiari del trust 
in esame sono i familiari conviventi del mede-
simo disponente: in particolare, oltre alla moglie, risultano essere beneficia-
ri le due figlie del Settlor, ad oggi di anni 17. Sicch�, V. � esercente la pote-
st� genitoriale sulle figlie-beneficiarie � ha, allo stato, in comune con la pro-
pria moglie (altra beneficiaria), il godimento e la sostanziale disponibilit� deiredditi dei beni percepiti dalle figlie-minorenni. Ne consegue che il medesi-
mo disponente vanta cos� �anche formalmente �un diritto di usufrutto (lega-
le) sui redditi prodotti dai beni segregati in Trust, spettanti alle figlie ex 
art.
10 �Trust 
V.�. Dispone, infatti, l�art. 324 c.c. (usufrutto legale) che �I geni-
tori esercenti la potest� hanno in comune l�usufrutto dei beni del figlio�. Al 
riguardo, si richiama, inoltre, la disciplina dettata dall�art. 4 (Coniugi e figli 
minori) del d.P.R. n. 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi): �Ai finidella determinazione del reddito complessivo o della tassazione separata:
(�) c) i redditi dei beni dei figli minori soggetti all�usufrutto legale dei geni-
tori sono imputati per met� del loro ammontare netto a ciascun genitore�.

Di fatto (e di diritto) il disponente percepisce i redditi che scaturiscono 
dal Trust.

Invero, 
se 
da 
un 
lato, 
V. 
� 
nella 
sua 
veste 
di 
disponente 
�
, 
a 
stretto 
rigore, 
nonhalatitolarit�dialcundirittogiuridicamentetutelatoriguardoaibenicon-
feriti 
in 
trust, 
dall�altro 
lato, 
risulta 
usufruttuario 
(legale) 
dei 
redditi 
spettantialle 
figlie-minorenni 
ex 
art. 
10 
dell�atto 
costitutivo 
del 
�Trust 
V.�
. 


Nellostessosensoapparedifattoevidentecheladuratadeltrust�diappe-
natreanni,checostituisceragionevolmente 
iltempostrettamentenecessarioa 
che 
le 
figlie 
del 
V. 
(oggi 
diciassettenni) 
raggiungano 
la 
maggiore 
et�.

Ne deriva che, nel caso di specie, il disponente � di fatto e/o per interpo-
sta persona (anche a mezzo dei propri familiari beneficiari) � continua amantenere un notevole peso nella compagine Societaria (�). 



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AVVOCATURA 
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STATO 
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6.- Sotto altro profilo, va evidenziato che l�applicazione della leggeinglese al trust 
in esame non influisce sull�adozione dell�informativa prefet-
tizia antimafia. Infatti, l�assoggettamento del trust 
alla legge inglese (art. 5,
comma 1, dell�atto istitutivo), se comporta significative conseguenze in ordi-
ne alla disciplina del rapporto nascente dalla costituzione del trust, non pareidoneo ad impedire l�applicazione della disciplina italiana sulle informativeantimafia per gli appalti, concessioni e finanziamenti pubblici cui aspirasse-
ro in futuro le Societ� (�), cos� come di quella relativa al trattamento fisca-
le del trust, alla quale il �Trust 
V.� risulta assoggettato (in tal senso, si vedala circolare dell�Agenzia delle Entrate, 6 agosto 2007, n. 48/E, sopra citata,
che chiarisce la nozione di residenza fiscale del trust 
agli effetti dell�appli-
cazione della legislazione tributaria italiana).

Tali elementi devono essere valutati alla luce della ratio 
di massima cau-
tela cui � improntata la disciplina delle informative antimafia. 

� noto che la certificazione antimafia si concreta essenzialmente nell�ac-
quisizione di tutte le informazioni di cui le autorit� di pubblica sicurezzasono in possesso al fine di effettuare, sulla base di tali risultanze, una obiet-
tiva valutazione sulla possibilit� di un eventuale utilizzo distorto del danaropubblico che la normativa di settore mira ad evitare e di compiere la conse-
guente scelta sulla sussistenza o meno dei presupposti previsti dalla leggeper l�adozione della misura inibitoria; l�acquisizione di tali informazionimira, in definitiva, ad accertare la sussistenza di tentativi di infiltrazionemafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di un�impresa (cfr.,

T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487, relativa alla informativaantimafia cd. atipica). Come sopra accennato, le informative prefettizie inmateria di lotta antimafia possono essere fondate su fatti e vicende aventi unvalore sintomatico e indiziario e sono finalizzate a prevenire infiltrazionimafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale, anche a prescin-
dere dal concreto accertamento in sede penale di reati (ex pluribus, Cons. St.,
sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 756), fermo restando che, accanto all�elementoparentale, dev�essere attentamente valutato ogni ulteriore elemento da cuidesumere l�eventuale sussistenza dei tentativi di infiltrazione (T.A.R. Lazio,
Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487). In particolare, il tentativo di infiltra-
zione, che � da solo sufficiente a giustificare la misura interdittiva, non pu�essere escluso limitandosi alla verifica dell�attendibilit� di un singolo ele-
mento di fatto, ma deve, al contrario, desumersi dal quadro complessivodegli elementi acquisiti e va valutato in una visione globale della situazionein esame (Cons. St., sez. V, 27 maggio 2008, n. 2512; con riferimento adistanze di aggiornamento ex 
art. 10, d.P.R. n. 252/1998, si rinvia, in partico-
lare, a T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 8 aprile 2005, n. 3577). 
Ci� posto, alla stregua delle considerazioni svolte, condividendosi l�av-
viso espresso da codesta Prefettura nella relazione illustrativa trasmessa allaScrivente in allegato alla nota suindicata, si ritiene non sussistano le condi-
zioni per l�accoglimento dell�istanza di aggiornamento delle informativeantimafia, ai sensi dell�art. 10, comma 8, d.P.R. n. 252/1998, non ravvisan-
dosi una effettiva discontinuit� rispetto alla precedente situazione, la quale 




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DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


dev�essere intesa in termini di radicale e pienamente comprovata fuoriuscitadella societ� dal precedente stato di prossimit� mafiosa, obiettivo che, nelcaso di specie, non risulta essere stato raggiunto per effetto della costituzio-
ne del trust, alla stregua delle osservazioni sopra svolte. 

In 
ordine 
alla 
eventuale 
determinazione 
reiettiva 
dell�istanza 
di 
aggior-
namento 
presentata 
dalla 
[X] 
S.p.A.
, 
sotto 
il 
profilo 
strettamente 
procedi-
mentale, 
occorre 
evidenziare 
che 
il 
procedimento 
di 
aggiornamento 
delleinformazioni 
disciplinato 
dall�art. 
10, 
d.P.R. 
cit. 
(il 
quale 
dispone 
che 
�La 
Prefettura, 
su 
documentata 
richiesta 
dell�interessato, 
aggiorna 
l�esito 
delleinformazioni 
al 
venir 
meno 
delle 
circostanze 
rilevanti 
ai 
fini 
dell�accerta-
mento 
deitentativi 
diinfiltrazione 
mafiosa�
) 
costituisceunprocedimentodisecondo 
grado 
che 
presuppone 
l�esercizio 
di 
una 
discrezionalit� 
tecnica 
diretta 
alla 
rivalutazione 
di 
una 
precedente 
determinazione 
in 
materia 
diantimafia 
e 
che 
si 
caratterizza 
per 
la 
natura 
obbligatoria 
della 
funzione, 
non 
trattandosi 
propriamente 
di 
una 
manifestazione 
di 
autotutela 
decisoria,
essendo 
principalmente 
volto 
alla 
salvaguardia 
dell�interesse 
di 
un�impresaa 
poter 
instaurare 
e 
conservare 
rapporti 
economici 
e 
commerciali 
con 
leamministrazioni 
pubbliche. 
In 
tal 
senso, 
il 
provvedimento 
che 
conclude 
lafase 
di 
aggiornamento 
� 
a 
differenza 
delle 
informative 
antimafie 
che, 
diregola, 
sono 
funzionalmente 
connesse 
ad 
un 
procedimento 
di 
gara 
rispetto 
al 
quale 
costituiscono 
l�esito 
di 
un 
subprocedimento 
accessorio 
che 
fungeda 
presupposto 
riguardo 
a 
determinazioni 
che 
assumer� 
la 
stazione 
appal-
tante 
rispetto 
alla 
posizione 
partecipativa 
dell�impresa 
sottoposta 
a 
verifica 


� 
assume 
carattere 
di 
piena 
autonomia 
e, 
quindi, 
ove 
negativo, 
anche 
diimmediata 
lesivit�, 
quantomeno 
sotto 
il 
profilo 
dell�interesse 
morale 
del-
l�impresa 
alla 
propria 
immagine. 
Di 
conseguenza, 
l�esercizio 
di 
tale 
potere 
tecnico-discrezionale 
� 
soggetto 
alle 
regole 
generali 
sul 
procedimento 
e 
segnatamente 
all�obbligo 
di 
adottareuna 
determinazioneespressaedi 
ade-
guata 
motivazione 
in 
fatto 
ed 
in 
diritto 
(T.A.R. 
Campania, 
Napoli, 
sez. 
I, 
30 
dicembre 
2005, 
n. 
20719).
Non va trascurato, inoltre, che, attesa la natura obbligatoria del potere diriesame � a differenza di quanto si verifica in ricorrenza dell�esercizio dellafunzione di autotutela che, in quanto espressione di discrezionalit� ammini-
strativa, non impone l�adozione necessaria di un provvedimento � la natura 
vincolata nell�an, in caso di riscontro negativo dell�istanza, non potr� cherisolversi in una decisione confermativa della precedente determinazione diprimo grado; tale decisione, salvi i casi di mera conferma della valutazioneprecedente per assenza di elementi nuovi addotti, assumer� i tratti caratteri-
stici di una conferma impropria, costituendo la determinazione di secondogrado un giudizio sintetico della rinnovata ponderazione degli elementi indi-
ziari originari alla luce delle documentate sopravvenienze allegate dallaparte istante. In tale ultimo caso, ed � ci� che � posto dalla Scrivente all�at-
tenzione di codesta Prefettura, occorrer� fornire adeguata motivazione, la cuisindacabilit� (qualora la [X] S.p.A. dovesse insorgere in sede giurisdiziona-
le) �, naturalmente, rimessa alla prudente valutazione del giudice in relazio-
ne alle peculiarit� della fattispecie. 



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DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

264 


Sul versante dell�istruttoria del procedimento di aggiornamento, � daevidenziare che ci� che costituisce oggetto dell�obbligo dell�Autorit� prefet-
tizia di cui all�art. 10, d.P.R. n. 252/1998 � l�esame dell�istanza di aggiorna-
mento, rispetto alla quale un�attivit� di acquisizione di elementi fattuali non� sempre necessaria, e ci� particolarmente in situazioni come quella di spe-
cie in cui non si tratta di valutare oppure di smentire sotto il profilo storicola fondatezza delle circostanze allegate dall�impresa tramite ulteriori accer-
tamenti (pacifica e documentata � la costituzione del trust; altrettanto pacifi-
ca � la cessazione della carica di dirigente della [X] S.p.A. da parte di V.),
quanto solo di giudicare la rilevanza degli stessi in termini di rimozione osvilimento della portata dei precedenti elementi indiziari; in tale evenienza,
il compito della Prefettura, in sede istruttoria, sar� quindi unicamente dinatura valutativa, senza che possa fondamentalmente prospettarsi dalla[X]

S.p.A. in un eventuale giudizio la carenza d�istruttoria. 
Nei termini suesposti � il parere di questa Avvocatura, il quale si esten-
de, unitamente alla nota prefettizia del 25 settembre 2008 prot. n. 19588-
2008-AREA 
1/AM ed alla documentazione alla stessa allegata, all�Avvoca-
tura Generale dello Stato, affinch� faccia conoscere le proprie osservazioniin merito, trattandosi di questione di massima caratterizzata da elementi dinovit�, non risultando, allo stato, precedenti giurisprudenziali in ordine airapporti tra la disciplina delle informative antimafia e la segregazione dipatrimoni in trust�. 

Il parere � stato condiviso con parere dell�Avvocatura Generale, reso invia ordinaria, che pure si pubblica qui di seguito. 


A.G.S. � Parere del 13 ottobre 2008 nn. 118846 � 118848.
Istanza di aggiornamento di informative antimafia ex art. 10, comma 8,

d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 
(consultivo 36675/08, avvocato M. Borgo)
. 
�(�) Questo Generale Ufficio condivide le valutazioni, espresse dacodesta Avvocatura Distrettuale con il parere, reso alla Prefettura (...).

Con 
riferimento 
ai 
profili 
procedimentali, 
relativi 
all�eventuale 
determina-
zione, 
da 
adottarsi 
da 
parte 
dell�Organo 
prefettizio, 
che 
legge 
per 
conoscenza, 
di 
reiezione 
dell�istanza 
di 
aggiornamento, 
presentata 
dalla 
[X] 
S.p.A.
, 
laScrivente 
ritiene 
opportuno, 
anche 
in 
vista 
del 
contenzioso 
che 
verr�, 
con 
ogni 
probabilit�,azionatodallaprefataSociet�,integrarele,anch�essecondivisibili,
considerazioni,svoltedacodestoUfficioDistrettuale,neiterminicheseguono.

La giurisprudenza amministrativa ha recentissimamente statuito che 
�nell�impianto normativo del Capo III del d.P.R. n. 252/1998 i soggetti desti-
natari dell�informazione prefettizia sono le pp.aa., gli enti pubblici, gli entie le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico nonch� i concessio-
nari di opere pubbliche (art. 1). 
A 
tali soggetti il Prefetto, in ogni caso (art.
10 c. 6, ultimo periodo) � e dunque anche nell�ipotesi di richiesta di aggior-
namento avanzata dalla ditta interessata ai sensi del c. 8 dell�art. 10 
� , d�comunicazione delle verifiche disposte in un termine che, nel caso di verifi-
che di particolare complessit�, deve essere contenuto nei trenta giorni� (cfr. 




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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. I Ter,
sentenza 4 settembre 2008 n. 8050 (...).

Alla luce del predetto principio, i giudici amministrativi capitolini, conla pronuncia citata, hanno ritenuto non fondato il motivo di ricorso incentra-
to sulla presunta violazione dell�art. 7 della legge n. 241 del 1990, �per nonavere, l�Amministrazione, comunicato l�avvio del procedimento e preclusocos� all�interessata di offrire il proprio apporto partecipativo tramite spiega-
zioni e delucidazioni�.

Al proposito, � stato, infatti, rilevato che �nel caso di cui trattasi 
(istan-
za di aggiornamento di una informativa antimafia: N.d.E.) viene in conside-
razione un procedimento attivato (non d�ufficio, ma) su iniziativa di parte (id 
est: la parte non pu� lamentare la mancata comunicazione di un avvio pro-
cedimentale cui essa stessa, con la propria iniziativa, ha dato impulso)�.

Da ultimo, si segnala che neppure il mancato rispetto del termine di tren-
ta giorni, previsto dall�art. 11 del d.P.R. n. 252/98 per la conclusione del pro-
cedimento, scaturito dall�istanza di aggiornamento, avanzata dalla Societ�

[X] S.p.A., potrebbe determinare l�illegittimit� del provvedimento reiettivoche dovesse essere adottato dalla Prefettura di Crotone sulla scorta del pare-
re, reso da codesto Ufficio Distrettuale.
Ed invero, il T.A.R. del Lazio, nella recentissima pronuncia pi� voltecitata, ha chiarito che �Per l�evenienza che si superi tale termine 
(il termine 
di trenta giorni: N.d.E.) la disciplina applicabile � quella data dalla normadell�art. 11 che consente alle pp.aa. (trascorsi 45 giorni dalla richiesta) diprocedere anche in assenza delle informazioni prefettizie sottoponendo acondizione risolutiva i contributi, finanziamenti, erogazioni o agevolazioniconcesse; mentre per quanto attiene alle autorizzazioni e concessioni rila-
sciate ed ai contratti stipulati ( in mancanza di informativa prefettizia) � datafacolt� alle pp.aa. (una volta pervenuta l�informativa) di procedere, rispet-
tivamente, alla loro revoca o al recesso dal contratto. Dunque la circostan-
za, verificatasi nel caso di specie, che le verifiche disposte dal Prefetto sianostate completate in un termine superiore a 45 giorni non rende di per s� ille-
gittimo l�atto finale risultando compiutamente disciplinate e regolamentate,
nel d.P.R. n. 252 del 1998, le conseguenze di tale ritardo; fermo restando cheallorquando viene in considerazione � come nel caso corrente � una richie-
sta di aggiornamento avanzata dalla stessa ditta interessata, il decorso ditale termine consente di azionare i rimedi previsti dall�Ordinamento persuperare il contegno eventualmente omissivo od inerte della p.a.�.(�)�
. 


A.G.S. -Parere del 14 ottobre 2008(*).
Portata 
applicativa 
dell�art. 
802 
codice 
navigazione 
(consultivo 
7657/08, avvocato P. Di Palma)
. 


�La questione, sottoposta ad esame (�), concerne, in estrema sintesi, lavalutazione della portata applicativa della disposizione normativa contenuta 


(*
) 
Il parere � stato reso dall�Avvocatura Generale dello Stato in via ordinaria. 




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nell�art. 802 del codice della navigazione nel testo modificato, da ultimo, conil decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, che, a sua volta, � stato modifi-
cato e integrato dal decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151.

In particolare, codesto Ente chiede di formulare un parere in merito alleseguenti problematiche:

a) se, ai fini applicativi dell�art. 802 del codice della navigazione, ildivieto di partenza disposto dall�ENAC debba riguardare tutti gli aeromobi-
li ovvero la o le singole macchine rispetto alle quali si � generato il debitonei confronti del vettore, anche se di proprietari diversi; ovvero se invece sipossa procedere fermando singoli voli dell�operatore mediante l�inibizionedel codice di volo;

b) se, qualora il fermo riguardi la singola macchina, individuata attraver-
so le marche, il fermo possa essere disposto presso ogni aeroporto o solopresso lo scalo o gli scali di riferimento del gestore;

c) se l�ENAC possa attivare la procedura di fermo solo in presenza diuna comprovata iniziativa giudiziaria ovvero anche in assenza della stessa;

d) se e in quali limiti temporali debba essere contenuto il provvedimen-
to adottato dall�ENAC.

Orbene, al fine di rendere il richiesto parere, occorre, in via preliminare,
soffermarsi sulla nozione e sulla natura giuridica dei diritti per l�uso degliaeroporti aperti al traffico aereo civile, sussistendo, ex 
art. 802, comma 2, delcodice della navigazione, una specifica connessione tra la violazione degliobblighi relativi al pagamento di tasse, diritti e tariffe dovuti alle societ� digestione aeroportuale, e di pertinenza anche dell�ENAV, e il conseguentepotere dell�ENAC di emanare un provvedimento volto a vietare la partenzadegli aeromobili in uso ai vettori inadempienti. 

Tali diritti sono stati disciplinati, per la prima volta, dalla legge n. 24 del1956, poi abrogata dalla legge 5 maggio 1976, n. 324 recante �Nuove normein materia di diritti per l�uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile�,
che ha individuato le due categorie dei diritti di approdo, di partenza, di sosta

o ricovero per gli aeromobili e dei diritti di imbarco per i passeggeri.
Nell�ambitoditalecategoria�oltreaicennatidirittidiatterraggio,decol-
lo, 
sosta 
e 
ricovero 
degli 
aeromobili 
e 
ai 
diritti 
di 
imbarco 
dei 
passeggeri 
� 
sono 
compresi 
anche 
le 
tasse 
di 
imbarco 
e 
sbarco 
sulle 
merci, 
trasportate 
pervia 
aerea 
e 
marittima, 
istituite 
dal 
decreto 
legge 
28 
febbraio 
1974, 
n. 
47, 
con-
vertito, 
con 
modificazioni, 
nella 
legge 
16 
aprile 
1974, 
n. 
117 
nonch� 
i 
corri-
spettiviperl�espletamentodeiservizidicontrollodisicurezzadisciplinatidal 
decreto 
del 
Ministro 
dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
29 
gennaio 
1999, 
n. 
85. 


La natura giuridica � di tributo o di corrispettivo � di tali diritti � stataoggetto di lunghi e accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali che si sonoconclusi con l�emanazione di una legge di interpretazione autentica e, speci-
ficamente, dell�art. 39 bis, aggiunto dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (in 


G.U. 30 novembre 2007, n. 279 � S.O. n. 249/L), di conversione del decretolegge 1� ottobre 2007, n. 159, in vigore dal 1� dicembre 2007, con il quale ilLegislatore ha definitivamente stabilito che l�obbligo del pagamento deidiritti in esame non ha natura tributaria, prevedendo testualmente che �Le 

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DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


disposizioni in materia di tassa d�imbarco e sbarco sulle merci trasportateper via aerea di cui al D.L. 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modifi-
cazioni, dalla L. 16 aprile 1974, n. 117, e successive modificazioni, di tassee di diritti di cui alla L. 5 maggio 1976, n. 324, di corrispettivi dei servizi dicontrollo di sicurezza di cui all�art. 8 del regolamento di cui al D.M. traspor-
ti e navigazione 29 gennaio 1999, n. 85, nonch� in materia di addizionalecomunale sui diritti di imbarco di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art.
2, comma 11, si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbliga-
zioni di natura tributaria�.

Con tale norma di interpretazione autentica, dunque, il Legislatore, neldefinire la controversa questione, ha chiarito che i diritti aeroportuali nonsono tributi bens� corrispettivi di natura contrattuale dovuti alle societ� digestione aeroportuale sulle quali grava l�obbligo normativo e convenzionaledi provvedere alla progettazione, allo sviluppo, alla realizzazione, all�ade-
guamento, alla gestione, alla manutenzione e all�uso degli impianti e delleinfrastrutture aeroportuali.

La natura dei diritti aeroportuali �quali corrispettivi per l�uso degli aero-
porti � � stata altres� affermata dalla Suprema Corte di Cassazione che, conl�ordinanza n. 379 del 10 gennaio 2008, alla luce della norma di interpreta-
zione autentica contenuta nell�art. 39 bis 
del decreto legge 1� ottobre 2007,

n. 159, aggiunto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, hasancito che le controversie in materia di diritti aeroportuali rientrano nell�al-
veo della giurisdizione ordinaria, superando cos� il precedente orientamentogiurisprudenziale che riconosceva, al contrario, la natura tributaria di talidiritti 
attribuendo 
la 
competenza 
sulle 
relative 
controversie 
alle 
Commissioni tributarie.
Orbene, tenuto conto di questa doverosa premessa, con riferimento alquesito sub a), si ritiene che, trattandosi di corrispettivi dovuti dal vettoreaereo per il solo fatto di atterrare, parcheggiare e decollare, il provvedimen-
to con il quale l�ENAC, ai sensi dell�art. 802, comma 2, del codice dellanavigazione, vieta la partenza degli �aeromobili� debba avere ad oggetto ilsingolo aeromobile che compie le operazioni di atterraggio, decollo, sosta ericovero rispetto alle quali il vettore risulta inadempiente per il mancato ver-
samento di quanto dovuto a titolo di corrispettivo per l�utilizzo delle infra-
strutture aeroportuali che si verifica, come detto, per il solo fatto di decolla-
re, atterrare e parcheggiare. 

Diversamente opinando, nell�ipotesi in cui il provvedimento di diniegodisponesse il fermo di tutti gli aeromobili in uso al vettore inadempiente, sideterminerebbe un�ingiustificata violazione del diritto all�esercizio dei dirit-
ti di traffico garantito dalla libert� di accesso alle rotte intracomunitarieespressamente sancita dal Regolamento comunitario n. 2408/92, prevedendotale regolamento limitazioni al libero accesso sostanzialmente connesse allasussistenza di un regime di oneri di servizio pubblico, a esigenze di regola-
mentazione del traffico aereo nell�ambito di uno stesso sistema aeroportualeo, infine, alla necessit� di risolvere gravi problemi di congestione e/o dicarattere ambientale. 



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L�ENAC, inoltre, si esporrebbe al rischio connesso all�esperimento diazioni giudiziarie da parte dei proprietari gravati di oneri ultronei rispetto aquelli derivanti dal vincolo di responsabilit� solidale previsto dall�art. 6 dellalegge n. 324/76 in relazione alla propriet� del singolo aeromobile. 

Al riguardo, non pu� tralasciarsi di considerare che la solidariet� passi-
va gravante sul proprietario dell�aeromobile � riferibile, in base alle regolegenerali contenute nel codice civile, esclusivamente al debito maturato dalvettore inadempiente che, come evidenziato, risulta connesso al mancatopagamento dei diritti maturati a fronte delle singole operazioni di decollo,
atterraggio e parcheggio compiute dall�aeromobile.

Per quanto concerne il quesito sub b), trattandosi, nel caso di specie, diprovvedimenti prodromici all�esperimento di una specifica azione esecutivaovvero all�emanazione di successivi provvedimenti cautelari � che comun-
que rientrano nella competenza esclusiva dell�autorit� giurisdizionale �
occorre fare riferimento alla previsione normativa contenuta nell�art. 1055

c.n. che, al primo comma, prevede che �l�esecuzione forzata � promossaaventi il pretore nella circoscrizione del quale si trova l�aeromobile�, men-
tre, nel secondo comma, rinvia alle norme del codice di procedura civile perindividuare il giudice competente ad emanare il provvedimento cautelareavente ad oggetto il sequestro conservativo o giudiziario del velivolo. 
A 
tale ultimo riguardo, l�art. 669 ter 
c.p.c., in materia di procedimenticautelari instaurati prima dell�inizio della causa di merito, riserva la cogni-
zione della domanda cautelare al giudice competente per la questione dimerito, di talch�, trattandosi, nel caso di specie, di obbligazioni, occorre fareriferimento all�art. 20 c.p.c. che individua, accanto al foro generale di cui alprecedente articolo 19, il foro facoltativo relativo al luogo in cui � sorta odeve eseguirsi l�obbligazione dedotta in giudizio che, nella fattispecie inesame, non pu� che individuarsi nello scalo di riferimento della societ� digestione creditrice.

Siritiene,pertanto,chel�adozionedelprovvedimentodidiniegodellapar-
tenzadell�aeromobileaisensi 
dell�art.802,comma2,c.n.rientrinellacompe-
tenzadellaDirezioneaeroportualedelluogoincuisitroval�aeromobilerispet-
to 
al 
quale 
il 
vettore 
ha 
maturato 
il 
proprio 
debito 
ovvero 
del 
luogo 
in 
cui 
hasede 
la 
societ� 
di 
gestione 
titolare 
del 
diritto 
di 
credito 
non 
soddisfatto. 


Passando ora ad esaminare il quesito sub c), si ritiene che il tenore lette-
rale dell�art. 802, comma 2, c.n., nella parte in cui dispone che �l�ENAC,
anche su segnalazione del gestore aeroportuale o della societ� ENAV, vietala partenza [�]� deponga nel senso che il procedimento volto all�emanazio-
ne del provvedimento di divieto nei confronti del vettore inadempiente possaessere attivato anche d�ufficio da parte di codesto Ente una volta riscontrata,
nell�esercizio dei poteri di vigilanza e controllo normativamente spettanti acodesta Autorit�, la violazione degli obblighi connessi al pagamento di tasse,
diritti e tariffe per l�uso dell�aeroporto. 

La circostanza poi relativa alla sussistenza di una specifica segnalazioneda parte del gestore e, a maggior ragione di un�eventuale diffida formale neiconfronti dell�operatore inadempiente, pu� invece esporre l�ENAC ai rischi 




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connessi all�esercizio di eventuali azioni risarcitorie volte a far valere unaresponsabilit� extracontrattuale dell�Ente nell�ipotesi in cui quest�ultimo nonimpedisca il decollo o consenta l�atterraggio del vettore che non risulti, nel-
l�esercizio dei collegamenti, in regola con il pagamento dei corrispettivi,
atteso che, cos� operando, l�ENAC consentirebbe al vettore inadempiente dieludere le garanzie del credito.

Diversamente, per quanto concerne la tutela dei diritti aeroportuali pre-
gressi, la societ� di gestione, titolare del diritto di credito, potr� rivolgersidirettamente al giudice ordinario al fine di ottenere la pronuncia di ingiun-
zione di pagamento del credito scaduto.

In relazione, infine, al quesito sub d), occorre fare riferimento alla ratiosottesa al secondo comma dell�art. 802 c.n. desumibile dalla stessa colloca-
zione 
della 
disposizione 
in 
esame 
nell�ambito 
dei 
provvedimenti 
chel�ENAC, ai sensi del primo comma, � tenuta ad adottare, nell�esercizio del-
l�attivit� di vigilanza da effettuare nel rispetto dei programmi nazionali ecomunitari, qualora emergano, fra l�altro, situazioni di pregiudizio per lasicurezza della navigazione aerea.

� evidente, infatti, che il mancato pagamento dei corrispettivi dovuti dalvettore aereo, potendo costituire sintomo di una ben pi� grave crisi finanzia-
ria di quest�ultimo, si ripercuote negativamente sulla garanzia di adeguatasicurezza che l�operatore � tenuto ad assicurare nell�espletamento dell�attivi-
t� di trasporto aereo. 

Non 
pu� 
tacersi, 
infatti, 
che 
la 
solidit� 
finanziaria 
del 
vettore 
rappresenta 
uno 
dei 
principali 
requisiti 
richiesti, 
ad 
esempio, 
dalla 
normativa 
comunitaria 
e 
nazionale 
in 
materia 
di 
rilascio 
delle 
licenze 
di 
esercizio 
ai 
vettori 
aerei.

Secondo la previsione normativa contenuta nell�art. 5, paragrafo 5, delRegolamento comunitario n. 2407/92, infatti, qualora risulti chiaramente cheun vettore aereo si trova in difficolt� finanziaria, codesto Ente, previa valu-
tazione delle sue prestazioni dal punto di vista finanziario, pu� revocare osospendere la licenza di esercizio dell�operatore se ritiene che il vettore nonsia pi� in grado di far fronte ai propri impegni effettivi e potenziali.

Solo nell�ipotesi in cui non si ritengano sussistenti pericoli per la sicu-
rezza aerea, codesto Ente potr� rilasciare una licenza provvisoria di esercizioin attesa della presentazione di un piano di ristrutturazione finanziaria daparte del vettore in crisi.

Ne deriva che la durata del provvedimento di diniego della partenza,
analogamente a quanto previsto in materia di revoca e sospensione dellalicenza nonch� rilascio di una licenza provvisoria, non pu� che essere subor-
dinata alla sanatoria della situazione di insolvenza da parte del vettoremediante il pagamento dei corrispettivi dovuti � costituendo tale pagamentogaranzia dell�insussistenza di situazioni che possano recare pregiudizio allasicurezza del trasporto aereo � ovvero attraverso la stipula di un accordotransattivo tra creditore e debitore, purch�, anche in tal caso, risultino garan-
titi adeguati livelli di sicurezza dell�attivit� aereonautica espletata.

Si ritiene, infine, che tale provvedimento non possa avere ad oggettoaeromobili che rientrano nella tipologia di velivoli che, ai sensi dell�art. 1057 




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c.n., non possono formare oggetto di espropriazione forzata n� di misure

cautelari.

Tutto ci� premesso e considerato, questa Avvocatura ritiene che:

a) il divieto di partenza disposto da codesto Ente ai sensi dell�art. 802,
comma 2, c.n. debba riguardare esclusivamente il singolo aeromobile rispet-
to al quale il vettore aereo ha maturato il proprio debito;

b) il fermo possa essere disposto dalla Direzione aeroportuale del luogoin cui si trova l�aeromobile ovvero presso lo scalo di riferimento della socie-
t� di gestione che vanta il diritto di credito non soddisfatto;

c) la procedura di fermo pu� essere attivata anche d�ufficio dall�ENACqualora codesto Ente accerti la violazione degli obblighi relativi al pagamen-
to dei diritti, tasse e tariffe aeroportuali. Nell�ipotesi in cui sussista una spe-
cifica segnalazione del gestore ovvero dell�ENAV, codesto Ente, previa veri-
fica della situazione di insolvenza, non potr� esimersi dall�adottare il prov-
vedimento richiesto, pena l�esposizione dell�Ente al rischio di eventuali pre-
tese risarcitorie extracontrattuali dei gestori, fermo restando che, in relazio-
ne ai diritti pregressi, le societ� di gestione potranno adire il giudice ordina-
rio per ottenere la tutela delle proprie ragioni di credito;

d) la durata del provvedimento di fermo � condizionata al pagamento deicorrispettivi dovuti o, nell�ipotesi di transazione tra gestore e vettore, allasussistenza di specifiche garanzie che depongano per la mancanza di perico-
li per la sicurezza aerea�
. 


A.G.S. � Parere del 20 ottobre 2008 n. 121176.
Spettanza dell�indennizzo 
ex lege 
210/92 in caso di patologia non ascri-
vibile a categoria tabellare 
(consultivo 34657/08, avvocato M. Russo). 

�(�) codesta Avvocatura Distrettuale chiede di conoscere l�avviso diquesta Avvocatura Generale circa la correttezza o meno della prassi ammini-
strativa, consolidatasi nel senso di negare la concessione dell�indennizzo inoggetto qualora, pur sussistendo in capo al richiedente gli altri requisiti dilegge, difetti quello della patologia ascrivibile alle categorie tabellari. 

In particolare, l�Avvocatura [Distrettuale] in indirizzo teme che il dinie-
go che in questi casi l�Amministrazione oppone all�istanza possa � risultan-
do in contrasto con l�orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte diCassazione sez. lav., espresso dalla sentenza n. 10214/07 � essere foriero diun contenzioso destinato ad avere esito sfavorevole per l�Amministrazione,
nonch� ad arrecare inutile aggravio di spese.

Cos� sintetizzati i termini della questione, la Scrivente osserva quantosegue.

Vero � che la citata pronuncia della Suprema Corte � espressiva di unorientamento sfavorevole alla richiamata prassi amministrativa; altrettantovero �, per�, che tale orientamento non pu�, ad oggi, dirsi consolidato alpunto da dover indurre l�Amministrazione a desistere dall�atteggiamentofinora assunto nei casi di non ascrivibilit� tabellare della malattia diagnosti-
cata al richiedente. 




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COMITATO 
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Ed invero, non solo � sia pur sinteticamente � la Corte aveva gi� adotta-
to un diverso orientamento nell�anno 2006 (sent. 837/06), ma per di pi� � in 
epoca recente � la stessa Corte di Cassazione (Sez. L, Sentenza n. 17158 del24 giugno 2008) ha ancor pi� chiaramente affermato, discostandosi esplici-
tamente e motivatamente da Cass. 17158/07: �La normativa di tutela detta-
ta dal combinato disposto dell�art. 2, comma 1, e dall�art. 4, comma 4, dellalegge n. 210 del 1992 riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbli-
gatorie, trasfusioni ed emoderivati, che prevede l�indennizzo in favore deisuddetti soggetti, non trova applicazione nei casi di lesioni pur permanentidell�integrit� psicofisica che non hanno per�, in ragione dello stato �quie-
scente� della infermit�, incidenza alcuna sulla capacit� di produzione direddito, con la conseguenza che non pu� essere riconosciuto il diritto a per-
cepire il suddetto indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio HCVche, per non presentare sintomi e pregiudizi funzionali attuali stante l�assen-
za di citolisi epatica in atto, � portatore di una infermit� non rientrante inalcuna delle categorie richiamate dalla tabella A 
annessa al d.P.R. n. 834del 1981�.

Aci� si aggiunga che la Scrivente continua a propugnare la tesi della nonspettanza dell�indennizzo in presenza di patologie non ascrivibili a categoriatabellare in giudizi ad oggi ancora pendenti, il cui esito non �, allo stato, pre-
vedibile, non potendosi certo escludere a priori 
l�accoglimento della tesisostenuta dalla difesa di parte pubblica: a titolo di esempio, si rammenta che� pendente il ricorso n.r.g. 20978 per la cassazione della sentenza della Corted�Appello di Torino n. 1174/06, nell�ambito del quale � stato proposto con-
troricorso nell�interesse del Ministero della Salute, affidato appunto ad unaserie di argomentazioni volte a sostenere la tesi che codesta Avvocatura oraparrebbe intenzionata ad abbandonare.

In ragione di tutto quanto fin qui esposto, � avviso della Scrivente che � 
almeno fino a quanto l�orientamento della Suprema Corte espresso con larichiamata sentenza n. 10214/07 non sar� stato ampiamente confermato (sedel caso anche dalle Sezioni Unite) � correttamente l�Amministrazionedebba continuare a negare il beneficio in caso di patologie non ascrivibili acategoria tabellare, mentre le varie Avvocature, nell�ambito dei distretti giu-
risdizionali di propria competenza, debbano continuare a sostenere in giudi-
zio la legittimit� dei provvedimenti di diniego cos� motivati (�)�
. 


A.G.S. � Parere del 23 ottobre 2008, n. 123287.
Riparazione per ingiusta detenzione. Spettanza o meno degli interessiper il tardivo pagamento di quanto dovuto a titolo di indennizzo per effettodell�ordinanza n. 232/2005 della Corte di Appello � Sezione Penale di Roma 
(contenzioso 14372/05, avvocato M. Borgo). 

� (�) codesto Ministero ha chiesto di conoscere l�avviso della Scriventein merito alla istanza, (...) di corresponsione, con decorrenza dal passaggioin giudicato dell�ordinanza n. 232/05 della Corte di Appello � Sezione 




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� N. 3/2008

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Penale di Roma, degli interessi legali sull�importo, riconosciuto(�) a titolodi indennizzo ex 
art. 314 c.p.p..

Al proposito, codesto Dicastero rappresenta di non potere accogliere larichiesta di controparte alla luce di quanto affermato da questo GeneraleUfficio che, in un parere (avvocatizia del 15 aprile 2005, prot. n. 52779), resocon riferimento ad una analoga fattispecie, ha precisato che gli interessisarebbero dovuti solo a decorrere dalla scadenza del termine di 120 giornidalla notificazione del titolo esecutivo, previsto dall�art. 14, comma 1, del

D.L. n. 669/96, convertito in legge n. 30/97, nel testo risultante dalle modi-
fiche introdotte con l�art. 147 della legge n. 388/2000.
In merito, la Scrivente ritiene di dovere rivisitare l�orientamento, espres-
so con la menzionata avvocatizia, alla luce dei pi� recenti orientamenti dellaSuprema Corte di Cassazione.

Il Giudice di legittimit�, infatti, ha, di recente, statuito che �in tema diriparazione per ingiusta detenzione, gli interessi al tasso legale sulla sommaattribuita all�istante � non gi� moratori, bens� corrispettivi � vanno ricono-
sciuti, se richiesti, dal passaggio in giudicato del provvedimento attributivo,
atteso che solo da tale momento il credito � avente natura non risarcitoria 
� 
pu� ritenersi certo, liquido ed esigibile� (cfr. Cass. Pen., sez. IV, sentenza 14 
gennaio 2008, n. 1678).

Alla predetta conclusione, la Corte di Cassazione � pervenuta osservan-
do che �una volta avvenuto il passaggio in giudicato del provvedimento inoggetto, � innegabile�. che la P.A. competente al pagamento dell�indenniz-
zo sia facoltizzata a fissare un termine entro il quale concludere il procedi-
mento di liquidazione della somma dovuta al suddetto titolo, nonch� un ulte-
riore termine per la emissione del relativo mandato di pagamento� (terminifissati con l�art. 6, comma 3, del D.M. 5 agosto 1997: N.d.E.); �orbenese ci�comporta che prima dello spirare del termine complessivo stabilito non pos-
sono essere intraprese, da parte dell�interessato, azioni esecutive fondatesull�erroneo presupposto di un preteso inadempimento�. n� possono essereavanzate pretese in ordine a supposti interessi moratori, tuttavia,�.. nell�ar-
co del suddetto termine, maturano interessi corrispettivi� (cfr. sent. cit.).

Alla luce dei riportati principi giurisprudenziali, non �, pertanto, pi� pos-
sibile individuare, come fatto da questo Generale Ufficio con il parere resonel 2005, una diversa decorrenza degli interessi, dovuti sulla somma spettan-
te a titolo di indennit� per ingiusta detenzione, decorrenza da farsi coincide-
re con la scadenza del termine di 120 giorni di cui all�art. 14, comma 1, del

D.L. n. 669/96, convertito in legge n. 30/97, nel testo risultante dalle modi-
fiche introdotte con l�art. 147 della legge n. 388/2000.
Con riferimento a questa ultima disposizione, giova, peraltro, evidenzia-
re come la Corte di Giustizia delle Comunit� europee, nella recentissima sen-
tenza, resa in data 11 settembre 2008 nel procedimento C-265/07, sia perve-
nuta ad un giudizio di conformit� della predetta norma con il diritto comuni-
tario, anche in ragione del fatto che il Governo italiano, in sede di udienza,
ha recisamente escluso che la prefata disposizione produca, quale effettosostanziale, la sospensione, per tutto l�arco temporale previsto dall�art. 14, 




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I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 
273 


della decorrenza degli interessi sulla somma portata dal titolo esecutivo(�)�
. 


Comunicazione di servizio n. 117 � circolare n. 44 del 28 ottobre 2008, 
prot. 124807 e 124812.

Condanna dell�Amministrazione e criteri di calcolo di interessi legali erivalutazione monetaria sul capitale dovuto. 


�1. Durante l�anno in corso si � constatato che, in cause per risarcimen-
to danni, in caso di condanna dell�Amministrazione al pagamento dellasorte, interessi legali e rivalutazione monetaria, il dispositivo si discosta avolte dal criterio di calcolo degli accessori enunciato da Cassazione SezioniUnite n. 1712 del 17 febbraio 1995 e da allora riaffermato senza eccezionidalla giurisprudenza di legittimit� e di merito fino ad oggi intervenuta (pertutte Cass. Civ. Sez. II, 1 luglio 1997, n. 5845; Cass. Sez. III, 10 marzo 2000,
n. 2796; Cass. Civ. Sez. III, 10 marzo 2006, n. 5234). In tale situazione siverifica con sempre maggior frequenza il tentativo da parte dei creditori dieffettuare un calcolo abnorme degli accessori, applicando criteri errati checonsentono di aumentare in misura esponenziale il credito.
Secondo l�orientamento della Suprema Corte, poich� il risarcimento deldanno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valo-
re, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal gior-
no in cui si � verificato l�evento dannoso. Gli interessi, peraltro, non vannocalcolati n� sulla somma originaria n� su quella rivalutata al momento dellaliquidazione, ma computati sulla somma originaria rivalutata anno peranno, ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio.

Quel che deve escludersi � che la base di calcolo dei suddetti interessipossa essere quella della somma rivalutata al momento della liquidazione, segli interessi vengono fatti decorrere � come consente il sistema dal momen-
to del fatto illecito, perch� con tali modalit� si attribuirebbe al creditore unvalore a cui egli non ha diritto.

Accadeinveceche,procedendoinviaesecutiva,ilcreditore,applicando 
� 
inbuonaoinmalafede�criterierratiperinteressilegalierivalutazionemone-
taria, 
pignori 
somme 
fino 
a 
10 
volte 
superiori 
a 
quelle 
risultanti 
dal 
titolo.

La situazione � ancora pi� delicata quando si tratta di debiti risarcitoridell�ex Ministero della Salute, perch�, da quando in base al d.l. n. 85/ 2008conv. in 1. n. 121/2008 tale Amministrazione 
� 
stata assorbita nel nuovoMinistero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, le esecuzio-

ni vanno a colpire anche i fondi esistenti presso la Banca d�Italia suconti degli ex Ministeri del Lavoro e della Solidariet� Sociale.

In tale contesto, si raccomanda di prestare particolare attenzione alla let-
tera dei dispositivi di sentenza ed al calcolo di interessi e rivalutazione fattodai 
creditori, 
in 
modo 
da 
reagire 
prontamente 
nell�interesse 
delleAmministrazioni debitrici, in caso di errato calcolo, con le impugnazioneordinarie e con i ricorsi in opposizionie all�esecuzione ex 
art. 615 c.p.c. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

274 


nuovo testo, chiedendo anche al giudice competente la sospensione dell�ef-
ficacia esecutiva del titolo ex art. 283 c.p.c., 373 c.p.c. e 267 c.p.c. 

In particolare, laddove la procedura esecutiva riguardi debiti vantati neiconfronti dell�ex Ministero della Salute e risultino pignorati fondi esistentisu conti presso la Banca d�Italia gi� di pertinenza degli exd Ministeri delLavoro e della Solidariet� Sociale, si vorr� altres� produrre autonomo motivodi opposizione all�esecuzione fondato sulla persistenza � almeno fino allascadenza del 31 dicembre 2008 � di una gestione contabile separata tra le treAmministrazioni interessate dall�accorpamento, ai sensi del D.M. decretodel Ministero dell�Economia e delle Finanze del 20 giugno 2008, reso in ese-
cuzione di quanto disposto dal d.l. n. 85 del 2008, art. I, comma 8, secondaparte, convertito in legge n. 121 del 2008, che ha istituito per il 2008 lo statodi previsione del nuovo Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali.

2. 
Per quanto riguarda poi il calcolo di interessi legali e rivalutazionemonetaria in materia di obbligazioni pecuniarie, si segnala la recente pronun-
cia delle Sezioni Unite n. 19499 del 16 luglio 2008.
Nel comporre il contrasto di giurisprudenza in ordine alla sufficienzadella qualit� di imprenditore del creditore ai fini della presumibilit� di impie-
ghi 
antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore, le

S.U. hanno tra l�altro affermato che nelle 
obbligazioni pecuniarie, in man-
canza di. discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno dicui all�art. 1224, comma 2, cod. civ. (rispetto a quello gi� coperto dagli inte-
ressi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) � rico-
noscibile in via presuntiva, per il creditore che ne chieda il risarcimento 
� 
dovendo ritenersi superata l�esigenza di inquadrare il creditore in una dellecategorie a suo tempo 
individuate � nella eventuale differenza, a decorreredalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuonetto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggiodegli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del primo commadell�art. 1284 cod. civ. La prova potr� dirsi raggiunta invece per l�imprendi-
tore solo se, in relazione alle dimensioni dell�impresa ed all�entit� del credi-
to, sia presumibile che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancarioabbia effettivamente costituito conseguenza dell�inadempimento.
Invariati rispetto al passato rimangono i criteri di calcolo di interessi erivalutazione monetaria per i crediti di lavoro�
. 




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DOTTRINA
Considerazioni critiche e spunti di riflessione
sul sistema delle notifiche a mezzo posta 


(Art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, come modificato dall�art. 36 
comma 2-quater 
e 2-quinques 
della legge 28 febbraio 2008 n. 31) 


di Roberto Antillo(*
) 


SOMMARIO: 1.- Premessa generale. L�art. 7 della legge n. 890/1982, come modificatodall�art. 36 comma 2 quater, della legge n. 31/2008: ratio 
della norma tra esigenze di cer-
tezza delle situazioni giuridiche e la tutela del destinatario. 2.- La previsione dell�avviso conraccomandata: la procedimentalizzazione della notifica a mezzo posta e relativa nullit�. 3.-
Il potere di certificazione dell�agente postale e limiti al sindacato del giudice. 4.- Ambitodi efficacia della novella rispetto agli articoli 143, 139 e 330 del c.p.c. 5.- Raffronto con ilsistema delle notifiche eseguite direttamente dai legali. 6.- L�art. 7 della legge n. 890/1982,
come modificato dall�art 36 comma 2 quinques 
della legge n.31/2008: la disciplina dellenotifiche delle sentenze eseguite prima dell�entrata in vigore della legge. 7.- Presuppostodella prova della conoscenza dell�atto. 8.- Applicabilit� dell�art. 36 commi 2 quater 
e 
2 
quinques 
ai provvedimenti di natura decisoria. Riflessi in ambito amministrativo e penale. 

1.- Premessa generale. L�art. 7 della legge n. 890/1982, come modificatodall�art. 36 comma 2 quater, della legge n. 31/2008: ratio 
della norma traesigenze di certezza delle situazioni giuridiche e la tutela del destinatario

Per 
delineare 
i 
punti 
salienti 
della 
normativa 
vigente 
in 
materia 
di 
notifi-
cazionediattiamezzoposta,occorreanzituttoricordarechel�art.1dellalegge 
890/1982 
stabilisce 
� 
al 
comma 
primo 
� 
il 
principio 
generale 
�che 
in 
materia 
civile, 
amministrativa 
e 
penale, 
l�ufficiale 
giudiziario 
pu� 
avvalersi 
del 
servi-
zio 
postale 
per 
la 
notificazione 
degli 
atti, 
salvo 
che 
l�autorit� 
giudiziaria 
disponga 
o 
la 
parte 
richieda 
che 
la 
notificazione 
sia 
eseguita 
personalmente�
, 


(*)Avvocato dello Stato. 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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mentre 
al 
secondo 
comma 
si 
afferma 
il 
principio 
che 
�l�ufficiale 
giudiziario 
deveavvalersidelserviziopostaleperlenotificazionidegliattiinmateriacivi-
le 
e 
amministrativa 
da 
eseguirsi 
fuori 
del 
comune 
ove 
ha 
sede 
l�ufficio, 
eccet-
to 
che 
la 
parte 
chieda 
che 
la 
notificazione 
sia 
eseguita 
di 
persona�.

Di recente, la legge 20 novembre 1982 n. 890, che disciplina la materiadelle notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari, � stata modificata dal-
l�art. 36 della legge 28 febbraio 2008 n. 31. Precisamente al Capo II, intito-
lato �Disposizioni Finanziarie Urgenti�, l�art. 36 rubricato �Disposizioni in 
materia di riscossione�, contiene i commi 2-quater 
e 2-quinques 
in forza dei 
quali � stato previsto, rispettivamente, quanto segue: 

�All�art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, dopo il quarto comma� aggiunto il seguente: �Se il piego non viene consegnato personalmente aldestinatario dell�atto, l�agente postale d� notizia al destinatario medesimodell�avvenuta notificazione dell�atto a mezzo di lettera raccomandata�.

�La disposizione di cui al comma 2-quater 
si applica ai procedimenti dinotifica effettuati, ai sensi dell�art. 7 della citata legge 20 novembre 1982, n.
890, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversionedel presente decreto. Le notificazioni delle sentenze gi� effettuate, ai sensidell�art. 7 della citata legge di conversione del presente decreto non produ-
cono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi � stataconsegna del piego personalmente al destinatario e se � provato che questinon ne ha avuto conoscenza�.

L�art. 36, comma 2 quater, della citata legge n. 31/2008, pertanto, hamodificato l�art. 7 della legge 20 novembre 1989 n.890, introducendo la pre-
visione per la quale, nelle notificazioni a mezzo posta, se il plico non vieneconsegnato direttamente al destinatario, l�agente postale � tenuto a darne lacomunicazione a mezzo lettera raccomandata (senza avviso di ricevimento).

La ratio 
della predetta previsione, va colta, a parere di chi scrive, nell�in-
tento del legislatore di fornire una maggiore tutela al destinatario dell�attogiudiziario che non abbia ricevuto direttamente il relativo plico postale, pre-
vedendo, per l�appunto, che, in questi casi, della notificazione sia data comu-
nicazione con lettera raccomandata. Cos� che sembra potersi affermare chela finalit� della nuova normativa sia proprio quella di adeguare il sistemadelle notifiche a mezzo posta ai principi enunciati dalla Corte Costituzionalecon la sentenza del 23 settembre 1998 n. 346. 

Con la citata sentenza la Corte delle leggi, ha dichiarato costituzional-
mente illegittimo l�art. 8 commi 2 e 3 della legge 20 novembre 1982, n. 890,
nel testo anteriore alla recente modificazione di cui al d.l. n. 35/2005, nellaparte in cui non prevede che il destinatario, dopo l�avviso lasciato alla suaabitazione, o ufficio o azienda, riceva notizia di tale attivit� per raccomanda-
ta a.r., cos� come previsto dall�art. 140 c.p.c.. Ha ritenuto cio� la Corte chese rientra nella discrezionalit� del legislatore la conformazione degli istitutiprocessuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabiledi tale discrezionalit� � rappresentato dal diritto di difesa del notificatario eche, pertanto, deve escludersi che la diversit� di disciplina tra le notificazio-
ni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall�ufficiale giudiziario 




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DOTTRINA 
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possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delleprime.

In altri termini, il vecchio disposto dell�art. 8, cos� come prospettato daigiudici remittenti, si poneva in contrasto con l�art. 24 della Costituzione, perla compressione del diritto di difesa del destinatario dell�atto da notificare,
il quale, per cause anche accidentali, potrebbe non avere conoscenza dell�av-
viso come sopra comunicatogli. Pregiudizio, questo, che, per l�appunto, �stato superato, prevedendo che anche per la notificazione a mezzo posta,
occorresse effettuare la raccomandata con cartolina di ritorno, al pari diquanto prescritto dall�art. 140 del codice di procedura. 

Ora, il principio dell�onere dell�avviso con lettera raccomandata, intro-
dotto con l�art. 36, comma 2 quater, che sembrerebbe recepire le medesimeistanze sottese all�art. 8 della legge n.890/1982, nel testo riformato succes-
sivamente alla sentenza che ne aveva sancito l�incostituzionalit�, da questanorma si differenzia.

Invero, a dispetto di quanto disciplinato dal predetto art. 8, che espres-
samente prevede che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giornidalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del riti-
ro del piego, se anteriore, l�articolo 36 comma 2 quater 
non indica quando 
la notificazione possa dirsi eseguita.

Ne deriva che sar� certamente compito della giurisprudenza, stabilire,
nel caso in cui il plico non venga consegnato direttamente all�interessato, seper il destinatario gli effetti della notifica decorreranno dalla consegna del-
l�atto giudiziario, ovvero dalla data di spedizione della lettera raccomandatao, ancora, dalla ricezione della predetta raccomandata. 

La soluzione, secondo chi scrive, non pu� che essere il frutto del con-
temperamento dei due opposti principi che regolano la materia: da un lato,
il principio di certezza delle situazioni giuridiche, per il quale da determina-
ti fatti (compimento delle formalit� di notifica) derivano determinati effettigiuridici e, dall�altro, il principio di affidamento del destinatario dell�atto,
che, senza colpa, non abbia avuto conoscenza della notificazione. Se in virt�del primo principio il soggetto che richieda la notifica non pu� essere grava-
to al punto da dover assicurare che il destinatario abbia conseguito l�effetti-
va conoscenza della notificazione; per l�opposto principio non � nemmenopossibile non riconoscere alcuna rilevanza a quelle situazioni per le qualil�affidamento che il destinatario pone sull�efficacia del meccanismo di noti-
fica non abbia avuto luogo. 

Di 
conseguenza, 
sarebbe 
poco 
opportuno 
propendere 
per 
l�ipotesi 
per 
la 
qualeglieffettidellanotificadecorrerebberodallaconsegnadell�attogiudizia-
rio, 
perch� 
altrimenti 
l�invio 
della 
lettera 
raccomandata 
resterebbe 
lettera 
morta, 
sebbene, 
nella 
ipotesi 
della 
notifica 
effettuata, 
ai 
sensi 
dell�art. 
139,
commi3e4,c.p.c.,medianteconsegnadell�attoalportiere,laspedizionedella 
raccomandata 
non 
sia 
stata 
fin 
qui 
considerata 
come 
elemento 
perfezionativo 
dellafattispecie(Cass.Civ.n.3767/1994;C.d.S.n.7465/2006).Delparipococredito 
dovrebbe 
avere 
l�ipotesi 
per 
la 
quale 
gli 
effetti 
della 
notifica 
coincide-
rebbero 
con 
il 
momento 
della 
ricezione 
della 
raccomandata, 
atteso 
che 
se 
il 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

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legislatore 
avesse 
voluto 
configurare 
l�avviso 
quale 
atto 
recettizio, 
avrebbesenz�altro 
previsto 
la 
cartolina 
di 
ritorno 
a 
corredo 
della 
raccomandata. 


2.- La previsione dell�avviso con raccomandata: la procedimentalizzazionedella notifica a mezzo posta e relativa nullit�.

Pi� plausibile sembrerebbe, invece, l�interpretazione per la quale l�art.
36 comma 2 quater 
introduca il principio in forza del quale la notificazionea mezzo posta non coincida pi� con la mera consegna dell�atto giudiziario eche, piuttosto, il relativo perfezionamento si sviluppi secondo un procedi-
mento a formazione progressiva, per l�effetto del quale la notificazione potr�ritenersi legalmente eseguita proprio nel momento dell�invio della letteraraccomandata a cura dell�agente postale. 

Sicch� l�omessa spedizione della raccomandata, nei casi in cui il relati-
vo avviso si rendesse necessario, ai sensi dell�art. 36, comma 2 quater, unavolta accertata in sede giudiziale, renderebbe, secondo la giurisprudenza for-
matasi sulla mancata allegazione della cartolina di ritorno certamente nulla,
se non inesistente (Cass. Civ., sez. unite n. 627/08; Cass. Civ., sez. I, n.
965/1999; n. 9328/1994), la notificazione del relativo atto e comporterebbela nullit� radicale del procedimento e della sentenza del giudice, oltre chel�impossibilit� per il giudice d�appello di rimettere la causa al primo giudi-
ce, dato che l�inesistenza della notifica dell�atto introduttivo del giudizio (adifferenza per il caso di nullit�) non � prevista tra le cause tassative di rimes-
sione ai sensi degli articoli 353 e 354 c.p.c. (Cass. Civ. sez. III, 12 aprile2006 n. 8608). 

Tuttavia, se � previsto che l�attore produca la cartolina di ritorno dellacompiuta notificazione dell�atto giudiziario, quale prova della sua regolarit�e che il giudice accerti, per l�effetto, che il contraddittorio si sia correttamen-
te instaurato, per l�ipotesi in oggetto dovr� prendersi atto che l�attore nonavr� modo di dimostrare l�avvenuta spedizione della lettera raccomandata,
poich�, come su detto, tale attivit� � rimessa all�agente postale, il quale nonha nemmeno l�obbligo di notiziare chi ne ha fatto richiesta. N� � teorizzabi-
le che l�attore debba comunque dar prova di tale adempimento, e ci� proprioin virt� di quel principio per il quale chi richiede la notifica non pu� esseregravato al punto da dover dimostrare che il destinatario abbia conseguitol�effettiva conoscenza della notificazione.

Ed allora, potr� prospettarsi l�ipotesi per la quale il giudice, magari pun-
tualmente sollecitato, acquisisca d�ufficio la prova dell�avvenuta spedizionedella raccomandata o, ancora, che l�eventuale difetto dell�avviso cui � tenu-
to l�agente postale sia rilevabile non gi� d�ufficio ma solo ad istanza deldestinatario che ne abbia interesse. 


3.- Il potere di certificazione dell�agente postale e limiti al sindacato del giu-
dice. 

Sembra poi potersi evincere che l�agente postale, nel momento in cuispedisca la raccomandata richiesta dalla legge, assolva una funzione di cer-



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tificazione assimilabile a quella riconosciuta dall�ufficiale giudiziario cheredige la relazione di notificazione. Tuttavia, l�art. 7, come modificato, nullaprevede in ordine al contenuto che dovr� avere il predetto avviso.

Si 
rileva, 
al 
riguardo, 
come 
a 
mente 
dell�articolo 
8 
della 
legge 
citata, 
l�a-
gente 
postale 
� 
tenuto 
a 
precisare 
al 
destinatario 
dell�atto 
giudiziario 
l�indica-
zione 
del 
soggetto 
che 
ha 
richiesto 
la 
notifica 
e 
del 
suo 
eventuale 
difensore; 
dell�ufficiale 
giudiziario 
al 
quale 
la 
notifica 
� 
stata 
richiesta 
e 
del 
numero 
diregistrocronologicocorrispondentedelladatadidepositoedell�indirizzodel-
l�ufficio 
postale 
o 
della 
sua 
dipendenza 
presso 
cui 
il 
deposito 
� 
stato 
effettua-
to, 
nonch� 
l�espresso 
invito 
al 
destinatario 
a 
provvedere 
al 
ricevimento 
del 
piego 
a 
lui 
destinato 
mediante 
ritiro 
dello 
stesso 
entro 
il 
termine 
massimo 
disei 
mesi, 
con 
l�avvertimento 
che 
la 
notificazione 
si 
ha 
comunque 
per 
esegui-
ta 
trascorsi 
dieci 
giorni 
dalla 
data 
del 
deposito 
e 
che, 
decorso 
inutilmente 
anche 
il 
predetto 
termine 
di 
sei 
mesi, 
l�atto 
sar� 
restituito 
al 
mittente.

Viceversa, stante la mancanza, come detto, di una previsione che analo-
gamente disciplini il contenuto dell�avviso, per i casi contemplati dal nuovoart. 7 potranno sorgere dubbi in ordine alla regolarit� delle notificazioni qua-
lora la raccomandata dovesse risultare tale da non permettere al destinatariodi risalire alle opportune indicazioni inerenti il soggetto che ha richiesto lanotifica; l�ufficio giudiziario che l�ha eseguita etc.. 

In questo contesto, sar� certamente interessante seguire in che terminiverr� esercitato il sindacato giurisdizionale sull�attivit� posta in essere dal-
l�agente postale. Aparere di chi scrive, poich� l�attivit� che, nella circostan-
za, l�agente postale � tenuto a svolgere, perfeziona quella rimessa all�ufficia-
le giudiziario, che ha gi� documentato nella relata di notifica la spedizionedell�atto giudiziario, dovrebbe conseguire che essa faccia fede fino a quere-
la di falso, al pari della prima (secondo l�art. 2700 c.c.), circa la provenien-
za del documento dall�agente che lo ha redatto, nonch� degli altri fatti chel�agente attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Mentre, perquanto concerne gli aspetti inerenti la sufficiente determinatezza degli ele-
menti integranti l�avviso, occorrenti al fine di dare contezza della compiutanotificazione al destinatario, il sindacato giurisdizionale non sembra incon-
trare ostacoli. 

4.- Ambito di efficacia della novella rispetto agli articoli 143, 139 e 330 del

c.p.c.
La 
disposizione 
in 
commento 
pu� 
dare 
luogo 
ad 
incertezze 
interpretative 
selettainrelazione 
agli 
articoli 
141, 
139 
e330 
del 
codice 
di 
procedura 
civile.

Il secondo comma del predetto art. 141, prevede che quando l�elezionedi domicilio � stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domici-
liatario � obbligatoria, se cos� � stato espressamente dichiarato. Ma se la noti-
ficazione venisse eseguita presso il domicilio non gi� a mani, ma a mezzoposta, e la consegna del plico non avvenisse a mani dell�interessato (com��probabile che accada) la notifica sar� da considerarsi come avvenuta regolar-
mente o, piuttosto, anche in tal caso si dovr� spedire la lettera raccomandataal destinatario? 



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AVVOCATURA 
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Alla luce della richiamata normativa, anche la previsione di cui all�art.
139 c.p.c., potrebbe comportare l�onere della raccomandata a cura dell�agen-
te postale, nei casi in cui la notifica fosse eseguita mezzo posta. 

Sul punto, occorre premettere che, in virt� di un consolidato orientamen-
to della Suprema Corte, � possibile che le notificazioni siano eseguite pres-
so l�ufficio pubblico sia a mani proprie del destinatario che a mezzo posta(Cass. Sez. lav. del 10 gennaio 2007 n. 239; 31 luglio 2006 n. 17543; 12 feb-
braio 2000 n. 1592; 21 marzo 1997 n. 2506). In questi casi, c�� da chiedersise sorga l�onere a carico dell�agente postale di dare la comunicazione conlettera raccomandata al destinatario dell�atto, qualora la notifica a mezzoposta sia eseguita presso l�ufficio pubblico con consegna del plico non aldestinatario ma all�addetto dell�ufficio. 

Il dubbio appena sollevato non dovrebbe porsi nei giudizi amministrati-
vi, atteso che, sotto questo profilo, si registra un diverso orientamento delConsiglio di Stato. Per il massimo organo della giustizia amministrativa l�art.
139 c.p.c. non � automaticamente applicabile, quanto alle notifiche nel pro-
cesso amministrativo, alla luce del parzialmente diverso regime recato dal

T.U. n. 642/1907. Sicch� la notifica non eseguita a mani proprie � possibilesolo nei luoghi che rientrano nella sfera di disponibilit� e dominio del desti-
natario della notifica, vale a dire l�abitazione e l�ufficio privato, non anchel�ufficio pubblico (Consiglio di Stato, sez. III, con parere 27 maggio 2008 n.
1611/20089; Cons. di Stato, sez. IV, 17 settembre 2007 n. 4851; Cons. diStato, sez. VI, 5 aprile 2007 n. 1549).
Non diversamente, potranno presentarsi le stesse incertezze applicativenell�ambito delle notifiche dell�impugnazione a mezzo posta, posto che, neicasi disciplinati dall�art. 330 c.p.c., potrebbe rivelarsi necessaria la spedizio-
ne dell�avviso con la lettera raccomandata, qualora la consegna dell�atto giu-
diziario, inviato a mezzo posta, non avvenga nella persona del domiciliata-
rio o del procuratore costituito. Se cos� fosse, la normativa dovrebbe trovareapplicazione alle notificazioni effettuate nel processo tributario e nel proces-
so penale, e ci� alla stregua, rispettivamente, degli art. 16, comma 1�, e art.
17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 e dell�art. 170 c.p.p.

In 
particolare, 
con 
riferimento 
al 
processo 
penale, 
si 
tratter� 
di 
vedere 
qualieffettiavr�lanormainquestione 
inrelazione 
allenotificazioni 
pressoil 
domicilio,che 
l�imputato 
ha 
l�obbligo 
dieleggereaisensi 
dell�art. 
166 
c.p.p.
, 
e 
per 
le 
(prime) 
notificazioni 
all�imputato 
non 
detenuto, 
di 
cui 
all�art. 
157c.p.p.
, 
che 
non 
fossero 
effettuate 
con 
la 
consegna 
del 
plico 
al 
destinatario. 


5.- Raffronto con il sistema delle notifiche eseguite direttamente dai legali.

In virt� della legge 21 gennaio 1994 n. 53, le notificazioni possono esse-
re eseguite, in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamentedagli avvocati che, al tal fine, possono effettuare la consegna diretta in talu-
ni casi e pi� in generale, avvalersi della posta, a condizione che siano muni-
ti di procura alle liti ex 
art. 83 c.p.c. e che siano autorizzati dal consiglio del-
l�ordine nel cui albo risultino iscritti. 

� prevedibile che la diversa disciplina delle notificazioni riservata all�i-
niziativa dei difensori, rispetto al pi� rigoroso regime delle notificazioni 
a 




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DOTTRINA 
281 


mezzo posta, risultante dalle recenti modifiche apportate alla legge n.
890/1982, possa essere censurato per irragionevole disparit� di trattamento,
proprio nella parte in cui non contenga l�obbligo di spedire la raccomandataal destinatario dell�atto per quelle stesse situazione di cui all�art. 7 dellelegge n. 890/1982. 

Del resto � evidente che fin quando il legislatore interverr� per singolisettori e non gi� in modo organico sar� sempre possibile cogliere le eventua-
li incongruenze del sistema; cos� per esempio, chi scrive ha avuto modo dieccepire la tardivit� di un ricorso proposto dinanzi al locale T.A.R. di ReggioCalabria (poi rimesso per competenza al T.A.R. di Catanzaro), in considera-
zione del fatto che la nuova disciplina di cui al terzo comma dell�art. 149

c.p.c. 
(che 
ha 
recepito 
i 
principi 
di 
cui 
alla 
sentenza 
della 
CorteCostituzionale n. 477 del 26 novembre 2006, sul diverso termine di efficaciadella notifica per il richiedente e per destinatario), non sia applicabile allanotificazione eseguita direttamente dal legale, atteso che la norma test� cita-
ta fa riferimento alla notificazione a mezzo posta effettuata per il tramite del-
l�ufficio giudiziario. 
6.- L�art. 7 della legge n. 890/1982, come modificato dall�art 36 comma 2quinques 
della legge n. 31/2008: la disciplina delle notifiche delle sentenzeeseguite prima dell�entrata in vigore della legge. 

Art. 36, comma 2 quinques: �La disposizione di cui al comma 2-quatersi applica ai procedimenti di notifica effettuati, ai sensi dell�art. 7 della cita-
ta legge 20 novembre 1982, n. 890, a decorrere dalla data di entrata in vigo-
re della legge di conversione del presente decreto. Le notificazioni delle sen-
tenze gi� effettuate, ai sensi dell�art. 7 della citata legge di conversione delpresente decreto non producono la decorrenza del relativo termine di impu-
gnazione se non vi � stata consegna del piego personalmente al destinatarioe se � provato che questi non ne ha avuto conoscenza�. 

Il comma 2 quinques 
dell�art. 36 della legge in commento, prevede chela predetta disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigoredella legge di conversione del decreto, coincidente con il giorno successivoalla sua pubblicazione nella G.U. n. 51 del 29 febbraio 2008 (1� marzo 2008). 

7.- Presupposto della prova della conoscenza dell�atto. 

La norma prevede, ancora, che le notificazioni delle sentenze gi� effet-
tuate, ai sensi dell�articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982, alla data dientrata in vigore della legge di conversione del decreto, non producono ladecorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi � stata consegnadel piego personalmente al destinatario e se � provato che questi non ne haavuto conoscenza. 

� chiaro che il legislatore abbia inteso disciplinare il periodo anteceden-
te all�entrata in vigore della nuova normativa, statuendo espressamente, peril caso in cui le sentenze fossero state gi� notificate prima dell�entrata invigore della legge (primo marzo 2008), che la decorrenza del termine per 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

282 


impugnare non decorra se il plico non sia stato consegnato personalmente aldestinatario e risulti provato che questi non ne abbia avuto conoscenza (salvoche non sia decorso il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenzadi cui all�art. 327 c.p.c., che non render� pi� possibile l�impugnazione, non-
ostante il vizio della notificazione della sentenza). 

8.- Applicabilit� dell�art. 36 commi 2 quater 
e 2 quinques 
ai provvedimentidi natura decisoria. Riflessi in ambito amministrativo e penale. 

La disposizione della norma in oggetto dovrebbe trovare una applicazio-
ne limitata perch� limitati sono i casi per i quali, secondo il codice di proce-
dura civile, la sentenza debba notificarsi, ai fini del decorso del terminebreve per impugnare, direttamente al destinatario e non gi� al difensore, traquesti: il giudizio contumaciale, le ipotesi relative alla notificazione dellasentenza in caso di morte o impedimento del procuratore agli articoli 286 e301 c.p.c. e in quegli ulteriori casi in cui la parte si sia costituita personal-
mente, laddove sia consentito (vedi l�art. 82 c.p.c., che consente di agiresenza patrocinio dinanzi al giudice di pace per le cause di valore inferiore adeuro 516,46 e all�ipotesi del legale � abilitato all�esercizio della professione

� che si difenda da s�). In tutti gli altri casi, torner� applicabile l�art. 330
c.p.c.
Affinch�, comunque, non decorra il termine ad impugnare occorre chenon solo l�atto non sia stato consegnato direttamente al destinatario ma chesia provato che egli non ne abbia avuto conoscenza. 

In ordine a quest�ultimo presupposto, ci si chiede in che termini potr�darsi prova del fatto che il destinatario dell�atto non ne abbia avuto cono-
scenza; occorrer� cio� che il destinatario articoli a tal fine la prova testimo-
niale, oppure sar� invocabile, per analogia legis, la disciplina della rimessio-
ne in termini di cui all�art. 184 bis 
c.p.c.?

In proposito, si segnala che, secondo talune pronunce della giurispruden-
za di legittimit�, l�art. 184 bis c.p.c., per la sua collocazione nel libro secon-
do, titolo I, capo II, sezione II sotto la rubrica �della trattazione della causa�,
riguarda le sole ipotesi in cui le parti costituite siano decadute dal potere dicompiere determinate attivit� difensive nel corso della trattazione della causaed in questo solo ambito rende operante la rimessione in termine e la suadisciplina, la quale, pertanto, non � invocabile per le �situazioni esterne� allosvolgimento del giudizio, quali certamente sono le attivit� relative alla costi-
tuzione della parte (Cass. Civ., sez. III, 14 marzo 2006, 5474). 

Va da s�, infine, che il termine �sentenze� adottato dalla normativa � dariferirsi, secondo chi scrive, ad ogni provvedimento decisorio che sia ingrado di diventare irrevocabile, ed �, quindi, estensibile ai decreti ingiuntivi(anche del T.A.R.), alle convalide delle licenze per finita locazione, ai prov-
vedimenti di sfratto ed, in materia penale, oltre alle sentenze, ai decreti pena-
li di condanna. 



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INDICISISTEMATICI
1. ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI 
ROBERTO 
ANTILLO, Considerazioni critiche e spunti di riflessione sul sistemadelle notifiche a mezzo posta (Art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, 
come 
modificato 
dall�art. 
36, 
co.2-quater 
e 
2-quinques 
della 
legge 28 febbraio 2008 n. 31). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 275 
MASSIMO 
BACHETTI, ALESSANDRA 
BRUNI, TULLIO 
MATTEO 
RUBERA, Le forze 
multinazionali 
all�estero 
e 
l�immunit� 
penale 
dei 
militari: 
il 
caso 
�Calipari� 
� 184 
VALERIA 
CAMILLI 
, La natura giuridica degli enti fiera 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 214 
GIUSEPPE 
FIENGO, 
Limiti alla capacit� giuridica per le imprese pubbliche che 
gestiscono servizi pubblici locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . � 167 
OSCAR 
FIUMARA, 
Avvicendamenti alla Corte costituzionale 
Saluto 
dell�Avvocato 
generale 
dello 
Stato 
Oscar 
Fiumara 
al 
Presidenteuscente 
della 
Corte 
costituzionale 
Franco 
Bile 
e 
al 
nuovo 
giudice 
GiuseppeFrigo 
� 
Corte 
costituzionale, 
udienza 
del 
4 
novembre 
2008 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
Saluto 
dell�Avvocato 
generale 
dello 
Stato 
Oscar 
Fiumara 
al 
nuovo 
Pre-
sidente 
della 
Corte 
costituzionale 
Giovanni 
Maria 
Flick 
e 
al 
nuovo 
giudiceAlessandro 
Criscuolo 
� 
Corte 
costituzionale, 
udienza 
del 
18 
novembre 
2008 
� 
1 
4 
CAROLINA 
LAYEK, 
Appalti pubblici: legittimazione ad agire singulatim 
da 
parte di imprese membri di una associazione temporanea. . . . . . . . . . . . . . � 86 
DIMITRIS 
LIAKOPOULOS, GIUSEPPE 
MANCINI, La direttiva n. 2005/56/CE e lanuova disciplina comunitaria delle fusioni transfrontaliere di societ� di 
capitali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
7 
ALESSANDRO 
NASTRI, 
Inderogabilit� 
del 
foro 
erariale 
(anche 
a 
fronte 
di 
unaeccezione 
incompleta) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
181 
ALESSANDRO 
NASTRI, 
Obbligo di motivazione sulla valutazione delle prove di 
concorso: il punteggio alfanumerico non basta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 226 
DANIELE 
ROSATO, I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un 
passo avanti verso la concorrenza? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . � 71 
LILIANA 
TESSAROLI, 
Nuove 
aperture 
negli 
appalti 
in 
house 
e 
nelle 
societ� 
miste 
. 
. 
� 
32 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

284 


2. SENTENZE 


CORTE 
DI 
GIUSTIZIA 
DELLE 
COMUNIT� 
EUROPEE 
Sent. 17 luglio 2008 nella causa C-371/05 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . pag. 
65 
Sent. 4 ottobre 2007 nella causa C-492/06 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . � 90 


GIUDIZI 
IN 
CORSO 
Causa C-343/07, Agricoltura 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 94 
Causa C-415/07, Aiuti di Stato 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . � 101 
Causa C-444/07, Spazio di libert�, sicurezza e giustizia 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 105 
Causa C-573/07, Diritto delle imprese 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . � 59 
Causa C-138/08, Libera prestazione dei servizi 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 108 
Causa C-158/08, Libera circolazione delle merci 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 116 
Cause riunite da C-175/08 a C-179/08, Giustizia e affari interni 
. . . . . . . . . . . . � 123 
Causa C-196/08, Libera prestazione dei servizi 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . � 131 
Causa C-218/08, Ambiente e consumatori 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . � 134 
Causa C-261/08, Spazio di libert�, sicurezza e giustizia 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 138 
Causa C-297/08, Ambiente e consumatori 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . � 142 
Causa T-53/08, Aiuti di Stato 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . � 156 


CORTE 
COSTITUZIONALE 
Sent. 1 agosto 2008 n. 326 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . � 168 
Sent. 24 ottobre 2008 n. 351 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . � 247 


CORTE 
SUPREMA 
DI 
CASSAZIONE 
Sez. III civ., ord. 7 agosto 2008 n. 21413 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . � 182 
Penale, sez. I, sent. 24 luglio 2008 n. 31171 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 200 


CORTE 
D�ASSISE 
DI 
ROMA 
Sez. 
III, 
sent. 
25 
ottobre 
2007( 
n. 
21*). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . � 200 


CONSIGLIO 
DI 
STATO 
Ad. Plen., sent. 3 marzo 2008 n.
1 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . � 42 


TRIBUNALE 
AMMINISTRATIVO 
REGIONALE 
PER 
IL 
LAZIO 
Sez. III ter, sent. 1 aprile 2008 n. 2779 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . � 215 


TRIBUNALE 
AMMINISTRATIVO 
REGIONALE 
PER 
LA 
CAMPANIA 
Napoli, sez. V, sent. 2 settembre 2008, n. 9992 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 227 


3. ARGOMENTI 


COMUNIT� 
EUROPEE 
�Appalti pubblici � Direttiva 89/665/CEE � Procedura di 
ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici � Soggetti ammes-
si ad accedere alle procedure di ricorso � Associazione temporanea offe-

(*
) 
Gi� pubblicata in 
questa Rassegna, 2008, n. 1, p. 262, con nota di DAVIDE 
GIOVANNELLI,
Lex est araneae tela: l�esercizio della giurisdizione U.S.A. e l�accertamento delle violazioni 
nello ius in bello. 




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INDICI 
SISTEMATICI 
285 
rente � Diritto di ciascuno dei membri di una associazione temporanea di 
proporre ricorso a titolo individuale 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
COMUNIT� 
EUROPEE 
� Fusioni transfrontaliere delle societ� di capitali �
Direttiva 2005/56/CE � Fusione di imprese � Registrazione di societ� � 
Partecipazione dei lavoratori � Regime fiscale 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
COMUNIT� 
EUROPEE 
� Inadempimento di uno Stato � Direttiva 92/50/CEE 
� 
Artt. 11 e 15, n. 2 �Appalti pubblici di servizi �Aggiudicazione dei servi-
zi informatici del Comune di Mantova �Aggiudicazione diretta senza pre-
via pubblicazione di un bando di gara 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . � 
COMUNIT� 
EUROPEE 
� Servizio di interesse generale e servizio di interesseeconomico generale � servizio pubblico � competitivit� � coesione econo-
mica e sociale 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
90 
7 
65 
71 
CORTE 
COSTITUZIONALE 
-Giudizio 
di 
legittimit� 
costituzionale 
in 
via 
principale 
-Disposizioni 
urgenti 
per 
il 
rilancio 
economico 
esociale 
e 
per 
il 
contenimen-
to 
elarazionalizzazionedellaspesapubblica 
di 
cui 
al 
d.l. 
n. 
223del2006,sianel 
testo 
originario 
sia 
in 
quello 
risultante 
dalle 
modifiche 
apportate 
in 
sededi conversione - Ricorso delle Regioni Veneto, Sicilia, Friuli-VeneziaGiulia e Valle d�Aosta - Trattazione separata delle questioni concernenti 
l�art. 
13 
-Riserva 
a 
separate 
pronunce 
della 
decisione 
sulle 
altre 
questioni 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
CORTE 
COSTITUZIONALE 
-Partecipazioni pubbliche -Societ� a capitale pubbli-
co o misto costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regio-
nali o locali per la produzione di beni e servizi strumentali - Obbligo dioperare esclusivamente con gli enti pubblici costituenti o partecipanti ecorrelativo divieto di operare nel libero mercato - Ricorso delle RegioniVeneto e Friuli-Venezia Giulia -Questione sollevata in riferimento all�art. 
119 Cost. -Prospettazioni generiche in quanto prive di autonome argomen-
tazioni � Inammissibilit� 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
168 
168 
GIUSTIZIA 
E 
AFFARI 
INTERNI 
� Enti pubblici � Destinazione della pubblicit� -
Natura giuridica degli enti fiera � Esclusione della natura pubblicistica del-
l�ente � Non soggezione all�art. 41 del D.Lgs. 177/05 
. . . . . . . . . . . . . . . . . � 
GIUSTIZIA 
E 
AFFARI 
INTERNI 
� Procedimento penale � Reato commesso fuori 
dal territorio � Giurisdizione italiana � Carenza 
. . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . � 
215 
200 
GIUSTIZIA 
E 
AFFARI 
INTERNI 
-Pubblica 
amministrazione 
� 
Concorsi 
� 
Motivazione 
degli 
atti 
concorsuali 
di 
valutazione 
delle 
prove 
orali 
o 
scritte 
. . . � 
GIUSTIZIA 
E 
AFFARI 
INTERNI 
� Regolamento di competenza � Competenza ter-
ritoriale per foro erariale � Irrilevanza dell�incompletezza della relativa 
eccezione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 
227 
182 
4. PARERI, COMUNICAZIONI, CIRCOLARI 
A.G.S. � Parere del 26 agosto 2008 n. 102376. 
Applicabilit� dell�art. 12, comma 5, prima parte, del D.lgs. n. 472/97 alle 
c.d. imposte istantanee 
(consultivo 12265/08, avvocato G. Albenzio) . . . . . . . . � 233 




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RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
� N. 3/2008

286 


A.G.S. � Parere del 22 settembre 2008 n. 110090. 
Art. 36 legge 31/08. Disposizioni in materia di riscossione 
(consultivo21110/08, avvocato G. Albenzio) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . pag. 238 


A.G.S. -Parere del 24 settembre 2008 n. 111007. 
Interpretazione dell�art. 7, 6� co. D.L. 248/07 convertito in legge 31/08(consultivo 25247/08, avvocato A. Palatiello) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . � 241 


A.G.S. � Parere del 24 settembre 2008 n. 111028. 
Richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di decaden-
za dall�incarico dirigenziale di livello generale ex 
art. 3 comma 7 l. 145/2002 


-Ricorso al Tribunale Civile di Roma, sez. lavoro, in materia di decadenzadall�incarico dirigenziale di livello generale ex 
art. 3 comma 7 legge145/2002. Richiesta patrocinio proposta transattiva (consultivo 43615/07, 
avvocato G. Fiengo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 243 
Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro - Parere del 2 ottobre 
2008 n. 24046 (reso dall�Avvocatura distrettuale di Catanzaro in via ordi-
naria).

Istanza di aggiornamento informative antimafia ex art. 10, comma 8, d.P.R. 
3 giugno 1998, n. 252 (consultivo 6845/08, avvocato A. Mezzotero) . . . . . . . � 251 


A.G.S. 
� 
Parere 
del 
13 
ottobre 
2008 
nn. 
118846 
� 
118848 
(reso 
dall�Avvocatura Generale in via ordinaria)
. 
Istanza di aggiornamento di informative antimafia ex 
art. 10, comma 8, 

d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 (consultivo 36675/08, avvocato M. Borgo) . . . . . . � 264 
A.G.S. -Parere del 14 ottobre 2008 (reso dall�Avvocatura Generale in via 
ordinaria)
. 
Portata applicativa dell�art. 802 codice navigazione (consultivo 7657/08, 
avvocato P. Di Palma) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 265 


A.G.S. � Parere del 20 ottobre 2008 n. 121176. 
Spettanza 
dell�indennizzo 
ex 
lege 
210/92 
in 
caso 
di 
patologia 
non 
ascrivibile 
a categoria tabellare (consultivo 34657/08, avvocato M. Russo) . . . . . . . . . . . . � 270 


A.G.S. � Parere del 23 ottobre 2008, n. 123287. 
Riparazione per ingiusta detenzione. Spettanza o meno degli interessi peril tardivo pagamento di quanto dovuto a titolo di indennizzo per effetto del-
l�ordinanza n. 232/2005 della Corte di Appello - Sezione Penale di Roma 
(contenzioso 14372/05, avvocato M. Borgo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 271 


Comunicazione di servizio n. 117 � circolare n. 44 del 28 ottobre 2008, 
prot. 124807 e 124812. 


Condanna dell�Amministrazione e criteri di calcolo di interessi legali e 
rivalutazione monetaria sul capitale dovuto 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
. 
. . .. . � 273 




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