000 frontespizio e retro 04 07.qxp 14/01/2009 15.02 Pagina 1 ANNO LX – N. 3 LUGLIO SETTEMBRE 2008 PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 000 frontespizio e retro 04 07.qxp 14/01/2009 15.02 Pagina 2 COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi – Giuseppe Guarino Natalino Irti – Eugenio Picozza – Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo – CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D’Ascia – Gianni De Bellis – Sergio Fiorentino – Maurizio Fiorilli – Paolo Gentili – Antonio Palatiello – Massimo Santoro – Carlo Sica. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi – Stefano Maria Cerillo – Luigi Gabriele Correnti – Giuseppe Di Gesu – Paolo Grasso – Pierfrancesco La Spina – Maria Vittoria Lumetti – Marco Meloni – Maria Assunta Mercati – Alfonso Mezzotero – Riccardo Montagnoli – Domenico Mutino – Nicola Parri – Adele Quattrone – Pietro Vitullo. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Pioppi e Antonella Quirini GESTIONE DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI: Antonella Quirini HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Giacomo Aiello – Giuseppe Albenzio – Roberto Antillo – Massimo Bachetti – Alessandra Bruni – Valeria Camilli – Wally Ferrante – Sergio Fiorentino – Carolina Layek – Dimitris Liakopoulos – Giuseppe Mancini – Alessandro Nastri – Tiziana Pica – Daniele Rosato – Matteo Tullio Maria Rubera - Liliana Tessaroli. E-mail: giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it – tel. 066829313 maurizio.borgo@avvocaturastato.it – tel. 066829597 francesca.pioppi@avvocaturastato.it – tel. 066829431 antonella.quirini@avvocaturastato.it – tel. 066829205 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando: codice IBAN: IT 60L 01000 03245 348 1 10 2368 00, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo ABBONAMENTO ANNUO ........................................................................ € 40,00 UN NUMERO ......................................................................................... € 12,00 AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it – Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia – Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Via Roberto Malatesta n. 296 - 00176 Roma 00 indice sommario 03 08 vers 7:00 indice sommario 02 0840.qxd 12/01/2009 17.22 Pagina 1 INDICE – SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Avvicendamenti alla Corte costituzionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al Presidenteuscente della Corte costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Giu- seppe Frigo – Corte costituzionale, udienza del 4 novembre 2008 Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al nuovo Pre- sidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e al nuovo giu- dice Alessandro Criscuolo – Corte costituzionale, udienza del 18 novembre 2008 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Dimitris Liakopoulos, Giuseppe Mancini, La direttiva n. 2005/56/CE e la nuova disciplina comunitaria delle fusioni transfrontaliere di società di capitali. . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7 Liliana Tessaroli, Dossier -Nuove aperture negli appalti in house e nelle società miste. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32 Daniele Rosato, I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un passo avanti verso la concorrenza?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71 1.- Le decisioni Carolina Layek, Appalti pubblici: legittimazione ad agire singulatim da parte di imprese membri di una associazione temporanea. (Corte di Giustizia CE, sent. 4 ottobre 2007 nella causa C-492/06) . . . . . . . . . . . . . . . . . » 86 2.- I giudizi in corsoWally Ferrante, Agricoltura, causa C-343/07. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 94 Wally Ferrante, Aiuti di Stato, causa C-415/07 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 101 Wally Ferrante, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, causa C-444/07 . . . . » 105 Sergio Fiorentino, Libera prestazione dei servizi, causa C-138/08. . . . . . . . . . » 108 Giuseppe Albenzio, Libera circolazione delle merci, causa C-158/08 . . . . . . » 116 Giuseppe Albenzio, Giustizia e affari interni, cause riunite da C-175/08 a C-179/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 123 Giuseppe Fiengo, Libera prestazione dei servizi, causa C-196/08 . . . . . . . . . » 131 Giuseppe Fiengo, Ambiente e consumatori, causa C-218/08 . . . . . . . . . . . . . » 134 Giuseppe Fiengo, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, causa C-261/08 . . .» 138 Giacomo Aiello, Ambiente e consumatori, causa C-297/08 . . . . . . . . . . . . . » 142 Sergio Fiorentino, Aiuti di Stato, causa T-53/08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 156 CONTENZIOSO NAZIONALE GiuseppeFiengo,Limitiallacapacitàgiuridicaperleimpresepubblichechegestisconoservizipubblicilocali(CorteCost.,sent.1agosto2008n.326).... . . » 167 00 indice sommario 03 08 vers 7:00 indice sommario 02 0840.qxd 12/01/2009 17.22 Pagina 2 Alessandro Nastri, Inderogabilità del foro erariale (anche a fronte di unaeccezione incompleta) (Cassaz. , sez. III civ. , ord. 7 agosto 2008 n. 21413) . . pag. 181 Massimo Bachetti, Alessandra Bruni, Tullio Matteo Rubera, Le forze multinazionali all’estero e l’immunità penale dei militari: il caso“Calipari” (Corte d’Assise di Roma, sez. III, sent. 25 ottobre 2007 n. 21; Cassaz. Penale, sez. I, sent. 24 luglio 2008 n. 31171) . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 184 Valeria Camilli, La natura giuridica degli enti fiera (T.A.R. Lazio, sez. III ter, sent. 1 aprile 2008 n. 2779) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 214 Alessandro Nastri, Obbligo di motivazione sulla valutazione delle prove di concorso: il punteggio alfanumerico non basta (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, sent. 2 settembre 2008, n. 9992) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 226 PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 233 CONTRIBUTI DI DOTTRINA Roberto Antillo, Considerazioni critiche e spunti di riflessione sul sistema delle notifiche a mezzo posta (Art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, come modificato dall’art. 36, co.2-quater e 2-quinques della legge 28 febbraio 2008 n. 31). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 275 INDICI SISTEMATICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 283 TEMIISTITUZIONALI Avvicendamenti alla Corte costituzionale Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al Presidenteuscente della Corte costituzionale Franco Bile e al nuovo giudiceGiuseppe Frigo “Signor Presidente, signori giudici, È per me ancora una volta un onore ed un piacere porgere, a nome ditutta l’Avvocatura dello Stato e mio personale, un saluto a Lei, signorPresidente Franco Bile, in occasione del Suo commiato dalla Corte a distan- za di oltre due anni dall’insediamento al vertice del supremo organo digaranzia costituzionale. È inoltre un privilegio dare il benvenuto al nuovo giudice costituziona- le, Prof. Giuseppe Frigo, eletto con vastissimo consenso parlamentare, gra- zie al quale l’organico della Corte, che dal maggio 2007 ha lavorato a ranghiridotti, è stato finalmente ricomposto. 1.1 Le qualità professionali e personali dell’insigne giurista Franco Bilesono state già ampiamente illustrate dal Prof. Flick e, al momento della suanomina a Presidente della Corte costituzionale nel settembre 2006, avevo giàricordato il suo prezioso contributo scientifico prima quale alto magistratogiunto sino alla carica di Primo Presidente Aggiunto della Corte diCassazione e poi come componente della Corte costituzionale, in seno allaquale, sin dal novembre 2005, ha ricoperto l’incarico di Vice Presidente. In questa sede, mi limiterò a ricordare l’autorevole apporto fornito allagiurisprudenza costituzionale e l’equilibrato impulso impresso nell’affronta- re le delicate questioni che si sono presentate all’esame della Corte duranteil biennio in cui ha ricoperto l’incarico di Presidente. Si è trattato di un mandato di un certo respiro temporale che ha consen- tito al Presidente Bile di conferire continuità e stabilità a principi vecchi enuovi e di interpretare al meglio, a mezzo dei provvedimenti adottati sia inqualità di Presidente che di relatore, l’essenza dell’istituzione di garanziaposta direttamente dalla Costituzione a presidio dei diritti fondamentali dallastessa proclamati. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 L’imparzialità e l’indipendenza di giudizio hanno da sempre caratteriz- zato la funzione dei giudici costituzionali e il Presidente Bile è stato fedele atale connaturale vocazione, assicurando alla Corte nel suo complesso quel- l’altissimo ruolo di custode e garante dei valori costituzionali che celebranoquest’anno il loro sessantennio. In un sistema che sconta le strutturali carenze dell’amministrazione dellagiustizia, che assegnano all’Italia il triste primato nella durata dei processi, la Corte costituzionale, sotto la presidenza di Franco Bile, ha registrato uncospicuo aumento dei giudizi definiti, che consente di stimare in meno di unanno i tempi medi di durata del contenzioso costituzionale, anche grazie allarazionalizzazione della formazione del ruolo delle udienze mediante accor- pamento di questioni identiche o simili. Consentitemi una breve carrellata sulle decisioni più rilevanti pronuncia- te nell’ultimo biennio, quello appunto della presidenza di Franco Bile. 1.2 Tra i giudizi in via incidentale, possiamo ricordare le sentenze intema di parità tra i coniugi in merito al cognome spettante al figlio legittimo (n. 61/2006 e 254/2006) e quelle in materia di immigrazione e di condizionegiuridica degli stranieri non comunitari, che testimoniano l’evoluzione socio – culturale e la graduale apertura delle frontiere di un Paese che storicamen- te si caratterizzava per la sua forte emigrazione. Particolarmente significative sono anche le decisioni che hanno traccia- to i limiti di ammissibilità dello spoil system in ambito statale e regionale (sentenze n. 103/2007 e 104/2007). In materia penale, hanno rivestito un notevole impatto nella riafferma- zione del principio della parità delle parti e, rispettivamente, nella definizio- ne del confine tra tutela della privacy ed esigenze processuali, da un lato, ledeclaratorie di incostituzionalità della inappellabilità da parte del pubblicoministero delle sentenze penali di proscioglimento (sentenze n. 26/2007 e320/2007) e, dall’altro, la pronuncia in tema di utilizzabilità delle intercetta- zioni telefoniche nei confronti di indagati non parlamentari quando la con- versazione sia avvenuta con un parlamentare (sentenza n. 390/2007). Particolarmente innovativa è stata inoltre, nel delineare i rapporti e gliequilibri tra poteri dello Stato, la sentenza che, nel solco già tracciato inmerito all’illegittimità della reiterazione dei decreti legge, ha sancito la sin- dacabilità, ad opera della Corte costituzionale, della sussistenza dei presup- posti di necessità e urgenza di un decreto legge adottato dal Governo malgra- do l’avvenuta conversione in legge da parte del Parlamento (n. 171/2007). 1.3 Nell’ambito del contenzioso regionale (che, come di consueto, haparticolarmente investito le leggi finanziarie, fenomeno che sembra puntual- mente riproporsi con la nuova recentissima manovra finanziaria – d.l. 112/08conv. in legge 133/08), va registrata una netta inversione di tendenza rispet- to alla impennata che aveva caratterizzato i giudizi sui conflitti di attribuzio- ne dopo la riforma del titolo V della Costituzione del 2001. Nel corso del 2007 tali giudizi sono notevolmente diminuiti, tanto daconsentire un ritorno alla consueta proporzione tra ricorsi in via principale ericorsi in via incidentale, probabilmente grazie al graduale adeguamento, TEMI ISTITUZIONALI tanto dello Stato quanto delle Regioni, ai principi enucleati dalla giurispru- denza costituzionale, in particolare al canone di leale collaborazione. Circa i conflitti di attribuzioni tra poteri dello Stato, non si può nonaccennare alle decisioni, di cui pure è stato attento relatore il Presidente Bile, in tema di insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari nell’eser- cizio delle loro funzioni ai sensi dell’art. 68 della Costituzione, notevolmen- te ridimensionata ove tali opinioni siano state manifestate extra moenia inassenza di un nesso funzionale con l’espletamento delle funzioni di parla- mentare, come in una testimonianza in un processo penale (sentenza n. 329/2006) o in un articolo pubblicato su un settimanale (sentenza n. 373/2006). 1.4 La Corte costituzionale ha dovuto inoltre confrontarsi con il progres- sivo allargamento dello scenario in cui è chiamata ad operare, aprendosi aipiù vasti orizzonti sopranazionali. Fermo che il diritto comunitario direttamente applicabile prevale suldiritto interno incompatibile, con il solo limite della sua conformità ai prin- cipi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inaliena- bili della persona umana (da ultimo, sentenza n. 284/2007), la Corte ha perla prima volta affermato, la possibilità per essa di avvalersi, nei giudizi in viaprincipale in cui è giudice unico della questione, del rinvio pregiudiziale allaCorte di giustizia europea, ove sorgano dubbi di conformità della legge inter- na con la normativa comunitaria, prerogativa prima riservata esclusivamen- te, dalla stessa Corte, al giudice della causa a quo. In tale contesto, sono altrettanto innovative le sentenze che hannodichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme sui criteri di determina- zione dell’indennità di espropriazione (n. 348/2007) e del risarcimento deldanno in caso di occupazione appropriativa (n. 349/2007), ritenute non con- formi alle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, daconsiderarsi “norme interposte” integrative del parametro costituzionale, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Questi brevi cenni alle decisioni che ho ritenuto più significative nell’ul- timo biennio rappresentano solo un’esemplificazione della ben più cospicuae complessa opera svolta dalla Corte, nella quale il presidente Bile ha potu- to esprimere tutta la sua competenza e il suo equilibrio, lasciando un’impron- ta particolarmente marcata e duratura. Grazie, quindi, Presidente Bile, per l’alta opera che Ella ha svolto abeneficio di tutti gli operatori del diritto e dei cittadini. E grazie – mi consen- ta Signor Presidente – per la Sua preziosa amicizia in questi anni, che mi haparticolarmente onorato. 2.1 Con la nomina del Prof. Giuseppe Frigo, la Corte si arricchisce delbagaglio di esperienza professionale di un eminente giurista, la cui persona- lità si è espressa autorevolmente nella vita concreta del diritto e nel mondoscientifico, sia come avvocato penalista che come docente universitario. Presidente dell’Unione delle Camere penali per due mandati consecutivi, hacontribuito alla stesura del codice di procedura penale ed è stato promotoredella battaglia che ha portato all’inserimento nella Carta costituzionale del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 principio del “giusto processo” sancito dal nuovo art. 111, fornendo un con- tributo decisivo alla definizione della linea di demarcazione tra il potere pub- blico e le libertà individuali nell’ambito di un processo improntato al rispet- to delle garanzie di imparzialità ed indipendenza. Autore di numerosi scritti di diritto processuale penale, il Prof. Frigo, dando prova di una spiccata sensibilità internazionalistica, ha nel tempoorientato i suoi studi, i suoi insegnamenti ed i suoi preziosi contributi scien- tifici nel campo del diritto processuale penale comparato ed europeo, parte- cipando come relatore alla stesura del disegno di legge delega per l’attuazio- ne in Italia della Decisione quadro del 13 giugno 2002 sul mandato d’arrestoeuropeo. 2.2 Moltissimi i processi di grande rilievo in cui è stato protagonista: frai tanti, dalla difesa del finanziere Gnutti nel processo per la scalata alla bancaAntonveneta, alla costituzione di parte civile nel processo per il sequestrodell’imprenditore Soffiantini, alla difesa di Adriano Sofri per ottenere larevisione del processo per l’omicidio del commissario Calabresi. E in que- st’aula – ricordo – ha rappresentato le ragioni del Governo degli Stati Unitid’America in una questione attinente alla legittimità dell’estradizione versoquel Paese per delitti puniti con la pena capitale. Grazie alle evidenti doti di equilibrio, al suo eccellente profilo professio- nale e alla vastissima competenza in un campo del diritto particolarmentedelicato e rilevante, il Prof. Frigo certamente contribuirà a consolidare ilruolo insostituibile della Corte costituzionale di garante dei principi che fon- dano la società civile e lo Stato di diritto. Al neo giudice e a tutti i suoi componenti, quindi, i miei migliori auguridi buon lavoro a beneficio dell’intera collettività”. Corte costituzionale, udienza del 4 novembre 2008. Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al nuovoPresidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e al nuovogiudice Alessandro Criscuolo “Signor Presidente, signori giudici, rivolgo, a nome di tutta l’Avvocatura dello Stato e mio personale, le piùvive congratulazioni al nuovo Presidente della Corte costituzionale Prof. Giovanni Maria Flick e un caloroso benvenuto al nuovo giudice costituzio- nale eletto dalla Corte di cassazione, il magistrato Alessandro Criscuolo. 1. La vasta e multiforme esperienza professionale del Prof. Flick, sem- pre improntata all’eccellenza in ogni ruolo ed incarico ricoperto nel corsodella brillante carriera di giurista a tutto tondo, ha costituito il naturale titoloper la nomina al vertice del supremo organo di garanzia costituzionale, dopoche lo stesso ha ricoperto da ormai tre anni la carica di Vice Presidente. Da magistrato requirente e giudicante, a professore universitario di dirit- to penale e di procedura penale, da avvocato penalista a rappresentante del TEMI ISTITUZIONALI Governo italiano nella Convenzione per la redazione della Carta dei dirittifondamentali dell’Unione europea, il Prof. Flick ha altresì ricoperto la pre- stigiosa e delicata carica di Ministro Guardasigilli, arricchendo il mondo deldiritto con i suoi preziosi contributi scientifici, dispensati nell’esercizio dellefunzioni di volta in volta assunte. La nomina a giudice costituzionale, e ora a Presidente della stessa, sono stati il logico coronamento di un percorso professionale contraddistinto dallastraordinaria capacità di cogliere i mutamenti della società e di adattare la norma astratta all’evoluzione dei tempi.Autore di monografie e di numerosi saggi ed articoli, il campo di elezione del Prof. Flick è stato prevalentementequello del diritto penale che, più di ogni altra branca del diritto, segna quellacruciale frontiera tra autorità pubblica e libertà individuale del cittadino. Grazie a questa non comune sinergia di esperienza pratica e di riflessio- ne scientifica, il Prof. Flick ha offerto un insostituibile apporto, in particola- re nelle materie del diritto penale dell’economia e della intermediazionefinanziaria, della criminalità organizzata, dei diritti della persona e della pub- blica amministrazione. 2. Con la nomina di Alessandro Criscuolo, la Corte si è arricchita dell’e- sperienza professionale sia nel campo civile che in quello penale di un altomagistrato, giunto a ricoprire le cariche prima di Presidente della sesta sezio- ne penale e poi di Presidente della prima sezione civile della Suprema Corte. Tra i vari ed importanti incarichi istituzionali ricoperti dal giudiceCriscuolo, si possono ricordare inoltre quello di componente del ConsiglioSuperiore della Magistratura, di Presidente supplente del Tribunale superioredelle acque pubbliche e di Presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Autore di diversi scritti, è stato estensore di numerose sentenze, pubbli- cate su riviste giuridiche, in materia di diritto di famiglia, di diritto societa- rio e fallimentare e di diritto comunitario. Grazie alle sue evidenti qualità professionali e culturali e alle doti diequilibrio proprie di chi ha sempre operato in veste di terzietà ed imparziali- tà, il giudice Criscuolo certamente contribuirà a rafforzare il compito fonda- mentale della Corte costituzionale di garante dei principi democratici e deivalori della libertà e dell’uguaglianza. Al neo Presidente, al nuovo giudice e a tutti i componenti della Corte, esprimo tutti i complimenti e gli auguri, miei e dell’intera Avvocatura delloStato, nella consapevolezza che essi sanno mettere a frutto nel migliore deimodi le differenti esperienze tecniche maturate nelle singole professioni e lediverse sensibilità culturali ed ideali, che consentono di rispondere compiu- tamente alle istanze di equità e di giustizia sostanziale dei cittadini”. Corte costituzionale, udienza del 18 novembre 2008. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 7 ILCONTENZIOSOCOMUNITARIOEDINTERNAZIONALE La direttiva n. 2005/56/CE e la nuova disciplina comunitaria delle fusioni transfrontaliere di società di capitali di Dimitris Liakopoulos(* ) e Giuseppe Mancini(** ) SOMMARIO: -1. Le radici storiche e normative di una legge non più procrastinabile; -2. Brevi cenni storici in merito all’adozione della XIV direttiva societaria; -3. Lo sviluppodel mercato, della concorrenza e dell’occupazione come basi dell’intervento legislativo; -4. Gli elementi sostanziali della direttiva n. 2005/56/CE. Ambiti di applicazione e fonti rego- latrici; -5. La procedura di fusione nei suoi tratti essenziali. La redazione del progettocomune di fusione e gli adempimenti pubblicitari interni ed esterni; -6. Le relazioni degliorgani di amministrazione e degli esperti indipendenti; -7. L’approvazione del progettocomune di fusione; -8. La supervisione preventiva e successiva sulla legittimità dell’interaprocedura; -9. Efficacia, registrazione dell’avvenuta fusione ed i relativi effetti; -10. Profilidi specialità delle fusioni transfrontaliere. La partecipazione dei lavoratori ed il regimefiscale applicabile. Il necessario richiamo alla società europea a garanzia dei diritti parte- cipativi; -11. L’applicazione del regime di neutralità fiscale alle operazioni cross-border; - 12. Considerazioni finali. 1. La direttiva n. 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del26 ottobre 2005, entrata in vigore con il D.Lgs. 30 maggio 2008 n. 108 del27 febbraio 2008 (1) ha accettato un compito particolarmente arduo: colma- (* ) Avvocato, Professore a contratto in diritto dell’Unione europea ed internazionale – Università della Tuscia. (** ) Dottore in Scienze Politiche – Università della Tuscia. (1) GU 17 giugno 2008 n. 140, cfr. anche: ARNÒ, FISCHETTI, Le fusioni transfrontalie- re. Esame della direttiva 2005/56/CE e del D.Lgs. 108/2008, ed. Egea, 2008. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 8 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 8 re una lacuna importante in materia di diritto delle società per facilitare lefusioni transfrontaliere delle imprese commerciali evitando che le legislazio- ni nazionali loro applicabili (in generale quella dello Stato della sede princi- pale) venissero vissute come un ostacolo. In particolare, lo sguardo del legis- latore si è rivolto a tutte le società di capitali di medie e grandi dimensionidesiderose di operare in più di uno Stato membro ma non in tutta Europa, equindi riluttanti ad adottare lo statuto di Società Europea. Infatti, come si avrà modo di analizzare approfonditamente in seguito, ladirettiva n. 2005/56/CE arriverà proprio a coinvolgere non solo le società perazioni, ma anche quelle aventi altre forme sociali come, ad esempio, le S.r.l., agevolando le alleanze all’interno dell’Unione tramite un meccanismo moltosemplice: assimilando la procedura di fusione transfrontaliera a quella appli- cabile alle operazioni di concentrazione in ambito nazionale tra imprese sog- gette alla normativa del medesimo Stato membro. In breve, gli shareholdersdovranno confrontarsi soltanto con la normativa del Paese in cui hanno laloro sede statutaria senza dover necessariamente prendere in considerazionela paralizzante pluralità di legislazioni nazionali. Inoltre, una volta creata la nuova entità, dovranno applicarle una solalegislazione nazionale: quella dello Stato membro in cui la società risultantedalla fusione avrà stabilito la propria sede. E quindi facile notare come que- sta nuova normativa si inserisca perfettamente nel progetto di modernizza- zione del diritto societario europeo, processo avente come obiettivo finale lacreazione di un benchmark normativo positivo, improntato ad una fattivaprotezione degli azionisti e dei terzi in un quadro di regole in grado di rinvi- gorire la competitività e l’efficienza delle società europee, consentendo lorodi operare liberamente in tutto il territorio dell’Unione (2). 2. La complessità e la portata dello sforzo richiesto al legislatore comu- nitario non potrebbero essere meglio rappresentati se non guardando ad unlungo iter politico-dottrinale della XIV Direttiva. L’emanazione di unanuova normativa che fosse capace di colmare un vuoto rilevante in tema didiritto societario, rivolgendosi a tutte le società di capitali, cercando allostesso tempo di rilanciare e rafforzare la competitività dell’economia euro- pea nell’ottica della “Strategia di Lisbona” è stata soltanto l’ultima tappa diuna trattativa addirittura trentennale. Infatti, l’impossibilità di eludere il confronto tra molteplici disciplinequali l’economia politica, le differenti legislazioni nazionali a sfondo tribu- tario ed in tema di intese, si accompagnava con il crescente bisogno di pre- disporre uno strumento, alternativo all’assunzione di partecipazioni ed all’al- leanza tra imprese tramite contratti, che fosse in grado di concentrare unapluralità di società in una singola unità giuridico-economica. Sideve,quindi,risalirefinoallontano1965perindividuare laprimapro- postainviatadallaCommissioneaigovernideisingoliStatimembriintemadi (2) TESAURO, Diritto comunitario, Cedam, Padova, 2008. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 9 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 9 fusioni transfrontaliere tra imprese di Paesi diversi: si fa riferimento al Memorandum sulle concentrazioni dell’allora Commissario per la concorren- za von der Groeben, nel quale la creazione di società di respiro europeo veni- va già concepita come una necessità in rapporto sia alla struttura del mercato comune,siaal crescente “peso” delle impresedeipaesiterzi.Sideve,tuttavia, ancora una volta sottolineare come i singoli ordinamenti giuridici nazionalinonsiprestasseroataletipodiaggregazionecausal’assenzadinormedidirit- tointernazionaleprivatoindividuantiunaprecisa leggeregolatrice(c.d.normedi conflitto) , rendendo necessario ricercare la soluzione caso per caso. Nonostante i diversi impedimenti esistenti, tanto di natura sostanzialequanto procedurale, il fatto che soltanto due anni dopo la pubblicazione dellasummenzionata relazione il legislatore comunitario avesse tentato un nuovointervento era sintomatico dell’urgenza di approdare ad una normativa nuovaed omogenea. Nel 1967, infatti, parallelamente ai lavori che avrebbero con- dotto all’emanazione della dir. n. 78/855/CEE proprio in tema di fusioni, ungruppo di esperti nazionali coadiuvato da alcuni responsabili della Comunitàdiede alla luce un primordiale progetto di convenzione sulle fusioni interna- zionali. La base giuridica di tale proposta era da individuarsi nell’allora art. 220 linea 4 Tr. CE (oggi art. 293): “Gli Stati membri avvieranno fra loro (…) negoziati intesi a garantire (...) la possibilità di fusione di società soggette alegislazioni nazionali diverse”. In particolare ai padri della proposta in paro- la deve essere riconosciuto il merito di aver cercato di accompagnare il pre- sente principio con una vera e propria normativa uniforme in materia difusioni internazionali. Tale disciplina sarebbe stata assunta, nel 1973, come punto di riferimen- to per un ulteriore progetto di convenzione in materia, il quale, sebbene subi- to abbandonato, avrebbe aperto la strada a quella che sarebbe dovuta esserela X Direttiva societaria, riguardante proprio le fusioni transfrontaliere. Risale, quindi, al 14 dicembre 1984 la prima vera proposta di direttiva inmateria di alleanze fra società situate in Stati membri diversi. Come tutte lealtre direttive cronologicamente antecedenti e successive, anche questa indi- viduava il proprio fondamento normativo nell’art. 44 n. 2 lett. g), che attri- buisce al Consiglio ed alla Commissione un ruolo primario nel concretizza- re la libertà di stabilimento per le attività commerciali. Ben si comprendonole ragioni che hanno spinto le istituzioni comunitarie ad optare per una fontecome la direttiva: così facendo, ex art. 2 della proposta, i singoli Stati avreb- bero potuto disciplinare una fusione transfrontaliera riferendosi, ove nonfosse stato disposto diversamente alla dir. n. 78/855/CEE. Ciò significavache, oltre a lasciare ai governi nazionali una certa libertà quanto alle moda- lità di attuazione concreta, in un’ottica di praticità sarebbe stato sufficienteattingere alla III Direttiva tramite semplici rinvii. In questo modo la nuovaproposta si differenziava da tutte quelle precedenti anche in termini stretta- mente quantitativi: infatti, nonostante la complessità del suo contenutosostanziale sintomo dell’evoluzione della situazione giuridica europea, nelcontempo si osservava una drastica diminuzione del numero di articoli pro- posti (da una media di 69 a soli 17) . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 10 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 10 In questo modo la futura decima direttiva avrebbe trovato la sua natura- le collocazione nell’opera di armonizzazione ed omogeneizzazione del dirit- to europeo delle società in tema di fusioni iniziata proprio dalla direttiva del1978. Come anticipato, una fusione transfrontaliera sarebbe quindi dovutasoggiacere in larga parte alla stessa identica procedura prevista per una fusio- ne interna, fatte salve alcune disposizioni specifiche improntate ad un mag- gior rigore procedurale: ad esempio, secondo il dettato dell’art. 5.2 della pro- posta, il progetto di fusione si sarebbe dovuto redigere con atto pubblico seimposto dalla legislazione di una delle imprese coinvolte; oppure la previsio- ne ex art. 11, che l’operazione sarebbe rimasta inefficace fino a quando lesocietà non avessero proceduto all’espletamento dei controlli e delle forma- lità previste. Nonostante il contenuto particolarmente variegato e garantista la propo- sta di X Direttiva societaria non incontrò mai il parere favorevole delParlamento. La giustificazione addotta dagli Stati riluttanti alla nuova nor- mativa era la stessa che aveva ostacolato le iniziative legislative precedenti: le imprese avrebbero potuto usufruire di una operazione straordinariamentepotente come la fusione per sottrarsi all’applicazione di norme nazionali perloro svantaggiose o penalizzanti. Si fa riferimento, in particolare, alle numerose e per molti versi antiteti- che leggi in materia di partecipazione dei lavoratori nella gestione dell’im- presa vigenti in ciascun Paese della Comunità. Per siffatte ragioni, la propo- sta di X Direttiva venne ufficialmente cancellata dall’agenda dei lavori dellaCommissione nel 2001. La scelta dell’Istituzione di non concentrarsi su taleproposta avrebbe facilmente potuto costituire una valida ragione per accusa- re il legislatore comunitario di scarsa autorevolezza ed incapacità nel bilan- ciare i differenti interessi nazionali: tuttavia, la decisione di non abbandona- re, bensì semplicemente di rimandare l’adozione di una direttiva in tema difusioni cross-border si rivelò corretta. L’8 ottobre del medesimo anno videinfatti l’approvazione sia dello statuto della Società europea, sia della relati- va direttiva che lo integrava proprio in riferimento alla partecipazione deilavoratori alla vita sociale. Proprio a tale direttiva si deve la predisposizione di alcuni principi diriferimento che, nel 2003, hanno aperto le porte ad una nuova proposta intema di fusioni transfrontaliere concretizzatasi, due anni dopo, proprio nellaXIV Direttiva. In conclusione, come si avrà modo di analizzare in manierapiù diffusa nei paragrafi successivi, la dir. n. 2005/56/CE non è altro che ilrisultato della combinazione di diverse normative precedenti: le dir. n. 78/855/CEE, sulle fusioni di società per azioni, il regolamento CE n. 2001/2157 sullo statuto della S.E. e la dir. n. 2001/86/CE che lo completa inmerito al coinvolgimento dei lavoratori ed, infine, le dir. n. 90/434/CEE e n. 2005/19/CE relative al regime fiscale applicabile. 3. Come si è avuto modo di anticipare nel capitolo precedente, si potevaeffettivamente parlare di fusioni solo quando le società interessate erano sta- bilite in un determinato Stato membro, quello che nel proprio ordinamentogiuridico contemplava la possibilità di allearsi con imprese di un Paese 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 11 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 11 diverso senza incappare in ostacoli come, ad esempio, la liquidazione dellepersone giuridiche coinvolte. Negli altri, invece, le differenze tra le legisla- zioni nazionali erano tante e tali da obbligarle a ricorrere a complesse, costo- se e non sempre efficaci e trasparenti, costruzioni giuridiche. Secondo quan- to sostenuto già da diversi anni dalle imprese della Comunità e dall’unionedelle Confederazioni industriali europee (UNICE), dotare tutte le società dicapitali di uno strumento giuridico adeguato che eliminasse qualsiasi ostaco- lo alle fusioni era quanto mai doveroso. Nello specifico, tale intervento avrebbe dovuto trovare la propria ispira- zione in un principio molto semplice: ridurre i costi di tali operazioni in unclima generalizzato di certezza giuridica. Già analizzando il contenuto dellaproposta di emanazione della dir. n. 2005/56/CE (3) è chiaramente possibilenotare come questa si distingua da tutte le iniziative antecedenti; questo, inparticolare, spicca in merito a tre aspetti: il campo d’applicazione sul qualela futura normativa avrebbe dovuto dispiegare i propri effetti, le fonti legis- lative a cui avrebbe fatto riferimento, sia nazionali che di diritto comunitarioderivato, e la tutela delle minoranze. Per quanto concerne il primo aspetto, come si è gia accennato, la propo- sta prevedeva di estendere il campo d’applicazione fino a ricomprenderetutte le società di capitali, soprattutto quelle piccole e medie imprese noninteressate alla creazione di una Società europea; unico comune denomina- tore sarebbe stato solo il fatto di essere dotate di personalità giuridica e diavere un patrimonio sociale distinto col quale rispondere dei debiti sociali. Riguardo, invece, alla normativa di riferimento il principio dell’applicazio- ne della legislazione nazionale sarebbe stato integrato dagli elementi fondan- ti la costituzione di una S.E. Infatti, oltre ad assumere come punto cardine le procedure di fusione insi- te nelle singolelegislazioni nazionali giàbenconosciuteagli operatoridel set- tore, è importante notare come non si fossero trascurate le soluzioni poste dalregolamento CE n. 2157/2001 del Consiglio relativo allo statuto della Societàeuropea, e della direttiva n. 2001/86/CE sempre del Consiglio che lo comple- ta, per quanto riguarda la partecipazione dei lavoratori negli organi decisiona- li della società incorporante o della nuova società derivante dalla fusione. Quanto, infine, alla tutela delle minoranze avrebbero trovato protezionesecondolalegislazionenazionalegliinteressideicreditori,degliobbligazioni- sti,deipossessoridititolidiversidalleazioni,deisocidiminoranzaedeilavo- ratori per quanto riguarda i diritti diversi da quelli di partecipazione nella società, nei confronti di ciascuna delle società partecipanti alla fusione (4) . (3) COM (2003) 703 definitivo n. 2003/0277, del Parlamento europeo e del Consigliosulle fusioni transfrontaliere di società di capitali presentata alla Commissione il 18 novem- bre 2003. (4) Nello specifico ci si riferisce alla direttiva n. 2001/23/CE del Consiglio del 12marzo 2001 relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti diimprese, alla direttiva n. 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo2002 istitutiva di un quadro generale in merito all’informazione e alla consultazione dei 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 12 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 12 Tuttavia, oltre a tali incombenze, la futura direttiva avrebbe dovuto assolve- re ad un ulteriore compito, decisamente più complesso e generalizzato: l’ac- crescimento della mobilità dei capitali nel mercato interno allo scopo difavorirne lo sviluppo e la progressiva integrazione. Si trattava dunque, di procedere nel solco già tracciato dalla XIII diretti- va societaria in tema di offerte pubbliche d’acquisto, ossia continuare nelconsolidamento di un vero e proprio level playing field, un terreno di giococomune caratterizzato da regole omogenee e vincolanti per tutti i soggettieconomici presenti nel territorio dell’Unione. Il risultato ultimo che si inten- deva perseguire era quello di rafforzare la tendenza alla specializzazione deisistemi economici consentendo da un lato di usufruire di economie di scalae, dall’altro, di creare terreno fertile per gli investimenti stranieri in territo- rio comunitario. Come puntualmente sottolineato dal Benchmark Definition of ForeignDirect Investment (BDFDI) dell’Ocse e dall’European Union Bilance ofPayments dell’ECB, la situazione riguardante i foreign direct investments inEuropa è sempre stata caratterizzata da una forte discontinuità. È bene spe- cificare come con il termine “Investimenti di Diritto Estero” si faccia riferi- mento a tipologie di investimento internazionali effettuate da soggetti (socie- tà di capitali, privati, ecc.) residenti in un determinato Paese destinati adimprese site in uno Stato diverso: lo scopo è di ottenere interessi nel medio- lungo periodo partecipando fattivamente alla gestione dell’impresa. Si pos- sono facilmente intuire le molteplici situazioni che rischiavano di mettere arepentaglio tali operazioni. Si pensi ad esempio ad atteggiamenti nazional-protezionistici ostili allapenetrazione straniera quali, ad esempio, le cd. golden shares, ossia la sub- ordinazione delle transazioni concernenti imprese operanti in settori strategi- ci per l’interesse nazionale ad autorizzazioni amministrative; oppure, ed èquesta la situazione alla quale la direttiva sulle fusioni ha posto rimedio, allaconcomitanza di un vuoto legislativo comunitario in materia ed una plurali- tà di normative nazionali discordanti e paralizzanti. In realtà, quest’ultimo era soltanto l’impedimento più macroscopico chesi presentava agli occhi degli operatori del settore: non si deve, infatti, dimenticare che proprio la Commissione stessa, durante il ConsiglioEuropeo ECOFIN tenutosi a Sheveningen nel 2004, aveva lanciato una verae propria consultazione pubblica per analizzare gli ulteriori ostacoli allefusioni transfrontaliere esistenti. Il panorama che ne derivò fu, invero, poco incoraggiante: oltre agliimpedimenti di natura strettamente giuridica spiccavano anche gli abusi di lavoratori, nonché alle direttive n. 94/45/CE del Consiglio del 22 settembre 1994 e n. 97/74/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 riguardanti entrambe l’istituzione di un comi- tato aziendale europeo e di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavora- tori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 13 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 13 potere delle autorità di vigilanza nazionali, le incertezze procedurali, lediversità in tema di corporate governance presenti in ogni Paese, l’eccessi- va frammentazione dei mercati azionari europei. Tuttavia, l’ambito fiscale era la concretizzazione maggiormente rappre- sentativa di tali ostacoli. Ben nota, infatti, era la prassi invalsa in diversi Paesi di applicare una exit tax nel caso in cui una società trasferisse la propria sedeall’estero, imposizione questa che trovava la propria giustificazione nel tenta- tivo di trattenerla nel territorio nazionale nel timore di perdere gettito fiscale. Barriere di siffatta natura si ponevano in palese contrasto con l’aspirazione dicreare un mercato europeo perfettamente integrato, come è stato puntualmen- te sottolineato,oltreche dal diritto positivo, anche dalla giurisprudenza comu- nitaria (5) . Infatti, sul primo versante è recentemente intervenuto il legislatoreeuropeo in prima persona: tramite la direttiva n. 2005/19/CE del 17 marzo2005 si sono approntate modifiche sostanziali alla dir. n. 90/434/CEE proprio in riferimento al regime fiscale comune da applicarsi alle fusioni, ed alle altre operazioni straordinarie, intercorrenti fra società di Stati membri diversi. Sul versante giurisprudenziale, invece, uno dei leading cases in materia è statalacausaC-9/02Hughes,nellaqualealsoggettoinquestione,personafisi- ca di nazionalità francese, era stata applicata una tassa d’uscita su plusvalenze non realizzate proprio per il fatto di aver trasferito la sede fiscale all’estero. Basandosi sulle conclusioni dell’Avvocato Generale J. Mischo, la Cortenon ha potuto non rilevare l’incompatibilità della norma contenuta nell’art. 167 bis del Code Général des Impots con i principi fondamentali del dirittocomunitario. Al punto n. 45 della sentenza, infatti, sancisce chiaramente che“… anche se l’art. 167 bis del CGI non vieta ad un contribuente francese diesercitare il suo diritto di stabilimento, questa disposizione non è tuttaviaidonea a limitare l’esercizio di tale diritto avendo, perlomeno, un effetto dis- suasivo nei confronti dei contribuenti che desiderano andare a stabilirsi in unaltro Stato membro”. Non trova accoglimento nelle parole della Corte neppure la giustifica- zione addotta dal Conseil d’État in sede di rinvio pregiudiziale relativa alloscopo di evitare l’evasione fiscale, dal momento che “... l’art. 167 bis delCGI eccede ampiamente quanto è necessario per raggiungere lo scopo cheesso persegue…” (punto n. 52). Sulla base di tali considerazioni è facile comprendere la pronuncia fina- le della Corte di giustizia: “Il principio della libertà di stabilimento posto dal- l’art. 43 del Trattato CE deve essere interpretato nel senso che esso osta a cheuno Stato membro introduca, a fini di prevenzione di un rischio di evasionefiscale, un meccanismo d’imposizione delle plusvalenze non ancora realiz- zate, in caso di trasferimento del domicilio fiscale di un contribuente al difuori di questo Stato”. (5) Sentenza dell’11 marzo 2004 relativa alla causa C-9/02 Hughes de Lasteyrie du Saillant v. Ministere de l’Economie, des Finances e de l’Industrie. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 14 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 14 È dunque facile notare come, allo stesso modo delle precedenti direttivesocietarie anche la n. 2005/56/CE sia stata modellata sull’impronta dell’art. 44.2 lett. g) Tr. CE. Infatti, anche in questo caso l’azione comunitaria nelmondo delle imprese non solo è stata autorizzata ma di fatto incoraggiata: losviluppo della concorrenza e dei mercati, la crescita delle economie naziona- li e, di riflesso, di quella europea ed un sensibile incremento delle prospetti- ve occupazionali nella massima tutela della libertà di stabilimento erano pro- prio i compiti che la XIV Direttiva societaria era chiamata ad assolvere. Inessa, quindi, la coordinazione ed il raggruppamento di società di capitali diStati membri diversi si accompagna ad una tutela uniforme degli interessipubblici coinvolti nel pieno rispetto dell’art. 43 Tr. CE. 4. Venendo all’analisi degli elementi sostanziali della nuova normativa ènecessario operare, in via preliminare, una distinzione tra un ambito di appli- cazione oggettivo ed uno soggettivo. Sotto il primo punto di vista ricadononel campo d’azione della direttiva tanto le fusioni per incorporazione quan- to quelle proprie. Infatti, alle lettere a) e b) dell’art. 2 si stabilisce che con iltermine “fusione” si debba far riferimento sia alla circostanza in cui “una opiù società trasferiscano, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquida- zione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad altra società preesi- stente (la società incorporante)” sia all’eventualità che, nelle medesime cir- costanze “due o più società (lo) trasferiscano ad una società da loro costitui- ta (la nuova società)”. Il conferimento patrimoniale potrà avvenire, in entrambe le fattispeciemediante l’assegnazione ai rispettivi soci di titoli o quote rappresentativi delcapitale sociale dell’incorporante o della nuova società, fatta salva la possi- bilità di un eventuale conguaglio in contanti non superiore al 10% del lorovalore nominale o della loro parità contabile; questo, naturalmente sempreche la legislazione di almeno uno degli Stati membri interessati lo consenta(art. 3 lett. a)). Da ultimo, la lettera c) del medesimo articolo contemplaanche la possibilità che una società, la controllata trasferisca sempre a causae all’atto dello scioglimento senza liquidazione le sue attività e passivitàall’impresa che detiene il 100% delle quote o dei titoli rappresentativi del suocapitale sociale, ossia la controllante. Dal punto di vista strettamente sogget- tivo invece, si evince chiaramente come la nuova normativa abbia ottempe- rato alla necessità di rivolgersi a tutte le tipologie di società di capitali perfavorirne la coordinazione ed il raggruppamento. Sul punto il legislatorecomunitario è stato particolarmente preciso: nel novero delle società di capi- tali interessate debbono ricomprendersi tanto quelle costituite ai sensi del- l’art. 1 della dir. n. 68/151/CEE, la prima direttiva societaria quanto, più ingenerale, quelle che rispettino le condizioni di garanzia previste dalla mede- sima a tutela degli interessi dei soci e dei terzi, quindi anche le S.r.l. Si puòfacilmente notare come la dir. n. 2005/56/CE presenti un campo d’applica- zione soggettivo decisamente più ampio della III Direttiva, la n. 78/855/CE, la quale si limitava alle sole società per azioni. È comunque pacifico che taliimprese debbano disporre di capitale sociale, personalità giuridica e di unpatrimonio distinto con il quale rispondere dei loro debiti. La direttiva, dun- 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 15 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 15 que, si applica alle fusioni intercorrenti tra società di capitali che siano costi- tuite conformemente alla legislazione di uno Stato membro (art. 1). Le sud- dette società, inoltre, dovranno avere la loro sede sociale, l’amministrazionecentrale o il loro centro di attività principale in territorio comunitario e, ovviamente, dovranno essere soggette alla legislazione di Stati membri dif- ferenti. Sono anche previste delle ipotesi di esclusione: gli Stati membriinfatti conservano il diritto di non applicare la presente direttiva nel caso incui nella fusione transfrontaliera sia coinvolta una società cooperativa, anchese quest’ultima rientrasse nella definizione di “società di capitali” di cuisopra (art. 3.2) (6). Inoltre, in un’ottica cautelare nei confronti degli investitori, resistono lediscipline comunitarie specifiche per gli intermediari finanziari e per gliorganismi di investimento collettivo di valori mobiliari. In merito al dirittoapplicabile alle operazioni di fusione transfrontaliera ad una prima letturasembrerebbe che la XIVDirettiva si ponga in netta antitesi con l’obiettivo diarmonizzazione ed omogeneizzazione dei diritti nazionali che intende perse- guire. La contraddizione in questione si può facilmente riscontrare già nelpreambolo della legge stessa. Se, infatti, nel primo e secondo punto si valu- ta come necessaria “… al fine di garantire il completamento ed il funziona- mento del mercato unico (l’adozione) di disposizioni comunitarie volte afacilitare la realizzazione di fusioni transfrontaliere tra diversi tipi di societàdi capitali soggette alle legislazioni di Stati membri”, immediatamente dopopare che il legislatore comunitario ritorni sui suoi passi asserendo che “… ogni società partecipante ad una fusione transfrontaliera ed ogni terzo inte- ressato restino soggetti alle disposizioni e alle formalità della legislazionenazionale che sarebbe applicabile in caso di fusione nazionale (...)”. In sostanza, anche se sarebbe potuta sembrare maggiormente auspicabi- le l’emanazione di una normativa che regolasse l’intera procedura di fusio- ne in modo assolutamente identico per ogni Paese membro eliminando qual- siasi problema di conflitto di leggi, la scelta è stata invece quella di nonricondurre tutte le legislazioni nazionali ad un’unica disciplina. La ratio ditale decisione, solo apparentemente antitetica, si sostanzia nell’esigenza dipreservare il principio di sussidiarietà. Infatti, in base all’assunto dell’art. 5Tr. CE, la Comunità è legittimata a legiferare in materie non di sua esclusi- (6) Secondo il terzo comma dell’art. 3 la direttiva: “…non si applica alle fusioni trans- frontaliere a cui partecipa una società avente per oggetto l’investimento collettivo di capita- li raccolti presso il pubblico, che opera secondo il principio della ripartizione del rischio ele cui quote, a richiesta dei possessori, sono riscattate o rimborsate, direttamente o indiret- tamente, attingendo alle attività di detta società. Gli atti o le operazioni compiuti da talesocietà per garantire che la quotazione in borsa delle sue quote non vari in modo significa- tivo rispetto al valore netto d’inventario sono considerati equivalenti a un tale riscatto o rim- borso”. Per quanto concerne tali imprese si vedano le direttive n. 85/611/CE (in GUCE L. 375 del 31 dicembre 1985), e le n. 2001/107/CE e n. 2001/108/CE (in GUCE L. 41/20 e L. 41/35 del 13 febbraio 2002) . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 16 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 16 va competenza soltanto se gli obiettivi da perseguire posti dal Trattato pos- sono essere realizzati in modo più efficace a livello comunitario, ma la suaazione non potrà mai travalicare quanto strettamente necessario al loro rag- giungimento. Sulla base di siffatte considerazioni l’art. 4 della direttiva enuncia che, in linea di principio, si potrà assistere ad un fusione transfrontaliera traimprese solo se consentita dalle rispettive legislazioni nazionali. Inoltre, qualora non fosse disposto altrimenti, “…una società che parte- cipa ad una fusione transfrontaliera rispetta le disposizioni e le formalitàdella legislazione nazionale cui è soggetta”. Questa disposizione, invero, èimprontata alla maggior tutela possibile dei creditori, degli azionisti e deilavoratori delle imprese interessate: le normative nazionali in materiadovranno, infatti, pervadere tutto l’iter decisionale relativo alla fusione. Viene, inoltre, fatta salva la possibilità che lo Stato membro possa adottaredisposizioni volte ad assicurare una protezione adeguata dei soci di minoran- za che si sono opposti all’operazione straordinaria. Allo stesso modo “se la legislazione di uno Stato membro consente alleautorità nazionali di opporsi, per motivi di interesse pubblico, ad una fusio- ne a livello nazionale, tale legislazione si applica anche a una fusione trans- frontaliera se almeno una delle società che partecipano alla fusione è sogget- ta al diritto di tale Stato membro”. Come più volte sottolineato anche dallagiurisprudenza della Corte di Giustizia, tali restrizioni potranno essere attua- te solo se giustificate da esigenze imperative di interesse generale e, sempree comunque, a queste proporzionate. In chiusura è, inoltre, stabilito che lepresenti disposizioni non sono applicabili qualora lo fosse anche l’art. 21 delgià noto regolamento CE n. 139/2004 relativo al controllo sulle concentra- zioni tra imprese. 5. Agli art. 5 e seguenti della direttiva viene dettagliatamente descrittal’intera procedura di fusione. Punto di partenza, come anche si è avuto mododi osservare in merito alla disciplina della III Direttiva, è la predisposizionedi un progetto comune. Il legislatore comunitario ha demandato tale incom- benza agli organi di direzione e di amministrazione di ciascuna impresa coin- volta, non senza evidenziarne i requisiti essenziali (art. 5 lettere da a) a l)). Agli Stati membri viene comunque lasciata la possibilità di derogare inmelius introducendo ulteriori vincoli, soprattutto se funzionali ad una mag- giore tutela dei creditori, dei soci e dei terzi. Nello specifico si dovranno evidenziare: la forma, la denominazione e lasede statutaria delle società che partecipano alla fusione e quelle previste perla società finale; il concambio di titoli e quote degli shareholders, il loroeventuale conguaglio, nonché le modalità di assegnazione di quelli rappre- sentativi del capitale sociale della società derivante dalla fusione e la data adecorrere dalla quale danno diritto alla partecipazione agli utili. Questo è, invero, il punto più delicato in quanto è essenzialmente dallaconvenienza dei rapporti di cambio che dipende l’approvazione della fusio- ne da parte dei soci. Per questo motivo la valutazione sulla loro congruità èrimessa ad esperti nella maggior parte dei casi esterni alle aziende coinvolte 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 17 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 17 sulla base, in primo luogo, di un’ottica fiduciaria ed, in secondo luogo, dellacomplessità dell’analisi da compiere. Infatti, la valutazione del patrimoniodella società risultante non potrà essere semplicemente la risultante dellasomma di quelli delle partecipanti, in quanto con una fusione si ha, prima ditutto, una vera e propria compenetrazione di organi aziendali, ciascuno deiquali apporta una utilità complementare non solo patrimoniale all’impresafinale. Proseguendo nell’analisi degli elementi essenziali del progetto di fusio- ne dovranno, inoltre, essere indicati: i possibili risvolti a livello occupazio- nale; la data a decorrere dalla quale le operazioni delle società che partecipa- no alla fusione saranno fiscalmente riconducibili all’impresa finale; i diritti o le misure accordati ai soci titolari di diritti speciali o ai possessori di titolidiversi dalle quote rappresentative del capitale sociale; eventuali benefitsattribuiti agli esperti che esaminano il progetto di fusione, ai membri degliorgani di amministrazione, di direzione, di vigilanza o di controllo dellesocietà coinvolte; l’atto costitutivo e lo statuto della società derivante dallafusione transfrontaliera; le modalità relative al coinvolgimento dei lavorato- ri e la definizione dei loro diritti di partecipazione nella società finale; l’elen- cazione delle attività e delle passività trasferite alla società finale; la datadella chiusura dei conti delle società partecipanti alla fusione. Si può notare come, a differenza di un normale progetto di fusione qualeera quello disciplinato dalla dir. n. 78/855/CE, in questo caso si riscontri lapresenza di elementi sostanziali supplementari proprio motivati dal caratteretransfrontaliero dell’operazione (ad esempio l’indicazione della denomina- zione e della sede prevista per la nuova società). Il primo rinvio effettivo allesingole legislazioni nazionali si ha in merito alla pubblicazione del progetto: questo, infatti, dovrà essere pubblicato secondo le modalità previste dallalegislazione nazionale di ciascuno Stato membro delle società coinvolte, secondo quanto disposto dall’art. 3 della dir. n. 68/151/CEE. Inoltre, ilsecondo comma del suddetto articolo disciplina anche la pubblicità internadel progetto, il quale dovrà essere messo a disposizione dei rappresentantidei lavoratori o dei lavoratori stessi almeno un mese prima della data previ- sta per la delibera di approvazione ed, i medesimi, avranno diritto di pren- derne visione fino alla fine del suddetto mese (art. 6). 6.Allo stesso identico regime pubblicitario soggiacciono altri due docu- menti: la relazione di accompagnamento del progetto di fusione, che gliorgani di direzione ed amministrazione sono obbligati a redigere, e la rela- zione degli esperti indipendenti. Per quanto concerne la prima, ex art. 7 della direttiva, il management deve predispone “… una relazione destinata ai soci, nella quale illustra e giustifica gli aspetti giuridici ed economici della fusio- ne transfrontaliera e (ne) spiega le conseguenze per i soci, i creditori e i lavo- ratori. La relazione è messa a disposizione dei soci e dei rappresentanti deilavoratori o, in assenza di questi ultimi, dei lavoratori stessi, almeno un meseprima della data dell’assemblea generale...”. Riprendendo una disposizione presente nella dir. n. 2004/25/CE in temadi o.p.a. alla relazione dovrà allegarsi il parere espresso dei rappresentanti 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 18 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 18 dei lavoratori a patto che gli organi societari lo ricevano in tempo utile perconsegnarlo all’assemblea (art. 7 ultimo comma). In merito alla seconda, invece, esperti indipendenti (persone fisiche ogiuridiche) dovranno fornirla nel medesimo termine ai soci dell’impresadalla quale sono stati designati (art. 8). In un’ottica di riduzione dei costi diexpertise, è oltremodo possibile che gli esperti siano individuati dalle auto- rità giudiziarie o amministrative degli Stati a cui appartengono le societàcoinvolte dietro loro richiesta congiunta; in questo caso la relazione saràindirizzata ai soci di entrambe le imprese. Gli esperti hanno il diritto di chie- dere a ciascuna delle società che partecipano alla fusione tutte le informazio- ni che ritengono necessarie e, per quanto concerne gli elementi sostanzialidella relazione la direttiva rinvia all’art. 10.2 della dir. n. 78/855/CE. L’esame delprogettocomunedi fusione transfrontaliera da partediesper- ti indipendenti o la relazione degli esperti non sono tuttavia richiesti qualora i soci di ciascuna società che partecipano vi rinuncino all’unanimità (art. 8). 7. Espletate tutte le formalità di cui sopra, all’assemblea generale di cia- scunadellesocietàpartecipantièrimessa l’approvazionedelprogettodifusio- ne(art.9).LeradicigarantistedellaXIVDirettivasirinvengonoancheinque- sto frangente: infatti, qualora l’assemblea lo ritenesse necessario, potrebbesubordinare l’alleanza alla condizione che vengano espressamente approvate le modalità relative alla partecipazione dei lavoratori nella società derivante dalla fusione (art. 9.2) . Tramite un rinvio all’art. 8 della III Direttiva societa- ria, nell’ultimo comma dell’art. 9si ha, tuttavia, anche un’eccezioneche portaad escludere l’approvazione del progetto da parte dell’assemblea. Infatti, nel caso in cui ci si trovi in presenza di una fusione per incorporazione, la legisla- zionediunoStatomembropotràanchenonimporreladeliberazionediappro- vazione all’assemblea generale dell’incorporante qualora vengano soddisfatte tre condizioni: la pubblicità sia fatta, per la società incorporante, almeno un mese prima della data di riunione dell’assemblea generale dell’incorporata, tutti isuoi azionisti abbiano avuto ildiritto, almeno unmese prima, diprende- re visione, presso la sede sociale di tale società, dei relativi documenti, ed uno o più di quelli dell’incorporante (che dispongano di azioni per una percentua- le non inferiore al 5% del capitale sottoscritto) abbiano avuto il diritto di otte- nere la convocazione dell’assemblea generale. 8. I successivi articoli 10 ed 11 costituiscono uno dei tratti distintivimaggiormente significativi della nuova disciplina delle fusioni trasfrontalie- re. Infatti, come si è avuto modo di accennare in precedenza, il Parlamentoed il Consiglio non solo si sono preoccupati di predispone una disciplina ingrado di incoraggiare le alleanze fra imprese di Paesi diversi, ma hannoanche focalizzato la loro attenzione nel fissare precisi parametri a salvaguar- dia delle minoranze ed, in generale, della legittimità dell’intera procedura. Nella costante osservanza del summenzionato principio di sussidiarietà l’art. 10 prescrive che ogni Stato membro individui un organo giurisdizionale adhoc (un notaio o un’altra autorità) proprio per controllare la legittimità dellafusione transfrontaliera per la parte di procedura soggetta alla sua legislazio- ne nazionale. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 19 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 19 L’analisi della suddetta dovrà concretizzarsi in un certificato, rilasciato aciascuna delle società coinvolte, ove si attesti l’adempimento regolare delleformalità preliminari richieste. Invece, nel caso particolare in cui lo Statomembro cui è soggetta una società che partecipa alla fusione preveda unaprocedura di controllo formale presso un organo giurisdizionale, tale proce- dura si applicherà solo se le altre società coinvolte la accettino espressamen- te pur non essendo prevista dalle loro legislazioni. Il certificato preliminare sarà qui emettibile anche a giudizio pendente, purché ne venga fatta menzione, e la successiva pronuncia sarà vincolantenei confronti della società finale e di tutti i suoi soci. Invero, la direttiva nonè stata altrettanto puntuale nello stabilire quali potrebbero essere le conse- guenze del mancato rilascio di tale certificato. Si potrebbe ipotizzare che illegislatore comunitario, nonostante il pericolo di generare disparità di tratta- mento, abbia inteso lasciare carta bianca ai suoi omologhi nazionali. L’art. 11 completa le precedenti previsioni specificando che ogni Stato designiun’ulteriore autorità, distinta dalle precedenti ma avente le medesime carat- teristiche, il cui compito sarà di attestare che le imprese interessate abbianoapprovato il progetto comune di fusione negli stessi termini e che siano statedefinite, ex art. 16, le modalità relative alla partecipazione dei lavoratori. Atale scopo ciascuna delle società partecipanti dovrà trasmettere loro il certi- ficato di cui sopra entro sei mesi dal suo rilascio, nonché il progetto comunedi fusione approvato dall’assemblea generale. La presente previsione inducea ritenere che non possano essere apportate modifiche al progetto di fusioneoriginario in sede di approvazione ma, anche in questo caso, nulla vienedetto in caso di un eventuale giudizio negativo. 9.Anche in questo frangente il Parlamento ed il Consiglio si sono rivol- ti ai legislatori nazionali. Secondo l’art. 12: “La legislazione dello Statomembro cui è soggetta la società derivante dalla fusione transfrontalieradetermina la data (successiva all’adempimento dei controlli di cui all’art. precedente) a partire dalla quale la fusione transfrontaliera ha efficacia”. Unavolta che l’alleanza diviene efficace si preclude la strada a qualsiasi succes- siva pronuncia di nullità (art. 17). Il medesimo meccanismo è previsto ancheper la registrazione (art. 13). E, infatti, la legislazione di ciascuno degli Statimembri a cui sono soggette le società partecipanti a dover determinare inriferimento al proprio territorio, le modalità di pubblicazione della avvenutafusione. Tali modalità devono rispecchiare quelle prescritte dalla direttiva n. 68/151/CEE, la I Direttiva societaria: si ricordano le tre forme minime di cuiall’art. 3, ossia l’apertura di un fascicolo riguardante la nuova società pressoun registro pubblico, la sua pubblicazione in un bollettino ufficiale naziona- le ed, infine, l’espressa indicazione in ogni documento commerciale del tipo, della sede, del registro e del numero di iscrizione della società. Al registro spetterà il compito di notificare l’acquisizione di efficaciadella fusione a quello presso il quale erano iscritte le imprese partecipanti ilquale provvederà a cancellarne a sua volta l’iscrizione in un’ottica di tuteladei soci e dei terzi. Con la cancellazione dell’iscrizione dell’ultima delleimprese partecipanti la procedura di fusione può dirsi completata e, da que- 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 20 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 20 sto momento, l’alleanza può effettivamente iniziare a produrre i propri effet- ti. Naturalmente, le conseguenze maggiormente prevedibili sono proprioquelle che nel progetto comune di fusione erano viste dagli organi ammini- strativi della società interessate come gli obiettivi da raggiungere. L’art. 14della direttiva opera, in questo frangente, una precisa distinzione sulla basedel fatto che si sia intrapresa una fusione per incorporazione o una fusionepropria. Nel primo caso (art. 14.1 lett. a) , b), c)) l’intero patrimonio dell’in- corporata viene trasfuso, in tutte le sue componenti attive e passive, in quel- lo dell’incorporante, la società incorporata si estingue ipso jure ed i relativi soci assumono il medesimo status nell’incorporante. Inoltre, il legislatore haritenuto opportuno fornire ulteriori specificazioni in merito a siffatta ipotesistabilendo che nessuna quota dell’incorporante possa essere scambiata conquote dell’incorporata nel caso in cui siano detenute dall’una o dall’altrasocietà o da terzi che agiscano in loro nome (art. 14.5 lett. a) e b)). Il secondo caso (art. 14.2 lett. a), b), c)) si discosta dal precedente per ilfatto che entrambe le società trasferiscono i propri patrimoni in un nuovosoggetto giuridico e, per questo motivo, entrambe si estinguono, mentre irispettivi soci continuano ad operare nella nuova impresa. Anche in merito alla descrizione degli effetti prodotti dalla fusione trans- frontaliera la direttiva non manca di predispone adeguate tutele per i terzi. Icommi terzo e quarto dell’art. 14, infatti, dispongono che: “Qualora (...) lalegislazione di uno Stato membro prescriva formalità particolari per l’oppo- nibilità ai terzi del trasferimento di determinati beni, diritti e obbligazioniapportati dalle società partecipanti alla fusione, tali formalità sono adempiu- te dalla società derivante dalla fusione transfrontaliera”. Il principio dellasuccessione automatica in capo all’impresa finale opera, infine, anche per irapporti individuali di lavoro: “I diritti e gli obblighi delle società che parte- cipano alla fusione derivanti dai contratti di lavoro individuali o dai rappor- ti di lavoro esistenti alla data in cui la fusione transfrontaliera acquista effi- cacia sono (...) trasferiti alla società derivante dalla fusione transfrontalieraalla data a partire dalla quale la fusione ha efficacia”. 10. Uno dei profili della nuova direttiva sulle fusioni transfrontaliere chemerita di essere analizzato in maniera più approfondita concerne il coinvol- gimento dei lavoratori delle società partecipanti alla fusione nella gestionedell’impresa finale. Proprio questa tematica ha costituito l’ostacolo principa- le con il quale il legislatore comunitario ha dovuto ripetutamente confrontar- si. Infatti, le difformità legislative presenti nei singoli ordinamenti giuridicinazionali non solo impedivano di addivenire ad una normativa unica vinco- lante per tutti, ma creavano anche numerose perplessità in merito a quale fraqueste si sarebbe dovuta applicare nell’ipotesi di fusione tra imprese di dueStati membri diversi. Il rischio era tanto prevedibile quanto rilevante. Sipensi ad un’ipotesi di fusione tra due società di Stati membri diversi e, quin- di, soggette a due differenti legislazioni; poniamo il caso che la prima di que- ste possa contare nel proprio ordinamento su di una normativa riguardante lapresenza dei lavoratori nell’impresa particolarmente avanzata e garantistamentre, la seconda, sia impossibilitata ad usufruire di analoghe disposizioniin quanto più arretrate o del tutto assenti. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 21 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 21 Come è possibile intuire, nell’incertezza della legge applicabile all’im- presa finale, i lavoratori maggiormente garantiti sarebbero potuti essere sot- toposti all’altra legislazione vedendosi, in questo modo, privati di gran partedei loro diritti. L’esempio appena proposto illustra perfettamente quantoripetutamente accaduto nel panorama societario europeo. Si pensi, infatti, alla radicale contrapposizione tra la normativa tedesca sulla presenza deilavoratori ai vertici dell’azienda e quelle della maggior parte degli altri Paesieuropei, Italia in primis. LaMitbestimmung(letteralmente“cogestione”o“codeterminazione”)era, senza ombra di dubbio, la disciplina legislativa più avanzata in materia. Introdotta nel lontano 1951 basandosi sulla concezione di “stato sociale” pro- posta già da Bismarck e, successivamente, sul modello di “economia sociale dimercato” diAdenauer,avevacristallizzatoildesideriopartecipativodeisin- dacatitedeschi siaalivello macroeconomico, sia alivello della singola impre- sa.Infatti,solodaquestasicominciaaparlareseriamentedico-gestione,tanto che nel modello dualistico di governance tipicamente tedesco, si arrivò a pre- vederechenellesocietàconpiùdimilledipendentiilavoratoripotesserovigi- lare sull’operato del consiglio di gestione (il Vorstand) attraverso loro rappre- sentanti (cinque su undici membri totali) in quello di sorveglianza (l’Aufsich- strat) . Tale impostazione non solo consentiva di conferire alle maestranze un ruolo non esclusivamente materiale nella vita societaria ma, aspetto ben piùrilevante, coinvolgendole nella fase decisionale si garantiva la stabilità sociale prevenendo eventuali conflitti. Il modello tedesco, tuttavia, costituiva l’ecce- zione di un panorama legislativo nazionale variegato e tendenzialmente piùarretrato in materia, situazione che, appunto, rendeva difficile intraprendere tranquillamenteunafusionetransfrontaliera.Perpoterfornireunasoluzioneai suddetti problemi, la dir. n. 2005/56/CE ha ritenuto opportuno attingere alleproposteoffertedallenormativecomunitarieprecedentiscegliendo,tralealtre, ilmodellopartecipativofornitodalladir.n.2001/86/CE.Questa,comesiricor- derà aveva contribuito a colmare le lacune presenti nello statuto della Societàeuropea proprio in fatto di partecipazione dei lavoratori. Il principio informa- toreinmateriavienedunqueripropostonell’art.16.1delladirettivasullefusio- ni,ovesistabilisceche: “...lasocietàderivantedallafusionetransfrontalieraè soggetta alle disposizioni vigenti in materia di partecipazione dei lavoratori, ove esistano, nello Stato membro in cui è situata la sua sede sociale”. La presente disposizione già sufficientemente chiara ed esaustiva, vieneperò sottoposta nei paragrafi successivi ad una serie minuziosa di derogheimprontate all’applicazione della normativa in grado di offrire il maggiorlivello di tutela possibile per i dipendenti, nell’ottica di scongiurare compor- tamenti elusivi. Infatti, se ci si basasse soltanto sull’assunto precedente iltema della partecipazione dei lavoratori alla vita sociale potrebbe assumererilevanza strategica nella scelta del Paese ove collocare la sede della societàrisultante dalla fusione, aprendo così la strada ad una “race to the bottom” verso lo Stato dotato di una normativa meno efficace. Ecco, dunque, che il criterio della sede sociale non opera, in primoluogo, nel caso in cui almeno una delle società partecipanti abbia, nei sei 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 22 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 22 mesi precedenti la pubblicazione del progetto comune di fusione, un nume- ro medio di lavoratori superiore a 500 e sia gestita proprio ai sensi delladirettiva n. 2001/86/CE (art. 16.2) (7). Sono dunque le rilevanti dimensionioccupazionali anche solo di una delle imprese coinvolte ad aver indotto illegislatore comunitario a prediligere una normativa precisa, specifica e gene- ralmente ben conosciuta a livello europeo per quanto concerne la partecipa- zione dei lavoratori, anziché rimettere tutto ad una legislazione nazionaleignota a tutti fino al completamento della procedura. Ma la suddetta è soltanto la prima tra le eccezioni proposte. La lettera a) del secondo comma dell’art. 16 dispone che il principio generale non debbatrovare applicazione nel caso in cui il diritto del Paese di stabilimento nonpreveda un livello di coinvolgimento almeno identico a quello presente nellesocietà partecipanti: “...le eventuali disposizioni in vigore riguardanti la par- tecipazione dei lavoratori nello Stato membro in cui è situata la sede socialedella società derivante dalla fusione transfrontaliera non si applicano se lalegislazione nazionale applicabile alla società derivante dalla fusione nonprevede un livello di partecipazione dei lavoratori almeno identico a quelloattuato nelle società che partecipano alla fusione di cui trattasi, misurato conriferimento alla quota di rappresentanti dei lavoratori tra i membri dell’orga- no di amministrazione o dell’organo di vigilanza o dei rispettivi comitati odel gruppo dirigente competente per i centri di profitto della società, qualo- ra sia prevista la rappresentanza dei lavoratori». Alla medesima soluzione si deve arrivare anche nell’ipotesi in cui ildiritto applicabile alla nuova società non contempli per i lavoratori operantiin sue filiali site in altri paesi, una facoltà di esercitare i diritti di partecipa- zione identica a quella di cui godono i lavoratori dello Stato in cui è situatala sede sociale (art. 16. lett. b)): “… non contempla per i lavoratori di stabi- limenti della società derivante dalla fusione transfrontaliera situati in altriStati membri, un diritto ad esercitare diritti di partecipazione identico a quel- lo di cui godono i lavoratori impiegati nello Stato membro in cui è situata lasede sociale della società derivante dalla fusione trasfontaliera”. Giova sottolineare come, in base a tale disposizione anche le societàaventi una soglia occupazionale inferiore alle 500 unità potranno usufruiredel regime di cogestione qualora siano il risultato di una fusione nella qualene goda almeno una delle partecipanti. Questo consente di concludere che sifarà riferimento al suddetto numero di dipendenti soltanto se la società fina- le sarà situata in uno Stato dotato di una normativa più vantaggiosa per ilavoratori: infatti, nel caso in cui non si raggiungessero le 500 unità si appli- cherebbe semplicemente il principio generale di cui all’art. 16. (7) Nello specifico si fa riferimento a quanto definito nell’art. 2 lettera k della direttivadel 2001, il quale definisce il termine “partecipazione” come “…l’influenza dell’organo dirappresentanza dei lavoratori e/o dei rappresentati dei lavoratori nelle attività di una societàmediante: – il diritto di eleggere o designare alcuni dei membri dell’organo di vigilanza o diamministrazione della società, o – il diritto di raccomandare la designazione di alcuni o ditutti i membri dell’organo di vigilanza o di amministrazione della società e/o di opporvisi” . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 23 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 23 Il minimo comune denominatore che sottende le eccezioni appena analiz- zate si riscontra nella loro concretizzazione ed è di nuovo da ricercarsi nelledisposizioni riguardanti la Società europea. Il comma terzo dell’art. 16, infat- ti, pone l’interprete dinanzi ad una scelta obbligata consistente nel diretto rin- vio ad alcuni articoli del regolamento CE n. 2157/2001 e della direttiva n. 2001/86/CE. La normativa richiamata ha portata di applicazione generale in virtù del tredicesimo “considerando” del preambolo della XIV Direttiva (8). Della Società europea e della relativa regolamentazione anche in tema dicoinvolgimento dei lavoratori giova richiamare in questa sede soltanto glielementi strettamente indispensabili all’analisi in corso. Per quanto concerne la fonte regolamentare importa quanto stabilito del- l’art. 12, paragrafi 2, 3 e 4. Nello specifico, l’iscrizione di una Società euro- pea nel registro tenuto dallo Stato della sede potrà aver luogo “... soltantoprevia conclusione di un accordo sulle modalità relative al coinvolgimentodei lavoratori ai sensi dell’articolo 4 della direttiva n. 2001/86/CE”, ovvero“… previa decisione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6 di detta direttiva”, oppure ancora “trascorso il periodo previsto per i negoziati ai sensi dell’arti- colo 5 di detta direttiva, non sia stato concluso un accordo”. L’accordo ex art. 4 sarà altresì necessario nel caso in cui la persona giu- ridica venga costituita mediante fusione salvo il caso in cui nessuna dellesocietà partecipanti fosse soggetta già da prima a norme di partecipazione. Infine, lo statuto della Società europea non dovrà mai essere in conflitto conle modalità relative al coinvolgimento dei lavoratori in questi termini stabi- lite e, laddove lo sia, sarà da modificarsi per quanto necessario. Il dettato letterale dell’art. 16.3 della XIVDirettiva, tuttavia non si esau- risce in un mero “rinvio nel rinvio”: infatti, attinge non soltanto alle normeappena analizzate, le quali a loro volta si basano su quanto introdotto dalladirettiva del 2001, ma dalla lettera a) alla lettera h) evidenzia ulteriori dispo- sizioni della direttiva medesima di cui si rende necessaria l’applicazione. Ilrisultato ottenuto è quello di predisporre una normativa efficace in meritoalla partecipazione dei lavoratori nelle imprese generatesi da fusione inun’ottica di continuità con la produzione legislativa precedente. Anche riguardo il contenuto dei numerosi articoli della direttiva n. 2001/86/CE si ritiene opportuna soltanto una descrizione dei tratti essenzia- li rinviando, per un esame approfondito al capitolo iniziale. La lettera a) del- l’art. 16 rinvia agli art. 3 paragrafi 1, 2 e 3, 4 (primo comma, primo trattino, e secondo comma) 5 e 7: tali riguardano la c.d. delegazione speciale di nego- ziazione il cui compito, anche in caso di fusione transfrontaliera sarà di sta- bilire assieme agli organi competenti delle società partecipanti le modalitàdel coinvolgimento dei lavoratori nella società finale tramite accordo scritto. (8) Si veda sul punto PANNIER, The EU cross border merger directive – a new dimen- sion for employee participation and company restructuring, in European Business Law Review, volume 16, 2005, pag. 1424-1442. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 24 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 24 I possibili candidati ad entrare a far parte di tale organo, le maggioranzeassembleari richieste per l’elezione ed i requisiti imprescindibili per poterneesercitare le prerogative sono naturalmente i medesimi già analizzati in pre- cedenza. Alla successiva lettera b) vengono ripresi i primi tre paragrafi del- l’art. 4: esso concerne i doveri di lealtà e reciproca collaborazione che avreb- bero dovuto permeare le trattative per giungere all’accordo sulle modalità dicoinvolgimento dei lavoratori del quale, successivamente, vengono detta- gliatamente enumerati i requisiti sostanziali (il campo d’applicazione, lacomposizione, il numero di membri, le attribuzioni e la procedura previstaper l’informazione e la consultazione dell’organo di rappresentanza ecc...). La durata e la legge applicabile alla procedura di negoziazione è tassati- vamente specificata dagli art. 5 e 6 della direttiva n. 2001/86/CE ripresi dallelettere c) e d) dell’art. 16. I negoziati devono esaurirsi nel termine di sei mesi(prorogabili di comune accordo, fino ad un anno) dalla costituzione delladelegazione speciale di negoziazione. Salvo diversa disposizione la leggeapplicabile alla procedura di negoziazione è quella dello Stato membro distabilimento della società finale. La lettera e), in seguito, si ricollega immediatamente a questo assuntorinviando ai tre paragrafi dell’art. 7 riguardante proprio l’applicazione prati- ca della suddetta normativa alla Società europea anche se è stato fatto ogget- to di alcune deroghe ad hoc per renderlo maggiormente adattabile ai finidelle direttiva sulle fusioni transfrontaliere. Alla lettera f) dell’art. 16, invece, vengono ribaditi i doveri di riservatez- za che i membri della delegazione speciale di negoziazione sono necessaria- mente tenuti ad osservare, le misure accordate in materia di tutela e protezio- ne dei rappresentanti dei lavoratori e gli obblighi di osservanza posti in capoagli Stati membri in riferimento alla direttiva stessa (artt. 8, 10 e 12 delladirettiva n. 2001/86/CE), per i quali viene ribadito che “… possono adottarele misure necessarie a garantire che siano mantenute dopo l’iscrizione dellasocietà derivante dalla fusione le strutture della rappresentanza dei lavorato- ri delle società partecipanti che cesseranno di esistere come entità giuridichedistinte” (art. 13.4 della direttiva n. 2001/86/CE ex art. 16 lett. g)). L’art. 16 illustra i principi e le modalità che i singoli Paesi dovrannoosservareperattuareidirittidipartecipazioneappenadescritti.Essi,adesem- pio, dovranno conferire agli organi delle società partecipanti alla fusione ildiritto di scegliere di essere direttamente assoggettati alle disposizioni inmateria di partecipazione stabilite dalla legislazione dello Stato membro incuisaràsituatalasededell’impresafinale;ciòpotràavvenireancheattribuen- do alla delegazione speciale di negoziazione il diritto di decidere di non avviarenegoziatiodiporretermineaquelligiàavviati.(art.16.4lett.a) e b)). Inoltre, gli Stati potranno stabilire di limitare la quota di rappresentantidei lavoratori nell’organo di amministrazione della società finale con ununico limite inderogabile: qualora in una delle società partecipanti i rappre- sentanti dei lavoratori costituiscano almeno un terzo dell’organo di ammini- strazione o di vigilanza, tale limitazione non potrà mai tradursi in una quotadi rappresentanti inferiore a un terzo (art. 16.4 lett. c)) . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 25 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 25 In ultimo giova sottolineare come ai singoli Stati membri non vengaimposto l’obbligo di tener conto dei lavoratori impiegati in altri Paesi Ue alfine di calcolare l’ordine di grandezza delle soglie che permettono di acce- dere ai diritti di partecipazione secondo la legislazione interna: il riferimen- to, dunque riguarderà unicamente i lavoratori nazionali ex art. 16.5. Laratio sottesa a tale esclusione è da individuarsi nella volontà del legis- latore comunitario di non ingerirsi in modo eccessivo negli ordinamenti giu- ridici nazionali in ossequio al principio di sussidiarietà (art. 5 Tr. CE). Le linee finali del complesso art. 16 concludono l’intera disciplina sulcoinvolgimento dei lavoratori assicurando che la società finale debba neces- sariamente assumere una forma giuridica tale da assicurare la continuità del- l’esercizio dei diritti di partecipazione; con tale limitazione si intende natu- ralmente evitare che la fusione costituisca un mezzo strumentale per mutarelo status delle imprese coinvolte al fine di limitarli o escluderli (art. 16.6). Inoltre, “Qualora la società derivante dalla fusione transfrontaliera siagestita in regime di partecipazione dei lavoratori è obbligata ad adottareprovvedimenti per garantire la tutela dei diritti di partecipazione in caso disuccessive fusioni interne, entro tre anni dalla data in cui prende effetto lafusione transfrontaliera” (art. 16.7): la società finale assolverà a tale obbligoapplicando di nuovo la normativa appena illustrata (9). In merito alla partecipazione attiva dei lavoratori nella gestione dell’im- presa si rendono necessarie in conclusione, alcune riflessioni. Si è avutoampiamente modo di constatare come nella XIV Direttiva il legislatorecomunitario abbia inteso riprendere ed ampliare i meccanismi di tutela intro- dotti da fonti legislative precedenti. Tuttavia questo rafforzamento delle rappresentanze dei poteri delle dele- gazioni speciali di negoziazione ed i vincoli imposti alle società partecipan- ti alla fusione hanno dato luogo a diverse perplessità a livello dottrinale; nello specifico, non sono mancate prese di posizione particolarmente dub- biose in merito alla ragionevolezza delle suddette restrizioni, le quali arriva- vano addirittura a dubitare della loro legittimità in rapporto ai principi fon- damentali del diritto comunitario in generale e del diritto di stabilimento inparticolare. Ma, in realtà, oggi la normativa appena analizzata si trova sotto accusaper un altro motivo: si ritiene, infatti, che una forte presenza di lavoratorinegli organi di gestione soprattutto nelle società di grandi dimensioni, possa (9) Si veda, ad esempio, STORM, Cross-border mergers, the rule of reason and emplo- yee participation, in European Company Law Review, volume III, giugno 2006, pag. 130- 138: in questa analisi l’autore esprime più di una perplessità in merito alla compatibilità diprincipi di cui agli art. 16 s. della XIV Direttiva con il dettato dell’art. 43 Tr.CE: “Undoubtedly, article 16 constitutes a restriction to the freedom of establishment. The que- stion is whether this restriction is justified by the rule of reason (…) The problems of dupli- cation of employee participation remains, but my general impression is that, considered asa part of CBM directive, article 16 is likely to pass the proportionality test” (pag. 137) . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 26 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 26 compromettere la celerità dei processi decisionali e, quindi, la competitivitàdell’impresa. Questo, invero, era un timore evidenziato già dallo Stato italia- no, il quale fu l’unico ad opporsi all’introduzione del sistema di partecipa- zione dei lavoratori: ciò avvenne soprattutto sulla spinta delle organizzazio- ni sindacali le quali vedevano in tale situazione proprio un pericolo di ecces- siva identificazione dei dipendenti nell’impresa e una conseguente confusio- ne con le prerogativa del management. Il pericolo della creazione di forti legami e di scambi reciproci tra diri- genti e lavoratori sulla base di interessi politici e sindacali, il timore chemembri dell’organo di supervisione, magari anche sprovvisti dell’indipen- denza e delle competenze necessarie operassero nell’esclusivo interessedelle maestranze senza curarsi dei managers hanno, però, aperto gli occhianche agli Stati da sempre sostenitori delle misure di cui sopra. Non è, infatti un mistero che proprio la Germania stia valutando la possi- bilità di addivenire ad un ridimensionamento del sistema di partecipazione: leproposte di riforma del diritto societario tedesco hanno incontrato alterne for- tunegiàapartiredal2000perarrivarenel2004,adunprogettoelaboratosullabase delle proposte dell’Associazione tedesca dei datori di lavoro (BDA) e laFederazione delle industrie tedesche (BDI) avente come punto cardine il con- cetto di partecipazione come risultato di un costante processo di mediazione e negoziazione da applicare caso per caso a seconda delle dimensioni aziendali. Si è, dunque, compreso che la Mitbestimmung ben si poteva adattare al conte- sto del 1951 ove, complice l’esperienza dittatoriale nazista, si cercò di dare ai sindacatiunruolofattivoneiconsiglidisorveglianzaperevitareulteriorideri- vepolitichema,nelmercatoglobaleattuale,fattodidecisionistrategichepreserapidamente,comporterebbeilpericolodifarprecipitare laGermaniaagliulti- mi posti riguardo gli standard di corporate governance. 11. Il secondo aspetto relativo alle fusioni transfrontaliere di società dicapitali che necessita di un breve approfondimento concerne il regime fisca- le applicabile a tali operazioni straordinarie. In merito a questa fattispecie itesti normativi di riferimento sono due direttive: la n. 90/434/CEE e la n. 2005/19/CE entrambe invero, già considerate in precedenza nei loro trattiessenziali. Le presenti, infatti, devono essere necessariamente prese in con- siderazione congiuntamente, dal momento che quella successiva non ha fattoaltro che ampliare le disposizioni della precedente riguardo le alleanze cross- border. Il concetto chiave racchiuso nella direttiva n. 90/434/CEE è ormainoto: la predisposizione di un regime fiscale comune applicabile alle fusio- ni, alle scissioni ed ai conferimenti d’attivo tra le società stabilite in Statimembri diversi. Se, da una parte, questa enunciazione induce a ritenere che il legislatorecomunitario abbia predisposto da subito una disciplina completa ed efficacecapace di far fronte a tutte gli aspetti di natura tributaria legati a siffatte ope- razioni, dall’altra si deve realisticamente constatare come, quindici annidopo, si sia reso quanto mai necessario un intervento integrativo. La diretti- va del 1990, infatti, assolveva l’obiettivo, squisitamente microeconomico, direndere fiscalmente neutre le operazioni straordinarie menzionate e, soltan- 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 27 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 27 to in via subordinata, anche a quello di incoraggiare le fusioni transfrontalie- re nel mercato interno (10). Gli sforzi del legislatore comunitario si erano dunque focalizzati sullarimozione di tutte le disposizioni nazionali di natura fiscale potenzialmentepenalizzanti, come si evinceva chiaramente dal preambolo della direttivamedesima: “... tali operazioni non devono essere intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degliStati membri; occorre quindi istituire regole fiscali neutre nei riguardi dellaconcorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mer- cato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizio- ne competitiva sul piano internazionale”. Per poter comprendere appieno le modifiche e le innovazioni apportatedalla direttiva n. 2005/1/CE in merito alle fusioni transfrontaliere si rendenecessaria una succinta descrizione della direttiva n. 90. Dopo aver ribadito, ex art. 1, l’applicazione della medesima da parte dei singoli Paesi europeialle operazioni di fusione, scissione, conferimenti d’attivo e scambi di azio- ni riguardanti società di due o più Stati membri, la direttiva descrive le sud- dette operazioni nei loro tratti essenziali (art. 2 lettere da a) a i), e art. 3 let- tere a), b), c)). Ilcuore innovativodellanormativainparolarisiedenelsuccessivoTITO- LO II ove, nell’art. 4, si definisce chiaramente come la fusione ( o altra opera- zione analoga) non comporti alcuna imposizione sulle plusvalenze determina- te dalla differenza fra le attività e le passivitàtrasferite, bensì soltanto su quel- le che saranno realizzate de facto. Ecco, dunque, cosa debba concretamente intendersi con la terminologia “neutralità fiscale” . Invero, la ratio di tale pre- visione era da ricercare nella volontà di evitare un’imposizione subito all’atto dell’operazione tutelando, allo stesso tempo, gli interessi dello Stato dell’ac- quisita.Perquantoconcernegliarticolisuccessivigiovasolamenteosservarne il carattere eminentemente tecnico-pratico, aspetto che non solo contribuisce ad individuare negli esperti di diritto tributario i primi destinatari di tali dispo- sizioni, ma consente anche di eleggere il precedente art. 4 come il vero e pro- prio tratto distintivo e principio informatore della direttiva. Brevemente, sempre in un’ottica di neutralità, agli Stati membri è pre- scritto di adottare le misure necessarie affinché gli accantonamenti o le riser- ve costituiti in franchigia parziale o totale di imposta “... siano riprese dallestabili organizzazioni della società beneficiaria situate nello Stato dellasocietà conferente” (art. 5), e, di seguito, che l’assegnazione di titoli rappre- sentativi del capitale sociale della società beneficiaria (o acquirente) ad unsocio della conferente (o acquistata) non comporti alcuna imposizione sulsuo reddito, sui suoi utili o sulle sue plusvalenze (art. 8) . (10) Per una descrizione completa del contenuto della direttiva n. 90/434/CEE si veda- no LECOURT, L’influence du droit communautaire sur la constitution de gropments, Bibliotheque de droit privé, tome 331, L.G.D.J. 2000, pag. 432-441, e MENEJUCQ, Droit international et europeenne des sociétés, Paris, Montchrestien 2001, pag. 221-223. 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 28 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 28 In riferimento ai conferimenti d’attivo troverà applicazione tutta quantala normativa di cui agli articoli precedenti ex art. 9: “Gli articoli 4, 5 e 6 siapplicano ai conferimenti d’attivo” salvo particolari specificazioni nel casoin cui fra i beni conferiti figuri una “stabile organizzazione della società con- ferente”, situata in uno Stato membro diverso da quello di tale società: inquesto caso allo Stato toccherà rinunciare ad ogni diritto all’imposizione didetta organizzazione (art. 10). La direttiva si conclude, tuttavia, con unadisposizione dalla natura spiccatamente cautelare: la cd. “clausola di salva- guardia” di cui all’art. 11. Questa consente a ciascun Paese membro di rifiutarsi di applicare intutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV qualora risulti che le ope- razioni poste in essere abbiano come obiettivo principale la frode o l’evasio- ne fiscale (art. 11.1). In aggiunta, dal fatto che anche solo una delle suddet- te operazioni non sia effettuata “… per valide ragioni economiche…”, siammette la presunzione che il suo obiettivo reale fosse, appunto, uno dei sif- fatti reati (art. 11.1 lett. a)). La clausola opera anche nel caso in cui una società non sia più in gradodi soddisfare le condizioni richieste per la rappresentanza dei lavoratori negliorgani della società secondo le modalità applicabili prima dell’operazione(art. 11.1 lett. b)). Questi sono gli elementi normativi caratterizzanti la diret- tiva del 1990 rappresentati nei loro tratti essenziali. Le ragioni che, invece, hanno spinto le istituzioni dell’Unione a rivede- re ma, soprattutto, ad ampliare la portata della politica fiscale applicabile alleoperazioni di fusione transfrontaliere, risiede proprio nel loro costante incre- mento. Come, infatti, si è già brevemente accennato in precedenza, il feno- meno delle alleanze cross-border fra società di capitali di stati membri diver- si ha subito nel corso degli ultimi anni una costante trasformazione. I tratti distintivi di questo sviluppo sono rappresentati tanto dalla nasci- ta di veri e propri nuovi modelli di persona giuridica (ad esempio, la Societàeuropea e la Società Cooperativa europea), quanto da un loro differentemodello di comportamento sui mercati. È, infatti, notorio come il principiobase dell’odierno mondo degli affari sia quello di aumentare le propriedimensioni su scala se non mondiale almeno europea nel minor tempo pos- sibile. In questo, un ruolo decisivo lo hanno giocato lo sviluppo dell’econo- mia globale, l’abbattimento della maggior parte dei vincoli normativi pena- lizzanti e, soprattutto, l’affacciarsi sui mercati internazionali di nuovi Paesia seguito dell’allargamento dell’Unione, fenomeni che hanno rappresentatoper le medie e grandi imprese un’opportunità di crescita più unica che rara. Il legislatore non ha quindi potuto esimersi dall’individuare nuove solu- zioni dal punto di vista fiscale che potessero facilmente collocarsi in questoscenario, dal momento che affrontare questi cambiamenti usufruendo soltan- to di una normativa datata quindici anni addietro poteva dirsi una sceltaeccessivamente ottimistica. La direttiva n. 2005/19/CE, del 17 febbraio, èstata, dunque, chiamata ad ottemperare alle suddette esigenze apportando dasubito un notevole ampliamento all’elenco delle società interessate: oltre allepersone giuridiche già contemplate sono state, infatti, incluse altre realtà 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 29 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 29 quali le cooperative, le società di persone, le casse di risparmio, le mutue, lefondazioni, le associazioni. Infatti, la lettera k) dell’Allegato annovera: le società di diritto italianodenominate “società per azioni”, “società in accomandita per azioni”, “socie- tà a responsabilità limitata”, “società cooperative”, “società di mutua assicu- razione”, nonché “gli enti pubblici e privati...”. Naturalmente, unico comune denominatore è l’esercizio, anche solo par- ziale, di un’attività economica. Giova specificare che, anche se non menzio- nate, tale regime è parimenti applicabile tanto alle Società europee quantoalle Società cooperative europee ed, anzi, proprio in merito a queste produr- rà conseguenze positive evitando che vengano immediatamente tassate leplusvalenze generate da un eventuale trasferimento della loro sede. A stabi- lire questo è proprio uno degli articoli d’apertura della direttiva, l’art. 1.2 lett. b, che modifica l’art. 1 della direttiva n. 90/434/CEE: “Ogni Stato membroapplica (la direttiva n. 90/434/CEE) ai trasferimenti di sede sociale da unoStato membro all’altro operanti dalle società europee di cui al regolamentoCE n. 2157/2001 (...) e dalle società cooperative europee di cui al regolamen- to CE n. 1435/2003…”. Si può dunque agevolmente notare come rimangano del tutto impregiu- dicati i connotati essenziali della direttiva del ‘90 ed, anzi, ne escano raffor- zati. Costituiscono ancora valore portante elementi quali il rinvio dell’impo- sizione del reddito, degli utili e delle plusvalenze derivanti dalle riorganizza- zioni aziendali, la tutela dei diritti di imposizione degli Stati membri, e l’eli- minazione di eventuali ostacoli per la fluidità del mercato interno, come laduplice imposizione. Infatti, l’art. 4 direttiva n. 2005/19/CE, sostitutivo di quello della diretti- va precedente, non fa altro che confermare che la fusione e la scissione noncomportano alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenzatra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti e il loro valo- re fiscale. Il medesimo articolo, tuttavia, non si esaurisce nella suddetta pre- visione ma richiama uno degli elementi innovativi introdotti ex novo dalladirettiva del 2005. Esso, infatti, prevede l’applicazione del regime di neutralità anche alla: “… scissione parziale…”. Si tratta di un vero e proprio nuovo tipo di opera- zione straordinaria denominato anche “split-off” , una scissione limitata chenon comporta l’estinzione della società conferente. Questa, dunque, rimanein vita anche se parte delle proprie componenti attive o passive sono state tra- sferite in uno dei rami di attività della beneficiaria tramite l’assegnazione aipropri soci di titoli rappresentativi del suo capitale sociale. Tale disposizio- ne è immediatamente seguita da un’importante precisazione in merito allapratica dello scambio d’azioni (art. 1.3 lett. b)) (11). La nuova direttiva, (11) Si veda l’art. 1.3 lett. a) della dir. n. 2005/19/CE che aggiunge la lettera b) bisall’art. 2 della dir. n. 90/434/CEE: “scissione parziale: l’operazione mediante la quale unasocietà trasferisce, senza essere sciolta, mantenendo almeno un ramo di attività, uno o più 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 30 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 30 infatti, applica un criterio quantitativo omogeneo per la commisurazionedelle partecipazioni reciproche in caso di fusione tra le società controllanti ele rispettive controllate, stabilendo che per ottenere l’esenzione fiscale siasufficiente che una di esse abbia il possesso di una quota del 10% del capi- tale dell’altra. È importante sottolineare che tale regime troverà applicazio- ne anche nel caso in cui una società intenda trasformare una propria succur- sale in una filiale. Come si ricorderà, le suddette strutture si differenzianonotevolmente fra loro per un requisito sostanziale: la prima, in quanto sem- plice entità sussidiaria di un’impresa stabilita in un altro Stato membro, nonè dotata di autonomia, mentre la seconda, per essere tale, ne deve esserenecessariamente provvista. Nella fattispecie in parola, dunque, la liquidazione della succursale aseguito del conferimento d’attivo nella filiale ed all’immediata attribuzionealla società “madre” delle proprie partecipazioni, non determinerà plusvalen- ze imponibili e, nello stesso tempo, non si arrecherà alcuna perdita all’erariodello Stato dove era sita, poiché le attività e le passività conferite continua- no a soggiacere alla sua giurisdizione fiscale. Avviandosi alla conclusione dell’esame in corso è necessario da ultimoprestare attenzione a quanto introdotto dalla nuova direttiva in merito allalotta contro la frode e l’evasione fiscale. In tale frangente il legislatore comu- nitario, oltre a quanto già visto riguardo al trasferimento della sede di una S.E. o di una S.C.E. ha provveduto ad inserire nella dir. n. 90/434/CEE untitolo totalmente nuovo relativo al caso particolare delle “entità trasparenti”. Il TITOLO IV Bis dispone, dunque, che: “Qualora uno Stato membroconsideri una società conferente o acquistata non residente come non traspa- rente sotto il profilo fiscale (...) esso ha il diritto di non applicare le disposi- zioni della presente direttiva per la tassazione dell’azionista diretto o indiret- to di detta società per quanto riguarda il reddito, gli utili o le plusvalenze didetta società”. Lo Stato membro che esercita tale diritto potrà quindi imporre il paga- mento della tassa normalmente applicabile al reddito, agli utili o alle plusva- lenze della società. Naturalmente ciò potrà avvenire soltanto in seguito aduna attenta valutazione delle caratteristiche giuridiche dell’impresa derivan- ti dalla legge in forza della quale è stata costituita. Ma i mezzi di reazione concessi ai singoli Paesi dell’Unione non si esau- riscono nella disposizione appena analizzata. Infatti, nella medesima fattispe- cie ciascuno Stato godrà anche del diritto di non applicare in toto l’art. 8.1, .2 e .3 della direttiva, proprio quello che stabiliva per le operazioni straordinarie, rami di attività a una o più società preesistenti o nuove, mediante l’assegnazione ai propri- soci, secondo un criterio proporzionale, di titoli rappresentativi del capitale sociale dellesocietà beneficiarie del conferimento ed eventualmente di un saldo in contanti che non supe- ri il 10% del valore nominale o, in mancanza, del valore nominale, della parità contabile ditali titoli” . 02 cont. com. 01 liakopoulos corr:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 17.02 Pagina 31 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE compresa la scissione parziale, il regime di neutralità fiscale, applicando allasocietà interessata lo stesso regime tributario a cui sarebbe stata soggetta se fosse stata residente nel territorio della Stato membro in questione. In conclu- sione, le integrazioni offerte dalla direttiva n. 2005/19/CE sembrano in grado di colmare le lacune della direttiva n. 90/434/CEE, e di far fronte alle esigen- ze di chiarezza ed, anche, di legalità dell’attuale situazione europea. Ma que- sta è una valutazione esprimibile, per ora, soltanto “sulla carta” : infatti, non- ostante non si sia reso praticabilein questa sedeun esamenellaloro interezza, si deve, tuttavia, rilevare come il periodo di applicazione pratica delle suddet- tenovitàsiaancoraeccessivamentebreveperpoterfareunbilancioeffettivoe reale delle loro conseguenze. 12. La direttiva n. 2005/56/CE, così come succintamente illustrata neisuoi tratti fondamentali, costituisce in ultima analisi uno degli interventi nor- mativi maggiormente auspicati nei settori produttivi dei singoli Paesidell’Unione. Evitando di dilungarsi eccessivamente ribadendo le caratteristi- che dell’attuale panorama societario europeo si può concludere rilevandoche il legislatore abbia tentato di esaudire le diverse istanze provenienti dalmondo delle imprese. Richieste che, per la molteplicità degli interessi coin- volti, puntavano su di un compromesso per nulla agevole: la predisposizio- ne di un testo legislativo che fosse in grado non solo di favorire le alleanzeinternazionali fra società in un contesto economico in continua accelerazio- ne e mutamento, ma anche di salvaguardare i diritti fondamentali dei lavora- tori, delle minoranze azionarie e dei terzi. È oltremodo necessario ricordarecome la tematica da affrontare si rivelasse particolarmente delicata anche, esoprattutto, a causa dell’atteggiamento protezionista di diversi governi euro- pei alle fusioni transfrontaliere. Tale avversione era invero da ricercarsi nellapaura di una possibile perdita della loro influenza sulle nuove entità nate, datali operazioni, dal momento che avrebbero potuto stabilire la propria sedein uno qualsiasi degli altri Paesi europei; concezione questa che avrebbepotuto anche andare a scontrarsi con gli interessi diffusi dei consumatori e, quindi, in aperto contrasto con la logica stessa del mercato. Per queste ragioni, essendo perfettamente conscia del fatto che l’appli- cazione pratica della XIVDirettiva potrebbe generare situazioni spiacevoli econtroproducenti, la Commissione ha già previsto di procedere ad un suoriesame e, se necessario, alle modifiche del caso, nel termine di cinque annidalla sua entrata in vigore. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 32 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 32 Dossier Nuove aperture negli appalti in house e nelle società miste di Liliana Tessaroli(* ) SOMMARIO: 1. Premessa. -2. Appalti in house. -3. L’adunanza plenaria del Consiglio diStato n. 1 del 2008. -4. Istitutionalised Pubblic-Private Parterships (IPPP). -5. Differenze easpetti comuni degli appalti in house e delle società miste. -6. I riflessi del Disegno di leggeLanzilotta e del Decreto Bersani in materia di “appalti in house”. -7. La sentenza della Corte di Giustizia nella causa Adelfo c/o Tragsa. -8. Comunicazione Interpretativa dellaCommissione Europea del 5 febbraio 2008. -9. L’ultimo intervento della Corte di Giustizia. -10. Conclusioni. IN ALLEGATO(**): 1. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza del 3 marzo 2008 n. 1. -2. Corte di Giustizia delle Comunità europee, Osservazioni del Governo italiano, causapregiudiziale C-573/07. -3. Decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, Art. 23-bis. -4. Corte diGiustizia delle Comunità europee, Seconda Sezione, sentenza del 17 luglio 2008 nella causaC-371/05. 1. Premessa Oggetto del lavoro è l’analisi della disciplina degli “appalti in house” edelle società miste. Lo scopo è quello di focalizzare lo stato dell’arte di que- sti due istituti dopo una cospicua e non sempre coerente giurisprudenza elegislazione nazionale (1) e comunitaria. La problematica dell’in house providing è particolarmente importante inquanto riguarda il settore degli appalti pubblici, che ha un ruolo fondamen- tale nella vita economica del nostro Paese; la Commissione europea sostie- ne che tale istituto sia “uno strumento strategico per ottimizzare il funziona- mento del mercato unico europeo” (2). 2. Appalti in house Gli “appalti in house” sono sostanzialmente degli appalti pubblici chevengono affidati a soggetti che sono parte della stessa amministrazioneaggiudicatrice. L’espressione in house providing trova le sue origini nel libro (* )Dottore in giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato. (**) Gli allegati sono pubblicati secondo l’ordine cronologico relativo alla redazionedegli atti. (1) Ultimo intervento in questa materia effettuato dal legislatore nazionale con D.L. 112 del 2008, vedi documento in allegato. (2) Libro Bianco, “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea”, 1998. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 33 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 33 bianco del 1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al set- tore degli appalti pubblici, definisce gli appalti in house come “quelli aggiu- dicati all’interno della Pubblica amministrazione, ad esempio traAmministrazione centrale e locale o, ancora, tra una Amministrazione eduna società interamente controllata” (3). La fattispecie degli appalti in house legittima l’affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un ente pubblico ad una persona giuridica- mente distinta, qualora l’ente eserciti sulla seconda un controllo analogo aquello dallo stesso esercitato sui propri servizi e che la seconda realizzi laparte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la con- trollano (4). L’affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentitotutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servi- zio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna chesia qualificabile come una longa manus dell’ente stesso. Il modello di orga- nizzazione è meramente interno, qualificabile in termini di delegazione inter- organica (5), il che esclude l’applicazione della disciplina comunitaria deipubblici appalti (6). Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, di nondiscriminazione e di trasparenza (7), tale istituto è ammissibile solo nelrispetto rigoroso di alcune condizioni, individuate dalla giurisprudenzacomunitaria ed elaborate anche da quella nazionale. Le condizioni per laconfigurabilità dell’in house providing, costituendo un’eccezione alle regolegenerali del diritto comunitario, vanno interpretate restrittivamente secondola giurisprudenza comunitaria e nazionale (8). Negli ultimi mesi ci sono stati importanti sviluppi in questo ambito, siaa seguito dell’attività del giudice amministrativo nazionale che delle autori- tà comunitarie, che in varie occasioni sono tornati ad occuparsi dell’istitutocercando di cristallizzarne la disciplina. (3) Idem. (4) Corte Giustizia, sent. 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal. (5) La formula “delegazione interorganica” è utilizzata come sinonimo di “in house providing” per indicare quella forma gestionale “che non esula dalla sfera amministrativa dell’amministrazione aggiudicatrice”, in Libro Bianco “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea” 1998, punto 2.1.3. (6) Le direttive comunitarie 2004/17/CE e 2004/18/CE. (7) “Nel settore degli appalti pubblici e delle concessioni, nel caso in cui un’autoritàpubblica affidi la prestazione di attività economiche a terzi trovano applicazione il principiodi parità di trattamento e le sue specifiche manifestazioni, ossia il divieto di discriminazionein base alla nazionalità e gli articoli 43 e 49 del trattato CE, che riguardano rispettivamen- te la libertà di stabilimento e la libera prestazioni dei servizi. Più precisamente, i principiderivantidagli articoli 43 e 49 del trattato CE comprendono non soltanto la non discrimina- zione e la parità di trattamento, ma anche la trasparenza, il mutuo riconoscimento e la pro- porzionalità” . Si veda in proposito la comunicazione interpretativa della Commissione sulleconcessioni nel diritto comunitario, GU C 121 del 29 aprile 2000, pag. 6. (8) Corte di Giustizia sent. del 6 aprile 2006, C-410/04 e Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 456 del 2007. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 34 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 34 3. L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008 Il giudice amministrativo ha ritenuto la fattispecie oggetto del ricorso(affidamento diretto da parte di un’ASLdel servizio di assistenza domicilia- re territoriale ad una società mista, solo “controllata” dall’ente pubblico) nonriconducibile all’ipotesi di un appalto in house, ma alla diversa ipotesi del- l’affidamento del servizio a società mista. La linea di confine tra questi duemodelli non è mai stata chiaramente delineata e si può sostenere che l’asce- sa e la caduta del modello della società mista pubblico e privato non è nien- t’altro che il riflesso dell’evoluzione giurisprudenziale della nozione di affi- damento diretto o in house. Infatti, dalle aperture iniziali del giudice nazio- nale che ha interpretato estensivamente il concetto di società in house fino adincludervi molte fattispecie di società miste a partecipazione pubblica mag- gioritaria (9), con conseguente esclusione della necessità di procedere all’af- fidamento del servizio attraverso procedure a evidenza pubblica, si è giuntiprogressivamente a un’interpretazione della nozione sempre più ristretta, prima da parte della Corte di Giustizia e poi dalla giurisprudenza nazionale(10). Su questo punto sembra che il Consiglio di Stato abbia finalmente rag- giunto un punto fermo: l’in house providing e la società mista sono due isti- tuti incompatibili tra loro, la configurabilità dell’una esclude l’altra (11). Ilnodo centrale della questione riguarda l’applicabilità delle procedure ad evi- denza pubblica alle società miste e l’affidamento diretto da parte della pub- blica amministrazione in deroga alle disposizioni comunitarie in materia diappalti. 4. Istitutionalised Pubblic-Private Parterships (IPPP) Secondo il diritto comunitario, le società miste rientrano nel concetto diIstitutionalised Pubblic-Private Partnerships (IPPP), la cui origine risale al“libro verde” della Commissione CE relativo al IPPPe al diritto comunitariodegli appalti e delle concessioni. La Commissione ha precisato che il termi- ne IPPPsi riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pub- bliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, lacostruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastrut- tura o la fornitura di un servizio” (12). Sono stati previsti due tipi di parte- nariato pubblico-privato: il tipo “puramente contrattuale” e quello “istituzio- nalizzato”. (9) Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 272 del 2005, si afferma che la società per azionia capitale pubblico maggioritario costituisce un modello alternativo alle aziende speciali epertanto l’affidamento del servizio può avvenire senza esperimento di una procedura di gara. (10) Secondo M. Clarich, “Le società miste a capitale pubblico e privato tra affidamen- ti in “house” e concorrenza per il mercato”, in Corriere giuridico n. 7 del 2007, editoriale Enti pubblici. (11) Consiglio di Stato, sez. II, parere n. 456 del 2007 e Ad. Plenaria n. 1 del 2008. (12) Libro verde del 30 aprile 2004. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 35 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 35 Il primo è quello “basato esclusivamente su legami contrattuali tra i varisoggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti, più o meno ampi, vengono affidati al partner privato”. I modelli di partena- riato di tipo contrattuale più conosciuti sono l’appalto e la concessione. Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più conosciuto è quel- lo della società mista, basata sulla cooperazione tra il settore pubblico e quel- lo privato in seno a un’entità distinta detenuta congiuntamente dal partnerpubblico e dal partner privato, la quale ha la “missione” di assicurare la for- nitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico. È bene precisare che a livello comunitario non esiste una normativa spe- cifica sulla costituzione dei IPPP. 5. Differenze e aspetti comuni degli appalti in house e delle società miste Il modello di società mista che si è sviluppato e diffuso in Italia noncoincide né con quello ipotizzato dalla Commissione europea né con quelloin house, anche se presenta degli aspetti comuni. Le società miste previste dal nostro ordinamento condividono con gliorganismi in house la possibilità di essere affidatarie dirette degli incarichiad esse attribuiti, nonché, almeno di solito, la prevalenza della loro attività afavore dell’ente o degli enti pubblici che le costituiscono. La società mista si differenzia dagli organismi in house, perché i control- li che su di esse esercitano gli enti pubblici che le costituiscono sono quelliche vengono normalmente esercitati dai soci di una società di capitali e chenon hanno nulla a che vedere con i controlli ai quali devono essere sottopo- sti gli organismi in house. Le società miste del nostro diritto interno condividono con quelle previ- ste dalla Commissione europea la necessità che il socio privato venga sceltomediante una procedura concorrenziale. Pertanto, se è vero che alle societàmiste previste dall’ordinamento interno gli incarichi sono affidati diretta- mente, è del pari vero che il coinvolgimento dei privati nello svolgimento ditali incarichi avviene attraverso una procedura concorrenziale e, quindi, nelrispetto del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni. Questi due modelli, la società mista nazionale e quella comunitaria, sidifferenziano in quanto nella prima l’attività ad essa affidata non è, almenodi norma, svolta dai soci, ma direttamente dalla società con la propria orga- nizzazione imprenditoriale, per cui il ruolo che esercita il socio pubblico nonè quello di un semplice controllore, come previsto dal secondo. Analizzati gli aspetti comuni e le differenze di questi due istituti, passia- mooraall’evoluzione legislativadelladisciplinanazionaledellesocietàmiste. 6. I riflessi del Disegno di legge Lanzilotta e del Decreto Bersani in materiadi “appalti in house” In Italia, negli ultimi quindici anni, si è detto che la privatizzazione dellagestione dei servizi pubblici è un processo imposto dal diritto comunitarioe/o dalla “mano invisibile del mercato”. Il Testo Unico degli enti locali del 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 36 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 36 2000, riconosce ai Comuni il potere di scegliere il proprio modello organiz- zativo di gestione dei servizi (pubblico, misto, privato); nel disegno di leggeLanzilotta (13) la modalità di gestione dei servizi è unica con l’esternalizza- zione e l’uso del modello privatistico della società per azioni. L’ex ministroper gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, ha dichiarato: “Vogliamo restitui- re al mercato ciò che è del mercato. Vogliamo riaprire un’area di mercatoche è stata progressivamente occupata da soggetti pubblici in modo impro- prio. Con l’articolo 13 del decreto legge sulle liberalizzazioni abbiamo volu- to mettere fine a questa situazione e il divieto per le società pubbliche chesvolgono un’attività strumentale di acquisire nuovi contratti fuori del loroterritorio di casa è già in vigore” (14). È stata l’ex ministro a proporre l’in- serimento nel decreto legge Bersani della norma (15) che vieta l’ulterioreespansione di società pubbliche che, forti della rendita data dall’affidamentosenza gara in casa, vanno poi fuori ad acquisire altri contratti. Il tentativo del legislatore è quello di mettere sullo stesso piano l’attivi- tà svolta dal settore pubblico e da quello privato, dimenticando il fine checaratterizza e differenzia questi due ambiti. La pubblica amministrazionenello svolgimento della sua attività persegue l’interesse generale della collet- tività mentre le società private da sempre rimangono ancorate all’“utile”. Il tema dell’in house è disciplinato dall’art. 13 della legge 4 agosto 2006 n. 248, di conversione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223. Tale articolo stabilisce che l’ambito soggettivo di applicazione della normativa riguarda esclusiva- mente le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o parteci- pate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali. È assente ogni riferi- mento ad amministrazioni o ad enti statali, cosicché le relative società sono da ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della disposizione. Tale man- canza priva il nostro ordinamento di una legislazione sistematica e completa. L’art. 13 stabilisce un particolar regime giuridico per le società che rien- trano nell’ambito di applicazione di questa normativa. Infatti, esse non pos- sono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti, pubblici o privati chesiano. La normativa richiede una corrispondenza soggettiva tra enti pubblicititolari del capitale sociale ed enti beneficiari delle prestazioni effettuate datale società. La società deve svolgere tutta la sua attività, e non solo la parteprincipale di essa, a favore dell’ente socio: deve operare solo per quest’ulti- mo. In questa ottica, il decreto Bersani detta una disciplina più rigorosarispetto agli indirizzi della giurisprudenza comunitaria, che non esigono l’e- sclusività a favore dell’ente affidante e che, invece, ammettono che la socie- tà pubblica svolga anche un’attività a favore di altri soggetti. Per queste (13) Disegno di legge n. 772 recante delega al Governo per il riordino dei servizi pub- blici locali presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (Prodi), dal Ministro per gliaffari regionali e le autonomie locali (Lanzilotta) e dal Ministro dello sviluppo economico(Bersani) di concerto col Ministro dell’interno (Amato) e col Ministro delle infrastrutture. (14) Intervista Linda Lanzillotta di Giorgio Santilli da Il Sole 24ore del 14 luglio 2006. (15)Art.13dellalegge4agosto2006n.248,diconversionedelD.L.4luglio2006,n.223. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 37 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 37 società sussiste il divieto di partecipare ad altre società o enti. L’obiettivodella disposizione è quello di evitare che, attraverso l’acquisizione di parte- cipazioni azionarie, si eluda in via indiretta l’obbligo di svolgere attivitàesclusivamente per i propri azionisti e quello di tutelare la concorrenza. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato considera regola ormaiacquisita nel nostro ordinamento la necessità, in ambito di costituzione disocietà miste, di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner pri- vato. Tale regola è riscontrabile anche nel testo dell’art. 1, comma 2, delD.Lgs. n. 163 del 2006 che prescrive che “Nei casi in cui le norme vigenticonsentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestionedi un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene conprocedure di evidenza pubblica”. Ne consegue una vera e propria enuncia- zione del principio secondo cui, nella costituzione di società miste, consen- tite nei soli casi già previsti da una disciplina speciale, nel rispetto del prin- cipio di legalità, la scelta del socio deve avvenire “con procedure di eviden- za pubblica”. È prescritto che tali società abbiano come oggetto sociale esclusivo laproduzione di beni e di servizi strumentali all’attività degli enti partecipanti o lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competen- za. In questo modo, il legislatore ha voluto evitare che queste società possa- no diversificare i loro ambiti di attività, estendendole in settori diversi ovedeve pienamente operare il regime di concorrenza. Questi interventi legislativi hanno ingiustificatamente irrigidito l’ambitodi operatività della pubblica amministrazione e l’eccessivo rigore è evidenteanche in una recente sentenza della Corte di Lussemburgo. 7. La sentenza della Corte di Giustizia nella causa Adelfo c/o Tragsa La Corte di Giustizia, con la sentenza del 19 aprile 2007, resa in causa pregiudiziale C-295/95 (Ademfo c/ o Tragsa) , ha aperto “un spiraglio ad un significativoallargamentodell’inhouseproviding” (16).Lanovitàe l’impor- tanzadelladecisioneconsistenellacircostanzacheabbiaapplicatoinotiprin- cipi degli appalti in house ( a partire dalla sentenza Teckal del 1999) ad una società che opera nell’interesse di più amministrazioni pubbliche e presentauna struttura organizzativa tipica delle imprese. La Transformaciòn AgrariaSA è una società statale spagnola, che presta servizi essenziali in materia disviluppo rurale e conservazione dell’ambiente e al cui capitale partecipanoentilocali.LaTragsaèunostrumentoesecutivoeserviziotecnicodell’ammi- nistrazione ed è tenuta ad effettuare in via esclusiva, direttamente o per il tra- mite delle sue controllate, i lavori ad essa attribuiti dall’amministrazione generale dello Stato, nelle materie che costituiscono l’oggetto sociale dellasocietà e segnatamente quelli che hanno carattere urgente o che sono stati (16) G. Fiengo, “Un significativo allargamento dell’in house provinding”, in Rassegna Avvocatura dello Stato n. 1 del 2007. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 38 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 38 ordinati in seguito alla constatazione di situazioni urgenti. Per i lavori, l’assi- stenza tecnica, le consulenze e le forniture e la prestazione di sevizi ad essa affidati la Tragsa e le sue filiali ricevono un corrispettivo pari ad un importo corrispondente alle spese da loro sostenute, in applicazione di un sistema tariffario predeterminato. La Corte di Lussemburgo ha ritenuto che non viola le direttive sugli appalti né crea distorsioni della concorrenza il fatto che le amministrazioni pubbliche si attrezzino per auto-produrre attività e servizi che potrebbero in alternativa costituire prestazioni da richiedere al mercato degli appalti. La premessa dell’operazione è che l’amministrazione disponga di “fabbriche, scorte, officine o servizi tecnici ed industriali idonei alla rea- lizzazione delle opere progettate”. In tale contesto l’attività di un’impresa pubblica costituisce strumento lecito di razionalizzazione degli interventi e utile paragone per la conoscenza dei costi effettivi del settore degli appalti. Dal confronto del decreto Bersani con questa sentenza si evince unadisciplina italiana più penalizzante per la pubblica amministrazione rispettoa quella riservata dalla Corte di Giustizia, in quanto la normativa nazionalerichiede una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitalesociale ed enti beneficiari delle prestazioni effettuate da tale società. Lasocietà deve svolgere tutta la sua attività, e non solo la parte principale diessa, a favore dell’ente socio: deve operare solo per quest’ultimo. 8. Comunicazione Interpretativa della Commissione Europea del 5 febbraio2008 Un ulteriore atto che merita di essere analizzato in materia di societàmiste è la comunicazione interpretativa COM(2007)6661 della Commis- sione europea del 5 febbraio 2008 relativa all’applicazione del diritto comu- nitario su appalti e concessioni alle società miste pubblico-private. Con que- sto documento, la Commissione ha cercato di colmare le lacune lasciate dalledirettive 2004/17/CE e 2004/18/CE. Con questa iniziativa di soft law, laCommissione chiarisce che i requisiti di ammissibilità del ricorso all’inhouse providing devono essere interpretati restrittivamente alla luce dellagiurisprudenza comunitaria e che questo non deve costituire un ostacolo allacreazione di IPPP, per le quali è richiesto solo il rispetto della concorrenza. Lo scopo della Commissione è quello di chiarire quando e come le regolecomunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni si applicano allacostituzione di società miste. La Commissione sostiene che “l’incertezzagiuridica che regna attorno alla partecipazione di partner privati ai IPPPpuò nuocere al successo della formula. Il rischio di dar vita a strutture basa- te su contratti che successivamente possono rivelarsi non conformi al dirit- to comunitario può dissuadere le autorità pubbliche e i soggetti privati dal costituire partenariati pubblico-privati istituzionalizzati” (17). “L’obiettivo (17) Comunicazione interpretativa della Commissione del 5 febbraio 2008C(2007)6661. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 39 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39 della comunicazione è accrescere la certezza del diritto e, soprattutto, dareuna risposta alle preoccupazioni espresse da più parti circa l’applicazionedel diritto comunitario alla partecipazione di partner privati nei IPPP, vistada alcuni come un elemento che rischia di rendere tale formula pocoattraente se non addirittura impraticabile” (18). La Commissione ha fonda- to questo documento sul principio della Corte di Giustizia, secondo il qualela partecipazione di un socio privato nel capitale esclude che sia ipotizzabi- le il ricorso all’in house providing rispetto alla società in questione. In effet- ti la Corte di Lussemburgo ha rilevato che la partecipazione, anche minori- taria o potenziale (19), di un’impresa privata al capitale di una società allaquale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice esclude in ogni casola possibilità di una relazione “interna” (in house), sottratta in linea di prin- cipio alla normativa in materia di appalti pubblici, tra l’amministrazioneaggiudicatrice e la società in questione (20). “La costituzione del IPPP, ledisposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessio- ni impongono all’amministrazione aggiudicatrice di seguire una proceduraequa e trasparente quando procede alla selezione del partner privato che, nel- l’ambito della sua partecipazione all’entità a capitale misto, fornisce beni, lavori o servizi, o quando procede all’aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a un’entità a capitale misto. In ogni caso, le ammini- strazioni aggiudicatrici non possono “ricorrere a manovre dirette a celarel’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista” (21). “Per costituire un IPPPin modo conforme ai principi del diritto comu- nitario, evitando nel contempo i problemi connessi ad una duplice procedu- ra, si può procedere nel modo seguente: il partner privato è selezionato nel- l’ambito di una procedura trasparente e concorrenziale, che ha per oggettosia l’appalto pubblico o la concessione da aggiudicare all’entità a capitalemisto, sia il contributo operativo del partner privato all’esecuzione di taliprestazioni e/o il suo contributo amministrativo alla gestione dell’entità acapitale misto. La selezione del partner privato è accompagnata dalla costi- tuzione del IPPP e dall’aggiudicazione dell’appalto pubblico o della con- cessione all’entità a capitale misto” (22). La Commissione sottolinea, poi, (18) Idem. (19)IlConsigliodiStato,nelconfermareiprincipidellasentenzadellaCortediGiustiziadel 13 ottobre 2005, Parking Brixen, ha statuito che i requisiti dell’affidamento in house non sussistono nel caso in cui il capitale della società affidataria sia “aperta” ai privati. (20) Se con la sentenza Stadt Halle la Corte di Giustizia ha escluso la possibilità di affi- damenti diretti quando il soggetto aggiudicatore è partecipato da privati, con la più recentesentenza Parkin Brixen il giudice comunitario si è spinto ancora oltre sancendo l’illegittimi- tà dell’affidamento diretto nel caso in cui nonostante la titolarità totalmente pubblica delgestore, non sembra comunque possibile che la pubblica amministrazione possa esercitareil controllo analogo. (21) Comunicazione interpretativa della Commissione del 5 febbraio 2008C(2007)6661 p. 5. (22) Idem. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 40 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 40 che non è assolutamente necessario bandire due gare (scelta del partner pri- vato ed affidamento dell’opera o del servizio): per operare un affidamentoconforme ai principi comunitari ed evitare al tempo stesso la doppia garabasterà selezionare il partner privato dell’IPPP mediante un’unica gara, cheabbia ad oggetto sia il contratto pubblico da assegnare alla futura societàmista, sia la scelta del partner con la specificazione del contributo operativoche quest’ultimo dovrà eseguire e/o del contributo alla gestione della socie- tà. Il suggerimento della Commissione alle stazioni appaltanti (ed alle impre- se che con le stesse collaborano) è di definire “a monte” il rapporto negozia- le con il partner privato della società mista, conformemente ai principi comu- nitari di trasparenza e concorrenza . La comunicazione interpretativa della Commissione europea ha unaposizione diversa rispetto a quella dell’adunanza plenaria del Consiglio diStato in merito: la prima non ritiene necessaria la doppia gara per la sceltadel partner privato e per l’affidamento, mentre il Consiglio di Stato la racco- manda in caso di servizi pubblici locali. Quale posizione operativa occorreprendere in merito? L’augurio che al più presto la giurisprudenza e la legis- lazione nazionali possano dare delle indicazioni in merito e soprattutto inlinea con le indicazioni comunitarie, evitando dispendio di energie in causee in rinvii pregiudiziali inutili. 9. L’ultimo intervento della Corte di Giustizia La Corte di Giustizia sembra aver operato un’ulteriore interpretazioneestensiva del concetto di in house providing alla luce della recentissima sen- tenza del 17 luglio 2008, causa C-371/05 (Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana). La causa si riferisce a un contratto di fornitura di servizi informatici affi- dati mediante convenzione, senza una procedura ad evidenza pubblica, dalComune di Mantova alla societàASI. Il fatto era stato oggetto dell’attenzionedapartedellaCommissioneeuropeachepresentòricorsodinanziallaCortedi Lussemburgo per constatare la violazione da parte dello Stato italiano degli obblighi che le gli incombono in forza della direttiva 92/50, in particolare degli artt. 11 e 15, n. 2. La Corte di Giustizia accoglie il ricorso della Repub- blica italiana e condanna la Commissione europea alle spese processuali. Lasentenza sembra poter essere letta come una ulteriore apertura nella direzione di una interpretazione estensiva dell’istituto dell’in house provindig. Il giudice comunitario afferma che “si deve rilevare che la possibilitàper i privati di partecipare al capitale della società aggiudicataria, in con- siderazione in particolare della forma societaria di quest’ultima, non è suf- ficiente, in assenza di una loro effettiva partecipazione al momento della sti- pula di una convenzione come quella di cui trattasi nella presente causa, perconcludere che la prima condizione, relativa al controllo dell’autorità pub- blica, non sia soddisfatta. Infatti, per ragioni di certezza del diritto, l’even- tuale obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere ad unagara d’appalto dev’essere valutato, in via di principio, alla luce delle condi- zioni esistenti alla data dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 41 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 41 trattasi… Circostanze particolari, segnatamente qualora risulti che l’aper- tura del capitale dell’ente interessato a soci privati era prevista sin dall’as- segnazione del suddetto appalto pubblico, possono, di certo, richiedere chesia presa in considerazione la partecipazione effettiva di detti soci interve- nuta successivamente a tale assegnazione (23). Tuttavia, nella fattispecie, ègiocoforza constatare che la Commissione non è riuscita a fornire la provadell’esistenza di tali circostanze particolari… Nel caso in cui diversi entidetengano un’impresa, la condizione relativa all’attività può ricorrere qua- lora tale impresa svolga la parte più importante della propria attività nonnecessariamente con questo o con quell’ente, ma con tali enti complessiva- mente considerati. Di conseguenza, l’attività da prendere in considerazionenel caso di un’impresa detenuta da vari enti è quella realizzata da dettaimpresa con tutti questi enti (24)”(25). Dalla lettura della pronuncia della Corte di Giustizia ci sono alcuni puntiche meritano di essere sottolineati. Sembra poter cogliere dalle parole del giudice comunitario che l’apertu- ra potenziale al capitale privato non è più un ostacolo per la configurazionedi appalti in house. Il giudice, nazionale, deve effettuare un controllo concre- to al momento dell’aggiudicazione dell’appalto sulla presenza e sull’inge- renza del privato. La lettura combinata di questa sentenza con quella della Tragsa sembrasuggerire la possibilità da parte delle amministrazioni o enti statali di costi- tuire società miste e procedere all’affidamento in house, colmando in tal modo il vuoto lasciato dal Decreto Bersani in merito. 10. Conclusioni A seguito della sentenza del 17 luglio del 2008, per i due istituti, dellasocietà mista e dell’in house providing, non sembra più sostenibile la loroincompatibilità. Inoltre, si può finalmente affermare il superamento dello“spauracchio” dell’apertura nazionale ai soci privati, a condizione che que- sti non possano incidere sulla gestione dell’ente di nuova costituzione. Dall’analisi degli atti in merito alla disciplina dell’in house providing edelle società miste è chiaro che la posizione presa dal Consiglio di Stato nel- l’adunanza plenaria è sostanzialmente uguale a quella dettata dal legislatorenazionale, e in questo non ci sarebbe niente di male, se non che ancora unavolta le istituzioni comunitarie sono già andate oltre, superando quegli osta- coli che la nostra disciplina nazionale fatica a superare. Il rischio è che sep- pur l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato sia recente, essa potrebbe (23) V., in tal senso, Corte di Giustizia, sent. del 10 novembre 05, causa C-29/04, Commissione/Austria, punto 38. (24) V. Corte di Giustizia, sent. del 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, cit., punti 70 e 71. (25) Corte di Giustizia sent. del 17 luglio 2008, causa C-371/05. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 42 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 42 essere già stata superata alla luce di un’interpretazione sistematica degli atticomunitari. (All. 1) Sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, 10 dicem- bre 2007-3 marzo 2008, n. 1, sul ricorso in appello proposto da Azienda Sanitaria Locale(A.S.L.) 19 di Asti/Medicasa Italia S.p.A./Regione Piemonte e Azienda MultiserviziOspedalieri e Sanitari (A.M.O.S.) S.p.A. (… Omissis) Fatto e diritto 1. Medicasa Italia s.p.a. impugnava in primo grado i seguenti atti dell’Azienda sanita- ria locale (A.S.L.) 19 di Asti: a) provvedimenti sconosciuti, con cui si è inteso affidare direttamente all’Azienda multiser- vizi ospedalieri e sanitari (A.M.O.S.) s.p.a. il servizio di assistenza domiciliare; b) ogni atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi compresa la nota 4ottobre 2006, n. 19835. Successivamente Medicasa Italia s.p.a. impugnava con motivi aggiunti i seguenti provvedi- menti della detta A.S.L. : c) determina del direttore del dipartimento tecnico logistico F.F. 23 ottobre 2006, n. 520T.L.; d) determina del detto direttore 26 ottobre 2006, n. 526/T.L.; e) ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, compresa la citatanota n. 19835/2006; f) note in data 25-26 ottobre 2006. Veniva chiesta anche la condanna dell’A.S.L. 19 di Asti al risarcimento del danno. Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso e i motivi aggiun- ti. L’A.S.L. 19 di Asti ha dapprima proposto appello avverso il dispositivo, per i seguenti moti- vi: 1) erroneità dell’appellata sentenza per inammissibilità del ricorso di primo grado; 2) erroneità dell’appellata sentenza per violazione, sotto altro profilo, dell’art. 9-bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, e per infondatezza del ricorso di primo grado. Una volta pubblicata la sentenza, ha poi notificato motivi di appello avverso la stessa. Medicasa Italia s.p.a. si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso e, con successiva memoria, ha replicato ai motivi di appello successivamente notificati. La sezione quinta di questo Consiglio, con decisione 23 ottobre 2007, n. 5587, ha rimesso la causa all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato. L’A.S.L. 19 di Asti ha poi depositato memoria. 2. Di seguito si espongono i tratti essenziali della controversia per cui è causa, comericostruiti anche dalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5587/2007. L’A.S.L. 19 di Asti, con bando spedito per le pubblicazioni in data 11 maggio 2006, avevaindetto una gara avente a oggetto “individuazione partner per la fornitura di supporto inte- grativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona” per la durata di cinque anni. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 43 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 43 Successivamente, il direttore amministrativo dell’A.S.L. inviava la nota prot. n. 19835 indata 4 ottobre 2006 a Medicasa Italia s.p.a., attuale gestrice del servizio, e (per conoscenza) alla società mista A.M.O.S. s.p.a., avente il seguente contenuto: “Avendo intenzione di pro- cedere all’affidamento diretto alla società AMOS, da noi controllata, della gestione dell’as- sistenza domiciliare territoriale, si invita la Ditta in indirizzo a mettere a disposizione dellasocietà AMOS tutti i dati relativi alla gestione di che trattasi”, precisando che l’A.S.L. 19 diAsti aveva acquisito da uno degli azionisti pubblici una quota del capitale della società A.M.O.S. (il 18% del totale). Quest’ultima società era stata costituita nel 2004 con la parte- cipazione di numerosi soggetti sia pubblici che privati. Il provvedimento era impugnato da Medicasa Italia s.p.a., nella sua duplice qualità di attua- le titolare della gestione del servizio di assistenza domiciliare e di soggetto imprenditorialeoperante nel settore, interessato ad aspirare all’affidamento del nuovo servizio tramite l’e- spletamento di una gara pubblica. In seguito, la società ricorrente, con motivi aggiunti depositati in data 3 novembre 2006, chiedeva l’annullamento, previa adozione di misura cautelare: della determina del direttoredel dipartimento tecnico logistico F.F. n. 520/T.L. in data 23 ottobre 2006, in corso di ese- cutività, con la quale l’A.S.L. 19 di Asti aveva revocato la procedura ristretta indetta condetermina n. 247/T.L. in data 27 aprile 2006 per l’individuazione di partner per la fornituradi supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona (cure sanitariedomiciliari) e aveva affidato il predetto servizio ad A.M.O.S. s.p.a. per un triennio; delladetermina n. 526/T.L. in data 26 ottobre 2006, con la quale il detto direttore aveva rettifica- to la determina n. 520/T.L. in data 23 ottobre 2006 dichiarandone l’immediata esecutività; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi comprese lanota 4 ottobre 2006, n. 19835, con la quale l’A.S.L. 19 di Asti aveva invitato la ricorrente amettere a disposizione di A.M.O.S. s.p.a. tutti i dati relativi alla gestione dell’assistenzadomiciliare “avendo intenzione di procedere all’affidamento diretto” alla società innanzicitata, e, da ultimo, le note in data 25-26 ottobre 2006, con cui la stessa amministrazioneaveva comunicato la revoca della procedura ristretta precedentemente bandita e l’affidamen- to diretto, immediatamente esecutivo, del servizio alla società mista A.M.O.S. s.p.a.. 3. Il primo giudice, con la sentenza appellata, ha accolto il ricorso e i motivi aggiuntidi Medicasa Italia s.p.a., annullando i provvedimenti impugnati, ma, per genericità dellarichiesta e mancata quantificazione, non ha disposto il risarcimento del danno. Lo stesso, inparticolare, ha: a) respinto le eccezioni di inammissibilità del ricorso; b) chiarito che il thema decidendum riguarda la legittimità dell’affidamento diretto del ser- vizio di assistenza domiciliare a una società mista pubblico–privato, in cui la società è com- posta da una pluralità di aziende sanitarie (che complessivamente detengono la maggioran- za del capitale sociale) e dai soci privati che sono stati scelti con una procedura negoziata aevidenza pubblica; c) ritenuto – aderendo al parere reso dalla sezione seconda di questo Consiglio il 18 aprile2007 con il n. 456 – che non sia accettabile l’opinione per cui, per il solo fatto che il socioprivato sia scelto tramite procedura a evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’af- fidamento diretto; d) affermato che, nella specie, l’argomento usato dall’amministrazione, per cui la scelta deisoci privati attraverso la procedura negoziata a evidenza pubblica implicherebbe necessaria- mente la legittimità dell’affidamento del servizio di assistenza domiciliare, non è condivisi- bile; posto che: 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 44 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 44 d.a) come si evince dall’oggetto statutario della società, si è in presenza di una società aven- te un oggetto plurimo e variegato dal punto di vista qualitativo, per cui non si può afferma- re che la scelta con gara del socio, effettuata “a monte” della costituzione della società, garantisca gli stessi effetti di una pubblica gara da svolgersi con riferimento al singolo ser- vizio; d.b) non vi è alcuna norma statutaria che limiti l’operatività della società A.M.O.S. entrol’ambito territoriale all’interno del quale operano le aziende sanitarie che partecipano alcapitale sociale della medesima società; d.c) ai sensi dell’art. 7 dello statuto della societàA.M.O.S. , con riguardo alla cedibilità delleazioni,viè un’ampiapossibilitàdiaccesso alcapitale della societàdaparte di soggettipriva- ti, per i quali non viene rispettata la regola della scelta con procedura a evidenza pubblica; e) ritenuto infondata la tesi secondo cui il principio di libera concorrenza sarebbe sostanzial- mente rispettato essendo stato consentito a tutti gli operatori di entrare a fare parte della stes- sa società, data la diversità tra la partecipazione a una gara per l’aggiudicazione di un singo- lo servizio e la partecipazione a gara per la scelta di partner per una società “multiutilities”; f) affermato che, al di fuori dei ristrettissimi limiti in cui è ammissibile il fenomeno dell’in house providing, l’affidamento del servizio deve avvenire previa gara; così come ritenuto – diversamente dall’avviso della sezione seconda di questo Consiglio espresso con il parere n. 456/2007 (sul punto non condiviso) – anche dal Consiglio di giustizia amministrativa per laRegionesiciliana,ilquale,con ladecisione27ottobre2006,n.589:ha disapplicato,percon- trasto con la giurisprudenza comunitaria, l’art. 113, comma 5, lett. b) , del D.Lgs. 18 agosto2000, n. 267 (secondo cui “L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di setto- re e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità delservizio… a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga sceltoattraversol’espletamentodigareconprocedureadevidenzapubblicacheabbianodatogaran- zia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le lineedi indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifi- che”) ; e statuito che la costituzione di una società mista, pure con la scelta del socio a segui- to di gara, non esime dall’effettuazione di una seconda gara per l’affidamento del servizio. 4. La sezione quinta di questo Consiglio, con la decisione n. 5587/2007 di rimessioneall’adunanza plenaria, ha respinto il primo motivo di appello, ritenendo: infondata l’ecce- zione dell’A.S.L. appellante di inammissibilità del ricorso di primo grado – secondo cuiMedicasa Italia s.p.a. non avrebbe alcun interesse all’impugnazione dell’affidamento diret- to alla società mista A.M.O.S. – in quanto l’art. 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992 non prevedeaffatto un divieto assoluto di esternalizzazione dell’attività di cura alla persona e non impe- disce l’affidamento a terzi, con pubblica gara, dei relativi servizi; e, quindi, sussistente lalegittimazione di Medicasa Italia s.p.a. a contestare i provvedimenti di affidamento del ser- vizio alla società A.M.O.S. . Ha poi deferito all’esame dell’adunanza plenaria le seguenti questioni: 1) in tema di in house providing: a) quali siano, in linea di diritto e alla stregua dell’ordinamento europeo e nazionale, le con- dizioni prescritte per il legittimo affidamento in house; b) delineare le coordinate di riferimento del concetto di prevalenza dell’attività svolta perl’amministrazione affidante; c) quali siano i contorni essenziali della nozione di “controllo analogo”; 2) in tema di diversi profili attinenti alla legittimità dell’affidamento di contratti pubblici oservizi a società miste, in assenza di un’apposita procedura di gara: 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 45 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 45 d) se il parere della sezione seconda di questo Consiglio n. 456/2007 sia condivisibile nellaparte in cui: d.a) afferma l’equivalenza tra il contratto di società e l’appalto, valutandosi la necessità, omeno, di deferire alla Corte di giustizia la seguente specifica questione: “se sia compatibile omenoconildiritto comunitariolaregoladi dirittointerno chepermette l’affidamentodirettodiunserviziorientrantenell’ambitoapplicativodelladirettivan. 18/2004effettuatodauna amministrazioneaggiudicatrice in favorediuna società mista, costituitadalla stessa amministrazione e da altri soci privati, individuati mediante apposita gara ad evidenza pubblica” ; d.b) indica, quali condizioni per ammettere l’affidamento diretto alla società mista: d.b.a) l’esistenza di un’apposita norma speciale che lo consenta; d.b.b) l’affidamento con procedura di evidenza pubblica dell’attività operativa della società mista al partner privato tramite la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo, valutandosi l’opportunità di demandare alla Corte di giustizia anche uno specifico quesito interpretativo, concernente i limiti di compatibilità con il diritto comunitario di una partecipazione societaria privata di carattere meramente finanziario, purché la procedura selettiva per l’individuazione del socio privato abbia consentito, in modo trasparente e imparziale, di scegliere l’impresa in possesso delle prescritte attitudini professionali, che abbia offerto la migliore proposta; d.b.c) la necessità di delimitare adeguatamente le finalità della società mista cui affidare il servizio senza gara, con la conseguente illegittimità di affidamenti diretti a “società miste aperte”, o a finalità generalista; d.b.d) la necessità di motivare in modo particolarmente approfondito la scelta organizzativa di ricorrere alla società mista anziché rivolgersi integralmente al mercato; d.b.e) la necessità di stabilire un limite temporale ragionevole alla durata del rapporto sociale, accompagnata dall’espressa previsione della scadenza del periodo di affidamento per evitare che il socio divenga “socio stabile” della società mista; d.b.f) l’esistenza di un concreto riferimento allo svolgimento di attività e funzioni pubbliche, con la conseguente esigenza di chiarire la portata di siffatto requisito; e) se sia legittimo l’affidamento di un servizio effettuato senza gara a una società mista da parte di un’amministrazione che abbia acquistato successivamente la partecipazione nella società stessa e quando la società non era stata appositamente costituita per quella specifica attività oggetto dell’affidamento. 5. L’adunanza plenaria ritiene, innanzitutto, di circoscrivere la sua pronuncia all’esamedi quelli che sono i motivi di appello ancora da decidere, dato che il primo motivo è statorespinto dalla sezione quinta con la decisione di remissione all’adunanza stessa. L’A.S.L. appellante, con il secondo motivo, censura la pronuncia di accoglimento del primogiudice, secondo cui è illegittimo l’affidamento senza gara (o diretto) del servizio di assi- stenza domiciliare a una società mista, anche se con partecipazione maggioritaria pubblicae con iniziale scelta dei soci privati effettuata attraverso apposita procedura selettiva di evi- denza pubblica. L’A.S.L. sostiene che: 1) sussisterebbero le regole fissate dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il parere n. 456/2007, per legittimare l’affidamento diretto a società mista, poiché: 1.1) A.M.O.S. s.p.a. non sarebbe una società a oggetto plurimo avendo invece l’attività sociale scopo delimitato e specifico; il socio operativo è stato scelto previa gara; e la sperimentazione ha durata limitata; 1.2) non sarebbe esatto che essa può operare anche all’esterno rispetto alle aziende sanitarie che l’hanno costituita; 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 46 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 46 1.3)nonsarebbeesattocheleprevisionidell’attocostitutivodellasocietàinordineallacedibi- lità delle quote incidono negativamente sulla possibilità di un affidamento diretto del servizio; 1.4) vi sarebbe lo specifico dettato normativo costituito dall’art. 9-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 502/1992; 2) per effetto dell’art. 13, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 (così detto decreto Bersani, secondo cui le società miste “sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1”), sussisterebbe nella specie il controllo analogo che, secondo l’orientamento della Corte di giustizia dell’Unione europea (U.E.), consente comunque l’affidamento diretto. L’appellante ha chiesto anche, in via subordinata, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’U.E. con riguardo agli artt. 13 del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248/2006, e 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992. Le prospettazioni essenziali dell’appello sono le seguenti: a) nella fattispecie in esame sussisterebbero i requisiti concreti del “controllo analogo” a quello operato sui propri servizi interni, esercitato dall’amministrazione committente sulla società attuatrice del servizio, tali da giustificare l’affidamento senza gara, secondo il modulo operativo e gestionale riconducibile alla formula del legittimo in house providing, delineato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale; b) in ogni caso, sarebbe legittimo l’affidamento di un servizio, senza gara, a una società mista a prevalente partecipazione pubblica i cui soci privati siano stati individuati all’esito di procedure selettive aperte, trasparenti e non discriminatorie, conformi al diritto comunitario e ai suoi principi. 6. Ciò premesso, con riguardo alla natura e alla struttura di A.M.O.S. s.p.a., l’adunan- za plenaria deve precisare quanto segue. A.M.O.S. s.p.a. è stata costituita il 4 ottobre 2004, con durata stabilita sino al 31 dicembre 2024, tra l’Azienda sanitaria ospedaliera (A.S.O.) S. Croce e Carle di Cuneo (con il 43,10%), l’A.S.L. n. 15 di Cuneo (con il 4%), l’A.S.L. n. 16 di Mondovì-Ceva (con il 10%), l’A.S.L. n. 17 di Savigliano (con il 10%), l’A.S.L. n. 18 di Alba e Bra (con il 3%) e altre sette società private (MARKAS s.r.l. con il 4,85%, GPI s.r.l. con il 4,85%, CON.I.COS s.p.a. con il 4,10%, H.C. HOSPITAL CONSULTING con il 4,10%, IDROCENTRO s.p.a. con il 4%, RICCOBONO s.p.a. con il 4% e BCS s.r.l. con il 4%) . I soggetti privati sono stati scelti attraverso un procedimento a evidenza pubblica, con procedura negoziata indetta il 17 settembre 2003 e conclusasi con la deliberazione del direttore generale dell’A.S.O. S. Croce e Carle di Cuneo n. 546 in data 29 marzo 2004, che ha approvato gli esiti della procedura per la scelta dei soci di minoranza; divisi in soci finanziari, soci del settore sanitario e soci del settore non sanitario. L’art. 7 dello statuto prevede che la proprietà delle azioni, i diritti di usufrutto sulle stesse, nonché i relativi diritti di opzione sono liberamente trasferibili tra soggetti pubblici; mentre, negli altri casi, l’alienazione è subordinata alla preventiva autorizzazione del consiglio di amministrazione, entro il termine di trenta giorni, scaduto il quale l’autorizzazione si considera concessa. L’A.S.L. 19 di Asti ha deliberato in data 14 giugno 2006 l’acquisto dall’A.S.O. S. Croce e Carle di Cuneo di una quota pari al 18% del capitale sociale di A.M.O.S. s.p.a. (delibera del commissario n. 15). I soci privati partecipano, quindi, al capitale sociale per circa il 30% delle azioni. Il presidente del consiglio di amministrazione della società (organo collegiale composto da nove membri) è nominato dai soli soci di parte pubblica, mentre il vice presidente è desi 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 47 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 47 gnato dai soli soci privati. Il consiglio di amministrazione è eletto dall’assemblea con ilsistema delle liste separate, prevedendosi che alla lista la quale ottenga il maggior numerodi voti siano attribuiti 6 seggi e i restanti tre alla lista che segue in graduatoria. Mancano specifiche clausole statutarie o regole di funzionamento tipiche della società chegarantiscano una qualche forma di intenso e dominante controllo dell’amministrazione sullastruttura societaria. Il collegio sindacale della società è composto da tre membri, di cui unosolo è scelto dalle amministrazioni (con funzioni di presidente), mentre uno è designato daisoci privati e il terzo dall’assemblea. Il comitato tecnico di controllo, organo cui è affidatoil compito di sovrintendere all’operato del presidente e dell’amministratore delegato per leattività svolte a favore delle aziende pubbliche socie di A.M.O.S., è composto da due mem- bri designati dai soci privati, mentre uno soltanto è individuato dai soci pubblici. La società mista ha un oggetto sociale variegato che comprende, ai sensi dell’art. 4 dello sta- tuto: a) la prestazione di servizi alberghieri e amministrativi; b) l’attività di gestione e manu- tenzione di beni, sia mobili che immobili (incluse le aree verdi) ; c) la prestazione di serviziospedalieri e territoriali [attività di laboratorio analisi, di radiologia e neuroradiologia, attivi- tàanestesiologica(disupportoachirurgiaambulatoriale, daysurgeryechirurgiaabassacom- plessità),dialisipercronici,riabilitazione].Lasocietàpotràcompieretutteleoperazionicom- merciali, immobiliari, mobiliari e finanziarie ritenute necessarie o utili per il conseguimentodell’oggetto sociale e così tra l’altro anche l’assunzione, nei limiti di legge, di partecipazioniin altre società o enti aventi oggetto sociale analogo, affine o complementare al proprio. Dal maggio 2006 A.M.O.S. s.p.a. non è più una società meramente operativa, ma è diventa- ta un gruppo (holding), che detiene la totalità della partecipazione in Energy Service (socie- tà che gestisce l’intermediazione di energia), nonché la maggioranza delle quote di SIA s.p.a. (società che provvede all’archiviazione di dati) e di AMG Lavanderie Domino (che svolge servizi di lavanderia) . Va poi ribadito che, nella specie, né l’originario statuto di A.M.O.S. s.p.a., né gli atti della gara preordinata alla scelta del socio privato hanno indicato la concreta possibilità di estensione dell’attività nell’ambito dell’A.S.L. 19 di Asti. 7. Quanto all’attività affidata ad A.M.O.S. s.p.a., l’adunanza plenaria condivide le con- siderazioni svolte dalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007. Si tratta dell’esecuzione di prestazioni sociosanitarie, intese come attività atte a soddisfarebisogni di salute della persona, ossia di cura e assistenza di persone assistite dal Serviziosanitario nazionale (art. 3-septies, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 502/1992 e art. 1 della l.r. del Piemonte 8 gennaio 2004, n. 1). Le prestazioni non sono riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e nazio- nale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi [direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CEE e D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture)]. Ma vanno riportate alla previsione dell’allegato II B (che elenca i “ser- vizi sanitari e sociali”) dell’art. 20 del D.Lgs. n. 163/2006 (il quale attua gli artt. 20 e 21della direttiva 2004/18/CEE, nonché gli artt. 31 e 32 della direttiva 2004/17/CEE, ripren- dendo le previsioni già contenute nell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 enell’art. 7, comma 3, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158). Secondo l’art. 20, comma 1, delD.Lgs. n. 163/2006, l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nel- l’allegato II B è disciplinata esclusivamente dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avvisosui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati). Tuttavia, secondo l’art. 27, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, “l’affidamento dei contrattipubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applica- 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 48 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 48 zione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità” e “L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. ” Resta ferma, quindi, la necessità di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi del diritto comunitario. Indicativa dell’individuazione di un appalto di servizi è, nella specie, la circostanza per cui l’A.S.L. 19 di Asti corrisponde ad A.M.O.S. s.p.a. (per l’espletamento del servizio) un canone mensile, oltre a un importo per ogni accesso del personale infermieristico e riabilitativo (così come prima il tutto veniva pagato a Medicasa Italia s.p.a., precedente gestore) . L’adunanza plenaria rileva che la diretta erogazione delle prestazioni (da parte del gestore del servizio) in favore della collettività, ossia degli utenti del Servizio sanitario nazionale, potrebbe indurre anche a configurare un servizio pubblico anziché un appalto di servizi. Ma ciò non sposta il problema di fondo. Trattandosi di attività di rilevanza economica oggetto di contratto da stipulare con una pubblica amministrazione, devono sempre applicarsi le regole della Comunità europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parità di trattamento e di trasparenza. Si tratta dei principi del Trattato, che sono quelli di: a) libertà di stabilimento (art. 43) ; b) libera prestazione dei servizi (art. 49) ; c) parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 43 e 49) ; d) trasparenza e non discriminazione (art. 86, che vieta le misure di favore a vantaggio delle imprese che godono di diritti speciali o esclusivi e di quelle pubbliche) . Anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza (C. giust. CE: 13 settembre 2007, C-260/04; sez. I, 13 ottobre 2005, C-458/03) . Ogni interessato ha diritto di avere accesso alle informazioni adeguate prima che venga attribuito un servizio pubblico,dimodoche,seloavessedesiderato,sarebbestatoingradodimanifestareilproprio interessea conseguirlo (C.giust. CE, sez.I, 10 novembre 2005, C-29/04).Inoltre, trasparenza e pubblicità devono essere date alla notizia dell’indizione della procedura di affidamento; imparzialità o non discriminatorietà devono determinare le regole di conduzione di questa. Si rimanda, in particolare, all’art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006 (dal titolo “Concessione di servizi”), il quale, al comma 3, richiama i “principi generali relativi ai contratti pubblici” (nel rispetto dei quali, oltre che di quelli “desumibili dal Trattato”, deve avvenire la scelta del concessionario di servizi), che sono quelli di “trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”; principi i quali impongono la previa indizione di una gara, seppure informale. I principi generali del Trattato valgono comunque anche per i contratti e le fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate; quali (oltre alla concessione di servizi) gli appalti sottosoglia e i contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l’interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti (ad esempio, le concessioni di beni pubblici di rilevanza economica; da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 362) . Va rilevato, infine, che, nella specie, trattandosi di attività inerente il Servizio sanitario nazionale affidata da una A.S.L., non si applicano le disposizioni relative ai servizi pubblici locali, riferite, nel loro ambito soggettivo, alle sole amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e, in particolare, le prescrizioni di cui all’art. 113 (“servizi pubblici locali di rilevanza economica”) . 8. L’espressione in house providing compare per la prima volta nel libro bianco del1998, nel quale la Commissione europea, con riferimento al settore degli appalti pubblici, 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 49 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 49 specifica il concetto degli appalti in house come “quelli aggiudicati all’interno della Pubblica amministrazione, ad esempio tra Amministrazione centrale e locale o, ancora, tra una Amministrazione ed una società interamente controllata” . La situazione di in house legittima l’affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un entepubblicoaunapersonagiuridicamentedistinta,qualoral’enteesercitisulsecondouncontrollo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi e la seconda realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano (C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal) . L’affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentitotuttelevolteincuiunentepubblicodecidadiaffidarelagestionedelservizio,aldi fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna (ossia, soggettivamente separata) che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una “derivazione” , o una longa manus, dell’ente stesso. Da qui, l’espressione in house che richiama, appunto, una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante o a sue articolazioni. Si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica. Mentre, la disciplina comunitaria dei pubblici appalti va applicata se l’ente affidatario sia distinto dall’amministrazione aggiudicatrice sul piano formale e sia autonomo sul piano sostanziale. Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione, e trasparenza (tutti costituenti canoni fondamentali del trattato istitutivo della Comunità europea), siffatto istituto è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune rigorose condizioni, individuate dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate anche da quella nazionale. È stato affermato che, in astratto, l’affidamento diretto del servizio viola il principio di concorrenza sotto un duplice profilo: a) da una parte, sottrae al libero mercato quote di contratti pubblici, nei confronti dei quali le impresse ordinarie vengono escluse da ogni possibile accesso; b) dall’altra, si costituisce a favore dell’impresa affidataria una posizione di ingiusto privilegio, garantendole l’acquisizione di contratti. Il tutto si traduce nella creazione di posizioni di vantaggio economico che l’impresa in house può sfruttare anche nel mercato, nel quale si presenta come “particolarmente” competitiva, con conseguente alterazione della par condicio (per l’analisi delle distorsioni economiche derivanti dall’affidamento diretto, e anche per la giurisprudenza comunitaria in materia, si veda Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719) . Le misure contenitive adottate già in ambito comunitario per eliminare o ridurre i suddetti inconvenienti sono costituite dalle stringenti condizioni poste per rendere legittimo l’affidamento in house, rappresentate da: 1) il così detto “controllo analogo a quello svolto sui propri servizi”, necessariamente esercitato dall’ente pubblico nei confronti dell’impresa affidataria; 2) il rapporto di stretta strumentalità fra le attività dell’impresa “in house” e le esigenze pubbliche che l’ente controllante è chiamato a soddisfare. La giurisprudenza comunitaria, in particolare, ha utilizzato l’espressione in house providing per identificare il fenomeno di “autoproduzione” di beni, servizi o lavori da parte della pubblica amministrazione: la quale acquisisce un bene o un servizio attingendoli all’interno della propria compagine organizzativa senza ricorrere a “terzi” tramite gara (così detta esternalizzazione) edunquealmercato(apartiredaC.giust.CE,18novembre1999,C-107/98,Teckal) . In ragione del “controllo analogo” e della “destinazione prevalente dell’attività” , l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi comeunodeiservizipropridell’amministrazionestessa:nonè,pertanto,necessariochel’amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 50 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 50 I requisiti dell’in house providing, costituendo un’eccezione alle regole generali del dirittocomunitario, vanno interpretati restrittivamente (C. giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04 eCons. Stato, sez. II, n. 456/2007). La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societariacomposta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalita- ria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un’impresa privata al capitale di unasocietà, alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni casoche tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello cheessa svolge sui propri servizi [C. giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05, Asociaciòn deEmpresas Forestales c. Transformaciòn Agraria SA(TRASGA); 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Corame; 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle]. Occorre, quindi, che l’ente pos- segga l’intero pacchetto azionario della società affidataria (Cons. Stato, sez. V, 13 luglio2006, n. 4440; in precedenza Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345 aveva ritenutoche la quota pubblica dovesse essere comunque superiore al 99%). Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria è necessaria ma non sufficiente (C. giust.CE, 11 maggio 2006, C-340/04; Cons. Stato, sez. VI, 1° giugno 2007, n. 2932 e 3 aprile 2007, n. 1514), servendo maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile. In particolare: a)lostatutodellasocietànondeveconsentirecheunaquotadelcapitalesociale,ancheminoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (Cons. Stato, sez.V, 30 agosto 2006, n. 5072) ; b) il consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514) ; c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tral’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territorialedell’attivitàdellasocietàatuttal’Italiaeall’estero( C.giust.CE:10novembre2005, C-29/04, Mödling o Commissione c.Austria; 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen) ; d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5) . In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04, società Carbotermo e Consorzio Alisei c. Comune di Busto Arsizio). Ne consegue che l’in house esclude la terzietà, poiché l’affidamento avviene a favore di un soggetto il quale, pur dotato di autonoma personalità giuridica, si trova in condizioni di soggezione nei confronti dell’ente affidante che è in grado di determinarne le scelte, e l’impresa è anche sotto l’influenza dominante dell’ente. Da ultimo (Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719), sempre in aggiunta alla necessaria totale proprietà del capitale da parte del soggetto pubblico, si è ritenuto essenziale il concorso dei seguenti ulteriori fattori, tutti idonei a concretizzare una forma di controllo che sia effettiva, e non solo formale o apparente: a) il controllo del bilancio; b) il controllo sulla qualità della amministrazione; c) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti; d) la totale dipendenza dell’affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 51 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 51 L’in house, così come costruito dalla giurisprudenza comunitaria, sembra rappresentare, più che un modello di organizzazione dell’amministrazione, un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, le quali richiedono la previa gara. L’adunanza plenaria ritiene, pertanto, come rilevato inizialmente anche dalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007, che nella specie non vi siano i presupposti per configurare un’ipotesi di in house providing. Ciò in quanto deve escludersi, in via generale, la riconducibilità del modello organizzativo della società mista a quello dell’in house providing. E A.M.O.S. s.p.a. è una società mista a capitale pubblico di maggioranza in cui circa il 30% del capitale appartiene a privati. Si prescinde, conseguentemente, dall’esame delle varie questioni in tema di “in house providing” così come rimesse dalla sezione quinta. 9. La fattispecie per cui è causa va riportata nell’ambito dell’affidamento dei servizi asocietà (non interamente posseduta dall’ente pubblico, ma) a capitale misto pubblico/privato. Il fenomeno delle società miste rientra nel concetto di partenariato pubblico privato (PPP), la cui codificazione risale al “libro verde” della Commissione CE relativo al PPP e al dirit- to comunitario degli appalti e delle concessioni. Nel “libro verde”, presentato il 30 aprile2004, la Commissione ha affermato che il termine PPP si riferisce in generale a “forme dicooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire ilfinanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infra- struttura o la fornitura di un servizio” . La Commissione, nel citato “libro verde”, ha ritenuto di potere individuare due tipi di par- tenariato pubblico-privato; e precisamente il tipo “puramente contrattuale” e quello “istitu- zionalizzato” . La ratio dell’istituto va rinvenuta nella difficoltà dell’amministrazione di reperire risorsenecessarie ad assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio alla collettività. In un qua- dro di questo tipo, il ricorso a capitali ed energie private diventa momento quasi ineludibilenel difficile compito di garantire un’azione amministrativa efficiente ed efficace, fortementeimprontata a criteri di economicità. L’acquisizione del patrimonio cognitivo, composto diconoscenzetecnicheescientifiche,maturatodalprivatonellesingoleareestrategichediaffa- ri, costituisce un arricchimento del know-how pubblico oltre che un possibile alleggerimentodegli oneri economico-finanziari, che le pubbliche amministrazioni devono sopportare insede di erogazione di servizi o di realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Sia la Commissione che il Parlamento europeo concordano nel ritenere che le forme di PPPnon costituiscono “l’anticamera” di un processo di privatizzazione delle funzioni pubbliche, dal momento che le sinergie tra pubblica amministrazione e soggetti privati possono gene- rare effetti positivi per la collettività, atteggiandosi a strumento alternativo alla stessa priva- tizzazione. Per questo motivo l’assemblea di Strasburgo ha qualificato, senza mezzi termi- ni, il PPP, in tutte le sue manifestazioni, come un possibile strumento di organizzazione egestione delle funzioni pubbliche, riconoscendo alle amministrazioni la più ampia facoltà distabilire se avvalersi o meno di soggetti privati terzi, oppure di imprese interamente control- late oppure, in ultimo, di esercitare direttamente i propri compiti istituzionali. Il PPP di tipo “puramente contrattuale” è quello “basato esclusivamente su legami contrat- tuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti più o meno ampi – tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio – vengono affidati al partner privato”. I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono l’appalto e laconcessione. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 52 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 52 I partenariati pubblico privato di tipo istituzionalizzato sono, secondo la Commissione euro- pea (si veda il citato “libro verde”) , quelli che implicano una cooperazione tra il settore pub- blico e il settore privato in seno a un’entità distinta; che implicano, cioè, la creazione diun’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, la quale ha la“missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico. Ilmodellodipartenariatoditipoistituzionalizzatopiùconosciutoèquellodellasocietàmista. La Commissione europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo “istitu- zionalizzato” a quello di tipo “puramente contrattuale” e, perciò, a considerare applicabileanche al primo tipo di partenariato il “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle con- cessioni”. Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner privato, essendochiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, devono applicarsi, comeavviene per l’affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sullalibera prestazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, nonché i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e reciproco riconoscimento. La necessità di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il qualecostituire società miste costituisce una regola ormai acquisita nell’ordinamento interno. Ecomunque l’unico limite posto dal Parlamento europeo consiste nel rispetto dei principi diconcorrenza, trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità; principi, tutti, che trovanocittadinanza all’interno del Trattato dell’U.E.. Anche perché lo stesso “libro verde” precisache la partnership pubblico-privato va senz’altro favorita ma non può rappresentare unmodo per eludere la disciplina della concorrenza. Al riguardo il D.Lgs. n. 163/2006 si limita, all’art. 1, comma 2, a prescrivere che, “Nei casiin cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/ogestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con pro- cedure di evidenza pubblica”. La norma ha così inteso solo codificare il principio secondocui, in questi casi, la scelta del socio deve comunque avvenire “con procedure di evidenzapubblica” (Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007). 10. La sezione quinta, nel rimettere all’esame dell’adunanza plenaria, ha rilevato comela questione della possibilità di affidare direttamente il servizio a società partecipate dall’en- te pubblico, allorquando le esigenze di tutela della concorrenza siano state rispettate amonte, col previo esperimento della pubblica gara indetta per l’individuazione del partnerprivato, trova in giurisprudenza soluzioni non univoche. Ad atteggiamenti di totale chiusura nei confronti della possibilità di affidare direttamente asocietà miste la gestione dei servizi [che postulerebbero, invece, l’esperimento di una spe- cifica gara, diversa e successiva rispetto a quella necessaria all’individuazione del socio pri- vato di minoranza (soluzione fatta propria dal Consiglio di giustizia amministrativa per laRegione siciliana con la citata decisione n. 589/2006)], fa da contraltare la tesi sostenuta dauna parte della dottrina e della giurisprudenza, secondo cui la società mista a prevalente par- tecipazione pubblica può essere sempre affidataria diretta dei servizi, alla sola condizioneche la scelta del contraente privato sia avvenuta mediante trasparenti procedure selettive. Una posizione intermedia tra i due riferiti orientamenti è stata espressa dalla sezione secondadi questo Consiglio, con il citato parere n. 456/2007, che si incentra sulla ritenuta ampia fun- gibilità tra lo schema funzionale della società mista e quello dell’appalto. In altri termini, secondo la sezione consultiva, la gestione del servizio può essere indifferentemente affidataconappositocontrattodiappalto,oconlostrumentoalternativodelcontrattodisocietà,costi- tuendo apposita società a capitale misto. Nel caso del “socio di lavoro” , “socio industriale” o “socio operativo” (come contrapposti al “socio finanziario”) , si è affermato che l’attività che 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 53 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 53 si ritiene “affidata” (senza gara) alla società mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partnerprivatosceltocon una proceduradi evidenza pubblica, la quale abbia a oggetto, al tempo stesso, anche l’attribuzione dei suoi compiti operativi e la qualità di socio. In particolare, con il citato parere n. 456/2007, si è affermato che: a) non è condivisibile la posizione “estrema” secondo la quale, per il solo fatto che il socio privato è scelto tramite procedura di evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’affidamento diretto; b) tale ipotesi suscita perplessità per il caso di società miste “aperte”, nelle quali il socio, ancorché selezionato con gara, non viene scelto per finalità definite, ma soltanto come partner privato per una società “generalista”, alla quale affidare direttamente l’erogazione di servizi non ancora identificati al momento della scelta del socio e con lo scopo di svolgere anche attività extra moenia, avvalendosi semmai dei vantaggi derivanti dal rapporto privilegiato stabilito con il partner pubblico; c) è ammissibile il ricorso alla figura della società mista (quantomeno) nel caso in cui essa non costituisca, in sostanza, la beneficiaria di un “affidamento diretto”, ma la modalità organizzativa con la quale l’amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al “socio operativo” della società; d)ilricorsoatalefiguradevecomunqueavvenireacondizionechesussistano–oltreallaspecifica previsione legislativa che ne fondi la possibilità, alle motivate ragioni e alla scelta del socio con gara, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 – garanzie tali da fugare gli ulteriori dubbi e ragioni di perplessità in ordine alla restrizione della concorrenza; e) laddove vi siano giustificate ragioni per non ricorrere a un affidamento esterno integrale, èlegittimoconfigurare,quantomeno,unmodelloorganizzativoincuiricorranoduegaranzie: 1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, il quale concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; il che vuol dire effettuazione di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo; 2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento”, evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista, possibilmente prescrivendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva gara egli risulti non più aggiudicatario. La sezione quinta propende per l’ipotesi ricostruttiva di cui al detto parere (non ancora vagliata dalla giurisprudenza comunitaria), temperandola però con alcune precisazioni e puntualizzazioni, ed invocando altresì l’intervento del giudice comunitario. 11. L’adunanza plenaria ritiene l’illegittimità dell’impugnato affidamento siccome nonpreceduto da una procedura concorrenziale. Va ribadito, innanzitutto, che, nella controversia per cui è causa, non può invocarsi quantostatuito dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana con la citata deci- sione n. 589/2006, secondo cui la stretta osservanza del diritto comunitario in materia disocietà miste comporta un’interpretazione restrittiva, se non addirittura disapplicativa, del- l’art. 113, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 267/2000; nel senso che la costituzione di una talesocietà, anche con scelta del socio a seguito di gara, non esime dall’effettuazione di unaseconda gara per l’affidamento del servizio. Ciò in quanto non si è in presenza di servizipubblici locali, ai quali solamente si può applicare (e conseguentemente disapplicare) il cita- to art. 113 (si veda quanto osservato alla fine del paragrafo 7 della presente decisione) . 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 54 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 54 12.Alivello comunitario il coinvolgimento nella gestione dei servizi di soggetti priva- ti viene visto con favore, potendo essi apportare alla pubblica amministrazione know how e una gestione più manageriale. Ma il ricorso allo strumento della società mista si può presta- re ad abusi, avendo spesso costituito un espediente per aggirare la regola dell’affidamentodei servizi sulla base di una procedura competitiva. Il modello elaborato dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il citato parere n. 456/2007, rappresenta una delle possibili soluzioni delle problematiche connesse alla costi- tuzione delle società miste e all’affidamento del servizio alle stesse; nel rispetto del princi- pio di concorrenza, nonché nella ricerca di contemperare le esigenze di cooperazione tra set- tore pubblico e privato con quelle di tutela della concorrenza. Il modello presuppone la fun- gibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, e si fonda sulla necessità che la gestionedel servizio venga prevista allorquando si costituisce la società. L’adunanza plenaria ritiene che, allo stato e in mancanza di indicazioni precise da parte dellanormativa e della giurisprudenza comunitaria, non sia elaborabile una soluzione univoca oun modello definitivo. Si corre il rischio di dar luogo a interpretazioni “praeter legem”, chepotrebbero non trovare l’avallo della Corte di giustizia. E comunque la fattispecie per cui ècausa, a parte l’inconfigurabilità di un servizio pubblico locale, non rientra nei confini delmodello così come costruito dalla sezione seconda di questo Consiglio. Medicasa Italia s.p.a. era il precedente gestore del servizio di cure sanitarie domiciliari; ser- vizio che si era aggiudicato nel 2000 dall’A.S.L. 19 di Asti a seguito di apposita gara ban- dita dall’azienda stessa. Il servizio veniva gestito dalla società medesima in regime di pro- roga sino agli ultimi mesi del 2006. Nell’aprile 2006, infatti, l’A.S.L. 19 di Asti aveva bandito una nuova gara per “individua- zione partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di curaalla persona”. Nel giugno 2006 l’A.S.L. 19 di Asti aveva però acquisito (da soci pubblici) il18% delle azioni di A.M.O.S. s.p.a., che esisteva già dal 2004. Conseguentemente, avevadeciso di revocare la gara già bandita e di affidare direttamente il servizio a quest’ultima. Il modello costruito con il citato parere n. 456/2007 non è rinvenibile nella specie in quan- to non si è verificata la prima delle condizioni richieste; ossia che il socio venga sceltomediante procedura a evidenza pubblica nella quale la gestione del servizio sia stata defini- ta e precisata. Il che vuol dire avere stabilito, contestualmente alla scelta (previa gara) delsocio il quale dovrà gestire il servizio, quanto meno le caratteristiche della gestione stessa(ossia condizioni, modalità e durata). Non si è verificato, quindi, quel presupposto costitui- to dall’effettuazione “di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamentodel servizio operativo”. In particolare, la controversia per cui è causa non è in alcun modo assimilabile all’ipotesisulla quale è stato reso il citato parere n. 456/2007 anche perché: a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima l’affidamento (dall’A.S.L. 19 di Asti) del servi- zio alla società mista; b) né l’originario statuto della società mista né gli atti della gara preordinata alla scelta deisoci privati hanno previsto la possibilità di estensione dell’attività della società stessa nel- l’ambito dell’A.S.L. 19; c) la scelta dei soci è stata effettuata da amministrazione diversa da quella (A.S.L. 19) cheha dopo affidato il servizio alla società mista, avendo acquisito una percentuale del capita- le della società solo alcuni anni successivi alla costituzione di quest’ultima; d) la società mista non è stata appositamente costituita solo per quella specifica attività inseguito oggetto di affidamento; 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 55 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 55 e) nella società mista non vi è il socio operativo che concorre materialmente allo svolgimen- to del servizio ma tre tipi di soci: finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario; f)nellagestionedel servizio,ditiposanitario,affidatoalla societàmistasonocoinvoltiindif- ferentemente tutti i soci, e quindi anche quelli non del settore sanitario e quelli finanziari; g) l’oggetto sociale della società mista è variegato e di ampie dimensioni (si veda l’art. 4dello statuto e quanto osservato al paragrafo 6 della presente decisione e sottolineato anchedalla sezione quinta di questo Consiglio con la decisione n. 5527/2007). Mancando la principale condizione, richiesta dal citato parere n. 456/2007, per potere con- siderare legittimo un affidamento diretto (effettuazione “di una gara che con la scelta delsocio definisca anche l’affidamento del servizio operativo”), si prescinde dall’esame dellevarie questioni sul medesimo parere rimesse dalla sezione quinta; questioni la cui soluzio- ne non serve alla decisione della controversia per cui è causa. 13. L’illegittimità del contestato affidamento – avvenuto in via diretta senza previa gara – consegue alla violazione dei principi del Trattato dell’U.E.; ossia del principio di concorrenza e di quelli, che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione e parità di trattamento. Siffatti principi, che hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27, comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006) e che si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici, sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno contrario (Cons. Stato, sez. VI: 30 gennaio 2007, n. 362; 30 dicembre 2005, n. 7616; 25 gennaio 2005, n. 168) . Alla stregua della comunicazione della Commissione europea del 12 aprile 2000, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. C 121 del 29 aprile 2000, richiamata e sviluppata da una circolare della Presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento per le politiche comunitarie n. 945 in data 1° marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all’importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie (nella specie concessione di servizi) volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata. Con la comunicazione della Commissione si è rimarcato che, “benché ilTrattato non contenga alcuna esplicita menzione degli appalti pubblici, né delle concessioni, molte delle sue disposizionisonorilevantiinmateria.SitrattadellenormedelTrattatochepresidianoegarantiscono il buon funzionamento del mercato unico, ossia: – le norme che vietano qualsiasi discriminazionefondatasullanazionalità(articolo12,paragrafo1,exarticolo6,paragrafo1) ; – le norme relative alla libera circolazione delle merci (articoli 28 – ex 30 – e seguenti) , alla libertà di stabilimento(articoli 43 – ex 52 – e seguenti),allaliberaprestazionedi servizi (articoli 49 – ex 59 – e seguenti) nonchéle eccezioni a tali norme previste agli articoli 30, 45 e 46 (ex articoli 36, 55 e 56) ; – le disposizioni dell’articolo 86 (ex 90) del Trattato” . La detta circolare ha a sua volta puntualizzato che, “a prescindere dall’applicabilità di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del Trattato o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte. Si tratta in particolare dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalità così come risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale della Corte europea che si è posta all’avanguardia nella loro elaborazione”. Segnatamente “il principio di trasparenza, strettamente legato a quello di non discriminazione poiché garantisce condizio 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 56 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 56 ni di concorrenza non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione. Secondo le indicazioni della Commissione europea (si veda il punto 3.1.2 dellaComunicazione interpretativa) tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioninecessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro interesse a par- tecipare alla procedura quali l’indicazione dei criteri di selezione ed attribuzione, l’oggettodella concessione e delle prestazioni attese dal concessionario. Spetterà poi in particolare aigiudici nazionali valutare se tali obblighi siano stati osservati attraverso l’adozione di appro- priate regole o prassi amministrative”. Inoltre, “la sottoposizione delle concessioni di servizialprincipiodinondiscriminazione,inparticolareinbaseallanazionalità,èstatorecentemen- teconfermatoanchedallagiurisprudenzacomunitaria,chehaprecisatocomel’obbligoditra- sparenza a cui sono tenute le amministrazioni consiste nel garantire, in favore di ogni poten- ziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura degli appalti dei ser- vizi alla concorrenza nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione(Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, cit. , considerato n. 62)”. La circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative dell’art. 81del Trattato porta in sostanza a ritenere che le norme delle stesse siano puramente applica- tive, con riferimento a determinati appalti, di principi generali che, essendo sanciti in modouniversale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse daquelle concretamente contemplate. Di qui l’immediata operatività dei principi, sopra esposti con riferimento alla concessionedi servizi, anche agli appalti sottosoglia (si veda la circolare del dipartimento per le politi- che comunitarie in data 30 giugno 2002, ove si richiama l’ordinanza 3 dicembre 2001, C- 59/00 e la sentenza 7 dicembre 2000, C-324, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, resedalla Corte di giustizia) e ai contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l’interesse con- correnziale delle imprese e dei professionisti, nonché, infine, alle stesse concessioni di benipubblici di rilevanza economica. La Corte di giustizia, in particolare, ha statuito che, “sebbene le direttive comunitarie checoordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applichino soltanto aicontratti il cui valore supera un determinato limite previsto espressamente in ciascuna delledette direttive, il solo fatto che il legislatore comunitario abbia considerato che le procedu- re particolari e rigorose previste in tali direttive non sono adeguate allorché si tratta di appal- ti pubblici di scarso valore, non significa che questi ultimi siano esclusi dall’ambito di appli- cazione del diritto comunitario” (si veda, in tal senso, l’ordinanza 3 dicembre 2001, C- 59/00, punto 19). Già in precedenza il giudice comunitario aveva sottolineato la necessitàdel rispetto del principio di trasparenza anche per gli appalti non rientranti espressamentenella sfera di applicazione di una direttiva, ricordando che, “nonostante il fatto che siffatticontratti, allo stadio attuale del diritto comunitario, siano esclusi dalla sfera di applicazionedella direttiva 93/38, gli enti aggiudicatori che li stipulano sono ciò nondimeno tenuti arispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, e il principio di non discrimina- zione in base alla nazionalità in particolare” (sentenza 7 dicembre 2000, C-324/98, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, punto 60). Il Consiglio di Stato (sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934) ha già richiamato e condiviso gliorientamenti della Corte di giustizia, puntualizzando che norme comunitarie vincolanti benpossono imporsi oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti. Si è richia- mata la posizione della Commissione U.E., secondo la quale, anche nei casi in cui non trovaapplicazione la direttiva sugli appalti di servizi (in particolare, nell’ipotesi delle concessio- 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 57 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 57 ni di pubblici servizi), la scelta del contraente incontra i limiti indicati dalle norme delTrattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comuni- tario; tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza. E si è afferma- to che si impone così una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare inogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (per l’affermazione dei medesimi principie per la rilevanza generale degli obblighi di trasparenza nella scelta dei contraenti, speciequando si tratta di servizi pubblici, C. giust. CE, 7 dicembre 2000, C-324/98). Siffatte affermazioni, anche se rese con riferimento alla concessione di servizi pubblici cheè figura diversa dall’appalto di servizi, hanno una portata generale e possono adattarsi a ognifattispecie estranea all’immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934). Il principio di concorrenza è uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in relazione almondo delle commesse pubbliche. Esso garantisce la completa parità di accesso di tutte leimprese europee al monte dei contratti pubblici. La conseguenza rilevante è che le impreseeuropee (e anche quelle dello stesso Paese del cui ordinamento giuridico si giudica) devonoessere poste sullo stesso piano, concedendo loro le medesime opportunità; sia sotto il profi- lo dell’accesso ai contratti pubblici (e quindi attraverso il sistema ordinario dell’evidenzapubblica), sia impedendo che particolari situazioni economiche pongano alcune di esse inuna condizione di privilegio o comunque di favore economico. Da ciò consegue che il sistemadell’affidamentodiretto, in primo luogo,costituisce eccezionedi stretta interpretazione al sistema ordinario delle gare; e, in secondo luogo, deve rispondereabenprecisipresupposti(insussistentinellacontroversiapercuiècausa),inassenzadeiqualil’affidamento è idoneo a turbare la par condicio e quindi a violare il Trattato (e le direttive). Recentemente siffatti principi sono stati ribaditi dalla Corte costituzionale, con la sentenza22 novembre 2007, n. 401. Nell’ambito dei contratti pubblici, ad avviso della Consulta, viene soprattutto in rilievo l’a- spetto della tutela della concorrenza, che si concretizza, in primo luogo, nell’esigenza diassicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore; inossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabili- mento e della libera prestazione dei servizi. Le procedure di evidenza pubblica nella sceltadel contraente devono essere idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di pari- tà di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza. La Corte haquindi evidenziato che la nozione comunitaria di concorrenza, che si riflette su quella di cuiall’art. 117, comma 2, lett. e), della cost., è definita come concorrenza “per” il mercato, laquale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurinoil rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati. Sul piano interno, l’osservanza di siffatti principi costituisce anche attuazione delle stesseregolecostituzionalidibuonandamentoeimparzialità,lequali,aisensidell’art.97dellacost., devono guidare tutta l’azione dell’amministrazione.Anzi, è proprio l’esigenza di uniformarelanormativainternaaquellacomunitaria –sulpianodelladisciplinadelprocedimentodiscel- ta del contraente – nel perseguimento della tutela della concorrenza, ad avere determinato ildefinitivosuperamento della concezione che vedeva la procedimentalizzazione dell’attività disceltadelcontraentedettatanell’esclusivointeressedell’amministrazione.Pervenendosiall’o- biettivoprimariocostituitodalla tuteladegliinteressideglioperatori,adaccederealmercatoea concorrere per il mercato. Il che realizza pur sempre medesime finalità. 14. Con riguardo allo specifico dettato normativo, invocato dall’appellante, costituitodall’art. 9-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 502/1992 – secondo cui “Le regioni e le province 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 58 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 58 autonome di Trento e di Bolzano, autorizzano programmi di sperimentazione aventi a ogget- to nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Serviziosanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capi- tale pubblico e privato” – esso consente solo la costituzione di società miste; possibilità che, altrimenti, sarebbe vietata (ai sensi del comma 4 del citato art. 9-bis, “Al di fuori dei pro- grammi di sperimentazione di cui al presente articolo, è fatto divieto alle aziende delServizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svol- gimento di compiti diretti di tutela della salute”). Ma non permette certo l’affidamento diret- to del servizio alla società stessa. Diversamente opinando si tratterebbe di norma da disap- plicare siccome contraria ai principi del Trattato. Non risulta risolutivo, in favore dell’appellante, nemmeno l’intervento dell’art. 13, commi1 e 2, del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248/2006 (così dettodecreto Bersani), secondo cui le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali: – devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti (viene fissata, quindi, la regola dell’esclusività, in luogo di quella della prevalenza) ; – non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti; – sono a oggetto sociale esclusivo. È sufficiente rilevare che l’oggetto sociale esclusivo non va inteso come divieto delle società così dette multiutilities, ma rafforza la regola dell’esclusività evitando che dopo l’affidamento la società possa andare a fare altro (Cons. Stato, sez. III, 25 settembre 2007, n. 322 e sez. II, 18 aprile 2007, n. 456). E comunque, diversamente da quanto prospettato dall’appellante, data la differenza del fenomeno “società mista” rispetto a quello dell’in house providing, il disposto del comma 2 del citato art. 13 –secondo cui le società miste “sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1” – non ha dato luogo a quel “controllo analogo” che legittima l’affidamento diretto. 15. Alla luce di quanto statuito dall’adunanza plenaria, che ha evidenziato l’irrilevan- za delle norme invocate anche perché non consentono l’affidamento diretto del servizio, vengono meno alla radice le condizioni per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giu- stizia dell’U.E. con riguardo agli artt. 13 del d.l. n. 223/2006, convertito, con modificazio- ni, dalla l. n. 248/2006, e 9-bis del D.Lgs. n. 502/1992, così come richiesto dall’appellante. 16. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese del giudizio, sussisten- do giusti motivi, possono essere compensate. Non vi è luogo a provvedere sulle spese neiconfronti dei soggetti appellati non costituiti. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria) respinge il ricorso inappello. Compensa tra le parti le spese del giudizio. Nulla spese nei confronti dei soggetti appellatinon costituiti. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma il 10 dicembre 2007 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale(adunanza plenaria), in camera di consiglio. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 59 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 59 (All. 2) Giudizio in corso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europee. Causa C- 573/07 – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Italia) il 28 dicembre 2007 – Sea s.r.l./Comune di Ponte Nossa. (Avvocato dello Stato G. Fiengo – AL9414/08) . LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se sia compatibile con il diritto comunitario ed in particolare con la libertà di stabilimentoovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di pari- tà di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza di cui agli artt. 12, 43, 45, 46 49 e86 del Trattato, l’affidamento diretto di un servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dirifiuti solidi urbani ed assimilati ad una società per azioni a capitale interamente pubblicoe statuto conformato – ai fini dell’art. 113 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 – così come espo- sto in motivazione. IL FATTO La SEAS.r.l. , già aggiudicataria a seguito di pubblica gara dell’appalto di servizio di raccol- ta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilati nel territorio del Comune diPonte Nossa per il triennio 2004/2006, ha impugnato la deliberazione comunale relativa allaprocedura di affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto rifiuti alla societàSE.T.Co. S.p.a. di cui il comune è divenuto socio. La SE.T.Co. S.p.a. è una società parteci- pata da alcuni Comuni della Val Seriana, il cui il maggior azionista è il Comune di Clusone. LapartecipazionedelComunediPonteNossaèstatadispostainvistadell’affidamentodiret- to alla società del servizio in questione, poi effettivamente disposto dal 1 gennaio 2007. Laricorrentelamentavatral’altrolaviolazionedell’art.113TUELedegliartt.43,49e86delTrattato CE, inquanto il Comuneneiconfronti della Se.T.Conon eserciterebbequel “control- lo analogo” che solo consente l’affidamento diretto di un servizio ad una società partecipata. Il TAR Lombardia con ordinanza n. 148/07 del 11 ottobre 2007 rimetteva alla Corte diGiustizia la questione pregiudiziale relativa alla compatibilità dell’affidamento diretto di unservizio di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilati ad unasocietà per azione a capitale interamente pubblico e statuto conformato – ai fini dell’art. 113 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 – con gli artt. 12, 43, 45, 46, 49 e 86 del Trattato sulla liber- tà di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gliobblighi di parità di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO Laquestionevienepostadalgiudiceaquocomeproblemadicompatibilitàdell’art.113TUELcon gli artt. 12, 43, 45, 46, 49 e 86 del Trattato CE: si tratterebbe di stabilire se l’art. 113 delD.Lgs. n. 267 del 2000 che consente agli enti locali minori, ovvero a Province e Comuni, diaffidare direttamente la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica a “società acapitaleinteramentepubblico”,acondizioneperòchelasocietà“realizzilapartepiùimpor- tante della propria attività con l’ente o gli entipubbliciche la controllano” e che “l’enteo glienti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quel- lo esercitato sui propri servizi” , sia compatibile con la normativa comunitaria, che tutela lalibertà di stabilimento ovvero di prestazioni di servizi, con il divieto di discriminazione e congli obblighi di parità di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza. L’ordinanza del TAR per la Lombardia ha per oggetto specificatamente la cosiddetta gestio- ne “in house” di servizi pubblici da parte di autorità nazionali, prevalentemente locali. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 60 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 60 Il paradigma di questa modalità di gestione dei pubblici servizi si sostanzia nella scelta daparte della stazione appaltante di gestire in proprio un determinato servizio pubblico, delquale ha la titolarità, affidandolo direttamente ad una società di cui detiene la totalità (o lamaggioranza) del capitale sociale e che, normalmente, ha creato a tali precipui fini. Purpotendo apparire come un affidamento ad un terzo, in quanto l’attribuzione del servizioavviene a favore di un soggetto avente formalmente autonoma soggettività (pubblico o pri- vata), in realtà questa distinta persona giuridica non rappresenta altro che una longa manusdella stessa amministrazione pubblica. L’utilità del ricorso a questa particolare modalità digestione dei sevizi pubblici è quella di consentire all’ente pubblico l’utilizzo di strumenti piùduttili e flessibili alle esigenze del mercato (ad esempio la limitazione della responsabilitàtipica delle società di capitali), pur mantenendo sull’ente affidatario del servizio controllianaloghi a quelli che può esercitare sulle proprie articolazioni interne. L’individuazione e ladisciplina di questa particolare modalità di gestione trova fondamento nello stesso dirittocomunitario; si vedano al riguardo il libro verde sui servizi di interesse generale COM (2003), 270, la relazione sullo stesso al Parlamento europeo di Philippe Herzog, nonché lasuccessiva conforme risoluzione del Parlamento europeo sul predetto libro verde – punto 35 – ove si parla in maniera espressa del “diritto all’autoproduzione dei servizi” da parte deglienti pubblici ed è stata riconosciuta legittima della stessa Corte di giustizia del Lussemburgo(sentenza Teckal del 18 novembre 1999 in causa C-107/1998 nonché da ultimo nella senten- za Tragsa del 19 aprile 2007 in causa C-295/05). Il problema posto dal giudice nazionale riguarda le modalità attraverso cui l’ente pubblicoesercita sul soggetto affidatario del servizio quel “controllo gestionale e finanziario strin- gente” che, secondo la giurisprudenza comunitaria, consente di assimilarne la struttura aduna propria, particolare, articolazione organizzativa. In via preliminare si osserva che si tratta di un quesito che non sembra riguardare l’applica- zione del Trattato e delle norme comunitarie, quanto piuttosto l’interpretazione del dirittointerno al fine di verificare in concreto se si sia in presenza, nel caso dedotto in lite, di uncontrollo gestionale e finanziario stringente “controllo analogo”, ai fini dell’applicazionedella deroga alla pubblica gara, consentita dalla normativa comunitaria e nazionale. È noto al riguardo che la normativa nazionale ha trasfuso letteralmente le indicazioni dellasentenza Teckal della Corte di Giustizia del 18 novembre 1999 nel comma 5 lettera c) del- l’art. 113 del Testo Unico sugli Enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000, così modificato da ulti- mo dal D.L. n. 269 del 2003 e relativa legge di conversione) che disciplina la gestione dellereti e dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In virtù della predetta disposizionela gestione dei servizi pubblici locali può avvenire solo osservando le specifiche e tassativeforme organizzative previste dal quinto comma, la cui nuova formulazione rende, pertanto, non più utilizzabili altre forme di affidamento previste in precedenza (quali il ricorso alleconvenzioni di cui agli artt. 30 del D.Lgs. 267 del 2000 e 15 della legge 241 del 1990), anchein virtù della espressa clausola contenuta nel primo comma dell’art. 113 in cui si affermache “le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affida- mento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabi- li…”. In proposito è possibile rilevare che la disposizione previgente è stata interamentesostituita dalla nuova ipotesi formulata dall’art. 113, comma 5 lett. c) che prevede l’affida- mento diretto a società a capitale interamente pubblico a due condizioni: a) che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un con- trollo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e b) che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli entipubblici che la controllano. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 61 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 61 L’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 è nient’altro che la trasfusione letterale di indicazionioperate dalla giurisprudenza comunitaria e pertanto sicuramente compatibile con le normecomunitarie in materia di tutela della libertà di stabilimento, ovvero di prestazioni di servi- zi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parità di trattamento, di trasparen- za e di libera concorrenza. Infatti, i giudici di Lussemburgo nella sentenza del 6 aprile 2006nella causa tra l’Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori contro il Comune di Barihanno affermato che l’art. 113 è in linea di principio conforme al diritto comunitario. Sembra evidente che si tratta comunque di semplici modalità organizzative nella gestionepubblica dei servizi d’interesse generale in relazione alle quali non hanno ragion d’essere idubbi sollevati dal giudice nazionale in ordine alla conformità al diritto comunitario. Nel caso di specie si tratta di verificare se sussistono i requisiti stabiliti dalla sentenza Teckal tra l’ente e la società a capitale interamente pubblico che solo consentono l’esclusione del- l’applicazione della normativa del Trattato. In ambito comunitario si è cercato di affrontare il peculiare e delicato problema degli appal- ti in house in diverse pronunce della Corte di Giustizia (C-306/96, C-108/98, C-107/98, C- 231/03, C-458/03). La Corte ha stabilito la non obbligatorietà del ricorso alla gara di affida- mento, qualora l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sul soggetto aggiudicatario un“controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi, e tale ente realizzi la parte piùimportante della propria attività con l’amministrazione che lo controlla, in quanto si prescin- derebbe dall’ambito di applicazione della direttiva 92/50. La Corte richiede un controllo “analogo”, che non sia esattamente coincidente, identico aquello tipico del vertice amministrativo rispetto agli apparati dell’ente; e comunque nondeve trattarsi di un controllo debole né meramente formale, in quanto l’ente locale deveavere la possibilità di far valere in maniera completa i propri interessi nell’ambito dell’im- presa. La formula gestionale si sostanzia in un recepimento pieno e rigoroso del modello del“in house providing” o della “delegazione interorganica”, contemplato per gli appalti pub- blici nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. Il suddetto modello implica chela società affidataria sia in sostanza nient’altro che una sorta di diramazione organizzativadell’ente locale, privo di una sua autonomia imprenditoriale e di capacità decisionali distin- te da quelle dell’ente stesso. Secondo il giudice comunitario esclusivamente nell’ipotesi in cui l’amministrazione aggiu- dicatrice concluda un contratto con un soggetto che è qualificabile in delega interorganicacon la stessa si esulerà dall’ambito di applicazione della normativa comunitaria. E per com- piere tale valutazione si deve ricercare la contemporanea presenza nel rapporto tra i due sog- getti della dipendenza formale, di quella economica e di quella amministrativa, tali elemen- ti devono essere unificati e caratterizzati dall’omogeneità di indirizzi nella gestione che ledue persone giuridiche distinte (controllante e controllato) devono assolutamente persegui- re nella loro gestione (missione). Al riguardo la Corte di Giustizia nella sentenza 11 gennaio 2005, Stadt Halle, ha precisatoche il concetto di “controllo analogo” implica che il soggetto su cui tale controllo viene eser- citato abbia come sua finalità esclusiva il perseguimento dell’interesse pubblico; ciò nonsarebbe possibile nel caso di partecipazione al soggetto stesso da parte di un imprenditoreprivato, che per sua natura tende a perseguire anche un interesse proprio, diverso dall’inte- resse pubblico in senso stretto. Di conseguenza, la partecipazione di un socio privato, anchese minoritaria, secondo la Corte impedisce di considerare la società in questione un’artico- lazione organizzativa dell’ente committente, non consente di parlare di società in house e di procedere all’affidamento senza gara (vedi peraltro in senso più flessibile la decisione n. C- 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 62 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 62 295/05 citata). Tale orientamento viene ribadito dalla Corte di Giustizia, pochi mesi dopo, con la decisione nella causa Co.Na.Me. a mezzo della quale il giudice comunitario ha escluso la possibilità di affidamenti in house nelle ipotesi in cui il soggetto aggiudicatore sia partecipato da privati. La presenza del privato sarebbe idonea, ex se, a precludere la spendibilità di un “controllo analogo” . La Corte ha precisato che, trattandosi di un’eccezione alle regole generali di diritto comunitario, le due condizioni devono essere interpretate restrittivamente, e l’onere di dimostrare l’effettiva sussistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regola grava sul soggetto che intende avvalersene. La sentenza del 11 maggio 2006, Carbotermo S.p.A. e Consorzio Alisei contro Comune di Busto Arsizio e AGESP S.p.a., avvia un atteggiamento meno rigido del giudice comunitario in ordine ai presupposti del controllo analogo, laddove, pur confermando che l’ente pubblico deve poter influenzare le decisioni della società partecipata in maniera determinate “sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti”, la Corte di Giustizia ha riconosciuto una presunzione di controllo analogo in quelle ipotesi in cui la società sia posseduta per intero dall’amministrazione aggiudicatrice. L’esistenza di un ente distinto è facile da concepire, in quanto è sufficiente accertare che l’operatore economico sia costituito sotto una forma giuridica diversa da quella dell’amministrazione aggiudicatrice. Al contrario, non sempre è agevole rendersi conto del grado di effettiva autonomia di cui l’ente dispone. In particolare, la natura del controllo esercitato dal soggetto pubblico su un organismo giuridicamente distinto, o il livello a partire dal quale si può ritenere che quest’ultimo svolga la parte essenziale della sua attività con l’autorità pubblica dalla quale dipende, in determinate circostanze possono suscitare incertezze. Riassumendo, il controllo analogo sussiste ogniqualvolta si accerti l’esistenza di uno stringente controllo gestionale e finanziario dell’ente pubblico sulla società partecipata, in modo tale che i compiti affidati alla società saranno trattati come se fossero stati ad essa delegati dall’amministrazione. In virtù di tale rapporto il soggetto partecipato, non possedendo alcuna autonomia decisionale in relazione ai più importanti atti di gestione, si configura come un’entità distinta solo formalmente dall’amministrazione, ma che in concreto continua a costituire parte della stessa. A tali condizione si può ritenere che tra l’amministrazione e la società sussista, agli effetti pratici un rapporto tale da impedire l’applicazione delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici. Nell’ordinamento italiano è stato inoltre mantenuto il comma 6 dell’art. 113 TUELsul divieto di partecipazione alle gare da parte “delle società che in Italia ed all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi” . Si tratta quindi di una normativa nazionale che è stata dettata in funzione dell’accelerazione del processo di liberalizzazione dei pubblici servizi locali, ma che, in un assetto definitivo della materia, potrebbe anche venire meno, in quanto il comportamento di una società costituita (ed È rimasta assegnataria senza gara di servizi) potrebbe ragionevolmente trovare eventuale sanzione sotto altri e diversi aspetti della disciplina della concorrenza. La giurisprudenza comunitaria e nazionale riconosce in linea di massima la non applicazione delle norme del Trattato CE in merito alla libertà di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discriminazione e con gli obblighi di parità di trattamento, di trasparenza e di libera concorrenza, quando l’affidamento diretto di un servizio avviene tra un ente locale e una società a capitale interamente pubblico, dove la prima esercita un controllo analogo sulla seconda. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 63 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 63 Spetta quindi al giudice a quo accertare in concreto se sussiste o meno il “controllo analo- go” da parte di un ente locale, comune di Ponte Nossa, sulla società, SE.T.Co. S.p.a. Taleanalisi deve essere effettuata attraverso lo statuto da società aggiudicataria e sugli effettivipoteri di controllo e di gestione dell’ente sulla società. In particolare il giudice nazionaledeve tener conto delle modalità attraverso cui l’ente pubblico esercita il controllo analogonell’ambito di uffici e strutture appartenenti alla sua organizzazione (persona giuridica) evalutare, in relazione alla struttura affidataria in house dell’appalto, se sussistono ed operi- no procedure e strumenti idonei ad assicurare in concreto l’esercizio di un potere di indiriz- zo “equivalente” quanto ad effetti (cosiddetto “controllo analogo”). Ogni diversa valutazio- ne meramente astratta rischia di dire troppo o troppo poco… Pertanto il governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere alla domanda pregiudizialeformulata dal Tribunale Amministrativo della Lombardia, sezione staccata di Brescia, nelsenso che: “L’articolo art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 è compatibile con la normativa comu- nitaria sulla libertà di stabilimento ovvero di prestazione di servizi, con il divieto di discri- minazione e con gli obblighi di parità di trattamento, di trasparenza e di libera concorren- za di cui agli artt. 12, 43, 45, 46, 49 e 86 del Trattato, in quanto la giurisprudenza dellaCorte di Giustizia delle comunità europee ha più volte stabilito la possibilità dell’affida- mento diretto di servizi a società per azione a capitale interamente pubblico e statuto con- formato a condizione che l’ente affidante eserciti un “controllo analogo” su quest’ultima. Il “controllo analogo” può essere effettuato in diverse modalità e sussiste qualora tra l’en- te e la società aggiudicataria vi sia contemporanea presenza della dipendenza formale, eco- nomica e amministrativa. L’accertamento in concreto di tale controllo è di competenza delgiudice nazionale” . Roma, 10 aprile 2008 (All. 3) Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112 Art. 23-bis. Servizi pubblici locali di rilevanza economica 1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei ser- vizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e alfine di favorire la più ampia diffusione dei princìpi di concorrenza, di libertà di stabilimentoe di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione diservizi di interesse generale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utentiall’universalitàe accessibilità dei servizi pubblicilocalie allivelloessenzialedelle prestazio- ni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m) , della Costituzione, assicurandoun adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i princìpi di sussidiarietà, proporzionalità eleale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servi- zi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. 2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, afavore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante pro- cedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi del Trattato che istituiscela Comunità europea e dei princìpi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, deiprincìpi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discri- minazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento,proporzionalità. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 64 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 64 3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioniche, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologichedel contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al merca- to, l’affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria. 4. Nei casi di cui al comma 3, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi del mercato, e contestualmente trasmettere una relazionecontenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza e del merca- to e alle autorità di regolazione del settore, ove costituite, per l’espressione di un parere suiprofilidicompetenza,darendereentrosessantagiornidallaricezionedellapredettarelazione. 5. Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidataa soggetti privati. 6. È consentito l’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblicilocali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa. Inquestocasoladuratadell’affidamento,unicapertuttiiservizi,nonpuòesseresuperioreallamedia calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore. 7. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa con laConferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i bacini digara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle economie di scala edi scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento dei servizi, non- ché l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi più redditizi, garanten- do il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di impianto per più sog- getti gestori e la copertura degli obblighi di servizio universale. 8. Salvo quanto previsto dal comma 10, lettera e), le concessioni relative al servizioidrico integrato rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunqueentro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione del- l’ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate ai sensi del comma 3. 9. I soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante leprocedure competitive di cui al comma 2, nonché i soggetti cui è affidata la gestione dellereti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dal- l’attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulterioriovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o pri- vati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controlla- te o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al periodo precedente non si appli- ca alle società quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubbli- ci locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento, medianteprocedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato. Inogni caso, entro la data del 31 dicembre 2010, per l’affidamento dei servizi si procedemediante procedura competitiva ad evidenza pubblica. 10. Il Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro centot- tanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, emana uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di: a) prevedere l’assoggettamento dei soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno e l’osservanza da parte delle società in house e delle società a partecipa 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 65 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 65 zione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e per l’assunzione di personale; b) prevedere, in attuazione dei princìpi di proporzionalità e di adeguatezza di cui all’articolo 118 della Costituzione, che i comuni con un limitato numero di residenti possano svolgere le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici locali in forma associata; c) prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione della disciplina sulle incompatibilità; d) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando le norme applicabili in via generale per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua; e) disciplinare, per i settori diversi da quello idrico, fermo restando il limite massimo stabilito dall’ordinamento di ciascun settore per la cessazione degli affidamenti effettuati con procedure diverse dall’evidenza pubblica o da quella di cui al comma 3, la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alle disposizioni di cui al presente articolo, prevedendo tempi differenziati e che gli affidamenti diretti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo; f) prevedere l’applicazione del principio di reciprocità ai fini dell’ammissione alle gare di imprese estere; g) limitare, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e razionalità economica, i casi di gestione in regime d’esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalità e accessibilità del servizio pubblico locale; h) prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente proporzionale e mai superiore ai tempi di recupero degli investimenti; i) disciplinare, in ogni caso di subentro, la cessione dei beni, di proprietà del precedente gestore, necessari per la prosecuzione del servizio; l) prevedere adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale anche con riguardo agli utenti dei servizi; m) individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente articolo. 11. L’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cuial decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è abrogato nelleparti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo. 12. Restano salve le procedure di affidamento già avviate alla data di entrata in vigo- re della legge di conversione del presente decreto. (All. 4) Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, Seconda Sezione, 17 luglio 2008 nella causa C-371/05 – Commissione delle Comunità europee/Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Fiengo – AL 52569/05) . Inadempimento di uno Stato – Direttiva 92/50/CEE – Artt. 11 e 15, n. 2 – Appalti pubblici di servizi – Aggiudicazione dei servizi informatici del Comune di Mantova –Aggiudicazionediretta senza previa pubblicazione di un bando di gara. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 66 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 66 (…Omissis) 1. Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte diconstatare che, avendo il Comune di Mantova affidato in via diretta e senza pubblicazionedi un apposito bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee la gestione, lamanutenzione e lo sviluppo di propri servizi informatici all’ASI SpA (in prosieguo: l’«ASI»), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza delladirettiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudica- zione degli appalti pubblici di servizi (GU L209, pag. 1), così come modificata dalla diret- tiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE (GU L 199, pag. 1) (in prosieguo: la «diret- tiva 92/50»), in particolare degli artt. 11 e 15, n. 2, della suddetta direttiva 92/50. Contesto normativo 2. L’art. 1, lett. a)-f), della direttiva 92/50 recita come segue: «Ai fini della presente direttiva s’intendono per: a) “appalti pubblici di servizi”, i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra unprestatore di servizi ed un’amministrazione aggiudicatrice, (…); b) “amministrazioni aggiudicatrici”, lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubbli- co, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico. Per “organismo di diritto pubblico” si intende qualsiasi organismo: – istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e – avente personalità giuridica, e – la cui attività è finanziatain modo maggioritario dallo Stato, dagli enti localio da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico. (… ) c) “prestatori di servizi” le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici che forniscono servizi. Viene chiamato “offerente” il prestatore di servizi che presenti un’offerta e “candidato” chi solleciti un invito a partecipare ad una procedura ristretta o negoziata; d) “procedure aperte” le procedure nazionali nell’ambito delle quali tutti i prestatori di servizi interessati possono presentare offerte; e) “procedure ristrette” le procedure nazionali nell’ambito delle quali possono presentare offerte soltanto i prestatori di servizi invitati dall’amministrazione; f) “procedure negoziate” le procedure nazionali nell’ambito delle quali le amministrazioni consultano i prestatori di servizi di loro scelta e negoziano i termini del contratto con uno o più di essi» . 3.Ai sensi dell’art. 7, n. 1, della medesima direttiva, quest’ultima si applica agli appal- ti pubblici di servizi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia pari o superiore a [EUR] 200000. 4. L’art. 8 di detta direttiva così prevede: «Gli appalti aventi per oggetto servizi elencati nell’allegato I Avengono aggiudicati confor- memente alle disposizioni dei titoli da III a VI». 5. L’art. 11, n. 1, della direttiva 92/50, che compare al titolo III della stessa rubricato «Scelta delle procedure d’aggiudicazione e norme relative ai concorsi di progettazione», dispone che, nell’aggiudicare gli appalti pubblici di servizi, le amministrazioni aggiudicatri- ci applichino le procedure definite all’art. 1, lett. d)-f), di tale direttiva. I nn. 2 e 3 di detto 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 67 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 art. 11 specificano i casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici ricorrono alla proceduranegoziata, rispettivamente, previa pubblicazione di un bando di gara e senza pubblicazionedi un tale bando. Il n. 4 del citato art. 11 precisa che in tutti gli altri casi le amministrazioniassegnano gli appalti di servizi con procedura aperta ovvero con procedura ristretta. 6.Ai sensi dell’art. 15, n. 2, della direttiva 92/50, che figura al titolo Vdella stessa rela- tivo alle norme comuni di pubblicità: «Le amministrazioni che intendono aggiudicare un appalto pubblico di servizi medianteprocedura aperta, ristretta o, nei casi stabiliti nell’articolo 11, negoziata, rendono nota taleintenzione con un bando di gara». 7. Tra i servizi a norma dell’art. 8 l’allegato I Adi tale direttiva comprende, nella cate- goria 7, i «servizi informatici ed affini». Procedimento precontenzioso 8. Mediante una convenzione conclusa in data 2 dicembre 1997, il Comune di Mantovaaffidava all’ASI la gestione, la manutenzione e lo sviluppo dei servizi informatici comuna- li fino al 31 dicembre 2012 (in prosieguo: la «convenzione»), senza che tale attribuzionefosse oggetto di una procedura di gara. 9. In seguito ad un reclamo, la Commissione indirizzava alla Repubblica italiana, indata 20 giugno 2001, una lettera in cui chiedeva delucidazioni in merito alla convenzione ericordava le condizioni affinché un appalto pubblico possa essere sottratto all’applicazionedelle direttive comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Il suddetto Statomembro rispondeva con lettera 26 giugno 2001 sostenendo l’inapplicabilità delle disposi- zioni della direttiva 92/50 al caso di specie. 10. Il 24 ottobre 2001 la Commissione indirizzava una lettera di diffida alla Repubblicaitaliana, alla quale quest’ultima rispondeva in data 11 febbraio 2002. 11. In seguito all’esame delle osservazioni presentate dalla Repubblica italiana, laCommissione, in data 27 giugno 2002, emetteva un parere motivato invitando tale Statomembro ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi al suddetto parere nel termi- ne di due mesi dalla data di ricezione dello stesso. 12. Poiché la Repubblica italiana non ha dato riscontro a tale parere motivato, laCommissione ha deciso di proporre il presente ricorso. Sul ricorso 13. Con ordinanza del presidente della Corte 4 maggio 2006, la Repubblica diFinlandia è stata ammessa a intervenire nella causa a sostegno delle conclusioni dellaRepubblica italiana. Con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 5 settembre2006, la Repubblica di Finlandia ha informato la Corte della sua intenzione di rinunciare adintervenire nella presente causa. Con ordinanza del presidente della Corte 2 ottobre 2006, laRepubblica di Finlandia è stata cancellata come parte interveniente nella controversia. Argomenti delle parti 14. La Commissione deduce un motivo unico a sostegno del proprio ricorso, afferman- do che la convenzione non è stata conclusa nel rispetto degli artt. 11 e 15, n. 2, della diret- tiva 92/50. 15. La Commissione sostiene, infatti, che la convenzione rientra nell’ambito di appli- cazione della direttiva 92/50 e che, pertanto, avrebbe dovuto essere stipulata conformemen- te, in particolare, ai citati articoli. 16. Facendo riferimento alla sentenza della Corte 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal (Racc. pag. I-8121), essa esclude che la relazione tra il Comune di Mantova e l’ASIpossa essere qualificata come gestione «interna» ai sensi di tale sentenza. Infatti, il control- 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 68 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 68 lo esercitato dal suddetto comune sull’ASI in applicazione degli artt. 8 e 11 della conven- zione sarebbe analogo a quello di un semplice azionista di maggioranza di una società perazioni e sarebbe limitato dalla necessità di prendere in considerazione gli interessi degli altriazionisti di tale società. D’altronde, la Commissione fa notare che il Comune di Mantova èuscito dal capitale dell’ASI senza che ciò abbia messo fine alla convenzione. 17. Per contro, la Repubblica italiana sostiene che, al momento della conclusione dellaconvenzione e conformemente alla normativa nazionale vigente, il capitale dell’ASI erainteramente detenuto dal Comune di Mantova e da altri comuni limitrofi. Pertanto il Comune di Mantova avrebbe avuto su tale società un controllo strutturale e funzionale ana- logo a quello esercitato sui propri servizi. 18. La Repubblica italiana sottolinea che il Comune di Mantova designava i membridegli organi direttivi della suddetta società. Inoltre, è pacifico che l’unico interesse tutelatodalla convenzione è quello del suddetto comune. A ciò si aggiunge che le spese dell’ASIsarebbero periodicamente stabilite da delibere comunali. Il Comune di Mantova si sarebbeanche riservato la possibilità di procedere a una serie di verifiche degli obiettivi previstidalla convenzione. Aquesto proposito, la nomina di un funzionario ai sensi dell’art. 8 dellaconvenzione sarebbe l’espressione di quel potere di supervisione che detto comune devemantenere per soddisfare il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui propri ser- vizi stabilito dalla citata sentenza Teckal. 19. In ogni caso, la Repubblica italiana precisa che, conformemente alle decisioni adot- tate in occasione dell’assemblea generale degli azionisti dell’ASI, tenutasi il 23 dicembre2004,ilComunediMantovaèdefinitivamenteuscitodalcapitalesocialedell’ASIecheque- st’ultima ha cessato di svolgere le attività oggetto della convenzione al 31 dicembre 2006. Giudizio della Corte 20. Occorre anzitutto rilevare che le parti non contestano che la convenzione riguardala fornitura di servizi di cui all’allegato I Adella direttiva 92/50 e che il valore di tali servi- zi oltrepassa la soglia, fissata all’art. 7, n. 1, di tale direttiva, idonea a far rientrare la con- venzione nell’ambito di applicazione della direttiva stessa. 21. Tuttavia, la Repubblica italiana fa valere che la convenzione non doveva essereassoggettata alle norme che disciplinano gli appalti pubblici, dato che i criteri di gestione «interna» erano soddisfatti. 22. Atale proposito si deve rammentare che, secondo la costante giurisprudenza dellaCorte, l’indizione di una gara pubblica, conformemente alle direttive relative all’aggiudica- zione degli appalti pubblici, non è obbligatoria, anche quando l’affidatario è un ente giuri- dicamente distinto dall’amministrazione aggiudicatrice, qualora siano soddisfatte le duecondizioni seguenti. Da un lato, l’amministrazione pubblica, che è un’amministrazioneaggiudicatrice, deve esercitare sull’ente giuridicamente distinto di cui trattasi un controlloanalogo a quello che esercita sui propri servizi e, dall’altro, tale ente deve svolgere la partepiù importante della sua attività con l’ente o gli enti pubblici che lo detengono (v., in parti- colare, sentenze Teckal, cit., punto 50, e 8 aprile 2008, causa C-337/05, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36 e giurisprudenza citata). 23. Occorre pertanto esaminare se, riguardo all’ASI, le due condizioni richieste dallagiurisprudenza citata al punto precedente siano soddisfatte. 24. Per quanto attiene alla prima condizione, relativa al controllo da parte dell’autoritàpubblica, dalla giurisprudenza della Corte emerge che è necessario tener conto non solo ditutte le disposizioni normative, ma altresì delle circostanze pertinenti del caso di specie. Dall’esame deve risultare che la società aggiudicataria è soggetta a un controllo che consen- 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 69 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 te all’amministrazione aggiudicatrice di condizionarne le decisioni. Deve trattarsi di unapossibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici sia sulle decisioni impor- tanti di detta società (v. sentenze 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 65, e 11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I-4137, punto 36). 25. La Repubblica italiana ha affermato, senza essere contraddetta sul punto dallaCommissione, che il Comune di Mantova aveva la possibilità, per il suo ruolo di socio dimaggioranza dell’ASI, di designare i membri degli organi direttivi e di condizionare l’atti- vità di questa società. Essa ha parimenti evidenziato che, in applicazione della convenzio- ne, il consiglio comunale del suddetto comune stabiliva, per mezzo di delibere, le spese difunzionamento di detta società e che il Comune di Mantova si era riservato la possibilità dicompiere una serie di verifiche, da un lato, con la nomina di un funzionario comunale inca- ricato di collaborare, stimolare e controllare l’operato dell’ASI e, dall’altro, con il controllosulla contabilità di detta società al fine di assicurare la piena applicazione delle norme dicorrettezza contabile e delle norme di tutela previste dalla convenzione. 26. Ne risulta che il suddetto comune aveva la facoltà di incidere in modo determinan- te tanto sugli obiettivi strategici quanto sulle decisioni importanti dell’ASI tramite la nomi- na dei membri degli organi direttivi di tale società e di un funzionario comunale incaricatodi orientare e controllare l’operato di quest’ultima. Tale facoltà è sufficiente a dimostrarel’esistenza di un potere di controllo strutturale e funzionale del Comune di Mantova su dettasocietà analogo a quello esercitato sui propri servizi, così da soddisfare la prima condizionestabilita dalla Corte al punto 50 della citata sentenza Teckal. 27.Tuttavia,laCommissionesostienechelasuddettacondizionenonpotevaesseresod- disfatta in quanto, in primo luogo, al momento della stipula della convenzione partecipavanoalcapitaledell’ASIdueorganismididirittoprivato,laTEASpAel’APAMSpA,e,insecon- do luogo, anche a voler supporre che l’ASI fosse una società a capitale interamente pubbli- co, la partecipazione di soci privati era esplicitamente prevista sin dalla sua costituzione. 28. Orbene, quanto al primo argomento avanzato dalla Commissione, è sufficiente con- statare che quest’ultima non ha contestato le informazioni fornite dalla Repubblica italiananella controreplica in base alle quali le due società in questione erano a loro volta impresecomunali. 29. Per quanto riguarda il secondo argomento esposto dalla Commissione, si deve rile- vare che la possibilità per i privati di partecipare al capitale della società aggiudicataria, inconsiderazione in particolare della forma societaria di quest’ultima, non è sufficiente, inassenza di una loro effettiva partecipazione al momento della stipula di una convenzionecome quella di cui trattasi nella presente causa, per concludere che la prima condizione, rela- tiva al controllo dell’autorità pubblica, non sia soddisfatta. Infatti, per ragioni di certezza deldiritto, l’eventuale obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere ad una garad’appalto dev’essere valutato, in via di principio, alla luce delle condizioni esistenti alla datadell’aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 10 novem- bre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punto 38). 30. Circostanze particolari, segnatamente qualora risulti che l’apertura del capitale del- l’enteinteressatoasociprivatieraprevistasindall’assegnazionedelsuddettoappaltopubbli- co, possono, di certo, richiedere che sia presa in considerazione la partecipazione effettiva didetti soci intervenuta successivamente a tale assegnazione (v. , in tal senso, sentenzaCommissione/Austria, cit. , punto 38) . Tuttavia, nella fattispecie, è giocoforza constatare chela Commissione non è riuscita a fornire la prova dell’esistenza di tali circostanze particolari. 02 cont. com. 02 decis. tessaroli d:02 cont. com. 02 decis. nori.qxd 13/01/2009 16.11 Pagina 70 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 70 31. Per quanto attiene alla seconda condizione, relativa all’attività dell’ente in questio- ne, è d’uopo rammentare che un’impresa svolge la parte più importante della sua attività conl’ente che la detiene, ai sensi della citata sentenza Teckal, se l’attività di detta impresa èdestinata principalmente all’ente in questione e ogni altra attività risulta avere solo un carat- tere marginale (v. sentenza Carbotermo e Consorzio Alisei, cit., punto 63). 32. Inoltre, nel caso in cui diversi enti detengano un’impresa, la condizione relativaall’attività può ricorrere qualora tale impresa svolga la parte più importante della propriaattività non necessariamente con questo o con quell’ente, ma con tali enti complessivamen- te considerati. Di conseguenza, l’attività da prendere in considerazione nel caso di un’im- presa detenuta da vari enti è quella realizzata da detta impresa con tutti questi enti (v. sen- tenza Carbotermo e Consorzio Alisei, cit., punti 70 e 71). 33. Atale proposito, dai documenti presentati dalla Repubblica italiana emerge che, sesi tiene conto delle attività svolte dall’ASI non soltanto a favore del Comune di Mantova, bensì per tutti gli enti che la detengono, tali attività possono essere considerate come essen- zialmente dedicate ai suddetti enti. 34. Pertanto, la seconda condizione stabilita dalla Corte al punto 50 della citata senten- za Teckal è soddisfatta. 35. Alla luce di ciò, si deve ritenere che la Repubblica italiana abbia sufficientementedimostrato in diritto che le condizioni richieste dalla giurisprudenza citata al punto 22 dellapresente sentenza sono soddisfatte e che, pertanto, il Comune di Mantova non era tenuto aindire una gara pubblica prima di concludere la convenzione. 36.Diconseguenza,ilricorsodellaCommissionedev’essererespintoinquantoinfondato. Sulle spese 37. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente ècondannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana ne ha fattodomanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 71 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma:un passo avanti verso la concorrenza? di Daniele Rosato(* ) SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Servizi pubblici locali e servizi di interesse generale: cenni al contesto comunitario. – 3. Il servizio pubblico locale a rilevanza economica: delcarattere “economico” del servizio. – 4. La disciplina statale: dal D.Lgs. n. 267 del 2000 alla recente riforma. – 5. Considerazioni conclusive. 1. Premessa Ladisciplinadeiservizipubblicilocalioffredasempreinteressantispun- ti di riflessione favoriti dal continuo susseguirsi di interventi riformatori. Iltema è da sempre assai controverso, basti pensare in proposito alla difficoltà di prospettare una precisa definizione della nozione di pubblico servizio (1). La questione concerne in particolare il ruolo delle autorità pubbliche nel- l’economia, che consiste da un lato nel garantire il buon funzionamento delmercato e il rispetto delle regole del gioco da parte di tutti gli interessati, edall’altro nel garantire l’interesse generale e in particolare la soddisfazionedei bisogni essenziali dei cittadini quando il mercato non vi sopperisce. Originariamente concepiti al di fuori del mercato, i servizi pubblici loca- li rappresentano oggi un settore fondamentale per l’economia nazionale el’esistenza di vincoli per le imprese che intendano fare ingresso nel relativomercato costituisce un ostacolo per lo sviluppo di quel confronto competiti- vo che generalmente produce uno sviluppo dei servizi pubblici in termini diqualità ed efficacia, a vantaggio dei cittadini e delle imprese. Soprattutto a partire dagli anni Novanta si è diffuso un ampio dibattitocirca l’opportunità di modificare il regime giuridico di quei servizi pubblici (*) Dottore in giurisprudenza. (1) Sulle problematiche connesse all’individuazione della nozione di pubblico servizio, D. ROSATO, Concessioni e appalti di servizi tra diritto comunitario e diritto nazionale, in Rassegna dell’Avvocatura dello Stato, 2008, II, 109; V.F. GIGLINI, Osservazioni sull’evolu- zione della nozione “Servizio Pubblico”, in Foro amm., 1998, 2280; V. PARISIO, Servizi pub- blici e Monopoli, in E. PICOZZA, Dizionario di diritto pubblico dell’economia (a cura di) Rimini, 1997; F. MERUSI, Servizi pubblici instabili, Bologna, 1990; U. POTOTSCHNIG, I pub- blici servizi, Padova, 1964; A. DEVALLES, I servizi pubblici, in Primo trattato completo di diritto amministrativo, (a cura di) V. E. ORLANDO, 1930, VI, 379. Per una pregevole esposi- zione della concezione comunitaria di pubblico servizio e delle implicazioni che comportal’adattamento al diritto comunitario, E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunita- rio, Torino, 2004. Per un confronto tra le diverse idee che si hanno della nozione di serviziopubblico nel sistema giuridico francese, inglese e tedesco, G. MARCOU, I servizi pubblici traregolazione e liberalizzazione: l’esperienza francese, inglese e tedesca a confronto, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2000, 1, 125. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 72 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 72 che sino a quel momento erano stati impostati secondo i tradizionali model- li organizzativi di stampo pubblicistico. In particolare l’art. 41, comma 3, el’art. 43 della Carta costituzionale hanno a lungo rappresentato la base giu- ridica per legittimare provvedimenti a sostegno dell’intervento pubblico nel- l’economia, avallando costituzionalmente l’esercizio in regime di monopo- lio legale di numerosi servizi pubblici a contenuto economico (2). In un Paese come il nostro, tradizionalmente caratterizzato da un forteintervento statale nell’economia, sono stati i processi di liberalizzazioneavviati a livello comunitario a far venir meno le situazioni di monopolio. Perpoter meglio comprendere, dunque, la disciplina dei servizi pubblici localirisulta opportuno innanzitutto effettuare una ricostruzione del contestocomunitario che ha fortemente condizionato questo settore (3) . 2. Servizi pubblici locali e servizi di interesse generale: cenni al contestocomunitario Nei primi anni di vita della Comunità l’obiettivo di raggiungere un’inte- grazione economica ha portato a concentrare l’impegno degli organi comuni- tari principalmente sulla rimozione delle barriere al commercio fra gli Stati membri. Il presupposto che ha dato origine all’intervento della Comunità nel settore dei servizi pubblici, dunque, è stato diverso da quello tradizionalmente rinvenibilenegliordinamentinazionaliperchéildirittocomunitarioinmateria si è a lungo concentrato esclusivamente sui principi in tema di concorrenza e di accesso al mercato, senza prendere direttamente in considerazione il punto di vista degli utenti. Più precisamente, ciò che ha assunto rilievo per il diritto comunitario è stato il rapporto tra lo svolgimento delle attività economiche di interesse generale e le norme del Trattato poste a tutela della concorrenza. L’originaria scelta della Comunità era dovuta non soltanto all’oggettiva difficoltà di disciplinare una materia caratterizzata dalla presenza negli Stati membri di qualificazioni giuridiche spesso divergenti tra loro, quanto alla volontà di non invadere una materia particolarmente delicata perché incide su interessichenonpresentanocaratteremeramenteeconomicooindividualistico. (2) Cfr. F. CINTIOLI, Servizi pubblici e concorrenza. Servizi di interesse economicogenerale, promozione e tutela della concorrenza, in Dir. Un. Eur., 2006, 3, 453. L’Autorepone al lettore una serie di interrogativi quale, tra gli altri, quello di capire se nel settore deiservizi di interesse economico generale vi sia spazio tanto per i diritti che per le libertà, rispondendo in termini positivi e ritenendo che in sede comunitaria il confine si sia di recen- te spostato verso i primi. Un giusto equilibrio, secondo l’Autore, potrebbe essere garantitodagli organi di vigilanza. (3) Cfr. M. CLARICH, Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza: l’esperienzaitaliana e tedesca a confronto, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 1, 91, il quale ritiene che “ildiritto europeo ha rappresentato un fattore di cambiamento epocale anche nel settore dei ser- vizi pubblici, componente essenziale dello Stato sociale in espansione per buona parte delsecolo scorso”. L’Autore analizza l’impatto che la costituzione economica europea ha avutosull’ordinamento italiano e su quello tedesco, concludendo che l’effetto sia stato molto piùdirompente nel primo che nel secondo. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 73 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Successivamente, intorno agli inizi degli anni Novanta, il diritto comuni- tario ha cambiato la propria impostazione. A livello europeo è stata progres- sivamentepercepitalanecessitàche laComunitàestendessel’ambitodeipro- pri interessi al di là di quello strettamente economico. Ne è dimostrazione, semplice quanto significativa, il cambiamento nella denominazione: non piùComunità Economica Europea (CEE) ma Comunità Europea (CE) . Con ilTrattatodiMaastricht, inparticolare,laComunitàhafissatotraipropriobiet- tivi la promozione di uno sviluppo che sia non solamente economico, ma anche equilibrato, la realizzazione di una coesione economica e sociale (4). È in questo contesto che il diritto comunitario ha avvertito l’immediatarilevanza dei servizi pubblici e ha riconosciuto che le relative funzioni pos- sono giustificare l’applicazione di un regime particolare, tale da legittimarederoghe alle regole della concorrenza o la previsione di garanzie funzionalial raggiungimento di un certo standard qualitativo del servizio. In tal sensoè stato importante l’apporto della giurisprudenza di Lussemburgo in ordineall’interpretazione dell’art. 86, par. 2, del Trattato e alle condizioni al verifi- carsi delle quali le regole poste a tutela della concorrenza possono conosce- re delle deroghe nel settore dei servizi pubblici (5). Aben vedere, la nozione di servizio pubblico è sostanzialmente estraneaal diritto comunitario in quanto il legislatore europeo ha preferito utilizzarecategorie concettuali di più ampio respiro quali le nozioni di servizio di inte- resse generale e di servizio di interesse economico generale (6). Per quanto riguarda la prima, tale espressione non è presente nel Trattato edilriferimentoprincipaleèilLibrobiancosuiservizidiinteressegenerale(7) . (4) Sul tema, P. MENGOZZI, European Community Law. From Common Market to European Union, London/Dordrecht/Boston, 1992, 307. (5) In generale, sul ruolo assunto dalla giurisprudenza di Lussemburgo in ordine allosviluppo del diritto comunitario, A. TIZZANO, Il ruolo della Corte di Giustizia nella prospet- tiva dell’Unione Europea, in Riv. dir. intern., 1994, 922; M. VAN EMPEL, The 1992 Programme: Interaction between legislation and judiciary, in Legal Issues on European Integration, 1992, 2; P. MENGOZZI, La rule of law e il diritto comunitario di formazione giu- risprudenziale, in Riv. dir. eur., 1992, 511, il quale mette in evidenza che “la Corte di giusti- zia delle Comunità europee ha assunto, per la precisazione del diritto comunitario e la suaprogressiva integrazione nel tempo, un ruolo che sicuramente trascende quello tradizional- mente proprio dei giudici ordinari, anche di ultima istanza, dei paesi membri, specie di quel- li dell’Europa continentale (…) esiste una parte sempre più importante del diritto comunita- rio che è di formazione giurisprudenziale”. Si veda anche M.P. CHITI, I signori del dirittocomunitario: la Corte di Giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1991, 796. (6) Nel Trattato l’unica disposizione che fa espressamente riferimento ai servizi pub- blici è l’art. 73 (già 77) in materia di trasporti, secondo la quale “sono compatibili con il pre- sente trattato tutti gli aiuti richiesti dalle necessità di coordinamento dei trasporti ovvero cor- rispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di pubblico servizio”. (7) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alComitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 12 maggio 2004, COM (2004) 374. Presentato come estensione del Libro verde sui servizi di interesse gene- 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 74 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 74 Si tratta di una categoria più ampia rispetto a quella dei servizi di interesseeconomico generale in quanto riguarda tanto i servizi di mercato che quellinon di mercato che le autorità pubbliche considerano di interesse generale eche pertanto assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico (8). L’espressione “servizi di interesse economico generale” è invece presen- te negli artt. 16 e 86, par. 2, del Trattato (9). Tali servizi sono stati definitidalla Commissione come quelli di natura economica che in virtù di un crite- rio di interesse generale gli Stati membri o la Comunità assoggettano a spe- cifici obblighi di servizio pubblico (10). L’art. 16 del Trattato riconosce la rilevanza dei servizi di interesse eco- nomico generale e la loro importanza quale strumento per la promozionedella coesione sociale e territoriale, impegnando pertanto gli Stati membri ela Comunità a provvedere affinché tali servizi funzionino “in base a principie condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti” (11). Il Trattato si occupa dei servizi di interesse economico generale anchenell’art. 86, laddove è stabilito che in linea di principio le imprese che gesti- scono tali servizi soggiacciono come ogni altra alle norme poste a tutela dellaconcorrenza, ma che detta regola generale conosce un’eccezione qualoral’applicazione di tali norme possa compromettere la specifica missione affi- data a tali imprese (12) . rale, il Libro bianco illustra i criteri adottati dall’Unione europea per sostenere lo sviluppodei servizi di interesse generale di qualità. In esso figurano i principali elementi di una stra- tegia diretta ad assicurare a tutti i cittadini e a tutte le imprese servizi di alta qualità a prez- zi accessibili. (8) Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi di interesse genera- le, COM(2003) 270, Gazzetta ufficiale C 76 del 25 marzo 2004, punto 16. (9) I servizi di interesse economico generale sono citati anche nell’art. 36 della Cartadei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo il quale l’Unione riconosce e rispettal’accesso ai servizi di interesse economico generale al fine di promuovere la coesione socia- le e territoriale dell’Unione stessa. (10) Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi di interesse gene- rale, punto 17. (11) Nel senso che l’applicazione delle regole del Trattato non debba sfociare in unpeggioramento della qualità e della disponibilità dei servizi pubblici, L.G. RADICATI DIBROZOLO, La nuova disposizione sui servizi di interesse economico generale, in Dir. Un. Europea, 1998, 273. Per un’analisi delle diverse opinioni espresse in dottrina in ordine alsignificato e all’effetto dell’art. 16 del Trattato, M. CLARICH, Servizi pubblici e diritto euro- peo della concorrenza: l’esperienza italiana e tedesca a confronto, op. cit. (12) Per un’analisi dell’art. 86 si rinvia a R. SCHMIDT, La liberalizzazione dei servizi di interesse generale, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 3, 687; D. SORACE, Servizi pubblici e ser- vizi (economici) di pubblica utilità, in Dir. pubbl., 1999, 7; P. FATTORI, Monopoli pubblici e art. 90 del Trattato CE nella giurisprudenza comunitaria, in Mercato, concorrenza e rego- le, 1999, 127; G. TESAURO, Intervento pubblico nell’economia e art. 90, n. 2, del Trattato CE, in Dir. Un. Eur., 1996, 719; A. PAPPALARDO, Commento all’art. 90, in Trattato istituti- vo della Comunità economica europea, Commentario, R. QUADRI, R. MONACO, A. TRABUCCHI, (diretto da), Milano, 1965, vol. I, 692. N. RANGONE, I servizi pubblici nell’or- dinamento comunitario, in Giorn. dir. amm., 4, 2005, 433, rileva che “i servizi di interesse 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 75 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 La disposizione è stata oggetto di una cospicua giurisprudenza comuni- taria e, mentre in un primo momento i giudici di Lussemburgo con rigorehanno ridotto al minimo l’ambito delle attività sottratte alle regole concor- renziali, successivamente hanno sostenuto un orientamento meno rigido conla possibilità di deroghe al regime competitivo (13). La Corte di Giustizia, nel tentativo di garantire il giusto equilibrio tra le diverse esigenze che lanorma tenta di conciliare, ha ammesso eccezioni alla libera concorrenza nonsolo quando possa risultare compromesso l’adempimento delle specifichemissioni assegnate al concessionario, ma anche quando tale deroga risultinecessaria per salvaguardare l’equilibrio economico dell’impresa incaricatadella gestione del servizio. Più in generale, è stata la considerazione che gradualmente si è manife- stata a livello comunitario intorno all’importanza dei servizi di interesse eco- nomico generale al fine di soddisfare i diritti fondamentali che ha dato origi- ne ad una tendenza maggiormente incline alle deroghe concorrenziali. Ildiritto comunitario, pur nella convinzione che il libero mercato rappresentil’obiettivo primario da raggiungere, ha progressivamente accolto l’idea cheil processo di liberalizzazione non debba in alcun modo compromettere laqualità dei servizi, la loro continuità ed accessibilità. La Comunità ha dun- que promosso un’apertura graduale del mercato, accompagnata da misure ditutela dell’interesse generale per garantire, in particolare attraverso la teoriadel servizio universale, l’accesso di ciascun cittadino europeo ad un serviziodi qualità e ad un prezzo accessibile. Quale, allora, il punto di equilibrio tra le diverse esigenze, da una partegarantire il rispetto delle regole del mercato da parte di tutti gli interessati, edall’altra garantire la soddisfazione delle finalità di interesse generale? Al riguardo la comunicazione della Commissione sui servizi di interes- se generale per accertare la compatibilità con il diritto comunitario di unaderoga al regime concorrenziale utilizza il parametro della proporzionalità(14). Tale criterio richiede che i mezzi impiegati per il raggiungimento della economico generale sono presi in considerazione dal Trattato Ce in quanto costituisconoeccezioni al libero gioco del mercato (…) Questo consente di derogare al principio dellaconcorrenza come regola generale solo quando ciò risulti necessario al raggiungimento delservizio pubblico (…) Su questa base la Comunità europea ha promosso una liberalizzazio- ne controllata, vale a dire un’apertura graduale del mercato, accompagnata da misure di tute- la dell’interesse generale”. (13) Cfr. Corte di Giustizia, sentenze 17 maggio 2001, C-340/99; 19 maggio 1993, C- 320/91; 27 aprile 1994, C-393/92; 30 aprile 1974, C-155/73. Per un’indagine della giuri- sprudenza comunitaria in ordine all’interpretazione dell’art. 86, comma 2, del Trattato, P. CASSINIS, Diritti speciali ed esclusivi e diritto della concorrenza, in Trattato di diritto pri- vato dell’Unione europea, VII, G.F. AIANI-P. BENACCHIO (diretto da), Torino, 2006; M. LOTTINI, I servizi di interesse economico generale: una nozione controversa, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, 5, 1351. (14) Comunicazione della Commissione, I servizi di interesse generale in Europa(2001/C 17/04), punto 23. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 76 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 76 missione di interesse generale non debbano originare distorsioni non indi- spensabili degli scambi. In altre parole, ogni restrizione alle libertà del mer- cato interno non deve eccedere quanto strettamente necessario per garantireil buon andamento della missione in quanto la realizzazione del servizio diinteresse economico generale deve essere comunque garantita e le impresealle quali tale compito è affidato devono comunque essere in grado di soste- nere gli oneri specifici ed i costi che ne derivano. 3. Il servizio pubblico locale a rilevanza economica: del carattere “econo- mico” del servizio Nel nostro ordinamento i servizi pubblici locali sono stati distinti nelledue categorie contemplate dall’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 comemodificato dall’art. 14 del Decreto legge n. 269 del 2003: servizi a rilevan- za economica e servizi che sono privi di tale rilevanza (15). La differenzatra le due categorienon è di poco rilievo in quantoa secon- da che un servizio venga ricondotto in una categoria piuttosto che nell’altra l’interpreteètenutoadapplicareunostatutobendifferente.Infatti,mentreper i servizi pubblici locali con rilevanza economica l’affidamento mediante pro- cedure ad evidenza pubblica costituisce la regola generale, peraltro suscetti- bile di deroghe, per i servizi privi di tale rilevanza, viceversa, l’affidamentodirettocostituisceilfondamentalestrumentodisceltadelconcessionario(16). L’importanza della distinzione, come è noto, è accresciuta in seguito allasentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2004, in quanto dall’inquadra- mento di un servizio come avente rilevanza economica o meno non discen- (15) Decreto legge n. 269 del 2003, “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e perla correzione dell’andamento dei conti pubblici” , pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2003, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326. In precedenza, l’art. 35 della legge n. 448 del2001 attribuiva rilievo alla “rilevanza industriale” del servizio. Il legislatore del 2003 facen- do riferimento alla diversa espressione “rilevanza economica” ha ampliato sensibilmente ilcampodiapplicazionedellanorma,inquantoquest’ultimacategoriaapparepiùampiarispet- toallaprecedente.Peruncommentoallaprecedenteriformadell’art.113attuataconl’art.35della legge n. 448 del 2001, si veda E. CARLONI, Il “carattere” del servizio locale e il suoaffidamento: il sistema italiano fra aperture, paradossi e regressioni (nota a Cons. di Stato, sez. V, 15 aprile 2004, n. 2155) , in Servizi pubb. e appalti, 2004, 4, 786; C. CALVIERI, Lanuova disciplina dei servizi pubblici di cui all’art. 35 L. 448/2001 e sua compatibilità conprocessi di riorganizzazione in atto, consultabile sul sito www.lexitalia.it, 2002, 4. (16) La previsione di un tale differente regime è dovuta, secondo parte della dottrina, alle minori esigenze di tutela in ordine ai servizi pubblici di rilevanza non economica. Mentre nei servizi di rilevanza economica l’elemento ispiratore sarebbe rappresentato dallatutela della concorrenza, nel caso invece dei servizi privi di tale rilevanza “le esigenze dellaconcorrenza appaiono sensibilmente temperate dall’esigenza di dare massima espressionealla dimensione sociale, che in questi servizi assume grande rilievo”: T. TESSARO, I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, in Comuni d’Italia, 2004, 22; si veda anche C. SAN MAURO, Le più recenti norme sui servizi pubblici locali: note di inquadramento, con- sultabile sul sito www.giustamm.it. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 77 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 de più solamente il diverso regime applicabile in ordine alla procedura diaffidamento ma anche la fonte, rispettivamente nazionale o regionale, abili- tata a disciplinare la materia (17). Quella tra servizi di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanzaè una distinzione di matrice esclusivamente statale in quanto l’ordinamentocomunitario non conosce tale distinzione. In ambito europeo, viceversa, esi- ste la ripartizione tra servizi di interesse generale tout court e servizi di inte- resse economico generale, importante in quanto mentre i servizi di interessegenerale di natura non economica non sono soggetti a norme comunitariespecifiche né alle norme del Trattato sul mercato interno, la concorrenza e gliaiuti di stato (18), i servizi di interesse economico generale sono sottopostial diritto comunitario in materia di libertà di stabilimento, alle norme sullaconcorrenza e sugli aiuti di stato e, in particolare, alla disciplina contenutanell’art. 86 del Trattato secondo la quale le imprese che gestiscono tali ser- vizi soggiacciono come ogni altra impresa alle norme poste a tutela dellaconcorrenza. La giurisprudenza comunitaria ha ricondotto il concetto di economicitànell’ambito della nozione di impresa, precisando che essa “abbraccia qual- siasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giu- ridico di detta entità e della sua modalità di finanziamento” (19). Al riguar- do, la stessa giurisprudenza ha indicato che “costituisce attività economicaqualsiasi attività che implica l’offerta di beni o servizi in un determinatomercato” (20) . (17) Con tale sentenza la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 113 bis del D.Lgs. n. 267 del 2000 contenente la disciplina statale delle forme di gestionedei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, mentre ha lasciato sostanzialmenteimmutato l’impianto dell’art. 113 che disciplina, invece, i servizi pubblici locali con rilevan- za economica. Secondo la Corte Costituzionale lo Stato nel dettare la disciplina dell’affida- mento di questi ultimi servizi trae la propria legittimazione nella materia della tutela dellaconcorrenza, mentre tale titolo non sarebbe invocabile per la disciplina dei servizi privi dirilevanza economica perché “in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale”. Per un commento alla sentenza E. ZANELLI, Servizi pubblici locali e Corte Costituzionale un passo avanti e due indietro, in Corriere giuridico, 2005, 1; A. POLICE-W. GIULIETTI, Servizipubblici, servizi sociali e mercato: un difficile equilibrio, (nota a Corte costituzionale n. 272del 2004), in Servizi pubblici e appalti, 2004, 831; G. SCIULLO, Stato, regioni e servizi pub- blici locali nella pronuncia n. 272/04 della Consulta, consultabile sul sito www.lexitalia.it. (18) Tali servizi sono tuttavia oggetto delle norme comunitarie che si applicano anchealle attività non economiche e a quelle che non incidono sugli scambi intracomunitari, comeil principio fondamentale di non discriminazione o quello della libera circolazione delle per- sone. In questi termini il Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003 sui servizi diinteresse generale, punti 32 e 43. (19) Corte di Giustizia, sentenze 21 settembre 1999, C-67/96, punto 39; 23 aprile 1991, C-41/90, punto 21; 17 febbraio 1993, C-159/91 e C-160/91, punto 17; 16 novembre 1995, C-244/94, punto 14. (20) Corte di Giustizia, sentenze 18 giugno 1998, C- 35/96, punto 36; 16 giugno 1987, C-118/85, punto 7. In questi termini anche il Libro verde della Commissione del 21 maggio2003 sui servizi di interesse generale, punti 43 e 44. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 78 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 78 Quello del giudice comunitario è evidentemente un indirizzo rigorosofinalizzato a tutelare nella maggiore misura possibile il libero mercato. Comeaccennato nel paragrafo che precede, alla luce della giurisprudenza comuni- taria sulla portata dell’art. 86, par. 2, la deroga all’applicazione delle regoledel Trattato dirette a instaurare un mercato comune può trovare applicazionesolamente se la missione dell’ente che detiene il monopolio presuppone chetali norme vengano disapplicate. In altre parole, l’applicabilità della suddet- ta deroga sarebbe subordinata alla dimostrazione che l’applicazione dellenorme poste a tutela della concorrenza renderebbe impossibile l’adempimen- to di tale missione (21). Anche la giurisprudenza italiana ha affrontato la questione della rilevan- za economica o meno dei servizi pubblici locali. Tale esame, infatti, risultaindispensabile per il giudice amministrativo per determinare la legittimitàdell’affidamento diretto di un servizio pubblico. In assenza di una disposi- zione legislativa che ne fornisca una precisa definizione, la nozione di servi- zio pubblico locale con rilevanza economica e quella di servizio privo di sif- fatta rilevanza devono essere ricostruite in via interpretativa. La giurisprudenza amministrativa ritiene che tale distinzione debba esse- re ancorata all’impatto che l’attività può avere sull’assetto della concorrenzae ai suoi caratteri di redditività. Così argomentando, assume rilevanza eco- nomica il servizio che si svolge in un settore per il quale potrebbe esistere, almeno potenzialmente, una redditività e quindi una competizione sul mer- cato; e ciò ancorché siano previste forme di finanziamento pubblico, più omeno ampie, dell’attività in questione. Dovrebbe, viceversa, essere conside- rato privo di tale rilevanza il servizio che, per la sua natura o per i vincoli aiquali è sottoposta la relativa gestione, non origina alcuna competizione e, quindi, appare irrilevante ai fini della concorrenza (22) . (21) Corte di Giustizia, sentenza 23 maggio 2000, C-209/98, punti 74-81; Trib. di Igrado, 13 giugno 2000, procedimenti riuniti T-204/97 e T-270/97, punti 125 e 126; Conclusioni dell’Avvocato generale presentate il 12 febbraio 2008 nella causa T-289/03. Ilpunto 22 della comunicazione della Commissione sui servizi di interesse generale in Europa (G.U. 2001, C 17/04), richiede che, affinché sia applicabile la deroga di cui all’art. 86, par. 2, la missione di servizio pubblico sia chiaramente definita e sia affidata esplicitamente conatto pubblico. Tale obbligo discenderebbe dall’esigenza di garantire la certezza giuridica ela trasparenza nei confronti dei cittadini e sarebbe indispensabile affinché la Commissionepossa verificare il rispetto del criterio di proporzionalità. (22) Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 30 agosto 2006, n. 5072, in Foro amm. CDS, con nota di S. GOBBATO, Regole di concorrenza e gestione in house dei servizi socio-assi- stenziali, 2007, 2, 575. Il giudice amministrativo con questa pronuncia ha inoltre specifica- to che allorché un soggetto sia chiamato a svolgere sia servizi dotati di rilevanza economi- ca sia servizi che, astrattamente, potrebbero esserne privi “deve aversi comunque riguardoalla globalità dei servizi espletati dal soggetto societario e, quindi, al carattere essenzialmen- te economico che li contraddistingue e che impedisce di porli su piani separati e non comu- nicanti”. Si veda anche T.A.R. Puglia, Bari, sentenza 8 marzo 2006, n. 1318; T.A.R. Liguria, sez. II, sentenza 28 aprile 2005, n. 527. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 79 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 79 La rilevanza economica del servizio, secondo questo indirizzo, vienesostanzialmente a dipendere dal tipo di attività che si svolge. A prescinderedalle ulteriori caratteristiche che contraddistinguono la missione, infatti, sarebbe l’esistenza di un mercato nel settore a determinare la rilevanza eco- nomica del servizio. Alla base di questo orientamento sembra esserci lavolontà di garantire il maggior livello di tutela per il regime concorrenziale, in quanto dire che un servizio ha rilievo economico quando opera in un set- tore in cui potrebbe esistere “almeno potenzialmente” un mercato concorren- ziale significa imporre alla pubblica amministrazione di svolgere la procedu- ra di gara in relazione all’affidamento di ogni servizio che origina reddito, salvo ovviamente le ipotesi in cui l’applicazione delle norme concorrenzialipossa compromettere la realizzazione della missione affidata. 4. La disciplina statale: dal testo unico degli enti locali alla recente riforma Ladisciplinadeiservizipubblicilocali negliultimiannièstata oggettodiuna serie di riforme che ne hanno più volte modificato il contenuto (23). L’ennesimariscritturadellenormeintalemateriaèattualmentecontenutanel- l’art. 23 bis del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (24) . In precedenza ladisciplinageneralediriferimentoeracontenutanell’art.113delD.Lgs.n.267del2000(25),ilqualestabilivachel’erogazionedelserviziopotevaavvenire: a) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare conprocedure ad evidenza pubblica; b) a società di capitale misto pubblico privato nelle quali il socio priva- to venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenzapubblica; c)asocietàacapitaleinteramente pubblico a condizioneche l’enteo glienti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un control- lo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi laparte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. (23) Il primo provvedimento legislativo che ha riguardato in maniera globale i servizipubblici risale ai primi anni del secolo scorso. Si tratta della legge 29 marzo 1903 n. 103, volta a disciplinare il fenomeno delle c.d. municipalizzazioni, vale a dire dell’assunzione deiservizi pubblici da parte degli enti locali. L’art. 112 del D.Lgs. n. 267 del 2000 qualifica ser- vizi pubblici locali quelli “che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività rivolte arealizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”. (24) Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo eco- nomico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e laperequazione tributaria”. L’art. 23 bis è stato inserito dalla legge di conversione 6 agosto2008, n. 133. Per un primo commento, R. DE NICTOLIS, La riforma dei servizi pubblici loca- li, in Urb. e app., 2008, 1109; S. COLOMBARI, La disciplina dei servizi pubblici locali: carat- tere integrativo e non riformatore dell’art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, consultabile sul sito www.giustamm.it. (25) D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli entilocali”, pubblicato nella G.U. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 80 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 80 Come anticipato, con l’entrata in vigore della legge n. 133 del 6 agosto 2008 ladisciplinadeiservizipubblicilocalidirilevanzaeconomicaèoracon- tenuta nell’art. 23 bis della stessa legge. Infatti, nonostante l’ultima parte del primo comma stabilisca che le disposizioni contenute nell’art. 23 bis si appli- cano “atuttiiservizipubblicilocali”,talenormanonpuòcheessereinterpre- tata in stretta connessione con la prima parte del medesimo comma, sicché l’espressione “tutti i servizi pubblici locali” deve essere considerata come comprensiva esclusivamente di quelli che presentano rilevanza economica. Uno dei punti di maggiore rilievo introdotti dalla recente riforma con- cerne le modalità di affidamento del servizio pubblico locale. Il legislatore ha introdotto quale regola generale l’indispensabilità della gara ai fini del- l’affidamento della gestione del servizio, in quanto il conferimento deve avvenire “in via ordinaria” mediante procedure competitive ad evidenzapubblica (26) . La disposizione, tuttavia, non descrive le modalità di esple- tamento della proceduracompetitiva, limitandosiad indicare che essadovrà svolgersi “nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particola- re,deiprincipidieconomicità,efficacia,imparzialità,trasparenza,adegua- ta pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconosci- mento, proporzionalità” . Le amministrazioni affidanti in virtù di una dispo- sizionecomequellaincommentosi trovano oggiagodere diunampio mar- gine di discrezionalità nella definizione delle procedure di gara, in quanto l’unico limite al riguardo rinvenibile è il rispetto dei principi generali elen- cati dal legislatore. Si è detto dell’introduzione del principio dell’indispensabilità della garaai fini dell’affidamento del servizio pubblico locale avente rilevanza econo- mica. La riforma, tuttavia, ha inserito una rilevante deroga alla regola gene- rale stabilendo che laddove sussistano “peculiari caratteristiche economi- che, sociali, ambientali e geomorfologiche” che non consentono “un effica- ce e utile ricorso al mercato”, l’affidamento da parte dell’ente locale può essere effettuato “nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria”. Anche in questo caso il legislatore non descrive quali siano le modalità diaffidamento in deroga; sembra tuttavia che la norma implicitamente facciariferimento e legittimi l’accesso al sistema in house providing (27). Alla lucedel diritto comunitario la pubblica amministrazione non è obbligata ad indi- re una procedura competitiva qualora ricorrano due condizioni: che l’ammi- nistrazione eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello che (26) B. RAGANELLI-G. PIGA, La questione del conferimento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, lavoro compreso nel rapporto di Confindustria del mese di settem- bre 2008, sottolineano che lo svolgimento di una procedura di gara costituisce la condizio- ne necessaria per la creazione di un esito concorrenziale ma rischia di non essere sufficien- te a tal fine se non è accompagnato dalla sussistenza di altre condizioni, tra le quali la qua- lità del capitolato. (27) Cfr. S. COLOMBARI, La disciplina dei servizi pubblici locali, op. cit., 5. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 81 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 81 essa esercita sui propri uffici; che tale soggetto svolga la parte più importan- te della sua attività a favore dell’amministrazione aggiudicatrice (28). La possibilità per l’ente locale di “sfuggire” dallo svolgimento della gara ad evidenza pubblica “rifugiandosi” nella fattispecie in house è parzialmente attenuata dalla previsione dell’obbligo in capo all’amministrazione di fornire pubblicità della scelta, di motivarla sulla base di un’analisi del mercato e di trasmettere una relazione che contenga gli esiti di tale verifica all’Autorità Antitrust e alleAutorità di regolazione del settore, ove esistenti, affinché esse esprimano un parere entro sessanta giorni dalla ricezione della relazione. La riforma, dunque, non ha determinato un’apertura totale dei servizipubblici locali al mercato né tantomeno il de profundis dell’affidamento inhouse: la novità, invece, sembra consistere nell’aver aggravato il procedi- mento amministrativo che regge tali affidamenti imponendo una maggioreponderazione da parte degli enti locali, i quali saranno tenuti a motivare laloro scelta in base ad un’analisi di mercato che dia dimostrazione delle ragio- ni di ordine economico, sociale, ambientale e geomorfologico che non per- mettono un efficace ed utile ricorso al mercato. Tale disposizione apre ad una serie di riflessioni. Innanzitutto in meritoalle modalità ed ai termini entro i quali deve essere condotta da parte dell’en- te locale che ha inteso derogare al principio della gara l’analisi di mercato. In assenza di alcun parametro stabilito ex lege in ordine al contenuto di taleanalisi, lo stesso non può che essere rimesso ad una valutazione discreziona- le da parte dell’amministrazione affidante. Quanto invece allo scopo di taleanalisi, sembra che attraverso la stessa l’amministrazione debba dimostrareche l’esternalizzazione non rappresenta la soluzione preferibile per la gestio- ne del servizio pubblico locale. In secondo luogo la previsione di una pro- dromica indagine da parte degli enti locali, specialmente con riferimento aquelli di minore dimensione, inevitabilmente costringerà tali amministrazio- ni a sostenere una spesa aggiuntiva non trascurabile. Infine, in assenza didiversa precisazione legislativa, il parere dell’Autorità Antitrust è obbligato- rio ma deve essere considerato non vincolante e allora, ecco il punto, qualeè l’effettivo limite stabilito dalla norma? (28) Numerosi sono gliAutori che hanno preso in esame il fenomeno in house provi- ding. Tra gli altri, S. COLOMBARI, Il modello in house providing tra mito (interno) e realtà (comunitaria) , in Urb. e app. , 2008, 211; G. FIENGO, Un significativo allargamento dell’in house providing, in Rass. Avv. Stato, 2007, I, 254; R. CAVALLO PERIN– D. CASALINI, L’in house providing: un’impresa dimezzata, in Dir. amm. , 2006, 1; D. ROSATO, Appalti in house: rassegna critica della giurisprudenza, in Rass. Avv. Stato, 2006, IV, 33; R. DENICTOLIS, La Corte si pronuncia in tema di tutela della trattativa privata, negli affidamen- ti in house a società miste, in Urb. e App. , 2005, 295; B. MAMELI, Affidamenti in house e libera concorrenza, in Urb. e app. , 2003, 1419; C. ALBERTI, Appalti in house, concessioni in house ed esternalizzazione, in Riv. it. dir. pubb. com. , 2001, 495. Per la giurisprudenza, per la sua valenza riassuntiva, Consiglio di Stato,Ad. Plen. , 3 marzo 2008, n. 1, in Foro it. , 2008, III, 161. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 82 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 82 Le disposizioni in commento, in realtà, benché ispirate dall’apprezzabi- le intento di limitare il diffondersi di deroghe ingiustificate al principio gene- rale della gara, non appaiono idonee a raggiungere agevolmente tale auspi- cabile risultato. La riforma haprevistoanche lapossibilità diaffidamento simultaneo con unica gara di una pluralità di servizi pubblici locali qualora l’ente affidante riesca a dimostrare che tale scelta sia economicamente vantaggiosa.Anche in relazioneataleipotesi,probabilmente,sarebbestatopiùopportunoseillegis- latore avesse stabilito espressamente i criteri che l’ente deve considerare per dimostrare il vantaggio economico di tale scelta organizzativa. In assenza di tale previsione, infatti, l’amministrazione affidante si trova a godere di un ampio margine di discrezionalità nell’effettuare la propria scelta. La riforma ha introdotto una rilevante novità anche per quanto concerne il soggetto affidatario del servizio pubblico locale. In base al nuovo quadronormativo, infatti, possono partecipare alla gara per l’affidamento dellagestione dei servizi tutti gli imprenditori e tutte le società indipendentemente dalla veste giuridica che esse assumano. In tal modo il legislatore ha recepito l’orientamentodelgiudicecomunitariosecondoilqualeigiudiciitalianisono tenuti a disapplicare norme come l’art. 113, comma 5, lett. a) del TUEL per manifesta incompatibilità con i principi di parità di trattamento, di divieto di discriminazione e di libera concorrenza sanciti dalTrattato (29) perché impe- discono ad operatori economici di presentare offerte soltanto per il fatto chetali offerenti non presentano la forma giuridica corrispondente ad una deter- minata categoria di persone giuridiche.Alla luce del nuovo contesto normati- vo e giurisprudenziale il discrimine della forma societaria, dunque, non può piùoperare neiriguardidellasocietà partecipantealla gara perla gestione del servizio pubblico locale, al cui affidamento può concorrere qualsivoglia sog- getto, anche costituito in forma diversa dalla società di capitali. La disciplina contenuta nell’art. 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 trova il proprio ambito di applicazione con riferimento a tutti i servi- zi pubblici locali a rilevanza economica. Nel testo, però, c’è anche una (29) Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza 18 dicembre 2007, C-357/06. L’art. 113, comma 5, lett. a) del TUELstabiliva che l’erogazione del servizio potesse avve- nire con conferimento della titolarità del servizio a società di capitali individuate attraversol’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica. Il giudice di Lussemburgo hastabilito che “l’art. 26 n. 1 e 2 della direttiva del Consiglio 92/50/CE osta a disposizioninazionali, come quelle costituite dagli art. 113, comma 5, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 198, comma 1, D.Lgs. n. 152 del 2006 e art. 2, comma 6, l.r. Lombardia n. 26 del 2003, che impe- discono ad operatori economici di presentare offerte, soltanto per il fatto che tali offerentinon abbiano la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giu- ridiche, ossia quella delle società di capitali. Il giudice nazionale, in tal caso, è obbligato adare un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunita- rio e, qualora siffatta interpretazione conforme non sia possibile, a disapplicare ogni dispo- sizione di diritto interna contraria a tali prescrizioni”. Conforme a questo orientamento larecente pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008 n. 4242. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 83 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 83 disposizione che fa specifico riferimento al servizio idrico integrato. Si trat- ta del comma ottavo, il quale stabilisce che qualora all’attuale concessiona- rio sia stata affidata la gestione del servizio senza una previa gara ad eviden- za pubblica, l’efficacia del titolo concessorio termina il 31 dicembre 2010, senza la necessità che l’ente affidante adotti una delibera ad hoc. La dispo- sizione stabilisce anche che qualora le concessioni del servizio idrico inte- grato siano state affidate in presenza delle particolari condizioni che legitti- mano la deroga al principio della gara, tali affidamenti sono esclusi dalla ces- sazione. Il dato letterale (“sono escluse dalla cessazione le concessioni affi- date ai sensi del comma 3”) fa presumere che il momento rilevante per veri- ficare la presenza delle condizioni che legittimano la deroga sia quello in cuiè stato effettuato l’affidamento originario. Tuttavia, secondo una parte delladottrina, sarebbe più ragionevole fare riferimento al momento, successivo, della prevista cessazione della concessione quale momento per accertare lasussistenza delle condizioni derogatorie, “in quanto sarebbe illogico impor- re la decadenza delle concessioni in essere assentite a trattativa diretta se poicomunque si può far ricorso anche nell’attualità (rectius anche dopo il 2010) alla trattativa diretta in forza del più volte citato comma 3” (30). Degna di commento è anche la previsione del divieto per i titolari di ser- vizi pubblici locali non affidati mediante procedura competitiva, nonché peri soggetti cui sia stata affidata la gestione delle reti, qualora separata dall’at- tività di erogazione dei servizi, di acquisire la gestione di servizi ulterioriovvero in ambiti territoriali diversi, di svolgere servizi o attività per altri entipubblici o privati, né direttamente né tramite loro controllanti o altre societàche siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. La dispo- sizione precisa che tale divieto non si estende alle società quotate nei merca- ti regolamentati e che non opera in relazione alle gare per il conferimentodello stesso servizio pubblico di cui il privato sia stato precedentemente con- cessionario (31). Il divieto appare particolarmente restrittivo e probabilmente solleva deidubbi di legittimità costituzionale e comunitaria in particolare con riferimen- to alle norme poste a tutela dell’iniziativa privata. Infatti, tale limite preclude aisoggettiaffidataridirettidiunserviziopubblicolocalediconcorrere,anche mediante procedura ad evidenza pubblica, per l’affidamento di un servizio pubblico ulteriore, e ciò anche quando il servizio inerisca ad un ambito terri- toriale diverso, anche quando a competere per l’ulteriore servizio sia una società controllante, controllata o semplicemente partecipata dall’affidataria diretta. Inoltre la disposizione comprende il divieto, particolarmente limitati- vo, di svolgere servizi o attività anche per altri soggetti “pubblici o privati” . (30) Cfr. F. LILLI, “La nuova disciplina di riforma dei servizi pubblici locali”, consul- tabile sul sito www.giustamm.it, pubblicato il 17 settembre 2008. (31) La disposizione riprende sostanzialmente il divieto di cui all’art. 113, comma 6, del D.Lgs. n. 267 del 2000. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 84 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 84 La riforma dei servizi pubblici locali non si esaurisce nel decreto legge n. 112 del 2008, in quanto il comma 10 dell’art. 23 bis demanda ad uno o piùregolamenti governativi il compito di completare la riforma. Per un giudiziocompleto sulla riforma, dunque, non si può che attendere l’emanazione ditali regolamenti per valutarne il contenuto. Per quanto concerne il rapporto tra la nuova disciplina e quella di cuiall’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 il legislatore non ha fornito un para- metro certo, rinviando il compito di individuare quali norme di tale ultimadisposizione siano incompatibili con la nuova disciplina all’interprete e, plausibilmente, al regolamento di cui al comma 10, il quale, tra l’altro, dovrà“individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente artico- lo”. In attesa dell’auspicato regolamento governativo, il giudizio circa la tec- nica normativa utilizzata dal legislatore non può essere esente da criticheperché in contrasto con quelli che sono i principi generali di drafting legis- lativo. Sarebbe stata preferibile un’esplicita indicazione da parte del legisla- tore di quali norme contenute nell’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 devo- no oggi ritenersi applicabili, evitando ogni forma di abrogazione implicita econ una soluzione maggiormente consona a quel canone della certezza deldiritto spesso ignorato dal nostro legislatore. Medio tempore, sarà l’interpre- te a dover determinare “le parti incompatibili con le disposizioni del presen- te articolo”, ovvero stabilire in quale misura l’art. 113 debba considerarsiattualmente abrogato. Per quanto attiene alla regolamentazione del periodo transitorio, l’art. 23 bis contiene norme in tema di transitoria prosecuzione delle gestioni in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina. Il legislatore ha sta- bilito espressamente che restano salve le procedure di affidamento avviate enon ancora concluse nel momento in cui la legge n. 113 del 2008 è entrata in vigore,inossequioaquell’interpretazionedelprincipiodellacertezzadeldirit- to elaborata dal giudice comunitario secondo cui la cessazione di una conces- sione preesistente all’entrata in vigore di una nuova norma deve essere corre- data da un periodo transitorio che permetta alle parti del contratto di scioglie- re irispettivirapporticontrattualiacondizioniaccettabilisiadalpuntodivista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico (32) . 5. Riflessioni conclusive La riforma dei servizi pubblici locali introdotta con l’art. 23 bis della legge n. 133 del 2008 rappresenta l’ennesimo tentativo di disciplinare questa complessamateria.Sesembracondivisibilechela ratio dellariformasiastata quella di tutelare il più possibile il principio della libera concorrenza (33) , (32) Corte di Giustizia, sez. II, sentenza 17 luglio 2008, nel procedimento C-347/06. (33) Cfr. G. GUZZO, La nuova veste dei servizi pubblici locali alla luce degli emenda- menti e sub-emendamenti al ddl n. AC 1386 di conversione del dl 112/08, consultabile sul sito www.dirittodeiservizipubblici.it. 02 cont. com. 02b rosato c:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.33 Pagina 85 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 85 appare tuttavia evidente che il disegno del legislatore sia suscettibile di un miglioramento, in vista di una più ampia affermazione di quella concorren- za che generalmente è considerata funzionale all’efficienza operativa dei servizi (34). Ferme restando le osservazioni esposte, in generale si può sostenere che a frontediuna condivisibileaffermazionedelprincipiodellagaracomerego- lagenerale,laprevisionedideroghecomequelleprevistealcomma3dell’art. 23 bis, di fatto, non fa che riproporre le questioni oggi ancora aperte in tema di affidamenti diretti. L’aver individuato quale parametro per “aggirare” laregoladellagaraunodaiconnotatiincerti,infatti,noncontribuisceapromuo- vereunamaggiorecertezzadeldirittoenonconsenteladefinitivaaperturadel settore alla libera concorrenza. La disposizione si presta ad interpretazionievidentementediscrezionali lequali,anche inragionedellaprassiesistentein questo settore, non fanno apparire improbabile un ricorso assai frequente da parte degli enti locali alla deroga al principio della gara. La riforma della disciplina dei servizi pubblici locali, dunque, sotto que- sto profilo non rappresenta un reale passo avanti verso il libero sviluppo deimercati, né tantomeno la conclusione dell’opera di sistemazione di questatormentata materia. L’art. 23 bis, piuttosto, costituisce un nuovo interventolegislativo che se da una parte puntualizza alcune questioni, dall’altra nelascia aperte altre non meno importanti. (34) Segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AS457) del24 luglio 2008 sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 86 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 86 LEDECISIONI Appalti pubblici: legittimazione ad agire singulatim da parte di imprese membri di una associazione temporanea (Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sezione Sesta, ordinanza del 4ottobre 2007 nella causa C-492/06) L’ordinanza oggetto della presente nota a commento concerne la que- stione della legittimazione o meno delle imprese, facenti parte di una asso- ciazione temporanea (ATI), ad agire in giudizio a titolo individuale, addive- nendo alla conclusione della piena compatibilità comunitaria di un ordina- mento nazionale che riconosca la legittimazione attiva anche ai singoli mem- bri di un’ATI. Fatto È opportuno, in via preliminare, offrire un quadro dei fatti posti al vagliodella Corte al fine di comprendere la portata della sua statuizione. In data 30 novembre 2004 l’Azienda Ospedaliera Ospedale NiguardaCa’Granda di Milano pubblicava un bando di gara avente ad oggetto un ser- vizio di elisoccorso. Venivano depositate le offerte. La prima, da parte dellaElilombarda in quanto capofila di un’associazione temporanea in via dicostituzione; la seconda, depositata dal Consorzio il quale risultava poiaggiudicatario. La Elilombarda proponeva dinanzi al Tribunale AmministrativoRegionale della Lombardia, in nome proprio e a titolo individuale, un ricor- so rivolto contro tale decisione. Il Consorzio sollevava l’eccezione di inam- missibilità per difetto di legittimazione ad agire singulatim in quanto – a suo dire – unico soggetto legittimato a ricorrere era l’ATI, seppure ancora in viadi costituzione, quale unico centro di interesse. Il TAR accoglieva il ricorso dell’Elilombarda, riferendosi alla giurispru- denza maggioritaria del Consiglio di Stato. Il Consorzio proponeva, dunque, appello al Consiglio di Stato il quale, sospendendo il procedimento, con ordinanza (1) sottoponeva al vaglio dellaCorte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: “l’art. 1 della cd. direttiva – ricorsi n. 89/665 deve essere interpretato nel senso che osta a che, (1) CdS, sez. V, n. 6677 del 14 novembre 2006. 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 87 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazio- ne di un appalto possa essere proposto a titolo individuale da uno solo deimembri di un’associazione temporanea priva di personalità giuridica, che hapartecipato in quanto tale ad una procedura di aggiudicazione di un appaltopubblico e non si è vista attribuire il detto appalto?” . La decisione della Corte di Giustizia consolida l’orientamento maggiorita- rio della giurisprudenza amministrativa dello Stato italiano La tesi prevalente nella giurisprudenza amministrativa nazionale (2) ammette la legittimazione processuale delle singole imprese facenti parte diun’ATI, sia già costituita sia in via di costituzione, ad agire individualmente, sulla base della circostanza per cui, nonostante la partecipazione ad un rag- gruppamento e nonostante il conferimento di un mandato ad una capogrup- po, le singole imprese rimangono tuttavia titolari di propri diritti soggettivied interessi legittimi, aventi ciascuna un proprio interesse ad agire. Si cita, a titolo esemplificativo, la pronuncia del Consiglio di Stato sez. Vn. 1805 del 19 aprile 2005 secondo cui, relativamente ad un’ATI costituen- da, “la possibilità di una futura costituzione di un soggetto diverso, l’ATIappunto, non priva i singoli partecipanti della propria legittimazione attiva. In particolare nelle gare per affidamento di appalti pubblici, ciascuno deisoggetti che hanno chiesto di partecipare dichiarando di volersi riunire inassociazione temporanea in caso di aggiudicazione, è legittimato, come por- tatore di un interesse proprio riconosciuto dall’ordinamento, ad impugnarel’aggiudicazione. E ancora, si menziona la più recente pronuncia delConsiglio di Stato, sez. V, n. 5577 del 23 ottobre 2007 per cui “Il collegio, pur prendendo atto della esistenza di alcune posizioni differenziate, ritienepreferibile l’opinione secondo cui, anche prima della costituzione dell’asso- ciazione temporanea di impresa e del conferimento della rappresentanza allacapogruppo mandataria, ciascuna impresa mandante ha il diritto di proporrericorso avverso le determinazioni della procedura di gara che provochinolesione dei propri interessi… le regole interne possono stabilire una legitti- mazione al ricorso ancora più ampia ed estesa di quella prevista dal dirittocomunitario, riferendola a ciascuna delle singole imprese facenti parte dellacostituenda ATI ” (3). (2) Ex multis, CdS sez. IV, n. 397 del 23 gennaio 2002; CdS sez. Vn. 5646 del 30 ago- sto 2004; CdS sez. V n. 1411 del 18 marzo 2004; CdS sez. V n. 6769 del 30 ottobre 2003; CdS sez. IV n. 3721 del 10 giugno 2004; CdS sez. V n. 5577 del 23 ottobre 2007. (3) Confr. TAR Calabria n. 170 del 18 luglio 1983; CdS, sez. VI, n. 937 del 23 gennaio2002; CdS, sez. IV, n. 3721 del 10 giugno 2004 per cui “il conferimento del mandato spe- ciale collettivo irrevocabile gratuito all’impresa capogruppo attribuisce al legale rappresen- tante di quest’ultima la rappresentanza processuale nei confronti dell’amministrazione edelle imprese terze controinteressate, ma non preclude o limita la facoltà delle singoleimprese mandanti di agire in giudizio singulatim, mancando una espressa previsione in talsenso nella normativa comunitaria di riferimento ed in quella nazionale di recepimento” . 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 88 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 Diavvisocontrarioèlatesi(4),minoritariaingiurisprudenza,secondocui necessariamentelalegittimazione ad agirespetti al raggruppamentoin sépoi- chéaisolifinidellapartecipazioneallagarasicreaununicocentrodiinteres- se, un unico concorrente, che partecipa alla gara formulando un’unica offerta, e che va mantenuto su un piano di parità rispetto agli altri concorrenti, desti- nataridiun’unicanotificazioneallaimpresacapogruppoaifinidelladecorren- za del termine per impugnare gli atti di gara lesivi in sede giurisdizionale. La Corte di Giustizia aveva già esaminato analoga questione con la notasentenza Espace-Trianon (5). La fattispecie posta all’esame della Corte concerneva la compatibilitàcomunitaria dell’ordinamento belga in materia di appalti pubblici il qualenon prevedeva la legittimazione ad agire singulatim delle imprese di una ATI. La Corte ha statuito che, “la direttiva ricorsi 89/665/CEE non osta ache la normativa nazionale di uno Stato membro preveda che le singoleimprese costituite in raggruppamento temporaneo non siano legittimate adimpugnare in via autonoma l’aggiudicazione della gara d’appalto cui abbia- no preso parte nell’ambito del raggruppamento stesso”. Con la sentenza Espace-Trianon viene, dunque, dichiarato conforme all’ordinamento comunitario il sistema processuale (belga, nella fattispecie) nella misura in cui prevede che il ricorso contro l’aggiudicazione di un appal- to possa essere proposto unicamente dalla totalità dei membri di un’ATI. Nulla si dice, tuttavia, in merito al caso in cui il singolo Stato membroammetta la possibilità per le imprese di agire singulatim, non rientrando la questione – secondo le parole dell’Avvocato Generale – nell’oggetto del giu- dizio. Nelcaso dispecie, ConsorzioElisoccorsoc/ o Elilombarda,postoall’esa- me della presente nota a commento, risolutive sono le conclusionidell’Avvocato Generaleilquale ha affermato che “la circostanza chein alcu- ni Stati membri anche i singoli componenti di un raggruppamento di impren- ditoripossanoproporrericorsononmutailfattoche ladirettiva –ricorsinon richiede una siffatta possibilità. Gli Stati membri, infatti, inlinea diprincipioben possono andare oltre i requisiti minimi stabiliti dalle direttive”. Ulteriori elementi, inoltre, quali la lettera della norma comunitaria non- ché l’obiettivo prefissato dall’ordinamento comunitario, costituiscono indicirilevanti al fine di poter sostenere la compatibilità del sistema nazionale ita- liano con l’ordinamento comunitario in materia. L’art. 1 comma 3 della citata direttiva, infatti, dispone che “gli Statimembri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondomodalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque (4) Ex pluribus, CdS, sez. V n. 5032 del 09 luglio 2004; CdS, sez. V, n. 3950 del 17 luglio 2001. (5) Corte di Giustizia delle Comunità Europee, Sezione Seconda, sentenza dell’8 set- tembre 2005, C-129/04. Richiamata, nella fattispecie oggetto della presente nota a commen- to, dall’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia. 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 89 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinatoappalto pubblico…”. L’utilizzo della locuzione “per lo meno a chiunque” (nel testo della diret- tiva in lingua ufficiale “au moins a toute personne ayant ou ayant eu un inté- rét à obtenir un marché public”) è sintomatico del potenziale ampliamentodella sfera dei soggetti legittimati ad agire. In secondo luogo, la normativa comunitaria è finalizzata ad una tutelache sia la più ampia possibile. Dunque, la cd. direttiva – ricorsi individua una soglia minima di tutelaprocessuale inderogabile. La stessa Corte di Giustizia ha più volte affermatoche “la direttiva 89/665 detta soltanto i requisiti minimi che le procedured’impugnazione previste dagli ordinamenti giuridici nazionali devono rispet- tare per garantire l’osservanza delle disposizioni comunitarie in materia diappalti pubblici” (ex multis Corte di Giustizia CE, Sezione Sesta, 27 febbraio 2003, C-327/00) . Considerazioni conclusive La Corte di Giustizia CE, con l’ordinanza oggetto della presente nota acommento, nell’affermare che “l’art. 1 della direttiva del Consiglio 21dicembre 1989, 89/665/CEE… deve essere interpretato nel senso che nonosta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione diaggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo indivi- duale da uno soltanto dei membri di un’associazione temporanea priva dipersonalità giuridica la quale abbia partecipato in quanto tale alla proce- dura di aggiudicazione dell’appalto suddetto e non se lo sia visto attribui- re”, si conforma all’orientamento maggioritario della giurisprudenza ammi- nistrativa nazionale consolidandolo. La direttiva citata, infatti, fissa soltanto degli standards minimi indero- gabili dai singoli Stati membri e pertanto si ammette la possibilità di amplia- re tali standards come, nel caso di specie, consentendo una legittimazione adagire in giudizio singulatim delle imprese facenti parte di una associazione temporanea. La ratio della direttiva n. 665/89 è quella di rendere efficaci leprocedure di ricorso definendo la piattaforma minima delle garanzie giuri- sdizionali offerte alle imprese che concorrono alle procedure per l’affida- mento di pubblici appalti. Questa finalità non è certamente contraddetta dadisposizioni con cui i singoli Stati membri introducano regole volte ad allar- gare le opportunità del sindacato giurisdizionale sulla corretta applicazionedel diritto comunitario. Dott.ssa Carolina Layek(* ) (* ) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l’AvvocaturaGenerale dello Stato. 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 90 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 90 Ordinanza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sesta Sezione, 4 ottobre 2007 nella causa C-492/06 – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consigliodi Stato – Consorzio Elisoccorso San Raffaele/Elilombarda Srl, Azienda OspedalieraOspedale Niguarda Cà Granda di Milano. (Avvocato dello Stato G. Fiengo – AL 8224/07). Appalti pubblici – Direttiva 89/665/CEE – Procedura di ricorso in materia di aggiudicazio- ne di appalti pubblici – Soggetti ammessi ad accedere alle procedure di ricorso – Associazione temporanea offerente – Diritto di ciascuno dei membri di un’associazionetemporanea di proporre ricorso a titolo individuale. (… Omissis) 1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 1 delladirettiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legis- lative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso inmateria di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE (GU L 209, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 89/665»). 2. Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia pendente tra ilConsorzio Elisoccorso San Raffaele (in prosieguo: il «Consorzio») e la Elilombarda Srl (inprosieguo: la «Elilombarda»), capofila di un’associazione temporanea in via di costituzio- ne, e riguardante un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico. Contesto normativo La normativa comunitaria 3. L’art. 1 della direttiva 89/665 dispone: «1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE, 77/62/CEE e 92/50/CEE (...), le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di ricorsi efficaci e, in particolare, quanto più rapidi possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare nell’articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni [abbiano] violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. (... ) 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l’autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso» . 4. L’art. 2, n. 1, di tale direttiva prevede: «Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all’articolo 1prevedano i poteri che permettano di: (…) b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifi- cazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazio- ne dell’appalto in questione; 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 91 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni (…)». 5. L’art. 26, n. 1, della direttiva 92/50 così dispone: «Le offerte possono venir presentate da raggruppamenti di prestatori di servizi. A tali rag- gruppamenti non può venir richiesto di assumere una forma giuridica specifica ai fini dellapresentazione dell’offerta; ciò può tuttavia venir richiesto al raggruppamento selezionatouna volta che gli sia stato aggiudicato l’appalto». La normativa nazionale 6. La normativa nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, diforniture e di servizi [v., rispettivamente, legge 11 febbraio 1994, n. 109 (GURI n. 41 del19 febbraio 1994), decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358 (GURI n. 188 dell’11 agosto1992), e decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (GURI n. 104 del 6 maggio 1995)] nonpreclude né limita la facoltà delle singole imprese che fanno parte di un’«associazione tem- poranea» o di un «raggruppamento d’imprese» di agire in giudizio a titolo individuale. 7.SecondounacostantegiurisprudenzadelConsigliodiStato,leimpresechesonomem- bri di un’associazione temporanea o di un raggruppamento d’imprese sono individualmentelegittimate ad impugnare gli atti concernenti l’appalto pubblico cui esse hanno partecipato. Causa principale e questione pregiudiziale 8. In data 30 novembre 2004 l’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’Granda diMilano faceva pubblicare, in quanto autorità aggiudicatrice, un bando di gara avente adoggetto, segnatamente, un servizio di elisoccorso per un importo di EUR 25 900 000. 9. Venivano depositate due offerte. La prima, da parte della Elilombarda in qualità dicapofila di un’associazione temporanea in via di costituzione tra la detta impresa e laHelitalia SpA, mentre la seconda veniva depositata dal Consorzio, composto dalla ElilarioItalia SpAe dalla Air Viaggi San Raffaele Srl. 10. Il 28 aprile 2005 l’autorità aggiudicatrice attribuiva l’appalto al Consorzio, al qualeveniva notificata la decisione con nota 10 maggio 2005. 11. La Elilombarda proponeva dinanzi al Tribunale amministrativo regionale dellaLombardia (in prosieguo: il «TAR Lombardia»), in nome proprio e a titolo individuale, unricorso rivolto, tra l’altro, contro tale decisione. 12. Nell’ambito di tale procedimento, il Consorzio sollevava un’eccezione d’inammis- sibilità sostenendo che il ricorso era stato proposto non dall’associazione temporanea in viadi costituzione stessa, la quale, a suo parere, sarebbe stata l’unica legittimata ad agire in giu- dizio per la tutela del proprio interesse a vedersi aggiudicare l’appalto, bensì da uno solodegli operatori economici componenti tale associazione. 13. Riferendosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, il TAR Lombardia respin- geva l’eccezione di inammissibilità e, accogliendo il ricorso, annullava i provvedimentiadottati dall’autorità aggiudicatrice. 14. Il Consorzio ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale, in via pre- liminare, deve esaminare la decisione del TAR Lombardia relativa all’ammissibilità delricorso proposto dalla Elilombarda. 15. Nella sua ordinanza di rinvio il Consiglio di Stato evidenzia, da un lato, che la nor- mativa nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici non preclude né limita lafacoltà delle singole imprese facenti parte di un’associazione di agire in giudizio singulatime, dall’altro, che il TAR Lombardia ha effettivamente applicato i principi stabiliti a taleriguardo dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato stesso. 16.Tuttavia,essosichiedese,inconsiderazionediquantostatuitodallaCortenellasen- tenza8settembre2005,causaC-129/04,EspaceTrianoneSofibail(Racc.pag. I-7805),l’art. 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 92 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 92 1 della direttiva 89/665 osti ad un ricorso proposto a titolo individuale da uno dei membri diun’associazione temporanea offerente avverso una decisione di aggiudicazione di un appalto. 17. In tale contesto il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e disottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’art. 1 della direttiva 89/665 (…) debba essere interpretato nel senso che osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appaltopossa essere proposto a titolo individuale da uno solo dei membri di un’associazione tem- poranea priva di personalità giuridica, che ha partecipato in quanto tale ad una procedurad’aggiudicazione di un appalto pubblico e non si è vista attribuire il detto appalto». Sulla questione pregiudiziale 18. Ai sensi dell’art. 104, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, qualorala soluzione di una questione pregiudiziale possa essere chiaramente desunta dalla giuri- sprudenza, la Corte, dopo aver sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momen- to con ordinanza motivata. 19. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 1 della direttiva 89/665debba essere interpretato nel senso che osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso con- tro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titoloindividuale da uno solo dei membri di un’associazione temporanea priva di personalità giu- ridica, la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dell’appal- to suddetto e non se lo sia visto attribuire. 20. Atale riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 1, n. 3, della citata diretti- va, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso da questa previstesiano accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiu- dicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causadi una violazione denunciata del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o dellenorme nazionali che hanno recepito tale diritto. 21. Nederiva che la direttiva89/665stabilisce solamente i requisiti minimi che le proce- dured’impugnazioneprevistedagliordinamentigiuridicinazionalidevonorispettarepergaran- tire l’osservanza delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici (v. sentenza 19giugno 2003, causa C-315/01, GAT, Racc. pag. I-6351, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). 22. Nella sua citata sentenza Espace Trianon e Sofibail, la Corte ha interpretato l’art. 1 della direttiva 89/665 in una situazione in cui l’ordinamento giuridico interno esigeva cheun ricorso di annullamento contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblicovenisse proposto da tutti i membri componenti un’associazione temporanea offerente. 23. Riferendosi ad una situazione quale quella contemplata dalle questioni pregiudi- ziali che le erano state sottoposte, la Corte ha rilevato, ai punti 19-21 di tale sentenza, che: – un’associazione temporanea poteva essere considerata come un soggetto avente interessea ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico ai sensi dell’art. 1, n. 3, della direttiva89/665, dal momento che, avendo presentato un’offerta per l’appalto pubblico in questione, essa aveva dimostrato il proprio interesse ad ottenerlo; – nella causa principale nulla impediva che i membri dell’associazione temporanea propo- nessero tutti insieme, in quanto associati o in nome proprio, un ricorso di annullamento con- tro le decisioni controverse. 24. La Corte è pertanto pervenuta alla conclusione, al punto 22 della citata sentenza, che la disposizione procedurale nazionale in questione non limitava l’accessibilità ad unricorso in modo contrario all’art. 1, n. 3, della direttiva 89/665. 25.Diconseguenza,essahastatuitochel’art. 1ditaledirettivanonostaache,secondoil diritto nazionale di uno Stato membro, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di 02 cont. com. 03 layek:02 cont. com. 03 decis. di matteo.qxd 13/01/2009 14.34 Pagina 93 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni unappaltopubblicopossaesserepropostounicamentedallatotalitàdeimembridiun’associa- zione temporanea priva di personalità giuridica, la quale abbia partecipato in quanto tale allaprocedura di aggiudicazione dell’appalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. 26. Così facendo, come rilevato giustamente dalla Elilombarda e dalla Commissionedelle Comunità europee nelle loro osservazioni scritte, la Corte ha solamente stabilito, conriferimento alle circostanze proprie della causa principale, una soglia minima di accesso airicorsi in materia di appalti garantita dalla direttiva 89/665. 27. Essa non ha assolutamente escluso che altri Stati membri possano, nel loro dirittonazionale, concedere un accesso più esteso a tali ricorsi, sancendo una nozione di legittima- zione ad agire più ampia di quella, minima, garantita dalla citata direttiva. 28. Infatti, in assenza di una disposizione specifica di quest’ultima, spetta all’ordina- mento giuridico interno di ciascuno Stato membro determinare in particolare se e a qualicondizioni la legittimazione ad agire nelle procedure di ricorso possa essere estesa alleimprese facenti parte di un’associazione che abbia in quanto tale presentato un’offerta. 29.Atale riguardo occorre precisare che, dal momento che si tratta di modalità proce- durali di ricorso in giudizio destinate ad assicurare la salvaguardia dei diritti conferiti daldiritto comunitario ai candidati ed agli offerenti lesi da decisioni delle autorità aggiudicatri- ci, tali modalità non devono mettere in pericolo l’effetto utile della direttiva 89/665 (v. sen- tenza 12 dicembre 2002, causa C-470/99, Universale-Bau e a., Racc. pag. I-11617, punto72), il cui obiettivo è di garantire che le decisioni illegittime delle autorità aggiudicatici pos- sano essere oggetto di ricorsi efficaci e quanto più rapidi possibile. 30.Tuttavia, a differenza di ciò che sostiene il governo cipriota, un’interpretazione del- l’art. 1 della citata direttiva che permetta di estendere la legittimazione ad agire in giudizioa ciascuno dei membri di un’associazione temporanea la quale abbia presentato un’offertain un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico non compromette il dettoobiettivo, ma risulta, al contrario, idonea a contribuire alla sua realizzazione. 31. Pertanto, occorre rispondere alla questione proposta dichiarando che l’art. 1 delladirettiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che non osta a che, secondo il dirittonazionale, il ricorso contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possaessere proposto a titolo individuale da uno soltanto dei membri di un’associazione tempora- nea priva di personalità giuridica la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura diaggiudicazione dell’appalto suddetto e non se lo sia visto attribuire. Sulle spese 32. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costitui- sce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono darluogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: L’art. 1 della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina ledisposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle pro- cedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavo- ri, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essereinterpretato nel senso che non osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro unadecisione di aggiudicazione di un appalto pubblico possa essere proposto a titolo individua- le da uno soltanto dei membri di un’associazione temporanea priva di personalità giuridi- ca la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione dell’appaltosuddetto e non se lo sia visto attribuire. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina I GIUDIZIINCORSOALLACORTEDIGIUSTIZIACE Causa C-343/07 – Materia trattata: agricoltura – Domanda di pronun- cia pregiudiziale proposta dalla Corte d’appello di Torino (Italia) il 25luglio 2007 – Bavaria N.V. e Bavaria Italia s.r.l./Bayerischer Brauerbund e.V. (Avvocato dello Stato W. Ferrante – AL 36475/07) . LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se il Regolamento CE n. 1347/2001 del Consiglio del 28/6/01 sia onon invalido, eventualmente anche come invalidità derivata da quella dialtri atti, sotto i seguenti profili: Violazione di principi generali – per invalidità del combinato disposto dell’art. 1.1 e dell’ Allegato I delReg. CEE 2081/1992 nella parte in cui consente la registrazione di indica- zioni geografiche relative alla “birra”, che è bevanda alcolica (erroneamen- te) ricompresa nel citato Allegato I tra i “prodotti alimentari” menzionatinel citato art. 1.1, e non è compresa tra i “prodotti agricoli” di cuiall’Allegato I del Trattato CE ed agli artt. 32 (ex 38) e 37 (ex 43) del mede- simo, su cui il Consiglio ha fondato i propri poteri nell’emanare il Reg. CEE2081/1992; – per invalidità dell’art. 17 del Reg. CEE 2081/1992 nella parte in cui pre- vede una procedura accelerata di registrazione tale da limitare e pregiudi- care in misura sostanziale i diritti dei soggetti interessati, non prevedendoalcun diritto di opposizione, con una chiara violazione dei principi di tra- sparenza e di certezza giuridica; ciò, in particolare, sia alla luce della com- plessità del procedimento di registrazione della stessa IGP “BayerischesBier”, durato oltre sette anni dal 1994 al 2001, sia dell’espresso riconosci- mento nel Considerando n. 13 del Reg. CE 692/2003, il cui art. 15 ha per lecitate ragioni abrogato l’art. 17 del Reg. CEE 2081/1992; Carenza di requisiti formali – perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non soddisfa le condizioni richie- ste dall’art. 17 del Reg. CEE 2081/1992 per poter accedere alla registrazio- ne secondo la procedura semplificata dallo stesso prevista, in quanto tale indicazione, al momento della presentazione della domanda di registrazione, non era in Germania “giuridicamente protetta” né “sancita dall’uso”. – perché la ricorrenza dei requisiti per la registrazione dell’indicazione“Bayerisches Bier” non è stata debitamente considerata né dal Governotedesco prima di presentare alla Commissione la domanda di registrazione, né dalla Commissione stessa dopo aver ricevuto la domanda, contrariamen- te a quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenzadel 6 dicembre 2001, in causa C-269/99, Kuhre Spreewalder Gurken); – perché la domanda di registrazione dell’indicazione “Bayerisches Bier” non è stata presentata tempestivamente dal Governo tedesco, secondo quan- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 95 to previsto dall’art. 17.1 del Reg. CEE 2081/92 (sei mesi successivamenteall’entrata in vigore del Regolamento, avvenuta in data 24 luglio 1993), dalmomento che la domanda inizialmente presentata dal richiedente prevedevaotto diverse indicazioni, con la possibilità di ulteriori e indefinite variazio- ni, che confluirono nell’attuale unica indicazione “Bayerisckes Bier” solodopo che il termine finale del 24 gennaio 1994 era da lungo tempo scaduto; Carenza di requisiti sostanziali – perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non soddisfa i requisiti sostanzia- li stabiliti dall’art. 2.2.b del Reg. CEE 2081/1992 ai fini della registrazionea titolo di indicazione geografica protetta, stante il carattere generico diquesta indicazione, che ha storicamente designato birra prodotta secondoun particolare metodo di produzione originato in Baviera nel corso del XIXsecolo e quindi diffusosi nel resto d’Europa ed in tutto il mondo (il cosiddet- to “metodo bavarese” a bassa fermentazione), che anche oggi in alcune lin- gue europee (danese, svedese, finlandese) è termine generico per la birra, eche, in ogni caso, al più può solamente e genericamente indicare “birra pro- dotta nella Baviera tedesca”, di qualsiasi tipologia tra le numerosissime ediversissime esistenti, senza che sia rinvenibile alcun “nesso diretto” (sen- tenza della Corte di Giustizia del 7 novembre 2000, in causa C-312/98, Warsteiner) tra una specifica qualità, la reputazione o altre caratteristichedel prodotto (birra) e la sua specifica origine geografica (Baviera), né ricor- rendo i “casi eccezionali” richiesti dalla citata norma per consentire la regi- strazione di un’indicazione geografica comprensiva del nome di un Paese; – perché, per quanto detto al paragrafo che precede, l’indicazione“Bayerisches Bier” è un’indicazione “generica”, in quanto tale esclusadalla possibilità di registrazione ai sensi degli artt. 3.1 e 17.2 del Reg. CE2081/92. – perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non avrebbe dovuto essere regi- strata ai sensi dell’art. 14.3 del Reg. CEE 2081/92, dal momento che“Bayerisches Bier”, tenuto conto della “fama, della notorietà e della dura- ta di utilizzazione” dei Marchi Bavaria, è “tale da indurre il consumatore inerrore quanto alla vera identità del prodotto”; 2) in subordine, per il caso di ritenuta irricevibilità o di infondatezzadella questione sub 1), se il Regolamento CE n° 1347/2001 del Consiglio del28/6/01 debba ovvero non interpretarsi nel senso che il riconoscimento dellaIGP “Bayerisches Bier” ivi contenuto non pregiudichi la validità ed utiliz- zabilità dei preesistenti marchi di terzi in cui compaia la dizione “Bavaria” . L’INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO ITALIANO Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale, Il rinvio pregiudiziale trae origine da una controversia pendente innanzialla Corte d’appello di Torino promossa dalla Bayerischer Brauerbund e V. (BBB) nei confronti delle due società Bavaria N.V. e Bavaria Italia s.r.l. , alfine di ottenere una pronuncia che inibisca a queste ultime la prosecuzione dell’uso in Italia di una serie di marchi, il cui cuore distintivo è rappresentato 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 96 daltermine“Bavaria”,previadichiarazionedinullitàdeglistessiacausadella interferenza con l’indicazione geografica protetta (IGP) “Bayerisches Bier”. Analoghe cause sono state proposte in Spagna e in Germania e, in parti- colare, il Bundesgerichtshof ha presentato una domanda di rinvio pregiudi- ziale con ordinanza del 14 febbraio 2008, Causa C-120/08, che è stata sospe- sa in attesa della decisione della presente causa. È stata parimenti sospesa la causa T-178/06 proposta dalla Bavaria con- tro il Consiglio ai sensi dell’art. 288 del Trattato innanzi al Tribunale diprimo grado, volta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente deri- vante dall’adozione del regolamento n. 1347/2001 che ha registrato l’IGP“Bayerisches Bier” . Il giudice remittente pone sostanzialmente due quesiti: uno attinente allavalidità del regolamento n. 1347/2001, posta in dubbio per una serie di moti- vi formali e sostanziali, e uno, subordinato, in caso di ritenuta validità delpredetto regolamento, attinente all’interpretazione dello stesso e, specifica- mente, alla possibilità di coesistenza dei preesistenti marchi Bavaria conl’IGP Bayerisches Bier. Implicitamente, però la Corte d’appello di Torino demanda alla Corte digiustizia un ulteriore accertamento pregiudiziale attinente alla ricevibilità delprimo quesito, non avendo le società Bavaria e Bavaria Italia tempestiva- mente impugnato il regolamento n. 1347/2001 nel termine di due mesi pre- visto dall’art. 230 del Trattato. Sileggeinfattia p.4dell’ordinanza dirinvio: “reputaquestaCortechele ragioni di inammissibilità della questione pregiudiziale comunitaria, ritenutedalTribunale,nonsianofondatemacheinognicasosiaopportunocheancheil possibile dubbio al riguardo venga affrontato dalla Corte di giustizia UE”. Affronterò quindi per prima tale questione, assorbente per la decisionedel quesito concernente la validità del regolamento. Sulla ricevibilità del primo quesito Il regolamento n. 1347/01 riguardava direttamente ed individualmenteBavaria e perciò andava impugnato nei termini previsti dall’art. 230 delTrattato, essendo ormai preclusa al diretto destinatario del regolamento lapossibilità di eccepirne l’invalidità innanzi al giudice nazionale o tramite rin- vio pregiudiziale alla Corte di giustizia. In proposito, non può condividersi quanto affermato dalla Commissioneal punto 61 delle sue osservazioni in ordine al fatto che le conseguenze dellaregistrazione dell’IGP Bayerisches Bier a carico di Bavaria e Bavaria Italianon deriverebbero direttamente dal regolamento n. 1347/2001 bensì dagliarticoli 13 e 14 del regolamento n. 2081/92. Da un lato, è vero infatti che il 4° considerando del regolamento1347/2001 prevede la possibilità di proseguire l’uso del marchio olandeseBavaria e del marchio danese Høker Bajer nonostante la registrazionedell’IGPBayerisches Bier “nella misura in cui essi soddisfano le condizionipreviste all’articolo 14, paragrafo 2 del regolamento n. 2081/92”, demandan- do quindi al giudice nazionale la verifica circa la possibilità di coesistenzadei marchi preesistenti con la predetta IGP. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 97 Dall’altro, è vero però che il 3° considerando afferma espressamente chel’IGP Bayerisches Bier e il marchio Bavaria non si trovano nella situazioneprevista dall’art. 14, paragrafo, 3 del regolamento n. 2081/92 in quanto laregistrazione della denominazione Bayerisches Bier non è tale da indurre ilconsumatore in errore quanto alla vera identità del prodotto. Tale accertamento non solo si riferisce testualmente al marchio Bavaria(e non a titolo di esempio come nel 4° considerando) e al suo rapporto conl’IGP Bayerisches Bier ma è idoneo a far discendere automaticamente con- seguenze pregiudizievoli per i titolari del marchio Bavaria, a prescinderedalla valutazione del giudice nazionale in ordine alla sussistenza delle con- dizioni di applicabilità delle norme del regolamento n. 2081/1992. Anche dal 5° considerando deriva l’accertamento di un fatto potenzial- mente dannoso per Bavaria e non più confutabile ove non tempestivamentecontestato e cioè l’esclusione del carattere generico della denominazione“bayerisches”, che avrebbe impedito la sua registrazione come IGP, nonessendo dimostrato che tale termine o la sua traduzione nelle altre lingue siadiventato sinonimo di “birra”. Da tale accertamento derivano direttamente effetti nella sfera giuridicadi Bavaria e cioè l’interferenza con i suoi marchi, senza necessità di adozio- ne di ulteriori misure di attuazione. Che il regolamento n. 1347/2001 abbia prodotto effetti diretti nei con- fronti di Bavaria è peraltro ulteriormente confermato dalla proposizione daparte di questa di un’azione di risarcimento dei danni derivanti dall’adozio- ne del predetto regolamento innanzi al Tribunale di primo grado ai sensi del- l’art. 288 del Trattato (Causa T-178/06). Il predetto regolamento riguarda inoltre individualmente Bavaria inquanto deve ritenersi destinatario di un atto di un’istituzione comunitariaogni soggetto che sia toccato da tale atto “a causa di determinate qualità per- sonali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità” (sentenza Plaumann, causa C-25/62). Peraltro, come affermato dalla costante giurisprudenza della Corte, i ter- mini di ricorso sono intesi a preservare la certezza del diritto, evitando cheatti comunitari produttivi di effetti giuridici vengano rimessi in questioneall’infinito (sentenza TWD, causa C-188/92). Va ricordato inoltre che l’articolo 230, paragrafo 4, CE dispone che: “qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (...) un ricorso contro ledecisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendocome un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, lariguardano direttamente ed individualmente”. Il caso della sentenza Codorniu, causa C-309/89, appare perfettamentesovrapponibile alla fattispecie in esame. La Corte ha chiarito infatti che unadisposizione regolamentare che riservi l’utilizzazione della dicitura “cré- mant” a vini spumanti di qualità, prodotti in una regione determinata in con- dizioni specifiche, in Francia e in Lussemburgo ha, per la sua natura e la suaportata, un carattere normativo, in quanto si applica alla generalità degli ope- ratori economici interessati ma non può per questo escludersi che essa possaconcernere individualmente alcuni di loro. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 98 Pertanto la società spagnola Codorniu che produca e ponga in commer- cio vini spumanti di qualità, prodotti in una regione determinata, la qualemolto tempo prima dell’adozione del regolamento ha registrato in Spagna unmarchio contenente il termine “crémant” e ne ha fatto uso sia prima che dopola registrazione, si trova in particolari circostanze atte a distinguerla dallageneralità degli altri operatori economici, in quanto la suddetta disposizionegiunge al risultato di impedirle di far uso del suo marchio denominativo. La Corte ha quindi concluso, in quel caso, che la Codorniu poteva edanzi doveva impugnare il regolamento nel termine di decadenza previsto dalTrattato. Quindi, anche nella fattispecie, mentre non vi era onere di tempestivaimpugnazione del regolamento da parte di tutti i produttori di birra, che purepossono subire indirettamente effetti di ripercussione dalla registrazionedell’IGP Bayerisches Bier, certamente tale onere vi era da parte dellaBavaria che è espressamente citata nel regolamento censurato e i cui marchiinterferiscono con la predetta IGP. Sulla questione relativa alla validità del regolamento n. 1347/2001 Le suesposte considerazioni basterebbero a ritenere risolto il primo que- sito nel senso della sua irricevibilità, con conseguente intangibilità del rego- lamento n. 1347/2001, da ritenersi pienamente valido a tutti gli effetti. Per completezza, affronterò comunque i vari profili di invalidità prospet- tati dal giudice remittente, soffermandomi in particolare sulle dedotte carenze formali onde evitare ripetizioni rispetto alla discussione orale delle altre parti che hanno presentato osservazioni conformi a quelle del Governo italiano. Sotto un primo profilo, il giudice remittente ritiene il regolamento n. 1347/2001 affetto da invalidità derivata rispetto al regolamento generale n. 2081/92 atteso che la “birra”, in quanto bevanda alcolica, non avrebbe potu- to essere indicata tra i “prodotti alimentari” suscettibili di registrazione comeIGP elencati nell’allegato I del predetto regolamento, che trova la propriabase giuridica nell’art. 37 del Trattato, atteso che l’allegato I del Trattato noncomprende la birra tra i “prodotti agricoli”. Innanzitutto, va ribadito che la birra non può essere assimilata, in quan- to bevanda alcolica, al vino che è espressamente sottratto dall’art. 1, paragra- fo 1 dall’ambito di applicazione del regolamento n. 2081/92 in quanto il set- tore vitivinicolo è tradizionalmente oggetto di specifica disciplina in sedecomunitaria, che appresta una protezione anche superiore rispetto a quellastabilita dal regolamento n. 2081/92. Inoltre, la Corte di Giustizia ha precisato che le misure che si fondanosugli articoli 32 e seguenti del Trattato, per dare attuazione alla politica agri- cola comune, possono anche concernere in via accessoria prodotti non com- presi nell’allegato I del Trattato (causa C-11/88, causa C-180/96) quando laloro produzione e commercializzazione persegua i medesimi obiettivi dellaPAC enunciati dall’art. 33 del Trattato. ** ** * * Sotto un secondo profilo, secondo la Corte d’Appello di Torino, l’IGPinquestione, tenuto conto della particolare complessità del caso, non avrebbe 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 99 dovuto essere registrata secondo la procedura semplificata prevista dall’arti- colo 17 del regolamento n. 2081/92 che, non prevedendo alcun diritto diopposizione ai sensi dell’art. 7, ha comportato una chiara violazione dei prin- cipi del contraddittorio. Al riguardo, si deve invece rilevare che, come emerge espressamente dal1° considerando del regolamento n. 1347/2001, nel corso della procedura diregistrazione dell’IGPin questione, sono state chieste informazioni comple- mentari al fine di accertare la conformità di detta denominazione al dispostodegli articoli 2 e 4 del regolamento e quindi sono state ampiamente rispetta- te le esigenze del contraddittorio. In particolare, come confermato nelle osservazioni della Commissione, la Bavaria ha potuto sottoporre varie volte ai servizi della Commissione ilproprio punto di vista tramite le autorità olandesi e ha fatto ad essi perveni- re dossier molto dettagliati riguardanti il marchio Bavaria ed i prodotti conquesto designati. Inoltre, con lettera del 9 novembre 2000, la Commissione invitava tuttigli Stati membri a produrre informazioni tali da permettere di determinare sela denominazione Bayerisches Bier avesse assunto, sul loro territorio, carat- tere di denominazione generica, elemento che sarebbe stato ostativo allaregistrazione come IGP. L’istruttoria è stata quindi completa ed approfondita, come si evinceanche dalla durata della procedura (7 anni), e non ha comportato alcuna com- promissione del principio del contraddittorio. Quanto all’avvenuta abrogazione della procedura di cui all’art. 17 delregolamento n. 2081/92 da parte del regolamento n. 692/2003, va ricordatoche detta procedura semplificata aveva lo scopo di consentire, entro il brevetermine di sei mesi dall’entrata in vigore del regolamento, la presentazionedi domande di registrazione a livello comunitario delle denominazioni giàesistenti, tutelate negli Stati membri o sancite dall’uso. È evidente quindi che, data la natura transitoria della norma in questio- ne, l’abrogazione della stessa è da giustificarsi semplicemente con l’avvenu- to esaurimento dei suoi effetti. ** ** * * Sotto un terzo profilo, secondo la Corte d’Appello diTorino, non sarebbe stato possibile ricorrere alla procedura semplificata di cui all’articolo 17 delregolamento n. 2081/92 in quanto l’IGP in questione, al momento della pre- sentazione della domanda di registrazione, non era in Germania “giuridica- mente protetta” , nè “sancita dall’uso”. In proposito, occorre ricordare che, in Germania, prima dell’adozione delregolamenton.2081/92, l’unicaprotezioneoffertaalledenominazionigeogra- ficheeraquelladerivantedalle disposizionigeneraliinmateriadiconcorrenza sleale. Peraltro, dalla domanda di registrazione, è risultatoche taledenominazione era protetta da alcune convenzioni bilaterali concluse dalla Germania con la Francia,conl’Italia,conlaSpagnaeconlaSvizzera,ilchenonpuòchesignifi- carechedettadenominazione fosse consacratadall’uso sul territorio nazionale. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 100 Ciò detto, va sottolineato che, conformemente alla sentenza Kühne(causa C-269/99), esiste una ripartizione di competenze tra lo Stato membrointeressato e la Commissione nella verifica delle condizioni per ottenere laregistrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine. In particolare, non spetta alla Commissione determinare se una denomi- nazione notificata da uno Stato membro sia sancita dall’uso, se il prodotto dicui trattasi debba beneficiare, secondo la sua natura, di una DOP o di unaIGP o se la zona geografica sia stata definita correttamente. Infatti, la verifica della sussistenza di tali requisiti richiede conoscenzeapprofondite di elementi particolari dello Stato membro interessato, che pos- sono essere accertati più agevolmente dalle autorità competenti di tale Statomentre la Commissione è tenuta a svolgere soltanto un esame formale perverificare che la valutazione effettuata dalle autorità competenti non siaviziata da un errore manifesto. In proposito, va evidenziato che nella causa collegata e sospesa C- 120/08, il Bundesgerichtshof, e quindi il massimo organo della giustiziatedesca, ha espressamente accertato, nell’ordinanza di rinvio pregiudizialedel 14 febbraio 2008, quale giudice nazionale competente ai sensi dellarichiamata giurisprudenza comunitaria, che il termine Bayerisches Bier noncostituisce in Germania una denominazione generica. Dovranno quindi trarsene le dovute conseguenze anche nel presente giu- dizio. ** ** * * Sotto un quarto profilo, il giudice remittente ritiene che la domanda diregistrazione dell’IGP non sarebbe stata presentata tempestivamente. Al riguardo, posto che la domanda è stata pacificamente presentata neltermine di sei mesi dall’entrata in vigore del regolamento, il vizio formaleatterrebbe, secondo la Corte d’appello di Torino al fatto che la domanda èstata modificata successivamente allo scadere del predetto termine. In proposito, basti osservare che nella citata sentenza Kühne (causa C- 269/99), la Corte di giustizia ha precisato che, contrariamente all’art. 5 delregolamento n. 2081/92, il quale prevede espressamente che, nell’ambito delprocedimento normale, la domanda di registrazione sia accompagnata daldisciplinare, l’art. 17 dello stesso regolamento si limita, per la procedurasemplificata, ad imporre agli Stati membri l’obbligo di comunicare allaCommissione quali denominazioni, tra quelle giuridicamente protette o san- cite dall’uso, essi desiderano far registrare. Pertanto, conformemente alla citata sentenza, il predetto articolo 17 nonpuò essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri l’obbli- go di comunicare, entro un termine di sei mesi, la versione definitiva deldisciplinare e degli altri documenti rilevanti, con la conseguenza che qual- siasi modifica del disciplinare inizialmente presentato comporterebbe l’ap- plicazione del procedimento normale. Deve quindi concludersi che ladomanda di registrazione dell’IGPè stata presentata tempestivamente. ** ** * * Quantoaisollevatiprofilidiinvaliditàdelregolamentopercarenzesostan- ziali, rinvio a quanto già ampiamente esposto nelle osservazioni scritte. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 101 Sulla questione relativa all’interpretazione del regolamento n. 1347/2001 Con il secondo quesito, formulato in subordine, il giudice remittentechiede alla Corte se il Regolamento n. 1347/2001 debba interpretarsi nelsenso che il riconoscimento della IGP ‘Bayerisches Bier’ ivi contenuto pre- giudichi o meno la validità ed utilizzabilità dei preesistenti marchi di terzi incui compaia la dizione ‘Bavaria’. In proposito, si osserva che una questione simile è già stata affrontatadalla Corte di Giustizia nel caso Gorgonzola (causa C-87/97). In detta sentenza, la Corte ha innanzitutto chiarito che la nozione di“evocazione” di cui all’art. 13, n. 1 lett. b) del regolamento n. 2081/92 si rife- risce all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto, nellaspecie “Cambozola”, incorpori una parte di una denominazione protetta, nella specie “Gorgonzola”, di modo che il consumatore, in presenza delnome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferi- mento, la merce che fruisce della denominazione. Per i termini Bayerisches Bier e Bavaria, occorre poi tener conto delfatto che, ai sensi dell’art. 13, paragrafo 1, lett. b) del regolamento n. 2081/92, la tutela contro l’evocazione si estende anche alla traduzione delladenominazione protetta, nella specie, “Birra Bavarese”. Ma, soprattutto, la Corte, nella sentenza Gorgonzola, ha stabilito chespetta al Giudice nazionale stabilire se le condizioni poste dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 2081/92, consentano la prosecuzione dell’u- so del marchio previamente registrato nonostante la registrazione della deno- minazione di origine protetta, fondandosi in particolare sulla situazione giu- ridica vigente al momento della registrazione del marchio onde valutare sequest’ultima sia stata effettuata in buona fede e non comporti un inganno delconsumatore. Alla luce di tale precedente giurisprudenziale, si ritiene che anche i que- siti posti dal Bundesgerichtshof nella causa collegata C-120/08, volti sostan- zialmente a stabilire se l’IGPcomunitaria debba prevalere o meno su un mar- chio internazionale preesistente e se l’uso di quest’ultimo possa proseguirenonostante la registrazione dell’IGP, saranno decisi alla luce dei principiaffermati dalla richiamata sentenza Gorgonzola. Lussemburgo, 18 settembre 2008 Avv. Wally Ferrante Causa C-415/07 – Materia trattata: aiuti di Stato – Domanda di pronun- cia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore(Italia) il 10 settembre 2007 – Lodato Gennaro & C. SpA/Istituto naziona- le della previdenza sociale (INPS), SCCI. (Avvocato dello Stato W. Ferrante – AL 42622/07) . LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se il diritto comunitario recato dagli Orientamenti in materia di aiutiall’occupazione, dagli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 102 regionale, e dal Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5dicembre 2002, debba essere interpretato nel senso che, per verificare se visia stato incremento dei posti di lavoro, si debba operare il confronto tra lamedia ULA (forza occupazionale) dell’anno precedente all’assunzione e lamedia ULA dell’anno successivo all’assunzione, o se invece debba essereinterpretato nel senso che si debba, o anche solo si possa, operare il confron- to tra la media ULA dell’anno precedente all’assunzione ed il dato puntua- le della forza lavoro esistente in azienda nel solo giorno dell’assunzione. L’INTERVENTO ORALE DEL GOVERNO ITALIANO Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale, IlgiudicedelrinviochiedeallaCortesegliorientamentiinmateriadiaiuti a favore dell’occupazione, gli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finali- tà regionale e il regolamento n. 2204/2002 debbano essere interpretati nelsensochel’incrementodelnumerodeipostidilavoro,affinchéleimpresepos- sano fruire degli sgravi contributivi, deve essere calcolato confrontando lamedia ULA(unità di lavoro annuale) dell’anno precedente all’assunzione con la media ULA dell’anno successivo – e quindi due dati omogenei – ovvero confrontando la media ULAdell’anno precedente all’assunzione con il nume- ro dei lavoratori alla data dell’assunzione – e quindi due parametri eterogenei. La legislazione italiana, ed in particolare l’art. 3, comma 5 della legge n. 448/1998 e l’art. 44, comma 1 della legge n. 448/2001, come successivamen- te specificati dalle due circolari INPS, hanno adottato la seconda soluzione, prevedendo che il calcolo dell’incremento sia ricavato in relazione al datopuntuale risultante il giorno dell’assunzione. Il giudice del rinvio propende invece per la prima soluzione, ritenendoche il raffronto debba essere fatto tra la media ULA dell’anno precedente equella dell’anno successivo all’assunzione e chiede conforto alla Corte digiustizia in ordine alla correttezza di tale interpretazione. Ciò premesso, va ricordato che i due regimi di aiuti di cui alle due sud- dette leggi del 1998 e del 2001 (di cui la seconda ribadisce presupposti e con- dizioni della prima, fissando una nuova data di riferimento per il calcolodelle nuove assunzioni) sono stati dichiarati dalla Commissione compatibilicon il mercato comune. Per giungere a tale conclusione, come ricordato dalla stessa Lodato alpunto 14 delle osservazioni scritte, la Commissione ha richiesto allo Statoitaliano di precisare le modalità di calcolo dell’incremento netto del numerodi dipendenti nel senso che “la creazione di posti di lavoro è calcolata in rap- porto alla media dei lavoratori dell’impresa nel corso dei dodici mesi prece- denti l’assunzione”. Nessun riferimento viene fatto invece dalla Commissione al secondo ter- mine di paragone che, secondo la Lodato, dovrebbe anch’esso essere unparametro temporale di pari durata e cioè annuale. SelaCommissioneavesseintesosubordinarelacompatibilitàdell’aiutodi Statoadun calcolodell’incrementodellaforzalavorobasato sudueparametri 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 103 temporalidiparidurata(lamediadell’annoprecedenteequelladell’annosuc- cessivo all’assunzione) lo avrebbe richiesto espressamente allo Stato italianoche,conlaversioneoriginariadelledueleggidel1998edel2001,avevapara- metrato detto calcolo al confronto di due dati giornalieri: il 31 dicembre 1998 e, rispettivamente, il 31 dicembre 2001 e il giorno dell’assunzione. Invece la Commissione si è limitata a richiedere, per il calcolo dell’in- cremento dei posti di lavoro, di far riferimento alla media dei dodici mesiprecedenti l’assunzione. Ne deriva che il secondo termine di confronto previsto dalla legislazio- ne italiana e cioè il dato relativo al giorno dell’assunzione, è stato ritenutodall’istituzione comunitaria coerente e compatibile con il mercato comune. Va sottolineato inoltre che, a fronte dell’art. 87, paragrafo 1 del Trattato, che pone in linea generale il divieto di aiuti di Stato alle imprese in quantoidonei a falsare la concorrenza, le ipotesi derogatorie di cui ai paragrafi 2 e3 della stessa norma, in quanto ipotesi eccezionali e tassative, debbono esse- re interpretate restrittivamente, come correttamente osservato dall’INPS aipunti 17 e 18 delle osservazioni. Ciò detto, si osserva che la Commissione, nelle sue osservazioni scritte, pur concordando nella sostanza con le argomentazioni del Governo italianoper quanto concerne l’individuazione della ratio giustificatrice degli aiuti diStato in questione, consistenti in sgravi contributivi per incentivare l’incre- mento dell’occupazione e garantire la stabilità e la continuità nel tempo deinuovi posti di lavoro, tuttavia conclude nel senso che il criterio di calcolodell’aumento netto dei posti di lavoro presupporrebbe due termini temporalidi paragone omogenei (l’anno precedente e l’anno successivo all’assunzio- ne), consentendo così di usufruire del beneficio anche alle imprese che siavvalgano prevalentemente di lavoratori stagionali, il cui rapporto di lavoronon è quindi caratterizzato da quella stabilità e continuità che costituisce lagiustificazione dell’aiuto. La Commissione pur non escludendo la legittimità di un regime di aiutiche preveda regole più rigide, per quanto riguarda la condizione della stabi- lità e della continuità nel tempo dei nuovi posti di lavoro, quale quello italia- no, ritiene coerente con la finalità dell’aiuto anche la considerazione delleassunzioni di lavoratori stagionali. Tale tesi non appare condivisibile. Infatti, pur essendo connaturato a determinate attività, quali quelle turi- stiche o quelle di raccolta e trasformazione di prodotti agricoli stagionali, come nel caso di specie, un picco di attività in determinati periodi dell’anno, con la conseguente necessità di assumere un maggior numero di dipendentiper quel determinato periodo, il presupposto indefettibile per poter beneficia- re degli sgravi contributivi in questione sembra essere invece l’incremento diposti di lavoro stabili e duraturi. Che questa sia la finalità degli aiuti in questione emerge in modo inequi- vocabile dal punto 21 degli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, che prevede due condizioni che vanno entrambe nella direzione dell’incenti- vo alla stabilità del rapporto: 1. l’obbligo di effettuare l’assunzione nel qua- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 104 dro di un contratto a tempo indeterminato o di durata sufficientemente lunga; 2. l’obbligo di mantenere il nuovo posto di lavoro per un periodo di tempominimo dopo la sua creazione. Dette condizioni sono contemplate esplicitamente anche nella legislazio- ne italiana ed in particolare all’art. 3, comma 6, lettere f) e c) della legge488/98 che richiedono, rispettivamente, che i contratti di lavoro siano atempo indeterminato e che il livello di occupazione raggiunto a seguito dellenuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato, pariad un triennio. In questo quadro, appare contraddittoria la posizione della Commissioneche, da un lato, afferma espressamente, al punto 35 delle osservazioni, che alfine di stabilire l’incremento netto dei posti di lavoro si possono contare soloi posti di lavoro creati in maniera stabile e mantenuti per un periodo minimoe che i lavoratori assunti in maniera precaria, per un periodo estremamentelimitato, non possono invece essere calcolati; dall’altro, ritiene preferibile ilsistema di calcolo dell’incremento dei posti di lavoro prospettato dal giudi- ce del rinvio che, richiedendo il confronto tra due dati temporali omogenei(l’anno precedente e l’anno successivo) consente di beneficiare dell’aiutoanche chi assuma un gran numero di lavoratori stagionali che costituisconol’antitesi del rapporto stabile e continuativo. Peraltro, non appare affatto necessario che anche il secondo termine diconfronto sia anch’esso un periodo di tempo (e non un giorno) al fine dipoter compensare i posti di lavoro creati e soppressi in un arco temporale. Infatti non solo l’art. 3, comma 6 lettera d) della legge 448/98 prevedeche l’incremento della base occupazionale venga considerato al netto dellediminuzioni addirittura in società controllate ma il periodo successivo allanuova assunzione, come si è detto, è stato oggetto di specifica valutazionesia da parte del legislatore italiano, sia dagli orientamenti in materia di aiutiall’occupazione. Tale periodo però rileva esclusivamente ai fini del requisito del manteni- mento del livello occupazionale raggiunto a seguito delle nuove assunzioni, pena la revoca del beneficio, requisito distinto dall’incremento occupazionale netto e parimenti necessario per il diritto allo sgravio contributivo triennale. Di conseguenza, la modalità di calcolo dell’incremento occupazionalenetto prospettata dal giudice a quo verrebbe a sovrapporsi, almeno parzial- mente, al requisito del mantenimento occupazionale raggiunto, ingenerandosolo confusione nella verifica degli elementi costitutivi del diritto allo sgra- vio contributivo. Quanto al rilievo del giudice del rinvio secondo il quale il criterio adot- tato dall’INPS nel calcolo dell’incremento occupazionale si risolverebbe inuna disparità di trattamento tra imprese che hanno una forza occupazionalecostante e imprese che esercitano attività stagionali, caratterizzata da picchidi assunzioni, si ribadisce che tale diverso trattamento non appare ingiustifi- cato ed anzi il fatto che le imprese stagionali incontrino limiti nel fruire dellosgravio triennale è del tutto coerente sia con la ratio della legislazione italia- na, sia con la normativa comunitaria in materia di aiuti all’occupazione. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 105 Infatti, la norma di diritto interno, subordinando il beneficio contributi- vo all’assunzione del lavoratore con rapporto di lavoro a tempo indetermina- to ed al mantenimento del livello occupazionale raggiunto per un periodo ditre anni, è finalizzata a premiare l’incremento di occupazione stabile e nondi quella saltuaria tipica delle attività stagionali, che non offrono alcunagaranzia di continuità nel rapporto di lavoro. Lussemburgo, 21 ottobre 2008 Avv. Wally Ferrante Causa C-444/07 – Materia trattata: spazio di libertà, sicurezza e giusti- zia – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sad Rejonowy Gdansk – Pólnoc w Gdansku (Repubblica di Polonia) il 27 settembre 2007 – MG Probud Gdynia Sp. z o.o. w Gdyni/Ufficio doganale principaledi Saarbrucken. (Avvocato dello Stato W. Ferrante – AL 33958/07) . LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1)Se, inconsiderazionedegliarticoliagliartt.3,4,16,17nonchè25del regolamento CE del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle proce- dure di insolvenza, cioè alla luce della normativa concernente la competenza internazionale dei giudici dello Stato di apertura del procedimento di insol- venza, il diritto di applicarla a tale procedimento nonché i presupposti e gli effetti del riconoscimento del procedimento di insolvenza, gli organi dell’am- ministrazione statale di uno Stato membro abbiano il diritto di procedere al pignoramento di mezzi finanziari depositati sul conto bancario di un opera- tore economico in seguito all’apertura in un altro Stato membro del procedi- mento relativo alla sua insolvenza (applicazione del cosiddetto sequestro dei beni) in contrasto con la legge nazionale dello Stato di apertura del procedi- mento (art. 4 del regolamento del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relati- vo alle procedure di insolvenza) in una situazione in cui non sussistono i pre- supposti di un’applicazione degli artt. 5 e 10 del regolamento; 2) se, alla luce dell’art. 25, punto 1 e segg. del regolamento CE delConsiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, gliorgani dell’amministrazione statale di uno Stato membro, in cui non è statoaperto alcun procedimento secondario di insolvenza e che sono soggetti alriconoscimento ai sensi dell’art. 16 del regolamento, possano rifiutare diriconoscere le decisioni dello Stato di apertura concernenti lo svolgimento ela chiusura del procedimento di insolvenza, basate sugli artt. 31-51 dellaConvenzione di Bruxelles sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzio- ne delle decisioni in materie civili e commerciali, richiamandosi a normati- ve nazionali. IL FATTO Le questioni pregiudiziali sono state sollevate dal Tribunale polacco nelcorsodiunaprocedura fallimentarediunasocietàavente lasuasedeprincipa- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 106 le in Polonia ed una sede secondaria in Germania al fine di accertare la legit- timità degli atti esecutivi posti in essere in Germania dall’Ufficio doganale diSaarbrückenchehaprocedutoalpignoramentodidepositibancariedaltricre- ditifinanziarivantatidallasocietàinsolventeinGermanianeiconfrontidicon- troparti tedesche, successivamente all’apertura del fallimento in Polonia. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Al primo quesito, secondo il Governo italiano, va data risposta negativa. Varilevatoinfattiche,anormadell’art.3delregolamenton.1346del2000, sonocompetentiadaprire laproceduradiinsolvenzaigiudicidelloStatomem- bronelcuiterritorioèsituatoilcentrodegliinteressiprincipalideldebitore.Perle societàelepersone giuridichesipresume che ilcentrodegli interessi princi- pali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria. Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di unoStatomembro,igiudicidiunaltroStatomembrosonocompetentiadapri- reunaproceduradiinsolvenzaneiconfrontideldebitoresolosequestipossie- de una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio. Nella fattispecie in esame è fuori discussione che la competenza è delgiudice polacco e che non è stata aperta una procedura concorsuale seconda- ria in Germania. Ai sensi del seguente art. 4 dello stesso regolamento, inoltre, alla proce- dura di insolvenza e ai suoi effetti, si applica la legge dello Stato membro nelcui territorio è aperta la procedura. La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, losvolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina inparticolare, tra l’altro: i debitori che per la loro qualità possono essere assog- gettati alla procedura di insolvenza; i beni che sono oggetto di spossessa- mento e la sorte dei beni acquisiti dal debitore dopo l’apertura della proce- dura di insolvenza; gli effetti della procedura di insolvenza sui contratti incorso di cui il debitore è parte; gli effetti della procedura di insolvenza sulleazioni giudiziarie individuali, salvo che per i procedimenti pendenti. Un’importante eccezione è posta dall’art. 5, a mente del quale l’apertu- ra della procedura di insolvenza non pregiudica il diritto reale del creditore o del terzo sui beni materiali o immateriali, mobili o immobili, siano essibeni determinati o universalità di beni indeterminati variabili nel tempo, diproprietà del debitore, che, al momento dell’apertura della procedura, si tro- vano nel territorio di un altro Stato membro. Ne deriva che, nel caso in esame, non sembra sia ammesso dal regola- mento il diritto di pignorare, dopo l’apertura della procedura di insolvenza, depositi bancari o crediti finanziari esistenti presso enti siti in uno Statomembro differente da quello di apertura del procedimento concorsuale, postoche tali beni esulano dalla disciplina derogatoria delineata dal citato art. 5. Si tratta infatti, da quanto emerge dall’ordinanza di rimessione, di pigno- ramento di crediti basati su contratti di deposito o assimilabili, e quindi di 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 107 beni che, come segnala il Tribunale polacco, sono ritenuti, dalla legge appli- cabile ai sensi del regolamento, oggetto di spossessamento. Né è applicabile nella fattispecie l’ulteriore eccezione di cui all’art. 10del regolamento, in base al quale gli effetti della procedura di insolvenza sulcontratto e sul rapporto di lavoro sono disciplinati dalla legge dello Statomembro applicabile al contratto di lavoro. L’Ufficio doganale tedesco avrebbe pertanto dovuto fare istanza per l’a- pertura di una procedura concorsuale secondaria in Germania presso ilTribunale ove ha sede la dipendenza della società polacca ai sensi dell’art. 3, paragrafi 2 e 3 ovvero insinuare i propri crediti al passivo fallimentare nellaprocedura aperta in Polonia, ai sensi dell’art. 39 del regolamento, al fine dinon pregiudicare la massa dei creditori. Dopo l’apertura del fallimento infatti non sono più ammessi atti esecuti- vi individuali ed anzi l’art. 20 del regolamento dispone che il creditore che, dopo l’apertura del fallimento, ottenga con qualsiasi mezzo, in particolaremediante azioni esecutive, soddisfazione totale o parziale del credito conbeni del debitore situati nel territorio di un altro Stato membro, deve restitui- re al curatore ciò che ha ottenuto. Come risulta dal terzo considerando del regolamento, infatti, atteso chel’attività delle imprese presentano sempre di più implicazioni trasfrontaliere, è necessario che la normativa comunitaria imponga di coordinare i provve- dimenti da adottare in merito al patrimonio del debitore insolvente. Proprio al fine di salvaguardare la parità di trattamento dei creditori, iconsiderando 20 e 21 precisano che le procedure principali e secondarie diinsolvenza possono contribuire ad un efficace liquidazione dell’attivo se èeffettuato un coordinamento tra tutte le procedure pendenti. Pertanto, qualora la società insolvente abbia una dipendenza in un altroStato membro rispetto alla sua sede statutaria, il regolamento consente al cre- ditore la suddetta alternativa: far aprire una procedura concorsuale seconda- ria in detto Stato membro ovvero insinuarsi al passivo del fallimento apertonello Stato membro ove la società ha la sua sede principale. Gli è precluso invece di promuovere azioni esecutive individuali. ** ** * * Quanto al secondo quesito, la soluzione dipende dall’accertamento se laprocedura di insolvenza aperta in Polonia rientri o meno, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera a), nell’elenco di cui all’allegato A, come integrato conil regolamento (CE) n. 603/2005 adottato a seguito dell’adesione all’Unioneeuropea dei nuovi Stati membri, tra cui la Polonia. Tale circostanza non sembra essere stata accertata dal giudice del rinvioche, a p. 3 dell’ordinanza di rimessione, da atto che i giudici tedeschi hannoritenuto che l’apertura del procedimento a Danzica non ostacolasse il seque- stro e pignoramento dei detti crediti, proprio in quanto la procedura nonrisulterebbe rientrare nell’allegato A del regolamento, che specifica tassati- vamente quali sono le procedure di insolvenza rilevanti nei singoli Stati. Se, cioè, non si trattasse di procedimento rientrante nel predetto allega- to, cadrebbe la rilevanza della questione posta. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 108 Altrimenti, ai sensi degli artt. 16 e 25 del regolamento, la decisione diapertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Statomembro è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produ- ce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta ed è eseguita a norma degliarticoli 31 e 51 della Convenzione di Bruxelles. ** ** * * Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo que- sito nel senso che gli organi dell’amministrazione statale di uno Stato mem- bro non hanno il diritto di procedere al pignoramento di mezzi finanziaridepositati sul conto bancario di un operatore economico, in seguito all’aper- tura in un altro Stato membro del procedimento relativo alla sua insolvenzain contrasto con la legge nazionale dello Stato di apertura del procedimentoin una situazione in cui non sussistono i presupposti di un’applicazione degliartt. 5 e 10 del regolamento. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo que- sito nel senso che, alla luce dell’art. 25, punto 1 e segg. del regolamento CEdel Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolven- za, gli organi dell’amministrazione statale di uno Stato membro, in cui nonè stato aperto alcun procedimento secondario di insolvenza e che sono sog- getti al riconoscimento ai sensi dell’art. 16 del regolamento, possono rifiuta- re di riconoscere le decisioni dello Stato di apertura concernenti lo svolgi- mento e la chiusura del procedimento di insolvenza, basate sugli artt. 31-51della Convenzione di Bruxelles sulla competenza, il riconoscimento e l’ese- cuzione delle decisioni in materia civili e commerciali, solo se la procedurain questione non rientra nell’elenco di cui all’allegato Adel regolamento. Roma, 10 ottobre 2008 Avv.Wally Ferrante Causa C-138/08 – Materia trattata: libera prestazione dei servizi – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fovárosi Ítélotábla(Repubblica Ungheria) il 7 aprile 2008 – Hochtief AG e Linde-Kca- Dresden GmbH/Közeszerzesék Tanácsa Közbeszerzési Döntibizottság. (Avvocato dello Stato S. Fiorentino – AL 24119/08) . LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se sia applicabile il regime di cui all’art. 44, n. 3, della direttiva2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazionedegli appalti pubblici di lavori [, di forniture e di servizi], che ha sostituitol’art. 22 della direttiva del Consiglio 93/37/CEE, qualora l’inizio della pro- cedura di appalto si sia verificato in un lasso di tempo in cui la direttiva2004/18/CE era già entrata in vigore, ma non era ancora scaduto il periodoconcesso agli Stati membri per l’attuazione della direttiva in parola, così chequest’ultima non era ancora stata recepita nel diritto interno. 2) Qualora la prima questione sia risolta in senso affermativo, si chiedealtresì alla Corte di giustizia se, in caso di procedure negoziate con pubbli- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 109 cazione di un bando di gara, considerato che l’art. 44, n. 3 della direttiva2004/18/CE stabilisce che “[i]n ogni caso il numero di candidati invitatideve essere sufficiente ad assicurare un’effettiva concorrenza”, si debbainterpretare la limitazione del numero di candidati idonei nel senso che nellaseconda fase – quella relativa all’aggiudicazione dell’appalto – debbaesserci invariabilmente un numero minimo di candidati (pari a tre). 3) Qualora la prima questione sia risolta in senso negativo, si chiedealtresì alla Corte di giustizia se il requisito che “vi sia un numero sufficien- te di candidati idonei”, di cui all’art. 22, n. 3 della direttiva del Consiglio93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pub- blici di lavori (in prosieguo: la “Direttiva”), si debba interpretare nel sensoche, quando non si raggiunga il numero minimo (tre) di candidati idoneiinvitati a partecipare, l’iter della procedura non possa proseguire con l’in- vito a presentare offerte. 4) Qualora la Corte di giustizia risolva la terza questione in senso nega- tivo, si chiede altresì se l’art. 22, n. 2, secondo comma, della Direttiva, col- locato fra le disposizioni relative alle procedure ristrette, in base al quale“[i]n ogni caso, il numero dei candidati ammessi a presentare offerta deveessere sufficiente ad assicurare una concorrenza reale”, si applichi alle pro- cedure negoziate in due fasi disciplinate al n. 3. IL FATTO Con decisione del 13 febbraio 2008, depositata il successivo 7 aprile, ilFovárosi Ítélotábla (Corte d’Appello della Capitale), nell’ambito di un pro- cedimento civile di appello promosso dalla “Hochtief AG” e dalla “LindeKca Dresden GmbH” (in prosieguo: «le appellanti» o «le ricorrenti») neiconfronti della “Commissione decisoria in materia di aggiudicazione di pub- blici appalti del Consiglio per i pubblici appalti” («l’appellata» o «la conve- nuta»), a favore della quale è intervenuto il Comune di Budapest, ha sotto- posto alla Corte i sopra esposti quesiti. Il 5 febbraio 2005 il Comune di Budapest, agendo in qualità di ammini- strazione aggiudicatrice, ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’UnioneEuropea un bando di gara per una procedura negoziata avente ad oggettolavori il cui valore superava la soglia di rilevanza prevista dalla direttiva. Ilnumero di candidati che sarebbero stati invitati a formulare offerte era fissa- to in un minimo di tre e in un massimo di cinque. Nel termine fissato dalbando sono pervenute cinque candidature, fra le quali quelle delle ricorrenti(che, secondo quanto è dato ricavare dall’ordinanza di rinvio, erano riunitein consorzio o in associazione temporanea). L’amministrazione aggiudicatri- ce ha chiuso la fase di presentazione delle offerte, ha ritenuto idonei due solicandidati ed ha comunicato loro l’invito a presentare offerte. Le ricorrenti sono insorte con un ricorso nel quale hanno contestato, oltre alla propria esclusione (1), la decisione dell’amministrazione aggiudi- catrice di proseguire nella procedura di gara nonostante il numero delle can- didature considerate valide ed idonee fosse inferiore a tre. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 110 Le parti hanno proposto al Tribunale punti di vista contrastanti in ordinealla interpretazione della normativa interna ungherese, vertenti principal- mente sull’articolo 130, nn. 1 e 7, della «2003. évi CXXIX. Törvény. a Közbeszerzésekril» (legge ungherese in materia di aggiudicazione di appal- ti pubblici: in prosieguo «Kbt.»): secondo l’appellata e l’interveniente, que- sta norma prescrive di invitare a presentare offerte candidati in numero paria quello stabilito, ma non impone di considerare deserta la fase di presenta- zione delle candidature e, quindi, di arrestare l’iter della procedura nel casoin cui le candidature valide siano in numero inferiore. Le ricorrenti hannoinsistito nella tesi opposta, facendo leva sull’articolo 22, paragrafi 2 e 3, della direttiva, alla luce del quale doveva essere interpretato l’articolo 130, nn. 1 e 7, della Kbt.. Il Tribunale ha rigettato il ricorso, in quanto ha ritenuto che il requisitodi cui alla norma nazionale ungherese si riferisca esclusivamente al limitesuperiore, nel senso di vietare che siano invitati un numero di candidati supe- riore a tale limite. In mancanza di disposizioni in tal senso, non è invece pos- sibile dichiarare la gara deserta nel caso in cui il numero dei candidati ido- nei non raggiunga il limite inferiore. Le ricorrenti si sono appellate al Giudice di secondo grado, tornando adinvocare la propria lettura dell’art. 22, par. 3, della direttiva, secondo la qualenon sarebbe consentita la partecipazione di meno di tre candidati alla fasedella negoziazione. Questa regola, secondo le ricorrenti, è stata ribadita nel- l’art. 44, par. 3, della direttiva 2004/18/CE. Nella motivazione del rinvio, la Corte d’Appello ha interpretato le dispo- sizioni della Kbt. nel senso che, qualora vi siano candidati idonei che abbia- no presentato candidature valide, l’iter della procedura deve proseguire, seb- bene il loro numero sia minore del limite inferiore. Al fine di assicurare laconcorrenza effettiva è, infatti, sufficiente che l’amministrazione aggiudica- trice, nel momento in cui si inizia la procedura, fissi dei limiti inferiori esuperiori conformi alla norma. LA NORMATIVA COMUNITARIA RILEVANTE I quesiti posti nell’ordinanza di rinvio portano sull’interpretazione delladirettiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, Direttiva del Consiglioche coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori. L’articolo 1, che contiene le definizioni rilevanti per la direttiva, chiari- sce quanto segue: «Ai fini della presente direttiva: a – d) ... Omissis ... e) le “procedure aperte” sono le procedure nazionali in cui ogni imprendi- tore interessato può presentare un’offerta; (1) Le ragioni dell’esclusione sono illustrate nell’ordinanza di rimessione, ma in que- sto scritto se ne prescinderà in quanto non rilevanti ai fini delle questioni pregiudiziali. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 111 f) le “procedure ristrette” sono le procedure nazionali in cui soltanto gli imprenditori invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici possono presentare un’offerta; g) le “procedure negoziate” sono le procedure nazionali in cui le amministrazioni aggiudicatrici consultano gli imprenditori di propria scelta e negoziano con uno o più di essi le condizioni del contratto; h) “offerente” è l’imprenditore che ha presentato un’offerta e“candidato” è chi chiede un invito a partecipare a una procedura ristretta o a una procedura negoziata» . L’articolo 22 della direttiva dispone: «1. Nelle procedure ristrette e nelle procedure negoziate, le amministrazioniaggiudicatrici scelgono, sulla base delle informazioni riguardanti la situa- zione personale dell’imprenditore e delle informazioni e formalità necessa- rie per la valutazione delle condizioni minime di carattere economico e tec- nico che questi ultimi devono soddisfare, i candidati che esse inviteranno apresentare un’offerta o a negoziare, fra quelli che posseggono le qualificherichieste dagli articoli da 24 a 29. 2. Le amministrazioni aggiudicatrici, quando attribuiscono un appaltomediante procedura ristretta, possono prevedere la forcella all’interno dellaquale si collocherà il numero delle imprese che esse intendono invitare. Inquesto caso, la forcella è indicata nel bando di gara. La forcella è stabilitain funzione della natura dell’opera da realizzare. La cifra meno elevata dellaforcella non deve essere inferiore a cinque. La cifra superiore della forcellapuò essere fissata a venti. In ogni caso, il numero dei candidati ammessi a presentare offerta deve esse- re sufficiente ad assicurare una concorrenza reale. 3. Le amministrazioni aggiudicatrici, quando attribuiscono un appaltomediante procedura negoziata, nei casi previsti all’articolo 7, paragrafo 2, il numero dei candidati ammessi a negoziare non può essere inferiore a tre, a condizione che vi sia un numero sufficiente di candidati idonei. 4. Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici faccia- no appello, senza discriminazione agli imprenditori degli altri Stati membriaventi le qualifiche prescritte e che ciò avvenga a condizioni uguali a quel- le applicabili agli imprenditori nazionali». L’intera direttiva è stata abrogata dall’articolo 82 della direttiva delParlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE, relativaal coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dilavori, di forniture e di servizi. Questa direttiva, all’articolo 1, par. 11, con- tiene le seguenti definizioni: «a) Le «procedure aperte» sono le procedure in cui ogni operatore economico interessato può presentare un’offerta. b) Le «procedure ristrette » sono le procedure alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui soltanto gli operatori economici invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici possono presentare un’offerta. c) Il «dialogo competitivo» è una procedura alla quale qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare e nella quale l’amministrazione 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 112 aggiudicatrice avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le offerte. ... Omissis.. . d) Le «procedure negoziate» sono le procedure in cui le amministrazioni aggiudicatrici consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto. e) ... Omissis ...» . L’articolo 44, paragrafo 3, della direttiva dispone: «3. Nelle procedure ristrette, nelle procedure negoziate con pubblicazione diun bando di gara e nel dialogo competitivo, le amministrazioni aggiudica- trici possono limitare il numero di candidati idonei che inviteranno a presen- tare un’offerta, a negoziare od a partecipare al dialogo, purché vi sia unnumero sufficiente di candidati idonei. Le amministrazioni aggiudicatriciindicano nel bando di gara i criteri o le norme obiettivi e non discriminato- ri che intendono applicare, il numero minimo di candidati che intendonoinvitare e, all’occorrenza, il numero massimo. Nelle procedure ristrette il numero minimo di candidati è cinque. Nelle pro- cedure negoziate con pubblicazione di un bando di gara e nel dialogo com- petitivo il numero minimo di candidati è tre. In ogni caso il numero di can- didati invitati deve essere sufficiente ad assicurare un’effettiva concorrenza. Le amministrazioni aggiudicatrici invitano un numero di candidati almenopari al numero minimo prestabilito. Se il numero di candidati che soddisfa- no i criteri di selezione e i livelli minimi è inferiore al numero minimo, l’am- ministrazione aggiudicatrice può proseguire la procedura invitando il can- didato o i candidati in possesso delle capacità richieste. L’amministrazioneaggiudicatrice non può includere in tale procedura altri operatori economi- ci che non abbiano chiesto di partecipare o candidati che non abbiano lecapacità richieste». L’articolo 80 della direttiva 2004/18/CE, al paragrafo 1, dispone: «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamenta- ri e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entroil 31 gennaio 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione». Il successivo articolo 82, al paragrafo 1, stabilisce: «La direttiva 92/50/CEE, ad eccezione dell’articolo 41, e le direttive93/36/CEE e 93/37/CEE sono abrogate, a decorrere dalla data di cui all’ar- ticolo 80, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di rece- pimento e di attuazione di cui all’allegato XI» . LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Analisi – Primo quesito Con il primo quesito, il Giudice del rinvio chiede di conoscere se sia applicabile ai fatti di causa il regime di cui all’art. 44, par. 3, della direttiva2004/18/CE,sebbenelaprocedurad’appaltoabbiaavutoinizioinun’epocain 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 113 cuiladirettivanonerastataancorarecepitaneldirittointerno ein cuinonera ancora scaduto il termine di trasposizione previsto dalla direttiva medesima. Ritiene il Governo italiano che, in conformità alla consolidata giurispru- denza di codesta Corte, al quesito debba darsi risposta negativa. Alle norme di una direttiva il cui termine di trasposizione non sia scadu- to non può essere attribuita efficacia ai fini del c.d. effetto diretto verticale(rispetto al quale sembrerebbero, invece, sussistere le condizioni soggettivenel giudizio a quo). È noto, infatti, come la ragione giustificatrice del principio dell’effettodiretto verticale delle direttive risieda nella necessità di evitare che uno Statomembro si giovi della propria situazione di inadempimento per negare al sin- golo l’esercizio di un diritto attribuito da una direttiva. Questa è anche laragione per la quale il principio non può essere invocato da uno Stato peraffermare un obbligo del singolo. Infatti le direttive, in base all’articolo 249CE e a differenza delle norme del Trattato, non possono istituire direttamen- te obblighi a carico dei singoli. Sin da epoca risalente codesta Corte ha, pertanto, enunciato il principio – al quale il Governo italiano ritiene occorra dare continuità – secondo ilquale in pendenza del termine di trasposizione l’inosservanza dell’obbligodello Stato di realizzare il risultato voluto dalla direttiva non è sanzionabile, sebbene nel periodo tra l’entrata in vigore della direttiva e la scadenza deltermine per il recepimento gravi sugli Stati membri un obbligo di standstill, che ha fonte in elementari doveri di buona fede e di leale cooperazione e checomporta che gli Stati devono astenersi dall’adottare disposizioni che possa- no compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva (2). Poiché non consta che la norma nazionale, che la giurisdizione di rinvioha prospettato di dover applicare, sia stata introdotta nell’ordinamentoungherese dopo l’entrata di vigore della direttiva 2004/18/CE, la questionedi una eventuale violazione dell’obbligo di standstill non può venire in rilie- vo nella presente controversia. Per ragioni sostanzialmente analoghe deve escludersi che alle normedella direttiva 2004/18/CE possa essere attribuita efficacia ai fini dell’effet- to c.d. di primazia del diritto comunitario e, dunque, di disapplicazione dellenorme di diritto interno con esso contrastanti. Sul punto, basterà rilevare che i fatti oggetto della controversia avevanoesaurito i propri effetti in un’epoca nella quale, non essendo scaduto il ter- mine previsto dall’articolo 80 della direttiva 2004/18/CE, non si era prodot- to l’effetto abrogativo previsto dall’art. 82 della medesima direttiva. A taleepoca, pertanto, aveva ancora pieno vigore la direttiva 93/37/CEE, alla lucedelle cui norme deve esser analizzata la situazione di fatto per cui è causa ela compatibilità della norma ungherese con il diritto comunitario (3) . (2) Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-129/06, Inter-Environment Wallonie, punti da 45 a 50. (3) Si confronti, per un caso analogo, la sentenza 29 novembre 2007, causa C-119/06, Commissione/Italia, punto 33. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 114 Secondo e terzo quesito In considerazione della risposta che è stata suggerita per il primo quesi- to, ritiene il Governo italiano che la Corte debba trascorrere all’esame delterzo quesito. Nella presente sezione, tuttavia, si analizzeranno anche glieffetti dell’art. 44, par. 3, della direttiva 2004/18/CE che, ad avviso delGoverno italiano, non conducono a risultati difformi rispetto a quelli prodot- ti dall’articolo 22, par. 3, della direttiva 93/37/CEE. L’articolo 22, par. 3, della direttiva 93/77/CEE dispone(va) che nel casoin cui le amministrazioni aggiudicatrici attribuissero un appalto medianteprocedura negoziata, il numero dei candidati ammessi a negoziare non potes- se essere inferiore a tre «a condizione che vi sia un numero sufficiente di can- didati idonei». La direttiva 2004/18/CE, attraverso il combinato disposto dei commi 1 e2 dell’art. 44, par. 3, ha previsto una regola analoga. Al successivo commaterzo del medesimo paragrafo la direttiva chiarisce che il numero minimo siriferisce ai candidati che le amministrazioni aggiudicatrici “invitano” e chequalora il numero dei candidati che soddisfano i criteri di selezione e i livel- li minimi sia inferiore al numero minimo, l’amministrazione aggiudicatrice «può proseguire la procedura invitando il candidato o i candidati in posses- so delle capacità richieste». Entrambe le direttive, pertanto, seppure attraverso disposizioni parzial- mente difformi, sembrano piuttosto chiare nell’affermare un analogo princi- pio, e cioè che il rispetto del numero minimo di candidati da ammettere allafase della negoziazione è subordinato alla sussistenza un numero almenopari di candidati idonei e che, nel caso in cui non si verifichi tale condizio- ne, il limite rimane quello del rispetto della “effettiva concorrenza” (4). Questa previsione è enunciata espressamente dalla direttiva 2004/18/CE, all’articolo 44, par. 3, comma 3. Ma la stessa soluzione si ricava dal tenore letterale dell’articolo 22, par. 3, della direttiva 93/37/CEE, perché la regola secondo la quale il numerominimo dei candidati ammessi a negoziare debba essere almeno pari a tre èaffermata alla condizione dell’esistenza di un numero sufficiente di candida- ti idonei. Quindi il fatto che questa condizione non si verifichi non compor- ta, come invece ritengono le ricorrenti nel giudizio a quo, che la procedurasi debba arrestare, ma, più semplicemente, che non si applichi la regola sulnumero minimo pari a tre dei candidati ammessi (5) . (4) Questo limite, ribadito dall’art. 22, par. 2, comma 2, inerisce evidentemente a tuttele procedure previste dalla direttiva, costituendone l’obiettivo: v., per tutte, sentenza 7 otto- bre 2004, causa C-247/02, Sintesi S.p.a., punti 35 -37. (5) In effetti, la versione italiana dell’art. 22, par. 3, della direttiva 93/37/CEE è piutto- sto approssimativa. Ma l’interpretazione letterale che si è proposta nel testo sembra a mag- gior ragione imposta ove si abbia riguardo alla versione inglese della direttiva («Where thecontracting authorities award a contract by negotiated procedure as referred to in Article 7(2), the number of candidates admitted to negotiate may not be less than three provided that 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 115 In altre parole, il numero minimo di candidati è condizione di procedibi- lità della procedura di aggiudicazione solo se sussistano in tale numero sog- getti qualificati. La soluzione appare imposta anche dall’interpretazione sistematica, per- ché dalla definizione contenuta nell’articolo 1 della direttiva 93/37/CEE (laquale non è stata sostanzialmente modificata dalla direttiva 2004/18/CE), siricava che nella procedura negoziata la fase della negoziazione può coinvol- gere «uno o più » imprenditori, il che appunto esclude che a questa fase deb- bano prendere parte almeno tre offerenti. Questa definizione, infatti, riguar- da tutte le procedure negoziate, indipendentemente dal fatto che si ricadanell’ambito del paragrafo 2 o del paragrafo 3 dell’articolo 7 della direttiva(dal fatto, cioè, che sia necessaria, o meno, la pubblicazione preliminare diun bando di gara). Va, inoltre, evidenziato che l’articolo 22, par. 3, utilizza il termine “can- didato” che, secondo la definizione contenuta nell’articolo 1, par. 1, letteraf), é nozione (distinta da quella di “offerente”) che individua «chi chiede un invito a partecipare… o a una procedura negoziata». Anche questo ulterio- re riferimento testuale sembra, quindi, confermare che la norma voglia sal- vaguardare la concorrenza con riferimento alla potenzialità degli offerentiqualificati per la partecipazione al negoziato e non alla effettività delle offer- te poi presentate nella procedura medesima. In conclusione, ritiene il Governo italiano che la questione posta dal giu- dice a quo debba essere risolta, indipendentemente dalla disciplina applica- bile nel caso in esame, affermando che il principio di effettiva concorrenzadebba essere garantito ex ante dall’amministrazione aggiudicatrice e, quindi, nella fase dell’invito rivolto alle imprese a presentare le candidature, fermorestando che il bando di gara può disporre che si prosegua nella proceduraanche in presenza di un numero di candidati idonei inferiori al minimo. Ciòin quanto l’effettività della concorrenza non dipende dal numero delle impre- se che si ammettono a partecipare alla negoziazione, ma dalle condizioni chesi creano per un mercato aperto e competitivo, ossia dalla individuazione deirequisiti che si chiedono alle stesse, che devono essere tali da non limitare lapossibilità concreta di presentare offerte. Quarto quesito Alla luce della risposta che si è suggerita per i precedenti quesiti, ilGoverno italiano non ritiene di dover prendere posizione sul quarto quesito. Conclusioni Allastreguadelleconsiderazionicheprecedono,ilGovernoitalianosugge- risceallaCortedirispondereaiquesitisottopostialsuoesameaffermandoche: there is a sufficient number of suitable candidates») ed a quella francese («Lorsque les pou- voirs adjudicateurs passent un marché par procédure négociée, dans les cas visés à l’arti- cle 7 paragraphe 2, le nombre des candidats admis à négocier ne peut être inférieur à trois, à condition qu’il y ait un nombre suffisant de candidats appropriés») . 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 116 Il regime di cui all’art. 44, n. 3, della direttiva 2004/18/CE, relativa alcoordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dilavori [, di forniture e di servizi], che ha sostituito l’art. 22 della direttiva delConsiglio 93/37/CEE, non è applicabile qualora l’inizio della procedura diappalto si sia verificato in un lasso di tempo in cui la direttiva 2004/18/CEera già entrata in vigore, ma non era ancora scaduto il periodo concesso agliStati membri per l’attuazione della direttiva medesima, né essa era stata con- cretamente trasposta nell’ordinamento dello Stato membro in cui si è svoltala procedura. L’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva del Consiglio 1993/37/CEEdeve essere interpretato nel senso di consentire all’amministrazione aggiudi- catrice, qualora non vi sia un numero sufficiente di candidati idonei, di pro- seguire la procedura negoziata per l’aggiudicazione di un appalto pubblicodi lavori, ammettendo alla negoziazione un numero di candidati inferiore aquello minimo. Analoga regola va affermata, per le fattispecie cui ratione temporis siapplica la direttiva 2004/18/CE, ai sensi del suo articolo 44, paragrafo 3. Roma, 4 agosto 2008 Avv. Sergio Fiorentino Causa C-158/08 – Materia trattata: libera circolazione delle merci – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla CommissioneTributaria Regionale di Trieste (Italia) il 16 aprile 2008 – Agenzia delleDogane Circoscrizione doganale di Trieste/Pometon SpA. (Avvocato delloStato G. Albenzio – AL14326/08) . LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se sia legittimo ritenere che il regime di perfezionamento attivo, cosìcome attuato dalla Pometon S.p.A., possa violare i principi di politica doga- nale della Comunità, ed in particolare quelli della legislazione antidumpinggenerale e di quella specifica, oltre che quelli del Codice DoganaleComunitario (Reg. CE n. 2913/1992). In particolare si chiede se l’art. 13 delReg. CE n. 384/1996 debba essere interpretato quale principio di portatagenerale, applicabile quale clausola generale dell’ordinamento comunita- rio, direttamente precettiva anche nei rapporti tra Autorità nazionali e con- tribuenti, oltre che nel procedimento di imposizione del dazio antidumping; per esempio si chiede se esso possa essere invocato in attuazione dei con- trolli doganali, secondo la nozione di cui all’art. 4, comma I, n. 14, delCodice Doganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992); 2) se il combinato disposto dell’art. 13 del Reg. CE n. 384/1996, in temadi elusione della normativa antidumping, e degli artt. 114 e ss. del CodiceDoganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992) in tema di perfezionamentoattivo, e degli artt. 202, 204, 212 e 214 in tema di nascita dell’obbligazionedoganale, possano essere interpretati nel senso che: l’assoggettamento adazio antidumping di una merce non è escluso nel caso di preordinato acqui- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 117 sto del prodotto stesso da soggetto di nazionalità di un Paese non assogget- tato a dazio antidumping, il quale lo abbia a sua volta acquistato dal Paeseassoggettato a tale misura, e senza modificarlo in alcun modo lo abbiaavviato a temporanea importazione nella Comunità in regime di perfeziona- mento attivo, per poi reimportarlo trasformato, ma provvisoriamente e perpoche ore, e rivenderlo immediatamente alla stessa società del Paese comu- nitario che aveva curato il perfezionamento attivo; 3) se in assenza di norme sanzionatorie comunitarie, per non averle rin- venute questo giudice, il giudice dello Stato membro possa applicare normedel proprio ordinamento che consentano di dichiarare, ricorrendone i pre- supposti, la nullità dei contratti di affidamento in perfezionamento attivo edi vendita del prodotto compensatorio, quali gli artt. 1343 (causa illecita), 1344 (contratto in frode alla legge) e 1345 (motivo illecito) del codice civi- le italiano e gli artt. 1414 e ss. del codice civile italiano, in tema di simula- zione, per il caso di ritenuta e comprovata violazione dei principi comunita- ri di cui sopra; 4) se anche per altre ragioni o criteri interpretativi che CodestaSpettabile Corte vorrà compiacersi di indicare, l’operazione sopra descrit- ta, qualora preordinata al fine di creare un aggiramento del dazio antidum- ping, sia conforme al regime di perfezionamento attivo oppure violi effetti- vamente i principi doganali in tema di applicazione del dazio antidumpingche Codesta Spettabile Corte vorrà indicare; 5) se, anche per altre ragioni o criteri interpretativi che CodestaSpettabile Corte vorrà compiacersi di indicare, l’operazione in questioneconcretizzi una importazione definitiva di prodotto assoggettato a dazio anti- dumping. IL FATTO Con ordinanza pronunciata in data 13 marzo 2008 e depositata il giornostesso, l’Autorità Giudiziaria in epigrafe indicata ha sollevato davanti allaCorte una questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 TCE, nell’ambito delprocedimento di secondo grado pendente fra le parti come sopra riportate eche vede il suo punto centrale nel tentativo della Pometon S.p.A. di porre inessere un fraudolento ed articolato (ma ben palese) artifizio volto all’elusio- ne del dazio antidumping di cui al Reg. CE n. 2402/98 del 3 novembre 1998. Dal contenuto dell’ordinanza risulta che la controparte, in buona sostan- za, ha contestato l’erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 114 ss. del Codice Doganale Comunitario (Reg. CE n. 2913/1992, da ora CDC) rela- tivi al regime di perfezionamento attivo (che per brevità, da ora, si indiche- rà con la sigla PA) e degli artt. 551 e 552 del Reg. CE n. 2454/1993; nel det- taglio si sostiene, con erroneità che ci si accinge a dimostrare, che nessunanorma del CDC o di altri testi comunitari di settore, vieti la re-importazionenel territorio della Comunità di merce soggetta al regime di PA; si aggiunge, con altrettanta artificiosità rispetto a quanto in concreto accaduto, che nonavrebbe alcun rilievo la circostanza che vengano re-importati nel territorio 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 118 della Comunità i prodotti compensatori derivanti da prodotti di base sogget- ti a dazio antidumping per il caso di importazione definitiva. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Il Governo italiano, quanto ai quesiti posti, ritiene di dover intervenirenel presente giudizio perché l’emananda decisione può avere riflessi impor- tanti su contenziosi pendenti fra le Autorità Doganali Nazionali ed alcunioperatori commerciali, in relazione alla possibilità, che si corre il rischio diconcretare, di legittimare comportamenti fraudolenti ed artificiose “architet- ture” aventi quale unica vera finalità quella di eludere la debenza del dazioantidumping. Alla luce di quanto poc’anzi affermato si ritiene utile, perché il quadroin cui codesta Corte di Giustizia è chiamata ad operare sia il più trasparentee completo possibile, ripercorrere per tratti essenziali le “tappe” fattuali eprocessuali che hanno condotto sino all’odierna domanda di pronuncia pre- giudiziale. Il ricorso in appello, nel cui alveo è sorta l’esigenza del rinvio pregiudi- ziale, trae origine da alcune operazioni di importazione temporanea (si dimo- strerà in dettaglio come questo requisito della temporaneità sia in realtà fit- tizio) effettuate dalla società Pometon S.p.Anegli anni 1998-2001; importa- zioni effettuate dalla società collegata Pometon d.o.o., con sede in Sezana(SLO) e costituita nel Novembre 1998 (si faccia molta attenzione alle dateche si riportano, avendo le stesse forte portata esplicativa circa la fraudolen- ta operazione messa in atto), aventi ad oggetto pani di magnesio greggio diorigine cinese da sottoporre a lavorazione per conto della stessa società col- legata, al fine di trasformarli in granuli, trucioli e monconi di magnesio. Lamerce in questione, va evidenziato, qualora fosse stata definitivamenteimportata, sarebbe stata gravata dal dazio antidumping ai sensi del Reg. CE n. 2402/98 del 03 novembre 1998. Il prodotto, inoltre, era importato nel quadro di contratti di lavorazioneper conto del committente estero Pometon d.o.o., società costituita, comedetto, nel mese di novembre 1998, vale a dire nel medesimo mese (con con- testualità davvero singolare e chiarissima nel suo significato) in cui laComunità Europea, con la finalità concreta di evitare un sicuro danno all’e- conomia comunitaria, ha emesso il Reg. CE più volte citato ed ha in tal modoistituito un dazio antidumping sulle importazioni di magnesio greggio di ori- gine cinese. Palesemente dunque, rispetto alla Pometon S.p.A., la societàslovena testé menzionata si è trovata nella duplice, “strana” veste di commit- tente delle lavorazioni sul magnesio e, allo stesso tempo, di venditrice delprodotto finito compensatorio (granuli e trucioli di magnesio); una circolari- tà quella richiamata di cui va sottolineata la portata elusiva della debenza deldazio altrimenti dovuto, come risulterà chiaro dalle considerazioni che svi- lupperemo in prosieguo. La vertenza processuale – che ha innescato il giudizio di gravame da cuiè nata la domanda pregiudiziale della Commissione Tributaria Regionale e 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 119 la necessità del presente intervento – è stata così originata da 64 operazionidi importazione per le quali controparte ha richiesto (adducendo falsamenteche il prodotto sarebbe stato destinato alla ri-esportazione fuori dallaComunità) ed ha ottenuto la sottoposizione al regime di PA(artt. 114 e ss. delReg. CE n. 2913/1992). Aquesto punto, e si comincia a delineare la architet- tura elusiva messa in piedi e della quale si intende impedire la possibileattuazione, la Pometon S.p.A., dopo aver importato temporaneamente ed inprocedura semplificata ai sensi dell’art. 568 del Reg. CE n. 2454/1993 ilmagnesio greggio soggetto a dazio antidumping (voce doganale 81041100), lo ha trasformato nel prodotto compensatorio costituito da grani, trucioli emonconi (voce doganale 810430009) non soggetto, al contrario, al medesi- mo dazio; una volta trasformato il prodotto è stato ri-esportato attraverso ilvalico doganale di Fernetti (TS). Si giunge ora al momento saliente e di maggior rilievo nella dinamicafattuale della vicenda de qua: a distanza di poche ore, al massimo un giorno, tempi evidentemente molto (singolarmente) brevi, senza pagare il dazio anti- dumping, la merce, che non aveva giammai raggiunto lo stabilimento slove- no ma era rimasta in sosta presso l’autoporto di Sezana, con lo stesso mezzodi trasporto veniva reintrodotta in importazione in Italia in quanto vendutadalla Pometon d.o.o. alla Pometon S.p.A. La dinamica elusiva posta in essere trova conferma nella quasi conte- stualità di accadimenti di importanza centrale per la vertenza in causa (si fariferimento alla data di costituzione della società collegata slovena significa- tivamente coincidente con quella in cui la Comunità Europea ha istituito ildazio antidumping, nonché al brevissimo lasso di tempo che separa la espor- tazione della merce dalla sua reintroduzione in territorio italiano) e nel fatto(accertato e risultante dagli atti in modo incontestabile) che le date delle fat- ture relative alla vendita della merce erano per lo più antecedenti o coinci- denti con le date delle fatture di esportazione del prodotto compensatoriodall’Italia alla Slovenia: se si considera che quasi il 90% del prodotto espor- tato veniva definitivamente re-importato, risulta palese come le tempisticheevidenzino la reale intenzione di aggirare i dazi. Questi fatti non sono stati correttamente interpretati dalla CommissioneTributaria Provinciale di Trieste (che, su ricorso della società importatrice, ha annullato gli avvisi di accertamento suppletivi e di rettifica emessi dallacircoscrizione doganale di Trieste) ma hanno indotto la CommissioneTributaria Regionale, cui l’Ufficio doganale aveva proposto appello, asospendere il procedimento e proporre questione pregiudiziale a codestaCorte di Giustizia articolando i quesiti precedentemente richiamati. Sulla base dei fatti dianzi menzionati si intende premettere alle conside- razioni di diritto che verranno esplicitate e che potranno fungere da ausilioall’interpretazione che codesta Corte di Giustizia è chiamata ad effettuare, alcune notazioni stimolate da inesatte affermazioni contenute nella memoriadi controparte del 26-27 marzo 2008. Si legge nell’atto ex adverso formula- to che “(1) l’ordinanza della CTR… chiede l’applicazione del diritto alla fat- tispecie… che si riscontra la non esistenza di una norma sul punto che si 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 120 vorrebbe esaminare. [Per cui] Non può interpretarsi una norma che non esi- ste… (2) Che le questioni ed i quesiti posti… non possono estendersi allainterpretazione… del combinato disposto di più norme… per indi da questocombinato disposto trarre principi… [infine] (3) che l’Agenzia delle Doganeha proposto si appello, ma trascurando talune delle affermazioni e statuizio- ni della decisione di primo grado…”. Si deve ricordare a Controparte, in prima battuta, che la pronuncia pre- giudiziale cui si chiama codesta Corte di Giustizia secondo il disposto di cuiall’art. 234 Trattato costituisce uno strumento fondamentale per la costruzio- ne dell’ordinamento giuridico comunitario e la definizione dei suoi rapporticon gli ordinamenti degli Stati membri. La procedura consente di realizzareuna forma essenziale di cooperazione tra giudici nazionali e CG (CG 1dicembre 65, 16/65, Schwarze); si realizza, con lo stesso, un meccanismocentralizzato di interpretazione del diritto comunitario. La pronuncia pregiu- diziale, inoltre, ha un carattere per molti aspetti non formale, tanto è vero cheper giurisprudenza stessa di codesta Corte si è ritenuto non compatibile coni meccanismi di cui all’art. 234 citato obbligare il giudice nazionale ad uneccessivo formalismo nella formulazione del quesito (CG 1 dicembre 65,16/65, Schwarze), ne consegue che spetterebbe a codesto stesso organo assi- stere il giudice nazionale anche se il quesito è mal formulato, addiritturapotendo giungere perfino ad una riformulazione dello stesso. Il giudicenazionale deve, dal canto suo, fornire tutti gli elementi che consentono diidentificare le questioni di diritto comunitario che, tenuto conto dell’oggettodella controversia, richiedono un’interpretazione, in modo da rendere que- st’ultima utile per il giudice nazionale (CG 12 luglio 79, 244/78; 15 ottobre80, 4/79, Providence Agricole; 4 dicembre 80, 54/80, Wilner). Anche sulla scorta di quanto detto, dunque, risulta evidente come le con- testazioni che Controparte formula in merito all’inammissibilità ed improce- dibilità dei quesiti formulati nell’ordinanza di rinvio sono destituite di qual- sivoglia fondamento. Se si pone mente ai quesiti formulati dallaCommissione Tributaria Provinciale bene si comprende il portato “sistema- tico” degli stessi: la Commissione di Trieste, infatti, prendendo atto dell’in- certezza che avvolge la normativa che si è richiamata in materia antidum- ping, al fine di chiarire ogni dubbio, ha attivato codesta Corte per compren- dere il portato della stessa in punto di sanzionabilità di comportamenti defacto elusivi e fraudolenti; ciò che si è chiesto, in sintesi, è una interpretazio- ne della normativa che si è sottoposta ad analisi anche “in chiave sistemati- ca” (ecco il rilievo del “combinato disposto”); in questo senso si richiamanogli artt. 13 del Reg. CE n. 384/1995, 114 e ss. del CDC, nonché 202, 204,212 e 214 dello stesso; appunto in chiave sistematica, sinergica, perché il“panorama normativo” fornisca l’esatta dimensione interpretativa da dare aldisposto di cui all’art. 13 citato. In questa stessa direzione si fa menzione della fattispecie concreta, nonevidentemente per “chiedere l’applicazione del diritto alla fattispecie”, come ex adverso sostenuto, quanto per dare concretezza e “corpo” alla tesiinterpretativa che si è intesa proporre, solo indirettamente riferendosi al caso 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 121 di specie. Vale a dire, in termini concreti, chiedere “se l’operazione descrit- ta…, qualora preordinata al fine di creare un aggiramento del dazio anti- dumping, sia conforme al regime di perfezionamento attivo oppure violieffettivamente i principi doganali in tema” non vuole essere una richiesta diapplicazione del diritto al caso specifico; piuttosto, invece, il tentativo dicomprendere, attraverso l’esempio costituito dalla fattispecie de qua, se la natura “lata” della normativa sub iudice possa essere ermeneuticamente col- mata ritenendo elusivo dei dazi il comportamento occasionalmente emerso, ovviamente sintomatico ed esemplificativo della possibile casistica di setto- re, e parallelamente considerare il disposto su cui si intende far chiarezzacome orientato a sanzionare lo stesso. I due profili sono cioè complementa- ri, risvolti normativi e fattuali, tessere di un mosaico di cui si cerca, e si chie- de, la migliore e più trasparente composizione. In relazione, invece, all’affermazione di controparte a detta della quale“l’Agenzia delle Dogane ha proposto si appello, ma trascurando talunedelle affermazioni e statuizioni della decisione di primo grado” , per cui sullestesse si sarebbe formato il giudicato interno, la stessa si appalesa erronea edinfondata. Se si legge correttamente il ricorso in appello dell’Agenzia delleDogane, ictu oculi emerge – da un lato – l’affermazione introduttiva “la sen- tenza impugnata… è contraddittoria e non correttamente motivata per cui variformata per i motivi di seguito specificati” (che è, a tutta evidenza, un“cappello introduttivo” sotto il quale sussumere il resto del ricorso) e – dal- l’altro lato – lo sviluppo dell’appello secondo “i motivi di seguito (puntual- mente e dettagliatamente) specificati” ed assorbenti le singole tappe dell’iterargomentativo che ha inteso seguire la Commissione Provinciale nella sen- tenza impugnata, con l’espressione di censure chiare e non certo “contraddit- torie” (“molti elementi lasciano concordemente ritenere che le due societàabbiano messo in piedi un escamotage per evitare il pagamento del dazioantidumping”): delle due l’una, o l’architettura fraudolenta non sussiste o, altrimenti ravvisandola, non si vede come si possa integrare quella vera“intenzione di riesportare fuori dal territorio doganale della Comunità iprodotti compensatori” di cui all’art. 551 del Reg. CE n. 2454/1993, scon- fessata con evidenza dalle dinamiche dei fatti come sopra descritti e dallerisultanze oggettive che sono state acquisite agli atti. Passando alla formulazione di osservazioni in punto di diritto sulla disci- plina comunitaria in discussione, osserviamo che la normativa antidumpingnasce per combattere l’elusione dei requisiti e delle condizioni sancite perl’applicazione dei trattamenti preferenziali e per la sospensione dalla deben- za dei dazi, al fine di assicurare il reale rispetto del principio della concor- renza fra le imprese e della tutela dei consumatori. Il dumping, nello specifi- co, è una forma di discriminazione del prezzo di un prodotto mediante laquale i produttori vendono sul mercato estero ad un prezzo più basso di quel- lo praticato sul mercato nazionale. Tale sistema può dar luogo ad una discri- minazione “internazionale”, costituita per l’appunto dal Dumping stesso. L’evoluzione in atto del commercio internazionale, improntato ad un cre- scente liberismo economico, ha reso evidente la necessità di misure idonee a 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 122 garantire il libero gioco della concorrenza contro eventuali pratiche elusivedella stessa. Rebus sic stantibus, si deve chiarire che il regime di PA, disciplinato trale altre norme dagli artt. 114 e ss. CDC, nonché dagli artt. 549 e ss. Reg. CE n. 2454/1993, consiste nella temporanea importazione di merci terze cheentrano nel territorio della Comunità temporaneamente per essere ivi lavora- te e poi riesportate verso paesi terzi come prodotti compensatori. La finalitàeconomica dell’operazione è favorire, senza falsare la concorrenza, l’impre- sa comunitaria che in questo modo mette al servizio dell’operatore estero ilproprio Know-how. La stessa dicitura “temporanea” chiarisce come l’ultimo step di questa operazione è la esportazione del prodotto lavorato. Queste affermazioni trovano il loro addentellato normativo nell’art. 118CDC (secondo cui “L’autorità doganale stabilisce il termine entro il quale iprodotti compensatori devono essere stati esportati o riesportati o averericevuto un’altra destinazione doganale. Questo termine è fissato tenendoconto del tempo necessario per effettuare le operazioni di perfezionamentoe lo smercio dei prodotti compensatori”) e nell’art. 551 più volte citato, a detta del quale “il sistema della sospensione [dai diritti doganali previodeposito di idonea garanzia per gli stessi diritti gravanti sulle merci] è con- cesso solo quando il richiedente abbia veramente l’intenzione di riesportarefuori dal territorio doganale della Comunità i prodotti compensatori”. Ove, invece, i prodotti compensatori ricevono una destinazione doganale diversasi applicano gli artt. 121 e 122 del CDC in relazione ai quali rispettivamen- te “Fermo restando l’articolo 122, quando sorga un’obbligazione doganale, l’importo della stessa è determinato in base agli elementi di tassazione invigore per le merci d’importazione al momento dell’accettazione delladichiarazione relativa al vincolo di tali merci al regime di perfezionamentoattivo” e, ex art. 122, “In deroga all’articolo 121, i prodotti compensatori: a) sono soggetti ai dazi all’importazione loro applicabili quando: – sono immessi in libera pratica…; b)sonosoggettiaidaziall’importazionedeterminatisecondolenormeappli- cabili nel quadro del regime doganale considerato… quando siano stati vin- colati ad un regime sospensivo o posti in zona franca o in deposito franco”. In questo quadro normativo vanno indicate le seguenti circostanze dota- te di “gravità, precisione e concordanza”: – vi è stato un procedimento penale a carico dei responsabili della Pometon S.p.A. e della Pometon d.o.o. nel quale il G.I.P. di Trieste, nel disporre l’ar- chiviazione del procedimento a carico del rappresentante legale dellaPometon S.p.A. per abolitio criminis, ha ravvisato nel comportamento del- l’imputato il reato di contrabbando finalizzato ad eludere il pagamento deldazio antidumping sul magnesio greggio importato dalla Cina; – la società Pometon d.o.o. è stata costituita il 16 novembre 1998, nello stessomese in cui la Comunità aveva istituito il dazio antidumping, vicinanza tem- porale, per non dire contestualità, che appare più che un semplice dettaglio; – i prodotti compensatori sono stati riesportati verso la stessa Pometon slo- vena con lo stesso mezzo di trasporto con cui l’87% degli stessi è stato dopo 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 123 poche ore, un giorno al massimo, re-importato definitivamente; la merce nonha mai raggiunto lo stabilimento sloveno ma è rimasta in sosta presso l’au- toporto di Sezana; – le date delle fatture emesse dalla Pometon d.o.o., per i granuli e trucioli re- introdotti, sono anteriori a quelle emesse dalla Pometon S.p.A. all’atto dellariesportazione degli stessi prodotti; – se la Pometon S.p. A avesse optato per l’immissione in libera pratica, ilmagnesio sarebbe stato assoggettato al dazio antidumping. Le circostanze richiamate depongono indiscutibilmente a favore della confi- gurazione di un’architettura fraudolenta ed elusiva la debenza dei dazi inquestione; un artifizio tra la Pometon italiana e la consorella slovena sma- scherato dall’evidenza che prima ancora di riesportare il prodotto compensa- torio oggetto della lavorazione la Pometon d.o.o aveva già venduto il prodot- to al partner italiano; il tutto chiarifica come le merci erano state già cedutea terzi e che, in realtà, mai vi era stata la concreta intenzione di operare invia di importazione temporanea e di regime di PA, essendo stata messa inpiedi, invece, un’operazione di elusione della normativa posta a tutela dellaconcorrenza e dei consumatori rispetto alle pratiche di dumping. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottopo- sti al suo esame affermando che: in base all’ordito normativo rappresentatodagli artt. 13 del Reg. CE n. 384/1995, 114 e ss. del CDC, nonché 202, 204,212 e 214 dello stesso, 549 e ss. del Reg. CEE n. 2454/1993, con particola- re riferimento all’art. 551 del medesimo testo, il principio di cui all’art. 13dianzi citato sia da considerare di portata generale; come tale invocabile persanzionare comportamenti, quale quello da cui è originata l’odierna verten- zaprocessuale,palesemente incontrastoconlanormativacomunitariarichia- mata, e così correttamente interpretata, nonché con la ratio della stessa. Roma, 5 luglio 2008 Avv. Giuseppe Albenzio Cause riunite da C-175/08 a C-179/08 – Materia trattata: giustizia eaffari interni – Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalBundesverwaltungsgerichts (Germania) il 29 aprile 2008. AydinSalahadin Abdulla, Kamil Hasan, Khoshnaw Abdullah, Ahmed Adem eHamrin Mosa Rashi, Dler Jamal/ Repubblica federale di Germania. (Avvocato dello Stato G. Albenzio – AL27547/08) . LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI 1) Se l’art. 11, n. 1. lett. e) della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004,2004/83/CE, debba essere interpretato nel senso che – a prescindere dal- l’art. 1, lett. c), n. 5, secondo periodo, della Convenzione sullo statuto deirifugiati 28 luglio 1951 (Convenzione di Ginevra) – lo status di rifugiato siestingua al momento in cui venga meno il fondato timore del rifugiato stes- so di essere perseguitato, ai sensi dell’art. 2, lett. c) della direttiva, in base 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 124 al quale il riconoscimento sia stato concesso e non sussistano altri motivi ditimore di persecuzione ai sensi dello stesso art. 2, lett. c). 2) In caso di soluzione negativa al quesito sub 1) se la cessazione dellostatus di rifugiato ai sensi dell’art. 11 n. 1, lett. e) della direttiva, presuppon- ga inoltre che nello Stato di cui il rifugiato è cittadino: a) sussista un soggetto che offra protezione ai sensi dell’art. 7 n. 1, delladirettiva e, in tal caso, se sia al riguardo sufficiente che l’offerta di protezio- ne sia resa possibile solo con l’ausilio di truppe multinazionali, b) il rifugiato non sia esposto a danno grave ai sensi dell’art. 15 della diret- tiva, in base al quale possa beneficiare della protezione sussidiaria ai sensidel successivo art. 18, e/o, c) le condizioni di sicurezza siano stabili e le condizioni di vita generaligarantiscano i requisiti minimi di sussistenza. 3) Se, nella fattispecie in cui le precedenti circostanze, in base alle qualisia stato riconosciuto all’interessato lo status di rifugiato, siano venutemeno, nuove differenti circostanze che integrino una situazione di persecu- zionea) debbano essere valutate sulla base del criterio di probabilità applicabileai fini del riconoscimento dello status di rifugiato ovvero se nei confrontidell’interessato debba essere applicato un criterio differente, b) debbano essere valutate in considerazione delle agevolazioni probatoriepreviste dall’art. 4, n. 4. IL FATTO L’Autorità Giudiziaria in epigrafe citata ha sollevato davanti alla Corteuna questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 Tr, nell’ambito dei relativiprocedimenti pendenti fra le parti come riportate e che vede il suo puntonodale nella problematica connessa all’estinzione dello status di rifugiato. I ricorrenti (tutti cittadini iracheni), che hanno fatto ingresso nel periodocompreso tra il 1997 ed il 2002 in Germania ed ivi hanno chiesto asilo, hanno impugnato la revoca del riconoscimento del loro status di rifugiati. Nella causa C-175/08, il ricorrente, di etnia turcmena e religione sunnita, hadomandato asilo sulla base dell’asserito timore di ritorsioni, legate all’averaccoltellato un membro del partito Baath come reazione all’arresto del pro- prio fratello; sempre sulla base di motivi legati a problemi con membri delpartito Baath è supportata la domanda del ricorrente, di etnia curda e religio- ne islamica, nella causa C-179/08; nella causa C-176/08 chi domanda asiloè, invece, un soggetto di etnia araba e religione sunnita che fonda la propriarichiesta sul dato di fatto che un suo cugino avrebbe nascosto nel suo domi- cilio documenti di un partito di opposizione vietato ed una pistola, oggettirinvenuti nel corso di una perquisizione domiciliare; nella causa C-177/08, ilricorrente, di etnia curda e religione islamica, ha chiesto asilo nel timore, unavolta rientrato nel suo paese, di subire persecuzioni di natura politica peraver sottoposto a censura il governo iracheno attraverso articoli di giornale, nella sua qualità di appartenente al PKK; infine, la richiesta dei coniugi di 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 125 religione islamica e di etnia araba (ricorrente 1) e curda (ricorrente 2), nellacausa C-178/08, è fondata sulla circostanza che il ricorrente 1 è ricercatodalla polizia segreta per aver partecipato ad un partito di opposizione deno- minato “Hisb-AlSchaab-Al-Dimoqrati”. In tutte le controversie la revoca del riconoscimento dello status di rifu- giato, avvenuta tra il settembre 2004 e l’ottobre 2005, è stata posta in esserein considerazione della “mutata situazione in Iraq”. Successivamente i giu- dici amministrativi aditi hanno annullato le decisioni di revoca argomentan- do sulla base dell’“instabile situazione” presente nel paese di cui i ricorrentisono cittadini. Tuttavia, a seguito dell’impugnazione proposta dallaRepubblica federale tedesca, le decisioni in prime cure sono state riformaterigettando le domande dei ricorrenti in quanto il regime dittatoriale diSaddam Hussein avrebbe oramai perso il potere militare e politico nel terri- torio e non sussisterebbe nemmeno la “sufficiente probabilità” di una nuovapersecuzione, anche per motivi diversi; non configurandosi minacce neppu- re provenienti dalle forze multinazionali o dal partito curdo dell’Iraq delnord. Infatti, come si legge nella domanda di pronuncia pregiudiziale, “perquanto attiene al ripetersi di attacchi terroristici ed alla prosecuzione diaperti combattimenti tra forze di opposizione militanti e forze di sicurezzaregolari nonché truppe della coalizione, non si ravviserebbe in tali eventialcun elemento rilevante ai fini del sorgere del diritto all’asilo dei ricorren- ti… Pericoli di carattere generico esulerebbero… dall’ambito di tutela… dell’art. 1, lett. c), n. 5 della Convenzione di Ginevra”. Ricorrendo perCassazione, poi, i ricorrenti hanno dedotto che provvedimenti di revocarisulterebbero in contrasto con la direttiva 2004/83/CE, nonché con l’art. 1, lett. c), della Convenzione sullo statuto dei rifugiati. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Riteniamo utile premettere, per nostra memoria e completezza di espo- sizione, alcune brevi notazioni sulle fonti normative richiamate nella doman- da di pronuncia pregiudiziale. La Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951sullo statuto dei rifugiati, ratificata dall’Italia con legge 24 luglio 1954 n. 722, ha costituito un importante sviluppo del processo avviato dalla Societàdelle Nazioni negli anni Venti; erano state, infatti, le inedite dimensioniassunte dalla prima guerra mondiale e le sue devastanti conseguenze sullapopolazione civile a sollecitare la nuova istituzione internazionale a dotarsidi un corpo di leggi specifico per i rifugiati. L’Europa era stata poi ancoraprofondamente ed ulteriormente segnata, materialmente e moralmente, dallaseconda guerra mondiale; milioni di persone erano prive di un alloggio espesso anche di cittadinanza, a causa degli scontri politici, religiosi ed etni- ci che avevano accompagnato la guerra. Il timore dello scoppio di nuove ten- sioni tra gli stati europei indusse le Nazioni Unite a istituire nel dicembre del1950 l’Alto commissariato delle NU per i rifugiati (UNHCR), che iniziò aoperare il 1° gennaio del 1951; l’atto istitutivo fu basato sulle libertà e suidiritti fondamentali stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichia- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 126 razione universale dei diritti umani da poco approvata (10 dicembre 1948); di conseguenza, la Convenzione riconobbe ai rifugiati non solo il dirittoall’asilo e all’assistenza ma, anche, quello al lavoro, all’istruzione, alla pro- fessione di fede, all’associazione, al possesso di documenti e ad adire i tri- bunali dei Paesi ospiti; la Convenzione stabilì altresì i doveri del rifugiato, tra i quali il rispetto delle leggi dello stato ospite. Inizialmente concepita perfronteggiare la grave situazione europea causata dagli “avvenimenti anterio- ri al 1° gennaio 1951”, la Convenzione venne modificata con il Protocollo diNew York del 1967, che abolì i riferimenti temporali e geografici contenutinel documento originale, estendendone il raggio d’azione. La direttiva 2004/83/CE “Recante norme minime sull’attribuzione, a cit- tadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altri- menti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sulcontenuto della protezione riconosciuta”, dal canto suo, ha disciplinato inmaniera organica i profili della suddetta protezione e nei suoi considerando ha affermato che “Il Consiglio europeo… ha convenuto di lavorare all’isti- tuzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’appli- cazione… della convenzione di Ginevra …e di garantire in tal modo che nes- suno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al princi- pio di non refoulement (divieto di rimpatrio a rischio persecuzione)” [con- siderando n. 2] e che “i familiari, semplicemente per la loro relazione con ilrifugiato, sono di norma esposti ad atti di persecuzione al punto che questoaspetto potrebbe costituire la base per beneficiare dello status di rifugiato” [considerando n. 27]. Da queste disposizioni e dalla loro ratio emerge l’importanza, nellamateria in cui si versa, dell’individuazione della reale portata del fumus per- secutionis, nonché della relatività di elementi che seppur indiziari vannoconcretamente supportati. Il Governo italiano, riguardo ai quesiti formulati dal giudice remittente, ritiene di dover intervenire nel presente giudizio, data la centralità delle que- stionididirittocheinerisconoallo“status dirifugiato” eleodierneproblema- tiche connesse alle dimensioni patologiche dei fenomeni di immigrazione. La domanda pregiudiziale muove, ai fini della sua puntale definizione, dal “nodo interpretativo” relativo alla cessazione o estinzione dello “statusdi rifugiato”. Il dubbio, come espresso dall’autorità giudiziaria tedesca, sem- bra insinuarsi nell’esatto portato delle condizioni legittimanti il processoinverso al riconoscimento dello status medesimo; a tal proposito le incertez- ze si estendono, inoltre, alla comprensione delle modalità di valutazione dieventuali nuove circostanze che escludano o legittimino detto status. Lamancanza di chiarezza a riguardo deriverebbe, secondo ciò di cui si ha con- tezza, dalla eccesiva ampiezza e genericità del disposto dell’art. 11, n. 1 lett. e) della direttiva del Consiglio 2004/83/CE (d’ora in avanti per brevità ladirettiva), ove si afferma che “un cittadino di un paese terzo o un apolidecessa di essere un rifugiato qualora: … e) non possa più rinunciare alla pro- tezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le cir- costanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato”. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 127 In proposito, si rileva che il legislatore italiano ha dato piena attuazioneal richiamato art. 11 della direttiva con il decreto legislativo 19 novembre2007 n. 251, il cui art. 9 ha specificato che: “non devono sussistere gravimotivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine” (comma2) e che la cessazione della qualifica di rifugiato deve essere dichiarata“sulla base di una valutazione individuale della situazione personale dellostraniero” (comma 3). La giurisprudenza nazionale nella materia risulta orientata nello stessosenso del Legislatore, secondo quanto si passa ad esporre, dando contezza dirilievi e valutazioni che potranno essere utili per la pronuncia pregiudiziale. Sulla questione se lo status di rifugiato si estingua al venir meno del“fondato timore” di subire delle persecuzioni o del timore concernente altrimotivi in tale direzione orientati, la Corte di Cassazione si è così espressa: – sez. I civile, 20 dicembre 2007, n. 26822 – “il ricorso al “notorio” non puòsostituire la ricerca di un sostegno probatorio adeguato alla prospettazioneattorea relativa alla persecuzione di una intera minoranza etnica da parte diuno Stato extraeuropeo e, dall’altro canto, la persecuzione rilevante ai finidel riconoscimento dello status è quella che specificamente può coinvolgereil singolo richiedente. E si tratta di considerazioni del tutto in linea con iprincipi espressi da questa Corte in ripetute pronunzie (Cass. 25028.05 - 18353.06 -18941.06 -19930.07 - cfr. anche 16417.07) alla stregua dellequali deve essere ribadito che la situazione persecutoria rilevante ai fini indisamina è quella di chi, per l’appartenenza ad etnia, associazione, credopolitico o religioso ovvero in ragione delle proprie tendenze o stili di vitarischi verosimilmente, nel paese di origine o provenienza, di essere espostoa specifiche misure sanzionatorie (penali, amministrative, materiali) a cari- co della sua integrità fisica o libertà personale. La valutazione demandataquindi al Giudice del merito, adito in opposizione al diniego frapposto alladomanda dalla competente Commissione, si deve fondare sulla verifica dellaricorrenza di entrambi i dati oggettivi (attinta anche in via di ragionamentiinferenziali), quello afferente la condizione socio politica normativa delPaese di provenienza e quella relativa alla singola posizione del richieden- te (esposto a rischio concreto di sanzioni), senza poter ricavare sillogistica- mente ed automaticamente dalla prima la seconda (non ogni appartenentead una minoranza discriminata essendo automaticamente un perseguita- to)”; – sez. I civile, 2 dicembre 2005, n. 26278 – “In base alla convenzionedi Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata in Italia con l. 24 luglio 1954 n. 722, lo “status” di rifugiato deve essere riconosciuto qualora lo straniero abbiasubito la violazione di diritti umani fondamentali sanciti da documenti inter- nazionali o abbia il fondato timore di essere personalmente perseguitato nelPaese di origine. Pertanto, pur potendosi ammettere che l’onere della provadei requisiti fondanti lo “status” di rifugiato sia da valutare con minor rigo- re, poiché tanto più grave risulta la persecuzione tanto minore è la possibi- lità per lo straniero di fornirla, chi intende chiedere il riconoscimento delpredetto “status” deve provare il pericolo cui andrebbe incontro con il rim- patrio, con precisi riferimenti all’effettività e all’attualità del rischio, non 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 128 essendo all’uopo sufficienti le dichiarazioni dell’interessato, le attestazioniprovenienti da terzi estranei al giudizio (in difetto di altri elementi di provaatti a suffragare le risultanze promananti da detti scritti), il riferimento asituazioni politico-economiche di dissesto del Paese di origine o a persecu- zioni nei confronti di non specificate etnie di appartenenza ovvero il richia- mo al fatto notorio, non accompagnato dall’indicazione di specifiche circo- stanze riguardanti direttamente il richiedente”. Secondo il Consiglio di Stato: – sez. Atti norm., 19 aprile 2004, n. 200 – “Le categorie dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico non sono del tuttosovrapponibili: il rifugiato versa in una situazione di fondato timore di per- secuzione che può non coincidere con quella del richiedente asilo, per ilquale l’art. 10 comma 3 Cost., indica come requisito la circostanza che allostraniero sia impedito, nel suo paese, l’effettivo esercizio delle libertà demo- cratiche garantite dalla Costituzione italiana. Per contro, le due categoriesono unitariamente disciplinate, giacché il precetto costituzionale accordaad entrambe una piena tutela, per il tramite di una figura giuridica ricondu- cibile alla categoria degli “status” e dei diritti soggettivi”; – sez. IV, 7 mag- gio 1998 , n. 779 – “Lo “status di rifugiato” politico non può essere ricono- sciuto ai sensi della convenzione di Ginevra in mancanza di prova certacirca l’effettività di un rischio attuale per la propria libertà ed incolumità, che possa derivare dal ritorno in patria”; – sez. IV, 10 marzo 1998, n. 405 – “La scelta della Commissione centrale circa la concedibilità o meno dellostatus di rifugiato si traduce in un provvedimento amministrativo, la cuimotivazione deve essere congrua e logica e deve dar conto delle risultanzedell’istruttoria esperita, al fine di accertare la situazione personale di fattodel richiedente nel suo Paese di origine, avuto particolare riguardo allevariazioni delle condizioni politico-istituzionali, di sicurezza pubblica e divivibilità democratica”. Le decisione appena menzionate evidenziano che i presupposti su cui sibasano lo stato di rifugiato e il diritto di asilo sono diversi: secondo laConvenzione di Ginevra del 1951, infatti, fattore determinante del rifugio èil fondato timore dello straniero di essere direttamente perseguitato nel suoPaese di origine in ragione di idee, fede, religione, razza, non essendo suffi- ciente una persecuzione generalizzata, come sarebbe quella che coinvolges- se intere etnie o gruppi di popolazione, dovendo trattarsi di persecuzione per- sonale verso chi chiede il riconoscimento. Si può aggiungere che i rifugiati costituiscono «apolidi di fatto» perché, in fatto, non godono la protezione del proprio Stato e, normalmente, non ladesiderano, pur avendone la cittadinanza. Non così per il richiedente asilo, in quanto presupposto per il riconoscimento di detto diritto è l’impedimentonel Paese di origine dell’effettivo esercizio delle libertà democratiche garan- tite costituzionalmente (art. 10 comma 3, Costituzione italiana). La catego- ria dei rifugiati politici è meno ampia di quella degli aventi diritto di asilo ea questi viene solo garantito l’ingresso nello Stato, mentre il rifugiato politi- co riconosciuto consegue uno status di migliore favore secondo laConvenzione di Ginevra. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 129 Da quanto esposto deriva, inoltre, che non sussistono i presupposti vali- di per conseguire il riconoscimento dello status di rifugiato quando lo stra- niero adduce la persecuzione ad opera di esponenti dell’amministrazione delproprio Stato facente capo ad un governo smantellato dal mutato regime, come in sostanza accade nelle fattispecie all’esame del giudice remittente, ove è stato ritenuto che gli esponenti della precedente amministrazione poli- tica irachena non potessero più attuare la temuta persecuzione. La risposta ai quesiti posti deve, quindi, basarsi sulla considerazione chel’estinzione dello status di rifugiato deve conseguire ad un processo che siaprecipuamente inverso rispetto a quello che conduce al riconoscimento dellostatus medesimo e la disposizione di cui all’art. 11 n.1, lett. e), della diretti- va deve essere interpretata ed applicata nel senso che l’interessato deve pro- vare il pericolo cui andrebbe incontro con il rimpatrio, con precisi riferimen- ti all’effettività e all’attualità del rischio, non essendo all’uopo sufficientimere dichiarazioni o le attestazioni provenienti da terzi estranei al giudizio(in difetto di altri elementi di prova atti a suffragare le risultanze promanan- ti da detti scritti) né il riferimento a situazioni politico-economiche di disse- sto del Paese di origine o a persecuzioni nei confronti di non specificate etniedi appartenenza ovvero il richiamo al fatto notorio, non accompagnato dal- l’indicazione di specifiche circostanze riguardanti direttamente il richieden- te (cfr. Cassazione civile, sez. I, 2 dicembre 2005, n. 26278, sopra citata). Peraltro, data la delicatezza dei profili che si toccano e che attengono alrispetto dei diritti e della dignità umana, l’indagine del Giudice deve essereconcreta, effettiva ed attuale, e deve tener conto della nozione degli “atti dipersecuzione” secondo l’art. 9 della direttiva: “Gli atti di persecuzione aisensi dell’articolo 1A della convenzione di Ginevra devono: a) essere suffi- cientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una viola- zione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cuiqualsiasi deroga è esclusa a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della con- venzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fonda- mentali; oppure b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazionidei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sullapersona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a)”. Non possono, quindi, costituire motivi adeguati a giustificare una revo- ca dello status “la generica gravità della situazione politica economica e lastessa mancanza dell’esercizio delle libertà democratiche, …di per sé nonsufficienti a costituire i presupposti per il riconoscimento dello “status” dirifugiato, essendo necessario che la specifica situazione soggettiva delrichiedente, in rapporto alle caratteristiche oggettive nel paese, faccianoritenere un pericolo per l’incolumità della persona” (così T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 9 ottobre 2003 , n. 4527). Il fumus persecutionis, il fondato timore di subire una persecuzione, per- sonalmente e singolarmente considerata, costituisce il vero discrimen ingrado di legittimare il riconoscimento dello status in questione; in ossequioa quanto disposto dall’art. 11, n. 2 della direttiva [“Ai fini dell’applicazionedelle lettere e) e f) del paragrafo 1, gli Stati membri esaminano se il cambia- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 130 mento delle circostanze ha un significato e una natura non temporanea talida eliminare il fondato timore di persecuzioni”] la valutazione va condottasu due binari, quello della condizione oggettiva del paese dal quale ci si rifu- gia e quella soggettiva del cittadino o dell’apolide che chiede rifugio, sullabase della probabilità effettiva della persecuzione, concretata in una poten- zialità che non rimanga generica o collegata a contesti di calamità naturale odissesto politico. Da ciò consegue che non possono rilevare situazioni legate alla sussi- stenza o meno di un governo pienamente funzionante o di strutture fonda- mentali dell’amministrazione od anche di adeguate infrastrutture e che, alcontrario, possono rilevare situazioni di “protezione” equipollenti quali quel- le di protezione internazionale e quasi-statale (ad esempio un’entità gover- nativa locale, pur embrionale ma supportata nel suo sviluppo a seguito di unmutamento di regime da forze multinazionali come quelle di peace-keeping), giusto quanto disposto dall’art. 1, lett. c) n. 5 della Convenzione di Ginevra, il quale prevede che una persona non possa più fruire della Convenzionestessa “se, cessate le circostanze in base alle quali è stata riconosciuta comerifugiato, essa non può continuare a rifiutare di domandare la protezionedello Stato di cui ha la cittadinanza”. Ai fini della verifica della “protezione” disponibile per il rifugiato occor- re, poi, tener conto che una persona esposta ad un “danno grave” come defi- nito dall’art. 15 della direttiva, può accedere alla “protezione sussidiaria” dicui agli artt. 18 e ss. della medesima; questa forma di tutela costituisce, tut- tavia, forma di protezione autonoma, sistematicamente collocata in un capoa parte (il VI) tanto che, come si legge nell’art. 20 n. 2 della direttiva, “ledisposizioni del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle personeammissibili a beneficiare della protezione sussidiaria”, a dare evidenza della diversità delle due fattispecie. Ultimo profilo fatto oggetto di rinvio risulta essere quello relativo alcome valutare, ai fini dell’estinzione dello status di rifugiato, l’emersione dinuove circostanze potenzialmente “a rischio persecuzione”; se le stesse cioèvadano esaminate attraverso lo stesso criterio di probabilità applicabile insede di riconoscimento dello statuto di rifugiato e con le agevolazioni proba- torie di cui all’art. 4 n. 4 della direttiva, il quale recita “Il fatto che un richie- dente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffat- te persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timo- re del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subiredanni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecu- zioni o danni gravi non si ripeteranno”. Su questo punto non possiamo concordare con le valutazioni espressedall’Autorità giudiziaria tedesca; in particolare, sembra più rispondente allafinalità della normativa in materia ritenere, quanto all’applicazione del crite- rio di probabilità effettiva, o del real risk, che sicuramente le circostanzenuove e difformi vanno valutate sempre con il metro del “fondato timore dipersecuzione”; quanto poi all’agevolazione probatoria di cui all’art. 4 cit., essa non sembra sia da limitare alla sola ipotesi in cui sussista un nesso tra 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 131 le nuove circostanze e quelle che hanno legittimato la concessione dello sta- tus; non solamente per un favor nei confronti del soggetto che chiede tutelama per una applicazione puntuale della disposizione [“Il fatto che un richie- dente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffat- te persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timo- re del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subiredanni gravi”]: nel caso, infatti, in cui la persona abbia subito persecuzioni ogravi danni questo costituisce un indizio ai fini della sussistenza di un fon- dato timore, anche se successivamente mutano le circostanze di fatto; al con- trario, nel caso di minacce, essendo le stesse letteralmente agganciate a “sif- fatte persecuzioni” (vale a dire a quelle già subite), ciò vuol dire che il venirmeno della minaccia o il persistere della stessa va valutato in relazione aquella stessa persecuzione che si è subita e sulla quale la minaccia insiste, non ad altra. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere ai quesiti sottopo- sti al suo esame affermando: – che lo status di rifugiato si estingue al venirmeno del “fondato timore” di essere perseguitato, valutando concretamenteanche l’eventuale emersione di nuove circostanze legittimanti il medesimotimore; – che il soggetto che offra protezione ai sensi dell’art. 7, n. 1 delladirettiva può configurarsi anche come quasi-statale, dunque supportato nel- l’esercizio del potere politico-territoriale anche da truppe multinazionali; – che il soggetto del quale si predica la revoca dello status non sia esposto adanno grave, per la quale ipotesi vi è specifica e differente disciplina; – chenon rilevano, ai fini della revoca dello status in questione ed in assoluto, nep- pure la stabilità delle condizioni di sicurezza del paese e di vita della perso- na; – che le possibili nuove circostanze, potenzialmente capaci di integrareuna situazione di persecuzione, devono essere valutate con il criterio della“possibilità effettiva” e con l’agevolazione probatoria di cui all’art. 4, n. 4della direttiva; fatta eccezione per l’ipotesi delle minacce per le quali ènecessario un nesso con le persecuzioni già subite, stante la lettera dellanorma (“minacce dirette di siffatte persecuzioni”). Roma, 23 agosto 2008 Avv. Giuseppe Albenzio Causa C-196/08 – Materia trattata: libera prestazione dei servizi – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ammini- strativo Regionale per la Sicilia (Italia) il 14 maggio 2008 – AcosetSpA/Conferenza Sindaci e Presidenza Prov. Reg. ATO Idrico Ragusa e a. (Avvocato dello Stato G. Fiengo – AL 26740/08) . LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se è conforme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di tra- sparenza e libera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, unmodello di società mista pubblico-privata costituita appositamente per l’e- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 132 spletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale econ oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio inquestione, nella quale il socio privato con natura ‘industriale’ed ‘operati- va’, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previaverifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente ope- rativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specificheda fornire. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO La questione posta dal Tar per la Sicilia si pone – com’è dato compren- dere dall’ordinanza di rinvio – in relazione all’organizzazione del servizioidrico integrato nella provincia di Ragusa. Si tratta di tutta evidenza dell’af- fidamento di un pubblico servizio attraverso concessione trentennale, nellaquale non rilevano tanto le normative specifiche sugli appalti di pubblici ser- vizi quanto i principi generali che si ricavano dagli articoli 43, 49 e 86 delTrattato. Il principale corrispettivo della concessione è nella possibilità dirichiedere agli utenti la tariffa idrica che la procedura di gara individua comecompensativa del servizio reso. Ulteriore aspetto che la difesa erariale intende mettere in evidenza è chein siffatta fattispecie non si è propriamente nell’ambito dell’in house provi- ding,quantopiuttostonell’ambitodeltema,ugualmenteaffrontatodagliorga- ni della Comunità, del cosiddetto partenariato pubblico/privato: l’ATO ritie- ne di poter gestire ed intende gestire in forma pubblica (attraverso una socie- tà ad obbligatoria prevalenza di capitale pubblico) il servizio idrico integratonella provincia di Ragusa, ma non possiede integralmente nel suo interno lecapacità tecniche ed operative per condurre in via esclusiva il servizio richie- sto. La società mista è lo strumento che consente alle singole amministrazio- ni associate nell’ATO di “autoprodurre, sia pure in parte” il servizio. La società mista a prevalente (ed obbligatoria) partecipazione pubblicaviene costituita al solo scopo di gestire quel servizio pubblico, non può sot- trarsi a tale compito e alla fine della missione viene sciolta. La finalità per laquale la struttura viene costituita non ha quindi carattere industriale e com- merciale e quindi non costituisce, secondo la giurisprudenza della Corte diGiustizia, neppure un “organismo di diritto pubblico”; nondimeno lo statutodella società ed il disciplinare di gara prevedono che si ricorra alle regoledell’evidenza pubblica ogniqualvolta la società mista debba richiedere a terzidei servizi, lavori o forniture. La scelta del socio di minoranza avviene attraverso una gara (europea) ad evidenza pubblica nella quale sono analiticamente indicati tutti gli obbli- ghi del futuro concessionario, i lavori da svolgere nel trentennio e le regolecui la prestazione del servizio deve essere svolta. L’offerta di gara, per acqui- sire il 49% della partecipazione alla società affidataria del servizio, precisa, attraverso l’indicazione analitica delle voci di tariffa, la posizione di vantag- gio che il privato va ad acquisire nel diventare partner degli enti pubbliciassociati. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 133 La Repubblica Italiana ritiene compatibile con il diritto comunitario cheuna gara individui contestualmente l’oggetto (specifico) della concessione diun pubblico servizio ad una società mista e l’ingresso in tale compaginesocietaria di un imprenditore privato, che diviene socio di minoranza tecni- co/operativo. Tale orientamento è confermato dalla recente comunicazioneinterpretativa della Commissione delle Comunità Europee del 5 febbraio2008. La Commissione stabilisce che “per costituire un PPPI in modo con- forme ai principi del diritto comunitario evitando nel contempo i problemiconnessi ad una duplice procedura si può procedere nel modo seguente: ilpartner privato è selezionato nell’ambito di una procedura trasparente econcorrenziale, che ha per oggetto sia l’appalto pubblico o la concessioneda aggiudicare all’entità a capitale misto, sia il contributo operativo delpartner privato all’esecuzione di tali prestazioni e/o il suo contributo ammi- nistrativo alla gestione dell’entità a capitale misto. La selezione del partnerprivato è accompagnata dalla costituzione del PPPI e dall’aggiudicazionedell’appalto pubblico o della concessione all’entità a capitale misto”. Al difuori di tale ipotesi il partenariato pubblico privato resterebbe escluso dallagestione dei pubblici servizi in quanto il successivo affidamento del servizioalla società mista troverebbe un ostacolo insormontabile negli angusti limiticui la giurisprudenza comunitaria ha ristretto l’in house providing (Vedi peraltro, in senso più aperto, le recenti sentenze in C-371/05 Commissionec/Repubblica Italiana e in C-295/05 Asemfo c/Tragsa e Spagna). Unico problema sul quale va appuntata l’attenzione della Corte è – ad avviso della difesa erariale – quello del cosidetto “ius variandi” , ovverosia ilpotere degli enti concedenti ( i comuni associati nella società mista, e la stessa ATO)dipoterapportarevariazioninellagestionedeipubbliciserviziperinde- rogabili sopravvenienze d’interesse pubblico. Tale potere è diffuso in tutti gliordinamenti nazionali e di norma comporta una sorta di indennizzo a favore delsoggettoprivatochevedemodificatointuttoo inparteilsuotitoloconces- sorio. In proposito la Commissione nella soprarichiamata comunicazione sostiene che “…essendo in genere costituito per la prestazione di un servizio nell’arco di un periodo di tempo abbastanza lungo, il PPPI deve essere ingrado di adattarsi ad alcune variazioni intervenute nel contesto economico, giuridico o tecnico. Le disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblicie concessioni non impediscono di tener conto di queste variazioni, purché sianorispettati ilprincipiodi parità ditrattamentoeilprincipiodi trasparen- za. Di conseguenza, qualora l’autorità aggiudicatrice desideri, per ragioni precise, avere la possibilità di modificare determinate condizioni dell’appalto dopo la scelta dell’aggiudicatario, dovrà prevedere espressamente tale possi- bilitàdiadeguamento,cosìcomelesuemodalitàdiapplicazione,nelbandodi garaonelcapitolatod’oneriedelimitarel’ambitoall’internodelqualelapro- cedura deve svolgersi, cosicché tutte le imprese interessate a partecipareall’appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio e si trovino pertanto su un piede di parità nel momento della formulazione dell’offerta”. In tale contesto si comprende la ragione di una clausola e/o patto para- sociale, inserito nel disciplinare di gara e richiamato anche nell’ordinanza di 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 134 rimessione del TAR per la Sicilia, a norma del quale in caso di “f) nell’even- tualità che, nell’esercizio delle proprie prerogative, i competenti organi deli- berassero di collocare in Borsa una parte delle azioni possedute dal Sociopubblico, riconoscimento al Socio di minoranza del 50% della plusvalenzarispetto al valore nominale conseguita col collocamento in Borsa al nettodegli oneri fiscali”. Tale disposizione in realtà presuppone lo scioglimentodella società mista e il venir meno della concessione trentennale del servizioidrico integrato, restando fermo a forza di statuto che la società stessa deveessere a “partecipazione pubblica maggioritaria” (art. 1 dello Statuto) . ** ** * * Tanto premesso il Governo della Repubblica Italiana ritiene che codestaEcc.ma Corte di Giustizia possa rispondere al quesito nel senso che “è con- forme al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza elibera concorrenza di cui agli articoli 43, 49 e 86 del Trattato, un modellodi società mista pubblico-privata costituita appositamente per l’espletamen- to di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggettosociale esclusivo, nella quale il socio privato con natura ‘industriale’ ed‘operativa’, sia contestualmente selezionato mediante una procedura di evi- denza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che diquelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere ealle prestazioni specifiche da fornire. Resta di competenza del giudice nazio- nale la verifica in concreto che l’oggetto degli affidamenti (dei servizi, lavo- ri od altro) el’ambito dei poteri del socio privato siano specificatamente edanaliticamente predefiniti in sede di bando di gara”. Roma, 5 agosto 2008 Avv. Giuseppe Fiengo Causa C-218/08 – Materia trattata: ambiente e consumatori – Ricorsopresentato il 22 maggio 2008 – Commissione delle Comunità europee/ Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Fiengo – AL22424/08) . LE CONCLUSIONI DELLA COMMISSIONE Constatare che la Repubblica italiana, non avendo predisposto piani diemergenza esterni per tutti gli stabilimenti, per i quali questi piani sonorichiesti, è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 11, paragrafo 1, let- tera c) della direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul con- trollo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanzepericolose, come modificata dalla direttiva 2003/105/CE. Condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio. IL CONTRORICORSO DEL GOVERNO ITALIANO Nel costituirsi nel presente giudizio la Repubblica Italiana intende met- tere in luce come l’elaborazione della pianificazione di emergenza esternaper gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante, il cui ritardo 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 135 viene contestato dalla Commissione con il presente ricorso, abbia scontato infase di avvio la difficoltà del trasferimento delle competenze amministrativealle Regioni ai sensi dell’art. 72 del decreto legislativo n. 112/98. Tale dispo- sizione subordinava il passaggio di dette funzioni ad una serie di condizioniche ancora oggi non sono state ancora pienamente realizzate: adozione dispecifica normativa regionale finalizzata a raccordare i vari soggetti incari- cati dell’istruttoria e a garantire la sicurezza del territorio e della popolazio- ne; attivazione delle Agenzie Regionali di Protezione dell’Ambiente; stipuladi un accordo di Programma Stato-Regioni per la verifica dei presupposti perlo svolgimento delle funzioni. In tale contesto il legislatore nazionale, con l’art. 20 del decreto legisla- tivo n. 334/99, aveva previsto che sino alla piena attuazione dell’art. 72 delDecreto Legislativo n. 112/98: “il Prefetto, d’intesa con le regioni e gli entilocali interessati, previa consultazione della popolazione, e nell’ambito delledisponibilità finanziarie previste a legislazione vigente, predispone il pianodi emergenza esterna e ne coordina l’attuazione”. Le oggettive difficoltà diordine gestionale legate a tale impegno, di carattere chiaramente surrogato- rio, appaiono ancor più evidenti se si guarda il vigente assetto di competen- ze in materia di protezione civile che vede come principali riferimenti gli entilocali e le regioni e solo in via sussidiaria o in specifici ambiti il livello digoverno centrale. Nondimeno – anche in concomitanza con l’avvio da parte dellaCommissione della procedura d’infrazione – gli adempimenti sono staticompletati e la Commissione è stata edotta a più riprese dello “stato di avan- zamento delle attività”. La procedura contenziosa, che precede il giudizio diinadempimento innanzi alla Corte di Giustizia ha raggiunto pienamente ilsuo scopo e la sentenza che dovesse intervenire si limiterà necessariamentea dichiarare un inadempimento che oramai non sussiste. Questi i fatti. Il Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, delSoccorso Pubblico e della Difesa Civile, è intervenuto con circolare n.1347- 028/S(22), in data 4 settembre 2007, diretta ai Prefetti, ribadendo innanzitut- to come la predisposizione, il riesame, la sperimentazione e, se necessario, l’aggiornamento dei piani di emergenza esterni per gli stabilimenti a rischiodi incidente rilevante nonché, in caso di evento, l’attivazione delle procedu- re di cui all’articolo 24, co. 2, del decreto legislativo n. 334 del 17 agosto1999, rientrassero a diritto vigente nelle materie di competenza del Prefetto. È stata, pertanto, richiamata l’attenzione dei Prefetti stessi sulla proce- dura d’infrazione avviata nei confronti dell’Italia a causa della non correttaapplicazione della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenticonnessi con determinate sostanze pericolose e sulla conseguente necessitàche venisse adottata, con urgenza, ogni utile iniziativa ai fini del completa- mento della pianificazione d’emergenza esterna su tutto il territorio naziona- le. Inoltre, per disporre di più esaurienti elementi informativi nel settore, sono stati richiesti puntuali ed aggiornati dati sullo stato delle pianificazioniin argomento nel territorio di rispettiva competenza, nonché notizie su even- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 136 tuali difficoltà di ordine gestionale, procedurale, tecnico o finanziario diostacolo all’assolvimento dell’adempimento in parola. Contestualmente è stato promosso, nell’ambito del Tavolo Tecnico per ladefinizione dell’accordo – quadro fra Governo e Regioni per il trasferimen- to alle stesse delle competenze amministrative relative alle attività a rischiodi incidente rilevante (presso l’Ufficio per il Federalismo Amministrativodella Presidenza del Consiglio dei Ministri), l’inserimento della seguentedisposizione finalizzata a realizzare una maggiore collaborazione fra Stato eRegioni: “Nelle more del conferimento delle funzioni di cui al presenteaccordo, il Ministero dell’Interno e le Regioni e le Province autonome siimpegnano, altresì, a definire ogni utile raccordo e modalità di collabora- zione per la più rapida ed efficace elaborazione della pianificazione delleemergenze. Detta collaborazione sarà attivata in sede di tavoli tecnici pro- mossi e coordinati dai Prefetti”. Alla fine del 2007, in risposta al parere motivato n. C(2007)4876 del 17ottobre 2007, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento dellePolitiche Comunitarie – con nota del 21 dicembre 2007, prot. DCPC- 0011225-24/12/2007-2.36.4.19, comunicò alla Commissione, sulla base deidati acquisiti dalle Prefetture, confrontati con le informazioni in possesso delMinistero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e delDipartimento della Protezione Civile, la seguente situazione: “su 537 stabi- limenti esistenti in Italia ai quali si applica l’art. 9 della direttiva 96/82/CE(dato fornito ed aggiornato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare al 31 ottobre 2007), sono risultati n. 394 piani di emer- genza esterna redatti ed approvati (pari al 73%) ed ulteriori 40 piani in fasedi avanzata redazione per una percentuale complessiva pari all’81%”. Rispetto ai dati precedentemente forniti alla Commissione Europea, occorre evidenziare che con l’entrata in vigore del D.lgs. 21 settembre 2005, n. 238, che ha modificato il D.lgs 17 agosto 1999, n.334,sono risultate inclu- se nel campo di applicazione del predetto art. 9 della direttiva 96/82/CE (cor- rispondente all’art. 8 del decreto legislativo n. 334/99) nuove attività sogget- te alla presentazione del rapporto di sicurezza in conseguenza delle modifi- che apportate all’allegato I (ad esempio, le sostanze esplosive), mentre altre, già incluse, sono state espunte. In detta nota, viene altresì rappresentata l’intensa attività profusa dalMinistero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del SoccorsoPubblico e della Difesa Civile – e la valenza dell’impegno preso, unitamen- te alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della ProtezioneCivile, ed al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di conseguire entro il termine del 30 giugno 2008 il completamento dellapredetta pianificazione d’emergenza esterna, corrispondendo così alle solle- citazioni della Commissione Europea. In linea con l’impegno preso, sin dall’inizio del 2008, vengono pertantorealizzate le seguenti attività: – i Direttori Regionali ed Interregionali dei Vigili del Fuoco vengono solle- citati a continuare a fornire il loro indispensabile supporto alle Prefetture, sia 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 137 nel corso di svariati incontri tenutisi presso il Dipartimento dei Vigili delFuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, sia con circolare n. DCPST/A4/RS/108, in data 15 gennaio 2008, dell’Area Rischi Industrialidel predetto Dipartimento; – le Prefetture capoluogo di regione sono sensibilizzate per ogni utile inizia- tiva di coordinamento da attuare in ciascuna regione finalizzata al completa- mentodellapredettapianificazioneentroil30giugno2008concircolaren.33- 028/S(22),indata21gennaio2008,nonchéinoccasionediincontrichesisonotenuti presso il Dipartimento deiVVF; tale coordinamento si è rivelato effica- ce consentendo finalmente un monitoraggio esteso all’intero territorio nazio- nale ed una gestione mirata delle situazioni di maggiore criticità; – il Dipartimento per le Politiche Comunitarie sollecita ulteriormente leRegioni a fornire la massima collaborazione alle Prefetture ed a tal fine indata 3 marzo 2008 tiene apposito incontro con i predetti Enti; – il coordinamento operativo effettuato dal Dipartimento della Protezione Civile si svolge in particolare nell’ambito dell’appositoTavoloTecnico inter- ministeriale istituito presso il predetto Dipartimento, ove realizza quattro incontri con i funzionari responsabili del settore della Protezione Civile dellePrefetturecapoluogodiregioneedellerelativeRegioni.Attraversotaliincon- tri si condividono le esperienze maturate, si forniscono ulteriori indicazioni, si trovano soluzioni in presenza di situazioni di difficoltà; – il monitoraggio degli stabilimenti riconducibili alla disciplina di cui all’art. 8 del decreto legislativo 334/1999 e delle relative pianificazioni di emergen- za esterne è gestito in maniera coordinata e sinergica mantenendo come rife- rimento la banca dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare che opera i necessari aggiornamenti in caso di accerta- mento di una diversa disciplina cui assoggettare i vari stabilimenti. Tale monitoraggio ha consentito dunque di pervenire ad una quantifica- zione condivisa delle industrie a rischio incidente rilevante assoggettate alladisciplina di cui all’art. 8 del decreto legislativo n.334/99 e pari a 509 stabi- limenti. Rispetto al totale di 537 industrie censite al dicembre 2007, il moni- toraggio ed il connesso riscontro della loro effettiva assoggettabilità allanorma, ha determinato l’eliminazione di 31 stabilimenti e l’aggiunta di 3 perun totale, come detto, di 509. La collaterale e determinante attività di predisposizione e approvazionedei Piani di Emergenza Esterna posta in essere dai Prefetti, supportati a livel- lo territoriale dalle strutture periferiche del Corpo Nazionale dei Vigili delFuoco e dalle Regioni, ha reso così possibile il raggiungimento dell’impegnoassunto nei confronti della Commissione alla fine del 2007 e cioè di comple- tare su tutto il territorio nazionale la pianificazione di emergenza esterna perle industrie a rischio incidente rilevante di cui all’art. 9 della direttiva96/82/CE (corrispondente all’art. 8 del decreto legislativo n. 334/99) Previa puntuale verifica di tutti i dati pervenuti – realizzata mediantecontrollo incrociato dei dati trasmessi dalle Prefetture con le informazionidel Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero dell’Ambiente edella Tutela del Territorio e del Mare – si rappresenta dunque che al 30 giu- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 138 gno 2008 la situazione nella Repubblica Italiana è la seguente: industrie arischio incidente rilevante (assoggettate all’art. 8 decreto legislativo n. 334/99) totale n. 509 – piani di emergenza esterna (redatti ed aggiornati al 30giugno 2008) totale n. 509. In conclusione la Repubblica Italiana, ha messo in atto ogni sforzo percorrispondere all’impegno, preso nei confronti della Commissione Europea, di completare entro il 30 giugno 2008 la pianificazione dell’emergenza ester- na delle industrie riconducibili alla disciplina di cui all’art. 9 della direttiva96/82/CE (corrispondente all’art. 8 del decreto legislativo n 334/99). Tale obiettivo si presentava ambizioso (ma si è ritenuto di doverlo rea- lizzare in tempi più brevi attraverso un maggiore impegno da parte di tutti isoggetti a vario titolo coinvolti. Del resto, ogni progettualità di rilievo deveessere sfidante ma concretamente attuabile, pertanto, va programmata e rea- lizzata tenendo realisticamente conto delle risorse in gioco. In particolare, nel progetto promosso dall’Italia per superare quel ritardo nella elaborazio- ne della pianificazione di emergenza esterna contestato dalla CommissioneEuropa con la procedura d’infrazione di cui trattasi, risultava determinante iltermine del 30 giugno 2008. Dato il tempo trascorso senza che la Commissione Europea avesse inten- tato ricorso alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, si era consolida- ta l’idea di un implicito consenso della Commissione stessa rispetto a talescadenza. Inspiegabilmente, invece, pochi giorni prima che scadesse il ter- mine, e sebbene fosse cessata ogni ragione di dissenso, in quanto la pianifi- cazione a quella data era già quasi del tutto completata la CommissioneEuropea ha proposto ricorso notificandolo in data 5 giugno 2008: la valenzadi un’eventuale condanna diviene in questo contesto “puramente statistica”. P.Q.M. Si chiede che la Commissione valuti l’opportunità di far cessare il pre- sente giudizio, atteso l’intervenuto adeguamento della Repubblica italianaalla direttiva comunitaria. Roma, 11 luglio 2008 Avv. Giuseppe Fiengo Causa C-261/08 – Materia trattata: spazio di libertà, sicurezza e giusti- zia – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal TribunalSuperior de Justicia de Murcia (Spagna) il 19 giugno 2008 – María JuliaZurita García/Delegado del Gobierno en la Región de Murcia. (Avvocatodello Stato G. Fiengo – AL 33946/08) . LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE Se le norme del Trattato che istituisce le Comunità europee, in partico- lare del suo art. 62, nn. 1 e 2 lett. a), nonché del regolamento del Parlamentoeuropeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codicecomunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da partedelle persone (codice frontiere Schengen), segnatamente gli artt. 5, 11 e 13 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 139 di detto regolamento, debbano essere interpretate nel senso che esse ostanoad una normativa, quale quella nazionale e la giurisprudenza che la inter- preta, la quale ammette la possibilità di sostituire l’espulsione di qualsiasi“cittadino di un paese terzo” sprovvisto di un titolo che autorizzi l’ingressoe il soggiorno nel territorio dell’Unione europea con l’irrogazione di un’am- menda. IL FATTO Con ordinanza notificata il 31 luglio 2008, la Corte di cassazione dellaComunità di Murcia (Spagna) – Sezione del contenzioso amministrativo, nella causa proposta dalla cittadina boliviana María Julia Zurita García, (impugnazione della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorsoavverso il decreto di espulsione emesso in data 15 novembre 2006 dal dele- gato del Governo della regione di Murcia), ha proposto dinanzi alla Corte diGiustizia dell’Unione Europea domanda di pronuncia pregiudiziale. La Corte remittente ha evidenziato anzitutto, con riferimento alla fatti- specie concreta devoluta al suo giudizio, che il decreto di espulsione condivieto di ingresso per 5 anni nello spazio Schengen, ritenuto legittimo dallasentenza impugnata dalla ricorrente, era stato emesso in applicazione del- l’art. 53 lett. a) della Ley Organica 4/2000, secondo cui costituisce infrazio- ne grave «Il fatto di trovarsi in territorio spagnolo in situazione irregolare, per non aver ottenuto la proroga del soggiorno, il permesso di soggiorno odocumenti analoghi, ove esigibili, o perché tali documenti sono scaduti dapiù di tre mesi, sempre che l’interessato non abbia chiesto il rinnovo deglistessi nel termine regolarmente previsto»; per tale condotta è previstaun’ammenda, che però può essere sostituita (come avvenuto nel caso di spe- cie) dall’irrogazione dell’espulsione, all’esito del procedimento amministra- tivo. Nell’appello, la ricorrente censurava la sentenza impugnata evidenzian- do l’inammissibilità del mantenimento della sanzione dell’espulsione: e ciòin quanto l’amministrazione non aveva rispettato, nella valutazione dellacondotta trasgressiva, i criteri di proporzionalità necessari per giustificare lasostituzione della sanzione di ammenda con l’espulsione. La Corte ha quindi richiamato il Trattato CE (art. 62, relativo all’adozio- ne di misure concernenti l’attraversamento delle frontiere esterne degli Statimembri) ed il regolamento (CE) n. 562/2006, istitutivo del “codice frontiereSchengen”, analizzando compiutamente gli articoli 5 (che detta le condizio- ni d’ingresso per i cittadini di Paesi terzi: documento, visto, mezzi di sussi- stenza, ecc.), 11 (che regola la presunzione di insussistenza delle condizionirelative alla durata del soggiorno, e la conseguente espulsione del cittadinodi un Paese terzo, qualora il documento di viaggio di quest’ultimo sia privodel timbro d’ingresso) e 13 (relativo al respingimento dei cittadini di Paesiterzi che non soddisfino le condizioni di ingresso di cui all’art. 5). Per altro verso, la Corte remittente ha posto in evidenza la possibileincongruenza della normativa spagnola: infatti, la natura di vera e propriasanzione, che la legge conferisce all’espulsione dello straniero non in regola 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 140 con le norme sul soggiorno, comporta la necessità di rispettare, al momentodella sua irrogazione (in luogo dell’ammenda), il rispetto dei principi di ade- guata motivazione e di proporzionalità. In tale prospettiva, deve essere san- zionata con l’ammenda, e non con l’espulsione, la mancanza di documenta- zione idonea all’ingresso e al soggiorno nel territorio spagnolo (e quindinella UE), qualora manchino circostanze aggravanti o comunque elementigiustificativi della sostituzione della sanzione pecuniaria con l’espulsione. Ciò determina, evidentemente, il permanere nello spazio UE di persone privedei necessari requisiti. All’esito di tale disamina, la Corte remittente ha sostenuto che la rego- lamentazione della materia in sede comunitaria implica la necessità dell’u- scita dal territorio dell’Unione europea (attraverso il respingimento o l’e- spulsione) del cittadino di un Paese terzo che si trovi a soggiornarvi senzaessere in possesso dei requisiti necessari. Asostegno di tale assunto, la Corteha richiamato non solo il respingimento e l’espulsione previsti dai già citatiarticoli 11 e 13 del regolamento istitutivo del codice frontiere Schengen, maanche la normativa comunitaria in tema di visti e di Fondo europeo per i rim- patri (evidenziando come, nella premessa del regolamento istitutivo di talefondo, sia stato sottolineato che una politica comunitaria efficace in materiadi rimpatri costituisce un necessario complemento ad una politica credibilein tema di immigrazione legale ed asilo), nonché, da ultimo, il principio dileale collaborazione sancito dall’art. 10 del Trattato CE. LA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO Sembra necessario evidenziare, preliminarmente, che, pur avendo laCorte remittente individuato ed analizzato, quale normativa comunitariaapplicabile al caso concreto, gli articoli 11 e 13 del regolamento (CE) n. 562/2006 istitutivo del codice frontiere Schengen, l’ordinanza di rimessionenon contiene indicazioni fattuali idonee a ricondurre la fattispecie concretaalle norme predette. In particolare, va sottolineato che l’espulsione di cuiall’art. 11 del regolamento è prevista esclusivamente per la specifica ipotesiin cui sul documento di viaggio in possesso di un cittadino di un Paese terzo, che si trovi nel territorio UE, non vi sia il visto di ingresso (che deve esseresistematicamente apposto, ai sensi dell’art. 10, ad ogni ingresso od uscita delcittadino): ciò determina una presunzione di illiceità del soggiorno che, senon superata attraverso documentazione sostitutiva (biglietti di viaggio, ecc.), determina l’espulsione. Dall’ordinanza di rimessione, peraltro, non emerge che la ricorrentesig.ra Garcìa si sia trovata in tale specifica situazione, essendo stata richia- mata la sola norma interna che sanziona con l’ammenda (eventualmentesostituita con l’espulsione) l’irregolarità del soggiorno per non aver ottenutoil permesso di soggiorno, la sua proroga o documenti analoghi, ovvero pernon aver richiesto il rinnovo di tali documenti scaduti da oltre tre mesi. Altrettanto è a dirsi, mutatis mutandis, per il respingimento alla frontie- ra di cui all’art. 13 del regolamento citato. Non è quindi da escludere che la 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 141 Corte di Giustizia possa ritenere, in via interlocutoria, di invitare la Cortespagnola a fornire adeguate precisazioni in ordine alla fattispecie concretasottoposta alla sua valutazione. Al di là di tali rilievi di ordine preliminare, si ritiene che le considerazio- ni svolte dalla Corte remittente a sostegno della incompatibilità, con lenorme comunitarie, della sanzione pecuniaria prevista dalle leggi spagnoleper l’irregolare soggiorno di cittadini di Paesi terzi – considerazioni imper- niate anche sulla necessità di una coerenza sistematica nell’interpretazionedelle norme comunitarie – siano condivisibili e, quel che più conta, in lineacon le importanti modifiche normative che si registrano nella materia delcontrasto all’immigrazione clandestina. Da un lato, deve infatti evidenziarsi che, tra le modifiche al Trattatosull’Unione europea introdotte dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007vi è l’inserimento dell’art. 63-bis, ai sensi del quale (comma 1) “l’Unionesviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, inogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cit- tadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli stati mementi e la pre- venzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della trattadegli esseri umani”. In tale prospettiva, si prevede tra l’altro che ilParlamento europeo ed il Consiglio adottino, deliberando con proceduraordinaria, misure in tema di “immigrazione clandestina e soggiorno irrego- lare, compresi l’allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiornoirregolare” (art. 63-bis, comma 2, lett. c). D’altro lato, assume rilevanza la definitiva approvazione in data 18 giu- gno 2008, da parte del Parlamento europeo, della direttiva recante norme eprocedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini dipaesi terzi soggiornanti illegalmente. Per quanto qui interessa, occorre richiamare il principio fissato in viagenerale dall’art. 6, par. 1, secondo il quale “Gli Stati membri adottano unadecisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzoin posizione irregolare nel loro territorio”, fatte salve alcune ipotesi partico- lari (possesso di documenti per il diritto di soggiornare in altro Stato mem- bro; esistenza di accordi bilaterali per la riconsegna della persona ad altroStato membro; concessione di un permesso di soggiorno per motivi caritate- voli, umanitari; ecc.). D’altraparte,iltestoapprovatodalParlamentoeuropeo–oltreafarsalve eventuali norme più favorevoli derivanti da accordi bilaterali o multilateralicon paesi terzi, o previste dall’acquis comunitario in tema di immigrazioneed asilo, ed oltre a prevedere che siano tenute nella dovuta considerazione leesigenze del minore, i motivi di famiglia e di salute, e sia rispettato il princi- pio di non-refoulement – lascia agli Stati membri la facoltà di introdurre o mantenere disposizioni interne più favorevoli rispetto alla direttiva, “purchè compatibili con le norme in essa stabilite” (art. 4, par. 3).Alla luce di quan- to fin qui esposto, sembra da escludere che tale compatibilità possa essere ravvisata in una norma che si limiti a sanzionare l’irregolarità del soggiorno con un’ammenda. Significativo, in proposito, è anche il considerando n. 8, 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 142 secondo cui “Si riconosce che è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Il presupposto di questo assunto è che esistano regimi in materia di asilo giusti ed efficienti che rispettano pienamente il principio di non-refoulement”. Infine il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 15marzo 2006, n. 502, che istituisce un codice comunitario relativo al regimedi attraversamento delle frontiere da parte delle persone, regola, con l’art. 15, le condizioni di ingresso per i cittadini di paesi terzi, e prevede chiaramente, con l’art. 134, che “sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadinidi paesi terzi che non soddisfano tutte le condizioni d’ingresso previste dal- l’articolo 5, paragrafo 1”. Pertanto, si ritiene che il soggiorno nel territorio dell’Unione europea dicittadini di paesi terzi privi dei necessari requisiti imponga “necessariamen- te l’uscita dal territorio, sia mediante il respingimento alla frontiera, siamediante l’espulsione”, e che una politica comunitaria efficace in materia dirimpatri costituisca un necessario completamento ad una politica credibile inmateria di immigrazione legale e asilo, nonché una componente importantedella lotta contro l’immigrazione clandestina. Tanto premesso – superate per quanto di ragione le questioni di rice- vibilità del quesito – la Repubblica Italiana suggerisce alla Corte di rispon- dere nel senso che: Le norme del Trattato che istituisce le Comunità europee, in particolaredel suo art. 62, nn. 1 e 2 lett. a), nonché del regolamento del Parlamentoeuropeo e del Consiglio 15 marzo 2006, n. 562, che istituisce un codicecomunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da partedelle persone (codice frontiere Schengen), segnatamente gli artt. 5, 11 e 13di detto regolamento devono essere interpretate nel senso che ostano ad unanormativa nazionale e ad una giurisprudenza che la interpreta, la qualeammette la possibilità di sostituire l’espulsione di qualsiasi “cittadino di unpaese terzo” sprovvisto di un titolo che autorizzi l’ingresso e il soggiorno nelterritorio dell’Unione europea con l’irrogazione di un’ammenda. Roma, 2 ottobre 2008 Avv. Giuseppe Fiengo Causa C-297/08 – Materia trattata: ambiente e consumatori – Ricorsopresentato il 3 luglio 2008 – Commissione delle Comunità europee/ Repubblica italiana. (Avvocato dello Stato G. Aiello – AL28020/06) . LE CONCLUSIONI DELLA COMMISSIONE Constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, con riferi- mento alla regione Campania, tutte le misure necessarie ad assicurare che irifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute umana e senzarecare pregiudizio all’ambiente, ed in particolare non avendo stabilito unarete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, è venuta meno agliobblighi imposti dagli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE del 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 143 Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 relativa ai rifiuti. Condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio. IL CONTRORICORSO DEL GOVERNO ITALIANO Fatti e procedura A seguito della grave situazione ambientale e sanitaria determinatasinella regione Campania nel settore della gestione dei rifiuti, venne dichiara- to – con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (d’ora innanziDPCM) del 11 febbraio 1994, successivamente prorogato fino al 31 dicem- bre 2009 ex art. 19 Dl 90/08 (convertito nella l. n.123/08) – lo stato di emer- genza ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, che prevede l’adozione di tale misura in relazione ad “eventi che, per inten- sità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordi- nari” (art. 2, comma 1, sub. c) . La disposizione normativa sopra richiamata consente di nominare unorgano straordinario – il Commissario delegato – che riunisce in sè le fun- zioni e le competenze ordinariamente svolte da altri Enti ed Amministrazionipubbliche e ciò allo scopo di assicurare la rapida attuazione degli interventifinalizzati al superamento della fase emergenziale. Inizialmente venne individuato quale Commissario delegato il Prefettodi Napoli a cui venne affidato il compito di accentrare nella mano pubblicala gestione dei rifiuti in Campania allo scopo di sottrarla a forti interessimalavitosi e ciò mediante la requisizione delle discariche private e la realiz- zazione di nuove discariche pubbliche. L’attività di gestione del servizio di smaltimento venne per lo più affida- ta ai Consorzi di bacino che erano stati appositamente costituiti dalla leggedella regione Campania (d’ora innanzi L.R.) n.10/93, proprio per la gestioneunitaria e coordinata – in forma associata – delle discariche pubbliche dei rifiuti urbani. Per l’attuazione del Piano Regionale dei rifiuti, la L.R. 10/93 aveva indi- viduato 18 ambiti territoriali omogenei nei quali, attraverso la costituzione di“soggetti strumentali obbligatori” dei comuni rientranti nei predetti ambiti (n. 18 Consorzi Obbligatori), si sarebbe provveduto alla gestione dello smal- timento dei rifiuti urbani prodotti nei rispettivi bacini. A fronte di tale previsione, però, non tutti i Consorzi costituiti ex legeregionale svolsero effettivamente la funzione per la quale erano stati costi- tuiti, in quanto non tutti disponevano dei necessari sversatoi pubblici e, giàin quella fase, le poche discariche consortili realizzate venivano utilizzateanche per lo smaltimento dei rifiuti provenienti da altri ambiti territoriali, così allontanando sempre più il rientro dalla situazione emergenziale. Pertanto nella vigenza dello stato emergenziale, nel 1996, il Presidentedella Regione Campania venne nominato Commissario di Governo per l’ap- provazione del Piano Regionale dei Rifiuti con il compito di individuare unadeguato sistema di gestione dei rifiuti urbani utile a garantire la regolareerogazione del corrispondente servizio pubblico essenziale. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 144 Il piano approvato nel 1997, ed adeguato al D.Lgs 22/97 allora vigente, di recepimento delle direttive comunitarie in materia di rifiuti, aveva indivi- duato quale soluzione alle esigenze di smaltimento dei rifiuti urbani residua- li dalla raccolta differenziata della regione Campania, un sistema impianti- stico basato sulla termovalorizzazione del rifiuto, previo trattamento in com- bustibile da rifiuti (d’ora innanzi CdR). Tale sistema di gestione era stato definito in esito ad un’attenta ricogni- zione dei volumi di rifiuti urbani prodotti, delle relative caratteristiche mer- ceologiche e della loro distribuzione sull’intero territorio regionale, nel qualesono compresi ben 551 comuni distribuiti su 5 province dove risiede circa il10% della popolazione italiana. Con ordinanza del Ministro dell’Interno, allora delegato per il coordina- mento della protezione civile, n. 2774 del 31 marzo 1998, d’intesa con ilMinistero dell’Ambiente, con il Presidente della Giunta della regioneCampania, con l’allora Ministero del Tesoro e con quello dell’Industria, sidiede atto che l’emergenza non avrebbe potuto essere superata se nonmigliorando la raccolta differenziata e la valorizzazione delle frazioni per lequali è consentito il riciclaggio ed il recupero di materie, avviando iniziativeindustriali in grado di ricevere ed utilizzare i rifiuti solidi urbani prodotti neiComuni della Regione Campania per produrre CdR ed utilizzare il medesi- mo per la produzione di energia. Detta ordinanza prevedeva la stipula, a seguito dell’espletamento di pro- cedure di gara di rilevanza comunitaria, di contratti per l’affidamento dellosmaltimento dei rifiuti solidi urbani, a valle della raccolta differenziata, pro- dotti nei comuni della regione Campania ad operatori privati capaci di rea- lizzare impianti per la produzione di CdR, nonché impianti per l’inceneri- mento e la conseguente produzione di energia (termovalorizzatori). Il sistema doveva però completarsi con un’efficace raccolta differenzia- ta alla quale dovevano provvedere autonomamente i Comuni della regioneCampania. I 2 bandi di gara rispettivamente riferiti alla provincia di Napoli ed alresto delle province campane, prevedevano l’affidamento della progettazio- ne esecutiva, costruzione e gestione del servizio per un periodo di dieci anni. I due appalti vennero aggiudicati nel 2000 alla Fibe S.p.A. e la FibeCampania S.p.A. (società del gruppo Impregilo) alle quali, con contratti n. 11503 del 7 giugno 2000 e n. 51 del 5 settembre 2001, venne attribuito in viaesclusiva il servizio di smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, mediante la realizzazione e gestione di 7 impianti per la produzione di CdRe di 2 impianti di termovalorizzazione del CdR dedicati alla produzione dienergia elettrica localizzati nei comuni di Acerra e di S. Maria La Fossa. Le appaltatrici si impegnavano ad una lavorazione dei rifiuti urbani pertrarne una percentuale di CdR (da avviare ai termovalorizzatori), un’aliquo- ta di Frazione organica stabilizzata (d’ora innanzi FOS), da impiegare perripristini ambientali ed un’ulteriore percentuale residua, non superiore al10% di sovvalli (scarti di lavorazione) da avviare in aree di stoccaggio primae discariche di servizio poi. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 145 Tali società avrebbero dovuto eseguire, in forza dei citati contratti, a pro- pria cura e spese, la realizzazione di tutti gli impianti occorrenti impiegandomezzi finanziari propri e/o che avrebbero reperito autonomamente mediantelo strumento della finanza di progetto, a fronte della riscossione presso glienti locali debitori di una tariffa di smaltimento dei rifiuti pari a £ 83 per ognichilogrammo di rifiuti conferito agli impianti di CdR e dei proventi derivan- ti dalla vendita di energia elettrica prodotta dai termovalorizzatori a tariffaagevolata per otto anni. Le medesime affidatarie si erano per di più impegnate ad assicurare lacapacità di smaltimento necessaria a coprire il fabbisogno regionale fin dalmomento della stipula del contratto ed a prescindere dal completamento delsistema impiantistico, nonché dai livelli della raccolta differenziata assicura- ti dai Comuni campani. Con apposite ordinanze del Commissario delegato per l’emergenza rifiu- ti i Comuni della Campania vennero inoltre obbligati a conferire i rifiutipresso gli impianti di CdR. L’esecuzione dell’appalto incontrò numerose difficoltà, sia nella tempi- stica di realizzazione degli impianti a causa delle proteste delle popolazioniresidenti nei siti prescelti, sia nel reperimento di adeguate volumetrie didiscarica a servizio del sistema di smaltimento regionale. Tale situazione comportò una rapida saturazione delle poche discarichee delle aree di stoccaggio del CdR disponibili ed una condizione di generalecriticità del funzionamento degli impianti utilizzati per la lavorazione deirifiuti. Si evidenziarono inoltre carenze nella progettazione degli impianti diCdR e nella relativa gestione. Il CdR risultava infatti di qualità inferiore rispetto alle caratteristichepreviste in contratto (15.000 Kj/Kg ed umidità inferiore al 25%), la frazioneorganica stabilizzata (FOS) risultava ricca di impurità (vetro, plastica inmodo particolare), conservava un tasso di umidità elevato (superiore al 60%) e presentava un indice respirometrico molto alto. La FOS non veniva infatti raffinata adeguatamente e non era sottopostaad un sufficiente processo di stabilizzazione che ne avrebbe potuto consen- tire l’impiego in interventi di recupero ambientale. L’aggravarsi dell’emergenza determinò le dimissioni del CommissarioPresidente della Regione Campania ed il conseguente intervento diretto delGoverno italiano mediante la nomina di un diverso commissario delegatocon l’OPCM 3341/04. Con il Dl 17 febbraio 2005, n.14 (convertito nella legge 15 aprile 2005, n.53), vennero tra l’altro adottate misure per consentire l’adeguamento tec- nico-funzionale degli impianti di CdR attribuendo al Commissario delegatoun potere sostitutivo in caso di inerzia delle società affidatarie del servizio. Nel frattempo la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoliaveva avviato un’inchiesta in relazione alle descritte inadempienze contrat- tuali individuando profili di responsabilità per il reato di frode nelle pubbli- che forniture ex art. 356 cp a carico dei vertici delle società appaltatrici non- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 146 ché di taluni funzionari della precedente struttura commissariale con esseconniventi e sottoponendo a sequestro tutti gli impianti di CdR presenti nellaregione Campania. Per questi motivi divennero impossibili i necessari adeguamenti impian- tistici. Le inadempienze contrattuali determinarono quindi un vasto contenzio- so tra la struttura commissariale e le affidatarie che culminò nella risoluzio- ne ex lege dei contratti per effetto dell’articolo 1, comma 1 del Dl. 30 novem- bre 2005, n.245 (convertito con modificazioni dalla legge n.21/06). Detto provvedimento legislativo impose comunque alle società Fibe s.p.a.eFibeCampanias.p.a.diproseguirel’attivitàdigestionedelserviziodi smaltimentodeirifiutinellaregioneCampaniafinoalsubentrodeinuoviaffi- datari da reperire all’esito di una procedura di gara di evidenza comunitaria. L’art. 5 del Dl n.245/05, per migliorare i livelli della raccolta differen- ziata, dispose inoltre che tale attività fosse assicurata dai Consorzi di cui allaLR n.10/93, prevedendone il commissariamento per il caso inerzia e aprì lastrada a convenzioni con il CONAI che è il consorzio nazionale deputato allavalorizzazione delle frazioni di plastica, carta, vetro, legno, metalli ferrosi enon ferrosi. Al commissario delegato venivano assegnati ancora maggiori poteri perliberare le strade e gli impianti di CdR dai rifiuti in essi stoccati con una spe- cifica ed aggiuntiva dotazione finanziaria di 80 milioni di euro. Nonostante la vasta portata precettiva dei richiamati interventi normati- vi l’esito di tali misure fu solo parzialmente positivo in quanto consentì uni- camente di attenuare gli effetti della crisi superando il momento di conge- stione che si era verificato. Iconsorzidiederoinfattiunlimitatoapportoalmiglioramentodeilivellidiraccolta differenziata nonostante fossero stati in buon numero commissariati. Afronte delle descritte carenze gestionali delle affidatarie del servizio dismaltimento dei rifiuti e della paralisi determinatasi nel sistema, la gestionecommissariale si vide costretta a realizzare nuovi siti per lo stoccaggio deirifiuti in attesa del loro avvio a definitivo smaltimento nei programmati ter- movalorizzatori di Acerra e S. Maria La Fossa, nonché al trasporto ed allosmaltimento in Germania di una parte del rifiuto umido prodotto, con onerieconomici di gran lunga superiori a quelli che si sarebbero pagati ove il siste- ma impiantistico avesse risposto efficacemente alle esigenze del territorio. Ancora una volta la forte opposizione delle popolazione rallentò od inalcuni casi vanificò addirittura l’apertura di nuove discariche od anche di sitidi stoccaggio cosicchè il trasporto e lo smaltimento fuori regione rimase perlungo tempo l’unica alternativa possibile. Inoltre si dovette disporre il declassamento dei 7 impianti di CDR rea- lizzati presso i quali venne dunque autorizzata l’effettuazione di un tratta- mento di selezione e tritovagliatura dei rifiuti urbani al fine da ridurne i volu- mi da inviare in discarica. Nelfrattempoconprovvedimentocommissarialen.89del27marzo2006, veniva indetta la gara per l’aggiudicazione dell’appalto relativo allo smalti- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 147 mento dei rifiuti nella regione Campania, il quale prevedeva, tra l’altro, che “l’aggiudicatario del servizio è obbligato [… ] all’acquisizione della proprie- tà di impianti di termovalorizzazione in corso di realizzazione ed al loro com- pletamento ovvero alla costruzione ex novo” , nonché degli impianti di CdR. All’atto del passaggio di consegne il soggetto subentrante doveva corri- spondere alle precedenti affidatarie il valore degli impianti risultante dairispettivi bilanci certificati. In particolare, per gli impianti di CdR il valore era pari all’ammortamen- to degli oneri residui, mentre quello del termovalorizzatore di Acerra, eraparametrato al costo delle opere risultante dalle fatture già contabilizzate alladata del 15 dicembre 2005, pari a € 100.369.853,00. I bandi di gara venivano però impugnati dalla società Impregilo (capo- gruppodellesocietàFibes.p.aeFibeCampanias.p.a.)perlaparteincuiesclu- devalesocietàexaffidatariedallapossibilitàdiparteciparvi.Aseguitodelsud- detto ricorso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio sospendeva la gara. Per effetto di tale pronuncia venivano riaperti i termini della gara alloscopo di consentire la partecipazione delle più volte richiamate società. Tuttavia, la nuova procedura di gara non sortiva esito positivo a causadella mancanza di almeno due domande di partecipazione valide. Quindi con provvedimento commissariale n. 285 del 3 agosto 2006, veniva approvato un secondo bando di gara, con una parziale modifica dellecondizioni di aggiudicazione dell’appalto. Nelle more dell’espletamento della seconda procedura selettiva, all’esi- to della sopracitata inchiesta penale la Procura della Repubblica presso ilTribunale di Napoli, in data 31 luglio 2007, chiedeva il rinvio a giudizio deivertici delle ex affidatarie Fibe s.p.a. e Fibe Campania s.p.a. e di alcuni per- sonaggi a suo tempo impiegati presso la struttura Commissariale contestan- do tra l’altro che le ex affidatarie del servizio avevano indicato nei propribilanci un valore gonfiato degli impianti (che dovevano essere acquisiti dalnuovo soggetto affidatario). Tenuto conto di quanto precede e del nuovo aggravamento della crisinello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, il Legislatore, condecreto legge del 9 ottobre 2006 n. 263 (convertito, con modificazioni, dallalegge 6 dicembre 2006 n. 290), ha tra l’altro annullato il secondo bando digara prevedendo all’articolo 3, comma 1 bis che “nel necessario passaggiodi consegne ai nuovi affidatari del servizio, ivi comprese quelle relative alpersonale ed agli eventuali beni mobili ed immobili che appare utile rileva- re, si doveva tenere conto dell’effettiva funzionalità, della vetustà e dellostato di manutenzione”. Il Commissario Delegato ha pertanto ridefinito le condizioni per l’affi- damento del servizio di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. Sulla base di tale disposizione è stato pubblicato, nella G.U. n. 126 del21 novembre 2007 un terzo bando di gara. Anche questa è andata nuovamen- te deserta a causa della mancata presentazione di offerte. Oltre ai problemi evidenziati non può trascurarsi il fatto che tutte le ini- ziative intraprese dalle autorità competenti per la realizzazione di adeguate 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 148 volumetrie di discarica o qualunque altra tipologia di impianto necessaria peril ciclo di smaltimento dei rifiuti, sono state sempre avversate da dure prote- ste dei cittadini residenti nei diversi territori della regione Campania. Tali proteste oltre ad alimentare un vastissimo contenzioso giudiziario, sono spesso sfociate in atti eclatanti, come testimonia anche la rassegna degliarticoli di stampa allegata al ricorso della Commissione, con cortei di massa, l’occupazione dei siti interessati dalla localizzazione delle discariche o deisiti di stoccaggio, le aggressioni al personale del Commissariato, gli scontricon la polizia, gli incendi di cassonetti e di pneumatici, i blocchi dei cantie- ri e così via. Per evidenti motivi di ordine pubblico, l’azione commissariale ha quin- di subito continui rallentamenti e ripensamenti sulle migliori soluzioni daadottare. Ancora una volta si è cercato di superare tali immense difficoltà con ilricorso alla decretazione d’urgenza per cui il richiamato Dl 263/06 ha attri- buito al Capo del Dipartimento della protezione civile le funzioni di commis- sario delegato, ha stanziato ulteriori 20 milioni di euro, ha rinforzato le misu- re per incrementare i livelli della raccolta differenziata (art.4), ha cercato difavorire il consenso delle popolazioni interessate accompagnando l’aperturadelle nuove discariche con la bonifica dei limitrofi territori inquinati (art.5), ha previsto perfino la riapertura delle discariche già chiuse che presentavanoancora volumetrie residue ed ha previsto l’adeguamento del piano regionaledi smaltimento dei rifiuti (art.3). Essendo risultato però vano ogni tentativo di procedere all’apertura dinuove discariche, o di riaprire quelle in precedenza chiuse, anche a causa diprovvedimenti inibitori adottati dalla magistratura penale ed essendo immi- nente la chiusura della discarica di Villa Ricca (NA) che assorbiva gran partedei rifiuti campani, è stato adottato l’ulteriore decreto legge del 11 maggio2007, n.61 (convertito dalla legge 11 luglio 2007, n.87). Questa volta si era proceduto ad una designazione per via normativa dei siti di Serre (SA) , Savignano Irpino (AV) , Terzigno (NA) e S. ArcangeloTrimonte (BN) da adibire a discarica (art.1) , la riutilizzazione delle discariche già sottoposte a sequestro e la requisizione delle cave abbandonate (art.2). Ai fini della raccolta differenziata veniva previsto l’impiego obbligato- rio dei consorzi ex LR n.10/93 da parte degli enti locali campani, il coinvol- gimento delle province mediante la nomina dei rispettivi presidenti nellaposizione di sub commissari del Commissario delegato (art.6). Quest’ultimo decreto intendeva realizzare il principio di autosufficienzaimpiantistica a livello provinciale per consentire lo sgombero dei rifiuti stoc- cati negli impianti di CdR ed i necessari interventi di manutenzione straordi- naria per migliorarne l’efficienza, nonché risolvere il problema dello smalti- mento in attesa del completamento del sistema impiantistico anche con lamessa in esercizio dei termovalorizzatori. Questo decreto è stato inoltrato alla Commissione con nota della rappre- sentanza d’Italia presso l’Unione Europea del 16 maggio 2007, prot. 5621. Il Governo italiano riteneva in tal modo necessario fare chiarezza in 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 149 ordine ad un esposto inviato dal Sindaco di Serre che si opponeva all’aper- tura della discarica di Valle della Masseria incentrato sulla pretesa violazio- ne di vincoli paesistici. Talenotadescriveinmodoesaustivolaportatadell’emergenzanellaregio- neCampaniaedallamedesimasirimandaancheesoprattuttoper laparterela- tiva alle misure programmate per il superamento del contesto emergenziale. Il DL n.61/07 veniva inoltre illustrato in un’apposita riunione aBruxelles nella quale le Autorità italiane chiedevano chiarimenti in ordinealle procedure d’urgenza che potevano intraprendersi per ottenere rapida- mente la Valutazione d’impatto ambientale nel pieno rispetto della normati- va comunitaria vigente. In data 29 giugno 2007 la Commissione costituiva in mora il Governoitaliano per la violazione degli artt. 4 e 5 della Direttiva 2006/12/CE, ritenen- do il predetto strumento normativo inadeguato a risolvere in modo struttura- le l’emergenza. Le proteste della popolazione ed un provvedimento cautelare delTribunale di Salerno impedivano la realizzazione della discarica di valorestrategico di Valle della Masseria nel comune di Serre che avrebbe consenti- to la rapida eliminazione dei rifiuti giacenti negli impianti di CdR e sullestrade Campane. Essendo venuti meno i presupposti per l’attuazione di questa parte rile- vante del piano, il Commissario delegato, Capo del Dipartimento della pro- tezione civile Dr. Bertolaso rassegnava le proprie dimissioni. Al suo posto subentrava quindi il Prefetto di Napoli Dr. Pansa il qualeriusciva ad aprire, sia pure con grave ritardo rispetto ai tempi in origine pro- grammati una discarica alternativa in località Macchia Soprana sempre nelcomune di Serre. Con nota inoltrata dalla ITALRAP 3 agosto 2007 prot 8720, il Governoitaliano forniva gli elementi informativi richiesti descrivendo le soluzioniindividuate per pervenire nel breve e nel lungo termine alla positiva soluzio- ne del problema. Oltre alla descrizione degli impianti adibiti allo smaltimento dei rifiuti edello stato della loro realizzazione si fornivano assicurazioni in ordineall’aggiornamento del piano regionale al fine di: “prevedere in armonia con la legislazione comunitaria, le priorità delleazioni di prevenzione nella produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, recupero di energia e smaltimento; contenere l’indicazione del numero e della rispettiva capacità produttivadegli impianti; assicurare il conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata, la pienatracciabilità del ciclo dei rifiuti, l’utilizzo delle migliore tecnologie disponi- bili, metodi di trattamento biologico ed un elevato livello di tutela ambien- tale e sanitaria.” Nel mese di Settembre 2007 veniva disposto il sequestro della discaricadi Lo Uttaro (in provincia di Caserta) e tornava a riacutizzarsi la crisi nellosmaltimento dei rifiuti. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 150 Alla missiva del 3 agosto 2007 del Governo italiano, faceva seguito unalettera di costituzione in mora complementare del 23 ottobre 2007 con cui laCommissione ribadiva i rilievi precedentemente esposti, estendeva la conte- stazione agli artt. 3 e 7 della Direttiva 2006/12/CE e dichiarava che l’adozio- ne del nuovo Piano (aggiornato alla luce delle prescrizioni contenute nel Dln.61/07) doveva considerarsi “conditio sine qua non per l’instaurazione diun efficace sistema di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti perNapoli e la regione Campania, anche al fine di raggiungere finalmente ilpieno rispetto della direttiva rifiuti”. La bozza del nuovo piano di gestione dei rifiuti oltre allo stato degliinterventi infrastrutturali e di gestione dell’emergenza venivano illustrati allaCommissione dalle Autorità italiane in un’apposita riunione a Bruxelles il 20novembre 2007. In seguito il Governo italiano inoltrava per il tramite dell’ITALRAP indata 24 dicembre 2007 prot.14145 un’ulteriore nota di risposta alla costitu- zione in mora complementare precisando l’imminente adozione del pianoregionale e lo stato delle opere realizzate; detto Piano veniva infatti adottatoil 28 dicembre 2007. Il 31 dicembre 2007 scadeva il mandato del Commissario delegatoPrefetto di Napoli Dr.Pansa. Con nota dell’ITALRAP del 25 gennaio 2008, n.968 il Governo italianonotificava alla Commissione l’adozione di un’ordinanza di protezione civile conlaqualevenivanominatoilDr.De Gennaro(exCapodellaPolizia)Com- missario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania con il compito di risol- vere la fase acuta dell’emergenza in 120 giorni e nel contempo veniva previ- sto lo smaltimento di una parte dei rifiuti campani in altre regioni italiane. Quest’ultimo Commissario delegato con nota del 25 gennaio 2008 illu- strava alla Commissione il programma con il quale intendeva intervenire perrisolvere i problemi incontrati. Durante il suo mandato detto Commissario riusciva a tamponare l’emer- genza aprendo un grande sito di stoccaggio dei rifiuti in località Ferrandelle(CE), il medesimo avviava inoltre le procedure per l’apertura delle discari- che di Savignano Irpino e S.Arcangelo Trimonte. A seguito di una riunione con le autorità italiane svoltasi a Roma il 28 gennaio 2008 la Commissione inviava il 31 gennaio 2008 un parere moti- vato contestando la violazione degli artt. 4 e 5 della Direttiva 2006/12/CEper la mancanza di una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimen- to dei rifiuti ritenendo che con le misure adottate il Governo italiano nonpotesse garantire l’uscita dall’emergenza e “giudicando pertanto necessa- rio che le autorità italiane compiano sforzi aggiuntivi al fine di risolvere la crisi una volta per tutte, anche al fine di raggiungere gli obbiettivi previsti dal nuovo piano di gestione dei rifiuti per assicurare il rispetto degli stan- dard ambientali ed igienici fondamentali per il territorio campano ed i suoi abitanti”. L’interlocuzione del Governo italiano con la Commissione proseguivaed i rappresentanti dei servizi competenti venivano invitati a constatare per- 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 151 sonalmente la situazione dello stato d’emergenza attraverso una visita deiterritori campani svoltasi il 14-15 febbraio 2008. Con nota del 4 marzo 2008 il Commissario delegato inviava ai servizidella Commissione un’articolata relazione sul lavoro svolto illustrando neldettaglio lo stato di realizzazione delle discariche, dei siti di stoccaggio, deitrasporti di rifiuti fuori regione, della raccolta differenziata e delle iniziativedi bonifica dei siti inquinati. Altre note descrivevano lo stato dei lavori del termovalorizzatore diAcerra e i dati sulla raccolta differenziata. Il Governo italiano ha continuato anche in seguito e lo sta facendo tut- t’ora ad aggiornare periodicamente la Commissione sulle singole iniziativeche venivano adottate. Con il decreto legge del 23 maggio 2008, n.90 (convertito in legge il 14 luglio2008,n.123)sonostateintrodotteimportantinovitànormativemedian- te la preposizione di un apposito Sottosegretario di Stato alla soluzione delcontesto emergenziale, l’individuazione di nuove discariche da aprire attri- buendo nel contempo ai siti individuati la qualifica di siti di interesse strate- gico nazionale con la possibilità di farli attrezzare e difendere dall’esercito. È stato aumentato a quattro il numero dei termovalorizzatori da realizzareaggiungendoaquellidiAcerraeS.MariaLaFossa,quellidiNapolieSalerno. È stato previsto lo scioglimento ed accorpamento in un unico consorziodi quelli delle province di Napoli e Caserta per migliorare i livelli della rac- colta differenziata. Sono state previste misure di semplificazione e di accentramento dellacompetenza anche a livello di giurisdizione penale per impedire la prolifera- zione di pronunce spesso contraddittorie tra di esse. In attuazione di questo ultimo decreto sono stati finalmente raggiuntisignificativi risultati che fanno ritenere imminente la cessazione dello statod’emergenza. Nel mese di Giugno 2008 è stata aperta la discarica di Savignano Irpinoe successivamente quella S.Arcangelo Trimonte. È in corso di apertura la discarica di Chiaiano in provincia di Napoli esono in corso di svolgimento le indagini geognostiche preliminari per l’aper- tura di quella di Andretta in provincia di Avellino. È stato potenziato al massimo lo smaltimento dei rifiuti anche traspor- tandoli in discariche fuori della regione Campania (i rifiuti complessivamen- te rimossi dalle strade dal 14 gennaio al 1° marzo ammontano a 269mila ton- nellate, cui si aggiungono 79 mila tonnellate di eco balle presso i siti di stoc- caggio per un risultato complessivo di 348mila tonnellate di rifiuti messi insicurezza) ed attualmente la complessiva capacità di smaltimento dei rifiutiè superiore alla produzione giornaliera. Sono ripresi i lavori per l’ultimazione del termovalorizzatore di Acerraed è in corso la gara per l’affidamento della sua gestione. È in corso la gara per l’aggiudicazione della realizzazione e gestione del- l’inceneritore del comune di Salerno, mentre è stato localizzato nella zona diNapoli Est il sito dove sorgerà il quarto termovalorizzatore. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 152 C’è infine un maggiore coinvolgimento delle province campane nellagestione dell’emergenza con l’intento di accelerare i tempi per la restituzio- ne delle competenze agli enti che vi sono ordinariamente preposti. Tutto ciò premesso in punto di fatto il Governo italiano ritiene l’infon- datezza del ricorso della Commissione per le seguenti considerazioni in DirittoPretesa violazione dell’art.5 della direttiva 2006/12/CE L’art. 5 della direttiva recita: “1. Gli Stati membri, di concerto con altriStati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, adottano le misu- re appropriate per la creazione di una rete integrata ed adeguata di impian- ti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologiche più perfezionate adisposizione che non comportino costi eccessivi. Questa rete deve consenti- re alla Comunità nel suo insieme di raggiungere l’autosufficienza in materiadi smaltimento di rifiuti ed ai singoli Stati membri di mirare al conseguimen- to di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessitàdi impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. 2. tale rete deve permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute”. La censura prospettata dalla Commissione appare viziata da un’insuffi- ciente analisi delle cause storiche che hanno determinato la grave situazionedi fatto venutasi a creare nella regione Campania. I livelli della raccolta differenziata, che mediamente corrispondono alivello regionale alla percentuale indicata dalla Commissione nel ricorsointroduttivo del presente giudizio, non tengono conto delle diverse realtà pre- senti sul territorio campano dove pure esistono situazioni di eccellenza conComuni che superano la percentuale di raccolta differenziata del 35%. La modestia del risultato complessivo del territorio campano è comun- que dovuta alla particolarità del tessuto economico regionale che prevedescarsi insediamenti industriali, ad una sostanziale sfiducia dei cittadini neiconfronti delle Istituzioni legata proprio al permanere dello stato di emergen- za ed ad una scarsa presenza sul territorio regionale della filiera impiantisti- ca, soprattutto privata, con piattaforme di riciclatori. È evidente che i livelli della raccolta differenziata potranno crescere pereffetto delle iniziative intraprese anche con il D.L. n. 90/08, che sono consi- stite in un affiancamento della struttura del Sottosegretario agli enti locali perincentivare l’acquisto delle necessarie attrezzature e lo svolgimento dellaraccolta differenziata. Sonostatiperciòadottate,conparticolareattenzionealcomunediNapoli e della provincia di Caserta, iniziative di raccolta straordinaria di carta e car- tone pressogliesercizi commerciali,effettuatadopo l’orariodichiusura dalla locale azienda municipalizzata e con il concorso anche dell’esercito. I dati sugli esiti della raccolta effettuata a Napoli indicano un incremen- to di oltre il 50% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 153 Sono state inoltre programmate altre iniziative di raccolta straordinariaindirizzate ad altre frazioni di rifiuti e/o localizzate in aree particolari delcomune di Napoli. È stata inoltre attivata la raccolta di RAEE (rifiuti elettrici ed elettroni- ci) ad iniziare dai comuni turistici della Campania. D’intesa con la Regione è in atto in 600 scuole della Campania di ogniordine e grado un progetto di educazione ambientale e di attuazione dellaraccolta differenziata. Sempre d’intesa con la Regione è infine in atto un progetto dì gpp (green public procurement) nell’ambito del quale gli uffici pubblici saranno chia- mati ad attuare la raccolta differenziata. Per quanto riguarda le misure strutturali volte ad incrementare i livelli dìraccolta differenziata in Campania, sono poi in corso le iniziative per dareattuazione alla disposizione dell’O.P.C.M. n. 3639/08 (art. 3) diretta a far siche tutti i Comuni della Campania si dotino in tempi brevi di piani per la rac- colta differenziata e ne avviino l’attuazione. La norma citata prevede la predisposizione di pianificazioni comunaliper la raccolta differenziata, disponendo che in caso di inadempimento lesuddette attività siano compiute da un commissario ad acta nominato dal Commissario delegato. Ad oggi 530 comuni hanno già attuato le prime misure per l’avvio dellaraccolta differenziata; 73 comuni (circa 370.000 abitanti) hanno raggiuntopercentuali tra il 50% ed il 90% e 134 comuni (circa 1.000.000 abitanti) hanno raggiunto percentuali tra il 25% ed il 50%. Per quanto attiene ai sette impianti di CdR la Commissione ha omessodi considerare che le disfunzioni sono state dovute ad inadempienze contrat- tuali, se non addirittura a comportamenti criminosi in relazione ai quali ilGoverno italiano ha cercato in ogni modo di limitare al massimo le conse- guenze pregiudizievoli per la popolazione. È evidenteche se gli impianti inquestionefosserostati correttamente rea- lizzati e gestiti dagli appaltatori privati nel rispetto delle prescrizioni contrat- tuali,ivolumideirifiutiinviatiadiscaricanelcorsodegliultimiseiannisareb- berostatidigranlungainferiori,inquantolamaggiorpartesarebbestatasmal- tita nei programmati termovalorizzatori o utilizzata per ripristini ambientali. Le risultanze dell’inchiesta penale condotta dalla Procura dellaRepubblica presso il Tribunale di Napoli descrivono in modo inequivoco ilquadro delle responsabilità in relazione alle quali il Governo italiano, comela popolazione campana, sono state le parti danneggiate. L’apertura delle discariche programmate dal D.L. n. 90/08 sta permet- tendo finalmente di liberare tutti gli impianti predetti dai quantitativi di rifiu- ti ivi stoccati per procedere alla ristrutturazione cui dovranno provvedere inuovi affidatari del servizio di gestione dello smaltimento dei rifiuti nellaRegione Campania. Anche la mancata messa in esercizio dei termovalorizzatori si inscrivenel quadro delle incapacità delle ex affidatarie del servizio di portarne a con- clusione la realizzazione. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 154 Ledescrittevicendegiudiziariehannoperdipiùdeterminatolarevocadei finanziamentidapartedellebanchecheavevanosostenutoil projectfinancingcon il quale le società Fibe S.p.A. e Fibe Campania S.p.Aavevano trovato lacopertura degli oneri relativi alla realizzazione dei termo valorizzatori. Come si diceva in narrativa, vani sono risultati i diversi tentativi effettua- ti dalla struttura commissarialeper individuare, anchealivello europeo,nuovi soggetti imprenditoriali capaci di subentrare nella gestione del servizio, nella ristrutturazione degli impianti e nel completamento dei termovalorizzatori. I motivi possono essere rintracciati nei costi di ingresso ragguardevoliper l’acquisizione degli impianti e nell’oggettiva rischiosità dell’impegnoimprenditoriale in territori come quelli Campani che sono purtroppo caratte- rizzati da fenomeni endemici di malavita organizzata. In relazione alle discariche si deve osservare che, se è vero che almomento del parere motivato era in funzione solo quella di Macchia Soprananel comune di Serre è anche vero che le azioni poste in essere dai vari com- missari delegati che si sono avvicendati nel tempo per aprire i nuovi siti didiscarica sono state ostacolati in tutti i modi dalla popolazione con atti diprotesta eclatanti a fronte dei quali, rispetto all’attuazione coattiva del pro- getto si è dovuta prediligere la tutela dell’ordine pubblico e la conseguentesalvaguardia delle vite umane. Solo oggi, come si diceva in narrativa, è stata raggiunta una capacità dismaltimento superiore alla produzione giornaliera dei rifiuti urbani prodottinella regione Campania e ciò in virtù del fatto che non si è esitato ad usarel’esercito per attuare le iniziative definite dal Governo italiano. Questo insieme di circostanze che risulta dimostrato da documenti edinchieste che i mass media hanno reso di pubblico dominio hanno impeditola piena attuazione del piano smaltimento dei rifiuti del 1997 e dei suoi suc- cessivi adeguamenti descritti in narrativa. Tali situazioni si qualificano nei termini della forza maggiore essendositrattato di circostanze indipendenti dalla volontà del Governo italiano, anor- mali ed imprevedibili che hanno impedito l’attuazione del programma per lasoluzione dell’emergenza rifiuti nella Regione Campania (Sent. Corte diGiustizia del 17 ottobre 2002, causa 208/01). L’insieme dei fattori negativi descritti (condotte criminose delle ex affi- datarie del servizio regionale di smaltimento dei rifiuti e di taluni componen- ti della struttura commissariale, resistenze della popolazione, irreperibilitànel mercato europeo di operatori economici disposti al subentro) hannoavuto carattere di straordinarietà tale da non poter essere evitati malgradotutta la dirigenza spiegata dalle Autorità italiane (Sent. Corte di Giustizia 08marzo 1988, causa 296/86). Il Governo italiano ha impegnato nel tentativo di risolvere la crisi i pro- pri migliori esponenti (Presidenti di Regione, Prefetti, il Capo delDipartimento della protezione civile, l’ex Capo della Polizia ed attualeresponsabile dei Servizi Informativi di Sicurezza Nazionali), ed ha profusoenergie ed investimenti che solo per il periodo compreso tra il 2003 ed il2008 ammontano a circa 400 milioni di euro. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 155 Di questi sforzi sovraumani la Commissione sembra essersi resa peral- tro conto laddove non solo ha rinunciato alla contestazione degli articoli 3 e7 della Direttiva 2006/12/CE, prendendo atto dell’intervenuta approvazionedell’aggiornamento del piano regionale di smaltimento dei rifiuti, ma haanche invitato il Governo italiano a compiere “sforzi aggiuntivi” per risolve- re la crisi. Proprio raccogliendo queste indicazioni, il Governo italiano ha operatoun definitivo cambiamento di rotta attraverso l’adozione del D.L. 90/08, che, oltre al pacchetto di misure descritte in narrativa (gli interventi più significa- tivi sono stati infatti realizzati proprio nell’arco temporale gennaio-marzo2008, nonché nel periodo successivo sino ad oggi), ha pianificato la realiz- zazione del doppio degli inceneritori in origine previsti. Trattasi di opere per le quali le procedure amministrative propedeutichesono state già avviate, ma che comunque non potranno vedere la luce primadei prossimi tre anni, fatta eccezione per il termovalorizzatore di Acerra cheentrerà in funzione l’anno venturo. Quando il sistema degli inceneritori sarà completato il ricorso alla disca- rica sarà veramente residuale e diminuiranno i contrasti con le popolazioniche fino ad oggi hanno afflitto l’azione del Governo italiana. Conclusivamente sul punto si segnala che la contestata violazione del- l’art. 4 della Direttiva 2006/12/CE non può essere imputata all’inerzia delGoverno italiano. Pretesa violazione dell’art. 4 della Direttiva 2006/12/CE L’art. 4 di cui in epigrafe impone che gli Stati membri “adottano le misu- re necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senzapericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi chepotrebbero recare pregiudizio all’ambiente ed in particolare: a) senza creare rischio per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori od odori; c) senza danneggiare il paesaggio ed i siti di particolare interesse. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l’abbandono, loscarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti”. Questa censura viene fatta derivare come automatica conseguenza diquella precedentemente esaminata. La Commissione ha tuttavia omesso di produrre qualsivoglia allegazio- ne probatoria sul punto essendosi limitata a citare la vicenda delle discaricheabusive presenti sul territorio italiano esaminata da Codesta Corte nellacausa C-135/05, che è del tutto inconferente nel caso di specie, così comel’ulteriore pronuncia resa nella causa C-361/05. Le discariche ed i siti di stoccaggio aperti in Campania dalla Strutturacommissariale e quindi riconducibile all’azione del Governo italiano sonostati infatti realizzati sempre nel pieno rispetto della normativa comunitariadi cui alla direttiva 1999/31/CE. Con i predetti impianti nulla hanno a che fare gli sversamenti illeciti dirifiuti presenti sul territorio campano che sono oggetto di una costante atti- vità di bonifica e che non hanno mai rappresentato un’alternativa proposta, 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 156 suggerita od avallata dalle Autorità nazionali che hanno fatto quanto possi- bile per assicurarne la rimozione anche attraverso l’intervento dell’esercito. In relazione a questo profilo la contestazione della Commissione sembrainoltre generica e perplessa perché non specifica a quale delle ipotesi previ- ste dalle lettere a), b) o c) dell’art. 4 della Direttiva 2000/12/CE, si riferisca- no le violazioni contestate. Uno studio commissionato dalla struttura commissariale dimostra inol- tre che anche nel momento più acuto della crisi nella regione Campania nonvi sono state conseguenze pregiudizievoli per la pubblica incolumità ed inparticolare per la salute umana. Né può attribuirsi alcun valore probatorio alle premesse del DL n.90/08richiamate nel punto 94 del ricorso avversario, che fanno esclusivo riferi- mento ad una situazione di pericolo che detto strumento normativo miraappunto ad elidere, come in effetti è realmente avvenuto negli ultimi mesi. Per le considerazioni che precedono il Governo italiano confida nell’ac- coglimento delle seguenti Conclusioni Piaccia all’Ecc.ma Corte di Giustizia adita respingere il ricorso dellaCommissione indicato in epigrafe. Con vittoria delle spese di lite. Roma, 18 settembre 2008 Avv. Giacomo Aiello Causa T-53/08 – Materia trattata: aiuti di Stato – Ricorso presentato il 31 gennaio 2008 – Italia/Commissione. (Avvocato dello Stato S. Fiorentino – AL 47651/07) . LE CONCLUSIONI DELLA RICORRENTE Annullare la decisione della Commissione n. C(2007) 5400 def. del 20novembre 2007, notificata in data 21 novembre 2007, relativa all’aiuto diStato n. C 36/A/2006 (ex NN 38/2006) cui l’Italia ha dato esecuzione a favo- re di Thyssenkrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche. I MOTIVI DELLA RICORRENTE Con la decisione impugnata, l’aiuto di Stato cui l’Italia ha dato esecu- zione a favore di Thyssenkrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche, e quello concesso e non ancora corrisposto agli stessi beneficiari, sottoforma di condizioni tariffarie favorevoli per la fornitura di energia elettrica, sono stati dichiarati incompatibili col mercato comune. A sostegno delle proprie pretensioni, la ricorrente fa valere i seguentimotivi: 1) Violazione degli articoli 87, par. 1, e 88, par 3, CE ed erronea rico- struzione del fatto. Nella propria decisione la Commissione non ha conside- rato che la misura adottata dallo Stato italiano ed oggetto di contestazione 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 157 noncostituivaaiutodiStato,difettandodelrequisitodell’attribuzionedelvan- taggio economico. Infatti la misura di proroga delle tariffe elettriche specialida applicarsi alle società interessate dal procedimento, aventi causa dallasocietà Terni S.p.A. costituiva una dovuta integrazione dell’indennizzo daespropriazione asuo tempo accordatoallasocietàTerniS.p.A. , inragionedelfatto che sopravvenute disposizioni di legge avrebbero comportato una mag- giore durata della concessione di produzione dell’energia espropriata. 2) Violazione degli articoli 87 e 88 n. 3 CE ed erronea ricostruzione delfatto. Nella propria decisione la Commissione non ha considerato che lamisura adottata dallo Stato italiano ed oggetto di contestazione non costitui- va aiuto di Stato, difettando del requisito della concessione dell’aiutomediante risorse statali. Infatti il costo della misura è posto a carico deglialtri utenti del servizio di fornitura dell’energia. 3) Violazione delle forme sostanziali sub specie di carenza di istruttoriae violazione del contraddittorio. Nella propria decisione la Commissione hadefinito irrilevanti le risultanze di uno studio economico tendente a valutareil complesso dei sacrifici imposti alla società Terni per effetto dell’espro- priazione e il complesso dei benefici da essa ricavati a titolo di indennizzo, perché la congruità del meccanismo risarcitorio può essere effettuata solo exante, cioè al momento dell’esproprio. Lo studio era stato realizzato in con- formità a precedenti indicazioni della Commissione. La Commissione, rite- nendo in astratto irrilevante uno studio da essa in precedenza richiesto, avrebbe dovuto approfondire l’istruttoria, riaprendo il contraddittorio sullemodalità di esecuzione dello studio. MEMORIA DI REPLICA DEL GOVERNO ITALIANO Letto il controricorso depositato dalla Commissione delle Comunitàeuropee (in prosieguo «la Commissione» o «Controparte»), il Governo ita- liano espone, con il presente scritto, ulteriori argomentazioni in replica. Si argomenterà separatamente in ordine alle osservazioni svolte dallaCommissione rispetto ai tre motivi di ricorso proposti dal Governo italiano. Nel contesto della replica alle osservazioni mosse da Controparte al primomotivo di ricorso, verranno anche svolte alcune controdeduzioni rispetto aquanto da essa enunciato nella sezione denominata «(i)l contesto fattuale e giuridico » del proprio scritto (1). Sul primo motivo di ricorso: violazione degli articoli 87, par. 1, e 88, par. 3, CE ed erronea ricostruzione del fatto La misura oggetto della decisione consiste in una ulteriore proroga, sinoal 2010, del regime delle tariffe elettriche accordato alla Terni S.p.A. (2) (1) Punti da 3 a 9 del controricorso. (2) Regime di cui hanno poi beneficiato tre società succedute alla Terni S.p.A., laThyssenKrupp, la Cementir e la Nuova Terni (collettivamente indicate come «ex Terni») . 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 158 negli anni 1962/3, in occasione delle espropriazione dei suoi impianti e delsuo diritto a produrre energia per autoconsumo (quest’ultimo oggetto di unaconcessione pubblica, destinata ad esaurirsi il 31 dicembre 1992). In tale circostanza lo Stato italiano indennizzò l’impresa attraverso laconcessione di uno speciale regime tariffario (in prosieguo anche indicatocome «tariffa Terni»), che aveva lo scopo di far sì che l’impresa sostenesse, per l’energia, costi analoghi a quelli che avrebbe scontato se avesse potutoconservare il diritto a produrre energia (3). La durata del regime tariffario fu allineata alla durata residua della con- cessione: l’articolo 6, comma 2, del decreto che disponeva l’espropriazione, stabiliva, infatti, che la tariffa compensativa sarebbe stata praticata sino al 31dicembre 1992. Questo sistema di indennizzo rese superfluo calcolare, all’e- poca dell’esproprio, il valore della concessione (diversamente da quanto sidovette fare per gli impianti), perché l’allineamento tra durata della conces- sione e durata del regime speciale tariffario garantiva entrambe le parti dalrischio di sovra (o sotto) compensazione. Come rilevato nel ricorso, nella decisione impugnata si afferma di poteraccettare questo sistema di indennizzo (v. soprattutto punti da 73 a 76), essendo «concepibile che le autorità italiane abbiano inteso allineare la sca- denza della tariffa Terni alla scadenza generale, nel 1992, delle concessio- ni» (4) (punto 77). La Commissione ha, in particolare, ritenuto che «il pac- chetto risarcitorio originario sia stato congruo » (punto 78) ed ha concluso che «la questione cruciale consiste nello stabilire se le proroghe ripetute diquesto regime tariffario possano essere considerate parte integrante dell’in- dennizzo» (punto 79) . (3) Che questa fosse la finalità della tariffa compensativa è un dato pacifico nella giu- risprudenza italiana: oltre alla sentenza 21 novembre 2003, n. 17686 della Corte di cassa- zione, già citata al punto 18 del ricorso, può qui richiamarsi la recente sentenza 19 luglio2007, n. 3223, della Corte d’Appello di Roma, che ha ribadito che «lo speciale regime tarif- fario previsto temporaneamente per la spa Terni – Società per l’Industria e l’Elettricità(alla quale sono subentrate le tre società ...) dagli artt. 7 e 8 del D.P.R. n. 1165/1963, la cuiscadenza è stata prorogata sino al 31 dicembre 2001 con l’art. 20 c. 4 legge n. 9/1991, mirachiaramente – in attuazione dei principi stabiliti nell’art. 4 della legge n. 1643/1962 dinazionalizzazione dell’energia elettrica – a conservare alla Terni (la quale, pur rivestendola qualità di impresa autoproduttrice di energia elettrica, era stata tuttavia inclusa, permotivi di collocazione territoriale, nel trasferimento all’Enel delle attività elettriche dispo- sto dalla legge n. 1643 citata), per la fornitura di energia elettrica per le attività da questaesercitate, tendenzialmente costi analoghi a quelli che la stessa avrebbe sopportato se aves- se potuto continuare ad utilizzare energia autoprodotta». (4) L’enfasi sul riferimento alla scadenza generale delle concessioni, ha lo scopo diattirare l’attenzione sul cambiamento di opinione della Commissione che, nel controricorso, mette ripetutamente in dubbio che la data del 1992 fosse quella generale di scadenza delleconcessioni degli altri autoproduttori. Ad avviso del Governo italiano la questione, in ognicaso, non è decisiva: ciò che appare decisivo è verificare se le concessioni delle società exTerni – cioè le concessioni che queste avrebbero conservato in assenza dell’espropriazione – sarebbero rientrate nei regimi di proroga attuati dalle leggi del 1991 e del 1999. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 159 La conclusione appare del tutto condivisibile ed in linea con quantosostenuto dal Governo italiano nel primo motivo di ricorso: se la misuracostituisse una dovuta integrazione dell’indennizzo, essa non potrebbe rien- trare nella nozione di aiuto di Stato, perché non avrebbe l’effetto di attribui- re un vantaggio economico c.d. “artificiale” al beneficiario. Ebbene, a giudizio del Governo italiano questa è, per l’appunto, la situa- zione che si è verificata nella fattispecie. Adiversa conclusione potrebbe pervenirsi solo ove si omettesse di con- siderare che, nel caso dell’espropriazione subita da Terni, l’elemento dellacorrispondenza tra la durata della concessione e la durata della tariffa specia- le era sicuramente un elemento fondamentale del rapporto, perché ne garan- tiva l’equilibrio economico (il c.d. sinallagma): non sembra possa revocarsiin dubbio – né, invero, la Commissione lo ha fatto – che la coincidenza trala data di scadenza della tariffa e la data di scadenza della concessione nonera occasionale, ma era stata voluta dalle parti per assicurare la corrispettivi- tà della prestazioni. Il venir meno di questa corrispondenza temporale, per- tanto, avrebbe inevitabilmente determinato un’alterazione dei termini fonda- mentali del rapporto. La norma di proroga, mirando ad impedire che si pro- ducesse tale alterazione, non ha quindi attribuito alcun vantaggio indebitoalle società ex Terni, ma, ben diversamente, ha evitato che queste avessero arisentire di un danno ingiusto. È, infatti, indubbiocheleparti,dandovita –attraversoildecreto diespro- prio non contestato da Terni – ad un rapporto di durata senza la previsione dimeccanismi convenzionali di revisione delle tariffe, avessero accettato ilrischio che, per effetto di un mutamento delle condizioni generali del mercato elettrico, l’accordo si sarebbe potuto rivelare, ex post, vantaggioso per l’una oper l’altra delle parti. Questo rischio era certamente stato considerato almomento della conclusione di quello che la Commissione definisce l’accordorisarcitorio intervenuto tra le parti, o comunque avrebbe ragionevolmentedovuto esserlo, cosicché esso costituiva la c.d. alea normale dell’accordo. Quel che sembra altrettanto certo, tuttavia, è che le parti non potesseroprefigurarsi che la concessione, ove rimasta in capo a Terni, avrebbe potutoavere una scadenza diversa da quella del 31 dicembre 1992: un simile even- to, interamente rimesso alla volontà del legislatore, non era certo prevedibi- le nel 1962, né può ritenersi che fosse stato accettato dalle parti come rischio. Ciò ribadito, non sembra che possano persuadere le obiezioni formulatedalla Commissione rispetto al primo dei motivi di ricorso. LaCommissione imputaalGoverno italianodivolerignorare chelaforni- turadielettricitàerastataespressamenteaccordataallasocietàfinoal31dicem- bre 1992, senza ancorare in alcun modo la durata della tariffaTerni alla durata delle concessioni di altri autoproduttori (le quali non necessariamente doveva- no scadere il 31 dicembre 1992) . In questo contesto, non poteva avere quindirilievo che le concessioni degli altri autoproduttori fossero state prorogate. Ora, questa obiezione sembra il frutto di un equivoco nel quale – lo si riconosce – la Commissione può essere stata indotta anche da un difetto dichiarezza del ricorso introduttivo sul punto. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 160 In quel ricorso si è sempre riferita l’operatività della proroga alle conces- sioni degli altri autoproduttori perché era sembrato evidente che solo questeultime potevano risentire della proroga, dal momento che le società ex Terninon erano più titolari delle concessioni in conseguenza dell’espropriazione. I restanti autoproduttori erano “altri”, rispetto alle imprese ex Terni, per l’ap- punto in quanto solo la Terni aveva subito l’espropriazione. Terni (e poi le società ex Terni) non era evidentemente più un autopro- duttore, ma era titolare di un meccanismo risarcitorio che, come riconosce laCommissione ad esempio al punto 73 della decisione, era volto ad equipa- rarla ad “autoproduttore virtuale”: la natura del tutto eccezionale dell’espro- priazione che Terni, unica tra gli autoproduttori, aveva subito, imponeva diricostruire in capo ad essa una situazione quanto più possibile vicina a quel- la che si sarebbe prodotta se essa non avesse subito l’espropriazione. In un simile contesto, il punto cruciale non è tanto quello di verificare se vifosseunnessotra ilmeccanismorisarcitorioprevistoperTernieleconces- sioni degli altri autoproduttori, quanto piuttosto di esaminare se le leggi di proroga si sarebbero applicate aTerni nel caso in cui questa, secondo la rego- la generale, non si fosse vista espropriare degli impianti e della concessione. Ebbene, non sembra si possa dubitare che le norme di proroga (cioè l’art. 24 della legge n. 9 del 1991 e l’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 79 del 1999) avrebbero interessato anche le concessioni di cui era titolareTerni, se la società ne avesse conservato la disponibilità. È evidente, pertanto, che il fatto di impedire alle imprese ex Terni dibeneficiare di tali proroghe legislative – evidentemente sotto forma di proro- ga della tariffa compensativa – avrebbe fatto cessare la condizione di “auto- produttore virtuale”, che la stessa Commissione riconosce fosse ragionevolemantenere in capo a queste imprese. Si è, d’altronde, già rilevato al punto 18del ricorso che questa esigenza di conservazione della condizione di “auto- produttore virtuale” ha indotto la Corte di cassazione italiana a ritenere chele società ex Terni non dovessero pagare il c.d. “sovraprezzo nuovi impian- ti”, inserito nella tariffa elettrica italiana a partire dal 1992, dal momento chegli autoproduttori ne erano stati esonerati. La Commissione dubita, poi, che vi fosse un nesso tra le norme di pro- roga della tariffa Terni e le norme di proroga delle concessioni: non è prova- to, sostiene la Commissione, che le due proroghe della tariffa Terni fosseroconnesse alle proroghe delle concessioni degli altri autoproduttori (v. puntida 7 a 9 e da 24 a 27 del controricorso). In altre parole, Controparte mette indubbio che la reale finalità delle norme di proroga della tariffa Terni fossequella di integrare l’originario indennizzo, in ragione della maggiore durata, sia pure virtuale, della concessione espropriata. Sarebbe,pertanto,casualechelaprorogadellatariffaTernicontenutanella legge n. 9 del 1991 abbia lo stesso termine della proroga delle concessioni, peraltro disposta nel contesto della stessa legge. E sempre a fattori occasiona- li sarebbe dovuto che la ulteriore proroga, decisa con la misura del 2005 quicontestata,siproiettisuunadata(il31dicembre2010)cheèlamedesimadata sino alla quale sono state nuovamente prorogate le altre concessioni (5) . 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 161 Ora, il Tribunale potrà giudicare – qualora lo riterrà – se si tratti di effet- tivamente di una casualità. Quel che è certo è che, con il primo motivo diricorso, il Governo italiano ha contestato che la misura in esame rientrassenella nozione di aiuto di Stato. Ed è noto che ai fini della qualificazione diuna misura come aiuto di Stato devono considerarsene esclusivamente glieffetti, reali o potenziali (6). Altri aspetti, come le causa e gli obiettivi sotte- si alla misura, vanno considerati nella fase successiva dell’indagine, relativaalla compatibilità dell’aiuto con il mercato comune, che non è in discussio- ne in questa sede. Quindi, qualora si condivida che le società ex Terni aves- sero diritto ad una proroga della tariffa Terni, a titolo di dovuta integrazionedell’originario indennizzo, la misura che ha l’effetto di accordare tale proro- ga non può essere considerata aiuto di Stato, indipendentemente dalle finali- tà che si è proposto il legislatore nazionale nell’adottarla. Da ultimo, la Commissione rileva (v. punti da 21 a 23 del controricorso) che ove si ritenesse che l’indennizzo spettante a Terni fosse in qualche modoancorato alla durata delle concessioni, risentendo di eventi successivi inci- denti su tale durata, ne risulterebbe contraddetto il principio secondo cui l’in- dennizzo per l’esproprio di un bene deve essere determinato tenendo presen- te il valore di tale bene al momento dell’esproprio. Controparte cita, alriguardo, la sentenza n. 5 del 1980 della Corte costituzionale italiana (7) erichiama il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l’indenniz- zo concesso per l’espropriazione di una area non edificabile non deve esse- re rivisto nel caso in cui, per effetto di provvedimenti successivi all’espro- prio, la stessa area divenga edificabile (e quindi acquisti valore). SembraalGoverno italianoche,ancoraunavolta,laCommissionetrascu- ri l’oggetto dell’espropriazione subita da Terni, che non era costituita esclusi- vamente da beni, ma comprendeva anche il diritto a produrre energia, il cuivalore era in funzione della sua durata. Ma la Commissione trascura, soprat- tutto, che nel caso di specie non si decise di «indennizzare la società Terni (5) Riguardo al fatto che la seconda proroga della tariffa Terni sia intervenuta solo nel2005, e dunque a distanza di sei anni dalla proroga delle concessioni (circostanza che, secondo la Commissione, confermerebbe nuovamente come non vi sia alcun nesso tra le duemisure: v. punto 27 del controricorso), occorre ricordare che, come descritto al punto 22 delricorso, la misura contenuta nell’articolo 20, comma 4, della legge 9/91, vale a dire quella asuo tempo autorizzata dalla Commissione, prevedeva una fase di c.d. phasing out, durantela quale proseguiva un regime speciale tariffario, sia pure in misura decrescente. È eviden- te, pertanto, che il problema del mancato allineamento tra durata della tariffa Terni e duratadelle concessioni si rese più acuto solo in prossimità della scadenza di tale fase e ciò spiegail motivo per cui si intervenne solo nel 2005. (6) Si tratta di un principio pacifico: v., inter alia, Corte di giustizia, sentenza 12 dicem- bre 2002, causa C-5/01, Belgio c. Commissione, punti 45 e 46. (7) Sentenza che, tuttavia, non sembra pertinente, visto che essa tendeva all’afferma- zione del principio che l’indennità di esproprio non può essere irrisoria o, comunque, note- volmente inferiore al valore venale del bene. La sentenza non può certo essere interpretatacome espressione di un orientamento teso a limitare l’importo dell’indennizzo. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 162 secondo un importo fisso basato sul valore di mercato dei beni espropriati», bensì di concedere l’indennizzo «sotto forma di un quantitativo fisso di ener- gia al prezzo che la società avrebbe pagato se avesse conservato i propriimpianti » (sisononuovamenteutilizzate leespressionicontenutenelpunto73della decisione impugnata, nel contesto del quale la Commissione riconosceche questo metodo rispondeva ad una precisa logica economica, che facevaleva «sul fatto di equiparare Terni ad un “autoproduttore virtuale”»). Ne consegue che – diversamente dal caso dell’espropriazione di terreni, nel quale si realizza uno scambio istantaneo tra proprietà del bene e denaro(o altra utilità) – le parti avevano dato vita, nella fattispecie, ad un meccani- smo risarcitorio eccezionale, che si realizzava attraverso un rapporto c.d. didurata. Ed è solo in quest’ultimo tipo di rapporti, quelli, cioè, che non hannoesecuzione istantanea, che possono avere rilievo gli eventi sopravvenuti (8). Di questo principio, ossia del principio di irrilevanza dell’eccessiva onerosi- tà sopravvenuta nei contratti istantanei (e non di un preteso principio dinecessaria predeterminazione dell’indennità di esproprio), costituisce princi- palmente applicazione la giurisprudenza citata da Controparte relativa all’e- spropriazione di terreni. Ma è evidente che questa giurisprudenza tiene contoanche del fatto che l’acquisto della edificabilità per un terreno non è certo unevento straordinario ed imprevedibile. Si vede, quindi, che una riconsiderazione dei termini iniziali del rappor- to si sarebbe imposta anche alla stregua degli ordinari principi del diritto pri- vato e, in particolare, del principio di buona fede e di fairness che, comenoto, non è parte del solo ordinamento giuridico nazionale, ma anche di quel- lo comunitario. Può, infatti, reputarsi essere ormai oggetto di acquis commu- nautaire una concezione del contratto secondo la quale la pattuizione delleparti non debba sempre essere considerata intangibile, ma possa subire – incasi eccezionali e giustificati – delle integrazioni o modificazioni, volte diripristinare il programma economico originariamente stabilito dalle partiquando esso sia notevolmente alterato da circostanze esterne impreviste, ilcui rischio non era stato accettato. Questo principio è stato, ad esempio, codificato nella c.d. clausola dihardship prevista nei Principle of International Commercial Contracts(PICC), elaborati in seno all’Unidroit. Nella sezione dedicata all’esecuzionedel contratto, l’enunciazione generale secondo la quale le parti sono tenute (8) Si confronti l’articolo 1467 del codice civile italiano, nel quale è contenuto l’istitu- to della eccessiva onerosità sopravvenuta: «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la pre- stazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avveni- menti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare larisoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’aleanormale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificareequamente le condizioni del contratto» . 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 163 ad eseguire le rispettive prestazioni anche se esse siano divenute più onero- se (art. 6.2.1), è corretta, appunto, dall’istituto della hardship. I caratteri diquesto istituto sono descritti nell’articolo 6.2.2. : l’onerosità deve derivare dacircostanze esterne sopravvenute ( o almeno non conosciute all’epoca dellastipula) , non previste (né prevedibili) al momento della conclusione del con- tratto, non dipendenti dalla parte che le invoca e il cui rischio non sia stato accettato in contratto. L’effetto della hardship è diretto al mantenimento delcontratto,traducendosiinundirittoallarinegoziazioneenellafacoltàdichie- dere al giudice la risoluzione o la riconduzione ad equità del rapporto (9). Un principio ed un meccanismo molto simili sono descritti nell’articolo 6.111 dei Principles of European Contract Law (PECL), elaborati dalla Commissione sul diritto europeo dei contratti (c.d. CommissioneLando/Beale) e destinati ad «essere applicati come norme generali di dirittodei contratti nell’Unione europea» (cfr. art. 1, par.1) (10) . (9) Si riporta, per comodità dei Giudicanti, il testo del capitolo 6, sezione 2, intitolata «Hardship», dei PICC (versione 2004) : «Article 6.2.1 -Contract to be observedWhere the performance of a contract becomes more onerous for one of the parties, thatparty is nevertheless bound to perform its obligations subject to the following provisions onhardship. Article 6.2.2 -Definition of hardship There is hardship where the occurrence of events fundamentally alters the equilibrium of thecontract either because the cost of a party’s performance has increased or because the valueof the performance a party receives has diminished, and (a) the events occur or become known to the disadvantaged party after the conclusionof the contract; (b) the events could not reasonably have been taken into account by the disadvantagedparty at the time of the conclusion of the contract; (c) the events are beyond the control of the disadvantaged party; and (d) the risk of the events was not assumed by the disadvantaged party. Article 6.2.3 -Effects of hardship (1) In case of hardship the disadvantaged party is entitled to request renegotiations. Therequest shall be made without undue delay and shall indicate the grounds on which it isbased. (2) The request for renegotiation does not in itself entitle the disadvantaged party to with- hold performance. (3) Upon failure to reach agreement within a reasonable time either party may resort to thecourt. (4) If the court finds hardship it may, if reasonable, (a) terminate the contract at a date and on terms to be fixed, or (b) adapt the contract with a view to restoring its equilibrium». (10) Si riporta l’articolo 6.111, rubricato «Change of Circumstances» , dei PECL(ver- sione 1999): «(1) Aparty is bound to fulfil its obligations even if performance has become more onerous, whether because the cost of performance has increased or because the value of the perfor- mance it receives has diminished. 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 164 Nella fattispecie, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, è giocoforzaritenere che ricorressero le condizioni per l’applicazione dei suddetti istituti. Sul secondo motivo di ricorso: violazione degli artt. 87 e 88 n. 3 CE ed erro- nea ricostruzione del fatto In replica al secondo motivo di ricorso, la Commissione ha eccepito chela componente tariffaria tramite la quale le società ex Terni vengono rimbor- sate (attraverso la corresponsione di un ammontare pari alla differenza traimporto pieno della tariffa e importo della tariffa Terni), avrebbe natura para- fiscale, il che rende evidente che la misura contestata è attuata attraversorisorse statali. Si tratterebbe, infatti, di un contributo obbligatorio riscosso dallo Stato, il cui introito è destinato a determinate imprese. Sul punto, si ritiene che il Tribunale disponga già di tutti gli elementi perdecidere e, pertanto, ci si limita a ribadire, in via di estrema sintesi, quantoenunciato nel ricorso introduttivo. Il costo sostenuto per l’indennizzo dovuto a Terni è, evidentemente, uncosto di produzione e distribuzione dell’energia. È evidente che questo costoindustriale debba essere posto a carico dei clienti dell’impresa, vale a diredegli utenti del servizio elettrico (i quali lo scontano a misura del proprioconsumo, attraverso il pagamento di una particolare voce della tariffa): nonsi vede dove l’ENEL dovrebbe altrimenti reperire le disponibilità per finan- ziare questo costo. Né può assumere rilievo decisivo che l’importo della tariffa, ed anchedella voce supplementare, sia determinato da provvedimenti pubblici delleautorità di regolazione. È questa, infatti, una caratteristica che inerisce all’in- tera tariffa. Non si tratta, pertanto, di un prelievo parafiscale, sia perché, come rile- vato nel ricorso, esiste un vincolo di destinazione assoluta tra prelievo e (2) If, however, performance of the contract becomes excessively onerous because of a chan- ge of circumstances, the parties are bound to enter into negotiations with a view to adap- ting the contract or terminating it, provided that: (a) the change of circumstances occurred after the time of conclusion of the contract, (b) the possibility of a change of circumstances was not one which could reasonably have been taken into account at the time of conclusion of the contract, and (c) the risk of the change of circumstances is not one which, according to the contract, the party affected should be required to bear. (3) If the parties fail to reach agreement within a reasonable period, the court may: (a) end the contract at a date and on terms to be determined by the court; or (b) adapt the contract in order to distribute between the parties in a just and equitablemanner the losses and gains resulting from the change of circumstances. In either case, the court may award damages for the loss suffered through a party refusingto negotiate or breaking off negotiations contrary to good faith and fair dealing» . 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso 165 beneficiari dell’introito sia, e soprattutto, perché tali somme vengono eroga- te alle imprese beneficiarie a titolo di corrispettivo per la “cessione”, ossiaper la subita espropriazione, degli impianti e della concessione a produrre. Sul terzo motivo di ricorso: violazione delle forme sostanziali sub specie dicarenza di istruttoria e violazione del contraddittorio Rispetto al terzo motivo di ricorso, la Commissione obietta che, puravendo commissionato al Governo italiano uno studio teso a confrontare ilvalore contabile dei beni espropriati e il valore dei benefici concessi, nelcorso degli anni, attraverso la tariffa Terni, essa non avrebbe mai accettato ilprincipio secondo il quale poteva avere un qualche rilievo la valutazione ex post della congruità dell’indennizzo (rinunciando ad opporvi il principiosecondo il quale questa congruità può essere valutata solo ex ante). Per tale ragione, la Commissione non avrebbe avuto motivo, prima diassumere la decisione definitiva, di informare le autorità italiane della pro- pria decisione di ritenere irrilevante, già in astratto, lo studio, né di riaprireil contraddittorio su tale questione. In ogni caso, se pure si ipotizzasse l’esistenza di una irregolarità del pro- cedimento, il Governo italiano non avrebbe portato argomenti per dimostra- re che tale irregolarità abbia avuto una qualche incidenza sulla decisione. Non è vero, in particolare, che ciò avrebbe impedito alle autorità italiane diintrodurre nel procedimento nuovi e significativi argomenti difensivi. Quanto al primo aspetto, non si può non ribadire come la condotta dellaCommissione, nel corso del procedimento, sia stata quanto meno contraddit- toria: non si vede perché venga commissionato un studio, se poi, una voltavisionate le conclusioni dello studio, si reputi che lo studio non possa averealcun rilievo essendo ispirato ad un metodo –quello della valutazione expost della congruità – comunque inidoneo a portare un qualsiasi contributo alla decisione. Sembra, per converso, evidente che, commissionando lo studio con lemodalità descritte al punto 68 del ricorso, la Commissione abbia ingeneratoun legittimo affidamento nelle autorità italiane circa il fatto che le risultanzedel lavoro sarebbero state in qualche modo valutate ai fini del decidere. Si vede pertanto che, nel dichiarare senz’altro irrilevante lo studio, peral- tro esternando questo giudizio solo nel contesto della decisione finale (punto86 della decisione) e nel valutarne il contenuto solo ad abundantiam (puntida 87 a 90), la Commissione ha violato questo affidamento che si era inge- nerato all’interno del provvedimento. Quanto alla seconda obiezione, relativa alla (non) incidenza di un even- tuale vizio del procedimento sul contenuto della decisione, nel ricorso (punto75) si è già cercato di spiegare che, qualora la Commissione avesse manife- stato, in un atto antecedente alla decisione, il proprio ripensamento o le pro- prie perplessità sul metodo dello studio, aprendo un contraddittorio sulpunto, il Governo italiano avrebbe potuto far valere, a propria volta, le pro- prie perplessità. In questa fase, il Governo italiano avrebbe, quindi, potuto far valere cheil metodo proposto per lo studio – se, forse, come afferma la Commissione 02 cont. com. 04 giud in corso b corr:02 cont. com. 06 giud in corso ultimo.qxd 13/01/2009 16.10 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 166 al punto 87 della decisione, sottovalutava il vantaggio tariffario della Terni – certamente sottovalutava il sacrificio economico della società, perché lolimitava al valore degli impianti, senza considerare come autonomo oggettodi valutazione il diritto espropriato, cioè la concessione a produrre. E questa mancata valutazione ha finito per influire anche sulla correttez- za dell’analisi sostanziale che, sia pure ad abundantiam, la Commissione ha svolto. Conclusioni Per le ragioni sin qui illustrate il Governo della Repubblica Italiana insi- ste nelle conclusioni formulate nel ricorso e confida nel loro accoglimento. Roma, 14 luglio 2008 Avv. Sergio Fiorentino 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 167 ILCONTENZIOSONAZIONALE Limiti alla capacità giuridica per le imprese pubbliche che gestiscono servizi pubblici locali (Corte costituzionale, sentenza 1 agosto 2008 n. 326) La materia dei pubblici servizi locali non trova requie. Da un lato unaCorte di Giustizia dell’Unione Europea incerta sulle caute aperture sull’ inhouse providing, dall’altra un legislatore nazionale e la giurisprudenzaamministrativa che, in nome di una privatizzazione i cui effetti positivi sullagestione dei pubblici servizi locali sono tutti da dimostrare, tendono ad assu- mere nei confronti del diritto europeo degli appalti e dei pubblici servizi unatteggiamento “più realista del re”. Con la sentenza 328 del 1° agosto 2008 la Corte costituzionale, che era rimasta sostanzialmente estranea alle molte scelte fatte dal legislatore ordina- riosulTestoUnicodegliEntiLocaliintemadiadeguamentoallenormeeuro- pee sulla concorrenza e sugli appalti, entra nel gioco e rigetta, come non fon- data, la questione di costituzionalità sull’art 13 del Decreto Legge Bersaniladdoveimponealleaziendepubbliche affidatarie in house diservizilocalididismettere tutte le partecipazioni e gli interessi che possano riferirsi a enti esoggetti (pubblici e privati) diversi da quelli che li hanno creati. La tesi della Corte costituzionale può anche convincere sul piano politi- co istituzionale; occorre trovare un freno all’allargamento oltre misura dellepartecipazioni pubbliche regionali, chi svolge per privilegio un servizio pub- blico non può ragionevolmente usare di questa posizione privilegiata perandare a disturbare la normale concorrenza tra imprenditori privati nelle garepubbliche di appalti servizi e forniture, occorre trasparenza, concorrenziali- tà e via dicendo. In tale contesto tuttavia quello che preoccupa il giurista è il procedimen- to attraverso cui la Corte costituzionale arriva alle sue conclusioni e la giu- stificazione che essa adduce per evitare di affrontare il problema di fondoposto dalle regioni. Può il legislatore nazionale limitare del tutto il poteredelle amministrazioni regionali e locali di individuare liberamente la sfera 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 168 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 168 dei pubblici servizi di cui una comunità locale intende accollarsi la respon- sabilità gestionale? Ed in secondo luogo, una volta che un soggetto pubblicoesercita direttamente (con propri uffici) o attraverso una società a totale par- tecipazione pubblica un dato servizio pubblico, può il soggetto operativo uti- lizzare la propria esperienza e capacità per proporsi poi ad altri soggetti pub- blici o privati? Od anche, più semplicemente, può vendere a privati o a pub- blici, i sottoprodotti della propria attività economica, realizzando quel mini- mo di efficienza ed economia di gestione che pur la legge impone alle strut- ture comunque pubbliche? La Corte assorbe tutte queste legittime domande in una distinzione chefa da premessa alla motivazione della sua sentenza: “Le disposizioni impu- gnate definiscono il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giu- ridico in base al quale le società operano, ma in relazione all’oggetto socia- le di queste ultime. Tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attivi- tà amministrativa in forma privatistica e attività d’impresa di enti pubblici. L’una e l’altra possono essere svolte attraverso società di capitali, ma lecondizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività ammini- strativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capita- li che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondocaso, vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), inregime di concorrenza. Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attività perevitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stes- so tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso puògodere in quanto pubblica amministrazione…”. Sarà vero? Finalmente dopo cent’anni dalle municipalizzazioni abbiamoun criterio fisso per distinguere tra pubblica funzione e pubblico servizio? Eppure le disposizioni legislative interpretate dalla Corte sono ben scar- ne; esse individuano i soggetti disciplinati dall’art 13 del decreto Bersaniunitariamente nelle “società, a capitale interamente pubblico o misto, costi- tuite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione dibeni e servizi strumentali all’attività di tali enti, nonché, nei casi consentitidalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative diloro competenza”. La distinzione nella legge non esiste, ma serve ad affossare un’esperien- za collettiva di accumulo e paragone, che in Italia è tradizionale ed in tuttaEuropa viene comunemente e legittimamente (sul piano del diritto comuni- tario) praticata. G.F. Corte costituzionale, sentenza del 1 agosto 2008 n. 326 – Pres. F. Bile – Red. S. Cassese -nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e larazionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contra- sto all’evasione fiscale», convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 169 IL CONTENZIOSO NAZIONALE recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e larazionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contra- sto all’evasione fiscale», promossi con ricorsi della Regione Veneto (nn. 2 ricorsi – Avv.ti M. Bertolissi e A. Manzi), della Regione siciliana (Avv. G. Pitruzzella), della Regione Friuli- Venezia Giulia (Avv. G. Falcon) e della Regione Valle d’Aosta (Avv. F.S. Marini), c/ Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato D. Del Gaizo) . «(…) Ritenuto in fatto 1.- La Regione Veneto ha sollevato, con un primo ricorso (n. 96 del 2006), questionedi legittimità costituzionale, oltre che di altre norme dello stesso decreto-legge, dell’art. 13del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio econo- mico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché inter- venti in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale», per violazione degli artt. 3,97, 114, 117, 118, 119 e 120 del la Costituzione. L’articolo impugnato (che reca la rubrica «Norme per la riduzione dei costi degli appa- rati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza») impone alcuni limiti alle società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalle amministrazioni pubbliche regionalie locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti, nonché, nei casiconsentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di lorocompetenza.Èstabilito,inparticolare,cheesseoperinoesclusivamenteconglienticostituen- ti ed affidanti, non svolgano prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, non par- tecipino ad altre società o enti e abbiano oggetto sociale esclusivo. L’articolo contiene ancheuna disciplina transitoria, che definisce i termini e le modalità della cessazione delle attivitànon consentite, e commina la nullità ai contratti conclusi in violazione delle nuove norme. Ad avviso della Regione, il legislatore statale ha inteso, con le norme impugnate, evitarealterazioniodistorsionidellaconcorrenzaeassicurarelaparitàdeglioperatori,impedendochesoggettidestinatarideicosiddetti«obblighidiserviziopubblico»,soloformalmenteprivatizza- ti ma soggetti a un’influenza dominante dei pubblici poteri, possano operare, avvantaggiando- si del regime speciale di cui godono, anche sul libero mercato. Date queste finalità della disci- plina statale, reputa peraltro la Regione che la norma impugnata violi la sfera di autonomiaregionale poiché, facendo valere ragioni di tutela della concorrenza, comprime irragionevol- mente l’autonomia legislativa e amministrativa della Regione. Con le disposizioni impugnate, secondo la ricorrente, «si è posta in essere una disciplina puntuale che non lascia alcuno spa- zio alla Regione per dettare una normativa che tenga conto delle necessità locali e nemmenodei tempi di attuazione dei principi statali secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità». 2.-Con un secondo ricorso (n. 103 del 2006) , la Regione Veneto ha sollevato questionedilegittimitàcostituzionale,oltrechedialtrenormedellostessodecreto-legge,dell’art.13deldecreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,recante«Conversioneinlegge,conmodificazioni,deldecretolegge4luglio2006,n.223, recantedisposizioniurgentiper il rilancio economicoe sociale, per il contenimento elarazio- nalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’e- vasione fiscale» , per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione. Questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo, oltre che di altre normedello stesso decreto-legge, è stata sollevata anche dalla Regione siciliana (r. ric. n. 104 del2006), dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (r. ric. n. 105 del 2006) e dalla Regione Valled’Aosta (r. ric. n. 107 del 2006) . 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 170 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 170 L’articolo impugnato (che, anche a seguito della conversione, reca la rubrica «Normeper la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorren- za») impone alcuni limiti alle società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite opartecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni eservizi strumentali all’attività di tali enti, in funzione della loro attività, con esclusione deiservizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternaliz- zato di funzioni amministrative di loro competenza. È stabilito, in particolare, che esse ope- rino esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non svolgano presta- zioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, non partecipino -con esclusione delle socie- tà che svolgono l’attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui aldecreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 -ad altre società o enti e abbiano oggetto socia- le esclusivo. L’articolo contiene anche una disciplina transitoria, che definisce i termini e lemodalità della cessazione delle attività non consentite, e commina la nullità ai contratti con- clusi in violazione delle nuove norme. 3.-Il ricorso della Regione Veneto lamenta la violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118,119e120dellaCostituzione.SecondolaRegione,laleggediconversionedeldecreto,lungidal- l’eliminare le norme lesive dell’autonomia regionale, ne ha introdotto di nuove, viziate di ille- gittimità costituzionale sotto i medesimi profili. Permangono, pertanto, nell’art. 13 del decreto- legge,qualerisultadopolaconversione,lestesseviolazioni dell’autonomialegislativae ammi- nistrativa della Regione e degli enti locali, fatte valere con il precedente ricorso n. 96 del 2006. 4.- Il ricorso della Regione siciliana lamenta la violazione degli artt. 41, primo e terzocomma, e 3 Cost., sotto il duplice profilo della violazione dei principi di eguaglianza e diragionevolezza, nonché degli artt. 14, lettera p), e 17, lettera i), del regio decreto legislativo15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto regionale della Regione siciliana). Premette la Regione che la disposizione censurata si riferisce esclusivamente alle cosiddet- te «società strumentali», costituite o partecipate dalle Regioni e dagli altri enti locali per laproduzione di beni e servizi a favore di tali enti e che, a norma del suddetto articolo, essedebbono operare esclusivamente con gli enti costituenti e affidanti, non possono svolgereprestazioni a favore di altri soggetti pubblici e privati, neppure a seguito di gara pubblica, enon possono partecipare ad altre società o enti. Secondo la Regione, la norma impone alle società strumentali limitazioni territorialiche non appaiono coerenti con l’art. 41 Cost., il quale, nell’affermare il principio della libe- ra iniziativa economica privata (primo comma), «circoscrive l’intervento dello Stato allafunzione di indirizzo e coordinamento dell’attività economica pubblica e privata a fini socia- li (terzo comma)». Aggiunge la Regione che il legislatore statale, ponendo il divieto in que- stione per le sole società a capitale interamente pubblico o misto (pubblico-privato), costi- tuite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali, le ha penalizzate rispetto allesocietà costituite o partecipate dallo Stato o concessionarie di pubblici servizi, e ciò in vio- lazione, oltre che del suindicato parametro costituzionale, anche del principio di uguaglian- za sancito dall’art. 3 Cost. e senza attenersi ad alcun criterio di proporzionalità e adeguatez- za (sentenza n. 14 del 2004), essenziale a definire l’ambito di operatività della competenzalegislativa statale in materia di «tutela della concorrenza». Osserva ancora la Regione che lanorma statale in esame, disciplinando l’attività di enti strumentali della Regione, appare lesi- va della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli entiregionali», prevista dall’art. 14, lettera p), dello statuto siciliano, e, in ogni caso, di quella prevista dall’art. 17, lettera i), dello statuto per «tutte le altre materie che implicano servizidi prevalente interesse regionale» . 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 171 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 5.- Il ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta la violazione degli artt. 3, 41,117 e 119 Cost., nonché dell’art. 4, comma unico, nn. 1, 1-bis, e n. 6, dell’art. 8 e art. 48della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli- Venezia Giulia). Osserva preliminarmente la Regione che la legge di conversione ha aggiunto nell’art. 1 del decreto-legge il comma 1-bis, recante una «clausola di salvaguardia» in virtù dellaquale «le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale ealle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità agli statuti speciali e alle rela- tive norme di attuazione». Pertanto, ove si dovesse ritenere che, per effetto di tale clausola, le norme impugnate non si applichino nella Regione Friuli-Venezia Giulia, verrebbero menole doglianze da essa avanzate. Il ricorso della Regione è articolato in sei motivi. 5.1.- Con il primo motivo, la Regione eccepisce che i commi 1, 2 e 4, dell’art. 13 deldecreto-legge, come convertito, sono lesivi dell’autonomia organizzativa e finanziaria dellaRegione, in quanto sottopongono ad un regime giuridico restrittivo e discriminatorio lesocietà pubbliche o miste, costituite o partecipate dalle amministrazioni regionali e localiper la produzione di beni e servizi strumentali, «senza collegare le limitazioni al godimentodi una condizione di esonero dalla concorrenza grazie ad un regime di affidamento diretto». Ricorda innanzitutto la Regione che essa è legittimata anche a far valere l’autonomiafinanziaria degli enti locali, atteso che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto sussisten- te in via generale una tale legittimazione in capo alle Regioni, dal momento che «la strettaconnessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regio- nali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenzelocali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regiona- li» (sentenza n. 417 del 2005). LaRegioneosservapoichelesevererestrizioniimposteallesocietàcontemplatesicol- legano «non a particolari condizioni di favore nelle quali le società in argomento svolgano laloro attività, ma alla stessa struttura soggettiva ed all’oggetto di tali società».Ad avviso dellaRegione, se per «società costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi strumen- tali » si dovessero intendere le «società che svolgono tali servizi in regime di affidamentodiretto» , le restrizioni si collegherebbero alla condizione di affidamento privilegiato i n cuiesse si trovano: «ed è ovvio che, se così fosse, basterebbe uscire da tale condizione per ritor- nare al regime generale delle società, senza restrizione alcuna» . Questa interpretazione, pro- segue la Regione, sarebbe senz’altro coerente con la finalità dichiarata della norma di «evi- tare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità deglioperatori» . Tale interpretazione non è consentita, tuttavia, dalla formulazione letterale dellanorma, la quale, nel restringere la capacità contrattuale anche di società che non godono dialcun privilegio di affidamento diretto, viola in modo diretto le competenze statutarie dellaRegione,inquantoincidesumaterieregionali(cioèsull’organizzazionedellaRegioneedeglienti locali e sull’industria e commercio: art. 4, nn. 1, 1-bis e 6, dello statuto; art. 117, quartocomma, Cost. , in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del2001, dato chel’organizzazio- ne regionale e l’industria e commercio ricadono nella competenza piena delle Regioni ordi- narie) e interferisce con l’autonomia amministrativa (cui è funzionale quella organizzativa) efinanziaria della Regione e degli enti locali (artt. 8 e 48 e seguenti dello statuto). Le norme impugnate, secondo la ricorrente, violano inoltre: il principio di uguaglian- za di cui all’art. 3, primo comma, Cost., dato che vengono trattate in modo diseguale situa- zioni uguali, nonché i principi di ragionevolezza e proporzionalità; l’art. 41 Cost., in quan- 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 172 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 172 to esse precludono l’esercizio del diritto di libera iniziativa economica, il quale, a condizio- ne che non si alteri la concorrenza, vale ugualmente per i soggetti pubblici e privati (ecomunque sarebbe leso il diritto di iniziativa dei privati nelle società miste); «il principio diragionevolezza e di proporzionalità», in quanto le norme impugnate «pongono drastichelimitazioni di capacità dove basterebbe un limite connesso all’eventuale affidamento diret- to dei compiti strumentali». 5.2.-Con un secondo motivo di ricorso, la Regione prospetta l’illegittimità costituzio- naledell’art. 13,commi1,2e4,deldecreto-leggen.223del2006,comeconvertito,inquan- tolesivodell’autonomiaorganizzativaefinanziariadellaRegione,laddovesottoponelesocie- tà pubbliche o miste, costituite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali per laproduzione dibenie servizi strumentali,«ad un regimegiuridico restrittivoediscriminatorio, rispetto alle altre società ed alle stesse società pubbliche o miste partecipate dallo Stato o daamministrazioni nazionali» . Si tratta, secondo la Regione, di una ragione di illegittimità che, al contrario della precedente, non può essere superata da un’interpretazione adeguatrice. Invero, le disposizioni impugnate discriminano, rendendola deteriore, la condizione giuridicadellesocietàpartecipatedalleRegioniedaglientilocalirispettoallesocietàche,perscopideltutto simili, sono costituite o partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici nazionali. Argomenta la ricorrente che non solo le Regioni e gli enti locali, ma anche lo Stato edenti pubblici nazionali hanno costituito società pubbliche o miste per l’esercizio di funzionistrumentali. Se pure nel merito fosse giustificata una disciplina restrittiva della capacità con- trattuale di determinati tipi di società a partecipazione pubblica, non lo sarebbe una restri- zione della capacità contrattuale ed operativa delle sole società costituite o partecipate dalleRegioni e dagli enti locali, «che vengono poste in una condizione di vera e propria minori- tà giuridica». Onde è evidente, prosegue la Regione, che la discriminazione così posta «con- traddice il principio di uguaglianza e costituisce un abuso della stessa potestà legislativa sta- tale in materia di ordinamento civilistico delle società: potestà che viene [.] esercitata nonper porre una disciplina generale del fenomeno delle società a partecipazione pubblica, maesclusivamente in danno delle società regionali e locali». 5.3.- Un terzo motivo di ricorso è incentrato sull’illegittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1, 2 e 4, del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, in quanto lesivo del- l’autonomia organizzativa e finanziaria della Regione nella parte in cui vieta «indiscrimina- tamente alle società pubbliche o miste, costituite o partecipate dalle amministrazioni regio- nali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali, di “operare” per soggetti diver- si dagli enti costituenti, partecipanti o affidanti, di svolgere “prestazioni” a favore di altrisoggetti pubblici o privati, nonché di partecipare ad altre società o enti». Con riguardo al divieto di partecipare ad altre società o enti, la Regione fa rilevare chele società regionali, al pari delle società statali, operano talora attraverso altre società, il cuicapitale sociale è posseduto dalle prime al cento per cento, quindi le misure contestate prive- rebbero irragionevolmente le società in questione di ogni flessibilità operativa e, per quantoriguarda la partecipazione ad enti, di ogni capacità di collegamento con la stessa realtà di cuidebbono occuparsi. Un discorso analogo riguarda, secondo la Regione, il limite relativoall’«operare » solo con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti e alle «prestazioni» , escluseinrelazionead«altrisoggettipubblicioprivati»,chesirisolverebbenellaviolazione,oltrechedei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, del principio di certezza del diritto. 5.4.- Uno specifico motivo riguarda l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma3, del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, che impone termini per cessare le atti- vità non consentite e sanzioni per il mancato rispetto dei divieti. Secondo la Regione, tali 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 173 IL CONTENZIOSO NAZIONALE disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime, in primo luogo, in quanto presuppon- gono e completano l’illegittima disciplina sopra censurata. In secondo luogo, il terzo periodo, che stabilisce l’inefficacia dei contratti relativi adattività non cedute o scorporate, sarebbe illegittimo sotto il profilo della contraddittorietà edella irragionevolezza, in relazione a quanto disposto dai due periodi precedenti. Osserva laricorrente che le società in questione possono «transitoriamente» -per dodici mesi -conti- nuare a svolgere le loro attività; che a tali dodici mesi seguono, in base al secondo periodo, altri diciotto mesi, durante i quali le «attività non consentite» possono essere cedute a terzi o scorporate in una diversa società da cedere sul mercato. Senonché, prosegue la difesa dellaRegione, quel che dispone il terzo periodo -cioè la cessazione degli effetti dei contratti rela- tivi alle attività non cedute o scorporate nel «termine indicato nel primo periodo» (cioè allascadenza dei primi dodici mesi) -è del tutto assurdo, poiché le attività cedute o scorporatee, corrispondentemente, quelle non cedute o scorporate, risulteranno soltanto alla fine delperiodo di diciotto mesi che le Regioni e gli enti locali hanno a disposizione per provvede- re alla cessione o allo scorporo. La norma, dunque, sarebbe, prima ancora che costituzional- mente illegittima, di impossibile applicazione, se non «retroattivamente». 5.5.- Un altro profilo di illegittimità costituzionale investirebbe il secondo periodo delcomma 3, ove «la facoltà data alle società strumentali di cedere le attività a terzi o di scor- porarle costituendo una società da collocare sul mercato dovesse intendersi come preclusi- va della possibilità di cedere o scorporare tali attività in favore di altra società regionale olocale, da costituire o esistente, che operi esclusivamente sul mercato, e non rientri nelcampo di applicazione dell’art. 1 3». In effetti, osserva la Regione, «l’obbligo di cedere aterzi, o sul mercato (che è composto anch’esso, ovviamente, di «terzi») beni e patrimoni che, attraverso la società, costituiscono risorse economiche e nel caso imprenditoriali dellecomunità locali ne viola l’autonomia finanziaria, in contraddizione aperta con l’art. 119Cost. e con l’art. 48 e seguenti dello statuto regionale e realizza una sorta di esproprio di atti- vità economiche, del tutto privo di fondamento costituzionale e del tutto privo di connessio- ni con l’obbiettivo di tutelare la concorrenza» . 5.6.-Unulteriore,autonomoprofilodiirragionevolezzadell’art.13,comma4,deldecre- to-legge n. 223 del 2006, come convertito, per le stesse ragioni di cui al punto precedente, emerge, secondo la Regione, in quanto si ritenga che la nullità dei contratti stipulati in viola- zionedelleprescrizionideicommi1e2colpiscetuttiicontrattistipulatidallesocietàdicuialcomma 1 che, al momento del contratto, conservino partecipazioni in altre società o enti. Osserva al riguardo la Regione che le partecipazioni non costituiscono «attività » e non rien- trano,dunque,nelcampodiapplicazionedelcomma3edellescadenzetemporaliivipreviste. Le partecipazioni sono, infatti, in primo luogo elementi patrimoniali, la cui cessione potrebbeessere facile o difficile, o anche giuridicamente impossibile ove non si trovasse alcun sogget- todispostoadacquistarle.D’altronde,unacosaèlanullitàdicontrattichedirettamentesirife- riscano ad attività vietate (ferme restando le censure sopra esposte su tali divieti e sulla loroformulazione) ; tutt’altra cosa sarebbe la nullità di contratti che si riferiscono ad attività con- sentite, e che nessun rapporto hanno con le ipotizzate partecipazioni in società o enti. 6.-Il ricorso della RegioneValle d’Aosta lamenta la violazione degli artt. 3 e 117 Cost., nonché dell’art. 2, comma 1, lettere a) e b) , dello statuto della Regione Valle d’Aosta di cuialla legge costituzionale 26 gennaio 1948, n. 4 (Statuto regionale per laValle d’Aosta). Osserva preliminarmente la Regione che, in virtù della «clausola di salvaguardia», contenuta nell’art. 1, comma 1-bis del decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito, que- sto si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 174 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 174 «in conformità agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione». Tuttavia, il tenoreletterale delle disposizioni impugnate non consente di escludere con certezza la loro effica- cia nei riguardi delle Regioni ad autonomia speciale, trattandosi di prescrizioni che, se rife- rite anche alla Regione Valle d’Aosta, presentano molteplici profili di illegittimità costitu- zionale. Pertanto, la possibilità che esse vadano interpretate in senso lesivo delle attribuzio- ni della Regione induce a farle oggetto di impugnazione, sulla scorta della giurisprudenzadella Corte, per cui il giudizio in via principale può concernere questioni sollevate sulla basedi interpretazioni non implausibili prospettate dal ricorrente (sentenza n. 412 del 2004). 6.1.- Con il primo motivo di ricorso, la Regione eccepisce la violazione del principiocostituzionale di ragionevolezza, sub specie di vizio di irrazionalità, nonché dell’art. 117, secondo e quarto comma, Cost., e dell’art. 2, comma 1, lettere a) e b), dello statuto specia- le per la Valle d’Aosta. Secondo la Regione, «per quanto l’intervento normativo dichiari di voler perseguire latutela della concorrenza, in realtà esso, lungi dal rimuovere elementi distorsivi del mercato o dal promuovere un ampliamento delle possibilità di accesso degli attori che vi operano, determina il ben diverso effetto di escludere dal mercato stesso una categoria di soggetti», vale a dire proprio «le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalleamministrazioni pubbliche regionali e locali», con i requisiti dianzi riferiti. L’effetto di limi- tazione della concorrenza sarebbe fatto palese, in particolare, dalla previsione in base allaquale le società di cui s’è detto non possono svolgere prestazioni a favore di soggetti diver- si dagli enti costituenti, partecipanti o affidanti, neppure a seguito dell’espletamento di unagara. Sostiene la Regione che, «poiché sono proprio le procedure di gara ad assicurare pereccellenza, e anzi ad esaltare la concorrenza tra i diversi operatori economici presenti sulmercato, l’esclusione della possibilità di competere a danno di taluno di essi -per giunta, peril mero fatto di essere costituiti o partecipati non da qualsivoglia ente pubblico, ma soltantoda enti regionali e locali -determina esattamente una forma di quella alterazione e distorsio- ne della concorrenza e del mercato che la norma impugnata manifesta di voler evitare». Delresto, prosegue la Regione, a smentire qualunque relazione fra le disposizioni impugnate epresunte attuazioni di obblighi comunitari, è sufficiente rilevare come neppure la giurispru- denza comunitaria in tema di in house providing, particolarmente solerte nella garanzia dellaconcorrenza, abbia mai richiesto che società, a capitale interamente pubblico o misto, costi- tuite o partecipate dalle amministrazioni regionali e locali «per la produzione di beni e ser- vizi strumentali all’attività di tali enti» o «per lo svolgimento di funzioni amministrative diloro competenza», operino esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti. Né si comprende, secondo la Regione, come possa ragionevolmente perseguirsi la tuteladella concorrenza imponendo i riferiti divieti esclusivamente alle società costituite o parte- cipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali, senza estendere le medesime proi- bizioni alle analoghe società costituite o partecipate dalle amministrazioni statali. Data, dunque, la palese contraddittorietà tra il fine che l’art. 13 del decreto legge n. 223 del 2006 si propone di perseguire (la tutela della concorrenza) ed i risultati cui essoapproda, la norma impugnata viene ad incidere sine titulo in un ambito di competenza nor- mativa che risulta assegnato alla Regione Valle d’Aosta sia dalle previsioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera a) e b), dello statuto speciale (che rimettono alla potestà legislativa regio- nale, rispettivamente, le materie «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dallaRegione e stato giuridico ed economico del personale» e «ordinamento de gli enti locali edelle relative circoscrizioni»), sia dal combinato disposto dei commi secondo e quarto del- l’art. 117 Cost., a norma dei quali spetta alla potestà legislativa statale soltanto la disciplinadell’«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» . 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 175 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 6.2.- Un secondo motivo di ricorso assume che le norme recate dall’art. 13 del decre- to-legge n. 223 del 2006, come convertito, violino i principi di proporzionalità e di leale col- laborazione e, ancora, l’art. 117, secondo e quarto comma, Cost. e l’art. 2, comma 1, lette- re a) e b), dello statuto speciale della Regione Valle d’Aosta. Osserva la Regione che la legislazione statale, che invada gli ambiti di materia di perti- nenzadelleRegionifondandoilsuointerventosull’esigenzadiporrenormeinunadellemate- rie -quale la tutela della concorrenza -finalistiche o trasversali, deve comunque rispettarerequisitiineludibili, ulteriori rispetto a quello della sua razionalità. Essa, per potersi dire legit- tima,deveessere«giustificata»e«proporzionata»rispettoall’obiettivoperseguito(sentenzen. 214 del 2006, n. 175 del 2005 e nn. 272 e 14 del 2004) . Inoltre, la Corte ha precisato ( a parti- re dalla sentenza n. 407 del 2002) che l’esercizio della potestà legislativa statale in una mate- ria «finalistica » è subordinato all’esigenza di curare un interesse «unitario e infrazionabile». Secondo la ricorrente, l’invasione operata dalle norme contestate risulta del tutto spro- porzionata rispetto alle modalità attraverso cui viene perseguita la finalità di tutela della con- correnza. La normativa statale censurata, infatti, sacrifica integralmente la competenzaregionale a legiferare sulle società costituite o partecipate dalla Regione o dagli enti locali, non lasciando alcuno spazio per l’intervento regolativo della Regione. La violazione delprincipio di proporzionalità deriverebbe anche da quella del principio di leale collaborazio- ne: a fronte della compressione della competenza normativa in ambiti di loro spettanza, l’in- tervento legislativo statale non è stato preceduto da meccanismi e procedi menti che mettes- sero le Regioni in condizione di svolgere qualche forma di partecipazione e di offrire il lorocontributo all’elaborazione della disciplina statale. Ciò vale tanto più, secondo la ricorren- te, con riferimento alle Regioni ad autonomia speciale. LaRegioneosserva poiche, a frontedel sacrificio integraledellacompetenzaregionale, tanto poco era pressante l’«interesse unitario e infrazionabile » che il legislatore statale haomesso di estendere i divieti previsti nell’art. 13 alle società costituite o partecipate dalleamministrazioni statali. Se davvero si fosse inteso perseguire un interesse unitario, secondo laricorrente, i rigidi criteri di esclusione avrebbero dovuto trovare applicazione innanzitutto neiconfronti delle società in cui sono coinvolte le amministrazioni dello Stato, dal momento cheè proprio lo Stato l’ente territoriale che rappresenta la massima istanza unitaria. 7.- In tutti i giudizi si è costituita, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’Avvocatura generale dello Stato. Essa rileva, preliminarmente, che la legge di conversio- ne n. 248 del 2006 del d.l. n. 223 del 2006 ha introdotto una serie di modifiche ad alcune disposizioni del decreto impugnate con il primo ricorso della Regione Veneto (retro, sub 1). Donde, con riguardo a tali disposizioni, la configurabilità di un’ipotesi di inammissibilitàsopravvenuta o di cessazione della materia del contendere. Nel merito di tutti i ricorsi, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che le disposi- zioni impugnate dalle Regioni sono finalizzate a garantire l’esercizio della libera concorren- za, talché esse rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» (art. 117, comma secondo, lettera e, Cost.). Inoltre, la natura «tra- sversale» di tale competenza comporta la legittimità dell’intervento del legislatore stataleanche su ambiti materiali astrattamente rientranti nella competenza legislativa regionale, siaconcorrente sia residuale. Quanto alla censura delle Regioni circa il carattere puntuale e di dettaglio della disci- plina contenuta nell’art. 13, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che la disciplina conte- nuta nella norma impugnata attiene essenzialmente alla materia dell’ordinamento civile, puressa rientrante nella competenza esclusiva del legislatore statale (art. 117, comma secondo, 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 176 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 176 lettera l, Cost.), «siccome attinente all’attività negoziale di società operanti in regime priva- tistico». Per la stessa ragione, sarebbero infondate, secondo l’Avvocatura generale delloStato, le censure delle Regioni in ordine alla disposizione che prevede la nullità dei contrat- ti conclusi in violazione della disciplina recata dall’art. 13. Quanto al ricorso della Regione siciliana, l’Avvocatura generale dello Stato eccepisce: la genericità e, quindi, l’inammissibilità della censura circa il mancato rispetto dei criteri diproporzionalità e adeguatezza; la conformità delle disposizioni impugnate ai principi comu- nitari in materia di appalti in house e di aiuti di Stato; l’insussistenza della violazione dellacompetenza legislativa esclusiva della Regione in materia di «ordinamento degli uffici edegli enti regionali», nonché di «servizi di prevalente interesse regionale» (artt. 14, lettera p, e 17, lettera i, dello statuto siciliano); l’inammissibilità delle censure attinenti alla prete- sa violazione dell’art. 3, sotto il profilo del principio di uguaglianza, e dell’art. 41 Cost., attesa la costante giurisprudenza della Corte, sia anteriore alla legge costituzionale n. 3 del2001 (sentenze nn. 373 e 126 del 1997 e n. 29 del 1995), sia posteriore (sentenza n. 274 del2003), per cui «le Regioni sono legittimate a denunciare la violazione di norme costituzio- nali, non relative al riparto di competenze con lo Stato, solo quando tale violazione compor- ti un’incisione, diretta o indiretta, delle competenze attribuite dalla Costituzione alleRegioni stesse»; incisione che, all’evidenza, nel caso di specie non ricorrerebbe affatto. Quanto al ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, l’Avvocatura generale delloStato eccepisce: l’infondatezza delle censure fondate sulla supposta violazione della compe- tenza legislativa regionale, esclusiva o concorrente, in materia di organizzazione dellaRegione e degli enti locali, di industria e di commercio; l’infondatezza o l’inammissibilitàdelle censure che la Regione muove alla norma statale con riferimento agli artt. 3, primocomma, e 41 Cost., nonché ai principi di ragionevolezza, proporzionalità, tutela dell’affida- mento e buona fede; l’inammissibilità della censura relativa all’art. 13, comma 3, secondoperiodo, del decreto-legge convertito, poiché la ricorrente, nel ritenere illegittima la facoltàdelle società strumentali di cedere o scorporare le attività, fonda la censura sulla mera ipo- tesi interpretativa che tale previsione sia preclusiva della possibilità di cedere o scorporaretali attività in favore di altra società regionale o locale, operante esclusivamente sul merca- to, senza prendere posizione sulla esattezza o meno di tale interpretazione. 8.- In prossimità dell’udienza, le Regioni ricorrenti hanno depositato memorie insi- stendo sui motivi del ricorso. L’Avvocatura generale dello Stato ha, a sua volta, depositatouna memoria unica, ribadendo le precedenti argomentazioni. Considerato in diritto 1.-LaRegioneVenetohapromossonumerosequestionidilegittimitàcostituzionaleinviaprincipaledeldecreto-legge4luglio2006,n.223(Disposizioniurgentiperilrilancioeconomi- co e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventiin materia di entrate edicontrastoall’evasione fiscale)e,traqueste, dell’art. 13 deltestoorigi- nario del decreto, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione. Le Regioni Veneto, siciliana, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta, con quattro distintiricorsi, hanno promosso numerose questioni di legittimità costituzionale in via principale deldecreto-leggen.223del2006,convertito, conmodificazioni,dallalegge 4agosto2006,n.248(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recantedisposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizza- zione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasionefiscale) , e, tra queste, dell’art. 13, per violazione dei seguenti parametri costituzionali: art. 3(tuttelericorrenti),art.41(RegionesicilianaeRegioneFriuli-VeneziaGiulia),art.97(Regione 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 177 IL CONTENZIOSO NAZIONALE Veneto) , art. 114 (Regione Veneto) , art. 117 (Regione Veneto, Regione Friuli-Venezia Giulia, RegioneValle d’Aosta) , art. 118 (RegioneVeneto) , art. 119 (RegioneVeneto e Regione Friuli- Venezia Giulia) e art. 120 (Regione Veneto) della Costituzione, artt. 14, lettera p) , e 17, lettera i) , del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto regionaledella Regione siciliana) (Regione siciliana) , artt. 4, n. 1, n. 1-bis e n. 6, 8 e 48 e seguenti dellalegge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-VeneziaGiulia) (Regione Friuli-Venezia Giulia) , art. 2, primo comma, lettere a) e b) , della legge costi- tuzionale 26 gennaio 1948, n. 4 (Statuto regionale per laValle d’Aosta) (Valle d’Aosta). L’articolo censurato impone alcune limitazioni alle società partecipate da Regioni edenti locali per lo svolgimento di funzioni amministrative o attività strumentali alle stesse. A norma del comma 1, al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza edel mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società a capitale interamente pubbli- co o misto -costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzionedi beni e servizi strumentali all’attività di tali enti, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza -devono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non possono svolgere prestazio- ni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e nonpossono partecipare ad altre società o enti Anorma del comma 2, le predette società sono ad oggetto sociale esclusivo e non pos- sono agire in violazione delle regole di cui al comma 1. Ilcomma3dettaunadisciplinatransitoria,perlacessazionedelleattività nonconsentite. Il comma 4 dispone per i contratti conclusi dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, prevedendo la nullità dei contratti conclusi in violazione dei commi 1 e 2. 2.- Riservata a separate pronunce la decisione sulle altre disposizioni contenute neldecreto-legge n. 223 del 2006, sia nel testo originario sia in quello risultante dalle modifi- che apportate in sede di conversione dalla legge n. 246 del 2006, vengono all’esame dellapresente pronuncia le questioni relative all’art. 13. 3.- I ricorsi pongono questioni analoghe; deve, quindi, essere disposta la riunione deirelativi giudizi ai fini di una trattazione unitaria e di un’unica decisione. 4.- Non sono ammissibili le questioni sollevate con riferimento agli artt. 114, 118, 119e 120 Cost., perché non autonomamente argomentate, quindi generiche. 5.- Non sono ammissibili neanche le questioni sollevate con riferimento ai soli artt. 3e 41 Cost. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, anche successiva alla leggecostituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda dellaCostituzione), non sono ammissibili le censure prospettate dalle Regioni rispetto a parame- tri costituzionali diversi dalle norme che operano il riparto di competenze con lo Stato, qua- lora queste non si risolvano in lesioni delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione(sentenze n. 190 del 2008 e, con particolare riferimento all’art. 41 Cost., n. 272 del 2005). 6.- Le censure sollevate dalla Regione Veneto con il ricorso n. 96 del 2006, propostoprima della conversione del decreto-legge, devono intendersi assorbite in quelle, di identi- co tenore, sollevate con il ricorso n. 103 del 2006. 7.- Successivamente alla proposizione dei ricorsi, i commi 3 e 4 dell’articolo impugna- to sono stati modificati dall’art. 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Lerelative modifiche, pur incidendo sui termini di alcune delle censure formulate dalle ricor- renti, non sono tali da determinare la cessazione della materia del contendere. 8.- Le ulteriori questioni, sollevate dalle Regioni in ordine ad altri parametri costitu- zionali, non sono fondate. 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 178 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 178 8.1.- Dette questioni riguardano la lesione, da parte delle disposizioni impugnate, dellapotestà legislativa regionale in materia di organizzazione degli uffici regionali e degli entilocali, fondata sull’art. 117 Cost. e, per quanto riguarda le Regioni siciliana, Friuli-VeneziaGiulia e Valle d’Aosta, sulle norme degli statuti speciali (artt. 14, lettera p) e 17, lettera i), del regio decreto legislativo n. 455 del 1946; artt. 4, n. 1, n. 1-bis e n. 6, 8 e 48 e seguenti, della legge costituzionale n. 1 del 1963; art. 2, comma 1, lettere a) e b), della legge costitu- zionale n. 4 del 1948). Il parametro costituzionale e le norme statutarie comprendono l’organizzazione deiservizi regionali e i rapporti tra le Regioni e le società, attraverso le quali le Regioni stessesvolgono le loro funzioni. A norma dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ledisposizioni della stessa legge costituzionale, che prevedono forme di autonomia più ampierispetto a quelle già attribuite, si applicano anche alle Regioni a statuto speciale. Ora, men- tre la potestà legislativa regionale disciplinata dall’art. 117, quarto comma, è sottoposta soloai limiti dettati dal primo comma dello stesso articolo, la potestà legislativa delle Regioni astatuto speciale in materia di organizzazione delle società dipendenti, esercenti l’industria oi servizi, deve sottostare agli ulteriori e più severi limiti derivanti dagli artt. 14 e 17 dellostatuto della Regione siciliana (rispettivamente, riforme agrarie e industriali deliberate dallaCostituente e principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato), dall’art. 4 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia (principi generali dell’ordinamento giu- ridico della Repubblica, norme fondamentali delle riforme economico-sociali, interessinazionali e delle altre regioni) e dall’art. 2 dello statuto della Regione Valle d’Aosta (prin- cipi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, interessi nazionali, norme fondamentalidelle riforme economico-sociali della Repubblica). Di conseguenza, si può fare esclusivo riferimento all’art. 117 Cost., in quanto la pote- stà legislativa da esso conferita assicura una autonomia più ampia di quella prevista daglistatuti speciali. La questione può dunque essere affrontata in termini unitari. 8.2.-Vapremessochenonèidoneaaescludereun’eventualelesionedellapotestàlegis- lativa regionale la previsione contenuta nell’art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 223, inbase alla quale «le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statutospeciale e alle province autonome diTrento e di Bolzano in conformità agli statuti speciali ealle relative norme di attuazione» . Secondo la giurisprudenza di questa Corte, simili clauso- le, formulate in termini generici, non hanno l’effetto di escludere una lesione della potestàlegislativa regionale (sentenze nn. 165 e 162 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006). 8.3.-Le disposizioni impugnate definiscono il proprio ambito di applicazione nonsecondo il titolo giuridico in base al quale le società operano, ma in relazione all’oggettosociale di queste ultime. Tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attività ammini- strativainformaprivatisticaeattivitàd’impresadientipubblici.L’unael’altrapossonoesse- re svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nelprimocasovièattivitàamministrativa,dinaturafinaleostrumentale,postainesseredasocie- tà di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso, vi èerogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti) , in regime di concorrenza. Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attività per evitare che unsoggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione. Non è negata né limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è impo- sto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a unafrequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza. 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 179 IL CONTENZIOSO NAZIONALE Ciò premesso, occorre valutare sia l’oggetto della disciplina, sia la sua finalità. 8.4.- Dal primo punto di vista, le disposizioni in esame riguardano l’attività di societàpartecipate dalle Regioni e dagli enti locali. Si tratta di un oggetto che può rientrare nellamateria dell’organizzazione amministrativa, di competenza legislativa regionale, o, al paridelle previsioni in materia di contratti, pure contenute nell’articolo impugnato, nella mate- ria dell’«ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva dello Stato. L’ambito di tale ultima materia è stato precisato da questa Corte. Essa ha affermato chela potestà legislativa dello Stato comprende gli aspetti che ineriscono a rapporti di naturaprivatistica, per i quali sussista un’esigenza di uniformità a livello nazionale; che essa nonè esclusa dalla presenza di aspetti di specialità rispetto alle previsioni codicistiche; che essacomprende la disciplina delle persone giuridiche di diritto privato; che in essa sono inclusiistituti caratterizzati da elementi di matrice pubblicistica, ma che conservano natura privati- stica (sentenze nn. 159 e 51 del 2008, nn. 438 e 401 del 2007 e n. 29 del 2006). La disciplina censurata non rientra nella materia dell’organizzazione amministrativaperché non è rivolta a regolare una forma di svolgimento dell’attività amministrativa. Essarientra, invece, nella materia -definita prevalentemente in base all’oggetto -«ordinamento civile», perché mira a definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato e a tracciareil confine tra attività amministrativa e attività di persone giuridiche private. 8.5.- Dal secondo punto di vista, le disposizioni impugnate hanno il dichiarato scopodi tutelare la concorrenza. Questa Corte ha così delimitato la «tutela della concorrenza» : la titolarità della relativapotestà legislativa consente allo Stato di adottare misure di garanzia del mantenimento dimercati già concorrenziali e misure di liberalizzazione dei mercati stessi; queste misure pos- sono anche essere volte a evitare che un operatore estenda la propria posizione dominante inaltri mercati; l’intervento statale può consistere nell’emanazione di una disciplina analitica, laqualepuòinfluiresumaterieattribuiteallacompetenzalegislativadelleRegioni;spettaallaCorte effettuare un rigoroso scrutinio delle relative norme statali, volto ad accertare se l’in- tervento normativo sia coerente con i principi della concorrenza, e se esso sia proporzionatorispetto a questo fine (sentenze nn. 63 e 51 del 2008 e nn. 421, 401, 303 e 38 del 2007). L’obiettivo delle disposizioni impugnate è quello di evitare che soggetti dotati di pri- vilegi operino in mercati concorrenziali. Dunque, la disciplina delle società con partecipa- zione pubblica dettata dalla norma statale è rivolta ad impedire che dette società costituisca- no fattori di distorsione della concorrenza. Essa rientra, quindi, nella materia -definita pre- valentemente in base al fine -della «tutela della concorrenza» . 8.6.- Si può riassuntivamente affermare che le disposizioni impugnate sono riconduci- bili alla competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile, in quanto volte adefinire i confini tra l’attività amministrativa e l’attività d’impresa, soggetta alle regole delmercato, e alla competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della concorrenza, inquanto volte a eliminare distorsioni della concorrenza stessa. 8.7.- Ai fini della riconducibilità della disciplina contestata alla tutela della concorren- za, resta da valutare, indipendentemente da valutazioni di merito sul suo contenuto, la pro- porzionalità di tale disciplina e, quindi, la sua idoneità a perseguire finalità inerenti alla tute- la della concorrenza (sentenze nn. 452 e 401 del 2007). Questo scrutinio va operato distin- tamente per le varie previsioni dell’articolo impugnato. Vengono in considerazione, in primo luogo, quelle che impediscono alle società inquestione di operare per soggetti diversi dagli enti territoriali soci o affidanti, imponendo difatto una separazione societaria, e obbligandole ad avere un oggetto sociale esclusivo. Esse 02 cont. naz . 01 fiengo c:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 13/01/2009 14.54 Pagina 180 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 180 mirano ad assicurare la parità nella competizione, che potrebbe essere alterata dall’accessodi soggetti con posizioni di privilegio in determinati mercati. Da questo punto di vista, essenon appaiono irragionevoli, né sproporzionate rispetto alle esigenze indicate. Va valutato, in secondo luogo, il divieto di detenere partecipazioni in altre società oenti. Esso è complementare rispetto alle altre disposizioni considerate. È volto, infatti, a evi- tare che le società in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni oarticolazioni, le attività loro precluse. La disposizione impugnata vieta loro non di detenerequalsiasi partecipazione o di aderire a qualsiasi ente, ma solo di detenere partecipazioni insocietà o enti che operino in settori preclusi alle società stesse. Intesa in questi termini, lanorma appare proporzionata rispetto al fine di tutela della concorrenza. Infine, le ulteriori disposizioni, che dettano una disciplina transitoria e dispongono inordine ai contratti conclusi successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge, costitui- scono sanzione e complemento delle disposizioni finora considerate e, a loro volta, regola- no non irragionevolmente la fase di adeguamento alla nuova disciplina da parte delle socie- tà destinatarie di essa. Per questi motivi la Corte Costituzionale riuniti i giudizi, 1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 deldecreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economicoe sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventiin materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale», convertito, c on modificazioni, dallalegge 4 agosto 2006, n. 248, sollevata dalle Regioni Veneto, siciliana, Friuli-Venezia Giuliae Valle d’Aosta in riferimento all’art. 3 della Costituzione, con i ricorsi in epigrafe; 2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della stessa normasollevata dalle Regioni siciliana e Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all’art. 41 Cost., coni ricorsi in epigrafe; 3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della stessa normasollevata dalle Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all’art. 119 Cost., coni ricorsi in epigrafe; 4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della stessa normasollevata dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 114, 118 e 120 Cost., con i ricorsi inepigrafe; 5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 del decre- to-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, sollevata dalle Regioni Veneto, siciliana, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta, con i ricor- si in epigrafe, con riferimento all’art. 117 Cost.; agli artt. 14, lettera p), e 17, lettera i), dello statuto della Regione siciliana; agli artt. 4, n. 1, n. 1-bis e n. 6, 8 e 48 e seguenti dello statu- to della Regione Friuli-Venezia Giulia; e all’art. 2, comma 1, lettere a) e b), dello statuto della Regione Valle d’Aosta. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il30 luglio 2008 (…)» . IL CONTENZIOSO NAZIONALE 181 Inderogabilità del foro erariale (anche a fronte di una eccezione incompleta) (Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 agosto 2008 n. 21413) La Cassazione torna a pronunciarsi sul dibattuto tema del foro erariale, ribadendo la sua natura inderogabile e la conseguente rilevabilità d’ufficio daparte del giudice. Fin qui nulla di nuovo, visto che la rilevabilità d’ufficiodella competenza territoriale indicata dall’art. 25 c.p.c. è espressamente san- cita dall’art. 9 R.D. 1611/33, e la sua inderogabilità è stata più volte ribaditadalla Suprema Corte (v., ex multis, Cass. sez. III, 13 luglio 2004, n. 12978; Cass., sez. I, 3 settembre 2004, n. 17880). La peculiarità dell’ordinanza in questione sta, piuttosto, nell’aver chiari- to che la rilevabilità d’ufficio del foro erariale “include” in sé quella dei foripresupposti sulla base dei quali esso si determina. La vicenda, esemplare per la sua linearità, riguarda un’azione di respon- sabilità civile per risarcimento danni esercitata presso il Tribunale di Tarantonei confronti del Ministero della Salute. L’amministrazione convenuta nulla ha avuto da eccepire sull’individua- zione attorea del luogo in cui l’obbligazione era sorta e di quello in cui lastessa doveva eseguirsi. Fori che sarebbero stati alternativamente competen- ti secondo le norme ordinarie (rispettivamente quali forum delicti e forumdestinatae solutionis ex art. 20 c.p.c.), ma che la difesa del Ministero eccepi- va essere inderogabilmente incompetenti in virtù dell’operatività del foroerariale, e quindi in favore del “giudice del luogo dove ha sede l’ufficiodell’Avvocatura dello Stato”, seppur all’interno del medesimo distretto. Essendosi limitata l’Avvocatura dello Stato a sollevare l’eccezione in viagenerica, indicando quale Tribunale competente quello di Lecce e senzanulla dire sulle premesse in base alle quali il foro erariale veniva individua- to, il Tribunale di Taranto ha rigettato l’eccezione con sentenza parziale 22giugno 2007. Nella motivazione si legge che tale eccezione si è articolatacon la deduzione della competenza del Tribunale di Lecce “senza rappresen- tare la competenza del Tribunale di Taranto quale forum delicti e forum desti- natae solutionis, ai sensi della seconda parte dell’art. 25 c.p.c.”. Decidendo sul ricorso per Regolamento di Competenza proposto dalMinistero della Salute, la Cassazione ha completamente ribaltato l’argomen- tazione del Tribunale tarantino, facendo opportunamente chiarezza sull’am- piezza delle ricadute processuali della natura inderogabile del foro erariale: in particolare, ha precisato che l’inderogabilità del foro erariale esclude diper sé la sussistenza di qualsivoglia onere di contestazione a caricodell’Amministrazione convenuta, anche in relazione ai fori presupposti. Si tratta di un orientamento nuovo, che smentisce precedenti pronunce disegno opposto della stessa Cassazione. Tra le altre, Cass. , sez. III, 30 luglio 2004, n. 14718 aveva infatti stabilito che “nel giudizio in cui è parte un’AmministrazionedelloStato,sel’obbligazionededottaabbiaoriginedaun RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 fatto illecito, ai fini della individuazione del giudice competente per territorio ai sensi degli artt. 6 del R.D. del 30 ottobre 1933, n. 1611 e 25 c.p.c. , il forum delicti concorre, inviaalternativa,conil forumdestinataesolutionis dadeter- minare in base alle norme di contabilità pubblica art. 54 del R.D. 18 novem- bre 1923 n. 2440, artt. 278, lett. d) , 287 e 407 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827…qualora in detto giudizio l’Amministrazione dello Stato eccepisca l’in- competenza per territorio, ha l’onere di contestare la competenza del giudice adito con riferimento, tra l’altro, ad entrambi i criteri di collegamento e, in mancanza, l’eccezione deve ritenersi inammissibile e, conseguentemente la competenza resta definitivamente radicata innanzi al giudice adito” . Bene, nell’effettuare un vero e proprio revirement sul punto, con l’ordi- nanza di seguito riportata la Suprema Corte afferma che “l’onere di contesta- zione…non è concepibile, tenuto conto che il regime di rilevazione dell’in- competenza territoriale derivante dal foro erariale è riconducibile a quelloproprio della competenza territoriale inderogabile, e che tale riconduzioneè incompatibile con il pretendere che quando l’eccezione venga formulatadalla difesa erariale sia completa”. Del resto appare quantomeno contraddittorio asserire che la competenzadel foro erariale non è derogabile dalla volontà delle parti, e che tuttavia losono i fori presupposti sulla base dei quali lo stesso viene determinato: in talmodo si offrirebbe alle parti la facoltà di “scegliersi” il foro erariale che pre- feriscono, in palese contrasto con la ratio di norme (l’art. 25 c.p.c. e l’art. 6 R.D. 1611/33) che sono pacificamente basate sul pubblico interesse. Il richiamo al “giudice che sarebbe competente secondo le norme ordi- narie” (art. 25 c.p.c.), insomma, non può di certo includere in sé il richiamoalla facoltà delle parti di derogarvi, nel contesto di una norma che fonda unforo esclusivo e inderogabile. Dott. Alessandro Nastri(* ) Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 agosto 2008, n. 21413 – Pres. P. Vittoria – Cons. Rel. R. Frasca – Ministero della Salute c/ C. D. «(omissis) Ritenuto quanto segue: Il Ministero della Salute ha proposto istanza di regolamento di competenza avverso lasentenzaparzialedel22giugno2007,conlaqualeilTribunalediTaranto,SezioneDistaccatadi Manduria, ha dichiarato la propria competenza sulla controversia introdotta nei suoi con- fronti e nei confronti della Regione Puglia da C.D. , per ottenere il risarcimento di danni sof- ferti per avere contratto un’epatite a causa di una trasfusione di sangue infetto. Il tribunale ha dichiarato la propria competenza per l’incompletezza dell’eccezione disussistenza della competenza del Tribunale di Lecce, proposta dal Ministero, in quanto essa (*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato. IL CONTENZIOSO NAZIONALE si sarebbe articolata con la deduzione della competenza di quel tribunale, per essere ilTribunale di Taranto – Sezione Distaccata di Manduria ricompreso nel distretto di Corted’Appello in cui ha sede l’Avvocatura dello Stato “senza rappresentare la competenza delTribunale di Manduria quale forum delicti e forum destinatae solutionis, ai sensi della seconda parte del citato art. 25 c.p.c., e, per l’effetto, senza contestare (rectius fondare) la competenza di quello adito in relazione a tutti i fori concorrenti” . Considerato quanto segue: La relazione redatta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata del seguente tenore: “[… ] L’istanza di regolamento di competenza – che, in relazione al motivo su cui si fonda (“vio- lazione ed errata applicazione degli art. 25 c.p.c. e 6 r.d. n. 1611/33”) prospetta un quesitodi diritto – appare fondata. Nella specie, fermo che l’eccezione di incompetenza territoriale per l’esistenza del foroerariale, quando tale foro viene in considerazione rispetto ad un’amministrazione statale, èrilevabile d’ufficio (art. 9 del r.d. n. 1611/33: ed in disparte la questione del termine entro ilquale il rilevo può avvenire), erroneamente il Tribunale ha considerato l’eccezione propostadalla difesa erariale come un’eccezione di incompetenza territoriale derogabile, onerandoquella difesa di contestare tutti i fori indicati dall’art. 25 c.p.c. in relazione alle controversieconcernenti obbligazioni. L’onere di contestazione, viceversa, non è concepibile, tenutoconto che il regime di rilevazione dell’incompetenza territoriale derivante dal foro erarialeè riconducibile a quello proprio della competenza territoriale inderogabile (in tal senso, ex multis, Cass. n. 17880/04) e che tale riconduzione è incompatibile con il pretendere chequando l’eccezione venga formulata dalla difesa erariale sia “completa” (non può, dunque, condividersi viceversa Cass. n. 14718 del 2004, che – senza peraltro farsi carico di questo problema – ha appunto onerato la difesa erariale dell’amministrazione statale del detto oneredi contestazione: il principio affermato da tale sentenza è semmai applicabile allorché il foroerariale sia esteso ad un ente pubblico diverso dallo Stato senza l’espressa previsione del- l’inderogabilità: si veda Cass. n. 7514 del 2005). Il collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione. Deve, pertanto, dichiararsi la competenza del Tribunale di Lecce, al quale può rimet- tersi il regolamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Lecce, al quale rimette la deci- sione sulle spese del giudizio di regolamento. Assegna per la riassunzione termine di mesiquattro. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 3 luglio2008 (…)» . 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 184 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 184 Le forze multinazionali all’estero e l’immunità penale dei militari: il caso “Calipari” (Corte d’Assise di Roma, sezione terza, sentenza 25 ottobre 2007 n. 21; Cassazione Penale, sezione prima, sentenza 24 luglio 2008 n. 31171) SOMMARIO: 1.- Il caso “Calipari”. 2.- La sentenza della terza Corte d’Assise di Roma. 3.- La sentenza della prima Sezione Penale della Corte di Cassazione. 4.-La “legge dellabandiera” nel caso di occupazione militare straniera. 5.- Il contesto storico-ordinamentaleiracheno. Tipologia di operazioni multinazionali. 6.- La legge della bandiera nel caso diconsenso dello Stato territoriale alla presenza straniera. 6.1.- La legge della bandiera: navicivili. 6.2.- Navi militari. 6.3.- La finzione dell’extraterritorialità. 6.4.- I corpi di truppa. 7.- L’immunità funzionale degli organi stranieri. 7.1.- Ratio. 7.2.- Natura giuridica. 7.3.- Estensione oggettiva: la sfera funzionale. 7.4.-Ambito soggettivo. 1. Il caso “Calipari” Le sentenze in commento si occupano della condizione giuridica deicorpi di truppa inviati all’estero, con riguardo alla giurisdizione penale suifatti commessi nell’esercizio delle funzioni. Nella specie, si trattava di giudicare il militare americano Mario Luis Lozano che, lasera del 4 marzo 2005, mentre era di guardia ad un posto di blocco istituito in prossimitàdell’aeroporto di Baghdad, esplose diverse raffiche di mitra all’indirizzo della ToyotaCorolla su cui viaggiavano i funzionari del SISMI Nicola Calipari ed Andrea Carpani e lagiornalista Giuliana Sgrena, appena liberata dai primi due dopo il sequestro di persona di cuiera rimasta vittima. Nell’episodio, il Calipari rimase ucciso nell’atto di riparare la Sgrenacon il proprio corpo, mentre questa ed il Carpani riportarono lesioni. La Procura di Roma, svolte le indagini, contestò al Lozano i reati di omicidio e tentato omicidio plurimo, per iquali l’imputato fu rinviato a giudizio. Su pressione del governo italiano, gli Stati Uniti istituirono una Commissione d’inchie- sta, cui furono invitati due rappresentanti del nostro Paese. I lavori, condotti secondo leregole dell’esercito americano, si conclusero con due documenti distinti, uno di parte ame- ricana, l’altro di parte italiana. Il primo ritenne rispettate le regole d’ingaggio ed attribuì l’in- cidente all’eccessiva velocità con cui la vettura si era avvicinata al posto di blocco, nonchéal difetto informativo delle autorità italiane nei confronti del Comando USA circa l’opera- zione in corso. Il documento di parte italiana imputò il fatto all’inesperienza dei militariamericani, chiamati ad operare in un difficile clima di tensione dopo un breve addestramen- to. Si noti che il Lozano apparteneva alla Guardia Nazionale, e come tale aveva ricevuto unaddestramento di appena sei mesi. Secondo la Corte di Assise di Roma, i militari di stanza all’esterogodrebbero d’immunità sia dalla giurisdizione locale, sia da quella di terziStati, secondo un principio consuetudinario del diritto internazionale chia- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 185 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 185 mato “legge della bandiera”, in forza del quale essi sarebbero assoggettatisoltanto al potere dello Stato di appartenenza (1). Secondo la Corte di Cassazione – investita della questione a seguito diricorso immediato contro la sentenza della Corte d’Assise – i fatti commes- si dai suddetti militari nell’esercizio delle funzioni (nella specie, di guardiae controllo ad un posto di blocco) rientrerebbero invece nella diversa regola, anch’essa di diritto internazionale generale, che prevede l’immunità funzio- nale degli individui che abbiano agito in veste di organi di Stati stranieri. Entrambe le sentenze, seppur con diverse motivazioni, concludonoaffermando il difetto di giurisdizione penale dello Stato italiano sui fatti. Qui di seguito, in sintesi, i passaggi principali delle due decisioni. 2. La sentenza della terza Corte d’Assise di Roma. LaCorted’Assisenegalagiurisdizioneitalianasuifatti,chiamandoacon- forto sia il diritto internazionale consuetudinario, sia la Risoluzione delConsigliodiSicurezzadelleN.U.n.1546del8giugno2004(il “SOFAIraq”) . Dopo aver ripercorso i tragici eventi verificatisi a Baghdad il 4 marzo2005, la Corte qualifica lo scenario iracheno al tempo dei fatti in termini di occupazione militare straniera. Da ciò fa discendere l’applicazione – in via esclusivaeprevalenterispettoadognialtrocriteriodiradicamentodellagiuri- sdizione(universalità,territorialità,personalitàattiva,personalitàpassiva) –di un principio che essa afferma appartenere alla dottrina dell’occupatio belli, chiamato “leggedellabandiera”.Inforzaditaleprincipio,dicarattereinterna- zionale consuetudinario, i membri di contingenti stranieri d’occupazionegodrebberodiimmunitàperifatticommessinelloStatodisoggiorno,essendo soggetti alla giurisdizione esclusiva dello Stato d’appartenenza. Si tratterebbedi un principio consuetudinario di secolare ed incontestata applicazione (non sono, tuttavia, citati precedenti) , giustificato dalla mancanza d’effettiva indi- pendenza dei poteri locali in uno Stato occupato, il che escluderebbe l’eserci- zio della giurisdizione locale; nonché, nel caso di missioni multinazionali, dalprincipio di reciprocità, assicurando a ciascuno Stato l’esercizio indisturbato della giurisdizione sui propri militari, senza interferenze altrui. La giurisdizione esclusiva dello Stato d’invio deriverebbe altresì dallaRisoluzione n. 1546/04 (che autorizzava la presenza della Forza multinazio- nale stanziata in Iraq con compiti di mantenimento della pace e della sicu- rezza), che avrebbe applicazione diretta ed immediata nel nostro ordinamen- to giuridico. Tale risoluzione richiama le lettere indirizzate al Consiglio diSicurezza dall’allora Primo Ministro iracheno Ayad Allawi e dal Segretariodi Stato USAColin Powell (lettere in cui si ravviserebbe il SOFA “Status of (1) La sentenza è stata annotata da RONZITTIN., Bisogna stipulare accordi specifici per i rapporti interni alle coalizioni, in Guida al diritto, 2008, 6, pp. 52 ss.; GANDINI F., in Foro italiano, 2008, II, 245 ss. Cfr. altresì CASSESES., La legge ed il caso Calipari, in Repubblica, 15 gennaio 2008, 22. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 186 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 186 Forces Agreement” relativo alla missione multinazionale in Iraq). La letteradi Colin Powell afferma che gli Stati fornitori dei contingenti “…haveresponsibility for excercising jurisdiction of their personnel…”, da cuidovrebbe desumersi l’attribuzione a ciascuno Stato della giurisdizione suipropri contingenti. Tale Risoluzione sarebbe stata attuata dall’Order n. 17, adottato dopo pochi giorni dalla Coalition Provisional Authority (ilComando della Forza multinazionale che aveva preso il potere in Iraq dopola deposizione di Saddam), nel quale è prevista la soggezione dei membridella forza allo Stato di invio. 3. La sentenza della prima Sezione Penale della Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione, a seguito di ricorso proposto dalla P.G. presso laCorte d’Appello, dalla Procura presso il Tribunale di Roma e da una delleparti civili (Sgrena), ha corretto la motivazione della sentenza gravata, con- fermandone il dispositivo. La legge della bandiera, a parere del giudice di legittimità, sarebbe didubbia vigenza nell’ordinamento internazionale, e non sarebbe comunqueapplicabile al caso di specie, in quanto relativa ai rapporti cd. “verticali” fraStato d’invio e Stato di soggiorno dei militari, e non a quelli “orizzontali” traStato di invio e Paesi terzi, in rilievo nel caso di specie. Anche la Risoluzione n. 1546, a prescindere dalla sua diretta applicabilità nell’ordinamento inter- no (che la Corte di Cassazione preferisce escludere), riguarda i soli rapportiverticali. Il richiamato Order n. 17 – peraltro incapace di vincolare il giudi- ce italiano – espressamente richiama, quanto al proprio ambito di applicazio- ne, l’“Iraqi legal process”, il solo a venire escluso. Secondo la Corte di Cassazione, l’immunità dell’imputato deriverebbeda una più generale regola del diritto internazionale generale, cui l’Italia ètenuta a conformarsi in base all’art. 10 comma 1 Cost.: quella che stabiliscel’immunità funzionale degli organi di Stati stranieri per i fatti commessi nel- l’esercizio delle funzioni. In tale ambito, rientrerebbe il militare americano, dislocato in Iraq nell’ambito della Forza multinazionale, ma sotto diretto edimmediato controllo del Comando statunitense, in relazione alle attività diguardia e controllo ad un posto di blocco. Le operazioni militari sarebberol’ontologica manifestazione della sovranità di uno Stato e l’espressione piùdiretta dell’esercizio di funzioni pubbliche, con conseguente imputazionedelle stesse allo Stato e non all’individuo che in nome e per conto di questoabbia agito. Essendo lo Stato immune, a sua volta, dalla giurisdizione civiledi altri Paesi per danni conseguenti ad attività ufficiali (par in parem non habet jurisdictio), la sua responsabilità potrebbe esser fatta valere solo nel- l’ambito delle relazioni con gli altri Stati, sul piano del diritto internaziona- le. Uniche eccezioni riguarderebbero il caso di crimini internazionali che, inquanto minano le fondamenta stesse della coesistenza tra i popoli, costitui- rebbero il punto di rottura dell’esercizio tollerabile della sovranità, impe- gnando la responsabilità penale dell’individuo-organo e quella civile risarci- toria (aquiliana) dello Stato. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 187 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 187 4. La “legge della bandiera” nel caso di occupazioni straniere. La pronuncia della Corte d’Assise si pone sulla scia di quella dottrinache ha affermato la soggezione allo Stato di appartenenza dei militari invia- ti all’estero in missione, derivante da un’asserita norma di diritto internazio- nale consuetudinario chiamata “legge della bandiera”, o “legge dello zaino”, ed icasticamente riassunta dai brocardi “ubi signa est jurisdictio” e “la loi suit le drapeau”. Con riferimento alle occupazioni militari – definite come l’insediamen- to stabile nel territorio di uno Stato di agenti militari stranieri, ivi penetratisenza il consenso del sovrano locale, delle cui strutture statuali abbianoacquisito il controllo (2) – si è sostenuto che l’ordinamento della forza occu- pante sarebbe rimesso allo Stato di appartenenza (3). Ciò, peraltro, si collega a ragioni pratiche, più che giuridiche, riferibilialla situazione di occupazione, per cui le autorità locali o sono controllatedallo stesso Stato d’invio, o non sono in grado di funzionare. La soggezione allo Stato d’invio delle truppe d’occupazione è stataaffermata dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale (antesignana, nell’ambito della disciolta Società delle Nazioni, dell’odierna Corte diGiustizia Internazionale). In un caso deciso nel lontano 1909, essa riconob- be come regola generale che un esercito straniero occupante ha la giurisdi- zione esclusiva (intesa in senso lato, come sottoposizione alla propria auto- rità) sui propri militari (4). Peraltro, nonostante avesse qualificato tale giurisdizione con il termine “exclusive”,laCorteammisecheessapotesseentrareinconcorsoconaltregiu- risdizioni(nellaspecie,quellaconsolaretedesca)echenonesistesseroregoledicarattere generale per accordare preferenza all’una od all’altra, dovendosi divolta in volta risolvere il conflitto alla luce delle circostanze concrete del caso. Alla Corte era stato chiesto di statuire su un incidente verificatosi nel porto diCasablancatraGermaniaeFrancia.Il25settembre1908,membridelConsolatoImperialediGermaniaavevanocercatodiimbarcaresuunanavetedescaalcunidisertoriappartenentiallaLegione straniera francese di stanza in Marocco, al fine di assicurarne la fuga. Tre disertorierano di nazionalità tedesca ed avevano chiesto protezione alla propria autorità consolare. All’attodell’imbarco,ilgruppoerastatosorpresodamilitarifrancesiche,ingaggiatouncon- trasto violento con gli agenti consolari tedeschi, avevano arrestato tutti i disertori. La Corte, partendo dalla circostanza che Casablanca era sottoposta ad occupazionemilitare francese, affermò che “an occupying army exercises as a general rule an exclusivejurisdiction over all persons belonging to it”. Al contempo, tuttavia, riconobbe che in Marocco vigeva un regime di giurisdizioneextraterritoriale in forza del quale “the German consular authority exercises as a generalrule an exclusive jurisdiction over all German subjects who happen to be in that country”. (2) VENTURINI G., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Forze Armate – II) Forzearmate all’estero – Dir. Int., 1989, vol. XIV, p. 1. (3) VENTURINI G., cit., p. 1. (4) Francia c. Germania, caso Deserters of Casablanca, 22 maggio 1909. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 188 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 188 Adottò, quindi, una soluzione intermedia: da un lato, stabilì che la preferenza dovesseessere accordata alla giurisdizione dello Stato occupante, in quanto i disertori non avevanolasciato il territorio posto sotto l’immediato, attuale ed effettivo controllo della forza armatacui appartenevano; dall’altro, affermò che il Console tedesco non potesse essere biasimatoper aver protetto i disertori del proprio Paese, attesa la difficoltà di stabilire con chiarezza edin modo universalmente accettato i rapporti fra giurisdizione militare ed autorità consolare. Nel caso del Lozano, il riferimento alla legge della bandiera non convin- ce. L’impossibilità di funzionare, o la scarsa indipendenza del potere giurisdi- zionale locale (in quanto controllato dallo Stato occupante) , non esclude lagiurisdizione di terzi Stati. Inoltre, come detto sopra, la stessa Corte PermanentediGiustiziainternazionaleammiseilconcorsofragiurisdizionedi bandiera e terze giurisdizioni (rapporto “orizzontale”) , negando l’esistenza di regole generali in grado di risolverlo ad esclusivo favore dell’una o dell’altra. Soprattutto, suscita perplessità la ricostruzione in termini di occupazio- ne militare straniera del contesto iracheno al tempo dei fatti, per le ragioniseguenti. 5. Il contesto storico-ordinamentale iracheno. Tipologia di operazioni mul- tinazionali. L’occupazione militare della Forza multinazionale dovrebbe ritenersicessata il 28 giugno 2004, quando vi è stato il passaggio di poteri fral’Autorità Provvisoria della Coalizione (cd. CPA “Coalition Provisional Authority”) – che aveva governato il Paese a partire dalla caduta del prece- dente regime – ed il neonato Governo ad interim dell’Iraq. Corretto appare, al riguardo, il richiamo effettuato dalla sentenza dellaCorte di Cassazione alla Risoluzione n. 1546 dell’8 giugno 2004. Tale riso- luzione (che ha autorizzato la presenza della Forza multinazionale in Iraqcon compiti di mantenimento della pace e della sicurezza) approvava la for- mazione di un Governo ad interim iracheno, indicando il 30 giugno 2004come termine perché acquisisse i pieni poteri. Prendeva atto che “…la pre- senza della forza multinazionale è su richiesta del subentrante Governo adinterim dell’Iraq…”, consenso che risulta espresso nell’allegata lettera del- l’allora Primo Ministro del Governo ad interim dell’Iraq, Ayad Allawi. Dell’effettiva assunzione di piena autorità da parte del Governo ad inte- rim iracheno, avvenuta il successivo 28 giugno 2004, prende atto laRisoluzione n. 1637 del 8 novembre 2005. Dato che di occupazione può parlarsi solo in mancanza del consenso delsovrano territoriale, a seguito dell’ingresso non autorizzato di agenti milita- ri stranieri (5), sembra potersi escludere che, al tempo dei fatti (4 marzo2005), in Iraq vi fosse uno scenario di occupazione militare. La sentenza della Corte di Cassazione in commento guarda l’Iraq piut- tosto come il teatro di svolgimento di una missione multinazionale di pace (5) VENTURINI G., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Forze Armate – II) Forzearmate all’estero – Dir. Int., 1989, vol. XIV. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 189 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 189 delle N.U. (peace support operations). Gli elementi distintivi di questa sarebbero: a) il consenso dello Stato ospitante; b) l’impiego di forze militari da parte di Paesi terzi; c) la varietà e complessità dei compiti, anche di poli- zia, attribuiti ai reparti stranieri. In dottrina, le operazioni multinazionali organizzate per fronteggiaresituazioni di crisi, interna od internazionale, sono state variamente classifica- te(6).Un’utiledistinzionepotrebbeesserequellafra:1)operazionisottodiret- to comando delle N.U. , in base agli artt. 43 ss. della relativa Carta, peraltromai attuate; 2) operazioni non fondate sull’art. 43 della Carta, ma sempre nelquadro delle N.U. ; 3) operazioni condotte al di fuori dell’ambito delle N.U. 1. Operazioni sotto diretto comando delle N.U., in base agli artt. 43 ss. della relativaCarta: sono le sole in cui può prescindersi dal consenso dello Stato ospitante (oltre ai casidi legittima difesa). È previsto che il Consiglio di Sicurezza possa adottare, al fine di tute- lare la pace e la sicurezza internazionali, misure implicanti l’uso della forza (art. 42). Atalfine, si servirà dei contingenti militari che gli Stati membri si impegnano a fornire. Tali con- tingenti vengono sottoposti al comando unificato di un Comitato di Stato Maggiore, organocomune dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, posto sotto il diretto controllodi quest’ultimo. Tali disposizioni della Carta delle N.U. non sono mai state attuate. 2. Operazioni per il mantenimento della pace condotte nel quadro delle N.U., ma nonfondate sull’art. 43 della Carta di San Francisco (7): vengono realizzate sotto gli auspicidelle N.U., che conferiscono il loro “mandato” ad intervenire; presuppongono il consensodello Stato territoriale; e sono condotte attraverso forze speciali d’intervento composte daicontingenti di diversi Paesi, collocati sotto un comando unificato che risponde, in modo più o meno intenso, agli organi delle N.U. A volte, viene previsto il potere del SegretarioGenerale di dettare disposizioni vincolanti circa diritti ed obblighi della Forza, ed èl’Organizzazione stessa a retribuirne i membri. Così avvenne nelle missioni di pace inMedio Oriente (UNEF “United Nations Emergency Force” I, dal 1956 al 1967 ed UNEF II, dal 1974 al 1976), e similmente nella missione in Congo del 1960 (ONUC “United Nations Force in the Congo”), a Cipro nel 1964 (UNFICYP “United Nations Force in Cyprus”) ed in Libano nel 1978 (UNIFIL “United Nations Interim Force in Lebanon”). 3. Operazioni condotte fuori dall’ambito delle N.U. : possono esser a loro volta realiz- zate nel quadro di organizzazioni regionali di mutua difesa come la NATO (8) (ad es., l’in- tervento in Kosovo contro la Repubblica Federale di Iugoslavia nel marzo-giugno 1999) . (6) Cfr. RONZITTI N. , Le operazioni multilaterali all’estero a partecipazione italiana, Dossier pubblicato dal Servizio Affari Internazionali del Servizio Studi del Senato dellaRepubblica, n. 44, maggio 2006, pp. 5 ss. distingue fra operazioni a comando Onu o sotto lasuaegida,operazioniacomandoOnudi peaceenforcement (ex art.43CartaN.U.),operazio- ni di peace keeping robusto, operazioni autorizzate dal Consiglio di Sicurezza delle N.U. comportanti l’uso della forza, operazioni condotte col consenso dello Stato territoriale, ma aldifuoridelquadroOnu,operazionidi peacekeeping opeaceenforcementintrapresenell’am- bito di organizzazioni regionali, operazioni inquadrabili nella nozione di legittima difesa. (7) Su cui cfr. VENTURINI G., cit., pp. 2 ss. (8) In merito alle quali, cfr. RONZITTI N., in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Forze Armate – III) – Forze internazionali, vol. XIV, 2000, pp. 6 ss. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 190 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 190 Poiché l’impiego della forza armata è vietato nel diritto internazionale, se non nei casi diautorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle N.U. o di legittima difesa, è richiesto il con- senso dello Stato territoriale. Peraltro, si ammette che l’autorizzazione del Consiglio diSicurezza possa intervenire ex post, sanando l’iniziale illiceità di un intervento, come è acca- duto nel caso citato del Kosovo con la Risoluzione n. 1244/99. Si ammette, altresì, la liceità di un intervento armato non autorizzato a tutela dei pro- pri cittadini all’estero in pericolo di vita (9). Si tende ad escludere, invece, la liceità del cd. “intervento umanitario”, in cui si interviene a protezione della popolazione civile di unoStato contro la minaccia di genocidio o di trattamenti inumani e degradanti, ma senza l’au- torizzazione del Consiglio di Sicurezza. 6. La legge della bandiera nel caso di consenso dello Stato territoriale allapresenza straniera. Di legge della bandiera si è parlato anche fuori dalle ipotesi di occupa- zione, per i corpi di truppa stranieri regolarmente ammessi da uno Stato nelproprio territorio (10). Il consenso al loro transito o soggiorno equivarrebbe alla rinuncia adesercitare poteri coercitivi sui contingenti, sui loro membri e sui quartierimilitari in cui sono stanziati (11). Tale rinuncia, e la conseguente esclusionedella giurisdizione territoriale, riguarderebbe i fatti commessi nell’eserciziodelle funzioni, nonché quelli compiuti all’interno degli accampamenti mili- tari, anche se in veste privata (12). Per gli altri, la giurisdizione dello Statodi origine potrebbe concorrere con quella dello Stato di soggiorno, anche setaluno pone, come condizione all’esercizio di quest’ultima, che il colpevolesia stato arrestato dalle autorità locali (13). Tale regola costituisce la (discutibile) estensione di un principio propriodel diritto della navigazione (14). 6.1. La legge della bandiera: navi civili. Le navi civili e commerciali che navigano in alto mare sono sottopostealle leggi, all’autorità ed alla giurisdizione dello Stato di cui hanno la nazio- nalità (15). Con disposizione ricognitiva del diritto consuetudinario, laConvenzione di Montego Bay stabilisce che ciascuna nave naviga sotto labandiera di un solo Stato ed è soggetta alla sua giurisdizione esclusiva. Eccezioni al principio riguardano le navi pirata (che qualunque Stato può (9) RONZITTI N., Le operazioni multilaterali, cit., p. 7. (10) DOMINIONI O., Immunità, estraterritorialità e asilo nel diritto penale internazio- nale, in RIDPP, 1979, pp. 394-5. (11) RONZITTI N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. (12) PETTA P., La Costituzione e la Convenzione sullo status delle truppe della N.A.T.O., in Giurisprudenza Costituzionale, 1973, I, p. 983. DOMINIONI, O., cit., pp. 394-5. (13) DOMINIONI O., cit., p. 395. (14) RONZITTI N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. (15) CONFORTI B., Diritto internazionale, Napoli, 2002 (VI ed.), pp. 281 ss. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 191 IL CONTENZIOSO NAZIONALE catturare e punire, secondo un regime di universalità giurisdizionale), quelleche esercitano la tratta di schiavi, e vari altri casi ivi previsti. Ove la nave entri nella zona economica esclusiva di uno Stato, la sogge- zione allo Stato di bandiera si comprime in relazione al diritto dello Statocostiero di far rispettare le regole attinenti alla sfruttamento delle relativerisorse marine. Infine, se la nave entra in acque territoriali o in porti stranieri, la esclu- siva soggezione allo Stato di bandiera riguarda soltanto i fatti attinenti allavita di bordo, con esclusione delle condotte che si ripercuotono sull’ordi- ne pubblico locale, per le quali sussiste la giurisdizione dello Stato costie- ro (16). 6.2. Navi militari La legge della bandiera, prevista del diritto internazionale (generale econvenzionale) in relazione alle navi civili e commerciali, viene applicataanche alle navi da guerra. Già nel 1812, la Corte Suprema USAaffermò che, se una nave da guer- ra entra nelle acque territoriali di una Potenza amica disposta a riceverla, costituisce principio di diritto pubblico internazionale quello per cui deveessere considerata esente dalla giurisdizione di tale Potenza amica (caso TheSchooner Exchange c. Mc Faddon). Lo Stato costiero, che abbia accolto la nave militare straniera, o nelle cuiacque o porti questa sia stata costretta a riparare per ragioni di necessità lega- te a calamità della navigazione (17), dovrà astenersi dal compiere qualunqueatto coercitivo sulla nave intesa come oggetto, oppure a bordo della stessanei confronti dei membri dell’equipaggio e delle altre persone/cose che ivi sitrovino (18). Si tratta di una inviolabilità analoga a quella riconosciuta per lesedi e residenze diplomatiche, spiegata, soprattutto in passato, tramite ilricorso alla finzione della extraterritorialità (su cui infra). Secondo alcuni, l’esenzione dalla giurisdizione locale delle navi da guer- raderivantedall’applicazionedellaleggedellabandiera,riguarderebbeanche i membri dell’equipaggio quando scendono a terra inquadrati come corpo. Secondoaltri,coprirebbe ifattidaquestirealizzatiaterrainvesteufficiale(inuniforme) ed in servizio comandato, individuale o collettivo, per l’unità. La legge della bandiera è stata estesa agli aeromobili militari ed alle navied agli aerei di Stato in servizio governativo (19). (16) Cass. S.U. n. 183136/90. Cass. pen., Sez. IV, n. 216605/01. Cass. pen., Sez. III, n. 113527/69. Per il caso di giurisdizione italiana su nostri mercantili in acque straniere, Cass. Pen., Sez. IV, n. 151807/82. (17) DOMINIONI O., cit., p. 395. (18) VENTURINI G., cit., p. 1. GIULIANO, M., SCOVAZZI, T., TREVES, T., Diritto interna- zionale II, Milano, 1983, 514 ss. (19) GIULIANO M., et al., cit., p. 516. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 192 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 6.3. La finzione dell’extraterritorialità. Sulla base di una teoria risalente al giurista Grozio (20), le navi stranie- re sarebbero territoire flottant dello Stato di bandiera, così come le sedi eresidenze diplomatiche andrebbero considerate una porzione territorialedello Stato accreditante. La tesi della extraterritorialità venne respinta nel 1938 dal ComitatoGiudiziario del Consiglio Privato inglese nel caso Chung Chi Cheung c. TheKing (21) . Il caso sottoposto al Consiglio Privato riguardava l’omicidio del comandante di unanave da guerra cinese, commesso a bordo della stessa mentre era nel porto di Hong Kong. Ilresponsabile era stato catturato da parte delle autorità inglesi, intervenute su richiesta delnuovo comandante, ed era stato da queste processato e condannato. L’assassino, fondandosisullafinzionediextraterritorialità,avevacontestatolagiurisdizioneinglese,essendosiilfattoverificato a bordo della nave e, quindi, in territorio cinese. Il Consiglio Privato respinse taleargomento ed affermò che non solo il fatto si era verificato in territorio coloniale inglese, mache l’immunità di cui godono le navi straniere era stata, nella specie, oggetto di rinuncia daparte delle autorità cinesi, con conseguente legittimità dell’arresto e della condanna. L’inadeguatezza della fictio juris dell’extraterritorialità emerge dallaconsiderazione che fatti ivi realizzati sono, ad importanti effetti di legge, considerati commessi nello Stato territoriale: il bambino venuto al mondoall’interno di un’ambasciata si considera nato nello Stato territoriale, e diquesto acquista la nazionalità; il delinquente che commetta reati nella sedediplomatica, salvo che sia titolare di una immunità, dovrà esser consegnatoalle autorità locali senza bisogno di ricorrere all’estradizione; e queste pro- cederanno contro di lui secondo le regole previste per i reato compiuti nelloStato, e non all’estero. L’inviolabilità dei luoghi in questione, piuttosto che all’extraterritoriali- tà, viene oggi generalmente ricondotta ad una manifestazione dell’immunitàpropria delle persone cui i luoghi citati sono pertinenti, rispetto a misurecoercitive che comprimerebbero la sfera di libertà di tali persone (22). 6.4. I corpi di truppa. Come si è detto supra, secondo alcuni la legge della bandiera andrebbe estesaancheaicorpiditruppaammessiasoggiornarenelterritoriodiunoStato straniero.Iloromembrisarebberoimmunidallagiurisdizionelocaleconriferi- mentoaifatticommessinell’eserciziodellefunzioniedaquellicompiutiall’in- terno degli accampamenti militari, mentre per ogni altro fatto sussisterebbe lagiurisdizione concorrente dello Stato di origine e di quello di soggiorno (23) . (20) GROTII H. , De iurebelliac pacis libritres, II,Amsterdam, 1646,cap.XVIII, par. 4. (21) In Giurisprudenza comparata, IX, pp. 177 ss. (22) DOMINIONI O., cit., pp. 408 ss. MALLINTOPPI, Enciclopedia del diritto, voce Diplomatici agenti (Dir. intern.), vol. XII, Giuffré, pp. 592-3. (23) PETTA P., cit., p. 983. DOMINIONI O., cit., pp. 394-5. MANTOVANI F., Diritto pena- le, Padova, 2001, p. 846. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 193 IL CONTENZIOSO NAZIONALE La corrispondenza al diritto consuetudinario di tale estensione è tutt’al- tro che incontroversa. Agli autori che l’hanno sostenuta, si è contrapposta quella dottrina cheha escluso l’esistenza di specifiche norme consuetudinarie in materia (24), ha ricondotto la legge della bandiera al suo alveo naturale (relativo alle solenavi da guerra) (25), ha contestato la possibilità di estenderne il trattamentoai corpi di truppa per la marcata diversità delle situazioni cui dà luogo la pre- senza di questi rispetto alle navi (26). Talora si è affermato che lo Stato ter- ritoriale sarebbe, al massimo, tenuto a tollerare l’esercizio dei poteri discipli- nari e di governo da parte del comandante del reparto straniero, al fine dimantenere la coesione e l’ordine all’interno dell’unità (27); talaltra, che lagiurisdizione esclusiva dello Stato d’invio riguarderebbe soltanto i fatti pura- mente interni al contingente (28). L’inesistenza di consuetudini internazionali al riguardo appare coerentecon la natura relativamente recente del fenomeno della presenza consensua- le di contingenti stranieri, fenomeno del tutto eccezionale e sporadico primadella metà del Novecento, per cui la coscienza sociale degli Stati non è statastimolata a sviluppare principi ad hoc. Il che è tanto più vero per le (ancorpiù recenti) missioni multinazionali di pace (29). Quando, a partire dalsecondo dopoguerra, l’ammissione al soggiorno di truppe straniere ha inizia- to a verificarsi più frequentemente, la prassi generalizzata di regolare la lorocondizione con appositi accordi (i SOFA “Status of Forces Agremment”) ha impedito la formazione di norme consuetudinarie. Il fatto che gran parte di questi accordi prevedano l’esenzione dalla giu- risdizione locale dei militari stranieri (30) non prova l’esistenza di una coin- cidente regola consuetudinaria, che il SOFA codificherebbe: l’argomento (24) PAGLIARO A., in Enc. del Diritto, voce Immunità (dir. pen.), 1970, p. 217, affermache, a parte l’immunità funzionale che spetta a tutti gli organi stranieri, i militari stranieri(inter alios) godono solo delle immunità loro garantite da trattati internazionali recepiti daldiritto interno. (25) VENTURINI G., cit. (26) GIULIANO M., et al., cit., p. 518. (27) GIULIANO M., et al., cit., p. 517. (28) RONZITTI N., Bisogna stipulare…, cit., p. 53. (29) GIULIANO M., et al., cit., p. 518 e 520. (30) Si veda la Convenzione di Londra del 1951 sullo status delle Forze NATO. Essaafferma, in linea generale, il principio del concorso fra giurisdizioni d’invio e di soggiorno, regolandolo poi attraverso il meccanismo della “priorità giurisdizionale”, integrato dallafacoltà di rinuncia alla stessa. La priorità spetta allo Stato d’origine nel caso di fatti com- messi da membri delle forze NATO di stanza in territorio di uno Stato parte del TrattatoNord Atlantico alternativamente: 1. nell’esercizio delle funzioni; 2. nei confronti dello Statod’origine, o di membri della forza che siano suoi cittadini e relativi beni (art. VII Conv. Londra). Nell’ambito della disciolta Organizzazione del Patto di Varsavia (sulla quale cfr. VENTURINI, G., cit., p. 3.), si prevedeva la giurisdizione dello Stato d’invio sui fatti commes- si dai membri dell’alleanza, di stanza nel relativo territorio, alternativamente: 1. nell’eserci- zio delle funzioni; 2. ai danni dello Stato d’origine o di suoi organi. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 194 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 194 può essere rovesciato, affermando che proprio il ricorso ad apposita discipli- na convenzionale esclude l’esistenza di una “legge della bandiera” consue- tudinaria (31). Secondo alcuni, l’invalsa prassi di stipulare accordi sulla con- dizione delle forze armate deriverebbe proprio dai dubbi circa la vigenza ele conseguenze applicative del principio della bandiera (32). Si noti che l’esistenza di una consuetudine internazionale non può esse- re presunta, ma deve essere oggetto di puntuale dimostrazione, sia con rife- rimento alla diuturnitas che all’opinio juris, dimostrazione che non appareessere stata fornita dalla Corte d’Assise nella sentenza in commento. L’esigenza di una tale dimostrazione è tanto più forte se l’oggetto della asse- rita regola è un’immunità, che è regola di carattere eccezionale (come talenon applicabile in modo analogico od estensivo) rispetto al generale princi- pio, affermato già nel 1906 dalla Corte Permanente di Giustizia internazio- nale nel caso Lotus, per cui spetta a ciascuno Stato la scelta dei criteri di radi- camento della propria giurisdizione, salvi espliciti limiti posti dal dirittointernazionale (33). Circa l’interpretazione restrittiva delle immunità previ- ste dal diritto internazionale, quali limiti all’obbligatorietà della legge pena- le italiana, si è pronunciata anche la Corte di Cassazione italiana (34). L’esistenza di una consuetudine internazionale che vorrebbe i militaristranieri esenti dalla giurisdizione locale è stata ritenuta, in passato, dallanostra giurisprudenza costituzionale. Pronunciandosi in relazione alla disci- plina recata dalla Convenzione di Londra del 1951 sullo status delle ForzeNATO (cd. NATO SOFA), la Corte Costituzionale affermò che il riparto frale giurisdizioni dello Stato di soggiorno e dello Stato d’invio da essa previ- sto costituiva un contemperamento del principio della territorialità con quel- lo della soggezione allo Stato di appartenenza e che il criterio di riparto cosìdelineato andasse “posto in relazione alle consuetudini generali internazio- nali, secondo cui lo Stato di origine conserva il proprio potere giurisdiziona- le in ordine ai reati commessi in tempo di pace dagli appartenenti alla forzadi stanza nei territori alleati; consuetudini non irrilevanti per lo Stato italia- no il cui ordinamento, ai sensi dell’art. 10 Cost., si conforma alle norme didiritto internazionale generalmente riconosciute”. Secondo tale obiter dic- tum, l’immunità dei militari stranieri rispetto allo Stato di soggiorno sarebbesia funzionale che extrafunzionale (35). Con la seconda delle sentenze in commento, la Corte di Cassazione poneoggi in dubbio l’esistenza della legge della bandiera, citando il noto caso (31) CASSESE S., cit. (32) RONZITTI N., Bisogna stipulare, cit., p. 53. RONZITTI N., in Enc, giur., cit., p. 11. (33) GANDINI F., cit., p. 246. (34) Cass. pen., Sez. III, n. 49666/04. Cass. pen., Sez. III, n. 210861/98. (35) Corte Cost., sent. 27 giugno 1973, n. 96 (c.c. 14 giugno 1973), Astrup, inGiurisprudenza Costituzionale, 1973, I, pp. 975 ss., con nota critica di PETTA P., LaCostituzione, cit., che ammette l’esistenza della consuetudine in parola, ma ne limita l’am- bito alla sfera funzionale ed ai fatti commessi all’interno degli accampamenti militari. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 195 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 195 Lotus, in cui la Corte Permanente di Giustizia internazionale, nel 1908, occu- pandosi di un incidente navale, lo considerò “not universally accepted”. Peraltro, la Corte non entra a fondo nella questione dell’esistenza dellanorma consuetudinaria de qua, ritenendola comunque inapplicabile al casodi specie: la legge della bandiera riguarderebbe i soli rapporti “verticali” fraStato di soggiorno e Stato d’invio, non anche quelli orizzontali fra Stato d’in- vio (USA) e Stati terzi (Italia). Ciò appare corretto, se si considera che l’e- senzione dalla giurisdizione locale nel caso di occupazione militare deriva daragioni pratiche legate all’impossibilità di funzionare dei poteri locali, ocomunque alla loro soggezione allo Stati occupante; il che non esclude lapossibilità di esercizio di giurisdizioni terze. Mentre, nel caso di soggiornodi truppe straniere col consenso dello Stato territoriale, la rinuncia ad inter- ferire con i contingenti ammessi, che sarebbe implicita in tale consenso, nonspiegherebbe efficacia rispetto ad altri Stati diversi da quello territorialerinunciante. 7. L’immunità funzionale degli organi stranieri. Nella seconda delle sentenze in commento, la Corte di Cassazione haricondotto il difetto di giurisdizione dello Stato italiano all’immunità funzio- nale degli organi stranieri, prevista dal diritto internazionale generale. Dell’esistenza di tale regola consuetudinaria non sembra potersi dubita- re. Incertezze sussistono quanto alla sua estensione soggettiva, che moltilimitano ai soli organi verticistici dello Stato. 7.1. Ratio. La rinuncia all’interesse punitivo statuale nei confronti degli organi diStatistraniericheabbianocommessofattipenalmenterilevantiviene ingene- re ricondotta a considerazioni di opportunità politica, legate alla salvaguardia delle relazioni internazionali e dei rapporti di convivenza fra popoli (36) . Le immunità sono volte a garantire la libertà funzionale dell’organo e l’indipen- denzadelloStatocuiappartiene(37),risolvendosiinunaformadirispettoper la sua sovranità. Poiché uno Stato agisce per mezzo dei propri organi, ha ildiritto di pretendere che l’attività di questi sia considerata come sua propria enon come attività individuale di privati (38) ; eventuali contestazioni relativeal comportamento degli agenti stranieri dovranno esser fatte valere sul piano dei rapporti fra Stati. Parallelamente, ciascuno Stato ha l’obbligo di concede- (36) ROMANO M., sub art. 3 in Commentario sistematico del Codice Penale, Milano, 2004, p. 92. (37) DOMINIONI O., cit., p. 378. CONFORTI B., cit., p. 242, ricollega l’immunità funzio- nale alla duplice ragione di garantire l’esercizio indisturbato delle funzioni da parte dell’or- gano dell’imputazione organica della sua attività allo Stato di appartenenza. MARAZZI, A. , Novissimo Digesto It., voce Immunità diplomatiche,1957, p. 196 parla di libertà d’azione dell’agente diplomatico. (38) RONZITTI N., Bisogna stipulare, cit., p. 52. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 196 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 re le immunità in questione per consentire il normale svolgimento dell’attivi- tà degli organi stranieri ammessi sul proprio territorio (39). Di tutela dell’indipendenza funzionale parlano espressamente diverseconvenzioni internazionali, come ragione giustificativa delle immunità daesse previste per i rappresentanti degli Stati presso organizzazioni internazio- nali quali ONU, FAO, ELDO, ESRO (40). Anche la Corte di Giustizia Internazionale, nel caso Congo c. Belgiodeciso nel 2002 (Arrest Warrant) ha ricondotto l’immunità in questioneall’esigenza di assicurare la libera esplicazione delle funzioni proprie del- l’organo. Taluno attribuisce l’immunità de qua a ragioni di teoria generale, più chead una norma autonomamente vigente: in base alla teoria organicistica, l’at- tività dell’organo andrebbe imputata all’organizzazione d’appartenenza, essendo esclusa in radice la possibilità di attribuirla all’individuo che abbiaagito nell’esercizio delle funzioni (41). Vera e propria immunità sarebbe soloquella extrafunzionale, o ratione personae, mentre l’irresponsabilità penaledell’individuo per gli atti propri del suo ufficio sarebbe solo l’automaticaconseguenza dell’imputazione organica. L’indicazione della teoria organicistica come ragione dell’irresponsabi- lità dell’individuo-organo è stata criticata. Si è sostenuto che la teoria gene- rale conosce casi di doppia imputazione – all’ente ed all’organo – dell’atti- vità di quest’ultimo, come nel caso dei pubblici dipendenti e funzionari che, ai sensi dell’art. 28 Cost., sono pienamente responsabili per i fatti commes- si in violazione dei diritti. Inoltre, se la teoria organica impedisse d’imputa- re all’organo i fatti realizzati nell’esercizio delle funzioni, ciò dovrebbe vale- re anche per i comportamenti meritori, precludendo la loro valutazione, ades., al fine di concedere onorificenze. E non si spiegherebbe il suo venirmeno in tempo di guerra, visto che il codice penale militare di guerra preve- de la punizione di militari esteri in una serie di casi (art. 13) (42). 7.2. Natura giuridica. Rispetto alla natura giuridica dell’immunità in questione, sono stateespresse diverse opinioni. Vi è chi l’ha ricondotta ad una causa di giustifica- zione, riferibile all’esercizio del diritto o all’adempimento del dovere (43) . (39) MALLINTOPPI A., cit., p. 590. (40)Prot.suiprivilegieleimmunitàdell’ESROedell’ELDO,firmatiil31ottobre1963edil29giugno1964,ratificatidall’Italiaconl.n.1313/1967(art.14par.2).ConvenzionesuiprivilegieleimmunitàdelleNazioniUnite,approvatadall’AssembleageneraledelleNazioniUniteil13febbraio1946,ratificataconleggen.1318/57(art.4–Sezz.11-12).AccordoItalia – FAO del 31 ottobre 1950, ratificato con legge n. 11/51 (Sez. 26 b) . (41) MALLINTOPPI A., cit., p. 590. RICCIO, L., Digesto delle disc. pen., voce Immunità, 1994, p. 181. (42) Così PAGLIAROA., cit., p. 216. (43) PAGLIAROA., cit., p. 216. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 197 IL CONTENZIOSO NAZIONALE In senso critico, si è notato che la conseguente liceità del fatto comportereb- be inaccettabili conseguenze in termini di non punibilità del concorrenteextranues, non risarcibilità del danno morale, non configurabilità del favo- reggiamento nei confronti di chi abbia aiutato l’immune a sottrarsi alle inda- gini, né della calunnia nel caso l’immune sia stato ingiustamente accusato; non sarebbero configurabili nemmeno la legittima difesa o la ritorsione (44). Altri parlano di un limite all’esercizio della giurisdizione penale di carat- tere permanente (45). Altri ancora, di una causa di esclusione personale dellapena, o di non punibilità, che non esclude l’illiceità del fatto, ma impedisceche ne seguano conseguenze penali per ragioni opportunistiche (46). 7.3 Estensione oggettiva: la sfera funzionale. Gli organi stranieri sono irresponsabili per i fatti compiuti nell’eserciziodelle loro funzioni (47): immunità funzionale, appunto, o ratione materiae. L’individuazione dei confini della sfera funzionale si presta a larghezzeinterpretative. Dovrebbe escludersi che essa sia limitata ai soli atti di ufficioin senso tecnico, o – all’opposto – estesa a qualunque condotta occasional- mente connessa alla funzione (48). Correttamente si è riferito l’ambitooggettivo dell’immunità in questione alle condotte che, inserendosi funzio- nalmente nelle mansioni d’ufficio, ne costituiscano l’estrinsecazione moda- le, ponendosi in rapporto di causalità necessaria con i compiti propri dell’or- gano (49). Si dovrà verificare, con una indagine condotta caso per caso, lanatura dell’atto, la sua forma, il fine perseguito, il contenuto, da ciò inferen- do se sia stato compiuto in veste di organo o di privato. Peraltro, viene abi- tualmente rimessa allo Stato di appartenenza la competenza ad indicare se ilsoggetto sia un suo organo e se abbia agito nell’esercizio delle funzioni. Inquesto senso, potrebbe leggersi il documento finale approvato dallaCommissione d’inchiesta americana istituita per far luce sui fatti. L’aver rite- nuto, da parte USA, che siano state rispettate le regole d’ingaggio significaalmeno tre cose: aver qualificato il Lozano come proprio organo di Stato; aver ritenuto che egli non abbia travalicato i limiti delle sue funzioni; avere, in definitiva, convalidato e fatto propria la sua azione, che dovrà essere con- siderata a tutti gli effetti attività dello Stato americano. Un limite alla sfera funzionale, oltre il quale sussiste la responsabilità del singolo seppur organo dello Stato, riguarda i crimini internazionali. Essi, costituendo abuso della sovranità statuale, ingenerano la responsabilità civi- (44) MANTOVANI F., cit. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2000. (45) ROMANO M., cit., p. 92. (46) MANTOVANI F., cit. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Milano, 2000, p. 148. (47) Per taluni di essi (es. agenti diplomatici), all’immunità funzionale (cd. rationemateriae) se ne accompagna una extrafunzionale (o ratione personae). (48) PAGLIAROA., cit., p. 214. (49) PAGLIAROA., cit., p. 214, DOMIMIONI O., cit. pp. 383-4. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 198 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 198 le dello Stato e quella penale (nonché civile) dell’individuo organo che liabbia commessi. Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazione ritieneche non sia configurabile un tale crimine nel caso di specie. In contrario, potrebbe affermarsi che la posizione apicale della vittima nell’ambito deiservizi segreti di una Potenza alleata, il tipo di missione condotta (volta allaliberazione di civili ostaggio di gruppi terroristici), nonché il valore assegna- to alla vita umana nelle Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario, potrebbero configurare quel quid pluris proprio dei crimini internazionali. Atal fine, sarebbe presupposto imprescindibile la verifica processuale di even- tuali responsabilità nella catena di comando USA connesse ad un ipotetico intento di contrastare l’attività di liberazione degli ostaggi, in quanto condot- ta (forse) anche mediante il pagamento dei riscatti; responsabilità che potreb- be dare alla vicenda una colorazione diversa, forse ai confini del crimine internazionale. Una sicura qualificazione dei fatti – tale da escludere che il caso de quo possa rientrare nell’eccezione all’immunità funzionale costituita dai crimini internazionali – avrebbe potuto aversi solo all’esito del processo. Analogamente potrebbe dirsi con riferimento alla questione relativa allanatura politica o comune del delitto de quo, ai fini della sussistenza dellecondizioni di procedibilità richieste dagli artt. 8 e 10 c.p., questione cui lasentenza della Corte da Cassazione accenna in fine. L’accertamento delleprecise circostanze del caso (e di eventuali responsabilità del comando USA) avrebbe assicurato una sicura riconduzione del fatto alternativamente agliartt. 8 (delitto oggettivamente o soggettivamente politico) o 10 c.p. (delittocomune), con le relative conseguenze in termini di procedibilità. 7.4. Ambito soggettivo. Le principali perplessità relative alla regola consuetudinaria in questio- ne riguardano la sua estensione a qualunque organo straniero o la sua limita- zione ai soli vertici dell’organizzazione statuale estera. Nel primo senso dovrebbe far propendere la riconduzione dell’immuni- tà alla teoria organicistica, nonché la ricostruzione del principio operata dallaCorte di Cassazione nella sentenza in commento, che ne fa un corollariodella regola dell’immunità (ristretta) degli Stati dalla altrui giurisdizionecivile, secondo una teoria risalente al Kelsen, peraltro oggi criticata (50). Siè affermato che qualunque organo inserito nell’apparato organizzativo sta- tuale, a qualunque categoria appartenga ed a prescindere dall’attività svolta, interna od esterna, beneficerebbe dell’immunità in parola (51). In senso contrario, l’immunità organica è stata limitata ai soli vertici del- l’apparato statale estero: Capi di Stato e di Governo, agenti diplomatici, rap- presentanti di Stati esteri, con esclusione di ogni altro organo (52). Con spe- (50) DE SENA P., DE VITTOR F., Immunità degli Stati dalla giurisdizione e violazioni didiritti dell’uomo: la sentenza della Cassazione italiana nel caso Ferrini, in Giur. It. , 2005,255 ss. (51) MORELLI, Diritto processuale civile internazionale II, Padova, 1954, p. 214. MALLINTOPPI, A., cit. p. 590. (52) ANTOLISEI F., cit. CONFORTI B., cit. 245. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 199 IL CONTENZIOSO NAZIONALE cifico riferimento ai militari, l’immunità è stata affermata soltanto per icomandanti dei reparti stranieri (53). Le pronunce della Corte di Giustizia Internazionale citate dalla sentenzain commento (Congo c. Belgio; Gibuti c. Francia) si occupano di organi divertice (ex Ministro degli Esteri; Capo di Stato, Capo della Sicurezza, Procuratore generale, e per questi ultimi due nemmeno entrano nel merito). Nel caso McLeod, pure cit. dalla Corte di Cassazione, veniva invece in rilie- vo la posizione di un militare inglese, arrestato dalle autorità americane nel1840 per aver preso parte ad un’operazione ostile condotta contro la naveCaroline, in cui avevano trovato la morte alcuni cittadini americani. Nel 1837, durante la rivolta canadese contro la Gran Bretagna, la nave Caroline, utiliz- zata dagli americani per forniresupporto ai ribelli canadesi, venne attaccata e distrutta da ungruppo armato comandato da un ufficiale inglese. Alcuni anni dopo, Mc Leod, sospettato diaver preso parte all’operazione, fu arrestato dalle autorità dello Stato di New York. Dopo leproteste formali del Governo inglese, il governo americano riconobbe l’immunità funziona- le del Mc Leod, avendo questi agito in base ad ordini prevenienti dalla Regina d’Inghilterra. Ciò, tuttavia, non impedì al giudice dello Stato di New York di processare e condannarel’imputato. In un caso accaduto nel 1887, che coinvolse Francia e Germania, siammise l’immunità di un funzionario doganale francese, Schnaebele, che erastato arrestato dalle autorità tedesche per aver organizzato una rete di spie nelPaese. La Francia protestò ed egli fu rilasciato su ordine di Bismarck. Nella Claims Convention tenutasi il 25 settembre 1924 tra Francia eMessico, quest’ultimo assunse su di sé la responsabilità per gli atti compiu- ti dalle proprie forze rivoluzionarie, accettando l’ampio principio per cui“responsibility of the State exists whether its organs acted in conformancewith or contrary to law or to the order of a superior authority” (54). La nostra giurisprudenza penale ha in genere ricondotto l’immunità fun- zionale ai soli Capi di Stato e Ministri degli Esteri, affermando l’impossibi- lità di interpretazioni estensive od analogiche. (55) Nel caso risolto, laCassazione negò il riconoscimento di un’immunità di diritto internazionalegenerale al deputato alla sanità ed alla sicurezza sociale del Congresso diStato di S. Marino. Trattandosi di norme consuetudinarie, per di più di carattere ecceziona- le, la mancanza di unanimità sulla loro massima estensione soggettiva dovrebbe spingere a ritenere accertata solo l’estensione minore. Ci si è chiesto quali implicazioni possa avere l’immunità in parola perNazioni di piccole dimensioni, atteso che esse non potrebbero punire gli (53) VENTURINI G., cit., p. 1. (54) Tali precedenti sono citati da MISKOVSKY M., C., Impunity of Agents in International Law, in CIA Historical Review Program, 1993, reperibile su: https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/kent- csi/vol5no2/html/v05i2a10p_0001.htm [Accesso 4/9/08, 15.30]. (55) Cass. pen., Sez. III, n. 210861/98, cit. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 200 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 200 organi di Stati esteri per i fatti criminosi commessi, né avrebbero sufficientepotere per pretendere un adeguato ristoro sul piano del diritto internazionalerispetto a più potenti Stati (56). In conclusione, si segnala che la Corte Costituzionale tedesca, nel casoBruns’Z,haaffermatocheStatidiversidaquellodiaccreditamentononsareb- berotenutiarispettarel’immunitàdell’organo(nellaspecie,diplomatico)(57) . Avv.ti Massimo Bachetti(*), Alessandra Bruni(**), Dott. Matteo Tullio Maria Rubera(*** ) Corte d’Assise di Roma, sezione terza, sentenza 25 ottobre 2007 n. 21(****)· – Pres. A. Gargani – P.M. F. Ionta, P. Saviotti, E. Amelio – Imputato M. L. Lozano (Avv. A. Biffani) – Parti civili: Villecco R. Calipari, in proprio e quale esercente la patria potestà sul figliominore F. Calipari; S. Calipari (Avv. F. Coppi); G. Sgrena (Avv. A. Gamberini); P.L. Scolari(Avv. S. Sabattini); Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. dello Stato M. BachettiI) Esiste una norma consuetudinaria di diritto internazionale, come tale applicabileanche in assenza di uno specifico trattato od accordo, chiamata “legge della bandiera” o “legge dello zaino”, per cui i contingenti militari che si trovano all’estero in regime di guer- ra o di pace rispondono in via esclusiva alle proprie leggi ed allo Stato di appartenenza. Da esso deriva una sostanziale e completa immunità delle forze militari straniere siadalla giurisdizione dello Stato territoriale (il che si giustifica in quanto l’organizzazione sta- tuale di un Paese occupato è, nella gran parte dei casi, priva di effettiva indipendenza), siadalla giurisdizione di Paesi terzi, in ossequio stavolta al principio di reciprocità, caposal- do del diritto internazionale. Deve pertanto dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano nei confrontidel militare straniero, appartenente ad una forza multinazionale dislocata all’estero, per ifatti ivi commessi in danno di cittadini italiani. Corte di Cassazione Penale, sezione prima, sentenza 24 luglio 2008 n. 31171 – Pres. P. Bardovagni – Est. G. Canzio. Costituisce principio di fonte internazionale consuetudinaria, universalmente accetta- to dalla prevalente dottrina e dalle prassi giurisprudenziali, nazionali e internazionali, rece- (56) MISKOVSKY M., C., cit. (57) Cit. in CONFORTI B., cit. , p. 243. (*)Avvocato dello Stato. (**)Avvocato dello Stato. (*** ) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato. (****) La sentenza è già stata pubblicata in questa Rassegna, 2008, n. 1, p. 262, con nota di DAVIDE GIOVANNELLI, Lex est araneae tela: l’esercizio della giurisdizione USAe l’accertamento delle violazioni dello ius in bello. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 201 IL CONTENZIOSO NAZIONALE pito nell’ordinamento giuridico italiano in forza dell’adeguamento automatico dispostodall’art. 10, 1° comma, Cost.,siccome norma di diritto internazionale generale preesisten- te, come tale prevalente sui criteri di collegamento delineati dalle norme statali anche difonte penale, quello per cui sono sottratti alla giurisdizione civile o penale di uno Stato este- ro i fatti e gli atti eseguiti iure imperii dagli individui-organi di un altro Stato nell’eserciziodei compiti e delle funzioni pubbliche ad essi attribuiti, tra le quali ontologicamente rien- trano le attività eseguite nel corso di operazioni militari. Esso costituisce il naturale corollario del principio, pure consuetudinario, sull’immu- nità “ristretta” degli Stati dalla giurisdizione straniera per la responsabilità civile derivan- te da attività di natura ufficiale, iure imperii, materialmente eseguite dai suoi organi, espressione diretta e immediata della funzione sovrana degli Stati. I militari sono organi dello Stato e pertanto gode di immunità funzionale il soldatoappartenente ad un contingente militare straniero dislocato all’estero nell’ambito di unaforza multinazionale di pace delle N.U. per i fatti che abbia commesso nell’esercizio dellefunzioni di guardia e di controllo ad un posto di blocco, per i quali non sussiste la giurisdi- zione penale dello Stato italiano. « (Omissis) Ritenuto in fatto 1.-Con decreto del 7 febbraio 2007 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale diRoma disponeva il rinvio a giudizio davanti alla Corte d’assise di Mario Luiz Lozano, sol- dato del contingente militare USAdislocato con la Forza Multinazionale in territorio irache- no, in servizio come artigliere al posto di blocco (istituito la sera del 4 marzo 2005 al check- point 541, in corrispondenza dell’intersezione fra la Route Vernon e la Route Irish in dire- zione dell’aeroporto di Baghdad, in attesa del passaggio del convoglio dell’ambasciatoreUSA), per rispondere dei reati di omicidio e tentato omicidio in danno di Nicola Calipari eAndrea Carpani, funzionari del SISMI in missione in Iraq per la liberazione di GiulianaSgrena, giornalista rapita da un gruppo di terroristi islamici e appena liberata, e della mede- sima Sgrena, per avere, esplodendo numerosi colpi d’arma da fuoco con un mitragliatoreautomatico contro l’autovettura sulla quale essi viaggiavano, in avvicinamento al posto diblocco e in direzione dell’aeroporto, cagionato la morte di Calipari e il ferimento di Carpanie della Sgrena. La Corte di assise di Roma dichiarava con sentenza del 25 ottobre 2007 non doversi procedere nei confronti del Lozano per difetto della giurisdizione italiana, sulla base di untriplice rilievo: a) innanzi tutto, prevaleva sul criterio di collegamento della giurisdizione “passiva” ilprincipio consuetudinario di diritto internazionale della c.d. “legge della bandiera”, diretta- mente applicabile in virtù dell’art. 10, 1° comma, Cost., per cui è attribuita in via esclusivaallo Stato di invio di un contingente militare all’estero la giurisdizione per gli illeciti com- messi dal proprio personale in territorio straniero; b) il regime di immunità dalla giurisdizione di Stati diversi da quello di invio trovavaconferma sia nella risoluzione n. 1546 dell’8 giugno 2004 del Consiglio di Sicurezza delleNazioni Unite, ritenuta self-executing nel nostro ordinamento, sia nelle allegate lettere delPrimo Ministro iracheno e del Segretario di Stato USA (coerenti con quanto dispostodall’Ordine 27 giugno 2004 n. 17 della CPA, confermato dal successivo Ordine n. 100 del28 giugno 2004), nelle quali, riconoscendosi la fine dell’occupazione militare da partedell’Autorità Provvisoria della Coalizione e la ripristinata sovranità statale dell’Iraq a fardata dal 30 giugno 2004, s’attribuiva a ciascuno degli Stati partecipanti alla Forza 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 202 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 202 Multinazionale, per la fase di transizione, la responsabilità per l’esercizio della giurisdizio- ne sul proprio personale; c) non si profilavano ipotesi di giurisdizione concorrente da parte di altri Stati, in forzadi ulteriori criteri di collegamento, quale la territorialità o la nazionalità della vittima, e, inogni caso, il Dipartimento di Giustizia USA aveva esercitato la giurisdizione primaria, escludendo in concreto la sussistenza di indizi di reità a carico del Lozano e disponendo lachiusura del caso, ritenendo che il militare avesse agito in conformità alle regole d’ingaggiopreviste per il posto di blocco. 2.-Avverso detta sentenza hanno proposto distinti e immediati ricorsi per cassazione ilProcuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma (anche su richiesta del difensoredelle parti civili Calipari, motivata per relationem all’allegato parere pro veritate del Prof. Giuseppe Cataldi), il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello diRoma e il difensore della parte civile Sgrena. La pubblica accusa, a sostegno della tesi favorevole alla giurisdizione dello Stato ita- liano, sostiene, con articolati motivi di censura, in parte sovrapponibili ai rilievi critici delProf. Cataldi, che: a) non esiste un principio consuetudinario internazionale, definito “legge della bandie- ra”, né accordi internazionali che prevedano regole di riparto della giurisdizione fra gli Statipartecipanti ad una Forza Multinazionale operante nel territorio di un altro Stato, nel sensodell’esclusiva attribuzione della giurisdizione allo Stato di invio di ciascun contingente mili- tare e con carattere di prevalenza su ogni altro criterio di collegamento; b) la Risoluzione ONU n. 1546 del 2004 (che non può considerarsi self-executing né immediatamente esecutiva nell’ordinamento statale, in assenza di uno specifico atto legisla- tivo interno), le allegate lettere Allawi-Powell e gli Ordini nn. 17 e 100 della CPAsi limita- vano a stabilire la giurisdizione esclusiva degli Stati membri della MNF, e quindi una sortadi immunità del personale, solo nel rapporto con la giurisdizione territoriale dello Stato disoggiorno, ma non nei rapporti fra gli Stati contribuenti alla MNF; c) in numerose leggi statali, emanate fra il 2003 e il 2007 per regolamentare la disci- plina delle missioni italiane all’estero, si è stabilita la giurisdizione penale italiana e la com- petenza del Tribunale di Roma per tutti i reati commessi in territorio iracheno dallo “stra- niero” a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alla missione; d) con la giurisdizione “attiva” degli USA concorreva quella “passiva” dell’Italia inragione della nazionalità delle vittime, a norma degli artt. 8 e 10 cod. pen., mentre dal rap- porto investigativo delle autorità militari statunitensi non risultava che gli USA avesseroesercitato la giurisdizione nel caso concreto. I motivi di diritto esposti dalla pubblica accusa sono condivisi e sviluppati con ulterio- ri considerazioni – a sostegno della tesi della giurisdizione italiana – dal difensore dellaparte civile Sgrena, il quale sottolinea la “dimensione assiologica degli interessi protetti”, come criterio di determinazione della concorrente giurisdizione “passiva” dell’Italia, inassenza di specifiche norme derogatorie di carattere pattizio, al fine di evitare situazioni diimpunità per crimini gravemente lesivi dei diritti fondamentali dell’uomo. L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi per la Presidenza del Consiglio deiMinistri, si è associata alle richieste della pubblica accusa e della parte civile ricorrente. 3.-La correttezza della sentenza impugnata è invece sostenuta dal difensore dell’impu- tato, il quale ha replicato con apposite memorie ai motivi di gravame dei ricorrenti, allegan- do a sostegno delle proprie argomentazioni i pareri pro veritate del Dr. Dieter Fleck, consu- lente di diritto internazionale del Governo della Repubblica Federale di Germania, e delProf. Fredric I. Lederer, esperto di diritto penale militare americano. 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 203 IL CONTENZIOSO NAZIONALE Dopo avere dato atto del contesto storico-politico e del regime giuridico vigente in Iraqall’epoca dei fatti, la difesa dell’imputato confuta analiticamente i rilievi critici sviluppatidai ricorrenti e ribadisce (anche mediante diffuse citazioni giurisprudenziali e dottrinali): a) l’esistenza e la rilevanza della norma consuetudinaria sulla c.d. “legge della bandie- ra”, ai fini dell’attribuzione della giurisdizione esclusiva allo Stato di invio sul proprio per- sonale partecipante alla Forza Multinazionale operante in Iraq; b) il riconoscimento di tale giurisdizione in forza della Risoluzione n. 1546 del 2004del Consiglio di Sicurezza, adottata ai sensi del Cap. VII della Carta delle Nazioni Unite eperciò vincolante, oltre che recepita nell’ordinamento italiano mediante le leggi di finanzia- mento della missione in Iraq, nonché degli Ordini nn. 17 e 100 della CPA, riguardanti lo sta- tus del personale degli Stati contribuenti alla MNF; c) in ogni caso, il primato della giurisdizione “attiva” statunitense in forza della normadi diritto internazionale generale che sancisce l’ “immunità funzionale” dalla giurisdizionedello Stato straniero dell’individuo-organo, il quale, come il Lozano, abbia agito iure impe- rii nell’esercizio delle funzioni militari di guardia e controllo a un posto di blocco; d) l’insussistenza, nella specie, di eccezioni alla regola dell’immunità funzionale chepotrebbero radicare la giurisdizione penale italiana, non configurandosi comunque un “cri- mine internazionale”, per l’evidente assenza nelle modalità del fatto contestato al Lozanodelle caratteristiche di gravità, intensità, arbitrarietà, odiosità ed intenzionalità, proprie deicrimini contro l’umanità e dei crimini di guerra; e) l’avvenuto, effettivo, esercizio della giurisdizione penale nei confronti del Lozano peri fatti di cui all’odierno processo, da parte della giustizia militare degli Stati Uniti, giusta ilparere del Prof. Lederer circa i termini e le modalità di investigazione e chiusura del caso. Il P.G. presso la Corte di cassazione, non condividendo le censure dei ricorrenti, ha con- cluso per il rigetto dei ricorsi, sull’assunto della immunità funzionale dell’imputato dallagiurisdizione penale italiana per il compimento di atti eseguiti nell’esercizio delle funzionimilitari affidategli. Considerato in diritto 1.-La questione di giurisdizione. La Corte di cassazione è chiamata a rispondere al quesito “se, con riferimento all’uccisione e al ferimento di due funzionari del SISMI, in mis- sione governativa in territorio iracheno per conseguire la liberazione di una giornalistarapita, e della medesima giornalista appena liberata (attinti da numerosi colpi di arma dafuoco esplosi contro l’autovettura sulla quale essi viaggiavano la sera del 4 marzo 2005 adun posto di blocco istituito nei pressi dell’aeroporto di Baghdad), reati contestati ad un sol- dato in servizio al posto di blocco ed appartenente al contingente militare USA, dislocatoin Iraq con la Forza Multinazionale, in forza della Risoluzione n. 1546 del 2004 delConsiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sussista, o non, la giurisdizione penale delloStato italiano”. 2.-Il contesto storico-ordinamentale. Assume preminente rilievo, per l’inquadramentodel contesto storico-ordinamentale vigente al momento del fatto omicidiario in Iraq (oveoperava fin dal 2003 un contingente militare italiano, nell’ambito della missione umanitariadenominata “Antica Babilonia” di stabilizzazione e ricostruzione postbellica di quel Paese), la Risoluzione n. 1546 adottata l’8 giugno 2004, alla stregua del Cap. VII della relativaCarta, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la quale, richiamate le preceden- ti Risoluzioni nn. 1483, 1500 e 1511 del 2003, si dava atto della fine della “occupazione” daparte dell’Autorità Provvisoria della Coalizione (CPA) e dell’apertura di nuova fase di “tran- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 204 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 204 sizione” verso la ripristinata indipendenza e sovranità statale dell’Iraq a far data dal 30 giu- gno 2004. Con il consenso del Governo iracheno ed a supporto della transizione politica, venivaconfermata l’autorizzazione della Forza Multinazionale (MNF), sotto comando unificato, adesercitare l’autorità per adottare ogni misura necessaria per contribuire al mantenimento “of security and stability” in Iraq (con l’obbligo per gli Stati Uniti di riferire, per conto dellaMNF, degli sforzi fatti e dei progressi conseguiti), “in accordance – si aggiunge – with inter- national law, including obligations under international humanitarian law”. La Risoluzione n. 1546 richiamava, a sua volta, le annesse lettere 5 giugno 2004 delPrimo Ministro iracheno, Ayad Allawi, e del Segretario di Stato USA, Colin Powell, nellequali erano fissate le intese dirette ad assicurare il coordinamento fra il Governo iracheno ela Forza Multinazionale. In particolare, nella lettera di Powell si avvertiva che, per contribuire efficacemente allasicurezza, la MNF doveva continuare a funzionare in un quadro che offrisse al personale lo status di cui aveva bisogno per portare a termine la missione, nel quale gli Stati contribuen- ti “have responsibility for exercising jurisdiction over the personnel” alla stregua dell’“exi- sting framework”; si aggiungeva, inoltre, che i contingenti militari che formavano la MNF erano impegnati a compiere le loro attività “under the law of armed conflict, including the Geneva Conventions”. In tal senso era anche orientata la disciplina dettata dalla Sez. 2 dell’Order n. 17 (con- fermato dal successivo Order n. 100, Sez. 3 § 8, del 28 giugno 2004) , emanato il 27 giugno2004 da L. Paul Bremer, rappresentante della CPA, circa lo status del personale civile e mili- tare della MNF, stabilendosi che il relativo personale “shall be immune from Iraqi legal pro- cess” (§1) e “shallbesubjectto the exclusive jurisdictionoftheir SendingStates” (§ § 3 e 4). 2.1.-Quanto al regime giuridico del contingente militare italiano che dal 2003 al 2006, insieme ad altri contingenti della coalizione multinazionale a comando unificato, ha parte- cipato alla missione umanitaria di stabilizzazione e ricostruzione postbellica dell’Iraq, vasegnalato il d.l. 24 giugno 2004 n. 160, conv. in l. 30 luglio 2004, n. 207, recante prorogadella partecipazione italiana a missioni internazionali, che, insieme con la finalizzazionedelle attività operative “nell’ambito degli obiettivi e delle finalità individuati nellaRisoluzione delle Nazioni Unite n. 1546 dell’8 giugno 2004” (art. 1, comma 2), statuisce, fra le disposizioni in materia penale, che “i reati commessi dallo straniero in territorio ira- cheno, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle missioni … sono punitisempre a richiesta del Ministro della giustizia e sentito il Ministro della difesa per i reaticommessi a danno di appartenenti alle forze armate” (art. 10, comma 2) e che “per i reati dicui al comma 2 la competenza territoriale è del tribunale di Roma” (art. 10, comma 3): disposizioni, quest’ultime, tralaticiamente reiterate nei successivi decreti legge sulla parte- cipazione italiana a missioni internazionali (v., fra gli altri, l’art. 13 del d.l. 19 gennaio 2005 n. 3, conv. in l. 18 marzo 2005 n. 37, e, da ultimo, l’art. 5 del d.l. 31 gennaio 2008 n. 8, conv. in l. 13 marzo 2008 n. 45). 2.2.-Lo stazionamento sul territorio iracheno di contingenti militari appartenenti allaMNF, tenuto conto del contesto storico e internazionale in cui le operazioni di interventoerano inserite, si collocava dunque, almeno a partire dalla Risoluzione n. 1546, nell’ambitodelle missioni di pace (peace support operations) delle Nazioni Unite, definite, di volta in volta, peace-keeping, peace-building o peace-enforcement, a seconda del prevalere di talu- ni aspetti (la sicurezza, la stabilità, la tutela dei diritti umani ecc.) rispetto al mero manteni- mento della pace: tutte caratterizzate, peraltro, nonostante il moltiplicarsi e la diversità delle 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 205 IL CONTENZIOSO NAZIONALE situazioni di crisi internazionali, anche non belliche o postbelliche, dal consenso dello Statoospitante (Host State), dal significativo impiego di personale militare da parte degli Stati contribuenti (Sending States) e, infine, dalla pluralità e complessità delle funzioni e degliobiettivi perseguiti anche di polizia internazionale, sulla base del meccanismo previsto dalCap. VII della Carta delle Nazioni Unite. 3.-La “legge della bandiera” (“nello zaino”) . Orbene, a fronte del descritto moduloorganizzativo, multinazionale e multifunzionale, della missione di pace autorizzata dalleNazioni Unite in Iraq, difficilmente riconducibile ai classici schemi di occupazione bellicaelaborati nel passato, appare davvero inadeguato il riferimento fatto nel caso in esame dallaCorte d’assise di Roma, al fine di paralizzare l’operatività del criterio di collegamento dellagiurisdizione “passiva” dello Stato italiano, giusta la nazionalità delle vittime del fatto cri- minoso (artt. 8 e 10 cod. pen.; art. 13 d.l. 19 gennaio 2005 n. 3, conv. in l. 18 marzo 2005 n. 37), ad un preteso principio internazionale consuetudinario (c.d. “legge della bandiera”), universalmente riconosciuto e direttamente applicabile in virtù dell’art. 10, 1° comma, Cost., in virtù del quale è attribuita in via esclusiva allo Stato di invio del contingente mili- tare all’estero, in caso di occupazione, bellica o non, transito e stazionamento di truppe stra- niere sul territorio di uno Stato, la giurisdizione civile e penale per gli illeciti commessi dalproprio personale in quel territorio. Pure a prescindere dai dubbi espressi dalla Corte permanente di giustizia internaziona- le nella remota decisione pronunciata il 7 settembre 1927 nel caso S.S. Lotus, circa l’effet- tiva prova dell’esistenza di “a rule of customary international law which established theexclusive jurisdiction of the State whose flag was flown on board a merchant ship on thehigh seas”, poiché “the principle is not universally accepted”, osservavano infatti le SezioniUnite penali di questa Corte, già con sentenza del 28 novembre 1959, Meitner (in Giust. pen., 1960, III, 481; cui adde Cass., Sez. II, 30 gennaio 1959, P.M. in proc. Parker, ivi, 1959, III, 424 e Sez. II, 15 aprile 1959, Knopich, ivi, 1960, III, 22), che l’evolversi dei rapportiinternazionali dopo il secondo conflitto mondiale, con la conseguente creazione di basi per- manenti nel territorio di altri Stati, “… ha determinato la progressiva limitazione del princi- pio della c.d. giurisdizione della bandiera (“ubi signa et jurisdictio”, “la loi suit le dra- peau”), in forza del quale veniva riconosciuto allo Stato d’origine, o della bandiera, “ne impediatur officium”, e cioè ad assicurargli la disponibilità dei propri reparti, il diritto diesercitare la giurisdizione sulle proprie truppe dislocate in territorio estero e perciò esenti daquella dello Stato occupato od ospitante”. Segnalavano le Sezioni Unite, con tale storica sentenza, come nella Convenzione diLondra del 19 giugno 1951, ratificata e resa esecutiva con legge 30 novembre 1955 n. 1335, concernente lo statuto dei militari appartenenti alle forze armate della NATO dislocate interritorio alleato (c.d. NATO SOFA), il tradizionale principio immunitario di personalità atti- va, “a tutela della funzione e non della persona”, per i reati commessi dall’organo militarenell’espletamento del servizio – “on official duty” –, veniva limitato rispetto al principio diterritorialità: “accanto alla già esclusiva giurisdizione della bandiera, è riconosciuta quelladello Stato di soggiorno”, prevedendo l’art. VII del Trattato Nord Atlantico un più sofistica- to sistema di riparto e regolamentazione delle priorità fra le due giurisdizioni concorrenti. E in tal senso si sono altresì pronunciati sia la Corte costituzionale (n. 96 del 1973 e n. 446 del 1999), sia taluni giudici di merito (G.i.p. Trib. Trento, 13 luglio 1998, Ashby e altri, nel caso Cermis, in Cass. pen., 1999, 3588). 4.- I SOFAs (Status of Forces Agreements): il SOFA Iraq. Con riguardo alla frammen- tarie declinazioni dei moderni modelli delle missioni di pace istituite o autorizzate dalle 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 206 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 206 Nazioni Unite sono cresciute – come si è detto – le difficoltà di identificazione del quadrodelle fonti normative, nazionali o internazionali, applicabili alle condotte penalmente illeci- te del personale dei plurimi contingenti militari, operanti anche per conto di organismisopranazionali, e ciò soprattutto in considerazione della multinazionalità della forza impie- gata in una medesima missione, della portata del mandato internazionale che ne legittimal’operato, del tipo e dell’effettività della catena di comando, del ruolo delle regole d’ingag- gio e di altre variabili, anche in rapporto alla singola o alle diverse nazionalità dei militariautori dell’illecito e al margine di applicazione riservato alla giurisdizione locale. Trova oggi, pertanto, ampia diffusione la prassi internazionale di disciplinare pattizia- mente il dispiegarsi di immunità funzionali e il sistema di riparto della giurisdizione pena- le, mediante un nucleo di norme regolatrici dello status del personale dei contingenti mili- tari impegnati nelle operazioni militari all’estero, incorporate in più ampi accordi stipulatifra gli Stati contribuenti alla Forza Multinazionale e lo Stato di soggiorno delle truppe: accordi bilaterali o multilaterali denominati SOFAs – Status of Forces Agreements -, direttia risolvere i problemi che possono insorgere dalla convivenza delle leggi dello Stato di invioe di quello di destinazione in ordine alle condotte criminose poste in essere dal personaledella Forza Multinazionale nell’espletamento del servizio. Assume indubbio rilievo, in questa logica consensuale, il modello di riferimento per lastesura di siffatti accordi costituito dal Model SOFAONU (Model status-of-forces agreement for peace-keeping operations) adottato dalle Nazioni Unite nel 1990 (Rapporto delSegretario Generale, Doc. A/45/594, 9 ottobre 1990), che statuisce l’immunità dalla giuri- sdizione locale e la competenza esclusiva sui militari dello Stato di appartenenza per ognireato commesso nello Stato di destinazione, nel corso di un’attività finalizzata all’adempi- mento dei propri doveri, escludendo radicalmente la competenza di quest’ultimo (art. VI, § 46, 47-b, 48), seguito dal Model Agreement del 1991 tra l’ONU e i Paesi membri che con- tribuiscono al personale delle missioni (Doc. A/46/185, 23 maggio 1991, art. VIII). A siffatto modello sembra sostanzialmente ispirarsi, d’altra parte, anche la specificadisciplina dettata dalla Risoluzione n. 1546 del Consiglio di Sicurezza, dalle annesse lette- re 5giugno 2004 del Primo Ministro iracheno e del Segretario di Stato USAe dalle disposi- zioni dell’Order n. 17, sopra richiamate, circa lo status, le immunità e la giurisdizione esclu- siva dello Stato d’invio del personale della MNF (c.d. SOFA Iraq). Gli accordi bilaterali o multilaterali detti SOFAs, anche nella più articolata versione diuna regolamentazione del riparto e della priorità della giurisdizione (quali esempi di “sha- red jurisdiction”, v. l’art. VII dell’Accordo di Londra del 1951 tra i Paesi della NATO e l’art. 17 del Model SOFA UE stipulato il 17 novembre 2003 tra gli Stati membri dell’UnioneEuropea), sono diretti, pertanto, a disciplinare, convenzionalmente e nel dettaglio, i rappor- ti per così dire “verticali” tra lo Stato di invio e lo Stato di destinazione, escludendo, in lineadi principio, la competenza “territoriale” di quest’ultimo in favore dell’esclusiva giurisdi- zione “attiva” dello Stato di appartenenza per i fatti illeciti commessi nell’espletamento delservizio dai componenti del contingente militare. E però, nonostante la tendenziale riserva di giurisdizione a favore dello Stato d’inviorivelata dalle prassi internazionali, non è dato ancora ravvisare l’esistenza di un riconosciu- to principio consuetudinario internazionale ovvero di accordi ad hoc o SOFAs, che dettino speciali ed esplicite regole di riparto “orizzontale” della giurisdizione fra gli Stati parteci- panti alla Coalizione o alla Forza Multinazionale operante nel territorio di un altro Stato. S’intende dire, in altre parole, che non risulta affermato con chiarezza nel sistema didiritto internazionale lo status dei contingenti multinazionali nei loro rapporti reciproci, né 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 207 IL CONTENZIOSO NAZIONALE tantomeno l’esclusiva attribuzione della giurisdizione allo Stato di appartenenza di ciascuncontingente militare, con carattere di prevalenza su ogni altro criterio concorrente di colle- gamento, come quello della giurisdizione “passiva”, neppure nei più drammatici casi –come nella specie – di “danni collaterali” o di “fuoco amico”, cioè di condotte criminose, dolose o colpose, in danno di membri del contingente militare o comunque cittadini di altro Stato, contribuente e alleato nella medesima missione di pace: zone grigie, queste, caratterizzatedall’emersione di problematiche nuove e controverse per l’evidente coinvolgimento di unapluralità di ordinamenti. Donde l’irrilevanza, ai fini della controversa questione di giurisdizione, del problemaattinente alla pretesa natura self-executing, o non, nell’ordinamento italiano dellaRisoluzione del Consiglio Sicurezza n. 1546 del 2004, pur dovendosi rilevare che l’opzio- ne negativa sembra preferibile alla luce della prassi legislativa italiana che richiede unanorma di adattamento interno, soprattutto se ne debbano conseguire effetti indiretti in mate- ria penale, ostandovi la riserva di legge ex art. 25, 2° comma Cost. (Cass., Sez. I, 8 luglio 1994, Barcot, in Giur. it., 1995, II, 232). 5.- L’immunità funzionale (ratione materiae) degli organi dello Stato estero. Anche perquest’aspetto, dunque, in assenza di una solida e riconosciuta consuetudine o di convenzio- ni internazionali, bilaterali o multilaterali, che disegnino con chiarezza “the legal frame- work”, per quanto riguarda lo status del personale e la sorte delle relazioni “orizzontali” fra gli Stati contribuenti alle missioni internazionali di pace, si rivela inadeguata l’analisi con- dotta dalla Corte d’assise per giustificare la soluzione ostativa, nel caso di specie, all’opera- tività del criterio di collegamento della giurisdizione “passiva” dello Stato italiano ex artt. 8 e 10 del codice penale (dovendosi escludere, in ogni caso, l’applicabilità dell’art. 13 d.l. n. 3 del 2005, conv. in l. n. 37 del 2005, atteso che nessuno dei cittadini italiani coinvolti neitragici eventi cagionati dall’azione militare del Lozano partecipava alla missione di pace inIraq, essendo il Calipari e il Carpani funzionari del Sismi incaricati ad hoc della liberazio- ne della Sgrena, giornalista sequestrata da terroristi iracheni). Ritiene, invece, questa Corte che il fondamento del primato esclusivo della giurisdizio- ne “attiva” degli USAdebba rinvenirsi nel principio consuetudinario di diritto internaziona- le che sancisce la “immunità funzionale” (ratione materiae), dalla giurisdizione interna delloStato straniero, nella specie quello italiano, dell’individuo-organo il quale, come l’imputatoLozano, soldato del contingente militare statunitense facente parte della MNF, operante inIraq sotto l’egida del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ma sotto il “controllo effet- tivo” della struttura di comando dello Stato d’invio (v., in proposito, Corte eur. d. uomo, 31maggio 2007, nei casi Behrami e Saramati c. Francia), abbia agito iure imperii nell’eserci- zio delle funzioni di guardia e di controllo a un posto di blocco. Costituisce, infatti, principio di fonte internazionale consuetudinaria, universalmenteaccettato dalla prevalente dottrina e dalle prassi giurisprudenziali, nazionali e internazionali, recepito nell’ordinamento giuridico italiano siccome norma di diritto internazionale generalepreesistente(Cortecost.,n.48del1979),inforzadell’adeguamentoautomaticodispostodal- l’art. 10, 1° comma, Cost. , e prevalente, in quanto tale, sui criteri di collegamento delineatidalle norme statali anche di fonte penale, quello per cui sono sottratti alla giurisdizione civi- le o penale di uno Stato estero i fatti e gli atti eseguiti iure imperii dagli individui-organi diun altro Stato nell’esercizio dei compiti e delle funzioni pubbliche ad essi attribuiti. L’esistenza di una siffatta norma consuetudinaria di diritto internazionale e la sua ope- ratività nel nostro ordinamento non sono revocabili in dubbio, poiché il principio dellaimmunità funzionale, pure nella nozione “ristretta” o “relativa”, limitata cioè alle sole atti- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 208 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 208 vità che, a differenza di quelle “iure gestionis”, sono espressione diretta e immediata dellafunzione sovrana degli Stati, tra le quali ontologicamente rientrano le attività eseguite nelcorso di operazioni militari, ha trovato ampio e incontroverso riconoscimento, fin dal risa- lente e famoso caso McLeod del 29 dicembre 1837, sia nella dottrina che nella giurispruden- za, interna e internazionale. Aconforto della tesi della permanente validità del principio dell’immunità dalla giuri- sdizione civile per questa tipologia di atti possono richiamarsi, oltre la costante giurispru- denza nazionale di legittimità (Cass., Sez. Un. civ., nn. 14199 e 14201 del 2008, n. 11255del 2005, n. 5044 del 2004, n. 8157 del 2002, n. 530 del 2000), le pronunzie di altre Cortisupreme europee (17 luglio 2002 della Corte Suprema greca, 26 giugno 2003 della Cortefederale di cassazione tedesca, 16 dicembre 2003 della Corte di cassazione francese, 14 giu- gno 2006 della House of Lords inglese, nel caso Jones), gli arresti della Corte europea dei diritti dell’uomo (21 novembre 2001, Al Adsani c. Regno Unito, 12 dicembre 2002, Kalogeropoulou c. Grecia e Germania, 14 dicembre 2006, Markovic c. Italia), la decisione 29 ottobre 1997 del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, caso Blaškiæ (sub- poena) e, infine, la più recente pronunzia della Corte internazionale di giustizia, 4 giugno 2008, Gibuti c. Francia, §§ 185, 194-196 (cui adde, della stessa Corte, la sent. 14 febbraio2002, Repubblica democratica del Congo c. Belgio, caso del Mandato d’arresto dell’11 aprile 2000 nei confronti dell’ex Ministro degli esteri Yerodia, § 58). La regola (autonoma e distinta da quella sulla “immunità personale” o ratione perso- nae, di cui beneficiano tradizionalmente alcuni organi dello Stato, temporaneamente ma perqualsiasi atto da essi compiuto finché rivestono il relativo ruolo, perciò insuscettibile diinterpretazioni estensive o analogiche: Cass., Sez. III, 17 marzo 1997 n. 1011, P.M. in proc. Ghiotti, rv. 210861; Sez. III, 17 settembre 2004 n. 49666, P.M. in proc. Djukanovic, rv. 230222), costituisce il naturale corollario del principio, pure consuetudinario, sull’immuni- tà “ristretta” degli Stati dalla giurisdizione straniera per la responsabilità civile derivante daattività di natura ufficiale, iure imperii, materialmente eseguite dai suoi organi. Ogni Stato, indipendente e sovrano, è libero di stabilire la propria organizzazione interna e individuarele persone autorizzate ad agire per suo conto, sicché, una volta determinate la qualità diorgano e la sua competenza, le relative condotte individuali esprimono l’esercizio di unafunzione pubblica e sono imputabili allo Stato, comportandone, senza indebite interferenzeda parte dei tribunali di un altro Stato, solo la responsabilità per l’eventuale illecito interna- zionale da far valere nei rapporti fra lo Stato leso e lo Stato responsabile, a garanzia dell’as- setto strutturale della stessa comunità e delle relazioni internazionali nel rispetto delle reci- proche sovranità fra gli Stati (“par in parem non habet imperium/jurisdictionem”). Va sottolineato altresì che l’immunità, quale regola generale (nei procedimenti civili), è enunciata sia nella Convenzione europea sull’immunità degli Stati del 16 maggio 1972, sianella più recente Convenzione di New York sulle immunità giurisdizionali degli Stati e deiloro beni, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 dicembre 2004 (entram- be non ratificate dall’Italia), redatte secondo il metodo della “lista” delle “commercial exceptions” con riguardo ad attività di tipo privatistico. Restano comunque escluse dalla c.d. tort exception, e perciò dalla sfera di applicazio- ne di entrambe le Convenzioni, le azioni o le omissioni produttive di lesioni personali edanni, imputabili alle forze armate di uno Stato straniero stanziate sul territorio di altroStato, vieppiù in situazioni di conflitto armato, che continuano ad essere regolate da “the rules of customary international law” (v. l’art. 12 della Convenzione di New York, sullabase dell’opinione resa dal Prof. G. Hafner, Presidente del Comitato ad hoc incaricato di 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 209 IL CONTENZIOSO NAZIONALE redigere la Convenzione, alla Sesta Commissione dell’Assemblea generale il 25 ottobre2005, e l’art. 31 della Convenzione di Basilea). Il principio dell’immunità funzionale sembra, infine, espressamente confermato dalloStatuto della Corte penale internazionale (ratificato dall’Italia con legge 12 luglio 1999, n. 232), che, pur sancendo l’irrilevanza delle qualifiche ufficiali e delle immunità delle perso- ne chiamate a rispondere davanti ad essa (art. 27), esige peraltro la cooperazione o il con- senso dello Stato terzo o dello Stato d’invio per la rinunzia all’immunità e per la consegnada parte dello Stato territoriale della persona ricercata, come nel caso di militare appartenen- te al contingente dello Stato d’invio (art. 98). 6.-“Immunità funzionale”, “crimini internazionali” e “jus cogens”. È peraltro ricostrui- bile una più recente tendenza evolutiva, sia nella dottrina internazionalistica che in una parteancora minoritaria della giurisprudenza interna, diretta a contrastare la più ampia applica- zione della regola consuetudinaria sull’immunità dello Stato estero, relativamente allaresponsabilità civile derivante dall’attività illecita compiuta iure imperii da un suo organo, oltre che sull’immunità dalla giurisdizione penale dell’individuo-organo autore del medesi- mo illecito, prospettandosene la “cedevolezza” laddove gli atti siano stati eseguiti in viola- zione di norme di diritto internazionale cogente, come in tema di tutela dei diritti fondamen- tali dell’uomo, per essersi l’individuo-organo reso colpevole di “crimini internazionali”, a garanzia di valori fondanti la comunità internazionale nel suo insieme. D’altra parte, pur dovendosi dare atto della prevalenza dell’opposta tesi, che al piùammette deroghe solo di fonte convenzionale, come per il genocidio o la tortura, alla dot- trina dell’immunità dello Stato, “as the current rule of public international law”(House of Lords,14giugno2006,nelcaso Jones,e24marzo1999,nelcaso PinochetIII;Cortesupre- ma d’Irlanda, 15 dicembre 1995, nel caso McElhinney; Corte suprema dell’Ontario, 1 mag- gio 2002, nel caso Bouzari; C. eur. d. uomo, 21 novembre 2001, Al Adsani c. Regno Unito, 21 novembre 2001, McElhinney c. Irlanda, 12 dicembre 2002, Kalogeropoulou c. Grecia e Germania, 14 dicembre 2006, Markovic c. Italia; C.I.G. , 14 febbraio 2002, caso del Mandato d’arresto, § 58; Trib. pen. intern. per la ex Yugoslavia, 10 dicembre 1998, caso Furundžija) , merita di essere sottolineato che nelle più attente decisioni della Corte euro- pea dei diritti dell’uomo (21 novembre 2001, Al Adsani e 12 dicembre 2002, Kalogeropoulou, citt. ) si avverte, tuttavia, che ciò “does not preclude a development in customary international law in the future” . Può pertanto ritenersi (condividendosi, sul punto, le lucide argomentazioni dei piùrecenti arresti delle Sezioni Unite civili: n. 5044 del 2004, nn. 14199 e 14201 del 2008, citt.) che sia “in via di formazione” una consuetudine internazionale la quale, in considerazionedel carattere cogente e imperativo delle norme di diritto internazionale umanitario(“peremptory norms of general international law” , nella dizione dell’art. 53 dellaConvenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati), che impongono il rispet- to dei diritti umani fondamentali, e della concreta lesività di “valori universali che trascen- dono gli interessi delle singole comunità statali”, è diretta a limitare l’immunità dallaresponsabilità civile dello Stato estero, il cui organo, pur nell’esercizio di un’attività iure imperii, come in situazioni belliche, si sia tuttavia reso autore di atti di gravità tale da “mina- re le fondamenta stesse della coesistenza tra i popoli” (Corte cost. di Ungheria, n. 53 del1993), configurabili perciò come “crimini internazionali”. D’altra parte, anche sul diverso piano del regime della responsabilità penale individua- le per talune fattispecie di crimini contro l’umanità, crimini di guerra o atti di genocidio commessi dall’individuo-organo di uno Stato estero, pure nell’esercizio di funzioni ufficia- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 210 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 210 li, questa Corte suprema ha affermato, in armonia con le risalenti decisioni pronunziate neiconfronti di criminali nazisti dai Tribunali militari internazionali di Norimberga e Tokyo, dalla Corte suprema israeliana il 29 maggio 1962 nel caso Eichmann e da altre Corti supre- me interne, l’imprescrittibilità dei reati e, in considerazione del criterio di collegamentodella nazionalità delle vittime o del luogo di commissione del delitto ovvero in forza dellauniversalità della giurisdizione ex art. 7 n. 5 cod. pen., ha ritenuto pacificamente sussisten- te la giurisdizione passiva o per taluni versi universale. E ciò sull’assorbente rilievo che l’e- secuzione di un barbaro eccidio di prigionieri inermi, in violazione del diritto bellico e deipiù elementari principi umanitari dello jus gentium, nel pur inadeguato quadro di riferimen- to vigente all’epoca dei fatti (Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 sulle leggi e gli usidi guerra terrestre e marittima), anteriore al regime delle regole del diritto umanitario belli- co di cui alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e ai due Protocolli addizionali del1977, recava ontologicamente “le stimmate” della riconoscibile contrarietà ai più elementa- ri principi di umanità e della clamorosa criminosità dello sterminio di massa (Trib. Supr. Mil., 25 ottobre 1952, Kappler; Cass., Sez. I pen., 16 novembre 1998 n. 1230, Priebke e Hass, per l’eccidio delle Fosse Ardeatine; Sez. I pen., 8 novembre 2007 n. 4060/08, Sommer, per la strage di Sant’Anna di Stazzema). Dalla parallela e antinomica coesistenza nell’ordinamento internazionale dei due prin- cipi, entrambi di portata generale, consegue, come logico corollario, che l’eventuale conflit- to, laddove essi vengano contemporaneamente in rilievo, debba risolversi sul piano sistema- tico del coordinamento e sulla base del criterio del bilanciamento degli interessi, dandosiprevalenza al principio di rango più elevato e di jus cogens, quindi alla garanzia che nonresteranno impuniti i più gravi crimini lesivi dei diritti inviolabili di libertà e dignità dellapersona umana, “per il suo contenuto assiologico di meta-valore” nella comunità interna- zionale, rispetto agli interessi degli Stati all’uguaglianza sovrana e alla non interferenza, rap- presentando la violazione di quei diritti fondamentali “il punto di rottura dell’esercizio tol- lerabile della sovranità”, in altre parole l’“abuso di sovranità” dello Stato. 7.-La non configurabilità, nella specie, del “crimine di guerra”. Occorre pertanto chiedersi, a questo punto, se nella vicenda omicidiaria de qua possa, o non, ravvisarsi un cri- mine internazionale, idoneo a paralizzare, insieme con l’immunità funzionale dell’imputa- to, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice penale italiano, essendosi già rimarca- to come l’applicazione delle norme di diritto internazionale umanitario, incluse quelle dellaConvenzione di Ginevra, prevista in via generale per le operazioni multinazionali di pace sumandato o autorizzazione delle Nazioni Unite (Bollettino del Segretario Generale, 6 agosto1999), costituisca oggetto di specifiche clausole della Risoluzione del Consiglio di sicurez- za n. 1546 del 2004 e dell’annessa lettera di Powell: donde l’irrilevanza, a tal fine, della defi- nizione della situazione irachena, almeno a far data dalla fine dell’occupazione militare insenso stretto, come conflitto armato internazionale o non internazionale. Si osserva in dottrina – e il rilievo va condiviso – che i crimini individuali di natura propriamente internazionale hanno una struttura complessa, nel senso che essi, anche se sisostanziano in fattispecie costituenti reati per il singolo ordinamento penale nazionale (es. omicidio), presentano, rispetto agli schemi di parte speciale dei vari codici penali, un quidpluris costituito da uno o più elementi tipici, soggettivi e oggettivi, atti a trasformarli quali- tativamente e ad elevarli a rango autonomo di delitti lesivi degli interessi e dei valori dellacomunità internazionale nel suo insieme. Dovendosi certamente escludere la configurabilità, nella specie, di un “crimine contro l’umanità”, inserito in un contesto di pratica diffusa e sistematica contro la popolazione civi- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 211 IL CONTENZIOSO NAZIONALE le di cui l’autore abbia consapevolezza (per la puntuale descrizione di questa figura, v. l’art. 7 dello Statuto della Corte penale internazionale, nonché Trib. pen. intern. per la ex Yugoslavia, 2 settembre 1998, caso Akayesu), mette conto di rilevare, quanto alla categoria dei “crimini di guerra”, che si qualificano tali le violazioni gravi (“grave breaches”) deldiritto umanitario nei conflitti armati, a tutela della vita e dell’integrità fisica e psichica dellepersone, appartenenti in particolare alla popolazione civile, che in quel contesto non pren- dono parte alle ostilità. Crimini, quest’ultimi, che, già codificati nelle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949e nei due Protocolli addizionali del 1977 (ratificati dall’Italia con leggi, rispettivamente, del27 ottobre 1951 n. 1739 e dell’11 dicembre 1985 n. 762), sono altresì analiticamente indi- cati nel dettagliato elenco di cui all’art. 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, ela cui repressione è affidata sia alle giurisdizioni penali interne degli Stati contraenti (sullabase dei tradizionali criteri della territorialità, della personalità attiva o passiva e della uni- versalità), sia ai Tribunali penali internazionali ad hoc (per la ex Yugoslavia e per il Ruanda) sia alla Corte penale internazionale. In particolare, mette conto di rilevare che: è espressamente vietato dall’art. 3 comunealle quattro Convenzioni di Ginevra, nei confronti dei civili e delle persone che non parte- cipano direttamente alle ostilità, l’omicidio in tutte le sue forme (“murder of all kinds”: § 1 a); l’art. 147 della IV Convenzione annovera nella lista delle infrazioni gravi, per le quali ilprecedente art. 146 impegna le Parti contraenti a deferirne gli autori ai propri tribunali o aconsegnarli ad un’altra Parte interessata al procedimento (“aut dedere aut judicare”, secon- do il principio di complementarità della giurisdizione), l’omicidio intenzionale (“wilful kil- ling”); infine, l’art. 85 del I Protocollo addizionale qualifica infrazioni gravi gli atti commes- si intenzionalmente che provochino la morte o lesioni gravi all’integrità fisica o alla salutedi persone coinvolte in attacchi alla popolazione civile. L’art. 8 dello Statuto della Corte penale internazionale statuisce, a sua volta, che s’in- tendono per “crimini di guerra” (per cui la Corte ha competenza a giudicare, in particolarese commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie dicrimini analoghi commessi su larga scala) gli atti posti in essere contro le persone protettedalle norme delle Convenzioni di Ginevra, costituenti “gravi violazioni”, fra i quali l’“omi- cidio intenzionale” (2)(a)(i) e, nei conflitti armati internazionali, “dirigere intenzionalmen- te attacchi contro civili che non partecipano direttamente alle ostilità” (2)(b)(i), o, nei con- flitti armati non di carattere internazionale – escluse le situazioni interne di disordini e ten- sioni -, le gravi violazioni dell’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra, fra le quali gli“atti di violenza contro la vita e l’integrità della persona, in particolare tutte le forme di omi- cidio” (2)(c)(i), o “dirigere intenzionalmente attacchi contro civili che non partecipino diret- tamente alle ostilità” (2)(e)(i): fattispecie, queste, per le quali si esige, quale indefettibileelemento costitutivo, la consapevolezza da parte dell’autore del crimine delle circostanzefattuali che fissano lo stato di protezione della vittima secondo le leggi internazionali rego- latrici del conflitto armato. Orbene, ritiene questa Corte, ai fini della dedottaquestionedi giurisdizione, chesia evi- dente la sproporzione di scala fra la vicenda in esame (nei termini fattuali della imputazioneomicidiaria contestata al Lozano, come stabilizzatasi all’esito dell’udienza preliminare) e lecaratteristichesoggettiveedoggettivedel “criminediguerra”,conriguardosiaalladefinizio- nedi “gravebreaches”nellecitatenormedidirittoumanitariodeiconflittiarmati,siaallepiùrecentiprassigiurisprudenzialiinterne(perl’Italia,v.G.u.p.Trib.mil.Roma,9maggio2007, nel caso di uso delle armi da parte di militari italiani di stanza in Iraq contro un’ambulanza 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 212 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 212 irachena e il personale addetto, con la conseguente uccisione di civili; per la Spagna, v. Tribunal Supremo, 11 dicembre 2006 e Audiencia Nacional, 13 maggio 2008, nel caso del- l’attacco intenzionale eindiscriminato daparte diuncarroarmatostatunitensecontro l’HotelPalestine aBaghdad, ove eranonotoriamentealloggiatigiornalistidellastampa internaziona- le, con la conseguente uccisione di un giornalista spagnolo José Manuel Couso). Sembrano ostare, in linea di principio, alla configurabilità di un odioso e inumano attoostile contro civili e quindi del “crimine di guerra” , nonostante l’indubbia tragicità deglieventi lesivi in danno di persone estranee al conflitto armato iracheno, la concreta dimensio- nestorico-fattualedell’episodio(l’approssimarsidelveicolo,conabordoiduefunzionariita- lianielagiornalistaliberata,inavvicinamentovelocealpostodibloccoperraggiungerel’ae- roporto militare di Baghdad; la localizzazione del checkpoint all’intersezione fra due strade di accesso all’aeroporto, già oggetto di ripetuti attacchi terroristici; la situazione obiettiva dimassima allerta dei soldati in servizio al posto di blocco, in attesa del corteo dell’ambascia- tore USAin Iraq; l’ora notturna) e il carattere isolato e individuale dell’atto. E ciò a prescin- dere da ogni valutazione di merito, in questa sede inammissibile, circa la pur richiesta, pienaconsapevolezza – da parte dell’autore – delle circostanze fattuali dalle quali poter desumerelo statuto di protezione delle vittime, nonché in ordine alla effettiva necessità militare e allaproporzionalità dell’attacco, e alla corretta osservanza degli ordini e delle regole d’ingaggio. D’altra parte, non può affatto considerarsi priva di significato la circostanza che nep- pure la pubblica accusa ha mai preso in considerazione l’ipotesi che nella vicenda in esamepotesse configurarsi un “crimine di guerra”. Il reato di omicidio di Calipari e di tentato omicidio di Carpani e Sgrena è stato inveroqualificato dal pubblico ministero prima come delitto “comune” e poi come delitto “politi- co”, commesso dallo straniero all’estero a danno dello Stato e di cittadini italiani, con rife- rimento alle specifiche condizioni di procedibilità richieste, rispettivamente, dagli artt. 10 e8 cod. pen., ma non con riguardo allo spazio di tutela incondizionata consentito dal princi- pio di universalità di cui all’art. 7 n. 5 cod. pen., qualora si fosse invece ravvisata la naturainternazionale del delitto secondo la IV Convenzione di Ginevra del 1949. Nessun cenno al preteso “crimine di guerra” è dato altresì rinvenire nei pur diffusi earticolati motivi di ricorso per cassazione proposti avverso la sentenza impugnata dalProcuratore Generale e dal Procuratore della Repubblica di Roma (cui l’Avvocatura delloStato si è limitata a prestare adesione). 8.- Le statuizioni decisorie. A conclusione delle suesposte considerazioni, riguardo alquesito sottoposto al vaglio di questa Corte (enunciato retro, sub 1), può affermarsi il seguente principio di diritto: “Non sussiste la giurisdizione penale dello Stato italiano né quella dello Stato territo- riale, bensì quella esclusiva degli USA, Stato di invio del personale militare partecipantealla Forza Multinazionale in Iraq, in applicazione del principio di diritto internazionaleconsuetudinario della ‹‹immunità funzionale›› o ratione materiae dell’individuo-organodello Stato estero dalla giurisdizione penale di un altro Stato, per gli atti eseguiti iure impe- rii nell’esercizio dei compiti e delle funzioni a lui attribuiti: principio non derogabile, nellaspecie, per l’assenza nelle circostanze e modalità del fatto contestato delle caratteristicheproprie della ‹‹grave violazione›› del diritto internazionale umanitario, con particolareriguardo alla non configurabilità nel caso concreto di un ‹‹crimine contro l’umanità›› o diun ‹‹crimine di guerra››”. Di talché, attesa la priorità esclusiva della giurisdizione degli Stati Uniti in ordine allafattispecie criminosa de qua, resta assorbita la questione riguardante la verifica dell’avvenu- 02 cont. naz . 03 bachetti b:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.29 Pagina 213 IL CONTENZIOSO NAZIONALE to, effettivo, esercizio da parte dello Stato d’invio, della giurisdizione penale nei confrontidel Lozano: giurisdizione che, secondo il parere del Prof. Lederer, sarebbe stata comunqueattivata nei termini e con le modalità propri del sistema di giustizia penale militare statuni- tense, concludendosi con una pronuncia analoga ad una sorta di provvedimento di non luogoa procedere, sull’assunto che il soldato avesse agito (“cercando di neutralizzare il veicoloche si stava avvicinando e che era stato percepito dalle forze come una minaccia”: nota 19aprile 2006 del direttore della divisione criminale, ufficio affari internazionali, delDipartimento della Giustizia USA) in conformità alle regole d’ingaggio previste per le ope- razioni di guardia e di controllo al posto di blocco. Risulta parimenti assorbita l’ulteriore questione in rito, anch’essa pregiudiziale, cui sifa cenno nella narrativa della sentenza impugnata e che è desumibile dagli atti, circa la sus- sistenza, per il delitto in esame, di una valida condizione di procedibilità, pur dovendo laCorte sottolineare l’anomalia procedimentale per cui, a fronte della formale richiesta 8marzo 2005 del Ministro della Giustizia di procedere contro ignoti in ordine a tale delitto, ai sensi dell’art. 10 cod. pen. (delitto “comune” commesso dallo straniero all’estero, per cuioccorre l’ulteriore presupposto che egli si trovi nel territorio dello Stato), il G.u.p. delTribunale di Roma, nel disporre il rinvio a giudizio del Lozano con decreto del 7 febbraio2007, ha qualificato lo stesso, secondo la concorde prospettazione del P.M. e delle PP.CC. circa l’avvenuta lesione di interessi politici dello Stato, sottesi all’incarico governativo diottenere la liberazione della giornalista rapita, come delitto “oggettivamente politico”, per lacui procedibilità, a differenza del delitto comune, l’art. 8 cod. pen. non prescrive, oltre larichiesta del Ministro della Giustizia, la necessaria presenza dello straniero nel territorionazionale. In definitiva, la declaratoria di non doversi procedere nei confronti del Lozano per difetto della giurisdizione penale italiana va confermata, pur con le opportune rettificazioni, nei termini suesposti, del percorso giustificativo delle ragioni della decisione impugnata. Al rigetto dei ricorsi della parte pubblica e della parte civile segue la condanna di que- st’ultima al pagamento delle spese del procedimento, a norma dell’art. 592, comma 1 c.p.p.. P. Q. M. Rigetta i ricorsi e condanna la ricorrente parte civile al pagamento delle spese processuali. Così deliberato in Roma il 19 giugno 2008» . 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 214 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 214 La natura giuridica degli enti fiera (Tribunale Amministrativo Regionale Lazio, sezione terza ter, sentenza 1 aprile 2008 n. 2779) La memoria difensiva pubblicata in calce, presentata nell’ambito delcontenzioso sorto tra Fiera di Genova s.p.a. e A.G.COM. affronta la temati- ca della natura giuridica degli enti fiera. In particolare nella fattispecie Fiera di Genova s.p.a. aveva, in un primotempo, impugnato la nota del servizio ispettivo e registro dell’A.G.COM. (449/CONSdell’8febbraio2007),concuilesiintimaval’adempimentodegli obblighi inerenti l’acquisto di pubblicità istituzionale sui mezzi di comunica- zione di massa di cui all’art. 41 D.Lgs. 177/2005 (t.u. radiotelevisione). La ricorrente contestava l’applicazione dell’art. 41 nei propri confronti, in quanto la trasformazione da ente pubblico economico in s.p.a. attuata pereffetto dell’art. 10 della legge 7/2001, escludendone la natura pubblicistica, ne avrebbe impedito la riconducibilità alle “amministrazioni pubbliche” eagli “enti pubblici anche economici”, soggetti formalmente destinatari del- l’obbligo di pubblicità istituzionale. Inoltre, anche sotto il profilo sostanzia- le, la ricorrente Fiera rinveniva argomento contrario alla sua configurazionequale amministrazione pubblica nonchè quale organismo di diritto pubblico, in quanto soggetto operante in mercati concorrenziali, dalla giurisprudenzacomunitaria formatasi con riguardo agli enti fiera. Infine, la violazione dell’art 41 avrebbe rilevato anche per ciò che pro- priamente attiene all’attività pubblicitaria svolta da Fiera di Genova. Infatti, in ragione della ritenuta natura d’impresa commerciale, Fiera di Genova s.p.a. non svolgerebbe attività di “comunicazione istituzionale”, bensì attivi- tà di pubblicità commerciale al pari delle altre imprese operanti in regime diconcorrenza. In seguito, la ricorrente, con motivi aggiunti impugnava anche l’ordinan- za -ingiunzione di pagamento di € 5.200,00, emessa da A.G.COM. a segui- to dell’accertamento della violazione degli obblighi ex art. 41 cit. In tale contesto veniva, pertanto, depositata in giudizio, già per l’udien- za camerale fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, la memoria incalce riprodotta. Vi si contesta l’argomento principale su cui si fonda il ricor- so, vale a dire la natura d’impresa commerciale della ricorrente, sostenendo- ne, viceversa, la natura di ente pubblico economico. E tale natura, da cui con- segue l’applicabilità dell’articolo 41 del T.U. 177/05, viene desunta da spe- cifici indici di pubblicità, ossia: 1) la natura interamente pubblica degli azio- nisti tra cui è ripartito il capitale sociale, 2) il potere di nomina dell’interoconsiglio di amministrazione previsto dallo statuto esclusivamente in capoagli enti pubblici azionisti, nonché 3) le finalità di interesse pubblico espres- samente assegnate a Fiera di Genova dalla legge regionale 8 del 9 febbraio2000 che ha funzionalizzato la disciplina dell’attività fieristica alla diffusio- ne e all’incremento dell’attività produttiva regionale. 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 215 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 215 Pertanto ivi, in ragione degli indici rintracciabili nella fattispecie erichiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità circa l’ascrivibilitàdegli enti fieristici alla categoria degli enti pubblici economici, si argomen- ta la natura di ente pubblico economico di Fiera di Genova s.p.a., desumen- done l’applicabilità dell’art. 41 T.U. 177/2005 e deducendo conseguente- mente il carattere istituzionale dell’attività pubblicitaria svolta dalla stessa. Il T.A.R. Lazio, sez. terza ter, con sentenza 2779/2008 si è pronunciatoaccogliendo il ricorso principale ed i motivi aggiunti, proposti da Fiera diGenova s.p.a., escludendo l’applicazione dell’art. 41 nei confronti della stes- sa. Il Tribunale regionale non ha ritenuto gli indici di riconoscibilità addottinella specie come realmente idonei a provare la natura di ente pubblico eco- nomico di Fiera, in quanto non capaci di attestare il carattere meramente for- male della sua privatizzazione In considerazione degli ultimi orientamenti della giurisprudenza ammi- nistrativa sugli enti fiera (cfr C.d.S. sent. 2913/2008), volti a riconoscerenatura commerciale all’attività fieristica, si è ritenuto di prestare acquiescen- za alla sentenza del T.A.R. Dott.ssa Valeria Camilli(* ) Tribunale Amministrativo Regionale peril Lazio, sezione terza ter, sentenza del 1 apri- le 2008 n. 2779 – Pres. I. Riggio – Rel. S. Fantini – Fiera di Genova S.p.a. (Avv.ti L. Cocchi e D. Vaiano) c/ A.G.COM. – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (ct. 11309/07, Avv. dello Stato R. Guizzi) . « (…) Fatto. Con atto ritualmente notificato e depositato la società ricorrente, derivante dalla tra- sformazione, avvenuta nel 2003, in forza della legge n. 7/2001, dell’omonimo ente pubbli- co economico, premesso di svolgere attività commerciale – fieristica in regime di libertà diimpresa e di concorrenza sul mercato, espone di avere subito, nel novembre 2006, un’ispe- zione da parte di incaricati dell’A.G.COM., nella considerazione che non avrebbe ottempe- rato a quanto previsto dall’art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005. Già in sede ispettiva la società esponente ha sostenuto di non essere soggetta alla pre- detta normativa, ma l’A.G.COM. le ha contestato, con atto del 24 gennaio 2007, la manca- ta indicazione delle somme destinate alla comunicazione istituzionale, nonché il mancatorispetto delle quote percentuali impiegate per l’acquisto degli spazi sui mezzi di comunica- zione di massa. Nonostante le controdeduzioni presentate in data 5 marzo 2007, con l’atto oggetto digravame l’A.G.COM., sotto comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie per il casodi mancata ottemperanza, ha chiesto di effettuare le prescritte comunicazioni nel termine diquindici giorni. (*) Dottoranda in Diritto costituzionale e pubblico generale, Università di Roma “LaSapienza” ammessa alla pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato. 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 216 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 216 Avverso detto provvedimento deduce il seguente, articolato, motivo di diritto: violazio- ne dell’art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005; carenza di potere; violazione della delibera n. 139/05/CONS del 7 marzo 2005. L’art. 41 del T.U.R. ha come soggetti destinatari le amministrazioni pubbliche (di cuiall’art. 1, II comma, del D.Lgs. n. 165/01) e gli enti pubblici anche economici. La Fiera di Genova è stata un ente pubblico economico, ma in seguito ha visto mutarela propria natura, in applicazione dell’art. 10 della legge n. 7/2001, con la trasformazione insocietà per azioni avvenuta nel 2003; è dunque, attualmente, un soggetto privato costituitoin forma di s.p.a. Accanto a tale profilo formale va osservato come già l’art. 1 della legge n. 7/2001prevedesse che l’attività fieristica è libera; tale norma è stata peraltro ritenuta incompati- bile con il diritto comunitario dal1a sentenza 15 gennaio 2002, in causa C-439/99, dellaCorte di Giustizia; in conformità la legge n. 7/2001 è stata abrogata dall’art. 6 della legge n. 62/2005. La Corte di Giustizia, con un’altra pronuncia, sempre riguardante l’ordinamento italia- no (sentenza 10 maggio 2001), ha altresì escluso che gli enti fieristici possano considerarsiorganismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della disciplina sugli appalti pubblici. Anche sotto il profilo sostanziale, dunque, la Fiera di Genova S.p.a. non può conside- rarsi un’amministrazione pubblica, ovvero un ente pubblico economico, ma un soggetto pri- vato che opera in un settore di libero mercato concorrenziale, alla stregua di ogni altraimpresa commerciale. La società ricorrente non intrattiene alcun rapporto pubblicistico con un ente di riferi- mento, in forza di norme di diritto pubblico, ed il suo statuto non prevede prescrizioni esor- bitanti rispetto a quelle tipiche di una società di diritto privato. Si aggiunga a quanto precede che l’attività pubblicitaria svolta da Fiera di Genova S.p.a. non è riconducibile a quella contemplata e regolata dall’art. 41 del T.U.R.; ed inveroquesta disposizione ha ad oggetto non già la pubblicità commerciale, ma la comunicazione o pubblicità istituzionale, che è un qualcosa di completamente diverso sul piano funzionale, come è dato inferire dalla previsione dell’art. 1 della legge n. 150/2000. La comunicazione istituzionale riguarda l’esercizio di funzioni e servizi pubblici, e nonla pura attività di impresa, cui si addice la pubblicità commerciale finalizzata all’accaparra- mento della clientela. Quindi anche sul piano dei contenuti delle attività regolate dall’art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005 la Fiera di Genova risulta estranea all’ambito di applicazione della norma. In conclusione, la Fiera di Genova S.p.a. e la sua attività pubblicitaria non possono rite- nersi in alcun modo soggette alla disciplina dell’art. 41 del D.Lgs. n.177/2005. Si è costituita in giudizio l’A.G.COM. argomentatamente chiedendo la reiezione delricorso. Con successivo atto ritualmente notificato e depositato sono stati proposti motiviaggiunti avverso l’ordinanza-ingiunzione, di cui alla delibera n. 449/07/CONS in data 2agosto 2007, recante una sanzione pecuniaria di euro 5.200,00 per la violazione dell’art. 41, I, III, IV comma, del D.Lgs. n. 177/05, deducendosi le seguenti censure: 1) Violazione dell’art. 41 del D.Lgs. n. 177/2005; carenza di potere; violazione dell’art. 6 della legge n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione della deli- bera n. 139/05/CONS del 7 marzo 2005. In aggiunta a quanto già esposto nel ricorso principale, occorre replicare al corredomotivazionale del provvedimento impugnato. 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 217 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 217 In primo luogo, non appare rilevante il fatto che Fiera di Genova S.p.a. abbia subitouna mera privatizzazione formale, continuando ad essere partecipata in misura maggiorita- ria da Amministrazioni pubbliche (in particolare, il capitale è al 73% in mano di enti pub- blici, e per il resto della F. s.p.a.); ed invero la titolarità della maggioranza azionaria noncomporta un’influenza sulla società tale da snaturarne il carattere privato, ben potendosiriferire anche ad imprese delle quali ai pubblici poteri interessa l’esistenza sul mercato. Nel caso di specie i soci pubblici detengono la S.p.a. Fiera affinché la Liguria e Genovaabbiano un polo fieristico, ma la lasciano del tutto libera nella gestione della propria attivi- tà imprenditoriale; in altre parole, non si vede imprimere una mission di pubblico interesse. Allo stesso modo, non appare dirimente la facoltà di nomina degli amministratori attri- buita statutariamente agli enti-soci. Si tratta di un elemento inserito privatisticamente (con lo statuto), a norma dell’art. 2449 del c.c., nell’ambito di un’organizzazione privatistica che svolge attività di diritto pri- vato in regime di concorrenza. La previsione statutaria è stata inserita allo scopo di consentire che, fino a quando ilcapitale rimane in mano agli enti pubblici attuali soci, la rappresentanza di ciascuno nel con- siglio sia equilibrata, in proporzione del suo peso nella compagine azionaria, ed in corri- spondenza ad un iniziale accordo intervenuto tra gli enti stessi; in altri termini, si è intesoraggiungere l’effetto di un patto parasociale per mezzo della predetta previsione statutaria. In terzo luogo, contrariamente a quanto ritenuto dall’A.G.COM., l’oggetto sociale dellaFieradiGenovaS.p.a.nonhaalcunaidoneitàadimostrareunapretesa “sostanza” pubblicistica. In realtà, l’oggetto sociale della Fiera è l’esercizio dell’attività fieristica, che presentale già evidenziate caratteristiche commerciali, industriali e concorrenziali, sebbene rivestapure un interesse di carattere generale per lo sviluppo economico locale. È improprio il riferimento ai “poteri di concessione”, espressione che richiama non giàun potere pubblicistico, bensì la facoltà di disporre degli spazi attribuendone la disponibili- tà a terzi, in relazione ad attività di interesse fieristico. Indefinitiva,tuttiipretesiindicidiunasostanzapubblicisticadellaS.p.a.FieradiGenova, indicatidall’Autoritàasostegnodelproprioimpugnatoprovvedimento,nonhannonelconcre- tocasodispeciel’idoneitàadassolvereadunasiffattafunzione,essendocompatibiliancheconla natura sostanzialmente privatistica della società e spiegabili in tale prospettiva. Va al contrario evidenziato come 1’A.G.COM. non ha considerato altri decisivi ele- menti ai fini di una corretta qualificazione della natura giuridica della società ricorrente; inprimo luogo il fatto che l’organizzazione di detta società non è regolata da alcuna norma odaltro atto pubblicistico; in secondo luogo la circostanza che i suoi atti non sono soggetti acontrolli di pubbliche Autorità; in terzo luogo l’insussistenza di poteri di direttiva od indi- rizzo nei confronti di Fiera di Genova da parte di soggetti pubblici. Inoltre la società ricorrente non fruisce di alcun finanziamento pubblico, né subiscenessun altro tipo di influenza pubblicistica nella gestione. Occorre inoltre ribadire che l’art. 41 del D.Lgs. n. 177/05 non appare applicabile all’at- tività pubblicitaria svolta da Fiera di Genova S.p.a. , avendo la norma ad oggetto non già lapubblicità commerciale, ma la comunicazione o pubblicità istituzionale (che evoca il concet- to di attività amministrativa, secondo quanto può inferirsi dalla norma di cui alla legge n. 150/2000) ; sotto tale profilo si delinea il difetto di istruttoria del provvedimento gravato, chenon ha adeguatamente accertato i fatti rilevanti per l’applicazione della norma sanzionatoria. 2) In subordine : violazione dell’art. 11 della legge n. 689/1981 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990; difetto di istruttoria e di motivazione. 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 218 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 218 Nella parametrazione dell’entità della sanzione al massimo della pena edittalel’A.G.COM. non ha affatto valorizzato i molteplici elementi a “discarico” precedentementedelineati, evidentemente incidenti sulla “gravità” dell’infrazione, di cui la norma epigrafatarichiede che si tenga conto. All’udienza del 14 febbraio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1.-Il thema decidendum del ricorso principale ed, analogamente, del primo motivoaggiunto, rivolti, rispettivamente, avverso la nota prot. n. 8842/07 dell’ 8 febbraio 2007, e ladeliberan.449/07/CONS,ruotaintornoall’asseritamenteerroneaapplicazionedell’art.41 del T.U.R.(D.Lgs.31luglio2005,n.177)fattadall’A.G.COM.nellafattispecieinesame,nell’as- sunto che Fiera di Genova S.p.a. non sia tenuta, e sotto il profilo formale, e sotto il profilosostanziale,nonchéinragionedeltipodipubblicitàeffettuata,alladisciplinasulla“destinazio- ne della pubblicità di amministrazioni ed enti pubblici” , ed alla strumentale comunicazioneall’Autorità delle somme impegnate per l’acquisto di spazi su mezzi di comunicazione dimassa, con conseguente illegittimità della richiesta di effettuare le comunicazioni in materia, e soprattutto dell’ordinanza-ingiunzione che sanziona l’omissione della comunicazione. In sintesi, a sostegno della tesi della propria non soggezione all’art. 41 del T.U.R., Fieradi Genova S.p.a. allega di essere (a fare tempo dal 2003 non più ente pubblico economico, ma) soggetto di diritto privato costituito in forma di s.p.a., privo dei connotati dell’organi- smo di diritto pubblico, ed operante nel contesto di un libero mercato concorrenziale; aggiunge che, sul piano oggettivo, l’attività pubblicitaria da essa svolta ha natura commer- ciale, e non rientra dunque nell’ambito della “comunicazione istituzionale”, predefinita dal- l’art. 1 della legge 7 giugno 2000, n. 150. L’assunto dell’A.G.COM., chiaramente desumibile dall’articolato corredo motivazio- nale dell’impugnata delibera n. 449/07/CONS, e poi ribadito nei propri scritti difensivi, èche invece Fiera di Genova S.p.a. sia, nella sostanza, un ente pubblico (economico), cometale soggetto all’art. 41 del T.U.R., in quanto: a) la società è derivata da una privatizzazio- ne meramente formale dell’ente pubblico economico “Fiera di Genova”, e ciò comporta ilpermanente vincolo al perseguimento del fine pubblico; b) la partecipazione pubblica mag- gioritaria al capitale sociale, se giustifica la previsione statutaria che rimette agli enti pub- blici-soci la nomina degli amministratori della società, conferma la natura pubblicistica del- l’ente, già desumibile dall’oggetto sociale; c) la natura istituzionale della comunicazione pubblicitaria deve ritenersi compatibile anche con un oggetto sociale che contempla lo svol- gimento di attività economiche. Ritiene il Collegio, pur nella consapevolezza che la questione implicata dalla fattispe- cie controversa prospetta problemi ermeneutici prismatici, a più facce, e non consente dun- que di pervenire a soluzioni senza margini di incertezza, che debba essere preferita la pro- spettazione di parte ricorrente. Procedendo per ordine, può essere anzitutto condiviso l’as- sunto metodologico dell’A.G.COM. alla stregua del quale, prevalendo, ai fini della qualifi- cazione di un soggetto come pubblico o privato, il criterio della sostanza sulla forma, a fron- te di una privatizzazione meramente formale dell’ente pubblico economico, occorre orien- tare l’indagine sulla base di “indicatori di tipo sostanziale che riflettono, da un lato, la fun- zionalizzazione dell’attività istituzionale della … persona giuridica alla realizzazione difinalità di interesse generale, e, dall’altro, la chiara sottoposizione della sua gestione ad uncontrollo pubblico”. Ed invero, quanto meno a principiare dalla nota sentenza 28 dicembre 1993, n. 466della Corte costituzionale la giurisprudenza prevalente, con riferimento alle società deriva- 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 219 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 219 te dalla privatizzazione formale degli enti pubblici economici, ha affermato il principio percui il solo mutamento della veste giuridica non è sufficiente ad escludere il controllo dellaCorte dei Conti sulle società (ex art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259) ; più generalmen- te, ha definito di “diritto speciale” le società connotate da significativi tratti pubblicistici, rinvenendo il criterio di qualificazione sul piano sostanziale (in termini, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498; Cons Stato, Sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478; Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1206). Posta questa premessa, si evince peraltro dal provvedimento sanzionatorio gravato chel’Autorità ha utilizzato, quali “indici di riconoscibilità” della natura pubblica della società, la partecipazione pubblica al capitale sociale, la previsione statutaria che rimette agli entipubblici soci la designazione degli amministratori, nonché le finalità di interesse pubblicodesunte dall’oggetto sociale. Sotto il primo profilo, occorre tenere conto della distinzione di fondo tra enti pubblicia struttura di s.p.a. e s.p.a. costituite o partecipate da enti pubblici, che hanno però naturagiuridica di diritto privato. Secondo il consolidato orientamento di dottrina e di giurisprudenza, la natura pubblicadel soggetto proprietario non condiziona la natura giuridica della società per azioni, che sipone come modello neutrale, bon à tout faire. Ove dunque non sia il diritto positivo a qua- lificare in termini pubblicistici una società, ovvero a sottoporla ad una disciplina speciale, le società per azioni semplicemente partecipate devono ritenersi società di diritto privato. Ne consegue come, diper sé,la connotazione diFiera di Genova come società a parteci- pazione pubblica largamente maggioritaria non valga a qualificarla come soggetto pubblico. D’altro canto, anche riflettendo sulle modalità di istituzione di questa società, si puòevidenziare come la legge 11 gennaio 2001, n. 7, all’art. 10, nel prevedere il riordino, daparte delle Regioni, mediante trasformazione in s.p.a., degli enti fieristici già costituiti ericonosciuti, non ne ha predeterminato né la denominazione, né la necessaria proprietà pub- blica di una quota maggioritaria. Ed infatti il secondo comma del predetto art. 10 dispone che “gli statuti delle societàper azioni possono prevedere la libera circolazione delle azioni emesse a seguito della tra- sformazione”, potendosi dunque escludere che l’esistenza e la destinazione funzionale dellasocietà sia indisponibile alla volontà dei propri organi deliberativi. Neppure può ritenersi indice significativo della natura pubblica della società ricorren- te la circostanza per cui l’art. 16 del suo statuto preveda la designazione da parte degli entipubblici-soci dei membri del C.d.A., tra cui vengono scelti il Presidente, i Vice Presidenti el’Amministratore Delegato. Ed infatti tale disposizione statutaria appare conforme allanorma dell’art. 2499 del codice civile, che, nel disciplinare le società a partecipazione pub- blica, enuclea, come unico, seppure significativo, profilo derogatorio rispetto al modellogenerale, proprio la possibilità che lo statuto conferisca all’ente pubblico la facoltà di nomi- nare uno o più amministratori o sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza. La deroga rispetto al diritto comune, applicabile a tutte le società a partecipazione pub- blica,consiste proprio nellapossibilitàdi pattuireche la nomina elarevoca degli amministra- tori siano sottratte alle deliberazioni dell’assemblea e riservate all’ente pubblico azionista. Ne discende che l’art. 2449 del codice civile consente, in via generale, all’ente pubbli- co di fruire di un potere di controllo non proporzionato alla sua partecipazione nel capitalesociale. Anche a condividere che tale situazione possa suscitare dubbi sulla compatibilitàcomunitaria di una siffatta norma, come recentemente rilevato dalla Corte di Giustizia C.E. 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 220 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 220 con la sentenza 6 dicembre 2007, nei procedimenti riuniti C-463/04 e C-464/04, le disposi- zioni statutarie che ad essa si conformano non possono apprezzarsi, come ha invece ritenu- to 1’A.G.COM., alla stregua di “significative deviazioni rispetto allo schema legale tipicodelle società di capitali, anomalie sintomatiche della sua natura sostanzialmente pubblica”. Una previsione statutaria attuativa di una disciplina di portata generale non può, in altreparole, costituire indice sintomatico della natura sostanzialmente pubblica di una società perazioni. Né coglie nel segno l’ulteriore assunto della delibera in esame secondo cui l’acquisi- zione e conservazione di posizioni di comando in favore dei pubblici poteri prescinderebbedal mantenimento della loro qualità di soci, in quanto, in realtà, una tale possibilità risultapreclusa dall’intervenuta abrogazione dell’art. 2450 del codice civile ad opera del d.l. 15febbraio 2007, n. 10, convertito nella legge 6 aprile 2007, n. 46. Occorre, anzi, rilevare come nel caso di specie si evinca dalle disposizioni statutarie un“contenimento delle prerogative pubblicistiche” sulla società partecipata; ed invero, a fron- te della richiamata previsione dell’art. 2449 del codice, che consente all’ente pubblico dinominare e revocare gli amministratori secondo modalità extra-assembleari, lo statuto (sem- pre all’art. 16) stabilisce che gli amministratori sono revocabili a norma di legge, e soprat- tutto che “l’eventuale revoca o sostituzione degli Amministratori spettano all’Assembleaordinaria dei soci”, e non dunque all’ente che li ha nominati. Allo stesso modo, l’art. 2449 del codice civile consente agli enti pubblici di nominareanche i sindaci, mentre lo statuto di Fiera di Genova S.p.a., all’art. 21, prevede che questisiano nominati dall’assemblea. Con riguardo, poi, all’ulteriore argomento, utilizzato dall’Autorità, secondo cui lo scoposociale statutariamente predefinito evidenzierebbe “finalità di indubbio interesse pubblico, rappresentatedallapromozionedellosviluppoeconomicoregionaleattraversolavalorizzazio- ne, a fini commerciali, dei prodotti e dei servizi forniti da imprese operanti nel suddetto baci- no territoriale” , ritiene il Collegio didovermuovere daldato normativo, secondo cui “l’attivi- tà fieristica è libera. Lo Stato e le regioni, di concerto con i comuni interessati, nell’ambitodelle rispettive competenze, garantiscono la libera concorrenza, la trasparenza e la libertàd’impresa,anchetutelandolaparitàdicondizioniperl’accessoallestrutturenonchél’adegua- tezza della qualità dei servizi agli espositori ed agli utenti ... » (art. 1, III comma, della leggequadro sul settore fieristico 11 gennaio 2001, n. 7, abrogata dalla legge 18 aprile 2005, n. 62). Ipotizzandola come ancora vigente, già tale prescrizione legislativa, evidenzia che lesocietà che svolgono attività fieristica (e tale è l’oggetto della ricorrente, secondo il chiaroenunciato dell’art. 4 dello statuto) sono imprese che operano in regime di concorrenza; ancora più esplicitamente, il successivo art. 2, lett. a), stabilisce che le manifestazioni fieri- stiche sono “attività commerciali” . Tali elementi, di per sé, male si conciliano con un modello di società avente natura pub- blica. Al contrario, l’attribuzione alla società di compiti di rilievo pubblico è certamente com- patibile con la natura privata del soggetto operatore. Va aggiunto che la legge n. 7/2001 è stata, come premesso, abrogata dall’art. 6 dellalegge n. 62/2005 (legge comunitaria per il 2004), in esecuzione della sentenza della Cortedi Giustizia C.E. 15/1/2002, nella causa C-439/99. Detta sentenza ha statuito che l’attività di organizzatore di fiere costituisce un’attivitàeconomica che rientra nel capitolo del Trattato relativo al diritto di stabilimento quando èsvolta da un cittadino di uno Stato membro in un altro Stato membro, in maniera stabile e 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 221 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 221 continuativa, mentre rientra nel capitolo del Trattato relativo ai servizi quando è svolta daun cittadino di uno Stato membro che si sposta in un altro Stato membro per esercitare taleattività in via temporanea. In tale modo, la Corte di Giustizia, come riconosciuto anche dall’Avvocatura delloStato nella propria memoria difensiva, ha affermato l’incompatibilità con il principio di libe- ra prestazione dei servizi e con la libertà di stabilimento di quelle norme statali o regionalitendenti a precludere a soggetti privati l’esercizio dell’attività fieristica. Un’ulteriore con- ferma della natura commerciale dell’attività svolta dagli “enti fieristici” viene da un’altrasentenza della Corte di Giustizia, la 10 maggio 2001, nelle cause C-223/99 e C-260/99, con- cernente l’ente Fiera di Milano, ma la cui portata dispositiva ha efficacia ultra partes, che ne ha escluso la natura di organismo di diritto pubblico, difettando la relativa attività pro- prio del carattere non industriale o commerciale. Non appare neppure fondato su solide basi l’assunto motivazionale della delibera n. 449/07/CONS secondo cui gli enti pubblici soci della S.p.a. Fiera di Genova ne orien- terebbero la gestione. Edinfattilasocietànonrisultaintrattenerealcunrapportopubblicisticoconl’ente(melius gli enti) di riferimento, ad instar di un contratto di servizio, tale da imprimere una specificamissione di interesse generale, quand’anche economico, alla propria attività imprenditoriale, né la società risulta soggetta ad alcun potere di direttiva da parte dell’ente ausiliato. Al contempo, non può, quale indice di influenza dominante, parlarsi di un finanziamen- to pubblico (regionale), pari ad euro 3.700.000,00, avvenuto per il tramite di F. S.p.a., costi- tuendo detto importo il conferimento iniziale di un socio pubblico per la costituzione diFiera di Genova S.p.A. remunerato attraverso gli utili di esercizio. Né appare condivisibile l’assunto defensionale dell’A.G.COM. secondo cui dalla fun- zionalizzazione dell’attività fieristica alla diffusione ed incremento dell’attività produttivaregionale, operata dalla L.R. Liguria 9 febbraio 2000, n. 8, deriverebbe una “destinazionefunzionale” anche della società ricorrente. Una siffatta interrelazione, che sarebbe, secondol’Avvocatura, idonea a connotare quanto meno in termini di necessarietà l’esistenza di Fieradi Genova S.p.a., non trova in realtà conforto nel testo normativo. Ed invero l’art. 5, sia nel testo originario, che in quello derivato dalla novella apportatadalla L.R. 23 giugno 2005, n. 8, nell’enucleare i soggetti organizzatori, precisa che le manife- stazionifieristichesonoorganizzatedasoggettipubblicieprivati,senzadunqueindividuareunrapporto di strumentalità necessaria con Fiera di Genova S.p.a. , (rapporto) escluso anche dalsuccessivo art. 13 in tema di “politiche promozionali” , che sono affidate all’ente regionale. Sotto il profilo soggettivo può dunque conclusivamente ritenersi che Fiera di Genova S.p.a. non rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 41 del T.U.R., che vede come destina- tari le Amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici anche economici, ma non anche i sog- getti privati, tra cui vanno annoverate società per azioni partecipate da enti pubblici prive disignificativi tratti pubblicistici. 2. -Ritiene il Collegio che sia fondata anche la doglianza con cui viene dedotta l’inap- plicabilità dell’art. 41 del D.Lgs. n. 177/05 ratione obiecti, nella considerazione che l’atti- vità pubblicitaria svolta da Fiera di Genova S.p.a. non sia riconducibile alla comunicazione o pubblicità istituzionale. Ora, precisato che questa censura non può ritenersi, contrariamen- te a quanto sostenuto dall’Avvocatura, tautologica, nel senso di meramente consequenzialealla risoluzione del problema della natura giuridica del soggetto che si avvale della pubbli- cità, in quanto non può escludersi che un ente pubblico economico svolga anche pubblicitànon istituzionale (e dunque semplicemente commerciale, finalizzata cioè al procacciamen- 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 222 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 222 to di clientela), è indubbio che nel caso di specie le due questioni, per la forza dell’argomen- to di inclusione (secondo cui il più comprende il meno), vengono a sovrapporsi. Si intende dire che l’esclusione della natura pubblicistica della società ricorrente indu- ce anche ad escludere che la stessa possa avere svolto pubblicità istituzionale sui mezzi dicomunicazione di massa, senza comunicare le somme impegnate per l’acquisto degli spazipubblicitari. In ogni modo, appare al Collegio viziato l’assunto motivazionale della gravatadelibera n. 449/07/CONS secondo cui “la natura istituzionale della comunicazione pubbli- citaria ... deve ritenersi pienamente compatibile anche con un oggetto sociale che contemplilo svolgimento di attività prevalentemente o esclusivamente economiche, atteso che la stes- sa norma di riferimento espressamente include tra i soggetti pubblici anche gli Enti pubbli- ci economici, per definizione istituzionalmente votati all’ottenimento di una quota rilevan- te di ricavi attraverso la produzione di beni e la commercializzazione di servizi”. Ed infatti, proprio in ragione della nozione tecnica e dei contenuti specifici della “atti- vità di informazione e di comunicazione istituzionale”, evincibile dall’art. 1 della legge n. 150/00, l’Autorità, anche assumendo la natura pubblica della società, avrebbe dovuto tene- re conto e verificare quanto espressamente rappresentato da Fiera di Genova in ordine alfatto di non avere mai svolto siffatta attività di comunicazione. In questi termini, il provvedimento gravato, dando per scontato ciò che in realtà non loera, è incorso anche nel difetto di istruttoria. Anche sotto tale profilo oggettivo deve dunqueaffermarsi la non soggezione della società ricorrente all’art. 41 del T.U.R. 3. -Alla stregua di quanto precede il ricorso principale ed il primo motivo aggiuntodevono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati; il che esime ilCollegio dalla disamina del secondo motivo aggiunto, peraltro articolato in via subordinata, con cui si contesta la misura della sanzione pecuniaria. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione terza ter definiti- vamente pronunciando, accoglie il ricorso principale ed i motivi aggiunti, con conseguenteannullamento degli atti impugnati. Compensa tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così decisoin Roma, nella camera di consiglio del 14 febbraio 2008 (...)» . Avvocatura Generale dello Stato – Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione terza ter – Memoria difensiva per l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (A.G.COM.). «Conattonotificatopressol’esponenteAvvocaturaloscorso8ottobre,laFieradiGenova s.p.a. ha impugnato – chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia – l’ordi- nanza ingiunzione di cui alla delibera 449/07/CONS, con cui l’A.G.COM. le ha ingiunto ilpagamento della somma di € 5.200,00 avendo accertato, a carico di essa ricorrente, la viola- zionedelledisposizionicontenuteall’articolo41commi1,3e4delD.Lgs.177/05.Lapredet- taimpugnativasiinseriscenelsolco delgiudiziogiàpendenteinnanziacodestoIll.moT.A.R. epromossoavversolanota –diffidadelservizioispettivodell’AGCOMdell’8febbraio2007, con cuiveniva intimatoallaFiera diGenova s.p.a.di ottemperare all’obbligodi comunicazio- nedellesommeimpegnate afini dipubblicità istituzionalein relazione agli anni2004 e2005, dietro comminatoria dell’applicazione della sanzione in fatto irrogata con l’ordinanza oggettodel gravame cui si resiste. Già in occasione della pregressa impugnativa, la s.p.a. Fiera di 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 223 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 223 Genova – anticipando le argomentazioni difensive più diffusamente illustrate nell’odiernoricorso – aveva contestato l’applicabilità nei suoi confronti della normativa in tema di pubbli- citàistituzionale,assumendo diaverdismessolaqualità diente pubblico economico,giustalatrasformazione in società per azioni effettuata ai sensi dell’articolo 10 della legge 7/2001 e dinonrientrare,perl’effetto,nelnoverodeisoggetti(appuntolepubblicheamministrazionieglienti pubblici, anche economici) destinatari dell’obbligo sancito dall’articolo 41 del D.Lgs. 177/05; adduceva, poi, quale ulteriore argomento a supporto della propria estraneità all’ambi- todi applicazionedellanorma dequa,una considerazionediordine oggettivo,incentratasulla natura commerciale dell’attività pubblicitaria svolta da essa ricorrente, finalizzata cioè all’ac- quisizione di quote di mercato e non già all’informazione e comunicazione delle pubblicheamministrazioni cui è, invece , preordinata la pubblicità istituzionale (stando alla definizioneche se ne ricava dall’articolo 1 della legge n. 150/2000). Ebbene, anche a voler prescindere da ogni considerazione, pur decisiva in sede cautela- re,inordinealpericuluminmoracheapparefrancamenteinsussistente,inragionedellanatu- ra strettamente pecuniaria della sanzione comminata (peraltro di importo assai modesto e, come tale, inidonea ad incidere in maniera apprezzabile sull’assetto patrimoniale dell’entericorrente) che vale ad escludere in radice l’irreparabilità del pregiudizio, il ricorso avversa- rio merita, comunque, esito di rigetto perché totalmente privo di alcun fumus di fondatezza. L’impianto argomentativo sotteso al ricorso avversario appare incentrato, in sostanza, sul misconoscimento della qualità soggettiva di ente pubblico economico che la ricorrentepretende di fondare sull’avvenuta trasformazione in società per azioni, ai sensi dell’articolo10 della legge7/2001, e sull’inidoneità degli indici fattuali espressamente menzionati nelladelibera dell’AGCOM – quali la ripartizione del capitale sociale, la previsione statutariadella riserva, in favore degli enti pubblici azionisti, della nomina di tutti componenti delconsiglio di amministrazione, l’indicazione, quale scopo sociale, della promozione dellosviluppo economico regionale – ad attestare, come preteso dall’Autorità resistente, il carat- tere solo formale dell’avvenuta privatizzazione. In altri termini, secondo l’avversa prospet- tazione, la Fiera di Genova, in conseguenza dell’assunzione della forma societaria, si atteg- gerebbe quale normale impresa commerciale, operante come soggetto privato all’interno diun mercato concorrenziale, l’oggetto sociale identificandosi, invero con l’esercizio di un’at- tività – quella fieristica – cui andrebbero riconosciute caratteristiche commerciali a tutti glieffetti, anche alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustiziaed ispirati all’esigenza di tutela della libertà di impresa e della libera concorrenza in tale set- tore; di guisa che a nulla varrebbero, in contrario, sempre secondo l’avverso assunto, le con- siderazioni formulate dall’Autorità garante circa le finalità dichiaratamente di interessegenerale (recte, pubblicistiche) dell’attività svolta da essa ricorrente. Ebbene, l’argomentazione principale su cui si fonda l’avverso ricorso – e che, giovaribadirlo, si incentra sulla natura di impresa della società ricorrente (l’altro, riferito argo- mento, vertente sull’inapplicabilità dell’art. 41 ratione obiecti appare, francamente, tautolo- gico, la natura commerciale piuttosto che istituzionale della pubblicità dell’ente essendo, invero, subordinata all’individuazione della sua natura giuridica), non risulta decisiva, ovesi consideri che l’ente pubblico economico, al cui novero indiscutibilmente appartengono gli enti fiera, come meglio si dirà tra breve, è per definizione un’impresa (pubblica), rappresen- tando niente altro che un modulo organizzatorio attraverso cui si realizza l’intervento diret- to dello Stato nell’economia. A ben vedere, le indicazioni elaborate in sede comunitaria (segnatamente la direttiva80/723/CEE), alla stregua della quali può qualificarsi come pubblica quell’impresa su cui i 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 224 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 224 pubblici poteri esercitino un’influenza dominante (nel senso cioè che lo Stato, ovvero altrienti pubblici, territoriali e non, ne detengano la maggioranza del capitale, dispongano dellamaggioranza dei voti o possano nominare più della metà di membri dell’organo di ammini- strazione) confermano l’insufficienza del mero riferimento alla natura imprenditoriale del- l’ente al fine di escluderne la sostanza pubblicistica; piuttosto, la riscontrata ed, in punto dimero fatto, nella specie neppure contestata presenza degli indici di influenza dominante rap- presenta un indizio univoco del carattere solo formale della privatizzazione della ricorrenteFiera di Genova. Risulta, invero, per tabulas, dal documento in allegato 4 alla presentememoria, che l’azionariato della Fiera è al 73% in mano pubblica (Regione, Provincia, Camera di Commercio, Autorità portuale) ed al restante 27% in mano della F., società finan- ziaria ligure per lo sviluppo economico, il cui pacchetto azionario è detenuto al 53% dallaRegione Liguria ed alla quale la medesima Regione ha assegnato, sulla base di norma dilegge ad hoc (art.1 l.r. n. 40 del 15 novembre 2002) un finanziamento di € 3.700.000,00 perla partecipazione, per conto di esso ente locale, alla società derivante dalla trasformazionedell’Ente autonomo internazionale Fiera di Genova (il che, sia detto per inciso, smentiscel’affermazione contenuta a pagina 19 del ricorso, secondo cui la ricorrente non godrebbe dialcun finanziamento pubblico e conferma la natura schiettamente pubblicistica della socie- tà: diversamente, il finanziamento in questione non si sottrarrebbe a seri dubbi di compati- bilità con il divieto comunitario di aiuti di Stato; mentre è certamente giustificato, ex art. 86 par. 2 CE, dall’attribuzione alla fiera di un “servizio di interesse economico generale”; ilche, traducendo il concetto comunitario in categorie interne, contribuisce a connotare lasocietà fieristica come ente pubblico economico, quali gli enti del genere sono sempre stati). Del pari, è incontestato in fatto che gli enti pubblici azionisti, per espressa previsione statu- taria, siano titolari del potere di nomina dell’intero consiglio di amministrazione, altro indi- ce rilevante ai fini che ne occupano. Né la bontà di tale assunto trova smentita nell’orientamento formatosi in seno alla giu- risprudenza comunitaria che (nella decisione C-439/99, citata ex adverso) ha statuito circal’ incompatibilità con il principio di libera prestazione di servizi e con la libertà di stabili- mento di quelle norme nazionali, e/o di legislazione regionale, tendenti, in ultima analisi aprecludere a soggetti privati l’esercizio dell’attività fieristica (in tal senso dovendo, invero, ragionevolmente intendersi l’affermazione della contrarietà agli articoli 52 e 59 del TrattatoCE di quelle norme regionali che subordinavano l’attività di organizzatore di fiere all’inter- vento di autorità pubbliche nella designazione totale o parziale degli organi di enti fieristi- ci, ovvero al rilascio di un provvedimento autorizzatorio). La tesi della ricorrente che pre- tende di trarre dai principi affermati dalla Corte una conferma indiretta della propria naturadi impresa privata finisce, in realtà, per provare troppo; la sostanziale privatizzazione delsettore fieristico, scaturita anche dal mutamento del quadro normativo di riferimento conse- guente agli interventi della Corte di Giustizia, se consente, da un lato, di escludere il mono- polio pubblico dell’attività fieristica (nel senso che essa non può essere più esercitata in viaesclusiva da enti pubblici o da soggetti formalmente privati, ma partecipati dai pubblicipoteri) non implica, però, automaticamente, come pretende controparte, il riconoscimentodella natura indefettibilmente privatistica degli operatori del settore, laddove essa sia – come nella specie è – smentita dalla sussistenza di precisi indicatori della natura pubblicistica delsoggetto esercente l’attività, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita. La verità è che alcuna delle argomentazioni spese nel ricorso è idonea a smentire lanatura di ente pubblico economico della Fiera di Genova s.p.a. (e quindi come tale destina- taria degli obblighi sanciti all’articolo 41 D.Lgs. 177/05). D’altronde, dell’ascrivibilità degli 02 cont. naz . 04 CAMILLI b versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.31 Pagina 225 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 225 enti fieristici alla categoria degli enti pubblici economici non si è mai dubitato, alla luce delcostante orientamento della giurisprudenza della Cassazione; basti richiamare al riguardo lanota sentenza delle Sezioni Unite n. 97/2000 sull’ente Fiera di Milano che recependo nume- rosi precedenti delle medesime S.U. (a partire dalla sentenza n. 4002 del 1982) ha ribaditocome l’ente – fiera pur perseguendo finalità di interesse generale operi nel settore della pro- duzione o scambio di beni e servizi mediante un’organizzazione di tipo imprenditoriale edietro corrispettivi diretti al recupero dei costi della relativa attività (il cosiddetto scopo di lucro in senso oggettivo). Né tale situazione è sostanzialmente mutata per effetto dell’entrata in vigore della legge – quadro sull’attività fieristica (la n. 7 dell’11 gennaio 2001), ed in particolare della previ- sione dell’articolo 10 invocato ex adverso, che nel demandare alle Regioni la disciplina diriordino degli enti fieristici ne prevedeva la trasformazione anche in società per azioni, senza tuttavia che dall’assunzione di un diversa forma giuridica potesse derivare, in quelquadro normativo, una modifica della sostanza pubblicistica dell’ente. Né in contrario varrebbe obiettare che l’abrogazione della predetta legge – quadro adopera della legge comunitaria per il 2004 (n. 62 del 18 aprile 2005) abbia di fatto compor- tato il mutamento della natura giuridica dell’ente fiera (da ente pubblico economico a impre- sa commerciale costituita in forma di s.p.a). L’abrogazione della legge quadro va inscritta, invero, nell’ambito del processo di privatizzazione del settore fieristico e si è resa necessa- ria nella misura in cui detta legge conteneva prescrizioni idonee a configurare l’attività fie- ristica in termini di attività sottoposta ad un regime autorizzatorio; tuttavia essa non potevacomportare – né in fatto ha comportato – un mutamento della natura giuridica dell’ente- fiera, le cui vicende soggettive sono rimaste insensibili alla predetta abrogazione, che nonha, significativamente, inciso – non determinandone, infatti, la caducazione – sulla già avve- nuta trasformazione della forma giuridica dell’ente in s.p.a.. La verità è che carattere dirimente al fine di affermare la perdurante natura pubblicadell’ente assume la considerazione della specifica finalità pubblicistica assegnatagli dallalegge. Si vuol dire, in altri termini, che se indubbiamente la circostanza che lo svolgimentodi una certa attività risponda ad una generica finalità di interesse collettivo non vale di persé ad attribuire sostanza pubblicistica al soggetto che tale attività eserciti, è altrettanto vero, però che, una tale connotazione in senso pubblicistico si produca indefettibile in presenza dinorma di legge che correli all’esercizio di una data attività una specifica finalità di interes- se pubblico. E nella specie ciò è quanto avvenuto con la legge regionale n. 8 del 9 febbraio2000 che ha funzionalizzato la disciplina dell’attività fieristica alla diffusione e all’incre- mento dell’attività produttiva regionale. L’assegnazione pertanto all’attività fieristica di una specifica finalità di interesse pub- blico – ribadita anche nell’ulteriore intervento del legislatore (si allude alla già citata l.r. 40/2002) mercè l’assegnazione alla finanziaria regionale di un assai ingente finanziamentoal fine della partecipazione dell’ente locale alla Fiera – se vale, da un lato, a connotare in termini di necessarietà l’esistenza dell’ente medesimo, d’altro lato consente di confermare, nel concorso dei sopradetti indici di pubblicità – non esclusi, né contraddetti dalla privatiz- zazione del settore – la natura di ente pubblico della ricorrente società. Tanto premesso ed osservato, e con riserva di ulteriore deduzione difensiva, si chiedeil rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare, con il favore delle spese di lite. Roma, 22 ottobre 2007 – Avvocato dello Stato Roberta Guizzi» . 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 226 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 226 Obbligo di motivazione sulla valutazione delle prove di concorso: il punteggio alfanumerico non basta (Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sezione quinta, sentenza 2settembre 2008 n. 9992) Il T.A.R. Campania, con la sentenza 2 settembre 2008 n. 9992, torna apronunciarsi sul dibattuto tema della motivazione degli atti concorsuali divalutazione delle prove orali o scritte. Si tratta di un importante passo avanti nella piena affermazione, nellamateria dei pubblici concorsi, del principio di pubblicità e trasparenza del- l’azione amministrativa. Un percorso doveroso in una materia, quella delleassunzioni per il pubblico impiego, dove è fondamentale rimuovere agliocchi della collettività qualsiasi dubbio circa l’imparzialità della pubblicaamministrazione. Già da qualche anno (a partire da Cons. Stato, sez. VI, 30 aprile 2003, n. 2331) il Consiglio di Stato aveva correttamente riveduto le sue posizioni tra- dizionali, scardinando l’antica affermazione secondo cui il punteggio nume- rico rappresenta di per sé l’implicita motivazione, senza necessità di alcunaulteriore specificazione: importanti, in tal senso, i richiami alla trasparenza ealla necessaria comprensibilità dell’iter logico dal quale scaturiscono i pun- teggi numerici assegnati. Tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato si era poi smentito con successivepronunce (v. Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5175 e Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2004 n. 6155), affermando che “anche dopo l’entrata invigore della legge 7 agosto 1990, n. 241, il voto numerico costituisce suffi- ciente motivazione del giudizio relativo alla valutazione della prova scrittadi un esame”. Avoler tacere, poi, della tesi estrema e formalistica che esclu- deva in toto l’obbligo di motivazione dei giudizi sulle prove di concorsosulla base della natura non provvedimentale delle valutazioni, espressione didiscrezionalità tecnica. A fronte di un panorama giurisprudenziale così frammentato è interve- nuta la Corte costituzionale: nella stessa ordinanza (27 gennaio 2006, n. 28) in cui dichiarava inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del- l’art. 3 legge 241/90, la Consulta aveva “suggerito” ai giudici amministrati- vi di adottare letture ermeneutiche conformi ai principi costituzionali, e inparticolare agli artt. 3, 24, 97, 98 e 113 Cost., nella direzione di un più pre- gnante obbligo motivazionale a carico della P.A. nella materia dei concorsipubblici. Oggi, nel solco di quella “esortazione” dei giudici costituzionali, il T.A.R. Campania assesta un colpo importante alla tesi restrittiva tradiziona- le, precisando che “sotto il profilo dell’adempimento dell’obbligo di motiva- zione…il voto numerico è sufficiente, ma solo a condizione che esso sia leg- gibile o interpretabile alla stregua di una congrua e articolata predetermi- 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 227 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 227 nazione dei criteri stabiliti per la sua attribuzione”. La motivazione dellasentenza passa attraverso una valorizzazione del dato normativo di cuiall’art. 12 del d.P.R. n. 487/94 (regolamento recante norme sull’accesso agliimpieghi nelle pubbliche amministrazioni e sulle modalità di svolgimentodei concorsi), secondo cui “le commissioni esaminatrici alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, daformalizzare nei relativi verbali al fine di assegnare i punteggi attribuiti allesingole prove”. Ed infatti nel caso di specie era proprio la predeterminazione dei criteria mancare, avendo la commissione omesso di definire alcunchè in meritoalle modalità di giudizio delle prove concorsuali; salvo poi elencare, nei ver- bali della seduta dedicata alla correzione delle prove scritte, un confuso elen- co di criteri di giudizio da applicarsi alle sole prove scritte, limitandosi aduna vuota formula di stile (“tenuto conto delle risposte fornite alle doman- de”) per la valutazione della prova orale. L’illegittimità di una tale prassi, del resto, è testimoniata anche dalleistruzioni generali impartite dalle stesse amministrazioni interessate, le qualivanno adeguandosi alle istanze sociali, prima ancora che giurisdizionali, dichiarezza e trasparenza nei procedimenti concorsuali. Emblematica, in talsenso, è l’ordinanza del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 9 ottobre 2008, n. 368, la quale concede tutela cautelare alla ricorrente rilevando che “gli ela- borati sono stati valutati solo con attribuzione di un punteggio numerico, inviolazione anche delle istruzioni impartite al riguardo dalla Commissionecentrale per l’esame di avvocato, sessione 2007, con nota del 20 dicembre2007”. Accogliendo il ricorso del candidato risultato non idoneo, il T.A.R. Campania si pronuncia anche sulla giurisdizione del giudice ordinario inordine alla declaratoria di invalidità del contratto stipulato dalla P.A. con ilvincitore del concoso. Il contratto, pur collocandosi a valle di un procedi- mento pubblicistico di selezione della controparte, è da considerarsi un attodi diritto privato. Dunque, unico sindacatore del contratto e della sua esecu- zione resta il giudice ordinario, ferma restando la tutela che il privato puòottenere grazie all’effetto conformativo della sentenza caducatoria del G.A. e attraverso un eventuale giudizio di ottemperanza. Dott. Alessandro Nastri(* ) Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione quinta, sentenza 2 set- tembre 2008 n. 9992 – Pres.A. Onorato – Rel. P. Carpentieri – C.G. (Avv. F. Filipponio) c/ Comune (...), in persona del Sindaco p.t. (Avv.ti A. Carlino e L. Cicatiello) e nei confrontidi N.C. (Avv. M. Costabile) e S.C. (Avv. B. Della Morte). (* ) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato. 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 228 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 228 «(…) Fatto e Diritto Con il ricorso in trattazione – notificato il 17 dicembre 2007, e depositato in Segreteria il 22 dicembre 2007 – il sig. C. G. ha impugnato gli atti della procedura concorsuale indica- ta in epigrafe, indetta dal Comune (… ) con bando approvato con determina dirigenziale del2001,confermatacondeliberazionedel28febbraio2006,perlacoperturaatempoindetermi- nato di un posto vacante di istruttore tecnico di categoria C, con posizione economica C1, all’esitodellaqualeilricorrente,nonostanteilpositivoesitodelleprovescrittaepratica(nellequali aveva ottenuto il punteggio di 27/30 e 21/30) , è stato infine giudicato non idoneo peraver conseguito alla prova orale un punteggio (17/30) inferiore alla soglia minima di punti21/30 stabilita dal bando (vincitore del concorso risultava il sig. N. C. , con complessivi punti52, mentre secondo classificato era proclamato il sig. S. C. , con complessivi punti 45). Parte ricorrente ha dedotto, a sostegno del proposto gravame, diversi motivi di viola- zione di legge e di eccesso di potere (violazione dell’art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 487 del1994, per omessa predeterminazione, da parte della commissione giudicatrice, dei criteri perl’assegnazione dei punteggi da attribuire alle singole prove; insufficienza del richiamo, ope- rato dalla commissione nella prima riunione del 6 marzo 2007, all’art. 31 del regolamentocomunale per l’accesso agli impieghi, che contiene una laconica e inadeguata considerazio- ne delle modalità di valutazione delle prove concorsuali; conseguente insufficienza motiva- zionale del mero voto numerico assegnato dalla commissione; mancata indicazione del votoespresso da ciascun commissario; omessa motivazione, nel verbale n. 10 relativo alle proveorali, dei voti numerici attribuiti, in contrasto con i verbali nn. 8 e 9, relativi alle prove scrit- te, nei quali, invece, sarebbe stata fornita una motivazione dei giudizi sugli elaborati dei can- didati; illogicità del giudizio negativo formulato in sede di prova orale, rispetto ai buonirisultati delle prove scritta e pratica e rispetto ai titoli vantati dal ricorrente, diploma di geo- metra e laurea in ingegneria, violazione del divieto di inserire domande “a sorpresa” nellaprova orale). Si sono costituiti ed hanno resistito in giudizio il Comune (…) e i soggetti controinte- ressati (vincitore del concorso e secondo classificato), variamente contestando in rito e nelmerito le avverse deduzioni e prospettazioni. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 22 gennaio 2008 e depositato il 24 gennaio2008 il ricorrente ha quindi contestato, per vizi di invalidità derivata, i conseguenti e suc- cessivi atti concernenti la stipula del contratto individuale di lavoro con il sig. N., vincitoredella procedura selettiva. Alla pubblica udienza del 17 luglio 2008 la causa è stata chiamata e introitata in deci- sione. Il ricorso è fondato e merita pertanto accoglimento. Con il primo, articolato, motivo di censura parte ricorrente si duole, in sostanza, del- l’insufficienza del voto numerico, privo, riguardo alla prova orale, di ogni altra motivazio- ne, e ciò in raccordo alla dedotta violazione della prescrizione dell’art. 1 del d.P.R. n. 487del 1994 di predefinizione, da parte della commissione giudicatrice di criteri per l’assegna- zione dei punteggi numerici e per la valutazione delle singole prove. Tra le due opposte tesi che ancora si rinvengono nella giurisprudenza amministrativa inordineallaquestionedellasufficienzadelvotonumericosottoilprofilodell’adempimentodel- l’obbligo di motivazione, il Collegio opta per la posizione intermedia, sicuramente la piùragionevole,secondolaqualeilvotonumericoèsufficiente,masoloacondizionecheessosia“leggibile” o interpretabile alla stregua di una congrua e articolata predeterminazione dei cri- teri stabiliti per la sua attribuzione, predeterminazione che può essere contenuta direttamente 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 229 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 229 nel bando e/o essere aggiunta ( o integrata) dalla commissione giudicatrice nella sua primariunione costituiva ( e comunque, come è ovvio, prima dell’esame o dello svolgimento delleprove).Al riguardogiova ricordareche,amentedelrichiamatoart.12 delregolamentorecan- te norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgi- mento dei concorsi, dei concorsi unicie dellealtre forme di assunzione nei pubblici impieghi, di cui al d.P.R. n. 487 del 1994, Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabilisco- no i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativiverbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove. Nel caso di specie, come giustamente rilevato criticamente dal ricorrente, risulta pertabulas che la commissione giudicatrice, nella sua prima riunione effettiva, quella del 6marzo 2007 (verbale n. 2), ha operato un mero richiamo al regolamento comunale per l’ac- cesso agli impieghi, “in particolare all’art. 31”, limitandosi a stabilire di “attenersi a quan- to da esso stabilito in riferimento ai criteri e alle modalità di valutazione delle prove con- corsuali”. Ora, l’articolo 31 del predetto regolamento comunale, relativo all’accesso alla 6° qualifica funzionale (istruttore), ora cat. C, sotto la lettera “C) Area tecnico – progettuale”, si limita a indicare i titoli di studio e le prove di esame da sostenere, ma nulla dice circa icriteri di valutazione. L’articolo 42 del regolamento, riguardante lo svolgimento della provaorale, si limita per parte sua a stabilire che “nel giudizio inerente alla prova orale si dovràtener conto in particolare del modo di esprimersi e della precisione concettuale soprattuttoper i profili professionali appartenenti al livello Ve superiori”, formulazione che il Collegiogiudica insufficiente a soddisfare la ritenuta necessità di un’articolata e seria predetermina- zione dei criteri di giudizio. Il Collegio osserva peraltro come, nella fattispecie concreta in esame, la rilevata viola- zione del disposto dell’art. 1 del d.P.R. n. 487 del 1994 e la conseguente insufficienza delmero punteggio numerico a soddisfare l’obbligo di adeguata motivazione discendente inlinea generale dalla previsione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, risultano vieppiù evi- denti alla luce del concreto modus operandi seguito dalla commissione. Questa, infatti, come giustamente stigmatizzato dalla parte ricorrente, operando in modo contraddittorio, mentre ha predeterminato i criteri di valutazione e motivato l’attribuzione del punteggio perle prove scritte e pratiche (dove pure tale esigenza sarebbe potuta apparire in linea astrattameno stringente, attesa la obiettiva riesaminabilità dell’elaborato scritto), inspiegabilmentenulla di tutto ciò ha invece fatto con riguardo alla prova orale, che maggiormente, per la suaintrinseca natura, avrebbe richiesto tali adempimenti. Ed invero, mentre nel verbale n. 8 della seduta del 17 luglio 2007, dedicata alla valuta- zione delle prove scritte, la commissione ha precisato in modo compiuto e articolato i criteridi giudiziocui sisarebbe attenuta (“1^ prova: la valutazione terrà conto di: a) chiarezza del- l’esposizione sintattica e grammaticale; b) chiarezza e coerenza logica . . . . ; c) completez- za della trattazione dell’argomento . . etc: ; 2^ prova: a) capacità del candidato di tradurrele scelte progettuali proposte dalla traccia nello specifico elaborato richiesto; b) grado disicurezza dimostrato . . . c) completezza della trattazione . . . etc.”) , nel verbale n. 10 dellaseduta del 28 settembre 2007, dedicata alla celebrazione della prova orale, riguardo ai crite- ri di valutazione si rinviene la mera riproduzione della laconica frase contenuta nel già cita- to art. 42 del regolamento (“nel giudizio inerente alla prova orale si dovrà tenere conto inparticolaredelmododiesprimersiedellaprecisioneconcettuale”).Allastessastregua,men- tre nei verbali nn. 8 e (in prosieguo) 9, relativi alla valutazione delle prove scritta e pratica, èformulataeriportataunacongruamotivazionedelpunteggiorelativoaciascunelaboratocor- retto (“il punteggio corrispondente alla valutazione espressa è stato quindi attribuito così 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 230 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 230 come di seguito specificato: 1) Elaborato n. 1° : Punteggio 21/30 – L’illustrazione evidenzia solo alcune parziali conoscenze dell’argomento . . . etc.” , e così a seguire per tutti gli altrielaborati) , nulla del genere può invece rinvenirsi nel verbale n. 10, relativo alla prova orale, dove, per ciascun candidato esaminato, sono riportate solo le domande estratte, mentre lavalutazione è racchiusa nella sola, seguente formula, identicamente ripetuta per tutti i candi- dati: “La Commissione, terminata la prova, allontana i presenti e tenuto conto delle rispostefornite alle domande, attribuisce al candidato sig. ... . punti ...” . Alla stregua dello specifico modo di operare della commissione emerge, ad avviso delCollegio, una evidente lacuna motivazionale che menoma la correttezza della procedura ene impedisce ogni seria controllabilità, e ciò proprio, deve ribadirsi, nel più delicato e deter- minante passaggio della valutazione della prova orale, dove massima è la discrezionalitàvalutativa della commissione e minima è la traccia documentale dell’effettivo andamento della prova stessa. Risulta dunque monca e manchevole proprio la parte decisiva della pro- cedura concorsuale oggetto di lite, quella in cui, in definitiva, si sono decise le sorti dellaselezione ed è stata determinata la vittoria dei soggetti controinteressati, peraltro, non puòsottacersi anche questo profilo, con parziale ribaltamento degli esiti – quelli sì, documenta- ti e motivati – delle precedenti prove scritte. È proprio la impalpabilità dei giudizi puramen- te numerici e la non riscontrabilità degli stessi con qualsivoglia base documentale che avreb- be invece imposto una predeterminazione dei criteri di giudizio e, soprattutto, un’analiticamotivazione sulla qualità delle risposte fornite dai singoli candidati nella prova orale, ancorpiù ampia di quella che, per lo meno, era stata inserita e sviluppata nel verbale relativo allacorrezione delle prove scritte, tenuto anche del fatto, già sopra richiamato, che la valutazio- ne della prova orale, costruita nel bando con l’introduzione di un soglia minima di idoneità, assumeva oggettivamente un rilievo particolarmente importante e delicato nella definizionedell’esito della procedura. Alla luce di queste considerazioni acquista vigore e rilievo anche l’ultimo profilodi cen- suradedottodallapartericorrente,intesoaporreinevidenzalaillogicitàdelgiudiziodiinido- neità formulato in sede di prova orale del ricorrente medesimo – senza alcuna motivazione e riscontro documentale – dalla commissione giudicatrice, in contrasto con gli esiti – essi sì, invece, motivati e documentati -delle precedenti prove scritte, dove il ricorrente aveva ripor- tato lusinghieri discreti (27/30 e 21/30) , inferiori, sì, rispetto a quelli del vincitore sig. N. , mamiglioridiquellidelsecondoclassificato,sig.S.(cheavevaottenuto21/30e23/30).Parimentirilevante appare infine il profilo, pure dedotto dalla parte ricorrente, inteso a porre in eviden- za la illogicità, rispetto al rilievo dei titoli professionali specifici vantati (diploma di geometrae laurea in ingegneria) , del giudizio di idoneità conseguito alla prova orale, formulato dallacommissione nelle modalità non controllabili che qui si sono criticate. Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve dunque giudicarsi fondato e va accolto, conconseguente annullamento degli atti impugnati. L’amministrazione dovrà, per conseguenza, riprendere e rifare la procedura selettiva a partire dall’ultimo degli atti legittimi, a partire, dunque, dal verbale n. 9 del 7 agosto 2007, di redazione della graduatoria dei candidatiammessi all’orale, mentre dovrà rifare la prova orale, previa adeguata predeterminazione deicriteri di giudizio e avendo cura di riportate nel verbale, oltre alle domande estratte, ancheuna chiara, anche se sintetica, valutazione delle risposte fornite dai candidati. Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha dunque attaccato i consequenziali attidi stipula del contratto di lavoro del controinteressato vincitore del concorso sig. N.C. Il Collegio, in ossequio alle indicazioni di recente fornite dall’adunanza plenaria delConsiglio con la decisione n. 9 del 30 luglio 2008 e dalle sezioni unite della Cassazione con 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 231 IL CONTENZIOSO NAZIONALE 231 la pronuncia 28 dicembre 2007, n. 27169 (nella analoga materia della sorte del contratto diappalto per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione), deve declinare la propria giuri- sdizione su tale domanda, restando ascritta alla cognizione del G.O. la validità e l’efficaciadell’atto contrattuale (salvo, come affermato nella plenaria, l’obbligo in capo all’ammini- strazione soccombente di conformarsi alle statuizioni della sentenza di annullamento e la connessa possibilità per il ricorrente di agire in sede di ottemperanza per ottenere, anchedinanzi al G.A., le pronunce consequenziali, che dovrebbero, ad avviso del Collegio, limi- tarsi alla rilevazione e alla declaratoria della sopravvenuta caducazione del contratto, ovve- ro della sua sopravvenuta inefficacia per l’inverarsi della condizione risolutiva tacitamenteinclusa nel contratto che sia stipulato tra le parti nonostante la pendenza del ricorso impu- gnatorio degli atti presupposti, evento condizionante risolutivo costituito per l’appunto dallasentenza amministrativa di annullamento). Il difetto di giurisdizione sulla domanda propo- sta con l’atto di motivi aggiunti investe, però, il solo contratto [punto 2) della rubrica], manon anche la determinazione di contrattare, che resta, invece, impugnabile dinanzi al G.A. ed è illegittima per illegittimità derivata dalla riscontrata invalidità degli atti presuppostilegittimanti la sua adozione. Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della resistenteamministrazione comunale, nell’importo liquidato in dispositivo, potendo invece compen- sarsi riguardo ai soggetti controinteressati. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione quinta, defini- tivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli attiimpugnati con il ricorso principale, nonché la determinazione dirigenziale n. 396 del 23novembre 2007, impugnata in sede di motivi aggiunti; dichiara inammissibile per difetto digiurisdizione di questo adito G.A. l’impugnativa del contratto di lavoro stipulato in data 28novembre 2007 tra il Comune (…) e il sig. C. N. Condanna il Comune (…) al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese processuali (…); compensa le spese di lite nei confronti delle parti controinteressate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 17 luglio 2008» . 02 cont. naz . 05 NASTRI TAR versione 7:02 cont. com. 01 rosato89.qxd 12/01/2009 18.33 Pagina 232 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23313.06 IPARERIDELCOMITATOCONSULTIVO A.G.S. – Parere del 26 agosto 2008 n. 102376. Applicabilità dell’art. 12, comma 5, prima parte, del D.Lgs. n. 472/97alle c.d. imposte istantanee (consultivo 12265/08, avvocato G. Albenzio) . «1. (…) codesta Agenzia chiede parere sulla applicabilità dell’istitutodella “continuazione” di cui all’art. 12, comma 5, prima parte, del D.Lgs. n. 472/97, ai tributi doganali e alle accise. Per rispondere al quesito, questa Avvocatura Generale ritiene utile parti- re da un’analisi ricostruttiva della regula iuris di cui all’art. 12 per poternein tale direzione comprendere l’eventuale applicabilità alle c.d. imposteistantanee. La disposizione in parola disciplina, per espressa rubrica, il concorso di violazioni e la continuazione. La “nuova continuazione” , come si è definito l’istituto di cui all’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 472/1997, affonda le radicinella delega per la riforma del sistema sanzionatorio tributario inserita nella legge23dicembre1996, n.662: l’art. 3, comma 133, lett. h)dellaleggedele- ga citata ha previsto, tra i principi e criteri direttivi per la revisione organica edilcompletamentodelladisciplinadellesanzionitributarienonpenali,quel- lodellaregolamentazione “dellacontinuazioneedelconcorsoformaledivio- lazioni sulla base dei criteri risultanti dall’articolo 81 del codice penale” ; sipuò affermare, quindi, che attualmente la regola in materia è costituita dalcumulo materiale (tot crimina tot poenae) delle sanzioni, l’exceptio, invece, dal cumulo giuridico (che risponde, invece, alla ratio quando plura delicata tendunt ad eundem finem, pro uno tantum puniuntur, cioè quando più reatitendono al medesimo fine è per uno soltanto che si deve essere puniti). 3. Il primo problema che si pone alla luce della disciplina tributaria è cheil comma 3 dell’art. 7, in materia di recidiva, presenta un’importante diffe- renza rispetto alle norme previgenti sulla recidiva ed a quella di cui all’art. 12: la nuova norma sembra prescindere dall’intervento di una contestazione o irrogazione tra la prima violazione e le successive, circostanza che, inve- ce, esclude espressamente ex art. 12, comma 6, la configurabilità del concor- so e della continuazione. Va però evidenziato che ciò non assume rilievo ai fini della compatibili- tà tra recidiva e cumulo giuridico delle sanzioni: se è vero che la recidiva 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23413.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 234 necessita di una precedente irrogazione di sanzioni, non è altrettanto veroche la stessa non sarà mai applicabile unitamente alla continuazione la quale, viceversa, è interrotta dalla punizione delle violazioni pregresse. Questo per- ché ben può accadere che le violazioni siano tutte commesse anteriormenteall’irrogazione della sanzione, momento nel quale si potranno applicareentrambe le discipline e che non osterà all’integrazione degli estremi dellafattispecie del reato continuato ove il limite è posto per le condotte posterio- ri alla constatazione della sanzione. Ulterioreparticolaritàdell’art.12delD.Lgs.n.472/1997è l’equiparazio- ne, ai fini del trattamento sanzionatorio, del concorso materiale al concorso formale di violazioni, con la punizione per entrambi a mezzo di una sanzione “unica” più mite (“cumulo giuridico”) rispetto alla somma delle singole san- zioniirrogabili(“cumulomateriale”).Tuttavia,mentreperil concorsoforma- le eterogeneo e materiale omogeneo di violazioni formali (vale a dire di vio- lazioni che, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 472/1997, non incidono sulla determinazionedella baseimponibile ma sonocomunqueidoneeadostacola- re l’attività di controllo dell’Amministrazione) il beneficio è incondizionato (art. 12, comma 1) , nel caso del concorso materiale, in specie nella forma dellacontinuazione oggettiva (art. 12, comma 2), esso è subordinato alla sus- sistenza di un nesso di continuazione tra le stesse “oggettivato” ed espressi- vo del “particolarismo tributaristico” cui si accennava. Quest’ultimorequisi- to, traducendo in campo tributario i “criteri risultanti dall’art. 81 c.p.”, è stato individuato dal legislatore delegato nel caso di “chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquida- zione anche periodica del tributo” (art. 12, comma 2). All’indomani della riforma è stato osservato che la nozione di continua- zione oggettiva di cui al comma 2 dell’art. 12 (recte, progressione) costitui- sce un superamento delle previgenti figure sotto diversi e rilevanti profili: quello dell’obbligatorietà (si chiarisce che la concessione del beneficio nonè facoltativa per gli uffici); quello dell’ elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”; tale irrilevanza della identità dellarisoluzione che dovrebbe guidare i singoli illeciti è spiegata nella relazioneillustrativa dello schema di decreto legislativo recante principi generali inmateria di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, ovesi legge che: “non potendo utilizzare la nozione di disegno criminoso di cuiall’art. 81 c.p. che sottintende necessariamente il dolo, si è valorizzata l’o- biettiva convergenza di più trasgressioni tese all’evasione”.); quello tempo- rale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); quello oggettivo(applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguar- danti lo stesso tributo). La continuazione nell’illecito amministrativo tributario risulta “oggetti- vizzata” , in quanto deve poter essere dedotta dalle violazioni stesse, di persé indicative dell’unicità intellettiva del trasgressore; si evita, così, anche ladifficoltà operativa di ricostruire sul piano psicologico il “medesimo dise- gno”, tanto più in una materia connotata, di norma, dalla colposità delle con- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23513.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dotte. Va tuttavia considerato che, per loro stessa natura, tutte le violazionitributarie convergono in senso lato a pregiudicare o, quanto meno, a “tende- re a pregiudicare” la determinazione dell’imponibile o la liquidazione perio- dica dei tributi. 4. La questione interpretativa di maggior rilievo è sorta per effetto deldecreto legislativo “correttivo” 30 marzo 2000, n. 99. Il comma 5 dell’art. 12 prevedeva, prima della novella, che “se le viola- zioni riguardano periodi di imposta diversi la sanzione base è aumentatadalla metà al triplo”; il quadro giurisprudenziale in proposito era particolar- mente disomogeneo; il prevalente indirizzo era, tuttavia, negativo: -Cass., sez. I, 15 ottobre 1997, n. 10102 – “Il beneficio della riduzione della penapecuniaria, previsto dal 2º comma dell’art. 8 l. 7 gennaio 1929 n. 4, nel casodi violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesimarisoluzione è applicabile anche in materia di infrazioni alla legge sull’Iva(in base al rinvio contenuto nell’art. 75 d.p.r. 633/72), ma non quando leinfrazioni siano commesse in differenti periodi di imposta”; si riteneva, infatti, che “Oltre tale momento (la fine del periodo di imposta; n.d.r.), siriteneva fosse possibile concepire solo l’inizio non già la prosecuzione diuna nuova progressione” (così il Ministero delle Finanze, Circolare n. 138/Edel 5 luglio 2000, par. 2.1.). Per superare le asserite resistenze degli uffici e dirimere l’incertezzainterpretativa, il comma 5 veniva così riformulato: “quando violazioni dellastessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica lasanzione base aumentata dalla metà al triplo”. La lettera della norma, in prima battuta, porta a ritenere che per unificare le violazioni commesse nel corso di più anni non sia necessario il vincolo della progressione, essendo sufficiente il requisito della “stessa indole” . Ne conseguirebbe che la commissione di diverse violazioni in più periodi d’im- posta godrebbe del beneficio della continuazione a prescindere da ogni lega- me “strutturale” tra le stesse, essendo sufficiente anche la sola identità dellanorma violata o la rassomiglianza tra le trasgressioni. Questa interpretazione, pur se aderente alla mera lettera della norma, non solo conduce a inaccettabi- liimplicazionidiordinesistematicomaproducerilevantieffettidistorsivisul- l’applicazione dell’art. 12, in stridente contrasto con la ratio dell’istituto. L’Amministrazione finanziaria, al contrario, con la citata Circolare n. 138/E, ha ritenuto che il nuovo comma 5 si proponesse soltanto di superare, sul piano terminologico, l’interpretazione “abrogante” di chi negava che la“progressione” potesse superare il singolo periodo d’imposta. Se è vero che per il combinato disposto degli artt. 12, comma 5, e 7, comma 3, la sanzio- ne unica si applica alle violazioni di “disposizioni diverse che, per la naturadei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le moda- lità dell’azione, presentano profili di sostanziale identità”, questa sostanzia- le identità, per l’amministrazione, deve essere interpretata e ricercata allaluce dello stesso art. 12 e, in particolare, secondo una logica di coerenza coni commi 1 e 2. Ne consegue che la “sostanziale identità” o la “stessa indole” andrebbe rinvenuta ai fini del “cumulo giuridico” nella comune attitudine a 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23613.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 236 pregiudicare la base imponibile nei diversi periodi d’imposta mediante unlegame che interconnetta le violazioni stesse. Occorre, quindi, stabilire quando ricorra nelle violazioni quella progres- sione costituente il nuovo elemento oggettivo di unione delle diverse trasgres- sioni (così Cass. 17 gennaio 2002 n. 450: “ è necessario un collegamento trale condotte sanzionate tale da recare pregiudizio, anche solo potenziale, alladeterminazione dell’imponibile ovvero alla liquidazione dell’imposta”) . Sullabase di quanto sin qui argomentato, si deve ritenere che non sarà da indagarelo scopo unitario perseguito dal soggetto quanto piuttosto il collegamento traleplurimeviolazionielaconsequenzialitàlogicaestrumentaletralestesseper il raggiungimento dell’obiettivo prefisso (sottrazione di materia imponibile alla tassazione ovvero omesso versamento delle imposte) . Dunque, ”Il signi- ficato da attribuire alla nozione “della stessa indole” se da un lato devegarantirelariconduzioneadunitàdelleviolazioni commesseinpiùperiodidi imposta, dall’altro non può comportare presupposti applicativi più favorevoliproprio in relazione all’ipotesi trasgressiva ritenuta più grave in quanto arti- colata su più periodi di imposta….nel contesto dell’art. 12 il carattere comu- ne delle singole violazioni risiede nel fatto che le stesse siano riconducibili ai criteri generali di cui ai commi 1 e 2….in questa prospettiva il comma 3…. e la previsione di cui al comma 4 risultano applicabili anche alle violazioni di cui al comma 5”(citata Circolare 5 luglio 2000, n. 138/E). Si aggiunge che, malgrado il tenore perentorio della disposizione (“siapplica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo”), è da ritenere, inol- tre, che l’aumento del comma 5 vada operato sulla sanzione “base”, da uti- lizzare a sua volta per determinare la sanzione unica mediante gli altriaumenti previsti dagli ulteriori commi della disposizione. In secondo luogo, non sembra che i periodi di imposta interessati debbano essere necessaria- mente contigui, considerato che tale condizione non è espressamente richie- sta dalla nuova norma e che per la consolidata giurisprudenza penalistica nonvi sono limiti temporali alla continuazione, pur dovendosi distinguere que- st’ultima dalla “ricaduta” nel reato. 5. Queste sintetiche notazioni a carattere generale sono utili per l’inqua- dramento dell’istituto della continuazione nella peculiare cornice della sedesmateriae tributaria e per comprendere come la diversità strutturale, teleolo- gica e di politica del diritto che presiede all’ambito penalistico ed a quellotributario ha inciso sulla fattispecie che il D.Lgs. 472/1997 ha introdotto e lacui ratio è stata così individuata dall’amministrazione finanziaria: “La fina- lità perseguita con la modifica (decreto correttivo n. 99/200; n.d.r.)…è statadi allargare il campo applicativo del concorso e della progressione a viola- zioni della stessa indole, commesse in periodi di imposta diversi, nelle ipo- tesi in cui il concorso o la progressione, regolati dai primi due commi trovi- no applicazione nell’ambito del singolo periodo” (nota 4 ottobre 2000, n. 206965/E, del Dir. centr. Accertamento e programmazione). In questa direzione si può affrontare l’ulteriore problema dell’applicabi- lità dell’istituto della “nuova continuazione” anche alle imposte c.d. istanta- nee muovendo dalle seguenti considerazioni. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23713.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO In ambito tributario, come noto, per “periodo di imposta” si vuole inten- dere il periodo preso a riferimento per la commisurazione dei redditi ai finidell’applicazione dell’imposta; lo stesso si dice costituito dall’anno solareper le persone fisiche, le società di persone e i soggetti ad esse equiparate; dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente, determinatodalla legge o dall’atto costitutivo, per le società e gli enti soggetti all’Ires; dall’anno solare per gli organi e le amministrazioni dello Stato non soggettiall’Ires, come si evince, quale previsione generale, dall’art. 7, comma 1, del d.P. R 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) “l’imposta è dovuta per anni sola- ri, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma”. Il comma 2 dello stesso articolo, però, precisa che “L’imputazione deiredditi al periodo di imposta è regolata dalle norme relative alla categorianella quale rientrano”; si può, così, ritenere che l’applicazione della regolagenerale vada coordinata con la disciplina specifica delle singole imposte e, in definitiva, sia soggetta ad una valutazione caso per caso. In particolare, per le imposte indirette sulla fabbricazione e sul consumo, l’art. 2, comma 2 del D.Lgs. 504/1995 (TUA) stabilisce che “l’obbligazionetributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione. L’accisa è esigibile all’atto della immissione in consumo del prodotto nelterritorio dello Stato.”: si deve, quindi, escludere la ricorrenza di un vero e proprio “periodo di imposta”; peraltro, a diversa conclusione si deve giun- gere per l’imposta di consumo sull’energia elettrica per la quale, ai sensi del- l’art. 55: “L’accertamento e la liquidazione d’imposta per le officine cheproducono energia elettrica a scopo di vendita e per le officine che produco- no energia elettrica per uso proprio, munite di misuratore, è fatto dall’uffi- cio tecnico di finanza, competente per territorio, sulla base della dichiara- zione di consumo annuale presentata dal fabbricante”. 6. Nella Circolare ministeriale n. 180/E, si legge (in tema di ravvedimen- to operoso ex art. 13 D.Lgs. 472/97) che “ a proposito delle due soglie tempo- rali previste dalla disposizione in esame (“termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la vio- lazione” e “un anno dall’omissione o dall’errore” ) si chiarisce che la diver- sificazione è in sostanza correlata alla distinzione tra i c.d. “tributi periodi- ci” cui inerisce un obbligo di dichiarazione che si rinnova appunto periodi- camente(adesempio,impostesuiredditi,IVA)eic.d. “tributiistantanei” chetale obbligo non configurano (ad esempio, imposta di registro, sulle succes- sioni)” ; tenendo conto di quanto già sopra detto sulle peculiarità della disci- plina dell’art. 12 rispetto ai principi penalistici di cui all’art. 81 c.p. e dell’in- dirizzo della giurisprudenza della Cassazione, secondo cui “l’art. 12 d.lg. n. 472 del 1997 prevede espressamente l’obbligatorietà dell’istituto della conti- nuazione per l’ipotesi di violazioni riguardanti diversi periodi di imposta, stabilendo,perquestafattispecie,regoledimaggiorrigore ma fermorestan- do, comunque, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni” (Cass. Civ. , sez. trib. , 08 marzo 2000 , n. 2609) , si deve dedurre che la miti- gazione sanzionatoria prevista dal comma 5 dell’art. 12 in questione vada letta come eccezione alla regola del cumulo materiale, i cui confini non 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23813.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 238 andrebbero dilatati aldilà di quanto già emergente dalla lettera della disposi- zione agevolativa, e come tale restrittivamente applicabile, nel rispetto della ratio dellanormaesecondolalineainterpretativadettatadallaSupremaCorteinriferimentoalprevigenteart.8r.d.4/1929(Cass.,sez.I,17dicembre1992, n. 13336: “Va esclusa la «continuazione » in riferimento a singole condotte concretizzate in periodi fiscali diversi perché legate non dalla «risoluzione criminosa » che caratterizza la «continuazione» , ma connotate dal solo gene- rico intento di lucro a danno dell’erario, onnipresente nella condotta di ogni evasore, ma insufficiente nelle fattispecie legate a precisi dati temporali per l’attribuzione del vincolo previsto dall’art. 8 l. n. 4/1929”). 7. In conclusione, ad avviso della Scrivente, qualora i tributi amministra- ti da codesta Agenzia siano, quanto a presupposto impositivo, parametrabiliad un c.d. “periodo di imposta”, si può ritenere che trovi applicazione ladisciplina più favorevole della continuazione finanziaria di cui al comma 5dell’art. 12 D.Lgs. 472/97; qualora, invece, non ricorra il detto requisito ladisciplina in esame non potrà trovare applicazione poiché l’imposta deveessere necessariamente qualificata come istantanea quanto a genesi dell’ob- bligo, senza che rilevino le modalità della riscossione che sono ininfluenti alfine della qualificazione dell’imposta (come si avvince indirettamente ancheda Cass. 17 gennaio 2002 n. 450 che, in relazione ad omessi pagamentiperiodi dell’I.V.A., ha ritenuto applicabile l’art. 12, comma 1, quale “con- corso materiale omogeneo”, perché “l’esecuzione dei versamenti dell’im- posta sul valore aggiunto, che attiene alla fase di riscossione dell’imposta, presuppone necessariamente, non che la determinazione dell’imponibile, anche la (auto) liquidazione dell’I.V.A. da parte del soggetto passivo; in altritermini, il versamento dell’I.V.A., imposto dalla legge, riguarda l’impostagià determinata e liquidata dal soggetto passivo, secondo le regole propriedettate per tale tributo”) (…)» . A.G.S. – Parere del 22 settembre 2008 n. 110090. Art. 36 legge 31/08. Disposizioni in materia di riscossione (consultivo21110/08, avvocato G. Albenzio) . «1. Codesta Agenzia [delle Dogane] chiede chiarimenti in ordine allaattuazione dell’art. 36 della Legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione, con modificazioni del Decreto Legge 31 dicembre 2007, n. 248. Tale articolo ha apportato rilevanti modifiche in materia di riscossionedei tributi; in particolare, i commi 2 bis e 2 ter dell’art. 36 hanno, rispettiva- mente, abrogato il secondo comma e novellato il primo comma, primo perio- do, dell’art. 19 d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 e novellato l’art. 26 delD.Lgs. n. 46 del 26 febbraio 1999, che disciplinano la rateazione dellesomme iscritte a ruolo; l’art. 19, comma 1, è stato ulteriormente modificatodall’art. 83, comma 23, punto a), d.l. 112/08. Ai sensi dell’art. 19, comma 1, attuale formulazione, “l’agente dellariscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina23913.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione delpagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantaduerate mensili”. CodestaAgenzia, a seguito della devoluzione all’agente della riscossionedelpoterediaccordarelarateazionedelpagamentodelleentrateiscrittearuolodalleAgenzie fiscali, sottraendolo all’ente creditore, ha chiesto chiarimenti inmerito alla sua applicazione ai crediti costituenti risorse proprie dellaComunità iscritti a ruolo, in relazione al disposto dell’art. 229 del Reg. CEE 2913/1992 – Codice Doganale Comunitario (ora art. 77 Reg. CE 450/2008) , ipotizzando che il potere dell’autorità doganale di accordare la rateazione delpagamento dei dazi sia operante solo fino al momento in cui il credito non sistato affidato all’agente della riscossione per l’esecuzione coattiva. 2. Nel rispondere al quesito posto occorre preliminarmente ricordare che la ratio sottesa a tutti gli interventi legislativi che nel tempo si sono succe- duti in tema di pagamento dilazionato delle imposte iscritte a ruolo e da ulti- mo alla dilazione di pagamento prevista dall’articolo 19 del d.P.R. n. 602 del29 settembre 1973, è quella di agevolare l’assolvimento dell’obbligazionetributaria nella considerazione che, in particolari situazioni, il pagamento deldebito possa risultare eccessivamente oneroso per il contribuente che si troviin temporanea difficoltà economica (identica ratio è espressa dal CodiceDoganale Comunitario); questo spiega l’ultimo intervento modificativo delprimo comma del detto art. 19. Anche l’abrogazione del secondo comma dell’art. 19 – che intendevaevitare che il contribuente potesse formulare richieste di rateazione mera- mente dilatorie e, a tal fine, individuava all’interno del procedimento dellariscossione coattiva un momento, l’inizio della procedura esecutiva, supera- to il quale il contribuente perdeva il diritto di chiedere la rateazione del paga- mento – era intesa a ulteriormente agevolare coloro che versano in tempora- nea situazione di obiettiva difficoltà, escludendo che l’avvio della proceduraesecutiva costituisca una condizione ostativa alla facoltà di concedere larateazione; d’altronde, detta abrogazione era giustificata dalla circostanzache il limite temporale, costituito dall’inizio della procedura esecutiva, nonha più alcuna ragione di esistere in considerazione del fatto che la gestionedell’istanza è affidata allo stesso soggetto che cura la procedura esecutiva, ossia l’agente delle riscossione. Risulta chiaro dalla lettera delle nuove disposizioni legislative che lafigura dell’agente della riscossione è fortemente responsabilizzata nellagestione del credito, oltre che naturalmente nella funzione della riscossione, nella quale assume sempre maggiori responsabilità sostituendo pienamentel’ente creditore. L’ambito applicativo del suddetto articolo 19 è destinato, poi, adampliarsi ulteriormente in considerazione della nuova formulazione dell’art. 26 D.Lgs. n. 46/1999, come novellato dal comma 2 ter dell’art. 36 della L. n. 31/2008. In base al testo previgente dell’art. 26 D.Lgs. n. 46/1999, la rateazione ex art. 19 d.P.R. n. 602/73 si applicava solo alle entrate tributarie dello Stato, 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24013.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 240 con esclusione, quindi, delle entrate tributarie non statali e delle entrate nontributarie per le quali la rateazione poteva essere concessa in base a singoledisposizioni speciali, fermo restando l’onere di presentare la richiesta dirateazione, a pena di decadenza, prima dell’inizio della procedura esecutiva. Con le modifiche apportate dal suddetto art. 36, comma 2 ter all’art. 26D.Lgs. n. 46/1999, la disciplina dell’art. 19 diventa applicabile a tutte leentrate iscritte a ruolo da Amministrazioni statali, da Agenzie istituite dalloStato, da autorità amministrative indipendenti e da enti previdenziali (comma 1). 3. Ai sensi dell’art. 229 vecchio C.D.C. e, ora, dell’art. 77 nuovo Reg. 450/08 (in vigore dal 24 giugno 2008) l’autorità doganale può concedere aldebitore facilitazioni di pagamento dei dazi diverse dalla dilazione (art. 74- 76, già art. 224-227 vecchio C.D.C.), la concessione delle quali è subordina- ta alla costituzione di una garanzia che può non essere richiesta in conside- razione delle condizioni economiche o sociali del debitore (par. 2. “Le auto- rità doganali possono rinunciare a chiedere una garanzia o ad applicare uninteresse di credito quando è stabilito, sulla base di una valutazione docu- mentata della situazione del debitore, che ciò provocherebbe gravi difficol- tà di carattere economico o sociale”). A disciplinare la successiva fase della riscossione coattiva dell’importodei dazi è il successivo art. 78 (già art. 232 vecchio C.D.C.) in base al quale“le autorità doganali si avvalgono di tutte le possibilità offerte dalla legis- lazione dello Stato membro interessato per assicurare il pagamento di dettoimporto” (par. 1, comma 1). Codesta Agenzia, fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni, rite- neva applicabile il suindicato art. 229 C.D.C. anche ai crediti già iscritti aruolo costituiti dalle risorse proprie della Comunità europea ed affidati all’a- gente della riscossione per l’esecuzione coattiva, in virtù del fatto che la con- cessione della rateazione del pagamento, nella vecchia formulazione dell’art. 19, era riservata, anche in tale fase, all’autorità doganale, ente creditore, e si pone ora il problema se il nuovo art. 77 Reg. 450/08 (già art. 229 vecchioC.D.C.)rimanga ancora applicabile anche ai crediti iscritti a ruolo, in ragione della novità introdotta dal suddetto art. 19, secondo il quale è l’agente della riscossione e non più l’ente creditore a decidere sull’istanza di rateazione. 4. Questa Avvocatura Generale ritiene che la lettera dell’art. 77 nuovo C.D.C. non ponga alcuna preclusione per l’ammissione alla rateazione anchedei crediti già iscritti a ruolo, ai sensi del novellato art. 19 d.P.R. 602/73, eche tale interpretazione sia conforme alla ratio perseguita dal legislatore comunitario, individuabile – come già detto – nell’intento di agevolare l’as- solvimento dell’obbligazione daziaria. Quanto alle garanzie per la rateazione, che il nuovo art. 19 d.P.R. 602/73non richiede, a differenza di quanto previsto dall’art. 77 C.D.C., secondo ilquale le facilitazioni di pagamento diverse dalla dilazione sono normalmen- te subordinate alla costituzione di una garanzia (richiesta inderogabilmenteper la dilazione di cui all’art. 74) salvo che tale pretesa possa provocare aldebitore gravi difficoltà economiche o sociali. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24113.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO A parere della Scrivente, l’intento del legislatore nazionale si pone pie- namente in linea con quello del legislatore comunitario, escludendo che l’i- nizio della procedura esecutiva (e, a maggior ragione, la semplice iscrizionea ruolo) costituisca una condizione ostativa alla facoltà di concedere la ratea- zione e riconoscendo il potere di concedere la ripartizione del pagamento adun soggetto, l’agente della riscossione, che, al tempo stesso, gestisce l’istan- za e cura la riscossione. Del resto, come opportunamente ricordato da Codesta Agenzia, laDecisione del Consiglio del 29 settembre 2000 all’art. 8, comma 1 prevedeche “le risorse proprie sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle dispo- sizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali”, quindi ai sensi del d.P.R. n. 602/73 e del D.Lgs. n. 46/99. Peraltro, allorché si tratti di risorse proprie della Comunità, il concessio- nario dovrà seguire le prescrizioni dell’art. 77 C.D.C. piuttosto che quelledell’art. 19 d.P.R. 602/73 in punto di richiesta di garanzie. 5. In conclusione, l’affidamento al soggetto incaricato della riscossionedel potere di concedere rateazioni al debitore vale anche per i dazi che costi- tuiscono risorse proprie della Comunità, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 77 nuovo C.D.C., con la specifica disciplina sulle garanzie ivi prevista (…)» . A.G.S. -Parere del 24 settembre 2008 n. 111007. Interpretazione dell’art. 7, 6° co. D.L. 248/07 convertito in legge 31/08 (consultivo 25247/08, avvocato A. Palatiello) . «(…) codesto Ministero chiede il parere della Scrivente in merito allaindividuazione del “destinatario dell’atto” da notificare, di cui al comma 6° dell’art. 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, aggiunto dal comma 2 qua- ter dell’art. 36 D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, nel testo integrato della leggedi conversione, n. 31/08: si tratta in particolare di stabilire se la norma, cherichiede la spedizione di avviso raccomandato quando il “piego non vieneconsegnato personalmente al destinatario dell’atto”, riguardi anche le perso- ne giuridiche. Codesto Ministero propende per la risposta negativa al quesi- to, segnalando anche gli inconvenienti pratici che dalla opposta soluzionederiverebbero. Questa Avvocatura Generale osserva che l’opinione di codestoMinistero, nel senso che il 6° comma dell’art. 7 della legge 20 novembre1982, n. 890, inequivocabilmente si riferirebbe alla notificazione fatta allapersona fisica, non può, nella sua assolutezza, essere condivisa. Giova premettere che nel diritto vivente, per come risulta dalla giuri- sprudenza della Corte di Cassazione, è ius receptum nel senso che l’art. 7della legge n. 890/82 operi anche nei riguardi delle persone giuridiche (exmultis, da ultimo Cass. 20 settembre 2007, n. 19468; per la verità la Corte diCassazione non ha mai dubitato dell’operatività della norma in esame per lenotifiche ai soggetti diversi dalla persona fisica) . Anche la CorteCostituzionale ha dato per pacifica la lettura della norma nei sensi predetti, 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24213.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 242 ed ha evidenziato, per quanto ora interessa, che l’obbligo di spedire la racco- mandata, ora introdotto dal comma 2 quater dell’art. 36 D.L. n. 248/07, conv. in legge n. 31/08, non è affatto imposto dai principi costituzionali (CorteCost. 19 aprile 2007, n. 131). In tale contesto è tesi improbabile quella secon- do cui l’introduzione del comma 6° nel corpo dell’art. 7 riguardi solo le per- sone fisiche; ed è comunque tesi che non può essere seguita in mancanza diriscontri certi da parte della giurisprudenza, ove si consideri che l’omissionedell’avviso, ove occorrente, darebbe luogo a nullità del procedimento notifi- catorio. Il problema, piuttosto, è un altro ed è dato dall’individuazione dellanozione di “destinatario dell’atto”, cui la norma riferisce l’obbligo della spe- dizione della raccomandata con la quale si dà notizia a quel destinatario del- l’avvenuta notifica. Quando si tratta di “ente collettivo” il “destinatario dell’atto” è un “sog- getto giuridico” che opera necessariamente attraverso persone fisiche; l’art. 145 c.p.c., per le notifiche “a mano”, elenca le persone fisiche abilitate allaricezione dell’atto, una delle quali è il rappresentante, ma a questi sono pari- ficati l”’incaricato” della ricezione, e l’addetto alla sede; un “ovvero” con- giunge il portiere dello stabile a queste figure. Vige il principio della imme- desimazione organica (Cass. n. 15468/07, cit.) in virtù del quale la consegnadell’atto fatta ad uno dei predetti soggetti esaurisce le formalità volute dallalegge. Potrebbe dunque sostenersi per tale verso che l’art. 7, comma 6, inesame riguardi, sì, la persona giuridica, ma data l’equivalenza che il sistemaattribuisce, in materia, al legale rappresentante, all’incaricato della ricezionee all’addetto alla sede, non richiede affatto la spedizione della raccomanda- ta quando il procedimento di notificazione si sia perfezionato con la ricezio- ne del plico da parte di uno dei soggetti ora menzionati. Residua un dubbioper il portiere dello stabile, (“ovvero” potrebbe leggersi come “in mancan- za”) e dunque allo stato è norma di prudenza pretendere, in caso di consegnadel plico al portiere, l’invio della raccomandata, pur essendovi spazio, incaso di erronea omissione, per la tesi della inutilità dell’incombente leggen- do l’ “ovvero” come “vel etiam” ed argomentando dall’art. 10 della stessalegge n. 890/82 (cfr. Cass. 21 febbraio 2006, n. 3685). La cennata interpre- tazione supera gli inconvenienti pratici segnalati da codesto Ministero conriguardo alle “Società di grandi dimensioni”. Naturalmente la raccomandata va trasmessa quando la richiesta di noti- fica indichi le generalità del legale rappresentante ed il suo domicilio perso- nale, diverso dalla sede della Società (“… si notifichi alla Soc. X in personadell l.r. Sig. … residente in ....”; oppure “… si notifichi al Sig. … residentein ... n.q. di 1.r. della Soc. X”) perché in questo caso è volontà del richieden- te far consegnare l’atto alla persona fisica indicata nel proprio domicilio sic- ché “personalmente” torna ad avere la valenza che l’avverbio ha per le noti- ficazioni alle persone fisiche. Si dovrà ovviamente attendere l’eventuale formarsi della giurisprudenza suitemiaccennati;perorasembraeccessivoscrupolopretenderel’inviodella raccomandata quando il plico è consegnato, nella sede dell’Ente, a mani del- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24313.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO l’addetto alla ricezione o dell’addetto alla sede; è invece doverosa cautela, comeaccennato,fartrasmettere laraccomandataquandoilplicopostale,con- tenente l’atto notificato, sia stato consegnato al portiere dello stabile (o, a maggior ragione, al custode: cfr. Cass. 14 febbraio 2003, n. 2276) (..)» . A.G.S. – Parere del 24 settembre 2008 n. 111028. Richiesta di tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di deca- denza dall’incarico dirigenziale di livello generale ex art. 3 comma 7 l. 145/2002 – Ricorso al Tribunale Civile di Roma, sez. lavoro, in materia didecadenza dall’incarico dirigenziale di livello generale ex art 3 comma 7legge 145/2002. Richiesta patrocinio proposta transattiva (consultivo 43615/07, avvocato G. Fiengo) . «(…) codesta Amministrazione richiede il parere della Scrivente in ordi- ne alle posizioni giuridiche di dirigenti generali, cessati dall’incarico loroaffidato in forza dell’art. 3 comma 7 della legge n. 145/2002, dichiarato inco- stituzionale con sentenza 23 marzo 2007 n. 103 della Corte Costituzionale. In particolare l’Amministrazione fonda l’opportunità di una ipotesi transatti- va: a) sul parere reso dalla Scrivente con nota n. 7142 in data 20 gennaio2005 con riguardo al trattamento giuridico ed economico dei Soprintendentiregionali non confermati come Direttori regionali; b) sull’orientamento deigiudici del lavoro che in vario modo tendono a riconoscere, oltre al dirittoalla intera retribuzione, forme di responsabilità dell’Amministrazione perdanni alla reputazione personale, all’immagine, per perdita di chances e/oper demansionamento; c) sulle ordinanze del T.A.R. Lazio 1° ottobre 2007 edel Tribunale di Roma 9 luglio 2007 che, con successiva sentenza della CorteCostituzionale n. 161 del 2008, hanno portato alla declaratoria di incostitu- zionalità dell’art 2, commi 159 e 161 del decreto legge 3 ottobre 2006, n.262convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286; d) sul- l’ordinanza del Consiglio di Stato 16 ottobre 2007 che ha rimesso alla CorteCostituzionale la questione di legittimità della legge n.8/2007 della RegioneLazio che prevede, per i dirigenti rimossi sulla base dello spoils system, dichiarate illegittime l’alternativa tra la reintegrazione in servizio e la corre- sponsione di un “equo indennizzo”, con scelta rimessa alla Regione. In linea di fatto si segnalano alcuni precedenti di transazione e/o acquie- scenza nei quali ai dirigenti generali rimossi dall’incarico è stato riconosciu- to dall’Amministrazione un danno da “demansionamento” per il periodo nel quale non è attribuito un incarico equivalente. Va ricordato, innanzi tutto, che la Corte Costituzionale, con la sentenza23 marzo 2007 n. 103 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del settimocomma dell’articolo 3 della legge 145/2002 nella parte in cui dispone “che ipredetti incarichi cessano al sessantesimo giorno dalla data di entrata invigore della presente legge, esercitando i titolari degli stessi in tale periodoelusivamente le attività di ordinaria amministrazione”, volendo censurareessenzialmente il carattere automatico e privo di verifica procedimentale 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24413.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 244 della cessazione dall’incarico prima della scadenza. Analogo vizio è statocensurato con la sentenza n. 161/2008 per quanto concerne l’articolo 2comma 161 del decreto legge 3 ottobre 2006. Le sentenze con le quali la magistratura ha disposto la reintegrazionenelle funzioni dei dirigenti rimossi e/o la condanna al risarcimento di danni, a vario titolo, sono state tuttavia per la quasi totalità impugnate dallaScrivente laddove, sia a fini della reintegrazione che del risarcimento, face- vano leva sull’affermazione una responsabilità dell’amministrazione in rela- zione alla cessazione dell’incarico. Risulta infatti difficile, sia sul piano teo- rico che su quello pratico, ipotizzare una colpa dell’Amministrazione per uneffetto che deriva direttamente da un legge successivamente dichiarata inco- stituzionale. Siffatta responsabilità, se è anche ipotizzabile in astratto nel- l’ambito dell’ordinamento internazionale e/o comunitario (ai quali organigiurisdizionali, tuttavia, i dirigenti generali rimossi possono direttamenterivolgere le loro pretese), non trova fondamento nell’ambito dell’ordinamen- to nazionale nel quale il datore di lavoro non risponde dell’applicazione(anche volontaria) di una legge dichiarata successivamente incostituzionale(vedi Cass. Sez. lavoro 21 aprile 1997 n. 3432 e 3 febbraio 1999, n. 941) el’Amministrazione statale non può in alcun modo sottrarsi al dovere di appli- care una legge. In tale contesto la Scrivente ritiene che debba essere approfondito ilmeccanismo giuridico che deriva dalla declaratoria di illegittimità costituzio- nale di una fonte normativa primaria. L’articolo 136 della Costituzione sta- bilisce infatti che “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale diuna norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avereefficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” e da taledisposizione la dottrina e la giurisprudenza, soprattutto in relazione all’esi- genza di disapplicare la norma illegittima anche nel giudizio a quo, hannointeso questa cessazione di efficacia nel senso pienamente ripristinatoriodella situazione quo ante, salvo che per posizioni esaurite (per effetto di giu- dicato o, comunque, situazioni definite, secondo l’insegnamento diCassazione SS.UU. 9 giugno 1989 n. 2786). In altri termini la norma dichia- rata costituzionalmente illegittima non può trovare applicazione dal giornosuccessivo alla declaratoria di incostituzionalità e nel rapporto tra le parti ingiudizio è come se non fosse mai esistita. Affermazione quest’ultima che, seppure descrive con chiarezza la situazione esistente tra le parti di un giu- dizio a quo, va tuttavia presa con cautela dal momento che un’inesistenza ex tunc di una fonte legittimante un comportamento o un effetto, potrebbeindurre (ed è l’errore nel quale sono caduti molti giudici del lavoro nelle con- troversie di cui si discute) a ritenere illeciti e/o colposi in ipsa re i compor- tamenti dell’Amministrazione che si è limitata ad applicare o a giovarsi diuna norma dichiarata poi costituzionalmente illegittima. Tuttavia nel caso di specie – derivando l’effetto caducatorio degli inca- richi dirigenziali direttamente dalla legge – la declaratoria di incostituziona- lità della stessa legge comporta pacificamente la ricostruzione e reviviscen- za del rapporto illegittimamente cessato e il dovere dell’amministrazione a 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24513.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO darvi adempimento, sia pure tardivo. In altri termini deve essere ricostruitol’intero contenuto del contratto e/o incarico attribuito ed illegittimamenterevocato e allo stesso occorre dare attuazione, compatibilmente con la ragio- nevole presa in considerazione di evenienze sopravvenute. La possibilità diprocedere discrezionalmente attraverso la scelta tra ricostruzione e indenniz- zi (predeterminati o meno) ha d’altronde trovato una reazione contrariamolto ferma da parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato (ordinanza C.d.S 16 ottobre 2007 citata) Un primo contenuto dell’adempimento contrattuale è il diritto alla retri- buzione fissa, prevista dal disciplinare allegato all’atto del conferimento. Adavviso della Scrivente tale emolumento spetta fino al termine convenziona- le del rapporto, salvo che l’Amministrazione non sia in grado di provarel’impossibilità del dipendente a svolgere in tutto o in parte l’attività promes- sa per sopravvenienza di nuovi incarichi retribuiti dalla stessa od altra ammi- nistrazione o di terzi e/o per pensionamento; la decadenza dall’incarico fainfatti venir meno una serie di incompatibilità che rendono possibile da partedel dirigente lo svolgimento di altre attività che, in costanza di rapporto, sarebbero state incompatibili. I giudici del lavoro, invero, tendono a limitare, nei casi di reintegrazio- ne, il diritto alla ricostruzione della carriera evitando cumulo di retribuzionie/o compensi; talvolta, in relazione alla difficoltà di procedere a compensa- zioni tra diversi enti erogatori, è stato previsto l’obbligo del beneficiario chesi giova della “ricostruzione della carriera” di restituire i ratei di pensione percepiti. Un secondo contenuto contrattuale attiene al compenso promesso per i risultati. In chiave di adempimento di un contratto esistente, l’allegazionedella promessa di tale compenso nello schema contrattuale è – ad avvisodella Scrivente – chiara prova dell’esistenza di una chance, sulla quale laparte ha fatto (e fa) legittimo affidamento. L’amministrazione può ragione- volmente provare che quella chance non si sarebbe mai potuta realizzare persopravvenienza di leggi e/o atti ministeriali che riducano gli obiettivi e rela- tivi compensi etc. È tuttavia, evidente, come, in mancanza di oggettivi edapplicati criteri di valutazione dei risultati (oltretutto in relazione ad una atti- vità di fatto non svolta), tale adduzione di prova contraria si presenta perl’amministrazione estremamente difficile, al limite della cosiddetta probatio diabolica. Il terzo contenuto contrattuale da prendere in considerazione è il dirittodella persona a svolgere il lavoro a suo tempo affidato, per l’esperienza cheacquisisce e per le ulteriori possibilità di progressione professionale che losvolgimento di tale lavoro implica. Tale diritto trova, tuttavia – ad avvisodella Scrivente – un limite, previsto nei contratti ed in varie disposizioni dilegge, nella possibilità dell’Amministrazione di affidare al dirigente rimossoun incarico equivalente. Nei limiti e fino a quando l’Amministrazione non siavvale di tale facoltà, ragionevolmente si ritiene configurabile in astratto laprevisione di un limitato diritto economico che ristori tale mancanza. Taleindennizzo, ancorché impropriamente denominato quale “danno da deman- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24613.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 246 sionamento” nella specie e sulla base delle premesse considerazioni, di persé non ha carattere risarcitorio, ma meramente compensativo di un interessecontrattuale della parte non realizzato. Ed è proprio sul piano dell’assetto degli interessi e del principio genera- le dell’indennizzabilità di situazioni di arricchimento/impoverimento senzacausa (argomenta ex art. 3 e 41 Cost.) che si coglie a pieno la ragione per laquale l’amministrazione è oggi chiamata ad adempiere in toto un contrattoche, senza sua colpa, non ha avuto integrale attuazione: l’amministrazioneinfatti si è giovata della decadenza stabilita dalla norma di legge dichiarataillegittima e, liberatasi di un pregresso impegno (anche) contrattuale, ha datocorso alla sostituzione del dipendente nell’incarico, perseguendo in tal modola cura ottimale dell’interesse pubblico, quale si presentava agli organi cuiera affidata la responsabilità politico-amministrativa della scelta. Evidentemente si tratta di una valutazione che copre esclusivamente il perio- do contrattuale residuo e deve essere condotta dall’Amministrazione caso per caso, avendo cioè riguardo al pregiudizio in effetti subito dal dirigenteche, per effetto della cessazione dall’incarico, non ha potuto svolgere l’atti- vità concordata e nei limiti sopra evidenziati. In sintesi è avviso della Scrivente che l’Amministrazione possa procede- re al riconoscimento e/o all’acquiescenza su queste tre voci contrattuali, e ciòin forza del solo effetto della declaratoria d’incostituzionalità delle normesopra citate, escludendo ogni ipotesi di colpa dell’amministrazione nella decadenza e qualsiasi valutazione dei comportamenti successivi della stessaamministrazione in ordine all’affidamento di nuovi incarichi, in tutto o inparte equivalenti: i comportamenti dell’amministrazione – nei limiti in cui si adeguano in tutto o in parte alle aspettative del dirigente – possono limitare gli effetti della declaratoria di incostituzionalità e il quantum della pretesadel dirigente decaduto, ma non eliminano in via teorica il diritto del dirigen- te alla reintegrazione nella posizione illegittimamente incisa e all’adempi- mento puntuale del contratto a suo tempo stipulato, nei limiti in cui tale pun- tuale (retroattivo adempimento) non implichi, ovviamente, un ingiustificato arricchimento dello stesso dipendente. L’adempimento di un contratto (mai decaduto) è debito di valore e spet- tano di norma rivalutazioni ed interessi. Tuttavia, ponendo la transazioneun’esigenza imprescindibile di un aliquid datum aliquid retentum, sarà curadell’Amministrazione proporre per il visto legale della Scrivente, ipotesitransattive nelle quali tali voci vengano – ove possibile – in tutto o in parte abbattute. Sulla base di tali presupposti si attende di ricevere, per le valutazionianalitiche di competenza, gli schemi di atti transattivi che l’Amministrazioneintenda adottare. Il presente parere, sul quale è stato sentito l’avviso del ComitatoConsultivo di cui alla legge 103/79, che si è espresso in conformità, vieneinviato anche al Dipartimento della Funzione Pubblica e all’IGOP » . Si riporta qui di seguito la recente sentenza della Corte Costituzionale. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24713.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Corte costituzionale, sentenza 24 ottobre 2008 n. 351 – Pres. G.M. Flick – Rel. S. Cassese – nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della RegioneLazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernenti cariche di organi di amministrazionedi enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegit- time dalla Corte costituzionale), promosso con ordinanza del 16 ottobre 2007 dal Consigliodi Stato sul ricorso proposto da F. C. (Avv.ti F. Castiello e G. De Santis) contro la RegioneLazio ed altri, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 2008. «(…) Ritenuto in fatto 1.- Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernen- ti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazionedegli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 1.1.- Le disposizioni impugnate stabiliscono che: «1. La Giunta regionale, nei confron- ti dei componenti di organi istituzionali degli enti pubblici dipendenti, i quali siano decadu- ti dalla carica ai sensi di norme legislative regionali dichiarate illegittime a seguito di sen- tenze della Corte costituzionale, con conseguente risoluzione dei contratti di diritto privatodisciplinanti i relativi rapporti di lavoro, è autorizzata a deliberare in via alternativa: a) il reintegro nelle cariche e il ripristino dei relativi rapporti di lavoro; b) un’offerta di equo indennizzo. 2. La soluzione di cui al comma 1, lettera b), è comunque adottata qualora il rap- porto di lavoro sia stato interrotto, di fatto, per oltre sei mesi». 1.2.- Il collegio rimettente ricostruisce le vicende del giudizio principale nei terminiche seguono. Il ricorrente, in applicazione della disciplina normativa regionale in base allaquale i vertici degli organi istituzionali vengono meno con l’insediamento del nuovoConsiglio regionale (cosiddetto spoils system), è stato dichiarato decaduto dall’incarico didirettore generale della Azienda USLRm/E. Avverso tale decisione egli ha presentato ricor- so al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, proponendo in via incidentale domandacautelare, che è stata rigettata dal giudice di primo grado. Il ricorrente ha successivamenteproposto appello cautelare per l’annullamento e la riforma dell’ordinanza di reiezione delTar Lazio. Chiamato a pronunciarsi su tale appello cautelare, il Consiglio di Stato ha solle- vato questione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative regionali istitutivedel predetto sistema di spoils system. Tale disciplina legislativa (art. 71, commi 1, 3 e 4, let- tera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005»; art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre 2004, n. 1, recante «Nuovo Statuto della Regione Lazio») è stata dichiarata costi- tuzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 104 del 2007. Prima della pro- secuzione dell’appello cautelare, tuttavia, sono entrate in vigore le disposizioni legislativeregionali impugnate, in applicazione delle quali la Regione Lazio, non essendo possibiledisporre la reintegrazione a causa del decorso del periodo di sei mesi di interruzione di fattodel rapporto (art. 1, comma 1, lettera b, della legge n. 8 del 2007), ha “convenuto” un inden- nizzo pari a 15 mensilità, benché nessun accordo – chiarisce il collegio rimettente – sia stato formalizzato con il ricorrente, il quale ha invece insistito per l’adozione di ogni opportunamisura cautelare che valga a rendere effettiva la sentenza n. 104 del 2007 della Corte costi- tuzionale. Nella camera di consiglio fissata per la ripresa dell’incidente cautelare, ilConsiglio di Stato ha quindi nuovamente sospeso il giudizio, rimettendo alla Corte la que- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24813.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 248 stione di legittimità costituzionale delle nuove disposizioni legislative regionali, introdotte, nelle more del giudizio, per disciplinare la posizione dei soggetti decaduti dall’incarico sullabase della disciplina già dichiarata illegittima con la citata sentenza n. 104 del 2007. 1.3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che la disciplina impugnata risultapreclusiva dell’adozione di misure di tutela cautelare in forma specifica, le quali, in man- canza di tale disciplina, sarebbero invece accordate al ricorrente, come del resto sono stateaccordate a favore di altri direttori generali decaduti in base alla disciplina dichiarata illegit- tima con la medesima sentenza n. 104 del 2007. Per un verso, infatti, il venir meno ex tunc della base legislativa dei provvedimenti impugnati renderebbe scontato il giudizio progno- stico sull’esito del ricorso, di cui all’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzionedei Tribunali amministrativi regionali). Per altro verso, la natura del pregiudizio subìto dalricorrente, che ne mette in discussione la stessa identità professionale, giustificherebbe l’ap- plicazione della tutela cautelare in forma specifica. Quest’ultima, tuttavia, risulta appuntopreclusa dalla norma impugnata, la quale, in caso di interruzione di fatto del rapporto peroltre sei mesi, impone la soluzione dell’offerta di equo indennizzo, escludendo quella, cherappresenterebbe peraltro una solo apparente alternativa, del reintegro nella carica. 1.4.- In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente ritiene che la disci- plina legislativa regionale impugnata contrasti con una pluralità di parametri costituzionali. In primo luogo, prevedendo la possibilità (e in certe condizioni la necessità) dell’inden- nizzo in luogo della reintegrazione, essa reintrodurrebbe, sebbene in una «forma onerosa», lo stesso meccanismo di spoils system che la Corte costituzionale ha già ritenuto non con- forme a Costituzione, incorrendo, pertanto, nella stessa violazione dell’art. 97 Cost. rileva- ta dalla sentenza n. 104 del 2007. Insecondoluogo,ledisposizionilegislativeregionaliimpugnatecontrasterebberocongliartt.3,24,103e113Cost.sottoundupliceprofilo.Perunverso,esserisulterebberolesivedelprincipio di effettività della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazio- ne, limitando tale tutela al solo profilo risarcitorio. Per altro verso, tale limitazione sarebbeirragionevolmente disposta soltanto a carico dei dirigenti decaduti in base a norme regionalidichiarate illegittime dalla Corte costituzionale e non anche a carico di dirigenti revocati dal- l’incarico con provvedimenti giudicati illegittimi nelle competenti sedi. Ciò rappresenterebbeunaviolazionedell’art.3Cost.,«interminidiragionevolezzadellaclassificazionelegislativa». In terzo luogo, secondo il Collegio rimettente, le modalità e i tempi di approvazionedella normativa impugnata (in pendenza dei giudizi che avevano dato luogo alla pronunciadella Corte costituzionale n. 104 del 2007 e immediatamente dopo che il Consiglio di Statoaveva accordato la tutela cautelare in forma specifica in uno di tali giudizi) farebbero sup- porre che essa sia stata introdotta non per regolare in astratto la materia, ma per incideresulle sorti del procedimento giurisdizionale in corso, con eccesso di potere legislativo e con- seguente violazione dell’art. 101 Cost. Infine, la disciplina regionale, della cui costituzionalità il Consiglio di Stato dubita, riguarderebbe oggetti «(limiti agli effetti delle sentenze della Corte costituzionale e allagammadellemisurecautelarinelprocessoamministrativo)»cherientranonellematerieriser- vate dall’art. 117, secondo comma, lettera l) , Cost. alla competenza esclusiva dello Stato: «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa». 2.- Si è costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio principale, che, aderendo piena- mente agli argomenti sviluppati nell’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, insisteper la fondatezza della questione di legittimità costituzionale nei termini prospettati dalCollegio rimettente. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina24913.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 3.- Si è costituito in giudizio il controinteressato nel giudizio principale, chiedendo ilrigetto della sollevata questione di legittimità costituzionale. 4.- In prossimità dell’udienza pubblica, lo stesso controinteressato ha presentato istan- za di rinvio dell’udienza, motivata come segue: «La Regione Lazio ha presentato una pro- posta di legge (n. 408 del 7 ottobre 2008), messa all’ordine del giorno per l’approvazionedel plenum del Consiglio del giorno 20 p.v. e che tale legge sostituirà la l. r. n. 8/07 sotto- posta al vostro giudizio la cui udienza è fissata per il 21 ottobre p.v». 5.-Nel corso dell’udienza, la difesa del controinteressato ha insistito per il rinvio dell’u- dienza e prodotto copia della citata proposta di legge, approvata in data 20 ottobre 2008 dalConsiglio della Regione Lazio, chiedendo che siano rimessi gli atti al giudice a quo affinchérivaluti la rilevanza della questione alla luce del mutato quadro normativo di riferimento. Considerato in diritto 1.- Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concernen- ti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale), per violazione degli articoli 3, 24, 97, 101, 103, 113 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. In particolare, secondo il Collegio rimettente, la violazione dell’art. 97 dellaCostituzione deriverebbe dalla circostanza che le disposizioni impugnate escludono laobbligatoria reintegrazione del dirigente che sia automaticamente decaduto dall’incarico inbase ad una disposizione dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Tali disposizioni, nel prevedere la facoltà della Giunta regionale di offrire al dirigente un indennizzo in luogodella reintegrazione e, soprattutto, nel disporre l’obbligo della Giunta stessa di offrire l’in- dennizzo nel caso di interruzione di fatto del rapporto per un periodo superiore a sei mesi, avrebbero l’effetto – secondo il rimettente – di «reintrodurre la possibilità di far luogo a quel meccanismo di spoils system che la Corte costituzionale ha già rilevato non conforme aCostituzione», dal momento che, «a ben vedere, la l. r. n. 8 del 2007 non è altro che unaforma onerosa di spoils system». 1.2.- In via preliminare, va rilevato che risulta ininfluente, ai fini di questa decisione, la proposta di legge regionale di modifica delle disposizioni censurate, già approvata e nonancora pubblicata, cui ha fatto riferimento la difesa della parte privata costituita (controin- teressata nel giudizio a quo), nella sua richiesta, non accolta, di rinvio dell’udienza didiscussione. La Corte, infatti, ritiene che il contenuto di tale proposta – che riguarda la sosti- tuzione della originaria previsione alternativa dell’offerta di equo indennizzo (di cui alla let- tera b, dell’articolo 1, comma 1, della legge regionale Lazio n. 8 del 2007) con il risarcimen- to del danno, nonché la ridefinizione dell’ambito temporale di operatività della possibilitàdella deliberazione alternativa da parte della Giunta regionale (di cui all’art. 1, comma 2) – lascerebbe inalterato, per quanto rileva ai fini della presente questione, l’assetto normativodenunciato come costituzionalmente illegittimo dal giudice a quo e non inciderebbe, in con- siderazione dei profili di legittimità costituzionale prospettati, sulla decisione che il giudicerimettente è chiamato ad adottare. 1.3.- Vanno inoltre disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate, nel corso dell’u- dienza, dalla difesa del controinteressato nel giudizio principale, secondo la quale la que- stione posta dal rimettente sarebbe priva di rilevanza, da un lato, in ragione dell’intervenu- to decorso, nelle more del giudizio, dell’originario termine di durata dell’incarico, e, dall’al- tro lato, in virtù dell’intervenuta approvazione dell’art. 1, comma 79, della legge regionale11 agosto 2008, n. 14 (Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25013.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 250 Regione Lazio), per cui «sono prorogati sino al 30 giugno 2010 i contratti dei direttori gene- rali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere attualmente in carica». Con riferimento alla prima eccezione di inammissibilità, il giudice rimettente, argo- mentando in modo non irragionevole, ha ritenuto che il suo potere di concedere la tutela cau- telare resti insensibile rispetto alla circostanza di fatto del decorso del termine originaria- mente fissato per l’incarico, dal momento che «il lasso di tempo occorrente ad ottenere tute- la giurisdizionale [...] non può mai risolversi in pregiudizio per la parte che la richiede». In relazione alla seconda eccezione di inammissibilità, va osservato che una legge cheproroghi la durata degli incarichi dei direttori generali in carica non può avere l’effetto disanare l’eventuale illegittimità degli atti con cui essi sono stati conferiti. 2.- La questione è fondata con riferimento all’art. 97 Cost.. A differenza di quanto accade nel settore privato, nel quale il potere di licenziamentodel datore di lavoro è limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico ilpotere dell’amministrazione di esonerare un dirigente dall’incarico e di risolvere il relativorapporto di lavoro, è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nel- l’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generaliinteressi collettivi. Si tratta di interessi che trovano riconoscimento nelle norme costituzio- nali, come questa Corte ha di recente chiarito con la sentenza n. 103 del 2007 e, con speci- fico riferimento alla posizione dei direttori generali di aziende sanitarie locali, con la sen- tenza n. 104 del 2007. In tale ultima pronuncia, in particolare, la Corte ha affermato che «l’imparzialità e il buon andamento esigono che la posizione del direttore generale sia cir- condata da garanzie». Le garanzie non mirano soltanto a proteggere il direttore generalecome dipendente, ma discendono anche da principi costituzionali posti a protezione di inte- ressi pubblici: l’imparzialità amministrativa, con cui, secondo quanto affermato da questaCorte, contrasta un regime di automatica cessazione dell’incarico che non rispetti il giustoprocedimento; il buon andamento, che risulta pregiudicato, sempre in base alla giurispru- denza di questa Corte, da un sistema di automatica sostituzione dei dirigenti che prescindadall’accertamento dei risultati conseguiti. Da tutto ciò deriva, sul piano degli strumenti di tutela, che forme di riparazione econo- mica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno o le indennità riconosciute dalla discipli- na privatistica in favore del lavoratore ingiustificatamente licenziato, non possono rappre- sentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da attiillegittimi di rimozione di dirigenti amministrativi. In particolare, la circostanza che il diret- tore generale di azienda sanitaria locale, rimosso automaticamente e senza contraddittorio, riceva, in applicazione della disposizione legislativa regionale impugnata, un ristoro econo- mico, non attenua in alcun modo il pregiudizio da quella rimozione arrecato all’interessecollettivo all’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione. Tale pregiu- dizio, anzi, appare in certa misura aggravato, dal momento che, come correttamente rilevail Collegio rimettente alludendo ad una «forma onerosa di spoils system», la collettività sub- isce anche un aggiuntivo costo finanziario: all’obbligo di corrispondere la retribuzione deinuovi dirigenti sanitari, nominati in sostituzione di quelli automaticamente decaduti, siaggiunge, infatti, quello di corrispondere a questi ultimi un ristoro economico. Gli altri profili di censura restano assorbiti. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13 giugno 2007, n. 8 (Disposizioni concer- nenti cariche di organi di amministrazione di enti pubblici dipendenti decaduti ai sensi dinorme legislative regionali dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale) . 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25113.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il22 ottobre 2008». A.D.S. di Catanzaro – Parere del 2 ottobre 2008 n. 24046 (* ) Istanza di aggiornamento informative antimafia ex art. 10, comma 8, d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (consultivo 6845/08, avvocato A. Mezzotero). «(…) codesta Prefettura ha richiesto il parere di questa Avvocatura inordine all’istanza di aggiornamento delle informative antimafia afferenti leSocietà (…)”, formulata, ai sensi dell’art. 10, comma 8, seconda alinea, dalla [X] S.p.A. con istanza del 9 agosto 2008. Considerata la particolare complessità delle questioni sottese alla con- sultazione richiesta alla Scrivente, in disparte alla novità del tema che invol- ge i rapporti tra il sistema delle informative antimafia e l’istituto del trust, giova preliminarmente ricostruire la vicenda da cui muove l’istanza diaggiornamento delle informative antimafia formulata dalla [X] S.p.A. Con sentenza n. 81/2008 del 9 giugno 2008, il G.I.P. presso il Tribunaledi Catanzaro ha condannato V. (…) – titolare di gran parte delle azioni delle suindicate Società (...) – alla pena di 4 anni di reclusione, per i reati di cui agli artt. 110 e 416-bis c.p.; per i reati di cui agli artt. 81, 110, 479 c.p. – conl’aggravante di cui all’art. 7, l. n. 203/1991; nonché per i reati di cui agli artt. 81, 110, 319, 321 c.p., e art. 5, l. Cost. n. 1/1999, art. 86, d.P.R. n. 570/1960, e art. 1, l. n. 108/1968, con l’aggravante di cui all’art. 7, l. n. 203/1991. In ragione di tale condanna, nel corso del luglio 2008, codesta Prefetturaha provveduto ad emettere numerosi provvedimenti interdittivi ex art. 10, d.P.R. n. 252/1998, oltre che a svolgere accertamenti successivi ai sensi del- l’art. 11, 3 comma, d.P.R. n. 252/1998, afferenti le Società (…); in questocontesto, in particolare, risulta essere stata emessa la nota informativa del 29luglio 2008, prot. n. 15118-2008-AREA 1/AM, inoltrata all’Ufficio delCommissario Delegato per il superamento della situazione di criticitàambientale nel territorio della Regione Calabria (istituito ai sensi dell’art. 10, O.P.C.M. n. 3690 del 4 luglio 2008), in forza della quale il Commissariodelegato pro tempore (con ordinanza n. 7247 dell’8 agosto 2008) ha provve- duto ad inibire i conferimenti presso la discarica privata per rifiuti non peri- colosi sita in loc. (…) di proprietà e gestita dalla società S. S.p.A. Con la citata istanza del 9 agosto 2008 – acquisita al protocollo di code- sta Prefettura al n. 16637/08/AM –, la medesima [X] S.p.A., in persona delsuo amministratore unico (…), ha chiesto l’aggiornamento delle informazio- ni antimafia ex art. 10, comma 8, seconda alinea, d.P.R. n. 252/1998, addu- cendo il verificarsi di decisivi mutamenti dell’assetto organizzativo e gestio- (* ) Il parere è stato reso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro in via ordi- naria 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25213.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 252 nale delle Società (…) , tali da far venir meno la rilevanza dei precedenti ele- mentiostativialrilasciodiinformazionifavorevoli:talisopravvenienzeconsi- sterebbero nell’avvenuta costituzione di un trust, per effetto del quale è stata dispostalasegregazioneditutte lepartecipazionisociali(dellostessoV.)all’o- monimo Gruppo societario, giusto atto (…) , oltre che nelle dimissioni dello stesso V. dalla funzione di Dirigente della [X] S. p.A. , con atto comunicato indata 5 agosto 2008. Conclude, pertanto, la [X] S. p.A. sostenendo che sareb- bero venute meno le circostanze prima rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa, cui conseguirebbe l’aggiornamento delleinformative ai sensi dell’art. 10, comma 8, d.P.R. n. 252/1998. Ciò posto, al fine di rendere il parere richiesto, si ritiene opportuno – inconsiderazione della complessità della materia – fornire un breve inquadra- mento della normativa di riferimento, a corredo degli elementi su cui (ingenerale) si fonda l’informativa prefettizia nelle diverse tipologie conosciu- te dall’ordinamento. Le considerazioni che al riguardo si svolgeranno valgo- no – salve le peculiarità che si segnaleranno nella parte conclusiva della pre- sente consultazione – anche con riferimento al procedimento di secondogrado avviato su istanza della [X] S.p.A. del 9 agosto 2008 volto all’aggior- namento delle informazioni e disciplinato dall’art. 10, comma 8, d.P.R. n. 252/1998. Tale analisi consentirà di verificare la sussistenza o meno dei tentativi diinfiltrazione mafiosa nella nuova struttura societaria (da intendere in sensolato) costituita per effetto del trust, analizzandone le peculiarità principalienucleate dalla dottrina e dalla (finora modesta) giurisprudenza formatasi inmateria. Com’è noto, il sistema delle informative è stato fortemente innovato dalD.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490 (successivamente modificato ed integrato dal d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252), che ha sostituito alla certificazione prodottadal concorrente la trasmissione diretta alla stazione appaltante, a cura dellaPrefettura competente per territorio, della documentazione e delle notizierilevanti. L’art. 4, D.Lgs. n. 490 del 1994 sancisce il divieto di contrattazione conla p.a., esplicitato anche nella formula del divieto di approvazione o autoriz- zazione dei contratti, ove sia maturata a carico dell’impresa una delle dueseguenti circostanze: a) quando l’informazione prefettizia comunichi la sussistenza a caricodei soggetti responsabili dell’impresa (così come puntualmente identificatidalla legge) delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indica- te nell’allegato 1, D.Lgs. cit. (ossia le cause di divieto, di sospensione o didecadenza previste dall’art. 10, l. 31 maggio 1965, n. 575, che, a sua volta, si riferisce all’applicazione di misure di prevenzione ovvero all’applicazio- ne provvisoria di provvedimenti giudiziali interdittivi nel corso del procedi- mento aperto per l’applicazione delle dette misure); b) quando la Prefettura trasmetta (alla stazione appaltante) “informazio- ni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa” tendenti a condi- zionare le scelte e gli indirizzi delle società od imprese interessate. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25313.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Giova chiarire che il divieto di contrarre (inteso in senso ampio) costi- tuisce una misura cautelare di tipo spiccatamente preventivo, che mira a con- trastare l’azione del crimine organizzato, colpendo gli interessi economicidelle associazioni, anche a prescindere dal concreto accertamento in sedepenale di uno o più reati che vi siano direttamente connessi. In particolare, alla stregua della normativa contenuta nel D.Lgs. n. 490del 1994 e nel d.P.R. n. 252 del 1998, la giurisprudenza (tra le tante, Cons. St., sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4065; id. 1 marzo 2001, n. 1148; Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710; Cons. giust. amm. reg. sic., 16 settembre 2002, n. 543) ha delineato tre categorie di informative prefettizie: 1.- la prima, ricognitiva di cause di divieto, di per sé interdittive, ai sensidell’art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 490 del 1994 (che nel sistema del d.P.R. n. 252 del 1998 possono identificarsi con “le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa” desunte dalle lett. a) e b) del comma 7 dell’art. 10); 2.- la seconda, relativa ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa ten- denti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o delle imprese inte- ressate, la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del Prefettoe che nel sistema del d.P.R. n. 252 del 1998 possono identificarsi negli ele- menti emersi dagli accertamenti di cui alla lett. c), comma 7, dell’art. 10, d.P.R. cit.; 3.- la terza, relativa alle informazioni supplementari e atipiche, il cuieffetto interdittivo è rimesso ad una valutazione autonoma e discrezionaledell’amministrazione destinataria dell’informativa prevista dall’art. 1-sep- ties, d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito con modificazioni dalla l. 12ottobre 1982, n. 726 (articolo aggiunto dall’art. 2, l. 15 novembre 1988, n. 486, e richiamato dall’art. 10, comma 9, d.P.R. n. 252 del 1998), “fondatasull’accertamento di elementi i quali, pur denotando il pericolo di collega- mento fra imprese e la criminalità organizzata non raggiungono la soglia digravità prevista dall’art. 4, D.Lgs. 490/1994 (…) perché non integranti deltutto il tentativo di infiltrazione” (in proposito, si vedano, tra le tante, Cons. St., sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2014; Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1979). Tuttavia, in forza dell’art. 113, R.d. n. 827/1924, tale informativa, anche se “priva di efficacia interdittiva automatica, consente l’attivazionedegli ordinari poteri discrezionali di ritiro del contratto da parte della sta- zione appaltante” (così, Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2003, n. 1979). Chiara è, dunque, la distinzione tra l’informativa antimafia tipica, adotta- ta ai sensi dell’art. 10, d.P.R. n. 252/1998, e quella cd. atipica di cui all’art. 1- septies, d.l. n. 629/1982: la prima determina una situazione generalizzata diincapacità a contrarre nei confronti di qualsiasi pubblica amministrazione, diversamentedall’informativaatipica,chehaunvaloremeramenteendoproce- dimentale, circoscritto all’amministrazione cui è indirizzata che rimane titola- rediunpoterediscrezionalecircalavalutazionedelle informazioniricevuteaifini dell’affidamento dell’appalto. Inoltre, mentre nel caso di informativa pre- fettizia antimafia cd. atipica ex art. 1-septies, d.l. n. 629/1982, la stazione appaltante conserva una potestà discrezionale e deve autonomamente valutare le informazioni ricevute senza procedere automaticamente all’esclusione del- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25413.06 l’impresa, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di riso- luzione del rapporto sono comunque il frutto di una scelta motivata della sta- zione appaltante, nel caso invece dell’informativa antimafia ex art. 10, d.P.R. n.252/1998,lastazioneappaltantenonhaalcunpoterediscrezionaleattesochel’esclusione dell’impresa deriva direttamente dall’atto prefettizio (in ordine atale distinzione, tra le più recenti, si vedano: T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio2008,n.6487;Cons.St.,sez.V,28marzo2008,n.1310;id.12febbraio2008, n. 491; Cons. St. , sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948). Per quanto non rilevi direttamente ai fini della consultazione richiestaalla Scrivente, è appena il caso di aggiungere, per completezza, che, ai sensidell’art. 1, lett. e), d.P.R. 252/1998, la documentazione relativa ai requisitiantimafia di un soggetto non è richiesta dall’Amministrazione per provvedi- menti e contratti di valore inferiore a trecento milioni delle vecchie lire, pariad €. 154.937,07. In buona sostanza, l’acquisizione dell’informativa antima- fia sub 1) e 2) – nell’ambito della disciplina dettata dal D.Lgs. 12 aprile2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e fornitu- re) – è obbligatoria per i contratti sopra soglia comunitaria (fissata dall’art. 28, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 163/2006, in €. 5.278.000,00), mentre sussi- ste un potere discrezionale per le stazioni appaltanti di richiedere allaPrefettura l’informativa antimafia, di cui all’art. 10, d.P.R. n. 252/1998, anche nel caso di gara d’appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria, ma non inferiore a trecento milioni delle vecchie lire (pari ad €. 154.937,07), limite espressamente previsto dal cit. art. 1, lett. e) (si veda, in proposito, Cons. St., sez. VI, 29 gennaio 2008, n. 240; da ultimo, Cons. St., sez. V, 19settembre 2008, n. 4533, secondo cui: “Il d.P.R. n. 252/1998 impone, da unlato, l’obbligo assoluto di acquisire l’informativa antimafia qualora l’im- porto della gara di appalto superi la soglia comunitaria (art. 10); dall’altro, esclude la richiesta di tale informativa nel caso di appalti di importo infe- riore a Lire 300 milioni (art. 1 lett. e). Al di là di questi due valori (da £. 300milioni alla soglia comunitaria), la normativa non dà alcuna specifica indi- cazione (se debba valere il solo certificato camerale antimafia ovvero se siaammessa, in aggiunta a questo, la possibilità di richiedere informazioni), per cui, in questa zona non regolamentata, non può escludersi l’eserciziodella discrezionalità della stazione appaltante, nel senso che la stessa èlegittimata a richiedere le informazioni antimafia, e che, una volta formula- ta la richiesta, il Prefetto sia tenuto a dare seguito a tale richiesta”). Giova evidenziare, sotto altro profilo, che – riguardo alle informativeantimafia (e, in particolare, a quella di cui all’art. 10, comma 7, lett. c), d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252) – il Prefetto esercita un potere di accertamento dimassima ampiezza, in ragione della preminente esigenza di tutelare, anchenella fase istruttoria, l’interesse generale all’ordine ed alla sicurezza pubbli- ca, ed anche in relazione al settore dei contratti tra mondo imprenditoriale ePubblica Amministrazione. Del resto, è stato osservato come il concetto di“tentativo di infiltrazione mafiosa” si presenta estremamente sfumato e dif- ferenziato rispetto alla configurazione che si ha in sede normativa di feno- meni criminali di stampo associativo mafioso, e ciò sia nell’ambito del pro- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25513.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO cesso penale che del procedimento volto all’adozione di misure di preven- zione, tantoché anche il relativo potere di accertamento da parte del Prefettosi caratterizza per l’estrema duttilità dei mezzi all’uopo destinati che posso- no assumere (in pratica) qualsiasi forma. Infatti, la giurisprudenza ha preci- sato che per l’adozione dell’informativa antimafia “non occorre né la provadi fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte diassociazioni o soggetti mafiosi, essendo sufficiente il “tentativo di infiltra- zione” avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se talescopo non si è in concreto realizzato” (così, con diffusa motivazione, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 38; da ultimo, si vedano, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487; Cons. St., sez. VI, 29 feb- braio 2008, n. 756). Sovente la sussistenza del tentativo di infiltrazione prescinde dall’accer- tamento della sua genesi, risolvendosi nel mero riscontro del fatto che l’im- presa costituisca comunque uno strumento, anche per interposta persona, diingerenza da parte di organizzazioni criminali in specifici rapporti conl’Amministrazione Pubblica. In tal senso, a mero titolo esemplificativo, èutile ricordare che la giurisprudenza ha ritenuto legittima l’informativa pre- fettiziaex art. 10, d.P.R. n. 252/1998 adottata per soggetti “indiziati di appar- tenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguano finalità, o agiscano conmetodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso” (art. 1, l. 31 maggio 1965, n. 575) in presenza di stretti rapporti familiari con sogget- ti coinvolti nell’ambiente di criminalità organizzata. Sicchè, facendo appli- cazione dei principi fin qui esposti, si è, in particolare, precisato che “è per- tanto legittima una informativa antimafia, secondo la quale sussistono ten- tativi di infiltrazione della criminalità organizzata, motivata facendo riferi- mento: 1) al fatto che il titolare dell’impresa risulta “gravitare nell’ambitodi influenza di nota cosca mafiosa”, essendo stato deferito all’AutoritàGiudiziaria per “estorsione, danneggiamento, violazione della legge sullearmi, associazione mafiosa ed altro”, a nulla rilevando che con sentenza delTribunale – ufficio del Giudice per le indagini preliminari – sia stato pro- sciolto; 2) agli stretti rapporti di parentela (nella specie il riferimento era alpadre ed al cognato), atteso che spesso nel settore in questione – secondodati di comune esperienza – esistono veri e propri sodalizi familiari, tali da rendere non irrilevante – sul piano presuntivo – tali circostanze” (così, Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2008, n. 3958). L’ampiezza della discrezionalità del Prefetto comporta, quale immedia- ta conseguenza processuale, che la valutazione prefettizia è sindacabile insede giurisdizionale solo se emergano manifesti vizi logici e di congruità conriguardo alle informazioni assunte o alle deduzioni che da esse sono statetratte (così, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 12 febbraio 2007, n. 38; nellastessa direzione, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, III, 19 settembre 2007, n. 7875; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 aprile 2006, n. 3540, nonché, da ultimo, Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2008, n. 3658; T.A.R. Lazio, Roma, 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25613.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 256 sez. III, 1 luglio 2008, n. 6348 e Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3603, secondo cui: “È illegittima una informativa prefettizia antimafia secondo cuisussisterebbero tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata in unasocietà che si fonda su di un quadro istruttorio lacunoso ed incongruo e suaffermazioni apodittiche e sostanzialmente prive di concreti ed attualiriscontri fattuali”) ovvero quando non dia conto, con motivazione adeguata, dell’attualità del rischio dell’infiltrazione (T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 4 aprile 2008, n. 493; Cons. St., sez. V, 27 giugno 2006, n. 4135). Siritiene,peraltro,chelavalutazionerimessaall’autoritàprefettiziadallanormativa di riferimento per quanto attiene alla sussistenza di eventuali ten- tativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società interessate, per la specifica natura del giudizio formulato, è con- notatadall’utilizzodipeculiaricognizioniditecnica investigativaepoliziesca e, pertanto, può definirsi tipico esercizio di discrezionalità tecnica, che esclu- de la possibilità per il giudice amministrativo di svolgere un sindacato pieno e assoluto, ma non impedisce allo stesso di formulare un giudizio di logica e congruità delle informazioni assunte e di poter eventualmente rilevare se ictu oculi ifattiriferitidalPrefettoconfigurinoomenolafattispecieprevistadallanorma (T.A.R. Campania, Napoli, III, 4 aprile 2002 n. 1861). La motivazione dell’informativa prefettizia dovrà, dunque, essere ester- nata con rigore logico alla luce di specifici elementi indiziari esitati dall’i- struttoria compiuta, onde fugare ogni dubbio di ragionevolezza e di logicità dell’azione amministrativa (si veda, a tal proposito, Cons. St. , sez. VI, 9 set- tembre 2008, n. 4306, secondo cui “Anche se è vero infatti che il giudiziopenale, anche quando nettamente formulato in senso contrario, non esclude che l’Amministrazione possa individuare elementi di sospetto a carico del- l’interessato, l’Amministrazione stessa ha in ogni caso il dovere – essendo il giudice penale signore del fatto – di motivare con il massimo rigore la suavalutazionesulpericolodicondizionamentomafioso”);l’informativaantima- fia, quindi, “deve fondarsi su di un quadro fattuale di elementi che, pur nondovendoassurgerenecessariamentealivellodiprova(ancheindiretta),sianotali da far ritenere ragionevolmente, secondo l’id quod plerumque accidit, l’esistenza di elementi che sconsigliano l’instaurazione di unrapportocon lapubblica amministrazione” (Cons. St. , VI, 29 febbraio 2008, n. 756). Tantochiaritoinordineallavigentedisciplinadelleinformativeprefettizie antimafia, occorre a questo punto procedere ad esaminare l’atto istitutivo del “Trust V. ” (così denominato nello stesso atto istitutivo) , onde acclarare – in puntodidiritto–l’ingerenzadellostessoV.nellagestionesocialedelleSocietà (…) , nonostante la segregazione delle sue partecipazioni societarie in trust. L’indagine va, dunque, condotta con riguardo alla descrizione analiticadel struttura fiduciaria del trust in esame, ad integrazione di quanto già pun- tualmente ravvisato da codesta Prefettura con la nota qui in riscontro, preci- sando che, com’è intuibile, non è possibile in questa sede analizzare in mododiffuso ed organico tutti i problemi applicativi posti da tale istituto (molti deiquali di rilievo eminentemente teorico e comunque eccentrici rispettoall’ambito della consultazione richiesta alla Scrivente da codesta Prefettura). 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25713.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Atal fine, giova illustrare la natura, la struttura e gli effetti di tale nego- zio giuridico di derivazione anglosassone, che ha avuto ingresso nel nostroordinamento attraverso la Convenzione dell’Aja, approvata l’1 luglio 1985dalla Conférence de La Haye de droit international privé, ratificatadall’Italia con la legge n. 364/1989 ed entrata in vigore nel gennaio del 1992(in argomento, per eventuali approfondimenti, tra i tanti contributi della dot- trina, si segnalano, in particolare: ANELLI, Fiducia e trust, in Trattato del contratto, a cura di ROPPO, vol. III, 736 ss., 2006, Milano, Giuffrè; BARTOLI, Prime riflessioni sull’art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio di destina- zione di diritto interno e trust, in Corriere del merito, 2006, 6, 697 ss. ; D’AMBROSIO, Trust interno: così la validità in Italia, in Diritto e giustizia, D&G., 2005, f. 38, 37 ss.; LOPILATO, I trusts interni, in Questioni attuali sul contratto, approfondimenti tematici e giurisprudenza annotata, 2004, Milano, Giuffrè, 383 ss., ove ulteriori riferimenti dottrinali ed indicazionedella giurisprudenza pronunciatasi in materia; LUPOI, Trusts, Milano, 2001; MAZZAMUTO, Il trust, in Manuale di diritto privato europeo (Parte VII, Cap. XXXII), a cura di CASTRONOVO e MAZZAMUTO, 2007, Milano, Giuffrè). L’istituto del trust nasce nell’ambito dell’evoluzione giurisprudenziale dell’Equity, propria dei sistemi giuridici (anglosassoni) di common law, laquale costituisce un insieme di principi di diritto che intervengono, in viasuppletiva, ogniqualvolta l’applicazione dello stretto diritto risulti in concre- to iniqua, operando come criterio di giustizia che tiene conto delle particola- rità del caso di specie e delle correlate circostanze umane, al fine di realizza- re la cd. “giustizia del caso concreto”. Come segnalato dalla dottrina (per tutti, si veda MAZZAMUTO, op. cit.), il trust è una figura giuridica atipica molto controversa, suscettibile di essereadattata ad una molteplicità di rapporti, certamente di natura patrimoniale. Inogni caso, il punto di arrivo del complesso dibattito dottrinale intorno a taleistituto è rappresentato dalla sua qualificazione come negozio atipico trasla- tivo di diritti (reali, di natura obbligatoria o di aspettativa), la cui costituzio- ne è ritenuta ammissibile a condizione che esso sia sorretto da una causa giu- stificatrice e sia finalizzato a perseguire scopi meritevoli di tutela alla stre- gua del nostro ordinamento (in tal senso, LUPOI, op. cit., 265-267; in giuri- sprudenza, Trib. Velletri, ord. 29 giugno 2005, n. 11, in Corr. giur., 5, 2006) . Si esclude, poi, che il trust abbia natura contrattuale (in tal senso, Trib. Napoli, 1 ottobre 2003, in Diritto e Giustizia, D.&G., 2004, f. 8, 92) . Con estremo sforzo di schematizzazione del trust può essere fornita laseguente definizione: si tratta di un insieme di rapporti giuridici caratterizza- ti dalla presenza di un soggetto – il disponente – che trasferisce beni o dirit- ti ad un altro soggetto – il trustee – il quale assume l’impegno di impiegarequanto ricevuto per il soddisfacimento dell’interesse di uno o più soggetti – i beneficiari – o per un fine determinato. Dal punto di vista strutturale, quindi, il trust consiste in un rapporto giu- ridico tra più soggetti: il settlor (o disponente), il trustee e i beneficiaries. Il settlor dispone di una massa di beni a favore del trustee, il quale ne acquista la piena proprietà formale (trust property). Allo stesso modo, il tru- 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25813.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 258 stee si vincola al perseguimento di un fine a lui soggettivamente estraneo (cd. trust di scopo) e che può assumere i contenuti più vari (per lo più, è voltoa beneficiare soggetti terzi: beneficiaries o cestuis que trust; in tal caso si parla di trust a beneficiari determinati). I beneficiaries vantano, pertanto, un diritto di credito nei confronti del trustee (in dottrina, LUPOI, op. cit.), avente ad oggetto: a) il rendiconto della gestione ad opera del trustee in conformità degli obblighi fiduciari indicati nell’atto istitutivo del trust; b) il trasferimento dei beni alla cessazione del trust. Di ciò ha preso atto il Legislatore tributario individuando, ai fini del- l’imposizione sui redditi, due principali categorie di trust: a) trust con bene- ficiari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai benefi- ciari stessi; b) trust senza beneficiari individuati, i cui redditi vengono tassa- ti direttamente in capo al trust (si veda, a tal proposito, la disciplina dettatadalla Legge finanziaria per il 2007, art. 1, comma 74 e segg.). Si è accennato che, secondo la dottrina maggioritaria, “l’istituto del trustnon si identifica né con un contratto né con una persona giuridica né con unente autonomo. È, altresì, da rifiutare una ricostruzione del trust incentrata: a) sulla presunta scissione del diritto di proprietà in una proprietà formalein capo al trustee e in una proprietà sostanziale in capo ai beneficiari (c.d. equitable ownership); b) sulla coesistenza in ordine ai beni costituiti in trustdi più diritti reali di contenuto diverso” (cfr., MAZZAMUTO, op. cit.). In buona sostanza, non vi è nessuna doppia proprietà sui beni segregati in trust. Infatti, il diritto dei beneficiari nei sistemi di diritto civile (civil law) non è un dirit- to reale, ma personale verso il trustee (così Corte Giust., 17 maggio 1992, in causa C-294/92, caso Webb v. Webb). Il settlor affida la proprietà (formale) esclusiva dei beni conferiti in trustal trustee, al quale è demandata la gestione del patrimonio segregato alloscopo prefigurato dal medesimo disponente e, per quanto riguarda il caso dispecie, “allo scopo di consentire, per tutto il periodo di vigenza del Trust, l’amministrazione indipendente da parte del Trustee del patrimonio conferi- to in Trust (…) nell’interesse dei beneficiari” (cfr. pag. 6 dell’atto istitutivo del “Trust V. (...). Così il trustee, dal canto suo, non è un rappresentante né un mandatario del settlor, o del beneficiario o del trust (Corte giust., 17 maggio 1992, C- 294/92, cit.). Ciò nondimeno, i beni conferiti in trust non si confondono con il patri- monio personale del trustee, costituendo piuttosto un patrimonio separato (cd. effetto segregativo), tantochè il patrimonio conferito in trust non puòessere aggredito dai creditori (né dagli aventi causa) personali del disponen- te e/o del Trustee, così formando una massa separata e distinta. In tal senso, si pone l’art. 1, comma 74 e segg., l. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finan- ziaria 2007), riconoscendo al trust un’autonoma soggettività tributaria rile- vante ai fini dell’imposta tipica delle società (IRES), degli enti commercialie non commerciali (sull’interpretazione di tale norma, si veda la circolaredell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, 6agosto 2007, n. 48/E). 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina25913.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Pertanto, sempre secondo la ricostruzione che dell’istituto fornisce ladottrina, dopo la costituzione del trust, il settlor non è più titolare di un inte- resse giuridicamente rilevante sui beni conferiti in trust. E ciò in ragione delfatto che il patrimonio segregato entra a far parte della sfera giuridica del tru- stee. Sicchè, in via generale, il disponente non può influenzarne le scelteamministrative del trustee, salvo il caso in cui lo stesso si sia riservato deidiritti nella qualità di beneficiario. La posizione del disponente si caratteriz- za, dunque, per la perdita definitiva del controllo sui beni costituiti in trust, nonché per la mancanza di qualsiasi strumento di tutela azionabile nei con- fronti del trustee, qualora questi impieghi i beni per una finalità diversa daquella indicata dallo stesso disponente. Invero, il trustee gode di discrezionalità nell’esercizio dei suoi compiti, ma è vincolato al rispetto degli obblighi di carattere fiduciario, volti alla sal- vaguardia dell’interesse dei beneficiari. Il vincolo funzionale che caratteriz- za la sua posizione giustifica la limitazione all’esercizio del diritto formal- mente trasferitogli (ammesso che di un vero e proprio trasferimento si possaparlare), con l’ulteriore conseguenza di non poter distrarre a proprio favorele utilità derivate dai beni, che devono essere destinate a favore dei benefi- ciari o della finalità programmata. Mette conto evidenziare che il disponente può (come di fatto è avvenu- to nel caso di specie) nominare altresì un protector per garantirsi un control- lo più pregnante sull’operato del trustee. Infatti, il protector è una persona (fisica o giuridica) di fiducia del settlor, con il compito di vigilare e verifica- re che le indicazioni contenute nell’atto istitutivo del trust siano rispettate. A tal fine, lo stesso protector ha il potere/dovere di sostituire il trustee, qualo- ra questi si rendesse inadempiente. Esaminati(ingenerale)iprofilifunzionaliestrutturalidel trust,delqualesi è illustrata anche la natura giuridica (negoziale e non contrattuale, secondo latesi maggioritaria),si passa ora adesaminareneldettaglio le singoledispo- sizioni dell’atto istitutivo del “Trust V.” , alla stregua dei principi suesposti. Da un’attenta disamina dell’atto istitutivo del “Trust V.” trasmesso alla Scrivente è dato desumere quanto segue. 1.-Con atto (…) , V. , nella sua veste di disponente, ha istituito un trust (denominato “Trust V.”) , irrevocabile e discrezionale, a favore del proprio coniuge (… ) (alla quale è legato in regime di separazione dei beni) , nonché afavore delle due figlie (…) , individuate nell’atto pubblico quali beneficiarie; 2.-il trust è regolato dalla legge sul trust inglese, consentendo l’art. 6della Convenzione dell’Aja al disponente di scegliere la legge alla quale sot- toporre il trust e ciò indipendentemente dalla sussistenza di elementi ogget- tivi di collegamento; 3.-la durata del trust è fissata in tre anni (a far data dalla sottoscrizionedel medesimo atto istitutivo, ossia dal 7 agosto 2008), termine allo spiraredel quale il patrimonio conferito sarà distribuito – in parti eguali fra loro – afavore dei beneficiari su indicati, fatta salva l’eventuale proroga (cfr., pag. 3dell’atto istitutivo “Trust V.”); 4.-V.R., nella sua qualità di disponente, ha nominato quale Trustee B., già ragioniere-commercialista della [Y] S.p.A. fino al 2007. Dal carteggio 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26013.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 260 trasmesso risulta che, con successivo atto (…), allo stesso B. è poi succedu- to nella carica di trustee il dott. T., già Procuratore della Repubblica pressoil Tribunale di (...), oggi in quiescenza; 5.-con l’atto istitutivo, il disponente ha nominato (in modo irrevocabile) quale protector il proprio fratello; allo stato risulta che, con istanza del 17 set- tembre 2008, V. abbia chiesto al Presidente del competente Tribunale di voler provvedereall’elezionediunnuovoProtector,traduenominativiindicatidallo stessodisponente(dicuinonèriportatoilnominativonelcarteggiotrasmesso) ; 6.- l’atto istitutivo del trust (pag. 6) prevede, quale scopo precipuo del negozio giuridico, l’amministrazione indipendente da parte del Trustee delpatrimonio conferito in Trust al fine di garantire l’integrità dello stessopatrimonio a favore dei beneficiari. Il Trust, pertanto, svolgerà una funzio- ne di garanzia di integrità e di buona amministrazione nell’interesse dei beneficiari stessi; 7.-per l’effetto, a mente dell’art. 4 (rubricato: poteri del Trustee) dell’at- to costitutivo “Il Trustee (…) diviene proprietario del patrimonio che gliviene trasferito a tale titolo e, pertanto, è legittimato a compiere qualunqueatto di amministrazione ordinaria e straordinaria e di disposizione, nessunoescluso, come spettanti al pieno proprietario”. Lo stesso art. 4 dispone, altre- sì, che lo stesso Trustee gode e dispone dei beni del Trust, senza alcuna limi- tazione e senza dover mai giustificare i propri poteri che coincidono conquelli che la legge riconosce al proprietario o titolare dei beni del Trust, potendo anche disporre dell’eventuale capitale ove i redditi non fossero suf- ficienti allo scopo proposto; 8.-inoltre, l’art. 7 (rubricato: successione del Trustee) dell’atto costituti- vo dispone che “La nomina di un nuovo Trustee deve avvenire per atto pub- blico. Nel caso in cui sia stato nominato un solo Trustee, il Trustee, previo consenso del Protector, può nominare uno o più Trustees affinché gli succe- dano secondo le regole previste dalla legge regolatrice del Trust”, preveden- do, ulteriormente, che “Nel caso siano stati nominati più Trustees, ciascun Trustee, previo consenso degli altri Trustees nominati e del Protector, puònominare un Trustee affinché gli succeda secondo le regole previste dalla legge regolatrice del Trust”. Alla luce di tali peculiari caratteristiche del “Trust V.”, è da ritenere che, nonostante la formale segregazione in trust delle proprie azioni, il disponen- te esercita in ogni caso un’influenza dominante (ed effettiva) sulle Societàdell’omonimo Gruppo. Depongono in tal senso le seguenti considerazioni. 1.- In primo luogo, si rappresenta che la gestione del patrimonio segre- gato – per quanto possa dirsi “indipendente” – è affidata ad un professioni- sta di fiducia del V., il quale (come già evidenziato) può essere revocato dalprotector, a sua volta uomo di fiducia dello stesso V., ad oggi il fratello; 2.-tuttavia, se da un lato è già stata inoltrata istanza al Presidente delcompetente Tribunale per la sostituzione dell’attuale protector, fratello deldisponente, dall’altro lato, non può sottacersi il fatto che lo stesso settlorabbia individuato due persone di fiducia quali possibili candidati alla carica 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26113.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO di protector (si veda, in proposito, quanto disposto dall’art. 6, pag. 10, del- l’atto istitutivo del “Trust V.”). In merito, la dottrina ha precisato che attra- verso la figura del protector, istituito dal disponente nell’atto costitutivoovvero anche in un momento successivo, è possibile controllare la gestionefiduciaria e vigilare sulla fedeltà e sulla diligenza del trustee (per un’ampia analisi della figura del protector, si rinvia a TARISSI DE JACOBIS, Il Guardiano e la sua successione, in Trust e attività fiduciaria, 2000, 1, 123 ss.). 3.- inoltre, l’atto istitutivo del trust di che trattasi sancisce espressamen- te (cfr., pag. 3, ultimo periodo) che, in caso di premorienza di uno dei bene- ficiari (moglie e figlie del V.), la proprietà dei beni conferiti in trust verrà assegnata “ai suoi eredi legittimi”, tra i quali deve certamente includersi l’o- dierno disponente; 4.-la discrezionalità in capo al disponente di nominare altri beneficiari e/ o revocare quelli già nominati è un rilevante sintomo di ingerenza (anche poten- ziale) dello stesso Settlor nella gestione del patrimonio segregato. Non può, infatti,escludersicheeglipossanominaresestessoqualebeneficiariodelTrust. 5.- occorre, inoltre, sottolineare che, ai sensi dell’art. 10 (reddito del Trust) dell’atto istitutivo del “Trust V.”, “Il reddito del Trust (…) sarà dal Trustee distribuito in parti uguali ai beneficiari”. A tal proposito, si ribadi- sce che i beneficiari del trust in esame sono i familiari conviventi del mede- simo disponente: in particolare, oltre alla moglie, risultano essere beneficia- ri le due figlie del Settlor, ad oggi di anni 17. Sicché, V. – esercente la pote- stà genitoriale sulle figlie-beneficiarie – ha, allo stato, in comune con la pro- pria moglie (altra beneficiaria), il godimento e la sostanziale disponibilità deiredditi dei beni percepiti dalle figlie-minorenni. Ne consegue che il medesi- mo disponente vanta così –anche formalmente –un diritto di usufrutto (lega- le) sui redditi prodotti dai beni segregati in Trust, spettanti alle figlie ex art. 10 “Trust V.”. Dispone, infatti, l’art. 324 c.c. (usufrutto legale) che “I geni- tori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto dei beni del figlio”. Al riguardo, si richiama, inoltre, la disciplina dettata dall’art. 4 (Coniugi e figli minori) del d.P.R. n. 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi): “Ai finidella determinazione del reddito complessivo o della tassazione separata: (…) c) i redditi dei beni dei figli minori soggetti all’usufrutto legale dei geni- tori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore”. Di fatto (e di diritto) il disponente percepisce i redditi che scaturiscono dal Trust. Invero, se da un lato, V. – nella sua veste di disponente – , a stretto rigore, nonhalatitolaritàdialcundirittogiuridicamentetutelatoriguardoaibenicon- feriti in trust, dall’altro lato, risulta usufruttuario (legale) dei redditi spettantialle figlie-minorenni ex art. 10 dell’atto costitutivo del “Trust V.” . Nellostessosensoapparedifattoevidentecheladuratadeltrustèdiappe- natreanni,checostituisceragionevolmente iltempostrettamentenecessarioa che le figlie del V. (oggi diciassettenni) raggiungano la maggiore età. Ne deriva che, nel caso di specie, il disponente – di fatto e/o per interpo- sta persona (anche a mezzo dei propri familiari beneficiari) – continua amantenere un notevole peso nella compagine Societaria (…). 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26213.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 262 6.- Sotto altro profilo, va evidenziato che l’applicazione della leggeinglese al trust in esame non influisce sull’adozione dell’informativa prefet- tizia antimafia. Infatti, l’assoggettamento del trust alla legge inglese (art. 5, comma 1, dell’atto istitutivo), se comporta significative conseguenze in ordi- ne alla disciplina del rapporto nascente dalla costituzione del trust, non pareidoneo ad impedire l’applicazione della disciplina italiana sulle informativeantimafia per gli appalti, concessioni e finanziamenti pubblici cui aspirasse- ro in futuro le Società (…), così come di quella relativa al trattamento fisca- le del trust, alla quale il “Trust V.” risulta assoggettato (in tal senso, si vedala circolare dell’Agenzia delle Entrate, 6 agosto 2007, n. 48/E, sopra citata, che chiarisce la nozione di residenza fiscale del trust agli effetti dell’appli- cazione della legislazione tributaria italiana). Tali elementi devono essere valutati alla luce della ratio di massima cau- tela cui è improntata la disciplina delle informative antimafia. È noto che la certificazione antimafia si concreta essenzialmente nell’ac- quisizione di tutte le informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezzasono in possesso al fine di effettuare, sulla base di tali risultanze, una obiet- tiva valutazione sulla possibilità di un eventuale utilizzo distorto del danaropubblico che la normativa di settore mira ad evitare e di compiere la conse- guente scelta sulla sussistenza o meno dei presupposti previsti dalla leggeper l’adozione della misura inibitoria; l’acquisizione di tali informazionimira, in definitiva, ad accertare la sussistenza di tentativi di infiltrazionemafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di un’impresa (cfr., T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487, relativa alla informativaantimafia cd. atipica). Come sopra accennato, le informative prefettizie inmateria di lotta antimafia possono essere fondate su fatti e vicende aventi unvalore sintomatico e indiziario e sono finalizzate a prevenire infiltrazionimafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale, anche a prescin- dere dal concreto accertamento in sede penale di reati (ex pluribus, Cons. St., sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 756), fermo restando che, accanto all’elementoparentale, dev’essere attentamente valutato ogni ulteriore elemento da cuidesumere l’eventuale sussistenza dei tentativi di infiltrazione (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487). In particolare, il tentativo di infiltra- zione, che è da solo sufficiente a giustificare la misura interdittiva, non puòessere escluso limitandosi alla verifica dell’attendibilità di un singolo ele- mento di fatto, ma deve, al contrario, desumersi dal quadro complessivodegli elementi acquisiti e va valutato in una visione globale della situazionein esame (Cons. St., sez. V, 27 maggio 2008, n. 2512; con riferimento adistanze di aggiornamento ex art. 10, d.P.R. n. 252/1998, si rinvia, in partico- lare, a T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 8 aprile 2005, n. 3577). Ciò posto, alla stregua delle considerazioni svolte, condividendosi l’av- viso espresso da codesta Prefettura nella relazione illustrativa trasmessa allaScrivente in allegato alla nota suindicata, si ritiene non sussistano le condi- zioni per l’accoglimento dell’istanza di aggiornamento delle informativeantimafia, ai sensi dell’art. 10, comma 8, d.P.R. n. 252/1998, non ravvisan- dosi una effettiva discontinuità rispetto alla precedente situazione, la quale 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26313.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dev’essere intesa in termini di radicale e pienamente comprovata fuoriuscitadella società dal precedente stato di prossimità mafiosa, obiettivo che, nelcaso di specie, non risulta essere stato raggiunto per effetto della costituzio- ne del trust, alla stregua delle osservazioni sopra svolte. In ordine alla eventuale determinazione reiettiva dell’istanza di aggior- namento presentata dalla [X] S.p.A. , sotto il profilo strettamente procedi- mentale, occorre evidenziare che il procedimento di aggiornamento delleinformazioni disciplinato dall’art. 10, d.P.R. cit. (il quale dispone che “La Prefettura, su documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito delleinformazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accerta- mento deitentativi diinfiltrazione mafiosa” ) costituisceunprocedimentodisecondo grado che presuppone l’esercizio di una discrezionalità tecnica diretta alla rivalutazione di una precedente determinazione in materia diantimafia e che si caratterizza per la natura obbligatoria della funzione, non trattandosi propriamente di una manifestazione di autotutela decisoria, essendo principalmente volto alla salvaguardia dell’interesse di un’impresaa poter instaurare e conservare rapporti economici e commerciali con leamministrazioni pubbliche. In tal senso, il provvedimento che conclude lafase di aggiornamento – a differenza delle informative antimafie che, diregola, sono funzionalmente connesse ad un procedimento di gara rispetto al quale costituiscono l’esito di un subprocedimento accessorio che fungeda presupposto riguardo a determinazioni che assumerà la stazione appal- tante rispetto alla posizione partecipativa dell’impresa sottoposta a verifica – assume carattere di piena autonomia e, quindi, ove negativo, anche diimmediata lesività, quantomeno sotto il profilo dell’interesse morale del- l’impresa alla propria immagine. Di conseguenza, l’esercizio di tale potere tecnico-discrezionale è soggetto alle regole generali sul procedimento e segnatamente all’obbligo di adottareuna determinazioneespressaedi ade- guata motivazione in fatto ed in diritto (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 30 dicembre 2005, n. 20719). Non va trascurato, inoltre, che, attesa la natura obbligatoria del potere diriesame – a differenza di quanto si verifica in ricorrenza dell’esercizio dellafunzione di autotutela che, in quanto espressione di discrezionalità ammini- strativa, non impone l’adozione necessaria di un provvedimento – la natura vincolata nell’an, in caso di riscontro negativo dell’istanza, non potrà cherisolversi in una decisione confermativa della precedente determinazione diprimo grado; tale decisione, salvi i casi di mera conferma della valutazioneprecedente per assenza di elementi nuovi addotti, assumerà i tratti caratteri- stici di una conferma impropria, costituendo la determinazione di secondogrado un giudizio sintetico della rinnovata ponderazione degli elementi indi- ziari originari alla luce delle documentate sopravvenienze allegate dallaparte istante. In tale ultimo caso, ed è ciò che è posto dalla Scrivente all’at- tenzione di codesta Prefettura, occorrerà fornire adeguata motivazione, la cuisindacabilità (qualora la [X] S.p.A. dovesse insorgere in sede giurisdiziona- le) è, naturalmente, rimessa alla prudente valutazione del giudice in relazio- ne alle peculiarità della fattispecie. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26413.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 264 Sul versante dell’istruttoria del procedimento di aggiornamento, è daevidenziare che ciò che costituisce oggetto dell’obbligo dell’Autorità prefet- tizia di cui all’art. 10, d.P.R. n. 252/1998 è l’esame dell’istanza di aggiorna- mento, rispetto alla quale un’attività di acquisizione di elementi fattuali nonè sempre necessaria, e ciò particolarmente in situazioni come quella di spe- cie in cui non si tratta di valutare oppure di smentire sotto il profilo storicola fondatezza delle circostanze allegate dall’impresa tramite ulteriori accer- tamenti (pacifica e documentata è la costituzione del trust; altrettanto pacifi- ca è la cessazione della carica di dirigente della [X] S.p.A. da parte di V.), quanto solo di giudicare la rilevanza degli stessi in termini di rimozione osvilimento della portata dei precedenti elementi indiziari; in tale evenienza, il compito della Prefettura, in sede istruttoria, sarà quindi unicamente dinatura valutativa, senza che possa fondamentalmente prospettarsi dalla[X] S.p.A. in un eventuale giudizio la carenza d’istruttoria. Nei termini suesposti è il parere di questa Avvocatura, il quale si esten- de, unitamente alla nota prefettizia del 25 settembre 2008 prot. n. 19588- 2008-AREA 1/AM ed alla documentazione alla stessa allegata, all’Avvoca- tura Generale dello Stato, affinché faccia conoscere le proprie osservazioniin merito, trattandosi di questione di massima caratterizzata da elementi dinovità, non risultando, allo stato, precedenti giurisprudenziali in ordine airapporti tra la disciplina delle informative antimafia e la segregazione dipatrimoni in trust». Il parere è stato condiviso con parere dell’Avvocatura Generale, reso invia ordinaria, che pure si pubblica qui di seguito. A.G.S. – Parere del 13 ottobre 2008 nn. 118846 – 118848. Istanza di aggiornamento di informative antimafia ex art. 10, comma 8, d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 (consultivo 36675/08, avvocato M. Borgo) . «(…) Questo Generale Ufficio condivide le valutazioni, espresse dacodesta Avvocatura Distrettuale con il parere, reso alla Prefettura (...). Con riferimento ai profili procedimentali, relativi all’eventuale determina- zione, da adottarsi da parte dell’Organo prefettizio, che legge per conoscenza, di reiezione dell’istanza di aggiornamento, presentata dalla [X] S.p.A. , laScrivente ritiene opportuno, anche in vista del contenzioso che verrà, con ogni probabilità,azionatodallaprefataSocietà,integrarele,anch’essecondivisibili, considerazioni,svoltedacodestoUfficioDistrettuale,neiterminicheseguono. La giurisprudenza amministrativa ha recentissimamente statuito che “nell’impianto normativo del Capo III del d.P.R. n. 252/1998 i soggetti desti- natari dell’informazione prefettizia sono le pp.aa., gli enti pubblici, gli entie le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessio- nari di opere pubbliche (art. 1). A tali soggetti il Prefetto, in ogni caso (art. 10 c. 6, ultimo periodo) – e dunque anche nell’ipotesi di richiesta di aggior- namento avanzata dalla ditta interessata ai sensi del c. 8 dell’art. 10 – , dàcomunicazione delle verifiche disposte in un termine che, nel caso di verifi- che di particolare complessità, deve essere contenuto nei trenta giorni” (cfr. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26513.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. I Ter, sentenza 4 settembre 2008 n. 8050 (...). Alla luce del predetto principio, i giudici amministrativi capitolini, conla pronuncia citata, hanno ritenuto non fondato il motivo di ricorso incentra- to sulla presunta violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, “per nonavere, l’Amministrazione, comunicato l’avvio del procedimento e preclusocosì all’interessata di offrire il proprio apporto partecipativo tramite spiega- zioni e delucidazioni”. Al proposito, è stato, infatti, rilevato che “nel caso di cui trattasi (istan- za di aggiornamento di una informativa antimafia: N.d.E.) viene in conside- razione un procedimento attivato (non d’ufficio, ma) su iniziativa di parte (id est: la parte non può lamentare la mancata comunicazione di un avvio pro- cedimentale cui essa stessa, con la propria iniziativa, ha dato impulso)”. Da ultimo, si segnala che neppure il mancato rispetto del termine di tren- ta giorni, previsto dall’art. 11 del d.P.R. n. 252/98 per la conclusione del pro- cedimento, scaturito dall’istanza di aggiornamento, avanzata dalla Società [X] S.p.A., potrebbe determinare l’illegittimità del provvedimento reiettivoche dovesse essere adottato dalla Prefettura di Crotone sulla scorta del pare- re, reso da codesto Ufficio Distrettuale. Ed invero, il T.A.R. del Lazio, nella recentissima pronuncia più voltecitata, ha chiarito che “Per l’evenienza che si superi tale termine (il termine di trenta giorni: N.d.E.) la disciplina applicabile è quella data dalla normadell’art. 11 che consente alle pp.aa. (trascorsi 45 giorni dalla richiesta) diprocedere anche in assenza delle informazioni prefettizie sottoponendo acondizione risolutiva i contributi, finanziamenti, erogazioni o agevolazioniconcesse; mentre per quanto attiene alle autorizzazioni e concessioni rila- sciate ed ai contratti stipulati ( in mancanza di informativa prefettizia) è datafacoltà alle pp.aa. (una volta pervenuta l’informativa) di procedere, rispet- tivamente, alla loro revoca o al recesso dal contratto. Dunque la circostan- za, verificatasi nel caso di specie, che le verifiche disposte dal Prefetto sianostate completate in un termine superiore a 45 giorni non rende di per sé ille- gittimo l’atto finale risultando compiutamente disciplinate e regolamentate, nel d.P.R. n. 252 del 1998, le conseguenze di tale ritardo; fermo restando cheallorquando viene in considerazione – come nel caso corrente – una richie- sta di aggiornamento avanzata dalla stessa ditta interessata, il decorso ditale termine consente di azionare i rimedi previsti dall’Ordinamento persuperare il contegno eventualmente omissivo od inerte della p.a.”.(…)» . A.G.S. -Parere del 14 ottobre 2008(*). Portata applicativa dell’art. 802 codice navigazione (consultivo 7657/08, avvocato P. Di Palma) . «La questione, sottoposta ad esame (…), concerne, in estrema sintesi, lavalutazione della portata applicativa della disposizione normativa contenuta (* ) Il parere è stato reso dall’Avvocatura Generale dello Stato in via ordinaria. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26613.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 266 nell’art. 802 del codice della navigazione nel testo modificato, da ultimo, conil decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96, che, a sua volta, è stato modifi- cato e integrato dal decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151. In particolare, codesto Ente chiede di formulare un parere in merito alleseguenti problematiche: a) se, ai fini applicativi dell’art. 802 del codice della navigazione, ildivieto di partenza disposto dall’ENAC debba riguardare tutti gli aeromobi- li ovvero la o le singole macchine rispetto alle quali si è generato il debitonei confronti del vettore, anche se di proprietari diversi; ovvero se invece sipossa procedere fermando singoli voli dell’operatore mediante l’inibizionedel codice di volo; b) se, qualora il fermo riguardi la singola macchina, individuata attraver- so le marche, il fermo possa essere disposto presso ogni aeroporto o solopresso lo scalo o gli scali di riferimento del gestore; c) se l’ENAC possa attivare la procedura di fermo solo in presenza diuna comprovata iniziativa giudiziaria ovvero anche in assenza della stessa; d) se e in quali limiti temporali debba essere contenuto il provvedimen- to adottato dall’ENAC. Orbene, al fine di rendere il richiesto parere, occorre, in via preliminare, soffermarsi sulla nozione e sulla natura giuridica dei diritti per l’uso degliaeroporti aperti al traffico aereo civile, sussistendo, ex art. 802, comma 2, delcodice della navigazione, una specifica connessione tra la violazione degliobblighi relativi al pagamento di tasse, diritti e tariffe dovuti alle società digestione aeroportuale, e di pertinenza anche dell’ENAV, e il conseguentepotere dell’ENAC di emanare un provvedimento volto a vietare la partenzadegli aeromobili in uso ai vettori inadempienti. Tali diritti sono stati disciplinati, per la prima volta, dalla legge n. 24 del1956, poi abrogata dalla legge 5 maggio 1976, n. 324 recante “Nuove normein materia di diritti per l’uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile”, che ha individuato le due categorie dei diritti di approdo, di partenza, di sosta o ricovero per gli aeromobili e dei diritti di imbarco per i passeggeri. Nell’ambitoditalecategoria–oltreaicennatidirittidiatterraggio,decol- lo, sosta e ricovero degli aeromobili e ai diritti di imbarco dei passeggeri – sono compresi anche le tasse di imbarco e sbarco sulle merci, trasportate pervia aerea e marittima, istituite dal decreto legge 28 febbraio 1974, n. 47, con- vertito, con modificazioni, nella legge 16 aprile 1974, n. 117 nonché i corri- spettiviperl’espletamentodeiservizidicontrollodisicurezzadisciplinatidal decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 29 gennaio 1999, n. 85. La natura giuridica – di tributo o di corrispettivo – di tali diritti è stataoggetto di lunghi e accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali che si sonoconclusi con l’emanazione di una legge di interpretazione autentica e, speci- ficamente, dell’art. 39 bis, aggiunto dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (in G.U. 30 novembre 2007, n. 279 – S.O. n. 249/L), di conversione del decretolegge 1° ottobre 2007, n. 159, in vigore dal 1° dicembre 2007, con il quale ilLegislatore ha definitivamente stabilito che l’obbligo del pagamento deidiritti in esame non ha natura tributaria, prevedendo testualmente che “Le 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26713.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO disposizioni in materia di tassa d’imbarco e sbarco sulle merci trasportateper via aerea di cui al D.L. 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modifi- cazioni, dalla L. 16 aprile 1974, n. 117, e successive modificazioni, di tassee di diritti di cui alla L. 5 maggio 1976, n. 324, di corrispettivi dei servizi dicontrollo di sicurezza di cui all’art. 8 del regolamento di cui al D.M. traspor- ti e navigazione 29 gennaio 1999, n. 85, nonché in materia di addizionalecomunale sui diritti di imbarco di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 11, si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbliga- zioni di natura tributaria”. Con tale norma di interpretazione autentica, dunque, il Legislatore, neldefinire la controversa questione, ha chiarito che i diritti aeroportuali nonsono tributi bensì corrispettivi di natura contrattuale dovuti alle società digestione aeroportuale sulle quali grava l’obbligo normativo e convenzionaledi provvedere alla progettazione, allo sviluppo, alla realizzazione, all’ade- guamento, alla gestione, alla manutenzione e all’uso degli impianti e delleinfrastrutture aeroportuali. La natura dei diritti aeroportuali –quali corrispettivi per l’uso degli aero- porti – è stata altresì affermata dalla Suprema Corte di Cassazione che, conl’ordinanza n. 379 del 10 gennaio 2008, alla luce della norma di interpreta- zione autentica contenuta nell’art. 39 bis del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, aggiunto dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, hasancito che le controversie in materia di diritti aeroportuali rientrano nell’al- veo della giurisdizione ordinaria, superando così il precedente orientamentogiurisprudenziale che riconosceva, al contrario, la natura tributaria di talidiritti attribuendo la competenza sulle relative controversie alle Commissioni tributarie. Orbene, tenuto conto di questa doverosa premessa, con riferimento alquesito sub a), si ritiene che, trattandosi di corrispettivi dovuti dal vettoreaereo per il solo fatto di atterrare, parcheggiare e decollare, il provvedimen- to con il quale l’ENAC, ai sensi dell’art. 802, comma 2, del codice dellanavigazione, vieta la partenza degli “aeromobili” debba avere ad oggetto ilsingolo aeromobile che compie le operazioni di atterraggio, decollo, sosta ericovero rispetto alle quali il vettore risulta inadempiente per il mancato ver- samento di quanto dovuto a titolo di corrispettivo per l’utilizzo delle infra- strutture aeroportuali che si verifica, come detto, per il solo fatto di decolla- re, atterrare e parcheggiare. Diversamente opinando, nell’ipotesi in cui il provvedimento di diniegodisponesse il fermo di tutti gli aeromobili in uso al vettore inadempiente, sideterminerebbe un’ingiustificata violazione del diritto all’esercizio dei dirit- ti di traffico garantito dalla libertà di accesso alle rotte intracomunitarieespressamente sancita dal Regolamento comunitario n. 2408/92, prevedendotale regolamento limitazioni al libero accesso sostanzialmente connesse allasussistenza di un regime di oneri di servizio pubblico, a esigenze di regola- mentazione del traffico aereo nell’ambito di uno stesso sistema aeroportualeo, infine, alla necessità di risolvere gravi problemi di congestione e/o dicarattere ambientale. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26813.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 268 L’ENAC, inoltre, si esporrebbe al rischio connesso all’esperimento diazioni giudiziarie da parte dei proprietari gravati di oneri ultronei rispetto aquelli derivanti dal vincolo di responsabilità solidale previsto dall’art. 6 dellalegge n. 324/76 in relazione alla proprietà del singolo aeromobile. Al riguardo, non può tralasciarsi di considerare che la solidarietà passi- va gravante sul proprietario dell’aeromobile è riferibile, in base alle regolegenerali contenute nel codice civile, esclusivamente al debito maturato dalvettore inadempiente che, come evidenziato, risulta connesso al mancatopagamento dei diritti maturati a fronte delle singole operazioni di decollo, atterraggio e parcheggio compiute dall’aeromobile. Per quanto concerne il quesito sub b), trattandosi, nel caso di specie, diprovvedimenti prodromici all’esperimento di una specifica azione esecutivaovvero all’emanazione di successivi provvedimenti cautelari – che comun- que rientrano nella competenza esclusiva dell’autorità giurisdizionale – occorre fare riferimento alla previsione normativa contenuta nell’art. 1055 c.n. che, al primo comma, prevede che “l’esecuzione forzata è promossaaventi il pretore nella circoscrizione del quale si trova l’aeromobile”, men- tre, nel secondo comma, rinvia alle norme del codice di procedura civile perindividuare il giudice competente ad emanare il provvedimento cautelareavente ad oggetto il sequestro conservativo o giudiziario del velivolo. A tale ultimo riguardo, l’art. 669 ter c.p.c., in materia di procedimenticautelari instaurati prima dell’inizio della causa di merito, riserva la cogni- zione della domanda cautelare al giudice competente per la questione dimerito, di talché, trattandosi, nel caso di specie, di obbligazioni, occorre fareriferimento all’art. 20 c.p.c. che individua, accanto al foro generale di cui alprecedente articolo 19, il foro facoltativo relativo al luogo in cui è sorta odeve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio che, nella fattispecie inesame, non può che individuarsi nello scalo di riferimento della società digestione creditrice. Siritiene,pertanto,chel’adozionedelprovvedimentodidiniegodellapar- tenzadell’aeromobileaisensi dell’art.802,comma2,c.n.rientrinellacompe- tenzadellaDirezioneaeroportualedelluogoincuisitroval’aeromobilerispet- to al quale il vettore ha maturato il proprio debito ovvero del luogo in cui hasede la società di gestione titolare del diritto di credito non soddisfatto. Passando ora ad esaminare il quesito sub c), si ritiene che il tenore lette- rale dell’art. 802, comma 2, c.n., nella parte in cui dispone che “l’ENAC, anche su segnalazione del gestore aeroportuale o della società ENAV, vietala partenza […]” deponga nel senso che il procedimento volto all’emanazio- ne del provvedimento di divieto nei confronti del vettore inadempiente possaessere attivato anche d’ufficio da parte di codesto Ente una volta riscontrata, nell’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo normativamente spettanti acodesta Autorità, la violazione degli obblighi connessi al pagamento di tasse, diritti e tariffe per l’uso dell’aeroporto. La circostanza poi relativa alla sussistenza di una specifica segnalazioneda parte del gestore e, a maggior ragione di un’eventuale diffida formale neiconfronti dell’operatore inadempiente, può invece esporre l’ENAC ai rischi 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina26913.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO connessi all’esercizio di eventuali azioni risarcitorie volte a far valere unaresponsabilità extracontrattuale dell’Ente nell’ipotesi in cui quest’ultimo nonimpedisca il decollo o consenta l’atterraggio del vettore che non risulti, nel- l’esercizio dei collegamenti, in regola con il pagamento dei corrispettivi, atteso che, così operando, l’ENAC consentirebbe al vettore inadempiente dieludere le garanzie del credito. Diversamente, per quanto concerne la tutela dei diritti aeroportuali pre- gressi, la società di gestione, titolare del diritto di credito, potrà rivolgersidirettamente al giudice ordinario al fine di ottenere la pronuncia di ingiun- zione di pagamento del credito scaduto. In relazione, infine, al quesito sub d), occorre fare riferimento alla ratiosottesa al secondo comma dell’art. 802 c.n. desumibile dalla stessa colloca- zione della disposizione in esame nell’ambito dei provvedimenti chel’ENAC, ai sensi del primo comma, è tenuta ad adottare, nell’esercizio del- l’attività di vigilanza da effettuare nel rispetto dei programmi nazionali ecomunitari, qualora emergano, fra l’altro, situazioni di pregiudizio per lasicurezza della navigazione aerea. È evidente, infatti, che il mancato pagamento dei corrispettivi dovuti dalvettore aereo, potendo costituire sintomo di una ben più grave crisi finanzia- ria di quest’ultimo, si ripercuote negativamente sulla garanzia di adeguatasicurezza che l’operatore è tenuto ad assicurare nell’espletamento dell’attivi- tà di trasporto aereo. Non può tacersi, infatti, che la solidità finanziaria del vettore rappresenta uno dei principali requisiti richiesti, ad esempio, dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di rilascio delle licenze di esercizio ai vettori aerei. Secondo la previsione normativa contenuta nell’art. 5, paragrafo 5, delRegolamento comunitario n. 2407/92, infatti, qualora risulti chiaramente cheun vettore aereo si trova in difficoltà finanziaria, codesto Ente, previa valu- tazione delle sue prestazioni dal punto di vista finanziario, può revocare osospendere la licenza di esercizio dell’operatore se ritiene che il vettore nonsia più in grado di far fronte ai propri impegni effettivi e potenziali. Solo nell’ipotesi in cui non si ritengano sussistenti pericoli per la sicu- rezza aerea, codesto Ente potrà rilasciare una licenza provvisoria di esercizioin attesa della presentazione di un piano di ristrutturazione finanziaria daparte del vettore in crisi. Ne deriva che la durata del provvedimento di diniego della partenza, analogamente a quanto previsto in materia di revoca e sospensione dellalicenza nonché rilascio di una licenza provvisoria, non può che essere subor- dinata alla sanatoria della situazione di insolvenza da parte del vettoremediante il pagamento dei corrispettivi dovuti – costituendo tale pagamentogaranzia dell’insussistenza di situazioni che possano recare pregiudizio allasicurezza del trasporto aereo – ovvero attraverso la stipula di un accordotransattivo tra creditore e debitore, purché, anche in tal caso, risultino garan- titi adeguati livelli di sicurezza dell’attività aereonautica espletata. Si ritiene, infine, che tale provvedimento non possa avere ad oggettoaeromobili che rientrano nella tipologia di velivoli che, ai sensi dell’art. 1057 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina27013.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 270 c.n., non possono formare oggetto di espropriazione forzata né di misure cautelari. Tutto ciò premesso e considerato, questa Avvocatura ritiene che: a) il divieto di partenza disposto da codesto Ente ai sensi dell’art. 802, comma 2, c.n. debba riguardare esclusivamente il singolo aeromobile rispet- to al quale il vettore aereo ha maturato il proprio debito; b) il fermo possa essere disposto dalla Direzione aeroportuale del luogoin cui si trova l’aeromobile ovvero presso lo scalo di riferimento della socie- tà di gestione che vanta il diritto di credito non soddisfatto; c) la procedura di fermo può essere attivata anche d’ufficio dall’ENACqualora codesto Ente accerti la violazione degli obblighi relativi al pagamen- to dei diritti, tasse e tariffe aeroportuali. Nell’ipotesi in cui sussista una spe- cifica segnalazione del gestore ovvero dell’ENAV, codesto Ente, previa veri- fica della situazione di insolvenza, non potrà esimersi dall’adottare il prov- vedimento richiesto, pena l’esposizione dell’Ente al rischio di eventuali pre- tese risarcitorie extracontrattuali dei gestori, fermo restando che, in relazio- ne ai diritti pregressi, le società di gestione potranno adire il giudice ordina- rio per ottenere la tutela delle proprie ragioni di credito; d) la durata del provvedimento di fermo è condizionata al pagamento deicorrispettivi dovuti o, nell’ipotesi di transazione tra gestore e vettore, allasussistenza di specifiche garanzie che depongano per la mancanza di perico- li per la sicurezza aerea» . A.G.S. – Parere del 20 ottobre 2008 n. 121176. Spettanza dell’indennizzo ex lege 210/92 in caso di patologia non ascri- vibile a categoria tabellare (consultivo 34657/08, avvocato M. Russo). «(…) codesta Avvocatura Distrettuale chiede di conoscere l’avviso diquesta Avvocatura Generale circa la correttezza o meno della prassi ammini- strativa, consolidatasi nel senso di negare la concessione dell’indennizzo inoggetto qualora, pur sussistendo in capo al richiedente gli altri requisiti dilegge, difetti quello della patologia ascrivibile alle categorie tabellari. In particolare, l’Avvocatura [Distrettuale] in indirizzo teme che il dinie- go che in questi casi l’Amministrazione oppone all’istanza possa – risultan- do in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte diCassazione sez. lav., espresso dalla sentenza n. 10214/07 – essere foriero diun contenzioso destinato ad avere esito sfavorevole per l’Amministrazione, nonché ad arrecare inutile aggravio di spese. Così sintetizzati i termini della questione, la Scrivente osserva quantosegue. Vero è che la citata pronuncia della Suprema Corte è espressiva di unorientamento sfavorevole alla richiamata prassi amministrativa; altrettantovero è, però, che tale orientamento non può, ad oggi, dirsi consolidato alpunto da dover indurre l’Amministrazione a desistere dall’atteggiamentofinora assunto nei casi di non ascrivibilità tabellare della malattia diagnosti- cata al richiedente. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina27113.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Ed invero, non solo – sia pur sinteticamente – la Corte aveva già adotta- to un diverso orientamento nell’anno 2006 (sent. 837/06), ma per di più – in epoca recente – la stessa Corte di Cassazione (Sez. L, Sentenza n. 17158 del24 giugno 2008) ha ancor più chiaramente affermato, discostandosi esplici- tamente e motivatamente da Cass. 17158/07: “La normativa di tutela detta- ta dal combinato disposto dell’art. 2, comma 1, e dall’art. 4, comma 4, dellalegge n. 210 del 1992 riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbli- gatorie, trasfusioni ed emoderivati, che prevede l’indennizzo in favore deisuddetti soggetti, non trova applicazione nei casi di lesioni pur permanentidell’integrità psicofisica che non hanno però, in ragione dello stato “quie- scente” della infermità, incidenza alcuna sulla capacità di produzione direddito, con la conseguenza che non può essere riconosciuto il diritto a per- cepire il suddetto indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio HCVche, per non presentare sintomi e pregiudizi funzionali attuali stante l’assen- za di citolisi epatica in atto, è portatore di una infermità non rientrante inalcuna delle categorie richiamate dalla tabella A annessa al d.P.R. n. 834del 1981”. Aciò si aggiunga che la Scrivente continua a propugnare la tesi della nonspettanza dell’indennizzo in presenza di patologie non ascrivibili a categoriatabellare in giudizi ad oggi ancora pendenti, il cui esito non è, allo stato, pre- vedibile, non potendosi certo escludere a priori l’accoglimento della tesisostenuta dalla difesa di parte pubblica: a titolo di esempio, si rammenta cheè pendente il ricorso n.r.g. 20978 per la cassazione della sentenza della Corted’Appello di Torino n. 1174/06, nell’ambito del quale è stato proposto con- troricorso nell’interesse del Ministero della Salute, affidato appunto ad unaserie di argomentazioni volte a sostenere la tesi che codesta Avvocatura oraparrebbe intenzionata ad abbandonare. In ragione di tutto quanto fin qui esposto, è avviso della Scrivente che – almeno fino a quanto l’orientamento della Suprema Corte espresso con larichiamata sentenza n. 10214/07 non sarà stato ampiamente confermato (sedel caso anche dalle Sezioni Unite) – correttamente l’Amministrazionedebba continuare a negare il beneficio in caso di patologie non ascrivibili acategoria tabellare, mentre le varie Avvocature, nell’ambito dei distretti giu- risdizionali di propria competenza, debbano continuare a sostenere in giudi- zio la legittimità dei provvedimenti di diniego così motivati (…)» . A.G.S. – Parere del 23 ottobre 2008, n. 123287. Riparazione per ingiusta detenzione. Spettanza o meno degli interessiper il tardivo pagamento di quanto dovuto a titolo di indennizzo per effettodell’ordinanza n. 232/2005 della Corte di Appello – Sezione Penale di Roma (contenzioso 14372/05, avvocato M. Borgo). « (…) codesto Ministero ha chiesto di conoscere l’avviso della Scriventein merito alla istanza, (...) di corresponsione, con decorrenza dal passaggioin giudicato dell’ordinanza n. 232/05 della Corte di Appello – Sezione 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina27213.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 272 Penale di Roma, degli interessi legali sull’importo, riconosciuto(…) a titolodi indennizzo ex art. 314 c.p.p.. Al proposito, codesto Dicastero rappresenta di non potere accogliere larichiesta di controparte alla luce di quanto affermato da questo GeneraleUfficio che, in un parere (avvocatizia del 15 aprile 2005, prot. n. 52779), resocon riferimento ad una analoga fattispecie, ha precisato che gli interessisarebbero dovuti solo a decorrere dalla scadenza del termine di 120 giornidalla notificazione del titolo esecutivo, previsto dall’art. 14, comma 1, del D.L. n. 669/96, convertito in legge n. 30/97, nel testo risultante dalle modi- fiche introdotte con l’art. 147 della legge n. 388/2000. In merito, la Scrivente ritiene di dovere rivisitare l’orientamento, espres- so con la menzionata avvocatizia, alla luce dei più recenti orientamenti dellaSuprema Corte di Cassazione. Il Giudice di legittimità, infatti, ha, di recente, statuito che “in tema diriparazione per ingiusta detenzione, gli interessi al tasso legale sulla sommaattribuita all’istante – non già moratori, bensì corrispettivi – vanno ricono- sciuti, se richiesti, dal passaggio in giudicato del provvedimento attributivo, atteso che solo da tale momento il credito – avente natura non risarcitoria – può ritenersi certo, liquido ed esigibile” (cfr. Cass. Pen., sez. IV, sentenza 14 gennaio 2008, n. 1678). Alla predetta conclusione, la Corte di Cassazione è pervenuta osservan- do che “una volta avvenuto il passaggio in giudicato del provvedimento inoggetto, è innegabile…. che la P.A. competente al pagamento dell’indenniz- zo sia facoltizzata a fissare un termine entro il quale concludere il procedi- mento di liquidazione della somma dovuta al suddetto titolo, nonché un ulte- riore termine per la emissione del relativo mandato di pagamento” (terminifissati con l’art. 6, comma 3, del D.M. 5 agosto 1997: N.d.E.); “orbenese ciòcomporta che prima dello spirare del termine complessivo stabilito non pos- sono essere intraprese, da parte dell’interessato, azioni esecutive fondatesull’erroneo presupposto di un preteso inadempimento…. né possono essereavanzate pretese in ordine a supposti interessi moratori, tuttavia,….. nell’ar- co del suddetto termine, maturano interessi corrispettivi” (cfr. sent. cit.). Alla luce dei riportati principi giurisprudenziali, non è, pertanto, più pos- sibile individuare, come fatto da questo Generale Ufficio con il parere resonel 2005, una diversa decorrenza degli interessi, dovuti sulla somma spettan- te a titolo di indennità per ingiusta detenzione, decorrenza da farsi coincide- re con la scadenza del termine di 120 giorni di cui all’art. 14, comma 1, del D.L. n. 669/96, convertito in legge n. 30/97, nel testo risultante dalle modi- fiche introdotte con l’art. 147 della legge n. 388/2000. Con riferimento a questa ultima disposizione, giova, peraltro, evidenzia- re come la Corte di Giustizia delle Comunità europee, nella recentissima sen- tenza, resa in data 11 settembre 2008 nel procedimento C-265/07, sia perve- nuta ad un giudizio di conformità della predetta norma con il diritto comuni- tario, anche in ragione del fatto che il Governo italiano, in sede di udienza, ha recisamente escluso che la prefata disposizione produca, quale effettosostanziale, la sospensione, per tutto l’arco temporale previsto dall’art. 14, 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina27313.06 I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 273 della decorrenza degli interessi sulla somma portata dal titolo esecutivo(…)» . Comunicazione di servizio n. 117 – circolare n. 44 del 28 ottobre 2008, prot. 124807 e 124812. Condanna dell’Amministrazione e criteri di calcolo di interessi legali erivalutazione monetaria sul capitale dovuto. «1. Durante l’anno in corso si è constatato che, in cause per risarcimen- to danni, in caso di condanna dell’Amministrazione al pagamento dellasorte, interessi legali e rivalutazione monetaria, il dispositivo si discosta avolte dal criterio di calcolo degli accessori enunciato da Cassazione SezioniUnite n. 1712 del 17 febbraio 1995 e da allora riaffermato senza eccezionidalla giurisprudenza di legittimità e di merito fino ad oggi intervenuta (pertutte Cass. Civ. Sez. II, 1 luglio 1997, n. 5845; Cass. Sez. III, 10 marzo 2000, n. 2796; Cass. Civ. Sez. III, 10 marzo 2006, n. 5234). In tale situazione siverifica con sempre maggior frequenza il tentativo da parte dei creditori dieffettuare un calcolo abnorme degli accessori, applicando criteri errati checonsentono di aumentare in misura esponenziale il credito. Secondo l’orientamento della Suprema Corte, poiché il risarcimento deldanno da fatto illecito extracontrattuale costituisce un tipico debito di valo- re, sulla somma che lo esprime sono dovuti interessi e rivalutazione dal gior- no in cui si è verificato l’evento dannoso. Gli interessi, peraltro, non vannocalcolati né sulla somma originaria né su quella rivalutata al momento dellaliquidazione, ma computati sulla somma originaria rivalutata anno peranno, ovvero sulla somma rivalutata in base ad un indice medio. Quel che deve escludersi è che la base di calcolo dei suddetti interessipossa essere quella della somma rivalutata al momento della liquidazione, segli interessi vengono fatti decorrere – come consente il sistema dal momen- to del fatto illecito, perché con tali modalità si attribuirebbe al creditore unvalore a cui egli non ha diritto. Accadeinveceche,procedendoinviaesecutiva,ilcreditore,applicando – inbuonaoinmalafede–criterierratiperinteressilegalierivalutazionemone- taria, pignori somme fino a 10 volte superiori a quelle risultanti dal titolo. La situazione è ancora più delicata quando si tratta di debiti risarcitoridell’ex Ministero della Salute, perché, da quando in base al d.l. n. 85/ 2008conv. in 1. n. 121/2008 tale Amministrazione è stata assorbita nel nuovoMinistero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, le esecuzio- ni vanno a colpire anche i fondi esistenti presso la Banca d’Italia suconti degli ex Ministeri del Lavoro e della Solidarietà Sociale. In tale contesto, si raccomanda di prestare particolare attenzione alla let- tera dei dispositivi di sentenza ed al calcolo di interessi e rivalutazione fattodai creditori, in modo da reagire prontamente nell’interesse delleAmministrazioni debitrici, in caso di errato calcolo, con le impugnazioneordinarie e con i ricorsi in opposizionie all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. 04 pareri vers 7 b:03 pareri a.qxd 13/01/2009 Pagina27413.06 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 274 nuovo testo, chiedendo anche al giudice competente la sospensione dell’ef- ficacia esecutiva del titolo ex art. 283 c.p.c., 373 c.p.c. e 267 c.p.c. In particolare, laddove la procedura esecutiva riguardi debiti vantati neiconfronti dell’ex Ministero della Salute e risultino pignorati fondi esistentisu conti presso la Banca d’Italia già di pertinenza degli exd Ministeri delLavoro e della Solidarietà Sociale, si vorrà altresì produrre autonomo motivodi opposizione all’esecuzione fondato sulla persistenza – almeno fino allascadenza del 31 dicembre 2008 – di una gestione contabile separata tra le treAmministrazioni interessate dall’accorpamento, ai sensi del D.M. decretodel Ministero dell’Economia e delle Finanze del 20 giugno 2008, reso in ese- cuzione di quanto disposto dal d.l. n. 85 del 2008, art. I, comma 8, secondaparte, convertito in legge n. 121 del 2008, che ha istituito per il 2008 lo statodi previsione del nuovo Ministero del Lavoro, della Salute e delle PoliticheSociali. 2. Per quanto riguarda poi il calcolo di interessi legali e rivalutazionemonetaria in materia di obbligazioni pecuniarie, si segnala la recente pronun- cia delle Sezioni Unite n. 19499 del 16 luglio 2008. Nel comporre il contrasto di giurisprudenza in ordine alla sufficienzadella qualità di imprenditore del creditore ai fini della presumibilità di impie- ghi antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore, le S.U. hanno tra l’altro affermato che nelle obbligazioni pecuniarie, in man- canza di. discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno dicui all’art. 1224, comma 2, cod. civ. (rispetto a quello già coperto dagli inte- ressi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) è rico- noscibile in via presuntiva, per il creditore che ne chieda il risarcimento – dovendo ritenersi superata l’esigenza di inquadrare il creditore in una dellecategorie a suo tempo individuate – nella eventuale differenza, a decorreredalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuonetto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggiodegli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del primo commadell’art. 1284 cod. civ. La prova potrà dirsi raggiunta invece per l’imprendi- tore solo se, in relazione alle dimensioni dell’impresa ed all’entità del credi- to, sia presumibile che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancarioabbia effettivamente costituito conseguenza dell’inadempimento. Invariati rispetto al passato rimangono i criteri di calcolo di interessi erivalutazione monetaria per i crediti di lavoro» . 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 275 DOTTRINA Considerazioni critiche e spunti di riflessione sul sistema delle notifiche a mezzo posta (Art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, come modificato dall’art. 36 comma 2-quater e 2-quinques della legge 28 febbraio 2008 n. 31) di Roberto Antillo(* ) SOMMARIO: 1.- Premessa generale. L’art. 7 della legge n. 890/1982, come modificatodall’art. 36 comma 2 quater, della legge n. 31/2008: ratio della norma tra esigenze di cer- tezza delle situazioni giuridiche e la tutela del destinatario. 2.- La previsione dell’avviso conraccomandata: la procedimentalizzazione della notifica a mezzo posta e relativa nullità. 3.- Il potere di certificazione dell’agente postale e limiti al sindacato del giudice. 4.- Ambitodi efficacia della novella rispetto agli articoli 143, 139 e 330 del c.p.c. 5.- Raffronto con ilsistema delle notifiche eseguite direttamente dai legali. 6.- L’art. 7 della legge n. 890/1982, come modificato dall’art 36 comma 2 quinques della legge n.31/2008: la disciplina dellenotifiche delle sentenze eseguite prima dell’entrata in vigore della legge. 7.- Presuppostodella prova della conoscenza dell’atto. 8.- Applicabilità dell’art. 36 commi 2 quater e 2 quinques ai provvedimenti di natura decisoria. Riflessi in ambito amministrativo e penale. 1.- Premessa generale. L’art. 7 della legge n. 890/1982, come modificatodall’art. 36 comma 2 quater, della legge n. 31/2008: ratio della norma traesigenze di certezza delle situazioni giuridiche e la tutela del destinatario Per delineare i punti salienti della normativa vigente in materia di notifi- cazionediattiamezzoposta,occorreanzituttoricordarechel’art.1dellalegge 890/1982 stabilisce – al comma primo – il principio generale “che in materia civile, amministrativa e penale, l’ufficiale giudiziario può avvalersi del servi- zio postale per la notificazione degli atti, salvo che l’autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente” , (*)Avvocato dello Stato. 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 276 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 276 mentre al secondo comma si afferma il principio che “l’ufficiale giudiziario deveavvalersidelserviziopostaleperlenotificazionidegliattiinmateriacivi- le e amministrativa da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l’ufficio, eccet- to che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona”. Di recente, la legge 20 novembre 1982 n. 890, che disciplina la materiadelle notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari, è stata modificata dal- l’art. 36 della legge 28 febbraio 2008 n. 31. Precisamente al Capo II, intito- lato “Disposizioni Finanziarie Urgenti”, l’art. 36 rubricato “Disposizioni in materia di riscossione”, contiene i commi 2-quater e 2-quinques in forza dei quali è stato previsto, rispettivamente, quanto segue: “All’art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, dopo il quarto commaè aggiunto il seguente: “Se il piego non viene consegnato personalmente aldestinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimodell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”. “La disposizione di cui al comma 2-quater si applica ai procedimenti dinotifica effettuati, ai sensi dell’art. 7 della citata legge 20 novembre 1982, n. 890, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversionedel presente decreto. Le notificazioni delle sentenze già effettuate, ai sensidell’art. 7 della citata legge di conversione del presente decreto non produ- cono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stataconsegna del piego personalmente al destinatario e se è provato che questinon ne ha avuto conoscenza”. L’art. 36, comma 2 quater, della citata legge n. 31/2008, pertanto, hamodificato l’art. 7 della legge 20 novembre 1989 n.890, introducendo la pre- visione per la quale, nelle notificazioni a mezzo posta, se il plico non vieneconsegnato direttamente al destinatario, l’agente postale è tenuto a darne lacomunicazione a mezzo lettera raccomandata (senza avviso di ricevimento). La ratio della predetta previsione, va colta, a parere di chi scrive, nell’in- tento del legislatore di fornire una maggiore tutela al destinatario dell’attogiudiziario che non abbia ricevuto direttamente il relativo plico postale, pre- vedendo, per l’appunto, che, in questi casi, della notificazione sia data comu- nicazione con lettera raccomandata. Così che sembra potersi affermare chela finalità della nuova normativa sia proprio quella di adeguare il sistemadelle notifiche a mezzo posta ai principi enunciati dalla Corte Costituzionalecon la sentenza del 23 settembre 1998 n. 346. Con la citata sentenza la Corte delle leggi, ha dichiarato costituzional- mente illegittimo l’art. 8 commi 2 e 3 della legge 20 novembre 1982, n. 890, nel testo anteriore alla recente modificazione di cui al d.l. n. 35/2005, nellaparte in cui non prevede che il destinatario, dopo l’avviso lasciato alla suaabitazione, o ufficio o azienda, riceva notizia di tale attività per raccomanda- ta a.r., così come previsto dall’art. 140 c.p.c.. Ha ritenuto cioè la Corte chese rientra nella discrezionalità del legislatore la conformazione degli istitutiprocessuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabiledi tale discrezionalità è rappresentato dal diritto di difesa del notificatario eche, pertanto, deve escludersi che la diversità di disciplina tra le notificazio- ni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall’ufficiale giudiziario 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 277 DOTTRINA 277 possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delleprime. In altri termini, il vecchio disposto dell’art. 8, così come prospettato daigiudici remittenti, si poneva in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, perla compressione del diritto di difesa del destinatario dell’atto da notificare, il quale, per cause anche accidentali, potrebbe non avere conoscenza dell’av- viso come sopra comunicatogli. Pregiudizio, questo, che, per l’appunto, èstato superato, prevedendo che anche per la notificazione a mezzo posta, occorresse effettuare la raccomandata con cartolina di ritorno, al pari diquanto prescritto dall’art. 140 del codice di procedura. Ora, il principio dell’onere dell’avviso con lettera raccomandata, intro- dotto con l’art. 36, comma 2 quater, che sembrerebbe recepire le medesimeistanze sottese all’art. 8 della legge n.890/1982, nel testo riformato succes- sivamente alla sentenza che ne aveva sancito l’incostituzionalità, da questanorma si differenzia. Invero, a dispetto di quanto disciplinato dal predetto art. 8, che espres- samente prevede che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giornidalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero dalla data del riti- ro del piego, se anteriore, l’articolo 36 comma 2 quater non indica quando la notificazione possa dirsi eseguita. Ne deriva che sarà certamente compito della giurisprudenza, stabilire, nel caso in cui il plico non venga consegnato direttamente all’interessato, seper il destinatario gli effetti della notifica decorreranno dalla consegna del- l’atto giudiziario, ovvero dalla data di spedizione della lettera raccomandatao, ancora, dalla ricezione della predetta raccomandata. La soluzione, secondo chi scrive, non può che essere il frutto del con- temperamento dei due opposti principi che regolano la materia: da un lato, il principio di certezza delle situazioni giuridiche, per il quale da determina- ti fatti (compimento delle formalità di notifica) derivano determinati effettigiuridici e, dall’altro, il principio di affidamento del destinatario dell’atto, che, senza colpa, non abbia avuto conoscenza della notificazione. Se in virtùdel primo principio il soggetto che richieda la notifica non può essere grava- to al punto da dover assicurare che il destinatario abbia conseguito l’effetti- va conoscenza della notificazione; per l’opposto principio non è nemmenopossibile non riconoscere alcuna rilevanza a quelle situazioni per le qualil’affidamento che il destinatario pone sull’efficacia del meccanismo di noti- fica non abbia avuto luogo. Di conseguenza, sarebbe poco opportuno propendere per l’ipotesi per la qualeglieffettidellanotificadecorrerebberodallaconsegnadell’attogiudizia- rio, perché altrimenti l’invio della lettera raccomandata resterebbe lettera morta, sebbene, nella ipotesi della notifica effettuata, ai sensi dell’art. 139, commi3e4,c.p.c.,medianteconsegnadell’attoalportiere,laspedizionedella raccomandata non sia stata fin qui considerata come elemento perfezionativo dellafattispecie(Cass.Civ.n.3767/1994;C.d.S.n.7465/2006).Delparipococredito dovrebbe avere l’ipotesi per la quale gli effetti della notifica coincide- rebbero con il momento della ricezione della raccomandata, atteso che se il 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 278 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 278 legislatore avesse voluto configurare l’avviso quale atto recettizio, avrebbesenz’altro previsto la cartolina di ritorno a corredo della raccomandata. 2.- La previsione dell’avviso con raccomandata: la procedimentalizzazionedella notifica a mezzo posta e relativa nullità. Più plausibile sembrerebbe, invece, l’interpretazione per la quale l’art. 36 comma 2 quater introduca il principio in forza del quale la notificazionea mezzo posta non coincida più con la mera consegna dell’atto giudiziario eche, piuttosto, il relativo perfezionamento si sviluppi secondo un procedi- mento a formazione progressiva, per l’effetto del quale la notificazione potràritenersi legalmente eseguita proprio nel momento dell’invio della letteraraccomandata a cura dell’agente postale. Sicché l’omessa spedizione della raccomandata, nei casi in cui il relati- vo avviso si rendesse necessario, ai sensi dell’art. 36, comma 2 quater, unavolta accertata in sede giudiziale, renderebbe, secondo la giurisprudenza for- matasi sulla mancata allegazione della cartolina di ritorno certamente nulla, se non inesistente (Cass. Civ., sez. unite n. 627/08; Cass. Civ., sez. I, n. 965/1999; n. 9328/1994), la notificazione del relativo atto e comporterebbela nullità radicale del procedimento e della sentenza del giudice, oltre chel’impossibilità per il giudice d’appello di rimettere la causa al primo giudi- ce, dato che l’inesistenza della notifica dell’atto introduttivo del giudizio (adifferenza per il caso di nullità) non è prevista tra le cause tassative di rimes- sione ai sensi degli articoli 353 e 354 c.p.c. (Cass. Civ. sez. III, 12 aprile2006 n. 8608). Tuttavia, se è previsto che l’attore produca la cartolina di ritorno dellacompiuta notificazione dell’atto giudiziario, quale prova della sua regolaritàe che il giudice accerti, per l’effetto, che il contraddittorio si sia correttamen- te instaurato, per l’ipotesi in oggetto dovrà prendersi atto che l’attore nonavrà modo di dimostrare l’avvenuta spedizione della lettera raccomandata, poiché, come su detto, tale attività è rimessa all’agente postale, il quale nonha nemmeno l’obbligo di notiziare chi ne ha fatto richiesta. Né è teorizzabi- le che l’attore debba comunque dar prova di tale adempimento, e ciò proprioin virtù di quel principio per il quale chi richiede la notifica non può esseregravato al punto da dover dimostrare che il destinatario abbia conseguitol’effettiva conoscenza della notificazione. Ed allora, potrà prospettarsi l’ipotesi per la quale il giudice, magari pun- tualmente sollecitato, acquisisca d’ufficio la prova dell’avvenuta spedizionedella raccomandata o, ancora, che l’eventuale difetto dell’avviso cui è tenu- to l’agente postale sia rilevabile non già d’ufficio ma solo ad istanza deldestinatario che ne abbia interesse. 3.- Il potere di certificazione dell’agente postale e limiti al sindacato del giu- dice. Sembra poi potersi evincere che l’agente postale, nel momento in cuispedisca la raccomandata richiesta dalla legge, assolva una funzione di cer- 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 279 DOTTRINA 279 tificazione assimilabile a quella riconosciuta dall’ufficiale giudiziario cheredige la relazione di notificazione. Tuttavia, l’art. 7, come modificato, nullaprevede in ordine al contenuto che dovrà avere il predetto avviso. Si rileva, al riguardo, come a mente dell’articolo 8 della legge citata, l’a- gente postale è tenuto a precisare al destinatario dell’atto giudiziario l’indica- zione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore; dell’ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero diregistrocronologicocorrispondentedelladatadidepositoedell’indirizzodel- l’ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettua- to, nonché l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo disei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per esegui- ta trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente. Viceversa, stante la mancanza, come detto, di una previsione che analo- gamente disciplini il contenuto dell’avviso, per i casi contemplati dal nuovoart. 7 potranno sorgere dubbi in ordine alla regolarità delle notificazioni qua- lora la raccomandata dovesse risultare tale da non permettere al destinatariodi risalire alle opportune indicazioni inerenti il soggetto che ha richiesto lanotifica; l’ufficio giudiziario che l’ha eseguita etc.. In questo contesto, sarà certamente interessante seguire in che terminiverrà esercitato il sindacato giurisdizionale sull’attività posta in essere dal- l’agente postale. Aparere di chi scrive, poiché l’attività che, nella circostan- za, l’agente postale è tenuto a svolgere, perfeziona quella rimessa all’ufficia- le giudiziario, che ha già documentato nella relata di notifica la spedizionedell’atto giudiziario, dovrebbe conseguire che essa faccia fede fino a quere- la di falso, al pari della prima (secondo l’art. 2700 c.c.), circa la provenien- za del documento dall’agente che lo ha redatto, nonché degli altri fatti chel’agente attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Mentre, perquanto concerne gli aspetti inerenti la sufficiente determinatezza degli ele- menti integranti l’avviso, occorrenti al fine di dare contezza della compiutanotificazione al destinatario, il sindacato giurisdizionale non sembra incon- trare ostacoli. 4.- Ambito di efficacia della novella rispetto agli articoli 143, 139 e 330 del c.p.c. La disposizione in commento può dare luogo ad incertezze interpretative selettainrelazione agli articoli 141, 139 e330 del codice di procedura civile. Il secondo comma del predetto art. 141, prevede che quando l’elezionedi domicilio è stata inserita in un contratto, la notificazione presso il domici- liatario è obbligatoria, se così è stato espressamente dichiarato. Ma se la noti- ficazione venisse eseguita presso il domicilio non già a mani, ma a mezzoposta, e la consegna del plico non avvenisse a mani dell’interessato (com’èprobabile che accada) la notifica sarà da considerarsi come avvenuta regolar- mente o, piuttosto, anche in tal caso si dovrà spedire la lettera raccomandataal destinatario? 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 280 Alla luce della richiamata normativa, anche la previsione di cui all’art. 139 c.p.c., potrebbe comportare l’onere della raccomandata a cura dell’agen- te postale, nei casi in cui la notifica fosse eseguita mezzo posta. Sul punto, occorre premettere che, in virtù di un consolidato orientamen- to della Suprema Corte, è possibile che le notificazioni siano eseguite pres- so l’ufficio pubblico sia a mani proprie del destinatario che a mezzo posta(Cass. Sez. lav. del 10 gennaio 2007 n. 239; 31 luglio 2006 n. 17543; 12 feb- braio 2000 n. 1592; 21 marzo 1997 n. 2506). In questi casi, c’è da chiedersise sorga l’onere a carico dell’agente postale di dare la comunicazione conlettera raccomandata al destinatario dell’atto, qualora la notifica a mezzoposta sia eseguita presso l’ufficio pubblico con consegna del plico non aldestinatario ma all’addetto dell’ufficio. Il dubbio appena sollevato non dovrebbe porsi nei giudizi amministrati- vi, atteso che, sotto questo profilo, si registra un diverso orientamento delConsiglio di Stato. Per il massimo organo della giustizia amministrativa l’art. 139 c.p.c. non è automaticamente applicabile, quanto alle notifiche nel pro- cesso amministrativo, alla luce del parzialmente diverso regime recato dal T.U. n. 642/1907. Sicché la notifica non eseguita a mani proprie è possibilesolo nei luoghi che rientrano nella sfera di disponibilità e dominio del desti- natario della notifica, vale a dire l’abitazione e l’ufficio privato, non anchel’ufficio pubblico (Consiglio di Stato, sez. III, con parere 27 maggio 2008 n. 1611/20089; Cons. di Stato, sez. IV, 17 settembre 2007 n. 4851; Cons. diStato, sez. VI, 5 aprile 2007 n. 1549). Non diversamente, potranno presentarsi le stesse incertezze applicativenell’ambito delle notifiche dell’impugnazione a mezzo posta, posto che, neicasi disciplinati dall’art. 330 c.p.c., potrebbe rivelarsi necessaria la spedizio- ne dell’avviso con la lettera raccomandata, qualora la consegna dell’atto giu- diziario, inviato a mezzo posta, non avvenga nella persona del domiciliata- rio o del procuratore costituito. Se così fosse, la normativa dovrebbe trovareapplicazione alle notificazioni effettuate nel processo tributario e nel proces- so penale, e ciò alla stregua, rispettivamente, degli art. 16, comma 1°, e art. 17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 170 c.p.p. In particolare, con riferimento al processo penale, si tratterà di vedere qualieffettiavràlanormainquestione inrelazione allenotificazioni pressoil domicilio,che l’imputato ha l’obbligo dieleggereaisensi dell’art. 166 c.p.p. , e per le (prime) notificazioni all’imputato non detenuto, di cui all’art. 157c.p.p. , che non fossero effettuate con la consegna del plico al destinatario. 5.- Raffronto con il sistema delle notifiche eseguite direttamente dai legali. In virtù della legge 21 gennaio 1994 n. 53, le notificazioni possono esse- re eseguite, in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamentedagli avvocati che, al tal fine, possono effettuare la consegna diretta in talu- ni casi e più in generale, avvalersi della posta, a condizione che siano muni- ti di procura alle liti ex art. 83 c.p.c. e che siano autorizzati dal consiglio del- l’ordine nel cui albo risultino iscritti. È prevedibile che la diversa disciplina delle notificazioni riservata all’i- niziativa dei difensori, rispetto al più rigoroso regime delle notificazioni a 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 281 DOTTRINA 281 mezzo posta, risultante dalle recenti modifiche apportate alla legge n. 890/1982, possa essere censurato per irragionevole disparità di trattamento, proprio nella parte in cui non contenga l’obbligo di spedire la raccomandataal destinatario dell’atto per quelle stesse situazione di cui all’art. 7 dellelegge n. 890/1982. Del resto è evidente che fin quando il legislatore interverrà per singolisettori e non già in modo organico sarà sempre possibile cogliere le eventua- li incongruenze del sistema; così per esempio, chi scrive ha avuto modo dieccepire la tardività di un ricorso proposto dinanzi al locale T.A.R. di ReggioCalabria (poi rimesso per competenza al T.A.R. di Catanzaro), in considera- zione del fatto che la nuova disciplina di cui al terzo comma dell’art. 149 c.p.c. (che ha recepito i principi di cui alla sentenza della CorteCostituzionale n. 477 del 26 novembre 2006, sul diverso termine di efficaciadella notifica per il richiedente e per destinatario), non sia applicabile allanotificazione eseguita direttamente dal legale, atteso che la norma testè cita- ta fa riferimento alla notificazione a mezzo posta effettuata per il tramite del- l’ufficio giudiziario. 6.- L’art. 7 della legge n. 890/1982, come modificato dall’art 36 comma 2quinques della legge n. 31/2008: la disciplina delle notifiche delle sentenzeeseguite prima dell’entrata in vigore della legge. Art. 36, comma 2 quinques: “La disposizione di cui al comma 2-quatersi applica ai procedimenti di notifica effettuati, ai sensi dell’art. 7 della cita- ta legge 20 novembre 1982, n. 890, a decorrere dalla data di entrata in vigo- re della legge di conversione del presente decreto. Le notificazioni delle sen- tenze già effettuate, ai sensi dell’art. 7 della citata legge di conversione delpresente decreto non producono la decorrenza del relativo termine di impu- gnazione se non vi è stata consegna del piego personalmente al destinatarioe se è provato che questi non ne ha avuto conoscenza”. Il comma 2 quinques dell’art. 36 della legge in commento, prevede chela predetta disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigoredella legge di conversione del decreto, coincidente con il giorno successivoalla sua pubblicazione nella G.U. n. 51 del 29 febbraio 2008 (1° marzo 2008). 7.- Presupposto della prova della conoscenza dell’atto. La norma prevede, ancora, che le notificazioni delle sentenze già effet- tuate, ai sensi dell’articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982, alla data dientrata in vigore della legge di conversione del decreto, non producono ladecorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stata consegnadel piego personalmente al destinatario e se è provato che questi non ne haavuto conoscenza. È chiaro che il legislatore abbia inteso disciplinare il periodo anteceden- te all’entrata in vigore della nuova normativa, statuendo espressamente, peril caso in cui le sentenze fossero state già notificate prima dell’entrata invigore della legge (primo marzo 2008), che la decorrenza del termine per 05 dottr. 01 antillo B versione 7:05 dottr. 01 panacci.qxd 13/01/2009 13.04 Pagina 282 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 282 impugnare non decorra se il plico non sia stato consegnato personalmente aldestinatario e risulti provato che questi non ne abbia avuto conoscenza (salvoche non sia decorso il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenzadi cui all’art. 327 c.p.c., che non renderà più possibile l’impugnazione, non- ostante il vizio della notificazione della sentenza). 8.- Applicabilità dell’art. 36 commi 2 quater e 2 quinques ai provvedimentidi natura decisoria. Riflessi in ambito amministrativo e penale. La disposizione della norma in oggetto dovrebbe trovare una applicazio- ne limitata perché limitati sono i casi per i quali, secondo il codice di proce- dura civile, la sentenza debba notificarsi, ai fini del decorso del terminebreve per impugnare, direttamente al destinatario e non già al difensore, traquesti: il giudizio contumaciale, le ipotesi relative alla notificazione dellasentenza in caso di morte o impedimento del procuratore agli articoli 286 e301 c.p.c. e in quegli ulteriori casi in cui la parte si sia costituita personal- mente, laddove sia consentito (vedi l’art. 82 c.p.c., che consente di agiresenza patrocinio dinanzi al giudice di pace per le cause di valore inferiore adeuro 516,46 e all’ipotesi del legale – abilitato all’esercizio della professione – che si difenda da sé). In tutti gli altri casi, tornerà applicabile l’art. 330 c.p.c. Affinché, comunque, non decorra il termine ad impugnare occorre chenon solo l’atto non sia stato consegnato direttamente al destinatario ma chesia provato che egli non ne abbia avuto conoscenza. In ordine a quest’ultimo presupposto, ci si chiede in che termini potràdarsi prova del fatto che il destinatario dell’atto non ne abbia avuto cono- scenza; occorrerà cioè che il destinatario articoli a tal fine la prova testimo- niale, oppure sarà invocabile, per analogia legis, la disciplina della rimessio- ne in termini di cui all’art. 184 bis c.p.c.? In proposito, si segnala che, secondo talune pronunce della giurispruden- za di legittimità, l’art. 184 bis c.p.c., per la sua collocazione nel libro secon- do, titolo I, capo II, sezione II sotto la rubrica “della trattazione della causa”, riguarda le sole ipotesi in cui le parti costituite siano decadute dal potere dicompiere determinate attività difensive nel corso della trattazione della causaed in questo solo ambito rende operante la rimessione in termine e la suadisciplina, la quale, pertanto, non è invocabile per le “situazioni esterne” allosvolgimento del giudizio, quali certamente sono le attività relative alla costi- tuzione della parte (Cass. Civ., sez. III, 14 marzo 2006, 5474). Va da sé, infine, che il termine “sentenze” adottato dalla normativa è dariferirsi, secondo chi scrive, ad ogni provvedimento decisorio che sia ingrado di diventare irrevocabile, ed è, quindi, estensibile ai decreti ingiuntivi(anche del T.A.R.), alle convalide delle licenze per finita locazione, ai prov- vedimenti di sfratto ed, in materia penale, oltre alle sentenze, ai decreti pena- li di condanna. 06 indici sistematici 03 2008 vers 7:06 indici sistematici 02 2008 b1013.qxd 13/01/2009 7.32 Pagina INDICISISTEMATICI 1. ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI ROBERTO ANTILLO, Considerazioni critiche e spunti di riflessione sul sistemadelle notifiche a mezzo posta (Art. 7 della legge 20 novembre 1982 n. 890, come modificato dall’art. 36, co.2-quater e 2-quinques della legge 28 febbraio 2008 n. 31). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 275 MASSIMO BACHETTI, ALESSANDRA BRUNI, TULLIO MATTEO RUBERA, Le forze multinazionali all’estero e l’immunità penale dei militari: il caso “Calipari” » 184 VALERIA CAMILLI , La natura giuridica degli enti fiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 214 GIUSEPPE FIENGO, Limiti alla capacità giuridica per le imprese pubbliche che gestiscono servizi pubblici locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 167 OSCAR FIUMARA, Avvicendamenti alla Corte costituzionale Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al Presidenteuscente della Corte costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice GiuseppeFrigo – Corte costituzionale, udienza del 4 novembre 2008 . . . . . . . . . . . . . . » Saluto dell’Avvocato generale dello Stato Oscar Fiumara al nuovo Pre- sidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick e al nuovo giudiceAlessandro Criscuolo – Corte costituzionale, udienza del 18 novembre 2008 » 1 4 CAROLINA LAYEK, Appalti pubblici: legittimazione ad agire singulatim da parte di imprese membri di una associazione temporanea. . . . . . . . . . . . . . » 86 DIMITRIS LIAKOPOULOS, GIUSEPPE MANCINI, La direttiva n. 2005/56/CE e lanuova disciplina comunitaria delle fusioni transfrontaliere di società di capitali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7 ALESSANDRO NASTRI, Inderogabilità del foro erariale (anche a fronte di unaeccezione incompleta) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181 ALESSANDRO NASTRI, Obbligo di motivazione sulla valutazione delle prove di concorso: il punteggio alfanumerico non basta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 226 DANIELE ROSATO, I servizi pubblici locali alla luce della recente riforma: un passo avanti verso la concorrenza? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71 LILIANA TESSAROLI, Nuove aperture negli appalti in house e nelle società miste . . » 32 06 indici sistematici 03 2008 vers 7:06 indici sistematici 02 2008 b1013.qxd 13/01/2009 7.32 Pagina RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO – N. 3/2008 284 2. SENTENZE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE Sent. 17 luglio 2008 nella causa C-371/05 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 65 Sent. 4 ottobre 2007 nella causa C-492/06 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . » 90 GIUDIZI IN CORSO Causa C-343/07, Agricoltura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . » 94 Causa C-415/07, Aiuti di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . » 101 Causa C-444/07, Spazio di libertà, sicurezza e giustizia . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 105 Causa C-573/07, Diritto delle imprese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . » 59 Causa C-138/08, Libera prestazione dei s