ANNO LVIII � N. 2 APRILE-GIUGNO 2006 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Glauco Nori. Componenti: Franco Coppi � Giuseppe GuarinoNatalino Irti � Eugenio Picozza � Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo � Condirettore: Giacomo Arena. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello � Vittorio Cesaroni � Roberto de Felice � Maurizio Fiorilli Massimo Giannuzzi - Maria Vittoria Lumetti � Antonio Palatiello � Carlo Sica � Mario Antonio Scino. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE NUMERO: Simona Bottoni � Gianni De Bellis � Enrico De Giovanni � Chiara Di Seri � Pasquale Fava � Wally Ferrante � Oscar Fiumara � Marco Fratini � Cristina Mirti � Marika Piscitelli � Anna Scir� � Francesco Spada � Giuseppe Stipo � FabrizioUrbani Neri � Stefano Varone. SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Pioppi Telefono 066829431 � E-mail: rassegna@avvocaturastato.it La Rassegna � consultabile sul sito: www.avvocaturastato.it Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO Segreteria di Redazione Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. Via Roberto Malatesta n. 296 - 00176 Roma INDICE - SOMMARIO TEMI ISTITUZIONALI Saluto dell�Avvocato Generale Oscar Fiumara alla cerimonia di commiato del Presidente uscente della Corte Costituzionale Prof. Annibale Marini . . . . . . . . pag. 1 Saluto dell�Avvocato Generale Oscar Fiumara al nuovo Presidente della Corte Costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Paolo Maria Napolitano . . . . . � 3 La non ostensibilit� degli atti dell�Avvocatura dello Stato (T.A.R. Lazio, sez. 2�, sent. 26 giugno 2006 n. 5152) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 5 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE La Corte di Giustizia pone termine alla vicenda IRAP�IVA, dossier a cura diGianni De Bellis (Corte Ce, Grande Sez., sent. 3 ottobre 2006) . . . . . . . . . . . . . . . . . � 7 La questione degli elicotteri Agusta, dossier, con nota di Cristina Mirti: Appalti pubblici di forniture: la tutela della sicurezza nazionale come causa legittima di deroga alla normativa comunitaria (Corte Ce, sez. 2�, sent. 27 ottobre 2005) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 75 1.� Le decisioni Chiara Di Seri, Ancora sul divieto di circolazione nel Land Tirolo (Corte Ce, ord. 30 luglio 2003, 2 ottobre 2003, 27 aprile 2004). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 109 2.� I giudizi in corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 136 IL CONTENZIOSO NAZIONALE Wally Ferrante, Competenza territoriale e inapplicabilit� dell�art.11 c.p.p. aigiudizi di cassazione sull� irragionevole durata del processo (Cassaz., sez. 1�, ord. 22 luglio 2005 n.15482) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 223 Francesco Spada, La responsabilit� della pubblica amministrazione per sinistro su strada statale (Cassaz., sez. 3�, sent. 20 febbraio 2006, n. 3651) . . . . . . . . � 229 Wally Ferrante, Cambio di domicilio e inesistenza della notifica del ricorso per cassazione (Cassaz., sez. 1�, sent. 4 aprile 2006 n. 7863) . . . . . . . . . . . . . . . . . � 237 Marika Piscitelli, Comunicazione di avvio del procedimento e deroghe alla sua obbligatoriet� (C.d.S., sez. 6�, dec. 22 giugno 2006 n. 3825) . . . . . . . . . . . . . � 241 Giuseppe Fiengo, Stato e regioni in materia di paesaggio (C.d.S., sez. 6�, dec. 13 luglio 2006 n. 4496) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 250 Anna Scir�, Azione civile risarcitoria nel processo penale a tutela di interes si legittimi? (Trib. Catania, sez. 3� pen., sent. 6-19 luglio 2005 n. 1869) . . . . . . . . . . � 253 I PARERIDEL COMITATO CONSULTIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 277 DOTTRINA Giuseppe Stipo, Attivit� vincolata ed attivit� discrezionale della Pubblica Amministrazione anche con riferimento alla norma dell�art.21 octies L. n.241/1990 . . . . . . � 307 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Simona Bottoni, Profili evolutivi dell�intervento pubblico nell�edilizia econo mica e popolare. Il caso dell�I.A.C.P. di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 334 Pasquale Fava, Marco Fratini, Sanzioni CONSOB e giurisdizione dopo lalegge �sul risparmio� . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 350 Maria Vittoria Lumetti, I mezzi per accelerare il processo amministrativo . . . . . . . . � 368 Fabrizio Urbani Neri, Il partenariato ed il nuovo Codice degli appalti pubblici . . . . . . � 392 Stefano Varone, Il contenzioso in materia di procedure di abilitazione profes sionale dopo l�entrata in vigore dell�art.4, comma 2 bis, legge 17 agosto2005, n. 168 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 402 INDICISISTEMATICI .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 417 TEMIISTITUZIONALI Saluto dell�Avvocato Generale Oscar Fiumara alla cerimonia di commiato del Presidente uscente della Corte CostituzionaleProf. Annibale Marini �Ebbi l�onore e il piacere, nel novembre scorso, di salutare a nome miopersonale e dei colleghi dell�Avvocatura dello Stato, con deferenza ed amicizia, l�insediamento del Prof. Annibale Marini nella carica di Presidentedella Corte. Oggi sono lieto di essere ancora io a salutare, a titolo personalee a nome dell�intera Avvocatura dello Stato, con rinnovata deferenza ecostante amicizia, il commiato dalla Corte del suo prestigioso Presidente. Sottolineavo allora come l�avvento di Annibale Marini alla presidenzadella Corte permettesse di salutare, per cos� dire, il ritorno del diritto privato ai vertici della nostra suprema giurisdizione di diritto pubblico. Infatti nella figura di studioso e di giudice di Marini si coglie � dicevoin quella occasione � come egli abbia incarnato e incarni l�autentica figuradel privatista, inteso come studioso di quel �diritto dei privati� che sempreesprime una intrinseca, prestatuale, forza ordinamentale. Egli infatti non si � mai posto come semplice, per quanto profondo, esegeta della codificazione (e, magari, della decodificazione e della attuale, spesso contraddittoria, ricodificazione). Al contrario, al centro del suo interesse � sempre stato il diritto privato come manifestazione originaria eimmediata delle esigenze e delle tendenze della persona; esigenze e tendenze che il diritto privato deve pi� accompagnare che disciplinare, ponendo unquadro di principi entro i quali esse possano esprimersi giuridicamente inchiave di autonomia; l�autonomia privata, appunto. Insomma, nell�opera di Marini il diritto privato appare costantementecome il primo punto di emersione delle tendenze sociali. Se il diritto costituzionale rappresenta la sintesi giuridica delle tendenze evolutive dellasociet�, la prima percezione e conformazione giuridica di queste avviene, infatti, proprio attraverso il diritto privato come lo ha sempre inteso e praticato il Prof. Marini. Queste preziose caratteristiche culturali e professionali sono state confermate da quanto Marini ha fatto come presidente della Corte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Mi riferisco, per limitarmi ai temi a mio avviso pi� significativi, all�attento contemperamento tra la tutela, di segno �individualistico�, dell�affidamento e la considerazione, di segno �sociale�, del livello di reddito del pensionato, quale emerge dalla delicata sentenza 1/2006 in materia di ripetizione dell�indebito previdenziale. O al misurato ma fermo richiamo, contenutonella sentenza 39/06, alla rilevanza delle istanze collettive sottese alla tutelapaesistica, rispetto all�interesse privato del costruttore abusivo aspirante alcondono edilizio. Netta � stata invece l�affermazione della tutela dei dirittidell�individuo, rispetto a qualsiasi istanza di segno diverso, quando si tocchino suoi interessi fondamentali: come l�interesse al lavoro, posto al centrodella sentenza 58/2006 sulla tutela del lavoro temporaneo e sulla sua conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; o il diritto fondamentaleallo �status biologico�, limpidamente ribadito dalla sent. 50/2006 sull�inammissibilit� di condizioni all�esperimento dell�azione di dichiarazione giudiziale di paternit� naturale; o ancora, il diritto a non essere distolto dal giudice precostituito per legge, che � alla base della sent. 41/2006 sull�esperibilit� illimitata da parte di ciascuno dell�eccezione di incompetenza territorialeanche in caso di litisconsorzio necessario. Al riconoscimento delle istanze individuali e alla loro sintesi con leistanze generali e collettive (testimoniato dalle sentenze citate) si accompagna quale inscindibile risvolto, la sensibilit� al tema delle autonomie. Sottoquesto aspetto vanno segnalate, per lo meno le sentenze 173/2006 e212/2006 sulla tutela dell�autonomia, rispettivamente, delle Universit� edelle fondazioni di beneficenza e assistenza, rispetto alla rivendicazione daparte delle Regioni di poteri di disciplina della loro attivit� o di acquisizionedel loro patrimonio al sistema sanitario regionale. Il riconoscimento dei diritti fondamentali dell�individuo e dell�autonomia delle formazioni sociali, e la costante consapevolezza della necessit� dioperarne una sintesi sempre dialettica e dinamica con l�interesse generaleespresso dalle norme del diritto pubblico (che in quei diritti e in quelle autonomie trova il proprio presupposto), costituiscono senza dubbio il lascito pi�significativo della presidenza Marini, che ha in tal modo arricchito in modofecondo un tema perenne di riflessione e di applicazione per tutti noi. Grazie, presidente Marini, per l�alta opera che Ella ha svolto nell�interesse della collettivit��. Roma, Palazzo della Consulta Corte Costituzionale � 4 luglio 2006 TEMI ISTITUZIONALI Saluto dell�Avvocato Generale Oscar Fiumara al nuovo Presidente della Corte Costituzionale Franco Bile e al nuovo giudice Paolo Maria Napolitano �Signor Presidente, signori giudici, ho ancora una volta l�onore di salutare, a nome di tutti gli Avvocati dello Stato e mio personale, l�insediamentodel nuovo Presidente e di un nuovo giudice della Corte. Nel rivolgere i miei auguri al presidente Franco Bile non illustrer� certoi suoi titoli scientifici e professionali, il cui straordinario rilievo � a noi tuttiben noto; ma mi sia consentito di cogliere l�occasione per sottolineare inestrema sintesi qualche aspetto della sua personalit� di giurista, quale emerge dal lungo lavoro da lui svolto prima presso la Corte di cassazione e poipresso la Corte costituzionale in una continuit� pratica e ideale, da due puntidi vista diversi ma complementari. Il lavoro del Pres. Bile si � costantemente incentrato sulla figura deldiritto soggettivo, nel tentativo di delinearne, con acume direi �chirurgico�, i connotati e i confini nelle varie manifestazioni che questa insostituibilefigura dogmatica presenta in concreto. Il diritto soggettivo nasce dall�incontro tra un interesse privato e una forma di tutela che l�ordinamento riconoscead esso. Segna quindi, sempre e istituzionalmente, un punto di equilibrio trapubblico e privato. Se teniamo presente questa considerazione, non possiamo non ricordare, per fare uno degli esempi pi� noti, la storica sentenza del 1983, scritta dalmagistrato Bile, con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione riconobbero che la proroga dell�occupazione di urgenza decisa dopo la scadenza delbiennio di occupazione legittima era inefficace ad affievolire la propriet�. In talmodo veniva individuato un ben preciso punto di resistenza dell�interesse proprietario di fronte all�esercizio della potest� pubblica conformativa di esso. Maquella stessa sentenza statuiva anche che la trasformazione del fondo comunque dichiarato di pubblica utilit� e occupato, nondimeno estingueva il preesistente diritto di propriet� e lo sostituiva con il risarcimento del danno. Quella sentenza rimane un esempio eccellente della fecondit� della figura del diritto soggettivo come strumento di equilibrio tra pubblico e privato. La stessa tematica del diritto soggettivo come interesse posto all�incrocio tra pubblico e privato � riemersa molti anni dopo in alcune importantisentenze costituzionali. Va ricordata almeno la sentenza 292/2000, con cui venne chiarito, dalBile giudice costituzionale, che la riforma della giurisdizione amministrativa devolveva al giudice amministrativo, quali questioni su diritti conseguenziali, tutte le controversie risarcitorie derivanti dall�esercizio illegittimo delpotere amministrativo, senza distinguere tra controversie di interesse legittimo da un lato, e controversie di diritto soggettivo rientranti nella giurisdizione esclusiva dall�altro. Venne in tal modo avallata la scelta di concentrare nelgiudice della pubblica amministrazione l�intera tutela degli interessi privatinel loro confronto con la potest� pubblica; scelta che costitu� la confermalegislativa, e la conseguenza pi� coerente, del riconoscimento giurispruden RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ziale della risarcibilit� anche degli interessi legittimi, e del definitivo equilibrio tra interesse privato e potest� pubblica che in tal modo si era raggiunto. Altro tema di costante impegno per il Pres. Bile, sottilmente connesso altema del diritto soggettivo nel suo risvolto ordinamentale, � stato quello deirapporti, appunto, tra ordinamenti. Dopo la nota sentenza del 1977 (n. 3461) delle Sezioni Unite, che, seppur superata poi da altre pronunce esprimeva la necessit� di un coordinamento �forte�, cio� di una effettiva integrazione, tra ordinamento comunitario eordinamento interno, nel 2000 Bile scriveva l�importante sentenza n. 41 diquesta Corte con cui veniva dichiarato inammissibile (e quindi, in sostanza, incostituzionale) un referendum abrogativo che in caso di successo avrebbeportato a conseguenze contrastanti con il diritto comunitario in materia ditutela del lavoro subordinato. Anche qui emerge a distanza di anni la costanza di visione riguardo adun tema, quale la rilevanza costituzionale del diritto comunitario, la cuiattualit�, come ben sappiamo, non viene mai meno e anzi oggi sussiste pi�che mai. L�esercizio della funzione presidenziale consentir� ora a Franco Bile difar circolare ancor pi� capillarmente questo patrimonio di pensiero e di esperienza nel quotidiano impegno della Corte. Auguri, signor Presidente. Cessato il mandato novennale del Pres. Marini, l�organico della Corte �stato ricomposto, questa volta con tempestivit�, con la nomina a giudice delconsigliere di Stato Paolo Maria Napolitano. Al nuovo giudice rinnoviamogli auguri di tutti gli avvocati dello Stato. La sua vasta e multiforme esperienza, come altissimo funzionario delSenato della Repubblica, come capo dell�Ufficio legislativo prima del vicepresidente del Consiglio e poi del Ministro degli esteri e come consigliere diStato, e i suoi numerosi ed attenti studi, sia allorch� ricopriva il prestigiosoincarico di direttore dell�ufficio studi del Senato, sia nella sua parallela attivit� scientifica (e mi riferisco in particolare agli scritti sul procedimentoamministrativo e agli studi sulle funzioni di governo e di controllo e sull�organizzazione regionale), porteranno certamente un notevole contributoall�attivit� della Corte. Al neo giudice e a tutti i componenti della Corte tutti i nostri miglioriauguri�. Roma, Palazzo della Consulta Corte Costituzionale � Udienza 26 settembre 2006 TEMI ISTITUZIONALI La non ostensibilit� degli atti dell�Avvocatura dello Stato (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione seconda, sentenza 26 giugno 2006 n. 5152) La sentenza che qui pubblichiamo, accogliendo le prospettazioni difensive dell�Avvocatura dello Stato, ha affermato che la corrispondenza recanteconsultazioni di quest�ultima � sottratta al diritto di accesso anche quando �riferibile alla fase di esecuzione del giudicato. Si ritiene che questa pronuncia costituisca un�utile salvaguardia delleprerogative professionali dell�Avvocatura e della riservatezza del rapportocon le Amministrazioni. E.D.G. Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione seconda, sentenza del 26 giugno 2006 n. 5152 � Pres. D. La Medica � Est. A. Bottiglieri � M. T. c/ Ministerodell�Economia e delle Finanze (cont.10915/06, Avv. dello Stato E. De Giovanni). � (Omissis) Fatto e diritto. 1.- Con ricorso notificato in data 3 marzo 2006, depositato il successivo 16 marzo, l�istante espone che la Sezione, con sentenza n. 17207/04, passata in giudicato, accoglieva ilricorso dal medesimo presentato avverso il provvedimento dell�amministrazione odiernaintimata che lo aveva escluso dalle prove selettive per l�ammissione ai corsi di formazione. Appreso, indi, che l�amministrazione, in sede di esecuzione del giudicato, poi intervenutacon decreto direttoriale 1 agosto 2005, n. 48937, aveva interpellato l�Avvocatura Generaledello Stato, che si era espressa a riguardo con nota 13 giugno 2005, n. ct. 11832/00-LO, sez. terza, non menzionata nel sopra citato decreto, formulava istanza di accesso agli atti, e, inparticolare, al parere in questione e alla relativa richiesta da parte dell�amministrazione. Atale istanza l�amministrazione opponeva diniego, invocando il segreto professionale deidifensori legali ex art. 2, D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200. Avverso tale negativa determinazione agisce ora il ricorrente, domandando che questoTribunale, previo annullamento del diniego, impartisca all�amministrazione l�ordine di esibizione e di rilascio di copia della documentazione predetta, a tal fine deducendo che lanorma invocata dall�amministrazione per denegare l�accesso non si attagli alla fattispecie, non essendovi pi� n� liti in atto n� rischi di una lite potenziale. Si � costituita in giudizio l�intimata amministrazione, che ha confutato nel merito gliassunti di parte ricorrente. La causa � stata indi chiamata, per la delibazione delle domande, alla camera di consiglio del 26 aprile 2006. 2. - Il ricorso � infondato. Il D.P.C.M. 26 gennaio 1996, n. 200, regolamento recante norme per la disciplina dicategorie di documenti formati o comunque rientranti nell�ambito delle attribuzionidell�Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti fra difensore e difeso, all�art. 2, comma 1, lett. a) dispone la sottrazione all�accesso dei �pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La norma prosegue sottraendo all�accesso, alla lett. c), anche la �corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a)��. Ritiene il Collegio, a riguardo, conformemente alle argomentazioni formulate dalladifesa erariale, che il dato normativo di cui al combinato disposto sopra citato delinei unambito di documentazione sottratta all�accesso, perch� inerente ad una fattispecie contenziosa, o potenzialmente tale, pi� ampio di quello strettamente riferibile alla pendenza dellalite, e tale da ricomprendere, per quanto qui di interesse, anche l�esecuzione del giudicato. Invero, diversamente opinando, e cio� ravvisando il contenzioso in atto o potenzialeesclusivamente nel segmento tecnicamente ed originariamente afferente al �merito� del giudizio, e nelle circostanze antecedenti, la locuzione di cui alla lett. c) risulterebbe, da un lato, meramente ripetitiva di quanto gi� stabilito alla lett. a), e, dall�altro, difficilmente comprensibile in relazione all�uso del termine �affari�. Siffatta conclusione �, del resto, coerente con la peculiarit� della fase esecutiva da partedell�amministrazione del giudicato favorevole al privato, che, comՏ noto, pu� presentaredei margini di opinabilit�, e, indi, di discrezionalit�, che, attenendo alle modalit� e ai termini con i quali il bene della vita che ha formato oggetto di giudizio viene assicurato, rendono possibile un�ulteriore fase contenziosa. 3.-Il ricorso, pertanto, non pu� essere accolto. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. P. Q. M. il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda,definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2407/06, (�) lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall�Autorit� amministrativa. Cos� deciso in Roma, dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, nella camera di consiglio del 26 aprile 2006�. I L CONTENZIOSO COMUNIT ARIO ED INTERNAZIONALE Dossier La Corte di Giustizia pone termine alla vicenda IRAP � IVA (Corte di Giustizia delle Comunit� europee, Grande Sezione, sentenza 3 ottobre 2006) Con una sintetica sentenza, da cui non traspare l�intensa attivit� processuale a cui fa seguito (caratterizzata da due udienze, da un�ordinanza di formulazione di quesiti e da due conclusioni di diversi avvocati generali), laCorte di Giustizia ha posto la parola fine sulla vicenda IRAP�IVA, ritenendo infondata �l�accusa� di una sostanziale identit� tra i due tributi. La pronuncia pone l�accento, in particolare, sulla mancanza nell�IRAPdel requisito della proporzionalit� e sul fatto che l�IVA si trasferisce sempresul consumatore (a differenza dell�IRAP). La Corte ha evitato di pronunciarsi sulla questione (dibattuta in udienza) dell�applicabilit� o meno dell�art. 33della sesta direttiva alle imposte dirette, optando per un approccio sostanziale mirante ad analizzare le caratteristiche dell�IRAP rispetto a quelledell�IVA, indipendentemente da una sua classificazione formale. La sentenza � ancor pi� apprezzabile (al di l� dello sventato rischio per ilbilancio italiano) in quanto disattendendo l�intrepretazione suggerita dalla Commissione e dai due avvocati generali � stata evitata una interpretazione dell�art. 33 che avrebbe potuto creare una situazione di notevole incertezza e non pochiproblemi agli Stati membri, a causa del rischio concreto che anche imposte dirette (aventi di norma una base imponibile commisurata al totale dei ricavi detrattoil totale dei costi) potessero ricadere nel divieto contenuto nel citato art. 33. Avv. Gianni De Bellis Corte di Giustizia delle Comunit� Europee, Grande Sezione, sentenza 3 ottobre 2006 � Pres. V. Skouris � Rel. N. Colneric -Avv. Gen. F. G. Jacobs, C. Stix-Hackl. �1.- La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l�interpretazione dell�art. 33 dellasesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Sistemacomune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1) (in prosieguo: la �sesta direttiva�). 2.- La domanda � stata proposta nell�ambito di una controversia tra la Banca popolaredi Cremona Soc. coop. a r.l. (in prosieguo: la �Banca popolare�) e l�Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona relativamente alla riscossione di un�imposta regionale sulle attivit� produttive. CONTESTO NORMATIVO Diritto comunitario 3.- L�art. 33, n. 1, della sesta direttiva cos� prevede: �Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e icontrolli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietanoad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi� in generale, qualsiasiimposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d�affari, semprech�tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit� connesse con il passaggio di una frontiera�. 4.- Gi� la versione originaria della direttiva 77/388 conteneva un art. 33 sostanzialmente identico a quello citato. Diritto nazionale 5.- L�imposta regionale sulle attivit� produttive (in prosieguo: l��IRAP�) � stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (supplemento ordinario alla GURI 23dicembre 1997, n. 298; in prosieguo: il �decreto legislativo�). 6.- Il testo degli artt. 1-4 di tale decreto � il seguente: �Art. 1. Istituzione dell�imposta 1. � istituita l�imposta regionale sulle attivit� produttive esercitate nel territorio delleregioni. 2. L�imposta ha carattere reale e non � deducibile ai fini delle imposte sui redditi. Art. 2. Presupposto dell�imposta 1. Presupposto dell�imposta � l�esercizio abituale di una attivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L�attivit� esercitata dalle societ� e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni delloStato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta. Art. 3. Soggetti passivi 1. Soggetti passivi dell�imposta sono coloro che esercitano una o pi� delle attivit� dicui all�articolo 2. Pertanto sono soggetti all�imposta: a) le societ� e gli enti di cui all�articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unicodelle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) le societ� in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate(�) nonch� le persone fisiche esercenti attivit� commerciali di cui all�articolo 51 del medesimo testo unico; c) le persone fisiche, le societ� semplici e quelle ad esse equiparate (�) esercenti arti e professioni di cui all�articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico; d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario (�) (�) IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 2. Non sono soggetti passivi dell�imposta: a) i fondi comuni di investimento (� ) b) i fondi pensione (� ) c) i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) (� ) Art. 4. Base imponibile 1. L�imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall�attivit� esercitata nel territorio della regione. (�)�. 7.- Gli artt. 5-12 del decreto legislativo contengono i criteri per determinare il citato �valore della produzione netta�, i quali variano in base alle differenti attivit� economiche ilcui esercizio costituisce il fatto generatore dell�IRAP. 8.- L�art. 5 di tale decreto precisa che, per i soggetti di cui all�art. 3, primo comma, lett. a) e b) del decreto stesso non esercenti le attivit� delle banche, degli altri enti e societ�finanziari e delle imprese di assicurazione, la base imponibile � determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lett. A), dell�art. 2425 del codice civile e la somma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lett. B) del medesimo comma, ad esclusione di alcune di esse, fra le qualile spese per il personale dipendente. 9.- L�art. 2425 del codice civile, rubricato �Contenuto del conto economico�, cos� pre vede: �Il conto economico deve essere redatto in conformit� al seguente schema: A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale. B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci; 7) per servizi; 8) per godimento di beni di terzi; 9) per il personale: a) salari e stipendi; b) oneri sociali; c) trattamento di fine rapporto; d) trattamento di quiescenza e simili; e) altri costi; 10) ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali; c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni; d) svalutazioni dei crediti compresi nell�attivo circolante e delle disponibilit� liquide; 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; 12) accantonamenti per rischi; 13) altri accantonamenti; 14) oneri diversi di gestione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Totale. Differenza tra valore e costi della produzione (A � B). (�)�. 10.- Ai sensi dell�art. 14 del decreto legislativo, �l�imposta � dovuta per periodi diimposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periododi imposta � determinato secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi�. 11.- Ai sensi dell�art. 16 del decreto legislativo, in linea generale �l�imposta � determinata applicando al valore della produzione netta l�aliquota del 4,25 per cento�. Tale aliquota � variabile secondo la regione in cui ha sede l�impresa. CAUSA PRINCIPALE E QUESTIONE PREGIUDIZIALE 12.- La Banca popolare ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio il provvedimentodell�Agenzia delle Entrate, Ufficio di Cremona con il quale quest�ultima le ha rifiutato ilrimborso dell�IRAP versata negli anni 1998 e 1999. 13.- A giudizio della ricorrente nella causa principale sussiste un contrasto fra il decreto legislativo e l�art. 33 della sesta direttiva. 14.- Il giudice del rinvio osserva quanto segue: � in primo luogo, l�IRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi poste in essere nell�esercizio in modo abituale di un�attivit� svolta a tale fine, vale a dire nell�esercizio di imprese o di arti e professioni; � in secondo luogo l�IRAP, sebbene sia calcolata con un procedimento diverso da quello utilizzato per l�imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l��IVA�), colpisce il valorenetto derivante dalle attivit� produttive, e pi� esattamente il valore netto �aggiunto� al prodotto dal produttore, cosicch� l�IRAP sarebbe un�IVA; � in terzo luogo, l�IRAP � riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione; � in quarto luogo, la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, � pari all�aliquota IRAP applicata al prezzo di vendita dibeni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. 15.- Tale giudice si domanda per� se le differenze esistenti tra l�IVA e l�IRAP riguardino le caratteristiche essenziali che determinano l�appartenenza o meno dell�una e dell�altra imposta alla medesima categoria di tributi. 16.- Alla luce di quanto sopra, la Commissione tributaria provinciale di Cremona hadeciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: �Se l�art. 33 della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che esso vieti diassoggettare ad IRAP il valore della produzione netta derivante dall�esercizio abituale di unaattivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovveroalla prestazione di servizi�. SULLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE 17.- Con la sua questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l�art. 33 della sestadirettiva osti al mantenimento di un prelievo fiscale avente caratteristiche analoghe a quelle dell�imposta di cui si discute nella causa principale. 18.- Per interpretare l�art. 33 della sesta direttiva � necessario collocare tale disposizione nell�ambito del suo contesto normativo. A tal fine � utile, come gi� fatto nella sentenza 8 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE giugno 1999, cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97, Pelzl e a. (Racc. pag. I-3319, punti 13-20) ricordare innanzitutto gli obiettivi perseguiti con la creazione di un sistemacomune dell�IVA. 19 Risulta dai �considerando� della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967,67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alleimposte sulla cifra d�affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301; in prosieguo: la �prima direttiva�), che l�armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d�affari deve consentire la creazione di un mercato comune nel quale vi sia una concorrenza non alterata e cheabbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze dioneri fiscali che possono alterare la concorrenza e ostacolare gli scambi. 20.- L�istituzione di un sistema comune di IVA � stata realizzata con la seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d�affari � Struttura e modalit� d�applicazione del sistema comune d�imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303; in prosieguo: la �seconda direttiva�) e con la sesta direttiva. 21.- Il principio del sistema comune dell�IVA consiste, ai sensi dell�art. 2 della primadirettiva, nell�applicare ai beni ed ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto, un�imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell�imposizione. 22.- Tuttavia, a ciascun passaggio, l�IVA si pu� esigere solo previa detrazione dell�IVAche ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo; il sistemadelle detrazioni � disciplinato dall�art. 17, n. 2, della sesta direttiva, in modo che i soggettipassivi siano autorizzati a detrarre dall�IVA da essi dovuta gli importi di IVA che hanno gi�gravato sui beni o sui servizi a monte e che l�imposta colpisca ogni volta solo il valoreaggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale. 23.- Per conseguire lo scopo dell�uguaglianza impositiva della stessa operazione, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuata, il sistema comune dell�IVAdoveva sostituire, secondo i �considerando� della seconda direttiva, le imposte sulla cifrad�affari in vigore nei vari Stati membri. 24.- In quest�ordine di idee, l�art. 33 della sesta direttiva consente il mantenimento ol�istituzione da parte di uno Stato membro di imposte, diritti e tasse gravanti sulle fornituredi beni, sulle prestazioni di servizi o sulle importazioni solo se non hanno natura di impostesulla cifra d�affari. 25.- Per valutare se un�imposta, un diritto o una tassa abbiano la natura di imposta sullacifra d�affari, ai sensi dell�art. 33 della sesta direttiva, occorre in particolare verificare se essiabbiano l�effetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune dell�IVA, gravandosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo le transazioni commerciali in modo analogo all�IVA. 26.- A tale proposito, la Corte ha precisato che in ogni caso devono essere consideratigravanti sulla circolazione dei beni e dei servizi allo stesso modo dell�IVA le imposte, i diritti e le tasse che presentano le caratteristiche essenziali dell�IVA, anche se non sono in tuttoidentici ad essa (sentenze 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit e PoulsenTrading, Racc. pag. I-2217, punti 11 e 14, nonch� 29 aprile 2004, causa C-308/01, GILInsurance e a., Racc. pag. I-4777, punto 32). 27 Per contro, l�art. 33 della sesta direttiva non osta al mantenimento o all�introduzione di un�imposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dell�IVA (sentenze 17 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO settembre 1997, causa C-130/96, Solisnor-Estaleiros Navais, Racc. pag. I-5053, punti 19 e 20, nonch� GIL Insurance e a., cit., punto 34). 28.- La Corte ha precisato quali siano le caratteristiche essenziali dell�IVA. Nonostantealcune differenze redazionali, risulta dalla sua giurisprudenza che tali caratteristiche sonoquattro: l�IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; � proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sonodetratti dall�imposta dovuta, cosicch� il tributo si applica, in ciascuna fase, solo al valoreaggiunto della fase stessa, e in definitiva il peso dell�imposta va a carico del consumatorefinale (v., in particolare, sentenza Pelzl e a., cit., punto 21). 29.- Al fine di evitare risultati discordanti rispetto all�obiettivo perseguito dal sistemacomune dell�IVA, ricordato ai punti 20-26 della presente sentenza, ogni confronto dellecaratteristiche di un�imposta come l�IRAP con quelle dell�IVA deve essere compiuto allaluce di tale obiettivo. In questo contesto deve essere riservata un�attenzione particolare allanecessit� che sia sempre garantita la neutralit� del sistema comune dell�IVA. 30.- In questo caso, relativamente alla seconda caratteristica fondamentale dell�IVA, sideve innanzitutto rilevare che, mentre l�IVA � riscossa in ciascuna fase al momento dellacommercializzazione e il suo importo � proporzionale al prezzo dei beni o servizi forniti, l�IRAP � invece un�imposta calcolata sul valore netto della produzione dell�impresa nelcorso di un certo periodo. La sua base imponibile � infatti uguale alla differenza che risulta, in base al conto economico, tra il �valore della produzione� e i �costi della produzione�, come definiti dalla legislazione italiana. Essa comprende elementi come le variazioni dellerimanenze, gli ammortamenti e le svalutazioni, che non hanno un rapporto diretto con le forniture di beni o servizi in quanto tali. L�IRAP non deve pertanto essere considerata proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti. 31.- Occorre poi osservare, relativamente alla quarta caratteristica fondamentaledell�IVA, che l�esistenza di differenze relativamente al metodo per calcolare la detrazionedell�imposta gi� pagata non pu� sottrarre un�imposta al divieto contenuto nell�art. 33 dellasesta direttiva qualora tali differenze siano pi� che altro di natura tecnica, e non impediscanoche tali imposta funzioni sostanzialmente nello stesso modo dell�IVA. Per contro, si pu� collocare all�esterno dell�ambito applicativo dell�art. 33 della sesta direttiva un�imposta la qualecolpisca le attivit� produttive in modo tale che non sia certo che la stessa vada, in definitiva, a carico del consumatore finale, come avviene per un�imposta sul consumo come l�IVA. 32.- In questo caso, mentre l�IVA, attraverso il sistema della detrazione dell�impostaprevisto dagli artt. 17-20 della sesta direttiva, grava unicamente sul consumatore finale ed �perfettamente neutrale nei confronti dei soggetti passivi che intervengono nel processo diproduzione e di distribuzione che precede la fase di imposizione finale, indipendentementedal numero di operazioni avvenute (sentenze 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc. pag. I-5339, punti 19, 22 e 23, nonch� 15 ottobre 2002, causa C-427/98, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-8315, punto 29), lo stesso non vale per quanto riguarda l�IRAP. 33.- Da un lato, infatti, un soggetto passivo non pu� determinare con precisione l�importo dell�IRAP gi� compreso nel prezzo di acquisto dei beni e dei servizi. Dall�altro, se un soggetto passivo potesse includere tale costo nel prezzo di vendita, al fine di ripercuotere l�importo dell�imposta dovuta per le sue attivit� sulla fase successiva del processo di distribuzio IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ne o di consumo, la base imponibile dell�IRAP comprenderebbe di conseguenza non solo ilvalore aggiunto, ma anche l�imposta stessa, cosicch� l�IRAP sarebbe calcolata su un importodeterminato a partire da un prezzo di vendita comprendente, in anticipo, l�imposta da pagare. 34.- In ogni caso, anche se si pu� supporre che un soggetto passivo IRAP che effettuala vendita al consumatore finale tenga conto, nel determinare il suo prezzo, dell�importo del- l�imposta incorporato nelle sue spese generali, non tutti i soggetti passivi si trovano nellacondizione di poter cos� ripercuotere il carico dell�imposta, o di poterlo ripercuotere nellasua interezza (v., in tal senso, sentenza Pelzl e a., cit., punto 24). 35.- Risulta da tutte queste considerazioni che, in base alla disciplina dell�IRAP, tale imposta non � stata concepita per ripercuotersi sul consumatore finale nel modo tipico dell�IVA. 36.- � vero che la Corte ha dichiarato incompatibile con il sistema armonizzato dell�IVAun�imposta che era riscossa come una percentuale dell�importo totale delle vendite realizzate edei servizi forniti da un�impresa nel corso di un determinato periodo di tempo, detratto l�importo degli acquisti di beni e servizi effettuati nel corso dello stesso periodo dalla medesima impresa. La Corte ha osservato che il tributo in questione era accostabile nei suoi elementi fondamentali all�IVA e che, nonostante le differenze, esso conservava il suo carattere di imposta sulla cifrad�affari (v., in tal senso, sentenza Dansk Denkavit e Poulsen Trading, cit., punto 14). 37.- Qui per� l�IRAP si distingue dal tributo oggetto di tale sentenza in quanto quest�ultimo era destinato a ripercuotersi sul consumatore finale, come risulta dal punto 3 della dettasentenza. Tale tributo era dunque calcolato a partire da una base imponibile identica a quella utilizzata per l�IVA, ed era riscosso parallelamente all�IVA. 38.- Risulta dalle considerazioni svolte che un�imposta con le caratteristiche dell�IRAPsi distingue dall�IVA in modo tale da non poter essere considerata un�imposta sulla cifrad�affari, ai sensi dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva. 39.- Alla luce di quanto sopra, la questione pregiudiziale va risolta dichiarando che l�art. 33della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di unprelievo fiscale avente le caratteristiche dell�imposta di cui si discute nella causa principale. SULLE SPESE 40.- Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono darluogo a rifusione. Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara: L�art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materiadi armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra diaffari � Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, comemodificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta al mantenimento di un prelievo fiscale avente le caratteristiche dell�imposta di cui si discute nella causa principale�. Avvocatura Generale dello Stato � Corte di Giustizia delle Comunit� europee � Osservazioni del Governo della Repubblica italiana nella causa C-475/03 � Banca Popolare di Cremona soc. coop. a.r.l. c/ Agenzia Entrate � Ufficio di Cremona (ct. 3524/04, avv. dello Stato G. De Bellis) promossa con ordinanza emessa il 9 ottobre2003 dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO �1. Con ordinanza emessa il 9 ottobre 2003 la Commissione Tributaria Provinciale di Cremona ha formulato alla Corte di Giustizia un quesito ai sensi dell�art. 234 CE. 2. La controversia riguardava una richiesta avanzata dalla Banca Popolare di CremonaSoc. coop. a.r.l., di rimborso dell�Imposta Regionale sulle Attivit� Produttive (in seguito: IRAP) versata negli anni 1998 e 1999, respinta dall�Ufficio delle Entrate di Cremona conatto notificato il 19 settembre 2001. 3. La Banca aveva impugnato il diniego di rimborso davanti alla Commissione TributariaProvinciale di Cremona, sostenendo che l�IRAP che aveva versato ed il cui rimborso era statonegato era da ritenersi in contrasto sia con l�art. 33 della direttiva 77/388/CEE che con l�art. 76della Costituzione. 4. La Commissione ha sospeso il giudizio formulando alla Corte il seguente quesito: �se l�art. 33 della direttiva 77/388 (cos� come modificato dalla direttiva 91/680/CEE) debbaessere interpretato nel senso che esso vieti di assoggettare ad IRAP il valore della produzione di una attivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio dibeni ovvero alla prestazione di servizi�. 5. Il Governo italiano ritiene che al quesito debba essere data risposta negativa, per imotivi di seguito indicati. 6. L�IRAP � stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 (1) (inseguito �il decreto�). 7. Le caratteristiche principali dell�imposta sono stabilite negli articoli da 1 a 4, il cuitesto � il seguente. �TITOLO I Istituzione e disciplina dell�imposta regionale sulle attivit� produttive Art. 1. Istituzione dell�imposta. 1. � istituita l�imposta regionale sulle attivit� produttive esercitate nel territorio delle regioni. 2. L�imposta ha carattere reale e non � deducibile ai fini delle imposte sui redditi. Art. 2. Presupposto dell�imposta. 1. Presupposto dell�imposta � l�esercizio abituale di una attivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L�attivit� esercitata dalle societ� e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni delloStato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta. Art. 3. Soggetti passivi. 1. Soggetti passivi dell�imposta sono coloro che esercitano una o pi� delle attivit� dicui all�articolo 2. Pertanto sono soggetti all�imposta: a) le societ� e gli enti di cui all�articolo 87, comma 1, lettere a) e b), del testo unicodelle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; b) le societ� in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparatea norma dell�articolo 5, comma 3, del predetto testo unico, nonch� le persone fisiche esercenti attivit� commerciali di cui all�articolo 51 del medesimo testo unico; c) le persone fisiche, le societ� semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell�articolo 5, comma 3, del predetto testo unico esercenti arti e professioni di cui all�articolo 49, comma 1, del medesimo testo unico; d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all�articolo 29 del predettotesto unico, esclusi quelli con volume di affari annuo non superiore a cinque o a quindici (1) Pubblicato nella G.U.R.I. 23 dicembre 1997, n. 298, S.O. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE milioni di lire esonerati dagli adempimenti agli effetti dell�imposta sul valore aggiunto aisensi dell�articolo 34, comma 6, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall�articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 313, sempre che non abbiano rinunciato all�esonero a norma dell�ultimo periodo del citato comma 6 dell�articolo 34; e) gli enti privati di cui all�articolo 87, comma 1, lettera c), del citato testo unico n. 917 del 1986, nonch� le societ� e gli enti di cui alla lettera d) dello stesso comma; e-bis) le Amministrazioni pubbliche di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonch� le amministrazioni della Camera dei Deputati, delSenato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale. 2. Non sono soggetti passivi dell�imposta: a) i fondi comuni di investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77, alla legge 14 agosto 1993, n. 344, e alla legge 25 gennaio 1994, n. 86; b) i fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124; c) i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) di cui al decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, salvo quanto disposto nell�articolo 13. Art. 4. Base imponibile. 1. L�imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall�attivit� esercitata nel territorio della regione. 2. Se l�attivit� � esercitata nel territorio di pi� regioni si considera prodotto nel territorio di ciascuna regione il valore della produzione netta proporzionalmente corrispondente all�ammontare delle retribuzioni spettanti al personale a qualunque titolo utilizzato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i compensi ai collaboratoricoordinati e continuativi e gli utili agli associati in partecipazione di cui all�articolo 11, comma 1, lettera c), n. 5, addetto, con continuit�, a stabilimenti, cantieri, uffici o basi fisse, operanti per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi nel territorio di ciascuna regione, ovvero per le banche, gli altri enti e societ� finanziarie, ad eccezione della Bancad�Italia e dell�Ufficio italiano cambi, le imprese di assicurazione e le imprese agricole proporzionalmente corrispondente, rispettivamente, ai depositi in denaro e in titoli verso laclientela, agli impieghi o agli ordini eseguiti, ai premi raccolti presso gli uffici e all�estensione dei terreni, ubicati nel territorio di ciascuna regione. Si considera prodotto nellaregione nel cui territorio il soggetto passivo � domiciliato il valore della produzione nettaderivante dalle attivit� esercitate nel territorio di altre regioni senza l�impiego, per almeno tre mesi, di personale. 3. Gli atti generali concernenti l�applicazione delle disposizioni di cui al comma 2sono adottati dal Ministero delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapportitra lo Stato, le regioni e le province autonome, di seguito denominata: �Conferenza Stato- regioni��. 8. 1. Secondo il Giudice rimettente, l�IRAP sarebbe assimilabile all�IVA in quanto: a) avrebbe il medesimo presupposto dell�imposta; b) colpirebbe il valore netto derivante dall�attivit� produttiva, ossia il valore netto �aggiunto� al prodotto dal produttore; c) sarebbe corrisposta in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione; d) essa agirebbe come �una imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione al consumo di beni e servizi�, in quanto �la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, � pari all�aliquota IRAP applicata alprezzo di vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 9. Il Governo italiano ritiene che le numerose differenze esistenti tra l�IRAP e l�IVA non consentano di ritenere che la prima possa essere ricompresa nel divieto di cui all�art. 33paragrafo 1 della direttiva 77/388/CEE, in base al quale �Fatte salve le altre disposizionicomunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative alregime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni, della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi� in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbiail carattere di imposta sulla cifra d�affari, sempre che tuttavia tale imposta, diritto e tassanon dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit� connesse con il passaggio di unafrontiera�. 10. Nell�interpretare tale disposizione, la Corte ha affermato (sentenza 8 giugno 1999in cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97 punto 21): A tale riguardo, la Corte ha gi� precisato che caratteristiche essenziali dell�IVA sonole seguenti: l�IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; � proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo d�imposta quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzionee di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero dioperazioni effettuate precedentemente; infine, si applica sul valore aggiunto dei beni e deiservizi, in quanto l�imposta dovuta in occasione di un�operazione viene calcolata previadetrazione di quella che � stata versata all�atto della precedente operazione, sicch�, in definitiva, la tassa va a carico del consumatore finale (v., in tal senso, sentenza 7 maggio 1992, Bozzi, C-347/90, Racc. pag. I-2947). 11. Orbene, facendo applicazione di tali principi si evidenzia come una prima differenza � data dalla diversa base imponibile dei due tributi. 12. Per l�IVA l�art. 11 par. 1 lett. a) della direttiva 77/388/CEE prevede che la base imponibile � determinata per le forniture di beni e le prestazioni di servizi (diverse da quelle di cuialle lettere b), c) e d), �da tutto ci� che costituisce i corrispettivo da versato o da versare alfornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell�acquirente, del destinatario o di unterzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni�. 13. Per l�IRAP l�art. 4 comma 1 del decreto prevede invece che �L�imposta si applicasul valore della produzione netta derivante dall�attivit� esercitata nel territorio della regione�, mentre in base al successivo articolo 14 �L�imposta � dovuta per periodi di imposta aciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periodo di imposta � determinato secondo i criteri stabiliti ai fini delle imposte sui redditi� (in genere a baseannuale). 14. L�articolo 5 precisa che �per i soggetti di cui all�articolo 3, comma 1 lettere a) eb), non esercenti le attivit� di cui agli articoli 6 e 7� (gli articoli 6 e 7 si riferiscono alle banche ed altri enti e societ� finanziarie, nonch� alle imprese di assicurazione) �la base imponibile � determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui al primo comma, lettera A), dell�articolo 2425 del codice civile e lasomma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lettera B) del medesimocomma, ad esclusione delle perdite su crediti e delle spese per il personale dipendente�. 15. L�articolo 2425 del codice civile recante �contenuto del conto economico� dispone quanto segue: 2425. Contenuto del conto economico. Il conto economico deve essere redatto in conformit� al seguente schema: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni; 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti; 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione; 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni; 5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio. Totale. B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci; 7) per servizi; 8) per godimento di beni di terzi; 9) per il personale: a) salari e stipendi; b) oneri sociali; c) trattamento di fine rapporto; d) trattamento di quiescenza e simili; e) altri costi; 10) ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali; b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali; c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni; d) svalutazioni dei crediti compresi nell�attivo circolante e delle disponibilit� liquide; 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci; 12) accantonamenti per rischi; 13) altri accantonamenti; 14) oneri diversi di gestione. Totale. Differenza tra valore e costi della produzione (A-B). C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad impresecontrollate e collegate; 16) altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli daimprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; c) da titoli iscritti nell�attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti; 17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso impresecontrollate e collegate e verso controllanti; 17-bis) utili e perdite su cambi. Totale (15 + 16 � 17+ � 17 bis). D) Rettifiche di valore di attivit� finanziarie: 18) rivalutazioni: a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti all�attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; 19) svalutazioni: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a) di partecipazioni; b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti nell�attivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Totaledelle rettifiche (18-19). E) Proventi e oneri straordinari: 20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi nonsono iscrivibili al n. 5); 21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi precedenti. Totale dellepartite straordinarie (20-21). Risultato prima delle imposte (A � B + � C + � D + � E); 22) imposte sul reddito dell�esercizio, correnti, differite e anticipate; 23) utile (perdite) dell�esercizio 16. E cos�, mentre l�IVA viene calcolata su ciascuna singola operazione (cessione dibene o prestazione di servizio), l�IRAP colpisce il risultato complessivo dell�attivit� economica (produzione netta), risultante dalla differenza tra valore di produzione e costi di produzione risultanti dal conto economico dell�impresa. 17. Non appare pertanto corretto quanto affermato dalla Commissione TributariaProvinciale di Cremona e cio� che l�IRAP graverebbe sul valore netto �aggiunto� al prodotto dal produttore. 18. In primo luogo si tratterebbe di un valore aggiunto �globale�, neppure coincidente con la somma di tutti i �valori aggiunti� delle singole operazioni imponibili ai fini IVA. 19. In secondo luogo il valore aggiunto ai fini IVA � solo quello risultante dalla differenza tra i ricavi (intesi come corrispettivi delle prestazioni o delle cessioni), depurati dalle componenti di costo rilevanti ai fini IVA (che siano cio� il frutto di operazioni imponibili a monte). 20. In conclusione il �valore aggiunto� su cui graverebbe l�IRAP non � in alcun modoassimilabile alla somma dei singoli valori aggiunti ai fini IVA, sia in quanto il primo � riferito all�intera attivit� economica del soggetto passivo, sia a causa del diverso meccanismodi determinazione del valore aggiunto medesimo. 21. In sostanza il valore della produzione netta (che costituisce la base imponibiledell�IRAP), � un elemento di capacit� contributiva simile al reddito; essa viene sostanzialmente a coincidere con la base imponibile delle imposte dirette, rappresentando il risultatoeconomico dell�attivit� di impresa. 22. Altra, e di per s� determinante, differenza tra i due tributi sta nel meccanismo delladetrazione, con la quale si consente all�IVA di gravare solo sul valore aggiunto in ogni fasedel processo produttivo in modo che la somma dei tributi versati nelle varie fasi corrisponda all�imposta sull�intero valore. A tale riguardo codesta Corte ha precisato (sentenza 8 giugno 1999 citata, punti 16 e 17): 16. Secondo la costante giurisprudenza della Corte (v., pi� di recente, la sentenza 19febbraio 1998, SPAR, C-318/96, Racc. pag. I-785), il principio del sistema comune dell�IVAconsiste, ai sensi dell�art. 2 della prima direttiva, nell�applicare ai beni e ai servizi, finoalla fase della vendita al minuto, un�imposta generale di consumo esattamente proporzionale ai prezzi dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero di passaggi effettuatinelle fasi di produzione e di distribuzione precedenti la fase gravata di imposta. 17. Tuttavia, a ciascun passaggio, l�IVA si pu� esigere solo previa detrazione dell�IVAche ha gravato direttamente sul costo dei vari fattori che compongono il prezzo; il sistema IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE delle detrazioni � disciplinato dall�art. 17, n. 2, della sesta direttiva, in modo che i soggetti passivi siano autorizzati a detrarre dall�IVA da essi dovuta gli importi di IVA che hannogi� gravato sui beni o sui servizi a monte e che l�imposta colpisca ogni volta solo il valoreaggiunto e vada, in definitiva, a carico del consumatore finale. 23. Cos� se l�impresa ha effettuato notevoli acquisti e poche operazioni a valle, ai finiIVA acquisir� il diritto al rimborso tra la maggiore IVA versata e quella (minore) riscossa. 24. Viceversa all�IRAP � sconosciuto il suddetto sistema di detrazione, per cui si potr�solo verificare che il valore della produzione netta sia negativo e l�imposta da versare siaperci� uguale a zero. 25. In altri termini, mentre l�IVA � un�imposta destinata a gravare sul consumo finale, con un meccanismo di applicazione frazionata nelle varie fasi della produzione, l�IRAP � untributo che va a colpire la ricchezza prodotta, sotto forma di differenza tra i costi e ricavi, dalle attivit� produttive esercitate in un determinato territorio (art. 4 comma 2 del decreto). 26. Sempre nella stessa sentenza 8 giugno 1999 la Corte si � pronunciata in ordine aduna tassa a favore del turismo applicata (in Austria) sulla medesima base imponibile relativa alla tassa sulla cifra di affari. 27. Uno dei motivi per i quali la Corte ha ritenuto che l�imposta austriaca non presentasse le caratteristiche essenziali dell�IVA era il fatto che (punto 24) �le tasse non vengonoripercosse sul consumatore finale nel modo caratteristico dell�IVA. Infatti, sebbene sia lecito supporre che un�impresa che effettua la vendita al consumatore finale terr� conto, neldeterminare il suo prezzo, dell�importo della tassa incorporato nelle sue spese generali, nontutte le imprese si trovano nella condizione di poter cos� ripercuotere il carico dell�imposta, o di poterlo ripercuotere nella sua interezza�. 28. Ulteriore elemento preso in considerazione dalla Corte � stato il seguente: �poich�le tasse a favore del turismo vengono calcolate, salvo talune esenzioni, sulla base della cifrad�affari complessiva realizzata in un anno, non � possibile determinare con precisione l�importo della tassa ripercossa sul cliente in occasione di ciascuna vendita o di ciascuna prestazione di servizio, sicch� il requisito della proporzionalit� di tale importo ai prezzi percepiti dal soggetto d�imposta non � pi� soddisfatto� (punto 25). 29. A conclusione � stata pertanto che �le tasse a favore del turismo non costituiscono un�imposta sul consumo il cui onere incomba sul consumatore finale del prodotto, bens�tasse sull�attivit� delle imprese interessate dal turismo� (punto 26). 30. Orbene, anche per l�IRAP valgono le medesime considerazioni, a causa in particolare: a) dell�assenza di un meccanismo di detrazione analogo a quello dell�IVA; b) della mancata traslazione dell�onere sul consumatore finale, alla quale non pu� essere assimilata la semplice possibilit� che il prezzo finale possa venire in qualche modo influenzatodall�IRAP versata dal soggetto passivo, al pari di qualsiasi altro costo o onere di produzione; c) della base imponibile che non � costituita dalle singole operazioni (cessioni di beni o prestazioni di servizi), bens� dalla ricchezza prodotta su base annuale e calcolata come differenza tra ricavi e costi in modo analogo alle imposizioni sui redditi d�impresa. 31. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte di rispondere al quesitoformulato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona nel seguente modo �l�art. 33 della direttiva 77/388 (cos� come modificato dalla direttiva 91/680/CEE) non osta ad unatassa avente le caratteristiche dell�IRAP e che si applica sul valore della produzione di unaattivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovveroalla prestazione di servizi�. Roma, 16 marzo 2004 Avvocato dello Stato Gianni De Bellis� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Corte di Giustizia delle Comunit� Europee � Causa C-475/03 � Udienza 16 novembre 2004 � Intervento orale del Governo italiano. �Signor Presidente, signori Giudici, signor Avvocato Generale. Chiedo scusa se per la prima volta, a nome del Governo italiano, ho chiesto di parlareper 30 minuti. Ci� si � reso necessario per due ragioni fondamentali. In primo luogo per l�importanzaeconomica della vicenda. L�IRAP � un�imposta che d� un gettito considerevole (oltre 31miliardi di euro solo nel 2003) che serve a finanziare le spese delle regioni italiane. In secondo luogo per la posizione che ha assunto la Commissione. Non ho difficolt� ad ammettere di essere rimasto sconcertato nel leggere le osservazioni della Commissione, secondo cui l�articolo 33 della direttiva IVA �osta all�introduzione e al mantenimento di un�imposta avente le caratteristiche dell�IRAP italiana�. Sappiamocome purtroppo la procedura del rinvio pregiudiziale sia tale per cui si viene a conoscenzadella posizione espressa dalla Commissione (posizione di innegabile rilievo), soltanto a fasescritta ormai esaurita. L�unica possibilit� di replica � pertanto rimessa alla discussione orale. Dicevo della meraviglia, oltre che della preoccupazione, che nel Governo italiano haprovocato la posizione della Commissione, e ci� per il fatto che la stessa Commissioneaveva affermato esattamente il contrario. Prima di introdurre l�IRAP infatti, il governo invi� alla Commissione il progetto dellanuova imposta (il cui nome era inizialmente previsto in IREP, poi modificato nella stesuradefinitiva in IRAP), i cui elementi essenziali erano gi� contenuti nella legge di delega algoverno n. 662/1996 all�articolo 3 comma 144. Con questa lettera del 10 marzo 1997 il Direttore Generale della 21^ DirezioneGenerale Dogane e Imposte Indirette cos� rispondeva al governo italiano: �Per quanto concerne pi� in particolare l�IREP, dopo attento esame della documentazione fornita, possoaffermare che, allo stato, il progetto di questa nuova imposta non appare incompatibile conla legislazione vigente in materia di imposta sul valore aggiunto. Resta inteso che mi riservo la facolt� di riesaminarlo alla luce delle eventuali modifiche e/o delle disposizioni d�attuazione che saranno emanate.� L�IRAP divenne legge dello Stato italiano (senza modifiche sostanziali rispetto al progetto) con il decreto 446/1997 e mai pi� la Commissione formul� alcun rilievo, fino al 9marzo 2004, dove nelle osservazioni depositate in questa causa la Commissione viene perla prima volta a sostenere l�esatto contrario di ci� che aveva assicurato all�Italia, e lo farichiamando soprattutto una sentenza della Corte (Denkavit del 31 marzo 1992) ben conosciuta gi� all�epoca del parere favorevole reso nel 1997. Ci saremmo aspettati che nelle sue osservazioni la Commissione spiegasse quantomeno il motivo di un cos� radicale cambiamento di opinione. Invece non cՏ neanche un accenno al parere del 1997. Ma veniamo al merito della questione, consapevoli che � solo alla Corte che spetta distatuire sulla corretta interpretazione della normativa comunitaria, in ci� non vincolata inalcun modo alle posizioni della Commissione. Credo che un sereno esame della giurisprudenza consente di affermare che fra tutte leimposte nazionali che sono state portate all�esame della Corte per valutarne la compatibilit� con l�articolo 33 della direttiva, l�IRAP sia in assoluto quella che pi� si differenziadall�IVA, in quanto non possiede nessuna delle caratteristiche essenziali di questa imposta IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE che avete costantemente indicato nelle vostre decisioni, e da ultimo nella sentenza 29 aprile 2004 in causa C-308/01. Al punto 34 di tale pronuncia si ribadisce che l�articolo 33 della sesta direttiva �non osta al mantenimento o all�introduzione di un�imposta che non presenta una caratteristicaessenziale dell�IVA� . Ci� vuol dire che se manca anche una sola delle 4 caratteristiche essenziali, non sussiste incompatibilit�. Ed allora andiamo ad analizzare le 4 caratteristiche, che sinteticamente sono: generalit�, proporzionalit�, applicazione sul valore aggiunto e riscossione in ogni fase della produzione e distribuzione. GENERALIT� 1) L�IRAP si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni e servizi? La Commissione al punto 26 delle sue osservazioni sostiene di s�, affermando chel�IRAP �ha vocazione a gravare il complesso di tutte le operazioni commerciali, cio� leoperazioni effettuate dietro remunerazione, aventi ad oggetto beni o servizi�. Al punto 34 la Commissione afferma ancora che il �valore della produzione netta coincide con il complesso dei corrispettivi ricevuti dal soggetto passivo, come per l�IVA�. Non � esatto: l�IRAP grava non sulle operazioni (cessioni o prestazioni), bens� sulla produzione. Se un�impresa produce 1000 automobili e non le vende, non paga IVA ma paga invecel�IRAP, perch� sono state prodotte, in quanto l�imposta, come ha precisato la CorteCostituzionale nella sentenza 156/2001 richiamata dalla Commissione, colpisce �la nuova ricchezza creata da ogni singola unit� produttiva che viene, mediante l�IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l�organizzatore dell�attivit�, i suoi finanziatori, isuoi dipendenti e collaboratori�; l�IVA viene invece a colpire le successive singole operazioni di trasferimento. Se non cՏ cessione, non cՏ IVA da pagare. Se cՏ produzione ma non cessione, si pagal�IRAP ma non l�IVA. Se poi per generalit� si intende che il tributo � applicato a tutti i soggetti che svolgonoattivit� economiche (ed anzi oltre, visto che si applica anche a tutti gli enti pubblici ed anchead altri soggetti che non esercitano attivit� commerciali) non abbiamo difficolt� ad ammettere che s�, � un�imposta generale (ma non nel senso previsto dall�articolo 33), ma semmaicome le imposte dirette. PROPORZIONALIT� AL PREZZO DEI BENI E SERVIZI. 2) Anche tale requisito � del tutto mancante. Il solo fatto che vi sia un�aliquota unicanon � ovviamente rilevante. Anche le imposte sui redditi delle societ� hanno in genere un�unica aliquota. Ricordiamo che nella sentenza 8 giugno 1999 in causa C-338/97 ed altre riunite, codesta Corte si � pronunciata in ordine ad una tassa sul turismo applicata (in Austria) sullamedesima base imponibile relativa alla tassa sulla cifra di affari. Uno dei motivi per i quali si � ritenuto che l�imposta austriaca non presentasse le caratteristiche essenziali dell�IVA era il fatto che (leggo il punto 24 della sentenza) �le tasse non vengono ripercosse sul consumatore finale nel modo caratteristico dell�IVA. Infatti, sebbene sia lecito supporre che un�impresa che effettua la vendita al consumatore finale terr� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO conto, nel determinare il suo prezzo, dell�importo della tassa incorporato nelle sue spesegenerali, non tutte le imprese si trovano nella condizione di poter cos� ripercuotere il carico dell�imposta, o di poterlo ripercuotere nella sua interezza�. Ulteriore elemento preso in considerazione dalla Corte (al punto 25) � stato il fatto chela tassa austriaca veniva calcolata �sulla base della cifra d�affari complessiva realizzata inun anno, per cui non � possibile determinare con precisione l�importo della tassa ripercossa sul cliente in occasione di ciascuna vendita o di ciascuna prestazione di servizio, sicch�il requisito della proporzionalit� di tale importo ai prezzi percepiti dal soggetto d�impostanon � pi� soddisfatto�. La conclusione � stata pertanto che �le tasse a favore del turismo non costituiscono un�imposta sul consumo il cui onere incomba sul consumatore finale del prodotto, bens�tasse sull�attivit� delle imprese interessate dal turismo� . Queste considerazioni non solo si attagliano perfettamente all�IRAP, ma l�imposta italiana ha ancora ulteriori rilevanti differenze. Non � vero, come vorrebbe far credere la Commissione, che l�IRAP grava sullasomma delle operazioni IVA attive detratte le operazioni IVA passive. Intanto, come riconosce la stessa Commissione, si deve parlare non di base imponibile ma di diverse basi imponibili per diverse categorie di contribuenti. Ma anche volendo restare alla disciplina della categoria pi� ampia, nella base imponibile dell�IRAP troviamo dal lato attivo oltre ai �ricavi delle vendite e delle prestazioni� altre 4 voci (le variazioni delle rimanenze, anche se invendute; le variazioni dei lavori in corso suordinazione eccetera); dal lato passivo oltre ai �costi per materie prime e servizi� altre diverse voci (oneri sociali, ammortamenti e svalutazioni delle immobilizzazioni eccetera), analogamente a quanto accade per le imposte dirette. Se prendiamo due societ� con lo stesso volume di acquisti e di vendite e gli stessiutili, l�IRAP da versare pu� risultare molto diversa, e cio� maggiore per chi ha pi� forzalavoro (non deducibile), minore per chi ha pi� impianti nuovi (i cui ammortamenti sonodeducibili). Come pu� allora la Commissione affermare che �i costi della produzione deducibili dairicavi sono costituiti essenzialmente dalle spese sostenute dal soggetto passivo per l�acquisto di beni �e di servizi?�. � da questa erronea affermazione che la Commissione arriva poi a sostenere chel�IRAP avrebbe un meccanismo di detrazione �base da base�, il che confermerebbe che viene a gravare sul valore aggiunto come l�IVA (e siamo al terzo requisito). 3) Anche ci� � inesatto in quanto il concetto di valore aggiunto ai fini IRAP � totalmente diverso; si tratta del valore della produzione netta che coincide con la remunerazione deifattori produttivi. Ed infatti, fermo restando che l�IVA si applica su ciascuna operazione mentre l�IRAPgrava sul risultato economico dell�attivit� svolta, la Commissione omette di considerare � che mentre l�IVA consente la totale detraibilit� dell�imposta assolta per gli investimenti, l�IRAP consente solo la deduzione delle quote d�ammortamento (come per leimposte dirette); � mentre l�IVA d� rilievo al momento in cui si verifica l�operazione, l�IRAP consideracosti e ricavi di competenza (con la variazione delle scorte, come le imposte sui redditi); � a differenza dell�IVA l�IRAP non conosce il meccanismo della detrazione dell�imposta sugli acquisti che garantisce la neutralit� dell�imposta per il produttore e consente di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE mantenere invariato il carico fiscale indipendentemente dal numero di passaggi per poi gravare solo sul consumatore finale. Se la base imponibile, cio� il valore della produzione netta ricavabile dal bilancio finale, � negativa, non si pagher� alcuna imposta ma non si avr� diritto a rimborsi. 4) Anche l�ultimo requisito, riscossione in ogni fase del procedimento di produzione e di distribuzione pu� ritenersi non sussistente, in quanto l�IRAP si paga ogni anno solo sulvalore di ci� che si � prodotto, indipendentemente dal fatto che sia venduto o esportato. In conclusione, siamo in presenza di due imposte totalmente diverse, in quanto l�IRAP� un�imposta diretta e non indiretta come l�IVA; ed infatti: � l�IVA � un�imposta sui consumi che segue il criterio della destinazione, esenta le esportazioni e tassa le importazioni. � L�IRAP, invece, segue il criterio dell�origine e tassa il valore aggiunto prodotto nelterritorio nazionale, indipendentemente dalla destinazione: quindi include nella base imponibile anche la produzione rivolta all�esportazione. � La base imponibile dell�IRAP � costituita dalla differenza tra il valore della produzione e i costi intermedi. � calcolata come le imposte dirette sui dati contenuti nel bilancio annuale con le variazioni previste per tali imposte. � Si tratta quindi di una valutazione di competenza (e non di cassa) che tiene contodella variazione delle scorte (sia di materie prime che di prodotti finiti) e di eventuali rettifiche del loro valore. � L�IRAP � calcolata e dichiarata una volta all�anno, al pari delle imposte dirette sui risultati dell�anno precedente. La dichiarazione avviene con la stessa modulistica delleimposte dirette. Il versamento avviene contestualmente alle imposte dirette. � L�accertamento e il contenzioso seguono le stesse regole delle imposte dirette. � Il presupposto dell�IRAP � costituito dallo svolgimento di attivit� produttive sul territorio regionale, comprese le attivit� che non sono dirette allo scambio sul mercato; sonoinfatti soggetti passivi anche gli enti non commerciali e le amministrazioni pubbliche, la cuibase imponibile � data dalla remunerazione del lavoro. Ma a questo punto occorre chiedersi come abbia potuto la Commissione pervenire alleconclusioni assunte in questa causa. Leggendo le sue osservazioni, notiamo in primo luogo che la Commissione fonda lasua tesi quasi esclusivamente sulla sentenza Denkavit del 1992. A tale riguardo vogliamo solo ricordare che, come risulta dalla relazione d�udienzapubblicata nella raccolta, il tributo danese dichiarato in contrasto con l�art. 33 era totalmente diverso dall�IRAP ed invece molto simile all�IVA; esso infatti aveva le seguenti caratteristiche: a) si applicava su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi soggette ad IVA nonch� ad altre operazioni esenti; b) la base imponibile era identica a quella adottata per l�IVA; c) se il valore degli acquisti superava quello delle vendite, spettava il rimborso sulla differenza (come per l�IVA); d) il contributo era liquidato con criteri analoghi all�IVA e l�Ammini-strazione lo liquidava sulla base della dichiarazione IVA; e) il Governo danese istitu� il tributo in alternativa ad un aumento del-l�IVA e la Commissione ne contest� da subito la natura con una peocedura di infrazione. Orbene, nessuna di queste caratteristiche si rinviene nell�IRAP. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Cos�altro � necessario per dimostrare che l�IRAP � pi� affine ad un�imposta sui redditi piuttosto che ad un�imposta sui consumi qual � l�IVA? Nella Convenzione multilaterale 90/436/CEE relativa alla eliminazione delle doppieimposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (la cui modifica a seguito del- l�ingresso dei nuovi paesi nell�Unione � in corso di sottoscrizione, l�IRAP � venuta a sostituire l�ILOR (cio� l�Imposta Locale sui redditi). In questa recente pubblicazione della Commissione del 2004 sui sistemi di tassazione nell�Unione Europea, alla pagina 116 l�IRAP viene indicata come tassa sul reddito societario. In ben 20 convenzioni bilaterali tra l�Italia ed altrettanti Stati l�IRAP � stata considerata come imposta sul reddito. Credo che la Commissione non si sia resa conto delle assurde conseguenze che potrebbero derivare dalle sue ardite tesi. Anche la pi� classica delle imposte sul reddito ha il carattere della generalit�, si applica su una base imponibile al cui attivo ci sono essenzialmente i ricavi ed al passivo gli oneriper gli acquisti di beni e servizi. Anche le imposte sui redditi si scaricano sui consumatori a valle (nel senso inteso dallaCommissione), ma non come l�IVA che invece deve gravare sul consumatore finale. Dobbiamo allora attenderci una raffica di procedure di infrazione? L�interpretazione che la Commissione d� dell�articolo 33 � praticamente nel sensoche sulle attivit� economiche non pu� gravare altra imposta all�infuori dell�IVA. Ma non� questo che risulta dal testo della norma, n� era certamente questa l�intenzione del legislatore. Nonostante confidi in una pronuncia della Corte che escluda ogni incompatibilit�dell�IRAP con la direttiva IVA, il Governo italiano non pu� fare a meno di formulare una richiesta subordinata di limitazione degli effetti della pronuncia, per l�ipotesi in cui l�IRAP dovesseessere ritenuta vietata dall�art. 33. Non vՏ dubbio infatti che sussistono entrambi i requisiti che la Corte ritiene indispensabili per accogliere una simile richiesta. Un danno gravissimo per il bilancio dello Stato La legge italiana sulla ripetizione delle imposte indebitamente versate (articolo 38 del d.P.R. n. 602/73) consente di ottenere il rimborso di quanto pagato negli ultimi 4 anni. Il gettito dal 2000 al 2003 � superiore ai 120 miliardi di euro. Questa � la somma che lo Stato dovrebbe restituire ai contribuenti. L�affidamento sulla legittimit� dell�imposta Ricordo che proprio nella causa del contributo danese la Corte neg� la limitazionedegli effetti della sentenza, anche perch� la Commissione aveva da subito segnalato alGoverno l�anomalia dell�imposta che aveva approvato. Nel nostro caso non solo non vi � stata in sette anni alcuna segnalazione, ma addirittura vi � stato un assenso alla introduzione dell�IRAP con il parere favorevole dellaCommissione nel 1997 sul progetto della nuova imposta. Inoltre, a quel che mi risulta, � la prima volta che la Corte � chiamata a pronunciarsisulla compatibilit� con l�articolo 33 con un�imposta diretta. Ma confidiamo che non vi sia la necessit� per la Corte di tali valutazioni. Grazie. Lussemburgo, 16 novembre 2004 Avvocato dello Stato Gianni De Bellis� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Conclusioni dell�Avvocato Generale Jacobs presentate il 17 marzo 2005 (1). �1. Questa domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dalla CommissioneTributaria Provinciale di Cremona solleva sostanzialmente la questione se un�imposta comel�IRAP � un�imposta regionale sulla produzione riscossa in Italia � sia compatibile con ildivieto comunitario di imposte sulla cifra d�affari diverse dall�IVA. Normativa comunitaria rilevante 2. La parte essenziale del sistema armonizzato dell�IVA delle Comunit� � espostoall�art. 2 della prima direttiva IVA (2): �Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell�applicare ai beni ed ai servizi un�imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo diproduzione e di distribuzione antecedente alla fase dell�imposizione. A ciascuna transazione, l�imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene odel servizio all�aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, � esigibile, previa deduzione dell�ammontare dell�imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costodei diversi elementi costitutivi del prezzo. Il sistema comune d�imposta sul valore aggiunto � applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso�. 3. Tale sistema di successive applicazioni e deduzioni d�imposta riguarda pertanto unacatena di operazioni in cui l�importo netto da pagare in ordine a ciascuna operazione � unadeterminata parte proporzionale del valore aggiunto a tale stadio. Quando la catena finisceallo stadio finale del consumo privato, l�importo totale riscosso ammonter� alla relativaquota proporzionale del prezzo finale. 4. Norme pi� dettagliate sono contenute nella sesta direttiva IVA (3). 5. Ai sensi dell�art. 2 della sesta direttiva, una cessione di beni o una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo che agisce in quanto tale � soggettaall�IVA. 6. Il soggetto passivo � definito all�art. 4, n. 1, come chi esercita un�attivit� economica, indipendentemente dal suo scopo o dai suoi risultati. Le attivit� economiche sono, aisensi dell�art. 4, n. 2, �tutte le attivit� di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi �, unitamente allo �sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilit��. Ai sensi dell�art. 4, n. 5, tuttavia: �Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attivit� od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorit�, anchequando, in relazione a tali attivit� od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi oretribuzioni�. 7. Il capo X della sesta direttiva prevede che un certo numero di operazioni sia esentato dall�IVA. L�art. 13 elenca le esenzioni che si applicano all�interno del paese � essenzial( 1) Lingua originale: l�inglese. (2) Prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE. (3) Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d�affari � Sistema comune diimposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la �sesta direttiva �). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mente alcune attivit� di interesse pubblico, alcune operazioni di assicurazione e finanziarie(compresa la gestione di fondi di investimento speciali) e talune operazioni connesse allapropriet� immobiliare � mentre gli artt. 14-16 elencano le esenzioni nel commercio internazionale. L�art. 28 quater (4), nel capo XVI bis, relativo al regime transitorio degli scambitra Stati membri, modifica l�art. 16 cos� da includere il commercio intracomunitario eaggiunge un piccolo numero di altre esenzioni in tale contesto. 8. Gli elementi essenziali del diritto a deduzione sono stabiliti all�art. 17. L�art. 17, n. 2, recita: �Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggettead imposta, il soggetto passivo � autorizzato a dedurre dall�imposta di cui � debitore: a) l�imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo �.�. Ai sensidell�art. 17, n. 3, lett. b), le esportazioni dalla Comunit�, che sono esentate ai sensi del- l�art. 15, danno luogo ad un diritto di dedurre l�imposta a monte, a differenza delle operazioni interne esenti. 9. Infine, l�art. 33, n. 1, della sesta direttiva (5) dispone: �Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e icontrolli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietanoad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, pi� in generale, qualsiasiimposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d�affari, semprech�tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalit� connesse con il passaggio di una frontiera�. 10. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, tale disposizione vieta agli Statimembri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di impostesulla cifra d�affari (6). Essa cerca di impedire che il funzionamento del sistema comunedell�IVA sia messo in pericolo da provvedimenti fiscali di uno Stato membro che gravanosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpiscono i negozi commerciali in modo analogoall�IVA (7). � chiaro che il sistema comune sarebbe messo in pericolo se un�imposta sostanzialmente analoga all�IVA dovesse essere applicata da uno Stato membro ma dovesse sfuggire all�armonizzazione considerata necessaria per il mercato interno. 11. Imposte, diritti e tasse debbono in ogni caso essere considerati come provvedimentidel genere se presentano le caratteristiche essenziali dell�IVA anche se non sono identiciall�IVA in tutto e per tutto. Tali caratteristiche sono definite dalla giurisprudenza della Corte neiseguenti termini: l�IVA si applica in via generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; essa � proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, a prescindere dal numero di operazio( 4) Introdotto dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1). (5) Come modificato dall�art. 1, punto 23), della direttiva del Consiglio 91/680/CEE, cit. allanota 4. (6) V., pi� di recente, sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01, punto 31, e la giurisprudenza ivicitata. (7) V. sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW (Racc. pag. I-1157, punto 20) e giurisprudenza ivi citata. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ni effettuate; essa viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione; infine, essa si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l�imposta dovuta inoccasione di un�operazione viene calcolata previa deduzione dell�imposta versata all�atto dellaprecedente operazione. L�art. 33, n. 1, d�altra parte non impedisce il mantenimento o l�introduzione di un�imposta che non presenti una delle caratteristiche essenziali dell�IVA (8). Normativa nazionale rilevante 12. Con decreto legislativo 15 dicembre 1997 (9), la Repubblica italiana ha introdottoun�imposta � l�imposta regionale sulle attivit� produttive, nota come IRAP � fornendo alleautorit� regionali una fonte di entrate per basare l�esercizio dei poteri loro devoluti. 13. Le norme che disciplinano la riscossione dell�IRAP sono complesse, con molti rinvii ad altre normative. Non le esporr� in dettaglio in questa sede. Tuttavia risulta pacificoche le caratteristiche essenziali sono le seguenti. 14. Ai sensi degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo, l�IRAP � riscossa presso coloro cheesercitano abitualmente un�attivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione oallo scambio di beni ovvero alla prestazioni di servizi. Moltissime persone fisiche e giuridiche, compresi Stato, enti pubblici e amministrazioni dello Stato, sono soggetti passivi del- l�imposta, ma taluni fondi comuni d�investimento, taluni fondi pensione e taluni gruppi economici di interesse europeo sono esenti. 15. L�art. 4, n. 1, definisce la base imponibile come il valore della produzione netta derivante dall�attivit� esercitata nel territorio della regione. Il preciso metodo per determinare talevalore varia alquanto a seconda della categoria di contribuente, ma come principio base perle imprese commerciali esso corrisponde alla differenza risultante nel conto profitti e perditetra, da un lato, la somma dei proventi dell�attivit�, non compresi gli introiti da operazionifinanziarie eccezionali, e, dall�altro, i costi di produzione non comprese le spese per il personale o le spese finanziarie. Per le pubbliche autorit� e le imprese private a carattere non commerciale, la base dell�imposta � essenzialmente l�ammontare delle retribuzioni. 16. In conformit� dell�art. 16, l�aliquota base dell�imposta � del 4,25% del valore dellaproduzione netta cos� definito, aliquota che � raddoppiata nel caso di talune pubblicheamministrazioni e che pu� essere variata dall�autorit� regionale fino ad un massimo di unpunto percentuale nell�uno o nell�altro modo. La domanda di pronuncia pregiudiziale 17. Nel 1999, la Banca Popolare di Cremona (in prosieguo: la �Banca Popolare�) hachiesto il rimborso di varie somme da essa versate a titolo di IRAP in tale anno e nell�anno precedente, sostenendo che l�imposta era illegittima in quanto, tra l�altro, incompatibile conl�art. 33 della sesta direttiva. 18. La validit� dell�IRAP era altres� contestata in vari altri giudizi in Italia in base allapretesa incompatibilit� con una serie di norme della Costituzione italiana. Il 10 maggio2001, in una sentenza (10) sulla quale sia il giudice del rinvio sia tutti coloro che hanno pre( 8) V. sentenze GIL Insurance, cit. alla nota 6, punti 32-34, EKW, cit. supra, punti 21-23, e lagiurisprudenza citata nelle due sentenze. (9) Pubblicato in GURI n. 298 del 23 dicembre 1997; in prosieguo: il �decreto legislativo�, da allora modificato. (10) Sentenza 156/2001. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sentato osservazioni hanno attirato l�attenzione della Corte, la Corte costituzionale hadichiarato che tali contestazioni erano infondate. 19. Le autorit� fiscali hanno successivamente rifiutato di rimborsare le somme reclamate dalla Banca Popolare, che ha impugnato tale rifiuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale. 20. Il giudice nazionale considera che: � come l�IVA, l�IRAP si applica in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali relative alla produzione o allo scambio di beni, o alla prestazioni di servizi, nel contesto di un commercio o di un�attivit� professionale. � come nel caso dell�IVA, la base sulla quale l�IRAP � riscossa � il valore netto aggiunto dal contribuente, anche se il metodo di calcolo � diverso: mentre per l�IVA l�imposta amonte viene dedotta dall�imposta a valle, per l�IRAP i costi sono dedotti dai ricavi; � come l�IVA, l�IRAP � riscossa in ciascuna fase del processo di produzione o di distribuzione, dato che ogni operatore che produce valore aggiunto imponibile � tenuto al pagamento dell�imposta; � come nel caso dell�IVA, la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi fino al consumo finale � pari all�aliquota IRAP applicata al prezzo praticato nei confronti del consumatore finale, di modo che essa corrisponde ad un�imposta generale e proporzionale sul prezzo al quale i beni o servizi sono ceduti al consumatore. 21. Esaminando queste considerazioni alla luce della giurisprudenza della Corte sul- l�art. 33 della sesta direttiva, la Commissione tributaria esprime il punto di vista secondo cuil�IRAP presenta le caratteristiche sostanziali dell�IVA, di modo che essa appare incompatibile con il diritto comunitario e dovrebbe pertanto essere disapplicata dai giudici nazionali. 22. Tuttavia, alla luce della novit� della questione e della mancanza di una specificagiurisprudenza, essa ha deciso innanzi tutto di chiedere una pronuncia della Corte di giustizia sulla seguente questione pregiudiziale: �se l�art. 33 della direttiva 77/388/CEE (cos� come modificato dalla direttiva91/380/CEE) debba essere interpretato nel senso che esso vieti di assoggettare ad IRAP ilvalore della produzione netta derivante dall�esercizio abituale di un�attivit� autonomamenteorganizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi�. 23. Hanno presentato osservazioni scritte la Banca Popolare, il governo italiano e laCommissione e hanno poi partecipato tutti alla trattazione orale all�udienza. La BancaPopolare e la Commissione asseriscono che l�art. 33 vieta un�imposta avente le caratteristiche dell�IRAP, mentre il governo italiano sostiene che tali caratteristiche sono sufficientemente diverse da quelle dell�IVA perch� la stessa imposta non rientri in tale divieto. Valutazione 24. � pacifico che per essere colpita dal divieto di cui all�art. 33 della sesta direttiva, un�imposta nazionale deve presentare tutte le caratteristiche essenziali dell�IVA che, secondo la giurisprudenza della Corte, sono nel numero di quattro, strettamente corrispondentialla definizione contenuta all�art. 2 della prima direttiva: � si applica in modo generale alle cessioni di beni o di servizi; � � proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute; � � applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; e � grava sul valore aggiunto ai beni e/o ai servizi di cui trattasi. 25.La presenza di tutte le quattro caratteristiche essenziali dell�IVA � pertanto condizione tanto necessaria quanto sufficiente perch� un�imposta sia vietata ai sensi dell�art. 33 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE della sesta direttiva. Tuttavia � parimenti pacifico che un�imposta non sfugge al divieto semplicemente perch� non � identica all�IVA sotto tutti i profili (11). 26. � perci� necessario considerare le quattro caratteristiche una alla volta, e valutarese l�IRAP le presenta almeno in forma sostanzialmente identica. Ritengo pi� chiaro esaminare tali caratteristiche nell�ordine seguito dal giudice del rinvio, che � leggermente diversoda quello spesso seguito nella giurisprudenza (12). Inizier� quindi esaminando la questionese l�IRAP si applichi in modo generalizzato, poi se essa sia riscossa sul valore aggiunto allecessioni, quindi se essa si applichi a tutte le fasi ed infine se sia proporzionale al valoreaggiunto, a prescindere dal numero di operazioni. 27. Chiaramente, solo i giudici italiani sono competenti a determinare le precise caratteristiche dell�IRAP, il che comporta questioni alquanto dettagliate di diritto nazionale. Tuttavia, sulla base delle descrizioni fornite dal giudice a quo nell�ordinanza di rinvio e dallaCorte costituzionale nella sua sentenza (13), codesta Corte � a mio parere in grado di valutare se un�imposta del tipo descritto presenti le caratteristiche essenziali dell�IVA. Applicazione in modo generalizzato alle cessioni di beni e di servizi 28. La Commissione tributaria afferma che dall�art. 2 del decreto legislativo consegueche l��IRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto beni e servizi e derivanti dall�esercizio in modo abituale di un�attivit� volta a tale fine, vale a dire nell�esercizio di imprese o di arti e professioni �. Come sottolineato sia dalla Banca Popolare sia dalla Commissione, ci� significa ungrado di applicazione del tutto generale per l�IRAP. 29. La Corte ha ritenuto che un�imposta non si applichi in modo generalizzato quandoesse si applica solo a limitate categorie di cessioni di beni o di servizi (14) o a specifichecategorie di soggetti passivi (15). Tuttavia, essa presenta ancora tale essenziale caratteristica dell�IVA se si applica sia per attivit� commerciali soggette all�IVA sia ad altri tipi di prestazioni industriali o commerciali non soggette ad IVA (16). 30. Mi sembra che l�IRAP presenti la caratteristica di cui trattasi. Infatti le disposizioni degli artt. 2 e 3 del decreto legislativo, che definiscono le attivit� che danno luogo adimposizione e i soggetti passivi, sono per la verit� sostanzialmente molto simili a quelle del- l�art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva. 31. Nessuna categoria di beni o di servizi appare esclusa in quanto tale. Alcune categorie di contribuenti sono escluse ma le esclusioni sono limitate quanto al numero ed alla por( 11) V. la giurisprudenza cit. supra, alle note 6 e 7. (12) V. supra, paragrafi 11, 20 e 24. (13) V. supra, paragrafo 18. (14) Sentenze 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88, Wisselink (Racc. pag. 2671, punto 20), 19 marzo 1991, causa C-109/90, Giant (Racc. pag. I-1385, punto 14), 16 dicembre 1992, causa C208/ 91, Beaulande (Racc. pag. 6709, punto 16), 17 settembre 1997, causa C-347/95, UCAL (Racc. pag. I-4911, punto 36), 17 settembre 1997, causa C-28/96, Fricarnes (Racc. pag. I-4939, punto 40), 17settembre 1997, causa C-130/96, Solisnor-Estaleiros Navais (Racc. pag. I-5053, punto 17), EKW, cit. alla nota 7, punto 24, 19 settembre 2002, causa C-101/00, Tulliasamies (Racc. pag. I-7487, punto 101), GIL Insurance, cit. alla nota 6, punto 33. (15) Sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90, Bozzi (Racc. pag I-2947, punto 14). (16) Sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit (Racc. pag. 2217, punto 15). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tata e sembrano coincidere sostanzialmente con talune esenzioni a norma della sesta direttiva o con l�esclusione di talune operazioni che ricadono interamente fuori dall�ambito diapplicazione dell�IVA. Sia nelle sue osservazioni scritte sia all�udienza la Banca Popolareha affermato, senza essere contraddetta, che tutti gli operatori titolari di partita IVA sonosoggetti all�IRAP. 32. Anche all�udienza, tuttavia, il governo italiano ha sostenuto che bench� l�IRAPpossa essere descritta come imposta applicabile in modo generalizzato, essa non � applicabile alle cessioni di beni o servizi; essa si applica a ricchezza creata e non a cessioni effettuate, di modo che ad esempio un�impresa che in un determinato periodo d�imposta produce 1000 autoveicoli ma non li vende pagher� l�IRAP ma non l�IVA in tale periodo d�imposta. Pertanto l�IRAP, a differenza dell�IVA, � in ogni caso un�imposta diretta e non indiretta. Il governo italiano fa altres� riferimento a talune convenzioni comunitarie e a documenti della Commissione che classificano l�IRAP come un�imposta diretta. La Banca Popolareha energicamente contestato l�asserzione secondo cui l�IRAP era riscossa su beni prodottima non ancora venduti. 33. Codesta Corte non � competente a determinare lo stadio in cui l�IRAP � riscossa. Tuttavia, non ritengo che la tesi del governo italiano incida sulla qualificazione dell�IRAPcome imposta applicabile in modo generalizzato alle cessioni di beni e di servizi. 34. La classificazione delle imposte in �dirette� e �indirette� non � sempre agevole oaddirittura, a molti fini, rilevante. Nella fattispecie, la questione non � quella di stabilire sel�IRAP debba essere qualificata come imposta diretta o indiretta, ma se essa abbia le stessecaratteristiche sostanziali dell�IVA. 35. Tuttavia, una distinzione comunemente accettata tra imposizione diretta e indiretta� che la prima grava su una ricchezza o su un reddito a disposizione di una stessa persona(fisica o giuridica), senza alcuna possibilit� di traslazione ad un�altra persona, mentre laseconda � riscossa su spese o consumi e il suo onere pu� essere � e di fatto normalmente � � trasferito sul consumatore finale e da esso sopportato. Alle luce di ci� mi sembra che ilmeccanismo descritto dal governo italiano sia quello di un�imposta indiretta, il cui oneresar� sostanzialmente sopportato dal consumatore finale. 36. La Corte costituzionale nella sua sentenza afferma che l�IRAP �non colpisce il reddito personale del contribuente bens� il valore aggiunto prodotto dalle attivit� autonomamente organizzate�. Respingendo taluni argomenti nel senso che l�imposta era riscossa suuna �mera potenzialit� di capacit� contributiva�, essa afferma che la base sulla quale l�IRAP� calcolata � �il valore aggiunto prodotto dalle attivit� autonomamente organizzate� (17). 37. Pertanto, se l�IRAP pu� essere riscossa in un momento precedente alla cessioneeffettiva dei beni, ci� non le impedisce di gravare sulla successiva cessione come se essafosse stata riscossa a quel momento, con un risultato esattamente equivalente a quellodell�IVA. 38. D�altra parte, sembra che l�IRAP possa essere sotto parecchi profili persino diapplicazione pi� generale rispetto all�IVA. Chiaramente, lo Stato e le autorit� regionali adesempio non sono esenti cos� come avviene ai sensi dell�art. 4, n. 5, della sesta direttiva, el�imposta � riscossa su esportazioni senza possibilit� di rimborso, diversamente dalle fattispecie di cui agli artt. 15 e 17, n. 3, lett. b), della sesta direttiva. (17) V. supra, paragrafo 18, ai punti 6 e 10.1 della parte in diritto della sentenza. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 39. Tuttavia risulta chiaramente dalla sentenza Dansk Denkavit (18) che qualoraun�imposta abbia sostanzialmente lo stesso ambito di applicazione dell�IVA, il fatto che essasi estenda anche ad altri settori non rientranti nell�IVA nulla taglie alla sua somiglianza conquest�ultima imposta ai fini della sua valutazione ai sensi dell�art. 33 della sesta direttiva. Pertanto, solo se il suo ambito di applicazione fosse considerevolmente pi� ristrettoall�IRAP mancherebbe la caratteristica essenziale dell�applicazione in modo generalizzato. 40. Per giunta consegue da tale principio, da tenere chiaramente presente nel valutarela natura dell�imposta in relazione all�IVA, che qualora l�IRAP si applichi a fattispecie nonrientranti nell�ambito di applicazione dell�IVA, qualsiasi differenza tra la sua base di calcolo in tali fattispecie e la base di calcolo ai fini dell�IVA � semplicemente irrilevante. Gravante sul valore aggiunto ai beni o servizi forniti 41. � pacifico che il metodo di calcolo dell�IRAP differisce da quello applicato per l�IVA. 42. Il giudice del rinvio afferma: �Nell�IVA la quantificazione e tassazione della frazione o segmento di valore aggiunto (vap) prodottasi presso il singolo produttore avvengono colmeccanismo della detrazione imposta da imposta (l�imposta a monte, pagata sugli acquisti, sideduce dall�imposta a valle, incassata sulle vendite). Nell�IRAP la frazione � calcolata e tassata deducendo a un di presso dal ricavato delle �vendite� il costo di acquisto del �venduto�. 43. Tuttavia, esso continua, nei loro risultati i due meccanismi �si assomigliano comedue gocce d�acqua�. 44. In ogni caso, il punto da stabilire � se l�IRAP gravi sul valore aggiunto ai beni e aiservizi, non se tale valore sia calcolato allo stesso modo rispetto all�IVA. Pu� inoltre esserericordato che la Corte costituzionale ha dichiarato che l�IRAP � un�imposta sul valoreaggiunto (19). 45. Il valore aggiunto pu� essere definito in diversi ma ugualmente validi modi e, comela Corte ha sottolineato, non � necessario che un�imposta sia identica all�IVA sotto tutti gliaspetti perch� essa urti contro il divieto contenuto all�art. 33 della sesta direttiva. 46. Secondo le informazioni agli atti sembra che la base di calcolo per l�IRAP sia essenzialmente la differenza tra i ricavi e i costi (non compresi i salari o taluni costi finanziari) delleattivit� produttive del contribuente per un determinato periodo d�imposta � normalmente, aquanto risulta, un anno civile. Ci� pu� chiaramente essere considerato come un modo, anche senon il solo, di definire il valore aggiunto dal contribuente ai beni e servizi da lui ceduti. 47. L�IVA, d�altro canto, � in teoria riscossa sull�intero valore di ciascuna cessioneimponibile effettuata, mentre il suo ammontare viene ridotto in misura pari a quello dell�imposta gi� pagata sui componenti il costo di tale cessione (ad esclusione ancora dei salari edi molti costi finanziari, che sono esenti). In pratica, tuttavia, l�imposta dovuta su tutte lecessioni effettuate in un determinato periodo d�imposta � fino ad un anno � viene cumulata, in quanto � l�imposta pagata su tutti i componenti il costo acquistati durante tale periodo, e l�ultima � dedotta dalla prima (20). (18) Cit. alla nota 16. (19) V. supra, paragrafo 18. (20) V. art. 28 nonies della sesta direttiva, che sostituisce l�art. 22 riguardante gli obblighi deisoggetti debitori dell�imposta in base al regime interno, in particolare i nn. 4-6 di tale articolo, chechiaramente prevedono un cumulo di dati e calcoli per ciascun periodo d�imposta rilevante. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 48. Pertanto in pratica vi � poca differenza tra le due imposte, e forse anche meno neirisultati, anche se l�IVA � concepita come un�imposta calcolata su una base operazione peroperazione. Inoltre l�esistenza di ci� che il giudice del rinvio descrive come �minuzie contabili di risibile importanza� non pu� a mio parere essere sufficiente a superare tale sostanziale analogia se il divieto di altre imposte o tasse aventi la natura dell�IVA deve avere davvero qualche efficacia. 49. Infatti, nella sentenza Dansk Denkavit (21), la Corte ha dichiarato in contrasto conl�art. 33 della sesta direttiva un tributo che, essa ha rilevato, era riscosso come una percentuale �dell�importo totale delle vendite realizzate da ciascuna impresa e dei servizi da essaprestati in un determinato periodo di tempo, detratto l�importo degli acquisti di beni e servizi effettuati nel corso dello stesso periodo dalla stessa impresa�, descrizione questa di unmeccanismo chiaramente molto vicino a quello con il quale � calcolata l�IRAP. 50. Il governo italiano segnala tuttavia una distinzione che potrebbe risultare significativa. Poich� in base al regime IVA un soggetto passivo pu� dedurre l�imposta a monte nonappena essa � sopportata, indipendentemente dall�ammontare dell�imposta a valle dovutanel corso dello stesso periodo d�imposta, possono verificarsi e si verificano casi in cui ilpagamento netto in un particolare periodo avviene dall�autorit� fiscale al soggetto passivoanzich� l�inverso. Con l�IRAP ci� � impossibile: se in un determinato periodo d�imposta lespese eccedono i ricavi, l�imposta � semplicemente pari a zero. 51. � vero che il diritto di deduzione � espressione del principio chiave secondo cuil�IVA dev�essere completamente neutrale per quanto riguarda l�onere nei confronti di tuttele attivit� economiche imponibili di un�impresa, e in quanto tale � una parte essenziale delregime IVA. 52. Tuttavia, il fatto che un�altra imposta non usi tale meccanismo e possa quindi nonavere lo stesso grado di neutralit� fiscale non incide sulla questione di stabilire se essa siariscossa sul valore aggiunto dal contribuente. 53. Sotto tale profilo, possiamo nuovamente tracciare un�analogia con la posizioneassunta dalla Corte nella causa Dansk Denkavit (22) e concludere in via generale che un�imposta non perde le caratteristiche essenziali dall�IVA solo perch� il suo ambito di applicazione � pi� ampio o perch� essa ha altre caratteristiche aggiuntive. Ci� che importa � piuttosto la misura, semmai, in cui pu� mancare qualcuna delle caratteristiche essenziali a cui si� fatto riferimento. 54. In sintesi, sia l�IVA sia l�IRAP sono riscosse sul valore aggiunto a beni e a servizi; su tale situazione non incide il fatto che, a differenza dell�IVA, l�IRAP non viene �rimborsata � quando, eccezionalmente, il valore � perduto anzich� aggiunto. � comunque nella stessa natura di un�attivit� economica che tali casi siano marginali. Applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione 55. Anche se la Corte ha fatto riferimento ad un�applicazione ad ogni �fase� del processo di produzione e di distribuzione, risulta chiaro dall�art. 2 della prima direttiva che ci�che si intende � un�applicazione alla fase di ciascuna operazione in tale processo. Non rientra nella natura di un�imposta sulla cifra di affari il fatto di essere applicata in fasi pura( 21) Cit. alla nota 16. (22) V. supra, punti 29 e 39. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE mente interne all�attivit� commerciale svolta dal soggetto passivo e l�IVA non si applica atali fasi. 56. L�art. 2 del decreto legislativo prevede che il criterio per l�assoggettamentoall�IRAP � �l�esercizio abituale di un�attivit� autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi�, e l�art. 4, n. 1, prevede chel�imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall�attivit� esercitata nel territorio della regione interessata. 57. Sotto questo profilo, la Commissione tributaria afferma che l��IRAP � riscossa inogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich� ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, asoggetto passivo d�imposta�. 58. L�IRAP appare quindi conforme allo stesso modello dell�IVA. Essa � riscossa sulleimprese di tutti coloro che esercitano un�attivit� tassabile, cosicch� qualora i beni o servizidi un�impresa siano utilizzati da un�altra impresa al fine di procurarsi i propri beni o servizi, e questi ultimi siano a loro volta utilizzati da una terza impresa che effettua cessioni aiconsumatori finali, l�imposta sar� applicata relativamente a ciascuna fase in tale processo. Ancora, l�applicazione � globale anzich� su una base operazione per operazione ma non pu�esservi dubbio che essa si applichi a ciascuna fase, fino alla stadio del commercio al minuto incluso, come specificato nella prima direttiva. Proporzionale al prezzo dei beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni 59. Sotto questo profilo il giudice del rinvio rileva che �la somma delle IRAP riscossenelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, � pari all�aliquotaIRAP applicata al prezzo di vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. Nonostante il frazionamento, quindi, l�IRAP finisce per agire come un�imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione al consumo di beni e servizi�. 60. L�IRAP � riscossa ad una o due aliquote, espresse come una percentuale della baseimponibile, che sono stabilite nel decreto legislativo ma possono essere variate entro certilimiti dalla competente autorit� regionale (23). Dato che la base imponibile � sostanzialmente il valore aggiunto dal contribuente ai beni o servizi da lui ceduti, essa � pertanto proporzionale a tale valore. 61. Tuttavia, il carattere globale dell�IRAP consente indubbiamente agli operatori economici un grado di flessibilit� maggiore rispetto al caso dell�IVA. Essi possono adeguare ilmodo in cui trasferiscono l�onere dell�imposta ai loro clienti, o possono addirittura scegliere di non trasferire tale onere per nulla. L�IVA per contro dev�essere applicata all�aliquotaappropriata a ciascuna singola cessione. 62. Di conseguenza, mentre il regime IVA richiede che l�ammontare dell�imposta siauna quota proporzionale specificata del prezzo applicato a ciascuna cessione di beni o servizi, di modo che almeno a fini contabili esso rimane rigorosamente �proporzionale, qualunque sia il numero di transazioni�, ci� pu� non essere letteralmente vero relativamenteall�IRAP, il cui ammontare in proporzione al prezzo di una data cessione pu� variare notevolmente o pu� addirittura essere impossibile da determinare. 63. Non ritengo per� che questo punto sia molto importante ai fini della valutazionecomplessiva. (23) V. supra, paragrafo 16. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 64. In primo luogo, per quanto riguarda la realt� economica, l�onere di un�impostariscossa in ciascuna fase di una catena commerciale sar� in genere trasferito lungo la catena stessa. 65. Eccezionalmente e a breve termine, alcuni operatori economici, per varie ragioni, possono aver optato per assorbire l�onere dell�IRAP senza trasferirlo ai loro clienti, ma alungo termine � probabile che il margine di ciascun operatore si adeguer� e che l�onere verr�alla fine sopportato alla fine della catena. 66. In secondo luogo, la stessa identica opzione � possibile, in termini economici, relativamente all�IVA. Vi � scarsa differenza, o non vi � nessuna differenza di natura pratica o economica, per l�una o l�altra parte ad un�operazione, tra la situazione in cui un operatore decidedi �assorbire� l�onere di un�imposta e quella in cui egli riduce il suo margine di profitto, ovvero, forse pi� verosimilmente, ridistribuisce i suoi margini di profitto tra varie categorie di cessioni in risposta a spinte competitive. Inoltre n� l�una n� l�altra situazione incide sulla riscossione dell�imposta, che rimane in proporzione costante rispetto al prezzo delle cessioni. 67. In tale contesto, la Corte Costituzionale, nella sua sentenza 10 maggio 2001, haconsiderato che �l�onere economico dell�imposta potr� essere infatti trasferito sul prezzo deibeni o servizi prodotti, secondo le leggi del mercato, o essere totalmente o parzialmenterecuperato attraverso opportune scelte organizzative�. 68. Nella sentenza Careda (24), la Corte ha specificamente stabilito che �per avere ilcarattere d�imposta sulla cifra di affari ai sensi dell�art. 33 della direttiva, il tributo considerato deve poter essere trasferito al consumatore (25)�, ma che non � necessario che la normativa nazionale pertinente preveda espressamente la possibilit� di trasferirlo in tal modo, o che tale trasferimento risulti da una fattura o da un documento equipollente. 69. Se uno Stato membro potesse introdurre quella che � essenzialmente un�imposta sulvalore aggiunto ma sfuggire al divieto di cui all�art. 33 della sesta direttiva garantendo chel�ammontare dell�imposta non debba necessariamente rimanere costante come quota proporzionale del prezzo di ogni singola cessione di beni o servizi, tale divieto sarebbe in realt� resoinoperante e l�armonizzazione richiesta dal mercato interno potrebbe essere elusa (26). Conclusione per quanto riguarda la compatibilit� dell�IRAP con il diritto comunitario 70. Pertanto giungo alla conclusione che un�imposta quale l�IRAP presenta le caratteristiche sostanziali dell�IVA ed � colpita dal divieto sancito all�art. 33 della sesta direttiva. 71. Tuttavia, deve anche considerarsi quali effetti concreti questa conclusione comporti. Possibilit� di limitazione degli effetti della sentenza nel tempo 72. Secondo una giurisprudenza costante, i singoli hanno il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario (27). Risulta che, sel�IRAP fosse dichiarata incompatibile con il diritto comunitario, in base alle norme procedurali italiane il diritto retroattivo ad un rimborso si estenderebbe per 48 mesi. (24) Sentenza 26 giugno 1997, cause riunite C-370/95, C-371/95 e C-375/95 (Racc. pag. I-3721), punti 15, 18 e 26. (25) Punto 15, il corsivo � mio. (26) V. supra, punto 10. (27) Per un recente esempio riferentesi alla precedente giurisprudenza, v. sentenza 11 luglio2002, causa 62/00, Marxs & Spencer (Racc. pag. I-6325, punto 30). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73. All�udienza, il governo italiano ha asserito che gli importi riscossi e utilizzati perfinanziare le attivit� delle autorit� regionali nel corso di tale periodo erano superiori a EUR120 miliardi. Alla luce delle gravi conseguenze, esso ha pertanto chiesto che, se l�IRAPdovesse essere dichiarata incompatibile con l�art. 33 della sesta direttiva, gli effetti dellasentenza nel tempo debbano essere limitati, come ad esempio nella sentenza EKW (28). 74. La Corte ha costantemente affermato che l�interpretazione da essa data ad unadisposizione di diritto comunitario chiarisce e definisce il significato e la portata di taledisposizione quale avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entratain vigore. 75. Eccezionalmente, tuttavia, tenendo presente l�esigenza della certezza del diritto, laCorte pu� limitare la possibilit� per le parti di far valere l�interpretazione contenuta in talesentenza per mettere in discussione rapporti giuridici instaurati in buona fede nel passato. Prima di decidere di imporre tale limitazione, essa verifica che siano soddisfatti due criteriessenziali, e cio� che le persone interessate debbono aver agito in buona fede e che deve sussistere un rischio di gravi difficolt� (29). 76. Per quanto riguarda la buona fede, la Corte ha tenuto conto in particolare della posizione assunta dalla Commissione in relazione alla normativa dello Stato membro. La Corte ha riconosciuto, ad esempio, che uno Stato membro pu� far valere il mancato avvio, da partedella Commissione, di un procedimento per inadempimento nei suoi confronti. Uno Statomembro deve tanto pi� aver diritto a far valere l�espressa accettazione da parte dellaCommissione della compatibilit� della sua normativa con il diritto comunitario. 77. Nel caso di specie, il governo italiano fa valere il fatto che la normativa era statanotificata alla Commissione in forma di progetto (in quella fase l�imposta era denominata �IREP�), e che in una risposta del 10 marzo 1997, prodotta dall�Italia con altri documentidell�udienza, il Direttore generale responsabile per le dogane e le imposte indirette scriveva: �Per quanto riguarda� l�IREP, dopo un attento esame della documentazione fornita, posso informarLa che, nel suo stato attuale, la proposta di questa nuova imposta non appare incompatibile con la normativa applicabile nel settore dell�imposta sul valore aggiunto. Ciononostante, mi riservo il diritto di riesaminarla alla luce di eventuali modifiche e/o dellenorme di attuazione da adottare�. 78. Alla luce di tale lettera, e dell�assenza di qualsiasi successiva reazione critica daparte della Commissione, il governo italiano ritiene che esso potesse legittimamente concludere che l�imposta non era incompatibile con il diritto comunitario. L�agente dellaCommissione, tuttavia, ha sostenuto all�udienza che la lettera conteneva semplicemente unparere provvisorio emesso dai servizi della Commissione e che nessuna posizione definitiva era stata mai assunta dalla Commissione stessa. La cancelleria ha successivamente inviato alla Commissione i documenti prodotti all�udienza, per eventuali commenti, ma laCommissione non ha aggiunto nulla su questo punto. 79. Per quanto riguarda il rischio di gravi difficolt�, il governo italiano fa valere leenormi somme potenzialmente implicate nei ricorsi per il rimborso di quella che � attualmente la principale se non l�unica fonte di entrate per le regioni, nonch� i catastrofici effetti che l�accoglimento di tali ricorsi avrebbe quindi sul finanziamento delle Regioni. (28) Cit. alla nota 7, punti 55-60. (29) V., recentissimamente, sentenza 15 marzo 2005, causa C-209/03, Bidar, punti 66-69. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 80. A mio parere esiste una seria ragione per limitare gli effetti nel tempo di una declaratoria di incompatibilit� dell�IRAP con il diritto comunitario. Non mi convince la tesi dellaCommissione dell�importanza da accordare alla lettera del 10 marzo 1997; essa era redattain termini inequivocabili e firmata dal competente direttore generale, n� � stata seguita daulteriori azioni da parte della Commissione. Il rischio di gravi difficolt� appare inoltre reale; parafrasando i termini della sentenza EKW (30), un�efficacia temporale illimitata potrebbe �perturbare retroattivamente il sistema di finanziamento delle Regioni italiane�. 81. Tuttavia sorge il problema della data che possa poi essere opportuno porre comelimite a tale efficacia nel tempo. 82. Nella sentenza EKW, secondo la sua costante prassi in casi del genere, la Corte haescluso che possa essere fatta valere la sua sentenza in domande di rimborso di un�impostapagata o esigibile �prima della data della presente sentenza, salvo per i richiedenti i quali, prima di tale data, abbiano agito in giudizio o altrimenti contestato l�imposizione con un�impugnativa equivalente�. 83. Tuttavia, � successivamente emerso che tutte le autorit� regionali interessate in talecausa avevano modificato la loro legislazione tributaria in modo tale da limitare notevolmente la possibilit� di successo di una domanda, anche per chi avesse gi� intentato un�azione giudiziaria. In tutti i casi tali modifiche erano state effettuate dopo la presentazione delle conclusioni per la sentenza EKW e, in tutti i casi salvo uno, prima della pronuncia della sentenza (31). 84. Nella fattispecie, il problema � diverso. Risulta dalla stampa italiana che un grannumero di operatori italiani stanno gi� chiedendo o sono spinti a chiedere un rimborso disomme pagate a titolo di IRAP, in previsione della pronuncia della Corte in questa causa. 85. Pertanto, alla luce dell�effetto delle varie tattiche che sono state o che possonoancore essere adottate in previsione della sentenza della Corte, e del pericolo di gravissimaperturbazione del finanziamento regionale � senza alcun probabile beneficio complessivo alungo termine per i contribuenti dato che ad ogni diminuzione nel finanziamento deve presumibilmente ovviarsi con un�altra imposizione � potrebbe essere opportuno prendere inconsiderazione un orientamento diverso da quello seguito nella sentenza EKW e in altri casi. 86. Tale orientamento potrebbe ispirarsi a quello frequentemente seguito dalla Cortecostituzionale tedesca: una declaratoria di incompatibilit� subordinata ad una data futuraprima della quale i singoli non possono far valere l�incompatibilit� in qualunque domandanei confronti dello Stato, data scelta al fine di lasciare tempo sufficiente all�emanazione diuna nuova normativa. 87. Per codesta Corte muoversi in tal senso sarebbe una notevole innovazione. Tuttavia innovazioni del genere sono state fatte in passato. Vi fu un�innovazione ad esempio nel 1976quando, nella sentenza Defrenne (32), la Corte limit� l�effetto retroattivo della sua interpretazione di un articolo del Trattato. Vi furono altre innovazioni nel 1980, quando, nella sentenza Providence Agricole de la Champagne (33), la Corte applic� il secondo comma di (30) In particolare, punto 59. (31) V. sentenza 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber/s Wine World (Racc. pag. I-0000, punti 11 e seg.) (32) Sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75 (Racc. pag. 455, punti 69-75). (33) Sentenza 15 ottobre 1980, causa 4/79 (Racc. pag. 2823, punti 42-46) e in altre due sentenze pronunciate lo stesso giorno, la sentenza nella causa 109/79, Ma�series de Beauce (Racc. pag. 2883, punti 42-46) e quella nella causa 145/79, Roquette Fr�res (Racc. pag. 2917, punti 50-52). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE quello che � attualmente l�art. 231 CE per analogia in una pronuncia pregiudiziale, limitando l�efficacia retroattiva di una declaratoria di invalidit� di determinati regolamenti dellaCommissione, e nuovamente nel 1988, quando, nella sentenza van Landschoot (34) essafece un passo in pi�, mantenendo gli effetti di una disposizione comunitaria invalida sino almomento in cui essa fosse sostituita da una disposizione valida. 88. Tuttavia, nella fattispecie, pu� essere difficile per la Corte decidere sulla limitazione nel tempo adeguata, in particolare dato che uno scostamento dall�abituale orientamentodella Corte non � stato n� discusso durante il procedimento n� richiesto dal governo italiano. Alla luce delle difficolt� insite nella scelta della limitazione adeguata, pu� essere consigliabile per la Corte riaprire la trattazione orale per sentire un�ulteriore discussione su questo punto. Conclusione 89. Ritengo pertanto che la questione sollevata dalla Commissione tributaria debba essere risolta nel senso che: un�imposta nazionale come l�imposta regionale sulle attivit� produttive, che � � riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente un�attivit� diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, � colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dell�attivit� tassabile, � � applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuate da un soggetto passivo, e � impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che � globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o servizi sono ceduti dev�essere qualificata come un�imposta sulla cifra d�affari vietata dall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva. 90. Tuttavia, per coloro che cercano di far valere la pronuncia che la Corte emaner�, glieffetti di essa dovrebbero essere soggetti ad una limitazione nel tempo, con riferimento aduna data che dovr� essere fissata dalla Corte�. Ordinanza della Corte (Grande Sezione) 21 ottobre 2005 � Riapertura della fase orale nel procedimento C-475/03. �1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Sistemacomune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (G.U. L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (G.U. L 376, pag. 1; in prosieguo: la �sesta direttiva�). 2. Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia tra la Banca popolare di Cremona Soc. coop. arl (in prosieguo: la �Banca popolare�) e l�Agenzia EntrateUfficio Cremona in merito al prelievo di un�imposta regionale sulle attivit� produttive. (34) Sentenza 29 giugno 1988, causa 300/86 (Racc. pag. 3443, punti 22-24). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. Con decisione 28 settembre 2004 la Corte ha rinviato il procedimento alla GrandeSezione. La Banca popolare, il governo italiano e la Commissione delle Comunit� europeehanno depositato osservazioni scritte ed orali. Nelle conclusioni l�avvocato generale ha proposto di considerare un�imposta quale quella oggetto della causa principale come impostasulla cifra di affari vietata dall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva e di limitare nel tempo glieffetti della sentenza con riferimento ad una data che dovr� essere fissata dalla Corte, eventualmente in futuro. Le conclusioni sono state presentate all�udienza del 17 marzo 2005, dopo la quale il procedimento orale � stato chiuso. 4. Con atti depositati presso la cancelleria della Corte, i governi italiano (il 7 aprile2005), tedesco (l�11 aprile 2005), del Regno Unito (il 14 aprile 2005), dei Paesi Bassi (il 28aprile 2005), belga (il 4 maggio 2005), svedese (il 5 maggio 2005), ceco (il 10 maggio2005), austriaco (il 17 maggio 2005) e francese (il 27 giugno 2005) hanno suggerito o chiesto alla Corte di disporre la riapertura della fase orale del procedimento. 5. La Corte ritiene che, prima di risolvere la questione posta dal giudice del rinvio, sianecessaria una discussione approfondita dinanzi ad essa sulla nozione di imposta avente ilcarattere di imposta sulla cifra di affari ai sensi dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva, nonch� sulle possibilit� di limitare nel tempo gli effetti delle sentenze da essa pronunciate in viapregiudiziale. 6. A tal fine sar� organizzata un�udienza e le parti della causa principale, gli Stati membri, il Consiglio dell�Unione europea nonch� la Commissione sono invitati a prendere posizione per iscritto, entro quattro settimane dalla notifica della presente ordinanza, compresoil termine relativo alla distanza, sulle questioni che figurano infra, nel dispositivo. 7. Conformemente all�art. 61 del regolamento di procedura, sentito l�avvocato generale, si deve perci� disporre la riapertura della fase orale nel procedimento C-475/03. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) cos� provvede: 1) La fase orale nel procedimento C-475/03 � riaperta. 2) La trattazione orale � fissata al 14 dicembre 2005. 3) Le parti della causa principale, gli Stati membri, il Consiglio dell�Unione europeanonch� la Commissione delle Comunit� europee sono invitati a prendere posizione periscritto, entro quattro settimane dalla notifica della presente ordinanza, compreso il terminerelativo alla distanza, sulle seguenti questioni: a) Quali siano i criteri che consentono di qualificare un�imposta come imposta sulla cifradi affari ai sensi dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977,77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alleimposte sulla cifra di affari � Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, tenuto conto dell�obiettivo di tale disposizione e del funzionamento del mercato. b) In quale misura le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad un�impostaavente il carattere d�imposta sulla cifra di affari ai sensi del detto art. 33, n. 1. c) Con riferimento ai paragrafi 72-88 delle conclusioni dell�avvocato generale Jacobs, in quali circostanze e in che maniera possano essere limitati nel tempo gli effetti delle sentenze pronunciate dalla Corte in via pregiudiziale�. Corte di Giustizia delle Comunit� europee � Udienza 14 dicembre 2005 � Intervento orale del Governo italiano. �Signor Presidente, signore e signori della Corte. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Il Governo italiano ha accolto con favore la scelta della Corte di riaprire la fase oraleper avviare �una discussione approfondita dinanzi ad essa sulla nozione di imposta aventeil carattere di imposta sulla cifra d�affari�, oltre che per discutere in ordine alla possibilit�di limitare nel tempo gli effetti delle sentenze emesse in via pregiudiziale. Come gi� evidenziato nell�introduzione dell�avv. Braguglia, le indubbie peculiarit� diquesta controversia giustificano ampiamente la scelta di riapertura della fase orale. E di peculiarit� questo giudizio ne ha pi� di una. La prima � l�ingente valore della controversia. Abbiamo gi� indicato nella risposta aiquesiti l�importo di circa 150 miliardi di euro che lo Stato italiano potrebbe essere tenuto arimborsare. La seconda � l�esplicito assenso dato alla istituzione dell�IRAP dalla Commissione nel1997, a cui ha fatto seguito (coerentemente) un lungo silenzio fino al 10 marzo 2004, giorno in cui la stessa Commissione ha presentato le sue osservazioni dalle quali abbiamo appreso la repentina inversione di rotta. La terza sta nei precedenti giurisprudenziali in materia. Seppure la Corte solo nella sentenza Denkavit del 1992 � pervenuta alla conclusione di dichiarare un�imposta nazionale incontrasto con l�articolo 33 della sesta direttiva, � innegabile che nelle varie pronunce si trovino affermazioni spesso non del tutto coincidenti. Anche per tale motivo l�opportuna composizione allargata della Corte consentir� diintrodurre maggiori elementi di certezza in una materia di cos� notevole rilievo. Non intendiamo ripetere in questa sede quanto abbiamo gi� scritto; vogliamo solo limitarci ad alcune osservazioni. Crediamo che la distinzione tra imposte dirette ed indirette abbia una sua importanzasia in generale, sia ai fini della presente causa. L�ordinamento comunitario riconosce una tale distinzione. La direttiva 77/799/CEEparla di reciproca assistenza tra gli Stati membri in materia di imposte dirette ed indirette. Nella sentenza 10 marzo 2005 nella causa C-22/03 Optiver a proposito della direttiva69/335/CEE in tema di conferimenti in societ� la Corte ha affermato (al punto 33) che talenormativa non si applica ad un�imposta diretta. Da ultimo nelle recenti conclusioni presentate il 29 settembre 2005 nella causa C210/ 04 sull�importante problema del rapporto tra le societ� straniere e le filiali aventi ilcarattere di centro di attivit� stabile, l�Avvocato Generale (il medesimo do oggi), al punto61 ha escluso la possibilit� di estendere al sistema dell�IVA le regole vigenti in materia diimposte dirette (in particolare il modello di convenzione OCSE), riconoscendo la profondadiversit� di tale categoria di tributi che, viene ribadito �rientrano nella sovranit� degli statimembri�. La distinzione tra imposte dirette ed indirette � quindi di decisiva importanza ancheperch�, come abbiamo gi� scritto, la sesta direttiva trova il suo fondamento nell�articolo 93del Trattato che imponeva l�armonizzazione delle sole imposte indirette. � interessante notare che al punto 35 delle conclusioni dell�avvocato generale Jacobssi afferma che �una distinzione comunemente accettata tra imposizione diretta e indiretta �che la prima grava su una ricchezza o su un reddito a disposizione di una stessa persona(fisica o giuridica), senza alcuna possibilit� di traslazione ad un�altra persona, mentre laseconda � riscossa su spese o consumi e il suo onere pu� essere � e di fatto normalmente � � trasferito sul consumatore finale e da esso sopportato�. Ebbene, proprio dal criterio posto dall�avvocato generale si evince la natura di impostadiretta dell�IRAP. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L�IVA � infatti riscossa su spese e consumi; l�IRAP grava invece su una ricchezza (ilvalore della produzione netta) a disposizione di un soggetto. A tale proposito non possiamo che prendere atto con favore della risposta dellaCommissione. Al punto 14 infatti si afferma espressamente che l�IRAP �si configura pi� come un�imposta gravante sulla produzione che come un�imposta gravante direttamente sui consumi�. Ma allora un�imposta che grava su una ricchezza di un soggetto ha la natura di un�imposta diretta, il che esclude che possa avere nel contempo le caratteristiche essenziali diun�imposta sulla cifra d�affari. Altro elemento caratterizzante un�imposta sulla cifra d�affari � la traslazione del tributo sui consumatori. A tale riguardo, non appare corretto affermare che per le imposte dirette non vi sia alcuna possibilit� di trasferirne l�onere sui consumatori finali. � vero invece che la traslazionepu� avvenire in un modo diverso dalle imposte indirette, al pari di qualsiasi altro costo del- l�impresa. Ma questa diversa modalit� assume un valore determinante al fine di configurare untributo come un�imposta sulla cifra d�affari. L�IVA infatti viene trasferita sul consumatore in misura direttamente proporzionale al prezzo di vendita. Anche qualora tale prezzo non sia remunerativo per il venditore, in ognicessione � sempre esattamente individuabile l�importo dell�IVA corrisposta dal consumatore finale, importo che il cedente � tenuto a versare all�erario (previa eventuale compensazione dell�IVA assolta a monte). Un simile meccanismo � del tutto sconosciuto all�IRAP, cos� come a qualsiasi impostadiretta. N� appare corretto affermare che in genere l�onere del tributo verr� trasferito a valle. In primo luogo il prezzo di vendita lo fa il mercato e non il venditore. Ad esempio inquesto momento in Italia a causa dell�influenza aviaria le vendite di carni di pollo sono crollate e con loro anche il prezzo al consumo. Credo sia difficile dimostrare che i produttori italiani di polli hanno trasferito l�IRAP pagata annualmente sui consumatori. In secondo luogo mentre per l�IVA la traslazione avviene sempre anche perch� gi� siconosce la quota parte del prezzo di vendita, per l�IRAP di norma le cessioni avvengonoprima che sia possibile in qualche modo determinarne l�onere. L�IRAP infatti si pagaannualmente ed il suo ammontare si conosce solo a consuntivo, all�esito di un complessocalcolo nel quale incidono molte variabili. Si dir� che anche l�IVA si paga annualmente, ma la situazione � totalmente diversa. La dichiarazione annuale IVA non � altro che il riepilogo di tutte le posizioni attive e passive inerenti ciascuna operazione, operazioni che conservano la loro autonomia, e ladichiarazione annuale ha solo l�effetto di semplificare e compensare le varie partite di debito- credito. Un�altra differenza di fondamentale importanza � il meccanismo del rimborso. Comesi afferma nelle suddette conclusioni �a differenza dell�IVA, l�IRAP non viene �rimborsata � quando, eccezionalmente, il valore � perduto anzich� aggiunto�. Non appare correttosminuire l�importanza di un tale meccanismo n� considerarlo inoltre limitato a casi sporadici. In primo luogo il meccanismo del rimborso dell�IVA a monte eccedente � connaturato per l�IVA che, in quanto imposta sul consumo finale, deve essere esattamente proporzionale al prezzo finale; tale proporzionalit� non si potrebbe realizzare qualora non fosse previsto un meccanismo di rimborso. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE In secondo luogo la perdita di valore dei beni finali al consumo � circostanza tutt�altroche infrequente. Basti pensare ai settori della moda, dell�editoria o ancora ad uno dei settori pi� importanti di questo periodo storico, l�informatica, dove il continuo sviluppo tecnologico rende obsolete ed invendibili notevoli quantit� di prodotti, non appena sul mercatoviene introdotto un nuovo modello. Ebbene in questi casi l�IVA, a differenza dell�IRAP, in quanto imposta sul consumo nonviene pagata e di conseguenza viene rimborsata la maggiore imposta a monte. Cos� come non si pu� non tener conto della diversa base imponibile. Come abbiamo gi� sottolineato nelle difese scritte, il rapporto con le esportazioni e le importazioni � totalmente opposto tra i due tributi. L�IVA infatti tassa le importazioni ed esenta le esportazioni. L�IRAP al contrario esclude dalla base imponibile gli acquisti anche se costituiti daimportazioni, mentre tassa l�intera produzione, ancorch� destinata all�esportazione. N� si pu� affermare, come sostiene la parte privata, che tale rilevante differenza verr� menoal termine del periodo transitorio dell�IVA ovvero, come afferma la Commissione al punto 22della risposta, che l�esenzione non pu� costituire una caratteristica essenziale dell�IVA. In primo luogo al termine del periodo transitorio la differenza sussisterebbe comunquerispetto alle importazioni ed esportazioni extra comunit�. In secondo luogo il diverso regime delle importazioni ed esportazioni va ad incidere in modo rilevante sulla base imponibile dell�IRAP, facendo venir meno il requisito della generalit�. Nella sua memoria la parte privata sostiene poi che la Corte sarebbe vincolata alla qualificazione dell�IRAP che ne ha dato la Corte Costituzionale italiana e che conseguentemente l�IRAP non potrebbe essere considerata un�imposta diretta. Tale affermazione � errata sotto un duplice profilo. In primo luogo la Corte ha sostenuto che la qualificazione di un tributo va effettuataindipendentemente dal nomen juris che pu� avere nei singoli stati membri. In secondo luogo proprio la qualificazione operata dalla corte costituzionale dell�IRAPdi un�imposta gravante sulla ricchezza prodotta da un soggetto � idonea a farla ritenereun�imposta diretta e non sui consumi. Un ultimo accenno, sempre a proposito della base imponibile, circa l�asserita equipollenza tra il meccanismo di detrazione da base a base (che opererebbe per l�IRAP) con quello (operante invece per l�IVA) da imposta a imposta. Mentre quest�ultimo realizza la perfetta proporzionalit� del tributo rispetto al prezzofinale, ci� non avviene per l�altro. Occorre considerare infatti che la cosiddetta detrazione da base a base, cio� l�incidenza negativa sulla base imponibile IRAP dei costi e degli acquisti, prescinde del tutto dallacircostanza che il venditore a monte abbia o meno corrisposto l�IRAP sulla sua produzione(caratteristica questa comune alle imposte dirette). Tale circostanza consente ulteriormente di escludere un qualsiasi parallelismo tra i duemeccanismi. In conclusione, non appare in alcun modo possibile considerare come imposta sullacifra d�affari un tributo come l�IRAP � che ha natura d�imposta diretta (da non confondere con le imposte sul reddito comefa la parte privata); � che non si applica su ciascuna operazione; � che non viene trasferita in modo automatico e proporzionale sui consumatori; � che non d� diritto a rimborsi; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � che opera in modo esattamente opposto all�IVA rispetto alle importazioni ed esportazioni. Se i criteri elastici indicati nelle conclusioni � proporzionalit� cumulativa ed approssimativa, traslazione solo eventuale, irrilevanza dei rimborsi � venissero applicati a qualsiasiimposta generale sul reddito, crediamo che anche questi tributi non sfuggirebbero al divieto di cui all�articolo 33. Da ultimo non possiamo fare a meno di porci una domanda. Ci saremmo trovati in questa situazione se la Corte Costituzionale italiana non avesse qualificato l�IRAP come un�imposta gravante sul valore aggiunto ? O viceversa, ci saremmo trovati in questa situazione se l�IVA si fosse chiamata imposta sui consumi anzich� (privilegiando il meccanismo di applicazione piuttosto che la suanatura) imposta sul valore aggiunto? Forse no. Confidiamo perci� che la Corte, come � suo costume, attribuisca il giusto rilievo allecaratteristiche essenziali del tributo al di l� dei termini usati per classificarlo, confermandouna interpretazione rigorosa dell�articolo 33 che eviti di estenderne a dismisura il campo diapplicazione. Grazie. Avvocato dello Stato Gianni De Bellis�. Conclusioni dell�Avvocato Generale Christine Stix-Hackl presentate il 14 marzo 2006 (1) �INTRODUZIONE Il procedimento 1. Nel presente procedimento, la Commissione Tributaria Provinciale di Cremonadomanda se l�art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA (2) osti all�applicazione di un�impostacome l�imposta regionale italiana sulle attivit� produttive, pi� generalmente nota con il suoacronimo �IRAP�. Nella causa principale, la Banca Popolare di Cremona (in prosieguo: la �Banca Popolare�) chiede il rimborso di una serie di importi da essa versati a titolo di IRAPnel 1998 e 1999. 2. Dopo la presentazione di osservazioni scritte e orali da parte della Banca Popolare, del governo italiano e della Commissione, il 17 marzo 2005 l�avvocato generale Jacobs hapresentato le sue conclusioni (3), concludendo che un�imposta nazionale la quale � � riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente un�attivit� diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, � colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dell�attivit� imponibile, � � applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuate da un soggetto passivo, e � impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che � globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o servizi sono ceduti, (1) Lingua originale: l�inglese. (2) Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazionedelle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Sistema comune diimposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la �sesta direttiva �). (3) Faccio rinvio a tali conclusioni per quanto riguarda il contesto normativo, fattuale e procedurale della causa, che richiamer� o integrer� solo ove necessario. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE dev�essere qualificata come un�imposta sulla cifra d�affari vietata dall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva. 3. Tuttavia, siccome la necessit� di rimborsare ingenti somme corrispondenti all�imposta riscossa in contrasto con il diritto comunitario potrebbe seriamente compromettere ilfinanziamento regionale in Italia, e atteso che la Commissione sembrava aver contribuito, con il suo comportamento, al convincimento del governo italiano che l�IRAP fosse compatibile con il diritto comunitario, l�avvocato generale Jacobs aveva altres� raccomandato chela Corte stabilisse una limitazione temporale agli effetti della sua sentenza. 4. Inoltre, in previsione delle varie tattiche che potrebbero essere adottate nelle moredella pronuncia della sentenza, aveva preso in considerazione la possibilit� di un nuovoapproccio con riferimento a tale limitazione. Aveva sottolineato come alcuni giudici nazionali potessero dichiarare una misura illegittima, fissando nel contempo, per concederetempo sufficiente all�emanazione di una nuova normativa, una data futura prima della qualei singoli non potessero far valere l�illegittimit� in alcun ricorso contro lo Stato. Tuttavia, peril caso in cui una tale impostazione dovesse essere seguita nel caso di specie, riteneva auspicabile che dinanzi alla Corte si dibattesse ulteriormente la questione. Sette Stati membrihanno conseguentemente chiesto la riapertura della trattazione orale a tale scopo. 5. Il 21 ottobre 2005, la Grande Sezione ha disposto la riapertura della fase orale delprocedimento, fissato una nuova udienza al 14 dicembre 2005, e chiesto alle parti nel procedimento principale, agli Stati membri, al Consiglio e alla Commissione di prendere posizione sulle seguenti questioni (4): (a) Quali siano i criteri che consentono di qualificare un�imposta come imposta sullacifra d�affari ai sensi dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva, tenuto conto dell�obiettivo di taledisposizione e del funzionamento del mercato. (b) In quale misura le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad un�impostadi questo tipo. (c) Alla luce delle conclusioni dell�avvocato generale Jacobs, in quali circostanze e inche maniera possano essere limitati nel tempo gli effetti delle sentenze pronunciate dallaCorte in via pregiudiziale. 6. La Banca Popolare, 13 Stati membri e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, sebbene solo alcuni degli Stati membri abbiano affrontato la prima o la secondaquestione; la Banca Popolare, 12 Stati membri e la Commissione hanno svolto osservazioni orali nel corso della seconda udienza, durante la quale, ancora una volta, la maggior partedegli Stati membri si � concentrata esclusivamente sull�aspetto della limitazione temporale. Le caratteristiche dell�IRAP 7. Come l�avvocato generale Jacobs ha sottolineato nelle sue conclusioni, solo i giudici italiani sono competenti a determinare le precise caratteristiche dell�IRAP. Il ruolo di questa Corte � quello di interpretare il diritto comunitario in modo che il giudice remittentepossa applicarlo utilmente all�imposta in esame (5). Cos� facendo, questa Corte deve pertan( 4) Ho semplificato il testo delle questioni come compaiono nell�ordinanza di riapertura dellafase orale. (5) Paragrafo 27 delle conclusioni. V., anche, ad esempio, sentenza 3 marzo 1988, causa 252/86, Bergandi (Racc. pag. 1343, punto 13); nonch� sentenza 26 giugno 1997, cause riunite da C-370/95 aC-372/95, Careda e a. (Racc. pag. I-3721, punti 25 e 26). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO to dare per assodata la natura di tale imposta come descritta nell�ordinanza di rinvio. 8. L�imposta � cos� descritta: �1) Come si ricava dalla definizione dell�art. 2 (6), l�IRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione o di scambio aventi ad oggetto benie servizi poste in essere nell�esercizio in modo abituale di una attivit� volta a tale fine, valea dire nell�esercizio di imprese o di arti e professioni. Vi �, per ci�, una precisa corrispondenza tra il �presupposto dell�imposta� IRAP disegnato dal citato articolo 2 e l�area delle �operazioni imponibili� tracciata dall�art. 1 deldecreto istitutivo dell�IVA e che costituisce il presupposto di quest�ultima imposta. 2) Ai sensi dell�art. 4, primo comma, l�IRAP colpisce il valore netto derivante dall�attivit� produttiva, ossia il valore netto �aggiunto� al prodotto dal produttore. L�IRAP � dunque una imposta sul �valore aggiunto� prodotto e giustamente si parla di�vap� (7) per designare la base di commisurazione della nuova imposta. Anche l�oggetto imponibile dell�IRAP coincide, per ci�, in tutto e per tutto, con quello dell�IVA. Nell�IVA la quantificazione e tassazione della frazione o segmento di valoreaggiunto (vap) prodottasi presso il singolo produttore avvengono col meccanismo delladetrazione imposta da imposta (l�imposta a valle, pagata sugli acquisti, si deduce dall�imposta a monte, incassata sulle vendite). Nell�IRAP la frazione � calcolata e tassata deducendoa un di presso dal ricavato delle �vendite� il costo di acquisto del �venduto�. Nella tassazione �frazionata� IVA e IRAP si assomigliano come due gocce d�acqua. Non inganni la diversit� degli espedienti tecnici usati per la misurazione dell�imponibile edell�imposta. Nell�IVA, per stabilire quanto il singolo operatore debba pagare si ricorreall�espediente di dedurre dall�IVA sul venduto 1�IVA sul costo del venduto; la differenza, sepositiva per il fisco, � 1�IVA dovuta, da cui si pu� risalire alla determinazione quantitativadel valore aggiunto tassato presso l�operatore. Nell�IRAP il procedimento � rovesciato. Non si parte dall�imposta dovuta per risalire al valore aggiunto tassato, bens�, si parte dalvalore aggiunto e da questo si risale all�imposta. Questa diversit� non incide sulla sostanzadelle cose, che � questa: entrambe le imposte tassano, in ogni fase del processo d� produzionee di distribuzione, la frazione di valore aggiunto che si � formata presso il singolo produttoreche ha preso parte al processo produttivo e/o distributivo. Nell�un caso (IVA) detraendo imposta da imposta, nell�altro (IRAP) sottraendo base da base, costi da corrispettivi. 3) L�IRAP � riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich� ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, a soggetto passivo d�imposta. Se, in ipotesi, le fasi del ciclosono tre, facenti capo a Tizio, Caio, Sempronio, tutti e tre sono distintamente, autonomamente, soggetti passivi di IRAP, ciascuno con una tassazione su 100. Lo stesso accadenell�IVA. 4) Infine � da osservare che la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo, � pari all�aliquota IRAP applicata al prezzodi vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. Nonostante il frazio (6) Del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che istituisce l�IRAP, pubblicato in GURI n. 298 del 27 dicembre 1997. (7) Per �valore aggiunto prodotto�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE namento, quindi, l�IRAP finisce per agire come una imposta generale e proporzionale sulprezzo di cessione al consumo di beni e servizi�. 9. L�avvocato generale Jacobs ha fondato la sua analisi su tale descrizione, nonch� sullasentenza della Corte Costituzionale italiana 10 maggio 2001 nella causa 256/2001, con laquale diverse questioni di illegittimit� dell�IRAP per incompatibilit� con la Costituzione italiana sono state respinte. 10. In particolare, come rileva l�avvocato generale, la Corte Costituzionale ha dichiarato che l�IRAP �non colpisce il reddito personale del contribuente bens� il valore aggiunto prodotto dalle attivit� autonomamente organizzate� e che �l�onere economico dell�imposta potr� essere infatti trasferito sul prezzo dei beni o servizi prodotti, secondo le leggidel mercato, o essere totalmente o parzialmente recuperato attraverso opportune scelteorganizzative� (8). 11. Quanto al fatto che qualche aspetto della descrizione dell�IRAP fornita dal giudicenazionale pu� differire dalla descrizione contenuta nelle osservazioni presentate alla Corte � e in effetti la Banca Popolare, il governo italiano e la Commissione hanno tutti fornito unapropria descrizione � la Corte deve, in linea di principio, attenersi alla narrativa dell�ordinanza di rinvio. Tuttavia, l�esistenza e la natura di queste eventuali differenze pu� suggerire che, sotto taluni aspetti, sarebbe utile che la Corte valutasse come la soluzione che essadar� potr� trovare applicazione in circostanze per ipotesi leggermente diverse. In ogni caso, ove la valutazione svolta dal giudice del rinvio con riferimento alle caratteristiche dell�IRAPsia contestata nella causa principale, la sua sentenza sar� presumibilmente oggetto di appello per tale motivo all�interno dell�ordinamento giudiziario nazionale. Valutazione 12. La valutazione della causa cui proceder� in questa sede si articoler� pertanto in dueparti: in una prima parte mi occuper� della compatibilit� di un�imposta come l�IRAP mentre, nella seconda parte, sar� affrontata la possibilit� di una limitazione degli effetti dellasentenza nel tempo. 13. All�interno di ciascuna di queste parti, esporr� anzitutto una serie di considerazioni generali, ivi inclusa una panoramica della giurisprudenza della Corte, dopodich� cercher� di applicare tali considerazioni alle circostanze del presente rinvio pregiudiziale. I � LA COMPATIBILIT� DI UN�IMPOSTA COME L�IRAP CON LA SESTA DIRETTIVA A � Considerazioni generali 1. Imposte vietate dall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva 14. Vi � un corpus giurisprudenziale ben consolidato in merito alle circostanze in cuiun�imposta nazionale si scontra con il divieto, sancito dall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva, di imposte diverse da quelle �che non abbia[no] il carattere di imposta sulla cifra d�affari � (9). In particolare, si rinviene nella giurisprudenza una serie di criteri specifici che il giu( 8) Conclusioni dell�avvocato generale Jacobs, paragrafi 36 e 67. (9) Poich� tale disposizione � redatta in termini permissivi (�(�) le disposizioni della presentedirettiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre (�) qualsiasi imposta, diritto etassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d�affari (�)�) si potrebbe ritenere preferibile considerare il divieto come derivante piuttosto dalla direttiva nel suo complesso, con le sue norme diarmonizzazione piuttosto dettagliate, in combinato disposto con l�art. 10 CE � che vieta qualsiasi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dice nazionale aveva manifestamente in mente allorch� ha redatto la sua ordinanza di rinvio, sullo sfondo dei quali l�avvocato generale Jacobs ha valutato l�IRAP come descritta intale ordinanza (10). 15. Il fatto che, nel riaprire la fase orale del procedimento, la Corte abbia chiesto alleparti, agli Stati membri e alle istituzioni di esporre le loro osservazioni in merito ai criteriper qualificare un�imposta come imposta sulla cifra d�affari ai sensi dell�art. 33, n. 1, allaluce dello scopo di tale disposizione e del funzionamento del mercato, potrebbe suggerireche essa non esclude la possibilit� di rivedere, precisare o sviluppare tali criteri. Li esaminer� pertanto con una certa cura. 2. Sintesi della giurisprudenza allo stato attuale 16. La giurisprudenza sinora invalsa in questa materia ricomprende in particolare (11) le sentenze Rousseau Wilmot (12), Bergandi (13), Wisselink (14), Giant (15), Dansk Denkavit (16), Bozzi (17), Beaulande (18), Careda (19), UCAL (20), Solisnor (21), SPAR (22), Pelzl (23), EKW (24), Tulliasiamies (25) e GIL Insurance (26). Si rilevi come, tra queste, soltanto le sentenze Bergandi, Wisselink e Dansk Denkavit siano state definite dalla Corte in seduta plenaria, mentre le altre sono state decise dalle sezioni. misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato � laddove l�art. 33, n. 1, della direttiva chiarisce il divieto specificando che riguarda solo le imposte che abbiano il caratteredi imposta sulla cifra d�affari. Tuttavia, la differenza di impostazione non ha conseguenze pratiche, cosicch� dar� per presupposto, adeguandomi alla giurisprudenza costante, che il divieto risieda nel- l�art. 33, n. 1. (10) V., supra, paragrafi 2 e 8, nonch� infra, paragrafo 22. (11) Una serie di altre cause ha importanza minore: la sentenza 8 luglio 1986, causa 73/85, Kerrutt (Racc. pag. 2219), riguardava un tipo di imposta di registro esplicitamente consentita dal- l�art. 33 della sesta direttiva; nella sentenza 15 marzo 1989, cause riunite 317/86, 48/87, 49/87, 285/87e 363/87-367/87, Lambert e a. (Racc. pag. 787), la Corte ha ribadito lo stesso principio enunciato nellasentenza Bergandi (cit. alla nota 5), con riferimento alla stessa imposta; l�imposta oggetto della sentenza 31 marzo 1992, causa C-200/90, Dansk Denkavit (Racc. pag. 12217) � stata successivamenteanche oggetto di un ricorso per inadempimento sfociato nella sentenza 1� dicembre 1993, causaC-234/91, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-6273), nella quale la Corte ha seguito lo stessoragionamento; nella sentenza 17 settembre 1997, causa C-28/96, Fricarnes (Racc. pag. I-4939, punti 34 e segg.), la Corte ha seguito il medesimo iter logico della sentenza, pronunciata in pari datanella causa C-347/95, UCAL, avente ad oggetto una tassa analoga. (12) Sentenza 27 novembre 1985, causa 295/84 (Racc. pag. 3759, in particolare punti 14-17). (13) Cit. supra alla nota 5, punti 6-20. (14) Sentenza 13 luglio 1989, cause riunite 93/88 e 94/88 (Racc. pag. 2671, punti 6-21). (15) Sentenza 19 marzo 1991, causa C-109/90 (Racc. pag. I-1385, in particolare punto 14). (16) Cit. alla nota 11. (17) Sentenza 7 maggio 1992, causa C-347/90 (Racc. pag. I-2947). (18) Sentenza 16 dicembre 1992, causa C-208/91 (Racc. pag. I-6709). (19) Cit. supra alla nota 5. (20) Cit. supra alla nota 11, punti 30 e segg. (21) Sentenza 17 settembre 1997, causa C-130/96 (Racc. pag. I-5053). (22) Sentenza 19 febbraio 1998, causa C-318/96 (Racc. pag. I-785). (23) Sentenza 8 giugno 1999, cause riunite C-338/97, C-344/97 e C-390/97 (Racc. pag. I-3319). (24) Sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97 (Racc. pag. I-1157, in particolare punti 19-25). (25) Sentenza 19 settembre 2002, causa C-101/00 (Racc. pag. I-7487, in particolare punti 91-107). (26) Sentenza 29 aprile 2004, causa C-308/01 (Racc. pag. I-4777, in particolare punti 23-37). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 17. In questa giurisprudenza, che si estende su un arco di circa vent�anni, possono ravvisarsi una serie di costanti ed alcune linee evolutive. 18. In primo luogo, la Corte ha esaminato le finalit� della normativa IVA e la ratio del divieto di altri tipi di imposta sulla cifra d�affari. In secondo luogo, ha definito una serie dicaratteristiche dell�IVA, in presenza delle quali un�altra imposta nazionale va ricondotta allasfera del divieto. Infine, esaminando le diverse imposte nazionali di volta in volta in questione, ha identificato varie caratteristiche specifiche che sono o non sono ammissibili sotto taleprofilo, nonch� un�altra serie di caratteristiche che ha considerato invece come irrilevanti. 19. Tre sono le finalit� principali che la Corte ha ravvisato nell�adozione del sistemacomune di IVA: � abolire e sostituire i sistemi di imposte sulla cifra d�affari cumulative a cascata, comeprecedentemente applicate in molti Stati membri (27); � instaurare un mercato comune all�interno del quale vi sia una concorrenza non alterata e che abbia caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno, eliminando le differenze di oneri fiscali che possano alterare la concorrenza ed ostacolare gli scambi (28); e � garantire parit� nelle condizioni di tassazione dello stesso negozio, indipendentemente dallo Stato membro nel quale viene effettuato (29). 20. La finalit� del divieto di imposte sulla cifra d�affari �, come chiarito in numerosesentenze (30), quella di evitare che il sistema comune di IVA sia pregiudicato, il che avverrebbe nel caso in cui fossero applicate imposte, dazi o oneri sulla circolazione dei beni e deiservizi in modo analogo a quello dell�IVA. Nella sentenza Wisselink (31), viene fatto un riferimento ancor pi� generale al rischio che siano compromesse le finalit� sottese al sistemacomune di IVA nella fase attuale del processo di armonizzazione. 21. Le caratteristiche dell�IVA vengono descritte inizialmente mediante riferimentoall�art. 2 della prima direttiva e all�art. 17, n. 2, della sesta direttiva: il principio consiste nel- l�applicare ai beni e ai servizi, fino allo stadio del commercio al minuto compreso, un tributo generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, indipendentemente dal numero di passaggi avvenuti nel processo di produzione e di distribuzioneanteriore alla fase dell�imposizione; tuttavia, ad ogni passaggio, l�IVA � dovuta solo previadetrazione dell�ammontare dell�imposta che ha gravato direttamente sul costo dei vari elementi costitutivi del prezzo, essendo i soggetti passivi autorizzati a detrarre dall�imposta dicui sono debitori l�imposta gi� riscossa a monte sui beni (32). (27) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 13; Wisselink, punto 8; v. anche l�ottavo �considerando�della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione dellelegislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d�affari (GU 71, pag. 1301; in prosieguo: la �prima direttiva). (28) Sentenze Bergandi, punto 7; SPAR, punto 17; Pelzl, punto 14; v. anche primo e secondo�considerando� della prima direttiva. (29) Sentenze Bergandi, punto 9; SPAR, punto 19; Pelzl, punto 18. (30) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 16; Bergandi, punto 14; Wisselink, punto 17; DanskDenkavit, punto 11; Bozzi, punto 9; Beaulande, punto 12; Careda, punti 13 e 24; UCAL, punto 33; Solisnor, punto 13; EKW, punto 20. (31) Punto 19. (32) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 15; Bergandi, punti 8 e15; Wisselink, punto 18; Giant, punto 12; SPAR, punto 23; Pelzl, punto 16. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 22. A partire, poi, dalla sentenza Dansk Denkavit, � stato elaborato un elenco pi� formale di �caratteristiche essenziali� dell�IVA, segnatamente: � si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; � � proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo d�imposta quale contropartita dei beni e servizi forniti; � viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate precedentemente; � gli importi pagati nelle fasi precedenti del processo sono detratti dall�imposta che ilsoggetto passivo deve pagare, cosicch� l�imposta si applica, ad ogni passaggio, solo sulvalore aggiunto in quella fase, e l�onere finale dell�imposta va in definitiva a carico del consumatore (33). 23. Le caratteristiche di un�imposta nazionale rientrante nella sfera del divieto di cuiall�art. 33, n. 1, della sesta direttiva sono descritte, anzitutto, in termini generali, come quelle aventi l�effetto di danneggiare il funzionamento del sistema comune di IVA, gravandosulla circolazione dei beni e dei servizi e colpendo i negozi commerciali in modo analogo aquello che caratterizza l�IVA (34). Nelle sentenze in cui sono elencate le quattro caratteristiche essenziali dell�IVA (35), viene altres� specificato che tasse, dazi e oneri devono in ognicaso essere considerati imposti sulla circolazione di beni e servizi in modo analogo all�IVAove posseggano tali caratteristiche essenziali. Non � tuttavia necessario che siano similiall�IVA sotto ogni profilo (36). 24. Inoltre, entrando nello specifico, soltanto una volta, e precisamente nella sentenzaDansk Denkavit, la Corte ha dichiarato un�imposta effettivamente incompatibile, descrivendone le caratteristiche come segue (37): � veniva versata sia per attivit� soggette ad IVA sia per altre attivit� a carattere industriale o commerciale consistenti nell�effettuazione di prestazioni a titolo oneroso; � era riscossa, per quanto concerneva le imprese soggette ad IVA, su una base imponibile identica a quella utilizzata per l�IVA, cio� sotto forma di una percentuale sull�importodelle vendite realizzate, previa detrazione dell�importo degli acquisiti effettuati; � a differenza dell�IVA, non veniva percepita all�importazione, ma era riscossa sulprezzo pieno di vendita delle merci importate al momento della loro prima rivendita nelloStato membro considerato; � a differenza dell�IVA, non occorreva che fosse indicata a parte nella fattura; � era riscossa parallelamente all�IVA. (33) Questa sintesi � tratta dalla sentenza Pelzl, punti 20 e 21. Le caratteristiche cos� delineatesono rimaste sostanzialmente invariate, sebbene vi siano lievi differenze nell�esatta formulazione: v. sentenze Dansk Denkavit, punto 11; Bozzi, punto 12; Beaulande, punto 14; Careda, punto 14; UCAL, punto 34; Solisnor, punto 14; EKW, punto 22; Tulliasiamies, punto 99; nonch� GIL Insurance, punto 33. (34) V. sentenze Bergandi, punto 14; Giant, punto 11; SPAR, punto 22; Pelzl, punto 20. (35) V. supra, paragrafo 22, e la giurisprudenza ivi citata. (36) Sentenze Dansk Denkavit, punto 14; Careda, punto 14; Solisnor, punto 14; SPAR, punto 21; EKW, punto 22; GIL Insurance, punto 32. (37) Punto 15 e dispositivo. Si noti tuttavia che non tutte quelle caratteristiche sono state considerate rilevante nell�analisi svolta dalla Corte; v. infra, paragrafo 28 nonch� note 50, 52 e 54. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 25. Nella sentenza Careda (38), la Corte ha ulteriormente specificato che, affinch� untributo sia assoggettato al divieto, esso deve poter essere trasferito al consumatore. 26. Nelle altre sentenze, invece, la Corte ha ritenuto che varie imposte nazionali fossero compatibili con la sesta direttiva in quanto le loro caratteristiche erano sufficientementediverse da quelle dell�IVA. Nella maggior parte dei casi, la Corte ha fondato il suo accertamento sull�esistenza di un fascio di caratteristiche idonee a distinguere l�imposta in oggettodall�IVA, mentre nella sentenza Solisnor (39) e nella sentenza EKW (40) ha ritenuto che lamancanza di applicazione generale fosse sufficiente ad escludere, di per s�, l�imposta dal- l�ambito di applicazione del divieto; anche una limitazione a determinate categorie di beni o di servizi � stata presa in considerazione nella maggior parte delle altre sentenze e sembracomunque essere stata una caratteristica di tutte le imposte contestate, salvo forse quelleoggetto delle sentenze Rousseau Wilmot e SPAR. 27. Altre caratteristiche che la Corte ha ritenuto differire da quelle dell�IVA, e che haconsiderato rilevanti nel valutare la compatibilit� di un�imposta nazionale, sono le seguenti: � calcolo dell�imposta sulla base del fatturato annuo, di modo che sia impossibile determinare l�importo preciso trasferito sui consumatori (41); � applicazione dell�imposta sulla base della circostanza che un bene sia semplicemente messo a disposizione del pubblico, a prescindere dall�importo o anche dall�esistenza diun onere per l�uso, oppure calcolo sulla base di un prezzo stimato piuttosto che effettivo (42); pi� in generale, calcolo su una base imponibile diversa da quella del valore aggiunto (43); � assenza di disposizioni in merito alla detraibilit� dell�imposta versata a monte (44); � mancanza di una diretta o stretta proporzionalit� rispetto al prezzo dell�operazionetassata (45); � applicazione dell�imposizione soltanto in una fase nell�ambito di una catena di operazioni (46); tuttavia, nella sentenza Wisselink (47), la Corte ha chiarito che anche un�imposta riscossa una sola volta pu� essere contraria al diritto comunitario qualora ostacoli lapiena efficacia del sistema comune dell�IVA; � applicazione dell�imposta sulle operazioni effettuate a monte, e non a valle, dal soggetto passivo (48). 28. Infine, la Corte ha altres� identificato una serie di caratteristiche che non rilevanoal fine di valutare la compatibilit� di un�imposta nazionale: (38) Al punto 15. (39) Ai punti 18 e 19. (40) Ai punti 24 e 25. (41) Sentenze Rousseau Wilmot, punto 16; Giant, punto 14; Pelzl, punti 24 e 25. (42) Sentenze Bergandi, punti 16 e segg.; Wisselink, punto 20. (43) Sentenze Beaulande, punto 18; UCAL, punto 36; GIL Insurance, punto 36. (44) Sentenze Wisselink, punto 20; Bozzi, punto 16; Beaulande, punto 17; UCAL, punto 36; Pelzl, punto 23. (45) Sentenze Bozzi, punto 15; UCAL, punto 36; Tulliasiamies, punto 102. (46) Sentenze Bozzi, punto 16; Beaulande, punto 17; UCAL, punto 36; SPAR, punto 27; Tulliasiamies, punto 103; GIL Insurance, punto 36. (47) Ai punti 11 e 12. (48) Sentenza SPAR, punti 25 e 26. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � la denominazione dell�imposta in diritto nazionale, il testo letterale della norma o leragioni per la sua adozione (49); � il fatto che l�imposta sia applicata in maniera concorrente all�IVA (50); � la mancanza di uno specifico obbligo di trasferire l�imposta al consumatore (51); � la mancanza di un obbligo di menzionare l�imposta in una fattura o di rilasciare odetenere fatture (52); � il fatto che l�imposta non sia pagata all�importazione ma al momento della prima cessione ad essa successiva (53); � il fatto che l�imposta sia calcolata su una base imponibile diversa nel caso di soggetto passivo non soggetto all�IVA (54). 3. Commenti generali sulla giurisprudenza 29. Vi sono dunque due aspetti principali nell�impostazione seguita dalla Corte: da unlato, a livello fondamentale, lo scrupolo di tutelare i principi sottesi al sistema dell�IVA e dievitare interferenze con lo stesso; dall�altro, la volont� di definire, pi� formalmente e nel- l�interesse della certezza del diritto, i criteri alla luce dei quali un�imposta nazionale pu�chiaramente essere qualificata come incompatibile con il sistema dell�IVA. 30. Una panoramica della giurisprudenza rivela come, mentre il primo aspetto non �mai stato trascurato, il riferimento ai criteri specifici abbia assunto crescente importanzanelle sentenze pi� recenti. Gli Stati membri che hanno risposto al primo quesito posto dallaCorte (55) auspicano tutti una conferma di tale importanza; la Finlandia, in particolare, chiede che ci si attenga fermamente alle quattro �caratteristiche essenziali� nell�interesse dellachiarezza, coerenza e certezza del diritto. 31. Tale posizione � comprensibile. Gli Stati membri debbono sapere quali limiti possono applicarsi alla loro libert� di azione allorch� introducono nuove forme di tassazioneovvero mantengono o modificano forme esistenti. � importante in tale contesto che vi sianocriteri chiari e obiettivi. 32. Tuttavia, vi � sempre il rischio che un�applicazione puramente formale di regole ocriteri conduca a risultati contrastanti con lo scopo fondamentale perseguito quando taliregole o criteri sono stati adottati � nella fattispecie, quello di garantire che non sia pregiudicato il corretto funzionamento del sistema comune di IVA. 33. Mi pare dunque indispensabile, nel valutare le caratteristiche di qualunque tributonazionale messo in discussione rispetto alle caratteristiche dell�IVA, continuare a farlo allaluce di tale scopo, al fine di prevenire qualunque interferenza con gli obiettivi fondamentali consistenti nel sostituire le imposte sulla cifra d�affari cumulative a cascata, predisporrele condizioni per una sana concorrenza nel mercato comune, eliminare le differenze nellatassazione idonee a distorcere la concorrenza o a ostacolare gli scambi, e garantire parit�nelle condizioni di tassazione di una determinata operazione, a prescindere dallo Stato membro in cui essa viene effettuata. (49) Sentenze Wisselink, punto 10; Careda, punto 17; Tulliasiamies, punto 98. (50) Sentenze Giant, punto 9; Dansk Denkavit, punto 15; SPAR, punto 21. (51) Sentenza Careda, punto 18. (52) Sentenze Dansk Denkavit, punto 15; Careda, punti 23 e 25. (53) Sentenza Dansk Denkavit, punto 15. (54) Ibidem. (55) Finlandia, Francia, Ungheria, Italia e Spagna. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 34. In tale contesto, le caratteristiche di un�imposta nazionale possono variare quantoal loro grado di somiglianza con le caratteristiche essenziali dell�IVA. Sembra improbabileche, ove un�imposta pregiudichi il funzionamento del mercato comune in quanto possiedequelle caratteristiche in forma identica, smetter� di pregiudicare il sistema semplicemente inconseguenza di differenze minori. 35. Giustamente la Corte ha dichiarato che, per essere ricompresa nel divieto, non �necessario che un�imposta sia identica all�IVA sotto tutti i profili, dovendo invece essere considerata ricompresa nel divieto qualora possegga le caratteristiche essenziali dell�IVA. Allostesso modo, ritengo che ci� che � necessario, con riferimento a ciascuna di quelle caratteristiche individuali, non sia un�identit� stretta e assoluta bens� un�identit� sostanziale. 36. Per contro si pu� ipotizzare che nella pratica, e forse prima facie paradossalmente, un�imposta interferisca tanto meno con il sistema di IVA quanto pi� gli assomiglia. Un�ipotetica imposta aggiuntiva rispetto all�IVA ma altrimenti identica ad essa sotto tutti iprofili non sarebbe infatti molto diversa da un aumento dell�aliquota standard dell�IVA, perla quale non vi �, attualmente, alcun limite massimo (56). Ci� che rischia di interferire inmaggior misura con il sistema comune � un�imposta che, pur possedendo caratteristicheessenziali dell�IVA, ne possieda anche altre con essa contrastanti (57). 37. In tale contesto, l�avvocato generale Jacobs ha riconosciuto (58) che la presenza ditutte le quattro caratteristiche essenziali dell�IVA � condizione necessaria perch� un�imposta nazionale sia incompatibile con la sesta direttiva, il che implicherebbe che, in mancanzadi una qualunque di tali caratteristiche, l�imposta sia compatibile. 38. Tuttavia, � anche possibile un�interpretazione della giurisprudenza leggermentediversa. 39. In tutte le sentenze, salvo Solisnor e EKW, la Corte ha sottolineato che all�impostanazionale di cui trattavasi mancava pi� di una delle quattro caratteristiche essenziali mentre, nelle due sentenze citate, decisiva � stata l�assenza di applicazione generale. Ci� potrebbe suggerire che, delle quattro caratteristiche, quella dell�applicabilit� generale debba essere considerata di maggior peso rispetto alle altre tre. Tuttavia, non mi sembra che tale conclusione possa essere tratta con certezza, cosicch� non propongo di accogliere quest�interpretazione. 40. Che cosa pu� dirsi allora, in termini generali e con sicurezza, circa le caratteristiche essenziali dell�IVA, alla luce dello scopo del sistema comune e del divieto di impostenazionali idonee a pregiudicarne il funzionamento? 41. Possono anzitutto essere fissati alcuni punti in negativo. Un�imposta non � idoneaa pregiudicare il funzionamento del sistema comune se non si applica in modo generale; leimposte che si limitino a categorie specifiche di beni o servizi non sono idonee ad interferire con il sistema nel complesso. Un�imposta che non sia applicata in ciascuna fase della (56) V. art. 12, n. 3, lett. a), della sesta direttiva. In varie occasioni la Commissione ha propostoun�aliquota massima, ma tale proposta non � stata accettata, sebbene, de facto, si applichi un�aliquotamassima del 25%, probabilmente per ragioni pratiche connesse all�aumento del rischio di frodi allorch� l�aliquota cresce. (57) V. anche le conclusioni dell�avvocato generale Tesauro presentate nella causa DanskDenkavit (paragrafo 8, sesto capoverso, a pag. I-2235). (58) Ai paragrafi 24 e 25 delle sue conclusioni. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO catena produttiva o distributiva � meno probabile che possa compromettere il sistema; taliimposte possono incidere su una fase specifica della catena, ma non sull�intero sistema (59). Un�imposta che non sia proporzionale al valore aggiunto in ciascuna fase, e quindi al prezzo complessivo in ciascuna fase, � meno probabile che interferisca con il sistema di IVA; imposte forfettarie possono in generale coesistere con imposte proporzionali (60). E, naturalmente, un�imposta non trasferibile sul consumatore non pu� compromettere il funzionamento dell�IVA come imposta sul consumo. 42. Prima di esaminare l�applicazione della giurisprudenza, e dei criteri da essa elaborati, a un�imposta come l�IRAP, � tuttavia necessario, ancora a livello generale, considerarel�eventuale rilevanza di due punti specifici: lo status delle operazioni bancarie in riferimento alle imposte sulla cifra d�affari e la distinzione tra imposizione fiscale diretta e indirettaalla luce dell�art. 93 CE. 4. Assoggettamento delle operazioni bancarie all�imposta sulla cifra d�affari 43. La Corte ha chiesto alle parti, agli Stati membri e alla Commissione di chiarire inquale misura, a loro parere, le operazioni bancarie possano essere assoggettate ad un�imposta avente il carattere di imposta sulla cifra d�affari ai sensi dell�art. 33, n. 1, della sestadirettiva. 44. La Banca Popolare, i governi francese e ungherese e la Commissione hanno risposto brevemente, concordando sul fatto che le operazioni bancarie possano, in via di principio, essere assoggettate ad un�imposta del genere (sebbene possano sorgere difficolt�pratiche maggiori rispetto al caso di altre operazioni commerciali) sottolineando comunque anche l�esistenza di un ampio numero di esenzioni dall�IVA nell�ambito dei servizifinanziari (61). 45. Il governo ungherese ritiene pertanto che agli Stati membri non sia preclusa, inforza dell�art. 33, n. 1, la possibilit� di imporre un tributo diverso dall�IVA sulle operazionibancarie. La Banca Popolare � in disaccordo con questa tesi, sottolineando che la questionesollevata dal giudice del rinvio riguarda la compatibilit� dell�IRAP �tout court�, e non quella della sua applicazione alle operazioni bancarie. 46. Non credo che un�approfondita analisi della questione potrebbe rivelarsi proficua (62). I servizi bancari rientrano nell�ambito dell�IVA in forza dell�art. 6, n. 1, della sestadirettiva; sono ampiamente esenti in forza dell�art. 13, parte B, lett. d); tuttavia, gli Statimembri possono accordare ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l�imposizione anorma dell�art. 13, parte C, lett. b). Qualora un�imposta di applicazione generale soddisfitutti i criteri per essere ricompresa nel divieto di cui all�art. 33, n. 1, non dovrebbe esserneesclusa semplicemente perch� si applica anche a una categoria di operazioni che � esente e (59) Sebbene risulti dai punti11 e 12 della sentenza Wisselink che tale conclusione non ha valenza assoluta, e che anche un�imposta che si applica in una singola fase pu� in alcuni casi impedire ilcorretto funzionamento del sistema comune di IVA. (60) La sentenza Bergandi suggerisce tuttavia, al punto 17, che un�imposta forfettaria basata suuna valutazione obiettiva dei prevedibili ricavi potrebbe essere ricompresa nel divieto, se trasferita sulconsumatore. (61) In particolare all�art. 13, parte B, lett. d). (62) La Commissione ha fatto approntare diverse relazioni sull�applicazione dell�IVA ai servizifinanziari, ivi incluse le operazioni bancarie. In particolare, sul sito web della Commissione � rinvenibile uno studio effettuato nel 1996 dalla Ernst & Young. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE per la quale, eventualmente, lo Stato membro di cui trattasi non abbia previsto la possibilit� di optare per l�imposizione (63). 47. Non mi sembra dunque rilevante, ai fini della valutazione cui la Corte dovr� procedere, il fatto che la maggior parte delle operazioni effettuate dalla Banca Popolare, o dallebanche in generale, possa essere esente da IVA. 5. L�art. 93 CE e la distinzione tra imposte dirette e indirette. 48. Infine, vorrei passare ad esaminare una questione generale sollevata da vari Statimembri nelle loro osservazioni: ci si chiede se l�eventuale qualificazione di un�impostacome imposta diretta possa essere rilevante ai fini della valutazione della sua compatibilit�con la sesta direttiva. 49. Tutte le direttive IVA si fondano sull�art. 93 CE (ex art. 99 del Trattato CE), in forzadel quale il Consiglio adotta le disposizioni che riguardano l�armonizzazione delle legislazioni relative �alle imposte sulla cifra d�affari, alle imposte di consumo ed altre imposteindirette� nella misura �necessaria per assicurare l�instaurazione e il funzionamento delmercato interno� (originariamente �nell�interesse del mercato comune�). 50. Ne � stato desunto che, poich� l�art. 93 CE riguarda soltanto l�imposizione fiscaleindiretta, la sesta direttiva non pu� vietare tributi che non configurino, di per s�, un�impostaindiretta. 51. A mio parere, tuttavia, tale conclusione non � giustificata. 52. In primo luogo, si rilevi che, come la Commissione ha sottolineato nel corso dellaseconda udienza, la Corte, nel valutare la compatibilit� di un�imposta nazionale con la sestadirettiva, non l�ha mai qualificata come �diretta� o �indiretta� (64). Chiaramente, da talecircostanza non pu� trarsi alcuna conclusione determinante, tuttavia essa indica che ladistinzione tra imposizione diretta e indiretta non � stata considerata, ad oggi, un criterioessenziale, e pu� suggerire che dovrebbe essere introdotta come criterio solo ove vi fosserofondate ragioni per farlo, il che resta da verificare. 53. In tale contesto, va ricordato che il Trattato non contiene alcuna definizione in merito alla differenza tra imposizione diretta e indiretta, ed � pacifico che non pu� formularsialcuna definizione completa, inequivocabile e universalmente valida. 54. Certamente, l�essenza della distinzione � chiara: un�imposta diretta � riscossa direttamente presso il soggetto su cui grava l�onere economico; un�imposta indiretta � inclusa inun importo pagato da tale soggetto a un altro, che non sopporta l�onere economico ma cherisponde del pagamento dell�imposta. 55. Tipiche imposte dirette sono quelle sul patrimonio personale, sulla propriet� o sul reddito; si potrebbe dire che solo le imposte riscosse sui singoli come tali abbiano natura veramente diretta. Al contrario, l�IVA, come disciplinata dalla sesta direttiva, � un�imposta indiretta pereccellenza, in quanto del tutto neutrale rispetto agli operatori economici presso i quali � riscossa ed in quanto viene in via di principio sempre trasferita sul consumatore finale quale percentuale identificabile del prezzo (e quale importo specificato allorch� viene emessa una fattura). (63) V. paragrafi 39, 40 e 53 delle conclusioni dell�avvocato generale Jacobs presentate in questa causa. (64) V. la giurisprudenza citata supra , al paragrafo 16. La Corte ha ovviamente tenuto conto dellapossibilit� di trasferire l�onere dell�imposta, che � una caratteristica dell�imposizione indiretta, ma soloa fini di raffronto con l�IVA, e non per qualificare l�imposta come diretta o indiretta. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 56. Tuttavia, la situazione non sempre � nitida. Alcune imposte che sono in primo luogodirette possono condividere in parte la natura dell�imposizione fiscale indiretta, e viceversa. E anche qualora potesse rinvenirsi un criterio soddisfacente per distinguere giuridicamentetra imposizione fiscale diretta e indiretta, alcuni degli effetti di un�imposta come l�IRAPsembrano potersi sovrapporre a quelli dell�IVA, cosicch� un�interferenza tra le due non pu�essere esclusa. 57. Inoltre, � stato correttamente sottolineato come l�art. 93 CE non possa chiaramente fornire un valido fondamento normativo per un�armonizzazione comunitaria dell�imposizione fiscale diretta. Tuttavia, altrettanto chiaramente, secondo me, esso pu� fornire un tale fondamento per una norma comunitaria che vieti un�imposta nazionale idonea a pregiudicare il funzionamento di una forma di imposizione indiretta armonizzata � come l�IVA. Noncredo sia necessario esigere un fondamento normativo diverso semplicemente perch� il tributo nazionale in questione pu� presentare alcune caratteristiche dell�imposizione diretta. Ci� che importa � che possegga oppure no caratteristiche idonee a compromettere il funzionamento del sistema dell�IVA, a prescindere dal fatto che ne possegga anche altre che nonlo sono � e si ricordi che solo le caratteristiche lesive del funzionamento del sistema dell�IVA saranno in conflitto con il divieto fondato sull�art. 93 CE. 58. In termini pi� succinti, si pu� dire che l�art. 93 CE non consente alla legislazionecomunitaria di ledere la sovranit� fiscale degli Stati membri nel settore della fiscalit� diretta; reciprocamente, non consente agli Stati membri di adottare, nell�esercizio di tale sovranit�, misure idonee a compromettere l�armonizzazione, come pattuita, della fiscalit� indiretta. Di conseguenza, esso pu� fungere da valido fondamento normativo per una normativache vieti siffatte misure. 59. Si rilevi infine che, sebbene dal 1989 (65) in poi tutte le direttive IVA risultino essere state adottate soltanto sulla base dell�art. 93 CE (o del suo predecessore, l�art. 99 delTrattato CE), non cos� era avvenuto per le direttive precedenti. Fino al 1986 (66) esse eranofondate nel contempo sull�art. 99 e sull�art. 100 del Trattato CE, vale a dire sugli attualiartt. 93 CE e 94 CE. Ai sensi di quest�ultima norma, il Consiglio stabilisce direttive volte alravvicinamento delle disposizioni nazionali �che abbiano un�incidenza diretta sull�instaurazione o sul funzionamento del mercato comune�. 60. Pertanto la sesta direttiva, che rientra nel primo gruppo, � stata adottata sulla basenon soltanto di una disposizione del Trattato che autorizza l�armonizzazione delle imposteindirette, ma anche sulla base di un�altra disposizione che autorizza, pi� in generale, qualunque armonizzazione che sia in rapporto indiretto con l�instaurazione e il funzionamentodel mercato comune. 61. Di conseguenza, non vi � alcuna ragione per cui il divieto di imposte nazionali sullacifra d�affari diverse dall�IVA non debba potersi estendere a tutte le imposte idonee a pre( 65) Diciottesima direttiva del Consiglio 18 luglio 1989, 89/465/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Soppressione di talune deroghe previste dall�articolo 28, paragrafo 3, della sesta direttiva 77/388/CEE (GU L 226, pag. 21). (66) Tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari � Modalit� dirimborso dell�imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio dellaComunit� (GU L 326, pag. 40); sebbene le direttive IVA siano numerate in ordine progressivo, nontutte quelle nell�ordine sono state di fatto adottate (o adottate nell�ordine progressivo). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE giudicare il funzionamento del sistema dell�IVA. Ci� dipender� dalle caratteristiche e daglieffetti di ciascuna imposta, e non da una sua classificazione teorica nella categoria delleimposte dirette o di quelle indirette. Non paiono esservi ragioni cogenti per introdurre uncriterio del genere in sede di valutazione della compatibilit� con l�art. 33, n. 1, della sestadirettiva, e l�art. 93 CE, in quanto fondamento normativo della sesta direttiva, non forniscepertanto alcun ausilio diretto sotto tale profilo. 6. Conclusione sulla scorta delle considerazioni generali in merito alla compatibilit�con la sesta direttiva 62. Giungo pertanto alla conclusione che n� la peculiarit� delle operazioni bancarie n�la qualificazione di un�imposta come diretta o indiretta possono incidere sulla valutazioneche qui ci occupa, la quale deve basarsi su un esame delle quattro caratteristiche essenziali, le quali tutte debbono ricorrere affinch� un�imposta nazionale rientri nella sfera del divietosancito dalla sesta direttiva. 63. Tuttavia, ritengo che la Corte, con riferimento a taluni aspetti di questi criteri, sitrovi di fronte ad una scelta tra un�applicazione restrittiva ed una pi� estensiva, quest�ultima quantomeno implicitamente insita nell�analisi svolta dall�avvocato generale Jacobs. 64. Orbene, si pu� desumere dagli orientamenti giurisprudenziali innanzi delineati chetanto l�approccio estensivo quanto quello restrittivo gi� sono presenti, in gradi diversi, nellagiurisprudenza della Corte, che pu� dunque aver mantenuto un qualche grado di incertezza. Nella fattispecie, la Corte deve dissipare ogni eventuale incertezza indicando se le quattrocaratteristiche essenziali, utilizzate come criteri per accertare se un�imposta nazionale siavietata dalla sesta direttiva, debbano essere considerate in maniera puramente formale oppure alla luce delle finalit� del divieto, da un lato, e del sistema dell�IVA armonizzata visto nelsuo insieme, dall�altro. 65. Considerato inoltre il rango della presente causa � l�attenzione che ha attirato, ilfatto che, diversamente dalla maggior parte delle cause precedenti, sar� giudicata dalla Cortein seduta plenaria e la circostanza che il procedimento sia stato riaperto espressamente pervalutare, inter alia, i criteri per qualificare un�imposta come imposta sulla cifra d�affari aisensi dell�art. 33, n. 1, della sesta direttiva � occorre altres� tener presente che la scelta chesar� operata incider� in maniera determinante sulla futura giurisprudenza in materia. B � Applicazione ad un�imposta come l�IRAP 66. Passo ora ad esaminare come i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Cortedovrebbero essere applicati all�IRAP, tenendo presente che non spetta alla Corte definire lecaratteristiche di tale imposta. � questo un compito che tocca ai giudici italiani, ed occorrein linea di principio accettare la descrizione che fa dell�imposta l�ordinanza di rinvio. Tuttavia, ci si potr� soffermare sugli aspetti di tale descrizione che appaiono contestati. 67. L�avvocato generale Jacobs ha, ovviamente, gi� esaminato gli stessi criteri nelle sueconclusioni e sarebbe di poco profitto riprodurre la sua analisi. 1. Generalit� di applicazione 68. Risulta dalla giurisprudenza della Corte che la prima fondamentale caratteristicadell�IVA � il fatto di essere generalmente applicata ad operazioni concernenti beni e servizi. 69. Come � ricordato nell�ordinanza di rinvio, �l�IRAP si applica, in modo generalizzato, a tutte le operazioni commerciali di produzione e di scambio aventi ad oggetto beni eservizi poste in essere nell�esercizio in modo abituale di un�attivit� volta a tale fine� e �nellatassazione �frazionata�� IVA e IRAP si assomigliano come due gocce d�acqua [nonostante] la diversit� degli espedienti tecnici usati per la misurazione dell�imponibile e dell�imposta�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 70. L�avvocato generale Jacobs ha affrontato questi aspetti nei paragrafi 28-40 delle sueconclusioni, in cui afferma che l�IRAP possiede tali caratteristiche. 71. Tenuto conto di questo, ed alla luce del punto 15 della sentenza Dansk Denkavit, non sembra che l�applicazione generale dell�IRAP a beni e servizi costituisca un problema: � pacifico che, diversamente da quasi tutte le imposte nazionali esaminate dalla Corte e giudicate compatibili con la Sesta direttiva, l�applicazione dell�IRAP non si limita a particolari categorie di beni e di servizi. 72. Mi pare, inoltre, che una divergenza di opinioni tra la Banca Popolare e il governoitaliano, alla quale l�avvocato generale Jacobs si riferiva nel paragrafo 32 delle sue conclusioni, sia stata chiarita nella seconda udienza. La Banca Popolare negava che l�IRAP fosseriscossa su beni fabbricati ma non ancora venduti, gravando cos� sulle scorte e non solo sullecessioni. Se ho ben capito ci� che � stato detto in udienza, l�affermazione del governo sarebbe a rigore esatta, ma il fatto che le scorte siano valutate al prezzo di costo e che il costo difabbricazione sia dedotto dalla base imponibile avrebbe per effetto che in quasi tutti i casil�importo dell�imposta riscossa sia praticamente pari a zero. Di conseguenza, � inutile chela Corte si soffermi ulteriormente su questo problema. 73. Rimane tuttavia un aspetto in relazione al quale pu� risultare necessario vedere seoccorra adottare un approccio pi� ampio o pi� ristretto: nonostante la formulazione dell�ordinanza di rinvio, sembra che l�IRAP non sia calcolata sulle singole operazioni in quantotali, mentre la giurisprudenza della Corte, rifacendosi all�art. 2 della Sesta direttiva, definisce l�IVA come un�imposta che si applica in generale ad �operazioni� (e, come sar� chiarito in seguito, questa distinzione appare rilevante per pi� di una delle caratteristiche fondamentali dell�IVA). 74. L�avvocato generale Jacobs ha concluso che vi � in pratica poca differenza traun�imposta calcolata, come l�IRAP, sulla sola base di un cumulo periodico ed un�altra calcolata, come l�IVA, sulla base di ogni singola operazione per le fatture individuali e sullabase di un cumulo periodico per i commercianti. 75. Sembra infatti evidente che la differenza fra le entrate totali e le uscite totali durante un periodo d�imposta sar� identica alla somma delle differenze tra le singole entrate e lesingole uscite durante lo stesso periodo. 76. La Corte potrebbe nondimeno applicare rigorosamente la propria precedente giurisprudenza, considerando che solo le imposte calcolate sulla base di singole operazioni inquanto tali ricadono sotto l�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva a prescindere dal cumulo periodico. In numerose sentenze (67), il fatto che un�imposta sia calcolata sulla base del giro d�affari annuo � stato considerato come una caratteristica rilevante che distingue tale impostadall�IVA, sebbene non sembrino esserci casi in cui non ci fossero anche altre caratteristichedistintive. 77. Un simile approccio farebbe dipendere l�incompatibilit� da una corrispondenza pi�precisa tra le modalit� di calcolo dell�imposta interna e quelle dell�IVA di quanto non abbiasuggerito l�avvocato generale Jacobs. 78. Esso implicherebbe altres� un cambio d�orientamento rispetto alla giurisprudenzarisultante dalla sentenza Dansk Denkavit, che fu pronunciata dalla Corte in seduta plenaria: (67) V. paragrafo 27 e nota 41. Va rilevato che, a differenza di quanto avvenuto nella causa DanskDenkavit, tutte queste sentenze sono state pronunciate da una sezione della Corte. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE l�imposta che tale sentenza ritenne incompatibile era calcolata secondo un meccanismoapparentemente assai simile a quello dell�IRAP giacch� veniva riscossa �come percentualedel volume delle vendite previa deduzione degli acquisti�. 79. A mio parere, l�interpretazione pi� ampia, fatta propria dalla sentenza DanskDenkavit, � la pi� appropriata in quanto include nel divieto imposte che, pur non essendocalcolate nello stesso modo, conducono, per i commercianti e per i consumatori, ad un risultato identico a quello delle imposte riscosse sulle singole operazioni. Essa serve meglio loscopo di garantire che il funzionamento del sistema dell�IVA non sia perturbato. 80. Se si accoglie questo punto di vista, e se si parte dal presupposto che il metodo dicalcolo dell�imposta in questione porta in pratica ad un�imposta di ammontare identico aquello che risulterebbe da un metodo basato sul valore delle singole operazioni, mi sembrachiaro che la caratteristica dell�applicazione generale ad operazioni concernenti beni e servizi � presente in un�imposta come l�IRAP. 81. Il governo italiano nega � � vero � che l�IRAP, calcolata sui risultati globali diun�impresa, possa essere equiparata all�IVA, che � invece calcolata su ciascuna delle singole operazioni effettuate dall�impresa stessa. 82. Tuttavia, i suoi argomenti non si fondano direttamente sulla differenza tra i metodidi calcolo. Esso sostiene, piuttosto, in primo luogo, che l�IRAP � riscossa sull�impresa inquanto tale e non sulle operazioni da questa poste in essere, cosicch� � un�imposta diretta enon gi� un�imposta indiretta (68); � questo un aspetto di cui ho gi� trattato ai paragrafi 48 esegg., concludendo che era irrilevante. In secondo luogo, il governo italiano sostiene che ilvalore cumulato su cui viene riscossa l�IRAP non equivale alla somma dei valori individuali su cui si basa l�IVA; questo argomento concerne per� la natura del valore aggiunto usatocome base imponibile piuttosto che il metodo di calcolo dell�importo dovuto e lo prender�perci� in considerazione nell�ambito della quarta caratteristica fondamentale (69), doveappare pi� rilevante che nel presente contesto. 83. Le precedenti considerazioni non influenzano perci� la mia opinione sull�imponibile di un�imposta come quella descritta dal giudice remittente in relazione alla prima caratteristica fondamentale dell�IVA. 84. Prima di passare alla seconda di tali caratteristiche, vorrei menzionare brevementeun argomento dedotto dal governo ungherese secondo cui un�imposta non � di applicazionegenerale se � riscossa a livello locale o regionale, in particolare se la sua riscossione � facoltativa e/o se l�autorit� locale o regionale pu� determinarne l�aliquota. Non mi pare che questo sia un criterio rilevante; di certo non � stato considerato rilevante dalla Corte nella causaPelzl e nella causa EKW, ciascuna delle quali riguardava imposte regionali (70). Si trattapiuttosto di accertare se l�imposta sia generale nella propria area di applicazione, indipendentemente dal fatto che essa si applichi su scala nazionale o puramente locale. 85. Di conseguenza, ritengo che un�imposta nazionale dotata delle caratteristichedescritte dal giudice remittente abbia in comune con l�IVA la caratteristica fondamentale di (68) I governi francese ed ungherese hanno formulato osservazioni analoghe. (69) V. i successivi paragrafi 105 e segg. (70) V., in particolare, la sentenza Pelzl, punto 27; v. inoltre, con riferimento alla compatibilit�di un tributo di livello locale con il divieto di imposte aventi effetto equivalente a quello a quello diun dazio sulle esportazioni, sentenza 9 settembre 2004, causa C-72/03, Carbonati (Racc. pag. I-8027, punti 27 e segg.). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO essere generalmente applicata ad operazioni concernenti beni e servizi. Se, nondimeno, laCorte dovesse ritenere � scostandosi dalla sua giurisprudenza Dansk Denkavit � che la caratteristica fondamentale in questione implica necessariamente l�applicazione a singole operazioni, tale imposta non evidenzierebbe tale caratteristica. 2. Rapporto proporzionale tra l�imposta e il prezzo 86. La seconda caratteristica fondamentale dell�IVA consiste nel fatto che essa � proporzionale al prezzo percepito dal soggetto d�imposta per i beni o i servizi che egli fornisce. 87. L�ordinanza di rinvio indica che �la somma delle IRAP riscosse nelle varie fasi del ciclo, dalla produzione alla immissione al consumo � pari all�aliquota IRAP applicata alprezzo alla vendita di beni e servizi praticato in sede di immissione al consumo. (�) Quindil�IRAP finisce per agire come imposta generale e proporzionale sul prezzo di cessione alconsumo di beni e servizi�. 88. L�avvocato generale Jacobs ha trattato questo aspetto nei paragrafi 59 e segg. dellesue conclusioni. Egli ha riconosciuto che il meccanismo dell�IRAP era tale da non potersempre rimanere strettamente proporzionale al prezzo di ciascuna operazione, ma ha ritenuto che ci� non fosse determinante dal momento che, in sostanza, il carico effettivo dell�IVApu�, contrariamente all�importo figurante nella fattura, essere ridistribuito da un commerciante fra i vari tipi di cessioni che egli compie, adeguando i propri margini di profitto, nellostesso modo in cui ci� pu� essere fatto per l�IRAP. In altri termini, entrambe le impostesono, per loro natura, proporzionali ed i commercianti finiranno, in situazioni normali, perdistribuire proporzionalmente il carico di ciascuna di esse tra i propri prodotti e servizi; inentrambi i casi, essi possono astenersi da tale distribuzione, ma lo faranno soltanto per raggiungere un preciso obiettivo commerciale. 89. � vero che in numerose cause (71) la Corte ha considerato che la mancanza di unostretto rapporto di proporzionalit� o un metodo di calcolo che non permettesse di determinare il preciso importo dell�imposta ripercossa sul consumatore era una caratteristica distintiva rilevante, almeno se presa in considerazione insieme ad altre, di un�imposta non vietata dall�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva. Se si segue tale giurisprudenza, mi sembra chel�IRAP possa essere distinta dall�IVA anche per questo motivo. 90. Tuttavia, l�imposta che venne ritenuta incompatibile nella causa Dansk Denkavitera stata descritta dal giudice del rinvio come un contributo �riscosso in ciascuna fase dellacatena commerciale (�) sotto forma di percentuale delle vendite realizzate dall�impresa, previa detrazione degli acquisti effettuati, sulla base dei quali � stato riscosso il contributo amonte� e non indicato a parte nella fattura � situazione che sembra corrispondere a quelladell�IRAP. E, nella sentenza Careda (72), la Corte ha chiaramente statuito che era sufficiente che un�imposta potesse essere ripercossa sul consumatore, senza che occorresse alcunobbligo a questo riguardo; in tali circostanze � ovviamente impossibile applicare anche lacondizione che l�importo dell�imposta risulti sempre costantemente proporzionale al prezzodi ciascuna operazione. 91. La Corte sembra quindi aver oscillato fra una nozione pi� ampia ed una nozionepi� restrittiva del principio di proporzionalit� al prezzo e, nel presente caso, dovr� deciderequale di questi due approcci � maggiormente appropriato. (71) V. il precedente paragrafo 27, note 41 e 45. (72) Punto 18 della motivazione. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 92. A mio parere, occorre optare per l�approccio pi� ampio se si intende perseguire l�obiettivo di non mettere in pericolo il funzionamento del sistema dell�IVA. Non sembra possibile ritenere che un�imposta interferisca con il sistema dell�IVA se � strettamente proporzionale ai prezzi delle operazioni; pu� invece interferire se la proporzionalit� � solo approssimativa. Come l�avvocato generale Jacobs ha precisato, sinteticamente, al paragrafo 69delle sue conclusioni, ci� consentirebbe ad uno Stato membro di eludere il divieto, magariricorrendo a qualche minuscolo aggiustamento, ma continuando nondimeno a riscuotereun�imposta che, nella sua funzione, coincide sostanzialmente con l�IVA. 93. Un altro punto di cui si pu� nondimeno tener conto nel presente contesto e che �stato messo in evidenza dal governo italiano � il regime di IRAP applicato alle importazioni. Sebbene ci� non sia menzionato nell�ordinanza di rinvio, � pacifico che l�IRAP gravaunicamente sul valore che � stato aggiunto nella regione italiana (di cui trattasi). Di conseguenza, se una merce � importata per essere (trattata e) rivenduta, l�importo totale dell�IRAPriscossa sar� proporzionale solo alla differenza fra il costo di importazione ed il prezzo divendita e non gi� all�intero prezzo di vendita, come accadrebbe per l�IVA. 94. Questo tratto distingue in effetti l�IRAP dall�IVA, che si applica al valore delleimportazioni in quanto tale, e dall�imposta di cui si discuteva nella causa Dansk Denkavit, che si applica a tale valore in quanto incorporato in una successiva cessione del prodotto. Astretto rigore, perci�, � un tratto idoneo ad escludere l�IRAP dal divieto. 95. Non sono tuttavia convinta � ripeto � che si possa giungere a questa conclusionesulla base di un approccio pi� ampio che tenga conto dell�obiettivo di evitare che il funzionamento del sistema dell�IVA sia messo in pericolo. 96. � nella natura delle imposte interne � almeno nel caso delle imposte indirette � che, qualora vengano riscosse sul valore aggiunto, tali imposte non siano riscosse sul valoreaggiunto realizzato al di fuori del territorio in cui esse si applicano; inoltre, una imposta sulleimportazioni violerebbe gli artt. 25 CE e 26 CE. Si potrebbe dunque ritenere che un criteriodi proporzionalit� rispetto al prezzo nel contesto del divieto di imposte nazionali che interferiscano con il funzionamento del sistema comune dell�IVA debba essere inteso come un criterio di proporzionalit� rispetto al valore aggiunto al prezzo nel territorio fiscale delloStato di cui trattasi. 97. Per quanto riguarda tale criterio, dunque, sono del parere che l�IRAP, come ci �stata descritta, sia sufficientemente proporzionale al prezzo percepito nelle operazioni su cuiessa grava cos� da non essere esclusa dal divieto di cui all�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva, qualora il suddetto divieto sia inteso nel senso che esso preclude le imposte nazionali che, sovrapponendosi, interferiscono con il funzionamento dell�IVA. Diverse sarebbero le conclusioni se il criterio dovesse essere applicato in modo pi� formale. 3. Riscossione ad ogni stadio della produzione 98. La terza caratteristica fondamentale dell�IVA consiste nel fatto che l�imposta �riscossa ad ogni stadio della produzione e della distribuzione, fino alla fase della vendita aldettaglio, indipendentemente dal numero di operazioni che hanno gi� avuto luogo. 99. L�ordinanza di rinvio precisa che �l�IRAP � riscossa in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione, poich� ogni operatore che si inserisce in una fase del ciclo, producendo valore aggiunto tassabile, viene elevato, dalla legge, a soggetto passivo di imposta�. 100. L�avvocato generale Jacobs ha trattato questi aspetti nei paragrafi 55-58 delle sueconclusioni, in cui ha affermato che l�imposta, quale descritta, soddisfa tale criterio. 101. Le principali obiezioni a questo punto di vista sono simili a quelle che ho gi� esaminato in precedenza e si basano, in particolare, sul fatto che l�IRAP non � riscossa allo sta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dio delle singole operazioni, bens� sulla base di cifre annuali, e sul fatto che essa non gravale importazioni. 102. Per quanto attiene alla prima obiezione, mi sembra che un approccio restrittivonon sia comunque giustificato. L�IRAP � riscossa, come ha spiegato l�avvocato generaleJacobs, �in ogni fase del processo di produzione o di distribuzione in corrispondenza di unacessione o di cessioni di beni o di servizi fatte da un soggetto passivo d�imposta�. Questaterza �caratteristica fondamentale� dell�IVA pu� solo essere intesa nel senso che essa significhi che non le sfugge alcuno stadio nella trafila delle cessioni (73), ed � forse significativo il fatto che la maggior parte dei tributi che la Corte ha ritenuto compatibili con l�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva, se non tutti, erano imposte riscosse in un singolo stadio di produzione (74). L�obiettivo � essenzialmente quello di proteggere il funzionamento dell�IVA dainterferenze dovute ad imposte cumulative riscosse in differenti fasi della produzione, ed �in tale prospettiva che occorre vedere il criterio della riscossione ad ogni stadio della trafiladi produzione. 103. Per quanto riguarda la seconda obiezione, vorrei ripetere (75) che il fatto di essere riscossa sulla base del valore aggiunto prodotto nel territorio fiscale dello Stato interessato � una caratteristica intrinseca di qualsiasi imposta interna sul valore aggiunto. Poich�un�imposta da riscuotere nel territorio di uno Stato membro � chiaramente idonea a metterein pericolo un sistema di imposizione comune, operante su scala comunitaria, � irrilevanteche la suddetta imposta si applichi o meno a fattispecie che si producono al confine delloStato. 104. Di conseguenza, concordo con l�avvocato generale Jacobs su questo punto e nonvedo spazio per un�interpretazione pi� restrittiva che escluda l�IRAP dal divieto sulla basedi questo criterio. 4. Imposizione del valore aggiunto, previa deduzione dell�imposta pagata a monte 105. L�ultima delle quattro caratteristiche fondamentali dell�IVA � il fatto che l�imposta viene riscossa sul valore aggiunto alla cessione ad ogni stadio, con un meccanismo perla detrazione della tassa pagata sul valore aggiunto negli stadi precedenti. 106. L�avvocato generale Jacobs ha trattato di questi aspetti nei paragrafi 41-54 dellesue conclusioni, in cui ha affermato che essi sono sostanzialmente identici tanto per l�IVAquanto per l�IRAP. Anche qui, egli ha fatto proprio l�approccio pi� ampio, che toccher� allaCorte decidere se seguire o meno. 107. Tratter� anzitutto del primo aspetto di questa caratteristica che, a mio parere, � ilpi� lineare, precisamente l�esistenza di un meccanismo di detrazione per l�imposta pagataa monte. 108. � evidente che l�IRAP non possiede un tale meccanismo proprio perch�, a differenza dell�IVA, non � calcolata previa deduzione dell�imposta pagata a monte dall�impostafatturata al cliente, bens� deducendo il valore d�acquisto dal valore di cessione. Ci� cheimporta � il fatto che esiste una somiglianza sostanziale fra i due tipi di meccanismo o, per (73) Con la forse inopportuna eccezione, di minor rilievo, di operazioni esenti, qualora esse sipongano a monte di successive e collegate operazioni a valle. (74) Fatta forse eccezione per quelle di cui alle sentenze Rousseau Wilmot e SPAR, in nessunadelle quali la Corte ha fatto espresso riferimento alle quattro �caratteristiche essenziali�. (75) V. il precedente paragrafo 96. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE esprimerci con le parole dell�avvocato generale Jacobs, che la differenza tra di essi � in pratica limitata. 109. Checch� ne sia, mi sembra che l�esistenza di un meccanismo di deduzione non siacomunque un criterio indipendente, ma piuttosto un inevitabile corollario del fatto che l�imposta � riscossa sul valore aggiunto ad ogni stadio della produzione e non sul valore cumulato. 110. In effetti, risulta chiaro che non � necessario, per vietare un�imposta, che quest�ultima possieda un meccanismo per la deduzione dell�imposta pagata a monte, dal momentoche uno dei principali ed espliciti obiettivi dell�IVA � quello di sostituire dei sistemi comportanti la tassazione cumulativa di singole operazioni in pi� stadi di produzione (che perdefinizione non contenevano meccanismi di deduzione) con un sistema comune non cumulativo operante in pi� stadi di produzione. 111. Potenzialmente pi� problematica � la questione della natura del valore aggiunto inquanto tale. 112. Il giudice del rinvio osserva che �l�IRAP colpisce il valore netto derivante dall�attivit� produttiva, ossia il valore netto �aggiunto� al prodotto dal produttore. L�IRAP � dunque un�imposta sul �valore aggiunto� prodotto (�). La quantificazione e tassazione dellafrazione o segmento di valore aggiunto (�) avvengono (�) deducendo a un di presso dalricavato delle �vendite� il costo di acquisto del �venduto��. 113. Se cos� fosse, l�IRAP sembrerebbe possedere la quarta caratteristica fondamentale dell�IVA. 114. Il governo italiano ha tuttavia obiettato che, sebbene l�IRAP sia riscossa sul �valore aggiunto� in senso economico, si tratta di un valore aggiunto diverso da quello preso inconsiderazione ai fini dell�IVA. Esso sostiene che il valore aggiunto sul quale � riscossal�IRAP non si calcola sulla sola base dei costi degli acquisti e dei ricavati delle cessioni maanche sulla base di criteri quali le variazioni delle scorte (siano o meno tali variazioni ilrisultato di cessioni), le variazioni del valore del lavoro corrente realizzato, i contributi previdenziali, l�ammortizzamento etc. e che l�IRAP consente la deduzione delle importazioni, ma grava sulle esportazioni, mentre l�IVA � riscossa sulle importazioni, ma rimborsata sulleesportazioni. Di conseguenza, due ditte che pagano importi simili per l�IVA, potrebberopagare importi assai differenti per l�IRAP. 115. Se cos� fosse, se ne potrebbe dedurre che, in caso di interpretazione restrittiva ditale criterio, l�IRAP non sarebbe vietata. 116. D�altra parte, ci si potrebbe domandare se il grado di differenza non sia di scarsaimportanza. Mi sembra che un�imposta non possa sfuggire al divieto di cui all�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva semplicemente grazie alla circostanza che il valore aggiunto sulla basedel quale � riscossa viene definito in modo diverso da come fa la direttiva. Tuttavia, perch�essa ricada sotto il divieto, occorre che vi sia una somiglianza sostanziale tra i due tipi divalore aggiunto, tale da poter causare interferenze e mettere cos� a rischio il funzionamentodel sistema comune. La somiglianza in questione pu� essere esaminata a due livelli. 117. Il primo livello � il principio generale che caratterizza la base imponibile, la quale, perch� ci possa essere somiglianza sostanziale, deve poter essere chiaramente definita comeil valore aggiunto in ciascuno stadio della produzione. Nel caso dell�IRAP, ci� � pacifico epu� essere riconosciuto dalla Corte alla luce della normativa che le � stata sottoposta. 118. Il secondo livello � il contenuto dettagliato della base imponibile, cio� gli elementi inclusi nel valore aggiunto tassato o esclusi da questo. A questo riguardo, � pacifico chenon tutti gli elementi rilevanti per l�IVA lo sono del pari per l�IRAP, e viceversa. Tuttavia, non mi sembra che la mera elencazione di tali elementi possa esserci d�aiuto; ci� che � in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO discussione � la somiglianza sostanziale, che pu� essere accertata solo guardando agli effetti sostanziali. 119. La Corte non dispone di sufficienti informazioni a proposito di tali effetti n� rappresenta la sede opportuna per accertarli; un accertamento definitivo pu� essere effettuatosolo dai giudici italiani. La Corte pu� nondimeno fornire indicazioni circa i criteri grazie aiquali pu� essere accertata la somiglianza sostanziale. Io propongo un criterio basato sulparallelismo tra gli importi riscossi a titolo d�IVA e quelli riscossi a titolo d�IRAP sul valore aggiunto da ciascuna impresa. 120. Se due imposte sono calcolate in funzione di aliquote diverse sulla stessa baseimponibile, il rapporto tra le due rimarr� costante per ciascuna impresa interessata. Sipotrebbe elaborare un grafico rappresentante l�importo di ciascuna imposta che un certonumero di imprese, operanti in diversi settori, disposte in ordine progressivo da quelle diminori dimensioni alle pi� grandi, hanno dovuto pagare alle autorit� fiscali, e le due lineedel grafico risulterebbero parallele. 121. Se un elemento della base imponibile venisse modificato per una delle suddetteimposte, ci� potrebbe effettivamente influire sul parallelismo del rapporto, sulla sua costanza. Quanto pi� grande fosse il numero di elementi sottratti alla base imponibile di un tributo e/o aggiunti a quella dell�altro, tanto pi� risulterebbe probabile una distorsione del parallelismo. 122. Non si tratta per� di un risultato obbligato. Se la base imponibile di entrambi i tributi fosse il valore aggiunto, ma taluni elementi di questo valore fossero presenti nel casodi un tributo e assenti nel caso dell�altro, il valore aggiunto nel secondo caso potrebbe sempre rimanere in un rapporto costante, sebbene pi� ridotto, con il valore aggiunto nel primo, cosicch� continuerebbe ad esserci parallelismo tra i due tracciati del grafico. 123. In tali circostanze, si dovrebbe concludere, a mio parere, che vi � somiglianzasostanziale tra le due nozioni di valore aggiunto, poich� lo stesso effetto si potrebbe raggiungere adeguando le aliquote d�imposta piuttosto che la definizione della base imponibile. Pi�ancora, sarebbe evidente che la natura dell�attivit� era irrilevante e che le scelte strategicheeffettuate da ciascuna impresa � se investire di pi� nel personale o nei macchinari, se prendere fondi a prestito o reinvestire i profitti,e cos� via � non influenzavano il risultato. 124. Se, nondimeno, le differenze fra gli elementi che compongono la base imponibiledei due tributi portassero ad una flagrante mancanza di parallelismo tra i due tracciati delgrafico, con variazioni imprevedibili, sarei del parere che si dovrebbe concludere per l�assenza di somiglianza sostanziale tra le due imposte. Lo stesso sarebbe vero se le variazioni non risultassero accidentali, ma potessero essere sistematicamente riportate a scelte strategiche del tipo sopra ricordato, con differentieffetti sull�IVA, da una parte, e sull�imposta in questione, dall�altra. Ma, in caso di differenze tra settori di attivit�, giungerei a questa conclusione soltantose vi fossero anche variazioni all�interno dei singoli settori; tracciati paralleli all�interno diciascun settore costituirebbero un forte indizio di una somiglianza sostanziale delle imposte. 125. Un tale criterio mi sembra essere adeguatamente obiettivo anche se, di necessit�, alcuni suoi dettagli devono essere lasciati alla valutazione dei giudici nazionali, i qualipotranno ricorrere, se del caso, al parere di esperti statistici. In particolare, sar� necessariostabilire che cosa costituisca un campione rappresentativo di imprese ed in che misura sipossano trascurare variazioni di portata ridotta nel rapporto fra gli importi dei due tributi. Nessuno di questi punti dovrebbe comunque, a mio parere, risultare problematico, se il principio della comparazione � chiaro. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 126. Con riserva, pertanto, di una valutazione definitiva della somiglianza sostanzialetra il valore aggiunto su cui si basa l�IRAP e quello su cui si basa l�IVA da parte dei giudici italiani, ritengo che un�imposta interna che presenti le caratteristiche descritte dal giudice remittente abbia in comune con l�IVA la caratteristica fondamentale dell�essere riscossa sul valore aggiunto alle cessioni in ogni stadio della produzione, con un meccanismo didetrazione dell�imposta pagata a monte. 5. Conclusioni sulla valutazione di un�imposta come l�IRAP alla luce dell�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva 127. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, condivido largamente le conclusionidell�avvocato generale Jacobs per quanto riguarda l�incompatibilit� con l�art. 33, n. 1, dellaSesta direttiva di un�imposta corrispondente alla descrizione che l�ordinanza di rinvio fadell�IRAP. Dei due approcci che ho cercato di descrivere, egli opta per il pi� ampio, e cosifaccio anch�io. A questo riguardo, mi sembra di particolare rilievo il fatto che l�approcciopi� ampio si concilia con la sentenza Dansk Denkavit, pronunciata dalla Corte in seduta plenaria, mentre altre sentenze, che sembrerebbero favorire un approccio pi� restrittivo, sonostate pronunciate da singole sezioni della Corte. 128. Di conseguenza, ritengo che un�imposta corrispondente alla descrizione fattadell�IRAP nell�ordinanza di rinvio possieda le quattro caratteristiche essenziali dell�IVA ericada pertanto nel campo d�applicazione del divieto di altre imposte nazionali aventi ilcarattere di imposte sul giro d�affari, divieto previsto dall�art. 33, n. 1, della Sesta direttiva, purch�, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate ad entrambe le imposte, ilrapporto tra gli importi pagati a titolo d�IVA e gli importi pagati a titolo dell�imposta in questione risulti sostanzialmente costante. 129. La sussistenza di tale condizione va accertata dal giudice nazionale, tenendo contodelle dettagliate caratteristiche dell�imposta in questione. II � LIMITAZIONE NEL TEMPO DEGLI EFFETTI DI UNA SENTENZA RESA IN UN PROCEDIMENTO PREGIUDIZIALE A � Considerazioni generali 130. L�ultimo dei tre quesiti posti dalla Corte prima della seconda udienza � stato suggerito dalle conclusioni dell�avvocato generale Jacobs ed � quello che ha ottenuto il maggior numero di risposte da parte degli Stati membri. Esso riguarda le circostanze e le modalit� di un eventuale assoggettamento a limiti degli effetti nel tempo di una sentenza emessadalla Corte in sede di procedimento pregiudiziale. 131. Nel limitare nel tempo gli effetti di una sentenza si deve sempre cercare di raggiungere un contemperamento tra, da un lato, il principio di una corretta e coerente interpretazione del diritto e, dall�altro, il principio di certezza dei rapporti giuridici instaurati inbuona fede, anche se in base ad interpretazioni errate. 1. Validit� di atti comunitari ed efficacia nel tempo 132. La prassi della Corte trova fondamento nell�art. 231, secondo comma, CE, articolo che, con riferimento ad azioni di annullamento di atti comunitari, cos� dispone: �Se il ricorso � fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l�attoimpugnato. Tuttavia, per quanto concerne i regolamenti, la Corte di giustizia, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti del regolamento annullato che devono essere considerati come definitivi �. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 133. Fondandosi direttamente su tale disposizione, la Corte ha adottato sostanzialmente due tipi di condotta, o dichiarando definitivi gli effetti dell�atto impugnato (76) oppureconfermando i detti effetti fino all�adozione di un nuovo e valido provvedimento � specificando talvolta che ci� dovesse avvenire in tempi ragionevoli (77). 134. Ma la Corte pu� inoltre riesaminare la validit� di un atto comunitario in rispostaad una domanda di pronuncia pregiudiziale. Sostanzialmente, per garantire una certacoerenza tra le due situazioni, essa ha pertanto applicato, in via analogica, l�art. 231, secondo comma, CE, nelle opportune ipotesi di tale natura. In quest�ambito, essa ha adottatodiversi metodi. In alcune cause, la Corte ha puntualizzato che la dichiarazione di invalidit�non aveva nessun effetto retroattivo (78). In altre, essa ha dichiarato che gli effetti, in generale, non erano retroattivi, eccezion fatta per coloro i quali avessero promosso azioni basate sull�invalidit� prima della data della sentenza (79). In un caso, la Corte ha confermatol�efficacia di norme invalide sino all�adozione di nuove norme (80), e in un tipo di situazione molto specifico, quando una disposizione era stata dichiarata invalida non per il suo contenuto, ma per un�omissione in essa rilevata, la Corte ha semplicemente dichiarato che spettava all�istituzione interessata adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio all�incompatibilit� (81). Indubbiamente, la scelta del metodo � stata determinata ogni volta dallespecifiche circostanze del caso. 2. Interpretazione del diritto comunitario ed efficacia nel tempo 135. Inoltre, la Corte ha imposto, in taluni casi (82), una limitazione nel tempo deglieffetti di una pronuncia pregiudiziale vertente sull�interpretazione di una disposizione deldiritto comunitario. 136. La maggior parte di queste cause rientra in due ampie categorie: mancata concessione, avente natura discriminatoria, di un beneficio finanziario, e imposizione di un tributo nazionale in contrasto con il diritto comunitario. Entrambe le categorie possono concernere importi molto elevati ingiustamente trattenuti o riscossi, il pagamento o il rimborso deiquali pu� provocare serie difficolt� alle finanze dello Stato membro interessato (83). (76) In numerose sentenze, dalla sentenza 3 luglio 1986, causa 34/86, Consiglio/Parlamento(Racc. pag. 2155, punto 48) alla sentenza 11 settembre 2003, causa C-445/00, Austria/Consiglio(Racc. pag. 8549, punti 103-106). (77) In numerose sentenze, dalla sentenza 5 giugno 1973, causa 81/72, Commissione/Consiglio(Racc. pag. 575) alla pi� recente sentenza 10 gennaio 2006, causa C-178/03, Commissione/Parlamentoe Consiglio (non ancora pubblicata nella Raccolta). (78) V., in particolare, le prime tre cause dove la Corte ha fatto uso di questa possibilit�: sentenze 15 ottobre 1980, causa 4/79, Providence Agricole de la Champagne (Racc. pag. 2823, punti 42-46), causa 109/79, Ma�series de Beauce (Racc. pag. 2883, punti 42-46), e causa 145/79, Roquette Fr�res (Racc. pag. 2917, punti 50-52). (79) V., per esempio, sentenze 15 gennaio 1986, causa 41/84, Pinna (Racc. pag. 1, punti 26-30); 26 aprile 1994, causa C-228/92, Roquette Fr�res (Racc. pag. I-1445, punti 17-30). (80) Sentenza 29 giugno 1988, causa 300/86, Van Landschoot (Racc. pag. 3443, punti 22-24). (81) Sentenze 19 ottobre 1977, cause riunite 117/76 e 16/77, Ruckdeschel (Racc. pag. 1753), e cause riunite 124/76 e 20/77, Moulins Pont-�-Mousson (Racc. pag. 1795). (82) Dalla prima, e pi� famosa, sentenza 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne II (Racc. pag. 455, punti 69-75), alla pi� recente, almeno per ora, sentenza EKW (punti 57-60). (83) V., per esempio, sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889), laquale inoltre mostra come serie difficolt� non siano sufficienti a giustificare una limitazione degli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE a) Efficacia ex tunc 137. In cause del genere, dopo aver formulato un�interpretazione secondo la quale lalinea di condotta nazionale in esame doveva essere considerata illegittima, la Corte ha sistematicamente ricordato che la sua sentenza interpretativa definisce il significato e la portatadella norma comunitaria nel senso secondo il quale essa doveva essere intesa ed applicatasin dalla sua entrata in vigore. b) Efficacia ex nunc 138. Eccezionalmente, quando lo Stato membro aveva buoni motivi per ritenere che lasua condotta fosse compatibile con il diritto comunitario e sussisteva un rischio di serie ripercussioni economiche, la Corte ha proseguito decidendo che la sua interpretazione nonpoteva essere invocata per rimettere in discussione situazioni consolidatesi in buona fede nelpassato: l�interpretazione avrebbe prodotto effetti dalla data della sentenza stessa (84). c) Eccezioni alla limitazione dell�efficacia nel tempo 139. A tutt�oggi, la Corte ha escluso una qualsiasi forma di limitazione degli effetti neltempo per azioni basate sull�interpretazione formulata ma proposte prima della data dellasua pronuncia (85). d) La soluzione ipotizzata nella causa Meilicke 140. Nella causa Meilicke (86), una causa attualmente pendente dinanzi alla Corte, l�avvocato generale Tizzano, nelle sue conclusioni presentate il 10 novembre 2005, ha proposto una soluzione diversa da quella fino ad oggi adottata dalla Corte. 141. Egli ha concluso, in primo luogo, che una disposizione tedesca sulla tassazione didividendi era contraria al diritto comunitario � come risultava chiaro in base alla precedente sentenza della Corte nella causa Verkooijen (87), riguardante una norma paragonabile del- l�ordinamento olandese � ma che le condizioni per limitare nel tempo gli effetti della futura sentenza erano soddisfatte. effetti nel tempo: dopo aver rilevato (punti 40 e 41) che un numero molto consistente di lavoratoriavrebbe potuto invocare il diritto alla parit� di trattamento in base all�interpretazione del Trattato formulata, la Corte � poi passata ad accertare (punti 42 e 43) che gli Stati membri avevano potuto legittimamente ritenere che fosse possibile un�altra interpretazione. (84) A livello nazionale, la normale efficacia nel tempo di una sentenza di incompatibilit� � parimenti o ex tunc (la norma generale, ad esempio, per i giudici di Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Spagna, Polonia e Portogallo) oppure ex nunc (la norma generale, ad esempio, per alcuni, se nontutti, i giudici di Austria, Repubblica ceca, Grecia, Ungheria e Slovenia; nel caso, quantomeno, diGrecia e Slovenia, le sentenze di alcuni altri giudici producono normalmente effetti ex tunc), conun�apparente prevalenza di ex tunc. (85) A livello nazionale, una simile prassi pu� essere seguita, a prescindere dal fatto che l�efficacia operi normalmente ex tunc o ex nunc. In generale, nell�interesse della certezza del diritto, suun�efficacia ex tunc ci si pu� basare solo in procedimenti che siano stati o possano ancora essere avviati entro i pertinenti termini processuali di decadenza, sebbene in alcuni ordinamenti giurisdizionalil�efficacia possa essere espressamente limitata al caso di specie, poich� il giudice non ha competenzaad annullare un provvedimento legislativo, ma solo a disapplicarlo (la norma generale, ad esempio, per i giudici di Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Regno Unito). Quando gli effetti operano ex nunc, si fa normalmente eccezione per procedimenti che alla data della sentenza siano stati opossano ancora essere avviati entro i pertinenti termini procedurali di decadenza; per quelli i quali atale data erano gi� stati avviati; oppure per quelli che hanno concretamente portato alla pronuncia. (86) Causa C-292/04. (87) Sentenza 6 giugno 2000, causa C-35/98 (Racc. pag. I-4071). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 142. Egli � poi passato a considerare (88) quale forma di limitazione si dovesse adottare, esaminando una gamma di possibilit� pi� ampia di quella di cui la Corte ha finora fattouso. Egli ha concluso nel senso che la sentenza dovrebbe produrre effetti dalla data dellapronuncia Verkooijen, quando � divenuta chiara la corretta interpretazione del diritto comunitario (89). Nondimeno, si dovrebbe fare un�eccezione a siffatta limitazione per le azioniproposte prima di tale data. Inoltre, sarebbe ingiusto respingere tutte le azioni proposte dopola sentenza Verkooijen, sebbene la notoriet� che ha accompagnato il procedimento Meilickeabbia portato a un cos� gran numero di azioni che un�eccezione per tutte loro potrebbe rendere inevitabile il rischio di serie ripercussioni economiche. 143. Di conseguenza, egli ha suggerito che l�eccezione debba applicarsi a tutte le azioni proposte prima della data in cui la comunicazione dell�ordinanza di rinvio relativa al procedimento Meilicke � stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell�Unione europea, momento in cui si pu� supporre che la possibilit� di un rimborso abbia attirato l�attenzione persinodei ricorrenti meno diligenti. e) Effetti a partire da una data futura 144. Per completare la gamma di possibilit� ipotizzabili, pu� essere utile esaminareun�altra opzione ammessa negli ordinamenti costituzionali di alcuni Stati membri (90) insituazioni analoghe a quelle di cui alla presente causa (91), vale a dire quella di stabilire unadata futura a partire dalla quale la sentenza possa essere invocata. 145. In tali ordinamenti, lo scopo sembra soprattutto quello di evitare situazioni in cuiuna lacuna del diritto potrebbe essere peggiore di una cattiva norma (comprese, per esempio, quelle in cui lo Stato non potrebbe essere pi� in grado di tassare determinati redditi odisporre determinati pagamenti) e di concedere al legislatore un tempo sufficiente all�adozione di un provvedimento che soddisfi le condizioni poste dalla norma di rango superiore. In molte cause, la competenza del giudice a stabilire una data futura � limitata per leggeentro precisi limiti di tempo. All�interno di tale periodo, la scelta pu� essere determinatadalla valutazione del giudice relativa al tempo ragionevole ai fini dell�adozione di una nuovanormativa, oppure dal carattere periodico della legislazione esaminata (nel caso, ad esempio, della normativa tributaria) (92). (88) Paragrafi 43 e segg. (89) Sembrano rare le cause in cui i giudici nazionali dispongano l�annullamento di un atto legislativo con effetti a partire da una precisa data del passato. (90) Tra cui Austria, Belgio, Repubblica ceca, Germania, Ungheria, Polonia, Slovenia e Spagna. In altri ordinamenti, sussistono obiezioni di principio a questa soluzione, detta anche della �decorrenza futura�. Come Lord Nicholls of Birkenhead ha spiegato recentemente nella causa NationalWestminster Bank/Spectrum Plus (2005; UKHL 41): �Il nocciolo dell�argomento principale contro lesentenze con decorrenza futura � che in questo paese l�adozione di una sentenza di tal genere eccedei limiti costituzionali imposti alla funzione giurisdizionale. Ci� equivarrebbe ad un�usurpazione, daparte del giudice, della funzione legislativa�. (91) Ossia, in cui una norma di legge esistente, avente portata generale, � dichiarata incompatibile con una norma di rango pi� elevato; ammesso che ci� sia possibile, sar� difficile trovare una situazione assolutamente identica, in cui il giudice che accerta l�incompatibilit� rinvii la causa ad un altrogiudice, affinch� quest�ultimo si pronunci sulla validit�. (92) Il periodo tra la data della sentenza e la data a partire dalla quale si pu� invocare la medesima � talvolta denominato �transitorio�. Va sottolineato comunque che ci� � fuorviante; il provvedimento nazionale impugnato � invalido e deve essere sostituito con effetti da una data precisa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 3. Natura peculiare delle sentenze pregiudiziali di interpretazione del diritto comunitario che possono condurre all�invalidit� di provvedimenti nazionali 146. Prima di procedere oltre, pu� essere utile attirare l�attenzione sulle caratteristichespecifiche di una sentenza pregiudiziale di questa Corte che interpreti il diritto comunitarioin modo tale da comportare l�invalidit� di un provvedimento nazionale, le quali possonocondizionare le opzioni a disposizione della Corte al momento di decidere di limitare neltempo l�efficacia della sua pronuncia. 147. La Corte non � competente a decidere sulla compatibilit� di un provvedimentonazionale con il diritto comunitario, ma pu� solo interpretare quest�ultimo in modo tale daconsentire al giudice nazionale di decidere in merito a tale compatibilit� (93). 148. Ovviamente, nella presente causa la Corte pu� interpretare la sesta direttiva inmodo da far s� che il giudice remittente dichiari l�IRAP incompatibile con il diritto comunitario. Ci� � comunque molto diverso dal dichiarare che il tributo nazionale in esame � essostesso invalido, una dichiarazione che pu� essere formulata solo dal competente giudicenazionale qualora lo si ritenga opportuno, con effetti dalla data determinata da detto giudice o in applicazione del diritto nazionale, e diverge dall�ipotesi di un rinvio pregiudiziale vertente sulla validit� di un atto comunitario, che in effetti la Corte pu� annullare direttamente. 149. La data a partire dalla quale la pronuncia della Corte produce effetti acquister�rilevanza al momento di decidere se una parte in causa possa o meno invocare dinanzi ad ungiudice l�incompatibilit� del provvedimento nazionale con il diritto comunitario risultantechiaramente dalla pronuncia, con riferimento al periodo in cui il detto provvedimento � statoapplicato. Questo non sar� comunque l�unico fattore rilevante, dal momento che le normedi procedura nazionali possono limitare in altro modo la portata dell�azione. B � Limitazione degli effetti nel tempo in relazione al presente procedimento 150. Anche se le considerazioni generali che ho sviluppato in precedenza possono essere di aiuto alla Corte, qualsiasi decisione di limitare gli effetti nel tempo di una sua pronuncia dev�essere adottata in base ad un�analisi di ogni singolo caso concreto, alla luce voltaper volta del complesso delle circostanze. 151. Sono tre le questioni cui va pertanto data risposta nel presente procedimento: sesussistano ragioni per limitare gli effetti nel tempo della sentenza; in caso di soluzione affermativa, a partire da quale data sia possibile invocare la sentenza; se vada stabilita una qualche eccezione a favore di azioni promosse prima di una certa data. 152. Nel prosieguo, per evitare continue ripetizioni dei necessari presupposti, mi baser� sull�ipotesi che la Corte fornisca un�interpretazione da cui risulti dimostrata l�incompatibilit� dell�IRAP con il diritto comunitario. 1. Motivi per una limitazione degli effetti nel tempo 153. Occorre soddisfare due criteri essenziali, ossia che gli interessati devono averagito in buona fede e che deve sussistere il rischio di serie difficolt� in caso di mancata fissazione di un limite (94). L�avvocato generale Jacobs ha ritenuto che entrambi i criteri fossero soddisfatti nel caso di specie. (93) V., ad esempio, sentenza 16 gennaio 2003, causa C-265/01, Pansard (Racc. pag. I-683, punto 18); v., inoltre, la nota informativa della Corte riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte delle giurisdizioni nazionali (GU 2005, C 143, pag. 1), punto 6. (94) V. anche, pi� di recente, sentenza 10 gennaio 2006, causa C-402/03, Skov (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 154. Tutti gli Stati membri che si sono espressi su questo aspetto concordano sul fattoche i criteri siano soddisfatti nel caso di specie. Molti di loro hanno anche affermato che laCorte dovrebbe definire tali criteri in modo pi� elastico di quanto ha fatto alcune volte inpassato, facendo riferimento, tra l�altro, al paragrafo 42 delle conclusioni presentate dall�avvocato generale Tizzano nella causa Meilicke. Anche la Commissione concorda sul fatto chei criteri siano soddisfatti, e la Banca Popolare non solleva obiezioni di principio alla determinazione di un limite agli effetti nel tempo. 155. Concordo pienamente con l�analisi dell�avvocato generale Jacobs sul punto. Inbase agli elementi di prova prodotti dinanzi alla Corte e non contestati, solo una considerazione della limitazione degli effetti nel tempo pi� rigorosa rispetto a quella adottata in passato giustificherebbe la decisione di non fissare limiti nel tempo nella presente fattispecie. Nessun argomento � stato dedotto a favore di una modifica di tal natura, n� sembra che sussistano ragioni nelle circostanze del caso di specie per intraprendere un riesame della prassi passata. Alla luce di ci�, non cՏ alcuna necessit� di riflettere sulla possibilit� di fareappello, in una qualsiasi causa futura, ad una pi� elastica considerazione della questionedella limitazione degli effetti nel tempo. 156. Desidero comunque sottolineare che le circostanze del presente giudizio sono davvero particolari. Nel 1997 il governo italiano ha ricevuto dalla Commissione ci� che si pu�interpretare solo come un�espressa garanzia che l�IRAP fosse compatibile con il dirittocomunitario (95). L�importo del tributo di cui pu� essere chiesto il rimborso � stato valutato dal governo italiano come pari a circa 120 miliardi di euro, e tale dato non � stato contestato (96). Il procedimento si � protratto a lungo, tanto a livello nazionale che dinanzi allaCorte (97). In quest�ultimo ambito, la Grande Sezione ha assunto la rara iniziativa di riaprire la fase orale del procedimento e di tenere una seconda udienza, una mossa che ha suscitato ancora pi� attenzione. 2. Scelta di una data per la limitazione degli effetti nel tempo 157. In passato, quando la Corte ha determinato una limitazione degli effetti nel tempoeccezion fatta per le azioni avviate prima di una certa data, essa ha sempre utilizzato la stessa data come base sia per la limitazione, sia per l�eccezione: la limitazione non si applicaalle azioni gi� proposte prima della data in cui si poteva invocare la sentenza (in pratica, sinoad oggi, sempre a partire dalla sua pronuncia). Comunque, come ha proposto l�avvocatogenerale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate nella causa Meilicke, due date differenti potrebbero essere pi� adeguate in alcune circostanze. Nella presente sezione, mi occuper� solo della data principale, che � proprio quella della limitazione degli effetti nel tempo. 158. Chiaramente, se gli effetti di una sentenza nel tempo vanno limitati, ci� deve avvenire o dalla data di pronuncia della sentenza stessa o da un�altra data specifica, anteriore osuccessiva a tale pronuncia. (95) La circostanza che in questa sede le ragioni dell�affidamento del governo italiano si basinosulla garanzia della Commissione ovviamente non � decisiva; la buona fede si pu� anche fondare suprogetti normativi fuorvianti o persino su una giurisprudenza poco chiara. (96) Si paragoni ci� con il dato, oscillante tra i 5 e i 13 miliardi di euro, in Germania, per la causaMeilicke; v. paragrafo 35 delle conclusioni. (97) La Banca Popolare ha proposto originariamente la sua azione nel 2001 e il rinvio � statooperato nell�ultima parte del 2003. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 159. Non mi sembra possibile individuare nella presente causa nessuna data precisa nelpassato a partire della quale la sentenza dovrebbe produrre effetti. Nelle circostanze dellacausa Meilicke, l�avvocato generale Tizzano ha posto in rilievo il fatto che la portata delledisposizioni rilevanti del diritto comunitario era divenuta chiara a partire dalla pronunciadella sentenza Verkooijen. Nel nostro caso, non sembra che sussista nessuna data equivalente. Ovviamente, � possibile un parallelo con la sentenza Dansk Denkavit, ma aspetti dellagiurisprudenza successiva a tale sentenza, unitamente alle divergenti opinioni manifestatenella presente causa, che hanno dato origine ad una seconda udienza, rendono ben difficileconsiderare la sentenza Dansk Denkavit come un precedente giurisprudenziale di valoreequivalente alla sentenza Verkooijen. La questione dell�incompatibilit� con la sesta direttiva di un tributo nazionale del tipo dell�IRAP, quale descritto dal giudice remittente, non avr�una soluzione autorevole fino a quando la Corte non abbia pronunciato la sua sentenza sulcaso � la quale forse potr� rappresentare la �Verkooijen� per i casi futuri. 160. La data di tale pronuncia potrebbe pertanto sembrare una data appropriata e, qualora fosse scelta, seguirebbe le tracce di questo consolidato indirizzo della Corte. 161. Nondimeno, alla luce delle specifiche circostanze di questo giudizio, sarebbe possibile pure adottare un diverso metodo e stabilire una data futura, ispirandosi sia alla prassi diquei giudici nazionali i quali, in circostanze analoghe, concedono al legislatore un periodoragionevole per emanare un nuovo atto compatibile, sia alla prassi della stessa Corte, con riferimento alla validit� di atti comunitari, esemplificata dalle sentenze citate nelle note 77 e 80. 162. Secondo me, un metodo del genere sarebbe pi� opportuno in questa sede. Non cisi pu� realisticamente attendere che le autorit� italiane modifichino da un giorno all�altro illoro intero sistema di finanziamento delle spese regionali, n� ci si pu� attendere che esse loabbiano mutato anticipando la sentenza della Corte. Se tutti i contribuenti potessero invocare immediatamente la sentenza per chiedere il rimborso di importi versati a titolo di IRAP apartire dalla data della sua pronuncia, tanto varrebbe abolire con effetto immediato il tributo, e i mezzi di finanziamento delle regioni italiane. 163. D�altro canto, non si pu� stabilire una data troppo lontana nel futuro. Se � irragionevole aspettarsi l�immediata sostituzione di un tributo con un altro, non � irragionevoleipotizzare che le autorit� italiane abbiano gi� ora approntato piani contingenti ai fini di unatale sostituzione. Esse hanno appreso, nel marzo 2004, l�opinione della Commissione chel�IRAP fosse incompatibile, quando tale istituzione ha depositato le sue osservazioni dinanzi alla Corte, bench� le dette osservazioni fossero di carattere riservato, e, nel marzo 2005, hanno appreso quella dell�avvocato generale Jacobs, che essa fosse incompatibile, quandoegli ha presentato ufficialmente le sue conclusioni in pubblica udienza. In effetti, sembra chela graduale eliminazione dell�IRAP sia stata programmata a livello normativo sin dall�aprile 2003, ed � lecito presumere che la situazione da allora abbia fatto passi avanti (98). 164. Per garantire che l�IRAP venga sostituita da uno strumento finanziario compatibile con il diritto comunitario nel modo meno traumatico possibile e quanto prima, la dataappropriata mi sembrerebbe quella corrispondente alla scadenza dell�esercizio tributario incorso nel giorno della pronuncia della sentenza della Corte (99). Dato che la sentenza sar� (98) V. legge delega per la riforma del sistema fiscale statale (legge 7 aprile 2003, n. 80) in GURI 18 aprile 2003, n. 91, in particolare artt. 8 e 10, quarto, quinto e settimo comma, della medesima. (99) Ci sono precedenti (quantomeno) in pronunce del Bundesverfassungsgericht tedesco e dellaCour d�Arbitrage belga (ossia, della Corte costituzionale, rispettivamente, di Germania e Belgio) a RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO presumibilmente pronunciata quest�anno e poich� sembra che l�esercizio tributariodell�IRAP corrisponda all�anno civile, ci� significherebbe che la sentenza non potrebbeessere invocata per promuovere giudizi vertenti sull�IRAP riscossa in relazione a qualsiasiesercizio tributario scaduto il, oppure anteriormente al 31 dicembre 2006 ma che, nel casodi ritardi nella riforma del sistema, potrebbe essere chiesto il rimborso di ogni importoriscosso in relazione a qualsiasi esercizio tributario successivo. 3. Eccezioni alla data stabilita per la limitazione degli effetti nel tempo 165. La limitazione che suggerisco cerca di tener conto dell�interesse degli Stati membri nell�ambito di uno specifico insieme di circostanze. Essa tuttavia si pone in contrasto conil principio che chiunque ha il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi inviolazione delle disposizioni comunitarie (100). Pertanto, occorre prestare attenzione al finedi garantire che la restrizione di tale principio non sia eccessiva, anche tenendo conto dellespecifiche circostanze del caso di specie. 166. Di solito, nella prassi sia di questa Corte sia dei giudici di un certo numero di Statimembri, si dispone un�eccezione ad una limitazione degli effetti nel tempo di una sentenzaa favore di azioni avviate prima di una certa data. Detta eccezione pu� coprire tutte le azioni promosse prima della data della sentenza che ha accertato l�incompatibilit� (questa � statala prassi abituale di questa Corte), oppure solo alcune di esse; inoltre, pu� essere lecito scegliere un differente termine ultimo (come suggerito dall�avvocato generale Tizzano in occasione della causa Meilicke). 167. La difficolt� notevole che si pone nel caso di specie � il numero apparentementeenorme di azioni avviate ai fini del rimborso dell�IRAP in base alla sua presunta incompatibilit� con il diritto comunitario. Dato che il presente procedimento ha suscitato una grande attenzione per un periodo di tempo relativamente lungo, appare possibile che molte diqueste azioni, in particolare le pi� recenti tra di esse, abbiano natura speculativa, essendostate promosse senza grande sforzo o spese allo scopo di approfittare della prossima sentenza. Un�eccezione a favore di azioni del genere non solo sembra meno giustificata a causadella loro natura ma, a causa del loro numero, potrebbe probabilmente inficiare seriamenteil risultato ricercato mediante la limitazione. 168. Se un�eccezione dev�essere stabilita a favore di azioni avviate prima di una certadata e se tale data va scelta alla luce delle considerazioni sviluppate nel precedente paragrafo, essa deve soddisfare le seguenti condizioni: dev�essere la pi� oggettiva possibile; devedare la possibilit� di distinguere il pi� possibile tra le azioni avviate tempestivamente, nellaconvinzione che fossero realmente fondate, e nondimeno con un certo rischio vista l�incertezza del loro risultato, e quelle avviate in epoca successiva, nella prospettiva di un successo considerato abbastanza probabile; e dovrebbe essere tale da risolvere efficacemente ilproblema posto dal numero estremamente elevato di ricorsi. 169. Seguendo il suggerimento dell�avvocato generale Tizzano dato nella causaMeilicke, la Banca Popolare, il governo italiano e la Commissione, insieme a molti altri Statimembri, hanno proposto tutti la data del 21 gennaio 2004, quando la comunicazione del favore della scelta di una data futura corrispondente alla scadenza del pertinente periodo in corso, come un anno civile, un esercizio fiscale o un anno accademico. (100) V., ad esempio, sentenza 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber�s Wine World(Racc. pag. I-11365, punto 93 e giurisprudenza ivi citata). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ricevimento, da parte della Corte, dell�ordinanza di rinvio pregiudiziale nella presente causa� apparsa sulla Gazzetta ufficiale (101). 170. Tuttavia, mi sembra che, applicando al caso di specie un ragionamento analogo aquello alla base del suggerimento dell�avvocato generale Tizzano, si dovrebbe giungere aduna data diversa. La ragione che lo ha indotto a proporre la data della pubblicazione sullaGazzetta ufficiale nella causa Meilicke era che si poteva ragionevolmente supporre che, apartire da tale data, sia stata suscitata l�attenzione persino del meno diligente dei ricorrentisulla possibilit� di un rimborso (102). L�interpretazione del diritto comunitario era divenutachiara a partire dalla sentenza Verkooijen, ma la probabilit� di una sua applicazione alla normativa tributaria tedesca non � divenuta concreta sino al rinvio operato dinanzi alla Corte. Una volta che i potenziali ricorrenti furono informati di tale rinvio, apparve plausibile poteravviare azioni con ragionevoli probabilit� di successo. 171. Non penso che la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale abbia fornito un�informazione equivalente nel presente caso, dato che qui manca l��elemento Verkooijen� (103). Ladomanda di pronuncia pregiudiziale ha sollevato la questione della compatibilit� dell�IRAPcon il diritto comunitario, ma il risultato del rinvio non era assolutamente scontato comenella causa Meilicke, dove le disposizioni pertinenti del diritto comunitario erano gi� stateinterpretate dalla Corte in circostanze analoghe. Nel caso di specie, come ho dimostrato, lagiurisprudenza non � stata del tutto inequivocabile nel suo giudizio sulla compatibilit� conla sesta direttiva. 172. Comunque, sembra pacifico che adesso ci sia una diffusa impressione � o quantomeno una speranza � in Italia sul fatto che la Corte probabilmente pronuncer� una sentenza in esito alla quale l�IRAP verr� dichiarata incompatibile con il diritto comunitario. L�individuazione di una data a partire dalla quale tale impressione sia divenuta concreta �destinata a risultare in qualche misura arbitraria, ma secondo me la presentazione delleconclusioni dell�avvocato generale Jacobs il 17 marzo 2005 �, sotto tale profilo, la menoarbitraria e la pi� oggettiva delle date (104). � da tale momento che � divenuta concreta laprobabilit� che la Corte pronunciasse una sentenza di tal genere; al contrario, se le sue conclusioni fossero giunte ad esiti diversi, le probabilit� sarebbero state considerevolmenteminori. 173. Sono pertanto del parere che un�eccezione alla limitazione nel tempo degli effettidella sentenza, a favore di coloro i quali abbiano avviato azioni anteriormente al 17 marzo2005, consenta probabilmente di operare una distinzione tra le azioni avviate tempestivamente e quelle promosse solo quando le possibilit� di successo sono apparse rafforzate. E sebbene il governo italiano abbia suggerito una data anteriore, � tuttavia lecito ritenere che il rischiodi inficiare gli effetti della limitazione non debba essere indebitamente esacerbato. 174. Rimane comunque una perplessit�, sollevata in particolare dal governo olandese. (101) GU 2004, C 21, pag. 16. (102) V. paragrafo 62 delle conclusioni. (103) V. le mie osservazioni nel paragrafo 159. (104) La precedente esposizione delle tesi della Commissione, tanto in sede di osservazioni scritte, che non sono rese pubbliche, quanto in udienza, potrebbe anche essere tenuta in considerazione, ma secondo me non pu� essere paragonata alla prima dichiarazione pubblica, per iscritto, motivata ein forma accessibile a tutti, dell�opinione di un membro della Corte. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 175. Come l�avvocato generale Jacobs aveva notato nel paragrafo 85 delle sue conclusioni, una qualsiasi diminuzione delle entrate provocata dal rimborso dell�IRAP dovr� esserecompensata da altri tributi. Il governo olandese nutre perplessit� in merito all�ingiustizia chepotrebbe realizzarsi qualora tutti i contribuenti (inclusi i pi� recenti operatori del mercato, chenon sono stati assoggettati all�IRAP) dovessero far fronte a tale diminuzione, mentre solo alcuni di loro beneficerebbero del rimborso. Per di pi�, secondo il suo ragionamento, se l�onere deltributo � stato trasferito sui consumatori (come dev�essere avvenuto in generale, se l�IRAP �colpita dal divieto posto dalla sesta direttiva), il beneficio del rimborso risulter� moltiplicato. 176. Questo ragionamento parrebbe suggerire che in realt� non si dovrebbe fare alcuna eccezione alla limitazione degli effetti della sentenza. Concordo che possono esservi circostanze nelle quali ci� sia opportuno (e che in tali circostanze sarebbe ingiustificato fareun�eccezione persino per le parti in causa nel giudizio che abbia dato origine al rinvio, dalmomento che il carattere specifico di un procedimento, che dia origine a un rinvio pregiudiziale, non dipende assolutamente dallo zelo con cui il ricorrente ha promosso il giudizio), ma non penso che ci� possa valere in questa sede. 177. Il problema della disparit� di trattamento, come ad esempio tra contribuenti, nonrisulter� significativo se il numero dei ricorrenti avvantaggiati dall�eccezione rimarr� sufficientemente circoscritto � e ci� appare probabile qualora venga adottata una data persinoposteriore a quella suggerita dal governo italiano. E il problema dell�ingiustificato arricchimento realizzato mediante il rimborso di un tributo il cui onere sia stato trasferito � stato adeguatamente affrontato dalla giurisprudenza della Corte, pi� di recente nella sentenzaWeber�s Wine World (105), adottata sulla scia della sentenza EKW. C � Conseguenze per altri Stati membri 178. Passo infine a riflettere brevemente sulle conseguenze di pi� ampio respiro dellasentenza (la quale, ribadisco, ai fini della presente trattazione ipotizzo che implichi l�incompatibilit� di un tributo che corrisponda alla descrizione dell�IRAP data dal giudice remittente) e di una qualsiasi limitazione nel tempo dei suoi effetti. 179. Qualora venga imposta una limitazione nel tempo degli effetti di una siffatta pronuncia, ci� avverr� a vantaggio dello Stato membro interessato, al fine di evitare disfunzionamenti eccezionali. Qualora si conceda un�eccezione alla limitazione ci� avverr�, viceversa, nell�interesse di coloro i quali, all�interno dello Stato membro, hanno cercato di far valere determinate pretese facendo affidamento sull�ordinamento comunitario. 180. Una sentenza interpretativa ha per� efficacia generale. Qualora la Corte dovessedichiarare che un tributo con le caratteristiche dell�IRAP quali descritte dal giudice remittente sia incompatibile con la sesta direttiva, ci� varr� per l�IRAP e parimenti per qualsiasialtro tributo che abbia tali caratteristiche in qualsiasi altro Stato membro. 181. Tuttavia, qualsiasi limitazione nel tempo degli effetti e qualsiasi eccezione a quest�ultima stabilite dalla Corte si baseranno su una valutazione della situazione � esistenza di una buona fede da parte dello Stato, rischio di gravi disfunzionamenti per lo Stato e necessit� di un�efficace tutela giurisdizionale per i ricorrenti diligenti � in Italia, e tale valutazione potrebbe risultare ben diversa riguardo ad un altro Stato membro il quale applichianch�esso un tributo con le stesse caratteristiche. (105) Cit. alla nota 100 (punti 93-102). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 182. Tale riflessione implica che qualsiasi limitazione debba non solo operare neltempo ma anche, in realt�, nello spazio � problema di una certa rilevanza nel caso di specie, dato che, in base a diversi tra i numerosi articoli gi� apparsi nelle riviste giuridiche e tributarie in merito al presente procedimento, sembra che uno o pi� tra gli Stati membri diversidall�Italia applichi forse imposte le quali, quantomeno secondo il parere di alcuni autori, condividono alcune caratteristiche dell�IRAP. 183. Ovviamente, non � possibile per la Corte decidere nella presente causa se una limitazione degli effetti nel tempo sia appropriata in relazione a tali altri tributi oppure, se appropriata, quale data debba essere stabilita e quali eccezioni debbano essere, se del caso, concesse. La Corte ha per� costantemente dichiarato che una limitazione nel tempo degli effetti pu�essere concessa solo nell�ambito dello specifico giudizio vertente sull�interpretazione richiesta (106), e la decisione � peculiare al contesto materiale proprio del rinvio pregiudiziale. 184. Di conseguenza, in osservanza dei principi fondamentali che regolano gli effettidi tutte le sentenze pregiudiziali della Corte di natura interpretativa, la pronuncia si applicher� ex tunc con riferimento a qualsiasi altro tributo che presenti le caratteristiche rilevanti in un altro Stato membro. 185. Le difficolt� che ci� potrebbe comportare sono analoghe a quelle delineate dal- l�avvocato generale Tizzano nelle conclusioni da lui presentate nella causa Meilicke, in particolare nei paragrafi 47 e seguenti. Si potrebbe immaginare il seguente scenario. 186. Qualora alcuni contribuenti impugnino un tributo nazionale basandosi sulla sentenza resa nella presente causa, il giudice nazionale avr� facolt� di formulare una domanda dipronuncia pregiudiziale; indubbiamente, non cՏ nessuna certezza che un altro tributo nazionale possegga le caratteristiche definite in questa causa in modo tanto simile da escluderequalsiasi dubbio sulla sua compatibilit�. Nell�ambito del procedimento cui dar� luogo talerinvio, sar� facolt� dello Stato membro interessato chiedere una limitazione nel tempo deglieffetti della futura pronuncia. Qualora le circostanze appaiano idonee, la Corte potrebbe decidere di concedere una limitazione in base alla data della sentenza nella presente causa � inmodo analogo a quanto proposto dall�avvocato generale Tizzano in occasione della causaMeilicke, e cio� che gli effetti dovrebbero restare limitati alla data della sentenza Verkooijen � e fissare qualsiasi eccezione che possa risultare opportuna agli effetti della limitazione. CONCLUSIONE 187. Alla luce delle considerazioni sin qui illustrate, sono del parere che la Corte debbarisolvere nella seguente maniera le questioni sollevate dalla Commissione TributariaProvinciale di Cremona: 1) Un�imposta con le caratteristiche dell�IRAP quali descritte nell�ordinanza di rinviopregiudiziale, vale a dire la quale � � riscossa su tutte le persone fisiche e giuridiche che esercitano abitualmente un�attivit� diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, � colpisce la differenza tra i ricavi e i costi dell�attivit� tassabile, � � applicata in ordine a ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione corrispondente ad una cessione o ad una serie di cessioni di beni o servizi effettuata da un soggetto passivo, e (106) V. sentenza EKW (punto 57, e giurisprudenza ivi citata). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � impone, in ciascuna di tali fasi, un onere che � globalmente proporzionale al prezzoal quale i beni o i servizi sono ceduti, ricade nell�ambito del divieto di cui all�art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio77/388/CEE, riguardante altri tributi nazionali che abbiano le caratteristiche di un�impostasulla cifra d�affari purch�, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate adentrambe le imposte, il rapporto tra gli importi pagati a titolo d�IVA e gli importi pagati atitolo dell�imposta in questione risulti sostanzialmente costante. La sussistenza di tale condizione va accertata dal giudice nazionale, tenendo contodelle dettagliate caratteristiche dell�imposta in questione. 2) Il divieto disposto dal detto articolo non pu� essere invocato al fine di far valere ildiritto al rimborso dell�IRAP riscossa con riferimento a qualsiasi esercizio tributario anteriore alla sentenza della Corte, oppure con riferimento all�esercizio nel corso del quale dettasentenza venga pronunciata, fatta eccezione per chiunque abbia agito in giudizio o abbiapromosso un equivalente ricorso amministrativo anteriormente al 17 marzo 2005, data in cuisono state presentate le conclusioni dell�avvocato generale Jacobs nella presente causa. Siffatte parti in causa possono invocare tale divieto purch� alle loro azioni non vadano applicate preclusioni di altro tipo in forza delle norme di procedura nazionali, le quali rispettinoi principi di equivalenza ed effettivit��. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Dossier La questione degli elicotteri Agusta Appalti pubblici di forniture: la tutela della sicurezza nazionale comecausa legittima di deroga alla normativa comunitaria � noto che la normativa comunitaria che regola il settore dei pubbliciappalti � un terreno fertile per la nascita di numerosi e delicati contrasti interpretativi, che danno luogo a controversie sia nell�ambito delle giurisdizioniinterne che nell�ambito della Corte di giustizia. Recentemente la Commissione delle Comunit� europee ha propostouna serie di ricorsi contro la Repubblica italiana, ai sensi e per gli effettidell�art. 226, secondo comma, del Trattato che istituisce la Comunit�europea. Dette procedure d�infrazione, per la precisione tre, hanno ad oggetto lemodalit� con cui il Governo italiano ha curato l�acquisizione di elicotteridestinati ad alcuni Corpi militari e civili dello Stato (1). La prima delle procedure in questione (n. 2002/4194) aveva ad oggettoun�ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, la n. 3231 del 24luglio 2002; tramite detta ordinanza la Repubblica italiana autorizzava ilricorso alla trattativa privata � in deroga alla normativa comunitaria � peracquistare degli elicotteri destinati alla lotta contro gli incendi boschivi daparte del Corpo Forestale dello Stato. La Corte di Giustizia delle Comunit� europee ha definitivamente decisoin ordine a tale procedura decretando l�irricevibilit� del relativo ricorso, indata 27 ottobre 2005. La seconda procedura d�infrazione, avviata nei confronti del Governoitaliano, ha ad oggetto la prassi (per adoperare le parole usate dallaCommissione nel corpo del proprio ricorso (2)) di affidamento diretto alladitta Agusta S.p.A. di appalti per l�acquisto di elicotteri destinati a soddisfare le esigenze di alcuni Corpi dello Stato, specificamente: il Corpo Forestaledello Stato, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, la Polizia di Stato, iCarabinieri, la Guardia Costiera, il Dipartimento della Protezione Civiledella Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tramite detto ricorso, la Commissione contesta alla Repubblica Italianaun affidamento diretto di appalti �al di fuori di qualsiasi procedura di messain concorrenza,e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla (1) Il contenzioso nazionale, dopo una fase di grande incertezza e pronunce differenti dello stesso Consiglio di Stato sulla legittimit� della trattativa privata, si � concluso in via stragiudiziale conl�abbandono delle pretese alla gara da parte della ditta (di diritto statunitense) che aveva lamentato l�esclusione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO direttiva 93/36/CEE (3), e prima ancora, delle direttive 77/62/CEE (4), 80/767/CEE (5) e 88/295/CEE (6), ha violato gli obblighi che Le incombono in virt� delle citate direttive (...)�. Tale seconda procedura � attualmente oggetto di scrutinio da parte dellaCorte di Giustizia. La Repubblica italiana ha replicato, alle accuse rivolte dalla Commissione, tramite le seguenti motivazioni: 1) in via preliminare, il Governo italiano ha sollevato eccezione diinammissibilit� a causa della non corrispondenza tra le contestazioni svoltein sede di procedura d�infrazione e la domanda formulata nelle conclusionidella Commissione, infatti detta domanda s�incentrava sull�aver posto inessere una prassi (...) di affidamento diretto degli appalti (...) per soddisfarele necessit� dei Corpi militari; le contestazioni, invece, hanno riguardatoessenzialmente forniture civili. 2) Nel merito, la Repubblica italiana ritiene, poi, che laddove la procedura d�infrazione riguardasse in realt� forniture militari, la materia sarebberegolata, prima ancora che dalle direttive sugli appalti, dall�articolo 296 (exart. 223) del Trattato, a norma del quale: �1. Le disposizioni del presente trattato non ostano alle norme seguenti: a) nessuno Stato membro � tenutoa fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo Stato stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza; b) ogni Statomembro pu� adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico (...). 2. Il Consiglio(...) pu� apportare modificazioni all�elenco (...) dei prodotti cui si applicano le disposizioni del paragrafo b)�. A tal proposito il Governo italiano sottolinea che, �con la deliberazionedel 15 aprile 1958 il Consiglio della Comunit� ha stabilito che �Le disposizioni dell�art. 223 paragrafo 1) del Trattato si applicano alle armi, allemunizioni, e al materiale bellico (...) comprese le armi concepite per l�usodell�energia nucleare: 10 aeronavi e relativi equipaggiamenti (...)�. (2) La domanda formulata dalla Commissione alla Corte di Giustizia s�incentra sull�avere postoin essere �una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appalti(...) per soddisfare le necessit� dei Corpi militari (...)�, Causa C-337/05-1. Commissione CE c. Repubblica italiana. (3) Direttiva del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 199 del 9 agosto 1993, pp. 1-53. (4) Direttiva del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appaltipubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 13 del 15 gennaio 1977, pp. 1-14. (5) Direttiva del 22 luglio 1980, che adatta e completa, per quanto riguarda alcune amministrazioni aggiudicatrici, la direttiva 77/62/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appaltipubblici di forniture, G.U.C.E. n. L 215 del 18 agosto 1980, pp. 1-28. (6) Direttiva del 22 marzo 1988 che modifica la direttiva 77/62/CEE che coordina le proceduredi aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e che abroga talune disposizioni della direttiva80/767/CEE n. I 127 del 20 maggio 1988, pp. 1-14. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Ma non � tutto; la Repubblica italiana aggiunge che: �Conseguentementela direttiva in materia di appalti di fornitura 93/23/CEE stabiliva all�articolo 2, comma 1, lettera b), che �la presente direttiva non si applica (...) agli appaltidi forniture che sono dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata da misure speciali di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nello Stato membro di cui trattasi n�quando lo esiga la tutela di essenziali interessi di sicurezza di tale Stato�. In virt� di tali considerazioni, e dunque di preminenti esigenze di tutela della sicurezza nazionale (7) in connessione con le misure antiterrorismoadottate da tutti gli Stati membri dell�Unione Europea dopo l�11 settembre2001, la Repubblica italiana ha ritenuto la legittimit� di un affidamento diretto degli appalti per l�acquisto di elicotteri. La terza procedura d�infrazione (8) concerne specificatamente il decreto del Ministro dell�Interno dell�11 luglio 2003, prot. 558/A/04/03/RR; dettoprovvedimento dispone quanto segue: �1. Le forniture di elicotteri della tipologia leggera per le esigenze delleForze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco devono essereaccompagnate da speciali misure di sicurezza, da estendersi agli atti delgruppo Tecnico di Valutazione e della Commissione Interministeriale di cuiin narrativa. 2. Per l�espletamento delle forniture stesse si pu� derogare al dispostodel Decreto Legislativo 24 luglio 1992, n. 358, novato con Decreto Legislativo 20 ottobre 1998, n. 402, ricorrendo nella fattispecie le condizioni di cuiall�art. 4, lettera c), del detto testo normativo�. Il Decreto legislativo n. 358/1992 costituisce la normativa di recepimento della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici di forniture. Ilsuo articolo 4, lettera c), riproduce la disposizione di cui all�articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 93/36/CEE del Consiglio del 14 giugno1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici diforniture, e dispone: �1. Sono escluse dall�applicazione del presente Testo Unico: (... ) c) le forniture dichiarate segrete o la cui esecuzione richiede misure speciali di sicurezza, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti o quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato�. (7) In effetti, lo Stato italiano sembra chiarire i motivi posti alla base della deroga alla normativa comunitaria in tema di appalti pubblici di forniture, basti, poi, considerare che ulteriori esigenzenascono dall�ormai nota e drammatica situazione sul fronte del terrorismo internazionale . La Commissione, invece, tramite un�oltranzistica difesa delle proprie ragioni, sembra, in realt�, tradireun�interferenza nelle scelte concernenti la politica di sicurezza nazionale interna ad ogni Stato membro. Tale circostanza si traduce, in effetti, in una eccessiva limitazione della sovranit� nazionale. (8)Detta procedura � oggi allo scrutinio della Corte di Giustizia, che ha assegnato alla causa ilnumero di ruolo C-157/06-1. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La Commissione, ritenendo il citato decreto ministeriale non conformeal combinato disposto degli articoli 2, paragrafo 1, lettera b), 6 e 9 delladirettiva 93/36/CEE, avviava la procedura d�infrazione di cui � causa. A tal proposito, rileva segnalare quanto il Governo italiano ha articolato � nell�ambito della procedura precontenziosa � nella propria memoriadi difesa: �(...). In particolare si ritiene che le misure disposte dal decretosiano conformi a quanto previsto dalla normativa comunitaria in materiadi appalti pubblici di forniture nonch� necessarie e proporzionate rispettoagli scopi di tutela di interessi essenziali dello Stato che intendono perseguire. Il decreto (...) non implica affatto che l�intero comparto degli elicotteri sia sottratto all�applicazione della normativa sugli appalti, ma si riferisce ad una precisa tipologia di mezzi che presentano le caratteristichenecessarie per essere impiegati come sistemi d�arma o di difesa a protezione della sicurezza nazionale nel nuovo scenario di immanente minacciadi attacchi non convenzionali�. Anche in detta procedura � attualmente allo scrutinio della Corte diGiustizia e la Repubblica italiana ha articolato il proprio controricorso. Dott.ssa Cristina Mirti Corte di Giustizia delle Comunit� europee, seconda sezione, sentenza 27 ottobre 2005 nella causa C-525/03 (Commissione delle Comunit� europee c/ Repubblica italiana) Pres. di sez. C.W.A. Timmermans � Rel. J. Makarczyk � Avv. Gen. F.G. Jacobs �Mediante il suo ricorso, la Commissione delle Comunit� europee chiede alla Corte didichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato gli artt. 1, secondo comma, e 2, primo, secondo e terzo comma, dell�ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 luglio2002, n. 3231, recante disposizioni urgenti per la lotta aerea agli incendi boschivi sul territorio nazionale (GURI n. 177 del 30 luglio 2002, pag. 42; in prosieguo: l��ordinanza controversa �), articoli che consentono di ricorrere alla trattativa privata, in deroga alle disposizioni delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici di forniture e di servizi, e inparticolare in deroga alle norme comuni di pubblicit� e di partecipazione previste dai titoliIII e IV della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (G.U. L 199, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE (G.U. L 285, pag. 1; inprosieguo: la �direttiva 93/36�), e dai titoli III e V della direttiva del Consiglio 18 giugno1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (G.U. L 209, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2001/78 (in prosieguo: la �direttiva 92/50�), per l�acquisto di velivoli per la lotta agli incendi boschivi nonch� per l�acquisizione di servizi di spegnimento degli incendi, disposizioni che consentono, parimenti, di farricorso alla procedura suddetta per l�acquisto di attrezzature tecnologiche ed informatichenonch� di apparati radio ricetrasmittenti, senza che alcuna delle condizioni legittimanti laderoga alle suddette norme comuni sia soddisfatta e, comunque, senza garantire alcunaforma di pubblicit� diretta a consentire un confronto concorrenziale tra i potenziali offerenti, la Repubblica italiana ha violato gli obblighi che le incombono in virt� delle dette direttive e degli artt. 43 CE e 49 CE. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE I fatti 2.� L�ordinanza controversa � stata adottata in applicazione del decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri 28 giugno 2002, recante dichiarazione, fino al 31 ottobre 2002, dello stato di emergenza nel territorio nazionale ai fini della lotta aerea agli incendi boschivi (GURI n. 161 dell�11 luglio 2002, pag. 4). 3.� Tale ordinanza autorizzava il Corpo Forestale dello Stato, da un lato, ad acquistaremezzi aerei per la lotta agli incendi boschivi �a trattativa privata, in deroga alla normativa indicata al successivo art. 4 [della stessa ordinanza]�, cio� alla normativa nazionale di recepimento delle direttive 92/50 e 93/36, e, dall�altro, ad acquistare, sempre a trattativa privata, apparati radio ricetrasmittenti per le comunicazioni con i velivoli antincendio. Essa consentiva peraltro al Dipartimento della protezione civile di ricorrere alla trattativa privata per l�acquisto delleattrezzature necessarie a potenziare gli allestimenti tecnologici e informatici nonch� per l�acquisizione e l�implementazione di servizi di spegnimento aereo degli incendi boschivi. 4.� Sulla base dell�ordinanza controversa, il 28 ottobre 2002 il Ministero delle Politicheagricole e forestali ha adottato il decreto n. 1619/2002, che approvava e rendeva esecutivoun contratto stipulato con la societ� Agusta S.p.A., a trattativa privata ai sensi della suddetta ordinanza, relativo alla fornitura di due elicotteri, completi di installazioni a corredo, assistenza tecnica, parti di ricambio e quant�altro necessario al funzionamento di tali velivoli. Il procedimento precontenzioso 5.� La Commissione, ritenendo che le disposizioni dell�ordinanza controversa con cuisi autorizzava l�aggiudicazione di appalti di forniture e servizi secondo la procedura negoziata in casi non previsti dalle direttive 92/50 e 93/36 fossero in contrasto con queste e congli artt. 43 CE e 49 CE, con lettera del 19 dicembre 2002 ha ingiunto alla Repubblica italiana di presentare, nel termine di un mese, le sue osservazioni riguardo all�inadempimento adessa imputato. 6.� Considerando insoddisfacenti le osservazioni presentate dal governo italiano in risposta alla detta lettera, il 3 aprile 2003 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana unparere motivato, invitandola ad adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi nel termine di un mese a decorrere dalla notificazione, e in particolare ad abrogare o modificaredeterminate disposizioni dell�ordinanza controversa nonch� ad annullare e privare d�ognieffetto gli atti e provvedimenti adottati per la conclusione di appalti pubblici sulla base delledisposizioni medesime e, ove questi fossero stati gi� conclusi, a sospenderne l�esecuzione. 7.� Poich� le risposte della Repubblica italiana al parere motivato non hanno convintola Commissione, questa ha deciso di proporre il presente ricorso. Sulla ricevibilit� del ricorso 8.� Occorre sottolineare, in via preliminare, che la Corte pu� esaminare d�ufficio sericorrano i presupposti contemplati dall�art. 226 CE perch� sia proposto un ricorso per inadempimento (v., tra le altre, sentenze 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-2353, punto 8, e 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione /Italia, Racc. pag.I-305, punto 8). 9.� � irrilevante, sotto questo profilo, che la Repubblica italiana, rispondendo ad unquesito posto in sede di udienza, abbia considerato il ricorso ricevibile, laddove nel contro- ricorso aveva sostenuto la cessazione della materia del contendere, in quanto l�ordinanzacontroversa aveva smesso di produrre qualsiasi effetto ancor prima che la Commissione necontestasse la legittimit� o ne chiedesse la rimozione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 10.� � altres� irrilevante il fatto che la Repubblica italiana non abbia ammesso l�inadempimento contestato, elemento parimenti sollevato dalla Commissione in udienza a sostegno della ricevibilit� del ricorso, in quanto il procedimento per inadempimento di uno Statosi basa sull�accertamento oggettivo dell�inosservanza da parte di uno Stato membro degliobblighi impostigli dal Trattato o da un atto di diritto derivato (v., in particolare, sentenze 1ottobre 1998, causa C-71/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5991, punto 14, e 18 gennaio 2001, causa C-83/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-445, punto 23). 11.� Si deve innanzitutto constatare, come risulta dalle conclusioni dell�atto introduttivo, che il presente ricorso per inadempimento � limitato agli artt. 1, n. 2, e 2, nn. 1-3, dell�ordinanza controversa e non � volto a contestare gli atti successivamente adottati inapplicazione della stessa, atti che erano tuttavia esplicitamente contemplati nel pareremotivato. 12.� Si deve poi ricordare che la Commissione, nell�esercizio delle competenze di cui� investita in forza dell�art. 226, secondo comma, CE, ha il compito di vigilare d�ufficio, nel- l�interesse generale della Comunit�, sull�applicazione, da parte degli Stati membri, delTrattato e delle norme adottate dalle istituzioni in forza di quest�ultimo e di far dichiararel�esistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di farlicessare (v., in questo senso, sentenze 11 agosto 1995, causa C-431/92, Commissione/ Germania, Racc. pag. I-2189, punto 21, e 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C28/ 01, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3609, punto 29). 13.� A questo proposito, dal disposto stesso dell�art. 226, secondo comma, CE risultache la Commissione pu� adire la Corte con un ricorso per inadempimento solo qualora loStato membro interessato non si sia conformato al parere motivato entro il termine da essaimpartitogli a tale scopo (v. sentenza 31 marzo 1992, Commissione/Italia, cit., punto 9). 14.� Secondo costante giurisprudenza, peraltro, l�esistenza di un inadempimento deveessere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 31 marzo 1992, Commissione/Italia, cit., punto 10; 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6129, punto 7, e 10 aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3783, punto 9). 15.� Ebbene, si deve necessariamente constatare che l�ordinanza controversa avevacessato di produrre effetti giuridici alla data di scadenza dello stato di emergenza dichiarato nel territorio nazionale fino al 31 ottobre 2002 con decreto del Presidente del Consigliodei Ministri 28 giugno 2002, giacch� la durata di applicazione dell�ordinanza era limitata aquella fissata dal decreto. 16.� L�ordinanza controversa, che non era pi� in vigore fin dal 1 novembre 2002, avevaconseguentemente esaurito tutti i suoi effetti prima della scadenza del termine fissato nelparere motivato, anzi, persino prima dell�invio della lettera di diffida. Afferendo esclusivamente alla detta ordinanza, l�inadempimento imputato alla Repubblica italiana nel presentericorso, quand�anche sussistente, non sarebbe comunque pi� potuto esistere alla data di scadenza del termine citato. 17.� Da quanto precede discende che il ricorso della Commissione deve essere dichiarato irricevibile. Sulle spese 18.� Ai sensi dell�art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente �condannata alle spese se ne � stata fatta domanda. Si deve rilevare che la Repubblica italia IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE na non ha chiesto la condanna della Commissione alle spese. Ne consegue che ciascunaparte sopporter� le proprie spese. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso � irricevibile. 2) La Commissione delle Comunit� europee e la Repubblica italiana sopporteranno ciascuna le proprie spese�. Le conclusioni formulate nel ricorso nella causa C-337/05 (cont. 47461/05, avv. dello Stato G. Fiengo). �Con ricorso iscritto nel registro della Corte di Giustizia delle Comunit� Europee conil numero di causa C-337/05 e notificato in data 26 settembre 2005, la Commissione formula nei confronti del Governo della Repubblica Italiana le seguenti conclusioni: � constatare che avendo il Suo Governo ed in particolare i Ministeri dell�Interno, dellaDifesa, dell�Economia e delle Finanze, delle Politiche Agricole e Forestali, delleInfrastrutture e dei Trasporti e del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenzadel Consiglio dei Ministri, posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttoraseguita, di affidamento diretto degli appalti per l�acquisto di elicotteri di fabbricazione�Agusta� e �Agusta Bell� alla ditta �Agusta� per soddisfare le necessit� dei Corpi militari dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, della GuardiaCostiera, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, nonch� del Dipartimento dellaProtezione civile, al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva 93/36/CEE e, prima ancora, delledirettive 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE la Repubblica Italiana ha violato gli obblighi che Le impongono in virt� delle citate direttive; � condannare la Repubblica Italiana al pagamento delle spese di giudizio�. Il controricorso del Governo della Repubblica italiana nella causa C-337/05. � Il ricorso � inammissibile infondato e se ne chiede il rigetto per i motivi, che qui diseguito si riportano. 1.� In via preliminare la Repubblica Italiana segnala la non corrispondenza tra le contestazioni svolte in sede di procedura d�infrazione e la domanda giudiziale formulata nelle conclusioni dalla Commissione. Tale domanda si incentra sull�aver posto in essere �una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appalti�per soddisfare le necessit� dei Corpi militari��. Le contestazioni invece hanno riguardato invece essenzialmente forniture civili del Dipartimento della Protezione Civile, del Corpo Forestale delloStato e dei Vigili del Fuoco, sicch� � se anche tale divergenza non dovesse condurre allamanifesta inammissibilit� del ricorso (nel pi� potrebbe essere compreso il meno) � acquistano un diverso valore le risposte formulate dal Governo della Repubblica italiana (e le stesseaperture formulate in tali risposte nei confronti delle tesi della Commissione): stante la genericit� delle contestazioni, le risposte ai pareri motivati non consentono infatti alla Corte ditrarre argomenti di prova contro la Repubblica italiana, n� giustificano ammissioni di sortasugli inadempimenti contestati come ritenuto dalla Commissione: di forniture militari nellefasi precontenziose non s� � mai fondamentalmente fatta questione. 2.� Se si tratta di forniture militari, la materia oggetto del ricorso resta regolata, primache dalle richiamate direttive sugli appalti, dall�Articolo 296 (ex articolo 223) del Trattato, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO a norma del quale �1. Le disposizioni del presente trattato non ostano alle norme seguenti: a) nessuno Stato membro � tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallostesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza, b) ogni Stato membro pu� adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degliinteressi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico; tali misure non devono alterare le condizioni diconcorrenza nel mercato comune per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati afini specificamente militari. 2. Il Consiglio, deliberando all�unanimit� su proposta della Commissione, pu� apportare modificazioni all�elenco, stabilito il 15 aprile 1958, dei prodotti cui si applicano ledisposizioni del paragrafo 1, lettera b�) 3.� Con deliberazione del 15 aprile 1958 il Consiglio della Comunit� ha stabilito che�Le disposizioni dell�art 223, paragrafo 1) del Trattato si applicano alle armi, alle munizioni e al materiale bellico enumerati in appresso, comprese le armi concepite per l�usodell�energia nucleare:� 10 aeronavi e relativi equipaggiamenti per impiego militare�. La semplice lettura comparativa delle disposizioni emanate dal Consiglio indicano la volont� di sottrarre alla disciplina della concorrenza gli acquisti di aerei ed elicotteri, considerati in s� armamenti, anche indipendentemente dalla loro esclusiva destinazione a finimilitari. 4.� Conseguentemente le direttive in materia di appalti di fornitura 93/36/CEE stabiliva all�articolo 2 comma 1, lettera b), che �La presente direttiva non si applica�.. agli appalti di forniture che sono dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata damisure speciali di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nello Stato membro di cui trattasi n� quando lo esiga la tutela d�essenzialiinteressi di sicurezza di tale Stato�. L�Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e il Corpo delle Capitanerie di Porto � Guardia Costiera sono corpi militari dello Stato Italiano sicch� le loro forniture, comunqueimpiegate, si sottraggono ai sensi delle citate disposizione alle regole del Trattato. N� risulta contestato, in relazione a tali forniture un comportamento distorsivo dellaconcorrenza in relazione a prodotti che non siano destinati a fini specificamente militari aisensi dell�art 296 (ex art 223) del Trattato. 5.� Quanto alle forniture di alcune amministrazioni centrali dello Stato Italiano, cՏ darilevare come, a partire dall�ottobre 2001, gli acquisti di elicotteri, sia civili che dei corpimilitari addetti alla tutela dell�ordine pubblico, vengano progressivamente attratti in un�areaspecifica �afferente alla Sicurezza dello Stato� ed assoggettate ad un particolare requisitotecnico �il dual use�, che tende rapportare le forniture civile a quelle militari. La cronologiaessenziale � la seguente. 5.1.� 5 ottobre 2001. Il Ministro della Difesa � in considerazione del fatto che �glieventi internazionali accaduti (attentati dell�11 settembre 2001) nonch� i loro possibili sviluppi, impongono, tra l�altro, per le Pubbliche Amministrazioni una riflessione ad ampiospettro per tutto ci� che attiene, anche in senso lato, alla sicurezza del Paese e dei cittadini� � invita le Amministrazioni interessate a sospendere le procedure di acquisto �di beni e/ostrumenti che possano avere un impiego, seppure eventuale, anche come sistema d�arma (adesempio aerei, elicotteri, cingolati o altro)... al fine di poter concordare le opportune caratteristiche tecniche�. Le acquisizioni di elicotteri in corso da parte della Polizia di Stato e delCorpo dei Vigili del Fuoco vengono conseguentemente sospese. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 5.2.� Marzo 2002. Nel corso di una riunione del Comitato Nazionale dell�Ordine e della Sicurezza Pubblica, il Ministro dell�interno, raccomanda di procedere, nel rispettodella indicazione del Ministro della Difesa, a valutazioni ed acquisizioni il pi� possibile unitarie, previo individuazione di comuni caratteristiche di base dei mezzi da approvvigionare, secondo un coordinato programma, per conseguire anche sensibili economie di spesa. Taleorientamento viene confermato nel corso della Conferenza dei Servizi per il potenziamentodella flotta elicotteri CFS, tenuta il 20 marzo 2002 presso il Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali, che aveva bandito, poi sospeso ed infine revocato le gare per l�acquisto di n. 33 elicotteri leggeri e di n. 16 elicotteri medi. Nella Conferenza si stabilisce che ivelivoli da approvvigionare, destinati prioritariamente al contrasto degli incendi boschivi, siano suscettibili di impiego come supporto ad attivit� inerenti la difesa e la sicurezza nazionale, mediante la predisposizione di alcuni sistemi di comunicazione, identificazione e navigazione, compatibili con quelli installati sui mezzi della Difesa. 5.3.� Il 18 aprile 2002 il Capo della Polizia (Direttore Generale della PoliziaSicurezza) costituisce un Gruppo Tecnico di Valutazione � presieduto dal direttoredell�Ufficio Coordinamento e Pianificazione Forze di Polizia e composto da qualificatirappresentanti dei Comandi Generali dell�Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e delle competenti Articolazioni delDipartimento della Pubblica Sicurezza e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco � concompiti di: � condurre uno studio in forma coordinata per l�individuazione di comuni caratteristiche di base degli elicotteri in dotazione alle dette Amministrazioni; � elaborare un parimenti coordinato programma di acquisizione di mezzi, scandito neltempo sulla base di condivise esigenze prioritarie, anche con l�indicazione delle risorsefinanziarie a cui attingere. La scelta sottesa � che un ammodernamento del parco elicotteristico delle Forze diPolizia nel loro complesso, cos� concepito ed attuato, consentirebbe di realizzare una gestione comune delle scorte di magazzino, un aggiornamento dei vigenti sistemi operativi e lacreazione di nuove sinergie istituzionali, unitamente al raggiungimento di un sensibileabbattimento dei costi. 5.4.� A conclusione dei lavori, il 22 maggio 2002, nel significare che �la necessit� di ammodernamento delle flotte di caratteristiche � chiara ed impellente�, il Gruppo Tecnico di Valutazione redige ed approva il �Requisito di massima relativo all�elicottero biturbina leggero per i Corpi della Stato� ed il �Requisito tecnico di massima relativo all�elicottero biturbina medio per i Corpi dello Stato�. I due elaborati comprendono, altres�, la quantificazione delle esigenze complessive diaeromobili per ciascuna Amministrazione a decorrere dal 2003. I due elaborati sono trasmessi ai competenti Uffici delle Forze di polizia per lo svolgimento delle procedure diacquisto. 5.5.� 10 giugno 2002. Stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito ditrattativa privata con la ditta �Agusta �, per la fornitura di n. 4 elicotteri della tipologiamedia, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinarioForze di polizia), per le esigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non � segretata ma viene eseguita in conformit� al disposto dell�art. 9comma 4, lettere c) e d) del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture (forniture sottoposte a diritti di esclusiva; forniture complementari effettuate dal fornitore originario) che RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO recepisce analoghe deroghe stabilite nella direttiva 93/36/CEE. Il contratto approvato e resoesecutivo con D.M. 19 luglio 2002, registrato alla Corte dei Conti. (1) 5.6.� Il Presidente del Consiglio dei Ministri emana l�ordinanza n. 3231 del 24 luglio2002, recante �Disposizioni urgenti per la lotta aerea agli incendi boschivi sul territorio nazionale�. L�ordinanza, fondata su una specifica emergenza operativa, autorizza ilDipartimento della Protezione Civile ed il Corpo Forestale dello Stato ad individuare edacquisire i mezzi aerei ritenuti pi� idonei all�assolvimento dei compiti di istituto, anche inderoga alla normativa in materia di contabilit� generale dello Stato e di appalti pubblici diforniture. La vicenda � stato oggetto di contenzioso presso la Corte di Giustizia (Causa C525/ 03) concluso con una pronuncia di inammissibilit� del ricorso. 5.7.� 28 ottobre 2002. Viene stipulato contratto in forma pubblica amministrativa, aseguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 2 elicotteri, completi di installazioni ausiliarie a corredo, assistenza tecnica e parti di ricambio, tipologia media, con imputazione ai fondi di cui all�art. 23-quinquies della legge n. 61/1998, per le esigenzedel Corpo Forestale dello Stato. La fornitura non � segretata, effettuata in conformit� all�ordinanza 24 luglio 2002. Contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 28 ottobre 2002 registrato alla Corte dei Conti l�11 novembre 2002 (2). 5.8.� 31 ottobre 2002. Il Presidente del Consiglio dei Ministri � �considerato che a seguito dei noti eventi terroristici dell�1l settembre 2001 le azioni eversive in ambito internazionale assumono sempre pi� le caratteristiche di un conflitto armato� � con propriadirettiva dispone: a) �le acquisizioni di elicotteri destinati all�ammodernamento ed al potenziamentodelle flotte elicotteristiche adibite a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile devono avere caratteristiche tali da poterne consentire un impiego, anche se eventuale, come sistemi d�arma e di difesa, avendo cura di assicurare la massima interoperabilit� coni mezzi esistenti, minimizzando cos� gli impatti logistici, addestrativi ed operativi connessicon il loro eventuale uso per esigenze militari e/o antiterrorismo�; b) �a tal fine le proposte di acquisto ed i relativi capitolati tecnici dovranno essere preventivamente approvati ad una apposita commissione istituita presso il Ministerodell�Interno, della quale sono chiamati a far parte rappresentanti del Ministero della difesa e delle altre amministrazioni interessate�. 5.9.� In data 23 dicembre 2002 viene stipulato contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 4 elicotteri (1) Con sentenza 13 ottobre 2003 il T.A.R. del Lazio ha rigettato il ricorso della Ditta MDHelicopters (USA) per l�annullamento degli atti e provvedimenti relativi alla fornitura, ritenendoapplicabile il disposto dell�art. comma 4, lettere c) e d), del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture. Con decisione 22 giugno 2004 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso nei confronti della citata sentenza, annullando gli �impugnati provvedimenti che hanno dato vita alla trattativa privata� e condannando il Ministero dell�interno al risarcimento del danno nella misura del 2% sul prezzo complessivo della fornitura. Avverso detta decisione pende ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione perdifetto di giurisdizione. (2) Con sentenza 28 gennaio 2004 il T.A.R. del Lazio ha rigettato il ricorso della ditta MDHelicopters (USA) per l�annullamento degli atti e provvedimenti relativi alla fornitura, riconoscendola ricorrenza dell�esigenze di somma urgenza. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE della tipologia media, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non � segretata, ma eseguita in conformit� al disposto del citato art. 9 comma4, lettere c) e d), del Testo Unico sugli appalti pubblici di forniture. Il contratto � approvatoe reso esecutivo con D.M. 23 dicembre 2003, registrato alla Corte dei Conti (3). 5.10.� Il Ministro dell�Interno, con decreto in data 24 febbraio 2003, costituisce laCommissione interministeriale prevista nella Direttiva presidenziale. La Commissione �presieduta dal direttore dell�Ufficio Coordinamento e Pianificazione Forze di Polizia e comprende qualificati rappresentanti del Ministero della Difesa, del Dipartimento della PubblicaSicurezza, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della DifesaCivile, dei Comandi Generali dell�Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, delCorpo Forestale dello Stato e del Corpo delle Capitanerie di Porto. 5.11.� La Commissione interministeriale con delibera in data 5 marzo 2003 recepiscele risultanze del Gruppo Tecnico di Valutazione ed i relativi elaborati tecnici, ritenendoli inlinea con il disposto della direttiva presidenziale. 5.12.� 19 marzo 2003. Stipula di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguitodi trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura in leasing di n. 4 elicotteri della tipologia leggera, con imputazione delle rate agli stanziamenti ordinari di bilancio, per leesigenze del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La fornitura non � segretata ed � eseguita in conformit� al disposto del citato art. 9, comma 4, lettere c) e d), del Testo Unico sugliappalti pubblici di forniture. Contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 19 marzo 2003registrato alla Corte dei Conti (4). 5.13.� La Commissione interministeriale approva in data 14 aprile 203 il �Requisitomilitare di massima relativo all�elicottero biturbino leggero per i Corpi dello Stato�, cherecepisce il corrispondente �Requisito tecnico di massima� elaborato dal Gruppo Tecnico diValutazione, adeguandolo alle prescrizioni sulla militarizzazione, contenute nella direttivapresidenziale 31 ottobre 2002. L�elaborato reca, in allegato, le schede relative, rispettivamente, alle �caratteristiche che i mezzi citati in oggetto dovranno avere per assicurare lamassima interoperabilit� con gli analoghi velivoli della Difesa� ed agli �aspetti legati alprocesso di omologazione ed alla normativa tecnica di riferimento�, entrambe predispostedallo Stato Maggiore della Difesa. 5.14.� La Commissione interministeriale con delibera in data 6 maggio 2003 ritieneche i Capitolati tecnici adottati dal Corpo Forestale dello Stato per la fornitura di elicotterileggeri e medi siano �non rispondenti ai requisiti minimi definiti dallo Stato Maggiore dellaDifesa per i sistemi d�arma e di difesa e non rispondenti a caratteristiche di interoperobilit� con i mezzi delle Forze di polizia�. Il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, conpropria direttiva, dispone che il Corpo Forestale dello Stato si conformi al deliberato dellaCommissione interministeriale, sospendendo l�espletamento delle procedure di acquisizione in corso. 5.15.� Il Ministro dell�interno, con decreto 11 luglio 2003, sulla base di proposta avanzata dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza e su parere favorevole espresso dall�Organo (3) Vedi nota 1. (4) Vedi nota 1. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Centrale di Sicurezza, dispone la segretazione di atti e procedure inerenti la fornitura deglielicotteri della tipologia leggera per finalit� di �protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato�, ai sensi dell�art. 4, comma 1, lettera c), del Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture. 5.16.� La Commissione interministeriale, a conclusione dell�esame, approva in data 22ottobre 2003 le proposte di acquisto di elicotteri/sistemi d�arma della tipologia leggera perle esigenze della Polizia di Stato (n. 1), dell�Arma dei Carabinieri (n. 17) e della Guardia diFinanza (n. 7), ritenendole conformi al relativo �Requisito militare di massima�. 5.17.� La Commissione interministeriale con delibera 27 ottobre 2003 approva il�Requisito militare di massima relativo all�elicottero biturbino medio per i Corpi delloStato�, analogo al corrispondente �Requisito militare di massima relativo agli elicotteri leggeri�, recante in allegato le citate schede dello Stato Maggiore della Difesa. LaCommissione approva, altres�, i nuovi Capitolati tecnici predisposti dal Corpo Forestaledello Stato per le forniture di elicotteri leggeri e medi. 5.18.� La Commissione interministeriale con delibera 10 dicembre 2003 esamina ed approva la proposta di acquisto di n. 5 elicotteri/sistemi d�arma della tipologia leggera, avanzata dal Corpo Forestale dello Stato, ritenendolo conforme al relativo �Requisito militare di massima� ed al Capitolato tecnico approvato nella seduta del 27 ottobre 2003. 5.19.� Il Ministro dell�interno, con decreto 11 dicembre 2003, sulla base di propostaavanzata dai Dipartimento della Pubblica Sicurezza e su parere favorevole espressodall�Organo Centrale di Sicurezza, dispone la segretazione di atti e procedure inerenti la fornitura degli elicotteri dello tipologia media per finalit� di �protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato�, ai sensi dell�art. 4, lettera c), del Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture. 5.20.� La Commissione interministeriale, a conclusione dell�esame, in data 19 dicembre 2003, approva la proposta di acquisto di elicotteri/sistemi d�arma medi avanzata dalCorpo Forestale dello Stato, ritenendolo conforme al relativo �Requisito militare di massima� ed al Capitolato tecnico approvato nella seduta del 27 ottobre 2003. 5.21. � La Commissione Consultiva prevista dall�art. 9 della legge 28 febbraio 1992, n. 217, per dar corso in via amministrativa alla spesa, esprime parere favorevole in merito�all�acquisto, da parte dell�Arma dei Carabinieri (n. 17 elicotteri), della Guardia diFinanza (n. 7 elicotteri) e della Polizia di Stato (n. 1 elicottero), di complessivi n. 25 elicotteri/ sistemi d�arma completi di supporto tecnico logistico globale ed addestramento per ilpersonale aeronavigante� presso la Ditta Agusta S.p.A. , �mediante trattativa privata aisensi dell�art. 4, lettere c) ed e), del T.U. delle disposizioni in materia di appalti pubblici diforniture e dell�art. 41, punti 2), 3) e 6) del Regolamento Generale di Contabilit� di Stato� con le seguenti motivazioni: � �l�Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza sono escluse dall�ambito di applicazione della normativa comunitaria, in quanto nell�elenco deliberato dal Consiglio delleComunit� Europee, ai sensi dell�ari. 223 del Trattato di Roma istitutivo della stessa (attualeart. 296 del Trattato CE), al punto 10, sono riportati: velivoli ed attrezzature ad uso militare. Le menzionate Amministrazioni sono parte integrante delle Forze Armate dello Stato ed inserite, in virt� dei propri compiti istituzionali, nell�ambito del sistema di difesa e sicurezza�; � �l�Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato sono escluse dal- l�ambito di applicazione della normativa comunitaria in quanto, per le acquisizioni in argomento, la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato esige l�adozione di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE speciali misure di sicurezza di cui al Decreto del Ministro dell�Interno 558/A/04/03/RR indata 11 luglio 2003�; � �la Societ� Agusta, costruttrice e distributrice esclusiva dei mezzi aerei della classedi cui alle forniture in parola, � altres� l�unica sul territorio nazionale che per le capacit�tecniche e industriali possedute, soddisfa pienamente le esigenze di supporto logistico alleAmministrazioni interessate�, giusta art. 9, comma 4, lettere c) ed e), del citato T.U. sulle forniture. 5.22.� In data 19 dicembre 2003 si stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 7 elicotteri/sistemid�arma di difesa, tipologia leggera, comprensivi di installazioni ausiliarie e supporto logistico globale con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze della Guardia di Finanza. La fornitura � segretata edil contratto � approvato e reso esecutivo con D.M. 28 dicembre 2003, registrato alla Cortedei Conti il 17 febbraio 2004 (5). 5.23.� Stipula in data 23 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 17 elicotteri/sistemi d�arma di difesa, tipologia leggera, completi di installazioni ausiliarie e di supporto logistico globale, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamento straordinario Forze di polizia), per le esigenze dell�Arma dei Carabinieri. La fornitura � segretatae il contratto � approvato e reso esecutivo con D.M. 24 dicembre 2003, registrato alla Cortedei Conti il 16 marzo 2004 (6). 5.24.� Si stipula contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 3 elicotteri adeguatamente equipaggiati perle esigenze dual use, (svolgimento del servizio di istituto e del servizio antiterrorismo), tipo (5) Ricorso al T.A.R. del Lazio della Ditta MD Helicopters (USA), per l�annullamento � previasospensione dell�esecutoriet� � del decreto ministeriale di segretazione 11 luglio 2003, di tutti gli attiprodromici e successivi, nonch� di �tutti gli eventuali atti e provvedimenti� con cui le Amministrazionistessero dando corso alle forniture. Il 18 dicembre 2003 il T.A.R. respinge l�istanza di sospensiva. Il T.A.R. del Lazio ordina in data 11 marzo 2004 al Ministero dell�interno �l�esibizione in giudizio di documentati chiarimenti in ordine ad eventuali forniture di elicotteri della tipologia indicata neldecreto 11 luglio 2003, acquisite o in corso di acquisizione successivamente all�adozione del medesimo decreto oggetto di gravame, ed assoggettate a regime derogatorio al D.Lvo n.358/92, come modificato dal D.Lvo n. 402/98, con allegazione dei relativi atti procedimentali�. lI Ministero dell�interno d� adempimento all�ordinanza in data 28 maggio 2005. Con ordinanza emessa il 28 luglio 2004 il T.A.R. accoglie la domanda incidentale di sospensionedelle forniture fino al 14 ottobre 2004, data della decisione nel merito. In tale data il T.A.R. accoglie ilricorso principale ed annulla i provvedimenti impugnati; rigetta la domanda risarcitoria (sentenza n. 369/2004). Su appello proposto dall� Avvocatura Generale dello Stato e dalla Spa Agusta in data 19 aprile2005 il Consiglio di Stato con sentenza n. 3068/2005, accoglie gli appelli principali e, in riforma dellasentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. L�Avvocatura Generale dello Stato, in esito a richiesta del Ministero dell�interno, in data 29 settembre 2005 esprime il parere che �allo stato degli atti, vista la sentenza n. 3086/05 del Consiglio diStato, non sussistono ostacoli a che i contratti di fornitura, a suo tempo impugnati do MD HelicoptersInc., siano considerati validi ed efficaci�. (6) Vedi nota 5. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO logia leggera, nella configurazione di cui al relativo Capitolato tecnico, con installazioniausiliarie e supporto logistico globale, con imputazione ai fondi di cui all�articolo 23-quinquies della legge n. 61/1998, per le esigenze del Corpo Forestale dello Stato. La forniturasegretata e il contratto approvato e reso esecutivo con D.M. 29 dicembre 2003, registratoalla Code dei Conti il 24 febbraio 2004 (7). 5.25.� Stipula in data 24 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di n. 7 elicotteri, tipologia media, completi di installazioni ausiliarie a corredo, assistenza tecnica e parti di ricambio, con imputazione ai fondi di cui all�articolo 23-quinquies della legge n. 61/1998, per leesigenze del Corpo Forestale dello Stato. La fornitura � segretata e il contratto approvato ereso esecutivo con decreto del D.M. 29 dicembre 2003, registrato alla Corte dei Conti il 24febbraio 2004 (8). 5.26.� Stipula in data 30 dicembre 2003 di contratto in forma pubblica amministrativa, a seguito di trattativa privata con la ditta �Agusta�, per la fornitura di un elicottero/sistemad�arma di difesa, tipologia leggera, comprensivo di installazioni ausiliarie e di supportologistico globale, con imputazione ai fondi di cui alla legge n. 217/1992 (potenziamentostraordinario Forze di polizia), per le esigenze della Polizia di Stato. La fornitura � segretata e il contratto � approvato e reso esecutivo con D.M. 31 dicembre 2003, registrato allaCorte dei Conti il 13 febbraio 2004 (9). 6.� Dalla sequenza degli atti emerge con evidenza che la progressiva assimilazionedelle forniture di cui si tratta a vere e proprie forniture militari non ha riguardato tutte leamministrazioni dello Repubblica italiana ma esclusivamente gli organi statali che erano, per legge, regolamento o per disposizione interna, gi� affidatari di compiti relativi alla sicurezza nazionale, in connessione con le misure antiterrorismo adottate da tutti gli Stati membri dell�Unione Europea dopo l�11 settembre 2001. Non esiste � se non per accidente � alcuna prassi diretta a riservare alla Agusta S.p.A. le forniture di mezzi e servizi, ma una sceltaconcreta e motivata di attrarre determinate forniture (e solo quelle) nell�ambito della tuteladi interessi concernenti la sicurezza nazionale. La giustificazione di tale scelta � in ipsa re, dal momento che nell�ordinamento italiano questi particolari organismi amministrativi sonodestinati ad operare in stretta connessione con l�Arma dei carabinieri, la Guardia di Finanzae il Corpo delle Capitanerie di Porto, che hanno forma e sostanza di corpi armati dello Stato. Una volta scelta la via tecnica dell�interoperabilit� (nelle linee di volo, nelle trasmissioni, nell�addestramento e nella logistica) per ragioni di sicurezza nazionale, l�assimilazione diquesti servizi e delle relative forniture � sia pure con provvedimenti di volta in volta motivati � ai servizi ed alle forniture militari diviene fatto consequenziale, fondato su una motivazione ragionevole. (7) Vedi nota 5. (8) Sebbene la Ditta MD Helicopters abbia chiesto al T.A.R. del Lazio l�annullamento degli attie provvedimenti relativi alla fornitura degli elicotteri leggeri, nel ricorso di cui alla nota 5) si fa riferimento agli atti e provvedimenti inerenti la fornitura degli elicotteri medi. Il Ministero delle PoliticheAgricole e Forestali, pertanto, a seguito dell�ordinanza del T.A.R. Lazio 28 luglio 2004, ha sospesocautelativamente entrambe le forniture, che sono state riattivate ad avvenuto deposito della decisionedel Consiglio di Stato 3086/05. (9) Vedi nota 5. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 7.� La prova di un uso accorto della facolt� di deroga fondata sull�esigenza della sicurezza nazionale deriva proprio dall�esclusione degli acquisti effettuati dal Dipartimentodella Protezione Civile e dal Corpo dei Vigili del Fuoco da ogni misura di segretazione edalla circostanza che ciascuna fornitura segue specifiche procedure di affidamento ed autonome valutazioni in ordine ai beni da acquistare. 8.� Del tutto estranea alla controversia � la posizione del Dipartimento della ProtezioneCivile della Presidenza del Consiglio dei ministri. Questa struttura non ha mai utilizzato perl�acquisto di elicotteri l�ordinanza n. 3231 adottata dal Presidente del Consiglio dei Ministriil 24 luglio 2002 per le emergenze derivanti dagli incendi boschivi n� ha mai utilizzato perla stessa finalit� l�art 12 comma 2 dell�ordinanza n. 3265 del 21 febbraio 2003 adottata peril terremoto e le altre calamit� naturali. Il procedimento induttivo che la Commissione spesso utilizza per inferire ammissioni della Repubblica italiana ai fatti contestati � molto ampioe spesso acritico: nel caso di specie tuttavia risposta fornita dal Dipartimento dellaProtezione Civile al parere motivato in data 12 maggio 2004 (allegato 16 al ricorso dellaCommissione) non sembra lasciare margini di dubbio dal momento che l�ufficio si limita atrasmettere copia di un bando di gara. 9.� In relazione alla posizione del Corpo Forestale dello Stato si ricorda che la controversia tra la Repubblica Italiana e la Commissione � stata definita con la sentenza dellaCorte di Giustizia 27 ottobre 2005 in causa C-525/03 con la declaratoria di irricevibilit� delricorso. Da tale decisione risulta testualmente al punto 4: �Sulla base dell�ordinanza controversa, il Ministero delle Politiche Agricole e forestali ha adottato il decreto 1619/02 cheapprovava e rendeva esecutivo un contratto stipulato con la societ� Agusta S.p.A. a trattativa privata ai sensi della suddetta ordinanza, relativo alla fornitura di due elicotteri, completi di installazioni a corredo, assistenza tecnica, parti di ricambio e quant�altro necessario al funzionamento di tali veicoli� Non si comprende per quale motivo una questione gi�trattata e discussa in Corte di Giustizia e definita nel senso dell�irricevibilit� del ricorso solo in conseguenza delle modalit� responsabilmente scelte dalla Commissione di proporre larelativa domanda, debba oggi essere riproposta in termini analoghi a quelli per i quali � statatrattenuta in decisione. Il ne bis in idem appare nel caso di specie eccezione sostanziale. Sirammenta al riguardo che in quella occasione la difesa del Governo Italiano aveva insistitoper una pronuncia nel merito della controversia, che, comՏ noto, riguardava, un caso particolare di deroga ai sensi dell�art. 6 comma 3, lett. d) della direttiva 93/36/CEE 10.� Un particolare approfondimento merita la controversia in relazione alla tesi esposta dalla Commissione secondo cui le esigenze di sicurezza potrebbero essere assicurateattraverso oneri di riservatezza imposti ai partecipanti alla ipotetica gara ed evitando di pubblicizzare sulle home pages dei Corpi di Polizia le relative informazioni (un documentoestratto dal sito www.carabinieri.it conterrebbe, secondo la Commissione, indicazioni sullecaratteristiche principali dei mezzi in questione � allegato 7 al ricorso della Commissione). Al riguardo si chiarisce che il documento richiamato reca soltanto informazioni generiche sulla storia della flotta dell�Arma dei Carabinieri, senza menzionare in alcun modoaltri aspetti inerenti i complessi elettronici di bordo, i sistemi di comunicazione, navigazione, pilotaggio ed armamento degli aeromobili ed altre informazioni sensibili. Al riguardo gliarticoli dei contratti stipulati da corpi militari prevedono che �La ditta si impegna di garantire nell�espletamento del ... contratto, l�osservanza degli obblighi ad essa derivanti dalRegio Decreto 11 luglio 1941, n. 1161 ... e delle disposizioni integrative��. Ci� comprovache l�Amministrazione non ha, con riguardo alle forniture in questione, un generico interes RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO se di �riservatezza� bens� l�esigenza di salvaguardare il �segreto militare�. Di conseguenzale deroghe applicate si ritengono rispondenti in pieno al principio di proporzionalit�. 11.� Per quanto concerne l�assimilazione delle forniture dei Corpi di Polizia a vere eproprie forniture militari,con riguardo ai punti n. 77 e 78 del ricorso, si osserva che l�omogeneit� delle linee di volo all�interno dei reparti favorisce l�impiego operativo poich� consente, attraverso una razionalizzazione del ciclo logistico, l�abbattimento dei tempi di riparazione/ manutenzione e risponde a ragioni di sicurezza del volo in quanto in sede di analisie prevenzione degli incidenti sono emersi rischi rilevanti connessi al contestuale addestramento del personale su diversi tipi di vettore. Inoltre, l�interoperabilit� tra i mezzi in uso alleForze armate e alle Forze di polizia consente di sviluppare attivit� integrate di carattere tecnico/ addestrative, tecnico/logistico e tecnico/amministrativo, funzionali al conseguimentodegli obiettivi di assicurare la difesa interna del territorio e l�impiego integrato in operazioni internazionali per il mantenimento della pace e/o l�espletamento di attivit� di polizia, secondo standard procedurali affinati nel tempo come si pu� rilevare, tra l�altro, dal Decretointerministeriale Interno-Difesa in data 12 dicembre 2001. Tali fattori evidenziano la misura in cui l�eventuale cambiamento di fornitore esporrebbe l�Amministrazione a difficolt�tecniche sproporzionate (punto n. 81 ricorso). 12.� I contratti stipulati dal Dipartimento per i Vigili del Fuoco � come si � detto � nonsono stati oggetto di segretazione; nondimeno l�Amministrazione si � ragionevolmentedeterminata a favore di un acquisto a trattativa privata con la ditta Agusta S.p.A. sia in relazione agli elicotteri di tipo leggero che per quelli medi, avvalendosi di specifiche deroghepreviste dall�ordinamento comunitario ed in particolare della possibilit� del ricorso alla trattativa privata per i casi previsti dall�art 6, comma 3 lettere c) ed e) della direttiva 93/36/CEE. La questione � tuttora oggetto di contenzioso in sede nazionale, su ricorso proposto daun operatore extracomunitario, ed ha avuto finora un singolare epilogo, con la condanna del- l�amministrazione a rifondere all�operatore straniero una somma pari al 2% della commessa a titolo di perdita di chance. Ma poich� anche i giudici che hanno pronunciato la condanna fanno parte dell�ordinamento della Repubblica Italiana sarebbe interessante comprendere, donde la Commissione ricava da questa vicenda l�inadempimento della RepubblicaItaliana alle normative comunitarie: il diritto di partecipare alla gara per la fornitura di elicotteri, proprio in forza delle direttive comunitarie recepite dall�ordinamento nazionale �assicurato e garantito nella Repubblica italiana anche ad imprese extracomunitarie ed � statooggetto di una sentenza che la difesa erariale ritiene ingiusta ma che comunque sussiste ed� tale da escludere l�inadempimento al Trattato contestato dalla Commissione. 13.� Nel merito la scelta effettuata dai Vigili del Fuoco aveva fondate ragioni nell�utilizzo della trattativa privata, anche ed indipendentemente dalle motivazioni relative allainteroperabilit� della flotta elicotteristica nazionale adibita a compiti di pubblica sicurezza edella progressiva assimilazione di tali acquisti alle forniture militari: a) gli elicotteri sono macchine complesse, nelle quali le case produttrici utilizzanoampiamente privative industriali; nessuna istituzione comunitaria n� internazionale si � maidata carico di dar corso a processi di normalizzazione. Allorch� si tratta di adibire tali macchine in missioni spesso al limite della loro affidabilit� sembra plausibile che leAmministrazioni procedano solo attraverso una scelta tecnica e secondo gli affidamenti sperimentati (art. 6, comma3 lett. c della direttiva 93/36/CEE); b) la parte essenziale della flotta elicotteristica dei Vigili del Fuoco era gi� compostaall�atto della stipula dei contratti per cui � causa, di elicotteri di fabbricazione Agusta o IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Agusta Bell, sicch� diveniva imprescindibile procedere al completamento del parco a disposizione delle singole unita con macchine interscambiabili (art. 6, comma 3, lett. e) della direttiva 93/36/CEE. 14.� La Commissione ritiene che tale ultima deroga non possa essere utilizzata oltre iltriennio (paragrafo 80 del ricorso). La tesi non pu� essere condivisa in quanto: a) presuppone erroneamente che l�utilizzazione di un elicottero (e delle sue parti di ricambio) si esaurisca in tre anni (dal contratto, dalla consegna, dalla fornitura del pezzo di ricambio?); b) non tiene conto che il limite triennale previsto � connotato da specifica elasticit� �come norma generale�, valida indubbiamente per le forniture di stampati, del tutto fuori luogo per lagestione di un parco elicotteristico. 15.� Una seconda obiezione della Commissione connota come illegali le forniturecomplementari ad una precedente fornitura illegale (punti da 40 a 51 del ricorso), ribadendo in questa sede la tesi di una prassi, anteriore al 2000, di acquistare elicotteri solo dallasociet� Agusta e comunque a trattativa privata. Sul piano formale non sembra alla difesa erariale che l�art. 6, comma 3 lett. e) della direttiva 93/36/CEE contenga limiti all�operativit� della deroga dall�eventuale (e non dimostrata) illiceit� del cosiddetto contratto principale. L�obiezione pratica secondo cui le commesse complementari potrebbero essere proseguite a tempo indeterminato, non giustifical�introduzione di limitazioni non previste dalla direttiva: il trascorrere del tempo infatti e lanatura complementare della prestazione sono elementi che incidono direttamente sul giudizio di compatibilit� e sulla sproporzione delle difficolt� tecniche che l�amministrazione deveindicare come giustificazione per procedere alla commessa complementare, sicch� l�interprete non pu� legittimamente introdurre una condizione qualitativamente diversa da quellagi� prevista e disciplinata dal legislatore comunitario. 16.� Sotto il profilo dell�esistenza della prassi, una serie di dati che il Governo dellaRepubblica italiana si accinge a fornire possono dare un quadro pi� realistico della realeconsistenza della questione. Una prima serie di dati riguarda la composizione delle flotte di elicotteri a turbina per ilmercato militare e governativo dell�Unione Europea. I dati relativi mostrano una situazione italiana non difforme dalla maggioranza degli Stati Membri produttori e comunque una tendenzadi ciascuno stato membro di avvalersi nel settore di sistemi monomarca. Nel settore militare una maggiore differenziazione pu� derivare da esigenze di specializzazione dei corpi di difesa. 17.� Ulteriore dato che si fornisce alla Corte � la consistenza delle flotte elicotteristiche delle Autorit� coinvolte nell�azione di inadempimento promossa dalla Commissione. L�anno diacquisto delle macchine costituenti il parco attualmente in funzione � � ad avviso della difesaerariale � utile strumento di valutazione. Ulteriore elemento di valutazione � l�origine storica, prevalentemente militare, del parco elicotteristico nazionale e le connessioni tuttora ravvisabili del settore civile con aspetti legati alla ricerca e all�approvvigionamento di armamenti. 18.� Un�ultima questione riguarda la posizione di Agusta S.p.A. nel quadro dell�ordinamento nazionale italiano e le ragioni per le quali alla fine degli anni �90 gran parte del parcoelicotteristico nazionale era (legittimamente) composto da elicotteri prodotti da tale societ�. � evidente che gli affidamenti diretti da parte di amministrazioni statali ad impreseall�epoca appartenenti al sistema delle partecipazioni statali non possono rientrare, se nonin una accezione ampia, nel fluttuante sistema giurisprudenziale degli appalti in house. Nondimeno l�autoproduzione di beni e servizi, che venivano utilizzati dall�amministrazione pubblica, costituiva una parte fondamentale del portafoglio produttivo delle societ� par RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tecipate dallo Stato e gli effetti indotti dalle partecipazioni statali sul sistema produttivonazionale ed europeo, soprattutto in settori di alta tecnologia e di progressivo affrancamento da dipendenze extracomunitarie, � innegabile. In questo contesto, nel momento in cui ilsistema delle partecipazioni statali viene meno per il progressivo espandersi del mercatocomune europeo, non appare ragionevole negare gli effetti di tale realt�, pretendendo dicancellare il nome di Agusta dal parco elicotteristico nazionale. La societ� aveva all�epoca un ruolo di punta nelle scelte di politica industriale del Paese, oggi � una realt� che operaintegralmente nel mercato, ma che legittimamente utilizza un bagaglio di esperienze e dipossibilit� che discendono dalle sue origini e continua ad occupare nel quadro nazionaledella produzione di armamenti quella posizione strategica che � alla base del permaneredella partecipazione pubblica nel suo pacchetto azionario. Per utilit� della Corte si deposita una scheda ragionata sulle partecipazioni statali, sull�EFIM, su Fimmeccanica e su Agusta S.p.A. da intendersi come parte integrante del presente controricorso. Si insiste affinch� il ricorso proposto dalla Commissione sia dichiarato inammissibilee comunque rigettato, con consequenziali statuizioni in ordine alle spese di lite. Roma, 5 dicembre 2005 � Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo�. Le conclusioni formulate nel ricorso nella causa C-157/06 (Commissione delle Comunit� europee c/ Repubblica Italiana) (ct. 15892/06, avv. dello Stato G. Fiengo). �Con ricorso depositato il 23 marzo 2006, la Commissione delle Comunit� europee hapromosso presso la Corte di giustizia un procedimento per inadempimento contro l�Italiavolto a far constatare che: avendo adottato il decreto del Ministro dell�Interno dell�11 luglio 2003, con il qualeviene autorizzata la deroga alla normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di forniture per l�acquisizione di elicotteri leggeri per le esigenze delle forze di Polizia e delCorpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, senza che ricorra alcuna delle condizioni suscettibili di giustificare una tale deroga, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi che Leincombono in virt� della direttiva 96/36/CEE e segnatamente del suo articolo 2, paragrafo1, lettera b), in combinato disposto con gli articoli 6 e 9 della medesima direttiva�. Il controricorso del Governo della Repubblica italiana nella causa C-157/06 (ct. 15892/06, avv. dello Stato G. Fiengo) �In via preliminare ed assorbente si osserva che la materia oggetto del contendere �totalmente contenuta nel ricorso per inadempimento C-337/05 promosso dalla Commissionecontro la Repubblica italiana. Anche se tale circostanza non porta, come ritiene la difesadella Repubblica italiana, all�inammissibilit� del ricorso, ragionevolezza processuale impone comunque la trattazione congiunta dei due procedimenti. In ogni caso il ricorso da ultimo presentato � infondato e se ne chiede il rigetto per imotivi che saranno illustrati nel prosieguo. Come ricorda la stessa Commissione, la presente procedura d�infrazione ha preso l�avvio in data 30 marzo 2004 con l�invio di una lettera di messa in mora alle Autorit� italiane avente ad oggetto le modalit� di acquisizione degli elicotteri leggeri per le esigenze delleForze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco stabilite dal Decreto delMinistro dell�Interno dell�11 luglio 2003 IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Il dispositivo del decreto oggetto di contestazione recita nel seguente modo: �Le forniture di elicotteri della tipologia leggera per le esigenze delle Forze di Poliziae del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco devono essere accompagnate da speciali misuredi sicurezza, da estendersi agli atti del Gruppo Tecnico di Valutazione e della Commissioneinterministeriale di cui in narrativa. Per l�espletamento delle forniture stesse si pu� derogare al disposto del Decreto legislativo 24 luglio 1992, n. 358, novato con Decreto Legislativo 20 ottobre 1998, n.402, ricorrendo nella fattispecie le condizioni di cui all�art. 4, lett. c), del detto testo normativo�. L�art. 4 del D.Lgs. n. 358/1992 riproduce l�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, il quale esclude l�applicazione della Direttiva medesima nel caso di �appalti di forniture dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata da speciali misure disicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nelloStato membro di cui trattasi [e] quando lo esiga la tutela d�essenziali interessi di sicurezza di tale Stato�. Nella lettera di messa in mora la Commissione ha rilevato che la deroga prevista dalDecreto � in contrasto con il suddetto articolo 2, par. 1, lett. b) della Direttiva 93/36, in quanto, nel caso in esame, non risultano soddisfatte le condizioni in esso previste. In particolare, il Decreto: i) non contiene alcuna indicazione circa i presupposti applicativi della norma; ii) motiva l�applicabilit� dell�art. 2 della Direttiva sulla base dell�esigenza di riservatezza, nonfornendo spiegazioni in merito alle misure di sicurezza che dovrebbero accompagnare l�esecuzione dell�appalto al fine di soddisfare tale esigenza; iii) gli appalti non sono dichiaratisegreti in modo espresso n� risultano essere stati dichiarati tali. In ogni caso, secondo la Commissione, la previsione di una deroga generalizzata all�applicazione della normativa comunitaria, per tutte le forniture in esame, sarebbe sproporzionata rispetto all�obiettivo di tutela delle esigenze di riservatezza. Il Governo italiano ha replicato alla lettera della Commissione con nota del 30 luglio2004. In tale risposta si � illustrato il quadro normativo in cui si colloca l�adozione delDecreto e si � attirata l�attenzione della Commissione sulle premesse dell�atto ai fini dell�esatta individuazione della portata delle disposizioni e delle motivazioni in esso contenute. Tali premesse chiariscono, in particolare, che il Decreto costituisce una mera specificazionedi una serie di interventi normativi volti ad adeguare il sistema della sicurezza nazionale allenuove esigenze emerse a seguito degli eventi terroristici dell�11 settembre 2001. Sulla scorta di tali interventi, infatti, il Governo ha ritenuto che, vista la natura e le particolari caratteristiche degli elicotteri oggetto delle forniture in esame, vi sia la necessit� di garantire lamassima riservatezza sull�oggetto delle stesse, sulle procedure seguite, sugli aspetti tecnicie progettuali, sugli allestimenti, sui documenti e sulle conoscenze da acquisire nel corsodelle attivit� e delle varie procedure, disponendo in relazione alle medesime l�applicazionedi speciali misure di sicurezza ai sensi della Direttiva 93/36. Le autorit� italiane hanno precisato che le misure di sicurezza previste dal Decretoriguardano tanto la segretazione delle forniture e degli atti quanto l�adozione dell�obbligo ditutela del segreto militare nonch� il rispetto delle regole previste dalla legislazione in materia di sicurezza militare, tra cui il possesso del Nulla Osta di Segretezza � NOS rilasciatodall�Autorit� Nazionale di Sicurezza. Dal momento che i velivoli oggetto delle forniture non possono considerarsi ad usocivile ma vanno annoverati a pieno titolo tra il materiale bellico impiegato a difesa della salvaguardia e dell�integrit� dello Stato, � evidente che le misure disposte mirano alla tutela RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO degli interessi essenziali di sicurezza dello Stato e come tali giustificano la piena applicabilit� dell�intero disposto dell�art. 2 della Direttiva 93/36 e non solo della seconda condizionein esso prevista. Nonostante la chiara risposta delle Autorit� italiane, la Commissione, non ritenendosisoddisfatta, ha adottato un parere motivato nel quale ha precisato che non considera dimostrata la sussistenza di nessuna delle condizioni previste dall�art. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva. Indi la Commissione ha introdotto il giudizi, malgrado la dichiarata disponibilit� dal Governoitaliano ad adeguare il decreto ad una interpretazione condivisa delle norme comunitarie. Prima di replicare nel merito alle contestazioni sollevate dalla Commissione nell�attointroduttivo del giudizio, si ritiene necessario esporre brevemente alla Corte il contesto normativo nell�ambito del quale � stato adottato il Decreto di cui � causa. Come pi� volte ricordato, l�adozione dell�atto rappresenta una mera specificazione diuna lunga serie d�interventi che sono stati posti in essere dalle Autorit� italiane allo scopodi adeguare il sistema della sicurezza nazionale allo scenario internazionale delineatosi dopogli eventi terroristici dell�11 settembre 2001. Ne discende pertanto che la ricostruzione delquadro che ha fatto da sfondo all�adozione del Decreto risulta indispensabile ai fini di unacorretta interpretazione del significato e della portata delle sue disposizioni. La suddettaricostruzione, peraltro, consentir� di mettere in luce un ulteriore aspetto che la Commissioneha indebitamente sottovalutato nei suoi scritti difensivi ma che risulta di fondamentale importanza ai fini di un corretto esame della presente fattispecie, vale a dire la natura essenzialmente militare degli elicotteri oggetto del Decreto controverso. Come evidenziato dal Governo italiano nella risposta alla lettera di messa in mora, aseguito dei tragici attentati terroristici verificatisi nella seconda met� del 2001, le Autorit�italiane hanno intrapreso un profondo processo di analisi volto all�individuazione dellemisure maggiormente idonee a prevenire e fronteggiare il pericolo di attacchi non convenzionali. Gi� all�indomani di quegli eventi, il Ministero della Difesa ha indirizzato alle varieamministrazioni dello Stato una nota con cui queste venivano sollecitate �a una particolare attenzione verso quegli acquisti, da parte di strutture pubbliche, di beni o strumenti chepossano avere un impiego, seppure eventuale, anche come sistemi d�arma (ad esempioaerei, elicotteri, cingolati o altro)� e con la quale sono state invitate �a sospendere, ove ci�sia possibile, le procedure gi� avviate per l�acquisto dei beni precisati, al fine di poter concordare con lo stesso Dicastero le opportune caratteristiche tecniche�. Il processo di riflessione � stato esteso alle varie amministrazioni dello Stato nonch� adun Comitato di esperti dei Ministeri della Difesa e dell�Interno, ed ha portato, tra l�altro, all�adozione della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2002. Tale Direttiva riveste particolare importanza in quanto, a seguito dell�evoluzione delloscenario internazionale, dispone una vera e propria �militarizzazione� degli elicotteri destinati all�ammodernamento ed al potenziamento delle flotte adibite a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile dello Stato. La Direttiva presidenziale, infatti, constata che le azioni eversive in ambito internazionale vanno assumendo sempre pi� le caratteristiche di un conflitto armato e che i recenti avvenimenti sovversivi hanno aggravato lo stato di allerta verso il terrorismo su scala mondiale. Per tale ragione, raccogliendo i suggerimenti provenienti dal Ministero della Difesa, stabilisceche nelle modalit� di approvvigionamento dei mezzi dei vari Corpi di sicurezza dello Stato sidebba garantire la riservatezza delle informazioni tecniche riguardanti i mezzi impiegati. Al tempo stesso, dispone che le acquisizioni di elicotteri destinati all�ammodernamento ed al potenziamento delle flotte elicotteristiche adibite a compiti di sicurezza, ordine pub IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE blico o protezione civile �devono avere caratteristiche tali da poterne consentire un impiego, anche se eventuale, come sistemi d�arma e di difesa, avendo cura di assicurare la massima interoperabilit� con i mezzi esistenti �. In un�ottica di efficienza e minimizzazione delle difficolt� operative, logistiche, e diaddestramento, connesse all�eventuale uso militare e/o antiterrorismo degli elicotteri adibiti a compiti di sicurezza, ordine pubblico o protezione civile, la Direttiva presidenzialedispone che nell�ambito dell�acquisizione dei suddetti elicotteri debbano essere assicuratedue esigenze di importanza vitale: i) l�utilizzabilit� di tali velivoli come sistemi d�arma e di difesa; ii) la necessit� di assicurarne la massima interoperabilit� con i mezzi gi� in dotazione dei Corpi dello Stato. La Direttiva prevede altres� che le proposte di acquisto ed i relativi capitolati tecnicidegli elicotteri in questione siano preventivamente approvati da un�apposita Commissioneistituita presso il Ministero dell�Interno, composta dai rappresentanti del Ministero dellaDifesa e delle altre amministrazioni interessate, precisando in ogni caso che le valutazioniin ordine alle misure da adottare per garantire le esigenze di sicurezza nazionale connessealle forniture in esame sono rimesse ai responsabili delle Amministrazioni che intendonoprocedere alle acquisizioni. Facendo seguito alle suddette disposizioni, nel febbraio 2003 � stata costituita mediante decreto del Ministero dell�Interno la menzionata Commissione interministeriale. Tale Commissione ha recepito le conclusioni dei lavori svolti dal Gruppo Tecnico diValutazione, nominato dal Capo della Polizia � Direttore Generale della Pubblica Sicurezzanell�aprile 2002 e composto da rappresentanti dei vari dicasteri interessati, allo scopo d�individuare le caratteristiche tecniche di base degli elicotteri in dotazione ai vari Corpi di sicurezza dello Stato. Successivamente, essa ha dato mandato ai rappresentanti del Ministerodella Difesa (Stato Maggiore dell�Aeronautica ed ARMAREO � Direzione GeneraleArmamenti Aeronautici) di procedere alla redazione di un documento che indicasse i requisiti tecnici ed operativi in presenza dei quali un velivolo pu� considerarsi utilizzabile come�sistema d�arma o di difesa�. Il suddetto documento � stato redatto dallo Stato Maggiore della Difesa nell�aprile2003 sotto forma di Scheda, nella quale si precisa anzitutto che �il sistema d�arma si configura come l�insieme costituito dalla piattaforma elicotteristica, dall�armamento e dagliequipaggiamenti che formano un complesso cooperante nell�azione atta a portare offesa oconsentire la difesa dell�aeromobile da attacchi ostili�. La Scheda puntualizza, altres�, chealla luce di quanto disposto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio, le piattaforme inparola possono essere utilizzate sul territorio nazionale per esigenze prettamente militari e, in concorso con gli aeromobili delle altre Forze Armate, nelle operazioni aereo-terrestri oaereo-navali (quali, ad esempio, il controllo delle �no-fly zone�, in cui � necessario che tuttigli aeromobili operanti nell�area possiedano caratteristiche tali da consentire un continuomonitoraggio dell�intera situazione aerea da parte del Centro di Comando e Controllo Aereoe una gestione integrata degli aeromobili impiegati). Per consentire la massima interoperabilit� con i mezzi esistenti, la Scheda disponeinoltre che gli elicotteri, oltre ai requisti di base, debbano possedere requisiti minimi specifici inerenti ai settori dell�armamento, della comunicazione, della navigazione e dell�identificazione per essere eventualmente impiegati come sistema d�arma. Pi� in particolare, essi devono avere la predisposizione completa (installazione di supporti, attacchi, connessioni elettriche ed idrauliche, ecc.) per poter alloggiare, senza provocare alterazioni allaloro configurazione originaria, un armamento leggero idoneo ad assolvere i compiti istitu RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zionali dei Corpi di Sicurezza dello Stato (che sia altres� analogo a quello gi� installato sualtri elicotteri delle Forze armate). Per procedere all�individuazione dei suddetti equipaggiamenti ed in generale dell�intera piattaforma � continua la Scheda � si deve far ricorso al concetto di �supporto logisticointegrato� che, oltre ad utilizzare metodologie, procedure e standards commerciali, tengaconto del sistema di sopportabilit� militare di alcuni apparati forniti in GFE (Government Furnished Equipment). Ci� al fine di garantire la massima efficienza del mezzo, l�interscambio e la standardizzazione dei componenti di bordo. Il supporto logistico richiesto deveconsentire inoltre il massimo uso delle risorse gi� esistenti in termini di capacit� del personale specializzato, di procedure manutentive/addestrative, di Air Ground Equipment e di infrastrutture esistenti. In tal senso si auspica altres� la certificazione IFR (la certificazioneche permette i voli notturni e con condizioni meteorologiche avverse), al fine di consentirela pi� ampia utilizzazione del velivolo e liberare cos� risorse fondamentali della Difesa. Al fine di contrastare la rapida e continua evoluzione della minaccia terroristica, chepotrebbe concretizzarsi anche nell�utilizzazione di armamenti di lancio impiegati per scopimilitari, infine, si � ritenuto opportuno che le piattaforme in oggetto fossero munite di predisposizioni complete idonee ad accogliere sistemi di autoprotezione passivi (corazzature) ed attivi (missili e sistema �Chaff/Flares Dispencer�). Tali predisposizioni sono volte afavorire l�eventuale impiego dei velivoli nel corso di operazioni al di fuori del territorionazionale, a diretto supporto dei Corpi di Sicurezza dello Stato eventualmente schierati�fuori area� o per altre esigenze militari. Recependo le indicazioni contenute nella Scheda, la Commissione interministeriale haredatto, approvato e trasmesso alle amministrazioni interessate i capitolati tecnici relativi ai�Requisiti militari di massima� che deve possedere la flotta elicotteristica al servizio dei variCorpi di sicurezza dello Stato. Pi� tardi, la Commissione ha approvato e trasmesso alle competenti amministrazioniuna �Scheda relativa alla normativa tecnica ed all�omologazione degli aeromobili delleAmministrazioni dello Stato�, che � stata predisposta dal Ministero della Difesa � DirezioneGenerale degli Armamenti aeronautici (ARMAEREO) nel maggio 2003 quale parte integrante dei �Requisiti militari di massima� test� menzionati. La citata Scheda, vista la necessit� di rendere gli elicotteri destinati ai vari Corpi delloStato idonei all�impiego come sistemi d�arma e di difesa, ha precisato che la loro configurazione pu� essere omologata dall�Ente Nazionale per l�Aviazione Civile (ENAC) esclusivamente in termini di �No Hazard� mentre l�intera configurazione del mezzo deve essere omologata dall�Amministrazione Difesa � Direzione Generale Armamenti Aeronautici (ARMAREO). ARMAREO dunque sar� l�amministrazione responsabile della certificazione nonch�dell�assegnazione delle matricole militari e della gestione degli aeromobili in parola. All�esito di tutto questo articolato processo di valutazione, nel luglio 2003, ilMinistero dell�Interno ha adottato il decreto oggetto di giudizio. Con tale decreto ilMinistro competente si � limitato a recepire l�indicazione contenuta nel decreto delPresidente del Consiglio dei ministri del 31 ottobre 2002, ai sensi del quale le valutazioniin ordine alle misure da adottare per garantire le esigenze di sicurezza nazionale connessealle forniture di elicotteri in esame sono rimesse ai responsabili delle Amministrazioniinteressate, e a tal fine ha operato un espresso rinvio a tutto il processo di analisi e agli attinormativi che ne sono derivati, cui si � fatto cenno nei paragrafi che precedono. Passando ad esaminare nel merito le censure avanzate dalla Commissione nell�atto introduttivo del giudizio, risulta anzitutto poco comprensibile il ragionamento svolto a tito IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE lo preliminare al � 26 del ricorso, dove si afferma che l�art. 4, lett. c), del D.Lgs. n. 358/ 1992, richiamato dal Decreto, riproduce l�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36/CEE enon prevede alcuna misura di sicurezza n� fornisce indicazioni su quali siano quelle applicabili al caso di specie. Di conseguenza � sostiene la Commissione � il rinvio effettuato nelle premesse del Decreto � privo di contenuto. Il suddetto rilievo � che peraltro non � stato sollevato in questi termini dalla Com-missione nel parere motivato e quindi non pu� essere preso in considerazione dalla Corte � �poco comprensibile perch�, come hanno rilevato pi� volte le Autorit� italiane nel corso dellaprocedura amministrativa, il richiamo all�art. 4, lett. c), del D.Lgs. n. 358/1992 operato neldispositivo del decreto deve essere letto alla luce delle premesse dello stesso. Esse consentono di individuare senza difficolt� alcuna sia le motivazioni e la natura delle misure di sicurezza disposte dal Decreto sia le circostanze che permettono di ritenere soddisfatte le deroghe previste all�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. La Commissione pertanto valuta la fattispecie sulla base di un approccio solo formalistico e si limita ad esaminare solo la parte dispositiva del Decreto omettendo di tenerenella dovuta considerazione le motivazioni che ne hanno ispirato l�adozione e che purerisultano esternate nelle premesse dell�atto. Nella valutazione della parte dispositiva, inoltre, la Commissione pretende di attenersi al dato meramente letterale, pervenendo cos� adun�interpretazione ingiustificatamente restrittiva dei contenuti normativi dell�atto. Ebbene, la difesa erariale ritiene che la Corte debba prestare la massima attenzionetanto al contenuto della parte dispositiva del decreto quanto a quello delle premesse e procedere ad una lettura combinata dei medesimi. L�esame del preambolo del decreto � che la Commissione ha omesso di svolgere inmaniera adeguata nelle sue memorie � � di fondamentale importanza ai fini di un correttoinquadramento del thema decidendum. Esso infatti contiene numerosi e rilevanti riferimenti testuali agli atti che hanno preparato l�adozione del decreto e di cui questo costituisce unasemplice specificazione, dai quali emerge con chiarezza la natura non civile degli elicottericui si riferisce il decreto oggetto di censura. Il preambolo in questione richiama innazitutto le disposizioni della Direttiva delPresidente del Consiglio del 31 ottobre 2002 i cui contenuti sono stati illustrati nei paragrafi precedenti. Successivamente fa rinvio alle conclusioni a cui � prevenuta la Commissione interministeriale composta dai rappresentanti del Ministero della Difesa e delle altre amministrazioni interessate, nonch� al Requisito militare di massima relativo all�elicottero biturbinaleggero da questa elaborato, con cui � stato recepito il Requisito tecnico di massima predisposto dal Gruppo Tecnico di Valutazione nominato dal Capo della Polizia. Svolti questi rinvii di carattere preliminare, le premesse del Decreto rilevano la necessit� di potenziare ed adeguare le flotte elicotteristiche dei Corpi di sicurezza dello Stato allenecessit� di sicurezza nazionale indicate nella Direttiva presidenziale. Al contempo sottolineano le esigenze da ritenere fondamentali ai fini della tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato. In particolare, il preambolo evidenzia che la natura e le particolari caratteristiche deglielicotteri della tipologia leggera destinati ad un possibile impiego militare rendono necessario garantire la massima riservatezza sull�oggetto delle forniture, sulle procedure seguite, sugli aspetti tecnici e progettuali, sugli allestimenti, sui documenti e sulle conoscenze che inogni caso dovranno essere acquisite nel corso delle attivit� e delle varie procedure. Un maggiore dettaglio circa le informazioni in questione sarebbe infatti in contrasto con le precipue RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO esigenze di segretezza che occorre garantire nell�acquisizione dei velivoli in esame erischierebbe di vanificare ogni sforzo compiuto in questo senso. � sulla scorta di tutte queste necessarie considerazioni che, alla fine, la parte dispositiva del Decreto precisa due cose, e cio� che: i) ҏ necessario adottare, in relazione all�esigenza di secretazione delle forniture stesse, le speciali misure di sicurezza previste dall�art. 4, lett. c), da estendersi agli atti del Gruppo Tecnico di valutazione e della Commissioneinterministeriale�; ii) �ricorrono nella fattispecie le condizioni di cui all�art. 4, lett. c) [delD.Lgs. n. 358/1992]�. � evidente dunque che un�interpretazione di carattere teleologico e sistematico deldecreto nel suo complesso (parte motiva e dispositivo del decreto unitamente a tutti gli atticui essi fanno rinvio) consente d�individuare con sufficiente chiarezza le finalit� perseguitee gli interessi oggetto di tutela. Nonostante la non del tutto ineccepibile tecnica redazionale � di cui in effetti si � presoatto nella lettera del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri inviata inrisposta al parere motivato, senza che ci� costituisca tuttavia un�ammissione d�incompatibilit� del decreto come invece asserisce la Commissione � altrettanto chiaramente si evince che, nel disporre �speciali misure di sicurezza, da estendersi agli atti del Gruppo tecnico divalutazione e della Commissione interministeriale�, il decreto non ha inteso operare un rinvio esclusivamente alla seconda condizione prevista dall�art. 2 della Direttiva 93/36 (lemisure speciali di sicurezza, per l�appunto) bens� all�intero disposto dell�articolo. In altre parole, si pu� dedurre agevolmente che il decreto: i) dispone (implicitamente) la secretazione degli atti e di tutte le informazioni concernenti gli aspetti tecnici e progettuali dei velivoli oggetto di acquisizione, nonch� delle relative procedure di acquisizione, integrando cos� la prima delle condizioni di cui all�art. 2 della Direttiva 96/36 (appalti dichiarati segreti); ii) prevede l�adozione di speciali misure di sicurezza; iii) indica manifestamente che le misure adottate sono intese a garantire la �protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato�, con ci� integrando la terza condizione di cui al menzionato art. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva. La Commissione, sulla base dell�evidente approccio formalistico adottato sin dall�inizio della procedura contenziosa ritiene che gli elementi di cui sopra, che sono stati sottoposti alla sua attenzione dalle Autorit� italiane, non debbano essere presi in considerazione. Essa sostiene invece che nessuna delle deroghe previste dall�art. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36 � applicabile nel caso di specie. La risposta alle obiezioni sollevate dalla Commissione con riguardo a ciascuna dellecondizioni di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36 sar� svolta qui di seguito. La Commissione sostiene che la dichiarazione di segretezza cui fa riferimento ilDecreto non pu� costituire un�ipotesi compresa nelle speciali misure di sicurezza, poich�questo avrebbe l�effetto di svuotare in buona parte di contenuto l�art. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva comunitaria (� 32 del ricorso). Essa pu� semmai evocare la prima delle condizioni previste dall�articolo in parola, che riguarda gli appalti dichiarati segreti. Se anche cos�fosse, la Commissione ritiene comunque che neanche tale condizione pu� considerarsi soddisfatta, in quanto non � sufficiente �la semplice affermazione che l�Amministrazione reputa di dover tenere segrete le forniture di cui trattasi, senza alcuna spiegazione sugli interessi che il segreto mira a tutelare e sulle ragioni per le quali tali interessi non possono essere tutelati se non mantenendo segreti gli appalti (� 38 del ricorso)�. Nel ricorso la Commissione asserisce del resto che l�applicazione della dichiarazionedi segretezza di cui all�art. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva 93/36 presuppone la prova degli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE interessi che essa intende tutelare (� 39) e non pu� essere giustificata invocando �delle nonmeglio specificate ragioni di sicurezza�, poich� altrimenti si trasformerebbe in una derogagenerale alla Direttiva (� 40). � significativo che la Commissione, nell�atto introduttivo del giudizio, tralasci inveceun altro argomento sviluppato nel parere motivato a proposito della segretazione. Ci si riferisce alla tesi secondo cui gli elicotteri di cui si discute sono destinati ad unuso civile e pertanto la necessit� di renderli idonei ad un impiego come sistemi d�arma e didifesa richiederebbe semplicemente l�integrazione della loro configurazione con �un minimo di equipaggiamenti peculiari per tale tipo di attivit��. Questa circostanza farebbe s�, secondo la Commissione, che le informazioni potenzialmente sensibili da mantenere riservate nell�interesse della sicurezza dello Stato potrebbero, se del caso, riguardare solo alcune specifiche caratteristiche tecniche dei suddetti elicotteri. Le censure avanzate dalla Commissione sono manifestamente infondate e destinate alla reiezione. Anzitutto, non � corretto affermare che una dichiarazione di segretezza come quellaintervenuta nel caso in esame non possa in nessun caso essere ricondotta nell�ambito dellespeciali misure di sicurezza di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Come si � visto in precedenza, infatti, il decreto di cui � causa, oltre a citare espressamente pi� volte l�esigenza di procedere alla segretazione delle forniture, dispone che talesegretazione debba essere estesa agli atti del Gruppo Tecnico di Valutazione e a quelli dellaCommissione interministeriale. L�ampiezza della dichiarazione di segretezza � tale che essa, non estendendosi semplicemente alle forniture in contestazione ma a tutta una serie di atti di carattere amministrativo elaborati nella fase prodromica al processo di acquisizione degli elicotteri, � certamenteidonea ad integrare non solo la prima delle condizioni di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36 (gli appalti dichiarati segreti) bens� anche la seconda condizione (appalti lacui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza). A prescindere da questa ovvia considerazione di carattere preliminare, e volendo quiseguire l�impostazione formale della Commissione ed esaminare la fattispecie alla luce dellaprima delle due condizioni previste dalla Direttiva, si osserva che non � possibile sostenere � come fa la Commissione � che il Decreto dispone la segretazione delle acquisizioni aventi ad oggetto gli elicotteri biturbina leggeri, senza riportare alcuna indicazione in merito agliinteressi che la dichiarazione di segretezza degli appalti si propone di tutelare n� fornire laprova degli interessi in parola. Come illustrato abbondantemente nei paragrafi che precedono, infatti, sia il richiamoalla Direttiva presidenziale e �alle [concrete e reali] necessit� di sicurezza nazionale� da essa evidenziate, sia il rinvio agli altri atti e alle motivazioni ad essi sottese che hanno preceduto l�adozione del decreto valgono chiaramente ad esplicitare che l�esigenza avuta dimira � la tutela degli interessi essenziali di sicurezza dello Stato. Da questo punto di vista, si rammenta che, nel mutato scenario internazionale, i concetti di guerra e materiale bellico, al pari della nozione stessa di tutela degli interessi essenzialidella sicurezza nazionale, hanno indubbiamente subito una modifica sostanziale del lorosignificato originario. L�esigenza primaria di fronteggiare adeguatamente in tutti gli stadi del- l�organizzazione della sicurezza dello Stato la nuova realt� di pericolo, per la Comunit�, peril territorio nazionale (specie per uno Stato come l�Italia i cui confini geografici coincidonocon quelli dell�Unione europea), nonch� per il territorio di quei Paesi esteri che vedono variStati impegnati in operazioni di peace keeping, impone di approntare una difesa integrata dei RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vari elementi che costituiscono il complesso della pubblica sicurezza di uno Stato e richiedeche tutti i Corpi di sicurezza di quest�ultimo siano in condizione di garantire la possibilit� diimpiego dei mezzi in dotazione a ognuno di essi (interoperabili tra loro) per esigenze di sicurezza dello Stato, militari e/o di antiterrorismo. Ora, a differenza di quanto sostiene la Commissione, non pu� essere messo in discussione che gli elicotteri di cui � causa non sono destinati solo ad un uso civile bens� anche adun impiego militare ed antiterrostico come sistema d�arma e di difesa. Le amministrazioniinteressate dal decreto (incluso il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), del resto, sonoappunto le Forze di Polizia, e cio� quelle Forze che per statuto condividono la responsabilit� della sicurezza nazionale. La volont�, ampiamente manifestata nella Direttiva presidenziale dell�ottobre 2002, diassicurarsi la possibilit� di utilizzo dei velivoli in questione per esigenze riferibili alla sicurezza nazionale ha comportato quindi una vera e propria militarizzazione dei velivoli inparola. Tanto � vero che, come si � gi� evidenziato, gli stessi devono possedere una matricola militare e devono essere registrati nell�albo degli aeromobili militari. L�istituzione di una Commissione interministeriale con il compito di elaborare, sullabase di precise indicazioni fornite dallo Stato Maggiore della Difesa, veri e propri �requisiti militari� che devono essere soddisfatti dai velivoli in parola, la natura stessa dei suddettirequisiti ed il fatto che l�omologazione degli aeromobili, a copertura dell�intera configurazione finale del velivolo, sia di competenza della Direzione Generale ArmamentiAeronautici (ARMAEREO), vale a dire di un organismo prettamente militare, dimostranola fondatezza delle argomentazioni del Governo italiano. Gli elicotteri in questione, seppure formalmente classificabili tra i beni cd. dual use, presentano caratteristiche tali da far prevalere nettamente la loro natura bellica (nella nuovaaccezione del termine impostasi, come detto, negli ultimi tempi) e, come tali, essi fannoparte a pieno titolo del sistema di difesa posto a protezione della sicurezza nazionale delloStato. Ci� risulta ampiamente confermato dal contenuto della Scheda tecnica e dei Requisitimilitari dei velivoli cui si � ampiamente parlato. Come gi� precisato, tali velivoli sono dotati della predisposizione completa necessaria, fra l�altro, ad alloggiare l�armamento leggero idoneo ad assolvere i compiti di istituto deiCorpi di Sicurezza dello Stato (lo stesso gi� installato su altri elicotteri delle Forze armate) ed ad accogliere sistemi di autoprotezione passiva (corazzature) ed attiva (come, ad esempio, missili) di un aeromobile. Ci� con il preciso obiettivo di garantire l�interscambio e lastandardizzazione delle componenti di bordo di tutti i velivoli in dotazione alle Forze armate ed, in particolare, allo scopo di consentire la pi� ampia utilizzazione degli elicotteri inquestione, liberando di conseguenza risorse a disposizione della Difesa. � quindi evidente come il fine perseguito non sia l�elusione della normativa in materiadi appalti ma, al contrario, la tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato, che giustifica l�adozione di particolari misure ai fini dell�acquisizione di tali mezzi. Ci� posto, � perfettamente valido l�argomento delle Autorit� italiane secondo cui ladichiarazione di segretazione degli appalti di cui si tratta � necessaria al fine di evitare che, attraverso la pubblicizzazione delle acquisizioni concernenti tali elicotteri, siano svelateinformazioni altamente sensibili sui mezzi in dotazione alle Forze armate, sui relativi equipaggiamenti ed armamenti nonch� sui supporti logistici, con conseguente grave pregiudizioper le esigenze di tutela di interessi essenziali di sicurezza dello Stato. A tale riguardo, risulta errato l�argomento addotto dalla Commissione nel pareremotivato secondo cui l�esigenza di tutela degli interessi in gioco potrebbe essere adegua IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE tamente garantita attraverso la semplice segretazione di certe caratteristiche tecniche degliaeromobili. In primo luogo, non � possibile, n� dal punto di vista tecnico n� dal punto di vista operativo, separare la fornitura degli elicotteri con quella degli strumenti e delle caratteristichetecniche in grado di consentire un impiego militare dei velivoli. Tali strumenti e caratteristiche tecniche, infatti, condizionano sin dall�inizio la preparazione degli elicotteri e l�allestimento di base degli stessi, in quanto questi ultimi sono gestiti dal c.d. �Flight ManagementSystem�, un complesso elettronico-informatico di bordo che s�interfaccia a livello meccanico, elettrico ed avionico con tutti i sistemi di comunicazione, navigazione, pilotaggio e diimpiego dell�aeromobile necessari a gestire la missione. Ci� implica che, sin dalla fase progettuale e di disegno e fino alla fase d�industrializzazione, di produzione e di supporto logistico, � necessario tener in conto che la macchina dovr� essere dotata di determinati appara- ti/sistemi. In altre parole, � necessario che sin dalle prime fasi di costruzione siano inseritiapparati avionici, computers, displays, comandi, attacchi meccanici, cavi elettrici e quant�altro sia idoneo a ricevere, controllare e gestire gli apparati in modo da garantirne l�impiegocome sistema d�arma e di difesa. A titolo di esempio, si cita la capacit� NVG, vale a dire lacapacit� di poter volare di notte rilevando l�ambiente esterno. Questa caratteristica, tipicamente militare, non � trasponibile ad elicotteri civili, dal momento che presuppone che tuttigli strumenti ed apparati di bordo (cockpit, piantana strumenti, luci di navigazione e di atterraggio, illuminazione interna etc.) siano NVG compatibili e, conseguentemente, disponibiliper l�installazione a bordo fin dalla linea di montaggio (non � infatti possibile installarliquando la piattaforma � gi� predisposta). Ora, � quanto mai evidente che, rendendo pubblico e divulgando un capitolato tecnicoche preveda gi� queste predisposizioni, questi cablaggi suppletivi, questi computer addizionali necessari per gestire gli equipaggiamenti in modo da rendere utilizzabile l�elicotterocome sistema d�arma e difesa, si divulgherebbe il c.d. Interface Control Document (�ICD�) degli apparati/equipaggiamenti di cui si chiede la predisposizione. L�ICD, d�altra parte, altronon � se non un dettagliato documento tecnico nel quale sono riportate tutte le caratteristiche meccaniche, elettriche, funzionali ed operative dell�equipaggiamento cui si riferisce, quali ad esempio il protocollo di comunicazione con il computer di bordo, la frequenza diutilizzo, la forma del segnale elettrico etc�. Rendere accessibile tale documento equivalein concreto a comunicare la tipologia degli apparati che si vogliono inserire nella macchinae le sue caratteristiche tecniche ed operative, vale a dire svelare proprio ci� che � necessario tenere segreto. Da quanto sopra emerge dunque chiaramente che la segretazione non pu� riguardaresolo le informazioni relative ad alcune caratteristiche tecniche, come sostiene laCommissione, ma necessariamente tutta la macchina fin dalla sua concezione progettuale. L�esigenza di segretazione, peraltro, si pone anche in relazione al supporto logistico cheriguarda apparati e macchina di base che, come si � detto, devono tenuti segreti visto che dallaloro descrizione � possibile risalire alla configurazione stessa dell�elicottero. Per lo stessomotivo si devono altres� tenere segreti l�addestramento del personale e le procedure operative, in quanto tanto l�uno quanto le altre utilizzano un simulatore di volo (previsto nel contratto), che � l�esatta copia dell�elicottero in fase di fabbricazione. � proprio in considerazione ditutto ci�, d�altra parte, che nei contratti di appalto con le relative amministrazioni dello Statodeve essere imposta al fornitore un�apposita clausola relativa alla tutela del segreto militare. � facile a questo punto convenire che le censure sollevate dalla Commissione sono deltutto prive di fondamento in quanto si basano su presupposti erronei che non tengono in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO debito conto le peculiarit� ed i vincoli di carattere tecnico che condizionano i processi diacquisizione degli elicotteri in esame. La Commissione contesta che le speciali misure di sicurezza che devono accompagnare l�esecuzione delle forniture controverse possano comprendere la dichiarazione di segretezza nell�ampia accezione che � stata illustrata dalle Autorit� italiane anche della presentememoria. Essa ritiene altres� che gli obblighi contrattuali di riservatezza a carico del fornitore imposti in relazione alle forniture in oggetto non possano costituire misure speciali disicurezza perch�, �essendo correnti nei contratti di appalto pubblici�, sarebbero privi delcarattere di �specialit�� (� 43 del ricorso). Ad avviso della Commissione, inoltre, il Nulla Osta di Segretezza � NOS cui fa riferimento il Governo italiano consiste in un�abilitazione all�accesso a notizie riservate e pertanto riguarda la condizione del fornitore piuttosto che le modalit� di esecuzione degli appalti(� 45). La Commissione ribadisce, in ogni caso, che i compiti cui sono chiamate le amministrazioni destinatarie degli elicotteri in questione sono essenzialmente di tipo civile e quindi l�esigenza di poter intervenire in operazioni di tipo militare �richiede al massimo che laloro configurazione sia integrata con un minimo di equipaggiamenti peculiari per tale tipodi attivit� atti a garantirne l�interoperabilit� (� 49 del ricorso)�. Ne discende di conseguenza che l�esigenza di riservatezza legata al pregiudizio d�interessi essenziali dello Statodovrebbe essere circoscritta a queste sole caratteristiche tecniche. Ebbene, come si � visto nei paragrafi precedenti, non possono sussistere dubbi sul fattoche le speciali misure di sicurezza disposte mediante decreto comprendono anche la segretazione, posto che quest�ultima non � limitata alle sole forniture de quibus ma si estende perespressa previsione agli atti del Gruppo tecnico di valutazione e della Commissione interministeriale, e cio� ad una lunga serie di atti di carattere amministrativo elaborati nella faseprodromica al processo di acquisizione degli elicotteri. Accanto alla segretazione, le misure di sicurezza disposte dal decreto prevedono l�imposizione ipso facto dell�obbligo della tutela del segreto militare nelle condizioni contrattuali a carico del fornitore. Tale imposizione avviene mediante il richiamo alle disposizionidi cui al R.D.L. n. 1161 dell�11 luglio 1941, recante norme relative al segreto militare, operato dal Decreto in via automatica bench� implicita nel momento in cui dispone la dichiarazione di segretazione delle acquisizioni. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, l�imposizione del citato obbligodi tutela del segreto militare a carico del fornitore non corrisponde alla mera previsione digenerici obblighi di riservatezza da parte del produttore dei beni oggetto di acquisizione, poich� le forniture in questione hanno uno status speciale che deriva dalla loro classificazione e dal relativo assoggettamento alle regole e ai vincoli previsti dalla legge in materiadi sicurezza militare. Ne consegue pertanto che l�imposizione di un obbligo siffatto non pu�essere considerata alla stregua di quelle previsioni contrattuali standard che sono rinvenibili nei contratti di appalti pubblici di forniture. Dal suddetto assoggettamento automatico alle norme ed ai vincoli previsti dalla leggein materia di sicurezza militare discende l�obbligo ulteriore per tutti i soggetti coinvolti nelleforniture di essere in possesso del c.d. Nulla Osta di Segretezza � NOS, vale a dire una speciale abilitazione all�accesso a notizie classificate rilasciato dall�Autorit� Nazionale di Sicurezza. Il possesso di tale Nulla Osta di Segretezza non pu� pertanto essere considerato comeuna circostanza attinente alla semplice condizione del fornitore, come sostiene la IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Commissione, ma costituisce con tutta evidenza una speciale modalit� di esecuzione degliappalti ai sensi dell�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Si tenga presente che la procedura per l�ottenimento del citato Nulla Osta di Sicurezza� applicata dall�Autorit� Nazionale di Sicurezza in maniera particolarmente rigorosa edimplica un controllo completo ed approfondito della societ� produttrice e del suo personaledipendente. La societ� interessata deve possedere requisiti di sicurezza adeguati al livello diriservatezza delle informazioni classificate a cui avr� accesso. � evidente dunque che il possesso del Nulla Osta di Segretezza che fornisce l�abilitazione all�accesso a notizie classificate non costituisce una semplice formalit� amministrativa, ma richiede la compresenza dideterminati requisiti di funzionamento della societ� detentrice del medesimo. La correttezza dell�approccio seguito dal Governo italiano � stata confermata in toto dalla giurisprudenza stessa della Corte (1), la quale ha statuito chiaramente che l�ottenimento di un certificato di sicurezza militare da parte di un�impresa prestataria di servizi nell�ambito di un contratto di appalto pubblico costituisce una speciale misura di sicurezza ai sensidella normativa comunitaria sugli appalti e non gi� una condizione del prestatario, comeritenuto dalla Commissione. Alla luce di quanto sopra sfugge la ragione per cui la Commisisone si ostini a rimanerferma nelle posizioni assunte all�inizio della fase pre-contenziosa della procedura, nonostante la palese infondatezza delle medesime. Come si diceva sopra a proposito della condizione relativa al carattere segreto degliappalti, del resto, la piena applicabilit� della deroga di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva nella presente fattispecie risulta soddisfatta per l�evidente ragione che laCommissione muove da un presupposto sbagliato: la natura civile dei velivoli cui si riferisce il decreto e la possibilit� di garantire la tutela degli interessi essenziali dello Stato attraverso la segretazione di talune caratteristiche tecniche degli elicotteri. Sono tre le circostanze specifiche che valgono a smentire la suddetta tesi della Commissione. La prima � rinvenibile nel titolo stesso del documento in cui sono state riassunte e compiutamente illustrate le caratteristiche tecnico-operative-logistiche dei mezzi in parola. Ildocumento in parola, denominato �Requisito Militare di massima�, contiene i requisiti tecnici ed operativi in presenza dei quali un velivolo pu� essere utilizzato come sistema d�arma o di difesa e quindi si riferisce ad aeromobili che devono possedere connotazioni militari ed essere in grado di soddisfare ruoli militari. La seconda smentita si trova nel Capitolato Tecnico dei contratti che disciplina l�acquisizione degli elicotteri de quibus. In tale Capitolato Tecnico viene identificata una configurazione degli aeromobili che prevede, oltre a quelli di base, requisiti specifici inerenti aisistemi di armamento, comunicazione, navigazione e identificazione necessari all�impiegocome sistema d�arma (su tale aspetto si rinvia a quanto gi� illustrato supra). La terza smentita, infine, � la certificazione e l�assegnazione all�aeromobile di unamatricola militare a copertura dell�intera configurazione da parte dell�AmministrazioneDifesa � Direzione Generale Armamenti Aeronautici (ARMAREO) (2). (1) Sentenza della Corte 16 ottobre 2003, causa C-252/01, Commissione/Belgio, Racc. 2003 pagina I-11859. (2) Al riguardo � utile richiamare la definizione di �Aeromobile civile� (1)(7)(9) contenuta nelRegolamento (CE) n. 1334/2000 che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il fatto che l�impiego militare o paramilitare dei suddetti elicotteri sia eventuale nonvale, contrariamente a quanto vorrebbe far credere la Commissione, a rimettere in dubbio ilcarattere non civile dei menzionati velivoli: la necessit� di garantire il loro impiego anchecome sistema d�arma � tale da imporre sin dal momento della progettazione delle macchinequei vincoli di allestimento della configurazione che valgono a condizionare le procedure diaffidamento soprattutto sotto il profilo della segretezza, e a caratterizzare come militari piuttosto che come civili i citati elicotteri. La Commissione argomenta che le esigenze della riservatezza e tutela del segreto militare possono essere perseguiti in fase di esecuzione del contratto e sono compatibili con l�esperimento di procedure ad evidenza pubblica. Essi in particolare potrebbero essere limitati ad alcune caratteristiche tecniche specifiche dell�elicottero ed essere soddisfatti imponendo al personale delle societ� fornitrici un obbligo di segretezza sanzionabile penalmente, come riconosciuto dalla Corte in un altro caso in materia di appalti. Le osservazioni della Commissione confermano la linea scelta di costruire le propriecensure in modo teorico, attraverso un pedissequo richiamo a criteri astratti, senza preoccuparsi di procedere ad un�esatta contestualizzazione della vicenda di cui si parla e di valutarne adeguatamente le precise caratteristiche. Innanzitutto, per ci� che concerne il primo argomento della Commissione, esso denotauna sorprendente mancanza di conoscenza delle specificit� dell�industria aeronautica. Come gi� esplicitato in precedenza, infatti, gli aeromobili di oggi vengono progettati ecostruiti in modo molto diverso da come era in uso fare in passato. Oggi l�elicottero nasce�integrato� sin dalla fase di definizione e di progetto. L� integrazione dei vari sistemi dibordo non consiste pi� nella semplice connessione di un apparato all�altro, bens� nella �connessione� delle varie �funzioni� che i singoli apparati (motore, navigazione, comunicazione, armamento, etc.) sono in grado di fornire. Ci� al fine di assicurare l�ottimale svolgimento delle missioni per le quali l�elicottero � stato costruito. � evidente quindi che, passandodal concetto di �integrazione di apparati�, inteso come �connessione di apparati�, a quelloben pi� ampio e sofisticato di �integrazione di funzioni�, non � pi� possibile pervenire allaconclusione per cui, una volta acquisito un elicottero base da un qualunque fornitore, � possibile procedere poi ad una successiva installazione di qualsiasi apparato militare di cui siabbia bisogno. Integrare le funzioni significa definire sin dal progetto le modalit� di interfaccia dei varisistemi, le modalit� di scambio dei dati di volo, di navigazione, di puntamento nonch� lemodalit� di controllo dei dati scambiati fra i vari apparati. Tanto per fare un esempio, mentreuna volta le radio di bordo erano operate dall�equipaggio in modo separato fra loro, cos� comegli apparati di navigazione (VOR, ILS etc.), oggi tramite il Flight Management System(FMS) il tutto viene gestito in modo integrato. Per raggiungere questo risultato, tuttavia, �necessario curare e lavorare su tale aspetto sin dalle prime fasi della progettazione, non essendo possibile ottenerlo dall�integrazione di semplici apparati cosiddetti Stand Alone. di prodotti e tecnologie a duplice uso, e successive modificazioni, (GUUE n. L 159 del 30/06/2000pag. 1). Stando al suddetto Regolamento, infatti, �Il termine �aeromobile civile� comprende solo queitipi di �aeromobili� elencati per deliberazione nelle liste pubbliche di certificazione di navigabilit�aerea emesse dai servizi dell�Aviazione civile per linee commerciali civili nazionali ed internazionali o per uso dichiaratamente civile, privato o di affari�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Altro aspetto importante � legato ai fattori logistici ed addestrativi. Con la dizione�sistema d�arma�, in tutto il mondo aeronautico, non s�intende solo l�elicottero in se stesso, bens� l�assieme della piattaforma, dei suoi sistemi di armamento, degli apparati necessari peril supporto logistico, dei sistemi per l�addestramento, specificatamente il simulatore di volo. Ci� che rende efficace il �sistema d�arma� ed in grado l�elicottero di svolgere efficacemente le sue missioni � l�insieme di tutti i fattori sopra elencati, ovvero la piattaforma volanteche deve portare l�equipaggio in una certa zona d�operazione; i sistemi di bordo (di visione, di ricognizione, di armamento, etc�) che devono permettere all�equipaggio di svolgere ilcompito assegnatogli; gli equipaggiamenti di supporto al suolo che devono permettere ilmantenimento in efficienza di volo dell�elicottero; i sistemi di addestramento che devonomettere l�equipaggio nelle migliori condizioni di svolgere il proprio lavoro. Non � quindi possibile separare in modo netto alcuni aspetti da altri, rendendone segreti alcuni e pubblici altri. La �integrazione�, come sopra definita, rende il sistema d�arma untutto uno e ne discende dunque � per fare un esempio che consente di replicare anche alprimo rilievo della Commissione riguardante la tutela della segretezza � che non si possonorendere pubbliche le caratteristiche di un sistema come pu� essere il simulatore di volo emantenere segrete quelle dell�elicottero, poich� il primo � rappresentativo della piattaformavolante quanto a cabina di pilotaggio, sistemi, leggi di controllo, funzionalit�, ecc�. Per quanto riguarda, invece, l�obiezione � si ribadisce non sollevata dalla Commissione nel parere motivato � circa la possibilit� di prevedere un obbligo di segretezza sanzionabile penalmente a carico del fornitore, � agevole rilevare che ci� appare insufficiente agarantire la tutela d�interessi del tutto particolari come gli interessi essenziali di sicurezzadello Stato che sono coinvolti nel caso in esame. Nella presente fattispecie, lo si ricorda, nonsi controverte in merito all�acquisizione di semplici apparecchiature hardware necessarie alla realizzazione di sistemi informativi, come nel precedente a cui ha fatto rinvio laCommissione, bens� all�acquisizione di elicotteri destinati ad un impiego militare e le cuicaratteristiche tecniche rendono necessario assoggettare a speciali misure di sicurezza nonsolo le citate caratteristiche tecniche e di interoperabilit� dei velivoli ma anche tutto il procedimento di valutazione, selezione, acquisizione, fornitura e supporto logistico dei mezziin parola. Quanto rilevato sopra, � pi� che sufficiente a dar conto della correttezza della posizione delle Autorit� italiane e conferma la piena applicabilit� della seconda delle condizioni dicui all�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36. Con riferimento agli interessi essenziali di sicurezza dello Stato di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva, la Commissione asserisce che la deroga in questione non � invocataspecificamente dalle Autorit� italiane, le quali hanno fatto riferimento agli interessi essenziali dello Stato in relazione all�esigenza di impedire la divulgazione di informazioni sensibili relative ai mezzi in dotazione delle Forze Armate (� 57 del ricorso). La Commissione sottolinea che, se anche le argomentazioni del Governo italiano sulmutato clima di sicurezza dopo gli attentati dell�11 settembre 2001 e le misure adottate inconseguenza dovessero integrare �una persistente minaccia grave ed effettiva� � circostanza che, ad avviso della Commissione, non � stata dimostrata �, queste non possono costituire una risposta idonea e proporzionata allo scopo che s�intende perseguire (� 59). Come per l�analisi delle prime due condizioni di cui all�art. 2, par. 1, lett. b), dellaDirettiva 93/36, anche per l�esame della sussistenza del presupposto relativo alla tutela d�interessi essenziali di sicurezza dello Stato, la Commissione mostra di prediligere un�impostazione ingiustificatamente formalistica. Essa prescinde sia dall�effettivo contenuto delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO risposte fornite delle Autorit� italiane nella procedura amministrativa che dal contesto geopolitico e normativo che ha fatto da sfondo all�adozione del Decreto. A dimostrare l�esistenza di una minaccia persistente, grave ed effettiva alla sicurezza(nazionale e mondiale, interna ed esterna) bastano gli eventi terroristici che hanno fattoseguito agli accadimenti dell�11 settembre 2001: i tragici attentati di Madrid nel marzo 2004e quelli di Londra nel luglio 2005. Le numerose iniziative e prese di posizione che si sono registrate un po� ovunque inseno alle pi� alte istanze e sedi istituzionali dell�Unione europea, d�altra parte, attestano lachiara e sempre pi� crescente consapevolezza dei mutamenti che sono intervenuti negli ultimi anni nel campo della sicurezza e della necessit� impellente di procedere ad un adattamento e rafforzamento degli strumenti di difesa esistenti allo scopo di far fronte al rischio concreto ed attuale di minacce ed attacchi alla sicurezza. Tale consapevolezza ha trovato riprova nell�evoluzione che il concetto stesso di homeland security ha subito negli ultimi tempi nel mondo occidentale ed in Europa. La sicurezza nazionale (ed internazionale) � sia dello Stato e delle sue istituzioni che della societ� edei cittadini � pu� essere assicurata solo attraverso una piena integrazione e sinergia dei varisistemi di difesa. Conferma dell�esattezza del punto di vista sopra enunciato pu� essere rinvenuta in molteplici iniziative assunte a livelli vari. Volendo limitarsi a citare solo alcuni degli esempi pi� recenti, si attira l�attenzione sulledichiarazione rese dal Segretario generale del Consiglio dell�Unione europea, nonch� AltoRappresentate per la Politica Estera e la Sicurezza Comune e Capo dell�Agenzia Europeaper la Difesa (AED) (3), Sig. Javier Solana, e dal Vice Presidente della Commis-sione europea, G�nter Verheugen, durante i discorsi da loro pronunciati il 9 febbraio 2006 a Bruxellesin occasione di una conferenza organizzata dall�AED sul tema �Research and Technology � An Imperative for European Defence�. Visto che uno degli obiettivi avuti di mira dall�Unione europea �is to enhance Europe�s ability to deal with a complex and uncertain security enviroment� e che �as we move into the 21st century, we face a radically changed strategic environment. New threats and challenges, requiring new roles and new missions of our armed forces�, il Sig. Solana ha sottolineato che �We are working under tight rules of engagement and 24-hour global scrutiny. In ambiguous circumstances, where the opponent will often be hard to identify and isolate. In everything we do, we must bring together civil and military instruments, and protect ourown people as never before�. Tale visione � stata altres� ribadita dal Sig. Verheugen il quale, parlando proprio dell�homeland security, ha riconosciuto che �[t]he boundaries between �Internal� and �External� security are blurred� e che �in real life, operations of the civil security sectorand the military sector resemble each other � and increasingly so�. (3) Si ricorda che l�AED � stata costituita dal Consiglio dell�Unione europea il 12 luglio 2004(azione comune 2004/551/PESC) con la missione di aiutare il Consiglio e gli Stati membri nello sforzo di migliorare le capacit� di difesa dell�UE nel settore della gestione delle crisi e di sostenere laPESD (politica europea in materia di sicurezza e di difesa) nel suo assetto attuale e in quello futuro. Si ricorda che tra i principali settori di attivit� dell�AED vi � anche lo sviluppo delle capacit� di difesa nel settore della gestione delle crisi nonch� il potenziamento dell�efficacia della ricerca e della tecnologia (R&T) europea nel settore della difesa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Nella direzione condivisa dalla Repubblica italiana e dai vertici dell�UE e degli altriStati membri istituzionalmente investiti di responsabilit� in tema di sicurezza e difesa si colloca altres� la Risoluzione sulla ricerca in materia di sicurezza � le tappe future(2004/2171(INI)) che � stata adottata dal Parlamento europeo nel giugno 2005. In essa si �chiaramente ribadito che, �in seguito ai recenti mutamenti geopolitici, sociali e tecnologicie ad avvenimenti recenti a livello mondiale quali gli attacchi terroristici dell�11 settembre2001 negli USA e dell�11 marzo 2004 a Madrid, la sicurezza � diventata una questione pi�urgente e gli Stati membri dell�UE devono essere pi� preparati a far fronte a nuovi tipi diminacce alla sicurezza grazie a un uso pi� efficace delle conoscenze� (considerando A della Risoluzione, sottolineato da chi scrive). La citata Risoluzione, i cui contenuti e raccomandazioni riguardano questioni che evidentemente, data la loro natura, si collocano anche al di fuori e al di l� del settore della ricerca, conferma inequivocabilmente che �le nuove minacce si avvalgono delle nuove tecnologie, vanno al di l� dei confini statali, approfittano dell�apertura e della trasparenza checaratterizzano la societ� moderna, altamente tecnologica e democratica dell�Europa, minacciando la sicurezza degli Stati membri sia dall�esterno che all�interno del territoriodell�Unione europea e rendendo ancora pi� difficile operare una distinzione tra sicurezzainterna ed esterna� (considerando C, sottolineatura aggiunta). Date l�urgenza, la novit� del tipo di minaccia che incombe sull�UE e l�impossibilit� didistinguere tra sicurezza interna ed esterna, oltre alla necessit� di adottare soluzioni che evitino duplicazioni dei sistemi e delle infrastrutture, che siano interoperabili a livello nazionale e comunitario e che siano quindi efficaci dal punto di vista dei costi (considerando F), ilParlamento europeo raccomanda che il futuro Programma europeo di ricerca sulla sicurezza (PERS) contempli tra le proprie priorit� proprio la lotta al terrorismo, il monitoraggio delterritorio, la protezione civile, la protezione delle infrastrutture critiche nonch� il controllodelle frontiere esterne dell�Unione (articoli 8 e 9). Tale posizione � rispecchiata dalla proposta di Decisione del Parlamento europeo e delConsiglio concernente il Settimo programma quadro di attivit� comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) che � stata presentata dalla Commissionestessa nell�aprile 2005 e che � stata approvata con emendamenti in prima lettura dalla competente Commissione del Parlamento europeo lo scorso maggio. Nel testo approvato dal Parlamento europeo molta enfasi viene posta sull�importanzadi rafforzare un settore vitale come quello della sicurezza e di sviluppare conoscenze, processi e tecnologie interoperabili in grado di assicurare la sicurezza dei cittadini controminacce attuali come quelle del terrorismo e di consentirne una rapida identificazione(anche attraverso il miglioramento degli strumenti di controllo e di sorveglianza dei confinivia terra e via mare) nonch� di restaurare l�ordine e la sicurezza nel caso in cui si dovessero verificare situazioni di crisi. A tal fine si richiede specificatamente che �[s]ecurityresearch should emphasise the Union�s capabilities regarding surveillance, distribution ofinformation and knowledge of threats and incidents as well as systems for better assessments and situation control through better use of common ICT-systems in the fields of different operations. The research should be organised in such a way that it contributes to acommon defence market in Europe�. La Commissione, conscia della debolezza della propria posizione, tenta di respingeregli argomenti del Governo italiano sulla necessit� e sulla proporzionalit� delle misure disposte dal Decreto in esame affermando che queste devono essere conformi alle norme delTrattato in materia di libera circolazione delle merci (articolo 30 CE), e tenuto conto delladeroga generale di cui all�art. 296 CE (� 34 del ricorso). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ebbene, a differenza di quanto sostiene la Commissione, nel caso di specie vi � statauna piena osservanza delle regole contenute nel Trattato. A prescindere dal fatto che, come opportunamente rilevato dall�Avvocato GeneraleAlber (4), spetta in larga misura ai governi degli Stati membri valutare e definire quali sianogli interessi di sicurezza dello Stato e le misure da adottare a loro tutela, ci si permette diricordare che la Corte ha precisato che il regime istituito dall�art. 296 CE intende preservare la libert� di azione degli Stati membri in talune materie concernenti la difesa e la sicurezza nazionale. La giurisprudenza ha specificamente chiarito che, �nel prevedere espressamente la possibilit� che uno Stato membro adotti �le misure che ritenga necessarie� alla tutela degliinteressi essenziali della propria sicurezza, l�art. 296 CE attribuisce agli Stati membri unpotere discrezionale particolarmente ampio nel valutare le esigenze che rientrano in taletutela� (sentenza del Tribunale del 30 settembre 2003, causa T-26/01, Fiocchi MunizioniS.p.a/Commissione, in Racc. 2003 pag. II-03951, punto58). La sussistenza di un siffatto potere discrezionale degli Stati membri per quanto riguarda l�adozione di misure ritenute necessarie per garantire la pubblica sicurezza, nell�accezione sia di sicurezza interna che di sicurezza esterna dello Stato membro, � stata espressamente riconosciuta dalla Corte anche ai fini dell�applicazione della deroga di cui all�art. 30 CE, proprio con riferimento a prodotti appartenenti alla categoria dei beni dual use, nel caso incui gli stessi siano oggettivamente idonei ad un uso per scopi militari (sentenza della Cortedel 17 ottobre 1995, causa C-83/94, Leifer, in Racc. 1995 pag.I-03231, punto 35). Alla luce di quanto sopra e di tutte le considerazioni svolte in precedenza a propositodella natura dei velivoli interessati dal Decreto di cui � causa nonch� degli interessi che essointende tutelare � alla quali peraltro si rinvia in toto � � evidente dunque che, contrariamente a quanto vorrebbe far credere la Commissione, nella presente fattispecie tanto l�art. 2, par. 1, lett. b), della Direttiva 93/36 quanto le pertinenti norme del Trattato sono rispettati. Roma l� 19 giugno 2006 � Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo�. (4) Conclusioni presentate il 3 aprile 2003 nella causa C-252/01, Commissione/Belgio, cit. supra. LE DECISIONI Ancora sul divieto di circolazione nel Land Tirolo (Corte di Giustizia delle Comunit� europee, ordinanze 30 luglio 2003, 2 ottobre 2003, 27 aprile 2004) Si riprende in questa sede in considerazione il caso del divieto settorialedi circolazione dei camion nel Land Tirolo, oggetto della sentenza dellaCorte di Giustizia delle Comunit� Europee 15 novembre 2005, in causa C320/ 03 (1) per alcuni approfondimenti in ordine alla tutela cautelare apprestata in ambito comunitario, in quanto in tale giudizio sono stati emessi bentre provvedimenti cautelari. 1. I provvedimenti d�urgenza innanzi al giudice comunitario: aspetti generaliL�art. 242 T.C.E. stabilisce che �i ricorsi proposti alla Corte di Giustizianon hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte pu�, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell�esecuzione dell�attoimpugnato�. � dunque conferita alla Corte (nonch� al Tribunale di primo grado, le cuidecisioni possono essere impugnate davanti alla Corte di Giustizia) la facolt� di adottare misure che consentono di sospendere l�esecutoriet� dell�attoimpugnato. Tale potere deve essere esercitato in presenza di alcune condizioni analoghe a quanto previsto nell�ordinamento nazionale: � il fumus boni juris, ossia l�accertamento dell�esistenza di fondateragioni nel senso dell�accoglimento della richiesta di tutela avanzata in viaprincipale; � il periculum in mora, ovvero il fondato timore che nelle more delladecisione le circostanze che rendono effettiva la tutela richiesta in via principale vengano meno. Si tratta di un procedimento caratterizzato dall�urgenza del �provvedere�: l�adozione della misura cautelare prima della pronuncia nella causa principale si rende infatti necessaria al fine di evitare un danno grave ed irreparabile al ricorrente. Con riguardo alla valutazione della presenza dei suddetti presupposti insede di pronuncia sulla richiesta cautelare, la Corte, in pi� occasioni, haavuto modo di ribadire che �secondo l�art. 83, par. 2, del regolamento di procedura, la sospensione dell�esecuzione e l�ordinanza con la quale vengonodisposti provvedimenti provvisori sono subordinate all�esistenza di motivi diurgenza e di argomenti che giustifichino, prima facie, l�adozione di siffatti (1) In questa Rivista, 2005, n. 4, p. 18. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO provvedimenti. Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che provvedimenti del genere possono essere presi in considerazione soltanto qualora le circostanze di fatto o di diritto invocate per ottenerli giustifichino, prima facie, la loro adozione. � inoltre necessario che tali provvedimentisiano urgenti, nel senso che essi devono essere emanati e devono produrre iloro effetti prima che venga emessa la pronunzia nel merito, al fine di evitare che la parte che li richiede subisca un danno grave ed irreparabile; infine, � necessario che essi siano provvisori, perch� non pregiudichino la decisione nel merito� (ord. 13 dicembre 1984, in causa C-269/84 R. (2), Fabbro e al. C. Commissione, punti 2 e 3, nonch� in precedenza ord. 7 luglio 1981, cause C-60/81 R. e C-190/81 R., IBM c. Commissione) e che �di fronte agliargomenti svolti dalle parti per quanto riguarda la legittimit� del provvedimento impugnato, � opportuno che il giudice del procedimento sommariolimiti il proprio esame agli aspetti che consentano di stabilire se la sospensione del provvedimento stesso sia urgente e di valutare se la sua immediata applicazione, cio� prima che sia emessa una pronunzia nel merito, sia attaa recare al richiedente danni irreversibili, che non potrebbero essere riparati nemmeno se il provvedimento impugnato fosse annullato, ovvero che, malgrado il loro carattere provvisorio, sarebbero sproporzionati rispetto all�interesse della commissione a che, in conformit� all�art. 185 (ora 242) delTrattato CEE, i suoi provvedimenti siano eseguiti anche qualora costituiscano oggetto di ricorso giurisdizionale� (ord. 21 agosto 1980, causa C-174/80R., Reichardt c. Commissione, punto 1; nonch� 31 luglio 1989, causa C206/ 89 R., M. S. c. Commissione). Con particolare riguardo alla gravit� e irreparabilit� del pregiudizio subito dal ricorrente � stato precisato che �la natura urgente di una domanda disospensione dell�esecuzione o di provvedimenti provvisori deve valutarsi conriguardo alla necessit� di statuire in via interlocutoria al fine di evitare chesia arrecato un danno grave ed irreparabile alla parte che chiede la sospensione dell�esecuzione o i provvedimenti provvisori. Il danno di natura pecuniaria pu� essere di norma considerato grave ed irreparabile solo qualoranon possa essere interamente risarcito in caso di accoglimento del ricorsoprincipale. Ci� pu� in particolare valere quando l�asserito danno minacci lastessa esistenza dell�impresa o, anche, una volta verificatosi, non possa essere valutato� (ord. 23 maggio 1990, cause C-51/90 e C-59/90 R., Comos Tank e al. C. Commissione, massima) e ancora che �nell�ambito di una domandadi provvedimenti urgenti, un danno meramente pecuniario non pu�, in lineadi principio, essere considerato irreparabile, o anche difficilmente riparabile, qualora, in ipotesi, possa essere oggetto di una successiva compensazione. Tuttavia, spetta al giudice del procedimento sommario valutare gli elementi che permettono di stabilire, nelle circostanze proprie di ciascun caso dispecie, se l�esecuzione immediata delle decisioni oggetto della domanda di (2) La Corte attribuisce al giudizio cautelare lo stesso numero della causa principale seguito dallalettera �R�, che sta per ref�r� (procedura d�urgenza). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni sospensione sia atta ad arrecare al richiedente danni che non potrebberoessere riparati, nemmeno se le decisioni di cui trattasi dovessero essereannullate nell�ambito di una causa principale. Il giudice del procedimentosommario deve analogamente valutare, mettendo a confronto gli interessirispettivi delle parti, se la concessione di provvedimenti provvisori si rivelinecessaria per evitare al ricorrente un danno grave ed irreparabile� (ord. 23novembre 1990, causa T-45/90 R., Speybrouck c. Parlamento, massima). La concessione di misure cautelari richiede inoltre una valutazione degliinteressi contrapposti: infatti �qualora debba pronunciarsi su una domanda disospensione dell�esecuzione, la Corte deve prendere in considerazione non soltanto l�interesse del richiedente all�adozione del provvedimento richiesto, maanche le difficolt� che tale provvedimento potrebbe causare alle istituzionicomunitarie, nonch� gli inconvenienti che potrebbero derivarne per i terzi� (ord. 13 gennaio 1979, causa C-4/78 R., Salerno c. Commissione, massima). Quanto al procedimento, la disciplina � contenuta negli artt. 83-88 delRegolamento di procedura della Corte. I soli atti per i quali pu� essere richiesta la sospensione sono quelli adottati dalle istituzioni. Deve poi trattarsi di atti produttivi di effetti giuridici (�una decisione cheabbia esaurito la propria efficacia non pu� costituire oggetto di provvedimento di sospensione�, cos� ord. 22 maggio 1978, causa C-92/78 R., Simmenthal c. Commissione, massima). La richiesta pu� essere presentata soltanto se l�atto di cui si chiede lasospensione sia gi� stato impugnato dinanzi alla Corte: non � dunque possibile in sede comunitaria proporre una istanza cautelare ante causam. A ben vedere tale circostanza non risulta in sintonia con la giurisprudenza della Corte sulle procedure nazionali a rilevanza comunitaria. In proposito la Corte si � infatti espressa nel senso dell�incompatibilit� con il dirittocomunitario, pi� in particolare con la direttiva ricorsi in materia di appalti89/665, di normative nazionali che impongano la previa proposizione di unricorso di merito come condizione per adottare provvedimenti provvisoricontro le decisioni dell�amministrazione aggiudicatrice (sent. 15 maggio2003, in causa C-214/00 Commissione c. Spagna) (3). (3) Tale sentenza conclude un procedimento di infrazione relativo al recepimento della direttivache coordina le disposizioni sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (Dir. n. 89/665 CE). La disciplina spagnola, infatti, consentiva la richiesta di provvedimenti urgenti prima della proposizione del ricorso principale ma imponeva al ricorrente l�onere di impugnare l�atto illegittimo, pena la cessazione di efficacia della misura interinale. Adavviso della Commissione, invece, la normativa di recepimento avrebbe dovuto prevedere in viagenerale un potere del giudice di adottare provvedimenti provvisori, anche prescindendo dalla previapresentazione del ricorso nel merito. La prospettazione della Commissione, seguita poi dall�Avvocatogenerale ed accolta dalla Corte di Giustizia, si fondava sul principio dell� c.d. �effetto utile�, nel sensoche il recepimento delle direttive deve essere tale da garantire il perseguimento dello scopo che si prefiggono (art. 249, 3� comma, T.C.E.). In quest�ottica la Corte, riecheggiando un�importante precedente (sent. 19 settembre 1996, in causa C-236/95, Commissione c. Repubblica Ellenica) sottolinea comela direttiva 89/665 miri a consolidare i meccanismi volti a garantire l�effettiva applicazione delle RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A norma dell�art. 36 del protocollo sullo Statuto della Corte, competente a concedere il provvedimento di sospensione � il Presidente della Corte, che decide sulla base di una procedura sommaria con ordinanza motivata. Tale ordinanza pu� essere sempre modificata o revocata nel corso del giudizio su istanza delle parti ed in seguito a mutamento di circostanze. La sospensione dell�atto ha come unico effetto quello di renderlo provvisoriamente inapplicabile: � stato infatti precisato che �la richiesta tendente ad ottenere un provvedimento provvisorio non � pertinente, dal momentoche la sospensione dell�esecuzione di un provvedimento dell�Alta autorit�con il quale viene rifiutata un�autorizzazione non potrebbe essere equiparata alla concessione dell�autorizzazione stessa. In ogni caso, infatti, un�autorizzazione del genere potrebbe essere concessa solo dall�autorit� amministrativa, e la Corte non ha il potere di impartire ad essa istruzioni� (ord. 12maggio 1959, causa C-19/59 R., Geitling e al. C. Alta autorit� CECA, massima) (4). direttive comunitarie sugli appalti pubblici in una fase in cui le violazioni possano ancora essere corrette e che tale risultato sarebbe impedito dalla necessit� di far precedere la richiesta di provvedimenti urgenti dal rituale esercizio dell�azione di merito: l�esigenza del previo ricorso principale potrebbeinfatti rendere difficoltosa la tutela d�urgenza in relazione alla celerit� delle procedure ad evidenzapubblica (cfr. punti 49 e 95). Nell�ordinamento nazionale italiano il potere del giudice di disporremisure ante causam in sede di impugnazione di atti amministrativi illegittimi non � legislativamenteprevisto. Tuttavia l�esigenza di una tale tutela � stata segnalata dai giudici amministrativi di primogrado, che hanno pi� volte sollevato dubbi di contrariet� della disciplina di cui all�art. 21 della Legge T.A.R. agli artt. 24 e 113 della Costituzione, agli artt. 6 e 13 della CEDU, nonch� alla stessa Dir. n. 89/665 CE. In particolare, a fronte della declaratoria di manifesta infondatezza della questione da partedella Corte Costituzionale (ord. 10 maggio 2002, n. 179), il T.A.R. Lombardia si � rivolto alla Cortedi Giustizia delle Comunit� europee chiedendo una ulteriore valutazione in ordine alla compatibilit�della nuova disciplina sulla tutela cautelare (l. 205/2000) con le prescrizioni della direttiva �ricorsi� (ord. T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 24 aprile 2003, iscritta nel registro della Corte di Giustizia indata 13 maggio 2003, al numero C-202/03 DAC). Anche con riferimento a questa causa la Corte, conl�ord. 29 aprile 2004, ha ribadito il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a conferire ailoro organi competenti a conoscere dei ricorsi in materia di appalti la facolt� di adottare, indipendentemente dalla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio. (4) Nell�ordinamento giuridico nazionale il sistema cautelare si presenta invece in una dupliceveste. Mentre il sistema cautelare tipico si caratterizza per l�espressa previsione delle ipotesi di periculum e dei provvedimenti cautelari che il giudice pu� adottare, relativamente ai provvedimenti �atipici�, ex art. 700 c.p.c., il legislatore non definisce i vari pericula ma lascia il sistema aperto, inmodo che qualsiasi situazione giuridicamente protetta minacciata da un pregiudizio imminente eirreparabile possa trovare adeguata protezione. La necessit� di una tutela cautelare atipica � stataperaltro avvertita anche nell�ambito del processo amministrativo. Accogliendo i suggerimenti delladottrina e della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 30 marzo 2000, n. 1) la legge n. 205/2000 ha sostituito al limitato potere di sospensione dell�atto impugnato, previsto in precedenzadall�art. 21 della legge n. 1034/1971, un generale potere cautelare: attualmente il giudice amministrativo pu� infatti adottare le misure cautelari che appaiono, secondo le circostanze, pi� idonee adassicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso (art. 21 L. T.A.R. nel testo attuale). Tali misure possono anche consistere nell�imposizione di un facere all�amministrazione come ad esempio l�ammissione con riserva ad una gara o ad un concorso ovvero l�ingiunzione al pagamentodi una somma. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni Il potere di adottare provvedimenti sospensivi � stato dalla Corte riconosciuto anche in capo ai giudici nazionali con riferimento ai provvedimentinazionali di esecuzione di atti comunitari di cui risulta contestata la legittimit�. Nella nota sentenza 21 febbraio 1991, cause C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrick si afferma infatti che: �l�art. 185 (ora 242) del Trattato CEEattribuisce alla parte ricorrente nell�ambito del ricorso per annullamento lafacolt� di instare per la sospensione dell�esecuzione dell�atto impugnato econferisce alla Corte la competenza per concederla. La coerenza del sistemadi tutela cautelare impone che il giudice nazionale possa, allo stesso modo, ordinare la sospensione dell�esecuzione di un provvedimento amministrativonazionale basato su un regolamento comunitario la cui legittimit� sia in contestazione. (�) Poich� il potere dei giudici nazionali di concedere tale sospensione trova riscontro nella competenza riservata alla Corte di cui all�art. 185(ora 242) nell�ambito dei ricorsi ai sensi dell�art. 173 (ora 230), � necessarioche detti giudici concedano la sospensione solo alle condizioni previste per ledomande di provvedimenti urgenti dinanzi alla Corte. (�) Deve aggiungersi, peraltro, che il giudice nazionale chiamato ad applicare le norme comunitarienell�ambito della propria competenza ha l�obbligo di garantire la piena efficacia del diritto comunitario e quindi, in caso di dubbi sulla validit� dei regolamenti comunitari, di tener conto dell�interesse della Comunit� affinch� glistessi regolamenti non vengano esclusi senza una garanzia rigorosa. Per altroverso, qualora la sospensione dell�esecuzione possa comportare per laComunit� un rischio finanziario, il giudice nazionale deve imporre al richiedente la prestazione di sufficienti garanzie, quali la costituzione di una cauzione o di un sequestro a scopo conservativo� (punto 18 e seguenti). Oltre alla sospensione degli atti delle istituzioni, la Corte pu� disporreprovvedimenti provvisori atipici. Infatti, in virt� dell�art. 243 T.C.E., �laCorte di giustizia, negli affari che le sono proposti, pu� ordinare i provvedimenti provvisori necessari�. Anche per la concessione dei provvedimenti provvisori, che segue lostesso iter procedurale previsto per la sospensiva, occorre la previa instaurazione di un giudizio di merito avente ad oggetto il provvedimento adottato, nonch� la sussistenza delle condizioni precedentemente analizzate del fumusboni juris, del periculum in mora e dell�urgenza del provvedere. Nella prassi i provvedimenti provvisori si sostanziano in un�ingiunzione con cui sichiede agli Stati membri di sospendere l�applicazione di determinati atti. La Corte dispone inoltre ex art. 256 T.C.E. della facolt� di sospensionedell�esecuzione forzata delle decisioni del Consiglio o della Commissionecostituenti titolo esecutivo, che importano, a carico di persone che non sianogli Stati, un obbligo pecuniario, spettando invece il controllo della regolarit� dei provvedimenti esecutivi alle giurisdizioni nazionali. 2. Il caso di specie: la sospensione del regolamento del Land Tirolo suldivieto settoriale di circolazione Il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione contro laRepubblica d�Austria ha visto l�instaurazione del procedimento cautelare (C320/ 03 R) articolato in pi� fasi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 25 luglio2003, la Commissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242-243 T.C.E., unadomanda di provvedimenti provvisori intesa ad ottenere, nei confronti dellaRepubblica austriaca, un�ingiunzione ad adottare le misure necessarie persospendere l�esecuzione del regolamento controverso. A parere della Commissione il divieto di transito avrebbe ostacolato lalibera prestazione dei servizi nel settore del trasporto e la libera circolazionedelle merci: infatti il provvedimento avrebbe penalizzato �se non quasiesclusivamente, quantomeno in via principale, il trasporto in transito internazionale delle merci interessate� risultando �indirettamente discriminatorio�; inoltre, con riguardo all�urgenza si constatava la produzione ad operadel regolamento �di effetti immediati e rilevanti sull�attivit� commercialedelle imprese di trasporti che operano sul mercato interessato e, in generale, sul regolare funzionamento del mercato interno�. Con ordinanza 30 luglio 2003 il Presidente della Corte ha ingiunto, atitolo conservativo, alla Repubblica d�Austria di sospendere l�esecuzione deldivieto di circolazione contenuto nel regolamento contestato fino alla pronuncia dell�ordinanza che avrebbe posto fine al procedimento sommario. Nella stessa veniva fissata un�udienza per il 27 agosto 2003. Ha trovato dunque applicazione nel caso di specie l�art. 84, n. 2 del regolamento di procedura, che consente al Presidente di �accogliere una domanda di provvedimenti provvisori anche prima che l�altra parte abbia presentato le sue osservazioni�, con la possibilit� che tale provvedimento possaessere successivamente modificato o revocato anche d�ufficio. La lettura dell�ordinanza consente alcune precisazioni in merito ai presupposti di un provvedimento cautelare inaudita altera parte. L�adozione di un tale provvedimento � subordinata ad una valutazionesommaria sulla non infondatezza degli argomenti addotti dalla parte a sostegno del ricorso e sulla sussistenza di circostanze che giustifichino la necessaria urgenza della concessione del provvedimento provvisorio immediato, nonch� ad un bilanciamento di interessi, la �buona amministrazione della giustizia� e gli obiettivi che il regolamento controverso si propone di raggiungereche non devono essere �seriamente� pregiudicati dalla ritardata applicazione. All�esito dell�udienza del 27 agosto, in cui sono intervenuti il Governoitaliano e quello tedesco, il Presidente si riservava. Quindi, con l�ordinanza 2 ottobre 2003, adottata a seguito dei rilievi dientrambe le parti, l�ingiunzione disposta nei confronti della Repubblicad�Austria di sospensione dell�esecuzione del divieto di circolazione � stataprorogata fino al 30 aprile 2004. Tale provvedimento presenta la singolarit� di contenere un invito alleparti a �procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure pi�idonee a conciliare, ancorch� provvisoriamente, i contrapposti interessi ingioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso�(ord. 2 ottobre 2003, C-320/03 R, punto 105). In mancanza di tale accordo, ed a seguito di ulteriori osservazioni presentate dalle parti, il procedimento cautelare si � infine concluso con l�ordi IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni nanza 27 aprile 2004, che ha prorogato l�efficacia del provvedimento cautelare fino alla pronuncia sul merito del ricorso (che ha poi accolto il ricorsodella Commissione). Dott.ssa Chiara Di Seri Corte di Giustizia delle Comunit� europee, ordinanza 30 luglio 2003 nella causa C320/ 03 R � Commissione c/ Repubblica d�Austria � Pres. R. Iglesias - Sospensionedel divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento del Landeshauptmann (governatore regionale) del Tirolo 27 maggio 2003: misure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 dell�Inntal. �1.- Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 24 luglio 2003, la Commissione delle Comunit� europee ha proposto, ai sensi dell�art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica d�Austria, attraverso il divieto di transito pergli autocarri che trasportano determinate merci basato sul regolamento del Landeshauptmann del Tirolo 27 maggio 2003, con il quale si adottano misure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 dell�Inntal (BGBl. II 2003/279; in prosieguo: il �regolamentocontroverso�), � venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 1 e 3 delregolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all�accesso al mercatodei trasporti di merci su strada nella Comunit� effettuati in partenza dal territorio di unoStato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o pi� Statimembri (G.U. L 95, pag. 1), degli artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l�ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (G.U. L 279, pag. 1), e degli artt. 28 CE - 30 CE. 2.- Con atto separato, depositato nella cancelleria della Corte il 25 luglio 2003, laCommissione, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica austriaca di adottare le misure necessarie per sospendere l�esecuzione del regolamento controverso finch� laCorte non abbia statuito sul ricorso di merito. 3.- La Commissione ha chiesto espressamente, ai sensi dell�art. 84, n. 2, del regolamento di procedura, che venisse emanata in via cautelare, ancor prima che la controparte avesse presentato le proprie osservazioni, un�ordinanza di accoglimento della domanda di provvedimenti provvisori fino alla pronuncia dell�ordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. 4.- Nella domanda di provvedimenti provvisori la Commissione riassume i fatti comesegue. In applicazione dell� Immissionsschutzgesetz-Luft (legge sul controllo delle immissioni nell�aria) austriaco, mediante il controverso regolamento del 27 maggio 2003 ilLandeshauptmann del Tirolo ha imposto un divieto di transito per gli automezzi pesanti chetrasportino determinate merci su una tratta di circa 46 km dell�autostrada A 12 dell�Inntal. Tale divieto assoluto di transito entra direttamente in vigore a tempo indeterminato per i veicoli interessati a partire dal 1� agosto 2003. 5.- Fondato sull� Immissionsschutzgesetz-Luft austriaco, il regolamento controversosarebbe inteso a ridurre le emissioni prodotte dagli interventi dell�uomo, migliorando in talmodo la qualit� dell�aria al fine di tutelare cos� durevolmente la salute umana nonch� ilpatrimonio faunistico e floristico (art. 1 del regolamento controverso). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 6.- Nell�art. 2 del regolamento controverso viene individuata una �zona di risanamento �, cio� una tratta di circa 46 km dell�autostrada A 12 dell�Inntal, fra i territori comunali diKundl e Ampass. In base all�art. 3 del regolamento controverso, in tale zona di risanamento � vietato il transito di autocarri o autoarticolati di peso complessivo ammissibile superiore alle 7,5 tonnellate e di autocarri con rimorchio ove la somma dei pesi complessivi massimi ammissibili di entrambi i veicoli sia superiore a 7,5 tonnellate, per il trasporto delleseguenti merci: tutti i rifiuti inclusi nell�elenco di rifiuti europeo [conformemente alla decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CEche istituisce un elenco di rifiuti conformemente all�articolo 1, lett. a), della direttiva75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell�articolo 1, paragrafo 4, della direttiva91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi (G.U. L 226, pag. 3), nella formulazione della decisione del Consiglio 23 luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica la decisione2000/532 (G.U. L 203, pag. 18)], cereali, legname in tronchi e sughero, minerali ferrosi enon ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonch� acciaio dacostruzione. Non � richiesto alcun provvedimento di autorizzazione delle autorit�; il divieto ha efficacia diretta. 7.- Ai sensi dell�art. 4, dal divieto di cui all�art. 3 del regolamento controverso sonoesclusi gli autoveicoli il cui transito, avente come scopo un�attivit� di carico o scarico perfini commerciali, abbia il luogo di partenza o di destinazione del viaggio nel territorio delComune di Innsbruck o dei distretti di Kufstein, Schwaz o Innsbruck-provincia. Ulteriorideroghe sono contenute nell�Immissionsschutzgesetz-Luft. Sono esenti da detto divieto di transito diverse categorie di veicoli, tra cui i mezzi per la manutenzione stradale, i mezziadibiti alla raccolta dei rifiuti e i veicoli per uso agricolo e forestale. Tali veicoli sono esentati dal divieto direttamente. Per altri tipi di veicoli pu� essere richiesta un�autorizzazioneper il caso singolo, a condizione che sussista un interesse pubblico o un rilevante interessepersonale. 8.- A parere della Commissione il divieto di transito ostacola in modo evidente la libera prestazione dei servizi nel settore del trasporto delle merci garantita dal Trattato CE e concretizzata, nel diritto derivato, dai regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, e la libera circolazione delle merci ai sensi dell�art. 28 CE. 9.- Di fatto, il provvedimento penalizzerebbe, se non quasi esclusivamente, quantomeno in via principale, il trasporto in transito internazionale delle merci interessate e sarebbepertanto, quantomeno indirettamente, discriminatorio. Ci� sarebbe incompatibile sia con icitati regolamenti relativi al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit� e alcabotaggio, sia con gli artt. 28 CE e seguenti, quando non sia possibile addurre una giustificazione. Tale provvedimento non potrebbe essere giustificato dalla tutela ambientale esarebbe in ogni caso sproporzionato. 10.- Quanto all�urgenza, la Commissione sostiene tra l�altro che il regolamento controverso produrrebbe effetti immediati e rilevanti sull�attivit� commerciale delle imprese di trasporti che operano sul mercato interessato e, in generale, sul regolare funzionamento delmercato interno. 11.- Con riferimento all�ordine pubblico, la causa rivestirebbe importanza esemplare inquanto altri L�nder federali austriaci, interessati da un elevato traffico di transito, avrebbero gi� manifestato l�intenzione di seguire l�esempio tirolese e di prendere in considerazionel�istituzione di divieti di transito. Per giunta, non � da escludere l�ipotesi che anche altri Statimembri possano valutare l�opportunit� di tali misure. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 12.- Il divieto settoriale di transito inciderebbe inoltre in maniera diretta sulla catena logistica degli operatori economici che trattano le merci interessate, catena perfettamentebasata sulle esigenze del mercato. Il provvedimento adottato unilateralmente, senza indugio, a livello nazionale provocherebbe cambiamenti bruschi e sostanziali delle condizioni attualmente esistenti sul mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit�, che non potrebbero poi essere pienamente ristabilite. Ne verrebbero danneggiati innanzi tutto gli anelli pi�deboli della catena, nel caso concreto le imprese operanti nel settore del trasporto di mercisu strada e in modo particolare le piccole imprese specializzatesi nel trasporto di tipi dimerci specifiche in base alle dimensioni del proprio parco autoveicoli. Pi� della met� deitrasportatori interessati disporrebbe solamente di uno-tre autocarri, e un ulteriore 31% diquattro-dieci autocarri. Solo circa il 15% delle imprese disporrebbe di oltre dieci veicoli. 13.- Per le imprese specializzatesi nel trasporto di determinate merci e che utilizzano atal fine veicoli speciali (ad esempio trasporto di autovetture nuove o di rifiuti), il divieto settoriale di transito equivarrebbe ad un divieto di transito generale, non potendo esse convertire senz�altro la propria attivit� nel trasporto di merci diverse. 14.- Nella maggior parte degli Stati membri, soprattutto in Germania, il settore dei trasporti stradali presenta sovraccapacit� che provocherebbero un�aspra concorrenza tra leaziende e si tradurrebbero in margini ridotti. In tale mercato, sarebbe concorrenziale solo chifosse in grado di sfruttare costantemente i propri veicoli al massimo. Per i trasportatorisarebbe pertanto di vitale necessit� non perdere i contratti in essere, n� i rapporti con i clienti. Per le imprese dotate di pochi veicoli, periodi di sosta di un paio di giorni potrebbero gi�significare la rovina economica. 15.- In questa situazione critica, per le imprese di trasporto merci interessate esisterebbero in teoria solo due possibilit� per eludere il divieto di transito: scegliere un percorsoalternativo o effettuare il loro trasporto per ferrovia. 16.- Dopo un esame di tali possibilit�, la Commissione � del parere che per le aziendeinteressate, comunque si comportino per non dover cessare del tutto la propria attivit�, conseguirebbero maggiori spese e perdite di tempo. Nell�ambito della forte concorrenza esistente nel settore dei trasporti di merci su strada, tali maggiori spese non potrebbero tuttaviaessere fatte ricadere direttamente sui committenti o sui clienti, ma dovrebbero essere sostenute, quantomeno a breve termine, dai trasportatori stessi. Solo le grandi aziende sarebberoper� in grado di compensare le maggiori spese su una tratta (nel caso concreto l�asse delBrennero attraverso l�Austria). Le piccole aziende specializzatesi nel trasporto di merci interessate dal divieto di transito non potrebbero sostenere le maggiori spese nemmeno a brevetermine, perdendo i contratti in essere e i propri committenti. In considerazione della gi�menzionata specializzazione di gran parte delle piccole imprese, vi sarebbe da temere chemolte di esse non potrebbero ottenere commesse sostitutive a breve termine e dovrebberochiudere il proprio parco autoveicoli. 17.- La Commissione � giunta alla conclusione che, alla luce dei margini ridotti delleimprese di trasporto su strada, vi sarebbe da temere che le aziende di piccole e medie dimensioni interessate si troverebbero costrette a cessare la propria attivit�. Un simile pregiudiziopeserebbe gravemente sull�economia europea e sarebbe di natura irreparabile. 18.- Dalle dichiarazioni della Repubblica austriaca nel procedimento precontenzioso e inspecial modo dalla sua risposta al parere motivato della Commissione risulta che essa considera il regolamento controverso compatibile con la normativa comunitaria. Il divieto di transito in questione sarebbe stato adottato in conformit� delle disposizioni nazionali e delle direttive della Comunit� relative alla tutela della qualit� dell�aria. Si tratterebbe di un provvedi RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento necessario, proporzionato e non discriminatorio. I dubbi della Commissione sarebberoinfondati anche per quanto riguarda le disastrose conseguenze economiche di tale provvedimento, in quanto la ferrovia costituirebbe un�alternativa - sul piano sia tecnico sia economico -attuabile per il trasporto delle merci che rientrano nel divieto settoriale di transito. 19.- Ai sensi dell�art. 84, n. 2, del regolamento di procedura, il presidente pu� accogliere una domanda di provvedimenti provvisori anche prima che l�altra parte abbia presentatole sue osservazioni. Tale provvedimento pu� essere successivamente modificato o revocatoanche d�ufficio. 20.- In questa fase del procedimento la Repubblica austriaca non ha ancora avuto mododi pronunciarsi sulla domanda di provvedimenti provvisori presentata dalla Commissione, cosicch� � ancora impossibile determinare se la Commissione abbia sufficientemente esposto in fatto e in diritto la necessit� del provvedimento da essa richiesto. 21.- Gli argomenti della Commissione non appaiono tuttavia, prima facie, del tuttoinfondati e non � da escludere che le circostanze addotte dalla Commissione giustifichino lanecessaria urgenza della concessione del provvedimento provvisorio immediato richiesto. 22.- Per contro, non risulta, prima facie, che il ritardo di alcune settimane nell�applicazione del regolamento controverso possa seriamente pregiudicare l�obiettivo di cui all�art. 1di tale regolamento. 23.- Pertanto appare necessario, in particolare alla luce della prossima entrata in vigore del regolamento controverso, nell�interesse di una buona amministrazione della giustizia, che lo status quo sia mantenuto fino alla decisione sulla domanda di provvedimenti provvisori (v. ugualmente, in questo senso, ordinanza 28 giugno 1990, causa C-195/90 R, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2715). 24.- Di conseguenza occorre ordinare, in via cautelare, che la Repubblica austriacasospenda il divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento controverso fino alla pronuncia dell�ordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos� provvede: 1) La Repubblica d�Austria sospende il divieto settoriale di transito ai sensi del regolamento del Landeshauptmann del Tirolo del 27 maggio 2003, con il quale vengono adottate misure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 dell�Inntal, fino all�emanazionedell�ordinanza conclusiva del presente procedimento sommario. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 30 luglio 2003�. Corte di Giustizia delle Comunit� europee, ordinanza 2 ottobre 2003 nella causa C320/ 03 R - Commissione delle Comunit� europee, sostenuta da Repubblica federale di Germania e da Repubblica italiana (avv. dello Stato G. De Bellis) c/ Repubblica d�Austria � Pres. R. Iglesias - Sospensione dell�esecuzione del divietosettoriale di transito contenuto nella Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mitder auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschr�nkende Ma�nahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recantemisure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 della valle dell�Inn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279). �1.- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 luglio 2003la Commissione delle Comunit� europee ha proposto, ai sensi dell�art. 226 CE, un ricorsodiretto a far dichiarare che la Repubblica d�Austria, istituendo il divieto di transito per gli IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni autocarri che trasportano determinate merci per mezzo della Verordnung des Laundeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschr�nkende Ma�nahmenerlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolorecante misure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 della valle dell�Inn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279; in prosieguo: il �regolamentocontroverso�), � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 1 e 3 delregolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all�accesso al mercato deitrasporti di merci su strada nella Comunit� effettuati in partenza dal territorio di uno Statomembro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o pi� Stati membri (G.U. L 95, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio1� marzo 2002, n. 484 (G.U. L 76, pag. 1; in prosieguo: il �regolamento n. 881/92�), degliartt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l�ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in unoStato membro (G.U. L 279, pag. 1), come modificato dal regolamento n. 484/2002 (in prosieguo: il �regolamento n. 3118/93�), nonch� degli artt. 28 CE - 30 CE. 2.- Con separato atto, depositato presso la cancelleria della Corte il 25 luglio seguente, la Commissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti urgenti intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica d�Austria di adottare le misure necessarie per sospendere l�esecuzione del regolamento controverso finch� laCorte non abbia statuito sul ricorso nel merito. 3.- La Commissione ha parimenti chiesto, a termini dell�art. 84, n. 2, del regolamentodi procedura, l�accoglimento in via cautelare della domanda di provvedimenti urgenti ancorprima che la controparte avesse presentato le proprie osservazioni, sino alla pronuncia del- l�ordinanza conclusiva del procedimento sommario. 4.- Con ordinanza 30 luglio 2003 veniva ingiunto, a titolo cautelativo, alla Repubblicad�Austria di sospendere l�esecuzione del divieto di transito contenuto nel regolamento controverso, sino alla pronuncia dell�ordinanza conclusiva del procedimento sommario. 5.- Con istanze depositate presso la cancelleria della Corte, rispettivamente in data 29luglio e 6 agosto 2003, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica italiana hannochiesto di intervenire nel presente procedimento sommario a sostegno della Commissione. 6.- Ai sensi degli artt. 40, primo e quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia, nonch� 93, nn. 1 e 2, del regolamento di procedura, tali domande di intervento nel procedimento sommario devono essere accolte. 7.- La Repubblica d�Austria ha presentato osservazioni scritte in merito alla domandadi provvedimenti urgenti con telefax del 18 agosto 2003. Con telefax di pari data, laRepubblica federale di Germania e la Repubblica italiana hanno presentato le rispettivememorie di intervento. 8.- Le osservazioni orali delle parti sono state sentite all�udienza del 27 agosto 2003. CONTESTO NORMATIVO E DI FATTO La normativa comunitaria relativa al mercato interno dei trasporti su strada 9.- I regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, invocati dalla Commissione nel proprio ricorso, costituiscono il contesto normativo del mercato interno dei trasporti su strada e disciplinano la libera prestazione dei servizi in tale settore sul territorio della Comunit�. Le direttive comunitarie relative alla tutela della qualit� dell�aria ambiente 10.- La normativa comunitaria relativa alla tutela della qualit� dell�aria ambiente �costituita, segnatamente, dalla direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in mate RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ria di valutazione e di gestione della qualit� dell�aria ambiente (G.U. L 296, pag. 55), nonch� dalla direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite diqualit� dell�aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, leparticelle e il piombo (G.U. L 163, pag. 41), come modificata dalla decisione dellaCommissione 17 ottobre 2001, 2001/744/CE (G.U. L 278, pag. 35; in prosieguo: la �direttiva 1999/30�). 11.- L�obiettivo generale della direttiva 96/62 consiste, a termini dell�art. 1, nella definizione dei principi di base di una strategia comune volta a: � definire e stabilire obiettivi di qualit� dell�aria ambiente nella Comunit� europea alfine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull�ambiente nelsuo complesso; � valutare la qualit� dell�aria ambiente negli Stati membri in base a metodi e criteri comuni; � disporre di informazioni adeguate sulla qualit� dell�aria ambiente e far s� che sianorese pubbliche, tra l�altro mediante soglie d�allarme; � mantenere la qualit� dell�aria ambiente, laddove � buona, e migliorarla negli altri casi. 12.- L�art. 7 della direttiva 96/62 cos� recita: �Miglioramento della qualit� dell�aria ambiente Requisiti generali 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite. 2. Qualunque misura presa per raggiungere gli scopi della presente direttiva deve: a) prendere in considerazione una strategia integrata a difesa dell�aria, dell�acqua e delsuolo; b) non contravvenire alla legislazione comunitaria in materia di salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro; c) non avere effetti nocivi e significanti sull�ambiente degli altri Stati membri. 3. Gli Stati membri predispongono piani d�azione che indicano le misure da adottare abreve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d�allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Tali piani possono prevedere, a seconda dei casi, misure di controllo e, ove necessario, di sospensione delle attivit�, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite�. 13.- L�art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 prevede peraltro: �Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l�elaborazione o l�attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito. Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all�allegato IV�. 14.- Valori limite per il biossido di azoto sono fissati nella direttiva 1999/30. 15.- A termini dell�art. 4 della direttiva 1999/30: �Biossido di azoto e ossidi di azoto 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni dibiossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nell�aria, valutate a norma dell�articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell�allegato II, a decorrere dalledate ivi indicate. I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell�allegato II si applicano a norma del- l�articolo 8 della direttiva 96/62/CE. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 2. La soglia di allarme per le concentrazioni di biossido di azoto nell�aria ambiente �indicata nella sezione II dell�allegato II�. 16.- Dall�allegato II della direttiva 1999/30 risulta che, per quanto attiene al biossidodi azoto, il valore limite annuo, compreso il margine di tolleranza previsto, � fissato per il2002 in 56 .g/m3. 17.- Ai sensi del quarto considerando della direttiva 1999/30, i valori limite fissati nelladirettiva medesima costituiscono requisiti minimi e, a norma dell�art. 130 T del Trattato CE(divenuto art. 176 CE), gli Stati membri possono mantenere ovvero introdurre provvedimenti di protezione ancora maggiore, stabilendo valori limite pi� rigorosi. La normativa nazionale e i fatti all�origine della controversia 18.- Le direttive 96/62 e 1999/30 sono state trasposte nell�ordinamento austriaco permezzo di modificazioni all� Immissionsschutzgesetz-Luft (legge austriaca in materia di protezione contro l�inquinamento dell�aria, BGBl. I, 1997/115). 19.- A seguito di un primo superamento del valore limite per il biossido di azoto nel1999, il 1� ottobre 2002 entrava in vigore un divieto di circolazione notturna per gli automezzi pesanti su un troncone dell�autostrada A 12 nella valle dell�Inn (Austria). 20.- Il valore limite annuo fissato per il 2002 in 55 .g/m3 dall� Immissionsschutzgesetz- Luft risultava superato su tale troncone autostradale, alla stazione di rilevamento di Vomp, ove la media annuale registrata ammontava a 61 .g/m3. 21.- Il divieto di circolazione notturna, originariamente previsto per una durata limitata, veniva quindi prorogato e successivamente sostituito, a decorrere dal 1� giugno 2003, daun divieto permanente di transito notturno per gli automezzi pesanti di peso superiore a 7,5tonnellate adibiti al trasporto di merci, divieto valido tutto l�anno. 22.- Il 27 maggio 2003 il Landeshauptmann von Tirol emanava, sulla base dell�Immissionsschutzgesetz-Luft, il regolamento controverso, con cui vietava a tempo indeterminato, a decorrere dal 1� agosto 2003, il transito su un troncone di circa 46 km dell�autostrada A 12 nella valle dell�Inn ad una determinata categoria di automezzi pesanti adibiti altrasporto di talune merci. 23.- Il regolamento controverso � inteso, a termini dell�art. 1, a ridurre le emissioni prodotte dagli interventi dell�uomo, migliorando in tal modo la qualit� dell�aria al fine di tutelare durevolmente la salute umana nonch� il patrimonio faunistico e floristico. 24.- Nell�art. 2 del regolamento controverso viene individuata una �zona di risanamento � consistente in un troncone di circa 46 km dell�autostrada A 12 della valle dell�Inn tra i comuni di Kundl e Ampass (Austria). Ai sensi del successivo art. 3, � vietato il transito agli autocarri o autoarticolati di peso complessivo autorizzato superiore a 7,5 tonnellate e agli autocarri con rimorchio ove la somma dei pesi complessivi massimi autorizzatidi entrambi i veicoli risulti superiore a 7,5 tonnellate, per il trasporto delle seguenti merci: tutti i rifiuti inclusi nell�elenco di rifiuti europeo [di cui alla decisione della Commissione3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all�art. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 75/442/CEErelativa ai rifiuti e la decisione del Consiglio 94/904/CE che istituisce un elenco di rifiutipericolosi ai sensi dell�art. 1, paragrafo 4, della direttiva del Consiglio 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi (G.U. L 226, pag. 3), nel testo di cui alla decisione del Consiglio 23luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica la decisione 2000/532 (G.U. L 203, pag. 18)], cereali, legname in tronchi e sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonch� acciaio da costruzione. Nessun intervento da RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO parte di alcuna autorit� � necessario ai fini dell�esecuzione del detto divieto, possedendoquesti efficacia diretta. 25.- Il successivo art. 4 esclude dal divieto gli autocarri il cui transito, diretto ad attivit� di carico o scarico per fini commerciali, abbia il luogo di partenza o di destinazione deltrasporto nel territorio del comune di Innsbruck o dei distretti di Kufstein, di Schwaz o diInnsbruck-Land (Austria). Ulteriori deroghe sono peraltro previste dallo stessoImmissionsschutzgesetz-Luft. La detta legge esenta direttamente dal divieto di transito diverse categorie di veicoli, tra cui i mezzi per la manutenzione stradale, i mezzi adibiti alla raccolta di rifiuti e i veicoli per uso agricolo e forestale. Per altri tipi di veicoli pu� essererichiesta un�autorizzazione caso per caso, a condizione che sussistano un interesse pubblico o un rilevante interesse personale. FASE PRECONTENZIOSA DEL PROCEDIMENTO 26.- In esito ad un primo scambio di lettere con la Repubblica d�Austria, laCommissione inviava al detto Stato membro, in data 25 giugno 2003, una lettera di diffidainvitandolo a rispondere entro il termine di una settimana. La Repubblica d�Austria rispondeva con lettera 3 luglio 2003. 27.- Con lettera 9 luglio 2003 la Commissione notificava alla Repubblica d�Austria unparere motivato ai sensi dell�art. 226 CE, cui il detto Stato membro rispondeva con letteradel 18 luglio seguente. REQUISITI RELATIVI ALLA CONCESSIONE DI PROVVEDIMENTI URGENTI 28.- Conformemente all�art. 243 CE la Corte pu� ordinare, nei giudizi dinanzi ad essaproposti, i provvedimenti provvisori necessari. 29.- L�art. 83, n. 2, del regolamento di procedura esige che le domande relative a taliprovvedimenti precisino l�oggetto della causa, i motivi di urgenza, nonch� gli argomenti difatto e di diritto che giustifichino prima facie l�adozione del provvedimento provvisoriorichiesto. 30.- Secondo costante giurisprudenza, i provvedimenti provvisori possono essereaccordati dal giudice del provvedimento sommario se � comprovato che la loro concessione � giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che glistessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del ricorrente, che essi siano emanati e producano i loro effetti gi� prima della decisionedella causa principale. Il giudice dell�urgenza procede parimenti, all�occorrenza, alla ponderazione degli interessi in gioco [v. ordinanza 14 febbraio 2002, causa C-440/01 P(R), Commissione/Artegodan, Racc. pag. I-1489, punti 58 e 59]. SUL FUMUS BONI IURIS Argomenti delle parti 31.- Secondo la Commissione, il divieto di transito ostacolerebbe manifestamente lalibera prestazione dei servizi nel settore del trasporto delle merci, garantito dal Trattato esancito dal diritto derivato nei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, nonch� la libera circolazione delle merci ai sensi dell�art. 28 CE. 32.- Il provvedimento di cui trattasi inciderebbe di fatto, se non esclusivamente quanto meno in maniera preponderante, sul transito internazionale delle merci, operando quindiuna discriminazione, quanto meno indiretta, che sarebbe incompatibile con i regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, nonch� con gli artt. 28 CE e seguenti. Una siffatta misura, essendo discri IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni minatoria, non potrebbe essere giustificata da considerazioni relative alla tutela dell�ambiente e sarebbe, in ogni caso, sproporzionata. 33.- Allineandosi a tali motivi la Repubblica federale di Germania aggiunge che ilregolamento controverso non potrebbe trovare giustificazione nelle direttive 96/62 e1999/30 e che esso costituirebbe violazione del principio di leale cooperazione sancito dal- l�art. 10 CE nonch� del principio di proporzionalit�. 34.- La Repubblica d�Austria non potrebbe avvalersi dell�art. 7 della direttiva 96/62, atteso che tale disposizione imporrebbe la predisposizione di un piano di azione, consentirebbe unicamente l�adozione di provvedimenti provvisori e prevedrebbe che le misure adottate non possano avere effetti nocivi e significativi sull�ambiente degli altri Stati membri, requisiti nessuno dei quali ricorrerebbe nella specie. 35.- Il regolamento controverso non sarebbe nemmeno conforme all�art. 8 della direttiva 96/62. 36.- La Repubblica federale di Germania ritiene parimenti che il superamento del valore limite di biossido di azoto, sul quale si fonda il regolamento controverso, non sia statoaccertato nel rispetto dei requisiti risultanti dagli allegati V e VI della direttiva 1999/30. 37.- Ai sensi dell�art. 10 CE, la Repubblica d�Austria avrebbe dovuto provvedere aconcertarsi in tempo utile prima di emanare un provvedimento cos� radicale quale il divietodi transito settoriale di cui trattasi. 38.- Inoltre, il provvedimento imposto con il regolamento controverso sarebbe sproporzionato, in quanto nulla giustificherebbe il riferimento al trasporto di merci su autocarri o atalune merci specifiche. 39.- All�udienza la Repubblica italiana ha posto l�accento, dal canto suo, sulla necessit� che provvedimenti di tal genere vengano adottati esclusivamente a livello comunitario. 40.- La Repubblica d�Austria ritiene, invece, il regolamento controverso conforme aldiritto comunitario. 41.- Il divieto di transito sarebbe stato disposto nel rispetto della normativa interna nonch� delle disposizioni delle direttive comunitarie relative alla protezione della qualit� dell�aria ambiente, in particolare degli artt. 7 e 8 della direttiva 96/62. 42.- Il regolamento controverso non costituirebbe nemmeno violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93. Infatti, tali regolamenti non concederebbero al titolare di una licenza comunitaria un diritto incondizionato e non lo libererebbero dall�obbligo di rispettare lecondizioni generali di trasporto. 43.- Il divieto di transito di cui trattasi costituirebbe peraltro un provvedimento necessario, non discriminatorio e proporzionato. 44.- La necessit� del provvedimento risulterebbe comprovata dalla semplice constatazione del superamento dei valori limite fissati, tanto nella normativa austriaca quanto nelladirettiva 1999/30, per il biossido di azoto per l�anno 2002. 45.- Quanto all�assenza di discriminazione, la Repubblica d�Austria deduce che ildivieto di transito riguarderebbe parimenti il traffico interno. Le deroghe previste sarebberolimitate, giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico ed opererebbero parimentia favore dei trasportatori stranieri. 46.- In ogni caso, il divieto di transito, anche ove fosse ritenuto indirettamente discriminatorio, potrebbe essere giustificato da motivi attinenti alla tutela della salute umana edell�ambiente. 47.- Le preoccupazioni della Commissione quanto agli effetti catastrofici di tale provvedimento sarebbero destituiti di fondamento, atteso che la ferrovia costituirebbe una vali RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO da soluzione alternativa tanto sul piano tecnico quanto su quello economico per assicurareil trasporto delle merci oggetto del divieto di transito. Giudizio 48.- A termini dell�art. 83, n. 2, del regolamento di procedura, la domanda di provvedimenti provvisori deve specificare, in particolare, gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie l�adozione del provvedimento provvisorio richiesto. 49.- A tale riguardo, da un primo esame degli elementi dedotti dalle parti emerge che ilregolamento controverso introduce restrizioni alle libert� di circolazione previste dalTrattato e dal diritto derivato, senza che occorra determinare con precisione in tale fase ledisposizioni comunitarie interessate. 50.- Infatti, il regolamento controverso istituisce un divieto totale di transito nei confronti di un�ampia categoria di trasportatori su un�arteria di transito che si inserisce in unadelle principali vie di comunicazione terrestri per gli scambi tra l�Europa settentrionale e ilsettentrione dell�Italia. 51.- L�eventuale carattere indirettamente discriminatorio di tale ostacolo non pu� essere escluso prima facie. 52.- � pur vero che il regolamento controverso si applica nei confronti di tutti i trasportatori, indipendentemente dalla loro nazionalit�, e che penalizza quindi parimenti i trasportatori austriaci che effettuino il trasporto delle merci interessate sul troncone autostradale de quo. 53.- Non pu� essere tuttavia escluso che il regolamento controverso, in considerazionedel tipo di trasporto cui esso si riferisce nonch� della portata delle deroghe ivi previste, focalizzi essenzialmente, di fatto, la restrizione sui trasportatori degli Stati membri diversi dallaRepubblica d�Austria, senza che tale squilibrio possa trovare giustificazione. La valutazione di tale questione necessita tuttavia un esame dettagliato dell�impatto del regolamentocontroverso sulle singole categorie di trasportatori, esame che non risulta possibile nella fasedel presente procedimento sommario. All�udienza le varie parti hanno d�altronde indicato atal riguardo cifre che appaiono, a prima vista, contraddittorie e la cui pertinenza non ha potuto essere verificata. 54.- Oltre alla questione dell�eventuale discriminazione, la valutazione della sussistenza di un inadempimento al diritto comunitario da parte della Repubblica d�Austria richiedeperaltro un dettagliato esame dell�ostacolo rappresentato dal divieto di transito. 55.- In tale esame occorre, da un lato, tener conto degli obiettivi di tutela della salutee/o dell�ambiente invocati dalla Repubblica d�Austria e, in particolare, verificando in qualemisura il regolamento controverso si inserisce nel tessuto normativo comunitario in materiadi qualit� dell�aria ambiente nonch�, dall�altro, valutare la proporzionalit� dell�ostacolocreato rispetto a tali obiettivi. 56.- A tale riguardo appare prima facie che, come sostenuto dalla Repubblica d�Austria, il regolamento controverso si integra nel contesto normativo nazionale istituito al fine di adempiere gli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie in materia di qualit� dell�aria ambiente. 57.- Inoltre, l�effettivit� del superamento del valore limite per le emissioni di biossidodi azoto nel 2002, circostanza che si afferma essere all�origine dell�emanazione del regolamento controverso, non � stata contestata dalle varie parti in causa. 58.- Senza che sia necessario, nella fase attuale, accertare se il regolamento controverso possa fondarsi su considerazioni relative alla tutela dell�ambiente e/o della salute, � evidente che le esigenze connesse a considerazioni di tal genere devono prevalere, in linea diprincipio, rispetto a considerazioni di carattere economico. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 59.- L�accento posto dalla Commissione, nell�ambito della propria domanda di provvedimenti urgenti sugli aspetti puramente economici della fattispecie, non pu� essere quindisemplicemente condiviso. 60.- Ci� premesso, il divieto di transito istituito con il regolamento controverso solleva nondimeno seri interrogativi quanto alla sua compatibilit� con il diritto comunitario. 61.- Anzitutto, come rilevato dalla Repubblica italiana, il regolamento controverso �stato emanato solamente qualche mese dopo l�entrata in vigore del divieto di transito notturno, vale a dire prima che gli effetti di quest�ultimo provvedimento sulla concentrazionedi biossido di azoto potessero essere compiutamente valutati. Infatti, considerato che ildivieto di transito notturno � entrato in vigore solamente il 1� ottobre 2002, la media annuale di biossido di azoto per l�anno 2002 non consentiva di valutarne l�impatto effettivo. 62.- Inoltre, la brevit� del termine intercorrente tra l�emanazione e l�entrata in vigoredel regolamento controverso pu� considerevolmente aggravare gli effetti negativi del medesimo sull�attivit� e sull�organizzazione degli autotrasportatori interessati. Un periodo di duemesi appare infatti molto ridotto in considerazione degli adeguamenti strutturali, in terminidi modalit� di trasporto o di percorsi, resi necessari dal divieto di transito. In particolare, ancorch� la Repubblica d�Austria abbia potuto dedurre taluni elementi comprovanti la fattibilit� di un aumento dell�offerta di trasporto ferroviario sul percorso interessato, da tutte leinformazioni comunicate dalle parti emerge che tale adeguamento � realizzabile solamentea medio termine e in modo progressivo. 63. Infine, come sostenuto dalla Commissione e dalle parti intervenienti, provvedimenti che incidono direttamente sul trasporto delle merci tra gli Stati membri sembrano richiedere un determinato grado di previa concertazione a livello comunitario, il che sembra essere completamente mancato nella specie. 64.- La valutazione definitiva di tutti questi argomenti, il che implica la delicata questione dell�individuazione di un equilibrio tra le esigenze del mercato interno, da un lato, ela tutela della salute e/o dell�ambiente, dall�altro, esige un esame pi� approfondito che nonpu� essere effettuato nell�ambito del presente procedimento sommario. 65.- Ci� premesso, e senza che occorra pronunciarsi ulteriormente, in tale fase, sui varimotivi dedotti nell�ambito della causa principale, si deve rilevare che la fondatezza delricorso principale non pu� essere senz�altro esclusa, ancorch� gli argomenti dedotti dallaRepubblica d�Austria a propria difesa non possano essere negati. 66.- Occorre quindi proseguire l�esame della domanda di provvedimenti provvisoriverificando se i provvedimenti richiesti siano urgenti nel senso che, al fine di evitare un pregiudizio grave e irreparabile agli interessi fatti valere dalla Commissione, � necessario chetali provvedimenti vengano disposti e producano i loro effetti prima della decisione nelmerito e, in caso affermativo, procedere alla ponderazione degli interessi in gioco. IN ORDINE ALL�URGENZA E ALLA PONDERAZIONE DEGLI INTERESSI Argomenti delle parti 67.- Quanto all�urgenza, la Commissione, sostenuta dalle parti intervenienti, sostieneche il regolamento controverso, destinato ad entrare in vigore il 1� agosto 2003, produrrebbe effetti diretti e rilevanti sull�attivit� delle imprese di trasporto operanti sul mercato interessato e, in termini pi� generali, sul buon funzionamento del mercato interno. 68.- Secondo la Commissione, la controversia presenta valore di principio con riguardo all�ordine pubblico, in quanto altri L�nder austriaci oltre al Tirolo, caratterizzati da unrilevante transito di veicoli, avrebbero gi� affermato di voler seguire l�esempio del regola RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento controverso prendendo in considerazione l�emanazione di disposizioni analoghe. Non sarebbe inoltre escluso che altri Stati membri oltre alla Repubblica d�Austria possanoprevedere provvedimenti di tal genere. 69.- Il divieto di transito inciderebbe inoltre, nella specie, direttamente sulla catenalogistica degli operatori economici che trattano le merci interessate. Tale divieto, dispostounilateralmente e senza preavviso, modificherebbe improvvisamente ed essenzialmente lecondizioni attuali del mercato comunitario del trasporto delle merci, condizioni che nonpotrebbero essere pi� pienamente ripristinate in seguito. Ne soffrirebbero anzitutto le magliepi� deboli della catena di produzione, vale a dire le imprese di autotrasporto e, in particolare, quelle piccole imprese che, in considerazione delle dimensioni del loro parco di autoveicoli, si sono specializzate nel trasporto di un solo tipo di merci. Oltre la met� delle impresedi trasporto interessate disporrebbe solamente di un numero di autocarri compreso tra uno etre ed il 31% di un numero compreso tra quattro e dieci. 70.- Per le imprese che si sono specializzate nel trasporto di determinate merci (adesempio, il trasporto di vetture nuove o di rifiuti) ed utilizzano a tal fine veicoli speciali, ildivieto settoriale di transito equivarrebbe ad un divieto generale, in quanto non potrebberoriconvertire agevolmente a breve termine la loro attivit� nel trasporto di altre merci. 71.- Nella maggior parte degli Stati membri, in particolare in Germania, il settore del- l�autotrasporto presenterebbe sovraccapacit� che spiegherebbero la vivace concorrenza trale imprese e i ridotti margini di utile. Sarebbero concorrenziali solamente le imprese cheriescano a mantenere l�utilizzazione delle proprie capacit� ad un livello elevato. Sarebbequindi vitale per le imprese di trasporto non perdere n� ordinativi in corso n� clienti esistenti. Un�attesa di qualche giorno potrebbe gi� significare la rovina economica per le impreseche dispongano di un numero ridotto di veicoli. 72.- Secondo la Repubblica federale di Germania, il divieto di transito di cui trattasi interesserebbe, su base annuale, circa 53 700 viaggi tra la Germania e l�Italia. Ne deriverebberoquindi gravi conseguenze per le imprese interessate, come risulterebbe dalle dichiarazioni ditalune di esse. Tali conseguenze sarebbero ancor pi� rilevanti in quanto si ripercuoterebberoparimenti sull�organizzazione dei percorsi effettuati dagli autocarri al fine di effettuare tragitti avuoto. 73.- A parere della Commissione e delle parti intervenienti, non sussisterebbe peraltroalcuna sufficiente soluzione alternativa. 74.- Le imprese di trasporto interessate avrebbero infatti soltanto due possibilit� diovviare al divieto di transito, vale a dire scegliere un itinerario alternativo o ricorrere al trasporto ferroviario. 75.- Orbene, gli itinerari alternativi implicherebbero un considerevole aumento dellalunghezza e della durata dei tragitti con rilevante aggravio dei costi, nonch� un superioreconsumo di carburanti ed un aggravamento dell�inquinamento. 76.- Quanto allo spostamento del trasporto su ferrovia, l�unica soluzione possibile perle societ� di autotrasporto sarebbe costituita dalla cosiddetta �chauss�e roulante� (�Rollende Strasse�, �strada su ferrovia�). Infatti, il trasporto su vagoni ferroviari non farebbe parte della loro sfera di attivit� e il trasporto combinato non accompagnato sarebbe escluso per la maggior parte delle piccole e medie imprese che non dispongono dei mezzi perrecuperare i container o i semirimorchi nel luogo di destinazione. Orbene, l�offerta attualedi treni di �chauss�e roulante� sarebbe insufficiente, il che implicherebbe onerose perditedi tempo. La Repubblica federale di Germania insiste in particolare sul fatto che un sufficiente aumento dell�offerta di trasporto ferroviario potrebbe essere realizzata solamente a IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni medio termine. Essa rileva parimenti che la �chauss�e roulante� difetterebbe spesso dellanecessaria flessibilit�, in considerazione dell�esistenza, in linea di principio, di un terminedi prenotazione pari a 48 ore, e che tale forma di trasporto non sarebbe economicamenteinteressante per i trasporti regionali su brevi distanze. Oltre a tali aspetti, la Repubblica italiana pone l�accento sul costo nettamente pi� elevato del trasporto ferroviario. 77.- Le imprese interessate si troverebbero quindi confrontate, indipendentemente dallaloro condotta, con costi supplementari e con perdite di tempo al fine di non essere costrette acessare completamente l�attivit�. Tenuto conto dello scarso valore delle merci oggetto del divieto di transito e dell�accesa concorrenza nel settore del trasporto su strada delle merci, tali costisupplementari non potrebbero essere direttamente traslati sui committenti o sui clienti, bens�dovrebbero essere sopportati dai trasportatori, quanto meno in un primo tempo. Tuttavia, solamente le grandi imprese sarebbero in grado di compensare costi supplementari su un percorsodeterminato, nella specie la rotta del Brennero attraverso l�Austria. Le piccole imprese che sisono specializzate nel trasporto delle merci oggetto del divieto di transito non potrebbero farfronte immediatamente a tali costi supplementari e perderebbero in tal modo gli ordinativi ricevuti nonch� i relativi committenti. In considerazione della specializzazione della maggior partedi tali imprese, sarebbe legittimo il timore che molte di esse non possano ottenere ordinativisostitutivi nel breve termine e siano quindi costrette a lasciare i propri veicoli fermi. 78.- In conclusione, tenuto conto dei ridotti margini di utile per le imprese di trasportosu strada, le piccole e medie imprese interessate potrebbero trovarsi costrette a cessare laloro attivit�. Tale pregiudizio inciderebbe pesantemente sull�economia europea e non sarebbe riparabile. 79.- Secondo i dati forniti dalla Repubblica federale di Germania, la perdita annuale intermini di fatturato per le imprese interessate si attesterebbe intorno a EUR 54 milioni, senzaconsiderare il trasferimento delle sedi delle imprese, il che comporterebbe la perdita di centinaia di posti di lavoro ed il fallimento di decine di imprese. 80.- La Commissione e la Repubblica italiana fanno inoltre presente che il divieto ditransito inciderebbe non solamente sul settore dei trasporti, bens� parimenti su quello del- l�industria produttiva, in particolare sull�industria del legno e sulle cave di pietra nell�Italiasettentrionale. A parere della Repubblica federale di Germania, le regolari relazioni economiche tra i vettori risulterebbero compromesse ed il divieto di transito potrebbe determinare, in ultima analisi, una cessazione degli scambi tra l�Italia e la Germania per talune mercioggetto del divieto de quo. 81.- La ponderazione degli interessi deporrebbe a favore dell�accoglimento delladomanda, atteso che sarebbero ipotizzabili provvedimenti meno restrittivi, quali un divietodi transito per gli autocarri pi� inquinanti. 82.- Per quanto attiene agli interessi connessi alla tutela dell�ambiente fatti valere dallaRepubblica d�Austria, la Commissione sostiene che, contrariamente alle ripercussioni economiche tangibili derivanti dal divieto di transito, il pregiudizio potenziale che la non applicazione del divieto di transito implicherebbe per l�ambiente nella valle dell�Inn non sarebbe quantificabile. La Repubblica federale di Germania osserva, dal canto suo, che il regolamento controverso, lungi dal risolvere il problema delle emissioni di biossido di azoto, nonfarebbe altro che spostarlo verso altre zone dell�Austria o verso altri Stati membri nonch�verso la Svizzera. La Repubblica italiana sostiene, peraltro, che, per poter valutare l�ampiezza dei problemi ambientali sollevati, occorrerebbe procedere preliminarmente ad una valutazione degli effetti benefici derivanti dal divieto di circolazione notturna istituito nell�ottobre 2002, il che sarebbe possibile solamente alla fine del 2003. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 83.- Nelle proprie osservazioni la Repubblica d�Austria contesta l�argomento relativo allagravit� e all�irreparabilit� del danno in caso di applicazione del regolamento controverso. 84.- La Repubblica d�Austria contesta anzitutto formalmente che altri L�nder austriaci oltre al Tirolo prevedrebbero di seguire l�esempio di tale regolamento. Per quanto constaalla Repubblica d�Austria, nessun altro Stato membro intenderebbe nemmeno operare in talsenso, ragion per cui l�effetto di contagio invocato dalla Commissione sarebbe inesistente. 85.- Inoltre, tenuto conto del lasso di tempo tra la data di emanazione del regolamentocontroverso, nel maggio del 2003, e quella della sua data in vigore, vale a dire il 1� agosto2003, gli interessati avrebbero disposto di un periodo transitorio sufficientemente ampio. 86.- La Repubblica d�Austria deduce inoltre che gli svantaggi derivanti ai trasportatori da un divieto di transito farebbero parte dei rischi inerenti a qualsiasi economia di mercato e che, per il resto, il trasferimento su ferrovia sarebbe possibile sia sotto il profilo tecnico che sotto quello economico. Quanto agli aspetti tecnici, la Repubblica d�Austria contestaalla Commissione di non aver tenuto conto delle possibilit� di riconvertire il trasportomediante il sistema dei container o mediante il trasporto combinato non accompagnato. Quanto al resto, le capacit� del sistema ferroviario sarebbero gi� ora sufficienti laddove, incaso di impossibilit� tecnica, sarebbe possibile il ricorso a deroghe caso per caso, come previsto nella normativa austriaca. Sotto il profilo economico, il costo e la durata del trasportoferroviario sarebbero analoghi a quello del trasporto su strada. 87.- Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, gli autotrasportatoripotrebbero utilizzare parimenti altri percorsi diversi da quello passante sul troncone autostradale di cui trattasi. A tale riguardo la Repubblica d�Austria sottolinea il fatto che, attualmente, una percentuale importante del flusso di autocarri in transito su tale troncone sarebbe conseguenza della scelta degli autotrasportatori interessati di non seguire il percorso pi�corto, vale a dire attraverso la Svizzera. 88.- La Repubblica d�Austria sostiene inoltre che l�incidenza del divieto di transitosarebbe relativamente limitata per le imprese di trasporto su strada. Tenuto conto delle rilevanti capacit� finanziarie di cui esse dovrebbero disporre per effetto della normativa comunitaria, il rischio di cessazione dell�attivit� sarebbe ridotto. La Commissione non avrebbeparimenti dedotto elementi convincenti atti a comprovare l�esistenza di un danno reale perle industrie di produzione, in particolare per l�industria italiana del legno. 89.- Infine, nell�ambito della ponderazione degli interessi, la Repubblica d�Austriainsiste sulla rilevanza del danno per la salute e per l�ambiente, danno che sarebbe comprovato dal superamento dei valori limite previsti dalla direttiva 96/62 nonch� da vari studiinternazionali. Tali interessi fondamentali prevarrebbero sugli interessi economici cheriguarderebbero unicamente la tutela del settore dell�autotrasporto. Giudizio 90.- Al fine di determinare tanto la necessit� di adozione di provvedimenti urgentiquanto la portata dei medesimi, occorre procedere alla ponderazione degli interessi in gioco, ove la minaccia di un pregiudizio grave ed irreparabile - elemento di urgenza addotto - costituisce uno dei termini del raffronto effettuato in tale contesto. 91.- Gli interessi fatti valere dalla Repubblica d�Austria sono connessi a considerazioni fondate sulla tutela dell�ambiente e della salute. 92.- Un pregiudizio per interessi di tal genere presenta, in linea di principio, carattereirreversibile atteso che, nella maggior parte dei casi, aggressioni all�ambiente ed alla salutenon possono essere eliminate, per loro stessa natura, retroattivamente. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 93.- L�effettivit� di tale pregiudizio appare peraltro comprovata dagli elementi di fattodedotti nell�ambito del presente procedimento sommario. 94.- Ci� premesso, dalla normativa comunitaria relativa alla tutela della qualit� dell�aria e, in particolare, dal programma comunitario di politica ed azione a favore dell�ambiente e di uno sviluppo sostenibile (G.U. 1993, C 138, pag. 5) emerge che la politica in materiadi qualit� dell�aria ambiente � prevista a livello comunitario sulla base di obiettivi a lungotermine. 95.- Nella specie, la situazione attuale in materia di inquinamento dell�aria ambiente nellazona interessata costituisce la risultante di un�evoluzione graduale e, prima facie, non sembrapoter essere risolta in modo soddisfacente se non a medio termine e progressivamente. 96. - Ci� premesso, saranno probabilmente necessarie misure strutturali e tutte le partidel presente procedimento sommario sono tenute, in misura diversa, a concorrere alla ricerca delle soluzioni pi� adeguate. Le soluzioni che potranno essere individuate rappresenteranno necessariamente un compromesso tra i contrapposti interessi, senza che possa essereescluso a priori che esse siano fonte di taluni inconvenienti tanto per il funzionamento delmercato interno quanto per gli interessi di talune categorie di operatori economici dellaComunit�. 97.- Ci� premesso, pur riconoscendo che il regolamento controverso pu� contribuire almiglioramento a breve termine della situazione in materia di qualit� dell�aria ambiente nellazona interessata, si deve necessariamente rilevare che un approccio strutturale a medio termine, che � indispensabile, non pu� essere pregiudicato dalla non applicazione temporaneadel detto regolamento. 98.- In altri termini, non sembra che, ove la Corte dovesse respingere il ricorso proposto dalla Commissione, la non applicazione del regolamento controverso nel breve periodoprecedente la decisione sul merito possa compromettere a pi� lungo termine la salvaguardiadella qualit� dell�aria ambiente nella zona interessata. 99.- Per contro, non possono essere sottovalutati la gravit� ed il carattere difficilmenteriparabile dei danni che potrebbero risultare dall�immediata entrata in vigore del divieto ditransito. Infatti, appare che, in considerazione della sua portata e del suo carattere unilaterale, tale divieto incida sensibilmente sul funzionamento e sulla solidit� economica e finanziaria di molte imprese comunitarie. 100.- Gli elementi di fatto dedotti, in particolare, dalle parti intervenienti comprovanol�effettivit� e la rilevanza delle ripercussioni economiche del divieto di transito per molteimprese di trasporto, in particolare per le imprese di ridotte dimensioni specializzate nel trasporto delle merci oggetto del divieto de quo. 101.- Tale pregiudizio non si esaurirebbe nella somma delle conseguenze pecuniarienegative per le singole imprese. � stata dimostrata in termini convincenti la sussistenza diun rischio rilevante che il divieto di transito possa causare la sparizione definitiva di varieimprese nonch� una modificazione strutturale e, in una determinata misura, irreversibiledelle condizioni di trasporto e dei flussi degli scambi di merci nella e attraverso la zona interessata. 102.- Ci� premesso, il rischio di un danno grave e irreparabile derivante dall�immediata applicazione del regolamento controverso dev�essere considerato sufficientemente dimostrato. 103.- Alla luce degli elementi di valutazione dedotti dinanzi al giudice del procedimento sommario, appare quindi necessario adottare i provvedimenti provvisori che consentiranno di preservare nella misura del possibile, a breve termine, gli interessi in gioco. Per tale RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO periodo dev�essere attribuito peso preminente agli interessi minacciati in modo pi� immediato e irreversibile, vale a dire agli interessi fatti valere dalla Commissione. 104.- Appare quindi opportuno prorogare per un periodo limitato l�ingiunzione gi�disposta nei confronti della Repubblica d�Austria di sospendere l�esecuzione del divieto ditransito settoriale oggetto del regolamento controverso. 105.- Tenuto conto, tuttavia, dell�effettivit� e della rilevanza dei problemi di qualit�dell�aria ambiente nella zona interessata, le parti sono invitate a procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure pi� idonee a conciliare, ancorch� provvisoriamente, icontrapposti interessi in gioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso. 106.- In difetto, le parti sono invitate a raccogliere tutte le informazioni pertinenti relative, in particolare, all�evoluzione della qualit� dell�aria ambiente nella zona interessata, all�incidenza stimata del divieto di transito notturno durante l�anno 2003 nonch� alle prospettive in materia di sviluppo del trasporto ferroviario o del trasporto su altri percorsi, e apresentare tali informazioni alla Corte, accompagnate dalle osservazioni ritenute utili, entroe non oltre il 6 febbraio 2004. 107.- Sulla base di tali nuove informazioni e osservazioni, il provvedimento dispostocon la presente ordinanza potr� essere prorogato, revocato o modificato. 108.- Alla luce dei suesposti elementi, appare giustificato prorogare sino al 30 aprile2004 il provvedimento provvisorio gi� disposto con la menzionata ordinanza 30 luglio 2003. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos� provvede: 1) La Repubblica d�Austria sospende l�esecuzione del divieto settoriale di transito dicui alla Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahnverkehrsbeschr�nkende Ma�nahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamentodel governatore regionale del Tirolo recante misure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 della valle dell�Inn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003, sino al 30aprile 2004. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 2 ottobre 2003�. Corte di Giustizia delle Comunit� europee, ordinanza 27 aprile 2004 nella causa C320/ 03 R - Commissione delle Comunit� europee, sostenuta da Repubblica federale di Germania e da Repubblica italiana (avv. dello Stato G. De Bellis) c/ Repubblica d�Austria � Pres. V. Skouris - Sospensione dell�esecuzione del divietosettoriale di transito contenuto nella Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mitder auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschr�nkende Ma�nahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recantemisure di limitazione del traffico sull�autostrada A 12 della valle dell�Inn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279). �1.- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 luglio 2003la Commissione delle Comunit� europee ha proposto, ai sensi dell�art. 226 CE, un ricorsodiretto a far dichiarare che la Repubblica d�Austria, istituendo il divieto di transito per gliautocarri che trasportano determinate merci contenuto nella Verordnung des Laundeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A12 Inntalautobahn verkehrsbeschr�nkendeMa�nahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot) [regolamento del governatore regionale del Tirolo recante misure di limitazione del traffico sull�autostrada A12 della valle IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni dell�Inn (divieto settoriale di transito)], del 27 maggio 2003 (BGBl. II, 2003/279; in prosieguo: il �regolamento controverso�), � venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forzadegli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all�accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunit� effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno opi� Stati membri (G.U. L. 95, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) delParlamento europeo e del Consiglio 1 marzo 2002, n. 484 (G.U. L. 76, pag. 1), degli artt. 1e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioniper l�ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Statomembro (G.U. L. 279, pag. 1), come modificato dal regolamento n. 484/2002, nonch� degliartt. 28 CE�30 CE. FATTI DELLA CONTROVERSIA 2.- Con atto separato, depositato presso la cancelleria della Corte il 25 luglio 2003, laCommissione ha presentato, ai sensi degli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di provvedimenti urgenti intesa ad ottenere che la Corte ingiunga alla Repubblica d�Austria di adottare le misure necessarie per sospendere l�esecuzione del divieto di transito istituito dalregolamento controverso finch� la Corte non abbia statuito sul ricorso principale. 3.- La Commissione ha chiesto anche, ai sensi dell�art. 84, n. 2, del regolamento di procedura, l�accoglimento in via cautelare della domanda di provvedimenti urgenti, ancorprima che la controparte presenti le proprie osservazioni, sino alla pronuncia dell�ordinanzaconclusiva del procedimento sommario. 4.- Con ordinanza 30 luglio 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-7929), � stato ingiunto alla Repubblica d�Austria, a titolo cautelativo, di sospendere l�esecuzione del divieto di transito contenuto nel regolamento controverso sino alla pronunciadell�ordinanza conclusiva del procedimento sommario. 5.- Con ordinanza 2 ottobre 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-0000), il provvedimento di sospensione dell�esecuzione del detto divieto di transito � statoprorogato sino al 30 aprile 2004. 6.- Con questa stessa ordinanza 2 ottobre 2003 � stato ammesso l�intervento nel presente procedimento sommario della Repubblica federale di Germania e della Repubblica italiana a sostegno delle conclusioni della Commissione. 7.- I punti 105-107 dell�ordinanza 2 ottobre 2003 sono formulati come segue: �105. Tenuto conto, tuttavia, dell�effettivit� e della rilevanza dei problemi di qualit�dell�aria ambiente nella zona interessata, le parti sono invitate a procedere ad una concertazione al fine di individuare le misure pi� idonee a conciliare, ancorch� provvisoriamente, icontrapposti interessi in gioco e a comunicare alla Corte ogni eventuale compromesso. 106. In difetto, le parti sono invitate a raccogliere tutte le informazioni pertinenti relative, in particolare, all�evoluzione della qualit� dell�aria ambiente nella zona interessata, all�incidenza stimata del divieto di transito notturno durante l�anno 2003 nonch� alle prospettive in materia di sviluppo del trasporto ferroviario o del trasporto su altri percorsi, e apresentare tali informazioni alla Corte, accompagnate dalle osservazioni ritenute utili, entroe non oltre il 6 febbraio 2004. 107. Sulla base di tali nuove informazioni e osservazioni, il provvedimento dispostocon la presente ordinanza potr� essere prorogato, revocato o modificato�. 8.- Il 4 febbraio 2004 la Repubblica d�Austria, d�accordo con le altre parti del presente procedimento, ha chiesto che il termine assegnato per presentare alla Corte tali osserva RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO zioni pertinenti fosse prorogato sino al 1� marzo 2004. A sostegno di tale domanda essa rilevava che una proroga del detto termine era auspicabile viste le concrete possibilit� di giungere ad una conciliazione degli interessi in gioco. Con decisione del presidente della Corte5 febbraio 2004 tale domanda � stata accolta. 9.- Tuttavia, poich� una siffatta concertazione non aveva portato ad un accordo entro ilnuovo termine all�uopo fissato, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica d�Austriae la Commissione, rispettivamente il 25 febbraio e il 1� marzo 2004, hanno sottoposto leloro osservazioni alla Corte. SULLA PROROGA DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE DELL�ESECUZIONE DEL REGOLAMENTO CONTROVERSO Osservazioni delle parti 10.- La Commissione rileva che tra le parti si sono tenute due riunioni, la prima il 14gennaio 2004 e la seconda il 17 febbraio successivo, durante le quali sono state esaminatediverse misure alternative al divieto settoriale di transito stabilito dal regolamento controverso ed aventi lo stesso obiettivo di quest�ultimo, senza tuttavia presentare carattere discriminatorio n� costituire un ostacolo altrettanto grave alla libera prestazione dei servizi di trasporto e alla libera circolazione delle merci. 11.- Essa rileva che alcune stime scientifiche effettuate dalla �koscience AG, con sedein Coire (Svizzera), rappresentata dal sig. J. Thudium, esperto in igiene dell�aria, che accompagnava la delegazione austriaca, hanno evidenziato che il divieto settoriale di transitopotrebbe comportare una riduzione degli agenti inquinanti che, per gli ossidi di azoto, oscillerebbe tra il 5% ed il 6% delle emissioni attuali, stime che la stessa non pone in dubbio. 12.- Con riferimento agli effetti di riduzione degli agenti inquinanti determinati damisure alternative al divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso, daqueste stesse stime risulterebbe che un divieto di transito per gli automezzi pesanti delleclassi EURO 0 e 1 darebbe luogo ad una riduzione del 2% degli ossidi d�azoto, un divietodi transito per gli automezzi pesanti della classe EURO 2 comporterebbe una riduzione dal6 al 7% e una limitazione della velocit� degli autoveicoli sul tratto interessato dal divieto ditransito, tramite l�installazione di un dispositivo di gestione del traffico, porterebbe ad unariduzione dei detti ossidi d�azoto che, in condizioni ideali, sarebbe dell�11%. I dati relativiagli effetti di un prolungamento dalle attuali 7 alle 12 ore al giorno del divieto di transitonotturno per gli automezzi pesanti non sarebbero ancora disponibili. 13.- Ne conseguirebbe che due almeno delle misure sopra citate avrebbero, prese separatamente, una maggiore efficacia del divieto settoriale di transito decretato dal regolamento controverso. Dato che tali misure alternative sono conformi al diritto comunitario, laCommissione ritiene che esse avvalorino la propria tesi secondo la quale tale divieto settoriale di transito � sproporzionato. 14.- Il governo austriaco sottolinea che misure che introducono un divieto di transito pergli automezzi pesanti hanno un�efficacia molto decrescente. Infatti, un divieto di transito per gliautomezzi pesanti delle classi EURO 0, 1 e 2 sull�autostrada della valle dell�Inn (autostrada A12) comporterebbe una riduzione degli ossidi di azoto dell�8,5% per il 2003 e del 6% per il 2004, e tale riduzione non supererebbe il 3,5% nel 2005. Nel corso di quest�ultimo anno, al pi� tardi, il divieto di transito dovrebbe essere rafforzato, estendendolo agli automezzi pesanti appartenenti alla classe EURO 3, per continuare a garantire un apprezzabile effetto di riduzione, anche seun simile divieto sarebbe difficilmente giustificabile sul piano della certezza del diritto. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 15.- Riguardo ad una limitazione di velocit� per gli autoveicoli circolanti sul tratto interessato dal divieto settoriale di transito decretato dal regolamento controverso, tale governorileva, basandosi su studi scientifici, che limitazioni di velocit� rigide, applicabili giorno enotte su lunghe distanze, a prescindere dallo stato del traffico, sono relativamente pocorispettate. Un dispositivo di gestione del traffico in funzione delle emissioni inquinanti consentirebbe di prevedere una maggiore osservanza dei limiti di velocit�, ma per la sua realizzazione occorrerebbe un certo periodo di tempo, cosicch�, anche se i lavori di costruzionedi un siffatto dispositivo potessero iniziare come previsto durante la prima met� del 2004, questo sistema non sarebbe probabilmente operativo prima del 2005. 16.- Il governo austriaco ne conclude che per il rispetto degli obiettivi in materia diqualit� dell�aria sia necessario istituire, oltre a un divieto di transito notturno, il divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso. Le misure alternative proposte dallaCommissione non sarebbero attualmente realizzabili o non avrebbero la stessa efficacia risultante dall�applicazione del detto divieto. 17.- Il governo tedesco ricorda che, con il regolamento (CE) del Parlamento europeo edel Consiglio 22 dicembre 2003, n. 2327, che istituisce per il 2004 un sistema provvisoriodi punti per gli automezzi pesanti che transitano attraverso l�Austria nell�ambito di una politica dei trasporti sostenibile (G.U. L 345, pag. 30), la Comunit� ha introdotto una nuovadisciplina del sistema di ecopunti a decorrere dal 1� gennaio 2004, la quale prevede condizioni pi� restrittive per i percorsi in transito attraverso l�Austria. Secondo lo stesso governo, quest�ultimo Stato membro non applica tale regolamento e non esaurisce quindi le misure di cui dispone per migliorare la protezione della popolazione e dell�ambiente. 18.- Il detto governo sottolinea le ripercussioni economiche negative e il danno spessoirreparabile che il divieto settoriale di transito previsto dal regolamento controverso causer� a numerose imprese di trasporto. Esso ritiene che la soluzione raccomandata dallaRepubblica d�Austria, che consiste nel trasferire su ferrovia i trasporti soggetti a tale divieto, vada incontro ad ostacoli molto maggiori di quanto tale Stato membro ammetta, a causain particolare di una carente potenzialit� del trasporto ferroviario e di difficolt� nel trasferire determinati trasporti su ferrovia. Giudizio 19.- Al punto 65 dell�ordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, � statoconstatato che la fondatezza del ricorso principale non pu� essere totalmente esclusa, ancorch� gli argomenti dedotti dalla Repubblica d�Austria a propria difesa non possanoessere negati. Con riferimento al punto 102 della stessa ordinanza, esso enuncia che ilrischio di un danno grave e difficilmente riparabile derivante dall�immediata applicazionedel regolamento controverso dev�essere considerato sufficientemente dimostrato. Pertantoin detta ordinanza � stato deciso di prorogare per un periodo limitato, sino al 30 aprile2004, l�ingiunzione effettuata al detto Stato membro di sospendere l�esecuzione del divieto settoriale di transito stabilito da tale regolamento. L�obiettivo di tale provvedimentosospensivo era quello, in particolare, di consentire alle parti di procedere ad una concertazione al fine di prevedere misure idonee a conciliare, anche se provvisoriamente, i contrapposti interessi in gioco. 20.- Le osservazioni sottoposte alla Corte dalle parti del presente procedimento a seguito del fallimento delle negoziazioni svoltesi a tal fine non rimettono in discussione la fondatezza di detta ordinanza n� le conclusioni cui il giudice del procedimento sommario �giunto al riguardo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 21.- Infatti, il regolamento controverso stabilisce un divieto di transito permanente pergli automezzi pesanti con peso massimo autorizzato superiore a 7,5 tonnellate che trasportano merci, specificamente elencate, su un tratto autostradale di 46 km appartenente ad unadelle principali vie di comunicazione terrestri per gli scambi tra l�Europa settentrionale e ilnord Italia, mentre, da un lato, l�aggiramento della regione interessata va incontro ad altrilimiti di circolazione e, dall�altro, le osservazioni del governo austriaco non hanno potutodissipare i dubbi sull�eventuale carattere indirettamente discriminatorio di tale ostacolo allelibert� di circolazione previste dal Trattato CE. 22.- Il governo austriaco fa riferimento alla nozione di �merci compatibili con il trasporto ferroviario� (�bahnaffine G�ter�) per giustificare la scelta delle merci consideratedal regolamento controverso. Tale scelta non � stata pertanto effettuata in funzione di un particolare contributo delle merci interessate al superamento dei valori limite delle emissioninocive, ma in base alla presunta attitudine di tali merci ad un trasporto ferroviario. Orbene, poich� la decisione di optare per il trasporto ferroviario di una determinata merce dipendespesso non tanto dalla natura di quest�ultima quanto da altri criteri, quali il tragitto da percorrere, la durata del trasporto e i costi che ne derivano, non si pu� escludere che tale criterio non possa giustificare la scelta effettuata. Il fatto che l�art. 3 del detto regolamento elenchi merci molto diverse, quali rifiuti, cereali, legname in tondelli, scorze e sughero, minerali ferrosi e non ferrosi, pietrame, terra e materiale di sterro, autoveicoli e rimorchi, nonch�acciaio da costruzione, ha piuttosto l�effetto di rafforzare i dubbi che sussistono al riguardo. 23.- Inoltre, le osservazioni sottoposte alla Corte in conformit� al punto 106 dell�ordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, mostrano che esistono diverse misurealternative che consentono di giungere ad una sostanziale riduzione delle emissioni nocive. � certamente vero che alcune di queste diverse misure perderanno parte della loro efficacianel corso degli anni, in particolare il divieto di transito per gli automezzi pesanti delle classiEURO 0,1 e 2 a seguito della sostituzione progressiva di tali veicoli con automezzi pesantipi� moderni. Tuttavia il presente procedimento sommario riguarda il futuro immediato, valea dire il periodo che trascorrer� sin quando la Corte avr� statuito sul ricorso principale. 24.- Le parti esprimono opinioni divergenti sulla questione se queste diverse misurepossano sostituire il divieto settoriale di transito stabilito dal regolamento controverso o sesoltanto la combinazione di tale divieto con le dette misure consentir� di pervenire al gradodi riduzione delle emissioni nocive ritenuto indispensabile. Al riguardo sembrerebbe che, anche supponendo che una siffatta combinazione sia necessaria, nondimeno le altre misurepotrebbero produrre un effetto riduttivo di tali emissioni. Pertanto, nelle due fattispecie, risulta rafforzato il peso degli interessi che depongono a favore di una proroga della sospensione dell�esecuzione del regolamento controverso disposta con l�ordinanza 30 luglio 2003, Commissione/Austria, citata. 25.- Con riserva di quanto precede, le informazioni fornite alla Corte in osservanza del- l�ordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, non hanno rivelato elementi nuovitali da condurre il giudice del procedimento sommario, in questa fase del procedimento, adun risultato del bilanciamento degli interessi in gioco differente da quello sul cui fondamento la detta ordinanza � stata emanata. 26.- Alla luce di quanto esposto e in assenza di un accordo tra le parti riguardo le misure idonee a conciliare, ancorch� provvisoriamente, i contrapposti interessi in gioco al fine dipervenire ad un compromesso, si deve decidere che il provvedimento di sospensione dell�esecuzione disposto con l�ordinanza 30 luglio 2003, Commissione/Austria, citata, mantenuto in vigore con l�ordinanza 2 ottobre 2003, Commissione/Austria, citata, sino al 30 aprile IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -Le decisioni 2004, � prorogato a partire da quest�ultima data sino a quando la Corte non abbia statuitosul ricorso principale. Per questi motivi, il Presidente della Corte cos� provvede: 1) Il provvedimento di sospensione dell�esecuzione disposto con l�ordinanza 30 luglio2003, Commissione/Austria (causa C-320/03 R), e mantenuto in vigore con l�ordinanza 2ottobre 2003, Commissione/Austria, � prorogato sino a quando la Corte non abbia statuitosul ricorso principale. 2) Le spese sono riservate. Lussemburgo, 27 aprile 2004�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I GIUDIZI IN CORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA CE Causa C-82/06 � (Commissione europea c/ Repubblica italiana) � Ricorso notificato il 2 marzo 2006 (ct.10020/06, avv. dello Stato G. Fiengo). IL RICORSO �La Commissione ha richiesto alla Corte di: � constatare che la Repubblica italiana, non avendo elaborato n� comunicatoun piano di gestione dei rifiuti, conformemente all�art 7, paragrafo 1della direttiva 75/442/CEE, modificata, per la provincia di Rimini; un piano di gestione dei rifiuti comprendente i luoghi o impianti adattiper lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi, conformemente all�articolo 7, paragrafo 1, quarto trattino, della direttiva 75/442/CEE, modificataper la Regione Lazio, un piano di gestione dei rifiuti, conformemente all�articolo 6 della direttiva 91/689/CEE per le Regioni Friuli Venezia Giulia e Puglia e per laProvincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige, nonch� per la provincia diRimini; � venuta meno agli obblighi imposti dall�art. 7, paragrafo 1 della direttiva 75/4442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE eall�articolo 6 della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi. � condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese di giudizio�. IL CONTRORICORSO �La Repubblica italiana si pregia di esporre alla Corte le seguenti considerazioni a sostegno del proprio controricorso. A giudizio della Commissione, la Repubblica italiana sarebbe venutameno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto comunitario, giacch� non avrebbe provveduto a elaborare e comunicare alcuni piani di gestione dei rifiuti � nella specie il piano di gestione dei rifiuti per la Provincia diRimini e per la Regione Lazio, nonch� dei rifiuti pericolosi per le RegioniFriuli Venezia-Giulia e Puglia, per la Provincia autonoma di Bolzano Alto- Adige e per la provincia di Rimini � in conformit� a quanto previsto rispettivamente dagli art. 7 della Direttiva Rifiuti, modificata e dall�art. 6 dellaDirettiva Rifiuti pericolosi. In particolare, l�art. 7 della Direttiva 75/442/CEE il cui fine � garantirela protezione della salute umana e dell�ambiente contro gli effetti nocividella raccolta, del trasporto, del trattamento, dell�ammasso e del deposito deirifiuti, come modificata stabilisce: IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 137 1. Per realizzare gli obiettivi previsti negli art. 3, 4 e 5 la o le autorit�competenti di cui all�articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o pi�piani di gestione dei rifiuti che contemplino fra l�altro: � tipo, qualit� e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire; � requisiti tecnici generali; � tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare; � i luoghi od impianti adatti per lo smaltimento. Tali piani potranno riguardare ad esempio: � le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione deirifiuti; � la stima dei costi delle operazioni di recupero o smaltimento; � le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti. 2. Eventualmente, gli Stati membri collaborano con gli altri Stati membri interessati e la Commissione per l�elaborazione dei piani. Essi li trasmettono alla Commissione. 3. Gli Stati membri hanno la facolt� di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri. L�art. 6 della Direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi, il cui scopo � digarantire che lo smaltimento dei rifiuti pericolosi sia sottoposto al massimocontrollo possibile, dispone: 1.Conformemente all�articolo 7 della direttiva 75/442/CEE, le autorit�competenti elaborano, separatamente o nell�ambito dei propri piani generali di gestione dei rifiuti pericolosi e le rendono pubblici. 2. La Commissione procede ad una valutazione comparativa dei pianisuddetti, in particolare per quanto riguarda i metodi di smaltimento e direcupero. La Commissione tiene queste informazioni a disposizione delleautorit� competenti degli Stati membri che ne fanno richiesta. Ad avviso della Commissione, la normativa de qua, tra gli innumerevoli obblighi che impongono agli Stati membri farebbe sorgere accanto al pi�evidente obbligo di elaborare dei piani di gestione dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi, anche un obbligo di comunicazione della documentazione alla medesima autorit�. La Corte di Giustizia ha aderito a tale interpretazione sancendo che lamancata comunicazione alla Commissione delle informazioni relative aipiani di gestione e di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi implicauna violazione agli obblighi incombenti sullo Stato membro, in forza degliartt. 7 della Direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CE modificata, e6 della Direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 96/689/CEE (C-466/99). Nel caso di specie, la ricorrente lamenta non solo la mancata notificazione dei piani, ma la loro stessa elaborazione da parte delle autorit� a ci� deputate; occorre, perci�, verificare se effettivamente le Amministrazioni sopraindicate non abbiano provveduto ad uniformarsi alla normativa comunitariain materia di gestione di rifiuti e di rifiuti pericolosi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Per ci� che concerne la Regione Friuli Venezia-Giulia, in data 29 marzo2006, la citata Amministrazione ha trasmesso il �Piano regionale di gestione dei rifiuti � sezione rifiuti speciali non pericolosi, rifiuti speciali pericolosi, nonch� rifiuti urbani pericolosi� (allegato. 1), approvato con Deliberadella Giunta Regionale della Regione Autonoma Friuli Venezia-Giulia del 28marzo 2006, n. 610. L�amministrazione ha quindi provveduto ad adeguarsi alla normativacomunitaria, se pur dopo la data di scadenza del termine fissato nel pareremotivato (13 settembre 2005). Non vi � dubbio che vi sia stato un ritardo nel- l�adempimento dell�obbligo comunitario, ma tale ritardo pu� essere temperato compiendo alcune considerazioni. In primo luogo l�elaborazione di un piano di gestione dei rifiuti si presenta come una operazione tecnicamente complessa ed articolata, che non siconclude agevolmente nell�arco di un tempo cos� breve. Inoltre, dalla lettura del documento allegato, si evince che una volta informatal�Amministrazione dell�atto formale di costituzione in mora da parte dellaCommissione, la medesima ha immediatamente attivato la procedura di predisposizione del Piano regionale, rendendo cos� incontrovertibilmente chiara la sua volont� di rispondere in maniera efficiente ed esaustiva al monitoproveniente dalla Comunit� Europea. A riguardo della Provincia Autonoma di Bolzano, dalla documentazionefornita dalla citata Amministrazione, risulta che la medesima abbia provveduto a trasmettere la �Proposta del piano provinciale per la gestione dei rifiuti pericolosi� approvata con Delibera della Giunta Provinciale dellaProvincia Autonoma di Bolzano � Alto Adige del 16 gennaio 2006, n. 95(allegato 2). Il documento allegato si configura come Piano Provinciale deirifiuti pericolosi mirante a dare attuazione alle disposizioni comunitarie citate; il piano fornisce sia un quadro aggiornato ed esaustivo della situazioneregionale sotto il profilo della produzione dei rifiuti pericolosi, sia degliimpianti autorizzati alle attivit� di smaltimento e recupero sul territorio provinciale. Anche in questo caso l�adozione � avvenuta dopo la scadenza del termine concesso dalla Commissione, ma � ancorch� evidente che ad oggi nonpersiste pi� l�inadempimento agli obblighi comunitari e che dunque nonpossa essere accolta la contestazione della Commissione. Per ci� che concerne la Provincia di Rimini, la citata Amministrazioneha trasmesso la delibera del Consiglio Provinciale del 14 dicembre 2004, n. 86 con la quale � stato adottato il nuovo �Piano Provinciale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali� (allegato 3), che verr� approvato entro il corrente anno e sostituir� il vigente �Piano infraregionale per lo smaltimento deirifiuti urbani e speciali del bacino di Rimini�. Tale piano, approvato dallaRegione Emilia-Romagna con Delibera n. 2009 del 30 luglio 1996 e quindiprima dell�adozione del D.Lgs. 22/1997 attuativo delle Direttiva Rifiuti eRifiuti pericolosi, contiene comunque gli elementi salienti di cui alle direttive 75/442/CEE e 91/689/CEE, ivi comprese disposizioni relative ad alcunetipologie di rifiuti pericolosi ed � stato integrato nel corso degli ultimi anni IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 139 attraverso tre Delibere di Consiglio Provinciale, al fine di adeguarsi alledirettive in materia di imballaggio, rifiuti di imballaggio e di apparecchiature contenenti PCB/PCT. Orbene, poich� la �proposta di piano� non � stata ancora approvata, l�accertamento dell�inadempimento nel caso specifico deve essere valutato inrelazione al piano attualmente in vigore. Allora � chiaro che, di inadempimento si potr� parlare, laddove si accerti o che sia mancata notificazione delpredetto piano e dei suoi successivi aggiornamenti e /o sia da ritenere incompleto alla luce delle prescrizioni sancite dalle Direttive comunitarie, ma �incontestabile che l�elaborazione del medesimo sia avvenuta e che laCommissione abbia il dovere tenerne conto. Per ci� che concerne gli adempimenti messi in atto dalla Regione Lazio, la Direzione Regionale Attivit� della Presidenza ha comunicato, con nota n. 43870 del 31 marzo 2006, che la citata regione ha gi� ottemperato a tutti gliobblighi scaturenti dalla direttiva attraverso l�adozione di tre diversi strumenti pianificatori gi� consegnati a suo tempo alla Commissione europea inparticolare: a) piano di gestione dei Rifiuti della regione Lazio, approvato il 10luglio con deliberazione n. 112 del Consiglio regionale; b) piano degli interventi emergenza per l�intero territorio del Lazio, approvato il 15 luglio 2003, con decreto n. 65 del Commissario delegato perl�emergenza ambientale nel territorio della Regione Lazio; c) piano d�individuazione dei siti ritenuti idonei ad ospitare impianti ditermovalorizzazione, approvato il 20 settembre 2003, con decreto n. 75 delCommissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio dellaRegione Lazio. In questa sede, al fine di chiarire eventuali equivoci, dato che la letturaintegrata dell�insieme dei documenti pu� presentarsi complessa, l�Amministrazione citata ha ritenuto opportuno evidenziare sinteticamente idati che possono interessare la Commissione europea, vale a dire i dati concernenti �luoghi o impianti adatti per lo smaltimento� come testualmenterecita il quarto trattino, paragrafo 1, dell�art. 7 della direttiva 757442/CEE, modificata (allegato 4). Dalla lettura del documento allegato e degli atti sopra indicati adottatidalla Regione Lazio, emerge chiaramente che alcuna contestazione pu� essere mossa alla citata Amministrazione, la quale ha provveduto ad individuarel�impiantistica idonea e necessaria a chiudere la corretta gestione del ciclodei rifiuti, secondo le precise indicazioni dettate in sede comunitaria. Infine, a riguardo della Regione Puglia, l�Assessorato all�Ecologiadell�Amministrazione Regionale ha comunicato di aver avviato un percorsoper rispondere appieno alle esigenze di pianificazione in materia di rifiutipericolosi. In particolare, la Amministrazione ricorda che una parte della pianificazione in materia di rifiuti pericolosi � stata elaborata con la definizionedel piano di gestione del PCP (D.G.R. 804/04); poi ulteriormente implementato con il Decreto del Commissario Delegato n. 187/CD/2005 contenente, tra l�altro, i criteri per l�utilizzazione degli impianti di trattamento/smalti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mento dei rifiuti speciali operanti in Puglia, nonch� disposizioni specificheper il corretto smaltimento dei rifiuti di amianto legato in matrice cementizia o resinoide (allegato 5). La Regione, infine, ha dichiarato che � stata assicurata la coperturafinanziaria per la redazione del Piano e che il percorso � che porter� ad unincrocio puntuale dei dati di produzione dei rifiuti speciali e speciali pericolosi con le disponibilit� impiantistiche per il recupero ed il trattamento /smaltimento di tali rifiuti e con la conclusiva individuazione degli ulteriori fabbisogni articolati su base provinciale � verr� concluso entro l�anno. Anche in tal caso, quindi, non pare condivisibile la contestazione mossadalla Commissione, giacch� non si tratterebbe della mancata elaborazionedello strumento di pianificazione, ma al pi� della sua incompletezza ancorch� destinata ad essere definitivamente superata in breve tempo. A questo punto, appare chiaro che la situazione italiana in ordine all�adeguamento agli obiettivi imposti dall�art. 7 della Direttiva 75/442/CEE edall�art. 6 della Direttiva 91/689/CEE (attuati in Italia dall�art. 22 delDecreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) non si rispecchia fedelmente nelquadro rappresentato dalla Commissione Europea. Allo stato degli atti, in effetti, sia la Regione Autonoma Friuli Venezia- Giulia che la Provincia Autonoma di Bolzano Alto-Adige, hanno provvedutoa trasmettere i Piani di gestione mancanti, se pur dopo la scadenza del termineimposto dalla Commissione; per ci� che concerne la Regione Lazio, alla lucedella documentazione fornita, si ritiene che abbia gi� correttamente adempiuto agli obblighi imposti in materia dal diritto comunitario; mentre pi� problematica appare la posizione della Provincia di Rimini e della Regione Puglia. In materia di gestione di rifiuti, entrambe le suddette Amministrazionisono in procinto di approvare Piani di gestione destinati a sostituire (nel casodella Provincia di Rimini) o a completare (nel caso della Regione Puglia) quelli attualmente vigenti, che a quanto risulta dai dati trasmessi, contengono comunque gli elementi salienti richiesti dalle Direttive. La censura mossadalla Commissione in relazione alle suddette Amministrazioni, se pur fondata dovrebbe limitarsi per�, alla mancata comunicazione degli strumenti pianificatori attualmente in vigore e/o la loro eventuale incompletezza sotto unprofilo contenutistico, nelle more dell�approvazione dei nuovi Piani. Tanto premesso si chiede che la Commissione voglia valutare l�opportunit� di rinunciare al ricorso, in considerazione delle attivit� poste in esserenella Repubblica Italiana per la dare adempimento agli obblighi impostidalle direttive citate e della rilevante probabilit�, che prima della definizionedella causa, i relativi processi di adeguamento siano sostanzialmente e formalmente conclusi. Roma, 21 aprile 2006 � Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo�. LA CONTROREPLICA PER LA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano desidera esporre alla Corte di Giustizia alcune considerazioni in merito alla replica presentata dalla Commissione europea concernente la presente causa. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 141 1.� Nel controricorso infatti, dopo aver esposto lo stato degli atti e dimostrato il progressivo sostanziale adeguamento dell�ordinamento nazionale aquanto disposto dagli articoli 7, paragrafo 1 della direttiva 75/442/CEE e 6della direttiva 91/689/CEE, il Governo italiano richiedeva alla Commissionedi valutare l�opportunit� di rinunciare al ricorso, sia pure con condanna delloStato italiano alle spese processuali, atteso il ritardo nel dar corso agli obblighi di cui si discute. 2.� La replica della Commissione non sembra lasciare alcuno spazio atale ipotesi e, con un metodo ricorrente nel contenzioso con la RepubblicaItaliana, utilizza le ammissioni ragionevolmente contenute nell�atto di difesa, come argomenti di accusa. Nulla questio sul metodo, se non che costringe controparte ad adottare tutte le argomentazioni possibili per evitare un�inutile condanna. E valgano al riguardo le seguenti considerazioni. 3.� L�articolo 7 paragrafo 1 della direttiva 75/442/CEE, richiamata alriguardo anche dall�articolo 6 della direttiva 91/689/CEE testualmentedispone: �Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5 la o leautorit� competenti di cui all�articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o pi� piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra l�altro: � tipo, quantit� e origine dei rifiuti da ricuperare o da smaltire; � requisiti tecnici generali; � tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare; � i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento. Tali piani potranno riguardare ad esempio: � le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione deirifiuti, � la stima dei costi delle operazioni di ricupero e di smaltimento, � le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti�. 4.� Il dato testuale della direttiva sembra limitarsi ad imporre la sola elaborazione di un piano, non richiedendo alcuna definitivit� all�atto di programmazione. � evidente d�altronde che anche un piano adottato e nonapprovato (� questa la terminologia che usano in Italia i cultori del dirittoamministrativo) ha effetti relativamente vincolanti, dal momento che tutte leiniziative pubbliche e private che concernono lo smaltimento dei rifiutidevono necessariamente rapportarsi, almeno quanto a coerenza e compatibilit�, con la pianificazione in itinere. L�approvazione definitiva condizionasoprattutto l�attuazione del piano e la possibilit� per i soggetti pubblici di darcorso alla spesa. Sotto questo profilo la situazione descritta nel controricorso, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, dimostra l�insussistenza di uninadempimento. 5.� N� appare fondata la tesi, espressa dalla stessa Commissione in ordine alla mancata indicazione dei luoghi di smaltimento. Indicare criteri specifici per l�individuazione dei luoghi � tecnica di pianificazione che conducead analogo risultato richiesto dalla direttiva, con il pregio di evitare l�appesantimento dell�iter procedurale di elaborazione del piano con scelte concre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO te di terreni e siti (quindi di interessi) rimessi alle autorit� che gestiscono leprocedure autorizzative. 6.� Quanto infine all�idea, formulata dalla Commissione in relazione alpiano della provincia di Rimini secondo cui un piano redatto in attuazionedella direttiva 75/442/CEE non sarebbe idoneo a risolvere i problemi cui fafronte la successiva direttiva 91/689/CEE, si tratta di una petizione di principio del tutto indimostrata. 7.� In realt� nella presente controversia si assiste ad una vicenda processuale molto singolare. La questione dell�inadempimento italiano alle direttive sui rifiuti che impongono l�elaborazione di piani � stata impostata e giustamente condotta avanti dalla Commissione sul piano formale del ritardonell�elaborazione e sulla mancata comunicazione dei piani. Sennonch� una volta che il Governo Italiano, in sede di controricorso, hadepositato in giudizio gli atti della cui mancanza si lamentava laCommissione, il giudizio dovrebbe terminare ed ogni questione in ordinealla valenza sostanziale degli atti dovrebbe essere semmai oggetto di nuovaed autonoma procedura d�inflazione. Solo cos� i diritti di difesa dellaRepubblica Italiana si potrebbero considerare pienamente rispettati. Al contrario nella replica la Commissione solleva inammissibilmente questioni (diinadempimento sostanziale) sulle quali non ha avuto corso nessuna necessaria propedeutica procedura di contestazione. Conseguentemente insiste affinch� il ricorso ex adverso proposto siadichiarato inammissibile o comunque infondato. Roma 5 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo� C-116/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Direttiva 76/207/CE � Parit� di trattamento � Discriminazione indiretta � Direttiva92/85/CEE � Protezione delle lavoratrici gestanti � Ordinanza dellaTampereen K�r�j�oikeus (Finlandia) del 24 febbraio 2006, notificatal�11 maggio 2006 (cs. 20415/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1.� Se sussista una discriminazione diretta o indiretta, contraria all�art. 2della direttiva 76/207/CE sulla parit� di trattamento come modificata dalladirettiva 2002/73, qualora un datore di lavoro rifiuti di cambiare la data delcongedo parentale per l�educazione dei figli accordato ad una lavoratrice o disospenderlo a causa di una nuova gravidanza di cui la lavoratrice � venuta aconoscenza prima dell�inizio del congedo parentale, poggiando sull�interpretazione consolidata di disposizioni nazionali a norma delle quali una nuovagravidanza non � in linea generale un motivo imprevedibile e giustificato sullacui base possono essere cambiate la data e la durata del congedo parentale. 2.� Se un datore di lavoro possa giustificare la sua condotta, che �descritta al punto 1) e costituisce eventualmente una discriminazione indiretta, in modo sufficiente con riferimento alla menzionata direttiva, nel sensoche la modifica dell�organizzazione del lavoro degli insegnanti e la continui IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 143 t� dell�insegnamento implicherebbe i problemi abituali, ma non seri impedimenti o che il datore di lavoro dovrebbe a norma delle disposizioni nazionali indennizzare la perdita di salario causata al supplente dell�insegnante chesi trovi in congedo parentale se l�insegnante gi� in congedo parentale ritornasse al proprio lavoro durante il medesimo. 3.� Se sia applicabile la direttiva 92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti e di altre determinate lavoratrici e, in caso di applicabilit�della suddetta direttiva, se la condotta del datore di lavoro descritta al punto1) contrasti con gli artt. 8 e 11 di codesta direttiva allorch� la lavoratrice, proseguendo il suo congedo parentale, perda la possibilit� di fruire dei beneficisalariali del congedo di maternit� fondati sul rapporto di servizio. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta negativa, atteso che, ai sensi della legislazione finlandese di settore, del contrattocollettivo applicabile nel caso di specie e dell�interpretazione giurisprudenziale offerta in materia, una nuova gravidanza della lavoratrice non costituisce motivo imprevedibile e giustificato, tale da modificare le possibilit� pratiche di occuparsi della prole, al punto che l�interessata ne sia impedita perlungo tempo, condizione richiesta per poter revocare l�istanza di congedoparentale al fine di ottenere un�anticipazione del rientro al lavoro. Occorre osservare che la ricorrente del giudizio a quo ha motivato la suarichiesta di modifica del congedo parentale, gi� ottenuto per il periodo 11agosto 2004 � 4 giugno 2005, in relazione al fatto che aveva scoperto di trovarsi nuovamente in stato di gravidanza e che avrebbe preferito continuarelo svolgimento dell�attivit� lavorativa fino al momento in cui sarebbe dovuta entrare in congedo di maternit�, ai sensi della legislazione finlandesevigente. Inoltre, la ricorrente aveva rappresentato al datore di lavoro l�intenzione di sostituire il suo periodo di congedo parentale con un corrispondente periodo che avrebbe potuto essere fruito dal coniuge, al fine di consentirle di ottenere, a tempo debito, il congedo di maternit�. Tuttavia, la nuova gravidanza non costituisce un motivo tale da giustificare la revoca del congedo parentale gi� concesso alla lavoratrice. Infatti, ai sensidella normativa applicabile al caso in esame, le ragioni che possono consentire una tale modifica attengono tutte ad un cambiamento imprevisto ed essenziale quanto alle possibilit� pratiche di occuparsi del figlio gi� nato (come unamalattia grave o la morte del figlio o di un genitore ovvero il divorzio). Al contrario, non sono considerate ragioni sufficienti il trasloco in un altro comune, l�inizio di un nuovo rapporto di lavoro o una nuova gravidanza. Ci� considerato, deve ritenersi che non si sia configurata nei confrontidella lavoratrice alcuna forma di discriminazione, n� diretta n� indiretta, aisensi dell�art. 2, n. 2 della direttiva 76/207, come modificata dalla direttiva2002/73, quanto alla possibilit� di fruire, a tempo debito, del congedo dimaternit�, per il fatto di trovarsi gi� in congedo parentale. Infatti, i due tipi di congedo trovano giustificazione in esigenze diverse: quello parentale, nella necessit� di prendersi cura della prole gi� nata; il con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO gedo di maternit�, nella necessit� di non imporre alla gestante lo svolgimento dell�attivit� lavorativa nell�imminenza del parto, a causa delle particolaricondizioni psicofisiche in cui essa si trova. Ci� premesso, deve ritenersi che ciascuna misura di favore per la lavoratrice risulta essere indipendente dall�altra e che il congedo parentale gi�concesso pu� essere modificato solo da circostanze giustificate rispetto allefinalit� della misura stessa. Pertanto, nessuna forma di discriminazione, neppure indiretta, pu� essere ravvisata nel caso di specie, posto che lo stato di gravidanza, nel momento in cui la lavoratrice aveva richiesto la revoca del congedo parentale, nonmodificava n� faceva venire meno le esigenze di cura ed educazione delfiglio gi� nato, che costituiscono presupposto del congedo stesso; inoltre, inquello stesso momento, la possibilit� di chiedere il congedo di maternit� rappresentava un�ipotesi ancora futura ed eventuale. N� giova qui richiamare la giurisprudenza Busch (sentenza 27 febbraio2003, causa C-320/01), dalla quale si pu� al pi� ricavare che lo stato di gravidanza della lavoratrice risulta irrilevante ai fini della concessione o dellarevoca del congedo parentale. Infatti, in tal caso, codesta Corte di Giustiziaha precisato che il principio di parit� di trattamento sul luogo di lavoro esclude che lo stato di gravidanza sia un fatto tale da incidere sulla possibilit� perla lavoratrice di essere reintegrata nel posto di lavoro prima della scadenzadel congedo parentale, qualora vi sia stato l�assenso del datore di lavoro per tale rientro anticipato, senza che lo stesso fosse consapevole della nuovagravidanza della lavoratrice. Codesta Corte ha in proposito escluso che vifosse un obbligo di quest�ultima di informare il datore di lavoro del suonuovo stato di gravidanza. Da tale principio non pu� per� discendere la preclusione per il datore dilavoro di negare il predetto consenso al rientro anticipato al lavoro per ragioniorganizzative, del tutto a prescindere dal motivo che ha determinato la richiesta di interruzione del congedo parentale e cio� il nuovo stato di gravidanza. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene di dover darerisposta positiva, in quanto il datore di lavoro pu� giustificare la sua condotta sia in ragione delle difficolt� organizzative che comporterebbe il rientroanticipato del lavoratore dal congedo parentale programmato, sia, soprattutto, con riguardo alla necessit� per lo stesso datore di lavoro di dover indennizzare la perdita di salario causata al sostituto del lavoratore che si trovi in congedo parentale, qualora questi ritorni al lavoro nel corso dello stesso congedo. Deve osservarsi che, quand�anche dovessero permanere dubbi in ordineall�esistenza di una discriminazione indiretta, ai sensi dell�art. 2, n. 2 delladirettiva 76/207, tuttavia, nel caso di specie, appare ravvisarsi quella �finalit� legittima� ed il ricorso a �mezzi appropriati e necessari�, tali da escludereche un�ipotetica situazione di svantaggio per la lavoratrice costituisca indirettamente una forma di discriminazione. Infatti, la tutela della lavoratrice vacomunque contemperata con le esigenze organizzative del datore di lavoro econ i diritti del lavoratore che sostituisce quello in congedo parentale. Sottoil primo profilo, il datore di lavoro ha evidenziato le difficolt� organizzative IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 145 che sarebbero derivate dal prematuro rientro della lavoratrice dal congedoparentale atteso che la carenza di qualificazione del supplente aveva comportato una ridistribuzione del lavoro tra gli altri professori che sarebbe statanuovamente messa in discussione dal rientro della lavoratrice, con pregiudizio anche dell�interesse degli studenti alla continuit� ed uniformit� dell�insegnamento. In secondo luogo, deve rammentarsi che, se si fosse sospeso il congedoparentale della lavoratrice, il supplente gi� nominato si sarebbe trovato disoccupato pochi mesi dopo aver assunto l�incarico. In tal caso, qualora quest�ultimo avesse impugnato la cessazione delle sue funzioni, ne sarebbero potutiderivare al datore di lavoro danni di entit� pari al salario dovuto allo stesso, inquanto, ai sensi della normativa finlandese applicabile, lo stesso datore di lavoro avrebbe potuto porre termine ad una supplenza soltanto nel caso in cui ildipendente titolare avesse il diritto incondizionato di tornare al lavoro. Quest�ultima condizione non appare rispettata nel caso di specie, postoche una nuova gravidanza della lavoratrice non viene considerata qualecausa legittima di sospensione del congedo parentale, in base alla disciplinanazionale applicabile, secondo le considerazioni in precedenza esposte. Con riguardo al terzo quesito, il Governo italiano ritiene di dover rispondere nel senso di ritenere applicabile alla fattispecie de qua la direttiva92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti, ma di dover escludereche, nel caso in esame, la condotta del datore di lavoro contrasti con gli artt. 8 e 11 della predetta direttiva sia per quanto concerne la tutela della salutedella lavoratrice gestante, sia per quanto riguarda la tutela dei benefici patrimoniali spettanti alla lavoratrice nel periodo in cui essa avrebbe potuto chiedere il congedo di maternit�, in quanto la stessa lavoratrice ha fruito deilivelli minimi di tutela garantiti dall�art. 11, n. 2 lett. b) e n. 3 della predettadirettiva. Innanzitutto, deve ritenersi applicabile al caso di specie la direttiva92/85, concernente l�attuazione delle misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle gestanti, posto che ladirettiva 76/207, come modificata dalla direttiva 2002/73 sulla parit� di trattamento sul luogo di lavoro, all�art. 2, n. 7, comma 4, lascia impregiudicatele disposizioni della predetta direttiva 92/85. Deve, peraltro, escludersi che, nel caso di specie, la condotta del datoredi lavoro abbia determinato un contrasto con gli artt. 8 e 11 dell�ultima direttiva citata. In primo luogo, non si � determinato un contrasto con l�art. 8, il qualeprevede che la lavoratrice possa disporre di un periodo facoltativo di congedo di maternit� (di almeno quattordici settimane ininterrotte) e debbacomunque disporre di un periodo obbligatorio (di almeno due settimane). Infatti, la finalit� perseguita dalla norma in esame � quella di evitare che lalavoratrice sia tenuta a svolgere attivit� lavorativa nell�imminenza del parto, a causa delle delicate condizioni psicofisiche che la maternit� comporta. Tale finalit� non � stata vanificata nel caso de quo, posto che la lavoratrice gi� si trovava in congedo parentale, dunque in una situazione di asten RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO sione dall�attivit� lavorativa, pertanto, nessun pregiudizio poteva in concreto verificarsi per le sue condizioni di salute a cagione della mancata concessione del congedo di maternit�. In secondo luogo, non pu� ravvisarsi contrasto alcuno neppure con l�art. 11 della citata direttiva, sotto il profilo dei danni patrimoniali lamentati dallaricorrente. In proposito, l�art. 11, n. 2 e 3 stabilisce che: �nel caso contemplatoall�art. 8, devono essere garantiti: a) i diritti connessi con il contratto dilavoro delle lavoratrici di cui all�art. 2 (n.d.r. gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), diversi da quelli specificati nella lettera b) del presente punto; b) il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un�indennit� adeguata alle lavoratrici di cui all�art. 2; 3) l�indennit� di cui al punto2), lettera b) � ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti aquelli che la lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione dellesue attivit� per motivi connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali�. Ci� premesso, deve osservarsi che, sebbene la mancata sospensione delcongedo parentale abbia impedito alla ricorrente di usufruire del congedo dimaternit� e di tutti i benefici salariali a questo connessi, fondati sul rapporto diservizio, tuttavia, non si � verificata alcuna violazione della direttiva sul punto. Infatti, conformemente a quanto disposto dall�art. 11, n. 2, lett. b) e n. 3della citata direttiva, la ricorrente ha percepito, per il periodo 29 dicembre2004 � 18 maggio 2005, quindi ben prima del tempo prescritto per l�iniziodel congedo di maternit� (fissato per il 19 febbraio 2005), l�indennit� dimalattia, oltre ad un aiuto per l�assistenza a domicilio, nonch�, per il periodo in cui avrebbe dovuto fruire del congedo di maternit� (19 febbraio 2005 � 18 maggio 2005), l�indennit� di maternit� e per genitore, quest�ultimaconservata fino al 21 dicembre 2005. Ci� considerato, deve ritenersi che il livello minimo di tutela economicaassicurato dalla predetta direttiva sia stato in concreto garantito nel caso dispecie e che, pur in assenza della concessione del congedo di maternit�, nonsi sia verificata alcuna violazione della direttiva sotto l�aspetto delle pretesepatrimoniali di cui la ricorrente potesse dirsi titolare. N� pu� ritenersi violato il disposto di cui all�art. 11, n. 2, lett. a) dellapredetta direttiva, in relazione ai diritti diversi da quelli di cui alla lett. b) � riduzione delle ferie annue, sospensione del maturarsi del diritto a pensione, sospensione del maturarsi dell�anzianit� di servizio � atteso che tali pretesenon formavano oggetto della causa principale e per tale motivo non sonoprese in considerazione nell�ordinanza di rimessione. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere che, ai sensi della legislazione finlandese di settore, del contratto collettivo applicabile nel caso di specie e dell�interpretazione giurisprudenziale offerta in materia, una nuova gravidanza della lavoratrice non costituisca motivo imprevedibile e giustificato, tale da modificare lepossibilit� pratiche di occuparsi della prole e sufficiente al fine di modificare la durata del congedo parentale gi� concesso. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 147 Il Governo italiano propone di risolvere il secondo quesito nel senso diritenere che il datore di lavoro possa legittimamente giustificare il suo rifiuto di consentire l�interruzione del congedo parentale, sia in ragione delle difficolt� organizzative che comporterebbe il rientro anticipato del lavoratoredal congedo parentale programmato, sia, soprattutto, con riguardo alla necessit� per lo stesso datore di lavoro di dover indennizzare la perdita di salariocausata al sostituto del lavoratore che si trovi in congedo parentale, qualoraquesti ritorni al lavoro anticipatamente. Il Governo italiano propone di risolvere il terzo quesito nel senso di ritenere applicabile alla fattispecie de qua la direttiva 92/85/CEE sulla protezione delle lavoratrici gestanti, ma di dover escludere che, nel caso in esame, lacondotta del datore di lavoro contrasti con gli artt. 8 e 11 della predetta direttiva sia per quanto concerne la tutela della salute della lavoratrice gestante, sia per quanto riguarda la tutela dei benefici patrimoniali spettanti alla lavoratrice nel periodo in cui essa avrebbe potuto chiedere il congedo di maternit�, in quanto la stessa lavoratrice ha fruito dei livelli minimi di tutela garantiti dall�art. 11, n. 2 lett. b) e n. 3 della predetta direttiva. Roma, 18 luglio 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante� Cause riunite C-147 e 148/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Disciplina degli appalti di lavori pubblici � Ordinanza del Consigliodi Stato (Italia) notificata il 1� giugno 2006 (ct. 24254/06, avv. delloStato D. Del Gaizo). IL FATTO Il rinvio tra origine da due procedimenti nei quali le societ� istanti neigiudizi principali (S. e S.C.S.) avevano partecipato a due gare indette (rispettivamente il 18 dicembre 2002 e l�8 settembre 2004) dal Comune di Torinoper l�affidamento di un appalto di lavori. Le relative procedure erano d�importo inferiore alla soglia comunitaria. In data 28 gennaio 2003 la Giunta comunale di Torino aveva deliberato invia generale che anche per gli appalti sotto soglia l�aggiudicazione sarebbe avvenuta con �l�applicazione del criterio di maggior ribasso o all�offerta economicamente pi� vantaggiosa, con verifica delle offerte anomale..., criterio previsto dallaDirettiva 93/37/CEE... con disapplicazione dell�art. 21, 1-bis, della l. n. 109/94, nella parte in cui prevede l�esclusione automatica delle offerte anomale�. Pertanto, per la gara gi� indetta (alla quale aveva partecipato la S.), l�indizione fu rinnovata dal Comune di Torino, con modifica delle modalit� di aggiudicazione (per la quale il bando aveva originariamente previsto che si sarebbeproceduto con l�esclusione automatica delle offerte sospettate di anomalia), stabilendo di non applicare l�at. 21, 1-bis, legge 109/94. Per l�altra gara, invece, lemodalit� di aggiudicazione si conformarono alla delibera del 28 gennaio 2003, prevedendo, conseguentemente, la verifica delle offerte anomale. All�apertura delle buste, le societ� appellanti risultarono essere le primetra le offerte non anomale. Per quelle anomale si comp�, quindi, la verifica dicongruit� a seguito della quale risultarono adeguate le offerte rispettivamen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO te dell�A.T.I. e di un�associazione temporanea di imprese, ancorch� idealmente suscettibili di esclusione automatica, qualora fosse stato applicato ilcoma 1-bis, art. 21, legge 109/94. Le appellanti si tutelarono dinnanzi al T.A.R. Piemonte, il quale respinse sia l�istanza cautelare che il ricorso nel merito. Le ricorrenti dedussero inquella sede la violazione dell�art. 21, 1-bis, legge 109/94, che prevede l�obbligo in caso di gara sotto soglia di esclusione automatica. Il T.A.R., invece, ritenne che la norma in questione non implicasse un dovere di disapplicazione, quanto piuttosto conferisse una discrezionalit� alla stazione appaltante diprocedere o meno alla verifica di congruit�. Nelle ordinanze di rinvio il C.d.S., dopo aver richiamato le norme comunitarie rilevanti, come modificatesi nel tempo (il 30 aprile 2004 � entrata invigore la Dir. 2004/18 che contiene norme analoghe in materia di offerteanomale), si sofferma sulla legge nazionale 109/94, con cui si � data attuazione alla direttiva 93/37/CEE e nota come il comma 1-bis dell�art. 21 abbiaprevisto in tema di offerte anomale una disciplina differenziata in caso dilavori sopra o sotto la soglia comunitaria. Il C.d.S., smentendo sul punto il T.A.R., rileva che la norma predetta stabilirebbe l�obbligatoriet� della procedura di esclusione automatica di cuiall�art. 21 citato. Il Collegio prosegue, quindi, analizzando le pi� plausibiliargomentazioni della Giunta comunale con cui questa ha disapplicato ilcomma 1-bis citato, in quanto contrastante con il diritto comunitario. La Giunta comunale, a sua volta, aveva mosso dalla considerazione diun dato di fatto, ovvero dalla �inidoneit� della procedura di esclusione automatica ad orientare verso un�efficiente regolazione del fenomeno delle offerte anomale�. La regola, pur nell�intento di accelerare i tempi e la trasparenza, favorirebbe invece, secondo il Comune, accordi collusivi rendendo conveniente per le concorrenti raggiungere accordi sul prezzo, cos� da influenzare ex ante il successivo esito della procedura. La Giunta aveva infattiosservato in precedenza il fenomeno della omogeneizzazione delle offerte ela crescita del numero di denunce all�A.G. per turbativa d�asta, apparendopertanto preferibile inserire un elemento d�imprevedibilit�, non pronosticabile ex ante dalle partecipanti. Per il Comune di Torino la regola dell�esclusione automatica prevista dal comma 1-bis contrastava quindi con il dirittosopranazionale. Quest�ultimo aveva pertanto proceduto alla disapplicazionedella norma nazionale. Le argomentazioni del Comune circa il contrasto della norma con la normativa comunitaria si fondavano sull�obbligo di rispetto, anche per gli appalti sotto soglia, dei principi fondamentali del diritto comunitario, tra i quali, quelli di parit� di trattamento, di trasparenza, di proporzionalit� di nondiscriminazione. In aggiunta, il Comune aveva osservato che ogni sistema di medie aritmetiche che preveda l�esclusione o l�aggiudicazione automatica sarebbeincompatibile con il diritto comunitario, ai sensi di un indirizzo della giurisprudenza comunitaria formatosi nel vigore dell�art. 29, par. 5, Dir. 71/395/CEE � antecedente storico dell�art. 30, par. 4, Dir. 93/37/CEE � il IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 149 quale vieterebbe agli Stati membri di emanare disposizioni imponenti l�esclusione d�ufficio di determinate offerte, per un criterio puramente matematico (al riguardo cita, sent. 22 giugno 1989, Causa C-103/88, sent. 18 giugno1991, causa C-295/89). Il giudice nazionale osserva, in aggiunta ai rilievi del Comune, come ildiritto ad una buona amministrazione, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell�Unione europea (art. 42), ove proiettato nella realt� amministrativa deisingoli Stati membri, �include quello di ogni individuo ad essere ascoltatoprima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale chepossa arrecargli pregiudizio, nonch� il corrispondente obbligo per ogni amministrazione nazionale di motivare le sue decisioni.� Il Consiglio di Stato ritiene che l�art. 30 (4) Dir. 93/37 condivida con l�art. 42 della Carta �la medesima ratio, finalizzata a consentire ad ogni persona, comunque coinvolta in unprocedimento amministrativo, di esporre compiutamente le proprie ragioni, inun effettivo confronto dialettico con la parte pubblica�. Inoltre, il Collegio osserva che la sottoposizione delle discipline internesugli appalti pubblici ai principi del diritto comunitario � una circostanza ormairecepita anche dalla Dir. 2004/18/CE, la quale al II considerando recita: �l�aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico � subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principi dellalibera circolazione delle merci, della libert� di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch� ai principi che ne derivano, quali i principi diparit� di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, diproporzionalit� e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia � opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di taliappalti fondate su tali principi, in modo da garantirne gli effetti ed assicurare l�apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Di conseguenza, talidisposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpretate conformementealle norme e ai principi citati, nonch� alle altre disposizioni del trattato�. Ci� nonostante, il Collegio, pur condividendo l�esposta cornice teorica, dubita che la specifica regola sulla verifica in contraddittorio delle offerteanomale abbia natura di principio fondamentale del diritto comunitario, ovvero di principio derivato da quelli di diritto fondamentale del dirittocomunitario, in grado di prevalere sulle disposizioni nazionali confliggenti. Di qui i rinvii pregiudiziali, non sussistendo n� i presupposti per un�interpretazione conforme, n� le condizioni per omettere l�adempimento del rinvio. Infatti, la questione, oltre ad essere rilevante, non risulta essere identica adaltra sulla quale la Corte abbia gi� statuito. L�unico precedente degno di rilievo (sent. 27 novembre 2001, causa C-285/99 e C-286/99), �pur investendoprofili giuridici connessi con quelli sopra esposti, concerne in realt� procedure di aggiudicazione di appalti direttamente regolati dal diritto comunitario�. I QUESITI 1.- Se la regola stabilita dal par. 4 dell�art. 30 della Dir. CEE 93/37, o quella analoga recata dai parr. 1 e 2 dell�art. 55 della Dir. CE 2004/18 (laddove rite RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO nuto quest�ultimo il parametro normativo rilevante), secondo cui, qualora leofferte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, l�amministrazione aggiudicatrice, prima di poterle rifiutare, ha l�obbligo di richiedere, periscritto, le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione dell�offerta e di verificare detta composizione tenendo conto delle giustificazioni fornite, enunci, o no, un principio fondamentale del diritto comunitario. 2.- In caso di risposta negativa al precedente quesito, se la regola stabilita dal par. 4 dell�art. 30 della Dir. CEE 93/37, o quella analoga recata daiparr. 1 e 2 dell�art. 55 della Dir. CE 2004/18 (laddove ritenuto quest�ultimoil parametro normativo rilevante), secondo cui, qualora le offerte appaionoanormalmente basse rispetto alla prestazione, l�amministrazione aggiudicatrice, prima di poterle rifiutare, ha l�obbligo di richiedere, per iscritto, le precisazioni che ritiene utili in merito alla composizione dell�offerta e di verificare detta composizione tenendo conto delle giustificazioni fornite, pur nonpresentando le caratteristiche di un principio fondamentale del diritto comunitario, sia, o no, un corollario implicito o un �principio derivato� del principio di concorrenza, considerato in coordinamento con quelli di trasparenzaamministrativa, e non discriminazione in base alla nazionalit�, e se, quindi, come tale, esso sia dotato o no, d�immediata vincolativit� e di forza prevalente sulle normative interne eventualmente difformi, dettate dagli statimembri per disciplinare gli appalti di lavori pubblici esulanti dal campo didiretta applicabilit� del diritto comunitario. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano osserva quanto segue. III A) � La giurisprudenza della Corte di Giustizia L�obbligo di procedere ad una verifica in contraddittorio delle offerteanormalmente basse presentate nell�ambito di una procedura ad evidenzapubblica � oggetto di una costante giurisprudenza della Corte, formatasi inizialmente sotto il vigore della Direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti dilavori pubblici. Questa, all�art. 29, n. 5, prevedeva infatti che: �Qualora, per un determinato appalto, talune offerte presentino manifestamente un carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione, l�amministrazione aggiudicatrice ne verifica la composizione prima di decidere inmerito all�aggiudicazione dell�appalto. Essa tiene conto del risultato di taleverifica. All�uopo, essa chiede all�offerente di fornire le giustificazioni necessarie, segnalandogli eventualmente quelle ritenute inaccettabili. (...)�. Tale norma � stata interpretata dalla Corte nel senso che, quando le offerte di un concorrente presentano manifestamente un carattere anormalmentebasso rispetto alle prestazioni da fornire, l�art. 29, n. 5, della direttiva 71/305obbliga l�amministrazione, prima di decidere sull�aggiudicazione dell�appalto, ad invitare l�offerente a fornire una giustificazione delle sue offerte diprezzo oppure comunicargli quali delle sue offerte presentino un carattere IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 151 anormale, concedendogli un termine congruo per presentare precisazionicomplementari (sentenza 10 febbraio 1982, causa 76/81, Transporoute, Racc. pag. 417, punto 18). Al punto 17 di tale sentenza, la Corte ha infattiritenuto che l�amministrazione aggiudicatrice non pu� in alcun casorespingere un�offerta anormalmente bassa senza neanche chiedere all�offerente le giustificazioni necessarie, poich� lo scopo dell�art. 29, n. 5, delladirettiva 71/305, che consiste nel proteggere l�offerente dall�arbitrio del- l�amministrazione aggiudicatrice, non potrebbe essere raggiunto se silasciasse a quest�ultima il compito di valutare l�opportunit� di richiedere legiustificazioni. Ancora, la stessa norma � stata interpretata come impeditiva di discipline nazionali che prescrivano l�esclusione d�ufficio dagli appalti di lavoripubblici di talune offerte determinate secondo un criterio matematico, invece di obbligare l�amministrazione aggiudicatrice ad applicare la procedura diverifica in contraddittorio prevista dalla direttiva (v. sentenze 22 giugno1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839, punti 19 e 21, e 18giugno 1991, causa C-295/89, Don� Alfonso, Racc. pag. I-2967, pubblicazione sommaria, punti 1 e 2 del dispositivo). La Corte ha pertanto dichiarato che l�art. 29, n. 5, della direttiva 71/305 prescrive all�autorit� aggiudicatrice di verificare la composizione delle offerte che presentino un carattereanormalmente basso e, a questo scopo, le impone di chiedere all�offerente difornire le giustificazioni necessarie (v. sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto16). Secondo la Corte, un criterio matematico, in forza del quale vengonoconsiderate anormali e quindi escluse dalla gara le offerte che presentano unamaggiorazione inferiore del 10% alla maggiorazione media, rispetto all�importo base fissato come prezzo dei lavori, di tutte le offerte ammesse a gareggiare, �priva i partecipanti alla gara che abbiano presentato offerte particolarmente basse della possibilit� di provare che si tratta di offerte serie . L�applicazione di un criterio del genere contrasta con lo scopo della direttiva 71/305, che consiste nel favorire lo sviluppo di una concorrenza effettivanel settore degli appalti di lavori pubblici� (sentenza Fratelli Costanzo, summenzionata, punto 18). La Corte ha anche rilevato che, per consentire ai partecipanti alla garache hanno presentato offerte particolarmente basse di dimostrare la seriet� ditali offerte e per garantire in tal modo l�accesso agli appalti di lavori pubblici, il Consiglio ha prescritto, all�art. 29, n. 5, della direttiva 71/305, �una precisa e dettagliata procedura di verifica delle offerte risultanti anormalmente basse e che tale scopo sarebbe compromesso qualora gli Stati membri, nelrecepire tale disposizione, potessero scostarsene in misura sostanziale� (sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto 20). Essa ha infine aggiunto che laprocedura di verifica prevista all�art. 29, n. 5, della direttiva 71/305 dev�essere applicata ogniqualvolta l�amministrazione aggiudicatrice intenda escludere delle offerte perch� le considera anormalmente basse rispetto alla prestazione, �di modo che gli offerenti hanno la garanzia di non essere esclusidall�appalto oggetto della gara senza aver avuto la possibilit� di dimostrare la seriet� delle loro offerte� (sentenza Fratelli Costanzo, cit., punto 26). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � significativo come tale norma sia stata ripresa e meglio specificata, nella successiva Direttiva 93/37/CEE, la quale, come risulta dal primo�considerando�, costituisce una codificazione della direttiva del Consiglio26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazionedegli appalti di lavori pubblici (G.U. L 185, pag. 5), e delle sue modifichesuccessive. Come la Corte ha gi� rilevato al punto 13 della sentenza 16ottobre 1997, causa C-304/96, Hera (Racc. pag. I-5685), l�art. 30, n. 4, delladirettiva corrisponde all�art. 29, n. 5, della direttiva 71/305, nella versionerisultante dalla direttiva del Consiglio 18 luglio 1989, 89/440/CEE (G.U. L210, pag. 1). Pertanto, dal momento che i requisiti previsti dall�art. 29, n. 5, delladirettiva 71/305 sia nella sua versione iniziale sia nella versione modificata, sono in sostanza identici a quelli imposti dall�art. 30, n. 4, della direttiva, leconsiderazioni che precedono valgono anche per quanto riguarda l�interpretazione di quest�ultima disposizione. Come la Corte ha avuto modo di affermare, infatti, �l�art. 30, n. 4, della direttiva presuppone necessariamentel�applicazione di una procedura di verifica in contraddittorio delle offerteche sono state considerate anormalmente basse dall�amministrazione aggiudicatrice, imponendo a quest�ultima l�obbligo, dopo aver preso conoscenzadi tutte le offerte e prima di decidere di aggiudicare l�appalto, di chiedereanzitutto per iscritto precisazioni sugli elementi dell�offerta sospettata dianomalia che abbiano concretamente dato luogo a dubbi da parte sua e divalutare successivamente questa offerta in relazione alle giustificazioni fornite dall�offerente interessato in risposta a tale richiesta� (sentenza dellaCorte del 27 novembre 2001, Impresa Lombardini S.p.A., cause riunite C285/ 99 e C-286/99, p. 51, in Racc., 2001 pag. 9233). Nel caso da ultimo citato, non � stato giudicato sufficiente nemmenol�obbligo di presentare al momento dell�offerta giustificazioni per il 75% dell�importo posto a base d�asta. Ci� in quanto ҏ rilevante che esse possano fornire la prova della seriet� della loro offerta per tutti gli elementi chela compongono, siffatte giustificazioni preliminari non sono in ogni casoconformi allo spirito della procedura di verifica in contraddittorio istituitadall�art. 30, n. 4, della direttiva. Infatti, � essenziale che ogni offerentesospettato di aver presentato un�offerta anormalmente bassa disponga dellafacolt� di far valere utilmente il suo punto di vista al riguardo, conferendogli la possibilit� di presentare ogni giustificazione sui vari elementi della suaofferta in un momento � che si colloca necessariamente dopo l�apertura ditutte le buste � in cui egli ha conoscenza non solo della soglia di anomaliaapplicabile all�appalto di cui trattasi nonch� del fatto che la sua offerta �apparsa anormalmente bassa, ma anche dei punti precisi che hanno suscitato perplessit� da parte dell�amministrazione aggiudicatrice� (sentenzaImpresa Lombardini, cit., punti 52-53). Tale principio di contraddittorio, giudicato �essenziale�, � strettamenteinerente ai principi di trasparenza e parit� di trattamento che la direttiva sipone. Infatti, �l�esistenza di un dibattito effettivo in contraddittorio, situatoin un momento utile nella procedura di esame delle offerte, tra l�amministra IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 153 zione aggiudicatrice e l�offerente costituisce un requisito fondamentale delladirettiva, al fine di evitare l�arbitrio dell�amministrazione aggiudicatrice edi garantire una sana concorrenza tra le imprese� (sentenza ImpresaLombardini, cit., punto 57). La Corte ha altres� affermato, nella citata sentenza, che, �nella prospettiva dello sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti pubblici, � essenziale che questa facolt� sia la pi� ampiae completa possibile, l�offerente deve poter presentare a sostegno della suaofferta tutte le giustificazioni, in particolare quelle enunciate all�art. 30, n. 4, secondo comma, della direttiva, che, tenuto conto della natura e dellecaratteristiche dell�appalto di cui trattasi, ritiene utili, senza alcuna limitazione al riguardo. Per quanto riguarda l�amministrazione aggiudicatrice, essa � tenuta a prendere in considerazione l�insieme delle giustificazionidedotte dall�imprenditore prima di adottare la sua decisione circa l�accoglimento o il rigetto dell�offerta di cui trattasi� (sentenza Impresa Lombardini, cit., punto 82). Dunque la giurisprudenza comunitaria � univoca nell�affermare l�esistenza di un obbligo di verifica in contraddittorio delle offerte anomale inrelazione alle procedure ad evidenza pubblica. Le norme da cui tale principio � stato desunto sono contenute in direttive che si pongono quale obiettivo quello di coordinare le procedure di appalto, con l�intenzione di raggiungere �la realizzazione simultanea della libert� di stabilimento e della liberaprestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici aggiudicatinegli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e dialtri enti di diritto pubblico�. Ci� avviene in misura indissolubilmente legata alla considerazione per cui �lo sviluppo di una concorrenza effettiva nelsettore degli appalti di lavori pubblici richiede una pubblicit� comunitariadei relativi bandi di gara indetti alla amministrazioni aggiudicatrici degliStati membri; che le informazioni contenute in tali bandi devono permettereagli imprenditori della Comunit� di valutare se gli appalti proposti presentino per loro interesse; che pertanto occorre dare loro una sufficiente conoscenza delle prestazioni da fornire e delle relative condizioni; che pi� in particolare nelle procedure ristrette, la pubblicit� ha per fine di permettere agliimprenditori degli Stati membri di manifestare il loro interesse agli appalti, richiedendo alle amministrazioni aggiudicatrici un invito a presentare l�offerta in conformit� delle condizioni prescritte�, rendendo opportuno, altres��prevedere norme comuni sulla partecipazione agli appalti di lavori pubblici nelle quali devono essere inclusi sia criteri di selezione qualitativa checriteri di aggiudicazione degli appalti� (secondo, decimo e dodicesimo�considerando� della Direttiva 93/37/CEE). Tali finalit� generali, sono state recepite ed evidenziate dalla Corte diGiustizia, la quale ha potuto osservare come �l�obiettivo fondamentale delladirettiva � pertanto quello di aprire alla concorrenza il settore degli appaltipubblici di lavori. Infatti, proprio tale apertura alla concorrenza comunitaria in conformit� delle procedure previste dalla direttiva garantisce contro ilrischio di favoritismi da parte dei pubblici poteri� (sentenza 12 luglio 2001, causa C-399/98, Ordine degli Architetti e a., Racc. pag. I-5409, punto 75). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Il coordinamento a livello comunitario delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ha quindi come fine essenziale di proteggere gliinteressi degli operatori economici e, a tal fine, di escludere sia il rischio chegli offerenti nazionali siano preferiti nell�attribuzione di appalti sia la possibilit� che un�amministrazione aggiudicatrice si lasci guidare da considerazioni non economiche (v., in tal senso, sentenze 3 ottobre 2000, causa C380/ 98, University of Cambridge, Racc. pag. I-8035, punti 16 e 17, e 1 febbraio 2001, causa C-237/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-939, punti41 e 42). L�amministrazione aggiudicatrice ҏ pertanto tenuta a rispettare ilprincipio di parit� di trattamento degli offerenti, come risulta del resto esplicitamente dagli artt. 22, n. 4, 30, n. 4, quarto comma, e 31, n. 1, della direttiva. Inoltre, il divieto di discriminazione in base alla nazionalit� implica, inparticolare, un obbligo di trasparenza al fine di consentire all�amministrazione aggiudicatrice di accertarne il rispetto� (sentenza ImpresaLombardini, cit., punti 37-38). III B) � Gli appalti �sotto soglia� � necessario peraltro considerare che le norme e i principi delle direttive citate si applicano agli appalti di rilevo comunitario. Il Governo italiano � conscio del fatto che, anche in relazione agliappalti di valore inferiore alla soglia comunitaria si possano individuare esigenze analoghe a quelle sopra esaminate e le stesse direttive succitate possano costituire un punto di riferimento anche per le discipline nazionali inmateria. Tali conclusioni, tuttavia, devono anche tenere conto della gradualit� conla quale ha proceduto il processo di armonizzazione nella materia, nonch�della necessit� di evitare che, in determinati casi, la procedura di verificadelle offerte anomale prescritta dalle disposizioni comunitarie possa pregiudicare la snellezza e la celerit� del procedimento di aggiudicazione. In particolare, con riguardo alla gradualit� del processo di armonizzazione, si osserva che nella originaria Direttiva 71/305/CEE, nel disciplinare gliappalti che implicavano un rilevo comunitario, il legislatore afferm� (settimo considerando) che: �gli appalti di lavori pubblici il cui ammontare � inferiore a 1.000.000di unit� di conto possono, per il momento, non essere sottoposti alla concorrenza quale organizzata dalla presente direttiva e che � pertanto opportunostabilire che le misure di coordinamento non vanno applicate ai suddetti appalti; che, in base all�esperienza acquisita, la Commissione sottoporr�successivamente al Consiglio una nuova proposta di direttiva intesa a ridurre l�importo a partire dal quale le misure di coordinamento saranno applicabili agli appalti di lavori pubblici�. Analogamente, la direttiva 93/37/CEE, applicabile al caso di specieall�epoca dei fatti di causa, disponeva, nel quarto considerando, che: �gli appalti di lavori il cui ammontare � inferiore a 5.000.000 di ECUpossono non essere sottoposti alla concorrenza quale � organizzata dallapresente direttiva e che � opportuno stabilire che le misure di coordinamento non vanno applicate ai suddetti appalti;� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 155 Sulla base delle direttive citate, pertanto, il legislatore comunitario sembra avere escluso espressamente l�applicabilit� delle disposizioni contenutenelle stesse agli appalti sotto soglia comunitaria, pur nella considerazionedella generale valenza di tali disposizioni e dei principi comunitari che necostituiscono la base. In tal senso sembrano doversi interpretare le norme delle direttive inquestione (ed in particolar modo l�art. 6 della direttiva 93/37), laddove stabiliscono la soglia di valore al di l� della quale operano le disposizioni inquestione. Ci� evidentemente in base ad una generale esigenza di semplificazionedel procedimento di aggiudicazione, volta ad escludere aggravi sproporzionati dello stesso in relazione agli appalti di minor valore. In relazione a tale esigenza, infatti, pare doversi ritenere che necessit� disnellezza e celerit� del procedimento, anche in considerazione del valoreridotto dell�appalto, possano, nel caso di appalti �sotto soglia�, giustificarela procedura di esclusione automatica, determinando, in particolari circostanze di fatto, la compressione delle esigenze anzidette a favore dell�interesse pubblico ad un�aggiudicazione spedita. A tal riguardo si pu� altres�osservare che l�imposizione della regola di verifica in contraddittorio pertutti gli appalti condurrebbe ad un onere procedurale aggiuntivo il quale, inconsiderazione dell�eventuale numero elevato delle offerte, sarebbe idoneo adeterminare un ritardo potenzialmente dannoso nello svolgimento della procedura stessa, al limite vanificandone lo stesso scopo. Con l�ulteriore avanzamento del mercato comune e con il suo successivo completamento sembra, infine, emergere una tendenza ad orientare tuttala disciplina degli appalti ai principi posti a base della normativa comunitaria pertinente. Tanto pare potersi evincere dal testo della direttiva 2004/18/CE del 31marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazionedegli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (in G.U., L 134 del 30 aprile 2004 pag. 0114 � 0240). In particolare, al secondo considerando di tale direttiva � contenuta laseguente considerazione, che pare modificare parzialmente la prospettivadalla quale muovevano le precedenti direttive: �L�aggiudicazione degli appalti negli Stati membri per conto delloStato, degli enti pubblici territoriali e di altri organismi di diritto pubblico �subordinata al rispetto dei principi del trattato ed in particolare ai principidella libera circolazione delle merci, della libert� di stabilimento e dellalibera prestazione dei servizi, nonch� ai principi che ne derivano, quali iprincipi di parit� di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimentoreciproco, di proporzionalit� e di trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore ad una certa soglia � opportuno elaborare disposizioni di coordinamento comunitario delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti fondate su tali principi, in modo da garantirne glieffetti ed assicurare l�apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. Diconseguenza, tali disposizioni di coordinamento dovrebbero essere interpre RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tate conformemente alle norme e ai principi citati, nonch� alle altre disposizioni del trattato�. Peraltro, pur non riportando, come nelle precedenti direttive, una espressa previsione di inapplicabilit� delle disposizioni in essa contenute agliappalti �sotto soglia�, la nuova direttiva, nel considerando citato, pare indicare soltanto una linea di tendenza verso una maggiore armonizzazione delladisciplina complessiva degli appalti pubblici e non anche escludere il permanere di una certa discrezionalit� degli Stati membri nel disciplinare le procedure di aggiudicazione degli appalti �sotto soglia�. Ci�, evidentemente, inossequio alla stessa esigenza di semplificazione sopra esaminata che, nelleprocedure di aggiudicazione di minore rilevanza economica, pare assumeremaggiore rilevanza rispetto agli altri principi che assumono rilevanza inmateria. A tale pi� ampia impostazione si �, tra l�altro, uniformato il legislatoreitaliano, il quale, nell�adeguare alla direttiva 2004/18/CE il regime degliappalti pubblici, con il D.Lgs. n. 163/2006 (cd. Codice degli appalti pubblici), di recente emanato, ha parzialmente rivisto la disciplina delle proceduredi aggiudicazione degli appalti �sotto soglia�, estendendo anche a questi ultimi la possibilit� di scelta, rimessa quindi alla stazione appaltante, tra criteriodel prezzo pi� basso e criterio dell�offerta pi� vantaggiosa. Tale previsioneha delle ripercussioni anche in tema di disciplina delle offerte anomale. Infatti, se la stazione opta per il criterio dell�offerta economicamente pi�vantaggiosa, allora potr� procedere alla verifica delle offerte anomale aisensi degli artt. 86 e ss.; al contrario, in caso di adozione del criterio del prezzo pi� basso, si applicher� la disposizione derogatoria di cui al comma 9, del- l�art. 122, la quale prevede che: �9. Quando il criterio di aggiudicazione � quello del prezzo pi� basso, la stazione appaltante procede all�esclusione automatica dalla gara delleofferte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore allasoglia di anomalia individuata ai sensi dell�articolo 86. La procedura diesclusione automatica non � esercitabile quando il numero delle offerteammesse � inferiore a cinque.[...]� Tale scelta del legislatore concilia le esigenze di semplificazione e trasparenza nel caso di appalti �sotto soglia�, sostanzialmente rimettendo allastazione appaltante la scelta del criterio di aggiudicazione e delle modalit� diverifica delle offerte anomale. E�, inoltre, necessario considerare che la direttiva 2004/18/CE non appare applicabile al caso di specie, nel quale entrambe le procedure di aggiudicazione oggetto delle cause principali erano iniziate sulla base di bandi digara emanati e pubblicati in date antecedenti al 31 gennaio 2006, data entrola quale gli Stati membri, in virt� dell�art. 80 di tale direttiva, dovevano adottare le misure per conformarsi alle sue disposizioni. III C) � Conclusioni Alla luce delle considerazioni che precedono, il Governo italiano ritiene che, pur essendo la normativa comunitaria in materia di aggiudicazione di appalti pubblici improntata alla tutela dei principi del trattato ed in IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 157 particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libert� distabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonch� ai principi chene derivano, quali i principi di parit� di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalit� e di trasparenza, ledisposizioni comunitarie pertinenti in materia di valutazione di offerteanomale non trovino automatica applicazione anche alle procedure diaggiudicazione di appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria prevista da dette disposizioni. Inoltre le esigenze di semplificazione del procedimento di aggiudicazione sopra rappresentate appaiono prevalenti, nelle procedure predette, rispetto alla tutela dei principi suddetti e, pertanto, tali da far ritenere chegli stessi principi, interpretati alla luce delle citate esigenze, non ostinocomunque a disposizioni nazionali, come quelle in vigore nella Repubblicaitaliana all�epoca dei fatti di causa, le quali consentano l�esclusione automatica di offerte che appaiano anormalmente basse, ovvero, come le successive disposizioni nazionali, attualmente in vigore, le quali, nel rimettere alladiscrezionalit� delle autorit� amministrative la scelta del criterio di aggiudicazione negli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, consentano l�esclusione automatica di tali offerte nel caso in cui venga prescelto ilcriterio di aggiudicazione basato sul prezzo pi� basso, sempre che il numero delle offerte ammesse non sia inferiore a cinque. Roma, 11 agosto 2006 Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo� Causa C-173/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Applicazionedell�art. 216 del Codice Doganale Comunitario in caso di mercecomunitaria preventivamente esportata in regime di �Perfezionamento attivo� (artt. 114 e 115 del C.D.C.) � Ordinanza dellaCommissione Tributaria Regionale di Genova (Italia), del 13 febbraio � 17 marzo 2006, notificata il 24 maggio 2006 (ct. 22833/06, avv. delloStato G. Albenzio). IL FATTO Con ordinanza pronunciata in data 13 febbraio � 17 marzo 2006l�Autorit� Giudiziaria in epigrafe indicata ha sollevato davanti alla Corte unaquestione pregiudiziale ai sensi dell�art. 234 CE nell�ambito di un giudiziotributario d�appello avverso la sentenza della Commissione TributariaProvinciale di Genova, sorto per impugnazione da parte della soc. A. control�Agenzia delle Dogane che agisce in recupero di dazi dovuti ai sensi del- l�art. 216 del Codice Doganale Comunitario nel corso di operazione che l�A. sostiene rientrare nell�ambito del c.d. regime di �perfezionamento attivo�. Dal contenuto dell�ordinanza risulta che l�A. S.r.l. con sede in Vercelli, operando nell�ambito del c.d. regime di �perfezionamento attivo�, ha preventivamente esportato in Ungheria riso lavorato di origine comunitaria esuccessivamente ha importato dalla Thailandia, in esenzione daziaria, quantit� di riso semigreggio, da considerarsi a reintegrazione di quello comunitario precedentemente esportato; che sulla predetta importazione la Dogana di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Genova � porto di sbarco del riso thailandese � con Verbali di revisione del- l�accertamento, ha in seguito recuperato il dazio, ai sensi dell�art 216 delCodice Doganale Comunitario, sull�assunto che l�intera operazione nonpoteva rientrare nella fattispecie di �perfezionamento attivo� prevista dagliartt. 114 e 115 del Codice Doganale Comunitario, atteso il fatto che l�esenzione daziaria si sarebbe potuta concedere soltanto se le importazioni a reintegro avessero riguardato merce anch�essa proveniente da uno dei paesi concui vige l�accordo con la CEE, tra i quali non � compresa la Thailandia; che� sorta controversia fra la A. S.r.l. di Vercelli e l�Agenzia delle Dogane � Direzione Circoscrizionale di Genova in ordine alla corresponsione o menodi dazi doganali all�importazione nel caso di operazioni di �PerfezionamentoAttivo� come sopra delineate. I QUESITI 1.� Se l�art. 216 del Codice Doganale Comunitario (Regolamento CEE n. 2912/92 del 12 ottobre 1992) possa trovare applicazione nel caso in cuiuna merce comunitaria (riso) previamente esportata, in Regime diPerfezionamento Attivo con certificato EUR 1, verso un paese terzo (con ilquale vige un Trattato doganale preferenziale), dia luogo all�applicazione deidiritti doganali di importazione al momento della successiva reimportazionea reintegro della stessa merce (equivalente) da un paese terzo c.d. �nonaccordista�; 2.� Se nel caso di mancato prelievo dei diritti ex art. 216 C.D.C. contestualmente all�importazione a reintegro, la Dogana possa successivamente richiederli e non si integri invece la fattispecie esentiva di cui al successivo art. 220 LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano sul primo quesito oggetto di richiesta di pronunciapregiudiziale osserva che l�applicazione dell�art. 216 del Regolamento CEE2913/92 nell�ambito delle operazioni di perfezionamento attivo di riso, �stata in passato oggetto di discussione in varie sedi, in ambito nazionale ecomunitario a causa della non chiara formulazione della norma in questionee della contestuale operativit� nella stessa disposizione di regole concernenti settori diversi della materia doganale, quali quelle del regime di perfezionamento attivo e quelle in materia di origine. I dubbi interpretativi riguardanti l�applicazione di tale norma, in particolare nelle ipotesi di operazioni di perfezionamento attivo di riso con compensazione per equivalenza ed esportazione anticipata, sono stati per� superati dalla lettura della norma fornita dai Servizi della Commissione nel documento TAXUD/724/2003 del 20 marzo 2003 nel quale, pur riconoscendol�ambiguit� della disposizione e la necessit� di una riformulazione della stessa, � stato statuito che in tutte le ipotesi in cui si effettui una operazione diperfezionamento attivo di riso con esportazione anticipata e che all�atto del- l�esportazione venga emesso un certificato EUR 1 (che in base ad un accordo preferenziale con il paese di destinazione della merce permette di usufruire di un trattamento preferenziale), all�atto del reintegro della merce extracomunitaria dovranno essere riscossi i relativi diritti doganali. Ci� in quanto, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 159 come indicato nel documento comunitario sopra citato �l�articolo 216, nonostante il suo contesto, non costituisce n� una regola di origine n� una regola di perfezionamento attivo ma una regola riguardante l�obbligazionedoganale. In altre parole, la base giuridica di un possibile recupero di dazidoganali � l�articolo 216 stesso del Codice, e non la �regola del no drawback� stabilita nel Protocollo sull�origine�. L�interpretazione fornita dai Servizi della Commissione elimina ognidubbio riguardo alla necessit� della presenza o meno di un accordo preferenziale dal paese di provenienza della merce di reintegro al fine dell�applicazione dei dazi su tale merce, in quanto in tale ipotesi il debito doganale nascedal fatto che tutta l�operazione rientra nell�ambito del regime di perfezionamento attivo nel quale sono state gi� concesse numerose agevolazioni, qualil�esportazione anticipata, la compensazione per equivalenza e l�emissionedel certificato EUR 1 all�atto dell�esportazione; la previsione di una esenzione dei dazi doganali anche sulla merce a reintegro determinerebbe un eccessivo cumulo di benefici nell�ambito di una sola operazione; l�operatore, pertanto, nelle operazioni di specie pu� alternativamente scegliere di usufruiredell�agevolazione all�atto dell�esportazione con l�emissione del certificatoEUR1 oppure avere l�esenzione del dazio all�atto del reintegro. L�Amministrazione doganale italiana gi� in passato, sulla base di precedenti indicazioni fornite al riguardo dai Servizi della Commissione, avevadiramato istruzioni interne con note prot. n. 12389/IV del 16 gennaio 1997 eprot. n. 1779/VII/SD del 5 marzo 2001 dell�allora Dipartimento delleDogane e delle Imposte Indirette Direzione Centrale Servizi Doganali conl�indicazione della suddetta modalit� operativa in occasione di operazionidella specie; a seguito dell�emissione del documento comunitario sopra citato, l�Agenzia delle Dogane con nota prot. 2364 del 18 luglio 2003 ha riconfermato le istruzioni precedentemente fornite. Alla luce di quanto sopra, si ritiene che la societ� interessata, specializzata nello specifico settore, avrebbe potuto e dovuto essere al corrente dellemodalit� di svolgimento di tali operazioni, e correttamente l�ufficio doganale coinvolto nella fase di reintegro della merce, si � immediatamente attivato per ovviare all�inesattezza dell�operazione con l�emissione degli avvisi direvisione dell�accertamento che devono essere ritenuti legittimi. Sul secondo quesito oggetto della richiesta di pronunzia pregiudiziale, il Governo Italiano osserva che l�art. 220, paragrafo 2, lettera b), C.D.C. esclude la contabilizzazione a posteriori dell�importo dei dazi, tra l�altro, quando l�importo dei dazi legalmente dovuto non � stato contabilizzato perun errore dell�autorit� doganale, che non poteva ragionevolmente esserescoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte ledisposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazionein dogana. La non contabilizzazione, dunque, secondo tale disposizione, pu� essereconcessa solo al contemporaneo verificarsi delle seguenti condizioni: 1) lamancata contabilizzazione risulta da un errore dell�Autorit� doganale; 2) taleerrore non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore; 3) il debito RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO re deve aver rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana; 4) il debitore ha agito in buona fede. Nel caso di specie, l�art. 220, paragrafo 2, lettera b), del C.D.C., nontrova applicazione, per quanto risultante dai fatti di causa, in relazione allesuesposte condizioni . In particolare, con riferimento alla condizione di cui al punto 1), come pi�volte chiarito dalla giurisprudenza comunitaria formatasi sulla questione (C499/ 03 P del 3 marzo 2005, tra Biegi Nahrungsmittel e Commonfood; nonch�le sentenze 12 luglio 1989, causa 161/88, Binder; 14 maggio 1996, cause riunite C 153/94 e C-204/94, Faroe Seafood e a.; e le ordinanze 9 dicembre 1999, C-299/98 P, CPL Imperial 2 e Unifrigo/Commissione e 11 ottobre 2001, causaC-30/00, William Hinton & Sons, Racc.), l�errore dell�Autorit� Doganale harilevanza soltanto nell�ipotesi in cui risulti da un comportamento attivo; nelcaso di specie non vi � stato un errore dell�Autorit� doganale sia al momentodell�esportazione che al momento dell�importazione a reintegro; in merito sirappresenta che al momento dell�emissione dell�Eur 1 nessun errore � statocommesso, in quanto il riso esportato era effettivamente di origine italiana; lostesso deve affermarsi per la introduzione (avvenuta con bolletta IM5 di temporanea importazione), in quanto l�accettazione della bolletta in Dogana nonha un significato giuridicamente rilevante in relazione all�approvazione o autorizzazione delle particolari modalit� operative prescelte e non comporta, altres�, un preventivo controllo sulla regolarit� dell�operazione, controllo che vienein genere effettuato a posteriori, nell�ottica della maggior snellezza e velocizzazione delle operazioni doganali; il controllo a posteriori, previsto dall�art. 11del D.Lgs. 374/90, � stato effettuato con le revisioni d�accertamento, oggettodell�impugnazione in argomento, mediante le quali sono state modificate ledichiarazioni di temporanea importazione ed � stato contestualmente richiestoil versamento dei dazi all�importazione. In riferimento alla condizione di cui al punto 2), anche nell�ipotesi in cuisi riconoscesse l�errore dell�Autorit� doganale, si rileva che tale erroreavrebbe potuto essere ragionevolmente scoperto dal debitore in base alla suaesperienza professionale in materia di sdoganamento e commercio internazionale ed in quanto titolare di autorizzazione al regime doganale di �perfezionamento attivo�. In riferimento alle condizioni di cui ai punti 3) e 4), si evidenzia che �l�operatore ad avere presentato una dichiarazione doganale in contrasto conle regole dettate dalla normativa doganale relativa al regime del �perfezionamento attivo�. Il quesito formulato dal giudice remittente involge quindi, sia pureimplicitamente, l�esimente generale della buona fede dell�operatore doganale e la sua operativit� al fine della sua liberazione dall�obbligo di corrispondere le imposte dovute in riferimento alle operazioni poste in essere o, quanto meno, al fine dell�applicabilit� del beneficio della sospensione del pagamento; l�istituto della buona fede da parte della giurisprudenza comunitaria� sempre stato rigidamente interpretato alla luce di alcuni principi generali: da un lato, a tutela della posizione del privato, con il richiamo alla clausola IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 161 generale di equit� (ex plurimis, Corte di Giustizia, 15 dicembre 1983, Schoeller & Sohne/Commission, C-283/82), al fine di limitare il pagamento a posteriori dei diritti all�importazione o all�esportazione al caso in cuitale pagamento sia giustificato e compatibile con la protezione del principiodel legittimo affidamento (cfr. Corte di Giustizia, 1 aprile 1993, HewlettPackard France, C-250/91) e non esponga l�operatore a pregiudizi eccedenti l�ordinario rischio commerciale (Trib., 10 maggio 2001, Kaufring A.G., nelle cause riunite da T186/97 a 293/97); dall�altro, a tutela dell�interessedella Comunit� alla riscossione delle risorse proprie, con la attribuzione acarico dell�operatore dei normali rischi dell�attivit� imprenditoriale, dichiarando che (decisione 17 luglio 1997, Pascoal & Filhos, C-97/95): �La buonafede dell�importatore non lo esime dalla sua responsabilit� per l�adempimento dell�obbligazione doganale essendo questi il dichiarante della merceimportata (in senso analogo, sent. 11 dicembre 1980, C-827/79, Acampora; sent. 14 maggio 1996, C-153/94 e C-204/94, Faroe Seafood). Se cos� nonfosse, infatti, l�importatore sarebbe indotto a non verificare pi� l�esattezzadell�informazione fornita alle Autorit� di Stato di esportazione da parte del- l�esportatore, n� la buona fede di quest�ultimo, il che darebbe luogo adabusi. (�) La Comunit� non � tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei fornitori dei suoi cittadini, inoltre, (�) l�importatore pu� agire in giudizio per il risarcimento nei confrontidell�autore del falso e, infine, nel calcolare i vantaggi realizzabili mediante il commercio di prodotti che possono fruire di preferenze tariffarie, l�operatore economico accorto e al corrente della normativa vigente devevalutare i rischi inerenti al mercato che gli interessa ed accettarli comefacenti parte della categoria dei normali inconvenienti dell�attivit� commerciale�; �[�] Ad ogni modo, � pacifico che la Comunit� non � tenuta asopportare le conseguenze pregiudizievoli dei comportamenti scorretti deifornitori degli importatori (sentenza Pascoal & Filhos, cit., punto 59)� (Sentenza del 9 marzo 2006, nella causa C-293/04 tra BeemstrboerColdstore Services & Inspecteur der Belastingdienst � DouanedistrictArnhem). In tutte queste situazioni � stata, quindi, ritenuta irrilevante la situazionedi buona fede del debitore perch� assorbita nel concetto giuridico di rischioeconomico; quest�ultimo concetto viene, in buona sostanza, ad affiancarsi aquello della buona fede, bilanciando i contrapposti interessi della Comunit�e dell�operatore in occasione delle controversie concernenti il pagamento deidazi doganali costituenti risorse proprie della Comunit�. Anche la Commissione Europea si � allineata sulle posizioni della giurisprudenza comunitaria, come risulta dal �Documento informativo sull�applicazione degli articoli 220, paragrafo 2, lettera b, e 239 del codice doganalecomunitario� (TAXUD/783/2002-IT-REV.3 del 1� luglio 2003); al punto 1.2.5.3. tale documento prende in esame i certificati di origine inesatti (aggettivo usato nel Regolamento e che esprime un concetto ben pi� limitato daquello di falso) e d� rilievo alla qualit� di errore attivo (nell�accezione precisata al punto 1.1.1.) per escludere la contabilizzazione a posteriori dei dazi, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO in concomitanza con la buona fede dell�operatore, e specificando che spettaa quest�ultimo �dimostrare di aver agito con diligenza per assicurarsi chefossero rispettate tutte le condizioni per il trattamento preferenziale�; inogni caso �tali norme si applicano soltanto se il beneficio del trattamentopreferenziale risulta dal rilascio di un certificato da parte delle autorit�competenti di un paese terzo. Non si applicano quindi n� ai certificati falsi o falsificati, n� nei casi in cui l�esportatore certifichi in prima persona chele merci soddisfano le condizioni richieste per poter beneficiare del regimepreferenziale (esportatori autorizzati)�. Ad avviso del Governo italiano, nella controversia pendente dinanziall�Autorit� Giudiziaria remittente gli operatori imputati tendono ad introdurre, a propria difesa, l�esimente della buona fede per liberarsi dalle responsabilit� che sono state loro attribuite dalla Commissione Tributaria di primogrado in corretta applicazione dei principi dettati dalle disposizioni comunitarie sopra esaminate. Il Governo italiano si � determinato a formulare le presenti osservazioniper l�esigenza di ottenere dalla Corte di Giustizia una chiara conferma deiprincipi sanciti dai citati art. 216 e 220 CDC (nel senso sopra specificato) el�affermazione che la loro applicazione integrale non pu� essere contrastatadall�esimente della buona fede che non pu� essere invocata in fattispeciecome quella in esame, ove deve prevalere il principio del rischio economicoa carico dell�operatore commerciale, anche in relazione a precedenti operazioni eseguite in regime di beneficio per la ricorrenza di diversi presuppostisoggettivi od oggettivi; se cos� non fosse si correrebbe il rischio di vederevanificate le esigenze preminenti della Comunit� e di rendere difficile oimpossibile l�azione di recupero nei confronti dei debitori. In conclusione il Governo italiano suggerisce alla Corte rispondere aiquesiti sottoposti al suo esame affermando in via generale che: 1) il regimedi �perfezionamento attivo� di cui agli art. 114, 115 e 216 del codice doganale comunitario riguarda ogni singola operazione doganale per la quale siverifichino le condizioni di legge e l�operatore non pu� pretendere l�estensione dei suoi benefici anche alla successiva operazione di reimportazione areintegro della stessa merce da un paese terzo �non accordista�; 2) l�obbligazione di cui sopra non pu� essere contrastata con il richiamo ai principidegli art. 220, comma 2, lett. b), del codice doganale comunitario, salva solol�operativit� dell�esimente della �buona fede� qualora ricorrano contemporaneamente le quattro condizioni previste dalla norma, con la conseguenzache nella fattispecie di cui � causa, l�operatore non pu� invocarne l�applicazione per l�assenza di quelle condizioni. Roma, 26 luglio 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio�. Causa C-174/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Ordinanza n. 7291/06 della Corte Suprema di Cassazione, seconda sez. tributaria(Italia), depositata il 29 marzo 2006 sul ricorso Ministero delle finanze e Ufficio IVA di Milano c/CO.GE.P. s.r.l. (ct. 20419/06, avv. delloStato S. Fiorentino). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 163 IL FATTO Oggetto della controversia � l�imposta sul valore aggiunta dovuta dallaCO.GE.P. s.r.l., resistente nel giudizio principale, per servizi resi dalConsorzio autonomo del porto di Genova, costituiti dalla concessione in usodi aree di propriet� pubblica e facenti parte del demanio marittimo. L�Amministrazione finanziaria italiana ha contestato alla societ�, per ilsuddetto titolo, di non aver emesso �autofattura� per un imponibile pari a lire 141.003.000 nell�anno 1991, a lire 34.107.000 nell�anno 1992 e a lire 30.800.000 nell�anno 1993 ed ha applicato le conseguenti sanzioni. La CO.GE.P. s.r.l. ha proposto ricorso giurisdizionale ed ha chiesto l�annullamento dei provvedimenti di rettifica e di applicazione delle sanzioni, sostenendo che l�operazione ritenuta soggetta ad I.V.A. dall�Amministrazione finanziaria italiana, consistente nella concessione di un depositocostiero per il magazzinaggio di olii minerali, era invece soggetta ad imposta di registro in misura proporzionale, vale a dire ad imposta alternativaall�imposta sul valore aggiunto. Ci� in quanto la concessione di beni del demanio marittimo non � assimilabile alla locazione, n� da� luogo alla costituzione di un diritto reale ed inoltre in quanto il Consorzio autonomo del porto di Genova svolge funzioni digestione del demanio marittimo, non qualificabili come attivit� d�impresa. Il giudice di prima istanza (la Commissione tributaria di primo grado di Milano), riuniti i tre ricorsi avverso i tre provvedimenti di rettifica, li ha accolti. L�Ufficio I.V.A. di Milano ha proposto appello, sostenendo che le operazioni compiute erano soggette all�imposta sul valore aggiunto, trattandosidi prestazioni di servizi rese nell�esercizio di un�impresa. Il giudice di secondo grado (Commissione tributaria regionale dellaLombardia) ha respinto l�appello dell�Amministrazione finanziaria italiana, osservando che l�art. 10, n. 8, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 � legge fondamentale in materia di I.V.A. � nel prevedere l�esenzione per le locazioni edaltre operazioni, non contempla, tra i casi di esclusione dell�esenzione, le concessioni di beni pubblici. Queste, secondo il diritto italiano, come interpretato dal giudice di secondo grado, non possono considerarsi n� cessioni di beni(imponibili ai sensi dell�art. 2 del d.P.R. 633/72), n� prestazioni di servizi(imponibili ai sensi dell�art. 3 della stessa legge fondamentale I.V.A.), nonpotendo, in particolare, rientrare nella nozione residuale prevista dall�art. 3, comma 1, del d.P.R. 633/72, che definisce prestazioni di servizi, tra le altre, le �obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte�. La Commissione tributaria regionale ha osservato, quindi, che il rapporto di concessione dedotto in giudizio rientra a pieno titolo nel novero delleconcessioni su beni demaniali che, secondo l�art. 5, parte prima, n. 2 dellaTariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (legge fondamentale in materia di imposta di registro), sono soggetti ad imposta proporzionale di registro, il che esclude l�assoggettabilit� ad I.V.A. stante il principio dell�alternativit� previsto dall�art. 40 del medesimo d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. L�Amministrazione finanziaria italiana ha proposto ricorso alla Corte dicassazione, chiedendo l�annullamento della sentenza d�appello. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A sostegno del ricorso, ha invocato un precedente della medesima Cortedi cassazione, la sentenza n. 6281 del 26 maggio 1992, nel quale si era affermato che �L�atto di concessione di beni del demanio marittimo, stipulatodall�Ente autonomo del porto di Trieste nell�ambito delle attribuzioni e deipoteri ad esso conferiti dalla legge istitutiva 9 luglio 1967 n. 589 e dal d.P.R. 2 ottobre 1978, n. 714, � soggetto all�imposta sul valore aggiunto, in quanto atto compiuto nell�esercizio dell�impresa gestita dall�ente pubblico economico e inteso all�impiego produttivo di un bene di cui l�ente ha la disponibilit� e l�amministrazione; ad esso si applica, pertanto, l�imposta di registro in misura fissa, a norma dell�art. 38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634�. Secondo l�Amministrazione finanziaria italiana, infatti, il Consorzioautonomo del Porto di Genova, al pari dell�Ente autonomo del Porto diTrieste (al quale si riferiva il precedente giurisprudenziale invocato a sostegno), � ente pubblico economico che opera in piena autonomia e orienta lasua azione secondo principi imprenditoriali. Quindi l�atto di concessione deldeposito costiero risulta compiuto nell�esercizio dell�impresa gestita dall�ente, essendo diretto all�impiego produttivo del bene attraverso la percezionedi canoni direttamente imputabili alla gestione del Consorzio. IL QUESITO Se il conferimento ad un soggetto del diritto di usare, in modo ancheesclusivo, un bene pubblico, senza prestazione di servizi di carattere prevalente su quello di consentire l�uso del bene, per un periodo determinato e dietro corrispettivo d�importo assai inferiore al valore del bene, conferimentoposto in essere, su domanda dell�interessato, da un ente pubblico che esercita un�impresa, attraverso l�emanazione di un atto amministrativo, comeavviene nella concessione di beni demaniali disciplinata dal diritto nazionale, anzich� con un contratto, costituisca un�ipotesi di locazione di beniimmobili esente da I.V.A., secondo la previsione dell�art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �LA NORMATIVA COMUNITARIA Vengono in rilievo, ai fini della risoluzione della questione pregiudiziale, l�art. 4, nn. 1, 2 e 5, l�art. 6, n. 1 e l�art. 13, parte B), lettera della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifrad�affari). L�articolo 4 della direttiva (�Soggetti passivi�), ai nn. 1, 2 e 5, stabilisceche: �1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attivit� economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attivit�. 2. Le attivit� economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attivit� diproduttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attivit�estrattive, agricole, nonch� quelle delle professioni liberali o assimilate. Si IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 165 considera in particolare attivit� economica un�operazione che comporti losfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilit�. 5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attivit� od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorit�, anche quando, in relazione atali attivit� od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Se per� tali enti esercitano attivit� od operazioni di questo genere, essidevono essere considerati soggetti passivi per dette attivit� od operazioniquando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggettipassivi per quanto riguarda le attivit� elencate nell�allegato D quando essenon sono trascurabili (1). Gli Stati membri possono considerare come attivit� della pubblicaamministrazione le attivit� dei suddetti enti le quali siano esenti a normadegli articoli 13 o 28�. L�articolo 6 della direttiva (�Prestazioni di servizi�), al n. 1, stabilisceche: �1. Si considera �prestazioni di servizi� ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell�articolo 5. Tale operazione pu� consistere tra l�altro: � in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da untitolo; � in un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione; � nell�esecuzione di un servizio in base ad una espropriazione fatta dallapubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge�. L�articolo 13 della direttiva (�Esenzioni all�interno del Paese�), parte B(�Altre esenzioni�) stabilisce che: �Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazioni delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: a) .. Omissis . . b) l�affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione: 1. delle prestazioni di alloggio, quali sono definite dalla legislazionedegli Stati membri, effettuate nel settore alberghiero o in settori aventi funzioni analoghe, comprese le locazioni di campi di vacanza o di terreni attrezzati per il campeggio; 2. delle locazioni di aree destinate al parcheggio di veicoli; (1) L�Allegato D alla Sesta Direttiva IVA contempla, al punto 4, la �prestazione di servizi portuali e aeroportuali�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente; 4. delle locazioni di casseforti. Gli Stati membri possono stabilire ulteriori esclusioni dal campo diapplicazione di tale esenzione�. LA NORMATIVA NAZIONALE ITALIANA (2). Secondo l�articolo 4 (�Esercizio di imprese�), comma 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (legge fondamentale IVA): �Si considerano in ogni caso effettuate nell�esercizio di imprese: 1).. Omissis .. 2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senzapersonalit� giuridica e le societ� semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l�esercizio di attivit� commerciali o agricole�(3). L�art. 3 (�Prestazioni di servizi�) del d.P.R. 633/72 stabilisce che: �Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivodipendenti da contratti d�opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non faree di permettere quale ne sia la fonte. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: 1) le concessioni di beni in locazione, affitto e simili; 2) .. Omissis ...� L�art. 10 (�Operazioni esenti dall�imposta�) del d.P.R. 633/72 stabilisce che: �Sono esenti dall�imposta: 1-7) ... Omissis ... 8) le locazioni non finanziarie e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni eproroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate aparcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono ladestinazione edificatoria, ed i fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte ein genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobililocati e affittati, esclusi quelli strumentali che per le loro caratteristiche nonsono suscettibili di diverse utilizzazione senza radicali trasformazioni equelli destinati ad uso civile abitazione locati dalle imprese che li hannocostruiti per la vendita o acquistati per la rivendita;� L�art. 41 (�Violazioni dell�obbligo di fatturazione�) del d.P.R. 633/72, al comma 6, stabilisce che: �Il cessionario o committente che nell�esercizio di imprese, arti o professioni abbia acquistato beni o servizi senza emissione della fattura o con (2) Si indicheranno le norme nel testo applicabile ai fatti di causa, in applicazione del principiotempus regit actum. (3) Il comma 5 dello stesso art. 4 stabilisce inoltre che �agli effetti delle disposizioni di questoarticolo sono considerate in ogni caso commerciali, ancorch� esercitate da enti pubblici, le seguentiattivit�: a � g) .. Omissis ..; h) servizi portuali e aeroportuali;i-l) Omissis ...� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 167 emissione di fattura irregolare da parte del soggetto obbligato ad emetterla, � tenuto a regolarizzare l�operazione con le seguenti modalit�: a) se non ha ricevuto la fattura entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell�operazione deve presentare all�ufficio competente nei suoi confronti, entro il trentesimo giorno successivo, un documento in duplice esemplare contenente le indicazioni prescritte dall�art. 21 e deve contemporaneamente versare la relativa imposta; b) ... Omissis ...�. Gli articoli 822, comma 1 e 823, comma 1 del codice civile stabiliscono che: �822. Demanio pubblico. � Appartengono allo Stato e fanno parte deldemanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; leopere destinate alla difesa nazionale�; �823. Condizione giuridica del demanio pubblico. � I beni che fannoparte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggiche li riguardano�; Gli articoli 36, comma 1 e 37 del codice della navigazione stabiliscono che: �36. Concessione di beni demaniali. � L�amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, pu� concedere l�occupazione e l�uso, anche esclusivo, di beni demaniali e zone di mare territorialeper un determinato periodo di tempo�; �37. Concorso di pi� domande di concessione. � Nel caso di pi� domande di concessione, � preferito il richiedente che offra maggiori garanzie diproficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questaper un uso che, a giudizio dell�amministrazione, risponda ad un pi� rilevante interesse pubblico. Quando non ricorrano tali ragioni di preferenza, per le concessioni didurata superiore al quadriennio o che importino impianti di difficile sgombero, si procede a pubblica gara o a licitazione privata. Nello stesso caso, per le concessioni di durata non superiore al quadriennio e che non importino impianti di difficile sgombero, la preferenza � data alrecedente concessionario e, in mancanza, si procede a licitazione privata�. LA POSIZIONE DELLA GIURISDIZIONE DI RINVIO La Corte di cassazione ha rilevato che il diritto del concessionario consiste nell�uso, anche non esclusivo, del bene dietro un corrispettivo che pu�essere anche notevolmente inferiore al valore dell�utilit� ricevuta e per unadurata limitata, senza che l�ente concedente sia tenuto alla prestazione di servizi di contenuto preminente rispetto a quello di consentire l�uso del bene. Ha osservato che la concessione � un atto avente ad oggetto la messa a disposizione di superfici immobiliari per un tempo prestabilito, comportante un valoreaggiunto assai limitato, che potrebbe non giustificare il diritto alla detrazione. Ha rilevato che il contenuto del concessionario � del tutto simile a quello del conduttore, anche se di minore rilevanza economica, perch� l�uso delbene non pu� avvenire in contrasto con l�interesse pubblico. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ha, poi, osservato che il rapporto di concessione, sebbene sorga pereffetto di un atto amministrativo unilaterale, discrezionale e autoritativo, presuppone, per la sua costituzione, una manifestazione di volont� dell�interessato diretta ad ottenere la concessione e che, inoltre, gli aspetti ulteriori delrapporto, successivi alla sua costituzione, sono regolati da una convenzionebilaterale, di tal che sussisterebbe il requisito del consenso. Ha, infine, escluso che sulla base dell�ordinamento nazionale le concessioni di beni del demanio portuale possano considerarsi �servizi portuali� (v. art. 4, punto 5, comma 3 e Allegato D, n. 4, della Sesta Direttiva e art. 4, comma 5, lettera del d.P.R. 633/72). Sulla base di tali premesse, la Corte di cassazione ha ritenuto che, ai finidella soluzione della questione sottopostale, implicante l�interpretazione del- l�art. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. 633/72, occorreva definire la nozionecomunitaria di �locazione e affitto di immobili�, rilevante ai fini dell�art. 13, parte B, numero b) della Sesta direttiva IVA, per stabilire se all�interno diessa potesse ricadere il rapporto dedotto in giudizio dalle parti. Nella formulazione del quesito sottoposto a codesta On.le Corte, ilGiudice remittente ha, poi, dato per presupposto che il fornitore del servizio, il Consorzio autonomo del Porto di Genova, fosse un ente pubblico che esercita un�impresa. LE OSSERVAZIONI DEL GOVERNO ITALIANO Secondo la giurisprudenza italiana il Consorzio autonomo del porto diGenova, disciplinato dal R.D. 16 gennaio 1936, n. 801, � ente pubblico economico, tenuto conto che esso svolge in via prevalente attribuzioni di carattere imprenditoriale, tra le quali la gestione della �stazione marittima e portuale� (v. Corte di cassazione, Sezione Unite, sent. n. 13298 del 10 dicembre1991 e sent. n. 4187 del 6 maggio 1996). Il Consorzio opera, rispetto alla gestione dei beni del demanio di cui sirende consegnatario, non in nome e per conto dello Stato (che rimane titolare della propriet�), ma in proprio, in quanto amministra tali beni con autonome valutazioni e decisioni, individuando i soggetti ai quali sia opportunodevolverne il godimento, fissando i compensi, riscuotendoli ed impiegandoli in finalit� istituzionali (v. Corte di cassazione, sent. n. 10097 del 25 luglio2001, resa in una controversia nella quale si discuteva, come nella presente, dell�assoggettabilit� ad I.V.A. delle concessioni di beni del demaniomarittimo). Questi principi sono stati accolti dalla giurisdizione di rinvio, per modoche risulta accertato che il fornitore del servizio � un ente pubblico che gestisce un�impresa e che la concessione a terzi del diritto di uso esclusivo delbene demaniale esprime un momento tipico delle sue incombenze di naturaimprenditoriale. Dal punto di vista soggettivo l�operazione deve, pertanto, ritenersi effettuata da un soggetto passivo IVA, tenuto conto che, secondo la consolidatagiurisprudenza di codesta Corte, ai fini dell�esenzione prevista dall�art. 4, n. 5, primo comma della sesta direttiva, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni: l�esercizio di un�attivit� da parte di un ente pubblico e IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 169 l�esercizio di tale attivit� in veste di pubblica autorit� (v. sentenze 14 dicembre 2000, causa C-446/98, Fazenda Publica, punto 15; 25 luglio 1991, causa C-202/90, Ayuntamiento de Sevilla). Nel caso di specie, per contro, l�atto di concessione � atto inerente all�esercizio dell�impresa, compiuto dal Consorzio in vista di un interesse economico proprio, per il conseguimento di ricavi direttamente imputabili allagestione dell�ente. Trascorrendo al profilo oggettivo dell�operazione, deve osservarsi che, secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni previste dall�art. 13 delladirettiva 77/388/CEE costituiscono nozioni autonome di diritto comunitarioe devono pertanto ricevere una definizione comunitaria indipendente dallesingole legislazioni nazionali (v. sentenze 12 settembre 2000, causa C358/ 97, Commissione/Irlanda, punto 51; 16 gennaio 2003, causa C-315/00, Maierhofer, punto 25, 12 giugno 2003, causa C-275/01, Sinclair Collis,, punto 22; 18 novembre 2004, causa C-284/03, Belgio Temco Europe SA). Infatti, anche se l�art. 13, parte B, della direttiva rinvia alle condizioni diesenzione stabilite dagli Stati membri, la necessit� che le esenzioni previsteda tale disposizione corrispondano a nozioni autonome di diritto comunitario risiede nell�esigenza che la base imponibile dell�IVA sia determinata inmaniera uniforme e secondo le norme comunitarie (v. sentenza 4 ottobre 2001, causa C-326/99, Goed Wonen, punto 47). I termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all�articolo13 devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l�I.V.A. � riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v. sentenze 8maggio 2003, causa C-269/00, Seeling, punto 44; 20 giugno 2002, Commissione/ Germania, causa C-287/00, punto 43; 15 giugno 1989, causa348/87, Stichtung Uitvoering, punto 13). Ci� non esclude, peraltro, che alla nozione di �locazioni di beni immobili�, per gli effetti di cui all�art. 13, parte B), lettera b), della sesta direttiva � tenuto conto che questa non reca alcun chiarimento sulla portata dell�espressione � possa attribuirsi una portata per determinati aspetti pi� ampia diquella sancita dai diversi diritti nazionali (v. sentenza 12 settembre 2000, causa C-358/97, Commissione/Irlanda, punti 53 e 54). Tale conclusione pu� ricavarsi, sulla base di un�interpretazione sistematica, dal regime delle eccezioni all�esenzione previste ai numeri da 1 a 4 delmedesimo articolo 13 parte B), lettera b) che, in pi� di un caso, riguardanoipotesi che gi� risulterebbero estranee all�ambito delle locazioni, se a tale termine si attribuisse un significato coincidente con quello che esso riceve nellelegislazioni dei diversi paesi membri. � stato, quindi, affermato che la locazione di beni immobili ai sensi del- l�art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva consiste in sostanza nel fattoche il proprietario dell�immobile cede al locatario, in cambio di un canone eper una durata convenuta, il diritto di occupare il suo bene e di escludernealtre persone (v. sentenza Seeling citata, punto 49; sentenza 9 ottobre 2001, causa C-409/98, Mirror Group, punto 31). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L�esame di queste decisioni consente, tuttavia, di ritenere che l�indicazione del �proprietario�, quale fornitore del servizio, sia espressione generica, che si riferisce al soggetto cui spetta generalmente la facolt� di disposizione del bene e, quindi, di attribuzione del godimento di esso a terzi, ma nonindividui un elemento essenziale della locazione, cos� come avviene neidiversi diritti nazionali, nei quali la titolarit� del diritto di propriet� in capoal locatore non costituisce presupposto di validit� o di efficacia del contratto (appartenendo al tema dell�adempimento la garanzia del locatore di assicurare al locatario il pacifico godimento del bene). Neanche essenziale sembra essere ritenuto, nella giurisprudenza dellaCorte, ispirata piuttosto dagli aspetti economico � fattuali del fenomeno chenon da quelli giuridico � formali, che il godimento del bene al all�interessato sia attribuito mediante l�assunzione di un�obbligazione ovvero mediantela costituzione, verso corrispettivo, di un diritto reale di durata limitata (v., intema di usufrutto, sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punti 55 e 59) La Corte ha invece mostrato di ritenere essenziali, nella considerazionedell�operazione, il consenso delle parti e la considerazione, nel consensodelle parti, della durata del godimento, il che certamente avviene nel caso incui, come nella fattispecie che ha dato luogo alla controversia principale, ilcorrispettivo sia fissato in funzione di tale durata (v. sentenza 12 settembre 2000, Commissione c/Irlanda citata, punti 56 e 57). Alla luce delle considerazioni che precedono, ritiene il Governo italianoche la concessione in uso del deposito portuale, in un caso come quello rilevante nella controversia principale, rientri nella definizione di locazione contenuta nell�art. 13, parte B, lettera b) della direttiva, perch� con essa si attribuisce al beneficiario, verso corrispettivo commisurato alla durata del rapporto, comunque limitata, il godimento del bene ad esclusione di tutti glialtri, ivi compreso il concedente, non ostando a tale conclusione la circostanza che il concedente non sia il proprietario e che il corrispettivo, comunquenon simbolico, possa risentire della considerazione di altre utilit� di cuibeneficia il concedente. N� � di ostacolo a tale conclusione la circostanza che il consenso delconcedente sia espresso nella forma dell�atto amministrativo e secondo leprocedure richieste dal codice della navigazione: l�utilizzo di tale strumentorisponde a due fondamentali esigenze � la necessit� che, trattandosi di unbene di propriet� pubblica, il suo godimento sia attribuito a terzi secondoregole che assicurino la trasparenza e la libera concorrenza e la necessit� chelo sfruttamento di esso risponda costantemente, durante l�intero svolgimento della concessione, ad un interesse pubblico (sotto pena di revoca dell�attoamministrativo) � ma non introduce sostanziali alterazioni alla causa del rapporto, che resta una causa di scambio sovrapponibile a quella tipica del contratto di locazione. Sebbene con ci� si trascorra ad una questione di interpretazione del diritto nazionale, che competer� alle parti del giudizio principale dinnanzi allagiurisdizione di rinvio, il Governo italiano deve dissentire dall�impostazioneche traspare dall�ordinanza di rinvio, secondo la quale l�equiparazione alla IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 171 locazione renderebbe necessariamente esente da I.V.A. la concessione di unbene strumentale, quale il deposito portuale. Per quanto qui rileva, il Governo italiano intende mettere in evidenza che, come emerge dallo stesso tenore letterale dell�art. 13, parte B, lett. b) e parte Cdella sesta direttiva, quest�ultima ha lasciato un�ampia discrezionalit� agli Statimembri per quanto concerne l�esenzione o l�assoggettamento a imposta delleoperazioni interessate (v. sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punto45; sentenza 3 febbraio 2000, causa C-12/98, Amengual Far, punto 13). � stato affermato, avuto riguardo alla ratio della norma di esenzione, cheҏ parimenti conforme alla finalit� generale della sesta direttiva il fatto che, se un bene immobile � messo a disposizione di un soggetto passivo mediante locazione o affitto, in quanto mezzo che concorre alla produzione di benio servizi il cui costo si ripercuote sul prezzo di questi ultimi, esso resta otorna nel circuito economico e deve poter dar luogo a operazioni imponili� e che �la caratteristica comune delle operazioni che l�art. 13, parte B, lett. b), della detta direttiva esclude dal campo di applicazione dell�esenzione �proprio, infatti, che esse implicano uno sfruttamento pi� attivo dei beniimmobili� (v. sentenza 4 ottobre 2001 Goed Wonen citata, punto 53); L�art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva consente, quindi, agli Statimembri, come � stato enunciato da codesta Corte, di ottenere il risultato diesentare le sole locazioni di beni immobili destinati ad abitazione (v. sentenza 3 febbraio 2000, Amengual Far, citata, punti 14 e 15). Quindi, il riportato art. 10, n. 8 del d.P.R. 633/72, il quale chiaramenteassoggetta a tassazione le locazioni di immobili strumentali all�esercizio del- l�impresa (come nella specie), non contrasta con alcuna previsione della sestadirettiva, come interretata dalla giurisprudenza di codesta Corte di giustizia. CONCLUSIONI Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Governo italiano suggerisce alla Corte rispondere al quesito sottoposto al suo esame affermando che: L�art. 13, sub B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio1977, n. 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degliStati membri relative alle imposte sulla cifra d�affari, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il conferimento ad un soggetto deldiritto di usare in modo, anche esclusivo, un bene pubblico per un periododeterminato e verso corrispettivo, conferimento posto in essere attraversol�emanazione di un atto amministrativo, su domanda dell�interessato, anzich� con un contratto, da un ente pubblico che esercita un�impresa, costituisca un�ipotesi di locazione che uno Stato membro pu� esonerare dall�applicazione dell�imposta sulla cifra d�affari. Roma, 28 luglio 2006 Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino� Causa C-175/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Codice dellapropriet� industriale e intellettuale � Ordinanza del Tribunale civile di Genova (Italia) notificata il 24 maggio 2006 (ct. 23659/06, avv. delloStato W. Ferrante). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I QUESITI 1.- Se la richiesta di procedere alla descrizione, nei termini di cui agliartt. 128 e 130 del Codice Italiano della Propriet� Industriale e Intellettuale, secondo le modalit� dettate da questo giudice nel caso di specie, sia, ai sensie nei termini di cui al regolamento CE 1206/2001 del Consiglio del 28 maggio 2001 (relativo alla cooperazione fra le autorit� giudiziarie degli Statimembri nel settore dell�assunzione delle prove in materia civile o commerciale) da ricomprendersi tra gli atti di �assunzione delle prove� per le qualil�autorit� giudiziaria di uno Stato membro pu�, in base al Regolamento suddetto, chiedere all�autorit� giudiziaria competente di un altro Stato membrodi procedere all�assunzione della prova stessa; 2.- se, in caso affermativo ed in caso di richiesta di descrizione incompleta o che non soddisfa le condizioni di cui all�art. 4 del regolamento, sussista per l�autorit� giudiziaria richiesta l�obbligo: � di trasmettere una dichiarazione di ricezione nei termini e nei modi dicui all�art. 7 del regolamento; � di segnalare l�eventuale incompletezza della richiesta, onde consentireall�autorit� giudiziaria richiedente di completare e/o adeguare la propriarichiesta. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva atteso che la descrizione degli oggetti costituenti violazione della propriet� industriale nonch� degli elementi di prova concernenti la denunciataviolazione e la sua entit�, ai sensi dell�art. 128 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (Codice della propriet� industriale), quale misura cautelare, ha la funzione di precostituire la prova della violazione del diritto, da utilizzarsi nelcorso del successivo giudizio. Essa pu� dunque ricomprendersi tra gli attiistruttori di �assunzione delle prove� per le quali l�autorit� giudiziaria di unoStato membro pu�, in base al regolamento CE n. 1206/2001, chiedere all�autorit� giudiziaria competente di un altro Stato membro di procedere all�assunzione della prova stessa. La questione � stata sollevata dal Tribunale di Genova � sezione specializzata per la propriet� intellettuale e industriale nell�ambito di un procedimento di descrizione, ex artt. 128 e 130 del Codice della Propriet� Industriale, di un sistema di imbracatura adatta per l�uso su natanti, realizzato da unasociet� con sede in Gran Bretagna e distribuito in Italia dalla (...) s.r.l., che siassume essere del tutto identico a quello il cui brevetto � di titolarit� delPolitecnico di Milano, di cui � inventore il ricorrente in quel procedimento eche forma oggetto di una domanda di brevetto depositata precedentemente aquella depositata dalla societ� inglese. Il Giudice italiano investito della domanda ha, in un primo momento, disposto la descrizione della merce asseritamente contraffatta e la descrizione dei documenti di natura contabile, amministrativa e tecnica relativi allaproduzione sul solo territorio provinciale, e, successivamente, ha dispostoche le stesse operazioni venissero eseguite anche in territorio britannico, IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 173 sede della societ� tacciata di contraffazione, inoltrando la relativa richiestaall�autorit� giudiziaria inglese ai sensi del regolamento n. 1206/2001 sullacooperazione fra le autorit� giudiziarie degli Stati membri nel settore delleprove in materia civile o commerciale. La richiesta tornava sostanzialmente inevasa dall�ufficio del SeniorMaster of the Queen�s Bench Division of the Supreme Court of England andWales, che affermava: �la ricerca ed il grippaggio delle merci e dei documenti non rientra nella pratica degli agenti del Senior Master�, richiamando unprecedente parere del Treasury Solicitor in base al quale �considerata lamateria � non si tratta di questione che consideriamo debba rientrare nellacompetenza di questo ufficio in base alla procedura Letter of Request. ComՏnoto, ci occupiamo dell�interrogazione di testimoni mentre questa materiaparticolare richiede la ricerca ed il grippaggio di merci e di documenti, chesembrano non rientrare nella pratica abituale�. Sostanzialmente lo Stato richiesto ha rifiutato l�esecuzione della richiesta con la motivazione che le attivit� oggetto della stessa non rientrerebberonella pratica dell�autorit� investita dal giudice italiano. Lo Stato italiano, con l�adozione del D.Lgs. 30/05, ha inteso dare pienatutela alla propriet� industriale, ricomprendendo nella detta espressione marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilit�, topografie dei prodotti asemiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove variet� vegetali. Sitratta di una normativa che, pur se emanata sulla base della legge delega n. 273 del 2002, � pienamente conforme ai principi ed ai criteri dettati dallaDirettiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2004/48/CE del 29 aprile 2004 sul rispetto dei diritti di propriet� intellettuale, inclusi in detta espressione e per stessa precisazione contenuta nell�articolo 1, anche i diritti di propriet� industriale. In base all�art. 6 della predetta direttiva, gli Stati membri assicurano che, a richiesta della parte che ha presentato elementi di prova ragionevolmenteaccessibili e sufficienti per sostenere le sue affermazioni e ha, nel convalidare le sue richieste, specificato prove che si trovano nella disponibilit� dellacontroparte, l�autorit� giudiziaria competente possa ordinare che tali elementi di prova siano prodotti dalla controparte, a condizione che sia garantita latutela delle informazioni riservate. A tal fine gli Stati membri possono disporre che l�autorit� giudiziariacompetente consideri come elementi di prova ragionevoli un numero sostanziale di copie di un�opera o di qualsiasi altro oggetto protetto o un ragionevole campione. Alle stesse condizioni, in caso di violazione commessa suscala commerciale, gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire alle autorit� giudiziarie competenti di ordinare, se del caso, su richiesta di una parte, la comunicazione delle documentazioni bancarie, finanziarie o commerciali che si trovano in possesso della controparte, fatta salva latutela delle informazioni riservate. Dal canto suo, la legislazione italiana (art. 128 del codice della propriet� industriale) prevede che il titolare di un diritto industriale possa chiedere RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che sia disposta la descrizione degli oggetti costituenti violazione di talediritto, nonch� dei mezzi adibiti alla produzione dei medesimi e degli elementi di prova concernenti la denunciata violazione e la sua entit�. Il Tribunale competente, sentite le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni, provvede con ordinanza non impugnabile e, se disponela descrizione, indica le misure necessarie da adottare per garantire la tuteladelle informazioni riservate e autorizza l�eventuale prelevamento di campioni degli oggetti di cui si assume la preventiva invenzione. Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l�attuazione del provvedimento, provvede sull�istanza con decreto motivato, anche inaudita altera parte, come accaduto nel caso di specie. A norma dell�art. 130 del predetto Codice, la descrizione e il sequestrovengono eseguiti a mezzo di ufficiale giudiziario, con l�assistenza, oveoccorra, di uno o pi� periti ed anche con l�impiego di mezzi tecnici di accertamento, fotografici o di altra natura. Gli interessati possono essere autorizzati ad assistere alle operazioni anche a mezzo di loro rappresentanti e adessere assistiti da tecnici di loro fiducia. La descrizione e il sequestro possono concernere oggetti appartenenti asoggetti anche non identificati nel ricorso, purch� si tratti di oggetti prodotti, offerti, importati, esportati o messi in commercio dalla parte nei cui confronti siano stati emessi i suddetti provvedimenti e purch� tali oggetti nonsiano adibiti ad uso personale. Il verbale delle operazioni di sequestro e didescrizione, con il ricorso ed il provvedimento, deve essere notificato alterzo cui appartengono gli oggetti sui quali descrizione o sequestro sono statieseguiti, entro quindici giorni dalla data di conclusione delle operazioni stesse a pena di inefficacia. Questo � il procedimento previsto dall�ordinamento italiano per l�acquisizione degli elementi utili nel successivo giudizio di merito, teso a rivendicare la paternit� dell�invenzione ed eliminare gli effetti dell�uso non autorizzato della stessa. Orbene, nel giudizio pendente davanti all�Autorit� giudiziaria italiana, sidiscute dell�interesse dell�inventore italiano a non vedere commercializzatinel territorio nazionale prodotti del tutto simili a quelli frutto del suo ingegno e regolarmente brevettati. Quindi, al di l� dei problemi legati al riconoscimento all�estero del detto brevetto, in mancanza di una normativa comunitaria che ne riconosca l�efficacia e la tutelabilit� su tutto il territoriodell�Unione, ed in mancanza di elementi per poter affermare la piena applicabilit� al caso di specie della Convenzione dell�Unione di Parigi per la protezione della propriet� industriale, sottoscritta, tra gli altri Paesi, anche dalRegno Unito, sussiste un interesse, in caso di illecita commercializzazionesul territorio dello Stato italiano di un prodotto analogo a quello oggetto dibrevetto, ad assicurare a chi rivendica la paternit� dell�invenzione tutte legaranzie di difesa del suo diritto, prima fra tutte quella prevista dall�ordinamento italiano di procedere ad una descrizione dettagliata del prodotto che siassume contraffatto al fine di provarne una sua sostanziale assimilazione aquello oggetto di brevetto. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 175 Poich� nella fattispecie � emersa la necessit� di acquisire questi elementidi prova fuori dal territorio nazionale, ma comunque in territorio comunitario, stante la provenienza del prodotto che si assume contraffatto dal Regno Unito, viene in rilievo il regolamento del Consiglio n. 1206/0l del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorit� giudiziarie degli Stati membri nel settore dell�assunzione delle prove in materia civile o commerciale. Detto regolamento impone ai Paesi membri una precisa cooperazionegiudiziaria. Pi� in particolare e per quello che interessa la questione sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia, l�autorit� giudiziaria di uno Stato membro pu� richiedere all�autorit� giudiziaria di un altro Stato membro di procedere all�assunzione di una prova all�interno di un procedimento di naturacivile o commerciale pendente presso la prima, descrivendo le modalit� diassunzione della stessa. La nozione di �assunzione delle prove� in materia civile e commercialecui si riferisce il regolamento 1206/2001 ricomprende certamente la procedura indicata dal giudice italiano e richiesta all�omologo britannico, trattandosi di uno strumento di acquisizione della prova � che nel caso di specienon � testimoniale ma documentale � volto a garantire in buon esito di ungiudizio pendente o da instaurare in un altro Stato membro. Peraltro, in forza del richiamo contenuto nell�articolo 10, comma 3, delregolamento n. 1206/2001, il procedimento per descrizione rientra a pienotitolo tra le attivit� che si pu� chiedere di eseguire all�autorit� di altro Paesemembro. Invero, ai sensi dell�articolo 10, comma 3 cit., l�autorit� giudiziaria richiedente pu� chiedere che la richiesta sia eseguita secondo una procedura particolare prevista dalla legge del proprio Stato membro. La procedura di descrizione pu� inoltre essere ricondotta alla nozionedi �misura di protezione delle prove� di cui all�art. 7 della citata Direttiva2004/48/CE relativa al rispetto dei diritti di propriet� intellettuale, cheimpone che gli Stati membri, ancor prima dell�instaurazione di un giudiziodi merito, assicurino che la competente autorit� giudiziaria, su richiesta diuna parte che abbia assolto il proprio onere probatorio circa la violazionecerta o altamente probabile del suo diritto, disponga celeri ed efficaci misure provvisorie per salvaguardare le prove della violazione lamentata. Aisensi del citato art. 7 �siffatte misure possono includere la descrizione dettagliata, con o senza prelievo di campioni, o il sequestro delle merci controverse, all�occorrenza, dei materiali e degli strumenti utilizzati nella produzione e/o distribuzione di tali merci e dei relativi documenti. Questemisure sono adottate, all�occorrenza, inaudita altera parte, in particolarequando eventuali ritardi potrebbero causare un danno irreparabile al titolare dei diritti o se sussiste un rischio comprovabile di distruzione degli elementi di prova�. Peraltro, gi� l�art. 24 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre1968 concernente la competenza giurisdizionale e l�esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale prevedeva che i provvedimenti provvisori o cautelari, previsti dalla legge di uno Stato contraente, potessero essererichiesti all�autorit� giudiziaria di detto Stato anche se, in forza dell�art. 2 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO della medesima Convenzione, la competenza a conoscere la controversia nelmerito era riconosciuta al giudice di un altro Stato contraente. In proposito, la giurisprudenza comunitaria ha chiarito che, per provvedimenti provvisori o cautelari, devono intendersi i provvedimenti volti allaconservazione di una situazione di fatto o di diritto onde preservare diritti deiquali spetter� poi al giudice di merito accertare l�esistenza (sentenze 28 aprile 2005, causa C-104/03, St. Paul Dairy Industries NV punto 13, sentenza 26marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler, Racc. pag. I-2149, punto34 e sentenza 17 novembre 1998, causa C-391/95, Van Uden, punto 37). Certamente tale pu� considerarsi il procedimento di descrizione, improntatoa celerit� ed immediatezza, destinato ad acquisire elementi di prova rilevanti ai fini dell�accertamento della violazione della propriet� intellettuale equindi strumentale all�instaurazione di una futura controversia. Si vedano inoltre le conclusioni dell�Avvocato Generale D. Ruiz-JaraboColomer nella citata causa C-104/03 in base alle quali � sempre applicabilel�art. 24 della Convenzione di Bruxelles ogni volta che la misura sia volta acostituire uno strumento per conservare un mezzo probatorio, al fine di farloacquisire in un giudizio posteriore. Viene infatti precisato, al punto 32, cheanche nel diritto europeo comparato esistono strumenti che consentono diprocedere all�assunzione di prove � nella specie si trattava di prova testimoniale � prima che venga promossa un�azione. �Essi solitamente si caratterizzano per il fatto che perseguono specificamente un obiettivo di conservazione processuale ai fini del quale il giudice adito pu� verificare il carattereeffettivo dell�asserito rischio di sparizione della prova, la rilevanza per lasoluzione di una lite dei fatti che si pretende far valere o un principio diprova per giustificare la necessit� del procedimento�. Il procedimento di descrizione appare quindi pienamente rientrare tra gliatti di assunzione della prova, che l�autorit� giudiziaria di uno Stato membropu� chiedere a quella di un altro Stato dell�Unione, non solo ai sensi delregolamento 1206/2001 ma anche in base ai principi di cooperazione tra Staticontraenti gi� affermati dalla Convenzione di Bruxelles e pi� specificamente confermati dalla Direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di propriet�intellettuale. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene di dover darerisposta positiva, in quanto l�obbligo di trasmettere una dichiarazione di ricezione � prevista in ogni caso dall�art. 7 del regolamento a prescindere dall�accoglibilit� della richiesta mentre l�obbligo di segnalare l�eventuale incompletezza della richiesta, alla luce del principio di cooperazione tra Stati in materiadi assunzione di prove, sussiste in ogni caso in cui la richiesta possa essereintegrata o chiarita illustrando la particolare procedura dello Stato richiedente. Ai sensi dell�art. 7 del regolamento citato, l�autorit� richiesta trasmetteentro sette giorni dalla ricezione della richiesta una dichiarazione di ricezione all�autorit� richiedente facendo eventualmente menzione delle mancanzedella richiesta. Allo stesso modo procede se la richiesta non pu� essere eseguita per mancanza dei dati necessari alla sua esecuzione o perch� � necessario un anticipo o un deposito (art. 8 reg. cit.). IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 177 Nel caso in cui l�esecuzione di una richiesta che soddisfi le condizioni dicompletezza esuli dalla competenza dell�autorit� giudiziaria alla quale �stata trasmessa, quest�ultima inoltra la richiesta all�autorit� giudiziaria competente del proprio Stato membro e ne informa l�autorit� giudiziaria richiedente (art. 7, comma 2 reg. cit.). Qualora l�autorit� giudiziaria richiedente abbia chiesto di eseguire larichiesta secondo una procedura particolare prevista dalla legge del proprioStato membro, l�autorit� giudiziaria investita accoglie tale richiesta a menoche detta procedura non sia incompatibile con le leggi del suo Stato membro o per notevoli difficolt� di ordine pratico. In tal caso, ne informa l�autorit�giudiziaria richiedente (art. 10, comma 3 reg. cit.) In linea generale, comunque, la facolt� di rifiutare l�esecuzione di unarichiesta di esecuzione dell�assunzione delle prove dovrebbe essere limitataa ben definite situazioni eccezionali (11� considerando del reg. 1206/2001). Nel caso di specie, il rifiuto � stato motivato con la considerazione chele attivit� di acquisizione delle prove, come richieste dal giudice italiano, non rientrerebbero tra le competenze dell�autorit� richiesta. In realt�, le motivazioni addotte dall�autorit� giudiziaria britannica rendono non conforme al regolamento il rifiuto di esecuzione delle richieste delgiudice italiano. Infatti, ai termini di regolamento, l�esecuzione di una richiesta pu� essere rifiutata solo se la richiesta non rientra nell�ambito di applicazione del regolamento; se non � costituito un deposito o un anticipo, nel casosia necessario, nel termine stabilito dal regolamento stesso; se l�autorit�richiedente non ha dato seguito alla domanda di completamento regolarmente avanzata dal giudice richiesto; o, infine, se non rientra nelle attribuzionedel potere giudiziario. Orbene, nonostante i possibili equivoci che pu� far sorgere il tenoredella risposta dell�autorit� britannica, deve escludersi che, nel caso di specie, ricorrano le prime tre condizioni. Quanto all�ultima eventualit�, la rispostadell�autorit� giudiziaria britannica appare non conforme al regolamento sianel caso in cui nella stessa si debba cogliere una negazione di attribuzioni delpotere giudiziario nel suo complesso, sia nel caso in cui la stessa debba interpretarsi soltanto come un difetto di competenza. Ed invero, nella prima ipotesi, se tra le attribuzioni in materia di acquisizione delle prove del potere giudiziario britannico vi � solo quella di assumere testimonianze, vi � una sostanziale importante limitazione dell�applicazione del regolamento 1206/2001 per quanto riguarda il Regno Unito. Nellaseconda, vi sarebbe una indubbia violazione del dettato regolamentare laddove questo impone all�autorit� giudiziaria richiesta, in caso di sua incompetenza, di trasmettere d�ufficio la richiesta all�autorit� competente per iltipo di procedura, dandone al contempo comunicazione all�autorit� richiedente (art. 7, comma 2 reg. cit.). Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere che la richiesta di procedere alla descrizione, neitermini di cui agli artt. 128 e 130 del Codice italiano della Propriet�Industriale e Intellettuale, sia da ricomprendersi, ai sensi del regolamentoCE 1206/2001 del Consiglio del 28 maggio 2001 tra gli atti di assunzione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO delle prove per le quali l�autorit� giudiziaria di uno Stato membro pu�, inbase al regolamento suddetto, chiedere all�autorit� giudiziaria competentedi un altro Stato membro di procedere all�assunzione della prova stessa. Il Governo italiano propone di risolvere il secondo quesito nel sensoche, in caso di richiesta di descrizione incompleta o che non soddisfa le condizioni di cui all�art. 4 del regolamento, sussiste l�obbligo per l�autorit� giudiziaria richiesta di trasmettere una dichiarazione di ricezione nei termini enei modi di cui all�art. 7 del regolamento nonch� di segnalare l�eventualeincompletezza della richiesta, onde consentire all�autorit� giudiziariarichiedente di completare o adeguare la propria richiesta. Roma, 31 luglio 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante�. Causa C-179/06 (Commissione c/ Repubblica italiana) � Ricorso per inadempimento ex art. 226 CE notificato il 24 maggio 2006 � Siti diimportanza comunitaria (SICp) e zone speciali di conservazione(ZPS) IT9120007 �Murgia Alta� � Interventi di edilizia industrialead Altamura (BA) � Cattiva applicazione direttive 92/43/CE e79/409/CE (ct. 21257/06, avv. dello Stato G. Fiengo). IL RICORSO Il procedimento promosso dalla Commissione delle Comunit� europeecontro la Repubblica italiana � volto a far constatare che quest�ultima, avendo il Comune di Altamura e la Regione Puglia approvato, a partire daldicembre 2000, una modifica di piano urbanistico costituita da una serie diinterventi di edilizia industriale suscettibili di aver un impatto significativonella ZPS e SICp IT 9120007 Murgia Alta, senza effettuare una previa valutazione dell�incidenza almeno per quanto riguarda gli impatti sulla ZPS, �venuta meno agli obblighi derivanti dal combinato disposto degli articoli 6, paragrafo 3, e 7 della direttiva 92/43/CEE. IL CONTRORICORSO �Il Governo della Repubblica italiana ritiene che non vi sia specificaviolazione delle citate direttive e che comunque i fatti (vecchi e nuovi) e lecorrette valenze giuridiche ad essi attribuibili possono ragionevolmenteindurre la Commissione ad abbandonare il giudizio. 1. In via preliminare si rammenta che l�articolo 6 paragrafo 3 della direttiva Habitat dispone che �Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla conservazione del sito, ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell�incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delleconclusioni della valutazione dell�incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo4, le autorit� nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicher� l�integrit� del sito in causa e, se del caso, previo parere dell�opinione pubblica�. 2.- La disposizione comunitaria sembra richiamare l�attenzione su dueaspetti: a) la possibilit� d�incidenza significativa di uno o pi� progetti (o IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 179 piano) sulla conservazione del sito; b) l�obbligo di procedere a valutazioned�incidenza prima che l�autorit� esprima il suo consenso al piano o al progetto, rendendo possibile l�iniziativa. La legislazione regionale della Puglia, fin dal 1994 � ben prima quindidella delimitazione della zona protetta di cui si discute � conteneva specialidisposizioni finalizzate ad incentivare l�occupazione nei settori industriale, artigianale, agricolo, turistico ed alberghiero. 3.-In sintesi le procedure previste dalla legge regionale n. 34 del 19dicembre 1994, cos� come modificata dalla legge regionale n. 8 del 28 gennaio 1998, prevedevano che i sindaci dei Comuni interessati potessero chiedere al Presidente della Giunta regionale la definizione di un accordo di programma, ai sensi dell�art. 27 della legge 8 giugno 1990, n� 142, per 1�autorizzazione alla realizzazione di complessi produttivi che attivassero immediatamente livelli occupazionali non inferiori a 50 addetti per unit� produttiva. La sottoscrizione di ciascun accordo di programma veniva di volta involta autorizzata dalla Giunta regionale ed era ammissibile solo se lo strumento urbanistico vigente non prevedeva aree idonee con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare o fosseindispensabile 1�ampliamento di strutture esistenti in aree contigue nondestinate alle attivit� industriali e/ o artigianali. 4.- Le stesse norme precisavano che le aree interessate agli interventiprevisti dall�accordo di programma dovevano essere dotate delle opere diurbanizzazione primaria; in assenza, le stesse opere dovevano essere previste a carico del soggetto destinatario della concessione edilizia. � evidente che l�intera applicazione delle misure incentivanti si fondava su l�individuazione delle aree e la predisposizione del progetto da parte del soggetto privato. L�accordo di programma, contrariamente a quanto potrebbe ritenersisulla base del lessico, non � atto che definisce una situazione giuridica, non� un atto amministrativo n� un contratto (iure civili), ma semplice moduloprocedimentale, nel quale uno o pi� soggetti pubblici e privati predeterminano i loro comportamenti e impegni per giungere ad un risultato finale. Nelcaso di specie i singoli �accordi di programma�, pur prefigurando unavariante urbanistica nella destinazione d�uso delle aree destinate agli interventi, non surrogavano i procedimenti pubblici e convenzionali necessari perdar corso all�iniziativa, n� si sostituivano al rilascio, per ciascuna costruzione, di una specifica licenza edilizia. Questo fa comprendere come a sei annidi distanza dall�adozione degli atti, la maggior parte delle iniziative previstein questi accordi non abbiano avuto realizzazione. 5.- In questo contesto l�articolo 1 bis, aggiunto dall�art. 1 comma 2 dellalegge regionale n. 8 del 1998, stabiliva espressamente che le disposizionidella legge d�incentivazione non potessero derogare alle norme �in materia divincoli di tutela del territorio e dell�ambiente� e quindi al rilascio delle relative autorizzazioni. Nell�ordinamento italiano le aree ZPS e SICp godono diun regime molto simile a quello dei parchi ed delle altre aree naturali vincolate ex lege. La giurisprudenza di norma riconosce valore ed efficacia ancheai vincoli che sopravvengano a precedenti difformi destinazioni di piano RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO regolatore o a successive sanatorie, restando acquisiti solo diritti derivanti dacostruzioni gi� realizzate in conformit� a vigenti strumenti urbanistici. 6.- La particolare disciplina (essenzialmente urbanistica) diretta adincentivare le iniziative industriali e turistiche in Puglia nelle forma sopraindicate, � stata peraltro abolita con la legge regionale 5 marzo 2004 n. 3 7.- Nondimeno la prospettiva di superare le difficolt� di modificazionedelle destinazioni d�uso dei terreni e le tradizionali lungaggini nell�approvazione dei piani regolatori avevano condotto una larga parte dell�imprenditoria di Altamura a proporre moltissime iniziative di localizzazione industriale fondate sulle richiamate leggi regionali, confidando in un effetto dipuntuale �variante al piano regolatore comunale� che veniva attribuita adun procedura fondata su un accordo di programma, promosso dal sindaco eautorizzato dalla regione. 8.- Allo stato degli atti pu� tuttavia precisarsi: � che le istanze pervenute al Comune di Altamura per l�applicazionedella legge regionale n. 34/94 e 8/98 ammontano a 131; � che di esse, solo 80 hanno conseguito conforme delibera del ConsiglioComunale; � che, a seguito di delibera del consiglio comunale n. 102/2002, sono daconsiderare ancora attuabili solo 58, mentre le restanti 73 sono da considerarsi prive di efficacia. 9.- Gi� in sede precontenziosa il Ministero dell�Ambiente � DirezioneConservazione della Natura (doc. 41 del ricorso) ha precisato che �IlComune di Altamura a fronte dei 120 accordi di programma (su 131 richieste originarie) definiti ai sensi delle ll.rr 34/94 e 8/98 ha rilasciato solo 8permessi di costruire per iniziative singole, in parte riferite ad ampliamentidi opifici esistenti ed in parte ricadenti in zone destinate dal P.R.G. ad insediamenti produttivi. Successivamente al giugno 2003 non risultano concessi ulteriori permessi di costruire n� risulta essere rilasciato alcun permesso per iniziativeinserite nel �Consorzio di Sviluppo Murgiano (per il quale � stata comunqueprescritta la Valutazione d�incidenza) e nel Consorzio San Marco; ci� anchealla luce del provvedimento n. 102 del 18 novembre 2002 del ConsiglioComunale di Altamura, finalizzato a delocalizzare le relative iniziative� 10.- In pratica sono state attivate solo quindici iniziative, ognuna dellaquali ha riguardato parti distinte del territorio e distinte modalit� di realizzazione (ampliamento, costruzione ex novo, utilizzazione di terreni gi� a vocazione industriale, variante alla previgente destinazione d�uso, etc.), Non esiste alcuna contiguit� tra le stesse, n� tanto meno un piano generale o territoriale che riguardi tali iniziative. Si tratta in altri termini di singoli progetti, ciascuno dei quali con una sua storia ed una sua peculiare incidenza sul contesto territoriale. Alcuni di essi, attesa la specifica importanza, sono statiassoggettati a preventiva valutazione d�incidenza, altri no, altri ancora sonostati assoggettati a diverse autorizzazioni in relazione agli aspetti ambientalie paesaggistici, per tutti il Comune di Altamura (v. oltre) si appresta ad effettuare anche una valutazione globale d�incidenza e a promuovere iniziative dimitigazione di eventuali (e allo stato �non provati�) effetti. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 181 11.- In tale contesto sembra abbastanza evidente la difficolt� delGoverno Italiano di difendersi dall�accusa di aver dato corso ad un piano territoriale �che non esiste� e di non aver preventivamente valutato un incidenza di singoli progetti (che � si ripete restano del tutto scollegati tra loro siasul piano funzionale che su quello spaziale) sull�area protetta, di cui laCommissione neppure fornisce un indizio. 12.- Ad ogni buon conto, poich� la scrupolosa conservazione del sitoAlta Murgia, secondo le specifiche modalit� previste nella direttive92/43/CEE e 79/409/CEE, costituisce primario interesse del Comune diAltamura, della Regione Puglia e del Governo della Repubblica Italiana, sono stati avviati (e conclusi) studi aerofotogrammetrici sul sito da partedella Regione Puglia, � stata affidato dal Comune di Altamura l�incarico professionale per la valutazione d�incidenza ambientale di tutte le iniziative previste negli �accordi di programma� e � da ultimo � con correlate deliberedella Giunta Regionale e del Consiglio Comunale di Altamura, sono statesospese tutte le procedure relative alle istanze per insediamenti produttivi dicui alle leggi regionali n. 34/94 e 8/98 in Comune di Altamura �nelle moredella definizione del giudizio della procedura Comunitaria n. 2002/5403 edelle risultanze dell�incarico per la redazione dello studio d�incidenzaambientale prodotta dagli Accordi di Programma sul territorio comunale. Si depositano gli atti indicati nell�elenco allegato al presente controricorso e si confida, in via principale, che la Commissione voglia rinunciare alricorso e, in subordine, che lo stesso sia dichiarato inammissibile (per difetto di specifica contestazione) e comunque infondato nel merito. Roma, 29 luglio 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo�. Causa C-180/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Legge sullatutela dei consumatori � Legge sui contratti conclusi a distanza � Regolamento (Ce) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001 � Ordinanza del Oberlandesgericht Wien (Austria), del 29 marzo 2006depositata il 7 aprile 2006 e notificata il 1� giugno 2006 (ct. 23330/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1.- Se il diritto riconosciuto ai consumatori dal � 5j delKonsumentenschutzgesetz austriaco (KSchG) (legge sulla tutela dei consumatori), BGBI. 1979/140, nella versione di cui all�art. 1, punto 2, delFernabsatzgesetz austriaco (legge sui contratti conclusi a distanza), BGBI. I1999/185, di poter chiedere in via giudiziaria agli imprenditori il premioapparentemente vinto, qualora questi ultimi inviino (abbiano inviato) promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni a determinati consumatorie, per il modo in cui tali comunicazioni sono formulate, suscitino (abbianosuscitato) l�impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad un�ordinazione di merce od anche ad una semplice ordinazione in prova e senza chesia stata ordinata della merce, e tuttavia il destinatario della comunicazione RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO richieda la vincita, costituisca ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 22dicembre 2000 n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, ilriconoscimento e l�esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: il �regolamento n. 44/2001�), un diritto di natura contrattuale oppure un diritto a questo assimilabile a norma dell�art. 15, n. 1, lett. c), del detto regolamento. 2.- In caso di soluzione negativa della questione sub 1): se sussista un diritto ai sensi dell�art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001 nel caso in cui ildiritto al pagamento della vincita non sia stato subordinato ad un�ordinazione dimerce, e tuttavia il destinatario della comunicazione abbia ordinato dei prodotti. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva atteso che l�art. 15 n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001, quale regoladi competenza speciale rispetto a quella generale del domicilio del convenuto di cui all�art. 2 dello stesso regolamento, � finalizzata ad assicurare unaprotezione adeguata al consumatore quale parte del rapporto ritenuta pi�debole rispetto all�imprenditore che vende il prodotto o offre il servizio nel- l�ambito di un�attivit� professionale. La questione sollevata dall�Oberlandesgericht, vertente sulla individuazione del giudice competente in caso di contratti conclusi a distanza ed inparticolare di promessa di un premio, subordinata o meno all�ordinazione diprodotti, ha gi� formato oggetto di tre decisioni di codesta Corte, che hannoesaminato il problema sotto diverse sfaccettature in situazioni simili, anchese non interamente sovrapponibili, tutte concernenti vendite a distanzaincentivate mediante promesse di vincite pecuniarie da parte di societ� consede in Germania in favore di cittadini residenti in Austria: la sentenza 11luglio 2002 , causa C-96/00, Gabriel; la sentenza 20 gennaio 2005, causa C27/ 02, Engler e la sentenza 16 marzo 2006, causa C-234/04, Kapferer (laprima e la terza causa sono sorte proprio da controversie promosse nei confronti della Schlank & Schick, parte della causa principale che ha originatoil presente giudizio di rinvio). Nelle tre citate cause era stato sostanzialmente posto il medesimo quesito ovvero se il diritto concesso ai consumatori dall�art. 5j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori, nella formulazione dell�art. 1 n. 2 della leggeaustriaca sui contratti a distanza, di poter chiedere in via giudiziaria agliimprenditori il premio apparentemente vinto allorch� questi ultimi abbianoinviato promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni a un determinatoconsumatore e, con la formulazione di queste comunicazioni, abbiano suscitato l�impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, costituisca ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968: � un diritto di natura contrattuale ai sensi dell�art. 13, punto 3, che prevede una competenza speciale in materia di contratti conclusi da consumatori, oppure � un diritto di natura contrattuale ai sensi dell�art. 5, punto 1, oppure � un diritto derivante da delitto o quasi-delitto ai sensi dell�art. 5, punto 3. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 183 Nella sentenza Gabriel, la vincita del premio era stata subordinata dalvenditore ad un ordinativo di prova senza impegno e il consumatore avevareclamato il premio effettuando effettivamente un�ordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte ha affermato che le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles devono essereinterpretate nel senso che l�azione giudiziaria con la quale un consumatoremira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio � domiciliatoed ai sensi della normativa di questo Stato, una societ� di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta societ� gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l�impressione che gli sar� attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora dettoconsumatore formuli effettivamente tale ordine senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dell�art. 13, primocomma, punto 3, della citata Convenzione. Nella sentenza Engler, la vincita del premio non era stata subordinata dalvenditore all�ordinativo di merce e il consumatore aveva reclamato il premiosenza effettuare alcuna ordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte ha affermato che l�azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio � domiciliato, una societ� di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto � di natura contrattuale, aisensi dell�art. 5, punto 1, della detta Convenzione, purch�, da un lato, la dettasociet�, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, gli abbiainviato una missiva, che lo designa per nome, idonea a suscitare l�impressione che gli verr� attribuito un premio nell�ipotesi in cui restituisca il �buonodi pagamento� allegato a tale lettera e purch�, dall�altro, il detto consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa. Per contro, quand�anche tale missiva contenga inoltre un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa societ� accompagnato da un modulo di �domanda di prova senza impegno�, la duplice circostanza che l�attribuzione del premio non dipenda dall�ordinativo di mercie che il consumatore non abbia di fatto effettuato il detto ordinativo � irrilevante ai fini della predetta interpretazione. La Corte ha invece escluso che la fattispecie integrasse un diritto di cuiall�art. 13 punto 3 della Convenzione di Bruxelles, richiedendo tale norma la�conclusione del contratto� avente �per oggetto una fornitura di servizio o dibeni mobili materiali�. Nella sentenza Kapferer, la vincita del premio era stata subordinata dalvenditore a un�ordinazione-prova non vincolante e il consumatore avevareclamato il premio senza effettuare per� alcuna ordinazione. In ordine a tale controversia, la Corte non ha affrontato il quesito concernente la competenza, avendo ritenuto assorbente la soluzione in senso negativo della questione pregiudiziale circa la possibilit� di riesaminare una decisione coperta da giudicato � appunto la statuizione che aveva affermato la compe RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tenza del giudice austriaco � se adottata in contrasto con i principi comunitari. Rilevanti ai fini del presente giudizio appaiono invece, come si vedr�, leconclusioni rassegnate in tale causa dall�Avvocato Generale Antonio Tizzano che � entrato nel merito anche del quesito concernente la competenza. In particolare, il giudice del rinvio aveva chiesto se un�ingannevole promessa di vincita, destinata ad agevolare la conclusione di un contratto e dunquepreparatoria di quest�ultimo, presenti un collegamento sufficientementestretto con la preventivata conclusione di un contratto con un consumatorecosicch� per l�azionamento di eventuali pretese su ci� fondate sussista lapossibilit� di adire il foro competente in materia di contratti conclusi da consumatori ex art. 15, n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001. L�Avvocato Generale ha concluso per l�inapplicabilit� del citato art. 15, n. 1 lett. c) e perl�applicabilit� invece dell�art. 5, n. 1 lett. a) del medesimo regolamento, precisando che comunque anche tale norma avrebbe condotto a ritenere competente il giudice austriaco. In tutte e tre le citate sentenze, � stata esclusa l�applicabilit� dell�art. 5 punto 3 della Convenzione di Bruxelles sulla responsabilit� da illecito inquanto, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di delitto o quasi- delitto ai sensi del citato art. 5, punto 3 comprende qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilit� del convenuto e che non si ricollega allamateria contrattuale di cui all�art. 5 n. 1 della stessa Convenzione (sentenze27 settembre 1988, causa 189/87, Kalfelis; 26 marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler e 27 ottobre 1988, causa C-51/97, R�union europ�enne) e quindi ha natura residuale. Nella controversia che ha originato il presente giudizio di rinvio, lavicenda � caratterizzata da una quarta combinazione degli elementi di fattorispetto alle altre tre controversie: la vincita del premio non era stata subordinata dalla societ� Schlank & Schick a un�ordinazione di merci e ciononostante la Signora I. ha reclamato il premio effettuando contestualmenteun�ordinazione in prova non vincolante. Innanzitutto, giova premettere che, comՏ noto, il regolamento n. 44/2001, entrato in vigore il 1 marzo 2002 ed applicabile ratione temporisalla causa principale, ha sostituito la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l�esecuzione delledecisioni in materia civile e commerciale � che � rimasta in vigore per i rapporti tra la Danimarca e gli Stati membri vincolati dal predetto regolamento � riprendendone in sostanza le disposizioni, pur apportandovi alcune modifiche ed adattamenti. Ci� posto, va rilevato che il giudice del rinvio ha escluso non solo l�applicabilit� dell�art. 5, punto 3 del regolamento n. 44/2001 � che corrispondeall�art. 5, punto 3 della Convenzione di Bruxelles � richiamando le motivazioni gi� esposte nelle tre richiamate sentenze in ordine alla residualit� dellapredetta norma ma ha altres� scartato la possibilit� di applicare utilmente alcaso di specie l�art. 5, punto 1 lett. a) del regolamento n. 44/2001 � corrispondente all�art. 5, punto 1 della Convenzione di Bruxelles � pur ritenendoche detta norma non faccia esclusivo riferimento ai contratti sinallagmatici IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 185 ma sia applicabile ogni volta che sia rinvenibile �un obbligo giuridico liberamente assunto da una parte nei confronti di un�altra� e quindi anche un�obbligazione unilaterale, come nel caso di specie. L�esclusione dell�applicabilit� del citato art. 5, punto 1 lett. a) derivadalla considerazione che, anche volendo inquadrare la controversia in unafattispecie di tipo contrattuale con obbligazioni a carico di una sola parte, ilcriterio del �giudice del luogo in cui l�obbligazione dedotta in giudizio �stata o deve essere eseguita� non potrebbe comunque comportare la competenza del giudice austriaco. Infatti, tale criterio di collegamento non individua direttamente il luogodell�adempimento ma rinvia alla legge che disciplina l�obbligazione di cui �causa secondo le norme di conflitto del giudice adito (cos� le sentenze 28 settembre 1999, causa C-440/97, GIE Groupe Concorde, 6 ottobre 1976, causa12/76, Industrie tessili italiana Como; 15 gennaio 1987, causa 266/85, Schenavai e 28 giugno 1994, causa C-288/92, Custom Made Commercial). Orbene, sia per la legge austriaca, sia per quella tedesca � contrariamente a quanto disposto ad esempio nell�ordinamento italiano dall�art. 1182 delcodice civile � per le obbligazioni pecuniarie, il luogo dell�adempimento �indicato nel domicilio del debitore e non del creditore e quindi l�obbligo dipagare la vincita del premio promesso dalla societ� debitrice, con sede inGermania, dovrebbe eseguirsi in Germania e non in Austria. � vero che, nelle conclusioni dell�Avvocato Generale nella citata causaKapferer, viene dato atto che il Governo austriaco, in identica situazione difatto e di diritto, aveva dedotto che �il luogo in cui l�obbligazione deve essere eseguita� doveva intendersi l�Austria, con conseguente competenza delgiudice austriaco ma nel presente giudizio la Corte � vincolata all�impostazione fornita del giudice del rinvio, al quale � attribuito l�onere di verificare, secondo il diritto internazionale privato austriaco, quale sia la legge applicabile, e che ha espressamente escluso la propria competenza in caso di applicazione dell�art. 5, punto 1, lett. a). Va soggiunto che nella causa C-234/04, Kapferer, ove la Corte fosseentrata nel merito della questione, sarebbe stato invocabile l�art. 24 del regolamento che riconosce la competenza del giudice di uno Stato membro, davanti al quale il convenuto � comparso senza eccepire l�incompetenza ditale giudice, a condizione che non vi sia un altro giudice esclusivamentecompetente in virt� dell�art. 22 dello stesso regolamento. Nel caso di specieinvece la societ� tedesca convenuta aveva espressamente eccepito l�incompetenza del giudice austriaco. Nell�ordinanza di rinvio, l�Oberlandesgericht ritiene quindi che, peraffermare la competenza del giudice austriaco, sia necessario dover inquadrare la fattispecie nell�ambito dell�art. 15, punto 1 lett. c) del regolamento � corrispondente all�art. 13, primo comma punto 3 della Convenzione diBruxelles � relativo ai contratti conclusi da consumatori e chiede alla Cortese sia possibile tale interpretazione sia nel caso che la promessa di vincitanon subordinata ad un�ordinazione di merce non sia stata effettivamenteseguita da un�ordinazione, sia, in via gradata, nel caso che la promessa di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO vendita non subordinata ad un�ordinazione sia stata invece seguita da un�ordinazione in prova contestuale alla richiesta di corresponsione del premio. Va subito detto che la fattispecie realizzatasi nella causa principale corrisponde a quella indicata nel secondo quesito formulato in via gradata, avendo la signora Ilsinger effettuato un�ordinazione in prova, pur non essendovi tenuta, e che la risposta positiva al primo quesito non pu� che comportare, a maggior ragione, una risposta positiva al secondo quesito. Infatti, la ragione per la quale, nella sentenza Engler, la Corte ha ritenutoche non fosse applicabile l�art. 13, primo comma, punto 3 della Convenzionedi Bruxelles � ora art. 15, punto 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001 � � chetale norma presuppone la �conclusione di un contratto� avente �per oggettouna fornitura di servizio o di beni mobili materiali� � mentre una sola promessa di vincita non accompagnata dall�ordinazione di un prodotto sicuramentenon integra tale presupposto � nonch� la ricorrenza delle due ulteriori condizioni di cui alle lettere a) e b) ovvero che la conclusione del contratto sia statapreceduta da una proposta specifica o da una pubblicit� nello Stato in cui ilconsumatore ha il proprio domicilio e che il consumatore abbia compiuto intale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto. Nella causa C-27/02, Engler � stato quindi affermato che il citato art. 13, comma 1, punto 3 della Convenzione di Bruxelles, quale norma derogatoriarispetto alla norma generale di cui all�art. 2 della medesima Convenzione, dovesse essere interpretata restrittivamente. Al caso di specie � per� applicabile l�art. 15, n. 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001 nel frattempo entrato in vigore che, come correttamente osservatodal giudice remittente, � formulato in maniera pi� ampia. Infatti, non solo talenorma non prevede pi� le due condizioni di cui alle lettere a) e b) dell�art. 13, comma 1, punto 3 ma, pur continuando a riferirsi ad un contratto che �sia statoconcluso� con una persona �le cui attivit� commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui � domiciliato il consumatore�, non fa pi� alcunriferimento al fatto che l�oggetto del contratto debba essere �una fornitura diservizi o di beni mobili materiali�, ben potendosi applicare anche ad un contratto che abbia un oggetto diverso e che non sia a prestazioni corrispettive. Ci� detto, va rilevato che la promessa di un premio, indirizzata personalmente alla Signora I. e non subordinata ad un�ordinazione, che sia stataaccettata dalla beneficiaria nel restituire il tagliando identificativo incollatosul suo certificato di richiesta di vincita, integra certamente un contratto concluso da consumatore ai sensi del citato art. 15, comma 1 lett. c) del regolamento, a prescindere dal fatto che detta accettazione sia stata accompagnata, come accaduto nella fattispecie, dall�ordinazione di un prodotto. � evidente infatti che le modifiche apportate dall�art. 15, punto 1 lett. c) del regolamento, nel senso di una maggiore genericit� della norma rispettoalla formulazione dell�art. 13, comma 1, punto 3 della Convenzione diBruxelles, sono evidentemente finalizzate a rafforzare la tutela dei consumatori, che trovano sicuramente pi� agevole e meno oneroso adire un giudicedello Stato membro dove risiedono anzich� il giudice di altro Stato. Il precedente Engler non pu� quindi precludere una diversa interpretazione atteso IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 187 che detta sentenza si fonda sulla Convenzione di Bruxelles, applicabile ratio- ne temporis a quella causa, e non sul regolamento 44/2001. Quanto alle conclusioni dell�Avvocato Generale nella causa C-234/04, Kapferer, che ha ritenuto valida l�interpretazione della sentenza Engleranche alla luce del Regolamento sopravvenuto, va precisato che presuppostoper l�applicazione dell�art. 15, n. 1 lett. c) del regolamento � pur sempre la�conclusione di un contratto� � sia pure con oggetto non predeterminato econ obblighi anche unilaterali � mentre nella causa C-234/04, diversamenteda quanto � occorso nella fattispecie che ha originato il presente giudizio, lavincita era stata espressamente subordinata ad un�ordinazione e il destinatario della promessa si era limitato e reclamare il premio senza effettuare alcuna ordinazione. Non pu� dirsi quindi che lo stesso avesse accettato le condizioni contrattuali con la conseguenza che, in quel caso, un contratto non �mai stato validamente concluso. In ordine al secondo quesito, come si � gi� detto, a maggior ragione � daritenersi applicabile l�art. 15, comma 1 lett. c) del regolamento, essendo stataeffettuata dal consumatore un�ordinazione di merce, tanto � vero che lo stesso giudice remittente ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in proposito soloin via subordinata, in caso di risposta negativa al primo quesito. In proposito, basti soggiungere che, pur non avendo il venditore subordinato la vincita ad un ordinativo di merce, esiste un rapporto inscindibile trala promessa del premio e l�ordinazione che il consumatore si indotto a farespontaneamente. Quest�ultimo ha infatti ordinato il prodotto essenzialmente, se non addirittura esclusivamente, in ragione della proposta del venditore, che implicava una promessa di vincita ampiamente superiore al costo delprodotto ordinato. Alla luce di quanto sopra, sarebbe irrazionale affermare che per talunepretese derivanti dall�ordinazione della merce � applicabile l�art. 15, n. 1 lett. c) mentre per altre, anche derivanti da rapporti precontrattuali, che presentino con tale contratto un nesso talmente stretto da esserne inseparabili, sonoapplicabili altre norme. A tale proposito, codesta Corte ha ricordato la necessit� di evitare, nella misura del possibile, il moltiplicarsi dei fori competentirelativamente al medesimo rapporto o a rapporti tra loro strettamente collegati (sentenza 19 febbraio 2002, causa C-256/00, Besix). Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso di ritenere applicabile l�art. 15, comma 1 lett. c) del regolamento n. 44/2001, dettato in materia di contratti conclusi da consumatori, alla pretesa volta a reclamare il premio promesso da una societ� di venditaper corrispondenza senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad un�ordinazione di merce e senza che un�ordinazione sia stata effettuata dal nel richiedere il pagamento del premio. Il Governo italiano propone inoltre alla Corte di risolvere il secondo quesito nel senso di ritenere, a maggior ragione, applicabile l�art. 15, comma 1lett. c) del regolamento n. 44/2001 alla pretesa volta a reclamare il premiopromesso da una societ� di vendita per corrispondenza senza che la riscossione della vincita sia stata subordinata ad un�ordinazione di merce e cionono RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO stante un�ordinazione di prodotti sia stata effettuata nel richiedere il pagamento del premio. Roma, 4 agosto 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante� Causa C-217/06 (Commissione c/ Repubblica italiana) � Ricorso per inadempimento ex art. 226 CE notificato il 24 maggio 2006 � Illegittimit� dell�affidamento dei lavori pubblici relativi alla progettazione, realizzazione e gestione di primo periodo di opere idriche nel comune di Stintino � Artt. 3 e 12 della Direttiva 71/305/CEE (ct. 21258/06, avv. dello Stato S. Fiorentino). IL RICORSO La Commissione chiede alla Corte di constatare che �avendo il Comune di Stintino attribuito direttamente a M. S.C.a.r.l., mediante la convenzione n, 7/91 ed i pedissequi atti aggiuntivi, l�appalto dilavori avente ad oggetto la realizzazione delle opere menzionate nella deliberazione n. 48 del Consiglio comunale di Stintino del 14 dicembre 1989, esegnatamente la �progettazione esecutiva e costruzione delle opere per l�adeguamento tecnologico e strutturale, riordino e completamento delle retiidriche e fognanti, delle rete viaria, delle strutture ed attrezzature di servizionell�abitato, dei nuclei di insediamento turistico esterni e del territorio delComune di Stintino, compreso il risanamento ed il disinquinamento dellacosta e dei centri turistici dello stesso�, senza ricorrere alle procedure diaggiudicazione previste dalla direttiva 71/305/CEE ed, in particolare, senzapubblicare alcun bando di gara nella Gazzetta ufficiale delle Comunit� europee, la Repubblica italiana � venuta meno agli obblighi imposti dalladirettiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici e, in particolare, dal suo articolo 3 e dal suo articolo 12�. La Commissione ha esposto di avere avviato, in seguito ad un reclamopervenuto il 21 marzo 2003, una procedura di infrazione (n. 2003/4372) ilcui oggetto � costituito dalla convenzione c.d. �di concessione� n. 7/91, conclusa tra il Comune di Stintino e la M. (1). La stipula della convenzione, avvenuta il 2 ottobre 1991, faceva seguito ad una deliberazione del Consiglio comunale di Stintino (n. 48 del 14dicembre 1989 � Allegato A/2 al ricorso), con la quale era stato deciso di�affidare in concessione alla S.. S.p.A. (...), anche consorziata nelle formedi legge con altre ditte, sempre con partecipazione maggioritaria, il reperimento dei necessari mezzi finanziari, l�elaborazione delle progettazione (1) Va qui rilevato che la Commissione enuncia di aver prodotto tale atto in allegato al ricorso, in particolare all�Allegato A/1 che, tuttavia, riguarda diverso documento (l�atto aggiuntivo n. 2, stipulato tra le stesse parti il 16 dicembre 1995): di fatto la convenzione n. 7/91, oggetto della procedura diinfrazione, non figura fra i documenti prodotti dalla ricorrente. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 189 delle opere di cui alla presente delibera, nonch� la realizzazione e la gestione delle stesse (...)�. Oggetto della convenzione, poi stipulata con la M.(della quale la S. S.p.A. era socio maggioritario), era la �progettazione esecutiva e costruzione delle opere per l�adeguamento tecnologico e strutturale, riordino e completamento delle reti idriche e fognanti, delle rete viaria, delle strutture edattrezzature di servizio dell�abitato, dei nuclei di insediamento turisticoesterni e del territorio del Comune di Stintino, compreso il risanamento edil disinquinamento della costa e dei centri turistici dello stesso�. Il Comune di Stintino ha concluso con M., nel periodo 1992-2001, undici �atti aggiuntivi�, con i quali venivano definiti nel dettaglio una serie diinterventi compresi nella convenzione originaria del 2 ottobre 1991, in particolare affidando alla societ�, con fissazione del relativo corrispettivo, larealizzazione di opere rientranti fra quelle previste nella convenzione nonch�la cura di tutte le attivit� tecnico-amministrative necessarie fino al collaudodei lavori (uno di tali aggiuntivi, il numero 11 stipulato il 1� ottobre 2001, costituisce l�Allegato A/3 al ricorso). Ricevuto il reclamo, la Commissione, in data 5 maggio 2003, ha inviatoalle autorit� italiane una lettera di richiesta di informazioni, che non figuratra gli allegati al ricorso, alla quale le autorit� italiane hanno dato rispostatrasmettendo una nota esplicativa in data 24 novembre 2003 del Comune diStintino (Allegato A/4 al ricorso). Nella nota, tra l�altro, si evidenziava: � che la convenzione era stata stipulata ai sensi dell�art. 8 della Legge regionale della Sardegna 22 aprile 1987, n. 24 (2) (v. All. A/4, pag. 49, rigo 8 e ss.); � che la durata della convenzione era di dubbia individuazione, perch� (2 )Si riporta il testo dell�art. 8 della legge regionale della Sardegna n. 24/87 (�Norme di semplificazione e snellimento delle procedure e disposizioni varie in materia di lavori pubblici�): �Art. 8 -Affidamento in concessione. La Regione e gli enti di cui al precedente art. 1 possono affidare in concessione ad altri enti pubblici, a societ� a totale o prevalente capitale pubblico, ad imprese o consorzi di imprese pubbliche oprivate, la realizzazione di opere pubbliche di particolare rilevanza tecnico-economica. La concessione pu� riguardare l�esecuzione di studi e indagini preliminari, l�approntamento diatti istruttori, le espropriazioni occorrenti per la realizzazione delle opere, le elaborazioni progettuali, la esecuzione delle opere e, eventualmente, la gestione anche temporanea delle stesse. L�affidamento in concessione deve essere disposto mediante convenzione da approvarsi dall�organo competente ad approvare l�esecuzione dell�opera pubblica. Lo schema della convenzione di cui al comma precedente, corredato da una relazione tecnica eda un progetto preliminare ove occorra, redatti dall�ente concedente, nei quali sono indicati gli elementi tecnici economiche che caratterizzano l�intervento, deve essere sottoposto al parere delComitato tecnico-amministrativo regionale dei lavori pubblici. La concessione che disciplina i rapporti tra concedente e concessionario deve prevedere: a) l�eventuale predisposizione a cura del concessionario dei progetti esecutivi secondo le vigenti norme; b) l�acquisizione da parte del concessionario, entro termini stabiliti, di tutte le autorizzazioninecessarie all�esecuzione dell�opera; c) l�approvazione del progetto esecutivo da parte del concedente; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO l�art. 17 della stessa vincolava l�efficacia del contratto al termine di sessanta mesi ma anche al completamento delle opere previste nella relazione programmata di accompagnamento alla convenzione stessa. Di fatto, la clausola di cui all�art. 17 era stata, poi, oggetto di una novazione, che aveva differito la scadenza della convenzione di ulteriori sessanta mesi (sino al 2 ottobre 2001) e, comunque �fino al completamento delle opere programmate conla relazione di piano per le quali � stato reperito il finanziamento, nonch�della gestione di primo periodo ...� (v. All. A/4, pag. 49, ultimi dodici righi); � che la stipula degli atti aggiuntivi atteneva all�aspetto esecutivo dellaconvenzione, perch� �gli atti aggiuntivi stipulati in seguito dalle parti per l�esecuzione di lavori di volta in volta individuati trovano la loro fonte nell�atto concessorio originario di cui regolano alcuni aspetti di dettaglio, non configurandosi quindi come nuovi contratti che dovrebbero invece essere sottoposti alla normativa in vigore al momento della loro stipula� (v. All. A/4, pag. 50, rigo 22 e ss.); d) l�espletamento, qualora il concessionario non sia l�esecutore diretto dei lavori, delle gare d�appalto tra imprese aventi i requisiti di legge con le modalit� previste per l�aggiudicazione di appalti diopere pubbliche dalle norme vigenti; e) le modalit� per la partecipazione del concedente alla vigilanza sui lavori e ai collaudi in corsod�opera o definitivi; f) le modalit� e i termini per la consegna dell�opera al concedente e le relative penalit� in casodi ritardo; g) le modalit� e i termini per il pagamento del corrispettivo della concessione e la determinazione delle ritenute di garanzia; h) le modalit� e i termini per la manutenzione dell�opera fino al collaudo; i) le eventuali modalit� di gestione delle opere; l) i casi di decadenza della concessione; m) quant�altro occorrente per garantire l�esecuzione dell�opera a perfetta regola d�arte. La scelta del concessionario, qualora non sia un ente pubblico o una societ� a prevalente capitale pubblico, deve essere preceduta da una gara di qualificazione sulla base di una lettera di invito contenente lo schema di convenzione di cui al presente articolo al fine di accertare l�affidabilit� delconcessionario e la convenienza tecnico-economica dell�affidamento. La lettera di invito per le gare di qualificazione dovr� essere inviata a tutte le imprese ed i consorzi di imprese che, a seguito di apposito avviso pubblico, ne abbiano fatto richiesta. A parit� di offerte i lavori sono concessi alle imprese, ai consorzi o ai raggruppamenti costituiticon la partecipazione non inferiore al 50 per cento di imprese che abbiano la sede legale in Sardegnada almeno tre anni. Qualora le opere vengano eseguite in regime di concessione da parte di enti pubblici, le sommeoccorrenti possono essere rese disponibili mediante versamento su appositi conti correnti intestati allaRegione, cui si applica la disciplina dell�art. 4 della legge regionale 7 gennaio 1975, n. 1� (sottolineature aggiunte). La norma � stata abrogata dalla legge regionale della Sardegna 28 aprile 1992 n. 6, che all�art. 24 dispone: �1. Alla legge regionale 22 aprile 1987, n. 24, sono apportate le modifiche di cui ai commi successivi. 2. (...); 3. (...); 4. L�articolo 8 � abrogato�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 191 Sia nella nota esplicativa del Comune di Stintino, sia nel corso della precedente riunione �pacchetto� sugli appalti pubblici tenutasi a Roma il 12 settembre 2003, le autorit� italiane hanno sostenuto, per come riferisce laCommissione nel ricorso, che la convenzione del 2 ottobre 1991 non costituiva un appalto di lavori pubblici, ma una concessione sottratta agli obblighi di messa in concorrenza, tenuto anche conto che il contratto non ricadeva, ratione temporis, nell�ambito di applicazione della direttiva 89/440/CEE. Con lettera di costituzione in mora del 30 marzo 2004, inviata il 1� aprile 2004 (Allegato A/5 al ricorso), la Commissione ha ritenuto non fondate leargomentazioni esibite dalle autorit� italiane, perch� la convenzione stipulata tra il Comune di Stintino e la M. non costituiva una concessione, ma unappalto di lavori pubblici soggetto alle procedure di scelta del contraente privato previste dalla direttiva 71/305/CEE, sia pure avuto riguardo al testo originario di essa, antecedente alle modifiche apportate dalla direttiva89/440/CEE, atteso che l�articolo 3 della direttiva del 1971 definisce la concessione come un contratto analogo all�appalto dei lavori pubblici �ma in cuila controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l�opera, oppure in questo diritto accompagnato da un prezzo�. Le autorit� italiane hanno risposto alla lettera di costituzione in mora il30 giugno 2004 (Allegato A/6 al ricorso), tornando a contestare che la convenzione in esame costituisse un appalto di lavori pubblici, o anche una concessione di lavori pubblici rientrante nella definizione dell�art. 3 della direttiva del �71, trattandosi di una diversa figura negoziale, riconducibile alla c.d. �concessione di committenza� conosciuta dal diritto italiano vigenteall�epoca dei fatti, comportante il trasferimento di poteri pubblici delleamministrazioni aggiudicatrici in ordine alle operazioni giuridiche e materiali coordinate all�esecuzione dell�opera pubblica (quali le espropriazioni, lascelta dell�appaltatore, la direzione lavori, il collaudo, etc...). In data 13 ottobre 2004, la Commissione, non ritenendo convincenti leeccezioni formulate nella risposta alla lettera di costituzione in mora, hainviato alla Repubblica italiana un parere motivato (Allegato A/7 al ricorso) che si concludeva con la contestazione oggetto del presente ricorso e con ilseguente invito: �La Commissione ritiene che, al fine di rimuovere l�infrazione al dirittocomunitario di cui al presente parere motivato, la Repubblica italiana debbainterrompere definitivamente ogni esecuzione delle attivit� affidate dalComune di Stintino alla societ� M. con la convenzione conclusa il 2 ottobre1991, ivi incluse le prestazioni dettagliate negli atti aggiuntivi successivamente firmati tra le suddette parti�. Le autorit� italiane hanno risposto al parere motivato comunicando unanota del Comune di Stintino, al quale erano allegati in copia una relazionedello stato dell�opera del Direttore dei lavori, due atti di aggiudicazione definitiva di lavori a soggetti differenti da M., individuati mediante procedura dievidenza pubblica, un avviso pubblico relativo alla realizzazione di importanti infrastrutture con ricorso alla finanza di progetto, due ricorsi propostida M. avverso le procedure di ricerca del contraente privato indette RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dell�Amministrazione comunale (la nota � stata versata in atti dalla ricorrente, in Allegato A/8 al ricorso, priva, per�, dei suddetti allegati). La Commissione ha deciso di adire codesta On.le Corte di giustizia, nonritenendo le argomentazioni e le prove comunicate dalle autorit� italiane sufficienti a soddisfare l�invito contenuto nel parere motivato. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �II A) Sull�istruzione della causa Formano oggetto della contestazione la convenzione n 7/91 stipulata il 2ottobre 1991 dal Comune di Stintino ed i pedissequi undici atti aggiuntivi, conclusi dalle medesime parti sulla base della predetta convenzione. Il Governo italiano rileva, in via preliminare, che, come gi� accennato nel- l�esposizione in fatto, la Commissione � la quale non ha contestato che leautorit� italiane abbiano omesso, durante la procedura contenziosa, di comunicare gli atti suddetti � non ha allegato al ricorso introduttivo la convenzionedel 2 ottobre 1991 e si � limitata a produrre due degli undici atti aggiuntivi. Sebbene, infatti, nella lista degli allegati, con la classifica A/1, figuri laconvenzione, il documento concretamente prodotto, individuato con le pagine da 21 a 28, costituisce uno degli atti aggiuntivi (il n. 2 del 16.12.1995). Laricorrente ha, poi, depositato, all�allegato A/3, un solo ulteriore atto aggiuntivo (il n. 11 del 1� ottobre 2001), quantunque nella lista degli allegati abbiaenunciato che l�allegato A/3 contenga tutti e undici gli atti aggiuntivi. Considerato l�art. 37 par. 1�, seconda parte del regolamento di proceduradella Corte di giustizia, secondo il quale ogni atto processuale deve esseredepositato �corredato di tutti gli allegati in esso menzionati� e, pi� in generale, il principio per il quale spetta alle parti dare offerta nei propri atti diprima difesa delle prove che si intendono invocare, desumibile dagli artt. 38, par. 1�, 40, par. 1�, 41, par. 1� e 42 del regolamento di procedura della Corte, il Governo italiano rileva che la convenzione n. 7/91 e i nove atti aggiuntivinon depositati dalla ricorrente non appartengono al processo quali mezzi diprova e che la possibilit� di un deposito successivo dei documenti in questione � subordinata alla condizione prevista dall�art. 42, par. 1�, del regolamento di procedura, secondo il quale �Le parti possono, anche nella replica enella controreplica, proporre nuovi mezzi di prova a sostegno delle loro argomentazioni, motivando il ritardo nella presentazione dei mezzi suddetti�. In secondo luogo il Governo italiano rileva che, come accennato nell�esposizione in fatto, la risposta al parere motivato fornita dalle autorit� italiane � stata depositata dalla Commissione priva dei suoi allegati. Poich�, ai fini della eccezione di irricevibilit� del ricorso che si svolger� nel prosieguo del presente controricorso, occorrer� valutare l�esistenza diun inadempimento in relazione alla situazione dello Stato membro quale sipresentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato ed occorrer� anche valutare come lo Stato membro avesse dato prova di tale situazione di fatto alla detta data di scadenza, si fa istanza affinch� codesta Corte digiustizia voglia disporre, con ordinanza ai sensi dell�art. 45, par. 1� e par. 2�, lett. b, del regolamento di procedura, che la Commissione depositi copia IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 193 degli allegati, individuati con i numeri da 1 a 6, alla nota del Comune diStintino prot. n. 11869 del 24 dicembre 2004 � Allegato A/8 al ricorso. II.B) Nel merito Ritiene il Governo italiano che la procedura di infrazione vada circoscritta alla stipula della convenzione n. 7/91 del 2 ottobre 1991, perch� gliundici atti aggiuntivi, conclusi sulla base di detta convenzione, non costituiscono nuovi affidamenti di lavori suscettibili di ricadere nell�ambito di applicazione della direttiva 71/305/CEE. Oggetto della direttiva, secondo il suo articolo 1, sono i �contratti� a titolo oneroso. Gli atti aggiuntivi in questione non rientrano nella definizione di contrattorilevante ai fini della direttiva, in quanto non costituiscono manifestazione diautonomia negoziale, ma atti dovuti in forza delle preesistente convenzione. Con la convenzione del 2 ottobre 1991 era, infatti, stato regolamentato invia generale il rapporto tra le parti, stabilendosi che ogni intervento ricadentenell�ambito di tale regolamentazione, una volta finanziato, sarebbe statodescritto in un apposito atto aggiuntivo, nel quale le parti avrebbero dato attodelle attivit� da svolgersi, fissato le modalit� ed i tempi di attuazione dell�intervento, le modalit� di pagamento e le modalit� di consegna delle opere Come evidenziato nella risposta alla lettera di richiesta di informazioni(Allegato A/4 al ricorso), la stipula degli atti aggiuntivi costituiva, quindi, unmomento esecutivo della convenzione generale, un atto dovuto in forza delprincipio pacta sunt servanda che non richiedeva un�ulteriore manifestazione di volont� di obbligarsi. L�autonomia delle parti, nella fase di conclusione degli atti aggiuntivi, siesercitava su aspetti non essenziali del rapporto, come avviene nel caso di uncontratto definitivo stipulato in esecuzione di un contratto preliminare e, soprattutto, non riguardava la fase di scelta del contraente, vale a dire la fasesuscettibile di ricadere nelle previsioni della direttiva 71/305/CEE. L�intero inadempimento contestato alla Stato italiano deve, pertanto, farsi risalire al momento della stipula della convenzione n. 7/91. Cos� circoscritto l�oggetto della vertenza, ritiene il Governo italiano cheil ricorso sia irricevibile perch� privo di oggetto, tenuto conto che non sussisteva pi�, alla scadenza del parere, alcuna trasgressione che fosse possibilefar cessare. Secondo costante giurisprudenza della Corte, l�esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membroquale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v. sentenze 4 luglio 2002, causa C-173/01, Commissione/Grecia, punto 7, 10aprile 2003, causa C-114/02, Commissione/Francia, punto 9; 27 ottobre2005, causa C-525/03, Commissione/Italia, punto 14). Applicazione di tale principio alla materia degli appalti pubblici � statafatta, ad esempio, nella sentenza 31 marzo 1992, causa C-362/90, Commissione/ Italia, con la quale � stato dichiarato irricevibile un ricorso indirizzatocontro un bando di gara perch�, alla scadenza del parare motivato, questoaveva esaurito tutti i propri effetti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In altre circostanze il ricorso � stato ritenuto ricevibile con l�argomentoche l�atto di aggiudicazione, alla predetta data di scadenza, continuava a produrre effetti, perch� l�esecuzione del contratto che ne era scaturito si proiettava ben oltre il termine di scadenza fissato nel parere motivato. Cos�, nella sentenza 28 ottobre 1999, causa C-328/96, Commissione/ Austria, nella quale, in sostanza, non � stata ritenuta sufficiente, ai fini del- l�irricevibilit�, la modifica da parte delle autorit� austriache delle condizionigenerali in materia offerte e capitolati d�oneri, sulle base delle quali era statoaggiudicato l�appalto, che non si era automaticamente tradotta, per ragioniderivanti dal principio tempus regit actum, nell�annullamento di un contratto stipulato nel vigore della previgente disciplina procedurale. Analogamente, nella sentenza 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C28/ 01, Commissione/Germania, la ricevibilit� del ricorso � stata affermata, sul presupposto che la lesione cagionata dall�inosservanza delle disposizionicomunitarie in materia di affidamento degli appalti si protrae per l�interadurata dell�esecuzione dei contratti stipulati in violazione di esse, in base allaconsiderazione che i contratti in quel caso esaminati avrebbero continuato aprodurre effetti per decenni (v., in particolare, il punto 36 sentenza). Ora, nella risposta al parere motivato le autorit� italiane hanno evidenziato che il Comune di Stintino si era gi� da tempo uniformato all�orientamento della Commissione, ritenendo concluso ogni rapporto con la concessionaria Maresar per quanto concerneva le infrastrutture comprese nella convenzione oggetto di contestazione. Di fatto, gli effetti obbligatori della convenzione si sono esauriti con lastipula dell�atto aggiuntivo n. 11 (Allegato A/3 al ricorso) del 1� ottobre2001: il Comune di Stintino ha provato, comunicando alla Commissione duesuccessivi atti di aggiudicazione di lavori a soggetti terzi, individuati a seguito di procedure di messa in concorrenza nonch� un avviso pubblico inerentela realizzazione di altre infrastrutture tramite project financing, che considerava estinto l�obbligo di affidare tali opere alla M., la quale, per parte sua, hareagito con ricorsi giurisdizionali alle determinazioni dell�Amministrazione. Queste affermazioni di fatto sono rimaste del tutto prive di replica da partedella Commissione nel parere motivato. Ritiene il Governo italiano che queste circostanze costituiscano seriargomenti di prova contraria rispetto a quanto affermato al punto 57 delricorso, nel quale la Commissione, sul presupposto che l�oggetto della convenzione comprendeva lavori di ben pi� ampia portata di quelli affidato congli undici atti aggiuntivi, paventa una perdurante vigenza del rapporto diconcessione e, conseguentemente, l�ulteriore affidamento di opere alla M. La Commissione pone, per�, il problema della perdurante esecuzione dialcuni rapporti oggetto di singoli atti aggiuntivi. Rileva il Governo italiano, a tale riguardo, che la condotta delle autorit�italiane, che hanno sostanzialmente riconosciuto l�infrazione commessa (suci� concorda la ricorrente), � stata ispirata dall�intento di adeguarsi alle contestazioni della Commissione, nei limiti in cui ci� fosse giuridicamente possibile. Giova, a tal proposito, rimarcare che, secondo giurisprudenza costan IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 195 te della Corte, il procedimento precontenzioso ha tra i suoi scopi quello dioffrire allo Stato membro interessato l�opportunit� di conformarsi al pareremotivato (v. sentenze 10 maggio 2001, causa C-152/98, Commissione/PaesiBassi punto 23; 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione Italia, punto 10). Le autorit� italiane hanno comunicato alla Commissione una relazionedella Direzione dei lavori dalla quale si evince che lo stato di avanzamentodei lavori e delle forniture oggetto degli undici atti aggiuntivi si attestavaintorno alla percentuale dell�82%. La ricorrente sembra convenire (v. punto54 del ricorso) che, nella sostanza, salvo alcune lavorazioni accessorie discarsa importanza, l�unica opera effettivamente in corso di esecuzione alladata di scadenza fissata dal parere motivato fosse il bacino di regolazioneidraulica, il cui stato di avanzamento era al 30% a causa di ritardi insortinelle espropriazioni. Non ignora questa difesa che, nella sentenza 2 giugno 2005, C-394/02, Commissione/Grecia, codesta Corte ha ritenuto ininfluente, ai fini della irricevibilit� del ricorso, che l�esecuzione del contratto contestato fosse statacompletata nella misura dell�85%. Ritiene, tuttavia, il Governo italiano che la vicenda che ha dato origineal presente procedimento presenti aspetti di fatto peculiari, che consentiranno di pervenire ad una decisione diversa. La possibilit�, per le autorit� italiane, di risolvere il rapporto con M. relativo alla realizzazione del bacino di regolazione (risoluzione cheavrebbe avuto necessariamente effetto retroattivo, stante l�indivisibilit�della prestazione dedotta nel contratto), incontrava, nel nostro caso, illimite del legittimo affidamento ingeneratosi nella controparte, a causadella durata che aveva avuto il rapporto, svoltosi pacificamente dal 1991al 21 marzo 2003 (data di avvio del procedimento precontenzioso: occorre, al riguardo, ricordare che la stipula dell�ultimo atto aggiuntivo data al2 ottobre 2001). Costituisce orientamento pacifico nella giurisprudenza della Corte cheanche le amministrazioni nazionali sono tenute ad osservare il principio ditutela del legittimo affidamento degli operatori economici. Il principio costituisce parte dell�ordinamento giuridico comunitario e la sua inosservanzacostituirebbe una violazione del Trattato e di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione (v. sentenza 3 maggio 1978, causa C-112/77, Toepfer, punto 19; v. anche sentenze 8 giugno 2000, causa C-396/98, Sclosstrasse, punto 44; 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, punto 43 e ss.). In conclusione, ritiene il Governo italiano che l�obbligo di conformarsial parere motivato da parte delle autorit� italiane sia stato adempiuto sino allimite in cui ci� non si scontrasse con posizioni intangibili, a causa del legittimo affidamento ingeneratosi nel titolari di tali posizioni. III. Conclusioni Sulla base delle considerazioni che precedono, il Governo italiano confida che la Corte vorr� accogliere le seguenti conclusioni: RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � in via istruttoria, ordinare alla Commissione ricorrente il deposito deidocumenti annessi all�Allegato A/8; � nel merito, respingere il ricorso ovvero dichiararlo irricevibile perch�privo di oggetto. Roma, 4 agosto 2006 Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino�. Causa C-230/06 (domanda di pronunzia pregiudiziale) � Ordinanza n. 11133/06 della Corte di Cassazione, sezione tributaria, emessa il 12gennaio � 15 maggio 2006 e notificata il 7 luglio 2006 � Corretta interpretazione degli art. 11-bis, comma 1 e 2, Reg. 87/1062/CEE, introdottodal Reg. 90/1429/CEE, e 215, comma 1, Reg. 92/2913/CEE (ct. 26736/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO 1.- La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazioneitaliana concerne � da un lato � l�operativit� dei termini posti dall�art. 11-bis, commi 1 e 2, Reg. 87/1062/CEE all�azione di accertamento della Dogana inseguito all�appuramento del transito della merce in regime di sospensionedei dazi presso la dogana di destinazione, nel caso sia successivamente scoperta la falsit� dei documenti che attestavano quell�appuramento, con il conseguente problema della responsabilit� dello spedizioniere, e � dall�altro lato � la individuazione, ai sensi dell�art. 215, comma 1, Reg. 92/2913/CEE, della dogana competente ad emettere l�ingiunzione per il pagamento dei dazievasi nel caso prospettato. 2.- Nella specie era accaduto che l�appuramento della merce in transitocomunitario (con certificati T1 risalenti al periodo fra il 23/4/1993 e il16/7/1993) era stato eseguito dallo spedizioniere M. & M. presso la doganatedesca di partenza di Weiden con certificati recanti timbri della dogana italiana di destinazione falsi e che tale falsit� era stata scoperta solo qualchetempo dopo, in seguito ad indagini compiute dalla Guardia di Finanza italiana � servizio antifrode � SVAD di Fortezza (delle quali una prima notizia erastata inviata alla Dogana di Bolzano/Fortezza in data 17 novembre 1993, come da documento �C� allegato alla memoria difensiva 16 maggio 1997dell�Amministrazione doganale italiana prodotta dinanzi al Tribunale diTrento) e dettagliatamente descritte nella Relazione finale prot. 29/SVADdell�8 gennaio 1996 (all. 7 alla presente memoria) inoltrata alla Procura dellaRepubblica di Bolzano nell�ambito del procedimento penale n. R.G. 569/94168/ 95 aperto per quei fatti presso il Tribunale Penale di Bolzano (come darichiesta di rinvio a giudizio 1 aprile 1996, all. 8). 3.- Una volta acquisita notizia della falsit�, la Dogana italiana diFortezza, competente in relazione al luogo dove era stato scoperto il reatoperch� la merce era stata irregolarmente introdotta in Italia attraverso il valico del Brennero, informava la dogana tedesca di partenza del mancato appuramento dei documenti T1 con nota 26 novembre 1993 (all. 1), ricevendorisposta in data 3 dicembre 1993 con indicazione del soggetto indicato comedomiciliatario dalla casa di spedizione M. & M. GmbH (all. 2); la stessa IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 197 Dogana di Fortezza indirizzava, poi, alla ditta M. & M. l�invito a pagamento dei dazi evasi in data 6-14 agosto 1995 (all. 4-5), cui seguiva l�ingiunzione del 17 novembre 1995 (all. 6); il tutto era effettuato nel rispetto del termine triennale di cui all�art. 221 n. 3 Reg. 92/2913/CEE ed all�art. 378 n. 3 Reg. 93/2454/CEE, nel testo all�epoca vigente (circostanza non contestata in giudizio e non oggetto di eccezione). 4.- La ditta M. & M. opponeva l�ingiunzione della Dogana di Fortezzadinanzi al Tribunale di Trento eccependo sia l�incompetenza della Dogana diFortezza, competente territorialmente essendo la Dogana di Aosta, sia ladecadenza della Dogana da ogni diritto per mancato rispetto del termine diundici mesi imposto dall�art. 11-bis, comma 1, Reg. 87/1062/CEE per lasegnalazione del mancato appuramento, con conseguente liberazione dellospedizioniere da ogni obbligo; l�Amministrazione finanziaria italiana contestava tali eccezioni, ritenendo competente all�emissione dell�ingiunzione peril pagamento dei dazi evasi la Dogana del luogo ove era scoperta la irregolare introduzione nello Stato della merce e ritenendo non operante il terminedi decadenza di cui all�art. 11-bis Reg. 1062/87 nel caso l�appuramento fossestato eseguito in base a certificazioni risultate false in seguito a successiveindagini; sia il Tribunale che la Corte d�Appello di Trento respingevano l�opposizione e la ditta M. & M. ricorreva in Cassazione; la Corte Suprema diCassazione rimetteva, quindi, alla Corte di Giustizia, ai sensi dell�art. 234Trattato Ce, le questioni pregiudiziali formulate nell�ordinanza 11133/09. I QUESITI 1.- Se l�art. 11 bis, par. 1, del reg. 87/1062/CEE, modificato dal regolamento 93/2454/CEE, debba essere interpretato nel senso di rendere operante il termine di undici mesi, posto all�amministrazione doganale di partenzaper comunicare il mancato appuramento delle merci in regime di transitocomunitario, nel caso in cui l�appuramento da parte della dogana di destinazione risulti attestato in documenti contraffatti, la cui falsit� non sia facilmente riconoscibile; se, ai fini dell�interpretazione della predetta norma, siano utilizzabili i principi affermati nelle sentenze della Corte di giustizia incause C-325/00 e 222/01; se l�attribuzione allo spedizioniere doganale delleintere conseguenze di una irregolare operazione di transito comunitario, nel- l�ipotesi considerata, sia in contrasto col principio di proporzionalit�. 2.- Se in ipotesi descritte nel precedente numero sia applicabile il par. 2dell�art. 11 bis. 3.- Se l�art. 215, par. 1, del regolamento 92/2913/CEE debba essereinterpretato nel senso che , in ipotesi quali quella descritta al n. 1, la competenza dell�ufficio doganale debba essere determinata secondo il criterio stabilito dalla seconda parte o dalla terza parte di detto paragrafo. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo della Repubblica italiana, anche nell�interesse dell�Amministrazione delle Finanze, interviene nel giudizio per formulare le osservazioni che seguono, al fine di sostenere la correttezza della interpretazionedata alle norme comunitarie in discussione dai giudici del Tribunale e della RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Corte d�Appello di Trento e la conseguente legittimit� e tempestivit� deiprovvedimenti adottati dai competenti uffici doganali italiani per il recuperodei dazi evasi nei confronti dello spedizioniere M. & M. con l�invito a pagamento 6-14 agosto 1995 e l�ingiunzione 17 novembre 1995. � Sulla prima parte del primo quesito, concernente l�art. 11-bis, comma1, Reg. 87/1062, come introdotto dal Reg. 90/1429: preliminarmente occorre rilevare che il Reg. 87/1062, ivi compreso l�art. 11-bis introdotto dal Reg. 90/1429, � stato abrogato dall�art. 127.1 Reg. 92/1214/CEE dellaCommissione del 21/4/1992, in G.U.C.E. n. L-132 del 16 maggio 1992(entrato in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione), a sua voltaabrogato dall�art. 913 Reg. 93/2454, applicabile dal 1� gennaio 1994 ai sensidel suo art. 915, comma 2; la circostanza acquista evidenza con la rimessione disposta dalla Cassazione perch� nei precedenti gradi del giudizio lanorma era stata ritenuta inapplicabile alla fattispecie di causa; quindi la questione � irricevibile dalla Corte di Giustizia perch�: a) proposta in relazionead una norma abrogata e non applicabile, ratione temporis, alla causa, senzaalcun riferimento a quella di cui all�art. 49 Reg. 92/1214, unica applicabile; b) concernente una disposizione che � stata riprodotta nel nuovo Reg. 92/1214 (e, poi, nel Reg. 93/2454) con modifiche rilevanti (come diremo inprosieguo) e, quindi, nel testo preso in esame dalla Cassazione ininfluente aifini del giudizio; c) irritualmente proposta nel giudizio a quo ove il motivodi ricorso in Cassazione che eccepisce la presunta violazione del Reg. 87/1062 (come modificato dal Reg. 93/2454, anzich� dal Reg. 92/1214) �inammissibile per violazione dell�art. 366, comma 1, n. 4, del codice di procedura civile italiano (che impone la esatta indicazione delle norme di leggeche si assumono violate); da tutte queste ragioni consegue, come gi� detto, la irricevibilit� del quesito n. 1 poich� lo scopo della rimessione ex art. 234Trattato � quella di risolvere una questione pregiudiziale per la decisione diuna causa dinanzi alla Autorit� Giudiziaria di uno Stato membro, qualoraquella questione non sia pregiudiziale perch� non ammissibile nel giudizio a quo, o comunque inutile ai fini del giudizio, la sua rimessione alla Corte diGiustizia non � ammissibile. La Corte, a tale proposito, ha costantemente affermato quanto segue (daultimo nella sentenza 30 giugno 2005 in causa C-165/03 Mathias L�ngst): ��30. Al riguardo, occorre rammentare come, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex art. 234 CE costituisca uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d�interpretazione del diritto comunitario necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v., segnatamente, sentenze 16 luglio 1992, causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto22, e 5 febbraio 2004, causa C-380/01, Schneider, Racc. pag. I-1389, punto20). 31. Nell�ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudicenazionale cui � stata sottoposta la controversia e che deve assumersi laresponsabilit� dell�emananda decisione giurisdizionale valutare, alla lucedelle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit� di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 199 sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, sele questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull�interpretazione deldiritto comunitario, la Corte, in via di principio, � tenuta a statuire (sentenza Schneider, cit., punto 21 e giurisprudenza cit.). 32. Tuttavia, la Corte haparimenti affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui � adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da ungiudice nazionale � possibile solo qualora risulti manifestamente che l�interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l�effettivit� o con l�oggetto della causa principale, qualora il problema sia dinatura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi difatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni chele vengono sottoposte (sentenza Schneider, cit., punto 22). 33. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del procedimento pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente la funzione di cui la Corte � investita, che � quella di contribuireall�amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimerepareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (sentenzaSchneider, cit., punto 23).� Ad ogni buon conto, qualora la Corte di Giustizia ritenga ricevibile laquestione e la voglia esaminarla nel merito, sia pure con riferimento al Reg. 92/1214, applicabile alla operazione di transito comunitario della quale sidiscute (posta in essere con certificati T1 nel periodo fra il 23 aprile 1993 e il16 luglio 1993), dovr� farsi riferimento all�art. 49, che riproduce, con alcuneimportanti integrazioni, l�abrogato art. 11-bis del vecchio Reg. 87/1062 (percompletezza si precisa che anche l�art. 379 par. 1 Reg. 93/2454, nel testo originario, poi ulteriormente modificato con Reg. Cee 15 dicembre 2000 n. 2787a partire dal 1� luglio 2001, contiene disposizioni identiche a quelle dell�art. 49); il termine di undici mesi indicato nell�art. 49.1 (come gi� nell�art. 11-bisabrogato) per la comunicazione da parte della dogana di provenienza dellamerce del mancato appuramento del transito non pu� trovare applicazione neiconfronti ed a danno dell�amministrazione doganale competente in relazioneal luogo in cui l�irregolarit� � stata scoperta � diversa da quella di provenienza � che agisce per il recupero dei dazi evasi, quando l�appuramento sia statoeffettuato in base a documenti risultati falsi, per varie ragioni. In primo luogo, gli uffici doganali non sono in grado di avere cognizione della falsit� a base dell�appuramento e, quindi, di agire prima di averavuto notizia dei fatti delittuosi da parte degli organi di indagine (cosa chenella specie, come riferito nel precedente par. 2, � avvenuta la prima volta indata 17 novembre 1993); ci� in applicazione del principio generale sancitodall�art. 221 Reg. 92/2913/CEE � C.D.C., il cui ultimo paragrafo (nel testovigente, sostanzialmente identico a quello anteriore alla modifica apportatacon Reg. 2700 del 2000) dispone che �qualora l�obbligazione doganalesorga a seguito di un atto che era nel momento in cui � stato commesso perseguibile penalmente, la comunicazione al debitore pu� essere effettuata allacondizioni previste dalle disposizioni vigenti, dopo la scadenza del termine RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di cui al paragrafo 3� [prima cinque, poi tre anni dalla data in cui � sortal�obbligazione doganale]; detta disposizione [costituente esplicazione delprincipio generale actio nondum nata non prescribitur ] deve trovare applicazione anche nel nostro caso, stante l�identit� della ratio legis e la necessit� di salvaguardare i diritti dell�Amministrazione che agisce per il recuperodei dazi evasi e che sarebbe, altrimenti, nell�impossibilit� di perseguire i propri fini istituzionali; in proposito, riteniamo utile ricordare che la Corte diGiustizia Ce, in sede di interpretazione dell�art. 3 del Reg. CEE n. 1697/1979, poi trasfuso nell�art. 221, ultimo paragrafo, del Cod. Dog. Com., con la sentenza C-273-90 (causa �Meico-Fell�), ha statuito che �l�espressione atto passibile di un�azione giudiziaria repressiva riguarda esclusivamente gli atti che nell�ordinamento giuridico dello Stato membro, le cui competenti autorit� procedono al recupero, sono qualificati infrazioni ai sensi deldiritto penale nazionale�; tale interpretazione prescinde da ogni riferimentoall�esito del procedimento penale derivante dall�accertamento del fatto-reatoimpeditivo dell�esatta riscossione. In secondo luogo, il termine di cui all�art. 49.1 Reg. 92/1214 non pu�trovare applicazione in tutti i casi in cui l�appuramento � oggettivamenteavvenuto, anche se con documenti falsi, come hanno correttamente deciso igiudici italiani di primo e secondo grado (sia pure in riferimento all�art. 11bis abrogato); ci� � il frutto dell�applicazione del principio generale sopraesaminato nel par. 9 e di una corretta interpretazione della norma secondoquanto chiaramente traspare dalla sua lettera: il Capitolo IV del Regolamento92/1214 parla di �Spedizioni non presentate all�ufficio di destinazione� el�art. 49.1 ripete �Quando una spedizione non sia stata presentata all�ufficiodi destinazione� (identica frase si legge nell�art. 379.1 Reg. 93/2454, mentre l�art. 11-bis Reg. 87/1062 parlava di �mancato appuramento�) e questafattispecie non ricorre allorch� l�appuramento cՏ stato, indipendentementedal suo esito e dalla sua genuinit�; se il Legislatore avesse voluto collegarela decorrenza del termine ad un appuramento regolare lo avrebbe detto! d�altronde, solo l�evento omissivo (la spedizione non � presentata o il mancato appuramento) � chiaramente percepibile dall�ufficio doganale, mentre un appuramento irregolare potrebbe non essere percepito immediatamente, come � avvenuto nella specie, a causa di una falsit� non chiaramente identificabile; quanto test� osservato trova conferma nel nuovo art. 366.2 Reg. 93/2454 (come modificato dal Reg. 2787 del 2000) che, con funzione chiarificatrice e non innovatrice della precedente normativa, quindi applicabileanche al caso del quale si discute, dispone: �2. La procedura di ricerca [aisensi del n. 1: �al fine di raccogliere le informazioni necessarie all�appuramento del regime o, in mancanza, stabilire le condizioni d�insorgenza del- l�obbligazione doganale, individuare il debitore e determinare le autorit�doganali competenti�] � parimenti avviata qualora emerga a posteriori chela prova della conclusione del regime � stata falsificata e che il ricorso a taleprocedura � necessario per giungere agli obiettivi di cui al paragrafo 1�; inquesto caso, come � logico e corretto, nessun termine e nessuna prescrizioneformale sono posti all�azione dell�amministrazione doganale. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 201 In terzo luogo, l�art. 49 non � applicabile nella specie perch� non si �verificata l�altra condizione posta dal primo comma (e ribadita nell�art. 379.1 Reg. 93/2454) per la operativit� dell�obbligo di notificazione entro iltermine di undici mesi: �e non possa accertarsi il luogo dell�infrazione o dell�irregolarit�� (condizione che non era esplicitata nell�art. 11-bis abrogato ma che costituisce un chiarimento pi� che una innovazione); poich� nellaspecie il luogo dell�infrazione � stato accertato dalla Guardia di Finanza- SVAD nella frontiera al valico del Brennero, ove la merce � stata clandestinamente introdotta in Italia (si veda la relazione allegata al n. 7, oltre aglialtri documenti depositati nel giudizio a quo), la disposizione in esame risulta inapplicabile. In quarto luogo, l�art. 49 non � applicabile nella specie perch� rivolto allasola dogana di provenienza (�l�ufficio di partenza ne d� notificazione�) nelcaso sia rimasta competente al recupero dei dazi evasi, cio� nel caso in cuinon possa accertarsi il luogo dell�infrazione o dell�irregolarit� (v. par. 10), mentre qualora questo luogo sia accertato (come � nella fattispecie) e siacompetente la Dogana del detto luogo (ai sensi degli art. 34 n. 1-2 e 37 n. 3del Reg. 90/2726/CEE del Consiglio del 17/9/1990, oltre che dell�art. 378.3Reg. 93/2454, su cui pi� diffusamente in prosieguo quando parleremo delterzo quesito) non scatta la prescrizione della notificazione entro undici mesi. Infine, si osserva che il termine di decadenza in esame non pu�, comunque, trovare applicazione in danno dell�amministrazione doganale che procede per il recupero dei dazi evasi nei confronti del debitore o dei suoi rappresentanti che quelle operazioni irregolari hanno effettuato; ci� � stato affermato chiaramente dalla Corte di Giustizia Ce nella sentenza 14-11-2002, C112/ 01: �L�art. 379, n. 1, del regolamento n. 2454/93 [che, ripetesi, ribadiscela formulazione dell�art. 49.1 Reg. 92/1214], che fissa talune disposizioni diapplicazione del regolamento n. 2913/92, che istituisce il codice doganalecomunitario, in combinato disposto con quest�ultimo regolamento, dev�essere interpretato nel senso che l�importo di un�obbligazione doganale sorta aseguito di un�infrazione o di un�irregolarit� commessa in occasione di unaspedizione effettuata in regime di transito comunitario esterno pu� essereriscosso dall�ufficio di partenza presso l�obbligato principale, anche ove ildetto ufficio non abbia notificato a quest�ultimo, entro la fine dell�undicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transitocomunitario, che tale spedizione non � stata presentata all�ufficio di destinazione e che il luogo dell�infrazione o dell�irregolarit� non pu� essere accertato; infatti, un regolamento di attuazione deve costituire oggetto, se possibile, di un�interpretazione conforme alle disposizioni del regolamento base; ora, nessuna disposizione del codice doganale consente di concludere che l�inosservanza del termine di undici mesi comporti l�estinzione dell�obbligazione doganale sorta a carico dell�obbligato principale; questo termine costituisce una prescrizione procedurale che si rivolge soltanto alle autorit� amministrative ed il cui scopo � quello di garantire un�applicazione diligente e uniforme delle disposizioni in materia di riscossione dell�importo dell�obbligazione doganale nell�interesse di una rapida messa a disposizione delle risor RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO se proprie della comunit�; dato che l�inosservanza del termine di undici mesinon ha, in se stessa, alcuna incidenza sull�esigibilit� e sulle modalit� diriscossione dell�importo dell�obbligazione doganale, la circostanza che l�ufficio di partenza non abbia applicato una disciplina amministrativa relativaalla trasmissione di informazioni, come il sistema d�informazione previa, oche il ritardo nella notifica sia dovuto ad un errore o ad una negligenza daparte di tale ufficio � irrilevante.�; questa pronunzia � decisiva per la soluzione del quesito posto dalla Cassazione ma non � stata presa in considerazionenonostante fosse stata citata dall�Amministrazione finanziaria nei suoi attidifensivi dinanzi alla Suprema Corte! � Sulla seconda parte del primo quesito, concernente la responsabilit�dello spedizioniere doganale per le irregolarit� delle operazioni di transitocomunitario: la Corte di Cassazione chiede anche se, ad avviso della Cortedi Giustizia, possa essere considerata contrastante con il principio di proporzionalit� �l�attribuzione allo spedizioniere doganale delle intere conseguenze di una irregolare operazione di transito comunitario�; al quesito deveessere data risposta negativa, con la conferma della piena operativit� dellaresponsabilit� dello spedizioniere doganale per tutte le obbligazioni nascenti da una irregolare operazione di transito comunitario, atteso che la invocazione del �principio di proporzionalit�� � del tutto fuori luogo nella fattispecie in esame ove, come in tutte le ipotesi di responsabilit� dello spedizioniere per fatti connessi alle operazioni allo stesso affidate, trattasi di responsabilit� solidale con l�operatore che vale solo a rafforzare le garanzie di soddisfacimento della Comunit� per il recupero di risorse proprie e consente sempre allo spedizioniere di recuperare nei confronti del debitore quanto pagatoin virt� di quella solidariet�; peraltro, trattasi di responsabilit� a titolo principale (nel senso che manca la sussidiariet� che imporrebbe al preventivaescussione dell�operatore) proprio per la sua funzione di garanzia dei dirittidella Comunit�, radicata nel chiaro disposto dell�art. 96.2 Reg. 92/2913Codice Doganale Comunitario (applicabile nella specie perch� entrato invigore prima dei fatti): ��anche uno spedizioniere o un destinatario cheaccetti le merci sapendo che sono soggette al regime del transito comunitario sono tenuti a presentarle intatte all�ufficio doganale di destinazione neltermine fissato e a rispettare le misure di identificazione prese dalle autorit� doganali�, con la conseguente assunzione di tutte le relative responsabilit� per il pagamento dei dazi e delle altre imposte. La piena responsabilit� dello spedizioniere, non suscettibile di riduzionea causa dell�entit� del suo compenso, trova giustificazione anche nelle normedel Codice Doganale Comunitario che individuano il presupposto dell�obbligazione doganale ed i responsabili: l�obbligazione doganale sorge, ai sensidell�art. 204.1, lett. b), in seguito all�inosservanza di una delle condizionistabilite per il vincolo di una merce ad un determinato regime doganale(nella fattispecie il transito per la dogana di destinazione e l�uscita dal territorio doganale comunitario); il debitore � individuato dall�art. 204.3 �nellapersona tenuta, secondo il caso, ad adempiere gli obblighi che, per unamerce soggetta a dazi all�importazione, derivano �dall�utilizzazione del IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 203 regime doganale cui la merce � stata vincolata�, cio� nella figura dell�obbligato principale e del suo spedizioniere (tenuto, ai sensi dell�art. 96.2 citato, al rispetto di tutti gli obblighi connessi al transito comunitario); l�esistenzadi eventuali coobbligati (persone che hanno sottratto o collaborato alla sottrazione della merce al controllo doganale, art. 203.3) non comporta alcunbeneficio di sussidiariet� o di preventiva escussione a favore degli obbligatiprincipali individuati dall�art. 96 (si veda quanto deciso dalla Corte diGiustizia Ce nella sentenza 5 ottobre 1983 nelle cause riunite C-186-187/82: �secondo le norme comunitarie vigenti in materia doganale, la sottrazione, ad opera di terzi, anche senza colpa del debitore, di merce soggetta a daziodoganale non estingue la relativa obbligazione�). La piena responsabilit� dello spedizioniere trova ulteriore conferma neiprincipi pi� volte affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia inmateria di responsabilit� degli operatori commerciali: vedasi la nota sentenza della Corte di Giustizia CE 17/7/97-C 97/95, confermata, da ultimo, dallasentenza del 9 marzo 2006, nella causa C-293/04 tra Beemstrboer ColdstoreServices & Inspecteur der Belastingdienst � Douanedistrict Arnhem, secondo cui: ҏ pacifico che la Comunit� non � tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli dei comportamenti scorretti dei fornitori degli importatori (sentenza Pascoal & Filhos, cit., punto 59)�; ancora, le sentenze delTribunale di I grado CEE � sez. III � 9 giugno 1998 in cause riunite T-10/97e T-11/97 Unifrigo Gadus s.r.l., ai punti 62-63, e della Corte di Giustizia � sez. II � 26 novembre 1998 in causa C-379/96 Covita AVE: �� tocca aglioperatori economici adottare, nell�ambito dei loro rapporti contrattuali, iprovvedimenti necessari per premunirsi contro i rischi di un�azione di recupero (sent. Corte 14 maggio 1996 in cause riunite C153/94 e C-904194Faroe Seafood e a., Racc. pag. I-2465, punto 114; e 17 luglio 1997 causa C97/ 95, Pascoal & Filhos, Racc. pag. I-4209, punto 60)�. � Sul secondo quesito, concernente l�art. 11-bis, comma 2, Reg. 87/1062: ad avviso del Governo italiano la questione � irricevibile, per imotivi gi� esposti in relazione alla prima parte del primo quesito, nei par. 67; la questione �, altres�, irricevibile per l�inammissibilit� del motivo diricorso in Cassazione (come gi� eccepito nel corso del giudizio, v. controricorso e memoria, all. 9-10), perch� trattasi di eccezione non ritualmente proposta dalla ditta opponente (proposta, cio�, solo in sede di comparsa conclusionale di secondo grado e non con l�originario atto di opposizione, in violazione del principio del contraddittorio) e che non pu� essere presa in considerazione dal Giudice italiano: poich� lo scopo della rimessione ex art. 234Trattato � come dianzi rilevato � � quella di risolvere una questione pregiudiziale per la decisione di una causa dinanzi alla Autorit� Giudiziaria di unoStato membro, qualora quella questione non sia pregiudiziale perch� nonammissibile nel giudizio a quo la sua rimessione alla Corte di Giustizia non� ammissibile (rileviamo che l�eccezione � stata gi� accolta dalla Corted�Appello e non ancora esaminata dalla Cassazione che ha ritenuto di poterpreliminarmente ricorrere all�art. 234 Tr., laddove avrebbe dovuto primadecidere sulla sua ammissibilit�). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La questione, tuttavia, � mal posta, atteso che, nella versione dell�art. 49.2 Reg. 92/1214 in vigore al momento dei fatti di causa, concerne una prescrizione prevista dal Legislatore comunitario a carico della sola dogana diprovenienza (atteso che concerne �la notificazione di cui al paragrafo 1�, cio� da parte dell�ufficio di partenza� come dedotto nel precedente par. 12) ed a condizione che �non possa accertarsi il luogo dell�infrazione o dell�irregolarit�� (condizione che nella specie non ricorre, come precisato nel precedente par. 11), con tutte le conseguenze dedotte dianzi in merito al primoquesito e che qui si richiamano integralmente, ivi compresi il riferimentoall�art. 366.2 Reg. 93/2454 ed alla sentenza 14 novembre 2002, C-112/01. Peraltro, la questione � irrilevante nel giudizio a quo, come eccepitodall�Amministrazione Finanziaria nelle sue difese, e quindi irricevibile aisensi e per i fini dell�art. 234 Trattato, perch� nell�invito di pagamento rivolto alla M. & M. (in data 8 agosto 1995, all. 4) era fatta espressamente salvala facolt� di cui all�art. 11-bis paragrafo 2: �si invita � a pagare � entro tremesi dalla data di ricezione del presente invito, a meno che, entro il medesimo termine, codesta ditta possa dimostrare la regolare presentazione allaDogana di destinazione dei documenti T1 in questione. � Sul terzo quesito, concernente la competenza dell�ufficio doganale aisensi dell�art. 215, par. 1, Reg. 92/2913/CEE: la Cassazione chiede se lacompetenza dell�Ufficio doganale ad emettere l�invito a pagamento dei dazievasi ed a curare la successiva procedura di riscossione debba essere determinata ai sensi della seconda parte o della terza parte di detto paragrafo; innanzitutto, si deve precisare che il testo dell�art. 215 a cui fa riferimento laCassazione � quello modificato dall�art. 1 Reg. CE 13/4/1999 n. 955, mentre quello vigente all�epoca dei fatti era strutturato in termini formali diversi(con la distribuzione sui primi tre paragrafi di quanto raggruppato nel primoparagrafo della nuova versione), anche se con l�affermazione di principisostanzialmente coincidenti. Ad ogni buon conto � inutile ricercare eventuali differenze fra le due versioni della norma, atteso che la competenza dell�ufficio doganale per il recupero dei diritti evasi in occasione di operazioni di transito comunitario � dettagliatamente regolata dall�art. 34, par. 1-2, Reg. n. 90/2776 del Consigliodel 17 settembre 1990, relativo al transito comunitario, e che costituisce lanormativa speciale regolante la materia, restato in vigore fino al 31 dicembre 1993 (essendo stato sostituito dall�art. 378.3 Reg. 93/2454, entrato invigore il 1� gennaio 1994) e quindi applicabile ai fatti di causa; ai sensi delcitato art. 34, par. 1-2, �l�azione per il recupero dei dazi e degli altri dirittied imposteɏ posta in essere� dallo Stato membro ove � stata commessa o accertata l�infrazione, quindi nella specie dallo Stato italiano ove � stataaccertata l�infrazione (si vedano le indagini della Guardia di Finanza-SVADpi� volte citate); solo nel caso in cui �non � possibile stabilire il luogo del- l�infrazione o dell�irregolarit�� il par. 3 attribuisce la competenza all�ufficiodi partenza o di passaggio; significativa �, poi, la disposizione contenuta nelcomma 3 del par. 3 del cit. art. 34, ove si dispone che �Se, prima della scadenza del termine di tre anni a decorrere dalla data di registrazione della IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 205 dichiarazione T1, � possibile determinare lo Stato membro in cui la suddetta infrazione o irregolarit� � stata effettivamente commessa [caso che ricorre nella specie], tale Stato membro procede, conformemente alle disposizioni comunitarie o nazionali, al recupero dei dazi ed altri diritti e imposte� (tale disposizione � confermata nell�art. 378.3 Reg. 93/2454, entrato in vigore successivamente ai fatti); ai sensi delle disposizioni richiamate, quindi, lacompetenza nella specie deve essere attribuita alla Dogana italiana, in relazione al luogo in cui � stata commessa e, comunque, accertata l�infrazionealla disciplina del transito comunitario; il riferimento all�art. 215 Reg. 92/2913, sia pure formalmente errato, non scalfisce queste conclusioni, atteso che detta principi sostanzialmente identici. Per tutti i motivi esposti, si conclude perch� codesta Corte di Giustizia, nel caso ritenga ricevibili i quesiti, voglia cos� rispondere: 1. al primo quesito, prima parte, ed al secondo quesito: a) i termini di cuiall�art. 49.1-2 Reg. 92/1214 non possono trovare applicazione in tutti i casi incui l�appuramento � oggettivamente avvenuto, anche se con documenti falsi, ecomunque non possono trovare applicazione nei confronti ed a danno dell�amministrazione doganale competente in relazione al luogo in cui l�irregolarit� �stata scoperta � diversa da quella di provenienza � che agisce per il recuperodei dazi evasi; b) l�importo di un�obbligazione doganale sorta a seguito diun�infrazione o di un�irregolarit� commessa in occasione di una spedizioneeffettuata in regime di transito comunitario esterno pu� essere riscosso dall�ufficio di partenza o da quello in cui l�infrazione � stata commessa o accertata, nei confronti di tutti gli obbligati, compreso lo spedizioniere, anche ove il dettoufficio non abbia notificato all�obbligato principale, entro la fine dell�undicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transitocomunitario, che tale spedizione non � stata presentata all�ufficio di destinazione e che il luogo dell�infrazione o dell�irregolarit� non pu� essere accertato, enon gli abbia consesso il termine di tre mesi per fornire eventuali elementi diprova (ai sensi dell�art. 49.1-2 Reg. 92/1214 e dell�art. 379.1-2 Reg. 93/2454nel testo vigente prima della modifica di cui al Reg. 2787 del 2000). 2. Al primo quesito, seconda parte: ai sensi dell�art. 96.2 Reg. 92/2913Codice Doganale Comunitario lo spedizioniere che accetti le merci sapendoche sono soggette al regime del transito comunitario � tenuto a tutti gliobblighi relativi e risponde del pagamento dei dazi e delle altre imposte derivanti dalle irregolarit� delle operazioni, senza che possa invocare limitazioni in virt� del principio di proporzionalit�. 3. Al terzo quesito: ai sensi dell�art. 34, par. 1-2, Reg. n. 90/2776 delConsiglio del 17 settembre 1990 e dell�art. 378.3 Reg. 93/2454, entrato invigore il 1� gennaio 1994, l�azione per il recupero dei dazi e degli altri diritti ed imposte evasi in occasione di operazioni di transito comunitario � postain essere dallo Stato membro ove � stata commessa o accertata l�infrazione(nella specie, correttamente, dallo Stato italiano ove quella infrazione �stata accertata). (�). Roma, 10 agosto 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Cause riunite C-231/06, C-232/06 e C-233/06 (domande di pronunciapregiudiziale) � Direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEE � Regimi pensionistici � Contributi di regolarizzazione � Ordinanze del 10 maggio2006, depositate il 22 maggio 2006, promosse dalla Cour du travail diBruxelles (Belgio) (cs.28210/06, avv. dello Stato W. Ferrante). I QUESITI 1.- Quanto ai contributi di regolarizzazione (art. 4 del regio decreto 25giugno 1997 che introduce l�art. 16 ter, � 2), se la direttiva 19 dicembre1978, 79/7/CEE debba essere intesa come diretta ad autorizzare l�adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell�altrosesso, dietro il pagamento retroattivo di contributi (pagamento in unica soluzione di un capitale elevato) prescritti, ai sensi della legislazione applicabilein detto Stato, a favore di quest�ultima categoria di persone. In caso di risposta affermativa, se la direttiva 19 dicembre 1978,79/77CEE non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Statomembro adatti la normativa contraria alle disposizioni della menzionatadirettiva qualora con una sentenza della Corte di giustizia delle Comunit�europee si sia constatato tale conflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile al credito contributivo scaturito dall�adozione di tale normativa. 2.- Quanto agli interessi di mora (art. 4 del regio decreto 25 giugno1997 che introduce l�art. 16 ter, � 4, terzo comma), se la direttiva79/7/CEE debba essere intesa come diretta ad autorizzare l�adozione, daparte di uno Stato membro, di una normativa che consente a una categoriadi persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiaredel regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell�altrosesso, dietro il pagamento di considerevoli interessi di mora prescritti, inforza della legislazione applicabile in detto Stato, a favore di quest�ultimacategoria di persone. In caso di risposta affermativa, se la direttiva 19 dicembre 1978,79/77CEE non debba essere intesa come diretta ad esigere che uno Statomembro modifichi la normativa contraria a tale disposizione qualora con unasentenza della Corte di giustizia delle Comunit� europee si sia constatato taleconflitto di norme e, quanto meno, entro il termine di prescrizione applicabile agli interessi di mora scaturiti dall�adozione di tale normativa. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta positiva, in quanto deve ritenersi che l�eccezionale retroattivit� di un atto comunitario, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere, debba essere contemperata, daun lato, con i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, dal- l�altro, con le norme interne in materia di prescrizione, come esposto nella sentenza della Corte di giustizia del 26 aprile 2005, causa C-376/02, Goed Wonen. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 207 La direttiva 79/7/CEE del Consiglio, relativa alla graduale attuazione delprincipio di parit� di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, trova il proprio fondamento nell�art. 119 del Trattato che sancisce il principio della parit� di retribuzione, a parit� di lavoro, senza alcunadiscriminazione fondata sul sesso. Con la sentenza del 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, la Corte digiustizia ha chiarito che il divieto di discriminazione tra lavoratori di sessomaschile e lavoratori di sesso femminile previsto dal citato art. 119 delTrattato, stante il riferimento a �tutti gli altri vantaggi pagati direttamente oindirettamente�, deve estendersi anche al regime pensionistico applicabile. Ci� premesso, va ricordato che, a norma dell�art. 4 n. 1 della direttiva79/7/CEE, il principio di parit� di trattamento implica l�assenza di qualsiasidiscriminazione, direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in relazione a) all�applicazione del regime previdenziale, b) all�obbligo di versare icontributi e al calcolo degli stessi, c) al calcolo e alla durata delle prestazioni previdenziali. Dal canto suo, l�art. 5 della direttiva citata prevede che gli stati membriadottino le misure necessarie affinch� siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio di parit� di trattamento. Il termine per tale adempimento � fissato in sei anni dall�articolo 8della direttiva ed � andato a scadere il 23 dicembre 1984. In attuazione della predetta direttiva, il Belgio ha adottato il regio decreto 27 giugno 1980 che ha modificato il regime preesistente, in vigore dal 1gennaio 1964, in base al quale il personale di bordo dell�aviazione civile, adeccezione delle hostess di volo, usufruiva di un regime previdenziale pi�favorevole, quanto alle pensioni di anzianit� e di reversibilit�, rispetto alregime di diritto comune degli altri dipendenti. Con il citato regio decreto 27 giugno 1980, anche alle hostess � statoesteso, per il futuro, il regime previdenziale derogatorio di maggior favoreprevisto per gli assistenti di volo di sesso maschile mentre per il periodo dal1 gennaio 1964 al 31 dicembre 1980 le predette hostess sono rimaste assoggettate, con riferimento all�importo dei contributi e a quello della pensione, al regime di diritto comune. Successivamente, a seguito di alcune sentenze della Cour du travail diBruxelles, che avevano ritenuto non correttamente recepita la direttiva79/7/CEE non essendo stata prevista una disciplina transitoria, � stato adottato il regio decreto 25 giugno 1997 che ha compiutamente garantito la parit� di trattamento tra i sessi, consentendo anche alle hostess che avevano prestato servizio prima dell�entrata in vigore del regio decreto 27 giugno 1980la fruizione di una pensione analoga a quella prevista per il personalemaschile di bordo, prevedendo la possibilit� di una regolarizzazione retroattiva della posizione contributiva, per il periodo compreso tra il 1 gennaio1964 e il 31 dicembre 1980, mediante il versamento, da parte delle hostess, in unica soluzione, dei contributi che avrebbero dovuto essere corrispostiqualora il regime previdenziale alle stesse applicabile fosse stato identico aquello degli stuarts, oltre gli interessi calcolati al tasso annuale del 10%. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La nuova normativa � stata adottata anche alla luce della sentenza dellaCorte di giustizia del 4 dicembre 1986, causa C-71/85, FederatieNederlandse Vakbeweging che ha ritenuto non attuata nel suo complesso ladirettiva 79/7/CEE da parte dell�Olanda, che si era limitata ad abrogare lanorma incompatibile senza adottare una disciplina transitoria, non potendolo stato membro richiamarsi al potere discrezionale di cui dispone nella scelta dei mezzi e della forma per raggiungere il risultato voluto dalla direttivaper negare sostanzialmente qualsiasi efficacia alle disposizioni volte ad assicurare la parit� di trattamento in materia di previdenza sociale. Ci� posto, appare pacifico che qualora un lavoratore richieda, come nelcaso di specie, l�applicazione retroattiva di un regime pensionistico pi� favorevole, lo stesso non possa esimersi dal versamento dei contributi che avrebbero dovuto essere corrisposti ove fosse stato applicato quel regime previdenziale nel periodo considerato. Tale principio � stato chiaramente affermato dalle sentenze della Corte di giustizia del 28 settembre 1994, causa C128/ 93, Fisscher e del 24 ottobre 1996, causa C-435/93, Dietz, ove � statoprecisato che il lavoratore non pu� pretendere, in particolare sul piano finanziario, un trattamento pi� favorevole di quello di cui avrebbe goduto se glifosse stato applicato il regime previdenziale previsto per l�altro sesso. D�altro canto, lo stesso giudice remittente osserva che si produrrebbeall�inverso una discriminazione ai danni del personale di sesso maschile qualora le hostess potessero beneficiare del loro stesso trattamento pensionistico omettendo il pagamento dei contributi da questi versati. I dubbi sollevati dalla Cour du travail si appuntano invece sulle modalit� di versamento dei contributi arretrati previste dalla legge belga, che richiede la corresponsione in unica soluzione di un capitale di ingente entit� peruna persona pensionata. In proposito, va rilevato che il regio decreto del 25 giugno 1997, perassicurare la piena attuazione della direttiva 79/7/CEE, ha eccezionalmenteconferito efficacia retroattiva alla stessa nonostante, in linea di massima, ilprincipio della certezza del diritto osti a che l�efficacia nel tempo di un attocomunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, comeaffermato dalle sentenze della Corte di giustizia del 11 luglio 1991, causa C368/ 89, Crispoltoni e del 29 aprile 2004, cause riunite C-487/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep. Va ricordato infatti che sia la sentenza della Corte del 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber in materia di regimi pensionistici di deroga convenzionale, sia la sentenza della Corte del 8 aprile 1976, causa C-43/75, Defrenne, che ha riconosciuto per la prima volta l�efficacia diretta dell�art. 119 del Trattato, hanno limitato nel tempo gli effetti dalle stesse derivantionde evitare il rischio di gravi inconvenienti che sarebbero potuti conseguire dalla loro applicazione retroattiva a rapporti giuridici pregressi costituiti secondo buona fede, limitando la possibilit� degli interessati di avvalersi della disposizione, cos� come interpretata, allo scopo di rimettere indiscussione rapporti giuridici sorti nel passato. Nella sentenza Barber, inparticolare, la Corte ha precisato che altrimenti l�equilibrio finanziario di IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 209 numerosi regimi pensionistici avrebbe rischiato di essere retroattivamentesconvolto. Alla luce di quanto sopra, appare conforme al diritto comunitario lalegge belga che, pur consentendo l�applicazione retroattiva della direttiva79/7/CEE � a decorrere da un�epoca addirittura anteriore all�8 aprile 1976(data di deposito della citata sentenza Defrenne che ha affermato la direttaapplicabilit� dell�art. 119 del Trattato), avendo le hostess invocato la ricostruzione della loro posizione contributiva a decorrere, rispettivamente, dal1966, dal 1963 e dal 1966 � subordini la regolarizzazione della posizionecontributiva al pagamento di un capitale in unica soluzione. Va infatti considerato che mentre il personale di volo di sesso maschileha versato mensilmente i contributi durante la vita lavorativa attiva e quindisenza che sussistesse un contemporaneo obbligo dell�ente previdenziale dicorrispondergli la pensione, le hostess delle tre cause principali, ormai gi�collocate in quiescenza, pretenderebbero di rateizzare i contributi, che avrebbero dovuto pagare nel passato, percependo invece immediatamente la pensione maggiorata della relativa integrazione. Appare evidente che in tal casol�equilibrio finanziario dell�ente previdenziale rischierebbe di essere seriamente compromesso. Si osserva inoltre che la normativa interna in tema di prescrizione pu�costituire un limite, in virt� del principio di certezza del diritto, all�applicazione retroattiva di una norma comunitaria. La giurisprudenza formatasi in materia nell�ordinamento italiano haaffermato l�impossibilit� di regolarizzare l�omesso versamento dei contributi in riferimento ai periodi per i quali la possibilit� di effettuare e richiedere tale versamento � prescritta in quanto, nella materia previdenziale, ilregime della prescrizione � sottratto alla disponibilit� delle parti sicch� deveescludersi l�esistenza di un diritto soggettivo degli assicurati a versare i contributi previdenziali prescritti e, una volta decorso il termine, la prescrizione opera di diritto, con la conseguenza che, rispondendo essa ad interessigenerali, � rilevabile anche d�ufficio e non ne � consentita la rinuncia daparte dell�interessato (Corte di cassazione, sezione lavoro, del 4 giugno2003 n. 8888). L�ordinamento italiano prevede per�, con l�art. 13 della legge del 18agosto 1962 n. 1338, la facolt� per il lavoratore di costituire una rendita vitalizia in caso di omissioni contributive non pi� sanabili per intervenuta prescrizione, mediante il versamento di un importo calcolato in relazione all�et�, alla retribuzione, alla durata del periodo da regolarizzare e all�anzianit�contributiva, a prescindere dalle circostanze di carattere oggettivo e soggettivo che hanno dato causa al verificarsi dell�evento estintivo (Corte di cassazione, sezione lavoro, del 15 giugno 2001 n. 8089). L�istituto della rendita vitalizia proprio dell�ordinamento italiano, che lagiurisprudenza interna ha ritenuto pienamente legittimo, appare simile alsistema di regolarizzazione in unica soluzione previsto dalla legge belga chesembra contemperare l�interesse della lavoratrice ad ottenere una pensione intutto assimilabile a quella del lavoratore di sesso maschile, che abbia presta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO to la medesima attivit� lavorativa, con l�interesse generale dell�equilibriofinanziario degli enti previdenziali. Sempre in relazione all�ordinamento italiano, va inoltre ricordato uncaso particolare di regolarizzazione contributiva, disciplinato dal regimetransitorio della normativa sulla previdenza ed assistenza in favore degliavvocati (leggi 20 settembre 1980 n. 576 e 2 maggio 1983 n. 175) al fine diottenere la retrodatazione dell�iscrizione alla cassa forense, che prevedeespressamente il versamento dei contributi in unica soluzione, a pena didecadenza, entro sei mesi dalla comunicazione della delibera di accoglimento della domanda del professionista. La Corte di cassazione, con sentenza del9 luglio 2004 n. 12777, ha ritenuto che in mancanza del tempestivo pagamento dei contributi, con la predetta modalit�, il professionista deve considerarsi decaduto irrimediabilmente dal diritto di vedersi riconosciuta l�iscrizione alla cassa anche per il periodo anteriore. Deve quindi concludersi per la piena conformit� ai principi comunitari diparit� di trattamento di cui all�art. 119 del Trattato, da contemperarsi con il principio di pari rango di certezza del diritto, la legge belga che preveda la regolarizzazione di contributi prescritti mediante versamento in unica soluzione. In merito al secondo quesito, il Governo italiano ritiene che allo stessodebba darsi risposta negativa, atteso che il tasso degli interessi previsto dallalegge belga per la regolarizzazione contributiva, pari al 10%, � superiore altasso di interesse legale applicabile agli interessi di mora ed � ampiamentesuperiore al tasso bancario, rendendo cos� ingiustificatamente oneroso per lalavoratrice l�esercizio del diritto volto a regolarizzare la propria posizionecontributiva al fine di ottenere il medesimo trattamento previdenziale goduto dal lavoratore che abbia svolto la medesima attivit�. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesitonel senso di ritenere che la direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEE autorizzi l�adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa che consenta a unacategoria di persone di un determinato sesso, in origine discriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell�altrosesso, dietro il pagamento retroattivo di contributi prescritti in unica soluzione. Il Governo italiano propone quindi alla Corte di risolvere il secondoquesito nel senso di ritenere che la direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEEnon autorizzi l�adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativache consenta a una categoria di persone di un determinato sesso, in originediscriminata, di beneficiare del regime di pensione applicabile alla categoria di persone dell�altro sesso, dietro il pagamento di interessi prescritti altasso del 10%, superiore al tasso legale previsto in tale Stato per gli interessi di mora ed ampiamente superiore al tasso bancario. Roma, 21 settembre 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante�. Causa C-242/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Accordo di associazione CEE/Turchia (12 settembre 1963) e Protocollo addizionale(Trib. 1973/30) � Libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunit� e la Turchia � Decisioni del Consiglio di associazio IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 211 ne n. 2/76 e n. 1/80 � Legislazione olandese su ammissione e soggiornodegli stranieri � Ordinanza del Raad van State (Consiglio di Stato olandese) notificata il 27 luglio 2006 (cs. 30968/06, avv. dello Stato W. Ferrante). IL FATTO Il ricorrente, cittadino turco, � entrato in Olanda il 12 settembre 2000 e hachiesto il rilascio di un permesso di soggiorno per abitare presso il coniuge olandese, permesso che gli � stato concesso in data 14 dicembre 2000, con validit�fino al 2 ottobre 2001, successivamente prorogata fino al 2 ottobre 2002. Il ricorrente ha svolto attivit� di lavoro subordinato presso diversi datori di lavoro dal 25 marzo 2001 al 21 aprile 2001; dal 2 maggio 2001 al 17giugno 2001; dal 18 settembre 2002 al 30 ottobre 2002; dal 20 gennaio 2003al 2 marzo 2003 e dal 17 marzo 2003 al 19 dicembre 2003. Il 10 febbraio 2003, una volta che la validit� del permesso di soggiornoera gi� scaduta, lo straniero ha chiesto una nuova proroga ma tale richiestanon � stata presa in esame dal Ministro per gli affari degli stranieri e l�integrazione olandese in quanto il ricorrente non aveva provveduto al pagamento dei diritti per la trattazione della domanda, pari a � 169. Ai sensi della legge olandese del 23 novembre 2000, entrata in vigore il1 aprile 2001, la domanda di proroga della durata di un permesso di soggiorno presentata oltre il termine di validit� � equiparata ad una domanda di rilascio del permesso; comunque, se � presentata entro sei mesi dalla scadenza, come nel caso di specie, la domanda � esaminata alla luce dei requisiti richiesti per la prosecuzione del soggiorno. In attesa della decisione sulla domanda, lo straniero ha diritto di rimanere in Olanda. Nella fattispecie, per�, a decorrere dalla scadenza del permesso di soggiorno in data 2 ottobre 2002 fino al momento della presentazione delladomanda di proroga in data 10 gennaio 2003, il soggiorno dello straniero � stato irregolare. Sia in tale periodo, che in quello successivo alla presentazione delladomanda, fino alla decisione sulla stessa, la legge olandese fa inoltre divieto allo straniero di svolgere attivit� lavorativa, invece svolta dal ricorrente. In base alla legge olandese, qualora venga omesso il pagamento dei diritti per la trattazione della domanda, questa non viene presa in esame. In proposito, il ricorrente lamenta che l�obbligo di corrispondere tali diritti sarebbe incontrasto con l�art. 13 della decisione n. 1/80 del Consiglio di AssociazioneCEE-Turchia, istituito con l�Accordo di Associazione sottoscritto il 12 settembre 1963 tra gli Stati membri della CEE e la Turchia, che vieta nuove restrizioni alle condizioni d�accesso all�occupazione dei lavoratori. Inoltre, si duole del fatto che, per i cittadini comunitari, � previsto ilpagamento di un importo inferiore, pari a � 30, a titolo di diritti per il rilascio di un documento di soggiorno. I QUESITI 1.a.� Se l�art. 13 della decisione n. 1/80, relativa allo sviluppo dell�associazione, alla luce dei punti 81 e 84 della sentenza 21 ottobre 2003, causeriunite C-317/01 e C-369/01, Abatay e Sahin (Racc. pag. I-12301), debba RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO essere interpretato nel senso che pu� far valere tale disposizione uno straniero, cittadino turco, che si sia attenuto alle regole per il primo ingresso e ilsoggiorno nel paese e che nel periodo dal 14 dicembre 2000 al 2 ottobre 2002abbia regolarmente svolto attivit� di lavoro subordinato presso diversi datori di lavoro, ma che tuttavia non abbia richiesto entro i termini la proroga delperiodo di validit� del permesso di soggiorno rilasciatogli, cosicch� dopo lascadenza di tale permesso e all�epoca della domanda di proroga dello stesso, secondo il diritto nazionale, non si trovava in una situazione di soggiornoregolare e non era neppure autorizzato a svolgere attivit� lavorative nelpaese. 1.b.� Se per la soluzione della questione 1.a. abbia rilevanza la circostanza che una domanda di proroga, presentata dallo straniero oltre i termini, chesia stata ricevuta entro sei mesi dalla scadenza del periodo di validit� di talepermesso di soggiorno, pur essendo equiparata, secondo il diritto nazionale, ad una domanda di concessione del primo permesso di soggiorno, viene esaminata alla luce dei requisiti posti per consentire la prosecuzione del soggiorno e che lo straniero pu� attendere nel paese la decisione su tale domanda. 2.a.� Se il termine �restrizione� di cui all�art. 13 della decisione n. 1/80debba essere interpretato nel senso che in esso rientra l�obbligo di pagamento di diritti � relativi alla trattazione di una domanda di proroga della validit� di un permesso di soggiorno � dovuti da un cittadino turco rientrante nel- l�ambito di applicazione della decisione n. 1/80, diritti il cui mancato pagamento comporta che la sua domanda non � presa in esame, a norma dell�art. 24, n. 2, della Vw 2000. 2.b.� Se sia diversa la soluzione della questione 2a. nel caso in cui l�importo dei diritti non superi i costi della trattazione della domanda. 3.� Se l�art. 13 della decisione n. 1/80, che mira a dare attuazione alProtocollo aggiuntivo all�Accordo che crea un�associazione tra la Comunit�economica europea e la Turchia, in combinato disposto con l�art. 59 del dettoProtocollo, debba essere interpretato nel senso che l�importo dei diritti dovuti per la trattazione di una domanda di rilascio di un permesso di soggiornoovvero per la proroga dello stesso (che all�epoca dei fatti ammontavano aEUR 169 per lo straniero) non possa superare per i cittadini turchi rientrantinell�ambito di applicazione della decisione n. 1/80 l�importo dei diritti (EUR30) esigibili nei confronti dei cittadini della Comunit� europea per la trattazione di una domanda di verifica alla luce del diritto comunitario e di rilascio dei documenti di soggiorno a questo collegati (vedi art. 9, n. 1, delladirettiva 68/360/CEE, rispettivamente art. 25, n. 2, della direttiva2004/38/CE). LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo italiano ritiene che al primo quesito vada data risposta negativa, presupponendo l�applicazione dell�art. 13 della decisione n. 1/80 l�esistenza di una �situazione regolare quanto al soggiorno e all�occupazione�. Innanzi tutto, occorre premettere che ai sensi dell�art. 2, n. 1 del- l�Accordo di associazione concluso il 12 settembre 1963 tra la CEE e laTurchia, l�Accordo medesimo ha lo scopo di promuove un rafforzamento IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 213 continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra leparti contraenti, tenendo conto della necessit� di assicurare un pi� rapido sviluppo dell�economia turca ed il miglioramento del livello dell�occupazione edel tenore di vita del popolo turco. Tale obiettivo viene perseguito mediante la realizzazione graduale dellalibera circolazione dei lavoratori (art. 12), nonch� mediante l�eliminazionedelle restrizioni alla libert� di stabilimento (art. 13) e alla libera prestazionedei servizi (art. 14) al fine di facilitare successivamente l�adesione dellaTurchia alla Comunit� (art. 28). Il 23 novembre 1970 � stato inoltre sottoscritto un Protocollo addizionale, che costituisce parte integrante dell�Accordo di associazione, che, per quanto rileva nella presente causa, stabilisce all�art. 41 n. 1 che �Le parti contraenti si astengono dall�introdurre tra loro nuove restrizioni alla libert� di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi� e all�art. 59 il principio secondo ilquale �nei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non pu� beneficiare di un trattamento pi� favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virt� del trattato che istituisce la Comunit��. Alla luce di tale principio, il cittadino turco non pu� fruire, in baseall�Accordo tra la CEE e la Turchia, di maggiori garanzie rispetto a quelleche assistono i cittadini comunitari nei loro reciproci rapporti in ordine aldiritto di soggiorno in un altro Stato membro, che deriva dal diritto di accedere al mercato del lavoro. Non viene invece affermato il contrario e cio� che gli Stati membri dellaComunit� non possano accordare ai cittadini comunitari un trattamento pi�favorevole rispetto a quello riservato ai cittadini turchi. Il 19 settembre 1980, il Consiglio di associazione, istituito dall�Accordodi associazione CEE-Turchia, emanava la decisione n. 1/80. Ai sensi dell�art. 6 di tale decisione : �1. Fatte salve le disposizioni dell�articolo 7, relativo allibero accesso dei familiari all�occupazione, il lavoratore turco inserito nelregolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti: � rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, delpermesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di unimpiego; � candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cuiregolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Statomembro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza daaccordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunit�; � libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attivit� salariata disuo gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego. 2. Le ferie annuali e le assenze per maternit�, infortunio sul lavoro omalattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. Iperiodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorit� competenti e le assenze provocate da malattie di lunga durata, pur senzaessere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i dirittiacquisiti in virt� del periodo di impiego anteriore�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ci� premesso, quanto al quesito sub 1a, � pacifico che il ricorrente nonha mai acquisito lo status di lavoratore dipendente ai sensi dell�art. 6 delladecisione n. 1/80, avendo sempre lavorato per brevi periodi, con soluzionedi continuit� e presso diversi datori di lavoro. Il giudice del rinvio ha quindi ipotizzato l�inquadramento della posizione del ricorrente nell�ambito applicativo dell�art. 13 della predetta decisione, in base al quale �Gli Stati membri della Comunit� e la Turchia non possonointrodurre nuove restrizioni sulle condizioni d�accesso all�occupazione deilavoratori e dei loro familiari che si trovino sui loro rispettivi territori insituazione regolare quanto al soggiorno e all�occupazione�. In proposito, va sottolineato che la sentenza della Corte 11 maggio 2000, causa C-37/98, Savas ha chiarito la portata delle due clausole di �standstill� di cui all�art. 41 n. 1 del Protocollo addizionale e all�art. 13 della decisione n. 1/80, affermando, per quanto attiene al citato art. 41 n. 1, che tale disposizione non � di per se tale da far sorgere, in favore di un cittadino turco, ildiritto di stabilimento, n� il diritto di soggiorno direttamente derivanti dallanormativa comunitaria. La Corte ha infatti precisato che le disposizioni relative all�AssociazioneCEE-Turchia non incidono sul potere degli Stati membri di disciplinare tantol�ingresso nel proprio territorio dei cittadini turchi quanto le condizioni dellaloro prima occupazione bens� si limitano a disciplinare la posizione dei lavoratori turchi gi� regolarmene integrati nello Stato membro ospitante in ragione dell�esercizio legale di un�attivit� lavorativa per un determinato periodo, conformemente alle condizioni previste dall�art. 6 della decisione n. 1/80, che, si � detto, non ricorrono nel caso del Sig. S.. Al punto 59 della stessa sentenza Savas, la Corte ha affermato inoltre chei lavoratori turchi, contrariamente ai cittadini degli Stati membri, non hannoil diritto di circolare liberamente all�interno della Comunit� ma fruisconosolo di taluni diritti nello Stato membro ospitante nel cui territorio sonoentrati legalmente e hanno svolto una regolare attivit� lavorativa durante undeterminato periodo. In proposito, va ricordato che l�attivit� lavorativa svolta dal ricorrentedopo la scadenza del permesso di soggiorno (2 ottobre 2002) � stata espletata illegalmente posto che la legge olandese, pur consentendo allo straniero dirimanere sul territorio nazionale nelle more del rilascio di una proroga delpermesso di soggiorno � da intendersi come rilascio di un permesso ex novo � fa divieto allo stesso di svolgere in tale periodo un�attivit� lavorativa, dovendosi comunque considerare il suo soggiorno irregolare. Pertanto, quanto affermato dalla sentenza Savas in ordine all�efficaciadiretta della clausola di �standstill� di cui all�art. 41 n. 1 del Protocollo addizionale, che imporrebbe allo Stato membro di astenersi dall�adozione dimisure restrittive a decorrere dall�entrata in vigore di detto Protocollo addizionale (23 novembre 1970) � interpretazione estesa anche alla portata dellaclausola di �standstill� di cui all�art. 13 della decisione n. 1/80, con effettodalla sua entrata in vigore il 1 dicembre 1980 � non sembra potersi applicare alla fattispecie in esame, atteso che il ricorrente ha interrotto il suo �rego IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 215 lare soggiorno�, omettendo di chiedere la proroga di validit� del relativo permesso prima della sua scadenza e non pu� al contempo vantare una situazione di �regolare occupazione�, considerato che ha prestato la propria attivit�lavorativa, nel periodo successivo al 2 ottobre 2002, nonostante la leggeolandese glielo vietasse espressamente. Non ricorre quindi alcuno dei due presupposti per invocare l�applicazione dell�art. 13 della decisione n. 1/80, che preclude agli Stati membri dellaComunit� e alla Turchia di adottare nuove restrizioni alle condizioni diaccesso all�occupazione dei lavoratori, quali potrebbero essere, in linea dimera ipotesi, i diritti da corrispondere per la trattazione della domanda diproroga del permesso di soggiorno, previsti dalla legge olandese del 23novembre 2000, successiva sia all�entrata in vigore del Protocollo addizionale, sia a quella della decisione n. 1/80. Il predetto art. 13 richiede infatti che i lavoratori �si trovino sui lororispettivi territori in situazione regolare quanto al soggiorno e all�occupazione� ; in proposito, secondo la sentenza della Corte del 21 ottobre 2003, cause riunite C-317/01 e C-369/01, Abatay e Sahin, da tale formulazioneemerge che un cittadino turco pu� beneficiare della clausola di �standstill� solo se abbia rispettato la normativa dello Stato membro ospitante in materia di ingresso, di soggiorno e, eventualmente, lavoro, e se pertanto si trovilegittimamente nel territorio dello Stato (punto 84), ipotesi, come si � dettoinsussistente nel caso di specie. Le competenti autorit� nazionali possono dunque legittimamente adottare, anche successivamente all�entrata in vigore della decisione n. 1/80, provvedimenti pi� incisivi nei confronti dei cittadini turchi che versino in una situazione irregolare (cfr. in tal senso la citata sentenza Abatay e Sahin, punto 85). La predetta sentenza della Corte Abatay e Sahin � stata pronunciata inordine ad un caso di autotrasportatori turchi, i quali, muniti di un regolare visto per ogni loro soggiorno in Germania, effettuavano trasporti internazionali di merci e si trovavano a transitare nel territorio tedesco per periodiestremamente limitati, al solo scopo di trasportare e scaricare merci provenienti dalla Turchia e senza alcuna finalit� di �progressiva integrazione� nelmercato del lavoro tedesco. Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte di stabilire se, alla luce del- l�interpretazione fornita dalla predetta sentenza (punto 117), l�art. 13 delladecisione n. 1/80 sia applicabile alla fattispecie, atteso che le diverse attivit�lavorative svolte dal ricorrente sono senz�altro finalizzate ad una �progressiva integrazione� nel mercato del lavoro olandese. A tale quesito non pu� che rispondersi negativamente in quanto ancheammettendo che una progressiva integrazione vi sia stata, va escluso, comesi � gi� detto, che il ricorrente si trovi in una �situazione regolare quanto alsoggiorno e all�occupazione�, requisito che potevano invece vantare gliautotrasportatori della sentenza Abatay e Sahin e che � espressamente richiesto dall�art. 13 della decisione n. 1/80. Quanto al quesito sub 1b, non pu� assumere alcun rilievo, per giungereall�opposta conclusione dell�applicabilit� dell�art. 13 della decisione n. 1/80, il RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO fatto che lo straniero abbia chiesto la proroga del suo permesso di soggiornoentro sei mesi dalla sua scadenza, il che gli consente semplicemente di rimanere nel territorio dello Stato in attesa dell�esito della domanda, che verr� esaminata alla luce dei requisiti richiesti per consentire la prosecuzione del soggiorno. Ci� non toglie che, in tale periodo, vi � il divieto di svolgere un�attivit�lavorativa subordinata, divieto che non � stato rispettato dal ricorrente, e chevi � comunque stata un�interruzione del �regolare soggiorno�, con conseguente violazione, sotto un duplice profilo, della normativa nazionale inmateria di soggiorno e di accesso al lavoro. Dalla risposta negativa al primo quesito, deriva la non necessit� dirispondere al secondo e al terzo quesito, subordinati alla ritenuta applicabilit� dell�art. 13 della decisione n. 1/80 (p. 11 dell�ordinanza di rinvio). Il Governo Italiano propone quindi alla Corte di risolvere il primo quesito nel senso che l�applicazione dell�art. 13 della decisione n. 1/80 presuppone l�esistenza di una �situazione regolare quanto al soggiorno e all�occupazione�, che non sussiste nell�ipotesi di un cittadino turco che non abbiachiesto entro i termini la proroga del periodo di validit� del permesso di soggiorno, cosicch�, secondo il diritto nazionale, all�epoca della domanda diproroga, egli non si trovava in una situazione di soggiorno regolare e nonera autorizzato a svolgere attivit� lavorativa nel paese. Quanto al secondo e al terzo quesito, il Governo Italiano ritiene che larisposta agli stessi sia assorbita dalla risposta negativa al primo quesito. Roma, 7 ottobre 2006 Avvocato dello Stato Wally Ferrante�. Causa C-257/06 (domanda di pronuncia pregiudiziale) � Art. 28 delTrattato Ce � Direttive 76/768/CEE e 93/35/CEE � Legge n. 713/86 � Libera circolazione delle merci � Restrizioni quantitative alle importazioni e misure di effetto equivalente � Denominazione di prodotticosmetici da immettere sul mercato intracomunitario � Ordinanza n. 10712/06 della Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile (Italia), emessa in data 10 maggio 2006 e notificata in data 27 luglio 2006 (ct. 30225/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione italiana concerne la conformit� ai principi desumibili dall�art. 28 Trattato e dal- l�art. 7 Direttiva 76/768/CEE dell�obbligo imposto dall�art. 10, comma 8, della legge 713/1986, come modificato dall�art. 9, comma 4, del decretolegislativo 126/1997, che � come gi� detto � pone a carico degli importatoridi prodotti cosmetici l�onere di comunicare alle Autorit� nazionali e regionali competenti in materia di sanit� i dati necessari per individuare le ditte produttrici e la composizione delle merci. La Corte di Cassazione � stata chiamata a decidere sulla impugnazioneproposta da una ditta importatrice avverso la sentenza del Tribunale di Parmache aveva rigettato la sua opposizione avverso l�ordinanza-ingiunzioneemessa dal Sindaco del Comune di Parma per violazione dall�obbligo sud IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 217 detto e conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria prevista; la Corteha, pertanto, sollevato la questione pregiudiziale, attesa la rilevanza dellainterpretazione della legge nazionale in senso conforme alla normativacomunitaria per la risoluzione della controversia. LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA � L�art. 28 del trattato CE � come � noto � vieta fra gli Stati membri lerestrizioni quantitative all�importazione nonch� qualsiasi misura di effettoequivalente e, in materia di prodotti cosmetici, la direttiva 76/768/CEEprevede che gli stati membri non possano, per motivi inerenti alle esigenze contenute nella stessa direttiva, rifiutare, vietare o limitare l�immissione sul mercato dei prodotti cosmetici conformi alle disposizioni delladirettiva. L�art. 10, comma 8, della legge 713/1986, come modificata dal D.Lgs. 127/1997, prevede che gli importatori intracomunitari di prodotti cosmeticiin confezioni pronte, debbano comunicare, ai fini dell�immissione in commercio degli stessi prodotti, oltre ai dati identificativi della ditta, anche l�elenco completo delle sostanze impiegate e di quelle contenute nel prodottocosmetico. Tale previsione appare rispettosa dei principi dettati dalla normativacomunitaria; la tutela della libera circolazione delle merci, sancita in generale dal Trattato CE, infatti, non pu� prevalere rispetto alla necessit� di salvaguardare il supremo valore della salute, e questo � in linea con la stessadisposizione contenuta nel comma 3 dello stesso articolo della direttivacomunitaria citata, ove si prevede che: �per rendere possibile, nei casi dialterazione della salute, un trattamento medico pronto ed adeguato, ogniStato membro pu� esigere che informazioni appropriate e sufficienti sullesostanze utilizzate nei prodotti cosmetici, siano rese note all�autorit� competente, la quale garantisce che dette informazioni vengano usate unicamentea scopo di trattamento medico�. Inoltre, la semplice comunicazione alle autorit� competenti delle sostanze impiegate nel prodotto cosmetico, ai soli fini di eventuali trattamentimedici che si dovessero rendere necessari, non pu� essere considerata unalimitazione all�immissione sul mercato di tali prodotti per due ordini di motivi che si espongono di seguito. In primo luogo, � opportuno precisare che l�art. 10 della Legge 713/1986prevede il solo onere, da parte degli importatori intracomunitari, di comunicare dati che rientrano nell�immediata disponibilit� degli operatori e che nonnecessitano di alcuna elaborazione o ricerca ed inoltre prevede che dettacomunicazione debba avvenire almeno 30 giorni prima dell�inizio dell�attivit� di importazione dei prodotti, senza, quindi, che l�inizio dell�attivit� divendita venga subordinata al rilascio di un nulla osta da parte delle stesseautorit�. In secondo luogo, si sottolinea che i dati cos� ottenuti risultano indispensabili per consentire alle Autorit� competenti, nella specie al Ministero dellaSalute ed alla Regione, di risalire, in caso di segnalazione di reazione avversa (per cause legate ad allergie o ad altre patologie), ai detentori delle infor RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mazioni del dossier tecnico che, ove necessario, deve essere messo a disposizione dei sanitari per consentire un trattamento medico pronto ed adeguato e per consentire altres� di individuare i prodotti che, pur non essendooggetto di specifica segnalazione di reazione avversa, presentino caratteristiche analoghe, nella composizione e nel modo di impiego, tali da rendere pertanto necessaria una valutazione particolare sul piano della prevenzione dieventuali rischi per i soggetti che utilizzano il prodotto. Si osserva, inoltre, che l�art. 28 del Trattato CE non osta ad una normativa nazionale che imponga alcuni oneri per l�ingresso delle merci sul territorio del Paese qualora tale disposizione trovi applicazione anche nei confrontidei produttori interni e si evidenzia, a tal proposito, che il comma 6 dello stesso articolo 10 della Legge di cui si tratta, prevede che i produttori nazionali, per la produzione di prodotti cosmetici, debbano presentare ulteriori dati inaggiunta alle informazioni richieste agli operatori intracomunitari. Per tutti i motivi esposti, si conclude perch� codesta Corte di Giustiziavoglia cos� rispondere al quesito posto: l�obbligo imposto agli importatoriintracomunitari di prodotti cosmetici dall�art. 10, comma 8, della legge713/1986, come modificato dall�art. 9, comma 4, del decreto legislativo126/1997 (di comunicare al Ministero della Sanit� ed alla Regione la denominazione delle ditte produttrici e l�elenco delle sostanze impiegate e contenute nei prodotti da immettere sul mercato), � conforme al principio di libera circolazione dei prodotti cosmetici provenienti da Paesi membridell�Unione Europea, come desumibili dall�art. 28 Trattato e dall�art. 7Direttiva 76/768/CEE. Roma, 26 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio�. Causa C-263/06 (domanda di pronunzia pregiudiziale) � Corretta individuazione della operazione cui fare riferimento al fine della applicazione del dazio antidumping istituito con decisione dellaCommissione n. 67/94/CECA � Ordinanza n. 13313/06 della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, emessa in data 30 marzo � 7 giugno2006 e notificata in data 27 luglio 2006 (ct. 28821/06, avv. dello Stato G. Albenzio). IL FATTO La questione oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione italiana concerne la individuazione del presupposto negoziale cui fare riferimento per l�accertamento del prezzo della merce sul quale applicare il dazio antidumping, nel caso l�operatore che presenta la merce in dogana abbia in precedenza acquistato la stessa merce da altra ditta (nella specie di nazionalit�cipriota), con una operazione di rivendita allo Stato estero che aveva la funzione di alzare il prezzo esposto ed eludere la normativa antidumping; laDogana italiana ha preso in considerazione il prezzo del primo contratto diacquisto e non di quello intermedio. Prima di passare alla esposizione delle considerazioni in diritto, � opportuno riassumere i fatti di causa, succintamente esposti nell�ordinanza della IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 219 Cassazione: lo spedizioniere doganale A. C. (S. S.r.l.), in nome e per contodella �C. e D.� S.r.l., presentava alla Dogana di Molfetta la dichiarazioneper l�importazione di una partita di kg. 2.676.800 di ghisa per fonderia diorigine russa e provenienza ucraina; la dichiarazione e lo sdoganamentoavvenivano successivamente all�acquisto, da parte di detta societ�, dellapartita di ghisa dalla societ� CMP S.p.a. di Genova; poich� sulle importazioni di ghisa ematite originarie dal Brasile, Polonia, Russia ed Ucraina condecisione n. 67/94/CECA della Commissione del 12 gennaio 1994 era statoistituito un dazio antidumping provvisorio pari alla differenza tra 149 ECUper tonnellata ed il prezzo franco frontiera comunitaria � dazio da non corrispondersi, in tutti i casi in cui quest�ultimo fosse stato inferiore �, le mercivenivano rilasciate con la procedura del daziato sospeso (la dichiarazioneera infatti corredata di un certificato di origine ritenuto dalla Dogana nonvalido e di una fattura pro-forma n. 38 del 6 giugno 1994, emessa dallaCMP S.p.a., con la indicazione di un prezzo di vendita � CIF Molfetta nonsdoganato � di 151 ECU per tonnellata, ritenuto non attendibile al fine distabilire se ricorressero o meno le condizioni di applicazione del dazio antidumping). La societ� importatrice, su richiesta della Dogana, produceva la fattura originale proveniente dalla Russia, emessa dalla ditta O. E. (CY) in favore dellaCMP; da tale documento contabile emergeva che la CMP, prima di vendere ilcarbone alla soc. �C. e D.�, lo aveva acquistato dalla ditta cipriota per il prezzo di 130,983 ECU per tonnellata; questa ultima fattura della ditta O. E. erapresa in considerazione dalla Dogana al fine del confronto fra il prezzo minimo di importazione (pari a 149 ECU per tonnellata) e quello del franco confine comunitario (130,983 ECU per tonnellata): appariva fin troppo evidente che la rivendita della merce allo stato estero, prima dello sdoganamentoeffettuato dalla CMP alla soc. C. e D. aveva proprio il fine di rendere inoperanti le previste misure antidumping. Il provvedimento con il quale la Dogana richiedeva il totale dei dirittidovuti e non corrisposti, in conseguenza dell�applicazione del dazio antidumping, per l�importo di �. 77.269.470, era impugnato dalla societ� C. e D. dinanzi al Tribunale, che respingeva l�opposizione, e dinanzi alla Corted�Appello, che confermava la sentenza di primo grado; quest�ultima sentenza era impugnata con ricorso in Cassazione in data 12 giugno 2003 e la CorteSuprema di Cassazione rimetteva, quindi, alla Corte di Giustizia, ai sensidell�art. 234 Trattato Ce, la questione pregiudiziale formulata nell�ordinanza13313/06. IL QUESITO Se, secondo i principi del diritto doganale comunitario, ai fini dell�applicazione di un dazio antidumping, quale quello istituito con la decisione dellaCommissione n. 67794/CECA, l�autorit� doganale possa far riferimento al prezzo di una vendita delle stesse merci, precedente a quella sulla cui base � stata resala dichiarazione in dogana, allorch� il compratore sia un soggetto comunitario o, comunque, la vendita sia avvenuta per l�importazione nella Comunit�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO LA POSIZIONE ASSUNTA DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA �Il Governo della Repubblica italiana, anche nell�interesse dell�Amministrazione delle Finanze, interviene nel giudizio per formulare le osservazioni che seguono, al fine di sostenere la correttezza della interpretazionedata alle norme comunitarie in discussione dai giudici del Tribunale e dellaCorte d�Appello di Bari e la conseguente legittimit� dei provvedimenti adottati dai competenti uffici doganali italiani per il recupero dei dazi antidumping evasi nei confronti della soc. C. e D. s.r.l. e richiesti con il verbale diaccertamento 16 luglio 1994. Per determinare il momento di insorgenza dell�obbligo di versare ildazio di cui � causa occorre prendere a riferimento: a) l�art. 1 della decisione n. 67/94/CECA che prevede l�istituzione di un dazio antidumpingprovvisorio: � 2� L�importo del dazio � pari alla differenza di prezzo di149 ECU/t (CIF non sdoganato) e il valore doganale dichiarato, ogniqualvolta quest�ultimo sia inferiore al prezzo minimo di importazione. 3� Siapplicano le disposizioni in vigore in materia di dazi doganali. 4� L�immissione in libera pratica del prodotto di cui al paragrafo 1 � subordinata alla costituzione di una garanzia equivalente all�importo del dazioprovvisorio�; b) l�art. 1 della decisione n. 1751/94/CECA che prevede l�istituzione del dazio antidumping definitivo: �2� L�importo del dazio � parialla differenza tra il prezzo di 149 ECU/t e il valore riconosciuto in dogana (franco frontiera comunitaria), ogniqualvolta tale valore sia inferioreal prezzo suindicato. 3 � (�). 4� Si applicano le disposizioni vigenti inmateria di dazi doganali.� Nel caso di specie si � verificata l�elusione di detta normativa in quantola soc. CPM non ha acquistato direttamente il carbone dalla Russia ma da unintermediario cipriota e lo ha poi rivenduto alla soc. C. e D.; tale fase prodromica all�operazione di sdoganamento non pu� essere ignorata perch� ci�che rileva non � il prezzo corrisposto dall�importatore per l�acquisto dellamerce, bens� il prezzo che la merce aveva al momento del suo ingressooggettivo nel circuito comunitario (che coincide con il momento in cui lamerce viene acquistata presso il proprietario estero), a prescindere dall�identit� dei soggetti che quell�ingresso hanno determinato, atteso che il presupposto dell�obbligazione tributaria � la destinazione al consumo entro il territorio doganale che, per quanto qui interessa, non pu� non coincidere conl�acquisto della ghisa da parte della CMP dalla ditta cipriota. Ci� � coerente proprio con la ratio della normativa antidumping, poich�il pregiudizio che si vuole evitare al mercato comunitario non si realizza soltanto con la concreta immissione nel territorio nazionale di merci sottocostoma anche favorendo ingiustificatamente un operatore economico nazionaleche acquista dette merci ad un prezzo inferiore rispetto agli altri operatorinazionali che risulterebbero comunque danneggiati; argomentare diversamente significherebbe dare un�interpretazione eccessivamente formalisticadella normativa in questione che si presterebbe ad una serie indiscriminata diabusi ed elusioni, come si � � per fortuna, infruttuosamente � tentato di farenel caso in esame, allorch� la soc. CMP ha acquistato al prezzo di 130 ECU IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE -I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 221 dall�intermediario cipriota la merce che poi ha rivenduto ad un prezzo maggiorato ad altro operatore comunitario. In ogni caso, � proprio la normativa specifica ad essere chiara in talsenso, poich� nella formulazione definitiva contenuta nella decisione n. 1751/94/CECA viene abbandonato il riferimento al �valore doganale dichiarato� e si preferisce utilizzare l�espressione �valore riconosciuto in dogana (franco frontiera comunitaria)�: ci� significa che il dazio antidumping si applica al prezzo netto franco frontiera comunitaria, cio� al prezzoCIF Molfetta; tale CIF esclude eventuali dazi, spese di trasporto, franco fabbrica, rivendite interne, spese accessorie e risulta, perci�, dalla fattura n. 64/67 emessa dalla ditta O. E. di Cipro. Si osserva, ancora, che l�art. 29 del Codice Doganale Comunitario stabilisce che il valore in dogana � �il valore di transazione, cio� il prezzo effettivamente pagato�: la soc. C. e D. pretenderebbe di forzare il chiaro dettato normativo sopra richiamato alla luce di tale disposizione, con l�effetto di sostituire il�valore riconosciuto in dogana� con il prezzo effettivamente pagato dallo stesso e dimostrare cos� l�infondatezza della pretesa amministrativa. Sulla base di questa corretta lettura dell�art. 29 C.D.C. si pu� dare risposta al quesito posto dalla Corte di Cassazione italiana circa la interpretazione dell�art. 147 del Regolamento (CEE) n. 2454/93 in merito alla possibilit�di dichiarare come valore doganale un prezzo relativo ad una vendita anteriore all�ultima (sulla cui base le merci sono state introdotte nel territoriodoganale comunitario) anche da parte della Dogana in virt� dell�art. 29 delCodice doganale comunitario. La risposta non pu� che essere positiva, alla luce delle considerazionisopra esposte sul diritto-dovere della Amministrazione doganale di accertare l�effettivo valore di transazione ai fini del calcolo dei dazi, individuato nelprezzo effettivamente pagato o da pagare quando le merci siano vendute perl�esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunit�, senzarilevanza per le rivendite anteriori all�immissione in libera pratica che abbiano concorso ad influenzare il prezzo finale, come � confermato anche dallacitata Decisione n. 1751/94/CECA della Commissione del 15 luglio 1994(che commisura il dazio antidumping in misura �pari alla differenza tra ilprezzo di 149 ECU/t ed il valore riconosciuto in dogana (franco frontieracomunitaria), ogniqualvolta tale valore sia inferiore al prezzo suindicato�). Per tutti i motivi esposti, si conclude perch� codesta Corte di Giustiziavoglia cos� rispondere al quesito posto: a) ai sensi dell�art. 29 del CodiceDoganale Comunitario, il valore da prendere in considerazione per l�applicazione dei dazi doganali � il valore di transazione, cio� il prezzo effettivamentepagato franco frontiera comunitaria; b) ai fini dell�applicazione di un dazioantidumping � quale quello istituito con la decisione della Commissione n. 67/94/CECA � l�Autorit� Doganale pu� far riferimento al prezzo di una vendita delle stesse merci precedente a quella sulla cui base � stata resa la dichiarazione in dogana, allorch� il compratore sia un soggetto comunitario o, comunque, la vendita sia avvenuta per l�importazione nella Comunit�. Roma, 20 settembre 2006 Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio� . I L CONTENZIOSO NAZIONALE Competenza territoriale e inapplicabilit� del- l�art. 11 c.p.p. ai giudizi di cassazione sull�irragionevole durata del processo (Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 luglio 2005 n. 15482) Con l�ordinanza annotata n. 15482/05, la Suprema Corte, ha ritenuto chela non �distrettualit�� della collocazione della Corte di cassazione nell�ambito dell�ordinamento dei giudici ordinari rende inapplicabile la regola speciale di cui all�art. 3 della legge 89/01 ed il relativo richiamo al criterio di cuiall�art. 11 c.p.p. La Corte d�appello di Perugia era stata adita ai sensi della legge 89/01per ottenere la corresponsione dell�equa riparazione per effetto del superamento del termine ragionevole di un giudizio promosso innanzi al Tribunaledel Lavoro di Siena, in relazione alla fase svoltasi innanzi alla Corte di cassazione. Avverso il decreto della Corte d�appello di Perugia � che aveva declinato la propria competenza, affermando la competenza della Corte d�appello diGenova ai sensi dell�art. 11 c.p.p., richiamato dall�art. 3 legge 89/01 � ilricorrente aveva proposto ricorso per regolamento di competenza, assumendo che, proprio ai sensi dell�art. 3 legge 89/01, in ragione della collocazione�romana� della Corte di cassazione, la competenza territoriale doveva rinvenirsi nella Corte d�appello di Perugia. La Suprema Corte non ha condiviso tali conclusioni. L�inapplicabilit� del criterio di collegamento di cui al citato art. 11 c.p.p. era stata gi� affermata dalla Suprema Corte con riferimento ai casi di irragionevole durata di processi incardinati innanzi ai giudici amministrativi, chenon sono ripartiti in �distretti�, ripartizione territoriale � cui fa riferimento lapredetta norma � propria dei soli giudici ordinari � ad eccezione appunto deigiudici della Corte di cassazione � con conseguente applicazione dell�ordinario criterio di cui all�art. 25 c.p.c., che disciplina il foro della pubblicaamministrazione (Cass. n. 11300/04; id. n. 2565/04; id. n. 7721/03; id. n. 1653/03). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Nel precedente da ultimo citato (sez. I, ord. 4 febbraio 2003 n. 1653) laCorte di cassazione si era soffermata su un caso di irragionevole durata di unprocesso svoltosi innanzi al Consiglio di Stato, ritenendo non estensibili icriteri di individuazione della competenza territoriale stabiliti dall�articolo 3, comma 1 della legge n. 89/2001, con riferimento all�articolo 11 c.p.p., adorgani giurisdizionali che, sotto il profilo organizzativo e delle funzioni concretamente esercitate, operino in un ambito che eccede quello distrettualeproprio delle Corti d�appello, con la conseguenza che i magistrati amministrativi e i magistrati delle Corti Supreme non possono essere consideraticome �appartenenti al distretto�, dovendosi concludere che, con tale espressione il legislatore abbia inteso riferirsi unicamente ai giudici ordinari cheesercitano le funzioni nell�ambito del distretto di Corte d�appello. Tali principi sono stati successivamente ribaditi con altre pronunce della SupremaCorte (cfr. Cass. ord. 17 settembre 2003 n. 13727; id. ord. 10902/03). Anche prima dell�entrata in vigore della c.d. legge Pinto, peraltro, laCorte di cassazione aveva avuto modo di affermare l�inapplicabilit� dell�art. 11 c.p.p. ai magistrati della Corte di cassazione in relazione a giudizi promossi ai sensi dell�art. 4 legge 117 del 13 aprile 1988 sulla responsabilit�civile dei magistrati, in quanto la deroga ai criteri ordinari di radicamentodella competenza �non � autorizzata dalla lettera della norma, la quale, conle parole �ufficio compreso�, adotta un�espressione tecnica dell�ordinamento giudiziario, rivolta ad identificare l�organo che si inserisca per funzioniall�interno di una determinata corte d�appello e, del resto, non trova supporto nella �ratio legis�, posto che l�esigenza di evitare anche semplici sospettisull�autonomia e sulla serenit� di valutazione del giudice chiamato a decidere non pu� essere compromessa dalla semplice vicinanza di sede con ilgiudice della cui responsabilit� si discuta, quando le attribuzioni del primonon presentino con le attribuzioni del secondo un collegamento particolare o pi� intenso rispetto a quello che si verificherebbe per ogni altro giudice� (Cass. sez. I, 6 aprile 1996 n. 3243). Ad ulteriore conferma di tale tesi pare militare la modifica apportata dal- l�art. 3 legge 2 dicembre 1998 n. 420 al citato art. 4 legge 117/1988, che nonfa pi� riferimento all��ufficio compreso nel distretto pi� vicino a quello cuiapparteneva il magistrato al momento del fatto� bens� all��ufficio compresonella sede della corte d�appello�, espressione che elimina ogni residuo dubbio in ordine all�inapplicabilit� del criterio di collegamento a magistratidiversi dai giudici ordinari di merito. Tale orientamento � stato successivamente ribadito dalla Suprema Cortein relazione ad altra disciplina speciale � anch�essa eccezionale rispetto alleregole che individuano la competenza territoriale in via ordinaria � contemplata dall�art. 30 bis c.p.c., introdotto dalla citata legge 420/1998, che prevede un foro derogatorio per le cause civili concernenti le restituzioni e il risarcimento del danno da reato (ambito cos� ridotto a seguito della sentenza dellaCorte Costituzionale n. 147 del 25 maggio 2004) in cui sono parti i magistrati, soltanto per la fase del giudizio di merito, senza estendere il proprio ambito di operativit� al caso del magistrato parte del giudizio che eserciti le pro IL CONTENZIOSO NAZIONALE prie funzioni come consigliere di cassazione, allorch� di fronte al giudice dilegittimit� sia proposta impugnazione, �atteso che la previsione di un forospecifico derogatorio nella fase di merito per le cause in cui sia parte unmagistrato che esercita le proprie funzioni nel distretto di corte d�appelloin cui si trova l�ufficio giudiziario che sarebbe competente secondo le regole ordinarie, si fonda sul presupposto della esistenza nel nostro ordinamento di una pluralit� di giudici di merito con eguale competenza per valore oper materia mentre tale presupposto della concorrente competenza non sussiste per la fase di legittimit�, essendo unica la Corte di cassazione e dovendo d�altra parte essere assicurata al magistrato, come ad ogni altro cittadino, la possibilit� di adire il giudice di legittimit�� (Cass., sez. III, 6 aprile 2001 n. 5146). Peraltro, argomentando a contrario, la norma derogatoria introdotta conl�art. 11 bis c.p.p. (dalla medesima legge 420/98) che rinvia, per i magistrati appartenenti alla Direzione Nazionale Antimafia, alla disciplina di cuiall�art. 11 c.p.p., sta a dimostrare che, poich� poteva dubitarsi dell�automatica estensibilit� ai predetti magistrati della disciplina derogatoria, esercitandola D.N.A. le proprie funzioni su base territoriale nazionale, il legislatore haritenuto di prevedere espressamente per gli stessi l�applicabilit� della predetta disciplina speciale. Non essendo prevista una simile disposizione per i magistrati della Cortedi cassazione o del Consiglio di Stato, non potranno quindi che applicarsiagli stessi le regole ordinarie del foro della pubblica amministrazione. Un problema interpretativo, nell�individuazione del giudice competente, pu� porsi per i casi di domanda di equa riparazione relativa sia alle fasi dimerito, che alla fase di legittimit�. Si potrebbe in proposito sostenere che, laddove la durata irragionevole del processo sia addebitabile soprattutto allefasi di merito dovrebbe trovare applicazione l�art. 11 c.p.p. mentre laddovel�eccessiva durata si sia verificata nella fase di legittimit� sopperirebbe il criterio generale di cui all�art. 25 c.p.c. Una tale soluzione sembra per� difficilmente compatibile con l�esigenza che il criterio di individuazione del giudice competente prescinda e preesista all�esame del merito della controversia, esame che sarebbe inevitabile, sia pure a livello di semplice delibazione, se si dovesse preventivamenteaccertare a quale grado di giudizio sia maggiormente addebitabile il superamento del termine di durata ragionevole del processo. Sul punto, un intervento chiarificatore del Legislatore sarebbe tutt�altro che superfluo. Quanto all�inapplicabilit� dell�art. 11 c.p.p. ai giudizi ex lege 81/2001relativi a processi innanzi ai tribunali amministrativi regionali � e correlativamente a quelli trattati dalle sezioni giurisdizionali regionali della Corte deiConti � � stato rilevato che l�ambito di cognizione dei tribunali amministrativi regionali pu� non coincidere con quello dei singoli distretti di Corted�appello, essendo esteso a tutto il territorio regionale mentre nella medesima regione possono esservi pi� Corti d�appello, come ad esempio per laregione Sicilia, in cui ve ne sono quattro (cfr. decreto della Corte d�appellodi Caltanissetta del 21 dicembre 2001 che ha declinato la propria competen RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO za in relazione ad un giudizio di equa riparazione afferente ad un processoinstaurato innanzi al T.A.R. Sicilia � sede di Palermo). Secondo la citata pronuncia, il fatto che l�art. 3 legge 89/2001 non abbiaespressamente disciplinato il riparto territoriale della competenza in riferimento ai giudizi trattati in primo grado dai giudici amministrativi e dai giudici contabili appare frutto di una probabile dimenticanza del Legislatore, ilquale non ha considerato la specialit� della disciplina prevista dall�art. 11c.p.p., che fa riferimento ad un�articolazione organizzativa territoriale assolutamente peculiare agli uffici giudiziari ordinari. Peraltro, pur ritenendo che i giudici della Corte d�appello potrebberoessere esposti ad un possibile �condizionamento psicologico� anche in relazione a procedimenti nei quali l�oggetto della decisione verta sull�accertamento della tempestivit� dell�esercizio della funzione giurisdizionale daparte dei magistrati addetti al T.A.R. o alla Corte dei Conti istituiti nella stessa regione, il citato decreto della Corte d�appello di Caltanissetta ritiene nonconfigurabile un�interpretazione estensiva dell�art. 3, comma 1 della leggePinto, in quanto derogatoria al principio, di rilevanza costituzionale, del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, non applicabile al di fuoridei casi ivi tassativamente previsti, conformemente alla regola di cui all�art. 14 delle preleggi. La Suprema Corte, peraltro, aveva gi� avuto modo di affermare l�inapplicabilit� dell�art. 11 c.p.p. ai processi penali in cui un magistrato amministrativo fosse imputato, persona offesa o danneggiata dal reato (Cass., sezione VI penale, 21 marzo 2000 n. 4027; id., 2 dicembre 1999, Stara). Sotto tale profilo, dunque, la pronuncia in commento sembra in linea conla giurisprudenza di legittimit� intervenuta nella medesima materia ed in fattispecie analoghe, rispondenti alla medesima necessit� di conciliare l�esigenza di indipendenza e di imparzialit� della funzione giurisdizionale con ilprincipio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, principio che peraltro dovrebbe essere strumentale alla salvaguardia della predetta indipendenza. Avv. Wally Ferrante Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 luglio 2005 n. 15482 � Pres. A. Saggio � Rel. L. Macioce � F.D. (avv.ti G. Rispoli e E. Colombo) c/ Ministero della Giustizia (cont. 10718/04, avv. dello Stato W. Ferrante). � (omissis) Rilevato che con ricorso in data 17 aprile 2002 D. F. propose innanzi allaCorte di Appello di Perugia, e nel contraddittorio dell�Amministrazione della Giustizia, domanda di equa riparazione con riguardo alla irragionevole durata (circa un triennio) di unprocesso in cassazione instaurato per l�annullamento di un�ordinanza a suo tempo adottatadal Giudice del lavoro di Siena; � che l�adita Corte, con decreto 17 dicembre 2003, sul rilievo della proposizione d�richiesta afferente l�irragionevole durata di un processo instaurato innanzi a Giudice deidistretto di Firenze e quindi della competenza ex art. 3 c. 1 legge. 89/01 in capo alla Cortedi Genova, in tal senso pronunzi�, declinando la propria competenza; IL CONTENZIOSO NAZIONALE � che con ricorso 18 febbraio 2004 il F. ha impugnato la declinatoria di cui al decretonotificatogli il 27 gennaio 2004 denunziando l�errore commesso con la mancata percezionedella portata della doglianza ex lege 89/01, essa essendo incentrata sul solo giudizio di cassazione, con la conseguenza di dover collocare in Perugia (proprio ai sensi dell�art. 3 c. 1legge 89/01 ed in ragione della collocazione romana della Cassazione) la competenza territoriale de qua; � che con memoria ex art. 47 c.p,c, l�Avvocatura generale dello Stato, sul rilievo dellainapplicabilit� a giudice extradistrettuale quale � la Cassazione della regola di cui all�art. 3 c. 1 citato, ha affermato la competenza a conoscere della domanda in capo alla Corte romana secondo i criteri ordinari; � che il requirente P.G. presso questa Corte regolatrice, nelle richieste 25 marzo 2005, ha condiviso tal ultima prospettazione affermando la pari competenza delle Corti di Firenzee di Roma; � considerato che la statuizione declinatoria qui impugnata dal F. � certamente viziatadalla mancata individuazione del reale presupposto della pretesa indennitaria azionata insede di merito, la irragionevole durata dei giudizio di legittimit� instaurato per la cassazione di provvedimento del tribunale del lavoro di Siena; � che di converso non � condivisibile la prospettazione di competenza contenuta in ricorso, ben diverso dovendo essere il decisum di questa Corte regolatrice nel caso sottoposto; � che appare al Collegio necessario richiamare in limine i principi dettati con riguardo alla applicazione delle regole ordinarie di competenza per le azioni ex lege 89/01 svoltea carico dell�Amministrazione per l�irragionevole durata di processi incardinati innanzi aiGiudici Amministrativi e contabili (Cass. 11300/04 - 2565/04 -7721/03 -1653/03), in talicasi, in assenza della collocazione �distrettuale� di tali Giudici, difettando il presuppostostesso per la applicazione della disciplina speciale di cui all�art. 3 c. 1 della legge del 2001(disciplina eccezionale e quindi insuscettibile di applicazione analogica); � che tali principi devono trovare applicazione anche nel caso -quale quello sottoposto -in cui l�irragionevole durata sia prospettata a parte actoris come avverata esclusivamente nel corso di processo in sede di legittimit�; � che la evidente non �distrettualit�� della collocazione della Corte di Cassazione nel- l�ambito dell�ordinamento dei giudici ordinari, rende totalmente inapplicabile la regola speciale di cui all�art. 3 c. 1 della legge 89/01 (ed il relativo richiamo al criterio di cui all�art. 11 C.P.P.) ed invocabile l�ordinario criterio codicistico; � che del resto il carattere �non d�strettuale� dell�Ufficio della Corte di legittimit� �stato a suo tempo sottolineato al fine di negare ingresso al criterio speciale di competenzadi cui all�art. 4 c. 1 della legge 117/88 sulla responsabilit� per dolo o colpa grave dei componenti della Cassazione (Cass. 3243/96); � che infatti, sotto entrambi i distinti profili (la responsabilit� civile dei magistrato pererrori commessi o la responsabilit� ex lege dell�Amministrazione per l�irragionevole duratadei processo) la peculiarit� del ruolo istituzionale e la unicit� della collocazione ordinamentale della Cassazione rende ininvocabile la norma di garanzia della terziet� del Giudice di cui alle citate disposizioni di legge e consente la tranquilla applicazione dei criteri ordinaridi competenza; � che, pertanto, avendo riguardo alla concorrenza di fori alternativi, sui quali spetter�all�attore in riassunzione effettuare la scelta irrevocabile dei giudice competente, dovrannoindicarsi come giudici competenti (ex artt. 20 e 25 c.p.c.) tanto la Corte di Roma (ivi essendosi realizzata, con la pronunzia della Cassazione del cui segmento processuale � stata dal RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO F. affermata la irragionevole durata, la fattispecie legale costitutiva dell�indennizzo ex lege) quanto la Corte di Firenze (citt� nella quale si individua il luogo di adempimento ex art. 1182 c. 4 c.c., in ragione della presenza della Sezione di Tesoreria Provinciale competentealla liquidazione in favore dell�attore F. ex artt. 54 R.D. 2440/23 -278 lett. D) -287 R.D. 827/24); � che in tal senso, condividendo le richieste dei P.G., si dichiara, compensandosi lespese tra le parti in considerazione della assoluta novit� della questione di competenza sottoposta; P.Q.M. la Corte di Cassazione, dichiara la competenza delle Corti di Appello di Roma e di Firenze e compensa tra le parti le spese dei giudizio. Cos� deciso nella c.d.c. del 1 giugno 2005, in Roma�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE La responsabilit� della pubblica amministrazione per sinistro su strada statale. (Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 20 febbraio 2006 n. 3651) Con la sentenza che qui si segnala la Suprema Corte ritorna sulla vexata quaestio del tipo e dell�ambito della disciplina applicabile in caso di incidente avvenuto su strada pubblica, e della possibilit� di configurarsi, alriguardo, una responsabilit�, concorrente od esclusiva, dell�ente che dellastessa e delle relative pertinenze � proprietario o custode. Ormai definitivamente acquisita l�applicazione delle regole del dirittoprivato alla pubblica amministrazione, allorquando essa agisca iure privato- rum, il Giudice di Legittimit� qui si sofferma, in particolare, sull�applicabilit� degli artt. 2043 e 2051 c.c. alla medesima, ripercorrendo l�evoluzionedegli orientamenti della giurisprudenza in argomento. In un primo tempo (1) la Corte di Cassazione ha negato che potesseapplicarsi la presunzione di responsabilit� ex art. 2051 c.c. alla P.A. che non agisca discrezionalmente ma operi iure privatorum, indicando, tutt�al pi�, ilreferente normativo per l�inquadramento della relativa responsabilit� nellaregola generale di cui all�art. 2043 c.c. Il secondo passaggio dell�iter giurisprudenziale (2) � costituito dall�elaborazione del concetto di insidia o trabocchetto, che si caratterizza, da unpunto di vista oggettivo, per la non visibilit�, e, da un punto di vista soggettivo, per la non prevenibilit�. La Corte di Cassazione perviene a considerare il trabocchetto �elemento sintomatico dell�attivit� colposa dell�amministrazione, ricorrente allorch�la strada nasconde un�insidia non evitabile dall�utente con l�ordinaria diligenza�, fino a definirlo �indice tassativo ed ineludibile della responsabilit�dell�amministrazione� (3). Tale concetto � stato quindi ricondotto ad elemento costitutivo dell�illecito aquiliano della P.A. ed � stato conseguentemente accollato al danneggiato sul piano probatorio, ai sensi dell�art. 2697 c.c. Successivamente (4) la giurisprudenza di legittimit� ha cominciato adaffermare, sia pure timidamente, l�assoggettamento della P.A. alla regola dicui all�art. 2051 c.c., circoscrivendone l�applicabilit� ai beni demaniali opatrimoniali di non notevole estensione e non suscettibili di generalizzata ediretta utilizzazione da parte della collettivit�: si �, in questo modo, ritenuto (1) Cass., 29 novembre 1966, n. 2806; Cass., 5 febbraio 1969, n. 385; Cass., 23 gennaio 1975, n. 260; Cass., 13 febbraio 1978, n. 671. (2) Cass., 12 gennaio 1996, n. 191; Cass., 20 giugno 1997, n. 5539; Cass., 17 marzo 1998, n. 2850; Cass., 21 dicembre 2001, n. 16179; Cass., 8 novembre 2002, n. 15710. (3) Cass., 1 dicembre 2004, n. 22592. (4) Cass., 3 giugno 1982, n. 3392; Cass., 30 ottobre 1984, n. 5567; Cass., 27 gennaio 1988, n. 723; Cass., 21 maggio 1996, n. 4673; Cass., 22 aprile 1998, n. 4070. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO che fosse impossibile richiedere alla P.A. un continuo ed efficace controlloidoneo ad impedire l�insorgere di cause di pericolo per i terzi in relazione astrade appartenenti allo Stato, in considerazione dell�uso generale e direttoconsentito a chiunque e dell�estensione della rete (5). Anche la Corte Costituzionale (6) ha avallato tale quadro interpretativo, affermando che la P.A. � responsabile nei confronti dei privati per difetto dimanutenzione delle strade allorquando non abbia osservato le specifichenorme e le comuni regole di prudenza e diligenza poste a tutela dei terzi, inviolazione del principio fondamentale del neminem laedere, superando conci� il limite esterno della propria discrezionalit�, con conseguente sua sotto- posizione al regime generale di responsabilit� dettato dall�art. 2043 c.c. Nella stessa occasione il Giudice delle Leggi ha aggiunto che non violail dettato costituzionale l�interpretazione dell�art. 2051 c.c. che ne escludel�applicabilit� alla P.A., allorch� su bene di sua propriet� non sia possibile � per la notevole estensione di esso e le modalit� d�uso, diretto e generale, daparte dei terzi � un continuo ed efficace controllo, idoneo ad impedire l�insorgere di cause di pericolo per gli utenti. Successivamente a tale pronuncia del Giudice delle Leggi, le diversit�interpretative in precedenza maturate sono tornate a riemergere. Da un lato, infatti, si � ribadita (7) l�inapplicabilit� della presunzione diresponsabilit� ex art. 2051 c.c. nei confronti della P.A. per quelle categoriedi beni demaniali (come le strade pubbliche) oggetto di utilizzazione generale e diretta da parte dei terzi e si � ritenuto piuttosto preferibile applicare laregola generale di cui all�art. 2043 c.c. Dall�altro lato, altra parte della giurisprudenza di legittimit�, sollecitatadalla citata pronuncia del Giudice costituzionale, ha escluso (8) quell�automatismo per cui la ricorrenza delle caratteristiche a) della demanialit� opatrimonialit� del bene, b) dell�uso diretto della cosa, c) dell�estensione dellamedesima, esclude comunque l�applicabilit� dell�art. 2051 c.c. La Corte di Cassazione ha inaugurato, nella sentenza che qui si segnala, un indirizzo giurisprudenziale di mediazione tra i due indirizzi prevalenti, alseguito del quale la responsabilit� ex art. 2051 c.c. per i danni conseguentiad omessa od insufficiente manutenzione delle strade pubbliche, dalla qualela P.A. pu� liberarsi soltanto fornendo la prova del fortuito, si configura sianelle ipotesi in cui la P.A. svolge una determinata attivit� sulla strada incustodia, sia ogni qualvolta non possa ravvisarsi l�oggettiva impossibilit�dell�esercizio del suo potere di controllo sulla stessa a causa della notevoleestensione del bene e del relativo uso generale da parte dei terzi. (5) Cass., 28 ottobre 1998, n. 10759; Cass., 31 luglio 2002, n. 11366; Cass., 25 novembre 2003, n. 17907; Cass., 27 gennaio 2005, n. 1655; Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410. (6) Corte Cost., 1999, n. 156. (7) Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410. (8) Cass., 13 gennaio 2003, n. 298; Cass., 15 gennaio 2003, n. 488; Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Tale oggettiva impossibilit� non nasce da una presunzione ancorata allaqualit� del bene, ma costituisce l�oggetto di un accertamento riservato algiudice. Alla sentenza in esame va, per�, il merito di fornire una compiuta elaborazione del tema dell�onere probatorio che grava sul danneggiato e dellaprova del fortuito che la P.A. deve dare al fine di liberarsi dalla presunzionesu di essa gravante. Le questioni esaminate dalla Corte possono cos� essere sintetizzate: 1. Presupposti applicativi del regime di responsabilit� previsto dall�art. 2051 c.c. La Corte di Cassazione individua, innanzitutto, i due presupposti applicativi dell�art. 2051 c.c. : la custodia e la derivazione del danno alla cosa. La premessa di base � che, quale proprietaria delle strade pubbliche(art. 16, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), la P.A. � soggetta all�obbligo di manutenzione e di custodia delle medesime, con conseguente operativit�, nei suoi confronti, della presunzione di responsabilit� ex art. 2051 c.c. in caso di omessa prevenzione e mancato impedimento del danno aterzi. Per il Giudice di Legittimit�, poi, il danneggiato che invochi la responsabilit� di cui all�art. 2051 c.c. contro la P.A. ha l�onere di provare, secondola regola generale in tema di responsabilit� civile extracontrattuale, l�eventodannoso e l�esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l�evento, e taleprova del nesso causale va ritenuta assolta con la dimostrazione che l�evento si � prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa. Incombe, allora, al presunto responsabile, ossia alla P.A., la prova dellasua mancanza di colpa, in quanto la prova del danno da parte del danneggiato � di per s� indice della deviazione dal modello di condotta improntato adadeguata diligenza, che avrebbe normalmente evitato il danno. 2. Natura giuridica della responsabilit� del custode ex art. 2051 c.c. Il Giudice di Legittimit�, in questo quadro, affronta anche il tema dellaconfigurabilit� della responsabilit� del custode come responsabilit� aggravata od oggettiva, accogliendo la prima soluzione sulla base della considerazione della sussistenza, nel caso di cui all�art. 2051 c.c., della prova liberatoria, ossia della prova che il danno si � verificato in modo non prevedibile, n� superabile con l�adeguata diligenza. Trattandosi di un�ipotesi di responsabilit� aggravata e non oggettiva, laP.A., per liberarsi dalla presunzione gravante su di essa, deve dare la provadel fortuito, che si sostanzia nella prova di aver adottato, in relazione allecondizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare ildanno; nella prova che, pur essendosi mantenuto il comportamento diligente nel caso dovuto, il danno si �, ciononostante, verificato per un evento non prevedibile, n� superabile con la diligenza adeguata in relazione alla naturadella cosa e alle circostanze del caso concreto. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO 3. Prova liberatoria del fortuito ex art. 2051 c.c. La prova del fortuito attiene, allora, al profilo della mancanza di colpa, e non a quello della mancanza del nesso causale, e si risolve sul piano delraffronto tra lo sforzo diligente nel caso concreto dovuto e la condotta mantenuta, cio� nella dimostrazione di aver mantenuto una condotta caratterizzata da assenza di colpa. 4. Configurabilit� in capo alla P.A. del regime di responsabilit� previsto dal- l�art. 2051 c.c. e rapporti tra art. 2051 c.c. e art. 2043 c.c. Infine la Corte di Cassazione conclude con osservazioni generali sullaresponsabilit� speciale per custodia ex art. 2051 c.c. che risulta, a suo dire, non solo configurabile in capo alla P.A., ma senz�altro preferibile alla regola generale posta dall�art. 2043 c.c., in quanto si presta ad una migliore salvaguardia e ad un migliore bilanciamento degli interessi in gioco, in conformit� ai principi dell�ordinamento giuridico e al sentire sociale. Dott. Francesco Spada Corte Suprema di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 20 febbraio 2006, n. 3651 � Pres. G. Fiduccia � Rel. L. Scarano � P.M. F. Sorrentino � F. C. ed altri (Avv. D. Mangiola) c/ ANAS (Avv. dello Stato T. Varrone) �(Omissis) Svolgimento del processo � Con atto di citazione notificato in data 13 settembre 1997, i sigg.ri C. F. e A. S. convenivano avanti al Tribunale d� Reggio Calabrial�A.N.A.S., per ivi sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del- l�incidente stradale verificatosi il 23 gennaio 1995 (...). Esponevano al riguardo che quel giorno il F., mentre percorreva la SS 183 alla guidadell�autovettura Fiat 127 di propriet� dello S., giunto all�imbocco del ponte �T.� andava acollidere contro il muretto di sostegno delimitante la carreggiata, e per effetto dell�impattoinvadeva l�altra corsia di marcia per finire quindi contro la �spalletta� in muratura del suindicato ponte delimitante l�opposto lato della carreggiata, �spalletta� che non resisteva all�urto dell�autovettura, la quale pertanto precipitava nella sottostante scarpata andando completamente distrutta, mentre il F. riportava gravi lesioni. Nella resistenza dell�ANAS l�adito Tribunale rigettava la domanda, con integrale compensazione delle spese di lite, escludendo in particolare l�applicabilit� della responsabilit� ex art. 2051 c.c. alle cose �prive di un proprio dinamismo�, e ravvisando nella condotta del F. la causa produttiva del danno, alla suddetta spalletta in muratura viceversa assegnando �nel determinismo dell�evento� un �ruolo meramente passivo di fronte ad una serie causale di per s� sola sufficiente a produrre l�evento dannoso innescata dall�azione colposa del- l�attore�, quest�ultima in ogni caso di tale preponderanza sul piano causale da interrompereil rapporto di causalit� tra il danno ed eventuali altri antecedenti causali, tra cui l�omessamanutenzione del muro. La domanda veniva rigettata anche sotto il profilo dell�art. 2043 c.c., nel ritenuto difetto della prova in ordine alla circostanza che il muro avrebbe retto all�urto laddove oggettodi diligente manutenzione. Il gravame interposto dal F. e dallo S. (i quali si dolevano che il giudice di prime cure, nell�attribuire un ruolo meramente passivo alla �spalletta� in muratura del ponte in questione, avesse escluso l�applicabilit� nel caso della presunzione di colpa sussistente ex art. 2051 IL CONTENZIOSO NAZIONALE c.c. in capo al custode; e contestavano che la detta opera muraria potesse considerarsi meraoccasione e non gi� causa di produzione del danno, attese le condizioni di fatiscenza in cuiesso era ridotto in ordine alle quali non era stata fornita la prova liberatoria � nella sua vestedi proprietaria e custode � da parte dell�ANAS, ente in ogni caso responsabile ex art. 2043 c.c. in presenza di non integra ed idonea recinzione), nella resistenza di quest�ultima veniva dalla Corte d�Appello di Reggio Calabria rigettato con sentenza del 5 novembre 2001. Avverso tale decisione i predetti ricorrono ora per cassazione sulla base di 2 motivi, illustrati da memoria. Resiste l�ANAS con controricorso. Motivi della decisione � (Omissis) Va anzitutto sottolineato che la norma dell�art. 2051c.c., come del resto gi� da tempo posto in rilievo anche dalla migliore dottrina, contemplaquali unici presupposti applicativi la custodia e la derivazione del danno dalla cosa. La custodia consiste nel potere di effettiva disponibilit� e controllo della cosa. Custodi sono anzitutto i proprietari. Quale proprietaria delle strade pubbliche (art. 16 L. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F), l�obbligo di relativa manutenzione in capo alla P.A. discende non solo da specifiche norme[art. 14 cod. str.; per le strade ferrate: art. 8 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 (v. Cass., 3 giugno1991, n. 6231; v. anche Cass., 16 novembre 1998, n. 11532; Cass., 22 marzo 1996, n. 2487), e gi� l�art. 2 del regolamento di polizia ferroviaria emanato con R.D. 31 ottobre 1873, n. 1687: al riguardo v. Cass., 23 luglio 1991, n. 8244; Cass., 19 febbraio 1981, n. 1018; Cass., 23 giugno 1964, n. 1640); per le strade comunali e provinciali, art. 28 L. 20 marzo 1865, n. 2248 All. F; per i Comuni, art. 5 R.D. 15 novembre 1923, n. 2506] ma anche dal generaleobbligo di custodia (v. Cass., 27 gennaio 1988, n. 723), con conseguente operativit� nei confronti dell�ente della presunzione di responsabilit� ex art. 2051 c.c. in caso di omessa prevenzione (v. Cass., 27 gennaio 2005, n. 1655; Cass., 26 febbraio 1994, n. 1947) e mancatoimpedimento del danno a terzi (v. Cass., 20 novembre 1998, n. 11749; Cass., 21 maggio1996, n. 4673; Cass., 27 gennaio 1988, n. 723; Cass., 3 giugno 1982, n. 3392) . La situazione giuridica qualificante � da ravvisarsi pertanto nella particolare relazionedel soggetto con la cosa, sia essa di fonte negoziale o legale. Al riguardo il danneggiato, secondo la regola generale in tema di responsabilit� civileextracontrattuale, � tenuto a dare la prova che il danno deriva dalla cosa (v. Cass., 18 luglio 1977, n. 3211). Tale prova del nesso causale va peraltro ritenuta assolta con la dimostrazione che l�evento si � prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa (v. Cass., 13 febbraio 2002, n. 2075; Cass., 16 febbraio 2001, n. 2331; Cass., 22 luglio 1987, n. 6407. V. anche Cass., 15 gennaio 2003, n. 488-in motivazione-), in ragione di un processo in atto o una situazione determinatasi, ancorch�provocati da elementi esterni (v. Cass., 20 luglio 2002, n. 10641; Cass., 28 marzo 2001, n. 4480; Cass., 22 aprile 1998, n. 4070; Cass., 8 aprile 1997, n. 3041; Cass., 1� marzo 1995, n. 2301; Cass., 26 febbraio 1994, n. 1947; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347), che conferiscanocio� alla cosa quella che in giurisprudenza si � a volte indicata come �idoneit� al nocumento �: v. Cass., 23 ottobre 1990, n. 10277). Non richiedendosi viceversa anche la prova del- l�intrinseca dannosit� o pericolosit� (qualit� viceversa rilevante per la diversa fattispecieprevista dall�art. 2050 c.c.) della cosa medesima. La derivazione del danno dalla cosa pu� essere peraltro dal danneggiato offerta ancheper presunzioni, giacch� la prova del danno � di per s� indice della sussistenza di un risul RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO tato anomalo, e cio� dell�obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che avrebbe normalmente evitato il danno. Orbene, come posto in rilievo in dottrina, il danno normalmente evitato da una condotta diligente comporta la presunzione di colpa. In tal caso � allora il presunto responsabile a dover dare la prova della sua mancanzadi colpa. Ma se ha violato una specifica norma giuridica di condotta, la prova di tale violazione � prova sufficiente della colpa. La norma di cui all�art. 2051 c.c. non richiede, invero, altri e diversi presupposti applicativi. Nel porre una responsabilit� presunta a carico del soggetto che si trova in una data relazione con la cosa (v. Cass., 7 febbraio 2005, n. 2410; Cass., 1� ottobre 2004, n. 19653; Cass., 30 luglio 2004, n. 14606; Cass., 20 novembre 1998, n. 11749), la norma determina infattiun�inversione probatoria rispetto alla regola generale in tema di illecito extracontrattualeposta dall�art. 2043 c.c. (per la quale v., da ultimo, Cass., 28 luglio 2005, n. 15808; Cass., 4giugno 2004, n. 10654). L�onere della prova incombe cio�, diversamente che nella detta ipotesi generale, incapo non gi� al danneggiato bens� a chi si trova nella particolare situazione che gli attribuisce i poteri di disponibilit� e controllo sulla cosa (v. Cass., 19 agosto 1997, n. 7702) . A tale stregua, correttamente si � in dottrina qualificata la fattispecie in questione comeipotesi di responsabilit� aggravata. � infatti indubbio che tale inversione dell�onere probatorio incide sulla posizionesostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato con il far gravare sul danneggiante, il rischio del fatto ignoto, inidoneo ad eliminare l�incertezza in ordine allo svolgimento eziologico dell�accadimento (v. Cass., 14 marzo 1983, n. 1897). Tale inversione dell�onere probatorio non fa peraltro venire meno la rilevanza delrequisito della colpa, che concorre � seppure in via presuntiva � a costituire l�illecito, comereso palese dalla stessa possibilit� di provarne la mancanza. La norma contempla infatti in favore del presunto responsabile la c.d. prova liberatoria. Come nelle altre ipotesi di speciale responsabilit� che derogano alla regola generale intema di responsabilit� civile extracontrattuale posta dall�art. 2043 c.c. (artt. 2047, 2048,2050, 2052, nonch� � seppure con alcuni particolari profili distintivi � 2053 c.c.), anchel�art. 2051 c.c. attribuisce al responsabile la possibilit� di liberarsi dalla responsabilit� presuntivamente posta a suo carico. La prova liberatoria consiste, nel caso, come espressamente indicato nella norma di cuiall�art. 2051 c.c., nella prova del fortuito (v. Cass., 1� ottobre 2004, n. 19653), che trovapiena giustificazione in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisceal custode, cui fanno peraltro riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, i quali impongono al medesimo di adottare tutte le misure idonee a prevenire edimpedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo diligente adeguato alla natura dellacosa e alle circostanze del caso concreto. In ragione del potere fisico sulla cosa, che gli impone di vigilare al fine di evitare chela cosa produca danni a terzi (v. Cass., 14 giugno 1999, n. 5885; Cass., 11 marzo 1995, n. 2861; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347; Cass., 1� aprile 1987, n. 3129; Cass., 23 luglio 1973, n. 2147; Cass., 12 giugno 1973, n. 1698), fondamento della responsabilit� � infatti la violazione del dovere di sorveglianza gravante sul custode (contra, per l�irrilevanza della condotta del custode e l�osservanza o meno degli obblighi di vigilanza, v. Cass., 21 ottobre 2005, n. 20359; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317). IL CONTENZIOSO NAZIONALE Attesa la sussistenza della detta prova liberatoria, non pu� essere allora accolto, bench� affermato prevalentemente in dottrina e recepito in alcune pronunzie d� questa Corte, l�orientamento che, argomentando dall�estraneit� del comportamento del responsabilerispetto alla �struttura� del rapporto preso in considerazione dalle norme (v. in particolareCass., 9 novembre 2005, n. 21684; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 26 luglio 2005, n. 15613; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641, che fa in proposito espressamente richiamo aquanto affermato da Cass., Sez. Un., 11 novembre 1991, n. 12019), nelle suindicate fattispecie di responsabilit� speciale � ed in quella di responsabilit� per custodia ex art. 2051 c.c. in particolare -, ravvisa ipotesi di responsabilit� oggettiva (v. Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 11 gennaio 2005, n. 376; Cass., 6 aprile 2004, n. 5236; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641). La prova liberatoria del fortuito attiene infatti alla prova che il danno si � verificato inmodo non prevedibile n� superabile con l�adeguata diligenza, e cio� con lo sforzo diligentedovuto in relazione alle circostanze concrete del caso. Essa si sostanzia pertanto nella prova di aver adottato, in relazione alle condizioni dellacosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno. Nella prova che, puressendosi mantenuto il comportamento diligente nel caso dovuto, il danno si � ciononostante verificato per un evento non prevedibile n� superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alla natura della cosa, alla sua funzione e alle circostanze del caso concreto (v. Cass., 24 maggio 1997, n. 4632). A tale stregua, la prova del fortuito attiene allora piuttosto al profilo della mancanza dicolpa (cfr. Cass., 24 maggio 1997, n. 4632), la quale emerge invero anche argomentandodall�imprevedibilit� ed inevitabilit� dell�evento che proprio tale mancanza valgono sostanzialmente ad attestare, anzich�, come pure prevalentemente si sostiene, alla mancanza delnesso causale (v., da ultimo, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20317; Cass., 15 marzo 2004, n. 5236; Cass., 20 luglio 2002, n. 10641; nonch� la stessa Cass., 1� ottobre 2004, n. 19653). E, come in dottrina si � anche autorevolmente sottolineato, non � chi non veda che il criterio dicausalit� � altro e diverso dal giudizio di diligenza (avere preso tutte le misure idonee). A tale stregua, la prova del fortuito si risolve allora sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente nel caso concreto dovuto e la condotta mantenuta. Nella dimostrazione, insostanza, di avere mantenuto una condotta caratterizzata da assenza di colpa. E se tale provanon viene dal presunto responsabile fornita, ne consegue la mancata liberazione dall�addebito di responsabilit� posto presuntivamente a suo carico, che a tale stregua sul piano dellacoerenza sistematica non pu� dunque considerarsi altrimenti fondata su un giudizio di colpa(obiettiva). In conclusione, il caso fortuito esclude, come posto in rilievo in dottrina, la colpa delsoggetto per un danno che � causalmente riconducibile al fatto del soggetto o alla sua omissione. Esso � pertanto propriamente una concausa del danno, che rileva quale esibente diresponsabilit�. Dalla suesposta ricostruzione della disciplina, che appare invero consentanea con quanto affermato da Corte Cost. n. 196 del 1999, in particolare l� dove si afferma che la �notevole estensione del bene� e �l�uso generale e diretto� della cosa da parte di terzi costituiscono <meri indizi� dell�impossibilit� d�un concreto esercizio del potere di controllo e vigilanza sul bene medesimo -impossibilit� che pu� essere ritenuta solo all�esito di un�indaginecondotta dal giudice con riferimento al caso singolo, e con criteri di normalit� (peraltro conla suesposta precisazione che tali �indizi� assumono rilievo non gi� sotto il profilo della RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO �struttura� della fattispecie di cui all�art. 2051 c.c., bens� in relazione alla prova liberatoriadel fortuito ivi prevista)-, la responsabilit� speciale per custodia ex art. 2051 c.c. risulta dunque non solo configurabile, ma invero senz�altro preferibile rispetto alla regola generaleposta dall�art. 2043 c.c. Essa si presta infatti ad una migliore salvaguardia e ad un miglior bilanciamento degliinteressi in gioco in conformit� ai principi dell�ordinamento giuridico e al sentire sociale. Il fondamento della responsabilit� per danno da cose in custodia riposa infatti, comegi� indicato, nella violazione dei doveri di sorveglianza, che incombe in capo a chi ne ha ladisponibilit� imponendogli di adottare tutte le misure idonee ad evitare che le stesse possano arrecare danno a terzi, esercitando il relativo controllo ed intraprendendo tutte le iniziative necessarie a mantenere la cosa in grado di non nuocere ai terzi nell�ambito della suafunzionalit�, a prescindere dalla sua natura intrinsecamente pericolosa o dannosa. In materia di strade, si noti, la res appartiene alla P.A. (sia essa Stato, Provincia oComune), che nella qualit� � anche da specifiche fonti normative gravata da obblighi dimanutenzione e controllo. Quale custode, la responsabilit� risulta a suo carico peraltro configurata non gi�, comeviceversa in altra fattispecie, in termini di responsabilit� oggettiva, bens� di responsabilit�meramente presunta, vincibile con la prova del fortuito. La presunzione posta dalla norma � da intendersi nel caso non gi� nel significato diderivazione del fatto ignoto da quello noto (da ultimo v. Cass., 25 ottobre 2005, n. 20671) bens� quale finzione che, mediante un�eccezione al principio generale posto dall�art. 2697c.c., determina una distribuzione dell�onere della prova diversa rispetto a quella valevole intema di illecito civile per la regola generale di cui all�art. 2043 c.c., al fine di favorire il danneggiato, in ossequio al principio dogmatico di c.d. vicinanza alla prova. P.Q.M. � La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso. Cassa e rinvia alla Corted�Appello di Messina, anche per le spese del giudizio di cassazione. (�)�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Cambio di domicilio e inesistenza della notifica del ricorso per cassazione (Corte di Cassazione, sezione prima, sentenza 4 aprile 2006 n. 7863) Con la sentenza annotata, la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto dall�amministrazione per inesistenza della notificain quanto effettuata presso il domicilio risultante dal decreto impugnato, aseguito del trasferimento, nelle more del termine per impugnare, del procuratore domiciliatario. Nella specie, l�avvocato di controparte aveva comunicato al Consiglio dell�ordine il trasferimento del proprio domicilio dopo ildeposito del decreto ma prima della notifica dello stesso, senza che da talenotifica risultasse in alcun modo lo spostamento del domicilio, con evidenteinduzione in errore del destinatario della notifica. La Cassazione ha ritenutoinoltre tardiva la seconda notifica effettuata nel nuovo domicilio e priva dieffetti sananti ex tunc la costituzione in giudizio del resistente. Tale pronuncia non ha tenuto conto, non solo della lettera dell�art. 330, comma 1 c.p.c., ma anche della contraria giurisprudenza del Consiglio diStato (Ad. Plen. 27 maggio 1999 n. 13) che consente la rimessione in termini per errore scusabile nonch� della stessa Corte di cassazione, sebbene risalente (Cass., Sez. I, n. 6664 del 21 dicembre 1984), in base alla quale incombe sul notificante l�onere di portare formalmente a conoscenza della controparte il mutamento di domicilio. A norma dell�art. 330, comma 1, c.p.c. : �se nell�atto di notificazione dellasentenza la parte ha dichiarato la sua residenza o eletto il domicilio nella circoscrizione del giudice che l�ha pronunciata, l�impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato; altrimenti si notifica presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio�. Nel caso di specie, i resistenti, nel notificare il decreto della Corte diAppello di Roma, avevano esplicitamente indicato il domicilio eletto. Pertanto, la notifica del ricorso per Cassazione era stata effettuata presso domicilio indicato, conformemente al disposto di cui all�art. 330, comma1, c.p.c. citato, in assenza di una espressa indicazione del trasferimento delprocuratore. Infatti, se nell�atto notificato � stato eletto il domicilio nell�ambito dellacircoscrizione del giudice che ha emesso il provvedimento, la notificazionedell�impugnazione deve essere effettuata in via esclusiva nel domicilio eletto, come insegna la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., sez. civ., sent. n. 1315/1986). In base alla richiamata disposizione, non esisteva alcun onere per l�amministrazione ricorrente di informarsi in ordine ad un eventuale cambiamento di elezione di domicilio del procuratore costituito, che si fosse verificatodopo il deposito del decreto nella cancelleria della Corte d�Appello ma primadella notifica dello stesso decreto all�amministrazione, senza che del trasferimento fosse data notizia dal notificante apponendo sulla copia notificata iltimbro con il nuovo indirizzo. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Solo con la restituzione dell�atto da parte dell�ufficiale giudiziario con ladizione �trasferito�, l�Avvocatura Generale dello Stato ha appreso del cambiamento di indirizzo ed ha provveduto a rinotificare il ricorso per cassazione previo accertamento presso il competente Consiglio dell�ordine del nuovoindirizzo. Da notizie assunte presso il Consiglio dell�ordine degli Avvocati diRoma era risultato che il legale dei resistenti aveva variato l�indirizzo delproprio studio legale in un momento anteriore alla notifica del decreto dellaCorte di Appello, dal quale invece risultava ancora la precedente elezione deldomicilio. Pertanto, semmai fosse possibile ravvisare un errore da parte dell�amministrazione nella notifica del ricorso per cassazione, deve ritenersi che esso� stato indotto esclusivamente dai resistenti poich�, all�atto della notifica delprovvedimento, essendosi gi� verificato il formale mutamento dell�indirizzodel domiciliatario, questi avrebbero dovuto, nel notificare il decreto, indicare la relativa variazione al fine di consentire la notificazione di eventualiimpugnazioni presso il nuovo indirizzo. A tal proposito, si richiama la giurisprudenza della Suprema Corte laquale ha chiaramente affermato che, una volta che la parte abbia eletto ildomicilio nel luogo del procedimento, �il sopravvenuto mutamento di taledomicilio � valido e operante, al fine della notificazione presso il nuovo indirizzo dei successivi atti del processo, ivi incluso l�atto di impugnazione, alladuplice condizione che il procuratore assuma un�iniziativa idonea a portarea conoscenza della controparte detto mutamento (�) e che tale iniziativa siesteriorizzi in modo formale, con una dichiarazione esplicita, menzionatanel verbale d�udienza o con la notificazione di apposito atto� (cos� Cass., sez. I, sent. n. 6664 del 21 dicembre 1984). Il principio di diritto cos� enunciato dalla Suprema Corte risulta peraltro conforme anche all�orientamento della giurisprudenza del Consiglio diStato, che con le ordinanze nn. 5352/02 e 5351/02 del 10 dicembre 2002 harigettato l�eccezione di inammissibilit� dell�appello notificato presso ildomicilio inizialmente eletto, anzich� presso il domicilio successivamenteeletto, considerato che �nella specie � stato rispettato il disposto dell�art. 330 c.p.c. in ordine al luogo di notificazione dell�impugnazione, in quanto, in mancanza di notifica della ordinanza impugnata, legittimamente l�appello � stato notificato presso il procuratore costituito nel domicilio eletto inprimo grado�. A maggior ragione, l�onere dell�appellante di accertare eventuali mutamenti di domicilio non pu� ritenersi sussistere nel caso di notifica del provvedimento senza alcuna segnalazione del cambiamento di domicilio da partedel notificante il quale, con il proprio comportamento omissivo, oltre a contravvenire all�obbligo di cui all�art. 330, comma 1 c.p.c., ingenera nell�appellante il legittimo affidamento in ordine all�assenza di mutamento di domicilio dell�appellato. Inoltre, l�Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 27 maggio 1999 n.13 ha affermato il principio secondo cui �Nel caso in cui l�appello sia stato IL CONTENZIOSO NAZIONALE tempestivamente notificato al procuratore domiciliatario della contropartepresso il domicilio eletto in primo grado, pur essendo stato indicato dallostesso procuratore, a mezzo dell�apposizione di timbro sulla copia della sentenza di primo grado notificata all�appellante, un suo diverso recapito, deveritenersi applicabile l�istituto della rimessione in termini per errore scusabile, non essendo idonea e sufficiente la suddetta apposizione di timbro amodificare ritualmente la precedente elezione di domicilio�. A fortiori, l�onere di chi promuove l�impugnazione di accertare eventuali mutamenti di domicilio non pu� ritenersi sussistente nel caso di notificadel provvedimento senza che il notificante apponga il timbro con il nuovoindirizzo, con la conseguenza che il mutamento di domicilio non � in alcunmodo evincibile. In attesa di un auspicabile mutamento del restrittivo orientamento dellaSuprema Corte, che si traduce sostanzialmente in un non liquet, per ragionimeramente formali, nel malcelato intento di deflazionare il contenzioso, nonpu� non rilevarsi che la stessa Corte di cassazione aveva sinora evitato disanzionare cosi gravemente, qualificandola come inesistente, la notificaeffettuata presso un soggetto che avesse comunque un collegamento con laparte del provvedimento impugnato, preferendo pi� cautamente definirlacome nulla, con la conseguente possibilit� del rinnovo, anche tardivo, dellanotifica stessa, previa rimessione in termini. Si veda in proposito la sentenza delle SS.UU. della Corte di cassazione n. 5074 del 2 aprile 2003, in tema di notifica dell�impugnazione per nullit� dellodo arbitrale, con la quale � stato affermato che l�impugnazione va notificataalla parte personalmente, fermo restando che la notifica al difensore implicanullit� e non inesistenza dell�atto, potendosi comunque ravvisare un collegamento tra la parte ed il suo difensore nella fase arbitrale, con conseguente sanabilit� ex tunc del vizio in caso di costituzione del convenuto o, in difetto, conla rinnovazione della notificazione cui la parte provveda spontaneamente o inesecuzione di un ordine impartito dal giudice ai sensi dell�art. 291 c.p.c. Peraltro, l�onere imposto ai legali di verificare sempre ed in ogni caso, presso il competente Consiglio dell�ordine, la persistenza del medesimoindirizzo del legale della controparte, fino ad un giorno prima della notifica, appare eccessivamente gravoso sia per i legali che per gli stessi Consigli del- l�ordine mentre sarebbe pi� consono e conforme ai principi di economia processuale, imporre un onere di informazione, in base alla regola della lealecollaborazione, in capo a colui che trasferisce il proprio domicilio. Avv. Wally Ferrante Corte Suprema di Cassazione, sezione prima, sentenza 4 aprile 2006 n. 7863 � Pres. R. Morelli � Rel. G. Gilardi � P.G. A. Golia -Ministero della Giustizia (ct. 117945/02, Avv. dello Stato W. Ferrante) c/ A.M. ed altri (Avv. G. Romano). � (Omissis) Svolgimento del processo � Con ricorso del 26 novembre 2002 A.M. e glialtri attuali resistenti adivano la Corte d�appello di Roma per vedersi riconosciuto il dirittoad un�equa riparazione, nella misura di � 36.000.000 per ciascun ricorrente o nella diversamisura che fosse risultata effettivamente dovuta, in relazione al pregiudizio cagionato dal RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo in un giudizio svoltosiinnanzi al Tribunale di Napoli, sezione fallimentare, avente ad oggetto l�insinuazione a passivo fallimentare della [X] s.n.c. per crediti di lavoro. Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia eccependo la nullit� del ricorso echiedendone comunque il rigetto per infondatezza nel merito. Con decreto del 31 maggio-12 luglio 2002 la Corte d�appello di Roma, ritenendo chela durata della procedura avesse superato di nove anni la durata ragionevole, rigettava perdifetto di prova la richiesta dei danni patrimoniali e condannava il Ministero della Giustiziaal risarcimento dei danni non patrimoniali in euro 5.000,00 per ciascun ricorrente aventediritto ed in euro 2.500,00 per ciascun erede degli aventi diritto. Contro il decreto della Corte d�appello ha proposto ricorso il Ministero della Giustiziasulla base di cinque motivi. Hanno resistito, notificando controricorso ulteriormente illustrato con memoria successiva, A.M. [ed altri] (�). Motivi della decisione � Il ricorso � inammissibile, in quanto la relativa notifica, effettuata il 22 aprile 2003, � avvenuta oltre il termine perentorio di cui all�art. 325 c.p.c., il decreto della Corte d�appello costituente oggetto dell�impugnazione essendo stato notificato indata 11 febbraio 2003. N� alcun rilievo pu� attribuirsi alla notifica del ricorso in data 12aprile 2003, trattandosi di notificazione giuridicamente inesistente dal momento che � come si desume dalla relata dell�Ufficiale giudiziario � non fu possibile procedere ad effettuarla acausa del trasferimento del procuratore domiciliatario (indicato dalla Amministrazionericorrente) presso il quale si era cercato di eseguirla. E trattandosi di notifica inesistente, lacostituzione in giudizio non pu� avere effetto sanante ex tunc. Alla declaratoria di inammissibilit� del ricorso consegue la condanna della ricorrenteal pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in favore dei resistenti, tenuto contodella maggiorazione di onorari dovuta per ogni resistente oltre al primo, nella misura complessiva di euro 7.100,00, di cui euro 7.000,00 oltre alle spese generali ed agli accessori dilegge. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimit� (�). Cos� deciso in Roma il 16 gennaio 2006�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Comunicazione di avvio del procedimento e deroghe alla sua obbligatoriet� (Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione 22 giugno 2006 n. 3825) Il procedimento amministrativo � stato per lungo tempo espressione delpotere autoritativo della pubblica amministrazione, alla quale era consentitodi determinare autonomamente il contenuto del provvedimento finale per ilsoddisfacimento dell�interesse pubblico. Su tale situazione, ha inciso profondamente lo spirito riformatore del legislatore dagli inizi degli anni novanta, mutando e riequilibrando i rapporti tra pubblici poteri e cittadini coinvoltinell�azione amministrativa. Ci� � avvenuto dapprima con la legge 2 agosto 1990, n. 42, sulle autonomie locali, ed in seguito con la legge 7 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso agli atti amministrativi. Quest�ultima ha sancito in via definitiva la democratizzazione dell�azioneamministrativa, attraverso l�esplicita introduzione del principio del giustoprocedimento in tutte le sue manifestazioni partecipative. I privati sono stati, cos�, elevati ad artecifi della gestione del potere amministrativo, poich� l�atto finale non � pi� adottato inaudita altera parte ma diventa espressione diuna completa valutazione di fatti ed interessi, anche differenti da quelli di cui� portatrice l�amministrazione procedente. Nell�ambito degli istituti partecipativi, massima importanza riveste lacomunicazione di avvio del procedimento, mediante la quale l�amministrazione informa i soggetti interessati della propria volont� di intraprendereun�attivit� istruttoria, al termine della quale, sulla base delle risultanze acquisite, decider� se adottare o meno un determinato provvedimento. Considerata la finalit� del principio di partecipazione, il Consiglio diStato ha stabilito che la comunicazione di avvio del procedimento deve intervenire all�inizio dell�attivit� procedimentale, o anche in un momento successivo, purch� la partecipazione non abbia luogo in una fase talmente avanzata dell�iter procedurale, se non addirittura nella fase conclusiva, da frustrarele esigenze di trasparenza dell�azione amministrativa (1). Ai fini dell�applicazione della normativa occorre, perci�, innanzituttoindividuare il momento in cui prende avvio l�azione amministrativa e, a questo proposito, dottrina e giurisprudenza hanno assunto, nel corso degli anni, posizioni diverse. Si pensi, ad esempio, alla distinzione tra procedimenti ad istanza diparte e procedimenti d�ufficio: sulla base di un�interpretazione non formalistica delle norme sulla partecipazione, si � sostenuto in passato che neiprocedimenti ad istanza di parte la comunicazione di avvio non fossenecessaria, poich� il privato, nel momento stesso in cui presentava l�istan (1) Cons. Stato, Sez. II, 5 giugno 1997, n. 603. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO za, era ben consapevole del fatto che questa avrebbe segnato l�inizio delprocedimento. Altro problema concerne il rapporto tra l�istituto della comunicazione diavvio e le varie fasi che eventualmente si inseriscono nel corso del procedimento amministrativo (cd. subprocedimenti), poich� la comunicazione ditutti i singoli segmenti procedimentali comporterebbe inevitabilmente laparalisi dell�attivit� amministrativa. Il procedimento amministrativo sisostanzia, infatti, in una serie di atti che sono, in linea di massima, disciplinati dalla legge (previsione di pareri, controlli, valutazioni tecniche); pertanto, il privato, partecipando attivamente al procedimento, � consapevole dellanecessit� di certi atti procedimentali. Il principio di trasparenza, cos� come garantito dagli istituti partecipativi, � in effetti in continua tensione con il principio di efficienza dell�azione amministrativa e con le esigenze di celerit� che, talvolta, da questo discendono. Per tale ragione, oltre alle espresse previsioni legislative che consentonodi derogare all�obbligo di comunicare l�avvio del procedimento o di rinviare la comunicazione in oggetto, la giurisprudenza ha individuato ulterioriipotesi in cui l�amministrazione pu� sottrarsi all�obbligo di comunicazione. Un primo sbarramento alla valutazione di illegittimit� del provvedimento finale per omessa comunicazione si basa sul principio del raggiungimento dello scopo, per cui, tutte le volte che il soggetto destinatario della stessaabbia avuto altrimenti notizia del procedimento amministrativo in modo chesi sia comunque realizzato lo scopo della comunicazione (ovvero l�opportunit� di prender parte al procedimento e di incidervi, tramite la presentazionedi memorie e documenti), l�omissione non determina ex se l�illegittimit� delprovvedimento, ma costituisce mera irregolarit� procedimentale. Altro sbarramento si fonda sulla cd. prova di resistenza: ci si domandase, in concreto, l�apporto conoscitivo-difensivo del privato avrebbe potutoinfluenzare la scelta della P.A. ed incidere, conseguentemente, sul provvedimento finale; in caso contrario, dovrebbe escludersi la possibilit� di farannullare il provvedimento conclusivo a causa della sola omissione dellacomunicazione. Su questa scia, a salvaguardia delle esigenze di celerit�, efficacia ed economicit� dell�azione amministrativa ed, al tempo stesso, nel pieno rispettodelle garanzie partecipative, con la sentenza che segue (n. 3825/06), ilConsiglio di Stato ha fornito spunti rilevanti circa l�interpretazione e la portata dell�obbligo di cui all�art. 7 delle legge n. 241/1990. Il T.A.R. adito aveva annullato il decreto ministeriale di dichiarazione diinteresse particolarmente importante di un immobile, sul rilievo che il destinatario del provvedimento in questione aveva ricevuto notizia dell�avvio delrelativo procedimento, a cura della competente Soprintendenza, contestualmente alla trasmissione, da parte di questa al Ministero per i Beni e leAttivit� Culturali, della proposta di vincolo gi� completamente istruita, ondeera stato eluso il diritto di partecipazione dell�interessato alla fase istruttoria. Tale estensione dell�operativit� dell�art. 7 � stata considerata non sostenibile dal Collegio. IL CONTENZIOSO NAZIONALE ComՏ noto, la norma citata non detta regole per l�individuazione delmomento in cui debba ritenersi avviato un procedimento allorch� esso consegua ad iniziativa d�ufficio. Tuttavia, potendosi distinguere tra iniziativa autonoma o eteronoma in relazione all�emanazione dell�atto finale, ed essendo ladichiarazione di interesse particolarmente importante di competenza dell�organo centrale, � da ritenersi che il momento iniziale del relativo procedimentocoincida, evidentemente, con la ricezione, da parte di tale organo, della proposta formulata dalla Soprintendenza, che costituisce, perci�, atto propulsivo. In tale contesto, la fase di raccolta degli elementi volti a determinare sesussistano i presupposti per l�imposizione del vincolo, non assurge amomento procedimentale autonomo, per gli effetti di cui alla legge n. 241/1990, in quanto costituisce attivit� conoscitiva strumentale, che si colloca prima e al di fuori del procedimento amministrativo, il quale potr� essere formalmente avviato solo e quando tale attivit� si concluda positivamente, nel senso dell�esistenza, a giudizio dell�Autorit� amministrativa, di sufficienti elementi indicatori della necessit� di una iniziativa volta (previo confronto dialettico con gli eventuali soggetti incisi) a porre il vincolo stesso. D�altronde, se si aderisse alla tesi del ricorrente, non sarebbe individuabile con certezza l�inizio del procedimento (e, quindi, valutabile la tempestivit�della comunicazione), trattandosi di una fase meramente esplorativa di acquisizione delle fonti documentali e di interpretazione di queste: innanzitutto, ifuturi destinatari del vincolo potrebbero opporre in ogni momento la necessit�di esibire fonti diverse o una differente lettura di quelle acquisite (il che causerebbe, tra l�altro, un aggravio dell�attivit� amministrativa quando l�instaurazione di un procedimento potenzialmente incisivo � ancora eventuale); infine, essendo l�attivit� ricognitiva, per sua stessa natura, indeterminata quanto alladurata, verrebbe a mancare la disciplina del termine di conclusione. Lo stesso art. 10 della legge n. 241/1990, laddove prevede che �i soggetti di cui all�articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell�articolo 9 hanno diritto� di prendere visione degli atti del procedimento�, postula la presenza, all�interno del procedimento stesso, di atti che si siano formati al di fuori diesso ed a cui gli interessati non abbiano partecipato. Il diritto di prenderneconoscenza sorge una volta che tali atti siano entrati a far parte della sequenza procedimentale preordinata all�assunzione del provvedimento finale. Dunque, la comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione diinteresse particolarmente importante deve considerarsi ritualmente e tempestivamente effettuata con l�inoltro della relativa proposta da parte dellaSoprintendenza, che � il primo atto giuridicamente rilevante del procedimento, da effettuarsi a cura del Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali. Infine, quanto alla circostanza che, nella fattispecie, le rilevazionidell�Amministrazione procedente siano state compiute attraverso un accessonon autorizzato alla propriet� del ricorrente, va precisato che essa non ha ache fare con la problematica circa il momento della comunicazione di avviodel procedimento di vincolo, comportando, semmai, l�insorgere di un diverso profilo di responsabilit� del soggetto agente. Dott.ssa Marika Piscitelli RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione 22 giugno 2006, n. 3825 � Pres. Giovannini � Est. Minicone � Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali c/ [X] (cont. 101487/01, Avv. dello Stato G. Fiengo). �Fatto � Il Sig. [X] ha impugnato, innanzi al T.A.R. per la Liguria, il decreto con ilquale il Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali aveva dichiarato di interesse particolarmente importante, ai sensi dell�art. 1 della legge 1089/1939, un immobile di sua propriet�. Il giudice adito, con la sentenza n. 1140 del 31 ottobre 2000, ha accolto il ricorso, rilevando: � che il provvedimento impugnato costituiva la reiterazione di altro precedente, gi�annullato in sede giurisdizionale per i vizi di omessa comunicazione agli interessati dell�avvio del procedimento e di difetto di istruttoria; � che detto provvedimento manifestava gli stessi vizi di mancata tempestiva comunicazione, giacch� l�avviso di inizio del (rinnovato) procedimento era stato inviato allorch� ilprocedimento istruttorio per l�imposizione del vincolo si era concluso; � che la partecipazione del privato al procedimento era tanto pi� necessaria in quanto, ai fini della datazione del compendio immobiliare, i tecnici del laboratorio privato, incaricati dalla Sovrintendenza, si erano introdotti nella propriet� privata all�insaputa del ricorrente, senza, quindi, effettuare gli accertamenti loro affidati in contraddittorio con quest�ultimo. Avverso detta decisione, hanno proposto appello il Ministero per i Beni e le Attivit�Culturali e la Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Liguria, sostenendo che, essendo il procedimento di imposizione del vincolo storico-artistico di competenza degli Uffici centrali dell�Amministrazione, la comunicazione di avvio del procedimento sarebbe stata tempestivamente inviata nel momento in cui era pervenuta a dettaamministrazione la proposta di vincolo, essendo gli atti prodromici, posti in essere dallaSovrintendenza, di carattere meramente conoscitivo e non decisionale. Si � costituito l�appellato, eccependo, in primo luogo, l�inammissibilit� del gravame, inquanto volto a censurare la sentenza di primo grado nella sola parte con la quale era statoaccolto il motivo di mancata tempestiva comunicazione dell�avvio del procedimento e nonanche per il capo in cui era stato ritenuto fondato anche il motivo di difetto di istruttoria. Nelmerito, il Sig. [X] ha sostenuto l�infondatezza dell�appello, riproponendo, in subordine, imotivi di primo grado non esaminati dal T.A.R. in quanto assorbiti. Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2006 il ricorso � stato trattenuto in decisione. Diritto -L�impugnata sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria haannullato il decreto del Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali, in data 27 settembre1999, di dichiarazione di interesse particolarmente importante dell�immobile [Y], sul rilievo di fondo che il destinatario del provvedimento in questione aveva ricevuto notizia del- l�avvio del relativo procedimento, a cura della locale Sovrintendenza, contestualmente allatrasmissione, da parte di questa, al Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali, della proposta di vincolo gi� completamente istruita, onde era stato eluso il diritto di partecipazione del- l�interessato alla fase istruttoria, partecipazione tanto pi� necessaria, in quanto l�accertamento della datazione storica dell�immobile era stato condotto attraverso un accesso diretto alla propriet� privata, svoltosi all�insaputa del proprietario ed in assenza, quindi, del necessario contraddittorio. Tale assunto viene contestato dall�Amministrazione appellante, la quale, nel chiederela riforma della decisione, deduce che, essendo il provvediemnto di vincolo di competenza IL CONTENZIOSO NAZIONALE del Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali, il relativo procedimento dovrebbe considerarsi iniziato, ai fini della tempestivit� dell�avviso di cui all�art. 7 della legge n. 241 del1990, solo nel momento della ricezione, da parte dell�Organo centrale, della proposta elaborata dalla Sovrintendenza, la cui attivit� prodromica, essendo di natura meramente ricognitiva e non decisionale, non richiederebbe la partecipazione di terzi. (Omissis) Nel caso di specie, non � contestato che la comunicazione di avvio del procedimento, volto all�imposizione del vincolo sull�immobile di propriet� del ricorrente inprimo grado, sia stata effettuata, avendo la Soprintendenza informato l�interessato di taleprocedimento (�) con la trasmissione, al Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali, dellaproposta di tutela e degli atti posti a fondamento di essa. Ugualmente incontestata � la circostanza che il destinatario del provvedimento abbiaavuto a disposizione, per intervenire nel procedimento de quo e formulare le sue osservazioni, un arco di tempo pi� che congruo, giacch� il decreto finale � stato adottato ad oltre dueanni e mezzo da detta comunicazione. Ci� che viene, in realt�, lamentato dall�interessato (ed il T.A.R. ha condiviso taledoglianza) � che l�avviso di inizio del procedimento avrebbe dovuto essere retrodatato almomento nel quale la Sovrintendenza aveva iniziato a raccogliere gli elementi idonei a comprovare che l�epoca di costruzione dell�impianto originario era da farsi risalire ad un periodo compreso tra la fine del XVI ed il XVIII secolo, in modo da consentire al proprietario dipartecipare, in contraddittorio, anche alla fase di rilevazione dei dati. Ritiene il Collegio che tale estensione dell�operativit� dell�art. 7 della legge n. 241/ 1990 non appaia, con riguardo alla fattispecie, sostenibile. ComՏ noto, la norma in questione, nel testo vigente pro tempore, stabilisce che, �ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerit� del procedimento, l�avvio del procedimento stesso � comunicato, con le modalit� previste dall�articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale � destinato a produrreeffetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi��. La disposizione non detta regole per l�individuazione del momento in cui debba ritenersi avviato un procedimento, allorch� esso consegua ad iniziativa d�ufficio, ma l�elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale ha distinto, in questo caso, l�ipotesi in cui l�instaurazione avvenga ad opera dello stesso organo cui compete l�emanazione dell�atto finale (iniziativa autonoma) ovvero di un organo diverso avente unicamente la funzione di promuoverel�attivit� dell�organo competente (iniziativa eteronoma). Per quel che riguarda la dichiarazione di interesse particolarmente importante di unimmobile ai sensi della legge n. 1089/1939, essendo il provvedimento di competenza del- l�organo centrale, il momento iniziale del relativo procedimento coincide, evidentemente, con la ricezione, da parte di tale organo, della proposta formulata dalla Sovrintendenza, chesi atteggia, dunque, come atto propulsivo. Una siffatta conclusione trova conforto, del resto, nella stessa disciplina recata dallalegge n. 241/1990 e dal regolamento di cui al D.M. 13 giugno 1994, n. 495, di attuazione ditale legge, relativamente all�attivit� dell�Amministrazione dei beni culturali. Per quel che riguarda la normativa primaria, va ricordato: � che il procedimento (art. 2 della legge cit.) deve essere regolamentato quanto al termine di conclusione (che postula evidentemente anche la fissazione di una data certa di inizio); � che ne deve essere definito il responsabile (art. 4), il cui nominativo deve essere indicato nella lettera di comunicazione (art. 5); RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � che tale responsabile � il soggetto deputato a curare lo svolgimento dell�istruttoria(artt. 6 e 8); � che, nel corso del procedimento, possono intervenire accordi, al fine di determinareil contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, insostituzione di questo (art. 11); accordi che presuppongono necessariamente che il procedimento partecipativo si svolga innanzi all�organo competente ad emettere il provvedimentofinale. A sua volta, il D.M. n. 495/1994, dopo aver chiarito, all�art. 2, che, per i procedimentid�ufficio che si concludono con un provvedimento espresso di competenza del Ministero peri Beni Culturali e Ambientali, il termine iniziale decorre dalla data in cui l�amministrazionestessa ha formale e documentata notizia del fatto da cui sorge l�obbligo di provvedere, stabilisce che il termine finale, per l�adozione della dichiarazione di interesse particolarmenteimportante di beni immobili ex art. 3 della legge n. 1089/1939, � di 210 giorni, decorrenti, evidentemente, dalla data anzidetta. In questo schema normativo, la fase prodromica di raccolta degli elementi volti a determinare se sussistano i presupposti per l�imposizione del vincolo, non assurge a momentoprocedimentale autonomo, per gli effetti di cui alla legge n. 241/1990, in quanto costituisceattivit� conoscitiva strumentale, che si colloca prima e al di fuori del procedimento amministrativo, il quale potr� essere formalmente avviato solo e quando tale attivit� si concludapositivamente, nel senso dell�esistenza, a giudizio dell�Autorit� amministrativa, di sufficienti elementi, indicatori della necessit� di una iniziativa volta (previo confronto dialettico congli eventuali soggetti incisi) a porre il vincolo stesso e a conformarne i limiti. La pretesa, dunque, del ricorrente, a che la notizia di avvio del procedimento dovesseessere data a lui gi� nella fase di acquisizione degli elementi circa il carattere storico-artistico dell�immobile, non trova conforto nella normativa positiva ed appare, anche, illogica, dalmomento che, ove si accedesse a tale tesi, non sarebbe individuabile con certezza il momento di inizio di un siffatto procedimento (al fine di valutare la tempestivit� della comunicazione), posto che i futuri destinatari del provvedimento di vincolo potrebbero, di volta involta, opporre la necessit� del loro coinvolgimento anche nella fase (meramente esplorativa) di acquisizione delle fonti documentali o in quella dello studio ed interpretazione di queste, al fine di esibire fonti diverse o fornire una differente lettura di quelle acquisite, con conseguente aggravio dell�attivit� amministrativa in un momento in cui sarebbe assente la stessa certezza che un procedimento potenzialmente incisivo sar� effettivamente instaurato. Oltretutto, per una fase siffatta, mancherebbe anche la disciplina del termine di conclusione, sia perch� la stessa non si rinviene nelle norme positive sopra citate, sia perch� l�attivit� di carattere ricognitivo, da un lato, per sua natura, non � circoscrivibile entro tempi prefissati, dall�altro, non determinando lesioni immediate nella sfera di terzi, non soggiace all�esigenza di una sua conclusione entro un tempo ragionevole, che � alla base della previsionedi un termine per i procedimenti sfocianti in un provvedimento di carattere decisionale. Consegue da tutto ci� che, nell�ipotesi in esame, la comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante deve considerarsi ritualmente e tempestivamente effettuata contestualmente all�inoltro della relativa proposta daparte della Sovrintendenza, che � il primo atto giuridicamente rilevante del procedimentostesso, da effettuarsi a cura del Ministero per i Beni e le Attivit� Culturali. N� ad inficiare tale conclusione possono valere i rilievi del T.A.R., secondo il quale laproposta della Sovrintendenza, recando allegati il provvedimento di vincolo da sottoporre IL CONTENZIOSO NAZIONALE alla firma del Ministro e la relazione storico-artistica del complesso immobiliare, costituirebbe non l�avvio del procedimento, ma, in realt�, la sua conclusione. Ed invero, quanto allo schema di decreto, � evidente che la sua predisposizione �espressione di un�attivit� meramente collaborativa dell�organo proponente, inidonea, inquanto tale, ad attribuire a quest�ultimo l�anticipazione dell�attivit� decisionale, rientrante, comunque, nella piena autonomia dell�Autorit� competente per legge. Quanto alla relazione storico-artistica, le sue conclusioni costituiscono, insieme aglialtri documenti allegati, la premessa necessaria per giustificare l�inizio del procedimento e, conseguentemente, l�instaurazione del contraddittorio fra l�Amministrazione e le parti, attuata dalla comunicazione ex art. 7 della legge n. 241/1990. Del resto, l�art. 10 della citata legge, nel prevedere che �i soggetti di cui all�art. 7 e quelli intervenuti ai sensi dell�art. 9 hanno diritto�di prendere visione degli atti del procedimento�, postula la presenza, all�interno del procedimento stesso, di atti che si siano formati al difuori di esso ed ai quali, evidentemente, gli interessati non abbiano partecipato, ma per i qualisia insorto il diritto di prendere conoscenza, una volta formalmente entrati a far parte dellasequenza procedimentale preordinata all�assunzione del provvedimento finale. La verit� � che, nel caso di specie, la diversa conclusione cui � pervenuto il primo giudice appare indotta da un elemento fuorviante e, cio�, l�asserito accesso non autorizzato allapropriet� del ricorrente, di tecnici di un laboratorio privato incaricati dalla Sovrintendenzadi condurre accertamenti circa la datazione dell�immobile, che avrebbe richiesto, a giudiziodel T.A.R., la necessaria partecipazione in contraddittorio del proprietario stesso. Senonch� � da osservare che tale circostanza � del tutto estranea alla problematica circail momento della comunicazione di avvio del procedimento di vincolo dell�immobile, giacch� il preteso accesso irregolare si colloca nella fase di studio e di rilevazione dei dati necessari alla formazione del convincimento della Sovrintendenza circa la sussistenza dei presupposti per l�iniziativa di avvio del formale procedimento, fase che, come tale, non postulal�intervento dei terzi. Sotto questo profilo, il problema neppure si sarebbe posto, se le rilevazioni in questione fossero state effettuate su reperti (come afferma, tra l�altro, l�Amministrazione) apertialla pubblica fruizione, non essendo certo tenuta l�Autorit�, come si � detto, a coinvolgereogni possibile futuro interessato nelle attivit� di rilevazione, studio e documentazione deibeni da assoggettare a tutela. Se, dunque, nella specie, i rilevamenti sono avvenuti, come sostiene il ricorrente, conmodalit� che abbiano violato il suo diritto di propriet�, ci� comporta, eventualmente, l�insorgere di un diverso profilo di responsabilit� del soggetto agente, ma non implica l�illegittimit� dei risultati storico-artistici delle rilevazioni effettuate, risultando violato l�obbligo diacquisizione dell�assenso del proprietario all�accesso ai luoghi, non quello (insussistente) dioperare le rilevazioni in contraddittorio, ferma restando, ovviamente, la facolt� dell�interessato di contestare le conclusioni tratte da tali rilevazioni nel corso del procedimento innanzi al competente Ministero. L�accoglimento dell�appello dell�Amministrazione, per i profili considerati, impone, aquesto punto, di prendere in esame i motivi del ricorso originario, dichiarati assorbiti dal T.A.R. e riproposti dall�appellato nella propria memoria difensiva. (Omissis) Con il secondo motivo (terzo di quelli originari), l�appellato ripropone ladoglianza di difetto di motivazione del decreto di vincolo, sotto il profilo che non sarebbeindicato in alcuna parte quale sarebbe l�interesse che giustifichi l�esercizio del potere daparte del Ministero. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO In particolare, secondo l�istante, la relazione storico-artistica facente parte integrantedel provvedimento impugnato, pur nella sua prolissit�, recherebbe solo �l�imprecisa ed apodittica descrizione dell�immobile, tesa a collocarlo nel periodo rinascimentale, senza l�aggiunta di alcuna connotazione che valga a illustrarne l�interesse artistico, storico, archeologico o etnografico�. Anche tale censura � infondata. Premesso che la valutazione di interesse particolarmente importante di un bene costituisce attivit� dell�Amministrazione preposta alla tutela del patrimonio storico e artistico dicarattere discrezionale, sindacabile solo per manifesta illogicit�, va osservato che detto interesse � chiaramente ricavabile dal contesto della relazione della Sovrintendenza, laddove siafferma la datazione al periodo 1550-1650 degli elementi esterni (portali) e di quelli interni(balaustra e sistema di copertura della scala) (omissis). Il ricorrente, invero, non concorda sul valore storico-artistico di tali elementi, ma il suodissenso impinge evidentemente nel merito della valutazione amministrativa, la quale, perquel che interessa il sindacato di legittimit�, non pu� essere imputata di difetto di motivazione, avendo l�Amministrazione dato sufficiente conto delle ragioni da essa individuate perl�apposizione del vincolo. N� tali ragioni avrebbero dovuto essere �rafforzate�, come deduce l�interessato, per lacircostanza che il vincolo era stato riproposto dopo l�annullamento del precedente da partedel giudice amministrativo, essendo, come si � detto, tale annullamento derivato dallariscontrata presenza del vizio procedimentale inerente la mancata partecipazione dell�istante al procedimento; partecipazione, invece, consentita nel nuovo procedimento e, in effetti, anche concretamente esercitata dall�interessato, come pu� indirettamente evincersi dallanota dell�Ufficio centrale per i Beni Archeologici Architettonici Artistici e Storici delMinistero per i Beni Culturali e Ambientali. Le considerazioni che precedono valgono a confutare anche il quinto motivo del ricorso originario, volto a denunciare, formalmente, il difetto di istruttoria, ma, nella sostanza, acontrapporre le conclusioni valutative di parte a quelle raggiunte dall�amministrazione inordine alla datazione dell�immobile, anche attraverso la critica della metodologia seguita perl�indagine, con evidente quanto inammissibile tentativo di condurre il sindacato del giudiceamministrativo su profili di merito, tendenti a sostituire gli apprezzamenti soggettivi dell�interessato a quelli degli organi competenti o a sminuire (in via, peraltro, meramente assertiva o dubitativa) i risultati raggiunti da questi (omissis). Da respingere, infine, � anche l�ultimo motivo del ricorso originario, riproposto in questasede, con il quale si denuncia lo sviamento di potere, desumibile dalle seguenti circostanze: � che l�Amministrazione, a seguito della prima sentenza del T.A.R. ha reiterato il vincolo, senza neppure attendere l�esito dell�appello avverso detta sentenza; � che l�Amministrazione non ha dato esecuzione alla menzionata sentenza, chiedendo, nelle more della decisione dell�appello, la cancellazione della trascrizione del vincolo, inmodo da garantirne la continuit�; � che la Sovrintendenza ha disposto la sospensione di ogni intervento sull�immobile, con l�intenzione di mantenere l�effetto vincolistico indipendentemente dalle ragioni chepotessero giustificarlo; � che l�amministrazione ha adottato il nuovo provvedimento sulla base di considerazioni storico-artistiche in parte diverse da quelle che avevano condotto all�adozione delprimo provvedimento. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Premesso che il vizio di sviamento si connota per l�esercizio del potere per un finediverso dalla sua causa tipica, � appena il caso di osservare che, nella specie, l�Amministrazione ha esercitato il potere di vincolo al solo fine di tutelare l�immobile da eventuali nonautorizzate trasformazioni e, quindi, per la medesima causa tipica sia nella prima sia nellaseconda ipotesi. Che, poi ,essa abbia riadottato il provvedimento, mentre era ancora in corso il giudiziodi appello contro l�annullamento del primo, � derivato dalle ragioni di carattere procedimentale (e, quindi, emendabili) che avevano condotto all�annullamento stesso e dalla correlataesigenza di porre in essere tempestivamente un nuovo procedimento, depurato dai viziriscontrati, onde evitare, nel frattempo, irreversibili trasformazioni del bene. Quanto, infine, alla (parziale) modificazione delle ragioni poste a base del vincolo, essa� derivata dalle risultanze della rinnovata istruttoria, che hanno ancorato a parametri rivisitati e verificati ex novo il valore storico dell�edificio, gi� precedentemente, ancorch� senzauna sufficiente dimostrazione, rilevato. (Omissis) P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta), definitivamente pronunciando sull�appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo accoglie e, per l�effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall�Autorit� amministrativa. Cos� deciso in Roma, add� 28 febbraio 2006 (omissis)�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Stato e regioni in materia di paesaggio (Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione 13 luglio 2006 n. 4496) La sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato si segnala per laprecisione (e, forse, anche la pignoleria) con la quale delinea il rapporto traStato e regione in materia di tutela del paesaggio e di riesame delle autorizzazioni paesistiche. La vicenda processuale � semplice e, per certi aspetti, esemplare. La Soprintendenza per i beni architettonici del Veneto Orientale, nelrispondere ad un quesito posto dal Comune di S. Stefano di Cadore sulla presenza di esperti ambientali nella Commissione Edilizia quando d� pareri inmateria di paesaggio, ritiene opportuno trasmettere a tutti i comuni del territorio copia di un parere reso dal Consiglio di Stato in sede di decisione di unricorso straordinario al Capo dello Stato, nel quale si ribadivano i requisiti disostanza e di forma cui dovevano attenersi le Commissioni Edilizie nell�esame di affari concernenti la tutela paesistica. La Soprintendenza indirizzava la lettera anche all�Assessorato perl�Urbanistica e i beni ambientali della Regione Veneto, concludendo con laformula di stile �Si invitano gli enti in indirizzo ad attenersi a quanto in essocontenuto� La regione Veneto, ritenendola lesiva delle proprie attribuzioni, impugnava la nota di trasmissione della Soprintendenza innanzi al T.A.R. per il Veneto. Il giudice di primo grado, con sentenza n. 1957/2000 accoglieva il ricorso. L�appello proposto dall�Amministrazione poneva due questioni: a) laprima che non si trattava di un provvedimento amministrativo, ma di unasemplice comunicazione fondata sulla leale collaborazione; b) la secondache, in ogni caso, si era in materia di competenze delegate (dallo Stato alleregioni) sicch� doveva ritenersi sempre possibile da parte del soggetto delegante (lo Stato e per esso la competente Soprintendenza) dare indicazionisulle modalit� attraverso cui il potere autorizzatorio delegato (a sua voltasubdelegato dalla Regione ai Comuni) dovesse essere esercitato. Con la sentenza che segue il Consiglio di Stato ha rigettato l�appello, ritenendo l�atto del Soprintendente lesivo della sfera giuridica della Regione, in quanto si prefigge lo scopo di condizionarne in via preventiva l�eserciziodei poteri delegati. In particolare il Consiglio di Stato ha ritenuto che il potere concorrente dello Stato in materia paesaggistica si estrinseca esclusivamente in una potest� di controllo a posteriori (di sola legittimit�) degli attiadottati dalle regioni e dai comuni e pu� assumere connotazioni di direttiva(vincolante per le regioni) solo attraverso la procedura d�intesa configuratadall�articolo 8 comma 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Probabilmente, le riforme introdotte dal decreto legislativo n. 157 del 24marzo 2006 hanno modificato il rigido quadro che fa da sfondo alle tesi delConsiglio di Stato, ma se queste sono le premesse della collaborazione istituzionale ipotizzata in materia di tutela del paesaggio, si comprende perch�le Regioni hanno avuto una reazione cos� marcata (con una serie di ricorsialla Corte Costituzionale) al momento in cui con il codice Urbani e, soprat IL CONTENZIOSO NAZIONALE tutto con il decreto legislativo 24 marzo 2006 n. 157, si � inteso �ridare voce� alle competenze statali in materia di tutela paesistica. Avv. Giuseppe Fiengo Consiglio di Stato, sezione sesta, decisione del 13 luglio 2006 n. 4496 � Pres. G. Giovannini � Est. G. Minicone � Ministero per i beni e le attivit� culturali, Soprintendente per i beni ambientali e architettonici del Veneto orientale (avv. delloStato G. Fiengo) c/ Regione Veneto (avv.ti R. Morra, L. Londei e F. Lorenzoni) eComune di Venezia (non costituito). �Fatto e diritto 1. Con ricorso notificato il 22 dicembre 1999, la Regione Veneto impugnava, innanzial Tribunale amministrativo regionale del Veneto, la nota in data 13 ottobre 1999, indirizzata a tutti i Comuni delle province di Venezia, Padova, Belluno e Treviso (e, per conoscenza, alla stessa Regione), con la quale il Soprintendente per i beni ambientali e architettonici delVeneto Orientale aveva invitato i Comuni di cui sopra ad attenersi al parere del Consiglio diStato n. 268/1999, circa l�indefettibilit� della partecipazione, alla Commissione EdiliziaIntegrata, chiamata ad esprimere pareri sulle autorizzazioni paesaggistiche, di entrambi gliesperti previsti dall�art. 6 della L.R. 31 ottobre 1994, n. 63. Di tale atto la ricorrente sosteneva l�illegittimit� per vari vizi di violazione di legge edi norme costituzionali, nonch� per incompetenza ed eccesso di potere, deducendo, in sintesi, che, ove lo stesso avesse dovuto considerarsi indirizzato alla Regione, sarebbe mancata la previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni e con la stessa Regione; ove, invece, l�atto in questione si fosse concretato in una direttiva indirizzata agli Enti locali, avrebbe violato la legge n. 382/1975, che attribuisce alle Regioni i poteri di indirizzo nelle materie delegate da queste alle Province ed ai Comuni. 2. Il Giudice adito, premessa la natura di direttiva della nota impugnata, ne ha affermato l�illegittimit�, ritenendo fondato il motivo relativo all�indebita invasione di potere regionale da parte dell�Amministrazione. 3. Avverso detta decisione hanno proposto appello il Ministero per i Beni e le Attivit�Culturali nonch� la Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del VenetoOrientale, lamentando l�erroneit� della stessa, in quanto il T.A.R. non avrebbe considerato lanatura meramente ricognitiva dell�atto contestato, rivolto ad informare i destinatari dell�esistenza di un fatto di rilevanza giuridica, e la conseguente inammissibilit� del ricorso di primo grado. Sotto altro profilo, il primo giudice avrebbe errato anche nel merito, dal momento che, attenendo la materia delle autorizzazioni ambientali ad una competenza concorrente delloStato, sarebbe sempre possibile all�autorit� delegante di fornire indicazioni sulle modalit�cui le autorit� delegate devono attenersi nell�esercizio dei poteri delegati, ancorch�, a lorovolta, subdelegati a comuni e province. 3.1. Si � costituita la Regione Veneto, deducendo l�infondatezza del gravame e riproponendo, comunque, gli ulteriori motivi svolti in primo grado ed assorbiti dal T.A.R. 4. L�appello non merita accoglimento. 5. Il primo motivo di gravame, con il quale l�Amministrazione appellante lamenta lamancata dichiarazione di inammissibilit� del ricorso introduttivo, in quanto rivolto ad impugnare un atto di natura meramente dichiarativa e non provvedimentale, diretto soltanto ad RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO informare dell�esistenza e del contenuto di un parere del Consiglio di Stato, senza alcunastatuizione idonea ad intaccare la sfera giuridica dei destinatari, va disatteso. In disparte il rilievo che la nota in contestazione non si limita ad una informativa, ma siconclude con un invito ad adeguarsi alle conclusioni del parere circa l�obbligatoria partecipazione di entrambi gli esperti in seno alla Commissione Edilizia Integrata, concretandosi, quindi, inun atto propulsivo della condotta degli Enti destinatari, appare dirimente la considerazione chela lesione lamentata dalla Regione Veneto non attiene alla diretta incisione della sfera giuridicadi questi ultimi operata dall�atto de quo, bens� alla invasione del proprio potere esclusivo di emanare norme di indirizzo dell�attivit� degli enti subdelegati alle autorizzazioni paesistiche. Ora, poich� � indubitabile che la nota impugnata si prefigge proprio lo scopo di indirizzare, in via preventiva, l�attivit� dei comuni e delle province nel senso ritenuto legittimodall�Amministrazione dei Beni culturali, in forza del parere de quo, non pu� negarsi che essaarrechi una lesione diretta e attuale alla sfera giuridica della Regione, legittimante quest�ultima a reagire in sede giurisdizionale. 6. Con il secondo motivo di gravame l�appellante, con riferimento alle argomentazionidel primo giudice, volte a sottolineare come, nel quadro normativo e costituzionale di riferimento, ogni eventuale direttiva circa le funzioni delegate alla Regione (ancorch� subdelegate agli enti locali) non possa che essere rivolta direttamente a quest�ultima (previo, peraltro, l�esperimento delle procedure di intesa previste dall�art. 8, primo comma, della legge 15marzo 1997 n. 59), sostiene che, nella specifica materia delle autorizzazioni ambientali, taleprincipio andrebbe riguardato alla luce della competenza concorrente dello Stato, che legittimerebbe quest�ultimo a fornire indicazioni sulle modalit� cui le autorit� delegate (o subdelegate) debbono attenersi nell�esercizio dei rispettivi poteri. 6.1. L�assunto non merita condivisione. Ed invero, il potere concorrente dello Stato in materia di tutela paesaggistica � compiutamente disciplinato dalla legge attraverso l�attribuzione, all�Amministrazione competente, della potest� di procedere, nei tempi e nei modi tassativamente previsti, all�annullamentodegli atti autorizzativi ritenuti affetti da vizi di legittimit�. Tale potere pu�, dunque, estrinsecarsi solo in sede di controllo a posteriori della correttezza dell�esercizio delle funzioni attribuite alle Regioni in subiecta materia e non pu� essere invocato per giustificare l�invasione, a priori, della sfera di attribuzioni proprie di queste ultime. Nel caso di specie, come ha giustamente sottolineato il T.A.R., l�Amministrazione statale, una volta ritenuto che la questione della composizione della Commissione edilizia integrata era rilevante ai fini del procedimento di controllo sulle autorizzazioni ambientali rilasciate dai Comuni, avrebbe dovuto o interessare la Regione Veneto per le valutazioni di competenza e l�emanazione delle conseguenti eventuali direttive ovvero provvedere essa stessaad impartire le opportune direttive alla Regione, previo, tuttavia, l�esperimento del procedimento di intesa, configurato dall�art. 8, primo comma, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 7. L�appello va, in conclusione, respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della Regione Venetocostituita, nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamentepronunciando sull�appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo respinge. Condanna l�Amministrazione appellante al pagamento delle spese e onorari di giudizio, che liquida nella misura di � 3.000,00 (tremila/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall�Autorit� amministrativa. Cos� deciso in Roma, add� 28 aprile 2006�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Azione civile risarcitoria nel processo penale a tutela di interessi legittimi? (Tribunale di Catania, sezione terza penale, sentenza 6-19 luglio 2005 n. 1869) 1. Il fatto La sentenza in epigrafe si segnala per aver preso posizione sulla questione, pressoch� inesplorata, relativa all�ammissibilit� dell�esercizio della azione di cui all�art. 74 c.p.p., ossia della costituzione di parte civile nel processo penale, nella particolare ipotesi in cui il risarcimento attenga alla violazione di situazioni soggettive aventi natura di interesse legittimo. La questione si profila di particolare rilievo per le implicazioni che, ovesi consolidasse l�orientamento condiviso dal Giudice penale nella sentenzain commento, scaturirebbero in ordine al riparto di giurisdizione in tema dirisarcimento del danno per attivit� amministrativa illegittima. Al fine di meglio comprendere le motivazioni poste alla base della decisione, appare utile delineare i confini della vicenda da cui trae origine larichiesta risarcitoria nei confronti dell�amministrazione. La Gestione Governativa Ferrovie Circumetnee (F.C.E.) aveva bandito una procedura concorsuale interna per la copertura di due posti di usciere alla quale partecipava il Sig. (X) (costituitosi parte civile nella vicendaprocessuale in commento). All�esito della predetta procedura il Sig. (X), collocatosi in posizionequarta nella graduatoria di merito, impugnava gli atti relativi alla procedura concorsuale chiedendone la caducazione. Il concorso veniva annullato a causa di vizi concernenti la composizione della commissione esaminatrice, con sentenza emessa dal T.A.R. Catania, poi confermata in appello. In ottemperanza al suddetto giudicato venivano travolti gli atti con cuil�amministrazione ferroviaria aveva intanto proceduto alla nomina dei primidue classificati risultati vincitori e alla relativa collocazione in servizio. Con un successivo ordine di servizio (n. 40 del 1997) l�ente F.C.E., perimprocrastinabili esigenze organizzative, e considerata l�impossibilit� diindire tempestivamente una nuova procedura concorsuale, assegnava �temporaneamente e provvisoriamente� i primi due classificati alle mansioni diusciere, in attesa della indizione di una regolare procedura di selezione delpersonale da collocare stabilmente allo svolgimento di siffatte mansioni. L�ordine di servizio veniva tempestivamente impugnato dal Sig. (X) con richiesta cautelare di sospensione che veniva dapprima disposta conordinanza n. 3323 del 1997 dal T.A.R. Catania, e successivamente confermata dall�organo d�Appello con ordinanza n. 744 del 1998; alla predetta fasecautelare non faceva seguito la definizione della controversia nel merito permancato impulso da parte del ricorrente che non poneva in essere gli attinecessari per la prosecuzione del giudizio. Nelle more, la F.C.E. bandiva una nuova procedura concorsuale per lacopertura di un posto di usciere, alla quale per� il presunto danneggiato riteneva di non partecipare. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO L�ipotesi accusatoria da cui muove il procedimento penale si fonda sulpreteso indebito rifiuto del Direttore della F.C.E. di ottemperare all�ordinanza del T.A.R., confermata in appello dal C.G.A., che aveva disposto lasospensione dell�ordine di servizio con il quale l�amministrazione aveva collocato temporaneamente i primi due classificati (nella procedura concorsuale in precedenza annullata) allo svolgimento delle mansioni di usciere. Innanzi al G.U.P. si costituiva parte civile il Sig. (X) lamentando il diritto al risarcimento del danno scaturente dalla mancata esecuzione delle suddette ordinanze cautelari, dalle quali, a suo dire, sarebbe scaturito il proprio�diritto a rivestire la qualifica di usciere�. Richiesta e ottenuta la citazione del responsabile civile si costituiva ilMinistero delle Infrastrutture e dei Trasporti Gestione governativa FerroviaCircumetnea col patrocinio dell�Avvocatura dello Stato, eccependo: a) ildifetto di giurisdizione del Tribunale ordinario, sia pure in sede penale, aconoscere delle controversie risarcitorie scaturenti da lesione di interessilegittimi; b) l�inesistenza del �diritto� di (X) a rivestire la qualifica di usciere; c) l�assenza del presupposto di ammissibilit� dell�azione risarcitoriacostituito dal previo annullamento dell�atto amministrativo (ordine di servizio 40/97) che si assumeva illegittimo. Il Tribunale penale di Catania, in sede dibattimentale, ha ritenuto ammissibile la richiesta di costituzione di parte civile del Sig. (X) e la connessarichiesta di citazione del responsabile civile. Il Tribunale ha assunto che, anche a seguito della riforma del processoamministrativo introdotta con la legge 205/00 nella parte in cui devolve allagiurisdizione amministrativa la competenza a conoscere delle domande dirisarcimento del danno cagionato da violazione di interessi legittimi, deveessere affermata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la domanda risarcitoria proposta in sede penale, essendo rilevante, al fine di fondarela competenza di esso giudice ai sensi dell�art. 74 c.p.p., che il danno lamentato dall�interveniente scaturisca da �reato�. Viene richiamato in proposito quanto disposto dall�art. 185 c.p., alla cuistregua ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che a norma delle leggicivili debbono rispondere per il fatto di cui. Le affermazioni poste alla base della decisione possono cos� riassumersi: a) il Tribunale assume che il fatto produttivo di danno � il reato enon il provvedimento amministrativo, la cui esistenza potr� rilevare al pi�al fine di accertare la configurabilit� del reato medesimo; b) la pretesarisarcitoria � ascrivibile ad un diritto soggettivo autonomamente tutelabile, ai sensi dell�art. 2043 c.c., rispetto alla posizione giuridica che si assumeessere stata lesa. Quanto alla valutazione nel merito della configurabilit� del reato ilTribunale perviene ad escludere che il fatto addebitato al direttore dell�amministrazione ferroviaria integri il reato di cui all�art. 328, c. 2, c.p. per mancanza dell�elemento oggettivo costitutivo della fattispecie incriminatrice, larichiesta scritta di adempiere. IL CONTENZIOSO NAZIONALE L�assoluzione dell�imputato ha comportato, ai sensi dell�art. 538, c. 1 c.p.p. , il rigetto della domanda risarcitoria della parte civile. 2. La costituzione di parte civile nel processo penale. Ai sensi dell�art. 185 c.p. ogni reato obbliga alle restituzioni e, quandoabbia cagionato anche un danno patrimoniale o non patrimoniale, al risarcimento. La regola posta a fondamento di siffatta previsione normativa muovedalla considerazione che ciascuna condotta in violazione di precetti penalipossa dare origine ad una molteplicit� di conseguenze rilevanti sia in sedecivile che penale. Al verificarsi di una simile eventualit� il soggetto al quale il reato abbiarecato danno ovvero i suoi successori universali possono esercitare nel processo penale �l�azione civile per le restituzioni e per il risarcimento deldanno di cui all�art. 185 c.p.� (art. 74 c.p.p.). La parte civile pu� essere intesa, pertanto, come quel soggetto che�afferma di avere ricevuto un danno dal reato e ne invoca la riparazione nelleforme del risarcimento o della restituzione� (F. Cordero). Nell�ordinamento interno l�istituto era stato introdotto nel codice di ritoprevigente, e poi mantenuto nell�attuale, nonostante la forte opposizione dicoloro che ne auspicavano l�abolizione: la sua natura ibrida lo prestavainfatti a facili strumentalizzazioni, consentendo ad una parte privata, sebbene ai soli fini risarcitori, di sostenere l�accusa, affiancandosi alla parte pubblica (1). Nondimeno, il mantenimento nel nostro ordinamento dell�azione civilecome disciplinata dagli artt. 74 e ss. c.p.p. � dettato da una duplice esigenza: da un lato risponde a ragioni di economia processuale concentrando innanziallo stesso giudice la cognizione di tutte le conseguenze civili e penali scaturenti da un unico illecito, dall�altra evita il rischio di un possibile contrastodi decisioni tra due organi giurisdizionali diversi (civile e penale) in relazione all�accertamento, sebbene a fini differenti, del medesimo fatto. A sostegno di entrambe le argomentazioni la dottrina processualpenalistica fa richiamo, in modo pressoch� costante, al principio dell�unicit� dellagiurisdizione. In realt�, la scelta normativa favorevole all�esercizio dell�azione civileinnanzi al giudice penale trovava fondamento, nell�originaria stesura delcodice previdente, nell�asserita superiorit� del giudicato penale su quellocivile come risultante dalla formulazione degli artt. 25, 27 e 28 c.p.p., daiquali si ricavava che il giudicato penale di assoluzione o di condanna vincolasse il giudice civile o amministrativo adito per le restituzioni e per il risar (1) L�anomalia � evidenziata da G. LOZZI, Lezioni di procedura penale, Torino 2004, p. 128, ilquale fa rilevare come non di rado la parte civile non mira concretamente al risarcimento del danno(evidente nelle ipotesi in cui si limiti a chiedere il risarcimento stesso in misura simbolica), quantopiuttosto a fungere da ausiliario della parte pubblica per giungere alla condanna dell�imputato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cimento, quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceit� ed alla responsabilit� del condannato. La vincolativit� della statuizione penale sul giudizio di danno finiva cos�per rendere di fatto obbligata la scelta per l�esercizio dell�azione civile insede penale, anzich� nella sua sede naturale; diversamente, il ricorrente invia risarcitoria avrebbe dovuto subire gli effetti di un giudizio (quello penale) rispetto al quale era rimasto estraneo. Sennonch� la Corte Costituzionale, a partire dalla met� degli anni �50, con le declaratorie di illegittimit� costituzionale degli artt. 25, 27 e 28 (2) c.p.p., ha fatto venir meno il principio della priorit� logico � giuridica delladisciplina dei rapporti tra giudicato penale e azione civile di danno e dell�efficacia del giudicato penale nei giudizi civili e amministrativi. Allo stato attuale pertanto l�esercizio dell�azione civile nel processopenale si pone come una libera scelta demandata al danneggiato dal reato. Tratteggiati, per grandi linee, gli aspetti caratterizzanti l�istituto dellacostituzione di parte civile nel processo penale pu� procedersi a verificare se, ed eventualmente in quali termini, le recenti riforme del processo amministrativo attuate con la legge 205 /00 e prima con il D.Lgs. 80/98 (3) abbianocontribuito a definire l�ambito oggettivo di applicazione dell�istituto in relazione a pretese risarcitorie scaturenti dall�illegittimo esercizio dell�attivit�amministrativa. VՏ poi da chiedersi se la costituzione di parte civile nel processo penale a tutela di posizioni soggettive di interesse possa ritenersi compatibile conl�attuale sistema di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudiceamministrativo. Ma, per far ci�, occorre innanzi tutto verificare quale sia la natura dellaposizione soggettiva vantata dal danneggiato dal reato e pi� in generalequale rapporto intercorra tra reato e danno risarcibile. 3. Il rapporto tra reato e danno. Il Tribunale ha ritenuto ammissibile la proposizione dell�azione risarcitoria in sede penale sulla scorta della considerazione che nel caso di lesionedi un interesse legittimo conseguente ad un fatto di reato, la relativa pretesarisarcitoria consegue al disvalore penale del fatto e non alla pretesa illegittimit� del provvedimento (�� ci� che ai fini risarcitori � rileva � il reato enon le azioni o gli atti che del reato possono essere gli elementi oggettivamente costitutivi ��). L�assunto, per quanto suggestivo, non sembra cogliere nel segno. Esso riflette, a ben vedere, un tradizionale orientamento giurisprudenziale, affermatosi anteriormente al revirment giurisprudenziale in ordine alla (2) Cfr. rispettivamente le sentenze del 26 giugno 1975, n. 175; del 27 giugno 1973, n. 99 e del22 marzo 1971, n. 55. (3) Che, comՏ noto, hanno devoluto la cognizione delle controversie risarcitorie scaturenti dallalesione di interessi legittimi alla competenza del g.a. IL CONTENZIOSO NAZIONALE risarcibilit� degli interessi legittimi, che tendeva ad ammettere la costituzione di parte civile a tutela di posizioni di interesse (4), sulla scorta di unaduplice argomentazione. Innanzitutto, in caso di interesse leso da reato, si riteneva venissemeno il principale ostacolo al riconoscimento della tutela risarcitoria, ossia il ricorrere del requisito dell��ingiustizia� del danno, atteso che afronte di un fatto illecito penalmente rilevante l�ingiustizia doveva ritenersi in re ipsa (5). Secondariamente, si riteneva che la posizione giuridica di chi lamenti undanno scaturente da reato non poteva che atteggiarsi a diritto soggettivo puro (6). Entrambe le argomentazioni inducono ad approfondire il rapporto intercorrente tra reato e danno (7). Il ricordato orientamento giurisprudenziale, conforme ad un�autorevoletesi dottrinaria (8), tende ad identificare il �danno criminale�, inteso come ildanno al bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice, con il dannorisarcibile in sede civile. La dottrina pi� recente (9) non ha per� mancato di rilevare come unaricostruzione siffatta dei rapporti tra reato e danno risarcibile rifletta inverouna concezione ormai superata dell�illecito penale ancorata ad una visionepancivilistica del diritto penale che lo relega a principi e schemi non confacenti alla sua natura. Pecca per eccesso opposto una seconda ricostruzione (10) alla cui stregua il danno risarcibile si differenzierebbe concettualmente e cronologicamente dall�offesa penale poich�, mentre l�offesa � intrinseca al reato, ildanno resterebbe estraneo alla fattispecie criminosa ponendosi rispetto aquesta in rapporto di causa ad effetto. Pi� coerente al diritto positivo pu� considerarsi invece una tesi intermedia (11) secondo la quale occorre distinguere tra reati che esauriscono il lorodisvalore sul piano penale e reati che invece producono un ulteriore dannocivile concettualmente distinto dall�offesa penale. (4) L�orientamento favorevole ad ammettere la risarcibilit� degli interessi legittimi lesi da reatoin sede penale era uno degli argomenti posti a fondamento del superamento (5) Cass. Civ., sez. I, 11 febbraio 1995, n. 1540, in Giust. Civ. 1996, I, 2395. (6) Cass. Civ., sez. un., 23 novembre 1985, n. 5813. (7) In argomento, PAOLI, Il reato, il risarcimento e la riparazione, Bologna 1925; CALAMANDREI, Il risarcimento dei danni non patrimoniali nella nuova legislazione penale, in Riv. It. Dir. pen., 1931, 171; DE MARSICO, Contributo alla determinazione del concetto di danni da reato risarcibili, in Annali dir. proc. pen., 1933, 425; TAGLIERINI, Il risarcimento del danno (Profili storici ed evoluzione attuale), in Indice pen., 1973, 475; PISANI, Il risarcimento del danno da reato nell�ordinamento, 1974, 5; Per la dottrina civilistica, cfr. per tutti, V. ZENO ZENCOVICH, La responsabilit� civile da reato, Milano, 1989. (8) Sostenuta principalmente da CARNELUTTI, Il danno e il reato, Padova 1926. (9) F. MANTOVANI, Diritto penale, Padova 1992, 902. (10) ANTOLISEI, L�offesa e il reato, Bergamo, 1930. (11) FROSALI, Reato, danno e sanzione, Padova 1932. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Giova ricordare che nel caso che ci occupa il reato ascritto all�imputatoera l�omissione di atti d�ufficio in relazione alla omessa esecuzione dell�ordinanza cautelare di sospensione dell�ordine di servizio con il quale venivaconferito, in via provvisoria, l�incarico di usciere ai primi due graduati nellaprocedura concorsuale in precedenza annullata e che il danno lamentato erafatto discendere dalla mancata attribuzione dell�incarico in luogo di uno deidue incaricati. L�affermazione secondo la quale il danno scaturirebbe dal reato, anzich�dalla lesione della posizione di interesse legittimo, si traduce quindi in unafinzione: ci� che rileva ai fini risarcitori non � infatti la commissione dell�illecito penale, ma l�omissione dell�atto dovuto. Non rileva, dunque, che ildanno scaturisca da un reato, ma che sia conseguente ad un fatto che integri�anche� reato. In altre parole la condotta omissiva dell�imputato si presenta di per s�come tendenzialmente plurioffensiva (12); si mostra cio� potenzialmentelesiva dell�interesse pubblico costituzionalmente rilevante del buon andamento della pubblica amministrazione inerente lo Stato collettivit�, ma sipresenta al contempo eventualmente lesiva dell�interesse individuale all�ottenimento del bene della vita cui aspira il destinatario dell�attivit� (omessa). Ne consegue che chi agisce a tutela dell�interesse individuale nel processo penale �sdoppia l�oggetto del processo penale immettendovi una lite civile� (13); pertanto, se � vero che l�esito dell�azione civile resta subordinatoall�esito del giudizio penale (ai sensi dell�art. 538 c.p.p. le decisioni sui dannipresuppongono condanna penale, non trovando giustificazione diversamente la deroga che consente di esercitare l�azione civile di danno in sede penale) � anche vero che non sempre la condanna dell�imputato comporter� altres� la sua soccombenza sul tema civile. Pu� infatti accadere che condotte civilmente rilevanti ai sensi dell�art. 2043 c.c. non lo siano invece penalmente (si pensi ad un danno cagionato concolpa nelle ipotesi in cui la corrispondente fattispecie incriminatrice punisca ilfatto solo a titolo di dolo) ovvero, al contrario, che l�imputato soccombente insede penale non risulti responsabile civilmente (si pensi al caso in cui accertata l�imputazione del fatto costituente reato non si riesca a dare la prova deldanno patito dalla parte civile ovvero, ancora, non si provi il nesso eziologicotra la condotta penalmente rilevante e il danno lamentato dal danneggiato). Dal che � dato desumere che la controversia civile, sebbene connessa, non sia necessariamente collimante con la funzione e causa dell�originarioprocedimento volto a verificare la fondatezza dell�ipotesi accusatoria. (12) Afferma la natura plurioffesiva del reato di associazione per delinquere Trib. Milano, 3dicembre 2001, in Foro ambrosiano, 2002, 26; contra Trib. Milano, 13 novembre 2000, ivi, 2001, 16; per la plurioffensivit� del reato di bancarotta fraudolenta, v. Trib. Milano, 29 giugno 1998, ivi, 2001,170; per la natura plurioffensiva del reato di omesso versamento di contributi cfr. Pret. Prato, 28 maggio 1986, in Informazioni previdenziali, 1987, 234. (13) F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2003, 269. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Pertanto, anche in caso di sentenza di condanna, il giudice dovr� sempreprocedere ad accertare se il �fatto� costitutivo dell�illecito penale sia altempo stesso lesivo della posizione soggettiva individuale sottesa alla richiesta risarcitoria. N� a differenti conclusioni sembra potersi pervenire sulla scorta del datoletterale dell�art. 185, c. 2, c.p. alla cui stregua �ogni reato che abbia cagionato in danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole o le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per ilfatto di lui�, e ci� in quanto la disposizione non afferma di per s� che il danneggiato dal reato vanti una pretesa risarcitoria diversa da quella relativa allaviolazione della sottostante posizione sostanziale. Tanto � vero che lo stesso art. 75 c.p.p., nel descrivere i rapporti tra azione civile e azione penale, si limita a prescrivere che l�azione civile �pu� essere trasferita nel processo penale� il che vale a dire che la costituzione dellaparte civile nel processo penale � ammessa per l��identica lite� che sarebbeinstaurabile innanzi al giudice naturale. Alla luce di siffatte considerazioni pu� allora pervenirsi ad una primaconclusione. Il soggetto danneggiato dall�esercizio dell�attivit� amministrativa che si costituisca parte civile nel processo penale intentato ai danni delfunzionario lamenta un danno che gli deriva dall�atto o dall�attivit� illegittima (ovvero dall�omissione) e non dal reato, come invece pretenderebbe ilgiudice nella sentenza in commento (14). Evidenti le implicazioni di tale conclusione in punto di giurisdizione. Affinch� il giudice statuisca in ordine alla pretesa risarcitoria vantata daldanneggiato occorrer� infatti che egli sia fornito di giurisdizione in ordine alrapporto controverso, a meno che non si voglia sostenere, come sembra fareil giudice etneo, che il diritto al risarcimento del danno rilevi quale posizione giuridica autonomamente tutelabile rispetto alla posizione sottostante chesi assume essere stata lesa. Occorre allora procedere a verificare la correttezza della seconda affermazione del Tribunale di Catania al fine di ammettere l�esercizio dell�azione civile a tutela di interessi legittimi, ossia la pretesa autonomia dell�azionerisarcitoria di danno rispetto all�azione posta a tutela della situazione soggettiva di cui si lamenti la lesione. Non appare dubitabile peraltro che il Sig. (X) fosse titolare di un interesse (pretensivo) all�incarico e non gi� di un diritto soggettivo, atteso che dallasospensione degli effetti dell�ordine di servizio n. 40/97 non nasceva alcun (14) In questo senso un precedente giurisprudenziale pu� rinvenirsi in Cass. Pen., sez. un., 21aprile 1989 alla cui stregua, affinch� l�illegittimit� penale della condotta coincida con l�illiceit� civile, � necessario che alla prima corrisponda, contemporaneamente e direttamente, la violazione di undiritto soggettivo. In tal caso il conseguente obbligo del risarcimento del danno � identico a quellonascente da un fatto illecito che non costituisce reato e da ci� deriva unicit� della legittimatio ad causam del titolare del diritto leso con la possibilit� di esercitare l�azione risarcitoria (con la costituzionedi parte civile) nel processo penale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO obbligo in capo all�amministrazione di attribuire l�incarico di usciere al (X), rientrando nella discrezionalit� della stessa la facolt� di indire una nuovaprocedura concorsuale, ovvero di attribuire l�incarico a terzo ovvero ancoradi non provvedere in ordine ai posti resisi vacanti. 4. Il rapporto tra azione risarcitoria e tutela della posizione soggettivasostanziale. Il Tribunale ha affermato il principio secondo il quale il diritto al risarcimento del danno sancito dall�art. 2043 c.c., rileva, sempre, quale dirittosoggettivo puro, radicando cos� la competenza a conoscere delle relativecontroversie in capo al g.o. Dall�enunciazione di tale principio � fatta scaturire una duplice conseguenza: a) in primo luogo la qualificazione della posizione in termini di diritto escluderebbe qualsiasi riserva di giurisdizione in ordine alla pretesa risarcitoria azionata in sede penale in favore della giurisdizione amministrativa; b) in secondo luogo, se ci� che rileva ai fini risarcitori � solo il nesso eziologico intercorrente tra il reato e il danno, deve escludersi che nel giudiziorisarcitorio instaurato innanzi al giudice penale possa porsi alcuna questionepregiudiziale in merito alla pretesa illegittimit� dell�atto, come invece eccepito dall�Avvocatura dello Stato. Sotto il primo profilo vՏ da chiedersi, innanzitutto, se alla stregua delnuovo quadro di riferimento aggiornato alla legge di riforma della giustiziaamministrativa, possa ancora sostenersi la giurisdizione del giudice ordinario (sia pure di quello penale) a conoscere delle pretese relative alla lesionedi interessi. La devoluzione generalizzata al g.a. della cognizione delle questionirisarcitorie conseguenti all�emanazione di atti illegittimi, ad opera dellalegge 205/00 (15), pone invero il problema dell�esperibilit�, in sede di giudizio penale intentato nei confronti del funzionario, dell�azione civile versola p.a. ritenuta responsabile del danno cagionato da attivit� (anche omissiva) illegittima della p.a. A ben vedere, le argomentazioni fatte proprie dal Tribunale nella sentenza che si commenta sembrano ricalcare le motivazioni svolte dalla storicadecisione della cassazione civile n. 500/99 (16) al fine di superare il c.d. dogma dell�irrisarcibilit� dell�interesse legittimo (17). (15) ComՏ noto dapprima il D.Lgs. 80/98 (con riferimento alla sole materie rientranti nella giurisdizione esclusiva del g.a.) e successivamente la L. 205/00, hanno generalizzato la tutela risarcitoriainnanzi al g.a. nelle materie rientranti nella sua giurisdizione di legittimit�; in tal senso l�art. 7, c. 3 L. 1034/71 dispone che �Il tribunale amministrativo regionale, nell�ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all�eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica�. (16) Tra i tanti commenti alla sentenza si segnalano, F. FRACCHIA, Dalla negazione della risarcibilit� degli interessi legittimi all�affermazione della risarcibilit� di quelli giuridicamente rilevanti: la svolta della Suprema Corte lascia aperti alcuni interrogativi, in Foro it., 1999, I, 3212; F. SATTA, La sentenza n. 500 del 1999: dagli interessi legittimi ai diritti fondamentali, in Giur. Cost. 1999, II, IL CONTENZIOSO NAZIONALE In estrema sintesi, gli ostacoli tradizionalmente frapposti alla risarcibilit� di posizioni soggettive aventi consistenza di interessi erano essenzialmente da ricondursi ad un duplice ordine di ragioni. L�una, di natura processuale, tendeva a negare la risarcibilit� dell�interesse sulla scorta dell�asserita carenza di giurisdizione in ordine alla pretesarisarcitoria; in tal senso si affermava che il g.o. fornito di giurisdizione inordine al petitum non lo sarebbe stato anche con riferimento alla causapetendi, laddove il g.a. competente a conoscere della posizione giuridicaazionata (interesse) non lo sarebbe stato anche in ordine all�oggetto dellapretesa (risarcimento del danno). L�altra, di carattere sostanziale, faceva richiamo al dato letterale di cuiall�art. 2043 c.c. e segnatamente alla nozione di danno ingiusto da intendersinon solo in iure, ossia non legittimato dall�ordinamento, ma altres� contra ius, ossia quale danno scaturente dalla violazione di diritti soggettivi assoluti. Di qui l�inammissibilit� di una tutela risarcitoria dell�interesse legittimosotto il duplice profilo della carenza di un giudice competente a conosceredella relativa istanza nonch� dell�assenza del carattere dell�ingiustizia delnocumento. Sotto il profilo processuale la Suprema Corte ha affermato la giurisdizione del g.o. a conoscere delle questioni risarcitorie derivanti da lesione diinteressi sulla scorta della considerazione che l�art. 2043 c.c., nel prevedere che qualunque fatto doloso o colposo obbliga il responsabile a risarcireil danno che da tale fatto sia scaturito, � �norma primaria� ossia � unanorma di contenuto immediatamente precettivo che attribuisce al privato un�diritto soggettivo� a non subire ingiuste lesioni della sua sfera giuridicasoggettiva. Da ci� l�ulteriore assunto che il �diritto� al risarcimento fosse tutelabileinnanzi al g.o. mentre la violazione dell�interesse fosse destinata a rilevare, sul piano oggettivo, quale elemento costitutivo della fattispecie (sotto il profilo dell�ingiustizia del danno). Quanto all�argomento sostanziale la Suprema Corte ha ritenuto di potersuperare la tradizionale visione della tipicit� dell�illecito aquiliano, giungendo a ravvisare nell�art. 2043 una sorta di clausola di chiusura dell�ordinamento, tale da consentire la risarcibilit� di qualunque danno non solo a tute 3235; R. CARANTA, La pubblica amministrazione nell�et� della responsabilit�, in Foro it., 1999, I, 3201; A. ORSI BATTAGLINI, C. MARZUOLI, La Cassazione sul risarcimento del danno arrecato dalla pubblica amministrazione: trasfigurazione e morte dell�interesse legittimo, in Diritto pubb., 1999,489; L. TORCHIA, La risarcibilit� degli interessi legittimi: dalla foresta pietrificata al bosco di Birnam, in Gior. Dir. amm., 1999, I, 843; F. SCOCA, Risarcibilit� e interesse legittimo, in Dir. pubb., 2000, 13. (17) A tali argomentazioni se ne aggiungeva peraltro una ulteriore di carattere generale fondatasulla diversa rilevanza attribuita dall�ordinamento giuridico alle posizioni di diritto e di interesse; purtrattandosi di posizioni ugualmente meritevoli di tutela, si affermava, le due situazioni soggettive sidistinguono per �gradi e forme� (M. Nigro) differenti di tutela. Tra le diverse forme di tutela si ascriveva il diverso regime della risarcibilit� riferibile ali diritti soggettivi e non anche agli interessi. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO la dei diritti soggettivi assoluti, ma altres� a tutela di qualunque posizionegiuridica ritenuta meritevole di tutela da parte dell�ordinamento tutte le voltein cui il danno arrecato a tale posizione giuridica non trovasse nell�ordinamento medesimo una propria causa di giustificazione. Risarcibilit�, dunque, non solo del danno contra ius ma anche sine iure (18). Sennonch� l�evoluzione del dato normativo, attraverso l�attribuzione al g.a della competenza generalizzata a conoscere delle controversie risarcitorie relative a danni scaturenti da lesioni di interessi, induce ad una nuovariflessione su tali conclusioni. La Suprema Corte aveva affermato,infatti, il principio dell�autonomiadell�azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento sulla scorta dellaconsiderazione dell�assenza (allora), nelle aree diverse da quelle di giurisdizione esclusiva, di una regola generale di estensione della giurisdizione del g.a. alle questioni risarcitorie. Detto altrimenti, la Suprema Corte aveva escluso che l�accertamentodella lesione dell�interesse potesse dar luogo ad una questione di giurisdizione sulla scorta della considerazione che, fuori dai casi di giurisdizione esclusiva, il g.a. era sprovvisto di una competenza generale in tema di risarcimento del danno da lesione di interessi. � evidente che l�introduzione generalizzata ad opera del legislatore del2000 di una regola siffatta, con tutte le implicazioni in termini di necessariaconcentrazione della tutela avanti ad uno stesso giudice, impone di rivederela correttezza delle originarie considerazioni. Ne consegue che pur convenendosi sull�opportunit� di distinguere ontologicamente il diritto di credito spettante al danneggiato dal fatto illecito, rispetto all�interesse leso (19), deve convenirsi sul fatto che il rapporto tra ledue posizioni giuridiche (il diritto al risarcimento e l�interesse legittimo leso) vada ricostruito in termini di distinzione ma non anche di separazione, nonessendo (pi�) consentito al g.o. di conoscere del diritto al risarcimento in viaautonoma rispetto alla sottostante situazione sostanziale che si assume essere stata lesa (20). (18) Tra le argomentazioni poste a fondamento della svolta la Corte pone altres� la riforma normativa attuata con il D.Lgs. 80/98 che sebbene con riferimento alle sole ipotesi di giurisdizione esclusiva, ammetteva la risarcibilit� degli interessi lesi da attivit� amministrativa illegittima. Con riferimento a tale ultima argomentazioni in realt�, comՏ stato efficacemente notato, il fattoche il legislatore abbia ancorato il risarcimento del danno alle sole ipotesi di giurisdizione esclusivadel g.a., non poteva far ritenere siffatta argomentazione decisiva al fine di sostenere l�avvenuto superamento del dogma dell�irrisarcibilit� dell�interesse. La limitazione della tutela risarcitoria degli interessi nelle sole materie rientranti nella giurisdizione esclusiva, poteva far presumere infatti che la stessa si riferisse solo ai diritti soggettivi attrattialla giurisdizione amministrativa e non anche agli interessi; niente di nuovo sotto il sole, dunque. (19) In questo senso cfr. LUISO, Pretese risarcitorie verso la pubblica amministrazione fra giudice ordinario e amministrativo, in Riv. Dir. proc., 2002, 46 e TRIMARCHI BANFI, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000, 43. (20) Cfr. M. NIGRO, Giustizia amministrativa, op. cit., 164. IL CONTENZIOSO NAZIONALE In definitiva, il g.o. potr� conoscere del diritto al risarcimento solo ovequesto si connetta alla lesione di situazioni di diritto. La tesi sembra peraltro trovare conforto nella nota sentenza della CorteCostituzionale n. 204 del 2004 che ha escluso che la declaratoria di incostituzionalit� degli artt. 33 e 34 D.Lgs. 80/98 potesse estendersi al potere riconosciuto al g.a di disporre il risarcimento del danno ingiusto in quanto dettopotere non costituisce, sotto alcun profilo, una nuova �materia� attribuita allagiurisdizione del g.a. �bens� uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustiziaal cittadino nei confronti della pubblica amministrazione�. La natura strumentale della tutela risarcitoria rispetto alla tutela dellaposizione giuridica sottostante � stata ribadita da ultimo dalla Consulta conla decisione del 11 maggio 2006, n. 191 nella quale, in linea di continuit�rispetto alla sentenza 204, viene affermata la sostanziale irrilevanza ai finidel riparto di giurisdizione della natura (di diritto o di interesse) della pretesa risarcitoria; ci� in quanto, per principio generale, il criterio di riparto tragiurisdizione ordinaria e amministrativa non pu� essere costituito dal petitum, ossia dal tipo di provvedimento richiesto, ma piuttosto dalla natura dellasituazione giuridica sottesa alla richiesta risarcitoria. Le argomentazioni appena riferite sono state puntualmente condivise daalcuni recenti arresti (ordinanze nn. 13659, 13660 e 13911 del 13 e 15 giugno 2006 (21)) della Suprema Corte di Cassazione che, dopo aver ripercorso il cammino giurisprudenziale e normativo in tema di risarcibilit� degliinteressi legittimi, ha affermato, conformemente al ricordato orientamentodel Giudice costituzionale, la natura �rimediale� dello strumento risarcitorio. Con le citate ordinanze la Corte si � pronunciata inoltre sull�annosa questione attinente la c.d. pregiudiziale amministrativa con argomentazioni cheverranno riprese nel prosieguo della trattazione. Secondo l�impostazione seguita dalla Cassazione, la giurisdizione delgiudice ordinario contro l�agire illegittimo della pubblica amministrazioneva affermata ogni qual volta il diritto del ricorrente �non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo�, ovvero nel casoin cui l�azione amministrativa non trovi rispondenza in un precedente esercizio del potere amministrativo, come nelle ipotesi in cui l�amministrazioneagisca in via di fatto o in posizione paritaria rispetto ai destinatari degli effetti degli atti posti in essere. (21) Cass. s.u., 13 giugno 2006, n. 13659 con note di M. A. SANDULLI, Finalmente �definitiva� certezza sul riparto di giurisdizione in tema di �comportamenti� e sulla c.d. �pregiudiziale� amministrativa? Tra i due litiganti vince la �garanzia di piena tutela�, e V. CERULLI IRELLI, Prime osservazioni sul riparto delle giurisdizioni dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, in www.giustamm.it, nonch� in Guida al diritto, n. 28/2006, 28, con nota di G. CARUSO, Sparisce la pregiudiziale amministrativa per garantire maggiore tutela ai cittadini; Cass. s.u. 13 giugno 2006 n. 13660 nota di G. MARI, Osservazioni a prima lettura a margine di Cass., sez., Un., 13 giugno 2006: la giurisdizione sulledomande risarcitorie proposte autonomamente e la pregiudiziale amministrativa; Cass. s.u., 15 giugno 2006, n. 13911 in www.giustamm.it. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Tutte le volte in cui, viceversa, la pretesa risarcitoria sia connessa adun�attivit� amministrativa espressione di un potere di natura autoritativaandr� affermata la giurisdizione del giudice amministrativo. Tale ultimo orientamento supera cos� la precedente posizione assuntadalla Suprema Corte medesima con l�ordinanza n. 1207 del 2006 con laquale le sezioni unite, recependo un precedente orientamento dottrinario(22), avevano distinto l�ipotesi in cui il ricorrente eserciti l�azione risarcitoria congiuntamente all�azione di impugnazione, dall�ipotesi in cui egli, dopoaver ottenuto dal g.a. l�annullamento dell�atto, agisca in via autonoma per ilrisarcimento. Mentre nel primo caso l�azione risarcitoria si riteneva andasse esperitainnanzi al g.a. nel secondo, non venendo in rilievo l�accertamento dell�illegittimit� del provvedimento, la stessa si riteneva potesse essere azionata invia autonoma innanzi al g.o (23). � evidente, infatti, che alla luce del nuovo orientamento del Giudice dilegittimit� che attribuisce rilevanza, quale criterio di riparto tra le giurisdizioni, esclusivamente alla natura della posizione giuridica azionata, siffattadistinzione perde rilievo. Anche a voler aderire all�indirizzo espresso dalla Corte con l�ordinanza n. 1207/06, nella fattispecie in commento difetterebbe in ogni caso il presupposto per l�esercizio in via autonoma dell�azione risarcitoria (ossia la previacaducazione del provvedimento lesivo): si ricordi al riguardo che il (X), dopoaver ottenuto la sospensione del provvedimento (ordine di servizio) che assumeva lesivo del proprio interesse al conferimento dell�incarico, non avevaulteriormente coltivato il giudizio di merito, con conseguente perenzione dericorso e perdita di efficacia dell�ordinanza cautelare resa medio tempore. Sulla scorta di siffatte considerazioni non pu� pertanto che dissentirsidall�affermazione fatta propria dal Tribunale di Catania, nella sentenza incommento, alla cui stregua la posizione vantata dal ricorrente in sede risarcitoria rilevi in ogni caso quale diritto soggettivo e dunque, in quanto tale, sia sempre conoscibile dal giudice ordinario. Conformemente al condivisibile indirizzo inaugurato dalla SupremaCorte in punto di riparto di giurisdizione, nonch� alla luce della novella del (22) Per tutti cfr. F. TRIMARCHI BANFI, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000. (23) In senso contrario si � espressa l�Ad. Plen. del Consiglio di Stato con la sentenza 9 febbraio2006, n. 2, alla cui stregua la scelta di esercitare l�azione risarcitoria in un momento successivo rispetto all�esercizio dell�azione di annullamento innanzi al g.a., non vale di per s� a mutare i presuppostidi fatto e di diritto dell�azione che pertanto, anche nel caso in cui intervenga successivamente all�annullamento giurisdizionale dell�atto che si presume illegittimo, deve essere esercitata innanzi al g.a. Su posizioni opposte si � assestata peraltro la giurisprudenza amministrativa (Ad. Plen. 9 febbraio 2006, n. 2) che ha reputato irrilevante ai fini del riparto di giurisdizione la distinzione operatadal Giudice civile, affermando che la caducazione in via giurisdizionale del provvedimento non esclude che il danno lamentato sia connesso all�esercizio di attivit� amministrativa connotata dai caratteri dell�autoritariet�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE 2000 che ha generalizzato la competenza del giudice amministrativo in temadi tutela risarcitoria per lesione di interessi, pu� infatti quanto meno dubitarsi che residuino margini di cognizione in capo al g.o. in materia di danni scaturenti da reato, se non a costo di consentire al g.o. di riappropriarsi di unafetta di giurisdizione in tema di risarcimento che il legislatore ha inteso inequivocabilmente attribuire al g.a. Nel caso di specie, dunque, venendo in contestazione proprio la legittimit� dell�esercizio della funzione, la competenza a conoscere della relativapretesa risarcitoria non poteva non spettare all�autorit� giurisdizionaleamministrativa. Parimenti non si sottraggono a censure le osservazioni fatte proprie dalTribunale in ordine al rapporto tra azione risarcitoria e giudicato di annullamento. � noto al riguardo come la prevalente giurisprudenza amministrativa(24), con argomentazioni talvolta condivise dal giudice civile (25), si siaschierata in favore del principio della c.d. pregiudiziale amministrativa, ossiaha sostenuto la necessit� del previo annullamento dell�atto lesivo ai fini dellapronuncia sul risarcimento del danno (26). A fondamento del principio � stata posta innanzitutto l�esigenza ditutela di certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico cui si connette la previsione dello sbarramento temporale per l�impugnativa deiprovvedimenti amministrativi; secondariamente, il tradizionale divieto didisapplicazione dei provvedimenti amministrativi ad opera del g.a; in ultimo, il riferimento contenuto nella legge 205/00 alla natura �consequenziale� della tutela risarcitoria farebbe ritenere quest�ultima subordinata all�espletamento con esito favorevole di un previo giudizio amministrativo diannullamento. (24) Sul punto si veda Ad. Plen. Cons. Stato, 26 marzo 2003, n. 4. (25) Il riferimento � a Cass. Civ. sez. II, 27 marzo 2003, n. 4538, in Foro it., 2003, I, 2073, connota di A. TRAVI; Giorn. Dir. amm., 2003, 567, con nota di L. TORCHIA, e Urb. e app. 2003, 684 connota di P. GALLO. Con la decisione la Suprema Corte si � schierata su posizioni favorevoli alla pregiudiziale amministrativa ribaltando l�orientamento sostenuto nella sentenza n. 500/99. La Corte ha chiarito che la mancata caducazione del provvedimento che si assume lesivo rileva sotto il profilo della�ingiustizia� del danno, nel senso che �in assenza della rimozione dell�atto, il permanere della produzione dei suoi effetti � conforme alla volont� della legge, e la necessaria coerenza dell�ordinamentoimpedisce di valutare in termini di danno ingiusto gli effetti medesimi�. (26) Se infatti si concorda nel ritenere che la questione pregiudiziale ricorre allorch� il giudice�prima di affrontare e decidere la questione finale o principale, che dir si voglia, della causa� si trovadi fronte ad una serie pi� o meno lunga di punti che sono l�antecedente logico della questione finale(punti pregiudiziali) e che� danno luogo a questioni (questioni pregiudiziali)�, cos� G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1947., 339 deve anche convenirsi che ove l�interessato avr� fatto decorrere il termine di impugnazione non potr� rivolgersi al g.o. per ottenere il risarcimento del danno scaturente dall�atto medesimo, perch� in questa ipotesi il giudice civile si vedrebbeinvestito direttamente della cognizione della legittimit� dell�atto, della quale pertanto non potrebbestatuire in via pregiudiziale e senza effetto di giudicato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO � noto altres� come tali argomentazioni siano state sottoposte a rilievicritici da parte della dottrina pi� avvertita (27) la quale non ha mancato dirilevare l�incongruit� del richiamo al principio della certezza delle situazioni giuridiche con riferimento a pretese risarcitorie scaturenti da provvedimenti inoppugnati atteso che la pretesa risarcitoria non mette in alcun modoin discussione la stabilit� del provvedimento amministrativo ma consentesolo di verificarne in via parentetica la liceit�. In secondo luogo � apparso incongruo il richiamo al divieto di disapplicazione del provvedimento in materia di tutela risarcitoria atteso che il g.a., nel conoscere dell�atto amministrativo nella controversia risarcitoria, nondisapplica l�atto illegittimo considerando tamquam non esset i suoi effetti masemmai, al contrario, nell�accertare gli effetti che l�atto ha prodotto, in uncerto senso lo applica. Non maggiormente probante � sembrato il richiamo all�elemento letterale afferente la pretesa consequenzialit� della pretesa risarcitoria rispetto aquella caducatoria, atteso che l�avverbio �consequenziale� pu� ritenersi riferito al rapporto intercorrente tra provvedimento e danno e non necessariamente tra annullamento e risarcimento. L�elaborazione dottrinaria ha poi messo in evidenza tutta una serie di casiin cui la regola della pregiudiziale amministrativa non appariva applicabile. Sulla base del presupposto incontestabile che l�annullamento dell�attoillegittimo presuppone l�esistenza di un provvedimento da impugnare e di uninteresse all�annullamento, la dottrina ha individuato un ventaglio di ipotesiin cui per l�assenza di un provvedimento da impugnare o per la carenza del- l�interesse il principio della pregiudiziale era destinato a non trovare applicazione (28). Si adduceva sotto il primo profilo, ad esempio, l�ipotesi di una domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno derivante dalla tardiva adozionedi un provvedimento favorevole: in questo caso non poteva certo affermarsi che il cittadino poteva essere gravato dell�onere di impugnare il provvedimento favorevole (sebbene ottenuto con colpevole ritardo dall�amministrazione). Ancora, veniva in rilievo l�ipotesi in cui il danno derivi da meri comportamenti: anche qui mancherebbe l�oggetto materiale oltre che giuridico diuna eventuale impugnativa. Infine, i provvedimenti amministrativi annullati nell�esercizio di poteridi autotutela dalla stessa p.a. Fuori dalle ipotesi menzionate, la vigenza della pregiudizialit� va invececonfermata non potendosi consentire al ricorrente di ottenere a titolo di risarcimento ci� che gli sarebbe spettato in forza dell�annullamento dell�atto (29). (27) Per tutti A. TRAVI, nota a Cass., sez. II, sent. 27 marzo 2003, n. 4538 in Foro it., cit., 2078. (28) In questo senso L. TORCHIA, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno fra regoledi diritto processuale e principio di diritto sostanziale, in Giorn dir. amm., 2003, 567 ss. (29) Cfr. A TRAVI, nota a Cass. Civ., sez. II, sent. 27 marzo 2003, n. 4538, cit. 2075. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Pertanto, l�atto non impugnato nel termine deve ritenersi valido (per il c.d. �modo dell�equiparazione� di gianniniana memoria), anche ai fini risarcitori, in forza della scelta operata dal legislatore del 1889 in favore del regime dell�annullabilit� degli atti in luogo della nullit� (30). A differenti conclusioni sembra pervenire il Giudice di legittimit� con lecitate ordinanze nn. 13659, 13660 e 13911 del 13 e 15 giugno 2006, con lequali la Suprema Corte, dopo aver preso le distanze tanto dalla tesi �tuttaamministrativistica� (alla cui stregua la competenza in tema di pretese risarcitorie per violazione di interessi spetterebbe sempre al giudice amministrativo, previa impugnativa del provvedimento che si assume lesivo) quanto daquella �tutta civilistica� (che nega rilevanza alla pregiudiziale amministrativa affermando la competenza del giudice ordinario, in quanto giudice dei�diritti�, sulla pretesa risarcitoria) in merito alla sede e ai presupposti di esercizio dell�azione risarcitoria, riconosce nel giudice amministrativo il �giudice naturale� della tutela risarcitoria degli interessi, indipendentemente dallaprevia instaurazione di un giudizio di legittimit� sull�atto o sul silenzio serbato dall�amministrazione. Ci�, peraltro, avvertendo che, qualora il giudice amministrativo neghi lapropria competenza a decidere su una questione risarcitoria proposta in viaautonoma, la relativa pronuncia sar� considerata quale illegittima declinatoriadi giurisdizione, in quanto tale soggetta al sindacato della Corte regolatrice. A prima lettura, e con la sintesi che questa sede impone, deve tuttaviarilevarsi che le argomentazioni svolte dalla Corte, sebbene meritorie sotto ilprofilo dell�intento di assicurare concretezza ed effettivit� alla tutela giurisdizionale del cittadino avverso l�operato dell�amministrazione, non si sottraggono a rilievi critici sotto un duplice profilo formale e sostanziale. Sotto il profilo formale il percorso argomentativo seguito appare pococonvincente nella parte in cui risolve sul piano della giurisdizione il problema della rilevanza, nel giudizio amministrativo di danno, della previa impugnativa del provvedimento che si assume lesivo. Si riscontra, infatti, una sovrapposizione tra i limiti interni ed esterni allagiurisdizione; in altre parole, una volta affermato che in materia di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi deve considerarsi competente il giudice amministrativo, la questione della pregiudiziale rileva qualemera questione di procedura interna alla giurisdizione amministrativa ed inquanto tale non rilevabile da parte del giudice di legittimit� in sede di regolamento di giurisdizione. (30) In realt� nell�originaria impostazione di M. S. GIANNINI, Discorso generale sulla giustiziaamministrativa, I, in Riv. dir. proc., 1963, 538, il cd. modo dell�equiparazione, ossia l�assimilazionedegli effetti dell�atto invalido non impugnato nei termini, agli effetti dell�atto valido si riteneva avesse origini giurisprudenziali. Secondo altra Dottrina, invece, l�equiparazione tra effetti dell�atto invalido inoppugnato ed effetti dell�atto valido, � frutto di una precisa scelta normativa operata dal legislatore del 1889 in favore del regime dell�annullabilit� degli atti invalidi in luogo di quello della nullit�. In questo senso da ultimo, G. CORSO, L�attivit� amministrativa, Torino, 1999, 197. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Sotto il profilo sostanziale va rilevato, innanzitutto, che la regola dellaprevia impugnativa del provvedimento amministrativo che si assume produttivo di danno � dettata da irrinunciabili esigenze di coerenza interna dell�ordinamento, esigenze che impediscono di qualificare in termini di �dannoingiusto� il danno derivante da provvedimenti inoppugnati. In altri termini, resta insuperabile l�assunto, fatto proprio dalla SupremaCorte in una nota decisione del 2003 (31), secondo il quale in assenza dellarimozione dell�atto il permanere della produzione dei suoi effetti deve considerarsi conforme alla volont� della legge. In secondo luogo, come gi� rilevato dai primi commentatori (32), destaperplessit� la soluzione che rimette, in sostanza, all�interessato la �scelta� trala richiesta di caducazione del provvedimento che si assume illegittimo equella di lasciare in vita una situazione di ingiustizia sostanziale optando perla tutela riparatoria. Non si pu� trascurare di considerare, infatti, che la mancata impugnazione del provvedimento amministrativo che si assume lesivo, seppure irrilevante sotto il profilo dell�ammissibilit� dell�azione, almeno secondo l�indirizzo inaugurato dalla Suprema Corte, non manca di rilevare sotto il profilodella fondatezza della pretesa risarcitoria. Per principio generale consacrato dall�art. 1227, c. 2, c.c., non � risarcibile, infatti, il danno che il creditore avrebbe potuto evitare usando l�ordinaria diligenza. In applicazione del suddetto principio non potr� allora accordarsi il risarcimento per i danni che il ricorrente avrebbe potuto evitare chiedendo tempestivamente la sospensione e la caducazione del provvedimento lesivo. Sotto tale profilo la soluzione prospettata dalla Corte, nel consentirel�accesso alla tutela risarcitoria in via autonoma anche in ipotesi di provvedimenti divenuti inoppugnabili, lascia presagire il moltiplicarsi della proposizione di ricorsi relativi a danni �evitabili� e dunque infondati nel merito, con inevitabile aggravio del carico della giustizia amministrativa. In conclusione deve ritenersi che non sussistano ragioni per discostarsidal prevalente indirizzo dottrinario che, anteriormente all�intervento dellaCorte regolatrice, suggeriva di procedere ad una verifica della regola da condursi caso per caso, in relazione alla configurazione delle pretese oggetto delgiudizio. Dunque la pregiudiziale come �condizione sostanziale� (33) e nonprocessuale del giudizio risarcitorio. (31) Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4538, in Urb e app., 2003, 684, con nota di P. GALLO, Pregiudiziale e disapplicazione al vaglio di Plenaria e Cassazione, nonch� in Foro it., 2003, I, 2073, con nota di A. TRAVI. (32) M. A. SANDULLI, Finalmente �definitiva� certezza sul riparto di giurisdizione in tema di�comportamenti� e sulla c.d. �pregiudiziale� amministrativa? Tra i due litiganti vince la �garanziadi piena tutela�, cit. (33) L�espressione � di L. TORCHIA, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno: fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, cit., 583. IL CONTENZIOSO NAZIONALE La soluzione appare conforme, peraltro, all�orientamento della giurisprudenza comunitaria che, pur riconoscendo l�autonomia dell�azionerisarcitoria prevista dagli artt. 235 e 288 del Trattato rispetto all�azione diannullamento (nel senso che l�irricevibilit� del ricorso non pregiudica inlinea di principio la ricevibilit� dell�azione risarcitoria) (34), ha per� precisato che la decorrenza del termine per l�azione di annullamento precludeil ricorso per il risarcimento del danno che miri in realt� alla revoca delprovvedimento (35). Ove poi si condivida l�assunto, precedentemente sostenuto, che il dannoderivante da reato partecipi della stessa natura del danno da illecito civile, deve altres� pervenirsi alla conclusione che anche nel giudizio penale, al paridi quello civile di danno, possa configurarsi un�ipotesi di pregiudizialeamministrativa tutte le volte in cui attraverso la tutela risarcitoria la partecivile intenda ottenere dal giudice la stessa utilit� che le avrebbe arrecatol�annullamento dell�atto. Se ci� � vero non pu� allora condividersi l�affermazione, fatta propriadal Tribunale nella sentenza in commento, secondo la quale deve escludersiche nelle controversie risarcitorie per danni cagionati da reato �possa configurarsi in modo alcuno ipotesi di pregiudiziale amministrativa�, dovendosiritenere piuttosto che la verifica della rilevanza della pregiudiziale amministrativa, anche nel caso in cui il fatto generatore del danno costituisca reato, vada effettuata caso per caso. Nella fattispecie in esame giova ricordare che il danno lamentato derivava dalla asserita mancata esecuzione dell�ordinanza cautelare di sospensionedell�ordine di servizio (per contrasto con il precedente giudicato di annullamento della procedura concorsuale) e, nella specie, dalla mancata attribuzione della qualifica di usciere in luogo di uno dei due nominati con il suddetto ordine di servizio. � di tutta evidenza che la richiesta risarcitoria avanzata dal Sig. (X) non appariva causalmente connessa alla pretesa omissione ascritta all�imputato. L�ordinanza cautelare non pu�, infatti, garantire al ricorrente utilit� maggiori rispetto a quelle che gli deriverebbero dalla favorevole definizione delgiudizio di annullamento. In altri termini, se il giudizio di annullamento avrebbe potuto assicurareal (X) solo la caducazione dell�ordine di servizio che egli assumeva lesivo, l�anticipazione degli effetti del giudicato in sede cautelare non avrebbe potu (34) Cfr. Trib. I grado 10 luglio 1997, causa T-38/96, in Foro it., Rep., 1998, voce Unione Europea, n. 528; 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, id., Rep., 1997, voce cit., n. 513; Corte di Giust. 17 dicembre 1981, cause riunite 197-200, 243, 245 e 247/81, id., 1982, IV, 418, con nota di L. DANIELE. (35) Cfr. Trib. I grado 27 giugno 2000, causa T-72/99, in Foro it., Rep., 2001, voce UnioneEuropea, n. 686; 4 febbraio 1998, causa T-94/95, id., Rep. 1999, voce cit., n. 647; 3 febbraio 1998, causa T-68/96, ivi., n. 649; 24 settembre 1996, causa T-485/93 id., Rep., 1997, voce cit., n.514. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO to comportargli un vantaggio ulteriore, men che mai quello di attribuirgli laqualifica sperata. Ne consegue che l�irrilevanza del previo annullamento dell�ordine di servizio n. 40/97 rispetto alla definizione della controversia risarcitoria trovagiustificazione, nel caso di specie, non gi� in un principio di portata generalealla cui stregua non sarebbe mai configurabile una pregiudiziale amministrativa nei giudizi risarcitori per danni �da reato� (come affermato dal Tribunale), quanto piuttosto nell�assoluta infondatezza dell�istanza risarcitoria vantata dal (X), atteso che il danno da lui lamentato non era in alcun modo riconducibile alla (pretesa) inottemperanza alla statuizione cautelare. 5. Costituzione di parte civile e violazione di interessi legittimi: un ritornoalla doppia tutela? La soluzione accolta dalla sentenza presta il fianco ad un ulteriore rilievo critico. Una volta infatti che si escluda che il danno derivante da reato abbianatura �speciale� rispetto al danno scaturente da un fatto penalmente irrilevante, ed affermata la natura meramente eventuale dell�esercizio dell�azioneriparatoria in sede penale, ove si consolidasse l�orientamento favorevole adammettere la costituzione di parte civile nel processo penale a tutela di situazioni di interesse dovrebbe pure ammettersi che il danneggiato da reatopossa scegliere di agire innanzi al g.a. proponendo l�azione risarcitoria contestualmente a quella demolitoria ovvero, in alternativa, innanzi al g.a. chiedendo il solo risarcimento del danno scaturente dal reato. Non pu� allora non intravedersi dietro una siffatta soluzione un tentativo, dal forte sapore nostalgico, di ritorno alle vecchie teorie della doppiatutela accomunate, pur nella variet� delle impostazioni proposte, dallo sforzo di considerare ammissibili per lo stesso �episodio di vita� (36) i due tipidi tutela giurisdizionale. In particolare, il tentativo di ammettere la doppia tutela a fronte dell�unicit� della lesione soggettiva appare ripristinare il criterio volto a fondare ilriparto di giurisdizione fra g.o. e g.a. sul petitum dell�azione ossia sul tipo diprovvedimento richiesto dall�interessato, pi� che sulla natura giuridica fattavalere in giudizio (37); con la conseguenza di ammettere che avverso lamedesima lesione di una situazione soggettiva possano radicarsi la giurisdi (36) Cos� M. NIGRO, Giustizia amministrativa, op. cit., p. 139. (37) Sul riparto di giurisdizione la letteratura � vastissima, per tutti basti ricordare M. S. GIANNINI, Discorso generale sulla giustizia amministrativa, in Riv. dir. proc., 1963, 522; M. S. GIANNINI � A. PIRAS, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., vol. XIX, Milano, 1970, 229; A. ROMANO, Giurisdizione amministrativa e limiti della giurisdizione ordinaria, Milano, 1975; V. CERULLI IRELLI, Il problema del riparto delle giurisdizioni. Premesse allo studio del sistema vigente, Pescara, 1974; F. G. SCOCA, Riflessioni sui criteri di riparto della giurisdizione, in Dir. proc. amm., 1989. In giurisprudenza tra le tante si v. Cass. Civ., s.u., 22 maggio 1948, n. 778, in Foro it., 1949, I, 32 con nota di A. M. SANDULLI e Cass., civ., s.u., 7 maggio 1948, n. 675, in Foro it., 1949, I, 39. IL CONTENZIOSO NAZIONALE zione del g.a. o del g.o. a seconda, rispettivamente, che il ricor-rente chiedala rimozione dell�atto che assume illegittimo ovvero la condanna dell�amministrazione al risarcimento del danno provocato dell�atto medesimo (38). Ne consegue che tutte le volte in cui il danneggiato lamenti la lesione disituazioni di interesse non pu� ammettersi l�esercizio dell�azione civile nelprocesso penale, pena il ripristino del criterio fondato sul tipo di provvedimento richiesto (annullamento o risarcimento) in luogo di quello fondatosulla consistenza della situazione soggettiva azionata. 6. Considerazioni conclusive. In conclusione, la recente riforma del processo amministrativo, chegeneralizza la tutela risarcitoria innanzi al Giudice amministrativo, induceinvero a pervenire a conclusioni differenti rispetto a quelle fatte proprie dalTribunale di Catania nella sentenza in commento in ordine all�esperibilit�della particolare azione di cui all�art. 74 c.p.p. a tutela di situazioni soggettive aventi consistenza di interessi. In particolare, non sembra in alcun modo che tanto il dato positivo quanto l�evoluzione storica dell�istituto possano indurre a ritenere che attraversola costituzione di parte civile il danneggiato da reato possa far valere nel processo penale una posizione differente da quella azionabile ove il fatto lesivofosse penalmente irrilevante. N� l�estensione dell�ambito della giurisdizione ordinaria a tutela dellepretese risarcitorie per danni scaturenti da reato sembra trovare giustificazione nella pretesa autonomia dell�azione risarcitoria rispetto alla tutela dellaposizione sostanziale violata, atteso che tale orientamento non sembra pi�trovare giustificazione in presenza dell�estensione generalizzata della giurisdizione amministrativa nelle controversie risarcitorie. In questo quadro avrebbe trovato giustificazione una residua competenza del giudice ordinario in veste di giudice penale solo ove il legislatoreavesse ricostruito in termini di connessione necessaria l�esercizio dell�azione civile di danno e di quella penale. Ma non � cos�. Il legislatore del 1989 non solo non ha previsto la necessaria connessione tra offesa penale e offesa civile, lasciando alla libera determinazione del danneggiato la scelta se adire il giudice naturale del risarcimento (illo tempore, quello civile) ovvero agire in sede penale, ma attraverso il ricorso a particolari meccanismi processuali ne ha perfino disincentivato la costituzione nel processo penale (39). (38) ComՏ noto il criterio del riparto fondato sul petitum gi� sconfessato dalla giurisprudenzacivile e amministrativa con le note sentenze Laurens e Trezza rispettivamente del 1891 e del 1897, �stato definitivamente abbandonato a seguito del c.d. �concordato giurisprudenziale� del 1930 che havisto convergere i due massimi organi di giustizia civile e amministrativa in favore del criterio dellacausa petendi o petitum sostanziale, ossia della natura intrinseca della controversia. (39) Una precisa testimonianza in tal senso pu� trarsi dal citato art. 652 c.p.p. che nel prevederel�efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo per lerestituzioni e il risarcimento, esclude analoga efficacia sull�accertamento civile in sede propria ossiatutte le volte in cui il danneggiato abbia esercitato autonomamente l�azione per danni in sede civile. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO N�, tanto meno, pu� ritenersi che, ammesse le due forme di tutela innanzi al giudice amministrativo e innanzi al giudice ordinario (sia pure in sedepenale), possa demandarsi alla libera scelta della parte l�esercizio dell�una odell�altra, atteso che in tal modo si contravverrebbe al principio, costituzionalmente codificato, che fonda il riparto tra le due giurisdizioni sulla consistenza della situazione soggettiva azionata anzich� sul tipo di provvedimento richiesto. Dott.ssa Anna Scir�(*) Tribunale di Catania, sezione terza penale, sentenza 19 luglio 2005, n. 1869 � Pres. Est. Curas� � P.M. Ursino � Imputato D. M. � Parte civile (X) � Responsabile civileMinistero delle Infrastrutture e dei Trasporti � Gestione governativa FerroviaCircumetnea (Avv. dello Stato D. Maimone). Il dipendente che abbia ottenuto dal giudice amministrativo una pronuncia cautelaredi sospensione di un provvedimento in ipotesi per lui lesivo, pu� agire civilmente nel processo penale per omissione di atti di ufficio instaurato nei confronti del dirigente che a quella pronuncia non abbia ottemperato. Poich� � il reato, e non l�atto amministrativo, il fatto produttivo di danno nessunariserva di giurisdizione in favore degli Organi della Giustizia amministrativa potrebbe maiconfigurarsi ed escludere quindi l�esperibilit� dell�azione civile in sede penale. �(Omissis) Motivi della decisione � Ritiene il Tribunale di dover preliminarmente soffermarsi, indipendentemente da quella che, come appresso si vedr�, sar� la soluzione delmerito, sulla questione concernente la pretesa illegittimit� della domanda risarcitoria avanzata dalla parte civile e della chiamata quale responsabile civile dalla medesima svolta neiconfronti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, sollevata fin dal momento delle questioni preliminari dall�Avvocatura di Stato e dalla stessa riproposta nel corso della discussione e nella memoria depositata. In proposito l�Avvocatura di Stato ha rilevato il difetto di giurisdizione del Tribunaleordinario, sia pure in sede penale, sostenendo che la giurisdizione competerebbe, a seguitodella riforma della normativa sulla giurisdizione amministrativa introdotta con la legge 21luglio 2000 n. 205, al giudice amministrativo ed ha anche insistito, previa affermazione dellainesistenza di un diritto del (X) a rivestire la qualifica di usciere, nel sostenere che la domanda risarcitoria da lui avanzata nei confronti del Ministero sarebbe priva del presupposto diammissibilit� costituito dal previo annullamento da parte della giurisdizione amministrativadell�atto amministrativo che avrebbe leso l�interesse legittimo del (X), atteso che i provvedimenti giurisdizionali di cui all�imputazione sarebbero di mera sospensiva e non anche dimerito. Analoghe conclusioni possono trarsi dal disposto di cui all�art. 75, c. 3, c.p.p. secondo il quale la proposizione dell�azione risarcitoria in sede civile dopo la costituzione della parte civile nel processopenale o dopo la sentenza di primo grado, comporta la sospensione del processo civile fino alla sentenza penale definitiva. (*) Dottoranda di ricerca in Diritto amministrativo nell�Universit� degli Studi �Roma Tre�. IL CONTENZIOSO NAZIONALE La questione concernente l�inammissibilit� della chiamata del Ministero quale responsabile civile e quella connessa della inammissibilit� della consequenziale costituzione diparte civile, pur nella duplice prospettazione sopra sintetizzata, � totalmente priva di giuridico fondamento e poggia su un basilare equivoco di fondo in cui la prospettazione medesima � incorsa. Ed infatti la questione concernente la pretesa carenza di giurisdizione si fonderebbesulla attribuzione operata dalla legge sopra richiamata della cognizione delle azioni risarcitorie di danno scaturenti da pretese lesioni di interessi legittimi al giudice amministrativo edalla necessit�, comunque, che un giudizio risarcitorio per danni derivanti da lesione di interessi legittimi conseguenti ad atto amministrativo viziato sia preceduto dall�annullamentodell�atto medesimo da parte della competente giurisdizione amministrativa. E per� la pretesa risarcitoria che si esercita in sede penale attiene al danno che scaturisce da un preteso reato la cui responsabilit� viene, secondo la ipotesi di accusa, attribuita alsoggetto imputato ed in relazione al quale possono, in determinate situazioni, ipotizzarsiconcorrenti responsabilit� civili di terzi non imputati che assumono, appunto, la veste dimeri responsabili civili. Va ricordato, invero, all�Avvocatura di Stato � che di tale punto, decisamente fondamentale, sembra non essersi data carico � che l�art. 185 del codice penale (primo articolodel titolo VII del libro I, dedicato alle sanzioni civili nell�ambito penale), prevede espressamente, al comma 2, che ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbano rispondere per il fatto di lui. La prima cosa che emerge da tale chiaro fondamentale principio giuridico � che ci� cheai fini risarcitori in detta norma delineati rilevato � il reato e non gi� le azioni o gli atti chedel reato possono essere gi elementi oggettivamente costitutivi e che, come tali, rileverannoesclusivamente al fine di accertare in concreto se il reato sia configurabile e se sia addebitabile al soggetto imputato. Emerge, poi, come diretta conseguenza della chiara norma sopra richiamata che il principio in essa enunciato � una specifica applicazione, con riferimento ai fatti illeciti costituenti reato, del pi� generale principio sancito dall�art. 2043 del codice civile che prevede, appunto, che qualsiasi fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. Ed � fuori di ogni dubbio che il diritto al risarcimento scaturente dall�art. 2043 c.c. sia un diritto soggettivo e non un interesselegittimo. Emerge, altres�, dal menzionato art. 185 c.p., che al risarcimento del danno da reatopossa essere chiamato a rispondere, oltre che il colpevole, anche chi, a norma delle leggicivili, debba rispondere per il fatto di costui. Ricordati questi basilari principi, appare evidente l�equivoco di fondo in cui � incorsal�impostazione data dall�Avvocatura di Stato e la connessa infondatezza delle questionicome sopra sollevate. Poich� � il reato, e non l�atto amministrativo, il fatto in ipotesi produttivo di danno (edessendo il diritto risarcitorio che e scaturisce un diritto soggettivo e non certo un interesselegittimo), nessuna riserva di giurisdizione in favore degli Organi della Giustizia amministrativa potrebbe mai configurarsi ed escludere quindi l�esperibilit� dell�azione civile anchein sede penale. E, ove le considerazioni gi� svolte non bastassero, per convincersi di ci� basti pensareall�ipotesi che il soggetto danneggiato dal reato, anzich� costituirsi parte civile nel giudizio RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO penale, attenda la definizione di quest�ultimo e, poi, nel caso di condanna dell�imputato, adisca il giudice ordinario in sede civile per ottenere il risarcimento del danno che da quel reatosarebbe scaturito. Una eccezione di carenza di giurisdizione in siffatta ipotesi non sarebbe certamentepensabile apparendo fuori di ogni dubbio che ci si troverebbe di fronte all�esercizio di unpreteso diritto soggettivo. Or non si vede perch� mai l�anticipazione dell�esercizio dell�azione civile in sede penale dovrebbe modificare la natura di un siffatto preteso diritto soggettivo in mero interesse legittimo. Analoghe considerazioni lasciano serenamente escutere che possa parlarsi, con riferimento a situazioni del genere di quelle sopra illustrate e, quindi, con riferimento anche a casodi specie, che possa configurarsi in modo alcuno ipotesi di pregiudiziale amministrativa. Ed invero, prima ancora delle problematiche risarcitorie, ci� che il Giudice penale �chiamato a risolvere � il quesito se il comportamento del pubblico ufficiale, anche se estrinsecatosi in un atto amministrativo, sia stato tale da costituire reato e, solo dopo la soluzioneaffermativa di tale problema, il detto Giudice chiamato a pronunciarsi sulla sussistenza omeno di un danno scaturito dal reato e sulla quantificazione di esso. Cos� strutturata la cosa, se di pregiudiziale amministrativa dovesse parlarsi, se nedovrebbe parlare, quindi, non con riferimento all�azione di risarcimento ma con riferimento al giudizio penalmente rilevante sulla configurabilit� del reato, pregiudiziale, tuttavia, intal senso non mai necessaria ma solo facoltativa nei limiti e negli ambiti precisati dagli artt. 3 e 479 del codice di rito penale, che, tra l�altro, pone come requisito per una eventualesospensione del giudizio penale che il giudizio per la definizione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessit� sia gi� in corso innanzi al giudice competente, cosa questa che nel caso di specie, per altro profilo posto in evidenza dalla stessa Avvocaturadello Stato, non sussiste. Ed � ancora da puntualizzare che � inesatto quanto sostenuto dall�Avvocatura in ordine al fatto che siffatta pregiudiziale si atteggerebbe nel senso che la parte civile costituitanon potrebbe vantare alcun diritto risarcitorio dato che nel caso di specie non sarebbe statomai iniziato un giudizio amministrativo per ottenere il riconoscimento del preteso diritto allanomina al posto cui la detta parte civile aspirava. Va ricordato, infatti, ancora una volta ed anche a tal fine, che il preteso danno qui vantato atterrebbe alle conseguenze del reato che viene ascritto all�imputato e non ad altri aspetti quale quello cui fa menzione l�Avvocatura. E, come tra breve e ad altri fini si vedr�, ci�che nel caso qui trattato viene ascritto all�imputato come reato � non gi� l�illegittimit� di unatto amministrativo ma la mancata esecuzione di due provvedimenti emessi dal Giudiceamministrativo in sede cautelare. Le altre problematiche, poi, relative alla sussistenza in concreto di un danno non hannocarattere preliminare ma attengono al merito e, di conseguenza, vanno affrontate, ove necessario, pi� avanti. Riaffermata, quindi, la piena legittimit� ed ammissibilit� della costituzione di partecivile e della connessa chiamata del responsabile civile, deve ora passarsi alle valutazionidel merito (omissis). Avuto, quindi, riguardo al fatto come contestato, l�imputato va assolto dall�imputazione ascrittagli perch� il fatto non � previsto dalla legge come reato. Ci� comporta il rigetto della domanda risarcitoria. Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese concernenti la domanda di natura civilistica. IL CONTENZIOSO NAZIONALE Il termine per il deposito della sentenza va fissato in giorni trenta. Avendone a difesa del responsabile civile fatto richiesta, pur trattandosi di sentenza diassoluzione, a norma del secondo comma dell�art. 541 c.p.p., devesi provvedere sulle spesesostenute da tale parte per effetto dell�azione civile. Atteso quanto detto sulla legittimit� e ritualit� della chiamata del responsabile civile edavuto riguardo alle questioni discusse, ritiene il Tribunale che ricorrano giusti motivi percompensare totalmente tali spese tra la menzionata parte e l�imputato. Il termine per il deposito della motivazione va fissato in 30 giorni. P. T. M., visto l�art. 530 c.p.p. Assolve D. M. A. dal reato ascrittogli perch� il fatto non � previsto dalla legge come reato. Visto l�art. 541, co.2, c.p.p. Dispone la compensazione delle spese sostenute dalla parte civile e dal responsabile civile che ha fatto richiesta di rifusione (omissis)�. I P ARERI DEL COMIT A T O CONSUL TIV O A.G.S. � Parere del 29 maggio 2006, n. 63523. Se sia possibile mutare (parzialmente) in sede di esecuzione l�oggetto diuna fornitura, divenuta non utile per mutate esigenze dell�amministrazioneappaltante. La ditta fornitrice sarebbe disponibile, senza oneri aggiuntiviper l�Amministrazione, a patto di conservare la commessa acquisita a seguito di gara (consultivo 15096/06, avvocato G. Fiengo). �(�) codesta Amministrazione richiede l�avviso della Scrivente in ordine alle opzioni giuridiche praticabili in relazione al contratto di appalto, stipulato a seguito di gara, con la [X] S.p.A. per la fornitura di veicoli, allestiti �per l �impiego in ordine pubblico�, da mettere a disposizione dei repartioperativi. In particolare si mette in evidenza come, nell�arco temporalenecessario per la predisposizione del prototipo della fornitura pattuita, sianoemerse pi� approfondite valutazioni in ordine alle esigenze operative enuove possibilit� da parte della stessa ditta fornitrice di apprestare un veicolo simile che meglio si adatterebbe alle richieste dei reparti operativi. In linea generale la Scrivente osserva che, lo stesso bando di gara e la stessa scheda contrattuale (che costituiscono, comՏ noto, per la stazione appaltante i limiti su cui misurare l�affidamento rispettivamente dei terzi e del contraente finale) non sembrano escludere una qualche possibilit� di variare la prestazione richiesta in funzione della sopravvenienza di nuove valutazioni dell�interesse pubblico o di migliorie e mutamenti nelle produzioni industriali Nella sezione VI, punto VI. 4) del bando di gara, sotto la voce �informazioni complementari� l�amministrazione chiariva infatti che �la domanda dipartecipazione non � vincolante per l�Amministrazione che si riserva lafacolt� di ritirare uno o pi� lotti per mutate esigenze dello stato attuale nonpreventivabili��. Analoga previsione risulta dettata all�art. 3 del contratto n. 28527 di rep. del 14 settembre 2005, laddove, sotto la rubrica �variazioni tipi di veicoli� testualmente si legge: �Qualora, alla data di ricezione, da parte della ditta della comunicazione di avvenuta registrazione, a norma delle vigenti disposizioni di legge del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO decreto approvativi del contratto, oppure della comunicazione di esecuzioneanticipata, i veicoli indicati nel contratto stesso non fossero pi� in produzione, le parti contraenti si accorderanno per le sostituzioni di questi con quelli corrispondenti di nuova produzione o con altri tipi di veicoli....� Dall�andamento del collaudo del prototipo apprestato dall�[X] emergeinoltre una sostanziale insoddisfazione dell�Amministrazione in relazionealla fornitura di cui si tratta e la richiesta di modifiche ed allestimenti destinati � secondo quanto anticipato dalla ditta fornitrice � di una nuova determinazione del prezzo di ciascuna unit� fornita (ad esclusione delle spesesostenute per il prototipo). Nel corso della riunione del 3 marzo 2006 � emerso che �le caratteristiche estetiche del veicolo, come approntate nel prototipo della casa costruttrice non sono in linea con le funzioni di ordine pubblico previste nel capitolato e, quindi con le esigenze operative dei Reparti Mobili�; per contronella stessa riunione viene evidenziato che �La stessa societ� [X] sta predisponendo per altre istituzioni straniere veicoli con caratteristiche tecnichesimili, a due ruote motrici per il trasporto di un equipaggio composto danove persone.� L�appunto allegato 10, riportando gli esiti di una riunione del 7 marzo2006 tenuta con i Dirigenti dei Reparti Mobili, fa presente che �iComandanti hanno espresso la propria approvazione alla eventuale acquisizione dei veicoli [X], approvato (approntato?) dalla soc. [Y] per laGendarmeria francese etc.� ed hanno sottolineato �l �opportunit� di predisporre un allestimento che comprenda portelloni laterali d� ampia capienza, botole sul tetto e sul pianale e grigliature almeno nella parte anteriore�. In tale contesto � avviso della Scrivente che, prima di procedere ad unrecesso dal contratto a suo tempo stipulato, che aprirebbe un contenzioso conla ditta fornitrice di esito incerto, possa essere legittimamente valutata la possibilit� di adeguamento dello stesso in funzione delle mutate esigenze connesse alla tutela dell�ordine pubblico. Tale possibilit� trova fondamento, oltre che nel generale ius variandi checonnota gli appalti di lavori, fornitura e servizi, in funzione delle mutate esigenze pubbliche, nella stessa disciplina civilistica delle obbligazioni sia insede progettuale che in sede di adempimento. Gli articoli 1659, 1660 e 1661 del codice civile prevedono infatti, siapure previa intesa con la controparte, la possibilit� di variazioni non onerose dei progetto e, a sua volta, l�articolo 1197 del codice civile (�prestazione in luogo d�adempimento�) consente in generale ai contraenti, in sededi esecuzione della prestazione, di modificare il tipo di veicolo oggettodella fornitura, in conformit� di quanto previsto nei casi in cui � come nelcaso di specie � sopravvengano nuove esigenze d�interesse pubblico ovvero (ed era la previsione specifica dello stesso contratto) la stessa ditta mettain produzione un veicolo tecnicamente pi� avanzato e pi� adatto alle finalit� perseguite dall�Amministrazione appaltante. Sotto questo profilo varicordato che l�articolo 10 della scheda contrattuale prevede che �Qualoranei corso della fornitura, ed in particolare nel corso delle prime due fasi I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dei collaudo, si reputasse opportuno apportare modifiche o varianti tecniche al fine di aumentare la funzionalit� operativa o le prestazioni tecnichedel materiale oggetto del contratto, l�Area IV � Motorizzazione, sentitol�Ufficio tecnico e Analisi di Mercato del Dipartimento della PubblicaSicurezza, pu� richiedere o autorizzare, su proposta della Ditta l�esecuzione di tali modifiche o varianti tecniche. � fatto altres� obbligo alla dittacontraente di fornire mezzi con tutte le varianti migliorative intervenutenelle linee di produzione ordinarie fino al momento del collaudo dei mezziin fornitura�. A maggiore tutela delle parti contraenti, in sede di espressione del consenso alla nuova prestazione, potranno essere risolte in via transattiva eventuali questioni insorte in ordine alla mancata rispondenza (�estetica�) dell�originaria prestazione al capitolato di fornitura (verbale della riunione del 3marzo 2006) e alle spese sostenute dall�[X] per l�approntamento del prototipo del primo veicolo (non consegnato o consegnato in misura ridotta). Atutela dei terzi, invitati alla gara e non intervenuti, la Scrivente ritiene chenon debba cambiare l�impegno globale di spesa a suo tempo previsto per lafornitura di che trattasi�. A.G.S. � Parere del 29 maggio 2006, n. 63919. Eventuale azione per l�avvenuta registrazione del nome a dominio cassazione. net (consultivo 57389/05, avvocato C. Sica). �Esaminata la documentazione trasmessa con la nota in riscontro, questa Avvocatura Generale osserva quanto segue. Il domain name cassazione.net � stato registrato, in data 6 giugno 2003, dal Sig. C. ed � attualmente utilizzato dalla societ� Cassazione S.r.l. Come � noto, la rete internet utilizza, per individuare un qualsiasi sito, un codice numerico di identificazione detto IP (Internet Protocol) costituitoda una combinazione di numeri (in totale 10) suddivisi da punti. Per facilitare l�individuazione del sito, ciascuno dei codici numerici di identificazioneviene affiancato da un indirizzo DNS (Domain Name System), rappresentatoda una combinazione di lettere in grado di formare parole di senso compiuto, che costituisce l�elemento necessario e sufficiente al singolo utente perrealizzare la connessione con quel particolare sito (provvedendo l�appositosoftware a convertire automaticamente l�indirizzo DNS nell�indirizzo IP, unico riconoscibile dalle macchine). Gli indirizzi DNS si compongono di due parti: una posta alla destra delpunto, il cosiddetto Top Level Domain (TLD), che � composto da due o tre lettere che identificano l�area tematica del sito (quale .com per le attivit� commerciali; .it per indicare siti italiani; .net per indicare siti parte di una rete registrati negli Stati Uniti); un�altra posta alla sinistra del punto, nota comeSecond Level Domain Name (SLD), composta da un�espressione alfabeticaliberamente scelta da chi intende acquisire un dominio (entro il limite tecnico rappresentato dal numero dei caratteri, che non deve essere superiore a 21). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Tale meccanismo � diventato uno standard generale, garantito da unsistema di registrazione dei nomi che, nato in America, si � poi articolato nelmondo attraverso la creazione di varie autorit� di registrazione. Se quindi ciascun IP number non pu� che essere diverso da ogni altro IPnumber, � invece ben possibile che tra i domain name ad essi associati vi sianoomonimie o somiglianze tali da poter indurre, in linea teorica, confusione. In relazione a tale aspetto, pur essendo il domain name un semplice indirizzo con la funzione di consentire all�utente di raggiungere il sito desiderato, esso domain name viene scelto in modo da inerire al prodotto aziendale(o all�istituzione o quant�altro) in modo che l�utente sia posto in condizionedi raggiungere il sito che desidera. Il domain name pu� dunque ritenersi un segno distintivo, suscettibile dientrare in conflitto, oltre che con altri domain names eventualmente simili, anche con altri segni tipici quali in particolare il marchio. Di conseguenza, nella materia, va ritenuto applicabile il R.D. n. 929 del1942 (c.d. Legge Marchi), la cui disciplina � oggi confluita nel D.Lgs. n. 30del 2005 (Codice della propriet� industriale). Codesta Amministrazione ritiene che il Second Level Domain Name�cassazione� sia stato registrato in violazione dell�art. 18 della c.d. LeggeMarchi (attuale art. 10 del D.Lgs. n. 30 del 2005), secondo il quale non possono costituire oggetto di registrazione �i segni contenenti simboli, emblemie stemmi che rivestano un interesse pubblico, a meno che l�autorit� competente non ne abbia autorizzato la registrazione� o, in ogni caso, i segni edemblemi che violano il diritto esclusivo di terzi. Al riguardo, si osserva quanto segue. Il termine �cassazione�, pur sicuramente noto in connessione con laCorte Suprema di Cassazione, resta un termine portatore di significato autonomo di uso comune: �cassazione� si usa anche per indicare l�eliminazione o l�abrogazione di qualcosa, ovvero anche l�allontanamento da un ufficio, dauna carica o una destituzione (cfr. lemma �cassazione� nel Vocabolario DeAgostini). Inoltre, l�indirizzo internet della Corte Suprema di Cassazione, www.cortedicassazione.it, presenta caratteri grafici diversi da www.cassazione. net, trovando elemento di coincidenza solo negli ultimi 10 carattericostituiti dal lemma �cassazione�. Semmai, elemento di confondibilit� potrebbe discendere dalla paginaweb che si crea dopo una ricerca per termine �cassazione� operata attraverso un motore di ricerca (per pronto riscontro si allega copia della pagina webdi Google, la cui scelta come esempio deriva solo dalla sua notoriet�. Ilmedesimo esito si ha con il motore di ricerca Virgilio). Infatti, nella pagina web che si visualizza appaiono diversi links di collegamento, tutti aventi la �parola calda� (che i motori di ricerca evidenzianograficamente) cassazione, di cui: � il link Corte Suprema di Cassazione risulta in prima posizione; � il link Cassazione.net risulta in sesta posizione. In particolare, il link oggetto di parere risulta come segue: I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO �Cassazione.net Cassazione, Sentenze, Massime, ecc� Su cassazione.net puoi trovaretutte le massime depositate delle sezioni civili della Corte di Cassazione,� www.cassazione.net/ � 7k.... � Queste indicazioni (in particolare, il termine Cassazione ad inizio frase, il lemma �della Corte di Cassazione�, la preposizione articolata �della�) potrebbero indurre una certa confusione nell�utente. Tuttavia, basta cliccare sul link (cio�, cassazione.net) ed entrare nel sito, per rendersi ben presto e con evidenza conto che non � il sito della CorteSuprema di Cassazione. Convincono, in tale senso e in particolare, le seguenti caratteristiche inesso presenti: � nella pagina di apertura si legge �cassazione.net il nuovo servizio diaggiornamento giurisprudenziale sulla Corte Suprema di Cassazione�, ovel�utilizzo della preposizione articolata �sulla� invece di �della� risulta gi�elemento per comprendere che non si tratta di un servizio della Corte diCassazione; � cliccando su �chi siamo� si apre una pagina la cui prima frase chiarisce che trattasi di una societ� e non di un�Istituzione (�Cassazione S.r.l. � unasociet� che opera nel campo dell�editoria sia elettronica che professionale�); � cliccando su FAQ si apre una pagina nell�ambito della quale alla domanda (sia pure collocata in calce a tutte le altre domande) �Siete la Corte diCassazione?� segue la risposta �No, siamo una societ� (Cassazione S.r.l.) che opera nel campo dell�editoria giuridica�; � in ultimo, il sito chiarisce inequivocabilmente che, per fruire dei relativi servizi, si deve stipulare un contratto on line di abbonamento dal cuitesto (riportato anch�esso nel sito) appare chiaro che la parte contraente �Cassazione s.r.l. e non la Corte Suprema di Cassazione. Sulla scorta di tali considerazioni, questa Avvocatura Generale ritieneche le modalit� di presentazione del sito (cassazione.net), nonch� la formulazione grafica del domain name, sono tali da chiarire al pubblico che non sitratta di un sito istituzionale della Corte Suprema di Cassazione. Al riguardo, va anche considerato che la confondibilit� o meno di unsegno distintivo rispetto ad altri segni distintivi va rivista tenendo conto dellivello culturale e di attenzione del consumatore medio al quale il segnodistintivo � rivolto. Secondo i canoni dettati da consolidata giurisprudenza, il consumatore medio va identificato, nella fattispecie, in una persona che abbia conoscenza media di concetti giuridici e corrispondente capacit� critica di valutazione. Risulta, pertanto, difficile � se non almeno improbabile � che un consumatore, cos� identificato, nel ricercare il sito ufficiale della Corte Suprema diCassazione, creda che il sito cassazione.net (che abbia aperto) lo sia. Del resto, siffatto consumatore noter� anche che il sito cassazione.net(proprio in virt� di TLD .net) � riconducibile agli Stati Uniti e non all�Italia; laddove � logico che il sito ufficiale della Corte Suprema di Cassazione sia RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO riconducibile all�Italia e abbia TLD .it o, semmai, TLD .org o TLD .info (noncerto TLD .net n� TLD .com di vocazione prettamente commerciale). Queste considerazioni inducono a valutare non utilmente esperibile azione, ancorch� cautelare, nei confronti del Sig. C. e della societ� Cassazione s.r.l. Del resto, anche il danno patrimoniale ipotizzato non pu� essere supportato con elementi di prova certi e concordanti. L�ipotizzato danno di immagine non appare configurabile, sia perch� � come visto � non cՏ effettiva confondibilit� tra i due siti, sia perch�Cassazione s.r.l. offre un servizio lecito e in nessuna parte lesivo del buonnome della Corte di Cassazione. N� appare rilevare in contrario che Cassazione s.r.l. offra il servizio apagamento, attesa la non confondibilit� tra i due siti. Tanto ritenuto, questa Avvocatura Generale suggerisce di ricorrere a unaforma di sostanziale autotutela di semplice ed efficace attuazione: si potrebbeindicare in ogni canale di contatto web della Corte Suprema di Cassazione cheil sito ufficiale della medesima Corte � www.cortedicassazione.it e che ognialtro sito costruito attraverso domain name che hanno un qualsiasi riferimentoal loro interno a �cassazione� non � un sito della Corte Suprema di Cassazione. Quanto ai domini gi� acquisiti da codesta Amministrazione nell�interesse della Corte Suprema di Cassazione sui quali ancora non � stato costruitoalcun sito, si potrebbe inserire nella pagina web che si visualizza le indicazioni suddette; cos� come si potrebbe creare in quella pagina un link che rinvii direttamente al sito ufficiale della Corte Suprema di Cassazione. Naturalmente, questa Avvocatura Generale rimane disponibile alle inerenti iniziative giudiziali in caso di determinazione di codesta Amministrazione diversa dalle conclusioni del presente parere�. A.G.S. � Parere del 6 giugno 2006, n. 67676. Se, a seguito dell�entrata in vigore dell�art. 151 del D.Lgs. 9 gennaio2006 n. 5, l�Agenzia delle Entrate possa portare a conclusione la transazione gi� richiesta dal contribuente, quale prevista dall�art. 3, co. 3, del d.l. 8luglio 2002 n. 138 conv. con legge n. 178/2002, abrogato dal predetto art. 151 (consultivo 7577/06, avvocato G. Mand�). �In relazione al quesito posto (...) si osserva. L�art. 151 del D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, in vigore dal 16 gennaio 2006(art. 153), ha abrogato l�art. 3, co. 3, del D.L. 8 luglio 2002 n. 138 conv.conlegge n. 178 del 2002. Il predetto co. 3 dell�art. 3 prevedeva che l�Agenzia delle entrate, dopol�inizio della procedura esecutiva, potesse procedere, con atto approvato dalsuo direttore previa acquisizione dei prescritti pareri, �alla transazione deitributi iscritti a ruolo dai propri uffici il cui gettito � di esclusiva spettanzadello Stato�, nell�accertata ricorrenza dei presupposti indicati dalla stessadisposizione, con effetto riduttivo e/ o dilatorio dell�obbligo di pagamentodelle somme iscritte a ruolo. I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Quale che fosse l�esatta natura giuridica della �transazione� configuratadalla predetta disposizione e quali che ne fossero esattamente i presuppostiapplicativi, certo � che alla medesima l�Agenzia poteva pervenire all�esito diun procedimento amministrativo, destinato a concludersi con �l�atto approvato dal direttore� al quale unicamente erano collegabili i menzionati effettisul credito erariale, dovendo correlativamente escludersi la configurabilit� diun �diritto� acquisito� in capo al contribuente che aveva richiesto di accedere alla definizione delineata dalla stessa norma (e la cui posizione giuridicapoteva semmai considerarsi quale interesse legittimo, come ritenuto nelparere del Consiglio di Stato, rammentato nella circ. n. 8/2005 di codestaAgenzia), non essendosi ancora realizzato, nel vigore della precedente e poiabrogata disciplina il fatto costitutivo, generatore degli effetti. D�altronde, appare indiscutibile che l�istituto della �transazione�, nei limitati confinidella sua applicabilit�, si qualifica(va) come derogatorio rispetto al principiogenerale della indisponibilit� della pretesa tributaria in qualunque fase dellasua realizzazione, nonch� delle regole ordinarie che condizionano la potest�di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo. Sulla scorta di tale premessa, il principio generale (tempus regit actum) che regola il procedimento amministrativo � quello che, quanto al regimedegli atti, deve essere applicata la disciplina normativa vigente alla data incui ciascun atto del procedimento stesso viene posto in essere: e della legittimit� del provvedimento conclusivo deve giudicarsi con riferimento alladisciplina, pur se sopravvenuta, vigente al momento in cui lo stesso siaemesso. Nel caso prospettato - nel difetto di qualsiasi norma intertemporale che�faccia salvi� i procedimenti de quibus in corso (anzi l�art. 153 specificamente dispone la immediata entrata in vigore della abrogazione prevista dalprecedente co. 151), e non essendo configurabile, come si � detto, alcun diritto dell�interessato gi� acquisito sulla base di un �fatto compiuto� nel vigoredella normativa previgente � un eventuale provvedimento approvativo della�transazione� che fosse emesso, a decorrere dal 16 gennaio u.s., in applicazione del co. 3 dell�art. 3 del D.L. n. 138/2002 ormai espunto ex nunc dal- l�ordinamento giuridico sarebbe da ritenere illegittimo, in quanto, alla datadella sua adozione, l�Agenzia non ha pi� il potere di �procedere a transazione� dei tributi iscritti a ruolo, essendo stato abrogata, con la medesima decorrenza, la peculiare norma di legge che lo consentiva. Da ultimo e per completezza, si osserva che della correttezza giuridicadi tale conclusione � che si correla al profilo della successione di norme incoerenza con il principio di cui all�art. 11 delle preleggi, specificamente confermato dall�art. 3 dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000) � non potrebbe dubitarsi con richiamo all�altro principio della tutela dell�affidamento del contribuente di cui all�art. 10 della stessa legge: atteso che esso� enunciato come criterio-base al quale devono essere improntati i rapportitra contribuente e Amministrazione finanziaria, ma di per s� non consente diritenere �consolidata�, a fronte di sopravvenuta norma di legge abrogativa, una situazione giuridica meramente pretensiva valorizzata dall�interessato in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO base alla normativa previgente, tutte le volte in cui l�A.F. non l�abbia ancora riconosciuta e accolta (nella specie, con la approvazione della �transazione�, il quale costituisce l�atto, non di controllo, ma conclusivo del procedimento), di modo che il �fatto� - ad effetti parzialmente estintivi o dilatori delcredito erariale � non possa dirsi �compiuto� nel vigore della preesistentenorma di legge che lo considerava. Si ritiene, pertanto, corretto l�avviso espresso da codesta Agenzia (...)�. A.G.S. � Parere del 6 giugno 2006 n. 67727. Imputazione dei pagamenti. Applicabilit� dell�art. 1194 c.c. ai pagamenti fatti dall�Amministrazione Pubblica. Artt. 35 e 36 d.P.R. 1053/1962 (consultivo 33980/05, avvocato F. Fedeli). �(�) codesto Ministero ha domandato l�avviso della Scrivente circa larichiesta di pagamento degli interessi, avanzata dalla societ� [X] s.p.a., perritardato pagamento di varie fatture emesse in ordine al contratto rep. n. 103del 21 dicembre 1988, concernente l�esecuzione di lavori di recupero e adeguamento della sede dell�Archivio di Stato di (...). Ad avviso della Scrivente, le note della [X] s.p.a. in data 7 febbraio 1994e 9 maggio 1994 configurano idonei atti interruttivi della prescrizione, essendo espressione di un comportamento inequivoco del creditore diretto a farvalere il proprio diritto al pagamento degli interessi moratori. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sez. lav. 14luglio 2003 n. 11016 ) l�atto interruttivo della prescrizione deve consistere nel- l�esplicitazione di una pretesa e nella intimazione o richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l�inequivocabile volont� del titolare del credito difar valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato come debitore. La circostanza che le richieste di pagamento avanzate dall�appaltatorefacciano generico riferimento, dopo aver puntualmente indicato il titolo contrattuale, agli interessi passivi dovuti �per lavori� e �per revisione prezzi�, non pu� comportare l�estinzione del credito per prescrizione, essendocomunque ravvisabile un comportamento attivo del creditore volto all�esercizio del diritto, fermo restando la possibilit� che la stazione appaltante sollevi contestazioni circa l�ammontare, la natura o le caratteristiche del debito. Occorrer� verificare tuttavia, a cura di codesta Amministrazione, se ilcredito non si sia prescritto in epoca successiva, a causa del mancato rinnovo degli atti interruttivi della prescrizione e tenuto conto che, agli interessimoratori di fonte legale dovuti a causa del ritardo nel pagamento del prezzodell�appalto, nonch� a causa del ritardato pagamento del saldo nel compenso revisionale, ai sensi degli artt. 35 e 36 del d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063, trova applicazione il termine di prescrizione decennale e non quello quinquennale (Cass. Civ. sez. III, sentenza 1� luglio 2005 n. 14080; Cass. Civ. sez. I, 6 marzo 1998 n. 2498). Fermo restando la preliminare verifica di cui sopra, si conferma che, perquanto riguarda il dies ad quem di maturazione degli interessi contemplati I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO dagli artt. 35 e 36 del d.P.R. 1962/1063, la data finale � quella di emissionedell�ordinativo di pagamento. La Corte di Cassazione (sez. I, 20 maggio 2005 n. 10692 ) ha precisatoche �ai fini del riconoscimento del diritto dell�appaltatore ad interessi perritardato pagamento, a norma dell�art. 36 d.P.R. n. 1063 del 1962, deve intendersi per �emissione� del titolo di spesa non la mera redazione dello stesso, bens� tale redazione seguita dall�invio del titolo all�organo destinato al pagamento di esso, costituendo tale invio attivit� indispensabile perch� il titolostesso risulti idoneo a produrre l�effetto cui � inteso� (in tal senso ancheCass. 2 giugno 1999, n. 5349). Gli interessi spettanti all�appaltatore a norma degli art. 35 e 36 del pi�volte menzionato d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, hanno carattere omnicomprensivo, non riguardando solo il ritardo nel pagamento delle rate di acconto e di saldo del corrispettivo, ma anche il danno ulteriore per il ritardo nelpagamento dei medesimi interessi (Cass. Civ. sez. I, 20 maggio 2005 n. 10692 ). La previsione dettata dal 3� comma del citato art. 35 non �, infatti, limitata al pagamento del corrispettivo, ma si estende anche all�obbligazione accessoria, quale � quella di pagare gli interessi, con l�effetto di comprendere in essa il ritardo nel pagamento degli interessi medesimi. Il debito perinteressi (anche quando sia stata adempiuta l�obbligazione principale) non siconfigura del resto come una qualsiasi obbligazione pecuniaria, dalla qualederivi il diritto agli ulteriori interessi dalla mora, nonch� al risarcimento delmaggior danno ex art. 1224, 2� comma, c.c., ma � soggetto ai limiti entro cui� consentito riconoscere l�anatocismo di cui all�art. 1283 c.c.; norma, quest�ultima, derogabile soltanto dagli usi contrari (o in presenza di domandagiudiziale) ed applicabile a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto originarioil pagamento di una somma di denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura, compresi quelli di cui agli art. 35 e 36 d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 (Cass., sez. un., 17 luglio 2001, n. 9653). Vi � da considerare, infine, che la tesi (sostenuta nel parere dellaScrivente richiamato da codesto Ministero nella nota che si riscontra), secondo cui non sarebbe applicabile ai pagamenti dell�Amministrazione il principio di imputazione contenuto nell�art. 1194 c.c., in virt� del quale i pagamenti si imputano prima agli interessi e poi al capitale (che pertanto, in caso dipagamento parziale, � in grado di far maturare ulteriori interessi), � statadisattesa dalla Corte di Cassazione (sentenze della sez. I, n. 29 luglio 2004, n. 14465 e n. 10692 del 20 maggio 2005 ). Nella sentenza n. 10692/2005 i Giudici di legittimit� hanno compiuto unapprofondito excursus sull�argomento osservando che il criterio legale d�imputazione del pagamento agli interessi, anzich� al capitale (in difetto del consenso del creditore), come stabilito dall�art. 1194 c.c., costituisce una conseguenza automatica di ogni pagamento, di talch� non incombe sul creditorel�onere di dedurre i limiti estintivi del pagamento sul capitale, ma grava semmai sul debitore quello di allegare che il medesimo creditore aveva consentito ad imputare il pagamento al capitale anzich� agli interessi ( in tal sensoanche Cass. 9 ottobre 2003, n. 15053). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Ci� posto, secondo la Suprema Corte �Quando � debitrice sia una pubblica amministrazione, la quale provveda ad un pagamento parziale, la circostanza che la stessa sia tenuta a rilasciare ricevuta degli assegni tratti sul- l�istituto incaricato del servizio di tesoreria ed a quietanzare gli altri titoli dispesa, cos� come la circostanza che la dichiarazione di ricevuta estingua ildebito dell�amministrazione, lasciano impregiudicato il problema dell�imputazione del pagamento, non potendosi solo dall�eventuale specificazione del- l�imputazione contenuta nel titolo di spesa desumere l�accettazione da partedel creditore di tale imputazione (si veda, in tal senso, Cass. 4 settembre2002, n. 12869). Perci�, nell�ipotesi di pagamento parziale, il versamento va imputatoagli interessi e non al debito capitale, a meno che non vi sia prova del consenso del creditore ad una diversa imputazione; ma non costituisce provasufficiente, nel caso di pagamento effettuato da un�amministrazione pubblica, neppure il fatto che il privato creditore, tenuto a rilasciare ricevuta dipagamento, abbia sottoscritto per quietanza il titolo di spesa in cui l�amministrazione stessa abbia imputato a deconto del capitale la somma erogata aparziale pagamento del debito (cos� gi� Cass. 11 dicembre 2002, n. 17661; esi veda anche, in argomento, la determinazione dell�Autorit� di vigilanza suilavori pubblici del 27 marzo 2002). � poi vero che la disposizione dell�art. 1194 c.c. � secondo cui il debitore non pu� imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi edalle spese senza il consenso del creditore � presuppone la simultanea esistenza della liquidit� e dell�esigibilit� sia del credito per capitale che del creditoaccessorio (per interessi o per spese), sicch� fino a quando sia incerto o illiquido il credito accessorio il debitore non � soggetto al divieto d�imputare ilpagamento al capitale, ma ci� pur sempre a condizione che tali caratteri diincertezza o di illiquidit� rivestano una qualche obiettivit�; non quando, come nella specie, il debito per interessi risulti essere (�) un�immediata edautomatica conseguenza del maturare di termini proprio a tal riguardoespressamente indicati dall�art. 36 del capitolato generale approvato con d.P.R. n. 1063 del 1962 (e successive modificazioni). Ed, infatti, come � resoben chiaro anche dal disposto dell�art. 4 della legge n. 741 del 1981, il pagamento degli interessi dovuti alle scadenze previste dagli artt. 35 e 36 del citato d.P.R. n. 1063, essendo l�onere della prova dell�eventuale non imputabilit� del ritardo a carico dell�amministrazione appaltante, non necessita didomanda alcuna da parte dell�appaltatore�. Pertanto, in conformit� all�orientamento sopra citato della Corte diCassazione (ribadito in plurime sentenze, successive al parere dellaScrivente cui fa riferimento codesto Ministero nella nota che si riscontra), ipagamenti delle precedenti fatture, effettuati in date 10 gennaio 1991, 30aprile 1991, 5 maggio 1991 e 30 luglio 1991, andranno imputati prima agliinteressi e poi al capitale a meno che la [X] non acconsenta ad una diversaimputazione (prima al capitale e poi agli interessi) pi� favorevole all�amministrazione e con la riserva formulata all�inizio circa la verifica del terminedi prescrizione decennale. I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Per derogare al criterio legale di imputazione del pagamento previstodall�art. 1194 comma 1 c.c. (pacificamente applicabile, secondo la Corte diCassazione, ai pagamenti della pubblica amministrazione) si suggerisce, anche alle Amministrazioni alle quali il presente parere � rivolto per conoscenza, di inserire nei bandi di gara un�apposita clausola, a termini dellaquale l�aggiudicatario accetta che i futuri pagamenti avverranno con imputazione prima al capitale e poi agli interessi maturati, al fine di ottenere il consenso anticipato del creditore�. A.G.S.� Parere del 19 giugno 2006, prot. 73678. Circolari nn. 12 e 13/2006 dell�Avvocato Generale dello Stato relativealle modifiche introdotte all�art 23, L. n. 689/81 dal D.Lgs. n. 40/06 (consultivo 10624/06, avvocato W. Ferrante). �(�) codesta Avvocatura Distrettuale ha chiesto alla Scrivente parerein merito alla disciplina del patrocinio in sede di gravame nei giudizi diopposizione a ordinanza-ingiunzione in materia di sanzioni amministrativedi cui all�art. 23, legge n. 689/81, a seguito delle modifiche apportate dalD.Lgs n. 40/06 ed in relazione alle direttive impartite con le circolari inoggetto. L�art. 26 del D.Lgs. n. 40/06, recante �modifiche al codice di proceduracivile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e diarbitrato�, a decorrere dal 2 marzo u.s., ha reso infatti appellabili (e non pi�direttamente ricorribili per cassazione) sia le ordinanze di convalida delprovvedimento opposto, emesse ai sensi dell�art. 23, comma 5, legge n. 689/81, sia le sentenze del giudice dell�opposizione. In proposito, codesto Ufficio Distrettuale ha evidenziato come l�attualetesto dell�art. 23 della citata legge abbia conservato la previsione di cui alquarto comma, che, in via generale, consentirebbe all�autorit� che ha emesso l�ordinanza di stare in giudizio personalmente. Codesto Ufficio ha osservato come tale disposizione possa ritenersi nonlimitata al primo grado ma riferibile anche alla fase di appello, in assenza diuna specifica disposizione, paragonabile a quella di cui all�art. 417 bis, comma 1, c.p.c., che circoscriva espressamente al primo grado di giudizio lafacolt�, per le amministrazioni interessate, di stare in giudizio avvalendosidirettamente dei propri dipendenti. In relazione al quesito proposto, questo Generale Ufficio � dell�avviso diritenere necessario, in sede di gravame, il ministero di un difensore, in conformit� ai principi processualcivilistici che disciplinano la rappresentanzatecnica, anche al fine di evitare rischi di declaratorie di inammissibilit� dellerelative impugnazioni. In proposito, deve osservarsi che, in linea generale, l�art. 82, comma 3, c.p.c., salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, impone alle parti di avvalersi del ministero di un difensore. Ci� considerato ed in assenza di una norma che, nell�ambito dei giudiziinstaurati ai sensi dell�art. 23, legge n. 689/81, preveda espressamente in fase RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO di gravame la facolt� per l�Amministrazione statale interessata di stare ingiudizio a mezzo dei propri funzionari, deve ritenersi che la difesa di quest�ultima, nei giudizi di appello, vada affidata esclusivamente agli Av-vocatidello Stato, con conseguente applicabilit� delle norme sul foro erariale. Appare opportuno segnalare che il medesimo orientamento � stato direcente assunto da questo generale Ufficio con la circolare n. 11/2006, sullaquale si � espresso in conformit� il Comitato Consultivo, in relazione alle controversie in materia di invalidit� civile, a seguito del subingresso dell�INPSnell�esercizio delle funzioni gi� di competenza dello Stato, ai sensi dell�art. 10 D.L. n. 203 del 30 settembre 2005, conv. in legge n. 248 del 2 dicembre 2005. Anche detta norma, nel consentire un�alternativa tra la difesa da partedegli stessi funzionari del Ministero dell�Economia e delle Finanze e quelladegli Avvocati dell�INPS, non pone alcuna distinzione tra primo e secondogrado e, ciononostante, � stata reputata preferibile la scelta di assicurare, inogni caso, la difesa tecnica per il grado di appello. Con l�occasione, si ritiene necessario precisare, quanto alla forma e allemodalit� dell�appello nei giudizi di opposizione di cui all�art. 23 della citatalegge, che, in assenza di una previsione espressa sul punto, l�impugnazionedovr� proporsi nella medesima forma prescritta per l�atto introduttivo delgiudizio di primo grado, ossia con ricorso. Peraltro, occorre tenere presente che, quand�anche il giudizio di appellodovesse erroneamente essere introdotto con atto di citazione, � possibilegarantire la salvezza dell�impugnazione proposta, a condizione che �il deposito della citazione nella cancelleria del giudice adito sia avvenuto entro iltermine perentorio fissato dalla legge, a nulla rilevando, invece, a tal fineche negli stessi termini sia stata effettuata la notificazione all�appellato� (cfr. Cass. civ. del 26 ottobre 2000 n. 14100, emessa in materia di impugnazione della sentenza di divorzio a seguito delle modiche apportate al relativo rito dalla legge n. 74 del 1987). In tal senso anche Cass. del 21 marzo 1994 n. 2687, secondo cui: �intema di appello nelle controversie soggette al rito del lavoro, l�art. 434, secondo comma c.p.c., ove fissa il termine di trenta giorni, dalla notificazione della sentenza di primo grado, per il deposito in cancelleria del ricorsointroduttivo dei procedimento di secondo grado, � applicabile anche nelcaso in cui l�appellante irritualmente adotti la forma della citazione, dimodo che la convertibilit� del relativo atto non pu� prescindere dal suodeposito entro il suddetto termine, a pena d�inammissibilit� rilevabile d�ufficio� (conformi sono anche Cass. n. 1396 dell�1 febbraio 2001; id. n. 5150del 12 marzo 2004)�. A.G.S. � Parere del 13 luglio 2006, n. 83876. Art. 19 comma 6 D.Lgs. 165/01 e art. 1 comma 9 D.P.C.M. 20 dicembre1999 (consultivo n. 54672/05, avvocato N. Bruni). �L�art. 19 comma 6 D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165 prevede la possibilit�di conferire un incarico dirigenziale a persone �di particolare e comprovata I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO qualificazione professionale� che �per il periodo di durata dell�incarico.., sono collocate in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell�anzianit� di servizio�. Nella nota che si riscontra, codesto Ente fa presente che ad alcuni dipendenti sono stati conferiti incarichi dirigenziali o nell�ambito dell�Ente stesso o presso altre amministrazioni, e formula tre quesiti. Su tali quesiti la Scrivente ha ritenuto opportuno acquisire l�avviso delDipartimento della Funzione Pubblica. Con il primo quesito si chiede di conoscere se alla cessazione dell�incarico dirigenziale sia da erogare, per il periodo di durata dell�incarico stesso, il TFR di cui al comma 9 dell�art. 1 del D.P.C.M. 20 dicembre 1999. In proposito si osserva quanto segue. � pacifico, essendo espressamente previsto dalla legge, che l�incaricodirigenziale conferito ai sensi dell�art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001� qualificabile come rapporto di lavoro a tempo determinato. Pertanto, per detto incarico al titolare andr� riconosciuta l�applicazionedell�istituto del TFR, ai sensi dell�art. 1, comma 9, del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, sempre che l�incarico stesso sia stato conferito a decorrere dalladata di entrata in vigore della predetta fonte istitutiva (30 maggio 2000). Per�, la liquidazione della quota di TFR relativo allo svolgimento del- l�incarico dirigenziale avverr� in una unica soluzione alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato instaurato dal dipendente con l�ente diappartenenza, unitamente alla liquidazione del TFS inerente lo svolgimentodelle funzioni direttive espletate precedentemente e successivamente a quelle dirigenziali: ci� in quanto il comma 6 dell�art. 19 del D.Lgs. 165/2001 prevede che il dipendente che ha ricevuto l�incarico � collocato in aspettativasenza assegni, con �riconoscimento dell�anzianit� di servizio�, e non si rinviene quindi nella posizione di iscrizione previdenziale del dipendente alcuna soluzione di continuit� contributiva tale da poter condurre all�ipotesi diliquidazione immediata della suddetta quota. Quanto al terzo quesito deve osservarsi che non pu� essere corrisposto1� �elemento aggiuntivo di retribuzione� non essendo possibile l�accertamento dell��utile svolgimento delle attivit� cui il dipendente � preposto�, richiesto dall�art. 32 secondo comma del CCNL ENEA. N� tale accertamento pu� essere sostituito da quello dell�attivit� svoltain relazione all�incarico dirigenziale, cui � non rinvenibile alcun riferimentonel suddetto CCNL�. A.G.S. � Parere del 20 luglio 2006, n. 86062. Trascrivibilit� e volturabilit� di una compravendita immobiliare aventeforma di scrittura privata con sottoscrizioni accertate con verbale di conciliazione giudiziale, relativa ad un immobile usucapito, senza che l�usucapione siastata accertata con sentenza (consultivo 13732/06, avvocato R. Giovagnoli). �Con nota del 12 dicembre 2005 prot. n. 13731 l�Agenzia del Territorio, Ufficio provinciale di Reggio Calabria, ha chiesto all�Avvocatura distrettuale RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO dello Stato di Reggio Calabria un parere in ordine alla trascrivibilit� e volturabilit� di un contratto di compravendita immobiliare � in cui l�alienante sidichiarava proprietario dell�immobile per avvenuta usucapione ventennale � avente forma di scrittura privata con sottoscrizioni accertate all�esito di un giudizio conclusosi non con sentenza, ma con verbale di conciliazione giudiziale. Nella fattispecie, in particolare, la sig.ra P., dichiarandosi proprietariaper avvenuta usucapione ventennale (senza per� far riferimento ad una eventuale sentenza dichiarativa dell�usucapione), alienava l�immobile in questione, a mezzo di scrittura privata con sottoscrizioni non autenticate, a G.. Successivamente, F.G. instaurava ex art. 216 c.p.c. un giudizio di verificazione in via principale delle sottoscrizioni, giudizio che si concludeva con unaconciliazione giudiziale nella quale il convenuto alienante riconosceva comepropria la firma in calce al contratto. Sia la scrittura privata verificata giudizialmente, sia il verbale di conciliazione venivano trascritti il 30 ottobre 2002 presso l�Agenzia del Territoriodi Reggio Calabria, nonch� registrati, il 31 ottobre 2002, presso l�Agenziadelle Entrate di Reggio Calabria. Successivamente, la sig.ra G. (tramite il suo legale) presentava unadomanda di voltura all�Agenzia del Territorio di Reggio Calabria, la quale, con nota del 21 ottobre 2005, n. 11292, rigettava tale domanda. A sostegno del diniego l�Agenzia del Territorio evidenziava che la scrittura privata, le cui firme sono state riconosciute con il verbale di conciliazione, non costituisce documento idoneo ai fini della voltura catastale. Ci�anche in considerazione del fatto (si legge nel provvedimento di diniego) che�il Giudice non � entrato nel merito della questione relativa alla propriet�, ma si � limitato a riconoscere la volont� di conciliare la questione in causa, che verteva esclusivamente sull�autenticit� delle firme. Nella scrittura privata, inoltre, i soggetti sottoscrittori risultano non menzionati fra gli intestatari catastali, per cui il verbale di conciliazione non pu� essere annoveratonella tipologia prevista per gli atti di trasferimento citati nell�Istruzione XIVparafr. 51, approvata con D.M. 1 marzo 1949 �. Avverso detto diniego, la sig.ra G. proponeva ricorso alla CommissioneTributaria Provinciale di Reggio Calabria. L�Agenzia del Territorio si rivolgeva allora all�Avvocatura Distrettualedello Stato di Reggio Calabria chiedendo un parere in ordine alla trascrivibilit� (pur essendo la trascrizione gi� avvenuta) e volturabilit� della scritturaprivata in questione. L�Avvocatura Distrettuale con nota del 24 marzo 2006, prot. n. 4067, pur esprimendo parere positivo in merito alla trascrivibilit� e volturablit�della scrittura privata accertata tramite conciliazione giudiziale, ha, tuttavia, ritenuto di trasmettere il relativo parere a questo G.U., anzich� all�Agenziache ne aveva fatto richiesta, segnalando che sulla questione oggetto di consultazione risulta essersi pronunciata in termini opposti la DirezioneCentrale dell�Agenzia del Territorio ed evidenziando, altres�, la novit� dellaquestione, in ordine alla quale non si rinvengono specifici precedenti giurisprudenziali. I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO La Scrivente ritiene che soluzione seguita dall�Avvocatura Distrettualedi Reggio Calabria, favorevole alla trascrivibilit� e volturabilit�, debba essere condivisa. Giova premettere, al riguardo, che due sono le questioni oggetto dellarichiesta del parere: 1) la prima � se la scrittura privata con sottoscrizioneaccertata all�esito di un giudizio conclusosi con conciliazione giudiziale siatitolo idoneo alla trascrizione e alla voltura; 2) risolta positivamente la primaquestione, occorre chiedersi se sia valida (e trascrivibile) la vendita dell�immobile usucapito in assenza di provvedimento giudiziale di accertamentodell�avvenuta maturazione dell�usucapione e, quindi, sulla base della semplice dichiarazione del venditore. In altri termini, occorre chiedersi se nella fattispecie in oggetto la trascrizione (e voltura) possa essere preclusa dal fattoche nel negozio di compravendita l�alienante si sia dichiarato proprietariodell�immobile per avvenuta usucapione ventennale, pur in mancanza di unasentenza dic