RASSEGNAEVOCADELLOETOEGLIO-SETTMBRE AVTURAESTALUE2005E PosteEItalianeES.p.A.E-ESped.EinEabb.Epost.E70%E-EDCBERomaE ANNOELVIIE ISTITUTOEPOLIGRAFICOEEEZECCAEDELLOESTATOE ROMAE2005 ANNOELVIIE-N.E3ELUGLIO-SETTEMBRE2005E PUBBLICAZION. TRIMESTRAL. D. SERVIZI. ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 2005 ComitatO scientifico: Presidente:�Glauco Nori. Componenti:�Franco Coppi ^Giuseppe Guarino ^Natalino Irti ^Eugenio Picozza ^Franco Gaetano Scoca. DirettorE responsabile: Giuseppe Fiengo ^Condirettore:�Giacomo Arena. ComitatO dI redazione: Giacomo Aiello ^Vittorio Cesaroni ^Roberto de Felice ^Maurizio Fiorilli ^Massimo Giannuzzi ^Maria Vittoria Lumetti ^ Antonio Palatiello ^Giovanni Paolo Polizzi ^Mario Antonio Scino ^Tito Varrone. HannO collaboratO inoltrE aL presentE numero: Ignazio Francesco Caramazza ^Giovanni Pietro de Figueiredo ^Pierluigi Di Palma ^Pasquale Fava ^Wally Ferrante ^Paolo Marchini ^Cinzia Melillo ^Cesare Pagotto ^Roberto Palasciano ^Vincenzo Rago ^Stefano Rosati ^Marina Russo ^ Giuseppe Stipo ^Francesco Vignoli ^Enrica Villani.. SegreteriA dI redazione: Francesca Pioppi. Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it ABBONAMENTI�ANNO�2005� ITALIA�ESTERO� ABBONAMENTO�ANNUO...�...�...�...�......�..�. 41,00 . 77,00 UNNUMEROSEPARATO....�...�...�...�......�..�. 12,00 . 21,00 Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,� stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri� della�prevista�periodicita�annuale.� Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO�S.p.A.� Funzione�Editoria� P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma Tel.�0685082207�^0685084124 Fax�0685084117 E-mail:�venditeperiodici@ipzs.it c/c�postale�n.�387001 Stampato inItalia^PrintedinItaly Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966� (P505035/101)�Roma,�2005��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.^S.� INDICE ^SOMMARIO TemI istituzionalI VincenzoRago,IlpatrociniodelleAmministrazionistatalidapartedell'Avvocatura� Generale�dello�Stato�(Comitato Consultivo, parere del 20 aprile 2005, n. 54793;AvvocaturageneraledelloStato,circolaredel27maggio2005,n.15) Pag.�1 PierluigiDiPalma, La�difesa�in�giudizio�delle�amministrazioni�trasformate�in� societa�per�azioni�(Comitato Consultivo, parere del 14 maggio 2005 n.67614)................................................ � 11 Marina Russo, Legittimazione�in�giudizio�in�tema�di�danni�da�emoderivati� (Comitato Consultivo, parere del 31 maggio 2005, n. 75708)..... ...... � 13 IL contenziosO comunitariO eD internazionalE Corte�di�Giustizia�CE�-Nota�informativa�riguardante�le�domande�di�pronuncia� pregiudiziale�da�parte�delle�giurisdizioni�nazionali�(2005/C143/01)�.�.�..�..�.�� 17 1. �Le�decisioni� Glauco Nori, Sul�potere�sanzionatorio�della�Corte�di�giustizia�(Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, sent.12 luglio 2005, nellacausaC-304/02) � 22 Giuseppe Fiengo (dossier), Ulteriorisviluppisull'�in�houseproviding�(Corte di Gustizia CE, Grande Sezione, sent. 21 luglio 2005 nella causa C-231/03; sez.1., sent.13 ottobre 2005 nella causa C-458/03). ...... .. � 44 Wally Ferrante, La�direttiva�2004/18/CE�e�la�giurisprudenza�comunitaria�in� materia�diappaltie�concessioni�(Corte di Giustizia CE, sez.2, sent. 27 otto bre2005nellecauseriun.C-187/04eC-188/04) . ...................... � 68 2. �Igiudiziincorso.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 76 IL contenziosO nazionalE Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�nella�dinamica�del�giudizio�di�costituzio nalita�(CorteCost.le,sent.29gennaio2005n.62).................. � 121 Francesco Vignoli, Ragionevoledurata�delprocesso�edecisione�definitiva�(Corte Cost.,ord.7-11febbraio2005,n.74)............................ � 133 Giovanni Pietro de Figueiredo, Enrica Villani, L'attualita�dell'art.�8�c.p.�(sua� capacita�espansiva�come��risorsa�giuridica��sul�piano�della�collaborazione� internazionale�contro�il�crimine)�(Cass., 1� sez. penale, sent. 17 maggio 2004n.23181)............................................ � 139 Stefano Rosati (dossier), Opposizione�tardiva;�opposizione�intempestiva�a� seguito�di�nullita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(Cass., S.U., sent. 3marzo-12maggio2005n.9938).............................. � 150 Pasquale Fava, Indennita�di�amministrazione�e�tredicesima:�un�caso�pratico�per� valutarelepotenzialita�delleazionirappresentative�(class actions)�nel�conten zioso�seriale�italiano�(Cass., S.U., sent. 13 luglio 2005 n. 14698/05) ...... � 168 Roberto de Felice, Cinzia Melillo, (dossier), In�morte�di�un�curatorefallimen tare�(Cass.,Sez.trib.,sent.29agosto2005n.17461) ................ � 188 Roberto Palasciano, Ancora�sul�tema�della�responsabilita�civile�per�i�danni�da� fumo�c.d.�attivo�(Trib. Napoli, sent. 15 dicembre 2004, n. 12729) . . ...... � 197 Maria Vittoria Lumetti, La�valutazione�del�punteggio�conseguito�presso�le� S.I.S.S.�Lanaturagiuridicadelle�Frequently Asked Questions (F.A.Q.) el'ev oluzione�tecnologica�della�P.A.�(T.A.R.EmiliaRomagna,Parma,sez. unica,ord.nellacam.Cons.del18ottobre2005)................... � 208 IpareridelComitatoConsultivo.......................... .. � 215 DottrinA Giuseppe Stipo, Il�regime�d'invalidita�del�provvedimento�amministrativo�nel� nuovo�sistema�delineato�dalla�legge�11febbraio�2005�n.�15�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 253 Ignazio Francesco Caramazza, Funzionepubblica�e�giurisdizione.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 280 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Pierluigi Di Palma, Il�diritto�degli�aeroporti�nel�nuovo�codice�della�navigazione:� le�concessioni�aeroportuali�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�Pag.�295 Maria Vittoria Lumetti, Silenzio�inadempimento,�denuncia�di�inizio�attivita�,� silenzio�assenso,�accesso:�le�novita�della�legge�80/05�.�..�...�..�..�...�..�..�.�� 304 Paolo Marchini, La�manutenzione�ordinaria�e�straordinaria�in�materia�di�opere� idrauliche�e�la�tutela�penale�delpaesaggio:�una�interpretazione�estensiva?�� 315 Cesare Pagotto, Cittadinanza�italiana�amatre e�retroattivita�delle�norme�costit uzionali:�amministrazione�e�giurisprudenza�in�trincea�....o ....o .....o � 322 Indicisistematici.......................................o � 335 TemiIstituzionaliTemiIstituzionali Il patrocinio delle Amministrazioni statali da parte dell'Avvocatura Generale dello Stato. Meritano�di�essere�segnalati�il�recente�parere�del�Comitato�Consultivo�e� la�circolare�con�i�quali�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�aderenza�alla�pressocche� pacifica�giurisprudenza�sia�della�Cassazione�che�del�Consiglio�di�Stato,�ha� nuovamente�riaffermato�e�ribadito�le�caratteristiche�proprie�del�patrocinio� delle�Amministrazioni�statali�da�parte�dell'Avvocatura�Generale�dello�Stato.� In�essi,�con�riferimento�^in�particolare�^alle�Universita�degli�Studi�sta- tali,�agli�Istituti�di�Ricerca�educativa�(c.d.�IRRE),�all'Istituto�Nazionale�per� la�Valutazione�del�Sistema�dell'Istruzione�(INVALSI)�e�all'Istituto�Nazionale� di�Documentazione�per�l'Innovazione�e�la�Ricerca�Educativa,�(c.d.�INDIRE),� e�stato�precisato�che�il patrocinio in�favore�di�Amministrazioni�dello�Stato� e/o�di�enti�fortemente�compenetrati�nell'organizzazione�dello�Stato�viene reso dall'Avvocatura dello Stato,�non�in applicazione dell'art.�43�del�testo�unico� R.D�n.�1611/1933�(c.d.�patrocinio�autorizzato),�bens|�dell'art. 1 del R.D. n. 1611/1933 (c.d.�patrocinio obbligatorio).� Questa�conclusione�e�stata�raggiunta,�sul�presupposto�che�questi�enti,� cos|�come�e�stato�anche�specificato�dal�Ministero�in�sede�di�richiesta�di� parere,��pur dopo la trasformazione, non hanno perso la loro natura di enti compenetrati nella organizzazione e comunque di enti strumentali dell'Ammini- strazione scolastica statale�. Nel�parere�relativo�agli�IRRE,�all'INDIRE�ed�all'INVALSI,�sono�anche� stati�richiamati�alcuni�degli�indici�identificati�dell'ente�strumentale�dello� Stato,�consistenti�ne� 1)�l'inserimento del personale dell'IRRE nel personale statale,�con�conse- guente�responsabilita�amministrativa�e�disciplinare�e�di�risultati,�nei�con- fronti�dell'Amministrazione�statale,�nonche� 2)�ilpotere di vigilanza e controllo rimasto in capo alle strutture del Mini- stero e� 3)�ilfinanziamento, riservato allo Stato. Non�osta�a�questa�conclusione�la�circostanza�che�questi�enti�siano�orga- nizzati�autonomamente�rispetto�alle�strutture�statali,�poiche�,�come�noto,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933�precisa�che��La rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all'Avvocatura dello Stato�.� La�conseguenza�di�questa�impostazione�e�,�senza�dubbio,�il�carattere esclusivo del patrocinio de qua,�in�aderenza�a�quanto�statuito�dall'art.�5�del� R.D.�n.�1611/1933,�secondo�cui��Nessuna amministrazione dello Stato puo� richiedere la assistenza di avvocati del libero foro se non per ragioni assoluta- mente eccezionali, inteso il parere dell'avvocato generale dello Stato e secondo norme che saranno stabilite dal consiglio dei ministri. L'incarico nei singoli casi dovra� essere conferito con decreto del capo del governo di concerto col ministro dal quale dipende l'amministrazione interessata e col ministro per le finanze�.� In�questo�senso,�il�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�ad�avvocati�del� libero�foro�va�ammesso�in�questi�stretti�limiti�e�richiede�una�previa�delibera� motivata�da�parte�degli�organi�di�gestione�di�questi�enti,�che�dia�conto�delle� ragioni�per�le�quali�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�puo�essere� richiesto.� Avv. Vincenzo Rago A.G.S.-Parere del 20 aprile 2005, n. 54793. Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato (consultivi�38033�e�31094/04,�avvocato�V.�Rago).� �Con�d.P.R.�19�luglio�1984,�n.�513�(Gazz. Uff. 28�agosto�1985,�n.�236)�l'Avvocatura�dello� Stato�e�stata�autorizzata�ad�assumere�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli�Istituti� regionali�di�ricerca,�sperimentazione�e�aggiornamento�educativi�(IRRSAE),�del�Centro�euro- peo�dell'educazione�e�della�Biblioteca�di�documentazione�pedagogica,�ai�sensi�dell'art.�43� del�R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611,�modificato�dall'art.�1�della�legge�16�novembre�1939,� n.�1889,�e�dell'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103.� Successivamente,�a�seguito�della�legge�di�delega�al�Governo�per�il�conferimento�di�fun- zioni�e�compiti�alle�regioni�ed�enti�locali,�per�la�riforma�della�Pubblica�Amministrazione�e� per�la�semplificazione�amministrativa�15�marzo�1997,�n.�59,�si�e�reso�necessario�riordinare� questi�enti:�in�particolare,� a) gli�Istituti�regionali�di�ricerca,�sperimentazione�ed�aggiornamento�educativi�sono� stati�trasformati�in�Istituti�regionali�di�ricerca�educativa�(da�ora�denominati,�in�breve,� �IRRE�)�ai�sensi�dell'art.�76�del�D.�Lgs.�30�luglio�1999,�n.�300�di�riforma�dell'organizzazione� del�Governo,�a�norma�dell'art.�11�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�e�con�d.P.R.�6�marzo� 2001,�n.�190�(regolamento�di�attuazione)�sono�state�abrogate�le�disposizioni�relative�agli� IRRSAE;� b) il�Centro�europeo�dell'educazione�e�stato,�invece,�trasformato�in�Istituto�nazionale�per� lavalutazionedelsistemadell'istruzione�INVALSI�conD.Lgs..20luglio�1999,n.�258(vedi� ancheild.P.R.21�settembre2000,n.�313^Regolamentodiorganizzazionedell'INVALSIadot- tatoaisensidell'art.�3,comma6delD.Lgs..20�luglio1999,n.�258(vedianchel'art.�8);� c) la�Biblioteca�di�documentazione�pedagogica�e�stata,�infine,�trasformata�in�Istituto� nazionale�di�documentazione�per�l'innovazione�e�la�ricerca�educativa��INDIRE�^anorma� degli�artt.�2�e�3�del�D.Lgs..�20�luglio�1999,�n.�258�(vedi�anche�il�d.P.R.�21�novembre�2000,� n.�415�^Regolamento�di�organizzazione�dell'�INDIRE�ai�sensi�art.�3�comma�6�del�D.Lgs.� 20�luglio�1999,�n.�258�(art.�81).� Con�nota�n.�9024�del�21�maggio�2004�l'Avvocatura�dello�Stato�di�Cagliari�(cs.�31094/04)� ha�riferito�che�il�Presidente�dell'IRRE�di�Cagliari�ha�informalmente�chiesto�di�conoscere�se� l'Istituto�sia�autorizzato�ad�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�delloStato,in�conside- razione�del�fatto�che�gli�IRRSAE�avevano�funzioni�in�gran�parte�analoghe.� Oraconnotan.�11904del22luglio2004(cs.38033/04),ilMinisterodell'istruzione,del- l'universita�e�della�ricerca,�tenuto�conto�di�aver�ricevuto�molti�quesiti�volti�ad�accertare�se� permangano�o�meno�i�presupposti�che�hanno�consentito�agli�IRRSAE,�trasformati�in�IRRE,� di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�poiche�le�Avvocature�Distrettuali� TEMI�ISTITUZIONALI� hanno�variamente�interpretato�le�norme�vigenti,�ha�chiesto�di�conoscere�se�il�d.P.R.�n.�513/� 1984�assicuri�ancora�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�sia�per�gli�IRRE� che�per�l'INDIRE�e�per�l'INVALSI,�nei�confronti�del�quale,�peraltro,�l'Avvocatura�Generale� e��gia��intervenuta�in�rappresentanza�e�difesa.� Secondo�il�Ministero,��il�riordino�di�tali�enti,�intervenuto�a�seguito�della�legge�delega� n.�59�del�1997�con�distinti�decreti�legislativi�e�conseguenti�regolamenti�di�organizzazione,� ha�comportato�la�definizione�di�nuove�funzioni�e�un�diverso�assetto�organizzativo,�ma�non� ha�introdotto�alcuna�modifica�alla�loro�natura�giuridica�di�enti�strumentali�dell'Amministra- zione�scolastica.�Inoltre,�occorre�evidenziare�che�alcuni�degli�elementi�che�vennero�ritenuti� discriminanti�per�l'analoga�decisione�di�codesta�Avvocatura�in�merito�all'ammissione�al� patrocinio�delle�Istituzioni�scolastiche,�risultano�validi�anche�per�gli�enti�in�argomento�(nota� Avvocatura�dello�Stato�n.�14721�del�5�febbraio�2001)�.� La�questione�e��complessa�e�resa�ancor�piu��difficile�dalla�circostanza�che,�secondo� quanto�sembra,�come�detto,�l'INVALSI�avrebbe,�almeno�in�un'occasione,�chiesto�ed�ottenuto� il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(ct.�8810/2003�^Ricorso�al�T.A.R.�avverso�l'aggiu- dicazione�della�gara�per�il�servizio�di�lettura�ottica�dei�test�della�scuola�media),�con�rischio� che�venga�dichiarata�la�nullita��delle�attivita��processuali�compiute,�ove�si�riconosca�la�cessa- zione�del�patrocinio�dell'Avvocatura,�mentre�l'INDIRE�ha�pure�richiesto�l'assistenza�con� nota�5�novembre�2003,�n.�26845�(cs.�41478/2003),�senza�che�l'Avvocatura�dello�Stato�abbia� ancora�espresso�il�suo�parere.� Ritiene�questa�Avvocatura�che,�cos|��come�e��stato�gia��chiarito�nel�parere�relativo�agli� Istituti�scolastici,�anche�nel�caso�degli�IRRE,�dell'INVALSI�e�dell'INDIRE,�vi�siano�gli�ele- menti�che�consentono�di�affermare�la�conservazione�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello� Stato,�in�virtu��di�quanto�disposto�dall'art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933,�per�questi�enti�che,�pur� dopo�la�trasformazione,�non�hanno�perso�la�loro�natura�di�enti�compenetrati�nella�organiz- zazione�e�comunque�di�enti�strumentali�dell'Amministrazione�scolastica�statale.� Patrocinio degli IRRE. L'IRRE�e��un�istituto�statale�che�svolge�ricerche�educative,�la�cui�natura�e�finalita��sono�fis- sati�dall'art.�1�del�d.P.R.�190/2001�cit. ^regolamento�attuativo�del�D.Lgs.�n.�300/1999�cit. c he�dispone�che��gli�Istituti�regionali�di�ricerca�educativa�sono�enti�strumentali�dell'ammini- strazionedellapubblicaistruzione,dotatidipersonalita��giuridicaeautonomiaamministrativa� e�contabile,�a�norma�dell'art.�76�del�decreto�legislativo�30�luglio�1999,�n.�300�.� L'istituto�opera�sul�territorio�regionale�in�stretto�contatto�con�la�Direzione�scolastica� Regionale�della�regione�di�appartenenza�e�collabora�con�gli�altri�soggetti,�nazionali�e�locali,� che�si�occupano�di�istruzione�e�formazione�(INDIRE,�INVALSI,�Regione,�Enti�Locali,�Uni- versita��e�le�Associazioni�professionali�e�culturali)�(cfr.�art.�76�del�D.Lgs.�n.�300/1999).� L'IRRE,�come�detto,�e��nato�dalla�trasformazione�dell'IRRSAE�(Istituto�Regionale�di� Ricerca�Sperimentazione�e�Aggiornamento�Educativo),�sorto�a�meta��degli�anni�Settanta,�in� attuazionedeic.d.DecretiDelegati(d.P.R.�31�maggio1974,n.�419)che,innovandofortemente� l'assetto�organizzativo�della�scuola�italiana,�hanno�istituito�gli�Organi�Collegiali�come�forme� di�(almeno�parziale)�autodeterminazione�della�scuola,�pur�mantenendo�al�Ministero�un�com- pito�di�forte�governo�centrale�del�Sistema�scolastico.�Agli�IRRSAEveniva�affidato�uncompito� di�raccordo�fra�le�iniziative�del�Ministero�e�quelle�delle�singole�scuole,�relativamente�a�pro- grammi,�curricoli,�forme�organizzative,�valutazione,�aggiornamento�dei�docenti�ecc.� Con�l'autonomia�scolastica�(art.�21�della�legge�59/1997�cit.),�anche�per�i�vecchi�IRRSAE� e��stato�necessario�un�rinnovamento,�tenuto�conto�che�l'autonomia�didattica,�organizzativa, gestionale,�e�di�autonomia�di�ricerca�delle�istituzioni�scolastiche�non�rendeva�piu��necessario� un�ente�di�raccordo�tra�la�singola�scuola�ed�il�Ministero.� Cos|��come�risulta�dall'esame�del�D.Lgs..�istitutivo�(art.�76�del�D.Lgs.�n.�300/1999)�e�dal� regolamento�di�attuazione�(decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�190/2001)�citati�in�epi- grafe,�all'IRRE�sono�stati�affidati�compiti�di��supporto�alle�istituzioni�scolastiche�e�alle�loro� reti�e�consorzi,�nonche�agli�uffici�dell'amministrazione,�anche�di�livello�sub�regionale�� (art.�1,�comma�2�del�d.P.R.�n.�190/2001�cit.),��funzioni�che�si�esplicano�in�attivita��di�ricerca� nell'ambito�didattico-pedagogico�e�nell'ambito�della�formazione�del�personale�della�scuola�� (art.�1,�comma�2�cit.),�ivi�comprese�quelle�in�materia�di�aggiornamento�didattico�e�discipli- nare,�di�dibattito�sui�temi�della�educazione�e�formazione,�di�diffusione�di�metodologie�e�stru- menti,�di�divulgazione�di�tematiche�relative�al�settore�della�formazione,disupporto�asperi- mentazioni�ed�innovazioni,�di�ricerca�in�campo�didattico,�educativo,�organizzativo,�di�moni- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� toraggio�di�esperienze,�di�documentazione�di�pratiche�e�di�realizzazioni,�nei�vari�ordini�e� gradi�di�scuola�e�nella�educazione�degli�adulti�(art.�1,�comma�3�e�articoli�ss.�del�citato� d.P.R.�n.�190/2001).� Gli�IRRE�hanno�sede�nei�capoluoghi�di�regione,�sono�^come�detto�^forniti�di�persona- lita�giuridica,�hanno�autonomia�amministrativa�e�contabile�e�sono�sottoposti�alla�vigilanza� del�Ministero�dell'Istruzione,�vigilanza�che�si�esplica,�ad�esempio,�nella�nomina�dei�membri� del�consiglio�di�amministrazione�dell'IRRE�(art.�4�del�d.P.R.�n.�190/2001)�nonche�nella� nomina�di�due�dei�tre�membri�del�collegio�dei�revisori�contabili�(art.�7�dello�stesso�d.P.R.� n.�190/2001),�nell'approvazione�del�regolamento�interno�del�consiglio�di�amministrazione� (art.�8�del�d.P.R.�n.�190/2001).� Va�anche�considerato�che,�in�virtu�di�quanto�stabilito�dall'art.�10�dello�stesso�d.P.R.� n.�190/2001,�il�Ministro�dell'Istruzione�(ex�Pubblica�Istruzione),�d'intesa�con�il�Ministero� dell'economia�e�finanze�(ex�Tesoro)�provvede�ad�assegnare�all'IRRE��un�contingente�di�per- sonale�docente�e�dirigente�della�scuola...�...�...�da�collocare�in�posizione�di�comando�� (art.�10,�comma�1).� L'art.�10,�comma�2�precisa,�altres|�,�che�ogni�IRRE�dispone�di�un�contingente�di�perso- nale��stabile��con�compiti�organizzativi�e�di�supporto,��reclutato�tra�il�personale�dirigente,� amministrativo,�tecnico�e�ausiliario�della�scuola��che�viene�collocato�fuori�ruolo,�rendendo� indisponibili�i�posti�corrispondenti�(cfr.�art.�10,�comma�3),�mentre�l'art.�10,�comma�4�precisa� anche�che��il�servizio�prestato�presso�gli�IRRE�e�valido�a�tutti�gli�effetti�come�servizio�di�isti- tuto�nella�scuola�.� Il�Ministero�provvede,�poi,�^almeno�in�grande�parte�^alle�risorse�finanziarie�degli� IRRE,�attraverso��un�contributo�assegnato...�...�...�determinato�annualmente,�comprensivo� di�un�contributo�generale�e�di�contributi�finalizzati�al�finanziamento�di�specifici�progetti�� (art.�11�del�d.P.R.�n.�190/2001�cit.),�nonche�all'approvazione�dei��bilanci�preventivi�e�delle� relative�variazioni�e�dei�conti�consuntivi,�insieme�alle�relazioni�del�collegio�dei�revisori�dei� conti�e�della�relazione�annuale�sull'attivita�svolta�dall'IRRE��(art.�12�del�d.P.R.� n.�190/2001�cit.)�e��alla�determinazione�del�compenso�da�corrispondere�agli�organi�degli� IRRE��(art.�14,�5.�comma,�del�d.P.R.�n.�190/2001).� Dall'esame�delle�disposizioni�in�epigrafe,�si�ricava�che�l'IRRE�ha�conservato�la�natura�e� le�caratteristiche,�proprie�dei�soppressi�IRRSAE,�di�enti�immedesimati�e�strumentali�all'or- ganizzazione�scolastica,�caratteristiche�che�avevano�consentito�l'assunzione�del�patrocinio� da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Sotto�questo�profilo,�si�puo�ritenere,�analogamente�a�quanto�espresso�nel�noto�parere� relativo�alle�istituzioni�scolastiche,�che�sussistono�anche�per�gli�IRRE�gli�indici�rivelatori� della�natura�strumentale�di�tali�enti,�identica�a�quella�dei�soppressi�IRRSAE.� In�particolare,�si�richiamano�1)�l'inserimento del personale dell'IRRE nel personale sta- tale,�con�conseguente�responsabilita�amministrativa�e�disciplinare�e�di�risultati,�nei�confronti� dell'Amministrazione�statale,�nonche�2)�il potere di vigilanza e controllo rimasto�in�capo�alle� strutture�del�Ministero�e�3)�ilfinanziamento,�riservato�allo�Stato.� Per�quanto�concerne�le�caratteristiche�del�patrocinio,�a�suo�tempo�fondato�sull'art.�43� del�testo�unico�n.�1611/1933,�la�rinnovata�struttura�degli�IRRSAE�consente�un'applicazione� dei�principi�di�cui�all'art.�1�del�testo�unico�n.�1611/1933,�validi�per�le�Amministrazioni�dello� Stato,�anche�ad�ordinamento�autonomo,�come�e�nel�caso�di�specie.� In�questo�senso�l'efficacia�del�d.P.R.�di�autorizzazione�del�patrocinio�ex art.�43�cit. puo� ritenersi�caducata,�perche�tale�provvedimento�(ora�viene,�in�genere,�emesso�un�decreto�del� Presidente�del�Consiglio�dei�ministri)�non�e�piu�necessario,�in�virtu�dell'applicazione��auto- matica��dell'art.�1�del�testo�unico�n.�1611/1933.� La�caducazione�del�d.P.R.�e�,�nella�sostanza,�sotto�questo�profilo,�una�conferma�ed�una� riprova�dell'applicabilita�dell'art.�1,�con�conseguente�applicazione�di�tutti�i�principi�del�c.d.� foro�erariale,�ivi�compreso�l'obbligo�di�notifica�degli�atti�giurisdizionali�presso�la�competente� Avvocatura�dello�Stato.� Dalle�seguenti�argomentazioni,�si�traggono�le�seguenti�considerazioni:�cos|�come�espo- sto�nel�parere�relativo�alle�Istituzioni�scolastiche�sopra�citato,�il�patrocinio�dell'IRRE�ha� tutte�le�caratteristiche�del�patrocinio�ex art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933�e�successive�modifica- zioni,�secondo�il�quale��La�rappresentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle� amministrazioni�dello�Stato,�anche�se�organizzate�ad�ordinamento�autonomo,�spettano� all'Avvocatura�dello�Stato�,�tenuto�conto�che,�come�sopra�specificato,�gli�IRRE,�ancorche� forniti�di�personalita�giuridica�autonoma,�partecipano�della�natura�e�delle�funzioni�delle� TEMI�ISTITUZIONALI� Amministrazioni�dello�Stato,�e�considerato,�altres|�che�questo�patrocinio�spetta�anche�a�que- ste�Amministrazioni��organizzate�ad�ordinamento�autonomo�,�alla�stessa�stregua�di�quello� che�si�verifica,�appunto,�per�le�Istituzioni�scolastiche.� Poiche�la�richiesta�di�patrocinio�sembra�provenire�solo�da�alcuni�degli�IRRE�presenti� sul�territorio,�sara�opportuno�che�la�questione�sia�vagliata�anche�in�sede�di�conferenza�nazio- nale�dei�Presidenti�degli�IRRE,�di�cui�all'art.�9�del�d.P.R.�n.�190/2001.� Patrocinio dell'INVALSI. L'Istituto�Nazionale�per�la�Valutazione�del�Sistema�dell'Istruzione�(INVALSI)�e�,come� detto,�un�ente�pubblico�istituito�dall'art.�1�del�D.Lgs.�n.�258/2000�cit.,�frutto�della�trasforma- zione�del�Centro�europeo�dell'educazione�e��sottoposto�alla�vigilanza�del�Ministero�dell'i- struzione,�dell'universita�e�della�ricerca�,�che��con�propria�direttiva�individua�le�priorita� strategiche�delle�quali�l'Istituto�dovra�tenere�conto�per�programmare�l'attivita�di�valuta- zione��(art.�1,�comma�1�del�D.Lgs.�n.�258/2000�cit.).� L'INVALSI��al�quale�sono�state�trasferite�le�risorse�del�Centro�europeo�dell'educazione,� ha�mantenuto�la�personalita�giuridica�di�diritto�pubblico�e�l'autonomia�amministrativa�ed�e� dotato�di�autonomia�contabile,�patrimoniale,�regolamentare�e�di�autonomia�finanziaria,� come�previsto�dal�regolamento�di�cui�all'art.�3,�comma�6��(art.�1,�comma�2�del�D.Lgs..� n.�258/2000�cit.).� L'art.�1,�comma�3�dello�stesso�D.Lgs..�n.�258/2001�ha�individuato�le�funzioni�ed�i�com- piti�dell'INVALSI:��In�particolare,�l'Istituto�valuta�l'efficienza�e�l'efficacia�del�sistema�di istruzione�nel�suo�complesso�ed�analiticamente,�ove�opportuno�anche�per�singola�istituzione� scolastica,�inquadrando�la�valutazione�nazionale�nel�contesto�internazionale;�studia�le�cause� dell'insuccesso�e�della�dispersione�scolastica�con�riferimento�al�contesto�sociale�ed�alle�tipo- logie�dell'offerta�formativa;�conduce�attivita�di�valutazione�sulla�soddisfazione�dell'utenza;� fornisce�supporto�e�assistenza�tecnica�all'amministrazione�per�la�realizzazione�di�autonome iniziative�di�valutazione�e�supporto�alle�singole�istituzioni�scolastiche�anche�mediante�la�pre- disposizione�di�archivi�informatici�liberamente�consultabili;�valuta�gli�effetti�degli�esiti�appli- cativi�delle�iniziative�legislative�che�riguardano�la�scuola;�valuta�gli�esiti�dei�progetti�e�delle� iniziative�di�innovazione�promossi�in�ambito�nazionale;�assicura�la�partecipazione�italiana�a progetti�di�ricerca�internazionale�in�campo�valutativo�e�nei�settori�connessi�dell'innovazione� organizzativa�e�didattica�.� In�virtu�di�quanto�stabilito�dall'art.�1,�comma�5,��l'Istituto�si�avvale,�sulla�base�della� direttiva�di�cui�al�comma�1,�anche�dei�servizi�dell'amministrazione�della�pubblica�istruzione� istituiti�sul�territorio�provinciale�e�delle�specifiche�professionalita�degli�ispettori�tecnici� dipendenti�dal�Ministero�della�pubblica�istruzione�.� Tra�la�fine�degli�anni�'80�ed�i�primi�del�'90,�sulla�spinta�della�diffusa��autonomia�scola- stica�,�si�e�avvertita�anche�in�Italia�la�necessita�di�disporre�di�un��servizio�nazionale��che� �analogamente�a�quanto�avveniva�in�altri�Stati�socialmente�avanzati���valutasse��la�pro- duttivita�e�l'efficacia�del�sistema�scolastico�nel�suo�insieme�e,�per�quanto�possibile,�dei�singoli� istituti�scolastici.� Con�il�D.Lgs..�n.�258/2000�in�esame,�come�detto,�in�conseguenza�della�riconosciuta� autonomia�delle�istituzioni�scolastiche,�si�e�reso�necessario�trasformare�il�Centro�Europeo� di�documentazione�pedagogica��CEDE,�in�un��Ente�finalizzato�al�supporto�dell'autonomia� delle�istituzioni�scolastiche�,�che,�come�disposto�dall'art.�1�in�epigrafe,�svolge�compiti�stret- tamente�collegati�con�le�funzioni�svolte�da�tutte�le�istituzioni�scolastiche.� In�tema�di�studio�delle�cause�della�dispersione�scolastica�l'Istituto�ha��ereditato��i�com- piti�gia�svolti�dal�soppresso�Osservatorio�Nazionale,�costituito�presso�il�Ministero�dell'Istru- zione�(art.�1,�comma�6�del�D.Lgs..�n.�258/2000�cit.).� Con�d.P.R.�21�settembre�2000�n.�313�^Regolamento�di�organizzazione�dell'INVALSI,� adottato�ai�sensi�dell'art.�3�comma�6�del�D.Lgs..�20�luglio�1999,�n.�258�^emanato�su�propo- sta�del�Ministro�della�P.I.,�di�concerto�con�quelli�dell'Economia�e�delle�Finanze�(ex�Tesoro)� e�per�la�Funzione�Pubblica,�sono�state�stabilite�la�struttura�organizzativa�del�nuovo�Istituto,� le�modalita�costitutive�e�le�competenze�degli�organi�di�controllo�e�di�consulenza�scientifica,� la�dotazione�organica�del�personale�di�ricerca�ed�amministrativo,�la�dotazione�massima�di� personale�comandato�^sia�di�ricerca�che�amministrativo�^,�le�modalita�di�conferimento�di� incarichi�a�personale�di�ricerca,�tecnico�e�specialistico�non�appartenente�all'Unione�Europea,� le�modalita�di�trasferimento�delle�risorse�finanziarie�appositamente�iscritte�nello�stato�di�pre- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� visione�del�Ministero�della�P.I.�ed,�infine,�le�modalita��di�associazione�alle�attivita��dell'Istituto� da�parte�di�enti�di�ricerca�nonche�le�modalita��di�conferimento�agli�stessi�enti�di�incarichi� per�studi�e�ricerche.� In�particolare,�l'Istituto�e��retto�da�un�Consiglio�di�Amministrazione�di�durata�triennale,� rinnovabile�per�un�altro�triennio,�costituito�da�un�presidente�e�da�quattro�componenti,�nomi- nati�dal�Consiglio�dei�Ministri,�su�proposta�del�Ministro�della�Pubblica�Istruzione.� L'art.�10�del�d.P.R.�n.�313/2000�stabilisce�che�l'Istituto,�oltre�al�personale�di�cui� all'art.�8,�puo��avvalersi�anche��di�personale�amministrativo,�tecnico,�specialistico�e�di�ricerca� comandato�o�collocato�fuori�ruolo,�proveniente�dall'amministrazione�della�pubblica�istru- zione,�dalla�scuola�o�da�altre�amministrazioni�dello�Stato...��(comma�1),�e��Il�servizio�pre- stato�in�posizione�di�comando�o�collocamento�fuori�ruolo�e��valido�a�tutti�gli�effetti�come�ser- vizio�d'istituto��(comma�4),�analogamente�a�quanto�sopra�rilevato�per�gli�IRRE.� Anche�per�l'INVALSI,�le�risorse�finanziarie�dell'Istituto�sono�costituite,�prevalente- mente,�dal�contributo�ordinario�dello�Stato�comprensivo�anche�degli�oneri�per�il�personale� e�per�gli�organi�di�amministrazione,�tecnico-scientifici�e�di�controllo,�e�di��fondi�annual- mente�assegnati�per�attuare�i�progetti�e�le�attivita��programmate�,�nel�rispetto�della�direttiva� del�Ministro�sulle��priorita��strategiche��(art.�12�del�d.P.R.�n.�313/2000).� La�vigilanza,�di�carattere�amministrativo-contabile,�viene�esercitata�dal�Ministero�dell'I- struzione,�che�approva�i�bilanci�preventivi�e�le�relative�variazioni�e�i�conti�consuntivi;�e��pre- visto�un�Collegio�dei�revisori�dei�conti�composto�da�tre�membri,�uno�designato�dal�Ministero� dell'Economia�e�delle�Finanze�(ex�Tesoro)�e�gli�altri�due�dal�Ministero�dell'Istruzione� (art.�14�d.P.R.�n.�313/2000),�anche�in�questo�caso�ripetendo�lo�schema�utilizzato�per�gli� IRRE.� Da�segnalare�anche�che�l'INVALSI,�nel�2002�si�e��dotato�di�un�regolamento�di�finanze�e� contabilita��,�con�cui�sono�state�stabilite�varie�norme�di�funzionamento�anche�contabile�dell'I- stituto.� Per�la�parte�che�qui�ci�interessa,�merita�di�essere�ricordato�l'art.�8�del�regolamento,� secondo�cui,�per�quanto�concerne�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio,��Nell'ipotesi�in�cui� non�sia�possibile�ottenere�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�l'Istituto,�sulla�base�di� una�motivata�deliberazione�a�stare�in�giudizio�adottata�dal�Consiglio�di�Amministrazione,� puo��conferire�specifico�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�anche�ad�avvocati�del�libero�foro� e�ad�altri�professionisti�.� La�disposizione�in�esame�conferma�certamente�da�una�parte�l'interesse�dell'INVALSI�ad� avere�il�patrocinio�dell'Avvocatura,�dall'altra�pero��costituisce�una�difficolta��,�tenuto�conto� che,�per�principio�pacifico,�l'Avvocatura�dello�Stato�non�puo��assumere�il�patrocinio�unita- mente�ad�un�avvocato�del�libero�foro,�essendo�tale�possibilita��vietata�dal�carattere�esclusivo� del�patrocinio�de�qua.� Ladisposizionedicuiall'art.�8delRegolamentofinanzeecontabilita��dell'INVALSIcitata� in�epigrafe�va,�dunque,�interpretata�alla�luce�di�quanto�disposto�dall'art.�5�del�R.D.� n.�1611/1933,�secondo�cui��Nessuna�amministrazione�dello�Stato�puo��richiedere�la�assistenza� di�avvocati�del�libero�foro�se�nonper�ragioni�assolutamente�eccezionali,�inteso�il�parere�dell'av- vocato�generale�dello�Stato�e�secondo�norme�che�saranno�stabilite�dal�consiglio�dei�ministri.� L'incarico�nei�singoli�casi�dovra��essere�conferito�con�decreto�del�capo�del�governo�di�concerto col�ministro�dal�quale�dipende�l'amministrazione�interessata�e�col�ministro�per�le�finanze�.� In�questo�senso,�il�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�ad�avvocati�del�libero�foro�va� ammesso�in�questi�stretti�limiti.� In�ogni�caso,�si�ritiene�che�essendo�stati�rinvenuti,�anche�per�l'INVALSI,�gli�elementi� identificativi�analoghi�a�quelli�esaminati�per�gli�IRRE�(possibilita��di�avvalersi�di�personale� scolastico,�vigilanza�del�Ministero�dell'Istruzione,�finanziamenti�statali,�ecc.),�valgono�evi- dentemente�le�medesime�considerazioni�gia��fatte�per�gli�IRRE.� Per�completezza,�e��opportuno�ricordare�che�con�legge-delega�n.�53�del�28�marzo�2003,� riguardante��la�definizione�delle�norme�generali�nell'istruzione�e�dei�livelli�essenziali�delle�pre- stazioniinmateriadiistruzioneeformazioneprofessionale�,all'art.�3e��stataprevistala�valu- tazione�degli�apprendimenti�e�della�qualita��del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione�.� In�virtu��di�quanto�stabilito�dall'art.�1�della�detta�legge�delega,�nella�seduta�del�28�otto- bre�u.s.�il�Consiglio�dei�Ministri�ha�approvato�in�via�definitiva�un�decreto�legislativo�attua- tivo�della�legge�53/2003,�relativo�alla�istituzione�del�Servizio�nazionale�di�valutazione�del� sistema�di�istruzione�e�di�istruzione�e�formazione�professionale�nonche�al�riordino�dell'In- valsi,�Istituto�nazionale�per�la�valutazione�del�sistema�dell'istruzione.� TEMI�ISTITUZIONALI� Le�piu�importanti�novita�di�questo�decreto�legislativo�sono�le�seguenti:� a) viene�per�la�prima�volta�istituito�in�Italia,�come�da�tempo�in�altri�Paesi�europei,�un Servizio�nazionale�di�valutazione�del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione;� b) il�nuovo�servizio�avra�il�compito�di�contribuire�al�progressivo�miglioramento�e�armo- nizzazione�della�qualita�del�sistema�educativo,�valutandone�l'efficacia�e�l'efficienza�e�inqua- drandone�la�valutazione�nel�contesto�internazionale;� c) il�Servizio�nazionale�e�affidato�principalmente�all'INVALSI,�che�assume�il�nome�di� �Istituto�nazionale�di�valutazione�del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione��(viene,� in�questo�senso,�modificato�il�nome�dell'INVALSI,�aggiungendo�il�significativo�aggettivo� �educativo��che�conferma�la�natura�di�istituzione�scolastica�dell'ente),che�vienea�talfine� riordinato.�L'INVALSI,�gia�disciplinato�con�il�decreto�legislativo�20�luglio�1999,�n.�258,�ha� avuto�finora�quale�fine�istituzionale�la�ricerca�sulle�metodologie�valutative.�Esso�ha�anche� svolto,�negli�ultimi�anni,�sulla�base�di�specifiche�direttive�di�questo�Governo�e�in�via�speri- mentale,�la�valutazione�delle�scuole�che�hanno�aderito�volontariamente.�Il�decreto�legislativo� affida�ora�all'INVALSI�la�valutazione�complessiva�di�sistema,�che�diviene�obbligatoria�per� tutte�le�scuole�e�viene�affidata�all'Istituto�riordinato�come�sua�finalita�fondamentale,� lasciando�agli�insegnanti�la�valutazione,�periodica�e�annuale,�degli�apprendimenti�e�del�com- portamento�degli�studenti;� d) compito�dell'Istituto�sara�anche�predisporre�le�prove�dell'Esame�di�Stato�per�la�loro� scelta�da�parte�del�Ministro;� e) un'altra�importante�modifica�e�costituita�dalla�precisazione�che,�in�sede�di�disciplina� delle�procedure�contrattuali,�nonche�delle�forme�di�controllo�interno�sull'efficienza�e�sui� risultati�di�gestione�complessiva�dell'Istituto�e�l'amministrazione�del�patrimonio,�l'INVALSI� e�comunque�tenuto�al�rispetto�delle�vigenti�disposizioni�in�materia�di�contabilita�generale� dello�Stato.� I�principi�esposti�confermano�ancora�una�volta�la�natura�di�ente�strumentale�dell'Ammi- nistrazione�scolastica�di�questo�nuovo�(e�riordinato)�istituto,�cio�che�conferma�il�patrocinio� dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�di�questo�ente�ex art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933.� Patrocinio dell'INDIRE. Infine,�l'Istituto�Nazionale�di�Documentazione�per�l'Innovazione�e�la�Ricerca�Educa- tiva,�(meglio�identificato�con�l'espressione�INDIRE)�e�stato�pure�istituito�con�il�D.Lgs..� n.�258/1999,�che�ha�disposto�la�trasformazione�della�Biblioteca�di�Documentazione�Pedago- gica�in�ente�nazionale�di�ricerca�e�di�documentazione�in�ambito�educativo.� Il�decreto,�insieme�con�il�proprio�regolamento�attuativo�(d.P.R.�n.�415/2000�cit.),�pre- vede�i�compiti�e�le�funzioni�attribuite�a�tale�ente,�attribuendo�all'INDIRE�una�dimensione� anche�internazionale,�nel�segno�di�una�maggiore�autonomia�e�di�una�pronta�rispondenza�ai� bisogni�e�alle�priorita�della�scuola�italiana.� L'INDIRE�si�occupa,�in�particolare,�di:� formazione:�attraverso�PuntoEdu,�l'ambiente�integrato�di�apprendimento�online utiliz- zato�per�l'aggiornamento�di�centinaia�di�migliaia�di�insegnanti�italiani,�interamente�svilup- pato�e�gestito�da�INDIRE.�Fondato�su�un�modello�di�blended e-learning,�con�incontri�in�pre- senza�e�attivita�online,�PuntoEdu�offre�percorsi�formativi�strutturati�e�personalizzabili,�utiliz- zando�i�piu�avanzati�strumenti�tecnologici;� ricerca e documentazione:�INDIRE�fa�ricerca�applicata�e�teorica�su�formazione,�comuni- cazione,�educazione�e�linguaggi�di�documentazione�per�un'archiviazione�intelligente�e�condi- visibile�della�memoria;�cura�e�gestisce�un�sistema�nazionale�di�documentazione�delle�ricerche� educative�e�delle�esperienze�d'innovazione�didattica,�sviluppa�una�rete�informativa�compa- rata�sui�sistemi�educativi�in�Europa�e�sui�corsi�di�Istruzione�e�Formazione�Tecnica�Superiore� (IFTS),�progetta�e�realizza�archivi�online di�risorse�e�strumenti�utili�per�la�didattica;� comunicazione:�INDIRE�fa�ricerca�sulla�teoria�e�i�linguaggi�della�comunicazione,�soste- nendo�gli�insegnanti�nella�loro�professione�per�una�formazione�di�qualita�;� relazioni internazionali:�dal�1995�INDIRE�e�Agenzia�nazionale�Socrates,�ente�che�gesti- sce�per�l'Italia�tutte�le�azioni�e�le�misure�dell'omonimo�programma�europeo.�Dal�2001�si� occupa�anche�della�gestione�dei�contratti�del�progetto�Erasmus.�INDIRE�e�inoltre�partner� di�European Schoolnet,�una�rete�che�coinvolge�piu�di�26�Ministeri�europei�dell'educazione� con�l'obiettivo�di�promuovere�in�ambito�educativo�la�conoscenza�e�l'uso�delle�Tecnologie�del- l'Informazione�e�della�Comunicazione�(TIC).� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO INDIRE custodisce un prezioso patrimonio storico contenente gli archivi privati di illu- stri esponenti della pedagogia italiana e una vasta raccolta di materiali scolastici prodotti dalle scuole tra la fine degli anni Venti e la prima meta� degli anni Sessanta del Novecento. INDIRE ha ereditato dalla BDP una biblioteca specializzata in documentazione pedago- gica, contenente 75.000 volumi e 1.600 testate periodiche. Le disposizioni normative relative all'INDIRE sono ricalcate su quelle gia� esaminate per l'INVALSI, tenuto conto che l'art. 2, comma 1 del D.Lgs.. n. 258/1999 dispone che �La biblioteca di documentazione pedagogica, di cui all'art. 292 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e� trasformata in Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa. L'Istituto e� sottoposto alla vigilanza del Ministero della pubblica istru- zione. Il Ministro della pubblica istruzione con propria direttiva individua le proprieta� stra- tegiche alle quali l'Istituto si uniforma.� Come l'INVALSI, anche l'INDIRE ha mantenuto la �personalita� giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa, ed e� dotato di autonomia contabile, patrimoniale, regolamentare e di autonomia finanziaria come definita dal regolamento di cui all'art. 3, comma 6� (art. 2, comma 2) ed ha �ereditato� le risorse della soppressa Biblioteca di docu- mentazione pedagogica (art. 2, comma 3). L'Istituto, altres|� opera �incollegamentocongliistituti regionali diricerca, sperimen- tazione e aggiornamento educativi (IRRSAE), cura lo sviluppo di un sistema di documenta- zione finalizzato alle esperienze di ricerca e innovazione didattica e pedagogica in ambito nazionale e internazionale oltre che alla creazione di servizi e materiali a sostegno dell'atti- vita� didattica e del processo di autonomia; rileva i bisogni formativi con riferimentoairisul- tati della ricerca; sostiene le strategie di ricerca e formazione riferite allo sviluppo dei sistemi tecnologici e documentari ed elabora e realizza coerenti progetti nazionali di ricerca coordi- nandosi con le universita� e con gli organismi formativi nazionali e internazionali, curando la diffusione dei relativi risultati; collabora con il Ministero della pubblica istruzione per la gestione dei programmi e dei progetti della Unione europea. (art. 2, comma 4). Ed ancora, �L'Istituto cura lo sviluppo delle attivita� di raccolta, elaborazione, valoriz- zazione e diffusione dell'informazione e di produzione della documentazione a sostegno del- l'innovazione didattica e dell'autonomia; sostiene lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie dell'informazione, della documentazione e della comunicazione nelle scuole; cura la valoriz- zazione del patrimonio bibliografico e documentario gia� appartenente alla biblioteca peda- gogica nazionale e lo sviluppo di un settore bibliotecario interno funzionale alla creazione di banche dati� (art. 2, comma 5). Anche per l'INDIRE, come per l'INVALSI, la vigilanza del Ministero si esplica con la proposta di nomina dei membri del Consiglio di amministrazione (art. 3 D.Lgs.. n. 258/1999). L'art. 1 del d.P.R. n. 415/2000 cit., attuativo del D.Lgs. n. 258/1999, conferma le dispo- sizioni del decreto istitutivo e stabilisce, in particolare, che l'Istituto nazionale di documenta- zione per l'innovazione e la ricerca educativa e� un �ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero della pubblica istruzione, con sede in Firenze...�. L'art. 10, comma 1 chiarisce che �L'Istituto, oltre al personale di cui all'art. 8, puo� avvalersi... ... ... di personale amministrativo, tecnico, specialistico e di ricerca comandato o collocato fuori ruolo, proveniente dall'amministrazione della pubblica istruzione, dalla scuola o da altre amministrazioni dello Stato, dalle universita� ,da entipubblicicompresi nel comparto della ricerca...�, precisando anche che �Il servizio prestato in posizione di comando o collocamento fuori ruolo e� valido a tutti gli effetti come servizio d'Istituto� (art. 10, comma 4). Anche l'INDIRE e� finanziato con fondi del Ministero e, in particolare (art. 12) da un �contributo ordinario dello Stato comprensivo anche delle somme per le spese del personale e per la corresponsione dei compensi ai componenti degli organi a norma dell'art. 3, comma 4, del decreto legislativo�. Il Ministero provvede ad approvare, poi, �I bilanci preventivi e le relative variazioni e i conti consuntivi, insieme alle relazioni del collegio dei revisori dei conti e a una relazione annuale sull'attivita� svolta dall'Istituto� (art. 14). L'esame delle disposizioni in epigrafe e le considerazioni fatte sia per l'IRRE che per l'INVALSI inducono, quindi a ritenere, anche per l'INDIRE, la sussistenza del patrocinio, aisensieperglieffettidell'art. 1delR.D.n. 1611/1933,perlapresenzadituttigliindicirive- latori di un ente compenetrato nell'amministrazione statale�. TEMI�ISTITUZIONALI� A.G.S. ^Circolare del 27 maggio 2005, n. 15. Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato alle Universita� degli Studi. �Con�le�precedenti�note�di�questa�Avvocatura�Generale�del�5�giugno�2002,�n.�56534�e� del�13�marzo�2002,�n.�5306�inerenti�alla�questione�della�obbligatorieta�per�le�Universita�Sta- tali�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�si�era�provveduto�a�partecipare�l'unanime� indirizzo�della�giurisprudenza�della�S.C.�di�Cassazione�in�merito�alla�obbligatorieta�del� patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�per�gli�Atenei�statali,�e�cio�anche�a�seguito�della� riforma�recata�dalla�legge�n.�168/1989.� E�utile�segnalare�che,�successivamente,�il�Consiglio�di�Stato,�con�la�sentenza�della�VI� Sezione�n.�5810�del�7�settembre�2004,�ha�confermato,�coerentemente�con�i�principi�ripetuta- mente�statuiti�dalla�Corte�di�Cassazione,�l'obbligatorieta�per�le�Universita�Statali�del�patro- cinio�di�questo�Organo�Legale,�e�cio�specificamente�motivando�sulla�assoluta�irrilevanza�ai� fini�de quibus della�riforma�universitaria�in�senso�autonomistico�di�cui�alla�summenzionata� legge�n.�168/1989,�con�ogni�conseguente�inammissibilita�delle�iniziative�giudiziarie�poste�in� essere�in�violazione�di�quanto�disposto�dalle�pertinenti�disposizioni�che�regolano�detto�patro- cinio�erariale.� Nello�stesso�senso�si�e�poi�recentemente�espressa�la�Corte�d'Appello,�Sezione�Lavoro,�di� Roma�che�condividendo�ampiamente�le�considerazioni�formulate�da�questa�Avvocatura� Generale,�con�la�sentenza�n.�4464�del�15�luglio�^12�novembre�2004,�ha�ribadito�che�l'entrata� in�vigore�della�legge�n.�168/1989�non�ha�prodotto�alcuna�modifica�della�precedente�disci- plina�normativa�concernente�specificamente�il�patrocinio�legale�delle�Universita�desumibile� dall'art.�56�del�testo�unico�n.�1592/1933,�poi�assorbito�dall'art.�1�testo�unico�n.�1611/33,�sic- che��la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�delle�Universita�degli�Studi�statali�spetta�ope legis all'Avvocatura�dello�Stato�.� Altres|�e�senz'altro�doveroso,�al�fine�di�fornire�ogni�necessario�elemento�chiarificatore� sulla�problematica�di�cui�trattasi,�partecipare�che�la�Suprema�Corte�di�Cassazione,�in�rela- zione�alle�strutture�scolastiche�che�hanno�acquisito�personalita�giuridica�di�diritto�pubblico� per�effetto�dell'art.�21�della�legge�n.�59/1997�ha�statuito�l'obbligatorieta�del�patrocinio�di� questo�Organo�Legale�a�ragione�del�fatto�che�trattasi�di�strutture�compenetrate�nell'Ammini- strazione�dello�Stato,�nell'ambito�della�quale�sono�incardinate�(Sez.�III,�ord.�13�luglio�2004,� n.�12977).� Per�quanto�precede,�atteso�che�la�personificazione�delle�Universita�statali�e�del�tutto� identica�a�quella�delle�scuole,�costituendo�queste�e�quelle�tipologie�di�enti�di�diritto�pubblico,� distinti�dallo�Stato,�ma�a�quest'ultimo�del�tutto�immanenti,�deve�convenirsi�che�il�patrocinio� dell'Avvocatura�dello�Stato�in�tali�ipotesi�rientri�nella�fattispecie�normativa�dell'assistenza� legale�obbligatoria�ex art.�1�testo�unico�1611/33,�che�espressamente�si�riferisce�anche�alle� Amministrazioni�autonome,�e�non�in�quella�autorizzata�disciplinata�dall'art.�43�dello�stesso� Testo�Unico.� Tale�orientamento�appare�soprattutto�in�linea�sia�con�quanto�previsto�dall'art.�1,� comma�2�D.Lg.vo�n.�165/2001,�che�ricomprende�le�Universita�statali�nella�nozione�di�Ammi- nistrazione�pubblica,�che�con�le�fondamentali�funzioni�esercitate�dalle�Universita�statali�di� organo�decentrato�dello�Stato,�nonche�con�il�summenzionato�consolidato�orientamento�della� giurisprudenza�civile�ed�amministrativa�che�hanno,�appunto,�riconosciuto,�che�detti�Atenei� �non�esulano�dal�novero�delle�Amministrazioni�dello�Stato�,�anche�se�organizzate�ad�ordi- namento�autonomo.�Ed�infatti�ferma�la�ampissima�autonomia�funzionale�e�patrimoniale� per�quanto�attiene�all'esercizio�delle�proprie�funzioni,�non�puo�revocarsi�in�dubbio�il�dato� fondamentale�che�l'art.�6�della�legge�n.�168/1989�non�ha�normato�l'ulteriore�profilo�della� rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli�Atenei�statali,�cos|�come�nulla�dicono�i�successivi� artt.�7e�8.� Cio�si�spiega�in�considerazione�del�fatto�che�la�potesta�statutaria�e�rego1amentare�attra- verso�la�quale�il�legislatore�ha�inteso�riconoscere�(o�meglio�rafforzare)�l'autonomia�degli�Atenei� in�realta�afferisce�essenzialmente�ad�aspetti�organizzativi,�finanziari,�contabili,�didattici�e�scien- tifici�in�ordine�ai�quali�il�Ministero,�come�si�ricordava,�non�ha�possibilita�di�intervenire�essendo- gli�riservate�esclusivamente�funzioni�di�vigilanza�e�controllo.�Sotto�altro�profilo�e�da�conside- rare�che�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�e�in�grado�di�produrre�alcun�riflesso�nega- tivo�sull'autonomia�delle�istituzioni�universitarie�ed�anzi�comporta�rilevanti�vantaggi�sul�piano� economico�(visto�e�considerato�che�il�patrocinio�dell'Avvocatura�erariale�comporta�costi�di�gran� 1O RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� lunga�inferiori�rispetto�a�quelli�connessi�all'affidamento�di�incarichi�a�legali�del�libero�foro)�e� consente�di�assicurare�omogeneita�ed�uniformita�degli�indirizzi�defensionali.�Ne�poi�possono� condividersi�taluni�orientamenti�che�sono�a�volte�emersi�in�giurisprudenza�sulla�possibilita�di� distinguere,�anche�ai�fini�del�patrocinio�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�tipologia� delle�funzioni�esercitate�in�concreto�dall'Ateneo,�quale�articolazione�statuale,�ovvero�quale�ente� pubblico�autonomo:�ed�invero�una�tale�divaricazione�contrasterebbe,�tra�l'altro,�con�l'ineludi- bile�esigenza�di�unitarieta�della�difesa�dell'Amministrazione�pubblica,�in�particolar�modo�in� un�contesto,�quale�quello�universitario,�in�cui�le�varie�competenze�sono�profondamente�e�reci- procamentecompenetrate�tanto�da�risultare�avolte�di�difficile�senonimpossibile�separazione.� E�quindi�da�ritenere�che�proprio�considerazioni�di�tal�genere�abbiano�indotto�il�legisla- tore,�che�solitamente�e�molto�attento�(basta�al�riguardo�ricordare�le�disposizioni�con�le�quali� e�stato�regolamentato�il�patrocinio�delle�Ferrovie�dello�Stato�quando�sono�state�trasformate� da�Azienda�Autonoma�in�Ente�e�lo�stesso�dicasi�per�le�Poste�^poi�divenute�entrambe�S.p.a.� ^per�l'AIMA�divenuta�AGEA,�per�l'ANAS�quando�e�stata�trasformata�da�Azienda�in�Ente� e,�piu�di�recente,�in�s.p.a.)�a�non�occuparsi�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli� Ateneialmomento�in�cuie�intervenuto�per�dare�attuazione�all'art.�33�della�Costituzione.� Per�quanto�sopra�esposto�deve�ribadirsi�l'inderogabile�necessita�,�al�fine�di�evitare�l'in- sorgenza�di�situazioni�suscettibili�di�determinare�grave�pregiudizio�agli�interessi�pubblici,� tenuto�conto�della�nullita�ex officio degli�atti�posti�in�essere�in�violazione�della�disciplina� legislativa�che�regola�il�patrocinio�di�questo�G.U.�e�del�conseguente�aggravio�degli�oneri� finanziari�inerenti�alla�ripetizione�ove�ancora�possibile�delle�attivita�processuali,�che�si�prov- veda�da�parte�degli�Atenei�statali�ad�assicurare�la�rigorosa�osservanza�della�vigente�legge�in� materia�di�patrocinio�erariale�evitando�il�perpetuarsi�di�determinazioni�che�compromettono� il�legittimo�impiego�delle�risorse�pubbliche,�ed�in�disparte�le�doverose�comunicazioni�infor- mative�che�dovranno�necessariamente�praticarsi�nei�confronti�dell'Autorita�giudiziaria�con- tabile�e�penale�nella�ricorrenza�dei�necessari�presupposti.� I�signori�Avvocati�Distrettuali�dello�Stato�vorranno�dare�notizie�della�presente�circolare� alle�Universita�statali�aventi�la�propria�sede�nel�distretto�di�rispettiva�competenza.� L'Avvocato�Generale�Luigi�Mazzella�.� TEMI�ISTITUZIONALI� La�difesa�in�giudizio�delle�amministrazioni� trasformate�in�societa�per�azioni� Il�processo�di�trasformazione�dello�Stato�in�atto,�che�ha�determinato�la� ricollocazione�di�attivita�in�capo�a�soggetti�che,�pur�rimanendo�sostanzial- mente�pubblici,�assumono�una�veste�formalmente�privatistica�determina,�tra� l'altro,�anche�una�difficolta�interpretativa�rispetto�all'obbligo�da�parte�di�que- sti�di�continuare�ad�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,� senza�aggravi�di�costi�per�la�finanza�pubblica�latamente�intesa.� Da�ultimo,�l'ANAS�e�stata�trasformata�in�societa�per�azioni�a�partecipa- zione�pubblica�dall'art.�7,�comma�11,�della�legge�8�agosto�2002,�n.�178�(di� conversione�in�legge,�con�modifiche,�del�decreto�legge�8�luglio�2002,�n.�138),� disposizione�che,�contrariamente�a�quanto�era�avvenuto�in�passato�per�altri� enti�pubblici�divenuti�societa�per�azioni�come,�ad�esempio,�le�Ferrovie�dello� Stato�e,�con�qualche�condizione,�le�Poste�italiane,�ha�conservato�il�patrocinio� dell'Avvocatura�dello�Stato,�prevedendo,�appunto�che��L'ANAS�S.p.a.�puo� avvalersi�del�patrocinio�del'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�43�del� testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridiche�sulla�rappresentanza�e�difesa� in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�dell'Avvocatura�dello�Stato,�di�cui� al�Regio�Decreto�30�ottobre�1933,�n.�1611,�e�successive�modificazioni�.� Con�il�parere�del�comitato�Consultivo�del�14�maggio�2005,�n.�67614,�pur� trattando�apparentemente�un�caso�marginale,�sostanzialmente�si�richiama� l'ANAS�S.p.a.�a�comportamenti�piu�coerenti�rispetto�all'assetto�normativo� vigente,�evitando,�laddove�non�previsto,�di�ricorrere�al�patrocinio�di�avvocati� del�libero�foro,�con�grave�ed�ingiustificato�aggravio�di�oneri�economici�per�il� bilancio�della�societa�che�evidentemente�si�riflettono,�al�momento,�sui�conti� pubblici�dello�Stato.� Avv. Perluigi Di Palma A.G.S.�Parere�del�14�maggio�2005,�n.�67614.� Azione di risarcimento danni ^Recupero crediti (consultivo�6612/03,�avvocato�P.�Di� Palma).� �Con�comunicazione�del�24�giugno�2004,�l'ANAS,�a�seguito�della�nota�interlocutoria�di� questa�Avvocatura�Generale�del�13�aprile�2004�con�la�quale�si�chiedeva�di�comunicare�l'even- tuale�adozione�di�una�motivata�delibera�di�deroga�al�patrocinio�erariale�secondo�le�previsioni� dell'art.�43�del�testo�unico�n.�1611/1933�e�successive�modificazioni�in�materia�di��patrocinio autorizzato�,�cui�espressamente�fa�rinvio�l'art.�7,�comma�11�della�legge�n.�178/2002�cheha� regolamentato�la�trasformazione�in�societa�per�azioni�dell'Ente�nazionale�per�le�strade,�ha� effettuato��alcune doverose precisazioni�,�per�giustificare�la�determinazione�di�affidare�ad� un�avvocato�del�libero�foro�l'incarico�di�esperire�l'azione�giudiziaria�in�oggetto.� Le�predette�precisazioni,�puntualmente�e�condivisibilmente�contestate�nel�merito�da� codesta�Avvocatura,�si�fondano�peraltro�su�presupposti�giuridici�erronei.� E�noto�che,�ai�sensi�dell'art.�43�del�citato�T.U.,�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�aggiunta�al� patrocinio�obbligatorio�in�favore�delle�amministrazioni�dello�Stato,�puo�essere�autorizzata� ad�assumere�la�rappresentanza�e�difesa�anche�di�amministrazioni�pubbliche�non�statali�ed� enti�sovvenzionati,�purche��sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato�(c.d.� patrocinio autorizzato).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Condizione�necessaria�per�l'esercizio�del��patrocinio autorizzato�e�la�sussistenza�di� un'autorizzazione�legislativa,�regolamentare�o,�secondo�le�previsioni�della�legge�n.�12/1991,� di�un�D.P.C.M.,�sentito�il�Guardasigilli�ed�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze.� Quando�interviene�il�provvedimento�autorizzativo,�la�rappresentanza�e�la�difesa,�salva� l'ipotesi�di�conflitto�di�interessi�con�il�patrocinio�di�amministrazioni�dello�Stato�e�delle� regioni,�sono�assunte�dall'Avvocatura�in�via�organica�ed�esclusiva,�applicandosi�le�stesse� regole�del�patrocinio�obbligatorio.� In�tal�senso�si�e�espressa�una�recente�pronuncia�della�Suprema�Corte�(sent.�21�luglio� 1999,�n.�484�)�che�in�tema�di�esercizio�dello��ius postulandi��in�favore�dell'ANAS,�ancora� Ente�nazionale�per�le�strade,�ha�affermato�il�principio�che��anche�in�regime�cosiddetto�facol- tativo�di�assistenza�legale�e�di�patrocinio�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�e�necessa- rio,�in�ordine�ai�singoli�giudizi,�uno�specifico�mandato�all'Avvocatura�medesima,�ne�quest'ul- tima�deve�produrre�il�provvedimento�del�competente�organo�dell'ente�recante�l'autorizza- zione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�causa.�Cio�si�evince�dagli�artt.�43,� primo�comma,�e�45�R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611�e�successive�modificazioni.�Quest'ultima� norma,�in�particolare,�stabilisce�che�per�il�patrocinio�cosiddetto�facoltativo�si�applica�il� secondo�comma�dell'art.�1�dello�stesso�R.D.,�alla�stregua�del�quale�gli�avvocati�dello�Stato� esercitano�le�loro�funzioni�innanzi�a�tutte�le�giurisdizioni�ed�in�qualunque�sede�e�non�hanno� bisogno�di�mandato�speciale,�bastando�che�consti�della�loro�qualita�(cfr. Cass.,�26�luglio� 1997,�n.�7011;�Cass.,�sez.�un.,�4�novembre�1996,�n.�9523;�Cass.,�6�luglio�1991,�n.�7515).� La�trasformazione�dell'ANAS�in�societa�per�azioni�a�partecipazione�pubblica�secondo�le� previsionidell'art.7dellaleggen.�178/2002nonhamodificatoilprecedenteriferimentonor- mativo�relativo�alle�modalita�di�esercizio�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Infatti,�l'art.�7,�comma�11,�della�citata�legge,�contrariamente�a�quanto�avvenuto�in�pas- sato�per�altri�enti�pubblici�trasformati�in�s.p.a,�ad�esempio�le�Ferrovie�dello�Stato�e,�con� qualche�differenza,�le�Poste�Italiane,�ha�conservato�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,� prevedendo�che��L'ANAS�puo�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi� dell'art.�43�del�testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridiche�sulla�rappresentanza�e�difesa� in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�dell'avvocatura�dello�stato,�di�cui�al�regio�decreto� 30�ottobre�1933,�n.�1611,�e�successive�modificazioni�.� Cio�posto,�salve�ipotesi�di�conflitto,�ove�l'ANAS,�con�delibera�motivata�sottoposta�a� vigilanza�dei�competenti�organi,�intenda�non�avvalersi�della�Avvocatura�dello�Stato,�la�rap- presentanza�e�la�difesa�nei�giudizi�attivi�e�passivi,�ivi�compreso�il�caso�di�specie,�continua� ad�essere�assicurata�da�questo�Istituto�secondo�le�descritte�modalita��.� TEMI�ISTITUZIONALI� Legittimazione in giudizio in tema di danni da emoderivati Il�presente�parere�verte�sull'individuazione�del�soggetto�passivamente� legittimato�(tra�Ministero�della�Salute�e�Regione)�nei�giudizi�aventi�ad� oggetto�il�riconoscimento�del�diritto�a�percepire�il�beneficio�di�cui�alla�legge� n.�210/1992,�in�particolare�nei�casi�in�cui�l'istanza�sia�stata�infruttuosamente� presentata�dall'interessato�in�sede�amministrativa�in�epoca�anteriore�al� 1.�gennaio�2001�(data�a�decorrere�dalla�quale�l'esercizio�delle�funzioni�in� materia�transita�alla�Regione),�e�pertanto�i�ratei�rivendicati�coprano�un� periodo�di�tempo�che�si�estende�da�epoca�anteriore�al�trasferimento�delle�fun- zioni�ad�epoca�successiva.� Il�parere�e�stato�reso�nel�senso�che,�in�tali�casi,�la�legittimazione�passiva� spetti�comunque�alla�Regione,�sia�per�quanto�attiene�alla�domanda�di�con- danna�alla�corresponsione�dei�ratei,�maturati�tanto�anteriormente�quanto� successivamente�al�31�dicembre�2001,�sia�per�quanto�attiene�all'accertamento� del�requisito�sanitario�che�da�titolo�al�beneficio.� Avv. Marina Russo A.G.S. ^Parere del 31 maggio 2005, n. 75708. Leggen. 210/1992^LegittimazionepassivadelMinisterodellaSaluteneigiudiziaventiad oggetto il riconoscimento del diritto all'indennizzo per il periodo antecedente il trasferimento delle funzioni alla Regione ^Sentenza della Corte d'Appello di Venezia n. 364/04 (consultivo� 49194/04,�avvocato�M.�Russo).� �La�questione�che�viene�in�rilievo�nella�fattispecie�attiene�all'individuazione�del�soggetto� passivamente�legittimato�(tra�Ministero�della�Salute�e�Regione)�nei�giudizi�aventi�ad�oggetto� il�riconoscimento�del�diritto�a�percepire�il�beneficio�di�cui�alla�legge�n.�210/1992,�in�partico- lare�nei�casi�in�cui�l'istanza�sia�stata�infruttuosamente�presentata�dall'interessato�in�sede� amministrativa�in�epoca�anteriore�al�1.�gennaio�2001�(data�a�decorrere�dalla�quale�l'esercizio� delle�funzioni�in�materia�transita�alla�Regione),�e�pertanto�i�ratei�rivendicati�coprano�un� periodo�di�tempo�che�si�estende�da�epoca�anteriore�al�trasferimento�delle�funzioni�ad�epoca� successiva.� In�relazione�a�tale�problematica,�nel�giudizio�definito�dalla�sentenza�n.�364/04�della� Corte�d'Appello�di�Venezia,�l'Avvocatura�in�indirizzo�ha�sostenuto�che�^indipendentemente� dalla�data�di�presentazione�della�domanda�di�indennizzo�(e,�quindi,�anche�qualora�la�stessa� sia�anteriore�al�1.�gennaio�2001)�^unico�soggetto�legittimato�a�resistere�in�giudizio�sia�la� Regione,�mentre�il�Ministero�della�Salute�dovrebbe�restare�estraneo�al�giudizio.� Ai�fini�della�soluzione�della�questione,�appare�utile�tracciare�brevemente�il�quadro�nor- mativo�applicabile�alla�materia.� In�attuazione�di�quanto�disposto�dalla�legge�n.�59/1997,�con�il�d.lgs�n.�112/1998�il�legi- slatore�ha�provveduto�a�disciplinare�il�trasferimento�di�funzioni�e�compiti�amministrativi� dallo�Stato�alle�Regioni.� In�particolare,�per�quanto�qui�interessa,�l'art.�114�del�d.lgs�cit. ha�previsto:��Sono�confe- riti�alle�regioni,�secondo�le�modalita�e�le�regole�fissate�dagli�articoli�del�presente�capo,�tutte� le�funzioni�e�i�compiti�amministrativi�in�tema�di�salute�umana�e�sanita�veterinaria,�salvo� quelli�espressamente�mantenuti�allo�Stato�.� Quanto�alla�concreta�attuazione�del�trasferimento,�l'art.�7�dello�stesso�d.lgs�prevede:��I� provvedimenti�di�cui�all'articolo�7�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�determinano�la�decor- renza�dell'esercizio�da�parte�delle�regioni�e�degli�enti�locali�delle�funzioni�conferite�ai�sensi� del�presente�decreto�legislativo,�contestualmente�all'effettivo�trasferimento�dei�beni�e�delle� risorse�finanziarie,�umane,�strumentali�e�organizzative...���...�la�decorrenza�dell'esercizio� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� delle�funzioni�e�dei�compiti�conferiti�contestualmente�all'effettivo�trasferimento�dei�beni�e� delle�risorse�finanziarie,�umane,�organizzative�e�strumentali,�puo��essere�graduata,�secondo� date�certe,�in�modo�da�completare�il�trasferimento�entro�il�31�dicembre�2000�;��...�ai�fini� della�quantificazione�[delle�risorse�da�trasferire]�si�tiene�conto:�a) dei�beni�e�delle�risorse�uti- lizzati�dallo�Stato�in�un�arco�temporale�pluriennale,�da�un�minimo�di�tre�ad�un�massimo�di� cinque�anni.��(peraltro,�nel�caso�in�cui�di�fatto�non�si�provveda�al�tempestivo�trasferimento� delle�risorse,�le�Regioni�potranno�attivare�il�meccanismo�disciplinato�al�comma�11�dello� stesso�articolo�onde�ottenere�se�del�caso�la�nomina�di�un�commissario�ad acta).� Il�decreto�ministeriale�26�maggio�2000,�poi,�ha�determinato�in�concreto�la�decorrenza� del�trasferimento�dell'esercizio�delle�funzioni�(in�ossequio�a�quanto�stabilito�dal�sopra�citato� art.�7�d.lgs�n.�112/1998),�prevedendo,�all'art.�3,�I�comma,�che:��Ai�fini�dell'esercizio�da�parte� delleRegioniastatutoordinariodeicompitiedellefunzionidicuiall'art.�1,lerisorseindivi- duate�dal�presente�decreto�sono�trasferite�dal�1.�gennaio�2001�.�Nelle�allegate�tabelle�A�e� B,�infine,�sono�elencate�le�funzioni�conferite�(tra�cui,�appunto,�quelle�in�materia�di�indennizzi� ex lege n.�210/1992)�e�le�relative�risorse;�l'art.�2,�n.�4�decreto�del�Presidente�del�Consiglio� dei�Ministri�cit.,�da�ultimo,�prevede:�restano�a�carico�dello�Stato�gli�eventuali�oneri�derivanti� dai�contenziosi�riferiti�a�fatti�precedenti�il�trasferimento�.� Ancora,�e��utile�leggere�la�normativa�di�cui�sopra�anche�alla�luce�dell'Accordo� Governo/Regioni�dell'8�agosto�2001,�nel�quale�e��stato�stabilito�che:��Il�Ministro�dell'econo- mia�e�delle�Finanze�si�impegna:� a�trasmettere�alle�regioni�l'elenco�nominativo�dei�soggetti�che�hanno�gia��ricevuto�l'in- dennizzo�previsto�dalla�legge�25�febbraio�1992,�n.�210,�al�21�febbraio�2001�acarico�dei�dipar- timenti�provinciali�del�Tesoro,�considerata�la�necessita��delle�regioni�di�dover�disporre�del� suddetto�elenco�ai�fini�dell'esercizio�delle�funzioni�conferite�con�il�decreto�legislativo� 31�marzo�1998,�n.�112;� a�continuare�a�provvedere�al�pagamento�degli�oneri�finanziari�relativi�agli�indennizzi� iscritti�a�ruolo�sino�al�21�febbraio�2001,�attraverso�i�dipartimenti�provinciali�del�Tesoro.� 2)�Il�Ministro�della�salute�si�impegna�a:�mantenere�nella�propria�competenza�i�benefici� previsti�dalla�legge�25�febbraio�1992,�n.�210,�per�gli�indennizzi�riconosciuti�sino�al�21�feb- braio�2001,�ad�esclusione�di�quanto�previsto�dall'art.�2,�comma�3,�della�legge�25�febbraio� 1992,�n.�210,�relativamente�al�caso�di�decesso;�coinvolgere�le�amministrazioni�regionali�per� la�gestione�del�contenzioso;�assicurare�il�massimo�livello�possibile�di�coordinamento�con�le� regioni�nello�svolgimento�delle�competenze�che,�come�sopra�specificato,�rimarranno�a�suo� carico.� 3)�Le�regioni�si�impegnano�a:�definire�tutte�le�istanze,�gia��trasmesse�dal�Ministero�della� Sanita��nel�primo�invio�di�pratiche�effettuato�poco�dopo�il�trasferimento�della�funzione,�entro� il�30�maggio�2002;�alla�definizione�di�linee�guida,�da�adottarsi�in�Conferenza�Stato-Regioni,� al�fine�di�raggiungere�il�necessario�coordinamento�tra�tutte�le�regioni�per�la�gestione�uni- forme�delle�problematiche�della�legge�n.�210�del�1992.� Alla�luce�del�quadro�normativo�cos|��sintetizzato,�difettando�ad�oggi�una�consolidata� giurisprudenza�sulla�questione�dell'individuazione�del�soggetto�passivamente�legittimato�a� resistere�nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�prestazioni�di�cui�alla�legge�n.�210/1992,�relative�a� periodi��a�cavallo��tra�vecchio�e�nuovo�regime,�sembra�che�la�linea�difensiva�piu��corretta� da�seguire�sia�la�seguente:� in�primo�luogo,�occorrera��tener�conto�del�dato�obiettivo�emergente�dal�quadro�nor- mativo�sopra�delineato,�dal�quale�inequivocabilmente�risulta:� ^condizione�per�il�passaggio�delle�competenze�dallo�Stato�alle�Regioni�e��il�trasferi- mento�delle�necessarie�risorse,�che�^per�legge�^doveva�avvenire�entro�il�termine�ultimo�del� 31�dicembre�2000;� ^in�effetti,�nel�rispetto�di�detto�termine,�il�passaggio�delle�risorse�e��stato�disposto�e� disciplinato�dal�richiamato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�26�maggio� 2000;� ^l'Accordo�Stato-Regioni�ha�affrontato�la�questione�delle�istanze�gia��definite�al� 21�febbraio�2001,�ovvero�iscritte�a�ruolo�entro�tale�data,�ponendole�a�totale�carico�del�Mini- stero,�nonche�quello�della�definizione�delle�istanze�ancora�pendenti,�trasmesse�dal�Ministero� alla�Regione�e�da�definire�a�cura�della�stessa,�ormai�titolare�della�rispettiva�funzione,�entro� una�data�determinata;� TEMI�ISTITUZIONALI� Cio�posto,�va�osservato�che�^per�le�annualita�antecedenti�il�passaggio�delle�competenze� ^non�risultano�trasferite�risorse�economiche�dallo�Stato�alle�Regioni.�A�tal�proposito,� osserva�nelle�proprie�difese�l'Avvocatura�Distrettuale�in�indirizzo,�che�la�Tabella�B�allegata� al�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�26�maggio�2000�deporrebbeinvecenel� senso�di�un�trasferimento�anche�per�il�pregresso�(e,�segnatamente�per�gli�anni�1997,�1998�e� 1999),�in�quanto�essa�includerebbe,�fra�le�risorse�trasferite�alle�Regioni,�anchequellestan- ziate�dallo�Stato�per�dette�annualita�,�e�non�solo�quelle�relative�all'anno�2000.�L'argomento,� tuttavia,�non�persuade.�Invero,�la�lettura�della�tabella�B,�pare�debba�essere�diversa,�ed�in�par- ticolare�si�ritiene�che�l'indicazione�delle�annualita�1997-1999�non�corrisponda�affatto�a� risorse�trasferite,�bens|�sia�solo�strumentale�a�quantificare�(sulla�base�di�una�media�e�tenuto� conto�anche�dell'incremento�dello�stato�di�previsione)�l'importo�da�stanziareetrasferirealle� Regioni�per�il�prosieguo,�come�stabilisce�l'art.�7�del�d.lgs�n.�112/1998:��...�ai�fini�della�quan- tificazione�[delle�risorse�da�trasferire]�si�tiene�conto:�a) dei�beni�e�delle�risorse�utilizzati�dallo� Stato�in�un�arco�temporale�pluriennale,�da�un�minimo�di�tre�ad�un�massimo�di�cinque� anni...�.�Pertanto,�le�risorseeconomiche�trasferite�sono^secondolacitataTabellaB^solo� quelle�per�il�bilancio�2000�e�successivi.�Del�resto,�diversamente�opinando,�non�si�comprende- rebbe�perche�sarebbero�state�trasferite�le�risorse�solo�a�partire�dal�1997,�ne�in�base�a�quale� criterio�si�sarebbe�individuata�la�data�del�conferimento�dei�mezzi�economici�in�tale�anno� anziche�in�un�altro.� Che�dal�1.�gennaio�2001�le�risorse�e�le�funzioni�siano�state�trasferite�completamente�alle� Regioni,�poi,�non�e�smentito�dalla�persistenza,�nei�decreti�di�distribuzione�relativi�al�Bilancio� dello�Stato�negli�anni�dal�1999�all'attualita�,�di�apposito�stanziamento�per�la�copertura�delle� spese�aventi�titolo�negli�indennizzi�per�danni�da�vaccinazione�ed�emotrasfusione.� Infatti,�detta�persistenza�e�compatibile�con�l'impegno�assunto�dallo�Stato�^mediante�il� sopra�citato�Accordo�Stato�Regioni�^a�continuare�a�provvedere�al�pagamento�degli�inden- nizzi�iscritti�a�ruolo�entro�il�21�febbraio�2001,�per�la�corresponsione�dei�quali�occorre�ovvia- mente�una�disponibilita�finanziaria.�L'andamento�dello�stanziamento�nel�corso�delle�annua- lita�analizzate,�del�resto,�pare�confermare�quanto�sopra:�esso�infatti�diminuisce�sensibilmente� dal�bilancio�di�previsione�1999�al�bilancio�di�previsione�2000�(valevole�per�il�2001,�anno�del� trasferimento�alle�Regioni),�per�restare�costante�negli�anni�successivi,ed�aumentare�solo� nei�bilanci�2003�e�2004,�peraltro�in�corrispondenza�con�l'inclusione�^nel�relativo�capitolo�d elle�somme�dovute�a�titolo�di�risarcimento�del�danno�accanto�a�quelle�dovute�a�titolo�di� indennizzo.� Da�quanto�sopra�sembra�doversi�desumere�che�^per�le�istanze�presentate�prima�del� 31�dicembre�2000,�non�definite�alla�data�del�1.�gennaio�2001�ne�a�quella�indicata�dall'Ac- cordo�Stato�Regioni�del�21�febbraio�2001�^la�legittimazione�passiva�rispetto�alla�domanda� di�condanna�al�pagamento�dei�benefici�debba�spettare�unicamente�alla�Regione.�Infatti,�lo� Stato�non�dispone�piu�,�dopo�il�trasferimento,�delle�necessarie�risorse�economiche.� Ne�sembra�deporre�in�senso�opposto�la�previsione�di�cui�al�citato�d.p.c.m.�26�maggio� 2005,�art.�2,�IV�comma��Restano�a�carico�dello�Stato�gli�eventuali�oneri�derivanti�dal�con- tenzioso�riferito�a�fatti�precedenti�il�trasferimento�.� Invero,�tale�norma�^contenuta�in�una�fonte�di�rango�secondario�^non�potrebbe�dero- gare�alla�previsione�legislativa�per�cui��Sono�conferiti�alle�regioni�[a�decorrere�dal�trasferi- mento�delle�risorse�economiche],�secondo�le�modalita�eleregolefissate�dagliarticolidel�pre- sente�capo,�tutte�le�funzioni�e�i�compiti�amministrativi�in�tema�di�salute�umana�e�sanita�vete- rinaria,�salvo�quelli�espressamente�mantenuti�allo�Stato�.�Una�lettura�conforme�a�legge� della�norma�regolamentare,�peraltro,�potrebbe�essere�nel�senso�di�sostenerne�l'applicabilita� al�solo�contenzioso�pendente�alla�data�del�trasferimento�delle�funzioni.� Non�sembra�neppure,�da�ultimo,�che�la�norma�di�cui�all'art.�123�del�d.lgs.�n.�112/1998� (�sono�conservate�allo�Stato�le�funzioni�in�materia�di�ricorsi�per�la�corresponsione�di�inden- nizzi�a�favore�di�soggetti�danneggiati�da�complicanze�di�tipo�irreversibile�a�causa�di�vaccina- zioni...�)�possa�legittimare�la�convinzione�^diametralmente�opposta�a�quella�di�codesta� Avvocatura�^sostenuta�dalla�Regione�Veneto�nelle�proprie�difese,�e�cioe�che�lo�Stato� rimanga�legittimato�processuale�indistintamente�per�tutte le�controversie�in�materia.� Infatti,�come�affermato�dalla�sentenza�di�primo�grado,�confermata�in�appello,�l'art.�123� cito si�riferirebbe�ragionevolmente�al�solo�contenzioso�amministrativo�(in�sostanza,�ai�ricorsi� al�Ministero�ex art.�5�legge�n.�210/1992�avverso�i�provvedimenti�sfavorevoli�delle�Commis- sioni�mediche),�e�non�anche�al�contenzioso�giudiziale.�Depone�in�tal�senso�sia�l'ambito�in� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� cui�la�norma�e�collocata�(relativo�al�conferimento�di��funzioni�e�compiti�amministrativi�),� sia�il�fatto�che�mantenere�in�futuro�la�legittimazione�processuale�al�solo�Ministero�indiscri- minatamente�in�tutti�i�casi,�contrasterebbe�con�il�trasferimento�alle�Regioni�sia�dell'esercizio� delle�funzioni�che�dei�relativi�mezzi�economici.� Nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�istanze�proposte�successivamente�al�trasferimento�delle�fun- zioni�del�1.�gennaio�2001,�poi,�la�domanda�di�condanna�vede�sicuramente�legittimata�la�sola� Regione,�in�quanto�competente�a�definire�la�pratica�amministrativa�nonche�dotata�delle�risorse� necessarie�al�pagamento.� Si�viene�ora�al�diverso�profilo�inerente�la�legittimazione�passiva�del�Ministero�della� Salute�rispetto�alla�domanda�di�accertamento�del�requisito�sanitario.� Al�riguardo,�si�osserva�quanto�segue.� Nell'attuale�quadro�normativo,�sebbene�la�definizione�del�procedimento�spetti�alle� Regioni,�resta�fermo�l'iter descritto�dall'art.�4,�comma�IV�della�legge�n.�210/1992,�che�vede� competenti�in�prima�battuta�le�ASL,�e�successivamente�le�Commissioni�medico�ospedaliere� di�cui�all'art.�165�del�d.P.R.�n.�1092/1973,�avverso�i�giudizi�delle�quali�e�ammesso�ricorso�al� Ministero�della�Salute:�l'art.�123�del�d.lgs.�n.�112/1998�dispone�infatti��sono�conservate�allo� Stato�le�funzioni�in�materia�di�ricorsi�per�la�corresponsione�di�indennizzi�a�favore�di�soggetti� danneggiati�da�complicanze�di�tipo�irreversibile�a�causa�di�vaccinazioni....�� Tuttavia,�non�pare�che�le�residue�competenze�ministeriali�in�fase�di�accertamento�deb- bano�determinare�il�necessario�coinvolgimento�del�Ministero�stesso�nei�giudizi�introdotti� sulla�base�di�istanze,�tanto�successive�alla�data�del�trasferimento�di�competenze�e�risorse� finanziarie,�quanto�precedenti�ma�non�definite�al�1.�gennaio�2001�(si�rammenta,�ove�mai� occorresse,�che�l'Accordo�Stato�Regioni�espressamente�prevede�l'impegno�di�queste�ultime� a�definire�le�pratiche�ancora��in itinere�).� Infatti,�va�ricordato�che�^in�materia�di�invalidita�civile,�ove�si�verificava�un�simile�sdop- piamento�di�competenze�tra�Ministero�dell'Economia�e�Finanze�quanto�all'accertamento� del�requisito�sanitario,�e�Regione�ovvero�INPS�quanto�al�pagamento�dei�benefici�^la�Corte� di�Cassazione�(sent.�n.�11475/02),�ha�negato�la�legittimazione�passiva�del�Ministero�dell'Eco- nomia�e�Finanze�nei�giudizi�volti�al�conseguimento�delle�provvidenze�erogate�da�Regioni�ed� INPS,�nonche�nelle�stesse�azioni�di�mero�accertamento,�affermando:��...in�definitiva�la�legi- slazione�vigente...�e�nel�senso�che�soltanto�gli�enti�chiamati�dalla�legge�a�rispondere�del� debito,�regioni�oppure�INPS,�debbano�essere�convenuti�in�giudizio,�tanto�nelle�azioni�di� mero�accertamento�dei�singoli�diritti�alle�prestazioni�di�assistenza�sociale,�quanto�nelle� azioni�di�condanna.�E�cio�quali�che�siano�i�soggetti�amministrativi�della�cui�opera�regioni� ed�INPS�si�avvalgono,�e�che�in�senso�civilistico�assumono�la�figura�di�ausiliari�del�debitore� (art.�1228�c.c.).�Sono�per�contro�inammissibili�le�domande�di�accertamento�delle�sole�condi- zioni�sanitarie�.�(conf.�1898/05)� Solo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�42�d.l.�n.�269/03�conv.�in�legge�n.�326/03,�che�ha�inno- vato�la�materia�espressamente�definendo��litisconsorte�necessario��in�tale�tipo�di�giudizi�il� Ministero,�ha�posto�fine�al�suesposto�orientamento.� Sembra�che�la�somiglianza�tra�la�fattispecie�analizzata�da�Cass.�11475/02�e�la�disciplina� dei�benefici�ex lege n.�210/1992�successivamente�al�1.�gennaio�2001�(in�entrambi�i�casi�l'Am- ministrazione�statale�ha�compiti�amministrativi�in�sede�di�accertamento�ma�non�eroga�piu� il�beneficio)�consenta�di�sostenere�che�nei�giudizi�relativi�a�contenzioso�originato�da�istanze� ex lege n.�210/1992�possa�ragionevolmente�negarsi�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del� Ministero�anche�in�relazione�alla�domanda�di�accertamento,�tesi�che�ove�accolta�scongiure- rebbe�il�rischio�di�condanna�del�Ministero�alle�spese�di�lite�in�caso�di�accoglimento�del� ricorso.� In�sintesi�dunque,�nei�giudizi�futuri�si�sosterra�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del� Ministero�della�Salute,�sia�rispetto�all'accertamento�del�requisito�sanitario,�che�rispetto�alla� domanda�di�condanna�in�tutti�i�giudizi�inerenti�sia�istanze�anteriori�che�posteriori�al�1.�gen- naio�2001.� Inragione�diquanto�sopra,�nell'attesache�siconsolidiun�orientamento�giurisprudenziale�al� riguardo,�nonche�al�fine�di�provocare�una�pronunzia�della�Suprema�Corte�sul�punto,�la�sentenza� della�Corte�d'Appello�di�Venezia�di�cui�in�oggetto�sara�impugnata�per�cassazione�nella�parte�in� cui�condanna�l'Amministrazione�della�Salute�al�pagamento�dei�ratei�fino�al�31�dicembre�2000.� Tutto�quanto�sopra,�salvo�diverso�motivato�avviso�delle�Amministrazioni�che�leggono� per�conoscenza�.� Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�^Nota� informativa�riguardante�le�domande�di�pronuncia� pregiudiziale�da�parte�delle�giurisdizioni�nazionali� (2005/C�143/01).� Una�nota�d'informazione�destinata�ai�giudici�nazionali�relativa�alprocedi- mento�pregiudiziale�dinnanzi�alla�Corte�di�giustizia�e�stata�loro�comunicata�tra- mite�le�autorita�nazionali�competenti�nel�1996.�Poiche�tale�nota�si�e�rivelata�utile� nella�prassi,�la�Corte�ha�deciso�di�aggiornarla�alla�luce�dell'esperienza�e�ritiene� appropriato�diffonderla�attraverso�la�pubblicazione�nella�Gazzetta�Ufficiale� delle�Comunita�europee�(11�giugno�2005).� �1.�^Il�sistema�del�rinvio�pregiudiziale�e�un�meccanismo�fondamentale� del�diritto�dell'Unione�europea,�che�ha�per�oggetto�di�fornire�alla�giurisdi- zioni�nazionali�lo�strumento�per�assicurare�un'interpretazione�e�un'applica- zione�uniformi�di�tale�diritto�in�tutti�gli�Stati�membri.� 2.�^La�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�e�competente�a�pronun- ciarsi�in�via�pregiudiziale�sull'interpretazione�del�diritto�dell'Unione�europea�e� sulla�validita�degli�atti�di�diritto�derivato.�Questa�competenza�generale�le�e�con- ferita�dall'art.�234�del�Trattato�CE�e,�in�taluni�casi�precisi,�da�altre�norme.� 3.�^Poiche�il�procedimento�pregiudiziale�si�basa�sulla�cooperazione�tra� la�Corte�e�i�giudici�nazionali,�sembra�opportuno,�al�fine�di�assicurarne�l'effi- cacia,�fornire�alle�giurisdizioni�le�indicazioni�seguenti.� 4.�^Queste�indicazioni�pratiche,�prive�di�qualsiasi�valore�vincolante,� mirano�ad�orientare�i�giudici�nazionali�circa�l'opportunita�di�procedere�ad� un�rinvio�pregiudiziale�e,�eventualmente,�ad�aiutarli�a�formulare�e�presentare� le�questioni�sottoposte�alla�Corte.� Sulruolodella�Cortenell'ambito�delprocedimentopregiudiziale� 5.�^Nell'ambito�del�procedimento�pregiudiziale,�il�ruolo�della�Corte�di� giustizia�e�quello�di�fornire�un'interpretazione�del�diritto�comunitario�o�di� statuire�sulla�sua�validita�,�e�non�di�applicare�tale�diritto�alla�situazione�di� fatto�che�e�alla�base�del�procedimento�dinanzi�al�giudice�nazionale,�ruolo� che�spetta�a�quest'ultimo.�La�Corte�non�e�competente�ne�a�pronunciarsi�su� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� questioni�di�fatto�sollevate�nell'ambito�della�causa�principale�ne�a�risolvere�le� divergenze�di�opinione�in�merito�all'interpretazione�o�all'applicazione�delle� norme�di�diritto�nazionale.� 6.�^La�Corte�si�pronuncia�sull'interpretazione�o�sulla�validita��del�diritto� comunitario,�cercando�di�dare�una�risposta�utile�per�la�definizione�della�con- troversia,�ma�spetta�alle�giurisdizioni�di�rinvio�trarne�le�conseguenze�disap- plicando�eventualmente�la�norma�nazionale�di�cui�trattasi.� Sulla�decisione�di�sottoporre�una�questione�alla�Corte� L'autore�della�questione� 7.�^Nell'ambito�degli�artt.�234�del�Trattato�CE�e�150�del�Trattato� CEEA,�le�giurisdizioni�degli�Stati�membri,�qualora�debbano�statuire�nell'am- bito�di�un�procedimento�destinato�a�concludersi�con�una�decisione�di�carat- tere�giurisdizionale,�possono�in�via�di�principio�sottoporre�alla�Corte�una� questione�pregiudiziale.�La�nozione�di�giurisdizione�e��interpretata�dalla� Corte�quale�nozione�autonoma�di�diritto�comunitario.� 8.�^Tuttavia,�nel�settore�particolare�degli�atti�adottati�dalle�istituzioni� nell'ambito�del�titolo�IV�della�Terza�parte�del�Trattato�CE,�relativo�ai�visti,� all'asilo,�all'immigrazione�ed�alle�altre�politiche�connesse�con�la�libera�circo- lazione�delle�persone�^in�particolare�in�materia�di�competenza�giurisdizio- nale�e�di�riconoscimento�e�di�esecuzione�delle�decisioni�giudiziarie�^,�il�rinvio� e��consentito�solo�ai�giudici�che�statuiscono�in�ultimo�grado,�conformemente� all'art.�68�del�Trattato�CE.� 9.�^Inoltre,�conformemente�all'art.�345�del�Trattato�sull'Unione�euro- pea,�gli�atti�adottati�dalle�istituzioni�nel�settore�della�cooperazione�di�polizia� e�giudiziaria�in�materia�penale�possono�costituire�oggetto�di�un�rinvio�pregiu- diziale�solo�da�parte�dei�giudici�degli�Stati�membri�che�hanno�accettato�la� competenza�della�Corte,�nel�qual�caso�ciascuno�Stato�determina�se�la�facolta�� di�adire�la�Corte�sia�concessa�a�tutte�le�sue�giurisdizioni�o�sia�riservata�a� quelle�che�statuiscono�in�ultimo�grado.� 10.�^Non�e��necessario�che�le�parti�sollevino�la�questione;�il�giudice� nazionale�puo��sottoporla�all'ufficio.� Il�rinvio�per�interpretazione� 11.�^Ogni�giudice�interessatopuo�sottoporre�alla�Corte�una�questione�rela- tiva�all'interpretazione�di�una�norma�di�diritto�comunitario�qualora�lo�ritenga� necessario�ai�fini�della�soluzione�di�una�controversia�ad�esso�sottoposta.� 12.�^Tuttavia,�una�giurisdizione�avverso�le�cui�decisioni�non�possa�pro- porsi�un�ricorso�giurisdizionale�di�diritto�interno�e�,�in�via�di�principio,�tenuta�a� sottoporre�alla�Corte�tale�questione,�salvo�qualora�esista�gia��una�giurispru- denza�in�materia�(e�il�contesto�eventualmente�nuovo�non�sollevi�alcun�dubbio� reale�circa�la�possibilita��di�applicare�tale�giurisprudenza)�o�qualora�non�vi�sia� alcun�dubbio�quanto�alla�corretta�interpretazione�della�norma�comunitaria.� 13.�^Pertanto,�una�giurisdizione�avverso�le�cui�decisioni�possa�proporsi� un�ricorso�di�diritto�interno,�puo��,�in�particolare�quando�ritiene�di�aver�rice- vuto�sufficienti�chiarimenti�della�giurisprudenza�della�Corte,�decidere�essa� stessa�circa�l'esatta�interpretazione�del�diritto�comunitario�e�l'applicazione� di�quest'ultimo�alla�situazione�di�fatto�che�essa�constata.�Tuttavia,�un�rinvio� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� pregiudiziale�puo��risultare�particolarmente�utile,�nella�fase�appropriata�del� procedimento,�quando�si�tratta�di�una�questione�di�interpretazione�nuova� che�presenta�un�interesse�generale�per�l'applicazione�uniforme�del�diritto� comunitario�attraverso�l'Unione,�o�quando�la�giurisprudenza�esistente�non� sembra�potersi�applicare�ad�un�contesto�di�fatto�inedito.� 14.�^Spetta�al�giudice�nazionale�indicare�perche�l'interpretazione�richie- sta�sia�necessaria�perpronunciare�la�sua�sentenza.� Il�rinvio�per�esame�di�validita� 15.�^Anche�se�i�giudici�nazionali�hanno�la�possibilita��di�respingere�i� motivi�di�invalidita��dedotti�dinanzi�ad�essi�spetta�unicamente�alla�Corte� dichiarare�un�atto�comunitario�invalido.� 16.�^Ogni�giudice�nazionale�deve�quindi�sottoporre�una�questione�alla� Corte�allorche�nutre�dubbi�sulla�validita��di�un�atto�comunitario,�indicando�i� motivi�per�cui�ritiene�che�l'atto�comunitario�possa�essere�viziato�da�invalidita��.� 17.�^Tuttavia,�il�giudice�nazionale,�ove�nutra�gravi�perplessita��in�ordine� alla�validita��di�un�atto�della�Comunita��sul�quale�e��fondato�un�atto�interno,� puo��in�via�eccezionale�sospendere�temporaneamente�l'applicazione�di�que- st'ultimo�o�adottare�ogni�altro�provvedimento�provvisorio�al�riguardo.�Egli� e��tenuto,�in�tal�caso,�a�sottoporre�la�questione�di�validita��alla�Corte�di�giusti- zia,�indicando�i�motivi�per�i�quali�ritiene�che�l'atto�comunitario�sia�invalido.� Quando�sottoporre�una�questione�pregiudiziale� 18.�^La�giurisdizione�nazionale�puo��rinviare�alla�Corte�una�questione� pregiudiziale�non�appena�constatati�che�una�pronuncia�sul�punto�o�sui�punti� relativi�all'interpretazione�o�alla�validita��e��necessaria�per�emettere�la�sua� decisione;�essa�e��nella�migliore�posizione�per�valutare�in�quale�fase�del�proce- dimento�occorra�sottoporre�una�tale�questione.� 19.�^E�tuttavia�auspicabile�che�la�decisione�di�rinvio�di�una�questione� pregiudiziale�venga�presa�in�una�fase�del�procedimento�nella�quale�il�giudice� del�rinvio�sia�in�grado�di�definire�l'ambito�di�fatto�e�di�diritto�del�problema,� affinche�la�Corte�disponga�di�tutti�gli�elementi�necessari�per�verificare,�even- tualmente,�che�il�diritto�comunitario�si�applica�alla�causa�principale.�Puo�� anche�risultare�nell'interesse�di�una�buona�amministrazione�della�giustizia� che�la�questione�pregiudiziale�venga�sottoposta�a�seguito�del�contraddittorio� tra�le�parti.� Sullaforma�delrinviopregiudiziale� 20.�^La�decisione�con�la�quale�il�giudice�nazionale�sottopone�una�que- stione�pregiudiziale�alla�Corte�puo��rivestire�qualsiasi�forma�ammessa�dal�diritto� nazionale�per�i�provvedimenti�interlocutori.�Occorre�tuttavia�tenere�in�mente� che�e��questo�il�documento�che�serve�come�base�per�il�procedimento�che�si�svolge� dinanzi�alla�Corte�e�che�quest'ultima�deve�poter�disporre�degli�elementi�che�le� consentano�di�fornire�una�soluzione�utile�al�giudice�nazionale.�Inoltre,�e��solo� la�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�che�viene�notificata�agli�interessati�legit- timati�a�presentare�osservazioni�dinanzi�alla�Corte�^in�particolare�gli�Stati� membri�e�le�istituzioni^e�che�costituisce�oggetto�di�una�traduzione.� 21.�^La�necessita��di�tradurre�la�domanda�richiede�una�redazione�sem- plice,�chiara�e�precisa,�senza�elementi�superflui.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 22.�^Una�lunghezza�che�non�supera�una�decina�di�pagine�e�spesso�suffi- ciente�per�esporre�il�contesto�di�una�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�in� maniera�adeguata.�Pur�rimanendo�succinta,�la�decisione�di�rinvio�deve�tutta- via�essere�sufficientemente�completa�e�contenere�tutte�le�informazioni�perti- nenti�in�modo�da�consentire�alla�Corte,�nonche��agli�interessati�legittimati�a� presentare�osservazioni,�di�intendere�correttamente�l'ambito�di�fatto�e�di� diritto�della�controversia�nel�procedimento�nazionale.�In�particolare,�la�deci- sione�di�rinvio�deve:� ^contenere�una�breve�esposizione�dell'oggetto�della�controversia,�non- che��dei�fatti�pertinenti�quali�sono�stati�constatati�o,�quanto�meno,�chiarire� le�ipotesi�di�fatto�sulle�quali�la�questione�pregiudiziale�e�basata;� ^riportare�il�contenuto�delle�disposizioni�nazionali�che�possono�trovare� applicazione�ed�identificare,�eventualmente,�la�giurisprudenza�nazionale�per- tinente,�indicando�ogni�volta�i�riferimenti�precisi�(ad�esempio,�pagina�di�una� Gazzetta Ufficiale o�di�una�determinata�raccolta;�eventualmente�con�riferi- mento�su�Internet);� ^identificare�con�la�maggiore�precisione�possibile�le�disposizioni�comu- nitarie�pertinenti�nella�fattispecie;� ^esplicitare�i�motivi�che�hanno�indotto�il�giudice�del�rinvio�a�sollevare� questioni�sull'interpretazione�o�la�validita�di�talune�disposizioni�comunitarie� nonche��il�nesso�che�esso�stabilisce�tra�queste�disposizioni�e�la�normativa� nazionale�che�si�applica�alla�causa�principale;� ^comprendere,�eventualmente,�una�sintesi�della�parte�essenziale�degli� argomenti�pertinenti�delle�parti�nella�causa�principale.� Per�facilitarne�la�lettura�e�la�possibilita�di�farvi�riferimento,�e�utile�che�i� vari�punti�o�paragrafi�della�decisione�di�rinvio�siano�numerati.� 23.�^Infine,�la�giurisdizione�del�rinvio,�se�si�ritiene�in�grado�di�farlo,�puo� indicare�succintamente�il�suo�punto�di�vista�sulla�soluzione�da�dare�alle�que- stioni�pregiudiziali�sottoposte.� 24.�^La�o�le�questioni�pregiudiziali�stesse�devono�figurare�in�una�parte� distinta�e�chiaramente�identificata�della�decisione�di�rinvio,�di�solito�all'inizio� o�alla�fine�di�questa.�Esse�devono�essere�comprensibili�senza�far�riferimento� alla�motivazione�della�domanda,�che�fornira�tuttavia�il�contesto�necessario� per�una�valutazione�adeguata.� Suglieffettidelrinviopregiudizialesulprocedimento dinanzialgiudicenazionale 25.�^La�proposizione�di�una�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�com- porta�la�sospensione�del�procedimento�nazionale�fino�alla�pronuncia�della� Corte.� 26.�^Tuttavia,�il�giudice�nazionale�rimane�competente�ad�adottare�prov- vedimenti�cautelari,�in�particolare�nell'ambito�del�rinvio�per�esame�di�validita� (v.�sopra�punto�17).� Sulle spese e il gratuito patrocinio 27.�^Il�procedimento�pregiudiziale�dinanzi�alla�Corte�e�gratuito�e�la� Corte�non�stabilisce�sulla�ripartizione�delle�spese�tra�le�parti�nella�causa�prin- cipale;�spetta�al�giudice�nazionale�statuire�a�tal�riguardo.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� 28.�^In�caso�di�risorse�insufficienti�di�una�parte�e�qualora�le�norme� nazionali�lo�consentano�la�giurisdizione�del�rinvio�puo�concedere�a�tale�parte� un�sussidio�per�coprire�le�spese,�in�particolare�di�rappresentanza,�che�essa� deve�sostenere�dinanzi�alla�Corte.�La�Corte�stessa�puo�anch'essa�concedere� un�tale�sussidio.� Sulla corrispondenza tra il giudice nazionale e la Corte 29.�^La�decisione�di�rinvio�e�i�documenti�pertinenti�(in�particolare,�se� del�caso,�il�fascicolo�della�causa,�eventualmente�sotto�forma�di�copia)�devono� essere�inviati�direttamente�alla�Corte�dalla�giurisdizione�nazionale�mediante� plico�raccomandato�(indirizzato�alla�Cancelleria�della�Corte�di�giustizia�delle� Comunita�europee,�L-2925�Lussemburgo,�tel.�+352�4303-1).� 30.�^Fino�alla�pronuncia�della�decisione,�la�cancelleria�della�Corte� restera�in�contatto�con�il�giudice�nazionale�al�quale�trasmettera�copia�degli� atti�di�procedura.� 31.�^La�Corte�trasmettera�la�sua�decisione�alla�giurisdizione�del�rinvio.� Sarebbe�opportuno�che�il�giudice�nazionale�informi�la�Corte�del�seguito�che� verra�dato�a�tale�decisione�nella�controversia�nazionale�e�invii�ad�essa�event ualmente�la�sua�decisione�finale�.� LEDECISIONILEDECISIONI Sul potere sanzionatorio della Corte di Giustizia (Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Grande�Sezione,� sentenza�12�luglio�2005,�nella�causa�C-304/02)� E�la�prima�volta,�a�quanto�risulta,�che,�giudicando�ai�sensi�dell'art.�228� CE,�la�Corte�di�giustizia�ha�applicato�a�carico�di�uno�Stato�membro�la�pena- lita�insieme�alla�somma�forfettaria.�L'applicazione�cumulativa,�inoltre,�e� stata�disposta�in�presenza�di�una�richiesta�della�Commissione�limitata�alla� penalita�.� Cos|�decidendo�la�Corte�ha�ribadito�con�vigore�l'efficacia�dei�vincoli�che� gli�Stati�hanno�assunto�attraverso�il�Trattato�e�che�costituiscono�la�struttura� sulla�quale�poggia�l'intero�ordinamento�comunitario.� L'art.�228�CE�ha�rimediato�ad�una�lacuna�del�Trattato�originario.� La�Corte�di�giustizia,�investita�dalla�Commissione�ai�sensi�dell'art.�226,� puo�emettere�solo�una�sentenza�di�accertamento�dell'inadempimento.� Se�lo�Stato,�dichiarato�inadempiente,�non�vi�dava�esecuzione,�il�Trattato� di�Roma�non�prevedeva�nessuna�sanzione,�salvo�quelle�misure�indirette,�e�di� efficacia�ridotta,�non�sempre�possibili.� Oggi�la�Corte,�ai�sensi�dell'art.�228�CE,�puo�applicare�allo�Stato�inadem- piente�sanzioni�pecuniarie�nell'esercizio�di�un�potere�di�condanna.� Il�procedimento�dell'art.�228�ha�mantenuto�i�caratteri�del�procedimento� per�infrazione,�disciplinato�dall'art.�226,�solo�che�l'infrazione�e�specifica�(la� mancata�esecuzione�della�sentenza�emessa�ai�sensi�dell'art.�226)�e�non�gene- rica,�come�quella�prevista�nell'art.�226�(mancanza�ad�uno�degli�obblighi� incombenti�in�virtu�del�Trattato).� Come�e�stato�rilevato�dalla�dottrina,�tra�tutti�i�ricorsi�diretti�alla�Corte� di�giustizia�quello�dell'art.�226�e�il�meno�comunitario�e,�in�corrispondenza,� il�piu�internazionalistico.� Puo�essere�proposto�solo�dalla�Commissione,�o�dagli�Stati�membri,�ed�e� rivolto�contro�singoli�Stati,�quali�parti�del�Trattato.� In�altre�parole,�gli�Stati�non�sono�coinvolti�come�soggetti�del�rapporto� di�volta�in�volta�costituito�in�base�alle�norme�del�Trattato,�ma�come�soggetti� che�hanno�stipulato�il�Trattato,�per�questo�tenuti,�secondo�i�principi�di� diritto�internazionale,�a�rispettarne�tutte�le�disposizioni,�qualunque�ne�sia�la� materia.� La�Commissione,�se�lo�Stato�destinatario�non�si�attiene�al�parere�moti- vato,�ai�sensi�dell'art.�226,�secondo�comma,�puo�,�non�deve,�adire�la�Corte�di� giustizia.� Alla�Commissione�viene�cos|�lasciato�un�margine�di�valutazione�politica,� tipico�dei�ricorsi�che�operano�sul�piano�del�diritto�internazionale.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Lo�stesso�margine�di�valutazione�ha�ciascuno�degli�Stati�membri�che�puo� rivolgesi�alla�Corte�(art.�227,�secondo�comma).� Lo�stesso�potere�ha�la�Commissione�ai�sensi�dell'art.�228.2.� Una�volta�che�il�ricorso�sia�proposto�il�rapporto�si�inserisce�integral- mente�nell'ordinamento�comunitario,�con�tutte�le�connotazioni�conseguenti.� Con�sentenza�dell'11�giugno�1991�(C-64/1988)�la�Corte�di�giustizia�aveva� accertato�che�la�Repubblica�francese�era�venuta�meno�agli�obblighi�imposti� dall'art.�1�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�29�giugno�1987�n.�2057,�che� istituisce�alcune�misure�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�esercitate�dai� pescherecci�degli�Stati�membri,�ed�alle�disposizioni�di�altri�regolamenti,�sem- pre�in�materia�di�pesca.� Da�allora�si�era�instaurato�un�rapporto�complesso�tra�la�Commissione�e� la�Repubblica�francese,�le�cui�fasi�si�trovano�richiamate�nella�esposizione�di� fatto�della�sentenza.� Pur�avendo�avuto�a�disposizione�tempo�piu�che�sufficiente�per�portare� ad�esecuzione�la�sentenza,�lo�Stato�francese�aveva�adempiuto�solo�in�piccola� parte.� Per�questo�la�Commissione�aveva�introdotto�un�procedimento�ai�sensi� dell'art.�228�CE�(C^304/02),�conclusosi�con�la�sentenza�del�12�luglio�2005.� L'art.�228�CE�impone�allo�Stato�membro,�che�ha�mancato�ad�uno�degli� obblighi�comunitari,�di��prendere�i�provvedimenti�che�l'esecuzione�della�sen- tenza�della�Corte�di�giustizia�comporta�.� Attenendosi�alla�lettera�della�norma�il�Governo�francese,�a�sostegno� delle�sue�argomentazioni�difensive,�aveva�richiamato�un�suo�piano�di�con- trollo�generale,�adottato�nel�2001�e�completato�nell'anno�successivo,�che�era� stato�poi�accompagnato�da�una�circolare�del�Ministero�della�Giustizia,�con� la�quale�i�procuratori�generali�delle�zone�interessate�erano�stati�invitati�a� disporre�una�repressione�sistematica�delle�infrazioni�e�l'irrogazione�di� ammende�dissuasive.� I�provvedimenti�erano,�pertanto,�stati�presi.� La�Corte,�secondo�un�suo�orientamento�costante,�ha�preso�in�considera- zione�non�i�provvedimenti�di�per�se�,�come�aveva�sostenuto�il�Governo�fran- cese,�ma�i�risultati�pratici�ai�quali�avevano�portato.�Verificatane�l'insuffi- cienza,�ha�ritenuto�sussistente�l'inadempimento�contestato.� La�Commissione�aveva�richiesto�di�condannare�la�Repubblica�francese�a� pagare�una�penalita��per�ogni�giorno�di�ritardo�nell'attuazione�dei�provvedi- menti�necessari�per�conformarsi�alla�citata�sentenza�Commissione/Francia,e� cio�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�sino�all'esecuzione�della� citata�sentenza�Commissione/Francia�.� L'ammontare�giornaliero�richiesto�dalla�Commissione�era�notevole� (EUR�316.500),�ma�compensato�dalla�decorrenza,�fissata�nel�deposito�della� sentenza.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Anche�se�il�ritardo�nell'attuazione�della�sentenza�precedente�decorreva� dal�1991,�la�penalita��,�secondo�quanto�deciso�dalla�Corte,�ha�preso�a�decor- rere�quattordici�anni�dopo,�con�la�possibilita��per�la�Repubblica�francese�di� ridurla�al�minimo,�provvedendo�ad�attuare�rapidamente�la�prima�sentenza.� Non�e��indicata�la�ragione�di�questa�decorrenza.�Non�si�trova�nel- l'art.�228�CE,�penultimo�comma,�secondo�il�quale�il�pagamento�di�una�pena- lita��puo��essere�disposto�quando�lo�Stato�membro��non�si�e��conformato�alla� sentenza...�pronunciata�,�quindi�per�tutto�il�periodo�di�mancata�attuazione.� La�Corte�in�proposito�si�e��attenuta�alla�richiesta�della�Commissione�fis- sando�una�penalita��semestrale��a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sen- tenza�.� In�questo�puo��vedersi�una�proiezione�ulteriore�del�carattere�internazio- nalistico,�e�non�strettamente�comunitario,�del�ricorso.� Come�si�e��visto,�la�Commissione�puo�proporre�ricorso�ai�sensi�del- l'art.�228.� Non�essendo�imposto�un�dovere,�la�norma�presuppone�che�l'infrazione� ad�una�sentenza�ex�art.�226�possa�rimanere�non�sanzionata.� L'art.�228�lascia,�dunque,�alla�Commissione�di�valutare�se�la�sentenza,� da�sola,�possa�costituire�sanzione�sufficiente�per�lo�Stato,�tenuto�conto�delle� peculiarita��dell'inadempimento.� A�maggior�ragione�la�Commissione,�nel�richiedere�una�sanzione�pecu- niaria,�puo��dosarla�temporalmente�secondo�le�esigenze�del�caso.� La�Commissione�ha�dimostrato�di�annettere�un�particolare�interesse�alla� esecuzione�della�sentenza,�vale�a�dire�al�riconoscimento�da�parte�del�Governo� francese�dell'autorita��della�sentenza�comunitaria.� Ha�ritenuto,�pertanto,�che�avesse�una�maggiore�forza�persuasiva�una� penalita��con�decorrenza�piu��ravvicinata,�ma�di�ammontare�notevole,�proprio� perche�non�c'era�un�danno�da�risarcire,�ma�l'autorita��di�una�sentenza�da�rico- noscere.� La�Corte�di�giustizia�ha�dimostrato�di�condividerne�il�punto�di�vista.� La�Corte��alla�luce�delle�caratteristiche�particolari�dell'adempimento� constatato�,�prima�di�disporre�la�condanna�anche�di�una�somma�forfetaria,� ne�ha�informato�le�parti�in�modo�che�in�proposito�si�potesse�svolgere�il�con- traddittorio�(1).� Quattro�Paesi�si�sono�dichiarati�favorevoli,�tredici�(compresa�l'Italia�e,� naturalmente,�la�Francia)�contrari(2).� La�Corte�si�e��posta,�ed�ha�risolto,�diverse�questioni.� (1)�I�giudici�italiani�dovrebbero�tenere�presente�questo�principio,�al�quale�la�Corte�si�attiene� rigorosamente.�Si�eviterebbe�che�le�parti�si�trovino�sentenze�di�ultima�istanza�fondate,�ad�esempio,� su�interpretazioni�normative�di�dubbia�costituzionalita��,�sulle�quali�non�sono�state�messe�in�grado� di�interloquire.� (2)�Il�numero�dei�Paesi�intervenuti�sta�ad�indicare�che�l'argomento�e��stato�ritenuto,�e�giusta- mente,�di�rilievo�particolare.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Ha�confermato,�come�si�e�visto,�un�suo�orientamento,�assunto�da�tempo.� Quando�la�esecuzione�della�sentenza,�ai�sensi�dell'art.�228�CE,�comporta� non�la�produzione�di�effetti�giuridici�istantanei,�ma�una�attivita�concreta�di� conformazione,�non�basta�la�emissione�del�provvedimento,�ma�occorre�che� il�provvedimento�venga�portato�ad�esecuzione.� Lo�Stato�non�puo�,�quindi,�sostenere�di�avere�adempiuto�attraverso�la� emissione�di�una�circolare�per�l'applicazione�di�sanzioni�pecuniarie,�se�poi�le� sanzioni�non�sono�applicate�e�riscosse(3).� Del�tutto�nuova�era,�invece,�la�questione�se�la�Corte�potesse�applicare� sia�la�penalita�che�una�somma�forfettaria.� Le�posizioni�assunte�in�proposito�dai�vari�Paesi�sono�significative�anche� in�termini�generali�perche�indicano�l'orientamento�a�proposito�dei�poteri�da� riconoscere�alla�Corte�di�giustizia,�che,�come�sembra,�la�maggior�parte�vor- rebbe�mantenere�in�limiti�ristretti.� La�tesi�contraria�alla�possibilita�di�cumulo�e�stata�fondata�sulla�formula- zione�letterale�dell'art.�228,�n.�2,�CE�dove�e�previsto�che�la�Corte�di�giustizia� puo�comminare�il�pagamento�di�una�somma�forfettaria�o di�una�penalita�.� A�sostegno�dell'effetto�rigorosamente�alternativo�della��o��sono�stati� portati�argomenti�diversi,�fondati�anche�su�quelle�che�dovrebbero�essere�le� finalita�della�disposizione.� La�Corte,�anche�se�non�l'ha�richiamato�espressamente,�sembra�avere� applicato�il�criterio�interpretativo�del�risultato�utile.� Lo�scopo�della�norma�e�quello�di�spingere�gli�Stati�membri�ad�eseguire� le�sentenza�per�inadempimento,�garantendo�l'applicazione�effettiva�del�diritto� comunitario.�Sia�la�somma�forfettaria�che�la�penalita�mirano�a�questo�obiet- tivo.�L'una�o�l'altra�va�applicata�in�considerazione�delle�forme�e�della�gravita� dell'inadempimento:�la�penalita�,�commisurata�alla�durata,�per�ridurre�nel� tempo�l'inadempimento�che,�in�caso�contrario,�si�potrebbe�avere�interessea� far�durare;�la�somma�forfettaria,�quando�l'inadempimento,�malgrado�la� penale,�sia�durato�nel�tempo,�dimostrando�che�la�penale�non�ha�avuto�l'ef- fetto�deterrente�sperato.� Ha�ritenuto�la�Corte�che�alla��o��dell'art.�228�CE�non�si�possa�attribuire� valore�decisivo�perche�,�come�e�stato�messo�in�evidenza�dai�Paesi�favorevoli� all'applicazione�cumulativa,�puo�avere�un�senso�sia�alternativo�che�cumulativo.� �Alla�luce�della�finalita�perseguita�dall'art.�228�CE,�l'utilizzazione�della� congiunzione�al�n.�2�di�tale�disposizione�deve�essere�pertanto�intesa�in�senso� cumulativo�.� E�anche�questa�una�applicazione�del�principio�secondo�il�quale,�nell'in- terpretare�un�testo�normativo�comunitario,�si�deve�tenere�conto�dei�canoni� propri�di�tutte�le�lingue�ufficiali.� (3)�La�Corte�ha�richiamato�in�proposito�la�sua�sentenza�11�giungo�1991,�C-64/1988,�la�cui� mancata�esecuzione�ha�provocato�il�procedimento�ex art.�228�CE:���Poiche�non�sono�state�conte- state�infrazioni�che�pure�potevano�essere�accertate�dalle�autorita�nazionali�e�non�sono�stati�redatti� verbali�a�carico�del�contravventori,�il�governo�francese�e�venuto�meno�anche�all'obbligo�di�repres- sione�prescritto�dai�regolamenti�sul�controllo�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�questo�caso�la�Corte�ha�seguito�quelli�proposti�dai�governi�danese,� olandese,�finlandese�e�del�Regno�Unito�che,�stando�alle�loro�difese,�consenti- vano�la�piena�realizzazione�dell'obiettivo�della�norma.� Di�maggiore�interesse,�almeno�per�il�momento,�e��la�seconda�questione:� se�la�Corte�possa�applicare�una�sanzione,�non�richiesta�dalla�Commissione.� Su�di�essa�i�Paesi�si�sono�schierati�in�modo�diverso,�anche�questa�volta� con�una�netta�maggioranza�di�parere�contrario.� Tra�gli�altri�argomenti�era�stato�dedotto�che,�non�attenendosi�alle�propo- ste�della�Commissione,�la�Corte�avrebbe�violato�un�principio�generale�del� processo�civile�che�vieta�al�giudice�di�andare�oltre�alle�domande�delle�parti.� La�Corte,�decidendo�in�senso�contrario,�sembra�aver�colto,�anche�a�que- sto�proposito,�i�profili�piu��internazionalistici�che�strettamente�comunitari� del�procedimento. E�significativo�sul�piano�lessicale�che�quelle�della�Commissione�siano� state�indicate�come�proposte,�piuttosto�che�come�domande.� Gli�Stati,�anche�se�talvolta�sono�ancora�definiti�dalla�dottrina�tedesca� come�signori�dei�trattati�(Herren�der�Ve�rtrage),�ne�sono�anche�i�soggetti,�tenuti� ad�adempiere�ai�doveri�che�hanno�assunto�volontariamente.� Al�loro�inadempimento�possono�reagire�non�soltanto�chi�e��danneggiato,� ma�tutti�gli�Stati�contraenti,�oltre�che�la�Commissione,�tra�i�cui�compiti�c'e�� di�vigilare�sull'applicazione�delle�disposizioni�del�Trattato�(art.�211�CE).� Al�giudice�che�ne�e��investito,�sembra�ritenere�la�Corte,�non�possono� essere�preclusi�quei�mezzi�di�reazione�che,�previsti�dal�Trattato,�di�voltain� volta�risultano�utili�per�arrivare�all'adempimento.� Guardato�non�sul�versante�del�diritto�internazionale,�ma�su�quello�degli� ordinamenti�interni,�il�procedimento,�come�ha�sottolineato�la�Corte,�e��spe- ciale,�proprio�del�diritto�comunitario,�e�non�puo��essere�equiparato�ad�un�pro- cedimento�civile�ordinario.� Assume�ancora�rilievo�che�la�condanna�al�pagamento�di�una�sanzione� pecuniaria�non�e��destinata�a�risarcire�un�danno�(in�questo�caso�sarebbe� anche�stato�necessario�individuare�il�soggetto�danneggiato�oltre�che�l'am- montare),�ma�a�indurre�all'adempimento�di�un�obbligo�derivante�dal�Trat- tato.� La�proposta�della�Commissione,�pertanto,�necessaria�per�instaurare�il� procedimento,�non�poteva�costituire�un�limite�per�la�Corte,�tenuta�a�disporre� una�condanna�capace�di�far�superare�le�resistenze�dello�Stato�inadempiente,� come�e��di�ogni�giudice�dell'esecuzione�che,�una�volta�sollecitato�all'intervento� dal�soggetto�legittimato,�puo��utilizzare�gli�strumenti�esecutivi�consentiti.� La�Corte�non�ha�ritenuto�nemmeno�violato�il�diritto�di�difesa�dello�Stato� inadempiente�perche�,�proponendo�preventivamente�la�questione,�aveva�assi- curato�a�tutti,�soprattutto�al�Governo�francese,�una�ampia�possibilita��di� difesa�e�perche�il�procedimento�dell'art.�228,�n.�2,�CE��dev'essere�considerato� come�uno�speciale�procedimento�giudiziario�di�esecuzione�delle�sentenze,in� altri�termini�come�un�mezzo�di�esecuzione��per�il�quale,�nel�modellare�il� diritto�di�difesa,�si�deve�tenere�conto�della�mancata�esecuzione�della�sen- tenza,�che�ne�costituisce�il�presupposto.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Poiche�il�Trattato�non�prevede�mezzi�di�esecuzione�in�forma�specifica,� ma�solo�mezzi�indiretti�di�pressione�nella�forma�di�sanzioni�pecuniarie,�che� possano�rendere�antieconomico�continuare�nell'adempimento,�alla�Corte,� investita�in�quanto�giudice�dell'esecuzione,�non�poteva�essere�preclusa�la� scelta�tra�i�mezzi�consentiti.� Pur�se�non�forzoso,�come�la�Corte�ha�rilevato,�il�procedimento�mantiene� il�suo�carattere�esecutivo,�anche�se�non�nella�forma�di�un�procedimento�civile,� inteso�questo�in�senso�rigoroso.� Era�stata�anche�prospettata�la��mancanza�di�legittimita�politica�della� Corte�per�infliggere�una�sanzione�pecuniaria,�non�proposta�dalla�Commis- sione�.� La�Corte�ha�smentito�l'argomento�attraverso�la�ricostruzione�del�proce- dimento.� La�premessa�e�che�sia�gia�intervenuta�una�sentenza�che�ha�accertato� un'infrazione�a�carico�di�uno�Stato�ai�sensi�dell'art.�226�CE,�a�seguito�della� quale�lo�Stato�dovrebbe�adottare�tutte�le�misure�di�carattere�generale�e�parti- colare�atte�ad�assicurarne�l'esecuzione(4).� In�mancanza,�come�si�e�visto,�la�Commissione�puo�adire�la�Corte�di�giu- stizia,�in�base�a�valutazioni�di�opportunita�.� Una�volta�introdotto�il�procedimento�giurisdizionale,�e�proprio�per�la� natura�giurisdizionale�del�procedimento,��l'opportunita�di�imporre�una�san- zione�pecuniaria�e�la�scelta�della�sanzione�piu�adeguata�alle�circostanze�del� caso�di�specie�possono�essere�valutate�solo�alla�luce�degli�accertamenti�ope- rati�dalla�Corte�nella�sentenza�da�pronunciare�ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,CE� e�sfuggono�quindi�alla�sfera�politica�.� Secondo�la�Corte,�dunque,�la�valutazione�politica�non�e�compatibile�con� l'attivita�giurisdizionale,�anche�se,�nell'affermarlo,�ha�usato�l'espressione� �l'opportunita�di�imporre�una�sanzione�,�che�e�piu�adatta�per�valutazioni� politiche�che�per�decisioni�giurisdizionali.� E�significativo�il�fatto�che�questo�argomento�sia�stato�prospettato�dal� Governo�tedesco.� L'ambiente�tedesco�risulta�recentemente�piuttosto�prudente�nei�confronti� dell'ordinamentocomunitario�(5)secondounatradizionecherisaleneltempo�(6).� (4)�Sono�questi�i�termini�adottati�dall'art.�10�CE.� (5)�La�Bundesverfassungsgericht�con�una�sentenza�del�18�luglio�2005�ha�dichiarato�costitu- zionalmente�illegittima�la�normativa�di�attuazione�della�Decisione�quadro�del�Consiglio� 13/6/2002�n.�2002/584/GAI�sul�mandato�d'arresto�europeo.�La�sentenza�e�disponibile�sul�sito� http://www.bverfg.de/entscheidungen/rs20050718-2bvr223604.html�solo�nella�versione�originale� tedesca,�con�una�sintesi�in�inglese.� (6)�Sia�la�Corte�costituzionale�italiana�che�quella�tedesca�subito�dopo�l'entrata�in�vigore�dei� Trattati�di�Roma�hanno�rivendicato�la�loro�competenza�a�tutelare�i�diritti�fondamentali�anche� nei�confronti�del�diritto�comunitario.� Dal�punto�di�vista�formale�questa�posizione�si�giustificava�con�la�mancanza�di�qualsiasi�rife- rimento�nel�Trattato�ai�diritti�fondamentali.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tenuto�conto�anche�dell'esito�del�referendum�che�si�e�tenuto�in�Francia� sulla�Costituzione�Europea�e�dell'atmosfera�non�particolarmente�favorevole� all'Unione�in�diversi�Stati�membri,�e�prevedibile�che�la�sentenza�venga�criti- cata�anche�sotto�il�profilo�dell'opportunita�.� Trattandosi�di�sentenza,�ogni�valutazione�dovrebbe�essere�condotta�solo� sul�piano�giuridico.� Pur�valutata�dal�punto�di�vista�dell'opportunita�,�la�sentenza�non� dovrebbe�suscitare�perplessita�perche�proprio�quando�lo�spirito�comunitario� si�attenua�e�indispensabile�che�le�Istituzioni�riaffermino�la�efficacia�dell'ordi- namento�comunitario.� Indipendentemente�dal�rilievo�economico�della�infrazione,�la�Repubblica� francese�aveva�dimostrato�di�tenere�in�poco�conto�la�sentenza�della�Corte�se� Nel�costituire�una�Comunita�Economica�ai�negoziatori�era�forse�sfuggito�che�potevano�essere� coinvolti�anche�quei�diritti.�Ne�va�trascurato�che�la�struttura�ordinamentale�del�diritto�comunitario� e�emersa�con�tutte�le�sue�implicazioni�solo�col�tempo�ed�attraverso�la�giurisprudenza�della�Corte� di�giustizia.� Non�e�senza�significato�che�l'argomento�sia�stato�affrontato�dai�Giudici�costituzionali�dei�due� Paesi�che�avevano�appena�concluso�esperienze�parallele�di�regimi�autoritari�dalle�quali�era�resi- duata�una�sensibilita�particolare�per�la�tutela�dei�diritti�fondamentali.� La�Corte�costituzionale�tedesca�sin�dal�1967�aveva�rilevato�che�nell'ordinamento�comunitario� i�diritti�fondamentali�non�trovavano�tutela,�cos|�rivendicando�la�propria�competenza�anche�a� fronte�dell'ordinamento�comunitario.� La�posizione�era�incompatibile�con�la�costruzione,�che�la�Corte�di�giustizia�stava�portando�a� termine,�di�un�ordinamento�completo�ed�autosufficiente,�capace�di�colmareal�suo�internole� lacune�normative.� E�noto�il�procedimento�interpretativo�attraverso�il�quale�la�Corte�e�arrivata�a�questa�conclu- sione.� I�diritti�fondamentali�trovano�tutela�^e�stata�questa�la�tesi�della�Corte�^nei�principi�fonda- mentali.� I�principi�fondamentali�comunitari�sono�quelli�comuni�a�tutti�i�Paesi�membri,�principi�che� costituiscono�la�struttura�portante�dell'ordinamento�comunitario,�anche�se�non�visibile.�Per�essi,� sembra�dire�la�Corte,�non�c'era�bisogno�di�un�richiamo�espresso�perche�,�essendo�gia�comuni,�non� andavano�comunitarizzati.� E�che�questo�fosse�un�principio�implicito�dell'ordinamento�comunitario�era�confermato�dal- l'art.�215�del�Trattato,�oggi�art.�288,�secondo�il�quale�la�responsabilita�extracontrattuale�della� Comunita�e�disciplinata�nei�principigenerali�comuni�ai�diritti�degli�Stati�membri.� La�Corte�costituzionale�italiana,�partendo�dalla�premessa�che�il�Trattato�di�Roma�avrebbe� attribuito�agli�organi�della�CEE,�e�quindi�alla�Corte�di�giustizia,�competenze�limitate�ai�rapporti� economici,�dopo�aver�escluso�in�linea�di�principio�(sent.�n.�183/1973)�che�le�limitazioni�di�sovra- nita�accettate�dai�Paesi�membri�possano�comunque�comportare�la�violazione�dei�diritti�inalienabili� della�persona�da�parte�degli�organi�comunitari,�ha�concluso�che��in�tale�ipotesi�sarebbe�sempre� assicurata�la�garanzia�del�sindacato�giurisdizionale�di�questa�Corte�sulla�perdurante�compatibilita� del�Trattato�con�i�predetti�principi�fondamentali�.� La�Corte�e�poi�ritornata�sull'argomento�con�la�sentenza�n.�170/1984,�nella�cui�parte�finale�ha� ribadito�il�suo�sindacato,�a�tutela�dei�principi�fondamentali�dell'ordinamento�costituzionale�e�dei� diritti�inalienabili�della�persona�umana�nell'ipotesi,��sia�pure...�improbabile�,�della�violazione�di� quei�diritti�da�parte�degli�organi�comunitari.� La�Corte�costituzionale�tedesca�con�la�sentenza�29�maggio�1974�ha�riaffermato,�in�termini� generali�(non�e�da�escludere�che�abbia�influito�la�presa�di�posizione�che�da�poco�aveva�assunto�la� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� dopo�oltre�dieci�anni�non�vi�aveva�dato�esecuzione�integrale,�giustificandosi� con�versioni�di�fatto�smentite�dalle�relazioni�degli�ispettori�che�la�Commis- sione�aveva�ripetutamente�inviato�sul�posto.� Non�reagire,�e�non�reagire�vigorosamente,�sarebbe�stato�un�segno�di� debolezza�da�parte�di�una�delle�Istituzioni�della�Comunita��che,�secondo� quanto�dispone�l'art.�220�CE,��assicura�il�rispetto�del�diritto�nell'interpreta- zione�e�nell'applicazione�del�presente�trattato�.� Non�si�puo��,�pertanto,�escludere,�al�contrario�deve�forse�ritenersi�proba- bile,�che�proprio�le�difficolta��che�l'Unione�sta�incontrando�presso�l'opinione� pubblica�di�alcuni�Paesi�membri,�abbiano�indotto�la�Corte�ad�esercitare�con� fermezza�i�poteri�attribuiti�dal�Trattato.� Anche�sotto�il�profilo�dell'opportunita��la�sentenza,�pertanto,�non� dovrebbe�suscitare�critiche.� Avv. Glauco Nori Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�del�12�luglio�2005�nella� causa�C-304/02�(ricorso�per�inadempimento�ex art.�228�CE,�proposto�il�27�agosto� 2002)�^Commissione�Ce�(agenti�M.�Nolin,�H.�van�Liwer�e�Tin�van�Rijn)�c.�Repubblica� francese�(agenti�G.�de�Bergues,�A.�Colomb)�^Pres. V.�Skouris�^Rel.P.Jann^Avv. Gen. L.A.�Geelhoed.� �(Omissis)1.^Conil�suo�ricorso,laCommissione�delleComunita��europee�chiede�alla� Corte�di:� ^dichiarare�che,�non�avendo�adottato�i�provvedimenti�necessari�per�l'esecuzione�della� sentenza�11�giugno�1991,�causa�C-64/1988,�Commissione/Francia�(Racc. pag.�I-2727),�la� Repubblica�francese�e��venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE;� ^condannare�la�Repubblica�francese�a�pagare�alla�Commissione,�sul�conto��Risorse� proprie�della�Comunita��europea�,�una�penalita��dell'ammontare�di�EUR�316�500�per�ogni� giorno�di�ritardo�nell'attuazione�dei�provvedimenti�necessari�per�conformarsi�alla�citata�sen- tenza�Commissione/Francia,�e�cio��a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�e�sino� all'esecuzione�della�citata�sentenza�Commissione/Francia;� ^condannare�la�Repubblica�francese�alle�spese.� Corte�costituzionale�italiana)�che�in�materia�di�diritti�fondamentali�le�norme�costituzionali�tede- sche�dovevano�ritenersi�prevalenti�su�quelle�comunitarie�finche�la�Comunita��attraverso�un�Parla- mento�eletto�a�suffragio�universale�non�avesse�introdotto�mezzi�adeguati�di�tutela�dei�diritti�fonda- mentali.� Con�la�sentenza�22�ottobre�1986,�richiamando�l'art.�24,�primo�comma,�Grundgesetz,per�il� quale�con�un�atto�legislativo�lo�Stato�federale�puo��trasferire�diritti�di�sovranita��ad�istituzioni�inter- nazionali,�nel�confermare�che�opera�comunque�il�limite�del�rispetto�dei�diritti�fondamentali,�ha� rilevato�contemporaneamente�che�a�base�dell'ordinamento�comunitario�c'e��il�rispetto�dei�diritti� fondamentali.� La�Corte�costituzionale�tedesca�e��ritornata�sull'argomento�con�la�sentenza�del�12�ottobre�1993� (la�traduzione,�anche�se�non�integrale,�e��in�Riv.it.dir.pub.com.,�1994,�p.173�e�ss.)�con�la�quale�ha� rivendicato�il�potere�di�verificare�che�le�Istituzioni�comunitarie�si�mantengano�nei�limiti�fissati� dal�Trattato,�dichiarando,�di�conseguenza,�non�vincolante�nel�diritto�interno�l'atto�comunitario� che�fosse�andato�al�di�la��di�quei�limiti.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� NormativA comunitariA Normativa in materia di controlli 2.�^Il�Consiglio�ha�istituito�talune�misure�di�controllo�nei�confronti�delle�attivita�di� pesca�svolte�dai�pescherecci�degli�Stati�membri.�Tali�misure�sono�state�definite,�nell'ordine,� dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�29�giugno�1982,�n.�2057,�che�istituisce�alcune�misure� di�controllo�delle�attivita�di�pesca�esercitate�dai�pescherecci�degli�Stati�membri�(GUL 220,� pag.�1),�abrogato�e�sostituito�dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�23�luglio�1987,�n.�2241,� che�istituisce�alcune�misure�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�(GUL 207,�pag.�1),�a�sua�volta� abrogato�e�sostituito,�dal�1�gennaio�1994,�dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�12�otto- bre�1993,�n.�2847,�che�istituisce�un�regime�di�controllo�applicabile�nell'ambito�della�politica� comune�della�pesca�(GUL 261,�pag.�1).� 3.�^Le�misure�di�controllo�definite�da�tali�regolamenti�sono,�in�sostanza,�identiche.� 4.�^L'art.�1,�nn.�1�e�2,�del�regolamento�n.�2847/1993�prevede:� �1.�Per�garantire�l'osservanza�delle�disposizioni�della�politica�comune�della�pesca,�e�isti- tuito�un�regime�comunitario�comprendente,�in�particolare,�disposizioni�sul�controllo�tecnico:� ^delle�misure�di�conservazione�e�di�gestione�delle�risorse, ^delle�misure�strutturali, ^delle�misure�relative�all'organizzazione�comune�dei�mercati, nonche�disposizioni�relative�all'efficacia�delle�sanzioni�da�applicare�in�caso�di�inosser- vanza�delle�misure�medesime.� 2.�A�tal�fine�ogni�Stato�membro�adotta,�conformemente�alla�normativa�comunitaria,� provvedimenti�atti�a�garantire�l'efficacia�del�regime.�Esso�dota�altres|�le�proprie�autorita� competenti�di�mezzi�sufficienti�all'espletamento�delle�loro�funzioni�ispettive�e�di�controllo� definite�nel�presente�regolamento�.� 5.�^L'art.�2,�n.�1,�dello�stesso�regolamento�dispone:� �Per�garantire�l'osservanza�di�tutta�la�normativa�vigente�in�materia�di�conservazione�e� controllo,�ogni�Stato�membro�controlla,�nel�proprio�territorio�e�nelle�acque�marittime�sotto� la�sua�sovranita�o�giurisdizione,�l'esercizio�della�pesca�e�delle�attivita�connesse.�Esso�ispe- ziona�i�pescherecci�e�controlla�tutte�le�attivita�permettendo�in�tal�modo�di�verificare�l'appli- cazione�del�presente�regolamento,�in�particolare�le�attivita�di�sbarco,�di�vendita,�di�trasporto� e�di�magazzinaggio�dei�prodotti�della�pesca,�nonche�la�registrazione�degli�sbarchi�e�delle�ven- dite�.� 6.�^Ai�sensi�dell'art.�31,�nn.�1�e�2,�del�detto�regolamento:� �1.�Gli�Stati�membri�garantiscono�che�siano�prese�adeguate�misure,�compreso�l'avvio�di� azioni�amministrative�o�penali�conformemente�alle�legislazioni�nazionali,�contro�le�persone� fisiche�o�giuridiche�responsabili,�qualora�sia�stata�constatata�una�violazione�delle�norme� della�politica�comune�della�pesca,�in�particolare�in�seguito�all'ispezione�o�al�controllo�effet- tuati�in�conformita�del�presente�regolamento.� 2.�Le�azioni�promosse�ai�sensi�del�paragrafo�1�devono,�secondo�le�pertinenti�disposizioni� legislative�nazionali,�privare�effettivamente�i�responsabili�del�beneficio�economico�derivante� dall'infrazione�o�produrre�effetti�proporzionati�alla�gravita�delle�infrazioni,�tali�da�fungere� da�deterrente�per�ulteriori�infrazioni�dello�stesso�tipo�.� Normativa tecnica 7.�^Le�misure�tecniche�di�conservazione�delle�risorse�di�pesca�previste�dalla�normativa� in�materia�di�controlli�sono�state�definite�in�particolare�nel�regolamento�(CEE)�del�Consiglio� 25�gennaio�1983,�n.�171�(GUL 24,�pag.�14)�abrogato�e�sostituito�dal�regolamento�(CEE)�del� Consiglio�7�ottobre�1986,�n.�3094�(GUL 288,�pag.�1),�a�sua�volta�abrogato�e�sostituito�dal� 1.�luglio�1997�dal�regolamento�(CE)�del�Consiglio�29�aprile�1997�n.�894�(GUL 132,�pag.�1),� a�sua�volta�parzialmente�abrogato�e�sostituito�dal�1�gennaio�2000�dal�regolamento�(CE)�del� Consiglio�30�marzo�1998,�n.�850,�per�la�conservazione�delle�risorse�della�pesca�attraverso� misure�tecniche�per�la�protezione�del�novellame�(GU L�125,�pag.�1).� 8.�^Le�misure�tecniche�fissate�da�tali�regolamenti�sono�sostanzialmente�identiche.� 9.�^Queste�misure�riguardano�in�particolare�le�maglie�minime�delle�reti,�il�divieto�di�fis- sare�alle�reti�taluni�dispositivi�che�consentono�di�ostruire�le�maglie�o�di�ridurne�le�dimen- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� sioni,�il�divieto�di�mettere�in�vendita�pesci�al�di�sotto�di�una�taglia�minima�(in�prosieguo:�i� pesci��sotto�taglia�),�eccetto�le�catture�che�rappresentano�solo�una�percentuale�limitata�della� cattura�totale�(in�prosieguo:�le��catture�accessorie�).� SentenzA Commissione/FranciA 10.�^Nella�citata�sentenza�Commissione/Francia,�la�Corte�ha�dichiarato�e�statuito:� �Non�avendo�assicurato,�dal�1984�al�1987,�un�controllo�che�garantisse�il�rispetto�delle� misure�tecniche�comunitarie�per�la�conservazione�delle�risorse�di�pesca,�prescritte�dal�regola- mento�[n.�171/1983],�nonche�dal�regolamento�[n.�3094/1986],�la�Repubblica�francese�e� venuta�meno�agli�obblighi�imposti�dall'�art.�1�del�regolamento�[n.�2057/1982],�nonche�dal- l'art.�1�del�regolamento�[n.�2241/1987]�.� 11.�^In�tale�sentenza�la�Corte�ha�accolto�cinque�censure�nei�confronti�della�Repubblica� francese:� ^insufficienza�dei�controlli�per�quanto�riguarda�le�dimensioni�minime�delle�maglie�delle� reti�(punti�12-15�della�sentenza);� ^insufficienza�dei�controlli�per�quanto�riguarda�la�fissazione�alle�reti�di�dispositivi�vie- tati�dalla�normativa�comunitaria�(punti�16�e�17�della�sentenza);� ^inadempimento�degli�obblighi�di�controllo�in�materia�di�catture�accessorie�(punti�18�e� 19�della�sentenza);� ^inadempimento�degli�obblighi�di�controllo�per�quanto�riguarda�il�rispetto�delle�misure� tecniche�di�conservazione�che�vietano�la�vendita�dei�pesci�sotto�taglia�(punti�20-23�della�sen- tenza);� ^inadempimento�dell'obbligo�di�repressione�delle�infrazioni�(punto�24�della�sentenza).� ProcedimentO precontenziosO 12.�^Con�lettera�8�novembre�1991,�la�Commissione�chiedeva�alle�autorita�francesi�di� comunicarle�i�provvedimenti�adottati�per�dare�esecuzione�alla�citata�sentenza� Commissione/Francia.�Il�22�gennaio�1992,�le�autorita�francesi�rispondevano�che�esse�inten- devano��fare�tutto�quanto�potevano�per�conformarsi�alle�disposizioni��comunitarie.� 13.�^In�occasione�di�diverse�missioni�effettuate�nei�porti�francesi,�gli�ispettori�della� Commissione�constatavano�un�miglioramento�della�situazione,�ma�rilevavano�parecchie� insufficienze�nei�controlli�esercitati�dalle�autorita�francesi.� 14.�^Dopo�aver�invitato�la�Repubblica�francese�a�presentare�le�sue�osservazioni,�la� Commissione�emanava,�il�17�aprile�1996,�un�parere�motivato�nel�quale�constatava�che�alla� citata�sentenza�Commissione/Francia�non�era�stata�data�esecuzione�nei�punti�seguenti:� ^mancanzadiconformita�delle�dimensioni�minime�delle�maglie�delle�reti�alla�norma- tiva�comunitaria,� ^insufficienza�dei�controlli,�che�consentiva�la�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia;� ^atteggiamento�permissivo�delle�autorita�francesi�nella�repressione�delle�infrazioni.� 15.�^Attirando�l'attenzione�sull'eventualita�di�sanzioni�pecuniarie�per�mancata�esecu- zione�di�una�sentenza�della�Corte,�la�Commissione�fissava�un�termine�di�due�mesi�perche�la� Repubblica�francese�prendesse�tutti�i�provvedimenti�necessari�ai�fini�dell'esecuzione�della� citata�sentenza�Commissione/Francia.� 16.�^Nell'ambitodiunoscambiodicorrispondenzatraleautorita�francesieiservizidella� Commissione,�le�dette�autorita�hanno�tenuto�quest'ultima�informata�dalle�misure�che�esse�ave- vano�adottato�e�continuavano�ad�applicare�nel�senso�di�un�rafforzamento�dei�controlli.� 17.�^Parallelamente,�venivano�effettuate�diverse�missioni�ispettive�nei�porti�francesi.� Sulla�base�delle�relazioni�redatte�dopo�una�visita�dal�24�al�28�agosto�1996�a�Lorient,�a�Guil- vinec�e�a�Concarneau,�dal�22�al�26�settembre�1997�a�Guilvinec,�a�Concarneau�e�a�Lorient,� dal�13�al�17�ottobre�1997�a�Marennes-Ole�ron,�ad�Arcachon�e�a�Bayonne,�dal�30�marzo�al� 4�aprile�1998�nella�Bretagna�meridionale�e�in�Aquitania,�dal�15�al�19�marzo�1999�a�Douarne- nez�e�a�Lorient�nonche�,�dal�13�al�23�luglio�1999,�a�Lorient,�a�Be�nodet,�a�Loctudy,�a�Guilve- nec,�a�Lesconil�e�a�Saint-Gue�nole�,�i�servizi�della�Commissione�giungevano�alla�conclusione� che�esistevano�due�problemi,�cioe�,�da�una�parte,�l'insufficienza�di�controlli�che�consentiva� la�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia�e,�dall'altra,�l'atteggiamento�permissivo�delle�autorita� francesi�nella�repressione�delle�infrazioni.� 18.�^Le�relazioni�degli�ispettori�hanno�indotto�la�Commissione�a�emettere,il�6�giu- gno�2000,unpareremotivatocomplementarenelqualeessaconstatavacheallacitatasentenza� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Commissione/Francia�non�era�stata�data�esecuzione�nei�due�punti�di�cui�sopra.�La�Commis- sioneprecisavache,intalecontesto,�essaconsiderava�particolarmentegraveilfattochedocu- mentipubblici�relativi�alle�vendite�alle�gridautilizzinoufficialmenteilcodice��00��inviolazione� manifesta�delle�disposizioni�del�regolamento�(CE)�del�Consiglio�26�novembre�1996,�n.�2406,� che�stabilisce�norme�comuni�di�commercializzazione�per�taluni�prodotti�della�pesca� (GUL 334,pag.�1).Essaattiraval'attenzionesull'eventualita�disanzionipecuniarie�.� 19.�^Nella�loro�risposta�del�1�agosto�2000,�le�autorita�francesi�facevano�sostanzial- mente�valere�che,�dopo�l'ultima�relazione�di�ispezione,�nel�controllo�nazionale�delle�pesche� erano�intervenuti�importanti�cambiamenti.�Esso�sarebbe�stato�oggetto�di�una�riorganizza- zione�interna,�con�l'istituzione�di�una��cellula�,�successivamente�divenuta��missione��del� controllo�delle�pesche�e�avrebbe�beneficiato�di�un�rafforzamento�dei�mezzidi�controllo,in� particolare�con�la�messa�a�disposizione�di�mezzi�da�ricognizione�e�di�un�sistema�di�sorve- glianza�su�schermo�delle�posizioni�dei�pescherecci�nonche�la�diffusione�di�istruzioni�ad�uso� del�personale�di�controllo.� 20.�^Nel�corso�di�una�missione�ispettiva�dal�18�al�28�giugno�2001,�presso�i�comuni�di� Guilvinec,�di�Lesconil,�di�Saint-Gue�nole�e�di�Loctudy,�gli�ispettori�della�Commissione�con- statavano�la�carenza�dei�controlli,�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia�e�la�messa�in�vendita�di� tali�pesci�con�il�codice��00�.� 21.�^Con�lettera�16�ottobre�2001,�le�autorita�francesi�trasmettevano�alla�Commissione� copia�di�un�ordine�di�servizio�indirizzato�alle�direzioni�regionali�e�dipartimentali�degli�affari� marittimi�che�ingiungeva�loro�di�far�cessare�l'utilizzazione�del�codice��00��entro�il�31�dicem- bre�2001�e�di�applicare,�a�partire�da�tale�data,�le�sanzioni�regolamentari�agli�operatori�che�non� visiconformavano.�Le�dette�autorita�menzionavanounaumento,�apartire�dal1998,�delnumero� di�procedimenti�penali�per�infrazione�alle�norme�relative�alle�dimensioni�minime�ed�il�carattere� dissuasivo�delle�pene�irrogate.�Esse�comunicavano�altres|�l'adozione,�nel�2001,�di�un�piano�di� controllo�generale�delle�pesche�che�fissava�delle�priorita�,�tra�le�quali�l'attuazione�di�un�piano�di� ripopolamento�del�nasello�e�il�controllo�rigoroso�del�rispetto�delle�dimensioni�minime.� 22.�^Considerando�che�la�Repubblica�francese�continuava�a�non�aver�dato�esecuzione� alla�citata�sentenza�Commissione/Francia,�la�Commissione�ha�proposto�il�ricorsoinesame.� Procedimento dinanzi alla Corte 23.�^In�risposta�ad�un�quesito�posto�dalla�Corte�ai�fini�dell'udienza�del�3�marzo�2004,� la�Commissione�ha�reso�noto�che,�dopo�la�proposizione�del�ricorso�in�esame,�i�suoi�servizi� avevano�proceduto�a�tre�nuove�missioni�ispettive�(dall'11�al�16�maggio�2003a�Se�te�e�a�Port-- Vendres,�dal�19al20�giugno�2003�a�Loctudy,�aLesconil,�aSt-Gue�nole�e�a�Guilvinec,�nonche� dal�14�al�22�luglio�2003�a�Port-la-Nouvelle,�a�Se�te,�al�Grau-du-Roi,�a�Carro,�a�Sanary-sur-- Mer�e�a�Tolone).�Secondo�la�Commissione,�dalle�relazioni�su�tali�missioni�risulta�che�il� numero�dei�casi�di�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia�era�diminuito�in�Bretagna�ma�che� esistevano�problemi�sulla�costa�mediterranea�per�quanto�riguardava�il�tonno�rosso.�Ne�risul- terebbe�altres|�che�i�controlli�allo�sbarco�erano�poco�frequenti.� 24.�^La�Commissione�ha�spiegato�che,�per�valutare�l'efficacia�delle�misureadottate� dalle�autorita�francesi,�sarebbe�necessario�che�essa�disponesse�dei�rendiconti�e�dei�bilanci�sta- tistici�relativi�all'attuazione�delle�diverse�misure�di�organizzazione�generale�del�controllo� delle�pesche�menzionate�dal�governo�francese.� 25.�^Invitato�dalla�Corte�a�precisare�il�numero�dei�controlli�in�mare�e�a�terra�ai�quali,� dopo�la�proposizione�del�ricorso�in�esame,�le�autorita�francesi�avevano�proceduto�al�fine�di� far�rispettare�le�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei�pesci�nonche�il�numero�delle� infrazioni�accertate�e�le�conseguenze�giudiziarie�riservate�a�tali�infrazioni,�il�30�gennaio�2004� il�governo�francese�ha�depositato�nuovi�dati�statistici.�Ne�risulterebbe�che�il�numero�di�con- trolli,�di�accertamenti�di�infrazioni�e�di�condanne�sarebbe�diminuito�durante�l'anno�2003� rispetto�all'anno�2002.� 26.�^Il�governo�francese�ha�spiegato�la�diminuzione�dei�controlli�in�mare�con�la�mobili- tazione�delle�navi�francesi�per�lottare�contro�l'inquinamento�causato�dal�naufragio�della� petroliera�Prestige�e�la�diminuzione�dei�controlli�a�terra�con�il�miglioramento�della�disciplina� dei�pescatori.�Esso�ha�spiegato�la�diminuzione�delle�condanne�pronunciatecon�gli�effetti� della�legge�6�agosto�2002,�n.�2002-1062,�recante�amnistia�(JORF�n.�185�del�9�agosto�2002,� pag.�13647),�sottolineando�nel�contempo�l'aumento�dell'importo�medio�delle�ammende� inflitte.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Sull'inadempimentO contestatO Sull'area geografica interessata 27.�^In�via�preliminare,�occorre�rilevare�che�la�contestazione�formulata�nel�dispositivo� dellacitata�sentenzaCommissione/Francia,�secondocuila�Repubblicafrancesenonavevaassi- curato�uncontrollo�che�garantisse�il�rispetto�delle�misure�tecniche�comunitarie�perlaconserva- zione�delle�risorse�di�pesca�previste�dai�regolamenti�nn.�171/1983�e�3094/1986,�riguardava,� come�risulta�dalla�delimitazione�operata�dall'art.�1,�n.�1,�di�tali�regolamenti,�solo�la�cattura�e� lo�sbarco�delle�risorse�alieutiche�presenti�in�talune�zone�dell'Atlanticonordorientale.� 28.�^Come�fatto�valere�dal�governo�francese�e�precisato�dalla�Commissione�all'udienza� del�3�marzo�2004,�il�presente�ricorso�verte�quindi�solo�sulla�situazione�nelle�stesse�zone.� Sulla data di riferimento 29.�^La�Commissione�ha�inviato�alla�Repubblica�francese�un�primo�parere�motivato�il� 14�aprile�1996,�poi�un�parere�motivato�integrativo�il�6�giugno�2000.� 30.�^Ne�consegue�che�la�data�di�riferimento�per�valutare�l'inadempimento�contestato�si� colloca�alla�scadenza�del�termine�fissato�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,� ossia�due�mesi�dopo�la�notifica�di�quest'ultimo�(sentenze�13�giugno�2002,�causa� C-474/1999,�Commissione/Spagna,�Racc. pag.�I-5293,�punto�27,�e�C-33/01,�Commissione/� Grecia,�Racc. pag.�I-5447,�punto�13).� 31.�^Dato�che�la�Commissione�ha�chiesto�la�condanna�della�Repubblica�francese�al� pagamento�di�una�penalita�,�occorre�altres|�accertare�se�l'inadempimento�contestato�sia�per- durato�sino�all'esame�dei�fatti�da�parte�della�Corte.� Sullaportata degliobblighiche incombono agliStatimembrinell'ambito dellapoliticacomune della pesca. 32.�^L'art.�1�del�regolamento�n.�284/1993,�che�costituisce,�nel�settore�della�pesca,�un'e- spressione�particolare�degli�obblighi�imposti�agli�Stati�membri�dall'art.�10�CE,�prevede�che� questi�ultimi�adottano�provvedimenti�atti�a�garantire�l'efficacia�del�regime�comunitario�di� conservazione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca.� 33.�^Il�regolamento�n.�2847/1993�prevede�al�riguardo�una�responsabilita�congiunta� degli�Stati�membri�(v.,�a�proposito�del�regolamento�n.�2241/1987,�sentenza�27�marzo�1990,� causa�C-9/1989,�Spagna/Consiglio,�Racc. pag.�I-1383,�punto�10).�Tale�responsabilita�con- giunta�implica�che,�quando�uno�Stato�membro�viene�meno�ai�propri�obblighi,�esso�pregiu- dica�gli�interessi�degli�altri�Stati�membri�e�dei�loro�operatori�economici.� 34.�^Il�rispetto�degli�obblighi�che�incombono�agli�Stati�membri�in�forza�delle�norme� comunitarie�e�da�ritenersi�imperativo�per�garantire�la�protezione�dei�fondali,�la�conserva- zione�delle�risorse�biologiche�marine�ed�il�loro�sfruttamento�sostenibile�e�a�condizioni�econo- miche�e�sociali�appropriate�(v.�a�proposito�del�mancato�rispetto�del�regime�delle�quote�per� le�campagne�di�pesca�1991-1996,�sentenza�25�aprile�2002,�cause�riunite�C-418/00�e� C-419/00,�Commissione/Francia,�Racc.�pag.�I-3969,�punto�57).� 35.�^A�tal�fine,�l'art.�2�del�regolamento�n.�2847/1993,�che�riporta�gli�obblighi�previsti� dall'art.�1,n.�1,delregolamenton.2241/1987,imponeagliStatimembridicontrollarel'eser- cizio�della�pesca�e�delle�attivita�connesse.�Esso�richiede�che�gli�Stati�membri�ispezionino�i� pescherecci�e�controllino�tutte�le�attivita�,�in�particolare�le�attivita�di�sbarco,�di�vendita,�di� trasporto�e�di�magazzinaggio�del�pesce�e�la�registrazione�degli�sbarchi�e�delle�vendite.� 36.�^L'art.�31�del�regolamento�n.�2847/1993,�che�riporta�gli�obblighi�previsti�all'art.�1,� n.�2,�dei�regolamenti�nn.�2057/1982�e�2241/1987,�impone�agli�Stati�membri�di�perseguire�le� infrazioni�constatate.�Esso�precisa�al�riguardo�che�le�azioni�promosse�debbono�essere�tali� da�privare�effettivamente�i�responsabili�del�beneficio�economico�derivante�dall'infrazione�o� da�produrre�effetti�proporzionati�alla�gravita�delle�infrazioni,�cos|�da�fungere�da�deterrente� per�ulteriori�infrazioni�dello�stesso�tipo.� 37.�^Il�regolamento�n.�2847/1993�fornisce�cos|�indicazioni�precise�quanto�al�contenuto� delle�misure�che�debbono�essere�adottate�dagli�Stati�membri�e�che�debbono�tendere�all'accer- tamento�della�regolarita�delle�operazioni�di�pesca�con�un�obiettivo�nel�contempo�di�preven- zione�di�eventuali�irregolarita�e�di�repressione�di�queste�ultime.�Tale�obiettivo�implica�che�le� misure�attuate�devono�avere�un�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo.�Come�rile- vato�dall'avvocato�generale�al�paragrafo�39�delle�sue�conclusioni�del�29�aprile�2004,�deve�esi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� stere,�per�le�persone�che�esercitano�un'attivita�di�pesca�o�un'attivita�connessa,�un�serio�rischio� che,�in�caso�di�un�infrazione�alle�norme�della�politica�comune�della�pesca,�esse�siano�scoperte� e�si�vedano�infliggere�sanzioni�adeguate.� 38.�^Alla�luce�di�queste�considerazioni�occorre�verificare�se�la�Repubblica�francese�ha� adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,� Commissione/Francia,�comporta.� Sulla prima censura: l'insufficienza del controllo Argomenti�delle�parti� 39.�^La�Commissione�sostiene�che�dagli�accertamenti�operati�dai�suoi�ispettori�risulta� che�il�controllo�esercitato�dalle�autorita�francesi�per�quanto�riguarda�il�rispetto�delle�disposi- zioni�comunitarie�in�materia�di�dimensioni�minime�dei�pesci�e�sempre�carente.� 40.�^L'aumento�del�numero�delle�ispezioni�menzionato�dal�governo�francesenon� sarebbe�tale�da�modificare�tali�accertamenti�dato�che�si�tratterebbe�unicamente�di�ispezioni� in�mare.�Quanto�ai�piani�di�controllo�adottati�da�tale�governo�nel�2001�e�nel�2002,�essi�non� sarebbero,�di�per�se�,�tali�da�porre�fine�all'inadempimento�contestato.�L'attuazione�di�questi� piani�presupporrebbe,�infatti�la�previa�fissazione�di�obiettivi,�indispensabili�per�poter�valu- tare�l'efficacia�e�l'attuabilita�dei�detti�piani.�Bisognerebbe�inoltre�che�questi�ultimi�fossero� effettivamente�applicati,�circostanza�che�le�missioni�effettuate�nei�porti�francesi�dopo�la�loro� introduzione�non�avrebbero�permesso�di�provare.� 41.�^Il�governo�francese�fa�rilevare,�innanzitutto,�che�le�relazioni�ispettive�sulle�quali�la� Commissione�si�basa�non�sono�mai�state�portate�a�conoscenza�delle�autorita�francesi,�che� non�sono�state�in�grado�di�rispondere�alle�affermazioni�ivi�contenute.�Talirelazioni�sareb- bero�inoltre�basate�su�mere�supposizioni.� 42.�^Esso�fa�inoltre�valere�che,�dopo�la�pronuncia�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,� Commissione/Francia,�esso�non�ha�cessato�di�rafforzare�i�suoi�dispositivi�di�controllo.�Tale� rafforzamento�avrebbe�preso�la�forma�di�un�aumento�del�numero�delle�ispezioni�in�mare�e� dell'adozione,�nel�2001,�di�un�piano�di�controllo�generale,�completato,�nel�2002,�da�un�piano� di�controllo��taglie�minime�di�cattura�.�Quanto�all'efficacia�di�tali�misure,�esso�sottolinea� che�la�non�commercializzazione�di�pesci�sotto�taglia�ha�potuto�essere�accertata�in�occasione� di�svariate�missioni�di�verifica�effettuate�da�ispettori�della�Commissione.� 43.�^Infine,�secondo�il�governo�francese,�la�Commissione�si�limita�ad�affermare�che�le� misure�da�esso�adottate�sono�inadeguate,�ma�non�indica�quelle�che�sarebbero�idonee�a�porre� fine�all'inadempimento�contestato.� Giudizio�della�Corte� 44.�^Come�il�procedimento�di�cui�all'art.�226�CE�(v.,�a�proposito�del�mancato�rispetto� del�regime�dei�contingenti�per�le�campagne�di�pesca�1988�e�1990,�sentenza�1.�febbraio�2001,� causa�C-333/1999,�Commissione/Francia,�Racc. pag.�I-1025,�punto�33),�il�procedimento�di� cui�all'art.�228�CE�si�basa�sull'accertamento�oggettivo�dell'inosservanza�da�parte�di�uno� Stato�membro�dei�propri�obblighi.� 45.�^Nella�fattispecie,�la�Commissione�ha�fornito�a�sostegno�della�propria�censura�rela- zioni�di�missione�redatte�dai�suoi�ispettori.� 46.�^L'argomento�del�governo�francese,�sollevato�nella�fase�della�controreplica,� secondo�il�quale�le�relazioni�a�cui�la�Commissione�ha�fatto�riferimento�nel�suo�ricorso�non� potrebbero�essere�utilizzate�come�prova�di�persistenza�dell'inadempimento�in�quanto�non� sarebbero�mai�state�portate�a�conoscenza�delle�autorita�francesi,�non�puo�essere�accolto.� 47.�^Dall'esame�delle�relazioni�presentate�dalla�Commissione�risulta�che�tutte�le�rela- zioni�posteriori�al�1998,�prodotte�agli�atti�nella�loro�versione�integrale�o�sotto�forma�di�ampi� estratti,�si�riferiscono�a�resoconti�di�riunioni�nel�corso�delle�quali�le�autorita�nazionali�com- petenti�sono�state�informate�dei�risultati�delle�missioni�ispettive�e�hanno�quindi�avuto�la�pos- sibilita�di�presentare�le�loro�osservazioni�sugli�accertamenti�degli�ispettori�della�Commis- sione.�Se�tale�riferimento�non�si�ritrova�nelle�relazioni�anteriori,�prodotte�agli�atti�sotto� forma�di�estratti�limitati�agli�accertamenti�di�fatto�operati�dai�detti�ispettori,�basta�a�questo� proposito�ricordare�che,�nella�sua�lettera�1�agosto�2000,�inviata�alla�Commissione�in�risposta� al�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�il�governo�francese�ha�presentato�le�sue� osservazioni�sul�contenuto�di�tali�relazioni�senza�mettere�in�discussionelecondizioni�della� loro�comunicazione�alle�autorita�francesi.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 48.�^Di�conseguenza,�occorre�verificare�se�le�informazioni�contenute�nelle�relazioni�di� missione�presentate�dalla�Commissione�siano�tali�da�fondare�un�accertamento�oggettivo� della�persistenza�di�un�inadempimento�dei�suoi�obblighi�di�controllo�da�parte�della�Repub- blica�francese.� 49.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�scadenza�del�termine�impartitonel�parere� motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�risulta�dalle�relazioni�alle�quali�la�Commissione�ha� fatto�riferimento�nel�detto�parere�(v.�punto�17�della�presente�sentenza),�che�gli�ispettori� hanno�potuto�accertare�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia�in�occasione�di�ciascuna�delle�sei� missioni�da�loro�effettuate.�Essi�hanno�potuto�accertare,�in�particolare,�l'esistenza�di�un�mer- cato�per�i�naselli�sotto�taglia,�commercializzati�col�nome�di��merluchons�o�friture de merlu- chons��e�messi�in�vendita,�in�violazione�delle�norme�di�commercializzazione�fissate�dal�rego- lamento�n.�2406/1996,�con�il�codice��00�.� 50.�^In�occasione�di�cinque�di�tali�sei�missioni�lo�sbarco�e�la�messa�in�vendita�dei�pesci� sotto�taglia�sono�avvenuti�in�assenza�di�controllo�da�parte�delle�autorita��nazionali�compe- tenti.�Come�ha�riconosciuto�il�governo�francese�nella�sua�risposta�del�1�agosto�2000�al� parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�le�persone�che�gli�ispettori�hanno�potuto� incontrare��non�appartenevano�alle�categorie�degli�agenti�autorizzati�ad�accertare�le�infra- zioni�alla�disciplina�delle�pesche�ne�all'amministrazione�degli�affari�marittimi�.�In�occasione� della�sesta�missione,�gli�ispettori�hanno�accertato�che�pesci�sotto�taglia�erano�stati�sbarcati� e�messi�in�vendita�in�presenza�di�autorita��nazionali�competenti�ad�accertare�le�infrazioni�alla� disciplina�della�pesca.�Tali�autorita��si�sono�tuttavia�astenute�dal�perseguire�i�contravventori.� 51.�^Tali�elementi�permettono�di�accertare�la�persistenza�di�una�prassi�di�messa�in�ven- dita�di�pesci�sotto�taglia�in�mancanza�di�un�efficace�intervento�delle�autorita��nazionali�com- petenti,�che�presenta�un�grado�di�continuita��e�di�generalita��tale�da�compromettere�grave- mente,�a�causa�del�suo�effetto�cumulativo,�gli�obiettivi�del�regime�comunitario�di�conserva- zione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca.� 52.�^Per�giunta,�la�similarita��e�la�ripetizione�delle�situazioni�accertate�in�tutte�le�rela- zioni�permettono�di�considerare�che�tali�casi�hanno�potuto�essere�solo�la�conseguenza�di� un'insufficienza�strutturale�delle�misure�attuate�dalle�autorita��francesi�e,�di�conseguenza,�di� un�inadempimento,�da�parte�di�tali�autorita��,�dell'obbligo�di�procedere�a�controlli�effettivi,� proporzionati�e�dissuasivi�loro�imposto�dalla�normativa�comunitaria�(v.,�in�questo�senso,� citata�sentenza�1.�febbraio�2001,�Commissione/Francia,�punto�35).� 53.�^Si�deve�pertanto�constatare�che,�alla�scadenza�del�termine�impartito�nel�parere� motivato�integrativo�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�la�Repubblica�fran- cese,�non�avendo�garantito�un�controllo�delle�attivita��di�pesca�conforme�agli�obblighi�previsti� dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della� citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�comportava�e�pertanto�veniva�meno� agli�obblighi�che�ad�essa�incombevano�in�forza�dell'art.�228�CE.� 54.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�data�dell'esame�dei�fatti�da�parte�della� Corte,�le�informazioni�disponibili�rivelano�la�persistenza�di�carenze�significative.� 55�.�^Cos|�,nelcorsodellamissioneeffettuatainBretagnanel�giugno�2001�(v.punto�20� della�presente�sentenza),�gli�ispettori�della�Commissione�hanno�potuto�ancora�una�volta� accertare�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia.�Una�diminuzione�del�numero�di�casi�di�messe�in� vendita�di�tali�pesci�e��stata�accertata�nel�corso�di�una�missione�ulteriore�nella�stessa�regione� nel�giugno�2003�(v.�punto�23�della�presente�sentenza).�Tuttavia,�tale�circostanza�non�e��deter- minante�alla�luce�della�convergenza�degli�accertamenti,�figuranti�nelle�relazioni�redatte�in� occasione�di�queste�due�missioni,�in�ordine�alla�mancanza�di�efficacia�dei�controlli�a�terra.� 56.�^Dato�che�la�Commissione�ha�fornito�sufficienti�elementi�da�cui�risultala�persi- stenza�dell'inadempimento,�spetta�allo�Stato�membro�interessato�contestare�in�modo�appro- fondito�e�particolareggiato�i�dati�prodotti�e�le�conseguenze�che�ne�derivano�(v.,�in�tal�senso,� sentenze�22�settembre�1988,�causa�272/1986,�Commissione/Grecia,�Racc. pag.�4875,� punto�21,�e�9�novembre�1999,�causa�C-365/1997,�Commissione/Italia,�Racc. pag.�I-7773,� punti�84-87).� 57.�^Al�riguardo,�si�deve�rilevare�che�l'informazione�concernente�l'aumento�dei�con- trolli�a�seguito�dei�piani�adottati�nel�2001�e�nel�2002,�menzionato�dal�governo�francese�nel� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� suo�controricorso,�contrasta�con�l'informazione�fornita�da�questo�stesso�governo�in�risposta� ai�quesiti�della�Corte�(v.�punto�26�della�presente�sentenza),�da�cui�risulta�che�il�numero�dei� controlli�a�terra�ed�in�mare�e�diminuito�nell'anno�2003�rispetto�all'anno�2002.� 58.�^Anche�supponendo�che�tali�informazioni�divergenti,�come�sostiene�il�governo� francese,�possano�essere�considerate�rivelatrici�di�un�miglioramento�della�situazione,�nondi- meno,�gli�sforzi�prestati�non�sono�tali�da�scusare�gli�inadempimenti�accertati�(citata�sentenza� 1.�febbraio�2001,�Commissione/Francia,�punto�36).� 59.�^In�questo�contesto,�neppure�l'argomento�del�governo�francese�secondoil�quale�la� diminuzione�dei�controlli�sarebbe�giustificata�da�una�migliore�disciplina�dei�pescatori�puo� essere�accolto.� 60.�^Infatti,�come�lo�stesso�governo�francese�ha�fatto�valere�nel�suo�controricorso,�l'av- vio�di�azioni�dirette�a�riformare�comportamenti�e�mentalita�costituisce�un�lungo�processo.� Si�deve�quindi�considerare�che�la�carenza�strutturale,�per�un�periodo�che�si�estende�su�oltre� dieci�anni,�dei�controlli�diretti�a�far�rispettare�le�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei� pesci�ha�dato�luogo,�presso�gli�operatori�interessati,�a�comportamenti�che�potranno�essere� corretti�solo�al�termine�di�un'azione�costante�nel�tempo.� 61.�^Di�conseguenza,�alla�luce�degli�elementi�circostanziati�presentati�dalla�Commis- sione,�le�informazioni�fornite�dal�governo�francese�non�sono�cos|�solide�da�dimostrare�che� le�misure�attuate�da�quest'ultimo�in�materia�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�presentano� il�carattere�effettivo�richiesto�per�soddisfare�al�suo�obbligo�di�garantire�l'efficacia�del�regime� comunitario�di�conservazione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca�(v.�punti�37�e� 38�della�presente�sentenza).� 62.�^Si�deve�pertanto�constatare�che,�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato�i�fatti�che�le� sono�stati�presentati,�la�Repubblica�francese,�non�avendo�garantito�un�controllo�delle�atti- vita�di�pesca�conforme�agli�obblighi�previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adot- tato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/- Francia,�comportava�venendo�pertanto�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�del- l'art.�228�CE.� Sulsecondomotivo: l'insufficienzadelleazionirepressive Argomenti�delle�parti� 63.�^La�Commissione�sostiene�che�le�azioni�repressive�avviate�dalle�autorita�francesi� per�infrazione�alle�disposizioni�comunitarie�in�materia�di�dimensioni�minime�dei�pesci�sono� insufficienti.�In�maniera�generale,�l'insufficienza�dei�controlli�si�rifletterebbe�sul�numero�delle� azioni�repressive.�Inoltre,�risulterebbe�dalle�informazioni�fornite�dal�governo�francese�che,� anche�quando�sono�accertate�infrazioni,�le�azioni�repressive�non�sarebbero�sistematiche.� 64.�^Per�quanto�riguarda�le�statistiche�presentate�dal�governo�francese�prima�della�sca- denza�del�termine�fissato�nel�parere�motivato�integrativo�6�giugno�2000,�la�Commissione� rileva�che�esse�sono�troppo�globali,�in�quanto�riguardano�l'insieme�del�territorio�francese�e� non�precisano�la�natura�delle�infrazioni�perseguite.� 65.�^Quanto�alle�informazioni�fornite�successivamente,�la�Commissione�ritiene�che�esse� non�consentano�di�dedurne�che�le�autorita�francesi�applichino�una�politica�di�sanzioni�dis- suasive�per�quanto�riguarda�le�infrazioni�alle�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei� pesci.�Essa�rileva�che,�per�l'anno�2001,�il�governo�francese�ha�segnalato,�in�applicazione�dei� regolamenti�(CE)�del�Consiglio�24�giugno�1999,�n.�1447,�recante�l'elenco�dei�comportamenti� che�violano�gravemente�le�norme�della�politica�comune�della�pesca�(G.U. L167,�pag.5)�e� (CE)�della�Commissione�21�dicembre�1999,�n.�2740,�che�stabilisce�le�modalita�di�applica- zione�del�regolamento�n.�14471999�(G.U. L�328,�pag.�62),�73�casi�di�infrazioni�alle�norme� relative�alle�dimensioni�minime�dei�pesci.�Ora,�solo�in�8�casi,�ossia�l'11%,�si�sarebbe�giunti� all'imposizione�di�un'ammenda.� 66.�^Pur�riconoscendo�che�la�circolare�del�Ministero�della�giustizia�del�16�ottobre�2002,� alla�quale�fa�riferimento�il�governo�francese,�costituisce�una�misura�adeguata,�la�Commis- sione�ritiene�tuttavia�che�occorra�verificare�il�modo�in�cui�essa�sara�applicata.�Al�riguardo,� essa�fa�rilevare�che�le�ultime�cifre�comunicate�da�tale�governo�per�l'anno�2003�rivelano�una� diminuzione�delle�condanne�pronunciate.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 67.^Ilgovernofrancesefavalereche,�apartiredal�1991,inumerodelleinfrazioniper- seguite�e�l'entita�delle�condanne�pronunciate�sono�in�aumento�costante.�Esso�sottolinea�pero� che�un�esame�puramente�statistico�del�numero�di�infrazioni�perseguite�non�puo�,diper�se� solo,�provare�l'efficacia�di�un�regime�di�controllo�in�quanto�si�basa�sul�presupposto,�per�nulla� dimostrato,�di�numero�stabile�delle�infrazioni.� 68.�^Il�governo�francese�menziona�una�circolare�che�il�Ministro�della�Giustizia�ha� inviato,�il�16�ottobre�2002,�ai�procuratori�generali�presso�le�corti�d'appello�di�Rennes,�di�Poi- tiers,�di�Bordeaux�e�di�Pau,�nella�quale�sono�raccomandate�una�repressione�sistematica�delle� infrazioni�nonche�l'irrogazione�di�ammende�dissuasive.�Esso�riconosce�tuttavia�che�tale�cir- colare�non�ha�potuto�produrre�pienamente�effetti�nel�2002�ne�nel�2003�a�seguito�della�legge� n.�2002-1062,�che�ha�amnistiato�le�infrazioni�commesse�entro�il�17�maggio�2002�purche�l'am- menda�non�eccedesse�EUR�750.� Giudizio�della�Corte� 69.�^L'obbligo�degli�Stati�membri�di�vegliare�a�che�le�infrazioni�alla�normativa�comuni- taria�formino�oggetto�di�sanzioni�a�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo�presenta� un'importanza�essenziale�nel�settore�della�pesca.�Infatti,�se�le�autorita�competenti�di�uno� Stato�membro�si�astenessero�sistematicamente�dal�perseguire�i�responsabili�di�tali�infrazioni,� sarebbero�pregiudicate�sia�la�conservazione�e�la�gestione�delle�risorse�della�pesca,�sia�l'appli- cazione�uniforme�della�politica�comune�della�pesca�(v.,�a�proposito�del�mancato�rispetto�del� regime�dei�contingenti�per�le�campagne�di�pesca�1991�e�1992,�sentenza�7�dicembre�1995,� causa�C-52/1995,�Commissione/Francia,�Racc. pag.�I-4443,�punto�35).� 70.�^Per�quanto�riguarda,�nel�caso�di�specie,�la�situazione�alla�scadenza�del�termine� impartito�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�basta�ricordare�le�considera- zioni�esposte�ai�punti�49-52�della�presente�sentenza.�Essendo�provato�che�infrazioni�peraltro� accertabili�da�parte�delle�autorita�nazionali�non�sono�state�rilevate�e�che�non�sono�stati� redatti�verbali�a�carico�dei�contravventori,�e�giocoforza�constatare�che�le�dette�autorita�sono� venute�meno�all'obbligo�di�repressione�loro�imposto�dalla�normativa�comunitaria�(v.,�in�que- sto�senso,�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�punto�24).� 71.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato�i�fatti,� occorre�riportarsi�alle�considerazioni�esposte�ai�punti�54-61�della�presente�sentenza,�in�cui� si�ammette�la�persistenza�di�carenze�significative�nei�controlli.�Alla�luce�di�tali�considera- zioni,�l'aumento�del�numero�di�infrazioni�perseguite,�menzionato�dal�governo�francese,�non� puo�essere�considerato�sufficiente.�Infatti,�come�ha�fatto�osservare�tale�governo,�un�esame� puramente�statistico�del�numero�di�infrazioni�perseguite�non�puo�,diper�se�solo,�provare�l'ef- ficacia�di�un�regime�di�controllo.� 72.�^Pergiunta,comerilevatodallaCommissione,dalleinformazionifornitedalgoverno� franceserisultachenonsonoperseguitetutteleinfrazioniaccertate.�Risultaaltres|�cheleinfra- zioni�perseguite�non�formano�tutte�oggetto�di�sanzioni�dissuasive.�Cos|�,�il�fatto�che�numerose� infrazioni�in�materia�di�pesca�abbiano�potuto�beneficiare�della�legge�n.�2002-1062�attesta�che,� in�tutti�questi�casi,�sono�state�irrogate�ammende�inferiori�a�EUR�750.� 73.�^Di�conseguenza,�alla�luce�degli�elementi�circostanziati�presentati�dalla�Commis- sione,�le�informazioni�fornite�dal�governo�francese�non�sono�cos|�solide�da�dimostrare�che� le�misure�attuate�da�quest'ultimo�per�quanto�riguarda�la�repressione�delle�infrazioni�alla� disciplina�della�pesca�presentano�il�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo�richiesto� per�soddisfare�al�suo�obbligo�di�garantire�l'efficacia�del�regime�comunitario�di�conserva- zione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca�(v.�punti�37�e�38�della�presente�sen- tenza).� 74.�^Si�deve�dunque�constatare�che,�tanto�alla�scadenza�del�termine�impartito�nel� parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000�quanto�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato� i�fatti�che�le�sono�stati�presentati,�la�Repubblica�francese,�non�avendo�garantito�che�le�infra- zioni�alla�disciplina�delle�attivita�di�pesca�siano�perseguite�conformemente�agli�obblighi�pre- visti�dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della� citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�comportava�venendopertantomeno� agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� SullE sanzionI pecuniariE dell'inadempimentO 75.�^Per�sanzionare�la�non�esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,� Commissione/Francia,�la�Commissione�ha�proposto�alla�Corte�di�infliggere�alla�Repubblica� francese�una�penalita�giornaliera�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�e�sino�al� giorno�in�cui�sara�posto�fine�all'inadempimento.�Alla�luce�delle�caratteristiche�particolari� dell'inadempimento�constatato,�la�Corte�ritiene�opportuno�esaminare�inoltre�se�l'imposi- zione�di�una�somma�forfettaria�potrebbe�costituire�una�misura�adeguata.� Sullapossibilita�dicumulo�diunapenalita�ediunasommaforfettaria� Argomenti�delle�parti�e�osservazioni�presentate�alla�Corte� 76.�^Invitati�ad�esprimersi�sulla�questione�se,�nell'ambito�di�un�procedimento�proposto� ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,�CE,�la�Corte�possa,�qualora�riconosca�che�lo�Stato�membro�inte- ressato�non�si�e�conformato�alla�sua�sentenza,�infliggergli�il�pagamento,�nel�contempo,�di� una�somma�forfettaria�e�di�una�penalita�,�la�Commissione,�i�governi�danese,�olandese,�finlan- dese�e�del�Regno�Unito�hanno�risposto�in�senso�affermativo.� 77.�^Il�loro�ragionamento�si�fonda,�in�sostanza,�sul�fatto�che�queste�due�misure�sono� complementari,�in�quanto�perseguono,�ciascuna�per�conto�proprio,�un�effetto�dissuasivo.� Una�combinazione�di�queste�misure�dovrebbe�essere�considerata�come�un�solo�e�identico� mezzo�per�conseguire�l'obiettivo�fissato�dall'art.�228�CE,�ossia�quello�non�soltanto�di�spin- gere�lo�Stato�membro�interessato�a�conformarsi�alla�sentenza�iniziale,�ma�anche,�in�una�pro- spettiva�piu�generale,�di�ridurre�la�possibilita�che�infrazioni�analoghe�siano�nuovamente� commesse.� 78.�^I�governi�francese,�belga,�ceco,�tedesco,�ellenico,�spagnolo,�irlandese,�italiano,� cipriota,�ungherese,�austriaco,�polacco�e�portoghese�hanno�sostenuto�una�tesi�contraria.� 79.�^Essi�si�basano�sulla�formulazione�letterale�dell'art.�228,�n.�2,�CE,�e�sull'impiego� della�congiunzione��o�,�alla�quale�attribuiscono�un�senso�disgiuntivo,�nonche�sulla�finalita� di�questa�disposizione.�Quest'ultima�non�avrebbe�un�carattere�punitivo,�dato�che�l'art.�228,� n.�2,�CE,�non�cerca�di�punire�lo�Stato�membro�inadempiente�ma�soltanto�di�spingerlo�ad�ese- guire�una�sentenza�di�inadempimento.�Sarebbe�impossibile�distinguere�piu�periodi�di�ina- dempimento,�solo�la�durata�complessiva�dell'inadempimento�dovrebbe�essere�presa�in�consi- derazione.�Il�cumulo�di�sanzioni�pecuniarie�sarebbe�contrario�al�principio�che�vieta�che�uno� stesso�comportamento�formi�oggetto�di�una�duplice�pena.�Inoltre,�in�assenza�di�linee�diret- tive�della�Commissione�in�ordine�ai�criteri�applicabili�per�il�calcolo�di�una�somma�forfetaria,� l'imposizione�di�una�somma�del�genere�da�parte�della�Corte�contrasterebbe�con�i�principi�di� certezza�del�diritto�e�di�trasparenza.�Essa�costituirebbe�anche�una�lesione�della�parita�di�trat- tamento�tra�gli�Stati�membri,�poiche�una�siffatta�misura�non�e�stata�presa�in�considerazione� nelle�sentenze�4�luglio�2000,�causa�C-387/1997,�Commissione/Grecia�(Racc.�pag.�I-5047),�e� 25�novembre�2003,�causa�C-278/01,�Commissione/Spagna�(Racc.�pag.�I-14141).� Giudizio�della�Corte� 80.�^Il�procedimento�previsto�all'art.�228,�n.�2,�CE�ha�lo�scopo�di�spingere�uno�Stato� membro�inadempiente�ad�eseguire�una�sentenza�per�inadempimento�garantendo�con�cio�l'ap- plicazione�effettiva�del�diritto�comunitario.�Le�misure�previste�da�tale�disposizione,�e�cioe�la� somma�forfettaria�e�la�penalita�,�mirano�entrambe�a�questo�stesso�obiettivo.� 81�.�^L'applicazione�dell'una�o�dell'altra�di�queste�due�misure�dipende�dalla�idoneita�di� ciascuna�a�conseguire�l'obiettivo�perseguito�in�relazione�alle�circostanze�del�caso�di�specie.� Se�l'imposizione�di�una�penalita�sembra�particolarmente�adeguata�a�spingere�uno�Stato� membro�a�porre�fine,�nei�termini�piu�brevi,�ad�un�inadempimento�che,�in�mancanza�di�una� misura�del�genere,�avrebbe�tendenza�a�persistere,�l'imposizione�di�una�somma�forfettaria�si� basa�maggiormente�sulla�valutazione�delle�conseguenze�della�mancata�esecuzione�degli� obblighi�dello�Stato�membro�interessato�sugli�interessi�privati�e�pubblici,�in�particolare�qua- lora�l'inadempimento�sia�persistito�per�un�lungo�periodo�dopo�la�sentenza�che�lo�ha�inizial- mente�accertato.� 82.�^Di�conseguenza,�non�e�escluso�il�ricorso�ai�due�tipi�di�sanzioni�previste�dal- l'art.�228,�n.�2,�CE�in�particolare�qualora�l'inadempimento,�nel�contempo,�sia�perdurato�a� lungo�e�tenda�a�persistere.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 83.�^L'interpretazione�cos|�accolta�non�puo�vedersi�opporre�l'impiego,�all'art.�228,�n.�2,� CE,�della�congiunzione��o��per�collegare�le�sanzioni�pecuniarie�che�possono�essere�imposte.� Come�fatto�valere�dalla�Commissione�e�dai�governi�danese,�olandese,�finlandese�e�del�Regno� Unito,�tale�congiunzione�puo�,�dal�punto�di�vista�linguistico,�presentare�un�senso�sia�alterna- tivo�sia�cumulativo�e�pertanto�dev'essere�letta�nel�contesto�in�cui�essa�e�impiegata.�Alla�luce� della�finalita�perseguita�dall'art.�228�CE,�l'utilizzazione�della�congiunzione��o��al�n.2�di�tale� disposizione�deve�pertanto�essere�intesa�in�senso�cumulativo.� 84.�^L'obiezione�sollevata,�in�particolare,�dai�governi�tedesco,�ellenico,�ungherese,� austriaco�e�polacco,�secondo�la�quale�l'imposizione�cumulativa�di�una�penalita�e�di�una� somma�forfettaria,�prendendo�due�volte�in�considerazione�lo�stesso�periodo�di�inadempi- mento,�contravverrebbe�al�principio�ne�bis�in�idem�deve�anch'essa�essere�respinta.�Infatti,� poiche�ogni�sanzione�ha�la�propria�funzione,�essa�dev'essere�determinata�in�maniera�tale�da� adempiere�quest'ultima.�Ne�consegue�che,�nel�caso�di�una�condanna�simultanea�al�paga- mento�di�una�penalita�e�di�una�somma�forfettaria,�la�durata�dell'inadempimento�e�presa�in� considerazione�come�un�criterio�tra�altri,�al�fine�di�determinare�il�livello�adeguato�di�coerci- zioneedi�dissuasione.� 85.�^Neppure�l'argomento,�fatto�valere�in�particolare�dal�governo�belga,�secondo�il� quale,�in�mancanza�di�linee�direttive�fissate�dalla�Commissione�per�il�calcolo�di�una�somma� forfettaria,�l'imposizione�di�una�tale�somma�contrasterebbe�con�i�principi�di�certezza�del� diritto�e�di�trasparenza�potrebbe�essere�accolto.�Infatti,�se�siffatte�linee�direttive�contribui- scono�effettivamente�a�garantire�la�trasparenza,�la�prevedibilita�e�la�certezza�del�diritto�del- l'azione�condotta�dalla�Commissione�(v.,�a�proposito�delle�linee�direttive�relative�al�calcolo� della�penalita�,�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�87)�non�e�meno� vero�che�l'esercizio�del�potere�conferito�alla�Corte�dall'art.�228,�n.�2,�CE�non�e�subordinato� alla�condizione�che�la�Commissione�fissi�regole�del�genere�che,�in�ogni�caso,�non�potrebbero� vincolare�la�Corte�(citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�89,�e� 25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�41).� 86.�^Quanto�all'obiezione,�sollevata�dal�governo�francese,�secondo�la�quale�l'imposi- zione�cumulativa�di�una�penalita�e�di�una�somma�forfettaria�nella�presente�causa�costitui- rebbe�una�lesione�della�parita�di�trattamento�dato�che�non�e�stata�presa�in�considerazione� nelle�citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�e�25�novembre�2003,�Commis- sione/Spagna,�si�deve�rilevare�che�spetta�alla�Corte,�in�ciascuna�causa,�valutare,�alla�luce� delle�circostanze�del�caso�di�specie,�le�sanzioni�pecuniarie�da�adottare.�Di�conseguenza,�il� fatto�che�un�cumulo�di�misure�non�sia�stato�inflitto�in�cause�decise�in�precedenza�non�puo� costituire,�di�per�se�,�un�ostacolo�all'imposizione�di�un�siffatto�cumulo�in�una�causa�succes- siva,�qualora,�alla�luce�della�natura,�della�gravita�e�della�persistenza�dell'inadempimento� accertato,�un�cumulo�del�genere�appaia�adeguato.� Sulpoterediscrezionaledella Cortequantoallesanzionipecuniariechepossono essere imposte Argomenti�delle�parti�e�osservazioni�presentate�alla�Corte� 87.�^Quanto�alla�questione�se,�eventualmente,�la�Corte�possa�scostarsi�dalle�proposte� della�Commissione�e�infliggere�ad�uno�Stato�membro�il�pagamento�di�una�somma�forfetta- ria,�mentre�la�Commissione�non�ha�fatto�alcuna�proposta�in�tal�senso,�la�Commissione�e�i� governi�ceco,�ungherese�e�finlandese�hanno�risposto�in�senso�affermativo.�Per�essi,�la�Corte� dispone�in�materia�di�un�potere�discrezionale�che�si�estende�alla�determinazione�della�san- zione�considerata�piu�adeguata,�indipendentemente�dalle�proposte�della�Commissione�al� riguardo.� 88.�^I�governi�francese,�belga,�danese,�tedesco,�ellenico,�spagnolo,�irlandese,�italiano,� olandese,�austriaco,�polacco�e�portoghese�sono�di�parere�contrario.�Essi�adducono�al� riguardo�argomenti�di�merito�e�di�procedura.�Sul�merito,�essi�fanno�valere�che�l'esercizio�da� parte�della�Corte�di�un�siffatto�potere�discrezionale�lederebbe�i�principi�di�certezza�del� diritto,�di�prevedibilita�,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento.�Il�governo�tedesco� aggiunge�che�la�Corte,�in�ogni�caso,�non�dispone�della�legittimita�politica�necessaria�per�eser- citare�un�siffatto�potere�in�un�ambito�in�cui�le�valutazioni�di�opportunita�politica�svolgono� un�ruolo�notevole.�Sul�piano�procedurale,�i�governi�di�cui�sopra�sottolineano�che�un�potere� cos|�esteso�e�incompatibile�con�il�principio�generale�di�procedura�civile�comune�a�tuttigli� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Stati�membri�secondo�il�quale�il�giudice�non�puo�andare�oltre�le�domande�delle�parti,�e�insi- stono�sulla�necessita�di�un�procedimento�in�contraddittorio,�che�consenta�allo�Stato�membro� interessato�di�esercitare�i�suoi�diritti�della�difesa.� Giudizio�della�Corte� 89.�^Per�quanto�riguarda�gli�argomenti�relativi�ai�principi�di�certezza�del�diritto,�di�pre- vedibilita�,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento,�occorre�rinviare�alla�valutazione�operata� ai�punti�85�e�86�della�presente�sentenza.� 90.�^Per�quanto�riguarda�l'argomento�che�il�governo�tedesco�fonda�sulla�mancanza�di� legittimita�politica�della�Corte�per�infliggere�una�sanzione�pecuniaria�non�proposta�dalla� Commissione,�si�debbono�distinguere�le�diverse�tappe�che�comporta�il�procedimento�previsto� all'art.�228,�n.�2,�CE.�Una�volta�che�la�Commissione�ha�esercitato�il�suo�potere�discrezionale� in�ordine�all'avvio�di�un�procedimento�per�inadempimento�(v.,�in�particolare,�a�proposito� dell'art.�226�CE,�sentenze�25�settembre�2003,�causa�C-74/02,�Commissione/Germania,� Racc. pag.�I-9877,�punto�17,�e�21�ottobre�2004,�causa�C-477/03,�Commissione/Germania,� Racc. pag.�I-0000,�punto�11),�la�questione�se�lo�Stato�membro�interessato�ha�eseguito�o� meno�una�precedente�sentenza�della�Corte�e�soggetta�ad�un�procedimento�giurisdizionale� nel�quale�le�considerazioni�politiche�sono�irrilevanti.�Nell'esercizio�della�sua�funzione�giuri- sdizionale�la�Corte�valuta�in�che�misura�la�situazione�esistente�nello�Stato�membro�in�que- stione�sia�conforme�o�meno�alla�sentenza�iniziale�e,�eventualmente,�valuta�la�gravita�di�un� inadempimento�persistente.�Ne�consegue�che,�come�ha�rilevato�l'avvocato�generale�al�para- grafo�24�delle�sue�conclusioni�del�18�novembre�2004,�l'opportunita�di�imporre�una�sanzione� pecuniaria�e�la�scelta�della�sanzione�piu�adeguata�alle�circostanze�del�caso�di�specie�possono� essere�valutate�solo�alla�luce�degli�accertamenti�operati�dalla�Corte�nella�sentenza�da�pro- nunciare�ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,�CE�e�sfuggono�quindi�alla�sfera�politica.� 91.�^Non�e�fondato�neppure�l'argomento�secondo�il�quale,�scostandosi�dalle�proposte� della�Commissione�o�andando�al�di�la�di�esse�la�Corte�violerebbe�un�principio�generale�di� procedura�civile�che�vieta�al�giudice�di�andare�oltre�le�domande�delle�parti.�Il�procedimento� previsto�all'art.�228,�n.�2,�CE�e�infatti�un�procedimento�giurisdizionale�speciale,�proprio�al� diritto�comunitario,�che�non�puo�essere�equiparato�ad�un�procedimento�civile.�La�condanna� al�pagamento�di�una�penale�e/o�di�una�somma�forfettaria�non�mira�a�compensareunqua- lunque�danno�che�sia�stato�causato�dallo�Stato�membro�interessato,�ma�ad�esercitare�su�que- st'ultimo�una�pressione�economica�che�lo�spinga�a�porre�fine�all'inadempimento�accertato.� Le�sanzioni�pecuniarie�imposte�debbono�pertanto�essere�decise�in�funzione�del�grado�di�per- suasione�necessario�perche�lo�Stato�membro�in�questione�modifichi�il�suo�comportamento.� 92.�^In�ordine�ai�diritti�della�difesa�di�cui�deve�poter�beneficiare�lo�Statomembro�inte- ressato,�diritti�sui�quali�hanno�insistito�i�governi�francese,�belga,�olandese,�austriaco�e�finlan- dese,occorrerilevare,comehafattol'avvocatogeneralealparagrafo�11�dellesueconclusioni� del�18�novembre�2004,�che�il�procedimento�di�cui�all'art.�228,�n.�2,�CE�dev'essere�considerato� come�uno�speciale�procedimento�giudiziario�di�esecuzione�delle�sentenze,�in�altri�termini,- come�un�mezzo�di�esecuzione.�Questo�e�il�contesto�nel�quale�debbono�essere�valutate�le� garanzie�procedurali�di�cui�deve�disporre�lo�Stato�membro�in�questione.� 93.�^Ne�consegue�che,�una�volta�accertata�la�persistenza�di�un�inadempimento�al�diritto� comunitario�nell'ambito�di�un�procedimento�in�contraddittorio,�i�diritti�della�difesa�da�rico- noscere�allo�Stato�membro�inadempiente�per�quanto�riguarda�le�sanzioni�pecuniarie�conside- rate�devono�tener�conto�dello�scopo�perseguito,�e�cioe�quello�di�assicurare�e�garantire�il�ripri- stino�del�rispetto�della�legalita�.� 94.�^Nella�fattispecie,�per�quanto�riguarda�il�carattere�reale�del�comportamento�che� puo�dar�luogo�all'irrogazione�di�sanzioni�pecuniarie,�la�Repubblica�francese�ha�avuto�l'occa- sione�di�difendersi�durante�l'intero�corso�di�un�procedimento�precontenzioso�che�e�durato� quasi�nove�anni�e�che�ha�dato�luogo�a�due�pareri�motivati,�nonche�nell'ambito�della�fase� scritta�del�procedimento�e�dell'udienza�del�3�marzo�2004�nella�presente�causa.�Tale�esame� dei�fatti�ha�condotto�la�Corte�ad�accertare�la�persistenza�di�un�inadempimento�della�Repub- blica�francese�ai�suoi�obblighi�(v.�punto�74�della�presente�sentenza).� 95.�^La�Commissione�che,�nei�due�pareri�motivati,�aveva�attirato�l'attenzione�della� Repubblica�francese�sul�rischio�di�sanzioni�pecuniarie�(v.�punti�15�e�18�della�presente�sen- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� tenza)�ha�precisato�alla�Corte�i�criteri�(v.�punto�98�della�presente�sentenza)�che�possono� essere�presi�in�considerazione�nella�determinazione�delle�sanzioni�pecuniarie�destinate�ad� esercitare�sulla�Repubblica�francese�una�pressione�economica�sufficiente�per�indurla�a�porre� fine,�nei�termini�piu�brevi,�al�suo�inadempimento�nonche�la�ponderazione�rispettiva�da� accordare�a�tali�criteri.�La�Repubblica�francese�si�e�espressa�su�questi�ultimi�nel�corso�della� fase�scritta�del�procedimento�e�all'udienza�del�3�marzo�2004.� 96.�^Con�ordinanza�16�giugno�2004,�la�Corte�ha�invitato�le�parti�ad�esprimersi�sulla� questione�se,�nell'ipotesi�in�cui�la�Corte�accerti�che�uno�Stato�membro�non�ha�adottato�i� provvedimenti�che�l'esecuzione�di�una�sentenza�precedente�comporta�e�in�cui�la�Commis- sione�abbia�chiesto�alla�Corte�di�condannare�tale�Stato�al�pagamento�di�una�penalita�,la� Corte�possa�infliggere�allo�Stato�membro�interessato�il�pagamento�di�una�somma�forfettaria,� o�addirittura,�se�del�caso,�di�una�somma�forfettaria�e�di�una�penalita�.Leparti�sono�statesen- tite�in�occasione�dell'udienza�del�5�ottobre�2004.� 97.�^Ne�consegue�che�la�Repubblica�francese�e�stata�in�grado�di�presentare�le�sue�osser- vazioni�su�tutti�gli�elementi�di�diritto�e�di�fatto�necessari�per�determinare�la�persistenza�e�la� gravita�dell'inadempimento�contestatole�nonche�le�misure�che�possono�essere�adottate�per� porvi�fine.�Sulla�base�di�questi�elementi,�che�hanno�formato�oggetto�di�contraddittorio,� spetta�alla�Corte�determinare,�in�relazione�al�grado�di�persuasione�e�di�dissuasione�che�le� sembra�necessario,�le�sanzioni�pecuniarie�adeguate�per�garantire�l'esecuzione�piu�rapida�pos- sibile�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�ed�impedire�la�ripetizione� di�infrazioni�analoghe�al�diritto�comunitario.� Sullesanzionipecuniarieadeguatenelcaso dispecie Sull'imposizione�di�una�penalita� 98.�^Fondandosi�sul�metodo�di�calcolo�da�essa�definito�nella�sua�comunicazione� 28�febbraio�1997,�97/C�63/02,�relativa�al�metodo�di�calcolo�della�penalita�prevista�dall'arti- colo�[228]�del�Trattato�CE�(G.U. C�63,�pag.�2),�la�Commissione�ha�proposto�alla�Corte�di� infliggere�alla�Repubblica�francese�una�penalita�di�EUR�316�500�per�giorno�di�mora�per�san- zionare�la�mancata�esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,� a�partire�dalla�data�della�pronuncia�della�sentenza�nella�presente�causa�e�sino�al�giorno�in� cui�la�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�sara�stata�eseguita.� 99.�^La�Commissione�considera�che�la�condanna�al�pagamento�di�una�penalita�e�lo� strumento�piu�appropriato�per�porre�fine,�il�piu�rapidamente�possibile,�all'infrazione�accer- tata�e�che,�nel�caso�di�specie,�una�penalita�di�EUR�316�500�per�giorno�di�mora�e�adeguata� alla�gravita�e�alla�durata�dell'infrazione�tenendo�conto�nel�contempo�della�necessita�di�ren- dere�la�sanzione�effettiva.�Tale�importo�sarebbe�calcolato�moltiplicando�una�base�uniforme� di�EUR�500�per�un�coefficiente�di�10�(su�una�scala�da�1�a�20)�per�la�gravita�dell'infrazione,� per�un�coefficiente�di�3�(su�una�scala�da�1�a�3)�per�la�durata�dell'infrazione�e�per�un�coeffi- ciente�di�21,1�(fondato�sul�prodotto�interno�lordo�dello�Stato�membro�in�questione�e�sulla� ponderazione�dei�voti�al�Consiglio�dell'Unione�europea)�che�si�ritiene�rappresenti�la�capacita� finanziaria�dello�Stato�membro�interessato.� 100.�^Il�governo�francese�sostiene,�in�via�principale,�che�non�occorre�irrogare�una�pena- lita�perche�esso�ha�posto�fine�all'inadempimento,�e,�in�via�subordinata,�che�l'importodella� penalita�richiesta�e�sproporzionato.� 101.�^Esso�rileva�che,�per�quanto�riguarda�la�gravita�dell'infrazione,�la�Commissione� aveva�proposto,�nella�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�un�coefficiente�di� 6,�mentre�l'inadempimento�metteva�in�questione�la�sanita�e�nessuna�misura�era�stata�adot- tata�per�dare�esecuzione�alla�sentenza�precedente,�due�elementi�che�non�ricorrerebbero�nel� caso�di�specie.�Pertanto,�il�coefficiente�di�10,�proposto�dalla�Commissione�nella�presente� causa,�non�sarebbe�accettabile.� 102.�^Il�governo�francese�ha�altres|�fatto�valere�che�le�misure�richieste�per�l'esecuzione� della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non�potevano�produrre�effetti� immediati.�Tenuto�conto�dell'inevitabile�sfasamento�tra�l'adozione�delle�misure�e�il�carattere� percettibile�del�loro�impatto,�la�Corte�non�potrebbe�prendere�in�considerazione�l'intero� periodo�trascorso�tra�la�pronuncia�della�prima�sentenza�e�quello�della�sentenza�da�emanare.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 103.�^A�questo�proposito,�se�e�chiaro�che�una�penalita�puo�indurre�lo�Stato�membro� inadempiente�a�porre�fine,�nel�termine�piu�breve�possibile,�all'inadempimento�accertato� (citata�sentenza�25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�42),�occorre�ricordare�che� le�proposte�della�Commissione�non�possono�vincolare�la�Corte�e�costituiscono�solo�una�base� di�riferimento�utile�(sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�89).�Nell'esercizio� del�suo�potere�discrezionale,�spetta�alla�Corte�fissare�la�penalita�in�modo�tale�che�essa�sia,� da�una�parte,�adeguata�alle�circostanze�e,�dall'altra,�commisurata�all'inadempimento�accer- tato�nonche�alla�capacita�finanziaria�dello�Stato�membro�interessato�(v.,�in�questo�senso,� citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�90,�e�25�novembre2003,� Commissione/Spagna,�punto�41).� 104.�^In�questa�prospettiva�e�come�e�stato�suggerito�dalla�Commissione�nella�sua� comunicazione�del�28�febbraio�1997,�i�criteri�fondamentali�da�prendere�in�considerazione� per�garantire�la�natura�coercitiva�della�penalita�ai�fini�dell'applicazione�uniforme�ed�efficace� del�diritto�comunitario�sono�costituiti�in�linea�di�principio�dalla�durata�dell'infrazione,�dal� suo�grado�di�gravita�e�dalla�capacita�finanziaria�dello�Stato�membro�di�cui�e�causa.�Per�l'ap- plicazione�di�tali�criteri,�occorre�tener�conto�in�particolare�delle�conseguenze�dell'omessa�ese- cuzione�sugli�interessi�privati�e�pubblici�e�dell'urgenza�di�indurre�lo�Stato�membro�interes- sato�a�conformarsi�ai�suoi�obblighi�(citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,� punto�92).� 105.�^Per�quanto�riguarda�la�gravita�dell'infrazione�e,�in�particolare,�le�conseguenze� dell'omessa�esecuzione�sugli�interessi�privati�e�pubblici,�occorre�ricordare�che�uno�degli�ele- menti�chiave�della�politica�comune�della�pesca�consiste�in�uno�sfruttamento�razionale�e� responsabile�delle�risorse�acquatiche�su�una�base�durevole,�in�condizioni�economiche�e� sociali�adeguate.�In�tale�contesto,�la�protezione�del�novellame�si�rivela�determinante�per�la� ricostituzione�delle�popolazioni�ittiche.�Il�mancato�rispetto�delle�misure�tecniche�di�conserva- zione�previste�dalla�politica�comune,�in�particolare�gli�obblighi�in�materia�di�dimensioni� minime�dei�pesci,�costituisce�quindi�una�minaccia�grave�per�il�mantenimento�di�talune�specie� e�di�taluni�luoghi�di�pesca�e�mette�a�repentaglio�il�perseguimento�dell'obiettivo�essenziale� della�politica�comune�della�pesca.� 106.�^Poiche�le�misure�amministrative�adottate�dalle�autorita�francesi�non�sono�state� attuate�in�maniera�efficace,�esse�non�sono�tali�da�ridurre�la�gravita�dell'inadempimento� accertato.� 107.�^Tenendo�conto�di�questi�elementi,�il�coefficiente�di�10�(su�una�scala�di�1�a�20)� riflette�quindi�adeguatamente�il�grado�di�gravita�dell'infrazione.� 108.�^Per�quanto�riguarda�la�durata�dell'infrazione,�basta�constatare�cheessae�note- vole,�anche�a�partire�dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�Trattato�sull'Unione�europea�e�non� dalla�data�della�pronuncia�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia�(v.,� in�questo�senso,�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�98).Diconse- guenza,�il�coefficiente�di�3�(su�una�scala�da�1�a�3)�proposto�dalla�Commissione�appare�ade- guato.� 109.�^La�proposta�della�Commissione�di�moltiplicare�un�importo�di�base�per�un�coeffi- ciente�di�21,1,�basato�sul�prodotto�interno�lordo�della�Repubblica�francese�e�sul�numero�di� voti�di�cui�essa�dispone�in�seno�al�Consiglio,�costituisce�una�maniera�adeguata�di�tener�conto� della�capacita�finanziaria�di�tale�Stato�membro�pur�mantenendo�un�divario�ragionevole�tra� i�diversi�Stati�membri�(v.�citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�88,�e� 25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�59).� 110.^Lamoltiplicazionedell'importodibasediEUR�500pericoefficientidi21,1(per� la�capacita�finanziaria),�di�10�(per�la�gravita�dell'infrazione)�e�di�3�(per�la�durata�dell'infra- zione)�da�luogo�ad�un�importo�di�EUR�316�500�al�giorno.� 111.�^Perquantoriguardalaperiodicita�dellapenalita�,�occorretuttaviatenercontodel� fatto�che�le�autorita�francesi�hanno�adottato�misure�amministrative�che�potrebbero�servire� da�quadro�all'attuazione�delle�misure�richieste�per�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giu- gno�1991,�Commissione/Francia.�Tuttavia,�gli�adeguamenti�necessari�rispetto�alle�pratiche� anteriori�non�potrebbero�essere�istantanei�e�il�loro�impatto�non�potrebbe�essere�percepito� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� immediatamente.�Ne�consegue�che�l'eventuale�accertamento�della�fine�dell'infrazione� potrebbe�intervenire�solo�al�termine�di�un�periodo�che�consenta�una�valutazione�d'insieme� dei�risultati�ottenuti.� 112.�^Alla�luce�di�queste�considerazioni,�la�penalita��dev'essere�inflitta�non�su�base�gior- naliera,�ma�su�base�semestrale.� 113.�^Tenuto�conto�di�tutti�gli�elementi�che�precedono,�occorre�condannare�la�Repub- blica�francese�a�pagare�alla�Commissione,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��euro- pea�,�una�penalita��di�EUR�182,5�x�316�500,�ossia�EUR�57�761�250,�per�ciascun�periodo�di� sei�mesi�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�al�termine�del�quale�alla�citata�sen- tenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non�sia�ancora�stata�data�piena�esecuzione.� Sull'imposizione�di�una�somma�forfettaria� 114.�^In�una�situazione�come�quella�che�forma�oggetto�della�presente�sentenza,�alla� luce�del�fatto�che�l'inadempimento�e��persistito�per�un�lungo�periodo�a�partire�dalla�sentenza� che�lo�ha�inizialmente�accertato�e�alla�luce�degli�interessi�pubblici�e�privati�in�questione,�si� impone�la�condanna�al�pagamento�di�una�somma�forfettaria�(v.�punto�81�della�presente�sen- tenza).� 115.�^Viene�operata�un'equa�valutazione�delle�circostanze�particolari�del�caso�di�specie� fissando�in�EUR�20�000�000�l'ammontare�della�somma�forfettaria�che�la�Repubblica�fran- cese�dovra��pagare.� 116.�^Occorre�pertanto�condannare�la�Repubblica�francese�a�pagare�alla�Commissione,� sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�somma�forfettaria�di� EUR�20�000�000.� SullE spesE 117.�^Ai�sensi�dell'art.�69,�n.�2,�del�regolamento�di�procedura,�la�parte�soccombente�e�� condannata�alle�spese�se�ne�e��stata�fatta�domanda.�Poiche�la�Commissione�ne�ha�fatto� domanda,�la�Repubblica�francese,�rimasta�soccombente,�va�condannata�allespese.� Per�questi�motivi,�la�Corte�(Grande�Sezione)�dichiara�e�statuisce:� 1)�^non�avendo�garantito�un�controllo�delle�attivita��di�pesca�conforme�agli�obblighi� previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,�e� ^non�avendo�garantito�che�le�infrazioni�alla�disciplina�delle�attivita��di�pesca�fossero� perseguite�conformemente�agli�obblighi�previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,� la�Repubblica�francese�non�ha�adottato�tutti�i�provvedimenti�che�l'esecuzione�della�sen- tenza�11�giugno�1991,�causa�C-64/1988,�Commissione/Francia,�comporta�ed�e��pertanto� venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE.� 2)�La�Repubblica�francese�e��condannata�a�pagare�alla�Commissione�delle�Comunita�� europee,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�penalita��di� EUR�57�761�250�per�ciascun�periodo�di�sei�mesi�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sen- tenza�al�termine�del�quale�alla�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non� sia�stata�data�piena�esecuzione.� 3)�La�Repubblica�francese�e��condannata�a�pagare�alla�Commissione�delle�Comunita�� europee,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�somma�forfettaria�di� EUR�20.000.000.� 4)�La�Repubblica�francese�e��condannata�alle�spese�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dossier Ulteriori sviluppi sull'in house providing (Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�21�luglio�2005� nella�causa�C^231/03;�prima�sezione,�sentenza�13�ottobre�2005�nella�causa�C^458/03)� Nel�numero�4�del�2004�della�Rassegna�Avvocatura�dello�Stato�un�bril- lante�articolo�di�Iole�Moricca�offriva�ai�lettori�un�documentato�resoconto� dello�stato�degli�atti�sull'in�house�providing.�In�particolare�veniva�segnalata� la�tendenza�della�Commissione�e�della�Corte�di�Giustizia�ad�interpretare�in� senso�rigorosamente�restrittivo�i�requisiti,�ai�quali�la�sentenza�Teckal�(in� causa�C^108/1998)�subordina�la�legittimita�di�affidamenti�diretti�(senza�gara)� di�appalti�di�fornitura�servizi�e�lavori�a�persona�sulla�quale�l'ente�locale�eser- citi...�uncontrolloanalogoaquellodaessoesercitatosuipropriservizi��e�che� �realizzi�la�parte�piu�importante�delle�proprie�attivita�con�l'ente�o�con�gli�enti� locali�che�la�controllano�.� Nel�dossier�venivano,�in�particolare,�messe�in�evidenza�le�posizioni,�piu� aperte�agli�affidamenti�diretti,�portate�avanti�in�sede�giudiziaria�dalla�Repub- blica�Italiana�e�le�indicazioni,�sostanzialmente�favorevoli�a�tale�indirizzo,� assunte�dall'Avvocato�Generale�Juliane�Kokott�nella�causa�C^458/03,�rela- tiva�alla�concessione�di�parcheggi�di�Bressanone�alla�societa�Parking�Brixen� GmbH,�nata�dalla�trasformazione�di�una�precedente�azienda�comunale.� E�noto�al�riguardo�che�la�normativa�nazionale,�dopo�un�lungo�conten- zioso�con�la�Commissione�UE,�ha�trasfuso�letteralmente�le�indicazioni�della� sentenza�Teckal�nel�comma�5�lettera�c)�dell'art�113�del�Testo�Unico�sugli�Enti� Locali�(decreto�legislativo�18�agosto�2000�n.�267,�cos|�come�modificato�da� ultimo�dal�decreto�legge�30�settembre�2003,�n.�269�e�relativa�legge�di�conver- sione)�che�disciplina�la�gestione�delle�reti�e�dei�servizi�pubblici�locali�di�rile- vanza�economica.�Ai�sensi�di�tale�disposizione��L'erogazione�del�servizio� avviene�secondo�le�discipline�di�settore�e�nel�rispetto�della�normativa�dell'Unione� europea...�b)�a�societa�a�capitale�misto�pubblico�privato�nelle�quali�il�socio�pri- vato�venga�scelto�attraverso�l'espletamento�di�gare�con�procedura�di�evidenza� pubblica�che�abbiano�dato�garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie� in�materia�di�concorrenza�secondo�le�linee�di�indirizzo�emanate�dalle�autorita� competenti�attraverso�provvedimenti�o�circolari�specifiche;�c)�a�societa�di�capi- tale�interamente�pubblico�a�condizione�che�l'ente�o�gli�enti�titolari�del�capitale� sociale�esercitino�sullasocieta�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�suipropri� servizi�e�che�la�societa�realizzi�la�parte�piu�importante�delle�proprie�attivita�con� l'ente�o�gli�entipubblici�che�la�controllano�.� A�esprimere�la�vocazione�italiana�al�rispetto�delle�regole�comunitarie,�la� legislazione�nazionale�ha�mantenuto�anche�nel�nuovo�assetto�normativo�la� disposizione�del�comma�6�dell'articolo�113,�per�il�quale��Non�sono�ammesse� a�partecipare�alle�gare�di�cui�al�comma�5�le�societa�che,�in�Italia�o�all'estero,� gestiscono�a�qualunque�titolo�servizi�pubblici�locali�in�virtu�di�un�affidamento� diretto,�di�una�procedura�non�ad�evidenza�pubblica,�o�a�seguito�dei�relativirin- novi;�tale�divieto�si�estende�alle�societa�controllate�o�collegate�con�quest'ultime.� Sono�parimenti�esclusi�i�soggetti�di�cui�al�comma�4�.�Questo�limite�specifico� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� di�legittimazione�a�contrattare,�infatti,�non�si�ritrova�nella�sentenza�Teckal,� ma�appare�funzionale�ad�un�indirizzo�generale,�portato�avanti�dagli�organi� dell'Unione�Europea,�di�favorire�un�processo�di�privatizzazione�dei�Servizi� economici�d'interesse�generale�(SIEG),�nell'area�di�applicazione�del�diritto� comunitario.� Recenti�pronunce�della�Corte�di�Giustizia�e�la�trattazione�orale�di�que- stioni�pregiudiziali,�sollevate�dai�Tribunali�Amministrativi�Regionali�della� Puglia�e�della�Lombardia,�proprio�sul�comma�5�dell'art.�113�del�TUEL�sem- brano�tuttavia�rimettere�in�discussione�tutto�il�sistema�di�gestione�diretta� dei�servizi�pubblici�locali�di�rilevanza�economica,�che�il�legislatore�nazionale� aveva�fondato�sull'applicazione�pedissequa�della�sentenza�Teckal.� Un�primo�segnale�nasce�dalla�sentenza�Coname�resa�dalla�Corte�di�Giu- stizia�il�21�luglio�2005�nella�causa�C^231/03.�La�questione�pregiudiziale� riguardava�l'affidamento�diretto�da�parte�del�piccolo�comune�di�Cingia�de'� Botti�della�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�consortile,�la�Padania�Acque� S.p.A.�nella�quale�lo�stesso�comune�deteneva�una�partecipazione�dello� 0,97%.�La�particolarita�del�caso�era�nel�fatto�che�tutte�le�altre�partecipazioni� erano�possedute�da�comuni�limitrofi,�sicche�la�partecipazione�limitata�al� capitale�sociale�e�l'affidamento�diretto�alla�societa�in�tal�modo�partecipata,� costituivano�l'unico�strumento�attraverso�il�quale�un�piccolo�comune�potesse� avere�(e�partecipare�a)�un�bacino�d'utenza�idoneo�a�sorreggere�la�gestione�in� house�di�un�servizio�d'interesse�economico�generale,�che�non�si�intendeva�affi- dare�ad�imprenditori�privati.� La�Corte�di�Giustizia,�dopo�aver�qualificato�l'atto�di�affidamento�^sia� pure�presuntivamente�e�salvo�verifica�da�parte�del�giudice�nazionale�^come� concessione�di�pubblico�servizio,�ha�ritenuto�che��Gli�articoli�43�CE�e�49�CE� ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causa�principale,�all'affida- mento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione� di�un�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capi- tare�pubblico,�capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione� dello�0,97%,�qualora�tale�affidamento�non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza� che,�senza�necessariamente�implicare�un�obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,� siano�in�particolare,�tali�da�consentire�ad�un�impresa�con�sede�nel�territorio�di� uno�stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere�accesso�alle�infor- mazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,� di�modo�che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di� manifestare�ilproprio�interesse�a�ottenere�la�detta�concessione�.� La�particolare�cautela�della�Corte�nel�delineare�l'obbligo�del�Comune�di� dar�corso�ad�una�gara�e�correlato�al�fatto�che,�nel�caso�di�specie,�era�la�prima� volta�che�si�affrontava�in�sede�giustiziale�il�tema�delle�procedure,�esperibili�in� sede�di�affidamento�di�una�concessione�di�pubblici�servizi,�necessarie�per�rispet- tare�direttamente�le�regole�del�trattato�CE�(principi�di�parita�di�trattamento�e� di�non�discriminazione),�restando�pacifico�che�non�trovano�diretta�applica- zione�alle�concessioni�di�pubblico�servizio�le�direttive�comunitarie�in�tema�di� appalti�di�lavori,�di�forniture�e�di�servizi�e,�ovviamente,�la�pubblicazione�pre- ventiva�del�bando�di�gara�sulla�Gazzetta�Ufficiale�della�Comunita�Europea.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Per�contro�nessun�dubbio�si�solleva�sul�fatto�che�i�meccanismi�di�esenzione� (melius:eccezione)�previsti�dalla�sentenza�Teckal�non�trovano�applicazione� allorche�la�societa�affidataria��costituisce�una�societa�aperta,�almeno�in�parte,� al�capitale�privato.�Il�che�impedisce�di�considerarla�una�struttura�di�gestione� interna�diunserviziopubblico�nell'ambito�deicomunichenefannoparte�.� La�successiva�affermazione�della�sentenza,�che�non�fosse�stata�portata�a� conoscenza�della�Corte�che��nessun'altracircostanzaobiettiva�ingrado�digiu- stificare�un�eventuale�differenza�di�trattamento�,�inserisce�peraltro�la�decisione� del�21�luglio�2005�nel�solco�di�quanto�gia�precedentemente�statuito�nella�sen- tenza�Stadt�Halle�(in�causa�C^26/03).�Secondo�tale�decisione,�infatti,��Nell'i- potesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudicatrice�intenda�concludere�un�contratto� a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rientranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione� materiae�della�direttiva�92/50,�come�modificata�dalla�direttiva�97/52,�con�una� societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�detta�amministrazione� detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu�imprese�private,�le�procedure� degli�appalti�pubblici�previsti�dalla�citata�direttiva�devono�sempre�essere�appli- cate�.�Conclusione�quest'ultima,�della�sentenza�Stadt�Halle,�che�appariva� effettivamente�fondata�sulla�circostanza�che�l'affidamento�in�house�finiva�nel� caso�di�specie�per�offrire�un�ingiustificato�aumento�di�valore�alla�partecipa- zione�privata�nella�societa�affidataria�del�servizio,�anche�se�la�pronuncia�della� Corte�finisce�per�mettere�in�discussione�la�concreta�operativita�,�nel�settore� dei�pubblici�servizi,�delle�ricorrenti�formule�di�partenariatopubblico�^privato,� soprattutto�in�relazione�ad�affidamenti�successivi�di�attivita�o�a�proroghe� degli�originari�affidamenti.� La�vera�novita�nella�giurisprudenza�della�Corte�si�coglie�invece�nella� sentenza�Parking�Brixen�GmbH�in�causa�C^458/03�depositata�il�13�ottobre� 2005,�nella�quale�sono�state�sostanzialmente�disattese�le�conclusioni�all'epoca� assunte�dall'Avvocato�Generale�Kokott.� La�tesi�della�Corte�e�che��Gli�articoli�43�CE�e�49�CE�nonche�i�principi�di� parita�di�trattamento,�di�non�discriminazione�e�di�trasparenza�devono�essere� interpretati�nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita�pubblica�attribuisca,�senza� svolgimento�dipubblicagara,�una�concessionedipubbliciserviziadunasocieta� per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�autorita� pubblica,�societa�il�cui�oggetto�sociale�e�stato�esteso�a�nuovi�importanti�settori,� il�cui�capitale�deve�essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto�ad�altri� capitali,�il�cui�ambito�territoriale�di�attivita�e�stato�ampliato�a�tutto�il�paese�e� all'estero�e�il�cui�consiglio�di�amministrazione�possiede�amplissimi�poteri�di� gestione�che�puo�esercitare�autonomamente�.� Acquisita�sicurezza�sull'applicabilita�diretta�delle�disposizioni�del�trat- tato�alle�concessioni�di�pubblico�servizio�e�sul�fatto�che�tale�applicazione� comporti�la�necessita�di�una�pubblica�gara�nell'affidamento�del�servizio,�la� Corte�fonda�l'inapplicabilita�dei�criteri�Teckal�alla�societa�per�azioni,�nata� dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�e�integralmente�partecipata�dal- l'ente�concedente,�su�cinque�ordini�di�considerazioni:�a)�la�trasformazione� dell'azienda�speciale�in�societa�per�azioni�e�la�natura�di�questo�tipo�di�societa�;� b)�l'ampliamento�dell'oggetto�sociale�a�nuovi�ed�importanti�settori;�c)�la�pre- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� visione�che,�sia�pure�attraverso�procedure�di�evidenza�pubblica,�la�societa� concessionaria�si�sarebbe�aperta�all'ingresso�di�capitali�privati;�d)�l'espan- sione�territoriale�potenziale�dell'attivita�societaria�in�Italia�e�all'estero;�e)i� considerevoli�poteri�di�gestione�conferiti�al�consiglio�di�amministrazione�e�la� mancanza�di�un�controllo�gestionale�da�parte�dell'ente�affidante.�In�pratica� secondo�la�Corte�di�Giustizia�la�ASM�Bressanone�avrebbe�definitivamente� acquisito��una�vocazione�commerciale�che�rende�precario�il�controllo�del� Comune�.� La�situazione�descritta�nella�sentenza�consente�altres|�alla�Corte�di�Giu- stizia�di�non�andare�a�verificare��se�l'ente�concessionario�realizzi�la�parte� essenziale�delle�sue�attivita�con�l'autorita�pubblica�concedente�,�restando�cos|� stabilito�che,�quand'anche�si�fosse�superato�l'esame�del�primo�requisito�Teckal� (il�controllo�analogo�a�quello�svolto�su�un�proprio�servizio),�doveva�considerarsi� impregiudicata�e�non�risolta�la�questione�della�ricorrenza�o�meno�del� secondo�requisito�(i�limitifunzionali�e�territoriali�dell'attivita�espletata).� Risulta�chiaro�che�siffatta�valutazione�negativa�della�Corte�di�Giustizia� sulla�ricorrenza�di�un�legittimo�appalto�in�house�colpisce�alle�fondamenta�le� caratteristiche�tipiche�delle�societa�per�azioni,�cos|�come�disciplinate�nell'or- dinamento�nazionale,�che�non�conosce�ne�pratica�in�generale,�rispetto�a�tali� soggetti�economici,�limitazioni�di�legittimazione�negoziale,�note�ad�altri�ordi- namenti�(ad�esempio,�il�principio�di�common�law�del�nec�ultra�vires).�Le�carat- teristiche�della�societa�creata�dal�Comune�di�Bressanone�sono�infatti�quelle� tipiche�delle�societa�di�capitali,�nelle�quali�gia�la�sola�partecipazione�di�con- trollo�rende�spesso�gli�amministratori�e�le�strutture�della�societa�controllata� un�mero�strumento�nelle�mani�del�controllante,�ancor�piu�duttile�(anche�se� meno�trasparente)�di�quanto�possa�risultare�una�sovraordinazione�gerarchica� rispetto�un�ufficio�interno�di�una�pubblica�amministrazione.�La�societa�di� capitali�ed�in�particolare�la�societa�per�azioni�e�fatta�in�un�certo�modo�ed�e� difficile�connotarla�diversamente,�almeno�allorche�si�va�da�un�notaio�per� redigerne�l'atto�costitutivo.� L'applicazione�dei�requisiti�fissati�dalla�sentenza�Teckal,�affinche�un�ente� locale�possa�procedere�ad�un�ragionevole�affidamento�in�house�secondo�il� diritto�comunitario,�diviene�in�questo�modo�una�sorta�di�corsa�ad�ostacoli,� nei�quali�il�giudice�nazionale,�soprattutto�i�Tribunali�Amministrativi�Regio- nali,�e�la�stessa�Corte�di�Giustizia�finiscono�per�creare�di�volta�in�volta�bar- riere�non�facilmente�superabili.�Non�va�al�riguardo�dimenticato�che�ragioni� di�trasparenza�nella�gestione�dei�servizi�pubblici�avevano�imposto,�proprio� in�forza�del�diritto�comunitario,�la�trasformazione�delle�aziende�autonome� statali�e�delle�municipalizzate�in�soggetti�dotati�di�autonoma�personalita�giu- ridica�e,�per�ovvie�ragioni�di�correntezza�nella�gestione,�in�societa�per�azioni.� Di�questo�difficile�stato�dell'arte�dell'in�house�providing�danno�contezza� due�discussioni�orali,�tenute�rispettivamente�il�27�ottobre�e�il�10�novembre� 2005�innanzi�alla�prima�sezione�della�Corte�di�Giustizia�a�Lussemburgo,�nelle� quali�e�intervenuta�ovviamente�anche�la�Repubblica�Italiana�con�la�difesa�era- riale.�Il�resoconto�di�quanto�in�esse�avvenuto�e�degli�argomenti�trattati�puo� costituire�un�utile�abbozzo�per�il�disegno�che�si�va�componendo�nella�materia.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nella�prima�causa�pregiudiziale�il�TAR�della�Puglia,�nell'ambito�di�una� causa�promossa�contro�l'affidamento�in�house,�da�parte�del�Comune�di�Bari,� del�servizio�di�trasporto�pubblico�urbano�a�societa�,�interamente�partecipata� dal�Comune�stesso,�ha�posto�un�dubbio�di�conformita�al�diritto�comunitario,� ed�in�particolare�con�gli�articoli�46,�49�e�86�del�Trattato�CE,�proprio�del� nuovo�comma�5�dell'art�113�del�TUEL��nella�parte�in�cui�non�pone�alcun� limite�alla�liberta�di�scelta�dell'Amministrazione�pubblica�tra�le�diverse�forme� diaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante� procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa� interamente�controllata.�.� Il�carattere�generale�del�quesito�e�la�rilevanza�degli�interessi�in�gioco�nel� settore�dei�servizi�pubblici�hanno�consentito�una�discussione�sui�principi�fon- danti�della�stessa�Unione�Europea.� In�particolare�sono�state�portate�all'attenzione�della�Corte�di�Giustizia� alcune�affermazioni�svolte�dalla�stessa�Commissione�nel�libro�bianco�sui�ser- vizi�d'interesse�generale�edito�il�12�maggio�2004�e�specificatamente:� a�pagina�7:��La�Commissione�rispetta�il�ruolo�fondamentale�degli�Stati� membri�e�delle�autorita�regionali�e�locali�nel�settore�dei�servizi�d'interesse�gene- rale.�Tale�ruolo�trova�riscontro�nelle�politiche�comunitarie�riguardanti�i�servizi� d'interesse�generale�che�prevedono�vari�livelli�di�intervento�e�l'impiego�di�diversi� strumenti�in�linea�con�ilprincipio�di�sussidiarieta��;� a�pagina�8:��Tuttavia�in�talune�situazioni�la�realizzazione�dell'obiettivo� della�politica�pubblica�nazionale�potrebbe�necessitare�di�un�coordinamento�con� altri�obiettivi�della�Comunita�.�Al�livello�di�trattato�tali�situazioni�sono�discipli- nate�dall'articolo�86,�paragrafo�2,�che�stabilisce�che�i�servizi�di�interesse�econo- mico�generale�non�sono�soggetti�all'applicazione�delle�norme�del�trattato�nella� misura�in�cui�cio�risulti�necessario�per�consentire�loro�di�adempiere�il�loro�com- pito�d'interesse�generale.�Cio�significa�che�in�base�al�trattato�CE�e�in�presenza� delle�condizioni�di�cui�all'art.�86,�paragrafo�2,�l'effettiva�prestazionedi�un�com- pito�d'interesse�generale�prevale,�in�caso�di�controversia�sull'applicazione�delle� norme�del�trattato.�Pertanto,�la�normativa�tutela�i�compiti,�piuttosto�chele�loro� modalita�di�esecuzione...�;� a�pagina�11:��In�tale�contesto�va�osservato�che�laproposta�didirettiva�rela- tiva�ai�servizi�nel�mercato�interno�si�concentra�soltanto�sui�servizi�che�corrispon- dono�ad�un'attivita�economica.�Essa�non�riguarda�i�servizi�non�economici�di� interesse�generale�bens|�solamente�i�servizi�di�interesse�economico�generale.� Inoltre�nellaproposta�in�questione�alcune�attivita�chepotrebbero�essere�conside- rate�dagli�stati�membri�come�servizi�d'interesse�economico�generale�sono�escluse� dal�campo�di�applicazione�della�proposta�(ad�es.�i�trasporti)�o�sono�soggette�a� deroghe�riguardo�il�paese�d'origine�(per�es.�i�servizi�postali�e�di�distribuzione� dell'energia�elettrica,�del�gas,�dell'acqua).�Un�aspetto�ancora�piu�importante� risiede�nelfatto�che�la�proposta�non�impone�agli�Stati�membri�di�aprire�i�servizi� d'interesse�economico�generale�alla�concorrenza�e�non�interferisce�sulle�moda- lita�difinanziamento�e�di�organizzazione�;� a�pagina�12��Nel�contempo�e�stato�sottolineato�che�e�essenziale�che�le�poli- tiche�comunitarie�rispettino�e�riflettano�le�diverse�caratteristiche�dei�differenti� servizi�e�le�diverse�realta�degli�Stati�membri:� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Ancora�piu�chiaro�sulla�natura�del�conflitto�in�essere�e�il�parere�reso�il� 24�febbraio�2005�dal�Comitato�economico�e�sociale�europeo�in�merito�al� citato�libro�bianco�della�Commissione�sui�servizi�d'interesse�economico�gene- rale.�Se�ne�riportano�alcuni�stralci�essenziali:� �1.4...Il4Trattato4riconosce4ilprincipio4di4libera4amministrazione4deglienti4 localiefa4dellapossibilita�che4questi4ultimiforniscano4essistessideiservizi4d'in- teresse4economico4generale4un4principio4costituzionale,4il4quale4concretizza4in4 talmodo4ilprincipio4disussidiarieta�perquanto4riguarda4le4competenze4rispet- tive4dell'Unione4e4degli4Stati4membriper4i4servizi4d'interesse4generale.4 1.54Nonostante4cio�,4nella4sostanza4il4diritto4derivato4continua4ad4essere4 caratterizzato4da4uno4squilibrio4generale4tra4il4diritto4della4concorrenza,4corpo4 giuridico4comunitario4dettagliato4e4con4effetti4diretti,4da4un4lato,4e,4dall'altro,4 gli4obiettivi4d'interesse4generale4che4si4configurano4come4eccezione4a4tale4diritto.4 1.64L'Unione4Europea4continua4a4trovare4difficolta�nelsuperare4le4contrad- dizioni4tra4l'impegno4a4costruire4un4mercato4che4ha4come4strumento4la4concor- renza4elanecessita�diassicurare4un4controllopubblicodiprocessichenonpos- sono4dipendere4soltanto4da4meccanismi4economici.4Iservizi4d'interesse4generale4 non4sono4tecniche4o4strumenti,4dando4essi4espressione4a4diritti4della4persona,4a4 legamisociali,4all'inclusioneeall'integrazione...�4 Va�detto�per�completezza�che�la�Commissione�Europea�in�relazione� all'affidamento�del�servizio�pubblico�di�trasporto�nel�Comune�di�Bari�in�forza� dell'art�113�comma�5�lett.�c4del�TUEL�ha�rassegnato�conclusioni�favorevoli� alla�legittimita�comunitaria�dello�stesso.� Un�carattere�piu�tecnico,�ma�in�certa�misura�piu�contrastato,�ha�assunto� invece�la�discussione�del�secondo�caso�trattato�dalla�Corte�di�Giustizia�all'u- dienza�del�10�novembre�scorso.� Si�discuteva,�su�ordinanza�del�TAR�per�la�Lombardia,�della�conformita� al�trattato�CE�dell'affidamento�diretto�del�servizio�di�fornitura�di�energia�e� di�manutenzione�degli�impianti�termici�da�parte�del�Comune�di�Busto�Arsizio� a�societa�per�azioni�integralmente�partecipata�da�una�Holding�S.p.A.�nella� quale�lo�stesso�Comune�conservava�una�partecipazione�pari�al�99,98�%�del� capitale�sociale,�restando�la�rimanente�partecipazione�pari�allo�0,2�%�attri- buita�a�comuni�limitrofi.�Controllo�indiretto�quindi�e�partecipazione�aziona- ria�formalmente�non�totalitaria,�che�potrebbero�indurre�la�Corte�di�Giustizia� a�confermare�anche�nel�caso�di�specie�l'orientamento�espresso�in�tema�di�affi- damento�a�societa�di�capitali�da�ultimo�con�la�sentenza�Parking4Brixen4 GmbH,�con�un�probabile�approfondimento,�nel�caso�di�specie,�anche�del� secondo�requisito�previsto�dalla�sentenza�Teckal4circa�lo�svolgimento�della� maggior�parte�dell'attivita�dell'affidatario�in4house4con�l'ente�o�gli�enti�che�lo� controllano.�Contro�tale�prospettiva�si�sono�svolte,�tra�le�altre,�le�osserva- zioni�della�Repubblica�tedesca�e�l'intervento�in�udienza�del�Regno�Unito;�la� Commissione�invece�ha�concluso�per�la�declaratoria�di�contrasto�dell'affida- mento�in4house4con�la�normativa�comunitaria.� La�difesa�della�Repubblica�Italiana,�integrando�le�osservazioni�a�suo� tempo�svolte,�ha�portato�all'attenzione�della�Corte�alcuni�profili�ed�in�parti- colare:� a)�risulta�dalla�stessa�ordinanza�di�rinvio�del�TAR�Lombardia�che�il� problema�sollevato�nel�quesito�pregiudiziale�ha�carattere�generale:�attiene� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� alla�mancanza�di�un�rapporto�di�subordinazione�gerarchica,�essendo�la� societa�affidataria�del�servizio��una�societa�di�diritto�privato,�i�cui�organi�e� legali�rappresentanti�agiscono�autonomamente�con�capacita�di�diritto�privato�;� b)�in�siffatto�contesto�la�sentenza�Teckal,�ove�se�ne�chieda�la�trasposi- zione�al�caso�di�specie,�diventa�un�boomerang,�nel�senso�che�ponendo�regole� per�l'affidamento�in�house�in�relazione�ad�un'azienda�comunale�speciale,� ovverosia�a�figura�giuridica�soggettiva�distinta�e�non�commisurabile�alla� societa�di�capitali,�diviene�di�per�se�inapplicabile.� c)�occorre�tener�conto�del�fatto�che�il�diritto�comunitario,�laddove�rico- nosce�la�possibilita�di�essere�forgiato�direttamente�dalle�pronunce�della�Corte� di�Giustizia,�pone�regole�funzionali�e�mai�formali.� d)�il�diritto�comunitario�per�i�servizi�d'interesse�economico�generale� conosce�regole�differenti�rispetto�alla�tutela�della�concorrenza,�fondate�sul� rispetto�primario�della�missione�affidata�all'ente�pubblico�e�sul�sistemadi� autoproduzione�dei�servizi,�del�tutto�paritetico�e�non�residuale�rispettoal� ricorso�al�mercato.� e)�la�missione�di�un�soggetto�affidatario�di�un�pubblico�servizio�deriva� dall'atto�costitutivo�e�tra�gli�organismi�creati�per�finalita�non�d'interesse� industriale�e�commerciale�ben�possono�figurare�societa�per�azioni�(il�princi- pio�si�ricava�dall'art.�1�della�direttiva�unificata�n.�18/2004�in�materia�di� appalti�pubblici,�che�riproduce�precedenti�disposizioni�presenti�in�tutte�le� direttive�sugli�appalti)� f)�le�societa�per�azioni�affidatarie�di�missioni�pubbliche�devono�necessa- riamente�aprire�la�loro�partecipazione�a�soggetti�diversi�dall'ente�che�leaveva� create,�per�evitare�la�responsabilita�illimitata�del�socio�unico�e�quindi�una� posizione�deteriore�rispetto�ai�privati�che�gestiscono�i�servizi�pubblici,�spesso� forieri�di�rischi�e�obbligazioni,�giovandosi�in�tal�modo�della�limitazione�della� responsabilita�connessa�all'uso�dello�strumento�societario.� g)�l'ordinamento�comunitario�conosce�ed�applica�regole�per�evitare�che� la�gestione�diretta�da�parte�dei�soggetti�pubblici�d'interesse�generali�crei� distorsioni�nel�mercato�attraverso:�regole�di�separazione�e�trasparenza�nella� gestione;�obbligo�di�considerare�l'affidatario�diretto�di�un�servizio�in�house�a� sua�volta�organismo�di�diritto�pubblico�allorche�richiede�prestazioni�e�servizi� all'esterno�della�sua�organizzazione;�attenzione�da�parte�delle�autorita�prepo- ste�alla�tutela�della�concorrenza�sul�come�questo�soggetto�affidatario�di�ser- vizi�in�house�si�comporta�concretamente�nel�mercato.� Le�conclusioni�dell'Avvocato�generale�su�entrambe�le�cause�sono�attese� per�il�nuovo�anno.�Nel�frattempo�la�Commissione�ha�notificato�alla�Repub- blica�Italiana�un�ricorso�per�inadempimento�(�Causa�C-371/05)�nel�quale� viene�mossa�contestazione�di�violazione�della�direttiva�92/50/CEE�del�Consi- glio�per�aver�affidato�il�Comune�di�Mantova,�in�via�diretta�e�senza�la�previa� pubblicazione�del�bando�di�gara�sulla�Gazzetta�Ufficiale�della�Comunita�Euro- pea,�la�manutenzione�e�lo�sviluppo�dei�propri�servizi�informatici�alla�societa� A.S.I.�S.p.A.,�societa�a�prevalente�capitale�pubblico�partecipata�in�via�mag- gioritaria�dal�Comune�stesso.� G.F.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�21�luglio�2005�nella� causa�C-231/03�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dal�Tribunale�Ammini- strativo�Regionale�per�la�Lombardia�con�ordinanza�14�febbraio�2003,�pervenuta�in�can- celleria�il�28�maggio�2003�^Consorzio�Aziende�Metano�(Coname)�c/�Comune�di�Cingia� de'�Botti,�con�l'intervento�di�Padania�Acque�S.p.A.�^Pres.V.�Skouris�^Rel. C.W.A.�Tim- mermans�^Avv. Gen. C.�Stix-Hackl.�Governo�italiano�(ag. I.M.�Braguglia,�avv.�dello� Stato�G.�Fiengo),�dei�Paesi�Bassi�(ag. D.J.M.�de�Grave),�austriaco�(ag. M.�Fruhmann),� finlandese�(ag. A.�Guimaraes�^Purokoski)�e�Commissione�delle�Comunita�europee.� (Artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE).� �1.�^La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�in�esame�concerne�l'interpretazione�degli� artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE.� 2.�^Tale�domanda�e�stata�proposta�nel�contesto�di�una�controversia�che�vede�il�Consor- zio�Aziende�Metano�(in�prosieguo:�il��Coname�)�contrapposto�al�Comune�di�Cingia�de'� Botti�in�merito�all'attribuzione�da�parte�di�quest'ultimo�alla�Padania�Acque�S.p.A.�(in�prosie- guo;�la��Padania�)�del�servizio�per�la�gliene�della�distribuzione�e�la�manutenzione�degli� impianti�di�gas�metano.� CONTESTO NORMATIVO 3.�^In�forza�dell'art.�22,�n.�3,�della�legge�8�giugno�1990,�n.�142,�recante�ordinamento� delle�autonomie�locali�(Supplemento ordinario alla�GURI del�12�giugno�1990,�n.�135;�in�pro- sieguo:�la��legge�n.�142/1990�),�un�servizio�come�quello�riguardante�la�gestione,�la�distribu- zione�e�la�manutenzione�degli�impianti�di�distribuzione�di�gas�metano�puo�essere�garantito� dall'ente�pubblico�stesso,�oppure�mediante�concessione�a�terzi,�o�facendo�ricorso�ad�imprese� terze�o�anche,�ai�sensi�del�detto�art.�22,�n.�3,�lett.�e),��a�mezzo�di�societa�per�azioni�o�a� responsabilita�limitata�a�prevalente�capitale�pubblico�locale�costituite�o�partecipate�dall'ente� titolare�del�pubblico�servizio,�qualora�sia�opportuna�in�relazione�alla�natura�o�all'ambito�ter- ritoriale�del�servizio�la�partecipazione�di�piu�soggetti�pubblici�o�privati�.� CAUSA PRINCIPALEE QUESTIONEPREGIUDIZIALE 4.�^Il�Coname�aveva�concluso�con�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti,�per�il�periodo1.�gen- naio�1999�^31�dicembre�2000,�un�contratto�per�l'affidamento�del�servizio�di�manutenzione,� conduzione�e�sorveglianza�della�rete�di�gas�metano.� 5.�^Con�lettera�del�30�dicembre�1999�il�detto�Comune�ha�informato�il�Coname�che,�con� delibera�21�dicembre�2000,�il�Consiglio�comunale�aveva�affidato�alla�Padania�il�servizio� avente�ad�oggetto�la�gestione,�la�distribuzione�e�la�manutenzione�dell'Impianto�di�distribu- zione�del�gas�metano�per�il�periodo�1.�gennaio�2000�^31�dicembre�2005.�Quest'ultima� societa�e�a�prevalente�capitale�pubblico,�detenuto�dalla�Provincia�di�Cremona�nonche�da� quasi�tutti�i�comuni�di�tale�provincia.�Il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�detiene�una�partecipa- zione�dallo�0,97%�nel�capitale�della�detta�societa�.� 6.�^Il�servizio�controverso�nella�causa�principale�e�stato�attribuito�alla�Padania�con� affidamento�diretto,�in�applicazione�dell'art.�22,�n.�3,�lett.�e),�della�legge�n.�142/1990.� 7.�^Il�Coname,�che�chiede�al�giudice�del�rinvio,�in�particolare,�l'annullamento�della�deli- bera�21�dicembre�1999,�fa�valere�che�l'attribuzione�del�detto�servizio�avrebbe�dovuto�essere� effettuata�mediante�gara�d'appalto.� 8.�^Considerando�che�la�soluzione�della�controversia�della�quale�e�investito�richiede� l'interpretazione�di�talune�disposizioni�del�Trattato�CE,�il�Tribunale�amministrativo�regio- nale�per�la�Lombardia�ha�deciso�di�sospendere�il�giudizio�e�di�sottoporre�alla�Corte�la� seguente�questione�pregiudiziale:��Se�gli�artt.�43�[CE]�49�[CE]�e�81�[CE],�laddove�vietano� rispettivamente�le�restrizioni�alla�liberta�di�stabilimento�dei�cittadini�di�uno�Stato�membro� nel�territorio�di�un�altro�Stato�ed�alla�libera�prestazione�dei�servizi�all'interno�della�Comu- nita�nei�confronti�dei�cittadini�degli�Stati�membri,�nonche�le�pratiche�commerciali�e�societa- rie�idonee�ad�impedire,�restringere�o�falsare�il�gioco�della�concorrenza�nell'ambito�dell'U- nione�Europea,�ostino�a�che�sia�previsto�l'affidamento�diretto�e,�cioe�,�senza�l'indizione�di� una�gara,�della�gestione�del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�a�societa�apartecipa- zione�pubblica�comunale,�ogni�volta�che�detta�partecipazione�al�capitale�sociale�sia�tale�da� non�consentire�alcun�possibile�controllo�diretto�sulla�gestione�stessa�e�se�debba�conseguente- mente�affermarsi�che,�come�ricorre�nel�caso�di�specie,�ove�la�partecipazione�e�pari�allo� 0,97%,�non�si�configurino�gli�estremi�della�gestione�in house�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� QUESTIONE PREGIUDIZIALE 9.�^Occorre�osservare�preliminarmente�che�la�causa�principale�sembra�riguardare,�come� risulta�dalla�risposta�fornita�dal�giudice�del�rinvio�ad�una�richiesta�di�chiarimenti�formulata� dalla�Corte�ai�sensi�dell'art.�104,�n.�5,�del�suo�regolamento�di�procedura,�un�servizio�qualifi- cato�come�concessione,�che�non�rientra�nell'ambito�di�applicazione�ne�della�direttiva�del� Consiglio�18�giugno�1992,�92/50/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli� appalti�pubblici�di�servizi�(Gazzetta Ufficiale L209,pag.�1),ne�della�direttiva�del�Consiglio� 14�giugno�1993,�93/38/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�eroganti�di� acque�e�di�energia,�degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�ope- rano�nel�settore�delle�telecomunicazioni�(Gazzetta Ufficiale L�199,�pag.�84)�(v.,�in�questo� senso,�sentenza�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998,�Teleaustria�e�Telefonadress,�Racc: pag.�I-10745,�punto�56,�e�ordinanza�30�maggio�2002,�causa�C-358/00,�Buchha�ndler-Vereini- gung,�Racc: pag.�I-4685,�punto�28).� 10.�^La�presente�sentenza�si�basa�dunque�sul�presupposto�che�la�controversia�nella� causa�principale�concerna�l'attribuzione�di�una�concessione,�presupposto�che�spetta�al�giu- dice�del�rinvio�verificare.� 11.�^Cio�precisato,�con�la�questione�proposta�il�giudice�del�rinvio�chiede�un'interpreta- zione�degli�artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE.� 12.�^Occorre�ricordare�che�l'art.�81�CE,�che�si�applica,�secondo�la�sua�formulazione�let- terale,�agli�accordi��tra�imprese��non�si�riferisce�in�linea�di�principio,�ai�contratti�di�conces- sione�conclusi�da�un�comune,�nella�sua�veste�pubblica,�con�un�concessionario�incaricato�del- l'esecuzione�di�un�pubblico�servizio�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�4�maggio�1988,�causa� 30/1987,�Bodson,�Racc: pag.�2479,�punto�18).� 13.�^Pertanto,�come�giustamente�osservano�il�governo�finlandese�e�la�Commissione,�la� detta�disposizione�non�e�applicabile�alla�controversia�di�cui�alla�causa�principale,�come� descritta�nell'ordinanza�di�rinvio.� 14.�^Non�occorre�pertanto�risolvere�la�questione�sotto�questo�profilo.� SUGLIARTT: 43 CEE49 CE 15.�^Con�la�questione�proposta,�il�giudice�del�rinvio�chiede,�in�sostanza,�se�gli�artt.�43� CE�e�49�CE�ostino�all'affidamento�diretto�cioe�senza�l'indizione�di�una�gara,�da�parte�di�un� comune,�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del� gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,�capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene� una�partecipazione�dello�0,97%.� 16.�^Occorre�ricordare�che�l'attribuzione�di�simile�concessione�non�e�disciplinata�da� nessuna�delle�direttive�con�cui�il�legislatore�comunitario�ha�disciplinato�il�settore�degli� appalti�pubblici.�In�mancanza�di�una�disciplina�del�genere,�e�alla�luce�del�diritto�primario� e,�piu�in�particolare,�delle�liberta�fondamentali�previste�dal�Trattato�che�devono�essere�esa- minate�le�conseguenze�di�diritto�comunitario�relative�all'affidamento�di�tali�concessioni.� 17.�^Al�riguardo,�occorre�osservare�che,�nella�misura�in�cui�la�detta�concessione�puo� interessare�anche�un'impresa�con�sede�in�uno�Stato�membro�diverso�da�quellodel�Comune� di�Cingia�de'�Botti,�l'affidamento,�in�mancanza�di�qualsiasi�trasparenza,�di�tale�concessione� ad�un'impresa�con�sede�in�quest'ultimo�Stato�membro�costituisce�una�differenza�di�tratta- mento�a�danno�dell'impresa�avente�sede�nell'altro�Stato�membro�(v.,�in�questo�senso,�sen- tenza�Telaustria�e�Telefonadress,�citata,�punto�61).� 18.�^Infatti,�in�mancanza�di�qualsiasi�trasparenza,�quest'ultima�impresanon�ha�alcuna� reale�possibilita�di�manifestare�il�suo�interesse�ad�ottenere�la�detta�concessione.� 19.�^Orbene�a�meno�che�non�sia�giustificata�da�circostanze�obiettive,�siffatta�differenza� di�trattamento,�che,�escludendo�tutte�le�imprese�aventi�sede�in�un�altro�Stato�membro,�opera� principalmente�a�danno�di�queste�ultime,�costituisce�una�discriminazione�indiretta�in�base� alla�nazionalita�,�vietata�ai�sensi�degli�artt.�43�CE�e�49�CE�(v.�in�particolare,�in�questo�senso,� sentenze�10�marzo�1993,�causa�C-111/1991,�Commissione/Lussemburgo,�Racc: pag.�1-817,� punto�17;�8�giugno�1999,�causa�C-337/97,�Meeusen,�Racc: pag.�I-3289,�punto�27,�nonche� 26�ottobre�1999,�causa�C-294/1997,�Eurowings�Luftverkehr,�Racc: pag.�I-7447,�punto�33�e� giurisprudenza�ivi�citata).� 20.�^Per�quanto�riguarda�la�controversia�nella�causa�principale,�non�risulta�dal�fasci- colo�che,�a�causa�di�circostanze�particolari,�come�un�valore�economico�molto�limitato,�si� possa�ragionevolmente�sostenere�che�un'impresa�con�sede�in�uno�Stato�membro�diverso�da� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� quello�cui�appartiene�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�non�avrebbe�interesse�alla�concessione� controversa�e�che�gli�effetti�sulle�liberta�fondamentali�di�cui�trattasi�dovrebbero�quindi�essere� considerati�troppo�aleatori�e�troppo�indiretti�perche�si�possa�concludere�nel�senso�di�un'even- tuale�violazione�di�queste�ultime�(v,�in�questo�senso,�sentenze�7�marzo�1990,�causa� C-69/1988,�Krantz,�Racc. pag.�I-583�punto�11;�21�settembre�1999,�causa�C-44/1998,�BASF,� Racc. pag.�I-6269,�punto�16,�nonche�ordinanza�12�settembre�2002,�causa�C-431/01,�Mertens,� Racc. pag.�I-7073,�punto�34).� 21.�^In�tale�contesto,�spetta�al�giudice�del�rinvio�verificare�se�l'affidamento�della�con- cessione�da�parte�del�Comune�di�Cingia�de'�Botti�alla�Padania�risponda�a�condizioni�di�tra- sparenza�che,�senza�necessariamente�comportare�un�obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,� siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa�avente�sede�nel�territorio�di�uno�Stato� membro�diverso�da�quello�della�Repubblica�Italiana�di�aver�accesso�alle�informazioni�ade- guate�relative�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,�di�modo�che�tale�impresa,� se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manifestare�il�proprio�interesse�ad�ottenere� la�detta�concessione.� 22.�^Se�cio�non�avviene,�e�necessario�concludere�per�l'esistenza�di�una�differenza�di�trat- tamento�a�danno�di�tale�impresa.� 23.�^Per�quanto�riguarda�le�circostanze�obiettive�che�possono�giustificare�tale�diffe- renza�di�trattamento,�va�osservato�che�il�fatto�che�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�detenga� una�partecipazione�dello�0,97%�nel�capitale�della�Padania�non�costituiscedi�per�se�una�di�tali� circostanze�obiettive.� 24.�^Infatti,�anche�supponendo�che�la�necessita�per�un�comune�di�esercitare�un�con- trollo�su�un�concessionario�che�gestisce�un�servizio�pubblico�possa�costituire�una�circostanza� obiettiva�tale�da�giustificare�un'eventuale�differenza�di�trattamento,�va�rilevato�che,�come� osserva�lo�stesso�giudice�del�rinvio,�una�partecipazione�dello�0,97%�e�talmente�esigua�da� non�consentire�tale�controllo.� 25.�^All'udienza�il�governo�italiano�ha�fatto�valere,�in�sostanza,�che,�a�differenza�di� alcune�grandi�citta�italiane�la�maggior�parte�dei�comuni�non�ha�i�mezzi�per�garantire� mediante�strutture�interne�servizi�pubblici�come�quello�della�distribuzione�del�gas�sul�suo� territorio�e�si�vede�pertanto�costretto�a�fare�ricorso�a�strutture,�come�quella�della�Padania,� nel�capitale�delle�quali�piu�comuni�detengono�partecipazioni.� 26.�^Al�riguardo�occorre�constatare�che�una�struttura�come�quella�della�Padania�non� puo�essere�equiparata�ad�una�struttura�mediante�la�quale�un�comune�o�una�citta�gestisce,�a� livello�interno,�un�servizio�pubblico.�Infatti,�come�risulta�dal�fascicolo,�la�Padania�costituisce� una�societa�aperta,�almeno�in�parte,�al�capitale�privato,�il�che�impedisce�di�considerarla� come�una�struttura�di�gestione��interna��di�un�servizio�pubblico�nell'ambito�del�comuni� che�ne�fanno�parte.� 27.�^Non�e�stata�portata�a�conoscenza�della�Corte�nessun'altra�circostanza�obiettiva�in� grado�di�giustificare�un'eventuale�differenza�di�trattamento.� 28.�^In�tale�contesto,�occorre�risolvere�la�questione�proposta�nel�senso�che�gli� artt.�43�CE�e�49�CE�ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causa�principale,�all'af- fidamento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�del�servi- zio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,�capitale� nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione�dello�0,97%,�qualora�tale�affidamento� non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza�che,�senza�necessariamente�comportare�un�obbligo� di�fare�ricorso�ad�una�gara,�siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa�avente�sede� nel�territorio�di�uno�Stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere�accesso�alle� informazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,�di�modo� che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manifestare�il�proprio� interesse�a�ottenere�la�detta�concessione.� SULLE SPESE 29.�^Nei�confronti�delle�parti�nella�causa�principale�il�presente�procedimento�costituisce� un�incidente�sollevato�dinanzi�al�giudice�nazionale,�cui�spetta�quindi�statuire�sulle�spese.�Le� spese�sostenute�per�presentare�osservazioni�alla�Corte,�diverse�da�quelle�delle�parti,�non�pos- sono�dar�luogo�a�rifusione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Perquestimotivi,laCorte(GrandeSezione)�dichiara:� Gli�artt.�43�CE�e�49�CE�ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causaprinci- pale,�all'affidamento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione� del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,� capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione�dello�0,97%,�qualora�tale�affi- damento�non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza�che,�senza�necessariamente�implicare�un� obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,�siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa� con�sede�nel�territorio�di�uno�Stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere� accesso�alle�informazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attri- buita,�di�modo�che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manife- stare�il�proprio�interesse�a�ottenere�la�detta�concessione�.� Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Prima�Sezione,�sentenza�13�ottobre�2005�nella� causa�C-458/03�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�del�Verwaltungsgericht,�Auto- nome�Sektionfu�r�die�Provinz�Bozen�(Italia),�con�decisione�del�23�luglio�2003,�pervenuta� in�cancelleria�il�30�ottobre�2003�^Parking�Brixen�GmbH�c/�Gemeinde�Brixen,�Stadt- werke�Brixen�AG�^Pres.�P.�Jann�^Avv.�Gen.�J.�Kokott.�Governi�italiano�(ag.�I.M.�Bra- guglia,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo),�dei�Paesi�Bassi�(ag.�C.�Wissels),�austriaco� (ag.�M.�Fruhmann),�e�Commissione�delle�Comunita�europee.� �1.�^La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�verte�sull'interpretazione�della�direttiva� del�Consiglio�18�giugno�1992,�92/50/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli� appalti�pubblici�di�servizi�(Gazzetta�Uf fficiale�L�209,�pag.�1),�degli�artt.�43�CE,�49�CE�e� 86�CE,�nonche�dei�principi�di�non�discriminazione,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento.� 2.�^Tale�domanda�e�stata�presentata�nell'ambito�di�una�controversia�tra,�da�un�lato,�la� societa�Parking�Brixen�GmbH�(in�prosieguo:�la��Parking�Brixen�)�e,�dall'altro,�la�Gemeinde� Brixen�(in�prosieguo:�il��comune�di�Bressanone�)�e�la�societa�Stadtwerke�Brixen�AG�(in�pro- sieguo:�la��ASM�Bressanone�Spa�)�in�ordine�all'aggiudicazione,�a�quest'ultima�della�gestione� di�due�parcheggi�situati�sul�territorio�del�detto�comune.� CONTESTO�NORMATIVO� Diritto�comunitario� 3.�^L'art.43CEcos|�dispone:� �Nel�quadro�delle�disposizioni�che�seguono,�le�restrizioni�alla�liberta�di�stabilimento�dei� cittadini�di�uno�Stato�membro�vengono�vietate�(...).� La�liberta�di�stabilimento�importa�l'accesso�alle�attivita�non�salariate�e�al�loro�esercizio,� nonche�la�costituzione�e�la�gestione�di�imprese�e�in�particolare�di�societa�ai�sensi�dell'art.�48,� secondo�comma,�alle�condizioni�definite�dalla�legislazione�del�paese�di�stabilimento�nei�con- fronti�dei�propri�cittadini,�fatte�salve�le�disposizioni�del�capo�relativo�ai�capitali�.� 4.�^L'art,�49,�primo�comma,�CE�prevede�quanto�segue:� �Nel�quadro�delle�disposizioni�seguenti,�le�restrizioni�alla�libera�prestazione�dei�servizi� all'interno�della�Comunita�sono�vietate�nei�confronti�dei�cittadini�degli�Stati�membri�stabiliti� in�un�paese�della�Comunita�che�non�sia�quello�del�destinatario�della�prestazione�.� 5.�^L'ottavo�`considerando'�della�direttiva�92/50�precisa�quanto�segue:� �(...)�la�prestazione�di�servizi�e�disciplinata�dalla�presente�direttiva�soltanto�quando�si� fondi�su�contratti�d'appalto;�(...)�la�prestazione�di�servizi�su�altra�base,�quali�leggi�o�regola- menti�ovvero�contratti�di�lavoro,�esula�dal�campo�d'applicazione�della�presente�direttiva�.� 6.�^L'art.�1�della�detta�direttiva�cos|�recita: �Ai�fini�della�presente�direttiva�s'intendono�per: a)��appaltipubblici�di�servizi�,�i�contratti�a�titolo�oneroso�stipulati�in�forma�scritta�tra unprestatorediserviziedun'amministrazioneaggiudicatrice�(...)� b)��amministrazioni�aggiudicatici�,�lo�Stato,�gli�enti�locali,�gli�organismi�di�diritto�pub- blico,�le�associazioni�costituite�da�detti�enti�od�organismi�di�diritto�pubblico�(...)�.� Normativa�nazionale� 7.�^L'art.�22,�n.�3,�della�legge�8�giugno�1990,�n.�142,�relativa�all'ordinamento�delle�auto- nomie�locali�(supplemento�ordinario�alla�GURI�n.�135�del�12�giugno�1990;�in�prosieguo:�la� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� �legge�n.�142/1990�),�stabilisce�che�i�comuni�e�le�province�possono�avvalersi,�per�lo�svolgi- mento�dei�servizi�pubblici�locali�attribuiti�dalla�legge�alla�loro�competenza,�delle�seguenti� forme�di�gestione:� �a)�in�economia,�quando�per�le�modeste�dimensioni�o�per�le�caratteristiche�del�servizio� non�sia�opportuno�costituire�una�istituzione�o�una�azienda;� b)�in�concessione�a�terzi,�quando�sussistano�ragioni�tecniche,�economicheediopportu- nita��sociale;� c)�a�mezzo�di�azienda�speciale,�anche�per�la�gestione�di�piu��servizi�di�rilevanza�econo- mica�ed�imprenditoriale;� d)�a�mezzo�di�istituzione,�per�l'esercizio�di�servizi�sociali�senza�rilevanza�imprendito- riale;� e)�a�mezzo�di�societa��per�azioni�a�prevalente�capitale�pubblico�locale,�qualora�si�renda� opportuna,�in�relazione�alla�natura�del�servizio�da�erogare,�la�partecipazione�di�altri�soggetti� pubblici�o�privati�.� 8.�^L'art.�44�della�legge�regionale�4�gennaio�1993,�n.�1,�nella�versione�iniziale,�ha� ampiamente�ripreso�l'art.�22�della�legge�n.�142/1990.�L'art.�44�e��stato�poi�modificato�dalla� legge�regionale�23�ottobre�1998,�n.�10.� 9.�^L'art.�44�della�legge�regionale�n.�1,�come�modificata�dalla�legge�regionale�n.�10,� dispone�quanto�segue:� �(...)�6. I�Comuni�disciplinano�con�regolamento�le�procedure�e�i�criteri�per�la�sceltadelle� forme�organizzative�di�gestione�dei�servizi�pubblici�a�rilevanza�economica�ed�imprenditoriale� tra�le�seguenti:� a)�costituzione�di�aziende�speciali;� b)�costituzione�o�partecipazione�ad�apposite�societa��per�azioni�o�a�responsabilita��limi- tata�ad�influenza�dominante�pubblica�locale;� c)�affidamento�della�gestione�di�servizi�pubblici�a�terzi,�prevedendo�adeguate�procedure� concorrenziali�per�la�loro�individuazione.�Salvo�diverse�disposizioni�di�legge,�il�rapporto� non�puo��avere�durata�superiore�a�venti�anni�e�non�puo��essere�rinnovato�con�lo�stesso�sog- getto�se�non�nei�modi�di�cui�alla�presente�lettera.�Le�cooperative,�le�associazioni�che�rappre- sentano�per�legge�gli�invalidi�ed�i�disabili,�nonche�le�associazioni�di�volontariato�e�le�imprese� senza�fini�di�lucro,�a�parita��di�condizioni,�vengono�privilegiate�(...).� 18. Alle�societa��costituite�ai�sensi�del�comma�6�e�alle�societa��di�cui�al�comma�17,�gli�enti� locali�soci�possono�affidare�in�qualunque�momento�lo�svolgimento�di�ulteriori�servizi�pub- blici�compatibili�con�l'oggetto�della�societa��mediante�deliberazione�consiliare�che�approva� contestualmente�il�relativo�contratto�di�servizio�.� 10.�^Le�disposizioni�dell'art.�44,�nn.�6�e�18,�della�legge�regionale�n.�1,�come�modificata� dalla�legge�regionale�n.�10�sono�riprese�testualmente�come�art.�88,�nn.�6�e�18,�del�Testo�coor- dinato�delle�disposizioni�sull'ordinamento�dei�comuni�della�Regione�autonoma�Trentino- Alto�Adige.� 11.�^L'art.�115�del�decreto�legislativo�18�agosto�2000,�n.�267,�Testo�unico�delle�leggi�sul- l'ordinamento�degli�enti�locali�(supplemento ordinario alla�GURI n.�227�del�28�settembre� 2000;�in�prosieguo:�il��decreto�legislativo�n.�267/2000�),�autorizza�i�comuni�a�trasformare� le�aziende�speciali�in�societa��per�azioni�di�cui�possono�restare�azionisti�unici�per�un�periodo� comunque�non�superiore�a�due�anni�dalla�trasformazione.� CONTROVERSIA PRINCIPALEEQUESTIONIPREGIUDIZIALI 12.�^In�applicazione�dell'art.�22�della�legge�n.�142/1990,�il�comune�di�Bressanone�era� ricorso�per�la�gestione�di�alcuni�servizi�pubblici�locali�rientranti�nella�sua�competenza,�alla� Stadtwerke�Brixen�(in�prosieguo:�la��Servizi�Municipalizzati�Bressanone�),�azienda�speciale� di�proprieta��del�comune.� 13.�^In�virtu��dell'art.�1�dello�statuto,�dal�1.�gennaio�1999�la�Servizi�Municipalizzati� Bressanone�era�dotata�di�personalita��giuridica�e�di�autonomia�imprenditoriale,�ed�era�un� ente�del�comune�preposto�specialmente�all'esercizio�unitario�e�integrato�dei�servizi�pubblici� locali.� 14.�^Ai�sensi�dell'art.�2�dello�statuto,�la�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�aveva�per� oggetto,�tra�gli�altri:��la�gestione�di�parcheggi�ed�autosilo�compreso�l'esercizio�di�tutte�le�atti- vita��connesse�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 15.�^In�applicazione�dell'art.�115�del�decreto�legislativo�n.�267/2000,�con�la�delibera- zione�comunale�del�25�ottobre�2001,�n.�97,�il�comune�di�Bressanone�ha�trasformato�l'azienda� speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�in�una�societa�per�azioni�denominata��ASM� Bressanone�Spa�.� 16.�^In�virtu�dell'art.�1,�terzo�comma,�dello�statuto�di�quest'ultima,��[t]utti�i�diritti�e�gli� obblighi�preesistenti�in�capo�all'azienda�speciale�[Servizi�Municipalizzati�Bressanone]�per- mangono�anche�dopo�la�trasformazione�e�la�societa�[ASM�Bressanone�S.p.a.]�subentra�per- tanto�in�tutti�i�rapporti�attivi�e�passivi�dell'Azienda�[speciale]�Servizi�Municipalizzati�Bressa- none�.� 17.�^Ai�sensi�dell'art.�4�dello�statuto,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�puo�gestire,�tra�le�altre,� le�attivita�che�seguono�su�base�locale,�nazionale�ed�internazionale:��g) la�gestione�di�par- cheggi�ed�autosilos�e�le�attivita�connesse�.� 18.�^L'art.�18�dello�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.�prevede�che�al�Consiglio�di� amministrazione�vengano�delegati�i�seguenti�poteri:� �1)�Al�Consiglio�di�Amministrazione�spettano�i�piu�ampi�poteri�per�l'ordinaria�ammini- strazione�della�societa�,�con�facolta�di�compiere�tutti�gli�atti�ritenuti�opportuni�o�necessari� per�il�conseguimento�dell'oggetto�sociale.� 2)�Salvo�preventiva�autorizzazione�da�parte�dell'assemblea,�il�Consiglio�di�Amministra- zione�non�potra�rilasciare�garanzie�eccedenti�il�limite�di�5�(cinque)�milioni�di�euro,�nonche� firmare�paghero�o�accettare�tratte�oltre�al�detto�limite.� 3)�Sono�considerati�atti�di�ordinaria�amministrazione�l'acquisto�e�la�cessione�di�parteci- pazioni�in�altre�societa�,�l'acquisto,�la�cessione�e�l'affitto�di�aziende�o�rami�di�aziende�nonche� l'acquisto�e�la�vendita�di�veicoli�per�un�valore�massimo�per�ciascun�atto�di�5�(cinque)�milioni� di�euro.� 4)�Spetta�alla�competenza�esclusiva�del�Consiglio�di�Amministrazione�ogni�delibera- zione�relativa�alla�determinazione�e/o�la�modifica�degli�emolumenti�per�cariche�speciali�ai� sensi�dell'art.�2389,�secondo�comma,�del�Codice�Civile�.� 19.�^Ai�sensi�dell'art.�5,�n.�2,�dello�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,��laquotadi� partecipazione�al�capitale�sociale�di�appartenenza�del�comune�di�Bressanone�non�potra�mai� essere�inferiore�alla�maggioranza�assoluta�delle�azioni�ordinarie�.�Inoltre,�il�comune�di�Bres- sanone�halafacolta�di�nominare�la�maggioranza�dei�componenti�del�Consiglio�di�ammini- strazione�della�societa�.�Il�Collegio�Sindacale�e�composto�da�tre�membri�effettivi�e�due�sup- plenti,�di�cui�almeno�due�membri�effettivi�ed�un�membro�supplente�nominati�dal�comune.� 20.�^Secondo�il�giudice�del�rinvio,�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale�in�societa� per�azioni�comporta�un�manifesto�incremento�di�autonomia�a�favore�di�quest'ultima.�L'am- bito�di�attivita�della�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�stato�infatti�considerevolmente�ampliato� rispetto�a�quello�della�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�dal�momento�che�puo�compiere� attivita�in�ambito�locale�nazionale�e�internazionale,�mentre�l'attivita�dell'azienda�speciale� Servizi�Municipalizzati�Bressanone�era�limitata�al�territorio�del�comune�di�Bressanone.�Inol- tre,�l'azienda�speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�era�subordinata�al�controllo�diretto� e�all'influenza�del�Consiglio�comunale,�mentre,�nel�caso�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,�il�con- trollo�da�parte�del�comune�e�limitato�alla�liberta�di�azione�di�cui�gode,�ai�sensi�del�diritto� societario,�la�maggioranza�dei�soci.� 21.�^Con�deliberazione�comunale�23�marzo�2000,�n.�37,�il�Consiglio�comunalediBres- sanone�ha�affidato�la�costruzione�e�la�gestione�di�una�piscina�pubblica�alla�Servizi�Municipa- lizzati�Bressanone.�Al�momento�della�trasformazione�di�questa�in�societa�per�azioni,�avve- nuta�il�25�ottobre�2001,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�subentrata�in�tutti�i�diritti�e�gli�obblighi� derivanti�da�quella�deliberazione.� 22.�^Con�deliberazione�18�novembre�2001,�n.�118,�il�Consiglio�comunale�di�Bressanone� ha�concesso�alla�ASM�Bressanone�S.p.a.�un�diritto�di�superficie�sopra�il�suolo�e�sotto�il�suolo� del�terreno�destinato�alla�piscina,�in�particolare�sulla�particella�fondiaria�491/11,�situata�nel� territorio�del�comune�di�Bressanone,�per�la�realizzazione�di�garage�sotterranei.� 23.�^Nell'attesa�che�tale�progetto�di�parcheggio�fosse�realizzato,�e�stato�previsto�un�par- cheggio�di�superficie�provvisorio.�A�tale�scopo�la�particella�fondiaria�491/11,�fino�ad�allora� utilizzata�come�campo�di�calcio,�e�stata�rivestita�temporaneamente�in�macadam per�servire� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^le decisioni come parcheggio da circa 200 posti auto. Secondo il giudice del rinvio, per la gestione della particella fondiaria 491/11 come parcheggio di superficie non e� stata stipulata alcuna con- venzione. 24. ^Al fine di predisporre ulteriori posti auto, il limitrofo parcheggio di superficie situato sul terreno adiacente, cioe� sulla particella 491/6, sita parimenti nel territorio del comune di Bressanone, con una capienza di circa 200 posti auto e direttamente gestito dal comune da oltre dieci anni, e� stato affidato in gestione alla ASM Bressanone S.p.a. con deli- berazione del Consiglio comunale di Bressanone 28 novembre 2002, n. 107. In tale delibera- zione si precisa che �per l'attivita� degli stabilimenti balneari e� gia� stato costruito da parte dell'Azienda Servizi Municipalizzati S.p.a. provvisoriamente un parcheggio vicino all'area comunale� e che si ritiene pertanto �necessario e opportuno di assegnare all'Azienda Servizi Municipalizzati S.p.a. anche provvisoriamente la gestione dell'area accanto, costituita dalla p.f. 491/6, (...) con una superficie di 5137 m2, che al momento viene amministrata diretta- mente dal comune�. 25. ^Il 19 dicembre 2002, al fine dell'applicazione della deliberazione n. 107,ilcomune di Bressanone ha concluso una convenzione con la ASM Bressanone S.p.a., affidandole per un periodo di nove anni la gestione del parcheggio sulla particella 491/6. 26. ^Come corrispettivo per la gestione del parcheggio, la ASM Bressanone S.p.a. riscuote le tasse di parcheggio. A sua volta pero� , versa al comune di Bressanone un'indennita� annuale pari a EUR 151 700, che e� indicizzata sulla base del prezzo del biglietto di parcheg- gio, cosicche� un aumento di questo si traduce in un aumento dell'indennita� versata al comune. Oltre alla gestione del parcheggio, la ASM Bressanone S.p.a. si assume il servizio di locazione gratuita di biciclette e accetta che il mercato settimanale continui a tenersi in quell'area. La ASM Bressanone S.p.a. ha altres|� assunto il personale, precedentemente alle dipendenze del comune di Bressanone sull'area predetta. Infine, la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'area spetta alla detta societa� , che se ne assume tutte le relative responsa- bilita� . 27. ^Sulla base di un contratto di concessione stipulato con il comune di Bressanone in data 19 giugno 1992, la Parking Brixen aveva assunto la costruzione e la gestione di un par- cheggio, distinto da quelli su cui verte la causa principale, sempre situato nel territorio di quel comune. Dinanzi al Verwaltungsgericht, Autonome Sektionfur die Provinz Bozen (Tribu- nale amministrativo, Sezione autonoma per la provincia di Bolzano), la Parking Brixen ha contestato l'attribuzione alla ASM Bressanone S.p.a. della gestione dei parcheggi ricavati sulle particelle 491/6 e 491/11. A suo dire, il comune di Bressanone avrebbe dovuto appli- care la normativa in materia di pubblici appalti. 28. ^Le convenute nella causa principale, cioe� la ASM Bressanone S.p.a. e il comune di Bressanone, hanno contestato l'obbligo di espletamento di una pubblica gara. Il comune ha fatto valere a questo proposito di controllare per intero la ASM Bressanone S.p.a., cosicche� non vi sarebbe stata attribuzione di un appalto a terzi. 29. ^In tale contesto, il Verwaltungsgericht, Autonome Sektionfur die Provinz Bozen,ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiu- diziali: �1) Se nel caso di attribuzione della gestione di parcheggi pubblici a pagamento, oggetto della materia controversa, si tratti di un appalto di pubblico servizio ai sensi della direttiva 92/50/CEE ovvero di una concessione di pubblico servizio, nei cui confronti si applicano le regole sulla concorrenza della Comunita� europea, in particolare gli obblighi di parita� di trat- tamento e trasparenza. 2) Se ^qualora si dovesse effettivamente trattare di una concessione di pubblico servizio avente ad oggetto la gestione di un servizio pubblico locale ^l'attribuzione della gestione di un pubblico parcheggio a pagamento, che puo� essere effettuata senza svolgimento di pub- blica gara ai sensi dell'art. 44, n. 6, lett. b), della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1, modi- ficata dall'art. 10 della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 10, e ai sensi dell'art. 88, n. 6, lett. a)e b), del testo coordinato delle disposizioni sull'ordinamento dei comuni, sia compati- bile con il diritto comunitario e, in particolare, con i principi della libera prestazione dei ser- vizi e della libera concorrenza, del divieto di discriminazione e degli obblighi che ne conse- guono di parita� di trattamento e di trasparenza come pure del principio di proporzionalita� , nel caso in cui si tratti di una societa� per azioni che, conformemente all'art. 115 del decreto RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� legislativo�n.�267/2000,�e�stata�costituita�mediante�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale� di�un�comune�e�il�cui�capitale�azionario�al�momento�dell'attribuzione�era�detenuto�al�100%� dal�comune,�ma�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�dispone�dei�piu�ampi�poteri�di�ordinaria� amministrazione�entro�un�valore�di�EUR�5000�000�per�affare.� 30.�^Con�ordinanza�del�presidente�della�Corte�25�maggio�2004,�la�domanda�di�inter- vento�presentata�dalla�Energy�Service�S.r.l.�e�stata�dichiarata�irricevibile.� SULLA PRIMA QUESTIONE 31.�^Con�la�prima�questione,�il�giudice�del�rinvio�chiede�se�l'attribuzione�della�gestione� dei�parcheggi�pubblici�a�pagamento�su�cui�verte�la�causa�principale�costituisca�un�appalto� pubblico�di�servizi,�ai�sensi�della�direttiva�92/50,�o�una�concessione�di�pubblici�servizi.� 32.�^Si�deve�precisare�innanzitutto�che�non�spetta�alla�Corte�qualificare�concretamente� le�operazioni�controverse�nella�causa�principale.�Infatti,�a�tale�scopo�e�competente�il�solo� giudice�nazionale.�Il�ruolo�della�Corte�si�limita�a�fornire�al�detto�giudice�un'interpretandone� del�diritto�comunitario�utile�per�la�decisione�da�adottare�nella�controversia�che�gli�e�sottoposta.� 33.�^A�tale�scopo,�la�Corte�puo�estrapolare�dal�fascicolo�della�causa�principale�gli�ele- menti�pertinenti�per�l'interpretazione�del�diritto�comunitario.� 34.�^In�tale�contesto�occorre�rilevare�che�la�causa�principale�riguarda�l'attribuzione� della�gestione�di�due�distinti�parcheggi:�da�una�parte,�quello�situato�sulla�particella�491/11� e,�dall'altro,�quello�situato�sulla�particella�491/6.� 35.�^In�relazione�al�parcheggio�di�superficie�situato�sulla�particella�491/11,�la�decisione� di�rinvio�indica�solamente�che�non�e�stata�conclusa�alcuna�convenzione�per�il�suo�sfrutta- mento.�In�particolare,�la�decisione�non�contiene�informazioni�relative�alle�condizioni�di� remunerazione�del�gestore�di�quel�parcheggio.� 36.�^Pertanto,�la�Corte�puo�solo�constatare�di�non�disporre�di�elementi�di�informazione� sufficienti�per�procedere�a�un'interpretazione�utile�del�diritto�comunitario�in�risposta�a�que- sta�parte�della�questione.� 37.�^Perquanto�riguardailparcheggiosituatosullaparticella491/6,�dalladecisionedi� rinvio,�come�rilevato�ai�punti�24-26�della�presente�sentenza,�risulta�che�esso�era�gestito�diret- tamente�dal�comune�di�Bressanone�da�piu�di�dieci�anni�allorche�la�gestione�e�stata�affidata,� per�un�periodo�di�nove�anni,�alla�ASM�Bressanone�S.p.a.�grazie�ad�una�convenzione�stipu- lata�da�questa�e�dal�detto�comune�il�19�dicembre�2002.�Come�corrispettivo�per�la�gestione� del�parcheggio,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�riscuote�dagli�utenti�una�tassa�di�parcheggio;�essa� versa�poi�al�comune�di�Bressanone�un'indennita�annuale.�Inoltre,�la�ASM�Bressanone� S.p.a.�acconsente�a�che�il�mercato�settimanale�continui�a�svolgersi�nella�zona�in�questione,� assicura�il�servizio�di�locazione�gratuita�di�biciclette�e�si�assume�l'onere�della�manutenzione� della�zona.� 38.�^Alla�luce�di�questi�elementi,�si�deve�intendere�che�il�giudice�del�rinvio,�con�la�prima� questione,�chiede�in�sostanza�se�l'attribuzione,�da�parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un�presta- tore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pubblico�a�pagamento,�per�la�quale�il�presta- tore�riceva�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai�terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costi- tuisca�un�appalto�pubblico�di�servizi,�ai�sensi�della�direttiva�92/50,�ovvero�una�concessione� di�pubblici�servizi�a�cui�tale�direttiva�non�e�applicabile.� 39.�^Come�risulta�dal�suo�ottavo�`considerando',�la�direttiva�92/50�si�applica�agli� �appalti�pubblici�di�servizi�,�i�quali�sono�definiti�all'art.�1,�lett.�a),�della�stessa�come��con- tratti�a�titolo�oneroso�stipulati�in�forma�scritta�tra�un�prestatore�di�servizi�ed�un'amministra- zione�aggiudicatrice�.�Da�tale�definizione�discende�che�un�appalto�pubblico�di�servizi�ai�sensi� di�quella�direttiva�comporta�un�corrispettivo�che�e�pagato�direttamente�dall'amministrazione� aggiudicatrice�al�prestatore�di�servizi.� 40.�^Nella�situazione�descritta�dalla�prima�questione,�invece,�la�remunerazione�del�pre- statore�di�servizi�proviene�non�gia�dall'autorita�pubblica�interessata�bens|�dagli�importi�ver- sati�dai�terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio�di�cui�si�tratta.�Tale�forma�di�remunerazione� implica�che�il�prestatore�assume�il�rischio�della�gestione�dei�servizi�in�questione,�delineando� in�tal�modo�una�concessione�di�pubblici�servizi.�Conseguentemente,�in�una�situazione�come� quella�della�causa�principale,�non�si�e�di�fronte�ad�un�appalto�pubblico�di�servizi,�ma�ad� una�concessione�di�pubblici�servizi.� 41.�^A�questo�proposito,�e�opportuno�rilevare�che�tale�interpretazione�e�confermata� dalla�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�31�marzo�2004,�2004/18/CE,�relativa� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� al�coordinamento�delle�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,�di�forni- ture�e�di�servizi�(Gazzetta Ufficiale L�134,�pag.�114),�benche�essa�non�fosse�applicabile�all'e- poca�dei�fatti�nella�causa�principale.�Infatti,�ai�sensi�dell'art.�1,�n.�4,�di�questa�direttiva,�la� �``concessione�di�servizi''�e�un�contratto�che�presenta�le�stesse�caratteristiche�di�un�appalto� pubblico�di�servizi,�ad�eccezione�del�fatto�che�il�corrispettivo�della�fornitura�di�servizi�consi- ste�unicamente�nel�diritto�di�gestire�i�servizi�o�in�tale�diritto�accompagnato�da�un�prezzo�.� 42.�^E�pacifico�che�le�concessioni�di�pubblici�servizi�sono�escluse�dall'ambito�di�applica- zione�della�direttiva�92/50�(v.�ordinanza�30�maggio�2002,�causa�C-358/00,�Buchha�ndler- Vereinigung,�Racc.�pag.�1-4685,�punto�28).� 43.�^Si�deve�pertanto�risolvere�la�prima�questione�dichiarando�che�l'attribuzione,�da� parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un�prestatore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pub- blico�a�pagamento,�per�la�quale�il�prestatore�riceve�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai� terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costituisce�una�concessione�di�pubblici�serviziacuila� direttiva�92/50�non�e�applicabile.� SULLA SECONDA QUESTIONE 44.�^Con�la�seconda�questione�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�sostanza�se�l'attribuzione� di�una�concessione�di�pubblici�servizi�senza�svolgimento�di�pubblica�gara�sia�compatibile� con�il�diritto�comunitario�qualora�l'impresa�concessionaria�sia�una�societa�costituita� mediante�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale�di�un'autorita�pubblica�e�il�cui�capitale� sociale�al�momento�dell'attribuzione�sia�interamente�detenuto�dall'autorita�pubblica�conce- dente,�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�disponga�pero�dei�piu�ampi�poteri�di�ordinaria� amministrazione�e�possa�concludere�autonomamente,�senza�l'accordo�dell'assemblea�dei� soci,�taluni�negozi�entro�un�valore�di�cinque�milioni�di�euro.� 45.�^La�questione�riguarda,�da�un�lato,�la�condotta�dell'autorita�concedente�in�relazione� all'attribuzione�di�una�concessione�specifica�e,�dall'altro,�la�normativa�nazionale�che�per- mette�l'attribuzione�di�tale�concessione�senza�bando�di�gara.� 46.�^Nonostante�il�fatto�che�i�contratti�di�concessione�di�pubblici�servizi,�allo�stadio� attuale�del�diritto�comunitario�sono�esclusi�dalla�sfera�di�applicazione�della�direttiva�92/50,� gli�enti�aggiudicatori�che�li�stipulano�sono�comunque�tenuti�a�rispettare�le�norme�fondamen- tali�del�Trattato,�in�generale,�e�il�principio�di�non�discriminazione�in�base�alla�nazionalita�,� in�particolare�(v,.�in�questo�senso,�sentenza�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998,�Telaustria� e�Telefonadress,�Racc.�pag.�I-10745,�punto�60,�e�21�luglio�2005,�causa�C-231/03,�Coname,� Racc., pag.�I-0000,�punto�16).� 47.�^Il�divieto�di�discriminazione�in�base�alla�nazionalita�e�sancito�dall'art.�12�CE.� Le�norme�del�Trattato�piu�specificamente�applicabili�alle�concessioni�di�pubblici�servizi�com- prendono�in�particolare�l'art.�43�CE,�il�cui�primo�comma�enuncia�che�le�restrizioni�alla� liberta�di�stabilimento�dei�cittadini�di�uno�Stato�membro�nel�territorio�di�un�altro�Stato� membro�vengono�vietate,�e�l'art.�49�CE,�che�dispone,�al�primo�comma,�che�le�restrizioni�alla� prestazione�dei�servizi�all'interno�della�Comunita�sono�vietate�nei�confronti�dei�cittadini� degli�Stati�membri�stabiliti�in�un�paese�della�Comunita�che�non�sia�quello�del�destinatario� della�prestazione.� 48.�^Secondo�la�giurisprudenza�della�Corte,�gli�artt.�43�CE�e�49�CE�sono�specifica� espressione�del�principio�della�parita�di�trattamento�(v.�sentenza�5�dicembre�1989,�causa� C-3/1988�Commissione/Italia,�Racc. pag.�4035,�punto�8).�Il�divieto�di�discriminazione�in� base�alla�nazionalita�e�parimenti�un'espressione�specifica�del�principio�generale�di�parita�di� trattamento�(v.�sentenza�8�ottobre�1980,�causa�810/1979,�U�berscha�r,�Racc.�pag.�2747.�punto� 16).�Nella�sua�giurisprudenza�relativa�alle�direttive�comunitarie�in�materia�di�appalti�pub- blici�la�Corte�ha�precisato�che�il�principio�della�parita�di�trattamento�degli�offerenti�ha�lo� scopo�di�consentire�che�tutti�gli�offerenti�dispongano�delle�stesse�possibilita�nella�formula- zione�dei�termini�delle�loro�offerte,�a�prescindere�dalla�loro�nazionalita�(v.,�in�questo�senso,� sentenza�25�aprile�1996,�causaC-87/1994,�Commissione/Belgio,�Racc.�pag.�I-2043,�punti�33� e�54).�Ne�risulta�che�il�principio�di�parita�di�trattamento�tra�offerenti�deve�applicarsi�alle� concessioni�di�pubblici�servizi�anche�quando�non�vi�sia�discriminazione�sulla�base�della� nazionalita�.� 49.�^I�principi�di�parita�di�trattamento�e�di�non�discriminazione�sulla�base�della�nazio- nalita�comportano,�in�particolare,�un�obbligo�di�trasparenza,�che�permette�all'autorita�pub- blica�concedente�di�assicurarsi�che�tali�principi�siano�rispettati.�L'obbligo�di�trasparenza� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� che�incombe�alla�detta�autorita�consiste�nella�garanzia,�a�favore�di�ogni�potenziale�offerente,� di�un�adeguato�livello�di�pubblicita�che�consenta�l'apertura�della�concessione�di�servizi�alla� concorrenza,�nonche�il�controllo�sull'imparzialita�delle�procedure�di�aggiudicazione�(v.�in� questo�senso,�sentenza�Telaustria�e�Telefonadress,�cit., punti�61�e�62).� 50.�^Spetta�all'autorita�pubblica�concedente�valutare,�sotto�il�controllo�delle�giurisdiz ioni�competenti,�se�le�modalita�di�gara�siano�adeguate�alle�specificita�della�concessione�di� pubblici�servizi�di�cui�si�tratta.�Tuttavia,�la�totale�mancanza�di�gara�nel�caso�di�un'attribuz ione�di�concessione�di�pubblici�servizi�come�quella�controversa�nella�causa�principale�non� e�conforme�a�disposto�degli�artt.�43�CE�e�49�CE,�ne�ai�principi�di�parita�di�trattamento,�di� non�discriminazione�e�di�trasparenza.� 51.�^Inoltre,�l'art.�86,�n.�1,�CE,�stabilisce�che�gli�Stati�membri�non�emanano�ne�manteng ono�nei�confronti�delle�imprese�pubbliche�e�delle�imprese�cui�riconosconodirittispecialio� esclusivi�alcuna�misura�contraria�alle�norme�del�Trattato,�specialmente�a�quelle�contemplate� dagli�artt.�12�CE�e�81�CE-89�CE.� 52.�^Ne�risulta�che�gli�Stati�membri�non�devono�mantenere�in�vigore�una�normativa� nazionale�che�consenta�l'attribuzione�di�concessioni�di�pubblici�servizi�senza�gara,�giacche� una�simile�attribuzione�viola�gli�artt.�43�CE�o�49�CE�o�i�principi�di�parita�di�trattamento,� di�non�discriminazione�e�di�trasparenza.� 53.�^Per�sostenere�che�le�disposizioni�del�Trattato�e�i�principi�generali�menzionati�ai� punti�46-52�della�presente�sentenza�non�si�applicano�a�una�concessione�di�pubblici�servizi� attribuita�in�circostanze�quali�quelle�della�causa�principale�sono�invocati�due�argomenti.� 54.�^Innanzitutto,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�sostiene�che�gli�artt.�43�CE-55�CE�non� sono�applicabili�a�una�situazione�quale�quella�della�causa�principale�perche�si�tratta�di�una� situazione�puramente�interna�ad�un�solo�Stato�membro,�visto�che�la�Parking�Brixen,�la� ASM�Bressanone�S.p.a.�e�il�comune�di�Bressanone�hanno�tutti�sede�in�Italia.� 55.�^Quest'argomento�non�puo�essere�accolto.�Infatti,�non�si�puo�escludere�che,�nella� causa�principale,�imprese�stabilite�in�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�potess ero�essere�interessate�a�fornire�i�servizi�di�cui�si�tratta�(v.,�in�questo�senso,�sentenza� Commissione/Belgio,�cit., punto�33).�Ora,�in�mancanza�di�pubblicita�e�di�apertura�alla�conc orrenza�dell'attribuzione�di�una�concessione�di�pubblici�servizi�quale�quella�di�cui�alla�causa� principale,�si�ha�discriminazione,�perlomeno�potenzialmente,�a�danno�delle�imprese�degli� altri�Stati�membri�che�non�possono�fruire�della�liberta�di�fornire�servizi�e�della�liberta�di�stab ilimento�previste�dal�Trattato�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�Coname,�cit.,�punto�17).� 56.�^In�secondo�luogo,�la�Repubblica�italiana,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�ilcomune�di� Bressanone�fanno�valere�che�l'applicazione�delle�regole�del�Trattato�e�deiprincipigenerali� del�diritto�comunitario�a�una�situazione�quale�quella�controversa�nella�causa�principale�e� esclusa�per�il�fatto�che�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�non�e�un�ente�indipendente�da�quel� comune.�A�sostegno�di�quest'argomento�invocano�la�sentenza�18�novembre�1999,�causa� C-107/1998,�Teckal�(Racc.�pag.�1-8121,�punti�49-51).� 57.�^A�questo�proposito,�si�deve�ricordare�che,�nella�citata�sentenza�Teckal,�la�Corte�ha� dichiarato�che�la�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,�93/36/CEE,�che�coordina�le�proced ure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�forniture�(Gazzetta Uf fficiale L�199,�pag.�1),� e�applicabile�ove�un'amministrazione�aggiudicatrice,�quale�un�ente�locale,�decida�di�stipulare� per�iscritto,�con�un�ente�distinto�da�essa�sul�piano�formale�e�autonomo�rispetto�ad�essa�sul� piano�decisionale,�un�contratto�a�titolo�oneroso�avente�ad�oggetto�la�fornitura�di�prodotti.� 58.�^In�relazione�all'esistenza�di�un�tale�contratto,�la�Corte�ha�precisato,�al�punto�50� della�citata�sentenza�Teckal,�che,�conformemente�all'art.�1,�lett.�a),�della�direttiva�93/36,�in� linea�di�principio�basta�che�il�contratto�sia�stato�stipulato,�da�una�parte,�da�un�ente�locale� e,�dall'altra,�da�un�soggetto�giuridicamente�distinto�da�quest'ultimo.�Puo�avvenire�diversam ente�solo�nel�caso�in�cui,�nel�contempo,�l'ente�locale�eserciti�su�tale�soggetto�un�controllo� analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�quest'ultimo�realizzi�la�parte�piu�importante� della�propria�attivita�con�l'ente�o�con�gli�enti�locali�detentori.� 59.�^La�Corte�ha�confermato�che�le�medesime�considerazioni�si�applicano�alla�direttiva� 92/50,�relativa�agli�appalti�pubblici�di�servizi,�e�alla�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,� 93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori� (Gazzetta Ufficiale L�199,�pag.�54)�(v.,�rispettivamente,�sentenze�11�gennaio�2005,�causa� C-26/03,�Stadt�Halle�e�RPL�Lochau,�Racc.�pag.�I-1,�punti�48,�49�e�52,�e�13�gennaio�2005,� causa�C-84/03,�Commissione/Spagna,�Racc. pag.�1-139,�punto�39).� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 60.�^Queste�considerazioni�partono�dalla�premessa�che�l'applicazione�delle�direttive� 92/50,�93/36�e�93/37�dipende�dall'esistenza�di�un�contratto�concluso�tra�due�soggetti�distinti� (v.�sentenza�Teckal,�punti�46�e�49).�Ebbene,�l'applicazione�degli�artt.�12�CE,�43�CE�e�49�CE,� nonche�dei�principi�di�uguaglianza,�non�discriminazione�e�trasparenza�che�sono�loro�colle- gati,�non�dipende�dall'esistenza�di�un�contratto.�Conseguentemente,�le�considerazioni�svilup- pate�nella�giurisprudenza�citata�ai�punti�56-59�della�presente�sentenza�non�si�applicano�auto- maticamente�a�quelle�disposizioni�del�Trattato�ne�a�quei�principi.� 61.�^Cio�nondimeno,�occorre�constatare�che�le�dette�considerazioni�possono�essere�tra- sposte�alle�disposizioni�del�Trattato�e�ai�principi�che�si�rapportano�a�concessioni�di�pubblici� servizi�escluse�dall'ambito�di�applicazione�delle�direttive�in�materia�di�appalti�pubblici.� Infatti,�nel�settore�degli�appalti�pubblici�e�delle�concessioni�di�pubblici�servizi,�il�principio� di�parita�di�trattamento�e�le�sue�specifiche�manifestazioni�del�divieto�di�discriminazione�fon- dato�sulla�nazionalita�e�degli�artt.�43�CE�e�49�CE�trovano�applicazione�nel�caso�in�cui�un'au- torita�pubblica�affidi�la�prestazione�di�attivita�economiche�ad�un�terzo.�Al�contrario�non� occorre�applicare�le�norme�comunitarie�in�materia�di�appalti�pubblici�o�di�concessioni�di� pubblici�servizi�nel�caso�in�cui�un'autorita�pubblica�svolga�i�compiti�di�interesse�pubblico� ad�essa�incombenti�mediante�propri�strumenti,�amministrativi,�tecnici�e�di�altro�tipo,�senza� far�ricorso�ad�entita�esterne�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�Stadt�Halle�et�RPL�Lochau,�cit.,� punto�48).� 62.�^Di�conseguenza,�nel�settore�delle�concessioni�di�pubblici�servizi,�l'applicazione� delle�regole�enunciate�agli�artt.�l2�CE,�43�CE�e�49�CE�nonche�dei�principigeneralidicui�esse� costituiscono�la�specifica�espressione�e�esclusa�se,�allo�stesso�tempo,�il�controllo�esercitato� sull'ente�concessionario�dall'autorita�pubblica�concedente�e�analogo�a�quello�che�essa�eser- cita�sui�propri�servizi�e�se�il�detto�ente�realizzata�la�maggior�parte�della�sua�attivita�con�l'au- torita�detentrice.� 63.�^Trattandosi�di�un'eccezione�alle�regole�generali�del�diritto�comunitario,�le�due�con- dizioni�enunciate�al�punto�precedente�debbono�formare�oggetto�di�un'interpretazione�restrit- tiva�e�l'onere�di�dimostrare�l'effettiva�sussistenza�delle�circostanze�eccezionali�che�giustifi- cano�la�deroga�a�quelle�regole�grava�su�colui�che�intenda�avvalersene�(v.�sentenza�Stadt� Halle�e�RPL�Lochau,�cit.,�punto�46).� 64.�^Occorre�esaminare,�innanzitutto,�se�l'autorita�pubblica�concedente�eserciti�sull'ente� concessionario�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�di�propri�servizi.� 65.�^Tale�valutazione�deve�tener�conto�di�tutte�le�disposizioni�normative�e�delle�circo- stanze�pertinenti.�Da�quest'esame�deve�risultare�che�l'ente�concessionario�in�questione�e�sog- getto�ad�un�controllo�che�consente�all'autorita�pubblica�concedente�di�influenzarne�le�deci- sioni.�Deve�trattarsi�di�una�possibilita�di�influenza�determinante�sia�sugli�obiettivi�strategici� che�sulle�decisioni�importanti.� 66.�^Dalla�decisione�di�rinvio�si�ricava�che,�in�virtu�dell'art.�1�dello�statuto�dell'azienda� speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�questa�costituiva�un�ente�del�comune�preposto� specificamente�all'esercizio�unitario�e�integrato�dei�servizi�pubblici�locali.�Il�Consiglio�comu- nale�determinava�gli�indirizzi�generali,�conferiva�il�capitale�di�dotazione,�provvedeva�alla� copertura�di�eventuali�costi�sociali,�controllava�i�risultati�della�gestione�ed�esercitava�la�vigi- lanza�strategica,�assicurando�all'azienda�la�necessaria�autonomia�imprenditoriale.� 67.�^La�ASM�Bressanone�S.p.a.�ha�invece�acquisito�una�vocazione�commerciale�che� rende�precario�il�controllo�del�comune.�In�questo�senso�militano:� a)�la�trasformazione�della�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�^azienda�speciale�del� comune�di�Bressanone�^in�una�societa�per�azioni�(ASM�Bressanone�S.p.a.)�e�la�natura�di� questo�tipo�di�societa�;� b)�l'ampliamento�dell'oggetto�sociale,�giacche�la�societa�ha�cominciato�ad�operare�in� nuovi�importanti�settori,�in�particolare�quelli�del�trasporto�di�persone�e�merci,�dell'informa- tica�e�delle�telecomunicazioni.�Si�deve�rilevare�che�la�societa�ha�conservato�la�vasta�gamma� di�attivita�precedentemente�esercitate�dall'azienda�speciale,�tra�cui�quella�di�adduzione�del- l'acqua�e�di�depurazione�delle�acque�reflue,�di�fornitura�di�calore�ed�energia,�di�smaltimento� dei�rifiuti�e�di�costruzione�di�strade;� c)�l'apertura�obbligatoria�della�societa�,�a�breve�termine,�ad�altri�capitali;� d)�l'espansione�territoriale�delle�attivita�della�societa�e�tutta�l'Italia�e�all'estero;� e)�i�considerevoli�poteri�conferiti�al�Consiglio�di�amministrazione,�senza�che�in�pratica� venga�esercitato�alcun�controllo�gestionale�da�parte,�del�comune.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 68.�^Concretamente,�per�quanto�riguarda�i�poteri�conferiti�al�detto�Consiglio�di�ammi- nistrazione,�dalla�decisione�di�rinvio�risulta�che�lo�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,�in� particolare�l'art.�18,�affidano�a�tale�organo�ampi�poteri�di�gestione�dellasocieta��,�poiche� dispone�della�facolta��di�adottare�tutti�gli�atti�ritenuti�necessari�per�il�conseguimento�dell'og- getto�sociale.�Inoltre,�il�potere,�previsto�al�detto�art.�18,�di�rilasciare�garanzie�fino�al�limite� di�EUR�5.000.000�o�di�realizzare�altre�operazioni�senza�il�previo�accordo�dell'assemblea�dei soci�indica�che�tale�societa��dispone�di�un'ampia�autonomia�nei�confronti�dei�suoi�azionisti. 69.�^La�decisione�di�rinvio�indica�altres|��che�il�comune�di�Bressanone�ha�la�facolta��di� designare�la�maggioranza�dei�membri�del�Consiglio�di�amministrazione�della�ASM�Bressa- none�S.p.a..�Tuttavia,�il�giudice�del�rinvio�sottolinea�che�il�controllo�esercitato�dal�comune�e�� in�pratica�limitato�a�quei�provvedimenti�consentiti�ai�sensi�del�diritto�societario�alla�maggio- ranza�dei�soci,�riducendo�cos|��sensibilmente�il�rapporto�di�dipendenza�che�esisteva�tra�il� comune�e�l'azienda�speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�soprattutto�alla�luce�degli ampi�poteri�di�cui�dispone�il�Consiglio�di�amministrazione�della�ASM�Bressanone�S.p.a.� 70.�^Allorche�un�ente�concessionario�fruisce�di�un�margine�di�autonomia�caratterizzato� da�elementi�come�quelli�messi�in�rilievo�ai�punti�67-69�della�presente�sentenza,�e��escluso�che� l'autorita��pubblica�concedente�eserciti�sull'ente�concessionario�un�controllo�analogo�a�quello� esercitato�sui�propri�servizi.� 71.�^Pertanto,�senza�che�sia�necessario�verificare�se�l'ente�concessionario�realizzi�la�parte� essenziale�della�sua�attivita��con�l'autorita��pubblica�concedente,�l'attribuzione�di�una�conces- sionedipubbliciservizidapartediun'autorita��pubblicaaunsimileentenonpuo��essereconside- rata�un'operazione�interna�a�quell'autorita��,�a�cui�le�norme�comunitarie�sono�inapplicabili.� 72.�^Ne�consegue�che�la�seconda�questione�proposta�dev'essere�risolta�dichiarando� quanto�segue:� Gli�artt.�43�CE�e�49�CE�nonche�i�principi�di�parita��di�trattamento,�di�non�discrimina- zione�e�di�trasparenza�devono�essere�interpretati�nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita��pub- blica�attribuisca,�senza�svolgimento�di�pubblica�gara,�una�concessione�di�pubblici�servizi�a� una�societa��per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�autorita�� pubblica,�societa��il�cui�oggetto�sociale�e��stato�esteso�a�nuovi�importanti�settori,�il�cui�capitale� dev'essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto�ad�altri�capitali,�il�cui�ambito�territo- riale�di�attivita��e��stato�ampliato�a�tutto�il�paese�e�all'estero,�e�il�cui�Consiglio�di�amministra- zione�possiede�amplissimi�poteri�di�gestione�che�puo��esercitare�autonomamente.� SULLE�SPESE� 73.�^Nei�confronti�delle�parti�della�causa�principale�il�presente�procedimento�costituisce un�incidente�sollevato�dinanzi�al�giudice�nazionale,�cui�spetta�quindi�statuire�sulle�spese� (omissis).�� Pubblichiamo�di�seguito�le�osservazioni�svolte�dal�Governo�italiano�nelle� due�cause�discusse�recentemente�in�Corte�di�Giustizia,�in�cui�si�da��sommario� resoconto�dei�temi�in�discussione.� Avvocatura Generale dello Stato ^Osservazioni del Governo della Repubblica italiana nella causa C-410/04 ^Questione�pregiudiziale�(cont.�942/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� �In�data�5�ottobre�2004�e��stata�notificata�alla�Repubblica�italiana�copia�dell'ordinanza� di�rinvio�pregiudiziale�proposta�davanti�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��Europee,�ai� sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�dal�T.A.R.�Puglia,�nell'ambito�di�una�causa�promossa� dall'ANAV�contro�l'affidamento�in�house,�da�parte�del�Comune�di�Bari,�del�servizio�di�tra- sporto�pubblico�urbano�ad�un'altra�societa��,�interamente�partecipata�dal�Comune�stesso.� Con�la�suindicata�ordinanza,�il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Puglia,�pro- pone�il�seguente�quesito:� ``Se�sia�compatibile�con�il�diritto�comunitario,�ed�in�particolare�con�gli�obblighi�di�traspa- renzaeliberaconcorrenzadicuiagliartt.46,49e86delTrattatoCE,�l'art.�113,�Vcomma,del� decreto�legislativo�n.�267/2000,�come�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n.�269/2003,�nella� parte�in�cui�non�pone�alcun�limite�alla�liberta�di�scelta�dell'Amministrazione�pubblica�tra�le� diverseformediaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante� procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa�interamente� controllata''.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Il�Governo�della�Repubblica�italiana�osserva�quanto�segue:� Applicabilita�al�caso�di�specie�dei�principi�sanciti�nella�sentenza�RiSAN.� La�Corte�di�Giustizia�ha�stabilito�che�gli�affidamenti�di�pubblici�servizi�non�ricadono�nel- l'ambito�precettivo�del�Trattato,�sul�presupposto�che�esso�non�trova�applicazione�in�vicende� che,�come�il�caso�di�specie,�sono�circoscritte�all'interno�di�un�medesimo�Stato�membro.� L'Avvocato�generale�Siegbert�Alber�affermava�nelle�sue�conclusioni�che,�trattandosi�di� una�situazione�puramente�interna�ad�uno�Stato�membro,�in�definitiva�non�sono�qui�applica- bili�le�norme�sulla�liberta��di�circolazione,�cosicche�non�occorre�nemmeno�accertare�se�possa� entrare�in�gioco�la�deroga�prevista�dall'art.�55�del�Trattato.�Ne�reputa�necessario�affrontare� la�questione,�implicitamente�sollevata�dal�giudice�a�quo,�se�dai�principi�generali�del�Trattato� si�ricavi�un�obbligo�generale�di�ricorrere�ad�una�pubblica�gara;�tuttavia�ritiene�che�non�sia� individuabile�un�tale�obbligo�(punto�38�Conclusioni).� Liberta�di�scelta�in�capo�alle�amministrazioni�sulle�modalita�di�prestazione�dei� pubblici�servizi.� L'art.�16�del�Trattato�dispone�``Fatti�salvi�gli�articoli�73,�86�e�87,�in�considerazione�dell'im- portanza�dei�servizi�di�interesse�economico�generale�nell'ambito�dei�valori�comuni�dell'Unione,� nonche�del�loro�ruolo�nella�promozione�della�coesione�sociale�e�territoriale,�la�Comunita�e�gli� Stati�membri,�secondo�le�rispettive�competenze�e�nel�campo�di�applicazione�del�presente�Trat- tato,provvedonoaf ffinche�taliservizifunzionino�inbaseaiprincipiecondizionicheconsentano� loro�di�assolvere�ai�loro�compiti''.� In�relazione�ai�servizi�di�interesse�economico,�pertanto,�l'esigenza�di�garantire�un�servi- zio�universale�consente�gli�affidamenti�diretti�a�condizione�che�si�tenda�alla�realizzazione�di� uno�scopo�pubblico;�in�altri�termini,�si�deve�trattare�di�attivita��ascrivibili�al�novero�dei��ser- vizi�di�interesse�generale�,�quali�appunto�nel�caso�di�specie�il�servizio�di�trasporto�locale.� E�noto�che�il�concetto�di�servizio�di�interesse�generale�deriva�dalla�dottrina�francese;�nel� caso�Corbeau�del�1993,�la�Corte�di�Giustizia,�chiamata�a�valutare�la�compatibilita��dell'as- setto�normativo�belga�con�l'art.�86�del�Trattato,�ha�introdotto�l'idea�che�il�servizio�postale� abbia�un�nocciolo�duro�(la�distribuzione�della�posta�ordinaria),�intorno�al�quale�si�vengono� a�costituire�dei�servizi�a�valore�aggiunto,�uno�dei�quali�e��appunto�il�servizio�di�posta�celere.� Il�servizio�corrispondente�al�nocciolo�duro,�chiamato�dalla�Corte�di�Giustizia�servizio�univer- sale,�deve�essere�erogato�a�tutti�ad�un�prezzo�ragionevole�a�prescindere�dalla�collocazione� territoriale�dell'utente.�In�tal�senso�viene�giustificato�il�monopolio�della�Regie�des�postes,in� vista�della�realizzazione�di�un�interesse�pubblico�di�rilevanza�essenziale.�Pertanto�nell'ambito� del�servizio�universale�e��legittima�una�ragionevole�limitazione�della�concorrenza,�trattandosi� in�definitiva�della�realizzazione�di�un�interesse�di�carattere�economico�generale.� La�nozione�di�servizio�universale�indicata�dalla�Corte�di�Giustizia�penetra�quindi�nella� normativa�europea,�che�mira�ad�individuare�un'area�di�servizio�universale�con�riferimento� ad�ogni�singola�categoria�di�servizi.� Nella�Comunicazione�del�20�settembre�2000,�e��la�stessa�Commissione�Europea�a�fornire� per�la�prima�volta�chiarimenti�sulla�nozione�di�pubblico�servizio�nel�diritto�comunitario.�Il� termine�viene�riferito�espressamente�agli�obblighi�di�servizio�pubblico,�intesi�come�quelle� prestazioni�che�il�regolatore�pubblico�puo��imporre�ai�soggetti�che�svolgono�l'attivita��corri- spondente�a�pubblico�servizio.�La�comunicazione�collega�strettamente�l'idea�di�missione�del� servizio�di�interesse�generale�ai�bisogni�espressi�dai�cittadini.� Per�i�criteri�relativi�all'organizzazione�del�servizio�si�applicano�i�principi�di:�a)�neutralita�� (quanto�alla�natura�pubblica�o�privata�del�prestatore�dei�servizi);�b)�di�liberta��di�definizione� (spetta�agli�Stati�membri�definire�che�cosa�considerino�servizi�d'interesse�economico�gene- rale);�c)�di�sussidiarieta��(lasciandosi�agli�Stati�membri�la�liberta��di�definire�i�servizi�di�inte- resse�generale);�d)�proporzionalita��(tra�limitazioni�della�liberta��di�concorrenza�ed�obiettivi� di�interesse�pubblico�che�si�intendono�perseguire).� In�riferimento�alla�clausola�di�sussidiarieta��,�questa�deve�intendersi�nel�senso�che�l'ammi- nistrazione�e��legittimata�ad�occupare�spazi�di�mercato�che�altrimenti�rimarrebbero�aperti�al- l'iniziativa�privata�solo�se�si�dimostra�che�l'intervento�che�si�attua�nei�moduli�amministrativi� sia�piu��efficiente�o�efficace�a�realizzare�gli�obiettivi�di�interesse�pubblico�checisipropon- gono.Inquesticasinon�si�puo��parlare�di�impresa,�ma�di�amministrazione,�e�quindi�si�accede� alle�sfera�della�liberta��di�autorganizzazione�e/o�autoproduzione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�riferimento�invece�alla�proporzionalita�,�tale�principio�(enunciato�al�punto�3.1.3�della� comunicazione�interpretativa�della�commissione)�assume�una�valenza�generale�ed�esige,�con- formemente�alla�consolidata�giurisprudenza�della�Corte�di�giustizia,�che``ogniprovvedimento� adottatosiaaltempostessonecessarioedadeguatorispettoagliscopiperseguiti.�UnoStato� membro,�infatti,�nella�scelta�dei�provvedimenti�da�adottare�deve�ricorrere�a�quelli�che�compor- tino�le�minori�turbativeper�l'esercizio�di�una�attivita�economica''.� In�definitiva,�nell'ordinamento�comunitario�non�e�riscontrabile�un�principio�generale�in� base�al�quale�le�amministrazioni�debbano�provvedere�alla�gestione�dei�servizi�pubblici�locali� attraverso�il�necessario�espletamento�di�una�pubblica�gara:�al�contrario�viene�riconosciuta� la�massima�liberta�sulle�modalita�di�prestazione�del�servizio,�fermo�restando�l'obbligo�del� rispetto�dei�principi�sanciti�dal�Trattato�nel�caso�in�cui�decidano�di�avvalersi�dell'affidamento� tramite�gara.�Infatti,�gia�nella�sentenza�RISAN,�si�era�escluso�che�dai�principi�generali�del� Trattato�potesse�ricavarsi�un�obbligo�generale�di�ricorrere�ad�una�pubblica�gara.� Cos|�anche�la�giurisprudenza�del�Supremo�Organo�Nazionale�di�Giustizia�Amministra- tiva,�il�Consiglio�di�Stato,�ha�affermato�che�le�norme�di�derivazione�comunitaria�``non�inter- feriscono�suipoteridellepubblicheamministrazionidiadottaresoluzioniorganizzative�chesiano� lepiu�rispondentialleesigenzecheessestesseritenganodidoversoddisfare,�conformementealle� leggi�che�le�disciplinano''�(Consiglio�di�Stato,�n.�5316/2003).� Applicabilita�dei�principi�sanciti�dalla�Corte�di�Giustizia�nella�causa�C 108/1998�Teckal�e�da�ultimo�ribaditi�nella�sentenza�Stadt�Halle�nella�causa� C-26/03� L'affidamento�diretto�della�gestione�del�servizio�pubblico�di�trasporti�oggetto�della� presente�questione,�risulta�perfettamente�in�linea�con�i�principi�sancitidalla�Corteintema� di�affidamento�in�house:�a)�controllo�analogo�a�quello�svolto�sui�propri�servizi;�b)�svolgi- mento�dell'attivita�in�prevalenza�per�l'ente�territoriale�di�riferimento.�Il�Comune�ha�per- tanto�esercitato�delle�facolta�previste�nell'ambito�dell'ordinamento�comunitario,�il�quale� non�pone�alcuna�limitazione�all'affidamento�diretto�se�non�quella�del�rispetto�dei�principi� sopra�esposti.� Pertanto,�l'in�houseprividing,�se�contenuto�entro�i�suddetti�limiti,�e�insindacabile�dal�giu- dice�nazionale,�il�quale�andrebbe�indebitamente�a�sostituirsi�all'amministrazione�pubblica� nelle�valutazioni�di�opportunita�.�Cos|�,�sulla�scorta�delle�osservazioni�che�precedono,�le�deter- minazioni�dell'amministrazione�pubblica�saranno�censurabili�esclusivamente�sotto�il�profilo� della�ragionevolezza�e�della�proporzionalita�dei�mezzi�impiegati�rispetto�agli�obiettivi�prefis- sati.� Il�fine�ultimo�dell'amministrazione�e�infatti�la�migliore�realizzazione�dell'interesse�pub- blico,�in�questo�caso�la�gestione�del�pubblico�servizio:�cos|�nell'ambito�delle�opzioni�tutte� egualmente�possibili�spetta�alla�stessa�l'individuazione�del�mezzo�piu�idoneo.�Nel�caso�di� specie,�l'affidamento�diretto�non�e�qualificabile�assolutamente�come�eccezione�alla�regola� dell'espletamento�della�gara,�visto�che�entrambi�sono�qualificabili�come�mezzi�egualmente� idonei�in�vista�della�migliore�gestione�del�servizio�pubblico.� E�evidente�tuttavia�che,�nell'ordinamento�italiano�come�in�tutti�gli�ordinamenti�con- formi�al�diritto�europeo,�la�concreta�scelta�amministrativa,�ancorche�non�limitata�da�speci- fici�criteri�(in�relazione�alla�pluralita�di�circostanze�che�possono�rendere�opportuna�l'assun- zione�diretta�da�parte�dei�pubblici�poteri�di�un�servizio�d'interesse�generale)�resta�assogget- tata�a�procedure�di�ricorso�per�motivi�di�legittimita�,�soprattutto�sotto�il�profilo�della� motivazione,�della�logicita�e�ragionevolezza.� Si�propone�pertanto�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�giudice�a�quo�nei�seguenti�ter- mini:� ``E�compatibileconildirittocomunitario,�edinparticolarecongliobblighiditrasparenzae� liberaconcorrenzadicuiagliartt.46,49e86delTrattatoCE,l'art.�113,�Vcomma,deldecreto� legislativo�n.�267/2000,�come�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n�269/2003,�nella�parte�in� cui�non�pone�alcun�limite�alla�liberta�di�ragionevole�sceltadell'Amministrazionepubblica�trale� diverseformediaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante� procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa�interamente� controllata''.� Roma,�l|�23�gennaio�2005�^Avvocato�dello�Stato�Giuseppe�Fiengo�.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Avvocatura Generale dello Stato ^Osservazioni del Governo della Repubblica italiana, nella causa C-340/04 ^Questione�pregiudiziale�(cons.�51881/04,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� �In�data�5�ottobre�2004�e��stata�notificata�alla�Repubblica�italiana�copia�dell'ordinanza� n.�140/04�del�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Lombardia,�emessail30�giugno� 2004,�con�la�quale�si�pongono�le�seguenti�questioni�pregiudiziali:� 1)�se�sia�compatibile�con�la�direttiva�93/36/CEE�l'af ffidamento�diretto�dell'appalto�per�la� fornitura�dicombustibilie�caloreper�impianti�termici�diedificidiproprieta�o�competenza�del� Comune,�e�relativa�gestione,�conduzione,�manutenzione�(con�prevalenza�del�valore�della�forni- tura),�ad�una�Societa�per�azioni�il�cui�capitale�e�,�allo�stato�attuale,�interamente�detenuto�da� un'altra�societa�per�azioni,�della�quale�e�a�sua�volta�socio�di�maggioranza�(al�99,98%)�il� Comune�appaltante,�ovvero�ad�una�societa�(AGESP)�che�non�e�partecipata�direttamente�dal- l'EntePubblico,madaun'altrasocieta�(AgespHolding)�ilcuicapitalee�attualmenteposseduto� al�99,98%�dalla�Pubblica�Amministrazione;� 2)�se�il�requisito�dello�svolgimento,�da�parte�dell'impresa�alla�quale�e�stata�direttamente� af ffidatalafornitura,�dellapartepiu�importantedell'attivita�conl'Entepubblicochelacontrolla,� debbaessereaccertatofacendoapplicazionedell'art.�l3delladirettiva93/38/CEE,epossarite- nersisussistente�nel�caso�in�cuila�suddetta�impresa�realizzilaprevalenza�deiproventicon�l'Ente� pubblico�controllante�o�in�alternativa,�nel�territorio�dell'Ente�stesso�.� L'ordinanza�del�T.A.R.�per�la�Lombardia�ha�per�oggetto�specificatamente�la�cosiddetta� gestione��in�house��di�servizi�pubblici�da�parte�di�autorita��nazionali,�prevalentemente�locali.� Il�paradigma�di�questa�modalita��di�gestione�dei�pubblici�servizi�si�sostanzia�nella�scelta� da�parte�della�stazione�appaltante�di�gestire�in�proprio�un�determinato�servizio�pubblico,� del�quale�ha�la�titolarita��,�affidandolo�direttamente�ad�una�Societa��per�Azioni�di�cui�detiene� la�totalita��(o�la�maggioranza)�del�capitale�sociale�e�che,�normalmente,�ha�creato�a�tali�preci- pui�f|�ni.�Pur�potendo�apparire�come�un�affidamento�ad�un�terzo,�in�quanto�l'attribuzione� del�servizio�avviene�a�favore�di�un�soggetto�avente�formalmente�natura�giuridica�di�diritto� privato,�in�realta��questa�distinta�persona�giuridica�non�rappresenta�altro�che�una�longa� manus�della�stessa�amministrazione�pubblica.�L'utilita��del�ricorso�a�questa�particolare�moda- lita��di�gestione�dei�servizi�pubblici�e��quella�di�consentire�all'ente�pubblico�l'utilizzo�di�stru- menti�piu��duttili�e�flessibili�alle�esigenze�del�mercato,�pur�mantenendo�sull'ente�affidatario� del�servizio�controlli�analoghi�a�quelli�che�puo��esercitare�sulle�proprie�articolazioni�interne.� L'individuazione�e�la�disciplina�di�questa�particolare�modalita��di�gestione�trova�fondamento� nello�stesso�diritto�comunitario,�(si�veda�al�riguardo�il�libro�verde�sui�servizi�di�interesse�gene- rale�COM(2003)270,�la�relazione�sullo�stesso�al�Parlamento�europeo�di�Philippe�Herzog� nonche�la�successiva�conforme�risoluzione�del�Parlamento�europeo�sul�predetto�libro�verde� ^punto�35�^ove�si�parla�in�maniera�espressa�del��diritto�all'autoproduzione�dei�servizi�da� parte�degli�enti�pubblici)�ed�e��stata�riconosciuta�legittima�della�stessa�Corte�di�giustizia�del� Lussemburgo�(sentenza�Teckal�del�18�novembe�1999�in�causa�C�-107/1998).� Il�problema�posto�dal�giudice�nazionale�riguarda�le�modalita��attraverso�cui�l'ente�pub- blico�esercita�sul�soggetto�affidatario�del�servizio�quel��controllo�gestionale�e�finanziario� stringente��che,�secondo�la�giurisprudenza�comunitaria,�consente�di�assimilarne�la�struttura� ad�una�propria,�particolare,�articolazione�organizzativa.� In�via�preliminare�si�osserva�che�si�tratta�di�un�quesito�che�non�sembra�riguardare� l'applicazione�del�Trattato�e�delle�norme�comunitarie,�quanto�piuttosto�l'interpretazione�del� diritto�interno�al�fine�di�verificare�in�concreto�se�si�sia�in�presenza,�nel�caso�dedotto�in�lite,� di�un�controllo�gestionale�e�finanziario�stingente,�ai�fini�dell'applicazione�della�deroga�alla� pubblica�gara,�consentita�dalla�normativa�comunitaria�e�nazionale.� Gia��in�occasione�della�causa�C�458-03�il�T.A.R.�di�Bolzano�ha�sollevato�una�questione� analoga�in�presenza�di�un�controllo�finanziario�e�di�gestione,�che�avveniva�attraverso�l'arti- colazione�del�capitale�sociale,�del�soggetto�beneficiario�dell'affidamento�in�house,in�piu�� comuni�di�una�stessa�provincia,�nessuno�dei�quali�conseguentemente�aveva�la�maggioranza� assoluta�della�partecipazione.�In�quella�occasione�il�Governo�Italiano�ha�avuto�modo�di� osservare�che�l'organizzazione�in�house�dei�pubblici�servizi�potesse�avvenire�legittimamente� (secondo�il�diritto�comunitario),�allorche�il�controllo�stringente�fosse�comunque�nelle�mani� di�un�consorzio�e/o�associazione�di�enti�parimenti�pubblici:�tale�soluzione�razionalmente�si� impone,�infatti,�allorche�la�dimensione�ridotta�di�un�singolo�comune�non�consente�la�costitu- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�di�strutture�amministrative�e�finanziarie�idonee�ad�assumere�il�servizio�per�il�singolo� territorio�comunale,�ma�sia�necessaria�invece�la�presa�in�considerazione,�sul�piano�organizza- tivo�e�funzionale,�di�un�bacino�d'utenza�piu�vasto.� Nel�caso�sottoposto�oggi�all'esame�di�codesta�Ecc.ma�Corte�di�Giustizia�analoghe�esi- genze�organizzative�e�funzionali�(e,�non�ultime,�di�trasparenza�nella�gestione)�impongono�al� Comune�di�Busto�Arsizio�di�articolare�in�piu�societa�per�azioni�le�strutture�privatistiche�affi- datarie�in�house�di�singoli�diversi�pubblici�servizi�e�di�collegare�ad�un'unica�holding,dipari� proprieta�pubblica,�il�controllo�finanziario�e�gestionale,�che�l'ente�esercita�sui�gestori�di�pub- blico�servizio.� Sembra�evidente�che�si�tratta�comunque�di�semplici�modalita�organizzative�nella� gestione�pubblica�dei�servizi�d'interesse�generale�in�relazione�alle�quali�non�hanno�ragion� d'essere�i�dubbi�sollevati�dal�giudice�nazionale�in�ordine�alla�conformita�al�diritto�comunita- rio.�La�conferma�indiretta�della�legittimita�di�siffatto�modello�organizzativo�si�ricava�dalla� stessa�ordinanza�n.�140/04�del�T.A.R.�per�la�Lombardia�laddove�il�giudice�rimettente,�pur� non�soffermandosi�in�modo�diffuso�sul�punto,�implicitamente�conferma�l'intenzione�della� AGESP�(societa�controllata�dall'ente�pubblico�attraverso�una�holding)�di�procedere�all'acqui- sto�del�gasolio�con�gara�ad�evidenza�pubblica�(Confronta�pagina�3�dell'ordinanza�ove�si� richiama�la�richiesta�della�ricorrente�di�annullamento�del��bando�di�gara�per�la�fornitura�di� gasoliopubblicato�il23/1/2004daAGESPS.p.A.�.)� La�necessita�per�la�AGESP�S.p.A.,�societa�di�diritto�privato�di�procedere�all'acquisto�di� gasolio�attraverso�gara�pubblica,�ancorche�la�sua�dipendenza�diretta�si�articoli�solo�attra- verso�il�controllo�di�un'altra�societa�(Agest�Holding�S.p.A)�di�diritto�privato,�fa�comprendere� come,�unitariamente�considerati�il�Comune�di�Busto�Arsizio,�la�Agest�Holding�S.p.A�e�la� Agesp�S.p.A,�affidataria�del�servizio��in�house��siano�unitariamente�da�considerare�come� un�unico��organismo�di�diritto�pubblico�,�sul�quale�grava�l'onere�di�procedere�ad�appalti�e� forniture�attraverso�gare,�ai�sensi�delle�normative�comunitarie�e�nazionaliinmateria.� Quanto�al�secondo�quesito�si�osserva�che�la�materia�dei�limiti�territoriali�cui�viene� ristretta�la�legittimazione�delle�societa�di�diritto�privato,�affidatarie�di�servizi��in�house�,�ad� operare�^ovviamente�attraverso�gare�pubbliche�^in�realta�diverse�da�quelle�per�le�quali�sono� state�costitute�e�in�rapida�evoluzione.�Lo�stesso�limite�previsto�dall'art.�comma�1�lettera�b)� della�direttiva�93/38/CEE�non�si�ritrova�piu�nella�nuova�direttiva�2004/17/CE�che�ha�unifi- cato�la�disciplina�della�materia� Nell'ordinamento�italiano�e�stato�mantenuto�invece,�anche�a�fronte�di�una�recente� riforma�del�settore�degli�appalti�in�house�il�comma�6�dell'articolo�113�TUEL�sul�divieto�di� partecipazione�alle�gare�da�parte��delle�societa�che�in�Italia�ed�all'estero,�gestiscono�a�qualun- quetitoloservizipubblicilocaliinvirtu�diunaf ffidamentodiretto,�diunaproceduranonadevi- denza�pubblica,�o�a�seguito�dei�relativi�rinnovi�,�fatta�salva�la�norma�transitoria�di�cui�al�suc- cessivo�comma�15�quater�che�sposta�la�data�di�entrata�in�vigore�del�divieto�di�cui�ai�comma�6� al�1.�gennaio�2007.� Si�tratta�tuttavia�di�una�normativa�nazionale�che�e�stata�dettata�in�funzione�dell'accele- razione�del�processo�di�liberalizzazione�dei�pubblici�servizi�locali,�ma�che,�in�un�assetto�defi- nitivo�della�materia,�potrebbe�anche�venire�meno,�in�quanto�il�comportamento�di�una�societa� destinarla�di�appalti�in�house�che�partecipa�a�gare�in�aree�diverse�da�quelle�per�le�quali�e�stata� costituita�(ed�e�rimasta�assegnataria�senza�gara�di�servizi)�potrebbe�ragionevolmente�trovare� eventuale�sanzione�sotto�altri�e�diversi�aspetti�della�disciplina�della�concorrenza.� Su�piano�strettamente�interpretativo�del�diritto�comunitario�non�sembra�che�sussistano� ragioni�per�le�quali�lo�svolgimento�della�parte�piu�importante�dell'attivita�a�favore�dell'ente� pubblico�che�controlla�una�societa�affidataria�di�pubblici�servizi�in�house�debba�avvenire� secondo�i�parametri�previsti�dall'articolo�13�della�direttiva�93/38/CEE.� Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�al�quesito�nel�senso:� 1)�e�compatibilecon�la�direttiva93/36/CEEl'affidamento�diretto�dell'appaltoperlaforni- tura�di�combustibili�e�calore�per�impianti�termici�di�edifici�di�proprieta�o�competenza�del� Comune,�e�relativa�gestione,�conduzione,�manutenzione�(con�prevalenza�del�valore�della�forni- tura),�ad�una�Societa�per�azioni�il�cui�capitale�e�,�allo�stato�attuale,�interamente�detenuto�da� un'altra�societa�per�azioni,�della�quale�e�a�sua�volta�socio�di�maggioranza�(al�99,98%)�il� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� Comune�appaltante,�ovvero�ad�una�societa�(AGESP)�che�non�e�partecipata�direttamente�dal- l'EntePubblico,madaun'altrasocieta�(AgespHolding)�ilcuicapitalee�attualmenteposseduto� al�99,98%�dalla�Pubblica�Amministrazione;� 2)�il�requisito�dello�svolgimento,�da�parte�dell'impresa�alla�quale�e�stata�direttamente�affi- datalafornitura,�dellapartepiu�importantedell'attivita�conl'Entepubblico�chelacontrolla,� non�deve�essere�necessariamente�accertato�facendo�applicazione�dell'art.�l3�della�direttiva� 93/38/CEEe�ilcontrollofinanziario�egestionaledapartedell'entepubblico,�chegiustifical'af- fidamentosenzagaradiunserviziopubblicopuo�sussistere,�ricorrendo�determinatipresupposti,� ancheneicasiincuilasuddetta�impresanonrealizzilaprevalenzadeiproventiconl'Entepub- blico�controllante�o�in�alternativa,�nel�territorio�dell'Ente�stesso.� Roma�l|�,�28�novembre�2004�^Avvocato�dello�Stato�Giuseppe�Fiengo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ladirettiva2004/18/CEelagiurisprudenzacomunitaria in materia di appalti e concessioni (Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�seconda�sezione,� sentenza�27�ottobre�2005,�nelle�cause�riunite�C-187/04�e�C-188/04)� 1.�Il�Legislatore�comunitario�e�intervenuto�sulla�complessa�materia�degli� appalti�pubblici�di�opere,�servizi�e�forniture,�unitariamente�ridisciplinati�dalla� Direttiva�2004/18/CE,�tanto�da�costituire�un�vero�e�proprio�testo�unico�euro- peo,�ispirato�a�criteri�di�semplificazione,�trasparenza�ed�efficienza.� Il�testo�normativo�contiene�significative�novita�anche�se�alcuni�aspetti� problematici,�al�centro�del�dibattito�dottrinale�e�giurisprudenziale,�non�sono� stati�trattati�dal�Legislatore�comunitario.� 2.1.�Sotto�il�primo�profilo,�va�evidenziato�il�merito�di�una�compiuta�con- sacrazione�normativa�della�nozione�di�concessione�di�servizi,�volta�a�sottoli- nearne�gli�elementi�distintivi�rispetto�a�quella�di�appalto�di�servizi,�tratteg- giando�cos|�una�precisa�demarcazione�dei�confini�di�applicabilita�della�Diret- tiva�stessa.� A�differenza�del�pubblico�appalto�di�servizi,�la�concessione�di�servizi� esula�infatti�dall'ambito�di�applicazione�della�Direttiva,�essendo�caratteriz- zata�dal�fatto�che�la�controprestazione�che�il�gestore�del�servizio�in�questione� ottiene�dall'amministrazione�aggiudicatrice�consiste�nel�diritto�di�sfruttare,� ai�fini�della�sua�remunerazione,�la�propria�prestazione�(cos|�la�sentenza� Telaustria�e�Telefonadress,�Corte�di�Giustizia�CE�7�dicembre�2000,�causa� C^324/1998).� Anche�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�aveva�recepito�la�pre- detta�distinzione,�affermando�che�la�normativa�comunitaria�impone�la�scelta� dell'affidatario�di�servizi�pubblici�previa�procedura�ad�evidenza�pubblica� quando�tale�affidamento�avvenga�attraverso�un�appalto,�caratterizzato�da� una�prestazione�resa�dall'appaltatore,�cui�corrisponde�una�controprestazione� economica�da�parte�dell'amministrazione�e�non�anche�in�caso�di�concessione,� connotata�invece�dalla�gratuita�per�l'amministrazione�(Cons.�Stato,�sez.�V,� 3�febbraio�2005�n.�272).� Sull'argomento�e�intervenuta�la�recentissima�sentenza�della�Corte�di� Giustizia�del�13�ottobre�2005�nella�causa�Parking�Brixen�GmbH�C^458/03� che�ha�affermato�che�l'attribuzione,�da�parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un� prestatore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pubblico�a�pagamento,� per�la�quale�il�prestatore�riceve�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai�terzi� per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costituisce�una�concessione�di�pubblici�servizi�a� cui�non�e�applicabile�la�direttiva�92/50/CEE.� Tuttavia,�la�Corte�ha�altres|�affermato�che�i�principi�di�parita�di�tratta- mento,�di�non�discriminazione�e�di�trasparenza�devono�essere�interpretati� nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita�pubblica�attribuisca,�senza�svolgi- mento�di�pubblica�gara,�una�concessione�di�pubblici�servizi�a�una�societa� per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�auto- rita�pubblica,�societa�il�cui�oggetto�sociale�e�stato�esteso�a�nuovi�importanti� settori,�il�cui�capitale�deve�essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� ad�altri�capitali,�il�cui�ambito�territoriale�di�attivita�e�stato�ampliato�a�tutto�il� paese�e�all'estero�e�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�possiede�amplissimi� poteri�di�gestione�che�puo�esercitare�autonomamente.� Anche�la�quasi�coeva�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�del�27�ottobre� 2005,�pronunciata�su�due�ricorsi�per�inadempimento�dello�Stato�Italiano�nelle� cause�riunite�C^187/04�e�C^188/04,�ha�ritenuto�che�la�Repubblica�Italiana� fosse�venuta�meno�agli�obblighi�che�incombono�in�forza�della�Direttiva�del� Consiglio�14�giugno�1993,�93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudi- cazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,�avendo�l'ANAS�affidato�la�costru- zione�e�gestione�di�due�autostrade�ad�una�S.p.a.�mediante�concessione�diretta� non�preceduta�da�pubblicazione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorres- sero�i�presupposti.� 2.2.�Particolare�rilevanza�assumono�inoltre,�nel�nuovo�testo�normativo,� gli�strumenti�finalizzati�a�garantire�maggiori�flessibilita�e�semplificazione� delle�procedure,�quali�i�meccanismi�di�committenza�per�mezzo�delle�aste�elet- troniche,�il�c.d.�dialogo�competitivo�^che�consente�alle�amministrazioni� aggiudicatrici,�nelle�ipotesi�di�appalti�particolarmente�complessi,�di�contem- perare�il�principio�della�par condicio dei�concorrenti�con�l'esigenza�di�discu- tere�con�ciascun�candidato�tutti�gli�aspetti�dell'appalto�da�affidare�^il� sistema�degli�accordi�quadro,�utilizzati�per�le�commesse�destinate�a�ripetersi,� che�permettono�alle�amministrazioni�di�effettuare�acquisti�a�migliori�condi- zioni�che�tengano�conto�della�continua�evoluzione�del�mercato,�soprattutto� per�i�prodotti�e�i�servizi�nel�settore�delle�tecnologie,�senza�dover�restare�vin- colate�a�condizioni�contrattuali�non�piu�vantaggiose.� 3.1.�Quanto�alle�lacune�della�nuova�disciplina�e�alle�conseguenti�temati- che�lasciate�aperte�dall'intervento�del�legislatore�comunitario,�vanno�eviden- ziate,�in�primo�luogo,�quella�degli�appalti�c.d.�sotto�soglia,�in�quanto�la� Direttiva,�al�pari�delle�precedenti�direttive�unificate,�si�occupa�dei�soli�appalti� con�valore�superiore�ad�una�certa�soglia,�pur�affermando,�anche�per�gli� appalti�di�modesto�rilievo�economico,�la�necessita�di�rispettare�i�principi�del� Trattato�ed�in�particolare�i�principi�della�libera�circolazione�delle�merci,�della� liberta�di�stabilimento�e�della�libera�prestazione�dei�servizi�nonche�dei�prin- cipi�che�ne�derivano,�quali�i�principi�di�parita�di�trattamento,�di�non�discrimi- nazione,�di�riconoscimento�reciproco,�di�proporzionalita�e�di�trasparenza.� 3.2.�In�secondo�luogo,�non�viene�codificata�la�delicata�figura�dell'affida- mento�in house,�creata�ed�elaborata�dalla�giurisprudenza�comunitaria.� Va�ricordato,�in�proposito,�che,�con�la�sentenza�Teckal�(Corte�di�Giusti- zia�CE,�sez.�V,�sent.�18�novembre�1999,�causa�C^107/1998),�la�giurisprudenza� comunitaria�ha�per�la�prima�volta�parlato�di��in house providing��quale� modello�di�organizzazione�e�gestione�di�pubblici�servizi�con�il�quale�le�pub- bliche�amministrazione�realizzano�le�attivita�di�loro�competenza�attraverso� propri�organismi,�senza�quindi�ricorrere�al�mercato�per�procurarsi,�mediante� appalti,�i�lavori,�i�servizi�e�le�forniture�ad�esse�occorrenti�o�per�erogare�alla� collettivita�,�mediante�affidamento�a�terzi,�prestazioni�di�pubblico�servizio.� L'affidamento��in house�,�si�propone�infatti�di�armonizzare�i�principi� della�tutela�della�concorrenza,�codificati�nel�trattato�CE�e�ribaditi,�per�il�set- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tore�dei�servizi,�dalla�Direttiva�92/50/CEE,�attuata�nel�nostro�ordinamento� con�il�D.Lgs.�17�marzo�1995�n.�157,�con�il�potere�di�auto^organizzazione� parimenti�riconosciuto�alle�amministrazioni�pubbliche�degli�Stati�membri.� La�predetta�sentenza�Teckal�ha�chiarito�che,�in�caso�di�contratto�stipu- lato�tra�una�pubblica�amministrazione�e�una�persona�giuridica�formalmente� diversa,�l'applicazione�della�normativa�europea�in�tema�di�appalti�pubblici�a� tutela�del�libero�mercato�puo��essere�esclusa,�oltre�che�nei�casi�previsti�dal- l'art.�6�Direttiva�92/50/CEE,�qualora�ricorrano�contemporaneamente�due� presupposti:�l'amministrazione�aggiudicatrice�deve�esercitare�sul�soggetto� aggiudicatario�un�controllo�analogo�a�quello�da�essa�esercitato�sui�propri�ser- vizi�e�il�soggetto�aggiudicatario�deve�realizzare�la�parte�piu��importante�della� propria�attivita��con�l'ente�o�con�gli�enti�pubblici�che�lo�controllano.� Sulla�scia�di�tale�apertura�della�giurisprudenza�comunitaria,�il�Legisla- tore�italiano�ha�recentemente�disciplinato,�nel�settore�dei�servizi�pubblici� locali,�la�possibilita��di�affidamento�diretto�del�servizio�a�societa��miste�a�con- dizione�che�il�socio�privato�sia�scelto�mediante�gara�e�quella�dell'affidamento� �in house��a�societa��interamente�a�capitale�pubblico,�ricorrendo�i�presupposti� delineati�dalla�citata�sentenza�Teckal.� Com'e��noto,�l'art.�113,�comma�5�testo�unico�sugli�enti�locali�(D.Lgs� n.�267�del�18�agosto�2000)�come�sostituito�dall'art.�35�legge�n.�448�del� 28�dicembre�2001,�ulteriormente�modificato�dall'art.�14�decreto-legge�n.269� del�30�settembre�2003�convertito�in�legge�n.�326�del�2003,�prevede�una�tri- plice�alternativa�per�l'erogazione�del�servizio�pubblico,�con�conferimento� della�titolarita��del�servizio:�a)�a�societa��di�capitali�individuate�attraverso�l'e- spletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica;�b)�a�societa��a�capi- tale�misto�pubblico^privato�nelle�quali�il�socio�privato�venga�scelto�attra- verso�l'espletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica�che�abbiano� dato�garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie�in�materia�di� concorrenza;�c)�a�societa��a�capitale�interamente�pubblico�a�condizione�che� l'ente�o�gli�enti�pubblici�titolari�del�capitale�sociale�esercitino�sulla�societa�� un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�che�la�societa��rea- lizzi�la�parte�piu��importante�della�propria�attivita��con�l'ente�o�gli�enti�pub- blici�che�la�controllano.� In�base�alla�predetta�norma,�quindi,�l'affidamento��in house��(lett.�c)� prevede�aa)�la�totale�partecipazione�pubblica;�bb)�un�rapporto�che�determina,� da�parte�dell'amministrazione�controllante,�un�assoluto�potere�di�direzione,� coordinamento�e�supervisione�dell'attivita��del�soggetto�partecipato;�cc)lo� svolgimento�esclusivo�o�largamente�preponderante�dell'attivita��svolta�dalla� societa��partecipata�a�favore�dell'ente�pubblico�che�la�controlla,�affinche�non� venga�alterata�la�par condicio tra�imprese�concorrenti�presenti�sul�mercato,� trattandosi�in�tal�caso�di�organismo�che�non�sta�sul�mercato�o�che�vi�sta�in� posizione�del�tutto�marginale,�svolgendo�la�parte�piu��importante�della�pro- pria�attivita��a�favore�dell'ente�controllante.� Da�ultimo,�va�pero��segnalata�la�recente�sentenza�Stadt�Halle�(Corte�di� GiustiziaCE,sez.I,sent.11�gennaio2005,causaC^26/03)chehafortemente� ridimensionato�lo�spazio�di�deroga�alla�disciplina�comunitaria�a�tutela�della� concorrenza�e�della�libera�circolazione�dei�servizi,�affermando�che�l'art.�11,� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� n.�3�della�direttiva�92/50,�in�quanto�disposizione�derogatoria�alle�norme� comunitarie�intese�a�garantire�l'effettivita�dei�diritti�conferiti�dal�Trattato� CE�nel�settore�degli�appalti�pubblici�di�servizi,�deve�essere�interpretato� restrittivamente�e�pertanto,�nell'ipotesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudica- trice�intenda�concludere�un�contratto�a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rien- tranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione materiae della�direttiva� 92/50/CEE,�con�una�societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�la� detta�amministrazione�detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu� imprese�private,�le�procedure�di�affidamento�degli�appalti�pubblici�previste� dalla�citata�direttiva�debbono�sempre�essere�applicate.� A�seguito�di�tale�pronuncia,�l'ambito�che�sfugge�all'applicazione�della� normativa�comunitaria�in�materia�di�concorrenza,�resta�quindi�circoscritto� ai�contratti�a�titolo�gratuito�e�a�quelli�in�cui�vi�e�una�totale�partecipazione� pubblica�dell'amministrazione�aggiudicatrice.� Peraltro,�va�ricordato�che�un�orientamento�ancor�piu�restrittivo�e�stato� espresso�dal�Consiglio�di�Stato�con�la�recente�pronuncia�(sez.�V,�ord.� 22�aprile�2004�n.�2316)�che�ha�rimesso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�la�que- stione�pregiudiziale�sulla�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�e,�in�parti- colare,�con�la�liberta�della�prestazione�di�servizi,�il�divieto�di�discriminazione� e�l'obbligo�di�parita�di�trattamento,�trasparenza�e�libera�concorrenza,�di�cui� agli�artt.�12,�45,�46�e�86�del�Trattato�CE,�dell'affidamento�diretto,�ossia�in� deroga�ai�sistemi�di�scelta�del�contraente�di�cui�alla�direttiva�92/50/CEE,di� un�servizio�pubblico�ad�una�societa�per�azioni�a�capitale�interamente�pub- blico�(analoga�ordinanza�di�rimessione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�e�stata� adottata�dal�TAR�Puglia�Bari,�sez.�III,�8�settembre�2004�n.�885).� Molti�problemi�sono�quindi�ancora�aperti�e�c'e�da�domandarsi�quale� sorte�avra�l'art.�113�testo�unico�sugli�enti�locali,�ricalcato�sui�principi�enun- ciati�dalla�citata�sentenza�Teckal,�fortemente�ridimensionati�dalla�successiva� giurisprudenza�della�stessa�Corte�di�Giustizia�CE.� Avv. Wally Ferrante Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�seconda�sezione,�sentenza�27�ottobre�2005�nelle� cause�riunite�C-187/04�e�C-188/04�^Ricorsi�per�inadempimento�ai�sensi�del- l'art.�226�CE,�presentati�il�22�aprile�2004�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.� K.�Wiedner)�c/�Repubblica�italiana�(ag.�I.M.�Braguglia,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli)�^ Pres. C.W.A.�Timmermans�^Rel.J.�Makarczyk�^Avv. Gen.�D.�Ruiz-Jarabo�Colomer.� �(Omissis)�1.�^Con�i�suoi�ricorsi,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�chiede�alla� Corte�di�constatare�che,�in�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�S.p.A.�ha�affidato�la�costruzione� e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia,�da�un�lato,�e�della�Pedemontana�Veneta� Ovest,�dall'altro,�alla�Societa�per�l'autostrada�Brescia-Verona-Vicenza-Padova�pA�(in�prosie- guo:�la��societa�concessionaria�)�mediante�concessione�diretta�attuata�per�mezzo�di�una�con- venzione�stipulata�il�7�dicembre�1999�non�preceduta�da�pubblicazione�di�un�bando�di�gara,� senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno�agli�obblighi� che�ad�essa�incombono�in�forza�della�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,93/37/CEE,� che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori�(G.U.L�199,� pag.�54),�ed�in�particolare�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7�di�quest'ultima.� Ambito normativo 2.�^L'art.�1�della�direttiva�93/37�prevede:� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� �Ai�fini�della�presente�direttiva:� a) gli��appalti�pubblici�di�lavori��sono�contratti�a�titolo�oneroso,�conclusi�in�forma� scritta�tra�un�imprenditore�e�un'amministrazione�aggiudicatrice�di�cui�alla�lettera�b),�aventi� per�oggetto�l'esecuzione�o,�congiuntamente,�l'esecuzione�e�la�progettazione�di�lavori�relativi� ad�una�delle�attivita�di�cui�all'allegato�II�o�di�un'opera�di�cui�alla�lettera�c) oppure�l'esecu- zione,�con�qualsiasi�mezzo,�di�un'opera�rispondente�alle�esigenze�specificate�dall'amministra- zione�aggiudicatrice;�(...)� c) s'intende�per��opera��il�risultato�di�un�insieme�di�lavori�edilizi�o�di�geniocivile�che� di�per�se�esplichi�una�funzione�economica�o�tecnica;� d) la��concessione�di�lavori�pubblici��e�un�contratto�che�presenta�le�stesse�caratteri- stiche�di�cui�alla�lettera�a),�ad�eccezione�del�fatto�che�la�controprestazione�dei�lavori�consiste� unicamente�nel�diritto�di�gestire�l'opera�o�in�tale�diritto�accompagnato�da�un�prezzo;�(...)�.� 3.�^L'art.�3,�n.�1,�di�questa�direttiva�e�cos|�formulato: �Qualora�le�amministrazioni�aggiudicatrici�concludano�un�contratto�di�concessione�di lavori�pubblici,�le�norme�di�pubblicita�definite�all'articolo�11,�paragrafi�3,�6,�7�e�da�9�a�13,� nonche�all'articolo�15�sono�applicabili�a�tale�contratto�se�il�suo�valore�e�pariosuperiore�a� 5.000.000�di�ecu�.� 4.�^L'art.�7,�n.�3,�della�stessa�direttiva�e�cos|�redatto:� �Le�amministrazioni�aggiudicatrici�possono�attribuire�gli�appalti�di�lavori�mediante�la� procedura�negoziata,�senza�pubblicazione�preliminare�di�un�bando�di�gara,�nei�casi�seguenti:� a) quando�nessuna�offerta�o�nessuna�offerta�appropriata�e�stata�depositata�in�esito� ad�una�procedura�aperta�o�ristretta,�purche�le�condizioni�iniziali�dell'appalto�non�siano� sostanzialmente�modificate.�Una�relazione�deve�essere�presentata�alla�Commissione,�su�sua� richiesta;� b) per�i�lavori�la�cui�esecuzione,�per�motivi�tecnici,�artistici�o�inerenti�alla�tutela�dei� diritti�d'esclusiva,�puo�essere�affidata�unicamente�ad�un�imprenditore�determinato;� c) nella�misura�strettamente�necessaria,�quando�l'urgenza�imperiosa,�risultante�da� eventi�imprevedibili�per�le�amministrazioni�aggiudicatrici�in�questione,�non�e�compatibile� con�i�termini�imposti�dalle�procedure�aperte,�ristrette�o�negoziate�di�cui�al�paragrafo�2.� Le�circostanze�invocate�per�giustificare�l'urgenza�imperiosa�non�devono�in�alcun�caso�essere� imputabili�alle�amministrazioni�aggiudicatrici;� d) per�i�lavori�complementari�che�non�figurano�nel�progetto�inizialmente�aggiudicato� ne�nel�primo�contratto�concluso�e�che�sono�divenuti�necessari,�a�seguito�di�una�circostanza� imprevista,�all'esecuzione�dell'opera�quale�e�ivi�descritta,�a�condizione�che�siano�attribuiti� all'imprenditore�che�esegue�tale�opera:� quando�tali�lavori�non�possono�essere,�tecnicamente�o�economicamente,�separati� dall'appalto�principale�senza�gravi�inconvenienti�per�le�amministrazioni�aggiudicatrici;� oppure�quando�tali�lavori,�quantunque�separabili�dall'esecuzione�dell'appalto�ini- ziale,�siano�strettamente�necessari�al�suo�perfezionamento.� Tuttavia,�l'importo�cumulato�degli�appalti�aggiudicati�per�i�lavori�complementari�non� deve�superare�il�50%�dell'importo�dell'appalto�principale;�(...)�.� 5.�^L'art.�11�della�direttiva�93/37�stabilisce:� �(...)�3. Le�amministrazioni�aggiudicatrici�che�intendono�rico[rr]ere�alla�concessione� di�lavori�pubblici�rendono�nota�tale�intenzione�con�un�bando�di�gara.�(...)� 6. I�bandi�di�gara�e�gli�avvisi�di�cui�ai�paragrafi�da�1�a�5�sono�redatti�conformemente� ai�modelli�che�figurano�negli�allegati�IV,�V�e�VI�e�precisano�le�informazioni�richieste�nei�sud- detti�allegati.� Le�amministrazioni�aggiudicatrici�non�possono�esigere�condizioni�diverse�da�quelle�pre- viste�agli�articoli�26�e�27�allorche�domandano�informazioni�sulle�condizioni�di�carattere�eco- nomico�e�tecnico�che�esse�esigono�dagli�imprenditori�per�la�loro�selezione�(allegato�IV�sezio- ne�B,�punto�11,�allegato�IV,�sezione�C,�punto�10,�e�allegato�IV,�sezione�D,�punto�9).� 7. I�bandi�di�gara�e�gli�avvisi�di�cui�ai�paragrafi�da�1�a�5�sono�inviati�dalle�amministra- zioni�aggiudicatrici,�nei�termini�piu�brevi�e�per�le�vie�piu�appropriate,�all'Ufficio�delle�pubbli- cazioni�ufficiali�delle�Comunita�europee.�Nel�caso�della�procedura�accelerata�di�cui�all'arti- colo�14,�i�bandi�di�gara�sono�inviati�per�telex,�telegramma�o�fax.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� L'avviso�di�cui�al�paragrafo�1�e�inviato�il�piu�rapidamente�possibile�dopo�che�sia�stata� adottata�la�decisione�che�autorizza�il�programma�in�cui�si�inquadrano�gli�appalti�di�lavori� che�le�amministrazioni�aggiudicatrici�intendono�attribuire.� L'avviso�di�cui�al�paragrafo�5�e�inviato�al�piu�tardi�quarantotto�giorni�dopo�la�stipula- zione�del�contratto�d'appalto�in�questione�.� FattI all'originE dellE controversiE E fasE precontenziosA deL procedimentO 6.�^La�costruzione�e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana� Veneta�Ovest�sono�state�affidate�dall'ANAS�alla�societa�concessionaria�mediante�due�con- cessioni,�attribuite�per�mezzo�di�una�convenzione�stipulata�il�7�dicembre�1999�in�revisione� di�una�precedente�convenzione�del�21�dicembre�1972�e�successivi�atti�aggiuntivi�ed�approvata� con�decreto�interministeriale�del�21�dicembre�1999,�poi�registrato�dalla�Corte�dei�conti�in� data�11�aprile�2000.� 7.�^Le�concessioni�di�cui�trattasi,�attribuite�senza�previa�pubblicazionedi�unbando�di� gara�ai�sensi�della�direttiva�93/37,�prevedevano�una�serie�di�lavori�miranti�a�completare�e� sviluppare�la�rete�autostradale,�ossia�la�costruzione�di�due�raccordi:�il�primo,�tra�l'autostrada� A/4�Brescia-Padova�e�la�Valtrompia,�costituito�da�due�rami�consecutivi,�il�secondo,�tra�l'au- tostrada�A/4�(Comune�di�Montebello-Vicentino)�e�l'autostrada�A/31�(Comune�di�Thiene).� 8.�^Ritenendo�che�la�Repubblica�italiana�fosse�venuta�meno�agli�obblighi�che�ad�essa� incombono�in�forza�della�direttiva�93/37,�la�Commissione�ha�avviato�nei�confronti�di�tale� Stato�membro�il�procedimento�per�inadempimento�di�cui�all'art.�226�CE.� 9.�^Dopo�aver�indirizzato�a�tale�Stato,�in�data�18�ottobre�2002,�una�lettera�di�costitu- zione�in�mora�alla�quale�le�autorita�italiane�non�hanno�risposto,�la�Commissione,�in�data� 11�luglio�2003,�ha�emesso�un�parere�motivato,�invitando�tale�Stato�membro�ad�adottare�le� misure�necessarie�per�conformarvisi�entro�due�mesi�a�decorrere�dalla�sua�notifica.�Poiche�le� autorita�italiane�non�hanno�dato�seguito�a�tale�parere,�la�Commissione�ha�deciso�di�intro- durre�il�presente�ricorso.� 10.�^Con�ordinanza�19�ottobre�2004�del�presidente�della�Corte,�le�cause�C-187/04� e�C-188/04�sono�state�riunite�ai�fini�dell'eventuale�fase�orale�del�procedimento�e�della� sentenza.� SuI ricorsI Argomenti delle parti 11.�^A�sostegno�dei�suoi�ricorsi,�la�Commissione�fa�valere�che�le�concessioni�relative� alla�costruzione�e�alla�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana� Veneta�Ovest�affidate�alla�societa�concessionaria�rientrano�nell'art.�1,�lett.�d),�della�direttiva� 93/37.�Essa�sostiene�inoltre�che�le�autostrade�oggetto�dei�lavori�di�cui�trattasi�costituiscono� opere�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�detta�direttiva.� 12.�^Dopo�aver�ricordato�che�il�costo�dei�contratti�di�costruzione�e�di�gestione�delle� autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta�Ovest�supera�ampiamente�il�limite� stabilito�dalla�direttiva�93/37,�la�Commissione�fa�valere�che�i�detti�contratti�avrebbero� dovuto�costituire�oggetto�di�pubblicazione�nella�Gazzetta uf fficiale delle Comunita� europee,� ai�sensi�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7,�della�direttiva�93/37.� 13.�^Il�governo�italiano�fa�presente,�in�primo�luogo,�che,�secondo�l'interpretazione�delle� disposizioni�nazionali�pertinenti,�i�lavori�consistenti�nell'ammodernamento,�nell'amplia- mento�o�nel�completamento�delle�autostrade�in�funzione,�quali,�tra�l'altro,iraccordiauto- stradali�e�i�collegamenti�tra�le�varie�autostrade,�costituiscono�opere�che�rientrano�negli�inter- venti�ricompresi�nel�normale�esercizio�della�concessione�originaria.�Pertanto,�la�direttiva� 93/37�non�troverebbe�applicazione.� 14.�^In�secondo�luogo,�esso�fa�valere�che�solo�mediante�la�razionalizzazione�e�l'assorbi- mento�di�una�parte�dei�costi�da�parte�della�societa�concessionaria,�il�cui�azionariato�e�costi- tuito�prevalentemente�da�enti�locali,�e�possibile�procedere�all'investimento�necessario�alla� realizzazione�dei�raccordi�autostradali�di�cui�trattasi.� 15.�^A�tal�riguardo,�il�governo�italiano�sostiene�che,�se�i�raccordi�di�cui�trattasi�costi- tuissero�oggetto�di�una�concessione�autonoma,�questa�non�consentirebbe�il�recupero�dei� costi�di�investimento,�qualunque�fosse�la�durata�della�concessione�prevista.�Di�conseguenza,� un�eventuale�bando�di�gara�per�l'attribuzione�della�concessione�autonoma�nella�presente�fat- tispecie�si�tradurrebbe�nell'assenza�di�concorrenti�o�porterebbe�al�fallimento�dell'aggiudicata- rio�della�concessione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 16.�^In�terzo�luogo,�tale�governo�contesta�la�qualificazione�dei�lavori�relativi�ai�raccordi� autostradali�di�cui�e�causa�come�opera�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�direttiva�93/37,�in� quanto�l'infrastruttura�autostradale�di�cui�trattasi�sarebbe�priva�di�una�funzione�tecnica�ed� economica�autonoma.� 17.�^Per�quanto�riguarda�l'argomento�del�governo�italiano�secondo�cui�la�realizzazione� dei�raccordi�autostradali�rientrerebbe�nell'esercizio�delle�concessioni�originarie,�la�Commis- sione�fa�valere�che,�in�quanto,�nella�fattispecie,�l'amministrazione�aggiudicatrice�ha�rinego- ziato�la�concessione�originaria�approvando�anche�un�nuovo�piano�finanziario,ilavoridi� cui�trattasi�non�possono�essere�qualificati�come�semplici�interventi�rientranti�nelle�conces- sioni�originarie,�poiche�queste�ultime�sono�state�sostituite�da�nuove�concessioni.� 18.�^Per�quanto�riguarda�la�nozione�di��opera��ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�diret- tiva�93/37,�e�piu�in�particolare�la�funzione�tecnica�o�economica�autonoma�che�quest'opera� dovrebbe�esplicare�di�per�se�,la�Commissione�precisa,da�unlato,che�la�funzione�tecnica� autonoma�non�comporta�necessariamente�che�l'opera�sia�priva�di�connessioni�con�altre� opere�e,�dall'altro,�che�la�funzione�economica�deve�riferirsi�all'opera�stessa�e�non�alla�sua� gestione.�Pertanto,�la�mancanza�di�remunerativita�della�concessione,�derivante�dalla�deci- sione�dell'amministrazione�aggiudicatrice�di�imporre�tariffe�che�consentonosolodisostenere� il�costo�di�manutenzione�della�detta�opera,�non�potrebbe�giustificare�il�mancato�rispetto� delle�norme�di�pubblicita�.� Giudizio della Corte 19.^Dall'art.3,n.�1,delladirettiva93/37risultachelenormedipubblicita�relativeagli� appalti�di�lavori�si�applicano�anche�nel�caso�in�cui�le�amministrazioni�aggiudicatrici�conclu- dono�un�contratto�di�concessione�di�lavori�pubblici.� 20.�^In�via�preliminare,�occorre�rilevare�che,�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�a)e�d),�della�diret- tiva�93/37,�una�concessione�di�lavori�pubblici�e�un�contratto�a�titolo�oneroso,�concluso�in� forma�scritta�tra,�da�un�lato,�un�imprenditore�e,�dall'altro,�un'amministrazione�aggiudicatrice� definita�nello�stesso�articolo�sub b),�e�avente�per�oggetto�l'esecuzione�di�un�certo�tipo�di� lavori,�la�cui�controprestazione�consiste�nel�diritto�di�gestire�l'opera�o�in�tale�diritto�accom- pagnato�da�un�prezzo.� 21.�^Orbene,�occorre�constatare,�in�primo�luogo,�che,�nella�fattispecie,�alla�societa�con- cessionaria�e�stato�accordato,�come�controprestazione�della�costruzione�di�raccordi�autostra- dali,�il�diritto�di�gestire�l'opera�e�di�riscuotere�un�pedaggio�da�parte�degli�utenti.�Di�conse- guenza,�i�contratti�di�cui�trattasi�costituiscono��concessioni�di�lavori�pubblici��ai�sensi�del- l'art.�1,�lett.�d),�della�direttiva�93/37.� 22.�^In�secondo�luogo,�in�relazione�al�loro�valore,�e�pacifico�che�i�contratti�relativi�alla� costruzione�e�alla�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta� Ovest�rientrano�nel�campo�di�applicazione�della�direttiva�93/37.� 23.�^In�terzo�luogo,�per�quanto�riguarda�gli�argomenti�del�governo�italiano�secondo� cui,�da�un�lato,�in�forza�delle�disposizioni�nazionali�pertinenti,�i�lavori�di�cui�trattasi�sareb- bero�opere�che�rientrano�negli�interventi�compresi�nel�normale�esercizio�della�concessione� originaria�ai�quali�non�si�applicherebbe�la�direttiva�93/37,�e,�dall'altro,�un�eventuale�bando� di�gara�per�l'attribuzione�della�concessione�autonoma�si�sarebbe�tradotto�in�una�mancanza� di�concorrenti,�occorre�ricordare�che�si�puo�far�ricorso�alla�procedura�negoziata�senza�pub- blicazione�preliminare�di�un�bando�di�gara�solo�nei�casi�tassativamente�elencati�all'art.�7,� n.�3,�di�tale�direttiva.� 24.�^A�tal�riguardo�occorre�rilevare�che,�secondo�una�giurisprudenza�costante,�le�dispo- sizioni�di�una�direttiva�che�autorizzano�deroghe�alle�norme�miranti�a�garantire�l'efficacia� dei�diritti�conferiti�dal�Trattato�nel�settore�degli�appalti�di�lavori�pubblici�devono�essere� interpretate�restrittivamente�e�che�l'onere�di�dimostrare�l'effettiva�sussistenza�delle�circo- stanze�eccezionali�che�giustificano�una�deroga�grava�su�colui�che�intenda�avvalersene�(sen- tenze�18�maggio�1995,�causa�C-57/1994,�Commissione/Italia,�Racc.�pag.�I-1249,�punto�23;� 28�marzo�1996,�causa�C-318/1994,�Commissione/Germania,�Racc.�pag.�I-1949,�punto�13,�e� 13�gennaio�2005,�causa�C-84/03,�Commissione/Spagna,�Racc.�pag.�I-139,�punto�48).� 25.�^Ora,�il�governo�italiano�non�ha�dimostrato�l'esistenza�di�una�situazione�che�giusti- ficasse�l'applicazione�di�una�delle�eccezioni�previste�dalla�direttiva�93/37,inparticolare�di� quelle�che�figurano�all'art.�7,�n.�3,�lett.�a)e�d),�della�stessa.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni� 26.�^In�quarto�luogo,�dall'art.�1,�lett.�c),�della�direttiva�93/37�risulta�che�l'esistenza�di� un'opera�dev'essere�valutata�in�relazione�alla�funzione�economica�o�tecnica�del�risultato�dei� lavori�effettuati.� 27.�^Ora,�come�rileva�il�governo�italiano,�la�costruzione�e�la�gestione�di�due�nuovi�rac- cordi�autostradali�sono,�da�un�punto�di�vista�tecnico,�destinate�a�collegare�le�zone�scelte�al� fine�di�risolvere�i�gravi�problemi�di�viabilita�cui�devono�far�fronte�i�comuni.�Il�risultato�del- l'insieme�dei�lavori�di�genio�civile�di�cui�trattasi�esplica�quindi�di�per�se�la�funzione�tecnica.� 28.�^Per�quanto�riguarda�la�funzione�economica�cui�fa�riferimento�la�direttiva�93/37,� occorre�constatare�che�un�concessionario�di�autostrada,�in�quanto�mette�a�disposizione�degli� utenti�contro�un�corrispettivo�un'infrastruttura�autostradale,�svolge�un'attivita�economica� (v.,�in�tal�senso,�sentenza�12�settembre�2000,�causa�C-276/1997,�Commissione/Francia,�Racc.� pag.�I-6251,�punto�32).�La�mancanza�di�una�redditivita�autonoma�delle�concessioni�di�cui�e� causa�non�e�tale�da�privare�l'insieme�dei�lavori�di�cui�trattasi�del�carattere�di�opera�ai�sensi� della�direttiva�93/37.� 29.^In�ogni�caso,affinche�il�risultato�dei�lavori�possa�essere�qualificato�come�opera�ai� sensidell'art.�1,lett.c),delladirettiva93/37,e�sufficientechesiaesplicataunadelleduefun- zioni�sopra�menzionate.� 30.�^Da�quanto�precede�risulta�che�le�censure�della�Commissione�sono�fondate.� 31.�^In�tale�contesto,�occorre�constatare�che,�in�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�ha�affi- dato�la�costruzione�e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana� Veneta�Ovest�alla�societa�concessionaria�mediante�concessioni�dirette�non�precedute�da�pub- blicazione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�ita- liana�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�ad�essa�incombono�in�forza�della�direttiva�93/37,�e� piu�in�particolare�dei�suoi�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7.� SullE spesE 32.�^Ai�sensi�dell'art.�69,�n.�2,�del�regolamento�di�procedura,�la�parte�soccombente�e� condannata�alle�spese�se�ne�e�stata�fatta�domanda.�Poiche�la�Commissione�ne�ha�fatto� domanda,�la�Repubblica�italiana,�rimasta�soccombente,�va�condannata�allespese.� Per�questi�motivi,�la�Corte�(Seconda�Sezione)�dichiara�e�statuisce:� 1)�In�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�S.p.A.�ha�affidato�la�costruzione�e�la�gestione�delle� autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta�Ovest�alla�Societa�per�l'autostrada� Brescia-Verona-Vicenza-PadovaS.p.A.�medianteconcessionidirettenonprecedutedapubblica zione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�italiana�e� venutamenoagliobblighicheadessaincombono�inforzadelladirettivadelConsiglio14giugno� 1993,�93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,� epiu�in�particolare�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7�di�quest'ultima.� 2)�La�Repubblica�italiana�e�condannata�alle�spese�.� IGIUDIZIAINACORSOA CORTEGIUSTIZIACE IGIUDIZIAINACORSOA CORTEGIUSTIZIACE Causa C-123/04 e C-124/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Arricchim ento dell'uranio ^Impresa avente sede fuori dal territorio comunitario ^Obblighi di notifica nei confronti della Agenzia per l'approvvigionam ento dell'EURATOM ^Violazione ^Materie fissili speciali ^Diritto di utilizzazione di consumo ^Articolo�75�CEEA�^Articolo�86�CEEA�^ Articolo�87�CEEA�^Articolo�196�CEEA�^Ordinanza�dell'�Oberlande- sgericht�Oldenburg�(Germania)�del�17�dicembre�2003�(cs.�35096/04,� avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�in�un�giudizio�nel�quale�si� controverte�del�diritto�alla�riconsegna�di�piu�cilindri�di�uranio�arricchito,� stoccati�presso�una�delle�parti,�che�sono�stati�oggetto�di�pignoramento�da� parte�di�altro�soggetto.� IquesitI 1.�^Se�nelle�espressioni��trattamento,�trasformazione�e�formattazione�� di�cui�all'art.�75,�primo�comma,�del�Trattato�CEEA,�sia�ricompreso�anche� l'arricchimento�dell'uranio.� 2.�^Se�un'impresa�avente�sede�al�di�fuori�del�territorio�della�CEEA� svolga�interamente�o�in�parte�le�sue�attivita�,�ai�sensi�dell'art.�196,�lett.�b),� del�Trattato�CEEA,�nel�territorio�della�Comunita�Euratom,�qualora�intrat- tenga�con�un'impresa�avente�sede�nel�territorio�della�Comunita�Euratom� una�relazione�d'affari�concernente:� a) la�consegna�di�materie�prime�per�la�produzione�di�uranio�arricchito�e� l'acquisizione�di�uranio�arricchito�presso�l'impresa�avente�sede�nel�territorio� della�Comunita�Euratom;� b) il�relativo�stoccaggio�presso�un'altra�impresa�avente�sede�nel�territo- rio�della�Comunita�Euratom.� 3.a.�^Se,�a�prescindere�dalle�variazioni�fisiche�dovute�alla�trasforma- zione,�l'art.�75,�primo�comma,�lett.�e),�del�Trattato�CEEA�presupponga�l'i- dentita�tra�i�materiali�consegnati�per�il�trattamento,�la�trasformazione�o�la� formattazione�e�quelli�successivamente�riconsegnati.� 3.b.�^Se�sia,�invece,�sufficiente�che�i�materiali�lavorati�corrispondano,� per�qualita�e�quantita�,�ai�materiali�consegnati.� 3.c.�^Se�l'applicazione�dell'art�75,�primo�comma,�lett.�e),�del�Trattato� CEEA�resti�esclusa�qualora�ai�materiali�riconsegnati�non�possa�essere�ricolle- gato�alcun�materiale�consegnato�dal�destinatario;� 3.d.�^Se�l'applicazione�dell'art.�75,�primo�comma,�lett.�e) resti�esclusa� qualora�l'impresa�che�procede�alla�lavorazione�con�la�consegna�delle�materie� prime�ne�acquisisca�la�proprieta�e�debba�pertanto�ritrasferire�all'altro�con- traente�la�proprieta�dell'uranio�arricchito,�dopo�la�lavorazione.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�77 4.a.�^Se�l'applicazione�dell'art.�75�del�Trattato�CEEA�resti�esclusa�qua- lora�le�persone�o�le�imprese�interessate�non�soddisfino�i�loro�obblighi�di�noti- fica�nei�confronti�dell'Agenzia�per�l'approvvigionamento�dell'Euratom�ai� sensi�dell'art.�75,�secondo�comma,�del�Trattato�CEEA.� 4.b.�^Se�la�violazione�degli�obblighi�di�notifica�nei�confronti�dell'Agen- zia�per�l'approvvigionamento�Euratom,�ex art.�75,�secondo�comma,�del�Trat- tato�CEEA,�risulti�sanata�qualora�le�persone�o�le�imprese�interessate�adem- piano�a�posteriori�il�loro�obbligo�di�notifica,�ovvero�qualora�l'Agenzia�venga� successivamente�a�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo.� 5.a.�^Se�il�fatto�che�i�soggetti�contraenti�non�abbiano�raccolto�il�neces- sario�preventivo�consenso�della�Commissione�delle�Comunita�europee�impli- chi�l'inefficacia�di�un�accordo�o�di�una�convenzione�ai�sensi�dell'art.�73�del� Trattato�CEEA.� 5.b.�^Se�l'inefficacia�del�negozio�possa�eventualmente�essere�sanata�qua- lora�le�persone�o�le�imprese�interessate�ottengano�a�posteriori�il�consenso,� ovvero�qualora�gli�organismi�della�Comunita�Euratom�rimangano�inerti� dopo�aver�avuto�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo.� 6.a.�^Se�sia�vietato�disporre�dei�materiali,�nel�senso�dell'art.�57,�primo� comma,�del�Trattato�CEEA,�qualora�il�produttore�interessato�non�abbia�sod- disfatto�il�suo�obbligo�di�offerta�a�favore�dell'Agenzia�per�l'approvvigiona- mento�Euratom�di�cui�all'art.�57,�n.�2,�secondo�comma,�del�Trattato�CEEA.� 6.b.�^Se�la�violazione�dell'obbligo�di�offerta�ex art.�57,�n.�2,�secondo� comma,�del�Trattato�CEEA�nei�confronti�dell'Agenzia�per�l'approvvigiona- mento�Euratom�possa�sanarsi�nel�caso�in�cui�il�produttore�abbia�soddisfatto� successivamente�il�suo�obbligo�di�offerta,�ovvero�l'Agenzia�venga�successiva- mente�a�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo�e�non�si�avvalga�del�suo� diritto�di�opzione�per�l'acquisto.� 7.�^Se�il�concetto�di�produzione�di�cui�all'art.�86�del�Trattato�CEEA� comprenda�anche�l'arricchimento�di�uranio.� 8.�^Se�l'uranio�greggio�e�l'uranio�a�debole�arricchimento�siano��materie� fissili�speciali��ai�sensi�dell'art.�197,�n.�1,�ultimo�periodo,�del�Trattato�CEEA.� 9.a.�^Se�i�materiali�che�sono�divenuti�proprieta�della�Comunita�Eura- tom,�ai�sensi�dell'art.�86,�primo�comma,�del�Trattato�CEEA,�possono�essere� sottoposti�al�regime�della�proprieta�di�diritto�civile�ai�sensi�del�paragrafo� 903�del�BGB,�per�quanto�riguarda�la�costituzione�e�il�trasferimento�del� diritto� 9.b.�^Se�l'illimitato�diritto�di�utilizzazione�e�di�consumo,�che�residua�a� favore�degli�aventi�diritto�in�forza�dell'art.�87�del�Trattato�CEEA,�vada�consi- derato�come�un�diritto�reale�sui generis identico�o�simile�al�diritto�di�pro- prieta�accanto�ai�diritti�reali�contemplati�dal�codice�civile�della�Repubblica� federale�di�Germania.� 10.�^Se�il�fatto�che�un'impresa�ceda�od�acquisti�uranio�arricchito�stoc- cato�nel�territorio�degli�Stati�membri�della�Comunita�Euratom�implichi�che� essa�svolge�in�tale�territorio�una�parte�delle�sue�attivita�ai�sensi�dell'art.�196,� lett.�b),�del�Trattato�CEEA.� 11.�^Se�l'art.�73�del�Trattato�CEEA�vada�applicato�per�analogia�anche�a� convenzioni�che�hanno�ad�oggetto�l'uranio�arricchito�stoccato�nel�territorio� della�Comunita�Euratom,�ma�alle�quali�partecipano�esclusivamente�soggetti� appartenenti�a�Stati�terzi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa C-229/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Diritti del consuma- tore ^Contratti a domicilio ^Mutuo immobiliare ^Direttiva� 85/577/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshoof� (Austria),�noti- ficata�il�21�luglio�2004�(cs.�39035/04,�avv.�dello�Stato�D.�Del�Gaizo).� IL fattO La�ricorrente�nelle�tre�cause�principali,�una�banca�popolare,�richiede�ai� convenuti�nelle�cause�principali�il�rimborso�dei�mutui�da�essa�rispettivamente� loro�concessi�per�l'acquisto�di�miniappartamenti�in�una��Boarding-House� (residence)�a�Steinenbronn,�nei�pressi�di�Stoccarda.� IquesitI 1.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�1,�n.�1,�della�direttiva�85/577/CEE,� subordinare�i�diritti�del�consumatore,�in�particolare�il�suo�diritto�di�recesso,� non�solo�alla�condizione�che�il�contratto�sia�stato�stipulato�a�domicilio,�ai� sensi�dell'art.�1,�n.�1,�della�direttiva,�bens|�anche�ad�altri�criteri�di�imputabi- lita�aggiuntivi,�come�quello�del�consapevole�coinvolgimento�di�un�terzo�da� parte�del�commerciante�nella�conclusione�del�contratto�o�quello�della�negli- genza�del�commerciante�con�riguardo�alla�condotta�del�terzo�nella�stipula- zione�di�contratti�a�domicilio.� 2.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5,�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il� fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario,�che�abbia� non�solo�stipulato�il�contratto�di�mutuo�a�domicilio,�ma�che,�contemporanea- mente�e�sempre�a�domicilio,�abbia�ordinato�che�il�versamento�del�capitale� avvenisse�su�un�conto�praticamente�sottratto�alla�sua�disponibilita�,�in�caso� di�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�al�mutuante�l'importo�mutuato.� 3.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5,�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il� fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario�^sempre�che� a�seguito�del�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�l'importo�mutuato�^debba�rim- borsare�tale�importo�non�alle�scadenze�rateali�pattuite�nel�contratto�bens|� immediatamente�ed�in�un'unica�soluzione.� 4.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5.�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il� fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario�^sempre�che� a�seguito�del�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�l'importo�mutuato�^debba� anche�versare�gli�interessi�al�tasso�di�mercato.� Causa C-231/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Impossibilita� di utiliz- zare la denominazione �Tocai friulano� e �Tocai italico� dopo il 31 marzo 2007 a causa degli accordi intervenuti fra le Comunita� europee e la Repubblica di Ungheria del 1991 e del 1993, come recepiti in diritto comu- nitario ^Regolamento�(CEE)�n.�753/2002�^Ordinanza�del�TAR�per�il� Lazio�23�febbraio�2004�(ct�42806/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO Si�impugna�il�decreto�delle�Ministero�per�le�politiche�agricole�forestali� 26�settembre�2002�concernente��Condizioni�nazionali�per�l'utilizzo,�in�deroga� al�disposto�nell'articolo�19�paragrafo�1�lettera�c) del�Regolamento�(CE)� n.�753/2002,�dei�nomi�di�varieta�di�vite�e�dei�loro�sinonimi�comprendenti� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�79 una�indicazione�geografica,�elencati�nell'allegato�II�del�citato�regolamento,� che�possono�figurare�nelle�etichettature�dei�VQPRD�e�vini�IGT�italiani�,� nella�parte�in�cui�nell'allegato�I,�per�il�Tocai�friulano�e�il�Tocai�italico�con- sente�la�deroga�in�misura�limitata,�fino�al�31�marzo�2007,�secondo�l'accordo� tra�l'Unione�europea�e�la�Repubblica�di�Ungheria.� IquesitI 1.�^Se�l'Accordo�europeo�istituente�un'associazione�tra�la�Comunita�� Europea,�gli�Stati�membri�e�la�Repubblica�d'Ungheria,�stipulato�il�16�dicem- bre�1991�(Guce L�347�del�31�dicembre�1993)�possa�costituire�una�base�giuri- dica�legittima,�valida�e�sufficiente�per�conferire�alla�Comunita��europea�il� potere�di�adottare�l'�Accordo�comunitario�sulla�tutela�delle�denominazioni� dei�vini�concluso�il�29�novembre�1993�(Guce L�337�del�31�dicembre�1993)�tra� la�Comunita��europea�e�la�Repubblica�d'Ungheria;�e�cio��anche�con�riferi- mento�a�quanto�previsto�all'art.�65,�part.�1,�della�dichiarazione�comune� n.�13�e�all'Allegato�XIII�(punti�3,4�e�5)�dell'Accordo�europeo�del�1991�circa� l'eventuale�riserva�di�sovranita��e�competenza�dei�singoli�Stati�in�materia�di� denominazioni�geografiche�nazionali�riferite�ai�propri�prodotti�agroalimen- tari,�compresi�i�prodotti�vitivinicoli,�escludendo�qualsiasi�trasferimento�di� sovranita��e�competenza�in�tale�materia�alla�Comunita��Europea.� 2.�^Se�l'Accordo�comunitario�sulla�tutela�delle�deonominazioni�dei�vini,� concluso�il�29�novembre�1993�tra�la�Comunita��europea�e�la�Repubblica� d'Ungheria�(Guce L�337/1993),�disciplinando�la�tutela�delle�denominazioni� geografiche�rientranti�nella�materia�della�proprieta��industriale�e�commer- ciale,�anche�alla�luce�di�quanto�affermato�nel�Parere�n.�1/1994�della�Corte� di�giustizia�della�Comunita��europea�in�ordine�alla�competenza�esclusiva�della� CE,�debba�essere�dichiarato�invalido�ed�inefficace�per�l'ordinamento�comuni- tario,�considerato�che�non�risulta�ratificato�l'Accordo�medesimo�da�parte� dei�singoli�Stati�membri�della�Comunita��europea� 3.�^Nel�caso�in�cui�si�dovesse�considerare�legittimo�ed�applicabile�nel� suo�complesso�l'Accordo�comunitario�del�1993�(Guce L�337/1993),�se�il� divieto�di�utilizzare�in�Italia�dopo�il�2007�la�denominazione��Tocai�,�che�si� ricava�dalle�lettere�scambiate�fra�le�parti�a�conclusione�dell'Accordo�mede- simo�(e�ad�esso�allegate)�debba�ritenersi�invalido�ed�inefficace�perche�in�con- trasto�con�la�disciplina�delle�denominazioni�omonime�stabilito�dallo�stesso� Accordo�del�1993�(cfr.�art.�4,�par.�5�e�Protocollo�allegato�all'Accordo).� 4.�^Se�la�Seconda�Dichiarazione�Comune�allegata�all'Accordo�del�1993� (Guce L�337/1993),�da�cui�si�deduce�che�le�parti�contraenti�non�erano�al�cor- rente,�al�momento�dei�negoziati,�dell'esistenza�di�denominazioni�omonime� relative�ai�vini�europei�ed�ungheresi�debba�essere�considerata�una�rappresen- tazione�sicuramente�errata�della�realta��(visto�che�le�denominazioni�italiane� ed�ungheresi�riferite�ai�vini��Tocai��esistevano�e�convivevano�da�secoli,�erano� state�ufficialmente�riconosciute�nel�1948�in�un�Accordo�tra�l'Italia�e�l'Unghe- ria�ed�erano�entrate�da�ultimo�nella�normativa�comunitaria�)�cos|��da�costi- tuire�una�causa�di�nullita��della�parte�dell'Accordo�del�1993�da�cui�deriva�il� divieto�di�utilizzare�in�Italia�la�denominazione�Tocai,�sulla�base�dell'art.�48� della�Convenzione�di�Vienna�sul�diritto�dei�Trattati.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 5.�^Se�alla�luce�dell'art.�59�della�Convenzione�di�Vienna�sul�diritto�dei� Trattati,�l'Accordo�TRIP'S�sugli�aspetti�dei�diritti�di�proprieta�intellettuale� attinenti�al�commercio�(Guce L�336�del�21�novembre�1994)�concluso�nel�qua- dro�dell'Organizzazione�Mondiale�del�Commercio�(OMC-WTO)�ed�entrato� in�vigore�il�1.�gennaio�1996�e�quindi�successivamente�all'entrata�in�vigore�del- l'Accordo�comunitario�del�1993�(Guce L�337/1994),�debba�essere�interpretato� nel�senso�che�le�sue�disposizioni,�riferite�alla�disciplina�delle�denominazioni� omonime�dei�vini,�si�applicano�al�posto�di�quelle�dell'Accordo�comunitario� del�1993�in�caso�di�incompatibilita�tra�le�medesime�considerata�l'identita�delle� parti�dei�due�accordi.� 6.�^Se�gli�arti.�22-24�della�Sezione�Terza�dell'Allegato�C�del�Trattato� istitutivo�dell'OMC�(WTO)�contenente�l'Accordo�TRIP'S�(Guce L� 336/1994),�entrato�in�vigore�il�1�gennaio�1996,�in�presenza�di�due�denomina- zioni�omonime�riferite�ai�vini,�prodotti�in�due�diversi�Paesi�aderenti�all'Ac- cordo�TRIP'S�(tanto�se�l'omonimia�riguarda�due�denominazioni�geografiche� usate�in�entrambi�i�Paesi�aderenti�all'Accordo�quanto�se�riguarda�una�deno- minazione�geografica�di�un�Paese�aderente�e�l'omonima�denominazione�rife- rita�ad�un�vitigno�tradizionalmente�coltivato�nell'altro�Paese�aderente)deb- bano�essere�interpretati�nel�senso�che�entrambe�le�denominazioni�possono� continuare�ad�essere�utilizzate�in�futuro�purche�siano�state�usate�in�passato� dai�rispettivi�produttori�o�in�buona�fede�o�per�almeno�10�anni�prima�del� 15�aprile�1994�(art.�24�parag.�4)�e�ciascuna�denominazione�indichi�chiara- mente�il�Paese�o�la�regione�o�la�zona�da�cui�proviene�il�vino�tutelato�in�modo� da�non�ingannare�i�consumatori.� 7.�^Se�il�diritto�di�proprieta�di�cui�all'art.�1�del�Protocollo�n.�1�della� Convenzione�europea�dei�diritti�dell'uomo�(Convenzione�di�Roma�del�1950),� e�ripreso�dall'art.�17�della�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�Europea� proclamata�a�Nizza�il�7�ottobre�2000,�concerna�anche�la�proprieta�intellet- tuale�relativamente�alle�denominazioni�di�origine�dei�vini�ed�il�suo�sfrutta- mento,�e�conseguentemente�se�la�sua�tutela�osti�all'applicazione�di�quanto� previsto�nello�scambio�di�lettere,�allegato�all'Accordo�tra�la�Comunita�euro- pea�e�la�Repubblica�di�Ungheria,�sulla�tutela�ed�il�controllo�reciproci�delle� denominazioni�dei�vini�(Guce L�337�del�31�dicembre�1994),�ma�non�ricom- preso�nello�stesso,�in�base�al�quale�i�viticoltori�friulani�non�potranno�utiliz- zare�la�denominazione��Tocai Friulano�,�in�considerazione�anche�della�totale� assenza�di�ogni�forma�di�indennizzo�a�favore�dei�viticoltori�friulani�espro- priati,�della�mancanza�di�un�interesse�generale�pubblico�che�giustifichi�l'e- spropriazione,�del�mancato�rispetto�del�principio�di�proporzionalita�.� 8.�^Nel�caso�in�cui�venga�stabilita�l'illegittimita�delle�norme�comunitarie� dell'Accordo�sulla�tutela�delle�denominazioni�dei�vini,�concluso�il�29�novem- bre�1993�tra�la�Comunita�europea�e�la�Repubblica�d'Ungheria�(Guce L� 337/1993)�e/o�dell'allegato�scambio�di�lettere�nella�misura�evidenziata�nei� precedenti�quesiti,�se�le�disposizioni�del�regolamento�Ce�n.�753/2002�in�base� alle�quali�viene�eliminato,�l'utilizzo�della�denominazione��Tocai Friulano�� dopo�la�data�del�31�marzo�2007�(art.�19�II�comma)�debbano�essere�conside- rate�invalide�e�comunque�inefficaci.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�81 Cause�C-295-296-297-298/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Assicu razione�contro�la�responsabilita�civile�auto�^Articolo�81�CE�^Ordinanza� del�Giudice�di�Pace�di�Bitonto�del�30�giugno�2004�(avv.�dello�Stato� M.�Fiorilli).� IL fattO Con�provvedimenti�in�data�8�settembre�1999,�10�novembre�1999�e�3�feb- braio�2000,�l'Autorita�garante�per�la�concorrenza�e�il�mercato�dichiarava� che�diverse�compagnie�assicuratrici�avevano�posto�in�essere�un'intesa�vietata� ai�sensi�dell'articolo�2�della�legge�287/1990.�Tali�provvedimenti�venivano� sostanzialmente�confermati�dal�Consiglio�di�Stato�con�sentenza�n.�2199/02.� In�seguito,�alcuni�clienti�delle�compagnie�assicurative�destinatarie�di�questi� provvedimenti,�divenuti�definitivi,�hanno�citato�le�rispettive�compagnie�per� sentirle�condannare�alla�restituzione�della�maggiorazione�dei�premi�a�loro� danno�derivante�dall'intesa�illecita�di�cui�sopra.�Il�Giudice�di�Pace�di�Bitonto,� dopo�avere�sciolto�preliminarmente�l'eccezione�di�incompetenza�ai�sensi�del- l'articolo�33�della�legge�298/1990,�evidenziando�la�necessita�di�sciogliere�la� pregiudiziale�interpretativa�se�tale�intesa�vietata�sia�rilevante,�oltre�che�sul� piano�nazionale�(legge�298/1990),�anche�sul�piano�del�diritto�comunitario� (articolo�81�CE)�al�fine�di�dedurne�la�previsione�comunitaria�della�risarcibi- lita�dei�consumatori,�ha�sottoposto�alla�Corte�di�giustizia�quattro�quesiti� interpretativi.� IquesitI 1.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�deve�essere�interpretato�nel�senso�che� esso�commini�la�nullita�di�un'intesa�o�di�una�pratica�concordata�tra�compa- gnie�di�assicurazione�consistente�nello�scambio�di�reciproche�informazioni� tali�da�permettere�un�aumento�dei�premi�per�le�polizze�di�assicurazione�RC� auto�non�giustificato�dalle�condizioni�di�mercato,�anche�in�considerazione� della�partecipazione�all'accordo�o�alla�pratica�concordata�di�imprese�che� appartengono�a�diversi�Stati�membri.� 2.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che� esso�legittimi�i�terzi,�portatori�di�interesse�giuridicamente�rilevante,afar� valere�la�nullita�di�un'intesa�o�di�una�pratica�vietata�dalla�stessa�norma� comunitaria�e�a�chiedere�il�risarcimento�dei�danni�subiti�ove�sussiste�nesso� di�causalita�tra�l'intesa�con�la�pratica�concordata�ed�il�danno.� 3.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il� termine�di�prescrizione�dell'azione�risarcitoria�su�di�esso�fondata�debba�rite- nersi�decorrere�dal�giorno�in�cui�l'intesa�o�la�pratica�concordata�e�stata�posta� in�essere�oppure�dal�giorno�in�cui�l'intesa�o�la�pratica�concordata�e� cessata.� 4.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il� giudice�nazionale,�ove�ravvisi�che�il�danno�liquidabile�in�base�al�proprio� diritto�nazionale�sia�comunque�inferiore�al�vantaggio�economico�ricavato� dall'impresa�danneggiante�parte�dell'intesa�o�della�pratica�concordata�vie- tata,�debba�altres|�d'ufficio�liquidare�al�terzo�danneggiato�il��danno�puni- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tivo�,�necessario�a�rendere�il�danno�risarcibile�superiore�al�vantaggio�rica- vato�dal�danneggiante,�al�fine�di�scoraggiare�la�posizione�in�essere�di�intese� o�di�pratiche�concordate�vietate�dall'articolo�81�del�Trattato.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�decreto�legge�18/03,�convertito�nella�legge�63/2003,�ha�escluso�dai�casi� di�decisione�secondo�equita�da�parte�del�giudice�di�pace�le�cause�derivanti� da�rapporti�giuridici�relativi�a�contratti�conclusi�secondo�le�modalita�di�cui� all'articolo�1342�c.c.,�di�cui�fanno�parte�i�contratti�di�assicurazione.� Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nella�fase�scritta�deducendo:� �2.-Il�giudice�remittente�ritiene�che�alla�rilevata�intesa�anticoncorren- ziale�trovi�applicazione�diretta�e�immediata�l'art.�81�C.E.�E�cio�in�quanto,� avendo�partecipato�all'intesa�anche�imprese�comunitarie,�la�violazione�ha� avuto�rilevanza�sull'intero�territorio�dell'Unione�Europea,�senza�limitazioni� al�mercato�interno�italiano.�L'assunto�e�destituito�di�fondamento.�Invero,�al� fine�di�ricondurre�una�fattispecie�anticoncorrenziale�all'ambito�della�disci- plina�interna�ovvero�di�quella�comunitaria,�la�giurisprudenza�interna�e�quella� comunitaria�hanno�individuato,�con�specifico�riferimento�nel�caso�di�intese� vietate,�una�serie�di�criteri�che�vanno�al�di�la�del�criterio�semplicisticamente� richiamato�dall'emittente�per�spaziare�ad�una�analisi�delle�dimensioni�o�degli� effetti�della�condotta�stessa�in�relazione�alla�concorrenza�all'interno�dell'U- nione�e,�quindi,�dei�vari�Stati�membri.�Per�pregiudicare�il�commercio�fra� Stati�membri,�un�accordo�o�pratica�concordata�tra�imprese�deve�consentire� di�prevedere�con�sufficiente�grado�di�probabilita�,�in�base�ad�un�insieme�di�ele- menti�oggettivi�di�fatto�o�di�diritto,�che�esso�sia�atto�ad�incidere�direttamente� o�indirettamente,�effettivamente�o�potenzialmente,�sui�flussi�commerciali�fra� Stati�membri,�in�modo�da�potere�nuocere�alla�realizzazione�degli�obiettividi� un�mercato�unico�fra�Stati�(v.�sentenza�11�luglio�1985,�causa�C�42/1984,� Remia,�punto�22).�Dunque,�il�pregiudizio�per�gli�scambi�intracomunitari� deriva�in�generale�dalla�combinazione�di�diversi�fattori�(tra�cui�anche�quello� della�quota�di�mercato�coinvolta)�che,�considerati�isolatamente,�non�sono� necessariamente�determinanti�(v.�sentenza�15�dicembre�1994,�causa� C-250/1992,�DLG,�punto�54,�e�sentenza�21�gennaio�1999,�C-215/1996,� Bagnasco,�punto�47).�Alla�luce�di�queste�considerazioni,�quando�l'ambito� geografico�del�mercato�e�limitato�al�territorio�di�uno�Stato�membro,�come� nel�caso�di�specie,�se�l'intesa�o�la�pratica�e�posta�in�essere�unicamente�in�tale� Stato,�la�giurisprudenza�e�dell'avviso�che�gli�effetti�si�producono�essenzial- mente�nel�medesimo,�anche�se,�per�ipotesi,�l'intesa�o�la�pratica�fosse�idonea� ad�incidere�sul�commercio�fra�Stati�membri�(cfr.�XXIV�Relazione�della�Com- missione�sulla�politica�della�concorrenza).� A�cio�si�aggiunga�che�l'ambito�spaziale�di�validita�delle�tariffe�praticate� dalle�imprese�di�Paesi�U.E.��stabilite��era�rigorosamente�circoscritta�al�terri- torio�italiano,�senza�essere�estensibile�allo�Stato�d'origine�o�ad�altri�Stati� membri�in�cui�essa�era�stabilita.� In�questa�ottica,�si�palesano�tutti�i�limiti�della�ricostruzione�del�giudice� remittente,�il�quale,�nel�ritenere�la�fattispecie�riconducibile�all'ambito�comu- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�83 nitario,�ha�omesso�di�considerare�tutti�i�profili�problematici�della�stessa,� basando�il�suo�giudizio�sulla�sola�circostanza�della�partecipazione�all'intesa� di�imprese�di�altri�Stati�membri.� 3.-Sotto�un�profilo�formale,�si�osserva�che�e�la�stessa�legge�10�ottobre� 1990,�n.�287,�al�cui�ambito�e�da�ricondursi�la�valutazione�del�caso�di�specie,� a�negare�ogni�validita�alla�pretesa�di�fare�riferimento,�per�una�corretta�inter- pretazione�dell'articolo�33�della�stessa�(contenuto�nel�titolo�VI�di�tale�legge),� a�normative�diverse�da�quella�italiana.�Mentre,�infatti,�con�riguardo�al�primo� titolo�della�legge�in�esame,�l'articolo�1,�comma�4,�di�questa,�prevede�che�l'in- terpretazione�delle�norme�contenute�nel��presente�titolo��(cioe�degli�articoli� da�1�a�9)�e�effettuata�in�base�ai�principi�dell'ordinamento�delle�Comunita� europee�in�materia�di�disciplina�della�concorrenza,�analogo�principio�none� ribadito�con�riguardo�all'interpretazione�degli�altri�titoli�della�stessa�legge,� fra�i�quali�e�ricompreso�l'articolo�33.� Se�cos|�e�,�la�scelta�sulla�attribuzione�della�competenza�a�conoscere�le� controversie�de quibus alla�Corte�di�appello�ovvero�al�giudice�individuato� secondo�il�valore�della�domanda�deriva�non�gia�dal�diverso�modo�di�inten- dere�la�tutela�della�concorrenza�e�del�mercato,�come�il�giudice�remittente� sostiene�nell'ordinanza,�ma�esclusivamente�dalla�organizzazione�giudiziaria� dei�singoli�Stati.� Quest'ultima�risulta�non�conforme�alla�normativa�comunitaria�soltanto� ove,�diversamente�dal�caso�di�specie,�sia�contraria�al�principio�di�equivalenza,� in�virtu�del�quale�le�modalita�processuali�applicabili�in�relazione�a�situazioni� giuridiche�riconosciute�in�ambito�comunitario�non�devono�essere�meno�favo- revoli�di�quelle�che�riguardano�ricorsi�analoghi�di�natura�interna,�ovverosi� ponga�in�contrasto�col�principio�di�effettivita�,�il�quale�esige�che�le�modalita� procedurali�per�far�valere�una�situazione�di�origine�comunitaria�non�rendano� in�pratica�impossibile�o�eccessivamente�difficile�l'esercizio�dei�relativi�diritti.� Cos|�,�contrarie�a�questi�principi�potrebbero�essere�ragionevolmente�rite- nute�norme�che�riducono�i�termini�per�far�valere�in�giudizio�dette�situazioni� ovvero�altri�incombenti�che�si�risolvono�in�una�sostanziale�riduzione�della� tutela�offerta,�ma�non�certo�norme�che�distribuiscono�la�cognizione�di�una� determinata�materia��di�rilievo�comunitario��fra�vari�organi�appartenenti� tutti�al�medesimo�potere,�e�cioe�a�quello�giudiziario,�contraddistinte�dalle� medesime�caratteristiche�di�terzieta�e�dalle�stesse�garanzie�nella�trattazione� dei�procedimenti�sottoposti�alla�loro�cognizione,�nei�quali�il�singolo�e�posto� pienamente�in�condizione�di�far�valere�le�proprie�ragioni,�nel�rigoroso� rispetto�dei�principi�del�contraddittorio�ma�anche�dell'onere�della�prova�(sen- tenza�11�luglio�2002,�in�causa�C-62/00).� Pertanto,�come�osservato�dalla�Corte�di�Giustizia,�e�da�ritenersi�rimessa� all'incensurabile�opzione�ordinamentale�di�ciascuno�Stato�membro�la�desi- gnazione�dei�giudici�competenti�e�lo�stabilire�le�modalita�procedurali�di� ricorsi�intesi�a�garantire�la�tutela�di�diritti�spettanti�ai�singoli�in�forza�del- l'effetto�diretto�del�diritto�comunitario,�in�omaggio�al�principio�della�liberta� delle�modalita�procedurali.� 4.�^Sotto�altro�profilo,�va�rilevata�la�totale�infondatezza�dell'interpreta- zione�fornita�dal�giudice�remittente�in�relazione�ad�aspetti�attinenti�piu�squi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sitamente�al�merito�della�questione�in�esame.�Innanzitutto�risulta�quanto� meno�opinabile,�alla�luce�dell'avvicendarsi�delle�pronunce�giurisprudenziali� in�materia�(la�questione�e�stata�recentemente�rimessa�alle�Sezioni�Unite�della� Corte�di�Cassazione�le�quali�non�risultano�ancora�essersi�pronunciate),�il� convincimento�secondo�cui�l'unico�strumento�azionabile�dal�consumatore� finale�che�si�dichiari�danneggiato�nella�singola�transazione�con�impresa�per� effetto�di�un'intesa�a�valle�fra�piu�operatori�economici�risulti�l'articolo�33� della�legge�n.�287/1990.�Cio�anche�in�considerazione�del�fatto�che�dalla�man- cata�azionabilita�da�parte�del�consumatore�del�rimedio�di�cui�all'articolo�33� della�legge�287/1990�non�scaturisce�l'irrisarcibilita�assoluta�delle�eventuali� ricadute�estreme�delle�intese�vietate�su�di�lui,�ma�consegue�solo�che�la�azione� risarcitoria�eventualmente�spettante�a�quest'ultimo,�ove�dia�prova�degli�ele- menti�costitutivi�dell'illecito�e�delle�conseguenze�dannose�che�da�esso�gli�sono� derivate,�riveste�i�caratteri�di�una�ordinaria�azione�di�responsabilita�ai�sensi� dell'articolo�2043�c.c.�Tali�conclusioni�hanno�trovato�una�conferma�nelle� disposizioni�del�decreto�legge�n.�13/2003,�convertito�nella�legge�n.�63/2003,� con�le�quali�la�materia�e�stata�sottratta�al�giudizio�di�equita�da�parte�del�giu- dice�di�pace.�Pertanto,�alla�luce�di�tale�novita�,�le�controversie�come�quelle� nelle�quali�e�stata�posta�la�questione�interpretativa�sono�decise�secondo� diritto�e�contro�le�pronunce�emesse�dall'organo�giudicante�e�concessa�piena� tutela,�essendo�consentito�il�ricorso�ai�gravami�ordinali�prima�in�sede�d'ap- pello�e�poi�in�sede�di�cassazione.� Questa�linea�interpretativa�e�in�assoluta�armonia�con�le�disposizioni�del� Trattato�e�pienamente�idonea�ad�assicurare��l'effetto�utile�dell'effetto�diretto�� delle�stesse,�e�non�crea�alcun�vuoto�di�tutela,�ma�porta�soltanto�ad�escludere� la�sussistenza�di�una�situazione�tutelabile�in�capo�al�consumatore�finale�per� il�solo�fatto�in�se�che�a�monte�sia�intervenuta�una��intesa�vietata�,�a�prescin- dere�da�ogni�considerazione�e�dimostrazione�della�antigiuridicita�nella�sin- gola�transazione�con�l'impresa.� Sotto�tale�prospettiva�la�questione�sollevata�dal�giudice�remittente,�oltre� a�basarsi�su�un'interpretazione�erronea,�si�appalesa�anche�inammissibileper� difetto�di�rilevanza.�Peraltro,�una�diversa�conclusione�si�porrebbe�in�contra- sto�con�il�fondamentale�principio�in�tema�di�determinazione�del�quantum risarcibile,�secondo�cui�il�risarcimento�e�concesso�soltanto�per�le�conseguenze� immediate�e�dirette�del�fatto�illecito�(art.�1223�c.�civ).�Addirittura�nell'ipotesi� in�esame�difetta�perfino�il�nesso�di�causalita�fra�intesa�anticoncorrenziale�e� danno�lamentato�dal�consumatore�finale,�danno�che�si�deve�porre�come� effetto�immediato�e�diretto�della�intesa�medesima,�e�non�di�fenomeni�che,� pur�attenendo�alla�vita�del�mercato,�si�pongano�solo�a�valle,�sullo�sfondo,�in� quanto�mediati�dal�concreto�comportamento�tenuto�dalle�singole�imprese� nella�gestione�di�singoli�e�specifici�rapporti�intessuti�direttamente�con�i�sin- goli�consumatori.� 5.�^Altrettanto�opinabile�risulta�anche�l'affermazione,�contenuta�nell'or- dinanza�di�rimessione,�secondo�cui�l'azionabilita�del�rimedio�previsto�dall'ar- ticolo�33�della�legge�287/1990�da�parte�del�consumatore�finale�e�necessitata� da�un'interpretazione�di�tale�norma�alla�luce�dell'articolo�81�del�Trattato,�il� quale�si�limita�a�vietare�gli�accordi�tra�imprese�che�abbiano�per�oggetto�o� per�effetto�di�impedire,�restringere�o�falsare�il�gioco�della�concorrenza��in� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�85 quanto�incompatibili�con�il�mercato�comune��e�statuisce�la�nullita�,�senza�fare� alcun�cenno�ne�di�altre�azioni�eventualmente�esperibili,�ne�della�legittima- zione�a�proporle�o�della�loro�decorrenza.� Va,�infatti,�dato�conto�della�linea�interpretativa�che,�facendo�leva�su�una� interpretazione�letterale�e�sistematica�della�norma�in�questione,�inserita�non� a�caso�nel�Capo�I�del�Titolo�VI�del�Trattato�fra�le�norme�sulla�fiscalita�e�sul� riavvicinamento�delle�legislazioni,�giunge�a�ritenere�che�i�diretti�destinatari� della�norma�stessa�siano�gli�attori�del�mercato,�cioe�le�imprese�e�che�quest'ul- tima�sia�funzionalizzata�al�perseguimento�di�un�interesse�del�mercato�nel� suo�complesso,�rispetto�al�quale�il�consumatore�rimane�sullo�sfondo,�benefi- ciando�soltanto�indirettamente�della�maggiore�efficienza�e�di�minori�costi� derivanti�dalla�regolazione�del�mercato.� 6.�^Anche�volendo�considerare�corretta�la�lettura�del�remittente�e�rite- nere�che�il�giudice�competente�a�conoscere�dell'azione�risarcitoria�del�consu- matore�finale�sia�la�Corte�d'appello,�ai�sensi�dell'articolo�33�della�legge� 287/1990,�essa�non�determinerebbe�una�diminuzione�della�tutela�spettante� all'attore,�come�erroneamente�sostiene�il�giudice�remittente�in�maniera�piut- tosto�apodittica,�ma�finirebbe�per�rendere�maggiormente�incisivi�ed�effettivi� gli�strumenti�di�tutela�a�disposizione�del�consumatore�finale.�Infatti�quest'ul- timo�avrebbe�la�possibilita�di�rivolgersi�ad�un�giudice��specializzato��in�virtu� della�sua�competenza�in�materia,�il�quale�risulta�maggiormente�in�grado� rispetto�ad�altri�organi�giudicanti�di�cogliere�tutte�le�possibili�implicazioni� lesive�connesse�alla�dichiarazione�di�nullita�delle�intese�anticoncorrenziali�e� di�prestare�una�tutela�piu�completa�ed�effettiva�all'attore.�Ma�soprattutto�va� considerato�che�nella�logica�dell'articolo�33�della�legge�287/1990�la�condanna� al�risarcimento�del�danno�e�conseguente�alla�declaratoria�di�nullita�dell'intesa� violata:�ove�il�consumatore�potesse�avvalersi�di�tale�rimedio,�rivolgendosi�ad� un�unico�giudice�per�ottenere�entrambe�le�misure,�ne�deriverebbe�una�note- vole�concentrazione�di�tempi�e�di�costi,�al�contrario�di�quanto�sostenuto�dal� giudice�remittente.� 7.�^A�conclusioni�non�diverse�da�quelle�fin�qui�rassegnate�in�relazione� alla�lettura�di�quest'ultimo,�si�perviene�anche�qualora�si�opti�per�una�lettura� estensiva�dell'articolo�81�del�Trattato,�diretta�a�concedere�al�singolo�consu- matore�finale�la�possibilita�di�chiedere�il�risarcimento�del�danno�causatogli� da�un�contratto�o�da�un�comportamento�che�possono�restringere�o�falsare�il� gioco�della�concorrenza�(sentenza�20�settembre�2001,�in�causa�C-453/1999).� Infatti�in�tal�caso�occorre�considerare�che:� a) I�presupposti�e�le�regole�per�chiedere�ed�ottenere�risarcimento�pos- sono�essere�legittimamente�determinati�dall'ordinamento�interno,�nel�rispetto� dei�principi�di�effettivita�e�di�equivalenza,�come�nel�caso�di�specie.�In�partico- lare,�cio�vale�sia�con�riferimento�al�dies a quo per�l'esercizio�dell'azione,�stabi- lito�in�via�generale�ed�uniforme�per�tutte�le�fattispecie�di�responsabilita�civile,� senza�alcuna�discriminazione�rispetto�all'illecito�derivante�da�fattispecie�anti- concorrenziale,�sia�soprattutto�con�riguardo�al�meccanismo�di�determina- zione�del�quantum risarcibile,�fondato�sul�rigoroso�rispetto�dell'onere�della� prova�e�sul�dovere�del�giudice�di�non�andare�extraprobata et alligatapartium,� principi�chiave�dell'ordinamento;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� b) Quand'anche�si�concordi�con�l'interpretazione�secondo�cui�la�tutela� del�consumatore�e�estranea�ai�rimedi�contemplati�nella�disciplina�antitrust,� cio�non�significa�che�essa�sia�destinata�a�venir�meno:�soccorrono�in�proposito� le�norme�interne�sulla�responsabilita�per�fatto�illecito�sempre�che�venga�ade- guatamente�provata�la�sussistenza�dei�relativi�elementi�costitutivi;� c) Le�conseguenze�che�il�giudice�remittente�pretende�di�far�derivare�dalla� diretta�applicazione�dell'articolo�81�del�Trattato�in�tema�di�decorrenza�dell'a- zione�risarcitoria�e�di�liquidazione�del��danno punitivo��(!),�da�un�lato�non� sono�riconducibili�neppure�ad�una�interpretazione�estensiva�di�tale�norma,�il� cui�portato�si�limita�a�comminare�la�nullita�di�diritto�delle�intese�anticoncor- renziali,�senza�soffermarsi�su�altri�aspetti�e�puo�tutt'al�piu�essere�ampliato� fino�a�legittimare�l'azione�da�parte�del�singolo�consumatore�finale;�dall'altro,� l'interpretazione�patrocinata�nell'ordinanza�finisce�per�porsi�in�grave�contra- sto�con�i�principi�dell'ordinamento�italiano,�riservando�un�trattamento�piu� favorevole�al�consumatore�che�agisce�per�il�risarcimento�in�relazione�ad� intese�concorrenziali�rispetto�alla�generalita�delle�vittime�dei�fatti�illeciti,� senza�alcuna�giustificazione�ragionevole:�infatti,�il�primo�da�una�parte�risulta� agevolato�in�relazione�alla�decorrenza�dell'azione�stessa�(stabilita�non�gia�,� come�nella�genericita�dei�casi,�nel�momento�in�cui�il�fatto�illecito�e�stato� posto�in�essere�ma�dal�momento�in�cui�lo�stesso�e�cessato),�dall'altro�e�del� tutto�assolto�dall'onere�della�prova�del�pregiudizio�subito�ed�e�destinato�a� conseguire�anche�un'indebita�locupletazione�per�effetto�della�liquidazione� del�danno�punitivo.� d) L'istituto�del��danno�punitivo��e�estraneo�all'ordinamento�italiano�e� alla�ragione�stessa�dell'istituto�del�risarcimento;�quest'ultimo,�infatti,�e�conce- pito�come�strumento�di�ristoro�del�pregiudizio�subito�e�provato�dal�danneg- giato,�senza�che�possano�venire�in�rilievo�funzioni�sanzionatorie�o�repressive,� che�sono�oggetto�di�riserva�di�legge.�Per�di�piu�,�per�effetto�delle�disposizioni� in�tema�di�determinazione�dell'ammontare�risarcibile�(articoli�1923�e� seguenti;�2056�c.�civ.),�la�liquidazione�equitativa�del�danno�da�parte�del�giu- dice�e�ammessa�soltanto�nei�casi�in�cui,�diversamente�dalla�fattispecie�in�que- stione�nella�quale�si�controverte�sulle�conseguenze�patrimoniali�negative�pro- vocate�dall'intesa�concorrenziale,�sia�impossibile�o�molto�difficile�per�il�dan- neggiato�monetizzare�il�pregiudizio�subito,�come�nell'ipotesi�del�danno�non� patrimoniale.� e) L'interpretazione�patrocinata�dal�giudice�remittente�in�materia�di�decor- renza�dell'azione�risarcitoria�desta�perplessita�anche�in�relazione�alla�difficolta� di�individuare�con�sufficiente�certezza�il�momento�in�cui�l'intesa�anticoncorren- ziale�sia�cessata,�posto�che�non�necessariamente�le�imprese�si�astengono�dall'in- tesa�per�effetto�del�solo�provvedimento�di�condanna�dell'autorita�competente.� Per�converso,�fondata�e�in�linea�con�i�principi�generali,�risulta�la�interpretazione� della�legge�287/1990�fatta�propria�dalla�Corte�di�cassazione,�secondo�cui�la� tutela�degli�effetti�negativi�derivati�dalla�intesa�e�efficace�a�partire�da�quando�e� stata�posta�in�essere�(�cfr.�Cass.�n,827�del�1999).� Sono�intervenuti�nella�fase�scritta�oltre�alle�parti�della�causa�pendente� dinanzi�al�Giudice�di�Pace�di�Bitonto,�la�Repubblica�federale�di�Germania,� la�Repubblica�d'Austria�e�la�Commissione�delle�Comunita�europee.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�87 Causa�C-331/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�servizi�pub- blici�locali�^Art.�34�della�direttiva�delle�Consiglio�93/38/CEE,�che�coor- dina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,� degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano� nel�settore�delle�telecomunicazioni,�e�articolo�36�della�direttiva�delle�Con- siglio�92/50/CE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti� pubblici�di�servizi�^Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato�(Italia),�sez.�VI,� del�6�aprile�2004�(ct�49535/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�societa�ricorrente�ha�partecipato�ad�una�procedura�negoziata,�indetta� dall'�azienda�di�trasporti�comunali�di�Venezia,�con�il�criterio�dell'offerta�eco- nomicamente�piu�vantaggiosa,�ex articolo�24,�lettera�b) del�decreto�legisla- tivo�158/1995,�per�il�sub�affidamento�dei�servizi�automobilistici�di�trasporto� persone,�dal�16�giugno�2002�alle�31�dicembre�2003,�lotto�n.�1�^servizio� urbano�di�Mestre.�Il�TAR�per�il�Veneto�ha�respinto�ricorso�della�societa�con- tro�l'aggiudicazione�operata�dalla�stazione�appaltante.�Avverso�questa�sen- tenza�la�societa�ricorrente�in�primo�grado�ha�proposto�gravame�davanti�al� Consiglio�di�Stato�adducendo,�a�motivo�dell'illegittimita�dell'aggiudicazione,� fra�l'altro,�la�contrarieta�al�diritto�comunitario�(nella�specie,�articolo�34�della� direttiva�sugli�ex��settori�esclusi��e�articolo�36�della�direttiva�quadro�sulle� procedure�di�aggiudicazione�di�evidenza�pubblica)�delle�norme�interne�(nella� specie�l'articolo�24,�1�comma,�lettera�b) del�decreto�legislativo��servizi��158/� 1993,�che,�nella�consolidata�interpretazione�del�Consiglio�di�Stato�alla�luce� dei�detti�parametri�comunitari,�consentono�alla�stazione�appaltante�in�caso� di�aggiudicazione�con�il�metodo�dell'offerta�economicamente�piu�vantag- giosa,�di�fissare�i�criteri�in�via�generale�nel�bando�o�nel�capitolato�d'oneri,� consentendo�poi�alla�Commissione�di�gara�l'eventuale�specificazione�succes- siva�di�tali�criteri,�ove�necessaria,�e�sempre�che�tale�integrazione�avvenga� prima�dell'apertura�dei�plichi�e�non�contenga�innovazioni�per�rispetto�ai�cri- teri�fissati�dal�bando�originario.�Tale�interpretazione,�a�detta�della�ricorrente,� viola�i�principi�di�trasparenza,�predeterminazione�e�pubblicita�dei�criteri�di� aggiudicazione�previsti�dal�diritto�comunitario.� IquesitI In�relazione�alla�norma�dell'articolo�34�della�direttiva�93/38�CE,�e�in� particolare�all'analoga�norma�di�cui�all'articolo�36�della�direttiva�92/50�CE,� 1.�^se�sia�legittimo�interpretare�tali�disposizioni�come�contenenti� norme�elastiche�che�permettono�alla�stazione�appaltante,�in�caso�di�aggiudi- cazione�con�il�metodo�dell'offerta�economica�piu�vantaggiosa,�di�fissare�i�cri- teri�in�via�generale�nel�bando�o�nel�capitolato�d'oneri,�consentendo�poi�alla� Commissione�di�gara,�l'eventuale�specificazione�e/o�integrazione�di�tali�cri- teri,�ove�necessaria,�e�sempre�che�tale�specificazione�e/o�integrazione� avvenga�prima�della�apertura�dei�plichi�contenenti�le�offerte�e�non�risulti� innovativa�dei�criteri�predeterminati�dal�bando�o�se,�invece,�detta�norma� debba�essere�interpretata�come�norma�rigida,�che�impone�alla�stazione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� appaltante�di�determinare�analiticamente�i�criteri�di�aggiudicazione�nel� bando�o�nel�capitolato�d'oneri,�e�comunque�prima�della�prequalificazione�o� dell'invito,�ed�esclude�che�la�Commissione�di�gara�possa�in�qualsiasi�modo� intervenire�specificando�e/o�integrando�i�predetti�criteri,�o�costruendo�sotto- voci�o�sub-punteggi,�in�quanto�ogni�indicazione�dei�criteri�di�aggiudicazione,� per�ragioni�di�trasparenza,�deve�essere�contenuta�nel�bando�o�nel�capitolato� d'oneri.�Se�sia�legittimo,�in�definitiva,�alla�luce�del�diritto�comunitario,�l'o- rientamento�interpretativo�tradizionale�maturato�nella�giurisprudenza�del� Consiglio�di�Stato�e�volto�ad�ammettere�l'intervento�integratore�dei�criteri,� da�parte�della�Commissione�di�gara,�prima�dell'apertura�delle�buste�conte- nenti�le�offerte.� 2.�^Se�sia�legittimo,�alla�luce�di�tale�norma�interpretata�elasticamente� alla�luce�dell'avverbio��possibilmente�,�per�la�stazione�appaltante�emanare� un�disciplinare�di�gara�che�in�relazione�ad�un�criterio�di�aggiudicazione� (nella�specie�modalita�organizzative�di�supporto)�preveda�l'assegnazione�di� punti�ad�insindacabile�giudizio�della�stazione�appaltante,�con�riferimento� ad�una�serie�complessa�di�criteri�di�cui�il�bando�non�prevede�la�graduazione� risultando�in�tal�senso,�in�parte,�indeterminato,�o�se�comunque�la�norma� imponga�una�tassativita�di�massima�nella�formulazione�dei�criteri�non�com- patibile�con�la�mancata�graduazione�degli�stessi�nel�bando�e�se,�in�caso�di� legittimita�della�previsione,�per�effetto�della�ritenuta�elasticita�della�norma� e�della�non�obbligatorieta�della�graduazione�di�tutti�gli�elementi,�a�fronte� di�essa,�in�mancanza�di�un�espresso�conferimento�di�poteri�alla�Commis- sione�da�parte�del�bando,�possa�ammettersi�l'intervento�integrativo-specifica- tivo�della�Commissione�(risoltosi�semplicemente�nell'attribuire�rilevanza� autonoma�e�peso�relativo�ad�ogni�singolo�elemento�che�il�bando�voleva�valu- tare�attribuendo�complessivamente�massimo�25�punti)�o�se,�invece,�debba� farsi�applicazione�letterale�del�disciplinare�di�gara,�attribuendo�il�punteggio� con�valutazione�unitaria�dei�vari�e�complessi�elementi�considerati�dalla�lex specialis.� 3.�^Se�comunque�sia�legittimo,�alla�luce�di�tale�disposizione,�riconoscere� in�via�generale�alla�Commissione�di�gara�che�deve�valutare�le�offerte,�indi- pendentemente�dalle�modalita�di�formulazione�del�bando,�nel�procedimento� di�aggiudicazione�mediante�offerta�economicamente�piu�vantaggiosa,�ma� solo�a�fronte�della�complessita�degli�elementi�da�valutare,�un�potere�di�auto- limitare,�in�via�generale,�la�propria�azione,�specificando�i�parametri�di�appli- cazione�dei�criteri�prefissati�dal�bando,�e�se�tale�potere�della�Commissione� possa�essere�esercitato�costruendo�sottovoci,�sub-punteggi,�o�semplicemente� dettando�criteri�piu�specifici�di�applicazione�dei�criteri�indicati�in�via�generale� dal�bando�o�dal�capitolato�d'oneri�e�naturalmente�sempre�prima�di�procedere� all'apertura�delle�buste.� LA posizionE assuntA daL GovernO ItalianO Il�Governo�italiano�non�e�intervenuto�nella�fase�scritta,�ne�ha�chiesto�di� intervenire�nella�fase�orale.�Sono�intervenuti�nella�fase�scritta�il�Regno�dei� Paesi�Bassi�e�la�Repubblica�Federale�d'Austria.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�89 Cause riunite C-362-363-364-365/04 (domande di pronuncia pregiudiziale) ^ Appalti pubblici di lavori ^Sospensione dell'applicazione del bando di gara relativamente alle clausole relative al controllo delle offerte ritenute come �anormalmente basse in via definitiva� ^Applicazione�delle�diret- tive�nn.�93/37/CEE�e�89/665/CEE�^Adozione�di�provvedimenti�caute- lari�per�la�tutela�di�interessi�legittimi�^Ordinanza�n.�2181/04�del� Symvoulio tis Epikrateias (Grecia)�e�numeri�643/04,�644/04�e�645/04� della�Commissione�Sospensioni�(cs�5068/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO I�giudizi�nei�quali�sono�state�poste�le�questioni�pregiudiziali�riguardano� la�selezione�per�l'affidamento�di�appalto�di�lavori�per�la�costruzione�della� nuova�sede�del�museo�archeologico�di�Pella�e�il�riassetto�dello�spazio�circo- stante.�La�fase�di�preselezione�ha�individuato�16�imprese�concorrenti�invitate� a�presentare�offerte.�La�fase�di�aggiudicazione�ha�visto�il�concorso�di�13� imprese,�tra�le�quali�la�impresa��A��ricorrente.�Applicando�il�metodo�mate- matico�di�individuazione�delle�offerte�anormalmente�basse�previsto�dalle� disposizioni�del�bando,�la�Commissione�ad hoc riteneva�che�provvisoriamente� risultasse�essere�minore�offerente�il�Consorzio��B��di�imprese,�costituitosi� nel�frattempo,�ed�invitava�a�richiedere�agli�altri�concorrenti�di�presentare� una�giustificazione�scritta�delle�loro�offerte�giudicate��anormalmente�basse�.� Nessuno�degli�11�concorrenti�invitati�presentava�la�giustificazione�della�pro- pria�offerta,�per�il�che�la�Commissione�ad hoc si�esprimeva�in�favore�dell'ag- giudicazione�al�citato�Consorzio.�La�impresa��A��ha�proposto�reclamo�in� via�amministrativa�sostenendo�che�la�procedura�di�gara�avrebbe�dovuto� essere�annullata,�in�quanto,�a�suo�giudizio,�tutti�gli�altri�concorrenti�si�erano� messi�d'accordo�per�eludere�un�effettiva�concorrenza,�cosicche�il�lavoro�in� questione�avrebbe�dovuto�essere�oggetto�di�una�nuova�gara�d'appalto�oppure� essere�aggiudicato�alla�stessa,�previa�presentazione�di�una�giustificazione� dell'offerta;�altrimenti,�nell'ambito�della�procedura�di�gara,�si�sarebbe�dovuto� invitare�la�ricorrente�a�presentare�una�motivazione�completa�e�dettagliata� della�sua�offerta.�Nel�corso�del�procedimento�amministrativo�sono�state�pro- poste�istanze�di�provvedimenti�cautelari.�Avverso�i�conseguenti�provvedi- menti�negativi�(aggiudicazione�e�istanze�di�provvedimenti�cautelari)�la� impresa��A��ha�proposto�distinti�ricorsi�giurisdizionali�riuniti�dinanzi�al�giu- dice�remittente.� La�normativa�ellenica�vigente�in�materia�prevede,�per�la�definizione�delle� soglie�di�offerte��anormalmente�o�eccessivamente�basse��un�metodo�mate- matico�consistente�in�una�serie�di�calcoli�basati�anche�^per�la�determina- zione�dell'ammontare�dell'offerta�che�corrisponde�al��costo�minimo�dei� lavori��^su�coefficienti�fissi,�ricavati�dallo�studio�e�dall'analisi�di�numerose� gare,�concernenti�in�particolare�le��spese�generali�,�il��costo�diretto��e�l'espe- rienza�dell'impresa.�La�stessa�normativa�dispone�che�possono�essere�escluse� �sic et simpliciter��quelle�offerte�che�appaiono,�in�base�al�metodo�matematico� in�parola,��eccezionalmente�ed�anormalmente�basse�;�e�che�per�giustificare� un'offerta�anormalmente�bassa��non�ci�puo�riferire�alle��spese�generali�,�ai� �costi�diretti��o�all'esperienza�dell'impresa,�trattandosi�di�fattori�gia��ricom- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� presi�ed�integrati��nell'�offerta�corrispondente�al��costo�minimo�dei�lavori�.� Nel�caso�di�specie�la�ricorrente�afferma�che�l'atto�impugnato�sarebbe�stato� adottato�in�violazione�dell'articolo�30�n.�4,�della�direttiva�93/37/CE,�e�della� relativa�norma�interna�di�recepimento�in�quanto�l'amministrazione�aggiudi- catrice,�pur�avendo�invitato�la�ricorrente�a�giustificare�la�sua�offerta,�qualifi- cata�come��eccezionalmente�e�anormalmente�bassa��in�applicazione�del� metodo�matematico�sopramenzionato,�non�ha�richiesto�specifiche�precisa- zioni�e�nemmeno�ha�fatto�riferimento�ai�punti�precisi�dell'offerta�che�avreb- bero�suscitato�dubbi�o�perplessita�.�Il�giudice�a quo,�rilevato�che�nel�corso� della�procedura�sono�state�espresse�sulla�questione�due�opinioni�diverse,� basate�su�una�diversa�motivazione,�propendenti�l'una�per�l'annullamento,� l'altra�per�il�rigetto�del�motivo�addotto�dalla�ricorrente,�ha�ritenuto�necessa- rio�porre�alla�Corte�i�quesiti�seguenti.� IquesitI 1.�^Se,�ai�sensi�dell'articolo�30,�n.�4,�della�direttiva�del�Consiglio�14�giu- gno�1993,�93/37/�CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli� appalti�pubblici�di�lavori�(Gazzetta Ufficiale L�199)�l'amministrazione�aggiu- dicatrice,�nel�corso�di�una�procedura�di�gara�d'appalto�fondata�su�un�sistema� di�aggiudicazione�come�quello�descritto�nella�motivazione�della�presente� ordinanza�(consistente�nella�presentazione�di�offerte�non�corredate�da�una� relazione�giustificativa,�con�singole�percentuali�di�ribasso�rispetto�a�gruppi� di�prezzi�e�controllo�di�normalita�delle�singole�percentuali�di�ribasso),�sia� tenuta�ad�attribuire�un�determinato�contenuto�all'atto�con�cui�invita�il�con- corrente�a�fornire�spiegazioni�in�ordine�alla�sua�offerta,�che�sia�stata�qualifi- cata�come�anormalmente�bassa�rispetto�ad�una�soglia�determinata�in�appli- cazione�di�un�metodo�matematico�aventi�caratteristiche�analoghe�a�quelle� del�metodo�matematico�descritto�nella�motivazione�della�presente�ordinanza.� 2.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�se,�ai�sensi� della�citata�disposizione�della�direttiva�93/37/CEE,�sia�sufficiente�che�nel- l'atto�di�cui�trattasi�sia�menzionato�il�singolo�ribasso,�offerto�al�concorrente� rispetto�ad�uno�o�piu�gruppi�di�prezzi,�che�sia�stato�ritenuto�problematico� dall'amministrazione�giudicatrice,�se�quest'ultima�sia�tenuta�inoltre�a�specifi- care�le�ragioni�per�cui�ritiene�che�tale�ribasso�sia�problematico,�esponendo�e� giustificando�le�proprie�valutazioni�rispetto�al�costo�minimo�di�esecuzione� dei�rispettivi�lavori.� Causa C-379/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Premiazione dei vini e degli spumanti di Franconia ^Articolo�21�del�regolamento�(CE)�753/02� ^Ordinanza�del�Landesgericht Wurzburg (Germania)�del�23�agosto� 2004�(cs.�53773/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO L'attrice�gestisce�una�societa�di�viticoltura�e�di�commercio�dei�vini�e�non� e�socia�della�associazione�tra�viticoltori�che�organizza�la�premiazione�dei�vini� e�dei�vini�spumanti�della�Franconia.�In�base�alle�disposizioni�della�associa- zione�per�la�partecipazione�alla�gara�sono�richiesti,�quale�tassa�di�partecipa- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�91 zione:�per�la�parte�vini�dai�soci�euro�46�e�dai�non�soci�euro�92;�per�la�parte� vini�spumanti,�dai�soci�euro�76,�50�e�per�i�non�soci�euro�153.�L'attrice�deduce� che�l'associazione,�mediante�le�differenti�casse�di�partecipazione,�si�avvale� della�sua�posizione�di�monopolio�e�nella�premiazione�dei�vini�e�degli�spu- manti�della�Franconia�ha�svantaggiato�l'attrice�in�modo�non�consentito.� IquesitI 1.�^Se�l'articolo�21�del�regolamento�(CE)�753/02�conferisce�all'attrice�un� diritto�soggettivo�a�che�non�venga�discriminata�dalla�convenuta�nella�premia- zione�dei�vini�e�degli�spumanti�della�Franconia.� 2.�^Qualora�dovesse�essere�data�soluzione�affermativa�alla�questione� sub 1):� se�il�fatto�che�la�convenuta,�in�relazione�alla�premiazione�dei�vini�e�degli� spumanti�della�Franconia�pretenda�dall'attrice,�in�quanto�non�suo�socio-- membro,�tasse�di�partecipazione�in�misura�doppia�rispetto�ai�soci,�costituisca� una�discriminazione�ai�sensi�dell'articolo�21�del�regolamento�(�CE)�n.�753/02.� Causa C-423/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Pensione di vecchiaia a transessuale passato dal sesso maschile a quello femminile ^Articoli�4� e�7�della�direttiva�del�Consiglio�79/7/CEE,�relativa�alla�graduale�attua- zione�del�principio�della�parita�di�trattamento�tra�gli�uomini�e�le�donne� in�materia�di�sicurezza�sociale�^Ordinanza�del�Social Security Commis- sioner (�Regno�Unito)�del�4�ottobre�2004�(cs�55915/04,�avv.�dello�Stato� M.�Fiorilli).� IL fattO La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�nel�corso�di�un�giudizio�di� appello�proposto�da�una�persona�transessuale�(passata�da�sesso�maschile�a� quello�femminile)�per�fare�accertare�il�proprio�diritto�alla�pensione�di�vec- chiaia�all'eta�di�sessant'anni,�la�quale,�in�base�alla�legge�del�Regno�Unito,� costituisce�l'eta�alla�quale�una�donna�nata�prima�del�6�aprile�1950�raggiunge� l'eta�della�pensione�(paragrafo�1�(2)�della�quarta�tabella�della�Pensions Act (leggebritannicasullepensioni)del1995.NelladecisioneR(P)�1/80del�Com- missioner era�stabilito�che�una�persona�che�era�stata�registrata�come�persona� di�sesso�maschile�alla�nascita�doveva�essere�considerata�come�persona�di� detto�sesso�ai�fini�della�decisione�relativa�all'eta�pensionabile.�Per�i�motivi� esposti�in�detta�decisione�(riassunti�al�nono�paragrafo�dell'ordinanza)�il� diritto�britannico�continuera�quasi�certamente�a�richiedere�che�una�persona,� che�era�stata�correttamente�classificata�e�registrata�come�persona�di�sesso� maschile�alla�nascita,�deve�essere�considerata�come�tale�ai�fini�del�diritto�alla� pensione�fino�a�quando�entrera�in�vigore�il�Gender Recognition Act (legge�bri- tannica�sul�riconoscimento�del�sesso)�del�2004.�Anche�se�il�rifiuto�della�pen- sione�all'appellante�viola�i�diritti�ex articolo�8�della�Convenzione�europea� sui�diritti�dell'uomo,�i�rimedi�giurisdizionali�esperibili�in�base�agli�Human Rights Act (legge�britannica�sui�diritti�dell'uomo)�del�1998�non�consentono� alle�autorita�britanniche�di�assegnare�una�pensione�che�non�sia�conforme�alla� normativa�pertinente.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� IquesitI 1.�^Se�la�direttiva�79/7/CEE�porti�al�rifiuto�di�una�pensione�di�vecchiaia� ad�un�transessuale,�passato�dal�sesso�maschile�a�quello�femminile,�finche�que- sta�persona�raggiunga�l'eta�di�65�anni,�la�quale�avrebbe�avuto�diritto�alla� pensione�all'eta�di�sessant'anni�se�fosse�stata�considerata�come�donna�sotto� il�profilo�del�diritto�nazionale.� 2.�^In�caso�affermativo,�a�partire�da�quale�data�debba�avere�effetto�la� pronuncia�della�Corte�sulla�questione�n.�1.� Causa C-431/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Rilascio certificato protettivo per i medicinali ^Concetto di �composizione di principi attivi di un medicinale� ^Regolamento�n.�1768/92/�CEE�del�Consiglio�del� 18�giugno�1992,�sull'istituzione�di�un�certificato�protettivo�complemen- tare�per�i�medicinali�^Ordinanza�del�Bundesgerichtshof (Germania)�del� 29�giugno�2004�(cs�960/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�nel�corso�di�un�giudizio�di� impugnazione�del�diniego�di�concessione�di�un�certificato�protettivo�comple- mentare,�con�la�motivazione�che�la�sostanza�del�collante�(polimero�Polifrepo- san)�non�e�da�considerare�un�principio�attivo�in�senso�proprio�secondo�l'acce- zione�dell'articolo�1,�lettera�b) e�dell'articolo�9�del�regolamento�CE�del�Con- siglio�18�giugno�1992,�n.�1768.� IquesitI 1.�^Se�il�concetto�di��composizione�di�principi�attivi�di�un�medicinale�� ai�sensi�dell'articolo�1�lettera�b) regolamento�presuppone�che�gli�ingredienti,� dei�quali�e�costituito�il�composto,�siano,�ciascuno�di�per�se�considerato,�prin- cipi�attivi�con�effetti�medicinali.� 2.�^Se�una��composizione�di�principi�attivi�di�un�medicinale��sia�anche� nel�caso�di�un�composto�costituito�da�due�ingredienti,�di�cui�uno�e�un�noto� principio�attivo�medicinale�per�una�determinata�indicazione�e�l'altro�renda� possibile�una�forma�di�somministrazione�del�medicinale,�che�comporta�una� mutata�efficacia�del�medicinale�per�la�detta�indicazione�(impianto�in�vivo� con�rilascio�controllato�del�principio�attivo�e�al�fine�di�evitare�effetti�tossici).� Causa C-463/2004 e C-464/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Priv atizzazioni di societa� municipalizzata e poteri speciali dell'ente locale ^Articolo�2449�c.civ.�e�legge�474/1994�^Articolo�56�CE�^Partecipa- zione�maggioritaria�e�poteri�speciali�dell'ente�locale�^Ordinanza�del� TAR�per�la�Lombardia,�sezione�prima,�Milano,�29�settembre�2004� (ct�12332/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO Associazioni�di�consumatori�hanno�impugnato�la�delibera�del�Consiglio� comunale�di�Milano�del�17�febbraio�2004�n.�4/04,�avente�ad�oggetto��Ces- sione�di�parte�delle�azioni�A.E.M.�s.p.a.�detenute�dal�Comune�di�Milano�^ Offerta�di�vendita�accelerata.�Emissione�di�prestito�obbligazionario�converti- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�93 bile�in�azioni�di�A.E.M.�S.p.a.�,�e�la�delibera�del�Consiglio�Comunale�di� Milano�dell'8�marzo�2004�n.�5/04,�avente�ad�oggetto��Modifiche�allo�Statuto� della�societa�A.E.M.�S.p.a.�,�nonche�ogni�altro�atto�antecedente�presupposto,� esecutivo,�attuativo,�consequenziale�e�comunque�connesso.�Con�le�delibere� impugnate�il�Consiglio�Comunale�di�Milano�ha�deliberato�la�prosecuzione� del�processo�di�privatizzazione�della�societa�A.E.M.�S.p.a.�(ex�municipalizz ata)�costituita�nel�1996,�successivamente�quotata�in�borsa�ed�operante�nel� settore�dei�servizi�pubblici�di�distribuzione�del�gas�ed�energia�elettrica�affidati� in�gestione�dal�Comune�medesimo,�e�di�cui,�a�quella�data,�il�Comune�di� Milano�deteneva�il�51%�del�capitale.�In�particolare,�con�la�delibera�n.�4�del� 17�febbraio�2004�il�Comune�ha�deciso�di�ridurre�la�propria�partecipazione� nella�societa�dal�51%�al�33,�4%,�procedendo�alla�vendita�delle�azioni,�in� parte,�e�per�un�ammontare�pari�all'8,�8%,�mediante�offerta�di�vendita�acceler ata�ad�investitori�istituzionali�professionali�italiani�ed�esteri�e,�per�la�restante� parte,�anch'essa�pari�all'�8,8%,�mediante�emissione�di�un�prestito�obbligazion ario�convertibile�in�azioni�della�societa�.�Con�la�delibera�n.�5�dell'8�marzo� 2004,�invece,�il�Comune�di�Milano�ha�deliberato�di�promuovere�le�modifiche� statutarie�della�societa�,�come�previsto�dalla�legge�statale�n.�474�del�1994� che,�tra�le�altre�disposizioni,�all'articolo�2�prescrive�come�obbligatoria�la� riserva�in�favore�dell'amministrazione�pubblica�controllante�di�uno�o�piu�dei� poteri�speciali�ivi�elencati,�prima�dell'adozione�di�ogni�atto�che�determini�la� perdita�del�controllo�della�societa�partecipata.�La�delibera�n.�5�da�espressam ente�atto�che�le�modifiche�deliberate�allo�statuto�della�societa�rappresent ano�l'attuazione�del�dispositivo�della�precedente�delibera�n.�4�che�aveva� dichiaratamente�subordinato�la�cessione�delle�quote�azionarie�alla�preventiva� modifica�dello�statuto�societario.�Tra�le�modifiche�allo�Statuto�della�societa� deliberate�dal�Consiglio�comunale�di�Milano�e�successivamente�recepite�dall 'assemblea�straordinaria�della�societa�rilevano,�ai�fini�del�giudizio�pregiudiz iale,�quelle�relative�alle�modalita�di�nomina�degli�amministratori�disciplinate� dal�novellato�articolo�17�dello�Statuto�societario.� IquesitI 1.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile,�cos|�come�applicato�nella�vicenda�per� cui�e�causa,�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del�Trattato�CE�come�interp retato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa�C-58/1999;�4�giugno�2002� cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003�cause�C-98/01�e�C-463/00,� allorquando�ad�avvalersene�sia�un�ente�pubblico�che,�pur�avendo�perso�il� controllo�di�diritto�della�societa�per�azioni,�conservi�una�partecipazione�rile- vante�(pari,�nel�caso�di�specie,�al�33,4%)�quale�socio�di�maggioranza�relativa,� cos|�ottenendo�uno�sproporzionato�potere�di�controllo.� 2.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile,�applicato�congiuntamente�all'art.�4� del�decreto-legge�31�maggio�1994,�n.�332�convertito�nella�legge�30�luglio� 1994,�n.�474,�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del�Trattato�CE�come�interp retato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa�C-58/1999;�4�giugno�2002� cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003�cause�C-98/01�e�C-463/00,� allorquando�ad�avvalersene�sia�un�ente�pubblico�che,�pur�avendo�perso�il� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� controllo�di�diritto�della�societa�per�azioni,�conservi�una�partecipazione�rile- vante�(pari,�nel�caso�di�specie,�al�33,4%)�quale�socio�di�maggioranza�relativa,� cos|��ottenendo�uno�sproporzionato�potere�di�controllo.� 3.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del� Trattato�CE�come�interpretato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa� C-58/1999;�4�giugno�2002�cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003� cause�C-98/01�e�C-463/00,�nella�misura�in�cui,�cos|��come�concretamente�appli- cato,�realizza�un�effetto�in�contrasto�con�altra�disposizione�di�legge�nazionale� (e�segnatamente�con�l'art.�2,�comma�1,�lett.�d)�del�decreto-legge�31�maggio� 1994,�n.�332�convertito�nella�legge�30�luglio�1994,�n.�474)�a�sua�volta�conforme� all'articolo�56�del�Trattato�CE�e�comunque�riproduttiva,�quanto�a�condizioni� di�esercizio�ed�a�presupposti�applicativi,�dei�principi�affermati�dalle�citate� sentenze�della�Corte�di�giustizia�in�materia�di�poteri�speciali.� NotA L'Italia�ha�presentato�le�seguenti�Osservazioni:� �Profili�di�ricevibilita�del�rinvio�pregiudiziale.� 15.�^E�necessario�valutare�la�rilevanza�delle�delibere�del�Consiglio�di� amministrazione�in�relazione�alla�questione�di�merito�per�la�cui�soluzione�sono� statiformulati�i�quesiti�a�codesta�Corte.� E�cio��,�in�quanto�il�rinvio�pregiudiziale�ex�art.�234�C.E.�e��strumentale�alla� uniforme�applicazione�del�diritto�comunitario.� La�delibera�del�Consiglio�comunale�di�Milano�n.�4/2004�legittima�l'aliena- zione�di�una�parte�della�partecipazione�del�Comune�di�Milano�al�capitale�di� A.E.M.�S.p.a.�e,�come�tale,�interessa�esclusivamente�l'ente�comunale�e�nongli� azionisti�della�societa��.� La�delibera�del�Consiglio�comunale�n.�5/2004�contiene�la�manifestazione�di� volonta��del�Comune�di�Milano�di�accedere,�in�quanto�socio�di�A.E.M.�S.p.A.,� ad�una�modifica�dello�statuto�della�societa��mista.�Entrambe�le�delibere�non�inci- dono�sui�diritti�degli�azionisti�di�A.E.M.�S.p.a.,�in�quanto�non�pregiudicano�il� lorodirittodiproprieta�,nelsensochenone��lorovietatodiincrementarelaloro� partecipazione,�acquistando�una�porzione�delle�azioni�messe�in�vendita�dal� Comune�di�Milano.� E�opportuno�sottolineare�che�la�impugnazione�delle�deliberazioni�comunali,� la�cuifunzione�e��unicamente�quella�di�determinare�la�volonta��dell'ente�che�deve� essere�portata�ad�effetto�dai�funzionari�del�medesimo,�presuppone�la�validita�� della�delibera�della�Assemblea�straordinaria�dei�soci�della�A.EM.�S.p.A.� La�modifica�statutaria,�non�conseguendo�direttamente�dalla�deliberazione� del�consiglio�comunale�di�Milano�n.�5/2004,�ma�dall'approvazione�della�mag- gioranza�qualificata�dei�soci�e��da�riferire�giuridicamente�eformalmente�a�tale�- maggioranza�e�non�alla�volonta��espressa�dal�Comune�di�Milano,�quale�socio� della�societa��mista.� L'accertamento�della�legittimita��sostanziale�della�decisione�del�Comune�di� Milano�di�procedere�alla�cessione�della�propria�partecipazione�in�A.E.M.� S.p.A.�esula�dalla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�come�esula�dalla� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�95 sua�giurisdizione�la�modifica�statutaria.�In�entrambi�i�casi,�si�tratta�di�questioni� di�rilievo�privatistico�e,�come�tali,�rientranti�nella�giurisdizione�del�giudice�ordi- nario.� Ne�consegue�che�la�questione�interpretativa�sottoposta�a�codesta�Corte�non� e��idonea�a�risolvere�le�controversie�sottoposte�al�giudizio�del�giudice�remittente,� per�il�quale,�in�ogni�caso,�non�rileva�che�l'azionista�pubblico�a�seguito�della�ope- razione�economica�di�cessione�delle�quote�di�proprieta��mantenga�uno��spropor- zionato�potere�di�controllo��nella�societa��mista,�della�quale�rimane�azionista� di�maggioranza�relativa.� Tanto�non�pregiudica�in�alcun�modo�la�applicazione�uniforme�del�diritto� comunitario,�in�quanto�non�si�nega�la�tutela�dei�diritti�che�eventualmente� potrebbe�essere�pregiudicata�dalla�applicazione�di�una�norma�nazionale�che�si� assume�non�conforme�al�diritto�comunitario,�solo�si�contesta�che�la�risposta�ai� quesiti�interpretativi�posti�alla�Corte�possa�garantire�la�ef ffettivita��del�diritto� comunitario�in�quanto�l'assetto�degli�interessi�conseguente�alla�decisione�delgiu- dice�amministrativo�non�sarebbe�comunque�definitiva.�E�cio��,�in�quanto�detta� decisione,�inquantorisolveunproblemadigiurisdizionee�,�inognicaso,�soggetta� a�scrutinio�della�Corte�di�cassazione,�che�e��giudice�di�ultima�istanza,�il�quale� all'occorrenza�potra��legittimamente�sottoporre�a�codesta�Corte�ogni�questione� di�compatibilita��delle�norme�del�codice�civile�da�applicare�nellafattispecie�con- creta�in�giudizio,�che�siano�di�ostacolo�alla�effettivita��del�diritto�comunitario.� 16.�^Iquesitipostidalgiudiceremittentepongono,�dunque,�dellequestioni� meramente�ipotetiche,�in�quanto�non�rispondono�ad�un�effettivo�bisogno�del�giu- dice�nazionale�in�vista�della�soluzione�della�controversia.� La�questione�pregiudiziale�de�qua�deve�conseguentemente�essere�dichia- rata�inammissibile,�in�quanto�non�necessaria�ai�fini�di�garantire�la�effettivita� del�diritto�comunitario�nella�fattispecie�in�lite.� Contesto�normativo�italiano�di�riferimento�delle�privatizzazioni.� 17.�^La�cessione�di�quote�del�capitale�sociale�da�parte�del�Comune�di� Milano�si�inserisce�in�un�procedimento�di�privatizzazione�sostanziale�di�una� societa��mista,�possibile�in�quanto�si�e��proceduto�nel�1998�ad�una�privatizzazione� formale�della�municipalizzata,�cioe��di�un�plesso�della�amministrazione�comu- nale,�che�in�precedenza�godeva�di�mera�autonomia�amministrativa.� 18.�^E��in�mano�pubblica��secondo�una�formula�corrente,�la�societa��per� azioni�della�quale�lo�Stato�o�altri�entipubblici�detengono�la�totalita��o�una�mag- gioranza�delle�azioni�o,�comunque,�un�numero�di�azioni�sufficiente�adassicurare,� anchedifatto,�ilcontrollodellasocieta�.� Alfenomeno�dell'azionariato�pubblico�il�codice�civile�italiano�non�dedica� che�poche�norme,�quelle�degli�articoli�2449-2451.�Cio��non�denota�il�preciso� intento�di�assoggettare�la�societa��in�mano�pubblica,�salvo�quanto�disposto�dalle� norme�speciali,�alla�medesima�disciplina�applicabile�alla�societa��in�mano�pri- vata.� Anche�la�disciplina�della�societa��per�azioni�mista�e�,�come�quella�dell'im- presa,�dirittocomuneapubblicieprivatioperatori:�e�,�nellasostanza,�dirittopri- vato�esteso�aipubblici�operatori.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nel�caso�della�societa�in�mano�pubblica�tale�estensione�e�di�gran�lunga�piu� ampia:�sono�sottoposti�al�diritto�comune�non�solo�i�rapporti�esterni�di�impresa,� ma�anche�i�rapporti�interni�di�organizzazione.� Siamo�inpresenzadisocieta�chesono�in�tuttoprivateperlaforma;sirea- lizza�qui,�salva�l'applicabilita�dei�ricordati�articoli�2449-2451,�una�perfetta�iden- tita�dicondizionegiuridicafraimpresapubblicae�impresaprivata.� L'economia�mista,�ad�un�tempo�privata�e�pubblica,�era�stata�il�carattere� saliente�del�sistema�economico�italiano.�L'impresa�in�mano�pubblica,�operante� in�concorrenza�con�imprese�private,�era�presente�in�pressoche�tutti�i�settori�del- l'economia,�dalle�banche�ai�trasporti,�dall'industria�automobilistica�a�quella�ali- mentare.� La�premessa�di�politica�economica�dalla�quale�l'economia�mista�muoveva� era�che�lo�Stato,�per�orientare�l'economia�nazionale�verso�obiettivi�di�sviluppo� fissati�con�i�programmi�economici�del�governo,�dovesse�farsi�imprenditorefra� gliimprenditorie�competeresulmercato�con�imprenditoriprivati.� Allo�smantellamento�dell'economia�mista�ha�atteso�la�politica�delle�priva- tizzazioni,�ispirata�da�una�serie�di�motivazioni,�che�non�rileva�qui�richiamare.� Anzitutto�va�detto�che�di�privatizzazione�si�puo�parlare�in�due�sensi,�l'uno� piu�ristretto�e�l'altro�piu�esteso.� In�senso�puramente�formale�e�privatizzazione�l'adozioneper�l'impresapub- blica�della�forma�giuridica�della�societa�per�azioni.�E�tale,�tra�le�altre,�quella� consentita�alle�aziende�autonome�dei�comuni�e�delle�province�e�dei�loro�consorzi� (aziende�municipalizzate�per�gas�e�acqua,�trasporti�eccetera�e�relativi�consorzi� intercomunali).�In�senso�sostanziale�e�privatizzazione�il�trasferimento�a�privati� delle�azioni�delle�societa�in�manopubblica,�con�uscita�di�scena,�parziale�o�totale,� dello�Stato�o�dell'ente�pubblico�azionista.�La�privatizzazione�in�senso�formale� puo�essere�considerata�come�strutturale�rispetto�alla�privatizzazione�in�senso� sostanziale:laproprieta�pubblica,�trasformatainproprieta�azionaria,vieneresa� negoziabileepercio�suscettibiledipassareinmaniprivate.�Avoltelaprivatizza- zione�in�sensoformale�e�preordinata�adun�totalepassaggio�dell'impresa�in�mani� private,�anche�se�questo�passaggio�e�destinato�a�attuarsi�con�gradualita�,�per�evi- taregli�effettinegatividiunmassicciocollocamentosulmercatodiingentipac- chettiazionari,�chedeprimerebberoilprezzodelleazioniposteinvenditaepro- vocherebbero�forti�squilibri�sul�mercato�finanziario.�Poiche�l'ente�pubblico�puo�,� per�principio,�operare�solo�in�base�alla�legge,�tale�preordinazione�deve�essere� prevista�dalla�legge.�Questa�puo�renderla�facoltativa�o�obbligatoria;�in�ogni� caso,�e�indicativa�della�individuazione�dell'oggetto�sociale�dell'ente�privatizzato� come�non�strategico.�Altre�volte�la�privatizzazione�in�senso�sostanziale�riguarda� soloipacchettiazionaridiminoranza,�comeadesempioperlesocieta�risultanti� dalla�trasformazione�delle�aziende�municipalizzate,�per�le�quali�la�(parziale)� privatizzazione�mira�a�provocare�l'afflusso�di�capitale�di�rischio�privato,�alle- viando�l'onere�di�finanziamento�dell'impresa�da�parte�dell'azionista�pubblico,� che�pero�resta�azionista�di�maggioranza�relativa.� 19.�^Con�d.l.�31�maggio�1994,�n.�332,�convertito,�con�modificazioni,�in� 1egge�30�luglio�1994,�n.�474,�sono�state�fissate��Norme�per�l'accelerazione� delle�procedure�di�dismissioni�di�partecipazioni�dello�Stato�e�degli�enti�pub- blici�in�societa�per�azioni�.�Tale�decreto�stabilisce�che�al�Ministero�dell'Econo- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�97 mia�e�delle�Finanze�siano�attribuiti,�nelle�societa�operanti�in�alcuni�settori�stra- tegici�ed�espressamente�individuate�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio,�i� �poteri�speciali��che�assicurino�allo�Stato�un�controllo�su�tali�societa�,�anche�a� prescindere�dall'entita�della�partecipazione�azionaria�detenuta.� 20.�^Perespressaestensionenormativa�(art2,�comma3,�deld.l.�332/1994,� rimasto�immutato�dopo�la�legge�finanziaria�2004)�i�poteri�speciali�trovano� applicazione�anche�nei�confronti�delle�societa�controllate,�direttamente�o�indiret- tamente,�da�enti�pubblici�(anche�territoriali�ed�economici)�operanti�in�settori� strategici,�anch'esse�individuate�con�provvedimento�dell'ente�pubblico�parteci- pante.� La�legge�finanziaria�23�dicembre�1999,�n.�488,�relativa�all'anno�2000,�ha� modificato�la�legge�474/1994.�Con�il�correlato�d.p.c.m.�11febbraio�2000,�rela- tivo�aipoterispecialiriconosciutiallo�Stato�e�all'entepubblico�territoriale�confe- rente�dalla�legge�474/1994�ed�ai�relativi�criteri�di�applicazione,�si�sono�enunciati� cinquecriteriperl'esercizio�deipoterispeciali.�None�espresso�ilgradimento�ad� acquisizioni�azionarie�che:�a)�non�siano�trasparenti�e�non�assicurino,�comunque,� la�conoscenza�della�titolarita�dellepartecipazioni�azionarie�rilevanti�aifini�del� controllo,�diretto�o�indiretto,�della�societa�,�nonche�degli�obiettivi�e�dei�pro- grammi�industriali�dell'acquirente;�b)�compromettano�processi�di�liberalizza- zione�e�apertura�dei�mercati,�non�siano�coerenti�con�la�scelta�diprivatizzazione� della�societa�ovvero�determinino�situazioni�di�conflitto�di�interessi�atte�a�pregiu- dicare�ilperseguimento�della�missione�affidata�alla�societa�nelcampo�dellefina- lita�d'interesse�pubblico;�c)�comportino�oggettivi�rischi�di�infiltrazione�di�orga- nizzazioni�criminali�o�di�coinvolgimento�della�societa�in�attivita�illecite;�d)�siano� lesive�della�conservazione�dei�poteri�speciali;�e)�comportino�consistenti�pericoli� di�grave�pregiudizio�per�vitali�interessi�dello�Stato�anche�con�riferimento�a:�1)� l'autonomia�o�la�sicurezza�dei�rifornimenti�di�materie�prime�e�beni�essenziali� alla�collettivita�;�2)�la�continuita�dei�servizi�pubblici�essenziali�alla�collettivita�e� la�sicurezza�dei�relativi�impianti�e�reti;�3)�lo�sviluppo�dei�settori�tecnologica- mente�avanzati.� 21.�^Con�l'art.�4�della�legge�24�dicembre�2003,�n.�350�(legge�finanziaria� 2004)�e�stata�modificata�ulteriormente�la�legge�474/1994�con�riferimento�ai� poteri�speciali�riconosciuti�allo�Stato�(o�all'ente�pubblico)�conferente�all'arti- colo�2.� Procedimento�di�privatizzazione�sostanziale�della�Azienda�Energetica�Muni- cipale,�divenuta�A.E.M.�S.p.A.� 22.�^Alfine�di�cogliere�la�rilevanza,�in�relazione�a�detto�articolo�2,�della� modifica�apportata�all'art.�17�(ora�16)�dello�statuto�di�A.E.M.�S.p.A.�e�utile� riportare�il�testo�della�modifica�statutaria.� �1.�La�societa�e�amministrata�da�un�consiglio�di�amministrazione�com- posto�da�un�numero�non�inferiore�a�1�e�non�superiore�a�9�membri,�compreso� il�Presidente.�L'assemblea�ne�determina�il�numero�entro�i�limiti�suddetti.� 2.�Ai�sensi�dell'art.�2449�del�codice�civile,�il�Comune�di�Milano�ha�diritto� di�procedere�alla�nomina�diretta�di�un�numero�di�amministratori,�proporzio- nale�all'entita�della�propria�partecipazione,�con�arrotondamento,�in�caso�di� numero�frazionario,�all'unita�inferiore.�In�ogni�caso,�il�Comune�di�Milano,� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO non potra� nominare in via diretta un numero di consiglieri superiore ad un quarto del numero complessivo degli amministratori da eleggere, con arro- tondamento, in caso di numero frazionario, all'unita� inferiore. 3. Per quanto riguarda gli amministratori non nominati in via diretta dal Comune di Milano, si procedera� all'elezione sulla base di liste, nelle quali i candidati dovranno essere elencati mediante un numero progressivo pari ai posti da coprire (omissis). 5. Ogni socio, compreso il Comune di Milano, puo� presentare o concor- rere a presentare una sola lista. I soci aderenti ad uno stesso patto di sinda- cato possono presentare e votare una sola lista. Le adesione ed i voti espressi in violazione di tale divieto non sono attribuibili ad alcuna lista (omissis). 11. I consiglieri nominati direttamente dal Comune di Milano, potranno essere revocati solo dal Comune stesso secondo le modalita� previste dal suo statuto e sono rieleggibili a norma dell'art. 2383, terzo comma, codice civile. Gli amministratori, rimangono in carica per tre anni. L'articolo�2449�dispone:� �Societa� con partecipazione dello Stato o di enti pubblici. 1. Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una societa� per azioni, lo statuto puo� ad essi conferire la facolta� di nominare uno o piu� amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza. 2. Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorve- glianza e nominati a norma del comma precedente possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. 3. Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall'assemblea. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali�. 23.�^E�dipaleseevidenzacheledisposizionicontenutenell'articolo16dello� StatutodiA.E.M.S.p.A.,�relativealdirittodiprocedereallanominadirettadi� alcuniamministratorinon�rientra�in�alcuno�deipoterispeciali�di�cuialla�comma� 2�della�legge�464/1994.� E�dipari�evidenza�che�l'articolo�2449�c.civ.�non�costituisce�espressione�di� alcuno�deipoteri�speciali�di�cui�all'articolo�2�della�legge�464/1994.� Quesiti posti dal Tribunale Amministrativo Regionale di Milano. 24.�^Tutti�e�tre�i�quesiti�posti�alla�Corte�si�imperniano�sull'articolo�2449� del�codice�civile�da�esaminare�in�relazione�all'articolo�56�del�Trattato�CE.� Invero,�il�giudice�remittente�prospetta�che�le�disposizioni�contenute�nell'ar- ticolo�2449�del�codice�civile�valutate�singolarmente�(quesito�1),�o�in�combina- zione�con�l'articolo�4�del�decreto�legge�31�marzo�1994�n.�332�convertito�nella� legge�30�luglio�1994,�n.�474�(�... alle liste di minoranza dovra� essere riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori non nominati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d) e,�con�arrotondamento,�in�caso�di� numerofrazionato�inferiore�all'unita�,�all'unita�superiore...��)�(quesito�2),�attri- buiscano�al�Comune�di�Milano,�quale�socio�di�maggioranza�relativa,�uno�spro- porzionato�potere�di�controllo;�o�le�disposizioni�medesime�in�quanto�contrastanti� con�l'articolo�2,�comma�1,�lettera�d) del�decreto�legge�n.�332/1994,�convertito� nella�legge�474/1994�siano�in�contrasto�con�l'articolo�56�del�trattato�CEE�o� con�principi�affermati�dalla�giurisprudenza�comunitaria�(quesito�3).� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�99 25. ^Presupposto implicito di tutti i quesiti sottoposti alla Corte e� che l'ar- ticolo 2449 del codice civile sia espressione di quelle prerogative sintetizzate nella sintesi verbale giuridica �golden�share�o�action�spe�cifique�, che costi- tuiscono restrizione alla libera circolazione dei capitali. L'articolo 2449 c. civ. nulla ha a che vedere con la sintesi verbale giuridica �golden�share�,macomesivedra� subitodopoavereesaminatoqualesialapor- tata di detta sintesi verbale giuridica la norma si inserisce nell'istituto dell'azio- nariatopubblico,chee� regolamentatodanormecomuni,cometaliperfettamente compatibili con la effettivita� delle norme comunitarie relative all'esercizio delle liberta� fondamentali e alla concorrenza. 26.�^Per��golden�share�siintendequelnucleodiprerogative, inserite per� legge�o con provvedimenti statali equivalenti, che resta nella titolarita� dell'am- ministrazione alienante in caso di privatizzazione di enti pubblici esercitanti attivita� di peculiare interesse pubblico. Si tratta della attribuzione al soggetto pubblico alienante di diritti maggiori o piu� incisivi di quelli che, per diritto comune, gli competerebbero. Ipoteri �speciali� in questione non sono necessa- riamente legati alla qualita� di azionista rivestita dallo Stato o da un ente pub- blico. Anzi, l'istituto, dimatriceanglosassone, sembraassumerecomepresuppo- sto l'effettiva completa dismissione della partecipazione da parte delloStato o dall'ente pubblico. Lo schema giuridico inglese e� quello di inserire nel capitale della societa� un'azione speciale privilegiata convertibile del valore nominale di una sterlina, posseduta dal Governo o da un suo rappresentante. Il legislatore di altri Stati membri ha preferito svincolare la posizione di privilegio dal pos- sesso azionario, attribuendola direttamente allo Stato o all'ente pubblico all'in- sorgere di situazioni che possano compromettere il raggiungimento di predeter- minati obiettivi di interesse pubblico di riconosciuta importanza strategica. Dallastessagiurisprudenzadella Cortedigiustiziae� possibilericavareiprincipi guida cui lo Stato membro deve attenersi qualora intenda riservarsi detti poteri speciali senza ostacolare o scoraggiare la libera circolazione di capitali (articolo 56 CEE) e la liberta� di stabilimento (articolo 43 CEE). In particolare, secondo la Corte, la libera circolazione dei capitalipuo� essere limitata da una normativa nazionale soltanto se quest'ultima siagiustificata daimotiviprevistidall'articolo 58,n. 1, CEodaragionioperativediinteressepubblicochesiapplicanoadogni persona o impresa che eserciti un'attivita� sul territorio dello Stato membro ospi- tante. Inoltre, per essere cos|� giustificata, la normativa nazionale deve essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito senza andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di quest'ultimo. Inoltre, tale normativa deve fondarsi su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo alle imprese interessate. 27. ^L'articolo 2449 del codice civile non costituisce espressione di poteri specialiderogatoridelledisposizionigeneraliinmateriasocietaria. Laformula- zione della norma puo� consentire allo Stato o all'ente pubblico di nominare anche la maggioranza degli amministratori indipendentemente dalla quotadi partecipazione nella societa� , ma presuppone la partecipazione del soggetto pub- blico al capitale della societa� , che in relazione a tale partecipazione assume la qualita� sostanziale di societa� mista. Invero, la nomina degli amministratori da parte di chi non ha la maggioranza del capitale sociale non costituisce un'ano- RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO malia�nel�quadro�normativo�societario�di�diritto�comune.�Da�un�lato,�infatti,�il� nuovo�codice�civile�italiano�consente�addirittura�la�nomina�di�amministratori� dapartedinonsoci(ildirittopuo��essereinfattiattribuitodallostatutoaiporta- tori�di��strumentifinanziari�:�articolo�2351,�comma�5�del�codice�civile);�dall'al- tro,�la�nomina�della�maggioranza�degli�amministratori�da�parte�di�chi�possiede� una�minoranza�del�capitale�sociale�e��evenienza�comune�in�ogni�caso�di�aziona- riato�diffuso,�e�nel�caso�di�societa��per�azioni�che�abbiano�emesso�(per�un� importo�pari�alla�meta��del�capitale)�azione�di�risparmio�con�diritto�di�voto�limi- tatoalleassembleestraordinarie:�inquestocasochipossiedeil25%delcapitale,� piu��una�azione,�controlla�l'assemblea�ordinaria,�e�quindi�puo��eleggere�l'intero� consiglio.�Infine,�ilriconoscimentoespressodapartedellegislatoredellariforma� dei�patti�parasociali�che�hanno�per�oggetto�l'esercizio�del�diritto�di�voto�nelle� societa��per�azioni�(articolo�2341�del�codice�civile)�comporta�de iure la�validita�� diqueipatticheattribuisconoalsociodiminoranzalafacolta��dinominadella- maggioranza�degli�amministratori;�facolta��che�non�sarebbe�consentita�nel�caso� in�cui�il�risultato�a�livello�di�organizzazione�societaria�cos|��raggiuntofosse�con- trario�a�norme�e�principi�di�carattere�imperativo.�Ne�consegue�che�nell'ordina- mento�italiano,�non�esiste�unprincipio�inderogabile�diproporzionalita��tra�lapar- tecipazione�sociale�ed�i�diritti�riguardanti�l'amministrazione�della�societa��.La� regola�vale�sia�per�l'azionista�privato�che�per�l'azionista�pubblico.� L'elezione�degli�amministratori�mediante�il�voto�di�lista�e��pratica�diffusa,� pacificamente�ritenuta�legittima�.� 28.�^L'articolo�2449�del�codice�civile�e��relativo�alle�societa��a�partecipa- zionepubblica�edha�comepremessa�che�visiapartecipazionepubblica�a�societa�� per�azioni,�sicche�la�sua�evocazione�e��nel�caso�di�specie�naturale.� Esso�si�distingue�nettamente�dalla�c.d.�golden share,�introdotta�dalla�legge� 474/1994,�vuoi�in�via�sistematico-concettuale�vuoi�nella�specifica�disciplina�det- tata.� 29.�^La�legge�474/1994,�come�modificata�dalla�legge�350/2003,�impone� per�un�certo�periodo�di�tempo�l'attribuzione�all'ente�pubblico�di�poteri�speciali,� indipendentemente�dalla�partecipazione�azionaria�e,�fra�quei�poteri,�indica�il� diritto�di�nomina�di�un�amministratore�(senza�diritto�di�voto)�nella�societa��rinve- niente�dalla�privatizzata�dell'ente�pubblico,�il�diritto�di�veto�alla�modifica�dello� statuto�della�detta�societa��,�nonche�altri�poteri�interdittivi�di�modifiche�all'orga- nizzazione�sociale.� L'articolo�2449�del�codice�civile,�invece,�con�precetto�che�tra�l'altro�pre- scindeintotodallastessasussistenzadiunprocessodiprivatizzazione,�consente� (soltanto)�che�lo�statuto�legittimi�l'ente�pubblico�socio�a�nominare�uno�o�piu�� amministratori�della�societa��partecipata�senza�attribuire�all'ente�pubblico�poteri� divetoquanto�alleeventualifuturemodifichedellostatuto�inparola.� 30.�^Si�tratta,�dunque,�di�due�profili�normativi�non�confondibili:�l'uno�a� carattere�generale�(art.�2449�c.c.)�riferito�all'ente�pubblico�che�e��coinvolto�in� una�societa��tramite�partecipazione�azionaria�ed�a�tutela�dell'interesse�collettivo� che�quella�partecipazione�giustifica;�l'altro,�a�carattere�speciale�(art.�2�legge� 474/1994)�mirato�ad�una�regolazione�di�vertice�di�determinate�societa��privatiz- zate.�Inoltre,�mentre�l'art.�2449prevede�l'attribuzionedipoteriall'entepubblico� socio�per�clausola�statutaria�di�introduzione�volontaria�(nel�caso�di�A.E.M.,�e�� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 101 stata introdotta grazie al voto decisivo di oltre il 60% del capitale sociale) e sempre modificabile con maggioranze, la legge 474/1994 prevede attribuzioni per legge di poteri speciali all'ente indipendentemente dalla circostanza che lo Stato o l'ente pubblico conservi la qualita� di socio della societa� privatizzata, e soprattutto conpotere di veto ex lege dello stato o dell'entepubblico verso modi- fiche dello statuto. Due modi diversi, dunque, ascrivibili ad istanze diverse, anzi opposte: l'uno, riferibile alla gestione della societa� dove lo Stato o un ente pub- blicoabbiainvestito;l'altro, almonitoraggiodellaprivatizzazione, checontinua, imperativamente, anche quando lo Stato o ente pubblico abbia disinvestito. 31. ^Le due discipline ^quella dell'articolo 2949 del codice civile e quella della legge 474 del 1994 ^in un processo di privatizzazione, come nel caso di specie, si possono sommare, senza che il ricorso all'una e all'altra sia soggetto ad un unico sindacato di legittimita� . Al limite e� possibile prevedere sia la nomina diretta di uno o piu� ammini- strazioni da parte dell'ente pubblico ex art. 2449 c. civ., sia la nomina di ammi- nistratore senza diritto di voto ai sensi della legge 474 del 1994 e, sempre,che venga garantita alla minoranza, ai sensi della legge 474 del 1994, la nominadi almeno un quinto degli amministratori nell'applicazione del voto di lista. 32. ^Il TAR non ha dubbi che la modifica dello Statuto di A.E.M. S.p.A. in contestazione produca un risultato contrario alle sentenze della Corte di giu- stizia in materia di golden share, ma il dubbio e� frutto di un errore di imposta- zione giuridica e di una erronea valutazione della propria giurisdizione in subiecta materia.Sulpuntoe� appenailcasodidirechelatuteladellesituazioni giuridiche soggettive e� principio costituzionale, ma non lo e� la modalita� di tale tutela se non sotto ilprofilo della effettivita� che nel caso dei ricorsi amministra- tivi che hanno innescato la proposizione della questione pregiudiziale non e� in discussione. 33. ^Latesidelgiudiceamministrativoremittentesifondasuunamalin- tesa interpretazione del significato e della portata della giurisprudenza comuni- taria e soprattutto sulla mancata comprensione delfatto che, come ha puntual- mente rilevato il Consiglio di Stato nelle ordinanze nn. 3866/04, 3867/04, 3873/04 e 3874/04, l'istituto della golden share ha una funzione �profonda- mente diversa�daquelladell'art.2449c.c. (l'unicanorma^siripete^avenire in rilievo ai nostrifini). 34. ^Per rendersene conto, giova subito precisare che tutta la tematica della c.d. golden share nell'ambito dell'ampioprocesso diprivatizzazioni in atto in Europa attiene soltanto a quelle disposizioni di legge nazionali che consen- tono allo Stato di esercitare un'influenza determinante sulla societa� nonostante il venir meno dell'iniziale potere di controllo. 35. ^La Commissione, gia� nella propria Comunicazione del 1997 relativa agliinvestimentiintracomunitari, sieraespressanelsenso cheipoteriattribuiti alle autorita� nazionali (quali il diritto di veto o la nomina di alcuni amministra- tori) possono �creare deiproblemi� in relazione alle regole in materia dieserci- zio di liberta� fondamentali, quali la libera circolazione dei capitali o la liberta� di stabilimento nella Comunita� , soltanto nei casi in cui uno Stato membro non detenga una partecipazione di controllo. La Corte di giustizia (al terminedi una serie di procedure di infrazione, tutte promosse dalla Commissione) sie� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� pronunciata�soltanto�sui�casi�in�cui�lo�Stato�non�deteneva�piu�una��partecipa- zionestrategica�nell'impresa.�Cio�valesenzadubbiopericasifrancese,belga� e�portoghese�e�per�quello�inglese.� In�relazione�al�caso�spagnolo�(causa�C-463/00),�il�discorso,�benche�piu� complesso,�nella�sostanza�non�cambia.�La�legge�spagnola,�sottoposta�all'inda- gine�della�Commissione�(legge�23�marzo�1995,�n.�5),�si�applicava�alle�imprese� che,�alla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge�medesima,�erano�controllate�dallo� Stato�con�una�partecipazione�superiore�al�25%.�Senonche�,�la�Commissione�ha� apertolaproceduradiinfrazionequattroannipiu�tardi(26ottobre1999),�con- testando�non�soltanto�la�menzionata�legge,�ma�anche�i�decreti�di�attuazione�rela- tivi�alle�societa�Repsol,�Telefo�nica�de�Espana,�Argentana,�Tabacalera�ed� Endesa,�societa�che�nelfrattempo,�tra�il�1997�ed�il�1998,�erano�state�integral- mente�privatizzate,�con�la�partecipazione�dello�Stato�ridotta�a�zero.Al� momento,�dunque,�dell'apertura�della�procedura�da�parte�della�Commissione,�lo� Stato,�che�pur�manteneva�i�poteri�speciali�derivanti�dalla�legge�spagnola� n.�5/1995,�aveva�completamente�dismesso�la�propria�partecipazione�nelle� imprese�considerate.� 37.�^E�di�tutta�evidenza�la�diversita�tra�i�regimi�nazionali�di�golden�share� sottopostialvagliodella�Cortedigiustiziaedilcasoinesame.�Inquestoipoteri� conferiti�al�Comune�di�Milano�trovano�fondamento�di�legittimazione�nella� misura�dominante�della�partecipazione�mantenuta�dallo�stesso�nella�societa� mista.�E�cio�in�base�ad�un�principio�derivato�dal�diritto�comune,�non�dal�diritto� speciale,�che�prescinde�dalla�partecipazione�del�soggetto�pubblico�al�capitale� della�societa�commerciale.� 38.�^Ne�nella�predetta�Comunicazione�della�Commissione�ne�nelle�sen- tenze�della�Corte�in�materia�di�golden�share�sifa�riferimento�ad�una�necessaria� proporzionalita�tra�la�partecipazione�azionaria�detenuta�dallo�Stato�(che�addi- rittura�conservi�una�partecipazione�idonea�a�garantirgli�il�controllo�della� societa�)�edipoteriadessoattribuitiperlegge.� 39.�^Intutt'altrosenso,�infatti,�operailrichiamoalprincipiodi�proporzio- nalita�,�in�base�al�quale�una�disposizione�nazionale,�limitativa�di�diritti�garantiti� dal�Trattato,�deve�essere�proporzionale�allo�scopo�perseguito,�nel�senso�che�que- st'ultimo�non�possa�essere�ugualmente�conseguito�con�misure�meno�restrittive.� Il�riferimento�al�principio�di�proporzionalita�,�pertanto,�riguarda�soltanto�l'esi- genza�di�adeguatezza�delle�singole�misure�ai�motivi�imperativi�di�interesse�gene- rale�(ad�esempio,�la�difesa�e�la�sicurezza�dei�rifornimenti�in�materie�prime).� 40.�^Anche�neiprincipi�OCSE�in�materia�di�corporate�governance�non�si� rinviene�alcuna�presa�di�posizione�a�favore�dell'applicazione�del�concetto��one� share�one�vote�.�Anzi,�l'approccioprevalentee�quellodipreferireun'interpreta- zione��flessibile��del�principio�della�proporzionalita�,�anche�in�considerazione� delfatto�che,�secondo�un�recente�studio,�circa�il�60%�delle�societa�europee�non� si�conformano�al�principio��one�share�one�vote�.�In�relazione�al�tema�della� nomina�degli�amministratori,�nel�caso�belga,�la�Corte�di�giustizia�ha�ritenuto� compatibile�con�il�diritto�comunitario�un�regime�che,�tra�l'altro,�attribuiva�al� Ministro�la�nomina�di�due�rappresentanti�del�governo�federale,�sia�pure�senza� diritto�di�voto,�nell'ambito�del�consiglio�di�amministrazione�delle�societa� S.N.T.C.�eDistrigaz.�Lanormativafrancese,poi,�chepurprevedevalanomina� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�103 pubblica�di�due�amministratori,�e�stata�ritenuta�incompatibile�con�il�Trattato� soltanto�nelle�parti�in�cui�prevedeva�un�limite�all'acquisto�di�partecipazioni� unito�alprevio�gradimento�in�capo�al�Ministro�dell'Economia�nonche�un'opposi- zione�contro�le�decisioni�di�cessione�o�di�attribuzione�a�titolo�di�garanzia.� Emblematico�appare�anche�l'atteggiamento�assunto�dalla�Commissione�nel� caso�della�legge�tedesca�che�privatizza�la�Volkswagen�(�legge�VW�).�La�legge� VWprevede�che,�fintantoche�detengano�azioni�(sembra�di�capire,�piu�di�una� azione)�dell'impresa,�il�Governo�federale�tedesco�(�Bund�)�e�il�Land�della� Bassa�Sassonia�debbano�avere�due�posti�nel�consiglio�di�amministrazione�(che� consiste�di�20�membri,�di�cui�soltanto�la�meta�rappresenta�gli�azionisti).�Di�con- seguenza,�grazie�ad�una�misura�statale�e�in�deroga�alla�normale�normativa� tedesca�sulle�societa�,�4�dei�10�membri�che�rappresentano�gli�azionisti�possono� esseredirettamentenominatidalleautorita�pubbliche.�Dato�cheilgovernofede- rale�ha�venduto�tutte�le�proprie�azioni,�il�Land�della�Bassa�Sassonia�(che� detiene�circa�il�13�%�delle�azioni�con�diritto�di�voto)�e�ora�l'unico�ad�avere�il� diritto�di�nominare�due�membri�del�consiglio�di�amministrazione.�Ora,�la�Com- missione�non�pare�preoccupata�dalfatto�che�il�Land�possa�nominare�due�ammi- nistratori�su�dieci�fintantoche�detenga�una�partecipazione�azionaria�all'incirca� corrispondente.�Tuttavia,�dal�momento�che�tale�disposizione�ad�hoc�attribuisce� anche�al�Bund�un�diritto�di�rappresentanza�che�non�e�proporzionato�al�suo� livello�di�partecipazione�al�capitale�della�societa�,lo�stesso�Bund�(al�momento� attuale�uscito�del�tutto�dalla�societa�)�puo�agevolmente�recuperare�tale�diritto� speciale�acquisendo�soltanto�due�azioni�della�societa�.� 41.�^Su�talipresuppostisisuggerisce:� 1)�di�dichiarare�inammissibili�tutte�le�questioni�interpretative�sollevate� dal�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Lombardia�per�carenza�di�rile- vanza;� 2)�di�dichiarare�che�l'articolo�2449�c.�civ.�e�compatibile�con�l'articolo�56� del�Trattato,�in�quanto�nonfondativo�di�alcun�diritto�speciale�afavore�del�sog- getto�pubblico�che�partecipa�al�capitale�della�societa�con�partecipazione�dello� StatoodientipubblicidisciplinatadallasezioneXIIIdelCapo�VdelTitolo�V� del�codice�civile�italiano�.� Causa�C-494/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Modalita�per�il�prel ievo�fiscale�sui�tabacchi�lavorati�^Articolo�27,�n.�5,�della�direttiva�del� Consiglio�25�febbraio�1992,�92/12/CEE,�relativa�al�regime�generale,�alla� detenzione,�alla�circolazione�ed�ai�controlli�dei�prodotti�soggetti�ad� accise�(nel�testo�vigente)�^Ordinanza�del�Hoge�Raad�der�Nederlanden� (Paesi�Bassi)�26�novembre�2004�(cs�8175/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�controversia�riguarda�il�rigetto�della�domanda�della�societa��A�� diretta�alla�compensazione�o�rimborso�ai�sensi�della�legge�olandese�sulle� accise�di�importi�corrisposti�in�relazione�alla�richiesta�di�contrassegni�afferenti� a�tabacchi�lavorati�e�a�titolo�di�imposta�sul�valore�aggiunto�pagata�o�dovuta.� IquesitI 1.�^Se�la�direttiva�sulle�accise�debba�essere�interpretata�nel�senso�che� impone�agli�Stati�membri�di�adottare�una�normativa�in�base�alla�quale�essi�sono� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tenuti�a�restituire�o�compensare�gli�importi�pagati�o�divenuti�esigibili�al� momento�della�richiesta�di�bolli�per�accise,�nel�caso�in�cui�il�richiedente�(titolare� di�una�autorizzazione�per�un�deposito�fiscale)�non�abbia�utilizzato�ne�potra�uti- lizzare�bolli�che�sono�spariti�prima�di�essere�apposti�ai�prodotti,�soggetti�ad� accisa�e�i�terzi�non�abbiano�potuto�o�non�potranno�fare�legittimamente�uso�di� tali�bolli,�benche�non�sia�escluso�che�essi�li�abbiano�utilizzati�o�potranno�uti- lizzarli�apponendoli�a�tabacchi�lavorati�immessi�illegalmente�in�commercio.� 2.�^Se�la�sesta�direttiva,�e�in�particolare�l'articolo�27,�nn.1�e�5,�debba� essere�interpretata�nel�senso�che�la�circostanza�che�solo�in�una�data�successiva� a�quella�prevista�nell'articolo�27,�n.�5,�della�sesta�direttiva,�quale�adeguata�dalla� nona�direttiva,�il�Governo�dei�Paesi�Bassi�ha�comunicato�alla�Commissione� che�desiderava�continuare�a�mantenere�in�vigore�la�modalita�particolare�per�il� prelievo�fiscale�sui�tabacchi�lavorati�comporti�che,�qualora�un�singolo,�dopo� che�tale�comunicazione�ha�avuto�comunque�luogo,�invochi�il�superamento�del� termine,�tale�modalita�speciale�di�prelievo�fiscale�debba�essere�disapplicata� anche�successivamente�alla�comunicazione.� 3.�^Nell'ipotesi�in�cui�la�soluzione�alla�questione�sia�di�senso�negativo,� se�la�sesta�direttiva,�in�particolare�l'articolo�27,�1�e�5,�debba�essere�interpre- tata�nel�senso�che�la�modalita�speciale�di�prelievo�fiscale�sui�tabacchi�lavo- rati,�di�cui�all'articolo�28�della�legge�sull'imposta�sul�valore�aggiunto,deve� essere�disapplicata�in�quanto�incompatibile�con�i�requisiti�stabiliti�nelle� disposizioni�menzionate.� 4.�^Nel�caso�in�cui�la�soluzione�alla�questione�3�sia�di�senso�negativo,�se� la�sesta�direttiva,�e�in�particolare�l'articolo�27,�nn.1�e�5,�debba�essere�interpre- tata�nel�senso�che�con�essa�sia�incompatibile�il�mancato�rimborso�dell'impo- sta�sul�valore�aggiunto�e�in�circostanze�quali�quelle�descritte�alla�questione�1.� Causa C-6/0S (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Fornitura di dispositivi medici-Appalto ^Direttive�del�Consiglio�93/36/CEE�e�93/42/CEE�^ Ordinanza�del�Symvoulio tis Epikrateias (Grecia)�del�16�marzo�2005� (avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� I fattI Un�ospedale�ha�bandito�una�gara�d'appalto�aperta,�sulla�base�del�crite- rio�di�aggiudicazione�del�prezzo�piu�basso,�per�la�fornitura�di�diversi�tipi�di� punti�per�sutura.�Nella�gara�hanno�presentato�offerte�nove�imprese,�tra�cui� anche�la�ricorrente.�Con�parere�consultivo�inviato�alla�commissione�giudica- trice�d'appalto,�i�chirurghi�dell'ospedale�si�lamentavano�dei�problemi�causati� da�alcuni�dei�punti�forniti�dalla�ricorrente,�per�il�che�chiedevano�l'esclusione� di�questi�ultimi�dalla�gara.�La�richiesta�e�stata�accolta.�L'�impresa�interes- sata,�dopo�un�reclamo�in�via�amministrativa,�ha�impugnato�l'�esclusione.� QuesitI 1.�^Se�in�caso�di�gare�di�appalto�disciplinate�dalla�direttiva�del�Consi- glio�93/36/CEE,�per�la�fornitura�di�dispositivi�medici�di�cui�alla�direttiva� 93/42/CEE,�e�qualora�tali�gare�si�svolgano�secondo�il�sistema�dell'offerta� piu�bassa,�l'autorita�giudicatrice,�nella�veste�di�acquirente�dei�beni�in�que- stione,�ai�sensi�delle�disposizioni�della�su�menzionata�direttiva�del�Consiglio� 93/42/CEE,�in�combinato�disposto�con�le�disposizioni�della�direttiva�del� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�105 Consiglio�93/36/CEE,�abbia�la�facolta�di�respingere�un'offerta�di�dispositivi� medici�che�rechino�la�marcatura�CE�che�abbiano�costituito�oggetto�di�un� controllo�di�qualita�da�parte�del�competente�organo�di�certificazione,�in� quanto�tecnicamente�inammissibili�nella�fase�della�valutazione�tecnica,invo- cando�obiezioni�sostanziali�sulla�loro�idoneita�tecnica,�collegate�alla�tutela� della�salute�pubblica�e�all'uso�particolare�cui�tali�dispositivi�sono�destinati�e� in�considerazione�delle�quali�sono�giudicati�inidonei�e�non�adatti�a�tale�uso� (sulla�base�del�presupposto�evidente�che�tali�obiezioni�siano�soggette�al�con- trollo�del�giudice�competente�sotto�il�profilo�della�loro�fondatezza,�nel�caso� in�cui�sussista�un�dubbio�quanto�al�fatto�che�esse�ricorrano�effettivamente).� 2.�^In�caso�di�risposta�affermativa�alla�precedente�questione,�se�l'auto- rita�giudicatrice�nella�veste�di�acquirente�dei�beni�in�questione,�abbia�la� facolta�di�considerare�direttamente,�per�le�ragioni�precedentemente�indicate,� inidonei�al�tipo�di�uso�a�cui�sono�destinati�dispositivi�medici�che�recano�la� marcatura�CE�oppure�se�occorra�che�siano�previamente�applicate�le�clausole� di�salvaguardia�contenute�nella�direttiva�93/42/CE�del�precedente�menzio- nato�decreto�interministeriale�Y�7/comma./2480/199,�che�attribuiscono� all'autorita�nazionale�competente�^che�nella�specie�e�costituita�dal�Ministero� della�Salute,�della�Previdenza�e�Assistenza�sociale�attraverso�la�Direzione� della�Tecnologia�biomedica�^di�adottare�provvedimenti�in�base�alla�proce- dura�di�cui�all'articolo�8�della�direttiva,�nel�caso�in�cui�i�dispositivi�medici� correttamente�installati�e�usati�possono�rappresentare�un�pericolo�per�lavita� alla�sicurezza�dei�pazienti�o�degli�utilizzatori,�o�ai�sensi�dell'articolo�18�della� medesima,�quando�si�constati�che�la�marcatura�CE�e�stata�attribuita�senza� motivo.� 3.�^Se,�in�considerazione�della�risposta�data�alla�seconda�questione,�e� qualora�essa�sia�risolta�nel�senso�che�occorre�prima�applicare�le�summenzio- nate�clausole�di�salvaguardia,�l'autorita�giudicatrice�sia�tenuta�ad�aspettare� il�risultato�del�procedimento�avviato�in�base�all'articolo�8�o�all'articolo�18� della�direttiva�93/42/CE�e�inoltre�sia�vincolata�dal�risultato�di�esso,�nel�senso� che�sia�tenuta�a�ricevere�in�appalto�il�bene�di�cui�si�tratta,�nonostante�sia�pro- vato�che�il�suo�uso�fa�sorgere�dei�pericoli�per�la�salute�pubblica�o,�in�gene- rale,�che�esso�e�inadatto�all'uso�a�cui�l'autorita�giudicatrice�lo�destina.� Causa C-26/0S (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Direttiva�del�Parla- mento�europeo�e�del�Consiglio�20�dicembre�1994,�94/62/CE�^Imbal- laggi�^Ordinanza�del��Landesgericht Korneuburg��(Austria),�notificata� il�16�marzo�2005�(avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO Punto�di�partenza�della�controversia�tra�l'attrice�Partei�Plato�Plastik� Frank�GmbH,�produttore�e�venditore�di�sacchetti�di�plastica,�e�la�convenuta� Caropack�Handels�GmbH,�che�vende�questi�sacchetti,�e�il�rifiuto�di�quest'ul- tima�di�rilasciare�una�certificazione�del�fatto�che�essa�sia�collegata�ad�un� sistema�di�raccolta�e�recupero�di�rifiuti�di�imballaggio.�Questa�controversia� era�gia�alla�base�del�procedimento�pregiudiziale�dinanzi�alla�Corte�di�giusti- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zia�delle�Comunita�europee�nella�causa�C-341/01�(ordinanza�4�settembre� 2001�di�questo�stesso�tribunale�e�la�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�delle� Comunita�europee�29�aprile�2004,�punti�14-20).� Oggetto�dell'ordinanza�di�rinvio�4�settembre�2001�erano,�tra�le�altre,�le� questioni�sull'interpretazione�dei�termini��imballaggio��e��produttore��di� cui�all'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio� 20�dicembre�1994,�94/62/CE,�sugli�imballaggi�e�i�rifiuti�di�imballaggio,�al� fine�di�valutare�se�i�sacchetti�di�plastica�in�questione�nella�controversia�prin- cipale�fossero�da�considerare�come�imballaggi�e�se�l'attrice�fosse�da�ritenere� un�produttore�di�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva.�Il�tribunale�al�riguardo� partiva�dal�presupposto�che�la�parte�convenuta�non�avesse�alcun�obbligo�di� rilasciare�la�certificazione�richiesta�dall'attrice,�qualora�i�sacchetti�di�plastica� oggetto�della�domanda�non�fossero�stati�imballaggi�o�qualora�l'attrice�non� fosse�stata�considerata�quale�produttrice�di�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva.� La�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�ha�riconosciuto,�nella�sen- tenza�29�aprile�2004,�causa�C-341/01,�che�i�sacchetti�di�plastica�sono�imbal- laggi�ai�sensi�della�direttiva�e�che�nel�termine��produttore�,�nel�contesto�del- l'art.�3,�n.�1,�primo�comma,�rientra�il�produttore�delle�merci,�ma�non�il�fab- bricante�dei�prodotti�di�imballaggio.� IquesitI 1.�^Questione principale:�se,�ai�sensi�della�direttiva�del�Parlamento�euro- peo�e�del�Consiglio�20�dicembre�1994,�94/62/CE,�il�produttore�di�imballaggi� secondari�o�di�imballaggi�per�il�trasporto,�vale�a�dire�il�produttore�di�imbal- laggi,�sia�pure�colui�che,�nell'ambito�dell'esercizio�della�sua�attivita�professio- nale,�assembla�o�fa�assemblare�indirettamente�o�direttamente�merci�con�il� prodotto�destinato�ad�essere�utilizzato�come�imballaggio�e�se�cio�valga�anche� per�i�sacchetti�con�manici.�Se�quindi�il�produttore�(fornitore)�dei�prodotti� indicati�nell'art.�3,�n.�1,�prima�frase,�ossia�di�prodotti�adibiti�a�contenere�e�a� proteggere�determinate�merci,�a�consentire�la�loro�manipolazione�e�la�loro� consegna,�e�ad�assicurare�la�loro�presentazione,�nonche�di�articoli��a�per- dere��usati�allo�stesso�scopo,�sia�il�produttore�(fornitore)�di�materiale�di� imballaggio�(prodotti�di�imballaggio)�e�non�il�produttore�di�un�imballaggio� per�la�vendita,�di�un�imballaggio�secondario�o�di�un�imballaggio�per�il�tra- sporto�(produttore�di�imballaggi;�v.�i�termini�equivalenti�di�cui�all'art.3,� n.�11,�della�direttiva).� 2.�^Prima questione supplementare nell'ipotesi in cui la questione princi- pale venga risolta in senso affermativo:�se�quindi�il�produttore�di�sacchetti� con�manici�debba�essere�considerato�non�produttore�di�imballaggio�per�la� vendita,�di�imballaggio�secondario�o�di�imballaggio�per�il�trasporto,�bens|� produttore�di�materiale�di�imballaggio�(prodotti�di�imballaggio).� 3.�^Seconda questione supplementare nell'ipotesi in cui la prima questione supplementare venga risolta in senso affermativo:�se�sia�in�contrasto�con�il� diritto�comunitario�e�in�particolare�con�il�principio�di�uguaglianza,�con�il� divieto�di�una�oggettiva�ed�ingiustificata�limitazione�della�liberta�professio- nale�e�con�il�divieto�di�creare�distorsioni�della�concorrenza,�il�fatto�che�la� legislazione�di�uno�Stato�membro�imponga�al�produttore�di�materiali�di� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�107 imballaggio,�in�particolare�di�sacchetti�con�manici,�l'obbligo,�assistito�da�san- zioni�penali,�di�ritirarli�oppure�di�partecipare�ad�un�sistema�di�raccolta�e� recupero,�a�meno�che�un�settore�a�valle�della�filiera�non�si�faccia�carico�di� questo�obbligo�e�fornisca�in�proposito�al�produttore�di�materiale�di�imballag- gio�una�certificazione�valida.� Causa C-194/0S ^Commissione CE c. Repubblica italiana ^Ricorso�notifi- cato�l'8�giugno�2005�(ct.�26963/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL ricorsO La�Commissione�formula�nei�confronti�del�Governo�della�Repubblica� Italiana�le�seguenti�conclusioni:� �constatare�che�la�Repubblica�Italiana:� ^nella�misura�in�cui�gli�articoli�10�della�legge�n.�93�del�2001�e�l'art.�1� commi�17�e�19�della�legge�443�del�2001�hanno�escluso�le�terre�e�le�rocce�da� scavo�destinate�all'effettivo�riutilizzo�per�reinterri,�riempimenti,�rilevati�e� macinati,�con�esclusione�di�materiali�provenienti�da�siti�inquinati�e�da�bonifi- che�con�contrazione�di�inquinanti�superiore�ai�limiti�di�accettabilita�stabiliti� dalle�norme�vigenti,�dall'ambito�di�applicazione�della�disciplina�dei�rifiuti,�e� venuta�meno�agli�obblighi�che�Le�incombono�in�virtu�dell'articolo�1�(a)�della� direttiva�75/442/CEE�sui�rifiuti�come�modificata�dalla�direttiva�91/156/CE.� Condannare�la�Repubblica�Italiana�al�pagamento�delle�spese�di�giudizio�.� IL controricorsO Il�ricorso�e�inammissibile�ed�infondato,�e�se�ne�chiede�il�rigetto�per�i� motivi�di�seguito�riportati.� Si�fa�preliminarmente�e�pregiudizialmente�presente�che�la�proposta�di� modifica�della�legge�n.�443/01�(cos|�come�rappresentato�nella�nota�dell'Uffi- cio�Legislativo�14�febbraio�2003�n.�907/317/113),�con�emendamento�all'art.�1,� commi�17,�18�e�19�da�inserire�nella�legge�comunitaria�2003,�nelle�more�della� procedura�d'infrazione�avviata�dalla�Commissione,�e�stata�approvata�ed�e� divenuta�legge�31�ottobre�2003,�n.�306.�Di�conseguenza�gli�articoli�di�cui�si� tratta,�con�decorrenza�dal�30�novembre�2003,�sono�cos|�modificati:� Comma 17.��Il�comma�3,�lettera�b),�dell'articolo�7�ed�il�comma�1,�lettera� fbis)�dell'articolo�8�del�decreto�legislativo�n.�22�del�1997,�si�interpretano�nel� senso�che�le�terre�e�rocce�da�scavo,�anche�di�gallerie,�non�costituiscono�rifiuti� e�sono,�percio�,�escluse�dall'ambito�di�applicazione�del�medesimo�decreto�legi- slativo�solo�nel�caso�in�cui,�anche�quando�contaminate,�durante�il�ciclo�pro- duttivo,�da�sostanze�inquinanti�derivanti�dalle�attivita�di�escavazione,�perfo- razione�e�costituzione�siano�utilizzate,�senza�trasformazioni�preliminari,� secondo�le�modalita�previste�nel�progetto�sottoposto�a�VIA�ovvero,�qualora� non�sottoposte�a�VIA,�secondo�le�modalita�previste�nel�progetto�approvato� dall'autorita�amministrativa�competente�previo�parere�dell'ARPA,�sempreche� la�composizione�media�dell'intera�massa�non�presenti�una�concentrazione�di� inquinanti�superiori�ai�limiti�massimi�previsti�dalle�norme�vigenti�.� Comma 18.��Il�rispetto�dei�limiti�di�cui�al�comma�17�puo�essere�verifi- cato�in�accordo�alle�previsioni�progettuali�anche�mediante�accertamenti�sui� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� siti�di�destinazione�dei�materiali�da�scavo.�I�limiti�massimi�accettabili�sono� individuati�dall'allegato�1,�Tabella�1,�colonna�B,�dal�decreto�del�Ministro�del- l'Ambiente�15�ottobre�1999,�n.�471,�e�successive�modificazioni,�salvo�che�la� destinazione�urbanistica�del�sito�non�richieda�un�limite�inferiore�.� Comma 19.��Per�i�materiali�di�cui�al�comma�17�si�intende�per�effettivo� utilizzo�per�reinterri,�riempimenti,�rilevati�e�macinati�anche�la�destinazione� a�differenti�cicli�di�produzione�industriale,�purche�sia�progettualmente�previ- sto�l'utilizzo�di�materiali�intendendosi�per�tale�anche�il�riempimento�delle� cave�coltivate,�nonche�la�ricollocazione�in�altro�sito�a�qualsiasi�titolo�autoriz- zata�dall'autorita�amministrativa�competente�previo,�ove�il�relativo�progetto� non�sia�sottoposto�a�VIA,�parere�dell'ARPA,�a�condizione�che�siano�rispet- tati�i�limiti�di�cui�al�comma�18�e�la�ricollocazione�sia�effettuata�secondo� modalita�di�rimodellazione�ambientale�del�territorio�interessato.�Qualora�i� materiali�di�cui�al�comma�17�siano�destinati�a�differenti�cicli�di�produzione� industriale,�le�autorita�amministrative,�competenti�ad�esercitare�le�funzioni� di�vigilanza�e�controllo�sui�medesimi�cicli,�provvedono�a�verificare,�senza� oneri�aggiuntivi�per�la�finanza�pubblica,�anche�mediante�l'effettuazionedi� controlli�periodici,�l'effettiva�destinazione�all'uso�autorizzato�dei�materiali;�a� tal�fine�l'utilizzatore�e�tenuto�a�documentarne�provenienza,�quantita�e�speci- fica�destinazione�.� Dal�tenore�del�ricorso,�ed�in�particolare�dalla�genericita�della�contesta- zione�della�Commissione,�si�evince�chiaramente�che�l'organo�comunitario� non�ha�tenuto�in�considerazione�la�modifica�normativa��medio tempore�� intervenuta.� Detta�modifica�ha�circoscritto�e�delimitato�l'esclusione�dal�concetto�di� rifiuto�delle�terre�e�rocce�da�scavo�alla�fattispecie�ivi�prevista�ed�ha,�altres|�,� previsto�garanzie�e�temperamenti�quali�la�Valutazione�di�Impatto�Ambientale� del�progetto�o,�nei�casi�di�progetti�di�minore�rilevanza,�il�parere�dell'ARPA.� (Agenzia�Regionale�Prevenzione�e�Protezione�Ambiente).� Nel�merito�della�questione,�si�osserva�che�e�imprescindibile�per�lo�svi- luppo�economico�del�Paese,�quale�l'Italia,�la�realizzazione�di�vie�di�comunica- zione,�nazionali�ed�internazionali,�tramite�la�costruzione�di�rilevati�e�gallerie,� stanti�le�caratteristiche�orografiche�del�territorio�nazionale��ch'Appennin parte, il mar circonda e l'Alpe�.�Di�qui�la�necessita�che�alle�direttive�dell'U.E.� sia�data�attuazione,�nel�pieno�rispetto�degli�obiettivi�finali�voluti�dal�legisla- tore�comunitario,�ma�secondo�il�ragionevole�uso�della�discrezionalita�riser- vata�al�legislatore�nazionale�nel�considerare�l'effettiva�valenza�del�fenomeno� sul�quale�si�va�ad�incidere�e�le�modalita�piu�idonee�per�raggiungere�il�risul- tato�imposto�dalle�norme�comunitarie.� Per�quanto�concerne�in�particolare�la�nozione�di�rifiuto,�come�delineata� dalla�giurisprudenza�della�Corte�di�Giustizia�europea,�si�ricorda�la�sentenza� della�Sesta�Sezione�dell'11�settembre�2003�in�causa�C-114/01�(che�ha�ribadito� i�principi�dell'ordinanza�del�5�marzo�2001�della�Sesta�sezione�-Palin�Granit),� secondo�cui�non�rientrano�nel�concetto�di�rifiuto,�cos|�come�delineato�dalla� direttiva�del�Consiglio�75/442/CEE,�i�detriti�o�la�sabbia�da�scarto�da�opera- zioni�da�arricchimento�di�minerale�qualora�il�detentore�li�utilizzi�legalmente� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�109 per�il�necessario�riempimento�delle�gallerie�della�detta�miniera�e�fornisca� garanzie�sufficienti�sull'identificazione�e�sull'utilizzazione�effettiva�delle� sostanze�destinazione�a�tale�effetto.� Da�detta�massima�si�evince�che�il�concetto�generale�di�rifiuto�ai�sensi� della�citata�normativa�europea�e�connotato�da�ragionevoli�eccezioni,�cos|� come�la�stessa�Corte�ha�piu�volte�riconosciuto.� Pertanto,�alla�luce�di�tutto�quanto�sopra�esposto�e�dedotto,�si�chiede�che� venga�riconosciuta�e�dichiarata�la�legittimita�e�la�conformita�ai�principi� comunitari�e�della�normativa�italiana�nella�modifica�apportata�all'art.�1,� commi�17,�18�e�19�legge�n.�443/01�ex�art.�19�della�legge�31�ottobre�2003,� n.�306,�con�decorrenza�dal�30�novembre�2003.� Con�riserva�-ove�la�Commissione�alla�luce�di�quanto�dedotto�in�ordine� alle�innovazioni�legislative,�intervenute�nelle�more�della�procedura,�intenda� proseguire�nell'azione�d'inadempimento�intrapresa�^di�rispondere�nell'even- tuale�controreplica�agli�aspetti�generali,�alcuni�non�condivisibili,�assunti�dalla� stessa�Commissione�a�base�del�ricorso�proposto.� Roma,�l|�8�agosto�2005�^Avvocato�dello�Stato�G.�Fiengo�.� Causa C-220/0S (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Convenzione pubblica di lottizzazione di suolo ^Nozione di appalto di opera pubblica ^Valutaz ione limite del controvalore di diritti speciali di prelievo ^Applicazione procedure di aggiudicazione appalti ^(Direttiva�93/37/CEE)�^Ordi- nanza�del�Tribunale�Amministrativo�di�Lione�(Francia),�emessa�il� 7�aprile�2005�e�depositata�il�19�maggio�2005,�notificata�il�7�luglio�2005� (cs.�37339/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO I�ricorrenti�chiedono�a�questo�Tribunale�di�annullare�la�delibera�28�otto- bre�2002�con�la�quale�il�Consiglio�municipale�di�Roanne�ha�autorizzato�il� proprio�sindaco�a�stipulare�con�la�Socie�te�d'e�quipement�du�de�partement�de�la� Loire�(SEDL)�una�convenzione�pubblica�di�lottizzazione�ai�fini�della�realizza- zione�di�un�centro�di�divertimenti�e�di�un'area�di�parcheggio.� IquesitI 1.�^Se�una�convenzione,�con�la�quale�una�prima�amministrazione�aggiu- dicatrice�affidi�ad�una�seconda�amministrazione�aggiudicatrice�la�realizza- zione,�per�fini�di�interesse�generale,�di�un'operazione�di�lottizzazione,�nell'am- bito�della�quale�tale�seconda�amministrazione�aggiudicatrice�rimetta�alla� prima�opere�destinate�a�soddisfare�sue�esigenze,�e�allo�scadere�della�qualela� prima�amministrazione�aggiudicatrice�diventi�automaticamente�proprietaria� dei�terreni�e�delle�opere�che�non�siano�stati�ceduti�a�terzi,�costituisca�un� appalto�pubblico�di�lavori�ai�sensi�delle�disposizioni�di�cui�all'art.�1�della� direttiva�14�giugno�1993,�93/37,�come�modificata.� 2.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alla�prima�questione�se,�ai�fini�della� valutazione�del�summenzionato�limite�di�ECU�5.000.000�di�diritti�specialidi� prelievo,�fissato�dall'art.�6�della�detta�direttiva,�occorra�tener�conto�esclusiva- mente�del�prezzo�versato�a�titolo�di�corrispettivo�per�la�cessione�delle�opere� 110 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� rimesse�all'amministrazione�aggiudicatrice,�ovvero�la�somma�di�tale�prezzo�e� delle�partecipazioni�versate,�ancorche��queste�ultime�siano�solo�parzialmente� destinate�alla�realizzazione�delle�dette�opere,�o,�infine,�l'importo�complessivo� dei�lavori,�ove�i�beni�non�ceduti�allo�scadere�del�contratto�divengono�automa- ticamente�di�proprieta�della�prima�amministrazione�aggiudicatrice,�che�pro- segue,�in�tal�caso,�l'esecuzione�dei�contratti�in�corso�e�si�accolla�i�debiti�con- tratti�dalla�seconda�amministrazione�aggiudicatrice.� 3.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alle�prime�due�questioni:�se�la� prima�amministrazione�aggiudicatrice�sia�dispensata,�per�concludere�una�sif- fatta�convenzione,�dal�ricorso�alle�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti� previste�dalla�direttiva�medesima,�sulla�base�del�rilievo�che�tale�convenzione� puo�essere�aggiudicata�esclusivamente�a�determinate�persone�giuridiche�e� che�le�medesime�procedure�verranno�applicate�dalla�seconda�autorita�aggiu- dicatrice�ai�fini�dell'attribuzione�dei�propri�appalti�di�lavori.� Causa�C-244/05�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Interpretazione�della� direttiva�del�Consiglio�delle�Comunita�europee�21�maggio�1992,� 92/43/CEE,�relativa�alla�conservazione�degli�habitat naturali�e�seminatur ali�e�della�flora�e�della�fauna�selvatiche�^Ordinanza�del��Bayerischer Verwaltungsgerichtshof��(Germania),�notificata�il�1.�agosto�2005� (cs.�41357/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO I�ricorrenti�contestano�la�costruzione�della�nuova�autostrada�A94� Monaco-Mu�hldorf-Simbach-Pocking�nel�tratto�Forstinning-Pastctten�(dal� Km�10.755�al�Km�16.980).�La�A94�(E�552),�risultante�alla�fine�della�costru- zione�lunga�complessivamente�circa�150�Km,�deve�collegare�Monaco,�capi- tale�del�Land,�con�la�zona�sud-orientale�della�Baviera�nonche��garantire�un� collegamento�verso�l'Austria.�Essa�inizia�nel�territorio�comunale�di�Monaco,� dove,�all'altezza�dell'incrocio�autostradale�di�Monaco-est,�si�collega�con�l'au- tostrada�A99,�per�terminare,�infine,�in�Pocking�nell'autostrada�A3,�gia�esi- stente.� Il�primo�ricorrente�ha�partecipato�al�procedimento�di�approvazione�del� progetto�in�qualita�di�associazione�per�la�protezione�dell'ambiente.�Inoltre� esso�e�proprietario�di�un�fondo�che,�in�base�al�progetto,�dovra�essere�parzial- mente�edificato�in�uno�dei�tratti�successivi.�Gli�altri�ricorrenti�sono�proprie- tari�di�fondi�situati�lungo�il�tracciato�Dorfen�e�utilizzati�per�lo�piu�a�fini�agri- coli�che�devono�essere�edificati�nel�tratto�controverso�indicato�nel�progetto� o�in�quelli�successivi.� IquesitI 1.�^Quale�sia�il�regime�di�protezione�richiesto�dall'art.�3,�n.�1,�della� direttiva�92/43/CEE�in�combinato�disposto�con�il�sesto��considerando��della� stessa�direttiva,�alla�luce�dell'obbligo�di�astensione�di�cui�all'art.�10,�secondo� comma,�CE�(trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea�25�marzo�1957,�poi� modificato�dagli�Atti�di�adesione�14�aprile�2003),�in�seguito�alla�sentenza� della�Corte�di�giustizia�13�gennaio�2005,�causa�C-117/03,�per�siti�atti�ad� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�111 essere�individuati�quali�siti�di�importanza�comunitaria,�e�segnatamente�quelli� ospitanti�tipi�di�habitat naturali�prioritari�e/o�specie�prioritarie,�prima�che� essi�vengano�iscritti�nell'elenco�dei�siti�di�importanza�comunitaria�adottato� dalla�Commissione�delle�Comunita�europee�secondo�la�procedura�prevista� dall'art.�21�della�direttiva.� 2.�^Come�indica�su�tale�regime�di�protezione�il�fatto�che�tali�siti�siano� gia�stati�inseriti�nell'elenco�proposto�dagli�Stati�e�trasmesso�alla�Commis- sione�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�1,�della�direttiva�92/43/CEE.� 3.�^Se�un�regime�di�protezione�per�detti�siti�quale�quello�previsto�dal- l'art.�48,�n.�2,�Bayerische Naturschutzgesetz (legge�bavarese�sulla�protezione� dell'ambiente)�soddisfi�le�prescrizioni�comunitarie�di�cui�all'art.�3,�n.�1,�della� direttiva�92/43/CEE�in�combinato�disposto�con�il�sesto�considerando�della� stessa�alla�luce�dell'obbligo�di�astensione�di�cui�all'art.�10,�secondo�com- ma,�CE.� Causa�C-259/05�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Sorveglianza�e�controllo� delle�spedizioni�di�rifiuti�all'interno�della�Comunita�europea�^Regolamento� 1.�febbraio�1993,�n.�259�(cs.�41921/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).� IL fattO La�controversia�in�esame�riguarda�l'interpretazione�del�regolamento� 1.�febbraio�1993,�n.�259,�relativo�alla�sorveglianza�e�al�controllo�delle�spedi- zioni�di�rifiuti�all'interno�della�Comunita�europea,�nonche�in�entrata�e�in� uscita�dal�suo�territorio�e�verte�sulla�sussistenza�o�meno�di�obblighi�in�caso� di�esportazione�per�il�recupero�di�rifiuti�combinati,�in�una�combinazione� che�non�viene�menzionata�come�tale�nel�c.d.�elenco�verde�allegato�al�Regola- mento,�ma�le�cui�sostanze�figurano�peraltro�-singolarmente�-in�siffatto� elenco.� La�fattispecie�in�esame�verte�su�residui�di�cavi�elettrici�(un�nucleo� di�rame�ricoperto�da�un�rivestimento�in�PVC),�spedito�attraverso�l'Olanda� (Rotterdam)�dalla�Spagna�e�destinato�alla�Cina.�Le�diverse�sostanze�conte- nute�nella�partita�di�cavi�vengono�rielaborate�in�Cina�per�essere�riutilizzate.� IquesitI 1.�^Se�residui�di�cavo�come�quelli�controversi�(aventi�in�parte�un�diame- tro�di�15�cm)�possano�essere�considerati�come��residui�elettronici,�come�cavi� ecc.�,�ai�sensi�del�codice�GC�020�dell'elenco�verde.� 2.�^Qualora�la�questione�debba�essere�risolta�in�senso�negativo,�se�una� combinazione�di�sostanze�dell'elenco�verde,�peraltro�non�figurante�come�tale� in�siffatto�elenco,�possa�o�debba�essere�considerata�come�una�sostanza�dell'e- lenco�verde�e�se�per�questa�possa�essere�effettuato�il�trasporto�per�il�recupero� di�siffatta�combinazione�di�sostanze,�senza�che�trovi�applicazione�la�proce- dura�di�notifica.� 3.�^Se�a�questo�riguardo�sia�necessario�che�i�rifiuti�vengano�presentati�o� trasportati�in�maniera�differenziata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa T-185/05 ^Italia c. Commissione ^Regime linguistico ^Articoli�290,� 12�C.E.�e�art.�12�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'U.E.�^Reg.(CEE)� 1/1958�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).� IL fattO La�Commissione�nel�corso�della�1678esima�riunione�amministrativa�e�di� bilancio�del�10�novembre�2004�ha�adottato�la�decisione��DG�ADMIN�^ Regime�linguistico�^pubblicazione�articolo�29,�par.�2�^posti�EUR-25�� secondo�la�quale�gli�avvisi�di�vacanza�di�posti�di�livello�superiore�riservati�a� candidati�esterni�verranno�pubblicati�nella�Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea solo�in�tedesco,�inglese�e�francese,�e�cio�per�un�periodo�che�avra�ter- mine,�in�linea�di�principio,�il�1.�gennaio�2007.�Tale�decisione�e�motivata�con� la�capacita�di�traduzione�della�Direzione�generale�della�Traduzione,�tiene� conto�delle�regole�di�procedura�adottate�in�materia�di�reclutamento�di� funzionari�di�livello�superiore�(SEC(2004)252)�e�si�iscrive�nel�quadro�dell'ap- plicazione�della�comunicazione�della�Commissione�del�26�maggio�2004�dal� titolo��Traduzione: equilibrare l'offerta e la domanda��(SEC(2004)63816).� La�Comunicazione�SEC(2004)252�(Communicationfrom Mr. Kinnock, in agreement with the President. The recruitment of Senior Managers from the new Member States)�riguarda�l'assunzione�di�funzionari�di�livello�superiore� appartenenti�ai�10�nuovi�Stati�membri.�Propone�di�svolgere�le�procedure�di� selezione�solo�in�inglese,�francese�e�tedesco.� La�Comunicazione�SEC(2004)63816�(Communicationfrom Vice-President Kinnock in agreement with the President. Matching supply and demand for translation)�riguarda�uno�studio�sui�problemi�della�traduzione�conseguenti� all'ingresso�dei�nuovi�Stati�Membri.�Propone�di�tradurre�taluni�testi,�in�base� ad�una�tabella�allegata,�solo�in�alcune�delle�lingue�comunitarie.�Non�si�parla� espressamente�dei�bandi�di�concorso.� L'art.�29,�par.�2,�dello�Statuto�dei�funzionari�delle�Comunita�europee� recita:� �L'Autorita�investita�del�potere�di�nomina�puo�seguire�una�procedura� diversa�da�quella�del�concorso�per�il�reclutamento�di�personale�di�livello� superiore�(direttori�generali�o�equivalenti�di�grado�AD�16�o�15�nonche�diret- tori�o�equivalenti�di�grado�AD�15�o�14)�oltre�che�in�casi�eccezionali,�per�posti� che�richiedono�qualifiche�speciali.�.� Il�Governo�italiano�ha�impugnato�la�decisione�DG�ADMIN�^Regime� linguistico�^pubblicazione�art.�29,�par.�2�^posti�EUR-25,�adottata�nel�corso� della�1678esima�riunione�amministrativa�e�di�bilancio�del�10�novembre�2004;� e�il�bando�di�concorso�per��(Directorate-General OLAF Publication of a vacancyfor a Director-General (grade A*15-16) (Article 29(2) of the Staff Regulation)�COM/2005/335)�pubblicato�nella�GUCE del�9�febbraio�2005,� serie�C34A.� Il�bando�prevede,�fra�i�requisiti�di�selezione,�una�conoscenza�approfon- dita�di�una�delle�lingue�delle�Comunita�oltre�ad�una�conoscenza�di�un'altra� lingua�delle�Comunita�in�misura�sufficiente�ad�assolvere�i�compiti�assegnati� ed�inoltre�che�la�domanda�venga�redatta�preferibilmente�in�lingua�inglese.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�113 LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�regime�linguistico�delle�istituzioni.� Il�regime�linguistico�delle�istituzioni�e�regolamentato�dalle�seguenti� disposizioni:� Regolamento�del�Consiglio�15�aprile�1958�n.�1�che�stabilisce�il�regime�lin- guistico�della�comunita�economica�europea:� �Articolo�1�^Le�lingue�ufficiali�e�le�lingue�di�lavoro�delle�istituzioni�dell'U- nione�sono�la�lingua�ceca,�la�lingua�danese,�la�lingua�estone,�la�linguafinlandese,� lalinguafrancese,�lalinguagreca,�lalinguainglese,�lalinguaitaliana,�lalingualet- tone,�la�lingua�lituana,�la�lingua�maltese,�la�lingua�olandese,�la�linguapolacca,�la� linguaportoghese,�lalinguaslovacca,�lalinguaslovena,�lalinguaspagnola,�lalin- gua�svedese,�la�lingua�tedesca�e�la�lingua�ungherese.� Articolo�2�^I�testi,�diretti�alle�istituzioni�da�uno�Stato�membro�o�da�una� persona�appartenente�alla�giurisdizione�di�uno�Stato�membro,�sono�redatti,�a� scelta�del�mittente,�in�una�delle�lingue�ufficiali.�La�risposta�e�redatta�nella�mede- sima�lingua.� Articolo�3�^I�testi,�diretti�dalle�istituzioni�da�uno�Stato�membro�o�ad�una� persona�appartenente�alla�giurisdizione�di�uno�Stato�membro,�sono�redatti�nella� lingua�di�tale�Stato.� Articolo�4�^I�regolamenti�e�gli�altri�testi�di�portata�generale�sono�redatti� nelle�venti�lingue�ufficiali.� Articolo�5�^La�Gazzetta�ufficiale�dell'Unione�europea�e�pubblicata�nelle� venti�lingue�ufficiali.� Articolo�6�^Le�istituzionipossono�determinare�le�modalita�diapplicazione� delpresente�regime�linguistico�neipropri�regolamenti�.� Le�norme�del�Trattato�di�rilievo�sono:� �Articolo�12�CE�^Nelcampodiapplicazionedelpresentetrattato,�esenza� pregiudizio�delle�disposizioni�particolari�dallo�stesso�previste,�e�vietata�ogni� discriminazione�effettuata�in�base�alla�nazionalita�.� Articolo�290�^Il�regime�linguistico�delle�istituzioni�della�Comunita�e� fissato,�senzapregiudiziodelledisposizioniprevistenelregolamento�della�Corte� di�Giustizia,�dal�Consiglio�che�delibera�all'unanimita�.� Articolo�314�CE�^Il�presente�trattato,�redatto�in�unico�esemplare,�in�lin- guafrancese,�in�lingua�italiana,�in�lingua�olandese�e�in�lingua�tedesca,�i�quattro� testituttifacentiugualmentefede,�sara�depositatonegliarchividelgovernodella� Repubblica�italiana�che�provvedera�a�rimetterne�copia�certificata�conforme�a� ciascuno�deigovernideglialtriStatifirmatari.� In�forza�dei�trattati�di�adesione,�fanno�ugualmente�fede�le�versioni�del� presente�trattato�in�lingua�danese,�finlandese,�greca,�inglese,�irlandese,�porto- ghese,�spagnola�e�svedese.� Articolo�22�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�europea� L'unione�rispetta�la�diversita�culturale,�religiosa�e�linguistica�.� Si�riporta�il�ricorso�proposto�dal�Governo�italiano:� �3.�^La�Corte�ha�riconosciuto�che�un�ricorso�di�annullamento�puo� essere�diretto�contro�tutti�gli�atti�che�producono�effetti�giuridici�qualunque� sia�la�loro�natura�la�loro�forma�o�il�loro�autore�(sentenza�31�marzo�1971,� causa�22/1970;�11�novembre�1981,�causa�60/1981;�23�aprile�1986,�causa� 294/1983).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Perche�il�ricorso�sia�ricevibile�uno�Stato�membro�non�deve�dimostrare� che�l'atto�da�esso�impugnato�produca�effetti�giuridici�nei�suoi�confronti�(ordi- nanza�27�novembre�2001,�causa�C-208/99,�in�Raccolta�I-9mila�183,� punto�23).� Il�corretto�funzionamento�della�Comunita�sostanzia�l'interesse.�La� Comunita�esiste,�in�quanto�gli�Stati�hanno�ad�essa�trasferito�funzioni.� Non�puo�sostenersi�che�ove�fosse�riconosciuta�l'esperibilita�del�ricorso�ai� sensi�degli�articoli�90�e�91�dello�Statuto�del�personale�avverso�gli�atti�impu- gnati,�il�presente�ricorso�risulterebbe�vano.�Tale�obiezione�ignora�l'interesse� che�tale�tipo�di�ricorso�presenta�per�gli�Stati�membri.�E�certo�che�ricorsi� basati�sulle�disposizioni�dello�Statuto�del�personale�presentano�un�carattere� speciale,�in�quanto�riguardano�unicamente�il�rapporto�tra�il�dipendente�e�la� rispettiva�istituzione.�Il�rapporto�tra�il�dipendente�e�l'istituzione�non�esclude� l'esistenza�di�un�interesse�superiore�collegato�al�buon�andamento�della�ammi- nistrazione,�condizione�per�il�corretto�esercizio�delle�funzioni�attribuite� all'apparato�amministrativo�della�Comunita�.�La�difesa�degli�interessi�deri- vanti�da�tale�rapporto�particolare�non�puo�,dunque,�considerarsi�quale�l'unica� via�per�agire�dinanzi�alla�Corte.� Deve�essere�consentito�ad�uno�Stato�membro�di�promuovere�un�ricorso� di�annullamento�per�l'accertamento�della�violazione�del�principio�di�corretto� funzionamento�delle�istituzioni�comunitarie.� 4.�^I�due�atti�impugnati�violano�un�principio�essenziale�del�diritto�della� Comunita�la�cui�tutela�spetta,�in�primo�luogo,�agli�Stati�membri.�Dall'arti- colo�290�CE�emerge�che�le�istituzioni�della�Comunita�esercitano�le�loro�com- petenze�nel�rispetto�della�diversita�linguistica.�Il�rispetto�della�diversita�lin- guistica�e�uno�degli�aspetti�essenziali�della�tutela�riconosciuta�all'identita� nazionale�degli�Stati�membri,�come�risulta�dagli�articoli�12,�149�CE�e�6,11.3� U.E.�L'articolo�12�CE�sancisce�un�principio�generale�di�diritto�comunitario� (sentenza�3�ottobre�2000,�causa�C-411/1998,�punto�39),�in�quanto�espressione� specif|�ca�del�principio�generale�di�uguaglianza��(sentenza�19�marzo�2002,� causa�C-224/00,�punto�14).�Tale�principio�ha�rango�di��principio�fondamen- tale��dell'ordinamento�giuridico�comunitario�(sentenza�16�settembre�2004,� causa�C-465/01,�punto�25:�sul�divieto�di�discriminazione�motivo�della�nazio- nalita�come��norma�fondamentale��della�Comunita�,�sentenza�15�gennaio� 2002,�causa�C-55/00.34:�sul�principio�della�parita�di�trattamento�in�quanto� �principio�fondamentale��del�diritto�comunitario).� L'interesse�degli�Stati�non�viene,�dunque,�assorbito�dagli�interessi�dei� singoli;�vi�e�,�invece,�coesistenza�dei�rispettivi�interessi�ad�agire.� Il�ricorso�e�,�pertanto,�astrattamente�ricevibile.� 5.�^Il�ricorso�e�anche�concretamente�ricevibile.�L'art.�230�CE�dispone� che�un�atto�adottato�da�una�istituzione�comunitaria�e�impugnabile�a�due�con- dizioni:�che�non�sia�una�raccomandazione�o�un�parere�e�che�sia�destinato�a� produrre�effetti�giuridici�nei�confronti�di�terzi.�La�lettura�dell'art.�230�CE� potrebbe�indurre�a�ritenere�che�il�requisito�della�capacita�dell'atto�di�produrre� effetti�giuridici�nei�confronti�dei�terzi�riguardi�solo�gli�atti�del�Parlamento� europeo.�Questo�e�stato�peraltro�escluso�dalla�Corte�secondo�la�quale��costi- tuiscono�atti�o�decisioni�impugnabili�con�un�ricorso�di�annullamento,�ai�sensi� dell'art.�230CE,solamenteiprovvedimenticheproduconoeffettigiuridiciobbli- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�115 gatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificandonein misura rilevante la situazione giuridica. Per stabilire se un atto o una decisione produca tali effetti occorre far riferimento alla sua sostanza��(sentenze�della� Corte�11�novembre�1981,�causa�60/81,�IBM/Commissione,�Racc. pag.�2639,� punto�9,�e�5�ottobre�1999,�causa�C-308/95,�Paesi�Bassi/Commissione,�Racc. pag.�16513,�punto�26;�sentenze�del�Tribunale�19�ottobre�1995,�causa� T562/93,�Obst/Commission,�Racc. PI�pagg.�IA-247�e�11737,�punto�23,� 16�luglio�1998,�causa�T81/1997,�Regione�Toscana/Commission,�Racc. pag.�112889,�punto�21,�e�29�gennaio�2002,�causa�T/60/98,�Van�Parys�e�Pacific� Fruit�Company/Commissione,�Racc. pag.�11233,�punto�60).�Cio�che�e�neces- sario�accertare�e�se�la�decisione�del�2004�e/o�il�bando�di�concorso�siano�tali� da�produrre�effetti�giuridici�obbligatori�nei�confronti�di�soggetti�estranei�alla� Commissione.�Non�puo�dubitarsi�che�i�bandi�di�concorso�producano�sicura- mente�effetti�nei�confronti�di�terzi,�per�cui�costituiscono�atti�impugnabili�ai� sensi�dell'art.�230�CE,�non�e�certo�che�anche�la�decisione�del�2004�sia�idonea� a�produrre,�nella�sostanza,�effetti�di�tal�tipo.� 7.�^Si�potre�bbe�ritenere,�infatti,�che�tale�decisione,�non�essendo�rivolta� all'esterno,�bens|�unicamente�all'Autorita�comunitaria�preposta�a�decidere� sulla�pubblicazione�di�bandi�di�concorso�per�l'assunzione�di�funzionari�di� livello�superiore,�non�e�tale�da�incidere�su�interessi�di�soggetti�estranei�alla� Commissione,�effetto�che�puo�derivare�invece�solo�dalla�pubblicazione�di� uno�specifico�bando�di�concorso.� La�tesi�contraria�si�basa�sul�fatto�che�la�decisione�in�questione,�stabi- lendo�il�regime�linguistico�da�applicarsi�per�il�futuro�a�tutti�i�bandi�di�con- corso�riguardanti�posti�apicali,�gia�di�per�se�incide�sugli�interessi�di�soggetti� estranei�alla�Commissione�e�segnatamente�sugli�interessi�degli�Stati�membri� le�cui�lingue�risulteranno�escluse�dalla�pubblicazione.�Tali�Stati�non�avreb- bero�quindi�bisogno�di�attendere�la�pubblicazione�dei�bandi�di�concorso�solo� nelle�tre�lingue�comunitarie�previste,�in�esecuzione�della�decisione,�ma� potrebbero�rivolgersi�immediatamente�alla�Corte.� A�favore�di�quest'ultima�tesi�sta�inoltre�il�fatto�che�la�decisione�del�2004� non�appare�un�atto�preparatorio�di�una�decisione�finale�bens|�si�configura� essa�stessa�come�una�decisione�finale.�Non�potrebbe�sostenersi�infatti�cheil� carattere�di�definitivita�spetti�solo�ai�bandi�di�gara,�che�costituiscono�piutto- sto�atti�esecutivi�o�applicativi�della�decisione�del�2004.�E�da�ricordare�infatti� che,�come�affermato�dalla�Corte,�per�quanto�riguarda�gli�atti�la�cui�elabora- zione�ha�luogo�in�varie�fasi,�costituiscono�atti�impugnabili�solamente�quei� provvedimenti�che�stabiliscono�in�modo�definitivo�la�posizione�della�Com- missione,�con�esclusione�quindi�dei�provvedimenti�provvisori�destinati�a�pre- parare�la�decisione�finale.� 8.�^La�decisione�del�2004�non�e�stata�divulgata�all'esterno�ed�infatti� l'Italia�ne�e�venuta�a�conoscenza�solo�accidentalmente.�Pertanto,�qualora� detta�conoscenza�in�via�indiretta�non�si�fosse�verificata,�l'Italia�sarebbe�stata� in�grado�di�impugnare�solo�i�bandi�di�concorso�pubblicati�nella�GUCE e� non�per�questo�gli�interessi�di�cui�essa�e�portatrice�potrebbero�essere�ritenuti� recessivi.� 9.�^In�altri�termini�l'impugnazione�del�solo�bando�di�gara�dovrebbe� risultare�sufficiente�gia�di�per�se�a�ripristinare�la�situazione�di�legalita�che� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'Italia�assume�violata,�senza�che�vi�sia�bisogno�di�impugnare�anche�la�deci- sione.�Tanto,�peraltro,�comporterebbe�la�necessita�di�impugnare�tutti�i�bandi� di�gara�che�fossero�pubblicati�in�lingua�diversa�da�quella�italiana�(analoga- mente�dovrebbero�fare�gli�altri�Stati�membri�ove�il�bando�non�fosse�stato� pubblicato�nella�propria�lingua�ufficiale).� 10.�^La�tutela�dell'interesse�di�cui�e�portatore�lo�Stato�membro,�corre- lato�al�trasferimento�di�poteri�alla�Comunita�a�seguito�della�ratifica�del�trat- tato�istitutivo,�e�meglio�garantita�con�l'accertamento�della�illegittimita�della� decisione�del�2004�relativa�alla�regime�linguistico�degli�avvisi�di�vacanza�di� posti�in�di�livello�superiore�riservati�a�candidati�esterni.�E�cio�,�in�quanto�il� corretto�funzionamento�delle�istituzioni�comunitarie�costituisce�soggetto�di� un�interesse�strettamente�correlato�alla�loro�costituzione.�Si�deve,�quindi,� concludere�che�sussista�un�interesse�dello�Stato�membro�differenziato�da� quello�del�singolo�candidato�ad�un�posto�nella�amministrazione�comunitaria.� 11.�^Il�ricorso�e�ricevibile�anche�in�relazione�al�termine�fissato�dall'arti- colo�230�CE.�Invero,�la�decisione�relativa�al�regime�linguistico�degli�avvisi� di�concorso�non�e�stata�pubblicata�e�l'Italia�ne�ha�avuto�conoscenza�unica- mente�in�occasione�della�pubblicazione�del�bando�di�concorso�relativo�al� posto�di�Direttore�generale�dell'OLAF,�pubblicato�nella�GUCE del�9�feb- braio�2005.� 12�.�^La�decisione�della�Commissione�del�10�gennaio�2004�ed�il�bando� di�concorso�per�il�posto�di�Direttore�generale�dell'OLAF,�in�quanto�rispetti- vamente�non�dispone�che�l'avviso�di�concorso�sia�redatto�anche�in�lingua�ita- liana,�e�non�e�redatto�in�lingua�italiana�viola�gli�articoli�1,�3,4�e�5�del�regola- mento�del�Consiglio�n.�1158�che�stabilisce�il�regime�linguistico�della�C.E.,� nonche�gli�articoli�12�CE�e�22�della�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'U- nione�europea.� 13.�^Nella�prospettiva�di�una�Comunita�fondata�sulla�libera�circola- zione�delle�persone��la tutela di diritti e delle prerogative dei singoli in materia linguistica riveste un'importanza particolare��(sentenza�11�luglio�1985,�causa� 137/1984,�11;�24�novembre�1998,�causa�C-274/1996,�punto�13)�e�per�un�citta- dino�comunitario�la�facolta�di�usare�la�propria�lingua�facilita�l'esercizio�della� libera�circolazione�e�l'integrazione�nella�societa�dello�Stato�ospitante.�Per�tale� ragione,�la�Corte�ha�deciso�di�perseguire�qualsiasi�forma�di�discriminazione� indiretta�fondata�sulle�conoscenze�linguistiche�(sentenza�28�novembre�1989,� causa�C-379/1987,�punti�29�e�23).� 14.�^L'applicazione�del�regime�linguistico�delle�istituzioni�dell'unione� non�deve�essere�dissociata�da�tale�principio.�Detto�regime�garantisce,�infatti,� che�siano�riconosciuti�i�diritti�linguistici�degli�individui�aventi�accesso�diretto� alle�istituzioni�comunitarie.�Esso�deriva�dalla�particolare�natura�dei�rapporti� che�legano�la�CE�ai�propri�cittadini.�Occorre�quindi�considerarlo�quale� diretta�espressione�della�diversita�linguistica�propria�all'Unione�europea.� 15.�^Dalle�suesposte�considerazioni�risulta�chiaramente�che�il�principio� della�tutela�della�diversita�linguistica�della�Comunita�si�impone�come�un'esi- genza�fondamentale�nei�confronti�di�tutte�le�istituzioni�ed�organi.� 16.�^E�necessario,�peraltro,�conciliare�l'osservanza�di�tale�principio�con� le�necessita�della�vita�istituzionale�e�amministrativa,�e�questo�puo�compor- IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 117 tare la legittimita� di restrizioni nella pratica. Occorre, peraltro, che tali restri- zioni siano limitate e giustificate da necessita� imperiose della vita istituzio- nale e amministrativa. In ogni caso, esse non possono pregiudicare la sostanza del principio che impone alle istituzioni il rispetto e l'uso di tutte le lingue ufficiali della Comunita� . 17. ^Per valutare la legittimita� delle restrizioni concretamente poste a tale principio, occorre tenere conto del contesto nel quale esse devono inse- rirsi. 18. ^Al riguardo, si possono distinguere tre diverse situazioni, puntual- mente considerate dal regolamento (CEE) 1/58. Nelle premesse del regola- mento si richiama l'articolo 217 CE (ora 290), che attribuisce al Consigliola regolamentazione del regime linguistico con deliberazione �all'unanimita��, il che conferma che la materia non e� sottratta alla competenza degli Stati, quali soggetti di diritto internazionale. Le istituzioni comunitarie sono a competenza attribuita, quindi in assenza di attribuzione di competenza i provvedimenti eventualmente emessi sono illegittimi. L'articolo 1 distingue tra �lingua uffi- ciale� e �lingua di lavoro�; l'unico elemento per distinguere tra le due categorie e� fornito dalla norma di competenza contenuta nell'articolo. 19. ^Dalla norma contenuta dell'articolo 4 si ricava che i �regolamenti� e i �testi di portata generale�, sono redatti in �tutte� le �venti lingue uffi- ciali�. Nei rapporti tra Stato/cittadini da un lato e istituzioni dall'altro il regime linguistico e� scelto dallo Stato/cittadino (articolo 2) o imposto dalla appartenenza alla giurisdizione� del destinatario (articolo 3). La �lingua di lavoro�, dunque attiene unicamente alla attivita� �materiale� interna delle istituzioni, con l'effetto che nei casi in cui detta attivita� abbia rilievo esterno e, comunque, coinvolga il rapporto tra l'istituzione medesima e il cittadino comunitario deve trovare applicazione il principio dell'uso della �lingua uffi- ciale� di quest'ultimo. 20. ^Nell'ambito delle comunicazioni fra le istituzioni e i cittadini il principio del rispetto della diversita� linguistica richiede la massima prote- zione. In tal caso, infatti, tale principio si ricollega a un principio democra- tico fondamentale il cui rispetto esige, segnatamente, che i soggetti di diritto della Comunita� , Stati membri e cittadini europei, possano accedere agevol- mente alla legislazione della Comunita� e alle istituzioni che ne sono autrici. Nell'ambito dell'esercizio dei diritti di partecipazione cittadini europei il rispetto della diversita� linguistica non puo� scontrarsi con difficolta� tecniche che una istituzione efficiente puo� e deve separare. 21. ^Nell'ambito dei rapporti amministrativi e� essenziale che gli interes- sati, Stati membri cittadini, possano comprendere l'istituzione o l'organo con il quale sono in relazione. Pertanto, a termini dell'articolo 3 del regola- mento numero 1/58, vige il principio che la lingua di comunicazione deve essere quella dell'interessato. In tale contesto, peraltro, i diritti linguistici degli interessati possono soggiacere a talune restrizioni dovute alle esigenze dell'amministrazione (sentenza 9 settembre 2003, causa C-361/01 punti 92-94). Di conseguenza, il Consiglio (non la Commissione) puo� istituire, ai sensi dell'articolo 290 CE un trattamento differenziato delle lingue ufficiali. Ma, da un lato, la scelta effettuata dal Consiglio deve essere adeguata e pro- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� porzionata�rispetto�al�principio�della�diversita�linguistica�(sentenza�9�settem- bre�2003,�causa�C-36l/01�.94),�dall'altra,�tale�scelta�non�deve�creare�discrimi- nazioni�ingiustificate�fra�i�cittadini�europei.� 22.�^Da�questi�due�rapporti�occorre�distinguere�il�regime�del�funziona- mento�interno�delle�istituzioni�e�degli�organi�della�Comunita�.�Se�la�diversita� linguistica�e�la�regola�fondamentale�nell'ambito�delle�procedure�esterne,�e� perche�si�tratta�di�rispettare�i�diritti�linguistici�dei�soggetti�che�accedono�alle� istituzioni�e�agli�organi�della�Comunita�.�Il�principio�sotteso�al�Trattato�e� che�la�scelta�della�lingua�di�comunicazione�spetta�allo�Stato�membro�o�alla� persona�che�si�trovi�in�relazione�con�l'istituzione.�Per�contro,�nell'ambito�del� funzionamento�interno�della�istituzione,�la�scelta�della�lingua�veicolare� interna�rientra�nella�responsabilita�della�istituzione�stessa,�che�ha�il�potere� di�imporla�ai�propri�agenti.�Dall'articolo�6�del�regolamento�(CEE)�1/58� deriva,�infatti,�che�le�istituzioni�possono�determinare�le�modalita�di�applica- zione�del�regime�linguistico�nei�propri�regolamenti��interni�.�In�tale�contesto,� si�individuano�due�ordini�di�esigenze�contrapposte.�Da�un�lato,�elementari� motivi�di�efficacia�del�lavoro�amministrativo�richiedono�una�scelta�limitata� delle�lingue�di�lavoro,�in�quanto�un�sistema�di�pluralismo�linguistico�integrale� e�praticamente�ingestibile�ed�economicamente�insopportabile�per�una�istitu- zione�o�per�un�organo�dotato�di�competenze�tecniche�specializzate;�dall'altra,� il�regime�linguistico�interno�non�puo�essere�totalmente�dissociato�dal�regime� delle�comunicazioni�esterne�delle�istituzioni.�Di�conseguenza,�la�sceltadi� una�o�piu�lingue��ufficiali��a�livello�interno�e�ammissibile�soltanto�se�fondata� su�considerazioni�oggettive,�legate�alle�esigenze�funzionali�dell'organo�inte- ressato,�e�a�condizione�che�non�crei�ingiustificate�differenze�di�trattamento� fra�i�cittadini�della�Comunita�.�Invero,�occorre�garantire,�da�un�lato,�che�il� regime�linguistico�scelto�corrisponda�alle�specifiche�esigenze�dell'organo�inte- ressato,�in�considerazione,�ad�esempio,�dell'ubicazione�della�sede,�delle�esi- genze�di�comunicazione�interna�o�della�natura�delle�funzioni�ad�essa�spet- tanti.�Occorre�accertarsi,�d'altra�parte,�che�tale�scelta�non�compromettala� parita�di�accesso�dei�cittadini�dell'Unione�ai�posti�di�lavoro�offerti�dalle�isti- tuzioni.�A�tale�riguardo,�tutti�coloro�che�possiedono�le�competenze�necessarie� per�svolgere�funzioni�relative�ai�posti�da�ricoprire�devono�poter�accederee� partecipare,�alle�stesse�condizioni,�ai�procedimenti�di�assunzione.� 23.�^La�limitazione�a�sole�tre�lingue�della�pubblicazione�di�bandi�di� concorso�per�l'accesso�a�posti�di�organico�della�Commissione,�che�sino� all'anno�2004�sono�stati�pubblicati�in�tutte�le��lingue�ufficiali��della�Comu- nita�costituisce�violazione�non�solo�del�regolamento�(CEE)�1/58,�ma�anche� dell'articolo�18,�ultimo�comma,�del�Regolamento�interno�della�Commissione� (�Ai�sensi�del�presente�regolamento�le�lingue�facenti�fede�sono�tutte�le�lingue� ufficiali�delle�comunita�,�quando�si�tratta�di�atti�aventi�efficacia�generale�),�non- che�dello�Statuto�dei�funzionari�(articoli�1�quinquies,�n.�1,�e�27),�del�principio� di�non�discriminazione�per�ragioni�di�nazionalita�e�del�principio�di�tutela� della�diversita�linguistica.� 24.�^La�Commissione�ha�giustificato�con�le�Autorita�italiane�la�limita- zione�del�diritto�al�regime�linguistico�delle�istituzioni�con�la�difficolta�di�pro- cedere�alla�traduzione�dei�bandi�nelle�nove�lingue��ufficiali��dei�nuovi�Stati� membri.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�119 Non�si�comprende�come�detta�difficolta�(meramente�organizzativa)� possa�incidere�sulla�possibilita�di�continuare�a�rispettare�il�regime�linguistico� dell'Unione�nei�confronti�degli�Stati�gia�membri,�visto�che�la�capacita�di�prod uzione�verso�le�loro�lingue�non�ha�sino�al�novembre�2004�posto�problemi.� Anzi,�la�limitazione�a�sole�tre�lingue��ufficiali��ha�comportato�la�soppress ione�della�struttura�di�traduzione�verso�le�altre�lingue��ufficiali�.� 25.�^Non�e�giustificazione�legittima�di�tale�scelta�amministrativa�quella� di�non�discriminare�le�nuove�lingue�ufficiali.�E�cio�,�in�quanto�la�discriminaz ione�in�danno�delle�lingue�ufficiali�dei�nuovi�nove�Stati�membri,�poteva�temp oralmente�giustificarsi,�ove�gli�interessati�fossero�stati�messi�in�grado�di� giungere�utilmente�a�conoscenza�della�posizione�della�istituzione�interessata.� (e�sentenza�27�febbraio�1992,�cause�riunite�T-79/89,�da�T-84/89�a�T-86/89,� T-89/89,�T-91/89,�T-92189,�T-94/89,�T-96/89,�T-98/89,�T-102/89�e�T-104/89,� punti�54�e�55;�sentenza�10�febbraio�1998,�causa�C-263/1995,�punto�27).�A�tale� riguardo,�occorre�tener�conto�del�fatto�che�le�parti�del�procedimento�non� sono�considerate�semplicemente�come�persone�soggette�alla�giurisdizionedi� uno�Stato�membro,�ai�sensi�dell'articolo�2�del�regolamento�(CEE)�1/58,�bens|� come�persone�qualificate�interessate,�che�beneficiano�di�risorse�cognitive� materiali�che�possono�consentire�loro�di�essere�sufficientemente�informate.� La�pubblicazione�nella�stampa�nazionale�dei�nove�nuovi�Stati�membri�di�un� avviso�relativo�alla�pubblicazione�nella�GUCE del�bando�di�concorso�o�la� segnalazione�alle�Autorita�dei�medesimi�Stati�membri�dell'avvenuta�pubblicaz ione�avrebbe�consentito�di�sopperire�alla�temporanea�violazione�del�regime� linguistico�della�Unione�europea.� La�scelta�effettuata�dalla�Commissione�non�e�adeguata�e�proporzionata� rispetto�al�principio�della�diversita�linguistica,�e�pertanto�e�illegittima.� 26.�^L'irrazionalita�della�scelta�e�la�violazione�del�principio�di�proporzion alita�risulta�dalla�ulteriore�considerazione�che�al�fine�di�evitare�una�discriminaz ione�verso�le�nuove�lingue,�se�ne�e�aggiunta�un'altra�verso�la�maggior�parte�di� quelle��vecchie�.�E�evidente�che�l'iniziativa�di�porre�rimedio�ad�una�situazione� di�discriminazione�con�ampliamento�dei�soggetti�e�delle�lingue�discriminati�ha� il�solo�effetto�di�aggravare�il�problema�e�non�di�risolverlo.� 27.�^Inoltre,�la�scelta�e�irrazionale,�viola�il�principio�di�proporzionalita� perche�compiuta�a�vantaggio�di�un�gruppo�seppure�ristretto�di�lingue.�La� scelta,�invece�di�soddisfare�ad�obiettivi�di�effettiva�economicita�,�finisce�esclus ivamente�per�accordare�un�rango�privilegiato�a�talune�lingue�della�Unione,� scelte�sulla�base�non�si�comprende�di�quale�criterio.�Il�regolamento�(CEE) 1/58�consente�certamente�alle�singole�istituzioni�di��determinare�le�modalita� di�applicazione��del�regime�linguistico�della�Comunita��nei�propri�regolam enti�interni��(articolo�6).�Ma�in�primo�luogo,�non�esiste�alcuna�norma� scritta�che�indichi�nel�francese,�inglese�e�tedesco�le�lingue�di�lavoro�interno� della�Commissione.�In�secondo�luogo,�nella�specie�si�tratta�di�bandi�di�conc orso�ai�sensi�dell'articolo�29,�numero�due�dello�Statuto,�che�nulla�hanno�a� che�fare�con�il�presunto�regime�linguistico�interno�della�Commissione:�il�fatto� che�quest'ultima�possa�far�ricorso�nelle�sue�procedure�interne�ad�un�numero� limitato�di�lingue�non�puo�in�nessun�modo�avere�ripercussioni�sul�regime�ling uistico�delle�istituzioni�fissato�dal�Consiglio�in�applicazione�dell'articolo� 290�CE,�ne�sulle�modalita�di�reclutamento�del�personale�delle�istituzioni.�.� Ilcontenzioso nazionale Ilcontenzioso nazionale Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario nella�dinamica�del�giudizio�di�costituzionalita� (Art. 117,primocomma, Cost. equestionecomunitaria) (Corte Costituzionale, sentenza 29 gennaio 2005 n. 62) Con�la�sentenza�in�rassegna�la�Corte�ha�dichiarato�costituzionalmente� illegittime�diverse�norme�regionali,�sia�di�una�Regione�a�statuto�specialeche� di�due�a�statuto�ordinario,�che�avevano�disposto�la�denuclearizzazione del� loro�territorio�con�esclusione�dei�materiali�necessari�per�scopi�sanitarieper� la�ricerca�scientifica.� Per�parametro�costituzionale�e�stato�adottato�l'art.�120�Cost.,��pur�se� non�espressamente�invocato�dal�ricorrente�,�come�la�Corte�ha�rilevato�nel� decidere�su�tutte�e�tre�le�leggi�regionali.� Un�commentatore�della�sentenza(1)�ne�ha�dedotto�che,��stando�a� quanto�dice�la�Corte�...�si�deve�supporre�che�`almeno�implicitamente'�il�riferi- mento�a�codesta�norma�costituzionale�fosse�presente�nel�ricorso�,�richia- mando�quella�giurisprudenza�della�Corte�secondo�la�quale,�in�caso�di�omessa� indicazione�nel�dispositivo�dell'ordinanza�di�rimessione�dei�parametri�costitu- zionali�che�si�assumono�violati,�la�questione�di�legittimita�costituzionale�e� ugualmente�ammissibile�qualora�gli�stessi�risultino�chiaramente�deducibili,� anche�se�solo�in�maniera�implicita,�dal�contesto�della�motivazione.� Questa�deduzione�dell'Autore,�sicuramente�corretta�stando�alla�formula- zione�della�sentenza,�non�corrispondeva,�invece,�alla�situazione�processuale,� che�presentava�qualche�particolarita�che�non�emerge�dalla�sentenza�stessa.� In�giudizio�erano�state�prospettate�alcune�questioni�intorno�all'interpre- tazione�dell'art.�117,�primo�comma,�Cost.,�che,�fino�ad�oggi,�non�risultano� affrontate,�quanto�meno�in�termini�generali.� (1)�D'Amico,�Rifiuti radioattivi nelle Regioni �meno reattive�? Il nimby�non trova spazio alla Corte costituzionale (brevi note alla sent. n. 62 del 2005) in�http .//forumcostituzionale. it/- giurisprudenza/gd622005. htm. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Dopo le modifiche del Titolo V una legge, sia statale che regionale, che sia in contrasto con i vincoli derivanti dalla normativa comunitaria (e� questa la formulazione adottata nell'art. 117, primo comma) e� anche costituzional- mente illegittima. Si e� detto anche perche� secondo quanto la Corte di Giustizia ha chiarito gia� nelle sue prime sentenze, la norma nazionale, confliggente con l'ordina- mento comunitario, non puo� essere applicata ed il giudice nazionale e la pub- blica amministrazione, prima di tutti, debbono attenersi alla disciplina comu- nitaria perche� la norma nazionale, comunque formulata, non puo� produrre effetti nelle materie comunitarizzate. La situazione che ne scaturisce diventa complessa. L'art. l17, primo comma, Cost. consente di impugnare per illegittimita� costituzionale una norma non applicabile per un principio comunitario, vin- colante per tutti gli Stati membri. Se non ci fosse l'art. 117, primo comma, la Corte costituzionale, nel veri- ficare, per esempio, la rilevanza della questione incidentale, la dovrebbe escludere in quanto il giudice gli rimetterebbe una norma che non puo� tro- vare applicazione. La questione di rilevanza resta superata per la presenza di una norma esplicita, come quella portata dal primo comma dell'art. 117. La situazione e� diversa quando la Corte costituzionale e� giudice di unica istanza (2). (2) NellequestioniincidentalilaCortecostituzionalenonpuo� essereconsideratagiurisdizione di ultima istanza, come e� stato rilevato in dottrina (v. Tesauro, Diritto comunitario, Padova, 2005, p. 311), ma non puo� nemmeno essere considerata giurisdizione ai sensi dell'art. 234 del Trattato: �Dal tenore letterale e dalla logica complessiva di tale disposizione sembrapotersi dedurre che il rin- vio compete al giudice della controversia, nel senso del giudice che definisce la causa, e che questi e� il destinatario del relativo obbligo quando sia di ultimo grado. Il giudice costituzionale non e� il giudice della controversia nel contesto di un incidente di costituzionalita� ,mentre lo e� il giudice a quo ... Diversa e� l'ipotesi che il giudice costituzionale sia egli stesso il giudice che definisce la causa, come nel caso del conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni, ove e� anche giudice di unica ed ultima istanza, s|� che sarebbe a stretto rigore obbligato al rinvio in virtu� del 3� comma dell'art. 234�. L'orientamento della Corte costituzionale si e� modificato nel tempo. Nella sentenza n. 168/1991 si e� riconosciuta �la facolta� di sollevare ... questione pregiudiziale di interpretazione dell'art. 177 ...�. Nel caso era chiamata a pronunciarsi su di una questione inciden- tale,cosicche� hadatoperpresuppostalasuaqualita� digiurisdizioneaisensidell'art. 177(oraart. 234). Successivamentehacambiatoorientamento(ordn. 536/1995,pronunciataancheessainuncaso di questione incidentale). Dopo aver richiamato il diverso orientamento seguito nella sentenza n. 168/1991, ha affermato che �nella Corte costituzionale non e� ravvisabile quella `giurisdizione nazionale' alla quale fa riferimento l'art. 177 del trattato istitutivo della Comunita� Economica Euro- pea,poiche� laCortenonpuo� `essereinclusafragliorganigiudiziari,ordinariospecialichesiano,tante sono, e profonde, le differenze tra il compito affidato alla prima, senza precedenti nell'ordinamento italiano, e quelli ben noti e storicamente consolidati propri degli organi giurisdizionali' (sent. n. 13 del 1960, cit.)�. In questo modo la Corte costituzionale non si e� adeguata al principio, gia� da tempo enunciato dalla Corte di Giustizia, ed ormai non piu� messo in discussione, che le nozioni e le figure giuridiche richiamate inuna normacomunitariavanno definite dalla Corte di Giustizia. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Una�volta�che�sia�sorta�una�questione�comunitaria,�sarebbe�tenuta�a� rimetterla�alla�Corte�di�Giustizia�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato.� Nel�caso�di�impugnativa�diretta�di�una�legge�ai�sensi�dell'art.�127�Cost.� la�Corte�si�viene�a�trovare,�pertanto,�di�fronte�ad�una�alternativa�rigida.� Se�dichiara�la�legge�impugnata�costituzionalmente�illegittima�per�contra- sto�con�l'ordinamento�comunitario,�elimina�ogni�possibilita��di�violazione� comunitaria�perche�la�legge�che�avrebbe�potuto�provocarla�perde�la�sua�effi- cacia.� In�caso�contrario,�non�potrebbe�evitare�di�rimettere�la�questione�alla� Corte�di�Giustizia,�che�e��la�sola�che�puo��accertare�in�ultima�istanza�la�com- patibilita��con�l'ordinamento�comunitario�di�una�norma�interna.� Come�si�e��gia��rilevato,�la�Corte�costituzionale�ha�escluso�di�essere�giuri- sdizione ai�sensi�dell'art.�234.�E�su�questa�sua�posizione�e��stata�conseguente� tanto�e��vero�che�non�risulta�che�abbia�mai�disposto�un�rinvio�alla�Corte�di� Giustizia.� La�sentenza�in�rassegna�va�inquadrata�in�questo�suo�orientamento.� Se�avesse�affrontato�la�questione�in�termini�comunitari,�avrebbe�dovuto� pronunciarsi�di�nuovo�sulla�sua�collocazione�nell'ambito�dell'art.�234,�affron- tando�difficolta��che�nel�frattempo�sono�diventate�piu��ardue.� Il�principio,�gia��richiamato,�secondo�il�quale�la�interpretazione�in�via� definitiva�delle�figure�o�delle�definizioni�giuridiche�riportate�in�una�norma� comunitaria�compete�solo�alla�Corte�di�Giustizia,�nel�frattempo�si�e��consoli- dato�cosicche�,�non�attenersi�ad�esso,�avrebbe�potuto�integrare�una�infrazione� comunitaria.� Il�primo�comma�dell'art.�117�Cost.�impone,�inoltre,�alla�Corte�di�inter- pretare�la�normativa�comunitaria,�che�si�assume�violata.� Confermando�il�suo�orientamento,�la�Corte�costituzionale,�nel�giudicare� sulla�conformita��della�norma�interna�all'ordinamento�comunitario,�avrebbe� dovuto�dare�di�quest'ultimo�una�interpretazione�in�via�definitiva,�senza�che� della�questione�fosse�investita�la�Corte�di�Giustizia.�La�formulazione�del� primo�comma�dell'art.�117�rende�piu��arduo�poterlo�sostenere.� La�decisione�del�caso�al�suo�esame�in�base�all'art.�120�Cost.,�senza�nem- meno�richiamare�la�questione�comunitaria�che�gli�era�stata�sottoposta,�e��pro- babile�che�si�spieghi�con�l'obiettivo�di�non�smentire�il�suo�orientamento�senza� correre�il�rischio�di�incorrere�in�una�infrazione�comunitaria�Nei�ricorsi,a� sostegno�della�illegittimita��costituzionale�delle�norme�impugnate�ai�sensi�del- l'art.�117,�primo�comma,�Cost.,�si�era�rilevato�che�il�mercato�di�riferimento� per�i�materiali nucleari e��quello�comunitario�tanto�e��vero�che�trovano�una� loro�apposita�disciplina�nel�Trattato�CEEA,�dove�il�Capo IXe��intitolato�Mer- cato Comune Nucleare. Nell'art.�93,�al�primo�comma,�e��imposto�espressamente�agli�Stati�mem- bri�l'obbligo�di�abolire�ogni�restrizione�quantitativa�sia�all'importazione�o� all'esportazione�dei�prodotti�nucleari.� L'argomentazione,�in�sintesi,�era�cos|��articolata:� ^il�mercato�rilevante�dei�materiali�nucleari�e��quello�comunitario,�nel� quale�debbono�essere�realizzati�gli�obiettivi�fissati�nell'art.�2;� ^le�restrizioni�quantitative�esistenti�andavano�abolite;�a�maggior� ragione�non�potevano�esserne�introdotte�di�nuove;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ^l'art.�120�Cost.,�secondo�principi�comunitari�affermati�da�tempo,�in� quanto�norma�interna,�anche�se�col�rango�piu�elevato,�non�puo�interferire� con�la�normativa�comunitaria,�in�particolare�non�puo�ritenersi�applicabile� ad�un�mercato�riservato�di�per�se�,�e�non�soltanto�in�quanto�interessi�gli� scambi�tra�Stati�membri,�alla�disciplina�comunitaria.� Di�conseguenza�^era�stato�precisato�^si�era�evitato�il�richiamo� all'art.�120�Cost.�perche�l'applicazione�di�una�norma�nazionale,�anche�se� coincidente�con�quella�comunitaria,�avrebbe�costituito�un'infrazione�comuni- taria(3),�salvo�che�fosse�dimostrato�che�la�norma�comunitaria�non�era�appli- cabile�nel�caso�esaminato.� Questa�dimostrazione�era�tutt'altro�che�agevole�e�per�questo�la�Corte� probabilmente�ha�preferito�fondare�la�sua�sentenza�sul�diritto�interno,�evi- tando�di�pronunciarsi�sull'art.�234�del�Trattato.� Corte Costituzionale, sentenza 29 gennaio 2005 n. 62 ^Pres.V.�Onida�^Giudizi�di�legittimita� costituzionale�della�legge�della�Regione�Sardegna�3�luglio�2003,�n.�8�(Dichiarazione� della�Sardegna�territorio�denuclearizzato);�dell'art.�1,�commi�1�e�2,�della�legge�della� Regione�Basilicata�21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche�ed�integrazioni�alla�legge�regio- nale�31�agosto�1995,�n.�59);�della�legge�della�Regione�Calabria�5�dicembre�2003,�n.�26� (Dichiarazione�della�Calabria�denuclearizzata.�Misure�di�prevenzione�dall'inquinamento� proveniente�da�materiale�radioattivo.�Monitoraggio�e�salvaguardia�ambientale�e�salute�dei� cittadini),�del�decreto-legge�14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioni�urgenti�per�la�rac- colta,�lo�smaltimento�e�lo�stoccaggio,�in�condizioni�di�massima�sicurezza,�dei�rifiuti�radioat- tivi)�e�della�relativa�legge�di�conversione�24�dicembre�2003,�n.�368�promossi�con�tre� ricorsi�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�(Avv.�dello�Stato�G.�Nori)�e�con�un� ricorso�della�Regione�Basilicata.� �(Omissis)�Considerato�in�diritto�^1.�^Il�Governo�impugna�tre�leggi�regionali,�rispetti- vamente�delle�Regioni�Sardegna�(r.�ric.�n.�67�del�2003),�Basilicata�(r.�ric.�n.�7�del�2004)�e� Calabria�(r.�ric.�n.�19�del�2004),�aventi�in�comune�fra�loro�l'oggetto,�consistente�essenzial- mente�nella�dichiarazione�del�territorio�regionale�come�territorio��denuclearizzato��e�pre- cluso�al�transito�e�alla�presenza�di�materiali�nucleari�provenienti�da�altri�territori.� (3)�Gia�con�la�sentenza�7�febbraio�1973,�Commissione�c.�Repubblica�italiana�(39/72),�la� Corte�di�Giustizia�ha�rilevato�che��procedendo�in�questo�modo�(vale�a�dire�recependo�in�un�decreto� legislativo�le�norme�portate�da�un�Regolamento�comunitario)�ilGoverno�italianohacreatounequi- voco�per�quanto�riguarda�sia�la�natura�giuridica�delle�norme�da�applicarsi,�sia�il�momento�della�loro� entratainvigore.Anormadegliartt.�189e191delTrattato,�infatti,iregolamentisonodiperse�diret- tamenteefficaciintuttigliStatimembriedentrano�invigore,perilsemplicefattodellaloropubblica- zione�nella�Gazzetta�Ufficiale�delle�Comunita�,�alla�data�in�essi�stabilita,�ovvero,�in�mancanza�nel� momento�stabilito�dal�Trattato.�Sono�quindi�in�contrasto�col�Trattato�le�modalita�di�attuazione�che� possano�avere�la�conseguenza�di�ostacolare�l'efficacia�diretta�dei�regolamenti�comunitari�e�di�compro- mettere�quindi�la�simultanea�ed�uniforme�applicazione�nell'intera�Comunita��.�Dopo�alcune�sentenze� in�cui�questo�principio,�anche�se�non�ripetuto,�e�stato�dato�per�presupposto,�la�Corte�lo�ha�ribadito� espressamente�nella�sentenza�10�ottobre�1973,�Variola,�(34/73):��In�particolare,�gli�Stati�membri� devonoastenersidall'adottareprovvedimentiattiasminuirelacompetenzadella�Corteapronunciarsi� su�qualsiasi�questione�di�interpretazione�del�diritto�comunitario�o�di�validita�degli�atti�emanati�dalle� Istituzioni�della�Comunita�.�Ne�consegue�l'inammissibilita�di�qualsiasi�pratica�che�possa�nascondere� agli�amministrati�la�natura�comunitaria�di�una�norma�giuridica.�La�competenza�attribuita�alla�Corte� dall'art.�177�resta�intatta,�nonostante�qualunque�tentativo�di�trasformare,�mediante�una�legge�interna,� una�norma�comunitaria�in�diritto�nazionale�.� IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE| A|sua|volta|la|Regione|Basilicata|impugna|(r.|ric.|n.|40|del|2004)|il|decreto|legge| 14|novembre|2003,|n.|314|(Disposizioniurgentiperlaraccolta, losmaltimento elostoccaggio, in condizioni di massima sicurezza dei rifiuti radioattivi),|e|la|relativa|legge|di|conversione| 24|dicembre|2003,|n.|368,|il|cui|oggetto|riguarda|principalmente|la|previsione|di|un|Depo- sito|nazionale|dei|rifiuti|radioattivi|e|le|competenze|e|le|procedure|per|la|sua|realizzazione.| 2.|^Data|la|connessione|oggettiva,|i|giudizi|possono|essere|riuniti|per|essere|decisi|con| unica|pronunzia.| 3.|La|legge|della|Regione|Sardegna|3|luglio|2003,|n.|8|(Dichiarazione della Sardegna ter- ritorio denuclearizzato) si|compone|di|4|articoli.|L'art.|1|sancisce|al|comma|1|che|�la|Regione| autonoma|della|Sardegna,|sulla|base|dei|principi|costituzionali|e|delle|competenze|esclusive| in|materia|di|urbanistica|ed|ambiente|attribuite|dall'articolo|3,|lettera|f,|dello|statuto|spe- ciale,|interpretate|dall'articolo|58|del|d.P.R.|n.|348|del|1979|e|dall'articolo|80|del|d.P.R.| n.|616|del|1977,|nonche�delle|attribuzioni|in|via|concorrente|in|materia|di|salute|pubblica,| protezione|civile|e|governo|del|territorio|di|cui|al|terzo|comma|dell'articolo|117|della|Costi- tuzione,|dichiara|il|territorio|regionale|della|Sardegna|denuclearizzato|e|precluso|al|transito| ed|alla|presenza,|anche|transitoria,|di|materiali|nucleari|non|prodotti|nel|territorio|regio- nale�.| Il|comma|2|stabilisce|che|�sono|esclusi|dal|divieto|di|cui|al|comma|1|i|materiali|neces- sari|per|scopi|sanitari,|per|il|supporto|della|sicurezza,|del|controllo|e|della|produzione|indu- striale|e|per|la|ricerca|scientifica�.| L'art.|2|prevede|la|nomina|di|una|Commissione|di|inchiesta|con|compiti|di|verifica|della| eventuale|presenza|di|materiali|radioattivi|e|dello|stato|di|avanzamento|degli|studi|in|vista| dellelocalizzazionididepositididetti|materialinel|territorioregionale|(comma|1),|e|dispone| che|successivamente|il|Presidente|della|Regione,|su|parere|vincolante|del|Consiglio|appro- vato|a|maggioranza|di|due|terzi|dei|consiglieri,|�esprime|la|definitiva|posizione|della| Regione|sia|sull'utilizzo|ed|il|deposito|nel|territorio|regionale|di|sostanze|radioattive|o|scorie| e|rifiuti|di|sostanze|radioattive,|sia|anche|sullo|stoccaggio|in|Sardegna|di|rifiuti|pericolosi|o| dannosi|non|prodotti|nel|territorio|regionale�|(comma|2),|mentre|�ove|necessario|il|Consi- glio|regionale|promuove|l'adozione|di|apposite|norme|di|attuazione|statutarie,|che|regolino| i|controlli|e|le|azioni|amministrative|necessarie|per|l'effettiva|denuclearizzazione|del|proprio| territorio�.| L'art.|3|prevede|Misure urgenti di vigilanza e controllo curate|dalle|strutture|regionali| preposte|alla|vigilanza|ambientale|e|sanitaria;|l'art.|4|disciplina|l'entrata|in|vigore|della| legge.| Il|ricorrente|censura|l'intera|legge|in|quanto|interferirebbe|con|la|materia|dell'ambiente,| riservata|alla|competenza|legislativa|esclusiva|dello|Stato,|non|potrebbe|trovare|base|nelle| competenze|regionali|in|materia|di|urbanistica,|governo|del|territorio|e|protezione|civile,|e| in|quanto,|con|riferimento|alla|competenza|regionale|concorrente|in|materia|di|tutela|della| salute,|non|si|sarebbe|attenuta|ai|principi|fondamentali|desumibili|dalla|legislazione|statale| preesistente,|secondo|i|quali|�restrizioni|generalizzate|alle|attivita�|economiche,|non|legate|a| situazioni|particolari|di|ambiente|o|di|operatore�,|andrebbero|fondate|su|dati|scientifici| attendibili|e|non|su|valutazioni|genericamente|prudenziali.| La|legge|impugnata|violerebbe|altres|�|l'art.|117,|primo|comma,|della|Costituzione,|in| quanto|contrasterebbe|con|la|disciplina|attuativa|di|direttive|comunitarie|recata|dal|d.lgs.| n.|230|del|1995,|che|sarebbe|fonte|della|�disciplina|integrale|della|materia�.|Inoltre,|preclu- dendo|la|circolazione|dei|rifiuti|radioattivi|sul|territorio|regionale,|la|legge|violerebbe| l'art.|117,|secondo|comma,|lettera|e,|della|Costituzione|(che|riserva|allo|Stato|la|competenza| in|materia|di|tutela|della|concorrenza),|perche�interferirebbe|nel|mercato|dei|materiali| nucleari,|anch'essi|soggetti|alla|disciplina|della|concorrenza.| Dalla|incostituzionalita�|dell'art.|1|discenderebbe|come|conseguenza|necessaria|quella| degli|articoli|2|e|3|della|legge,|destinati|ad|operare|sul|presupposto|della|efficacia|dell'art.|1| medesimo.| 4.|^La|questione|e�|fondata.| Un|intervento|legislativo|della|portata|di|quello|posto|in|essere|dalla|Regione|Sardegna| con|la|legge|impugnata|non|trova|fondamento|in|alcuna|delle|competenze|attribuite|alla| Regione|medesima|dallo|statuto|speciale|e|dalla|Costituzione.| RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�particolare,�non�puo��valere�a�fondare�tale�intervento�la�competenza�legislativa�pri- maria�in�materia�di��edilizia�ed�urbanistica��(art.�3,�lettera�f,�dello�statuto),�che�non�com- prende�ogni�disciplina�di�tutela�ambientale,�e�deve�comunque�esercitarsi�^quando�si�tratti� di�ambiti�in�cui�le�Regioni�ordinarie�non�abbiano�acquisito�con�il�nuovo�titolo�V,�parte�II,� della�Costituzione,�maggiori�competenze�invocabili�anche�dalle�Regioni�speciali�in�forza�del- l'art.�10�della�legge�cost.�n.�3�del�2001�(cfr.�sentenza�n.�536�del�2002)�^nei�limiti�statutari� delle�norme�fondamentali�di�riforma�economico-sociale�e�degli�obblighi�internazionali�e� comunitari�(a�cui�si�puo��ricondurre�almeno�in�parte�la�disciplina�del�d.lgs.�17�marzo�1995,� n.�230,�recante��Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti�,�la�quale�infatti�trova�applicazione�anche� nei�confronti�delle�Regioni�speciali,�come�risulta�da�alcune�delle�sue�disposizioni�in�materia� di�rifiuti�radioattivi,�quali�ad�esempio�gli�artt.�29,�comma�2,�30,�comma�2,�33,�comma�1).� Per�quanto�riguarda�la�disciplina�ambientale,�non�solo�le�Regioni�ordinarie�non�hanno� acquisito�maggiori�competenze,�invocabili�anche�dalle�Regioni�speciali,�ma,�al�contrario,� una�competenza�legislativa�esclusiva�in�tema�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�e��stata� espressamente�riconosciuta�allo�Stato,�sia�pure�in�termini�che�non�escludono�ilconcorsodi� normative�delle�Regioni,�fondate�sulle�rispettive�competenze,�al�conseguimento�di�finalita�� di�tutela�ambientale�(cfr.�sentenze�n.�407�del�2002,�n.�307�e�n.�312�del�2003,�n.�259�del�2004).� Ne�,�in�proposito,�puo��valere�riferirsi,�come�fa�l'art.�1,�comma�1,�della�legge�impugnata,� all'art.�58�delle�norme�di�attuazione�dello�statuto�sardo�di�cui�al�d.P.R.�n.�348�del�1979,�che� si�limita�a�trasferire�alla�Regione�le�funzioni�amministrative�concernenti�gli�interventi�per� la�protezione�della�natura,�le�riserve�e�i�parchi�naturali,�e�all'art.�80�del�d.P.R.�n.�616�del� 1977,�che�pur�includendo�la��protezione�dell'ambiente��nell'ambito�della�disciplina�dell'uso� del�territorio�riconducibile�alla�materia��urbanistica��non�ha�fatto�venir�meno�le�competenze� statali�in�materia�specificamente�ambientale.� Ancor�meno�la�legge�censurata�puo��giustificarsi�in�base�alla�competenza�concorrente� della�Regione�in�materia�di�salute�pubblica,�protezione�civile�e�governo�del�territorio:�mentre� questi�ultimi�due�titoli�di�competenza�non�aggiungono�nulla�ai�poteri�della�Regione�in� campo�ambientale,�in�presenza�della�competenza�statale�di�cui�all'art.�117,�secondo�comma,� lettera�s,�i�poteri�della�Regione�nel�campo�della�tutela�della�salute�non�possono�consentire,� sia�pure�in�nome�di�una�protezione�piu��rigorosa�della�salute�degli�abitanti�della�Regione� medesima,�interventi�preclusivi�suscettibili,�come�nella�specie,�di�pregiudicare,�insieme�ad� altri�interessi�di�rilievo�nazionale�(cfr.�sentenza�n.�307�del�2003),�il�medesimo�interesse�della� salute�in�un�ambito�territoriale�piu��ampio,�come�avverrebbe�in�caso�di�impossibilita��o�diffi- colta��a�provvedere�correttamente�allo�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi. E�,�in�ogni�caso,�decisivo�osservare�che�alle�Regioni,�sia�ad�autonomia�ordinaria�sia�ad� autonomia�speciale,�e��sempre�interdetto�adottare�misure�di�ogni�genere�capaci�di�ostacolare� �in�qualsiasi�modo�la�libera�circolazione�delle�persone�e�delle�cose�tra�le�Regioni��(art.�120,� primo�comma,�Cost.,�pur�non�espressamente�invocato�dal�ricorrente):�e�una�normativa,� come�quella�impugnata,�che�preclude�il�transito�e�la�presenza,�anche�provvisoria,�di�materiali� nucleari�provenienti�da�altri�territori�e��precisamente�una�misura�fra�quelle�che�alle�Regioni� sono�vietate�dalla�Costituzione.� In�fatto,�poi,�e��ben�noto�che�il�problema�dello�smaltimento�dei�rifiuti�pericolosi�^e� quelli�radioattivi�lo�sono�^di�origine�industriale�non�puo��essere�risolto�sulla�base�di�un�crite- rio�di��autosufficienza��delle�singole�Regioni�(cfr.�sentenze�n.�281�del�2000,�n.�335�del�2001,� n.�505�del�2002),�poiche�occorre�tener�conto�della�eventuale�irregolare�distribuzione�nel�terri- torio�delle�attivita��che�producono�tali�rifiuti,�nonche�,�nel�caso�dello�smaltimento�dei�rifiuti� radioattivi,�della�necessita��di�trovare�siti�particolarmente�idonei�per�conformazione�del�ter- reno�e�possibilita��di�collocamento�in�sicurezza�dei�rifiuti�medesimi.�La�comprensibile�spinta,� spesso�presente�a�livello�locale,�ad�ostacolare�insediamenti�che�gravino�il�rispettivo�territorio� degli�oneri�connessi�(secondo�il�noto�detto��not in my backyard�),�non�puo��tradursi�in�un� impedimento�insormontabile�alla�realizzazione�di�impianti�necessari�per�una�corretta� gestione�delterritorioedegliinsediamentialserviziodiinteressi�di�rilievo�ultraregionale.� 5.�^Nemmeno�varrebbe,�a�contrastare�la�fondatezza�della�censura,�il�rilievo�che�il� comma�2�dell'art.�1�della�legge�impugnata�esclude�dal�divieto�di�transito�e�di�presenza��i� materiali�necessari�per�scopi�sanitari,�per�il�supporto�della�sicurezza,�del�controllo�e�della� produzione�industriale�e�per�la�ricerca�scientifica�,�ne�il�rilievo�del�carattere�in�qualche�modo� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� transitorio�della�disciplina,�in�attesa�che,�ai�sensi�dell'art.�2,�comma�2,�della�stessa�legge,�la� Regione�adotti�la�propria��definitiva�posizione��sull'utilizzo�ed�il�deposito�nel�territorio� regionale�di�sostanze�radioattive�o�di�rifiuti�radioattivi.� Quanto�al�primo�rilievo,�basta�infatti�osservare�che�queste�esenzioni�non�riguardano�il� caso�dello�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi,�che�e�,�notoriamente,�il�problema�che�fa�sorgere� le�maggiori�difficolta�in�termini�di�individuazione�dei�siti�idonei.� Quanto�alla�transitorieta�della�disciplina,�essa,�anche�se�sussistesse�(ma�l'art.�1�non�si� esprime�in�questi�termini),�non�varrebbe�a�giustificarla�sul�piano�costituzionale,�una�volta� che�si�riscontri,�come�si�e�fatto,�che�essa�eccede�dalla�competenza�della�Regione�e�v|�ola�limiti� a�questa�imposti�dalla�Costituzione.� L'art.�1�della�legge�regionale�e�dunque�costituzionalmente�illegittimo.�Lo�sono�egualm ente,�per�la�loro�stretta�connessione�con�l'art.�1,�le�altre�disposizioni�della�legge:�l'art.�2,� infatti,�presuppone�la�possibilita�per�la�Regione�di�decidere�autonomamente�sullo�stoccaggio� in�Sardegna�di�rifiuti�pericolosi�prodotti�fuori�del�territorio�regionale,�e�l'art.�3�si�riferisce� espressamente�a�misure�dirette�ad�impedire��l'immissione�di�nuove�ed�ulteriori�consistenze�� di�materiali�nucleari�nel�medesimo�territorio�della�Regione.� 6.�^La�legge�regionale�della�Basilicata�21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche ed integra- zioni alla legge regionale 31 agosto 1995, n. 59),�aggiunge,�con�l'art.�1,uncomma�1-bis all'art.�1�della�legge�regionale�31�agosto�1995,�n.�59�(Normativa sullo smaltimento dei rifiuti),� del�seguente�tenore:��Il�territorio�della�Regione�Basilicata�e�dichiarato�denuclearizzato�e�prec luso�al�transito�e�alla�presenza,�anche�transitoria,�di�materiali�nucleari�non�prodotti�nel�terr itorio�regionale.�Tale�preclusione�non�si�applica�ai�materiali�necessari�per�scopi�sanitari�e� per�la�ricerca�scientifica�.� L'art.�2�della�legge�impugnata,�a�sua�volta,�aggiunge�alla�legge�regionale�n.�59�del�1995� il�seguente�art.�4-bis:��La�Regione,�attraverso�le�proprie�strutture�preposte�alla�vigilanza� ambientale�e�sanitaria,�ivi�comprese�l'ARPAB�e�le�Aziende�del�Servizio�sanitario�regionale,� cura�la�rilevazione�tecnica�e�strumentale�di�presenze�sul�territorio�regionale�di�materiale� nucleareeadottalemisurediprevenzione�necessarieaifini�di�cui�al�precedente�articolo�1,� comma�1-bis�.� Il�ricorrente�lamenta�la�violazione�della�competenza�statale�esclusiva�inmateria�di� tutela�dell'ambiente,�la�violazione�di�norme�comunitarie�e�dunque�dell'art.�117,�primo� comma,�della�Costituzione,�il�contrasto�con�i�principi�fondamentali�ricavabili�in�materia� dal�d.lgs.�n.�230�del�1995.� 7.�^Laquestione�e�fondata.� Poiche�la�legge�impugnata�tende�a�disciplinare�in�modo�preclusivo�di�ogni�altro�interv ento�la�presenza�e�lo�stesso�transito,�nel�territorio�regionale,�di�sostanze�radioattive,�fra� cui�i�rifiuti�radioattivi,�e�palese�la�invasione�della�competenza�esclusiva�attribuita�allo�Stato� in�materia�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�dall'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s,� della�Costituzione,�nonche�la�violazione�del�vincolo�generale�imposto�alle�Regioni�dall 'art.�120,�primo�comma,�Cost.�(pur�non�espressamente�invocato�dal�ricorrente),�che�vieta� ogni�misura�atta�a�ostacolare�la�libera�circolazione�delle�cose�e�delle�persone�fra�le�Regioni.� Ne�puo�essere�invocato,�a�difesa�della�legge,�un�potere�della�Regione�di�intervenire�a� difesa�della�salute�con�misure�piu�rigorose�di�quelle�fissate�dallo�Stato,�poiche�,come�sie� gia�osservato�a�proposito�dell'analoga�legge�della�Regione�Sardegna,�la�Regione�non�puo�in� ogni�caso�adottare�misure�che�pregiudichino,�insieme�ad�altri�interessi�di�rilievo�nazionale,� lo�stesso�interesse�alla�salute�in�un�ambito�piu�vasto,�come�accadrebbe�se�si�ostacolasse�la� possibilita�di�smaltire�correttamente�i�rifiuti�radioattivi.� Anche�in�questo�caso,�come�in�quello�della�Regione�Sardegna,�e�per�le�stesse�ragioni,� l'illegittimita�della�legge�non�puo�essere�esclusa�invocando�le�esenzioni�dal�divieto�previste� dallo�stesso�comma�1-bis introdotto�nell'art.�1�della�legge�regionale�n.�59�del�1995.� L'art.�1�della�legge�impugnata�(art.�1,�comma�1-bis,�della�legge�regionale�n.�59�del�1995)� e�dunque�costituzionalmente�illegittimo;�e�altrettanto�e�a�dirsi,�di�conseguenza,�per�l'art.�2� (art.�4-bis della�legge�regionale�n.�59�del�1995),�che�si�riferisce�a�misure��necessarieai�fini�� di�cui�al�detto�art.�1.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 8.�^La�legge�regionale�della�Calabria�5�dicembre�2003,�n.�26�(Dichiarazione della Cala- bria denuclearizzata. Misure di prevenzione dall'inquinamento proveniente da materiale radio- attivo. Monitoraggio e salvaguardia ambientale della salute dei cittadini) si�compone�di�5�arti- coli.� L'art.�1�stabilisce�che��La�Regione�Calabria,�sulla�base�dei�principi�costituzionali�e�delle� competenze�in�materia�di�urbanistica�ed�ambiente,�nonche�delle�attribuzioni�in�via�concor- rente�in�materia�di�salute�pubblica,�protezione�civile�e�governo�del�territoriodicui�al�terzo� comma�dell'art.�117�della�Costituzione,�dichiara�il�territorio�regionale�della�Calabria�denu- clearizzato�e�precluso�al�transito�ed�alla�presenza,�anche�transitoria,�di�materiali�nucleari� non�prodotti�nel�territorio�regionale�.� L'art.�2�dispone�la�promozione�di�una��Conferenza�per�la�sicurezza�e�la�cooperazione� del�Sud��intesa�a��rilanciare�la�denuclearizzazione�di�territori�vocati�all'agricoltura�e�al�turi- smo�individuando�forme�di�collaborazione�solidaristica�tra�le�popolazioni�interessate�.� L'art.�3�prevede�la�nomina�di�un��Collegio�referente��con�compiti�di�verifica,�a�seguito� della�cui�attivita�il�Presidente�della�Regione,�su�parere�vincolante�del�Consiglio�regionale� sugli�esiti�dell'inchiesta�esprimera��la�definitiva�posizione�della�Regione�sull'utilizzo�ed�il� deposito�nel�territorio�regionale�di�sostanze�nucleari�o�di�loro�residui��(comma�2);�e�la�ado- zione�di��apposite�norme�che�regolino�i�controlli�e�le�azioni�amministrative�necessarie�per� l'effettiva�denuclearizzazione�del�proprio�territorio��(comma�4).� L'art.�5�prevede�misure�di�vigilanza�e�controllo�necessarie�per�impedire�ogni�contiguita� di�materiali�nucleari�con�le�popolazioni�e�le�strutture�civili��prevenendo�l'immissione�di� nuove�consistenze�dei�medesimi�materiali�.� L'art.�5�disciplina�l'entrata�in�vigore�della�legge.� Il�ricorrente�censura�la�legge�con�argomentazioni�analoghe�a�quelle�riferite�alla�legge� della�Regione�Basilicata.� 9.�^La�questione�e�fondata,�per�le�medesime�ragioni�e�in�base�ai�medesimi�argomenti� gia�svolti�a�proposito�della�analoga�legge�della�Regione�Basilicata,�nonche�a�proposito�della� legge�della�Regione�Sardegna�circa�l'asserita�non�definitivita�della�disciplina�adottata.� Anche�in�questo�caso�l'illegittimita�dell'art.�1�comporta�necessariamente�la�dichiara- zione�di�illegittimita�dell'intera�legge:�infatti�l'art.�2�nuovamente�si�riferisce�alla��denuclea- rizzazione��di�territori;�l'art.�3�presuppone�la�possibilita�per�la�Regione�di�adottare�una� �definitiva�posizione��autonoma�sull'utilizzo�e�sul�deposito�nel�territorio�regionale�di� sostanze�nucleari�e�di�loro�residui;�e�l'art.�4�finalizza�le�misure�alla�prevenzione�dell'ingresso� di�materiali�nucleari�nel�territorio�regionale.� 10.�^Il�decreto�legge�14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi),e�impu- gnato�dalla�Regione�Basilicata�nel�testo�risultante�dalla�legge�di�conversione�24�dicembre� 2003,�n.�368.� Esso,�a�differenza�del�testo�originario�del�decreto,�non�individua�piu�nelterritoriodel� Comune�di�Scanzano�Jonico,�in�Provincia�di�Matera,�il�sito�per�la�realizzazione�del�Deposito� nazionale�dei�rifiuti�radioattivi.�Si�limita�invece�a�prevedere�che�la�sistemazione�in�sicurezza� dei�rifiuti�radioattivi,�degli�elementi�di�combustibile�irraggiati�e�dei�materiali�nucleari,�ivi� inclusi�quelli�rivenienti�dalla�disattivazione�delle�centrali�elettronucleari�e�degli�impianti�di� ricerca�e�di�fabbricazione�del�combustibile,�sia�effettuata�presso�il�Deposito�nazionale,�riser- vato�ai�soli�rifiuti�di�III�categoria,�che�costituisce��opera�di�difesa�militare�di�proprieta�dello� Stato�;�e�che�il�sito�sia�individuato�entro�un�anno�dal�Commissario�straordinario�nominato� ai�sensi�dell'art.�2,�sentita�l'apposita�Commissione�tecnico-scientifica,�e�previa�intesa�in�sede� di�conferenza�unificata�Stato-Regioni-autonomie�locali,�ovvero,�in�mancanza�del�raggiungi- mento�dell'intesa�entro�il�termine�stabilito,�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�mini- stri�previa�deliberazione�del�Consiglio�dei�ministri�(art.�1,�comma�1).� La�realizzazione�del�Deposito�e�affidata�alla�societa�gestione�impianti�nucleari�(SOGIN� s.p.a.:�art.�1,�comma�2),�utilizzando�le�procedure�speciali�previste�per�le�opere�cosiddette� strategiche�dalla�legge�n.�443�del�2001�e�dal�d.lgs.�n.�190�del�2002�(art.�1,�comma�3).� La��validazione��del�sito�e�effettuata�dal�Consiglio�dei�ministri,�sulla�base�degli�studi� effettuati�dalla�apposita�Commissione�tecnico-scientifica,�previo�parere�dell'Agenzia�per�la� protezione�dell'ambiente�e�per�i�servizi�tecnici,�del�Consiglio�nazionaledelle�ricercheedal- l'Ente�per�le�nuove�tecnologie,�l'energia�e�l'ambiente�(art.�1,�comma�4-bis).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� L'art.�2�prevede�la�nomina�da�parte�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�di�un�Com- missario�straordinario,�il�quale�provvede��in�deroga�alla�normativa�vigente��agli�adempi- menti�relativi�alla�realizzazione�del�Deposito,�fra�cui�l'approvazione�dei�progetti�(comma�1,� letteraf),�ed�e�autorizzato�ad�adottare,�con�speciali�modalita�e�poteri,�anche�sostitutivi,�tutti� i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi�natura�necessari�alla�progettazione,�all'istruttoria,� all'affidamento�e�alla�realizzazione�del�Deposito�nazionale,�fatte�salve�le�sole�competenze� del�Ministero�dell'ambiente�e�della�tutela�del�territorio�in�materia�di�valutazione�di�impatto� ambientale�e�le�competenze�dell'Agenzia�per�la�protezione�dell'ambiente�e�per�i�servizi� tecnici-APAT�(comma�2).�E�prevista�una�speciale�Commissione�tecnico-scientifica�composta� da�diciannove�esperti,�di�cui�quattro�nominati�dalla�Conferenza�unificata,�espressi�due�dalle� Regioni�e�due�dagli�enti�locali.�Il�Presidente�della�Commissione�(a�seguito�di�una�successiva� modificaintrodottaconl'art.�1,comma106,dellaleggen.239del2004)e�nominatodalPre- sidente�del�Consiglio�d'intesa�con�la�Conferenza�unificata�(comma�3).� L'art.�3�prevede�la�allocazione�e�gestione�in�via�definitiva�dei�rifiuti�radioattivi�di�III� categoria�e�del�combustibile�irraggiato�nel�Deposito�nazionale,�e�la�messa�in�sicurezza�e�lo� stoccaggio�dei�rifiuti�di�I�e�II�categoria�in�base�ad�un�decreto�del�Presidente�del�Consiglio.� L'art.�4�prevede�fra�l'altro�misure�compensative�a�favore�dei�siti�che�ospitano�impianti� nucleari,�e�successivamente�del�territorio�che�ospita�il�Deposito�nazionale.� L'art.�5�dispone�misure�di�carattere�finanziario;�l'art.�6�disciplina�l'entrata�in�vigore�del� decreto.� 11.�^La�ricorrente�Regione�Basilicata�censura�il�decreto�legge�nel�suo�complesso,�in� primo�luogo,�lamentando�la�mancanza�dei�requisiti�di�straordinaria�necessita�ed�urgenza� idonei�a�legittimare�l'intervento�del�Governo,�e�quindi�la�violazione�dell'art.�77�della�Costitu- zione.�Essa�osserva�che�il�decreto�disciplina�attivita�,�come�la�realizzazione�del�Deposito,� destinate�ad�essere�completate�solo�entro�il�2008,�e�che�non�vi�era�urgenza�di�provvedere� per�la�inerzia�del�Parlamento,�il�quale�aveva�in itinere l'approvazione�di�una�legge�di�delega� sull'argomento,�dal�contenuto�piu�rispettoso�delle�autonomie�regionali.� In�secondo�luogo�la�ricorrente�lamenta�la�violazione�delle�competenze�legislative�della� Regione�in�materia�di�tutela�della�salute,�protezione�civile�e�governo�del�territorio,�in�quanto� la�disciplina�adottata�produrrebbe�effetti�vincolanti�e�irreversibili,�e�non�si�limiterebbe,�come� sarebbe�stato�doveroso,�a�fissare�principi�sulla�cui�base�le�Regioni�potessero�dettare�una�ulte- riore�normativa.� Infine�la�ricorrente�denuncia�la�violazione�dei�principi�costituzionali�di��sussidiarieta�,� ragionevolezza,�leale�collaborazione�e�previa�intesa�tra�Stato�e�Regioni�,�osservando�che,�pur� avendo�lo�Stato�competenza�legislativa�esclusiva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�le�funzioni� amministrative�dovrebbero�essere�svolte�dagli�enti�territoriali�ogni�volta�che�l'ente�sia�coin- volto�da�iniziative�riguardanti�il�suo�territorio�o�la�sua�popolazione.�Lo�Stato,�per�assumere� le�funzioni�amministrative�che�apparterrebbero�naturaliter agli�enti�territoriali,�dovrebbe�pre- liminarmente�esaurire�una�fase�interlocutoria�di�previa�intesa,�coinvolgente�tutte�le�Regioni,� per�procedere�alla�individuazione�del�territorio�ove�ubicare�il�deposito,�e�successivamente,� per�la�realizzazione�dell'opera,�la�Regione�il�cui�territorio�fosse�stato�individuato�come�area� utile�per�collocarvi�l'opera�stessa.�Solo�a�seguito�di�un�infruttuoso�tentativo�di�intesa�sarebbe� consentito�allo�Stato�di�avocare�a�se�le�funzioni�amministrative�in�questione.�Nella�normativa� impugnata,�invece,�secondo�la�ricorrente,�non�vi�sarebbe�traccia�dell'esaurimento�di�tale�fase� interlocutoria�e�l'intervento�dell'esecutivo�statale�non�sarebbe�previsto�come�successivo��ad� un�espresso�atto�di�diniego�proveniente�dall'ente�regionale�interessato�.� 12.�^Non�puo�accogliersi�l'eccezione�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�di�tardi- vita�dell'impugnazione�perche�effettuata�solo�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�di�conver- sione�del�decreto�legge,�che�avrebbe�solo�completato�la�disciplina.�La�giurisprudenza�di�que- sta�Corte�e�costante�nel�riconoscere�la�tempestivita�della�impugnazione�dei�decreti�legge� dopo�la�loro�conversione,�che�ne�stabilizza�la�presenza�nell'ordinamento�(cfr.�sentenze� n.�113�del�1967,�n.�192�del�1970,�n.�25�del�1996�e�n.�287�del�2004).� 13.�^La�censura�di�violazione�dell'art.�77�della�Costituzione,�anche�a�volerla�considerare� ammissibile�in�quanto�intesa�a�far�valere�in�via�indiretta�una�lesione�delle�competenze�della� Regione�derivante�dal�contenuto�delle�norme�del�decreto�legge,�e�infondata.� Non�solo�non�e�evidente,�nella�specie,�la�mancanza�dei�presupposti�di�straordinaria� necessita�ed�urgenza,�che�legittimano�il�ricorso�al�decreto�legge�(cfr.�sentenze�n.�29del�1995� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� e�nn.�6�e�285�del�2004):�ma,�al�contrario,�appare�evidente�come�l'esigenza�di�prevedere�una� adeguata�disciplina�idonea�a�consentire�la�realizzazione�delle�opere,�oggi�mancanti,�necessa- rie�per�un�corretto�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi,�evitando�pericoli�per�la�salute�e�per� l'ambiente,�configuri�un�valido�presupposto�per�un�intervento�d'urgenza:anche�se�poiil� completamento�delle�procedure�e�delle�opere�necessarie�possa�richiedere�tempi�non�brevi.� L'urgenza�infatti�riguarda�il�provvedere,�anche�quando�occorra�tempo�per�conseguire�il� risultato�voluto.� 14.�^Passando�alle�censure�fondate�sull'art.�117�della�Costituzione�e�sui�principi�di�sus- sidiarieta�e�leale�collaborazione�(mentre�non�viene�in�esame�un�autonomo�profilo�attinente� alla��ragionevolezza��della�legge),�si�deve�anzitutto�disattendere�l'ulteriore�eccezione�di� inammissibilita�avanzata�dall'Avvocatura�erariale,�secondo�cui�difetterebbe�nel�ricorsola� individuazione�di�singole�disposizioni�in�ipotesi�non�di�principio,�e�come�tali�denunciate�in� quanto�lesive�della�competenza�regionale. E�vero�che�l'impugnazione�riguarda�l'intero�decreto�legge,�ma�e�altrettanto�vero�che�il� contenuto�di�questo�e�omogeneo�e�assai�specifico,�concernendo�le�competenze�ed�i�procedi- menti�per�la�individuazione�del�sito�in�cui�ubicare�il�Deposito�nazionale�e�per�la�sua�realizza- zione.�Pertanto�l'oggetto�delle�censure�appare�sufficientemente�precisato.� 15.�^La�questione,�sotto�questi�profili,�e�solo�parzialmente�fondata.� Lacompetenzastataleintemadituteladell'ambiente,dicuiall'art.�117,secondocomma,� lettera�s,Cost.,e�taledaoffrirepienalegittimazioneaduninterventolegislativovoltoarealiz- zare�un�impianto�necessario�per�lo�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi,�oggi�conservati�in�via� provvisoria�in�diversi�siti,�ma�destinati�a�trovare�una�loro�collocazione�definitiva�che�offra� tutte�le�garanzie�necessarie�sul�piano�della�protezione�dell'ambiente�e�della�salute. E�ben�vero�che�tale�competenza�statale�non�esclude�la�concomitante�possibilita�per�le� Regioni�di�intervenire,�anche�perseguendo�finalita�di�tutela�ambientale�(cfr.�sentenze�n.�407� del�2002,�n.�307�del�2003�e�n.�259�del�2004),�cos|�nell'esercizio�delle�loro�competenze�in�tema� di�tutela�della�salute�e�di�governo�del�territorio,�ovviamente�nel�rispetto�dei�livelli�minimi�di� tutela�apprestati�dallo�Stato�e�dell'esigenza�di�non�impedire�od�ostacolare�gli�interventi�sta- tali�necessari�per�la�soddisfazione�di�interessi�unitari,�eccedenti�l'ambito�delle�singole� Regioni.�Ma�cio�non�comporta�che�lo�Stato�debba�necessariamente�limitarsi,�allorquando� individui�l'esigenza�di�interventi�di�questa�natura,�a�stabilire�solo�norme�di�principio,� lasciando�sempre�spazio�ad�una�ulteriore�normativa�regionale.� Del�pari,�l'attribuzione�delle�funzioni�amministrative�il�cui�esercizio�sia�necessario�per� realizzare�interventi�di�rilievo�nazionale�puo�essere�disposta,�in�questo�ambito,�dalla�legge� statale,�nell'esercizio�della�competenza�legislativa�esclusiva�di�cui�all'art.�117,�secondo� comma,�lettera�s,�della�Costituzione,�e�in�base�ai�criteri�generali�dettati�dall'art.�118,�primo� comma,�della�Costituzione,�vale�a�dire�ai�principi�di�sussidiarieta�,�differenziazione�ed�ade- guatezza.� Nella�specie,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�di�un�unico�impianto�destinato�a�con- sentire�lo�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi�potenzialmente�piu�pericolosi,�esistenti�o�pro- dotti�sul�territorio�nazionale,�costituiscono�certamente�compiti�il�cui�esercizio�unitario�puo� richiedere�l'attribuzione�della�competenza�ad�organi�statali.� 16.�^Tuttavia,�quando�gli�interventi�individuati�come�necessari�e�realizzati�dallo�Stato,� in�vista�di�interessi�unitari�di�tutela�ambientale,�concernono�l'uso�del�territorio,�e�in�partico- lare�la�realizzazione�di�opere�e�di�insediamenti�atti�a�condizionare�in�modo�rilevante�lo�stato� e�lo�sviluppo�di�singole�aree,�l'intreccio,�da�un�lato,�con�la�competenza�regionale�concorrente� in�materia�di�governo�del�territorio,�oltre�che�con�altre�competenze�regionali,�dall'altro�lato� con�gli�interessi�delle�popolazioni�insediate�nei�rispettivi�territori,�impone�che�siano�adottate� modalita�di�attuazione�degli�interventi�medesimi�che�coinvolgano,�attraverso�opportune� forme�di�collaborazione,�le�Regioni�sul�cui�territorio�gli�interventi�sono�destinati�a�realizzarsi� (cfr.sentenza�n.�303�del2003).� Il�livello�e�gli�strumenti�di�tale�collaborazione�possono�naturalmente�essere�diversi�in� relazione�al�tipo�di�interessi�coinvolti�e�alla�natura�e�all'intensita�delle�esigenze�unitarie�che� devono�essere�soddisfatte.� Nella�specie,�i�procedimenti�configurati�dal�decreto�legge�impugnato�concernono�sia�la� individuazione�del�sito�in�cui�collocare�il�Deposito,�e�dunque�la�scelta�dell'area�piu�idonea� sotto�il�profilo�tecnico�e�in�relazione�ad�ogni�altra�circostanza�rilevante,�sialaconcreta�loca- lizzazione�e�la�realizzazione�dell'impianto.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Sotto�il�primo�profilo�e�corretto�il�coinvolgimento,�che�il�decreto�legge�attua,�delle� Regioni�e�delle�autonomie�locali�nel�loro�insieme,�attraverso�la�Conferenza�unificata�Stato-- Regioni-autonomie�locali,�chiamata�a�cercare�l'intesa�sulla�individuazione�del�sito�(art.�1,� comma�1,�del�decreto�legge�impugnato).�Naturalmente,�ove�l'intesa�non�venga�raggiunta,�lo� Stato�deve�essere�posto�in�condizioni�di�assicurare�egualmente�la�soddisfazione�dell'interesse� unitario�coinvolto,�di�livello�ultraregionale.�Pertanto,�non�si�presta�a�censure�la�previsione� secondo�cui,�in�caso�di�mancata�intesa,�la�individuazione�del�sito�e�rimessa,�secondo�uno� schema�ben�noto�ed�usuale,�ad�un�provvedimento�adottato�dal�Presidente�del�Consiglio�dei� ministri,�previa�delibera�del�Consiglio�dei�ministri,�e�dunque�col�coinvolgimento�del�massimo� organo�politico-amministrativo,�che�assicura�il�livello�adeguato�di�relazione�fra�organi�cen- trali�e�autonomie�regionali�costituzionalmente�garantite.� Parimenti�appare�idonea�ad�assicurare�la�tutela�degli�interessi�degli�enti�territoriali�la� previsione�secondo�cui,�nella�apposita�Commissione�tecnico-scientifica�incaricata�di�fornire� pareri�e�studi,�quattro�membri�sono�nominati�dalla�Conferenza�unificata,�mentre�il�Presi- dente�(in�base�alla�modifica�introdotta�nell'art.�2,�comma�3,�del�decreto�legge�dall'art.�1,� comma�196,�della�legge�n.�239�del�2004)�e�nominato�dal�Presidente�del�Consiglio�d'intesa� con�la�medesima�Conferenza�unificata.� 17.�^Quando�pero�,�una�volta�individuato�il�sito,�si�debba�provvedere�alla�sua��valida- zione�,�alla�specifica�localizzazione�e�alla�realizzazione�dell'impianto,�l'interesse�territoriale� da�prendere�in�considerazione�e�a�cui�deve�essere�offerta,�sul�piano�costituzionale,�adeguata� tutela,�e�quello�della�Regione�nel�cui�territorio�l'opera�e�destinata�ad�essere�ubicata.�Non� basterebbe�piu�,�a�questo�livello,�il�semplice�coinvolgimento�della�Conferenza�unificata,�il� cui�intervento�non�puo�sostituire�quello,�costituzionalmente�necessario,�della�singola� Regione�interessata�(cfr.�sentenze�n.�338�del�1994,�n.�242�del�1997,�n.�303�del�2003�e�n.�6�del� 2004).� Da�questo�punto�di�vista,�la�disciplina�recata�dal�decreto�legge�impugnato�e�carente.� Infatti�essa�prevede�che�alla��validazione��del�sito�provveda�il�Consigliodei�ministri,sulla� base�degli�studi�della�Commissione�tecnico-scientifica,�e�sentiti�i�soli�pareri�di�enti�nazionali� (l'Agenzia�per�la�protezione�dell'ambiente,�il�CNR�e�l'ENEA:�art.�1,�comma�4-bis).�Asua� volta�il�Commissario�straordinario�statale�provvede,�fra�l'altro,�anche�in�deroga�alla�norma- tiva�vigente,�ad�approvare�i�progetti�(art.�2,�comma�1,�lettera�f). E�dunque�necessario,�al�fine�di�ricondurre�tali�previsioni�a�conformita�alla�Costituzione,� che�siano�previste�forme�di�partecipazione�al�procedimento�della�Regione�interessata,�fermo� restando�che�in�caso�di�dissenso�irrimediabile�possono�essere�previsti�meccanismi�di�delibera- zione�definitiva�da�parte�di�organi�statali,�con�adeguate�garanzie�procedimentali.� Una�garanzia�minima�della�Regione�e�invece�presente�nella�previsione�del�comma�2,� primo�periodo,�dell'art.�2,�ai�cui�sensi�il�Commissario�straordinario�e�autorizzato�ad�adot- tare,�anche�in�sostituzione�dei�soggetti�competenti,�tutti�i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi� natura�necessari�alla�progettazione,�all'istruttoria,�all'affidamento�e�alla�realizzazione�del� Deposito�nazionale,�ma�operando�con�le�modalita�e�i�poteri�di�cui�all'articolo�13�del�decreto� legge�25�marzo�1997,�n.�67,�convertito�con�modificazioni�dalla�legge�23�maggio�1997,�n.�135.� Infatti�il�comma�4,�secondo�periodo,�di�detto�art.�13�prevede�che,�ove�il�Commissario,� decorso�un�termine�per�l'adozione�degli�atti�necessari�da�parte�delle�amministrazioni�compe- tenti,�provveda�in�sostituzione,�in�caso�di�competenza�regionale�i�provvedimenti�siano�comu- nicati�al�Presidente�della�Regione,�il�quale,�entro�quindici�giorni,�puo�disporne�la�sospen- sione,�anche�provvedendo�diversamente.� Quanto�alle�procedure�per�la�messa�in�sicurezza�e�lo�stoccaggio�dei�rifiuti�radioattivi�di�I� e�II�categoria,�cui�provvede,�ai�sensi�dell'art.�3,�comma�1-bis,�il�Presidente�del�Consiglio�con� proprio�decreto,�vale�osservare�che�per�tale�messa�in�sicurezza��si�applicano�le�procedure� tecniche�e�amministrative�di�cui�agli�articoli�1�e�2��del�decreto,�fatta�eccezione�per�quelle�spe- ciali�previste�dalla�legge�n.�443�del�2001�e�dal�d.lgs.�n.�190�del�2002.�Pertanto,�anche�a�seguito� della�dichiarazione�di�parziale�illegittimita�costituzionale�degli�art.�1�e�2,�a�tali�procedure� vengono�ad�essere�estese�le�garanzie�previste�per�quelle�relative�al�Deposito�nazionale.� In�definitiva,�i�soli�artt.�1,�comma�4-bis,�e�2,�comma�1,�letteraf,�devono�essere�dichiarati� costituzionalmente�illegittimi�nella�parte�in�cui�non�prevedono�idonee�forme�di�partecipa- zione�al�procedimento�da�parte�della�Regione�nel�cui�territorio�l'opera�siadestinata�ad�essere� realizzata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Avendo�la�Corte�deciso�il�merito�del�ricorso,�non�vi�e�luogo�a�procedere�in�ordine�alla� istanza�di�sospensione�del�decreto�legge�impugnato,�formulata�dalla�ricorrente�Regione�Basi- licata.� Per questi motivi la Corte costituzionale riuniti i giudizi, a) dichiara l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Sardegna�3�luglio� 2003,�n.�8�(Dichiarazione della Sardegna territorio denuclearizzato);� b) dichiara l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Basilicata� 21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 31 agosto 1995, n. 59);� c) dichiara l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Calabria�5�dicem- bre�2003,�n.�26�(Dichiarazione della Calabria denuclearizzata. Misure diprevenzione dall'in- quinamentoprovenientedamaterialeradioattivo. Monitoraggioesalvaguardiaambientaledella salute dei cittadini);� d) dichiara l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�1,�comma�4-bis,�del�decreto�legge� 14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioniurgentiperlaraccolta, losmaltimento elostoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi),�convertito�con�modificazioni�dalla� legge�24�dicembre�2003,�n.�368,�nella�parte�in�cui�non�prevede�una�forma�di�partecipazione� della�Regione�interessata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�al�procedimento�di��validazione�� del�sito;� e) dichiara l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�2,�comma�1,�lettera�f,�del�predetto� decreto�legge�n.�314�del�2003�nella�parte�in�cui�non�prevede�una�forma�di�partecipazione� della�Regione�interessata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�al�procedimento�di�approvazione� dei�progetti;� f) dichiara non�fondata,�salvo�quanto�disposto�nei�capi�d ed�e,�la�questione�di�legitti- mita�costituzionale�del�predetto�decreto�legge�n.�314�del�2003,�sollevata,�in�riferimento�agli� articoli�77�e�117�della�Costituzione,�nonche�ai�principi�costituzionali�di�sussidiarieta�,di� ragionevolezza�e�di�leale�collaborazione,�dalla�Regione�Basilicata�con�il�ricorso�in�epigrafe� (r.�ric.�n.�40�del�2004).� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 13�gennaio�2005�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ragionevole durata del processo e decisione definitiva (Corte costituzionale, ordinanza 7-11febbraio 2005, n. 74) La�Corte�d'Appello�di�Genova,�con�ordinanza�datata�5�novembre�2003,� ha�sollevato�questione�di�legittimita�costituzionale�in�riferimento�all'art.�4� della�legge�n.�89�del�2001�per�contrasto�con�gli�artt.�24�e�101�Cost.,�nella� parte�in�cui�la�norma�subordina�l'ammissibilita�della�domanda�all'osservanza� del�termine�decadenziale�di�sei�mesi�decorrente��dal�momento�in�cui�la�deci- sione�che�conclude�il�procedimento�e�divenuta�definitiva��(1).� Il�giudice�rimettente,�rilevato�che��il�dies a quo da�cui�decorre�il�termine� decadenziale�non�puo�essere�inteso�se�non�come�coincidente�col�momento�in� cui�il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento�(e�non�di�un�semplice� grado)�e�divenuto�definitivo:�vale�a�dire�col�momento�in�cui�il�provvedimento� stesso�non�e�piu�soggetto�a�impugnazione�ordinaria�,�lamentava�che��tale� momento,�nell'ipotesi�di�sentenza�civile�pubblicata,�non�e�conoscibile�dalla� parte�cui�la�legge�attribuisce�il�potere�di�paralizzare�l'azione�avversaria�attra- verso�l'esercizio�del�potere�di�eccezione�ne�dal�giudice�investito�del�dovere�di� ufficio�di�verificare�l'ammissibilita�della�domanda�.� Nell'ordinanza�di�rimessione,�la�Corte�d'Appello�di�Genova�si�discosta� dal�precedente�orientamento�interpretativo�assunto.�Giova�rilevare�che,�con� decreto�31�ottobre�2002,�n.�348�(2),�il�Collegio�genovese�aveva�ritenuto�cheil� termine�di�decadenza�per�presentare�la�domanda�di�riparazione�ai�sensi�della� legge�Pinto�iniziasse�a�decorrere��dal�momento�in�cui�il�richiedente�ha�potuto� prendere�conoscenza�dei�motivi�della�decisione,�e�quindi�con�il�deposito�nella� Cancelleria��della�pronuncia.� Nel�decreto�sopra�richiamato,�il�giudicante�enunciava�che��la�decisione� deve�intendersi�definitiva�quando�chiude�non�il�processo,�ma�appunto�il�pro- cedimento,�cioe�la�fase�o�il�grado�al�cui�termine�la�decisione�si�pone�con� carattere�di�conclusivita�e�quindi�di�definitivita�per�quel�procedimento�,�pun- tualizzando�che�l'espressione�decisione definitiva andava�interpretata��nel� senso�che�la�pronuncia�conclude�quella�fase�ed�il�giudice�per�effetto�della�pro- nuncia�si�spoglia�del�processo�.� Le�sopra�riportate�asserzioni�non�vengono�richiamate�dalla�Corte�d'Ap- pello�di�Genova�in�sede�di�proposizione�della�questione�di�legittimita�costitu- zionale,�pur�evidenziando�il�giudice�a quo gli��aspetti�ambigui�della�norma- tiva��che�non�consentono�nei�processi,�quali�quello�civile�e�amministrativo,� che��contemplano�una�varieta�di�esiti�definitori�,�di�individuare�con�ogget- tiva�certezza�la�definitivita�del�provvedimento.� Cio�premesso,�ad�avviso�della�Corte�rimettente,�non�puo�trovare�adesione� la�tesi�sostenuta�dalla�parte�resistente�nel�giudizio�rimesso�alla�Corte�costituzio- (1)�Corte�d'Appello�di�Genova,�ordinanza�11�novembre�2003�n.�1191�in�Gazz. Uff.,�I�serie� speciale,�28�gennaio�2004.� (2)�In�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255-1260.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nale,�adottata�in�precedenza�dallo�stesso�giudice�genovese,�secondo�cui�la�defi- nitivita��del�provvedimento,��conformemente�all'orientamento�della�giurispru- denza�europea�,�coinciderebbe�con�il�momento�del�deposito�della�pronuncia.� Reputa�il�Collegio�genovese�che�tale�esegesi�sia�in�contrasto�con��il� senso�fatto�palese�dal�significato�proprio�delle�parole��dell'art.�4�della�legge� Pinto�risultando�piu��conforme�al�dettato�letterale�l'interpretazione�che�il�dies a quo per�la�proposizione�della�domanda�riparatoria�decorra�dal�momento� in�cui�il�provvedimento�non�e��piu��soggetto�ad�impugnazione�ordinaria.�Tutta- via,�giacche�tale�momento�non�e��conoscibile�dalla�parte�resistente,�rimasta� estranea�al�giudizio�di�cui�si�lamenta�la�irragionevole�durata,�nella�fattispecie� ^osserva�la�Corte�d'Appello�di�Genova�^verrebbe�ad�integrarsi�un'ipotesi� di�lesione�all'art.�24�della�Costituzione.�L'Amministrazione�convenuta� sarebbe�nell'impossibilita��di�dimostrare�l'intervenuta�decadenza�con�una�con- seguente�ripercussione�pregiudizievole�sui�propri�diritti�di�difesa.� Secondo�il�giudice�rimettente,�la�parte�ricorrente�nel�procedimento� instaurato�ai�sensi�della�legge�Pinto�non�e��tenuta�a�dimostrare�la�tempestivita�� della�domanda.�Diversamente�opinando�il�ricorrente�sarebbe�gravato�dell'o- nere�di�fornire�una�prova�negativa�(la�non�avvenuta�notifica,�ai�fini�di�impu- gnazione,�della�sentenza�conclusiva�del�giudizio)�con��l'aggravante��che,� essendo�i�procedimenti,�quello�di�cui�si�lamenta�l'irragionevole�durata�e� quello�introdotto�ai�sensi�della�legge�n.�89/01,�distinti,��diversi�potrebbero� essere...�e�frequentemente�sono�i�difensori,�non�necessariamente�tenuti�a� conoscere�cadenze�processuali�proprie�di�vicende�giudiziali�nei�quali�non� hanno�esercitato�il�proprio�ministero�.� Assume�la�Corte�d'Appello�di�Genova�che�il�giudice�dell'equa�ripara- zione�non�e��investito�del�dovere�d'ufficio�di�verificare�l'ammissibilita��della� domanda�con�il�conseguente�profilarsi�di�un�insanabile�contrasto�fra�l'art.�4� della�legge�n.�89/01�e�l'art.�24�della�Costituzione�giacche�,�oltre�alla�concla- mata�lesione�dei�diritti�di�difesa�della�parte�convenuta,�viene�impedito�al�giu- dice��di�assicurare�alle�parti�la�concreta�praticabilita��degli�istituti�processuali� alla�cui�osservanza�e��formalmente�tenuto�(art.�101�Cost.)�.� Prima�di�passare�all'esame�della�pronuncia�della�Corte�costituzionale,� merita�riportarsi�alla�posizione�assunta�dall'Avvocatura�dello�Stato�nelpro- cedimento�di�legittimita��costituzionale�(3).� La�difesa�erariale�(ct.�45119/03,�Avv.�Palatiello)�sosteneva�che�la�parte� convenuta�nel�giudizio�di�equa�riparazione�non�poteva�essere�onerata�dell'ac- certamento�dell'avvenuta�notifica�ad�istanza�di�parte�della�pronuncia�che� aveva�definito�il�procedimento�di�cui�si�lamentava�l'irragionevole�durata.�Per- tanto,�sarebbe�risultata�corretta�un'interpretazione�dell'art.�4�legge�cito �coe- rente�con�la�norma�europea�,�nel�senso�che�il�calcolo�di�sei�mesi�operasse� dal�deposito�della�sentenza.� Il�fatto�originatore�del�diritto�al�ristoro�e��costituito�dalla�violazione�del� termine�ragionevole�di�cui�all'art.�6,�par.1,�della�Convenzione�europea�dei� diritti�dell'uomo.�Dunque,��bisogna�interpretare�il�sistema�interno�avendosi� (3)�Cfr.�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255�s.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� riguardo�alla�Convenzione�e�alla�giurisprudenza�della�Corte�Europea,�il�piu� possibile�cercando�di�evitare�soluzioni�difformi�da�quella�giurisprudenza� (Cass.,�S.U.�Civ.,�26�gennaio�2004,�n.�1338�ed�altre�coeve)�.� Ne�discende�che,�nei�casi�in�cui�il�processo�contempla�una�varieta�di� �esiti�definitori�,�il�semestre�si�computa�dal�deposito�della�pronuncia,�la�defi- nitivita�ha�luogo�con�la�pubblicazione�della�sentenza�.� L'Avvocatura�dello�Stato�rilevava�in�sede�di�conclusioni�che,�in�ogni� caso,�la�norma�oggetto�del�sindacato�di�costituzionalita�non�sarebbe�risultata� contraddittoria�se�fosse�stata��interpretata�nel�senso�che�in�detta�ipotesi�sia� onere�dell'attore�dare�la�prova�della�non�intervenuta�notifica�della�sentenza� e�dunque�della�tempestivita�della�domanda�di�equa�riparazione�.� La�Corte�costituzionale�con�ordinanza�7�febbraio�^11�febbraio�2005,� n.�74,�di�seguito�pubblicata,�sembra�accogliere�l'opzione�interpretativa�sugge- rita�dalla�difesa�erariale�nella�parte�in�cui�grava�il�ricorrente�dell'onere�di� dimostrare�la�tempestivita�della�domanda.� Il�giudice�delle�leggi�si�astiene�dal�prendere�posizione�sulla�suggerita� interpretazione�di�fare�decorrere,�nei�casi�in�cui�la�definitivita�della�pronuncia� che�chiude�il�procedimento�di�cui�si�lamenta�l'irragionevole�durata�non�sia� desumibile�con�certezza,�il�dies a quo per�la�proposizione�della�domanda�di� riparazione�dalla�pubblicazione�della�sentenza�che�definisce�il�giudizio.� La�Corte�costituzionale�rimproveraal�giudice�rimettente�di�non�avere�consi- derato��gli�ulteriori�ausilii�ermeneutici�desumibili�dallagiurisprudenza�di�legitti- mita�secondo�cui�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibi- lita�della�domanda�di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma�censurata�incombe� alla�parte�istante�e�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giudice�.Viene� cos|�inequivocabilmente�chiarito�che�la�prova�della�tempestivita�della�domanda� costituisce�condizione�indispensabile�ai�fini�della�sua�proposizione.�Incombe,� dunque,�sulla�parte�istante�fornire�la�prova�della�mancata�notificazione�della� pronuncia�ai�fini�della�decorrenza�del�termine�breve�per�l'impugnazione.� Permane�qualche�perplessita�in�ordine�all'interpretazione��coerente con la norma europea� della�locuzione�decisione definitiva che�non�e�oggetto�di� esplicita�statuizione�da�parte�del�giudice�delle�leggi.�Al�riguardo,�non�resta� che�attendere�il�consolidarsi�dell'orientamento�della�giurisprudenza�di�legitti- mita�e�di�merito�(4).� In�ogni�caso,�dalla�statuizione�della�Corte�costituzionale�e�dato�desu- mere�alcuni�fermi�principi,�chiaramente�sintetizzati�dall'ordinanza�della� Corte�d'Appello�di�Genova�24�marzo�^25�marzo�2005,�n.�110,�di�seguito� riportata,�che,�sulla�scorta�dell'ordinanza�del�giudice�delle�leggi,�puntualizza:� A)�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibilita� della�domanda�di�equa�riparazione�grava�sulla�parte�ricorrente;� B)�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�del�giudice;� C)�all'onere�di�cui�sopra�la�parte�istante�puo�adempiere�in�virtu�dei�mec- canismi�di�cui�agli�artt.�123�e�segg.�disp.�att.�c.p.c.� Dott. Francesco Vignoli (4)�Sul�punto�cfr.�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255-1262.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Corte Costituzionale, ordinanza 7 febbraio ^11 febbraio 2005, n. 74 ^Pres.F.Contri^Red. F.�Bille�^Ricorso�di�G.G.�(Avv.�F.�Lorenzoni)�c.�Ministero�della�giustizia�(Avv.�dello� Stato�A.Palatiello).� �(Omissis) Ritenuto che�^chiamata�a�pronunciarsi�su�una�domanda�di�condanna�del� Ministero�della�giustizia�alla�corresponsione�dell'equo�indennizzo�per�irragionevole�durata� di�un�processo�civile�celebratosi�davanti�al�Tribunale�di�Firenze�^la�Corte�d'appello�di� Genova,�con�ordinanza�emessa�l'11�novembre�2003,�ha�sollevato,�in�riferimento�agli�articoli� 24�e�101�della�Costituzione,�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�4�della�legge� 24�marzo�2001,�n.�89�(Previsione�di�equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragio- nevole�del�processo�e�modifica�dell'articolo�375�del�codice�di�procedura�civile),��nella�parte� in�cui�subordina�l'ammissibilita�della�domanda�all'osservanza�del�termine�decadenziale�di� sei�mesi,�decorrente�``dal�momento�in�cui�la�decisione,�che�conclude�il�procedimento,�e�dive- nuta�definitiva''�;� che�^essendo�stata�eccepita�dall'Amministrazione�resistente�la�decadenza�dell'attore� dalla�domanda,�proposta�un�anno�e�quattro�mesi�dopo�la�pronuncia�conclusivadel�giudizio� di�merito,�ed�essendo�rimasta�senza�riscontro�la�richiesta�diretta�al�Tribunale�di�Firenze�in� ordine�all'eventuale�proposizione�di�gravame�avverso�la�sentenza�di�primo�grado,�e�alla�con- seguente�annotazione�ex art.�123�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice�di�procedura� civile�^la�rimettente�osserva�che�la�sentenza�civile�ritualmente�depositata,�se�notificata,� diviene�definitiva�se�non�e�impugnata�nei�trenta�giorni�dalla�notifica�ai�sensi�dell'art.�325� del�codice�di�procedura�civile�ovvero,�se�non�notificata,�dopo�la�scadenza�del�termine�di�un� anno�dal�deposito�ai�sensi�del�successivo�art.�327;�e�che,�tuttavia,�l'esito�dell'alternativa,�affi- data�ad�una�scelta�discrezionale�della�parte,�non�consente�alcuno�strumento�di�verifica�della� notificazione�della�sentenza�e,�di�conseguenza,�della�decorrenza�del�termine�breve�per�la�pro- posizione�di�eventuale�gravame;� che�^affermata�la�non�fondatezza�dell'assunto�difensivo�dell'Amministrazione�resi- stente,�secondo�cui�tale�incongruenza�potrebbe�essere�superata�assumendocome�termine�a quo il�momento�in�cui�e�pronunciata�la�decisione�che�conclude�definitivamente�il�procedi- mento�^la�Corte�rimettente�perviene�alla�conclusione�che�il�dies a quo da�cui�decorre�il�ter- mine�decadenziale�di�sei�mesi�previsto�dalla�norma�impugnata�coincide�col�momento�in�cui� il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento�(e�non�di�un�suo�semplice�grado)�diviene�defi- nitivo,�in�quanto�non�piu�soggetto�a�impugnazione�ordinaria;� che,�pero�,�nell'ipotesi�di�sentenza�civile,�tale�momento�non�e�conoscibile�dalla�parte�cui� pure�la�legge�attribuisce�il�potere�di�paralizzare�l'azione�avversaria�attraverso�l'esercizio�del� potere�di�eccezione,�ne�dal�giudice�investito�del�dovere�d'ufficio�di�verificare�l'ammissibilita� della�domanda,�e�neppure,�al�limite,�dalla�stessa�parte�ricorrente�nel�giudizio�di�equa�ripara- zione�(cui,�secondo�la�Corte�rimettente,�non�incombe�l'onere�di�dimostrare�la�tempestivita� della�domanda);� che�pertanto�la�norma��sembra��alla�rimettente�in�contrasto�col�diritto�della�parte�di� difendersi�in�giudizio�attraverso�l'esperimento�degli�strumenti�processuali�all'uopo�apprestati� dalla�legge�(art.�24�della�Costituzione)�e�con�quello�speculare�che�impone�al�giudice�di�assi- curare�alle�parti�la�concreta�praticabilita�degli�istituti�processuali,�alla�cui�osservanza�e�for- malmente�tenuto�(art.�101�della�Costituzione);� che�nel�giudizio�di�costituzionalita�si�e�costituito�il�ricorrente�nel�processo�a quo,�conclu- dendo�per�la�non�fondatezza�della�questione,�giacche�la�Corte�d'appello�rimettente�ben� avrebbe�potuto,�sulla�scorta�dell'interpretazione�data�alla�norma�impugnata,�rigettare�l'ecce- zione�proposta�dall'Amministrazione�resistente,�ovvero�per�l'inammissibilita�,�in�quanto�la� medesima�Amministrazione�non�contesta�affatto�che�la�sentenza�non�sia�stata�notificata�e� che,�quindi,�sia�stato�preso�in�considerazione,�per�il�calcolo�della�decorrenza,�il�termine� lungo�per�l'impugnazione;� che�e�intervenuto,�altres|�,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�rappresentato�e�difeso� dall'Avvocatura�generale�dello�Stato,�concludendo�per�la�declaratoria�di�non�fondatezza� della�questione,�in�quanto�la�rimettente�avrebbe�potuto�interpretare�la�norma�censurata�nel� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� senso�che�^ove�non�si�ritenesse�onere�dell'attore�dare�la�prova�della�non�intervenuta�notifica� della�sentenza�civile�e�dunque�della�tempestivita�della�domanda�di�equa�riparazione�^il�cal- colo�dei�sei�mesi�si�opera�dal�deposito�della�sentenza.� Considerato che�la�Corte�d'appello�rimettente�^che�pure�muove�dalla�premessa�secondo� cui�l'unica�possibile�lettura�della�norma�impugnata�e�nel�senso�che�il�momento�iniziale,�da� cui�decorre�il�termine�di�decadenza�dalla�domanda�di�equo�indennizzo�previsto�dalla�legge� n.�89�del�2001,�coincide�col�momento�in�cui�il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento� (e�nondiunsuo�semplice�grado)�e�divenuto�definitivo,�in�quanto�non�piu�soggetto�ad�impu- gnazione�ordinaria�^ritiene�la�norma�stessa�in�contrasto�con�gli�evocati�parametri�in�quanto,� nel�processo�civile,�per�accertare�la�definitivita�della�sentenza�pubblicata�mediante�deposito� (che,�in�ragione�di�una�libera�scelta�di�parte,�diviene�definitiva,�se�notificata,�qualora�non� sia�impugnata�nei�trenta�giorni�dalla�notifica�ai�sensi�dell'art.�325�del�codice�di�procedura� civile�o,�se�non�notificata,�alla�scadenza�del�termine�di�un�anno�dal�deposito�ai�sensi�del�suc- cessivo�art.�327)�non�esisterebbe�alcuno�strumento�di�verifica�dell'avvenuta�notificazione� della�sentenza�e,�quindi,�della�decorrenza�del�termine�breve�per�la�proposizione�dell'even- tuale�gravame;� che,�peraltro,�l'enunciazione�di�tale�dubbio�di�costituzionalita�risente�dell'omesso�adem- pimento�^da�parte�della�rimettente�^dell'onere�di�dare,�se�possibile,�una�lettura�conforme� a�Costituzione�della�norma�impugnata;� che,�infatti,�la�Corte�d'appello�di�Genova�non�considera�gli�ulteriori�ausilii�ermeneutici� desumibili�dalla�giurisprudenza�di�legittimita�,�secondo�cui�l'onere�di�provare�la�sussistenza� della�condizione�di�proponibilita�della�domanda�di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma� censurata�incombe�alla�parte�istante,�e�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giu- dice;�ne�considera�come�l'art.�3,�comma�5,�della�medesima�legge�n.�89�del�2001,�anche�atali� fini,�preveda�tra�l'altro�che��le�parti�hanno�facolta�di�richiedere�che�la�corte�disponga�l'acqui- sizione�in�tutto�o�in�parte�degli�atti�e�dei�documenti�del�procedimento�in�cui�si�assume�essersi� verificata�la�violazione�di�cui�all'articolo�2�ed�hanno�diritto,�unitamente�ai�loro�difensori,�di� essere�sentite�in�camera�di�consiglio�se�compaiono�;� che,�inoltre,�quella�Corte�^che�pure�ricorda�di�aver�richiesto�senza�esito�al�Tribunale�di� Firenze,�davanti�al�quale�si�era�svolto�il�giudizio�cui�si�riferiva�la�richiesta�di�equo�inden- nizzo,�l'avviso�di�impugnazione�di�cui�all'art.�123�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice� di�procedura�civile�(secondo�cui��l'ufficiale�giudiziario�che�ha�notificato�un�atto�di�impugna- zione�deve�darne�immediatamente�avviso�scritto�al�cancelliere�del�giudice�che�ha�pronunciato� la�sentenza�impugnata��ed�il�cancelliere�medesimo��deve�fare�annotazione�dell'impugna- zione�sull'originale�della�sentenza�)�^trascura�che,�ai�sensi�del�successivo�art.�124,��a�prova� del�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�il�cancelliere�certifica,�in�calce�alla�copia�conte- nente�la�relazione�di�notificazione,�che�non�e�stato�proposto,�nei�termini�di�legge,�appello�o� ricorso�per�cassazione,�ne�istanza�di�revocazione�per�i�motivi�di�cui�ai�numeri�4)�e�5)�del- l'art.�395�del�codice��(primo�comma),�e��ugualmente�il�cancelliere�certifica�in�calce�alla� copia�della�sentenza�che�non�e�stata�proposta�impugnazione�nel�termine�previsto�dal- l'art.�327�del�codice��(secondo�comma);� che,�in�conclusione,�la�rimettente,�nel�dubitare�della�legittimita�costituzionale�della� norma,�non�ha�esaminato�^con�riguardo�all'intero�contesto�normativo�di�sistema�ed�all'ela- borazione�giurisprudenziale�in�materia�^la�possibilita�di�fornire�di�essa�un'interpretazione� diversa�da�quella�sulla�cui�base�la�questione�e�stata�prospettata;� che,�pertanto,�la�questione�^in�quanto�conseguentemente�carente�di�adeguata�motiva- zione�sulla�non�manifesta�infondatezza�^deve�essere�dichiarata�manifestamente�inammissi- bile�(v.�ordinanza�n.�215�del�2004).� Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara la�manifesta�inammissibilita�della�que- stione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�4�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89�(Previsione�di� equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionevole�del�processo�e�modifica�del- l'articolo�375�del�codice�di�procedura�civile),�sollevata,�in�riferimento�agli�artt.�24�e�101�della� Costituzione,�dalla�Corte�d'appello�di�Genova,�con�l'ordinanza�in�epigrafe.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 7�febbraio�2005�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Corte d'appello di Genova, seconda sezione civile, ordinanza del 24-25 marzo 2005 ^Preso Relo G.�Bonetto.� �(omissis)�Con�provvedimento�reso�all'udienza�del�18�dicembre�2003�questa�Corte�ha� sospeso�il�giudizio�camerale�instaurato�su�ricorso�di�F.C.,�O.A.�e�O.P.�(...),�con�il�quale�si� chiede�la�corresponsione�dell'indennizzo�previsto�dalla�legge�24�marzo�2002.� La�Corte�ha�rilevato�che�la�legge�stessa,�attribuendo�alla�parte�resistentela�facolta�di� eccepire�la�decadenza�di�cui�all'art.�4�della�legge�(per�decorso�del�termine�semestrale�dal� momento�in�cui�il�provvedimento�che�definisce�il�giudizio��presupposto��e�divenuto�defini- tivo)�e�l'organo�giudicante�il�dovere�di�rilevare�anche�d'ufficio�la�decadenza�medesima�(con� la�conseguente�declaratoria�di�inammissibilita�del�ricorso),�senza�peraltro�predisporre�alcuno� strumento�che�consenta�alla�parte�e�all'Ufficio�di�accertare�l'evenienza�prefigurata�come� causa�di�decadenza,�e�cioe�l'avvenuto�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�civile�per�effetto� di�notifica�eseguita�ex art.�326�c.p.c.�non�seguita�dalla�proposizione�di�impugnazione�nel�ter- mine�prescritto,�e�ha�rimesso,�in�separato�procedimento,�la�questione�alla�Corte�costituzio- nale�perche�si�pronunciasse�sulla�legittimita�della�procedura�come�sopra�delineata,�sospen- dendo,�nell'attesa,�il�procedimento�in�corso.� Con�ordinanza�depositata�l'11�febbraio�2005�n.�74�la�Corte�costituzionale,�dichiarando� la�manifesta�inammissibilita�della�questione�sollevata,�ha�statuito:� a)�che�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibilita�della�domanda� di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma�censurata�incombe�alla�parte�istante;� b)�che�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giudice;� c)�che�tale�onere�la�parte�istante�puo�assolvere�grazie�ai�meccanismi�previsti�dagli� artt.�123�e�ss.�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice�di�procedura�civile.� Il�Collegio�rileva�che,�alla�luce�di�tali�principi,�incombe�alla�parte�ricorrente�dimostrare� che�la�sentenza�con�cui�viene�definito�il�giudizio�non�e�stata�oggetto�di�notificazione�e�che,� di�conseguenza,�non�e�iniziato�il�decorso�del�termine�decadenziale�previsto�per�la�proposi- zione�del�ricorso.� Invita,�pertanto,�la�parte�ricorrente,�in�adempimento�dell'onere�di�cui�sopra,�a�produrre� certificazione,�ai�sensi�degli�artt.�123�e�ss.�disp.�att.�cp.c.,�del�Tribunale�di�Prato,�attestante� che�la�sentenza�che�definisce�il�giudizio�non�e�stata�oggetto�di�notificazione�tra�le�parti.� Rinvia�in�prosecuzione�dell'udienza�camerale�del�30�maggio�2005�(...). Genova,�24�marzo�2005�. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� L'attualita�dell'art.�8�c.p. (Suacapacita�espansivacome�risorsagiuridica�sulpiano� della�collaborazioneinternazionalecontro�ilcrimine)� (Corte di Cassazione penale, sezione prima, sentenza 28 aprile ^17 maggio 2004 n. 23181) Uno�dei�punti�di�maggior�contrasto�dialettico�tra�l'accusa,�pubblica�e� privata,�e�la�difesa�nel�primo�processo,�celebrato�in�Italia,�sui��desaparecidos�� argentini�e�stato�quello�sulla�questione�preliminare�della�procedibilita�o�non� nei�confronti�degli�imputati,�tutti�di�nazionalita�argentina,�in�relazione�alla� (corretta)�applicazione�del�disposto�dell'art.�8�c.p.�che,�come�e�noto,�pone�le� condizioni�al�verificarsi�delle�quali�lo�Stato�italiano�puo�esercitare�il�suo�jus poenitendi nei�confronti�del�cittadino�o�dello�straniero�che�abbiano�com- messo,�all'estero,�un�delitto�politico�non�qualificabile�come��delitto�contro�la� personalita�dello�stato��(ex artt.7�e�241�e�ss.�C.p.).� Esula�dalla�presente�trattazione�la�parte�del�contrasto�concernente�la� presenza�della�condizione�di�procedibilita�della�richiesta�del�Ministro�della� giustizia,�di�cui�al�comma�primo�della�norma�in�argomento�(di�cui�pure�si�e� discusso�nel�processo),�volendosi�limitare�il�discorso�a�valutazioni�riguardanti� la��nozione�di�delitto�politico��data�dal�terzo�comma�dell'art.�8�c.p.,� anch'essa�oggetto�di�viva�dialettica.� Il�contrasto�sulla��nozione�di�delitto�politico�,�trascinatosi�fino�in�Cas- sazione,�e�stato�da�questa�risolto�(Cass.�Sez.�I�Penale�n.�23181/2004)�ade- rendo�alla�tesi�della�procedibilita�sostenuta�dall'accusa�e�accogliendo,in�parti- colare,�la�tesi�della�Avvocatura�dello�Stato�(difensore�della�parte�civile�Presi- denza�del�Consiglio�dei�Ministri)�secondo�cui��la definizione di delitto politico data dall'art. 8 c.p. va letta alla luce dell'art. 1O della Costituzione secondo cui l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale�generalmente�riconosciute�,�tra�cui�la�Convenzione�per�la�sal- vaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�firmata�a�Roma� il�4�novembre�1950�e�ratificata�con�legge�848/1955�(�che�obbliga�gli�Stati�con- traenti�al�rispetto�di�alcuni�diritti�fondamentali�nei�confronti�di�ogni�persona� sottoposta�alla�loro�giurisdizione,�quali�il�diritto�alla�vita,�il�diritto�alla� liberta�personale,�il�diritto�a�non�essere�sottoposti�a�tortura,�ecc.).� Da�questa�vicenda�processuale�e�scaturita�la�considerazione�della��attua- lita�dell'art.�8�c.p.��o,�che�e�lo�stesso,�della�sua��modernita���a�distanza�di� oltre�sessant'anni�dalla�promulgazione�del�vigente�Codice�Penale�italiano,� per�le�considerazioni�che�seguono.� Si�ricorda,�innanzitutto,�che,�con�l'art.�8�c.p.,�il�legislatore�penale�ha� introdotto�una�significativa�deroga�ai�criteri�generali�per�la�determinazione� della�competenza�territoriale�della�giurisdizione�italiana.�Tale�e�infatti,�come� noto�a�tutti,�il�criterio�della��territorialita��,�in�quanto�sancito�dall'art.�6�c.p.,� secondo�cui�la�legge�italiana�si�applica�a�tutti�i�reati�commessi�sul�territorio� dello�Stato�italiano,�vuoi�da�cittadini,�vuoi�da�stranieri.� Innanzitutto�si�rileva�che�e�indubbio�che,�mediante�la�deroga�posta�dal- l'art.�8�c.p.�^che�consente,�a�certe�condizioni,�la�perseguibilita�del�delitto� politico�commesso�da�cittadini�italiani�o�stranieri�in�territorio�estero�^il�legi- 140 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� slatore�abbia�inteso�assicurare�la�massima�tutela�ad�alcuni�interessi�fonda- mentali,�rafforzando�la�difesa�dello�Stato�italiano�rispetto�ad�alcune�condotte� valutate�come�gravi�forme�di�offesa�nei�suoi�confronti.�Con�l'art.�8�c.p.,�cioe��,� secondo�quanto�agevolmente�affermato�dalla�dottrina(1),�si�e��in�qualche� modo�temperato�quel�principio�generale�di��territorialita����mediante�il�riferi- mento�e�l'accoglimento,�per�alcune�ipotesi,�di�un�principio�di��difesa��o,� anche,��di�personalita��passiva�.�Tale�temperamento�peraltro�non�e��l'unico:� esso�si�inserisce�in�un�contesto�di��eccezioni��alla�regola�dell'art.�6,�alcune� delle�quali�anche�piu��incisive,�come�quella�prevista�dall'art.�7,�c.p.,�addirittura� ispirate�ad�un�principio�di��universalita��.� La situazione delineata nell'ordinamento italiano corrisponde peraltroa quella della maggior parte degli ordinamenti giuridici moderni. L'ordinamentofrancese,�ad�esempio,�dopo�aver�accolto�il�citato�principio�di� territorialita��(art.�113-2�del�Codice�Penale�francese),�prevede�delle�eccezioni� fondate�sul�principio�della��personalita�attiva��(secondo�cui��la�loipe�nalefran- c�aise�est�applicable�a�toute�crime�commispar�unfranc�ais�hors�du�territoire�de�la� Re�publique,�auxde�lits�commispardes�Franc�ais�hors�du�territoire�de�la�Re�publique� silesfaitssontpunisparla�le�gislationdupaysou�ilsonte�te�commis�,�art.�113-6),� nonche�su�quello�della�personalita�passiva�(�la�loi�pe�nale�est�applicable�a�tout� crime,ainsiqu'a�toutde�litpunid'emprisonnement,�commisparunfranc�aisoupar� un�e�tranger�hors�du�territoire�de�la�Re�publique�lorsque�la�victime�est�de�nationalite� franc�aise�au�moment�de�l'infraction�,�art.�113-7),�stabilendo�per�tali�ipotesi�ecce- zionali�il�requisito,�corrispondente�alla�nostra�condizione�di�procedibilita��,�della� richiesta�del�pubblico�ministero,�preceduta�da�una�richiesta�della�vittima�o�dei� suoi�aventi�diritti,�o�altrimenti�di�una�denuncia�ufficiale�dell'autorita��del�paese� incuiilfattoe��statocommesso(cos|�l'art.�113-8).� Non�molto�diverso,�per�continuare�in�una�esemplificativa�verifica�di� carattere�comparato,�e��,�sul�punto,�lo�stato�dell'ordinamento spagnolo.�Anche� qui,�pur�assunto�quale�base�generale�il�principio�di�territorialita��,�sulla�base� del�quale�procedere�ad�incriminare�cittadini�o�stranieri�che�commettano�reati� nel�territorio�spagnolo,�il�sistema�normativo�della�Spagna�introduce�nume- rose�eccezioni�al�predetto�principio,�esemplificativamente�richiamando�quelle� fondate�sul�principio�di�personalita��attiva�(incriminando�dunque�anche�i� delitti�commessi�fuori�dallo�stato�da�cittadini�spagnoli)�e�a�molteplici�condi- zioni�(principio�della�doppia�incriminazione;�denuncia�o�querela�del�pubblico� ministero�o�della�persona�offesa;�assenza�di�una�pronuncia�all'estero�nei� riguardi�dal�reo);�sul�principio�di��difesa�,�e�cioe��per�i�delitti�commessi�all'e- stero�da�cittadino�spagnolo�o�straniero�ai�danni�dello�Stato�(espressamente� elencati�dalla�norma,�ed�esclusi�invece�quelli�direttamente�in�danno�di�un�cit- tadino�spagnolo);�sul�principio�di��universalita���,�per�alcune�gravi�ipotesi�di� reato�(genocidio,�terrorismo,�...).� (1)�F. Mantovani,�Diritto�penale,�Padova,�2001,�p.�949;�G. Fiandaca, E. Musco,�Diritto� penale,�Parte�generale,�Bologna,�2001,�p.�115�e�ss.;�F. Antolisei, Manuale�di�diritto�penale,�Parte� generale,�Milano,�1994,�p.�108;�Bettiol-PettolellO Mantovani,�Diritto�penale,�Padova,�1986,� p.�174;�M. Romano,�Commentario�sistematico�del�codice�penale,�I,�Artt.�1-84,�Milano,�2004,�p.� 133;�A. Pagliaro,�voce�Legge�penale�nello�spazio,in�Enc.�Giur.,�XXIII,�Milano,�1973,�p.�1054.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Chiarito�che�la�norma�del�Codice�Rocco�si�colloca�nell'ambito�di�un� quadro�(internazionale)�di�eccezioni�alla�regola�generale�della�territorialita�,� secondo�un�indirizzo�comune�agli�ordinamenti�moderni,�diviene�essenziale� chiarirne�la�portata.� In�proposito,�il�nucleo�fondamentale�della�disposizione,�che�coincide,�o� dovrebbe�coincidere,�con�la�ratio�ad�essa�sottesa,�e�costituito�dalla�individua- zione�del�delitto�politico,�che�e�appunto�l'ipotesi�in�cui�opera�il�rafforzamento� della�difesa�degli�interessi�dello�Stato�italiano:�rafforzamento�ben�comprensi- bile�nell'ambito�del�sistema�politico-istituzionale�in�cui�fu�approvato�il�codice� Rocco,�e�cioe�del�sistema�fascista.�Ora,�proprio�in�considerazione�di�tali�piu� forti�esigenze�di�tutela,�quali�avvertite�all'epoca�della�stesura�del�vigente� codice�penale,�e�evidente�che�gli�attuali�aspetti�problematici�connessi�alla� disposizione�ruotano�necessariamente�intorno�alla�interpretazione�ed�alla� valenza�da�dare�oggi�(operando�oggi�la�norma�in�un�sistema�antitetico� rispetto�a�quello�delle�sue�origini)�alla�nozione�che�l'art.�8�c.p.�da�del�delitto� politico�.� La�nozione�di��delitto�politico��e�chiaramente�data�dal�comma�terzo�del- l'art.�8�c.p.,�secondo�il�quale��agli�effetti�della�legge�penale,�e�delitto�politico� ogni�delitto,�che�offende�un�interesse�politico�dello�Stato,�ovvero�un�delitto� politico�del�cittadino�,�aggiungendo,�poi,�che��e�altres|�considerato�delitto�poli- ticoildelittocomunedeterminato,�intuttooinparte,damotivipolitici�.� In�realta�,�le�maggiori�controversie�interpretative�sono�insorte�principal- mente�con�riferimento�all'ultimo�periodo�della�norma,�che�definisce�il�c.d.� �delitto�soggettivamente�politico��(2).� Abbastanza�agevole,�infatti,�e�la�delimitazione�del�primo�caso�di�delitto� politico,�quello�cioe�di��delitto�oggettivamente�politico�:�tale�categoria�infatti� va�naturalmente�definita�in�ragione�dell'interesse�of ffeso,�e�cioe�,�secondo�auto- revole�e�condivisa�interpretazione,�dell'interesse�politico�quale��interesse� dello�Stato�complessivamente�considerato,�toccando�l'assetto�delle�compo- nenti�essenziali�dello�Stato�stesso�(indipendenza�e�sicurezza,�integrita�territo- riale,�forma�di�governo),�restandovi�fuori�i�profili�concernenti�lo�stato-- apparato�o�gli�ordinamento�sociali��(3).� Piu�consistenti,�invece,�sono�i�profili�critici�che�presenta�la�nozione�di� delitto��soggettivamente�politico�,�in�quanto�legati�al�pericolo�che�essa,�ove� eccessivamente�dilatata,�conduca�ad�una�estensione�smisurata�dell'applica- zione�della�norma(4).�In�effetti,�a�tale�interpretazione�estensiva�ha�aderito,� per�molto�tempo,�la�giurisprudenza,�la�quale�ricorrentemente�definiva� movente�politico��l'agire�in�concreto�per�interessi�che�trascendono�l'indivi- duo,�per�investire�le�collettivita�sociali�mediante�agitazione�di�idee�o�attivita� (2)�D.�Pulitano�,�voce�Delitto�politico,in�Dig.�disc.�pen.,III,�Torino,�1989,p.�360;�G.�De� Francesco,�voce�Reato�politico,in�Enc.�dir.,�XXXVIII,�Milano,�1987,�pp.�897�e�ss.;�G.�Marini,� voce�Delitto�politico,in�Noviss.�Dig.�it.,�Appendice,�I,�1981,�p.�1046;� (3)�Pulitano�,�voce�Delitto�politico,cit.,�p.�360.� (4)�De�Francesco,�voce�Reato�politico,�cit.,�p.�989.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO pratiche dirette a imporre soluzioni determinate, in contrasto con quelleprop oste dagli avversari, soluzioni di indole strettamente politica, o economico-s ociale, indipendentemente da quelli che possono essere i segreti impulsi psic hici, o la moralita� dei fini che s'intendono raggiungere� (5). Ferma e condiv isibile la delimitazione della nozione in rapporto agli impulsi psichici interni ed inespressi, vivaci critiche, invece, ha spesso sollevato la dottrina in ordine all'equiparazione operata dalla giurisprudenza tra motivi politici e motivi economico-sociali(6). In realta� , ilproblema�difondo�che emerge a fronte di una troppo estesa nozione di delitto politico, e� strettamente collegato alla finalita� per la quale si ricorre a tale nozione. In particolare, i piu� rilevanti dubbi interpretativi hanno riguardato i rapp orti tra la nozione offerta dal codice penale, ora ricordata, e il�richiamo�al� concetto�di��reato�politico��operato�dalla�Costituzione�agli�art.�10�e�26. Entrambe le norme costituzionali, infatti, richiamano tale concetto per imporre un limite alla estradizione, rispettivamente dello straniero e del cittad ino, e tuttavia non forniscono, come fa il comma terzo dell'art. 8, una prop ria definizione di esso. E allora, la questione di fondo, sulla quale si sono scontrate diverse opinioni dottrinali, e� stata quella di comprendere se il riferim ento costituzionale, tecnicamente gia� piu� ampio, in quanto riferito ai reati e non solo ai delitti, andasse letto alla luce della definizione data dal terzo comma dell'art. 8 c.p., o invece autonomamente(7). In�cio�,�evidentemente,�la� disposizione�codicistica�gia�rivela�uno�dei�fondamentali�risvolti�della�sua�por- tata�di�generale��risorsa�interpretativa�.� E, in proposito, se la giurisprudenza s'e� sempre sostanzialmente mossa nell'ottica di una sostanziale corrispondenza tra le indicazioni di legislazione ordinaria e quelle di carattere costituzionale (anche quando piu� recentemente essa ha assunto posizioni piu� restrittive in merito al significato di delitto polit ico) (8), la dottrina, a parte una piu� risalente opinione volta a riconoscere tale corrispondenza, e� oggi piu� ampiamente orientata verso concezioni di tipo �autonomistico� (9). (5) Cass. pen., 8-1-1949, in Giust. pen., 1949, II, p. 346; Cass. pen., 26-4-1948, ivi, 1948, II, p. 794, con nota di Granata, e in Riv. it. dir. proc. pen., con nota di Nuvolone; Cass. pen., 18-1-1978, in Cass. pen. mass., 1979, p. 540. (6) Nuvolone, Delittopolitico e diritto d'asilo,in Ind.pen., 1970, pp. 170 e ss.; Mazzacuva, Commento all'art. 26 della Costituzione,in Comm. Cost. Branca,1981, pp. 337 e ss. (7) Pulitano� voce Delitto politico,cit., p. 361; De�Francesco, voce Reato politico,cit., p. 902; Marini, voce Delitto politico, p. 1046; di recente vedi altres|� A.�Ciancio, Reato politico e limiti costituzionali all'estradizione,in Riv. trim. dir. pub., 2001, pp. 278 e ss. (8) Cass. pen., S. U., 5-3-1949, in Giust. Pen., 1950, II, p. 385; Cass. pen., 29-10-1951, ivi, 1951, II, p. 103; Cass. pen., 6-9-1957, ivi., 1958, II, p. 1; Cass. pen, 5-4-1961, in Giur. it., 1964, II, p. 64; Cass. pen., 14-1-1982, in Cass. pen., 1983, p. 1112. (9) Quadri, voce Estradizione (dir. int.),in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, p. 43; Cassese, Commento all'art. 10, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna, 1975, p. 553; Mazzacuva, Commento all'art. 26 della Cost., cit., pp. 317 e ss.; Pagliaro, La nozione di reatopolitico aifini dell'estradizione,in Riv. it. dir. proc. pen.,1983, pp. 807 e ss. IL CONTENZIOSO NAZIONALE In particolare, e� abbastanza diffusa l'idea che il Costituente abbia accolto esclusivamente l'accezione �oggettiva� del delitto politico (10), doven- dosi ritenere estranea agli artt. 1O e 26, invece, la categoria dei reati �sogget- tivamente politici�. Tale interpretazione muove peraltro dall'esigenza di con- temperare le norme costituzionali richiamate con gli altri valori tutelati dalla Carta Fondamentale, a cominciare dalle �liberta� democratiche� (11). Nell'ambito di tale panorama problematico va dunque letta la�sentenza� della�Cassazione�n.�23181/2004, con la quale si e� concluso, dopo un lungo iter� procedimentale, il primo processo italiano sulla drammatica vicenda dei �desaparecidos�. In particolare, essa ha sostanzialmente recepito le impostazioni generali di cui s'e� discusso, peraltro con alcune aperture alquanto innovative. Da un lato, infatti, si e� ribadito il significato del delitto �oggettivamente politico� quale delitto individuato in base alla natura del bene giuridico offeso; dall'altro s'e� incentrata la sostanza del delitto �soggettivamente poli- tico� nel movente di natura politica, �nel senso che l'agente sia stato spinto a delinquere al fine di poter incidere sulla esistenza, costituzione e funziona- mento dello Stato ovvero favorire o contrastare idee o tendenze politiche proprie dello Stato o offendere un diritto politico del cittadino�. Date tali premesse, dunque, la Cassazione ha ritenuto di dover condivi- dere le conclusioni delle Corti di merito circa la natura politica ^si badi bene ^sia oggettiva che soggettiva dei reati commessi, in base ad una�lettura�del- l'art.�8�alla�luce�dell'art.�10�della�Costituzione,�comma�primo�(12). In ragione di tale lettura, secondo la Cassazione, i delitti commessi dai militari argentini ^sicuramente realizzati per un �movente politico�, consi- stente �nel contrastare idee e tendenze politiche delle vittime, in quanto iscritte a sindacati, partiti politici o ad associazioni universitarie,� ^offende- vano gia� direttamente (e dunque si configuravano gia�oggettivamente�come �politici�) �un interesse politico dello Stato italiano, consistente�nel�diritto- dovere�di�intervenire�per�tutelare�i�diritti�di�cittadini�italiani�e�per�fornire�loro� l'assistenza�necessaria, ma anche i diritti fondamentali delle stesse vittime, garantiti dalla nostra Carta Costituzionale e da norme internazionali ricono- sciute dal nostro ordinamento giuridico, come il diritto alla vita, alla liberta� personale, il diritto di associazione,...� (ragioni per le quali la Presidenza del Consiglio dei Ministri si era costituita parte civile in tale processo). Sotto tale profilo si manifesta, a nostro avviso, l'aspetto�piu�originale�del� ragionamento�della�Suprema�Corte, che valorizza il significato dell'art. 8 c.p., gia� in ordine all'accezione oggettiva del �delitto politico�, evidenziandone il (10) Nuvolone, Delitto�politico,�cit., p. 179; Mazzacuva, Commento�all'art.�26�della�Costitu- zione, cit., p. 343. (11) Cassese, Commento�all'art.�10,�cit., p. 553. (12) In particolare la Corte fa leva sull'idea che, tra il recepimento di norme del diritto inter- nazionale generalmente riconosciute, figurino anche quelle della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e del cittadino, firmata a Roma il 4/11/195O e ratificata con L. 848/1955. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ruolo�di�moderna��risorsa��giuridica�nell'attuale�contesto�di�sempre�piu� intensi�rapporti�e�scambi�internazionali�posti�in�essere�dai�cittadini�italiani,� in�relazione�alla�loro�presenza,�occasionale�o�stabile,�in�stati�stranieri.� In�realta�,�le�questioni�problematiche�derivanti�dalla�lata�delineazione�del� delitto�politico�accolta�dal�Codice�Rocco,�come�intuisce�la�maggioranza�della� dottrina,�riguardano�il�temperamento�delle�ricordate�^ed�originarie�e sigenze�di��difesa��dell'interesse�dello�Stato�con�le�diverse�^ma�attualie sigenze�a�tutela�di�altri�e�fondamentali�valori�protetti�sia�dall'attuale�ordina- mento�giuridico�dello�Stato�italiano,�sia�dalla�maggioranza�degli�altri� (moderni)�ordinamenti�giuridici.� Da�un�lato,�infatti,�il�piu�intenso�adeguamento�della�repressione�di�fatti� lesivi�di�interessi�politici�dello�Stato�va�calibrato�nell'ambito�di�un�sistema� democratico�e�pluralista,�quale�quello�nazionale�italiano�attuale(13).� Dall'altro,�la�centralita�di�alcuni�valori�fondamentali,�lesi�da�condotte� motivate�da�intenti�politici�(appunto�la�vita�e�le�liberta�fondamentali�dell'in- dividuo)�e�riconosciuti�dalla�comunita�giuridica�internazionale,�comporta�(o� dovrebbe�comportare)�che�il�sistema�delle�nazioni�(o�i�suoi�membri�meno� chiusi�nel�loro�interesse�particolare)�difficilmente�potra�continuare�a�soppor- tare�restrizioni�alla�universale�perseguibilita�di�quelle�condotte,�e�dunque�in primis,�restrizioni�all'utilizzo�dello�strumento�dell'estradizione(14).� Ecco,�quindi,�che�la�portata�dell'art.�8�del�c.p.�va,�pertanto,�necessaria- mente�misurata�e�valutata�in�stretto�raffronto�con�i�temi�fondamentali�ed� attualissimi�del�diritto�penale�internazionale.� In�proposito,�anzi,�devono�essere�sottolineate�indicazioni�che,�con�pun- tuale�evidenza�ispirate�alle�drammatiche�vicende�dei��desaparecidos�,�sono� contenute�nello�Statuto�di�Roma�della�Corte�penale�internazionale,�adottato� da�120�Stati�in�seno�alla�conferenza�diplomatica�delle�Nazioni�Unite�a�Roma,� il17luglio1998,�eratificatodall'Italiaconlaleggen.�232del1999�(15).� Particolare�attenzione,�soprattutto,�merita�l'articolo�7�dello�Statuto,il� quale�elenca�e�definisce�i�delitti�facenti�parte�dei��crimini�contro�l'umanita��,� in�rapporto�ai�quali,�e�tra�gli�altri�(16),�la�Corte�ha�una�propria�competenza.� Infatti,�la�disposizione�(con�impressionante,�fotografica�descrizione�delle� tragiche�vicende�dei��desaparecidos�)�indica�tra�gli�atti�rilevanti�come��cri- (13)�Sul�problema�della�legittimazione�del�diritto�penale�politico�cfr.�Pulitano�,�voce�Delitto politico,�cit.,�p.�359.� (14)�Ciancio,�Reatopolitico elimiticostituzionaliall'estradizione,�cit.,�pp.�278�e�ss.� (15)�Entrato�in�vigore�il�1�luglio�2002,�lo�Statuto,�per�la�parte�che�concerne�l'Italia,�e�in�attesa� delle�norme�interne�di�adeguamento,�necessarie�per�l'effettivo�funzionamento�della�Corte�penale� internazionale.� (16)�I�crimini�per�i�quali�la�Corte�ha�la�competenza�sono,�secondo�l'articolo�5�dello�Statuto:� crimini�di�genocidio,�crimini�contro�l'umanita�,�crimini�di�guerra,�crimini�di�aggressione�(per� quanto�in�ordine�a�quest'ultimo�il�comma�secondo�della�stessa�norma�stabilisca�che�la�Corte�eser- citera�il�proprio�potere�giurisdizionale�su�quel�crimine�successivamente�all'adozione,�in�conformita� agli�articoli�121�e�123,�della�disposizione�che�definira�tale�crimine,�e�che�tale�norma�dovra�essere� compatibile�con�le�disposizioni�in�materia�della�Carta�delle�Nazioni�Unite).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� mini�contro�l'umanita��,��se�commessi�nell'ambito�di�un�esteso�o�sistematico� attacco�contro�popolazioni�civili,�e�con�la�consapevolezza�dell'attacco�,�la� sparizione�forzata�delle�persone�(lettera�i).�Il�comma�secondo�della�stessa� norma,�invero,�definisce�tale�condotta�come��l'arresto,�la�detenzione�o�il�rapi- mento�delle�persone�da�parte�o�con�l'autorizzazione,�il�supporto�o�l'acquiescenza� di�uno�Stato�o�organizzazione�politica,�che�in�seguito�rifiutino�di�riconoscere�la� privazione�della�liberta�o�di�dare�informazioni�sulla�sorte�di�tali�persone�o�sul� luogo�ove�le�stesse�si�trovano,�nell'intento�di�sottrarle�alla�protezione�della�legge� per�un�prolungato�periodo�di�tempo�.� Tali�disposizioni�vanno�evidentemente�lette�nell'ambito�del�quadro�gene- rale�dello�Statuto�e�delle�regole�fondamentali�di�funzionamento�della�Corte� penale�internazionale.� In�particolare,�e�innanzitutto�molto�significativo�che�la�Corte,�ai�sensi� dell'articolo 1 dello Statuto e�in�rapporto�ai�crimini�di�sua�competenza,�puo� esercitare�il�suo�potere�giurisdizionale�direttamente�sulle�persone�fisiche.� Naturalmente,�tale�principio�viene�contemperato�da�quello�di��sussidiarieta��,� indicato�subito�dopo�dallo�stesso�articolo�1,�secondo�il�quale�la�Corte�e� �complementare�alle�giurisdizioni�penali�nazionali�.�Cio�che�tuttavia�e�mas- simamente�rilevante�e�la�determinazione�della�giurisdizione�e�delle�modalita� di�intervento�della�Corte.� A�tal�proposito�significativi�sono�gli�articoli�12�e�13,�rispettivamente�rela- tivi�alla�competenza�della Corte e alle condizioni�di�procedibilita�.� Secondo�laprima�norma,�infatti,�la�Corte�puo�esercitare�il�proprio�potere� giurisdizionale�se,�tra�gli�Stati�parti�dello�Statuto�o�tra�quelli�che�hanno� accettato�la�competenza�della�Corte(17),�vi�e�lo�Stato�nel�cui�territorio�hanno� avuto�luogo�l'atto�o�l'omissione�in�oggetto�(o,�se�il�crimine�e�stato�commesso� a�bordo�di�una�nave�o�di�un�aeromobile,�lo�Stato�della�bandiera�o�di�immatri- colazione�di�tale�nave�o�aeromobile)�oppure,�e�dunque�in�alternativa,�vi�e�lo� Stato�del�quale�la�persona�accusata�ha�la�nazionalita�.� Quanto�poi�alle�condizioni�di�procedibilita�,�l'art.�13�prevede:�la�segnala- zione�di�uno�Stato�parte�al�Procuratore�di�una�situazione�nella�quale�uno�o� piu�crimini�appaiono�commessi;�la�medesima�segnalazione�del�Consiglio�di� Sicurezza�al�Procuratore,�nell'ambito�delle�azioni�prevedute�dal�capitolo�VII� della�Carta�delle�Nazioni�Unite;�oppure,�ancora,�l'apertura�di�un'indagine� da�parte�dello�stesso�Procuratore.�Tale�disciplina�si�completa�per�la�verita�,� specie�per�dirimere�le�controversie�in�ordine�all'interferenza�con�le�giurisdi- zioninazionali,�con�l'art.�17�dello�Statuto�(18).� E�evidente,�dunque,�che�il�sistema�delineato�dal�predetto�Statuto,�una� volta�che�siano�superate�le�difficolta�pratiche�inerenti�all'adeguamento�delle� (17)�Secondo�il�terzo�comma�(paragrafo)�dell'art.�12,�se�e�necessaria,�a�norma�delle�disposi- zioni�del�paragrafo�2,�l'accettazione�di�uno�Stato�non�parte�del�presente�Statuto,�tale�Stato�puo� con�dichiarazione�depositata�in�cancelleria,�accettare�la�competenza�della�Corte�sul�crimine�di� cui�trattasi.� (18)�In�particolare,�stabilisce�il�comma�primo�dell'art.�17:��Con�riferimento�al�decimo�comma� del�preambolo�ed�all'articolo�primo�del�presente�Statuto,�la�Corte�dichiara�improcedibile�il�caso� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� normative�interne,�e�destinato�ad�incidere�significativamente�su�quei�reati�di� massima�gravita�,�rispetto�ai�quali�le�eventuali�limitazioni�frapposte�dalle�giu- risdizioni�nazionali�necessitano,�evidentemente,�di�adeguati�(e�quanto�mai� auspicabili!)�ripensamenti�da�parte�degli�stati�aderenti.� In�questo�contesto,�allora,�va�misurata�anche�la�capacita�espansiva�delle� disposizioni�dell'art.�8�del�nostro�codice�penale,�con�riferimento,�appunto,�ai� riflessi�che�la�norma�^per�quanto�riguarda�la�nostra�Nazione�^puo�avere�sul� piano�della�collaborazione�internazionale�contro�il�crimine,�in�particolare�con- tro�i��crimini�contro�l'umanita��,�oggetto�ancora�oggi�di�dichiarazioni�di�intenti� che,�pero�,�tali�restano�in�molti�casi,�senza�approdare�alla�realizzazione�condi- visa�di�un�concreto�strumento�normativo�di�sicura�efficacia�internazionale.� Avv. Giovanni Pietro de Figueiredo Dott.ssa Enrica Villani Corte di Cassazione penale, sezione prima, sentenza 28 aprile ^17 maggio 2004 n. 23181 ^ Pres.�R.�Teresi�^P.G. M.�Fraticelli�^Ricorso�proposto�da:�Suarez�Mason�Carlos�Guil- lermo�n.�il�24�gennaio�1924;�parti�civili:�Regione�Emilia�Romagna;�Cisl-Uil;�Regione� Marche;�Regione�Piemonte;�Provincia�Oristano;�Regione�Autonoma�della�Sardegna� (avv.�dello�Stato�G.�de�Figueiredo),�avverso�sentenza�del�17�marzo�2003�Corte�Assise� Appello�di�Roma.� �(Omissis) �Svolgimento delprocesso. ^Il�presente�processo�riguarda�vari�delitti�(omicidi� volontari,�sequestri�dipersona,�lesioni�edaltro)commessiindanno�di�cittadiniitaliani�residenti� inArgentinaapartiredal24�marzo1976,dataincuiilpoteremilitareinstauro�ladittaturasotto� il�comando�del�generale�dell'esercito�Jorge�Videla.�A�seguito�di�lunghe�e�laboriose�indagini�in� relazione�alla�vicenda�dei��desaparecidos�,�tali�delitti,�meglio�specificati�nei�capi�di�imputa- zione,�furono�contestati�a�soggetti�facenti�parte�all'epoca�degli�alti�gradi�dell'organico�della� pubblica�amministrazione�argentina,�i�quali,�puravendo�concorsoinvario�modo�nellacommis- sione�dei�suddetti�delitti,�non�erano�stati�giudicati�dall'autorita'�giudiziaria�di�quello�Stato.� Per�la�parte�che�ancora�interessa�in�questa�sede,�con�sentenza�17�marzo�2003�la�Corte�di� Assise�di�Appello�di�Roma�confermava�la�sentenza�06�dicembre�2000�della�Corte�di�Assise� di�Roma,�con�la�quale�Suarez�Mason�Carlos�Guillermo�(giudicato�insieme�ad�altri�imputati� non�ricorrenti)�era�stato�condannato�alla�pena�dell'ergastolo�con�isolamento�diurno�per�la� durata�di�anni�tre,�oltre�al�risarcimento�dei�danni�a�favore�delle�costituite�parti�civili,�siccome� ritenuto�colpevole,�nella�sua�qualita�di�comandante�del�primo�corpo�dell'esercito�argentino� e�di�responsabile�della�zona�prima�di�Buenos�Aires,�dei�delitti�di�omicidio�aggravato�di� Laura�Estela�Carlotto,�Norberto�Mio�Morresi,�Pedro�Luis�Mazzocchi,�Luis�Alberto�Fabbri,� Daniel�Jesus�Ciuffo,�nonche�del�delitto�di�sequestro�del�neonato�Guido�Carlotto,�tutti�fatti� commessi�in�Argentina�tra�il�1976�ed�il�1978.� Preliminarmente�la�Corte�territoriale�disattendeva�varie�eccezioni�sollevate�dalla�difesa� di�Suarez�Mason.� se:�a)�sullo�stesso�sono�in�corso�di�svolgimento�indagini�o�provvedimenti�penali�condotti�da�uno� Stato�che�ha�su�di�esso�giurisdizione,�a�meno�che�tale�Stato�non�intenda�iniziare�le�indagini�ovvero� non�abbia�la�capacita�di�svolgerle�correttamente�o�di�intentare�un�procedimento;�b)lostessoe� stato�oggetto�di�indagini�condotte�da�uno�Stato�che�ha�su�di�esso�giurisdizione�e�tale�Stato�ha� deciso�di�non�procedere�nei�confronti�della�persona�interessata,�a�meno�che�la�decisione�non�costi- tuisca�il�risultato�del�rifiuto�o�dell'incapacita�dello�Stato�di�procedere�correttamente;�c)�che�la�per- sona�interessata�e�gia�stata�giudicata�per�la�condotta�oggetto�della�denunzia�e�non�puo�essere�giu- dicata�dalla�Corte�a�norma�dell'art�20,�paragrafo�3;�d)�il�fatto�non�e�di�gravita�sufficiente�da�giusti- ficare�ulteriori�azioni�da�parte�della�Corte�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� In�particolare,�quanto�alla�eccezione�relativa�alla�non�corretta�instaurazione�del�rap- porto�processuale,�la�Corte�riteneva�che�giustamente�nel�giudizio�di�primo�grado�l'imputato� era�stato�dichiarato�assente,�in�quanto�lo�stesso,�a�seguito�della�richiesta�di�assistenza�giudi- ziaria,�aveva�dichiarato�al�Giudice�Federale�argentino�che�non�intendeva�comparire�davanti� all'autorita�giudiziaria�italiana,�volendo�prima�dimostrare�la�propria�innocenza�in�ordine�ai� reati�di�sottrazione�dei�minori�contestatigli�in�Argentina�e�solo�successivamente�valutare�la� possibilita�di�presentarsi�davanti�all'autorita�giudiziaria�italiana.� Quanto�alla�eccezione�relativa�al�difetto�di�procedibilita�,�la�Corte�territoriale,�dopo�aver� precisato�che�non�vi�era�prova�che�l'imputato�fosse�stato�giudicato�per�gli�stessi�reati�in� Argentina,�osservava�da�un�lato�che�la�richiesta�di�procedimento�era�pienamente�valida�ed� efficace,�in�quanto�avanzata�dal�Ministro�della�Giustizia�in�data�21�gennaio�1983�e�confer- mata�con�nota�ministeriale�in�data�08�agosto�1996�nell'ambito�dello�stesso�procedimento,� dall'altro�che�i�delitti,�tutti�commessi�in�danno�di�cittadini�italiani�residenti�all'estero,�dove- vano�considerarsi�politici,�in�quanto�lesivi�del�diritto�primario�alla�vita�ecomunquediretti� a�contrastare�idee�e�tendenze�politiche�e�sociali�proprie�delle�vittime.� Nel�merito�la�Corte�riteneva�provata�la�responsabilita�dell'imputato�sulla�base�di�nume- rose�testimonianze�e�di�atti�processuali�provenienti�da�processi�celebrati�in�Argentina,�dei� quali�se�ne�omette�l'illustrazione,�trattandosi�di�materiale�probatorio�non�oggetto�dei�motivi� di�ricorso.� Avverso�la�predetta�sentenza�ha�proposto�ricorso�il�difensore�dell'imputato�Suarez� Mason,�che�ne�ha�chiesto�l'annullamento�per�i�seguenti�motivi.� Con�il�primo�motivo�si�deduce�la�violazione�di�legge�in�relazione�alla�ritenuta�costitu- zione�del�rapporto�processuale�sul�rilievo�che�la�Corte�territoriale�non�aveva�considerato� che�l'imputato�non�si�era�rifiutato�di�presenziare�al�dibattimento,�essendosi�limitato�a�dichia- rare�di�voler�rinviare�la�sua�partecipazione�al�giudizio�all'esito�del�processo�pendente�nei�suoi� confronti�in�Argentina�per�il�quale�si�trovava�ristretto�agli�arresti�domiciliari.� Con�il�secondo�motivo�si�deduce�la�violazione�dell'art.�8�c.p.�sul�rilievo�che�i�delitti�non� potevano�essere�considerati�politici,�in�quanto�non�risultava�che�le�persone�offese�nel�pre- sente�processo�fossero�state�perseguitate�a�causa�delle�loro�origini�italiane�o�della�loro�appar- tenenza�a�partiti�politici�italiani�o�sindacati�italiani.�Pertanto,�non�ricorrendo�la�lesione�di� un�interesse�politico�dello�Stato�italiano�o�di�un�diritto�politico�del�cittadino�italiano,�doveva� ritenersi�carente�la�condizione�di�procedibilita�prevista�dall'art.�8�c.p..�Si�deduce�inoltre�che� la�richiesta�del�Ministro�doveva�considerarsi�da�un�lato�generica,�in�quanto�diretta�nei�con- fronti�di�soggetti�non�individuati,�dall'altro�tardiva,�in�quanto�avanzata�solo�in�data�21�gen- naio�1983,�mentre�i�fatti�relativi�ai��desaparecidos��erano�stati�portati�a�conoscenza�dell'opi- nione�pubblica�a�mezzo�stampa�sin�dall'estate�del�1982.�Si�deduce�infine�che�la�richiesta�del� Ministro�non�poteva�considerarsi�ancora�valida�ed�efficace�in�relazione�al�nuovo�procedi- mento�instaurato�a�seguito�della�denuncia-querela�presentata�dalle�attuali�parti�offese,�in� quanto�detto�procedimento�si�riferiva�a�fatti�nuovi�e�diversi�per�i�quali�in�precedenza�non� erano�state�svolte�indagini,�mentre�il�precedente�procedimento,�cui�si�riferiva�la�richiesta� del�Ministro,�era�stato�archiviato.� Con�il�terzo�motivo�si�deduce�la�violazione�dell'art.�11,�comma�2,�c.p.�sul�rilievo�che�la� Corte�di�merito�non�aveva�considerato�che�per�gli�stessi�delitti�il�ricorrente�era�stato�gia'�giu- dicato�in�Argentina,�di�guisa�che,�ai�fini�della�procedibilita',�era�necessaria�la�richiesta�del� Ministro�ai�sensi�dell'art.�11,�comma�2,�c.p..� Motivi della decisione. Il�ricorso�non�merita�accoglimento. Manifestamente�infondato�deve�ritenersi�il�primo�motivo�relativo�alla�mancata�costitu- zione�del�rapporto�processuale.� Invero�risulta�dalla�sentenza�impugnata�che�il�ricorrente,�all'epoca�ristretto�agli�arresti� domiciliari�in�Argentina,�a�seguito�di�richiesta�di�assistenza�giudiziaria,�fu�interpellato�dal� Giudice�Federale�argentino�se�intendesse�essere�presente�in�giudizio.�In�tale�occasione�il� ricorrente�rispose�che�non�intendeva�comparire�davanti�all'autorita�giudiziaria�italiana,�riser- vandosi�di�valutare�la�possibilita�di�presentarsi�in�giudizio�solo�dopo�aver�dimostrato�la�pro- pria�innocenza�in�altro�processo�pendente�davanti�all'autorita�giudiziaria�argentina.�Non�vi� e�dubbio�che�tale�comportamento,�come�giustamente�affermato�dalla�Corte�di�merito,�era� indicativo�di�una�inequivoca�volonta�del�ricorrente�di�non�presenziare�all'udienza�o,�quanto- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� meno,�era�espressione�di�una�volonta�che�per��facta concludentia��non�poteva�che�essere� interpretata�in�tal�senso.�Pertanto,�poiche�nel�caso�di�specie,�a�fronte�del�suo�rifiuto�a�presen- ziare�all'udienza,�l'imputato�e�stato�dichiarato�assente,�deve�ritenersi�che�il�rapporto�proces- suale�sia�stato�validamente�instaurato.� Infondato�deve�ritenersi�il�secondo�motivo�diretto�a�contestare�la�natura�politica�dei� delitti�in�esame.� Va�premesso�che,�secondo�l'elaborazione�giurisprudenziale�relativa�al�terzo�comma�del- l'art.�8�c.p.,�sono�delitti�oggettivamente�politici�quelli�diretti�ad�offendere�un�interesse�poli- tico�dello�Stato�o�un�diritto�politico�del�cittadino,�mentre�sono�soggettivamente�politici�quelli� comuni,�determinati�in�tutto�o�in�parte,�da�motivi�politici.�Nel�delitto�oggettivamente�poli- tico�e�rilevante�solo�la�natura�del�bene�giuridico�offeso,�mentre�per�la�sussistenza�del�delitto� comune�soggettivamente�politico�e�necessario�che�ricorra�un�movente�di�natura�politica�nel� senso�che�l'agente�sia�stato�spinto�a�delinquere�al�fine�di�poter�incidere�sulla�esistenza,�costi- tuzione�e�funzionamento�dello�Stato�ovvero�favorire�o�contrastare�idee�o�tendenze�politiche� proprie�dello�Stato�o�offendere�un�diritto�politico�del�cittadino.�Ne�puo'�ritenersi�sufficiente� ad�escludere�la�natura�politica�del�delitto�comune�la�circostanza�che�il�delitto�sia�stato�com- messo�per�motivi�in�parte�o�non�prevalentemente�politici,�atteso�il�tenore�letterale�dell'ultima� parte�del�terzo�comma�dell'art.�8�c.p.,�che�equipara�il�delitto�politico�al�delitto�comune�deter- minato��in�tutto�o�in�parte��da�motivi�politici.� Cio'�premesso�non�puo'�che�condividersi�la�conclusione�cui�sono�pervenuti�i�giudici�di� merito�circa�la�natura�politica,�sia�oggettiva�che�soggettiva,�dei�delittiin�esame,�tanto�piu� che�la�definizione�di�delitto�politico�data�dall'art.�8�c.p.�va�letta�alla�luce�dell'art.�10�della� Cost.�secondo�cui��l'ordinamento�giuridico�italiano�si�conforma�alle�norme�del�diritto�inter- nazionale�generalmente�riconosciute�.�E�tra�tali�norme�va�ricordata�la�convenzione�per�la� salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�firmata�a�Roma�il�4�novem- bre�1950�e�ratificata�con�legge�n.�848�del�1955,�che�obbliga�gli�Stati�contraenti�al�rispetto�di� alcuni�diritti�fondamentali�nei�confronti�di�ogni�persona�sottoposta�alla�loro�giurisdizione,� quali�il�diritto�alla�vita,�il�diritto�alla�liberta�personale,�il�diritto�ad�un�processo�equo,�il� diritto�a�non�essere�sottoposto�a�tortura,�ecc..� Orbene�nel�caso�di�specie�i�delitti�^tutti�di�eccezionale�gravita�come�risulta�dalla�moti- vazione�della�sentenza�impugnata,�della�quale�non�viene�illustrato�il�merito,�in�quanto�non� contestato�con�i�motivi�di�ricorso�^furono�commessi�in�danno�di�cittadini�italiani�residenti� in�Argentina�non�in�circostanze�occasionali,�ma�in�esecuzione�di�un�preciso�piano�criminoso� diretto�alla�eliminazione�fisica�degli�oppositori�al�regime�senza�il�rispetto�di�alcuna�garanzia� processuale�e�al�solo�scopo�di�contrastare�idee�e�tendenze�politiche�delle�vittime,inquanto� iscritte�a�sindacati,�partiti�politici�o�ad�associazioni�universitarie.�Pertanto�tali�delitti�non� solo�offendevano�un�interesse�politico�dello�Stato�italiano,�che�aveva�il�diritto�e�il�dovere�di� intervenire�per�tutelare�i�diritti�di�cittadini�italiani�e�per�fornire�loro�l'assistenza�necessaria,� ma�anche�i�diritti�fondamentali�delle�stesse�vittime,�garantiti�dalla�nostra�Carta�Costituzio- nale�e�da�norme�internazionali�recepite�nel�nostro�ordinamento�giuridico,�come�il�diritto�alla� vita,�il�diritto�alla�liberta'�personale,�il�diritto�di�associazione,�il�diritto�di�manifestare�le�pro- prie�idee,�ecc..� Ne'�puo�ritenersi�fondato�il�motivo�relativo�alla�genericita�o�alla�tardivita�della�richiesta� di�procedimento.�Infatti�nella�stessa�richiesta�ministeriale�del�21�gennaio�1983�viene�fatto� esplicito�riferimento�alla�vicenda�dei��desaparecidos��di�nazionalita�italiana�con�sufficienti� indicazioni�sia�delle�persone�offese,�sia�delle�condizioni�di�tempo�e�di�luogo�in�relazione�ai� delitti�commessi�in�danno�delle�stesse.� D'altra�parte�la�richiesta�non�poteva�che�essere�generica�in�relazione�ai�soggetti�da�sot- toporre�a�indagini,�in�quanto�all'epoca�non�erano�note�le�persone�che�si�erano�macchiate�di� tali�gravi�delitti.�Per�tale�ragione�deve�essere�senz'altro�disatteso�anche�l'ulteriore�motivo� relativo�alla�tardivita�della�richiesta,�in�quanto�inizialmente�i�fatti�erano�tutti�da�accertare� sia�sotto�il�profilo�della�loro�eccezionale�gravita�,�sia�in�relazione�ai�soggetti�cui�dovevano� essere�attribuiti.� Ne'�la�richiesta�del�Ministro�puo�considerarsi�inefficace�o�invalida�in�relazione�ai�fatti� oggetto�del�presente�processo.�Infatti�^a�parte�la�considerazione�che�la�richiesta�di�procedi- mento�ex art.�8�c.p.,�costituendo�espressione�di�una�scelta�discrezionale�di�natura�politica,�e� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� un�atto�irrevocabile�per�espressa�previsione�di�legge�(art.�129�c.p.)�^va�rilevato�che�sul�punto� la�Corte�territoriale�ha�svolto�una�esauriente�e�condivisibile�motivazione,�chiarendo�che�nel� caso�di�specie�non�si�trattava�di�distinti�procedimenti,�bens|�di�un�unico�procedimento,�nel� corso�del�quale�in�un�primo�momento�erano�state�svolte�indagini�che�si�erano�concluse�con� l'archiviazione�per�essere�rimasti�ignoti�gli�autori�dei�delitti,�mentre�nella�fase�successiva,�a� seguito�di�istanze-querele�presentate�dalle�parti�offese,�le�indagini�erano�sfociate�nel�rinvio� a�giudizio�del�ricorrente�(e�di�altri�imputati�non�ricorrenti).� Ne�puo'�ritenersi�che�la�richiesta�di�procedimento�abbia�perso�efficacia�o�validita�a� seguito�del�decreto�di�archiviazione�emesso�ex art.�415c.p.p..�Infattilariaperturadelleinda- gini�non�ha�comportato,�come�sostenuto�dal�ricorrente,�l'instaurazione�di�un�nuovo�procedi- mento,�bens|�la�prosecuzione�del�procedimento�gia'�esistente�per�il�quale�la�richiesta�era�stata� ritualmente�avanzata�dal�Ministro�in�data�21�gennaio�1983�e�confermata�in�data�8�agosto� 1996,�di�guisa�che,�trattandosi�di�richiesta�irrevocabile�ai�sensi�dell'art.�129�c.p.,�non�vi�era� necessita�di�una�nuova�richiesta�di�procedimento.� D'altra�parte,�a�conferma�che�si�tratta�dello�stesso�procedimento,�milita�l'ulteriore�circo- stanza�che,�alla�luce�del�prevalente�indirizzo�giurisprudenziale,�non�e�richiesta�l'autorizza- zione�del�G.I.P.�alla�riapertura�delle�indagini�dopo�il�provvedimento�di�archiviazione�dispo- sto�per�essere�rimasti�ignoti�gli�autori�del�reato.�Infatti�l'archiviazione�degli�atti�prevista�dal- l'art.�415�c.p.p.�costituisce�ipotesi�diversa�da�quella�prevista�dall'art.�414�c.p.p.,�che� disciplina�l'archiviazione�nei�confronti�di�soggetti�noti.�Pertanto�deve�ritenersi�che�non� ricorre�alcuna�preclusione�processuale�alla�ripresa�delle�indagini�quando�emergano�elementi� indiziari�a�carico�di�soggetti�determinati,�attesa�la�diversita'�funzionale�dei�due�istituti�e�gli� scopi�perseguiti�dalle�due�norme.�Infatti�l'archiviazione�disposta�nei�confronti�di�soggetti� noti�^che�deve�essere�richiesta�in�un�termine�determinato�dalla�legge�decorrente�dalla�data� di�iscrizione�del�soggetto�noto�nel�registro�degli�indagati�^e�diretta�a�garantire�la�posizione� di�persona�gia'�individuata�sottoposta�alle�indagini,�mentre�l'archiviazione�disposta�per� essere�rimasto�ignoto�l'autore�del�fatto�non�assolve�alcuna�funzione�di�garanzia�per�l'ovvio� motivo�che�in�tal�caso�manca�il�titolare�della�posizione�da�garantire�(Cass.�sez.�1.�n.�17900� del�25�marzo�2002,�rv.�221.705;�Cass.�sez.�1.�n.�9539/1999,�rv.�215.135;�Cass.�sez.�5.� n.�7567/1999,�rv.�213.625).� Infine�manifestamente�infondato�deve�ritenersi�il�terzo�motivo�relativo�alla�violazione� dell'art.�11,�comma�2,�c.p..�Invero,�alla�luce�di�un�consolidato�indirizzo�giurisprudenziale,� l'imputato�che�eccepisca�l'esistenza�di�precedente�giudicato�ha�l'obbligo�di�fornire�la�prova� di�quanto�affermato,�producendo�o,�quantomeno,�indicando�esattamente�gli�estremi�del�pre- cedente�giudicato,�onde�consentire�al�giudice�di�stabilire�con�certezza�se�il�fatto�per�cui�si� procede�sia�lo�stesso�e�se�la�decisione�precedente�sia�irrevocabile.�Orbene,�come�giustamente� evidenziato�dalla�Corte�territoriale,�nel�caso�di�specie�il�ricorrente�non�ha�prodotto�alcun� provvedimento�di�natura�giurisdizionale,�suscettibile�di�divenire�irrevocabile�ai�sensi�del- l'art.�649�c.p.p.,�dal�quale�risulti�che�sia�stata�accertata�la�sua�responsabilita�o,�quantomeno,� sia�stata�dichiarata�l'improcedibilita�dell'azione�penale�per�i�delitti�specifici�oggetto�del�pre- sente�processo.�Ne�tantomeno�risulta�che�questi�specifici�fatti�fossero�noti�e�individuati�al� momento�della�concessione�di�eventuali�provvedimenti�di�natura�indulgenziale,�dei�quali�ne� e�stata�affermata�solo�l'esistenza�senza�procedere�alla�relativa�produzione.�Ne�consegue�che,� mancando�la�prova�che�in�Argentina�il�ricorrente�fosse�stato�giudicato�per�gli�stessidelittio� avesse�beneficiato�di�provvedimenti�di�indulto,�grazia�o�amnistia�in�relazione�ai�fatti�specifici� oggetto�del�presente�processo,�ai�fini�della�procedibilita�non�era�necessaria�la�richiesta�del� Ministro�ai�sensi�dell'art.�11,�comma�2,�c.p..� Pertanto,�non�ravvisandosi�vizi�logico-giuridici�della�motivazione,�il�ricorso�deve�essere� rigettato�con�la�conseguente�condanna�del�ricorrente�al�pagamento�delle�spese�processuali� ex art.�616�c.p.p.,�nonche�alla�rifusione�delle�spese�sostenute�dalle�costituite�parti�civili,�che� si�liquidano�come�in�dispositivo.� P.T.M. La�Corte�Suprema�di�Cassazione�rigetta�il�ricorso�e�condanna�il�ricorrente�al� pagamento�delle�spese�processuali,�nonche�alla�rifusione�di�quelle�sostenute�dalle�parti�civili� (omissis)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dossier Opposizione�tardiva;�opposizione�intempestiva a�seguito�di�nullita�della�notifica� del�decreto�ingiuntivo� (Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 3 marzo ^12 maggio 2005, n. 9938) Le�notificazioni�alle�Amministrazioni�vanno,�come�noto,�eseguite�presso� l'Avvocatura�dello�Stato�competente,�a�pena�di�nullita��(art.�11,�R.D.� n.�1611/1933).� Il�coordinamento�di�questa�disposizione�con�l'art.�650�c.p.c.,�in�tema�di� opposizione�tardiva�a�decreto�ingiuntivo,�e��stato�oggetto�di�un�recente�inter- vento�delle�SS.UU�della�Cassazione;�ove,�infatti,�la�notifica�del�decreto� ingiuntivo�sia�irregolare,�e�costituisce�ormai�massima�tralatizia�che�tutte�le� ipotesi�di�invalidita��siano�ricomprese�nell'irregolarita��esulandone�solo�le�ipo- tesi�di�inesistenza,�l'intimato�potra��essere�ammesso�al�rimedio�dell'opposi- zione�tardiva.� Ammissione,�tuttavia,�condizionata�allo�svolgimento�di�una�delibazione� nella�quale�l'intimato�dovra��provare�che�l'irregolarita��della�notifica�ha�deter- minato�la�non�tempestiva�conoscenza�del�provvedimento�di�ingiunzione.� Presupposti�per�l'ammissione�all'opposizione�tardiva,�oggetto�della�deli- bazione�giudiziale,�sono,�quindi,�l'irregolarita��della�notifica�(condotta),�la� non�tempestivita��della�conoscenza�(evento)�legati�da�nesso�di�causalita��;su� tali�elementi�si�articola,�correlativamente,�il�tema�probatorio�che�dovra��essere� svolto�dall'intimato�medesimo.� Il�dirimendo�contrasto,�secondo�le�Sezioni�Unite,�consisterebbe�nella� possibilita��di�ritenere�che�la�notifica�nulla�implichi�conoscenza�non�tempe- stiva�dello�stesso�decreto,�legittimando�l'opposizione��senza�bisogno�di�altra� prova��da�parte�dell'ingiunto.� Prospetta,�del�quesito,�soluzione�positiva�un�primo�orientamento,�posto� che�il�vizio�della�notifica�per�essere�stato�il�provvedimento�notificato�all'Uffi- cio�in�luogo�dell'Avvocatura�domiciliataria�ex lege,�facendo��presumere�sia� la�mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollegabilita��dello�stesso�al�vizio� di�notifica��(Cass.,�10�gennaio�1996,�n.�147),�implicherebbe��la�dimostrazione� dell'ovvio�collegamento�e�del�nesso�di�causalita��fra�tardiva�conoscenza�del� decreto�ingiuntivo�e�vizio�della�notificazione��(Cass.,�27�gennaio�1995,� n.�992).� Altra�giurisprudenza,�al�contrario,�non�solo�esclude�la�configurabilita��di� un�nesso�di�necessaria�consequenzialita��tra�vizio�di�notifica�e�conoscenza� non�tempestiva�ma�sottolinea�la�circostanza�per�cui�non�ogni�conoscenza�tar- divamente�acquisita�a�seguito�del�vizio�di�notifica�sarebbe�anche�non�tempe- stiva�(Cass.,�28�dicembre�1995,�n.�13132).� Tale,�restrittivo,�indirizzo�interpretativo�e��stato�accolto�dalle�Sezioni� Unite�secondo�le�quali�l'ammissibilita��dell'opposizione�tardiva�e��subordinata� alla�circostanza�che�l'ingiunto�abbia�avuto�conoscenza�intempestiva�e�non� semplicemente�tardiva�del�decreto�ingiuntivo,�sicche�incomberebbe�sull'in- giunto�l'onere�di�provare,�ai�fini�dell'ammissione�al�mezzo,��la�mancata�cono- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� scenza�del�provvedimento�monitorio�come�effetto�di�irregolarita�della�noti- fica�ma�anche�della�non�tempestivita�della�conoscenza�stessa�ossia�dell'avere� egli�acquisito�cognizione�del�decreto�solo�quando�non�era�piu�in�grado�di� proporre�opposizione�tempestiva�.� Exemplum gerendum:�il�creditore,�ottenuto�dal�Tribunale�di�Milano� decreto�ingiuntivo�nei�confronti�dell'Universita�di�Palermo,�lo�notifichi,�non� all'Avvocatura�distrettuale�competente�(Milano),�cui�l'atto�andava�notificato� a�pena�di�nullita�,�ma�direttamente�all'Ente�debitore�(1).� Notifica�nulla,�e,�visti�i��tempi�tecnici��con�i�quali�circolano�informa- zioni�ed�atti�nel�network delle�Pubbliche�Amministrazioni,�l'Amministrazione� chiede�di�essere�ammessa�al�rimedio�dell'opposizione�tardiva�allegando�il� vizio�di�notifica.� Il�creditore,�ora,�potra�eccepire,�ed�il�giudice�dichiarare,�l'inammissibilita� della�tardiva�opposizione,�non�avendo�l'intimato�provato�che�il�tempo�rima- sto�a�disposizione�fosse�insufficiente�per�approntare�adeguata�tutela.� Il�creditore,�dunque,�ottenuto�senza�contraddittorio�provvedimento�ese- cutivo,�il�cui�accertamento�ha�attitudine�ad�acquisire�stabilita�di�giudicato� ove�non�opposto,�potrebbe�pretestuosamente�notificare�il�provvedimento� all'Amministrazione�in�luogo�della�difesa�erariale,�precostituendosi�un'ecce- zione�assorbente.� Eccezione,�per�altro,�presumibilmente�vincente,�attesa�la�gravosita�dell'o- nere,�in�tal�modo,�incombente�sull'ingiunto.�L'intimato�sarebbe,�infatti,� tenuto�a�dimostrare,�non�solo�che�l'intimato�non�ha�debitamente�notificato� il�decreto�monitorio�e�che,�per�l'effetto�egli�non�ha�potuto�disporre�del�ter- mine�legale�per�difendersi,�ma�anche�l'insufficienza�del�termine�^gia�,di�fatto,� ridotto�^per�ad�articolare�difese�adeguate:�in�cio�consiste�la�intempestivita� dell'acquisita�cognizione.� A�ben�vedere�siamo�alle�soglie�di�una��responsabilita�per�fatto�altrui�,� posto�che�si�fa�dipendere�la�tutela�giurisdizionale�dei�propri�diritti�soggettivi� dalla�irregolarita�della�condotta�altrui.� Il�costume,�tutto�italico,�di�decidere�le�liti�invocando�massime�giurispru- denziali,�unitamente�alla��vischiosita���di�una�massima�ricavata�da�un�pro- nunciamento�a�sezioni�unite,�in�quanto�normalmente�maggiormente�stabile� e�seguita,�non�fanno�che�aggravare�un�quadro�che�desta,�nella�fattispecie,� preoccupazione�per�le�prevedibili,�ed�in�parte�prospettate,�conseguenze.�Pre- occupazione�non�attenuata�dalla�circostanza�che�l'effettiva�ratio decidendi della�sentenza�in�commento�abbia�contenuto�ben�diverso�dalla�massima.� Si�rende,�quindi,�auspicabile�un�intervento�del�legislatore,�malgrado�tali� questioni�trovino�da�secoli,�interpretatione prudentium,�adeguata�soluzione.� Posto,�dunque,�il�rilievo�che�il�rapporto�tra�l'art.�650�c.p.c.�e�l'art.�11� R.D.�n.�1611/1933�occupano�nella�soluzione�della�questione,�pare�opportuno� esaminarne�brevemente�i�connotati�peculiari,�onde�desumere�l'assetto�disci- plinatorio�maggiormente�congruo.� (1)�Caso�tratto�da�Cass.,�10�gennaio�1996�n.�147.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Difesa�erariale�e�domiciliazione�legale�presso�l'Avvocatura�dello�Stato.� L'art.�11R.D.,comedetto,prescriveche�lenotifichedegliattigiudiziari� devono�essere�fatte�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato�a�pena�di� nullita�da�pronunciarsi�anche�d'ufficio�.� Disposizione�questa,�strumentale�al�corretto�svolgimento�delle�attribu- zioni�e�delle�potesta�della�Avvocatura�medesima,�la�quale,�ben�diversamente� da�un�privato�patrocinatore,��dirige�le�Amministrazioni�quando�si�tratti�di� promuovere,�contestare,�abbandonare�giudizi��(art.�13�testo�unico�Avv.� Stato);�in�concreto,�quindi,�la�domiciliazione�legale�dell'Ufficio�presso�l'Avvo- catura�e�funzionale�all'esercizio�di�una�potesta�decisionale�dell'Avvocatura� stessa�circa�la�definizione�della�complessiva�strategia�processuale.� In�effetti,�malgrado�la�situazione�giuridica�tutelanda�pertenga�all'Ammini- strazione,�e�l'organo�tecnico,�deputato�alla�sua�tutela,�che�decide�come�tutelarla,� e,�quindi,�anche�se�tutelarla�promovendo,�resistendo�o�coltivando�la�lite�(2).� La�notifica�^doverosa�^dell'atto�all'Avvocatura�pare,�sotto�questo�pro- filo,�proprio�per�il�suo�carattere�strumentale�all'esercizio�di�una�potesta�istitu- zionale�dell'Avvocatura,�eterogenea�rispetto�alla�notifica�presso�il�procura- tore�eletto�dalla�parte�privata;�eterogeneita�asseverata�dalla�nota�preminenza� della�notifica�a�mani�proprie,�che�rimane�valida�ed�efficace�pur�in�presenza� dell'elezione�di�domicilio�(arg.�ex�art.�139�e�141�c.p.c.).� Paradossalmente,�e,�per�usare�una�categoria�di�matrice�giurispruden- ziale,�la�fattispecie�delineata�dall'art.�11�R.D.�cit.�pare�approssimarsi�mag- giormente�ad�una�ipotesi�di�notifica�inesistente,�in�quanto�eseguita�presso� un�soggetto�sostanzialmente�estraneo�alla�vicenda�processuale;�ne�,�d'altra� parte,�pare�un�caso�che�la�disposizione�citata,�prima�dell'intervento�amputa- torio�della�Consulta,�prevedesse�l'insanabilita�della�comminata�nullita�della� notifica�(si�allude�a�Corte�Cost.,�n.�97/1967�che�ha�disposto�per�tale�motivo� l'incostituzionalita�della�norma�in�parte�qua).� Se,�infatti,��nel�processo�gli�Avvocati�dello�Stato�sono�difensori�di�parte� e�nulla�piu���(3)�essi�non�sono,�del�pari,�burocrati�in�toga�(4).� In�vista�dell'adempimento�di�una�s|�delicata�funzione�ben�si�comprende� la�comminatoria�espressa�di�nullita�,�prevista�dal�citato�art.�11,�ove�la�notifica� venga�eseguita�presso�l'Amministrazione.� (2)�Tale�lo�stato�della�normativa,�malgrado�la�prassi�deponga�decisamente�nel�senso�di�una� codecisione�in�ordine�alla�definizione�della�strategia�processuale.� (3)�P.�Calamandrei,�Gli�Avvocati�dello�Stato�e�l'inamovibilita��,�in�Foro�It.,�1943,�III,�33.� (4)�La�scelta�di�politica�del�diritto,�per�quanto�attiene�alla�difesa�dello�Stato�in�giudizio,�e�,� infatti,�stata�nel�senso�del�principio�c.d.�di�alterita�per�cui�non�si�conferisce�ius�postulandi�ad�un� funzionario�della�stessa�Amministrazione�parte�in�giudizio.�Scelta�che�se,�da�un�lato,�si�evidenzia� meno�funzionale�all'unita�di�indirizzo,�meglio�garantita�dal�rapporto�gerarchico�(in�tal�modo�la� gestione�del�contenzioso�diverrebbe�manifestazione�e�forma�di�proseguimento�dell'attivita�ammi- nistrativa),�dall'altro,�la�circostanza�che�l'Amministrazione�non�sia�patrocinata�dalle�stesse�per- sone�che�hanno�emesso�il�provvedimento�sembra�garantire�una�maggiore�imparzialita�ed�effi- cienza,�evitando�il�manifestarsi�di�tendenze�all'oltranzismo�difensivo.�Spunti�in�E.�Zecca,�Rap- presentanza�e�difesa�in�giudizio�della�Pubblica�Amministrazione�,�in�Enciclopedia�del�Diritto,�vol.� XXXVIII.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� L'art. 650c.p.c.:opposizionetardivaedopposizionenontempestiva Le�sezioni�unite�hanno,�come�detto,�scelto�di�seguire�l'opzione�interpre- tativa�piu�restrittiva.� Se,�in�effetti,�l'onere�probatorio�potra�essere�adempiuto�anche�a�mezzo� di�presunzioni�^sul�punto�concordano�anche�le�Sezioni�Unite�^non�pare� conforme�al�testo�della�disposizione�ritenere�che,�nel�caso�di�notifica�del� provvedimento�monitorio�all'Ufficio�in�luogo�della�difesa�erariale,�la�prova� della�mancata�conoscenza�sia�in re ipsa.� La�prova�e�l'accertamento�del�nesso�causale�tra�l'evento�tipico�^cono- scenza�intempestiva�^e�la�condotta�^notifica�irregolare�^non�puo�ridursi� alla�mera�descrizione�della�successione�cronologica�degli�eventi,�posto�che� cio�non�costituisce�prova�della�loro�relazione�causale�(post hoc propter hoc).� Al�limite�e�possibile�affermare�che�risponde�ad�una�massima�d'espe- rienza,�pur�idonea�a�fondare�un�giudizio�di�derivazione�causale�ove�corrobo- rata�da�altri�elementi,�che�l'avvenuta�notifica�del�decreto�monitorio�all'Uffi- cio�faccia��presumere�sia�la�mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollega- bilita�della�stessa�al�vizio�di�notifica��(Cass.,�10�gennaio�1996,�n.�147).� Per�quanto�attiene�al�principio�di�diritto�enucleabile�dalla�sentenza,�le� sezioni�Unite�non�sembrano�recare�proposizioni�particolarmente�innovative;� incombe�sull'intimato,�secondo�la�S.C.,�l'onere�di�provare�che�l'irregolarita� della�notifica�abbia�determinato�la�non�tempestivita�della�conoscenza�del� decreto�ingiuntivo.� Fondamento�di�questa�proposizione,�che,�in�realta�,�altro�non�sembra�se� non�una�delle�possibili�interpretazioni�letterali�della�disposizione�dell'art.�650� cit.,�posto�che�il�sintagma��tempestiva�conoscenza��costituisce�copula�del� verbo��prova��(5),�sarebbe�la�differenza�tra�conoscenza�tardiva,�ossia�succes- siva�al�giorno�da�cui�decorre�il�termine�per�fare�opposizione�al�decreto� ex art.�641�c.p.c.,�e�conoscenza�non�tempestiva,�acquisita�quando��l'intimato� non�sia�piu�in�grado�di�proporre�opposizione�perche�tale�conoscenza�e�stata� acquisita�dopo�la�scadenza�del�termine,�ovvero�quando�l'opposizione�non� poteva�piu�essere�predisposta�in�modo�adeguato�all'approfondimento�e�allo� sviluppo�delle�proprie�difese��(�pp.�8-9).� Unicamente�la�conoscenza�non�tempestiva�legittimerebbe�l'opposizione� tardiva.� La�differenza�tra�conoscenza�tardiva�e�conoscenza�non�tempestiva,�a� sommesso�avviso�di�chi�scrive,�oltre�a�non�avere�fondamento�testuale�e�a� non�svolgere�una�funzione�decisiva�nell'economia�della�decisione,�costi- tuendo,�in�realta�,�un�gigantesco�obiter (32�righe),�pare�carente�anche�sotto�il� profilo�logico.� In�effetti:�la�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�acquisita�successivamente� all'inizio�del�decorso�del�termine�ma�nel termine�per�proporre�opposizione� (5)�La�non�tempestiva�conoscenza,�in�altri�termini,�farebbe�parte�del�tema�probatorio�per- che�collocato�dopo�il�predicato��prova�:�provare�e�,�in�questo�caso,�predicato�con�funzione�copula- tiva.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� pare�semplicemente�irrilevante;�ove,�invece,�l'intimato�abbia�conoscenza�del� provvedimento�monitorio,�per�causa�sostanzialmente�imputabile�al�creditore� (scilicet;�vizio�della�notifica),�un'interpretazione�dell'art.�650�c.p.c.�che�condu- cesse�ad�una�declaratoria�di�inammissibilita��del�mezzo�non�parrebbe�brillare� per�la�sua�sintonia�costituzionale�con�l'art.�24�Cost..� E�probabilmente�dalla�valorizzazione�del�collegamento�dell'art.�650�con� l'art.�647�c.p.c.,�negletto�dalla�sentenza�in�commento,�che�passa�l'esatta�com- prensione�dei�termini�della�questione.� Il�sindacato�giurisdizionale,�dopo�la�rinnovazione�iussu iudicis della�cita- zione�ex art.�647�c.p.c.,�ben�si�attaglia�ai�casi�in�cui�l'aspirante�opponente� abbia�avuto�conoscenza�dell'esistenza�del�decreto�ingiuntivo�nei�pressi�dello� spirare�del�termine�per�esperire�il�rimedio�a�causa�di�un�vizio�anche�tenue� della�notifica�(e�qui�sta�il�significato�di�garanzia�del�riferimento�alla�irregola- rita��in�luogo�dell'invalidita��tout court;�per�l'opponente,�perche�il�provvedi- mento,�emesso�inaudita altera parte,�deve�essere�portato�a�conoscenza�della� parte,�appunto�inaudita,�nel�rispetto�rigoroso�di�tutte�le�forme�prescritte� ponendolo�al�riparo�da�contegni�surrettizi�e�dilatori�del�creditore;�ma�anche� per�l'opposto,�il�quale�sara��posto�al�riparo�da�eccezioni�pretestuose�dell'inti- mato�circa�la�regolarita��della�notifica�proprio�per�mezzo�del�sindacato�giuri- sdizionale�e�dell'incombenza�probatoria).� Costituisce�insegnamento�secolare,�tramandato�nell'esercizio�della�profes- sione�forense,�quello�per�cui�e��necessario�distinguere�spesso�(distinguefrequen- ter! e��monito�che�risuona�a�quanto�pare�almeno�dai�tempi�di�Triboniano)�ma� sempre�nel�rispetto�dei�principi�fondamentali�della�logica�(�zi/omc tnl h~O �ntif�- sews,�o�principio�di�non�contraddizione,�e�di�inutilita��o,�nella�celeberrima�ver- sione�del�rasoio�di�Ockam,��entia multiplicanda non sunt sine necessitate�).� L'esercizio�della�logica�e��cio��che�accomuna,�anche�nell'immaginario�col- lettivo,�l'avvocato�con�il�diavolo�^d'altra�parte�l'etimo�della�parola�prove- niente�dal�greco�dia-ba/llC altro�non�indica�se�non�l'atto�del�separare;�cio�� che�e��alla�base�del�pensiero�dualistico�o�razionale�in�opposizione�al�modello� concettuale�solistico�^ma,�in�questo�caso,�sembrerebbe�trattarsi�di�un�eserci- zio�inutile�(6).� La�differenza�tra�conoscenza�tardiva�e�non�tempestiva�appare�priva�di�un� reale�oggetto,�esclusivamente�rilevando,�come�pure�riconoscono�le�sezioni�unite,� la�possibilita��o�meno�per�l'intimato�di�proporre�tempestiva�opposizione.� (6)�Rappresentazioni�letterarie�in�cui�il�Diavolo�e��raffigurato�come�vera�ipostasi�della�logica� possono�trarsi�dalla�Divina�Commedia,�Inferno�XXVII,�nella�quale�viene�mirabilmente�raffigu- rata�la�disputa�tra�il�Diavolo�e�San�Francesco�circa�l'anima�di�Guido�da�Montefeltro,�autore�in� vita�di�un�omicidio�su�mandato�papale,�ricevendo,�per�tale�atto�criminoso,�assoluzione�preventiva� dal�mandante�(per�altro,�in�chiaro�conflitto�d'interessi).�Contesa�che�il�maligno�volge�a�proprio� vantaggio�grazie�all'uso�della�logica:�non�si�puo��insieme��pentere e volere��cosicche�il�diavolo�vit- torioso�puo��affermare:��tu non pensavi ch'io loico fossi�.�Altro�caso:�Mefistofele,�prese�le�sem- bianze�di�Faust,�ad�una�giovane�matricola�in�cerca�di�suggerimenti�per�il�suo��piano�degli�studi�� consiglia��anzitutto�di�iscriverti�ad�un�corso�di�logica�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ne�pare,�in�effetti,�che�in�questa�distinzione�risieda�la�effettiva�ratio deci- dendi,�ossia�che�si�tratti�di�una�distinzione�effettivamente�dirimente.� La�Suprema�Corte�semplicemente�sottolinea�l'insufficienza�della�mera� deduzione�del�vizio�della�notifica�ai�fini�di�cui�all'art.�650�c.p.c..� Nulla�di�piu�,�a�ben�vedere,�di�quanto�non�emerga�dal�testo�della�disposi- zione�citata;�dunque,�in�sostanza,�ratio effettiva�della�statuizione�in�esame� risiederebbe�nel�fatto�che��nulla�la�parte�opponente�avrebbe�dedotto�nel�giu- dizio�di�merito�sulla�non�tempestiva�conoscenza�del�decreto��(par.�2.6�II� cpv.�della�sentenza).� Se,�per�effetto�della�notifica�irregolare,�la�contrazione�del�termine�a� disposizione�non�e�stata�significativa�perche�comunque�avvenuta�nel�termine� per�proporre�opposizione�essa�pare�sostanzialmente�irrilevante,�come�trova� probabilmente�piu�corretta�sedes materiae nel�caso�fortuito�o�forza�maggiore� l'ipotesi�dell'intimato�che�acquisisca�cognizione�del�provvedimento�per�invali- dita�della�notifica�una�volta�scaduto�il�termine.� Se,�dunque,�e�possibile�dolersi�tanto�del�complessivo�impianto�argomen- tativo�della�sentenza,�quanto�della�preterita�valutazione�della�funzione�del- l`Avvocatura,�tale�pronuncia�non�dovrebbe,�tuttavia,�condurre�ad�una�posi- zione�deteriore�per�la�difesa�erariale,�ove,�semplicemente,�venga�dedottala� prova�di�quando�il�provvedimento�con�notifica�irregolare�sia�stato�trasmesso� dall'Amministrazione�all'Avvocatura,�essendo�il�resto�della�fattispecie�prova- bile�a�mezzo�di�presunzioni.� In�altri�termini;�cio�che�e�parso�essere�il�fondamento�della�decisione,� indicato�nel�par.�2.6,�II�cpv.�funge�come�una�sorta�di�caveat per�la�difesa�era- riale:�venga�almeno�provata�la�data�di�trasmissione�del�decreto�all'Avvoca- tura,�nulla�di�trascendentale�insomma.� La�funzione�della�sentenza�emessa�dalle�sezioni�unite�dovrebbe�essere� quella�di�dirimere�contrasti�giurisprudenziali�indicando�la�soluzione�giuridi- camente�piu�corretta�in�relazione�al�caso�della�vita�dedotto�e,�dunque,�risol- vere�un�dubbio�teorico�per�risolvere�una�lite�e,�quindi,�un�dubbio�pratico.� In�realta�,�da�una�esegesi�pur�sommaria�dei�precedenti,�non�solo�delle� massime,�richiamati�dalla�motivazione�non�pare�nemmeno�sussistere�un�effet- tivo�e�sostanziale�casus belli;�difetta�il�presupposto�per�un�pronunciamento�a� sezioni�unite�(le�quali,�comunque,�ove�pur�esistente�non�lo�avrebbero�risolto� con�questa�sentenza).� Si�potrebbe�dire,�parafrasando�Voltaire,�che�la�Suprema�Corte�ha�stu- pendamente�unito�cio�che�nessuno�aveva�pensato�di�dividere,�dimostrando� verita�che�nessuno�aveva�mai�pensato�di�contestare.� Nessuno�dei�precedenti�non�accolti�aveva�affermato�che�non�dovesse� essere�provato�almeno�il�momento�dell'avvenuta�trasmissione�^dell'acquisita� cognizione,�quindi�^del�decreto�all'Avvocatura�competente�da�parte�dell'Uf- ficio,�destinatario�della�notifica�irregolare:� Mentre�proprio�la�sentenza�n.�13132/1995,�all'indirizzo�interpretativo� espresso�dalla�quale�le�Sezioni�Unite�dichiarano�ex professo di�aderire,�pare� aderente�al�caso�di�specie,�posto�che,�anche�in�quel�caso,�la�difesa�erariale� non�aveva��nemmeno�offerto�di�documentare�quando�la�notizia�[dell'avve- nuta�notifica�all'Ufficio]�fu�trasmessa��dal�che�si�sarebbe�potuto�inferire�il� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nesso�di�causalita��tra�mancata�tempestiva�conoscenza�e�difettosa�notifica- zione;�tale�attivita��probatoria�da�un�lato�era�stata�offerta�nel�caso�di�cui�alla� sentenza�n.�992/1995�mentre�nel�caso�della�sentenza�n.�147/1996�la�fattispecie� all'esame�della�Corte�prevedeva�la�competenza�dell'Avvocatura�distrettuale� di�Milano,�mentre�intimata�ed�oblata�della�notificazione�era�l'Universita��di� Palermo�con�termini�per�fare�opposizione,�all'epoca,�di�venti�giorni.� Dott.�Stefano�Rosati� Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 12 maggio 2005, n. 9938 ^Pres.� V.�Carbone�^Rel.�E.�Lupo�^P.G.�(conf.)�D.�Iannelli�^Universita��di�Palermo�(cont.� 15699/1995,�Avv.�dello�Stato�R.�de�Felice)�c.�Soc.�(...).� Ove�la�notifica�di�un�decreto�ingiuntivo�sia�nulla�(nella�specie,�perche�effettuata�agli�uf ffici� amministratividiuna�Universita�anziche�pressol'AvvocaturadelloStato)�l'ingiunto,�cheintenda� proporre�opposizione�tardiva,�deve�dimostrare�anche�la�intempestivita�dell'acquisita�cognizione� del�decretoper�effetto�di�tale�notifica�nulla,�tale�intempestivita�risolvendosi�nella�inadeguatezza� del�tempo�residuo�per�approntare�le�proprie�difese�entro�i�termini�della�opposizione�ordinaria.� (c.p.c.�650�^647).� �(Omissis)�Svolgimento�del�processo.�Il�Presidente�del�Tribunale�di�Velletri,�in�data� 8�maggio�1995,�in�accoglimento�del�ricorso�proposto�dalla�(...)�S.r.l.,�emetteva�decreto� ingiuntivo�contro�l'Universita��degli�studi�di�Palermo�per�il�pagamento�alla�societa��ricorrente� della�somma�di�L.�14.089.719,�oltre�gli�interessi�e�le�spese�processuali.�Tale�decreto�era�notifi- cato�nella�sede�della�detta�Universita��il�30�maggio�1995.� L'Universita��degli�studi�di�Palermo,�rappresentata�dall'Avvocatura�dello�Stato,�con�atto� di�citazione�notificato�il�26�giugno�1995,�proponeva�opposizione�tardiva�avverso�il�decreto� ingiuntivo.� Il�Tribunale�di�Velletri,�con�sentenza�depositata�il�14�marzo�1998,�dichiarava�inammissi- bile�detta�opposizione,�compensando�tra�le�parti�le�spese�processuali.� Proposto�appello�dall'Universita��degli�studi�di�Palermo,�la�Corte�di�appello�di�Roma,� con�la�sentenza�depositata�il�27�marzo�2000,�ha�confermato�la�pronunzia�di�primo�grado,� osservando�che�l'opposizione�tardiva,�a�norma�dell'art.�650�c.p.c.,�presuppone�non�soltanto� la�nullita��della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(nel�caso�di�specie�sussistente),�ma�anche�che,� per�effetto�di�detta�nullita��,�l'opponente�dimostri�di�non�avere�avuto�tempestiva�conoscenza� del�decreto�ingiuntivo,�prova�(quest'ultima)�su�cui�nulla�l'appellante�aveva�dedotto;�ha,�poi,� compensato�tra�le�parti�le�spese�di�lite.� Avverso�la�sentenza�della�Corte�di�appello�di�Roma�l'Universita��deglistudidiPalermo� ha�proposto�ricorso�per�cassazione,�deducendo�tre�motivi.�La�parte�intimata�non�ha�svolto� attivita��difensiva.�La�Sezione�III�di�questa�Corte,�al�quale�il�ricorso�e��stato�assegnato,�ha,� con�ordinanza�emanata�nell'udienza�del�7�aprile�2004,�rilevato�un�contrasto�interpretativo� interno�a�questa�Corte�tra�l'orientamento�su�cui�si�e��fondata�la�sentenza�impugnata�e�l'orien- tamento�richiamato�dalla�parte�ricorrente�a�sostegno�del�secondo�motivo�di�ricorso�ed�ha� percio��rimesso�gli�atti�al�Primo�Presidente�della�Corte�per�l'eventuale�assegnazione�alle� Sezioni�unite.�Tale�assegnazione�e��stata�poi�disposta.�La�parte�ricorrente�ha�presentato� memoria�a�queste�Sezioni�unite.� Motivi�della�decisione.�1.�^Con�il�primo�motivo�la�parte�ricorrente�deduce��violazione�e� inesatta�applicazione�di�norma�di�diritto�(art.�644�c.p.c.�in�combinato�disposto�con�l'art.�11� R.D.�30�ottobre�1933�n.�1611)�,�sostenendo�che�la�notifica�del�ricorso�per�ingiunzioneedel� decreto�ingiuntivo�effettuata�all'Universita��di�Palermo,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato� (come�prescritto,�a�pena�di�nullita��,�dal�citato�art.�11),�ha�determinato�l'inefficacia�del�decreto� ingiuntivo�per�la�mancanza�di�una�valida�notifica�entro�il�termine�di�sessanta�giorni�previsto� dall'art.�644.� Il�motivo�di�ricorso�e��infondato�perche�l'invocato�art.�644�c.p.c.�non�trova�applicazione� nella�presente�fattispecie.� Dall'art.�650�c.p.c.�si�desume�che�l'intimato�e��legittimato�a�fare�opposizione�al�decreto� ingiuntivo�anche�dopo�scaduto�il�termine�in�esso�fissato�(opposizione�tardiva)��se�prova�di� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per�irregolarita�della�notificazione�.�La�giurispru- denza�di�questa�Corte�e�pacifica�nel�ritenere�che�nell'espressione��irregolarita�della�notifica- zione��vadano�incluse�tutte�le�ipotesi�di�nullita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo,�mentre� ne�resta�fuori�solo�l'ipotesi�di�inesistenza�della�stessa�notifica.�E�sufficiente,�in�tal�senso,� richiamare�la�sentenza�delle�Sezioni�unite�di�questa�Corte�8�ottobre�1974,�n.�2656,�la�quale� ha�affermato�che�nella�previsione�dell'art.�650�c.p.c.�rientrano�tutti�i�viziche�inficianola� notificazione�e�quindi�anche�la�sua�nullita�,�da�qualsiasi�causa�determinata.� Pertanto,�salva�l'ipotesi�di�mancanza�o�di�inesistenza�giuridica�della�notificazione,�la� sola�opposizione�consentita�per�contrastare�la�legittimita�e�la�validita�del�decreto�stesso�o� la�fondatezza�della�pretesa�oggetto�dell'ingiunzione,�e�quella�tardiva�regolata�dal�citato� art.�650,�assoggettata�alle�condizioni�di�ammissibilita�da�questo�articolo�indicate.� Successivamente�la�giurisprudenza�di�questa�Corte�e�sempre�rimasta�ferma�nell'inten- dere�il�concetto�di�irregolarita�della�notificazione,�previsto�dall'art.�650�c.p.c.,�come�com- prensivo�della�nullita�,�e�nell'espungerne�soltanto�i�casi�di�inesistenza:�per�limitarsi�alle�piu� recenti�pronunzie�v.,�ex plurimis,�Sez.�III,�1�giugno�2004�n.�10495,�Sez.�I,�26�luglio�2001� n.�10183,�Sez.�III,�1�settembre�2000�n.�11498,�ove�si�rileva�che�la�notificazione�del�decreto� ingiuntivo�comunque�effettuata,�anche�se�nulla,�e�pur�sempre�indice�della�volonta�del�credi- tore�di�avvalersi�del�decreto�stesso,�ed�esclude,�conseguentemente,�ogni�presunzione�di� abbandono�del�titolo,�cio�che�costituisce�il�fondamento�della�previsione�di�inefficacia�di�cui� all'art.�644�c.p.c.� Nella�memoria�della�parte�ricorrente�tale�pacifico�orientamento�interpretativo�viene�criti- cato�perche�si�sostiene�che�la�nullita�della�notificazione�nonpossa�rientrare�nella�previsione�del- l'art.�650�di��irregolarita���della�stessa�notifica.�Va�in�senso�contrario�osservato�che,�come�si�e� detto,�la�notifica�affetta�da�nullita�non�puo�essere�parificata�alla��mancata�notificazione�del� decreto��prevista�dall'art.�644�c.p.c.�e�che,�nel�sistema�delineato�dal�detto�codice,�la�nullita�della� notifica�del�decreto�non�puo�dare�ingresso�a�rimedio�diverso�dalla�opposizione�tardiva�discipli- nata�dall'art.�650�c.p.c.�(v.�infra,���2.5).� D'altro�canto�l'interpretazione�ampia�che�questa�Corte�ha�dato�alla�nozione�di��irrego- larita�della�notificazione��(art.�650�c.p.c.)�e�uguale�a�quella�espressa�in�relazione�alla�uguale� formulazione�dell'art.�668,�primo�comma,�c.p.c.,�che�prevede�l'opposizione�dopo�la�convalida� dell'intimazione�di�licenza�o�di�sfratto�(Cass.�3�febbraio�1995,�n.�1327).� Consegue�che�la�disposizione�dell'art.�644,�invocata�con�il�motivo�di�ricorso�in�esame,� non�trova�applicazione�nel�caso�in�cui�si�sia�avuta�una�notificazione�nulla�del�decreto�ingiun- tivo.�E�la�violazione�dell'art.�11�del�R.D.�30�ottobre�1933,�per�essere�stata�la�notifica�del� decreto�ingiuntivo�effettuata�all'Amministrazione,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato,�com- porta�la�nullita�,�e�non�l'inesistenza�della�stessa�notifica,�come�e�espressamente�sancito�dal� terzo�comma�dell'art.�11�citato.� 2.�^Con�il�secondo�motivo�la�parte�ricorrente�deduce��violazione�o�inesattaapplica- zione�di�norma�di�diritto�(art.�650�c.p.c.�in�combinato�disposto�con�l'art.�11�del�R.D.�30�otto- bre�1933,�n.�1611)�,�sostenendo�che�l'opposizione�tardiva�da�essa�proposta�doveva�essere�rite- nuta�ammissibile�perche��la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiun- tivo,�in�conseguenza�del�vizio�della�sua�notificazione,�e�implicita�nel�caso�in�cui�il�decreto� sia�stato�notificato�direttamente�all'Amministrazione�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato� domiciliataria�ex art.�11�del�R.D.�n.�1611/1933�,�come�e�stato�gia�affermato�da�questa�Corte� di�legittimita�con�le�sentenze�della�Sez.�II,�27�gennaio�1995,�n.�992�e�della�Sez.�I,�10�gennaio� 1996,�n.�147,�con�orientamento�disatteso�dalla�sentenza�impugnata.� 2.1.�^Il�motivo�di�ricorso�pone�la�questione�su�cui�sussiste�il�contrasto�interpretativo� interno�a�questa�Corte�per�la�cui�soluzione�la�decisione�del�ricorso�e�stata�rimessa�a�queste� Sezioni�unite.� 2.2.�^Va�premesso�che,�secondo�l'art.�650�c.p.c.�(nella�parte�che�qui�interessa),��l'inti- mato�puo�fare�opposizione�anche�dopo�scaduto�il�termine�fissato�nel�decreto�(scil.:�ingiun- tivo),�se�prova�di�non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per�irregolarita�della�notifica- zione��(e�quindi�anche,�come�si�e�detto,�per�nullita�della�notifica).�Il�contrasto�interpretativo� rimesso�a�queste�Sezioni�unite�concerne�il�caso�in�cui�la�parte�intimata�con�il�decreto�ingiun- tivo�sia�un'Amministrazione�statale�o�comunque�un'Amministrazione�tenuta�a�stare�in�giudi- zio�con�il�necessario�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�nel�cui�ufficio�pertanto�debba� essere�notificato�il�decreto�ingiuntivo,�a�pena�di�nullita�della�stessa�notifica�(art.�11�del� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611).�Qualora�la�notifica�del�decreto�avvenga�invalidamente�presso� l'Amministrazione,�e�non�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�domiciliataria�ex lege,si�e�posto� il�problema�se�tale�notifica�nulla�implichi�di�per�se�una�conoscenza�non�tempestiva�dello� stesso�decreto�e�quindi�legittimi�l'opposizione�tardiva�prevista�dall'art.�650�c.p.c.,�senza�biso- gno�di�altra�prova�da�parte�dell'opponente.� Risposta�positiva�al�quesito�e�stata�data�dalla�Sez.�II,�27�gennaio�1995,�n.�992,�secondo� cui�la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,�come�conseguenza� del�vizio�della�notificazione,�e�implicita�nell'ipotesi�in�cui�il�decreto�ingiuntivo�sia�stato�noti- ficato�direttamente�all'Amministrazione,�anziche�presso�la�competente�Avvocatura�dello� Stato,�domiciliataria�ex lege,��in�quanto�tale�fatto�implica�la�dimostrazione�dell'ovvio�colle- gamento�e�del�nesso�di�causalita�fra�tardiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�e�vizio�della� notificazione�.� Siffatto�orientamento�interpretativo�e�stato�richiamato�e�ribadito�dalla�Sez.�I,�10�gen- naio�1996�n.�147,�secondo�cui�l'irregolarita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�consistente� nella�sua�esecuzione�direttamente�all'Amministrazione�od�agli�Enti�ad�essa�a�tal�fine�equipa- rati,�anziche�agli�stessi�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato,��fa�presumere�siala� mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollegabilita�della�stessa�al�vizio�di�notifica��(con� questa�sentenza�la�Cassazione�ha�accolto�il�ricorso�della�stessa�odierna�ricorrente,�l'Univer- sita�degli�studi�di�Palermo,�avverso�una�pronunzia�di�inammissibilita�di�opposizione�tardiva� a�decreto�ingiuntivo�in�cui�l'opponente�si�era�limitato�a�dedurre�la�nullita�della�notifica�del� decreto�effettuata�presso�la�stessa�Universita�,anziche�presso�l'Avvocatura�dello�Stato).� In�senso�opposto�ha,�invece,�deciso�la�Sez.�I�con�la�sentenza�28�dicembre�1995,�n.�13132,� che�ha�confermato�la�pronunzia�di�inammissibilita�di�un'opposizione�tardiva�a�decreto� ingiuntivo,�respingendo�il�ricorso�dell'Amministrazione�statale�con�cui�si�sosteneva�che�la� prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�come�conseguenza�del�vizio�della� sua�notificazione�era�implicita�nell'ipotesi�in�cui�il�decreto�sia�stato�notificato�all'Ammini- strazione,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato.�Secondo�Cass.�n.�13132/1995�(che�peraltro� non�fa�menzione�delle�due�sentenze�in�precedenza�qui�citate),�l'art.�650�c.p.c.�ricollega�l'am- missibilita�dell'opposizione�tardiva�non�gia�al�mero��ritardo��della�conoscenza�del�decreto� ingiuntivo,�sebbene�alla�circostanza�che�l'ingiunto�non�abbia�avuto��tempestiva�conoscenza�� dellostesso.Diconseguenza,ai�fini�dell'ammissibilita�della�opposizione�tardiva�l'ingiunto� deve�fornire�la�prova�non�solo�della�mancata�conoscenza�del�provvedimento�monitorio�come� effetto�di�una�irregolarita�della�sua�notifica,�ma�anche�della��non�tempestivita���della�cono- scenza�stessa,�ossia�dell'avere�egli�acquisito�cognizione�del�decreto�solo�quando�non�era�piu� in�grado�di�proporre�un'opposizione�tempestiva.� Sulla�questione�va�considerata�anche�la�sentenza�della�Sez.�III,�14�maggio�1990,�n.�4143,� la�quale�ha�cassato�una�pronunzia�di�accoglimento�di�opposizione�tardiva�proposta�da� Amministrazione�statale�avverso�decreto�ingiuntivo�notificato�all'Amministrazione�(anziche� all'Avvocatura�dello�Stato),�affermando�che�l'invalidita�della�notifica�del�decreto�rende� ammissibile�l'opposizione�tardiva�soltanto�se�l'opponente�fornisce�la�prova�del�nesso�di�cau- salita�tra�la�detta�nullita�e�la�mancata�conoscenza�del�decreto,�e�rilevando�che�tale�punto� non�era�stato�esaminato�dalla�pronunzia�di�merito.� Tutti�i�precedenti�qui�esposti�sono�stati�tenuti�presenti�dalla�sentenza�impugnata,�che�ha� ritenuto�di�seguire�l'orientamento�espresso�da�Cass.�n.�13132/1995,�mentre�il�ricorso�per�cas- sazione�e�stato�fondato�sull'opposto�orientamento�affermato�da�Cass.�n.�992/1995�e�n.� 147/1996.� 2.3.�^Queste�Sezioni�unite�condividono�l'orientamento�espresso�da�Cass.�n.�13132/1995� e�seguito�dalla�sentenza�impugnata.� L'art.�650�c.p.c.,�nella�parte�che�qui�rileva,�pone�come�presupposti�per�l'opposizione�tar- diva�a�decreto�ingiuntivo�non�solo�l'irregolarita�della�notificazione,�ma�altres|�che�tale�irre- golarita�abbia�causato�all'intimato�una�conoscenza��non�tempestiva��del�decreto�ingiuntivo.� La�conoscenza�non�tempestiva�non�si�identifica�con�quella�semplicemente�tardiva,�e�cioe� con�la�conoscenza�che�sia�successiva�al�giorno�da�cui�decorre�il�termine�per�l'opposizione�fis- sato�dall'art.�641�c.p.c.� La�tempestivita�della�conoscenza�va�correlata�non�al�dies a quo della�decorrenza�di�detto� termine,�ma�al�dies ad quem dello�stesso,�e�cioe�al�termine�previsto�per�la�proposizione�della� opposizione.�Con�riferimento�ai�soggetti�diversi�dall'Amministrazione�statale�(o�a�quest'ul- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� tima�equiparati�in�ordine�alla�domiciliazione�presso�l'Avvocatura�dello�Stato),�questa�Corte� ha�gia�affermato�che�la�cognizione�del�decreto�ingiuntivo�nel�giorno�immediatamente�succes- sivo�alla�notificazione�non�impedisce�all'ingiunto�di�predisporre�le�proprie�difese�nel�termine� di�venti�giorni�previsto�dall'art.�641�c.p.c.�e�non�e�idonea�a�legittimare�l'opposizione�tardiva� di�cui�all'art.�650�c.p.c.,�in�quanto�l'impedimento�della�tempestiva�conoscenza�che�giustifica� questa�opposizione�deve�essere�tale�da�non�consentire�all'ingiunto,�in�relazione�alle�condi- zioni�soggettive�ed�oggettive,�particolarmente�di�tempo�e�di�luogo,�di�predisporre�le�necessa- rie�difese�e�proporre�la�conseguente�opposizione,�secondo�la�valutazione�del�giudice�del� merito�(Cass.�28�aprile�1981�n.�2563).�Non�vi�e�alcuna�ragione�per�dare�al�requisito�della� non�tempestiva�conoscenza�(previsto�dall'art.�650�c.p.c.�per�l'ammissibilita�della�opposizione� tardiva)�un�significato�diverso�quando�l'intimato�sia�un�soggetto�che�abbia�il�domicilio�legale� presso�l'Avvocatura�dello�Stato.� In�altri�termini,�cio�che�rileva,�ai�fini�della�applicazione�dell'art.�650�c.p.c.,�e�la�possibi- lita�o�meno�per�l'intimato�di�proporre�una�tempestiva�opposizione,�e�non�invece�la�semplice� riduzione�del�termine�previsto�per�l'opposizione,�che�si�sia�avuta�a�seguito�della�irregolarita� della�notifica�del�decreto�ingiuntivo.�In�concreto,�e�non�tempestiva�la�conoscenza�del�decreto� ingiuntivo�che�avvenga�quando�l'intimato�(e,�quindi,�nel�caso�di�specie,�l'Avvocatura�dello� Stato)�non�sia�in�grado�di�proporre�l'opposizione�entro�il�termine�previsto�dall'art.�641�per- che�tale�conoscenza�e�stata�acquisita�dopo�la�scadenza�di�detto�termine�ovvero�quando�l'op- posizione�non�poteva�piu�essere�predisposta�in�modo�adeguato�all'approfondimento�ed�allo� sviluppo�delle�proprie�difese.� Nella�memoria�di�parte�ricorrente�si�sostiene�che�l'interpretazione�qui�data�all'art.�650� c.p.c.,�da�un�lato,�attribuisce�effetti�ad�una�notifica�nulla�(in�deroga�al�principio�secondo� cui��un�atto�nullo�non�produce�effetti�)�e,�dall'altro,�rende�difficile�l'esercizio�del�diritto�di� difesa�dell'intimato�per�una�nullita�imputabile�alla�controparte.� Siffatte�considerazioni�non�sono�idonee�ad�inficiare�l'orientamento�interpretativo�qui� recepito.� Altre�disposizioni�processuali�attribuiscono�effetti�ad�una�fattispecie�complessa�costi- tuita�sia�dalla�nullita�dell'atto�processuale�compiuto�da�una�parte�sia�dalla�mancata�cono- scenza�del�processo�che�tale�nullita�abbia�procurato�alla�controparte�(art.�294,�primo� comma,�c.p.c.,�concernente�la�rimessione�in�termini�del�contumace;�art.�327,�secondo� comma,�sulla�non�applicabilita�del�termine�annuale�di�impugnazione�delle�sentenze).�Anche� in�queste�due�ipotesi�la�notifica�(o�la�citazione)�nulla�produce�effetti�per�la�controparte�nei� casi�in�cui�quest'ultima,�non�ostante�il�verificarsi�del�grave�vizio,�abbia�avuto�conoscenza� del�processo.�Cio�che�rileva,�ai�fini�della�esperibilita�dei�rimedi�giuridici�di�volta�in�volta�pre- visti�(l'opposizione�tardiva�al�decreto�ingiuntivo�analogamente�alla�rimessione�in�termini� del�contumace�ed�alla�proponibilita�dell'impugnazione�ordinaria�oltre�il�termine�previsto� dall'art.�327�c.p.c.),�e�sempre�la�prova�^da�parte�di�colui�in�danno�del�quale�si�e�verificata� la�nullita�,�pure�se�imputabile�alla�controparte�^che�egli,�a�causa�di�detta�nullita�^non�ha� avuto�conoscenza�del�processo�(o,�nel�caso�dell'art.�650,�del�decreto�ingiuntivo).� Per�quanto�attiene�al�diritto�di�difesa,�esso�viene�adeguatamente�tutelato�da�una�inter- pretazione�ragionevole�della�conoscenza��tempestiva��che�impedisca�l'applicazione�del- l'art.�650.�Tale�conoscenza,�come�si�e�detto,�e�soltanto�quella�che,�pur�non�coincidendo� appieno�con�l'inizio�del�decorso�del�termine�previsto�dall'art.�641�per�l'opposizione,�consenta� pero�all'intimato�di�predisporre�in�modo�adeguato�le�proprie�difese�e�di�proporre�tempestiva� opposizione.�In�assenza�di�siffatta�piena�possibilita�,�la�conoscenza�tardiva�che�l'intimato� abbia�avuto�del�decreto�ingiuntivo�(a�causa�della�irregolarita�della�sua�notifica)�deve�essere� qualificata�non�tempestiva,�e�quindi�idonea�a�rendere�ammissibile�l'opposizione�tardiva.�Va,� peraltro,�osservato�che�l'esigenza�difensiva�sottolineata�dalla�parte�ricorrente,�se�era�partico- larmente�rilevante�quando�per�l'opposizione�era�previsto�il�breve�termine�di�venti�giorni� (secondo�il�testo�originario�dell'art.�641�c.p.c.,�applicabile�nel�presente�giudizio),�si�e�oggi� sensibilmente�attenuata�a�seguito�dell'ampliamento�di�detto�termine�a�quaranta�giorni�(per� effetto�dell'art.�8�del�decreto-legge�21�ottobre�1995,�n.�432,�convertito�dalla�legge�20�dicem- bre�1995,�n.�534).� 2.4.�^Va�qui�ribadita�l'affermazione,�sovente�fatta�da�questa�Corte�(v.,�tra�le�altre,�le� sentenze�15�luglio�2003,�n.�11066;�3�febbraio�1999,�n.�880;�30�dicembre�1994,�n.�11313),� secondo�cui�la�prova�della�non�tempestiva�conoscenza�puo�essere�fornita�anche�a�mezzo�di� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO presunzioni. Ma tale prova presuntiva non puo� esaurirsi nella nullita� della notifica (sia pure di un particolare tipo), come finisce con l'affermare l'orientamento interpretativo seguito da questa Corte nelle sentenze qui criticate, perche� in tal modo si mutila il disposto dell'art. 650 c.p.c. Ne� puo� dirsi che si chieda all'intimato che proponga una opposizione tardiva la prova di un fatto negativo. In linea generale puo� osservarsi che la dimostrazione della non tempesti- vita� della conoscenza del decreto ingiuntivo notificato in modo irregolare implica normal- mente la prova del fatto positivo di come tale conoscenza si sia avuta e di quando cio� sia avvenuto. Questa osservazione vale particolarmente per la fattispecie qui giudicata (decreto ingiuntivo invalidamente notificato presso l'ufficio amministrativo, anziche� presso l'Avvoca- tura dello Stato domiciliataria ex lege), dato che, in siffatta ipotesi, puo� facilmente provarsi la data in cui il decreto stesso e� stato trasmesso dall'ufficio e poi ricevuto dall'Avvocatura dello Stato. Onde sara� facile, per l'opponente e per il giudice del merito, valutare la tempesti- vita� o meno della conoscenza del decreto in relazione alla scadenza del termine posto dal- l'art. 641 per la proposizione dell'opposizione. 2.5. ^Non puo� farsi a meno, infine, di prendere in esame la tesi giuridica che la parte ricorrente ha esposto nella memoria. In tale atto la parte ricorrente ha sostenuto che, nell'i- potesi di nullita� della notifica del decreto ingiuntivo, rimedio esperibile e� l'opposizione ex art. 645 c.p.c., il cui termine di proposizione inizierebbe a decorrere dalla �effettiva cono- scenza del decreto�; spetterebbe, poi, all'opposto provare che l'opposizione e� stata proposta oltre il termine decorrente da tale effettiva conoscenza, essendo egli �attore in senso sostan- ziale�. La tesi giuridica esposta nella memoria invoca un rimedio che e� diverso sia da quello ritenuto applicabile nel primo motivo di ricorso (l'inefficacia del decreto ingiuntivo ex art. 644), sia da quello sostenuto con il secondo motivo di ricorso (l'opposizione tardiva ex art. 650). La prospettazione giuridica contenuta nella memoria, pur non coincidendo con quella su cui si e� fondato il ricorso per cassazione, e� ammissibile perche� e� diretta pur sempre a sostenere che, come dedotto con i primi due motivi del ricorso, l'opposizione a decreto ingiuntivo non e� stata proposta tardivamente. Essa, pero� , non puo� essere condivisa. La mancata conoscenza, da parte dell'intimato, del decreto ingiuntivo a lui notificato in modo irregolare e� situazione specificamente prevista dall'art. 650 c.p.c. L'inapplicabilita� alla presente fattispecie di quest'ultima disposizione normativa sostenuta dalla parte ricorrente nella memoria implica una differenziazione tra irregolarita� e nullita� della notifica, nel senso che la nullita� non vada inclusa nella previsione della irregolarita� . Ma tale opinione, oltre a porsi contro il costante orientamento di questa Corte (v. retro, � 1) condiviso dalla quasi unanime dottrina, avrebbe l'effetto di ridurre l'ambito della irregolarita� della notifica ad ipo- tesi molto limitate nelle quali e� difficile che si produca una mancata conoscenza del decreto ingiuntivo, rendendo pertanto la previsione dell'art. 650 (nella parte qui considerata) del tutto marginale. Una volta che la nullita� della notificazione venga compresa nell'ambito delle �irregolarita� �, la fattispecie qui giudicata rientra pienamente nell'ambito disciplinato dall'art. 650, onde l'art. 645 c.p.c. non puo� trovare applicazione. Ma, anche se si volesse sostenere l'applicabilita� dell'art. 645 c.p.c. nell'ipotesi di nullita� della notifica del decreto, non potrebbe comunque porsi a carico dell'opposto l'onere di pro- vare il giorno in cui l'intimato ha avuto conoscenza effettiva del decreto stesso, sia perche� , in linea di principio, la tempestivita� dell'opposizione ^qualunque sia la natura giuridica che si attribuisca a tale rimedio giuridico ^deve essere provata da colui che la propone, sia perche� sotto l'aspetto pratico, l'opposto non e� in grado di conoscere quando l'opponente abbia avuto conoscenza effettiva del decreto, onde la tesi sostenuta nella memoria della parte ricorrente comporterebbe, nella realta� , la proponibilita� della opposizione a decreto ingiuntivo senza l'imposizione di alcun termine finale. 2.6. ^Va, pertanto, ribadito che, anche nell'ipotesi di nullita� della notifica del decreto ingiuntivo, trova applicazione il disposto dell'art. 650 c.p.c., onde l'ammissibilita� della oppo- sizione al decreto e� subordinata alla prova, a carico dell'opponente, dei presupposti ivi previ- sti, e quindi del fatto che, a causa della nullita� della notifica, l'opponente non ha avuto tem- pestiva conoscenza del decreto stesso. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Nel�caso�di�specie,�secondo�la�sentenza�impugnata�non�censurata�sul�punto,�nulla�la� parte�opponente�ha�dedotto�sulla�non�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,�onde� correttamente�l'opposizione�e�stata�ritenuta�inammissibile�da�ambedue�le�sentenze�di�merito.� 3.�^Poiche�va�confermata�l'inammissibilita�della�opposizione,�manca�l'interesse�del� ricorrente�all'esame�del�terzo�motivo,�con�cui�si�e�dedotta�la�violazione�delle�norme�sulla� competenza�in�ordine�all'emanazione�del�decreto�ingiuntivo.� 4.�^In�conclusione,�il�ricorso,�essendo�infondato�nei�primi�due�motivi�ed�inammissibile� nel�terzo�motivo,�va�rigettato.� Poiche�la�parte�intimata�non�ha�svolto�attivita�difensiva,�manca�il�presupposto�per�la� pronunzia�sulle�spese�del�giudizio�di�cassazione.� P. Q.M. La�Corte�rigetta�il�ricorso.�Nulla�per�le�spese�del�giudizio�di�cassazione.� Cos|�deciso�aRomail3�marzo�2005�.� Si�riportano�il�ricorso�e�la�memoria�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Avvocatura Generale dello Stato ^Corte di Cassazione ^Ricorso. �(Omissis)�Fatto. 1.�^Con�decreto�ingiuntivo�n.�1738/1995�emesso�dal�Presidente�del� Tribunaledi�Velletriindata8�maggio�1995,suistanza�della(...)�s.r.l.,�veniva�ingiunto�all'U- niversita�degli�Studi�di�Palermo�il�pagamento�alla�suddetta�societa�della�somma�di�L.� 14.089.719�oltre�agli�interessi�legali�e�alle�spese�del�rito�monitorio.� Il�predetto�decreto�veniva�notificato,�a�mezzo�del�servizio�postale,�il�30�maggio�1995,� direttamente nella�sede�dell'Universita�,anziche�presso�la�sede�dell'Avvocatura�dello�Stato� competente�ex art.�11�del�r.d.�n.�1611/1993.� 2.�^L'Universita�degli�studi�di�Palermo,�con�atto�di�citazione�notificato�il�26�giugno� 1995,�proponeva�opposizione�avverso�il�suddetto�decreto�ingiuntivo�eccependo:� a) la�nullita�della�notificazione�di�quest'ultimo�ex art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933;�nul- lita�che,�inoltre,�rendeva�ammissibile�ex art.�650�c.p.c.�l'opposizione�tardiva�proposta;� b) l'incompetenza�territoriale�del�giudice�adito�per�violazione�dell'art.�25�c.p.c.�(foro� erariale);� c) la�prescrizione�del�credito�della�societa�ingiungente;� d) l'avvenuto�pagamento�del�credito�vantato�dalla�societa�e,�quantomeno,�la�non�cor- rettezza�della�quantificazione�dello�stesso.� 3.�^Lasocieta�si�costituiva�eccependo�l'inammissibilita�dell'opposizione�proposta�dal- l'Universita�,�perche�tardiva,�nonche�l'infondatezza�dei�motivi�a�sostegno�dell'opposizione� stessa.� 4.�^Il�Tribunale�di�Velletri,�dopoche�era�stata�concessa,�ex art.�648�c.p.c.�la�provvisoria� esecutivita�del�decreto�ingiuntivo�opposto,�con�sentenza�n.�287/1998,�dichiarava�inammissi- bile�l'opposizione�proposta�dall'Universita�affermando�che�la�non�contestata�nullita�della� notificazione�del�decreto�ingiuntivo�per�violazione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933,�non�ren- derebbe�per�se�stessa,�ammissibile�l'opposizione�tardiva�in�mancanza�di�prova�circa�il�nesso� di�causalita�fra�la�suddetta�nullita�e�l'imponibile�della�proposizione�di�opposizione�nei�ter- mini�per�la�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo.� 5.�^Avverso�tale�sentenza,�proponeva�appello�l'Universita�con�atto�di�citazione�notifi- cato�il�9�settembre�1998�fondato�sui�seguenti�motivi:� a) Violazione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933�in�combinato�disposto�con�l'art.�50� c.p.c.:�la�nullita�della�notificazione�del�decreto�ingiuntivo,�in�quanto�effettuata�direttamente� presso�l'Amministrazione,�anziche�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�competente,�imporra� l'ammissibilita�dell'opposizione�tardiva�in�quanto�nella�suddetta�nullita�e�implicita�l'imponi- bilita�di�una�difesa�tempestiva;� b) Violazionedell'art.�25c.p.c.:incompetenzaterritorialedelgiudiceadito;� c) Violazione�dell'art.�644�c.p.c.,�in�quanto�la�mancata�notifica�del�decreto�ingiuntivo� nei�quaranta�giorni�dalla�sua�emissione�rende�quest'ultimo�inefficace.� 6.�^Lasocieta�si�costituiva�nel�giudizio�di�appello�ribadendo�l'inammissibilita�della� opposizione�al�decreto�ingiuntivo�proposta�dall'Universita�e�l'infondatezza�della�stessa�nel� merito.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 7.�^La�Corte�d'Appello�di�Roma,�con�la�sentenza�n.�1029/2000,�rigettava�l'appello�pro- posto�dall'universita�,�ribadendo�l'inammissibilita�dell'opposizione�proposta�da�quest'ultima,� in�quanto�la�stessa�avrebbe�mancato�di�assolvere�all'onere�della�prova,�asseritamente�su�di� essa�incombente,�in�ordine�al�nesso�di�causalita�fra�la�nullita�della�notificazione�per�viola- zione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933�e�l'impossibilita�di�effettuare�l'opposizione�nei�termini.� Diritto.�1.�^Violazioneeinesattaapplicazionedinormadidiritto(art.�644c.p.c.�incombi- natodispostoconl'art.�11delR.D.30ottobre1933,n.�1611).� L'art.�11�del�R.D.�n.�1611/1993�al�comma�1�stabilisce�che:��tutte�le�citazioni,�i�ricorsi�e� qualsiasi�atto�di�opposizione�giudiziale,�nonche��le�opposizioni�ad�ingiunzione...�devono� essere�notificati�alle�Amministrazioni�dello�Stato�presso�l'Ufficio�dell'Avvocatura�dello� Stato,�nel�cui�distretto�ha�sede�l'autorita�giudiziaria�innanzi�alla�quale�e�portata�la�causa��e� al�comma�3:��Le�notificazioni�di�cui�ai�commi�precedenti�devono�essere�fatte�presso�la�com- petente�Avvocatura�dello�Stato�a�pena�di�nullita�da�pronunciarsi�anche�d'ufficio�.� Emerge,�quindi,�come�dato�incontestabile,�la�nullita�della�notificazione�del�decreto� ingiuntivo�effettuata�direttamente�presso�l'Universita�.� Da�tale�nullita�deriva,�ex�art.�644�c.p.c.,�la�inefficacia�del�decreto�ingiuntivo�opposto�per� mancanza�di�una�valida�notifica�dello�stesso�nel�termine�di�60�giorni�di�cui�all'art.�644�c.p.c.� La�Suprema�Corte�ha,�infatti,�affermato�che,�se�la�notifica�e�nulla,�l'inefficacia�puo� essere�fatta�valere,�onde�evitare�sanatoria�per�eventuale�acquiescenza,�mediante�il�rimedio� dell'opposizione�all'esecuzione�(Cass.�9872/1997),�eventualmente�anche�tardiva�ex�art.�650� c.p.c.,�qualora�tale�nullita�abbia�impedito�alla�parte�intimata�di�proporre�opposizione�nel�ter- mine�ordinario�(Cass.,�n.�8582/1996).� Da�quanto�sin�qui�detto�emerge,�quindi,�l'inefficacia�del�decreto�ingiuntivo�opposto.� 2.�^Violazioneefalsaoinesattaapplicazionedinormadidiritto�(art.�650c.p.c.�incombinato� dispostoconl'art.�11delR.D.30ottobre1933,n.�1611).� La�gia�precedentemente�dimostrata,�nullita�della�notificazione�del�decreto�ingiuntivo� opposto,�per�violazione�dell'art.�11�del�R.D.�n.�1611/l933,�comporta,�come�conseguenza,� oltre�alla�predetta�inefficacia�del�decreto�ingiuntivo,�anche�l'ammissibilita�dell'opposizione� tardiva�ex�art.�650�c.p.c..� L'art.�650�c.p.c.,�infatti,�stabilisce�che��l'intimato�puo�fare�opposizione�anche�dopo�sca- duto�il�termine�fissato�nel�decreto,�se�prova�di�non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per� irregolarita�della�notificazione�o�per�caso�fortuito�o�forza�maggiore�.� Nel�caso�di�specie,�secondo�la�Corte�d'Appello,�in�base�alla�suddetta�norma,�l'Universita� sarebbe�stata�onerata�della�prova�circa�il�nesso�di�causalita�fra�nullita�della�notifica�e�impos- sibilita�della�tempestiva�opposizione.� A�ben�vedere,�tuttavia,�questa�interpretazione�non�puo�ritenersi�condivisibile,�se,�infatti,� la�ratio�dell'art.�650�c.p.c.�e�da�individuarsi�nell'esigenza�di�evitare�che�un�difetto�della�noti- fica�del�decreto�ingiuntivo�determini�una�menomazione�del�diritto�di�difesa�dell'intimato,� allora,�dovra�ritenersi�ammissibile�l'opposizione�tardiva�ogni�qualvolta,�l'irregolarita�della� notifica�si�concretizzi�in�vizi�tali�da�determinare�per�se�stessi,�la�suddetta�menomazione�del� diritto�di�ex�difesa.� Nel�caso�di�specie,�non�puo�negarsi�che�la�notificazione�effettuata�all'Amministrazione,� anziche��all'Avvocatura�dello�Stato,�abbia�necessariamente�comportato�una�contrazione�del� tempo�a�disposizione�delpatrocinatore�legale�dell'enteper�approntare�la�difesa�di�quest'ultimo.� Considerato,�infatti,�il�brevissimo�termine�(solo�20�giorni�dalla�notificazione)�a�disposizione� dell'Avvocatura�per�la�proposizione�dell'opposizione�e�il�tempo�inevitabilmente�necessario� per�la�trasmissione�degli�atti�dall'Universita�di�Palermo�all'Avvocatura�Generale�dello�Stato,� non�puo�che�derivare�la�conseguenza,�implicita�nel�suddetto�difetto�di�motivazione�dell'avve- nuta�violazione�del�diritto�di�difesa�dell'intimato�idonea�e�giustificare�l'opposizione�tardiva� ex�art.�650�c.p.c.,�senza�necessita�di�fornire�alcuna�prova�circa�il�nesso�di�causalita�tra�tale� difetto�della�notificazione�e�la�impossibilita�di�proporre�tempestivamente�l'opposizione�al� decreto�ingiuntivo.� Secondo�quanto�affermato�dalla�stessa�Suprema�Corte�(Cass.�Civ.,�sez.�II,�27�gennaio� 1995�n.�992;�Cass.�civ.,�sez.�I,�10�gennaio�1996,�n.�147),�quindi,�al�fine�dell'opposizione�tar- diva�ex�art.�650�c.p.c.,�la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,� in�conseguenza�del�vizio�della�sua�notificazione,�e�implicita�nel�caso�in�cui�il�decreto�ingiuntivo� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� sia�stato�notificato�direttamente�all'Amministrazione�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�domici- liataria�ex�art.�11�del�R.D.�n.�1611/1933,�in�quanto�da�tale�fatto�deriva�la�dimostrazione�del� nessodicausalita�tra�tardiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�e�vizio�della�notificazione.� 3.�^Violazione�delle�norme�sulla�competenza�(art.�25�c.p.c.).� L'art.�25�c.p.c.�stabilisce�che��Per�le�cause�nelle�quali�e�parte�un'amministrazione�dello� Stato�e�competente,�a�norma�delle�leggi�speciali�sulla�rappresentanza�e�difesa�dello�Stato�in� giudizio�e�nei�casi�ivi�previsti,�il�giudice�del�luogo�ove�ha�sede�l'ufficio�dell'Avvocatura�dello� Stato,�nel�cui�distretto�si�trova�il�giudice�che�sarebbe�competente�secondo�le�norme�ordinarie.� Quando�l'amministrazione�e�convenuta,�tale�distretto�si�determina�con�riguardo�al�giu- dice�del�luogo�in�cui�e�sorta�o�deve�eseguirsi�l'obbligazione�o�in�cui�si�trova�la�cosa�mobile� o�immobile�oggetto�della�domanda�.� In�base�a�questa�norma�risulta�certamente�e�incontestabilmente�incompetente�il�Tribu- nale�di�Velletri,�in�quanto,�in�tale�localita�non�ha�sede�alcun�ufficio�dell'Avvocatura�dello� Stato.�In�base�all'art.�25�c.p.c.,�infatti,�il�c.d.�foro�erariale�deve�determinarsi�con�riferimento� al�giudice�del�luogo�ove�ha�sede�l'ufficio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�nel�cui�distretto�si�trova� il�giudice�che�sarebbe�competente�secondo�le�norme�ordinarie�e,�pertanto,�pur�nella�denegata� ipotesi,�in�cui�si�ritenga�competente,�secondo�le�norme�ordinarie,�il�Tribunale�di�V.,�comun- que,�il�foro�erariale�andrebbe�individuato�nel�Tribunale�di�Roma.� Si�ritiene,�tuttavia,�che,�competente�secondo�le�norme�ordinarie�non�e�il�Tribunale�di� Velletri,�bens|�,�ex�art.�25�c.p.c.,�il�giudice�del�luogo�ove�e�sorta�o�deve�eseguirsi�l'obbliga- zione,�vale�a�dire,�nel�caso�di�specie�il�Tribunale�di�Palermo,�considerato�che�ivi�e�sorta�l'ob- bligazione�e�ivi�doveva�essere�eseguita,�in�quanto�l'Universita�adempie�tramite�la�Tesoreria� (e�quindi�in�Palermo)�e�la�societa�doveva�consegnare�la�merce�sempre�a�Palermo.� Si�sottolinea,�infine,�che�l'eccezione�d'incompetenza�territoriale�inderogabile�e�stata� ritualmente�e�tempestivamente�sollevata�dall'Universita�,�nel�suo�primo�atto�difensivo�(cita- zione�in�opposizione�al�decreto�ingiuntivo)�e�ribadita�nell'atto�di�appello.� Dalla�suddetta�incompetenza�territoriale�inderogabile�del�giudice�che�ha�emesso�il� decreto�ingiuntivo�opposto�deriva�la�nullita�dello�stesso.� P.�Q.M.�Piaccia�alla�Corte,�decidendo�nel�merito�ex�art.�884�c.p.c.: a)�Cassare�la�sentenza�della�Corte�d'Appello�di�Roma�n.�1029/2000. b)�Dichiararelanullita�deldecretoingiuntivon.�1738/1995emessodalTribunalediVell etri�(Omissis).� Roma,�15�marzo�2001�^Avvocato�dello�Stato�Roberto�de�Felice�.� Avvocatura�Generale�dello�Stato�^Corte�Suprema�di�Cassazione,�S.U.�^Memoria�per�l'Uni- versita�di�Palermo.� �Premesso�1.�^Nel�caso�di�specie,�un�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,�accolto�contro�ogni� canone�di�competenza�territoriale�dal�Presidente�del�Tribunale�di�Velletri,�contro�l'Univer- sita�di�Palermo,�era�notificato�direttamente�a�questa�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�com- petente�(Roma)�a�proporre�opposizione.� 2.�^Quest'ultima�ha�proposto�opposizione�tardiva;�respinta�dal�Tribunale�di�Velletri� mancando�la�prova�del�nesso�etiologico�tra�nullita�della�notifica�e�mancata�tempestiva�cono- scenza�del�decreto;�in�appello,�l'Avvocatura�sosteneva�che�in�tale�ipotesi�di�nullita�una�tale� impossibilita�e�configurabile�in�re�ipsa;�la�Corte�d'Appello�di�Roma,�nel�respingere�il�gra- vame�aderiva�alla�motivazione�di�prime�cure.� 3.�^Nel�ricorso�per�Cassazione,�l'Avvocatura�Generale�ha�dedotto�che�la�notifica,�effet- tuata�alla�P.A.,�comprime�sempre�il�tempo�a�disposizione�dell'Avvocatura�per�proporre�opposi- zionetempestivaecitavaCass.n.992/1995en.�147/1996.� 4.�^La�Sezione�seconda�della�Suprema�Corte�ha�rilevato�un�contrasto�tra�Cass.�I�n.� 13132/1995�e�(in�parte)�n.�4143/1990�e�le�sentenze�sopra�citate;�in�quanto�leprime�esigono� la�prova�che�la�P.A.�non�avesse,�per�effetto�della�nullita�,�potuto�proporre�opposizione�tempe- stiva�(ord.�1.�ottobre�2004).� Senza�con�cio�rinunciare�agli�altri�motivi�rispetto�al�II,�assorbente�e�sopra�commentato,�si� esprimono�le�seguenti�considerazioni� In�diritto.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 1.�Della nullita� .1.1.^L'art.�11R.D.n.1611/1933esigechegliattiintroduttividigiudizio� di�cognizione�siano�notificati�alla�Avvocatura,�se�questa�difende�organicamente�la�P.A.� Non�c'e��dubbio�che�il�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,�e�il�pedissequo�decreto,�introdu- cono�la�lite�come�espressamente�prevede�l'art.�643,�II�comma,�c.p.c.�Trattasiquindidi�atti� pacificamente�ricompresi�nell'elenco�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�citp 1.2.�^L'Universita��degli�studi�(di�Palermo)�e�non,�si�badi�un'Azienda�universitaria,�e�� all'epoca�della�notifica,�soggetta�a�tale�regime.� In�punto:�Consiglio�di�Stato�Sezione�IV,�n.�5810/2004�che�esclude�che�gli�artt.�6�e�ss.� legge�n.�168/1989�abbiano�fatto�venir�meno�la�regola�dell'art.�56�R.D.�n.�1592/1933�di�domi- ciliazione�legale�della�Universita��presso�l'Avvocatura�Generale,�non�essendovi�abrogazione� espressa.�Cfr.�Cass.�n.�4143/1990.� 1.3.�^Ne�consegue�la�pacifica�nullita��di�detta�notifica,�rilevabile d'uf fficio (art.�11,�comma� 1e�3�R.D.�n.�1611/1933).� 2.�Degli effetti della nullita� p Il rapporto con l'artp 650 c.p.cp 2.1.�^Una�interpretazione� adeguata�sia�alla�lettera�dell'art.�650�che�al�principio�del�giusto�processo,�impone�di�conside- rare�che�le�tre�ipotesi�in�cui�e��data�opposizione�tardiva�sono:� irregolarita��della�notifica; caso�fortuito; forza�maggiore. 2.1.1.�^Tali�ultime�due�ipotesi�(poco�distinguibili)�presuppongono�una�notifica�perfetta: diversamente�si�ricadrebbe�nella�prima�ipotesi�di�notifica�irregolare.�Ecco�emergere�la�ratio dell'art.�650.�E�una�norma�che�consente�la�rimessione�in�termini�quando�un�evento�incontrol- labile�sottragga�l'atto�al�destinatario,�dopo�la�[perfetta]�notifica�di�esso�impedendo�di�pro- porre�opposizione�tempestiva.�Norma�comune�anche�all'altro�procedimento�monitorio,�per� convalida�di�sfratto�o�licenza,�con�riferimento�alla�mancata�comparizione all'udienza� (art.�663�c.p.c.)�che�ha�effetti�irreversibili come�la�mancata�opposizione�a�decreto�ingiuntivo� (vale�a�dire�il�giudicato).� Solo�con�la�riforma�del�1995�la�remissione�in�termini�diventa�istituto generale.� 2.1.2.�^Pertanto anche la prima delle tre ipotesi (irregolarita��della�notifica)�contemplata� dall'art.�650 c.p.cp deve�presupporre�che�la�notifica,�ancorche�deviante dallo�schema�norma- tivo,�non sia pero� nulla.� 2.1.3.�^Le�nullita��,siricorda,sono�tassative.�E�la�irregolarita��della�notifica�(o�di�qualun- que�atto�del�processo)�e��una�categoria�precisa,�che�si�costruisce�per sottrazione dalla nullita� e dalla inesistenzap 2.1.3.4.�^Diconseguenza,incasodi�notifica�nulla del�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,� l'art.�650�nemmeno dovrebbe applicarsi essendo�l'opposizione�sempre�tempestiva,�non�avendo� senso�parlare�di�rimessione�in�termini�a�fronte�di�atto�che�non�produce�effetti.� 2.1.5.�^Del�resto,�sarebbe�grottesco�continuare�ad�affermare�che,�in�caso�di�notifica�ex 325-326�c.p.c.,�la�relativa�nullita��non fa�decorrere�il�termine�breve,�dunque�non�si�forma�il� giudicato�mentre�nel�caso�di�notifica�nulla�ex 645�c.p.c.�opponente�(pur�egli�sottoposto�al� rischio�del�giudicato,�non��salvato��dal�termine�ex 327 c.p.c.,�detto��lungo�)�debba�provare� non�solo�la�nullita��(al�che�potrebbe,�ma�non�sempre,�bastare�la�relata�fidefaciente�dell'uffi- ciale�giudiziario�e�sovente�prove documentali,�anagrafiche�o�statutarie�in�caso�di�enti�e� societa��)�ma�il�nesso�etiologico�tra�vizio�e�conoscenza�dell'atto.� Sarebbero�situazioni�sperequate a�fronte�di�un�risultato�(o�rischio)�eguale (il giudicato) che�rendono�il�processo�monitorio�iniquo�e�(se�cos|��interpretato)�incostituzionale.� 3.�La Dottrinap 3.1.�^IlGarbagnati(Ilprocedimento d'ingiunzione,�110)�sostiene�che�la� possibilita��del�giudice,�ex 647�c.p.c.�di�ordinare�la�rinnovazione�di�una�tale�notifica,�che�sia� nulla�prova�che�il�decreto�e��efficace.�L'Autore�parte�dalla�obliterazione�di�un�dato:�il�decreto� e��efficace�per 40 giorni (art.�644)�ma�va�notificato,�ordinare�di�notificare�nuovamente�e�� garanzia per l'intimato,�che�non�puo��peraltro�controllare�il�corretto�esercizio�dei�poteri�ex 647 c.p.cp (nella�specie,�nemmeno esercitati).�La�fattispecie�ex 647�sfocia�in�una�nuova�noti- fica,�a partire dalla quale decorre�il�dies ad opponendum.� L'interpretazione�dell'A.�non�e��poi�l'unica�necessitata�dalla�logica:�se�il�giudice�provvede� ex 647 c.p.cp oltre il�termine�dei�40�giorni,�rinnova�(per�economia�processuale)�l'efficacia�del� provvedimento.�E�tutto�cio��non�ha�nulla�a�che�vedere�con�la�decadenza dal�termine�per� opporsi.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Infine,�sarebbe�incostituzionale�premiare�la�parte�che�compie�un�atto�nullo,�magari�di� proposito,�con�l'opposizione�ex�650,�soggetta�a�un�previo�vaglio�su�prove�negative�a�pena�di� inammissibilita�.� 3.2.�^Tarziacitail�Mahnverfahren�germanico�(8688�ss.�ZPO)�che�equipara�il�decreto� non�opposto�a�una�sentenza�contumaciale�opponibile,�laddove�in�Italia,�dall'art.�20�R.D.�n.� 1531/1936,�non�c'e�rimedio�se�non�la�ristretta�opposizione�tardiva,�criticando,�con�cio�il� sistema.� 4.�La�Giurisprudenza�Costituzionale.�Premesso�che�Corte�Cost.�n.�18/2002�esula�dalla� specie,�trattando�della�mancata�tempestiva�costituzione�dell'Opponente�(che�quindi�aveva� esercitato�il�diritto�di�opporsi),�occorre�partire�da�Corte�Cost.�n.�120/1976�che�estende� l'art.�650�c.p.c.�nelle�citate�ipotesi�di�forza�maggiore�e�di�caso�fortuito,�limitate�al�caso�di� non�conoscenza,�del�decreto�per�tali�prime�ragioni�al�caso�di�conoscenza�seguita�tuttavia�da� mancata�opposizione�nei�termini�per�tali�due�cause�ampliando�le�possibilita�di�tutela�dell'in- timato.�Cio�prova,�ad�avviso�di�questa�Difesa�e�conferma�che�l'art.�650�c.p.c.�(come�l'attuale� art.�420-ter,�comma�1�e�comma�2�c.p.p.�e�gia�art.�485�e�486�comma�1�c.p.p.)�e�norma�che� sana�preclusioni�verificatesi�nonostante�la�perfezione�formale�degli�atti�a�causa�di�impedi- mento�(a�conoscere�l'atto�o�ad�agire�per�la�sua�riforma)�in�via�di�merofatto.� 5.�Esame�critico�della�giurisprudenza�della�S.C.�5.0.�^E�noto�che�una�giurisprudenza�tra- laticia�ritiene�rientri�nella�previsione�dell'art.�650�c.p.c.�il�caso�di�nullita�(nonquellodi�inesi- stenza)�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(Cass.�SS.UU.�2656/1974;�III�3767/1979,� 3486/1991).� 5.1.�^Tale�rimedio�e�l'unico�ammissibile,�non�potendo�proporsi�l'eccezione�relativa�all'i- nefficacia�del�decreto�non�notificato�ai�sensi�dell'art.�188�att.�c.p.c.�o�di�opposizione�all'esecu- zione.� 5.2.�^La�prefata�giurisprudenza�non�merita�conferma.�Leggasi�in�Cass.�n.�2656/1974� �la�materia�e�compiutamente�regolata�negli�artt.�644,�645�e�650�del�codice�di�rito,�cosicche� salva�l'ipotesi�di�mancanza�o�di�inesistenza�della�notificazione,�nel�qual�caso�l'intimato�puo� far�valere�l'inefficacia�del�decreto�...�ex�art.�188�att.�c.p.c.,�e�con�ordinaria�azione�di�accerta- mento�anche�mediante�opposizione�all'esecuzione...�la�sola�opposizione�consentitaperconte- stare�oltre�il�termine�ex�641�c.p.c.�la�legittimita�del�decreto...�e�quella�ex�650�c.p.c..�Non�puo� ritenersi,�perche�sarebbe�contrario�ai�principi�di�sistematica�normativa,�che�il�legislatore,� nel�regolare�in�modo�specifico�la�materia�dei�possibili�rimedi,�abbia�pretermesso�particolari� fattispecie�affidandone�la�disciplina�alle�norme�generali�di�rito.�In�conseguenza�poiche�come� si�e�sopra�rilevato�l'ambito�dell'art.�644�c.p.c.�e�limitato�alla�sola�ipotesi�di�inesistenza�non� puo�non�farsi�rientrare�nell'art.�650�c.p.c.�la�fattispecie�di�nullita�.Cio�trova�conferma�nella� generica�e�ampia�espressione��irregolarita�della�notificazione��che�lascia�ritenere�compresa� in�essa�la�nullita�.� Tanto�la�nullita�quanto�la�semplice�irregolarita�derivano�dal�difetto�o�dal�vizio�di�alcuno� deglielementicheintegranol'attodinotificazioneeanchelaprimanonesclude...�chel'ingiunto� possa�avere�tempestiva�conoscenza�dell'atto.� Non�e�dato�distinguere�fra�le�diverse�ipotesi�in�cui�la�irregolarita�,�in�senso�lato,�della� notificazione�e�quindi�la�nullita�di�questa�possano�presentarsi�nelle�singole�fattispecie�.� 5.2.1.�^Tale�argomentare�prova�troppo:�anche�l'inesistenza�(residuo�campo,�per�quelle� SS.UU.,�dell'art.�644�c.p.c.)�deriva�dal�difetto�di�taluno�degli�elementi�che�integrano�la�noti- fica�(quale�l'identita�della�persona�del�destinatario)�e�nemmeno�in�caso�di�inesistenza�(es.� notifica�ad�omonimo)�puo�escludersi�che�l'ingiunto�abbia�conoscenza�dell'atto.� Dunque�non�e�dimostrata�l'equiparazione�irregolarita�/nullita�alla�luce�di�tale�logica,� visto�che�in�tal�campo�dovrebbe�rientrare�anche�l'inesistenza.� Ne�ha�avuto�molto�senso�logico�affermare�che�tra�i�vari�rimedi�(644,�645,�650�c.p.c.)�non�ne� esista�uno�adhoc�per�la�nullita�(che�e�il�645�c.p.c.,�solo�che�il�dies�cedens�e�quello�della�effettiva� conoscenza�deldecreto,�nel�caso�di�nullita�).� Cio�non�ha�nulla�a�che�vedere�con�la��sistematica�normativa��ma�con�l'interpretazione�di� tali�articoli.�Inoltre,�l'affermazione�e�ai�limiti�dell'assurdo.�Asserire�che�il�legislatore�nel�disci- plinare�unprocedimento�speciale,�non�possa�affidare�parte�della�disciplina�dello�stesso�ai�prin- cipi�generali�(cioe�al�Libro�I�del�c.p.c.)�significa�affermare�che�per�ogni�procedimento�vada� disciplinata�in�modo�specifico�la�materia�dei�termini,�delle�nullita�,�della�forma�degli�atti.� 5.2.2.�^Il�precedente�merita�sicuro�e�sereno�overruling,�considerata�anche�l'intervenuta� modifica�dell'art.�111�Cost..� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�particolare,�il�diritto�fondamentale�al�contraddittorio�e�all'esame�imparziale�delle� ragioni�dell'interessato�non�puo�essere�reso�piu�difficile�nel�caso�in�cui�il�meccanismo�prodro- mico�al�contraddittorio�sia�gravemente�viziato�per�attivita�imputabili�al�ricorrente,�quali�la� nullita�della�notifica�del�decreto,�che,�secondo�il�ragionamento��tralaticio��qui�contestato,� comporta�la�necessita�di�opporsi�ex�650�c.p.c.�fornendo�la�prova�dell'impossibilita�di�cono- scenza.�Cio�e�esplicitamente�contrario�agli�artt.�3,�97,�24�e�111�Cost.� 5.2.3.�^Inoltre,�nulla�autorizza�a�derogare�(nel�procedimento�ex�633�c.p.c.)�al�principio�che� un�atto�nullo�non�produce�effetti,�e�che�quindi�la�notificazione�nulla�del�decreto�ingiuntivo�non� fa�decorrere�il�termine�adopponendum.� 5.3.1^Cio�nonpuo�risultare,inparticolare,�dall'art.�650,u.c.,c.p.c..�Infatti,�see�verala� tesi�qui�sostenuta,�la�citata�norma�non�si�applica,�alla�ipotesi�di�notifica�nulla,�in�cui�si�puo� spiegare�opposizione�tempestiva�e�quindi�tale�ipotesi�resta�fuori�dell'art.�650�c.p.c.,�compreso� il�comma�che�fissa�al�decimo�giorno�dall'inizio�dell'esecuzione�(cioe�dal�pignoramento� art.�491�c.p.c.)�quello�ultimo�per�l'opposizione�ex�650�c.p.c.�Secondo�la�nostra�tesi,�tale�oppo- sizione�tardiva�e�limitata�a�casi�eccezionali�di�incolpevole�non�conoscenza�dell'atto;�pertanto� e�peraltro�(e�sempre�che�sia�valida�la�notifica�del�precetto)�e�ragionevole�prevedere�che�vi� sia�un�dies�ultimus�anticipato�ove�il�decreto�sia�posto�in�esecuzione;�cio�non�implica�alcuna� convalida�di�nullita�perche�,�lo�si�ripete,�l'art.�650�a�tale�fattispecie�non�sarebbe�mai�ricondu- cibile.� 5.2.4.�^Infondato,�pertanto,�e�l'argomentare�di�chi�vede�in�tale�norma�la�conferma�della� efficacia�del�decreto�interministeriale�notificato�in�modo�nullo,�con�conseguente�inesperibi- lita�dei�rimedi�(camerale�e�ordinario,�eventualmente�anche�ex�art.�615�c.p.c.)�previsti�dal- l'art.�188�att.�c.p.c.�Se�l'ordinamento�non�tollera�tale�limitazione�del�contraddittorio�a�una� prova,�negativa,�preliminare�in�presenza�di�un�vizio�dovuto�all'avversario�(norme�che�impo- nevano�molto�meno,�come�il�deposito�per�soccombenza,�sono�state�spazzate�via),�e�quindi�il� 650�3.�c.�non�e�applicabile�al�caso�di�nullita�di�notifica�del�D.I.,�si�applica�anche�l'art.�188� att.�Non�ha�molto�senso�ritenere�che�basti�una�notifica�nulla,�o�un�qualsiasi�atto�nullo,�a�sod- disfare�un�onere�quale�quello�posto�dall'art.�644�c.p.c.�L'onere�di�compiere�un�atto�giuridico� implica�la�validita�di�tale�atto.�E�se�il�giudice�del�monitorio�deve�imporre�la�nuova�notifica� del�decreto�se�risulta�o�appare�probabile�la�mancata�conoscenza�dell'atto�(art.�647�c.p.c.)�e� se�tale�norma�ha�un�senso�(cfr.�l'uso�del�verbo�dovere�che�non�e�sollecitatorio)�questo�senso� non�puo�essere�quello�di�sanare�una�nullita�ma�solo�una�mancata�conoscenza�che�altrimenti� (la�formula�del�647,�1.�comma,�2.�al.�corrisponde�al�650,�1.�comma)�causerebbe�l'opposizione� tardiva�(e�conseguentemente�l'art.�647�vuole�tutelare�l'intimato�e�il�suo�diritto�al�contraddit- torio,�non�affermare�che�una�notifica�nulla�conserva�efficacia�al�decreto).� 5.2.5.�^Ne�puo�dedursi�un�parallelismo�con�l'art.�294�c.p.c.,�dove�il�contumace�(che� interviene�nel�processo�nello�stato�in�cui�esso�si�trova)�deve�essere�ammesso�ad�attivita�pre- cluse�se�prova�di�non�aver�avuto�conoscenza�del�processo�per�la�nullita�della�citazione.�In� quel�caso�la�posta�in�gioco�e�una�preclusione,�in�questo�(del�procedimento�monitorio)�ogni� formadi�tutelaeil�giudicato.� Inoltre,�la�condizione�del�contumace�nel�processo�ordinario�e�diversa:�proprio�per�il�minor� rischio,�sopra�considerato,�e�la�maggior�durata�del�rito,�che�da�maggiore�possibilita�di�cono- scere�il�processo,�non�e�prevista�la�nuova�notifica�nel�caso�in�cui�risulti�o�appaia�probabile,�indi- pendentemente�dalla�nullita�,�la�mancata�conoscenza�dell'atto�introduttivo�(art.�647,�1.�comma,� c.p.c.).� Poi,�la�dizione�dell'art.�650�menziona�la�irregolarita�,�categoria�giuridica�precisa�e�non� coincidente�con�la�nullita�,�e�quindi�la�ratio�legis�e�che�nel�rito�monitorio�l'interessato�debba� avere�maggiori�garanzie�di�conoscenza�dell'atto�introduttivo,�rispetto�al�rito�ordinario,�pro- prio�perche�rischia�un�giudicato�entro�termini�brevissimi,�se�non�si�oppone.� 5.2.6.�^Le�suesposte�tesi�militano�per�argomentazioni�l'affermazione�che�l'opposizione� ex�645�c.p.c.�e�rimedio�esperibile�nel�caso�di�nullita�della�notifica�del�D.I.�L'opponente�dovra� provare�la�nullita�;�al�contrario,�la�relativa�sanatoria�deve�provarla�l'opposto.� 5.3.�^In�tale�quadro�e�improprio�probabilmente�parlare�di�opposizione�tardiva,�ex�650� c.p.c.�(soggetta�al�noto�onere�della�prova)�quanto�di�opposizione�tempestiva,�perche�prima� della�piena�conoscenza�aliunde�(non�dalla�notifica)�avuta�e�inconcepibile�la�decorrenza�del� termine.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Di�talguisa,sara�l'opponente�a�dovere�provare�la�nullita�della�notifica�(prova�facilitata� dalla�relata)�e�l'opposto�la�sua�validita�.� Ci�si�chiede,�a�questo�punto,�se�sia�l'opponente�a�dover�provare�che�la�conoscenza�piena� dell'atto�e�avvenuta�non�oltre�20�giorni�prima�dell'opposizione.�Di�regola,�pero�,e�l'opposto,� anzi�il�ricorrente�a�dovere�provare�il�contrario�cioe�che�ha�notificato�bene�e�che�sono�passati� i�20�giorni;�se�invece�emerge�che�la�notifica�nullum�produxit�effectum�dev'essere�l'opposto�a� provare�che�l'allegata�intempestivita�e�stata�sanata�(perche�l'eccezione�^qui�attore�in�senso� sostanziale�e�l'opposto�^e�proposta�e�provata�dall'opponente,�la�controeccezione�^cioe�la� sanatoria�^e�a�carico�dell'opposto).� 5.4.�^Nel�caso�di�notifica�a�una�P.A.�organicamente�difesa�dall'Avvocatura�Generale� dello�Stato�(notifica�nulla�ex�art.�11�R.D.�n.�1611/1933,�come�sopra�ribadito)�v'e�poi,�un'ulte- riore�serie�di�considerazioni.�L'Avvocatura�dello�Stato�(e�non�la�P.A.)�e�competente,�la�sola� competente,�a�valutaresel'opposizionepossaesserefondata.� Le�relazioni�e�richieste�di�agire�in�giudizio�della�P.A.�ben�possono�essere�disattese�e�in� questo�caso�si�apre�il�conflitto�disciplinato�dall'art.�11�legge�n.�103/1979�(deciso,�addirittura,� dal�Ministro).� Dunque�la�P.A.�(che�non�puo�,�salvo�casi�eccezionali,�ricorrere�ad�avvocati�del�libero� foro,�casi�quali�un�conflitto�d'interessi�tra�P.A.�egualmente�difese:�e�che�nella�pratica�si� risolve,�se�entrambe�sono�statali�con�un�provvedimento,�se�una�non�e�statale,�con�la�riserva� del�patrocinio�erariale�e�quella�statale)�non�solo�riceve�una�notifica�nulla,�ma�non�puo�nem- meno�a)�provvedere�alla�propria�difesa�salvi�i�casi�eccezionali�citati;�b)�decidere�da�se�,se� attivare�la�lite,�essendo�necessaria�la�valutazione�dell'Avvocatura�Generale.�A�contrario,� l'Avvocatura�Generale�puo�(ricevuta�una�valida�notifica)�coltivare�il�contenzioso�anche� prima�di�avere�ricevuto�una�relazione�dalla�P.A.,�se�il�contenzioso�e�di�serie,�coinvolge�prin- cipi�pacifici,�e�l'atto�da�impugnare�e�palesemente�viziato�o�erroneo.� 6.�^L'approccio�tradizionale.�Fingiamo,�ora,�che�sia�esperibile�solo�l'opposizione�ex� art.�650�c.p.c.� L'ordinanza�della�Sezione�III�del�7�aprile�2004�^1.�ottobre�2004�che,�su�conforme� richiesta�del�P.G.,�rimette�al�Primo�Presidente�la�decisione�se�assegnare�la�causa�alle�SS.UU.� Civili,�evidenzia�che�l'orientamento�dei�precedenti�di�Sez.�II�n.�992/1995e�Sez.�I�n.�147/� 1996�e�di�ritenere��in�re�ipsa��la�prova�della�mancata�conoscenza�nel�caso�di�nullita�ex� art.�11�R.D.�n.�1611/1933.�Tale�orientamento�merita�conferma.�Infatti�la�P.A.�non�e�titolare� in�proprio�del�potere�di�rivolgersi�a�un�Avvocato�del�libero�foro,�sicche�la�notifica�alla�stessa� non�la�mette�in�condizione�di�reagire�subito,�essendo�necessaria�la�trasmissione�all'Avvoca- tura.�Tale�trasmissione,�pel�principio�che�nelle�PP.AA.�gli�atti�possano�essere�trasmessi�solo� dal�Dirigente�competente,�non�certo�dall'impiegato�addetto�alla�ricezione,�comporta�che�in� ogni�caso�il�termine�(di�40�giorni)�sia�menomato�e�quindi�risulti�ammissibile�l'opposizione�tar- diva.� Infatti�l'atto�non�perverra�all'Avvocatura�se�non�almeno�il�giorno�successivo,�puo� notarsi,�e�quindi�il�termine�a�difesa�non�sara�mai�integro.� Nella�fattispecie�non�si�e�valutata�nemmeno�la�circostanza�che�l'interessato�ha�sede�in� Palermo�e�l'Ufficio�dell'Avvocatura�in�Roma�(che�comprende�il�Distretto�di�Velletri).� Dunque,�poiche�la�legge�impone�un�preciso�luogo�di�notifica�e�il�potere�di�proporre� opposizione�e�scisso�dalla�P.A.�intimata�(l'Avvocatura�ben�puo�consigliarla�di�non�opporsi,o� rifiutarsi�in�caso�di�conflitto�di�interessi�tra�Stato�ed�Ente�difeso,�o�trapiu�amministrazioni� dello�Stato,�che�va�deciso�dal�Presidente�del�Consiglio)�conoscenza�utile�alla�impugnativa�si� ha�solo�con�la�piena�conoscenza�dell'atto�da�parte�dell'Avvocatura�necessariamente�in�ter- mine�piu�ristretto.� Dunque�l'Avvocatura�non�deve��provare��di�non�avere�avuto�la�conoscenza�tempestiva� dell'atto�perche�cio�gia�risulta�dalla�relata�nulla.� In�tali�termini�si�chiede�di�risolvere�il�conflitto�giurisprudenziale�e�si�insiste�nel�ricorso.� Roma,�16�novembre�2004�^Avvocato�dello�Stato�Roberto�de�Felice�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Indennita�di�amministrazione�e�tredicesima: un�caso�pratico�per�valutare�le�potenzialita�delle�azioni rappresentative�(class actions) nel�contenzioso�seriale�italiano. (Corte�Suprema�di�Cassazione,�Sezioni�Unite�Civili,�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698)� Le�Sezioni�Unite�con�la�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698,�inceneriscono� le�velleitarie�pretese�di�un�contenzioso�seriale�che�stava�assumendo�dimen- sioni�preoccupanti�per�le�finanze�pubbliche�(il�Ragioniere�Generale�dello� Stato�con�nota�del�16�aprile�2004�quantificava�la�maggiore�eventuale�spesa� in�oltre�. 590�Ml.+90�Ml.�in�ragione�d'anno)�in�considerazione�del�fatto� che,�interessando�questioni�ermeneutiche�del�Contratto�Collettivo�Nazionale� di�Lavoro/Comparto�Ministeri�(conteggiabilita�dell'indennita�di�amministra- zione�ai�fini�della�tredicesima),�era�destinato�a�coinvolgere�tutto�il�personale� delle�Amministrazioni�statali�sia�a�livello�centrale�che�periferico.� Confermando�l'inesistenza�del�principio�di�omnicomprensivita�della� retribuzione,�la�Suprema�Corte,�pur�ritenendo�applicabile�l'articolo�7�D.Lg.� C.P.S.�25�ottobre�1946,�n.�263,�in�virtu�del�rinvio�contenuto�nella�fonte�nego- ziale�(art.�33�CCNL)�(1),�esclude�che�l'indennita�di�amministrazione�sia�rile- vante�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�mensilita�alla�luce�di�una�comples- siva�interpretazione��storico-evolutiva��non�solo�delle�previsioni�dei�vari� contratti�collettivi�via�via�succedutisi�a�partire�da�quello�stipulato�il�16�mag- gio�1995�(2)�ma�anche�della�stessa�normativa�del�1946�(3).� Mentre�per�la�ricostruzione�della�condivisibile�soluzione�ermeneutica� fatta�propria�dalle�Sezioni�Unite�che�recepiscono�la�linea�difensiva�della� difesa�erariale�si�rinvia�alla�lettura�della�sentenza�e�del�controricorso,�anche� in�ragione�delle�recentissime�iniziative�di�regolazione�comunitaria�e�nazionale �������� (1)��...laprevisionedelcitatoart.�7avrebbeinognicasovalorecogentecomefontecontrattuale,perche� il�relativo�disposto�viene�espressamente�richiamato�dall'arti.�33,�comma�3�del�CCNL�integrativo�1998/2001,� ossiadalcontrattocollettivoche�e�lafontecuil'art.�2,comma3,D.Lgs165/2001affidainviaesclusival'at- tribuzione�dei�trattamenti�economici��(Cassazione�S.U.,�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698).� (2)�Dalle�previsioni�del�contratto�collettivo�sarebbe�evidentissimo�che�ai�fini�del�computo�della�tre- dicesima�sono�rilevanti�solo�le��voci�che�sono�corrisposte�a�tale�titolo��e�che,�con�particolare�riferimento� all'indennita�di�amministrazione,�e�del�tutto�neutra�rispetto�a�tale�accertamento�la�natura�generale,�fissa� e�ricorrente�della�stessa�(�Ilcaratteredigeneralita��dicesolocheessadeveesserecorrispostaatuttiidipen- denti,�la�natura�ricorrente�dice�che�deve�essere�corrisposta�con�la�medesima�cadenza�temporale,�mentre�la� natura�fissa�significa�che�la�medesima�e��parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione��^Cassazione� S.U.,�cit.�nota�1).� (3)��...dettoart.7nonsolononcontienealcunaprevisionediomnicomprensivita��dellatredicesima,ma� deponeaddiritturainsensocontrario...�Ossia,all'entratainvigoredeld.l.cps.n.�263del1946laretribuzione� delpersonale�statale�constava�non�solo�del�trattamento�di�base�e�dell'indennita��di�carovita,�ma�anche�di� indennita��ediassegniaccessori,chepero�furonoesclusidalcomputodellatredicesimamensilita�adopera� delcitatoart.�7deldlcps,segnoquindicheprimaillegislatore,epoilepartistipulantiilCCNLcheadesso� hannofatto�riferimento,�la�intesero�computare�al�netto�delle�indennita��che�allora�venivano�erogate,�e�quindi� in�misura�non�omnicomprensiva.�Pertanto�il�suddetto�art.�7�del�dlcps�del�1946�induce�a�negare�la�inclusione� dell'indennita��di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita����(Cassazione�S.U.,�cit.�nota�1).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� in�materia�che�saranno�segnalate,�preme�qui�esternare�talune�considerazioni� su�rilevanti�questioni�processuali�tipicamente�legate�al�contenzioso�seriale� (caratterizzato�oggettivamente�dalla�presenza�di�pretese�implicanti�la�risolu- zione�di�questioni�di�fatto�o�di�diritto�comuni�a�piu�persone)�che�coinvolgono� problematiche�di�competitivita�del�sistema,�di�efficientismo�processuale�e,� soprattutto,�di�risparmio�di�spesa�pubblica�cui�non�risulta�estranea�l'Avvoca- tura�dello�Stato,�tradizionalmente�e�istituzionalmente�obbligata�a�cimentarsi� con�questa�tipologia�di�vertenze�collettive�che�ordinariamente�richiede�grandi� impegni�di�risorse�umane,�tecniche�ed�economiche.� Al�di�la�delle�specificita�del�contenzioso�su�cui�sono�intervenute�le� Sezioni�Unite�in�commento�(4)�e�che�lo�contraddistinguono�per�l'indiscussa� ragionevole�durata�del�processo�collettivo�(5),�non�va�sottaciuto�che�nella�- maggior�parte�dei�casi�la��soluzione�definitiva��(rectius��tendenzialmente� stabile��(6))�viene�raggiunta�solo�dopo�molti�anni�(e�potrebbe�anche�non� giungere�mai�ove�si�maturino�contrasti�giurisprudenziali�o�si�verifichino�inef- ficienze�interne�al�sistema�processuale).� In�entrambi�i�casi�(contenzioso�seriale�che�giunge�in�tempo�ragionevol- mente�breve�ad�una�soluzione�tendenzialmente��definitiva�/contenzioso� seriale�caratterizzato�da�contrasti�di�giurisprudenza�e�dalla�irragionevolezza� dei�tempi�richiesti�dall'ordinamento�processuale�per�dare�una�risposta�ten- denzialmente�stabile)�gli�strumenti�processuali�attualmente�presenti�nel� codice�di�rito�non�paiono�assicurare�con�particolare�riferimento�al�conten- zioso�seriale�un'adeguata�tutela�giurisdizionale�che�possa�ritenersi�in�linea� con�i�canoni�del�giusto�processo�imposti�dall'articolo�111�della�Costituzione.� A�cio�si�aggiungano�i�consistenti�aggravi�di�spesa�per�l'Erario�dello�Stato� e�la�riduzione�della�competitivita�del�sistema�economico�nazionale�conse- guenti�ad�una�gestione�inefficiente�del�contenzioso.� Prendendocomemodellodicontenziososerialequellosull'indennita�diammi- nistrazione(dovelaserialita�afferisceallaquestionedidirittorelativaallarilevanza� dell'indennita�di�amministrazionecircailcalcolodellatredicesima),alfinedivalu- tarne�i�vantaggi,�attualmente�anche�all'esame�del�Legislatore�comunitario�(7)�e �������� (4)�Il�Primo�Presidente�della�Cassazione�ha�tempestivamente�accolto�la�richiesta�della�difesa�era- riale�di�rimettere�la�pronuncia�alle�Sezioni�Unite�pur�in�mancanza�di�contrasto�tra�le�Sezioni�semplici� in�considerazione�della�questione�di�massima�e�di�particolare�importanza�sollevata�dal�ricorso� (art.�374,�comma�2,�c.p.c.).� (5)�La�Suprema�Corte�ha�di�recente�riconosciuto�che�il�diritto�all'equa�riparazione�copre�anche�le� ipotesi�di�ricorso�collettivo�(Sezione�I,�sentenza�11�maggio�2005,�n.�9921�in�Guida al Diritto 25/2005,�36� ss.).� (6)�Nell'ordinamento�interno�non�opera�il�principio�dello�stare decisis ma�solo�l'onere�di�motivare� l'eventuale�contrasto�con�la�giurisprudenza�della�Suprema�Corte.� (7)�Inserendosi�nel�varco�aperto�prima�dalla�Corte�di�Giustizia�nel�caso�Courage�(sentenza�20�set- tembre�2001,�causa�C-453/1999,�Courage Ltd. v. Bernard Crehan,in�European Court Reports,�2001,�I,� 6297;�per�la�verita�l'esistenza�di�un�diritto�al�risarcimento�del�danno�da�violazione�del�diritto�comunita- rio�antitrust�era�gia�stata�affermata�dall'Avv.�Generale�Van�Gervener�nell'opinion resa�nella�causa� C-128/1992,�H.J. Banks & Co. Ltd. C. British Coal Corp.,in�European Court Reports, 1994,�I,�1209)�e� poi�dal�Regolamento�del�Consiglio�16�dicembre�2002,�n�1/2003�(concernente�l'applicazione�delle�regole� di�concorrenza�di�cui�agli�articoli�81�de�82�del�Trattato,�in�G.U.C.E. L1�del�4�gennaio�2003�nonche�in� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nazionale�(8),�si�ipotizzi�l'esistenza�in�Italia�di�strumenti�di�risoluzione�in�forma� aggregata�di�questioni�controverse�seriali�(azioni�rappresentative)�operanti�sulla �������� Boll.�UE�12-2002,�punto�1.3.70),�la�Commissione�Europea�ha�intenzione�di�pubblicare�per�la�fine�del� 2005�un�Libro�Verde�in�materia�di�private�enforcement�del�diritto�antitrust�(a�tal�uopo,�su�incarico�della� Commissione,�lo�studio�legale�Ashurst�ha�condotto�un'analisi�accurata�delle�esperienze�di�private� antitrust�enforcement�sviluppate�nei�vari�Stati�membri�rilevando�il��totale�sottosviluppo��e�la��sconvol- gente�diversita���dei�sistemi�nazionali�^cfr.�www.europa.eu.int/commission/competition/� competitionandconsumers).� Anche�nel�diritto�della�concorrenza,�come�a�piu�riprese�affermato�in�tema�di�responsabilita�dello� Stato�per�violazione/inadempimento�del�diritto�comunitario�(l'azione�risarcitoria�civilistica�nei�con- fronti�dello�Stato�e�esperibile�anche�se�il�Trattato�prevede�lo�specifico�rimedio�della�procedura�di�infra- zione),�si�afferma�il�principio�in�base�al�quale�gli�strumenti�di�tutela�privatistica�sono�di�complemento� essenziale�a�quelli�di�enforcement�pubblicistico�che�non�possono�in�alcun�modo�obliterarli�dovendo,� viceversa,�gli�stessi�procedere�in�modo�coordinato�tra�loro�(si�valuti,�ad�esempio,�la�questione�dell'effi- cacia�degli�accertamenti�contenuti�nei�provvedimenti�sanzionatori�dell'Autorita�amministrativa�anti- trust�nei�giudizi�collegati�aventi�ad�oggetto�il�risarcimento�del�danno�da�illecito�antitrust�^le�c.d.� follow-on�actions). E�stato,�altres|�,�sottolineato�che�il�private�enforcement�potrebbe�rivelarsi�un�deterrente�molto�piu�effi- cace�ed�effettivo�del�sistema�pubblicistico�Commissione/Autorita�di�vigilanza�nazionali�(cfr.�Monti,�Priv ateLitigationas�akey�complement�topublic�enforcement�ofcompetition�rulesandthefirst�conclusion�on�the� implementationofthenewMegerRegulation,�VIIIAnnualCompetitionConference,�Fiesole,�17�settembre� 2004).� Tra�gli�strumenti�di�attuazione�privata�del�diritto�della�concorrenza�le�class�actions�sono�guardate�con� grandeinteresse.�Sono�allo�studiopossibili�opzionidiregolazione�pervalutareincheformasipossano�sti- molate�gli�Statimembriposto�che,�come�noto,�secondo�gli�orientamenti�della�Corte�di�Giustizia,�inmateria� processuale�l'autonomia�sovrana�degli�Stati�puo�essere��superata��solo�ove�si�dimostri�la�violazione�dei� principi�di�equivalenza�(non�discrimination)�e�di�effettivita�(adequacy).� (8)�A�seguito�della�vicenda�dei�rimborsi�R.C.A.�e�degli�scandali�finanziari�italiani�(Cirio,�Parmalat�e� Bipop)�e�stranieri�(bonds�argentini)�sono�stati�presentati�numerosi�disegni�di�legge�volti�a�introdurre�stru- menti�simili�alle�class�actions�statunitensi�per�assicurare�efficienti�forme�di�tutela�delle�pretese�seriali� che�fungano�anche�da�deterrente�a�pratiche�illecite�degli�operatori�economici.� Allo�stato�l'approccio�del�Legislatore�e�stato�settoriale�mancando�di�quella�trasversalita�che� dovrebbe�ispirare�l'introduzione�di�strumenti�processuali�dotati�di�caratteristiche�profondamente�innova- tive�in�merito�all'impostazione�tradizionale�del�codice�di�rito.�A�livello�linguistico�non�si�e�ancora�perce- pito�che�la�terminologia�piu�appropriata�e��azioni�rappresentative��in�quanto�le�azioni��di�gruppo��evo- cano�pericoli�confusori�con�la�tutela�degli�interessi�diffusi�(che�e�questione�diversa�dalle�problematiche� legate�agli�strumenti�di�risoluzione�del�contenzioso�seriale)�mentre�quelle��collettive��sono�gia�cono- sciute�ed�utilizzate�nel�nostro�ordinamento�processuale.� In�materia�consumeristica,�anche�per�dare�seguito�agli�accordi�intervenuti�tra�Ministero�delle�Attivita� ProduttiveeAssociazionideiconsumatorieANIA,sie�intervenutoconidisegnidileggeA.C.3838(On.�Bo- nito�e�altri�^azione�di�gruppo)�e�A.C.�3839�(On.�Lettieri�e�altri�^azione�di�classe)�unificati,�dopo�l'approva- zione�della�Camera�dei�Deputati�(Picchio,�Dalla�Camera�arriva�il�s|�al�dl�sulla�class�action,in�Il�Sole�24�Ore� del�22�luglio�2004),�in�quello�all'analisi�del�Senato�(S.�3058�-On.�Bonito�e�altri).�Si�tratta�di�un�approccio�ela- boratosullafalsarigadiquellospagnoloche,innestandosisulleprevisionidellalegge30�luglio1998,n.�281,� si�presenta�assolutamente�migliorabile�in�quanto,�tra�l'altro,�istituisce�un�monopolio�giudiziale�delle�associa- zioni�deiconsumatorie�sollevaunaserie�diproblematichetecnico-giuridichenonrisolte�dai�disegnidilegge.� Per�la�prima�lettura�degli�stessi�cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,� 2004,�166-226nonche�Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi�(l'esperienzadeiprincipali� ordinamentigiuridicistranierielepropostedileggen.�3838e3839),�CorriereGiuridico,�2004,�397.� Nell'ambito�delle�proposte�di�legge�e�degli�studi�relativi�alla�riforma�della�regolazione�del�mercato� finanziario�italiano�(c.d.�riforma�del�risparmio)�le�class�actions�sono�state�considerate�eccellenti�strumenti� di�deterrenza�nei�confronti�delle�pratiche�scorrette�degli�operatori�professionali�e�di�miglioramento�del� livello�di�tutela�processuale�degli�investitori.�In�questo�modo�se�ne�e�proposto�l'inserimento�attraverso� talune�proposte�di�legge�che�presentano�un�approccio�piu�meditato�e�completo�rispetto�a�quelle�di�matrice� consumeristica.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� falsariga�delle�class�actions�statunitensi,�canadesi�e�svedesi,�o�dei�representa- tive�proceedings�australiani�oppure�della�group�litigation�inglese�(9). �������� L'A.C.�4747�(On.�Letta�e�altri)�segue�il�modello�statunitense�dell'azione�rappresentativa�(che,�tutta- via,�viene�etichettata�come�azione�collettiva)�essendo�espressamente�prevista�l'autorizzazione�giudiziale� a�far�valere�diritti�altrui.�Il�modello,�tuttavia,�consente�il�ricorso�al�rimedio�solo�all'attore�e�sembra� caratterizzato�dall'assenza�di�preclusioni�temporali�per�l'esercizio�del�diritto�di�uscita�(opt-out)�con�peri- colosi�risvolti�per�l'incertezza�e�l'instabilita�nella�composizione�della�classe.� L'A.C.�4639�(On.�Fassino�e�altri)�affianca�all'azione�rappresentativa�la�legittimazione�della�CONSOB� ad�agire�per�il�risarcimento�dei�danni�(anche�punitivi)�derivanti�da�pratiche�censurabili�poste�in�essere�dai� soggetti�dalla�stessa�vigilati.�La�proposta,�che�fa�ampio�ricorso�alla�delega�legislativa,�sembra�fare�impli- cito�riferimento�a�meccanismi�di�adesione�espressa�in�quanto�consente�l'allargamento�della�classe�nel� corso�del�giudizio�(�apportaremodifichealcodicecivile,�af ffinche�glieffettidigiudicatodellasentenzaemessa� sianoestesiatuttiisoggettidellastessaclassecheviabbianoaderitoespressamente,�consentendolorodiade- rire,�integrando�il�contraddittorio,�in�ognifase�e�stato�del�giudizio�,�art.�30,�comma�2,�lett.�m)�e�prevede� che�la�transazione�possa�essere�efficace�sono�in�caso�di�adesione�espressa�all'azione�rappresentativa.� (9)�Per�l'analisi�della�normativa�e�delle�relative�applicazioni�giurisprudenziali�circa�i�menzionati� strumenti�di�risoluzione�del�contenzioso�seriale�in�forma�aggregata�che,�contrariamente�a�quanto�di� recente�sostenuto�(Bellini,�Class�actions�e�mercato�finanziario:�l'esperienza�nordamericana,�in�Danno�e� Resp.�2005,�817,��...class�actions,�nate�ed�evolutesi�unicamente�negli�Stati�Uniti...�)�non�costituiscono� una��specie�rara��stanziata�solo�negli�Stati�Uniti,�sia�consentito�rinviare�a�Fava,�L'importabilita�delle� class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche�Id.,�Class�Actions�all'italiana:��Paese� chevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprincipaliordinamentigiuridicistranierielepropostedilegge� n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397,�in�cui�si�forniscono�altres|�talune�motivate�considerazioni� sulle�possibilita�di�aggiornare,�anche�alla�luce�delle�esigenze�imposte�dall'evoluzione�dell'economia�glo- balizzata,�i�principi�tradizionali�dell'ordinamento�processuale�interno�al�fine�di�consentire�un�trapianto� senza�rigetto�delle�azioni�rappresentative�nel�rispetto�delle�specificita�del�sistema�nazionale.� La�tesi�ha�trovato�di�recente�largo�seguito�anche�nella�dottrina�piu�autorevole�che�ribalta�le�perples- sita�e�il�giudizio�negativo�dell'orientamento�tradizionale�(Rescigno,uSulla�compatibilita�tra�il�modello� processualedelleclassactionsediprincipifondamentalidell'ordinamentogiuridicoitaliano,�Giurisprudenza� Italiana,�2000,�2224).� Consolou(Fra�nuovi�riti�civili�e�riscoperta�delle�class�actions,�alla�ricerca�di�una��giusta��efficienza,� Corriere�Giuridico,�2004,�565),�cautamente�favorevole,�invita�a�maggiori�riflessioni�tecniche�(�sembra� importante,�per�l'efficienza�della�giustizia,�introdurre�qualcheforma�di�azione�collettiva�che�vada�al�di�la�di� quella�in�materia�inibitoria�di�clausole�abusive�e�di�quella�sempre�inibitoria�in�materia�di�consumatori...� introdurre�le�class�actions�in�Italia�significa�anche�creare�sistemi�di�deterrenza�civile�senza�i�quali�evidente- mente�episodi�significativi�diprassipurtroppo�generalizzate�continueranno�a�non�essere�sanzionati�se�non� con�un'inefficienza�di�cui�avremo�prova�una�volta�di�piu�in�materia�per�intanto�di�bonds�decotti�).� GiussaniueuZoppiniu(Tuteladelrisparmioemercatifinanziari:�unaricettaitalianaperla�classactions�,� Guida�al�Diritto,�27/2004,�11)�con�il�conforto�del�dato�comparato�ritengono�che�l'azione�collettiva,�pur�se� con�i�necessari�correttivi,�possa�contribuire�ad�una�gestione�economica�della�giustizia�(�L'azione�collettiva� a�tuteladeidirittiindividualiomogeneie�unanuova�tecnologiadelprocesso�chesivadiffondendo�ormaiintutto� ilmondo�^l'hanno�direcente�introdotta�in�varieforme,fragliormainumerosissimiordinamentiilcuisviluppo� sembra�meritare�speciale�attenzione,�l'Inghilterra,�la�Svezia,�la�Spagna,�la�Cina�^con�diversi�miglioramenti� deisuoidispositividisicurezza:e�perfettamente�ragionevolecercarediadattarlaallestradedellagiustizia�civile� europea,�maritenerlainlineadiprincipioantieconomicae�comesuggerirechesidebbano�eliminaregliautobus� elasciareaipiedichiunquenonpossaononvogliapagarsiiltaxi.�IlprogettoLetta-Maccanico-Pinzaquindi,� non�contemplapericolosie�irragionevoliinseguimentidelmodello�americano:�si�intendepiuttostosiapromuo- verel'efficienzadelleimprese,�siagarantirel'effettivita�dellatuteladeidirittiindividuali,�ecio�avvalendosiin� manieradoverosamente�informataecritica�deirisultatidellepiu�recentiricerchecomparatistiche�).� Menchiniu(Peri�masstorts�eleazionicollettivelanecessita�diadattareimodellistranieri,�Guidaal� Diritto,�24/2004,�11)�ritiene�insufficiente�il�solo��modello�europeo��(Verbandsklage)�che�si�fonda�esclusiva- mente�sull'attribuzione�dellalegittimazione�adagireadentiesponenzialie�associazioni(�Evidente�e�l'insuf- ficienza�di�questo�sistema�neicasidi�danniprovocatiaunamolteplicita�disoggetti�inforza�di�analoghi�compor- tamentiilleciti�).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Sarebbe�stato�possibile�all'Avvocatura�distrettuale�di�Firenze�(o�ai�dipen- denti�del�Ministero�della�Giustizia�ricorrenti)�chiedere�al�giudice�la�certificazione �������� Con�particolare�riferimento�al�processo�amministrativo,�CaringellA (Corso�di�Diritto�Amministra- tivo,�2004,�632),�evidenziando�gli�ostacoli�tradizionalmente�posti�dagli�articoli�26�T.U.C.d.S.�e�4�L.TAR� (che�collegano�la�legittimazione�a�ricorrere�alla�natura�individuale�degli�interessi�attivati),�mostra�parti- colare�interesse�per�lo�strumento�(�Afrontediquesta�disarmonia�tra�l'esigenza�ormaipenetrata�nelcomune� sentiredituteladegliinteressiserialiequestaimpostazionenormativa,�lestradepercorribilisonofondamen- talmentedue:unaditipolegislativoedunaditipointerpretativo.�SeguendolaprimailLegislatoredovrebbe� prendereatto�dell'arretratezza�della�disciplinapositiva�e�introdurre�un�nuovo�sistemadiaccesso�allagiurisdi- zionale,�svincolatodallanaturaindividualedellaposizionesoggettivadedottaingiudizio.�Inquestadirezione� sarebbe�statopossibile�introdurre�nelnostroprocesso�amministrativoforme�di�tutela�mutuate�adesempio� dal�diritto�anglo-americano�di�cui�sono�da�tempo�conosciute�le�c.d.�class�actions,�cioe�azioni�volte�a�tutela� diinteressipoliticiepiu�ingeneralediinteressilatusensucollettivi�).� Di�recente�MaccabonI (Frodifinanziarie,�azionidigruppoerisarcimentodeldannononpatrimoniale:� il�caso�Banco�Ambrosiano,�Danno�e�Resp.�2005,�755),�riprendendo�molti�degli�spunti�altrove�gia�approfon- diti�(cfr.�P. Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche� Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprincipaliordinamentigiu- ridici�stranieri�e�le�proposte�di�legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397),�mette�in�evidenza� attraverso�l'analisi�concreta�del�caso�Banco�Ambrosiano�come,�pur�se�dall'applicazione�delle�class� actions�potrebbero�scaturire�benefici�e�vantaggi,�il�dibattito�dottrinale�e�legislativo�sia�ancora�aperto.� Non�si�ritengono�condivisibili�ne�convincenti�le�valutazioni�espresse�da�LeneR (L'introduzione�della� classaction�nell'ordinamentoitaliano�delmercatofinanziario,�in�Giur.Comm.�2005,I,269).�Inconsiderazione� della�tradizionale�concentrazione�che�caratterizza�gli�assetti�proprietari�delle�societa�italiane�nonche�del� carente�attivismo�dei�piccoli�azionisti�(scarso�utilizzo�degli�strumenti�di�sollecitazione�delle�deleghe�di�voto� e�delle�azioni�di�responsabilita�delle�minoranze)�e�degli�investitori�istituzionali�si�ritiene,�in�modo�del�tutto� aprioristicoeincontrastoconle�testimonianzerisultanti�dairecenti�scandalifinanziariitaliani,�che�inItalia� potrebbe�essere�inutile�introdurre�le�class�actions�perlacarenza�di�soggetti�realmente�interessati�adavvaler- sene�(�iltrapiantodell'istitutonellanostraesperienzagiuridicapotrebbeinvececondurreauna�crisidirigetto�� perl'oppostaragionedellacarenzadisoggettirealmenteinteressatiadavvalersene�).�L'affermazione,�peraltro� condizionata�dallaprospettivalimitante�dellamateria�societariae�finanziaria,�nonsoloe�discutibile�inrela- zione�alla�specifica�materia�toccata�ma�soffre�di�un�approccio�settoriale�non�opportuno�posto�che�le�class� actions�non�sono�solo�dirette�a�migliorare�la�tutela�degli�investitori�(svolgendo�un�importante�ruolo�deter- rente�nei�confronti�delle�pratiche�illecite�degli�operatori�professionali)�ma�anche�a�risolvere�questioni�pro- cessuali�trasversali�che�interessano�tutto�il�contenzioso�seriale�rendendo�piu�efficiente�ed�economica�la� gestione�dellostessoeaumentando,inultimaanalisi,lacompetitivita�delsistema.� Per�i�contributi�dottrinari�italiani�che�precedono�le�recenti�iniziative�di�regolazione�comunitaria�e� nazionale�nonche�gli�scandali�finanziari�e�anticoncorrenziali�che�hanno�rivitalizzato�l'interesse�verso�lo� strumento,�taluni�anche�condizionati�dalla�necessita�di�dare�risposta�alle�preoccupazioni�delle�multinazio- nali�del�tabacco�statunitensi�all'epoca�della�c.d.�tabacco�litigation�circa�la�non�praticabilita�delle�class� actions�in�Italia,�cfr.�Taruffo,�Ilimiti�soggettivi�del�giudicato�e�le��class�actions�,�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1969,� 609;�Id.,��Collateral�estoppel��e�giudicato�sulle�questioni�(I),�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1971,�651;�Id.,��Collateral� estoppel��e�giudicato�sulle�questioni�(II),�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1972,�272;�Patti,�L'esperienza�delle��class� actions��in�due�libri�recenti,�in�Riv.�Trim.�Dir.�Proc.�Civ.,�1979,�1559;�Dondi, Funzione��remedial��delle� �injunctive�class�actions�,�in�Riv.�Trim.�Dir.�Proc.�Civ.,�1988,�245;�Giussani, Le�mass�tort�class�actions�negli� Stati�Uniti�d'America,�in�Riv.�Cri.�Dir.�Priv.,�1988,�331;�Id.,�Un�libro�sulla�storia�della��class�action�,�in�Riv.� Cri.�Dir.�Priv.,�1989,�171;�Id.,�Laprova�statistica�nelle��class�actions�,�in�Riv.�Dir.�Proc.1989,�1029;�Id.,�Studi� sulle��class�actions�,�Padova,�1996;�Consolo, Class�actionsfuori�dagli�USA?(Un'indaginepreliminare�sul� versantedella�tuteladeicreditidimassa:funzionesostanzialeestrutturaprocessualeminima),�in�Riv.�Dir.� Civ.,�1993,�I,�609;�Ponzanelli, �Class�action�,�tutela�deifumatori�e�circolazione�dei�modelli�giuridici,�in� Foro�it.,�1995,�IV,�305;�Scuffi, Azione�collettiva�in�difesa�dei�consumatori:�legittimazione�e�tecnicheproces- suali,�in�Giud.�pace,�1998,�317;�Rescigno, Sulla�compatibilita�tra�il�modello�processuale�delle�class�actions� ediprincipifondamentali�dell'ordinamentogiuridico�italiano,�in�Giur.�it.,�2000,�2224;�Corapi, La�tutela�dei� consumatori�e�degli�investitori�nel�diritto�statunitense:�class�actions�e�derivative�suits,�in�Rass.�Giur.�Energia� Elettr.�2003,�401.�Sulla�derivative�action�statunitense�cfr.�anche�Bisogni,�La�derivative�action�nel�sistema� digoverno�dellapublic�corporation,�in�Riv.�Dir.�Comm.,�1996,�I,�191.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� della�classe�(tutti�i�dipendenti�delle�Amministrazioni�cui�si�applica�il�Con- tratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri)�al�fine�di�consen- tire�l'aggregazione�della�stessa�e�la�soluzione�unificata�della�questione�contro- versa�seriale�(interpretazione�delle�previsioni�del�CCNL�in�materia�di�inden- nita�di�amministrazione�e�tredicesima),�senza�lasciare�sul�tappeto�pesanti� �appendici��di�contenzioso�da�continuare�a�gestire.� Circa�la�possibilita�di�considerare�le�azioni�rappresentative�uno�stru- mento�costituzionalmente�necessario�(chiaramente�con�quegli�adattamenti� che�consentano�all'operazione�di�trapianto�di�non�dare�luogo�a�rigetti�dovuti� all'omesso�coordinamento�con�i�principi�fondamentali�del�sistema�proces- suale�interno)�nonche�quella�di�superare�le�obiezioni�tecniche�mosse�dalla� dottrina�tradizionale�in�relazione�alle�note�questioni�dell'inestensibilita�degli� effetti�ultra�partes�del�giudicato�e�del�divieto�nostrano�di�quota�litis�si� richiama�quanto�motivatamente�gia�osservato�in�altra�sede�(10).� Qui�giova�ricordare�che,�contrariamente�a�quanto�erroneamente�ritenuto� dall'opinione�dominante,�anche�negli�Stati�Uniti�(come�in�tutte�le�moderne� democrazie�che�hanno�introdotto�lo�strumento�processuale)�si�e�posto�il�pro- blema�del�possibile�contrasto�con�la�Costituzione�federale�(11)�delle�class� actions�in�merito�alla�violazione�del�diritto�di�difesa�dei�membri��assenti�� della�classe.�La�questione�e�stata�risolta�dalla�Corte�Suprema�e�dal�Legisla- tore�federale�con�l'introduzione�del�meccanismo�di�notice/opt-out�(con�la�cer- tificazione�giurisdizionale,�che�viene�adeguatamente�ed�efficientemente�pub- blicizzata,�si�attribuisce�la�qualita�di�parte�anche�ai�membri�della�classe� �assenti�;�questi�ultimi�sono�rappresentati�dai�soggetti�che�procedono�su� autorizzazione�del�giudice�ma�possono�essere�sempre�estromessi�dal�giudizio� seriale�ove�lo�richiedano�nei�termini�stabiliti).�Peraltro,�recentissime�iniziative� legislative�hanno�introdotto�nuovi�strumenti�(in�particolare�destinati�ad� attecchire�sulle�questioni�di�competenza�e�sul�compenso�dei�legali)�volti�ad� eliminare�quei�fenomeni�patologici�che�hanno�in�alcuni�casi�comportato�un� uso�distorto�delle�class�actions�(12).� In�Inghilterra,�viceversa,�gli�strappi�ai�principi�sono�stati�evitati�in�radice� mettendo�a�punto�un�sistema�(che�per�la�verita�non�ha�nulla�o�poco�in� comune�con�le�autentiche�class�actions�statunitensi,�canadesi�o�australiane)� col�quale�si�consente�l'aggregazione�solo�degli�appartenenti�alla�classe�che �������� (10)�Fava, L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226� e�nonche�Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprin- cipali�ordinamenti�giuridici�stranieri�e�le�proposte�di�legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,� 2004,�397.� (11)�Il�V�Emendamento�della�Costituzione�federale�statunitense�(No�person�shall�be� deprivedoflife,�liberty,�orpropertywithoutdueprocessoflaw)�prevede�il�principio�del�duepro- cess�oflaw�che,�affinche�si�verifichi�la�produzione�degli�effetti�processuali�del�provvedimento� giurisdizionale�nella�sfera�giuridica�del�soggetto�nei�cui�confronti�si�agisce,�impone�di�far� acquistare�allo�stesso�la�qualita�di�parte�processuale.� (12)�Class�Actions�Fairness�Act�2005,�firmato�dal�Presidente�Bush�il�18�febbraio�2005� dopo�l'approvazione�definitiva�del�Senato�(10�febbraio�2005)�e�della�Camera�(17�febbraio� 2005),�in�www.law.cornell.edu.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� faccianoespressarichiestadiparteciparealgiudiziocollettivo``iscrivendosi''alliti- gation�group�register�tenuto�presso�la�corte�che�procede�(management�court)(13).� Passando�dal��poter�essere��all'�essere�,�allo�stato�in�Italia,�anche�dopo� pronunce�come�quella�in�commento,�e��necessario�continuare�a��gestire��le� �appendici��del�contenzioso�seriale�perche�,al�dila��del�giudizio�che�si�e�� chiuso�con�la�soluzione�giurisprudenziale��tendenzialmente�definitiva��sulla� questione�di�fatto�o�di�diritto�comune�a�tutti�i�membri�della�classe,�restano� incardinati�nel�sistema�processuale�tutti�gli�altri�processi�(solitamente�nume- rosissimi)�che�devono�proseguire�e�che,�talvolta,�possono�anche�dare�luogo� ad�esiti�sconcertanti�(14).�A�cio��si�aggiunga�che�nuovi�giudizi�possono�essere� introdotti�in�relazione�a�pretese�per�le�quali�non�sono�ancora�decorsi�i�ter- mini�di�prescrizione�e�di�decadenza.� Questa�situazione�dovrebbe�essere�valutata�non�solo�in�relazione�all'effi- cienza�del�sistema�processuale�considerato�nel�suo�complesso�e�all'opportu- nita��di�evitare�contrasti�tra�pronunce�ma�anche�alla�luce�di�una�prospettiva� economico-contabile�volta�al�contenimento�dei�costi�inutili�e�all'eliminazione� di�sprechi�nell'uso�del�denaro�pubblico.� Si�pensi�a�tutta�l'attivita��processuale�avente�un�contenuto�analogo� (udienze,�atti�defensionali,�accertamenti,�notifiche,�provvedimenti�giurisdizio- nali),�all'impegno�lavorativo�di�giudici�e�avvocati�gravanti�sul�bilancio�dello� Stato,�ma�anche�alle�risorse�materiali�che�ruotano�direttamente�o�indiretta- mente�attorno�all'espletamento�della�funzione�giurisdizionale�e�defensionale� (carta,�energia�elettrica,�benzina...)�interessata�dalla��gestione�appendico- lare��di�un�contenzioso��tendenzialmente�chiuso��e�che�si�limitano�solo�a� riprodurre,�ripetere�e�ripercorrere�attivita��che�gia��si�sono�altrove�esaurite.� Se�si�eliminasse�questo�sistema�a��carta�carbone��e�si�unificassero�in�un� solo�contesto�tutte�le�attivita��richieste�per�la�ricerca�della�soluzione�proces- suale�che�applichi�e�interpreti�la�normativa�rilevante�al�caso�seriale�concreto,� tutte�queste�risorse�ed�energie�inutilmente�spese�potrebbero�essere�ricollocate� e�utilizzate�per�migliorare�e�rendere�piu��efficiente�il�nostro�sistema�proces- suale�interno.� Peraltro,�ove�lo�strumento�non�sia�rimesso�solo�all'iniziativa�delle�asso- ciazioni�di�consumatori�(15)�o�limitato�a�taluni�settori�(materia�societaria�e �������� (13)�Per�i�dettagli�relativi�al�funzionamento�degli�strumenti�utilizzati�negli�Stati�Uniti,�in� Canada,�in�Australia�e�in�Inghilterra�cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,� Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche�Id.,�Class�Actions�all'italiana:��Paese�che�vai� usanza�che�trovi��(l'esperienza�dei�principali�ordinamenti�giuridici�stranieri�e�le�proposte�di� legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397.� (14)�Si�pensi�ai�decreti�ingiuntivi�ottenuti�da�taluni�dipendenti�allegando�la�sola�pronun- cia�del�Tribunale�di�Pisa�9�gennaio�2004,�n.�726/03�che�aveva,�per�cos|��dire,��aperto�il� filone�.� (15)�La�limitazione�alla�materia�consumeristica�e��prevista�dai�disegni�di�legge�A.C.�3838,� A.C.�3839�e�S�3058�citati�sub�nota�7.� Si�e��gia��messo�in�evidenza�come�questo�aspetto�e��destinato�a�produrre�incertezze�applica- tive�a�partire�dall'identificazione�del�campo�di�applicazione�della�normativa�approvanda�non� soloperche�lanozionediconsumatorenone��affattoconsolidatamaancheperche�nonrisultano� circoscrivibili,�tra�l'altro,�ne�la�materia�consumeristica�ne�i�poteri�rimessi�al�consumatore.� Si�segnalano�due�dei��casi��processuali�recenti�piu��significativi.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� finanziaria)�(16)�ma�sia�fruibile�da�qualunque�parte�processuale�coinvolta�in� contenziosi�di�natura�seriale,�dell'eventuale�introduzione�delle�azioni�rappre- sentative�(class�actions)�nel�sistema�processuale�italiano�potrebbe�beneficiare� anche�l'Avvocatura�dello�Stato�sia�in�termini�di�semplificazione�e�migliora- mento�della�gestione�del�contenzioso�seriale�sia�per�le�accresciute�potenzialita� di�chiusura�stragiudiziale�(17). �������� Sulla�mancanza�di�chiarezza�e�consolidamento�della�nozione�di�consumatoresi�segnala� che�la�Consulta�(ordinanza�16�luglio�2004,�n.�235,�in�Foro�It.,�2005,�I,�992),�dichiarando� manifestamente�inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�1469�bis�c.c.� per�contrasto�con�l'articolo�3�Cost.�nella�parte�in�cui�non�include�nella�nozione�di�consuma- tore�anche�il�beneficiario�non�contraente�della�polizza�infortuni�cumulativa�stipulata�dal� datore�di�lavoro�titolare�di�un�autonomo�e�non�derivato�diritto�ai�vantaggi�dell'assicurazione,� ha�correttamente�rimesso�la�soluzione�della�problematica�circa�l'equiparabilita�del�menzio- nato�lavoratore�assicurato�al�consumatore�contraente�individuale�al�giudice�a�quo�(Trib.� Napoli,�ordinanze�22�luglio�e�21�novembre�2002�nonche�11�marzo�e�29�aprile�2003�che�si�e� commentato�in�L'estensione�della�necessariafacoltativita�delle�perizie�contrattuali�alle�polizze� infortunicumulative:ilavoratoriassicuratisonoconsumatoriexart.�1469bisc.c.,�CorriereGiu- ridico,�2003,�659)�che�non�aveva�nemmeno�tentato�di�dare�alla�norma�un'interpretazione�con- forme�a�Costituzione�in�palese�violazione�dell'obbligo�di�verificare�la�praticabilita�di�vie� ermeneutiche�costituzionalmente�orientate.� Con�riferimento�all'incertezza�dei�rimedi�a�disposizione�del�consumatore�si�segnala�la� vicenda�dei�rimborsi�dei�premi�R.C.A.�Le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte�(sentenza� 4�febbraio�2005,�n.�2207,�in�Foro�It.,�2005,�I,�1014),�interessate�con�l'ordinanza�17�ottobre� 2003,�n.�15538,�della�Sezione�III�(in�Foro�It,�2003,�I,�2938),�hanno�finalmente�ribaltato�l'o- rientamento�espresso�nella�pronuncia�9�dicembre�2002,�n.�17475�della�Sezione�I.�Le�Sezioni� Unite�hanno�affermato�che�il�consumatore�e�direttamente�tutelato�dalla�normativa�sulla�con- correnza�ed�e�conseguentemente�legittimato�ad�agire�con�i�relativi�rimedi�risarcitori�ripren- dendo�talune�considerazioni�gia�espresse�in�occasione�delle�dure�critiche�mosse�alla�pronun- cia�17475/02�(cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�cit.�177-183�nonche�Id.,� Class�Actions�all'italiana...,�cit.�409-412�per�i�riferimenti�al�diritto�statunitense�e�comunitario� nonche�alle�relative�applicazioni�giurisprudenziali�non�perfettamente�conosciuti�e/o�fraintesi� dalla�sentenza�della�Cassazione�del�2002�che�pur�ad�essi�si�richiamava)�che,�viceversa,�era� stata�accolta�favorevolmente�della�dottrina�quasi�unanime�(cfr.�Guizzi, Struttura�concorren- ziale�del�mercato�e�tutela�dei�consumatori.�Una�relazione�ancora�da�esplorare,�in�Foro�It.,� 2004,�I,�479�afferma�che�l'interesse�del�consumatore�e�un��interesse�di�merofatto,�come�tale� non�tutelabile�in�via�giurisdizionale�;�Castronovo,�Antitrust�e�abuso�di�responsabilita�civile,� Danno�e�Resp.�2004,�469�e�Id.,�Responsabilita�civile�antitrust:�balocchi�e�profumi,�Danno�e� Resp.�2004,�1165;�e�contrario�Libertini,�Ancora�sui�rimedi�civili�conseguenti�a�violazioni�di� norme�antitrust,�Danno�e�Resp.,�2004,�933.� (16)�Come�previsto�dalle�proposte�A.C.�4639�e�A.C.�4747.� (17)�Lo�stesso�Avvocato�Generale�dello�Stato,�Avv.�Oscar�Fiumara,�ha�segnalato�alle� Autorita�presenti�alla�cerimonia�del�suo�insediamento�tenutasi�il�25�ottobre�2005,�l'opportu- nita�che�l'Avvocatura�dello�Stato�svolga�un�ruolo�chiave�nella�selezione�delle�cause�pilota� (�un�cenno�va�fatto�alla�recente�esperienza�del�contenzioso�seriale�promosso�da�vaste�platee�di� consumatori,�a�volte�per�effetto�di�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti�(si�pensi�alla� vicenda�dei�rimborsi�dei�premi�assicurativi�in�materia�di�responsabilita�automobilistica),�o�in� relazione�a�vicende�di�grande�impatto�sociale�(si�pensi�alla�tutela�del�risparmio�o�alla�tutela� dellasaluteda�rischidimassa);alcunepropostelegislative�tendono�adintrodurrelostrumento� della�class�action�allo�scopo�di�ridurre�icostiprocessuali�e�difavoriresoluzionirapide�egiuridi- camente�omogenee:�in�tale�ambito�l'Avvocatura�dello�Stato,�per�le�descritte�sue�caratteristiche,� oltre�cheprevenire�o�contenere�tali�tipi�di�contenzioso,�potrebbe�utilmente�intervenire�nella�deli- catafasepreliminarediselezione�delle�causepilota�,�discorso�di�insediamento�dell'Avvocato� Generale�dello�Stato,�Avv.�Oscar�Fiumara,�in�questa�Rassegna,�n.�2/2005).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Evitando�di�confondere�la�tutela�degli�interessi�diffusi�con�le�problemati- che�legate�alla�risoluzione�unitaria,�omogenea�ed�efficiente�delle�questioni�di� fatto�e/o�di�diritto�di�natura�seriale�(18),�sarebbe,�pertanto,�opportuno�mutare� l'angolo�prospettico�di�analisi�e�di�studio�delle�azioni�rappresentative�conside- rando�che�le�stesse�non�svolgono�esclusivamente�una�funzione�deterrente�nei� confronti�di�pratiche�illecite,�scorrette�o�sleali�degli�operatori�professionali� ma�costituiscono,�piu�generalmente,�un�efficace�ed�efficiente�strumento�di� miglioramento�della�gestione�del�contenzioso�seriale.�In�tal�modo�si�dovrebbe� considerare�la�possibilita�di�mettere�a�punto�un�disegno�di�legge�a�carattere� piu�generale�e�trasversale�anche�attraverso�l'ausilio�e�l'interessamento�dei�sog- getti�istituzionalmente�competenti�nella�gestione�del�contenzioso�seriale�dello� Stato�che�potrebbero�apportare�un�prezioso�contribuito�in�considerazione�del- l'unica�e�irripetibile�esperienza�maturata�da�anni�nel�settore.� Si�ritiene�opportuno,�pertanto,�che�dopo�i�decisivi�passi�compiuti�nella� semplificazione�amministrativa�e�le�ricerche�e�le�sperimentazioni�in�materia� di�miglioramento�della�qualita�della�regolazione,�sia�giunto�il�momento�di� cominciare�ad�interessarsi�degli�strumenti�di�semplificazione�processuale�per� far�prepotentemente�sterzare�la�giustizia�italiana�verso�modelli�che�non�solo� evitino�imbarazzanti�giudizi�di�condanna�dinanzi�alla�Corte�Europea�dei� Diritti�dell'Uomo,�pesanti�esborsi�di�denaro�pubblico�per�irragionevole� durata�del�processo�e�penalizzazioni�della�giustizia�italiana�(anche�arbitrale)� nel�contesto�internazionale�da�sempre�additata�come�modello�patologico�di� inefficienza�e�lungaggine,�ma�anche�che,�caratterizzandosi�per�l'efficientismo,� l'eliminazione�dei�costi�inutili�e�la�riallocazione�delle�risorse�pubbliche,�com- portino�un�innalzamento�della�competitivita�del�sistema�interno.� Dott.�Pasquale�Fava�(*)� Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 13 luglio 2005, n. 14698 ^Pres.V.�Carbone�^ Rel.�M.�LaTerza�^P.M.Domenico�Iannelli�^B.�C.�(Avv.�R.G.�Cipriani�e�B.�Lucia)c/Mini- stero�della�Giustizia�(Avv.ti�dello�Stato�G.�D'Avanzo�e�P.�Fava,�estensore).� L'indennita�dei�amministrazione�non�e�conteggiabile�ai�fini�della�tredicesima�mensilita�.� L'art.�7�del�dlcps�25�ottobre�1946,�n.�263,�non�contiene�alcuna�previsione�di�omnicomprensivita� della�tredicesima�anzi�depone�in�senso�contrario�come�confermato�dalla�volonta�delle�parti�con- traenti�espressa�nelle�disposizioni�dei�CCNL�applicabili.� �(Omissis)�Svolgimento�delprocesso�^Con�sentenza�del�10�luglio�2004�la�Corte�d'appello� di�Firenze,�riformando�la�statuizione�resa�dal�Tribunale�di�Pisa�il�10�dicembre�2003,�rigettava� la�domanda�proposta�da�V.B.�e�dagli�altri�dipendenti�del�Ministero�della�Giustizia�indicati� in�epigrafe,�intesa�ad�ottenere�le�differenze�retributive�derivanti�dalla�inclusione�della�inden- nita�di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita�. �������� (18)�Lepericolosesovrapposizionielamancanzadeidovutidistinguosonoancorapresenti� anchenelladottrinapiu�recente.�Cfr.�Rescigno,�L'introduzionedellaclassactionnell'ordinamento� italiano.�Profili�generali,�in�Giur.�Comm.�2005,�I,�407�(�...se�ancora�non�puo�dirsi�introdotta�nel� nostroordinamentolaclassactiondicuisidiscuteinquestoconvegno,tuttaviailriconoscimentodella� tutelaprocessuale�degli�interessidiffusi�^esegnatamentedegliinteressiaiqualiprincipalmentesi� rivolgelostrumento�della�classaction:�quellideiconsumatorideibenie�deiserviziprodottieprestati� dalleimprese(dicuiunodegliesempipiu�importantie�appuntoquellodelrisparmiatorecheaffidaagli� intermediariilpropriodenaroafinidiinvestimento)�hacompiutosignificativipassiavanti�).� (*)�Procuratore�dello�Stato�presso�l'Avvocatura�Generale.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� La�Corte�territoriale�^negata�l'esistenza�nell'�ordinamento�di�un�principio�generale�di� onnicomprensivita��della�retribuzione�ed�affermata�pero��la�necessita��di�verificare�se�una� disposizione�specifica�di�fonte�primaria�imponesse�la�onnicomprensivita��della�tredicesima� mensilita��^rilevava�che�l'art.�33�comma�terzo�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�prevedeva� che,�in�relazione�alla�disciplina�della�tredicesima�mensilita��,�si�continuava�a�far�riferimento� al�dlcps�n.�263�del�1946�e�successive�modifiche.�A�detta�disposizione,�soggiungevano�i�Giu- dici�di�merito,�non�poteva�conferirsi�il�valore�di�fonte�legale,�ma�di�fonte�negoziale,�essendo� richiamata�dal�C.C.N.L.,�secondo�la�tecnica�del�rinvio�materiale,�considerando�che�l'art.�69� primo�comma�del�testo�unico�n.�165�del�2001�prevede�che�le�disposizioni�generali�e�speciali� in�materia�di�pubblico�impiego�diventano��inapplicabili�a�seguito�della�stipulazione�dei�con- tratti�collettivi�del�quadriennio�1994/1997�in�relazione�ai�soggetti�ed�alle�materie�dagli�stessi� contemplate��di�talche�dovevano�considerarsi�definitivamente�abrogate�tutte�le�norme�di� cui�sopra�dopo�il�rinnovo�contrattuale�per�il�quadriennio�successivo.�La�Corte�territoriale,� contrariamente�a�quanto�affermato�dal�primo�Giudice,�escludeva�che�l'abrogazione�derivante� dalla�stipula�del�secondo�contratto�collettivo�fosse�operativa�solo�se�enunciata�espressamente� dalla�fonte�negoziale,�non�potendosi�affidare�alla�volonta��delle�parti�la�abrogazione�di�dispo- sizioni�di�legge,�considerando�anche�la�definitiva�cancellazione�dall'ordinamento�della�disci- plina�legale�previdente�alla�seconda�mandata�contrattuale,�per�riallineare�tutta�1a�normativa� a�quella�dell'impiego�privato.� La�stipula�del�C.C.N.L.,�in�tale�sistema�transitorio,�si�atteggia�a�mero�evento�da�cui�il� citato�art.�69�del�d.lgs.�165/2001�fa�dipendere�l'effetto�abrogativo�delle�norme�generali�e�spe- ciali�proprie�del��vecchio��pubblico�impiego,�per�cui.�da�quel�momento�in�poi�il�complesso� delle�fonti�si�compendia�nelle�norme�di�cui�allo�stesso�d.lgs.�165/2001,�nelle�norme�codicisti- che�sul�rapporto�di�lavoro,�nelle�norme�speciali�in�tema�di�lavoro�subordinato,�nelle�norme� contrattuali�e�nelle�norme�di�legge�intervenute�medio�tempore�qualora�si�siano�definite�come� non�derogabili�dal�contratto�collettivo�(art.�2�del�d.lgs.�165/2001).� In�ogni�caso,�anche�ad�accedere�alla�diversa�ricostruzione�operata�dal�primo�Giudice,� osservavano�i�Giudici�d'appello,�che�il�criterio�di�onnicomprensivita��enunciato�dall'art.�7� del�dcps�n.�263�del�1946,�non�puo��ritenersi�rilevante�ai�fini�della�questione,�in�ragione�della� sua�intrinseca�inattualita��,�perche�il�legislatore�dell'epoca,�nel�regolare�la�disciplina�della�gra- tifica�natalizia,�oggi�tredicesima�mensilita��,�aveva�come�riferimento�una�struttura�della�retri- buzione�del�tutto�diversa�da�quella�cui�deve�farsi�attualmente�riferimentoexart.�28del� C.C.N.L.�1998/2001,�in�quanto�sicuramente�mancante�di�elementi�come�l'indennita��di�ammi- nistrazione,�connotati�non�dal�nesso�di�corrispettivita��,�ma�dall'accessorieta��,�per�cui�il�citato� art.�7�imporrebbe�di�applicare�il�criterio�di�onnicomprensivita��limitatamente�alle�voci�stipen- diali�ivi�previste,�ossia�stipendio�e�indennita��di�caro�vita,�e�non�anche�ai�trattamenti�retribu- tivi�introdotti�successivamente.�Passando�poi�ad�esaminare�la�indennita��di�amministrazione� alla�luce�delle�disposizioni�contrattuali,�la�Corte�di�Firenze�affermava�che�nessuna�di�queste� ne�imponeva�la�inclusione�nella�tredicesima�mensilita��,�ed�infatti�secondo�l'art.�33�comma�3� del�C.C.N.L.�1998/2001,�come�modificato�dall'art.�17�comma�1�Idei�contratto�integrativo,�la� medesima�viene�corrisposta�per�dodici�mensilita��,�ha�carattere�di�generalita��e�natura�fissa�e� ricorrente,�caratteristiche�che�nulla�dicono�circa�la�sua�inclusione�nella�tredicesima.�Inoltre,� l'art.�25�del�C.C.N.L.�integrativo�distingue�tra�retribuzione�base�mensile,�retribuzione�indivi- duale�mensile�e�retribuzione�di�fatto�annuale,�disponendo�che�quest'ultima�e���costituita�dal- l'importo�della�retribuzione�individuale�mensile�per�dodici�mensilita�,�cui�si�aggiunge�il�rateo� della�tredicesima�mensilita�per�le�voci�corrisposte�anche�a�tale�titolo�.�Ed�ancora�l'art.�17�del� C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�dispone�che�per�il�biennio�economico�2000/2001�l'indennita�� di�amministrazione�sia�considerata�utile�solo�agli�effetti�del�T.F.R.�e�del�preavviso.� Infine�due�ulteriori�considerazioni�conducevano�ad�escludere�il�computo�della�indennita�� di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita��:�in�primo�luogo�il�fatto�che,�secondo�il�mede- simo�C.C.N.L.,�solo�per�il�personale�penitenziario�la�medesima�dovesse�essere�erogata�per� tredici�mensilita��,�ed�il�fatto�che�all'art.�21�del�successivo�C.C.N.L.�2002/2005�veniva�espres- samente�previsto�che�gli�aumenti�stipendiali�erano�utili�anche�ai�fini�della�tredicesima,�men- tre�per�gli�aumenti�della�indennita��di�amministrazione�mancava�una�previsione�analoga, per�cui�gli�incrementi�dovevano�considerarsi�limitati�alle�dodici�mensilita��.� Avverso�detta�sentenza�i�lavoratori�soccombenti�propongono�ricorso�affidato�a�due� motivi�illustrati�da�memoria.� Resiste�l'Avvocatura�dello�Stato�per�il�Ministero�di�Giustizia�con�controricorso.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Motivi�della�decisione�^Con�il�primo�motivo�si�denunzia�violazione�e�falsa�applicazione;� degli�artt.�69�e�71�del�d.lgs.�165/2001,�dell'art.�1362�cod.�civ.�e�dell'art.�12�delle�preleggi,�per� avere�la�sentenza�impugnata�affermato�che�l'art.�7�del�dlcps�n.�263�del�1946�era�stato�abro- gato�ad�opera�dell'art.�69�primo�comma�del�d.lgs.�165/2001,�mentre,�sostengono�i�ricorrenti,� con�il�testo�unico�del�2001�si�era�inteso�mitigare�l'effetto�abrogativo��a�cascata��di�cui� all'art.�69�primo�comma,�attraverso�l'introduzione�del�successivo�art.�71,�per�cui�l'abroga- zione�riguarderebbe�solo�le�norme�di�cui�agli�allegati�A)�e�B)�e�quindi�la�disposizione�del� dlcps�n.�263�del�1946,�che�reca�il�sistema�di�calcolo�della�tredicesima�mensilita�,�non�sarebbe� mai�stata�abrogata,�ne�esplicitamente�ne�implicitamente�per�incompatibilita�,�dal�momento� che�e�proprio�la�norma�contrattuale�a�richiamarla.� Con�il�secondo�motivo,�denunziando�violazione�e�falsa�applicazione�del�C.C.N.L.�del� Comparto�Ministeri,�ai�sensi�dell'art.�63�del�d.lgs�n.�165�del�2001�e�difetto�di�motivazione,� si�sostiene�che�la�base�di�calcolo�della�tredicesima�mensilita�e�la�retribuzione�individuale� mensile,�la�quale�^secondo�il�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�^e�costituita�dalla�retribu- zione�base�mensile�nonche�da�altri�eventuali�assegni�personali�a�carattere�fisso�e�continuativo� comunque�denominati,�tra�cui�si�dovrebbe�ricomprendere�anche�l'indennita�di�amministra- zione,�trattandosi�di�elemento�fisso�e�continuativo,�per�cui�avrebbero�errato�i�Giudici�di� merito�a�ritenere�che�la�medesima�indennita�sia�esclusa�dalla��retribuzione�normale��sul� rilievo�che�la�medesima�era�stata�inclusa�solo�in�alcuni�compensi�come�T.F.R.�e�preavviso, l'art.�17�comma�12�del�C.C.N.L.�integrativo�98/2001,�perche�,al�contrario,detta�inclusione� sarebbe�implicita�per�la�sua�natura�retributiva�normale.� Il�ricorso�non�merita�accoglimento.� 1.�^Invero�per�decidere�la�questione�sottoposta�nella�presente�causa,�ossia�se�la�tredice- sima�mensilita�debba�o�meno�essere�comprensive�della�indennita�di�amministrazione,�non�e� necessario�affrontare�la�complessa�questione�relativa�alla�ritenuta�abrogazione�(censurata� con�il�primo�motivo)�^ad�opera�dell'art.�69�del�d.lgs.�n.�165�del�2001�^dell'art.�7�del�dlcps� del�25�ottobre�1946�n.�263,�ossia�della�disposizione�che,�secondo�la�prospettazione�dei�ricor- renti,�sancirebbe�la�onnicomprensivita�della�tredicesima�mensilita�,�perche�,�anche�ad�esclu- dere�la�permanenza�di�detta�disposizione�nell'ordinamento�come�fonte�legale,�la�previsione� del�citato�art.�7�avrebbe�in�ogni�caso�valore�cogente�come�fonte�contrattuale,�perche�il�rela- tivo�disposto�viene�espressamente�richiamato�dall'art.�33�comma�3�del�C.C.N.L.�integrativo� 1998/2001,�ossia�dal�contratto�collettivo�che�e�la�fonte�cui�l'art.�2�comma�3�del�d.lgs.� 165/2001�affida�in�via�esclusiva�l'attribuzione�dei�trattamenti�economici.� 2.�^Occorre�quindi�interpretare�il�disposto�dell'art.�7�del�dlcps�263/46,�cui�le�parti�stipu- lanti�il�C.C.N.L.�hanno�fatto�riferimento�per�la�determinazione�della�tredicesima.� Come�correttamente�rilevato�dai�Giudici�di�merito,�detto�art.�7�non�solo�noncontiene� alcuna�previsione�di�onnicomprensivita�della�tredicesima,�ma�depone�addirittura�in�senso� contrario.�Ed�infatti�dal�tenore�letterale�della�disposizione:��Detta�gratificazione,�commisu- rata�al�trattamento�economico�complessivo�spettante�alla�data�suindicata�per�stipendio,�paga�o� retribuzione�e�indennita�di�carovita,�escluse�le�quote�complementari,�va�corrisposta�per�intero� alpersonale�inservizio...��si�desume�che�il�trattamento�economico��complessivo��a�cui�si�fa� riferimento�non�e�tale�in�senso�assoluto,�ossia�non�e�comprensivo�di�tutto�quante�percepito,� perche�in�questo�caso�non�vi�sarebbe�stata�necessita�di�precisare�gli�addendi�da�considerare,� ma�e�quello�risultante�dal�totale�delle�due�somme�espressamente�indicate�ossia�stipendio,� paga�o�retribuzione�(che�sono�termini�equivalenti�indicanti�il�trattamento�di�base,�che�ven- gono�distinti�a�seconda�del�personale�di�riferimento,�come�si�rileva�dall'art.�1�del�medesimo� dlcps)�e�indennita�di�carovita.�E�cio�non�solo�perche�contro�la�onnicomprensivita�della�for- mula�milita�la�esplicita�esclusioni;�di�una�determinata�indennita�,�ossia�delle��quote�comple- mentari�,�che�costituivano�maggiorazione�dell'indennita�di�carovita,�spettante�ad�alcuni�sog- getti,�come�coloro�che�avevano�prole�minorenne,�o�genitori�inabili�a�carico�(cfr.�art.�2�d.lgs.� luogotenenziale�21�novembre�1945�n.�722),�ma�anche�considerando�la�struttura�del�tratta- mento�economico�del�personale�statale�vigente�all'atto�dell'entrata�in�vigore�del�citate�dlcps� 263/46,�il�quale�per�la�prima�volta�introdusse�la�tredicesima�mensilita�.�Orbene,�anche�nel� contesto�in�cui�si�trovo�ad�incidere�la�disposizione�del�1946,�al�pr-i�di�quanto�avviene�attual- mente,�nel�trattamento�economico�del�personale�statale�erano�incluse�^oltre�lo�stipendio,�o� paga�o�retribuzione,�che�costituivano�il�trattamento�di�base�e�l'indennita�di�carovita�-anche� altre�indennita�,�come�risulta�sia�dall'ari�4�del�medesimo�dlcps�263/46,�il�quale�precisa�chele� nuove�misure�stipendiali�non�avevano�effetti��sulle�altre�indennita�ed�assegni�accessori�di�atti- vita�di�servizio�comunque�denominati...�,�sia�dall'art.�5�che�fa�riferimento��all''assegno�perso- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� nale previsto dall'art. 4 del R.D. 11 novembre 1923 n. 2395�.�Ossia,�all'entrata�in�vigore�del� dlcps�n.�263�del�1946�la�retribuzione�del�personale�statale�constava�non�solo�del�trattamento� di�base�e�dell'indennita��di�carovita,�ma�anche�di�indennita��e�di�assegni�accessori,�che�pero�� furono�esclusi�dal�computo�della�tredicesima�mensilita��ad�opera�del�citato�art.�7�del�dlcps,� segno�quindi�che�prima�il�legislatore,�e�poi�le�parti�stipulanti�il�C.C.N.L.�che�ad�esso�hanno fatto�riferimento,�la�intesero�computare�al�netto�delle�indennita��che�allora�venivano�erogate,� e�quindi�in�misura�non�onnicomprensiva.� Pertanto�il�suddetto�art.�7�del�dlcps�del�1946�conduce�ad�negare�la�inclusione�dell'inden- nita��di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita��.� 3.�^La�conferma�si�trae�dalle�altre�disposizioni�dei�C.C.N.L.,�ossia�dal�C.C.N.L.� 1998/2001,�dal�C.C.N.L.�2002/2003�ed�anche�da�quello�integrativo,�parimenti�stipulato�dal- l'Anni�il�16�febbraio�1999.� Per�quanto�riguarda�le�disposizioni�in�materia�di�tredicesima,�l'art.�25�del�C.C.N.L.�inte- grativo�16�febbraio�1999�distingue�tra��retribuzione�base�mensile��(composta�dal�valore�eco- nomico�mensile�di�ciascuna�delle�posizioni�dell'area�e�dall'indennita��integrativa�speciale), �retribuzione�individuale�mensile��(costi)�ulta�dalla�retribuzione�base�mensile,�dalla�retribu- zione�individuale�di�anzianita��,�dalla�indennita��di�posizione�organizzativa,�ove�spettanti,�non- che�dagli�altri�eventuali�assegni�personali�a�carattere�fisso�e�continuativo)�e��retribuzione� globale�di�fatto�annuale�,�la�quale�e��costituita�dalla�retribuzione�individuale�mensile�per� dodici�mensilita��,�cui�si�aggiunge�il�rateo�di�tredicesima��per�le�voci�che�sono�corrisposte� anche�a�tale�titolo�.�Questa�espressione�conduce�ad�escludere,�contrariamente�a�quanto� sostenuto�dai�ricorrenti,�che�la�tredicesima�si�debba�commisurare�alla��retribuzione�indivi- duale�mensile��e�che�sia�quindi�comprensiva�^oltre�che�della�retribuzione�base�^anche�di� tutti�gli�assegni�a�carattere�fisso�e�continuativo.�La�tredicesima�invero�si�distingue�dalla�retri- buzione�individuale�mensile�perche�in�essa�vanno�computate�solo�le�voci�espressamente�pre- viste,�di�talche�,�per�addivenire�all'accoglimento�della�pretesa�fatta�valere�dai�ricorrenti,�si� dovrebbe�reperire�una�precisa�disposizione,�all'interno�del�C.C.N.L.,�che�prevedesse�la�inclu- sione�della�indennita��di�amministrazione�nella�medesima�tredicesima�mensilita��.� 4.�^Siffatta�disposizione�non�e��pero��rinvenibile,�come�ha�giustamente�osservato�la�sen- tenza�impugnata.�Infatti�secondo�l'art.�33�comma�3�del�C.C.N.L.�1998/2001,�come�modifi- cato�dall'art.�17�comma�11�del�contratto�integrativo,�la�indennita��di�amministrazione�viene� corrisposta�per�dodici�mensilita��,�ha�carattere�di�generalita��e�natura�fissa�e�ricorrente.�Il� carattere�di�generalita��dice�solo�che�essa�deve�essere�corrisposta�a�tutti�i�dipendenti,�la�natura� ricorrente�dice�che�deve�essere�corrisposta�con�la�medesima�cadenza�temporale,�mentre�la natura�fissa�significa�che�la�medesima�e��parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione.� Ed�ancora�l'art.�17�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�dispone�che�per�il�biennio�economico� 2000/2001�l'indennita��di�amministrazione�sia�considerata�utile�agli�effetti�del�T.F.R.�e�del� preavviso,�e�la�espressa�previsione�di�inclusione�dell'indennita��solo�in�queste�competenze,� conduce�a�ritenere�che�la�medesima�si�intenda�esclusa�in�tutte�le�altre,�ed�in�particolare� debba�essere�esclusa�dalla�tredicesima�mensilita��.�Lo�conferma�un�ulteriore�elemento�testuale� che�si�nova�nel�C.C.N.L.�2002/2005.�e�precisamente�nella�tabelle�allegate�che�formano�parte� integrante�del�testo�contrattuale,�dal�momento�che�nella�tabella�A)�vengono�fissati�gli�incre- menti�mensili�della��retribuzione�gabellare��con�la�precisazione�che�i�medesimi�valgono�per� tredici�mensilita��,�mentre�nelle�tabelle�C)�e�D)�vengono�fissati�gli�incrementi�mensili��dell'in- dennita��di�amministrazione�,�distinti�per�ministeri,�con�la�precisazione�che�detti�incrementi� valgono�per�dodici�mensilita��,�dimostrandosi�cos|��che�se�gli�aumenti�valgono�per�dodici�men- silita��,�anche�l'indennita��medesima�non�puo��che�valere�per�dodici�mensilita��.� Il�ricorso�va�quindi�rigettato.� Stante�la�novita��della�questione,�si�compensano�tra�le�parti�le�spese�del�giudizio.� P.Q.M. La�Corte�rigetta�il�ricorso�e�compensa�tra�le�parti�le�spese�del�giudizio.� Cos|��deciso�in�Roma�il�9�giugno�2005�(omissis)�.� Le difese dell'Avvocatura Generale dello Stato. Si�riportano�le�deduzioni�difensive�svolte�nel�controricorso�del�15�novembre�2004� redatto�dall'Avv.�Pasquale�Fava,�controfirmato�dall'Avv.�Gabriella�D'Avanzo�(ct.�49709/04).� �(Omissis)�In diritto 1.�^Con ilprimo motivo di ricorso i�ricorrenti�chiedono�la�cassazione�e�la�riforma�della� sentenza�impugnata�per�non�avere�la�Corte�d'Appello�riconosciuto�all'articolo�71�del�D.Lgs� 165/2001�l'efficacia�di��mitigare l'effetto abrogativo a cascata enunciato dall'articolo 69�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�censura�e�infondata�per�le�seguenti�ragioni� A)Ilrinviocontrattualeall'articolo7delD.Lgs.�C.P.C.N.263/46confermalatesidell'ir- rilevanzadell'indennita�diamministrazioneaifinidelcomputo�della�tredicesima.� Il�rinvio�compiuto�dall'articolo�33,�comma�3,�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001,� All.�A�maggio�,�(recante��Modalita�di�applicazione�dei�benefici�economici�previsti�da�disci- pline�speciali��e�inserito�nel�Capo�I��Disposizioni�finali�e�transitorie��del�Titolo�V�del�con- tratto)�all'articolo�7�della�normativa�del�1946�(�per�quanto�riguarda�la�disciplina�della�tredice- simamensilita�sicontinuaafareriferimentoalD.Lgs.C.P.S.�25ottobre1946,�n.�263esucces- sive�modificazioni�od�integrazioni�)�non�puo�consentire�di�affermare�l'esistenza�di�un� principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione�ai�fini�del�calcolo�dell'indennita�di�ammi- nistrazione�in�tredicesima,�in�quanto�si�tratta�di�una�tecnica�redazione�frequentemente�utiliz- zata�dalla�contrattazione�collettiva�per�evitare�di�dove�riscrivere�il�testo�delle�disposizioni� cui�cisirichiama.� In�applicazione�dei�principi�di�ermeneutica�normativa�e�contrattuale,�risulta�evidente che�la�normativa�cui�si�fa�riferimento�acquista�la�medesima�forza�della�disposizione�richia- mante�e�deve�essere�inserita�nel�complesso�delle�disposizioni�del�contratto�collettivo�senza� creare�rapporti�di�incompatibilita�che,�ove�sussistenti,�vanno�risolti�affermando�la�preva- lenza�delle�previsioni�di�fonte�contrattuale,�in�conformita�ai�principi�di�contrattualizzazione� e�privatizzazione�del�rapporto�di�lavoro�alle�dipendenze�dell'amministrazione�affermati�dal� D.Lgs.�165/2001.� In�altri�termini,�la�norma�viene�richiamata�dalla�stessa�fonte�negoziale�e�non�puo�essere� interpretata�in�modo�incompatibile�con�le�disposizioni�della�contrattazione�collettiva�e�con� quelle�del�D.Lgs�165/2001�che�impongono�un�accurato�controllo�da�parte�del�Ministero�del- l'Economia�e�delle�Finanze�e�della�Corte�dei�Conti�in�relazione�al�rispetto�dei�tetti�di�spesa� pubblica�stanziati�per�la�contrattazione�collettiva�(articoli�45�e�48)�e�che�fissano�il�principio� che�l'attribuzione�di�trattamenti�economici�puo�avvenire�solo�mediante�contratti�collettivi� (articolo�2,�comma�3).� Si�ricordi,�difatti,�che�l'articolo�2,�3.�comma,�del�D.Lgs.�165/2001�stabilisce�che��l'attri- buzione�di�trattamenti�economicipuo�avvenire�esclusivamente�mediante�contratti�collettivi�(la� norma�riproduce�quella�contenuta�nell'art.�2�del�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�e�conferma�le� analoghe�disposizioni�degli�artt.2�e�49�del�D.�Lgs�3�febbraio�1993,�n.�29,�e�della�legge�quadro� sul�pubblico�impiego�29�marzo�1983,�n.�93,�nonche�aggiunge�che��le�disposizioni�di�legge,� regolamenti�o�atti�amministrativi�che�attribuiscono�incrementi�retributivi�non�previsti�da�con- tratti�cessano�di�avere�efficacia�a�far�data�dall'entrata�in�vigore�del�relativo�rinnovo�contrat- tuale��sancendo�in�tal�modo�la�prevalenza�della�contrattazione�collettiva�su�qualsiasi�altra� norma�ofonte�normativa�in�materia�di�trattamenti�economici�deipubblici�dipendenti).� Peraltro,�la�prevalenza�della�contrattazione�collettiva�in�materia�di�trattamenti�econo- mici�dei�pubblici�dipendenti�vuole�garantire�la�compatibilita�delle�pretese�economiche�con� la�disponibilita�delle�necessarie�risorse�finanziarie�e�risponde,�quindi,�all'esigenza�diassicu- rare�il�buon�andamento�e�l'imparzialita�dell'Amministrazione,�secondo�i�precetti�sanciti�dal- l'art.�97�della�Costituzione,�tenuto�conto�che�il�procedimento�di�contrattazione�collettiva� delineato�dall'art.�47�del�D.Lgs.�n.�165/2001�prevede�anche�l'intervento�governativo�e�il�con- trollo�contabile�della�Ragioneria�Generale�dello�Stato�e�della�Corte�dei�Conti.� A�conferma�dell'opzione�ermeneutica�che�impone�il�rinvio�di�natura�contrattuale�all'ar- ticolo�7,�la�cui�disciplina�viene�richiamata�nei�limiti�della�compatibilita�con�le�disposizioni� della�contrattazione�collettiva,�si�rappresenta�che�la�contrattazione�collettiva�non�potrebbe� avere�ilpotere�di�disporre�degli�effettiabrogativi�dellaprecedente�disciplina�difonte�unilaterale� gia�disposti�a�livello�di�normativa�primario�(dall'articolo�69�del�D.Lgs�165/2001).�Ne�potrebbe� argomentarsi�diversamente�dalla�lettura�dell'articolo�71.� L'articolo�69�del�D.Lgs.�165/2001�ha�stabilito�che�le�norme�generali�e�speciali�del�pub- blico�impiego�vigenti�alla�data�del�13�gennaio�1994�e�non�abrogate�(espressamente�dal�testo� unico�del�pubblico�impiego)�sono�inapplicabili�a�seguito�della�stipulazione�dei�contratti�col- lettivi�del�quadriennio�1994-1997�e�cessano�di�avere�ef fficacia�dal�momento�della�sottoscri- zione�dei�contratti�collettivi�del�quadriennio�1998-2001.�L'effetto�abrogativo,�conformemente� al�meccanismo�di�delegificazione�(qui�in�realta�di�tratta�di�autentica�deregolamentazione�in� quanto�alla�fonte�pubblicistica�autoritativa�si�sostituisce�la�fonte�negoziale),�e�disposto�diret- tamente�dal�decreto�legislativo�e�si�verifica�al�momento�della�stipulazione�dei�contratti�della� seconda�tornata�che�costituiscono�il�mero�fatto�al�verificarsi�del�quale�si�producono�gli�effetti� abrogativi.�Cio�non�e�contraddetto�dal�comma�3�dell'articolo�71�in�quanto�l'individuazione� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� delle�norme�da�disapplicare�in�quanto�incompatibili�con�la�stipula�dei�contratti�collettivi� nazionali�(o�dei�contratti�quadro)�e�prevista�a�meri�effetti�ricognitivi�di�certezza�del�diritto� e�non�ha�alcun�valore�costitutivo,�come�confermato�dal�primo�comma�dello�stesso�articolo� che�prevede��rimangono�salvi�gli�ef ffetti�di�quanto�previsto�dallo�stesso�comma�1�dell'articolo� 69�con�riferimento�all'inapplicabilita��delle�norme�incompatibili�con�quanto�disposto�dalla�con- trattazione�nazionale�.� Autorevole�dottrina�ha�rilevato�che�l'articolo�69�pone�la�disciplina�idonea�ad�assicurare� la�graduale�sostituzione�del�regime�attualmente�in�vigore�nel�settore�pubblico�in�quanto�con� esso��viene�previsto�un�regime�bifasico�collegato�all'intervento�della�contrattazione�collettiva� perlosmantellamento�dellapregressaregolamentazionedelpubblico�impiego,�conlanonappli- cazione�nella�prima�tornata�contrattuale�e�la�cessazione�di�efficacia�nella�seconda,�cos|��da�per- mettere�un�atterraggio�morbido�del�lavoropubblico�nei�nuovi�territori�del�diritto�privato.�Infatti� mentre�in�unaprimafase�la�normativapubblicistica�considerata�continua�a�trovareapplicazione� per�i�soggetti�e�le�materie�non�regolamentate�dall'autonomia�collettiva, nella�successiva�viene� meno�completamente��(RiccardI A., Il�rapporto�tra�fonti�unilaterali�e�contratto�collettivo,� in�Diritto�del�Lavoro,�Commentario�a�cura�di�Carinci�F.,�2004,�173,�nonche�in�giurisprudenza� TAR�Lazio,�Sez.�III,�13�novembre�1995,�n.�1783,�in�TAR,�1995,�4765;�TAR�Friuli�Venezia� Giulia�3�luglio�1997,�in�Giur.�Mer.,�1998,�342;�TAR�Toscana,�Sez�II,�10�novembre�1998,� n.�1043;�Corte�dei�Conti�Liguria,�Sez.�Giur.,�12�ottobre�1995,�n.�88,�in�Riv.�Corte�Conti,� 1995,�151;�TAR�Lazio,�Sez.�II,�10�novembre�1999,�n.�2151).�Ne�l'effetto�abrogativo�potrebbe� essere�vanificato�dalla�contrattazione�collettiva�che�non�avrebbe�alcun�potere�di��disporre��del- l'effetto�abrogativo,�dilazionando�l'effetto�abrogativo�ad�un�secondo�momento�in�modo�assoluta- mente�contrastante�con�l'art.�69�(che�lega�irrimediabilmente�alla�seconda�tornata�contrattuale� l'effetto�automatico�di�cessazione�di�efficacia�di�tutte�le�normepubblicistiche).� Il�rapporto�esistente�tra�gli�articoli�69�e�71�e�stato�correttamente�impostato�dalla�dottri- na�maggioritaria.��La�soluzione�delproblema�deve�essere�trovata�nellafunzione�della�norma� che�va�rinvenuta�nelle�leggi�delega�e�nelle�vicende�storiche�nel�cui�contesto�essa�e��nata.�Per� quanto�attiene�alle�deleghe�non�va�dimenticato�che�esse�hannofinalita��di�garantire�il�riordino�e� il�coordinamento�delle�norme�gia��emanate,provvedendo�aduna�indicazione�espressa�delle�dispo- sizioni�abrogate�a�seguito�della�sottoscrizione�dei�contratti�delperiodo�1994-1997�e�di�quelle� che�hanno�cessato�di�produrre�effetti�dalla�sottoscrizione�della�seconda�tornata�contrattuale.� Lo�scopo�e��evidentemente�quello�difare�ordine�racchiudendo�in�un�testo�normativo�le�disposi- zionipubblicistichechegradualmentesonostateeliminate...�(l'articolo71)haunafinalita��mera- mente�pratica�e�non�puo��essere�considerata�come�innovativa�del�meccanismo�previsto�dall'arti- colo�69.�In�sostanza�l'articolo�71�e��una�disposizione�con�una�funzione��ricognitiva��che�non� modifica�quanto�stabilito�dall'altra�norma.�In�definitiva,�la�disapplicazione�e�la�cassazione�di� ef fficacia�seguono�le�regole�previste�dal�secondo�e�dal�terzo�periodo�del�1�comma�dell'articolo� 69�(Speziale, Ilriordino�delregimetransitorio�efinalenelD.Lgs.�165/2001,in�Diritto�del� Lavoro,�Commentario�a�cura�di�Carinci�F.,�2004,�183;�cfr.�anche�Talamo,�Il�D.Lgs.� 165/2001�fra�tradizione�e�discontinuita��:�Guida�ad�un�testo�unico�meramente�compilativo,in� Lavoro�nelle�Pubbliche�Amministrazioni,�2001,�23�e�24).� La�tesi�della�dottrina�maggioritaria�e�stata�seguita�anche�dalla�pronuncia�della�Corte� d'Appello�di�Firenze�che�ha�espressamente�motivato�la�sua�posizione�a�differenza�delle�dom- matiche�e�aprioristiche�affermazioni�del�giudice�di�prime�cure.� �E�opinione�del�Collegio�che�la�regola�di�cui�al�D.Lgs.�c.p.s.�invocata�dagli�appellati�non� abbia�valore�difonte�legale.�Essa,�infatti,�e��meramente�richiamata�dalla�disposizione�negoziale� chenefaproprioilcontenuto�(secondounatecnicacontrattuale^c.d.�dirinviomateriale^dif- fusissimaintemadicontrattazionenelpubblicoimpiegoprivatizzato)�edunque,sulpianodelle� fonti,�il�criterio�di�computo�ivi�enunciato�con�riferimento�alla�tredicesima�mensilita��e��da�ritenersi� come�derivante�da�una�norma�collettiva�e�non�da�una�fonte�legale.�Se�ne�ha�una�indiretta�con- ferma�dalla�lettura�del�disposto�dell'art.�69,�primo�comma,�del�tu.�n.�165/2001�secondo�cui�le� disposizionigeneraliespecialiinmateriadipubblico�impiego�diventano�inapplicabiliaseguito� della�stipulazione�dei�contratti�collettivi�del�quadriennio�1994/1997�in�relazione�ai�soggetti�ed� alle�materie�dagli�stessi�contemplati�,�definitivamente�risultando�abrogate�tutte�le�norme�di�cui� sopra�con�l'intervento�del�rinnovo�contrattuale�per�il�quadriennio�successivo�ed�indipendente- mente�dalla�coincidenza�di�materie�e�soggetti�(art.�69,�prima�comma,�cit�ult.�alinea).� Noncondivide,�sulpunto,�la�CortequantoritenutodalTribunalesullabasedeldispostodel� successivoart.71delD.Lgs.165/2001(ecioe��chel'abrogazionederivantedallastipulasecondo� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� contratto�collettivo�non�sarebbe�operativa�se�non�enunciata�espressamente�dalla�fonte�nego- ziale),�dovendosi�escludere�lapossibilita�di�affidare�alla�volonta�dellaparti�contrattuali�la�deter- minazione�sulla�abrogazione�di�disposizioni�di�legge,�tantopiu�in�ragione�della�definitiva�cancel- lazione�dall'ordinamento�della�disciplina�legale�previgente�alla�seconda�mandata�contrattuale.� Inrealta�quandol'articolo�71cit.�af ffidaallacontrattazionelac.d.�disapplicazioneespressa� assegna�alleparti�contrattuali�un�mero�compito�ricognitivo�che�nonpotra�condurre�mai�al�risul- tatodalmantenimentodiregolelegaliche,secondoilprincipiogenerale�(art69cit)�siano�ope� legis�abrogate.� Quando�il�legislatore�della�riforma�delpubblico�impiego,�in�coerenza�con�la�valorizzazione� massima�della�contrattualita�,�assegna�al�contratto�collettivo�la�funzione�abrogratrice�in�realta� si�limita�a�ricollegare�al�verificarsi�di�unfatto�(stipula�del�primo�e�poi�del�secondo�contratto)� glieffettiablativisulpianodellefonti,�senzaattribuireallepartinegozialialcunpotereinordine� alla�individuazione�delle�norme�abrogate.�Questo,�per�altro,�si�ricava�agevolmente�se�il�sistema� dellefontisileggenellasuacostruzionesistematica,poiche�daun�lato�ilprogetto�diprivatizza- zione�presuppone�un�allineamento�della�normativa�a�quella�generale�sul�lavoroprivato�e�dall'al- tro�sollecita�la�valutazione�del�ruolo�delle�regole�negoziali�alfine�di�realizzare�un�complesso�nor- mativo�che,�superato�il�regime�transitorio,�coincida�con�lo�scopo�assegnato.�E�cioe�ricondurre� leregolealloschemapropriodellavorosubordinato�tradizionale,�cioe�all'impiantolegaleecon- trattuale�che�e�proprio�dell'impiego�privato,�mediante�la�graduale�abrogazione�della�normativa� pubblicistica.�In�tale�contesto�e�coerente�che�il�legislatore�abbia�af ffidato�la�definitiva�cancella- zione�dall'ordinamento�delle�regole�^generali�e�speciali�^che�connotavano�il�rapporto�di�pub- blico�impiego�all'intervento�della�seconda�mandata�contrattuale,�cioe�ad�un�fatto�significativo� della�definitiva�composizione�degli�assetti.�Ma�la�stipula�del�contratto,�in�tale�sistema�transito- rio,�nulla�innova�sul�piano�delle�fonti,�atteggiandosi�a�mero�evento�dal�quale�la�legge�(art�69� cit.)fadipenderedeterminatieffettisulpiano�dellefonti;ditalche,�lospecifichinoomenole� particontrattuali,�l'effettoabrogativo�dellenormegeneraliespecialipropriedel�vecchio�pub- blico�impiego�deriva�direttamente�dalla�legge�(con�il�risultato�che,�da�quel�momento�in�poi,�il� complessodellefontisicomponedellenormedicuialD.Lgs.�165/2001,�dellenormecodicistiche� sul�rapporto�di�lavoro,�delle�norme�speciali�in�tema�di�lavoro�subordinato,�delle�regole�contrat- tuali�e�delle�norme�di�legge�intervenute�medio�tempore�qualora�si�siano�definite�come�non�dero- gabili�dal�contratto�(articolo�2�testo�unico�n.�165/2001).� L'opinione�qui�espressa,�poi,�trova�una�conferma�testuale�nella�lettera�dell'art�71�cit.,� quando�lanorma,�nelprevedereilmeccanismo�ricognitivo�dellefontiprimarieabrogate,�stabili- sce�che�comunque��rimangono�salvi�gli�effetti�di�quanto�previsto�dallo�stesso�comma�1�dell'art� 69,�conriferimentoallainapplicabilita�dellenormeincompatibiliconquanto�disposto�dallacon- trattazione�collettiva�nazionale�.�Il�che�significa�che�il�meccanismo�di�abrogazione�diventa�ope- rativo�indipendentemente�dalla�attivita�di�ricognizione�operata�dallafonte�collettiva.� Ma�vi�e�dipiu�,�perche�il�terzo�comma�dell'art.�71,�con�riferimento�alla�seconda�mandata� contrattuale�(1998/2001)�e�dunque�all'evento�cui�la�legge�(art�69�cit)�ricollega�l'abrogazione�di tutte�le�norme�speciali�e�generali,prevede�che�la�contrattazione�collettiva�debba�provvedere�alla� disapplicazione�espressa�di�quelle�disposizioni�che�risultino�incompatibili�con�la�stipula�dei�con- tratti�collettivi�nazionali�e�dei�contratti�quadro.�A�meno�di�non�cogliere�una�insanabile�contrad- dizione�(poiche�tutte�le�norme�sono�abrogate�dalla�contrattazione�collettiva�e�dunque�non�vi�e� ragione�di�valutare�alcuna�compatibilita�)�la�disposizione�in�esame�nonpuo�riferirsi�che�alle�sole� ipotesi�(dicuiall'art.�2,�comma2,�delD.Lgs165/2001)�diinterventinormativipostiinessere� medio�tempore��(Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004,�All.�C�feb- braio).� 2.�^Con�il�secondo�motivo�di�ricorso�i�ricorrenti�chiedono�la�cassazione�e�la�riforma�della� sentenza�impugnata�per�avere�la�Corte�d'Appello�interpretato�le�previsioni�del�C.C.N.L.� Comparto�Ministeri�in�modo�da�escludere�la�rilevanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai� fini�del�calcolo�della�tredicesima�in�violazione�del�principio�di�omnicomprensivita�della�retri- buzione.� La�censura�e�infondata�per�le�seguenti�ragioni� B.�L'inesistenzadelprincipio�diomnicomprensivita�dellaretribuzioneeleapplicazionigiu- risprudenziali�in�materia�di�tredicesima�mensilita�.� Non�esiste�un�principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione. La�giurisprudenza�della�Suprema�Corte�ha�ripetutamente�affermato�(Cass.�S.U. 5312/1979;�S.U.�5887/1981;�n.�3210/1982;�S.U.�1069/1984;�S.U.�1608/1989;�n.�5942/1991)� che�la�definizione�della�misura,�delle�modalita�e�dei�termini�di�corresponsione�della�retribu- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� zione�e��affidata�alla�contrattazione�collettiva�e,�nell'ambito�di�questa,�all'autonomia�indivi- duale�(�la�tantofavoleggiata�retribuzione�unitaria�non�esiste�(perche�)...�laddove�una�legge�non� imponga,aifinidell'istitutodaessaregolato,�dicalcolaretuttiglielementidellaretribuzione...� e�invece�rinvii,puramente�e�semplicemente�alla�nozione�di�retribuzione,�questa�deve�essere�intesa� nella�misura�e�negli�elementi�gia�determinati�dalla�autonomia�collettiva�o,�in�difetto,�da�quella� individuale,�o,�in�estrema�ipotesi,�dalgiudice�(art.�2099�c.c.)��Cass.�S.U.�1069/1984;�il�principio� di�omnicomprensivita�,�pertanto,�puo��essere�applicato�esclusivamente��come�criterio�sussidia- rio,�in�quanto�espressione�di�una�linea�di�tendenza�dell'ordinamento��(Cass.,�13�febbraio�1984,� n.�1081)). E�quindi�un�problema�di�interpretazione�della�volonta�contrattuale�accertare�il�significato� delle�espressioni�di�volta�in�volta�utilizzate�quali��retribuzione�normale�,��retribuzione�globale� difatto��(Cass.�1075/1984;�108/1984;�3672/1990;�3092/1996).� Con�particolare�riferimento�all'individuazione�delle�voci�retributive�che�possono�fungere� da�base�di�calcolo�per�la�tredicesima�mensilita�la�Cassazione,�affermando�la�prevalenza�della� volonta��delle�parti,�ha�riconosciuto�l'assenza�in�materia�di�un�principio�di�omnicomprensi- vita��(�Mancando�nel�nostro�ordinamento�giuridico�una�nozione�generale�di�retribuzione�onni- comprensiva�ilproblema�della�commutabilita�di�una�voce�della�retribuzione�diretta�nelle�mensi- lita�aggiuntive�(tredicesima�e�quattordicesima),�le�quali�hanno�origine�e�disciplina�esclusiva- mente�contrattuale,�deve�risolversi�in�base�all'interpretazione�del�contratto�collettivo�ratione� temporis;�pertanto�il�premio�aziendale,�che�il�contratto�collettivo�colleghi�all'effettiva�presta- zione�di�lavoro,�non�puo�essere�incluso�nelle�mensilita�aggiuntive�per�il�solo�fatto�che�queste� abbianonaturaretributiva,�maoccorrechel'inclusionesiaprevistaespressamentedalladisposi- zione�contrattuale�che�disciplina�ilpremio�stesso�ovvero�risultiall'esito�dell'interpretazione�della� disciplina�contrattuale�delle�mensilita�aggiuntive��Cass.�3�marzo�1987,�n.�2242,�Standa�c/� Natali,�in�Mass.�Giur.�It.�1987;��La�nozione�dell'omnicomprensivita�della�retribuzione�e�confi- gurabilenelvigenteordinamentononqualeprincipioinderogabile,�impeditivocometalediogni� limitazione�della�retribuzione�stessa,�ma�soltanto�quale�tendenziale�criterio�di�giudizio�in�fun- zione�supplementare,�ove�manchino�disposizioni�legali�o�contrattuali�che�regolino�la�materia;� cio�vale�anche�in�relazione�agli�istituti�per�i�quali�la�legge�si�limita�ad�assumere�come�base�di� computo�la�retribuzione�senza�nulla�disporre�sulla�regolabilita�degli�addendi,�ma�vale�a�maggior� ragione�in�relazione�agli�istituti�di�origine�contrattuale�come�tali�rimessi,�come�nel�caso�della� tredicesimaequattordicesimamensilita�,�allaliberadeterminazionedelleparti��Cass.�8�gennaio� 1981,�n.�175�Affinito�c/Cons.�Trasp.�Pubbl.�Napoli,�in�Not.�Giur.�Lav.,�1981,�70).� Anche�la�Corte�d'Appello�di�Firenze�si�pone�sulla�stessa�linea�statuendo�che�La�Corte� non�condivide�l'interpretazione�sistematicafornita�dal�Tribunale,�seppure�movendo�dalla�condi- visionedelprincipiodidirittosecondocuinonappartieneall'ordinamentolavoristico�(privato� o�pubblico�che�sia�il�rapporto)�un�criterio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione,�bens|�doven- dosi,�di�volta�in�volta,�accertare�quale�sia�la�sorte�delle�singole�voci�retributive�(che�compongono� iltrattamentocomplessivodell'impiegato)�aifinidelcalcolodeivariistituticontrattuali�(Corte� d'Appello�di�Firenze�con�sentenza�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004;�All.�C.2.).� Va�pertanto�fin�d'ora�precisato�che,�in�applicazione�della�menzionata�giurisprudenza� della�Suprema�Corte�in�tema�di�inesistenza�del�principio�di�omnicomprensivita��,�dall'accerta- mento�della�volonta��delle�parti�risulta�che�l'indennita��di�amministrazione�non�puo��essere� computata�ai�fini�della�tredicesima�mensilita��in�quanto�la�contrattazione�collettiva�contiene� inequivoche�affermazioni�in�questo�senso�(corresponsione�per�dodici�mensilita��;in�tredicesima� vanno�sole�le�voci�espressamente�indicate;�la�corresponsione�per�tredici�mensilita��e��prevista� solo�per�il�personale�penitenziario;�l'indennita��di�amministrazione�rileva�espressamente�solo� per�altre�voci�indirette;�le�integrazioni�salariali�rilevano�ai�fini�della�tredicesima...).� C.�La�disciplina�contrattuale�della�tredicesima�mensilita�^in�conformita�all'orientamento� della�Suprema�Corte�sono�computabili�solo�le�voci�retributive�espressamente�indicate�da�specifi- cheprevisioni�contrattuali�^l'indennita�diamministrazione�non�e�maimenzionata.� E�necessario,�pertanto,�preliminarmente�individuare,�alla�luce�dell'orientamento� costante�e�consolidato�della�Suprema�Corte�(che�afferma�l'inesistenza�del�principio�di�omni- comprensivita��della�retribuzione),�la�disciplina�contrattuale�della�tredicesima�per�compren- dere�quali�voci�retributive�sono�considerate�rilevanti�dalla�volonta��delle�parti�ai�fini�del�com- puto�della�stessa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'articolo 25 del C.C.N.L. sottoscritto il 16maggio 2001 (All.�A.5.),�nell'ambito�della� disciplina�della�struttura�della�retribuzione�stabilisce�che�la tredicesima (ricompressa�nella� retribuzione�globale�di�fatto)�e� costituita esclusivamente dalle �voci che sono corrisposte anche a tale titolo�,�rendendo�evidente�che�rientrano�nel�computo�della�tredicesima�mensilita�solo� quelle�voci�della�retribuzione�per�le�quali�esiste�un'espressa�disposizione�della�contrattazione� collettiva�che�le�consideri�utili�ai�fini�del�computo.� Una�siffatta�disposizione�e�del�tutto�assente�nella�contrattazione�collettiva,�che,�vice- versa,�esprime�il�principiodellatendenzialeirrilevanza(salvopattuizionecontraria) deltratta- mento accessorio aifini del computo della tredicesima per la quale rilevano esclusivamente le voci di natura stipendiale. Peraltro�l'articolo29del C.C.N.L.�sottoscritto�il�16�febbraio�1999�(All.�A.3.)�ha�previsto� la�rilevanza,�ai�fini�della�tredicesima�mensilita�,�dei�soli�incrementi�salariali�ivi�previsti�(�gli stipenditabellariderivantidall'articolo2delC.C.N.L. stipulatoindata26luglio1996sono incrementati degli importi mensili lordi, per tredici mensilita� , indicati nelle allegate tabelle D e Dbis�;��le misure deglistipendi risultanti dall'applicazione delpresente contratto hanno effetto sulla tredicesima mensilita�...�).� E�d'altra�parte�importante�rilevare�che�la contrattazione collettiva ha costantemente tenuti distinti gli incrementi economici afferenti alle voci stipendiali da quelli relativi all'inden- nita� di amministrazione, precisando che le Amministrazioni avrebbero dovuto corrispondere questi ultimi solo per dodici mensilita� . Nelle�parti�economiche�dei�vari�contratti�collettivi�succedutisi�nel�tempo�(cfr.�gli�allegati sub (A)) le�parti�hanno�premurosamente�sempre�distinto�il�trattamenti�di�questi�incrementi� della�retribuzione�indicando�la�precisa�volonta�di�escludere�la�rilevanza�di�quelli�relativi�alla� tredicesima.� Gia�nel�primo�contratto�(All.�A�gennaio�)�stipulato�il�16�maggio�1995�si�prevedeva�che� solo�gli�incrementi�salariali�andavano�conteggiati�ai�fini�della�tredicesima�(�Le misure degli stipendirisultantidall'applicazionedelpresentecontrattohannoef ffettosulla tredicesimamensi- lita� �)�e�nulla�veniva�previsto�per�l'indennita�di�amministrazione.� Il�successivo�contratto�(All.�A.2.)�stipulato�il�26�luglio�1997�conteneva�previsioni�ancora� piu�chiare.�A�fronte�dell'espressa�rilevanza�ai�fini�della�tredicesima�degli�incrementi�salariali� ivi�previsti�(�Gli incrementi stipendiali hanno effetto, inoltre, sugli altri istituti (tra�l'altro�la� tredicesima)�indicatiall'art. 32 delC.C.N.L. stipulato in data16maggio 1995��)�si�ribadiva� l'assoluta�esclusione�dell'indennita�di�amministrazione�(�Le indennita� di amministrazione... sono incrementate,per dodici mensilita� , delle misure mensili lorde di cui all'allegata tabella B�).� Anche�nel�contratto�del�16�febbraio�1999�(All.�A.3.)�mentre�all'articolo�29�si�ribadiva�la� volonta�delle�parti�di�considerare�gli�incrementi�stipendiali�nel�calcolo�della�tredicesima� (�Le misure degli stipendi risultanti dall'applicazione delpresente contratto hanno effetto sulla tredicesima mensilita� �),�nulla�veniva�previsto�per�gli�incrementi�relativi�l'indennita�di�ammi- nistrazione�(�Allo scopo difavorire ilprocesso diperequazionedelle retribuzionicomplessiva- mente spettanti al personale del comparto... gli importi delle indennita� di amministrazione... sono incrementati nelle misurepreviste nell'allegata tabella G��articolo�34).� In�contratto�del�21�febbraio�2001�manteneva�la�differenziazione�tra�incrementi�stipen- diali�(�Gli incrementi stipendiali di cui all'articolo 2 hanno effetto sugli altri istituti indicati all'articolo 29 del C.C.N.L. (tra�cui�la�tredicesima)�)�e�incrementi�all'indennita�di�ammini- strazione�(qui�nulla�e�detto�ai�fini�della�tredicesima��Allo scopo difavorire ilprocesso dipere- quazionedelleretribuzionicomplessivamentespettantialpersonaledelcomparto, gliimportidi cuiall'articolo33delC.C.N.L. sono incrementatinellemisureprevistenellatabella C�).�E�la� stessa�volonta�negoziale�e�presente�nel�contratto�del�16�maggio�2001�(�L'indennita� di ammini- strazione e� corrisposta per dodici mensilita� �).� Peraltro,�giova�ricordare�che�anche�l'ultimo�C.C.N.L.�stipulato�il�12�giugno�2003�con- ferma�l'assoluta�irrilevanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai�fini�del�calcolo�della�tredice- sima�(�Gli stipendi tabellari sono incrementati degli importi mensili lordi, per tredici mensi- lita�,...�articolo20; �Lemisuredeglistipendirisultantidall'applicazionedelpresentecontratto hanno effetto sulla tredicesima mensilita� ��articolo�21;��Allo scopo difavorire ilprocedimento di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti al personale del comparto, le misure attualmente vigenti dell'indennita� di amministrazione sono incrementate degli importi e per la decorrenza indicati nelle Tabelle c e D��articolo�22).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Anche�il�rinvio�dell'articolo�33,�comma�3,�del�C.C.N.L.�stipulato�il�16�maggio�2001�(che� stabilisce��per quanto riguarda la disciplina della 13.ma mensilita� si continua afare riferimento al D.Lgs. C.P.S. 25 ottobre 1946, n. 263 e successive modificazioni ed integrazioni�All.�A.5.)� non�puo�valere�a�consentire�il�computo�dell'indennita�di�amministrazione�nella�tredicesima,� anzi avvalora l'opzione ermeneutica opposta.�Difatti,�come�correttamente�affermato�dalla�pro- nuncia�della�Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004�(All.�C.2.),�il�men- zionato�articolo�7,�istitutivo�della�tredicesima�nel�pubblico�impiego�(�Ai personali statali e� concessa, a titolo di gratificazione una tredicesima mensilita� da corrispondersi alla data del sedici dicembre di ogni anno. Detta gratificazione, commisurata al trattamento economico com- plessivospettantealladatasuindicataperstipendio,pagaoretribuzioneeindennita� carovita, escluse le quote complementari, va corrisposta per intero al personale in servizio continuativo dal 1" gennaio dello stesso anno�),�escludendo la�rilevanza�delle�quote complementari,�stabili- sce�che�ai�fini�del�computo�della�tredicesima�avrebbero�potuto�avere�rilevanza�esclusivamente voci stipendiali unitamente�all'indennita�carovita�(unica�eccezione�nei�trattamenti�accessori).� �Nel regolare la disciplina della gratifica natalizia (oggi tredicesima mensilita� il legisla- tore dell'epoca aveva come riferimento una struttura della retribuzione del tutto diversa da quella cui oggi deve farsi riferimento (art. 28 CCNL 1998/2001), sicuramente mancate di ele- menti, come quello di cui si discute, legati non alla diretta corrispettivita� della prestazione ma connotati da accessorieta� .S|� che, ove si volesse applicare la disciplina di cui all'art 7 del D.Lgs.n.263/1946,questafinirebbeperimporreilcriteriodiomnicomprensivita� limitatamente alla voce stipendiale (ed�indennita�di��caro�vita�)�ma�non�anche�ai�trattamenti�tempo�per� tempo�intervenuti�a�corredare�il�trattamento�complessivo�o�poi�definitivamente�cristallizzati� nell'unica�voce�della�quale�oggi�si�discute�(art.�34�CCNL�1994/1997).�Semmai,�ove�si�volesse� attualizzare�l'interpretazione�della�disciplina�originaria�dettata�nel�1946,�dovra�prendersi� atto�di�come�la�norma�escluda�dal�computo�per�la�gratifica�natalizia�le�c.d.�quote�comple- mentari�e�dunque�quanto�non�appartenga�alla�voce�stipendiale.�Con�il�che�rimane�accertato� che�la�regola�^materialmente�recepita�dalla�contrattazione�collettiva�^non�impone�il�com- puto�della�indennita�accessoria�(e�di�quant'altro�non�sia�stipendio�in�sensi�tecnico)�nella�tre- dicesima�mensilita���(Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004,�All.�C.2.).� L'orientamento�trova,�altres|�,�il�conforto�degli�orientamenti�degli�organi�tecnici.� Anche�l'INPDAP,�con�l'informativa�n.�51�del�22�maggio�2002�(All.�D.1.),�relativa�alle� �modalita� di computo dell'indennita� di amministrazione sulla base di calcolo della pensione per il personale del Comparto Ministeri�, finalizzata,�appunto,�a�fornire�chiarimenti�a�tutte� le�Amministrazioni�pubbliche�statali�sul�trattamento�pensionistico�di�tale�emolumento,�ha� affermato�la�natura�di�emolumento�accessorio�dell'indennita�di�amministrazione.�E�stato� confermato�espressamente�che�l'indennita�di�amministrazione,�avendo�natura�di�retribuzione� accessoria�^e�come�tale�non�sottoposto�ad�imposizione�contributiva�e�non�incluso�nell'e- lenco�tassativo�di�cui�all'art.�15�L.�29�aprile�1976,�n.�117�^e�computabile�nella�quota�di�pen- sione�di�cui�all'art.�13�lett.B) D.Lgs.�30�dicembre�1992,�n.�503.�In�ogni�caso�la�questione� della�conteggibilita�dell'indennita�di�amministrazione�a�fini�pensionistici�si�pone�in�termini� diversi�rispetto�a�quella�relativa�alla�tredicesima�in�quanto�non�primo�caso�il�dipendente� �collabora��attraverso�la��contribuzione��e�nel�secondo�l'onere�economico�e�del�tutto�in� capo�all'amministrazione.� Acio�siaggiungacheanchel'ARAN,connotan.�12113del6/09/01(All.D.2.),hariba- dito�che�l'indennita�di�amministrazione��pur avendo carattere di generalita� e continuita� , pre- sentaconnotazionipeculiari,inquantoerogataperdodicimensilita� (adifferenzadeitrattamenti economicifondamentali che vengono corrispostiper tredicimensilita�)�.� D.Leoriginistorichedell'indennita� diamministrazioneelasuadisciplinadifontecontrat- tuale la conferma dell'irrilevanza aifini del calcolo della tredicesima. Al�fine�di�affermare�con�ancora�piu�certezza�l'assolta�irrilevanza�dell'indennita�di�ammi- nistrazione�per�il�calcolo�della�tredicesima�e�necessario�fare�alcune�precisazioni�in�merito� alla�struttura,�al�contenuto�e�alle�funzioni�dell'indennita�di�amministrazione,�come�risultanti� dalla�contrattazione�collettiva.� L'indennita�di�amministrazione�nasce�con�l'istituzione�del�comparto�Ministeri�e�la�sot- toscrizione�del�C.C.N.L.�1994-1997�(cfr�l'articolo�34�recante��Disciplina�della�retribuzione� accessoria��e�l'allegato�B�che�prevede�tale�indennita�quale��retribuzione�accessoria�mensile�� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� distinta�per�livello,�All.�A.1.)�che�riconosce�la�spettanza�della�predetta�indennita�accessoria,� avente�carattere�di�generalita�e�continuita�,�nella�misura�indicata�dalla�specifica�disciplina� legislativa,�contrattuale�ed�amministrativa�in�vigore�presso�ciascun�Ministero.� Storicamente�l'innovazione�era�motivata�dall'allora�vigente�articolo�72,�comma�3,�del� D.Lgs.�29/1993�che�prevedeva�che�con�la�sottoscrizione�dei�primi�contratticollettivi(eilpre- detto�contratto�era�il�primo�C.C.N.L.�di�comparto)�erano�abrogate�le�disposizioni�che�preve- devano�trattamenti�economici�accessori,�comunque�denominati,�a�favore�di�dipendenti�pub- blici,�facendo�salvi�quei�trattamenti�economici�corrisposti�a�tutto�il�personale�in�maniera� continuativa.� L'indennita�di�amministrazione,�pertanto,�veniva�istituita�come�contropartita�dell'elimi- nazione�dei�menzionati�trattamenti�accessori�e�la�sua�misura�fu�quantificata�sulla�base�dei� compensi�mensili�percepiti�a�titolo�di�compenso�incentivante�collegato�alla�presenza�in�servi- zio�e�di�altri�eventuali�trattamenti�accessori�in�atto�presso�le�singole�amministrazioni�del� comparto.�L'indennita�ha�poi�mantenuto�un�collegamento�alla�presenza�in�servizio�in�quanto� nei�periodi�di�assenza�per�malattia�il�dipendente�ha�diritto,�a�norma�dell'articolo�21�del� C.C.N.L.�stipulato�il�16�maggio�1995�(All.�A.1.),�all'intera�retribuzione�fissa�mensile,�con� esclusione�di�ogni�compenso�accessorio�comunque�denominato�(ad�eccezionedei�casi�di� malattie�superiori�a�quindici�giorni�o�di�ricovero�ospedaliero�per�i�quali�al�dipendente�com- pete�anche�il�trattamento�accessorio�di�cui�all'articolo�34�(l'indennita�di�amministrazione)).� Sulla�base�della�natura�accessoria�di�tale�retribuzione�e�dello�stretto�collegamento�con�il� vecchio�compenso�incentivante�tale�indennita�e�stata�da�sempre�corrisposta�dalle�ammini- strazioni�per�dodici�mensilita�e�non�e�mai�stata�considerata�utile�ai�fini�del�calcolo�della�tre- dicesima�mensilita�.� Con�l'articolo�articolo�17�del�C.C.N.L.�Comparto�Ministeri�stipulato�il�16�maggio�2001,� All.�A.5.�(che�modifica�l'articolo�33�del�C.C.N.L.�del�16�febbraio�1999),�pur�riconoscendosi� il�carattere�generale�(corresponsione�a�tutti�i�dipendenti),�fisso�(la�misura�dell'indennita�e� parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione)�e�ricorrente�(da�corrispondersi�periodica- mente�con�la�medesima�cadenza�temporale)�dell'indennita�di�amministrazione,�si�e�espressa- mente�previsto�che��l'indennita�di�cui�al�presente�articolo�e�corrisposta�per�dodici�mensilita��� sancendosi�l'irrilevanza�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�per�il�quale,�in�conformita�agli� orientamenti�della�Cassazione�che�affermano�l'inesistenza�del�principio�di�omnicomprensi- vita�,�opera�il�principio�per�cui�tutto�quello�che�non�e�espressamente�incluso�nel�calcolo�deve� essere�escluso�dalla�tredicesima�(sul�punto�la�volonta�delle�parti�e�sovrana,�anche�perche�la� previsioni�del�Testo�Unico�sul�Rapporto�di�Lavoro�alle�Dipendenze�dell'Amministrazione� impongono�un'espressa�previsione�contrattuale�per�gli�aumenti�dei�trattamenti�economici� negli�ambiti�dei�tetti�di�spesa�programmati).� Peraltro,�il�comma�12�dell'articolo�17�del�C.C.N.L.�Comparto�Ministeri�stipulato�il� 16�maggio�2001,�All.�A.5.�(che�modifica�l'articolo�33�del�C.C.N.L.�del�16�febbraio�1999),�sta- bilisce,�altres|�,�che�dal�1.�gennaio�2000�l'indennita�di�amministrazione�e�considerata�utile� agli�effetti�di�cui�al�comma�1,�secondo�periodo�dell'articolo�3�del�C.C.N.L.�(che�si�riferisce� all'indennita�di�buonuscita,�al�TFR�e�alla�indennita�di�licenziamento�(id�est�di�preavviso))� escludendosi,�viceversa,�ogni�rilevanza�della�stessa�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima.� Non�e�senza�significato�rilevare�come��il�CCNL1994/1997abbia�disposto,�avuto�riguardo� allasolaindennita�dicompetenzadelpersonalepenitenziario,�chelamedesimadebbaesserecor- rispostaper�tredici�mensilita�:�il�che�conferma�che�la�tecnica�contrattuale�usata�e�quella�di�inclu- dere�o�escludere�esplicitamente�l'indennita�in�discussione�nella�tredicesima�mensilita��(Corte� d'Appello�di�Firenze,�sentenza�29�giugno�2004�depositata�in�cancelleria�il�10�luglio�2004,� All.�C.2.�e�All.�A.1.).� Acio�si�aggiunga�che�nella�struttura�della�retribuzione�disciplinata�dall'articolo�25�del� C.C.N.L.�del�16�maggio�2001�(All.�A.5.),�l'indennita�di�tredicesima�e�prevista�in�modo�del� tutto�distinto�dal�rateo�di�tredicesima�mensilita�ed�e�sempre�esclusa�la�rilevanza�della�prima� ai�fini�della�seconda.�In�particolare,�fermo�restando�il�principio�che�nella�tredicesima�reflui- scono�solo��le�voci�che�sono�corrisposte�anche�a�tale�titolo�,�l'indennita�di�amministrazione�e� considerata�altro�rispetto�alla�tredicesima,�sia�che�si�aderisca�all'opzione�che�cons1idera�che� l'indennita�di�amministrazione�ricada�nel�novero�degli��altri�eventuali�assegni�personali�(di� cui�alla�seconda�alinea),�sia�che�si�segua�la�soluzione�che�la�faccia�ricadere�all'interno�delle� �indennita�contrattuali��(di�cui�alla�terza�alinea).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Pertanto,�sono�le�stesse�previsioni�della�contrattazione�collettiva�ad�escludere�l'operati- vita�del�(comunque�inesistente)�principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione�con�riferi- mento�all'individuazione�delle�voci�retributive�da�computarsi�ai�fini�della�tredicesima�in� quanto�e�espressamente�stabilito�che�si�possano�considerare�solo�quelle�specificamente� volute�delle�parti�e�non�risulta�alcuna�previsione�del�contratto�collettivo�che�menzioni�espres- samente�l'indennita�di�amministrazione�a�tale�fine�(nel�quadro�della�regolamentazione�della� �retribuzione�globale�di�fatto��(che�si�differenzia�dalla��retribuzione�base�mensile��e�dalla� �retribuzione�individuale�mensile�)�il�C.C.N.L.�del�16�maggio�2001,�all'articolo�25,�specifica,� viceversa,�che�il�rateo�di�tredicesima�deve�essere�aggiunto�solo�per�le�voci�che�siano�corrispo- ste�anche�a�tale�titolo:��la�retribuzione�globale�difatto�annuale�e�costituita�dall'importo�della� retribuzioneindividualemensileper12mensilita�,�cuisiaggiunge,�ilrateodellatredicesimamen- silita�per�le�voci�che�sono�corrisposte�anche�a�tale�titolo�nonche�l'importo�annuo�della�retribu- zione�variabile�e�delle�indennita�contrattuali,�comunque�denominate,�percepite�nell'anno�di�rife- rimento�non�ricomprese�nel�secondo�alinea�,�All.�A.5.� Per�tutto�quanto�sopra,�dall'analisi�delle�previsioni�della�contrattazione�collettiva,� risulta�quanto�segue:�1.�sono�rilevanti�ai�fini�della�tredicesima�solo�quelle�voci�espressamente� considerate�dalla�contrattazione�collettiva�(stipendio,�incrementi�stipendiali):�sono�espressa- mente�escluse�le�quote�complementari�e�i�trattamenti�accessori,�salvo�espressa�pattuizione� contraria;�2.�l'indennita�di�amministrazione�deve�essere�corrisposta�per�dodici�mensilita�(ad� eccezione�del�personale�penitenziario);�3.�l'indennita�di�amministrazione�rileva�espressa- mente�per�altre�voci�retributive�indirette�(TFR,�indennita�di�preavviso,�indennita�di�buonu- scita)�ma�non�per�la�tredicesima;�4.�in�assenza�di�una�previsione�espressa�che�imponga�la�rile- vanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�l'unica�opzione� ermeneutica�praticabile�e�nel�senso�di�affermarne�l'assoluta�irrilevanza,�in�conformita�al� principio�di�inesistenza�dell'omnicomprensivita�retributiva�nonche�a�quello�che�i�trattamenti� economici�possono�essere�riconosciuti�solo�dal�contratto�collettivo�nei�limiti�dei�tetti�di�spesa� preventivamente�fissati.� Si�depositano�unitamente�alla�presente:�A)�Estratti�delle�disposizioni�citate�dei�contratti� collettivi�nazionali�del�Comparto�Ministeri�A.1.�articoli�21,�29,�32�e�34�nonche�Tabella�I�del- l'Allegato�B�del�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Nor- mativa�1994-1997�e�Parte�Economica�1994-1995)�stipulato�il�16�maggio�1995;�A�febbraio� Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Economica� 1996-1997)�stipulato�il�26�luglio�1996;�A�marzo�articoli�28,�29�e�33�del�Contratto�Collettivo� Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Normativa�1998-2001�e�Parte�Economica� 1998-1999)�stipulato�il�16�febbraio�1999;�A�aprile�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro� Comparto�Ministeri�(Parte�Economica�2000-2001)�stipulato�il�21�febbraio�2001;�A�maggio� articoli�17,�25�e�33�del�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte� Economica�2000-2001)�stipulato�il�16�maggio�2001;�A�giugno�Contratto�Collettivo�Nazio- nale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Normativa�2002-2005�e�Parte�Economica� 2002-2003)�stipulato�il�12�giugno�2003;�B)�Legislazione�B�gennaio�Articolo�7�del�D.�Lgs.� C.P.S.�25�ottobre�1946,�n.�263�(Gazzetta�Ufficiale�7�novembre�1946,�n.�253)��Nuovo�tratta- mento�economico�dei�dipendenti�dello�Stato�e�dei�pensionati�;�B�febbraio�Articoli�2,�64,� 69,�71�del�D.Lgs�30�marzo�2001,�n.�165�(Gazzetta�Ufficiale�9�maggio�2001,�n.�106)��Norme� generali�sull'ordinamento�del�lavoro�alle�dipendenze�delle�amministrazioni�pubbliche�;�C)� Giurisprudenza�C.1.�Tribunale�di�Pisa,�sentenza�n.�726/2003�del�10�dicembre�2003�depositata� il�9�gennaio�2004;�C�febbraio�Corte�d'Appello�di�Firenze,�sentenza�n.�824/2004�del� 29�giugno-10�luglio�2004.�D)�Note�D.1.�Informativa�INPDAP�6�settembre�2001��Indennita� di�amministrazione�da�corrispondere�al�personale�comandato�;�D.2.�Informativa�ARAN� 22�maggio�2002��Modalita�di�computo�della�indennita�di�amministrazione�nella�base�di�cal- colo�della�pensione�per�il�personale�del�comparto�ministeri�.�E)�Produzioni�dei�precedenti� gradi�digiudizio.�Per�quanto�sopra�il�Ministero�della�Giustizia�ut�supra�rapp.to�e�dif.so�chiede� all'Ecc.ma�Suprema�Corte�di�Cassazione�di�respingere�il�ricorso�in�quanto�del�tutto�infon- dato�confermando�la�sentenza�impugnata�e�onerare�i�ricorrenti�delle�spese�processuali.� Roma,�15�novembre�2004.�Pasquale�Fava,�Procuratore�dello�Stato�(Avv.�estensore);� Gabriella�D'Avanzo,�Avvocato�dello�Stato�(Avv.�controfirmante)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dossier In morte di un curatore fallimentare (Corte�Suprema�di�Cassazione,�Sezione�Tributaria,�sentenza�29�agosto�2005�n.�17461)� Emerge,�in�primo�luogo,�dalla�annotata�decisione�che�la�Suprema�Corte� ha�il�preciso�dovere�di�leggere�non�solo�la�copia�notificata�del�ricorso�e�la� relativa�relata,�ma�anche�i�tentativi�di�notifica�precedenti.�Ovvio,�nel�caso,�e� l'onere�di�produrli,�a�carico�del�ricorrente;�tuttavia�pensiamo�dover�aggiun- gere,�in�ossequio�al�principio�di�autosufficienza,�che�il�ricorso�dovrebbe,�in� normativa,�dare�conto�del�primo�tentativo�di�notifica,�tutte�le�volte�che�da� esso�risulti�una�circostanza�tale�da�ampliare�il�termine�per�ricorrere�o�che� comunque�influisca�sulla�ammissibilita�del�ricorso.�Tale�e�,�pacificamente,�la� morte�del�Curatore�Fallimentare,�evento�interruttivo�che�comporta,�ai�sensi� dell'art.�328�c.p.c.,�la�proroga�del�termine.� Emerge�dalla�lettura�della�sentenza�revocata�che�in�essa�il�Collegio�non�ha� percepito�ne�letto�il�primo�tentativo�di�notifica,�pure�contenente�un�atto�difede� privilegiata�attestante�circostanze�di�fatto�utili�per�la�ammissibilita�del�ricorso.� Sembra�quindi�che�le�circostanze�rilevanti�siano�state,�oltre�alla�non�con- testazione�della�tempestivita�della�notifica,�che�per�regola�generale,�e�il�presup- posto�dell'errore�di�fatto�(ogni�valutazione�richiesta,�e�omessa,�sul�punto�tra- sformandosi�in�errore�di�diritto,�ex�112�c.p.c.,�quanto�meno)�la�non�menzione� del�fatto�da�parte�del�Collegio�e�la�sua�documentazione�da�parte�dell'Avvoca- tura.�L'errore�poi�cade�sul�fatto�(morte�del�Curatore)�non�sul�diritto�(tale� sarebbe�stata�una�erronea�ma�incensurabile�decisione�che,�prendendo�in�con- siderazione�l'evento�luttuoso,�non�ne�avesse�tratto�le�conseguenze�debite�ex� art.�328,�co.�3,�c.p.c.).� Interessante�anche�la�considerazione�della�S.C.�circa�il�mancato�esercizio� di�una�attivita�critica�sul�fatto,�che�sembra�essere�una�migliore�definizione� della��mancata�percezione��presupposto�della�via�revocativa.� Avv.ti�Roberto�de�Felice,�Cinzia�Melillo� La�controversia�e�stata�originata�dal�seguente�ricorso.� Avvocatura generale dello Stato ^Corte Suprema di cassazione ^Ricorso per il Ministero delle Finanze. �(Omissis)�Con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accer- tava�nei�confronti�della�fallita�ditta�in�oggetto�una�maggior�imposta�per�il�1981�di��.� 19.564.000�oltre�interessi�per��.�1.762.000�e�pene�pecuniarie�per��.�82.157.000,�per�un�totale� di��.�103.483.500.� LaCommissioneTributariadiIgradodi(...),�aditadalcuratore,neaccoglievalatesidell'� illegittimita�di�tale�avviso�perche�posteriore�alla�dichiarazione�di�condono�automatico� (art.�28�legge�n.�516/1982)�presentata�in�favore�del�contribuente�il�15�dicembre�1982;�e�la� C.T.R.�di�Roma�respingeva�l'appello�dell'Ufficio�(fondato�sulla�nullita�dell'istanza�di�condono� perche�riferita�al�solo�anno�1981�e�non�a�tutte�le�annualita�previste�dalla�norma�regolatrice).� Tale�decisione,�presentandosi�ingiusta�e�lesiva�per�l'Amministrazione�ricorrente,�veniva� da�questa�impugnata�per�cassazione�con�ricorso�notificato�il�12�aprile�1989,�ultimo�giorno� utile,�nel�quale�pero�^com'e�poi�risultato�dalla�relata,�depositata�in�atti�^il�curatore�e�legale� rappresentante�del�fallimento�era�deceduto.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Risultando�quindi�il�termine�di�impugnazione�prorogato,�ex.art.�328�c.p.c.,�di�sei�mesi� da�tale�decesso,�e�quindi�dallo�stesso�12�aprile�1999,�dopo�la�nomina�del�nuovo�curatore�si� ripropone�il�ricorso�di�legittimita�deducendo�il�seguente�motivo:� Violazioneefalsaapplicazionedegliartt..16,26e28,3c.deld.l.n.429/1982,convertitoin. legge.n..516/1982,.in.relazione.agli.artt..62.Dlgs..n..546/1992.e.360,.1.c..n..3.c.p.c..Omessa.o. insufficiente.e.contraddittoria.motivazione.su.un.punto.decisivo.della.controversia.(in.relazione. agli.artt..62.Dlgs..n..546/1992.e.360,.n..5,.c.p.c.).. L'art.�28,�3.c.,�legge�n.�516/1982�prevede�una�definizione�automatica�dell'I.V.A.,�tra�l'al- tro,�per�i�periodi�di�imposta�per�cui�non�siano�stati�notificati�avvisi�di�accertamento�o�di�ret- tifica�(com'era�il�caso�alla�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�del�contribuente);� in�tale�ipotesi�vanno�condonati�tutti.i.periodi.di.imposta.le�cui�dichiarazioni�sono�scadute� entro�il�5�marzo�1982,�e�la�dichiarazione�integrativa�deve�contenere�a�pena�di�nullita�la� richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�in�questione,�in�cui�sia�stata� presentata�la�dichiarazione.� La�sentenza�impugnata�ha�motivato�il�rigetto�dell'appello�affermando:� 1)�che�la�mancata�richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�previ- sti�dall'art.�28,�3.c.,�non�comporta�la�nullita�della�definizione�semplice�(che�e�quella�di�cui� all'art.�26),�per�la�quale�il�contribuente�puo�optare;� 2)�che�e�nullo�l'avviso�di�rettifica�successivo�alla�dichiarazione�integrativa�ex.art.�28;� 3)�che�la�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo�l'art.�16�legge�516/1982�in� quanto�consente�la�notifica�di�accertamenti�in�rettifica�o�d'ufficio�sino�alla�presentazione� della�dichiarazione�integrativa�e�non�sino�all'entrata�in�vigore�del�decreto�legge�n.�429/1982.� In�proposito,�appare�anzitutto�assolutamente�fuori�luogo�il�richiamo�all'art.�16�della� legge�in�esame,�come�pure�alla�sentenza�C.C.�n.�175/1986�che�lo�ha�dichiarato�incostituzio- nale,�trattandosi�di�norma�relativa�alle�imposte�dirette�e�quindi�inapplicabile�all'I.V.A..� In�secondo�luogo,�la�prima�e�la�seconda�affermazione�della�stessa�sentenza�sono�in�reci- proca�insanabile�contraddizione,�perche��se�^come�pare�^si�vuole�affermare�che�comunque� nel�caso�di�specie�non�e�pregiudicata�la�dichiarazione�semplice�(quella�di�cui�all'art.�26�legge� cit.),�da�un�lato�si�sottintende�che�in�effetti�quella�automatica�nella�specie�mancasse�dei� requisiti�di�cui�al�3.c.�dell'art.�28,�e�dall'altro�si�ricava�che�l'avviso�di�rettifica�presentato�suc- cessivamente�alla�dichiarazione�integrativa�semplice�non�era�affatto�precluso,�come�emerge� dall'art.�27,�se�invece�si�evidenzia�la�nullita�della�rettifica�successiva�alla�definizione�automa- tica,�si�implica�che�quest'ultima�sussista�e�sia�valida,�il�che�e�stato�appena�negato.� Comunque,�e�incontrovertibile�che�la�lettera�dell'art.�28,�3.c.�legge�cit.�prescrive�apena� di�nullita�che�la�definizione�automatica�riguardi�tutti�i�periodi�d'imposta,�nessuno�escluso,� antecedenti�alla�vigenza�della�legge�di�condono:�su�cio�vi�e�copiosa�giurisprudenza�(Cass.� n.�8904/1992�e�6727/1995,�che�hanno�anzi�dichiarato�manifestamente�infondata�la�questione� di�costituzionalita�sul�punto;�12818/1995,�12823/1995).� Altrettanto�pacifico�e�che�il�contribuente�ha�invece�presentato�la�dichiarazione�solo�per� il�1981;peraltro,pertaleannualita�vieneliquidatounimportodisole�.�214.000,�nettamente� inferiore�a�quanto�dovuto�in�base�ai�criteri�di�calcolo�imposti�dalla�norma,�secondo�cui�l'im- posta�da�versare�ai�fini�del�condono�doveva�essere�pari�alla�somma�del�2%�(o�del�4%�per�i� �contribuenti�minori�)�dell'imposta�relativa�alle�operazioni�imponibili�e�del�2%�(o�4%)di� quella�detraibile.� In�ultimo,�e�sia�pure�in�via�del�tutto�residuale,�si�rileva�che�la�C.T.R.�ha�omesso�di�con- siderare�che�l'ipotesi�di�definizione�semplice�di�cui�all'art.�26�non�puo�comunque�ricorrere� perche��si�riferisce�a�fattispecie�in�cui�prima�della�dichiarazione�di�condono�siano�stati�notifi- cati�accertamenti�o�rettifiche,�il�che�nella�specie�non�risulta�ne�e�stato�mai�neppure�dedotto;� e�che�comunque,�anche�ove�ricorresse�tale�ipotesi,�mentre�verrebbe�comunque�a�cadere�qual- siasi�ipotesi�di�nullita�dell'avviso�di�rettifica,�che�in�tal�caso�e�pienamente�consentito�dalla� legge�come�conferma�lo�stesso�Giudice�d'appello,�esso�sarebbe�poi�del�tutto�corretto�perche�� sarebbe�di�nuovo�insufficiente�l'imposta�liquidata,�che�non�raggiunge�certamente�la�somma� del�60%�della�maggiore�imposta�accertata�col�25%�di�quella�dovuta�in�base�all'originaria� dichiarazione�(somma�che�nella�specie�si�aggira�sui�6�milioni�e�mezzo�di�lire)�(omissis).� Roma,�15�giugno�1999�^Avvocato�dello�Stato�Cinzia�Melillo�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�ricorso�non�era�consegnato�al�Curatore,�l'ultimo�giorno�utile,�essendo� questi�deceduto�poche�ore�prima�della�consegna.�Il�Giudice�Fallimentare� provvedeva�alla�relativa�sostituzione�e�il�ricorso�era�quindi�notificato�al� nuovo�Curatore�circa�tre�mesi�dopo.� La�Suprema�Corte,�con�sentenza�della�Sezione�Tributaria�13�maggio� 2003,�n.�7320,�dichiarava�inammissibile�il�ricorso�cos|��motivando.� �(Omissis)^Rilevato infatto e diritto che�con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accertava�nei� confronti�del�fallimento�di�(...)�una�maggiore�imposta�per�il�1981�di�lire�19.564.000,�con�inte- ressi�e�applicazione�delle�pene�pecuniarie;� che�la�Commissione�tributaria�di�1.�grado�di�(...)�accoglieva�il�ricorso�del�contribuente� perche�la�rettifica�era�stata�notificata�dopo�la�presentazione�della�dichiarazione�di�condono� automatico�(art.�28�della�legge�516/1982);� che�la�Commissione�tributaria�regionale�del�Lazio,�con�la�sentenza�in�epigrafe�indicata,� rigettava�l'appello�dell'Ufficio;� che�propone�ricorso�per�cassazione�l'Amministrazione�finanziaria,�con�un�unico�artico- lato�motivo;� che�il�ricorso�risulta�proposto�oltre�il�termine�annuale�di�cui�all'art.�327�primo�comma� c.p.c.�(sentenza�di�appello,�non�notificata,�pubblicata�il�25�febbraio�1998;�ricorso�dell'Ammi- nistrazione�finanziaria�spedito�a�mezzo�del�servizio�postale�il�3�luglio�1999);� che�il�ricorso�e��pertanto�inammissibile;� che�non�vi�e��da�provvedere�sulle�spese�non�avendo�svolto�il�fallimento�intimato�attivita�� difensiva�in�questa�sede;� P. Q.M. Dichiara�l'inammissibilita��del�ricorso. Roma,�11�novembre�2002�. Seguiva�pertanto,�non�senza�perplessita�,�il�ricorso�per�revocazione�del- l'Avvocatura�Generale.� �(Omissis) Con�la�sentenza�in�epigrafe�la�S.C.�ha�dichiarato�inammissibile�il�ricorso� R.G.�n.�14371/1999,�notificato�il�12�aprile�1999�e�poi�il�3�luglio�1999�dal�Ministero�delle� Finanze,�Ufficio�IVA�di�(...),�nel�quale�si�esponeva�quanto�segue.� Con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accertava�nei�con- fronti�della�fallita�ditta�in�oggetto�una�maggior�imposta�per�il�1981�di��.�19.564.000�oltre� interessi�per��.�1.762.000�e�pene�pecuniarie�per��.�82.157.000,�per�un�totale�di��.�103.483�500.� La�Commissione�Tributaria�di�I�grado�di�(...),�adita�dal�curatore,�ne�accoglievalatesi� dell'illegittimita��di�tale�avviso�perche�posteriore�alla�dichiarazione�di�condono�automatico� (art.�28�L.�n.�516/1982)�presentata�in�favore�del�contribuente�il�15�dicembre�1982;�e�la� C.T.R.�di�Roma�respingeva�l'appello�dell'Ufficio�(fondato�sulla�nullita��dell'istanza�di�con- dono�perche�riferita�al�solo�anno�1981�e�non�a�tutte�le�annualita��previste�dalla�norma�regola- trice).� Tale�decisione,�presentandosi�ingiusta�e�lesiva�per�l'Amministrazione�ricorrente,�veniva� da�questa�impugnata�per�cassazione�per�violazione efalsa applicazione degli artt 16, 26 e 28, 3.c. del d.l. n 429/1982, convertito in legge n. 516/1982, in relazione agli artt. 62 Dlgs. n. 546/1992e360,. 1.c. n.3c.p.c., eperomessao insufficienteecontraddittoriamotivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione agli artt. 62 Dlgs. n. 546/1992 e 360, n. 5, c.p.c.),�con�le�seguenti�testuali�argomentazioni.� L'art.�28,�3.c.,�legge�n.�516/1982�prevede�una�definizione�automatica�dell'I.V.A.,�tra�l'al- tro,�per�i�periodi�di�imposta�per�cui�non�siano�stati�notificati�avvisi�di�accertamento�o�di�ret- tifica�(com'era�il�caso�alla�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�del�contribuente);� in�tale�ipotesi�vanno�condonati�tutti�i�periodi�di�imposta�le�cui�dichiarazioni�sono�scadute� entro�il�5�marzo�1982,�e�la�dichiarazione�integrativa�deve�contenere�a�pena�di�nullita��la� richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�in�questione,�in�cui�sia�stata� presentata�la�dichiarazione.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� La�sentenza�impugnata�(C.T.R.�Roma,�n.�398/15/1997,�dep.�il�25�febbraio�1998)�ha� motivato�il�rigetto�dell'appello�affermando:� 1)�che�la�mancata�richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�previ- sti�dall'art.�28,�3.c.,�non�comporta�la�nullita�della�definizione�semplice�(che�e�quella�di�cui� all'art.�26),�per�la�quale�il�contribuente�puo�optare;� 2)�che�e�nullo�l'avviso�di�rettifica�successivo�alla�dichiarazione�integrativa�ex�art.�28;� 3)�che�la�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo�l'art.�16�L.�516/1982�in�quanto� consente�la�notifica�di�accertamenti�in�rettifica�o�d'ufficio�sino�alla�presentazione�della� dichiarazione�integrativa�e�non�sino�all'entrata�in�vigore�del�decreto�legge�n.�429/1982.� In�proposito,�appare�anzitutto�assolutamente�fuori�luogo�il�richiamo�all'art.�16�della� legge�in�esame,�come�pure�alla�sentenza�C.C.�n.�175/1986�che�lo�ha�dichiarato�incostituzio- nale,�trattandosi�di�norma�relativa�alle�imposte�dirette�e�quindi�inapplicabile�all'I.V.A..� In�secondo�luogo,�la�prima�e�la�seconda�affermazione�della�stessa�sentenza�sono�in�reci- proca�insanabile�contraddizione,�perche�se�^come�pare�^si�vuole�affermare�che�comunque� nelcaso�di�specienon�e�pregiudicata�la�dichiarazione�semplice�(quella�di�cui�all'art.�26�legge� cit.),�da�un�lato�si�sottintende�che�in�effetti�quella�automatica�nella�specie�mancasse�dei� requisiti�di�cui�al�3.c.�dell'art.�28,�e�dall'altro�si�ricava�che�l'avviso�di�rettifica�presentato�suc- cessivamente�alla�dichiarazione�integrativa�semplice�non�era�affatto�precluso,�come�emerge� dall'art.�27,�se�invece�si�evidenzia�la�nullita�della�rettifica�successiva�alla�definizione�automa- tica,�si�implica�che�quest'ultima�sussista�e�sia�valida,�il�che�e�stato�appena�negato.� Comunque,�e�incontrovertibile�che�la�lettera�dell'art.�28,�3.c.,�legge�cit.�prescrivea�pena� di�nullita�che�la�definizione�automatica�riguardi�tutti�i�periodi�d'imposta,�nessuno�escluso,� antecedenti�alla�vigenza�della�legge�di�condono:�su�cio�vi�e�copiosa�giurisprudenza�(Cass.� n.�8904/1992�e�6727/1995,�che�hanno�anzi�dichiarato�manifestamente�infondata�la�questione� di�costituzionalita�sul�punto;�12818/1995;�12823/1995).� Altrettanto�pacifico�e�che�il�contribuente�ha�invece�presentato�la�dichiarazione�solo�per� il�1981;peraltro,pertaleannualita�vieneliquidatounimportodisole�.214.000,�nettamente� inferiore�a�quanto�dovuto�in�base�ai�criteri�di�calcolo�imposti�dalla�norma,�secondo�cui�l'im- posta�da�versare�ai�fini�del�condono�doveva�essere�pari�alla�somma�del�2%�(o�del�4%�per�i� �contribuenti�minori�)�dell'imposta�relativa�alle�operazioni�imponibili�e�del�2%�(o�4%)di� quella�detraibile.� In�ultimo,�e�sia�pure�in�via�del�tutto�residuale,�si�rileva�che�la�C.T.R.�ha�omesso�di�con- siderare�che�l'ipotesi�di�definizione�semplice�di�cui�all'art.�26�non�puo�comunque�ricorrere� perche�si�riferisce�a�fattispecie�in�cui�prima�della�dichiarazione�di�condono�siano�stati�notifi- cati�accertamenti�o�rettifiche,�il�che�nella�specie�non�risulta�ne�e�stato�mai�neppure�dedotto;� e�che�comunque,�anche�ove�ricorresse�tale�ipotesi,�mentre�verrebbe�comunque�a�cadere�qual- siasi�ipotesi�di�nullita�dell'avviso�di�rettifica,�che�in�tal�caso�e�pienamente�consentito�dalla� legge�come�conferma�lo�stesso�Giudice�d'appello,�esso�sarebbe�poi�del�tutto�corretto�perche� sarebbe�di�nuovo�insufficiente�l'imposta�liquidata,�che�non�raggiunge�certamente�la�somma� del�60%�della�maggiore�imposta�accertata�col�25%�di�quella�dovuta�in�base�all'originaria� dichiarazione�(somma�che�nella�specie�si�aggira�sui�6�milioni�e�mezzo�di�lire).� Il�ricorso�era�notificato�il�12�aprile�1999,�ultimo�giorno�utile,�nel�quale�pero��^com'e��poi� risultato�dalla�relata,�l'allora�curatore�e�legale�rappresentante�delfallimento�Avv.�(...)�era�dece- duto:�pertanto�la�difesa�erariale,�risultando�il�termine�di�impugnazione�prorogato,�ex�art.�328� c.p.c.,�diseimesidataledecesso,�equindidallostesso12�aprile1999,�dopolanominadelnuovo� curatore�riproponeva�il�ricorso�di�legittimita��notificandolo�il�3�luglio�1999,�e�depositando�insieme� adesso�anche�ilprecedente�atto�notificato�con�la�relata�attestante�il�decesso�nello�stesso�giorno� delprecedenteprocuratore�domiciliatario.� La�pronuncia�della�S.C.,�tuttavia�ha�dichiarato�il�ricorso�inammissibile�per�decorso�del� termine�lungo�ex�art.�327�c.p.c.,�senza�alcun�cenno�alla�notifica�del�12�aprile�1999�ne�alcuna� motivazione�sul�diniego�dell'applicazione�dell'art.�328�c.p.c.,�cos|�mostrando�chiaramente�di� non�aver�percepito�la�reale�situazione,�avendo�probabilmente�solo�messo�a�confronto�la�data� di�deposito�della�sentenza�impugnata�sulla�prima�pagina�del�ricorso�e�la�data�di�notifica�sul- l'ultima,�senza�pero��leggere�il�ricorso�stesso�ne�gli�atti�con�esso�depositati.� Essa�appare�pertanto�affetta�da�errore�revocatorio�per�il�seguente�motivo:� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Erronea�supposizione�dell'intervenuto�decorso�del�termine�ex�art.�327�c.p.c.�alla�data�del� 3�luglio�1999,�ed�erronea�supposizione�dell'inesistenza�della�proroga�di�tale�termine�ex�art.�328,� 3.c.,c.p.c.�(inrelazioneall'art.395,n.�4c.p.c.).� Erroneamente�la�pronuncia�ha�ritenuto�inammissibile�il�ricorso�sol�perche�notificato,� per�la�seconda�volta�il�3�luglio�1999,�dopo�che�(in�circostanze�normali)�sarebbe�decorso�il�ter- mine�lungo�ex�art.�327�c.p.c.�dal�deposito�della�sentenza�d'appello�(25�marzo�1998),�senza� tenere�in�conto�che�invece�il�ricorso�doveva�ritenersi�tempestivo�in�base�alla�proroga�di�tale� termine�disposta�dell'art.�328�dello�stesso�Codice�e�alla�prima�notifica�tempestivamente�ten- tata�l'ultimo�giorno�utile,�12�aprile�1999.� Infatti�a�tale�data,�successiva�al�decorso�dei�sei�mesi�dalla�pubblicazione�della�sentenza� (di�cui�al�3.c.�dell'art.�328),�si�era�verificato�l'evento�interruttivo�costituito�dalla�morte�del� procuratore�costituito,�equiparato�a�quelli�ex�art.�299�c.p.c.�(richiamati�dall'art.�328)�ad� opera�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�41/1986:�pertanto,�come�vuole�il�3.c.�del- l'art.�328,�il�termine�di�cui�all'art.�precedente�(=327)�doveva�intendersi�prorogato�per�tutte� le�parti�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�e�la�notifica�del�3�luglio�1999�era�tempestiva.� Si�ripropongono,�comunque,�i�motivi�del�ricorso�per�cassazione�come�esposti�nelle�pagg.� 1-2�del�presente�ricorso.� P.Q.M.Voglia�codesta�Suprema�Corte�revocare�la�propria�sentenza�n.�7320/03�(omissis).� Roma,�23�luglio�2003�^Avvocato�dello�Stato�Cinzia�Melillo�.� E�utile�riportare�anche�la�memoria�d'udienza.� �(Omissis)�Con�ilricorso�in�esamesie�chiesta�la�revocazione�della�sentenza�della�S.C.� indicata�in�epigrafe,�in�quanto,�nel�dichiarare�inammissibile�perche�tardivo�il�ricorso�per�cas- sazione�notificato�il�3�luglio�1999�avverso�la�sentenza�della�C.T.R.�di�Roma,�n.�398/15/1997,� depositata�il�25febbraio�1998,�appariva�resa�sul�presupposto,�implicito�e�non�oggetto�di� alcuna�motivazione�ne�infatto�ne�tanto�meno�in�diritto,�che�nessun�evento�idoneo�a�prorogare� i�termini�si�fosse�verificato,�mentre�invece�era�intervenuta�dal�12�aprile�1999,ultimogiorno� del�termine�di�impugnazione�utile�ex�art.�327�c.p.c,�e�in�cui�era�stata�tentata�una�prima�volta� la�notifica,�l'interruzione�del�processo�ex�artt.�299�ss.�c.p.c.�e�40.�lett.�a�eu.c.,�Dlgs.� n.�546/1992,�per�essere�quella�stessa�mattina,�poco�prima�dell'arrivo�dell'Ufficiale�Giudizia- rio,�deceduto�il�curatore�delfallimento,�destinatario�della�notifica�stessa:�e�il�dato�costituito� da�tale�decesso,�in�se�di�mero�fatto,�non�solo�non�appariva�valutato�dalla�S.C.,�ma�neppure� in�alcun�modo�giunto�alla�sua�percezione�a�chi�leggesse�la�sentenza�impugnata,�la�quale�si� limitava�a�statuire��che�il�ricorso�risulta�proposto�oltre�il�termine�annuale�di�cui�all'art.�327,� l.c.�c.p.c.�(sentenza�di�appello,�non�notificata,�pubblicata�il�25�febbraio�1998;�ricorso�dell'� Amministrazione�finanziaria�spedito�a�mezzo�del�servizio�postale�il�3�luglio�1999);�che�il� ricorso�e�pertanto�inammissibile�.� Sorprende,�quindi,�la�lettura�delle�conclusioni�del�Procuratore�Generale,�secondo�le� quali�il�ricorso�per�revocazione�sarebbe�preliminarmente�inammissibile�per�difetto�dell'errore� di�fatto�ex�art.�395�n.�4�c.p.c.,�in�quanto�nella�specie�ricorrerebbe�un�vizio��che�invest(e)� direttamente�la�formulazione�del�giudizio�sul�piano�logico-giuridico�;�e�sarebbe,�comunque,� infondato�perche�il�decesso�del�curatore�fallimentare�non�avrebbe�effetti�interruttivi,�non�trat- tandosi�ne�del�procuratore�costituito�(in�effetti�cos|�definito�per�mera�svista�in�un�solo�punto� del�ricorso)�ne�del�legale�rappresentante�della�parte,�tale�potendosi�definire�solo�quello�dei� soggetti�incapaci.� Nessuno�dei�due�assunti�convince,�e�si�chiede�alla�S.C.�di�esaminarli�alla�luce�delle�con- siderazioni�che�seguono.� 1)�Sul�piano�dell'ammissibilita�:�non�sembra�condivisibile�che��l'esposta�questione�impli- c(hi)�valutazione�sul�piano�logico-giuridico�.�Ovvero:�indubbiamente�una�valutazione�giuri- dica�si�impone,�una�volta�che�sia�stato�percepito�e�ammesso�al�giudizio�il�mero�fatto�del� decesso�di�un�soggetto�significativo�(come�poi�si�ribadira�)�ai�sensi�dell'art.�299�c.p.c.,�fatto� che�ha�indubbia�rilevanza�per�il�diritto�e�al�quale�percio�vanno�ricondotte�determinate�conse- guenze;�ma�il�momento�valutativo�si�colloca�dopo�la�presa�d'atto�che�l'evento�interruttivo�si� e�in�effetti�verificato,�ove,�come�nella�specie,�sul�suo�stesso�verificarsi�non�si�siano�sollevate� contestazioni�di�natura�giuridica.� Nel�caso�in�esame,�cioe�,non�e�l'apprezzamento�giuridico�del�concetto�di��morte��che� viene�in�esame,�ne�vi�e�contestazione�sul�fatto�che�tale�morte�si�fosse�realmente�verificata:� solo,�il�semplice�dato�di�fatto�che�essa�era�intervenuta,�dato�documentato�in�atti�dalla�relata� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� della�tentata�notifica�^atto�fidefaciente�^non�appariva�essere�pervenuto�alla�consapevolezza� del�giudicante,�che�semplicemente�aveva�omesso�ogni�considerazione�in�proposito�come�se� nessun�elemento�significativo�vifosse�sul�punto.� Un�simile�silenzio�non�puo�nemmeno�essere�ricondotto�all'omessa�motivazione,�perche� non�vi�e�neppure�nelle�(scarne)�premesse�infatto�della�sentenza�n.�7320/03�il�minimo�accenno� all'acquisizione�del�dato�della�morte�del�curatore�fallimentare,�solo�in�presenza�del�quale,�e� in�assenza�della�relativa�valutazione,�il�vizio�motivo�sarebbe�ravvisabile.� 2)�Sulla�fondatezza:�si�osserva�che�la�giurisprudenza�occupatasi�di�valutare�l'applicabi- lita�della�proroga�dei�termini�di�impugnazione�ex�art.�328�c.p.c.,�nell'affermare�ai�fini�del- l'art.�299�c.p.c.�un�concetto�di�rappresentanza�legale�quale��rappresentanza�del�soggetto�f isico�^incapace��ha�sempre�avuto�di�mira,�nei�concreti�casi�esaminati,�la�distinzione�tra�tale� tipo�di�rappresentanza�e�quella�degli�enti,�ovvero�quella�assicurata�da�un�procuratore�ex� art.�301�c.p.c.�(es.�Cass.,�n.�1427/1993):�ipotesi�in�cui�la�rappresentanza�e�volontaria,�o�quanto� allo�stesso��an�,�o�anche�solo�quanto�alla�persona�che�ricopre,�ad�es.�una�carica�societaria� con�poteri�di�rappresentanza,�perche�in�questi�casi�il�rappresentante�e�un�mandatario,eil� mutamento�della�sua�persona�(sia�a�causa�di�morte�che�per�normale�avvicendamento)�non� incide�sul�processo�(Cass.,�n.�8584/1994;�1228/1984;�3528/1981).� Intanto,�non�puo�non�osservarsi�che,�nel�caso�degli�enti,�la�tesi�comunque�non�appare� risolutiva�di�ogni�dubbio:�ad�esempio,�in�caso�di�decesso�improvviso�di�un�amministratore� unico,�e�prima�che�il�successivo�sia�nominato,�in�persona�di�chi�dovrebbe�citarsi�una�societa�?� Molte�situazioni�potrebbero�porsi�in�cui�il�criterio�accennato�dalle�conclusioni�ricordate� meriterebbe�un�approfondimento,�una�limitazione�e�una�revisione.� Ma,�soprattutto,�l'obiezione�non�si�attaglia�al�caso�del�curatore�fallimentare,�che�non�e� in�alcun�modo�un�mandatario,�bens|�una�figura�necessaria�la�cui�presenza�e�imposta�dalla� legge�e�i�cui�compiti�non�possono�essere�svolti�da�nessun�altro�soggetto.� Da�un�lato,�infatti,�la�condizione�delfallito�e�tradizionalmente�ricostruita�come�un'inca- pacita�giuridica�relativa,�e�in�tal�senso�il�curatore�potrebbe�in�effetti�considerarsi�come�il�rap- presentante�ex�lege�di�un�soggetto�incapace�per�gli�atti�relativi�al�patrimonio�che�questo� non�puo�piu�gestire,�osservandosi�che�il�fallito�nonpuo�,�se�non�in�caso�di�inerzia�del�curatore,� agire�direttamente�in�giudizio�in�relazione�agli�interessi�concernenti�l'impresa�(e�anche�in� quel�caso,�non�vi�e�una�giurisprudenza�realmente�univoca�e�consolidata�nel�senso�della�legit- timazione�personale�del�fallito).� Ma�nel�caso�di�specie�non�potrebbe�certo�ritenersi�che�la�morte�del�curatore�abbia�auto- maticamente�realizzato�una�situazione�di�sua��inerzia��tale�da�consentire�l'immediato�suben- tro�del�fallito�nell'�espletamento�di�adempimenti�quali�il�ricevimento�di�una�notifica:�il�cura- tore,�infatti,�non�era�in�alcun�modo�rimasto�inerte,�bens|�aveva�promosso�il�giudizio�tributa- rio�e�vi�aveva�partecipato�in�entrambi�i�gradi�di�merito,�non�omettendo�volontariamente� alcuno�degli�adempimenti�che�poteva�compiere,�sicche�la��omissione��involontaria�dovuta� al�decesso�non�puo�avere�l'effetto�di�configurare�un'inerzia.� In�tale�situazione,�la�posizione�espressa�dalle�conclusioni�del�P.G.�lascia�aperto�l'interro- gativo:�a�chi�mai�avrebbe�potuto�essere�indirizzata�la�notifica�del�ricorso�per�cassazione�nel� tempo�intercorrente�tra�la�morte�del�precedente�curatore�e�la�nomina�del�successivo?� D'altra�parte�il�curatore�e�,�innegabilmente,�il�rappresentante�ex�lege�nel�giudizio�delfal- limento,�patrimonio�separato�spesso�considerato�come�dotato�di�limitata�soggettivita�giuri- dica,�e�dunque�di�limitata�capacita�i�cui�interessi,�nella�misura�in�cui�li�si�consideri�indipen- denti�da�quelli�del�fallito,�non�possono�essere�gestiti�ne�azionati�in�giudizio�se�non�tramite� il�curatore.� Ma,�soprattutto,�la�necessaria�presenza�del�curatore�nel�fallimento,�il�suo�ruolo�di�colla- borazione�col�Giudice,�la�sua�esclusiva�legittimazione�a�tutte�le�azioni�interessanti�il�fallimento� ne�fa,�indipendentemente�dal�suo�rapporto�sia�col�fallimento�che�col�fallito,�un'autonomaparte� necessaria�in�proprio:�sicche�il�suo�decesso�non�puo�che�interrompere�il�giudizio�per�il�venir� meno�di�una�parte�e�imporre�di�riassumerlo�nei�confronti�del�suo�successore,�che�puo�essere� individuato�solo�nel�soggetto�successivamente�chiamato�a�ricoprire�lo�stesso�ufficio.� Pertanto,�alla�data�del�12�aprile�1999�successiva�al�decorso�dei�sei�mesi�dalla�pubblica- zione�della�sentenza�(di�cui�al�3.c.�dell'art.�328),�l'evento�interruttivo�verificatosi,�la�morte� di�una�parte�necessaria�ovvero,�in�subordine�del�rappresentante�del�soggetto�incapace�che�e� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� parte�nel�giudizio�(che�sia�il�fallito�limitatamente�capace,�o�il�fallimento,�limitatamente�sog- gettivo)�deve�ritenersi�aver�comportato�la�proroga�del�termine�di�impugnazione,�per�tutte�le� parti,�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�e�la�notifica�del�3�luglio�1999�era�tempestiva.� Si�riconfermano,�comunque,�i�motivi�del�ricorso�per�cassazione�come�esposti�nelle� pagg.�1-2�del�ricorso�per�revocazione�(omissis)�.� La�Suprema�Corte,�con�sentenza�n.�17461/05�in�commento,�ha�accolto� la�revocazione�e,�nel�merito�ex�art.�384�c.p.c.,�il�ricorso�originario.� Corte Suprema di Cassazione, Sezione tributaria, sentenza del 29 agosto 2005 n. 17461 ^ Pres.�U.�Favara�^Rel.�M.R.�Cultrera�^P.G.�(Dif ff.)V.�Nardi�^Ministero�dell'economia� e�delle�finanze,�Agenzia�delle�entrate�(ct.122290/1999,�Avv.�dello�Stato�C.�Melillo)�c.� Fall.�(...).� Incorreinerroredifattorevocatoriola�CortediCassazioneallorche�sfuggeallasuaperce- zione�ilcontenutodellarelatadinotifica�delricorsoallamedesima�Corteproposto,�oveda�esso� risulti�un�primo�tentativo�di�notifica�a�un�Curatore�Fallimentare�deceduto�il�giorno�stesso�della� notifica,�e�la�Corte�dichiari�tardivo�il�ricorso,�successivamente�notificato�al�nuovo�Curatore.� La�morte�del�legale�rappresentante�(nella�specie:�Curatore�Fallimentare)�della�parte,�l'ul- timogiornoutileperlanotificaentroiltermineannualeprevistodall'art.325c.p.�c.,�conporta� la�automatica�proroga�semestrale�del�medesimo�(1).� Nelcondonoprevisto�daldecreto�leggen.�429/1982,�aifinidella�definizioneautomatica�di� cuiall'art.�19,�e�necessariaun'espressaistanza,�indifettodellaqualeladichiarazioneintegrativa� deve�considerarsi�semplice�e�senza�l'effetto�di��definire��il�rapporto�d'imposta,�con�la�conse- guenza�che�sono�in�tal�caso�validi�gli�accertamenti�notificati�nella�pendenza�del�termineperpre- sentare�la�dichiarazione�(2).� (art.�391-bis�c.p.c.;�art.�328,�co.�3,�c.p.c.;�artt.�16,�26,�28,�co.�1,�decreto-legge�n.�429/1982�conv.�in�L.�n.�516/1982).� �(Omissis)Conavvisodirettificanotificatoil4luglio�1983,l'UfficioIVAdi(...)accerto� nei�confronti�del�fallimento�(...)�una�maggiore�imposta�per�il�1981�di�Lire�19.564.000,�ed� applico�le�conseguenti�sanzioni.� LaCommissionetributariaprovincialedi(...),aditadalcontribuente,annullo�l'atto,�sic- come�era�stato�notificato�dopo�la�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�automatico,� con�sentenza�che,�impugnata�dall'amministrazione�finanziaria�innanzi�alla�Commissione�tri- butaria�del�Lazio,�venne�confermata�con�pronuncia�pubblicata�il�25�febbraio�1998.� Il�Ministero�delle�Finanze�propose�quindi�ricorso�per�cassazione�avverso�quest'ultima� pronuncia,�articolando�un�unico�motivo�di�censura.� L'intimato�non�si�costitu|�.� Con�sentenza�n.�7320/2003,�questa�Corte�ha�dichiarato�inammissibile�il�suddetto� ricorso,�giacche�proposto�oltre�il�termine�annuale�posto�dall'art.�327�c.p.c.� Il�ricorrente�chiede�col�presente�ricorso�la�revocazione�di�quest'ultima�sentenza,�denun- ciando��erronea�supposizione�dell'intervenuto�decorso�del�termine�ex�art.�327�c.p.c.,�alla� data�del�3�luglio�1999,�ed�erronea�supposizione�dell'inesistenza�della�proroga�di�tale�termine� ex�art.�328�c.p.c.,�in�relazione�all'art.�395�n.�4�c.p.c.�.� Deduce�che�la�pronuncia�di�cui�si�chiede�la�revocazione�si�fonda�sul�rilievo�che�il�ricorso� per�cassazione�avverso�la�decisione�della�C.TR.�pubblicata�il�25�febbraio�1998,�essendo�stato� notificato�il�giorno�3�luglio�1999,�e�inammissibile,�dal�momento�che�e�tardivo,�ma�non�fa� cenno�al�fatto,�emergente�dagli�atti,�che,�in�data�12�aprile�1999,�ultimo�giorno�utile,�ne�era� stata�tentata�gia�la�notifica�presso�il�curatore�fallimentare,�che�pero�non�si�era�perfezionata,� in�ragione�del�fatto�che�il�predetto�curatore�era�risultato�deceduto.�Tantomeno�e�motivato� il�diniego�d'applicazione�dell'art.�328�c.p.c,�applicabile�alla�fattispecie,�in�forza�del�quale,� essendosi�verificato�l'effetto�interruttivo�che,�come�sostenuto�dal�giudice�delle�leggi�nella�sen- tenza�n.�41/1986,�deve�reputarsi�analogo�a�quello�contemplato�nell'art.�299�c.p.c.,�il�termine� annuale�si�era�prorogato�di�sei�mesi�dalla�data�del�12�aprile�1999�quindi�aveva�scadenza�suc- cessiva�alla�data�di�notifica�del�ricorso,�che�per�l'effetto�era�tempestivo. ������������ (1-2)�Principi�pacifici.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Il�P.G.�ha�chiesto�dichiararsi�inammissibile�il�ricorso,�atteso�che�dall'esame�degli�atti� emerge�che�l'evento�suddetto�non�ha�riguardato�la�persona�del�procuratore�costituito�del�Fal- limento�(...)�^parte�intimata�^ma�il�curatore�Avv.�(...).�Trattasi,�comunque,�di�circostanza� che�implica�valutazione�di�questione�che�s'innesta�sul�piano�logico-giuridico,�e�non�realizza� percio�errore�revocatorio.� Parte�intimata�non�si�e�costituita.� Il�ricorrente�ha�depositato�memoria�illustrativa.� Motivi della decisione.�In�linea�preliminare�devesi�dichiarare�il�ricorso�ammissibile.� Nella�specie,�l'errore�denunciato�sicuramente�concreta�l'errore�di�fatto,�c.d.�revocatorio,� siccome�si�riferisce�ad�una�falsa�percezione�della�realta�materiale�che�ha�indotto�il�giudicante� ad�una�svista�e,�quindi,�ad�escludere�la�tempestivita�della�notifica�del�ricorso�per�cassazione.� Dall'esame�degli�atti�emerge,�infatti,�che�alla�data�del�12�aprile�1999,�entro�il�termine�posto� dall'art.�327�c.p.c,�l'ufficiale�giudiziario,�recatosi�presso�il�domicilio�del�curatore�fallimen- tare,�non�pote�consegnare�la�copia�del�suddetto�ricorso�per�cassazione,�siccome�apprese�che� in�quello�stesso�giorno�il�destinatario�era�deceduto.� Di�questa�circostanza,�emergente�dalla�mera�lettura�degli�atti�processuali,�non�si�fa� cenno�alcuno,�neppure�per�implicito,�nella�sentenza�di�questa�Corte�della�quale�viene�chiesta� la�revocazione.�Appare�dunque�evidente�la�sussistenza�dell'errore�di�fatto,�e�non�gia�di� diritto,�addebitabile�a�svista�percettiva�dell'organo�giudicante,�che�non�ha�comportato� alcuna�sua�attivita�critica�ed�e�pertanto�denunciabile�col�rimedio�azionato.� Ne�consegue,�per�logico�corollario,�l'ammissibilita�del�presente�ricorso,�e�la�conseguente� revocazione�della�sentenza�n.�7320/03�di�questa�Corte.� Dovendo�procedersi�al�riesame�del�ricorso�nel�merito,�devesi�innanzitutto�dichiararsene� l'ammissibilita�.� L'art.�328�c.p.c.�3.�comma�prevede�testualmente�che��se�dopo�sei�mesi�dalla�pubblica- zione�della�sentenza�si�verifica�alcuno�degli�eventi�previsti�nell'art.�299,iltermine�di�cui� all'articolo�precedente�e�prorogato�per�tutte�le�parti�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�.� L'evento�morte�che�colpisce�la�persona�del�curatore�fallimentare�che,�a�mente�del- l'art.�43�della�legge�fallimentare,�rappresenta�l'organo�al�quale�e�attribuita�la�legittimazione� processuale�nelle�liti�attive�e�passive�che�riguardano�il�fallito�per�effetto�della�perdita�della� capacita�processuale�di�quest'ultimo�soggetto�giuridico,�rientra�pacificamente�nel�paradigma� della�norma�contenuta�nell'art.�299,�richiamata�dall'art.�328.� Ne�discende�che,�se�ricorre�anche�l'ulteriore�condizione,�postulata�dalla�disposizione� citata,�che�detto�evento�sia�intervenuto�dopo�sei�mesi�dalla�pubblicazione�della�sentenza,�il� termine�per�l'impugnazione�c.d.�lungo�si�proroga�di�ulteriori�sei�mesi�dalla�data�indicata.� Nel�caso�di�specie�risulta�accertato�per tabulas,�come�emerge�dalla�relata�del�primo�ten- tativo�di�notifica,�tempestiva,�del�ricorso�per�cassazione,�che�il�curatore�del�fallimento�(...)� intimato�era�deceduto�in�data�12�aprile�1999,�a�quasi�un�anno�di�distanza�dalla�data�di�pub- blicazione�della�sentenza�della�C.T.R.,�che�era�stata�depositata�il�giorno�12�maggio�2004.�Il� ricorrente,�per�l'effetto,�correttamente�si�giovo�della�proroga�semestrale,�non�essendosi�al� momento�dell'evento�interruttivo�intanto�consumato�il�termine�d'impugnazione,�e�per�l'ef- fetto,�la�seconda�notifica,�eseguita�il�giorno�3�luglio�1999,�nei�confronti�del�curatore�fallimen- tare�nominato�in�sostituzione,�e�sicuramente�tempestiva.� Nel�merito,�col�ricorso�in�esame�il�Ministero�ricorrente�censura�l'impugnata�pronuncia� della�C.T.R.,�deducendo�violazione�e�falsa�applicazione�degli�artt.�16,�26�e�comma�3�del�d.l.� n.�429/1982,�convertito�in�legge�n.�516/1982,�in�relazione�agli�artt.�62�del�d.lgs.�n.�546/1992� e�360�nn.�1�e�3�c.p.c.,�nonche�correlato�vizio�di�omessa�insufficiente�o�contraddittoria�moti- vazione�su�di�un�punto�decisivo�della�controversia.� Osserva�che�dal�quadro�normativo�rubricato�emerge�che�l'avviso�di�rettifica�non�e�pre- cluso�nel�caso�in�cui,�come�nella�specie,�il�contribuente�abbia�presentato�dichiarazione�sem- plice,�ma�solo�nella�diversa�ipotesi�in�cui�abbia�invece�presentato�quella�automatica,�con� riguardo�a�tutti�i�periodi�d'imposta�antecedenti�alla�legge�di�condono.� La�decisione�impugnata�ha�risolto�la�controversia�annullando�l'avviso�impugnato�ben- che�la�definizione�presentata�dal�contribuente�abbia�riguardato�la�sola�annualita�relativa�al� 1981.� Il�ricorso�appare�fondato.� A�mente�del�combinato�disposto�degli�artt.�14�e�18�del�decreto�legge�10�luglio�1982� n.�429,�come�modificati�dalla�legge�di�conversione�7�agosto�1982�n.�516,�in�materia�di�defini- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�agevolata�delle�pendenze�tributarie,�nel�caso�in�cui�venga�presentata�la�dichiarazione� integrativa�c.d.�semplice,�vale�a�dire�non�contenente�l'espressa�ed�onnicomprensiva�richiesta� di�definizione�automatica�ai�sensi�del�successivo�art.�19,�non�sono�preclusi�accertamenti�in� rettifica�nei�limiti�indicati�dall'ari�18�(cfr.�Cass.�n.�7665�del�16�maggio�2003).� In�questa�chiave�difettano�le�condizioni�per�l'operativita�degli�effetti�della�sentenza�della� Corte�Costituzionale�n.�175�del�1986,�che�ha�dichiarato�l'incostituzionalita�dell'art.�16�del� d.l.�sopra�citato�nella�parte�in�cui�consente�l'accertamento�in�rettifica�sino�alla�data�di�pre- sentazione�della�dichiarazione�integrativa�anziche�sino�alla�data�della�sua�entrata�in�vigore� del�14�luglio�1982.�La�caducazione�degli�avvisi�successivi�a�tale�momento�opera�infatti�nei� soli�casi�di�istanza�idonea�a�provocare�il�c.d.�condono�automatico�(v.�Cass.�n.�8279/1992,� n.�2998/1994).� In�questa�cornice�di�riferimento�normativo,�l'avviso�controverso,�benche�successivo�alla� data�citata,�essendo�stato�notificato�il�4�luglio�1983,�resta�pur�sempre�valido�ed�efficace,�poi- che�la�contribuente�non�aveva�presentato�dichiarazione�integrativa�con�richiesta�di�defini- zione�automatica�per�tutte�le�precedenti�annualita�considerate�dalla�norma,�bens|�dichiara- zione�semplice.� Il�ricorso�deve�pertanto�essere�accolto�e�la�sentenza�impugnata�deve�essere�cassata.�Non� essendo�necessarie�ulteriori�indagini�istruttorie,�la�causa�puo�essere�decisa�nel�merito�ai�sensi� dell'art.�384�comma�1�c.p.c.�disponendo�il�rigetto�del�ricorso�introduttivo�del�contribuente� (omissis)�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ancora�sul�tema�della�responsabilita�civile� per�i�danni�da�fumo�c.d.�attivo� (Tribunale�di�Napoli,�sentenza�15�dicembre�2004,�n.�12729)� La�sentenza�in�commento�si�segnala�per�essere�tornata�ad�affrontare�la� tematica�della�responsabilita��civile�per�i�danni�da�fumo�c.d.�attivo,�e�cioe��i� pregiudizi�alla�salute�derivanti�ai�fumatori�dal�consumo�reiterato�nel�tempo� di�sigarette.�Si�tratta�di�una�tematica�di�estrema�delicatezza�e�complessita�,� la�quale,�conosciuta�e�(per�cos|��dire)�sperimentata�ormai�da�decenni�nell'espe- rienza�giuridica�d'oltreoceano�(1),�soltanto�negli�ultimi�anni�sembra�avere� attirato�anche�nel�nostro�ordinamento�l'attenzione�degli�operatori�pratici�e� teorici�del�diritto�(2).� Nel�caso�di�specie,�un�soggetto,�premesso�di�essere�stato�un�incallito� fumatore�fin�dall'adolescenza�e�di�aver�subito�gravi�danni�alla�salute�(asseri- tamente)�conseguenti�al�consumo�eccessivo�e�prolungato�di�sigarette�italiane� e�straniere,�conveniva�dinanzi�al�Tribunale�di�Napoli�^chiedendone�la�con- danna�in�solido�al�risarcimento�dei�danni�patiti�a�titolo�di�responsabilita�� extracontrattuale�^l'Ente�Tabacchi�Italiani�(ETI)�e�una�nota�multinazionale� statunitense,�quali�produttori�e�distributori�in�Italia�delle�sigarette�(rispettiva- mente)�italiane�e�straniere,�nonche�il�Ministero�della�Salute,�per�non�avere� quest'ultimo�proibito�la�vendita�di�sigarette�in�Italia�pur�essendo�consapevole� della�grave�nocivita��del�fumo�per�la�salute.� Nella�sentenza�in�esame�il�Tribunale�partenopeo,�all'esito�di�un'attenta� analisi,�ha�rigettato�tanto�la�domanda�proposta�nei�confronti�dell'ETI�e�della� ditta�statunitense�quanto�quella�avanzata�nei�confronti�dell'Amministrazione� della�Salute,�ravvisando�l'insussistenza�di�qualsivoglia�profilo�di�antigiuridi- (1)�Per�un'efficace�rappresentazione�del�quadro�della�c.d.�tobacco�litigation�statunitense�si� vedano,�per�tutti,�i�contributi�di�G.�Ponzanelli,�Il�caso�Cipollone:�la�tutela�delfumatore�tra�nor- mativafederale�e�statuale,in�Foro�it.,�1992,�IV,�502;�Id.,��Class�action�,�tutela�deifumatori�e�circo- lazione�dei�modelli�giuridici,in�Foro�it.,�1995,�IV,�305;�Id.,�Responsabilita�da�prodotto�da�fumo:�il� �grande�freddo��dei�danni�punitivi,in�Foro�it.,�2000,�IV,�450;�M.D. Stalteri,�Il�problema�della� responsabilita�del�produttore�di�sigarette�e�il�caso�Cipollone:�l'�assalto�alla�cittadella��e�realmente� cominciato?,in�Riv.�dir.�civ.,�1994,�I,�177.� (2)�Nella�(finora�scarsa)�giurisprudenza,�cfr.,�oltre�alla�sentenza�in�commento,�Trib.�Roma,� 4aprile�1997,�in�Danno�e�resp.,�1997,�750;�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�in�Corriere�giur.,�2000,� 1639;�App.�Roma,�7�marzo�2005,�in�Nuova�giur.�civ.�comm.,�2005,�I,�326.� Tra�i�piu��recenti�e�significativi�contributi�della�dottrina,�si�ricordano�quelli�diL.�Mazzella,� La�responsabilita�per�danni�da�fumo.�Un�caso�giudiziario,�in�questa�Rassegna,�1996,�II,�43;�F.� Cafaggi,�Immunita�per�iproduttori�disigarette:�barriere�culturali�epregiudizi�di�una�giurisprudenza� debole,in�Danno�e�resp.,1997,�750;�G. Facci,�Brevi�considerazioni�in�tema�di�danno�da�fumo,in� Contr.�e�impresa,�1999,�944;�M. Pacifico,�Il�risarcimento�del�danno�da�fumo�attivo,in�Corriere� giur.,�2000,�1639;�G.�Giacchero,�Causalita�e�danni�da�fumo�attivo,in�Danno�e�resp.,�2001,�853;� Id.,�Fumoattivo�eresponsabilita�civiledelproduttoredisigarette,in�Giur.�it.,�2001,�1643;�O.�Sarlo,� Sigarette�e�pubblicita�ingannevole,in�Dir.�e�giust.,�2002,�n.�38,�52;�A.G.�Cianci,�Discovery�e�danni� da�fumo:�gestione�dei�documenti�aziendali,�tecniche�di�difesa�e�violazione�del�Fair�trial,in�Danno�e� resp.,�2003,�587;�A.�Lamorgese,�Il�danno�dafumo,in�Resp.�civ.�e�prev.,�2003,�1182;�V.�D'Antonio,� Riflessionisullarisarcibilita�deldanno�dafumo,in�Danno�e�resp.,�2004,�996.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO cita� nel comportamento dei soggetti convenuti, ed ha altres|� dichiarato (ad� abundantiam) il difetto di legittimazione passiva dell'ETI, per essersi l'evento dannoso lamentato ex�parte�actoris�verificato in epoca antecedente all'istitu- zione dell'Ente medesimo. In particolare, per quanto concerne la posizione dei soggetti convenuti in qualita� di produttori e distributori in Italia di tabacchi lavorati, la deci- sione del Tribunale di Napoli si fonda su una serie di rationes�di grande soli- dita� , non solo in quanto appaiono difficilmente contestabili sul piano logico-- giuridico, ma anche siccome ciascuna ex�se�sufficiente ed idonea a dare fon- damento alla pronuncia di rigetto. Schematizzando e riordinando per chiarezza espositiva siffatte argomen- tazioni, il Giudice monocratico, ragionando anzitutto nell'ottica di una potenziale responsabilita� ex�art. 2043 c.c., osserva preliminarmente che �la produzione e la vendita di sigarette e� attivita� lecita, se esercitata da soggetti legittimati nei modi e nelle forme imposte dalla legge�. Tale rilievo appare assolutamente ineccepibile, in quanto da esso discende la conclusione (che il Giudicante sembra in realta� dare per implicita) che, una volta riscontrata una simile osservanza delle prescrizioni normative ^peraltro non contestata nel caso di specie ^, nell'attivita� di produzione e distribuzione di prodotti da fumo non puo� essere individuato alcun comportamento doloso o colposo rilevante al fine di fondare una eventuale responsabilita� aquiliana, anche in ossequio ad un elementare principio di non contraddizione dell'ordinamento giuridico, il quale non puo� consentire che venga considerata illecita un'atti- vita� legalmente disciplinata, e quindi autorizzata (arg. anche ex�art. 51 c.p., che, come e� noto, codifica la generale causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto). Sotto altro profilo, il Tribunale di Napoli osserva comunque che nel caso di specie difettava altres|� la prova del nesso di causalita� tra il danno subito dall'attore (da qualificarsi certamente come ingiusto, siccome inerente al diritto fondamentale alla salute) ed il fumo (rectius, l'abuso del fumo) delle sigarette. Sul punto, il Giudice si ricollega apertamente ai piu� recenti orienta- menti espressi dalla Corte di Cassazione, secondo cui sussiste il nesso causale tra un fatto ed un evento soltanto laddove il primo sia �condizione necessa- ria dell'evento lesivo con elevato grado di credibilita� razionale e di probabi- lita� logica� (3). Orbene, con riferimento al rapporto tra consumo di sigarette e danni alla salute, il Tribunale di Napoli osserva che, per costituendo il fumo un indubbio (3) Il riferimento obbligatorio e� a Cass. pen., Sez. Un., 10 luglio 2002, n. 30328, in Foro�it., 2002, II, 601, la quale, risolvendo un annoso contrasto giurisprudenziale in ordine alla tematica del nesso di causalita� nei reati omissivi impropri, ha affermato il principio incontrovertibilmente valido anche in ambito civile per cui il rapporto eziologico tra una condotta ed un evento non puo� ritenersi sussistente sulla base di un mero coefficiente di probabilita� statistica (astratta), ma deve essere verificato alla luce delle specifiche risultanze del caso concreto, cos|� che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altres|� escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giusti- ficata e processualmente certa la conclusione che la condotta e� stata condizione necessaria dell'e- vento lesivo �con�alto�o�elevato�grado�di�credibilita�razionale�o�probabilita�logica�. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� (ed�anzi�elevato)�fattore�di�rischio�delle�malattie�e�dei�tumori�all'apparato� respiratorio,�tale�relazione�non�e�sufficiente�^tanto�piu�,e�da�aggiungere�alla� motivazione�della�pronuncia,�nella�moderna�societa�industrializzata,�in�cui�i� fattori�di�rischio�di�consimili�affezioni�sono�aumentati�esponenzialmente�(si� pensi,�a�mero�titolo�esemplificativo,�all'inquinamento�atmosferico�o�ad�una� non�corretta�alimentazione)�^ad�acquisire�la�c.d.�certezza�processuale� (volendo�utilizzare�una�terminologia�familiare�al�Supremo�Collegio)�della�esi- stenza�di�un�valido�rapporto�eziologico,�in�quanto��inidonea�a�soddisfare�il� concettodi``condizionenecessaria''chee�indiscussione�:�provanee�,�delresto,� che�molti�soggetti�non�fumatori�contraggono�malattie�di�tale�sorta,�cos|�come� anche�incalliti�fumatori�sovente�non�ne�vengono�affatto�colpiti�(4).� D'altra�parte,�il�Giudice�monocratico�rileva�che,�anche�una�volta�pro- vato,�in�ipotesi,�il�rapporto�eziologico�tra�il�fumo�delle�sigarette�e�la�malattia� contratta�dall'attore,�tra�la�condotta�dei�soggetti�convenuti�^consistente�nella� produzione�e/o�distribuzione�di�prodotti�da�fumo�^e�i�danni�alla�salute�patiti� si�inserisce�comunque,�quale�causa�di�esclusione�dell'insorgere�dell'obbliga- zione�risarcitoria�ai�sensi�dell'art.�1227,�2.�comma,�c.c.�(�il�risarcimento�non� e�dovuto�per�i�danni�che�il�creditore�avrebbe�potuto�evitare�usando�l'ordina- ria�diligenza�)�^o�forse�ancora�piu�alla�radice,�ad�avviso�di�chi�scrive,�quale� fattore�interruttivo�del�nesso�causale�ex�art.�41,�2.�comma,�c.p.�^,�la�scelta� volontaria�(e�certamente�colposa�nell'ottica�di�un�giudizio�risarcitorio)�da� parte�dell'attore�di�iniziare�(e�continuare)�a�fumare.�Anche�la�decisivita�di�sif- fatto�rilievo�non�sembra�poter�essere�revocata�in�dubbio,�sol�che�si�abbia� riguardo�alla�(innegabile)�consapevole�assunzione�dei�rischi�per�la�salute�che� tale�scelta�comporta,�dal�momento�che�e�del�tutto�notoria,�ormai�da�nume- rosi�decenni,�la�potenziale�nocivita�del�consumo�reiterato�di�sigarette.�E�cio� tanto�piu�ove�si�consideri�che�nel�caso�di�specie�era�lo�stesso�attore�ad�impu- tare�la�genesi�della�propria�malattia�non�tanto�al�fumo�in�se�quanto�all'�a- buso��nel�fumo;�abuso�indubitabilmente�riconducibile�ad�un�comportamento� volontario�del�medesimo�soggetto�e�non�gia�all'attivita�di�produzione�e�com- mercializzazione�svolta�dai�convenuti�(5).� (4)�In�giurisprudenza,�ha�parimenti�escluso�l'esistenza�di�un�rapporto�eziologico�tra�con- sumo�di�sigarette�e�malattie�insorte,�sulla�base�di�argomentazioni�sostanzialmente�analoghe�a� quelle�fatte�proprie�dal�Tribunale�di�Napoli�nella�sentenza�in�esame,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,� cit.;�contra,�tuttavia,�App.�Roma,�7�marzo�2005,�cit.,�la�quale,�sulla�scorta�delle�risultanze�di�appo- sita�consulenza�tecnica�d'ufficio,�ha�ritenuto�con�ampia�motivazione�che�nel�caso�concreto�l'esi- stenza�del�rapporto�causale�dovesse�ritenersi�provata��alla�stregua�di�un�serio�e�ragionevole�grado� diprobabilita�scientifica�.� In�dottrina,�per�la�difficolta�(se�non�impossibilita�)�di�dimostrare�l'esistenza�di�un�valido�nesso� causale�tra�consumo�di�sigarette�e�danni�alla�salute�sofferti,�cfr.,�per�tutti,�G.�Ponzanelli,�Il�caso� Cipollone,�cit.,�506�e�L.�Mazzella,�op.�cit.,�47�e�55�s.;�in�termini�piu�aperti�e�possibilisti,�v.�pero� F.�Cafaggi,�op.�cit.,�759;�G.�Facci,�op.�cit.,�946;G.Giacchero,�Causalita�e�danni�dafumo�attivo,� cit.,�854.� (5)�Per�la�valorizzazione�del�profilo�della�consapevole�assunzione�dei�rischi�inerenti�al�fumo� delle�sigarette,�quale�fattore�ex�se�idoneo�ad�interrompere�il�nesso�causale�o�comunque�ad�esclu- dere�la�responsabilita�dei�produttori�e/o�distributori�dei�prodotti�da�fumo,�si�vedano,�in�giurispru- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ne�,�sotto�tale�ultimo�profilo�^prosegue�la�pronuncia�^,�potrebbe�invo- carsi,�al�fine�di�escludere�la�rilevanza�della�scelta�individuale�del�fumatore,� l'argomento�(spesse�volte�utilizzato�dai�fumatori-danneggiati�nei�giudizi�risar- citori)�relativo�alla�c.d.�dipendenza�da�fumo�derivante�da�alcune�sostanze� contenute�nei�tabacchi�lavorati.�Al�riguardo,�il�Giudicante�osserva�corretta- mente�che��non�esistono�studi�scientifici�che�rappresentino�la�dipendenzada� nicotina�in�termini�di�annullamento�o�seria�compromissione�della�volonta� del�fumatore�,�e�che�anzi��la�realta�e�piena�di�casi�di�soggetti�che�smettono� di�fumare�per�scelta,�cos|�come�la�letteratura�medica�e�piena�di�casi�di�sog- getti�colpiti�da�infarto�o�da�altre�gravi�patologie�che�si�determinano�a�cessare,� da�un�giorno�all'altro,�l'assunzione�di�fumo�per�scelta,�avendo�rinvenuto�nella� consapevolezza�della�malattia�la�motivazione�personale�ed�autonoma�per� smettere�di�fumare,�senza�far�ricorso�ad�alcuna�terapia�coadiuvante�o�sostitu- tiva�;�del�resto,�nel�caso�di�specie,�l'assunzione�volontaria�e�colposa�del� rischio�da�parte�dell'attore,�rilevante�ex�artt.�41,�2.�comma,�c.p.�e/o�1227,� 2.�comma,�c.c.,�risultava�per�tabulas�dalla�circostanza�che�questi,�pur�essendo� stato�un�incallito�fumatore�per�un'intera�vita,�aveva�immediatamente�smesso� di�fumare�non�appena�venuto�a�conoscenza�della�malattia�contratta.� Le�argomentazioni�che�precedono�consentono�altres|�al�Tribunale�di� Napoli�di�escludere�alla�radice�la�possibilita�di�fondare�una�pronuncia�di�con- danna�dei�produttori�e�distributori�di�tabacchi�lavorati�sulla�normativa�rela- tiva�alla�responsabilita�per�esercizio�di�attivita�pericolose�(art.�2050�c.c.)� ovvero�per�messa�in�circolazione�di�prodotti�difettosi�(decreto�del�Presidente� della�Repubblica�24�maggio�1988,�n.�224).� Sotto�il�primo�profilo,�il�Tribunale,�mentre�sembra�dare�implicitamente� per�scontata�l'impossibilita�di�qualificare�come�pericolosa�l'attivita�di�produ- zione�e�distribuzione�stricto�sensu�intesa�(id�est,�considerata�nel�suo�concreto� svolgimento)�^siccome�di�per�se�inidonea�a�costituire�fonte�probabile�di� danni�in�pregiudizio�di�terzi�^,�argomenta�esattamente�che,�anche�ad�aderire� all'impostazione�giurisprudenziale�tendente�ad�estendere�l'ambito�di�applica- zione�dell'art.�2050�c.c.�alle�fattispecie�in�cui�sia�il�prodotto�(risultato�e,�in� qualche�misura,��proiezione�esterna��dell'attivita�)�ad�essere�ontologicamente� pericoloso�per�gli�utenti�o�consumatori�(6),�egualmente�il�prodotto-sigaretta,� singolarmente�considerato,�non�puo�ritenersi�contraddistinto�da�siffatta� intrinseca�potenzialita�lesiva,�in�quanto�e�piuttosto��l'uso�non�corretto�[in� termini�di�abuso]�che�ne�faccia�l'utente�volontariamente��ad�essere�fonte�di� denza,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,�cit.�e�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.�In�dottrina,�per�tutti,�L.� Mazzella,�op.�cit.,46e�56s.�eM.�Pacifico,�op.�cit.,�1646;�contra,�tuttavia,�G.�Giacchero,�Fumo� attivo�eresponsabilita�civiledelproduttoredisigarette,�cit.,1645.� (6)�Per�tale�orientamento�si�vedano,�a�mero�titolo�esemplificativo,�Cass.,�13�gennaio�1981,� n.�294,�in�Foro�it.,�1981,�I,�1325;�Cass.,�13�gennaio�1982,�n.�182,�in�Resp.�civ.�e�prev.,�1982,�746;� Cass.,�15�luglio�1987,�n.�6241,�in�Foro�it.,�1988,�I,�144;�Cass.,�19�gennaio�1995,�n.�567,�in�Giur.�it.,� 1996,I,�1,�276:per�lo�piu�le�pronunce�in�argomento�si�riferiscono�all'attivita�di�produzione�e�distri- buzione�di�bombole�a�gas�e�di�farmaci�emoderivati.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� gravi�rischi�per�la�salute�(7).�E�la�pronuncia�del�Giudice�monocratico�appare tanto�piu�meritevole�di�apprezzamento�inpartequa,�ove�si�consideri�che�costitui- sce�insegnamento�ormai�consolidato�della�giurisprudenza�di�legittimita�che� un'attivita�o�un�prodotto�non�possono�considerarsi�(rectius,�diventare)�perico- losi,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�di�cui�all'art.�2050�c.c.,�a�causa�del�(solo)�comporta- mento�od�uso�improprio�di�una�determinata�persona(8).�A�ragionare�diversa- mente,�invero,�dovrebbero�ritenersi�pericolose�anche�le�attivita�di�produzione�e� commercializzazione�di�sostanze�alcoliche,�telefoni�cellulari,�autoveicoli,�ali- menti�ad�alto�contenuto�di�colesterolo�e,�cos|�via�discorrendo,�di�infiniti�altri� prodotti�non�intrinsecamente�pericolosi�ma�il�cui�uso�smodato�o�non�corretto� possa�costituire�elevato�fattore�di�rischio�di�danni�alla�salute(9).� Sotto�il�secondo�profilo,�alla�luce�di�quanto�fin�qui�esposto,�e�agevole� per�il�Giudice�partenopeo�escludere�l'applicabilita�della�normativa�sulla� responsabilita�del�produttore�per�difetti�di�costruzione,�di�cui�al�decreto�del� Presidente�della�Repubblica�n.�224/1988,�sul�presupposto�che��nella�fattispe- cie�in�esame�non�si�e�in�presenza�di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la� legge�imponga�uno�specifico�obbligo�di�informazione,�ma�di�fattori�di�rischio� connessi�all'abuso,�all'uso�non�corretto,�del�prodotto�stesso�(10).� (7)�In�giurisprudenza,�hanno�escluso�sulla�base�delle�medesime�considerazioni�la�natura� pericolosa,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�di�cui�all'art.�2050�c.c.,�dell'attivita�di�produzione�e�messa�in� commercio�di�tabacchi�lavorati,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,�cit.�e�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,� cit.�In�tale�ultima�pronuncia,�in�particolare,�si�rileva�in�modo�ineccepibile�che��ilprodottofinale� dell'attivita�produttiva,�rappresentatodallasigaretta,�nonhainse�unacapacita�diprovocaresituazioni� dannosementrepuo�diventaredannoso,equindipericoloso,�l'usoreiteratoneltempodellostessopro- dotto�(la�lesivita�del�bene,�quindi,�puo�derivare�solo�da�un�comportamento�dell'utilizzatore�o�meglio� delconsumatore,�comportamentochedeveprotrarsiperaltroperunperiodo�oggettivamenteapprezza- bile)�.�In�senso�contrario,�peraltro,�si�e�recentemente�espressa,�ma�con�motivazione�che�non�puo� assolutamente�convincere�alla�luce�delle�argomentazioni�fin�qui�esposte,�App.�Roma,�7�marzo� 2005,�cit.,�la�quale�ha�ritenuto�pericolosa�ex�art.�2050�c.c.�l'attivita�di�produzione�e�commercializ- zazione�di�prodotti�da�tabacco��inquantoperla�lorostessanaturaeper�la�loro�composizionebio-- chimicaeperilfattodiaverecomeunicadestinazioneilconsumomediantefumo,�hannounapoten- ziale�carica�di�nocivita�per�la�salute,�bene�primario�tutelato�dall'art.�32�Cost.�.� In�dottrina,�per�l'inapplicabilita�dell'art.�2050�c.c.�all'attivita�in�questione�si�vedano,�tra�gli� altri,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�54;�G.�Facci,�op.�cit.,951;�A.G.�Cianci,�op.�cit.,�598;�contra�F.� Cafaggi, op.�cit.,�758.� (8)�Cos|�,�da�ultimo,�Cass.,�26�aprile�2004,�n.�7916,�in�Foro�it.�Rep.,�2004,�voce��Responsabi- lita�civile�,�n.�34,�la�quale�ha�ribadito�il�principio�per�cui��le�attivita�pericolose,�che,�per�la�loro� stessanaturaodancheperimezziimpiegati,�rendonoprobabileenonsemplicementepossibile�ilveri- ficarsi�di�un�evento�dannoso�e�importano�responsabilita�ex�art.�2050�c.c.,�devono�essere�tenute�distinte� da�quelle�normalmente�innocue�chepossono�diventarepericoloseper�la�condotta�di�chi�le�esercita�.� Per�un�argomento�a�fortiori�sul�punto,�si�veda�pure�Cass.,�4�maggio�2004,�n.�8457,�in�Foro�it.,� 2004,�I,�2378,�ove�si�afferma�che��la�responsabilita�per�esercizio�di�attivita�pericolose�rientra�nelle� ipotesi�di�responsabilita�oggettiva�e�prescinde�dalla�colpa�di�chi�ha�posto�in�essere�l'attivita�;�tuttavia,� purincasodimancataadozionedellemisureprevistedallaleggeo,�inognicaso,�idoneeadevitarel'e- vento�dannoso,�la�responsabilita�va�esclusa�ove�si�accerti�che�il�comportamento�del�danneggiato�sia� stato�idoneo�a�interrompere�il�nesso�eziologico�tra�attivita�pericolosa�ed�evento�dannoso�.� (9)�Nei�medesimi�termini,�cfr.�anche�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.� (10)�Siffatta�esclusione�e�stata�confermata,�in�giurisprudenza,�da�Trib.�Roma,�11�febbraio� 2000,�cit.,�ove�si�osserva�altres|�che,�anche�a�ritenere�^per�assurdo�^che�la�sigaretta�possa�consi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Parimenti�ineccepibile�appare�il�ragionamento�svolto�dal�Giudice�nella� sentenza�in�commento�al�fine�di�escludere�una�qualsivoglia�responsabilita� del�Ministero�della�Salute,�il�quale�^come�anticipato�^era�stato�convenuto� per�non�aver�proibito�la�vendita�di�sigarette,�pur�essendo�consapevole�della� circostanza�che�il�fumo�nuoce�gravemente�alla�salute.� Ed�invero,�il�Tribunale�di�Napoli,�senza�neppure�il�bisogno�di�rilevare�c ome�pure�sarebbe�stato�sufficiente�^che�l'insussistenza�del(la�prova�del)� nesso�eziologico�tra�il�fumo�e�la�malattia�contratta�dall'attore�(anche�sotto� l'esaminato�profilo�della�consapevole�assunzione�del�rischio�da�parte�di�que- st'ultimo)�valeva�certamente�ad�escludere�alla�radice�anche�la�responsabilita� della�Pubblica�Amministrazione�per�il�titolo�prospettato,�argomenta�agevol- mente�(ed�esattamente),�per�un�verso,�che��la�mancata�adozione�di�un�radi- cale�divieto�di�commercializzazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero� convenuto,�bens|�allo�Stato�italiano,�nell'esercizio�delle�sue�funzioni�di�indi- rizzo�politico�;�per�un�altro,�che��il�proibizionismo�del�tabacco�e�scelta�di� politica�legislativa�:�argomento,�quest'ultimo,�assolutamente�decisivo,�in� quanto�comporta�la�incensurabilita�di�tale�scelta�in�sede�giurisdizionale,� anche�in�ossequio�al�fondamentale�principio�di�separazione�dei�poteri�(arg.� anche�ex�art.�101,�2.�comma,�Cost.)(11).� Ad�abundantiam,�il�Tribunale�di�Napoli�osserva�comunque�che�nel�com- portamento�tenuto�tanto�dallo�Stato�italiano�quanto�dal�Ministero�della� Salute�nella�delicata�materia�della�tutela�della�salute�contro�i�pericoli�del� fumo�non�e�ravvisabile�alcun�profilo�di�antigiuridicita�.�Il�primo�e�infatti� intervenuto�con�numerosi�testi�normativi,�quali�^su�tutti�^la�legge�10�aprile� 1962,�n.�165�e�il�decreto-legge�10�gennaio�1983,�n.�4,�che�hanno�stabilito�il� divieto�della�propaganda�pubblicitaria�dei�prodotti�da�fumo�(12),�le�leggi� 11�novembre�1975,�n.�584�e�16�gennaio�2003,�n.�3,�sul�divieto�di�fumare�nei� locali�pubblici�ed�aperti�al�pubblico,�e�la�legge�29�dicembre�1990,�n.�428,� derarsi�un�prodotto�ex�se�difettoso,�egualmente�l'esperibilita�del�rimedio�risarcitorio�rimarrebbe� preclusa�dal�disposto�dell'art.�10,�2.�comma,�del�citato�d.P.R.,�a�mente�del�quale��il�risarcimento� non�e�dovuto�quando�il�danneggiato�sia�stato�consapevole�del�difetto�del�prodotto�e�del�pericolo� che�ne�derivava�e�nondimeno�vi�si�sia�volontariamente�esposto�.�In�dottrina,�nei�medesimi�ter- mini,�cfr.,�tra�gli�altri,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�53;�A.�Lamorgese,�op.�cit.,�1195;�V.�D'Antonio,� op.�cit.,1006.� (11)�Per�l'insindacabilita�da�parte�degli�organi�giurisdizionali�della�scelte�discrezionali�del� Legislatore�nella�materia�della�produzione�e�della�vendita�dei�prodotti�dafumo�(sia�pure�con�par- ticolare�riferimento�all'apposizione�di�specifici�warnings�sui�pacchetti�di�sigarette)�si�veda,�per� tutti,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�44�e,�in�giurisprudenza,�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.� (12)�Al�riguardo,�per�completezza�espositiva,�appare�opportuno�ricordare�che�le�Sezioni� Unite�della�Cassazione,�con�sentenza�n.�10508�del�6�ottobre�1995�(in�Foro�it.,�1995,�I,�3458),�com- ponendo�il�contrasto�insorto�nella�giurisprudenza�di�legittimita�in�ordine�alla�estensione�del� divieto�legislativo�della�propaganda�pubblicitaria�di�qualsiasi�prodotto�da�fumo,�nazionale�o� estero,�hanno�affermato�che�tale�divieto,�trovando�il�suo�fondamento�nell'esigenza�primaria�di� tutela�della�salute�della�collettivita�,�coinvolge�siaforme�direttamente�evocative�deiprodotti�dafumo� coneffettopropagandistico,�siaformeincuil'effettosiaconseguitoconmodalita�indiretteedocculte� (come�nelfenomeno�della�sponsorizzazione),�senza�che�sia�consentito,�aifini�dell'esistenza�o�inesi- stenza�dell'illecito,�graduare�la�maggiore�o�minore�intensita�dell'effetto�vietato,�purche�sussistente�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� che,�in�ottemperanza�alla�Direttiva�CEE�n.�1989/622,�ha�disposto�l'apposi- zione�sui�pacchetti�di�sigarette�di�un'etichettatura�recante�avvertenze�sulla� nocivita��dei�prodotti�da�fumo�(13);�il�secondo��promuove�campagne�di�sensi- bilizzazione�sui�danni�del�fumo,�dispone�divieti�e�limiti�al�fumo�in�determi- nati�ambienti�a�tutela�dei�non�fumatori,�vigila�sull'osservanza�delle�prescri- zioni�sanitarie�ed�epidemiologiche�in�materia�.� La�sentenza�in�esame�non�sembra�invece�condivisibile�nella�parte�in�cui� il�Giudice�monocratico�ha�dichiarato�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del- l'ETI�(oggi,�a�seguito�di�trasformazione�operata�in�ottemperanza�all'art.1,� 6.�comma,�del�decreto�legislativo�9�luglio�1998,�n.�283,�British�American� Tobacco�Italia�S.p.A.),�per�essersi�l'evento�dannoso�lamentato�dall'attore� verificato�in�epoca�antecedente�all'istituzione�dell'Ente�medesimo.� Argomenta�al�riguardo�il�Tribunale�di�Napoli�che�l'art.�3,�1.�comma,�del� citato�D.Lgs.�n.�283/1998�(provvedimento�istitutivo�dell'ETI,�che�ad�essoha� attribuito��le�attivita��produttive�e�commerciali�gia��riservate�o�comunque� attribuite�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�con�esclu- sione�delle�attivita��inerenti�al�lotto�ed�alle�lotterie�:�cfr.�art.�1,�2.�comma),� nello�stabilire�che��l'Ente�e��titolare�dei�rapporti�attivi�e�passivi,�nonche�dei� diritti�e�dei�beni�afferenti�le�attivita��produttive�e�commerciali�gia��attribuite� all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato�,�ha�dato�luogo�ad� un�fenomeno�inquadrabile�entro�lo�schema�della�successione�a�titolo�partico- lare�ex�art.�111�c.p.c.,�attesa�la�permanenza�in�vita�dell'Amministrazione� Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�che�non�e��stata�soppressa(14).�Di�qui�la� conseguenza�^tratta�dal�Giudicante�^che��non�e��possibile�addossare�all'ETI� pretese�condotte�antigiuridiche�riferibili�al�Monopolio�.� In�realta��,�l'ampio�tenore�del�citato�art.�3,�che�ha�trasferito�all'ETI�tutti�i� rapporti�(anche)�passivi�^e�quindi�i�debiti,�anche�da�illecito�aquiliano�^rela- Successivamente�Cass.,�7�luglio�1999,�n.�7029,�in�Foro�it.,�1999,�I,�3537,�ha�chiarito�che�l'accerta- mento�della�concreta�verificazione�dell'effetto�propagandistico-pubblicitario�del�prodotto�da� fumo,�necessario�per�la�configurabilita��dell'illecito,�va�operato�in�concreto�e�non�in�termini�di�sem- plice�idoneita��astratta;�e�che�tale�accertamento�costituisce�pertanto�oggetto�di�un�giudizio�di�fatto� del�giudice�del�merito,�insindacabile�in�sede�di�legittimita��ove�sorretto�da�congrua�ed�adeguata� motivazione.� (13)�A�tali�provvedimenti,�peraltro,�si�ritiene�di�dover�aggiungere�il�decreto�legislativo�24�giu- gno�2003,�n.�184�(curiosamente��dimenticato��nella�sentenza�in�commento),�che,�attuando�la� Direttiva�CEE�n.�2001/37,�ha�stabilito�il�tenore�massimo�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�car- bonio�nelle�sigarette,�ed�ha�notevolmente�irrigidito�la�disciplina�delle�avvertenze�relative�alla�peri- colosita��per�la�salute�da�riportarsi�obbligatoriamente�sulle�confezioni�dei�prodotti�del�tabacco.� (14)�Negli�stessi�termini,�cfr.�Cass.,�Sez.�Un.,�21�maggio�2003,�n.�7945,�Foro�it.�Rep.,2003,� voce��Procedimento�civile�,�n.�95,�la�quale�pure�ha�ricondotto�l'istituzione�dell'ETI�al�fenomeno� della�successione�a�titolo�particolare�disciplinata,�sul�piano�processuale,�dall'art.�111�c.p.c.,�sul� presupposto�della�mancata�soppressione�dell'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato.� Del�resto,�l'affermazione�per�cui��in�tema�di�successione�tra�enti�pubblici,�il�trasferimento�dei�rap- porti,�deibeniedellefinalita�dall'unoall'altroente,nonaccompagnatodall'estinzionedelprimo,non� realizza�un'ipotesi�di�successione�a�titolo�universale��appare�addirittura�tralaticia�nella�giurispru- denza�di�legittimita��:�cfr.,�solo�tra�le�piu��recenti,�Cass.,�29�maggio�2001,�n.�7258,�in�Foro�it.,2003,� I,�56.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tivi�alle�attivita�gia�facenti�capo�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Mono- poli�di�Stato�attribuite�all'Ente�(tra�le�quali�rientrano,�in�primis,�proprio�la� produzione�e�la�distribuzione�di�prodotti�da�fumo),�sembra�suggerire�un'in- terpretazione�opposta�a�quella�fatta�propria�dal�Tribunale�di�Napoli:�nel� senso,�cioe�,�che�il�neoistituito�Ente�debba�rispondere�in�via�esclusiva�di�tutte� le�obbligazioni�(anche�extracontrattuali)�gia�esistenti�a�carico�dell'Ammini- strazione�Autonoma�(purche�,�ovviamente,�inerenti�ai�settori�di�attivita�trasfe- riti),�secondo�uno�schema�qualificabile�in�termini�di�successione�a�titolo�uni- versale��parziale�,�operante�cioe�in�universum�ius,�sia�pure�soltanto�con�riferi- mento�a�determinati�settori�di�attivita�(15).� Dott.�Roberto�Palasciano� Tribunale di Napoli, 11a Sezione Civile, sentenza 15 dicembre 2004, n. 12729 ^R.E.�(Avv.�I.� Militerni)�c/�Ministero�della�Sanita�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Napoli)�e� altri.� Deveesseredichiarato�ildifetto�dilegittimazionepassivadell'EnteTabacchiItalianinell'i- potesi�in�cui�detto�Ente�venga�convenuto�in�un�giudizio�risarcitorio�relativo�adun�evento�dannoso� verificatosi�in�epoca�antecedente�alla�sua�istituzione,�dal�momento�che�quest'ultima,�attesa�la� mancata�soppressione�dell'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�e��inquadrabile� secondo�lo�schema�della�successione�a�titolo�particolare�ex�art.�111�c.p.c.� L'attivita��di�produzione�e�distribuzione�di�sigarette�non�puo��essere�considerata�fonte�di� responsabilita��aquiliana�ex�art.�2043�c.c.�per�i�danni�alla�salute�subiti�dalfumatore,�in�quanto� tra�tale�attivita��ed�il�danno�si�inserisce�la�scelta�volontaria�difumare�(e�la�consapevole�assun- zionedeirelativirischi)dapartedelfumatore,laqualevaleadescluderelaresponsabilita��delle� impreseproduttriciedistributricianormadell'art.�1227,2comma,c.c.� L'attivita��diproduzioneedistribuzionedisigarettenonconfiguraun'attivita�pericolosaai� sensidell'art.�2050c.c.inquantolapotenzialita��nocivanonderivadalla�res�materiae�in�se�,�dalle� sue�caratteristiche�intrinseche�ed�estrinseche,�ma�dall'uso�non�corretto�che�ne�faccia�l'utente� volontariamente.� All'attivita��diproduzioneedistribuzionedisigarettenone��applicabilelanormativadicuial� d.P.R.24maggio1988,n.224,intemadiresponsabilita��delproduttoreperidifettidicostru- zione,�posto�che�nella�fattispecie�non�si�e��in�presenza�di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la� leggeimpongaunospecifico�obbligodiinformazione,�madifattoridirischio�connessiall'abuso,� all'usononcorretto,�delprodottostesso.� Nonpuo��essereaffermatalaresponsabilita��delMinisterodellaSalutepernonavereproibito� la�vendita�disigarette�in�Italia,�in�quanto�la�scelta�diadottare�un�radicale�divieto�dicommercializ- zazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero�medesimo,�bens|��allo�Stato�italiano,�ed�oltretutto� costituiscescelta�dipolitica�legislativanonsindacabile�insedegiurisdizionale.� �(Omissis)�Svolgimento�del�processo�^Con�citazione�notificata�il�9�ottobre�2000,�E.R.� conveniva�in�giudizio�l'Ente�Tabacchi�Italiani�s.p.a.�(da�ora�ETI),�il�Ministero�della�Sanita�e� la�X�s.p.a.�per�ottenere�il�risarcimento�del�danno�alla�salute�(postumi�di�cancro�della�laringe� e�malattie�circolatorie),�determinato�dal�fumo�eccessivo�e�prolungato�di�sigarette�italiane�e� americane.� (15)�A�tale�conclusione�e�significativamente�pervenuta�App.�Roma,�7�marzo�2005,�cit.,�rico- noscendo�la�legittimazione�passiva�dell'ETI�in�un�giudizio�risarcitorio�relativo�ad�un�evento�dan- noso�verificatosi�in�epoca�antecedente�all'istituzione�dell'Ente.�Sull'ammissibilita�,�in�linea�gene- rale,�della�categoria�della�successione�a�titolo�universale��parziale�,�si�veda,�a�titolo�paradigma- tico,�Cass.,�12�aprile�1986,�n.�2583,�in�Foro�it.,�1986,�I,�2793.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Deduceva�di�aver�iniziato�a�fumare�nell'adolescenza�e�di�aver�tentato�invano�di�smettere.� Di�aver�avuto�i�primi�disturbi�nel�1995�e,�quindi,�l'infausta�diagnosi,�che�aveva�condotto�alla� cordectomia�parziale�ed�a�una�serie�di�patologie�connesse.�Attribuiva�la�responsabilita�della� malattia�all'ETI,�quale�produttore�e�distributore�delle�sigarette�italiane�(Nazionali�ed�MS)� consumate,�alla�X�s.p.a.�quale�distributore�in�Italia�delle�sigarette�straniere�consumate�ed�al� Ministero�della�Sanita�per�non�aver�proibito�la�vendita�di�sigarette,�pur�essendo�consapevole� della�circostanza�che�il�fumo�nuoce�gravemente�alla�salute.� Si�costituiva�l'ETI�deducendo:� a)�il�difetto�di�legittimazione�passiva,�per�essere�stato�l'ente�costituito�con�D.Lgs.� n.�283/1998,�mentre�i�fatti�esposti�dal�R.�erano�risalenti�a�diversi�anni�prima;� b)�l'indeterminatezza�della�causa petendi;� c)�l'infondatezza�della�domanda.� Si�costituiva�il�Ministero�della�Sanita�eccependo�la�carenza�di�giurisdizione�del�giudice� adito�rispetto�alle�scelte�di�politica�legislativa�dello�Stato�e�l'infondatezza�della�domanda.� Non�si�costituiva�la�X�s.p.a.� Con�separata�citazione,�notificata�il�3�novembre�2000,�il�R.�ripeteva�la�vocativo in ius della�X�s.p.a.,�atteso�che�la�prima�non�risultava�regolarmente�effettuata�nella�sede�sociale.� Con�altra�citazione,�notificata�il�16�novembre�2000,�il�R.�conveniva�in�giudizio�anche�le� (...)�s.r.l.,�nelle�medesime�qualita�di�distributrici�delle�sigarette�americane�da�lui�fumate,� argomentando�la�stessa�domanda�di�cui�alla�prima�citazione.� Nella�fase�istruttoria�le�cause�venivano�riunite,�riscontrata�la�connessione�oggettiva�e� soggettiva,�in�relazione�al�petitum ed�alla�causa petendi.� Prodotta�hic et hinde documentazione,�veniva�raccolto�il�libero�interrogatorio�del�R.� All'esito,�il�Tribunale�avviava�la�causa�in�decisione�concedendo�alle�parti�i�termini�di�cui� all'art.�190�c.p.c.� Motivi della decisione ^E�fondata�l'eccezione�di�carenza�di�legittimazione�passiva�del- l'ETI,�trasformato�in�corso�di�giudizio�in�societa�per�azioni,�come�previsto�dal�comma�6�del� decreto�legislativo�283/1998.� Deve,�infatti,�rilevarsi�che�le�doglianze�del�R.�investono�un�evento�dannoso�da�responsa- bilita�aquiliana�evidenziatesi�nel�1996,�con�la�diagnosi�di�carcinoma�infiltrante�della�laringe� e�determinato,�secondo�l'attore,�dall'abuso�di�fumo�di�sigarette,�anche�italiane,�protratto�dal� 1959�al�1997.�In�buona�sostanza�la�tesi�giuridica�introdotta�dall'attore�in limine litis consiste� nel�ritenere�illecita�in�suo�danno�la�produzione�e�vendita�di�alcune�sigarette�italiane�fumate� fino�al�'97.� Ebbene�l'Ente�Tabacchi�Italiani�risulta�istituito�con�il�richiamato�D.Lgs.�9�luglio�1998� n.�283,�che�ha�ad�esso�attribuito,�a�norma�dell'art.�1,�solo�le�attivita�produttive�e�commerciali� nel�campo�dei�tabacchi�lavorati,�gia�riservate�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli� di�Stato,�secondo�lo�schema�della�successione�a�titolo�particolare,�figura�che,�in�tema�proces- suale,�risulta�disciplinata�dall'art.�111�c.p.c..�Ed�infatti�la�suddetta�Amministrazione�dei� Monopoli�e�stata�soppressa,�ma�ha�conservato,�anche�in�tema�di�tabacchi�lavorati,�compe- tenze�diverse�dalla�produzione�e�commercializzazione�ed�una�propria�autonomia�patrimo- niale�rispetto�al�successore�a�titolo�particolare.�Di�conseguenza�non�e�possibile�addossare� all'ETI�pretese�condotte�antigiuridiche�riferibili�al�Monopolio;�ne�in�contraddizione�con�tale� assunto�puo�leggersi�il�successivo�art.�3�del�decreto�in�esame,�il�quale�nel�dotare�di�un�patri- monio�il�neo�istituito�ente,�ha�disciplinato�il�trasferimento�ad�esso�delle�poste�attive�e�pas- sive,�oltre�che�dei�beni�strumentali�e�del�personale,�mediante�un'operazione�contabile,�alla� quale�erano�e�restano�estranee�le�pretese�risarcitorie�successivamente�sorte,�(cos|�Cass.,� 29�maggio�2001,�n.�7258�e�TAR�Lazio,�I�Sezione,�15�luglio�2003,�n.�149,�in�tema�di�condotte� illecite�imputate�all'ETI,�per�fatti�precedenti�la�sua�istituzione).� Nel�merito�le�tesi�dell'attore�non�possono�essere�condivise,�poiche�partono�da�assunti� che�non�trovano�riscontro�normativo�nel�nostro�sistema.� Essi,�per�contro,�si�infrangono�contro�la�consistenza�di�opposti�assunti,�che�possono� essere�cos|�sintetizzati:� a)�il�fumo�e�atto�volontario;� b)�il�fumo�costituisce�elevato�fattore�di�rischio�del�cancro�della�laringe,�ma�non�tutti�i� fumatori�contraggono�la�malattia;� c)�la�produzione�e�la�vendita�di�sigarette�e�attivita�lecita,�se�esercitata�da�soggetti�legitti- mati�nei�modi�e�nelle�forme�imposte�dalla�legge;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� d)�il�proibizionismo�del�tabacco�e�scelta�di�politica�legislativa�riservata�allo�Stato�che,�al� di�fuori�dell'accertamento�di�precise�condotte�colpose�generative�di�un�danno�ingiusto,�non� puo�essere�censurata.� Non�esistono�studi�scientifici�che�rappresentino�la�dipendenza�da�nicotina�in�termini�di� annullamento�o�seria�compromissione�della�volonta�del�fumatore.�Prova�ne�sia�che�il�R.,� appena�ha�saputo�di�essere�stato�colpito�dal�cancro,�ha�smesso�di�fumare,�puressendo�un� tabagista�incallito.� La�realta�e�piena�di�persone�che�smettono�di�fumare�per�scelta,�cos|�come�la�letteratura� medica�e�piena�di�casi�di�soggetti�colpiti�da�infarto�o�da�altre�gravi�patologie�che�si�determi- nano�a�cessare,�da�ungiornoall'altro,�l'assunzionedifumoper�scelta,avendo�rinvenuto� nella�consapevolezza�della�malattia�la�motivazione�personale�ed�autonoma�per�smettere�di� fumare,�senza�far�ricorso�ad�alcuna�terapia�coadiuvante�o�sostitutiva.� Di�conseguenza�i�danni�subiti�dal�R.�devono�essere�ricondotti�alla�area�normativa�della� disponibilita�,�sancita�dal�secondo�comma�dell'art.�1227�c.c.�in�quanto�potevano�essere�evitati� usando�l'ordinaria�diligenza,�da�osservare�sia�nella�fase�iniziale�del�rapporto�con�la�sigaretta� sia�nella�fase�avanzata,�posto�che�non�esistono�fattori�che�l'hanno�obbligato�a�fumare.� Dalla�lettura�della�memoria�conclusionale�emerge,�peraltro,�che�l'attore�non�identifica� nel�fumo�in�se�la�genesi�dannosa,�ma�nell'abuso�del�fumo.�Come�dire:�ho�iniziato�a�fumare� volontariamente,�ho�incrementato�il�fumo�involontariamente.� Sul�tema,�dinanzi�ai�rilievi�ed�alle�eccezioni�delle�controparti,�l'attore,�solo�in�memoria� conclusionale�di�replica,�ha�lambito�un�altro�e�diverso�profilo�di�responsabilita�delle�parti� convenute:�il�trattamento�chimico�del�tabacco�e�l'addizione�di�sostanze�che�accrescono��le� proprieta�dannose�.Sie�sottratto,�pero�,�all'onere�di�dedurre�compiutamente�e�di�provare� quali�sostanze�esse�siano,�se�siano�quelle�consentite�dalla�legge�o�altre�introdotte�illegalmente� e�se�tali�sostanze�abbiano�il�potere�di�annullare�la�volonta�di�un�soggetto�fumatore,�che,�tut- tavia,�ha�cessato�di�fumare�volontariamente�dopo�la�diagnosi�di�neoplasia.� In�realta�la�vita�umana,�piu�che�in�passato,�e�scandita�da�una�serie�di�abitudini�ad�alta� potenzialita�dannosa�che�determinano�meccanismi�di��adattamento�all'abuso�,�dovuti�a�con- formismo,�a�debolezza,�convenienza�o�ignoranza;�per�tutte�queste�motivazioni�non�si�puo� affermare�che�ci�si�trovi�in�presenza�di�una�compromissione�volitiva,�quanto�di�una�imposta- zione�della�personalita�umana.� Si�pensi�all'abuso�di�sostanze�alcoliche�oppure�al�gravissimo�rischio�sanitario�connesso� ad�un�uso�non�corretto�dei�telefoni�cellulari.�Da�un�studio�scientifico�di�un�istituto�svedese� di�primaria�e�riconosciuta�importanza�e�risultato�che�l'utilizzo�smodato�e�prolungato�del� telefoninocostituisceelevatofattore�dirischio�del��neuromadell'acustico��(i.e.:�delnervo� acustico).�Ma�tali�rischi,�cos|�come�quelli�connessi�al�fumo�del�tabacco,�non�sono�determinati� dalla�res materiae in�se�,�dalle�sue�caratteristiche�intrinseche�ed�estrinseche,�quanto�dall'uso� non�corretto�che�ne�caccia�l'utente�volontariamente.� Per�questo�sono�destituiti�di�fondamento�i�richiami�dell'attore�all'art.�2050�c.c.,�che� vedrebbe�nella�vendita�di�sigarette�l'esercizio�di�attivita�pericolosa,�con�conseguente�responsa- bilita�oggettiva�delle�parti�convenute�in�relazione�ai�danni�determinati�dal�fumo,�nonche�quelli� relativi�alla�normativa�di�cui�al�D.Lgs.�24�maggio�1998,�n.�224,�in�tema�di�responsabilita�del� produttore�per�i�difetti�di�costruzione,�posto�che�nella�fattispecie�in�esame�non�si�e�in�presenza� di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la�legge�imponga�uno�specifico�obbligo�di�informazione,� ma�di�fattori�di�rischio�connessi�all'abuso,�all'uso�non�corretto,�del�prodotto�stesso.� Ad colorandum va�osservato�che,�in�ogni�caso,�i�riferimenti�normativi�suddetti�non� potrebbero�giovare�all'attore�anche�se�si�superasse�il�rilievo�sulle�caratteristiche�della��res materiae�;�ed�infatti,�nonostante�ilfavor del�danneggiato�e�consumatore�che�ispira�entrambe� le�normative,�questo�non�puo�giungere�ad�attribuire�responsabilita�oggettive�del�danno�all'e- sercente�attivita�pericolosa�ed�al�produttore,�se�il�danneggiato�non�dimostra�che�l'evento�e� riconducibile�eziologicamente�alla�condotta�di�questi�(anche�Cass.,�17�luglio�2002,�n.�10382).� E�qui�si�tocca�un�altro�punto�critico�della�domanda:�il�limite�del�nesso�causale�tra�fatto� ed�evento�dannoso,�imposto�dall'art.�1223�c.c..�Sul�tema�deve�dirsi�che�anche�la�piu�recente� giurisprudenza�di�legittimita�(Cass.,�4400/04)�che�sembrerebbe�aprire,�ad�una�lettura�non� esaustiva,�a�dismisura�le�maglie�della�causalita�materiale,�in�realta�ribadisce�l'orientamento� delle�S.U.�penali�(in�Cass.,�S.U.,�11�settembre�2002,�n.�30328)�secondo�cui,�valutato�armoni- camente�il�contenuto�degli�artt.�40�e�41�c.p.,�solo�se�il�comportamento�dell'agente�sia��condi- zione�necessaria�dell'evento�lesivo�con�elevato�grado�di�credibilita�razionale�e�di�probabilita� logica��esso�puo�essere�considerato�causa�del�danno.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Qui,�in�realta��,�per�soddisfare�i�canoni�interpretativi�che�orientano�il�nostro�sistema�in� materia,�deve�porsi�questa�domanda:�se�non�avesse�fumato�le�sigarette�prodotte�e/o�vendute� dalle�aziende�convenute�il�R.�non�avrebbe�avuto�il�cancro�e�le�malattie�circolatorie�lamen- tate?�Larispostanon�puo��che�essere�dubitativa�e,�quindi,�inidonea�a�soddisfare�il�concetto� di��condizione�necessaria��che�e��in�discussione.� Neanche�il�Piano�Sanitario�Nazionale,�approvato�con�d.P.R.�23�luglio�1998,�citato�dal- l'attore�o�il�suo�consulente�scientifico�lo�affermano,�poiche�quando�dicono�che�il�fumo�di� sigaretta�costituisce�elevato�fattore�di�rischio�delle�neoplasie�polmonari�e�laringee�e�delle� malattie�circolatorie,�non�dicono�che�i�non�fumatori�non�corrono�il�rischio�di�contrarre�tali� malattie�o�che�tutti�i�fumatori�le�contraggono.� In�realta��la�malattia�cancerosa�e��il�frutto�di�una�serie�di�fattori�concomitanti,�personali� ed�ambientali,�che�fanno�s|��che�patologie�come�quella�subita�dall'attore�possano�insorgere� anche�in�soggetti�che�non�hanno�mai�fumato.� La�legittimazione�passiva��di�merito��delle�aziende�(...)�convenute�in�giudizio,�nelle� varie�vesti�societarie,�non�e��stata�chiarita�dall'attore�nel�processo:�egli�ha�convenuto�tre� societa��della�(...),�identificandole�quali��distributrici�in�Italia�delle�sigarette�prodotte�all'e- stero��ed�in�quanto,�pur�consapevoli�dei�gravi�danni�determinati�dal�fumo,��non�hanno�desi- stito�dal�commercializzare�le�sigarette�.� Tale�legittimazione�e��stata�contestata�dalle�convenute�senza�che�l'attore�abbia�provato�o� richiesto�di�provare�l'elemento�fondante�la�tesi�sostenuta:�la�patologia�dell'attore�e��stata� determinata�dall'operato�di�queste�aziende.� L'asserto�presta�il�fianco�a�molteplici�censure:� a)�l'attore�non�ha�imputato�alle�convenute�una�commercializzazione�contra legem;� b)�non�ha�spiegato�come�abbia�identificato�i�soggetti�de quibus in�relazione�ad�una�atti- vita��concreta�di�vendita�delle�sigarette�americane�da�lui�fumate;� c)�non�ha�escluso�di�aver�fumato�anche�altre�sigarette;� d)�non�ha�provato�che�ci�sia�stata�coincidenza�temporale�tra�il�periodo�di�operativita�� delle�societa��in�questione�e�la�genesi�della�malattia;� e)�ha,�infine,�ammesso,�contraddittoriamente�(v.�comparsa�conclusionale�pag.�9),�che� �quanto�meno��alla�X�srl�potesse�riconoscersi�legittimazione�passiva��perche�,societa��ope- rante�benche�senza�profitto�.� La�domanda�nei�confronti�del�Ministero�della�Salute�e��,�parimenti,�infondata.�Estraneo� alla�fattispecie�in�esame�e��il�richiamo�alla�pronunzia�di�legittimita��del�22�luglio�1999,� n.�500,�con�la�quale�le�S.S.�U.U.�della�S.C.�hanno�ammesso�la�tutela�aquilianadi�tutte�le� posizioni�soggettive�giuridicamente�rilevanti�a�fronte�dell'illegittimo�esercizio�di�una�fun- zione�pubblica.� Ed�invero,�secondo�la�pronunzia�richiamata,�l'accoglibilita��della�domanda�del�R.�di� risarcimento�del�danno�ingiusto,�ex art.�2043�c.c.,�nei�confronti�del�Ministero�presupponeva, tra�l'altro,�la�prova,�non�richiesta�e�non�offerta�dall'attore,�della�illegittimita��del�mancato� divieto�di�fumo,�che�il�giudice�ordinario�avrebbe�avuto�l'astratta�possibilita��di�valutare,�da� parte�del�Ministero�e�del�collegamento�causale�tra�la�illegittima�condotta�emissiva�di�que- st'ultimo�e�la�malattia.� In�proposito�deve�rilevarsi�che�la�mancata�adozione�di�un�radicale�divieto�di�commer- cializzazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero�convenuto,�bens|��allo�Stato�Italiano,�nel- l'esercizio�delle�sue�funzioni�di�indirizzo�politico.� Il�Ministero�promuove�campagne�di�sensibilizzazione�sui�danni�del�fumo,�dispone�divieti� e�limiti�al�fumo�in�determinati�ambienti�a�tutela�dei�non�fumatori,�vigila�sull'osservanza�delle� prescrizioni�sanitarie�ed�epidemiologiche�in�materia.� Il�divieto�di�vendita�di�sigarette�nel�territorio�italiano�e��,�invece,�materia�sottratta�allo�stesso.� Per�completezza�va�aggiunto�che�diversi�interventi�normativi�sono�stati�adottati�dal� Legislatore,�quali�la�legge�n.�165/62,�recante�il�divieto�di�propaganda�pubblicitaria,�la�legge� n.�584/1975�sul�divieto�di�fumare�in�locali�pubblici�e�su�trasporti�pubblici�e�la�legge� n.�428/1990,�che�ha�imposto�l'etichettatura�informativa�sui�pacchetti�di�sigarette.�Non�va� taciuto,�pero��,�che�obiettivo�principale�del�Legislatore�e��la�tutela�dei�soggetti�deboli,�da�iden- tificare�con�i�fumatori�passivi,�atteso�che�al�fumatore�attivo�deve�anche�riconoscersi�il�diritto� di�scegliere�come�orientare�la�propria�condotta.� La�domanda�va�rigettata.� La�novita��e�la�particolarita��delle�questioni�trattate,�che�investono�tematiche�di�rilevante� interesse�collettivo,�consigliano�la�compensazione�delle�spese�di�lite.�(omissis)�� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Lavalutazione delpunteggio conseguito pressole S.S.I.S. La natura giuridica delle Frequently Asked Questions (F.A.Q.) e l'evoluzione tecnologica della P.A. (TribunaleAmministrativoRegionaleperl'EmiliaRomagna, Parma, sezioneunica, ordinanza 18 ottobre 2005 n. 301) SOMMARIO: 1. ^La ricostruzione della normativa. 2. ^Pubblicazione della gra- duatoria provvisoria come comunicazione dell'avvio del procedimento. 3. ^La natura vincolante delle Frequently�Asked�Questions�(F.A.Q.) e la comunicazione istituzionale. 1. ^La ricostruzione della normativa. L'ordinanza�cautelare�emessa�dal�TAR�Parma�rigetta�l'istanza�di�annul- lamento,�proposta�dalla�ricorrente,�della�graduatoria�definitiva�permanente� della�Provincia�di�Reggio�Emilia�della�classe�di�concorso�A051�(materie�lette- rarie�e�latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale),�pubblicata�l'8�luglio�2005.� La�ricorrente�risulta�inserita�dall'anno�scolastico�2004/2005�nelle�gra- duatorie�provinciali�permanenti�del�personale�docente�educativo�di�Reggio� Emilia,�per�gli�insegnamenti�relativi�alle�Classi�di�Concorso�A043��Italiano,� Storia...�nella�scuola�media,�A050�materie�letterarie�negli�istituti�di�II�grado,� A041�materie�letterarie�e�Latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale�nonche� A052�materie�letterarie�e�Latino�e�Greco�nel�liceo�classico�.� Cio��a�seguito�di�domanda�da�parte�della�ricorrente�medesima�di�trasferi- mento�dalla�provincia�di�Roma�ai�sensi�del�D.D.G.�21�aprile�2004.� La�stessa�ha�successivamente�prodotto�domanda�di�aggiornamento�delle� graduatorie�permanenti�per�gli�aa.ss.�2005/06�e�2006/07,�ai�sensi�del�D.D.G.� 31�marzo�2005.� L'esame�della�domanda�prodotta�per�l'a.s.�2004/2005�e�la�valutazione� dei�titoli,�ed�in�particolare�quello�relativo�all'abilitazione�conseguita�a�seguito� del�Corso�di�Specializzazione�universitario�(S.S.I.S.),�sono�state�effettuate� sulla�base�delle�dichiarazioni�rese�dalla�ricorrente,�attribuendo�alla�Classe�di� concorso�A051�i�30�punti�previsti�dalla�Tabella�di�valutazione�allegata�al� D.D.G.�21�aprile�2004.� A�seguito�di�riscontro�fornito�dall'Universita��del�Lazio,�si�e��accertato� che�l'abilitazione�conseguita�dalla�ricorrente�in�data�12�maggio�2004�con� esame�unico,�e��relativa�alla�classe�di�concorso�A052��materie�letterarie�e� latino�e�greco�nel�liceo�classico�,�insegnamento�per�il�quale�la�medesima� risultava�gia��abilitata�a�seguito�di�concorso�riservato.� Per�equita��di�comportamento�con�gli�altri�docenti�inclusi�nelle�graduato- rie�provinciali�permanenti,�l'Amministrazione�ha�ritenuto�di�modificare,�in� fase�di�aggiornamento�delle�graduatorie�di�cui�al�D.D.G.�31�marzo�2005,�il� punteggio�relativo�all'abilitazione�attribuito�alla�docente�nella�classe�di�con- corso�A051,�decurtandola�di�24�punti,�attribuendoli�alla�classe�di�concorso� A052.� Cio��e��stato�ampiamente�chiarito�dal�ministero�in�una�delle�risposte�for- nite�alle�domande�ricorrenti�con�le�F.A.Q.�(Frequently Asked Questions).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� La�valutazione�dei�titoli�per�la�rideterminazione�dell'ultimo�scaglione� delle�graduatorie�permanenti�e�l'abilitazione�conseguita�presso�le�scuole�di� specializzazione�all'insegnamento�secondario�(S.S.I.S.),�ha�condotto�alla�con- troversia�affrontata�dal�TAR�Parma.� Il�po�le de reference della�ricostruzione�della�normativa�e��da�individuarsi� nel�Decreto-legge�7�aprile�2004,�n.�97,�(in�Gazz. Uff., 15�aprile,�n.�88)�^ Decreto�convertito,�con�modificazioni,�in�legge�4�giugno�2004,�n.�143,� (in�Gazz. Uff.,�5�giugno,�n.�130)�^Disposizioni�urgenti�per�assicurare�l'ordi- nato�avvio�dell'anno�scolastico�2004-2005,�nonche�in�materia�di�esami�di� Stato�e�di�Universita��.� In�particolare�nell'Allegato�unico�Tabella�(prevista�dall'articolo�1,� comma�1)�(Tabella di valutazione dei titoli per la rideterminazione dell' ultimo scaglione delle graduatorie permanenti di cui all'art. 401 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni),�si�specifica�che:�A.4)�Per�l'abilitazione�conseguita� presso�le�scuole�di�specializzazione�all'insegnamento�secondario�(S.S.I.S.)�a� seguito�di�un�corso�di�durata�biennale,�in�aggiunta�al�punteggio�di�cui�al� punto�A.1,�sono�attribuiti�ulteriori�punti�30,�di�cui�24�per�il�biennio�di�durata� legale�del�corso,�equiparato�a�servizio�specifico�per�la�classe�di�insegnamento� cui�si�riferisce�l'abilitazione.� Nell'ipotesi�di�piu��abilitazioni�conseguite�a�seguito�della�frequenza�di�un� unico�corso,�l'intero�punteggio�spetta�per�una�sola�abilitazione,�a�scelta�del- l'interessato.� Orbene,�dal�tenore�della�norma�si�evince�che�il�punteggio�non�puo��che� essere�inserito�nell'unica�classe�di�concorso�vinto�dalla�ricorrente,�chee�� quello�di�cui�all'A52,�(che�l'abilita�ad�insegnare�materie�letterarie,�latino� greco�nel�liceo�classico).� Cos|��come�peraltro�chiarito�dal�MIUR�con�F.A.Q.�(Frequently Asked Questions)�del�23�giugno�2004�laddove,�nella�risposta�n.�7,�ha�precisato�che� �l'abilitazione�certificata�dall'Universita��per�una�sola�classe�di�concorso�(cos|�� come�ha�fatto�l'universita��del�Lazio)...�da��titolo�ad�attribuire�esclusivamente� a�quest'ultima�24�punti�.� Oltretutto,�quest'ultimo�profilo�della�Tabella�di�valutazione�dei�titoli,�e�� frutto�della�discrezionale�ed�insindacabile�scelta�legislativa�volta�ad�evitare�il� cumulo�di�punteggi�per�servizi�contemporaneamente�prestati�nel�medesimo� anno�scolastico�per�tutte�le�graduatorie�permanenti,�in�cui�l'interessatoe�� eventualmente�iscritto.�Sul�punto�si�e��gia��pronunciata�la�giurisprudenza�in� casi�analoghi(1).� La�ricorrente�contesta�la�valutazione�operata�dall'amministrazione�circa� l'idoneita��dell'autocertificazione�attestante�il�requisito�del�titolo�di�studio.� L'amministrazione�scolastica�ha�legittimamente�applicato�la�legge�(art.71� d.P.R.�445/2000)�ed�esercitato�il�proprio�potere-dovere�a�tutela�dell'interesse� pubblico.� (1)�TAR�Lazio�n.�6589/2005.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�ricorrente,�infatti,�non�ha�la�possibilita��di�inserire�il�punteggio�nella� classe�di�concorso�che�desidera,�ma�solo�in�quella�di�appartenenza,�la� A052�(2).� Il�TAR�stabilisce,�dunque,�che�la�scelta�originariamente�effettuata�dalla� ricorrente�di�conseguire�l'abilitazione�all'insegnamento�relativamente�alla� classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione�al�corso�biennale�S.S.I.S.,� e��del�tutto�preclusiva�della�possibilita��per�la�medesima�di��trasferire��il�rela- tivo�punteggio�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�graduatoria�relativa�a� diversa�classe�di�concorso.� 2. ^Pubblicazione della graduatoria provvisoria come comunicazione dell'avvio delprocedimento. La�graduatoria�provvisoria,�solitamente,�e��pubblicata�poche�settimane� prima�di�quella�definitiva.� Il�meccanismo,�com'e��noto,�ha�la�funzione�di�rendere�edotti�i�destinatari� delle�modifiche�che�interesseranno�poi�la�graduatoria�definitiva.�Ed�invero,� ne�consegue�che,�nel�caso�delle�graduatorie�scolastiche,�la�possibilita��di�parte- cipazione�dei�soggetti�coinvolti�e��garantita�dal�meccanismo�della�pubblica- zione�della�graduatoria�permanente�provvisoria,�che�costituisce�comunica- zione�di�avvio�del�procedimento�di�approvazione�della�graduatoria��de qua�� ai�sensi�dell'art.�8�comma�3,�legge�7�agosto�1990�n.�241.�Essa�e��seguita,�a� breve�distanza,�dalla�pubblicazione�della�graduatoria�permanente�definitiva,� che�e��quindi�l'atto�conclusivo�del�relativo�procedimento.� Sul�punto�concorda�la�giurisprudenza�(3).� Le�graduatorie�si�caratterizzano,�difatti,�per�il�carattere�esclusivamente� recettivo�di�disposizioni�di�legge,�nonche�per�l'automatismo�degli�effetti�che� da�queste�ultime�scaturiscono.�Inoltre,�e��da�rilevare�che�l'Amministrazione� scolastica�ha�riferito�anche�verbalmente�all'interessata�la�modifica�apportata� in�sede�di�valutazione�di�titoli.� E�innegabile,�pertanto,�che�il�contatto�procedimentale�tra�la�ricorrente�e� l'Amministrazione�procedente�vi�sia�stato,�come�dimostrato,�peraltro�dalle� reiterate�richieste�inoltrate�dall'amministrazione�scolastica�nei�confronti�della� ricorrente.� (2)�L'�articolo�71�nel�prevedere�e�disciplinare�le�modalita��di�controllo�delle�cd.��autocer- tificazioni��stabilisce�che:��Le�amministrazioni�procedenti�sono�tenute�ad�effettuare�idonei� controlli,�anche�a�campione,�e�in�tutti�i�casi�in�cui�sorgono�fondati�dubbi,�sulla�veridicita�� delle�dichiarazioni�sostitutive�di�cui�agli�articoli�46�e�47.�I�controlli�riguardanti�dichiarazioni� sostitutive�di�certificazione�sono�effettuati�dall'�amministrazione�procedente�con�le�modalita�� di�cui�all'articolo�43,�consultando�direttamente�gli�archivi�dell'amministrazione�certificante,� ovvero�richiedendo�alla�medesima,�anche�attraverso�strumenti�informatici�o�telematici,�con- ferma�scritta�della�corrispondenza�di�quanto�dichiarato�con�le�risultanze�dei�registri�da�que- sta�custoditi�.� (3)�Cfr.�T.A.R.�Trentino-Alto�Adige,�Trento,�14�febbraio�2002,�n.�43,�in�Foro Amm. TAR,�2002,�413.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Com'e�noto,�la�formalita�di�cui�all'art.�7�e�superflua�qualora�l'interessato� consegua�aliunde la�conoscenza�del�procedimento.�La�comunicazione�di� avvio�del�procedimento�ha�infatti�finalita�sostanziali�e�non�meramente� formali�(4).� Peraltro,�l'orientamento�giurisprudenziale�piu�recente�ritiene�che�l'art.�7,� come�tutte�le�altre�regole�sulla�partecipazione�stabilite�dalla�legge�241�del� 1990,�non�debba�essere�interpretato�in�maniera�rigidamente�formalistica,�let- terale�e�acritica,�bens|�secondo�logica�e�buon�senso�(5).�E�essenziale,�infatti,� fornire�una�lettura�di�tali�regole,�alla�luce�dei�criteri�generali�che�governano� l'azione�amministrativa,�individuando�i�contenuti�essenziali�del�rapporto�tra� esercizio�del�pubblico�potere�e�tutela�della�posizione�del�privato�(ragionevo- lezza,�proporzionalita�,�logicita�ed�adeguatezza).�Di�recente,�l'art.�21-octies,� secondo�comma,�seconda�parte,�legittima�l'amministrazione�a�provare�in�giu- dizio�che��il�provvedimento�non�e�altres|�annullabile�per�mancata�comunica- zione�dell'avvio�del�procedimento,�qualora�l'amministrazione�dimostri�in�giu- dizio�che�il�contenuto�del�provvedimento�non�avrebbe�potuto�essere�diverso� da�quello�in�concreto�adottato�.�Non�solo:�con�l'istanza�di�aggiornamento� presentata�dalla�ricorrente,�risulta�ulteriormente�evidente�che�l'interessata� era�ben�a�conoscenza�del�procedimento�in�essere.�Infatti,�essa�ha�inoltrato� una�vera�e�propria�istanza�di�parte,�dimostrando�cos|�,�di�essere�a�conoscenza� del�procedimento�in�corso.�E�noto�che�la�disciplina�dell'art.�7�della�legge� 241/1990�non�si�applica�ai�procedimenti�ad�istanza�di�parte:�nel�qual�caso� l'avviso�d'avvio�sarebbe�una�mera�duplicazione�di�formalita�,�in�quanto�l'inte- ressato�e�evidentemente�a�conoscenza�della�pendenza�del�procedimento� avviato�da�lui�stesso�(6).� 3. ^Osservanza della normativa da parte dell'amministrazione. La natura vin- colante delle Frequently�Asked�Questions�(F.A.Q.)�e la comunicazione istituzionale. Le�nuove�tecnologie�possono�apportare�anche�all'attivita�dell'�ammini- strazione�ottimi�risultati�che�ben�possono�agevolmente�ed�indiscutibilmente� misurarsi�in�termini�di�notevole�risparmio�di�tempo.� La�P.A.�sta�cambiando�in�questi�anni�e�molto�cambiera�nel�prossimo� futuro.� Le�F.A.Q.,�termine�preso�a�prestito�dall'inglese�Frequently Asked Que- stions,�hanno�lo�scopo�di�interpretare�correttamente�la�normativa�(non�sem- pre�chiara)�del�legislatore�nazionale:�raccolgono�ed�analizzano�le�richieste� piu�frequenti�e�sono�diffuse�ormai�in�quasi�tutte�le�amministrazioni�pubbli- che.� (4)�Sul�punto�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�20�febbraio�2002,�n.�1003,�in�Foro Amm. CDS,�2002,� 395;�Cons.�Stato,�sez.�V,�28�maggio�2001,�n.�2884,�in�Foro Amm.,�2001,�1222.� (5)�T.A.R.�Campania,�Napoli,�Sez.�IV,�4�gennaio�2002,�n.�88,�in�Foro Amm. TAR,�2002,� 208;�T.A.R.�Lazio,�Latina,�23�maggio�2001,�n.�527,�in�Foro Amm.,�2001.� (6)�Giurisprudenza�costante,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�23�maggio�2001,�n.�2849,in�Foro Amm. 2001,�1141;�Cons.�Stato,�sez.�IV,�12�marzo�2001,�n.�1381,�in�Foro Amm.,�2001,�366� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Le F.A.Q. sono vincolanti per le amministrazioni ed acquisiscono note- vole importanza in quanto costituiscono un esempio di come le nuove tecnolo- gie possano, in tempo reale, soddisfare le richieste dei destinatari, fornendo l'interpretazione, a livello ministeriale, della normativa in vigore. Questo con riferimento specifico alla singola esigenza del richiedente. D'altronde, la legge n. 15/2005aggiunge,all'art. 3dellalegge241/1990,l'art.3-bis che reca il titolo �uso della telematica� e recita: �per conseguire maggiore efficienza nella loro attivita� , le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati�. Viene conferita, dunque, maggiore importanza all'utilizzo dell'informa- tica come strumento volto a migliorare l'efficienza della P.A. Gia� da tempo l'uso dell'informatica e della telematica e� stato introdotto nella pubblica amministrazione, con effetti benefici in ordine all'efficienza e celerita� dell'attivita� amministrativa. Questo dovrebbe rendere piu� celere la trasmissione delle informazioni e la risposta ai quesiti degli amministrati e degli stessi dipendenti pubblici. Allo stesso modo, anche nei rapporti tra amministrazioni e privati, l'uso della telematica dovrebbe rendere piu� celere ed efficace il procedimento amministrativo in corso. Ne consegue che l'amministrazione decentrata, (in questo caso il C.S.A. di Reggio Emilia), era vincolata dalla risposta e dall'interpretazione gia� for- nite a livello di vertice, e non aveva possibilita� alcuna di discostarsene, pena la violazione della normativa stessa. Lo Stato, dunque, sempre piu� , si connota come un sistema di informa- zioni e comunicazioni, ossia come un apparato che raccoglie, elabora, e comunica dati. L'efficiente applicazione dei principi della semplificazione, della raziona- lizzazione e della trasparenza nell'attivita� amministrativa, hanno determinato una rivisitazione del concetto di comunicazione istituzionale: questa, infatti, e� divenuta risorsa centrale e decisiva per il buon funzionamento dell'ammini- strazione pubblica. Cambia la societa� , cambia la P.A.: la comunicazione, cos|� come l'azione della P.A., avviene in un contesto sociale gia� predisposto a tale cambiamento. La locuzione �comunicazione pubblica� e� , tuttavia, ancora sottovalutata dai giuristi, che continuano a preferire termini quali informa- zione, documentazione, pubblicita� , certo connessi, ma non coincidenti. L'attivita� di informazione e comunicazione dei soggetti istituzionali diventa uno degli elementi indefettibili dell'organizzazione pubblica, ossia una modalita� privilegiata con cui si persegue l'interesse della collettivita� mediante la circolazione dei dati e delle conoscenze di cui le Amministra- zione dispongono. L'attivita� di comunicazione e di informazione e� l'unica in grado di dare attuazione al principio di pubblicita� dell'agire pubblico che, in un sistema democratico, di norma deve prevalere sul principio della segretezza. Si parla, infatti, di trasparenza, che in realta� e� nozione discutibile e non coincidente con il principio di pubblicita� . La civilta� digitale odierna richiede un aggiornamento di progetti e valori non solo da parte dei politici ma anche dei burocrati e degli stessi comunicatori pubblici. Siamo di fronte a quello che e� stato definito lo Stato inserzionista,in IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� quanto�il�settore�pubblico�e�diventato,�anche�in�Europa,�uno�dei�migliori� clienti�delle�agenzie�di�pubblicita�(7).� La�direttiva�del�ministro�della�funzione�pubblica�del�7�febbraio�2002�pre- vede�il�coordinamento�e�l'imposizione�della�comunicazione�istituzionale�nel- l'agenda�dei�media�del�Paese,�mentre�la�direttiva�del�20�dicembre�2002�del�mini- stro�per�l'innovazione�e�le�tecnologie�(G.U.�n.�52�del�4�marzo�2003)�contiene� �linee�guida�in�materia�di�digitalizzazione�dell'amministrazione��e�richiama�le� �linee�guida�del�governo�per�lo�sviluppo�della�societa�dell'informazione�nella� legislatura�,�approvate�dal�consiglio�dei�ministri�il�31�maggio�2002.� Gli�operatori�che�vogliono�innovare�hanno�bisogno�di�una�informazione� istituzionale�che�non�sia�limitata�ai�soli�provvedimenti�normativi,�proprio� come�gli�stake-holders (portatori�di�interessi)�(8).�Le�applicazioni�della�comu- nicazione,�tra�cui�le�F.A.Q.,�gli�uffici�stampa�e�U.R.P.�(uffici�per�le�relazioni� con�il�pubblico),�costituiscono�gli�strumenti�del�cambiamento�interno�della� P.A.�La�legge�n.�150/2000�attribuisce�all'ufficio�stampa�la�gestione�dell'infor- mazione,�in�collegamento�con�gli�organi�di�informazione�a�mezzo�stampa,� radiofonici,�televisivi�ed�on-line.� Ormai�la�comunicazione�e�diventata�stile�e�missione�della�P.A.�Con� risultati�piu�che�lusinghieri:�grazie�alla�comunicazione�e�cambiata�la�conce- zione�di�P.A�nell'immaginario�collettivo�(9).�D'altronde,�il�valore�fenomenolo- gico�della�P.A.�e�il�modo�in�cui�lo�Stato�si�fa�presenza�tangibile�di�una�entita� normalmente�posta�su�un�piano�astratto�e�immateriale,�mentre�il�valore�rela- zionale�della�P.A.�e�il�punto�di�contatto,�di�raccordo,�di�dialogo�tra�Stato�e� societa�civile.�L'operazione�ricognitivo-interpretativa�riguarda�anche�e� soprattutto�il�valore�di�servizio�dello�Stato,�in�quanto�la�P.A�e�deputata�a� organizzare�tutti�gli�aspetti�della�vita�comunitaria,�nell'intento�di�conseguire� e�preservare�il�benessere�del�cittadino,�nonche�il�valore�di�appartenenza,� essendo�la�P.A.�l'espressione�di�un'identita�e�di�una�coscienza�collettiva.�Tutte� queste�teorie�sono�state�organizzate�e�hanno�generato�delle�strategie�d'inter- vento,�di�cui�la�P.A.�efficacemente�si�avvale(10).� Avv. Maria Vittoria Lumetti ()� (7)�In�Gran�Bretagna�l'intero�apparato�relativo�alla�comunicazione�e�affidato�a�strutture� private.�Cfr.�in�generale�Working document on the surveillance ofelectronic communications in the workplace,�29�May�2002,�DG�MARKT/5401/01,WP�55; Opinion8/2001ontheprocess ing ofpersonal data in the employment context,�13�September�2001,�Dg�Markt�5062/01,�WP� 48;�Recommendation 1/2001 on Employee Evaluation Data,�22�March�2001,�DG�MARKT� 5008/01,WP42.Vedi�anchele�decisioni�della�Commissione�europeainhttp://www.euru- pa.eu.int/comm/internal_market/en/dataprot/modelcontracts/index.htm.� (8)�Questi�possono�essere�esterni�(cittadini,�fornitori,�sindacati,�istituzioni�ecc.)�e�interni� (personale�diretto,�personale�indiretto�(collaboratori�che�partecipano�all'attivita�dell'impresa� e/o�organizzazione).� (9)�Le�risultanze�sono�scaturite�da�una�indagine�commissionata�dal�Ministero�della�fun- zione�pubblica.� (10)�La�comunicazione�professionale�va�comunque�tenuta�distinta�dalla�comunicazione� di�uso�comune,�in�quanto�si�propone�degli�obiettivi,�sottopone�a�verifica�i risultati raggiunti, cerca�di�comprendere�la�problematicita�del�proprio�campo�d'azione,�formula�ipotesi�di� lavoro,�le�sottopone�a�verifica.� ()�Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Bologna.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Parma, Sezione unica, ordinanza 18 ottobre 2005 n. 301 ^Pres.G.Ciccio�^Rel.Est.�U.�Giovannini�^O.A.�(avv.ti�S.�Moli- nari,�R.�Marchegiani)�c/�Ministero�dell'Istruzione�Universita�e�Ricerca,�C.S.A.�Reggio� Emilia�(avv.�dello�Stato�M.V.�Lumetti).� Punteggio�SISS.�La�scelta�originariamente�effettuata�dalla�ricorrente�di�conseguire�l'abili- tazione�all'insegnamento�relativamente�alla�classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione� alcorsobiennaleS.S.I.S.�e�deltuttopreclusivadellapossibilita�perlamedesimadi�trasferire�� il�relativo�punteggio�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�graduatoria�relativa�a�diversa�classe� di�concorso.� �Visto�il�ricorso�341/2005�proposto�da�O.A.�(omissis)� per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,� -della�graduatoria�definitiva�permanente�della�Provincia�di�Reggio�Emilia�della�classe� di�concorso�A051�(materie�letterarie�e�latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale)�pubblicata� nell'albo�del�Centro�Servizi�Amministrativi�della�Provincia�di�Reggio�Emilia�l'8�luglio�2005� nella�parte�in�cui�vengono�sottratti�24�punti�alla�voce��punteggi-abilitazione��riconosciuti� nella�precedente�graduatoria�definitiva�pubblicata�il�4�novembre�2004;� -della�medesima�graduatoria�nella�parte�in�cui�non�viene�valutato�il�servizio�prestato,� nella�medesima�classe�di�concorso,�dalla�ricorrente�nell'a.s.�2004-2005�con�ulteriore�mancata� attribuzione�di�12�punti;� -di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�e/o�conseguente.� Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;� Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre- sentata�in�via�incidentale�dalla�ricorrente;� Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:� Centro�Servizi�Amministrativi�di�Reggio�Emilia;� Udito�il�relatore�Cons.�Umberto�Giovannini�e�uditi�altres|�l'avv.�Molinari�per�la�ricor- rente�e�l'avv.�dello�Stato�Zito�per�l'Amministrazione�resistente;� Visti�gli�artt.�19�e�21,�u.c.,�della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�e�l'art.�36�del�r.d.�17�ago- sto�1907,�n.�642;� Ritenuto�che�la�scelta�originariamente�effettuata�dalla�ricorrente�di�conseguire�l'abilita- zione�all'insegnamento�relativamente�alla�classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione� al�corso�biennale�S.S.I.S.�era�del�tutto�preclusiva�della�possibilita�per�la�medesima�di��trasfe- rire��il�relativo�punteggio�alla�stessa�spettante�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�seno�a� graduatoria�relativa�a�diversa�classe�di�concorso;� P.Q.M.�^Respinge�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione�(omissis)�.� Ipareri delcomitato consultivo Ipareri delcomitato consultivo A.G.S.-Parere del 14 maggio 2005, n. 67615. Momento�diefficacia�della�determinazione�della�rendita�catastale�^Configu- rabilita�di�autotutela�(consultivo�18721/04,�avvocato�L.�Caputi�Iambrenghi).� �La�complessa�ed�articolata�richiesta�di�parere�prende�le�mosse�dalla� questione�di�fondo�costituita�dalla�efficacia�temporale�delle�variazioni�di�clas- samento�catastale.� 1)�In�merito�alla�stessa�si�ritiene�opportuno�segnalare�in�via�preliminare� la�normativa�introdotta�dall'art.�74�della�legge�342/2000�in�relazione�alla� quale�sono�enucleabili�i�seguenti�principi.� a)�a�decorrere�dall'1�gennaio�2000,�efficacia�della�attribuzione�o�della� modifica�della�rendita�catastale�per�terreni�e�fabbricati,�solo�dalla�data�di� notifica�a�cura�dell'Ufficio�del�Territorio�competente�ai�soggetti�intestatari� delle�partite�(e�contestuale�comunicazione�al�Comune)�con�connessa�impu- gnabilita�dell'atto�ex�art.�2�comma�3�D.Lgs.�546/1992�(comma�1);� b)�per�gli�atti�che�comportano�attribuzione�e�modifica�delle�rendite�adot- tate�entro�il�31�dicembre�1999�e�recepiti�in�atti�impositivi�dell'Amministra- zione�finanziaria�o�degli�enti�locali,�riapertura�dei�termini�per�l'impugnazione� decorrente�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge,�senza�computo�di�inte- ressi�e�sanzioni�e�senza�erogazione�di�rimborsi�(comma�2);� c)�per�gli�atti�che�comportano�attribuzione�e�modifica�delle�rendite,�adot- tati�entro�il�31�dicembre�1999�e�non�ancora�recepiti�in�atti�impositivi,�decor- renza�del�termine�di�impugnazione�dalla�notifica�di�questi�ultimi�(comma�3).� La�portata�dell'intervento�legislativo,�in�sintonia�peraltro�con�i�principi� espressi�dalla�V�Sezione�della�Suprema�Corte�nella�sentenza�n.�4509/2000,�e� nel�senso�di�aver�introdotto�a�regime,�con�decorrenza�1�gennaio�2000,�la� regola�di�carattere�generale�intesa�a�valorizzare�in�via�assoluta,�sia�ai�fini� della�efficacia�temporale,�che�del�decorso�del�termine�di�impugnazione,�la� notifica�della�attribuzione�e�della�variazione�della�partita.� Contemporaneamente�il�legislatore�ha�dettato�una�disciplina�transitoria� per�il�periodo�anteriore�all'1�gennaio�2000,�disciplina�che�attiene�alla�riaper- tura�dei�termini�di�impugnazione,�all'esonero�del�pagamento�di�interessi�e� sanzioni,�nonche�all'esclusione�di�rimborsi�per�importi�pagati,�in�base�al�prin- cipio�generale�dell'acquiescenza�alle�operazioni�catastali.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Pertanto,�si�ribadisce,�al�di�la��della�efficacia�transitoria�della�norma,�la� regola�generale�introdotta�a�decorrere�dall'1�gennaio�2000,�e��quella�della� necessita��della�notifica�della�attribuzione�e�della�variazione�della�rendita� all'intestatario�della�partita.� 2)�Relativamente�alla�questione�dell'autotutela�si�osserva. In�linea�generale,�la�stessa,�intesa�come�potesta��di�annullamento�e revoca�di�un�pregresso�provvedimento�di�accatastamento,�ove�esercitata� tanto�d'ufficio�che�su�istanza�di�parte�^nel�limite�invalicabile�dell'eventuale� formazione�di�un�giudicato�sostanziale tendenzialmente,�in subiecta materia,� non�puo��che�mirare�ad�eliminare�errori�di�inserimento�dei�dati,�ovvero�di� applicazione�delle�regole�tecniche�dell'estimo�catastale�in�relazione�adun� immutato�contesto.�Inteso�in�questo�senso,�l'annullamento�in�autotutela�non� puo��che�avere�effetto�ex tunc e�cioe��retroattivo.� Restano�pertanto�escluse�dall'ambito�contettuale�della�autotutela�tuttele� fattispecie�riconducibili�all'intervento�di�nuovi�elementi�afferenti�la�partita� catastale,�che�possono�invece�giustificare�una�revisione�in�relazione�al�muta- mento�degli�stessi�elementi�rilevanti.� Nell'esplicazione�concreta,�l'esercizio�della�potesta��di�autotutela�andra�� poi�armonizzato�con�i�principi�contenuti�nell'art.�21�nonies della�legge� 241/1990�introdotto�dall'art.�14�della�legge�11�febbraio�2005�n.�15.� Piu��in�particolare�dovra��essere�ponderata,�con�riferimento�all'interesse� generale,�la�finalita��di�una�corretta�operazione�di�accatastamento,�nel� rispetto�cioe��delle�regole�generali�dell'estimo,�interesse�che,�come�tale,�pre- scinde�da�quello�specifico�dell'Ente�Territoriale,�eventuale�beneficiario�del� gettito�proveniente�dal�tributo�locale.� Quanto�all'ulteriore�parametro�del��termine�ragionevole�,�cos|��come�si� esprime�l'art.�21�nonies citato,�e��evidente�che�avra��efficacia�preclusiva�all'eser- cizio�dell'annullamento�in�autotutela,�il�decorso�di�uno�spazio�temporale�tale� da�avere�determinato�situazioni�ormai�consolidate.� 3)�In�questa�cornice�si�puo��collocare�anche�la�diversa�fattispecie�della� revisione�di�accatastamento,�a�seguito�di�sentenza�resa�dai�giudici�tributari� ed�afferenti�gli�immobili�similari.� E�ben�vero�infatti�che�ai�sensi�dell'art.�2909�c.c�l'efficacia�del�giudicato�e�� limitata�alle�sole�parti�del�giudizio.�Tuttavia�in�tali�casi�non�si�e��in�presenza� di�una�vera�e�propria�estensione�del�giudicato,�ma�il�giudicato�stesso�costitui- sce�motivazione�dell'istanza�di�autotutela.�Ne�consegue�che,�fermo�restando� il�rispetto�dei�principi�introdotti�e�delineati�dall'art.�21�nonies citato�ed�il�gia�� ricordato�limite�di�un�diverso�giudicato�sostanziale�specificamente�riferito�al� soggetto�interessato,�la�fattispecie�in�discorso,�ben�puo��rientrare�nella�regola� generale�dell'autotutela�.� A.G.S. -Parere del 14 maggio 2005, n. 67621.� Illecito amministrativo in materia doganale, contrabbando doganale sem- plice e aggravato: distinzioni ^decreto del Presidente della Repubblica n. 43/1973, artt. 282 ss. (consultivo�11396/05,�avvocato�G.Albenzio).� �La�questione�prospettata�attiene�alle�differenze�intercorrenti�tra�le� diverse�ipotesi�di�contrabbando,�semplice�ed�aggravato,�previste�dal� T.U.L.D.�approvato�con�d.P.R.�n.�43/1973�e�tra�queste�e�gli�illeciti�ammini- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� strativi�di�cui�agli�artt.�302�ss.�del�medesimo�Testo�Unico,�il�tutto�con�parti- colare�riguardo�all'ipotesi�di�falsita�ideologica�nelle�dichiarazioni�doganali� inerenti�alle�merci�sdoganate.� 1.�^Il�d.P.R.�n.�43/1973,�artt.�282�ss.�contiene�numerose�disposizioni� riguardanti�le��Violazioni�doganali�,�tra�le�quali�rientrano�le�diverse�ipotesi� di�contrabbando.�Tale�normativa�e�stata�successivamente�modificata,�prima� dalla�legge�n.�706/1975,�poi�dalla�legge�n.�689/1981:�le�modifiche�anzidette� hanno�comportato�la�depenalizzazione�di�tutte�le�contravvenzioni�(quindi� anche�quelle�doganali)�punibili�con�la�sola�pena�dell'ammenda;�successiva- mente,�la�legge�n.�563/1993�(modificativa�della�legge�689/1981)�ha�esteso�la� depenalizzazione�delle�violazioni�finanziarie�ai�delitti�puniti�con�la�sola�multa� ma�con�esclusione,�secondo�la�giurisprudenza�di�legittimita�,�dei�delitti�finan- ziari�semplici��quando�^come�nel�caso�del�contrabbando�^sono�puniti�nelle� ipotesi�aggravate�anche�con�pena�detentiva��(Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.� n.�2338�del�22�maggio�1996;�Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.�n.�13962�del�6�dicem- bre�1999).�Premesso�che�la�normativa�che�concerne�le�violazioni�doganali�e� posta�a�tuteladell'Erariostatalee,�ancorapiu�ingenerale,�dellapotesta�tributa- ria�dello�Stato,�correttamente�Codesta�Agenzia�rileva�che�le�norme�in�mate- ria,�anche�a�seguito�della�parziale�depenalizzazione,�prevedono�una�gradua- zione�delle�pene�(o�comunque�delle�sanzioni),�a�seconda�dell'allarme�sociale� destato�dalle�singole�violazioni.� 2.�^A�questo�punto�puo�procedersi�all'analisi�della�normativa�richia- mata.�Argomentazioni�interpretative�di�tipo�sistematico�(oltre�che�letterale)� rendono�evidenti�le�differenze�tra�le�fattispecie�previste�dal�d.P.R.� n.�43/1973.�Partendo�dal��gradino�piu�basso��delle�violazioni�previste,�tro- viamo�gli�illeciti�amministrativi�di�cui�agli�artt.�302�ss.�L'art�303,�la�cui�analisi� risulta�maggiormente�utile�ai�fini�del�quesito�proposto,�sanziona��la�dichiara- zione�risultata�infedele�per�negligenza,�ignoranza�o�grossolana�malizia�nell'indi- cazione�della�quantita�,�qualita�e�valore�delle�merci�[...]��(Cass.�pen.,�Sez.�III,� sent.�n.�10478�del�3�dicembre�1983).�Il�soggetto�tenuto�al�pagamento�dei� diritti�doganali�non�si�sottrae,�dunque,�al�controllo�doganale�ma�per�semplice� ignoranza,�negligenza�o,�comunque,�in�modo�grossolano�e�quindi�facilmente� verificabile�in�sede�di�controllo,�indica�erroneamente�qualita�,�quantita�e� valore�delle�merci.� 3.�^Diversamente,�il�delitto�di�contrabbando�e�previsto�dalle�norme�di� cui�agli�artt.�282�ss.�del�decreto�in�parola,�le�quali�considerano�agli�effetti� penali�numerose�fattispecie�differenti.�In�generale,�il�contrabbando�consiste� nel�comportamento�di�chi,�in�violazione�delle�disposizioni�di�natura�doganale.� introduce�nel�territorio�dello�Stato,�commercia�o�anche�semplicemente�detiene� merci�che�sono�sottoposte�ai�diritti�difrontiera:�in�altre�parole,�quel�che�si�puni- sce�e��la�sottrazione�delle�merci�ai�diritti�di�confine,�con�evasione�o�elusione� dei�relativi�controlli��(Cass.,�Sez.�Un.�pen.,�sent.�n.�119�del�29�ottobre�1997);� sempre�il�linea�generale,�quindi,�si�prescinde�dalle�modalita�specifiche�attra- verso�le�quali�le�merci�vengono�introdotte�e�commercializzate�entro�lo�Stato� (ad�esempio,�merci�trasportate�senza�sottoporsi�ai�controlli�di�confine�oppure� importate�con�fraudolente�dichiarazioni�doganali).�Per�completezza�di�esposi- zione�si�aggiunge�che�il�reato�di�contrabbando�non�si�configura�come�reato� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO istantaneo bens|� come reato permanente, per cui �le�cose�soggette�a�diritti�di� frontiera,�per�cui�non�sia�stato�assolto�l'obbligo�tributario,�sono�permanente- mente�nella�illegittima�condizione�di�evasione�a�tali�diritti�[...]� (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 2108 del 27 novembre 1997). Per comprendere esattamente cosa sia il cd. �contrabbando semplice� puo� farsi riferimento proprio agli artt. 282 e seguenti del decreto piu� volte citato, fino alla norma di chiusura di cui all'art. 292, ove si punisce chiunque introduca merci estere attraverso il confine di terra in violazione delle prescrizioni, divieti, ecc.; chiunque scari- chi merci estere nello spazio intermedio tra la frontiera e la piu� vicina dogana; chiunque sia sorpreso con merci nascoste, ecc., anche se perpetrati in circostanze particolari e da determinati soggetti (capitani di navi, coman- danti di aeromobili, ecc.) Cio� che�rileva�e�semplicemente�ilfatto�in�se�di�aver� trasportato�la�merce�oltre�confine�senza�il�pagamento�dei�dovuti�diritti, a pre- scindere dalle modalita� con cui il fatto sia avvenuto: infatti l'Erario, i cui interessi costituiscono il bene tutelato dalle norme in esame, ne resta sempre e comunque danneggiato, indipendentemente dall'eventuale circostanza che, ad esempio, sia stato corrotto un agente di confine. Si giunge cos|� all'art. 295, che prevede alcune �Circostanze�aggravanti�del�contrabbando�;�il comma II, in particolare, recita: �Per�gli�stessi�delitti,�alla�multa�e�aggiunta�la�reclusione� da�tre�a�cinque�anni:� a)�quando�nel�commettere�il�reato,�o�immediatamente�dopo�nella�zona�di� vigilanza,�il�colpevole�sia�sorpreso�a�mano�armata;� b)�quando�nel�commettere�il�reato,�o�immediatamente�dopo�nella�zona�di� vigilanza,�treopiu�personecolpevolidicontrabbandosianosorpreseinsiemeriu- nite�e�in�condizioni�tali�dafrapporre�ostacolo�agli�organi�dipolizia;� c)�quandoilfattosiaconnesso�conaltrodelitto�controlafedepubblicao� contro�la�pubblica�amministrazione;� d)�quando�il�colpevole�sia�un�associato�per�commettere�delitti�di�contrab- bando�e�ildelitto�commesso�sia�tra�quelliper�cui�l'associazione�e�stata�costituita.� Il comma, in sostanza, stabilisce un aggravamento della pena nei casi in cui non solo si sia realizzato il contrabbando con conseguente danno all'Era- rio ma inoltre siano stati posti in essere altri comportamenti, almeno poten- zialmente lesivi di ulteriori e diversi interessi tutelati dall'ordinamento, i quali pertanto non rientrano (come facilmente si comprende dalla lettura del comma riportato) nella condotta che integra il reato di contrabbando sem- plice e posseggono, almeno parzialmente, una loro autonomia da un punto di vista sia fattuale sia di capacita� lesiva di beni giuridicamente protetti. Spe- cificamente, la lettera c) del comma citato riguarda il caso in cui il reato di contrabbando sia connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione. La giurisprudenza concorda nel ritenere che �in�materia�di�contrabbando...�la�connessione�prevista�dall'aggravante�di�cui� all'art.�295,�secondo�comma�lett.�c)�d.P.R.�23�gennaio�1973�n.�43,�quando�il� fatto�sia�connesso�con�altro�delitto�contro�lafedepubblicao�contro�lapubblica� amministrazione..�.va�inquadrata�in�quella�...�di�cui�all'art.�61�n.�2�cod.�pen.,� che�contempla�non�solo�le�ipotesi�di�chi�abbia�commesso�il�reato�per�eseguirne� o�per�occultarne�un�altro,�ma�anche�le�ipotesi�di�chi�abbia�commesso�il�reato� perconseguireo�assicurarease�o�adaltriilprofitto�o�ilprodotto�o�ilprezzo�di� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO altro|reato|ovveroperassicurarsi|l'impunita�|�|(Cass. pen., Sez. III, sent. n. 9554 del 31 ottobre 1984; Cass, pen., Sez. III, sent. n. 10637 del 27 novembre 1984). In sostanza, �ilfondamento|dell'aggravante|prevista|dall'art.|61|n.|2 e�| stato|costantemente|ravvisato|nella|maggiore|pericolosita�|di|colui|il|quale,|pur| di|attuare|il|suo|intento|criminoso,|non|arretra|difronte|alla|necessaria|od|even- tuale|commissione|del|reato-mezzo,|per|cui|presupposto|indispensabile|ed|unico| dellacircostanzae�|laconsapevolezza,dapartedelcolpevole,dellapluralita�|delle| risoluzioni|criminose|e|della|loro|coordinazione|finalistica�|(Cass. pen., sent. del 2 aprile 1981, Saitta, in Cassazione|Penale,1982, 1507; Cass. pen., sent. del 17 dicembre 1984, Masella, CED 168905). In tal senso, la corruzione di un funzionario doganale, ad esempio, oppure la falsita� ideologica del privato nelle dichiarazioni doganali (che non rientrino nelle grossolane �alterazioni� di cui all'art. 303, punibili come illecito amministrativo) costituendo rispetti- vamente reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica, in quanto connessi al contrabbando ai sensi dell'art. 61 n. 2 c. integrano l'ag- gravante di cui all'art. 295, II comma, lett. c), d.P.R. n. 43/1973. Del resto, ben diversa e� la condotta del soggetto che, per ipotesi, trasporta merci attra- verso zona non soggetta a controlli doganali evitando il controllo e di colui che importa le merci attestando il falso nelle dichiarazioni doganali: nel secondo caso, infatti, il privato e� ben cosciente del fatto che non|solo|sta| introducendo|merci|di|contrabbando|nel territorio statale (con conseguente danno all'Erario) ma|altres|�,|per|assicurarsi|che|l'azione|delittuosa|vada|a|buon| fine,|consapevolmente|sta|dichiarando|ilfalso|in|attipubblici|(con indicazioni fraudolente non immediatamente verificabili in quanto tali), quali sono le attestazioni doganali (con conseguente danno all'attivita� della pubblica amministrazione). Si osserva, incidentalmente, che �la|bolletta|doganale|di| importazionehanatura|diattopubblico|e|costituiscefattispecie|documentale|a| formazione|progressiva.|Essa|trae|origine|dalla|dichiarazione|di|partenza|for- mata|dall'interessato|e|presentata|nei|modi|ad|alle|condizioni|di|legge�|(Cass. pen., Sez. V, sent. n. 21355 del 9 aprile 2003; in tal senso, cfr. la Relazione| illustrativa|al d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43). In definitiva, la falsita� nelle dichiarazioni doganali, se anche rappresenta reato-mezzo molto frequente in connessione al delitto di contrabbando, nonper|questo|divieneparte|della|con- dotta|che|integra|il|reato|di|contrabbando|semplice|ma,|al|contrario,|mantiene| una|relativa|autonomia|ed|aggrava|lafattispecie|ai|sensi|dell'art.|295,|d.P.R.| n.|43/1973. Proprio per tale motivo, normalmente l'Autorita� Giudiziaria Penale, in caso di false attestazioni doganali, procede distintamente peril reato di contrabbando e per la falsita� in atti pubblici. Inoltre, la Cassazione ha affermato che ricorrono|gli|estremi|del|reato|di|cui|all'art|483|c.|p.|(Falsita� ideologica commessa dal privato in atto pubblico) �nelle|false|attestazioni| fatte|nella|dichiarazione|doganale,|poiche�sia|il|registro|delle|operazioni|doga- nali,|che|le|bollette|doganali,|in|cui|vengono|riportate|le|attestazioni|del|dichia- rante,sonodocumentipubblici,perlaqualita�|deisoggetticheliformanoeper| il|loro|contenuto�|(Cass. pen., sent. del 30 settembre 1980, Del Mastro, in Cassazione|Penale, 1982, p. 472; Cass. pen., sent. del 16 marzo 1987, Samueli, CED 175905); infatti, �la|dichiarazione|di|cui|alla|prima|parte|del|documento| doganale|viene|resa|alfunzionario|doganale|in|un|atto|pubblico|che|e� destinato| RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� aprovarne�la�verita�;�con�la�conseguenza�che�la�suafalsita�in�ordine�alla�qualita�,� quantita�o�composizione�della�merce�costituisce�il�reato�di�falso�di�cui� all'art.�483�c.�p.��(Cass.�pen.,�sent.�del�11�dicembre�1984,�Biagini,�CED� 168205).�Va�aggiunto�che��l'aggravante�prevista�dalla�lettera�c)�dell'art.�295� d.P.R.�23�gennaio�1973�n.�43�e�configurabile,�purche�il�delitto�connesso�sia� oggetto�di�giudizio�penale�non�essendo�sufficiente�che�esso�sia�accertato�inciden- talmente�come�semplice�fatto�storico�costitutivo�dell'aggravante�medesima�� (Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.�del�27�febbraio�1985�n.�1950).�Ulteriormente,�non� e�da�escludersi�una�responsabilita�dei�funzionari�doganali�in�caso�di�omis- sione�colposa�dei�controlli�dovuti:��Ilpubblico�ufficiale,�dunque,�non�si�limita� a�recepire�le�indicazioni�del�privato,�ma�effettua�sulle�stesse�una�verifica�della� quale�da�atto�specificatamente.�Ricorre,�dunque,�ildelitto�dicuiagliartt.�48�e�479� c.p.�ogniqualvolta�lafalsita�delle�attestazionicompiute�dalfunzionario�dell'ammi- nistrazione�doganalesia�dovuta�all'induzione�in�errore�operata�dalprivato�stesso� (v.�Cass.�sez�III,�7�maggio�1971,�n.�1032,�Ascalone;�sez�II,�11febbraio�1985,� n.�6683,Tantillo)��(Cass.pen.,Sez.V,sent.n.�21355del9�aprile2003).� 4.�^Infine,�si�osserva�che�la�sentenza�della�Cassazione�Penale� n.�10478/1983�non�appare�correttamente�interpretata�da�Codesta�Agenzia� delle�Dogane:�infatti,�la�sentenza�citata�semplicemente�mette�in�risalto�la�dif- ferenza�esistente�tra�l'illecito�amministrativo�ed�il�reato�di�contrabbando�in� generale�(senza�distinguere�tra�le�sue�varie�forme),�evidenziando�che�nel�caso� di�contrabbando�l'allarme�sociale�dovuto�al�delitto�e�superiore�rispetto�al� caso�di�illecito�amministrativo,�essendo�la�condotta�fraudolenta�concreta- mente�capace�di�evitare�o�eludere�i�controlli.�Tuttavia,�cio�non�significa�che� la�falsa�dichiarazione�resa�alla�dogana�sia�elemento�costitutivo�della�condotta� integrante�la�fattispecie�del�contrabbando:�tale�falsita�,�come�chiarito�nei� punti�precedenti,�in�quanto�reato�che�danneggia�l'attivita�ed�il�buon�andamento� della�Pubblica�Amministrazione�e�elemento�che�si�aggiunge�ed�aggrava� (art.�295,�Il�comma,�lett.�c),�d.P.R.�n.�43/1973)�il�comportamento�di�chi�intro- duce�nel�territorio�merci�sottoposte�a�diritti�di�confine�ed�in�tal�modo�arreca� danno�all'Erario�statale.� In�conclusione,�i�presupposti�distintivi�fra�la�figura�del�contrabbando� semplice�e�quella�del�contrabbando�aggravato,�anche�in�relazione�all'illecito� amministrativo�di�cui�all'art.�303�T.U.L.D.,�vanno�individuati�nei�termini� sopra�esposti�.� A.G.S. ^Parere del 31 maggio 2005, n. 75722. Affidamento�diretto�di�impianto�(consultivo�14148/05,�avvocato�W.�Fer- rante).� �1.�^Codesta�Amministrazione�ha�chiesto�il�parere�della�Scrivente�in� ordine�alla�possibilita�di�procedere�all'affidamento�diretto�di��FOCUS�,� impianto�mobile�di�scala�industriale�finalizzato�al�trattamento�termico�di� rifiuti,�alla�(X)�S.p.A.,�partecipata�dall'ENEA�al�98,65%.� Il�predetto�impianto,�che�ha�funzionato�in�maniera�sperimentale�solo�per� brevi�periodi,�e�inutilizzato�da�anni,�visti�anche�gli�elevati�costi�di�esercizio.� Sarebbe�pertanto�interesse�dell'ENEA�rimettere�in�esercizio�l'impianto,�avva- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� lendosi�di�un�partner�qualificato,�non�disponendo�di�figure�professionali�ido- nee�alla�gestione�e�al�funzionamento�di�un�impianto�a�tecnologia�complessa� come�il��FOCUS�,�al�fine�di�sviluppare�l'attivita�di�ricerca�e�di�sperimenta- zione�connesse�all'esercizio�di�lungo�termine�dell'impianto,�acquisendone�i� relativi�dati,�svolgendo�un�ruolo�di�supervisore�dell'intera�attivita�e�mante- nendo�il�controllo�sull'utilizzo�dell'impianto.� La�copertura�degli�elevati�costi�di�funzionamento�dell'impianto�puo� infatti�avvenire�solo�utilizzandolo�per�scopi�industriali,�quali�il�risanamento� ambientale�di�siti�contaminati�e�il�trattamento�di�rifiuti�industriali.� La�societa�(X),�che�opera�nel�campo�della�ricerca�industriale�e�possiede� le�competenze�tecniche�per�svolgere�l'attivita�di�ripristino�e�di�qualificazione� dell'impianto,�potrebbe�gestirlo�con�l'apporto�di�una�terza�societa�,�scelta� con�procedura�ad�evidenza�pubblica,�munita�dell'autorizzazione�allo�smalti- mento�di�rifiuti,�che�svolgerebbe�il�servizio�di�bonifica�e�di�smaltimento,� lasciando�alla�societa�(X)�l'attivita�di�acquisizione�dati�e�di�analisi,�sotto�la� supervisione�dell'ENEA,�il�che�consentirebbe�a�quest'ultimo�di�sviluppare�la� propria�attivita�di�ricerca.� Codesto�Ente�intenderebbe�quindi�stipulare�una�convenzione�con�la� societa�(X),�per�l'affidamento�della�gestione�del��FOCUS��a�quest'ultima,� che�si�assumerebbe�i�costi�per�il�riavvio�e�il�funzionamento�dell'impianto,in� vista�dei�ricavi�che�proverrebbero�dall'utilizzo�industriale�dell'impianto�stesso� e�quindi�dallo�svolgimento�dei�servizi�di�bonifica�ambientale�e�di�smaltimento� rifiuti�a�favore�di�terzi,�da�aggiudicarsi�mediante�gara.� L'ENEA,�dal�canto�suo,�conseguirebbe�il�vantaggio�di�sviluppare�l'atti- vita�di�ricerca�e�di�sperimentazione�connesse�al�funzionamento�dell'impianto,� mantenendone�il�controllo,�essendo�(X)�una�sua�societa�partecipata�e� potendo�direttamente�disporre�dei�risultati,�ottenuti�in�un�contesto�nazionale,� vantaggio�che�invece�non�sarebbe�rinvenibile�nella�proposta�alternativa�della� societa�brasiliana�(...),�che�implicherebbe�un�trasferimento�dell'impianto�a� Rio�de�Janeiro.� Le�altre�proposte�(...)�che�prevederebbero�l'utilizzo�dell'impianto�per�la� realizzazione�di�alcuni�piani�di�bonifica�di�siti�contaminati,�non�sarebbero� incompatibili�con�l'affidamento�della�gestione�dell'impianto�ad�(X)�che,�nel- l'assicurare�gratuitamente�all'ENEA�le�finalita�di�ricerca,�potrebbe�procedere� allo�sfruttamento�industriale�dell'impianto,�svolgendo�il�servizio�di�risana- mento�ambientale�e�di�smaltimento�dei�rifiuti�con�procedure�ad�evidenza� pubblica.� 2.�^In�proposito,�la�giurisprudenza�comunitaria,�con�la�sentenza�Teckal� (Corte�di�Giustizia�CE,�sez.�V,�sent.�18�novembre�1999,�causa�C-107/1998),� ha�per�la�prima�volta�parlato�di��in house providing��quale�modello�di�orga- nizzazione�e�gestione�di�pubblici�servizi�con�il�quale�le�pubbliche�amministra- zioni�realizzano�le�attivita�di�loro�competenza�attraverso�propri�organismi,� senza�quindi�ricorrere�al�mercato�per�procurarsi,�mediante�appalti,�i�lavori,� i�servizi�e�le�forniture�ad�esse�occorrenti�o�per�erogare�alla�collettivita�,� mediante�affidamento�a�terzi,�prestazioni�di�pubblico�servizio.� L'affidamento��in house�,�si�propone�infatti�di�armonizzare�i�principi� della�tutela�della�concorrenza,�codificati�nel�trattato�CE�e�ribaditi,�per�il�set- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tore�dei�servizi,�dalla�Direttiva�92/50/CEE,�attuata�nel�nostro�ordinamento� con�il�D.Lgs.�17�marzo�1995�n.�157,�con�il�potere�di�auto-organizzazione�pari- menti�riconosciuto�alle�amministrazioni�pubbliche�degli�Stati�membri.� La�predetta�sentenza�Teckal�ha�chiarito�che,�in�caso�di�contratto�stipu- lato�tra�una�pubblica�amministrazione�e�una�persona�giuridica�formalmente� diversa,�l'applicazione�della�normativa�europea�in�tema�di�appalti�pubblici�a� tutela�del�libero�mercato�puo��essere�esclusa,�oltre�che�nei�casi�previsti�dal- l'art.�6�Direttiva�92/50/CEE,�qualora�ricorrano�contemporaneamente�due� presupposti:�l'amministrazione�aggiudicatrice�deve�esercitare�sul�soggetto� aggiudicatario�un�controllo�analogo�a�quello�da�essa�esercitato�sui�propri�ser- vizi�e�il�soggetto�aggiudicatario�deve�realizzare�la�parte�piu��importante�della� propria�attivita��con�l'ente�o�con�gli�enti�pubblici�che�lo�controllano.� Sulla�scia�di�tale�apertura�della�giurisprudenza�comunitaria,�il�Legisla- tore�italiano�ha�recentemente�disciplinato,�nel�settore�dei�servizi�pubblici� locali,�tra�i�quali�rientra�quello�dello�smaltimento�dei�rifiuti,�la�possibilita��di� affidamento�diretto�del�servizio�a�societa��miste�a�condizione�che�il�socio�pri- vato�sia�scelto�mediante�gara�e�quella�dell'affidamento��in house��a�societa�� interamente�a�capitale�pubblico,�ricorrendo�i�presupposti�delineati�dalla� citata�sentenza�Teckal.� In�particolare,�l'art.�113,�comma�5�testo�unico�sugli�enti�locali�(D.Lgs� n.�267�del�18�agosto�2000)�come�sostituito�dall'art.�35�legge�n.�448�del� 28�dicembre�2001,�ulteriormente�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n.�269� del�30�settembre�2003�convertito�in�legge�n.�326�del�2003,�prevede�una�tri- plice�alternativa�per�l'erogazione�del�servizio�pubblico,�con�conferimento� della�titolarita��del�servizio:�a)�a�societa��di�capitali�individuate�attraverso�l'e- spletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica;�b)�a�societa��a�capi- tale�misto�pubblico-privato�nelle�quali�il�socio�privato�venga�scelto�attraverso� l'espletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica�che�abbiano�dato� garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie�in�materia�di�concor- renza;�c)�a�societa��a�capitale�interamente�pubblico�a�condizione�che�l'ente�o� gli�enti�pubblici�titolari�del�capitale�sociale�esercitino�sulla�societa��un�con- trollo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�che�la�societa��realizzi� la�parte�piu��importante�della�propria�attivita��con�l'ente�o�gli�enti�pubblici� che�la�controllano.� In�base�alla�predetta�norma,�quindi,�l'affidamento��in house��(lett.�c)� prevede:�aa)�la�totale�partecipazione�pubblica;�bb)�un�rapporto�che�deter- mina,�da�parte�dell'amministrazione�controllante,�un�assoluto�potere�di�dire- zione,�coordinamento�e�supervisione�dell'attivita��del�soggetto�partecipato;� cc)�lo�svolgimento�esclusivo�o�largamente�preponderante�dell'attivita��svolta� dalla�societa��partecipata�a�favore�dell'ente�pubblico�che�la�controlla,�affinche� non�venga�alterata�la�par condicio tra�imprese�concorrenti�presenti�sul�mer- cato,�trattandosi�in�tal�caso�di�organismo�che�non�sta�sul�mercato�o�che�vi� sta�in�posizione�del�tutto�marginale,�svolgendo�la�parte�piu��importante�della� propria�attivita��a�favore�dell'ente�controllante.� Da�ultimo,�va�pero��segnalata�la�recente�sentenza�Stadt Halle (Corte�di� Giustizia�CE,�sez.�I,�sent.�11�gennaio�2005,�causa�C-26/03)�che�ha�fortemente� ridimensionato�lo�spazio�di�deroga�alla�disciplina�comunitaria�a�tutela�della� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� concorrenza�e�della�libera�circolazione�dei�servizi,�affermando�che�l'art.�11,� n.�3�della�direttiva�92/50,�in�quanto�disposizione�derogatoria�alle�norme� comunitarie�intese�a�garantire�l'effettivita�dei�diritti�conferiti�dal�Trattato� CE�nel�settore�degli�appalti�pubblici�di�servizi,�deve�essere�interpretato� restrittivamente�e�pertanto,�nell'ipotesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudica- trice�intenda�concludere�un�contratto�a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rien- tranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione materiae della�direttiva� 92/50/CEE,�con�una�societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�la� detta�amministrazione�detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu� imprese�private,�le�procedure�di�affidamento�degli�appalti�pubblici�previste� dalla�citata�direttiva�debbono�sempre�essere�applicate.� A�seguito�di�tale�pronuncia,�l'ambito�che�sfugge�all'applicazione�della� normativa�comunitaria�in�materia�di�concorrenza,�resta�quindi�circoscritto� ai�contratti�a�titolo�gratuito�e�a�quelli�in�cui�vi�e�una�totale�partecipazione� pubblica�dell'amministrazione�aggiudicatrice.� Peraltro,�va�ricordato�che�un�orientamento�ancor�piu�restrittivo�e�stato� espresso�dal�Consiglio�di�Stato�con�la�recente�pronuncia�(sez.�V,�ord.� 22�aprile�2004�n.�2316)�che�ha�rimesso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�la�que- stione�pregiudiziale�sulla�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�e,�in�parti- colare,�con�la�liberta�della�prestazione�di�servizi,�il�divieto�di�discriminazione� e�l'obbligo�di�parita�di�trattamento,�trasparenza�e�libera�concorrenza,�di�cui� agli�artt.�12,�45,�46�e�86�del�Trattato�CE,�dell'affidamento�diretto,�ossia�in� deroga�ai�sistemi�di�scelta�del�contraente�di�cui�alla�direttiva�92/50/CEE,di� un�servizio�pubblico�ad�una�societa�per�azioni�a�capitale�interamente�pub- blico�(analoga�ordinanza�di�rimessione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�e�stata� adottata�dal�TAR�Puglia�^Bari,�sez.�III,�8�settembre�2004�n.�885).� 3.�^Alla�luce�di�tale�quadro�normativo�e�giurisprudenziale,�andrebbe� esclusa�la�possibilita�di�un�affidamento�diretto,�non�essendo�(X)�una�societa� a�capitale�totalmente�pubblico,�a�prescindere�quindi�dalle�modalita�che� hanno�caratterizzato�la�scelta�dei�due�soci�privati.� Va�considerato�tuttavia�che,�da�quanto�e�dato�comprendere�dalle�inten- zioni�di�codesto�Ente�^la�richiesta�di�parere�e�invero�alquanto�ellittica�e�dalla� documentazione�allegata�si�evincono�evidenti�incertezze�in�ordine�alla�forma� contrattuale�ancora��da�definire��ed�alle�condizioni�economiche�ancora�da� concordare�^l'oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e�(X)�dovrebbe�essere� esclusivamente�la�gestione�dell'impianto��FOCUS��a�fini�di�ricerca�e�speri- mentazione,�senza�alcun�onere�a�carico�dell'ENEA.� Lo�svolgimento�del�servizio�di�smaltimento�dei�rifiuti�e�di�bonifica�di�siti� contaminati�dovrebbe�essere�invece�svolto�da�(X),�per�ammortizzare�i�costi� di�riattivazione�e�di�manutenzione�dell'impianto,�con�un�partner,�munito� della�relativa�autorizzazione,�scelto�con�procedura�ad�evidenza�pubblicae�a� seguito�dell'aggiudicazione,�anche�qui�sulla�base�di�gara�pubblica,�di�appalti� di�servizi�a�favore�di�soggetti�terzi.�Il�principio�comunitario�della�tutela�della� concorrenza�sarebbe�quindi�adeguatamente�assicurato��a�valle��dalla�succes- siva�stipulazione�dei�contratti�di�appalto�tra�(X)�e�i�soggetti�terzi,�a�seguito� di�gara�pubblica.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�tali�limiti,�puo�ritenersi�che�oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e� (X)�non�sia�un�appalto�di�servizi�^riguardando�la�possibilita�di�utilizzazione� di�un�bene�e�non�essendo�prevista�alcuna�prestazione�economica�a�carico�del- l'ENEA�^ma�semplicemente�la�concessione�dell'impianto�FOCUS,�che�(X)� potra�sfruttare�anche�dal�punto�di�vista�industriale�mediante�la�stipulazione,� con�soggetti�terzi,�di�appalti�di�servizi�nel�rispetto�della�procedura�ad�evi- denza�pubblica.� A�differenza�del�pubblico�appalto�di�servizi,�la�concessione�di�servizi� esula�dall'ambito�di�applicazione�della�Direttiva�92/50/CEE,�essendo�caratte- rizzata�dal�fatto�che�la�controprestazione�che�il�gestore�del�servizio�in�que- stione�ottiene�dall'amministrazione�aggiudicatrice�consiste�nel�diritto�di�sfrut- tare,�ai�fini�della�sua�remunerazione,�la�propria�prestazione�(conclusioni�del- l'Avvocato�Generale�del�1�marzo�2005�nella�causa�Parking�Brixen�GmbH�C� ^458/03;�conforme�e�la�sentenza�Telaustria�e�Telefonadress,�Corte�di�Giusti- zia�CE�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998).� Anche�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�ha�recepito�la�predetta� distinzione,�affermando�che�la�normativa�comunitaria�impone�la�scelta�del- l'affidatario�di�servizi�pubblici�previa�procedura�ad�evidenza�pubblica� quando�tale�affidamento�avvenga�attraverso�un�appalto,�caratterizzato�da� una�prestazione�resa�dall'appaltatore,�cui�corrisponde�una�controprestazione� economica�da�parte�dell'amministrazione�e�non�anche�in�caso�di�concessione,� connotata�invece�dalla�gratuita�per�l'amministrazione�(Cons.�Stato,�sez.�V,� 3�febbraio�2005�n.�272).� L'oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e�(X),�consistente�in�un�modulo� organizzativo�di�gestione�rientrante�nel�c.d.��partenariato��pubblico�^pri- vato,�in�cui�l'ENEA�persegue�l'interesse�pubblico�di�ricerca�rientrante�tra�i� suoi�scopi�istituzionali,�affidando�l'utilizzazione�dell'impianto�ad�una�sua� partecipata�e�mantenendo�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri� servizi,�non�sembra�quindi�rientrare�nell'ambito�applicativo�della�Direttiva� 92/50/CE,�non�ravvisandosi�fattori�ostativi�all'affidamento�diretto�ad�(X)�.� A.G.S. ^Parere del 7 giugno 2005, n. 79329. Imposte e tasse. Imposta erariale del consumo sull'energia elettrica. Gruppi elettrogenifissi in datazione alle FF.AA. ^Produzione e consumo ^Debenza (consultivo�24104/04,�avvocato�P.�Cosentino).� �(Omissis)�La�questione�in�oggetto�e�stata�dalla�Scrivente�sottoposta� all'attenzione�dell'Agenzia�delle�Dogane�(quale�Ente�impositore)�con�la�pre- cedente�nota�del�3�agosto�2004�n.�106784;�nella�quale�veniva�gia�segnalata� l'assoluta�singolarita�di�una�fattispecie�in�cui�lo�Stato�si�troverebbe�ad�essere,� nello�stesso�tempo,�soggetto�passivo�e�soggetto�attivo�del�rapporto�giuridico� d'imposta.� Alla�predetta�segnalazione�l'Agenzia�delle�Dogane�ha�dato�riscontro�col� foglio�del�31�agosto�2004�n.�53859,�nel�quale�si�rappresenta�che,�ai�sensi�del- l'art.�52,�co.�2,�del�D.Lgs�n.�504/1995�(il�cui�titolo�II�concerne�appunto�l'im- posta�di�consumo�sull'energia�elettrica),�non�e�prevista�per�le�Amministra- zioni�dello�Stato�la�non�applicabilita�dell'imposta�di�consumo,�non�rien- trando�tra�le�ipotesi�di�esenzione�ivi�espressamente�previste.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Cio��premesso,�la�Scrivente�non�puo��che�prendere�atto�che,�alla�stregua�della� citatanormadelD.Lgsn.�504/1995,checontienel'elenco�^evidentementetassa- tivo^delle�ipotesi�di�esenzione�o�non�sottoposizione�all'imposta�erariale�de qua,� riferendoleall'attivita��diproduzioneodiimpiegodell'energiaelettricapiuttosto� che�alla�natura�pubblica�o�privata�del�soggetto�produttore�o�utente,�nonche�,a� quanto�pare,�della�prassi�costantemente�seguita�sino�ad�epoca�recente,�il�caso� segnalato�in�oggetto�non�rientra�tra�le�ipotesi�anzidette�di�esenzione�all'imposta.� Pertanto,�ad�onta�del�principio�dell'unitarieta��della�persona�giuridica� dello�Stato�italiano,�che�a�rigore�comporterebbe�l'inesistenza�in�radice�della� stessa�possibilita��di�nascita�del�presupposto�del�rapporto�obbligatorio�di� imposta�(che,�come�ogni�altro�rapporto�giuridico�di�obbligazione�non�puo�� intercorrere�se�non�tra�due�distinti�soggetti�di�diritto,�tant'e��che�l'obbligazione� si�estingue�ipso iure per�confusione�quando�le�due�contrapposte�posizioni�di� creditore�e�di�debitore�vengano�a�riunirsi�nella�stessa�persona:�cfr.�art.�1253� c.c.),�deve�ritenersi�la�esistenza�di�situazioni�la�cui�anomalia,�anche�agli�effetti� contabilistici,�e��di�tutta�evidenza�di��credito-debito��(e�viceversa)�tra�distinte� Amministrazioni�(organi,�ancorche�talora�dotati�di�autonoma�personalita�� com'e��per�le�Agenzie�fiscali,�della�unica�persona�giuridica�statale).� La�ragione�di�cio��va,�probabilmente,�ravvisata�in�un'esigenza,�non�gia��,� come�appare�ovvio,�di�conseguire�un'entrata�reale,�bens|��di�redistribuzione,� ai�fini�meramente�contabili,�di�risorse�da�uno�ad�altro�capitolo�dell'unitario� bilancio�statale.�Solo�su�un�tale�piano�contabile�interno�appare�dunque�possi- bile�affermare�l'esistenza�di�un�rapporto�di��debito�,�e�conseguente�necessita�� di��pagamento��dell'imposta�(piu��proprio�sarebbe�parlare�di��trasferimento� di�una�somma��parametrata�all'ammontare�del�tributo)�da�parte�dell'Ammi- nistrazione�della�difesa�(limitatamente�alle�attivita��in�oggetto,�s'intende)�a� favore�dell'Amministrazione�Finanziaria.� Tuttavia,�proprio�per�la�piu��sopra�rilevata�natura�unitaria�dello�Stato� italiano,�il�suaccennato�rapporto��obbligatorio��rimane�tutto�e�per�intero� posizionato,�per�cos|��dire,�all'interno�della�persona�giuridica�statale.� Cio��ha,�in�primo�luogo,�come�conseguenza�l'impossibilita��di�configurare� un�inadempimento�vero�e�proprio,�o�anche�solo�una�situazione�di�morosita��,�nel� caso�di�mancato�assolvimento�della�predetta��obbligazione�di�pagamento��nel� termine�previsto;�con�l'ulteriore�conseguenza�che�non�sono�applicabili��san- zioni��di�sorta,�quali�interessi�moratori,�pene�pecuniarie�e�quant'altro.� Cio��comporta�altres|��la�giuridica�impossibilita��che�tra�diversi�organi�di� tale�unitario�soggetto�giuridico�nasca�un�rapporto�giuridico�processuale�nel� quale�possa�essere�versata�ogni�eventuale�pretesa�insorgente�tra�i�due�organi� medesimi.�Da�qui,�pertanto,�l'impossibilita��che�l'Amministrazione�della� Difesa�ricorra,�nella�specie,�al�Giudice�tributario�contro�l'Amministrazione� delle�Dogane;�e�cos|��pure,�per�converso,�l'impossibilita��per�quest'ultima�di� agire�in executivis contro�la�prima.� Rappresenta�poi�corollario�di�tale�principio�della�unicita��della�persona� dello�Stato�che�le�controversie�ad�esso�interne�insorgenti�tra�i�diversi�suoi� organi�vengano�risolte�o�di�comune�accordo�tra�di�essi�ovvero�sottoposte,�in� ultima�istanza,�al�Consiglio�dei�Ministri�per�le�definitive�determinazioni.� Ed�e��per�questo�profilo�che�la�presente�nota�viene�indirizzata,�per�oppor- tuna�conoscenza,�anche�agli�Uffici�di�Gabinetto�dei�due�Ministeri�interessati�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A.G.S. ^Parere del 9 giugno 2005, n. 80746. Verifica�amministrativo-contabile�a�norma�dell'art.�7�del�decreto�del�Presi- dente�del�Consiglio�dei�Ministri�12�marzo�1994�^Saldo�contributivo�(consultivo� 24143/04,�avvocato�S.�Sabelli).� �L'ente�morale�(...),�avendo�curato�in�buona�parte�la�realizzazione�delle� stagioni�del�teatro�(...)�utilizzando�il�nome�del�teatro�e�continuandone�l'atti- vita�,�ha�beneficiato�delle�sovvenzioni�stabili�previste�dalla�legge�14�agosto� 1967,�n.�800�(Nuovo�ordinamento�degli�enti�lirici�e�delle�attivita�musicali)� dall'anno�1997�all'anno�1999.� A�seguito�di�verificazione�amministrativo-contabile,�disposta�dalla� Ragioneria�Generale�dello�Stato�ed�affidata�ai�Servizi�Ispettivi�di�Finanza�ai� fini�della�erogazione�del�contributo�per�una�stagione�[di�spettacolo],�codesta� Amministrazione,�sulla�base�delle�risultanze�finali�del�relativo�bilancio�con- suntivo,�da�cui�era�emersa�una�spesa�complessiva�di��.�2.223.622.842�a�fronte� di�entrate�accertate�in��.�2.412.720.000,�ha�ritenuto�di�operare�la�riduzione� del�contributo�gia�a�suo�tempo�assegnato.� Da�cio�ha�avuto�origine�una�vertenza�con�l'Ente�beneficiario,�per�il� momento�concretatasi�in�un�copioso�carteggio�diretto�da�entrambe�le�parti� a�sostenere�e�ad�illustrare�le�rispettive�posizioni�in�merito�alla�legittimita�delle� decurtazioni�effettuate.� Il�parere�richiesto�alla�Scrivente�verte�in�sostanza�sulla�configurabilita�,� alla�luce�delle�normative�vigenti�in�materia,�del�potere�in�capo�all'Ammini- strazione�di�rideterminare,�sulla�base�di�verificazione�contabile�in�sededi� bilancio�consuntivo�annuale,�l'entita�dei�contributi�gia�assegnati�ad�enti�lirici� ed�istituzioni�concertistiche�assimilate�per�favorire�l'incentivazione�delle�atti- vita�musicali�(artt.�26�e�segg.�della�citata�legge�n.�800/1967).� 1.�La�questione�prospettata�trova�la�primaria�fonte�di�regolamentazione� nell'art.�39�della�legge�citata�la�quale,�in�particolare,�prevede�al�primo�comma� che�la�liquidazione�delle�sovvenzioni�e�dei�contributi�e�disposta�ad�attivita�ulti- mate,�previa�presentazione�attestante�l'osservanza�degli�adempimenti�di�legge�e� la�regolarita�della�gestione.� Tale�scelta�legislativa,�chiaramente�ispirata�all'esigenza�di�controllo�del- l'utilizzazione�delle�somme�erogate�per�i�fini�indicati�dalla�legge�attraverso� verifica�contabile�delle�spese�effettuate,�tra�l'altro,�si�poneva�in�sintonia�con�la� disciplina�della�ripartizione�dei�contributi�dello�Stato�per�il�sovvenzionamento� delle�attivita�liriche�e�musicali�dettata�dall'art.�22�della�stessa�legge,�in�seguito� interamente�abrogato�da�successive�normative�intervenute�in�materia.� Comunque,�l'agevole�interpretazione�del�principio�generale�che�si�ricava� dal�chiaro�tenore�della�disposizione�citata�non�appare�scalfito�dalla�recente� decisione�del�Consiglio�di�Stato�(Sez.�VI,�n.�1061�del�3�marzo�2004),�in�merito� alla�quale�codesta�Amministrazione�esprime�delle�perplessita�ed�una�certa� preoccupazione�per�i�possibili�riflessi�generali�derivabili�dall'affermazione� �la�determinazione�del�contributo�e�stabilita�in�via�definitiva�in�sede�di�pre- ventivo�,�che�appare�assunta�in�motivazione�a�fondamento�della�decisione� della�sentenza�appellata�(TAR�Veneto,�n.�21821/03).� A�tale�conclusione,�in�realta�,�non�sembra�doversi�attribuire�la�portata�di� principio�generale,�essendo�giustificata�dall'Organo�giudicante�essenzial- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� mente�alla�stregua�della�lettura�di�alcune�specifiche�disposizioni�(quelle�con- tenute�negli�artt.�6-9)�della�circolare�n.�4�dell'11�agosto�1989,�emanata�dal� Ministero�del�Turismo�e�dello�Spettacolo�in�tema�di�promozione�all'estero� dello�spettacolo�italiano.� La�fattispecie�in�esame,�tra�l'altro,�e�invece�soggetta�all'applicazione�di� una�diversa�circolare,�emanata�dalla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri,� la�n.�10�del�5�dicembre�1994,�volta�a�regolare�la�diversa�ancorche�parallela� materia�degli�interventi�a�favore�delle�attivita�musicali�e�di�danza�in�Italia.� La�disciplina�introdotta�da�quest'ultima�circolare�in�rispondenza�ai�det- tami�generali�promananti�dalla�fonte�primaria�attribuisce�un�rilievo�determi- nante�al�momento�della�verifica�in�sede�di�esame�del�bilancio�consuntivo.� Cio�si�desume�innanzitutto�dal�disposto�del�primo�comma�dell'art.�4�il� quale�conferma�che��la�liquidazione�delle�sovvenzioni�sara�disposta,�a�norma� dell'art.�39�della�legge�14�agosto�1967,�n.�800�e�successive�modifiche,�previo� riscontro�della�documentazione�consuntiva�richiesta,�attestante�l'osservanza� degli�adempimenti�di�legge�e�la�regolarita�della�gestione�.� I�successivi�commi�2�e�3�precisano�poi�che��il�rendiconto�^con�allegata� una�relazione�che�illustri�le�singole�dettagliate�voci�di�entrata�e�di�uscita�non- che�le�eventuali�differenze�rispetto�alle�indicazioni�del�preventivo�^dovra� avere�la�stessa�impostazione�di�previsione�(distinzione�tra�spese�generali�e� spese�artistiche),�risultare�aggiornato�dall'organo�istituzionalmente�preposto� edovra�fare�riferimento�alle�entrate�ed�uscite�effettive�connesse�alla�realizza- zione�dell'attivita�sovvenzionata...��(comma�2)�e�che��gli�oneri�sostenuti� dovranno�essere�dettagliati�e�per�essi�^come�per�tutte�le�attivita�diverse�dal- l'intervento�dello�Stato�^il�beneficiario�dovra�rilasciare�sotto�la�propria� responsabilita�civile�e�penale,�una�dichiarazione�a�firma�e�qualifica�autenti- cata...�attestante�la�veridicita�e�l'omnicomprensivita�delle�voci�di�entrata�e�di� uscita�esposte�in�rendiconto,�nonche�la�loro�connessione�all'attivita�sovven- zionata��(comma�3,�primo�capoverso).� Tali�disposizioni,�dunque,�non�si�giustificherebbero�se�ai�fini�della�entita� definitiva�della�sovvenzione�statale�rilevasse�la�determinazione�effettuata�in� sede�di�assegnazione�del�contributo�sulla�base�del�rendiconto�preventivo�e� non�quella�effettuata�a�consuntivo�per�gli�oneri�documentati.�In�effetti,�la� precedente�quantificazione�a�preventivo�del�contributo�statale�ha�senza�dub- bio�la�funzione�di�fissare�l'entita�massima�del�contributo�erogabile,�mentre� la�definitiva�determinazione�puo�avvenire�soltanto�a�consuntivo.� Infine,�va�sottolineato�che�il�successivo�art.�7�della�circolare�n.�10/1994,� ai�fini�dell'intervento�finanziario�annuale,�stabilisce,�al�comma�2,�che�i�bilanci� dovranno,�in�ogni�caso,�esporre�entrate�diverse�dal�contributo�statale�non� inferiori�al�60%�della�sovvenzione�richiesta;�e,�al�comma�3,�che�qualora�tale� percentuale�non�risulti�verificata�in�sede�consuntiva�si�procedera�alla�propor- zionale�riduzione�della�sovvenzione�assegnata.� Il�disposto�del�terzo�comma�ora�ricordato�vale�a�chiarire�che�la�minima� capacita�di�sostegno�economico�indicata�dall'aspirante�al�contributo�ai�fini� dell'assegnazione�va�sempre�verificata�in�sede�di�rendiconto�consuntivo,�cos|� come�in�tale�sede�vanno�verificate�le�spese�effettivamente�sostenute�alla�luce� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� della�documentazione�fornita�a�supporto�dello�stesso�rendiconto,�e�non�in� misura�forfettaria,�al�contrario�di�quanto�sostenuto�dall'Ente�sulla�base�del� parere�pro-veritate�allegato.� 2.�Cio�precisato�sulla�legittima�configurabilita�del�potere-dovere�del- l'Amministrazione�di�rideterminare�in�via�definitiva�l'ammontare�del�contri- buto�gia�assegnato�sulla�base�delle�risultanze�della�verifica�amministrativo-- contabile�da�effettuare�a�consuntivo,�deve�essere�anche�rilevato�che�per� quanto�concerne�la�quantificazione�delle�spese�effettive�sostenute,�in�rela- zione�al�cui�ammontare�va�commisurato�il�contributo�definitivo�da�erogare,� in�linea�di�principio,�non�appaiono�infondati,�ad�avviso�di�questa�Avvocatura� Generale,�i�criteri�di�identificazione�delle�spese�ammissibili�avanzati�dal� legale�dell'Ente.�Non�si�ritiene,�infatti,�che�l'attivita�meritevole�di�sovvenzione� debba�essere�circoscritta�alla�fase�esclusivamente�inerente�alla�esecuzione�e� messa�in�scena�delle�recite,�non�potendosi�prescindere,�al�contrario,�dalle�fasi� preparatorie�e�successive�e�quindi�dai�costi�affrontati�in�relazione�ad�attivita� strettamente�e�strumentalmente�collegate�al�risultato�finale�della�rappresenta- zione.� Tale�convincimento�riposa�sulla�base�testuale�del�quarto�comma�del�gia� citato�art.�4�della�circolare�n.�10/1994,�che�cos|�elenca�le�spese�ammissibili,� suddivise�in�spese�generali�ed�artistiche.� �a)�Le�spese�generali,�ove�non�diversamente�indicato,�sono�costituite�da:� affitto�sede�e�spese�connesse,�telefono,�energia�elettrica,�spese�postali,� cancelleria,�personale�amministrativo,�indennita�di�carica�e�gettoni�di�pre- senza,�rappresentanza,�eventuali�ammortamenti�^almeno�quinquennali�r iferiti�a�spese�per�acquisto�strumenti�musicali,�interessi�passivi.�Esse�non� potranno�superare,�in�via�ordinaria,�l'aliquota�percentuale�del�30%�delle� uscite,�elevabile�al�40%�soltanto�per�la�documentata�incidenza�degli�interessi� passivi.�Gli�oneri�ammissibili�per�gli�interessi�passivi�^che�vanno�comunque� documentati�da�certificazioni�bancarie�integrate�da�una�relazione�esplicativa� del�legale�rappresentante�^dovranno�essere�riferiti�all'anno�di�competenza�e� riguardare�i�contributi�pubblici;� b)�le�spese�artistiche�sono�rappresentante:� dalle�retribuzioni�agli�artisti,�al�direttore�artistico�ed�ai�collaboratori� artisti,�ai�componenti�delle�giurie�ed�ai�docenti,�con�i�relativi�contributi�previ- denziali;� dalle�retribuzioni�al�personale�tecnico�e�di�sala�con�i�relativi�contributi� previdenziali;� fitti�locali�di�spettacolo�con�l'eventuale�costo�degli�allestimenti�scenici� (palco�e�relative�spese�di�fonica�e�luci);� tipografia,�editoria,�pubblicita�,�promozione;� SIAE;� viaggi�e�soggiorno�artisti�a�carico;� partiture.�� Il�quinto�comma�dello�stesso�articolo�specifica�che:��l'intervento�dello� Stato�non�potra�coprire�di�regola�piu�del�70%�dei�costi�delle�manifestazioni� musicali,�con�possibilita�di�elevare�tale�percentuale�fino�al�90%�per�attivita� che,�per�situazioni�connesse�al�genere�musicale,�alla�struttura�dell'iniziativa� promotrice�o�al�territorio,�risultino�meritevoli�di�particolare�considerazione�.� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Naturalmente l'ammissibilita� teorica delle voci di spesa elencate non si traduce in concreto nell'ammissione automatica all'intervento contributivo, se non in base a precise e dettagliate risultanze del bilancio consuntivo, sup- portate da adeguata documentazione. Sulla base del criterio indicato rispondente al dettato normativo della citata circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, codesta Ammini- strazione vorra� rivedere ed eventualmente rettificare la determinazione degli oneri ammessi a contributo in sede di esame del rendiconto consuntivo for- nito dall'Ente interessato�. A.G.S. ^Parere del 10 giugno 2005 n. 80985. Art.43,1.commae57,d.P.R.n.327/2001^Art.5L.�166/2002^Possibi- lita�ed�ambito�di�utilizzazione�(contenzioso 24416/03, avvocato T. Varrone). �Con nota del 2 marzo u.s. codesta Pubblica Amministrazione ha chie- sto di conoscere l'avviso della Scrivente in merito alle iniziative da assumere in relazione alle pretese risarcitorie formalizzate dai Sigg.ri (...), proprietari di terreni (...) utilizzati per la realizzazione dell'immobile destinato ad ospi- tare il locale Comando Compagnia della Guardia di Finanza. I lavori di costruzione della nuova caserma furono affidati in concessione alla C. S.r.l., la quale assunse anche il compito di provvedere all'espletamento di attivita� propedeutiche o strumentali alla esecuzione degli stessi, fra le quali la proget- tazione dell'opera e la cura delle procedure ablatorie preordinate all'acquisi- zione delle aree occorrenti per la realizzazione dell'opera. A quanto e� dato desumere dalla ricostruzione dei fatti effettuata da codesta Pubblica Amministrazione alla occupazione delle particelle dei ter- reni di proprieta� dei Sigg.ri (...) (autorizzata dal Prefetto (...) nel febbraio 2003 per due anni) non e� mai seguita l'adozione del decreto d'esproprio e, nonostante cio� , dopo aver impugnato il provvedimento autorizzativo dell'oc- cupazione e quello di approvazione del progetto, avente valore di dichiara- zione di pubblica utilita� Sigg.ri (...) proponevano opposizione alla stima delle indennita� di esproprio e di occupazione. L'adita Corte di Appello, preso atto che non era intervenuto decreto d'e- sproprio, ha dichiarato in parte inammissibile l'opposizione ed ha determi- nato l'indennita� di occupazione qualificando i terreni di proprieta� degli istanti come edificabili e, per tal motivo, la sentenza e� stata impugnata dalla concessionaria, stante la declaratoria di insussistenza di legittimazione pas- siva dell'allora Ministero dei Lavori Pubblici, mentre il ricorso con cui si metteva in discussione la legittimita� dell'occupazione (e degli atti sui quali la stessa si fondava) era respinto dal TAR con sentenza del 6 agosto 1998 che, a quanto sembrerebbe desumersi dalla ricostruzione dei fatti effettuata da codesta Pubblica Amministrazione, non e� stata appellata. Con ricorso notificato in data 1O giugno 2003 infine i Sigg.ri (...) hanno evocato il Ministero delle Infrastrutture e la concessionaria al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dalla perdita dei terreni occupati perla costruzione della caserma ed oggetto di radicale ed irreversibile trasforma- zione in conseguenza della realizzazione della stessa. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tutto�cio��premesso,�si�vuole�in�primo�luogo�sottolineare�che�la�nota�e�� pervenuta�sprovvista�degli�allegati�in�essa�menzionati�(CTU�espletata�nel�giu- dizio�gia��svoltosi�innanzi�alla�Corte�d'Appello�e�proposta�transattiva�forma- lizzata�dal�legale�dei�Sigg.ri�...)�e�che�in�precedenza�e��stata�trasmessa�esclusi- vamente�copia�della�convenzione,�il�che,�evidentemente,�non�consente�di� avere�esatta�cognizione�di�tutti�gli�aspetti�della�vicenda.� Ad�ogni�buon�conto,�da�quanto�si�riferisce,�di�certo�non�puo��dubitarsi� della�circostanza�che�nel�caso�di�specie,�in�ragione�del�mancato�completa- mento�della�procedura�ablatoria,�si�e��avuta�acquisizione�della�proprieta��del- l'area�occupata�da�parte�di�codesta�Pubblica�Amministrazione�per�effetto� della�radicale�ed�irreversibile�trasformazione�della�stessa�conseguente�alla� realizzazione�della�caserma�e�agli�originari�proprietari�dei�terreni�e��dovuto�il� risarcimento�del�danno�per�l'illecito�sofferto.� Fermo�restando�che�era�certamente�codesta�Pubblica�Amministrazione� a�dover�corrispondere�la�somma�per�l'indennita��di�esproprio�che�i�Sigg.ri� (...)�avrebbero�dovuto�percepire�(anche�se�provvedendo�a�rimborsare�la�con- cessionaria),�per�cio��che�attiene�alla�differenza�fra�il�dovuto�a�titolo�di�risarci- mento�e�la�prima�la�Scrivente,�pur�versandosi�in�fattispecie�in�cui�il�conces- sionario�si�era�visto�affidare�il�compito�di�provvedere�all'espletamento�delle� procedure�ablatorie�strumentali�alla�realizzazione�dell'opera,�poiche�dal- l'art.�10,�comma�quinto,�lett.�F),�seconda�parte,�della�Convenzione�risulta� che�il�medesimo�operava�in�nome�e�per�conto�del�Demanio�dello�Stato�si� deve�ritenere,�sulla�base�dei�principi�regolanti�la�rappresentanza,�che�l'attivita�� dal�medesimo�svolta�(nell'espletamento�delle�procedure�ablatorie)�era�diretta- mente�imputabile�a�codesta�Pubblica�Amministrazione�concedente�che,�oltre- tutto,�non�risulta�aver�trasferito,�contestualmente�all'affidamento�del�compito� di�provvedere�all'espletamento�delle�procedure�ablatorie�strumentali�alla�rea- lizzazione�dell'opera�anche�i�correlativi�poteri,�di�talche�sembrerebbe�doversi� escludere�che�si�versi�in�ipotesi�di�vera�e�propria�delegazione�intersoggettiva� (cioe��di�vera�e�propria�statuizione�del�concessionario�alla�Pubblica�Ammini- strazione)�e,�pertanto,�dell'illecito�deve�rispondere�anche�(se�non�esclusiva- mente)�codesta�Pubblica�Amministrazione,�pur�se�la�Corte�di�Appello�(peral- tro�chiamata�a�pronunciarsi�solo�sulla�determinazione�dell'indennita��di�occu- pazione)�si�e��diversamente�espressa.� Tutto�cio��,�ovviamente,�non�toglie�che�codesta�Pubblica�Amministrazione� possa�e�debba�rivalersi�per�la�maggiore�somma�che�dovesse�essere�costretta� a�pagare�in�conseguenza�dell'illecito�nei�confronti�della�concessionariaseil� mancato�completamento�della�procedura�ablatoria�e��dipeso�dall'omesso�o� negligente�adempimento,�da�parte�della�medesima,�degli�obblighi�di�cui�alla� Convenzione�(sul�punto�questo�G.U.�non�e��in�grado�di�esprimersi�poiche� codesta�Pubblica�Amministrazione�nulla�precisa�in�merito�alle�cause�del� mancato�espletamento�della�procedura�ablatoria).� Per�cio��che�attiene�alla�quantificazione�del�dovuto�si�deve�constatare�che� sussiste�netta�divergenza�fra�quanto�codesta�Pubblica�Amministrazione� ritiene�spettare�ai�Sigg.ri�(...)�e�quanto�preteso�da�questi�ultimi,�anche�alla� luce�della�sentenza�della�Corte�di�Appello�di�Roma,�e�cio��in�ragione�della�dif- ferente�qualificazione�dell'area�utilizzata�per�la�costruzione�della�caserma.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Sottolineato�che�risulta�quanto�mai�arduo�esprimersi,�posto�che�non�si� dispone�della�necessaria�documentazione,�va�pregiudizialmente�evidenziato� che�la�quantificazione�del�risarcimento�deve�muovere�dalla�verifica�delle� dimensioni�dei�terreni�oggetto�di�radicale�ed�irreversibile�trasformazione,� che�potrebbero�non�coincidere�con�le�dimensioni�delle�aree�occupate�(le�quali� ad�esempio�potrebbero�in�parte�esser�servite�anche�per�l'allocazione�del�can- tiere).�Secondariamente,�si�ritiene�che�versandosi�in�una�ipotesi�di�occupa- zione�appropriativa�(o�acquisitiva�o�ancora�di�accessione�invertita�che�dir�si� voglia)�l'illecito�perpetrato�in�danno�dei�Sigg.ri�(...)�comporta�il�diritto�degli� stessi�di�vedersi�corrispondere�oltre�alla�sorte�interessi�e�rivalutazione,� secondo�i�criteri�indicati�dalla�Suprema�Corte�sulla�scia�dei�principi�affermati� dalle�Sezioni�Unite�nella�nota�sentenza�n.�1712/1995.�Da�ultimo�e�prima�di� soffermarsi�sulla�questione�concernente�la�natura�dell'area�pare�opportuno� ricordare�che�l'illecito�(e�dunque�la�data�cui�fare�riferimento�al�fine�di�stabi- lire�il�valore�dei�terreni�utilizzati�per�realizzare�l'opera�pubblica�senza�portare� a�termine�la�procedura�ablatoria�e�il�momento�da�cui�decorrono�gli�interessi� e�da�cui�andra�effettuato�il�computo�della�rivalutazione)�si�e�perfezionato�al� momento�in�cui�e�venuto�a�scadere�il�termine�indicato�nel�provvedimento�di� approvazione�del�progetto�avente�valore�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita� entro�cui�andavano�ultimati�i�lavori�(termine�che�potrebbe�anche�coincidere� con�quello�di�scadenza�dell'occupazione�cui�sembrerebbe�alludere�codesta� Pubblica�Amministrazione)�se�allo�spirare�dello�stesso�l'opera�era�stata�com- pletata�o�comunque�si�era�avuta�radicale�irreversibile�trasformazione�del� suolo�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...).� Diversamente�l'illecito�deve�ritenersi�consumato�successivamente�alla� scadenza�del�predetto�termine�al�momento�in�cui�l'opera�e�stata�completata� o�comunque�allorquando�vi�e�stata�radicale�ed�irreversibile�trasformazione� del�suolo�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...).� Trattasi�di�circostanza�che�si�suggerisce�senz'altro�di�verificare�(ancheal� fine�di�essere�certi�che�non�sia�decorso�il�termine�quinquennale�di�prescri- zione,�visto�e�considerato�che�prima�della�notifica�del�ricorso�con�il�qualee� stato�chiesto�al�TAR�Lazio�di�accertare�l'illecito�perpetrato�da�codesta�Pub- blica�Amministrazione�e�dalla�Concessionaria�non�risultano�avanzate�richie- ste�risarcitorie�idonee�ad�interrompere�il�decorso�del�predetto�termine).� Per�cio�che�attiene�alla�quantificazione�del�dovuto�a�titolo�di�risarci- mento�del�danno�si�premette�che�fra�i�documenti�fatti�pervenire�non�e�dato� rinvenire�certificazione�attestante�la�destinazione�urbanistica�dei�suoli�utiliz- zati�per�la�realizzazione�dell'opera�pubblica�al�momento�in�cui�fu�apposto�il� vincolo�preordinato�all'esproprio�(cioe�al�momento�dell'approvazione�del� progetto)�e,�tuttavia,�da�quanto�riferito�da�codesto�Servizio�e�da�quanto�si� legge�nel�ricorso�notificato�dai�Sigg.ri�(...)�in�data�10�giugno�2003,�sembra� pacifico�che�i�terreni�di�proprieta�dei�Medesimi�si�trovavano�in�zona�desti- nata�a��parco�pubblico�e�parco�pubblico�di�interesse�paesaggistico�e�archeo- logico.�Destinazione�d'uso�a�parco�alberato�con�la�tassativa�esclusione�di� ogni�attivita�edificatoria�anche�se�a�carattere�pubblico��(si�e�puntualmente� riportato�quanto�si�legge�a�pag.�2�del�ricorso).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Se�cos|�fosse,�reputa�questo�G.U.�che�dovrebbe�escludersi�l'edificabilita� dell'area�alla�luce�di�quanto�in�piu�occasioni�affermato�dalla�Suprema�Corte� (a�titolo�di�mero�esempio�si�ricordano,�fra�le�piu�recenti,�Cass.,� n.�10263/2004;�Cass.,�n.�4732/2004;�Cass.,�n.�821/2004)�la�quale�ha�avuto� modo�di�chiarire�che��le�previsioni�dello�strumento�urbanistico,�attraverso� le�quali�a�determinate�zone�viene�impressa�siffatta�destinazione,�si�caratteriz- zano�per�essere�il�frutto�di��una�nuova�zonizzazione�dell'intero�territorio� comunale�o�di�parte�di�esso,�s|�da�incidere�su�di�una�generalita�di�beni,�nei� confronti�di�una�pluralita�indifferenziata�di�soggetti�in�funzione�della�destina- zione�dell'intera�zona�in�cui�questi�ricadono�ed�in�ragione�delle�sue�caratteri- stiche�intrinseche�o�del�rapporto�(per�lo�piu�spaziale)�con�un'opera�pubblica�� (cos|�testualmente�Cass.,�n.�10265/2004).� In�altre�parole�in�casi�del�genere�si�e�in�presenza�di�vincoli�c.d.�confor- mativi�della�proprieta�privata�che�comportano�l'inedificabilita�della�stessa� (cfr.�Cass.,�n.�173/2001).�e�quindi�la�quantificazione�del�risarcimento�andra� effettuata�facendo�riferimento�al�valore�venale�del�suolo�considerandolo� come�a�vocazione�agricola�e,�pertanto,�utilizzando,�secondo�quanto�previsto� dall'art.�16�della�legge�n.�865/1971,�il�valore�agricolo�medio�sulla�base�della� coltivazione�in�atto�al�momento�in�cui�fu�occupato�desumibile�dalle�apposite� tabelle�predisposte�dalla�Commissione�Provinciale�Espropri.� Se,�al�contrario,�come�si�sostiene�nell'atto�di�citazione�lo�strumento� urbanistico�in�realta�aveva�impresso�ai�suoli�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...)�un� vincolo�preordinato�all'esproprio�che�al�momento�in�cui�fu�approvato�il�pro- getto�dell'opera�avente�valore�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�era�venuto� a�scadere�e�non�era�stato�reiterato�si�verserebbe�in�una�situazione�nella�quale� ai�suddetti�suoli�si�dovrebbe�applicare�la�disciplina�di�cui�all'art.�4�ultimo� comma,�della�legge�n.�10/1977�propria�delle�c.d.�aree�bianche�che,�pur�con- trassegnate,�urbanisticamente,�da�un�indice�di�edificabilita�molto�limitato,� sono�indennizzate�dalla�giurisprudenza�con�applicazione�del�criterio�dell'edi- ficabilita�di�fatto�(cfr.�ex multis Cass.�24099/2004,�Cass.�2781/2004).� In�quest'ultimo�caso�la�quantificazione�del�risarcimento�andra�effettuata� calcolando�il�valore�dei�suoli�utilizzati�per�la�realizzazione�della�Caserma� considerando�le�ridotte�possibilita�di�edificazione�degli�stessi�e,�comunque,� in�relazione�agli�indici�di�fabbricabilita�desumibili�dal�citato�art.�4.� Cio�che,�invero,�sembrerebbe�doversi�escludere�in�radice�e�la�piena�edifi- cabilita�(e�conseguentemente�l'applicabilita�dell'art.�5bis,�comma�sette�bis,� della�legge�359/1992�ora�art.�55 del�d.P.R.�327/2001)�dei�suoli�come�ritenuto� dai�Sig.�(...)�anche�alla�stregua�della�sentenza�della�Corte�d'Appello�che,�nel� determinare�l'indennita�virtuale�di�esproprio,�sulla�base�della�quale�e�stata� poi�calcolata�l'indennita�d'occupazione�ha�riconosciuto�la�vocazione�edifica- toria�degli�stessi.� Nell'uno,�come�nell'altro�caso�oltre�alla�somma�dovuta�a�titolo�di�sorte,� versandosi�in�ipotesi�di�illecito,�andranno�corrisposti�interessi�e�rivalutazione� monetaria�da�calcolarsi�secondo�le�modalita�indicate�nella�nota�sentenza� delle�Sezioni�Unite�n.�1712/1995�(cioe�calcolando�gli�interessi�sulla�somma� via�via�rivalutata).� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� In�ragione�di�tutto�cio�questo�G.U.�non�puo�non�esprimersi�negativa- mente�sulla�proposta�transattiva�formalizzata�da�controparte,�che�muove�dal- l'asserita�piena�edificabilita�del�suolo�radicalmente�ed�irreversibilmente�tra- sformato�per�la�realizzazione�dell'opera�pubblica,�e�sottolineare�che�ogni�e� qualsiasi�soluzione�transattiva�non�puo�che�partire�dalle�diverse�premesse�di� cui�sopra�che�ovviamente�andranno�debitamente�accertate�Da�codesta�P.A.� previa�acquisizione�di�dettagliate�notizie�in�ordine�alle�previsioni�del�P.R.G.� del�Comune�di�F.� Considerato,�peraltro�che,�da�ultimo,�come�si�accennava,�i�Sigg.ri�(...)� hanno�spostato�la�propria�pretesa�risarcitoria�innanzi�all'A.G.O.�(in�data� 2�dicembre�2004�e�stato�notificato�atto�di�citazione�e�la�prima�udienza�prevista� per�l'�11�maggio�p.v.�e�stata�differita�al�15�ottobre�2005),�presumibilmente�rite- nendo�che�a�seguito�della�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�Costituzionale�l'a- dito�Giudice�Amministrativo�difetti�di�giurisdizione,�reputa�questo�G.U.�che�al� fine�di�pervenire�ad�una�definizione�della�vicenda�codesta�Pubblica�Ammini- strazione�potrebbe�forse�valutare�l'eventualita�di�utilizzare�l'art.�43,�comma� primo,�del�d.P.R.�n.�327/2001,�visto�che�la�giurisprudenza�amministrativa,�pro- nunciandosi�su�domanda�di�conversione�della�pretesa�restitutoria�del�proprieta- riovittimadiillecito�simileaquello�soffertodai�Sigg.ri(...)�inpretesarisarcito- ria,�formulata�dalla�Pubblica�Amministrazione�ai�sensi�del�terzo�comma�della� disposizione�qui�considerata,�si�e�espressa�positivamente�sottolineando�che��la� reintegrazione�in�forma�specifica�e�solo�una�delle�possibili�forme�di�risarci- mento��e�che��la�circostanza�che�l'opera�pubblica�sia�stata�costruita�intera- mente�e�che�i�lavori�abbiano�dato�luogo�alla�strada�comunale�risultadi�ostacolo� all'accoglimento�della�domanda�di�reintegrazione�in�forma�specifica,�essendo� incio�ravvisabiligliestremicontemplatidagliartt.�2058e2933delc.c.;allastre- gua�di�quest'ultima�norma,�l'interesse�alla�conservazione�di�un�bene�che�sia�utile� all'economia�nazionale�e�di�ostacolo�al�soddisfacimento�in executivis della�pre- tesaeprovocalasostituzionedelrisarcimentoperequivalente.�Sitratta,inaltri� termini,�di�una�disposizione�che�sovrappone�l'interesse�pubblico�all'interesse� privato�e�che�si�riflette�sui�metodi�di�protezione�diretta�dei�diritti,�che�il�giudice� amministrativo�ha�gia�utilizzato�al�fine�di�delimitare�l'ambito�di�espansione�del� giudizio�di�ottemperanza�per�la�soddisfazione�dell'interesse�oppositivo,�sempre� in�materia�di�annullamento�di�atti�espropriativi�(Cons.�Stato,�Sez.�V,�12�luglio� 1996,�n.�874)��(cos|�testualmente�TAR�per�l'Emilia�Romagna,�Bologna,�sen- tenza�n.�2160/2003,�cui�adde TAR�per�l'Emilia�Romagna,�Bologna,�sentenza� n.�659/2003).� Considerato�che�il�primo�comma�della�citata�disposizione�mediante�il� quale�si�consente�alla�Pubblica�Amministrazione�di�procedere�all'acquisizione� di�un�bene�utilizzato�senza�titolo�per�scopi�di�interesse�pubblico�a�prescindere� dalla�pendenza�di�un�giudizio�avviato�dai�proprietari�dello�stesso�vittime�del- l'illecito�risponde�alla�medesima�ratio non�si�intravedono�ostacoli�alla�utiliz- zazione�dello�stesso.� Ne�si�potrebbe,�in�contrario,�escludere�l'utilizzabilita�del�rimedio�di�cui� alla�predetta�norma�in�ragione�del�disposto�dell'art.�57�del�d.P.R.�327/2001,� nel�testo�introdotto�con�l'art.�5�della�legge�n.�166/2002,�che�sancisce�l'applica- bilita�delle�disposizioni�nel�Testo�Unico�solo�a�quelle�fattispecie�concernenti� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� procedure�ablatorie�avviate�sulla�base�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�suc- cessiva�all'entrata�in�vigore�del�nuovo�Testo�Unico�in�materia�espropriativa� (avvenuta�il�30�giugno�2003).� Invero�la�norma�con�la�quale�il�legislatore�ha�inteso�delimitare�l'ambito� di�applicazione�del�nuovo�Testo�Unico�in�realta�ha�riguardo�alle�disposizioni� dello�stesso�destinate�ad�innovare,�sotto�il�profilo�procedimentale,�la�materia� espropriativa,�come�si�evinceva�con�chiarezza�dall'iniziale�testo�dell'art.�57� nel�quale�era�precisato�che�le�nuove�disposizioni,�nel�caso�di�esistenza�del�vin- colo�preordinato�all'esproprio�ovvero�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�al� momento�dell'entrata�in�vigore�del�Testo�Unico,�si�applicavano�alle�fasi�pro- cedimentali�non�ancora�concluse.� Tale�conclusione,�inoltre,�si�impone�non�soltanto�in�ragione�della�ratio della�norma,�cui�si�e�gia�accennato,�la�quale�lascia�chiaramente�intendere� che�l'art.�43�e�stato�introdotto�dal�legislatore�soprattutto�con�lo�sguardo�volto� proprio�a�quelle�situazioni,�come�quella�qui�considerata,�in�cui�si�era�gia�con- sumato�l'illecito�correlato�all'utilizzazione�della�proprieta�privata�per�la� costruzione�di�un'opera�pubblica�senza�completamento�della�procedura�abla- toria,�ma�anche�in�ragione�della�circostanza,�senza�dubbio�significativa,che� la�norma�e�stata�inserita�in�un�capo�(il�VII)�del�Testo�Unico�completamente� a�se�stante�rispetto�a�quelli�concernenti�le�varie�fasi�in�cui�ora�si�articolail� procedimento�espropriativo�(capi�I-V),�nell'ambito�del�quale�il�decreto�di� esproprio�dovrebbe�intervenire�in�tempi�assai�ristretti�(cfr.�art.�20�e�ss.)�pro- prio�per�evitare�che,�a�seguito�della�mancata�emanazione�dello�stesso,�si�per- fezioni�l'illecito.� Le�esposte�considerazioni�hanno�da�ultimo�ricevuto�l'autorevole�avallo� dell'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato�che�con�la�decisione� n.�2/2005,�del�29�aprile�2005�allineandosi�in�pieno�alla�Corte�Europea�dei� Diritti�dell'Uomo,�ha�con�chiarezza�affermato�che��In�caso�di�illegittimita� della�procedura�espropriativa�e�di�realizzazione�dell'opera�pubblica,�l'unico� rimedio�riconosciuto�dell'ordinamento�alla�P.A.�per�evitare�la�restituzione� dell'area�e�l'emanazione�di�un�(legittimo)�provvedimento�di�acquisizione�cd.� �sanante��ex art.�43�del�testo�unico�sulle�espropriazioni�per�p.v.�approvato� con�d.P.R.�8�giugno�2001�n.�327,�in�assenza�del�quale�l'Amministrazione� non�puo�addurre�l'intervenuta�realizzazione�dell'opera�pubblica�quale�causa� di�impossibilita�oggettiva�e�quindi�come�impedimento�alla�restituzione��ed�e� espressamente�affermata�l'applicabilita�della�predetta�norma�anche�nelle�ipo- tesi�in�cui�la�dichiarazione�di�pubblica�utilita�sia�intervenuta�prima�dell'en- trata�in�vigore�del�testo�unico�(cfr.�punto�5�della�motivazione).� Nella�parte�finale�della�nota�si�chiede�altres|�se�vadano�assunte�iniziative� volte�all'accertamento�di�eventuali�responsabilita�di�funzionari�di�codesta� Pubblica�Amministrazione.� Ribadito�che�dalla�documentazione�di�cui�si�dispone�non�e�possibile�sta- bilire�per�quali�ragioni�non�sia�mai�stata�completata�la�procedura�ablatoria,� reputa�questo�G.U.�che,�essendosi�affidato�il�compito�di�provvedere�all'esple- tamento�della�stessa�alla�concessionaria,�va�in�primo�luogo�verificato�se�vi� siano�state�omissioni�o�negligenze�di�quest'ultima.�In�caso�negativo�si�trattera� di�valutare�se�il�mancato�completamento�della�procedura�espropriativa�e� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� dipeso�da�omissioni�o�negligenze�di�funzionari�di�codesta�Pubblica�Ammini- strazione�ovvero�da�altre�circostanze�e,�in�generale,�se�vi�era�o�meno�possibi- lita�di�evitare�che�l'illecito�si�perfezionasse.� Nel�caso�in�cui�emergessero�inadempienze�della�concessionaria,�che�evi- dentemente�consentirebbero�a�codesta�Pubblica�Amministrazione�di�rivalersi,� sara�comunque�opportuno�verificare�se�attraverso�lo�svolgimento�degli� opportuni�controlli�e�la�necessaria�vigilanza�sull'operato�della�medesima� sarebbe�stato�possibile,�anche�intervenendo�in�sostituzione�della�medesima,� evitare�il�perfezionarsi�dell'illecito�.� A.G.S. ^Parere del 7 luglio 2005, n. 91858. Decreto�del�Presidente�della�Repubblica�8�giugno�2001�n.�327,�come�modi- ficato�dal�Decreto�Legislativo�27�dicembre�2002�n.�302,�pubblicato�nel�Suppl.� ord.�n.�211/L�Gazzetta�Ufficiale�n.�17�del�22�gennaio�2003.�Testo�Unico�dispo- sizioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�di�espropriazioni�per�pubblica�uti- lita�(consultivo�52706/04,�avvocato�P.�Cosentino).� �(Omissis)�Il�Ministero�[della�Difesa]�ha�chiesto�a�questa�Avvocatura� Generale�di�esprimere�il�proprio�parere�in�merito�al�d.P.R.�in�oggetto,�con� particolare�riguardo�all'applicabilita�alle�procedure�di�esproprio�per�opere� militari�degli�artt.�9�e�10,�titolo�II,�del�medesimo�testo�legislativo,�si�osserva� quanto�segue.� La�disciplina�delle�espropriazioni�per�la�realizzazione�di�opere�militariha� carattere�parzialmente�derogatorio�rispetto�a�quella�prevista�per�le�espropria- zioni�in�generale�e�cio�in�ragione�della�specificita�delle�opere�medesime,�desti- nate�alla�difesa�nazionale;�tale�disciplina�e�infatti�contenuta�nell'art.�51,�titolo� III,�del�testo�unico�sopra�citato,�intitolato��disposizioni�particolari�che� dispone�al�primo�e�al�terzo�comma:��IlMinistero�della�Difesa�dichiara�lapub- blica�utilita�delle�opere�destinate�alla�difesa�militare�edindividua�i�beni�da�espro- priare.�Siapplicanoinquantocompatibili,�ledisposizioniprevistedaltitoloII�.� Le�espropriazioni�e�le�occupazioni�di�immobili�per�opere�militari,�com'e� noto,�erano�disciplinate�dalle�norme�contenute�nella�legge�n.�2359�del�1865,� e�in�particolare�negli�artt.�11,�74�e�76.� Tali�disposizioni�lasciavano�all'Autorita�militare�la�piu�ampia�liberta�di� valutazione�sia�in�ordine�al�requisito�della�pubblica�utilita�delle�opere�da�rea- lizzare,�sia�in�ordine�alla�scelta�delle�aree�da�sottoporre�ad�esproprio.� Conseguentemente,�come�piu�volte�chiarito�anche�dai�giudici�di�primo� grado�e�dal�Consiglio�di�Stato�(cfr.�tra�le�ultime�C.S.,�IV,�n.�1593/01�e� n.�4543/01;�nonche�,�in�motivazione,�Corte�Cost.�n.�150/1992),�e�escluso�l'ap- prezzamento�delle�autorita�urbanistiche�in�ordine�a�tali�determinazioni,� essendo�affidata�all'Amministrazione�della�Difesa,�in�via�esclusiva,�la�soddi- sfazione�delle�esigenze�connesse�alla�distribuzione�territoriale�delle�opere� militari�e�alla�loro�progettazione.� Siffatte�esigenze�sono�rispecchiate�dall'art.�81,�comma�2�del�d.P.R.� n.�616/1977�e�successivamente,�dall'art.�2�del�d.P.R.�n.�383�del�1994,�i�quali� hanno�escluso�le�opere�destinate�alla�difesa�militare�dall'accertamento�di�con- formita�urbanistica.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ne�consegue�l'inapplicabilita�dell'art.�9,�titolo�II�del�testo�unico�in� oggetto,�espressamente�rivolto�alla�disciplina�della�procedura�espropriativa� delle�opere�pubbliche�in�generale,�per�la�realizzazione�delle�quali�e�previsto� che�l'apposizione�del�vincolo�preordinato�all'esproprio�sia�rimesso�all'apprez- zamento�delle�autorita�urbanistiche;�tale�articolo,�dunque,�non�puo�conside- rarsi�compatibile,�ai�sensi�del�3.�co.�art.�51�del�T.U.,�con�la�disciplina�delle� espropriazioni�per�opere�militari.� Si�ritiene,�infine,�inapplicabile�anche�la�disposizione�di�cui�all'art.�10�del� T.�U.�che�prevede�la�possibilita�di�apporre�il�vincolo�preordinato�all'esproprio� mediante�il�ricorso�a�strumenti�di�cooperazione�tra�Pubbliche�Amministra- zioni�nell'ipotesi�in�cui�la�realizzazione�di�un'opera�pubblica�non�sia�prevista� dal�piano�urbanistico�generale.� La�norma�introduce,�nella�ricorrenza�delle�condizioni�sancite�dallo� stesso�articolo,�una�deroga�all'obbligo�di�osservare�le�procedure�delineate�dal- l'art.�9.� Per�le�osservazioni�suesposte,�tuttavia,�la�liberta�di�cui�gode�codesta� Amministrazione�in�materia�di�espropriazioni�per�pubblica�utilita�per�le� opere�destinate�alla�difesa�militare�ha�un'ampiezza�maggiore�rispetto�alla� facolta�riconosciuta�in�generale�dall'art.�10.�Si�deve�pertanto�ritenere�che� codesto�Ministero�non�sia�tenuto�per�tali�opere,�a�indire�previamente�una� conferenza�di�servizi�o�a�procedere�ad�accordi�o�intese,�come�descritto�dalla� disposizione�in�esame,�al�fine�di�addivenire�all'apposizione�del�vincolo�espro- priativo�.� A.G.S. ^Parere dell'8 luglio 2005, n. 92716. Provvedimentidi�assegnazione�della�casa�di�abitazionefamiliare�neiproce- dimenti�di�separazione�personale�e�di�divorzio;�trascrivibilita�,�opponibilita�a� terzi�in�relazione�ai�diversi�titoli�in�base�ai�quali�l'abitazione�era�gia�goduta� (consultivo�18376/05,�avvocato�M.�Mari).� �(...)�codesta�Avvocatura�Distrettuale�richiede�l'avviso�della�Scrivente�in� ordine�a�talune�problematiche�ermeneutiche�relative�alla�trascrivibilita�presso� la�Conservatoria�dei�Registri�Immobiliari�della�pronuncia�di�assegnazione� della�casa�coniugale�ad�uno�dei�coniugi,�all'esito�del�procedimento�di�separa- zione�personale�o�di�scioglimento�del�matrimonio,�con�particolare�riferi- mento�all'opponibilita�ultranovennale�di�tale�provvedimento�al�terzo�acqui- rente�in�data�successiva.� Si�richiedono�altres|�delucidazioni�in�merito�ai�rapporti�tra�il�preesi- stente�godimento�della�casa�familiare�a�titolo�di�comodato�ed�il�successivo� provvedimento�di�assegnazione�della�stessa,�adottato�dal�giudice�in�sede�di� separazione�o�di�divorzio.� Giova�premettere�all'esame�delle�prospettate�questioni�una�sia�pur�sinte- tica�ricostruzione�dell'evoluzione�normativa,�dottrinale�e�giurisprudenziale� in�materia,�solo�all'esito�della�quale�risulta�possibile�orientarsi�in�un�settore� nel�quale�all'accentuato�bisogno�di�certezza�nei�rapporti�giuridici�si�contrap- pongono�spesso�insidiosi�dubbi�interpretativi.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Il�provvedimento�di�assegnazione�della�abitazione�nella�casa�coniugale�in� favore�di�uno�dei�coniugi�e�,�senza�dubbio,�uno�dei�provvedimenti�piu�significa- tivi�che�il�giudice�emette�nel�corso�del�giudizio�di�separazione�e�di�divorzio.� La�disciplina�di�questa�materia�ha�subito�una�lenta�evoluzione,�sia�sotto� il�profilo�della�possibilita�stessa�di�emettere�siffatto�provvedimento,�sia�sotto� il�profilo�della�sua�opponibilita�ai�terzi.� La�legge�prevedeva,�un�tempo,�l'assegnazione�solo�nel�contesto�della� separazione�giudiziale�(art.�155,�comma�4,�c.c.).�In�sede�di�divorzio,�viceversa,� in�difetto�di�legge,�l'assegnazione�poteva�solo�conseguire�ad�un�accordo�tra�i� coniugi,�di�talche�il�coniuge�assegnatario�in�sede�di�separazione�poteva�essere� privato�della�abitazione�nella�casa�in�sede�di�successivo�divorzio.� Questa�evidente�ingiustizia,�stigmatizzata�dalla�piu�attenta�dottrina,� impose�al�Legislatore�di�intervenire.� L'art.�11,�legge�6�marzo�1987,�n.�74,�sostituendo�l'art.�6�della�legge� 1�dicembre�1970,�n.�898,�detto�,�dunque,�una�norma�analoga�a�quella�di�cui� all'art.�155,�comma�4,�c.c.,�aggiungendo,�pero�,�che���l'assegnazione,�in�quanto� trascritta,�e�opponibile�al�terzo�acquirente�ai�sensi�dell'art.�1599�del�codice� civile�.� In�tal�modo,�pero�,�la�posizione�del�divorziato assegnatario�divenne�piu� favorevole�rispetto�a�quella�del�separato, poiche�l'art.�155 c.c.�non�prevedeva� l'opponibilita�ai�terzi�^mediante�trascrizione�^del�provvedimento.� La�trascrivibilita�,�in�assenza�di�una�norma�espressa,�era�assai�discussa,� dal�momento�che,�se�la�dottrina�e�talune�sentenze�di�merito�(cfr.�Trib.�Cata- nia,�sent.�11�luglio�1986)�configuravano�il�diritto�del�coniuge�assegnatario� come�un�diritto reale di abitazione, opponibile,�come�tale,�se�trascritto,�ex art.�2643,�n.�14,�c.c.,�ovvero�come�un�diritto personale di abitazione, pur�sem- pre,�pero�,�opponibile�al�terzo,�ex art.�111�c.p.c.,�fmo�a�revoca�del�provvedi- mento,�ovvero�come�un�diritto personale di godimento, opponibile�per�tutta� la�durata�del�diritto�tutelato�(cfr.�Trib.�Lucca,�sent.�11�febbraio�1983)�ovvero� per�un�novennio�ex art.�1599�c.c.,�la�Suprema�Corte�riteneva�che,�in�caso�di� alienazione,�il�diritto�non�fosse�opponibile,�cosicche�il�coniuge�poteva�solo� chiedere�un�adeguamento�dell'assegno�di�mantenimento�(v.�Cass.,�sentt.� nn.5082/1985,�624/1986).� Successivamente,�la�Corte�costituzionale�e�intervenuta�nel�dibattito�(cfr.� sent.�n.�454/1989),�assumendo�una�posizione�di�favore�non�tanto�nei�con- fronti�del�coniuge�assegnatario,�quanto,�piuttosto,�dei�figli�ad�esso�affidati.� Secondo�la�Corte,�infatti,�era�dato�ravvisare�una�disparita�di�trattamento� tra�situazioni�analoghe�^l'una�caratterizzata�dall'affidamento�della�prole�ad� un�genitore�separato,�l'altra�dall'affidamento�ad�un�genitore�non�piu�legato� dal�vincolo�matrimoniale�^,�atteso�che,�in�quest'ultimo�caso,�in�forza�del- l'art.�6,�legge�898/1970�novellata,�la�prole�avrebbe�potuto�continuare�a�vivere� nella�stessa�abitazione,�pur�se�alienata�a�terzi�dal�genitore�non�affidatario,� mentre,�nell'altro�caso,�cio�non�sarebbe�potuto�avvenire.� La�Corte�ha,�conseguentemente,�dichiarato�l'illegittimita�costituzionale� dell'art.�155,�comma�4,�c.c.,���nella�parte�in�cui�non�prevede�la�trascrizione� del�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�della�abitazione�nella�casa� familiare�al�coniuge�affidatario�della�prole,�ai�fini�della�opponibilita�ai�terzi�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Merita�rammentare�che,�a�proposito�della�questione�relativa�all'applica- zione�in�sede�di�separazione�tra�coniugi�della�norma,�in�tema�di�casa�fami- liare,�prevista�dalla�legge�74/1987�per�il�caso�di�scioglimento�del�matrimonio,� parte�della�dottrina,�seguita,�peraltro,�da�qualche�decisione�di�merito�(v.� App.�Napoli,�sent.�n.�352�del�15�marzo�1988),�sostenne�una�soluzione�positiva� sul�semplice�piano�interpretativo,�in�virtu�dell'eadem�ratio�alla�base�della�tutela� dei�figli�minori�e�del�loro�affidamento�in�caso�di�crisi�coniugali.� Tra�codesti�indici�normativi,�in�particolare,�un�certo�spicco�veniva�rico- nosciuto,�per�l'appunto,�alla�disposizione�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987� (modificativa�dell'art.�6,�legge�898/1970).�Tale�disposizione�^come�accennato� sopra�^ha,�in�effetti,�inteso�fare�chiarezza�in�materia�di�casa�familiare�e,� soprattutto,�superare�le�tenaci�resistenze�in�ordine�all'opponibilita�ai�terzi� della�situazione�giuridica�del�coniuge�assegnatario,�evidenti�nell'orientamento� interpretativo�assunto�dalla�Cassazione�a�partire�dalla�pronuncia�a�Sezioni� Unite�n.�2494/1982�e�ribadito�sostanzialmente�nella�sent.�n.�4420/1988.�Al� fine�di�assicurare�stabilita�alla�situazione�di�godimento�della�casa�familiare� da�parte�dell'ex�coniuge�affidatario�dei�figli�minori,�in�occasione�della�circola- zione�dell'immobile�di�proprieta�dell'�altro�ex�coniuge,�l'art.�11,�legge�74/1987,� stabilisce,�pervero,�che��l'assegnazione,�in�quanto�trascritta,�e�opponibile�al� terzo�acquirente�ai�sensi�dell'art.�1599�c.c.�.� La�Corte�costituzionale,�tuttavia,�ha�preferito�raggiungere�il�medesimo� risultato�con�una�pronunzia�di�incostituzionalita�parziale,�ponendosi�nel� solco�di�quell'orientamento�di�politica�del�diritto�in�base�al�quale,�in�materie� delicate�quali�il�diritto�di�famiglia,�si�considera�preferibile�adottare�una�sen- tenza�additiva�di�accoglimento,�piuttosto�che�una�sentenza�interpretativa�di� rigetto.� Il�lodevole�intento�cui�si�era�ispirata�la�Corte�nell'eliminare�la�denun- ciata�discriminazione�tra�il�coniuge�separato�e�quello�divorziato�rischiava,� nondimeno,�di�essere�bilanciato�^se�non�addirittura�compromesso�^da�una� imperfetta�percezione�dei�termini�della�questione�sollevata�nell'ordinanza�di� rimessione�e,�quanto�meno,�da�una�infelice�formulazione�a�proposito�dell'in- terpretazione�della�norma�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987.�Il�che�non�solo� avrebbe�reso�ininfluente�la�sentenza�ai�tini�della�soluzione�della�specifica�con- troversia�all'esame�del�giudice�a�quo,�ma�avrebbe�altres|�ridimensionato,�in� termini�rilevanti,�la�tutela�dell'assegnazione�della�casa�familiare�introdotta� con�la�legge�del�1987�ed�estesa,�con�tale�decisione,�anche�a�favore�del�coniuge� separato.� Nell'ordinanza�di�rimessione,�il�giudice�a�quo�aveva,�in�effetti,�sollevato� la�questione�di�costituzionalita�a�proposito�della�disparita�di�trattamento�a� danno�del�coniuge�separato�assegnatario�della�casa�familiare�rispetto�all'ex� coniuge,�facendo�leva�esclusivamente�sul�fatto�che,�per�effetto�dell'art.11,�L.� 74/1987,�soltanto�per�quest'ultimo�soggetto�il�godimento�della�casa�familiare� sarebbe�stato��opponibile�comunque�ai�terzi�nei�limiti�del�novennio�e,�ove� trascritto,�anche�oltre�.� In�altre�parole,�nell'ordinanza�di�rimessione,�il�trattamento�favorevole� per�l'ex�coniuge�(cioe�a�dire�il�contenuto�precettivo�della�disposizione�di�cui� all'art.�11,�legge�74/1987)�risultava�identificato�nella�semplice��opponibilita� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� ai�terzi��della�situazione�relativa�al�godimento�della�casa�familiare,�senza� alcun�riferimento�alle�diverse�forme�di�pubblicita�legate�alla�durata�della� situazione�nel�tempo�(data�certa�per�una�durata�infranovennale�e�trascrizione� per�una�durata�ultranovennale).� Nella�sentenza�della�Corte�costituzionale,�invece,�sia�in�motivazione�sia� nel�dispositivo,�il�contenuto�precettivo�della�norma�introdotta�nella�legge�del� 1987�veniva�spostato�dall'opponibilita� ai terzi della�situazione�giuridica�rela- tiva�alla�casa�familiare�alla�sola trascrivibilita� . Si�innescava,�in�tal�modo,� una�confusione�concettuale�di�non�poco�momento:�l'opponibilita�ai�terzi�del- l'assegnazione�della�casa�familiare�sembrava�considerata�come�un�effetto� discendente�soltanto dall'avvenuta�trascrizione�del�provvedimento�giudiziale� presso�la�Conservatoria.� La�mancanza�di�ogni�riferimento�all'art.�1599�c.c.�e,�per�converso,�il�pas- saggio�argomentativo�con�il�quale�si�richiamava�la�opponibilita��mediante� trascrizione��al�terzo�acquirente,�potevano�indurre�a�ritenere�che,�nellapro- spettiva�della�Corte,�la�pubblicita�costituisse�l'unico�sistema�per�la�soluzione� dei�conflitti�tra�coniuge�(beneficiano�del�provvedimento)�e�terzi�acquirenti,� con�esclusione�di�ogni�altro�criterio�di�selezione�tra�titolari�di�diversi�diritti,� come�quello�della�priorita�temporale.� Arrestandosi�ad�una�lettura�puramente�testuale�del�dictum della�Corte,�il� provvedimento�sembrava,�insomma,�suscettibile�di�trascrizione�non�gia�ai�fini� di�cui�all'art.�1599�c.c.,�quanto,�piuttosto,�ai�fini�di�cui�all'art.�2644�c.c.,�cosic- che�,�se�non�trascritto,�esso�sarebbe�risultato�inopponibile�tout court, e�non� gia�opponibile�per�soli�nove�anni.� Era,�questa,�l'inevitabile�conseguenza�del�fatto�che,�nel�dispositivo,�la� Corte�aveva�omesso�di�richiamare�l'art.�1599�c.c.,�cosicche�la�trascrizione� andava�necessariamente�posta�in�relazione�con�la�norma�dell'art.�2644�c.c.,� regolativa�della�materia�sul�piano�generale, laddove�l'altra�norma,�all'oppo- sto,�prescrive�un�regime�speciale di�opponibilita�.� Per�la�verita�,�sin�da�subito�gli�interpreti�ritennero�che,�al�di�la�della�eli- minazione�della�discriminazione�tra�la�tutela�del�coniuge�separato e�quella� del�coniuge�divorziato in�ordine�all'assegnazione�della�casa�familiare,�la�Corte� non�avesse�inteso�intervenire�consapevolmente�nell'interpretazione�della� disposizione�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987,�e�suggerirono�di�porre�rimedio� all'indicata�preterizione�facendo�notare�che�l'incostituzionalita�era�stata� dichiaratasullabasedelfattochel'art.�6,legge898/1970novellata,rinviando� all'art.�1599�c.c.,�favoriva�i�figli�dei�divorziati rispetto�a�quelli�dei�separati. Era�evidente,�allora,�che,�al�fine�di�evitare�una�nuova�e�diversa�disparita�di� trattamento,�il�predetto�art.�1599�c.c.�doveva�trovare�applicazione�ancheper� quanto�concerneva�i�provvedimenti�del�giudice�della�separazione. E�,�del�resto,�questa�la�soluzione�che�anche�la�stessa�Corte�Costituzionale� ha�avvalorato�espressamente�con�l'ordinanza�n.�20/1990,�con�la�quale�^a� premessa�di�una�pronuncia�di�inammissibilita�ed�offrendo�una�sorta�di��inter- pretazione�autentica��del�precedente�pronunziato�^ha�rilevato�che�l'onere�di� trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�in�caso�di�separazione� riguarda,�ex art.�1599�c.c.,�la�sola�assegnazione�ultranovennale,�ferma� restando�l'opponibilita�del�provvedimento�in�tutte�le�altre�ipotesi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�realta�,�piuttosto�che�di�assegnazione�ultranovennale�^essendo�l'asse- gnazione,�almeno�di�regola,�senza�limiti�di�tempo,�salvo�revoca�^,�la�Corte� avrebbe�dovuto�parlare�di�opponibilita� del provvedimento oltre il novennio, ma�la�sostanza�della�precisazione�non�muta.� Se�e�,�infatti,�indubbio�che�nella�norma�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987,�si� era�dato�un�particolare�risalto�alla�trascrizione,�in�vista�dell'opponibilita�ai� terzi�dell'assegnazione�della�casa�familiare,�e�pur�vero�che�in�essa�vi�e�anche un�espresso�richiamo�all'art.�1599�c.c.� La�soluzione�che�avesse�voluto�considerare�l'opponibilita�come�conse- guenza�della�sola trascrizione�avrebbe�finito,�pertanto,�con�il�rendere�pleona- stico�(o�meglio:�imperscrutabile)�il�richiamo�a�tale�norma,�la�quale�disciplina,� per�l'appunto,�l'opponibilita�del�diritto�personale�di�godimento�al�terzo� acquirente�dell'immobile�sulla base della sola anteriorita� nel tempo del primo diritto, salva la data certa del relativo titolo costitutivo. Tale�richiamo�non�puo�,�tuttavia,�considerarsi�pleonastico�o�semplice- mente�rafforzativo�della�soluzione�gia�fondata�sulla�base�del�solo� art.�1599�c.c.� Non�bisogna,�infatti,�dimenticarsi�che,�gia�prima�della�riforma�del�1987,� con�riferimento�all'originario�art.�155,�comma�4,�c.c.,�vi�era�stata�qualche�per- plessita�a�dare�ingresso�alla�trascrizione�oltre�la�normale�opponibilita�nei� limiti�del�novennio,�previa�applicazione�dell'art.�1599�c.c.,�considerando�che� la�particolare�natura�del�provvedimento�giudiziale�in�ordine�ai�rapporti�tra�i� coniugi�separati�e/o�divorziati,�compresi�quelli�inerenti�ai�figli,�impediva�che� potessero�attribuirsi�ai�suoi�effetti�termini�di�durata�predeterminati�e,�quindi,� rendeva�difficile�stabilire�se�si�fosse�di�fronte�ad�una�durata�infra�o�ultra� novennale.� Sicche�,�il�contenuto�precettivo�originale�della�norma�di�cui�all'art.�11� della�legge�del�1987�stava�proprio�nell'aver�assicurato�la�trascrivibilita�del� provvedimento�di�assegnazione�anche�quando�l'opponibilita�fosse�destinata� a�non�avere�un�termine�finale�precostituito,�potendosi�estendere�oltre�il� novennio.�Ricostruzione,�questa,�che�trova�conferma�anche�nei�Lavori�Prepa- ratori�(dai�quali�risulta�che�l'onere�della�trascrizione�venne�introdottoper� ampliare�l'opponibilita�oltre�il�novennio).� Occorre,�nondimeno,�rimarcare�che�giurisprudenza�e�dottrina�si�sono� lungamente�affaticate�nel�compito�di�chiarire�la�portata�normativa�della� disposizione�del�predetto�art.�6,�legge�898/1970�novellata,�nella�parte�in�cui� fa�riferimento�alla�trascrizione.� La�norma�^come�piu�volte�detto�^rinvia�espressamente�all'art.�1599� c.c.,�ma�tale�rinvio�non�appare�perspicuo�e�suscita,�in�effetti,�non�pochi�pro- blemi.�La�trascrizione�risulta�propriamente�riferita�al�provvedimento�di�asse- gnazione,�senza�minimamente�distinguere�in�ordine�alla�sua�durata.� Sotto�questo�aspetto,�dunque,�non�sarebbe�lecito�distinguere�tra�assegna- zione�infra�e�ultranovennale,�con�la�conseguenza�che,�secondo�parte�della� dottrina,�il�provvedimento�andrebbe�trascritto�in ogni caso, anche�se�l'asse- gnazione�fosse�destinata�a�durare�per�un�periodo�breve,�ad�esempio�perche� espressamente�collegata�al�raggiungimento�della�maggiore�eta�da�parte�del� figlio�minore�(ipotesi,�peraltro,�remota,�poiche�^di�regola�^il�provvedimento� del�giudice�e�a�tempo�indeterminato,�salvo�revoca).� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Il�diritto�all'abitazione�assumerebbe,�cos|�,�proprie,�autonome�connota- zioni�e�finirebbe�per�ricadere�sotto�la�previsione�generale�dell'art.�2644�c.c.� Sennonche�,si�e��correttamente�rilevato�che�il�preciso�rinvio�all'art.�1599� c.c.�non�puo��non�comportare,�in�unione�con�la�prevista�trascrizione,�un'assi- milazione�quoad effectum del�diritto�dell'assegnatario�al�diritto�di�locazione� ultranovennale.� Assimilazione�^come�e��ovvio�^sul�piano�della�circolazione�e�della� opponibilita��ai�terzi,�atteso�che,�sotto�questo�profilo,�e��del�tutto�irrilevante� che�il�diritto�sia�acquistato�a�titolo�oneroso�o�a�titolo�gratuito.�L'assenza�di� corrispettivo�per�il�godimento�dell'abitazione�potra��,�infatti,�rilevare�solo�inter partes, nei�rapporti�interni�tra�coniuge�titolare�del�godimento�e�coniuge�pro- prietario�dell'immobile,�ai�fin|��della�fissazione�dell'assegno�di�mantenimento.� In�senso�contrario�all'assimilazione�si�e�,�tuttavia,�osservato�che�sarebbe� stata�inutile�l'espressa�menzione�della�necessita��di�trascrivere,�se�tale�necessita�� sussistesse�solo�al�fine�dell'opponibilita��oltre�il�novennio,�dal�momento�che,� a�tal�uopo,�sarebbe�bastato�il�puro�e�semplice�rinvio�alla�disciplina�dell'ari� 1599�c.c.,�che�gia��impone�la�trascrizione�per�questo�solo effetto.� Per�quanto�pertinente,�l'osservazione�e��stata,�tuttavia,�superata,�obiet- tando�che�il�richiamo�alla�trascrizione,�nell'intenzione�del�legislatore,�aveva� inteso�esclusivamente�sottolineare�la�necessita��che�il�provvedimento�venisse� trascritto�proprio�ai�fini�di�cui�all'art.�1599�c.c.,�al�fine,�cioe��,�di�poter�essere� opposto�sine die, e�non�gia��per�un�periodo�di�soli�nove�anni.� In�altre�parole,�il�legislatore�aveva�inteso�ribadire�che�il�provvedimentoe�� a�tempo�indeterminato�(o�meglio:�con�termine�finale�incerto),�e�dunque�va� considerato,�ad�ogni�effetto,�come�ultranovennale.� Diversamente�opinando,�un'esegesi�letterale�dell'art.�6,�comma�6,�legge� 898/1970�novellata,�imporrebbe�di�sostenere�che�il�Legislatore�abbia�inteso� affermare�che�il�provvedimento�vada�trascritto�al�fine�di�potersi�avvaleredi� una�norma�che�gia��prevede,�di�per�se�,�la�trascrizione,�con�una�duplicazione� dispositiva�che�non�avrebbe�alcun�senso:�qualora�avesse�voluto�prevedere� l'opponibilita��in senso assoluto,�il�Legislatore�avrebbe,�invero,�dovuto�far� richiamo�all'art.�2644�c.c.,�e�non�gia��all'art.�1599�c.c.� Ne�consegue,�dunque,�che�ilprovvedimento non trascritto legittima in ogni caso, nel conflitto con il terzo acquirente in data successiva all' assegnazione, il godimentoper nove anni, avendo esso, senza alcun dubbio, data certa. Cio��com- porta�che�l'assegnatario�prevalga�se�il�provvedimento�precede�l'alienazione.� Queste�conclusioni�possono�anche�apparire�inique�nei�confronti�del� terzo,�ed�in�effetti�non�puo��negarsi�che,�nella�logica�dell'art.�1599�c.c.,�l'oppo- nibilita��infranovennale�e��bilanciata�dal�pagamento�del�canone.�Ma�tale�equi- librio,�a�ben�guardare,�e��puramente�formale,�cosicche�non�potrebbe�ravvisarsi� una�condizione�deteriore�per�il�terzo�nel�fatto�che�costui�dovra��,�piuttosto� che�percepire�il�canone,�rivolgersi�al�proprio�dante�causa�per�il�risarcimento� del�danno,�ove�il�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�non�gli�sia�stato� previamente�comunicato�in�sede�di�alienazione.� Non�sembra,�dunque,�possibile�argomentare�(anche)�dalla�condizione� del�terzo�per�affermare�la�necessita��di�trascrivere�il�provvedimento�di�asse- gnazione�ai�fini�dell'opponibilita��(non�gia��in�relativo,�cioe��per�il�periodo� ultranovennale,�ma)�in�assoluto.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Al�medesimo�approdo�ermeneutico�raggiunto�dalla�migliore�dottrina�e� alfine�pervenuta�anche�la�giurisprudenza�di�legittimita�,�una�volta�superati�i� contrasti�interpretativi�manifestatisi�in�seno�ad�essa.� Come�codesta�Avvocatura�Distrettuale�dimostra�di�conoscere�perfetta- mente,�il�contrasto�era�insorto�in�seguito�a�Cass.,�sent.�n.�4529/1999, la�quale,� difformemente�dalle�precedenti�sentt.�nn.�10977/1996�e�7680/1997,�aveva�rite- nuto�che�l'omessa�trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�della�casa� coniugale�pregiudicasse�del�tutto�^e�non�soltanto�per�il�periodo�successivo� al�compimento�di�nove�anni�dall'assegnazione�^l'opponibilita�del�titolo�al� terzo�acquirente�dell'immobile.� Si�era,�piu�precisamente,�sostenuto�che�la�previsione�di�opponibilita� della�locazione�di�immobili�al�terzo�acquirente�nel�limite�temporale�suindi- cato�in�difetto�di�trascrizione,�contenuta�nell'art.�1599�c.c.,�costituisse�disposi- zione�eccezionale,�non�estensibile�in�via�analogica�ad�altri�istituti,�e�segnata- mente�all'assegnazione�della�casa�familiare,�trattandosi�di�fattispecie�non� riconducibile�ne�analoga�alla�locazione,�e�che,�d'altro�canto,�la�genericita�del� richiamo�all'art.�1599�c.c.�contenuto�nell'art.�6,�comma�6,�legge�898/1970� novellata�^applicabile�anche�in�materia�di�separazione�personale�per�effetto� della�vista�sentenza�della�Corte�Costituzionale�^non�consentisse�di�estendere� all'istituto�in�discorso�la�disciplina�relativa�alle�locazioni.� L'opposto�filone�giurisprudenziale,�invece,�affermava�che�l'onere�della� trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�della�casa�familiare�di�cui� all'art.�155�c.c.,�ai�fini�della�sua�opponibilita�al�successivi�acquirenti,�riguar- dava,�in�analogia�con�la�normativa�vigente�in�materia�di�scioglimento�del� matrimonio�ed�ai�sensi�dell'art.�1599�c.c.,�la�sola�assegnazione�ultranoven- nale,�salva�restando�l'opponibilita�del�provvedimento�non�trascritto�nei�limiti� del�novennio.� Tale�contrasto,�reso�possibile�^come�sopra�illustrato�^dalla�formula- zione�della�norma�in�termini�ambigui�ed�intrinsecamente�contraddittori,�con� il�duplice�riferimento�sia�alle�regole�della�trascrizione�che�alla�disciplina�della� locazione,�ha�trovato�composizione�per�effetto�della�sentenza�n.�11096/02,� pronunciata�dalla�Suprema�Corte�a�Sezioni�Unite.� In�tale�fondamentale�arresto�si�prende�doverosamente�atto�dell'innega- bile�circostanza�che�la�dictio legis fornisce�indicazioni�tali�da�elidersi�a� vicenda,�e�quindi�da�prestarsi�alla�individuazione�di�due�opposti�precetti:� ove�il�richiamo�contenuto�nella�disposizione�in�esame�all'art.�1599�c.c.�si� intenda�riferito�all'intero�testo�della�norma�richiamata,�dovra�ritenersi�oppo- nibile�al�terzo�acquirente,�ai�sensi�del�comma�1�dell'art.�1599�c.c.,�nei limiti del novennio, anche�il�provvedimento�non�trascritto,�intervenuto�anterior- mente�alla�vendita.� Ove,�al�contrario,�si�ritenga�^valorizzando�l'inciso��in�quanto�tra- scritta��^che�il�legislatore�abbia�inteso�indefettibilmente�imporre�un�onere� di�trascrizione,�senza distinguerefra durata infra ed ultranovennale, l'assegna- zione�sara�da�considerare�opponibile�ai�terzi�solo se ed in quanto venga tra- scritta nella Conservatoria dei RR.II. I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� La�lettura�della�norma�nel�senso�per�primo�indicato�varrebbe�certamente� a�rendere�l'espressione��in�quanto�trascritta��del�tutto�pleonastica,�mentre� la�seconda�opzione�interpretativa�finirebbe�con�il�privare�di�ogni�significato� il�richiamo�all'art.�1599�c.c.,�sino�a�renderlo�del�tutto�incomprensibile.� Secondo�l'insegnamento�delle�SS.UU.,�al�fine�di�individuare�quale�delle� due�possibili�letture�rispecchi�l'effettiva�volonta�del�Legislatore�del�1987,� secondo�il�disposto�dell'art.�12,�dispp.�prell.�c.c,�occorre�un�impegno�interpre- tativo�che,�utilizzando�canoni�ermeneutici�diversi�da�quello�letterale�e�richia- mando�l'evolversi�della�disciplina�dell'assegnazione�della�casa�familiare,� segnato�dal�sovrapporsi�di�parziali�interventi�riformatori�e�di�pronunce�della� Corte�Costituzionale,�ed�esaminando�altres|�i�Lavori�Preparatori,�valorizzi� le�finalita�dell'istituto�ed�applichi�criteri�di�ordine�logico-sistematico.� E�cos|�,�all'esito�di�una�completa�ricostruzione�dell'evoluzione�normativa� e�giurisprudenziale�in�materia,�valorizzando�la�ratio�della�norma�in�discorso� e�le�esigenze�di�ordine�sistematico,�le�SS.UU.,�superate�le�ambiguita�in�ter- mini�di�coerenza�sistematica�legate�al�tenore�letterale�del�disposto�in�parola,� hanno�ravvisato�nel�richiamo�all'art.�1599�c.c.�in�esso�contenuto�la�precisa� volonta�del�legislatore�di�assimilare�ai�meri�fini�della�trascrizione�il�diritto� dell'assegnatario�a�quello�del�conduttore,�cos|�attribuendo�all'istituto�un�quo- ziente�di�opponibilita�ai�terzi�anche�a�prescindere�dalla�trascrizione.� Ed�invero,�se�si�considera�che,�in�caso�di�immobile�condotto�in�loca- zione,�l'art.�6,�comma�2,�legge�392/1978,�prevede�la�successione�ex�lege�nel� contratto�del�coniuge�cui�il�diritto�di�abitare�nella�casa�familiare�sia�stato� attribuito�dal�giudice,�sarebbe�del�tutto�incongrua�un'opzione�interpretativa� che�intendesse�attribuire�all'assegnatario�un�trattamento�deteriore�nell'ipotesi� in�cui�il�coniuge�estromesso�sia�titolare�di�un�diritto�reale.� Il�Legislatore�della�riforma�del�1987,�operando�un�bilanciamento,� secondo�valori�etici�e�criteri�socio-economici,�tra�l'interesse�del�gruppo�fami- liare�residuo�(e�specificamente�dei�figli�minori�o�anche�maggiorenni,�ma�non� autosufficienti�senza�loro�colpa)�a�conservare�l'habitat�domestico�e�quello,�di� natura�patrimoniale,�di�tutela�dell'affidamento�del�terzo,�oltre�quello,�piu� generale,�ad�una�rapida�e�sicura�circolazione�dei�beni,�ha�ravvisato�come�ele- mento�di�composizione�tra�le�diverse�istanze�in�conflitto�la�limitazione�nel� tempo,�in�difetto�di�trascrizione,�dell'opponibilita�ai�terzi�del�provvedimento�di� assegnazione.� In�particolare,�l'esigenza�di�assicurare�l'effettivita�del�godimento�dell'as- segnatario,�dando�attuazione�concreta�ad�una�pronunzia�diretta�ad�incidere� non�solo�e�non�tanto�sul�bene�attribuito,�ma�sulla�qualita�della�vita�e�sulla� serenita�dei�soggetti�deboli�del�nucleo�familiare�in�crisi,�ha�chiaramente�indi- rizzato�l'opzione�legislativa�per�una�tutela�avanzata�della�posizione�di�detti� soggetti�rispetto�alle�contrapposte�esigenze�sopra�menzionate,�accordando�al� coniuge�assegnatario�un�titolo�legittimante�comunque�opponibile�al�terzo� successivo�acquirente,�senza�soluzione�di�continuita�dal�momento�dell'emis- sione�del�provvedimento,�cos|�da�porlo�al�riparo�da�iniziative�dell'altro� coniuge�proprietario�idonee�a�frustrare�^anche�immediatamente�^la�statui- zione�del�giudice.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'inciso��in�quanto�trascritta�,�contenuto�nella�disposizione�in�discorso,� viene�cos|�ad�assumere�un�preciso�significato�ed�una�duplice�funzione,�costi- tuendo,�da�un�lato,�espressione�della�volonta�del�Legislatore�di�annoverare�il� provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�della�casafamiliarefragliatti�trascri- vibili�^cos|�ampliandone�le�tipologie�^e,�dall'altro,�conferma�dell'opponibilita� anche�ultranovennale�dell'assegnazione,fintantoche�perduri�l'efficacia�dellapro- nuncia�giudiziale�e�a�condizione�che�essa�sia�stata�convenientemente�trascritta.� L'orientamento�sopra�tratteggiato�e�stato�pienamente�condiviso�dalla� successiva�giurisprudenza�di�legittimita�,�la�quale�non�ha�ravvisato�ragioni� per�discostarsene�(v.�Cass.,�sentt.�nn.�5067/03,�12705/03,�9181/04,�18574/04� e,�da�ultimo,�seppure�in�un�obiter�dictum,�sent.�n.�20319/04),�cosicche�puo� serenamente�affermarsi�che�tale�indirizzo�interpretativo�e�oramai�assunto�al� rango�di�diritto�vivente.� Ne�consegue�che�il�provvedimento�in�questione�e�da�ricomprendere�in� pieno�nell'ambito�della�previsione�di�cui�all'art.�2643,�n.�14,�c.c.�Esso,�infatti,� da�vita�ad�un�diritto�che�il�legislatore�equipara�quoad�effectum�alla�locazione� ultranovennale�prevista�dallo�stesso�art.�2643�c.c.�al�n.�8.�E�tale�equipara- zione�e�tanto�piu�palese�in�quanto�la�previsione�dell'art.�2643,�n.�8,�c.c.�nei� rapporti�tra�locatario�e�terzo�acquirente�dell'immobile,�va�collegata,�sul� piano�delle�conseguenze�della�trascrizione,�esclusivamente�all'art.�1599�c.c.,�e� non�gia�all'art.�2644�c.c.� Ecco,�dunque,�che�nell'ambito�della�previsione�dell'art.�2643�c.c.�il�Legi- slatore�ha�inserito,�per�il�tramite�del�richiamo�di�cui�al�n.�14,�il�diritto�all'abi- tazione�della�casa�coniugale�attribuito�con�sentenza�del�giudice�del�divorzio.� Del�resto,�diversamente�opinando,�dovrebbe�concludersi�^paradossalmente�c he�il�rinvio�alla�trascrizione�operato�dall'art.�6,�legge�898/1970�novellata,� non�potrebbe�trovare�collocazione�alcuna�nell'ambito�della�materia�sua�pro- pria,�quale�regolata�dagli�artt.�2643�e�ss.�c.c.� Occorre�aggiungere�che�il�venir�meno�del�provvedimento�stesso�per� effetto�di�revoca,�di�riconciliazione,�nonche�^in�caso�di�scioglimento�del� matrimonio�^di�nuove�nozze,�dovra�risultare�da�provvedimento�giudiziale� ovvero�da�dichiarazione�del�coniuge�assegnatario�controinteressato�e�andra� annotata�a�margine�della�trascrizione,�a�mente�dell'art.�2655�c.c.� Va,�infine,�precisato�che�il�provvedimento�di�assegnazione,�in�sede�di� separazione,�e�,�di�regola,�rappresentato�dall'ordinanza�presidenziale,�la�quale� andra�trascritta�ex�art.�2645�c.c.,�mentre�la�successiva�sentenza�andra�anno- tata�a�margine�della�trascrizione�e,�a�sua�volta,�autonomamente�trascritta� ex�art.�2643,�n.�14,�c.c.� Il�verbale�di�separazione�consensuale,�omologato�con�decreto�motivato� ex�art.�711,�comma�4,�c.p.c.,�andra�pure�trascritto�a�norma�dell'art.�2645�c.c.� Quanto�ai�problematici�rapporti�tra�il�preesistente�godimento�della�casa� familiare�a�titolo�di�comodato�ed�il�successivo�provvedimento�di�assegna- zione�della�stessa�adottato�dal�giudice�in�sede�di�separazione�o�di�divorzio,�e� opportuno�preliminarmente�chiarire�che�tale�vicenda�e�affatto�diversa�da� quella�sin�qui�illustrata.� In�essa�si�verifica,�a�vero�dire,�un'autentica�inversione�temporale�dei�dati� di�riferimento:�il�titolo�di�godimento�dell'abitazione�e�precostituito�rispetto� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� al�decisum�giurisdizionale�che�assegna�la�residenza�familiare,�non�ponendosi,� dunque,�i�problemi�di�opponibilita�del�provvedimento�giudiziario�a�terzi� acquirenti�di�diritti�sulla�casa�familiare,�precedentemente�attribuita�ad�uno� dei�coniugi�in�sede�di�separazione�(come�accade,�invece,�nella�fattispecie� vagliata�dalle�SS.UU.�nella�decisione�n.�11096/02).� Della�questione,�ritenuta�di�particolare�importanza,�afferente�la�disci- plina�applicabile�all'assegnazione�della�casa�familiare�disposta�in�favore�di� uno�dei�coniugi�in�sede�di�separazione�nell'ipotesi�in�cui�l'immobile�sia�stato� precedentemente�oggetto�di�comodato�da�parte�del�suo�titolare,�affinche�fosse� destinato�ad�abitazionefamiliare�del�comodatario�^con�particolare�riferimento� alla�determinazione�della�durata�dell'assegnazione�ed�alla�posizione�giuridica� del�coniuge�assegnatario�nei�confronti�del�comodante�^sono�state,�peraltro,� investite�di�recente�proprio�le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte.� La�decisione�(Cass.,�SS.UU., sent.�n.�13603/04)�ha�preso�le�mosse�dal� contrasto�esistente�sul�punto�tra�un�isolato�arresto�del�S.C.�(sent.� n.�10977/1996),�secondo�il�quale�il�comodante�non�puo�esercitare�il�recesso� ad�nutum,�in�quanto�il�provvedimento�di�assegnazione�ha�oramai�sostituito� il�precedente�titolo�di�godimento�^derivante�dal�comodato�^nella�disciplina� del�rapporto,�ed�altro,�piu�consistente�orientamento�dei�giudici�di�legittimita� (per�il�quale�v.�Cass.,�sentt.�nn.�2407/1998,�10258/1997,�6458/1996,� 929/1995,�5236/1994,�1258/1993,�3391/1982,�nonche�,�nella�giurisprudenza�di� merito,�in�senso�conforme,�v.�Appello�Napoli�30�maggio�2004,�Trib.�Roma� 30�settembre�2003,�Trib.�Foggia�26�novembre�2002,�Trib.�Cagliari,�23�feb- braio�2001�e�14�dicembre�1999,�Trib.�Napoli�17�dicembre�1997,�Pret.�Pescara� 5�luglio�1997),�secondo�il�quale�un�problema�di�opponibilita�dell'assegnazione� della�casa�familiare�puo�porsi�soltanto�ove�il�titolo�d'acquisto�dell'immobile� con�tale�destinazione�funzionale�sia�posteriore�al�provvedimento�giurisdizio- nale,�mentre�nell'ipotesi�opposta�^in�cui�l'acquisizione�di�un�diritto�sulla�casa� e�anteriore�al�provvedimento�di�assegnazione�^la�decisione�del�giudice�non� puo�incidere�su�una�situazione�preesistente,�nella�quale�sono�coinvolti�diritti� di�soggetti�estranei�al�giudizio�di�separazione.� La�ricostruzione�proposta�da�Cassazione,�sentenza�n.�10977/1996,� secondo�la�quale,�per�effetto�dell'assegnazione�ex�art.�155,�comma�4,�c.c.,�il� godimento�della�casa�familiare�da�parte�del�coniuge�assegnatario�e�della� prole�troverebbe�titolo�e�regolamentazione��nella�disciplina�di�questo�tipo�di� provvedimento��(con�il�conseguente�protrarsi�del�relativo�diritto�fino�al�rag- giungimento�della�maggiore�eta�dei�figli�nel�cui�interesse�l'assegnazione�e� disposta,�se�non,�addirittura,�al�conseguimento�da�parte�loro�di�una�certa� indipendenza�economica),�piuttosto�che�nell'�originario�rapporto�di�como- dato�,�finiva�per�attribuire�al�residuo�nucleo�familiare�rimasto�nell'alloggio� dopo�la�separazione�dei�coniugi�una�tutela�piu�ampia�di�quella�assicurata�al� comodatario�originario�e,�quindi,�alla�sua�famiglia�ancora�integra,�esponen- dosi�a�non�pochi�dubbi�di�costituzionalita�.� Le�SS.UU.�hanno,�pertanto,�preferito�aderire�alla�soluzione�maggiorita- ria,�sottolineando�come�il�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�non�muti� la�situazione�giuridica�preesistente,�con�la�conseguenza�che�il�diritto�nascente� dall�`assegnazione�resta�conformato�sulla�base�del�titolo�di�godimento�originario,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� al�quale�occorrera�far�capo�per�stabilire�la�disciplina�applicabile�ai�rapporti� che�si�verranno�ad�instaurare,�dopo�la�separazione,�tra�coniuge�assegnatario� e�titolare�del�diritto�(personale�o�reale)�sull'immobile.� Viene,�in�tal�modo,�scongiurata�una�funzionalizzazione�assoluta�del� diritto�di�proprieta�del�terzo�a�tutela�di�diritti�che,�in�ultima�analisi,�rinven- gono�la�propria�matrice�nella�solidarieta�coniugale�o�postconiugale.� Nell'importante�pronuncia�si�evidenzia,�peraltro,�che,�cos|�come�i�limiti� soggettivi�ed�oggettivi�del�provvedimento�di�assegnazione�non�consentono� una�compressione�dei�diritti�vantati�dal�dominus (che�non�e�stato�parte�del� giudizio�nel�quale�il�provvedimento�stesso�e�stato�emesso),�per�converso�non� e�configurabile�un�ampliamento�della�posizione�giuridica�del�coniuge�asse- gnatario�^nei�confronti�dello�stesso�proprietario�^rispetto�a�quella�vantata� dall'originario�comodatario.� Il�diritto�del�coniuge�assegnatario,�che�pure�trova�nuovo�ed�autonomo� titolo�nel�provvedimento�giudiziale�^il�quale,�come�si�e�sopra�visto,�non�attri- buisce�un�diritto�reale�di�abitazione,�ma�un�diritto personale di godimento, variamente�segnato�da�tratti�di�atipicita�^resta,�dunque,�modellato,�nel�suo� contenuto,�dalla�disciplina�del�titolo�negoziale�preesistente,�con�la�conse- guenza�che�alla�normativa�regolatrice�dell'originaria�convenzione�occorre� far�riferimento�al�fine�di�delineare�il�complesso�dei�diritti�e�dei�doveri�di�detto� coniuge�nei�confronti�del�proprietario�contraente.� La�posizione�del�coniuge�assegnatario�nei�confronti�del�terzo�concedente� resta,�insomma,�conformata�dalla�natura�del�diritto�preesistente�e�risulta,� per�l'effetto,�soggetta�ai�medesimi�limiti�che�segnavano�il�godimento�da�parte� della�comunita�domestica�nella�fase�fisiologica�della�vita�matrimoniale.� Appurato�che�le�norme�che�operano�sono�quelle�previste�per�il�contratto� di�comodato,�il�successivo�passo�dell'ordito�argomentativo�della�decisione�in� parola�attiene�all'individuazione�del�regime�giuridico�in�punto�di�recesso�del� comodante�che�meglio�si�attaglia�alla�fattispecie�de qua:�se,�cioe�,�sia�applica- bile�la�previsione�dell'art.�1809�c.c.�^per�la�quale�il�comodatario�e�tenuto�alla� restituzione�della�cosa�alla�scadenza�del�termine�pattuito�oppure�quando�se� ne�e�servito�in�conformita�dell'uso�pattiziamente�stabilito,�salvo�che�ricorra� l'ipotesi�delineata�dal�comma�2,�per�la�quale�il�comodante�puo�richiedere�la� restituzione�immediata�in�caso�di�sopravvenienza�di�un�urgente�ed�impreve- duto�bisogno�^oppure�se�si�tratti�di�un�comodato�senza�determinazione�di� termine,�per�il�quale�e�prevista�dall'art.�1810�c.c.�la�possibilita�per�il�como- dante�di�recedere�ad nutum. Le�SS.UU.�rammentano,�al�riguardo,�il�consolidato�indirizzo�giurispru- denziale�alla�stregua�del�quale�non�puo�desumersi�la�determinazione�della� durata�del�comodato�dalla�destinazione�abitativa�cui,�per�sua�natura,�e�adi- bito�un�immobile,�in�difetto�di�espressa�convenzione�sul�punto,�derivando� da�tale�destinazione�soltanto�la�indicazione�di�un�uso�indeterminato�e�conti- nuativo,�inidoneo�a�sorreggere�un�termine�finale�(v.,�ex plurimis, Cass.,�sentt.� nn.�9775/1997�e�2719/1995).� Peraltro,�|�Supremi�Giudici�denunciano�l'inconferenza�di�tale�orienta- mento�nella�fattispecie�sottoposta�al�loro�esame,�nella�quale�la�destinazione� e�specificamente�diretta�ad�assicurare�che�il�nucleo�familiare�gia�formato�o� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� in�via�di�formazione�abbia�un�proprio�habitat,�come�stabile�punto�di�riferi- mento�e�centro�di�comuni�interessi�materiali�e�spirituali�dei�suoi�componenti.� In�tali�situazioni,�viene�in�rilievo�la�nozione�di�casa�familiare�quale�luogo� degli�affetti,�degli�interessi�e�delle�abitudini,�in�cui�si�esprime�la�vita�familiare� e�si�svolge�la�continuita�delle�relazioni�domestiche,�centro�di�aggregazione�e� di�unificazione�dei�componenti�del�nucleo,�complesso�di�beni�funzionalmente� organizzati�per�assicurare�l'esistenza�della�comunita�familiare,�che,�appunto,� in�forza�dei�caratteri�di�stabilita�e�continuita�che�ne�costituiscono�l'essenza,� si�profila�concettualmente�incompatibile�con�un�godimento�segnato�da�prov- visorieta�ed�incertezza.� In�questa�prospettiva�il�dato�oggettivo�della�destinazione�a�casafamiliare,� finalizzata�a�consentire�un�godimento,�per�definizione,�esteso�a�tutti�i�compo- nenti�della�comunita�familiare,�comporta�che�il�soggetto�che�formalmente� assume�la�qualita�di�comodatario�riceva�il�bene�non�solo�e�non�tanto�a�titolo� personale,�quanto,�piuttosto,�quale�esponente�di�detta�comunita�.�Per�effetto� della�concorde�volonta�delle�parti�viene,�cos|�,�a�configurarsi�un�vincolo�di� destinazione�dell'immobile�alle�esigenze�abitative�familiari�idoneo�a�conferire� all'uso�cui�la�cosa�doveva�essere�destinata�il�carattere�di�termine�implicito�della� durata�del�rapporto,�la�cui�scadenza�non�e�determinata,�ma�e�strettamente�cor- relataalladestinazione�impressaedallefinalita�cuiessa�tende.� Ne�tale�vincolo�puo�considerarsi�automaticamente�caducato�per�il� sopravvenire�della�crisi�coniugale,�prescindendo�quella�destinazione,�nella� sua�oggettivita�,�dalla�effettiva�composizione�^al�momento�della�concessione� in�comodato�^della�comunita�domestica,�ed�apparendo,�piuttosto,�indiriz- zata�a�soddisfare�le�esigenze�abitative�della�famiglia�anche�nelle�sue�potenzia- lita�di�espansione.� Movendo�dalla�ritenuta�soggezione�del�nucleo�familiare�residuo,�nei�rap- porti�con�il�comodante,�alla�medesima�disciplina�che�avrebbe�regolato�detti� rapporti�ove�non�si�fosse�verificata�la�crisi�coniugale,�le�SS.UU.�svolgonoun� argomentazione�del�seguente�tenore:�cos|�come�l'originario�comodatario� avrebbe�potuto�validamente�contrastare�il�recesso�del�comodante,�per�non� essere�ancora�cessato�l'uso�al�quale�la�cosa�era�stata�destinata,�allo�stesso� modo�non�potra�subirla�il�soggetto�assegnatario;�resta�salva,�per�contro,�la� richiamata�facolta�del�comodante�di�chiedere�la�restituzione,�nell'ipotesi�di� sopravvenienza�diun�bisogno�segnato�dai�requisitidella�urgenza�e�della�nonpre- visione,�ai�sensi�dell'art.�1809,�comma�2,�c.c..� La�soluzione�cos|�accolta�appare�coerente�con�le�scelte�di�fondo�com- piute�dal�Legislatore�in�materia�di�casa�familiare,�in�quanto�idonea�a�garan- tire�una�certa�efficacia�temporale�al�provvedimento�di�assegnazione,�evitando� il�rischio�di�una�frustrazione�^anche�immediata�^della�fondamentale�esi- genza�di�tutela�della�prole�cui�esso�e�rivolto.� L'opzione�interpretativa�volta�a�privare�in�modo�assoluto�il�comodante� proprietario�(che�ha�gia�rinunciato�ad�ogni�rendita�sul�bene�in�favore�della� comunita�familiare)�della�possibilita�di�disporne�fino�al�momento�^peraltro,� imprevedibile�all'atto�della�conclusione�dell'accordo�^del�raggiungimento� dell'indipendenza�economica�dell'ultimo�dei�figli�conviventi�con�l'assegnata- rio,�si�risolverebbe,�all'opposto,�in�una�sostanziale�espropriazione�delle� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� facolta��e�dei�diritti�connessi�alla�sua�titolarita��sull'immobile,�con�evidenti� riflessi�sulla�sfera�costituzionale�della�tutela�del�risparmio�e�della�sua�fun- zione�previdenziale.� Una�soluzione�siffatta�sarebbe,�inoltre,�palesemente�irragionevole,�in� quanto�appresterebbe�allo�stesso�comodante�un�trattamento�deteriore� rispetto�a�quello�spettante�al�successivo�avente�causa�(il�quale�^come�gia�� ricordato�^,�in�mancanza�di�trascrizione,�e��tenuto�a�subire�l'assegnazione� per�un�periodo�non�superiore�a�nove�anni)�e�deteriore�anche�rispetto�a�quella� del�locatore,�che�e��parte�di�un�contratto�a�prestazioni�corrispettive�e�puo�� avvalersi�di�forti�strumenti�di�tutela�nei�confronti�del�conduttore�inadem- piente.� Mette�conto,�da�ultimo,�rimarcare�che�a�tale�impostazione�la�S.C.�ha� inteso�dare�continuita��:�in�un�recentissima�sentenza�della�prima�Sezione�(sent.� 23�marzo�2005, n.�6278)�si�e��,�infatti,�ribadito�che,�nell'ipotesi�di�concessione� in�comodato�da�parte�di�un�terzo�di�un�bene�immobile�di�sua�proprieta��affin- che�sia�destinato�a�casa�familiare,�il�successivo�provvedimento�di�assegna- zione�in�favore�del�coniuge�affidatario�di�figli�minorenni�o�convivente�con� figli�maggiorenni�non�autosufficienti�senza�loro�colpa,�emesso�nel�giudizio� di�separazione�o�di�divorzio,�non�modifica�la�natura�ed�il�contenuto�del�titolo� di�godimento�sull'immobile,�ma�determina�una�concentrazione,�nella�persona� dell'assegnatario,�di�detto�titolo�di�godimento,�che�resta�regolato�dalla�disci- plina�del�comodato,�con�la�conseguenza�che�il�comodante�e��tenuto�a�consen- tirne�la�continuazione�per�l'uso�previsto�nel�contratto,�salva�la�sopravve- nienza�di�un�urgente�ed�impreveduto�bisogno,�ai�sensi�dell'articolo�1809,� comma�2,�c.c.� E�stata,�pertanto,�riconosciuta�l'opponibilita��al�proprietario�comodante� della�suddetta�assegnazione�giudiziale�di�casa�coniugale,�laddove�ricorrano� gli�indicati�presupposti�di�fatto:�destinazione�a�casa�familiare�del�bene�con- cesso�in�comodato�e�mancata�allegazione�e�prova,�da�parte�del�proprietario� comodante,�della�sopravvenienza�di�un�suo�urgente�ed�impreveduto�bisogno.� Alla�luce�di�quanto�precede,�e��agevole�osservare�che,�nelle�vicende�con- crete�illustrate�nella�nota�che�si�riscontra,�il�Conservatore�dei�RR.II.�di�Cam- pobasso�avrebbe�dovuto�disporre�la�trascrizione�dei�provvedimenti�giudiziali� di�assegnazione�degli�immobili�senza alcuna riserva, non�sussistendo�i��gravi� e�fondati�dubbi�sulla�trascrivibilita����di�cui�all'art.�2674-bis c.c.� I�decreti�del�Tribunale�di�Campobasso�che�hanno�riconosciuto�il�diritto� dei�ricorrenti�ad�ottenere�la�trascrizione�senza�riserva�non�appaiono,�per- tanto,�utilmente�reclamabili�davanti�alla�Corte�d'Appello�^a�prescindere� dalla�oramai�sopravvenuta�scadenza�dei�termini�per�l'eventuale�gravame�^e� di�essi�si�condivide�pienamente�l'apparato�argomentativo,�eccezione�fatta� per�l'inconferente�richiamo�operato�a�Corte�Cost.,�sent.�n.�186/1988�(grazie� alla�quale�il�decreto�di�omologazione�della�separazione�consensuale�costitui- sce�titolo�per�l'iscrizione�dell'ipoteca�giudiziale),�in�luogo�del�piu��pertinente� rinvio�a�Corte�Cost.�n.�454/1989,�di�cui�si�e��sopra�illustrata�la�strettissima� correlazione�con�le�questioni�trattate�.� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO Circolare del 12 luglio 2005, n. 24, prot. 94439 (comunicazione di servizio n. 96/05, prot. 94436). Direttive in materia di controversie aventi adoggetto corsidiriqualificazione. �Con riferimento al contenzioso esistente in materia di corsi di riqualifi- cazione, e� opportuna una esposizione sintetica delle linee difensive sin qui adottate, tenuto conto dello stato della giurisprudenza (e della dottrina) in ordine ai temi che sono apparsi fondamentali, onde impostare una linea di difesa unitaria e coerente idonea a salvaguardare, nel miglior modo possibile, l'azione posta in essere dalle varie amministrazioni nella scelta, organizza- zione, modalita� di svolgimento e conclusione dei corsi di riqualificazione del personale. A tal fine, enucleati, sulla base anche dei pareri resi dalla Avvocatura Generale, i principi sulla materia indicati dalla Corte Costituzionale nelle numerose pronunzie emesse dal 1988 (sent. 21) ad oggi (sent. 218/2002 e 205/2004), si espongono le linee di trattazione del contenzioso in questione. A) Con riferimento ai principi indicati dalla Corte Costituzionale e� di fondamentale rilievo la costante affermazione della utilizzazione del pubblico concorso come mezzo ordinario per l'accesso al pubblico impiego nonche� per l'avanzamento alle qualifiche superiori, garantendosi solo attraverso que- sto strumento la piu� ampia partecipazione e quindi la individuazione dei migliori candidati possibili. Tale affermazione e� stata dalla Corte ribadita, con maggior vigore, dopo la abolizione del sistema delle carriere nel rapporto di pubblico impiego per far luogo ad un sistema di individuazione di diverse aree funzionali ed all'interno di queste di diverse posizioni con compiti e responsabilita� diffe- renti e conseguentemente con diversi livelli retributivi (v. sent. 1/1999). Coerentemente con tali notazioni la Corte ha quindi negativamente valutato le leggi nazionali e regionali (queste ultime scrutinate su impugna- zione del Presidente del Consiglio rappresentato dalla Avvocatura dello Stato) che prevedevano l'attribuzione delle posizioni superiori della stessa od altra area da ricoprire, non attraverso il sistema del pubblico concorso aperto anche agli esterni, ma attraverso l'utilizzazione di procedure riservate totalmente o prevalentemente ad interni (sent. 161/1990 ^314/1994 3 20/1997 ^1/1999 ^194/2000 ^etc.) . Cos|� la Corte ha dichiarato l'incostituzionalita� delle norme che privile- giavano, per l'attribuzione di posizioni superiori da ricoprire, la semplice anzianita� di servizio o considerandola senza alcuna ulteriore valutazione ma in se� e per se� o attribuendo alla anzianita� di servizio punteggio talmente rile- vante da non poter esser superato o pareggiato da specifici titoli di studioo professionali. Del pari la Corte ha, in linea di principio, escluso la possibilita� di utiliz- zare il c.d. doppio salto, una volta ritenuta ammissibile la procedura riser- vata ad interni, in quanto cos|� facendo potrebbe irrazionalmente, ove non valutata adeguatamente la professionalita� degli appartenenti alla posizione RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� immediatamente�inferiore�e�per�contro�sopravalutata�l'anzianita�di�servizio,� pregiudicarsi�la�posizione�dei�dipendenti�appartenenti�alla�posizione�imme- diatamente�inferiore�(sent.�1/1999�^194/2002�^274/2003�^369/1990).� La�Corte�ha�poi�comunque�richiesto�che,�in�ossequio�ai�principi�di� imparzialita�e�buon�andamento�della�P.A.,�le�procedure�riservate�ad�interni� si�svolgano�con�il�rispetto�dei�criteri�della�serieta�e�specificita�e�si�concludano� con�prove�selettive�che�garantiscano�la�individuazione�dei�candidati�piu�ido- nei�allo�svolgimento�delle�superiori�mansioni�(sent.�194/2002).� B)�Alla�luce�di�tali�principi�e�apparsa�prioritaria�la�individuazione�del� giudice�chiamato�a�conoscere�le�questioni�in�tema�di�riqualificazione:�se�il� giudice�ordinario�o�il�giudice�amministrativo.� Al�riguardo�si�deve�registrare�il�permanere,�almeno�fino�alla�sentenza� 15403/03�delle�SS.UU.�della�Corte�di�cassazione,�di�un�contrasto�tra�la�Corte� Costituzionale�e�la�Corte�di�cassazione�in�ordine�alla�estensione�della�nozione� di�accesso-assunzione.� La�Corte�Costituzionale�(sent.�21/1988�^161/1999�^478/1991�3 14/1994)�pur�senza�prendere�espressamente�partito�sulla�questione�della� spettanza�della�giurisdizione,�muovendo�dalla�intervenuta�abolizione�delle� carriere�nel�pubblico�impiego,�assume�che�l'accesso�a�qualsiasi�posizione� vada�realizzato,�in�ossequio�all'art.�97�Cost.,�attraverso�pubblico�concorso.� La�Corte�di�Cassazione�(sent.�128/01�^2514/02)�invece,�ha�per�lungo� tempo�sostenuto�che�l'intervenuta�privatizzazione�del�rapporto�di�pubblico� impiego�e�la�devoluzione�della�sua�disciplina�alla�contrattazione�collettiva� configurino�gli�atti�relativi�al�personale�gia�dipendente�come�atti�di�gestione� del�rapporto�di�lavoro�con�la�conseguenza�della�attribuzione�delle�relative� controversie�al�giudice�ordinario,�giacche�solo�le�controversie�relative�all'ac- cesso�originario�e�cioe�alla�costituzione�del�rapporto�sono�rimaste�attribuite� alla�cognizione�del�giudice�amministrativo�in�base�all'art.�63�co.�4�decreto� legislativo�del�30�marzo�2001�n.�165.� Con�la�sentenza�15403/03�le�SS.UU.�della�Corte�di�Cassazione�si�sono� invece�allineate�alla�tesi�della�Corte�Costituzionale�ed�hanno�affermato�che,� implicando�anche�l'accesso�a�posizioni�superiori�rispetto�a�quelle�rivestite,� una�novazione�del�precedente�rapporto,�sono�riconducibili�ad�una�ipotesi�di� assunzione�affidata�alla�giurisdizione�del�Giudice�amministrativo�(anche)�le� procedure�per�l'accesso�a�posizioni�superiori.� Con�successiva�ordinanza�n.�10183�del�26�maggio�2004�le�SS.UU.�hanno� chiarito�che�tutte�le�controversie�relative�alla�riqualificazione�delpersonale�rien- trano�nella�giurisdizione�del�giudice�amministrativo.� Le�stesse�SS.UU.�hanno�pero�mantenuto�nella�giurisdizione�ordinaria�solo� le�controversie�relative�ai�passaggi�intra-area,�quando�le�procedure�siano�riser- vate�esclusivamente�alpersonale�interno.� Ancorche�quest'ultima�fattispecie�ricorra�con�rarita�,e�tuttavia�oppor- tuno�insistere,�anche�in�questo�caso,�perche�venga�dichiarata�la�giurisdizione� del�giudice�amministrativo,�affinche�tutte�le�controversie�vengano�decise�in� una�stessa�sede,�evitando�cos|�possibilita�di�contraddittori�orientamenti�nel- l'interpretazione�di�norme�giuridiche�da�parte�del�giudice�ordinario�e�di� quello�amministrativo.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Inoltre,�sostenere�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�per�tuttii� �concorsi�interni��ed�assimilati�significa�far�chiarezza�sulla�circostanza,�onde� consentire�che�tutti�gli�episodi�patologici�che�coinvolgano�i�profili�ascensio- nali�di�carriera�nel�rapporto�tra�dipendente�e�P.A.�vadano�introdotti�innanzi� ad�un�unico�e�predefinito�giudice.� Si�tratta�dunque�di�una�strategia�processuale�^quella�che�ritiene�titolare� della�potestas iudicandi sempre�e�comunque�il�giudice�amministrativo�^da� percorrere�con�riguardo�alle�procedure�concorsuali�interne�in�genere,�ed�alle� c.d.��riqualificazioni�professionali��in�specie,�anche�con�particolare�riferi- mento�ai�passaggi�c.d.��intra-area�.� Si�e�in�presenza,�infatti,�di�procedure�indubbiamente�di�natura��concor- suale�,�in�quanto�il�passaggio,�esemplificativamente,�di�un�dipendente�dal� livello�B1�al�livello�B2�non�potrebbe�considerarsi��neutro��o�comunque��oriz- zontale��in�termini�di�posizionamento�concreto�del�dipendente�nella�cornice� lavorativa�della�P.A.�di�riferimento.� In�sostanza,�anche�all'interno�della�stessa�area�i�passaggi�di�livello�com- portano�delle�ricadute�giuridico-economiche�di�tipo�ascensionale,�con�conse- guente�accesso�in�ogni�caso�ad�un�nuovoposto di lavoro in�capo�al�dipendente� utilmente�collocato�in�graduatoria.� Cio�anche�in�considerazione�dell'insistenza�con�la�quale�la�Corte�Costi- tuzionale�continua�a�mal�vedere�gli�avanzamenti��meramente�interni�,�circo- stanza�questa�che�senz'altro�contribuira�vieppiu�ad�additarli�quali��concorsi�� a�tutti�gli�effetti,�come�tali�appannaggio�giurisdizionale�del�giudice�ammini- strativo.�Da�questo�punto�di�vista�e�piu�che�mai�auspicabile�un�definitivo�alli- neamento�della�Corte�di�Cassazione�sulle�posizioni�palesate�dal�Giudice�delle� Leggi.� C) Nel�merito,�dalla�rilevazione�del�contenzioso,�e�emerso�che�molti� ricorsi�sono�basati�su�pretesa�erronea�valutazione�dei�titoli�del�ricorrente:�in� tali�ipotesi�la�difesa,�variabile�caso�per�caso,�sara�affidata�alle�osservazioni� che�le�varie�amministrazioni�di�volta�in�volta�prospetteranno.� D) Quando�la�contesa�investe�la�pretesa�conformita�del�bando�ai�prin- cipi�enucleati�dalla�Corte�Costituzionale�in�tema�di�anzianita�,�assumendosi� che�ad�essa�sia�stato�attribuito�un�peso�irrazionalmente�prevalente,�potra�cer- carsi�di�giustificare�tale�scelta�facendo�risultare�^in�conformita�alle�indica- zioni�ricavabili�dalle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�^che�l'anzianita� non�viene�presa�in�considerazione�per�se�stessa,�ma�come�indice�di�acquisita� professionalita�,�tesi�questa�soprattutto�utilizzabile�^sempre�in�conformita� alle�indicazioni�ricavabili�dalle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�^per�i� passaggi�nell'ambito�delle�aree�A�e�B�che�non�implicano�lo�svolgimento�di� qualificate�attivita�,�nelle�quali�quindi�effettivamente�l'anzianita�puo�rappre- sentare�miglioramento�professionale.� E) Per�quanto�attiene�alla�previsione�del��doppio�salto��(passaggio�a� due�qualifiche�superiori)�puo�tentarsene�la�difesa�quante�volte�tale�previsione� non�si�risolva,�combinandosi�con�la�supervalutazione�dell'anzianita�,in�un� irrazionale�e�pregiudizievole�sacrificio�degli�interessi�dei�dipendenti�apparte- nenti�alla�posizione�immediatamente�inferiore.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� F) Circa�la�specificita�e�serieta�della�organizzazione�delle�procedure�di� riqualificazione�non�potra�sfuggirsi�alle�censure�di�illegittimita�se�le�Ammini- strazioni�non�avranno�previsto�modalita�di�svolgimento�e�conclusione�delle� procedure�che�garantiscano�la�loro�finalizzazione�ad�una�specifica�prepara- zione�alla�copertura�delle�nuove�posizioni�ed�alla�imparziale�selezione�dei� candidati�piu�meritevoli�attraverso�prove�finali�di�esame�serie�e�competitive.� G) La�riserva�dell'accesso�alla�posizione�C3�solo�ad�interni�appare�difen- dibile�^ancorche�sul�punto�non�siano�rintracciabili�indicazioni�in�senso�per- missivo�della�Corte�Costituzionale�(v.�pero�sent.�369/1990)�^giacche�non�e� irrazionale�che,�per�lo�svolgimento�di�attivita�di�elevata�professionalita�,�l'Am- ministrazione�preferisca�avvalersi�di�personale�che,�avendo�gia�impegnato�al� suo�interno�le�proprie�energie,�da�presumibilmente�garanzia�di�piu�consape- vole,�e�percio�piu�fruttuoso,�lavoro�nella�piu�elevata�posizione.� H) Tutto�quanto�precede�conferma�che�non�e�sufficiente�improntare�le� difese�alla�dimostrazione�della�conformita�delle�clausole�dei�contratti�collet- tivi�integrativi�di�lavoro�in�tema�di�corsi�di�riqualificazione�alle�previsioni� del�contratto�collettivo�nazionale,�occorrendo�invece�dare�la�dimostrazione� della�conformita�espressa�o�almeno�ricavabile�dalle�clausole�dei�contratti� integrativi�e�di�quelle�dei�contratti�nazionali�ai�principi�indicati�dalla�Corte� Costituzionale,�giacche�la�intervenuta�privatizzazione�dei�rapporti�di�lavoro� alle�dipendenze�della�P.A.�e�la�contrattualizzazione�della�loro�disciplina�non� hanno�potuto�incidere�sulla�norma�della�legge�fondamentale�(art.�97�Cost.)� che�disciplina�le�modalita�di�accesso�e�le�caratteristiche�che�tali�modalita� devono�rispettare.� Un�diverso�modo�di�intendere�porterebbe,�come�e�gia�accaduto,�alla� declaratoria�di�nullita�dei�contratti�collettivi�per�contrasto�con�la�Costitu- zione�ed�i�principi�fondamentali�che�essa�esprime�quali�ricostruiti�dalla�Corte� Costituzionale.� L'Avvocato�Generale�Aggiunto�Giuseppe�Stipo�.� dottrinadottrina Il�regime�d'invalidita�del�provvedimento�amministrativo� nel�nuovo�sistema�delineato�dalla�legge�11�febbraio� 2005n.�15().� di Giuseppe Stipo (*) SOMMARIO:�^Premessa:�1.�-Ildirittoamministrativo:�normesostanzialienormeprocedu- rali;�2.�-L'attivita�amministrativa:�atti�iure�imperii�(atti�amministrativi)�e�atti�iure�gestionis;� 3.�-Ilprovvedimento�e�ilprocedimento;�4.�-Inesistenza,�invalidita�(nullita�eannullabilita�),�inef- ficacia.�^Art.�21�septies�comma�1:�5.�-La�invalidita�delprovvedimentoprima�della�legge� n.�15/05;�6.�-Mancanza�degli�elementi�essenziali;�6a.�-Ilsoggetto;�6b.�-La�causa�e�i�motivi;� 6c.�-L'oggetto�e�il�contenuto;�6d.�-Laforma,�il�silenzio;�6e.�-Considerazioni�conclusive;� 7.�-Difetto�di�attribuzione;�8.�-Violazione�edelusione�digiudicato;�9.�-Nullita�espressamente� previstaperlegge;10.�-Giurisdizione.�^Art.�21�septiescomma�2:�11.�-Giudizioperl'adem- pimento�del�giudicato;�il�commissario�ad�acta;�12.�-Diritti�soggettivi�e�interessi�legittimi�a� seguitodelgiudicato;riflessisullagiurisdizione.^Art.�21�octies�comma�1:�13.�-L'annullabi- lita�delprovvedimento;�14.�-L'incompetenza;�15.�-La�violazione�di�legge;�16.�-L'eccesso�di� potere.�^Art.�21�octies�comma�2:�17.�-La�degradazione�della�illegittimita�formale�a�mera� irregolarita�;�18.�-La�irregolarita�con�riferimento�agli�atti�vincolati�ed�agli�atti�discrezionali.� Premessa� 1.�^Ildirittoamministrativo:�normesostanzialienormeprocedurali.� Il�diritto�amministrativo�e�costituito�da�un�vasto�complesso�disorganico� di�norme,�diffuso�in�una�serie�innumerevole�di�testi�che�si�occupano�di�mate- rie�eterogenee,�spesso�non�risultanti�dal�titolo�della�legge. �������� ()�Conferenza�tenuta�presso�la�Scuola�Superiore�della�Pubblica�Amministrazione�in�data�21�settembre� 2005.� (*)�Avvocato�generale�dello�Stato�Aggiunto.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dobbiamo�alla�dottrina�(da�Orlando,�Cammeo,�Romano�a�Vitta,�Zano- bini)�la�creazione�di�un�metodo�sistematico�tendente�ad�enucleare�un�sistema� razionale�di�concetti�generali�con�una�parte�generale�ed�altre�parti�speciali.� Significativo�e�il�Corso�di�diritto�amministrativo�dello�Zanobini�suddiviso� in�5�volumi:� I�^Principi�Generali�(Fonti�Soggetti�^Oggetti�^Fatti�giuridici�^Atti� Amministrativi�^Responsabilita�).� II�^Giustizia�Amministrativa�(Ricorsi�amministrativi�^Giurisdizione� ordinaria�^Giurisdizione�amministrativa�^Giurisdizioni�speciali).� III�^Organizzazione�amministrativa�(Amministrazione�centrale�^ Amministrazione�locale�^Impiego�pubblico�^Concessione�di�pubblici�ser- vizi).� IV�^Beni�(Beni�demaniali�^Beni�patrimoniali�^Espropriazione�per� pubblica�utilita�).� V�^Azione�Amministrativa�(Ordine�pubblico�^Igiene�e�sanita�^Econo- mia,�industria,�agricoltura,�credito,�assicurazione�^Beneficenza�e�assistenza).� La�dottrina�ha�quindi�compiuto�dal�complesso�delle�leggi�amministra- tive�una�trattazione�organica�delle�singole�materie.� Abbiamo�cos|�una�ripartizione�in�norme�di�carattere�sostanziale�e�di� carattere�processuale.� Non�esistendo,�come�per�il�diritto�civile,�un�codice�civile�e�un�codice�di� procedura�civile,�solo�di�recente�si�e�voluto�con�la�legge�21�luglio�2000� n.�205�dettare�Disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa,�che�potrebbe� rappresentare�il�codice�di�procedura�amministrativa.� Per�quanto�riguarda�il�diritto�amministrativo�di�carattere�sostanziale� una�prima�normativa�di�carattere�generale�si�e�avuta�con�la�legge�7�agosto� 1990�n.�241,�che�ha�inteso�dettare�Nuove�norme�sulprocedimento�amministra- tivo,�cioe�solo�una�specifica�parte�della�attivita�amministrativa.� In�mancanza�di�una�normativa�di�carattere�generale,�la�dottrina�e�la�giu- risprudenza�hanno�fatto�ricorso�al�diritto�civile,�mutuando�numerosi�concetti� di�teoria�generale�e�cos|�la�teoria�dell'atto�amministrativo�e�stata�elaborata� sulla�base�della�teoria�degli�atti�e�negozi�giuridici�di�diritto�privato.� 2. ^L'attivita�amministrativa:�atti�iure�imperii�(atti�amministrativi)�e�atti�iure�gestionis.� Si�e�quindi�detto�che�l'atto�amministrativo�consiste�in�una�dichiarazione� che�proviene�da�un�soggetto�nell'esercizio�di�una�funzione�pubblica�(ovvero� di�una�potesta�pubblica�)�e�cio�per�distinguerlo�dall'atto�che,�pur�proveniente� da�un�soggetto�investito�di�una�funzione�pubblica,�tuttavia�viene�emesso�nel- l'esercizio�di�una�attivita�di�diritto�privato;�si�distinguono�cos|�gli�atti�iure� imperii�e�gli�atti�iure�gestionis.� Di�recente�la�Corte�Costituzionale�nella�sentenza�6�luglio�2004�n.�204,� agli�effetti�della�giurisdizione,�ha�posto�in�evidenza�la�distinzione�tra�gli�atti� e�i�provvedimenti�attraverso�i�quali�le�pubbliche�amministrazioni�(direttamente� ovveroattraversosoggettiadesseequiparati)�svolgonolefunzionipubblicistiche� DOTTRINA�255 ei�comportamenti nei quali lapubblica amministrazione non esercita ^nemmeno mediatamente, e cioe� avvalendosi dellafacolta� di adottare strumenti intrinseca- menteprivatistici ^alcunpubblicopotere (1).� Quindi�solo�i�primi,�attraverso�i�quali�la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo,�vanno�qualificati�atti�amministrativi�e� non�anche�gli�atti�attraverso�i�quali�si�avvale�dellafacolta� , riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo(2).� 3. ^Ilprovvedimento e ilprocedimento. La�categoria�piu�importante�degli�atti�amministrativi�e�costituita�dai� provvedimenti.� Nessuna�norma�di�legge�da�la�nozione�di�provvedimento,�ne�tanto�meno� ne�esiste�una�disciplina�organica.� Il�provvedimento�va�distinto�da�quegli�atti�amministrativi,�che,�pur� espressione�di�una�funzione�pubblica,�tuttavia�non�creano,�modificano�o� estinguono�un�rapporto�giuridico.� Sono�pertanto�atti�amministrativi�ma�non�provvedimenti�gli�atti�certifi- cativi,�ricognitivi,�gli�atti�endoprocedimentali�(quali�i�pareri,�proposte)�e�di� controllo.� Il�provvedimento�e�sempre�un�atto�unilaterale�e�si�distingue�dagli� accordi�(3).� Il�provvedimento�differisce�altres|�dal�contratto�di�diritto�pubblico,�giac- che�nel�provvedimento�e�la�sola�volonta�dell'Amministrazione�che�costituisce� la�fonte�delle�obbligazioni�delle�parti�(la�partecipazione�dell'amministrato�si� ferma�nell'ambito�dello�stadio�di�formazione�del�procedimento),�mentre�nel� contratto�di�diritto�pubblico�vi�e�un�incontro�delle�volonta�contrapposte�per� regolare�materie�indisponibili�per�i�privati.� Necessariamente�il�provvedimento�e�l'atto�conclusivo�di�un�procedi- mento;�un�provvedimento�puo�considerarsi�perfetto�solo�quando�siano�state� poste�in�essere�tutte�le�attivita�necessarie�per�la�sua�esistenza�e�validita�.� Anche�per�il�procedimento�nessuna�disposizione�normativa�ne�da�la� nozione,�pur�se�il�termine�e�stato�utilizzato�in�una�norma�di�carattere�gene- (1)�Il�comma�1bis dell'art.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241,�aggiunto�dalla�legge�11�febbraio� 2005�n.�15,�espressamente�dice:���La�pubblica�amministrazione,�nell'�adozione�di�atti�di� natura�non�autoritativa,�agisce�secondo�le�norme�di�diritto�privato�salvo�che�la�legge� disponga�altrimenti�.� (2)�Sono�state�riportate�in�corsivo�le�parole�della�sentenza�della�Corte�costituzionale.� Con�detta�sentenza�6�luglio�2004�n.�204�la�Corte�costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo� l'art.�34,�comma�1,�del�decreto�legislativo�31�marzo�1998�n.�80�[come�sostituito�dall'art.�7,� lettera�b),�della�legge�21�luglio�2000�n.�205],�nella�parte�in�cui�prevede�la�giurisdizione�esclu- siva�del�giudice�amministrativo�nelle�controversie�aventi�ad�oggetto�(oltre�gli�atti�e�i�provve- dimenti,�anche)�i�comportamenti�della�pubblica�amministrazione�in�materia�di�urbanistica� ed�edilizia,�per�l'indebita�estensione�della�giurisdizione�esclusiva�a�controversie�nelle�quali� la�P.A.�non�esercita�alcun�pubblico�potere.� (3)�Cos|�gli�accordi�fra�pubbliche�amministrazioni;�gli�accordi�di�cui�all'art.�15�legge� 241/1990.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� rale�quale�la�legge�7�agosto�1990�n.�241,�il�cui�titolo�appunto�reca�Nuove� norme�in�materia�di�procedimento�amministrativo,�modificate�ed�integrate� recentemente�dalla�legge�11�febbraio�2005�n.�15�ed�ancora�dal�decreto�legge� 14�marzo�2005�n.�35�convertito�con�legge�14�maggio�2005�n.�80�(4).� 4. ^Inesistenza,�invalidita�(nullita�e�annullabilita�),�inefficacia.� Nella�ora�citata�legge�n.�15�e��stato�introdotto�il�Capo�IV�bis�^Efficacia� edinvalidita�delprovvedimento�amministrativo.� E�percio��da�sottolineare�come�il�legislatore�ha�inteso�regolare�il�provve- dimento�e�non�l'atto�amministrativo�in�generale.� Troviamo�quindi�per�la�prima�volta�codificato�il�termine�invalidita�,�nel� cui�concetto�sono�stati�inclusi�gli�istituti�della�nullita�(5)�e�della�annullabi- lita�(6).� Al�riguardo�occorre�premettere�che�la�teoria�generale�suole�definire�gli� atti�giuridici�come�quelle�azioni�provenienti�dai�soggetti,�distinguendoli�da� quelle�provenienti�dalla�natura�ma�che�pure�hanno�rilevanza�per�il�diritto� (come�ad�esempio�le�alluvioni).�Con�riguardo�agli�atti�giuridici�sono�stati� creati�i�concetti�di�inesistenza,�invalidita��e�inefficacia,�che�non�hanno�trovato� una�definizione�nella�legge.� Il�codice�civile,�trattando�dei�contratti�(figura�piu��vicina�agli�atti�ammi- nistrativi)�non�accenna�per�nulla�alla�figura�della�inesistenza,�e�cio��e��com- prensibile,�perche�se�un�atto�e��inesistente�non�puo��produrre�alcun�effetto�nel� campo�del�diritto.�Lo�stesso�codice�neanche�accenna�alla�invalidita��in�gene- rale,�disciplinando�la�nullita��(7)�e�la�annullabilita��(8)�e�cos|��pure�tratta�i�sin- goli�casi�di�inefficacia�(9).� Tuttavia�per�capire�meglio�la�patologia�dell'atto�giuridico,�e�del�provve- dimento�amministrativo�in�particolare,�non�puo��farsi�a�meno�di�precisare�i� concetti�di�inesistenza,�invalidita��e�inefficacia.� L'inesistenza�si�ha�quando�il�provvedimento�non�esiste,�praticamente� non�c'e��che�una�vuota�apparenza,�non�e��identificabile�in�rerum�natura.� Nell'invalidita��una�apparenza�del�provvedimento�esiste,�soltanto�che� questo�nell'ipotesi�di�nullita��non�produce�effetti�giuridicamente�rilevanti�men- tre�nell'ipotesi�di�annullabilita��produce�i�suoi�effetti�a�meno�che�non�venga� impugnato.� Si�ha�inefficacia�quando�il�provvedimento�e��valido,�ma�non�puo��spiegare� i�suoi�effetti�per�una�circostanza�ad�esso�estranea.�Cos|��l'art.�1334�cod.�civ.� dice�che��gli�atti�unilaterali�producono�effetto�dal�momento�in�cui�perven- gono�a�conoscenza�della�persona�alla�quale�sono�destinati�,�principio�accolto� nell'art.�21-bis�co.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241,�ove�e��detto�che��il�provvedi- (4)�Potremmo�definire�il�procedimento�come�il�susseguirsi�degli�atti�necessari�per�giun- gere�al�provvedimento�finale;�questi�atti�vengono�chiamati�atti�endoprocedimentali.� (5)�art.�21septies.� (6)�art.�21�octies.� (7)�artt.�1418�e�segg.� (8)�artt.�1425�e�segg.� (9)�artt.�1447�e�segg.� DOTTRINA�257 mento�limitativo�della�sfera�giuridica�dei�privati�acquista�efficacia�nei�con- fronti�di�ciascun�destinatario�con�la�comunicazione�allo�stesso�effettuata�.� Pertanto�il�requisito�di�recettivita��non�attiene�alla�validita��del�provvedimento� amministrativo,�ma�alla�sua�efficacia.� Possiamo�pertanto�dire�che�la�nuova�riformulazione�dell'art.�21�legge� n.�241/1990,�operata�dalla�recente�legge�n.�15/2005�abbia�accolto�tali� concetti,�distinguendo�le�ipotesi�di�inesistenza,nullita��,�annullabilita��,�inefficacia.� Art.�21-septies Nullita�del�provvedimento 1.�E�nullo�il�provvedimento�amministrativo�che�manca�degli�elementi� essenziali,�che�e�viziato�da�difetto�assoluto�di�attribuzione,�che�e�stato�adottato� in�violazione�o�elusione�del�giudicato,�nonche�negli�altri�casi�espressamente� previsti�dalla�legge.� 5.�^Lainvalidita�delprovvedimentoprimadellaleggen.�15/05.� E�opportuno�fare�un�raffronto�con�il�diritto�civile,�dato�che�in�mancanza� di�norme�espresse,�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�sono�soliti�ricorrere�a�con- cetti�e�nozioni�civilistiche�da�adattare�al�diritto�amministrativo.� Prima�della�nuova�legge�n.�15/05,�quando�ancora�le�norme�di�diritto� amministrativo�non�parlavano�di�nullita��in�senso�generale,�il�concetto�di�nul- lita��del�provvedimento�amministrativo,�ancorche�figurante�in�dottrina�e�giuri- sprudenza,�non�seguiva�peraltro�in�tutto�la�disciplina�dettata�dal�codice� civile.� Una�prima�e�basilare�differenza�nei�due�campi�e��costituita�dal�fatto�che� in�diritto�civile�la�violazione�di�legge�e��un�vizio�che�porta�alla�nullita��dell'atto� (privato),�in�diritto�amministrativo�la�violazione�di�legge�e��un�vizio�che�porta� alla�annullabilita��dell'atto�(amministrativo),�come�ora�espressamente�detto� dall'art.�21-opties�della�legge�n.�15.� Cos|��mentre�per�il�diritto�civile�nel�caso�di�violazione�di�legge�la�nullita��e�� la�regola�(10),�per�il�diritto�amministrativo�la�regola�e��la�annullabilita��;�finora� per�gli�amministrativisti�la�nullita��si�riscontrava�quando�veniva�comminata� da�una�espressa�norma�di�legge�e�il�piu��delle�volte�veniva�equiparata�alla�ine- sistenza.� Si�diceva�pertanto�che�carattere�del�provvedimento�amministrativo�era� la�idoneita��a�diventare�incontestabile�una�volta�trascorsi�i�termini�di�impu- gnabilita�.� Infatti�il�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di�Stato�(11)�aveva�attri- buito�a�detto�organo�di�giustizia�amministrativa�la�decisione�sui�ricorsi�per� incompetenza,�eccesso�di�potere�e�violazione�di�legge�contro�atti�e�provvedi- menti�amministrativi(12),�ricorsi�da�presentarsi�entro�sessanta�giorni�dalla� (10)�Art.1418co.1cod.civ.:�Ilcontrattoe��nulloquandoe��contrarioanormeimperative,� salvo�che�la�legge�disponga�diversamente�.� (11)�R.D.�26�giugno�1924�n.�1054.� (12)�art.�26� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� notificazione�o�piena�conoscenza�dell'atto�che�si�voleva�impugnare(13);�il� Consiglio�di�Stato�in�caso�di�accoglimento�del�ricorso�per�motivi�di�incompe- tenza�annulla�l'atto�e�rimette�l'affare�all'autorita��competente,�se�lo�accoglie� per�altri�motivi�annulla�l'atto�impugnato�salvo�gli�ulteriori�provvedimenti� dell'autorita��amministrativa(14).� Con�l'istituzione�del�doppio�grado�di�giudizio,�nella�legge�6�dicembre� 1971�n.�1034�sui�Tribunali�amministrativi�regionali,�sostanzialmente�si�ripe- tono�le�precedenti�disposizioni;�in�particolare�l'art.�26�dice:� �Il�tribunale�amministrativo�regionale�...�se�accoglie�il�ricorso�per�motivi� di�incompetenza,�annulla�l'atto�e�rimette�l'affare�all'autorita��competente.�Se� accoglie�per�altri�motivi�annulla�in�tutto�o�in�parte�l'atto�impugnato,�e� quando�e��investito�di�giurisdizione�di�merito,�puo��anche�riformare�l'atto�o� sostituirlo,�salvi�gli�ulteriori�provvedimenti�dell'autorita��amministrativa�.� Pertanto�avverso�i�provvedimenti�amministrativi�e��previsto�il�ricorso�al� TAR�per�incompetenza,�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�il�giudice,�se� accoglie�il�ricorso�emette�una�sentenza�di�annullamento.� In�altri�termini�il�provvedimento�mantiene�la�sua�efficacia�fino�a�quando� non�sia�intervenuta�una�sentenza�di�annullamento,�cioe��una�sentenza�di� natura�costitutiva,�per�distinguerla�da�quella�dichiarativa�e�da�quella�di�con- danna�(15).� Il�provvedimento�viziato�e��quindi�annullabile�attraverso�ricorso�al�giu- dice�amministrativo�da�proporsi�entro�un�termine�di�decadenza.� Il�concetto�di�nullita��,�come�detto,�non�era�definito�nelle�varie�leggi�di� diritto�amministrativo,�alcune�delle�quali�si�limitavano�a�sancire�la�nullita��di� particolari�provvedimenti(16).� Come�detto,�si�deve�alla�dottrina�e�alla�giurisprudenza�l'aver�creato�la� nullita��come�istituto�di�carattere�generale�in�diritto�amministrativo.� Per�quanto�riguarda�la�giurisprudenza,�in�sintesi,�le�decisioni�intervenute� possono�riassumersi�come�segue:� mentre�nel�vigore�del�codice�civile�del�1865�le�ambiguita��terminologiche� relative�ai�concetti�di�nullita��e�di�annullabilita��rendevano�indistinti�i�confini� tra�i�due�istituti,�anche�in�relazione�alla�patologia�del�provvedimento�ammini- strativo,�era�prevalente�la�tesi�per�cui�gli�atti�adottati�dagli�organi�pubblici,� benche�illegittimi,�sono�sempre�efficaci:�nel�caso�di�illegalita��,�cioe��di�contrasto� con�una�norma�giuridica,�l'atto�deve�comunque�trovare�applicazione�fino�al� suo�annullamento,�ad�opera�della�stessa�Amministrazione�o�di�un�giudice;�si� riteneva�insomma�che�la�sola�sanzione�dell'invalidita��accolta�dal�nostro� sistema�amministrativo�fosse�l'annullabilita��.�Dopo�che,�con�l'entrata�in�vigore� del�codice�civile�del�1942,�alcune�disposizioni�di�legge�hanno�comminato�la� nullita��di�alcune�categorie�di�atti�amministrativi,�si�comincio��a�parlare,�anche� (13)�art.�36.� (14)�art.�45.� (15)�V.�nota�29.� (16)�v.�appresso�al�paragrafo�9.� DOTTRINA�259 con�riferimento�all'atto�amministrativo,�di�nullita�in�senso�tecnico,�come�vizio� insanabile�che�comporta�l'inefficacia�assoluta�dell'atto�(peraltro�esistente)�lad- dove�alcune�leggi�ne�comminano�espressamente�la�nullita�se�assunti�in�viola- zione�di�determinate�norme.�Si�e�poi�consolidata�nel�tempo�l'interpretazione� secondo�cui,�al�di�la�dell'atto�amministrativo�annullabile,�si�possono�ravvisare� fattispecie�abnormi�in�cui�manchino�requisiti�essenziali,�per�le�quali�puo�par- larsi�di�inesistenza�dell'atto�(l'atto�non�e�neanche�imputabile�alla�Pubblica� Amministrazione);�si�e�tuttavia�ricondotto�il�concetto�di�nullita�nel�diritto�pub- blico�all'inesistenza.�La�questione�ha�presentato�particolare�rilevanza�con�rife- rimento�alla�norma�dello�statuto�degli�impiegati�civili�dello�Stato�(17),�ove�e� detto�che�l'assunzione�senza�concorso�e�nulla�di�diritto�e�non�produce�effetto.� A�tal�proposito�l'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato�si�e�pronunziata� nel�1992,�affermando�che�quando�la�legge�sancisce�la�nullita�degli�atti�di�assun- zione�non�preceduti�dal�concorso,�la�nullita�va�intesa�in�senso�tecnico,�inte- grale�e�assoluta,�imprescrittibile�ed�insanabile:�l'atto�non�produce�alcun�effetto� e�non�costituisce�il�rapporto�di�pubblico�impiego.�Se�vi�e�un�divieto�ex lege san- zionato�con�la�nullita�di�diritto,�il�giudice�non�puo�accertare�alcun�rapporto,� che�non�e�mai�nato,�ne�puo�nascere.�E�stato�poi�precisato�che�si�ha�nullita�asso- luta�ed�insanabile�di�un�provvedimento�amministrativo�allorquando�esso�man- chi�totalmente�di�taluno�degli�elementi�essenziali�destinati�ex lege a�costituirlo,� nelle�ipotesi�in�cui�espressamente�sia�qualificato�tale�dalla�legge,�ovvero�sia� stato�emanato�in�contrasto�con�le�statuizioni�contenute�in�una�pronunzia�giu- risdizionale�passata�in�giudicato,�oppure�in�caso�di�radicale�carenza�di�potere� della�Amministrazione�emanante,�che�abbia�invaso�la�sfera�di�pertinenza�di� altra�Autorita�,�o�comunque�inciso�in�materia�del�tutto�estranea�alla�branca�di� Amministrazione�di�appartenenza�ovvero�ancora�sia�emanato�da�un�ente�terri- toriale�ed�abbia�efficacia�eccedente�l'ambito�territoriale�di�tale�Ente(18).� La�norma�in�argomento�si�e�ispirata�al�su�esposto�orientamento�giuri- sprudenziale.� Non�sembra�tuttavia�che,�definita�ora�per�legge�la�nullita�del�provvedi- mento�amministrativo,�possano�piu�accomunarsi�le�ipotesi�di�inesistenza�e� nullita�,�come�era�dato�riscontrare�finora�in�alcune�decisioni�e�in�parte�della� dottrina.� Di�inesistenza�si�parlava�peraltro�in�senso�puramente�giuridico�come�ini- doneita�dell'atto�a�spiegare�gli�effetti�che�gli�sono�propri,�senza�considerare� che�l'inesistenza�e�un�fatto�non�giuridico,�ma�materiale.�L'atto�nullo�e�una� realta�non�solo�di�fatto,�in�quanto�presenta�sempre�qualche�carattere�este- riore�dell'atto�amministrativo:�un�provvedimento�nullo�e�stato�comunque� emesso,�potra�essere�stato�eseguito�nonostante�il�suo�vizio�di�nullita�ed�e� altres|�possibile�che�ad�esso�hanno�fatto�seguito�atti�consequenziali�che�lo� avevano�preso�a�loro�presupposto.� Passiamooraadanalizzareisingolicasidinullita�indicatidall'art.�21-septies.� (17)�art.�3�co.�6�Testo�Unico�7�gennaio�1957�n.�3.� (18)�Cons.�St.�Ad.�Pl.�29�febbraio�1992�nn.�1�e�2;�IV,�30�novembre�1992�n.�990�;�IV,� 9�ottobre�1991�n.�805�;�IV,�29�gennaio�1993�n.�118;�IV,28�dicembre�1994�n.�1091�;V,�8�giugno� 1994�n.�628;�V,�13�febbraio�1998�n.�166.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 6. ^Mancanza degli elementi essenziali. Mentre�il�codice�civile�a�proposito�del�contratto�ne�indica�espressamente� i�requisiti�all'art.�1325,�e�conseguentemente�all'art.�1418�co.�2�dice�che�produ- cono�nullita��del�contratto�la�mancanza�di�uno�dei�requisiti�indicati�dal- l'art.�1325,�l'art.�21-septies dice�che�e��nullo�il�provvedimento�che�manca�degli� elementi�essenziali,�ma�non�rimanda�ad�una�disposizione�che�indica�quali� siano�gli�elementi�essenziali,�disposizione�che�peraltro�non�esiste.� Nella�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�troviamo�alcune�decisioni�in� cui�si�dice�che�si�ha�nullita��assoluta�ed�insanabile�di�un�provvedimento�ammi- nistrativo�solo�quando�esso�manchi�totalmente�di�taluno�degli�elementi�essen- ziali�destinati�ex lege a�costituirlo�(19).� Poiche�il�provvedimento�amministrativo�si�avvicina�alla�nozione�civili- stica�del�contratto�(in�quanto�la�funzione�e��di�creare,�modificare�o�estinguere� rapporti�giuridici;�con�la�differenza�che�il�provvedimento�e��atto�unilaterale),� in�mancanza�di�norme�di�diritto�amministrativo,�si�e��soliti�fare�ricorso�ai� principi,�in�quanto�compatibili,�disciplinati�dal�diritto�civile.� Seguendo�una�siffatta�impostazione�vediamo�di�conciliare�con�il�provve- dimento�amministrativo�i�principi�che�il�codice�civile�ha�dettato�per�il�con- tratto.� L'art.�1325�cod.�civ.�dice�che�i�requisiti�del�contratto�sono:�1)�l'accordo� delle�parti;�2)�la�causa;�3)�l'oggetto;�4)�la�forma�quando�e��prescritta�dalla� legge�sotto�pena�di�nullita��.� 6a. ^Il soggetto. Con�riguardo�al�primo�requisito�(accordo�delle�parti)�si�e��visto�come� questo�e��incompatibile�con�il�provvedimento�amministrativo,�che�e��essenzial- mente�atto�unilaterale;�comunque�lo�stesso�codice�civile�con�l'art.�1324(20)� estende�agli�atti�unilaterali�le�norme�che�regolano�i�contratti,�in�quanto�com- patibili.� Visto�che�l'accordo�presuppone�l'intervento�di�due�manifestazioni�di� volonta��,�nel�provvedimento�amministrativo,�alla�stregua�degli�atti�unilaterali,� la�manifestazione�di�volonta��proviene�da�un�solo�soggetto.� Percio��l'accordo�delle�parti,�previsto�per�il�contratto,�puo��essere�sosti- tuito,�per�quanto�riguarda�il�provvedimento�amministrativo,�dalla�manifesta- zione�unilaterale�di�volonta��,�che�deve�provenire�da�un�soggetto�investito�di� una�pubblica�funzione.� E�infatti�si�e��soliti�includere�il�soggetto�tra�i�requisiti�di�validita��del�prov- vedimento�amministrativo,�precisando�che�deve�trattarsi�di�un�organo�della� pubblica�amministrazione.� Pertanto�e��nullo�il�provvedimento�reso�da�soggetto�non�investito�di�pub- blici�poteri.� (19)�cit.,�Cons.�St.,�V,�13�febbraio�1998�n.�166;�IV,�14�dicembre�1979�n.�1158;�IV,�29�gen- naio�1993�n.�118.� (20)�Art.�1324�cod.�civ.�:��Salvo�diverse�disposizioni�di�legge,�le�norme�che�regolano�i�con- tratti�si�osservano,�in�quanto�compatibili,�per�gli�atti�unilaterali�tra�vivi�aventi�contenuto� patrimoniale�.� DOTTRINA�261 6b. ^La causa e i motivi. Il�secondo�requisito�essenziale�e�la�causa.� La�causa�di�un�atto�giuridico�consiste�nella�funzione�dell'atto�stesso�e� propriamente�nell'ultimo�scopo�obiettivo�che�si�intende�raggiungere�e�cheil� diritto�riconosce�rilevante�ai�suoi�fini�e�tutela�.� Quindi�la�funzione�(o�causa)�e�lo�scopo�ultimo�che�il�provvedimento�e� destinato�a�realizzare.� Normalmente�tale�funzione�e�insita�in�una�norma�giuridica,�per�cui�il� provvedimento�e�previsto�e�regolato�in�una�legge,�cio�che�ha�fatto�dire�che� carattere�del�provvedimento�e�la�tipicita�e�nominativita�:�in�tanto�si�puo�emet- tere�un�provvedimento�in�quanto�una�norma�giuridica�lo�consente.� Nei�provvedimenti�amministrativi�la�causa�e�quindi�sempre�predetermi- nata�dall'ordinamento�giuridico.�Cio�peraltro,�secondo�alcuni,�non�significa� che�debba�essere�riconosciuto�il�carattere�della�nominativita�,�non�potendosi� escludere�a�priori�altre�figure�di�provvedimenti�non�inquadrabili�in�una�tipo- logia�ben�definita.� Un�provvedimento�tipico�(cioe�previsto�dalla�legge)�non�potra�avere�mai� una�causa�illecita,�semmai�potra�riscontrarsi�una�illiceita�nei�motivi,�cioe�nello� scopo�remoto�del�provvedimento,�il�che�lo�condurra�sotto�il�regime�della� annullabilita�per�vizio�di�eccesso�di�potere,�nel�senso�che�attraverso�il�provve- dimento�si�e�voluto�conseguire�uno�scopo�non�conforme�al�pubblico�interesse.� Non�sembra�quindi�potersi�ipotizzare�un�provvedimento�privo�di�causa,� cioe�un�provvedimento�privo�di�scopo,�il�che�sarebbe�a�dire�inesistente�(non� inquadrabile�in�nessuna�fattispecie)�e�quindi�da�non�prendere�in�considera- zione�ne�di�fatto�ne�di�diritto.� Ipotizzare�un�provvedimento�mancante�di�causa�e�quanto�mai�arduo,� come�lo�stesso�e�a�dirsi�per�il�contratto,�tanto�e�vero�che�il�co.�2�dell'art.�1418� c.c.,�equiparando�alla�mancanza�di�causa�la�sua�illiceita�,�sancisce�la�nullita� per�illiceita�della�causa�(la�causa�e�illecita�quando�e�contraria�a�norme�impe- rative,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume�^art.�1343�c.c.;�la�causa�e� altres|�illecita�nel�caso�del�contratto�in�frode�alla�legge,�quando�cioe�costitui- sce�il�mezzo�per�eludere�l'applicazione�di�una�norma�imperativa).� L'art.�21-septies co.�1�sancisce�la�nullita�per�la�mancanza�di�un�elemento� essenziale,�ma�non�ripete�quanto�previsto�in�diritto�civile,�ove�e�sancita�la�nul- lita�per�illiceita�della�causa�o�nel�caso�di�provvedimento�in�frode�alla�legge.� In�tali�ipotesi�il�provvedimento�sara�viziato�per�violazione�di�legge�o� eccesso�di�potere�e�quindi�annullabile.� Pertanto�la�causa�e�sempre�un�elemento�essenziale�del�provvedimento,� ma�la�sua�mancanza�configurando�la�inesistenza�per�non�essere�individuabile� nessun�provvedimento�(non�esiste�un�atto�senza�scopo),�non�ha�rilievo�ai� sensi�dell'art.�21-septies.� Se�la�causa�e�la�funzione�(lo�scopo�ultimo)�del�provvedimento,�uguale� per�tutti�i�provvedimenti�di�quella�specie,�il�motivo�e�lo�scopo�remoto�del� provvedimento,�che�puo�variare�da�provvedimento�a�provvedimento�della� stessa�specie.�Ad�esempio�se�nel�provvedimento�di�concessione�la�causa�con- siste�sempre�nel�far�sorgere�in�capo�ad�un�soggetto�un�nuovo�diritto�o�un� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nuovo�potere,�i�motivi�possono�essere�diversi:�opportunita�di�istituire�un� nuovo�servizio�pubblico�di�trasporto�o�di�rendere�piu�efficiente�quello�esistente� o�di�attuare�una�migliore�utilizzazione�di�un�bene�demaniale�(es.�spiaggia).� Mentre�in�diritto�privato�i�motivi�sono�irrilevanti�(tranne�il�caso�di�illi- ceita�(21))�nel�provvedimento�amministrativo�sono�invece�rilevanti,�perche�lo� scopo�tipico�(causa)�o�concreto�(motivo)�debbono�essere�sempre�in�linea�con� il�pubblico�interesse.� Da�qui�l'importanza�che�la�motivazione�assume�nel�provvedimento� amministrativo,�tanto�e�vero�che�cio�e�stato�codificato�con�la�legge�241/1990� all'art.�3,�che�ha�stabilito�l'obbligo�di�motivazione�in�ogni�provvedimento,� salvo�che�per�gli�atti�normativi�e�per�quelli�a�contenuto�generale.� Si�e�posto�quindi�il�problema�di�stabilire�se�la�motivazione�sia�uno�di� quegli�elementi�essenziali,�la�cui�mancanza�ne�comporta�la�nullita�ai�sensi� dell'art.�21-septies.� La�soluzione�negativa�e�avvalorata�dal�fatto�che�la�stessa�legge�quando� ha�inteso�ritenere�la�nullita�lo�ha�detto�(v.�art.�11�co.�2�legge�n.�241/1990:� �gli�accordi�di�cui�al�presente�articolo�debbono�essere�stipulati,�a�pena�di�nul- lita�,�per�atto�scritto�).� Inoltre�l'art.�21-octies espressamente�qualifica�annullabile�il�provvedi- mento�adottato�in�violazione�delle�norme�sul�procedimento�(e�in�tali�norme� ^art.�3�(22)�^troviamo,�come�visto,�l'obbligo�della�motivazione),�vietandone� peraltro�l'annullamento�qualora�sia�palese�che�il�contenuto�dispositivo�non� avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�adottato.� Da�cio�si�ricava�che�un�provvedimento�privo�di�motivazione�e�da�consi- derarsi�in�violazione�di�legge,�mentre�se�la�motivazione�non�e�congrua�il� provvedimento�e�da�considerarsi�viziato�per�eccesso�di�potere.� 6c. ^L'oggetto e il contenuto. La�dottrina�tra�gli�elementi�essenziali�del�provvedimento�amministrativo� include�l'oggetto�e�il�contenuto.� Oggetto�del�provvedimento�dovrebbe�essere�la�persona�o�il�bene�su�cui�il� provvedimento�va�ad�incidere,�in�capo�ad�essi�creando,�modificando�o�estin- guendo�un�rapporto�giuridico.� Pertanto�oggetto�di�un�provvedimento�di�nomina�e�la�persona�nei�cui� confronti�avviene�l'investitura,�oggetto�del�provvedimento�di�destinazione� urbanistica�e�il�bene�sul�quale�il�vincolo�viene�imposto.� (21)�art.�1345�cod.�civ.��Motivo illecito ^Il�contratto�e�illecito�quando�le�parti�si�sono� determinate�a�concluderlo�esclusivamente�per�un�motivo�illecito�comune�ad�entrambe�.� (22)�Art.3legge7agosto1990n.241:�Motivazionedelprovvedimento ^1.�Ogni�provvedi- mento�amministrativo,�compresi�quelli�concernenti�l'organizzazione�amministrativa,�lo�svolgi- mento�deipubbliciconcorsi�edilpersonale,�deve�esseremotivato,�salvochenelle�ipotesipreviste� dal�comma�2.�La�motivazione�deve�indicare�i�presupposti�di�fatto�e�le�ragioni�giuridiche�che� hanno�determinato�la�decisione�dell'�amministrazione,�in�relazione�alle�risultanze�dell'�istrutto- ria.�2.�La�motivazione�non�e�richiesta�per�gli�atti�normativi�e�per�quelli�a�contenuto�generale�.� DOTTRINA�263 Un�provvedimento�mancante�di�oggetto�e�stato�ipotizzato�nell'espropria- zione�di�un�bene�demaniale,�in�quanto�non�puo�essere�oggetto�di�trasferi- mento�(23),�ovvero�di�un'area�definitivamente�sommersa�dalle�acque�ovvero� ancora�situata�all'estero.� In�applicazione�della�recente�normativa�sono�stati�ritenuti�nulli�per� carenza�di�oggetto,�gli�atti�di�occupazione�incidenti�su�area�gia�acquisita�per� accessione�invertita,�con�conseguente�giurisdizione�del�giudice�ordinario� anche�per�quanto�concerne�gli�eventuali�correlativi�riflessi�risarcitori(24).� Orbene�se,�come�si�e�detto,�nel�provvedimento�amministrativo�l'oggetto� e�costituito�dal�soggetto�o�dal�bene�cui�il�provvedimento�si�rivolge,�il�conte- nuto�si�identifica�con�cio�che�nel�negozio�giuridico�privato�e�considerato�l'og- getto,�cioe�la�materia�che�si�intende�regolare.� Sia�per�l'oggetto�che�per�il�contenuto�si�recepisce�cos|�la�disposizione� dell'art.�1418�co.�2�cod.�civ.�che�sancisce�con�la�nullita�la�mancanza�nell'og- getto�di�uno�dei�requisiti�di�cui�all'art.�1346�stesso�codice,�cioe�possibilita�,� determinatezza�o�determinabilita�,�per�cui,�ad�esempio,�e�da�considerarsi�nullo� il�provvedimento�che�prescrive�azioni�impossibili.� L'art.�1346�cod.�civ.�sanziona�la�nullita�anche�per�la�illiceita�dell'oggetto,� cioe�contrario�alla�legge,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume;�ma�con� riguardo�al�provvedimento�amministrativo�in�questi�casi,�come�piu�volte� detto,�si�ricade�nei�vizi�di�violazione�di�legge�o�eccesso�di�potere,�sanzionati� con�l'annullabilita�.� Il�contenuto�del�provvedimento�consta�di�una�parte�espositiva�(intesta- zione,�preambolo,�motivazione,�menzione�di�atti�endoprocedimentali,�indica- zione�della�data�e�luogo�in�cui�viene�emesso)�e�di�una�parte�precettiva�o� dispositiva�(es.�autorizzazione,�nomina,�requisizione,�espropriazione).� Orbene,�se�un�provvedimento�manca�della�parte�precettiva�si�ha�inesi- stenza,�in�quanto�non�si�riesce�a�capire�cosa�abbia�voluto�imporre�e�non�e� quindi�idoneo�a�produrre�effetti�neanche�di�puro�fatto.� Se�invece�il�provvedimento�manca�nella�parte�espositiva�si�ha�un�vizio�di� legittimita�a�meno�che�non�trattasi�di�una�mera�irregolarita�.� (23)�Art.�823�co.�1�cod.�civ.:��I�beni�che�fanno�parte�del�demanio�pubblico�sono�inaliena- bili�e�non�possono�formare�oggetto�di�diritti�a�favore�di�terzi,�se�non�nei�modi�e�nei�limiti�sta- biliti�dalle�leggi�che�li�riguardano�.� (24)�TAR�Lombardia,�Milano,�sez..�II,�22�aprile�2005�n.�855:��Gli�atti�emessi�a�seguito� dell'irreversibile�trasformazione�del�fondo�ed�oltre�il�termine�di�validita�del�decreto�di�occu- pazione�d'urgenza�^intesi�a�riapprovare�ex�novo�un�progetto�gia�realizzato�ovvero�a�disporre� ex�novo�una�occupazione�per�una�finalita�gia�esaurita�^sonodaconsiderare�non�gia�annulla- bili,�ma�nulli�per�carenza�di�oggetto,�siccome�incidenti�su�area�gia�acquisita�alla�mano�pub- blica�per�accessione�invertita;�e�di�tale�nullita�^anche�per�quanto�concerne�gli�eventuali�cor- relativi�riflessi�risarcitori�derivanti�dalla�violazione�delle�garanzie�di�partecipazione�procedi- mentale�^e�chiamato�a�conoscere�il�giudice�civile�(cfr.�art.�21-septies�legge�n.�241/1990,� introdotto�dall'art.�14�legge�11�febbraio�2005�n.�15,�che�devolve�alla�giurisdizione�esclusiva� del�giudice�amministrativo�le�sole�questioni�inerenti�alla�nullita�dei�provvedimenti�ammini- strativi�in�violazione�od�elusione�del�giudicato�).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Elemento�essenziale�del�provvedimento�e�poi�la�sottoscrizione�dell'or- gano�rappresentante�l'autorita�(anche�su�delega)�che�emana�il�provvedimento:� un�provvedimento�senza�firma�e�quindi�nullo�(25).� 6d. ^Laforma, ilsilenzio. Mentre�l'art.�1325�cod.�civ.�considera�la�forma�elemento�essenziale�solo� quando�e�prescritta�dalla�legge�a�pena�di�nullita�,�dottrina�e�giurisprudenza� sono�concordi�nell'ammettere�che,�anche�in�mancanza�di�una�norma�espressa� di�carattere�generale,�il�provvedimento�amministrativo�deve�avere�necessaria- mente�la�forma�scritta.� Ove�previsto�dalla�legge,�il�silenzio�dell'Amministrazione�equivale�a� provvedimento.�Cos|�,�modificando�l'art.�20�legge�7�agosto�1990�n.�241,� l'art.�3�co.�6-ter DL�14�marzo�2005�n.�35�conv.�con�modifiche�in�legge� 14�maggio�2005�n.�80�dice:��il�silenzio�dell'Amministrazione�competente� equivale�a�provvedimento�di�accoglimento�della�domanda�.� Anche�nelle�ipotesi�di�silenzio�^rigetto�(da�distinguersi�dal�silenzio�ina- dempimento�o�rifiuto,�che�si�sostanzia�in�una�inerzia�della�amministrazione� e�quindi�nella�volonta�di�non�emettere�il�provvedimento)�sussiste�pur�sempre,� dunque,�una�manifestazione�di�volonta�della�P.A.�(26).� Tuttavia�nei�casi�di�silenzio,�trattandosi�di�atti�immateriali,�non�e�ipotiz- zabile�una�formalita�essenziale,�la�cui�mancanza�porta�alla�nullita�.� Nel�concetto�di�forma�si�suole�fare�rientrare�anche�le�condizioni�di� tempo�e�di�luogo�nonche�le�modalita�prescritte�per�il�compimento�del�provve- dimento.� 6e. ^Considerazioni conclusive. Quindi�gli�elementi�essenziali�del�provvedimento,�per�la�cui�mancanza� l'art.�21-septies commina�la�nullita�sono,�in�pratica,�il�soggetto,�l'oggetto�e�la� forma.� Non�e�in�linea�con�l'art.�21-septies quell'orientamento,�secondo�cui,�ove� fanno�difetto�detti�requisiti�non�si�e�in�presenza�di�un�atto�ancorche�invalida- (25)�Malgrado�l'impossibilita�di�individuarne�l'autore,�non�si�ritiene�invalido�l'�atto� amministrativo�recante�firma�illeggibile,�quando�da�esso�emergano�elementi�che�consentono� di�identificare�inequivocabilmente�l'�autorita�che�lo�ha�emanato.�E�ammessa�peraltro�la� prova�della�non�autenticita�della�sottoscrizione�o�della�carenza�nel�sottoscrittore�della�qua- lita�di�organo�amministrativo,�il�cui�onere�grava�sul�deducente�(Cass.�24�marzo�2001� n.�4310).� (26)�Sono�considerate�ipotesi�di�silenzio:�a)�il�silenzio�assenso�qualora�la�legge�attribuisce� all'inerzia�dell'�Amministrazione�efficacia�di�accoglimento�di�un'istanza;�b)�silenzio�rigetto� qualora�la�legge�attribuisce�all'�inerzia�dell'Amministrazione�efficacia�di�rigettodiun'istanza� o�di�un�ricorso�amministrativo;�c)�silenzio�rifiuto�(detto�anche�silenzio�inadempimento)�qua- lora�sussiste�un�obbligo�giuridico�di�provvedere�e�la�legge�non�attribuisce�alcun�valore�all'� inerzia.�Solo�nelle�prime�due�ipotesi�il�silenzio�ha�valore�tipico�di�provvedimento;�nella�terza� ipotesi�e�consentito�il�ricorso�avverso�il�silenzio�ai�sensi�dell'art.�21�bis della�legge�sui�TAR� (legge�6�dicembre�1971�n.�1034)�e�dell'art.�2�co.�5�legge�7�agosto�1990�n.�241�nel�testo�sosti- tuito�dalla�legge�14�maggio�2005�n.�80;�il�precedente�co.�2�prescrive�che��Ove�il�procedi- mento�consegua�obbligatoriamente�ad�una�istanza,�ovvero�debba�essere�iniziato�d'�ufficio,� la�pubblica�amministrazione�ha�il�dovere�di�concluderlo�mediante�l'�adozione�di�un�provvedi- mento�espresso�.� DOTTRINA�265 mente�concluso,�ma�ad�un�comportamento�di�fatto�privo�di�rilievi�sul�piano� giuridico,�per�cui�la�mancanza�di�un�elemento�essenziale�comporterebbe�la� nullita�di�pieno�diritto�e�quindi�l'inesistenza�dell'atto�amministrativo.�In�altri� termini,�come�gia�detto,�si�accomunavano�i�concetti�di�nullita�assoluta�e�di� inesistenza:�quando�mancano�i�requisiti�essenziali�del�provvedimento�si�ravvi- sava�la�presenza�di�una�difformita�dalla�previsione�normativa�talmente�grave� da�rendere�la�fattispecie�non�riconoscibile�come�provvedimento.� Il�legislatore�ha�invece�accolto�quell'orientamento,�che�individua�le�ipo- tesi�di�inesistenza�solo�nei�casi�in�cui�la�mancanza�di�un�elemento�essenziale� sia�di�gravita�tale�da�fare�venir�meno�la�riconoscibilita�esteriore�dell'atto� come�provvedimento�amministrativo,�in�quanto�mancherebbe�la�c.d.�appa- renza�di�provvedimento.� Come�prima�detto,�la�mancanza�di�causa,�cioe�dello�scopo�che�si�vuole� raggiungere,�non�vale�a�configurare�non�solo�un�provvedimento,�ma�neanche� evidenzia�un�qualsiasi�atto�giuridico.�Cos|�pure�se�manca�il�contenuto�si�e�in� presenza�di�un'ipotesi�di�inesistenza� Ecco�perche�il�codice�civile,�al�di�la�della�mancanza,�estende�la�nullita� alla�causa�e�all'oggetto�(contenuto)�illeciti,�cioe�quando�sono�contrari�a� norme�imperative,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume�ovvero�nel�caso�di� contratto�concluso�in�frode�alla�legge�ovvero�ancora�per�un�motivo�illecito� comune�alle�parti.� Ma�altrettanto�non�puo�dirsi�per�il�provvedimento�amministrativo,�in� quanto�per�l'art.�21-octies la�violazione�di�legge�o�il�fine�contrario�alle�regole� di�retta�amministrazione�(eccesso�di�potere)�rappresentano�un�vizio�sanzio- nato�con�l'annullabilita�e�non�con�la�nullita�.� Non�e�elemento�essenziale�dell'atto�amministrativo�il�procedimento,� come�peraltro�si�ricava�dall'art.�21-octies,�che�riconduce�al�vizio�di�annullabi- lita�la�violazione�delle�norme�sul�procedimento,�per�cui�l'assenza�di�un�proce- dimento�non�comporta�la�nullita�del�provvedimento.� 7. ^Difetto di attribuzione. Abbiamo�visto�come,�a�pena�di�nullita�il�provvedimento�deve�promanare� da�un�soggetto�investito�di�una�funzione�pubblica�e�quindi�il�soggetto�rappre- senta�uno�degli�elementi�essenziali�del�provvedimento.� Il�soggetto�di�diritto�amministrativo�inoltre�deve�avere�competenza�ad� emettere�il�provvedimento;�il�provvedimento�formato�da�organo�incompe- tente�e�affetto�da�invalidita�.� Si�ha�quindi�il�vizio�di�incompetenza�nel�caso�della�adozione�del�provve- dimento�da�parte�di�un�soggetto�o�organo�diverso�da�quello�indicato�dalla� legge.� Si�distingue:� a)�una�incompetenza�relativa�quando�il�provvedimento�venga�emesso�da� organo�diverso�da�quello�indicato�dalla�legge,�ma�pur�sempre�nell'ambito� della�stessa�amministrazione�e�nell'esercizio�di�un�medesimo�ordine�di�potere;� b)�una�incompetenza�assoluta�quando�il�provvedimento�viene�emesso�in� carenza�di�potere,�perche�questo�e�attribuito�dalla�legge�a�soggetto�facente� parte�di�altro�potere�(quale�il�giudiziario�o�il�legislativo)�ovvero�quando�nel- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'ambito�dello�stesso�potere�esecutivo�sconfina�in�un�ordine�di�funzioni�che� non�gli�competono�neppure�in�parte,�essendo�funzioni�tipiche�di�un�altro� ramo�dell'amministrazione�e�a�questo�devoluto�in�via�esclusiva.�Quindi�il�sog- getto�che�pone�in�essere�il�provvedimento�non�essendo�titolare�della�corri- spondente�potesta�,�si�trova�ad�invadere�abusivamente�la�sfera�(attribuzione)� di�un�soggetto�diverso,�operando�percio�fuori�dalla�sfera�d'azione�sua�pro- pria.� Nella�seconda�ipotesi�si�usano�promiscuamente�i�termini�di�incompe- tenza�assoluta,�carenza�di�potere,�difetto�di�attribuzione.� L'ipotesi�viene�anche�chiamata�straripamento�di�potere,�in�quanto�l'atti- vita�amministrativa�straripa�nel�campo�della�legislazione�o�della�giurisdizione� ovvero�e�posta�in�essere�da�organo�amministrativo�del�tutto�distinto�e�in� campo�del�tutto�diverso�da�quello�in�cui�sarebbe�competente.� Unanimemente�si�ammetteva�che�la�incompetenza�relativa�costituisce�un� vizio�di�legittimita�e�quindi�causa�di�annullamento,�l'incompetenza�assoluta� (detta�anche�carenza�di�potere�o�difetto�di�attribuzione)�genera�invece�la�nul- lita�del�provvedimento.� Gia�con�sentenza�della�sez.�IV,�14�dicembre�1979�n.�1158�il�Consiglio�di� Stato�affermava�che��si�ha�nullita�assoluta�ed�insanabile�di�un�provvedimento� amministrativo�in�caso�di�radicale�carenza�di�potere�dell'amministrazione� emanante,�che�abbia�invaso�la�sfera�di�pertinenza�di�altra�autorita�,�o�comun- que�inciso�in�materia�del�tutto�estranea�alla�branca�di�amministrazione�di� appartenenza.��(27),�come�nel�caso�che�sia�stato�emanato�da�un�ente�territo- riale�con�efficacia�eccedente�l'ambito�territoriale�di�tale�ente(28).� L'art.�21-septies ha�codificato�questo�orientamento�giurisprudenziale.� 8. ^Violazione ed elusione di giudicato. Si�ha�giudicato�quando�la�decisione�del�giudice�e�divenuta�immodifica- bile,�per�essere�stati�esperiti�tutti�i�mezzi�di�impugnazione�ovvero�quando�essi� non�sono�piu�proponibili�(29).� Mentre�per�la�esecuzione�delle�sentenze�tra�privati�e�il�codice�di�proce- dura�civile�che�ne�ha�sempre�disciplinato�la�esecuzione,�una�esecuzione�for- (27)�Negli�stessi�termini�sez..IV,�4�.29�gennaio�1993�n.�118.� (28)�Cfr.�Cons.�St.,�Sez.�IV,�28�dicembre�1994�n.�1091.� (29)�V.�art.�324�cod.�proc.�civ.:��Si�intende�passata�in�giudicato�la�sentenza�che�non�e�piu� soggetta�ne�a�regolamento�di�competenza,�ne�ad�appello,�ne�a�ricorso�per�cassazione,�ne�a� revocazione�per�i�motivi�di�cui�ai�nn.�4�e�5�dell'art.�395�.� La�cosa�giudicata�produce�due�effetti,�uno�sostanziale�(art.�2909�cod.�civ.)�e�l'altro�pro- cessuale�(art.�324�cod.�proc.�civ.);�sul�piano�sostanziale�il�giudicato�determina�la�certezza� del�rapporto�giuridico�dedotto�in�causa�(statuizione di accertamento),�individua�l'obbligazione� di�comportamento�da�tenere�nei�confronti�del�soggetto�attivo�del�rapporto�conilcorrispon- dente�comando�diretto�alla�esecuzione�della�prestazione�dovuta�nella�prospettiva�della�actio iudicati (statuizione di condanna),�ovvero�riguarda�una�necessaria�modificazione�della�situa- zione�giuridica�esistente�inter partes (statuizione costitutiva);�sul�piano�processuale�il�giudi- cato�produce�il�particolare�effetto�dell'�immutabilita�del�provvedimento�giurisdizionale� mediante�la�preclusione�di�riesame�e�pronuncia�sul�medesimo�oggetto�(Cass.�26�ottobre� 1974�n.�3175).� DOTTRINA�267 zata�delle�sentenze�di�condanna�della�pubblica�amministrazione�non�era�pos- sibile,�in�quanto�il�giudice�ordinario�non�puo�,�ai�sensi�degli�artt.�4�e�5�della� legge�abolitiva�del�contenzioso�amministrativo�(30),�condannare�l'Ammini- strazione�ad�unfacere.� Pertanto,�quando�con�legge�31�marzo�1889�n.�5982�(trasfusa�nel�testo� unico�2�giugno�1889�n.�6166)�venne�istituita�la�IV�sezione�del�Consiglio�di� Stato,�all'art.�4�n.�4�si�e�attribuita�a�tale�sezione�la�competenza�a�decidere� sui�ricorsi�per�la�esecuzione�delle�sentenze�del�giudice�ordinario.� Per�l'esecuzione�delle�decisioni�del�Consiglio�di�Stato�il�regolamento�di� procedura�17�agosto�1907�n.�642�stabiliva�che���le�decisioni�sono�comunicate� all'autorita�cui�riguardano��(art.�87)�e��l'esecuzione�delle�decisioni�si�fa�in� via�amministrativa,�eccetto�per�la�parte�relativa�alle�spese��(art.�88).� Tale�quadro�normativo�fu�mantenuto�con�il�R.D.�26�giugno�1924�n.�1054� (Approvazione�del�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di�Stato),�che�elen- cando�le�controversie�sulle�quali�il�Consiglio�di�Stato�decide�anche�nel� merito,�all'art.�27�n.�4�include�i��ricorsi�diretti�ad�ottenere�l'adempimento� dell'obbligo dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto�riguarda� il�caso�deciso,�al�giudicato�dei�tribunali�che�abbia�riconosciuto�la�lesione�di� un�diritto�civile�o�politico�.� In�seguito�la�stessa�sez.�IV,�con�la�decisione�2�marzo�1928,�n.�181,�estese� lo�strumento�del�giudizio�di�ottemperanza�anche�alla�mancata�esecuzione� della�sentenza�del�giudice�amministrativo,�e�cio�per�soddisfare�l'esigenza�di� tutela�tutte�le�volte�che�l'Amministrazione,�unilateralmente�tenuta�ad�ade- guarsi�e�a�stabilire�il�modo�di�farlo,�non�garantiva�sua sponte l'esecuzione� delle�decisioni�dello�stesso�Consiglio�di�Stato.� Siffatta�interpretazione�estensiva�fu�poi�codificata�con�la�legge�6�dicem- bre�1971�n.�1034�istitutiva�dei�Tribunali�amministrativi�regionali,�che� all'art.�37�ha�attribuito�al�giudice�amministrativo�la�cognizione�dei�ricorsi� per�l'adempimento�del���giudicato�dell'autorita�giudiziaria�ordinaria��(co.�1)� e�del���giudicato�degli�organi�di�giustizia�amministrativa��(co.�3).� La�legge�21�luglio�2000�n.�205�(art.�10)�ha�sottratto�al�giudice�ammini- strativo�i�giudizi�di�ottemperanza�delle�decisioni�della�Corte�dei�conti,�rimet- tendone�la�cognizione�a�quest'ultima(31).� (30)�L.�20�marzo�1865�n.�2248�All.�E�^Art.�4:��Quando�la�contestazione�cade�sopra�un� diritto�che�si�pretende�leso�da�un�atto�dell'�autorita�amministrativa,�i�tribunali�si�limiteranno� a�conoscere�gli�effetti�dell'atto�stesso�in�relazione�all'oggetto�dedotto�in�giudizio�(co.�1).� L'atto�amministrativo�non�potra�essere�revocato�o�modificato�se�non�sovra�ricorso�alle�com- petenti�autorita�amministrative,�le�quali�si�conformeranno�al�giudicato�dei�tribunali�in� quanto�riguarda�il�caso�deciso�.�Art.�5:��In�questo,�come�in�ogni�altro�caso,�le�autorita�giu- diziarie�applicheranno�gli�atti�amministrativi�ed�i�regolamenti�generali�e�locali�in�quanto� siano�conformi�alle�leggi.�.� (31)�A�norma�dell'art.�10,�comma�2,�della�legge�21�luglio�2000�n.�205,�secondo�cui�l'esecu- zione�delle�sentenze�di�primo�grado�della�Corte�dei�Conti�non�sospese�dal�giudice�di�appello� spetta�allo�stesso�giudice�di�primo�grado,�mentre�l'esecuzione�delle�sentenze�in�grado�di� appello�rientra�nella�competenza�delle�Sezioni�centrali,�il�giudizio�di�ottemperanza�per�la� decisione�di�cui�trattasi�deve�essere�proposto�innanzi�allo�stesso�giudice�contabile�che�ha� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�giurisprudenza�era�solita�affermare�la�nullita�di�un�provvedimento� amministrativo�quando�si�pone�in�contrasto�con�una�sentenza�passata�in�giu- dicato�(32).� In�dottrina�si�sosteneva�altres|�la�nullita�,�in�quanto�il�privato�e�titolare�di� un�diritto�soggettivo�ad�ottenere�un�provvedimento�conforme�al�giudicato:� la�Pubblica�Amministrazione,�intervenuta�una�decisione�di�annullamento�o� di�condanna,�ha�l'obbligo�di�uniformarsi�al�giudicato;�quindi�il�fondamento� dell'atto�amministrativo�da�emanare�non�e�il�rispetto�della�legge�o�dell'inte- resse�pubblico,�bens|�il�rispetto�della�sentenza�(33).� Addirittura�si�riteneva�adottato�in�carenza�di�potere�l'atto�non�conforme� alla�decisione�alla�statuizione�giurisdizionale.� E�per�vero�sia�l'art.�27�n.�4�del�testo�unico�sul�Consiglio�di�Stato�sia� l'art.�37�legge�6�dicembre�1971�n.�1034�sui�Tribunali�amministrativi�regionali� parlano�di��obbligo dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto� riguarda�il�caso�deciso,�al�giudicato�.� Orbene,�di�fronte�a�un�obbligo�esiste�sempre�un�diritto:�l'obbligazione�si� concreta�infatti�in�un�rapporto�tra�due�o�piu�parti,�in�virtu�del�quale�una�di� esse�(debitore)�e�tenuta�ad�un�comportamento�(prestazione)�a�favore�dell'al- tra�(creditore).�Nell'obbligazione�soggetto�attivo�e�la�persona�alla�quale�l'or- dinamento�giuridico�attribuisce�il�diritto�(soggettivo),�soggetto�passivo�e�la� persona�a�carico�della�quale�sta�il�dovere.� Quindi�e�la�stessa�legge�che�attribuisce�al�titolare�del�giudicato�un�diritto� soggettivo�di�pretendere�l'adempimento�e�all'Amministrazione�soccombente� un�dovere�di�adempiere.� Tuttavia�la�regola�del�dovere�assoluto�dell'Amministrazione�puo�trovare� applicazione�piena�soltanto�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione�sia�tenuta�ad� un�comportamento�non�discrezionale�e�in�cui�risultino�effettivamente�esi- stenti�tutti�i�presupposti�per�tale�comportamento.� Cos|�in�presenza�di�un�giudicato�di�annullamento�per�difetto�di�motiva- zione,�l'Amministrazione�conserva�il�potere�di�provvedere�anche�negativa- emesso�la�sentenza�del�cui�giudicato�si�chiede�l'attuazione�e�non�davanti�al�plesso�Tribunali� amministrativi�regionali�^Consiglio�di�Stato�ai�sensi�dell'art.�37,�comma�3,�della�legge� 6�dicembre�1971,�n.�1034�(Cons.�St.VI,�14�gennaio�2003�n.�117).� Il�giudizio�di�ottemperanza,�che�costituisce�un�settore�della�materia�generale�dei�ricorsi� pensionistici,�rientra�nella�competenza�del�giudice�unico�delle�pensioni�istituito�dalla�legge� n.�205�del�2000�(Corte�conti,�Sez.�TO,�7�febbraio�2002�n.�81).� Premesso�che�nel�giudizio�di�ottemperanza�il�giudice�ha�il�potere�di�integrare�il�giudi- cato,�nel�quadro�degli�ampi�poteri,�tipici�della�giurisdizione�estesa�al�merito�ed�idonei�a�giu- stificare�anche�l'emanazione�di�provvedimenti�discrezionali,�e�in�tale�sede�ammissibile�la� domanda�intesa�ad�ottenere�interessi�e�rivalutazione�monetaria�dei�crediti�pensionistici,�trat- tandosi�di�specificazione�della�originaria�domanda�(Corte�conti,�Sez.�Sicilia,�16�novembre� 2001�n.�984).� (32)�Cons.�St.�V,�8�giugno�1994�n.�628;�IV,�28�dicembre�1994�n.�1091,�cito alla�nota�18.� (33)�Il�giudicato�anche�se�fondato�su�erronei�criteri�giuridici,�deve�sempre�spiegare�gli� effetti�che�la�legge�gli�ricollega,�precludendo�alle�parti�e�al�giudice�il�riesame�delle�questioni� gia�decise,�in�quanto�e�assistito�da�una�presunzione�assoluta�di�verita�e�di�legittimita�(Cass.� 23�aprile�1971�n.�1175�).� DOTTRINA�269 mente�in�ordine�al�contenuto�sostanziale�del�precedente�atto�annullato,�con�il� solo�onere�di�esplicitare�i�motivi�posti�a�base�della�nuova�determinazione�sfa- vorevole,�che�nel�precedente�atto�annullato�il�giudice�aveva�ritenuto�non�chia- ramente�enunciati.�Il�nuovo�provvedimento�non�viola�ne�elude�il�giudicato,� ma�puo�,�semmai,�essere�affetto�da�un�nuovo�vizio�di�legittimita�(34).� Ugualmente�nel�caso�che�il�provvedimento�sia�stato�annullato�perche� non�era�stato�acquisito�un�parere�obbligatorio�per�legge,�qualora�il�parere� intervenga�in�senso�conforme�al�provvedimento�adottato.� Infatti�il�presupposto�del�giudizio�di�ottemperanza�(35)�e�costituito�dalla� denuncia�dell'inadempimento,�da�parte�dell'Amministrazione,�all'obbligo�di� conformazione�al�giudicato;�inadempimento�che�puo�consistere�sia�nel�com- portamento�inerte�o�di�rifiuto,�sia�in�comportamenti�di�esecuzione�parziale,� incompleta,�apparente,�elusiva�o�dilatoria.� Intervenuto�un�giudicato,�possono�aversi�quindi�le�seguenti�situazioni:� ^inottemperanza,�qualora�l'Amministrazione�resti�inerte�e�non�esplichi� alcuna�attivita�in�esecuzione�del�giudicato;� ^violazione�del�giudicato,�qualora�l'Amministrazione�adotti�provvedi- menti�in�contrasto�anche�parzialmente�al�comando�giudiziale,�nel�senso�che,� pur�ponendo�in�essere�atti�esecutivi�del�giudicato,�si�sia�conformata�alla�deci- sione�in�modo�incompleto�o�inesatto;� ^elusione�del�giudicato,�qualora�la�Amministrazione�adotti�provvedi- menti�apparentemente�attuativi�del�giudicato,�ma�sostanzialmente�diretti�ad� eluderne�l'applicazione;�cioe�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione,�pur�ponendo� in�essere�atti�esecutivi�del�giudicato,�si�sia�conformata�alla�decisione�in�modo� fittizio.� In�tutti�questi�casi�il�titolare�del�giudicato�puo�promuovere�il�giudizio�di� ottemperanza�davanti�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione� esclusiva,�espressamente�stabilita�dal�co.�2�dell'art.�21-septies.� 9. ^Nullita�espressamente�prevista�per�legge.� In�alcuni�casi�le�norme�prevedono�la�nullita�del�provvedimento�per�la� violazione�di�determinate�norme� A�titolo�esemplificativo�possiamo�ricordare:� ^art.�3�co.�6�Testo�Unico�delle�disposizioni�concernenti�lo�statuto�degli� impiegati�civili�dello�Stato:��l'assunzione�agli�impieghi�senza�il�concorso�pre- scritto�per�le�singole�carriere�e�nulla�di�diritto�e�non�produce�alcun�effetto�a� carico�dell'Amministrazione�;� (34)�Cons.�St.�IV,�27�marzo�2001�n.�1774.� (35)�L'oggetto�specifico�del�giudizio�di�ottemperanza�consiste�nella�verifica�se�l'Ammini- strazione�abbia�o�meno�adempiuto�all'obbligo�nascente�dal�giudicato,�e�cioe�se�abbia�o�meno� attribuito�all'interessato�quella�utilita�che�la�sentenza�ha�riconosciuto�come�dovuta;�tale�veri- fica�e�possibile�solo�quando�il�soggetto�obbligato�sia�un'Amministrazione�pubblica,�cui�sia� imputabile�il�debito�nei�confronti�del�privato,�il�cui�inadempimento�comporta�l'onere�d'im- porre�in�via�sostitutiva,�direttamente�o�a�mezzo�di�un�commissario�ad�acta,�i�comportamenti� necessari�per�assicurare�il�concreto�soddisfacimento�del�ricorrente�(Cons.�St.�IV,�11�marzo� 1999�n.�264).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ^art.�3�decreto�legge�15�maggio�1994�n.�29�conv.�in�legge�15�luglio�1994� n.�444:��1. ^gli�organi�amministrativi�non�ricostituiti�nel�termine�di�cui� all'articolo�2�sono�prorogati�per�non�piu�di�quarantacinque�giorni,�decorrenti� dal�giorno�della�scadenza�del�termine�medesimo.�2.^nel�periodo�in�cui�sono� prorogati,�gli�organi�scaduti�possono�adottare�esclusivamente�gli�atti�di�ordi- naria�amministrazione,�nonche�gli�atti�urgenti�e�indifferibili�con�indicazione� specifica�dei�motivi�di�urgenza�e�indifferibilita�.3.^gli�atti�non�rientranti�fra� quelli�indicati�nel�comma�2,�adottati�nel�periodo�di�proroga,�sono�nulli.�;� ^art.�53�co.8�D.Lvo�30�marzo�2001�n.�165:��le�pubbliche�amministra- zioni�non�possono�conferire�incarichi�retribuiti�che�non�siano�stati�conferiti� o�previamente�autorizzati�dall'amministrazione�di�appartenenza�...�il�relativo� provvedimento�e�nullo�di�diritto�;� ^art.�52�co.�5�D.lvo�30�marzo�2001�n.�165:��e�nulla�l'assegnazione�del� lavoratore�a�mansioni�proprie�di�una�qualifica�superiore�.� Si�tratta�di�ipotesi�diverse�dalla�nullita�per�mancanza�di�elementi�essen- ziali.� Vi�e�infatti�un�atto�riconoscibile�come�provvedimento�amministrativo� (completo�in�tutti�i�suoi�elementi�essenziali)�emanato�da�un�organo�nell'am- bito�della�sua�attribuzione�e�competenza�e�pur�tuttavia�non�produce�effetti� giuridici,�non�per�la�sua�natura�intrinseca,�ma�perche�eccezionalmente�la� legge�lo�considera�nullo.� Abbiamo�visto�come�in�diritto�civile�un�atto�completo�in�tutti�i�suoi�ele- menti�essenziali,�si�reputa�nullo�per�illiceita�della�causa,�dell'oggetto�o�dei� motivi�comuni�a�entrambe�le�parti;�inoltre�il�patto�di�restituire�un�prezzo� superiore�a�quello�stipulato�per�la�vendita�e�nullo�per�l'eccedenza�(art.�1500� co.2�c.c.);�e�nulla�la�rinunzia�all'eredita�fatta�sotto�condizione�o�a�termine�o� solo�per�parte�(art.�520�c.c.),�sono�nulli�i�patti�successori�(art.�458�c.c.);�e� nullo�ogni�patto�che�esclude�il�diritto�di�recesso�o�ne�rende�piu�gravoso�l'eser- cizio�(art.�2437�ult.�co.).� Ugualmente�in�diritto�amministrativo�un�atto,�che�sarebbe�altrimenti� perfetto,�puo�essere�considerato�nullo�dalla�legge.� Si�ha�quindi�una�nullita�testuale,�che�si�distingue�dalla�nullita�sostanziale� o�strutturale.� 10. ^Giurisdizione.� Mentre�la�giurisdizione�generale�amministrativa�(tranne�i�casi�di�giuri- sdizione�esclusiva)�puo�esercitarsi�solo�su�interessi�legittimi�e�puo�comportare� soltanto�l'annullamento�dell'atto�impugnato,�la�giurisdizione�dell'A.G.O.� presuppone�la�violazione�di�diritti�soggettivi�e�puo�esplicarsi�mediante� l'accertamento�dell'illegittimita�del�provvedimento�amministrativo�senza�che� il�giudice�possa�annullarlo�o�sostituirlo.� Quindi�il�giudice�amministrativo�emette�normalmente�una�sentenza�di� natura�costitutiva,�il�giudice�ordinario�emette�una�sentenza�di�natura�dichia- rativa�(36).� (36)�Sulla�nozione�di�sentenze�dichiarative,�costitutive�e�di�condanna�v.�nota�29.� DOTTRINA�271 Il�giudice�degli�interessi�legittimi�nella�sua�giurisdizione�generale�di�legit- timita�ha�cognizione�limitata�ai�vizi�di�legittimita�indicati�dagli�artt�2�e�3� legge�6�dicembre�1971�n.�1034�e�26�testo�unico�26�giugno�1924�n.�1058:�viola- zione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza�.� Poiche�l'ipotesi�del�provvedimento�nullo�(art.�21-septies co.�1)�e�diversa� dalla�ipotesi�del�provvedimento�illegittimo�(art.�21-opties co.1)�e�la�giurisdi- zione�del�giudice�amministrativo�e�prevista�solo�nella�seconda�ipotesi�(tanto� e�vero�che�il�giudice�se�accoglie�il�ricorso�annulla�l'atto�che,�benche�invalido,� manteneva�la�sua�efficacia)�ne�deriva�un'ontologica�incompatibilita�tra�atti� nulli�e�giurisdizione�amministrativa.� Insomma�se�la�legge�attribuisce�la�giurisdizione�generale�di�legittimita� nei�casi�di�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza,�non�esiste� una�disposizione�che,�tranne�i�casi�di�giurisdizione�esclusiva,�consente�di� adire�il�giudice�amministrativo�per�vizi�di�validita�diversi:�il�secondo�comma� dell'art.�21-septies ne�da�un'implicita�conferma,�altrimenti�detta�norma� sarebbe�stata�inutile(37).� Art.�21-septies Nullita�del�provvedimento 2.�Le�questioni�inerenti�alla�nullita�dei�provvedimenti�amministrativi�in� violazione�o�elusione�del�giudicato�sono�attribuite�alla�giurisdizione�esclusiva� del�giudice�amministrativo.� 11.�^Giudizio per l'adempimento del giudicato; il commissario ad�acta.� La�sanzione�della�nullita�stabilita�nel�primo�comma�avrebbe�potuto�por- tare�alla�conseguenza�che�l'inadempimento�dell'Amministrazione�al�giudi- cato,�in�quanto�lesiva�di�un�diritto�soggettivo,�comporterebbe�la�giurisdizione� del�giudice�ordinario�con�i�limiti�di�una�sua�pronuncia�sulla�effettiva�soddi- sfazione�del�diritto:�il�giudice�ordinario�infatti�non�potrebbe�annullare(ma� solo�disapplicare�)�il�provvedimento�emesso�in�violazione�o�elusione�del�giu- dicato,�non�potrebbe�pervenire�alla�nomina�di�un�commissario�ad acta(38)� in�caso�di�comportamento�omissivo�dell'Amministrazione.� (37)�Su�cio�ha�convenuto�il�TAR�Lombardia�nella�sentenza�22�aprile�2005�n.�855,�ripor- tataanota24.� (38)�Il�commissario�ad acta e�una�figura�creata�dalla�prassi�giurisprudenziale,�secondo� cui,�se�il�giudice�ravvisa�un�comportamento�omissivo�o�elusivo�dell'�Amministrazione,�dap- prima�fissa�un�termine�per�l'�adempimento�e,�se�l'�inadempimento�persiste,�nomina�un�com- missario�ad acta che�dovra�sostituirsi�all'�Amministrazione�nell'�emettere�il�provvedimento� dovuto.�La�figura�del�commissario�ad acta e�stata�legislativamente�prevista�nei�giudizi� avverso�il�silenzio�della�Amministrazione�dall'�art.�21�bis legge�6�dicembre�1971�n.�1034�co.� 2�nel�testo�introdotto�dall'�art.�2�legge�21�luglio�2000�n.�205.� La�funzione�del�Commissario��ad acta�,�posta�a�garanzia�dell'effettivita�della�tutela�giu- risdizionale,�e�quella�di�portare�ad�effettiva�esecuzione�la�decisione�del�giudice,�del�quale� costituisce�organo�ausiliario�(Cons.�St.�V,�12�giugno�1997�n.�639;�V,�7�gennaio�1996�n.�1202).� Il�commissario�ad acta,�ausiliare�del�giudice�dell'ottemperanza,�deve�eseguire�il�proprio� compito�sotto�il�continuo�controllo�e�l'assiduavigilanza�di�quest'ultimoalfinediassicurarel'e- satta�rispondenza�della�sua�attivita�al�comando�contenuto�nella�sentenza�della�cui�esecuzione� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Con�la�disposizione�del�comma�2�si�e��inteso�percio��confermare�le�norme� degli�artt.�27�n.�4�del�testo�unico�sul�Consiglio�di�Stato�e�37�della�legge�istitu- tiva�dei�TAR�(39)�miranti�ad�escludere�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario� sulle�questioni�relative�alla�nullita��di�provvedimenti�amministrativi�in�viola- zione�o�elusione�del�giudicato.� 12. ^Diritti soggettivi e interessi legittimi a seguito delgiudicato; riflessi sulla giurisdizione. Richiamando�quanto�esposto�commentando�il�primo�comma�dell'art.�21� in�esame(40),�va�ulteriormente�osservato�come�il�giudicato�puo��essere�di� accoglimento�o�di�rigetto�del�ricorso�ovvero�di�carattere�meramente�proces- suale.� Solo�nel�primo�caso�puo��trovare�ingresso�il�giudizio�di�ottemperanza.� Ma�anche�nell'ambito�delle�sentenze�di�accoglimento�la�decisione�potra�� avere�gia��di�per�se�effetto�satisfattivo;�il�che�avviene�nelle�pronunce�ad�effetto� demolitorio,�che�non�richiedono�da�parte�dell'Amministrazione�una�attivita�� di�adeguamento,�come�quelle�che�annullano�una�sanzione,�un�provvedimento� ablatorio�o�di�revoca�o�di�annullamento�di�ufficio.� Quindi�l'interpretazione�della�norma�del�comma�2�dell'art.�21-septies si� pone�con�riguardo�alle�sentenze�che�comportano�un'ulteriore�attivita��da� parte�dell'Amministrazione.�In�questo�caso�la�decisione�di�annullamento�ha� sitratta,assicurandoeffettivamentealcittadinoilconseguimentodelbenedellavitagia��ricono- sciutogli�in�sede�di�cognizione:�sono�pertanto�ammissibili�e�fisiologiche�le�richieste�che�egli�pro- pone�al�giudice�dell'esecuzione�per�ottenere�chiarimenti�e�suggerimenti�circa�i�concreti�provve- dimenti�(o�comportamenti)�da�adottare�nei�casi�dubbi�ovvero�qualora�sorgano�contrasti�tra�le� parti�in�causa.�Tale�situazione�e��pero��limitata�alla�sola�fase�della�esecuzione�in�senso�stretto,� quellacioe��preordinataall'emanazionedegliattidiesecuzionedelgiudicato:unavoltacheque- sti�siano�stati�emanati�dal�commissario�adacta e�si�sia�pertanto�esaurita�l'ottemperanza,�gli�atti� stessi�sono�reclamabili�dai�diretti�interessati�innanzi�allo�stesso�giudice�dell'esecuzione�ovvero� possono�essere�impugnati�dai�terzi�con�un�nuovo�giudizio�di�cognizione,�non�sussistendo�piu�� alcuna�necessita��,�ne'�utilita��di�ammettere�l'ulteriore�dialogo�processuale�tra�commissario�ad acta egiudicedell'esecuzione(Cons.�St.IV,4maggio2004n.�2739).� Gli�atti�emanati�dal�Commissario�adacta,�in�quanto�ausiliario�del�giudice�della�ottempe- ranzapossono�essere�oggetto�diimpugnativa�dinanzi�a�tale�giudice�anche�daparte�dellaAmmi- nistrazionelaqualepuo��chiederediverificareseilsuoausiliarioabbiabeneintesolestatuizioni� delgiudicato(Cons.St.VI,29marzo2001n.�1871).� Per�individuare�il�regime�di�impugnazione�delle�statuizioni�adottate�dal�Commissario�ad acta e��necessario�scomporre�l'attivita��del�commissario�in�due�parti,�individuando�quella�di� stretta�attuazione�del�comando�vincolato�del�giudice�(edin�tal�caso�nonvi�sono�dubbi�che�que- st'ultimo�agiscecome�ausiliario�del�giudice),�da�quellaulteriore,�rispetto�alle�statuizioni�delgiu- dicato,�di�esercizio�di�poteri�amministrativi,�in�relazione�ai�quali�agisce�come�organo�straordi- nario�dell'amministrazione,�sottoposto�all'ordinario�controllo�del�giudice�in�sede�di�legittimita�� (Cons.�St.�IV,�30�marzo�2000�n.�1834;�V,�15�gennaio�1990�n.�48;�V,�27�novembre�1989�n.�771;� VI,�24�marzo�1988�n.�353).� La�nomina�del�commissario�adacta e�la�scadenza�del�termine�assegnato�all'Amministra- zione�per�l'esecuzione�della�statuizione�della�sentenza�passata�in�giudicato�non�comportano�il� venir�meno�del�potere-dovere�della�stessa�Amministrazione�di�provvedere�nell'ambito�delle� attribuzioni�ad�essa�assegnate�dalla�legge�(Cons.�St.VI,�15�luglio�1998�n.�1094).� (39)�Tali�norme�sono�state�considerate�al�paragrafo�8.� (40)�v.�paragrafo�8.� DOTTRINA�273 un�contenuto�complesso,�poiche�contiene�effetti�demolitori�e�ripristinatori� rivolti�al�passato,�ed�effetti�conformativi�rivolti�al�futuro,�questi�ultimi�in�par- ticolare�consistono�nei�vincoli�imposti�all'Amministrazione�nella�rinnova- zione�del�provvedimento�annullato�(41).� Se�trattasi�di�attivita�di�natura�vincolata�e�l'Amministrazione�emette�il� provvedimento�dovuto,�l'interessato�potra�promuovere�il�giudizio�di�ottempe- ranza�se�lo�ritiene�(anche�in�parte)�in�violazione�o�elusione�del�giudicato.� Se�per�adempiere�al�giudicato�l'Amministrazione�e�tenuta�ad�emettere� un�provvedimento�di�natura�discrezionale,�l'interessato,�mentre�ha�un�proprio� diritto�all'adempimento,�ha�tuttavia�un�mero�interesse�legittimo�in�ordine�alla� scelta�dell'una�o�dell'altra�forma�di�adempimento.� Percio�nel�momento�di�riesercizio�del�potere�amministrativo�l'Ammini- strazione�stessa�puo�adottare�solo�atti�che,�non�essendo�in�contrasto�con�il� contenuto�precettivo�della�decisione�in�quanto�posti�in�essere�per�motivi� esterni�all'esecuzione�del�giudicato�ed�estranei�alle�statuizioni�ivi�contenute,� siano�espressione�di�potere�discrezionale�concernente�modalita�estrinseche�al� nucleo�di�assoluta�imperativita�propria�del�giudicato�(42).� Poiche�costituisce�presupposto�indefettibile�del�giudizio�di�ottemperanza,� la�richiesta�di�esecuzione�di�una�sentenza�non�immediatamente�satisfattiva,� il�ricorso�per�ottemperanza�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�sara�proponibile� solo�in�quanto�i�provvedimenti�adottati�dall'amministrazione�in�dichiarata� esecuzione�del�giudicato�siano�violativi�o�elusivi�dello�stesso;�nel�caso�invece� che�il�privato�deduce�che�il�comportamento�attuato�dalla�P.A.�in�asserita� attuazione�del�giudicato�sia�affetto�da�autonomi�vizi�di�legittimita�,�estranei� al�contenuto�della�decisione�precedente,�non�e�proponibile�il�ricorso�per� ottemperanza,�dovendosi�attivare,�piuttosto�un�nuovo�giudizio�di�cognizione:� l'oggetto�proprio�del�giudizio�di�ottemperanza�e�limitato�alla�verifica�se�la� P.A.�abbia�o�meno�adempiuto�all'obbligo�nascente�dal�giudicato,�e�cioe�se� abbia�o�meno�attribuito�all'interessato�quella�utilita�che�la�sentenza�aveva� riconosciuto�come�dovuta(43).� Insomma�nel�giudizio�di�ottemperanza�il�ricorrente�lamenta�che�il�prov- vedimento�adottato�successivamente�al�giudicato�risulta�essere�in�contrasto� con�la�particolare�regola�del�rapporto�espressa�nella�decisione�giurisdizio- nale;�qualora�invece�il�ricorrente�lamenta�autonomi�vizi�di�legittimita�affe- renti�all'atto,�indipendenti�dal�contenuto�della�sentenza,�sara�allora�necessa- rio�esperire,�anziche�il�ricorso�per�ottemperanza,�un�nuovo�giudizio�di�cogni- zione.� Il�discrimen tra�la�proposizione�del�giudizio�di�ottemperanza�e�l'esperi- mento�dell'ordinario�giudizio�di�cognizione�si�fonda�quindi�sulla�tipologia� del�vizio�dedotto�dal�ricorrente.� (41)�Cons.�St.�IV,�1�febbraio�2001�n.�394.� (42)�v.�nota�34.� (43)�Cons.�St.�IV,�15�aprile�1999�n.�626;�v.�anche�nota�35.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ove�la�censura�riguardi�qualsiasi�contrasto�tra�gli�atti�ed�il�comporta- mento�dell'amministrazione�successivi�alla�sentenza�ed�il�contenuto�sostan- ziale�della�sentenza�stessa�passata�in�giudicato,�e�da�seguire�la�procedura�del� giudizio�di�ottemperanza.� Rimane�invece�affidata�alla�ordinaria�giurisdizione�ogni�fattispecie�in�cui� non�si�faccia�questione�dell'indicato�contrasto,�ma�vengano�in�contestazione� profili�di�illegittimita�del�tutto�nuovi�(in�quanto�esterni�all'accertamento�con- tenuto�nel�giudicato)�degli�atti�o�del�comportamento�inerte�realizzato�dal- l'amministrazione�successivamente�alla�sentenza:�in�tale�ipotesi�l'impugna- zione�dell'atto,�qualora�si�deduca�un�vizio�di�annullabilita�,�deve�avvenire�nel� consueto�termine�di�decadenza�di�sessanta�giorni�dalla�notificazione,�comuni- cazione�o�piena�conoscenza�dello�stesso.� Per�il�giudizio�di�ottemperanza�vale�invece�il�termine�ordinario�di�dieci�anni� di�prescrizione,�proprio�dell'actio�iudicati,�che�decorre�dal�passaggio�in�giudi- cato�della�sentenza(44);�cio�deve�esserepacificonel�caso�che�l'Amministrazione� resti�inerte�e�non�emetta�alcun�provvedimento�in�esecuzione�del�giudicato.� Se�invece�l'Amministrazione�emette�un�nuovo�provvedimento�che�il�pri- vato�ritiene�in�violazione�o�elusione�del�giudicato,�questo�provvedimento�sara� affetto�da�nullita�per�l'espresso�disposto�del�comma�1�dell'art.�21-septies,per� cui�la�nullita�potrebbe�essere�fatta�valere�senza�limiti�di�tempo�qualora�il� nuovoprovvedimento�(in�violazione�o�elusione�del�giudicato)�venga�posto�in� esecuzione.� Come�e�stato�gia�detto,�ipotesi�di�nullita�,�a�prescindere�da�singole�dispo- sizioni�di�legge,�erano�state�riscontrate�dalla�giurisprudenza�a�proposito�di� provvedimenti�adottati�in�violazione�o�elusione�del�giudicato�(45).� Possiamo�dunque�affermare,�che�la�nuova�norma�recepisce�nella� sostanza�questi�orientamenti�giurisprudenziali,�convalidandoli�in�prescrizioni� legislative;�per�cui�nella�sostanza�nulla�e�cambiato�e�la�piu�recente�giurispru- denza�mantiene�tuttora�la�sua�validita�.� Art.�21-octies Annullabilita�del�provvedimento 1.�E�annullabile�il�provvedimento�amministrativo�adottato�in�violazione�di� legge�o�viziato�da�eccesso�di�potere�o�da�incompetenza.� 13.�^L'annullabilita�delprovvedimento.� La�presente�norma�ha�confermato�sul�piano�sostanziale�cio�che�l'ordina- mento�giuridico�aveva�statuito�sul�piano�processuale.� Con�la�legge�31�marzo�1889�n.�5982,�le�cui�disposizioni�furono�poi�coor- dinate�nel�testo�unico�2�giugno�1889�n.�6166,�venne�istituita�la�IV�Sezione� del�Consiglio�di�Stato�con�il�compito�di�decidere�sui�ricorsi�contro�gli�atti� amministrativi�viziati�da��incompetenza,�eccesso�di�potere�o�violazione�di� legge�.� (44)�Cons.�St.�VI,�3�febbraio�1992�n.�59.� (45)�Cons.St.V,11ottobre1996n.1231;v.purenota32�sub�co.1�art.�21�septies.� DOTTRINA�275 Tale�disposizione�fu�ripetuta�con�il�Testo�Unico�26�giugno�1924�n.�1054� sul�Consiglio�di�Stato�e�con�la�legge�6�dicembre�1971�n.�1034�sui�Tribunali� amministrativi�regionali�(46).� Pertanto�e�da�oltre�un�secolo�che,�sulla�base�delle�riferite�norme,�era� stata�individuata�la�invalidita�degli�atti�amministrativi�sotto�forma�di�annul- lamento,�nel�senso�che�l'atto�affetto�da�uno�dei�tre�vizi�suddetti,�ancorche� invalido,�manteneva�la�sua�efficacia�sin�quando�non�veniva�annullato�dal�giu- dice�attraverso�ricorso�da�proporsi�entro�il�prescritto�termine�di�decadenza.� I�concetti�di�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza�hanno� trovato�larga�trattazione�in�dottrina�e�giurisprudenza,�per�cui�possiamo�dire� che�le�relative�nozioni�sono�pacificamente�acquisite�e�non�sussistono�dispa- rita�di�opinioni.� A�titolo�semplificativo�possiamo�riassumere�i�relativi�concetti.� 14. ^L'incompetenza. In�ordine�logico�va�prima�considerato�il�vizio�di�incompetenza,�in� quanto�il�giudice,�qualora�dovesse�riscontrarlo,�deve�fermarsi�nella�sua�deci- sione�e�non�procedere�all'esame�di�eventuali�ulteriori�vizi.� Si�ha�tale�vizio�qualora�il�provvedimento�venga�emesso�da�organo� incompetente,�che�ha�esercitato�un�potere�che�la�legge�attribuisce�ad�altro� organo.� Come�gia�detto,�trattando�della�nullita�(47),�si�distingue�una�incompe- tenza�assoluta�e�un'incompetenza�relativa.� Mentre�l'incompetenza�assoluta�(altrimenti�detta�difetto�di�attribuzione,� straripamento�di�potere,�carenza�di�potere)�e�causa�di�nullita�del�provvedi- mento,�l'incompetenza�relativa�e�causa�di�annullamento�e�percio�il�provvedi- mento�diventa�definitivo�e�incontestabile�se�non�venga�impugnato�nel�rituale� termine�di�decadenza.� 15. ^La violazione di legge. Il�termine���legge��e�stato�interpretato�estensivamente,�riscontrando�il� vizio�di�violazione�di�legge�ogni�qual�volta�l'Amministrazione�non�abbia� osservato�nell'emanare�il�provvedimento�atti�di�normazione�primaria�e�secon- daria;�pertanto�sussiste�violazione�di�legge�non�solo�in�caso�di�contrasto�con� una�norma�di�legge�(in�senso�formale�o�sostanziale)�ma�anche�per�violazione� di�regolamenti.� Non�costituiscono�atti�di�normazione�le�circolari,�che�sono�norme� interne,�la�cui�violazione�puo�dar�luogo�al�vizio�di�eccesso�di�potere.� Dato�che�il�legislatore�tende�ad�emanare�norme�di�comportamento�di� carattere�generale�per�l'esercizio�della�attivita�amministrativa,�tante�fattispe- cie�che�prima�erano�inquadrabili�nel�vizio�di�eccesso�di�potere,�costituiscono� oggi�violazione�di�legge.� (46)�V.�paragrafo�5.� (47)�V.�paragrafo�7.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Cos|�un�provvedimento�contrario�ai�canoni�di�imparzialita�deve�essere� ritenuto�in�violazione�dell'art.�97�della�Costituzione;�e�cos|�sara�in�violazione� alla�legge�7�agosto�1990�n.�241�se�contrario�ai�criteri�di�trasparenza�(art.�1),� carente�di�motivazione�(art.�3),�e�cos|�pure�tante�ipotesi�di�disparita�di�tratta- mento�appaiono�in�violazione�all'art�12�della�stessa�legge.� Nel�concetto�di�legge�devono�intendersi�comprese�anche�le�norme�comu- nitarie.� Se�il�provvedimento�e�contrastante�con�i�principi�dell'ordinamento� comunitario,�si�avra�violazione�dell'art.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241�(48).� Se�invece�il�provvedimento�contrastante�con�i�principi�comunitari�e�con- forme�alla�normativa�nazionale,�si�e�consolidato�il�principio�che�nel�contrasto� tra�il�diritto�comunitario�e�interno,�la�prevalenza�spetta�al�primo,�anche�se� la�norma�interna�venga�emanata�in�epoca�successiva�(49),�per�cui�il�giudice� nazionale�ha�l'obbligo�di�disapplicare�la�disposizione�della�legge�nazionale;� tale�disapplicazione�fa�carico�non�solo�al�giudice,�ma�anche�agli�organi�della� P.�A.�nello�svolgimento�della�loro�attivita�amministrativa�e�cioe�anche�d'uffi- cio�indipendentemente�da�sollecitazioni�o�richieste�di�parte(50).� Il�giudice�nazionale�puo�sempre�disporre�il�rinvio�pregiudiziale�della� causa�alla�Corte�di�Giustizia�europea�per�ottenere�l'interpretazione�di�norme� comunitarie�controverse(51)�e�le�statuizioni�delle�sentenze�interpretative�sono� immediatamente�applicabili:�esse�entrano�e�permangono�in�vigore�nel�territo- rio�dello�stato�italiano,�senza�che�i�loro�effetti�possano�essere�intaccati�dalla� legge�ordinaria�(52).� 16. ^L'eccesso dipotere. Un�provvedimento,�ancorche�emesso�da�organo�competente�e�nel� rispetto�della�legge,�tuttavia�puo�essere�invalido�per�eccesso�di�potere,�cioe� viziato�nel�suo�aspetto�funzionale�(53).� Tale�vizio�e�dato�riscontrare�qualora�l'Amministrazione�abbia�fatto�cat- tivo�uso�del�potere,�emanando�l'atto�per�un�fine�diverso�da�quello�per�il�quale� e�stato�conferito�dalla�legge.� Il�vizio�di�eccesso�di�potere�non�potra�mai�riguardare�un�provvedimento� di�natura�vincolata,�ma�solo�atti�discrezionali.�Infatti�negli�atti�di�natura�vin- colata,�in�presenza�di�determinati�presupposti,�ne�e�predeterminato�per�legge� il�contenuto,�in�maniera�che�l'Amministrazione�e�tenuta�obbligatoriamente�a� emettere�quel�provvedimento�e�quindi�le�e�preclusa�ogni�scelta�discrezionale.� (48)�Art.�1�co.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241�nel�testo�modificato�dalla�legge�11�febbraio� 1995�n.�15:��L'�attivita�amministrativa�persegue�i�fini�determinati�dalla�legge�ed�e�retta�da� criteri�di�economicita�,�di�efficacia,�di�pubblicita�e�di�trasparenza�secondo�le�modalita�previ- ste�dalla�presente�legge�e�dalle�altre�disposizioni�che�disciplinano�singoli�provvedimenti,�non- che�dai�principi�dell'�ordinamento�comunitario�.� (49)�Corte�cost.�8�giugno�1984�n.�170.� (50)�Cons.�St.�IV,�18�gennaio�1996�n.�54;�Cass.�18�aprile�1994�n.�3693.� (51)�Art.�234�(gia�art.�177)�Trattato�istitutivo�della�comunita�europea�adottato�a�Roma�il� 25�marzo�1958�e�ratificato�con�legge�14�ottobre�1957�n.�1203�e�successive�modifiche.� (52)�Corte�cost.�23�aprile�1985�n.�113.� (53)�Sui�motivi�del�provvedimento�v.�paragrafo�6-b. DOTTRINA 277 L'indagine per riscontrare il vizio di eccesso di potere deve essere diretta ad accertare se attraverso il provvedimento emesso sia stata assicurata la rea- lizzazione dell'interesse pubblico. Risulta difficile stabilire una netta linea di demarcazione tra eccesso di potere, quale vizio di legittimita� , e merito amministrativo, consistente que- st'ultimo nei criteri di opportunita� e convenienza che hanno spinto l'Ammini- strazione a emettere quel provvedimento; tranne i casi in cui la giurisdizione amministrativa e� estesa al merito, al giudice e� inibito sindacare il provvedi- mento sotto l'aspetto della opportunita� . In mancanza di una definizione legislativa dell'eccesso di potere, dot- trina e giurisprudenza hanno individuato figure sintomatiche di tale vizio nelle forme dello sviamento di potere, travisamento di fatti, contraddittorieta� tra atti, disparita� di trattamento, manifesta ingiustizia. Tali classificazioni vanno sempre piu� perdendo di attualita� , in quanto il legislatore, aderendo all'esigenza di chiarificazione dell'azione amministra- tiva, sanziona espressamente l'invalidita� in tali casi attraverso norme espresse, per cui, come detto, cio� che prima configurava un vizio di eccesso di potere oggi vieppiu� ricade nel vizio di violazione di legge. Art.�21-octies Annullabilita�del�provvedimento 2.�Non�e�annullabile�il�provvedimento�adottato�in�violazione�di�norme�sul� procedimento�o�sulla�forma�degli�atti�qualora,�per�la�natura�vincolata�del�prov- vedimento,�sia�palese�che�il�suo�contenuto�dispositivo�non�avrebbe�potuto�essere� diverso�da�quello�in�concreto�adottato.�Il�provvedimento�amministrativo�non�e� comunque�annullabile�per�mancata�comunicazione�dell'avvio�del�procedimento� qualora�l'amministrazione�dimostri�in�giudizio�che�il�contenuto�del�provvedi- mento�non�avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�in�concreto�adottato.� 17.�^La�degradazione�dell'illegittimita�formale�a�mera�irregolarita� La presente disposizione ha introdotto la distinzione tra legittimita� for- male, intesa come rispetto alle regole poste da leggi e regolamenti, e legitti- mita� sostanziale, intesa come conformita� al diritto, intendendo quindi il rispetto della normativa procedimentale non come un fine, ma come un mezzo per raggiungere il giusto scopo cui deve essere diretta l'azione ammi- nistrativa (54). Quindi la non conformita� alle regole procedimentali viene degradata da illegittimita� a irregolarita� , qualora il risultato sostanziale del provvedimento sia conforme al diritto positivo. Il ricorrente che, adducendo un vizio formale o procedimentale, impu- gna il provvedimento di eliminazione di un'opera abusiva o di cessazione di una attivita� non permessa dalla legge, otterrebbe l'annullamento del provve- dimento, costringendo poi l'Amministrazione a emetterne un altro emendato (54) v. art. 1 co. 1 legge 7 agosto 1990 n. 241: �L' attivita� amministrativa persegue i fini determinati dalla legge...�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� dal�vizio�puramente�formale,�con�la�conseguenza�che�per�tutta�la�durata�del� processo�e�sino�a�quando�l'Amministrazione�non�adotti�il�nuovo�provvedi- mento�continua�a�giovarsi�dell'opera�abusiva�o�a�proseguire�nella�attivita�ille- gale,�in�contrasto�quindi�con�la�giustizia�sostanziale.� Dunque,si�e�voluto�evitare�che�l'annullamento�dell'atto�non�favorisca�un� intento�speculativo�del�ricorrente�attraverso�una�formale�tipica�tutela�dell'in- teresse�legittimo,�eludendo�cos|�l'applicazione�di�una�norma�giuridica�di� diritto�sostanziale.� Nella�nuova�norma�contenuta�nell'art.�21-octies�co.�2�il�legislatore�ha� recepito�quindi�un�orientamento�gia�formatosi�in�giurisprudenza(55),�degra- dando�il�ruolo�e�l'incidenza�del�requisito�formale,�il�cui�difetto�non�determina� l'invalidita�dell'atto�qualora�sia�ininfluente�sul�suo�contenuto�dispositivo,� ovvero�sull'assetto�degli�interessi�da�esso�proposto.� 18. ^La�irregolarita�con�riferimento�agli�atti�vincolati�e�agli�atti�discrezionali.� La�norma�tuttavia�limita�la�qualificazione�di�mera�irregolarita�non�inva- lidante�solo�ai�provvedimenti�vincolati�e�all'ipotesi�di�mancata�comunica- zione�dell'avvio�del�procedimento�per�quanto�riguarda�i�provvedimenti� discrezionali�(56).� Per�quanto�riguarda�i�provvedimenti�di�natura�vincolata,�il�giudice�potra� accertare�d'ufficio�che,�malgrado�un�vizio�formale�o�del�procedimento,�l'Am- ministrazione�non�avrebbe�potuto�emanare�un�provvedimento�di�contenuto� diverso�(57).� Ove�trattasi�di�provvedimenti�di�natura�discrezionale,�il�ricorrente�e� tenuto�a�prospettare�in�giudizio�le�ragioni�che�non�gli�e�stato�possibile� (55)�Le�norme�in�tema�di�partecipazione�procedimentale�di�cui�all'art.�7�legge�7�agosto� 1990�n.�241�non�vanno�applicate�meccanicamente�e�formalmente�annullando�ogni�procedi- mento�in�cui�sia�stata�omessa�tale�fase,�ma�alla�luce�dei�principi�di�economicita�e�speditezza� da�cui�e�retta�l'azione�amministrativa�(Cons.�St.,�V�22�maggio�2001�n.�2823).� (56)�L'art.�21�octies,�2.�comma�della�legge�n.�241/1990,�introdotto�dalla�legge�11�febbraio� 2005,�n.�15,�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�laddove�l'atto�sia�di�natura�vincolata,�la� violazione�delle�norme�sulla�forma�o�di�quelle�procedimentali,�ivi�inclusal'omessacomunica- zione�di�avvio�del�procedimento,�non�determina�l'annullamento�del�provvedimento�ove� appaia�palese�che�il�contenuto�di�quest'ultimo�non�avrebbe�potuto�essere�diverso,�mentre� ove�l'atto�sia�di�natura�discrezionale,�il�mancato�invio�della�suddetta�comunicazione,�puo� essere�ininfluente�sul�giudizio�di�legittimita�del�provvedimento�impugnato,�solo�ove�l'ammi- nistrazione�provi�quanto�stabilito�dalla�disposizione�in�esame�(TAR�Sardegna,�I,�20�giugno� 2005�n.�1435).� (57)�Al�riguardo�sono�intervenute�gia�decisioni�che�hanno�applicato�la�norma�in�esame:� ^L'art.�21-octies�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,�introdotto�dall'art.�14�della�legge� 1.febbraio�2005,�n.�15,�dispone�che�non�sia�annullabile�il�provvedimento�adottato�in�viola- zione�delle�norme�sulla��forma�degli�atti�(cioe�ad�esempio�per�difetto�di�motivazione)��qua- lora,�per�la�natura�vincolata�del�provvedimento,�sia�palese�che�il�suo�contenuto�dispositivo�non� avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�adottato�.�Tale�norma�oggi�vigente�dispone,�cioe�,che� non�possa�disporsi�l'annullamento�da�parte�del�Giudice�amministrativo�di�un�atto�in�rela- zione�ad�una�sua�supposta�carenza�di�motivazione,�quando�^ove�si�tratti�(come�nel�caso�di� permesso�di�costruire)�di�un�atto�vincolato�^�sia�palese��che�il�contenuto�dispositivo�del- l'atto�non�sarebbe�stato�diverso.�Ai�sensi�dell'art.�21-octies�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,� introdotto�dall'art.�14�della�legge�1�febbraio�2005,�n.�15,�non�puo�pronunciarsi�l'annulla- DOTTRINA�279 esporre�nella�fase�del�procedimento�amministrativo�ed�e�onere�dell'Ammini- strazione�dimostrare�che�l'omissione�della�comunicazione�dell'avvio�delpro- cedimento�non�avrebbe�potuto�comunque�condurre�ad�un�provvedimento�di� contenuto�diverso(58).� Nel�silenzio�della�legge�dovrebbe�convenirsi�che,�in�materia�di�impugna- zione�di�atti�discrezionali,�qualora�il�provvedimento�sia�affetto�da�un�vizio� diverso�dalla�mancata�comunicazione�di�avvio,�e�precluso�alla�Amministrazione� di�fornire�laprova�della�legittimita�sostanziale�del�provvedimento�adottato.� mento,�per�difetto�di�motivazione,�di�un�diniego�del�permesso�di�costruire�qualora�dall'esame� degli�atti�di�causa�sia�palese�il�fatto�che�l'Amministrazione�non�avrebbe�mai�potuto�assentire� il�richiesto�permesso�in�quanto�la�destinazione�che�si�vorrebbe�attribuire�al�manufatto�da� realizzare�non�e�compatibile�con�le�destinazioni�previste�nella�zona�in�questione�dallo�stru- mento�urbanistico�(TAR�Abruzzo�^Pescara�^14�aprile�2005�n.�185).� ^Ai�sensi�dell'art.�21�octies,�2.�comma,�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,�introdotto� dalla�legge�11�febbraio�2005,�n.�15�e�ormai�da�escludersi�ogni�patologica�ricaduta�dei�vizi� attinenti�alla�forma�degli�atti�amministrativi�o�a�violazioni�procedimentali.�Tale�innovativa� norma,�unitamente�al�principio�(gia�da�tempo�affermato)�secondo�cui�anche�dall'esercizio� dell'attivita�provvedimentale�della�P.A.�possono�scaturire�illeciti�risarcibili�ex art.�2043�c.c.,� deve�far�ritenere�ormai�ribaltato�il�tradizionale�principio�del�cd.�divieto�di�motivazione� postuma�e�consente�all'Amministrazione�intimata�di�precisare,�nel�corso�del�giudizio,�le� ragioni�che�hanno�indotto�alla�sfavorevole�determinazione�di�cui�all'atto�impugnato,�salva� la�possibilita�per�l'interessato�di�proporre,�avverso�il�provvedimento�integrativo,�ricorso�per� motivi�aggiunti.�E�legittimo�il�provvedimento�di�esclusione�di�un�concorrente�da�una�gara� indetta�per�l'affidamento�del�servizio�pubblico�di�mensa�scolastica�di�una�ditta�il�cui�legale� rappresentante�sia�stato�rinviato�a�giudizio�per�fatti�e�circostanze�connessi�all'attivita�di�refe- zione�scolastica�e/o�ristorazione�collettiva,�nel�caso�in�cui�una�clausoladella�lex specialis preveda�espressamente�l'esclusione�dalla�gara�dei�concorrenti�rinviati�a�giudizio�per�detti� fatti�(TAR�Campania�^Salerno,�I,�4�maggio�2005�n.�760).� ^Non�puo�essere�annullata�un'ingiunzione�di�sgombero�di�un'area�demaniale�marittima� abusivamente�occupata,�nel�caso�di�omessa�comunicazione�di�avvio�del�relativo�procedi- mento�amministrativo,�atteso�che�detta�ingiunzione�ha�indiscutibilmente�natura�dovuta�e� vincolata,�dovendo�l'Amministrazione�^in�presenza�di�un'abusiva�occupazione�di�aree�dema- niali�^obbligatoriamente�disporre�lo�sgombero;�con�l'ulteriore�conseguenza�che,�in�tal�caso,� non�potendo,�dunque,�il�medesimo�provvedimento�sanzionatorio�(ingiunzione)�avere�conte- nuto�diverso�da�quello�adottato�anche�in�caso�di�partecipazione�dell'interessato�al�relativo� procedimento�amministrativo,�la�dedotta�violazione�dell'art.�7�citato,�non�e�idonea�a�deter- minarne�l'annullamento�ai�sensi�dell'�art.�21�octies,�2.�comma,�legge�7�agosto�1990�n.�241,� introdotto�dalla�legge�11�febbraio�2005,�n.�15�(TAR�Sardegna,�I,�20�giugno�2005�n.�1435).� (58)�L'art.�21�octies,�seconda�parte,�della�legge�241/1990,�introdotto�dalla�legge�15/2005� (secondo�cui�non�si�deve�procedere�all'annullamento�giurisdizionale�nel�caso�di�omissione� di�avviso�del�procedimento,�ove��l'Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato�)�non�e�appli- cabile�nel�caso�in�cui,�sulla�base�degli�atti�depositati�dall'Amministrazione�e�degli�elementi� di�diversa�natura�acquisiti�in�giudizio,�non�possa�ritenersi�raggiunta�la�prova�richiesta�dalla� disposizione�stessa�e�le�soluzioni�prospettate�in�giudizio�dal�privato�non�siano�state�mai�con- cretamente�esaminate�dall'Amministrazione�(TAR�Sardegna,�II,�25�marzo�2005�n.�483).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Funzione pubblica e giurisdizione (*) di Ignazio Francesco Caramazza 1. Notazioni introduttive Credo�che�di�rado�una�sentenza�della�Corte�Costituzionale�sia�stata� tanto�lungamente�attesa(1)�e�tanto�largamente�criticata�quanto�la�n.�204�del� 6�luglio�2004�che,�come�e�noto,�ha�posto�precisi�limiti�alla�discrezionalita� del�legislatore�ordinario�nell'individuazione�delle�materie�da�devolvere�alla� giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo.� Tali�materie�^ha�precisato�il�giudice�delle�leggi�^sono�solo�quelle�in�cui� il�giudice�amministrativo�avrebbe�in�ogni�caso�giurisdizione�generale�di�legit- timita�perche�nel�loro�ambito�opera�autoritativamente.� Tale�arresto�e�stato�visto�come�un�brusco�ed�inatteso�colpo�di�freno�ad� una�tendenza�legislativa,�avallata�da�gran�parte�della�dottrina�e�della�giuri- sprudenza�amministrativa,�volta�spostare�il�discrimine�fra�giurisdizione�ordi- naria�e�giurisdizione�amministrativa�dalle�situazioni�tutelate�secondo�la�tradi- zionale�dicotomia�diritto^interesse�ai��blocchi�di�materie�.� E�stata�vista,�inoltre,�come�un�ritorno�all'antico�discrimine�fra�attivita� iure imperii ed�attivita�iure privatorum del�tutto�anacronistico�in�un�momento� storico�in�cui�la�funzione�pubblica�appare�indirizzata�ad�una�sempre�piu�fre- quente�adozione�di�moduli�privatistici.� Indubbiamente�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione�esclusiva�nella� seconda�meta�del�secolo�scorso�era�stata�imponente�(e�troppo�nota�perche�si� debba�ricorrere�ad�elencazioni)�ed�andava�prendendo�piede�la�convinzione� di�una�piena�discrezionalita�del�legislatore�ordinario�nella�individuazione� delle�materie�da�devolvere�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministra- tivo�(2).� Convinzione�indotta�anche�da�alcuni�pronunciati�della�stessa�Corte� Costituzionale�(3).� Altrettanto�indubbia,�appare�la�constatazione�che�ove�fosse�esatto�il� convincimento�che�il�pronunciato�della�Corte�sottrae�alla�giurisdizione�del� giudice�amministrativo�tutte�le�attivita�dell'Amministrazione�governate�dal� diritto�privato,�viste�le�attuali�linee�evolutive�delle�funzioni�pubbliche,�si�pro- (*)�Tratto�da�una�relazione�presentata�al�2.�convegno�nazionale�su��Lafunzione ammini- strativa�,�tenuto�a�Sperlonga�il�21-22�ottobre�2005�ad�iniziativa�del�TAR�Lazio,�sezione�di� Latina�e�dell'Ordine�degli�Avvocati�della�provincia�di�Latina.� (1)�V. CarbonE (in�``Il Waltzer delle giurisdizioni''�rigira eritornaafine Ottocento,in�Cor- riere giuridico n.�9/2004)�enumera�ben�nove�interlocuzioni�soprassessorie�della�Corte�rese� attraverso�ordinanze�di�inammissibilita�e�di�restituzione�degli�atti�per�sopravvenuta�normativa.� Sintomatiche,�fra�tutte�le�ordinanze�di�inammissibilita�della�Corte�Cost.�n.�122�e�123�del� 16�aprile�2002.� (2)�Vedasi�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ordinanza�30�marzo�2000�n.�1.� (3)�Corte�Cost.,�Ord.�439/2002.�Per�una�compiuta�indicazione�di�dottrina�a�giurispru- denza�in�materia�vedasi�M.�Clarich,�La Tribunalizzazione del giudice amministrativo evitata, in Giornale di Diritto amministrativo n.�9/2004.� DOTTRINA�281 spetterebbe�un�progressivo�insterilimento�della�giurisdizione�amministrativa,� attesa�l'eclisse�dell'amministrazione�di�stampo�provvedimentale�e�la��fuga� verso�il�privato��delle�pubbliche�amministrazioni�(4).� Credo,�pero�,�^con�cio�anticipando�le�conclusioni�a�cui�mi�riprometto�di� giungere�^che�una�attenta�lettura�della�sentenza�possa�portare�alla�conclu- sione�che�i�limiti�della�discrezionalita�del�legislatore�da�essa�imposti�non�sono� cosi�draconiani�come�si�vorrebbe�da�taluni�critici,�lasciando�invece�essi�ampio� spazio�alla�conoscibilita�di�attivita�di�diritto�privato�della�pubblica�Ammini- strazione�da�parte�del�giudice�amministrativo.� Mi�sembra,�anzi,�addirittura,�che�la�sentenza�conferisca�copertura�costi- tuzionale�piena�ad�una�giurisdizione�amministrativa�che�vede�dilatarsi�lepro- prie�frontiere�in�maniera�impensabile�solo�pochi�anni�addietro.�Mi�sembra,� ancora,�che�si�sia�trascurata�dai�commentatori�l'importanza�che�ha�la�sen- tenza�sotto�altro�profilo:�quello�sistematico.� In�essa�vengono,�infatti,�enunciati�^o�affermati�per�implicito�^in�un� quadro�di�ricostruzione�sistematica�per�la�prima�volta�tracciato�quali�sono�i� principi�costituzionali�che�reggono�la�giustizia�amministrativa.� Principi�fino�ad�oggi�piuttosto�nebulosi,�attesa�la�diversa�^talvolta�anti- tetica�^possibile�lettura�di�molte�norme�della�nostra�Costituzione.� 2.�La�sentenza�204/2004�della�Corte�Costituzionale:� a)l'approcciostoricoeladefinitivarisoluzionedialcuneambiguita�delCostituente� La�sentenza�in�esame�affronta�anzitutto�una�approfondita�ricostruzione� storica�del�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa,�a�partire�dalla�fonda- mentale�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo�(i�cui�principi�fonda- mentali�furono�oggetto�di��indispensabile�riassorbimento��nella�Costitu- zione)�integrata,�poi,�dalla�legge�istitutiva�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di� Stato�nel�1889.�Legge,�questa�seconda,�resa�necessaria��dal�modo��^assai� restrittivo�(n.d.r.)�^�in�cui�era�stata�intesa��dalla�giurisprudenza�la�legge� del�1865.� Il�diritto�vivente�nato�da�quella�normativa�aveva�individuato�il�discri- mine�fra�giurisdizione�ordinaria�ed�amministrativa�nella�situazione�tutelata� e�piu�precisamente�nella�dicotomia�diritto�soggettivo-interesse�legittimo�e�la� Costituzione�repubblicana�recep|�tale�criterio�discretivo�legificando�per�la� prima�volta�^ed�anzi�costituzionalizzando�^l'interesse�legittimo�come�situa- zione�giuridica�soggettiva�sostanziale,�cos|�attribuendogli�una��durezza�costi- tuzionale��nuova�(5).� La�Costituzione�recep|�anche,�in�qualche�modo,�le�due�linee�pur�conflig- genti�di�Calamandrei�e�di�Mortati,�fondate,�l'una,�sul�mito�ricorrente�dell'u- (4)�S. Giacchetti,�Giurisdizione�Amministrativa�e�legge�15/2005:�verso�la�riscoperta�del- l'unitarieta�dell'interesse�pubblico�ovvero�una�riserva�indiana?�in�Il�Consiglio�di�Stato,�2005,� 377.� (5)�F. Lorenzoni,�Commento�a�prima�lettura�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale� n.�204�del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nita�della�giurisdizione�(che�aveva�ispirato�tanto�la�riforma�del�1865�quanto� la�legge�del�1889)�basata,�l'altra,�sulla�necessita�della�conservazione�della�giu- risdizione�del�Consiglio�di�Stato.� Come�e�noto,�durante�i�lavori�preparatori�della�Costituente,�nella�Com- missione�dei�75�e,�poi,�in�sede�plenaria�prevalse,�infatti,�la�tesi�della�conserva- zione�delle�giurisdizioni�c.d.��storiche��(vedasi�l'art.�103),�anche�se�nel�testo� della�Carta�fondamentale�compare�(nell'art.�102)�una�implicita�enunciazione� di�unicita�che�costituisce�quasi�la�proclamazione�di�un��valore�fine��(6)�da� assumersi�come�meta�tendenziale�e�futuribile�e�che�sembra�rappresentare�solo� un�omaggio�a�quel�mito�ricorrente.� Nella�ricostruzione�storica�di�queste�due�matrici�la�Corte�sottolinea�la� loro�ambiguita�di�fondo�(nascente�dalla�contrapposizione�fra�momento�sta- tico�del�principio�posto�dalla�legge�e�momento�dinamico�del�suo�fraintendi- mento�ad�opera�dell'interprete)�ma�non�puo�esimersi�dal�riconoscimento�del� dato�formale�dell'interesse�legittimo�come�oggetto�naturale�del�giudizio� amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita�per�la�tutela� della�giustizia�nell'amministrazione.� L'ambiguita�di�fondo�di�cui�ora�si�e�detto,�non�connotava�d'altronde�sol- tanto�il�non�riuscito�tentativo�del�Costituente�di�conciliare�sincreticamente� le�tesi�di�Mortati�e�Calamandrei,�ma�lo�stesso�impianto�del�nostro�sistema� di�giustizia�amministrativa,�nato�da�una�singolare�concatenazione�di�eteroge- nesi�(7)�il�cui�precipitato�storico�fu�l'interesse�legittimo,��figura�nata�per�dare� un�fondamento�sostanzialistico�al�criterio�di�riparto�fra�le�giurisdizioni��(8)� ma�rimasta�pur�sempre�la��informe�creatura��delle�origini:��oggetto�miste- rioso��dalla�incerta�natura,�considerato�come�situazione�sostanziale�fino�alle� soglie�del�processo,�al�cui�accesso�legittimava,�per�perdere�poi�in�esso�tale� connotato�in�quanto�la�natura�cassatoria�della�pronuncia�non�riconosceva� alcun�bene�della�vita,�limitandosi�ad�annullare�^o�non�annullare�^un�atto� amministrativo.� Orbene,�fu�proprio�tale�sistema�di�giustizia�amministrativa�ad�essere� costituzionalizzato�dalla�Carta�repubblicana�del�1947,�che�lo�recep|�in�modo� quasi�notarile,�con�tutte�le�sue�originalita�,�ambiguita�e�contraddizioni:�basti� pensare�a�quella�che�vede�contrapporre,�da�un�lato,�la�qualificazione�dell'in- teresse�legittimo�come�posizione�soggettiva�sostanziale�(art.�24);�dall'altro�la� qualificazione�del�giudizio�amministrativo�come�giudizio�sull'atto�e�quindi� come�giudizio�cassatorio,�inidoneo�a�garantire�il�riconoscimento�di�un�bene� della�vita�(art.�113).� Altra�contraddizione�e�quella�che�vede,�da�un�lato,�equiordinare�l'inte- resse�legittimo�al�diritto�soggettivo�ai�fini�della�tutela�in�giudizio�(art.�24)�e� (6)�G. Silvestri,�Unita�della�giurisdizione,�in�Scritti�in�onore�di�Massimo�Severo�Gian- nini,�Giuffre�,�Milano,�1988,�III,�718.� (7)�I.�F. Caramazza,�Da�una�Amministrazione�senza�giudice�verso�una�giustizia�senza� amministrazione?�in�Il�Diritto�della�Regione�Veneto,�1997,�133�e�ss.� (8)�V.�Caianiello, Relazione�di�sintesi�al�43.�convegno�di�Studi�di�scienza�dell'Ammini- strazione,Giuffre�,�Milano�1998,�322.� DOTTRINA�283 vede,�dall'altro,�negare�ad�esso�tutela�risarcitoria�(art.�28)�(9).�Tutela,�d'al- tronde,�incongruente�con�la�natura�meramente�cassatoria�del�giudizio�ammi- nistrativo�(art.�113�Cost.).�Una�ulteriore�ambivalenza�riguarda,�poi,�la�giuri- sdizione�esclusiva�regolata�dall'art.�103,�la�cui�lettura,�in�combinato�disposto� con�l'art.�113,�puo�alternativamente�fare�intendere�come�giurisdizione��di� eccezione��ovvero�come�giurisdizione�il�cui�ambito�e�rimesso�alla�discrezio- nalita�del�legislatore,�attesa�la�sostanziale�equivalenza�della�tutela�giurisdizio- nale�offerta�da�giudice�ordinario�e�giudice�amministrativo�(10).� Il�sistema�di�giustizia�amministrativa�quale�vivente�alla�meta�del�secolo� scorso�(e�tale�sostanzialmente�rimasto�fino�alla�fine�del�millennio)�avevaope- rato,�nel�quadro�delle�alternative�di�cui�sopra,�le�scelte�piu�conservatrici�e� contemplava,�quindi,�un�giudice�amministrativo�eretto�in�giudice�naturale�di� un�interesse�legittimo�concepito�come�posizione�sostanziale�insuscettibile�di� tutela�risarcitoria;�cio�in�virtu�di�una�incompatibilita�tanto�marcata�da�tra- smettersi�anche�al�suo�giudice�naturale,�cui�e�stato�sempre�negato,�fino�al� 1997,�il�potere�di�somministrare�tale�tutela�anche�quando,�in�via�eccezionale,� conosceva�di�diritti�soggettivi.� La�rivoluzione�di�fine�millennio�ha�completamente�capovolto�l'opzione� affermando�la�risarcibilita�dell'interesse�legittimo,�la�competenza�del�giudice� amministrativo�a�somministrare�tutela�risarcitoria�anche�per�lesione�di�inte- ressi�legittimi�e�la�tendenziale�illimitatezza�della�giurisdizione�esclusiva�con� conseguente�eclisse�dell'interesse�legittimo�(di�cui�difatti�era�vaticinata�la� morte)�(11).� Il�giudice�delle�leggi,�chiamato�a�ricondurre�a�sistema,�nel�quadro�for- male�della�Carta�repubblicana,�un�tale�diritto�vivente�nato�dall'accavallarsi� di�sentenze�e�di�leggi�frettolosamente�varate,�ha�risolto�una�volta�per�tutte� le�ambiguita�del�Costituente�avallando�o�sconfessando�le�innovazioni�legisla- tive�introdotte�ed�operando�quindi�una�definitiva�opzione�in�ciascuna�delle� quattro�alternative�sopra�delineate.� Per�due�di�esse,�per�la�verita�,�l'opzione�era�tanto�facile�e�scontata�da�essere� stata�effettuata�addirittura�per�implicito.�La�prevalenza�degli�art.�3�e�24�della� Costituzione�sugli�artt.�28�e�113�con�conseguente�affermazione�della�risarcibi- lita�dei�danni�da�lesione�dell'interesse�legittimo�e�l'attribuzione�al�giudice�ammi- nistrativo�della�tutela�risarcitoria�erano�gia�da�troppo�tempo�attese.� Molto�meno�facile�e�scontata�l'opzione�per�le�altre�due�ambiguita�,�rela- tive,�l'una,�ai�limiti�di�dilatabilita�dell'area�di�giurisdizione�esclusiva,�l'altra� alla�commissione�al�giudice�amministrativo�del�potere�di�somministrare� tutela�risarcitoria�in�caso�di�lesione�degli�interessi�legittimi.� (9)�Per�una�ampia�rassegna�della�dottrina�e�giurisprudenza�che�vedeva�nell'art.�28�Costi- tuzione�il�fondamento�costituzionale�della�irrisarcibilita�dell'interesse�legittimo�vedasi�D.� Foligno, Lapretesaresponsabilita� dellaP.A. perlesionidiinteressilegittimi, in�Atti del Con- vegno nazionalesull'ammissibilita� delrisarcimento deldannopatrimonialederivantedalesioni di interessi legittimi, Napoli�27-29�ottobre�1963,�Giuffre�,Milano,pagg.�110�ess.� (10)�Corte�Cost.,�sent.�62/1996.�Adde giurisprudenza�citata�da�M. Clarich,�op. loc. cit.� (11)�F.�Ledda, Agonia e morte ingloriosa dell'interesse legittimo, in�Foro Amm.1999,11,� 2713.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Entrambi�tali�problemi�sono�stati�risolti�dalla�Corte�con�il�ricorso�al�piu� classico�degli�istituti.� Con�la�riconferma,�cioe�,�della�centralita�dell'interesse�legittimo�come� oggetto�naturale�del�giudizio�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale� di�legittimita�per�la�tutela�della�giustizia�nell'Amministrazione.� Dal�che�discende�che�poiche�la�giurisdizione�esclusiva�consente�al�giu- dice�amministrativo�di�tutelare,�oltre�che�gli�interessi�legittimi��anche...�diritti� soggettivi��ma�solo��in�particolari�materie�indicate�dalla�legge��ebbene�tale� giurisdizione�non�potra�essere�legittimamente�estesa�a�qualsivoglia�materia� ma�solo�a�materia�che�formi�oggetto�primo�della�giurisdizione�generale�di� legittimita�.� 3.�segue:�b)�lessico�e�statuizioni�^Risoluzione�della�terza�ambiguita�.� �Surdespensersnouveaux,faisons�des�vers�antiques�:�la�chiave�della�poe- tica�di�Andrea�Chenier�torna�alla�mente�leggendo�la�sentenza�della�Corte,� che�ha�affrontato�il�nido�di�rovi�di�un�problema�di�costituzionalita�intersecato� dalle�mille�complesse�sfaccettature�di�un�sistema�giuridico�deistituzionaliz- zato.�La�Corte�ha�ricomposto�il�puzzle�con�un�linguaggio�antico�e�rassicu- rante,�fatto�di�proposizioni�che�sono�poche,�brevi�e�chiare.�Quelle�proposi- zioni,�per�intenderci,�che�avevano�usato�i�padri�fondatori,�basate�su�lineari� contrapposizioni:�attivita�iure�imperii�^attivita�iure�gestionis;�diritto� soggettivo-interesse�legittimo.� Il�che�non�pare�si�risolva,�come�pure�autorevolmente�e�stato�detto�(12),� nella�pretermissione�di�concetti�necessari�per�l'equilibrio�del�sillogisma�giudi- ziale,�quanto�piuttosto�in�un�recupero�di�quelle�essenziali�caratteristiche�che� devono�avere�cos|�i�precetti�di�legge�come�i�pronunciati�del�giudice�delle� leggi,�nella�sua�funzione�di�legislatore�negativo.� Essenziali�caratteristiche�^purtroppo�spesso�dimenticate�^che�sono�la� generalita�e�l'astrattezza�cos|�del�precetto�normativo�del�legislatore�come�p er�speculare�riflesso�^del�pronunciato�caducatorio�del�legislatore�negativo,� e�quindi�delle�premesse�e�delle�conclusioni�del�suo�sillogisma.� Le�proposizioni�generali�ed�astratte,�soprattutto�se��poche,�brevi�e� chiare�,�come�ammoniva�Campanella�ne��La�citta�del�sole�,�sono�d'altronde� prezioso�ed�insostituibile�aiuto�all'interprete�per�la�risoluzione�di�ogni�caso� concreto,�mentre�le�farraginose�e�pletoriche�previsioni�diluite�in�lunghi�elen- chi�lasciano�inevitabilmente,�nelle�loro�pieghe,�vuoti�incolmabili�e�contraddi- zioni�irrisolubili.� Si�da�il�caso,�d'altronde,�che,�a�ben�guardare,�con�le�sue�locuzioni�di� sapore�antico�la�Corte�abbia�saputo�comporre�a�sistema�conforme�a�Costitu- zione�un�assetto�della�giustizia�amministrativa�italiana�assolutamente�nuovo� ed�assolutamente�allineato�(o�allineabile)�^quanto�meno�quoad�substantiam� ^ai�sistemi�monistici�dell'Europa�continentale�ed�agli�standard�dell'Unione� Europea.� (12)�S.�Giacchetti,�Giurisdizione�esclusiva,�Corte�Costituzionale�e�nodi�di�Gordio�in� www.giurisprudenza.it/documenti/I.�.�.giacchetti.ht.� DOTTRINA�285 Con�i�suoi��versi�antichi��la�Corte�ha�quindi�espresso�veramente�dei� �pensieri�nuovi�.� Si�e��gia��accennato�all'inizio�della�relazione�come,�ad�avviso�della�Corte,� il�Costituente�non�abbia�lasciato�al�legislatore�ordinario�piena�discrezionalita�� nell'individuare�le�materie�da�attribuire�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu- dice�amministrativo�in�quanto�tali�materie�debbono�essere�scelte�fra�quelle� in�cui�detto�giudice�esercita�giurisdizione�generale�di�legittimita�.�Cioe��materie� in�cui�l'Amministrazione�pubblica�opera�autoritativamente.� L'affermazione�richiama�terminologicamente�(e�non�a�caso)�i�dibattiti� che�dettero�vita�al�giudice�amministrativo�e�non�sembra�meritare�le�critiche� di�illogicita��che�le�sono�state�rivolte.�Si�e��osservato,�infatti,�da�parte�di�alcuni� commentatori,�che�laddove�vi�e��esercizio�di�autorita��vi�sarebbero�esclusiva- mente�situazioni�di�interesse�legittimo�(13),�con�conseguente�inutilita��della� previsione�di�una�giurisdizione�esclusiva.� Sembra�agevole�replicare�che�vi�sono�materie�in�cui�l'Amministrazione� opera�sia�autoritativamente�che�pariteticamente�con�conseguente�compre- senza�di�diritti�e�di�interessi,��figure�che�popolano�entrambe�il�territorio�di� quella�materia��anche�se�non�legate�in�quel�famoso��nodo�gordiano��che,�se� figura�nei�lavori�dell'Assemblea�costituente,�non�figuro��mai�nei�lavori�prepa- ratori�del�R.D.�n.�2840�del�1923�(14).� Non�sono�quindi�sufficienti�^secondo�la�Corte�^ne��un�generico�inte- resse�pubblico�ne��,�tanto�meno,�la�partecipazione�dell'Amministrazione�al�giu- dizio�per�legittimare�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�che�e��giudice� naturale�della�pubblica�funzione�autoritativamente�esercitata.� La��clausola�generale��cos|��enunciata�non�e��certo�caratterizzata�da�un� alto�tasso�di�specificita��e�qualche�dubbio�puo��sorgere�per�tutte�le�zone�grigie� fra�autoritativo�e�paritetico�che�sono�molte�piu��di�quante�non�conoscesse�fino� a�non�molto�tempo�fa�la�nostra�giuspubblicistica�tradizionale�e�che�vanno,� esemplificativamente�e�non�esaustivamente,�dall'attivita��degli�enti�privati�di� interesse�pubblico�(quale�la�C.R.I.),�a�quella�delle�societa��per�azioni�con�per- sonalita��giuridica�di�diritto�pubblico�(quali�la�AGE�Control)�o�a�prevalente� partecipazione�statale,�a�quella�del�privato�concessionario�di�opere�pubbli- che(15).�Casi�cui�vanno�aggiunte�tutte�le�ipotesi�di�perseguimento�di�finalita�� pubbliche�con�attivita��di�diritto�privato�da�parte�della�pubblica�Amministra- zione.�Spettera��naturalmente�al�legislatore,�all'interprete�ed�in�definitiva�alla� Corte�apprezzare�di�volta�in�volta�le�situazioni,�senza�dimenticare�le�valuta- zioni�di�tipo�sostanzialistico�che�sembrano�aver�fatto�una�volta�per�tutte� tanto�il�legislatore�comunitario�(per�quanto�riguarda�gli��organismi�di�diritto� (13)�Per�tutti�A. Police,�Lagiurisdizionedelgiudiceamministrativo�e�pienamanon�e�piu� esclusiva,�in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.� (14)�A.�Romano,�Il�quadro�normativo�della�giurisdizione�esclusiva�sino�all'avvento�della� Costituzione,�in�Atti�del�XLIX�Convegno�di�studi�di�scienza�dell'Amministrazione,�Giuffre�,� Milano,�2004,�42�ss.;�A.�Police,�op.�loc.�cit.� (15)�Giacchetti,�op.�ult.�cit.;�A.�Pajno,�Giurisdizione�esclusiva�ed��arbitrato�costituzio- nale,�in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� pubblico�)�quanto�il�legislatore�nazionale,�con�l'art.�6�della�legge�205/2000,� non�toccato�dalla�Corte(16),�quanto�Cassazione�e�Consiglio�di�Stato(17)� quanto,�infine,�la�stessa�Corte�Costituzionale,�in�precedenti�sentenze(18)�e� addirittura�nella�stessa�sentenza�in�esame,�nella�quale�si�afferma�che�il�pub- blico�potere�autoritativo�puo�essere�esercitato�anche��mediatamente�e�cioe� avvalendosi�della�facolta�di�adottare�strumenti�intrinsecamente�privatistici� (par.�3.4.3)��e�si�fa�espresso�richiamo�all'art.�11�della�legge�241/1990�ed�ai� suoi�accordi�sostitutivi.�Sembrano�condividere�tale�interpretazione�tanto�le� piu�recenti�decisioni�del�Consiglio�di�Stato�(19)�quanto�il�legislatore,�che�nel� dare�ulteriore�impulso�alla��privatizzazione��della�pubblica�Amministrazione� con�la�legge�26�gennaio�2005�n.�15�ed�il�decreto�legge�14�marzo�2005�n.�35� convertito�in�legge�14�maggio�2005�n.�80�ha�introdotto�nuove�e�corpose�ipo- tesi�di�giurisdizione�esclusiva�(artt.�19,�5�comma,�21�quinquies,21�septies,25� comma�5�della�legge�241/1990�nel�suo�testo�novellato)�incompatibili�con� una�lettura��restrittiva��della�sentenza�della�Corte.�Una�sentenza�che�non� intende�affatto�escludere�in�assoluto�dalla�giurisdizione�esclusiva�l'attivita� iure privatorum dell'Amministrazione,�come�molti�commentatori�sembrano� ritenere,�ma�solo�quella�esercitata�in�materie�in�cui�non�sia�compresente�una� attivita�autoritativa�anche�solo�potenziale�della�Pubblica�Amministrazione.� Tutto�cio�e�,�d'altronde,�congruente�con�la�tradizione�formatasi�in�Italia� negli�ultimi�15�anni�in�materia�di�privatizzazioni.�Una�tradizione�che�ha�visto� accompagnarsi�a�tutte�le�privatizzazioni,�indifferentemente�riguardanti�i�sog- getti,�i�rapporti,�le�proprieta�o�l'attivita�,�il�permanere�della�giurisdizione�in� capo�al�giudice�amministrativo�in�nome�del�principio�sostanzialistico�della� omogeneita�di�tutti�gli�strumenti�finalizzati�al�perseguimento�del�pubblico� interesse�(20).� D'altronde�la�vicenda�delle�privatizzazioni�in�Italia�non�e�mai�stata�un� ritrarsi�della�funzione�amministrativa,�ma�solo�una�diversa�modalita�del�suo� esercizio.� La�storia�inizia,�come�e�noto,�con�il�crollo�del�muro�di�Berlino.�La�suc- cessiva�crisi�a�livello�planetario�del�collettivismo�come�filosofia�politico-eco- nomica�e�la�dissoluzione�dell'impero�che�ne�rappresentava�l'inveramento,il� rafforzarsi,�a�livello�continentale,�delle�strutture�europeistiche�e�dei�valori� della�concorrenza�e�del�mercato�con�esse�coessenziali,�la�presa�di�coscienza,� a�livello�nazionale�e�grazie�all'incisivo�intervento�della�magistratura,�delle� distorsioni�causate�dal�malaffare�e�dal�malcostume�politico�allignati�soprat- tutto�nella�gestione�pubblica�dell'economia,�innescarono�una�improvvisa� �corsa�verso�il�privato��volta�a�raggiungere�la�meta�ultima�di�quello�che�e� stato�definitivo,�con�suggestiva�immagine,�lo��Stato�minimo�,�da�realizzarsi� con�una�serie�di��privatizzazioni�.� (16)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�16�maggio^5�settembre�2005�n.�6.� (17)�Cass.�SS.UU.�29�dicembre�1990�n.�12221;�ord.�22�dicembre�2003�n.�19667;�Cons.� Stato,�Ad�Plen.,�22�aprile�1999�n.�4�.� (18)�Sentenza�28�dicembre�1993�n.�466,�in�Giur. cost.�1993,�3829.� (19)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�20�giugno�2005�n.�5.� (20)�I.�F.�Caramazza, Da una amministrazione senza giudice ecc..., cit.,150�e�ss;� S.�Giacchetti,�Giurisdizione amministrativa e legge 15/2005, cit.,�384�e�385.� DOTTRINA�287 Un�primo�tipo�di�privatizzazioni�riguardo��i�soggetti:�i�grandi�enti�pub- blici�economici,�quali�IRI,�INA,�ENI,�ENEL�furono�trasformati�in�societa�� per�azioni�ad�azionariato�pubblico,�destinato�in�prospettiva�a�trasformarsi� in�azionariato�popolare�diffuso.� Il�secondo�tipo�di�privatizzazione�riguardo��e�riguarda,�poi,�le�attivita��,� secondo�tre�tipi�possibili�di�moduli.� Il�primo,�e�piu��pervasivo,�e��quello�del�generale�principio�di�preferenziale� utilizzazione�del�modulo�privatistico�da�parte�dell'Amministrazione.�E�il� modulo�che�sembra�prescritto�dall'art.�1,�comma�1�bis,�della�legge�sul�proce- dimento�novellata�dalla�legge�15/2005�con�norma,�per�vero,�alquanto�oscura� nella�sua�portata�precettiva�e�che�sembra�tuttavia,�seppur�confusamente,� esprimere�il�principio�sopra�enunciato.� Il�secondo�modulo�e��quello�della�amministrazione�partecipata�e�concer- tata�di�cui�all'art.�11�della�legge�sul�procedimento.� Il�terzo�modulo�e��quello�dell'Amministrazione�delegata,�cui�molte�volte� si�e��dovuto�e�si�deve�oggi�fare�ricorso�a�seguito�del�declino�della�burocrazia� italiana(21)�e�soprattutto�della�crisi�dei�corpi�tecnici�dello�Stato(22).�Il�conse- guente�difetto�di�capacita��professionali�ha�infatti�causato,�soprattutto�nel� delicatissimo�e�vitale�settore�dei�lavori�pubblici,�il�ricorso�sempre�piu��fre- quente�allo�strumento�della�concessione�^usata�ed�abusata�in�tutte�le�sue� molteplici�possibili�varianti,�quali�concessione�di�sola�costruzione,�di�costru- zione�e�progettazione,�di�general contractor, di�servizi,�di�committenza�-con� conseguente�frequente�trasferimento�al�privato�di�funzioni�pubbliche,�neces- sarie�per�la�realizzazione�dell'opera,�risolventesi�anch'esso�in�una�forma�sui generis di�privatizzazione.� Non�credo,�invece,�che�rientri�nel�genus �privatizzazioni��sub specie di� trasferimento�di�rapporti�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di�pub- blico�impiego.� In�realta��ne�la�sostituzione�dello�strumento�privatistico�a�quello�pubbli- cistico�quale�fonte�regolatrice�del�rapporto,�ne�la�devoluzione�della�cogni- zione�dei�diritti�che�ne�discendono�al�g.o.�invece�che�al�g.a.�in�sede�di�giurisdi- zione�esclusiva,�valgono�a�trasformare�in�rapporto�di�impiego�privato�quello� che�continua�ad�essere�un�rapporto�di�impiego�pubblico�(23).� Probabilmente�il�legislatore�e��stato�indotto�in�errore�dalla�moda�della� generalizzata��corsa�al�privato��del�momento�e�dalla�urgenza�incombente� che�negli�ultimi�anni�sembra�caratterizzare�l'attivita��legislativa�ed�ha�ecceduto� nei�mezzi�rispetto�al�fine.�Un�fine�che�se�era�quello�di�equiparare�nella�con- trattazione�i�dipendenti�pubblici�a�quelli�privati�ben�poteva�essere�raggiunto� senza�proclamare�inesistenti�privatizzazioni�e�senza�intaccare�un�sistema�di� riparto�di�giurisdizioni�funzionale�a�quella�compresenza�di�pubblico�e�di�pri- (21)�G.�Capaldo,�Interessi pubblici e coordinamento legislativo e riflessioni in margine al tema dei reati contro la p.a., in�Corruzione e sistema istituzionale a�cura�di�M.�D'Alberti�e� Renato�Finocchi,�Bologna,�1994,�94.� (22)�E.�Gustapane,�La crisi dei corpi tecnici dello Stato, op. cit., 213�e�ss.� (23)�Cass.,�SS.UU.�28�aprile�1993�n.�4996.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� vato�che�caratterizzava�il�rapporto�di�pubblico�impiego�normativamente� regolato�e�che�continuera�a�caratterizzare�anche�quello�contrattualmente� disciplinato,�come�dimostra�il�permanere�della�giurisdizione�del�giudice� amministrativo�per�tutta�una�serie�di�questioni.� Orbene,�rimane�da�chiedersi,�di�fronte�alle�privatizzazioni�sopra�ricor- date,�come�si�sia�atteggiato�il�riparto�di�giurisdizioni.� La�linea�di�tendenza�emersa�^non�senza�qualche�discontinuita�^dalla� giurisprudenza�civile,�penale,�amministrativa�e�contabile�(24)�e�stata�quella� sostanzialistica�della�natura�dell'interesse�e�delle�finalita�perseguite.�Come� ha�ben�sintetizzato�nel�discorso�pronunciato�all'inizio�del�2005�in�occasione� dell'inaugurazione�dell'anno�giudiziario�il�Procuratore�Generale�della�Corte� dei�Conti,�la�finalita�pubblica�perseguita�e�caratteristica�pervasiva�e�rende,� quindi,�irrilevante�l'eventuale�utilizzazione�di�strumenti�privatistici.� Ma�v'e�di�piu�.�Il�fine�ultimo�perseguito�attraverso�la�corsa�allo��Stato� minimo��e�quello�di�una�economia�regolata�dalle�leggi�del�mercato�e�della� concorrenza�invece�che�dallo�Stato�attraverso�il�potere�di�indirizzo�e�di� gestione�diretta.�Il�che�comporta�pero�che�alla�privatizzazione�sostanziale�si� accompagni�la�liberalizzazione,�che�la�privatizzazione�relativa�alle�imprese� erogatrici�di�servizi�pubblici�e�di�pubbliche�utilita�,�sia�subordinata�a�partico- lari�cautele,�prima�fra�tutte�la�creazione�di�organismi�indipendenti�per�la� regolazione�delle�tariffe�ed�il�controllo�della�qualita�dei�servizi�(25),�che� infine,�venga�istituito�un�sistema�generale�di�controllo�del�mercato�e�della� concorrenza,�a�tutela�anche�dei�consumatori,�o�addirittura�che�venga�impo- sto�autoritativamente�un��mercato�simulato��per�garantire�l'esistenza�diun� sistema�concorrenziale�dove�concorrenza�non�c'e�.� Come�gia�osservava,�infatti,�un�liberista�della�statura�di�Luigi�Einaudi� �un�mercato�e�innanzitutto�caratterizzato�dai�carabinieri�che�ne�fanno�rispet- tare�le�regole��(26).� L'interesse�pubblico�sotteso�all'economia,�dunque,�che�una�volta�trovava� la�sua�soddisfazione�attraverso�l'indirizzo�e�l'intervento�diretto�si�e�ritratto� dall'uno�e�dall'altro,�e�tende�pero�adesso�a�realizzarsi�attraverso�una�funzione� di�regolazione,�a�garanzia�della�corretta�osservanza�delle�regola�della�concor- renza�e�del�mercato�(27),�con�conseguente�fioritura�di�una�istituzione�pub- blica�finora�ignota�al�nostro�ordinamento:�le�Autorita�indipendenti,�che�rap- presentano�dunque�le�legittime�eredi�del�carabiniere�ottocentesco�nel�nuovo� Stato�neo-liberista.� (24)�Vedansi,�per�tutte,�Cass.�SS.UU.�29�dicembre�1990�n.�12221;�Cass.�SS.UU.�6�maggio� 1993�n.�4889�e�27�marzo�1997�n.�2738;�Cass.�pen.�sez.�feriale�19�agosto�1993,�Pancheri�in� Giust. pen., 1994,�II,�1;�Corte�d'Appello�di�Roma�27�aprile�1994�in�Foro it., 1994,�II,�605;� Cons.�Stato,�V,�21�ottobre�1991�n.�1250;�Id. VI,�20�maggio�1995�n.�498�in�Dir. proc. amm.vo, 1996,�147,�con�nota�critica�di�A.�Police;�Corte�costituzionale�28�dicembre�1993�n.�466;�Cons.� Stato,�V,�27�dicembre�1996�n.�1577.� (25)�Vedasi�in�particolare�legge�14�novembre�1995�n.�481.� (26)�F.�Bonelli,�Leprivatizzazioni delle impresepubbliche, Milano,1966,1.� (27)�N.�Irti,�Il diritto della transizione, in�Riv. It. dir. prov.,�1997,11�e�ss.� DOTTRINA 289 Orbene, tali Autorita� , anche se investite di funzioni pubbliche neutrali da �magistrature economiche�, non possono essere considerate nel nostro ordinamento altro che Autorita� amministrative, in quanto tali assoggettate, secondo le regole generali, al sindacato naturale del giudice amministrativo, come d'altronde previsto con poche eccezioni. Attraverso il sindacato degli atti delle Autorita� indipendenti, il giudice amministrativo resta dunque il giudice dell'interesse pubblico nell'economia anche nella sua nuova epifania regolatrice. In tale linea evolutiva, che ha sempre visto nel giudice amministrativo il giudice naturale della funzione pubblica a prescindere dalle modalita� del suo esercizio, mi sembra collocarsi perfettamente la sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale che, non che sancire una mai affermata incompatibilita� della attivita� iure privatorum dell'Amministrazione con la giurisdizione esclu- siva, ha invece affermato il ben diverso principio della idoneita� ad essere attratte nell'area della giurisdizione esclusiva delle sole materie naturaliter appartenenti a quella generale di legittimita� per la fisiologica compresenza in esse di un potere autoritativo della pubblica Amministrazione. Dalla piana enunciazione della regola come sopra descritta dalla Corte discende la declaratoria di illegittimita� della indiscriminata estensione della giurisdizione alla materia dei servizi pubblici. Estensione caratterizzata da tre connotazioni che la Corte sembra (e forse non a torto) aver considerato quasi provocatorie e cioe� la non chiara delimitazione dei confini della mate- ria denominata �pubblici servizi� (forse ha giocato in proposito anche la sin- golare dilatazione di tali confini oltralpe); la sua individuazione attraverso un non meglio identificato pubblico interesse di settore; infine la elencazione ^solo esemplificativa! ^di controversie a carattere tipicamente ed esclusiva- mente privatistico. La successiva statuizione caducatoria contenuta nella sentenza e conse- guente ai principi enunciati ha per oggetto i �comportamenti� dell'Ammini- strazione in materia urbanistica ed edilizia, in quanto i comportamenti, per definizione, non costituiscono esercizio, nemmeno mediato, di pubblico potere. Tale statuizione riguarda, all'evidenza, i meri comportamenti del tipo �ragion fattasi�, non anche comportamenti conseguenti ad un atto autorita- tivo poi venuto retroattivamente meno o annullato (28) ne� comportamenti consistenti nel mancato esercizio di un potere autoritativo (29) in quantoin tutti tali casi il comportamento non e� disconnesso dal pubblico potere ma e� collegato ad un suo precedente esercizio, anche se poi caducato, o ad un mancato esercizio che ne postula, ovviamente, la compresenza. (28) Cons. Stato, Ad. Plen. 20 giugno 2005 n. 4; d'altronde in tal senso gia� Cons. Stato, VI, 20 aprile 2004 n. 2221. (29) Cons. Stato, Ad. Plen. 15 settembre 2005 n. 7. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Fin�qui�la�pars�destruens�della�sentenza�che�ha�sottratto�al�giudice�ammi- nistrativo�la�cognizione�di�situazioni�paritarie�come�i�rapporti�debito-credito� correlati�all'erogazione�di�servizi�pubblici�e�meri�comportamenti(30)�e�che� sembra�difficilmente�criticabile�e,�tutto�sommato,�di�modesta�portata�in�ter- mini�generali.� 4.�segue:�c)�risoluzione�della�quarta�ambiguita�.� Oltre�alla�pars�destruens�la�sentenza�contiene,�poi,�anche�una�pars�con- struens:�pars�construens�che�appare�di�assai�maggiore�momento�per�la�defini- zione�delle�nuove�frontiere�della�giurisdizione�amministrativa,�nonostante� costituisca,�per�generale�opinione,�un�obiter�dictum�(31)�e�che�risolve�quella� enumerata�all'inizio�della�presente�relazione�come�quarta�ambiguita�costitu- zionale.� La�Corte�ha�precisato,�infatti,�che�la�dichiarazione�d'incostituzionalita� non�investe�in�alcun�modo�^nonostante�i�rimettenti�ne�adducano�il�disposto� a�sostegno�delle�loro�censure�^l'art.�7�1egge�n.�205�del�2000,�nella�parte�in� cui�(lett.�c)�sostituisce�l'art.�35�d.leg.�n.�80/1998:�il�potere�riconosciuto�al�giu- dice�amministrativo�di�disporre,�anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma� specifica,�il�risarcimento�del�danno�ingiusto�non�costituisce�sotto�alcunpro- filo�una�nuova��materia��attribuita�alla�sua�giurisdizione,�bens|�uno�stru- mento�di�tutela�ulteriore,�rispetto�a�quello�classico�demolitorio�(e/o�confor- mativo),�da�utilizzare�per�rendere�giustizia�al�cittadino�nei�confronti�della� pubblica�Amministrazione.� La�statuizione�e�di�fondamentale�importanza:�importanza�non�certo� diminuita�dalla�sua�natura�di�obiter�dictum�per�due�ordini�di�ragioni.� Innanzitutto�perche�si�tratta�di�un�obiter�dictum�assai�particolare,�in� quanto,�come�ha�sottolineato�la�stessa�Corte,�i�giudici�remittenti�avevanoa� lungo�invocato�il�relativo�disposto�a�sostegno�delle�loro�censure,�qualificando� il�risarcimento�del�danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�come��materia� nuova��e�trasversale�attribuita�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdi- zione�esclusiva�in�maniera��indiscriminata�e�generale��e�quindi�al�di�fuori� del�criterio�di��particolarita���che�deve�presiedere�alla�individuazione�delle� materie�di�giurisdizione�esclusiva�(32).�Se�di�obiter�dictum�si�tratta�e�comun- que,�quindi,�un�obiter�dictum�strettamente�connesso�con�la�ratio�decidendi�ed� anzi�ad�esso�legato�da�un�vero�e�proprio...�nodo�gordiano.� In�secondo�luogo�va�osservato�che�nella�prassi�di�tutte�le�Alte�Corti�di� questo�mondo�gli�obiter�dicta�di�oggi�sono�le�rationes�decidendi�di�domani:� la�legittimita�costituzionale�della�spettanza�al�giudice�amministrativo�della� tutela�risarcitoria�degli�interessi�legittimi�puo�quindi�ritenersi�dato�ormai� acquisito�al�sistema.� (30)�M.�Clarich, op.�cit.� (31)�Per�tutti�M. Clarich,�op.�cit.� (32)�P.�Carpentieri,�La�sentenza�della�Consulta�204/2004�e�la�pregiudiziale�amministra- tiva,�in�Urbanistica�e�appalti�10/2004.� DOTTRINA�291 Tale�opzione�della�Corte�appare�particolarmente�significativa�perche�dal� punto�di�vista�letterale�entrambe�le�soluzioni�erano�possibili:�quella�adottata� poggia,�infatti,�(come�quella�precedente)�sulla�base�della�costituzionalizza- zione�dell'interesse�legittimo�come�figura�soggettiva�sostanziale�pienamente� tutelata�e�quindi�meritevole�della�tutela�risarcitoria�oltre�che�di�quella�cassa- toria�e�conformativa,�secondo�la�lettera�dell'art.�24�della�Costituzione.� Quella�opposta�avrebbe�potuto�essere�sostenuta�sulla�base�della�qualifi- cazione�normativa�del�risarcimento�come��diritto�patrimoniale�conseguen- ziale�,�locuzione�che�e�tradizionalmente�usata�nella�disciplina�delle�materie� assoggettate�alla�giurisdizione�esclusiva(33)�oltreche�,�naturalmente�sulla�base� del�ben�noto�precedente�della�Cassazione�(sent.�500/1999).� Nella�scelta,�deve�avere�ovviamente�pesato�l'accento�posto�dalla�Corte� sulla�rinverdita�centralita�dell'interesse�legittimo�come�situazione�sostanziale� e�come�naturale�oggetto�della�cognizione�del�giudice�amministrativo.� Deve�aver�pesato�probabilmente�anche�la�considerazione�di�tipo��poli- tico��sulla�maggiore�attitudine�del�giudice�amministrativo�a�somministrare� una�tutela�risarcitoria�che,�in�caso�di�lesione�di�interessi�legittimi,�e�solo�even- tuale.� Come�e�noto,�infatti,�quella�dell'interesse�legittimo�e�una�categoria� creata��in vitro�,�una�creatura�artificiale�dalla�multiforme�natura,�un�conteni- tore�dapprima�riempito�quasi�esclusivamente�da�interessi�oppositivi,�cui�poi� si�sono�aggiunti�interessi�pretensivi�a�soddisfazione�preregolata,�interessi�pre- tensivi�a�soddisfazione�discrezionale,�interessi�partecipativi,�interessi�stru- mentali�e�cos|�via.�Orbene,�se�in�alcuni�dei�casi�menzionati,�in�caso�di�lesione� dell'interesse,�il�danno�risarcibile�e�in�re ipsa oppure�e�evidentemente�assente,� in�altri�la�valutazione�della�sua�esistenza�e�consistenza�richiede�prudenti�giu- dizi�prognostici�che�solo�l'esperienza�dei�ruotismi�amministrativi�consente�di� formulare,�con�conseguente�elettiva�competenza�del�giudice�amministrativo.� L'opzione�della�Corte�costituzionale�conferma�comunque�l'esattezza� della�tesi�della�pregiudizialita�della�pronuncia�cassatoria�rispetto�alla�pronun- cia�risarcitoria,�gia�fatta�propria�dalla�giurisprudenza�amministrativa(34).� 5. Considerazioni conclusive. I�rivolgimenti�di�fine�millennio�della�giustizia�amministrativa�erano�stati� salutati�dai�commentatori�in�vario�modo.�Il�tema�dominante�e�largamente� prevalente�era�comunque�quello�di�un�requiem per�l'interesse�legittimo,�desti- nato�a�dissolversi�nel�diritto�soggettivo�con�la�perdita�della�funzione�di�discri- mine�delle�giurisdizioni,�ormai�assolta�dal�criterio�delle�materie�o�dei��bloc- chi�di�materie��(35).� L'anomalo�sistema��dualistico��italiano�(in�cui�cioe�il�contenzioso�della� pubblica�Amministrazione�e�conosciuto�da�due�distinti�giudici,�a�seconda� (33)�C. Varrone,�Lanuova disczplinaprocessuale, in�Verso il nuovo processo amministra- tivo ^Commenti alla legge 21 luglio 2000 n. 205 a�cura�di�V.�Cerulli�Irelli,�Torino,�2000,�36.� (34)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�26�marzo�2003,�n.�4.� (35)�M. Clarich,�op. cit.�e�dottrina�ivi�citata.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� della�situazione�soggettiva�dedotta�in�giudizio)�^si�diceva�^ha�finalmente� perso�la�sua�anomalia�e�si�avvia�a�diventare�monistico,�come�accade�in�tutti� gli�altri�stati�d'Europa,�nei�quali�uno�solo�e�il�giudice�della�pubblica�Ammini- strazione:�quello�ordinario�(ed�unico)�nei�paesi�a�sistema�di�common law e� quello�amministrativo�nei�paesi�a�sistema�di�civil law. L'evoluzione�della�giustizia�amministrativa�italiana�sembrava�incammi- nata�lungo�una�via�di�omogeneizzazione�soprattutto�indotta,�in�realta�,�dal� diritto�dell'Unione�Europea�che�non�conosce�gli�interessi�legittimi�e�con�il� quale�appare�soprattutto�incompatibile�la�loro�irrisarcibilita�,�tradizional- mente�sancita�nel�nostro�ordinamento.� Non�a�caso�una�delle�prime�e�piu�sostanziose�soluzioni�di�continuita� legislativa�nel�principio�di�irrisarcibilita�fu�indotta�da�una�direttiva�europea� (legge�19�febbraio�1992�n.�142�art.�13).� La�via�prescelta�dal�legislatore�del�1997-2000�per�realizzare�tale�risultato� di�omogeneizzazione�fu�quella�di�accentuare�al�massimo�una�tendenza�gia� manifestatasi�in�maniera�sempre�meno�timida�in�tutto�il�secondo�cinquanten- nio�del�secolo�trascorso�(36),�cioe�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione� esclusiva,�sulla�base�di�una�ritenuta�insussistenza�di�limiti�costituzionali�posti� in�materia�al�legislatore�(37).� Come�si�e�visto,�la�Corte�e�andata�in�diverso�avviso�ed�ha�delimitato�con� chiarezza�quali�siano,�in�proposito,�i�limiti�del�potere�discrezionale�del�legi- slatore.�Limiti,�peraltro,�tanto�poco�costrittivi�^soprattutto�se�si�considera� quanto�spazio�lasci�all'interprete�una�locuzione�quale��materia�nella�quale� la�pubblica�Amministrazione�esercita�un�potere�autoritativo��^da�consentire� al�legislatore�ordinario�di�affidare,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�al�giudice� amministrativo�italiano�tutta�l'area�di�competenza�che�il�sistema�francese� affida�al�suo�giudice�amministrativo.� Giudice�che�pure�e�,�pacificamente�e�tradizionalmente,�giudice��dell'Am- ministrazione��e�non��nell'Amministrazione�.� Anche�nel�diritto�francese,�infatti,�quando�l'Amministrazione��n'use pas lesprerogatives depuissancepublique etse met en civil�, cioe�agisce�iure priva- torum (38),�la�giurisdizione�e�del�giudice�ordinario.�Lo�stesso�dicasi�per�i�com- portamenti,�qualificabili�come��voie defait�(39), cioe�i�comportamenti�senza� potere.� Sara�appena�il�caso�di�aggiungere�che,�naturalmente,�le�giurisprudenze� nazionali�potranno�divergere�nel�qualificare�quali�attivita�siano�da�conside- rarsi�iure gestionis e�quali�comportamenti�siano�da�qualificare��senza� potere�.�D'altronde,�anche�a�livello�nazionale,�come�e�noto,�non�vi�e�concor- dia�sul�punto,�fra�Cassazione�e�Consiglio�di�Stato.� (36)�Per�una�completa�elencazione�di�tutta�la�legislazione�in�materia�vedasi�E.�Picozza,� Il quadro normativo della giurisdizione esclusiva dall'avvento della Costituzione ad oggi, cit.� 63�ss.� (37)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ord.�1/2000�cit. (38)�C.�Debbasch,�Science administrative �Administration publique, Dalloz,�Parigi,� 1980,�713.� (39)�C.Debbasch,�op. cit.,�712.� DOTTRINA�293 L'importante�e�che�tutta�l'area�astrattamente�disegnata�dal�nostro�legi- slatore�negativo�come�costituzionalmente�sottratta�alla�giurisdizione�ammini- strativa�corrisponda�concettualmente�a�quella�pure�sottratta�ad�essa�nel�piu� classico�e�tradizionale�modello�di�giustizia�amministrativa�monistica�conti- nentale:�quello�francese.� Il�paragone�diventa�ancora�piu�calzante�ove�si�pensi�all'acquisto�da�parte� del�giudice�amministrativo�italiano�della�tutela�risarcitoria�in�materia�cos|�di� diritti�come�di�interessi.�Il�che�realizza�un�totalizzante�contenzioso��di�piena� giurisdizione�.�In�realta�la�sostanziale�anomalia�italiana�nel�quadro�europeo� della�giustizia�amministrativa�non�era�tanto�quella�formalmente�piu�evidente� del�discrimine�delle�giurisdizioni�basato�sulla�dicotomia�diritto-interesse�legit- timo�quanto�quella�sostanziale�del�doppio�tabu�della�irrisarcibilita�dell'inte- resse�legittimo�e�della�negazione�della�tutela�risarcitoria�in�sede�di�giustizia� amministrativa,�con�conseguenti�dinieghi�di�giustizia�o,�nella�migliore�delle� ipotesi,�necessita�di�defatiganti�ricorsi�successivi�ai�due�ordini�giurisdizionali.� Il�secondo�tabu�fu�infranto�dal�legislatore�delegante�del�1997�(40).�Il� primo�dalla�Cassazione�del�1999�(41).�Il�legislatore�del�2000�(42)�si�limito�ad� una�lettura�integrata�dei�due�precetti,�legislativo�e�giurisprudenziale.�Se�il�giu- dice�amministrativo�somministra�anche�tutela�risarcitoria�e�se�la�lesione�del- l'interesse�legittimo�puo�causare�danno�risarcibile,�ebbene�al�giudice�ammini- strativo�spettera�la�relativa�pronuncia.� La�Suprema�Corte,�quindi,�nel�momento�in�cui�capovolgeva�un'ultracen- tenaria�giurisprudenza�(ritornando�pero�ad�un�proprio�originario�liberale� orientamento�(43))�portava�acqua�ad�un�mulino�che�non�era�il�proprio�(44).� In�definitiva�e�per�concludere,�nella�sentenza�204/2004�della�Corte� Costituzionale�la�pars construens appare�di�portata�ben�maggiore�della�pars destruens. Con�essa�il�giudice�amministrativo�ha�perso��qualche�pezzo�marginale� di�giurisdizione��(45)�oltretutto�poco�congruente,�come�si�e�visto,�con�la�sua� natura�e�tradizioni,�restandogli�acquisita,�per�converso,�una�tutela�risarcito- ria�a�360�gradi.� Di�piu�:�resta�affermato�che�il�legislatore�ordinario�potra�espandere�la� giurisdizione�esclusiva�a�tutte�le�materie�in�cui�la�pubblica�amministrazione� eserciti�(anche)�potere�autoritativo,�a�nulla�rilevando�che�a�tale�potere�autori- tativo�si�affianchi�una�attivita�iureprivatorum. Cioe�a�tutte�le�materie�che�tra- dizionalmente�costituiscono�la�tipica�sfera�di�competenza�del�giudice�ammi- nistrativo�continentale�e�questo�mi�pare�soddisfi�pienamente�l'istanza�di� omologazione�europea.� (40)�Legge�15�marzo�1997�n.�59.� (41)�Cass.�SS.UU.�22�luglio�1999�n.�500.� (42)�Legge�21�luglio�2000�n.�205.� (43)�I.�F.�Caramazza, Le nuovefrontiere della giurisdizione amministrativa, in�Rass. Avv. Stato 2004,�791�ss.� (44)�Forse�non�del�tutto�inconsapevolmente:�vedasi�l'ultimo�capoverso�del�� 12�della� motivazione�della�sentenza�500/1999.� (45)�M.�Clarich, op. cit. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Finalmente,�dopo�quasi�un�secolo�e�mezzo�di�travagliato�percorso,�il� sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�si�avvia�a�diventare�pienamente� satisfattivo.� La�cosa�piu�singolare�e�che�per�giungere�a�questo�risultato,�che�da�alla� giurisdizione�amministrativa�italiana�una�pienezza�di�poteri�comparabile�a� quella�delle�omologhe�giurisdizioni�continentali,�la�Corte�Costituzionale� abbia�fatto�leva�sulla�costituzionalizzazione�dell'interesse�legittimo.� Cioe�su�di�un�istituto�nato�come��arma�di�guerra��(46)�brandita�dall'Ese- cutivo�per�difendere�i�propri�privilegi�dalle�insidie�del�controllo�giurisdizio- nale.� E�questa�la�conferma�migliore�che�il�paradosso�e�l'essenza�della�storia� della�nostra�giustizia�amministrativa.� (46)�M.�Nigro,�Ma�cos'e�questo�interesse�legittimo?�Interrogativi�vecchi�e�nuovi�spunti�di� riflessione,�in�Foro�it.,�1987,�V,�470.� DOTTRINA�295 Il diritto degli aeroporti nel nuovo codice della navigazione: le concessioni aeroportuali di Pierluigi Di Palma 1.�Prima�di�affrontare�il�tema�delle�concessioni�aeroportuali�e�necessario� individuare�il�ruolo�ricoperto�dalle�societa�di�gestione�totale�nell'ambito�del- l'attuale�assetto�di�competenze�in�materia�di�aviazione�civile,�fatto�che�pre- suppone�l'esatta�definizione�del�concetto�di��gestore�totale�.� Infatti,�la�concessione�aeroportuale�viene�rilasciata�dall'amministrazione� dello�Stato,�latamente�intesa,�in�favore�di�un�soggetto�privato,��gestore� totale�,�in�relazione�ad�una�verifica�della�sussistenza�di�un�interesse�pubblico� collegato,�in�particolare,�all'idoneita�del�soggetto,�a�cui�vengono�trasposte� funzioni�pubblicistiche,�a�presidiare�efficacemente�la�sicurezza�del�trasporto� aereo�nello�scalo�d'interesse.� Tale�espressione,�invero,�non�era�presente�nel�codice�della�navigazione� del�1942�che�ha�continuato�a�disciplinare�con�riconosciuta�difficolta�una� realta�aeroportuale�che�subiva,�nel�tempo,�profonde�trasformazioni�in� ragione�dello�sviluppo�delle�infrastrutture�e�dei�traffici�che�ne�mutavanopro- gressivamente�completamente�la�fisionomia.� Il�mutamento,�reso�ancor�piu�evidente�dalla�presenza�in�aeroporto�delle� societa�di�gestione�totale�(affidata�con�leggi�speciali�a�partire�dal�'54�e,�recen- temente,�in�attuazione�del�regolamento�n.�521/1997)�chiamate�a�gestire�i�prin- cipali�scali�italiani�nei�quali�si�sviluppa�oltre�l'80%�del�traffico�aereo,ha� determinato,�soprattutto�negli�ultimi�anni,�approfondimenti�di�carattere�giu- risprudenziale�in�ordine�ai�limiti�delle�competenze�dei�vari�soggetti,�pubblici� e�privati,�presenti�negli�aeroporti�e�coinvolti,�in�modo�diverso,�nell'erogazione� dei�servizi�aeroportuali.� In�tale�contesto�di�necessaria�individuazione�delle�funzioni�e�delle�corre- late�responsabilita�dei�vari�operatori�aeroportuali,�il�decreto�legislativo� n.�96/2005�di�Revisione�della�parte�aeronautica�del�Codice�della�navigazione,� adottato,�in�attuazione�della�delega�di�cui�alla�legge�n.�265/2004�di�conver- sione�del�decreto�legge�n.�237/2004,�ha,�tra�l'altro,�provveduto,�in�coerenza� con�le�norme�comunitarie,�a�precisare�la�nozione�dei�soggetti�aeroportualie� specificatamente�del�gestore�totale.� Dunque,�il�concetto�giuridico�di�gestore�totale�sino�ad�oggi�ricavato,�in� via�interpretativa�e�deduttiva,�dalla�disciplina�contenuta�nelle�leggi�di�settore� e�nelle�direttive�e�nei�regolamenti�comunitari,�ha�trovato�compiuta�defini- zione�nell'art.�705�del�Codice�della�Navigazione,�per�come�sostituito�dalle� norme�di�cui�al�decreto�legislativo�n.�96/2005�(�Il�gestore�aeroportuale�e�il� soggetto�cui�e�affidato,�insieme�ad�altre�attivita�o�in�via�esclusiva,�il�compito�di� amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordinare�e�control- lare�le�attivita�dei�vari�operatori�privati�presenti�nell'aeroporto�o�nel�sistema� aeroportuale�considerato.�(...)�;�inoltre�l'art.�705�elenca�una�serie�di�compiti� di�non�facile�netta�identificazione�affidati�al�gestore:��Ferme�restando�la�disci- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� plina�del�Titolo�VII�-Polizia�della�navigazione�-e�comunque�le�competenze� attribuite�agli�organi�statali�in�materia�di�ordine�e�sicurezza�pubblica,�difesa� civile,�prevenzione�incendi,�soccorso�eprotezionecivile�(...)�).� Al�contrario,�fino�ad�oggi,�la�nozione�giuridica�di��gestione�totale��si� ritrovava�nell'art.�1,�comma�4,�del�decreto�legge�28�giugno�1995,�n.�251,�con- vertito�dalla�legge�3�agosto�1995,�n.�351�(�Fino�all'affidamento�della�gestione� totale�alle�societa�di�cui�all'art.�10,�comma�13,�della�legge�24�dicembre�1993,� n.�537�...�)�e�conseguentemente�era�da�ritenere�che�fosse�da�riferirsi�alla� �gestione�dei�servizi�ed�alla�realizzazione�di�infrastrutture�aeroportuali�da� parte�delle�societa�di�capitale�identificate�dal�regolamento�n.�521/97,�ricom- prendendo�anche�i�gestori�aeroportuali�di�cui�alle�leggi�speciali,�espressa- mente�richiamati�all'art.�17,�comma�2,�del�regolamento�medesimo.� La�normativa�comunitaria�ha�rafforzato�la�nozione�giuridica�del�gestore� aeroportuale,�definendo�l'ente�di�gestione��l'ente�cui�le�disposizioni�legislative� o�regolamentari�nazionali�affidano,�insieme�ad�altre�attivita�o�in�via�esclusiva,� il�compito�di�amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordi- nare�e�controllare�le�attivita�dei�vari�operatori�presenti�nell'aeroporto�o�nel� sistema�aeroportuale�considerato��(art.�2�-Definizioni�-Direttiva�96/67/CE� del�15�ottobre�1996,�relativa�all'accesso�al�mercato�dei�servizi�di�assistenza�a� terra�negli�aeroporti�della�Comunita�).� Nel�dare�attuazione�alla�citata�direttiva,�il�concetto�di��ente�di�gestione�� e�stato�recepito�nell'ordinamento�nazionale�secondo�l'elaborazione�comunita- ria�(art.�3�del�decreto�legislativo�13�gennaio�1999,�n.�18),�risultando�un�ele- mento�assolutamente�importante,�ma�forse�poco�valorizzato.� Di�recente,�a�rafforzare�il�convincimento�di�un�sempre�maggior�coinvol- gimento�delle�societa�di�gestione�aeroportuale�nella�conduzione�dello�scalo,� con�responsabilita�di�coordinamento,�e�intervenuto�il�Regolamento�(CE)� n.�793/04�che,�nel�modificare�il�Regolamento�(CEE)�n.�95/93,�relativo�a� norme�comuni�per�l'assegnazione�di�bande�orarie�negli�aeroporti�della�Comu- nita�,�all'art.�2,�lettera�j),�ha�inserito�la�definizione�di��ente�di�gestione�,�rical- cando�quella�contenuta�nella�direttiva�96/67/CE.� La�modifica,�peraltro,�e�stata�correlata�alla�possibilita�,�non�prevista�pre- cedentemente,�che�il�gestore�aeroportuale�sia�coinvolto�in�una�serie�di�attivita� per�la�gestione�delle��bande�orarie��di�interesse�dello�scalo.� Parallelamente,�anche�la�giurisprudenza�ha�preso�atto�delle�mutate� responsabilita�del�gestore�aeroportuale�e,�in�particolare�il�giudice�di�appello,� pronunciandosi�sui�fatti�che�hanno�determinato�il�disastro�aereo�di�Verona� del�13�dicembre�1995,�ha�affermato�il�principio�della�trasposizione�di�funzioni� in�capo�alle�societa�di�gestione.� In�tale�contesto,�appare�di�particolare�interesse�come�l'ENAC�abbia� provveduto,�gia�in�data�7�dicembre�2001,�a�diramare�una�circolare�indirizzata� alle�proprie�strutture�e�a�tutti�i�gestori�aeroportuali�in�merito�ai��piani�di� carico�e�centraggio�,�riconoscendo�che�detta�trasposizione�di�funzioni�era� da�ritenersi�coerente�con�il�ruolo�che�le�nuove�esigenze�di�organizzazione� sono�andate�definendo�in�concreto�in�capo�alle�societa�stesse.� I�principi�enucleati�nella�decisione�sul�disastro�di�Verona�e�immediata- mente�applicati�dall'ENAC,�hanno�trovato�conferma�nella�definitiva�sen- DOTTRINA�297 tenza�della�Corte�Suprema�di�Cassazione,�la�quale�ha�affermato�che,�con�la� stipula�di�una�convenzione,�la�societa�di�gestione�concessionaria�assume�una� posizione�di�garanzia�rispetto�alla�sicurezza�del�volo,�conservando�l'ammini- strazione��poteri�autoritativi�di�controllo�e�di�direzione�sulla�gestione�dell'aero- stazione�e�l'esercizio�dei�servizi�aeroportuali,�anche�mediante�l'emanazione�di� norme�regolamentari�interne�[...]�.� Ulteriori�conferme�della�centralita�del�ruolo�di�responsabilita�nella�con- duzione�dello�scalo,�assunto�dal�gestore�totale�dell'aeroporto,�vengono�da� recenti�pronunce�del�Giudice�amministrativo�che�ha�ritenuto�la�trasposizione� di�funzioni�pubblicistiche��l'attuazione�del�principio,�fermo�nel�diritto�sostan- ziale,�per�cui�il�gestore�aeroportuale�totale�deve�coordinare�l'attivita�degli�opera- tori�nell'ambito�del�suo�aeroporto��(cfr.�TAR�Lazio,�sez.�III�ter,�ordinanza� 2901,�adottata�nella�Camera�di�Consiglio�del�27�maggio�2004).� Di�particolare�importanza�appare�poi�la�sentenza�del�TAR�Lazio,� sez.�III�ter,�n.�1488/04�del�29�gennaio�2004,�depositata�il�17�febbraio�2004,� non�impugnata�e�quindi�passata�in�giudicato,�che�enuclea,�in�una�serie�di� passi,�degli�importanti�principi,�rispettivamente�sul�ruolo�del�gestore�esu� quello�dell'Autorita�pubblica�di�settore:� �[...]invirtu�delDlg250/1997,�l'ENACsiconfiguraqualeAutorita�aero- nautica�nazionale,�vale�a�dire�il�soggetto�giuridico�deputato�all'assolvimento� delle�funzioni�d'amministrazione�attiva,�di�controllo�e�di�vigilanza�nel�settore� pubblico�dell'aviazione�civile�e�nei�confronti�dell'attivita�delle�societa�di�gestione� aeroportuale.� [...]�Assodata,�quindi,�la�competenza�dell'ENAC�e�delle�sue�articolazioni� periferiche�all'esercizio�della�potesta�tutoria�ex�Dlg�250/1997,�va�disattesa�la� pretesa�attorea,�laddove�tenta�d'inferire�dalla�gestione�totale�una�sortadi�con- cessionetraslativa,�afavoredellaricorrente,�dituttiipoteridell'Autorita�aero- nautica�sull'aeroporto�cos|�gestito.� [...]�la�gestione�totale�si�manifesta�a�guisa�d'evoluzione�e�non�come�un� metodo�alternativo�all'uso,�mediante�concessione,�degli�aeroporti�in�tutto�o�in� parte�statali,�onde�essa�non�e�incompatibile�e,�quindi,�idonea�a�determinare�l'a- brogazione�implicita�delle�relative�norme�del�codice�della�navigazione.� [...]�il�D.M.�521/1997�e�fonte�attuativa�e,�al�contempo,�di�messa�a�giorno� del�sistema�concessorio�istituito�dal�Codice,�alla�luce�dei�nuovi�metodi�operativi� dell'impresa�aeroportuale,�senza�che�cio�implichi�necessariamente�la�traslazione� di�competenze�dipolizia�aeroportuale�e�dellanavigazione�aerea�afavore�delcon- cessionario.� [...]�neppure�il�D.lg.�18/1999,�ancorche�di�derivazione�comunitaria,�offre� argomentiprobanti[...]circal'assunzioneintoto,�afavoredellegestioniaero- portuali�totali,�di�poteri�amministrativi�atti�a�superare�la�funzione�tutoria� dell'ENAC.� [...]ilD.lg.�18/1999ribadiscela�competenzadelgestore�totalesullemate- rie�devolutegli�dalla�legge�e�dalla�Convenzione,�ma�con�la�precisazione�cheil� potere�di�coordinamento�implicanongia�ilsuperamento�didettipoteridipolizia,� bens|�l'assunzione�delle�connesse�responsabilita�,�quale�momento�di�garanzia�per� la�sicurezza�del�volo�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nella�parte�finale�della�motivazione,�inoltre,�vengono�specificatamente� individuati,�con�l'enunciazione�degli�articoli�del�Codice�della�navigazione� che�li�prevedono,�salvo�modifiche�apportate�con�il�decreto�legislativo�n.�96/� 2005,�i�poteri�di�polizia�che�restano�incardinati�in�capo�all'ENAC,�quale� organo�territoriale�dell'Autorita�vigilante.� Le�importanti�affermazioni�contenute�nella�predetta�sentenza,�circa�la� ripartizione�dei��poteri�aeroportuali��tra�gestore�ed�ENAC,�hanno�di�recente� trovato�ulteriore�conferma�in�una�decisione�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�VI� n.�4609�del�29�aprile�2005,�depositata�l'8�settembre�2005)�che,�nell'accogliere� l'appello�proposto�dall'Avvocatura�Generale�dello�Stato�statuisce�che�non� �(...)�vieraincompetenzadellaDCAdiPisaademanarel'ordinanzadicostitu- zione�obbligatoria�del�consorzio�ed�a�segnalare�l'applicazione�eventuale�della� sanzione�d'interdizione�dalle�operazioni�di�volo,�dal�momento�che�tale�potere� derivava�dagli�artt.�698,�718,�719�e�725�del�codice�della�navigazione,�che�conferi- vano�all'entepoteri�di�vigilanza�e�dipolizia�aeroportuale�e�che,�quindi,�lo�abilita- vano�all'adozione�delle�necessarie�misure�preventive�tra�cui�anche�quella�dell'in- terdizionedelvolopermotividisicurezza.�(...)�.� In�definitiva,�le�sentenze�citate�autorevolmente�avallano�quanto�gia� affermato�dall'ENAC�con�la�Circolare�APT-08B,�serie�aeroporti,�del�1�marzo� 2002,�in�cui�nella�parte�che�definisce��Funzioni�e�ruolo�degli�enti�aeropor- tuali��si�legge�quanto�segue.� �La�disciplina�complessiva�dei�rapporti�con�le�societa�di�gestione�aeropor- tuale,�nascente�sia�da�apposita�legislazione�sia�da�atti�amministrativi,�evidenzia� che�si�e�realizzato�in�concreto,�un�trasferimento�di�pubbliche�funzioni�in�capo� alle�societa�stesse�sia�sotto�il�profilo�attivo,�con�l'attribuzione,�ad�esempio,�del� diritto�difareproprigli�introitidinatura�erariale,�sia�con�riguardo�allepresta- zioni�che�sono�obbligate�afornire.� [...]�In�definitiva,�sulla�base�dell'attuale�quadro�normativo,�e�da�conside- rarsi�affermato�ilprincipio�secondo�cui�l'organizzazione�delsistema�deicontrolli� non�puo�prescindere�dalla�rilevazione�delle�posizioni�che,�nel�moderno�assetto� dell'esercizio�aeroportuale,�sono�attribuite�ai�soggetti�che�operano�in�tale� sistema;�cio�comporta�che�determinate�competenze,�in�precedenza�riferite�ad� un�solo�soggetto,�debbano�ora�essere��ripartite��in�stretta�correlazione�con�i� ruoli�e�le�posizioni�di�ciascuno�.� In�conclusione,�appare�chiaro�che�il�gestore�totale,�per�normativa�comu- nitaria�recepita�nel�nostro�ordinamento,�oggi�espressamente�richiamata�nel� codice�della�navigazione�(art.�705),�e�l'ente�cui�le�disposizioni�normative�o� regolamentari�nazionali�affidano,�insieme�ad�altre�attivita�,�il�compito�di� amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordinare�e�con- trollare�le�attivita�dei�vari�operatori�presenti�nello�scalo,�cos|�riconoscendogli,� nell'attuale�assetto�di�competenze,�il�ruolo�di�soggetto�responsabile�dell'effi- cienza�ed�operativita�dell'aeroporto,�salvo�il�potere�di�vigilanza�attiva�e�di� polizia�dell'ENAC�e�degli�altri�organi�dello�Stato.� La�disciplina�complessiva�dei�rapporti�tra�l'amministrazione�concedente� e�le�societa�di�gestione�totale,�dunque,�determina�la�formale�trasposizione�di� funzioni�pubblicistiche�in�capo�al�gestore,�mentre�l'ENAC�si�configura�quale� DOTTRINA�299 soggetto�giuridico�deputato�all'assolvimento�delle�funzioni�di�amministra- zione�attiva,�di�controllo�e�di�vigilanza�nel�settore�dell'aviazione�civile�e,�par- ticolarmente,�nei�confronti�dell'attivita�delle�societa�di�gestione�aeroportuale.� Ulteriore�conferma�dei�ruoli,�rispettivamente�di�vigilanza�e�di�gestione,e� rinvenibile�nel�consenso�rilasciato�recentemente�dall'ENAC�in�favore�di�una� societa�di�gestione�totale�in�base�all'art.�14�della�legge�n.�241/1990,�come� modificato�ed�integrato�dalla�legge�11�febbraio�2005�n.�15,�ai�sensi�del�quale� la�conferenza�di�servizi,�in�caso�di�affidamento�di�concessione�di�lavori�pub- blici,�puo�essere�indetta,�con�il�consenso�del�concedente,�direttamente�dal� concessionario.� Infine,�occorre�segnalare�che,�in�controtendenza�rispetto�al�quadro� appena�delineato�delle�competenze�assunte�dal�gestore�totale,�sembra�porsi� la�recente�decisione�del�14�marzo�2005�del�foro�di�Milano�sull'incidente�di� Linate�che�ha�escluso�addebiti�specifici�a�carico�degli�imputati�dipendenti� della�societa�di�gestione�totale.� A�cio�si�aggiunga�che�la�recente�legge,�n.�265/2004�di�conversione�del� decreto�legge,�n.�237/2004,�recante�interventi�urgenti�nel�settore�dell'avia- zione�civile�e�poi�il�decreto�legislativo�n.�96/2005�hanno�ulteriormente�disci- plinato�l'ambito�delle�competenze�del�gestore�aeroportuale,�interessando�con- seguentemente�lo�svolgimento�delle�funzioni�intestate�alle�Autorita�pubbliche� di�settore,�con�effetti�che�dovranno�essere�attentamente�analizzati,�nel�corso� dei�prossimi�mesi.� 2.�Alla�luce�di�quanto�detto�in�merito�al�ruolo�del�gestore�aeroportuale� che�oggi,�con�la�pubblicazione�sulla�Gazzetta Ufficiale n.�131�dell'8�giugno� 2005�del�decreto�legislativo�9�maggio�2005,�n.�96�(Revisione della parte aero- nautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della legge 9 novembre 2004, n. 265),�ha�trovato�puntuale�definizione�normativa,�e�possi- bile�affrontare�il�problema�delle�concessioni�aeroportuali�in�relazione�alle� novita�apportate�al�procedimento�di�affidamento�delle�gestioni�aeroportuali� dal�decreto�legislativo�n.�96/2005.� In�definitiva�la�concessione�aeroportuale�serve�a�consolidare�in�capo�ad� un�soggetto�privato,�il�gestore�aeroportuale,�una�serie�di�funzioni�pubblicisti- che�tese�a�rafforzare�il�presidio�per�la�sicurezza�del�trasporto�aereo.� Prima�ancora�di�illustrare�le�principali�novita�che�interessano�tale�proce- dimento,�sembra�opportuno�porre�in�evidenza�che�la�novella�del�codice�della� navigazione�appare�diretta�anzitutto�a�consolidare�il�motivo�ispiratore�del� legislatore�del�1993�che,�nel�porre�le�basi�della�riforma�dell'affidamento�delle� gestioni�aeroportuali,�ha�inteso�uniformare�le�diverse�tipologie�di�gestione,� riconducendole�all'unico�paradigma�della�gestione�totale.� La�linea�di�continuita�prescelta�e�rivolta�ad�incardinare�la�disciplina� codicistica�della�materia�in�un�alveo�di�competenze�istituzionali�sostanzial- mente�mutato�per�effetto�della�rinnovata�ripartizione�di�materie�riconosciute� alle�Regioni�dalla�legge�costituzionale�n.3/2001�che��come�noto��ha� ascritto�alle�stesse,�tra�le�materie�concorrenti,�gli�aeroporti civili.� In�particolare,�l'articolo�3,�comma�1,�del�decreto�legislativo�n.�96/2005� ha�riscritto,�tra�gli�altri,�l'articolo�698�cod.�nav.�(Aeroporti di rilevanza nazio- nale e di interesse regionale),�ai�sensi�del�quale��Con decreto del Presidente RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� della�Repubblica,�previa�deliberazione�del�Consiglio�dei�Ministri,�su�proposta� del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�d'intesa�con�la�Conferenza�per- manente�per�i�rapporti�tra�lo�Stato,�le�regioni�e�le�province�autonome�di�Trento� e�di�Bolzano�e�sentita�l'Agenzia�del�demanio,�sono�individuati,�previo�parere� delle�competenti�Commissioni�parlamentari�da�esprimere�entro�trenta�giorni� dalla�data�di�assegnazione,�gli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale,�quali�nodi�essen- ziali�per�l'esercizio�delle�competenze�esclusive�dello�Stato,�tenendo�conto�delle� dimensioni�e�della�tipologia�del�traffico,�dell'ubicazione�territoriale�e�del�ruolo� strategico�dei�medesimi,�nonche�di�quanto�previsto�nei�progetti�europei�TEN.� Con�il�medesimo�procedimento�si�provvede�alle�modifiche�del�suddetto�decreto� delPresidentedellaRepubblica�(...)�.� Lo�Stato,�attraverso�una�procedura�che,�per�superare�i�dubbi�di�costitu- zionalita�secondo�il�principio�di��leale�collaborazione��da�ultimo�riaffermato� dalla�decisione�della�Suprema�Corte�con�la�decisione�n.�383/05,�garantisce� un'ampia�partecipazione�istituzionale,�ha�l'onere�di�individuare�sulla�base�di� criteri�finora�solo�enunciati,�ma�che�dovranno�tradursi�in�dati�concreti,�gli� aeroporti�sui�quali�esercitare�le�proprie�competenze�esclusive.�La�medesima� procedura,�inoltre,�dovra�essere�seguita�per�le�eventuali�successive�modifiche� dell'elenco�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�che�saranno�individuati�in� prima�istanza.� Il�tenore�della�norma�e�chiaro,�ma�il�passaggio�di�un�aeroporto�dallo� Stato�alle�Regioni�o�viceversa�apre�una�serie�di�questioni�in�ordine�al�destino� dei�rapporti�con�l'eventuale�gestore�concessionario,�statale�o�regionale,�che� verra�transitato�dall'uno�all'altra�o�viceversa.� Da�segnalare,�inoltre,�appare�la�nuova�formulazione�dell'articolo�704� (Rilascio�della�concessione�di�gestione�aeroportuale)�che�dispone�quanto� segue.� �Alla�concessione�della�gestione�totale�aeroportuale�degli�aeroporti�di�rile- vanza�nazionale�si�provvede�con�decreto�del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei� trasporti,�di�concerto�con�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze�e,�limitata- mente�agli�aeroporti�militari�aperti�al�traffico�civile,�con�il�Ministro�della�difesa.� Il�provvedimento�concessorio,�nel�limite�massimo�di�durata�di�quaranta� anni,�e�adottato,�su�proposta�dell'ENAC,�all'esito�di�selezione�effettuata�tramite� procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�secondo�la�normativa�comunitaria,�pre- vieidoneeformedipubblicita�,�nelrispettodeiterminiprocedimentalifissatidal- l'ENAC,�sentita,�laddove�competente,�la�regione�o�provincia�autonoma�nel�cui� territorio�ricade�l'aeroporto�oggetto�di�concessione�(...)�.� Viene�in�sostanza�affermata�la�competenza�dei�Ministri�al�rilascio,�pre- via�istruttoria�dell'ENAC,�della�concessione�di�durata�massima�quaranten- nale�e�viene�generalizzata�la�procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�f inora�relegata�a�ruolo�residuale��quale�modalita�di�individuazione�del�con- cessionario.� Ulteriore�elemento�di�novita�e�il�coinvolgimento,�nel�procedimento�di� concessione,�della�Regione�o�della�Provincia�autonoma�territorialmente�com- petente,�sebbene�non�appaia�chiaro�in�quale�fase�e�quindi�quale�soggetto�� l'ENAC�o�il�Ministero��sia�tenuto�ad�acquisirne�l'avviso�e,�soprattutto,� dovra�essere�chiarito�il�significato�dell'espressione��laddove�competente�,� DOTTRINA�301 visto�che�non�puo�ovviamente�riferirsi�ad�una�competenza�territoriale�che�esi- ste�sempre,�e�che,�trattandosi�di�aeroporti�di�importanza�nazionale,�le� Regioni�sono�incompetenti�in�quanto�materia�estranea.� In�ogni�caso,�il�comma�2�dell'art.�3�del�decreto�legislativo�96/2005�pre- vede�che��Indipendentemente�dall'individuazione�degli�aeroporti�di�rilevanza� nazionale,�ai�sensi�dell'articolo�698�del�codice�della�navigazione,�da�effettuare� entro�centoventi�giorni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legi- slativo,�le�disposizioni�di�cui�all'articolo�704,�primo�e�secondo�comma,�del�codice� della�navigazione,�come�modificato�dalpresente�decreto�legislativo,�non�si�appli- cano�alle�concessioni�della�gestione�aeroportuale�gia�rilasciate,�anche�in�base�a� legge�speciale,�nonche�ai�procedimenti�di�rilascio�della�concessione�su�istanza� antecedente�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legislativo,�ai� sensi�del�decreto�del�Ministro�dei�trasporti�e�della�navigazione�12�novembre� 1997,�n.�521.�Detti�procedimenti�devono�concludersi�entro�un�anno�dalla�data� di�entrata�in�vigore�delpresente�decreto�legislativo.�Decorso�inutilmente�il�detto� termine�le�societa�istanti�possono�chiedere,�con�oneri�a�carico�delle�medesime,� al�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�la�nomina�di�un�Commissario� ad�acta,�il�quale�nei�successivi�sessanta�giorni�provvede�sull'istanza,�provve- dendo�al�rilascio�della�concessione�una�volta�verificato�ilpossesso�dei�necessari� requisiti�.� Si�tratta�di�una�norma�di�natura�transitoria�rispetto�alle�vigenti�potesta� regionali�in�materia,�che�fa�salvi�i�provvedimenti�di�concessione�gia�rilasciati� ed�e�destinata�ad�assicurare�in�tempi�contenuti�il�completamento�dei�procedi- menti�avviati�in�relazione�alle�domande�di�affidamento�presentate�ai�sensi� del�regolamento�n.�521/97.� Il�tenore�della�disposizione,�riferendosi�alle�istanze�antecedenti�alla�data� di�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo,�peraltro,�risolve�in�nuce�la�dibat- tuta�questione�della�natura�dei�termini�che�stabilivano�la�scadenza�degli� adempimenti�stabiliti�dal�regolamento.� Sennonche�,�l'esordio�della�disposizione�(Indipendentemente�dall'indivi- duazione�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�...)�appare�chiaramente�rivolto� ad�assicurare�che�le�Autorita�competenti�(ENAC�e�Ministero)�possano�perfe- zionare�l'affidamento�di�tutte�le�gestioni�totali�richieste,�secondo�un�procedi- mento�rispetto�al�quale�e�ininfluente�(questo�e�il�senso�comune�dell'avverbio� �Indipendentemente��usato�dal�legislatore)�ogni�effetto�derivante�dalla�classi- ficazione�degli�aeroporti,�quando�essa�sara�definita.� Il�tenore�della�norma,�dunque,�induce�a�ritenere�che�il�legislatore�abbia� voluto�in�tal�modo�dare�continuita�ai�procedimenti�avviati�in�vigenza�del� regolamento�n.�521/97��i�cui�contenuti�sono�stati�successivamente�integrati� dalle�disposizioni�della�legge�9�novembre�2004,�n.�265��limitando,�conse- guentemente,�l'ambito�di�applicazione�della�nuova�disciplina�ai�procedimenti� di�affidamento�degli�aeroporti�che�non�sono�stati�richiesti��con�istanza�ante- cedente�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legislativo,�ai�sensi� del�decreto�del�Ministro�dei�trasporti�e�della�navigazione�12�novembre�1997,� n.�521�.� A�ben�vedere,�la�portata�innovativa�della�norma�sembra�destinata�a�non� avere�effetti�sulla�totalita�dei�procedimenti�di�affidamento�degli�aeroporti� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� gia�gestiti�in�regime�parziale�o�precario�ne�sugli�aeroporti�affidati�in�gestione� totale�con�leggi-provvedimento�(complessivamente�48�aeroporti),�con�la�con- seguenza�che,�in�sostanza,�la�nuova�disciplina�riguarderebbe�gli�aeroporti� minori�gestiti�direttamente�dallo�Stato�(Lampedusa,�Pantelleria,�Roma-Urbe� ed�altre�poco�significative�realta�aeroportuali)�e�quelli�di�futura�realizzazione.� D'altra�parte,�l'ENAC,�gia�alla�data�di�pubblicazione�del�decreto�legge�8� settembre�2004,�n.�237,�successivamente�convertito�nella�legge�n.�265/2004,� recante�la�previsione�di�individuazione�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale,� ha�ritenuto�irrilevante�tale�scelta�ai�fini�dell'ulteriore�corso�dei�procedimenti� di�affidamento�delle�gestioni�totali;�tanto�e�vero�che,�pur�non�conoscendo� quali�fossero�gli�aeroporti�rientranti�nelle�competenze�statali�ne�i�criteri�di� scelta,�ha�continuato�a�dare�corso�alla�stipula�di�convenzioni�ed�proporre�la� sottoscrizione�dei�relativi�decreti�interministeriali�di�concessione,�peraltro� non�ancora�efficaci.� Per�i�procedimenti�di�affidamento�avviati�in�relazione�a�istanze�presen- tate�prima�dell'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�e�per�quelli�gia�perfe- zionati,�la�disciplina�di�transizione�introdotta�dal�legislatore�esclude�anche� l'applicazione�dell'articolo�704,�comma�1,�ai�sensi�del�quale��Alla�concessione� della�gestione�totale�aeroportuale�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�siprov- vede�con�decreto�del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�di�concerto� con�il�Ministro�dell'economia�e�dellefinanze�e,�limitatamente�agli�aeroporti�mili- tari�aperti�al�traffico�civile,�con�il�Ministro�della�difesa�.� Conseguentemente,�per�le�fattispecie�richiamate�dal�comma�2�dell'arti- colo�3�del�decreto�legislativo�n.�96/2005,�ferma�restando�la�vigilanza�del� Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�le�concessioni�di�gestione�totale� dovranno�ritenersi�perfezionate�all'esito�dei�procedimenti�di�competenza�del- l'ENAC.� Coerentemente�con�quanto�sostenuto,�l'ultima�parte�dell'art.�3,� comma�2,�dispone�che:��...�le�societa�istanti�possono�chiedere�...�al�Ministro� delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�la�nomina�di�un�Commissario�ad�acta,�il�quale� neisuccessivisessanta�giorniprovvede�sull'istanza,�provvedendo�alrilascio�della� concessione�una�volta�verificato�ilpossesso�dei�necessari�requisiti.�.� La�disposizione,�partendo�dal�presupposto�oggettivo�del�superamento� del�tempo�massimo�di�un�anno�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo� e�della�mancanza�di�un�provvedimento�di�concessione,�legittima�il�soggetto� che�abbia�richiesto�la�concessione�a�rivolgersi�al�Ministro�affinche�nomini� un�Commissario�ad�acta,�inteso�quale�organo�straordinario,�incaricato�di� definire�gli�adempimenti�non�perfezionati�dall'Ente.� Pertanto,�il�Commissario�non�solo�provvede�sull'istanza,�curando�il�com- pletamento�delle�fasi�istruttorie�riguardanti�l'accertamento�dei�requisiti�stabi- liti�dal�regolamento�n.�521,�l'esame�e�la�valutazione�dei�programmi�di�inter- vento�pluriennali�comprensivi�dei�piani�di�investimento�ed�economico-finan- ziari�ai�fini�della�determinazione�della�durata�dell'affidamento,�ma,�una� volta�ultimata�tale�fase,�deve�altres|�curare�la�sottoscrizione�della�conven- zione�di�affidamento�e�del�contratto�di�programma,�provvedendo�infine�al� rilascio�della�concessione.� DOTTRINA�303 La�norma,�dunque,�attribuisce�al�Commissario�la�competenza�ad�adot- tare�l'atto�conclusivo�del�procedimento,�operandosi,�quindi,�in�capo�all'or- gano�straordinario�dell'ENAC�una�concentrazione�di�attivita�fin�qui�ripartite� tra�soggetti�diversi.� Il�nuovo�assetto�di�competenze�appena�delineato�induce�a�ritenere�che�il� legislatore�abbia�voluto�ricondurre�integralmente�in�ambito�ENAC�la�defini- zione�dei�procedimenti�di�affidamento�delle�gestioni�totali�cui�fa�riferimento� il�comma�2�dell'art.�3,�sia�per�le�attivita�istruttorie�che�per�l'emanazione�del� provvedimento�di�concessione.� Al�riguardo,�si�segnala�che�la�IX�Commissione�Trasporti,�nel�corso�di� dibattiti�successivi�all'emanazione�del�decreto�legislativo�n.�96/2005�ha�avuto� modo�di�affermare�che�nel�redigere�le�modifiche�al�citato�codice,�si�e�previsto,� all'articolo�716,�che�le�disposizioni�di�cui�all'articolo�704,�commi�1�e�2,�del� codice�della�navigazione,�come�modificato�dal�decreto�legislativo,�non�si� applichino�ai�procedimenti�concessori�originati�da�istanze�presentate�antece- dentemente�all'entrata�in�vigore�del�medesimo�decreto.�A�quei�provvedimenti� concessori�per�i�quali�la�domanda�sia�stata�presentata�precedentemente�si� dovrebbe�quindi�applicare�non�questa�norma�ma�la�disposizione�prevista�dal- l'articolo�704,�comma�3,�secondo�cui�l'affidamento�in�concessione�e�subordi- nato�all'ottenimento�da�parte�del�gestore�aeroportuale�della�apposita�certifi- cazione�rilasciata�dall'ENAC�e�alla�sottoscrizione�di�una�convenzione�e�di� un�contratto�di�programma�tra�il�gestore�aeroportuale�e�l'ENAC,�nel�rispetto� delle�direttive�emanate�dal�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti.� Le�indicazioni�della�Commissione�Parlamentare�che,�sul�punto,�si�e� espressa�senza�distinzioni�di�appartenenza�politica,�assumono�una�valenza� interpretativa�autentica�da�cui�l'Amministrazione�non�potra�discostarsi�facil- mente,�sembrano�confermare�che�la�ratio legis e�quella�di�portare�a�termine,� attraverso�lo�strumento�della�semplificazione�procedimentale�e�della�concen- trazione�di�competenze�in�capo�ad�un�unico�soggetto�(l'ENAC),�quella� riforma�delle�gestioni�aeroportuali�concepita�nell'ormai�lontano�1993,�quan- tomeno�con�riferimento�a�quelle�tuttora�pendenti�e�rispetto�alle�quali�l'ammi- nistrazione�non�e�riuscita�a�dare,�nell'ultimo�periodo,�positiva�e�definitiva� risposta.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Silenzio�inadempimento,�denuncia�di�inizio�attivita�,� silenzio�assenso,�accesso:�le�novita�della�legge�80/05� di Maria Vittoria Lumetti SOMMARIO:�1.�Il�silenzio�e�la�conclusione�del�procedimento.�L'art.�2,�sosti- tuito�dall'art.�3,�comma�6�bis�della�legge�80/2005.�^2.�La�legge�80/05� prevedelapossibilita�dapartedelG.A.�diconoscerelafondatezzadel- l'istanza.�^3.�Il�rito�speciale�del�silenzio�introdotto�dalla� legge�205/2005�e�modificato�dalla�legge�80/2005.�^4.�L'oggetto�del� giudizio�amministrativo�del�rito�del�silenzio�e�gli�orientamenti�dottrinari� e�giurisprudenziali.�^5.�La�riforma�dell'art.�18�l'art.�3,�comma�6�novies� aggiunge�il�comma�2�bis�^6.�L'art.�19�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�1� legge�80/2005.�La�denuncia�di�inizio�attivita�.�La�natura�giuridica�della� d.i.a.�e�la�riformulazione�dell'art.�19.�^7.�L'art.�20�legge�241/2005�e� sostituito�dall'art.�3,�comma�6�ter�della�legge�80/2005.�^8.�L'�art.�21�e� riformato�dall'art.�3,�6�novies�della�legge�80/2005�^9.�In�materia�di� accesso�viene�introdotta�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�L'art.�3,� comma�6deciesaggiunge�ilcomma5all'art.�25.� 1.�Il�silenzio�e�la�conclusione�del�procedimento.�L'art.�2,�sostituito�dall'art.�3,� comma�6�bis�della�legge�80/2005.� La�legge�n.�80/2005�ha�portato�a�novanta�i�giorni�a�disposizione�del- l'amministrazione�per�concludere�il�procedimento.�In�effetti�trenta�giorni� apparivano�eccessivamente�esigui�per�far�fronte�all'enorme�carico�di�lavoro� delle�amministrazioni.� Prevede,�anche,�la�possibilita�per�il�giudice�di�conoscere�la�fondatezza� dell'istanza�proposta�da�parte�del�giudice�amministrativo.� 2.�La�legge�80/05prevede�lapossibilita�daparte�del�G.A.�di�conoscere�lafonda- tezza�dell'istanza� La�legge�n.�80�del�2005�ha�innovato�l'art.�2�della�legge�241/1990,�che� non�era�stato�sul�punto�toccato�dalla�legge�n.�15.� L'art.�6�bis�della�legge�ha�inserito�un�inciso�al�comma�5�dell'art.�2:� �Il�giudice�amministrativo�puo�conoscere�della�fondatezza�dell'istanza�.� In�questo�modo�viene�riconosciuta�la�possibilita�per�il�giudice�amministra- tivo�di�sindacare�anche�il�merito�dell'istanza�e�di�pronunciarsi�sulla�richiesta�atto- rea,�senza�limitarsi�a�dichiarare�l'obbligo�per�la�P.A.�di�pronunciarsi�tout�court.� La�legge,�tuttavia,�non�recepisce�l'orientamento�che�si�era�formato�in� giurisprudenza�a�seguito�dell'�ad.�plen.�del�Consiglio�di�Stato,�9�gennaio� 2001,�n.�1.� L'ad.�plen.,�infatti,�facendo�chiarezza�in�merito�al�dibattito�dottrinario� che�si�era�sviluppato�a�seguito�dell'introduzione�del�rito�speciale�del�silenzio� da�parte�della�legge�205/2000,�aveva�limitato�i�poteri�del�giudice�amministra- tivo�in�tema�di�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.� DOTTRINA�305 In�caso�di�ricorso�avverso�il�silenzio,�la�cognizione�del�giudice�era�limi- tata�all'accertamento�dell'illegittimita��dell'inerzia�dell'amministrazione�e�non� si�estendeva�all'esame�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato� (sentenza�di�mero�accertamento).� Prima�della�legge�80/2005�il�compito�del�giudice�era�esclusivamente� quello�di�accertare�se�il�silenzio�della�P.A.�fosse�o�non�fosse�illegittimo�e,�in� caso�di�accoglimento�del�ricorso,�di�ordinare�alla�P.A.�di�provvedere�sull'i- stanza�avanzata�dal�soggetto�privato�nominando,�nell'eventualita��di�ulteriore� inerzia,�un�commissario�ad acta.� Il�giudice,�pertanto,�non�si�sostituiva�alla�P.A.�in�nessuna�fase�del�giudi- zio,�ma�accertava�l'illegittimita��o�meno�del�silenzio.� Ora,�invece,�ha�il�potere�discrezionale�di�pronunciarsi�anche�nel�merito� della�questione.� 3. Il rito speciale del silenzio introdotto dalla legge 205/2005 e modificato dalla legge 80/2005.� L'introduzione,�con�la�legge.�205/2005,�nel�contesto�della�riforma�del� processo�amministrativo,�di�una�regola�processuale�speciale�(che�si�accosta� ad�altre�forme�di�riti�speciali)�per�i�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.,� ha�sortito�l'effetto�di�rilanciare�il�dibattito�dottrinario�e�giurisprudenziale� sulla�questione�della�tutelabilita��delle�situazioni�giuridiche�soggettive�dei�pri- vati�nell'ipotesi�di�mancata�adozione�del�provvedimento�amministrativo.� Il�rito�e�incentrato�sulla�emanazione�in�tempi�brevi�di�una�sentenza�del� giudice�amministrativo�che�ordina�alla�P.A.�di�provvedere�e�su�una�succes- siva,�eventuale,�seconda�fase,�costituita�da�un�giudizio�di�ottemperanza�spe- ciale�o�anomala,�che�si�apre�con�l'insediamento�di�un�commissario�in�sostitu- zione�dell'amministrazione�rimasta�inadempiente�all'ordine�del�giudice.� La�legge�205/2000�persegue,�com'e��noto,�principalmente�tre�obiettivi:� l'acceleramento�dei�processi(1),�la�semplificazione�e�deflazione�dei�procedi- menti,�il�recepimento�a�livello�legislativo�dei�principi�elaborati�dalla�giuri- sprudenza.� Alla�base�della�riforma�del�processo�amministrativo,�infatti,�vi�e��l'insop- primibile�necessita��di�rendere�effettivo�il�collegamento�tra�diritto�sostanziale� e�processo,�tra�situazione�giuridica�di�tipo�pretensivo�e�la�tutela�giurisdizio- nale�di�annullamento,�al�fine�di�realizzare�la�completa�attuazione�degli� artt.�24�e�113�della�Costituzione.� Per�la�prima�volta�il�legislatore�ha�introdotto�un�giudizio�sul�silenzio:�un� modello�similare�esisteva�solo�nei�trattati�Ceca�e�Cee.� La�legge�205,�come�detto,�introduce�una�regola�processuale�speciale:�i� ricorsi�avverso�il�silenzio�inadempimento,�potranno�decidersi�direttamente� in�camera�di�consiglio,�e�non�a�seguito�di�pubblica�udienza,�analogamente�a� quanto�avviene�per�la�domanda�cautelare.� (1)�Interessante�e��notare�che�anche�Giustiniano�ordino��ai�giudici�di�decidere�una�causa� entro�3�anni�(ne litesfiant immortales).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�problema�relativo�al�tipo�di�azione�esperibile�al�fine�di�superare�il� silenzio�dell'Amministrazione,�di�cui�si�e�discusso�in�dottrina�(2),�pare�oggi� risolto�per tabulas dall'art.�21�bis.� Tale�soluzione,�peraltro,�riduce�anche�le�distanze�tra�processo�ammini- strativo�e�processo�civile,�in�quanto�ora�il�processo�amministrativo�e�conce- pito�anche�come�giudizio�sul�rapporto�e�non�sull'atto.� L'art.�21�bis della�legge�T.A.R.�cos|�come�riformato�dalla�legge�205�del� 2000,�ha�introdotto,�dunque,�un�sensibile�mutamento.� La�forma�della�decisione�consiste�in�una�sentenza�motivata�succinta- mente,�come�previsto�dall'art.�9�della�stessa�legge�205/2000.� I�termini�sono�estremamente�concentrati,�sia�per�il�primo�che�per�il� secondo�grado.� Ma�la�vera�novita�risiede�nell'art.�21,�comma�2:�accolto�in�tutto�o�in� parte�il�ricorso�di�primo�grado�il�G.A.,�se�persiste�l'inerzia�dell'Amministra- zione�ordina,�con�la�stessa�pronuncia�conclusiva,�di�provvedere�e,�in�caso�di� ulteriore�inerzia,�nomina�un�commissario�ad acta.� L'intuizione�della�stigmatizzazione�del�collegamento�logico�tra�accerta- mento�e�condanna�^strumenti�coercitivi�e�sostitutivi,�concretizza�un�accerta- mento�con�funzione�prodromica�alla�fase�dell'esecuzione,�che�si�conclude� con�una�sentenza,�come�tale�idonea�al�giudicato.� Attraverso�la�disposizione�dell'art.�21�bis,�fa�ingresso�nel�processo�ammi- nistrativo�a�favore�del�privato�l'azione�di�condanna�intentata�nei�confronti� della�P.A.,�al�fine�di�ottenere�un�provvedimento.� La�possibilita�di�condannare�la�P.A.�ad�un�facere specifico�e�una�asso- luta�novita�nel�nostro�ordinamento�(che�puo�riecheggiare�gli�interventi�preto- rili�in�materia�di�salute�degli�anni�settanta).� C'e�un�insieme�di�istituti�gia�preesistenti:�cio�si�evince�soprattutto�nella� seconda�fase.� D'altronde,�si�era�proprio�auspicato�un�intervento�del�legislatore�volto�a� �eliminare�l'inconveniente�di�dover�proporre�due�ricorsi�(uno�per�accertare� l'inerzia,�l'altro�per�l'ottemperanza�all'obbligo�di�provvedere)�e�quindi�abbre- viare�considerevolmente�i�tempi�necessari�per�ottenere�giustizia��(3).� La�seconda�fase,�infatti,�e�strutturata�come�un�giudizio�di�ottemperanza� speciale�o�anomalo,�con�la�possibilita�di�nominare�un�commissario�ad acta.� La�legge�delega�prevede�che�il�processo�civile�possa�essere�il�modello�di� riferimento.� (2)�G.�Vacirca,�Notesull'evoluzionedellagiurisprudenza inmateriadisilenzio dellapub- blica amministrazione,in�Foro amm.,�1989,�440.� (3)�G.�Vacirca,�Note...op.cit., 440,�ove�tuttavia�si�segnala�il�rischio�che��una�disciplina� legislativa�dei�rimedi�contro�il�silenzio-rifiuto�irrigidisca�l'istituto,�privando�il�giudice�di�ogni� margine�di�discrezionalita�,�il�che�potrebbe�aggravare�anziche�risolvere�certi�problemi�dell'at- tivita�amministrativa�.� DOTTRINA�307 Nell'art.�21�bis il�silenzio�rileva,�dunque,�come�fatto�avente�valore�di�pre- supposto�processuale�che,�di�conseguenza,�consente�di�adire�il�giudice�ammi- nistrativo�(4).� Il�giudizio,�dunque,�e�distribuito�in�due�fasi:�la�prima�fase�di�cognizione� e�la�seconda�di�ottemperanza�(il�commissario�ad acta deve�verificare�se�l'Am- ministrazione�ha�adempiuto).� Si�profila�un�rito�camerale�a�cognizione�sommaria,�che�potrebbe�essere�con- siderato�a�cognizione�piena,�visto�che�e�prevista�l'�emanazione�di�una�sentenza.� E�un�micro�giudizio,�un�segmento�di�tutela�tipico�della�giurisdizione� esclusiva,�un�innesto�tra�procedimento�e�processo,�in�cui�l'esigenza�di�tempi� accelerati�si�coniuga�con�l'emanazione�di�una�sentenza�da�adottare�in�camera� di�consiglio.� Con�la�205�il�legislatore�e�stato�pragmatico:�e�possibile�individuare�la� causa petendi dell'azione�nella�valutazione�contenutistica�e�sostanziale�del� provvedimento,�al�fine�di�orientare�la�condotta�successiva,�anche�per�il�com- missario�ad acta,e�il�petitum nell'ordine�nei�confronti�della�P.A.�di�adottare� un�determinato�provvedimento,�indipendentemente�dal�suo�contenuto.� Il�rito�del�silenzio�si�chiude�con�una�sentenza�che�contiene,�tuttavia,�l'ac- certamento�della�violazione�ed,�in�piu�,�i�germi�dell'esecuzione:�vi�e�,�infatti,� stigmatizzato�un�collegamento�logico�tra�accertamento�e�condanna�e�stru- menti�coercitivi�e�sostitutivi,�ove�risulta�agevole�cogliere�la�sequenza�corretta� di�tale�intuizione�(5).� Si�tratta�di�un�rito�variabile�il�cui�contenuto,�sotto�il�profilo�degli�snodi,� non�e�rigidamente�precostituito,�ma�e�flessibile,�per�essere�adattato�al�caso� concreto,�in�aderenza�a�quanto�auspicato�in�dottrina�(6).� Il�rito�camerale,�in�un�contesto�fortemente�tipizzato�come�quello�del� silenzio,�e�il�piu�idoneo�a�tutelare�il�privato,�in�quanto�garantisce�sia�il�princi- pio�della�effettivita�sia�quello�della�efficienza.� Attraverso�la�disposizione�dell'art.�21�bis fa�ingresso,�dunque,�nel�pro- cesso�amministrativo,�a�favore�del�privato,�l'azione�di�condanna�intentata� nei�confronti�della�P.A.,�al�fine�di�ottenere�un�provvedimento.� (4)�Gli�artt.�33,�34,�35�del�d.lgs�80/1998�registrano,�infatti,�una�evoluzione�ed�un�supera- mento�della�struttura�del�processo�amministrativo�come�processo�da�ricorso,�con�la�conse- guente�nascita�di�un�processo�intermedio�tra�il�processo�amministrativo�classico�e�il�processo� civile.�Eloquente�si�configura,�inoltre,�la�modifica�del�comma�2�dell'art.�111,�Cost.�che�ha� sancito�l'introduzione�a�livello�costituzionale�del�principio�del�giusto�processo,�con�evidenti� risvolti�anche�sul�processo�amministrativo.� E�da�notare�che�nella�originaria�impostazione�del�processo�amministrativo�la�sentenza� costitutiva�rappresentava�l'unico�sbocco�possibile,�e�cio'�a�causa�della�primigenia�costruzione� di�tale�processo�sulla�falsariga�del�modello�del�controllo�sull'atto.� (5)�L'art.�21�bis presenta�un'analogia�con�il�tenore�letterale�e�con�il�meccanismo�proces- suale�previsto�dall'art.�25,�comma�4�e�5�legge�241/1990�in�tema�di�accesso,�ora�ritoccato�dal- l'art.�4�legge�205.�La�norma,�infatti,�e�calibrata�sul�tipo�di�condotta�tenuta�in�concreto�dal- l'Amministrazione�e�non�sul�tipo�di�posizione�giuridica�fatta�valere�dal�privato�(diritto�sog- gettivo�o�interesse�pretensivo)�o�utilitas che�lo�stesso�vuole�trarre.� (6)�G.�Vacirca, Note...op.cit., 440.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�riforma�del�rito�del�silenzio�e�in�linea�con�le�recenti�direttive�legisla- tive:�negoziabilita��,�compartecipazione�del�potere,�effettivita��della�tutela�giuri- sdizionale.� A�tal�fine�si�evidenzia�la�specialita��del�diritto�amministrativo,�inteso�alla� maniera�kelseniana:�non�come�estraneita��all'ordinamento�giuridico,�ma�come� riconducibilita��a�regole�in�parte�diverse�da�quelle�del�diritto�privato�proprio� in�ragione�della�sua�specialita��.� E�opportuno�precisare�che�l'art.�21�bis presenta�un'analogia�con�il�tenore� letterale�e�con�il�meccanismo�processuale�previsto�dall'art.�25,�co�4�e�5�legge� 241/1990�in�tema�di�accesso,�ora�ritoccato�dall'art.�4�della�legge�205.� La�norma�e��calibrata�sul�tipo�di�condotta�tenuta�in�concreto�dall'Ammi- nistrazione,�e�non�sul�tipo�di�posizione�giuridica�fatta�valere�dal�privato� (diritto�soggettivo�o�interesse�pretensivo)�o�utilitas che�lo�stesso�vuole�trarre.� Si�rinvengono�differenze�tra�la�figura�del�commissario�ad acta nel�giudi- zio�sul�silenzio�e�in�quello�di�ottemperanza,�scaturenti�dalla�diversa�struttura� dei�due�tipi�di�giudizi.� Nel�giudizio�sul�silenzio�la�nomina�e��imposta�dalla�legge,�nel�giudizio�di� ottemperanza,�invece,�e��discrezionale.� La�circostanza�che�per�l'esecuzione�del�decisum la�nomina�del�commissa- rio�ad acta rappresenti�un�atto�dovuto�piuttosto�che�una�facolta��del�giudice,� e��indice�del�fatto�che�le�valutazioni�discrezionali�debbano�essere�effettuate� non�dal�giudice,�ma�proprio�dal�commissario�ad acta,�in�quanto�organo�che� salvaguardia�un�qualche��diaframma��fra�potere�giurisdizionale�e�potere� amministrativo�(7).� 4. L'oggetto del giudizio amministrativo del rito del silenzio e gli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali Nell'ambito�del�paradigma�impugnatorio-caducatorio�della�giurisdizione� generale�di�legittimita��le�ricostruzioni�dottrinarie�sono�principalmente�due.� Per�un�primo�orientamento�il�processo�amministrativo�e��un�processo� sull'atto,�per�il�secondo�l'oggetto�del�processo�e�costituito�dal�rapporto�ammi- nistrativo� Per�quest'ultimo�orientamento�il�giudizio�amministravo�sarebbe�inca- pace�di�tutelare�le�situazioni�giuridiche�lese�dall'assenza�di�un�provvedimento� amministrativo,�proprio�come�nell'ipotesi�del�silenzio�inadempimento.� (7)�Anche�nell'ipotesi�del�giudizio�di�ottemperanza,�tuttavia,�si�e�registrata�una�inver- sione�di�tendenza�rispetto�al�passato:�l'utilizzo�dello�strumento�del�commissario�ad acta e�� rimesso�ad�una�valutazione�di�opportunita��da�parte�del�giudice�(Cass.�sez.�un.,�28�giugno� 1991,�n.�7226,�in�Giust. civ.,�1992,�I,�759).�Cfr.�inoltre,�sul�delicato�rapporto�tra�poteri�del�giu- dice�e�rispetto�della�discrezionalita��dell'Amministrazione,�G.�Vacirca,�Note...op.cit., 440:� �...specie�quando�la�discrezionalita��sia�molto�ampia,�come�nel�caso�di�poteri�pianificatori�il� cui�esercizio�sia�obbligatorio,�non�sono�agevolmente�individuabili�i�presupposti�rilevanti�ai� fini�delle�valutazioni�dell'amministrazione�e�costituirebbe,�comunque,�un�grave�inconve- niente�coprire�con�l'autorita��di�giudicato�accertamenti�complessi,�destinati�ad�essere�utiliz- zati�in�provvediementi�suscettibili�di�coinvolgere�interessi�di�numerosi�soggetti,�estranei�al� giudizio�.� DOTTRINA�309 E�proprio�in�tal�caso�che�il�giudizio�cassatorio�manifesterebbe�la�propria� inadeguatezza,�a�causa�del�suo�carattere�meramente�rescindente.� Ne�esce�dunque�rafforzata,�in�base�a�questa�teoria,�l'idea�della�coinci- denza�tra�posizione�giuridica�soggettiva�oggetto�dell'istanza�del�privato� rivolta�al�giudice�amministrativo�e�oggetto�del�giudizio�amministrativo.� Verrebbe,�dunque,�esaltata�la�contiguita�tra�norme�sostanziali�attributive� di�posizioni�giuridiche�e�norme�processuali�garanti�di�tali�posizioni,�in�osse- quio�ad�una�sorta�di�immanenza�dell'azione�di�accertamento�nel�giudizio� amministrativo.� In�dottrina�si�e�discusso�sul�fatto�se�il�giudizio�di�cui�all'art.�21�bis abbia� ad�oggetto�un�mero�obbligo�di�provvedere�o�anche�la�valutazione�della�fon- datezza�della�domanda�e�del�dovere�di�provvedere�favorevolmente.� Per�parte�della�dottrina�l'accoglimento�di�una�tesi�riduttiva�del�conte- nuto�della�sentenza�di�condanna�emanabile�dal�G.A.,�consistente�nel�mero� riscontro�della�scadenza�del�termine�nel�quale�si�doveva�emanare�un�qualun- que�provvedimento,�risulterebbe�in�contrasto�con�profili�costituzionali,� testuali,�di�ricostruzione�generale�del�sistema,�oltre�che�risultare�fortemente� anacronistica.� Un�terzo�orientamento�ha�ritenuto�di�individuare�la�tipologia�della�pronun- cia�in�base�al�carattere�vincolato�o�discrezionale�dell'attivita�amministrativa.� Nella�ipotesi�di�silenzio�inadempimento�serbato�dall'amministrazione� avverso�una�istanza�del�privato�volta�ad�ottenere�un�provvedimento�vinco- lato,�tale�tesi�ritiene�che�sia�possibile�che�il�giudice�si�pronunci�anche�sul� merito�della�richiesta.� Si�osserva�che�la�stessa�legge�n.�205�del�2000�ha�previsto�all'art.�7,�in� sede�di�giurisdizione�generale�del�giudice�amministrativo,�la�possibilita�di� condannare�al�risarcimento�anche�in�forma�specifica,�del�danno�da�lesione� di�interesse�legittimo�(8).� La�legge,�tuttavia,�non�recepisce�l'orientamento�che�si�era�formato�in� giurisprudenza�a�seguito�dell'�ad.�plen.�del�Consiglio�di�Stato,�9�gennaio� 2001,�n.�1.� L'ad.�plen.,�infatti,�facendo�chiarezza�in�merito�al�dibattito�dottrinario� che�si�era�sviluppato�a�seguito�dell'introduzione�del�rito�speciale�del�silenzio� da�parte�della�205/2000,�aveva�limitato�i�poteri�del�giudice�amministrativo� in�tema�di�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.� In�caso�di�ricorso�avverso�il�silenzio,�la�cognizione�del�giudice�era�limi- tata�all'accertamento�dell'illegittimita�dell'inerzia�dell'amministrazione�e�non� si�estendeva�all'esame�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato� (sentenza�di�mero�accertamento).� (8)��Il�processo�amministrativo�e�imperniato�sul�principio�della�domanda,�in�virtu�del� quale�il�giudice�non�puo�di�propria�iniziativa�procedere�^ne procedeat judex ex officio,ne� puo�esorbitare�dai�limiti�della�domanda�di�parte�^ne eatjudex ultra velextrapetitapartium�.� �Troppe�tracce�a�livello�costituzionale�fanno�presumere�che�sia�immanente�nel�nostro�ordi- namento�il�limite�della�cognizione�dell'autorita�giurisdizionale�alla�sola�sfera�di�legittimita��.� L'art.�95�della�Costituzione�esprime�il�principio�dell'unita�dell'indirizzo�politico,�che�ver- rebbe�meno�in�caso�di�ingerenze�da�parte�del�giudice�^G.�Vacirca, op. cit. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Prima�della�legge�80/2005�il�compito�del�giudice�era�esclusivamente� quello�di�accertare�se�il�silenzio�della�P.A.�fosse�o�no�illegittimo�e�in�casodi� accoglimento�del�ricorso,�di�ordinare�alla�P.A.�di�provvedere�sull'istanza� avanzata�dal�soggetto�privato�nominando,�nell'eventualita�di�ulteriore�iner- zia,�un�commissario�ad�acta.� Il�giudice,�pertanto,�non�si�sostituiva�alla�P.A.�in�nessuna�fase�del�giudi- zio,�ma�accertava�l'illegittimita�o�meno�del�silenzio.� Ora,�invece,�ha�il�potere�discrezionale�di�pronunciarsi�anche�nel�merito� della�questione.� In�ogni�caso,�a�seguito�dell'ampliamento�del�campo�di�applicazione�degli� artt.�19�e�20,�determinato�anche�dalla�legge�n.�80/2005,�sono�ormai�eccezio- nali�i�casi�in�cui�l'inerzia�della�P.A.�continua�a�non�avere�valore�provvedi- mentale.� 5.�La�riforma�dell'art.�18.�L'art.�3,�comma�6�novies�aggiunge�il�comma�2�bis�(*)� Al�comma�2�dell'art.�18�e�aggiunto�il�comma�2�bis�dall'art.�3,�comma�6� nonies.� Nella�sostanza,�conferma�la�possibilita�per�l'amministrazione,�di�acqui- sire�d'ufficio�i�documenti�in�suo�possesso�riguardanti�atti,�fatti,�qualita�efatti� soggettivi�necessari�per�l'istruttoria�del�procedimento.� La�possibilita�si�estende�anche�nel�caso�in�cui�i�documenti�siano�detenuti� da�altre�amministrazioni.� Rilevante�e�l'inciso�finale�che�permette�comunque�alla�P.A.�di�richiedere� all'interessato�gli�elementi�necessari�per�la�ricerca�dei�documenti,�pur�limi- tando�la�richiesta�solo�ed�esclusivamente�ai�suddetti�elementi�di�ricerca.� Il�tutto�in�una�ottica�di�collaborazione�procedimentale�tra�P.A.�e�privato� che�non�prevede�obblighi�solo�in�capo�all'Amministrazione�ma�anche�all'i- stante.� 6.�L'art.�19�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�1�legge�80/2005.�La�denuncia�di�inizio� attivita�.Lanaturagiuridicadellad.i.a.�elariformulazionedell'art.�19.� L'art.�3,�comma�1�della�legge�80/2005�riformula�interamente�l'art.�19,� che�non�era�invece�stato�modificato�dalla�legge�15,�liberalizzando�tutte�le�atti- vita�private�prima�sottoposte�a�provvedimenti�autorizzativi�il�cui�rilascio� dipenda�esclusivamente�dall'accertamento�dei�requisiti�e�presupposti�di�legge.� Dopo�l'introduzione�della�d.i.a.�da�parte�della�241�e�gli�approfondimenti� introdotti�dalla�legge�537/1993,�si�erano�formati�due�orientamenti�in�dottrina� e�giurisprudenza.�Per�un�primo�orientamento�la�procedura�che�trae�inizio� dalla�presentazione�della�d.i.a.,�informata�alla�semplificazione�e�alla�celerita�,� e�inidonea�ad�avviare�una�sequenza�procedimentale�assoggettata�alla�disci- plina�della�legge�n.�241/1990.�Ne�consegue�che�non�sussiste�l'obbligo�di� comunicare�l'avvio�del�procedimento�agli�eventuali�controinteressati.�Per�un� secondo�orientamento,�poi�confermato�dal�C.D.S.�(Consiglio�di�Stato,�Sez.� VI,�con�decisione�n.�6910/2004),�successivamente�all'entrata�in�vigore�del� (*)�Oltre�all'art.�2,�la�legge�n.�80�riforma�gli�artt.�18,�19,�20,�21,�comma�5,�25.� DOTTRINA�311 testo�unico�dell'edilizia,�la�d.i.a.�viene�qualificata�come�istanza�autorizzatoria� che,�per�effetto�del�decorso�del�tempo,�provoca�la�formazione�di�un�provvedi- mento�tacito�di�accoglimento.�La�legge�80�accoglie�la�tesi�provvedimentale� in�quanto�sancisce�che��resta�salvo�il�potere�dell'amministrazione�di�assu- mere�determinazione�in�via�di�autotutela,�ai�sensi�degli�artt.�21�quinquies�e� 21�nonies�.�Le�attivita��indicate�nella�norma�possono�essere�iniziate�decorsi� trenta�giorni�dalla�presentazione�della�dichiarazione�all'autorita��competente.� Il�vaglio�dell'amministrazione�da�preventivo�diviene�successivo:�fino�a�trenta� giorni�dall'inizio�dell'attivita��e�sufficiente�accertare�la�carenza�dei�presupposti� per�inibirne�la�continuazione.�Decorso�tale�termine�il�provvedimento�repres- sivo�potra��essere�assunto�solo�nell'esercizio�del�potere�di�autotutela�di�cui�agli� artt.�21�quinquies�e21�nonies�legge�241.�E�pertanto�necessario�verificare�l'esi- stenza�di�un�interesse�pubblico�attuale�e�concreto�e�tenendo�conto�dell'affida- mento�che�l'inerzia�della�P.A.�ha�ingenerato�nel�privato�che�nel�frattempo� ha�iniziato�l'attivita��.�Il�comma�5�della�norma�stabilisce�che�ogni�controversia� relativa�all'applicazione�dei�commi�1,2,3,�e��devoluta�alla�giurisdizione�esclu- siva�della�giudice�amministrativo.� 7.�L'art.�20�legge�241/2005�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�6�ter�della�legge� 80/2005� Anche�l'art.�20�e��stato�interamente�riformulato�dalla�legge�89/2005.� Com'e��noto�l'art.�20�della�legge�241/1990�ha�generalizzato�il�silenzio� assenso�e�disciplinato�in�senso�ampliativo�un�istituto�gia��conosciuto�dall'ordi- namento�giuridico.� La�norma�regola�le�ipotesi�nelle�quali�la�richiesta�di�un�determinato� provvedimento�autorizzatorio�si�considera�accolta�qualora�entro�un�dato�ter- mine�la�P.A.�non�comunichi�all'interessato�il�provvedimento�di�diniego.� Oggetto�dell'istituto�del�silenzio�assenso�sono�le�attivita��private�ancora� sottoposte�al�vaglio�preventivo�dell'amministrazione.� La�generalizzazione�e��stata�ora�estesa�a�tutti�i�procedimenti�ad�istanza�di� parte�con�la�sola�eccezione�dei�provvedimenti�rilasciati�da�amministrazioni� preposte�alla�cura�di�interessi�qualificati�(difesa�nazionale,�pubblica�sicu- rezza,�immigrazione,�patrimonio�culturale�e�paesaggistico,�ambiente)�e�dei� casi�in�cui�la�normativa�comunitaria�impone�l'adozione�di�provvedimenti�for- mali.� Secondo�il�tenore�della�vecchia�norma�di�cui�all'art.�20�(non�toccata� dalla�legge�15�ma�riformata�dopo�due�mesi�dalla�legge�80)�il�silenzio�assenso� non�e��un�atto,�ma�un�titolo�autonomo�capace�di�produrre�effetti�equipollenti� a�quelli�derivanti�dal�provvedimento�amministrativo.� Com'e��noto,�il�silenzio�e��un�mero�fatto�giuridico:�consiste�nell'omissione� di�qualsiasi�manifestazione�di�volonta��ed�esso�come�tale�non�puo��assumere� alcun�significato,�ne�positivo�ne�negativo.� Non�deve�confondersi�con�la�manifestazione�di�volonta��:�il�silenzio�si� forma�quando�manca�assolutamente�una�espressione�della�volonta��della�P.A.� Affinche�il�silenzio�possa�assumere�un�determinato�significato,�tramu- tandosi�in�una�manifestazione�della�volonta��della�P.A.:�occorre�che�la�legge� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� attribuisca�ad�esso�un�valore�positivo�o�negativo�(silenzio�tipizzato),�ovvero� che�si�verifichi�in�circostanze�tali�da�conferirgli�il�significato�di�un�atto�con- cludente.� Il�silenzio�assenso�ha�trovato�ampia�applicazione�in�materia�urbanistica� ed�edilizia� La�fattispecie�del�silenzio�assenso�e�stata�introdotta�con�l'art.�8�d.l.� 25�gennaio�1982�n.�9,�convertito�nella�legge�25�marzo�1982�n.�94,�in�materia� di�concessioni�edilizie,�in�merito�a�interventi�ben�definiti�(cd.legge�Nicolazzi� art.�31).� Tale�norma�aveva�carattere�eccezionale�e�come�tale�non�era�suscettibile� di�applicazione�analogica.� Secondo�la�pregressa�normativa,�l'annullamento�di�un�silenzio�assenso� non�determinava�l'eliminazione�di�un�atto,�bens|�solo�degli�effetti�giuridici� prodotti�per�l'inerzia�della�P.A.� Ora,�invece,�l'art.�6�ter�della�legge�80/2005�ha�mutato�i�termini�della� questione�ed�espressamente�ha�sancito�che:�il�silenzio�della�P.A.�equivalea� provvedimento�di�accoglimento�della�domanda.�Cio�anche�ai�fini�dell'appli- cabilita�delle�nuove�norme�sull'autotutela�di�cui�al�capo�IV�bis�della�legge� 15/2005.� 8.�L'�art.�21�e�riformato�dall'art.�3,�6�novies�della�legge�80/2005.� All'art.�21�e�aggiunto�il�seguente�comma:��Restano�ferme�le�attribuzioni� di�vigilanza,�prevenzione�e�controllo�su�attivita�soggette�ad�atti�di�assenso� da�parte�di�P.A.�previste�da�leggi�vigenti,�anche�se�e�stato�dato�inizio�all'atti- vita�ai�sensi�degli�artt.�19�e�20�.� La�norma�conferma�che�i�poteri�di�vigilanza�e�di�controllo�si�estendono� anche�ai�casi�di�cui�agli�artt.�19�e�20�.� 9.�In�materia�di�accesso�viene�introdotta�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.� L'art.�3,�comma�6�decies�aggiunge�il�comma�5�all'art.�25.� La�nuova�norma�attribuisce�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice� amministrativo�l'intera�materia�dell'accesso,�con�cio�dirimendo�le�varie�dia- tribe�circa�la�natura�giuridica�dell'accesso�ed�il�riparto�di�competenza.� Com'e�noto,�si�sono�formate�due�contrapposte�teorie�circa�la�natura�giu- ridica�dell'accesso:�la�prima�ne�sosteneva�la�natura�di�diritto�soggettivo� (all'informazione),�la�seconda�di�interesse�legittimo.� Quest'ultima�argomentava�proprio�dal�fatto�che�mancava�una�previsione� espressa�legislativa�attributiva�di�competenza�esclusiva�al�T.A.R.�(9)� (9)�V.Poli,�Il�riparto�di�giurisdizione,in�Trattato�di�giustizia�amministrativa�acura�diF.� Caringella�e�R.�Garofoli,�tomo�II,�1132.�T.A.R.�Toscana,�I,�2�febbraio�2004,�n.�266:��E� improcedibile�per�difetto�di�interesse�ad�agire�la�richiesta�di�accesso�agli�atti�se�non�risulta� impugnato�il�rinnovo�del�diniego�di�accesso�ed�e�inammissibile�se�non�viene�notificato�ai� controinteressati�,�con�commento�di�M.V.�Lumetti,�Accesso,�riservatezza�e�tutela�dei�con- trointeressati,in�www.arsg.it.ein�Rass.�Avv.�Stato,�2004.� DOTTRINA�313 Le�modifiche�della�legge�15/2005�sembrano�avere�un�contenuto�piu� restrittivo�rispetto�all'originario�testo�dell'art.�22�della�legge�n�241�del�1990:� l'art.�22,�comma�1,�l.�b qualifica�soggetti�interessati�all'accesso��tutti�i�sog- getti�privati�che�abbiano�un�interesse�diretto�concreto�e�attuale,�corrispon- dente�ad�una�situazione�giuridicamente�tutelata�e�collegata�al�documento�al� quale�e�chiesto�l'accesso�(10).� L'introduzione�della�regola�della�giurisdizione�esclusiva�del� G.A.�comporta�una�maggiore�incisivita�del�sindacato�giurisdizionale,� soprattutto�dopo�il�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�(11)�e�la�legge �������� (10)��In�ogni�caso,�era�apparso�chiaro�fin�dai�primi�anni�di�applicazione�della�legge�sul� procedimento�amministrativo�che�il�legislatore�del�1990�non�aveva�inteso�introdurre,�in� materia�di�accesso,�un�nuovo�tipo�di�azione�popolare,�dal�momento�che�il�riconoscimento,� nel�testo�originario�dell'art.�22�della�legge�n.�241,�del�diritto�di�accedere�ai�documenti�ammi- nistrativi��a�chiunque�vi�abbia�interesse�per�la�tutela�di�situazioni�giuridicamente�rilevanti�,� pur�nella�sua�sintetica�linearita�,�conteneva�gia�le�attribuzioni�che�necessariamente�dovevano� sorreggere�l'interesse�di�colui�che�intendeva�richiedere�ad�una�pubblica�amministrazione�l'o- stensione�di�documenti�amministrativi...�L'ammissibilita�della�richiesta�di�accesso�del�pri- vato,�infatti,�era�ed�e�tuttora�condizionata�alla�dimostrazione,�da�parte�di�quest'ultimo,�di� essere�titolare�di�una�posizione�giuridicamente�rilevante�e�differenziata�a�conoscere�il�conte- nuto�di�determinati�atti�e,�quindi,�di�non�vantare,�rispetto�alla�richiesta�ostensione�degli� stessi,�un�mero�interesse�di�fatto�,�U. Giovannini,�La rimodulazione normativa in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge 11febbraio 2005 n. 15: la ridefinizione dei limiti e le nuove garanzie in caso di diniego di ostensione degli atti,in�questa�Rassegna, prossima�pubblicazione.� (11)�In�dichiarato�ossequio�allo�spirito�comunitario�la�c.d.�Bassanini�(n.�59/1997),� all'art.�11,�comma�4�,�lett.G da�un�lato�devolveva�al�G.O.�a�decorrere�dal�30�giugno�1998,� la�cognizione�delle�controversie�in�materia�di�pubblico�impiego�c.d.�privatizzato,�dall'altro� disponeva�la�contestuale�estensione�della�giurisdizione�esclusiva�alle�controversie�aventi�ad� oggetto�diritti�patrimoniali�consequenziali�ivi�compreso�il�risarcimento�del�danno,�in�materia� edilizia,�urbanistica�e�di�pubblici�servizi.�In�virtu�del�DL.31�marzo�80/1998�e�oggi�possibile� parlare�di�giurisdizione�specializzata,�ripartita�tra�giudice�ordinario�e�giudice�amministra- tivo,�pur�rimanendo�in�vita�taluni�limiti�interni�alla�giurisdizione�del�giudice�ordinario�nei� confronti�dell'atto�amministrativo�(vedi�artt.�4�e�5�della�legge�abolitrice�del�contenzioso� Amministrativo�n.�2248�del�1865,�allegato�E).�Gli�interventi�piu�consistenti�sui�criteri�di� riparto�si�sono�avuti�recentemente,�con�l'affermarsi�del�criterio�che�discrimina�le�giurisdi- zioni�per��blocchi��di�materie�ed�il�correlativo�ampliamento�della�giurisdizione�amministra- tiva�esclusiva.�Via�via�sono�state�assegnate�ai�TAR�in�ordine�sparso:�le�controversie�contro� l'attribuzione�o�il�rifiuto�di�concessione�edilizia�e�contro�le�determinazioni�e�la�liquidazione� dei�contributi�e�delle�sanzioni�in�materia�(art.�16�legge�28�gennaio�1977,�n.�10�sulla�edificabi- lita�dei�suoli);�le�controversie�in�materia�di�formazione,�conclusione�ed�esecuzione�sia�degli� accordi�fra�P.A.�e�privati�sostitutivi�di�provvedimenti�amministrativi�sia�degli�accordi�fra� P.A.�(artt.�11�e�15�della�legge�241�del�1990);�i�ricorsi�contro�i�provvedimenti�amministrativi,� compresi�quelli�sanzionatori�adottati�sulla�base�della�l.�antitrust�sulla�tutela�della�concor- renza�e�del�mercato�(titoli�dal�I�al�IV�della�legge�10�ottobre�1990,�n.�287);�le�controversie� relative�alla�riduzione�dei�prezzi�dei�contratti�pubblici�introdotta�dall'art.�6�della�legge� 24�dicembre�1993,�n.�537;�i�ricorsi�avverso�gli�atti�e�i�provvedimenti�delle�autorita�di�regola- zione�dei�servizi�pubblici�(art.�2,�25�comma,�della�legge�14�novembre�1995,�n.�481);�i�ricorsi� avverso�i�provvedimenti�dell'autorita�per�le�garanzie�nelle�telecomunicazioni�(art.�1,�26� comma�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249).�Con�il�decreto�80�sono�state�devolute�in�blocco� alla�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�tutte�le�controversie�in�materia�di�pubblici�servizi�(com- prese�le�materie�afferenti�al�credito,�alla�vigilanza�sulle�assicurazioni,�al�mercato�mobiliare,� al�servizio�farmaceutico,�ai�trasporti,�telecomunicazioni�e�ai�servizi�di�cui�alla�legge� 14�novembre�1995,�n.�481�(art.�33,�d.lgs.31�marzo�1998,�n.�80).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 205/2000�(12),�che�hanno�avvicinato�il�processo�amministrativo�alla�struttura� processuale�civilistica.� Com'e�noto,�tale�normativa�ha�inteso�assicurare�una�giurisdizione�pari- taria�a�quella�ordinaria�ed�ad�essa�alternativa�salvo,�poi,�la�battuta�d'arresto� imposta�dalla�sentenza�della�Corte�costituzionale�n.�204(13). �������� (12)�La�legge�n.�205�del�2000�ha�contenuti�ampi�e�reca�una�forte�convergenza�del�pro- cesso�amministrativo�sulle�linee�processuali�civilistiche�(la�civilizzazione�del�giudizio�ammi- nistrativo,�Villata, Pajno, Nigro,�pag.�92).�La�legge�potenzia�il�modello�della�giurisdizione� esclusiva,�comprensivo�di�materie�come�l'urbanistica,�l'edilizia,�i�servizi�pubblici�e�devolve� al�G.A.�la�cognizione�delle�questioni�risarcitorie�conseguenziali�in�tema�di�giurisdizione� esclusiva�e�di�legittimita�,�grazie�all'art.�7�della�legge�205/2000�che�riscrive�l'art.�7�della�legge� T.A.R.�In�tal�modo�la�giurisdizione�del�G.A.�si�tramuta�da�giurisdizione�mutilata�in�giurisdi- zione�piena,�in�quanto�capace�di�somministrare�tutte�le�possibili�forme�di�tutela�rivendicate� dal�ricorrente,�proprio�come�accade�nel�sistema�francese.�Al�momento�permane�l'esigenza� di�uno�sforzo�di�unificazione�(Abbamonte, Nigro,�pag.�92)�delle�norme�sul�processo�ammi- nistrativo�innanzi�ai�vari�organi�di�giustizia�amministrativa,�in�quanto�il�processo�ammini- strativo�non�ha�ancora�formato�oggetto�neppure�di�un�testo�coordinato�delle�norme�che�lo� disciplinano,�comprese�come�si�e�visto,�in�un�periodo�di�tempo�che�va�dal�1865�ai�nostri� giorni.� (13)�La�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�costituzionale,�com'e�noto,�ha�fortemente�ridi- mensionato�le�materie�di�giurisdizione�esclusiva�ex art.�33�e�3'�del�decreto�80,�come�modifi- cato�dalla�legge�n.�205�del�2000.� Ha�rilevato�il�connotato�quasi�accessorio�della�previsione�all'interno�dell'art.�103�Cost.� della�giurisdizione�esclusiva�rispetto�a�quella�generale�di�legittimita�,�nonche�la�presenza�di� confini�costituzionali�precisi�ed�invalicabili�da�parte�del�legislatore�ordinario,�circa�l'indivi- duazione�dei�casi�di�giurisdizione�esclusiva.� Sono�state�dunque�ripudiate�le�tesi�sostenute�in�dottrina�e�giurisprudenza�volte�a�consi- derare�illimitata�la�discrezionalita�del�legislatore�nell'introduzione�di�ipotesi�di�giurisdizione� esclusiva.�In�particolare,�la�Corte�ha�negato�che�il�riferimento�generico�all'interesse�pubblico� coinvolto�nella�fattispecie�e�la�presenza�della�P.A.�come�parte�processuale�sorreggano�legitti- mamente�dal�punto�di�vista�costituzionale,�una�previsione�di�giurisdizione�esclusiva.�La� discrezionalita�del�legislatore,�non�assoluta,�non�condizionata,�deve�dispiegarsi�con�la�indivi- duazione�di���particolari�materie���nelle�quali�la�tutela�nei�confronti�della�P.A.�investe�i� diritti�soggettivi,�ma�in�quanto�strettamente�connessi�all'adozione�di�atti�e�provvedimenti� autoritativi,�espressione�dell'esercizio�della�funzione�pubblica.�Pertanto,�la�giurisdizione�del� G.A.�non�puo'�avere�ad�oggetto�settori�interi�dell'economia�o�del�diritto,�non�specificamente� individuati�con�riferimento�all'esercizio�di�potesta�pubbliche.�Rimane�fermo�che�il�G.A.,�nel� disegno�costituzionale,�e�il�giudice�della�funzione�pubblica,�in�coerenza�con�il�principio�della� separazione�dei�poteri.� DOTTRINA�315 La manutenzione ordinaria e straordinaria in materia di opere idrauliche e la tutela penale del paesaggio: una interpretazione estensiva? (1) di Paolo Marchini 1.^Gliinterventidimanutenzionesuifiumi, torrentiedicorsid'acqua. Le�Regioni,�e�le�Province�qualora�delegate,�nell'ambito�della�loro�fun- zione�di�polizia�idraulica�progettano�e�realizzano�interventi�di�manutenzione� sulle�opere�idrauliche�lungo�i�fiumi,�la�cui�tipologia�varia�a�seconda�delle� situazioni�contingenti.�In�genere�si�tratta�di�lavori�in�sponda�o�sugli�argini� (maestri�e�golenali)�di�costruzione�di�opere�di�difesa�idraulica,�di�taglio�della� vegetazione�arborea�e�arbustiva�che�si�trova�nell'alveo,�di�taglio�di�vegeta- zione�ingombrante�sulle�scarpate�interne�e�delle�piante�pericolanti.�Altri� interventi,�spesso�di�urgenza,�riguardano�la�rimozione�di�materiale�legnatico� e�rifiuti�solidi�accumulatisi�a�ridosso�dei�piloni�dei�ponti,�la�risagomazione� dell'alveo�e�del�profilo�delle�scarpate�spesso�con�impianto�di�nuove�essenze� arboree,�la�rimozione�dei�sovralluvionamenti�al�fine�di�ripristinare�l'officio- sita�della�sezione�idraulica.� L'importanza�visiva�ed�estetica�di�alcuni�di�tali�lavori�pone�il�problema� della�compatibilita�di�quegli�interventi�limitati�alla�sola�manutenzione�ordi- naria�o�straordinaria�con�l'integrita�del�paesaggio,�valore�protetto�a�livello� costituzionale�(art.�9�Cost.)�e�la�cui�tutela�e�rimessa�alla�legislazione�esclusiva� dello�Stato�(art.�117,�primo�comma,�lett.�s):�tutela dell'ambiente, dell'ecosi- stema e dei beni culturali�)�che�esercita�ancora�il�controllo�sulle�autorizzazioni� paesaggistiche�rilasciate�dalla�Regione�attraverso�il�potere�di�annullamento,� in�attesa�dell'entrata�a�regime�del�nuovo�parere�vincolante�(art.�157�t.u.� 2004/42�ed�art.�1,�comma�36,�lett.�C).� 2. ^Quadro normativo di riferimento. L'attivita�di�manutenzione�dei�fiumi,�torrenti�e�corsi�d'acqua�iscritti�negli� elenchi,�le�relative�sponde�o�piedi�degli�argini�per�una�fascia�di�150�mt,�sia� se�operata�dall'ente�pubblico�che�dal�privato,�incide�sul�vincolo�paesaggistico� posto�dalla�legge�(art.�142�t.u.�2004,�gia�art.�1�della�legge�n.�431/1985).�Il�pro- blema�e�se�tali�attivita�necessitino�di�autorizzazione�paesaggistica�e,�di�conse- guenza,�del�controllo�positivo�della�soprintendenza.� La�questione�riveste�notevole�interesse�poiche�i�lavori�eseguiti�senza� autorizzazione�o�in�difformita�ed�in�violazione�delle�norme�preposte�a�tutela� (1)�Il�presente�lavoro�costituisce�un'elaborazione�della�relazione��Concetto di manuten- zione ordinaria e straordinaria, modifica dello stato dei luoghipermanente (L. 1497/39 e t.u. beni culturali e paesaggio) ^Interpretazione ed indirizzo applicativo�,�tenuta�al�seminario�di� aggiornamento�organizzato�dalla�Scuola�di�Amministrazione�Pubblica�della�Provincia�di� Perugia�sulla��Riqualificazione, difesa idraulica e recupero ambientale delle spondefluviali�il� 27�gennaio�2005.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� del�vincolo�paesistico,�oltre�ad�essere�sanzionati�in�via�amministrativa� (art.�167�t.u.�2004),�costituiscono�reato�(art.�181�t.u.�2004),�salvo�le�nuove� modifiche�alla�fattispecie�penale�apportate�dalla�c.d.�delega�ambientale�(legge� 15�dicembre�2004�n.�308)�di�cui�si�dira�oltre.� L'autorizzazione�paesaggistica�non�e�richiesta�per�gli�interventi�di�manu- tenzione�ordinaria�e�straordinaria�che�non�alterino�lo�stato�dei�luoghi.�Si� tratta�di�norma�ormai�di�carattere�generale�perche�originariamente�intro- dotta�dal�d.l.�27�giugno�1985,�n.�312,�convertito�con�legge�8�agosto�1985,� n.�431,�riprodotta�dal�t.u.�n.�490/1999�ed�ora�consacrata�nell'art.�149�del�t.u.� n.�42/2004�con�alcune�modifiche�che,�pero�,�ai�fini�del�nostro�argomento�non� rilevano�perche�chiaramente�riferite�agli�interventi�edilizi�(ci�si�riferisce�alla� discutibileesenzionedall'autorizzazioneprevistadall'art.�143,comma5,lett�b.).� 3. ^Problemi interpretativi. Giurisprudenza penale. Il�testo�unico�sui�beni�culturali�(sia�quello�del�1999�che�quello�del�2004)� non�definisce�quali�siano�gli�interventi�di�manutenzione�ordinaria�e�straordi- naria.�L'unica�definizione�proviene�dalla�c.d.�delega�ambientale�(art.�1,� comma�36�lett.�c)�allorche�stabilisce�che�il�reato�di�cui�all'art.�181�del�t.u.� n.�42/2004�non�sussiste�per�i�lavori�configurabili�quali�interventi�di�manuten- zione�ordinaria�e�straordinaria��ai�sensi�dell'art.�3�del�d.P.R.�6�giugno�2001,� n.�380��(t.u.�sull'edilizia).�L'art.�3�del�t.u.�sull'edilizia,�comma�1,�fornisce�la� medesima�definizione�scolpita�dalla�legge�n.�457/1978�(norme�per�l'edilizia� residenziale).�Il�chiaro�ambito�oggettivo�riferito�esclusivamente�agli�edifici� (ed�impianti�tecnologici,�servizi�igienico-sanitari)�pone�subito�il�problema�di� inquadramento�degli�immobili�che�edifici�non�sono:�ad�es.�gli�alvei�dei�fiumi� e�dei�torrenti,�i�versanti,�gli�argini�e�le�opere�idrauliche�in�genere:�quale�con- cetto�di�manutenzione�puo�adottarsi�per�tali�immobili�?� Un�problema�definitorio,�tuttavia,�non�sembra�porsi�se�si�considera�un� recente�orientamento�della�Corte�di�cassazione�penale�secondo�il�quale� l'art.�152�del�d.lgs.�n.�490/1999�alla�lettera�a)�si�riferisce�pacificamente�ai�soli� edifici;�alla�lett.�b)�all'attivita�agro-silvo-pastorale�e�alla�lett.�c)�alle�opere�di� bonifica�da�eseguirsi�nelle�foreste:�pertanto,�essendo�l'ipotesi�di�lavori�in� alveo�del�tutto�estranea�all'art.�152,�essa�necessita�sempre della�autorizzazione� paesaggistica�(Cass.�Sez.�3.,�pen.,�n.�26110�del�10�giugno�2004(2),�con�riferi- mento�a�lavori�di�sbancamento�nell'alveo�del�fiume�Volturno).� Anche�se�il�tenore�letterale�dell'art.�152�(ora�149)�lett.�a)�sembra�distin- guere�lo�stato�dei�luoghi�dall'aspetto�esteriore�degli�edifici,�con�cio�autoriz- zando�a�limitare�due�campi�oggettivi�di�applicazione�della�norma,�ossia�gli� edifici��e��altri�luoghi,�il�rinvio�recettizio�che�la�legge�delega��ambientale�� opera�a�favore�del�t.u.�sull'edilizia,�tuttavia,�sembra�deporre�per�la�pertinenza� dei�lavori�di�manutenzione��esenti��da�autorizzazione�ai�soli�edifici.� E�da�registrare,�pertanto,�una�carenza�di�coordinamento�normativo�da� parte�del�t.u.�sui�beni�culturali�per�quanto�riguarda�le�attivita�di�manuten- zione�fluviale�che�non�alterino�lo�stato�dei�luoghi�e�per�le�quali�non�si�avverte� (2)�In�banca�dati�on line de�La Legge Plus IPSOA.� DOTTRINA�317 la�necessita�della�autorizzazione�le�volte�in�cui�non�e�posto�in�pericolo�il�bene� paesaggio.�In�attesa�di�un�chiarimento�anche�da�parte�della�stessa�Cassazione� penale,�allo�stato�non�puo�che�adottarsi�la�massima�cautela�ogni�qualvolta� si�venga�ad�operare�interventi�sul�demanio�idrico�protetto.� Infatti,�in�presenza�di�un�tale�orientamento�restrittivo�della�Cassazione� penale�un�problema�di�definizione�del�concetto�di�manutenzione�ai�fini�della� tutela�paesaggistica�sembra�passare�in�secondo�piano�se�e�vero�che�qualsiasi� manutenzione�su�alvei�ed�opere�idrauliche�ecc.�necessita�in�ogni�caso�di�auto- rizzazione�e,�quindi,�di�successivo�controllo�o�parere�della�soprintendenza.� Il�nuovo�comma�1�ter dell'art.�181�(aggiunto�dalla�citata�delega�ambien- tale)�sembra�escludere�l'ipotesi�di�reato�se�l'intervento�manutentivo�(pero� sempre�riferibile�agli�edifici�per�il�rinvio�operato�all'art.�3�del�testo�unico�sul- l'edilizia)�venga�successivamente�accertato�come�compatibile�con�il�paesaggio� secondo�le�procedure�di�cui�al�comma�1�quater (ossia�dopo�aver�superato�il� parere�vincolante�della�soprintendenza�sull'autorizzazione).�Il�venir�meno� della�rilevanza�penale�del�fatto�lascia,�tuttavia,�immutato�l'illecito�ammini- strativo;�tant'e�che�la�norma�ha�cura�di�precisare�che�restano�salve�le�sanzioni� amministrative.� L'intervento�postumo�della�compatibilita�ambientale�priverebbe,�per- tanto,�di�rilevanza�penale�la�sola�manutenzione�degli�edifici,�almeno�secondo� l'orientamento�della�Cassazione�penale�ed�in�base�all'interpretazione�sistema- tica�con�la�delega�ambientale.�Quid juris per�le�manutenzioni�idrauliche�?� Occorrera�verificare�se�si�tratti�di�una�lacuna�del�t.u.�sui�beni�culturali�o� se�la�omissione�di�qualsiasi�riferimento�alle�opere�idrauliche�possa�non�rile- vare�ai�fini�penali�alla�stregua�di�una�interpretazione�estensiva�dell'art.�149� che�le�ricomprenda�tra�gli�interventi�che�non�necessitano�di�autorizzazione� paesaggistica.�Inoltre�la�nuova�previsione�di�una�compatibilita�paesaggistica� postuma,�se�limitata�alle�opere�edilizie,�sembrerebbe�mutare�la�natura�giuri- dica�di�reato�di�pericolo�presunto�che�rimarrebbe�tale,�invece,�per�i�lavoridi� manutenzione�idraulica�non�autorizzati.�Una�tale�conclusione,�pero�,�appare� paradossale�perche�il�passaggio�ad�un�reato�di�pericolo�concreto�avvantaggia� gli�abusi�edilizi�a�scapito�delle�opere�pubbliche�di�difesa�idraulica�che�non� alterano�lo�stato�dei�luoghi�e�che�sono�necessarie�per�la�collettivita�.�Prima� di�affrontare�il�problema,�mette�conto�accennare�alla�natura�del�reato�previ- sto�dall'art.�181�del�d.lgs.�n.�42�del�2004�(d'ora�in�poi�t.u.b.c.)�ed�alla�rilevanza� della�alterazione�dello�stato�dei�luoghi�come�elemento�della�fattispecie.� 4. ^Il reato di opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformita� da essa. L'art.�181,�primo�comma,�del�t.u.b.c.�recita:��Chiunque, senza la pre- scritta autorizzazione o in difformita� di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e� punito con le pene previste dall'articolo 20 della legge 28febbraio 1985, n. 47�.� La�giurisprudenza�della�Suprema�Corte�con�riferimento�al�vecchio�testo� di�cui�all'art.�163�del�d.lgs.�n.�490/1999,�riconosceva�pacificamente�che�il� reato�fosse�di�natura�formale�e�di�pericolo�astratto.�Infatti,�anche�se�l'inter- vento�in�assenza�o�in�difformita�di�autorizzazione�non�cagioni�un�danno� ambientale,�nondimeno�il�legislatore�ritiene�quell'intervento�astrattamente� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� idoneo�a�ledere�o�mettere�in�pericolo�il�paesaggio�o�l'ambiente,�con�la�conse- guenza�che�una�volta�che�il�reato�sia�stato�commesso,�e�penalmente�irrile- vante�l'autorizzazione�postuma�rilasciata�dall'autorita�tutoria,�cos|�come�qua- lunque�atto�che�attesti�l'inesistenza�di�un�danno�ambientale�(3).� La�stessa�Corte�opera�poi�una�distinzione�tra��alterazione�dello�stato�dei� luoghi��e��pregiudizio��per�il�bene�tutelato,�al�fine�di�stabilire�che�quest'ul- timo�elemento�non�necessita�di�verifica,�trattandosi�appunto�di�reato�di�peri- colo�astratto,�al�contrario�del�primo�che�deve�risultare��apprezzabile��(4).� Pertanto,�cio�che�il�giudice�penale�deve�accertare�non�e�tanto�l'effettivo� pregiudizio�al�paesaggio,�quanto�la�visibilita�della�alterazione�dello�stato�dei� luoghi.�Si�gioca,�verrebbe�da�dire,�sul�filo,�perche�la�differenza�non�e�piu�tan- gibile:�in�sostanza�cosa�altro�non�e�se�non�il�pregiudizio�ai�luoghi,�la�loro� alterazione�palese?�Sicche�il�reato,�nel�mentre�viene�proclamato�di�pericolo� astratto,�in�definitiva,�viene�trattato�sostanzialmente�come�un�reato�di�peri- colo�concreto.� Proprio�tale�labile�discrimine�ora�viene�ad�essere�rimosso�dalla�legge� n.�308/2004�che�all'art.�1,�comma�36,�lett.�c),�introduce�il�comma�1-ter� all'art.�181�secondo�il�quale��Ferma�restando�l'applicazione�delle�sanzioni� amministrative�ripristinatorie�o�pecuniarie�di�cui�all'articolo�167,�qualora�l'auto- rita�amministrativa�competente�accerti�la�compatibilita�paesaggistica�secondo� le�procedure�di�cui�al�comma�1-quater,�la�disposizione�di�cui�al�comma�1�non�si� applica:�a)�per�i�lavori,�realizzati�in�assenza�o�difformita�dall'autorizzazione� paesaggistica,�che�non�abbiano�determinato�creazione�di�superfici�utili�o�volumi� ovvero�aumento�di�quelli�legittimamente�realizzati;�b)�per�l'impiego�di�materiali� in�difformita�dall'autorizzazionepaesaggistica;�c)�per�i�lavori�configurabili�quali� interventi�di�manutenzione�ordinaria�o�straordinaria�ai�sensi�dell'articolo�3�del� decreto�del�Presidente�della�Repubblica�6�giugno�2001,�n.�380�.� Sembra,�quindi,�che�il�reato�sia�divenuto�di�pericolo�concreto�se�e�vero� che�ora�e�penalmente�rilevante�l'autorizzazione�postuma:�in�altri�termini,�il� pericolo�diviene�elemento�della�fattispecie�perche�ne�condiziona�l'esistenza.� Si�tratta�di�vedere�se�il�sopravvenire�dell'autorizzazione�non�fa�sorgere�il� reato,�oppure�lo�estingue.�La�distinzione�non�e�di�poco�momento�se�si�ha� riguardo�al�tempus�commissi�delicti�con�tutte�le�implicazioni�processuali�e� sostanziali�che�la�opzione�comporta.� Da�quanto�detto�sulla�natura�giuridica�del�reato,�sembrerebbe�che�se� l'accertamento�amministrativo�sul�pericolo�e�elemento�costitutivo�del�reato,� il�suo�esito�favorevole�non�perfeziona�la�fattispecie�e�dunque�il�reato�non�sus- siste;�tuttavia,�il�legislatore�sembra�offrire�una�diversa�interpretazione.� Infatti,�per�i�lavori�compiuti�su�beni�paesaggistici�entro�e�non�oltre�il�30�set- tembre�2004�senza�la�prescritta�autorizzazione�o�in�difformita�di�essa,�l'accer- tamento�di�compatibilita�paesaggistica�dei�lavori�effettivamente�eseguiti,� anche�rispetto�all'autorizzazione�eventualmente�rilasciata,�comporta�l'estin- (3)�Cass.�Pen.,�sez�III,�5�agosto�2003,�Mori,�in�questa�rivista�n.�11/2003,�pag.�1357.� (4)�Cass.�pen.,�sez�III,�14�maggio�2002,�Migliore,�ibidem,�n.�8/2002,�pag.�985� DOTTRINA 319 zione del reato di cui all'art. 181 e di ogni altro reato in materia paesaggistica se ricorrono due condizioni: quella della compatibilita� delle tipologie edilizie e dei materiali e quella del previo pagamento della sanzione amministrativa. Quindi il reato sarebbe perfezionato salvo estinguersi per eliminazione del pregiudizio. Tale ricostruzione appare avvalorata dalla ipotesi di estinzione del reato prevista dal comma 1-quinquies�dell'art. 181 secondo cui �La�rimessione�in� pristino�delle�aree�o�degli�immobili�soggetti�a�vincoli�paesaggistici�da�parte�del� trasgressore,�prima�che�venga�disposta�d'ufficio�dall'autorita�amministrativa,�e� comunqueprimacheintervengalacondanna,�estingueilreatodicuialcomma1�. L'eliminazione del pregiudizio, in concreto constatato, facendo venir meno l'offesa al bene protetto, produce l'estinzione del reato. Ma se il reato e� di pericolo concreto, si domanda, potra� il giudice autonomamente accer- tare la compatibilita� paesaggistica ? Non e� questa la sede per addentrarsi nella difficile tematica dell'accerta- mento del pericolo concreto (5), tuttavia non si puo� che esprimere dubbi e perplessita� sulla soluzione adottata dal legislatore il quale sembra rimettere di volta in volta all'autorita� amministrativa la sopravvivenza del reato o la sua estinzione, espropriando cos|� il giudice penale della piena cognizione sul- l'elemento costitutivo del reato. 5.�^Alterazione�dello�stato�dei�luoghi�e�la�permanenza.� Il concetto di alterazione dei luoghi, ai fini che interessano il tema, non appare, allora, rilevante se e� vero che le manutenzioni idriche che non alte- rino lo stato dei luoghi sarebbero in ogni caso soggette ad autorizzazione paesaggistica. Anche la qualificazione della permanenza dell'alterazione dello stato dei luoghi e dell'assetto idrogeologico del territorio per mezzo di opere civili (non solo di edifici) non assume rilievo con riguardo al sistema idrico, cio� in quanto essa permanenza e� richiesta solo per gli interventi inerenti l'eserci- zio dell'attivita� agro-silvo-pastorale (lett. b), quindi inerenti l'agricoltura e non la polizia idraulica. Occorre chiedersi, nel caso in cui l'orientamento del giudice penale mutasse nel senso di consentire l'inclusione anche degli interventi manuten- tivi su fiumi, torrenti e corsi d'acqua nel regime di esenzione dall'autorizza- zione, se la tipologia di interventi descritta ad esempio nelle �Linee�guida� per�la�individuazione�e�definizione�degli�interventi�di�manutenzione�delle�opere� idrauliche�e�di�mantenimento�dell'officiosita�idraulica�della�rete�idrografica�, allegato dell'Autorita� di Bacino del fiume Tevere al Piano di Bacino-Progetto di piano stralcio per l'assetto idrogeologico-P.A.I., producano o meno una alterazione dello stato dei luoghi e, quindi, comunque necessitare di autoriz- zazione. (5) Sulla quale v. Angioni, Il�pericolo�concreto�come�elemento�della�fattispecie�penale,� Sassari, 1981, pagg. 43 ss. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Sul�punto�soccorre�ancora�la�giurisprudenza�della�Cassazione�penale�la� quale�ha�ritenuto�sussistere�alterazione�quando�vi�sia��visibilita���da�un�deter- minato�punto�da�cui�sia�possibile�scorgerne�con�evidenza�l'incidenza�sull'a- spetto�dei�luoghi�(Cass.�Sez.�3,�14�maggio�2002).�Sempre�la�sezione�ha�rico- nosciuto�che�l'alterazione�del�territorio�puo�prodursi�anche�con�il�taglio�e�lo� sradicamento�di�alberi�o�lo�sbancamento�del�terreno�(Cass.�Pen.,�16�aprile� 1994,�n.�4424).� Se�si�pone�attenzione,�ad�esempio,�all'intervento�di�taglio�definitivo�di� essenze�arboree,�ebbene�esso�puo�visibilmente�mutare�lo�scenario�paesaggi- stico�(magari�anche�in�meglio,�ma�cio�e�irrilevante);�lo�stesso�dicasi�per�la� c.d.��rinaturazione��attraverso�l'ingegneria�naturalistica�dopo�un�intervento,� ad�esempio,�di�sfolli�e�diradamenti:�la�modifica�potrebbe�non�essere�perma- nente,�ma�cio�e�ancora�una�volta�irrilevante�perche�estranea�all'attivita�agricola.� Quanto�all'attivita�di�manutenzione�straordinaria,�va�detto�che�in�genere� riguarda�interventi�urgenti�per�i�quali,�se�provvisori�ed�indispensabili�per�evi- tare�danni�al�bene�tutelato,�possono�essere�effettuati�anche�in�assenza�di� autorizzazione,�come�e�ovvio�in�tali�emergenze,�purche�pero�,�recita�l'art.�27� del�t.u.�n.�42/2004,�ne�venga�data�immediata�comunicazione�alla�soprinten- denza�alla�quale�vanno�tempestivamente�inviati�i�progetti�degli�interventi� definitivi�per�la�necessaria�autorizzazione.� Anche�da�tale�norma�puo�desumersi�un�indice�interpretativo�importante:� ossia�che�gli�interventi�definitivi�di�manutenzione�straordinaria,�ancorche� non�alterativi�dei�luoghi,�necessitino�sempre�della�autorizzazione�della� soprintendenza�e,�quindi,�implicitamente�dell'autorizzazione�paesaggistica.� E�interessante�rilevare�che�restano�esclusi�dagli�interventi�di�manuten- zione�quelli��che�modificano�le�caratteristiche�funzionali�originarie�delle� opere�idrauliche�(cfr.�ad�es.,�il�paragrafo�H�delle�Linee�guida�adottate�dalla� Autorita�di�Bacino�fiume�Tevere).� 6. ^L'interpretazione estensiva dell'art. 149 t.u.b.c.. Si�e�visto�a�quale�illogica�discriminazione�porti�la�lettura�riduttiva�del� combinato�disposto�degli�articoli�149,�181�e�181�ter,�ora�appare�opportuno� verificare�se�possa�percorrersi�una�interpretazione�costituzionalmente�orien- tata�di�dette�norme�al�fine�di�evitare�una�censura�di�illegittimita�costituzio- nale�per�irragionevolezza�ex art.�3�Cost.� La�premessa�da�cui�muovere�e�se�il�legislatore�realmente�intenda�riferirsi� agli�interventi�manutentivi�esclusivamente�su�edifici.�Si�e�gia�detto�che�alla� stregua�di�una�interpretazione�logica�un�conto�e�lo�stato�di�un�luogo,�un� conto�e�un�edificio.�Gia�la�Cassazione�penale�riteneva�che�per�la�astratta�con- figurabilita�del�reato�di�cui�all'art.�1�sexies della�legge�8�agosto�1985,�n.�431� in�riferimento�all'art.�20�lett.�c)�della�legge�28�febbraio�1985,�n.�47,�non�fosse� necessario�limitare�ai�lavori�edilizi,�potendo�l'alterazione�del�territorio�essere� conseguita�con�altre�forme�di�imputazione�quali�il�taglio�o�lo�sradicamento� di�alberi�o�lo�sbancamento�del�terreno,�eseguiti�senza�autorizzazione(6).� (6)�Cass.,�pen.,�sez.�III,�16�aprile�1994,�n.�4424,�in�La Legge plus. DOTTRINA�321 Se�dunque�l'estensione�dell'ambito�oggettivo�vale�in�malam partem,�essa� deve�a�maggior�ragione�operare�in�bonam partem,�soprattutto�se�l'intervento� non�altera�lo�stato�dei�luoghi,�come�nel�caso�della�manutenzione�non�assen- tita�(lett.�a) dell'art.�149�t.u.b.c.).�Infine�lo�stesso�art.�181�non�limita�la�puni- bilita�ai�lavori�edilizi,�ma�utilizza�la�dizione�piu�ampia�possibile:��lavori di qualsiasigenere su benipaesaggistici�.� Sembra�probabile�che�l'intenzione�del�legislatore�fosse�quella�di�ricom- prendere�ogni�attivita�di�manutenzione�non�alterativa�nel�regime�di�esenzione� dalla�autorizzazione,�cos|�come�ha�ricompreso�ogni�attivita�che�possa�alte- rare�lo�stato�dei�luoghi�protetti�nel�regime�autorizzatorio.�Se�cos|�e�,�allora� sembra�che�il�legislatore�minus dixit quam voluit,�conseguentemente�puo�adot- tarsi�un'interpretazione�estensiva(7)�dell'art.�149�lett.�a) nel�senso�di�ricom- prendervi�anche�le�opere�di�manutenzione�idrauliche.� Da�quanto�detto,�e�solo�qualora�venisse�disattesa�la�prospettata�interpre- tazione�estensiva�dei�casi�di�esclusione�della�autorizzazione�paesaggistica,� appare�necessario�un�intervento�legislativo�di�armonizzazione�tra�norme�di� polizia�idraulica�e�norme�di�tutela�del�vincolo�paesaggistico,�soprattutto�se� la�Cassazione�penale�permarra�sul�suo�indirizzo�piu�rigoroso.�Sotto�il�profilo� critico�al�testo�unico�sui�beni�culturali,�non�puo�non�rilevarsi�la�possibilita� che�il�nuovo�piano�paesaggistico�individui�aree,�non�di�interesse�pubblico,� per�le�quali�venga�esclusa�l'autorizzazione�paesaggistica�in�caso�di�realizza- zione�di�opere�ed�interventi�di�natura�edilizia�per�le�quali�sia�stato�rilasciato� il�permesso�di�costruire�che�abbia�anche�verificato�la�conformita�al�piano� paesaggistico�(art.�143,�comma�5,�lett.�b). Appare�poco�ragionevole�depoten- ziare�il�controllo�per�la�costruzione�di�edifici�in�zona�vincolata,�ed�ampliarlo,� invece,�per�gli�interventi�di�polizia�idraulica�manutentivi�che�non�modifichino� lo�stato�dei�luoghi.� (7)�L'interpretazione�estensiva�viene�ad�operare�non�sulla�norma�penale,�ma�sulla� norma�che�esenta�dall'autorizzazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Cittadinanza�italiana�a matre e�retroattivita�delle�norme�costituzionali: amministrazione�e�giurisprudenza�in�trincea di Cesare Pagotto L'intensificarsi�dei�fenomeni�immigrator|�nel�nostro�Paese,�le�crisi�eco- nomiche�profonde�che�hanno�interessato,�tra�gli�altri,�nazioni�a�forte�pre- senza�di�nostri�connazionali,�l'intensificarsi�dei�contatti�tra�aree�geopolitiche� precedentemente�tra�loro�isolate.�Tra�questi�fenomeni�pare�di�dover�cercare� le�cause�profonde�del�riaccendersi�del�dibattito�e�delle�tensioni�in�tema�di�cit- tadinanza�italiana�ed,�in�particolare,�dell'atteggiamento�dell'ordinamento�ita- liano�nei�confronti�di�coloro�che�abbiano�delle�origini�italiane�ma�i�cui�geni- tori�abbiano�perso�lo�status di�cittadini.� In�tale�contesto�si�colloca�una�controversia�giurisprudenziale�dalle� ampie�ricadute,�che�concerne�i�diritti�delle�donne�che�abbiano�perso�la�citta- dinanza�italiana�in�applicazione�della�legge�del�1912,�che�fino�a�qualche�anno� fa�regolava�la�materia.� 1.�Il casus belli La�legge�n.�555/1912,�sopravvissuta�^pur�con�varie�mutilazioni�^fino� alla�riforma�organica�attuata�con�la�legge�91/1992,�prevedeva�un�trattamento� sfavorevole�per�la�donna�sposata�con�uno�straniero,�la�quale�perdeva�la�citta- dinanza�italiana�automaticamente�nel�momento�in�cui�acquisiva�quella�del� marito�(art.�10,�comma�3),�e�non�era�in�grado�di�trasmettere�la�cittadinanza� ai�figli,�diversamente�dall'uomo�(art.�1,�comma�1).�Tali�previsioni�furono� dichiarate�illegittime�dalla�Corte�costituzionale,�con�le�sentenze�n.�87/1975�e� 30/1983�(1),�poiche�collidenti�con�il�principio�di�uguaglianza�tra�i�sessi,�chia- ramente�sancito�dall'art.�3,�primo�comma,�della�Costituzione�repubbli- cana�(2).� Alle�donne�ex�cittadine�e�stata�fornita�la�possibilita�di�riacquisto�della� cittadinanza�per�mezzo�di�una�semplice�dichiarazione,�resa�alle�autorita�con- solari�competenti�(3).� Piu�complesso�si�e�,�da�subito,�mostrato�il�caso�dei�figli�e�dei�nipoti�di� madre�privata�della�cittadinanza�in�ossequio�alla�legge�del�1912.�Proprio�su� questo�terreno�si�e�acceso�il�confronto,�in�giurisprudenza�ed�in�dottrina,�sul� (1)�La�sent.�16�aprile�1975,�n.�87�e�pubblicata�in�Giur. cost.,�1975,�p.�807�segg.�e�in�Foro it.,�1975,�pt.�I,�col.�1321�segg.;�la�sent.�9�febbraio�1983,�n.�30�in�Giur. cost.,I,p.�661�segg.e� in�Foro it.,�1983,�pt.�I,�col.�265�segg.� (2)�Rimane�peraltro�discutibile�l'acritica�connotazione�di�discriminazione�sessuale�data� dalla�Corte,�la�quale�non�si�premura�di�distinguere�il�caso�in�esame�da�quello,�che�si�assume� invece�non�discriminatorio,�della�trasmissione�del�cognome�da�parte�del�solo�padre,�ne�consi- dera�l'intento�della�legge�di�fornire�un�criterio�utile�ad�evitare�il�diffondersi�della�cittadinanze� multiple,�piuttosto�che�di�perpetrare�angherie�nei�confronti�delle�cittadine�di�sesso�femminile.� (3)�Come�previsto�dall'art.�5�della�l.�123/1983�e�dall'art.�17�della�l.�91/1992.� DOTTRINA�323 diritto�di�costoro�alla�cittadinanza,�specialmente�di�quelli�nati�nel�(lungo)� periodo�tra�la�perdita�della�cittadinanza�da�parte�della�madre�ed�il�suo�even- tuale�riacquisto.� A�questi�interrogativi,�gia�complessi,�si�e�affiancato�quello�relativo�all'e- ventuale�esistenza�di�meccanismi�giuridici�che�portino�al�riacquisto�automa- tico�della�cittadinanza�per�tali�categorie�di�persone,�a�seguito�della�mera� dichiarazione�di�incostituzionalita�di�criter|�che�ne�avevano�determinato�in� origine�la�perdita.� L'interesse�odierno�per�il�problema,�oltre�che�dalle�rilevanti�implicazioni� costituzionalistiche�e�di�teoria�generale�del�diritto,�e�accentuato�dalla�note- vole�crescita�del�contenzioso�che�l'Avvocatura�dello�Stato�ha�registrato�nei� mesi�passati,�sostenuta�dagli�incerti�passi�della�giurisprudenza�di�cui�si�rife- rira�brevemente.� L'impossibilita�di�delineare�compiutamente�il�quadro�entro�il�quale�si� sviluppa�il�travaglio�giurisprudenziale�e�ben�rappresentata�dalla�estrema�dif- ficolta�di�giungere�ad�una�convincente�definizione�di�cittadinanza,�non�solo� e�non�tanto�perche�la�dottrina�si�e�dimostrata�incapace�di�convergere�su�di� una�concezione�comune,�ma�soprattutto�perche�nella�nostra�epoca�il�concetto� di�cittadinanza�sta�cambiando�radicalmente�il�proprio�ruolo�e�si�trova,�ad� oggi,�in�un�innegabile�stato�di�crisi.� Parte�anche�prestigiosa�della�dottrina�ha�ceduto�al�fascino�di�una�rico- struzione�delle�strutture�dell'ordinamento�in�base�ad�una�visione�che�poneal� centro�i�diritti��internazionali��della�persona,�rendendoli�chiave�interpreta- tiva�di�qualunque�istituto.�Il�tentativo�e�seducente,�ma�porta�con�se�un�allon- tanamento�dalla�realta�giuridica�e�sociale:�se�il�(presunto)�diritto�universale� dell'uomo�e�la�regola�dei�rapporti�giuridici,�il�diritto�dello�Stato�vi�potra�con- vivere�assai�male�e�le�sue�strutture�vacilleranno�(4).�Afferma�con�chiarezza� G.U.�RescignO che�la�distinzione�tra�cittadini�e�non�cittadini,�con�il�conse- guente�diritto�di�disciplinare�la�permanenza�sul�territorio��sia�coessenziale� alla�esistenza�dello�Stato�(ed�in�realta�costitutivo�della�identita�e�della�realta� sociale�di�un�popolo).�Chi�ritiene�tutto�cio�immorale,�disumano,�sbagliato,�supe- rabile,�deve�seriamente�porsi�il�problema�del�superamento�della�forma� Stato��(5).� Viceversa,�in�tema�di�cittadinanza,�subentrano�visioni�emotive�e�assai� lontane�dal�diritto,�come�quelle�di�chi�concepisce�il�problema�come�rapporto� (4)�Non�manca,�nella�piu�recente�dottrina,�chi�consideri�la�cittadinanza�oramai�solo�un� ostacolo�alla�integrazione�nella�comunita�nazionale�degli�immigrati�e�prospetta�la�sua�sosti- tuzione�a�mezzo�degli�obblighi�internazionali�basati�sui�diritti�dell'uomo,�come�P. Saitta,� Integrazione,�cittadinanza�e�immigrazione.�I�lenti�mutamenti�del�diritto,in�Sociologia�del� diritto,�n.�2,�2002,�p.�41�segg.;�L. Ferrajoli,�Idirittifondamentali�nella�sociologia�giuridica� e�nella�teoria�del�diritto,in�Conflitti�e�diritti�nella�societa�transnazionale,a�cura�di�V. Ferrari,� P. Ronfani,�S. Stabile,�Milano�2001,�p.�65.�Come�spesso�accade,�gli�AA.�trascurano�quasi� completamente�l'analisi�del��costo��dei�diritti�e�non�considerano�la�struttura�pesante�del�wel- fare�italiano,�elementi�fortemente�incidenti�nella�concessione�della�cittadinanza�e�che�diversi- ficano�il��caso��italiano�da�altre�esperienze.� (5)�G.�U.�Rescigno,�Note�sulla�cittadinanza,in�Dir.�pubbl.,�n.�3,�2000,�p.�757.�Analoga- mente�Id.,�Cittadinanza,�riflessioni�sulla�parola�e�sulla�cosa,in�Riv.�dir.�cost.,n.�1,�1997,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� con�lo�straniero��una�delle�figure�attraverso�cui�i�var|�ordinamenti�si�raccon- tano�e�mostra�il�grado�di�apertura�delle�relative�collettivita�ed�istituzioni�al�con- tatto,�all'interazione�con�l'altro�da�se���(6).�Non�stupisce,�dunque,�che�in�tale� ottica,�l'obiettivo�non�sia�piu�quello�di�garantire�ai�consociati�un�ordinato� svolgimento�della�vita�sociale,�ma�quello�di�estendere�tutti�i�diritti�a�piu�per- sone�possibile,�il�che�cagiona�il�declino�e�la�fine�dell'idea�stessa�di�cittadi- nanza.� La�qualificazione�giuridica�della�cittadinanza,�quale�essa�e�oggi,�rimane� fondamentale�per�risolvere�il�problema�all'attenzione�dei�nostri�giudici�oggi:� solo�sciogliendo�tale�nodo�si�potra�argomentare�in�un�senso�o�nell'altro�in� maniera�proficua.� Per�commentare�una�parte�della�piu�recente�giurisprudenza�in�materia,� pur�brevemente�e�senza�affatto�addentrarsi�nell'ampio�ed�articolato�dibattito� sull'essenza�della�cittadinanza,�occorre�chiarire�quale�sia�la�natura�di�cittadi- nanza�che�qui�si�accoglie,�allineandosi�a�cio�che�la�dottrina�piu�autorevole� intende�per�status�civitatis.�Si�ritiene,�in�generale,�che�la�cittadinanza�sia�c ome�ogni�altro�status�^un�insieme�di�diritti�e�doveri,�che�hanno�ciascuno� una�vita�propria,�ma�che�sono�accomunati�da�un�unico�presupposto,�che�e� la�cittadinanza�medesima,�cos|�da�costituire�una�forma�particolare�di�capa- cita�giuridica,�una�capacita�di�diritto�pubblico�(7).�Contenuto�causale�della� condizione�di�cittadinanza�e�l'esistenza�di�un�legame�con�il�gruppo�sociale,� che�viene�accertato�positivamente�o�negativamente,�ove�l'Autorita�giudiziaria� sia�chiamata�a�pronunciarsi�sull'acquisto�o�la�perdita�dello�status.�Tali�atti� acclarano�il�manifestarsi�o�meno�del�fenomeno�giuridico,�sulla�base�dei�criter|� che�lo�Stato�ha�liberamente�scelto�per�considerare�il�soggetto�quale�cittadino:� percio�non�si�puo�parlare�mai�di�cittadinanza�come��rapporto�giuridico��(8),� il�che�comporterebbe�la�rilevanza�delle�sue�peculiari�vicende,�dovendo�essa� essere�mantenuta�nella�categoria�degli�status,�in�analogia�con�la�capacita�di� diritto�privato,�oppure�con�i�diritti�della�personalita�(9).� Da�piu�parti�si�e�tentato,�evidentemente�sotto�l'influsso�dell'imposta- zione�universalistica�di�cui�si�diceva,�di�qualificare�la�cittadinanza�come�un� diritto�fondamentale�che�si�espande�senza�limiti�temporali,�ed�accompagna� percio�il�soggetto�anche�quando�egli�la�perda,�a�quanto�pare�in�una�forma� p.�41�segg.�L'A.,�tuttavia,�sostiene�che,�una�volta�ammessi�sul�territorio,�gli�stranieri�debbano� godere�di�identici�diritti�rispetto�ai�cittadini�(p.�765).�La�costruzione�proposta�non�chiarisce� come�tutelare�l'etnos�in�cui�lo�Stato�si�identifica�dalla�penetrazione�ed�imposizione�di�usi�e� caratteri�ad�esso�estranei.�Cio�con�l'evidente�conseguenza�che-nella�ricostruzione�dell'A.-lo� Stato�si�riduce�ad�un�mero�ente�territoriale,�mancando�di�caratteristiche�umane�e�ideali�pro- prie.� (6)�G.�Bascherini,�Europa,�cittadinanza,�immigrazione,in�Dir.�pubbl.,�n.�3,�2000,�p.�768.� (7)�G.�Biscottini,�voce�Cittadinanza,�diritto�vigente,in�Enc.�dir.,�vol.�VII,�Milano�1960,� p.�140�segg.;�R.�Clerici,�voce�Cittadinanza,in�Digesto,�discipline�pubblicistiche,Torino� 1984,�p.�114;�P.�Biscaretti�di�Ruff|�a,�Diritto�costituzionale,�Napoli�1989,�p.�40�segg.�e�133.� (8)�G.�Biscottini,�op.cit.,�p.�145.� (9)�Cfr.�A.�Corasaniti,voce�Stato�delle�persone,in�Enc.�dir.,�vol.�XLIII,�Milano�1990,� p.�953.� DOTTRINA�325 latente,�suscettibile�di�rivivere�pienamente�ove�se�ne�creino�le�condizioni.�E�la� naturale�conseguenza,�la�piena�esplicazione�delle�tesi�che�sostengono�la�revi- viscenza�della�cittadinanza�per�opera�del�diritto�costituzionale�superveniens,� ove�esso�sia�in�contrasto�con�le�norme�di�legge�che�ne�hanno�determinato�la� perdita.� Proprio�la�considerazione�del�momento�di�tempo�in�cui�viene�a�verifi- carsi�l'antinomia�^nel�caso�di�specie�il�1�gennaio�1948�(10),�giorno�dell'en- trata�in�vigore�della�Costituzione�repubblicana�^deve�essere�il�punto�di�rife- rimento�per�giudicare�se�il�trattamento�riservato�dall'ordinamento�al�soggetto� sia�o�meno�riprovevole.�Trascurare�questo�dato�porta�a�conseguenze�che� non�possono�che�essere�abnormi:�la�Costituzione�repubblicana�sarebbe� retroattivamente�valida�in�tutte�le�epoche�a�noi�precedenti,�senza�limite� alcuno,�e�inficierebbe�qualunque�diritto�acquisito�o�perso�^nei�secoli�^per� cause�non�conformi�ai�princip|�costituzionali�del�'48.� In�effetti,�nei�primi�tempi�successivi�alla�prima�pronuncia�costituzionale,� sia�il�Consiglio�di�Stato�(interpellato�sul�punto�in�sede�consultiva,�sez.�I,� 15�aprile�1983,�n.�105�(11))�che�la�Cassazione�(sez.�I,�sent.�23�febbraio�1978,� n.�903�(12))�avevano�dato�un'interpretazione�tale�per�cui�si�indicava�l'entrata� in�vigore�della�Costituzione�come�termine�a quo imprescindibile�per�il�pro- dursi�di�effetti�restitutor|�a�seguito�di�sopravvenuta�incostituzionalita�(13).� L'Amministrazione�dell'Interno,�constatata�la�crescente�pressione�per� l'ottenimento�della�cittadinanza�italiana�da�parte�di�congiunti�di�emigranti,� ha�ottenuto�ulteriore�parere�da�parte�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�I,� n.�1871/86)(14)�ed�ha�emanato�due�circolari(15),�con�le�quale�ha�chiarito,� nel�dettaglio,�la�procedura�per�la�domanda�di�riconoscimento�della�cittadi- nanza�in�via�amministrativa.�E�importante�sottolineare�come,�in�taluni�casi,� si�sia�scelta�la�via�giurisdizionale,�da�parte�degli�aspiranti�cittadini,�per�evi- tare�il�rigoroso�onere�probatorio�di�cui�l'Amministrazione�civile�fa�carico�al� richiedente.� 2. Cassazione contro Cassazione All'indomani�delle�pronunce�della�Corte�Costituzionale�(in�particolare� quella�del�1983),�tuttavia,�si�sono�anche�levate�in�dottrina�voci�dissenzienti� rispetto�all'interpretazione�accolta�dall'Amministrazione�e�dal�Consiglio�di� Stato�(16).� (10)�La�data�di�entrata�in�vigore�della�Costituzione�come�momento�del�verificarsi�del� vizio�di�costituzionalita�e�un�punto�fermo�della�giurisprudenza�ed�e�gia�chiaramente�espresso� nella�sent.�58/67�della�C.�Cost.� (11)�Pubbl.�in�Foro it.,�1986,�parte�III,�col.�411�segg.�e�in�S. Bariatti,�La disciplina giuri- dica della cittadinanza italiana,�vol.�I,�Milano�1989,�caso�n.�31.� (12)�In�Giur. it.,�pt.�I,�1978,�p.�1926�segg.� (13)�Sulla�giurisprudenza�v.�R. Clerici,�La cittadinanza nell'ordinamento giuridico ita- liano,�Padova�1993,�p.�156�segg.� (14)�Pubbl.�in�S. Bariatti,�La disciplina giuridica della cittadinanza italiana,�vol.�II,� Milano�1996,�p.�121�segg.� (15)�Si�tratta�delle�circolari�n.�K.28.1�dell'8�aprile�1991�e�K.60.1�dell'11�novembre�1992.� (16)�Tra�i�primi�commenti�A. Coscia,�Cittadinanza italiana �a matre� e sentenza n. 30/1983 della Corte Costituzionale,in�L'Amministrazione italiana,�n.�11,�1992,�p.�1670�segg.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�disputa,�rimasta�tiepida�per�var|�anni,�si�e��fatta�piu��accesa�con�il� moltiplicarsi�del�contenzioso�relativo�alla�cittadinanza�e,�in�particolare,�con� la�sentenza�cardine�che�ha�chiarito�l'interpretazione�restrittiva�in�merito�alla� acquisizione�della�cittadinanza�amatre,�quella�delle�Sezioni�Unite�della�Corte� di�Cassazione�del�27�novembre�1998,�n.�12061�(17).� Nel�caso�trattato�dalla�Cassazione,�una�donna�aveva�perso�la�cittadi- nanza�italiana�nel�1939�ed�aveva�avuto�un�figlio�nel�1942.� Ivi�si�chiarisce�che�la�donna�che�abbia�perso�la�propria�cittadinanza�ita- liana�sotto�l'impero�dell'ordinamento�pre-repubblicano,�ed�abbia�la�possibi- lita��di�riottenerla�grazie�al�disposto�della�legge�151/1975(18),�procede� appunto�ad�un��riacquisto��di�cio��che�essa�aveva�perso,�e�non�potra��in�nes- sun�caso�dirsi�che�abbia�posseduto�la�cittadinanza�italiana�anche�medio tem- pore,�cosicche��i�figli�nati�nel�periodo�di�tempo�in�cui�la�donna�e��rimasta�solo� cittadina�straniera�non�potranno�ottenere,�a�loro�volta,�la�cittadinanza.A� nulla�vale,�secondo�la�S.C.,�l'assunto�che�le�pronunce�di�incostituzionalita�� spieghino�effetti�retroattivi�e�che�la�norma�colpita�venga��espunta��dall'ordi- namento�ex tunc:�tale�eliminazione�conosce�sempre�e�comunque�il�limite�dato� dal�momento�in�cui�la�violazione�costituzionale�si�e��generata�(cioe��il�1�gennaio� 1948).�In�altri�termini,�gli�effetti�della�dichiarazione�d'incostituzionalita��sono� concepibili�dal�momento�in�cui�di�contrasto�con�la�Costituzione�si�puo��parlare.� D'altronde,�come�potrebbe�il�giudice�del�nostro�ordinamento�repubbli- cano�giudicare�fatti�e�fenomeni�che�si�sono�svolti�nel�precedente�sistema?� Ha�errato�dunque�il�cittadino�che�si�e��attenuto�alle�leggi�dell'ordinamento� statutario,��non�prevedendo��l'avvento�di�quello�repubblicano?� Viceversa�pare�corretto�affermare�che�l'ordinamento�^e�il�giudice�che�gli� da'�voce�^debba�sanzionare�gli�effetti�giuridici�incostituzionali�verificatisi� nell'arco�di�tempo�della�Costituzione�repubblicana,�poiche��e��giuridicamente� inammissibile�che�lo�Stato�abbia�promosso�atti�e�fatti�incostituzionali.�Dun- que�la�retroattivita��delle�pronunce�di�incostituzionalita��ha�il�compito�preci- puo�di�correggere�l'azione�dell'ordinamento�ex tune ed�ab initio,�senza�limita- zioni�di�sorta(19),�ma�non�puo��esercitare�censure�esterne�al�nostro�sistema� legale,�ne��nello�spazio,�ne��nel�tempo.� Ed�ancora,�chi�sostiene�la�retroattivita���indeterminata��delle�pronunce� di�incostituzionalita��non�spiega�quale�sia�il�limite�ultimo�al�recupero�dei� diritti�perduti�per�il�tramite�di�una�pronuncia�di�incostituzionalita��.�Potrebbe� Tizio�ottenere�ristoro�dei�danni�discriminator|�(e�dunque�incostituzionali)� inferti�alle�donne�della�propria�famiglia�nei�secoli�addietro,�oppure,�potrebbe� rivendicare�una�proprieta��perduta�a�cagione�di�norme�ingiuste�del�Regno� Sabaudo,�magari�sul�presupposto�che�il�diritto�di�proprieta��e��imprescrittibile?� Seguendo�fino�alle�sue�estreme�conseguenze�questo�filone�dottrinario�par- rebbe�di�s|�.� (17)�Pubblicata�in�Giur. cost.,�n.�2,�1999,�p.�1351�segg.� (18)�Che,�all'art.�219,�offriva�la�possibilita��di�riacquisto�della�cittadinanza�a�tutte�le�citta- dine�che�l'avevano�persa�in�attuazione�dell'art.�10,�comma�3,�della�l.�555/12.� (19)�Salve,�naturalmente,�quelle�date�dal�giudicato�e�dalla�prescrizione,�delle�quali�ampia- mente�si�e��occupata�la�giurisprudenza�costituzionale�come�la�dottrina.� DOTTRINA�327 Non�puo�trascurarsi�la�circostanza�che�la�sentenza�delle�SS.UU.�giun- geva�dopo�una�presa�di�posizione�della�Prima�Sezione�della�stessa�S.�C.,�la� quale�aveva�dimostrato�di�abbracciare�un�orientamento�del�tutto�divergente� da�quello�esposto.�Due�sentenze�emanate�nel�1996,�la�n.�6297�e�la� n.�10086�(20),�seguivano�infatti�l'idea�che�le�dichiarazioni�di�illegittimita�costi- tuzionale�debbano�ritenersi�efficaci�nei�confronti�di�tutte�le�fattispecie�che� risultino�astrattamente�interessate�dalla�norma�eliminata,�a�prescindere�dal� momento�di�tempo�in�cui�detta�norma�abbia�concretamente�spiegato�i�suoi� effetti.� Sulla�base�degli�arresti�della�dottrina�piu�favorevole�all'estensione�della� cittadinanza�e�delle�sentenze�gemelle�del�1996,�gli�stranieri�attori�in�giudizio� avanti�le�SS.UU.�nel�caso�del�1998,�avanzavano�la�loro�pretesa�di�riconosci- mento�dello�status ritenendo�che�la�donna�che�ha�perduto�la�cittadinanza�ita- liana�in�applicazione�della�legge�del�1912�in�realta�l'ha�conservata�comunque� e�l'ha,�per�di�piu�,�trasmessa�inconsapevolmente�al�figlio.�Cio�perche�la�sent.� 87/1975�della�Consulta�censura�la�perdita�di�cittadinanza�automatica�e�senza� espressione�di�volonta�del�soggetto�(21).�Non�ci�e�,�pero�,�ancora�chiaro�come� possa�la�sentenza�spiegare�i�suoi�effetti�su�una�situazione�giuridica,�la�cittadi- nanza,�sorta�alla�nascita�della�ricorrente�nel�1920,�dunque�sotto�la�vigenza� dell'ordinamento�monarchico-liberale,�ed�estintasi�nel�1939,�durante�il� periodo�del�regime�fascista.�Unica�possibilita�per�giustificare�tale�evento�e� quella�di�considerare�la�cittadinanza�italiana�come�insensibile�al�mutare�degli� ordinamenti,�superiore�al�tempo�ed�alle�istituzioni;�francamente,�pero�,�l'idea� di�una�italianita�trascendente�il�tempo,�ovvero,�secondo�la�terminologia�della� giurisprudenza,�di�una��ipervalenza��della�cittadinanza�(22),�desta�piu�di� qualche�perplessita�.� Viceversa�pare�ragionevole�la�diversa�ricostruzione�secondo�la�quale�lo� Stato�repubblicano�italiano,�sorto�sulle�ceneri�di�quello�fascista,�ha�ricono- sciuto�la�nuova�cittadinanza�italiana�a�coloro�che�possedevano�quella�preco- stituzionale,�ha�dato�la�possibilita�di�ottenerla�anche�alle�persone�viventi�ed� ingiustamente�discriminate�dalla�legislazione�del�passato,�ma�di�certo�non� puo�sindacare�fatti�giuridici,�quali�la�perdita�dello�status civitatis,�maturati� sotto�la�vigenza�e�nel�quadro�di�valori�dell'Italia�pre-repubblicana,�ne�tanto- meno�puo�simulare�che�essi�non�siano�avvenuti,�dichiarando�che�una�cittadi- nanza�non�sia�mai�stata�persa�nonostante�le��apparenze�.� (20)�Si�tratta�della�sent.�sez.�I,�10�luglio�1996,�n.�6297,�in�Foro it.,�Rep.�1996,�voce�Cittadi- nanza,�n.�21�e�della�sent.�18�novembre�1996,�n.�10086,�ibidem.� (21)�La�memoria�difensiva�e�pubblicata�integralmente:�Memoria illustrativa dell'avv. A. Pace (Ric. n. 736/1995),in�Giur. cost.,�n.�2,�1999,�p.�1359�segg.� (22)�La�Cassazione,�SS.UU.,�sent.�19�febbraio�2004,�n.�3331�(su�cui�infra)�afferma�che� non�e�configurabile�una��ipervalenza del diritto ad essere cittadino italiano tale da imporsi in termini assoluti al di la� del quadro costituzionale di riferimento�.�Una�valutazione�del�nostro� ordinamento�come�trascendente�la�storia�parrebbe�francamente�poco�appropriata�dopo�la� caduta�dei�regimi�assolutistici,�che�di�questo�postulato�facevano�una�rivendicazione�ideolo- gica.�Su�questi�aspetti�rimane�insuperata�la�ricostruzione�di�S. Panunzio,�Teoria generale dello Statofascista,�II�ed.,�Padova�1939,�p.�14�segg.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Del�tutto�fuorviante�e�^a�nostro�avviso�^la�querelle�sulla�circostanza� che�la�cittadinanza�persa�sia�o�meno��rapporto�esaurito�,�ai�fini�e�ai�sensi� della�giurisprudenza�costituzionale.�Sicuramente�la�cittadinanza�e�inesauri- bile�ed�imprescrittibile,�ma�lo�e�per�cio�che�essa�costituisce�nel�nostro�ordina- mento�e�in�ottemperanza�ai�nostri�valori�costituzionali;�non�solo�esauriti� ma,�di�piu�,�del�tutto�extra�ordinem,�sono�i�rapporti�giuridici�intercorsi�tra� l'Autorita�statale�ed�i�cittadini�del�Regno�d'Italia,�che�e�aberrante�sindacare� secondo�i�canoni�odierni,�si�sia�o�meno�d'accordo�con�le�regole�che�presidia- vano�la�societa�civile�italiana�ante�1948.� Si�e�affermato,�da�autorevole�dottrina,�che��mai�non�possa�parlarsi�di� �prescrizione��o��decadenza��rispetto�ad�uno�status��e�che�una�posizione�sog- gettiva�nei�confronti�dell'ordinamento�mai�puo�essere�oggetto�di�disposizione� ed�esercizio�(23).�E�proprio�questa�la�ragione�per�cui�non�ha�senso�sindacare� la�volonta�del�perdente�la�cittadinanza,�ne�quella�dell'Autorita�che�ha�dichia- rato�la�decadenza.�La�comunita�statale�italiana�del�1939�ha�semplicemente� determinato�il�compiersi�di�un�fatto�giuridico,�la�donna�sposata�con�lo�stra- niero�e�divenuta�cittadina�del�paese�estero�e�stata�estraniata�dalla�comunita� nazionale,�ossia�si�e�perfezionato�in�toto�il�fatto�giuridico�(24),�ancorche�oggi� non�se�ne�condividano�i�criter|�.� Dobbiamo�percio�concludere�che,�a�nostro�avviso,�la�giurisprudenza�sui� cd.�rapporti�esauriti�non�ha�pertinenza�col�caso�in�esame:�gli�effetti�delle�sen- tenze�costituzionali�non�possono�giungere�fino�al�provvedimento�dichiarativo� della�perdita�della�cittadinanza,�non�certo�per�garantire�la�certezza�del�giudi- cato�o�dei�rapporti�di�credito�(esigenze�alla�base�della�dottrina�dell'esauri- mento),�quanto�piuttosto�perche�gli�accadimenti�extra-ordinem�non�sono� piu�,�come�dice�^a�nostro�avviso�correttamente�^Politi,�suscettibili�di�giudi- zio�(25).�Si�tratterebbe�dunque�di�ipotesi�piu�vicina�alla�carenza�di�giurisdi- zione�che�a�quella�di�esaurimento�dei�rapporti.� (23)�A. Pace,�Memoria�illustrativa,�op.�cit.,p.�1363.� (24)�Oppure�si�sono�prodotti�degli��effetti�consolidati�,�come�dice�C.�App.�Milano,�sent.� 9�aprile�1996,�n.�1005,�pt.�1.2.� (25)�F. Politi,�Delperche�la�Cassazionecontinuaaritenereefficacinorme�(gia�dichiarate)� incostituzionali,in�Giur.�cost.,�n.�2,�1999,�p.�1369,�parafrasando�C. Esposito,�Il�controllo�giu- risdizionale�sulla�costituzionalita�delle�leggi�in�Italia,in�La�Costituzione�italiana,�Padova� 1984,�p.�387.�Il�PolitI basa�la�sua�critica�alla�sentenza�della�Cassazione,�peraltro,�ritenendo� che�le�decisioni�della�Consulta�abbiano�effetti�su�qualunque�rapporto��indipendentemente� dal�momento�in�cui�lo�stesso�sia�sorto��(p.�1370),�e�percio�criticando�la�scelta�della�S.C.�di� non�riconoscere�effetti�in�atto�al�sorgere�dell'ordinamento�repubblicano.�Omette�l'A.,�pero�,� di�spiegare�perche�consideri�la�presenza�di�un�soggetto�non�piu�cittadino�quale�titolare�di� �rapporto�in�corso�,�essendosi�compiuto�e�perfezionato�il�fatto�giuridico�della�perdita�della� cittadinanza.�Analoga�obiezione�va�mossa�al�commento�alla�sentenza�di�G. Marazzita,�ibi- dem,�in�part.�p.�1394�segg.,�ritenendo�che�la�S.C.�propugni�un�effetto�meramente�abrogativo� della�Costituzione�e�tralasciando,�a�sua�volta,�che�la�cittadinanza�persa,�non�puo�conside- rarsi��rapporto�in�corso��al�momento�dell'entrata�in�vigore�della�Costituzione.�Da�registrare� anche�l'opinione�di�A. Sinagra,�La�sentenza�n.�30�del�1983�della�Corte�costituzionale�e�la� legge�21�aprile�1983,�recante�disposizioni�in�materia�di�cittadinanza,in�Giur.�cost.,�1983,�I,�p.� 579�segg.,�che�parla�di�un�tertium�genus�tra�abrogazione�ed�annullamento�relativamente�all'e- spunzione�norma�sulla�trasmissione�della�cittadinanza�a�matre.� DOTTRINA�329 Il�discrimen dei�rapporti�esauriti�suscita�un'ulteriore�perplessita�,�alla� quale�i�contendenti�su�questo�terreno�non�paiono�dare�risposta.�Se�vi�fosse� una�sentenza�passata�in�giudicato�che�avesse�confermato�la�perdita�della�cit- tadinanza�di�una�donna,�sarebbe�questo�rapporto��piu���esaurito�e�dunque� sottratto�alla�retroattivita�della�sentenza�costituzionale?�In�questo�caso,�ci� pare,�si�produrrebbe�una�discriminazione�ancor�piu�grande�di�quella�elimi- nata�con�la�pronuncia�della�Consulta.� Il�carattere�ontologico�di�status della�cittadinanza,�poi,�non�puo�non� ripercuotersi�anche�sul�piano�giudiziale,�poiche�i�diritti�del�cittadino�^come� quelli�della�personalita�^non�possono�essere�modificati�dal�giudice�ex tune agevolmente,�per�essi�il�ripristino�dello�status quo ante appare�assai�piu�diffi- coltoso,�stante�la�loro�sostanziale�immaterialita�(26),�mentre�per�i�diritti�reali� e�di�credito�la�restituito e�operazione�di�immediata�comprensione.�L'evitare� tale�precisazione�porta�ad�evidenti�risch|�di�confusione,�come�quello�in�cui� incorrono,�a�nostro�avviso,�coloro�che�caldeggiano�un�ripristino�della�cittadi- nanza�persa�e�rimasta�presuntivamente��latente�.� Per�comparazione,�si�consideri�il�caso�dei�cittadini�italiani�di�origine� slava�della�Venezia�Giulia,�i�cui�cognomi�furono�cambiati�autoritativamente� dal�regime�fascista�e�sostituiti�con�versioni��italianizzate�.�Oggi,�sulla�base� del�disposto�della�legge�114/1991,�essi�hanno�la�possibilita�di�vedere�dichia- rata�la�correzione�del�proprio�cognome,�con�il�ripristino�della�forma�origi- nale(27).�Cionondimeno�sarebbe�inaccettabile�la�proposizione�di�chi�affer- masse�che�essi�hanno�portato�il�cognome�slavo�anche�medio tempore;�essi� hanno�portato�un�diverso�cognome,�anche�se�oggi�ripudia�alla�coscienza� comune�ed�all'ordinamento�democratico�il�cambio�forzoso�del�cognome.� Anche�nel�caso�teste�citato,�dunque,�si�e�perfezionato�il�fatto�giuridico,�che� l'ordinamento�repubblicano�ha�deciso�di�mutare�nuovamente,�sulla�base�delle� risultanze�storiche�(28).� Proprio�la�difficolta�logica�di�proiettare�caratteristiche�di�una�persona� all'indietro�nel�tempo,�fa�propendere�per�la�correttezza�della�statuizione�del� giudice�che�riconosca�alla�donna�ex�cittadina,�discriminata�dalle�regole�di� (26)�Nel�senso,�in�particolare,�che�non�sono�direttamente�ed�univocamente�suscettibili�di� valutazione�economica.�Nulla�a�che�vedere,�naturalmente,�con�la�diversa�nozione�di�beni� immateriali.� (27)�V.,�ex multis,�i�recenti�decr.�Pref.�TS�n.�1.13/2-489/2003�del�9�settembre�2003,�in� Gazz. Uff. n.�231,�4�ottobre�2003�e�decreto�n.�1.13/2-531/2003�del�18�settembre�2003,�in� Gazz. Uff. n.�232,�6�ottobre�2003.� (28)�Particolarmente�interessante�notare,�nel�caso�proposto,�che�il�ripristino�del�nome� avviene�con�decreto�prefettizio�di�revoca�dell'analogo�provvedimento�deglianni'30;cio� dimostra�s|�continuita�con�l'ordinamento�precedente�e�riconoscimento�delle�fonti�del�diritto� pre-repubblicane�ma,�come�noto,�lo�strumento�di�diritto�amministrativo�utilizzato�e�quello� della�revoca,�con�effetti�ex nunc,�e�non�quello�di�un�annullamento�ex tunc,�difficilmente�con- figurabile.� Non�puo�non�notarsi,�inoltre,�la�circostanza�che�i�cognomi�furono�cambiati,�in�epoca� fascista,�con�provvedimenti�prefettiz|�ad personam,�e�quindi�revocabili,�mentre�nella�l.� 555/12�si�dettano�norme�generali�ed�astratte�in�tema�di�acquisto�e�perdita�della�cittadinanza� italiana,�rendendo�impossibile�ogni�tentativo�di��revocare��gli�effetti�prodotti�dalla�legge.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� epoca�sabauda�ed�ancor�oggi�in�vita,�il�rientro�ex nunc nella�comunita�nazio- nale.�Ben�diversa�la�pretesa�di�attribuire�a�figl|�e�nipoti�una�continuita�di�tale� appartenenza,�sul�presupposto�di�un�torto�subito�dagli�avi,�sposando�quindi� una�fictiojuris davvero�lontana�dalla�realta�(29).� A�sostenere�il�quadro�concettuale�finora�delineato�va�un'ulteriore�consi- derazione.�Senza�dubbio�l'ordinamento�repubblicano�si�pone,�da�molti�punti� di�vista,�in�posizione�di�continuita�con�quello�precedente,�pur�nel�mutare�dei� presupposti�ideologici�alla�base�dello�Stato.�Tuttavia,�proprio�questa�netta� cesura�concettuale�reca�con�se�delle�necessarie�conseguenze:�ad�esempio�le� pretese�coloniali,�il�corporativismo,�i�privileg|�della�nobilta�erano�fenomeni� a�forte�rilevanza�giuridica,�pienamente�legittimi�all'epoca�in�cui�vigevano� ma�che�sono�stati�poi�ritenuti,�naturalmente,�incompatibili�con�il�nuovo� ordine.�Il�nucleo�fondante�di�questo�cambiamento�e�la�scelta�collettiva,�e�la� Gesamtentscheidung direbbe�Carl�SchmitT (30),�ossia�la�creazione�popolare� della�Costituzione.� Come�valutare,�in�tal�senso,�la�posizione�di�quei�soggetti�i�quali,�sotto�il� precedente�ordinamento�abbiano�contratto�matrimonio�all'estero�e�si�siano� distaccati�dalla�comunita�nazionale�perdendo�(volontariamente�o�meno)�la�cit- tadinanza?�Sicuramente�e�difficile�sostenere�lafictio (gia�tale�per�gli�italiani�in� Patria)�che�essi�abbiano�partecipato�al�momento�fondante�del�nuovo�ordina- mento�e�che,�pertanto,�vi�appartengano�a�pieno�titolo.�Non�pare�percio�illogico� che�le�norme,�che�disciplinano�il�recupero�della�cittadinanza�da�parte�di�chi�l'ab- bia�perduta�per�aver�lasciato�volontariamente�il�Paese�sotto�il�precedente�ordi- namento,�debbano�contemperare�le�esigenze�di�equita�con�quelle�della�certezza� del�diritto,�con�particolare�riferimento�alla�necessita�di�circoscrivere�le�persone� ed�i�gruppi�familiari�che�possano�richiedere�la�cittadinanza,�evitando�il�prodursi� diunacatenadidiritticherisalgafino�agliavipiu�lontani(31).� Non�puo�trascurarsi,�in�questa�sede,�il�profilo�della�ricaduta�del�diritto�sul� contenzioso�nazionale�e�sull'Amministrazione.�Ci�si�riferisce,�in�particolare,�al� danno�arrecato�alla�certezza�del�diritto�dalla�riapertura�delle�questioni�del�pas- sato,�oltre�che�all'enorme�pregiudizio�per�la�collettivita�nazionale.�Non�si�deve� infatti�tralasciare�il�fatto�che�l'Italia�ha�dato�origine,�ad�esempio,�ad�una�parte� rilevantissima�dei�nuclei�familiari�del�nord�America�e�che,�nell'America�latina,� la�popolazione�di�origine�italiana,�in�diversi�contesti,�rappresenta�addirittura� la�maggioranza.�Trattandosi�di�fenomeni�prodotti,�per�la�gran�parte,�delle� ondate�migratorie�che,�giunte�al�loro�culmine�negli�anni�'10,�hanno�accompa- (29)�Relativamente�alla�cittadinanza�da�riconoscere�ai�figl|�,�l'unico�criterio�che�risulti� concretamente�applicabile�e�quello�per�cui�acquisiscono�la�cittadinanza�italiana�i�figl|�nati� dopo�il�riacquisto�della�cittadinanza�della�madre�(cioe�dalla�dichiarazione�di�cui�alle�leggi� del�1983�e�1992).�Non�vi�e�viceversa�ragione�di�discriminare�tra�figl|�nati�prima�e�dopo�il� 1948,�in�quanto�entrambi�nati�mentre�la�madre�non�aveva�piu�lo�status civitatis.Sul�tema�v.� A. Adinolfi,�Il riconoscimento della cittadinanza italiana ai nati da madre cittadina prima del 1948: quale �uniforme interpretazione del diritto� da parte della Cassazione?,in�Riv. dir. int.,�n.�2,�2001,�p.�447�segg.� (30)�V.�in�proposito�C. Schmitt,�Verfassungslehre,�9.�ed.,�Berlin�2003,�p.�20�segg.� (31)�Il�problema�non�puo�non�porsi,�anche�per�chi�critichi�l'impostazione�delle�SS.UU.� del�1998.�V.�A. Adinolfi,�Il riconoscimento,�cit.,p.�450.� DOTTRINA�331 gnato�l'Italia�fin�dopo�la�seconda�guerra�mondiale�(ossia�proprio�in�coincidenza� con�l'arco�temporale�di�validita�della�legge�555/12),�ci�si�puo�facilmente�rendere� conto�del�rischio�cui�e�sottoposta�la�stabilita�del�nostro�sistema�nel�caso�di� reclamo�dei�diritti�di�cittadinanza�da�parte�di�una�frazione�anche�modesta�degli� aventi�diritto,�ove�si�dia�delle�norme�la�lettura�fin�qui�criticata.� La�pronuncia�delle�Sezioni�Unite,�tuttavia,�lungi�dal�chiudere�il�dibattito,� ha�attirato�su�di�se�diverse�critiche�in�dottrina,�ed�e�stata,�per�di�piu�,�smentita� da�una�successiva�pronuncia�della�I�Sezione,�di�solo�due�anni�successiva,�la� n.�15062del2000(32).�Inessasiaffrontanuovamentelaquestionedei�rapporti� esauriti�:�in�una�vicenda�del�tutto�analoga�alle�altre�(salvo�che�si�trattava�di�cit- tadina�italiana�di�Libia,�con�qualche�dubbio�sull'applicazione�delle�norme�colo- niali)�la�I�Sezione,�pur�senza��ribellarsi��apertamente�alla�statuizione�delle� SS.UU.,�afferma�che�il�giudice�d'appello�aveva�errato�nel�negare�l'attribuzione� della�cittadinanza�ai�figl|�della�donna�poiche��la�qualificazione�di�un�rapporto�o� di�una�situazione,�siccome��esauriti�,�non�deve�mai�fondarsi�su�di�una�norma� dichiarata�costituzionalmente�illegittima,�per�la�decisiva�ragione�che,�altrimenti,� continuerebbe�adapplicarsi[...]�la�norma�incostituzionale�.�La�motivazione�sem- bra�poi�avvilupparsi�su�se�stessa,�ritenendo�necessario�un�terzo�elemento,�oltre� alla�norma�ed�al�rapporto�giudicato,�una�seconda�norma�che�determini�l'esauri- mento�della�prima.�In�tanta�complessita�logica,�non�emerge�una�chiave�di�let- tura�che�pare�illuminante:�la�perdita�della�cittadinanza�ha�effetti�istantanei�e� definitivi,�non�ha�nessun�bisogno�di�un�provvedimento�di�chiusura�degli�effetti� (come�sarebbe�nel�caso�della�sentenza�passata�in�giudicato�o�che�accerti�la�pre- scrizione)�ed�i�suoi�effetti�possono�essere�ridiscussi�a�distanza�di�anni�solo�in� un�ordinamento�che�prevede�una�siffatta�retroattivita�,�quale�quello�costituzio- nale�repubblicano,�ma�non�certo�quello�statutario.� 3.�Lo�sviluppo�piu�recente�del�contenzioso� Va�ricordato,�nella�giurisprudenza�di�merito,�l'interessante�caso�affron- tato�dal�Tribunale�di�Torino�nel�1999,�nel�quale�il�Collegio�dichiara�la�cittadi- nanza�italiana�del�figlio�di�donna�italiana�che�ha�perso�la�cittadinanza,�in� quanto�nato�prima�del�matrimonio�con�il�padre�straniero�(33).� La�giurisprudenza�del�Tribunale�di�Roma,�cui�spetta�la�gran�parte�delle� controversie�in�tema�di�cittadinanza,�trattandosi�perlopiu�di�residenti�all'e- stero�contrapposti�al�Ministero�dell'Interno�(34),�si�e�fortemente�allineata�ai� princip|�espressi�dalla�Sezione�I�della�Cassazione�nel�2000,�ossia�all'orienta- mento�meno�restrittivo�quanto�al�riconoscimento�della�cittadinanza.� (32)�Sent.�22�novembre�2000,�n.�15062,�pubbl.�in�Foro�it.,�2001,�pt.�I,�col.�2299�segg.� (33)�Cfr.�Trib.�Torino,�sent.�12�aprile�1999,�in�Riv.�dir.�int.�priv.�proc.,�n.�1,�2000,�p.�152� segg.�Si�tratta�senz'altro�di�un�caso�limite;�tuttavia�il�discrimen�e�chiaro:�il�figlio�nato�prima� del�matrimonio�e�figlio�di�italiana�nato�da�relazione�con�uno�straniero;�un�eventuale�figlio� nato�a�seguito�del�matrimonio�e�nato�da�madre�non�piu�italiana.�I�due�figl|�non�potranno� essere�discriminati�nei�diritti�connessi�alla�filiazione,�ma�avranno�diverso�trattamento�in� relazione�alla�cittadinanza.� (34)�Si�tratta,�a�nostro�avviso,�di�un�punto�debole�dell'ordinamento�giudiziario,�poiche�di� fatto�una�sola�sezione�di�una�giurisdizione�inferiore�detiene,�salvi�i�diritti�di�appello�e�ricorso� per�Cassazione,�il�monopolio�assoluto�su�un�settore�del�contenzioso�civile�nazionale.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Piu��specificamente,�il�Tribunale�romano,�in�alcune�recenti�sentenze,� dispone�il�positivo�accertamento�della�cittadinanza�in�capo�ai�ricorrenti,�sia� facendo�riferimento�al��non�esaurimento��dei�rapporti�sottoposti�al�giudizio� costituzionale,�sia�ritenendo�che�le�donne,�che�abbiano�riacquistato�la�cittadi- nanza�dopo�le�sentenze�della�Corte�costituzionale,�non�l'abbiano�in�realta�� mai�perduta,�comunicandola�ai�figl|�ed�ai�nipoti.�La�ricaduta�di�tali�afferma- zioni�e��di�particolare�rilevanza,�poiche�sono�decine�le�sentenze�con�le�quali� il�giudice�di�primo�grado�ha�attribuito�la�cittadinanza�italiana�a�nipoti�e�pro- nipoti�di�cittadine�italiane(35).� Un�elemento�di�chiarezza�potrebbe�essere�costituito�dalla�recentissima� sentenza�della�Cassazione,�Sezioni�Unite,�19�febbraio�2004,�n.�3331,�che� riprende�compiutamente�le�contrapposte�opzioni�giurisprudenziali,�confer- mando�la�scelta�del�1998,�dunque�negando�la�cittadinanza�ai�figl|�di�madre� sposatasi�in�Turchia�nel�1947.� L'arresto�della�Suprema�Corte,�velatamente�censurando�la�giurispru- denza��ribelle��del�2000,�ritiene�ormai�consolidato�in�giurisprudenza�ed�affer- mato�in�dottrina�il�principio�per�cui�l'illegittimita��costituzionale�non�puo�� retroagire�rispetto�all'entrata�in�vigore�della�Costituzione(36).� Si�ritiene�poi,�da�un�punto�di�vista�generale,�che�sia�da�escludersi�l'as- sunto,�considerato�dalla�citata�sentenza�della�I�Sezione,�secondo�il�qualelo� status�di�cittadinanza�possegga�particolari�requisiti�di�assolutezza,�non�esau- ribilita��e�giustiziabilita��in�ogni�tempo,�essendo�viceversa�rimesso,�come�altre� situazioni�giuridiche,�agli�effetti�del�mutare�del�quadro�costituzionale�di�rife- rimento.� La�decisione�della�Corte�fa�nuovamente�riferimento�alla�nozione�di�rap- porti�esauriti,�della�quale�si�e��gia��brevemente�detto,�ritenendo�che�l'azione� invalidante�del�giudizio�di�costituzionalita��conosca�proprio�quel�limite,� dovendosi�prendere�atto�di�effetti�legittimamente�prodotti�da�norme�(poi�rite- nute�incostituzionali)�nel�periodo�della�loro�legittima�vigenza.� La�Suprema�Corte�ritiene,�quanto�alla�necessita��di�non�consentire,�ad� oggi,�discriminazioni�incostituzionali�tra�uomo�e�donna,�che�tale�esigenza� sia�gia��efficacemente�affrontata�dalla�legge�151/1975,�che�consente�la�dichia- razione�di�riacquisto�della�ex�cittadina.�Ritiene�viceversa�non�configurabile� ogni�automatismo�nel�recupero�della�cittadinanza�e�nella�sua�trasmissioneai� discendenti�in�linea�retta.� La�pronuncia�del�Giudice�di�legittimita��assume,�quindi,�il�significato�di� una�rilevante�correzione�di�rotta�rispetto�alle�incertezze�precedenti,�ponendo� anche�argine�ad�un�assalto�alla�cittadinanza�che�assume�peraltro�dimensioni� (35)�Ex�multis�Trib.�Roma,�Sez.�I,�sent.�7�marzo�2001,�n.�8901;�sent.�22�marzo�2002,� n.�20408.� (36)�La�sentenza�afferma�che��le�leggi�anteriori�alla�Costituzione�perdono�efficacia,�per� effetto�dipronunce�di�incostituzionalita�,�dalla�data�di�entrata�in�vigore,�non�potendo�il�giudizio� di�difformita�rispetto�al�parametro�costituzionale�svolgersi�oltre�il�momento�in�cui�l'antinomia� si�e�verificata�e�dovendo�quindi�la�pronuncia�di�incostituzionalita�arrestarsi�al�tempo�di�insor- genza�del�conflitto�.� DOTTRINA�333 preoccupanti.�Si�pensi,�in�tal�senso�ai�non�infrequenti��casi�limite��di�nipoti�e� pronipoti�di�cittadine�italiane�che�reclamano�la�cittadinanza�italiana�per� interi�nuclei�familiari�(37).� Quanto�alla�giurisdizione�amministrativa,�il�Consiglio�di�Stato�e�ritor- nato�di�recente�sul�tema,�con�una�pronuncia�che,�pero�,�lambisce�solamente� la�materia�del�contendere:�in�un�parere�ha�affermato�che,�ove�i�genitori�riac- quistino�la�cittadinanza�italiana�persa,�in�nessun�caso�consegue�l'acquisto� automatico�per�i�figl|�,�i�quali�dovranno,�a�loro�volta,�presentare�documentata� istanza�(38).�I�magistrati�amministrativi�si�mantengono�in�questo�caso,�pero�,� fuori�dall'agone�polemico,�non�entrando�nella�questione�della�spettanza�del� diritto,�al�di�la�della�presenza�dell'automatismo�acquisitivo.� Alla�luce�della�permanente�distanza�tra�le�interpretazioni�giurispruden- ziali�e�del�possibile�ulteriore�incremento�del�contenzioso�tra�stranieri�di�ori- gine�italiana�e�Amministrazione�dell'Interno,�con�conseguente�ulteriore�peso� a�carico�della�Difesa�erariale,�appare�quanto�mai�auspicabile�un�intervento�legi- slativo�che�ponga�fine�alle�frizioni�in�atto,�restituendo�ai�Consolati�ed�agli�Uffi- ciali�di�Stato�civile�una�materia�che�ad�essi�essenzialmente�perviene,�e�chesolo� in�senso�del�tutto�patologico�puo�essere�oggetto�di�contesa�in�giudizio.� (37)�A�titolo�esemplificativo�si�consideri�che�attualmente�pende�presso�il�Tribunale�di� Roma�il�ricorso�di�alcuni�cittadini�peruviani�che�chiedono�riconoscersi�lo�status civitatis ita- liano�sulla�base�della�circostanza�che�una�loro�nonna�in�linea�materna�era�a�sua�volta�figlia� (nata�all'estero)�di�un�cittadino�italiano�nato�nel�1874�e�trasferitosi�in�Peru�piu�di�cento�anni� fa�(Trib.�Roma,�sez.�I�civ.,�C.P.�et�al.�c/�Ministero�dell'Interno).� (38)�Cons.�St.,�sez.�I,�par.�28�novembre�2001,�n.�1077,�pubbl.�in�Foro It.,�2003,�pt.�III,� coll.�154-156.� I�n�d�i�c�i�sis�t�e�m�ati�c�i�I�n�d�i�c�i�sis�t�e�m�ati�c�i� 1 -ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI Ignazio�Francesco�Caramazza,Funzione pubblica e giurisdizione........Apag. 280 Corte�di�giustizia�delle�comunita�europee,Nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte delle giurisdizioni nazionali (2005/C 143/01)...........................................A�A17 Roberto�de�Felice,�Cinzia�Melillo,(dossier),In morte di un curatorefallim entare. ................................................A�A188A Giovanni�Pietro�de�Figueiredo,�Enrica�Villani,L'attualita� dell'art. 8 c.p. (sua capacita� espansiva come �risorsa giuridica� sul piano della collabora zione internazionale contro il crimine)............................A�A139A PierluigiDiPalma,La difesa in giudizio delle amministrazioni trasformate in societa� perazioni.. . . . ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .. � ��A111A Pierluigi�Di�Palma,Il diritto degli aeroporti nel nuovo codice della naviga zione: le concessioni aeroportuali. ..............................A��A295A Diritto nazionale e diritto comunitario nella dinamica del giudizio di costituzio nalita� (art. 117,1.co., Cost. equestionecomunitaria)... .. .. .. . . . . . . . . �A121A Pasquale�Fava,Indennita� di amministrazione e tredicesima: un casopraticoper valutare le potenzialita� delle azioni rappresentative (classactions) nel con tenzioso seriale italiano...................................���A168A Wally�Ferrante,La direttiva 2004/18/CE e la giurisprudenza comunitaria in materia di appalti e concessioni.................................. �8A Giuseppe�Fiengo,(dossier),Ancora sull' inhouseproviding.............A�A44A Maria�Vittoria�Lumetti,Silenzioinadempimento, denunciadiinizioattivita� silenzio assenso, accesso: le novita� della legge 80/05. . .. .. .. .. . . . . . . . . �A304A Maria�Vittoria�Lumetti,La valutazione del punteggio conseguito presso le S.I.S.S. La natura giuridica delle frequentlyaskedquestions(F.A.Q.)el'ev oluzione tecnologica della P.A.................................A�A208A Paolo�Marchini,La manutenzione ordinaria e straordinaria in materia diopere idraulicheela tutelapenaledelpaesaggio: una interpretazione estensiva? ...A�A315A Glauco�Nori,Sulpoteresanzionatorio della Cortedigiustizia............A�A22 Cesare�Pagotto,Cittadinanza italiana amatree retroattivita� delle norme costituzionali: amministrazione e giurisprudenza in trincea.............A�A322A Roberto�Palasciano,Ancorasultemadellaresponsabilita� civileperidannida fumo c.d. attivo............................................A�A197A 336 RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO� VincenzO Rago,Ilpatrocinio delleAmministrazionistatalidapartedell'Avvo- catura Generale dello Stato.�..................................�pag. 1� StefanO Rosati,(dossier),Opposizione tardiva; opposizione intempestiva a seguito di nullita� della notifica del decreto ingiuntivo..................���150� MarinA Russo,Legittimazione in giudizio in tema di danni da emoderivati. ��13� GiuseppE Stipo,Il regime d'invalidita� del provvedimento amministrativo nel nuovo sistema delineato dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15. . . . . . . . . . . . . . ��253� FrancescO Vignoli,Ragionevole durata delprocesso e decisione definitiva.���133� 2 -INDICE DELLE SENTENZE CORTEDIGIUSTIZIADELLECOMUNITA�EUROPEE GrandeSezione,12luglio2005,nellacausaC-304/02.................�pag. 29 GrandeSezione,21luglio2005,nellacausaC-231/03..................���51 Sez.1.,13ottobre2005nellacausaC-458/03........................���54 Sez.2.,27ottobre2005nellecauseriun.C-187/04eC-188/04...........���71 CORTECOSTITUZIONALE� Sent.29gennaio2005,n.62....................................���124� Ord.7-11febbraio2005,n.74...................................���136� CORTEDICASSAZIONE Sez.1.penale,sent.28aprile-17maggio2004n.23181.................���146 Sez.Unite,3marzo-12maggio2005n.9938........................���156 Sez.Unite,13luglio2005n.14698...............................���176 Sez.trib.29agosto2005n.17461................................���194 CORTED'APPELLODIGENOVA� Sez.2.,ord.24-25marzo2005..................................���138� TRIBUNALECIVILEDINAPOLI� Sent.15dicembre2004,n.12729.................................���204� TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERL'EMILIAROMAGNA� Parma,sez.unica,ord.18ottobre2005,n.301......................���214� 3 -INDICE DEGLI ARGOMENTI AzionI rappresentativE ^Ammissibilita�inItalia^Efficentismoprocessuale� ^Aumentodicompetitivita�^Giustoprocesso^Potenzialita�risolutivedel� contenziososeriale^Sussistono�(Cassaz., Sez. Un. Civ., sent. 13 luglio 2005, n.14698).................................................... pag. 176 ClasS actionS ^Ammissiblita�in�Italia�^Efficientismo�processuale�^ Aumentodicompetitivita�^Giustoprocesso^Potenzialita�risolutivedelcont ensiososeriale^Sussistono(Cassaz., Sez. Un. Civ., sent. 13 luglio 2005, n. 14698). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��176� INDICI�SISTEMATICI�337 Comunita� europeE ^Appalti�pubblici�di�servizi�^Appalti�in house ^Concess ione�di�servizio�pubblico.�Compatibilita�con�il�diritto�comunitario�(Corte di giustizia CE, Grande Sezione, sent. 21 luglio 2005 nella causa C-231/03; sez. 1., sent. 13 ottobre 2005 nella causa C-458/03). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51� Comunita� europeE ^Inadempimento�da�parte�di�uno�Stato�^Direttiva�93/� 37/CEE�^Appalti�pubblici�di�lavori^Concessioni�di�lavori�pubblici�^Norme� di�pubblicita�(Corte di Giustizia CE, sez. 2., sent. 27 ottobre 2005 nelle cause riun. C-187/04 e C-188/04) . . . . . . ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .. ��7�1� Comunita� europeE ^Inadempimento�da�parte�di�uno�Stato�^Pesca�^Obblig hi�di�controllo�posti�a�carico�degli�stati�membri�^Sentenza�della�Corte�che� accerta�un�inadempimento�^Omessa�esecuzione�-Art.�228�CE�^Pagamento� di�una�somma�forfettaria�^Imposizione�di�una�penalita�(Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, sent. 12 luglio 2005, nella causa C-304/02) . . . . . . . . . .. ��2�9� ContenziosO serialE ^Pluralita�di�parti�^Serialita�^Questioni�di�fatto�e�di� diritto�comuni�^Gestione�efficiente�del�contenzioso�^Strumenti�processuali� risolutivi�^Class actions e�azioni�rappresentative�^Potenziale�rilevanza�(Cass az., Sez. un.Civ., sent. 13 luglio 2005,n.14698) . . . . ... .. .. .. ... .. .. .. ��176 CortE CostituzionalE ^Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�^Denuclearizz azione�del�territorio�^Illegittimita�costituzionale�di�norme�regionali�^Regioni� Sardegna,�Basilicata,�Calabria�(Corte Cost.le, sent.29gennaio 2005n. 62) . . . . . . ��1�2�4� CortE CostituzionalE ^Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�^Raccolta� e�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi�^Partecipazione�della�Regione�interessata� (Corte Cost.le, sent. 29 gennaio 2005 n. 62) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��1�2�4� CortE CostituzionalE ^Ragionevole�durata�del�processo�e�decisione�definit iva�^Previsione�di�equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionev ole�del�processo�^Manifesta�inammissibilita�della�questione�di�legittimita� costituzionale.�(Corte Cost., ord. 7^11febbraio 2005, n. 74) . . . . . . . . . . . . . . ��136 Indennita� dI amministrazionE ^Nozione�^Caratteri�^Natura�giuridica�^ Rilevanza�per�la�tredicesima�^Esclusione�^Principio�di�omnicomprensivita�^ Si�applica.�(Cassaz., Sez. un. Civ., sent. 13 luglio 2005, n. 14698) . . . . . . . . . . ��176 IstruzionE E scuolE ^Punteggio�S.I.S.S.�^Valutazione�ad�incremento�dei�titoli� relativi�agraduatoria�di�diversaclasse�di�concorso�^Inammissibilita�(T.A.R.Emil ia Romagna, Parma,sez. unica, ord. nella cam. Cons. del18ottobre2005) . .. .. . . ��21�4� ProcedimentO civilE ^Impugnazione�^Termini�^Morte�del�legale�rappresent ante�^Proroga�semestrale�(Cassaz., Sez. trib., sent. 29 agosto 2005 n. 17461) ��1�9�4� ProcedimentO civilE ^Procedimenti�speciali�^Opposizione�tardiva�^Nullita� della�notifica�del�decreto�opposto�^Effetti�in�ordine�all'ammissibilita�(Cassaz., S.U.,sent. 3 marzo^12maggio 2005 n. 9938) ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .. ��1�56 ProcedimentO civilE ^Ricorso�per�Cassazione�^Revocazione�^Circostanza� rilevante�emergente�dalla�relata�di�notifica�^Omessa�percezione�^Ammissibil ita�^(art.�391�bis c.p.c.)�(Cassaz., Sez. trib., sent. 29 agosto 2005 n. 17461) ��1�9�4� ProcedimentO penalE ^Processo�celebrato�in�Italia�sui�desaparecidos ^ Art.�8�c.p.�^Procedibilita�^Nozione�di��delitto�politico��^Natura�oggettivam ente�e�soggettivamente�politica�di�delitti�commessi�in�danno�di�cittadini�ital iani�residenti�in�Argentina�^Delitti�contro�diritti�fondamentali�garantiti�dalla� Costituzione�italiana�e�da�norme�del�diritto�internazionale�generalmentericon osciute�(diritto�alla�vita,�alla�liberta�personale,�ad�un�processo�equo,�ecc.)�D iritto-dovere�dello�Stato�italiano�di�intervenire�^Collaborazione�internazion ale�contro�il�crimine�(Cassaz., 1" sez. penale, sent. 17 maggio 2004 n. 23181) ��1�46 338 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Procedimento�penale�^Processo�celebrato�in�Italia�sui�desaparecidos ^ Costituzione�del�rapporto�processuale�^Assenza�in�giudizio�dell'imputato�^ Validita�dell'instaurazione�del�rapporto�processuale�(Cassaz., 1" sez. penale, sent. 17maggio2004n.23181).................................... pag. 146 Responsabilita�civile�^Danni�da�fumo�attivo�^Responsabilita�del�Minis tero�della�Salute�e�delle�imprese�produttrici�e�distributrici�dei�tabacchi�lavor ati�^Esclusione�(Trib. Napoli, sent. 15 dicembre 2004, n. 12729) . . . . . . . . . . ��204� Tredicesima�mensilita�^Principio�di�omnicomprensivita�^Si�applica�i ndennita�di�amministrazione�^Rilevanza�per�la�tredicesima�^Esclusione� (Cassaz.,Sez.Un.Civ.,sent. 13luglio2005,n.14698) .................. ��176� Tributi�in�generale�^Accertamento�^Condono�^Condono�ex�decreto�legge� 429/1982�^Dichiarazione�integrativa�per�definizione�automatica�^inclusione� di�tutti�gli�anni�di�imposta�accertabili�(Cassaz., Sez. trib., sent. 29 agosto 2005 n. 17461) .. .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .. ��194� 4 -PARERI, COMUNICAZIONI, CIRCOLARI A.G.S. ^Parere del 20 aprile 2005, n. 54793. Patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(consultivo n. 38033 e 31094/04, avvoc ato V. Rago) ............................................�pag. 2� A.G.S. ^Parere del 14 maggio 2005, n. 67614. Azione�di�risarcimento�danni�^Recupero�crediti.�(Consultivo n. 6612/03, avvoc ato P. Di Palma) .........................................���11� A.G.S. ^Parere del 14 maggio 2005, n. 67615. Momento�di�efficacia�della�determinazione�della�rendita�catastale�^Configurab ilita�di�autotutela�(consultivon. 18721/04,avvocatoL. CaputiIambrenghi) ��215 A.G.S. ^Parere del 14 maggio 2005, n. 67621. Illecito�amministrativo�in�materia�doganale,�contrabbando�doganale�semplice� e�aggravato:�distinzioni�^decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�43/� 1973,�artt.�282�ss.�(consultivo n. 11396/05, avvocato G. Albenzio)........���216� A.G.S. ^Circolare del 27 maggio 2005, n. 15. Patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�alle�Universita�degli�Studi.�....�.....���9� A.G.S. ^Parere del 31 maggio 2005, n. 75708.� Legge�n.�210/1992�^Legittimazione�passiva�del�Ministero�della�Salute�nei�giud izi�aventi�ad�oggetto�il�riconoscimento�del�diritto�all'indennizzo�per�il� periodo�antecedente�il�trasferimento�delle�funzioni�alla�Regione�^Sentenza� della�Corte�d'Appello�di�Venezia�n.�364/04�(consultivo n. 49194/04, avvoc ato M. Russo) ...........................................���13� A.G.S. ^Parere del 31 maggio 2005, n. 75722. Affidamento�diretto�di�impianto�(consultivo n. 14148/05, avvocato W. Ferr ante)..................................................���220� A.G.S. ^Parere del 7 giugno 2005, n. 79329. Imposte�e�tasse.�Imposta�erariale�del�consumo�sull'energia�elettrica.�Gruppi� elettrogeni�fissi�in�datazione�alle�FF.AA.�^Produzione�e�consumo�^ Debenza�(consultivo n. 24104/04, avvocato P. Cosentino) .............���224� INDICI SISTEMATICI A.G.S. ^Parere del 9 giugno 2005, n. 80746. Verifica amministrativo-contabile a norma dell'art. 7 del decreto del Presi- dente del Consiglio dei Ministri 12 marzo 1994 ^Saldo contributivo (cons ultivo n. 24143/04, avvocato S. Sabelli)..... ..... ..... ...... ..... pag. 226 A.G.S. ^Parere del 10 giugno 2005, n. 80985. Art. 43, 1� comma e 57, d.P.R. n. 327/2001 ^Art. 5 L. 166/2002 ^Possibilita� ed ambito di utilizzazione (Contenzioso n. 24416/03, avvocato T. Varrone) ) 229 A.G.S. ^Parere del 7 luglio 2005, n. 91858. Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001 n. 327, come modifi- cato dal Decreto Legislativo 27 dicembre 2002 n. 302, pubblicato nel Suppl. ord. n. 211/L Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003. Testo Unico disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita� (consultivo n. 52706/04, avvocato P. Cosentino). ..... ) 235 A.G.S. ^Parere dell'8 luglio 2005, n. 92716. Provvedimenti di assegnazione della casa di abitazione familiare nei procedi- menti di separazione personale e di divorzio; trascrivibilita� , opponibilita� a terzi in relazione ai diversi titoli in base ai quali l'abitazione era gia� goduta (consultivo n. 18376/05, avvocato M. Mari) .. ..... ..... ...... ..... ) 236 Circolare del 12 luglio 2005, n. 24, prot. 94439 (comunicazione di servizio n. 96/05, prot. 94436). Direttive in materia di controversie aventi ad oggetto corsi di riqualificazione. ) 249 ERRATA CORRIGE L'articolo��Giurisdizione�del�giudice�amministrativo�in�pubblici�concorsi� riservati�a�dipendenti�interni,�fuori�ruolo�e�comandati��(pubblicato�alla� pag.�239�del�n.�1/2005�di�questa�Rassegna),�pervenuto�a�questa�Redazione�non� firmato,�e�stato�erroneamente�attribuito�all'Avv.�Roberto�de�Felice,�titolare�del� relativo�contenzioso.�Ce�ne�scusiamo�con�l'Autore,�Dr.�Mario�Di�Carlo,�e�coni� lettori.�