RASSEGNAEVOCADELLOETOEGLIO-SETTMBRE

AVTURAESTALUE2005E

PosteEItalianeES.p.A.E-ESped.EinEabb.Epost.E70%E-EDCBERomaE

ANNOELVIIE


ISTITUTOEPOLIGRAFICOEEEZECCAEDELLOESTATOE
ROMAE2005


ANNOELVIIE-N.E3ELUGLIO-SETTEMBRE2005E


PUBBLICAZION. 
TRIMESTRAL. 
D. 
SERVIZI. 


ISTITUTO 
POLIGRAFICO 
E 
ZECCA 
DELLO 
STATO 
ROMA 
2005 



ComitatO 
scientifico: 
Presidente:�Glauco 
Nori. 
Componenti:�Franco 
Coppi 
^Giuseppe 
Guarino 
^Natalino 
Irti 
^Eugenio 
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Scoca. 


DirettorE 
responsabile: 
Giuseppe 
Fiengo 
^Condirettore:�Giacomo 
Arena. 


ComitatO 
dI 
redazione: 
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Aiello 
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Palatiello 
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HannO 
collaboratO 
inoltrE 
aL 
presentE 
numero: 
Ignazio 
Francesco 
Caramazza 
^Giovanni 
Pietro 
de 
Figueiredo 
^Pierluigi 
Di 
Palma 
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Ferrante 
^Paolo 
Marchini 
^Cinzia 
Melillo 
^Cesare 
Pagotto 
^Roberto 
Palasciano 
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SegreteriA 
dI 
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Francesca 
Pioppi. 


Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it 


ABBONAMENTI�ANNO�2005�

ITALIA�ESTERO�
ABBONAMENTO�ANNUO...�...�...�...�......�..�. 
41,00 
. 
77,00 


UNNUMEROSEPARATO....�...�...�...�......�..�. 
12,00 
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Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966�

(P505035/101)�Roma,�2005��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.^S.�


INDICE 
^SOMMARIO 


TemI 
istituzionalI 


VincenzoRago,IlpatrociniodelleAmministrazionistatalidapartedell'Avvocatura�

Generale�dello�Stato�(Comitato 
Consultivo, 
parere 
del 
20 
aprile 
2005, 


n. 
54793;AvvocaturageneraledelloStato,circolaredel27maggio2005,n.15) 
Pag.�1 
PierluigiDiPalma, 
La�difesa�in�giudizio�delle�amministrazioni�trasformate�in�
societa�per�azioni�(Comitato 
Consultivo, 
parere 
del 
14 
maggio 
2005 


n.67614)................................................ 
� 
11 
Marina 
Russo, 
Legittimazione�in�giudizio�in�tema�di�danni�da�emoderivati�
(Comitato 
Consultivo, 
parere 
del 
31 
maggio 
2005, 
n. 
75708)..... 
...... 
� 
13 


IL 
contenziosO 
comunitariO 
eD 
internazionalE 


Corte�di�Giustizia�CE�-Nota�informativa�riguardante�le�domande�di�pronuncia�

pregiudiziale�da�parte�delle�giurisdizioni�nazionali�(2005/C143/01)�.�.�..�..�.�� 
17 


1. 
�Le�decisioni�
Glauco 
Nori, 
Sul�potere�sanzionatorio�della�Corte�di�giustizia�(Corte 
di 


Giustizia 
CE, 
Grande 
Sezione, 
sent.12 
luglio 
2005, 
nellacausaC-304/02) 
� 
22 


Giuseppe 
Fiengo 
(dossier), 
Ulteriorisviluppisull'�in�houseproviding�(Corte 


di 
Gustizia 
CE, 
Grande 
Sezione, 
sent. 
21 
luglio 
2005 
nella 
causa 


C-231/03; 
sez.1., 
sent.13 
ottobre 
2005 
nella 
causa 
C-458/03). 
...... 
.. 
� 
44 


Wally 
Ferrante, 
La�direttiva�2004/18/CE�e�la�giurisprudenza�comunitaria�in�

materia�diappaltie�concessioni�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
sez.2, 
sent. 
27 
otto


bre2005nellecauseriun.C-187/04eC-188/04) 
. 
...................... 
� 
68 


2. 
�Igiudiziincorso.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
76 
IL 
contenziosO 
nazionalE 


Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�nella�dinamica�del�giudizio�di�costituzio


nalita�(CorteCost.le,sent.29gennaio2005n.62).................. 
� 
121 


Francesco 
Vignoli, 
Ragionevoledurata�delprocesso�edecisione�definitiva�(Corte 


Cost.,ord.7-11febbraio2005,n.74)............................ 
� 
133 
Giovanni 
Pietro 
de 
Figueiredo, 
Enrica 
Villani, 
L'attualita�dell'art.�8�c.p.�(sua�

capacita�espansiva�come��risorsa�giuridica��sul�piano�della�collaborazione�

internazionale�contro�il�crimine)�(Cass., 
1� 
sez. 
penale, 
sent. 
17 
maggio 


2004n.23181)............................................ 
� 
139 


Stefano 
Rosati 
(dossier), 
Opposizione�tardiva;�opposizione�intempestiva�a�

seguito�di�nullita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(Cass., 
S.U., 
sent. 


3marzo-12maggio2005n.9938).............................. 
� 
150 
Pasquale 
Fava, 
Indennita�di�amministrazione�e�tredicesima:�un�caso�pratico�per�

valutarelepotenzialita�delleazionirappresentative�(class 
actions)�nel�conten


zioso�seriale�italiano�(Cass., 
S.U., 
sent. 
13 
luglio 
2005 
n. 
14698/05) 
...... 
� 
168 


Roberto 
de 
Felice, 
Cinzia 
Melillo, 
(dossier), 
In�morte�di�un�curatorefallimen


tare�(Cass.,Sez.trib.,sent.29agosto2005n.17461) 
................ 
� 
188 


Roberto 
Palasciano, 
Ancora�sul�tema�della�responsabilita�civile�per�i�danni�da�

fumo�c.d.�attivo�(Trib. 
Napoli, 
sent. 
15 
dicembre 
2004, 
n. 
12729) 
. 
. 
...... 
� 
197 


Maria 
Vittoria 
Lumetti, 
La�valutazione�del�punteggio�conseguito�presso�le�

S.I.S.S.�Lanaturagiuridicadelle�Frequently 
Asked 
Questions 
(F.A.Q.) 
el'ev
oluzione�tecnologica�della�P.A.�(T.A.R.EmiliaRomagna,Parma,sez. 
unica,ord.nellacam.Cons.del18ottobre2005)................... 
� 
208 


IpareridelComitatoConsultivo.......................... 
.. 
� 
215 


DottrinA 


Giuseppe 
Stipo, 
Il�regime�d'invalidita�del�provvedimento�amministrativo�nel�

nuovo�sistema�delineato�dalla�legge�11febbraio�2005�n.�15�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
253 


Ignazio 
Francesco 
Caramazza, 
Funzionepubblica�e�giurisdizione.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
280 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Pierluigi 
Di 
Palma, 
Il�diritto�degli�aeroporti�nel�nuovo�codice�della�navigazione:�
le�concessioni�aeroportuali�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�Pag.�295 
Maria 
Vittoria 
Lumetti, 
Silenzio�inadempimento,�denuncia�di�inizio�attivita�,�
silenzio�assenso,�accesso:�le�novita�della�legge�80/05�.�..�...�..�..�...�..�..�.�� 
304 
Paolo 
Marchini, 
La�manutenzione�ordinaria�e�straordinaria�in�materia�di�opere�
idrauliche�e�la�tutela�penale�delpaesaggio:�una�interpretazione�estensiva?�� 
315 
Cesare 
Pagotto, 
Cittadinanza�italiana�amatre 
e�retroattivita�delle�norme�costit
uzionali:�amministrazione�e�giurisprudenza�in�trincea�....o 
....o 
.....o 
� 
322 
Indicisistematici.......................................o 
� 
335 



TemiIstituzionaliTemiIstituzionali
Il 
patrocinio 
delle 
Amministrazioni 
statali 
da 
parte 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato. 


Meritano�di�essere�segnalati�il�recente�parere�del�Comitato�Consultivo�e�
la�circolare�con�i�quali�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�aderenza�alla�pressocche�
pacifica�giurisprudenza�sia�della�Cassazione�che�del�Consiglio�di�Stato,�ha�
nuovamente�riaffermato�e�ribadito�le�caratteristiche�proprie�del�patrocinio�
delle�Amministrazioni�statali�da�parte�dell'Avvocatura�Generale�dello�Stato.�

In�essi,�con�riferimento�^in�particolare�^alle�Universita�degli�Studi�sta-
tali,�agli�Istituti�di�Ricerca�educativa�(c.d.�IRRE),�all'Istituto�Nazionale�per�
la�Valutazione�del�Sistema�dell'Istruzione�(INVALSI)�e�all'Istituto�Nazionale�
di�Documentazione�per�l'Innovazione�e�la�Ricerca�Educativa,�(c.d.�INDIRE),�
e�stato�precisato�che�il 
patrocinio 
in�favore�di�Amministrazioni�dello�Stato�
e/o�di�enti�fortemente�compenetrati�nell'organizzazione�dello�Stato�viene 
reso 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato,�non�in 
applicazione 
dell'art.�43�del�testo�unico�

R.D�n.�1611/1933�(c.d.�patrocinio�autorizzato),�bens|�dell'art. 
1 
del 
R.D. 
n. 
1611/1933 
(c.d.�patrocinio 
obbligatorio).�
Questa�conclusione�e�stata�raggiunta,�sul�presupposto�che�questi�enti,�
cos|�come�e�stato�anche�specificato�dal�Ministero�in�sede�di�richiesta�di�
parere,��pur 
dopo 
la 
trasformazione, 
non 
hanno 
perso 
la 
loro 
natura 
di 
enti 
compenetrati 
nella 
organizzazione 
e 
comunque 
di 
enti 
strumentali 
dell'Ammini-
strazione 
scolastica 
statale�. 


Nel�parere�relativo�agli�IRRE,�all'INDIRE�ed�all'INVALSI,�sono�anche�
stati�richiamati�alcuni�degli�indici�identificati�dell'ente�strumentale�dello�
Stato,�consistenti�ne�

1)�l'inserimento 
del 
personale 
dell'IRRE 
nel 
personale 
statale,�con�conse-

guente�responsabilita�amministrativa�e�disciplinare�e�di�risultati,�nei�con-

fronti�dell'Amministrazione�statale,�nonche�

2)�ilpotere 
di 
vigilanza 
e 
controllo 
rimasto 
in 
capo 
alle 
strutture 
del 
Mini-
stero 
e�

3)�ilfinanziamento, 
riservato 
allo 
Stato. 


Non�osta�a�questa�conclusione�la�circostanza�che�questi�enti�siano�orga-

nizzati�autonomamente�rispetto�alle�strutture�statali,�poiche�,�come�noto,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933�precisa�che��La 
rappresentanza, 
il 
patrocinio 
e 


l'assistenza 
in 
giudizio 
delle 
amministrazioni 
dello 
Stato, 
anche 
se 
organizzate 


ad 
ordinamento 
autonomo, 
spettano 
all'Avvocatura 
dello 
Stato�.�

La�conseguenza�di�questa�impostazione�e�,�senza�dubbio,�il�carattere 


esclusivo 
del 
patrocinio 
de 
qua,�in�aderenza�a�quanto�statuito�dall'art.�5�del�

R.D.�n.�1611/1933,�secondo�cui��Nessuna 
amministrazione 
dello 
Stato 
puo� 
richiedere 
la 
assistenza 
di 
avvocati 
del 
libero 
foro 
se 
non 
per 
ragioni 
assoluta-

mente 
eccezionali, 
inteso 
il 
parere 
dell'avvocato 
generale 
dello 
Stato 
e 
secondo 


norme 
che 
saranno 
stabilite 
dal 
consiglio 
dei 
ministri. 
L'incarico 
nei 
singoli 
casi 


dovra� 
essere 
conferito 
con 
decreto 
del 
capo 
del 
governo 
di 
concerto 
col 
ministro 


dal 
quale 
dipende 
l'amministrazione 
interessata 
e 
col 
ministro 
per 
le 
finanze�.�

In�questo�senso,�il�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�ad�avvocati�del�
libero�foro�va�ammesso�in�questi�stretti�limiti�e�richiede�una�previa�delibera�
motivata�da�parte�degli�organi�di�gestione�di�questi�enti,�che�dia�conto�delle�
ragioni�per�le�quali�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�puo�essere�
richiesto.�

Avv. 
Vincenzo 
Rago 


A.G.S.-Parere 
del 
20 
aprile 
2005, 
n. 
54793. 


Patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
(consultivi�38033�e�31094/04,�avvocato�V.�Rago).�

�Con�d.P.R.�19�luglio�1984,�n.�513�(Gazz. 
Uff. 
28�agosto�1985,�n.�236)�l'Avvocatura�dello�
Stato�e�stata�autorizzata�ad�assumere�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli�Istituti�
regionali�di�ricerca,�sperimentazione�e�aggiornamento�educativi�(IRRSAE),�del�Centro�euro-
peo�dell'educazione�e�della�Biblioteca�di�documentazione�pedagogica,�ai�sensi�dell'art.�43�

del�R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611,�modificato�dall'art.�1�della�legge�16�novembre�1939,�

n.�1889,�e�dell'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103.�
Successivamente,�a�seguito�della�legge�di�delega�al�Governo�per�il�conferimento�di�fun-
zioni�e�compiti�alle�regioni�ed�enti�locali,�per�la�riforma�della�Pubblica�Amministrazione�e�
per�la�semplificazione�amministrativa�15�marzo�1997,�n.�59,�si�e�reso�necessario�riordinare�
questi�enti:�in�particolare,�

a) 
gli�Istituti�regionali�di�ricerca,�sperimentazione�ed�aggiornamento�educativi�sono�
stati�trasformati�in�Istituti�regionali�di�ricerca�educativa�(da�ora�denominati,�in�breve,�
�IRRE�)�ai�sensi�dell'art.�76�del�D.�Lgs.�30�luglio�1999,�n.�300�di�riforma�dell'organizzazione�
del�Governo,�a�norma�dell'art.�11�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�e�con�d.P.R.�6�marzo�
2001,�n.�190�(regolamento�di�attuazione)�sono�state�abrogate�le�disposizioni�relative�agli�
IRRSAE;�

b) 
il�Centro�europeo�dell'educazione�e�stato,�invece,�trasformato�in�Istituto�nazionale�per�
lavalutazionedelsistemadell'istruzione�INVALSI�conD.Lgs..20luglio�1999,n.�258(vedi�
ancheild.P.R.21�settembre2000,n.�313^Regolamentodiorganizzazionedell'INVALSIadot-
tatoaisensidell'art.�3,comma6delD.Lgs..20�luglio1999,n.�258(vedianchel'art.�8);�

c) 
la�Biblioteca�di�documentazione�pedagogica�e�stata,�infine,�trasformata�in�Istituto�
nazionale�di�documentazione�per�l'innovazione�e�la�ricerca�educativa��INDIRE�^anorma�
degli�artt.�2�e�3�del�D.Lgs..�20�luglio�1999,�n.�258�(vedi�anche�il�d.P.R.�21�novembre�2000,�

n.�415�^Regolamento�di�organizzazione�dell'�INDIRE�ai�sensi�art.�3�comma�6�del�D.Lgs.�
20�luglio�1999,�n.�258�(art.�81).�
Con�nota�n.�9024�del�21�maggio�2004�l'Avvocatura�dello�Stato�di�Cagliari�(cs.�31094/04)�

ha�riferito�che�il�Presidente�dell'IRRE�di�Cagliari�ha�informalmente�chiesto�di�conoscere�se�
l'Istituto�sia�autorizzato�ad�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�delloStato,in�conside-

razione�del�fatto�che�gli�IRRSAE�avevano�funzioni�in�gran�parte�analoghe.�

Oraconnotan.�11904del22luglio2004(cs.38033/04),ilMinisterodell'istruzione,del-
l'universita�e�della�ricerca,�tenuto�conto�di�aver�ricevuto�molti�quesiti�volti�ad�accertare�se�
permangano�o�meno�i�presupposti�che�hanno�consentito�agli�IRRSAE,�trasformati�in�IRRE,�
di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�poiche�le�Avvocature�Distrettuali�


TEMI�ISTITUZIONALI�

hanno�variamente�interpretato�le�norme�vigenti,�ha�chiesto�di�conoscere�se�il�d.P.R.�n.�513/�

1984�assicuri�ancora�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�sia�per�gli�IRRE�
che�per�l'INDIRE�e�per�l'INVALSI,�nei�confronti�del�quale,�peraltro,�l'Avvocatura�Generale�
e��gia��intervenuta�in�rappresentanza�e�difesa.�

Secondo�il�Ministero,��il�riordino�di�tali�enti,�intervenuto�a�seguito�della�legge�delega�
n.�59�del�1997�con�distinti�decreti�legislativi�e�conseguenti�regolamenti�di�organizzazione,�
ha�comportato�la�definizione�di�nuove�funzioni�e�un�diverso�assetto�organizzativo,�ma�non�
ha�introdotto�alcuna�modifica�alla�loro�natura�giuridica�di�enti�strumentali�dell'Amministra-
zione�scolastica.�Inoltre,�occorre�evidenziare�che�alcuni�degli�elementi�che�vennero�ritenuti�
discriminanti�per�l'analoga�decisione�di�codesta�Avvocatura�in�merito�all'ammissione�al�
patrocinio�delle�Istituzioni�scolastiche,�risultano�validi�anche�per�gli�enti�in�argomento�(nota�
Avvocatura�dello�Stato�n.�14721�del�5�febbraio�2001)�.�

La�questione�e��complessa�e�resa�ancor�piu��difficile�dalla�circostanza�che,�secondo�
quanto�sembra,�come�detto,�l'INVALSI�avrebbe,�almeno�in�un'occasione,�chiesto�ed�ottenuto�
il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(ct.�8810/2003�^Ricorso�al�T.A.R.�avverso�l'aggiu-
dicazione�della�gara�per�il�servizio�di�lettura�ottica�dei�test�della�scuola�media),�con�rischio�
che�venga�dichiarata�la�nullita��delle�attivita��processuali�compiute,�ove�si�riconosca�la�cessa-
zione�del�patrocinio�dell'Avvocatura,�mentre�l'INDIRE�ha�pure�richiesto�l'assistenza�con�
nota�5�novembre�2003,�n.�26845�(cs.�41478/2003),�senza�che�l'Avvocatura�dello�Stato�abbia�
ancora�espresso�il�suo�parere.�

Ritiene�questa�Avvocatura�che,�cos|��come�e��stato�gia��chiarito�nel�parere�relativo�agli�
Istituti�scolastici,�anche�nel�caso�degli�IRRE,�dell'INVALSI�e�dell'INDIRE,�vi�siano�gli�ele-
menti�che�consentono�di�affermare�la�conservazione�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�in�virtu��di�quanto�disposto�dall'art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933,�per�questi�enti�che,�pur�
dopo�la�trasformazione,�non�hanno�perso�la�loro�natura�di�enti�compenetrati�nella�organiz-
zazione�e�comunque�di�enti�strumentali�dell'Amministrazione�scolastica�statale.�

Patrocinio 
degli 
IRRE. 


L'IRRE�e��un�istituto�statale�che�svolge�ricerche�educative,�la�cui�natura�e�finalita��sono�fis-
sati�dall'art.�1�del�d.P.R.�190/2001�cit. 
^regolamento�attuativo�del�D.Lgs.�n.�300/1999�cit. 
c
he�dispone�che��gli�Istituti�regionali�di�ricerca�educativa�sono�enti�strumentali�dell'ammini-
strazionedellapubblicaistruzione,dotatidipersonalita��giuridicaeautonomiaamministrativa�
e�contabile,�a�norma�dell'art.�76�del�decreto�legislativo�30�luglio�1999,�n.�300�.�

L'istituto�opera�sul�territorio�regionale�in�stretto�contatto�con�la�Direzione�scolastica�
Regionale�della�regione�di�appartenenza�e�collabora�con�gli�altri�soggetti,�nazionali�e�locali,�
che�si�occupano�di�istruzione�e�formazione�(INDIRE,�INVALSI,�Regione,�Enti�Locali,�Uni-
versita��e�le�Associazioni�professionali�e�culturali)�(cfr.�art.�76�del�D.Lgs.�n.�300/1999).�

L'IRRE,�come�detto,�e��nato�dalla�trasformazione�dell'IRRSAE�(Istituto�Regionale�di�
Ricerca�Sperimentazione�e�Aggiornamento�Educativo),�sorto�a�meta��degli�anni�Settanta,�in�
attuazionedeic.d.DecretiDelegati(d.P.R.�31�maggio1974,n.�419)che,innovandofortemente�
l'assetto�organizzativo�della�scuola�italiana,�hanno�istituito�gli�Organi�Collegiali�come�forme�
di�(almeno�parziale)�autodeterminazione�della�scuola,�pur�mantenendo�al�Ministero�un�com-

pito�di�forte�governo�centrale�del�Sistema�scolastico.�Agli�IRRSAEveniva�affidato�uncompito�
di�raccordo�fra�le�iniziative�del�Ministero�e�quelle�delle�singole�scuole,�relativamente�a�pro-
grammi,�curricoli,�forme�organizzative,�valutazione,�aggiornamento�dei�docenti�ecc.�

Con�l'autonomia�scolastica�(art.�21�della�legge�59/1997�cit.),�anche�per�i�vecchi�IRRSAE�
e��stato�necessario�un�rinnovamento,�tenuto�conto�che�l'autonomia�didattica,�organizzativa,
gestionale,�e�di�autonomia�di�ricerca�delle�istituzioni�scolastiche�non�rendeva�piu��necessario�
un�ente�di�raccordo�tra�la�singola�scuola�ed�il�Ministero.�

Cos|��come�risulta�dall'esame�del�D.Lgs..�istitutivo�(art.�76�del�D.Lgs.�n.�300/1999)�e�dal�
regolamento�di�attuazione�(decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�190/2001)�citati�in�epi-
grafe,�all'IRRE�sono�stati�affidati�compiti�di��supporto�alle�istituzioni�scolastiche�e�alle�loro�
reti�e�consorzi,�nonche�agli�uffici�dell'amministrazione,�anche�di�livello�sub�regionale��
(art.�1,�comma�2�del�d.P.R.�n.�190/2001�cit.),��funzioni�che�si�esplicano�in�attivita��di�ricerca�
nell'ambito�didattico-pedagogico�e�nell'ambito�della�formazione�del�personale�della�scuola��
(art.�1,�comma�2�cit.),�ivi�comprese�quelle�in�materia�di�aggiornamento�didattico�e�discipli-
nare,�di�dibattito�sui�temi�della�educazione�e�formazione,�di�diffusione�di�metodologie�e�stru-
menti,�di�divulgazione�di�tematiche�relative�al�settore�della�formazione,disupporto�asperi-
mentazioni�ed�innovazioni,�di�ricerca�in�campo�didattico,�educativo,�organizzativo,�di�moni-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

toraggio�di�esperienze,�di�documentazione�di�pratiche�e�di�realizzazioni,�nei�vari�ordini�e�

gradi�di�scuola�e�nella�educazione�degli�adulti�(art.�1,�comma�3�e�articoli�ss.�del�citato�

d.P.R.�n.�190/2001).�
Gli�IRRE�hanno�sede�nei�capoluoghi�di�regione,�sono�^come�detto�^forniti�di�persona-
lita�giuridica,�hanno�autonomia�amministrativa�e�contabile�e�sono�sottoposti�alla�vigilanza�
del�Ministero�dell'Istruzione,�vigilanza�che�si�esplica,�ad�esempio,�nella�nomina�dei�membri�
del�consiglio�di�amministrazione�dell'IRRE�(art.�4�del�d.P.R.�n.�190/2001)�nonche�nella�
nomina�di�due�dei�tre�membri�del�collegio�dei�revisori�contabili�(art.�7�dello�stesso�d.P.R.�

n.�190/2001),�nell'approvazione�del�regolamento�interno�del�consiglio�di�amministrazione�
(art.�8�del�d.P.R.�n.�190/2001).�
Va�anche�considerato�che,�in�virtu�di�quanto�stabilito�dall'art.�10�dello�stesso�d.P.R.�

n.�190/2001,�il�Ministro�dell'Istruzione�(ex�Pubblica�Istruzione),�d'intesa�con�il�Ministero�
dell'economia�e�finanze�(ex�Tesoro)�provvede�ad�assegnare�all'IRRE��un�contingente�di�per-
sonale�docente�e�dirigente�della�scuola...�...�...�da�collocare�in�posizione�di�comando��
(art.�10,�comma�1).�

L'art.�10,�comma�2�precisa,�altres|�,�che�ogni�IRRE�dispone�di�un�contingente�di�perso-
nale��stabile��con�compiti�organizzativi�e�di�supporto,��reclutato�tra�il�personale�dirigente,�
amministrativo,�tecnico�e�ausiliario�della�scuola��che�viene�collocato�fuori�ruolo,�rendendo�
indisponibili�i�posti�corrispondenti�(cfr.�art.�10,�comma�3),�mentre�l'art.�10,�comma�4�precisa�
anche�che��il�servizio�prestato�presso�gli�IRRE�e�valido�a�tutti�gli�effetti�come�servizio�di�isti-
tuto�nella�scuola�.�

Il�Ministero�provvede,�poi,�^almeno�in�grande�parte�^alle�risorse�finanziarie�degli�
IRRE,�attraverso��un�contributo�assegnato...�...�...�determinato�annualmente,�comprensivo�
di�un�contributo�generale�e�di�contributi�finalizzati�al�finanziamento�di�specifici�progetti��
(art.�11�del�d.P.R.�n.�190/2001�cit.),�nonche�all'approvazione�dei��bilanci�preventivi�e�delle�
relative�variazioni�e�dei�conti�consuntivi,�insieme�alle�relazioni�del�collegio�dei�revisori�dei�
conti�e�della�relazione�annuale�sull'attivita�svolta�dall'IRRE��(art.�12�del�d.P.R.�

n.�190/2001�cit.)�e��alla�determinazione�del�compenso�da�corrispondere�agli�organi�degli�
IRRE��(art.�14,�5.�comma,�del�d.P.R.�n.�190/2001).�

Dall'esame�delle�disposizioni�in�epigrafe,�si�ricava�che�l'IRRE�ha�conservato�la�natura�e�
le�caratteristiche,�proprie�dei�soppressi�IRRSAE,�di�enti�immedesimati�e�strumentali�all'or-
ganizzazione�scolastica,�caratteristiche�che�avevano�consentito�l'assunzione�del�patrocinio�
da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Sotto�questo�profilo,�si�puo�ritenere,�analogamente�a�quanto�espresso�nel�noto�parere�
relativo�alle�istituzioni�scolastiche,�che�sussistono�anche�per�gli�IRRE�gli�indici�rivelatori�
della�natura�strumentale�di�tali�enti,�identica�a�quella�dei�soppressi�IRRSAE.�

In�particolare,�si�richiamano�1)�l'inserimento 
del 
personale 
dell'IRRE 
nel 
personale 
sta-
tale,�con�conseguente�responsabilita�amministrativa�e�disciplinare�e�di�risultati,�nei�confronti�
dell'Amministrazione�statale,�nonche�2)�il 
potere 
di 
vigilanza 
e 
controllo 
rimasto�in�capo�alle�
strutture�del�Ministero�e�3)�ilfinanziamento,�riservato�allo�Stato.�

Per�quanto�concerne�le�caratteristiche�del�patrocinio,�a�suo�tempo�fondato�sull'art.�43�
del�testo�unico�n.�1611/1933,�la�rinnovata�struttura�degli�IRRSAE�consente�un'applicazione�
dei�principi�di�cui�all'art.�1�del�testo�unico�n.�1611/1933,�validi�per�le�Amministrazioni�dello�
Stato,�anche�ad�ordinamento�autonomo,�come�e�nel�caso�di�specie.�

In�questo�senso�l'efficacia�del�d.P.R.�di�autorizzazione�del�patrocinio�ex 
art.�43�cit. 
puo�
ritenersi�caducata,�perche�tale�provvedimento�(ora�viene,�in�genere,�emesso�un�decreto�del�
Presidente�del�Consiglio�dei�ministri)�non�e�piu�necessario,�in�virtu�dell'applicazione��auto-
matica��dell'art.�1�del�testo�unico�n.�1611/1933.�

La�caducazione�del�d.P.R.�e�,�nella�sostanza,�sotto�questo�profilo,�una�conferma�ed�una�
riprova�dell'applicabilita�dell'art.�1,�con�conseguente�applicazione�di�tutti�i�principi�del�c.d.�
foro�erariale,�ivi�compreso�l'obbligo�di�notifica�degli�atti�giurisdizionali�presso�la�competente�
Avvocatura�dello�Stato.�

Dalle�seguenti�argomentazioni,�si�traggono�le�seguenti�considerazioni:�cos|�come�espo-
sto�nel�parere�relativo�alle�Istituzioni�scolastiche�sopra�citato,�il�patrocinio�dell'IRRE�ha�
tutte�le�caratteristiche�del�patrocinio�ex 
art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933�e�successive�modifica-
zioni,�secondo�il�quale��La�rappresentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle�
amministrazioni�dello�Stato,�anche�se�organizzate�ad�ordinamento�autonomo,�spettano�
all'Avvocatura�dello�Stato�,�tenuto�conto�che,�come�sopra�specificato,�gli�IRRE,�ancorche�
forniti�di�personalita�giuridica�autonoma,�partecipano�della�natura�e�delle�funzioni�delle�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Amministrazioni�dello�Stato,�e�considerato,�altres|�che�questo�patrocinio�spetta�anche�a�que-

ste�Amministrazioni��organizzate�ad�ordinamento�autonomo�,�alla�stessa�stregua�di�quello�
che�si�verifica,�appunto,�per�le�Istituzioni�scolastiche.�

Poiche�la�richiesta�di�patrocinio�sembra�provenire�solo�da�alcuni�degli�IRRE�presenti�
sul�territorio,�sara�opportuno�che�la�questione�sia�vagliata�anche�in�sede�di�conferenza�nazio-
nale�dei�Presidenti�degli�IRRE,�di�cui�all'art.�9�del�d.P.R.�n.�190/2001.�

Patrocinio 
dell'INVALSI. 


L'Istituto�Nazionale�per�la�Valutazione�del�Sistema�dell'Istruzione�(INVALSI)�e�,come�
detto,�un�ente�pubblico�istituito�dall'art.�1�del�D.Lgs.�n.�258/2000�cit.,�frutto�della�trasforma-
zione�del�Centro�europeo�dell'educazione�e��sottoposto�alla�vigilanza�del�Ministero�dell'i-
struzione,�dell'universita�e�della�ricerca�,�che��con�propria�direttiva�individua�le�priorita�
strategiche�delle�quali�l'Istituto�dovra�tenere�conto�per�programmare�l'attivita�di�valuta-
zione��(art.�1,�comma�1�del�D.Lgs.�n.�258/2000�cit.).�

L'INVALSI��al�quale�sono�state�trasferite�le�risorse�del�Centro�europeo�dell'educazione,�
ha�mantenuto�la�personalita�giuridica�di�diritto�pubblico�e�l'autonomia�amministrativa�ed�e�
dotato�di�autonomia�contabile,�patrimoniale,�regolamentare�e�di�autonomia�finanziaria,�
come�previsto�dal�regolamento�di�cui�all'art.�3,�comma�6��(art.�1,�comma�2�del�D.Lgs..�

n.�258/2000�cit.).�
L'art.�1,�comma�3�dello�stesso�D.Lgs..�n.�258/2001�ha�individuato�le�funzioni�ed�i�com-
piti�dell'INVALSI:��In�particolare,�l'Istituto�valuta�l'efficienza�e�l'efficacia�del�sistema�di
istruzione�nel�suo�complesso�ed�analiticamente,�ove�opportuno�anche�per�singola�istituzione�
scolastica,�inquadrando�la�valutazione�nazionale�nel�contesto�internazionale;�studia�le�cause�
dell'insuccesso�e�della�dispersione�scolastica�con�riferimento�al�contesto�sociale�ed�alle�tipo-
logie�dell'offerta�formativa;�conduce�attivita�di�valutazione�sulla�soddisfazione�dell'utenza;�
fornisce�supporto�e�assistenza�tecnica�all'amministrazione�per�la�realizzazione�di�autonome
iniziative�di�valutazione�e�supporto�alle�singole�istituzioni�scolastiche�anche�mediante�la�pre-
disposizione�di�archivi�informatici�liberamente�consultabili;�valuta�gli�effetti�degli�esiti�appli-
cativi�delle�iniziative�legislative�che�riguardano�la�scuola;�valuta�gli�esiti�dei�progetti�e�delle�
iniziative�di�innovazione�promossi�in�ambito�nazionale;�assicura�la�partecipazione�italiana�a
progetti�di�ricerca�internazionale�in�campo�valutativo�e�nei�settori�connessi�dell'innovazione�
organizzativa�e�didattica�.�

In�virtu�di�quanto�stabilito�dall'art.�1,�comma�5,��l'Istituto�si�avvale,�sulla�base�della�
direttiva�di�cui�al�comma�1,�anche�dei�servizi�dell'amministrazione�della�pubblica�istruzione�
istituiti�sul�territorio�provinciale�e�delle�specifiche�professionalita�degli�ispettori�tecnici�

dipendenti�dal�Ministero�della�pubblica�istruzione�.�

Tra�la�fine�degli�anni�'80�ed�i�primi�del�'90,�sulla�spinta�della�diffusa��autonomia�scola-
stica�,�si�e�avvertita�anche�in�Italia�la�necessita�di�disporre�di�un��servizio�nazionale��che�
�analogamente�a�quanto�avveniva�in�altri�Stati�socialmente�avanzati���valutasse��la�pro-
duttivita�e�l'efficacia�del�sistema�scolastico�nel�suo�insieme�e,�per�quanto�possibile,�dei�singoli�

istituti�scolastici.�
Con�il�D.Lgs..�n.�258/2000�in�esame,�come�detto,�in�conseguenza�della�riconosciuta�

autonomia�delle�istituzioni�scolastiche,�si�e�reso�necessario�trasformare�il�Centro�Europeo�
di�documentazione�pedagogica��CEDE,�in�un��Ente�finalizzato�al�supporto�dell'autonomia�

delle�istituzioni�scolastiche�,�che,�come�disposto�dall'art.�1�in�epigrafe,�svolge�compiti�stret-
tamente�collegati�con�le�funzioni�svolte�da�tutte�le�istituzioni�scolastiche.�

In�tema�di�studio�delle�cause�della�dispersione�scolastica�l'Istituto�ha��ereditato��i�com-
piti�gia�svolti�dal�soppresso�Osservatorio�Nazionale,�costituito�presso�il�Ministero�dell'Istru-
zione�(art.�1,�comma�6�del�D.Lgs..�n.�258/2000�cit.).�

Con�d.P.R.�21�settembre�2000�n.�313�^Regolamento�di�organizzazione�dell'INVALSI,�
adottato�ai�sensi�dell'art.�3�comma�6�del�D.Lgs..�20�luglio�1999,�n.�258�^emanato�su�propo-
sta�del�Ministro�della�P.I.,�di�concerto�con�quelli�dell'Economia�e�delle�Finanze�(ex�Tesoro)�
e�per�la�Funzione�Pubblica,�sono�state�stabilite�la�struttura�organizzativa�del�nuovo�Istituto,�
le�modalita�costitutive�e�le�competenze�degli�organi�di�controllo�e�di�consulenza�scientifica,�
la�dotazione�organica�del�personale�di�ricerca�ed�amministrativo,�la�dotazione�massima�di�
personale�comandato�^sia�di�ricerca�che�amministrativo�^,�le�modalita�di�conferimento�di�
incarichi�a�personale�di�ricerca,�tecnico�e�specialistico�non�appartenente�all'Unione�Europea,�
le�modalita�di�trasferimento�delle�risorse�finanziarie�appositamente�iscritte�nello�stato�di�pre-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

visione�del�Ministero�della�P.I.�ed,�infine,�le�modalita��di�associazione�alle�attivita��dell'Istituto�

da�parte�di�enti�di�ricerca�nonche�le�modalita��di�conferimento�agli�stessi�enti�di�incarichi�
per�studi�e�ricerche.�

In�particolare,�l'Istituto�e��retto�da�un�Consiglio�di�Amministrazione�di�durata�triennale,�
rinnovabile�per�un�altro�triennio,�costituito�da�un�presidente�e�da�quattro�componenti,�nomi-
nati�dal�Consiglio�dei�Ministri,�su�proposta�del�Ministro�della�Pubblica�Istruzione.�

L'art.�10�del�d.P.R.�n.�313/2000�stabilisce�che�l'Istituto,�oltre�al�personale�di�cui�
all'art.�8,�puo��avvalersi�anche��di�personale�amministrativo,�tecnico,�specialistico�e�di�ricerca�
comandato�o�collocato�fuori�ruolo,�proveniente�dall'amministrazione�della�pubblica�istru-
zione,�dalla�scuola�o�da�altre�amministrazioni�dello�Stato...��(comma�1),�e��Il�servizio�pre-
stato�in�posizione�di�comando�o�collocamento�fuori�ruolo�e��valido�a�tutti�gli�effetti�come�ser-
vizio�d'istituto��(comma�4),�analogamente�a�quanto�sopra�rilevato�per�gli�IRRE.�

Anche�per�l'INVALSI,�le�risorse�finanziarie�dell'Istituto�sono�costituite,�prevalente-
mente,�dal�contributo�ordinario�dello�Stato�comprensivo�anche�degli�oneri�per�il�personale�
e�per�gli�organi�di�amministrazione,�tecnico-scientifici�e�di�controllo,�e�di��fondi�annual-
mente�assegnati�per�attuare�i�progetti�e�le�attivita��programmate�,�nel�rispetto�della�direttiva�
del�Ministro�sulle��priorita��strategiche��(art.�12�del�d.P.R.�n.�313/2000).�

La�vigilanza,�di�carattere�amministrativo-contabile,�viene�esercitata�dal�Ministero�dell'I-
struzione,�che�approva�i�bilanci�preventivi�e�le�relative�variazioni�e�i�conti�consuntivi;�e��pre-
visto�un�Collegio�dei�revisori�dei�conti�composto�da�tre�membri,�uno�designato�dal�Ministero�
dell'Economia�e�delle�Finanze�(ex�Tesoro)�e�gli�altri�due�dal�Ministero�dell'Istruzione�
(art.�14�d.P.R.�n.�313/2000),�anche�in�questo�caso�ripetendo�lo�schema�utilizzato�per�gli�
IRRE.�

Da�segnalare�anche�che�l'INVALSI,�nel�2002�si�e��dotato�di�un�regolamento�di�finanze�e�
contabilita��,�con�cui�sono�state�stabilite�varie�norme�di�funzionamento�anche�contabile�dell'I-
stituto.�

Per�la�parte�che�qui�ci�interessa,�merita�di�essere�ricordato�l'art.�8�del�regolamento,�
secondo�cui,�per�quanto�concerne�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio,��Nell'ipotesi�in�cui�
non�sia�possibile�ottenere�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�l'Istituto,�sulla�base�di�
una�motivata�deliberazione�a�stare�in�giudizio�adottata�dal�Consiglio�di�Amministrazione,�
puo��conferire�specifico�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�anche�ad�avvocati�del�libero�foro�

e�ad�altri�professionisti�.�

La�disposizione�in�esame�conferma�certamente�da�una�parte�l'interesse�dell'INVALSI�ad�
avere�il�patrocinio�dell'Avvocatura,�dall'altra�pero��costituisce�una�difficolta��,�tenuto�conto�
che,�per�principio�pacifico,�l'Avvocatura�dello�Stato�non�puo��assumere�il�patrocinio�unita-
mente�ad�un�avvocato�del�libero�foro,�essendo�tale�possibilita��vietata�dal�carattere�esclusivo�
del�patrocinio�de�qua.�

Ladisposizionedicuiall'art.�8delRegolamentofinanzeecontabilita��dell'INVALSIcitata�

in�epigrafe�va,�dunque,�interpretata�alla�luce�di�quanto�disposto�dall'art.�5�del�R.D.�

n.�1611/1933,�secondo�cui��Nessuna�amministrazione�dello�Stato�puo��richiedere�la�assistenza�
di�avvocati�del�libero�foro�se�nonper�ragioni�assolutamente�eccezionali,�inteso�il�parere�dell'av-
vocato�generale�dello�Stato�e�secondo�norme�che�saranno�stabilite�dal�consiglio�dei�ministri.�
L'incarico�nei�singoli�casi�dovra��essere�conferito�con�decreto�del�capo�del�governo�di�concerto
col�ministro�dal�quale�dipende�l'amministrazione�interessata�e�col�ministro�per�le�finanze�.�
In�questo�senso,�il�mandato�di�rappresentanza�e�difesa�ad�avvocati�del�libero�foro�va�
ammesso�in�questi�stretti�limiti.�

In�ogni�caso,�si�ritiene�che�essendo�stati�rinvenuti,�anche�per�l'INVALSI,�gli�elementi�
identificativi�analoghi�a�quelli�esaminati�per�gli�IRRE�(possibilita��di�avvalersi�di�personale�
scolastico,�vigilanza�del�Ministero�dell'Istruzione,�finanziamenti�statali,�ecc.),�valgono�evi-
dentemente�le�medesime�considerazioni�gia��fatte�per�gli�IRRE.�

Per�completezza,�e��opportuno�ricordare�che�con�legge-delega�n.�53�del�28�marzo�2003,�
riguardante��la�definizione�delle�norme�generali�nell'istruzione�e�dei�livelli�essenziali�delle�pre-
stazioniinmateriadiistruzioneeformazioneprofessionale�,all'art.�3e��stataprevistala�valu-
tazione�degli�apprendimenti�e�della�qualita��del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione�.�

In�virtu��di�quanto�stabilito�dall'art.�1�della�detta�legge�delega,�nella�seduta�del�28�otto-
bre�u.s.�il�Consiglio�dei�Ministri�ha�approvato�in�via�definitiva�un�decreto�legislativo�attua-
tivo�della�legge�53/2003,�relativo�alla�istituzione�del�Servizio�nazionale�di�valutazione�del�
sistema�di�istruzione�e�di�istruzione�e�formazione�professionale�nonche�al�riordino�dell'In-
valsi,�Istituto�nazionale�per�la�valutazione�del�sistema�dell'istruzione.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Le�piu�importanti�novita�di�questo�decreto�legislativo�sono�le�seguenti:�

a) 
viene�per�la�prima�volta�istituito�in�Italia,�come�da�tempo�in�altri�Paesi�europei,�un
Servizio�nazionale�di�valutazione�del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione;�

b) 
il�nuovo�servizio�avra�il�compito�di�contribuire�al�progressivo�miglioramento�e�armo-
nizzazione�della�qualita�del�sistema�educativo,�valutandone�l'efficacia�e�l'efficienza�e�inqua-
drandone�la�valutazione�nel�contesto�internazionale;�

c) 
il�Servizio�nazionale�e�affidato�principalmente�all'INVALSI,�che�assume�il�nome�di�
�Istituto�nazionale�di�valutazione�del�sistema�educativo�di�istruzione�e�formazione��(viene,�

in�questo�senso,�modificato�il�nome�dell'INVALSI,�aggiungendo�il�significativo�aggettivo�
�educativo��che�conferma�la�natura�di�istituzione�scolastica�dell'ente),che�vienea�talfine�
riordinato.�L'INVALSI,�gia�disciplinato�con�il�decreto�legislativo�20�luglio�1999,�n.�258,�ha�
avuto�finora�quale�fine�istituzionale�la�ricerca�sulle�metodologie�valutative.�Esso�ha�anche�
svolto,�negli�ultimi�anni,�sulla�base�di�specifiche�direttive�di�questo�Governo�e�in�via�speri-
mentale,�la�valutazione�delle�scuole�che�hanno�aderito�volontariamente.�Il�decreto�legislativo�
affida�ora�all'INVALSI�la�valutazione�complessiva�di�sistema,�che�diviene�obbligatoria�per�
tutte�le�scuole�e�viene�affidata�all'Istituto�riordinato�come�sua�finalita�fondamentale,�
lasciando�agli�insegnanti�la�valutazione,�periodica�e�annuale,�degli�apprendimenti�e�del�com-
portamento�degli�studenti;�

d) 
compito�dell'Istituto�sara�anche�predisporre�le�prove�dell'Esame�di�Stato�per�la�loro�
scelta�da�parte�del�Ministro;�

e) 
un'altra�importante�modifica�e�costituita�dalla�precisazione�che,�in�sede�di�disciplina�
delle�procedure�contrattuali,�nonche�delle�forme�di�controllo�interno�sull'efficienza�e�sui�
risultati�di�gestione�complessiva�dell'Istituto�e�l'amministrazione�del�patrimonio,�l'INVALSI�
e�comunque�tenuto�al�rispetto�delle�vigenti�disposizioni�in�materia�di�contabilita�generale�
dello�Stato.�

I�principi�esposti�confermano�ancora�una�volta�la�natura�di�ente�strumentale�dell'Ammi-
nistrazione�scolastica�di�questo�nuovo�(e�riordinato)�istituto,�cio�che�conferma�il�patrocinio�
dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�di�questo�ente�ex 
art.�1�del�R.D.�n.�1611/1933.�

Patrocinio 
dell'INDIRE. 


Infine,�l'Istituto�Nazionale�di�Documentazione�per�l'Innovazione�e�la�Ricerca�Educa-
tiva,�(meglio�identificato�con�l'espressione�INDIRE)�e�stato�pure�istituito�con�il�D.Lgs..�

n.�258/1999,�che�ha�disposto�la�trasformazione�della�Biblioteca�di�Documentazione�Pedago-
gica�in�ente�nazionale�di�ricerca�e�di�documentazione�in�ambito�educativo.�
Il�decreto,�insieme�con�il�proprio�regolamento�attuativo�(d.P.R.�n.�415/2000�cit.),�pre-
vede�i�compiti�e�le�funzioni�attribuite�a�tale�ente,�attribuendo�all'INDIRE�una�dimensione�
anche�internazionale,�nel�segno�di�una�maggiore�autonomia�e�di�una�pronta�rispondenza�ai�
bisogni�e�alle�priorita�della�scuola�italiana.�

L'INDIRE�si�occupa,�in�particolare,�di:�

formazione:�attraverso�PuntoEdu,�l'ambiente�integrato�di�apprendimento�online 
utiliz-

zato�per�l'aggiornamento�di�centinaia�di�migliaia�di�insegnanti�italiani,�interamente�svilup-

pato�e�gestito�da�INDIRE.�Fondato�su�un�modello�di�blended 
e-learning,�con�incontri�in�pre-

senza�e�attivita�online,�PuntoEdu�offre�percorsi�formativi�strutturati�e�personalizzabili,�utiliz-
zando�i�piu�avanzati�strumenti�tecnologici;�

ricerca 
e 
documentazione:�INDIRE�fa�ricerca�applicata�e�teorica�su�formazione,�comuni-
cazione,�educazione�e�linguaggi�di�documentazione�per�un'archiviazione�intelligente�e�condi-
visibile�della�memoria;�cura�e�gestisce�un�sistema�nazionale�di�documentazione�delle�ricerche�
educative�e�delle�esperienze�d'innovazione�didattica,�sviluppa�una�rete�informativa�compa-
rata�sui�sistemi�educativi�in�Europa�e�sui�corsi�di�Istruzione�e�Formazione�Tecnica�Superiore�
(IFTS),�progetta�e�realizza�archivi�online 
di�risorse�e�strumenti�utili�per�la�didattica;�

comunicazione:�INDIRE�fa�ricerca�sulla�teoria�e�i�linguaggi�della�comunicazione,�soste-
nendo�gli�insegnanti�nella�loro�professione�per�una�formazione�di�qualita�;�

relazioni 
internazionali:�dal�1995�INDIRE�e�Agenzia�nazionale�Socrates,�ente�che�gesti-
sce�per�l'Italia�tutte�le�azioni�e�le�misure�dell'omonimo�programma�europeo.�Dal�2001�si�
occupa�anche�della�gestione�dei�contratti�del�progetto�Erasmus.�INDIRE�e�inoltre�partner�
di�European 
Schoolnet,�una�rete�che�coinvolge�piu�di�26�Ministeri�europei�dell'educazione�

con�l'obiettivo�di�promuovere�in�ambito�educativo�la�conoscenza�e�l'uso�delle�Tecnologie�del-
l'Informazione�e�della�Comunicazione�(TIC).�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


INDIRE 
custodisce 
un 
prezioso 
patrimonio 
storico 
contenente 
gli 
archivi 
privati 
di 
illu-
stri 
esponenti 
della 
pedagogia 
italiana 
e 
una 
vasta 
raccolta 
di 
materiali 
scolastici 
prodotti 
dalle 
scuole 
tra 
la 
fine 
degli 
anni 
Venti 
e 
la 
prima 
meta� 
degli 
anni 
Sessanta 
del 
Novecento. 
INDIRE 
ha 
ereditato 
dalla 
BDP 
una 
biblioteca 
specializzata 
in 
documentazione 
pedago-

gica, 
contenente 
75.000 
volumi 
e 
1.600 
testate 
periodiche. 


Le 
disposizioni 
normative 
relative 
all'INDIRE 
sono 
ricalcate 
su 
quelle 
gia� 
esaminate 
per 
l'INVALSI, 
tenuto 
conto 
che 
l'art. 
2, 
comma 
1 
del 
D.Lgs.. 
n. 
258/1999 
dispone 
che 
�La 
biblioteca 
di 
documentazione 
pedagogica, 
di 
cui 
all'art. 
292 
del 
decreto 
legislativo 
16 
aprile 
1994, 
n. 
297, 
e� 
trasformata 
in 
Istituto 
nazionale 
di 
documentazione 
per 
l'innovazione 
e 
la 
ricerca 
educativa. 
L'Istituto 
e� 
sottoposto 
alla 
vigilanza 
del 
Ministero 
della 
pubblica 
istru-
zione. 
Il 
Ministro 
della 
pubblica 
istruzione 
con 
propria 
direttiva 
individua 
le 
proprieta� 
stra-
tegiche 
alle 
quali 
l'Istituto 
si 
uniforma.� 


Come 
l'INVALSI, 
anche 
l'INDIRE 
ha 
mantenuto 
la 
�personalita� 
giuridica 
di 
diritto 
pubblico 
ed 
autonomia 
amministrativa, 
ed 
e� 
dotato 
di 
autonomia 
contabile, 
patrimoniale, 
regolamentare 
e 
di 
autonomia 
finanziaria 
come 
definita 
dal 
regolamento 
di 
cui 
all'art. 
3, 
comma 
6� 
(art. 
2, 
comma 
2) 
ed 
ha 
�ereditato� 
le 
risorse 
della 
soppressa 
Biblioteca 
di 
docu-
mentazione 
pedagogica 
(art. 
2, 
comma 
3). 


L'Istituto, 
altres|�
opera 
�incollegamentocongliistituti 
regionali 
diricerca, 
sperimen-
tazione 
e 
aggiornamento 
educativi 
(IRRSAE), 
cura 
lo 
sviluppo 
di 
un 
sistema 
di 
documenta-
zione 
finalizzato 
alle 
esperienze 
di 
ricerca 
e 
innovazione 
didattica 
e 
pedagogica 
in 
ambito 
nazionale 
e 
internazionale 
oltre 
che 
alla 
creazione 
di 
servizi 
e 
materiali 
a 
sostegno 
dell'atti-
vita� 
didattica 
e 
del 
processo 
di 
autonomia; 
rileva 
i 
bisogni 
formativi 
con 
riferimentoairisul-
tati 
della 
ricerca; 
sostiene 
le 
strategie 
di 
ricerca 
e 
formazione 
riferite 
allo 
sviluppo 
dei 
sistemi 
tecnologici 
e 
documentari 
ed 
elabora 
e 
realizza 
coerenti 
progetti 
nazionali 
di 
ricerca 
coordi-
nandosi 
con 
le 
universita� 
e 
con 
gli 
organismi 
formativi 
nazionali 
e 
internazionali, 
curando 
la 
diffusione 
dei 
relativi 
risultati; 
collabora 
con 
il 
Ministero 
della 
pubblica 
istruzione 
per 
la 
gestione 
dei 
programmi 
e 
dei 
progetti 
della 
Unione 
europea. 
(art. 
2, 
comma 
4). 


Ed 
ancora, 
�L'Istituto 
cura 
lo 
sviluppo 
delle 
attivita� 
di 
raccolta, 
elaborazione, 
valoriz-
zazione 
e 
diffusione 
dell'informazione 
e 
di 
produzione 
della 
documentazione 
a 
sostegno 
del-
l'innovazione 
didattica 
e 
dell'autonomia; 
sostiene 
lo 
sviluppo 
e 
la 
diffusione 
delle 
tecnologie 
dell'informazione, 
della 
documentazione 
e 
della 
comunicazione 
nelle 
scuole; 
cura 
la 
valoriz-
zazione 
del 
patrimonio 
bibliografico 
e 
documentario 
gia� 
appartenente 
alla 
biblioteca 
peda-
gogica 
nazionale 
e 
lo 
sviluppo 
di 
un 
settore 
bibliotecario 
interno 
funzionale 
alla 
creazione

di 
banche 
dati� 
(art. 
2, 
comma 
5). 
Anche 
per 
l'INDIRE, 
come 
per 
l'INVALSI, 
la 
vigilanza 
del 
Ministero 
si 
esplica 
con 
la 
proposta 
di 
nomina 
dei 
membri 
del 
Consiglio 
di 
amministrazione 
(art. 
3 
D.Lgs.. 


n. 
258/1999). 
L'art. 
1 
del 
d.P.R. 
n. 
415/2000 
cit., 
attuativo 
del 
D.Lgs. 
n. 
258/1999, 
conferma 
le 
dispo-
sizioni 
del 
decreto 
istitutivo 
e 
stabilisce, 
in 
particolare, 
che 
l'Istituto 
nazionale 
di 
documenta-
zione 
per 
l'innovazione 
e 
la 
ricerca 
educativa 
e� 
un 
�ente 
di 
diritto 
pubblico 
sottoposto 
alla 
vigilanza 
del 
Ministero 
della 
pubblica 
istruzione, 
con 
sede 
in 
Firenze...�. 


L'art. 
10, 
comma 
1 
chiarisce 
che 
�L'Istituto, 
oltre 
al 
personale 
di 
cui 
all'art. 
8, 
puo� 
avvalersi... 
... 
... 
di 
personale 
amministrativo, 
tecnico, 
specialistico 
e 
di 
ricerca 
comandato 
o 
collocato 
fuori 
ruolo, 
proveniente 
dall'amministrazione 
della 
pubblica 
istruzione, 
dalla 
scuola 
o 
da 
altre 
amministrazioni 
dello 
Stato, 
dalle 
universita� 
,da 
entipubblicicompresi 
nel 
comparto 
della 
ricerca...�, 
precisando 
anche 
che 
�Il 
servizio 
prestato 
in 
posizione 
di 
comando 
o 
collocamento 
fuori 
ruolo 
e� 
valido 
a 
tutti 
gli 
effetti 
come 
servizio 
d'Istituto� 


(art. 
10, 
comma 
4). 
Anche 
l'INDIRE 
e� 
finanziato 
con 
fondi 
del 
Ministero 
e, 
in 
particolare 
(art. 
12) 
da 
un 


�contributo 
ordinario 
dello 
Stato 
comprensivo 
anche 
delle 
somme 
per 
le 
spese 
del 
personale 
e 
per 
la 
corresponsione 
dei 
compensi 
ai 
componenti 
degli 
organi 
a 
norma 
dell'art. 
3, 
comma 


4, 
del 
decreto 
legislativo�. 
Il 
Ministero 
provvede 
ad 
approvare, 
poi, 
�I 
bilanci 
preventivi 
e 
le 
relative 
variazioni 
e 
i 
conti 
consuntivi, 
insieme 
alle 
relazioni 
del 
collegio 
dei 
revisori 
dei 
conti 
e 
a 
una 
relazione 


annuale 
sull'attivita� 
svolta 
dall'Istituto� 
(art. 
14). 
L'esame 
delle 
disposizioni 
in 
epigrafe 
e 
le 
considerazioni 
fatte 
sia 
per 
l'IRRE 
che 
per 
l'INVALSI 
inducono, 
quindi 
a 
ritenere, 
anche 
per 
l'INDIRE, 
la 
sussistenza 
del 
patrocinio,

aisensieperglieffettidell'art. 
1delR.D.n. 
1611/1933,perlapresenzadituttigliindicirive-
latori 
di 
un 
ente 
compenetrato 
nell'amministrazione 
statale�. 



TEMI�ISTITUZIONALI�

A.G.S. 
^Circolare 
del 
27 
maggio 
2005, 
n. 
15. 
Patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
alle 
Universita� 
degli 
Studi. 


�Con�le�precedenti�note�di�questa�Avvocatura�Generale�del�5�giugno�2002,�n.�56534�e�
del�13�marzo�2002,�n.�5306�inerenti�alla�questione�della�obbligatorieta�per�le�Universita�Sta-
tali�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�si�era�provveduto�a�partecipare�l'unanime�
indirizzo�della�giurisprudenza�della�S.C.�di�Cassazione�in�merito�alla�obbligatorieta�del�
patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�per�gli�Atenei�statali,�e�cio�anche�a�seguito�della�
riforma�recata�dalla�legge�n.�168/1989.�

E�utile�segnalare�che,�successivamente,�il�Consiglio�di�Stato,�con�la�sentenza�della�VI�
Sezione�n.�5810�del�7�settembre�2004,�ha�confermato,�coerentemente�con�i�principi�ripetuta-
mente�statuiti�dalla�Corte�di�Cassazione,�l'obbligatorieta�per�le�Universita�Statali�del�patro-
cinio�di�questo�Organo�Legale,�e�cio�specificamente�motivando�sulla�assoluta�irrilevanza�ai�
fini�de 
quibus 
della�riforma�universitaria�in�senso�autonomistico�di�cui�alla�summenzionata�
legge�n.�168/1989,�con�ogni�conseguente�inammissibilita�delle�iniziative�giudiziarie�poste�in�
essere�in�violazione�di�quanto�disposto�dalle�pertinenti�disposizioni�che�regolano�detto�patro-
cinio�erariale.�

Nello�stesso�senso�si�e�poi�recentemente�espressa�la�Corte�d'Appello,�Sezione�Lavoro,�di�
Roma�che�condividendo�ampiamente�le�considerazioni�formulate�da�questa�Avvocatura�
Generale,�con�la�sentenza�n.�4464�del�15�luglio�^12�novembre�2004,�ha�ribadito�che�l'entrata�
in�vigore�della�legge�n.�168/1989�non�ha�prodotto�alcuna�modifica�della�precedente�disci-
plina�normativa�concernente�specificamente�il�patrocinio�legale�delle�Universita�desumibile�
dall'art.�56�del�testo�unico�n.�1592/1933,�poi�assorbito�dall'art.�1�testo�unico�n.�1611/33,�sic-
che��la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�delle�Universita�degli�Studi�statali�spetta�ope 
legis 
all'Avvocatura�dello�Stato�.�

Altres|�e�senz'altro�doveroso,�al�fine�di�fornire�ogni�necessario�elemento�chiarificatore�
sulla�problematica�di�cui�trattasi,�partecipare�che�la�Suprema�Corte�di�Cassazione,�in�rela-
zione�alle�strutture�scolastiche�che�hanno�acquisito�personalita�giuridica�di�diritto�pubblico�
per�effetto�dell'art.�21�della�legge�n.�59/1997�ha�statuito�l'obbligatorieta�del�patrocinio�di�
questo�Organo�Legale�a�ragione�del�fatto�che�trattasi�di�strutture�compenetrate�nell'Ammini-
strazione�dello�Stato,�nell'ambito�della�quale�sono�incardinate�(Sez.�III,�ord.�13�luglio�2004,�

n.�12977).�
Per�quanto�precede,�atteso�che�la�personificazione�delle�Universita�statali�e�del�tutto�
identica�a�quella�delle�scuole,�costituendo�queste�e�quelle�tipologie�di�enti�di�diritto�pubblico,�
distinti�dallo�Stato,�ma�a�quest'ultimo�del�tutto�immanenti,�deve�convenirsi�che�il�patrocinio�
dell'Avvocatura�dello�Stato�in�tali�ipotesi�rientri�nella�fattispecie�normativa�dell'assistenza�
legale�obbligatoria�ex 
art.�1�testo�unico�1611/33,�che�espressamente�si�riferisce�anche�alle�
Amministrazioni�autonome,�e�non�in�quella�autorizzata�disciplinata�dall'art.�43�dello�stesso�
Testo�Unico.�

Tale�orientamento�appare�soprattutto�in�linea�sia�con�quanto�previsto�dall'art.�1,�
comma�2�D.Lg.vo�n.�165/2001,�che�ricomprende�le�Universita�statali�nella�nozione�di�Ammi-
nistrazione�pubblica,�che�con�le�fondamentali�funzioni�esercitate�dalle�Universita�statali�di�
organo�decentrato�dello�Stato,�nonche�con�il�summenzionato�consolidato�orientamento�della�
giurisprudenza�civile�ed�amministrativa�che�hanno,�appunto,�riconosciuto,�che�detti�Atenei�
�non�esulano�dal�novero�delle�Amministrazioni�dello�Stato�,�anche�se�organizzate�ad�ordi-
namento�autonomo.�Ed�infatti�ferma�la�ampissima�autonomia�funzionale�e�patrimoniale�
per�quanto�attiene�all'esercizio�delle�proprie�funzioni,�non�puo�revocarsi�in�dubbio�il�dato�
fondamentale�che�l'art.�6�della�legge�n.�168/1989�non�ha�normato�l'ulteriore�profilo�della�
rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli�Atenei�statali,�cos|�come�nulla�dicono�i�successivi�
artt.�7e�8.�

Cio�si�spiega�in�considerazione�del�fatto�che�la�potesta�statutaria�e�rego1amentare�attra-
verso�la�quale�il�legislatore�ha�inteso�riconoscere�(o�meglio�rafforzare)�l'autonomia�degli�Atenei�
in�realta�afferisce�essenzialmente�ad�aspetti�organizzativi,�finanziari,�contabili,�didattici�e�scien-
tifici�in�ordine�ai�quali�il�Ministero,�come�si�ricordava,�non�ha�possibilita�di�intervenire�essendo-
gli�riservate�esclusivamente�funzioni�di�vigilanza�e�controllo.�Sotto�altro�profilo�e�da�conside-
rare�che�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�e�in�grado�di�produrre�alcun�riflesso�nega-
tivo�sull'autonomia�delle�istituzioni�universitarie�ed�anzi�comporta�rilevanti�vantaggi�sul�piano�
economico�(visto�e�considerato�che�il�patrocinio�dell'Avvocatura�erariale�comporta�costi�di�gran�


1O 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

lunga�inferiori�rispetto�a�quelli�connessi�all'affidamento�di�incarichi�a�legali�del�libero�foro)�e�
consente�di�assicurare�omogeneita�ed�uniformita�degli�indirizzi�defensionali.�Ne�poi�possono�
condividersi�taluni�orientamenti�che�sono�a�volte�emersi�in�giurisprudenza�sulla�possibilita�di�
distinguere,�anche�ai�fini�del�patrocinio�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�tipologia�
delle�funzioni�esercitate�in�concreto�dall'Ateneo,�quale�articolazione�statuale,�ovvero�quale�ente�
pubblico�autonomo:�ed�invero�una�tale�divaricazione�contrasterebbe,�tra�l'altro,�con�l'ineludi-
bile�esigenza�di�unitarieta�della�difesa�dell'Amministrazione�pubblica,�in�particolar�modo�in�
un�contesto,�quale�quello�universitario,�in�cui�le�varie�competenze�sono�profondamente�e�reci-
procamentecompenetrate�tanto�da�risultare�avolte�di�difficile�senonimpossibile�separazione.�

E�quindi�da�ritenere�che�proprio�considerazioni�di�tal�genere�abbiano�indotto�il�legisla-
tore,�che�solitamente�e�molto�attento�(basta�al�riguardo�ricordare�le�disposizioni�con�le�quali�
e�stato�regolamentato�il�patrocinio�delle�Ferrovie�dello�Stato�quando�sono�state�trasformate�
da�Azienda�Autonoma�in�Ente�e�lo�stesso�dicasi�per�le�Poste�^poi�divenute�entrambe�S.p.a.�
^per�l'AIMA�divenuta�AGEA,�per�l'ANAS�quando�e�stata�trasformata�da�Azienda�in�Ente�
e,�piu�di�recente,�in�s.p.a.)�a�non�occuparsi�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�degli�
Ateneialmomento�in�cuie�intervenuto�per�dare�attuazione�all'art.�33�della�Costituzione.�

Per�quanto�sopra�esposto�deve�ribadirsi�l'inderogabile�necessita�,�al�fine�di�evitare�l'in-
sorgenza�di�situazioni�suscettibili�di�determinare�grave�pregiudizio�agli�interessi�pubblici,�
tenuto�conto�della�nullita�ex 
officio 
degli�atti�posti�in�essere�in�violazione�della�disciplina�
legislativa�che�regola�il�patrocinio�di�questo�G.U.�e�del�conseguente�aggravio�degli�oneri�
finanziari�inerenti�alla�ripetizione�ove�ancora�possibile�delle�attivita�processuali,�che�si�prov-
veda�da�parte�degli�Atenei�statali�ad�assicurare�la�rigorosa�osservanza�della�vigente�legge�in�
materia�di�patrocinio�erariale�evitando�il�perpetuarsi�di�determinazioni�che�compromettono�
il�legittimo�impiego�delle�risorse�pubbliche,�ed�in�disparte�le�doverose�comunicazioni�infor-
mative�che�dovranno�necessariamente�praticarsi�nei�confronti�dell'Autorita�giudiziaria�con-
tabile�e�penale�nella�ricorrenza�dei�necessari�presupposti.�

I�signori�Avvocati�Distrettuali�dello�Stato�vorranno�dare�notizie�della�presente�circolare�
alle�Universita�statali�aventi�la�propria�sede�nel�distretto�di�rispettiva�competenza.�

L'Avvocato�Generale�Luigi�Mazzella�.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

La�difesa�in�giudizio�delle�amministrazioni�
trasformate�in�societa�per�azioni�

Il�processo�di�trasformazione�dello�Stato�in�atto,�che�ha�determinato�la�
ricollocazione�di�attivita�in�capo�a�soggetti�che,�pur�rimanendo�sostanzial-
mente�pubblici,�assumono�una�veste�formalmente�privatistica�determina,�tra�
l'altro,�anche�una�difficolta�interpretativa�rispetto�all'obbligo�da�parte�di�que-
sti�di�continuare�ad�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�
senza�aggravi�di�costi�per�la�finanza�pubblica�latamente�intesa.�

Da�ultimo,�l'ANAS�e�stata�trasformata�in�societa�per�azioni�a�partecipa-
zione�pubblica�dall'art.�7,�comma�11,�della�legge�8�agosto�2002,�n.�178�(di�
conversione�in�legge,�con�modifiche,�del�decreto�legge�8�luglio�2002,�n.�138),�
disposizione�che,�contrariamente�a�quanto�era�avvenuto�in�passato�per�altri�
enti�pubblici�divenuti�societa�per�azioni�come,�ad�esempio,�le�Ferrovie�dello�
Stato�e,�con�qualche�condizione,�le�Poste�italiane,�ha�conservato�il�patrocinio�
dell'Avvocatura�dello�Stato,�prevedendo,�appunto�che��L'ANAS�S.p.a.�puo�
avvalersi�del�patrocinio�del'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�43�del�
testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridiche�sulla�rappresentanza�e�difesa�
in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�dell'Avvocatura�dello�Stato,�di�cui�
al�Regio�Decreto�30�ottobre�1933,�n.�1611,�e�successive�modificazioni�.�

Con�il�parere�del�comitato�Consultivo�del�14�maggio�2005,�n.�67614,�pur�
trattando�apparentemente�un�caso�marginale,�sostanzialmente�si�richiama�
l'ANAS�S.p.a.�a�comportamenti�piu�coerenti�rispetto�all'assetto�normativo�
vigente,�evitando,�laddove�non�previsto,�di�ricorrere�al�patrocinio�di�avvocati�
del�libero�foro,�con�grave�ed�ingiustificato�aggravio�di�oneri�economici�per�il�
bilancio�della�societa�che�evidentemente�si�riflettono,�al�momento,�sui�conti�
pubblici�dello�Stato.�

Avv. 
Perluigi 
Di 
Palma 


A.G.S.�Parere�del�14�maggio�2005,�n.�67614.�
Azione 
di 
risarcimento 
danni 
^Recupero 
crediti 
(consultivo�6612/03,�avvocato�P.�Di�

Palma).�

�Con�comunicazione�del�24�giugno�2004,�l'ANAS,�a�seguito�della�nota�interlocutoria�di�
questa�Avvocatura�Generale�del�13�aprile�2004�con�la�quale�si�chiedeva�di�comunicare�l'even-
tuale�adozione�di�una�motivata�delibera�di�deroga�al�patrocinio�erariale�secondo�le�previsioni�
dell'art.�43�del�testo�unico�n.�1611/1933�e�successive�modificazioni�in�materia�di��patrocinio 
autorizzato�,�cui�espressamente�fa�rinvio�l'art.�7,�comma�11�della�legge�n.�178/2002�cheha�
regolamentato�la�trasformazione�in�societa�per�azioni�dell'Ente�nazionale�per�le�strade,�ha�
effettuato��alcune 
doverose 
precisazioni�,�per�giustificare�la�determinazione�di�affidare�ad�
un�avvocato�del�libero�foro�l'incarico�di�esperire�l'azione�giudiziaria�in�oggetto.�

Le�predette�precisazioni,�puntualmente�e�condivisibilmente�contestate�nel�merito�da�
codesta�Avvocatura,�si�fondano�peraltro�su�presupposti�giuridici�erronei.�

E�noto�che,�ai�sensi�dell'art.�43�del�citato�T.U.,�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�aggiunta�al�
patrocinio�obbligatorio�in�favore�delle�amministrazioni�dello�Stato,�puo�essere�autorizzata�
ad�assumere�la�rappresentanza�e�difesa�anche�di�amministrazioni�pubbliche�non�statali�ed�
enti�sovvenzionati,�purche��sottoposti 
a 
tutela 
od 
anche 
a 
sola 
vigilanza 
dello 
Stato�(c.d.�

patrocinio 
autorizzato).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Condizione�necessaria�per�l'esercizio�del��patrocinio 
autorizzato�e�la�sussistenza�di�
un'autorizzazione�legislativa,�regolamentare�o,�secondo�le�previsioni�della�legge�n.�12/1991,�
di�un�D.P.C.M.,�sentito�il�Guardasigilli�ed�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze.�

Quando�interviene�il�provvedimento�autorizzativo,�la�rappresentanza�e�la�difesa,�salva�
l'ipotesi�di�conflitto�di�interessi�con�il�patrocinio�di�amministrazioni�dello�Stato�e�delle�
regioni,�sono�assunte�dall'Avvocatura�in�via�organica�ed�esclusiva,�applicandosi�le�stesse�
regole�del�patrocinio�obbligatorio.�

In�tal�senso�si�e�espressa�una�recente�pronuncia�della�Suprema�Corte�(sent.�21�luglio�
1999,�n.�484�)�che�in�tema�di�esercizio�dello��ius 
postulandi��in�favore�dell'ANAS,�ancora�
Ente�nazionale�per�le�strade,�ha�affermato�il�principio�che��anche�in�regime�cosiddetto�facol-
tativo�di�assistenza�legale�e�di�patrocinio�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato�non�e�necessa-
rio,�in�ordine�ai�singoli�giudizi,�uno�specifico�mandato�all'Avvocatura�medesima,�ne�quest'ul-
tima�deve�produrre�il�provvedimento�del�competente�organo�dell'ente�recante�l'autorizza-
zione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�causa.�Cio�si�evince�dagli�artt.�43,�
primo�comma,�e�45�R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611�e�successive�modificazioni.�Quest'ultima�
norma,�in�particolare,�stabilisce�che�per�il�patrocinio�cosiddetto�facoltativo�si�applica�il�
secondo�comma�dell'art.�1�dello�stesso�R.D.,�alla�stregua�del�quale�gli�avvocati�dello�Stato�
esercitano�le�loro�funzioni�innanzi�a�tutte�le�giurisdizioni�ed�in�qualunque�sede�e�non�hanno�
bisogno�di�mandato�speciale,�bastando�che�consti�della�loro�qualita�(cfr. 
Cass.,�26�luglio�
1997,�n.�7011;�Cass.,�sez.�un.,�4�novembre�1996,�n.�9523;�Cass.,�6�luglio�1991,�n.�7515).�

La�trasformazione�dell'ANAS�in�societa�per�azioni�a�partecipazione�pubblica�secondo�le�
previsionidell'art.7dellaleggen.�178/2002nonhamodificatoilprecedenteriferimentonor-
mativo�relativo�alle�modalita�di�esercizio�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Infatti,�l'art.�7,�comma�11,�della�citata�legge,�contrariamente�a�quanto�avvenuto�in�pas-
sato�per�altri�enti�pubblici�trasformati�in�s.p.a,�ad�esempio�le�Ferrovie�dello�Stato�e,�con�
qualche�differenza,�le�Poste�Italiane,�ha�conservato�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�
prevedendo�che��L'ANAS�puo�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�
dell'art.�43�del�testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridiche�sulla�rappresentanza�e�difesa�
in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�dell'avvocatura�dello�stato,�di�cui�al�regio�decreto�
30�ottobre�1933,�n.�1611,�e�successive�modificazioni�.�

Cio�posto,�salve�ipotesi�di�conflitto,�ove�l'ANAS,�con�delibera�motivata�sottoposta�a�
vigilanza�dei�competenti�organi,�intenda�non�avvalersi�della�Avvocatura�dello�Stato,�la�rap-
presentanza�e�la�difesa�nei�giudizi�attivi�e�passivi,�ivi�compreso�il�caso�di�specie,�continua�
ad�essere�assicurata�da�questo�Istituto�secondo�le�descritte�modalita��.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Legittimazione 
in 
giudizio 
in 
tema 
di 
danni 
da 
emoderivati 


Il�presente�parere�verte�sull'individuazione�del�soggetto�passivamente�
legittimato�(tra�Ministero�della�Salute�e�Regione)�nei�giudizi�aventi�ad�
oggetto�il�riconoscimento�del�diritto�a�percepire�il�beneficio�di�cui�alla�legge�

n.�210/1992,�in�particolare�nei�casi�in�cui�l'istanza�sia�stata�infruttuosamente�
presentata�dall'interessato�in�sede�amministrativa�in�epoca�anteriore�al�
1.�gennaio�2001�(data�a�decorrere�dalla�quale�l'esercizio�delle�funzioni�in�
materia�transita�alla�Regione),�e�pertanto�i�ratei�rivendicati�coprano�un�
periodo�di�tempo�che�si�estende�da�epoca�anteriore�al�trasferimento�delle�fun-
zioni�ad�epoca�successiva.�
Il�parere�e�stato�reso�nel�senso�che,�in�tali�casi,�la�legittimazione�passiva�
spetti�comunque�alla�Regione,�sia�per�quanto�attiene�alla�domanda�di�con-
danna�alla�corresponsione�dei�ratei,�maturati�tanto�anteriormente�quanto�
successivamente�al�31�dicembre�2001,�sia�per�quanto�attiene�all'accertamento�
del�requisito�sanitario�che�da�titolo�al�beneficio.�

Avv. 
Marina 
Russo 


A.G.S. 
^Parere 
del 
31 
maggio 
2005, 
n. 
75708. 
Leggen. 
210/1992^LegittimazionepassivadelMinisterodellaSaluteneigiudiziaventiad 


oggetto 
il 
riconoscimento 
del 
diritto 
all'indennizzo 
per 
il 
periodo 
antecedente 
il 
trasferimento 


delle 
funzioni 
alla 
Regione 
^Sentenza 
della 
Corte 
d'Appello 
di 
Venezia 
n. 
364/04 
(consultivo�

49194/04,�avvocato�M.�Russo).�

�La�questione�che�viene�in�rilievo�nella�fattispecie�attiene�all'individuazione�del�soggetto�
passivamente�legittimato�(tra�Ministero�della�Salute�e�Regione)�nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�
il�riconoscimento�del�diritto�a�percepire�il�beneficio�di�cui�alla�legge�n.�210/1992,�in�partico-
lare�nei�casi�in�cui�l'istanza�sia�stata�infruttuosamente�presentata�dall'interessato�in�sede�
amministrativa�in�epoca�anteriore�al�1.�gennaio�2001�(data�a�decorrere�dalla�quale�l'esercizio�
delle�funzioni�in�materia�transita�alla�Regione),�e�pertanto�i�ratei�rivendicati�coprano�un�
periodo�di�tempo�che�si�estende�da�epoca�anteriore�al�trasferimento�delle�funzioni�ad�epoca�
successiva.�

In�relazione�a�tale�problematica,�nel�giudizio�definito�dalla�sentenza�n.�364/04�della�
Corte�d'Appello�di�Venezia,�l'Avvocatura�in�indirizzo�ha�sostenuto�che�^indipendentemente�
dalla�data�di�presentazione�della�domanda�di�indennizzo�(e,�quindi,�anche�qualora�la�stessa�
sia�anteriore�al�1.�gennaio�2001)�^unico�soggetto�legittimato�a�resistere�in�giudizio�sia�la�
Regione,�mentre�il�Ministero�della�Salute�dovrebbe�restare�estraneo�al�giudizio.�

Ai�fini�della�soluzione�della�questione,�appare�utile�tracciare�brevemente�il�quadro�nor-
mativo�applicabile�alla�materia.�

In�attuazione�di�quanto�disposto�dalla�legge�n.�59/1997,�con�il�d.lgs�n.�112/1998�il�legi-
slatore�ha�provveduto�a�disciplinare�il�trasferimento�di�funzioni�e�compiti�amministrativi�
dallo�Stato�alle�Regioni.�

In�particolare,�per�quanto�qui�interessa,�l'art.�114�del�d.lgs�cit. 
ha�previsto:��Sono�confe-
riti�alle�regioni,�secondo�le�modalita�e�le�regole�fissate�dagli�articoli�del�presente�capo,�tutte�
le�funzioni�e�i�compiti�amministrativi�in�tema�di�salute�umana�e�sanita�veterinaria,�salvo�
quelli�espressamente�mantenuti�allo�Stato�.�

Quanto�alla�concreta�attuazione�del�trasferimento,�l'art.�7�dello�stesso�d.lgs�prevede:��I�
provvedimenti�di�cui�all'articolo�7�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�determinano�la�decor-
renza�dell'esercizio�da�parte�delle�regioni�e�degli�enti�locali�delle�funzioni�conferite�ai�sensi�
del�presente�decreto�legislativo,�contestualmente�all'effettivo�trasferimento�dei�beni�e�delle�
risorse�finanziarie,�umane,�strumentali�e�organizzative...���...�la�decorrenza�dell'esercizio�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

delle�funzioni�e�dei�compiti�conferiti�contestualmente�all'effettivo�trasferimento�dei�beni�e�
delle�risorse�finanziarie,�umane,�organizzative�e�strumentali,�puo��essere�graduata,�secondo�
date�certe,�in�modo�da�completare�il�trasferimento�entro�il�31�dicembre�2000�;��...�ai�fini�
della�quantificazione�[delle�risorse�da�trasferire]�si�tiene�conto:�a) 
dei�beni�e�delle�risorse�uti-
lizzati�dallo�Stato�in�un�arco�temporale�pluriennale,�da�un�minimo�di�tre�ad�un�massimo�di�
cinque�anni.��(peraltro,�nel�caso�in�cui�di�fatto�non�si�provveda�al�tempestivo�trasferimento�
delle�risorse,�le�Regioni�potranno�attivare�il�meccanismo�disciplinato�al�comma�11�dello�
stesso�articolo�onde�ottenere�se�del�caso�la�nomina�di�un�commissario�ad 
acta).�

Il�decreto�ministeriale�26�maggio�2000,�poi,�ha�determinato�in�concreto�la�decorrenza�
del�trasferimento�dell'esercizio�delle�funzioni�(in�ossequio�a�quanto�stabilito�dal�sopra�citato�
art.�7�d.lgs�n.�112/1998),�prevedendo,�all'art.�3,�I�comma,�che:��Ai�fini�dell'esercizio�da�parte�
delleRegioniastatutoordinariodeicompitiedellefunzionidicuiall'art.�1,lerisorseindivi-
duate�dal�presente�decreto�sono�trasferite�dal�1.�gennaio�2001�.�Nelle�allegate�tabelle�A�e�
B,�infine,�sono�elencate�le�funzioni�conferite�(tra�cui,�appunto,�quelle�in�materia�di�indennizzi�
ex 
lege 
n.�210/1992)�e�le�relative�risorse;�l'art.�2,�n.�4�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�
dei�Ministri�cit.,�da�ultimo,�prevede:�restano�a�carico�dello�Stato�gli�eventuali�oneri�derivanti�
dai�contenziosi�riferiti�a�fatti�precedenti�il�trasferimento�.�

Ancora,�e��utile�leggere�la�normativa�di�cui�sopra�anche�alla�luce�dell'Accordo�
Governo/Regioni�dell'8�agosto�2001,�nel�quale�e��stato�stabilito�che:��Il�Ministro�dell'econo-
mia�e�delle�Finanze�si�impegna:�

a�trasmettere�alle�regioni�l'elenco�nominativo�dei�soggetti�che�hanno�gia��ricevuto�l'in-
dennizzo�previsto�dalla�legge�25�febbraio�1992,�n.�210,�al�21�febbraio�2001�acarico�dei�dipar-
timenti�provinciali�del�Tesoro,�considerata�la�necessita��delle�regioni�di�dover�disporre�del�
suddetto�elenco�ai�fini�dell'esercizio�delle�funzioni�conferite�con�il�decreto�legislativo�
31�marzo�1998,�n.�112;�

a�continuare�a�provvedere�al�pagamento�degli�oneri�finanziari�relativi�agli�indennizzi�
iscritti�a�ruolo�sino�al�21�febbraio�2001,�attraverso�i�dipartimenti�provinciali�del�Tesoro.�

2)�Il�Ministro�della�salute�si�impegna�a:�mantenere�nella�propria�competenza�i�benefici�
previsti�dalla�legge�25�febbraio�1992,�n.�210,�per�gli�indennizzi�riconosciuti�sino�al�21�feb-
braio�2001,�ad�esclusione�di�quanto�previsto�dall'art.�2,�comma�3,�della�legge�25�febbraio�
1992,�n.�210,�relativamente�al�caso�di�decesso;�coinvolgere�le�amministrazioni�regionali�per�
la�gestione�del�contenzioso;�assicurare�il�massimo�livello�possibile�di�coordinamento�con�le�
regioni�nello�svolgimento�delle�competenze�che,�come�sopra�specificato,�rimarranno�a�suo�
carico.�

3)�Le�regioni�si�impegnano�a:�definire�tutte�le�istanze,�gia��trasmesse�dal�Ministero�della�
Sanita��nel�primo�invio�di�pratiche�effettuato�poco�dopo�il�trasferimento�della�funzione,�entro�
il�30�maggio�2002;�alla�definizione�di�linee�guida,�da�adottarsi�in�Conferenza�Stato-Regioni,�
al�fine�di�raggiungere�il�necessario�coordinamento�tra�tutte�le�regioni�per�la�gestione�uni-
forme�delle�problematiche�della�legge�n.�210�del�1992.�

Alla�luce�del�quadro�normativo�cos|��sintetizzato,�difettando�ad�oggi�una�consolidata�
giurisprudenza�sulla�questione�dell'individuazione�del�soggetto�passivamente�legittimato�a�
resistere�nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�prestazioni�di�cui�alla�legge�n.�210/1992,�relative�a�
periodi��a�cavallo��tra�vecchio�e�nuovo�regime,�sembra�che�la�linea�difensiva�piu��corretta�
da�seguire�sia�la�seguente:�

in�primo�luogo,�occorrera��tener�conto�del�dato�obiettivo�emergente�dal�quadro�nor-
mativo�sopra�delineato,�dal�quale�inequivocabilmente�risulta:�

^condizione�per�il�passaggio�delle�competenze�dallo�Stato�alle�Regioni�e��il�trasferi-
mento�delle�necessarie�risorse,�che�^per�legge�^doveva�avvenire�entro�il�termine�ultimo�del�
31�dicembre�2000;�

^in�effetti,�nel�rispetto�di�detto�termine,�il�passaggio�delle�risorse�e��stato�disposto�e�
disciplinato�dal�richiamato�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�del�26�maggio�
2000;�

^l'Accordo�Stato-Regioni�ha�affrontato�la�questione�delle�istanze�gia��definite�al�
21�febbraio�2001,�ovvero�iscritte�a�ruolo�entro�tale�data,�ponendole�a�totale�carico�del�Mini-
stero,�nonche�quello�della�definizione�delle�istanze�ancora�pendenti,�trasmesse�dal�Ministero�
alla�Regione�e�da�definire�a�cura�della�stessa,�ormai�titolare�della�rispettiva�funzione,�entro�
una�data�determinata;�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Cio�posto,�va�osservato�che�^per�le�annualita�antecedenti�il�passaggio�delle�competenze�
^non�risultano�trasferite�risorse�economiche�dallo�Stato�alle�Regioni.�A�tal�proposito,�
osserva�nelle�proprie�difese�l'Avvocatura�Distrettuale�in�indirizzo,�che�la�Tabella�B�allegata�
al�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�26�maggio�2000�deporrebbeinvecenel�
senso�di�un�trasferimento�anche�per�il�pregresso�(e,�segnatamente�per�gli�anni�1997,�1998�e�
1999),�in�quanto�essa�includerebbe,�fra�le�risorse�trasferite�alle�Regioni,�anchequellestan-
ziate�dallo�Stato�per�dette�annualita�,�e�non�solo�quelle�relative�all'anno�2000.�L'argomento,�
tuttavia,�non�persuade.�Invero,�la�lettura�della�tabella�B,�pare�debba�essere�diversa,�ed�in�par-
ticolare�si�ritiene�che�l'indicazione�delle�annualita�1997-1999�non�corrisponda�affatto�a�
risorse�trasferite,�bens|�sia�solo�strumentale�a�quantificare�(sulla�base�di�una�media�e�tenuto�
conto�anche�dell'incremento�dello�stato�di�previsione)�l'importo�da�stanziareetrasferirealle�
Regioni�per�il�prosieguo,�come�stabilisce�l'art.�7�del�d.lgs�n.�112/1998:��...�ai�fini�della�quan-
tificazione�[delle�risorse�da�trasferire]�si�tiene�conto:�a) 
dei�beni�e�delle�risorse�utilizzati�dallo�
Stato�in�un�arco�temporale�pluriennale,�da�un�minimo�di�tre�ad�un�massimo�di�cinque�
anni...�.�Pertanto,�le�risorseeconomiche�trasferite�sono^secondolacitataTabellaB^solo�
quelle�per�il�bilancio�2000�e�successivi.�Del�resto,�diversamente�opinando,�non�si�comprende-
rebbe�perche�sarebbero�state�trasferite�le�risorse�solo�a�partire�dal�1997,�ne�in�base�a�quale�
criterio�si�sarebbe�individuata�la�data�del�conferimento�dei�mezzi�economici�in�tale�anno�
anziche�in�un�altro.�

Che�dal�1.�gennaio�2001�le�risorse�e�le�funzioni�siano�state�trasferite�completamente�alle�
Regioni,�poi,�non�e�smentito�dalla�persistenza,�nei�decreti�di�distribuzione�relativi�al�Bilancio�
dello�Stato�negli�anni�dal�1999�all'attualita�,�di�apposito�stanziamento�per�la�copertura�delle�
spese�aventi�titolo�negli�indennizzi�per�danni�da�vaccinazione�ed�emotrasfusione.�

Infatti,�detta�persistenza�e�compatibile�con�l'impegno�assunto�dallo�Stato�^mediante�il�
sopra�citato�Accordo�Stato�Regioni�^a�continuare�a�provvedere�al�pagamento�degli�inden-
nizzi�iscritti�a�ruolo�entro�il�21�febbraio�2001,�per�la�corresponsione�dei�quali�occorre�ovvia-
mente�una�disponibilita�finanziaria.�L'andamento�dello�stanziamento�nel�corso�delle�annua-
lita�analizzate,�del�resto,�pare�confermare�quanto�sopra:�esso�infatti�diminuisce�sensibilmente�
dal�bilancio�di�previsione�1999�al�bilancio�di�previsione�2000�(valevole�per�il�2001,�anno�del�
trasferimento�alle�Regioni),�per�restare�costante�negli�anni�successivi,ed�aumentare�solo�
nei�bilanci�2003�e�2004,�peraltro�in�corrispondenza�con�l'inclusione�^nel�relativo�capitolo�d
elle�somme�dovute�a�titolo�di�risarcimento�del�danno�accanto�a�quelle�dovute�a�titolo�di�
indennizzo.�

Da�quanto�sopra�sembra�doversi�desumere�che�^per�le�istanze�presentate�prima�del�
31�dicembre�2000,�non�definite�alla�data�del�1.�gennaio�2001�ne�a�quella�indicata�dall'Ac-
cordo�Stato�Regioni�del�21�febbraio�2001�^la�legittimazione�passiva�rispetto�alla�domanda�
di�condanna�al�pagamento�dei�benefici�debba�spettare�unicamente�alla�Regione.�Infatti,�lo�
Stato�non�dispone�piu�,�dopo�il�trasferimento,�delle�necessarie�risorse�economiche.�

Ne�sembra�deporre�in�senso�opposto�la�previsione�di�cui�al�citato�d.p.c.m.�26�maggio�
2005,�art.�2,�IV�comma��Restano�a�carico�dello�Stato�gli�eventuali�oneri�derivanti�dal�con-
tenzioso�riferito�a�fatti�precedenti�il�trasferimento�.�

Invero,�tale�norma�^contenuta�in�una�fonte�di�rango�secondario�^non�potrebbe�dero-
gare�alla�previsione�legislativa�per�cui��Sono�conferiti�alle�regioni�[a�decorrere�dal�trasferi-
mento�delle�risorse�economiche],�secondo�le�modalita�eleregolefissate�dagliarticolidel�pre-
sente�capo,�tutte�le�funzioni�e�i�compiti�amministrativi�in�tema�di�salute�umana�e�sanita�vete-
rinaria,�salvo�quelli�espressamente�mantenuti�allo�Stato�.�Una�lettura�conforme�a�legge�
della�norma�regolamentare,�peraltro,�potrebbe�essere�nel�senso�di�sostenerne�l'applicabilita�
al�solo�contenzioso�pendente�alla�data�del�trasferimento�delle�funzioni.�

Non�sembra�neppure,�da�ultimo,�che�la�norma�di�cui�all'art.�123�del�d.lgs.�n.�112/1998�
(�sono�conservate�allo�Stato�le�funzioni�in�materia�di�ricorsi�per�la�corresponsione�di�inden-
nizzi�a�favore�di�soggetti�danneggiati�da�complicanze�di�tipo�irreversibile�a�causa�di�vaccina-
zioni...�)�possa�legittimare�la�convinzione�^diametralmente�opposta�a�quella�di�codesta�
Avvocatura�^sostenuta�dalla�Regione�Veneto�nelle�proprie�difese,�e�cioe�che�lo�Stato�
rimanga�legittimato�processuale�indistintamente�per�tutte 
le�controversie�in�materia.�

Infatti,�come�affermato�dalla�sentenza�di�primo�grado,�confermata�in�appello,�l'art.�123�
cito 
si�riferirebbe�ragionevolmente�al�solo�contenzioso�amministrativo�(in�sostanza,�ai�ricorsi�
al�Ministero�ex 
art.�5�legge�n.�210/1992�avverso�i�provvedimenti�sfavorevoli�delle�Commis-
sioni�mediche),�e�non�anche�al�contenzioso�giudiziale.�Depone�in�tal�senso�sia�l'ambito�in�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

cui�la�norma�e�collocata�(relativo�al�conferimento�di��funzioni�e�compiti�amministrativi�),�
sia�il�fatto�che�mantenere�in�futuro�la�legittimazione�processuale�al�solo�Ministero�indiscri-
minatamente�in�tutti�i�casi,�contrasterebbe�con�il�trasferimento�alle�Regioni�sia�dell'esercizio�
delle�funzioni�che�dei�relativi�mezzi�economici.�

Nei�giudizi�aventi�ad�oggetto�istanze�proposte�successivamente�al�trasferimento�delle�fun-
zioni�del�1.�gennaio�2001,�poi,�la�domanda�di�condanna�vede�sicuramente�legittimata�la�sola�
Regione,�in�quanto�competente�a�definire�la�pratica�amministrativa�nonche�dotata�delle�risorse�
necessarie�al�pagamento.�

Si�viene�ora�al�diverso�profilo�inerente�la�legittimazione�passiva�del�Ministero�della�
Salute�rispetto�alla�domanda�di�accertamento�del�requisito�sanitario.�

Al�riguardo,�si�osserva�quanto�segue.�

Nell'attuale�quadro�normativo,�sebbene�la�definizione�del�procedimento�spetti�alle�
Regioni,�resta�fermo�l'iter 
descritto�dall'art.�4,�comma�IV�della�legge�n.�210/1992,�che�vede�
competenti�in�prima�battuta�le�ASL,�e�successivamente�le�Commissioni�medico�ospedaliere�
di�cui�all'art.�165�del�d.P.R.�n.�1092/1973,�avverso�i�giudizi�delle�quali�e�ammesso�ricorso�al�
Ministero�della�Salute:�l'art.�123�del�d.lgs.�n.�112/1998�dispone�infatti��sono�conservate�allo�
Stato�le�funzioni�in�materia�di�ricorsi�per�la�corresponsione�di�indennizzi�a�favore�di�soggetti�
danneggiati�da�complicanze�di�tipo�irreversibile�a�causa�di�vaccinazioni....��

Tuttavia,�non�pare�che�le�residue�competenze�ministeriali�in�fase�di�accertamento�deb-
bano�determinare�il�necessario�coinvolgimento�del�Ministero�stesso�nei�giudizi�introdotti�
sulla�base�di�istanze,�tanto�successive�alla�data�del�trasferimento�di�competenze�e�risorse�
finanziarie,�quanto�precedenti�ma�non�definite�al�1.�gennaio�2001�(si�rammenta,�ove�mai�
occorresse,�che�l'Accordo�Stato�Regioni�espressamente�prevede�l'impegno�di�queste�ultime�
a�definire�le�pratiche�ancora��in 
itinere�).�

Infatti,�va�ricordato�che�^in�materia�di�invalidita�civile,�ove�si�verificava�un�simile�sdop-
piamento�di�competenze�tra�Ministero�dell'Economia�e�Finanze�quanto�all'accertamento�
del�requisito�sanitario,�e�Regione�ovvero�INPS�quanto�al�pagamento�dei�benefici�^la�Corte�
di�Cassazione�(sent.�n.�11475/02),�ha�negato�la�legittimazione�passiva�del�Ministero�dell'Eco-
nomia�e�Finanze�nei�giudizi�volti�al�conseguimento�delle�provvidenze�erogate�da�Regioni�ed�
INPS,�nonche�nelle�stesse�azioni�di�mero�accertamento,�affermando:��...in�definitiva�la�legi-
slazione�vigente...�e�nel�senso�che�soltanto�gli�enti�chiamati�dalla�legge�a�rispondere�del�
debito,�regioni�oppure�INPS,�debbano�essere�convenuti�in�giudizio,�tanto�nelle�azioni�di�
mero�accertamento�dei�singoli�diritti�alle�prestazioni�di�assistenza�sociale,�quanto�nelle�
azioni�di�condanna.�E�cio�quali�che�siano�i�soggetti�amministrativi�della�cui�opera�regioni�
ed�INPS�si�avvalgono,�e�che�in�senso�civilistico�assumono�la�figura�di�ausiliari�del�debitore�
(art.�1228�c.c.).�Sono�per�contro�inammissibili�le�domande�di�accertamento�delle�sole�condi-
zioni�sanitarie�.�(conf.�1898/05)�

Solo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�42�d.l.�n.�269/03�conv.�in�legge�n.�326/03,�che�ha�inno-
vato�la�materia�espressamente�definendo��litisconsorte�necessario��in�tale�tipo�di�giudizi�il�
Ministero,�ha�posto�fine�al�suesposto�orientamento.�

Sembra�che�la�somiglianza�tra�la�fattispecie�analizzata�da�Cass.�11475/02�e�la�disciplina�
dei�benefici�ex 
lege 
n.�210/1992�successivamente�al�1.�gennaio�2001�(in�entrambi�i�casi�l'Am-
ministrazione�statale�ha�compiti�amministrativi�in�sede�di�accertamento�ma�non�eroga�piu�
il�beneficio)�consenta�di�sostenere�che�nei�giudizi�relativi�a�contenzioso�originato�da�istanze�
ex 
lege 
n.�210/1992�possa�ragionevolmente�negarsi�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del�
Ministero�anche�in�relazione�alla�domanda�di�accertamento,�tesi�che�ove�accolta�scongiure-
rebbe�il�rischio�di�condanna�del�Ministero�alle�spese�di�lite�in�caso�di�accoglimento�del�
ricorso.�

In�sintesi�dunque,�nei�giudizi�futuri�si�sosterra�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del�
Ministero�della�Salute,�sia�rispetto�all'accertamento�del�requisito�sanitario,�che�rispetto�alla�
domanda�di�condanna�in�tutti�i�giudizi�inerenti�sia�istanze�anteriori�che�posteriori�al�1.�gen-
naio�2001.�

Inragione�diquanto�sopra,�nell'attesache�siconsolidiun�orientamento�giurisprudenziale�al�
riguardo,�nonche�al�fine�di�provocare�una�pronunzia�della�Suprema�Corte�sul�punto,�la�sentenza�
della�Corte�d'Appello�di�Venezia�di�cui�in�oggetto�sara�impugnata�per�cassazione�nella�parte�in�
cui�condanna�l'Amministrazione�della�Salute�al�pagamento�dei�ratei�fino�al�31�dicembre�2000.�

Tutto�quanto�sopra,�salvo�diverso�motivato�avviso�delle�Amministrazioni�che�leggono�
per�conoscenza�.�


Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee�^Nota�
informativa�riguardante�le�domande�di�pronuncia�
pregiudiziale�da�parte�delle�giurisdizioni�nazionali�
(2005/C�143/01).�

Una�nota�d'informazione�destinata�ai�giudici�nazionali�relativa�alprocedi-

mento�pregiudiziale�dinnanzi�alla�Corte�di�giustizia�e�stata�loro�comunicata�tra-

mite�le�autorita�nazionali�competenti�nel�1996.�Poiche�tale�nota�si�e�rivelata�utile�

nella�prassi,�la�Corte�ha�deciso�di�aggiornarla�alla�luce�dell'esperienza�e�ritiene�

appropriato�diffonderla�attraverso�la�pubblicazione�nella�Gazzetta�Ufficiale�

delle�Comunita�europee�(11�giugno�2005).�

�1.�^Il�sistema�del�rinvio�pregiudiziale�e�un�meccanismo�fondamentale�
del�diritto�dell'Unione�europea,�che�ha�per�oggetto�di�fornire�alla�giurisdi-
zioni�nazionali�lo�strumento�per�assicurare�un'interpretazione�e�un'applica-
zione�uniformi�di�tale�diritto�in�tutti�gli�Stati�membri.�
2.�^La�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee�e�competente�a�pronun-
ciarsi�in�via�pregiudiziale�sull'interpretazione�del�diritto�dell'Unione�europea�e�
sulla�validita�degli�atti�di�diritto�derivato.�Questa�competenza�generale�le�e�con-
ferita�dall'art.�234�del�Trattato�CE�e,�in�taluni�casi�precisi,�da�altre�norme.�
3.�^Poiche�il�procedimento�pregiudiziale�si�basa�sulla�cooperazione�tra�
la�Corte�e�i�giudici�nazionali,�sembra�opportuno,�al�fine�di�assicurarne�l'effi-
cacia,�fornire�alle�giurisdizioni�le�indicazioni�seguenti.�
4.�^Queste�indicazioni�pratiche,�prive�di�qualsiasi�valore�vincolante,�
mirano�ad�orientare�i�giudici�nazionali�circa�l'opportunita�di�procedere�ad�
un�rinvio�pregiudiziale�e,�eventualmente,�ad�aiutarli�a�formulare�e�presentare�
le�questioni�sottoposte�alla�Corte.�
Sulruolodella�Cortenell'ambito�delprocedimentopregiudiziale�

5.�^Nell'ambito�del�procedimento�pregiudiziale,�il�ruolo�della�Corte�di�
giustizia�e�quello�di�fornire�un'interpretazione�del�diritto�comunitario�o�di�
statuire�sulla�sua�validita�,�e�non�di�applicare�tale�diritto�alla�situazione�di�
fatto�che�e�alla�base�del�procedimento�dinanzi�al�giudice�nazionale,�ruolo�
che�spetta�a�quest'ultimo.�La�Corte�non�e�competente�ne�a�pronunciarsi�su�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

questioni�di�fatto�sollevate�nell'ambito�della�causa�principale�ne�a�risolvere�le�
divergenze�di�opinione�in�merito�all'interpretazione�o�all'applicazione�delle�
norme�di�diritto�nazionale.�

6.�^La�Corte�si�pronuncia�sull'interpretazione�o�sulla�validita��del�diritto�
comunitario,�cercando�di�dare�una�risposta�utile�per�la�definizione�della�con-
troversia,�ma�spetta�alle�giurisdizioni�di�rinvio�trarne�le�conseguenze�disap-
plicando�eventualmente�la�norma�nazionale�di�cui�trattasi.�
Sulla�decisione�di�sottoporre�una�questione�alla�Corte�
L'autore�della�questione�

7.�^Nell'ambito�degli�artt.�234�del�Trattato�CE�e�150�del�Trattato�
CEEA,�le�giurisdizioni�degli�Stati�membri,�qualora�debbano�statuire�nell'am-
bito�di�un�procedimento�destinato�a�concludersi�con�una�decisione�di�carat-
tere�giurisdizionale,�possono�in�via�di�principio�sottoporre�alla�Corte�una�
questione�pregiudiziale.�La�nozione�di�giurisdizione�e��interpretata�dalla�
Corte�quale�nozione�autonoma�di�diritto�comunitario.�
8.�^Tuttavia,�nel�settore�particolare�degli�atti�adottati�dalle�istituzioni�
nell'ambito�del�titolo�IV�della�Terza�parte�del�Trattato�CE,�relativo�ai�visti,�
all'asilo,�all'immigrazione�ed�alle�altre�politiche�connesse�con�la�libera�circo-
lazione�delle�persone�^in�particolare�in�materia�di�competenza�giurisdizio-
nale�e�di�riconoscimento�e�di�esecuzione�delle�decisioni�giudiziarie�^,�il�rinvio�
e��consentito�solo�ai�giudici�che�statuiscono�in�ultimo�grado,�conformemente�
all'art.�68�del�Trattato�CE.�
9.�^Inoltre,�conformemente�all'art.�345�del�Trattato�sull'Unione�euro-
pea,�gli�atti�adottati�dalle�istituzioni�nel�settore�della�cooperazione�di�polizia�
e�giudiziaria�in�materia�penale�possono�costituire�oggetto�di�un�rinvio�pregiu-
diziale�solo�da�parte�dei�giudici�degli�Stati�membri�che�hanno�accettato�la�
competenza�della�Corte,�nel�qual�caso�ciascuno�Stato�determina�se�la�facolta��
di�adire�la�Corte�sia�concessa�a�tutte�le�sue�giurisdizioni�o�sia�riservata�a�
quelle�che�statuiscono�in�ultimo�grado.�
10.�^Non�e��necessario�che�le�parti�sollevino�la�questione;�il�giudice�
nazionale�puo��sottoporla�all'ufficio.�

Il�rinvio�per�interpretazione�

11.�^Ogni�giudice�interessatopuo�sottoporre�alla�Corte�una�questione�rela-
tiva�all'interpretazione�di�una�norma�di�diritto�comunitario�qualora�lo�ritenga�
necessario�ai�fini�della�soluzione�di�una�controversia�ad�esso�sottoposta.�
12.�^Tuttavia,�una�giurisdizione�avverso�le�cui�decisioni�non�possa�pro-
porsi�un�ricorso�giurisdizionale�di�diritto�interno�e�,�in�via�di�principio,�tenuta�a�
sottoporre�alla�Corte�tale�questione,�salvo�qualora�esista�gia��una�giurispru-
denza�in�materia�(e�il�contesto�eventualmente�nuovo�non�sollevi�alcun�dubbio�
reale�circa�la�possibilita��di�applicare�tale�giurisprudenza)�o�qualora�non�vi�sia�
alcun�dubbio�quanto�alla�corretta�interpretazione�della�norma�comunitaria.�
13.�^Pertanto,�una�giurisdizione�avverso�le�cui�decisioni�possa�proporsi�
un�ricorso�di�diritto�interno,�puo��,�in�particolare�quando�ritiene�di�aver�rice-
vuto�sufficienti�chiarimenti�della�giurisprudenza�della�Corte,�decidere�essa�
stessa�circa�l'esatta�interpretazione�del�diritto�comunitario�e�l'applicazione�
di�quest'ultimo�alla�situazione�di�fatto�che�essa�constata.�Tuttavia,�un�rinvio�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

pregiudiziale�puo��risultare�particolarmente�utile,�nella�fase�appropriata�del�
procedimento,�quando�si�tratta�di�una�questione�di�interpretazione�nuova�
che�presenta�un�interesse�generale�per�l'applicazione�uniforme�del�diritto�
comunitario�attraverso�l'Unione,�o�quando�la�giurisprudenza�esistente�non�
sembra�potersi�applicare�ad�un�contesto�di�fatto�inedito.�

14.�^Spetta�al�giudice�nazionale�indicare�perche�l'interpretazione�richie-
sta�sia�necessaria�perpronunciare�la�sua�sentenza.�
Il�rinvio�per�esame�di�validita�

15.�^Anche�se�i�giudici�nazionali�hanno�la�possibilita��di�respingere�i�
motivi�di�invalidita��dedotti�dinanzi�ad�essi�spetta�unicamente�alla�Corte�
dichiarare�un�atto�comunitario�invalido.�
16.�^Ogni�giudice�nazionale�deve�quindi�sottoporre�una�questione�alla�
Corte�allorche�nutre�dubbi�sulla�validita��di�un�atto�comunitario,�indicando�i�
motivi�per�cui�ritiene�che�l'atto�comunitario�possa�essere�viziato�da�invalidita��.�
17.�^Tuttavia,�il�giudice�nazionale,�ove�nutra�gravi�perplessita��in�ordine�
alla�validita��di�un�atto�della�Comunita��sul�quale�e��fondato�un�atto�interno,�
puo��in�via�eccezionale�sospendere�temporaneamente�l'applicazione�di�que-
st'ultimo�o�adottare�ogni�altro�provvedimento�provvisorio�al�riguardo.�Egli�
e��tenuto,�in�tal�caso,�a�sottoporre�la�questione�di�validita��alla�Corte�di�giusti-
zia,�indicando�i�motivi�per�i�quali�ritiene�che�l'atto�comunitario�sia�invalido.�
Quando�sottoporre�una�questione�pregiudiziale�

18.�^La�giurisdizione�nazionale�puo��rinviare�alla�Corte�una�questione�
pregiudiziale�non�appena�constatati�che�una�pronuncia�sul�punto�o�sui�punti�
relativi�all'interpretazione�o�alla�validita��e��necessaria�per�emettere�la�sua�
decisione;�essa�e��nella�migliore�posizione�per�valutare�in�quale�fase�del�proce-
dimento�occorra�sottoporre�una�tale�questione.�
19.�^E�tuttavia�auspicabile�che�la�decisione�di�rinvio�di�una�questione�
pregiudiziale�venga�presa�in�una�fase�del�procedimento�nella�quale�il�giudice�
del�rinvio�sia�in�grado�di�definire�l'ambito�di�fatto�e�di�diritto�del�problema,�
affinche�la�Corte�disponga�di�tutti�gli�elementi�necessari�per�verificare,�even-
tualmente,�che�il�diritto�comunitario�si�applica�alla�causa�principale.�Puo��
anche�risultare�nell'interesse�di�una�buona�amministrazione�della�giustizia�
che�la�questione�pregiudiziale�venga�sottoposta�a�seguito�del�contraddittorio�
tra�le�parti.�
Sullaforma�delrinviopregiudiziale�

20.�^La�decisione�con�la�quale�il�giudice�nazionale�sottopone�una�que-
stione�pregiudiziale�alla�Corte�puo��rivestire�qualsiasi�forma�ammessa�dal�diritto�
nazionale�per�i�provvedimenti�interlocutori.�Occorre�tuttavia�tenere�in�mente�
che�e��questo�il�documento�che�serve�come�base�per�il�procedimento�che�si�svolge�
dinanzi�alla�Corte�e�che�quest'ultima�deve�poter�disporre�degli�elementi�che�le�
consentano�di�fornire�una�soluzione�utile�al�giudice�nazionale.�Inoltre,�e��solo�
la�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�che�viene�notificata�agli�interessati�legit-
timati�a�presentare�osservazioni�dinanzi�alla�Corte�^in�particolare�gli�Stati�
membri�e�le�istituzioni^e�che�costituisce�oggetto�di�una�traduzione.�
21.�^La�necessita��di�tradurre�la�domanda�richiede�una�redazione�sem-
plice,�chiara�e�precisa,�senza�elementi�superflui.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

22.�^Una�lunghezza�che�non�supera�una�decina�di�pagine�e�spesso�suffi-
ciente�per�esporre�il�contesto�di�una�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�in�
maniera�adeguata.�Pur�rimanendo�succinta,�la�decisione�di�rinvio�deve�tutta-
via�essere�sufficientemente�completa�e�contenere�tutte�le�informazioni�perti-
nenti�in�modo�da�consentire�alla�Corte,�nonche��agli�interessati�legittimati�a�
presentare�osservazioni,�di�intendere�correttamente�l'ambito�di�fatto�e�di�
diritto�della�controversia�nel�procedimento�nazionale.�In�particolare,�la�deci-
sione�di�rinvio�deve:�
^contenere�una�breve�esposizione�dell'oggetto�della�controversia,�non-
che��dei�fatti�pertinenti�quali�sono�stati�constatati�o,�quanto�meno,�chiarire�
le�ipotesi�di�fatto�sulle�quali�la�questione�pregiudiziale�e�basata;�

^riportare�il�contenuto�delle�disposizioni�nazionali�che�possono�trovare�
applicazione�ed�identificare,�eventualmente,�la�giurisprudenza�nazionale�per-
tinente,�indicando�ogni�volta�i�riferimenti�precisi�(ad�esempio,�pagina�di�una�
Gazzetta 
Ufficiale 
o�di�una�determinata�raccolta;�eventualmente�con�riferi-
mento�su�Internet);�

^identificare�con�la�maggiore�precisione�possibile�le�disposizioni�comu-
nitarie�pertinenti�nella�fattispecie;�

^esplicitare�i�motivi�che�hanno�indotto�il�giudice�del�rinvio�a�sollevare�
questioni�sull'interpretazione�o�la�validita�di�talune�disposizioni�comunitarie�
nonche��il�nesso�che�esso�stabilisce�tra�queste�disposizioni�e�la�normativa�
nazionale�che�si�applica�alla�causa�principale;�

^comprendere,�eventualmente,�una�sintesi�della�parte�essenziale�degli�
argomenti�pertinenti�delle�parti�nella�causa�principale.�
Per�facilitarne�la�lettura�e�la�possibilita�di�farvi�riferimento,�e�utile�che�i�
vari�punti�o�paragrafi�della�decisione�di�rinvio�siano�numerati.�

23.�^Infine,�la�giurisdizione�del�rinvio,�se�si�ritiene�in�grado�di�farlo,�puo�
indicare�succintamente�il�suo�punto�di�vista�sulla�soluzione�da�dare�alle�que-
stioni�pregiudiziali�sottoposte.�
24.�^La�o�le�questioni�pregiudiziali�stesse�devono�figurare�in�una�parte�
distinta�e�chiaramente�identificata�della�decisione�di�rinvio,�di�solito�all'inizio�
o�alla�fine�di�questa.�Esse�devono�essere�comprensibili�senza�far�riferimento�
alla�motivazione�della�domanda,�che�fornira�tuttavia�il�contesto�necessario�
per�una�valutazione�adeguata.�
Suglieffettidelrinviopregiudizialesulprocedimento 
dinanzialgiudicenazionale 


25.�^La�proposizione�di�una�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�com-
porta�la�sospensione�del�procedimento�nazionale�fino�alla�pronuncia�della�
Corte.�
26.�^Tuttavia,�il�giudice�nazionale�rimane�competente�ad�adottare�prov-
vedimenti�cautelari,�in�particolare�nell'ambito�del�rinvio�per�esame�di�validita�
(v.�sopra�punto�17).�
Sulle 
spese 
e 
il 
gratuito 
patrocinio 


27.�^Il�procedimento�pregiudiziale�dinanzi�alla�Corte�e�gratuito�e�la�
Corte�non�stabilisce�sulla�ripartizione�delle�spese�tra�le�parti�nella�causa�prin-
cipale;�spetta�al�giudice�nazionale�statuire�a�tal�riguardo.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

28.�^In�caso�di�risorse�insufficienti�di�una�parte�e�qualora�le�norme�
nazionali�lo�consentano�la�giurisdizione�del�rinvio�puo�concedere�a�tale�parte�
un�sussidio�per�coprire�le�spese,�in�particolare�di�rappresentanza,�che�essa�
deve�sostenere�dinanzi�alla�Corte.�La�Corte�stessa�puo�anch'essa�concedere�
un�tale�sussidio.�
Sulla 
corrispondenza 
tra 
il 
giudice 
nazionale 
e 
la 
Corte 


29.�^La�decisione�di�rinvio�e�i�documenti�pertinenti�(in�particolare,�se�
del�caso,�il�fascicolo�della�causa,�eventualmente�sotto�forma�di�copia)�devono�
essere�inviati�direttamente�alla�Corte�dalla�giurisdizione�nazionale�mediante�
plico�raccomandato�(indirizzato�alla�Cancelleria�della�Corte�di�giustizia�delle�
Comunita�europee,�L-2925�Lussemburgo,�tel.�+352�4303-1).�
30.�^Fino�alla�pronuncia�della�decisione,�la�cancelleria�della�Corte�
restera�in�contatto�con�il�giudice�nazionale�al�quale�trasmettera�copia�degli�
atti�di�procedura.�
31.�^La�Corte�trasmettera�la�sua�decisione�alla�giurisdizione�del�rinvio.�
Sarebbe�opportuno�che�il�giudice�nazionale�informi�la�Corte�del�seguito�che�
verra�dato�a�tale�decisione�nella�controversia�nazionale�e�invii�ad�essa�event
ualmente�la�sua�decisione�finale�.�

LEDECISIONILEDECISIONI
Sul 
potere 
sanzionatorio 
della 
Corte 
di 
Giustizia 


(Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�Europee,�Grande�Sezione,�

sentenza�12�luglio�2005,�nella�causa�C-304/02)�

E�la�prima�volta,�a�quanto�risulta,�che,�giudicando�ai�sensi�dell'art.�228�
CE,�la�Corte�di�giustizia�ha�applicato�a�carico�di�uno�Stato�membro�la�pena-
lita�insieme�alla�somma�forfettaria.�L'applicazione�cumulativa,�inoltre,�e�
stata�disposta�in�presenza�di�una�richiesta�della�Commissione�limitata�alla�
penalita�.�

Cos|�decidendo�la�Corte�ha�ribadito�con�vigore�l'efficacia�dei�vincoli�che�
gli�Stati�hanno�assunto�attraverso�il�Trattato�e�che�costituiscono�la�struttura�
sulla�quale�poggia�l'intero�ordinamento�comunitario.�

L'art.�228�CE�ha�rimediato�ad�una�lacuna�del�Trattato�originario.�

La�Corte�di�giustizia,�investita�dalla�Commissione�ai�sensi�dell'art.�226,�
puo�emettere�solo�una�sentenza�di�accertamento�dell'inadempimento.�

Se�lo�Stato,�dichiarato�inadempiente,�non�vi�dava�esecuzione,�il�Trattato�
di�Roma�non�prevedeva�nessuna�sanzione,�salvo�quelle�misure�indirette,�e�di�
efficacia�ridotta,�non�sempre�possibili.�

Oggi�la�Corte,�ai�sensi�dell'art.�228�CE,�puo�applicare�allo�Stato�inadem-
piente�sanzioni�pecuniarie�nell'esercizio�di�un�potere�di�condanna.�

Il�procedimento�dell'art.�228�ha�mantenuto�i�caratteri�del�procedimento�
per�infrazione,�disciplinato�dall'art.�226,�solo�che�l'infrazione�e�specifica�(la�
mancata�esecuzione�della�sentenza�emessa�ai�sensi�dell'art.�226)�e�non�gene-
rica,�come�quella�prevista�nell'art.�226�(mancanza�ad�uno�degli�obblighi�
incombenti�in�virtu�del�Trattato).�

Come�e�stato�rilevato�dalla�dottrina,�tra�tutti�i�ricorsi�diretti�alla�Corte�
di�giustizia�quello�dell'art.�226�e�il�meno�comunitario�e,�in�corrispondenza,�
il�piu�internazionalistico.�

Puo�essere�proposto�solo�dalla�Commissione,�o�dagli�Stati�membri,�ed�e�
rivolto�contro�singoli�Stati,�quali�parti�del�Trattato.�

In�altre�parole,�gli�Stati�non�sono�coinvolti�come�soggetti�del�rapporto�
di�volta�in�volta�costituito�in�base�alle�norme�del�Trattato,�ma�come�soggetti�
che�hanno�stipulato�il�Trattato,�per�questo�tenuti,�secondo�i�principi�di�
diritto�internazionale,�a�rispettarne�tutte�le�disposizioni,�qualunque�ne�sia�la�
materia.�

La�Commissione,�se�lo�Stato�destinatario�non�si�attiene�al�parere�moti-
vato,�ai�sensi�dell'art.�226,�secondo�comma,�puo�,�non�deve,�adire�la�Corte�di�
giustizia.�

Alla�Commissione�viene�cos|�lasciato�un�margine�di�valutazione�politica,�
tipico�dei�ricorsi�che�operano�sul�piano�del�diritto�internazionale.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Lo�stesso�margine�di�valutazione�ha�ciascuno�degli�Stati�membri�che�puo�
rivolgesi�alla�Corte�(art.�227,�secondo�comma).�

Lo�stesso�potere�ha�la�Commissione�ai�sensi�dell'art.�228.2.�

Una�volta�che�il�ricorso�sia�proposto�il�rapporto�si�inserisce�integral-
mente�nell'ordinamento�comunitario,�con�tutte�le�connotazioni�conseguenti.�

Con�sentenza�dell'11�giugno�1991�(C-64/1988)�la�Corte�di�giustizia�aveva�
accertato�che�la�Repubblica�francese�era�venuta�meno�agli�obblighi�imposti�
dall'art.�1�del�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�29�giugno�1987�n.�2057,�che�
istituisce�alcune�misure�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�esercitate�dai�
pescherecci�degli�Stati�membri,�ed�alle�disposizioni�di�altri�regolamenti,�sem-
pre�in�materia�di�pesca.�

Da�allora�si�era�instaurato�un�rapporto�complesso�tra�la�Commissione�e�
la�Repubblica�francese,�le�cui�fasi�si�trovano�richiamate�nella�esposizione�di�
fatto�della�sentenza.�

Pur�avendo�avuto�a�disposizione�tempo�piu�che�sufficiente�per�portare�
ad�esecuzione�la�sentenza,�lo�Stato�francese�aveva�adempiuto�solo�in�piccola�
parte.�

Per�questo�la�Commissione�aveva�introdotto�un�procedimento�ai�sensi�
dell'art.�228�CE�(C^304/02),�conclusosi�con�la�sentenza�del�12�luglio�2005.�

L'art.�228�CE�impone�allo�Stato�membro,�che�ha�mancato�ad�uno�degli�
obblighi�comunitari,�di��prendere�i�provvedimenti�che�l'esecuzione�della�sen-
tenza�della�Corte�di�giustizia�comporta�.�

Attenendosi�alla�lettera�della�norma�il�Governo�francese,�a�sostegno�
delle�sue�argomentazioni�difensive,�aveva�richiamato�un�suo�piano�di�con-
trollo�generale,�adottato�nel�2001�e�completato�nell'anno�successivo,�che�era�
stato�poi�accompagnato�da�una�circolare�del�Ministero�della�Giustizia,�con�
la�quale�i�procuratori�generali�delle�zone�interessate�erano�stati�invitati�a�
disporre�una�repressione�sistematica�delle�infrazioni�e�l'irrogazione�di�
ammende�dissuasive.�

I�provvedimenti�erano,�pertanto,�stati�presi.�

La�Corte,�secondo�un�suo�orientamento�costante,�ha�preso�in�considera-
zione�non�i�provvedimenti�di�per�se�,�come�aveva�sostenuto�il�Governo�fran-
cese,�ma�i�risultati�pratici�ai�quali�avevano�portato.�Verificatane�l'insuffi-
cienza,�ha�ritenuto�sussistente�l'inadempimento�contestato.�

La�Commissione�aveva�richiesto�di�condannare�la�Repubblica�francese�a�
pagare�una�penalita��per�ogni�giorno�di�ritardo�nell'attuazione�dei�provvedi-
menti�necessari�per�conformarsi�alla�citata�sentenza�Commissione/Francia,e�
cio�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�sino�all'esecuzione�della�
citata�sentenza�Commissione/Francia�.�

L'ammontare�giornaliero�richiesto�dalla�Commissione�era�notevole�
(EUR�316.500),�ma�compensato�dalla�decorrenza,�fissata�nel�deposito�della�
sentenza.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Anche�se�il�ritardo�nell'attuazione�della�sentenza�precedente�decorreva�
dal�1991,�la�penalita��,�secondo�quanto�deciso�dalla�Corte,�ha�preso�a�decor-
rere�quattordici�anni�dopo,�con�la�possibilita��per�la�Repubblica�francese�di�
ridurla�al�minimo,�provvedendo�ad�attuare�rapidamente�la�prima�sentenza.�

Non�e��indicata�la�ragione�di�questa�decorrenza.�Non�si�trova�nel-
l'art.�228�CE,�penultimo�comma,�secondo�il�quale�il�pagamento�di�una�pena-
lita��puo��essere�disposto�quando�lo�Stato�membro��non�si�e��conformato�alla�
sentenza...�pronunciata�,�quindi�per�tutto�il�periodo�di�mancata�attuazione.�

La�Corte�in�proposito�si�e��attenuta�alla�richiesta�della�Commissione�fis-
sando�una�penalita��semestrale��a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sen-
tenza�.�

In�questo�puo��vedersi�una�proiezione�ulteriore�del�carattere�internazio-
nalistico,�e�non�strettamente�comunitario,�del�ricorso.�

Come�si�e��visto,�la�Commissione�puo�proporre�ricorso�ai�sensi�del-
l'art.�228.�

Non�essendo�imposto�un�dovere,�la�norma�presuppone�che�l'infrazione�
ad�una�sentenza�ex�art.�226�possa�rimanere�non�sanzionata.�

L'art.�228�lascia,�dunque,�alla�Commissione�di�valutare�se�la�sentenza,�
da�sola,�possa�costituire�sanzione�sufficiente�per�lo�Stato,�tenuto�conto�delle�
peculiarita��dell'inadempimento.�

A�maggior�ragione�la�Commissione,�nel�richiedere�una�sanzione�pecu-
niaria,�puo��dosarla�temporalmente�secondo�le�esigenze�del�caso.�

La�Commissione�ha�dimostrato�di�annettere�un�particolare�interesse�alla�
esecuzione�della�sentenza,�vale�a�dire�al�riconoscimento�da�parte�del�Governo�
francese�dell'autorita��della�sentenza�comunitaria.�

Ha�ritenuto,�pertanto,�che�avesse�una�maggiore�forza�persuasiva�una�
penalita��con�decorrenza�piu��ravvicinata,�ma�di�ammontare�notevole,�proprio�
perche�non�c'era�un�danno�da�risarcire,�ma�l'autorita��di�una�sentenza�da�rico-
noscere.�

La�Corte�di�giustizia�ha�dimostrato�di�condividerne�il�punto�di�vista.�

La�Corte��alla�luce�delle�caratteristiche�particolari�dell'adempimento�
constatato�,�prima�di�disporre�la�condanna�anche�di�una�somma�forfetaria,�
ne�ha�informato�le�parti�in�modo�che�in�proposito�si�potesse�svolgere�il�con-
traddittorio�(1).�

Quattro�Paesi�si�sono�dichiarati�favorevoli,�tredici�(compresa�l'Italia�e,�
naturalmente,�la�Francia)�contrari(2).�

La�Corte�si�e��posta,�ed�ha�risolto,�diverse�questioni.�

(1)�I�giudici�italiani�dovrebbero�tenere�presente�questo�principio,�al�quale�la�Corte�si�attiene�
rigorosamente.�Si�eviterebbe�che�le�parti�si�trovino�sentenze�di�ultima�istanza�fondate,�ad�esempio,�
su�interpretazioni�normative�di�dubbia�costituzionalita��,�sulle�quali�non�sono�state�messe�in�grado�
di�interloquire.�
(2)�Il�numero�dei�Paesi�intervenuti�sta�ad�indicare�che�l'argomento�e��stato�ritenuto,�e�giusta-
mente,�di�rilievo�particolare.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Ha�confermato,�come�si�e�visto,�un�suo�orientamento,�assunto�da�tempo.�
Quando�la�esecuzione�della�sentenza,�ai�sensi�dell'art.�228�CE,�comporta�
non�la�produzione�di�effetti�giuridici�istantanei,�ma�una�attivita�concreta�di�
conformazione,�non�basta�la�emissione�del�provvedimento,�ma�occorre�che�
il�provvedimento�venga�portato�ad�esecuzione.�

Lo�Stato�non�puo�,�quindi,�sostenere�di�avere�adempiuto�attraverso�la�
emissione�di�una�circolare�per�l'applicazione�di�sanzioni�pecuniarie,�se�poi�le�
sanzioni�non�sono�applicate�e�riscosse(3).�

Del�tutto�nuova�era,�invece,�la�questione�se�la�Corte�potesse�applicare�
sia�la�penalita�che�una�somma�forfettaria.�

Le�posizioni�assunte�in�proposito�dai�vari�Paesi�sono�significative�anche�
in�termini�generali�perche�indicano�l'orientamento�a�proposito�dei�poteri�da�
riconoscere�alla�Corte�di�giustizia,�che,�come�sembra,�la�maggior�parte�vor-
rebbe�mantenere�in�limiti�ristretti.�

La�tesi�contraria�alla�possibilita�di�cumulo�e�stata�fondata�sulla�formula-
zione�letterale�dell'art.�228,�n.�2,�CE�dove�e�previsto�che�la�Corte�di�giustizia�
puo�comminare�il�pagamento�di�una�somma�forfettaria�o 
di�una�penalita�.�

A�sostegno�dell'effetto�rigorosamente�alternativo�della��o��sono�stati�
portati�argomenti�diversi,�fondati�anche�su�quelle�che�dovrebbero�essere�le�
finalita�della�disposizione.�

La�Corte,�anche�se�non�l'ha�richiamato�espressamente,�sembra�avere�
applicato�il�criterio�interpretativo�del�risultato�utile.�

Lo�scopo�della�norma�e�quello�di�spingere�gli�Stati�membri�ad�eseguire�
le�sentenza�per�inadempimento,�garantendo�l'applicazione�effettiva�del�diritto�
comunitario.�Sia�la�somma�forfettaria�che�la�penalita�mirano�a�questo�obiet-
tivo.�L'una�o�l'altra�va�applicata�in�considerazione�delle�forme�e�della�gravita�
dell'inadempimento:�la�penalita�,�commisurata�alla�durata,�per�ridurre�nel�
tempo�l'inadempimento�che,�in�caso�contrario,�si�potrebbe�avere�interessea�
far�durare;�la�somma�forfettaria,�quando�l'inadempimento,�malgrado�la�
penale,�sia�durato�nel�tempo,�dimostrando�che�la�penale�non�ha�avuto�l'ef-
fetto�deterrente�sperato.�

Ha�ritenuto�la�Corte�che�alla��o��dell'art.�228�CE�non�si�possa�attribuire�
valore�decisivo�perche�,�come�e�stato�messo�in�evidenza�dai�Paesi�favorevoli�
all'applicazione�cumulativa,�puo�avere�un�senso�sia�alternativo�che�cumulativo.�

�Alla�luce�della�finalita�perseguita�dall'art.�228�CE,�l'utilizzazione�della�
congiunzione�al�n.�2�di�tale�disposizione�deve�essere�pertanto�intesa�in�senso�
cumulativo�.�

E�anche�questa�una�applicazione�del�principio�secondo�il�quale,�nell'in-
terpretare�un�testo�normativo�comunitario,�si�deve�tenere�conto�dei�canoni�
propri�di�tutte�le�lingue�ufficiali.�

(3)�La�Corte�ha�richiamato�in�proposito�la�sua�sentenza�11�giungo�1991,�C-64/1988,�la�cui�
mancata�esecuzione�ha�provocato�il�procedimento�ex 
art.�228�CE:���Poiche�non�sono�state�conte-
state�infrazioni�che�pure�potevano�essere�accertate�dalle�autorita�nazionali�e�non�sono�stati�redatti�
verbali�a�carico�del�contravventori,�il�governo�francese�e�venuto�meno�anche�all'obbligo�di�repres-
sione�prescritto�dai�regolamenti�sul�controllo�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�questo�caso�la�Corte�ha�seguito�quelli�proposti�dai�governi�danese,�
olandese,�finlandese�e�del�Regno�Unito�che,�stando�alle�loro�difese,�consenti-
vano�la�piena�realizzazione�dell'obiettivo�della�norma.�

Di�maggiore�interesse,�almeno�per�il�momento,�e��la�seconda�questione:�
se�la�Corte�possa�applicare�una�sanzione,�non�richiesta�dalla�Commissione.�

Su�di�essa�i�Paesi�si�sono�schierati�in�modo�diverso,�anche�questa�volta�
con�una�netta�maggioranza�di�parere�contrario.�

Tra�gli�altri�argomenti�era�stato�dedotto�che,�non�attenendosi�alle�propo-
ste�della�Commissione,�la�Corte�avrebbe�violato�un�principio�generale�del�
processo�civile�che�vieta�al�giudice�di�andare�oltre�alle�domande�delle�parti.�

La�Corte,�decidendo�in�senso�contrario,�sembra�aver�colto,�anche�a�que-
sto�proposito,�i�profili�piu��internazionalistici�che�strettamente�comunitari�
del�procedimento.

E�significativo�sul�piano�lessicale�che�quelle�della�Commissione�siano�
state�indicate�come�proposte,�piuttosto�che�come�domande.�

Gli�Stati,�anche�se�talvolta�sono�ancora�definiti�dalla�dottrina�tedesca�
come�signori�dei�trattati�(Herren�der�Ve�rtrage),�ne�sono�anche�i�soggetti,�tenuti�
ad�adempiere�ai�doveri�che�hanno�assunto�volontariamente.�

Al�loro�inadempimento�possono�reagire�non�soltanto�chi�e��danneggiato,�
ma�tutti�gli�Stati�contraenti,�oltre�che�la�Commissione,�tra�i�cui�compiti�c'e��
di�vigilare�sull'applicazione�delle�disposizioni�del�Trattato�(art.�211�CE).�

Al�giudice�che�ne�e��investito,�sembra�ritenere�la�Corte,�non�possono�
essere�preclusi�quei�mezzi�di�reazione�che,�previsti�dal�Trattato,�di�voltain�
volta�risultano�utili�per�arrivare�all'adempimento.�

Guardato�non�sul�versante�del�diritto�internazionale,�ma�su�quello�degli�
ordinamenti�interni,�il�procedimento,�come�ha�sottolineato�la�Corte,�e��spe-
ciale,�proprio�del�diritto�comunitario,�e�non�puo��essere�equiparato�ad�un�pro-
cedimento�civile�ordinario.�

Assume�ancora�rilievo�che�la�condanna�al�pagamento�di�una�sanzione�
pecuniaria�non�e��destinata�a�risarcire�un�danno�(in�questo�caso�sarebbe�
anche�stato�necessario�individuare�il�soggetto�danneggiato�oltre�che�l'am-
montare),�ma�a�indurre�all'adempimento�di�un�obbligo�derivante�dal�Trat-
tato.�

La�proposta�della�Commissione,�pertanto,�necessaria�per�instaurare�il�
procedimento,�non�poteva�costituire�un�limite�per�la�Corte,�tenuta�a�disporre�
una�condanna�capace�di�far�superare�le�resistenze�dello�Stato�inadempiente,�
come�e��di�ogni�giudice�dell'esecuzione�che,�una�volta�sollecitato�all'intervento�
dal�soggetto�legittimato,�puo��utilizzare�gli�strumenti�esecutivi�consentiti.�

La�Corte�non�ha�ritenuto�nemmeno�violato�il�diritto�di�difesa�dello�Stato�
inadempiente�perche�,�proponendo�preventivamente�la�questione,�aveva�assi-
curato�a�tutti,�soprattutto�al�Governo�francese,�una�ampia�possibilita��di�
difesa�e�perche�il�procedimento�dell'art.�228,�n.�2,�CE��dev'essere�considerato�
come�uno�speciale�procedimento�giudiziario�di�esecuzione�delle�sentenze,in�
altri�termini�come�un�mezzo�di�esecuzione��per�il�quale,�nel�modellare�il�
diritto�di�difesa,�si�deve�tenere�conto�della�mancata�esecuzione�della�sen-
tenza,�che�ne�costituisce�il�presupposto.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Poiche�il�Trattato�non�prevede�mezzi�di�esecuzione�in�forma�specifica,�
ma�solo�mezzi�indiretti�di�pressione�nella�forma�di�sanzioni�pecuniarie,�che�
possano�rendere�antieconomico�continuare�nell'adempimento,�alla�Corte,�
investita�in�quanto�giudice�dell'esecuzione,�non�poteva�essere�preclusa�la�
scelta�tra�i�mezzi�consentiti.�

Pur�se�non�forzoso,�come�la�Corte�ha�rilevato,�il�procedimento�mantiene�
il�suo�carattere�esecutivo,�anche�se�non�nella�forma�di�un�procedimento�civile,�
inteso�questo�in�senso�rigoroso.�

Era�stata�anche�prospettata�la��mancanza�di�legittimita�politica�della�
Corte�per�infliggere�una�sanzione�pecuniaria,�non�proposta�dalla�Commis-
sione�.�

La�Corte�ha�smentito�l'argomento�attraverso�la�ricostruzione�del�proce-
dimento.�

La�premessa�e�che�sia�gia�intervenuta�una�sentenza�che�ha�accertato�
un'infrazione�a�carico�di�uno�Stato�ai�sensi�dell'art.�226�CE,�a�seguito�della�
quale�lo�Stato�dovrebbe�adottare�tutte�le�misure�di�carattere�generale�e�parti-
colare�atte�ad�assicurarne�l'esecuzione(4).�

In�mancanza,�come�si�e�visto,�la�Commissione�puo�adire�la�Corte�di�giu-
stizia,�in�base�a�valutazioni�di�opportunita�.�

Una�volta�introdotto�il�procedimento�giurisdizionale,�e�proprio�per�la�
natura�giurisdizionale�del�procedimento,��l'opportunita�di�imporre�una�san-
zione�pecuniaria�e�la�scelta�della�sanzione�piu�adeguata�alle�circostanze�del�
caso�di�specie�possono�essere�valutate�solo�alla�luce�degli�accertamenti�ope-
rati�dalla�Corte�nella�sentenza�da�pronunciare�ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,CE�
e�sfuggono�quindi�alla�sfera�politica�.�

Secondo�la�Corte,�dunque,�la�valutazione�politica�non�e�compatibile�con�
l'attivita�giurisdizionale,�anche�se,�nell'affermarlo,�ha�usato�l'espressione�
�l'opportunita�di�imporre�una�sanzione�,�che�e�piu�adatta�per�valutazioni�
politiche�che�per�decisioni�giurisdizionali.�

E�significativo�il�fatto�che�questo�argomento�sia�stato�prospettato�dal�
Governo�tedesco.�

L'ambiente�tedesco�risulta�recentemente�piuttosto�prudente�nei�confronti�
dell'ordinamentocomunitario�(5)secondounatradizionecherisaleneltempo�(6).�

(4)�Sono�questi�i�termini�adottati�dall'art.�10�CE.�
(5)�La�Bundesverfassungsgericht�con�una�sentenza�del�18�luglio�2005�ha�dichiarato�costitu-
zionalmente�illegittima�la�normativa�di�attuazione�della�Decisione�quadro�del�Consiglio�
13/6/2002�n.�2002/584/GAI�sul�mandato�d'arresto�europeo.�La�sentenza�e�disponibile�sul�sito�
http://www.bverfg.de/entscheidungen/rs20050718-2bvr223604.html�solo�nella�versione�originale�
tedesca,�con�una�sintesi�in�inglese.�
(6)�Sia�la�Corte�costituzionale�italiana�che�quella�tedesca�subito�dopo�l'entrata�in�vigore�dei�
Trattati�di�Roma�hanno�rivendicato�la�loro�competenza�a�tutelare�i�diritti�fondamentali�anche�
nei�confronti�del�diritto�comunitario.�
Dal�punto�di�vista�formale�questa�posizione�si�giustificava�con�la�mancanza�di�qualsiasi�rife-
rimento�nel�Trattato�ai�diritti�fondamentali.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tenuto�conto�anche�dell'esito�del�referendum�che�si�e�tenuto�in�Francia�
sulla�Costituzione�Europea�e�dell'atmosfera�non�particolarmente�favorevole�
all'Unione�in�diversi�Stati�membri,�e�prevedibile�che�la�sentenza�venga�criti-
cata�anche�sotto�il�profilo�dell'opportunita�.�

Trattandosi�di�sentenza,�ogni�valutazione�dovrebbe�essere�condotta�solo�
sul�piano�giuridico.�

Pur�valutata�dal�punto�di�vista�dell'opportunita�,�la�sentenza�non�
dovrebbe�suscitare�perplessita�perche�proprio�quando�lo�spirito�comunitario�
si�attenua�e�indispensabile�che�le�Istituzioni�riaffermino�la�efficacia�dell'ordi-
namento�comunitario.�

Indipendentemente�dal�rilievo�economico�della�infrazione,�la�Repubblica�
francese�aveva�dimostrato�di�tenere�in�poco�conto�la�sentenza�della�Corte�se�

Nel�costituire�una�Comunita�Economica�ai�negoziatori�era�forse�sfuggito�che�potevano�essere�
coinvolti�anche�quei�diritti.�Ne�va�trascurato�che�la�struttura�ordinamentale�del�diritto�comunitario�
e�emersa�con�tutte�le�sue�implicazioni�solo�col�tempo�ed�attraverso�la�giurisprudenza�della�Corte�
di�giustizia.�

Non�e�senza�significato�che�l'argomento�sia�stato�affrontato�dai�Giudici�costituzionali�dei�due�
Paesi�che�avevano�appena�concluso�esperienze�parallele�di�regimi�autoritari�dalle�quali�era�resi-
duata�una�sensibilita�particolare�per�la�tutela�dei�diritti�fondamentali.�

La�Corte�costituzionale�tedesca�sin�dal�1967�aveva�rilevato�che�nell'ordinamento�comunitario�
i�diritti�fondamentali�non�trovavano�tutela,�cos|�rivendicando�la�propria�competenza�anche�a�
fronte�dell'ordinamento�comunitario.�

La�posizione�era�incompatibile�con�la�costruzione,�che�la�Corte�di�giustizia�stava�portando�a�
termine,�di�un�ordinamento�completo�ed�autosufficiente,�capace�di�colmareal�suo�internole�
lacune�normative.�

E�noto�il�procedimento�interpretativo�attraverso�il�quale�la�Corte�e�arrivata�a�questa�conclu-
sione.�

I�diritti�fondamentali�trovano�tutela�^e�stata�questa�la�tesi�della�Corte�^nei�principi�fonda-
mentali.�

I�principi�fondamentali�comunitari�sono�quelli�comuni�a�tutti�i�Paesi�membri,�principi�che�
costituiscono�la�struttura�portante�dell'ordinamento�comunitario,�anche�se�non�visibile.�Per�essi,�
sembra�dire�la�Corte,�non�c'era�bisogno�di�un�richiamo�espresso�perche�,�essendo�gia�comuni,�non�
andavano�comunitarizzati.�

E�che�questo�fosse�un�principio�implicito�dell'ordinamento�comunitario�era�confermato�dal-
l'art.�215�del�Trattato,�oggi�art.�288,�secondo�il�quale�la�responsabilita�extracontrattuale�della�
Comunita�e�disciplinata�nei�principigenerali�comuni�ai�diritti�degli�Stati�membri.�

La�Corte�costituzionale�italiana,�partendo�dalla�premessa�che�il�Trattato�di�Roma�avrebbe�
attribuito�agli�organi�della�CEE,�e�quindi�alla�Corte�di�giustizia,�competenze�limitate�ai�rapporti�
economici,�dopo�aver�escluso�in�linea�di�principio�(sent.�n.�183/1973)�che�le�limitazioni�di�sovra-
nita�accettate�dai�Paesi�membri�possano�comunque�comportare�la�violazione�dei�diritti�inalienabili�
della�persona�da�parte�degli�organi�comunitari,�ha�concluso�che��in�tale�ipotesi�sarebbe�sempre�
assicurata�la�garanzia�del�sindacato�giurisdizionale�di�questa�Corte�sulla�perdurante�compatibilita�
del�Trattato�con�i�predetti�principi�fondamentali�.�

La�Corte�e�poi�ritornata�sull'argomento�con�la�sentenza�n.�170/1984,�nella�cui�parte�finale�ha�
ribadito�il�suo�sindacato,�a�tutela�dei�principi�fondamentali�dell'ordinamento�costituzionale�e�dei�
diritti�inalienabili�della�persona�umana�nell'ipotesi,��sia�pure...�improbabile�,�della�violazione�di�
quei�diritti�da�parte�degli�organi�comunitari.�

La�Corte�costituzionale�tedesca�con�la�sentenza�29�maggio�1974�ha�riaffermato,�in�termini�
generali�(non�e�da�escludere�che�abbia�influito�la�presa�di�posizione�che�da�poco�aveva�assunto�la�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

dopo�oltre�dieci�anni�non�vi�aveva�dato�esecuzione�integrale,�giustificandosi�
con�versioni�di�fatto�smentite�dalle�relazioni�degli�ispettori�che�la�Commis-
sione�aveva�ripetutamente�inviato�sul�posto.�

Non�reagire,�e�non�reagire�vigorosamente,�sarebbe�stato�un�segno�di�
debolezza�da�parte�di�una�delle�Istituzioni�della�Comunita��che,�secondo�
quanto�dispone�l'art.�220�CE,��assicura�il�rispetto�del�diritto�nell'interpreta-
zione�e�nell'applicazione�del�presente�trattato�.�

Non�si�puo��,�pertanto,�escludere,�al�contrario�deve�forse�ritenersi�proba-
bile,�che�proprio�le�difficolta��che�l'Unione�sta�incontrando�presso�l'opinione�
pubblica�di�alcuni�Paesi�membri,�abbiano�indotto�la�Corte�ad�esercitare�con�
fermezza�i�poteri�attribuiti�dal�Trattato.�

Anche�sotto�il�profilo�dell'opportunita��la�sentenza,�pertanto,�non�
dovrebbe�suscitare�critiche.�

Avv. 
Glauco 
Nori 


Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�del�12�luglio�2005�nella�
causa�C-304/02�(ricorso�per�inadempimento�ex 
art.�228�CE,�proposto�il�27�agosto�
2002)�^Commissione�Ce�(agenti�M.�Nolin,�H.�van�Liwer�e�Tin�van�Rijn)�c.�Repubblica�
francese�(agenti�G.�de�Bergues,�A.�Colomb)�^Pres. 
V.�Skouris�^Rel.P.Jann^Avv. 
Gen. 
L.A.�Geelhoed.�

�(Omissis)1.^Conil�suo�ricorso,laCommissione�delleComunita��europee�chiede�alla�
Corte�di:�

^dichiarare�che,�non�avendo�adottato�i�provvedimenti�necessari�per�l'esecuzione�della�
sentenza�11�giugno�1991,�causa�C-64/1988,�Commissione/Francia�(Racc. 
pag.�I-2727),�la�
Repubblica�francese�e��venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE;�

^condannare�la�Repubblica�francese�a�pagare�alla�Commissione,�sul�conto��Risorse�
proprie�della�Comunita��europea�,�una�penalita��dell'ammontare�di�EUR�316�500�per�ogni�
giorno�di�ritardo�nell'attuazione�dei�provvedimenti�necessari�per�conformarsi�alla�citata�sen-
tenza�Commissione/Francia,�e�cio��a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�e�sino�
all'esecuzione�della�citata�sentenza�Commissione/Francia;�

^condannare�la�Repubblica�francese�alle�spese.�

Corte�costituzionale�italiana)�che�in�materia�di�diritti�fondamentali�le�norme�costituzionali�tede-
sche�dovevano�ritenersi�prevalenti�su�quelle�comunitarie�finche�la�Comunita��attraverso�un�Parla-
mento�eletto�a�suffragio�universale�non�avesse�introdotto�mezzi�adeguati�di�tutela�dei�diritti�fonda-
mentali.�

Con�la�sentenza�22�ottobre�1986,�richiamando�l'art.�24,�primo�comma,�Grundgesetz,per�il�
quale�con�un�atto�legislativo�lo�Stato�federale�puo��trasferire�diritti�di�sovranita��ad�istituzioni�inter-
nazionali,�nel�confermare�che�opera�comunque�il�limite�del�rispetto�dei�diritti�fondamentali,�ha�
rilevato�contemporaneamente�che�a�base�dell'ordinamento�comunitario�c'e��il�rispetto�dei�diritti�
fondamentali.�

La�Corte�costituzionale�tedesca�e��ritornata�sull'argomento�con�la�sentenza�del�12�ottobre�1993�
(la�traduzione,�anche�se�non�integrale,�e��in�Riv.it.dir.pub.com.,�1994,�p.173�e�ss.)�con�la�quale�ha�
rivendicato�il�potere�di�verificare�che�le�Istituzioni�comunitarie�si�mantengano�nei�limiti�fissati�
dal�Trattato,�dichiarando,�di�conseguenza,�non�vincolante�nel�diritto�interno�l'atto�comunitario�
che�fosse�andato�al�di�la��di�quei�limiti.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

NormativA 
comunitariA 


Normativa 
in 
materia 
di 
controlli 


2.�^Il�Consiglio�ha�istituito�talune�misure�di�controllo�nei�confronti�delle�attivita�di�
pesca�svolte�dai�pescherecci�degli�Stati�membri.�Tali�misure�sono�state�definite,�nell'ordine,�
dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�29�giugno�1982,�n.�2057,�che�istituisce�alcune�misure�
di�controllo�delle�attivita�di�pesca�esercitate�dai�pescherecci�degli�Stati�membri�(GUL 
220,�
pag.�1),�abrogato�e�sostituito�dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�23�luglio�1987,�n.�2241,�
che�istituisce�alcune�misure�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�(GUL 
207,�pag.�1),�a�sua�volta�
abrogato�e�sostituito,�dal�1�gennaio�1994,�dal�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�12�otto-
bre�1993,�n.�2847,�che�istituisce�un�regime�di�controllo�applicabile�nell'ambito�della�politica�
comune�della�pesca�(GUL 
261,�pag.�1).�
3.�^Le�misure�di�controllo�definite�da�tali�regolamenti�sono,�in�sostanza,�identiche.�
4.�^L'art.�1,�nn.�1�e�2,�del�regolamento�n.�2847/1993�prevede:�
�1.�Per�garantire�l'osservanza�delle�disposizioni�della�politica�comune�della�pesca,�e�isti-
tuito�un�regime�comunitario�comprendente,�in�particolare,�disposizioni�sul�controllo�tecnico:�
^delle�misure�di�conservazione�e�di�gestione�delle�risorse, 
^delle�misure�strutturali, 
^delle�misure�relative�all'organizzazione�comune�dei�mercati, 


nonche�disposizioni�relative�all'efficacia�delle�sanzioni�da�applicare�in�caso�di�inosser-
vanza�delle�misure�medesime.�

2.�A�tal�fine�ogni�Stato�membro�adotta,�conformemente�alla�normativa�comunitaria,�
provvedimenti�atti�a�garantire�l'efficacia�del�regime.�Esso�dota�altres|�le�proprie�autorita�
competenti�di�mezzi�sufficienti�all'espletamento�delle�loro�funzioni�ispettive�e�di�controllo�
definite�nel�presente�regolamento�.�
5.�^L'art.�2,�n.�1,�dello�stesso�regolamento�dispone:�
�Per�garantire�l'osservanza�di�tutta�la�normativa�vigente�in�materia�di�conservazione�e�
controllo,�ogni�Stato�membro�controlla,�nel�proprio�territorio�e�nelle�acque�marittime�sotto�
la�sua�sovranita�o�giurisdizione,�l'esercizio�della�pesca�e�delle�attivita�connesse.�Esso�ispe-
ziona�i�pescherecci�e�controlla�tutte�le�attivita�permettendo�in�tal�modo�di�verificare�l'appli-
cazione�del�presente�regolamento,�in�particolare�le�attivita�di�sbarco,�di�vendita,�di�trasporto�
e�di�magazzinaggio�dei�prodotti�della�pesca,�nonche�la�registrazione�degli�sbarchi�e�delle�ven-
dite�.�

6.�^Ai�sensi�dell'art.�31,�nn.�1�e�2,�del�detto�regolamento:�
�1.�Gli�Stati�membri�garantiscono�che�siano�prese�adeguate�misure,�compreso�l'avvio�di�
azioni�amministrative�o�penali�conformemente�alle�legislazioni�nazionali,�contro�le�persone�
fisiche�o�giuridiche�responsabili,�qualora�sia�stata�constatata�una�violazione�delle�norme�
della�politica�comune�della�pesca,�in�particolare�in�seguito�all'ispezione�o�al�controllo�effet-
tuati�in�conformita�del�presente�regolamento.�
2.�Le�azioni�promosse�ai�sensi�del�paragrafo�1�devono,�secondo�le�pertinenti�disposizioni�
legislative�nazionali,�privare�effettivamente�i�responsabili�del�beneficio�economico�derivante�
dall'infrazione�o�produrre�effetti�proporzionati�alla�gravita�delle�infrazioni,�tali�da�fungere�
da�deterrente�per�ulteriori�infrazioni�dello�stesso�tipo�.�
Normativa 
tecnica 


7.�^Le�misure�tecniche�di�conservazione�delle�risorse�di�pesca�previste�dalla�normativa�
in�materia�di�controlli�sono�state�definite�in�particolare�nel�regolamento�(CEE)�del�Consiglio�
25�gennaio�1983,�n.�171�(GUL 
24,�pag.�14)�abrogato�e�sostituito�dal�regolamento�(CEE)�del�
Consiglio�7�ottobre�1986,�n.�3094�(GUL 
288,�pag.�1),�a�sua�volta�abrogato�e�sostituito�dal�
1.�luglio�1997�dal�regolamento�(CE)�del�Consiglio�29�aprile�1997�n.�894�(GUL 
132,�pag.�1),�
a�sua�volta�parzialmente�abrogato�e�sostituito�dal�1�gennaio�2000�dal�regolamento�(CE)�del�
Consiglio�30�marzo�1998,�n.�850,�per�la�conservazione�delle�risorse�della�pesca�attraverso�
misure�tecniche�per�la�protezione�del�novellame�(GU 
L�125,�pag.�1).�
8.�^Le�misure�tecniche�fissate�da�tali�regolamenti�sono�sostanzialmente�identiche.�
9.�^Queste�misure�riguardano�in�particolare�le�maglie�minime�delle�reti,�il�divieto�di�fis-
sare�alle�reti�taluni�dispositivi�che�consentono�di�ostruire�le�maglie�o�di�ridurne�le�dimen-

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

sioni,�il�divieto�di�mettere�in�vendita�pesci�al�di�sotto�di�una�taglia�minima�(in�prosieguo:�i�
pesci��sotto�taglia�),�eccetto�le�catture�che�rappresentano�solo�una�percentuale�limitata�della�
cattura�totale�(in�prosieguo:�le��catture�accessorie�).�

SentenzA 
Commissione/FranciA 


10.�^Nella�citata�sentenza�Commissione/Francia,�la�Corte�ha�dichiarato�e�statuito:�
�Non�avendo�assicurato,�dal�1984�al�1987,�un�controllo�che�garantisse�il�rispetto�delle�
misure�tecniche�comunitarie�per�la�conservazione�delle�risorse�di�pesca,�prescritte�dal�regola-
mento�[n.�171/1983],�nonche�dal�regolamento�[n.�3094/1986],�la�Repubblica�francese�e�
venuta�meno�agli�obblighi�imposti�dall'�art.�1�del�regolamento�[n.�2057/1982],�nonche�dal-
l'art.�1�del�regolamento�[n.�2241/1987]�.�

11.�^In�tale�sentenza�la�Corte�ha�accolto�cinque�censure�nei�confronti�della�Repubblica�
francese:�
^insufficienza�dei�controlli�per�quanto�riguarda�le�dimensioni�minime�delle�maglie�delle�
reti�(punti�12-15�della�sentenza);�
^insufficienza�dei�controlli�per�quanto�riguarda�la�fissazione�alle�reti�di�dispositivi�vie-
tati�dalla�normativa�comunitaria�(punti�16�e�17�della�sentenza);�
^inadempimento�degli�obblighi�di�controllo�in�materia�di�catture�accessorie�(punti�18�e�
19�della�sentenza);�
^inadempimento�degli�obblighi�di�controllo�per�quanto�riguarda�il�rispetto�delle�misure�
tecniche�di�conservazione�che�vietano�la�vendita�dei�pesci�sotto�taglia�(punti�20-23�della�sen-
tenza);�

^inadempimento�dell'obbligo�di�repressione�delle�infrazioni�(punto�24�della�sentenza).�

ProcedimentO 
precontenziosO 


12.�^Con�lettera�8�novembre�1991,�la�Commissione�chiedeva�alle�autorita�francesi�di�
comunicarle�i�provvedimenti�adottati�per�dare�esecuzione�alla�citata�sentenza�
Commissione/Francia.�Il�22�gennaio�1992,�le�autorita�francesi�rispondevano�che�esse�inten-
devano��fare�tutto�quanto�potevano�per�conformarsi�alle�disposizioni��comunitarie.�
13.�^In�occasione�di�diverse�missioni�effettuate�nei�porti�francesi,�gli�ispettori�della�
Commissione�constatavano�un�miglioramento�della�situazione,�ma�rilevavano�parecchie�
insufficienze�nei�controlli�esercitati�dalle�autorita�francesi.�
14.�^Dopo�aver�invitato�la�Repubblica�francese�a�presentare�le�sue�osservazioni,�la�
Commissione�emanava,�il�17�aprile�1996,�un�parere�motivato�nel�quale�constatava�che�alla�
citata�sentenza�Commissione/Francia�non�era�stata�data�esecuzione�nei�punti�seguenti:�
^mancanzadiconformita�delle�dimensioni�minime�delle�maglie�delle�reti�alla�norma-

tiva�comunitaria,�
^insufficienza�dei�controlli,�che�consentiva�la�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia;�
^atteggiamento�permissivo�delle�autorita�francesi�nella�repressione�delle�infrazioni.�

15.�^Attirando�l'attenzione�sull'eventualita�di�sanzioni�pecuniarie�per�mancata�esecu-
zione�di�una�sentenza�della�Corte,�la�Commissione�fissava�un�termine�di�due�mesi�perche�la�
Repubblica�francese�prendesse�tutti�i�provvedimenti�necessari�ai�fini�dell'esecuzione�della�
citata�sentenza�Commissione/Francia.�
16.�^Nell'ambitodiunoscambiodicorrispondenzatraleautorita�francesieiservizidella�
Commissione,�le�dette�autorita�hanno�tenuto�quest'ultima�informata�dalle�misure�che�esse�ave-
vano�adottato�e�continuavano�ad�applicare�nel�senso�di�un�rafforzamento�dei�controlli.�
17.�^Parallelamente,�venivano�effettuate�diverse�missioni�ispettive�nei�porti�francesi.�
Sulla�base�delle�relazioni�redatte�dopo�una�visita�dal�24�al�28�agosto�1996�a�Lorient,�a�Guil-
vinec�e�a�Concarneau,�dal�22�al�26�settembre�1997�a�Guilvinec,�a�Concarneau�e�a�Lorient,�
dal�13�al�17�ottobre�1997�a�Marennes-Ole�ron,�ad�Arcachon�e�a�Bayonne,�dal�30�marzo�al�
4�aprile�1998�nella�Bretagna�meridionale�e�in�Aquitania,�dal�15�al�19�marzo�1999�a�Douarne-
nez�e�a�Lorient�nonche�,�dal�13�al�23�luglio�1999,�a�Lorient,�a�Be�nodet,�a�Loctudy,�a�Guilve-
nec,�a�Lesconil�e�a�Saint-Gue�nole�,�i�servizi�della�Commissione�giungevano�alla�conclusione�
che�esistevano�due�problemi,�cioe�,�da�una�parte,�l'insufficienza�di�controlli�che�consentiva�
la�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia�e,�dall'altra,�l'atteggiamento�permissivo�delle�autorita�
francesi�nella�repressione�delle�infrazioni.�
18.�^Le�relazioni�degli�ispettori�hanno�indotto�la�Commissione�a�emettere,il�6�giu-
gno�2000,unpareremotivatocomplementarenelqualeessaconstatavacheallacitatasentenza�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Commissione/Francia�non�era�stata�data�esecuzione�nei�due�punti�di�cui�sopra.�La�Commis-
sioneprecisavache,intalecontesto,�essaconsiderava�particolarmentegraveilfattochedocu-
mentipubblici�relativi�alle�vendite�alle�gridautilizzinoufficialmenteilcodice��00��inviolazione�
manifesta�delle�disposizioni�del�regolamento�(CE)�del�Consiglio�26�novembre�1996,�n.�2406,�
che�stabilisce�norme�comuni�di�commercializzazione�per�taluni�prodotti�della�pesca�
(GUL 
334,pag.�1).Essaattiraval'attenzionesull'eventualita�disanzionipecuniarie�.�

19.�^Nella�loro�risposta�del�1�agosto�2000,�le�autorita�francesi�facevano�sostanzial-
mente�valere�che,�dopo�l'ultima�relazione�di�ispezione,�nel�controllo�nazionale�delle�pesche�
erano�intervenuti�importanti�cambiamenti.�Esso�sarebbe�stato�oggetto�di�una�riorganizza-
zione�interna,�con�l'istituzione�di�una��cellula�,�successivamente�divenuta��missione��del�
controllo�delle�pesche�e�avrebbe�beneficiato�di�un�rafforzamento�dei�mezzidi�controllo,in�
particolare�con�la�messa�a�disposizione�di�mezzi�da�ricognizione�e�di�un�sistema�di�sorve-
glianza�su�schermo�delle�posizioni�dei�pescherecci�nonche�la�diffusione�di�istruzioni�ad�uso�
del�personale�di�controllo.�
20.�^Nel�corso�di�una�missione�ispettiva�dal�18�al�28�giugno�2001,�presso�i�comuni�di�
Guilvinec,�di�Lesconil,�di�Saint-Gue�nole�e�di�Loctudy,�gli�ispettori�della�Commissione�con-
statavano�la�carenza�dei�controlli,�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia�e�la�messa�in�vendita�di�
tali�pesci�con�il�codice��00�.�
21.�^Con�lettera�16�ottobre�2001,�le�autorita�francesi�trasmettevano�alla�Commissione�
copia�di�un�ordine�di�servizio�indirizzato�alle�direzioni�regionali�e�dipartimentali�degli�affari�
marittimi�che�ingiungeva�loro�di�far�cessare�l'utilizzazione�del�codice��00��entro�il�31�dicem-
bre�2001�e�di�applicare,�a�partire�da�tale�data,�le�sanzioni�regolamentari�agli�operatori�che�non�
visiconformavano.�Le�dette�autorita�menzionavanounaumento,�apartire�dal1998,�delnumero�
di�procedimenti�penali�per�infrazione�alle�norme�relative�alle�dimensioni�minime�ed�il�carattere�
dissuasivo�delle�pene�irrogate.�Esse�comunicavano�altres|�l'adozione,�nel�2001,�di�un�piano�di�
controllo�generale�delle�pesche�che�fissava�delle�priorita�,�tra�le�quali�l'attuazione�di�un�piano�di�
ripopolamento�del�nasello�e�il�controllo�rigoroso�del�rispetto�delle�dimensioni�minime.�
22.�^Considerando�che�la�Repubblica�francese�continuava�a�non�aver�dato�esecuzione�
alla�citata�sentenza�Commissione/Francia,�la�Commissione�ha�proposto�il�ricorsoinesame.�
Procedimento 
dinanzi 
alla 
Corte 


23.�^In�risposta�ad�un�quesito�posto�dalla�Corte�ai�fini�dell'udienza�del�3�marzo�2004,�
la�Commissione�ha�reso�noto�che,�dopo�la�proposizione�del�ricorso�in�esame,�i�suoi�servizi�
avevano�proceduto�a�tre�nuove�missioni�ispettive�(dall'11�al�16�maggio�2003a�Se�te�e�a�Port--
Vendres,�dal�19al20�giugno�2003�a�Loctudy,�aLesconil,�aSt-Gue�nole�e�a�Guilvinec,�nonche�
dal�14�al�22�luglio�2003�a�Port-la-Nouvelle,�a�Se�te,�al�Grau-du-Roi,�a�Carro,�a�Sanary-sur--
Mer�e�a�Tolone).�Secondo�la�Commissione,�dalle�relazioni�su�tali�missioni�risulta�che�il�
numero�dei�casi�di�messa�in�vendita�di�pesci�sotto�taglia�era�diminuito�in�Bretagna�ma�che�
esistevano�problemi�sulla�costa�mediterranea�per�quanto�riguardava�il�tonno�rosso.�Ne�risul-
terebbe�altres|�che�i�controlli�allo�sbarco�erano�poco�frequenti.�
24.�^La�Commissione�ha�spiegato�che,�per�valutare�l'efficacia�delle�misureadottate�
dalle�autorita�francesi,�sarebbe�necessario�che�essa�disponesse�dei�rendiconti�e�dei�bilanci�sta-
tistici�relativi�all'attuazione�delle�diverse�misure�di�organizzazione�generale�del�controllo�
delle�pesche�menzionate�dal�governo�francese.�
25.�^Invitato�dalla�Corte�a�precisare�il�numero�dei�controlli�in�mare�e�a�terra�ai�quali,�
dopo�la�proposizione�del�ricorso�in�esame,�le�autorita�francesi�avevano�proceduto�al�fine�di�
far�rispettare�le�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei�pesci�nonche�il�numero�delle�
infrazioni�accertate�e�le�conseguenze�giudiziarie�riservate�a�tali�infrazioni,�il�30�gennaio�2004�
il�governo�francese�ha�depositato�nuovi�dati�statistici.�Ne�risulterebbe�che�il�numero�di�con-
trolli,�di�accertamenti�di�infrazioni�e�di�condanne�sarebbe�diminuito�durante�l'anno�2003�
rispetto�all'anno�2002.�
26.�^Il�governo�francese�ha�spiegato�la�diminuzione�dei�controlli�in�mare�con�la�mobili-
tazione�delle�navi�francesi�per�lottare�contro�l'inquinamento�causato�dal�naufragio�della�
petroliera�Prestige�e�la�diminuzione�dei�controlli�a�terra�con�il�miglioramento�della�disciplina�
dei�pescatori.�Esso�ha�spiegato�la�diminuzione�delle�condanne�pronunciatecon�gli�effetti�
della�legge�6�agosto�2002,�n.�2002-1062,�recante�amnistia�(JORF�n.�185�del�9�agosto�2002,�
pag.�13647),�sottolineando�nel�contempo�l'aumento�dell'importo�medio�delle�ammende�
inflitte.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Sull'inadempimentO 
contestatO 


Sull'area 
geografica 
interessata 


27.�^In�via�preliminare,�occorre�rilevare�che�la�contestazione�formulata�nel�dispositivo�
dellacitata�sentenzaCommissione/Francia,�secondocuila�Repubblicafrancesenonavevaassi-
curato�uncontrollo�che�garantisse�il�rispetto�delle�misure�tecniche�comunitarie�perlaconserva-
zione�delle�risorse�di�pesca�previste�dai�regolamenti�nn.�171/1983�e�3094/1986,�riguardava,�
come�risulta�dalla�delimitazione�operata�dall'art.�1,�n.�1,�di�tali�regolamenti,�solo�la�cattura�e�
lo�sbarco�delle�risorse�alieutiche�presenti�in�talune�zone�dell'Atlanticonordorientale.�
28.�^Come�fatto�valere�dal�governo�francese�e�precisato�dalla�Commissione�all'udienza�
del�3�marzo�2004,�il�presente�ricorso�verte�quindi�solo�sulla�situazione�nelle�stesse�zone.�
Sulla 
data 
di 
riferimento 


29.�^La�Commissione�ha�inviato�alla�Repubblica�francese�un�primo�parere�motivato�il�
14�aprile�1996,�poi�un�parere�motivato�integrativo�il�6�giugno�2000.�
30.�^Ne�consegue�che�la�data�di�riferimento�per�valutare�l'inadempimento�contestato�si�
colloca�alla�scadenza�del�termine�fissato�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�
ossia�due�mesi�dopo�la�notifica�di�quest'ultimo�(sentenze�13�giugno�2002,�causa�
C-474/1999,�Commissione/Spagna,�Racc. 
pag.�I-5293,�punto�27,�e�C-33/01,�Commissione/�
Grecia,�Racc. 
pag.�I-5447,�punto�13).�
31.�^Dato�che�la�Commissione�ha�chiesto�la�condanna�della�Repubblica�francese�al�
pagamento�di�una�penalita�,�occorre�altres|�accertare�se�l'inadempimento�contestato�sia�per-
durato�sino�all'esame�dei�fatti�da�parte�della�Corte.�
Sullaportata 
degliobblighiche 
incombono 
agliStatimembrinell'ambito 
dellapoliticacomune 


della 
pesca. 


32.�^L'art.�1�del�regolamento�n.�284/1993,�che�costituisce,�nel�settore�della�pesca,�un'e-
spressione�particolare�degli�obblighi�imposti�agli�Stati�membri�dall'art.�10�CE,�prevede�che�
questi�ultimi�adottano�provvedimenti�atti�a�garantire�l'efficacia�del�regime�comunitario�di�
conservazione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca.�
33.�^Il�regolamento�n.�2847/1993�prevede�al�riguardo�una�responsabilita�congiunta�
degli�Stati�membri�(v.,�a�proposito�del�regolamento�n.�2241/1987,�sentenza�27�marzo�1990,�
causa�C-9/1989,�Spagna/Consiglio,�Racc. 
pag.�I-1383,�punto�10).�Tale�responsabilita�con-
giunta�implica�che,�quando�uno�Stato�membro�viene�meno�ai�propri�obblighi,�esso�pregiu-
dica�gli�interessi�degli�altri�Stati�membri�e�dei�loro�operatori�economici.�
34.�^Il�rispetto�degli�obblighi�che�incombono�agli�Stati�membri�in�forza�delle�norme�
comunitarie�e�da�ritenersi�imperativo�per�garantire�la�protezione�dei�fondali,�la�conserva-
zione�delle�risorse�biologiche�marine�ed�il�loro�sfruttamento�sostenibile�e�a�condizioni�econo-
miche�e�sociali�appropriate�(v.�a�proposito�del�mancato�rispetto�del�regime�delle�quote�per�
le�campagne�di�pesca�1991-1996,�sentenza�25�aprile�2002,�cause�riunite�C-418/00�e�
C-419/00,�Commissione/Francia,�Racc.�pag.�I-3969,�punto�57).�
35.�^A�tal�fine,�l'art.�2�del�regolamento�n.�2847/1993,�che�riporta�gli�obblighi�previsti�
dall'art.�1,n.�1,delregolamenton.2241/1987,imponeagliStatimembridicontrollarel'eser-
cizio�della�pesca�e�delle�attivita�connesse.�Esso�richiede�che�gli�Stati�membri�ispezionino�i�
pescherecci�e�controllino�tutte�le�attivita�,�in�particolare�le�attivita�di�sbarco,�di�vendita,�di�
trasporto�e�di�magazzinaggio�del�pesce�e�la�registrazione�degli�sbarchi�e�delle�vendite.�
36.�^L'art.�31�del�regolamento�n.�2847/1993,�che�riporta�gli�obblighi�previsti�all'art.�1,�
n.�2,�dei�regolamenti�nn.�2057/1982�e�2241/1987,�impone�agli�Stati�membri�di�perseguire�le�
infrazioni�constatate.�Esso�precisa�al�riguardo�che�le�azioni�promosse�debbono�essere�tali�
da�privare�effettivamente�i�responsabili�del�beneficio�economico�derivante�dall'infrazione�o�
da�produrre�effetti�proporzionati�alla�gravita�delle�infrazioni,�cos|�da�fungere�da�deterrente�
per�ulteriori�infrazioni�dello�stesso�tipo.�
37.�^Il�regolamento�n.�2847/1993�fornisce�cos|�indicazioni�precise�quanto�al�contenuto�
delle�misure�che�debbono�essere�adottate�dagli�Stati�membri�e�che�debbono�tendere�all'accer-
tamento�della�regolarita�delle�operazioni�di�pesca�con�un�obiettivo�nel�contempo�di�preven-
zione�di�eventuali�irregolarita�e�di�repressione�di�queste�ultime.�Tale�obiettivo�implica�che�le�
misure�attuate�devono�avere�un�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo.�Come�rile-
vato�dall'avvocato�generale�al�paragrafo�39�delle�sue�conclusioni�del�29�aprile�2004,�deve�esi-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

stere,�per�le�persone�che�esercitano�un'attivita�di�pesca�o�un'attivita�connessa,�un�serio�rischio�
che,�in�caso�di�un�infrazione�alle�norme�della�politica�comune�della�pesca,�esse�siano�scoperte�
e�si�vedano�infliggere�sanzioni�adeguate.�

38.�^Alla�luce�di�queste�considerazioni�occorre�verificare�se�la�Repubblica�francese�ha�
adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�
Commissione/Francia,�comporta.�
Sulla 
prima 
censura: 
l'insufficienza 
del 
controllo 


Argomenti�delle�parti�

39.�^La�Commissione�sostiene�che�dagli�accertamenti�operati�dai�suoi�ispettori�risulta�
che�il�controllo�esercitato�dalle�autorita�francesi�per�quanto�riguarda�il�rispetto�delle�disposi-
zioni�comunitarie�in�materia�di�dimensioni�minime�dei�pesci�e�sempre�carente.�
40.�^L'aumento�del�numero�delle�ispezioni�menzionato�dal�governo�francesenon�
sarebbe�tale�da�modificare�tali�accertamenti�dato�che�si�tratterebbe�unicamente�di�ispezioni�
in�mare.�Quanto�ai�piani�di�controllo�adottati�da�tale�governo�nel�2001�e�nel�2002,�essi�non�
sarebbero,�di�per�se�,�tali�da�porre�fine�all'inadempimento�contestato.�L'attuazione�di�questi�
piani�presupporrebbe,�infatti�la�previa�fissazione�di�obiettivi,�indispensabili�per�poter�valu-
tare�l'efficacia�e�l'attuabilita�dei�detti�piani.�Bisognerebbe�inoltre�che�questi�ultimi�fossero�
effettivamente�applicati,�circostanza�che�le�missioni�effettuate�nei�porti�francesi�dopo�la�loro�
introduzione�non�avrebbero�permesso�di�provare.�
41.�^Il�governo�francese�fa�rilevare,�innanzitutto,�che�le�relazioni�ispettive�sulle�quali�la�
Commissione�si�basa�non�sono�mai�state�portate�a�conoscenza�delle�autorita�francesi,�che�
non�sono�state�in�grado�di�rispondere�alle�affermazioni�ivi�contenute.�Talirelazioni�sareb-
bero�inoltre�basate�su�mere�supposizioni.�
42.�^Esso�fa�inoltre�valere�che,�dopo�la�pronuncia�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�
Commissione/Francia,�esso�non�ha�cessato�di�rafforzare�i�suoi�dispositivi�di�controllo.�Tale�
rafforzamento�avrebbe�preso�la�forma�di�un�aumento�del�numero�delle�ispezioni�in�mare�e�
dell'adozione,�nel�2001,�di�un�piano�di�controllo�generale,�completato,�nel�2002,�da�un�piano�
di�controllo��taglie�minime�di�cattura�.�Quanto�all'efficacia�di�tali�misure,�esso�sottolinea�
che�la�non�commercializzazione�di�pesci�sotto�taglia�ha�potuto�essere�accertata�in�occasione�
di�svariate�missioni�di�verifica�effettuate�da�ispettori�della�Commissione.�
43.�^Infine,�secondo�il�governo�francese,�la�Commissione�si�limita�ad�affermare�che�le�
misure�da�esso�adottate�sono�inadeguate,�ma�non�indica�quelle�che�sarebbero�idonee�a�porre�
fine�all'inadempimento�contestato.�
Giudizio�della�Corte�

44.�^Come�il�procedimento�di�cui�all'art.�226�CE�(v.,�a�proposito�del�mancato�rispetto�
del�regime�dei�contingenti�per�le�campagne�di�pesca�1988�e�1990,�sentenza�1.�febbraio�2001,�
causa�C-333/1999,�Commissione/Francia,�Racc. 
pag.�I-1025,�punto�33),�il�procedimento�di�
cui�all'art.�228�CE�si�basa�sull'accertamento�oggettivo�dell'inosservanza�da�parte�di�uno�
Stato�membro�dei�propri�obblighi.�
45.�^Nella�fattispecie,�la�Commissione�ha�fornito�a�sostegno�della�propria�censura�rela-
zioni�di�missione�redatte�dai�suoi�ispettori.�
46.�^L'argomento�del�governo�francese,�sollevato�nella�fase�della�controreplica,�
secondo�il�quale�le�relazioni�a�cui�la�Commissione�ha�fatto�riferimento�nel�suo�ricorso�non�
potrebbero�essere�utilizzate�come�prova�di�persistenza�dell'inadempimento�in�quanto�non�
sarebbero�mai�state�portate�a�conoscenza�delle�autorita�francesi,�non�puo�essere�accolto.�
47.�^Dall'esame�delle�relazioni�presentate�dalla�Commissione�risulta�che�tutte�le�rela-
zioni�posteriori�al�1998,�prodotte�agli�atti�nella�loro�versione�integrale�o�sotto�forma�di�ampi�
estratti,�si�riferiscono�a�resoconti�di�riunioni�nel�corso�delle�quali�le�autorita�nazionali�com-
petenti�sono�state�informate�dei�risultati�delle�missioni�ispettive�e�hanno�quindi�avuto�la�pos-
sibilita�di�presentare�le�loro�osservazioni�sugli�accertamenti�degli�ispettori�della�Commis-
sione.�Se�tale�riferimento�non�si�ritrova�nelle�relazioni�anteriori,�prodotte�agli�atti�sotto�
forma�di�estratti�limitati�agli�accertamenti�di�fatto�operati�dai�detti�ispettori,�basta�a�questo�
proposito�ricordare�che,�nella�sua�lettera�1�agosto�2000,�inviata�alla�Commissione�in�risposta�
al�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�il�governo�francese�ha�presentato�le�sue�
osservazioni�sul�contenuto�di�tali�relazioni�senza�mettere�in�discussionelecondizioni�della�
loro�comunicazione�alle�autorita�francesi.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

48.�^Di�conseguenza,�occorre�verificare�se�le�informazioni�contenute�nelle�relazioni�di�
missione�presentate�dalla�Commissione�siano�tali�da�fondare�un�accertamento�oggettivo�
della�persistenza�di�un�inadempimento�dei�suoi�obblighi�di�controllo�da�parte�della�Repub-
blica�francese.�
49.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�scadenza�del�termine�impartitonel�parere�
motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�risulta�dalle�relazioni�alle�quali�la�Commissione�ha�
fatto�riferimento�nel�detto�parere�(v.�punto�17�della�presente�sentenza),�che�gli�ispettori�
hanno�potuto�accertare�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia�in�occasione�di�ciascuna�delle�sei�
missioni�da�loro�effettuate.�Essi�hanno�potuto�accertare,�in�particolare,�l'esistenza�di�un�mer-
cato�per�i�naselli�sotto�taglia,�commercializzati�col�nome�di��merluchons�o�friture 
de 
merlu-
chons��e�messi�in�vendita,�in�violazione�delle�norme�di�commercializzazione�fissate�dal�rego-
lamento�n.�2406/1996,�con�il�codice��00�.�
50.�^In�occasione�di�cinque�di�tali�sei�missioni�lo�sbarco�e�la�messa�in�vendita�dei�pesci�
sotto�taglia�sono�avvenuti�in�assenza�di�controllo�da�parte�delle�autorita��nazionali�compe-
tenti.�Come�ha�riconosciuto�il�governo�francese�nella�sua�risposta�del�1�agosto�2000�al�
parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�le�persone�che�gli�ispettori�hanno�potuto�
incontrare��non�appartenevano�alle�categorie�degli�agenti�autorizzati�ad�accertare�le�infra-
zioni�alla�disciplina�delle�pesche�ne�all'amministrazione�degli�affari�marittimi�.�In�occasione�
della�sesta�missione,�gli�ispettori�hanno�accertato�che�pesci�sotto�taglia�erano�stati�sbarcati�
e�messi�in�vendita�in�presenza�di�autorita��nazionali�competenti�ad�accertare�le�infrazioni�alla�
disciplina�della�pesca.�Tali�autorita��si�sono�tuttavia�astenute�dal�perseguire�i�contravventori.�
51.�^Tali�elementi�permettono�di�accertare�la�persistenza�di�una�prassi�di�messa�in�ven-
dita�di�pesci�sotto�taglia�in�mancanza�di�un�efficace�intervento�delle�autorita��nazionali�com-
petenti,�che�presenta�un�grado�di�continuita��e�di�generalita��tale�da�compromettere�grave-
mente,�a�causa�del�suo�effetto�cumulativo,�gli�obiettivi�del�regime�comunitario�di�conserva-
zione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca.�
52.�^Per�giunta,�la�similarita��e�la�ripetizione�delle�situazioni�accertate�in�tutte�le�rela-
zioni�permettono�di�considerare�che�tali�casi�hanno�potuto�essere�solo�la�conseguenza�di�
un'insufficienza�strutturale�delle�misure�attuate�dalle�autorita��francesi�e,�di�conseguenza,�di�
un�inadempimento,�da�parte�di�tali�autorita��,�dell'obbligo�di�procedere�a�controlli�effettivi,�
proporzionati�e�dissuasivi�loro�imposto�dalla�normativa�comunitaria�(v.,�in�questo�senso,�
citata�sentenza�1.�febbraio�2001,�Commissione/Francia,�punto�35).�
53.�^Si�deve�pertanto�constatare�che,�alla�scadenza�del�termine�impartito�nel�parere�
motivato�integrativo�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�la�Repubblica�fran-
cese,�non�avendo�garantito�un�controllo�delle�attivita��di�pesca�conforme�agli�obblighi�previsti�
dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�
citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�comportava�e�pertanto�veniva�meno�
agli�obblighi�che�ad�essa�incombevano�in�forza�dell'art.�228�CE.�
54.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�data�dell'esame�dei�fatti�da�parte�della�
Corte,�le�informazioni�disponibili�rivelano�la�persistenza�di�carenze�significative.�
55�.�^Cos|�,nelcorsodellamissioneeffettuatainBretagnanel�giugno�2001�(v.punto�20�
della�presente�sentenza),�gli�ispettori�della�Commissione�hanno�potuto�ancora�una�volta�
accertare�la�presenza�di�pesci�sotto�taglia.�Una�diminuzione�del�numero�di�casi�di�messe�in�
vendita�di�tali�pesci�e��stata�accertata�nel�corso�di�una�missione�ulteriore�nella�stessa�regione�
nel�giugno�2003�(v.�punto�23�della�presente�sentenza).�Tuttavia,�tale�circostanza�non�e��deter-
minante�alla�luce�della�convergenza�degli�accertamenti,�figuranti�nelle�relazioni�redatte�in�
occasione�di�queste�due�missioni,�in�ordine�alla�mancanza�di�efficacia�dei�controlli�a�terra.�
56.�^Dato�che�la�Commissione�ha�fornito�sufficienti�elementi�da�cui�risultala�persi-
stenza�dell'inadempimento,�spetta�allo�Stato�membro�interessato�contestare�in�modo�appro-
fondito�e�particolareggiato�i�dati�prodotti�e�le�conseguenze�che�ne�derivano�(v.,�in�tal�senso,�
sentenze�22�settembre�1988,�causa�272/1986,�Commissione/Grecia,�Racc. 
pag.�4875,�
punto�21,�e�9�novembre�1999,�causa�C-365/1997,�Commissione/Italia,�Racc. 
pag.�I-7773,�
punti�84-87).�
57.�^Al�riguardo,�si�deve�rilevare�che�l'informazione�concernente�l'aumento�dei�con-
trolli�a�seguito�dei�piani�adottati�nel�2001�e�nel�2002,�menzionato�dal�governo�francese�nel�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

suo�controricorso,�contrasta�con�l'informazione�fornita�da�questo�stesso�governo�in�risposta�
ai�quesiti�della�Corte�(v.�punto�26�della�presente�sentenza),�da�cui�risulta�che�il�numero�dei�
controlli�a�terra�ed�in�mare�e�diminuito�nell'anno�2003�rispetto�all'anno�2002.�

58.�^Anche�supponendo�che�tali�informazioni�divergenti,�come�sostiene�il�governo�
francese,�possano�essere�considerate�rivelatrici�di�un�miglioramento�della�situazione,�nondi-
meno,�gli�sforzi�prestati�non�sono�tali�da�scusare�gli�inadempimenti�accertati�(citata�sentenza�
1.�febbraio�2001,�Commissione/Francia,�punto�36).�
59.�^In�questo�contesto,�neppure�l'argomento�del�governo�francese�secondoil�quale�la�
diminuzione�dei�controlli�sarebbe�giustificata�da�una�migliore�disciplina�dei�pescatori�puo�
essere�accolto.�
60.�^Infatti,�come�lo�stesso�governo�francese�ha�fatto�valere�nel�suo�controricorso,�l'av-
vio�di�azioni�dirette�a�riformare�comportamenti�e�mentalita�costituisce�un�lungo�processo.�
Si�deve�quindi�considerare�che�la�carenza�strutturale,�per�un�periodo�che�si�estende�su�oltre�
dieci�anni,�dei�controlli�diretti�a�far�rispettare�le�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei�
pesci�ha�dato�luogo,�presso�gli�operatori�interessati,�a�comportamenti�che�potranno�essere�
corretti�solo�al�termine�di�un'azione�costante�nel�tempo.�
61.�^Di�conseguenza,�alla�luce�degli�elementi�circostanziati�presentati�dalla�Commis-
sione,�le�informazioni�fornite�dal�governo�francese�non�sono�cos|�solide�da�dimostrare�che�
le�misure�attuate�da�quest'ultimo�in�materia�di�controllo�delle�attivita�di�pesca�presentano�
il�carattere�effettivo�richiesto�per�soddisfare�al�suo�obbligo�di�garantire�l'efficacia�del�regime�
comunitario�di�conservazione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca�(v.�punti�37�e�
38�della�presente�sentenza).�
62.�^Si�deve�pertanto�constatare�che,�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato�i�fatti�che�le�
sono�stati�presentati,�la�Repubblica�francese,�non�avendo�garantito�un�controllo�delle�atti-
vita�di�pesca�conforme�agli�obblighi�previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adot-
tato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/-
Francia,�comportava�venendo�pertanto�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�del-
l'art.�228�CE.�
Sulsecondomotivo: 
l'insufficienzadelleazionirepressive 


Argomenti�delle�parti�

63.�^La�Commissione�sostiene�che�le�azioni�repressive�avviate�dalle�autorita�francesi�
per�infrazione�alle�disposizioni�comunitarie�in�materia�di�dimensioni�minime�dei�pesci�sono�
insufficienti.�In�maniera�generale,�l'insufficienza�dei�controlli�si�rifletterebbe�sul�numero�delle�
azioni�repressive.�Inoltre,�risulterebbe�dalle�informazioni�fornite�dal�governo�francese�che,�
anche�quando�sono�accertate�infrazioni,�le�azioni�repressive�non�sarebbero�sistematiche.�
64.�^Per�quanto�riguarda�le�statistiche�presentate�dal�governo�francese�prima�della�sca-
denza�del�termine�fissato�nel�parere�motivato�integrativo�6�giugno�2000,�la�Commissione�
rileva�che�esse�sono�troppo�globali,�in�quanto�riguardano�l'insieme�del�territorio�francese�e�
non�precisano�la�natura�delle�infrazioni�perseguite.�
65.�^Quanto�alle�informazioni�fornite�successivamente,�la�Commissione�ritiene�che�esse�
non�consentano�di�dedurne�che�le�autorita�francesi�applichino�una�politica�di�sanzioni�dis-
suasive�per�quanto�riguarda�le�infrazioni�alle�norme�relative�alle�dimensioni�minime�dei�
pesci.�Essa�rileva�che,�per�l'anno�2001,�il�governo�francese�ha�segnalato,�in�applicazione�dei�
regolamenti�(CE)�del�Consiglio�24�giugno�1999,�n.�1447,�recante�l'elenco�dei�comportamenti�
che�violano�gravemente�le�norme�della�politica�comune�della�pesca�(G.U. 
L167,�pag.5)�e�
(CE)�della�Commissione�21�dicembre�1999,�n.�2740,�che�stabilisce�le�modalita�di�applica-
zione�del�regolamento�n.�14471999�(G.U. 
L�328,�pag.�62),�73�casi�di�infrazioni�alle�norme�
relative�alle�dimensioni�minime�dei�pesci.�Ora,�solo�in�8�casi,�ossia�l'11%,�si�sarebbe�giunti�
all'imposizione�di�un'ammenda.�
66.�^Pur�riconoscendo�che�la�circolare�del�Ministero�della�giustizia�del�16�ottobre�2002,�
alla�quale�fa�riferimento�il�governo�francese,�costituisce�una�misura�adeguata,�la�Commis-
sione�ritiene�tuttavia�che�occorra�verificare�il�modo�in�cui�essa�sara�applicata.�Al�riguardo,�
essa�fa�rilevare�che�le�ultime�cifre�comunicate�da�tale�governo�per�l'anno�2003�rivelano�una�
diminuzione�delle�condanne�pronunciate.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

67.^Ilgovernofrancesefavalereche,�apartiredal�1991,inumerodelleinfrazioniper-
seguite�e�l'entita�delle�condanne�pronunciate�sono�in�aumento�costante.�Esso�sottolinea�pero�
che�un�esame�puramente�statistico�del�numero�di�infrazioni�perseguite�non�puo�,diper�se�
solo,�provare�l'efficacia�di�un�regime�di�controllo�in�quanto�si�basa�sul�presupposto,�per�nulla�
dimostrato,�di�numero�stabile�delle�infrazioni.�
68.�^Il�governo�francese�menziona�una�circolare�che�il�Ministro�della�Giustizia�ha�
inviato,�il�16�ottobre�2002,�ai�procuratori�generali�presso�le�corti�d'appello�di�Rennes,�di�Poi-
tiers,�di�Bordeaux�e�di�Pau,�nella�quale�sono�raccomandate�una�repressione�sistematica�delle�
infrazioni�nonche�l'irrogazione�di�ammende�dissuasive.�Esso�riconosce�tuttavia�che�tale�cir-
colare�non�ha�potuto�produrre�pienamente�effetti�nel�2002�ne�nel�2003�a�seguito�della�legge�
n.�2002-1062,�che�ha�amnistiato�le�infrazioni�commesse�entro�il�17�maggio�2002�purche�l'am-
menda�non�eccedesse�EUR�750.�
Giudizio�della�Corte�

69.�^L'obbligo�degli�Stati�membri�di�vegliare�a�che�le�infrazioni�alla�normativa�comuni-
taria�formino�oggetto�di�sanzioni�a�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo�presenta�
un'importanza�essenziale�nel�settore�della�pesca.�Infatti,�se�le�autorita�competenti�di�uno�
Stato�membro�si�astenessero�sistematicamente�dal�perseguire�i�responsabili�di�tali�infrazioni,�
sarebbero�pregiudicate�sia�la�conservazione�e�la�gestione�delle�risorse�della�pesca,�sia�l'appli-
cazione�uniforme�della�politica�comune�della�pesca�(v.,�a�proposito�del�mancato�rispetto�del�
regime�dei�contingenti�per�le�campagne�di�pesca�1991�e�1992,�sentenza�7�dicembre�1995,�
causa�C-52/1995,�Commissione/Francia,�Racc. 
pag.�I-4443,�punto�35).�
70.�^Per�quanto�riguarda,�nel�caso�di�specie,�la�situazione�alla�scadenza�del�termine�
impartito�nel�parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000,�basta�ricordare�le�considera-
zioni�esposte�ai�punti�49-52�della�presente�sentenza.�Essendo�provato�che�infrazioni�peraltro�
accertabili�da�parte�delle�autorita�nazionali�non�sono�state�rilevate�e�che�non�sono�stati�
redatti�verbali�a�carico�dei�contravventori,�e�giocoforza�constatare�che�le�dette�autorita�sono�
venute�meno�all'obbligo�di�repressione�loro�imposto�dalla�normativa�comunitaria�(v.,�in�que-
sto�senso,�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�punto�24).�
71.�^Per�quanto�riguarda�la�situazione�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato�i�fatti,�
occorre�riportarsi�alle�considerazioni�esposte�ai�punti�54-61�della�presente�sentenza,�in�cui�
si�ammette�la�persistenza�di�carenze�significative�nei�controlli.�Alla�luce�di�tali�considera-
zioni,�l'aumento�del�numero�di�infrazioni�perseguite,�menzionato�dal�governo�francese,�non�
puo�essere�considerato�sufficiente.�Infatti,�come�ha�fatto�osservare�tale�governo,�un�esame�
puramente�statistico�del�numero�di�infrazioni�perseguite�non�puo�,diper�se�solo,�provare�l'ef-
ficacia�di�un�regime�di�controllo.�
72.�^Pergiunta,comerilevatodallaCommissione,dalleinformazionifornitedalgoverno�
franceserisultachenonsonoperseguitetutteleinfrazioniaccertate.�Risultaaltres|�cheleinfra-
zioni�perseguite�non�formano�tutte�oggetto�di�sanzioni�dissuasive.�Cos|�,�il�fatto�che�numerose�
infrazioni�in�materia�di�pesca�abbiano�potuto�beneficiare�della�legge�n.�2002-1062�attesta�che,�
in�tutti�questi�casi,�sono�state�irrogate�ammende�inferiori�a�EUR�750.�
73.�^Di�conseguenza,�alla�luce�degli�elementi�circostanziati�presentati�dalla�Commis-
sione,�le�informazioni�fornite�dal�governo�francese�non�sono�cos|�solide�da�dimostrare�che�
le�misure�attuate�da�quest'ultimo�per�quanto�riguarda�la�repressione�delle�infrazioni�alla�
disciplina�della�pesca�presentano�il�carattere�effettivo,�proporzionato�e�dissuasivo�richiesto�
per�soddisfare�al�suo�obbligo�di�garantire�l'efficacia�del�regime�comunitario�di�conserva-
zione�e�di�gestione�delle�risorse�in�materia�di�pesca�(v.�punti�37�e�38�della�presente�sen-
tenza).�
74.�^Si�deve�dunque�constatare�che,�tanto�alla�scadenza�del�termine�impartito�nel�
parere�motivato�integrativo�del�6�giugno�2000�quanto�alla�data�in�cui�la�Corte�ha�esaminato�
i�fatti�che�le�sono�stati�presentati,�la�Repubblica�francese,�non�avendo�garantito�che�le�infra-
zioni�alla�disciplina�delle�attivita�di�pesca�siano�perseguite�conformemente�agli�obblighi�pre-
visti�dalle�disposizioni�comunitarie,�non�aveva�adottato�tutte�le�misure�che�l'esecuzione�della�
citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�comportava�venendopertantomeno�
agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

SullE 
sanzionI 
pecuniariE 
dell'inadempimentO 


75.�^Per�sanzionare�la�non�esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�
Commissione/Francia,�la�Commissione�ha�proposto�alla�Corte�di�infliggere�alla�Repubblica�
francese�una�penalita�giornaliera�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�e�sino�al�
giorno�in�cui�sara�posto�fine�all'inadempimento.�Alla�luce�delle�caratteristiche�particolari�
dell'inadempimento�constatato,�la�Corte�ritiene�opportuno�esaminare�inoltre�se�l'imposi-
zione�di�una�somma�forfettaria�potrebbe�costituire�una�misura�adeguata.�
Sullapossibilita�dicumulo�diunapenalita�ediunasommaforfettaria�

Argomenti�delle�parti�e�osservazioni�presentate�alla�Corte�

76.�^Invitati�ad�esprimersi�sulla�questione�se,�nell'ambito�di�un�procedimento�proposto�
ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,�CE,�la�Corte�possa,�qualora�riconosca�che�lo�Stato�membro�inte-
ressato�non�si�e�conformato�alla�sua�sentenza,�infliggergli�il�pagamento,�nel�contempo,�di�
una�somma�forfettaria�e�di�una�penalita�,�la�Commissione,�i�governi�danese,�olandese,�finlan-
dese�e�del�Regno�Unito�hanno�risposto�in�senso�affermativo.�
77.�^Il�loro�ragionamento�si�fonda,�in�sostanza,�sul�fatto�che�queste�due�misure�sono�
complementari,�in�quanto�perseguono,�ciascuna�per�conto�proprio,�un�effetto�dissuasivo.�
Una�combinazione�di�queste�misure�dovrebbe�essere�considerata�come�un�solo�e�identico�
mezzo�per�conseguire�l'obiettivo�fissato�dall'art.�228�CE,�ossia�quello�non�soltanto�di�spin-
gere�lo�Stato�membro�interessato�a�conformarsi�alla�sentenza�iniziale,�ma�anche,�in�una�pro-
spettiva�piu�generale,�di�ridurre�la�possibilita�che�infrazioni�analoghe�siano�nuovamente�
commesse.�
78.�^I�governi�francese,�belga,�ceco,�tedesco,�ellenico,�spagnolo,�irlandese,�italiano,�
cipriota,�ungherese,�austriaco,�polacco�e�portoghese�hanno�sostenuto�una�tesi�contraria.�
79.�^Essi�si�basano�sulla�formulazione�letterale�dell'art.�228,�n.�2,�CE,�e�sull'impiego�
della�congiunzione��o�,�alla�quale�attribuiscono�un�senso�disgiuntivo,�nonche�sulla�finalita�
di�questa�disposizione.�Quest'ultima�non�avrebbe�un�carattere�punitivo,�dato�che�l'art.�228,�
n.�2,�CE,�non�cerca�di�punire�lo�Stato�membro�inadempiente�ma�soltanto�di�spingerlo�ad�ese-
guire�una�sentenza�di�inadempimento.�Sarebbe�impossibile�distinguere�piu�periodi�di�ina-
dempimento,�solo�la�durata�complessiva�dell'inadempimento�dovrebbe�essere�presa�in�consi-
derazione.�Il�cumulo�di�sanzioni�pecuniarie�sarebbe�contrario�al�principio�che�vieta�che�uno�
stesso�comportamento�formi�oggetto�di�una�duplice�pena.�Inoltre,�in�assenza�di�linee�diret-
tive�della�Commissione�in�ordine�ai�criteri�applicabili�per�il�calcolo�di�una�somma�forfetaria,�
l'imposizione�di�una�somma�del�genere�da�parte�della�Corte�contrasterebbe�con�i�principi�di�
certezza�del�diritto�e�di�trasparenza.�Essa�costituirebbe�anche�una�lesione�della�parita�di�trat-
tamento�tra�gli�Stati�membri,�poiche�una�siffatta�misura�non�e�stata�presa�in�considerazione�
nelle�sentenze�4�luglio�2000,�causa�C-387/1997,�Commissione/Grecia�(Racc.�pag.�I-5047),�e�
25�novembre�2003,�causa�C-278/01,�Commissione/Spagna�(Racc.�pag.�I-14141).�
Giudizio�della�Corte�

80.�^Il�procedimento�previsto�all'art.�228,�n.�2,�CE�ha�lo�scopo�di�spingere�uno�Stato�
membro�inadempiente�ad�eseguire�una�sentenza�per�inadempimento�garantendo�con�cio�l'ap-
plicazione�effettiva�del�diritto�comunitario.�Le�misure�previste�da�tale�disposizione,�e�cioe�la�
somma�forfettaria�e�la�penalita�,�mirano�entrambe�a�questo�stesso�obiettivo.�
81�.�^L'applicazione�dell'una�o�dell'altra�di�queste�due�misure�dipende�dalla�idoneita�di�
ciascuna�a�conseguire�l'obiettivo�perseguito�in�relazione�alle�circostanze�del�caso�di�specie.�
Se�l'imposizione�di�una�penalita�sembra�particolarmente�adeguata�a�spingere�uno�Stato�
membro�a�porre�fine,�nei�termini�piu�brevi,�ad�un�inadempimento�che,�in�mancanza�di�una�
misura�del�genere,�avrebbe�tendenza�a�persistere,�l'imposizione�di�una�somma�forfettaria�si�
basa�maggiormente�sulla�valutazione�delle�conseguenze�della�mancata�esecuzione�degli�
obblighi�dello�Stato�membro�interessato�sugli�interessi�privati�e�pubblici,�in�particolare�qua-
lora�l'inadempimento�sia�persistito�per�un�lungo�periodo�dopo�la�sentenza�che�lo�ha�inizial-
mente�accertato.�
82.�^Di�conseguenza,�non�e�escluso�il�ricorso�ai�due�tipi�di�sanzioni�previste�dal-
l'art.�228,�n.�2,�CE�in�particolare�qualora�l'inadempimento,�nel�contempo,�sia�perdurato�a�
lungo�e�tenda�a�persistere.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

83.�^L'interpretazione�cos|�accolta�non�puo�vedersi�opporre�l'impiego,�all'art.�228,�n.�2,�
CE,�della�congiunzione��o��per�collegare�le�sanzioni�pecuniarie�che�possono�essere�imposte.�
Come�fatto�valere�dalla�Commissione�e�dai�governi�danese,�olandese,�finlandese�e�del�Regno�
Unito,�tale�congiunzione�puo�,�dal�punto�di�vista�linguistico,�presentare�un�senso�sia�alterna-
tivo�sia�cumulativo�e�pertanto�dev'essere�letta�nel�contesto�in�cui�essa�e�impiegata.�Alla�luce�
della�finalita�perseguita�dall'art.�228�CE,�l'utilizzazione�della�congiunzione��o��al�n.2�di�tale�
disposizione�deve�pertanto�essere�intesa�in�senso�cumulativo.�
84.�^L'obiezione�sollevata,�in�particolare,�dai�governi�tedesco,�ellenico,�ungherese,�
austriaco�e�polacco,�secondo�la�quale�l'imposizione�cumulativa�di�una�penalita�e�di�una�
somma�forfettaria,�prendendo�due�volte�in�considerazione�lo�stesso�periodo�di�inadempi-
mento,�contravverrebbe�al�principio�ne�bis�in�idem�deve�anch'essa�essere�respinta.�Infatti,�
poiche�ogni�sanzione�ha�la�propria�funzione,�essa�dev'essere�determinata�in�maniera�tale�da�
adempiere�quest'ultima.�Ne�consegue�che,�nel�caso�di�una�condanna�simultanea�al�paga-
mento�di�una�penalita�e�di�una�somma�forfettaria,�la�durata�dell'inadempimento�e�presa�in�
considerazione�come�un�criterio�tra�altri,�al�fine�di�determinare�il�livello�adeguato�di�coerci-
zioneedi�dissuasione.�
85.�^Neppure�l'argomento,�fatto�valere�in�particolare�dal�governo�belga,�secondo�il�
quale,�in�mancanza�di�linee�direttive�fissate�dalla�Commissione�per�il�calcolo�di�una�somma�
forfettaria,�l'imposizione�di�una�tale�somma�contrasterebbe�con�i�principi�di�certezza�del�
diritto�e�di�trasparenza�potrebbe�essere�accolto.�Infatti,�se�siffatte�linee�direttive�contribui-
scono�effettivamente�a�garantire�la�trasparenza,�la�prevedibilita�e�la�certezza�del�diritto�del-
l'azione�condotta�dalla�Commissione�(v.,�a�proposito�delle�linee�direttive�relative�al�calcolo�
della�penalita�,�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�87)�non�e�meno�
vero�che�l'esercizio�del�potere�conferito�alla�Corte�dall'art.�228,�n.�2,�CE�non�e�subordinato�
alla�condizione�che�la�Commissione�fissi�regole�del�genere�che,�in�ogni�caso,�non�potrebbero�
vincolare�la�Corte�(citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�89,�e�
25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�41).�
86.�^Quanto�all'obiezione,�sollevata�dal�governo�francese,�secondo�la�quale�l'imposi-
zione�cumulativa�di�una�penalita�e�di�una�somma�forfettaria�nella�presente�causa�costitui-
rebbe�una�lesione�della�parita�di�trattamento�dato�che�non�e�stata�presa�in�considerazione�
nelle�citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�e�25�novembre�2003,�Commis-
sione/Spagna,�si�deve�rilevare�che�spetta�alla�Corte,�in�ciascuna�causa,�valutare,�alla�luce�
delle�circostanze�del�caso�di�specie,�le�sanzioni�pecuniarie�da�adottare.�Di�conseguenza,�il�
fatto�che�un�cumulo�di�misure�non�sia�stato�inflitto�in�cause�decise�in�precedenza�non�puo�
costituire,�di�per�se�,�un�ostacolo�all'imposizione�di�un�siffatto�cumulo�in�una�causa�succes-
siva,�qualora,�alla�luce�della�natura,�della�gravita�e�della�persistenza�dell'inadempimento�
accertato,�un�cumulo�del�genere�appaia�adeguato.�
Sulpoterediscrezionaledella 
Cortequantoallesanzionipecuniariechepossono 
essere 
imposte 


Argomenti�delle�parti�e�osservazioni�presentate�alla�Corte�

87.�^Quanto�alla�questione�se,�eventualmente,�la�Corte�possa�scostarsi�dalle�proposte�
della�Commissione�e�infliggere�ad�uno�Stato�membro�il�pagamento�di�una�somma�forfetta-
ria,�mentre�la�Commissione�non�ha�fatto�alcuna�proposta�in�tal�senso,�la�Commissione�e�i�
governi�ceco,�ungherese�e�finlandese�hanno�risposto�in�senso�affermativo.�Per�essi,�la�Corte�
dispone�in�materia�di�un�potere�discrezionale�che�si�estende�alla�determinazione�della�san-
zione�considerata�piu�adeguata,�indipendentemente�dalle�proposte�della�Commissione�al�
riguardo.�
88.�^I�governi�francese,�belga,�danese,�tedesco,�ellenico,�spagnolo,�irlandese,�italiano,�
olandese,�austriaco,�polacco�e�portoghese�sono�di�parere�contrario.�Essi�adducono�al�
riguardo�argomenti�di�merito�e�di�procedura.�Sul�merito,�essi�fanno�valere�che�l'esercizio�da�
parte�della�Corte�di�un�siffatto�potere�discrezionale�lederebbe�i�principi�di�certezza�del�
diritto,�di�prevedibilita�,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento.�Il�governo�tedesco�
aggiunge�che�la�Corte,�in�ogni�caso,�non�dispone�della�legittimita�politica�necessaria�per�eser-
citare�un�siffatto�potere�in�un�ambito�in�cui�le�valutazioni�di�opportunita�politica�svolgono�
un�ruolo�notevole.�Sul�piano�procedurale,�i�governi�di�cui�sopra�sottolineano�che�un�potere�
cos|�esteso�e�incompatibile�con�il�principio�generale�di�procedura�civile�comune�a�tuttigli�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Stati�membri�secondo�il�quale�il�giudice�non�puo�andare�oltre�le�domande�delle�parti,�e�insi-
stono�sulla�necessita�di�un�procedimento�in�contraddittorio,�che�consenta�allo�Stato�membro�
interessato�di�esercitare�i�suoi�diritti�della�difesa.�

Giudizio�della�Corte�

89.�^Per�quanto�riguarda�gli�argomenti�relativi�ai�principi�di�certezza�del�diritto,�di�pre-
vedibilita�,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento,�occorre�rinviare�alla�valutazione�operata�
ai�punti�85�e�86�della�presente�sentenza.�
90.�^Per�quanto�riguarda�l'argomento�che�il�governo�tedesco�fonda�sulla�mancanza�di�
legittimita�politica�della�Corte�per�infliggere�una�sanzione�pecuniaria�non�proposta�dalla�
Commissione,�si�debbono�distinguere�le�diverse�tappe�che�comporta�il�procedimento�previsto�
all'art.�228,�n.�2,�CE.�Una�volta�che�la�Commissione�ha�esercitato�il�suo�potere�discrezionale�
in�ordine�all'avvio�di�un�procedimento�per�inadempimento�(v.,�in�particolare,�a�proposito�
dell'art.�226�CE,�sentenze�25�settembre�2003,�causa�C-74/02,�Commissione/Germania,�
Racc. 
pag.�I-9877,�punto�17,�e�21�ottobre�2004,�causa�C-477/03,�Commissione/Germania,�
Racc. 
pag.�I-0000,�punto�11),�la�questione�se�lo�Stato�membro�interessato�ha�eseguito�o�
meno�una�precedente�sentenza�della�Corte�e�soggetta�ad�un�procedimento�giurisdizionale�
nel�quale�le�considerazioni�politiche�sono�irrilevanti.�Nell'esercizio�della�sua�funzione�giuri-
sdizionale�la�Corte�valuta�in�che�misura�la�situazione�esistente�nello�Stato�membro�in�que-
stione�sia�conforme�o�meno�alla�sentenza�iniziale�e,�eventualmente,�valuta�la�gravita�di�un�
inadempimento�persistente.�Ne�consegue�che,�come�ha�rilevato�l'avvocato�generale�al�para-
grafo�24�delle�sue�conclusioni�del�18�novembre�2004,�l'opportunita�di�imporre�una�sanzione�
pecuniaria�e�la�scelta�della�sanzione�piu�adeguata�alle�circostanze�del�caso�di�specie�possono�
essere�valutate�solo�alla�luce�degli�accertamenti�operati�dalla�Corte�nella�sentenza�da�pro-
nunciare�ai�sensi�dell'art.�228,�n.�2,�CE�e�sfuggono�quindi�alla�sfera�politica.�
91.�^Non�e�fondato�neppure�l'argomento�secondo�il�quale,�scostandosi�dalle�proposte�
della�Commissione�o�andando�al�di�la�di�esse�la�Corte�violerebbe�un�principio�generale�di�
procedura�civile�che�vieta�al�giudice�di�andare�oltre�le�domande�delle�parti.�Il�procedimento�
previsto�all'art.�228,�n.�2,�CE�e�infatti�un�procedimento�giurisdizionale�speciale,�proprio�al�
diritto�comunitario,�che�non�puo�essere�equiparato�ad�un�procedimento�civile.�La�condanna�
al�pagamento�di�una�penale�e/o�di�una�somma�forfettaria�non�mira�a�compensareunqua-
lunque�danno�che�sia�stato�causato�dallo�Stato�membro�interessato,�ma�ad�esercitare�su�que-
st'ultimo�una�pressione�economica�che�lo�spinga�a�porre�fine�all'inadempimento�accertato.�
Le�sanzioni�pecuniarie�imposte�debbono�pertanto�essere�decise�in�funzione�del�grado�di�per-
suasione�necessario�perche�lo�Stato�membro�in�questione�modifichi�il�suo�comportamento.�
92.�^In�ordine�ai�diritti�della�difesa�di�cui�deve�poter�beneficiare�lo�Statomembro�inte-
ressato,�diritti�sui�quali�hanno�insistito�i�governi�francese,�belga,�olandese,�austriaco�e�finlan-
dese,occorrerilevare,comehafattol'avvocatogeneralealparagrafo�11�dellesueconclusioni�
del�18�novembre�2004,�che�il�procedimento�di�cui�all'art.�228,�n.�2,�CE�dev'essere�considerato�
come�uno�speciale�procedimento�giudiziario�di�esecuzione�delle�sentenze,�in�altri�termini,-
come�un�mezzo�di�esecuzione.�Questo�e�il�contesto�nel�quale�debbono�essere�valutate�le�
garanzie�procedurali�di�cui�deve�disporre�lo�Stato�membro�in�questione.�
93.�^Ne�consegue�che,�una�volta�accertata�la�persistenza�di�un�inadempimento�al�diritto�
comunitario�nell'ambito�di�un�procedimento�in�contraddittorio,�i�diritti�della�difesa�da�rico-
noscere�allo�Stato�membro�inadempiente�per�quanto�riguarda�le�sanzioni�pecuniarie�conside-
rate�devono�tener�conto�dello�scopo�perseguito,�e�cioe�quello�di�assicurare�e�garantire�il�ripri-
stino�del�rispetto�della�legalita�.�
94.�^Nella�fattispecie,�per�quanto�riguarda�il�carattere�reale�del�comportamento�che�
puo�dar�luogo�all'irrogazione�di�sanzioni�pecuniarie,�la�Repubblica�francese�ha�avuto�l'occa-
sione�di�difendersi�durante�l'intero�corso�di�un�procedimento�precontenzioso�che�e�durato�
quasi�nove�anni�e�che�ha�dato�luogo�a�due�pareri�motivati,�nonche�nell'ambito�della�fase�
scritta�del�procedimento�e�dell'udienza�del�3�marzo�2004�nella�presente�causa.�Tale�esame�
dei�fatti�ha�condotto�la�Corte�ad�accertare�la�persistenza�di�un�inadempimento�della�Repub-
blica�francese�ai�suoi�obblighi�(v.�punto�74�della�presente�sentenza).�
95.�^La�Commissione�che,�nei�due�pareri�motivati,�aveva�attirato�l'attenzione�della�
Repubblica�francese�sul�rischio�di�sanzioni�pecuniarie�(v.�punti�15�e�18�della�presente�sen-

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

tenza)�ha�precisato�alla�Corte�i�criteri�(v.�punto�98�della�presente�sentenza)�che�possono�
essere�presi�in�considerazione�nella�determinazione�delle�sanzioni�pecuniarie�destinate�ad�
esercitare�sulla�Repubblica�francese�una�pressione�economica�sufficiente�per�indurla�a�porre�
fine,�nei�termini�piu�brevi,�al�suo�inadempimento�nonche�la�ponderazione�rispettiva�da�
accordare�a�tali�criteri.�La�Repubblica�francese�si�e�espressa�su�questi�ultimi�nel�corso�della�
fase�scritta�del�procedimento�e�all'udienza�del�3�marzo�2004.�

96.�^Con�ordinanza�16�giugno�2004,�la�Corte�ha�invitato�le�parti�ad�esprimersi�sulla�
questione�se,�nell'ipotesi�in�cui�la�Corte�accerti�che�uno�Stato�membro�non�ha�adottato�i�
provvedimenti�che�l'esecuzione�di�una�sentenza�precedente�comporta�e�in�cui�la�Commis-
sione�abbia�chiesto�alla�Corte�di�condannare�tale�Stato�al�pagamento�di�una�penalita�,la�
Corte�possa�infliggere�allo�Stato�membro�interessato�il�pagamento�di�una�somma�forfettaria,�
o�addirittura,�se�del�caso,�di�una�somma�forfettaria�e�di�una�penalita�.Leparti�sono�statesen-
tite�in�occasione�dell'udienza�del�5�ottobre�2004.�
97.�^Ne�consegue�che�la�Repubblica�francese�e�stata�in�grado�di�presentare�le�sue�osser-
vazioni�su�tutti�gli�elementi�di�diritto�e�di�fatto�necessari�per�determinare�la�persistenza�e�la�
gravita�dell'inadempimento�contestatole�nonche�le�misure�che�possono�essere�adottate�per�
porvi�fine.�Sulla�base�di�questi�elementi,�che�hanno�formato�oggetto�di�contraddittorio,�
spetta�alla�Corte�determinare,�in�relazione�al�grado�di�persuasione�e�di�dissuasione�che�le�
sembra�necessario,�le�sanzioni�pecuniarie�adeguate�per�garantire�l'esecuzione�piu�rapida�pos-
sibile�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�ed�impedire�la�ripetizione�
di�infrazioni�analoghe�al�diritto�comunitario.�
Sullesanzionipecuniarieadeguatenelcaso 
dispecie 


Sull'imposizione�di�una�penalita�

98.�^Fondandosi�sul�metodo�di�calcolo�da�essa�definito�nella�sua�comunicazione�
28�febbraio�1997,�97/C�63/02,�relativa�al�metodo�di�calcolo�della�penalita�prevista�dall'arti-
colo�[228]�del�Trattato�CE�(G.U. 
C�63,�pag.�2),�la�Commissione�ha�proposto�alla�Corte�di�
infliggere�alla�Repubblica�francese�una�penalita�di�EUR�316�500�per�giorno�di�mora�per�san-
zionare�la�mancata�esecuzione�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�
a�partire�dalla�data�della�pronuncia�della�sentenza�nella�presente�causa�e�sino�al�giorno�in�
cui�la�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�sara�stata�eseguita.�
99.�^La�Commissione�considera�che�la�condanna�al�pagamento�di�una�penalita�e�lo�
strumento�piu�appropriato�per�porre�fine,�il�piu�rapidamente�possibile,�all'infrazione�accer-
tata�e�che,�nel�caso�di�specie,�una�penalita�di�EUR�316�500�per�giorno�di�mora�e�adeguata�
alla�gravita�e�alla�durata�dell'infrazione�tenendo�conto�nel�contempo�della�necessita�di�ren-
dere�la�sanzione�effettiva.�Tale�importo�sarebbe�calcolato�moltiplicando�una�base�uniforme�
di�EUR�500�per�un�coefficiente�di�10�(su�una�scala�da�1�a�20)�per�la�gravita�dell'infrazione,�
per�un�coefficiente�di�3�(su�una�scala�da�1�a�3)�per�la�durata�dell'infrazione�e�per�un�coeffi-
ciente�di�21,1�(fondato�sul�prodotto�interno�lordo�dello�Stato�membro�in�questione�e�sulla�
ponderazione�dei�voti�al�Consiglio�dell'Unione�europea)�che�si�ritiene�rappresenti�la�capacita�
finanziaria�dello�Stato�membro�interessato.�
100.�^Il�governo�francese�sostiene,�in�via�principale,�che�non�occorre�irrogare�una�pena-
lita�perche�esso�ha�posto�fine�all'inadempimento,�e,�in�via�subordinata,�che�l'importodella�
penalita�richiesta�e�sproporzionato.�
101.�^Esso�rileva�che,�per�quanto�riguarda�la�gravita�dell'infrazione,�la�Commissione�
aveva�proposto,�nella�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�un�coefficiente�di�
6,�mentre�l'inadempimento�metteva�in�questione�la�sanita�e�nessuna�misura�era�stata�adot-
tata�per�dare�esecuzione�alla�sentenza�precedente,�due�elementi�che�non�ricorrerebbero�nel�
caso�di�specie.�Pertanto,�il�coefficiente�di�10,�proposto�dalla�Commissione�nella�presente�
causa,�non�sarebbe�accettabile.�
102.�^Il�governo�francese�ha�altres|�fatto�valere�che�le�misure�richieste�per�l'esecuzione�
della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non�potevano�produrre�effetti�
immediati.�Tenuto�conto�dell'inevitabile�sfasamento�tra�l'adozione�delle�misure�e�il�carattere�
percettibile�del�loro�impatto,�la�Corte�non�potrebbe�prendere�in�considerazione�l'intero�
periodo�trascorso�tra�la�pronuncia�della�prima�sentenza�e�quello�della�sentenza�da�emanare.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

103.�^A�questo�proposito,�se�e�chiaro�che�una�penalita�puo�indurre�lo�Stato�membro�
inadempiente�a�porre�fine,�nel�termine�piu�breve�possibile,�all'inadempimento�accertato�
(citata�sentenza�25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�42),�occorre�ricordare�che�
le�proposte�della�Commissione�non�possono�vincolare�la�Corte�e�costituiscono�solo�una�base�
di�riferimento�utile�(sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�89).�Nell'esercizio�
del�suo�potere�discrezionale,�spetta�alla�Corte�fissare�la�penalita�in�modo�tale�che�essa�sia,�
da�una�parte,�adeguata�alle�circostanze�e,�dall'altra,�commisurata�all'inadempimento�accer-
tato�nonche�alla�capacita�finanziaria�dello�Stato�membro�interessato�(v.,�in�questo�senso,�
citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�90,�e�25�novembre2003,�
Commissione/Spagna,�punto�41).�
104.�^In�questa�prospettiva�e�come�e�stato�suggerito�dalla�Commissione�nella�sua�
comunicazione�del�28�febbraio�1997,�i�criteri�fondamentali�da�prendere�in�considerazione�
per�garantire�la�natura�coercitiva�della�penalita�ai�fini�dell'applicazione�uniforme�ed�efficace�
del�diritto�comunitario�sono�costituiti�in�linea�di�principio�dalla�durata�dell'infrazione,�dal�
suo�grado�di�gravita�e�dalla�capacita�finanziaria�dello�Stato�membro�di�cui�e�causa.�Per�l'ap-
plicazione�di�tali�criteri,�occorre�tener�conto�in�particolare�delle�conseguenze�dell'omessa�ese-
cuzione�sugli�interessi�privati�e�pubblici�e�dell'urgenza�di�indurre�lo�Stato�membro�interes-
sato�a�conformarsi�ai�suoi�obblighi�(citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�
punto�92).�
105.�^Per�quanto�riguarda�la�gravita�dell'infrazione�e,�in�particolare,�le�conseguenze�
dell'omessa�esecuzione�sugli�interessi�privati�e�pubblici,�occorre�ricordare�che�uno�degli�ele-
menti�chiave�della�politica�comune�della�pesca�consiste�in�uno�sfruttamento�razionale�e�
responsabile�delle�risorse�acquatiche�su�una�base�durevole,�in�condizioni�economiche�e�
sociali�adeguate.�In�tale�contesto,�la�protezione�del�novellame�si�rivela�determinante�per�la�
ricostituzione�delle�popolazioni�ittiche.�Il�mancato�rispetto�delle�misure�tecniche�di�conserva-
zione�previste�dalla�politica�comune,�in�particolare�gli�obblighi�in�materia�di�dimensioni�
minime�dei�pesci,�costituisce�quindi�una�minaccia�grave�per�il�mantenimento�di�talune�specie�
e�di�taluni�luoghi�di�pesca�e�mette�a�repentaglio�il�perseguimento�dell'obiettivo�essenziale�
della�politica�comune�della�pesca.�
106.�^Poiche�le�misure�amministrative�adottate�dalle�autorita�francesi�non�sono�state�
attuate�in�maniera�efficace,�esse�non�sono�tali�da�ridurre�la�gravita�dell'inadempimento�
accertato.�
107.�^Tenendo�conto�di�questi�elementi,�il�coefficiente�di�10�(su�una�scala�di�1�a�20)�
riflette�quindi�adeguatamente�il�grado�di�gravita�dell'infrazione.�
108.�^Per�quanto�riguarda�la�durata�dell'infrazione,�basta�constatare�cheessae�note-
vole,�anche�a�partire�dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�Trattato�sull'Unione�europea�e�non�
dalla�data�della�pronuncia�della�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia�(v.,�
in�questo�senso,�citata�sentenza�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�98).Diconse-
guenza,�il�coefficiente�di�3�(su�una�scala�da�1�a�3)�proposto�dalla�Commissione�appare�ade-
guato.�
109.�^La�proposta�della�Commissione�di�moltiplicare�un�importo�di�base�per�un�coeffi-
ciente�di�21,1,�basato�sul�prodotto�interno�lordo�della�Repubblica�francese�e�sul�numero�di�
voti�di�cui�essa�dispone�in�seno�al�Consiglio,�costituisce�una�maniera�adeguata�di�tener�conto�
della�capacita�finanziaria�di�tale�Stato�membro�pur�mantenendo�un�divario�ragionevole�tra�
i�diversi�Stati�membri�(v.�citate�sentenze�4�luglio�2000,�Commissione/Grecia,�punto�88,�e�
25�novembre�2003,�Commissione/Spagna,�punto�59).�
110.^Lamoltiplicazionedell'importodibasediEUR�500pericoefficientidi21,1(per�
la�capacita�finanziaria),�di�10�(per�la�gravita�dell'infrazione)�e�di�3�(per�la�durata�dell'infra-
zione)�da�luogo�ad�un�importo�di�EUR�316�500�al�giorno.�
111.�^Perquantoriguardalaperiodicita�dellapenalita�,�occorretuttaviatenercontodel�
fatto�che�le�autorita�francesi�hanno�adottato�misure�amministrative�che�potrebbero�servire�
da�quadro�all'attuazione�delle�misure�richieste�per�l'esecuzione�della�citata�sentenza�11�giu-
gno�1991,�Commissione/Francia.�Tuttavia,�gli�adeguamenti�necessari�rispetto�alle�pratiche�
anteriori�non�potrebbero�essere�istantanei�e�il�loro�impatto�non�potrebbe�essere�percepito�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

immediatamente.�Ne�consegue�che�l'eventuale�accertamento�della�fine�dell'infrazione�
potrebbe�intervenire�solo�al�termine�di�un�periodo�che�consenta�una�valutazione�d'insieme�
dei�risultati�ottenuti.�

112.�^Alla�luce�di�queste�considerazioni,�la�penalita��dev'essere�inflitta�non�su�base�gior-
naliera,�ma�su�base�semestrale.�
113.�^Tenuto�conto�di�tutti�gli�elementi�che�precedono,�occorre�condannare�la�Repub-
blica�francese�a�pagare�alla�Commissione,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��euro-
pea�,�una�penalita��di�EUR�182,5�x�316�500,�ossia�EUR�57�761�250,�per�ciascun�periodo�di�
sei�mesi�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sentenza�al�termine�del�quale�alla�citata�sen-
tenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non�sia�ancora�stata�data�piena�esecuzione.�
Sull'imposizione�di�una�somma�forfettaria�

114.�^In�una�situazione�come�quella�che�forma�oggetto�della�presente�sentenza,�alla�
luce�del�fatto�che�l'inadempimento�e��persistito�per�un�lungo�periodo�a�partire�dalla�sentenza�
che�lo�ha�inizialmente�accertato�e�alla�luce�degli�interessi�pubblici�e�privati�in�questione,�si�
impone�la�condanna�al�pagamento�di�una�somma�forfettaria�(v.�punto�81�della�presente�sen-
tenza).�
115.�^Viene�operata�un'equa�valutazione�delle�circostanze�particolari�del�caso�di�specie�
fissando�in�EUR�20�000�000�l'ammontare�della�somma�forfettaria�che�la�Repubblica�fran-
cese�dovra��pagare.�
116.�^Occorre�pertanto�condannare�la�Repubblica�francese�a�pagare�alla�Commissione,�
sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�somma�forfettaria�di�
EUR�20�000�000.�
SullE 
spesE 


117.�^Ai�sensi�dell'art.�69,�n.�2,�del�regolamento�di�procedura,�la�parte�soccombente�e��
condannata�alle�spese�se�ne�e��stata�fatta�domanda.�Poiche�la�Commissione�ne�ha�fatto�
domanda,�la�Repubblica�francese,�rimasta�soccombente,�va�condannata�allespese.�
Per�questi�motivi,�la�Corte�(Grande�Sezione)�dichiara�e�statuisce:�

1)�^non�avendo�garantito�un�controllo�delle�attivita��di�pesca�conforme�agli�obblighi�
previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,�e�

^non�avendo�garantito�che�le�infrazioni�alla�disciplina�delle�attivita��di�pesca�fossero�
perseguite�conformemente�agli�obblighi�previsti�dalle�disposizioni�comunitarie,�

la�Repubblica�francese�non�ha�adottato�tutti�i�provvedimenti�che�l'esecuzione�della�sen-
tenza�11�giugno�1991,�causa�C-64/1988,�Commissione/Francia,�comporta�ed�e��pertanto�
venuta�meno�agli�obblighi�che�le�incombono�in�forza�dell'art.�228�CE.�

2)�La�Repubblica�francese�e��condannata�a�pagare�alla�Commissione�delle�Comunita��
europee,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�penalita��di�
EUR�57�761�250�per�ciascun�periodo�di�sei�mesi�a�partire�dalla�pronuncia�della�presente�sen-
tenza�al�termine�del�quale�alla�citata�sentenza�11�giugno�1991,�Commissione/Francia,�non�
sia�stata�data�piena�esecuzione.�

3)�La�Repubblica�francese�e��condannata�a�pagare�alla�Commissione�delle�Comunita��
europee,�sul�conto��Risorse�proprie�della�Comunita��europea�,�una�somma�forfettaria�di�
EUR�20.000.000.�

4)�La�Repubblica�francese�e��condannata�alle�spese�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dossier 


Ulteriori 
sviluppi 
sull'in 
house 
providing 


(Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�21�luglio�2005�

nella�causa�C^231/03;�prima�sezione,�sentenza�13�ottobre�2005�nella�causa�C^458/03)�

Nel�numero�4�del�2004�della�Rassegna�Avvocatura�dello�Stato�un�bril-
lante�articolo�di�Iole�Moricca�offriva�ai�lettori�un�documentato�resoconto�
dello�stato�degli�atti�sull'in�house�providing.�In�particolare�veniva�segnalata�
la�tendenza�della�Commissione�e�della�Corte�di�Giustizia�ad�interpretare�in�
senso�rigorosamente�restrittivo�i�requisiti,�ai�quali�la�sentenza�Teckal�(in�
causa�C^108/1998)�subordina�la�legittimita�di�affidamenti�diretti�(senza�gara)�
di�appalti�di�fornitura�servizi�e�lavori�a�persona�sulla�quale�l'ente�locale�eser-
citi...�uncontrolloanalogoaquellodaessoesercitatosuipropriservizi��e�che�

�realizzi�la�parte�piu�importante�delle�proprie�attivita�con�l'ente�o�con�gli�enti�

locali�che�la�controllano�.�

Nel�dossier�venivano,�in�particolare,�messe�in�evidenza�le�posizioni,�piu�
aperte�agli�affidamenti�diretti,�portate�avanti�in�sede�giudiziaria�dalla�Repub-
blica�Italiana�e�le�indicazioni,�sostanzialmente�favorevoli�a�tale�indirizzo,�
assunte�dall'Avvocato�Generale�Juliane�Kokott�nella�causa�C^458/03,�rela-
tiva�alla�concessione�di�parcheggi�di�Bressanone�alla�societa�Parking�Brixen�
GmbH,�nata�dalla�trasformazione�di�una�precedente�azienda�comunale.�

E�noto�al�riguardo�che�la�normativa�nazionale,�dopo�un�lungo�conten-
zioso�con�la�Commissione�UE,�ha�trasfuso�letteralmente�le�indicazioni�della�
sentenza�Teckal�nel�comma�5�lettera�c)�dell'art�113�del�Testo�Unico�sugli�Enti�
Locali�(decreto�legislativo�18�agosto�2000�n.�267,�cos|�come�modificato�da�
ultimo�dal�decreto�legge�30�settembre�2003,�n.�269�e�relativa�legge�di�conver-
sione)�che�disciplina�la�gestione�delle�reti�e�dei�servizi�pubblici�locali�di�rile-
vanza�economica.�Ai�sensi�di�tale�disposizione��L'erogazione�del�servizio�
avviene�secondo�le�discipline�di�settore�e�nel�rispetto�della�normativa�dell'Unione�

europea...�b)�a�societa�a�capitale�misto�pubblico�privato�nelle�quali�il�socio�pri-

vato�venga�scelto�attraverso�l'espletamento�di�gare�con�procedura�di�evidenza�

pubblica�che�abbiano�dato�garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie�

in�materia�di�concorrenza�secondo�le�linee�di�indirizzo�emanate�dalle�autorita�

competenti�attraverso�provvedimenti�o�circolari�specifiche;�c)�a�societa�di�capi-

tale�interamente�pubblico�a�condizione�che�l'ente�o�gli�enti�titolari�del�capitale�

sociale�esercitino�sullasocieta�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�suipropri�

servizi�e�che�la�societa�realizzi�la�parte�piu�importante�delle�proprie�attivita�con�

l'ente�o�gli�entipubblici�che�la�controllano�.�

A�esprimere�la�vocazione�italiana�al�rispetto�delle�regole�comunitarie,�la�
legislazione�nazionale�ha�mantenuto�anche�nel�nuovo�assetto�normativo�la�
disposizione�del�comma�6�dell'articolo�113,�per�il�quale��Non�sono�ammesse�
a�partecipare�alle�gare�di�cui�al�comma�5�le�societa�che,�in�Italia�o�all'estero,�

gestiscono�a�qualunque�titolo�servizi�pubblici�locali�in�virtu�di�un�affidamento�

diretto,�di�una�procedura�non�ad�evidenza�pubblica,�o�a�seguito�dei�relativirin-

novi;�tale�divieto�si�estende�alle�societa�controllate�o�collegate�con�quest'ultime.�

Sono�parimenti�esclusi�i�soggetti�di�cui�al�comma�4�.�Questo�limite�specifico�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

di�legittimazione�a�contrattare,�infatti,�non�si�ritrova�nella�sentenza�Teckal,�
ma�appare�funzionale�ad�un�indirizzo�generale,�portato�avanti�dagli�organi�
dell'Unione�Europea,�di�favorire�un�processo�di�privatizzazione�dei�Servizi�
economici�d'interesse�generale�(SIEG),�nell'area�di�applicazione�del�diritto�
comunitario.�

Recenti�pronunce�della�Corte�di�Giustizia�e�la�trattazione�orale�di�que-
stioni�pregiudiziali,�sollevate�dai�Tribunali�Amministrativi�Regionali�della�
Puglia�e�della�Lombardia,�proprio�sul�comma�5�dell'art.�113�del�TUEL�sem-
brano�tuttavia�rimettere�in�discussione�tutto�il�sistema�di�gestione�diretta�
dei�servizi�pubblici�locali�di�rilevanza�economica,�che�il�legislatore�nazionale�
aveva�fondato�sull'applicazione�pedissequa�della�sentenza�Teckal.�

Un�primo�segnale�nasce�dalla�sentenza�Coname�resa�dalla�Corte�di�Giu-
stizia�il�21�luglio�2005�nella�causa�C^231/03.�La�questione�pregiudiziale�
riguardava�l'affidamento�diretto�da�parte�del�piccolo�comune�di�Cingia�de'�
Botti�della�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�consortile,�la�Padania�Acque�

S.p.A.�nella�quale�lo�stesso�comune�deteneva�una�partecipazione�dello�
0,97%.�La�particolarita�del�caso�era�nel�fatto�che�tutte�le�altre�partecipazioni�
erano�possedute�da�comuni�limitrofi,�sicche�la�partecipazione�limitata�al�
capitale�sociale�e�l'affidamento�diretto�alla�societa�in�tal�modo�partecipata,�
costituivano�l'unico�strumento�attraverso�il�quale�un�piccolo�comune�potesse�
avere�(e�partecipare�a)�un�bacino�d'utenza�idoneo�a�sorreggere�la�gestione�in�
house�di�un�servizio�d'interesse�economico�generale,�che�non�si�intendeva�affi-
dare�ad�imprenditori�privati.�
La�Corte�di�Giustizia,�dopo�aver�qualificato�l'atto�di�affidamento�^sia�
pure�presuntivamente�e�salvo�verifica�da�parte�del�giudice�nazionale�^come�
concessione�di�pubblico�servizio,�ha�ritenuto�che��Gli�articoli�43�CE�e�49�CE�
ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causa�principale,�all'affida-
mento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�
di�un�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capi-
tare�pubblico,�capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione�
dello�0,97%,�qualora�tale�affidamento�non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza�
che,�senza�necessariamente�implicare�un�obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,�
siano�in�particolare,�tali�da�consentire�ad�un�impresa�con�sede�nel�territorio�di�
uno�stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere�accesso�alle�infor-
mazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,�
di�modo�che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�
manifestare�ilproprio�interesse�a�ottenere�la�detta�concessione�.�

La�particolare�cautela�della�Corte�nel�delineare�l'obbligo�del�Comune�di�
dar�corso�ad�una�gara�e�correlato�al�fatto�che,�nel�caso�di�specie,�era�la�prima�
volta�che�si�affrontava�in�sede�giustiziale�il�tema�delle�procedure,�esperibili�in�
sede�di�affidamento�di�una�concessione�di�pubblici�servizi,�necessarie�per�rispet-
tare�direttamente�le�regole�del�trattato�CE�(principi�di�parita�di�trattamento�e�
di�non�discriminazione),�restando�pacifico�che�non�trovano�diretta�applica-
zione�alle�concessioni�di�pubblico�servizio�le�direttive�comunitarie�in�tema�di�
appalti�di�lavori,�di�forniture�e�di�servizi�e,�ovviamente,�la�pubblicazione�pre-
ventiva�del�bando�di�gara�sulla�Gazzetta�Ufficiale�della�Comunita�Europea.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Per�contro�nessun�dubbio�si�solleva�sul�fatto�che�i�meccanismi�di�esenzione�
(melius:eccezione)�previsti�dalla�sentenza�Teckal�non�trovano�applicazione�
allorche�la�societa�affidataria��costituisce�una�societa�aperta,�almeno�in�parte,�

al�capitale�privato.�Il�che�impedisce�di�considerarla�una�struttura�di�gestione�

interna�diunserviziopubblico�nell'ambito�deicomunichenefannoparte�.�

La�successiva�affermazione�della�sentenza,�che�non�fosse�stata�portata�a�
conoscenza�della�Corte�che��nessun'altracircostanzaobiettiva�ingrado�digiu-
stificare�un�eventuale�differenza�di�trattamento�,�inserisce�peraltro�la�decisione�
del�21�luglio�2005�nel�solco�di�quanto�gia�precedentemente�statuito�nella�sen-
tenza�Stadt�Halle�(in�causa�C^26/03).�Secondo�tale�decisione,�infatti,��Nell'i-
potesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudicatrice�intenda�concludere�un�contratto�

a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rientranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione�

materiae�della�direttiva�92/50,�come�modificata�dalla�direttiva�97/52,�con�una�

societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�detta�amministrazione�

detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu�imprese�private,�le�procedure�

degli�appalti�pubblici�previsti�dalla�citata�direttiva�devono�sempre�essere�appli-

cate�.�Conclusione�quest'ultima,�della�sentenza�Stadt�Halle,�che�appariva�
effettivamente�fondata�sulla�circostanza�che�l'affidamento�in�house�finiva�nel�
caso�di�specie�per�offrire�un�ingiustificato�aumento�di�valore�alla�partecipa-
zione�privata�nella�societa�affidataria�del�servizio,�anche�se�la�pronuncia�della�
Corte�finisce�per�mettere�in�discussione�la�concreta�operativita�,�nel�settore�
dei�pubblici�servizi,�delle�ricorrenti�formule�di�partenariatopubblico�^privato,�
soprattutto�in�relazione�ad�affidamenti�successivi�di�attivita�o�a�proroghe�
degli�originari�affidamenti.�

La�vera�novita�nella�giurisprudenza�della�Corte�si�coglie�invece�nella�
sentenza�Parking�Brixen�GmbH�in�causa�C^458/03�depositata�il�13�ottobre�
2005,�nella�quale�sono�state�sostanzialmente�disattese�le�conclusioni�all'epoca�
assunte�dall'Avvocato�Generale�Kokott.�

La�tesi�della�Corte�e�che��Gli�articoli�43�CE�e�49�CE�nonche�i�principi�di�

parita�di�trattamento,�di�non�discriminazione�e�di�trasparenza�devono�essere�

interpretati�nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita�pubblica�attribuisca,�senza�

svolgimento�dipubblicagara,�una�concessionedipubbliciserviziadunasocieta�

per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�autorita�

pubblica,�societa�il�cui�oggetto�sociale�e�stato�esteso�a�nuovi�importanti�settori,�

il�cui�capitale�deve�essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto�ad�altri�

capitali,�il�cui�ambito�territoriale�di�attivita�e�stato�ampliato�a�tutto�il�paese�e�

all'estero�e�il�cui�consiglio�di�amministrazione�possiede�amplissimi�poteri�di�

gestione�che�puo�esercitare�autonomamente�.�

Acquisita�sicurezza�sull'applicabilita�diretta�delle�disposizioni�del�trat-
tato�alle�concessioni�di�pubblico�servizio�e�sul�fatto�che�tale�applicazione�
comporti�la�necessita�di�una�pubblica�gara�nell'affidamento�del�servizio,�la�
Corte�fonda�l'inapplicabilita�dei�criteri�Teckal�alla�societa�per�azioni,�nata�
dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�e�integralmente�partecipata�dal-
l'ente�concedente,�su�cinque�ordini�di�considerazioni:�a)�la�trasformazione�
dell'azienda�speciale�in�societa�per�azioni�e�la�natura�di�questo�tipo�di�societa�;�
b)�l'ampliamento�dell'oggetto�sociale�a�nuovi�ed�importanti�settori;�c)�la�pre-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

visione�che,�sia�pure�attraverso�procedure�di�evidenza�pubblica,�la�societa�
concessionaria�si�sarebbe�aperta�all'ingresso�di�capitali�privati;�d)�l'espan-
sione�territoriale�potenziale�dell'attivita�societaria�in�Italia�e�all'estero;�e)i�
considerevoli�poteri�di�gestione�conferiti�al�consiglio�di�amministrazione�e�la�
mancanza�di�un�controllo�gestionale�da�parte�dell'ente�affidante.�In�pratica�
secondo�la�Corte�di�Giustizia�la�ASM�Bressanone�avrebbe�definitivamente�
acquisito��una�vocazione�commerciale�che�rende�precario�il�controllo�del�

Comune�.�

La�situazione�descritta�nella�sentenza�consente�altres|�alla�Corte�di�Giu-
stizia�di�non�andare�a�verificare��se�l'ente�concessionario�realizzi�la�parte�
essenziale�delle�sue�attivita�con�l'autorita�pubblica�concedente�,�restando�cos|�
stabilito�che,�quand'anche�si�fosse�superato�l'esame�del�primo�requisito�Teckal�
(il�controllo�analogo�a�quello�svolto�su�un�proprio�servizio),�doveva�considerarsi�
impregiudicata�e�non�risolta�la�questione�della�ricorrenza�o�meno�del�
secondo�requisito�(i�limitifunzionali�e�territoriali�dell'attivita�espletata).�

Risulta�chiaro�che�siffatta�valutazione�negativa�della�Corte�di�Giustizia�
sulla�ricorrenza�di�un�legittimo�appalto�in�house�colpisce�alle�fondamenta�le�
caratteristiche�tipiche�delle�societa�per�azioni,�cos|�come�disciplinate�nell'or-
dinamento�nazionale,�che�non�conosce�ne�pratica�in�generale,�rispetto�a�tali�
soggetti�economici,�limitazioni�di�legittimazione�negoziale,�note�ad�altri�ordi-
namenti�(ad�esempio,�il�principio�di�common�law�del�nec�ultra�vires).�Le�carat-
teristiche�della�societa�creata�dal�Comune�di�Bressanone�sono�infatti�quelle�
tipiche�delle�societa�di�capitali,�nelle�quali�gia�la�sola�partecipazione�di�con-
trollo�rende�spesso�gli�amministratori�e�le�strutture�della�societa�controllata�
un�mero�strumento�nelle�mani�del�controllante,�ancor�piu�duttile�(anche�se�
meno�trasparente)�di�quanto�possa�risultare�una�sovraordinazione�gerarchica�
rispetto�un�ufficio�interno�di�una�pubblica�amministrazione.�La�societa�di�
capitali�ed�in�particolare�la�societa�per�azioni�e�fatta�in�un�certo�modo�ed�e�
difficile�connotarla�diversamente,�almeno�allorche�si�va�da�un�notaio�per�
redigerne�l'atto�costitutivo.�

L'applicazione�dei�requisiti�fissati�dalla�sentenza�Teckal,�affinche�un�ente�
locale�possa�procedere�ad�un�ragionevole�affidamento�in�house�secondo�il�
diritto�comunitario,�diviene�in�questo�modo�una�sorta�di�corsa�ad�ostacoli,�
nei�quali�il�giudice�nazionale,�soprattutto�i�Tribunali�Amministrativi�Regio-
nali,�e�la�stessa�Corte�di�Giustizia�finiscono�per�creare�di�volta�in�volta�bar-
riere�non�facilmente�superabili.�Non�va�al�riguardo�dimenticato�che�ragioni�
di�trasparenza�nella�gestione�dei�servizi�pubblici�avevano�imposto,�proprio�
in�forza�del�diritto�comunitario,�la�trasformazione�delle�aziende�autonome�
statali�e�delle�municipalizzate�in�soggetti�dotati�di�autonoma�personalita�giu-
ridica�e,�per�ovvie�ragioni�di�correntezza�nella�gestione,�in�societa�per�azioni.�

Di�questo�difficile�stato�dell'arte�dell'in�house�providing�danno�contezza�
due�discussioni�orali,�tenute�rispettivamente�il�27�ottobre�e�il�10�novembre�
2005�innanzi�alla�prima�sezione�della�Corte�di�Giustizia�a�Lussemburgo,�nelle�
quali�e�intervenuta�ovviamente�anche�la�Repubblica�Italiana�con�la�difesa�era-
riale.�Il�resoconto�di�quanto�in�esse�avvenuto�e�degli�argomenti�trattati�puo�
costituire�un�utile�abbozzo�per�il�disegno�che�si�va�componendo�nella�materia.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nella�prima�causa�pregiudiziale�il�TAR�della�Puglia,�nell'ambito�di�una�
causa�promossa�contro�l'affidamento�in�house,�da�parte�del�Comune�di�Bari,�
del�servizio�di�trasporto�pubblico�urbano�a�societa�,�interamente�partecipata�
dal�Comune�stesso,�ha�posto�un�dubbio�di�conformita�al�diritto�comunitario,�
ed�in�particolare�con�gli�articoli�46,�49�e�86�del�Trattato�CE,�proprio�del�
nuovo�comma�5�dell'art�113�del�TUEL��nella�parte�in�cui�non�pone�alcun�

limite�alla�liberta�di�scelta�dell'Amministrazione�pubblica�tra�le�diverse�forme�

diaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante�

procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa�

interamente�controllata.�.�

Il�carattere�generale�del�quesito�e�la�rilevanza�degli�interessi�in�gioco�nel�
settore�dei�servizi�pubblici�hanno�consentito�una�discussione�sui�principi�fon-
danti�della�stessa�Unione�Europea.�

In�particolare�sono�state�portate�all'attenzione�della�Corte�di�Giustizia�
alcune�affermazioni�svolte�dalla�stessa�Commissione�nel�libro�bianco�sui�ser-
vizi�d'interesse�generale�edito�il�12�maggio�2004�e�specificatamente:�

a�pagina�7:��La�Commissione�rispetta�il�ruolo�fondamentale�degli�Stati�

membri�e�delle�autorita�regionali�e�locali�nel�settore�dei�servizi�d'interesse�gene-

rale.�Tale�ruolo�trova�riscontro�nelle�politiche�comunitarie�riguardanti�i�servizi�

d'interesse�generale�che�prevedono�vari�livelli�di�intervento�e�l'impiego�di�diversi�

strumenti�in�linea�con�ilprincipio�di�sussidiarieta��;�

a�pagina�8:��Tuttavia�in�talune�situazioni�la�realizzazione�dell'obiettivo�

della�politica�pubblica�nazionale�potrebbe�necessitare�di�un�coordinamento�con�

altri�obiettivi�della�Comunita�.�Al�livello�di�trattato�tali�situazioni�sono�discipli-

nate�dall'articolo�86,�paragrafo�2,�che�stabilisce�che�i�servizi�di�interesse�econo-

mico�generale�non�sono�soggetti�all'applicazione�delle�norme�del�trattato�nella�

misura�in�cui�cio�risulti�necessario�per�consentire�loro�di�adempiere�il�loro�com-

pito�d'interesse�generale.�Cio�significa�che�in�base�al�trattato�CE�e�in�presenza�

delle�condizioni�di�cui�all'art.�86,�paragrafo�2,�l'effettiva�prestazionedi�un�com-

pito�d'interesse�generale�prevale,�in�caso�di�controversia�sull'applicazione�delle�

norme�del�trattato.�Pertanto,�la�normativa�tutela�i�compiti,�piuttosto�chele�loro�

modalita�di�esecuzione...�;�

a�pagina�11:��In�tale�contesto�va�osservato�che�laproposta�didirettiva�rela-

tiva�ai�servizi�nel�mercato�interno�si�concentra�soltanto�sui�servizi�che�corrispon-

dono�ad�un'attivita�economica.�Essa�non�riguarda�i�servizi�non�economici�di�

interesse�generale�bens|�solamente�i�servizi�di�interesse�economico�generale.�

Inoltre�nellaproposta�in�questione�alcune�attivita�chepotrebbero�essere�conside-

rate�dagli�stati�membri�come�servizi�d'interesse�economico�generale�sono�escluse�

dal�campo�di�applicazione�della�proposta�(ad�es.�i�trasporti)�o�sono�soggette�a�

deroghe�riguardo�il�paese�d'origine�(per�es.�i�servizi�postali�e�di�distribuzione�

dell'energia�elettrica,�del�gas,�dell'acqua).�Un�aspetto�ancora�piu�importante�

risiede�nelfatto�che�la�proposta�non�impone�agli�Stati�membri�di�aprire�i�servizi�

d'interesse�economico�generale�alla�concorrenza�e�non�interferisce�sulle�moda-

lita�difinanziamento�e�di�organizzazione�;�

a�pagina�12��Nel�contempo�e�stato�sottolineato�che�e�essenziale�che�le�poli-

tiche�comunitarie�rispettino�e�riflettano�le�diverse�caratteristiche�dei�differenti�

servizi�e�le�diverse�realta�degli�Stati�membri:�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Ancora�piu�chiaro�sulla�natura�del�conflitto�in�essere�e�il�parere�reso�il�
24�febbraio�2005�dal�Comitato�economico�e�sociale�europeo�in�merito�al�
citato�libro�bianco�della�Commissione�sui�servizi�d'interesse�economico�gene-
rale.�Se�ne�riportano�alcuni�stralci�essenziali:�

�1.4...Il4Trattato4riconosce4ilprincipio4di4libera4amministrazione4deglienti4
localiefa4dellapossibilita�che4questi4ultimiforniscano4essistessideiservizi4d'in-

teresse4economico4generale4un4principio4costituzionale,4il4quale4concretizza4in4

talmodo4ilprincipio4disussidiarieta�perquanto4riguarda4le4competenze4rispet-

tive4dell'Unione4e4degli4Stati4membriper4i4servizi4d'interesse4generale.4

1.54Nonostante4cio�,4nella4sostanza4il4diritto4derivato4continua4ad4essere4
caratterizzato4da4uno4squilibrio4generale4tra4il4diritto4della4concorrenza,4corpo4

giuridico4comunitario4dettagliato4e4con4effetti4diretti,4da4un4lato,4e,4dall'altro,4

gli4obiettivi4d'interesse4generale4che4si4configurano4come4eccezione4a4tale4diritto.4

1.64L'Unione4Europea4continua4a4trovare4difficolta�nelsuperare4le4contrad-
dizioni4tra4l'impegno4a4costruire4un4mercato4che4ha4come4strumento4la4concor-

renza4elanecessita�diassicurare4un4controllopubblicodiprocessichenonpos-

sono4dipendere4soltanto4da4meccanismi4economici.4Iservizi4d'interesse4generale4

non4sono4tecniche4o4strumenti,4dando4essi4espressione4a4diritti4della4persona,4a4

legamisociali,4all'inclusioneeall'integrazione...�4

Va�detto�per�completezza�che�la�Commissione�Europea�in�relazione�
all'affidamento�del�servizio�pubblico�di�trasporto�nel�Comune�di�Bari�in�forza�
dell'art�113�comma�5�lett.�c4del�TUEL�ha�rassegnato�conclusioni�favorevoli�
alla�legittimita�comunitaria�dello�stesso.�

Un�carattere�piu�tecnico,�ma�in�certa�misura�piu�contrastato,�ha�assunto�
invece�la�discussione�del�secondo�caso�trattato�dalla�Corte�di�Giustizia�all'u-
dienza�del�10�novembre�scorso.�

Si�discuteva,�su�ordinanza�del�TAR�per�la�Lombardia,�della�conformita�
al�trattato�CE�dell'affidamento�diretto�del�servizio�di�fornitura�di�energia�e�
di�manutenzione�degli�impianti�termici�da�parte�del�Comune�di�Busto�Arsizio�
a�societa�per�azioni�integralmente�partecipata�da�una�Holding�S.p.A.�nella�
quale�lo�stesso�Comune�conservava�una�partecipazione�pari�al�99,98�%�del�
capitale�sociale,�restando�la�rimanente�partecipazione�pari�allo�0,2�%�attri-
buita�a�comuni�limitrofi.�Controllo�indiretto�quindi�e�partecipazione�aziona-
ria�formalmente�non�totalitaria,�che�potrebbero�indurre�la�Corte�di�Giustizia�
a�confermare�anche�nel�caso�di�specie�l'orientamento�espresso�in�tema�di�affi-
damento�a�societa�di�capitali�da�ultimo�con�la�sentenza�Parking4Brixen4
GmbH,�con�un�probabile�approfondimento,�nel�caso�di�specie,�anche�del�
secondo�requisito�previsto�dalla�sentenza�Teckal4circa�lo�svolgimento�della�
maggior�parte�dell'attivita�dell'affidatario�in4house4con�l'ente�o�gli�enti�che�lo�
controllano.�Contro�tale�prospettiva�si�sono�svolte,�tra�le�altre,�le�osserva-
zioni�della�Repubblica�tedesca�e�l'intervento�in�udienza�del�Regno�Unito;�la�
Commissione�invece�ha�concluso�per�la�declaratoria�di�contrasto�dell'affida-
mento�in4house4con�la�normativa�comunitaria.�

La�difesa�della�Repubblica�Italiana,�integrando�le�osservazioni�a�suo�
tempo�svolte,�ha�portato�all'attenzione�della�Corte�alcuni�profili�ed�in�parti-
colare:�

a)�risulta�dalla�stessa�ordinanza�di�rinvio�del�TAR�Lombardia�che�il�
problema�sollevato�nel�quesito�pregiudiziale�ha�carattere�generale:�attiene�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

alla�mancanza�di�un�rapporto�di�subordinazione�gerarchica,�essendo�la�

societa�affidataria�del�servizio��una�societa�di�diritto�privato,�i�cui�organi�e�

legali�rappresentanti�agiscono�autonomamente�con�capacita�di�diritto�privato�;�
b)�in�siffatto�contesto�la�sentenza�Teckal,�ove�se�ne�chieda�la�trasposi-
zione�al�caso�di�specie,�diventa�un�boomerang,�nel�senso�che�ponendo�regole�
per�l'affidamento�in�house�in�relazione�ad�un'azienda�comunale�speciale,�
ovverosia�a�figura�giuridica�soggettiva�distinta�e�non�commisurabile�alla�
societa�di�capitali,�diviene�di�per�se�inapplicabile.�
c)�occorre�tener�conto�del�fatto�che�il�diritto�comunitario,�laddove�rico-
nosce�la�possibilita�di�essere�forgiato�direttamente�dalle�pronunce�della�Corte�
di�Giustizia,�pone�regole�funzionali�e�mai�formali.�
d)�il�diritto�comunitario�per�i�servizi�d'interesse�economico�generale�
conosce�regole�differenti�rispetto�alla�tutela�della�concorrenza,�fondate�sul�
rispetto�primario�della�missione�affidata�all'ente�pubblico�e�sul�sistemadi�
autoproduzione�dei�servizi,�del�tutto�paritetico�e�non�residuale�rispettoal�
ricorso�al�mercato.�
e)�la�missione�di�un�soggetto�affidatario�di�un�pubblico�servizio�deriva�
dall'atto�costitutivo�e�tra�gli�organismi�creati�per�finalita�non�d'interesse�
industriale�e�commerciale�ben�possono�figurare�societa�per�azioni�(il�princi-
pio�si�ricava�dall'art.�1�della�direttiva�unificata�n.�18/2004�in�materia�di�
appalti�pubblici,�che�riproduce�precedenti�disposizioni�presenti�in�tutte�le�
direttive�sugli�appalti)�
f)�le�societa�per�azioni�affidatarie�di�missioni�pubbliche�devono�necessa-
riamente�aprire�la�loro�partecipazione�a�soggetti�diversi�dall'ente�che�leaveva�
create,�per�evitare�la�responsabilita�illimitata�del�socio�unico�e�quindi�una�
posizione�deteriore�rispetto�ai�privati�che�gestiscono�i�servizi�pubblici,�spesso�
forieri�di�rischi�e�obbligazioni,�giovandosi�in�tal�modo�della�limitazione�della�
responsabilita�connessa�all'uso�dello�strumento�societario.�
g)�l'ordinamento�comunitario�conosce�ed�applica�regole�per�evitare�che�
la�gestione�diretta�da�parte�dei�soggetti�pubblici�d'interesse�generali�crei�
distorsioni�nel�mercato�attraverso:�regole�di�separazione�e�trasparenza�nella�
gestione;�obbligo�di�considerare�l'affidatario�diretto�di�un�servizio�in�house�a�
sua�volta�organismo�di�diritto�pubblico�allorche�richiede�prestazioni�e�servizi�
all'esterno�della�sua�organizzazione;�attenzione�da�parte�delle�autorita�prepo-
ste�alla�tutela�della�concorrenza�sul�come�questo�soggetto�affidatario�di�ser-
vizi�in�house�si�comporta�concretamente�nel�mercato.�
Le�conclusioni�dell'Avvocato�generale�su�entrambe�le�cause�sono�attese�
per�il�nuovo�anno.�Nel�frattempo�la�Commissione�ha�notificato�alla�Repub-
blica�Italiana�un�ricorso�per�inadempimento�(�Causa�C-371/05)�nel�quale�
viene�mossa�contestazione�di�violazione�della�direttiva�92/50/CEE�del�Consi-
glio�per�aver�affidato�il�Comune�di�Mantova,�in�via�diretta�e�senza�la�previa�
pubblicazione�del�bando�di�gara�sulla�Gazzetta�Ufficiale�della�Comunita�Euro-
pea,�la�manutenzione�e�lo�sviluppo�dei�propri�servizi�informatici�alla�societa�

A.S.I.�S.p.A.,�societa�a�prevalente�capitale�pubblico�partecipata�in�via�mag-
gioritaria�dal�Comune�stesso.�
G.F.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Grande�Sezione,�sentenza�21�luglio�2005�nella�
causa�C-231/03�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�proposta�dal�Tribunale�Ammini-
strativo�Regionale�per�la�Lombardia�con�ordinanza�14�febbraio�2003,�pervenuta�in�can-
celleria�il�28�maggio�2003�^Consorzio�Aziende�Metano�(Coname)�c/�Comune�di�Cingia�
de'�Botti,�con�l'intervento�di�Padania�Acque�S.p.A.�^Pres.V.�Skouris�^Rel. 
C.W.A.�Tim-
mermans�^Avv. 
Gen. 
C.�Stix-Hackl.�Governo�italiano�(ag. 
I.M.�Braguglia,�avv.�dello�
Stato�G.�Fiengo),�dei�Paesi�Bassi�(ag. 
D.J.M.�de�Grave),�austriaco�(ag. 
M.�Fruhmann),�
finlandese�(ag. 
A.�Guimaraes�^Purokoski)�e�Commissione�delle�Comunita�europee.�
(Artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE).�

�1.�^La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�in�esame�concerne�l'interpretazione�degli�
artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE.�

2.�^Tale�domanda�e�stata�proposta�nel�contesto�di�una�controversia�che�vede�il�Consor-
zio�Aziende�Metano�(in�prosieguo:�il��Coname�)�contrapposto�al�Comune�di�Cingia�de'�
Botti�in�merito�all'attribuzione�da�parte�di�quest'ultimo�alla�Padania�Acque�S.p.A.�(in�prosie-
guo;�la��Padania�)�del�servizio�per�la�gliene�della�distribuzione�e�la�manutenzione�degli�
impianti�di�gas�metano.�
CONTESTO 
NORMATIVO 


3.�^In�forza�dell'art.�22,�n.�3,�della�legge�8�giugno�1990,�n.�142,�recante�ordinamento�
delle�autonomie�locali�(Supplemento 
ordinario 
alla�GURI 
del�12�giugno�1990,�n.�135;�in�pro-

sieguo:�la��legge�n.�142/1990�),�un�servizio�come�quello�riguardante�la�gestione,�la�distribu-
zione�e�la�manutenzione�degli�impianti�di�distribuzione�di�gas�metano�puo�essere�garantito�
dall'ente�pubblico�stesso,�oppure�mediante�concessione�a�terzi,�o�facendo�ricorso�ad�imprese�
terze�o�anche,�ai�sensi�del�detto�art.�22,�n.�3,�lett.�e),��a�mezzo�di�societa�per�azioni�o�a�
responsabilita�limitata�a�prevalente�capitale�pubblico�locale�costituite�o�partecipate�dall'ente�
titolare�del�pubblico�servizio,�qualora�sia�opportuna�in�relazione�alla�natura�o�all'ambito�ter-
ritoriale�del�servizio�la�partecipazione�di�piu�soggetti�pubblici�o�privati�.�

CAUSA 
PRINCIPALEE 
QUESTIONEPREGIUDIZIALE 


4.�^Il�Coname�aveva�concluso�con�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti,�per�il�periodo1.�gen-
naio�1999�^31�dicembre�2000,�un�contratto�per�l'affidamento�del�servizio�di�manutenzione,�
conduzione�e�sorveglianza�della�rete�di�gas�metano.�
5.�^Con�lettera�del�30�dicembre�1999�il�detto�Comune�ha�informato�il�Coname�che,�con�
delibera�21�dicembre�2000,�il�Consiglio�comunale�aveva�affidato�alla�Padania�il�servizio�
avente�ad�oggetto�la�gestione,�la�distribuzione�e�la�manutenzione�dell'Impianto�di�distribu-
zione�del�gas�metano�per�il�periodo�1.�gennaio�2000�^31�dicembre�2005.�Quest'ultima�
societa�e�a�prevalente�capitale�pubblico,�detenuto�dalla�Provincia�di�Cremona�nonche�da�
quasi�tutti�i�comuni�di�tale�provincia.�Il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�detiene�una�partecipa-
zione�dallo�0,97%�nel�capitale�della�detta�societa�.�
6.�^Il�servizio�controverso�nella�causa�principale�e�stato�attribuito�alla�Padania�con�
affidamento�diretto,�in�applicazione�dell'art.�22,�n.�3,�lett.�e),�della�legge�n.�142/1990.�
7.�^Il�Coname,�che�chiede�al�giudice�del�rinvio,�in�particolare,�l'annullamento�della�deli-
bera�21�dicembre�1999,�fa�valere�che�l'attribuzione�del�detto�servizio�avrebbe�dovuto�essere�
effettuata�mediante�gara�d'appalto.�
8.�^Considerando�che�la�soluzione�della�controversia�della�quale�e�investito�richiede�
l'interpretazione�di�talune�disposizioni�del�Trattato�CE,�il�Tribunale�amministrativo�regio-
nale�per�la�Lombardia�ha�deciso�di�sospendere�il�giudizio�e�di�sottoporre�alla�Corte�la�
seguente�questione�pregiudiziale:��Se�gli�artt.�43�[CE]�49�[CE]�e�81�[CE],�laddove�vietano�
rispettivamente�le�restrizioni�alla�liberta�di�stabilimento�dei�cittadini�di�uno�Stato�membro�
nel�territorio�di�un�altro�Stato�ed�alla�libera�prestazione�dei�servizi�all'interno�della�Comu-
nita�nei�confronti�dei�cittadini�degli�Stati�membri,�nonche�le�pratiche�commerciali�e�societa-
rie�idonee�ad�impedire,�restringere�o�falsare�il�gioco�della�concorrenza�nell'ambito�dell'U-
nione�Europea,�ostino�a�che�sia�previsto�l'affidamento�diretto�e,�cioe�,�senza�l'indizione�di�
una�gara,�della�gestione�del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�a�societa�apartecipa-
zione�pubblica�comunale,�ogni�volta�che�detta�partecipazione�al�capitale�sociale�sia�tale�da�
non�consentire�alcun�possibile�controllo�diretto�sulla�gestione�stessa�e�se�debba�conseguente-
mente�affermarsi�che,�come�ricorre�nel�caso�di�specie,�ove�la�partecipazione�e�pari�allo�
0,97%,�non�si�configurino�gli�estremi�della�gestione�in 
house�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

QUESTIONE 
PREGIUDIZIALE 


9.�^Occorre�osservare�preliminarmente�che�la�causa�principale�sembra�riguardare,�come�
risulta�dalla�risposta�fornita�dal�giudice�del�rinvio�ad�una�richiesta�di�chiarimenti�formulata�
dalla�Corte�ai�sensi�dell'art.�104,�n.�5,�del�suo�regolamento�di�procedura,�un�servizio�qualifi-
cato�come�concessione,�che�non�rientra�nell'ambito�di�applicazione�ne�della�direttiva�del�
Consiglio�18�giugno�1992,�92/50/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�
appalti�pubblici�di�servizi�(Gazzetta 
Ufficiale 
L209,pag.�1),ne�della�direttiva�del�Consiglio�
14�giugno�1993,�93/38/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�eroganti�di�
acque�e�di�energia,�degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�ope-
rano�nel�settore�delle�telecomunicazioni�(Gazzetta 
Ufficiale 
L�199,�pag.�84)�(v.,�in�questo�
senso,�sentenza�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998,�Teleaustria�e�Telefonadress,�Racc: 
pag.�I-10745,�punto�56,�e�ordinanza�30�maggio�2002,�causa�C-358/00,�Buchha�ndler-Vereini-
gung,�Racc: 
pag.�I-4685,�punto�28).�
10.�^La�presente�sentenza�si�basa�dunque�sul�presupposto�che�la�controversia�nella�
causa�principale�concerna�l'attribuzione�di�una�concessione,�presupposto�che�spetta�al�giu-
dice�del�rinvio�verificare.�
11.�^Cio�precisato,�con�la�questione�proposta�il�giudice�del�rinvio�chiede�un'interpreta-
zione�degli�artt.�43�CE,�49�CE�e�81�CE.�
12.�^Occorre�ricordare�che�l'art.�81�CE,�che�si�applica,�secondo�la�sua�formulazione�let-
terale,�agli�accordi��tra�imprese��non�si�riferisce�in�linea�di�principio,�ai�contratti�di�conces-
sione�conclusi�da�un�comune,�nella�sua�veste�pubblica,�con�un�concessionario�incaricato�del-
l'esecuzione�di�un�pubblico�servizio�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�4�maggio�1988,�causa�
30/1987,�Bodson,�Racc: 
pag.�2479,�punto�18).�
13.�^Pertanto,�come�giustamente�osservano�il�governo�finlandese�e�la�Commissione,�la�
detta�disposizione�non�e�applicabile�alla�controversia�di�cui�alla�causa�principale,�come�
descritta�nell'ordinanza�di�rinvio.�
14.�^Non�occorre�pertanto�risolvere�la�questione�sotto�questo�profilo.�
SUGLIARTT: 
43 
CEE49 
CE 


15.�^Con�la�questione�proposta,�il�giudice�del�rinvio�chiede,�in�sostanza,�se�gli�artt.�43�
CE�e�49�CE�ostino�all'affidamento�diretto�cioe�senza�l'indizione�di�una�gara,�da�parte�di�un�
comune,�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�
gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,�capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene�
una�partecipazione�dello�0,97%.�
16.�^Occorre�ricordare�che�l'attribuzione�di�simile�concessione�non�e�disciplinata�da�
nessuna�delle�direttive�con�cui�il�legislatore�comunitario�ha�disciplinato�il�settore�degli�
appalti�pubblici.�In�mancanza�di�una�disciplina�del�genere,�e�alla�luce�del�diritto�primario�
e,�piu�in�particolare,�delle�liberta�fondamentali�previste�dal�Trattato�che�devono�essere�esa-
minate�le�conseguenze�di�diritto�comunitario�relative�all'affidamento�di�tali�concessioni.�
17.�^Al�riguardo,�occorre�osservare�che,�nella�misura�in�cui�la�detta�concessione�puo�
interessare�anche�un'impresa�con�sede�in�uno�Stato�membro�diverso�da�quellodel�Comune�
di�Cingia�de'�Botti,�l'affidamento,�in�mancanza�di�qualsiasi�trasparenza,�di�tale�concessione�
ad�un'impresa�con�sede�in�quest'ultimo�Stato�membro�costituisce�una�differenza�di�tratta-
mento�a�danno�dell'impresa�avente�sede�nell'altro�Stato�membro�(v.,�in�questo�senso,�sen-
tenza�Telaustria�e�Telefonadress,�citata,�punto�61).�
18.�^Infatti,�in�mancanza�di�qualsiasi�trasparenza,�quest'ultima�impresanon�ha�alcuna�
reale�possibilita�di�manifestare�il�suo�interesse�ad�ottenere�la�detta�concessione.�
19.�^Orbene�a�meno�che�non�sia�giustificata�da�circostanze�obiettive,�siffatta�differenza�
di�trattamento,�che,�escludendo�tutte�le�imprese�aventi�sede�in�un�altro�Stato�membro,�opera�
principalmente�a�danno�di�queste�ultime,�costituisce�una�discriminazione�indiretta�in�base�
alla�nazionalita�,�vietata�ai�sensi�degli�artt.�43�CE�e�49�CE�(v.�in�particolare,�in�questo�senso,�
sentenze�10�marzo�1993,�causa�C-111/1991,�Commissione/Lussemburgo,�Racc: 
pag.�1-817,�
punto�17;�8�giugno�1999,�causa�C-337/97,�Meeusen,�Racc: 
pag.�I-3289,�punto�27,�nonche�
26�ottobre�1999,�causa�C-294/1997,�Eurowings�Luftverkehr,�Racc: 
pag.�I-7447,�punto�33�e�
giurisprudenza�ivi�citata).�
20.�^Per�quanto�riguarda�la�controversia�nella�causa�principale,�non�risulta�dal�fasci-
colo�che,�a�causa�di�circostanze�particolari,�come�un�valore�economico�molto�limitato,�si�
possa�ragionevolmente�sostenere�che�un'impresa�con�sede�in�uno�Stato�membro�diverso�da�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

quello�cui�appartiene�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�non�avrebbe�interesse�alla�concessione�
controversa�e�che�gli�effetti�sulle�liberta�fondamentali�di�cui�trattasi�dovrebbero�quindi�essere�
considerati�troppo�aleatori�e�troppo�indiretti�perche�si�possa�concludere�nel�senso�di�un'even-
tuale�violazione�di�queste�ultime�(v,�in�questo�senso,�sentenze�7�marzo�1990,�causa�
C-69/1988,�Krantz,�Racc. 
pag.�I-583�punto�11;�21�settembre�1999,�causa�C-44/1998,�BASF,�
Racc. 
pag.�I-6269,�punto�16,�nonche�ordinanza�12�settembre�2002,�causa�C-431/01,�Mertens,�
Racc. 
pag.�I-7073,�punto�34).�

21.�^In�tale�contesto,�spetta�al�giudice�del�rinvio�verificare�se�l'affidamento�della�con-
cessione�da�parte�del�Comune�di�Cingia�de'�Botti�alla�Padania�risponda�a�condizioni�di�tra-
sparenza�che,�senza�necessariamente�comportare�un�obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,�
siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa�avente�sede�nel�territorio�di�uno�Stato�
membro�diverso�da�quello�della�Repubblica�Italiana�di�aver�accesso�alle�informazioni�ade-
guate�relative�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,�di�modo�che�tale�impresa,�
se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manifestare�il�proprio�interesse�ad�ottenere�
la�detta�concessione.�
22.�^Se�cio�non�avviene,�e�necessario�concludere�per�l'esistenza�di�una�differenza�di�trat-
tamento�a�danno�di�tale�impresa.�
23.�^Per�quanto�riguarda�le�circostanze�obiettive�che�possono�giustificare�tale�diffe-
renza�di�trattamento,�va�osservato�che�il�fatto�che�il�Comune�di�Cingia�de'�Botti�detenga�
una�partecipazione�dello�0,97%�nel�capitale�della�Padania�non�costituiscedi�per�se�una�di�tali�
circostanze�obiettive.�
24.�^Infatti,�anche�supponendo�che�la�necessita�per�un�comune�di�esercitare�un�con-
trollo�su�un�concessionario�che�gestisce�un�servizio�pubblico�possa�costituire�una�circostanza�
obiettiva�tale�da�giustificare�un'eventuale�differenza�di�trattamento,�va�rilevato�che,�come�
osserva�lo�stesso�giudice�del�rinvio,�una�partecipazione�dello�0,97%�e�talmente�esigua�da�
non�consentire�tale�controllo.�
25.�^All'udienza�il�governo�italiano�ha�fatto�valere,�in�sostanza,�che,�a�differenza�di�
alcune�grandi�citta�italiane�la�maggior�parte�dei�comuni�non�ha�i�mezzi�per�garantire�
mediante�strutture�interne�servizi�pubblici�come�quello�della�distribuzione�del�gas�sul�suo�
territorio�e�si�vede�pertanto�costretto�a�fare�ricorso�a�strutture,�come�quella�della�Padania,�
nel�capitale�delle�quali�piu�comuni�detengono�partecipazioni.�
26.�^Al�riguardo�occorre�constatare�che�una�struttura�come�quella�della�Padania�non�
puo�essere�equiparata�ad�una�struttura�mediante�la�quale�un�comune�o�una�citta�gestisce,�a�
livello�interno,�un�servizio�pubblico.�Infatti,�come�risulta�dal�fascicolo,�la�Padania�costituisce�
una�societa�aperta,�almeno�in�parte,�al�capitale�privato,�il�che�impedisce�di�considerarla�
come�una�struttura�di�gestione��interna��di�un�servizio�pubblico�nell'ambito�del�comuni�
che�ne�fanno�parte.�
27.�^Non�e�stata�portata�a�conoscenza�della�Corte�nessun'altra�circostanza�obiettiva�in�
grado�di�giustificare�un'eventuale�differenza�di�trattamento.�
28.�^In�tale�contesto,�occorre�risolvere�la�questione�proposta�nel�senso�che�gli�
artt.�43�CE�e�49�CE�ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causa�principale,�all'af-
fidamento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�del�servi-
zio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,�capitale�
nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione�dello�0,97%,�qualora�tale�affidamento�
non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza�che,�senza�necessariamente�comportare�un�obbligo�
di�fare�ricorso�ad�una�gara,�siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa�avente�sede�
nel�territorio�di�uno�Stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere�accesso�alle�
informazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attribuita,�di�modo�
che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manifestare�il�proprio�
interesse�a�ottenere�la�detta�concessione.�
SULLE 
SPESE 


29.�^Nei�confronti�delle�parti�nella�causa�principale�il�presente�procedimento�costituisce�
un�incidente�sollevato�dinanzi�al�giudice�nazionale,�cui�spetta�quindi�statuire�sulle�spese.�Le�
spese�sostenute�per�presentare�osservazioni�alla�Corte,�diverse�da�quelle�delle�parti,�non�pos-
sono�dar�luogo�a�rifusione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Perquestimotivi,laCorte(GrandeSezione)�dichiara:�

Gli�artt.�43�CE�e�49�CE�ostano,�in�circostanze�come�quelle�oggetto�della�causaprinci-
pale,�all'affidamento�diretto�da�parte�di�un�comune�di�una�concessione�relativa�alla�gestione�
del�servizio�pubblico�di�distribuzione�del�gas�ad�una�societa�a�prevalente�capitale�pubblico,�
capitale�nel�quale�il�detto�comune�detiene�una�partecipazione�dello�0,97%,�qualora�tale�affi-
damento�non�risponda�a�condizioni�di�trasparenza�che,�senza�necessariamente�implicare�un�
obbligo�di�fare�ricorso�ad�una�gara,�siano,�in�particolare,�tali�da�consentire�a�un'impresa�
con�sede�nel�territorio�di�uno�Stato�membro�diverso�da�quello�del�detto�comune�di�avere�
accesso�alle�informazioni�adeguate�riguardo�alla�detta�concessione�prima�che�essa�sia�attri-
buita,�di�modo�che�tale�impresa,�se�lo�avesse�desiderato,�sarebbe�stata�in�grado�di�manife-
stare�il�proprio�interesse�a�ottenere�la�detta�concessione�.�

Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�Prima�Sezione,�sentenza�13�ottobre�2005�nella�
causa�C-458/03�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�del�Verwaltungsgericht,�Auto-
nome�Sektionfu�r�die�Provinz�Bozen�(Italia),�con�decisione�del�23�luglio�2003,�pervenuta�
in�cancelleria�il�30�ottobre�2003�^Parking�Brixen�GmbH�c/�Gemeinde�Brixen,�Stadt-
werke�Brixen�AG�^Pres.�P.�Jann�^Avv.�Gen.�J.�Kokott.�Governi�italiano�(ag.�I.M.�Bra-
guglia,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo),�dei�Paesi�Bassi�(ag.�C.�Wissels),�austriaco�
(ag.�M.�Fruhmann),�e�Commissione�delle�Comunita�europee.�

�1.�^La�domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�verte�sull'interpretazione�della�direttiva�
del�Consiglio�18�giugno�1992,�92/50/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�
appalti�pubblici�di�servizi�(Gazzetta�Uf
fficiale�L�209,�pag.�1),�degli�artt.�43�CE,�49�CE�e�
86�CE,�nonche�dei�principi�di�non�discriminazione,�di�trasparenza�e�di�parita�di�trattamento.�
2.�^Tale�domanda�e�stata�presentata�nell'ambito�di�una�controversia�tra,�da�un�lato,�la�
societa�Parking�Brixen�GmbH�(in�prosieguo:�la��Parking�Brixen�)�e,�dall'altro,�la�Gemeinde�
Brixen�(in�prosieguo:�il��comune�di�Bressanone�)�e�la�societa�Stadtwerke�Brixen�AG�(in�pro-
sieguo:�la��ASM�Bressanone�Spa�)�in�ordine�all'aggiudicazione,�a�quest'ultima�della�gestione�
di�due�parcheggi�situati�sul�territorio�del�detto�comune.�
CONTESTO�NORMATIVO�

Diritto�comunitario�

3.�^L'art.43CEcos|�dispone:�
�Nel�quadro�delle�disposizioni�che�seguono,�le�restrizioni�alla�liberta�di�stabilimento�dei�
cittadini�di�uno�Stato�membro�vengono�vietate�(...).�
La�liberta�di�stabilimento�importa�l'accesso�alle�attivita�non�salariate�e�al�loro�esercizio,�
nonche�la�costituzione�e�la�gestione�di�imprese�e�in�particolare�di�societa�ai�sensi�dell'art.�48,�
secondo�comma,�alle�condizioni�definite�dalla�legislazione�del�paese�di�stabilimento�nei�con-
fronti�dei�propri�cittadini,�fatte�salve�le�disposizioni�del�capo�relativo�ai�capitali�.�

4.�^L'art,�49,�primo�comma,�CE�prevede�quanto�segue:�
�Nel�quadro�delle�disposizioni�seguenti,�le�restrizioni�alla�libera�prestazione�dei�servizi�
all'interno�della�Comunita�sono�vietate�nei�confronti�dei�cittadini�degli�Stati�membri�stabiliti�
in�un�paese�della�Comunita�che�non�sia�quello�del�destinatario�della�prestazione�.�

5.�^L'ottavo�`considerando'�della�direttiva�92/50�precisa�quanto�segue:�
�(...)�la�prestazione�di�servizi�e�disciplinata�dalla�presente�direttiva�soltanto�quando�si�
fondi�su�contratti�d'appalto;�(...)�la�prestazione�di�servizi�su�altra�base,�quali�leggi�o�regola-
menti�ovvero�contratti�di�lavoro,�esula�dal�campo�d'applicazione�della�presente�direttiva�.�

6.�^L'art.�1�della�detta�direttiva�cos|�recita: 
�Ai�fini�della�presente�direttiva�s'intendono�per: 
a)��appaltipubblici�di�servizi�,�i�contratti�a�titolo�oneroso�stipulati�in�forma�scritta�tra 
unprestatorediserviziedun'amministrazioneaggiudicatrice�(...)�
b)��amministrazioni�aggiudicatici�,�lo�Stato,�gli�enti�locali,�gli�organismi�di�diritto�pub-
blico,�le�associazioni�costituite�da�detti�enti�od�organismi�di�diritto�pubblico�(...)�.�

Normativa�nazionale�

7.�^L'art.�22,�n.�3,�della�legge�8�giugno�1990,�n.�142,�relativa�all'ordinamento�delle�auto-
nomie�locali�(supplemento�ordinario�alla�GURI�n.�135�del�12�giugno�1990;�in�prosieguo:�la�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

�legge�n.�142/1990�),�stabilisce�che�i�comuni�e�le�province�possono�avvalersi,�per�lo�svolgi-
mento�dei�servizi�pubblici�locali�attribuiti�dalla�legge�alla�loro�competenza,�delle�seguenti�
forme�di�gestione:�

�a)�in�economia,�quando�per�le�modeste�dimensioni�o�per�le�caratteristiche�del�servizio�
non�sia�opportuno�costituire�una�istituzione�o�una�azienda;�

b)�in�concessione�a�terzi,�quando�sussistano�ragioni�tecniche,�economicheediopportu-
nita��sociale;�

c)�a�mezzo�di�azienda�speciale,�anche�per�la�gestione�di�piu��servizi�di�rilevanza�econo-
mica�ed�imprenditoriale;�

d)�a�mezzo�di�istituzione,�per�l'esercizio�di�servizi�sociali�senza�rilevanza�imprendito-
riale;�

e)�a�mezzo�di�societa��per�azioni�a�prevalente�capitale�pubblico�locale,�qualora�si�renda�
opportuna,�in�relazione�alla�natura�del�servizio�da�erogare,�la�partecipazione�di�altri�soggetti�
pubblici�o�privati�.�

8.�^L'art.�44�della�legge�regionale�4�gennaio�1993,�n.�1,�nella�versione�iniziale,�ha�
ampiamente�ripreso�l'art.�22�della�legge�n.�142/1990.�L'art.�44�e��stato�poi�modificato�dalla�
legge�regionale�23�ottobre�1998,�n.�10.�
9.�^L'art.�44�della�legge�regionale�n.�1,�come�modificata�dalla�legge�regionale�n.�10,�
dispone�quanto�segue:�
�(...)�6. 
I�Comuni�disciplinano�con�regolamento�le�procedure�e�i�criteri�per�la�sceltadelle�
forme�organizzative�di�gestione�dei�servizi�pubblici�a�rilevanza�economica�ed�imprenditoriale�
tra�le�seguenti:�

a)�costituzione�di�aziende�speciali;�

b)�costituzione�o�partecipazione�ad�apposite�societa��per�azioni�o�a�responsabilita��limi-
tata�ad�influenza�dominante�pubblica�locale;�

c)�affidamento�della�gestione�di�servizi�pubblici�a�terzi,�prevedendo�adeguate�procedure�
concorrenziali�per�la�loro�individuazione.�Salvo�diverse�disposizioni�di�legge,�il�rapporto�
non�puo��avere�durata�superiore�a�venti�anni�e�non�puo��essere�rinnovato�con�lo�stesso�sog-
getto�se�non�nei�modi�di�cui�alla�presente�lettera.�Le�cooperative,�le�associazioni�che�rappre-
sentano�per�legge�gli�invalidi�ed�i�disabili,�nonche�le�associazioni�di�volontariato�e�le�imprese�
senza�fini�di�lucro,�a�parita��di�condizioni,�vengono�privilegiate�(...).�

18. 
Alle�societa��costituite�ai�sensi�del�comma�6�e�alle�societa��di�cui�al�comma�17,�gli�enti�
locali�soci�possono�affidare�in�qualunque�momento�lo�svolgimento�di�ulteriori�servizi�pub-
blici�compatibili�con�l'oggetto�della�societa��mediante�deliberazione�consiliare�che�approva�
contestualmente�il�relativo�contratto�di�servizio�.�
10.�^Le�disposizioni�dell'art.�44,�nn.�6�e�18,�della�legge�regionale�n.�1,�come�modificata�
dalla�legge�regionale�n.�10�sono�riprese�testualmente�come�art.�88,�nn.�6�e�18,�del�Testo�coor-
dinato�delle�disposizioni�sull'ordinamento�dei�comuni�della�Regione�autonoma�Trentino-
Alto�Adige.�
11.�^L'art.�115�del�decreto�legislativo�18�agosto�2000,�n.�267,�Testo�unico�delle�leggi�sul-
l'ordinamento�degli�enti�locali�(supplemento 
ordinario 
alla�GURI 
n.�227�del�28�settembre�
2000;�in�prosieguo:�il��decreto�legislativo�n.�267/2000�),�autorizza�i�comuni�a�trasformare�
le�aziende�speciali�in�societa��per�azioni�di�cui�possono�restare�azionisti�unici�per�un�periodo�
comunque�non�superiore�a�due�anni�dalla�trasformazione.�
CONTROVERSIA 
PRINCIPALEEQUESTIONIPREGIUDIZIALI 


12.�^In�applicazione�dell'art.�22�della�legge�n.�142/1990,�il�comune�di�Bressanone�era�
ricorso�per�la�gestione�di�alcuni�servizi�pubblici�locali�rientranti�nella�sua�competenza,�alla�
Stadtwerke�Brixen�(in�prosieguo:�la��Servizi�Municipalizzati�Bressanone�),�azienda�speciale�
di�proprieta��del�comune.�
13.�^In�virtu��dell'art.�1�dello�statuto,�dal�1.�gennaio�1999�la�Servizi�Municipalizzati�
Bressanone�era�dotata�di�personalita��giuridica�e�di�autonomia�imprenditoriale,�ed�era�un�
ente�del�comune�preposto�specialmente�all'esercizio�unitario�e�integrato�dei�servizi�pubblici�
locali.�
14.�^Ai�sensi�dell'art.�2�dello�statuto,�la�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�aveva�per�
oggetto,�tra�gli�altri:��la�gestione�di�parcheggi�ed�autosilo�compreso�l'esercizio�di�tutte�le�atti-
vita��connesse�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

15.�^In�applicazione�dell'art.�115�del�decreto�legislativo�n.�267/2000,�con�la�delibera-
zione�comunale�del�25�ottobre�2001,�n.�97,�il�comune�di�Bressanone�ha�trasformato�l'azienda�
speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�in�una�societa�per�azioni�denominata��ASM�
Bressanone�Spa�.�
16.�^In�virtu�dell'art.�1,�terzo�comma,�dello�statuto�di�quest'ultima,��[t]utti�i�diritti�e�gli�
obblighi�preesistenti�in�capo�all'azienda�speciale�[Servizi�Municipalizzati�Bressanone]�per-
mangono�anche�dopo�la�trasformazione�e�la�societa�[ASM�Bressanone�S.p.a.]�subentra�per-
tanto�in�tutti�i�rapporti�attivi�e�passivi�dell'Azienda�[speciale]�Servizi�Municipalizzati�Bressa-
none�.�
17.�^Ai�sensi�dell'art.�4�dello�statuto,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�puo�gestire,�tra�le�altre,�
le�attivita�che�seguono�su�base�locale,�nazionale�ed�internazionale:��g) 
la�gestione�di�par-
cheggi�ed�autosilos�e�le�attivita�connesse�.�
18.�^L'art.�18�dello�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.�prevede�che�al�Consiglio�di�
amministrazione�vengano�delegati�i�seguenti�poteri:�
�1)�Al�Consiglio�di�Amministrazione�spettano�i�piu�ampi�poteri�per�l'ordinaria�ammini-
strazione�della�societa�,�con�facolta�di�compiere�tutti�gli�atti�ritenuti�opportuni�o�necessari�
per�il�conseguimento�dell'oggetto�sociale.�

2)�Salvo�preventiva�autorizzazione�da�parte�dell'assemblea,�il�Consiglio�di�Amministra-
zione�non�potra�rilasciare�garanzie�eccedenti�il�limite�di�5�(cinque)�milioni�di�euro,�nonche�
firmare�paghero�o�accettare�tratte�oltre�al�detto�limite.�

3)�Sono�considerati�atti�di�ordinaria�amministrazione�l'acquisto�e�la�cessione�di�parteci-
pazioni�in�altre�societa�,�l'acquisto,�la�cessione�e�l'affitto�di�aziende�o�rami�di�aziende�nonche�
l'acquisto�e�la�vendita�di�veicoli�per�un�valore�massimo�per�ciascun�atto�di�5�(cinque)�milioni�
di�euro.�

4)�Spetta�alla�competenza�esclusiva�del�Consiglio�di�Amministrazione�ogni�delibera-
zione�relativa�alla�determinazione�e/o�la�modifica�degli�emolumenti�per�cariche�speciali�ai�
sensi�dell'art.�2389,�secondo�comma,�del�Codice�Civile�.�

19.�^Ai�sensi�dell'art.�5,�n.�2,�dello�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,��laquotadi�
partecipazione�al�capitale�sociale�di�appartenenza�del�comune�di�Bressanone�non�potra�mai�
essere�inferiore�alla�maggioranza�assoluta�delle�azioni�ordinarie�.�Inoltre,�il�comune�di�Bres-
sanone�halafacolta�di�nominare�la�maggioranza�dei�componenti�del�Consiglio�di�ammini-
strazione�della�societa�.�Il�Collegio�Sindacale�e�composto�da�tre�membri�effettivi�e�due�sup-
plenti,�di�cui�almeno�due�membri�effettivi�ed�un�membro�supplente�nominati�dal�comune.�
20.�^Secondo�il�giudice�del�rinvio,�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale�in�societa�
per�azioni�comporta�un�manifesto�incremento�di�autonomia�a�favore�di�quest'ultima.�L'am-
bito�di�attivita�della�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�stato�infatti�considerevolmente�ampliato�
rispetto�a�quello�della�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�dal�momento�che�puo�compiere�
attivita�in�ambito�locale�nazionale�e�internazionale,�mentre�l'attivita�dell'azienda�speciale�
Servizi�Municipalizzati�Bressanone�era�limitata�al�territorio�del�comune�di�Bressanone.�Inol-
tre,�l'azienda�speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�era�subordinata�al�controllo�diretto�
e�all'influenza�del�Consiglio�comunale,�mentre,�nel�caso�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,�il�con-
trollo�da�parte�del�comune�e�limitato�alla�liberta�di�azione�di�cui�gode,�ai�sensi�del�diritto�
societario,�la�maggioranza�dei�soci.�
21.�^Con�deliberazione�comunale�23�marzo�2000,�n.�37,�il�Consiglio�comunalediBres-
sanone�ha�affidato�la�costruzione�e�la�gestione�di�una�piscina�pubblica�alla�Servizi�Municipa-
lizzati�Bressanone.�Al�momento�della�trasformazione�di�questa�in�societa�per�azioni,�avve-
nuta�il�25�ottobre�2001,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�subentrata�in�tutti�i�diritti�e�gli�obblighi�
derivanti�da�quella�deliberazione.�
22.�^Con�deliberazione�18�novembre�2001,�n.�118,�il�Consiglio�comunale�di�Bressanone�
ha�concesso�alla�ASM�Bressanone�S.p.a.�un�diritto�di�superficie�sopra�il�suolo�e�sotto�il�suolo�
del�terreno�destinato�alla�piscina,�in�particolare�sulla�particella�fondiaria�491/11,�situata�nel�
territorio�del�comune�di�Bressanone,�per�la�realizzazione�di�garage�sotterranei.�
23.�^Nell'attesa�che�tale�progetto�di�parcheggio�fosse�realizzato,�e�stato�previsto�un�par-
cheggio�di�superficie�provvisorio.�A�tale�scopo�la�particella�fondiaria�491/11,�fino�ad�allora�
utilizzata�come�campo�di�calcio,�e�stata�rivestita�temporaneamente�in�macadam 
per�servire�

IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^le 
decisioni 


come 
parcheggio 
da 
circa 
200 
posti 
auto. 
Secondo 
il 
giudice 
del 
rinvio, 
per 
la 
gestione 
della 
particella 
fondiaria 
491/11 
come 
parcheggio 
di 
superficie 
non 
e� 
stata 
stipulata 
alcuna 
con-
venzione. 


24. 
^Al 
fine 
di 
predisporre 
ulteriori 
posti 
auto, 
il 
limitrofo 
parcheggio 
di 
superficie 
situato 
sul 
terreno 
adiacente, 
cioe� 
sulla 
particella 
491/6, 
sita 
parimenti 
nel 
territorio 
del 
comune 
di 
Bressanone, 
con 
una 
capienza 
di 
circa 
200 
posti 
auto 
e 
direttamente 
gestito 
dal 
comune 
da 
oltre 
dieci 
anni, 
e� 
stato 
affidato 
in 
gestione 
alla 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
con 
deli-
berazione 
del 
Consiglio 
comunale 
di 
Bressanone 
28 
novembre 
2002, 
n. 
107. 
In 
tale 
delibera-
zione 
si 
precisa 
che 
�per 
l'attivita� 
degli 
stabilimenti 
balneari 
e� 
gia� 
stato 
costruito 
da 
parte 
dell'Azienda 
Servizi 
Municipalizzati 
S.p.a. 
provvisoriamente 
un 
parcheggio 
vicino 
all'area 
comunale� 
e 
che 
si 
ritiene 
pertanto 
�necessario 
e 
opportuno 
di 
assegnare 
all'Azienda 
Servizi 
Municipalizzati 
S.p.a. 
anche 
provvisoriamente 
la 
gestione 
dell'area 
accanto, 
costituita 
dalla 
p.f. 
491/6, 
(...) 
con 
una 
superficie 
di 
5137 
m2, 
che 
al 
momento 
viene 
amministrata 
diretta-
mente 
dal 
comune�. 
25. 
^Il 
19 
dicembre 
2002, 
al 
fine 
dell'applicazione 
della 
deliberazione 
n. 
107,ilcomune 
di 
Bressanone 
ha 
concluso 
una 
convenzione 
con 
la 
ASM 
Bressanone 
S.p.a., 
affidandole 
per 
un 
periodo 
di 
nove 
anni 
la 
gestione 
del 
parcheggio 
sulla 
particella 
491/6. 
26. 
^Come 
corrispettivo 
per 
la 
gestione 
del 
parcheggio, 
la 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
riscuote 
le 
tasse 
di 
parcheggio. 
A 
sua 
volta 
pero� 
, 
versa 
al 
comune 
di 
Bressanone 
un'indennita� 
annuale 
pari 
a 
EUR 
151 
700, 
che 
e� 
indicizzata 
sulla 
base 
del 
prezzo 
del 
biglietto 
di 
parcheg-
gio, 
cosicche� 
un 
aumento 
di 
questo 
si 
traduce 
in 
un 
aumento 
dell'indennita� 
versata 
al 
comune. 
Oltre 
alla 
gestione 
del 
parcheggio, 
la 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
si 
assume 
il 
servizio 
di 
locazione 
gratuita 
di 
biciclette 
e 
accetta 
che 
il 
mercato 
settimanale 
continui 
a 
tenersi 
in 
quell'area. 
La 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
ha 
altres|� 
assunto 
il 
personale, 
precedentemente 
alle 
dipendenze 
del 
comune 
di 
Bressanone 
sull'area 
predetta. 
Infine, 
la 
manutenzione 
ordinaria 
e 
straordinaria 
dell'area 
spetta 
alla 
detta 
societa� 
, 
che 
se 
ne 
assume 
tutte 
le 
relative 
responsa-
bilita� 
. 
27. 
^Sulla 
base 
di 
un 
contratto 
di 
concessione 
stipulato 
con 
il 
comune 
di 
Bressanone 
in 
data 
19 
giugno 
1992, 
la 
Parking 
Brixen 
aveva 
assunto 
la 
costruzione 
e 
la 
gestione 
di 
un 
par-
cheggio, 
distinto 
da 
quelli 
su 
cui 
verte 
la 
causa 
principale, 
sempre 
situato 
nel 
territorio 
di 
quel 
comune. 
Dinanzi 
al 
Verwaltungsgericht, 
Autonome 
Sektionfur 
die 
Provinz 
Bozen 
(Tribu-
nale 
amministrativo, 
Sezione 
autonoma 
per 
la 
provincia 
di 
Bolzano), 
la 
Parking 
Brixen 
ha 
contestato 
l'attribuzione 
alla 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
della 
gestione 
dei 
parcheggi 
ricavati 
sulle 
particelle 
491/6 
e 
491/11. 
A 
suo 
dire, 
il 
comune 
di 
Bressanone 
avrebbe 
dovuto 
appli-
care 
la 
normativa 
in 
materia 
di 
pubblici 
appalti. 
28. 
^Le 
convenute 
nella 
causa 
principale, 
cioe� 
la 
ASM 
Bressanone 
S.p.a. 
e 
il 
comune 
di 
Bressanone, 
hanno 
contestato 
l'obbligo 
di 
espletamento 
di 
una 
pubblica 
gara. 
Il 
comune 
ha 
fatto 
valere 
a 
questo 
proposito 
di 
controllare 
per 
intero 
la 
ASM 
Bressanone 
S.p.a., 
cosicche� 
non 
vi 
sarebbe 
stata 
attribuzione 
di 
un 
appalto 
a 
terzi. 
29. 
^In 
tale 
contesto, 
il 
Verwaltungsgericht, 
Autonome 
Sektionfur 
die 
Provinz 
Bozen,ha 
deciso 
di 
sospendere 
il 
procedimento 
e 
di 
sottoporre 
alla 
Corte 
le 
seguenti 
questioni 
pregiu-
diziali: 
�1) 
Se 
nel 
caso 
di 
attribuzione 
della 
gestione 
di 
parcheggi 
pubblici 
a 
pagamento, 
oggetto 
della 
materia 
controversa, 
si 
tratti 
di 
un 
appalto 
di 
pubblico 
servizio 
ai 
sensi 
della 
direttiva 
92/50/CEE 
ovvero 
di 
una 
concessione 
di 
pubblico 
servizio, 
nei 
cui 
confronti 
si 
applicano 
le 
regole 
sulla 
concorrenza 
della 
Comunita� 
europea, 
in 
particolare 
gli 
obblighi 
di 
parita� 
di 
trat-
tamento 
e 
trasparenza. 


2) 
Se 
^qualora 
si 
dovesse 
effettivamente 
trattare 
di 
una 
concessione 
di 
pubblico 
servizio 
avente 
ad 
oggetto 
la 
gestione 
di 
un 
servizio 
pubblico 
locale 
^l'attribuzione 
della 
gestione 
di 
un 
pubblico 
parcheggio 
a 
pagamento, 
che 
puo� 
essere 
effettuata 
senza 
svolgimento 
di 
pub-
blica 
gara 
ai 
sensi 
dell'art. 
44, 
n. 
6, 
lett. 
b), 
della 
legge 
regionale 
4 
gennaio 
1993, 
n. 
1, 
modi-
ficata 
dall'art. 
10 
della 
legge 
regionale 
23 
gennaio 
1998, 
n. 
10, 
e 
ai 
sensi 
dell'art. 
88, 
n. 
6, 
lett. 
a)e 
b), 
del 
testo 
coordinato 
delle 
disposizioni 
sull'ordinamento 
dei 
comuni, 
sia 
compati-
bile 
con 
il 
diritto 
comunitario 
e, 
in 
particolare, 
con 
i 
principi 
della 
libera 
prestazione 
dei 
ser-
vizi 
e 
della 
libera 
concorrenza, 
del 
divieto 
di 
discriminazione 
e 
degli 
obblighi 
che 
ne 
conse-
guono 
di 
parita� 
di 
trattamento 
e 
di 
trasparenza 
come 
pure 
del 
principio 
di 
proporzionalita� 
, 
nel 
caso 
in 
cui 
si 
tratti 
di 
una 
societa� 
per 
azioni 
che, 
conformemente 
all'art. 
115 
del 
decreto 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

legislativo�n.�267/2000,�e�stata�costituita�mediante�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale�
di�un�comune�e�il�cui�capitale�azionario�al�momento�dell'attribuzione�era�detenuto�al�100%�
dal�comune,�ma�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�dispone�dei�piu�ampi�poteri�di�ordinaria�
amministrazione�entro�un�valore�di�EUR�5000�000�per�affare.�

30.�^Con�ordinanza�del�presidente�della�Corte�25�maggio�2004,�la�domanda�di�inter-
vento�presentata�dalla�Energy�Service�S.r.l.�e�stata�dichiarata�irricevibile.�
SULLA 
PRIMA 
QUESTIONE 


31.�^Con�la�prima�questione,�il�giudice�del�rinvio�chiede�se�l'attribuzione�della�gestione�
dei�parcheggi�pubblici�a�pagamento�su�cui�verte�la�causa�principale�costituisca�un�appalto�
pubblico�di�servizi,�ai�sensi�della�direttiva�92/50,�o�una�concessione�di�pubblici�servizi.�
32.�^Si�deve�precisare�innanzitutto�che�non�spetta�alla�Corte�qualificare�concretamente�
le�operazioni�controverse�nella�causa�principale.�Infatti,�a�tale�scopo�e�competente�il�solo�
giudice�nazionale.�Il�ruolo�della�Corte�si�limita�a�fornire�al�detto�giudice�un'interpretandone�
del�diritto�comunitario�utile�per�la�decisione�da�adottare�nella�controversia�che�gli�e�sottoposta.�
33.�^A�tale�scopo,�la�Corte�puo�estrapolare�dal�fascicolo�della�causa�principale�gli�ele-
menti�pertinenti�per�l'interpretazione�del�diritto�comunitario.�
34.�^In�tale�contesto�occorre�rilevare�che�la�causa�principale�riguarda�l'attribuzione�
della�gestione�di�due�distinti�parcheggi:�da�una�parte,�quello�situato�sulla�particella�491/11�
e,�dall'altro,�quello�situato�sulla�particella�491/6.�
35.�^In�relazione�al�parcheggio�di�superficie�situato�sulla�particella�491/11,�la�decisione�
di�rinvio�indica�solamente�che�non�e�stata�conclusa�alcuna�convenzione�per�il�suo�sfrutta-
mento.�In�particolare,�la�decisione�non�contiene�informazioni�relative�alle�condizioni�di�
remunerazione�del�gestore�di�quel�parcheggio.�
36.�^Pertanto,�la�Corte�puo�solo�constatare�di�non�disporre�di�elementi�di�informazione�
sufficienti�per�procedere�a�un'interpretazione�utile�del�diritto�comunitario�in�risposta�a�que-
sta�parte�della�questione.�
37.�^Perquanto�riguardailparcheggiosituatosullaparticella491/6,�dalladecisionedi�
rinvio,�come�rilevato�ai�punti�24-26�della�presente�sentenza,�risulta�che�esso�era�gestito�diret-
tamente�dal�comune�di�Bressanone�da�piu�di�dieci�anni�allorche�la�gestione�e�stata�affidata,�
per�un�periodo�di�nove�anni,�alla�ASM�Bressanone�S.p.a.�grazie�ad�una�convenzione�stipu-
lata�da�questa�e�dal�detto�comune�il�19�dicembre�2002.�Come�corrispettivo�per�la�gestione�
del�parcheggio,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�riscuote�dagli�utenti�una�tassa�di�parcheggio;�essa�
versa�poi�al�comune�di�Bressanone�un'indennita�annuale.�Inoltre,�la�ASM�Bressanone�
S.p.a.�acconsente�a�che�il�mercato�settimanale�continui�a�svolgersi�nella�zona�in�questione,�
assicura�il�servizio�di�locazione�gratuita�di�biciclette�e�si�assume�l'onere�della�manutenzione�
della�zona.�
38.�^Alla�luce�di�questi�elementi,�si�deve�intendere�che�il�giudice�del�rinvio,�con�la�prima�
questione,�chiede�in�sostanza�se�l'attribuzione,�da�parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un�presta-
tore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pubblico�a�pagamento,�per�la�quale�il�presta-
tore�riceva�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai�terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costi-
tuisca�un�appalto�pubblico�di�servizi,�ai�sensi�della�direttiva�92/50,�ovvero�una�concessione�
di�pubblici�servizi�a�cui�tale�direttiva�non�e�applicabile.�
39.�^Come�risulta�dal�suo�ottavo�`considerando',�la�direttiva�92/50�si�applica�agli�
�appalti�pubblici�di�servizi�,�i�quali�sono�definiti�all'art.�1,�lett.�a),�della�stessa�come��con-
tratti�a�titolo�oneroso�stipulati�in�forma�scritta�tra�un�prestatore�di�servizi�ed�un'amministra-
zione�aggiudicatrice�.�Da�tale�definizione�discende�che�un�appalto�pubblico�di�servizi�ai�sensi�
di�quella�direttiva�comporta�un�corrispettivo�che�e�pagato�direttamente�dall'amministrazione�
aggiudicatrice�al�prestatore�di�servizi.�
40.�^Nella�situazione�descritta�dalla�prima�questione,�invece,�la�remunerazione�del�pre-
statore�di�servizi�proviene�non�gia�dall'autorita�pubblica�interessata�bens|�dagli�importi�ver-
sati�dai�terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio�di�cui�si�tratta.�Tale�forma�di�remunerazione�
implica�che�il�prestatore�assume�il�rischio�della�gestione�dei�servizi�in�questione,�delineando�
in�tal�modo�una�concessione�di�pubblici�servizi.�Conseguentemente,�in�una�situazione�come�
quella�della�causa�principale,�non�si�e�di�fronte�ad�un�appalto�pubblico�di�servizi,�ma�ad�
una�concessione�di�pubblici�servizi.�
41.�^A�questo�proposito,�e�opportuno�rilevare�che�tale�interpretazione�e�confermata�
dalla�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�31�marzo�2004,�2004/18/CE,�relativa�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

al�coordinamento�delle�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,�di�forni-
ture�e�di�servizi�(Gazzetta 
Ufficiale 
L�134,�pag.�114),�benche�essa�non�fosse�applicabile�all'e-
poca�dei�fatti�nella�causa�principale.�Infatti,�ai�sensi�dell'art.�1,�n.�4,�di�questa�direttiva,�la�
�``concessione�di�servizi''�e�un�contratto�che�presenta�le�stesse�caratteristiche�di�un�appalto�
pubblico�di�servizi,�ad�eccezione�del�fatto�che�il�corrispettivo�della�fornitura�di�servizi�consi-
ste�unicamente�nel�diritto�di�gestire�i�servizi�o�in�tale�diritto�accompagnato�da�un�prezzo�.�

42.�^E�pacifico�che�le�concessioni�di�pubblici�servizi�sono�escluse�dall'ambito�di�applica-
zione�della�direttiva�92/50�(v.�ordinanza�30�maggio�2002,�causa�C-358/00,�Buchha�ndler-
Vereinigung,�Racc.�pag.�1-4685,�punto�28).�
43.�^Si�deve�pertanto�risolvere�la�prima�questione�dichiarando�che�l'attribuzione,�da�
parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un�prestatore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pub-
blico�a�pagamento,�per�la�quale�il�prestatore�riceve�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai�
terzi�per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costituisce�una�concessione�di�pubblici�serviziacuila�
direttiva�92/50�non�e�applicabile.�
SULLA 
SECONDA 
QUESTIONE 


44.�^Con�la�seconda�questione�il�giudice�del�rinvio�chiede�in�sostanza�se�l'attribuzione�
di�una�concessione�di�pubblici�servizi�senza�svolgimento�di�pubblica�gara�sia�compatibile�
con�il�diritto�comunitario�qualora�l'impresa�concessionaria�sia�una�societa�costituita�
mediante�la�trasformazione�di�un'azienda�speciale�di�un'autorita�pubblica�e�il�cui�capitale�
sociale�al�momento�dell'attribuzione�sia�interamente�detenuto�dall'autorita�pubblica�conce-
dente,�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�disponga�pero�dei�piu�ampi�poteri�di�ordinaria�
amministrazione�e�possa�concludere�autonomamente,�senza�l'accordo�dell'assemblea�dei�
soci,�taluni�negozi�entro�un�valore�di�cinque�milioni�di�euro.�
45.�^La�questione�riguarda,�da�un�lato,�la�condotta�dell'autorita�concedente�in�relazione�
all'attribuzione�di�una�concessione�specifica�e,�dall'altro,�la�normativa�nazionale�che�per-
mette�l'attribuzione�di�tale�concessione�senza�bando�di�gara.�
46.�^Nonostante�il�fatto�che�i�contratti�di�concessione�di�pubblici�servizi,�allo�stadio�
attuale�del�diritto�comunitario�sono�esclusi�dalla�sfera�di�applicazione�della�direttiva�92/50,�
gli�enti�aggiudicatori�che�li�stipulano�sono�comunque�tenuti�a�rispettare�le�norme�fondamen-
tali�del�Trattato,�in�generale,�e�il�principio�di�non�discriminazione�in�base�alla�nazionalita�,�
in�particolare�(v,.�in�questo�senso,�sentenza�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998,�Telaustria�
e�Telefonadress,�Racc.�pag.�I-10745,�punto�60,�e�21�luglio�2005,�causa�C-231/03,�Coname,�
Racc., 
pag.�I-0000,�punto�16).�
47.�^Il�divieto�di�discriminazione�in�base�alla�nazionalita�e�sancito�dall'art.�12�CE.�
Le�norme�del�Trattato�piu�specificamente�applicabili�alle�concessioni�di�pubblici�servizi�com-
prendono�in�particolare�l'art.�43�CE,�il�cui�primo�comma�enuncia�che�le�restrizioni�alla�
liberta�di�stabilimento�dei�cittadini�di�uno�Stato�membro�nel�territorio�di�un�altro�Stato�
membro�vengono�vietate,�e�l'art.�49�CE,�che�dispone,�al�primo�comma,�che�le�restrizioni�alla�
prestazione�dei�servizi�all'interno�della�Comunita�sono�vietate�nei�confronti�dei�cittadini�
degli�Stati�membri�stabiliti�in�un�paese�della�Comunita�che�non�sia�quello�del�destinatario�
della�prestazione.�
48.�^Secondo�la�giurisprudenza�della�Corte,�gli�artt.�43�CE�e�49�CE�sono�specifica�
espressione�del�principio�della�parita�di�trattamento�(v.�sentenza�5�dicembre�1989,�causa�
C-3/1988�Commissione/Italia,�Racc. 
pag.�4035,�punto�8).�Il�divieto�di�discriminazione�in�
base�alla�nazionalita�e�parimenti�un'espressione�specifica�del�principio�generale�di�parita�di�
trattamento�(v.�sentenza�8�ottobre�1980,�causa�810/1979,�U�berscha�r,�Racc.�pag.�2747.�punto�
16).�Nella�sua�giurisprudenza�relativa�alle�direttive�comunitarie�in�materia�di�appalti�pub-
blici�la�Corte�ha�precisato�che�il�principio�della�parita�di�trattamento�degli�offerenti�ha�lo�
scopo�di�consentire�che�tutti�gli�offerenti�dispongano�delle�stesse�possibilita�nella�formula-
zione�dei�termini�delle�loro�offerte,�a�prescindere�dalla�loro�nazionalita�(v.,�in�questo�senso,�
sentenza�25�aprile�1996,�causaC-87/1994,�Commissione/Belgio,�Racc.�pag.�I-2043,�punti�33�
e�54).�Ne�risulta�che�il�principio�di�parita�di�trattamento�tra�offerenti�deve�applicarsi�alle�
concessioni�di�pubblici�servizi�anche�quando�non�vi�sia�discriminazione�sulla�base�della�
nazionalita�.�
49.�^I�principi�di�parita�di�trattamento�e�di�non�discriminazione�sulla�base�della�nazio-
nalita�comportano,�in�particolare,�un�obbligo�di�trasparenza,�che�permette�all'autorita�pub-
blica�concedente�di�assicurarsi�che�tali�principi�siano�rispettati.�L'obbligo�di�trasparenza�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

che�incombe�alla�detta�autorita�consiste�nella�garanzia,�a�favore�di�ogni�potenziale�offerente,�
di�un�adeguato�livello�di�pubblicita�che�consenta�l'apertura�della�concessione�di�servizi�alla�
concorrenza,�nonche�il�controllo�sull'imparzialita�delle�procedure�di�aggiudicazione�(v.�in�
questo�senso,�sentenza�Telaustria�e�Telefonadress,�cit., 
punti�61�e�62).�

50.�^Spetta�all'autorita�pubblica�concedente�valutare,�sotto�il�controllo�delle�giurisdiz
ioni�competenti,�se�le�modalita�di�gara�siano�adeguate�alle�specificita�della�concessione�di�
pubblici�servizi�di�cui�si�tratta.�Tuttavia,�la�totale�mancanza�di�gara�nel�caso�di�un'attribuz
ione�di�concessione�di�pubblici�servizi�come�quella�controversa�nella�causa�principale�non�
e�conforme�a�disposto�degli�artt.�43�CE�e�49�CE,�ne�ai�principi�di�parita�di�trattamento,�di�
non�discriminazione�e�di�trasparenza.�
51.�^Inoltre,�l'art.�86,�n.�1,�CE,�stabilisce�che�gli�Stati�membri�non�emanano�ne�manteng
ono�nei�confronti�delle�imprese�pubbliche�e�delle�imprese�cui�riconosconodirittispecialio�
esclusivi�alcuna�misura�contraria�alle�norme�del�Trattato,�specialmente�a�quelle�contemplate�
dagli�artt.�12�CE�e�81�CE-89�CE.�
52.�^Ne�risulta�che�gli�Stati�membri�non�devono�mantenere�in�vigore�una�normativa�
nazionale�che�consenta�l'attribuzione�di�concessioni�di�pubblici�servizi�senza�gara,�giacche�
una�simile�attribuzione�viola�gli�artt.�43�CE�o�49�CE�o�i�principi�di�parita�di�trattamento,�
di�non�discriminazione�e�di�trasparenza.�
53.�^Per�sostenere�che�le�disposizioni�del�Trattato�e�i�principi�generali�menzionati�ai�
punti�46-52�della�presente�sentenza�non�si�applicano�a�una�concessione�di�pubblici�servizi�
attribuita�in�circostanze�quali�quelle�della�causa�principale�sono�invocati�due�argomenti.�
54.�^Innanzitutto,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�sostiene�che�gli�artt.�43�CE-55�CE�non�
sono�applicabili�a�una�situazione�quale�quella�della�causa�principale�perche�si�tratta�di�una�
situazione�puramente�interna�ad�un�solo�Stato�membro,�visto�che�la�Parking�Brixen,�la�
ASM�Bressanone�S.p.a.�e�il�comune�di�Bressanone�hanno�tutti�sede�in�Italia.�
55.�^Quest'argomento�non�puo�essere�accolto.�Infatti,�non�si�puo�escludere�che,�nella�
causa�principale,�imprese�stabilite�in�Stati�membri�diversi�dalla�Repubblica�italiana�potess
ero�essere�interessate�a�fornire�i�servizi�di�cui�si�tratta�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�
Commissione/Belgio,�cit., 
punto�33).�Ora,�in�mancanza�di�pubblicita�e�di�apertura�alla�conc
orrenza�dell'attribuzione�di�una�concessione�di�pubblici�servizi�quale�quella�di�cui�alla�causa�
principale,�si�ha�discriminazione,�perlomeno�potenzialmente,�a�danno�delle�imprese�degli�
altri�Stati�membri�che�non�possono�fruire�della�liberta�di�fornire�servizi�e�della�liberta�di�stab
ilimento�previste�dal�Trattato�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�Coname,�cit.,�punto�17).�

56.�^In�secondo�luogo,�la�Repubblica�italiana,�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�e�ilcomune�di�
Bressanone�fanno�valere�che�l'applicazione�delle�regole�del�Trattato�e�deiprincipigenerali�
del�diritto�comunitario�a�una�situazione�quale�quella�controversa�nella�causa�principale�e�
esclusa�per�il�fatto�che�la�ASM�Bressanone�S.p.a.�non�e�un�ente�indipendente�da�quel�
comune.�A�sostegno�di�quest'argomento�invocano�la�sentenza�18�novembre�1999,�causa�
C-107/1998,�Teckal�(Racc.�pag.�1-8121,�punti�49-51).�
57.�^A�questo�proposito,�si�deve�ricordare�che,�nella�citata�sentenza�Teckal,�la�Corte�ha�
dichiarato�che�la�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,�93/36/CEE,�che�coordina�le�proced
ure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�forniture�(Gazzetta 
Uf
fficiale 
L�199,�pag.�1),�
e�applicabile�ove�un'amministrazione�aggiudicatrice,�quale�un�ente�locale,�decida�di�stipulare�
per�iscritto,�con�un�ente�distinto�da�essa�sul�piano�formale�e�autonomo�rispetto�ad�essa�sul�
piano�decisionale,�un�contratto�a�titolo�oneroso�avente�ad�oggetto�la�fornitura�di�prodotti.�

58.�^In�relazione�all'esistenza�di�un�tale�contratto,�la�Corte�ha�precisato,�al�punto�50�
della�citata�sentenza�Teckal,�che,�conformemente�all'art.�1,�lett.�a),�della�direttiva�93/36,�in�
linea�di�principio�basta�che�il�contratto�sia�stato�stipulato,�da�una�parte,�da�un�ente�locale�
e,�dall'altra,�da�un�soggetto�giuridicamente�distinto�da�quest'ultimo.�Puo�avvenire�diversam
ente�solo�nel�caso�in�cui,�nel�contempo,�l'ente�locale�eserciti�su�tale�soggetto�un�controllo�
analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�quest'ultimo�realizzi�la�parte�piu�importante�
della�propria�attivita�con�l'ente�o�con�gli�enti�locali�detentori.�
59.�^La�Corte�ha�confermato�che�le�medesime�considerazioni�si�applicano�alla�direttiva�
92/50,�relativa�agli�appalti�pubblici�di�servizi,�e�alla�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,�
93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori�
(Gazzetta 
Ufficiale 
L�199,�pag.�54)�(v.,�rispettivamente,�sentenze�11�gennaio�2005,�causa�
C-26/03,�Stadt�Halle�e�RPL�Lochau,�Racc.�pag.�I-1,�punti�48,�49�e�52,�e�13�gennaio�2005,�
causa�C-84/03,�Commissione/Spagna,�Racc. 
pag.�1-139,�punto�39).�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

60.�^Queste�considerazioni�partono�dalla�premessa�che�l'applicazione�delle�direttive�
92/50,�93/36�e�93/37�dipende�dall'esistenza�di�un�contratto�concluso�tra�due�soggetti�distinti�
(v.�sentenza�Teckal,�punti�46�e�49).�Ebbene,�l'applicazione�degli�artt.�12�CE,�43�CE�e�49�CE,�
nonche�dei�principi�di�uguaglianza,�non�discriminazione�e�trasparenza�che�sono�loro�colle-
gati,�non�dipende�dall'esistenza�di�un�contratto.�Conseguentemente,�le�considerazioni�svilup-
pate�nella�giurisprudenza�citata�ai�punti�56-59�della�presente�sentenza�non�si�applicano�auto-
maticamente�a�quelle�disposizioni�del�Trattato�ne�a�quei�principi.�
61.�^Cio�nondimeno,�occorre�constatare�che�le�dette�considerazioni�possono�essere�tra-
sposte�alle�disposizioni�del�Trattato�e�ai�principi�che�si�rapportano�a�concessioni�di�pubblici�
servizi�escluse�dall'ambito�di�applicazione�delle�direttive�in�materia�di�appalti�pubblici.�
Infatti,�nel�settore�degli�appalti�pubblici�e�delle�concessioni�di�pubblici�servizi,�il�principio�
di�parita�di�trattamento�e�le�sue�specifiche�manifestazioni�del�divieto�di�discriminazione�fon-
dato�sulla�nazionalita�e�degli�artt.�43�CE�e�49�CE�trovano�applicazione�nel�caso�in�cui�un'au-
torita�pubblica�affidi�la�prestazione�di�attivita�economiche�ad�un�terzo.�Al�contrario�non�
occorre�applicare�le�norme�comunitarie�in�materia�di�appalti�pubblici�o�di�concessioni�di�
pubblici�servizi�nel�caso�in�cui�un'autorita�pubblica�svolga�i�compiti�di�interesse�pubblico�
ad�essa�incombenti�mediante�propri�strumenti,�amministrativi,�tecnici�e�di�altro�tipo,�senza�
far�ricorso�ad�entita�esterne�(v.,�in�questo�senso,�sentenza�Stadt�Halle�et�RPL�Lochau,�cit.,�
punto�48).�

62.�^Di�conseguenza,�nel�settore�delle�concessioni�di�pubblici�servizi,�l'applicazione�
delle�regole�enunciate�agli�artt.�l2�CE,�43�CE�e�49�CE�nonche�dei�principigeneralidicui�esse�
costituiscono�la�specifica�espressione�e�esclusa�se,�allo�stesso�tempo,�il�controllo�esercitato�
sull'ente�concessionario�dall'autorita�pubblica�concedente�e�analogo�a�quello�che�essa�eser-
cita�sui�propri�servizi�e�se�il�detto�ente�realizzata�la�maggior�parte�della�sua�attivita�con�l'au-
torita�detentrice.�
63.�^Trattandosi�di�un'eccezione�alle�regole�generali�del�diritto�comunitario,�le�due�con-
dizioni�enunciate�al�punto�precedente�debbono�formare�oggetto�di�un'interpretazione�restrit-
tiva�e�l'onere�di�dimostrare�l'effettiva�sussistenza�delle�circostanze�eccezionali�che�giustifi-
cano�la�deroga�a�quelle�regole�grava�su�colui�che�intenda�avvalersene�(v.�sentenza�Stadt�
Halle�e�RPL�Lochau,�cit.,�punto�46).�
64.�^Occorre�esaminare,�innanzitutto,�se�l'autorita�pubblica�concedente�eserciti�sull'ente�
concessionario�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�di�propri�servizi.�
65.�^Tale�valutazione�deve�tener�conto�di�tutte�le�disposizioni�normative�e�delle�circo-
stanze�pertinenti.�Da�quest'esame�deve�risultare�che�l'ente�concessionario�in�questione�e�sog-
getto�ad�un�controllo�che�consente�all'autorita�pubblica�concedente�di�influenzarne�le�deci-
sioni.�Deve�trattarsi�di�una�possibilita�di�influenza�determinante�sia�sugli�obiettivi�strategici�
che�sulle�decisioni�importanti.�
66.�^Dalla�decisione�di�rinvio�si�ricava�che,�in�virtu�dell'art.�1�dello�statuto�dell'azienda�
speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�questa�costituiva�un�ente�del�comune�preposto�
specificamente�all'esercizio�unitario�e�integrato�dei�servizi�pubblici�locali.�Il�Consiglio�comu-
nale�determinava�gli�indirizzi�generali,�conferiva�il�capitale�di�dotazione,�provvedeva�alla�
copertura�di�eventuali�costi�sociali,�controllava�i�risultati�della�gestione�ed�esercitava�la�vigi-
lanza�strategica,�assicurando�all'azienda�la�necessaria�autonomia�imprenditoriale.�
67.�^La�ASM�Bressanone�S.p.a.�ha�invece�acquisito�una�vocazione�commerciale�che�
rende�precario�il�controllo�del�comune.�In�questo�senso�militano:�
a)�la�trasformazione�della�Servizi�Municipalizzati�Bressanone�^azienda�speciale�del�
comune�di�Bressanone�^in�una�societa�per�azioni�(ASM�Bressanone�S.p.a.)�e�la�natura�di�
questo�tipo�di�societa�;�

b)�l'ampliamento�dell'oggetto�sociale,�giacche�la�societa�ha�cominciato�ad�operare�in�
nuovi�importanti�settori,�in�particolare�quelli�del�trasporto�di�persone�e�merci,�dell'informa-
tica�e�delle�telecomunicazioni.�Si�deve�rilevare�che�la�societa�ha�conservato�la�vasta�gamma�
di�attivita�precedentemente�esercitate�dall'azienda�speciale,�tra�cui�quella�di�adduzione�del-
l'acqua�e�di�depurazione�delle�acque�reflue,�di�fornitura�di�calore�ed�energia,�di�smaltimento�
dei�rifiuti�e�di�costruzione�di�strade;�

c)�l'apertura�obbligatoria�della�societa�,�a�breve�termine,�ad�altri�capitali;�

d)�l'espansione�territoriale�delle�attivita�della�societa�e�tutta�l'Italia�e�all'estero;�

e)�i�considerevoli�poteri�conferiti�al�Consiglio�di�amministrazione,�senza�che�in�pratica�

venga�esercitato�alcun�controllo�gestionale�da�parte,�del�comune.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

68.�^Concretamente,�per�quanto�riguarda�i�poteri�conferiti�al�detto�Consiglio�di�ammi-
nistrazione,�dalla�decisione�di�rinvio�risulta�che�lo�statuto�della�ASM�Bressanone�S.p.a.,�in�

particolare�l'art.�18,�affidano�a�tale�organo�ampi�poteri�di�gestione�dellasocieta��,�poiche�

dispone�della�facolta��di�adottare�tutti�gli�atti�ritenuti�necessari�per�il�conseguimento�dell'og-

getto�sociale.�Inoltre,�il�potere,�previsto�al�detto�art.�18,�di�rilasciare�garanzie�fino�al�limite�

di�EUR�5.000.000�o�di�realizzare�altre�operazioni�senza�il�previo�accordo�dell'assemblea�dei

soci�indica�che�tale�societa��dispone�di�un'ampia�autonomia�nei�confronti�dei�suoi�azionisti.

69.�^La�decisione�di�rinvio�indica�altres|��che�il�comune�di�Bressanone�ha�la�facolta��di�
designare�la�maggioranza�dei�membri�del�Consiglio�di�amministrazione�della�ASM�Bressa-

none�S.p.a..�Tuttavia,�il�giudice�del�rinvio�sottolinea�che�il�controllo�esercitato�dal�comune�e��

in�pratica�limitato�a�quei�provvedimenti�consentiti�ai�sensi�del�diritto�societario�alla�maggio-

ranza�dei�soci,�riducendo�cos|��sensibilmente�il�rapporto�di�dipendenza�che�esisteva�tra�il�

comune�e�l'azienda�speciale�Servizi�Municipalizzati�Bressanone,�soprattutto�alla�luce�degli

ampi�poteri�di�cui�dispone�il�Consiglio�di�amministrazione�della�ASM�Bressanone�S.p.a.�

70.�^Allorche�un�ente�concessionario�fruisce�di�un�margine�di�autonomia�caratterizzato�
da�elementi�come�quelli�messi�in�rilievo�ai�punti�67-69�della�presente�sentenza,�e��escluso�che�

l'autorita��pubblica�concedente�eserciti�sull'ente�concessionario�un�controllo�analogo�a�quello�

esercitato�sui�propri�servizi.�

71.�^Pertanto,�senza�che�sia�necessario�verificare�se�l'ente�concessionario�realizzi�la�parte�
essenziale�della�sua�attivita��con�l'autorita��pubblica�concedente,�l'attribuzione�di�una�conces-

sionedipubbliciservizidapartediun'autorita��pubblicaaunsimileentenonpuo��essereconside-

rata�un'operazione�interna�a�quell'autorita��,�a�cui�le�norme�comunitarie�sono�inapplicabili.�

72.�^Ne�consegue�che�la�seconda�questione�proposta�dev'essere�risolta�dichiarando�
quanto�segue:�
Gli�artt.�43�CE�e�49�CE�nonche�i�principi�di�parita��di�trattamento,�di�non�discrimina-

zione�e�di�trasparenza�devono�essere�interpretati�nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita��pub-

blica�attribuisca,�senza�svolgimento�di�pubblica�gara,�una�concessione�di�pubblici�servizi�a�

una�societa��per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�autorita��

pubblica,�societa��il�cui�oggetto�sociale�e��stato�esteso�a�nuovi�importanti�settori,�il�cui�capitale�

dev'essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto�ad�altri�capitali,�il�cui�ambito�territo-

riale�di�attivita��e��stato�ampliato�a�tutto�il�paese�e�all'estero,�e�il�cui�Consiglio�di�amministra-

zione�possiede�amplissimi�poteri�di�gestione�che�puo��esercitare�autonomamente.�

SULLE�SPESE�

73.�^Nei�confronti�delle�parti�della�causa�principale�il�presente�procedimento�costituisce
un�incidente�sollevato�dinanzi�al�giudice�nazionale,�cui�spetta�quindi�statuire�sulle�spese�

(omissis).��

Pubblichiamo�di�seguito�le�osservazioni�svolte�dal�Governo�italiano�nelle�

due�cause�discusse�recentemente�in�Corte�di�Giustizia,�in�cui�si�da��sommario�

resoconto�dei�temi�in�discussione.�

Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
^Osservazioni 
del 
Governo 
della 
Repubblica 
italiana 
nella 
causa 
C-410/04 
^Questione�pregiudiziale�(cont.�942/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

�In�data�5�ottobre�2004�e��stata�notificata�alla�Repubblica�italiana�copia�dell'ordinanza�

di�rinvio�pregiudiziale�proposta�davanti�alla�Corte�di�Giustizia�delle�Comunita��Europee,�ai�

sensi�dell'art.�234�del�Trattato�CE,�dal�T.A.R.�Puglia,�nell'ambito�di�una�causa�promossa�

dall'ANAV�contro�l'affidamento�in�house,�da�parte�del�Comune�di�Bari,�del�servizio�di�tra-

sporto�pubblico�urbano�ad�un'altra�societa��,�interamente�partecipata�dal�Comune�stesso.�
Con�la�suindicata�ordinanza,�il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Puglia,�pro-

pone�il�seguente�quesito:�

``Se�sia�compatibile�con�il�diritto�comunitario,�ed�in�particolare�con�gli�obblighi�di�traspa-

renzaeliberaconcorrenzadicuiagliartt.46,49e86delTrattatoCE,�l'art.�113,�Vcomma,del�

decreto�legislativo�n.�267/2000,�come�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n.�269/2003,�nella�

parte�in�cui�non�pone�alcun�limite�alla�liberta�di�scelta�dell'Amministrazione�pubblica�tra�le�

diverseformediaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante�

procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa�interamente�

controllata''.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Il�Governo�della�Repubblica�italiana�osserva�quanto�segue:�
Applicabilita�al�caso�di�specie�dei�principi�sanciti�nella�sentenza�RiSAN.�

La�Corte�di�Giustizia�ha�stabilito�che�gli�affidamenti�di�pubblici�servizi�non�ricadono�nel-
l'ambito�precettivo�del�Trattato,�sul�presupposto�che�esso�non�trova�applicazione�in�vicende�
che,�come�il�caso�di�specie,�sono�circoscritte�all'interno�di�un�medesimo�Stato�membro.�

L'Avvocato�generale�Siegbert�Alber�affermava�nelle�sue�conclusioni�che,�trattandosi�di�
una�situazione�puramente�interna�ad�uno�Stato�membro,�in�definitiva�non�sono�qui�applica-
bili�le�norme�sulla�liberta��di�circolazione,�cosicche�non�occorre�nemmeno�accertare�se�possa�
entrare�in�gioco�la�deroga�prevista�dall'art.�55�del�Trattato.�Ne�reputa�necessario�affrontare�
la�questione,�implicitamente�sollevata�dal�giudice�a�quo,�se�dai�principi�generali�del�Trattato�
si�ricavi�un�obbligo�generale�di�ricorrere�ad�una�pubblica�gara;�tuttavia�ritiene�che�non�sia�
individuabile�un�tale�obbligo�(punto�38�Conclusioni).�

Liberta�di�scelta�in�capo�alle�amministrazioni�sulle�modalita�di�prestazione�dei�
pubblici�servizi.�

L'art.�16�del�Trattato�dispone�``Fatti�salvi�gli�articoli�73,�86�e�87,�in�considerazione�dell'im-

portanza�dei�servizi�di�interesse�economico�generale�nell'ambito�dei�valori�comuni�dell'Unione,�

nonche�del�loro�ruolo�nella�promozione�della�coesione�sociale�e�territoriale,�la�Comunita�e�gli�

Stati�membri,�secondo�le�rispettive�competenze�e�nel�campo�di�applicazione�del�presente�Trat-

tato,provvedonoaf
ffinche�taliservizifunzionino�inbaseaiprincipiecondizionicheconsentano�

loro�di�assolvere�ai�loro�compiti''.�

In�relazione�ai�servizi�di�interesse�economico,�pertanto,�l'esigenza�di�garantire�un�servi-
zio�universale�consente�gli�affidamenti�diretti�a�condizione�che�si�tenda�alla�realizzazione�di�
uno�scopo�pubblico;�in�altri�termini,�si�deve�trattare�di�attivita��ascrivibili�al�novero�dei��ser-
vizi�di�interesse�generale�,�quali�appunto�nel�caso�di�specie�il�servizio�di�trasporto�locale.�

E�noto�che�il�concetto�di�servizio�di�interesse�generale�deriva�dalla�dottrina�francese;�nel�
caso�Corbeau�del�1993,�la�Corte�di�Giustizia,�chiamata�a�valutare�la�compatibilita��dell'as-
setto�normativo�belga�con�l'art.�86�del�Trattato,�ha�introdotto�l'idea�che�il�servizio�postale�
abbia�un�nocciolo�duro�(la�distribuzione�della�posta�ordinaria),�intorno�al�quale�si�vengono�
a�costituire�dei�servizi�a�valore�aggiunto,�uno�dei�quali�e��appunto�il�servizio�di�posta�celere.�
Il�servizio�corrispondente�al�nocciolo�duro,�chiamato�dalla�Corte�di�Giustizia�servizio�univer-
sale,�deve�essere�erogato�a�tutti�ad�un�prezzo�ragionevole�a�prescindere�dalla�collocazione�
territoriale�dell'utente.�In�tal�senso�viene�giustificato�il�monopolio�della�Regie�des�postes,in�
vista�della�realizzazione�di�un�interesse�pubblico�di�rilevanza�essenziale.�Pertanto�nell'ambito�
del�servizio�universale�e��legittima�una�ragionevole�limitazione�della�concorrenza,�trattandosi�
in�definitiva�della�realizzazione�di�un�interesse�di�carattere�economico�generale.�

La�nozione�di�servizio�universale�indicata�dalla�Corte�di�Giustizia�penetra�quindi�nella�
normativa�europea,�che�mira�ad�individuare�un'area�di�servizio�universale�con�riferimento�
ad�ogni�singola�categoria�di�servizi.�

Nella�Comunicazione�del�20�settembre�2000,�e��la�stessa�Commissione�Europea�a�fornire�
per�la�prima�volta�chiarimenti�sulla�nozione�di�pubblico�servizio�nel�diritto�comunitario.�Il�
termine�viene�riferito�espressamente�agli�obblighi�di�servizio�pubblico,�intesi�come�quelle�
prestazioni�che�il�regolatore�pubblico�puo��imporre�ai�soggetti�che�svolgono�l'attivita��corri-
spondente�a�pubblico�servizio.�La�comunicazione�collega�strettamente�l'idea�di�missione�del�
servizio�di�interesse�generale�ai�bisogni�espressi�dai�cittadini.�

Per�i�criteri�relativi�all'organizzazione�del�servizio�si�applicano�i�principi�di:�a)�neutralita��
(quanto�alla�natura�pubblica�o�privata�del�prestatore�dei�servizi);�b)�di�liberta��di�definizione�
(spetta�agli�Stati�membri�definire�che�cosa�considerino�servizi�d'interesse�economico�gene-
rale);�c)�di�sussidiarieta��(lasciandosi�agli�Stati�membri�la�liberta��di�definire�i�servizi�di�inte-
resse�generale);�d)�proporzionalita��(tra�limitazioni�della�liberta��di�concorrenza�ed�obiettivi�
di�interesse�pubblico�che�si�intendono�perseguire).�

In�riferimento�alla�clausola�di�sussidiarieta��,�questa�deve�intendersi�nel�senso�che�l'ammi-
nistrazione�e��legittimata�ad�occupare�spazi�di�mercato�che�altrimenti�rimarrebbero�aperti�al-
l'iniziativa�privata�solo�se�si�dimostra�che�l'intervento�che�si�attua�nei�moduli�amministrativi�
sia�piu��efficiente�o�efficace�a�realizzare�gli�obiettivi�di�interesse�pubblico�checisipropon-
gono.Inquesticasinon�si�puo��parlare�di�impresa,�ma�di�amministrazione,�e�quindi�si�accede�
alle�sfera�della�liberta��di�autorganizzazione�e/o�autoproduzione�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�riferimento�invece�alla�proporzionalita�,�tale�principio�(enunciato�al�punto�3.1.3�della�
comunicazione�interpretativa�della�commissione)�assume�una�valenza�generale�ed�esige,�con-
formemente�alla�consolidata�giurisprudenza�della�Corte�di�giustizia,�che``ogniprovvedimento�

adottatosiaaltempostessonecessarioedadeguatorispettoagliscopiperseguiti.�UnoStato�

membro,�infatti,�nella�scelta�dei�provvedimenti�da�adottare�deve�ricorrere�a�quelli�che�compor-

tino�le�minori�turbativeper�l'esercizio�di�una�attivita�economica''.�

In�definitiva,�nell'ordinamento�comunitario�non�e�riscontrabile�un�principio�generale�in�
base�al�quale�le�amministrazioni�debbano�provvedere�alla�gestione�dei�servizi�pubblici�locali�
attraverso�il�necessario�espletamento�di�una�pubblica�gara:�al�contrario�viene�riconosciuta�
la�massima�liberta�sulle�modalita�di�prestazione�del�servizio,�fermo�restando�l'obbligo�del�
rispetto�dei�principi�sanciti�dal�Trattato�nel�caso�in�cui�decidano�di�avvalersi�dell'affidamento�
tramite�gara.�Infatti,�gia�nella�sentenza�RISAN,�si�era�escluso�che�dai�principi�generali�del�
Trattato�potesse�ricavarsi�un�obbligo�generale�di�ricorrere�ad�una�pubblica�gara.�

Cos|�anche�la�giurisprudenza�del�Supremo�Organo�Nazionale�di�Giustizia�Amministra-
tiva,�il�Consiglio�di�Stato,�ha�affermato�che�le�norme�di�derivazione�comunitaria�``non�inter-

feriscono�suipoteridellepubblicheamministrazionidiadottaresoluzioniorganizzative�chesiano�

lepiu�rispondentialleesigenzecheessestesseritenganodidoversoddisfare,�conformementealle�

leggi�che�le�disciplinano''�(Consiglio�di�Stato,�n.�5316/2003).�

Applicabilita�dei�principi�sanciti�dalla�Corte�di�Giustizia�nella�causa�C


108/1998�Teckal�e�da�ultimo�ribaditi�nella�sentenza�Stadt�Halle�nella�causa�

C-26/03�

L'affidamento�diretto�della�gestione�del�servizio�pubblico�di�trasporti�oggetto�della�
presente�questione,�risulta�perfettamente�in�linea�con�i�principi�sancitidalla�Corteintema�
di�affidamento�in�house:�a)�controllo�analogo�a�quello�svolto�sui�propri�servizi;�b)�svolgi-
mento�dell'attivita�in�prevalenza�per�l'ente�territoriale�di�riferimento.�Il�Comune�ha�per-
tanto�esercitato�delle�facolta�previste�nell'ambito�dell'ordinamento�comunitario,�il�quale�
non�pone�alcuna�limitazione�all'affidamento�diretto�se�non�quella�del�rispetto�dei�principi�
sopra�esposti.�

Pertanto,�l'in�houseprividing,�se�contenuto�entro�i�suddetti�limiti,�e�insindacabile�dal�giu-
dice�nazionale,�il�quale�andrebbe�indebitamente�a�sostituirsi�all'amministrazione�pubblica�
nelle�valutazioni�di�opportunita�.�Cos|�,�sulla�scorta�delle�osservazioni�che�precedono,�le�deter-
minazioni�dell'amministrazione�pubblica�saranno�censurabili�esclusivamente�sotto�il�profilo�
della�ragionevolezza�e�della�proporzionalita�dei�mezzi�impiegati�rispetto�agli�obiettivi�prefis-
sati.�

Il�fine�ultimo�dell'amministrazione�e�infatti�la�migliore�realizzazione�dell'interesse�pub-
blico,�in�questo�caso�la�gestione�del�pubblico�servizio:�cos|�nell'ambito�delle�opzioni�tutte�
egualmente�possibili�spetta�alla�stessa�l'individuazione�del�mezzo�piu�idoneo.�Nel�caso�di�
specie,�l'affidamento�diretto�non�e�qualificabile�assolutamente�come�eccezione�alla�regola�
dell'espletamento�della�gara,�visto�che�entrambi�sono�qualificabili�come�mezzi�egualmente�
idonei�in�vista�della�migliore�gestione�del�servizio�pubblico.�

E�evidente�tuttavia�che,�nell'ordinamento�italiano�come�in�tutti�gli�ordinamenti�con-
formi�al�diritto�europeo,�la�concreta�scelta�amministrativa,�ancorche�non�limitata�da�speci-
fici�criteri�(in�relazione�alla�pluralita�di�circostanze�che�possono�rendere�opportuna�l'assun-
zione�diretta�da�parte�dei�pubblici�poteri�di�un�servizio�d'interesse�generale)�resta�assogget-
tata�a�procedure�di�ricorso�per�motivi�di�legittimita�,�soprattutto�sotto�il�profilo�della�
motivazione,�della�logicita�e�ragionevolezza.�

Si�propone�pertanto�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�giudice�a�quo�nei�seguenti�ter-
mini:�

``E�compatibileconildirittocomunitario,�edinparticolarecongliobblighiditrasparenzae�

liberaconcorrenzadicuiagliartt.46,49e86delTrattatoCE,l'art.�113,�Vcomma,deldecreto�

legislativo�n.�267/2000,�come�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n�269/2003,�nella�parte�in�

cui�non�pone�alcun�limite�alla�liberta�di�ragionevole�sceltadell'Amministrazionepubblica�trale�

diverseformediaffidamentodelserviziopubblico,�edinparticolaretral'affidamentomediante�

procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�e�l'affidamento�diretto�a�societa�da�essa�interamente�

controllata''.�

Roma,�l|�23�gennaio�2005�^Avvocato�dello�Stato�Giuseppe�Fiengo�.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
^Osservazioni 
del 
Governo 
della 
Repubblica 
italiana, 
nella 
causa 
C-340/04 
^Questione�pregiudiziale�(cons.�51881/04,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

�In�data�5�ottobre�2004�e��stata�notificata�alla�Repubblica�italiana�copia�dell'ordinanza�

n.�140/04�del�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Lombardia,�emessail30�giugno�
2004,�con�la�quale�si�pongono�le�seguenti�questioni�pregiudiziali:�
1)�se�sia�compatibile�con�la�direttiva�93/36/CEE�l'af
ffidamento�diretto�dell'appalto�per�la�

fornitura�dicombustibilie�caloreper�impianti�termici�diedificidiproprieta�o�competenza�del�

Comune,�e�relativa�gestione,�conduzione,�manutenzione�(con�prevalenza�del�valore�della�forni-

tura),�ad�una�Societa�per�azioni�il�cui�capitale�e�,�allo�stato�attuale,�interamente�detenuto�da�

un'altra�societa�per�azioni,�della�quale�e�a�sua�volta�socio�di�maggioranza�(al�99,98%)�il�

Comune�appaltante,�ovvero�ad�una�societa�(AGESP)�che�non�e�partecipata�direttamente�dal-

l'EntePubblico,madaun'altrasocieta�(AgespHolding)�ilcuicapitalee�attualmenteposseduto�
al�99,98%�dalla�Pubblica�Amministrazione;�

2)�se�il�requisito�dello�svolgimento,�da�parte�dell'impresa�alla�quale�e�stata�direttamente�
af
ffidatalafornitura,�dellapartepiu�importantedell'attivita�conl'Entepubblicochelacontrolla,�

debbaessereaccertatofacendoapplicazionedell'art.�l3delladirettiva93/38/CEE,epossarite-

nersisussistente�nel�caso�in�cuila�suddetta�impresa�realizzilaprevalenza�deiproventicon�l'Ente�

pubblico�controllante�o�in�alternativa,�nel�territorio�dell'Ente�stesso�.�

L'ordinanza�del�T.A.R.�per�la�Lombardia�ha�per�oggetto�specificatamente�la�cosiddetta�
gestione��in�house��di�servizi�pubblici�da�parte�di�autorita��nazionali,�prevalentemente�locali.�

Il�paradigma�di�questa�modalita��di�gestione�dei�pubblici�servizi�si�sostanzia�nella�scelta�
da�parte�della�stazione�appaltante�di�gestire�in�proprio�un�determinato�servizio�pubblico,�
del�quale�ha�la�titolarita��,�affidandolo�direttamente�ad�una�Societa��per�Azioni�di�cui�detiene�
la�totalita��(o�la�maggioranza)�del�capitale�sociale�e�che,�normalmente,�ha�creato�a�tali�preci-
pui�f|�ni.�Pur�potendo�apparire�come�un�affidamento�ad�un�terzo,�in�quanto�l'attribuzione�
del�servizio�avviene�a�favore�di�un�soggetto�avente�formalmente�natura�giuridica�di�diritto�
privato,�in�realta��questa�distinta�persona�giuridica�non�rappresenta�altro�che�una�longa�
manus�della�stessa�amministrazione�pubblica.�L'utilita��del�ricorso�a�questa�particolare�moda-
lita��di�gestione�dei�servizi�pubblici�e��quella�di�consentire�all'ente�pubblico�l'utilizzo�di�stru-
menti�piu��duttili�e�flessibili�alle�esigenze�del�mercato,�pur�mantenendo�sull'ente�affidatario�
del�servizio�controlli�analoghi�a�quelli�che�puo��esercitare�sulle�proprie�articolazioni�interne.�
L'individuazione�e�la�disciplina�di�questa�particolare�modalita��di�gestione�trova�fondamento�
nello�stesso�diritto�comunitario,�(si�veda�al�riguardo�il�libro�verde�sui�servizi�di�interesse�gene-
rale�COM(2003)270,�la�relazione�sullo�stesso�al�Parlamento�europeo�di�Philippe�Herzog�
nonche�la�successiva�conforme�risoluzione�del�Parlamento�europeo�sul�predetto�libro�verde�
^punto�35�^ove�si�parla�in�maniera�espressa�del��diritto�all'autoproduzione�dei�servizi�da�
parte�degli�enti�pubblici)�ed�e��stata�riconosciuta�legittima�della�stessa�Corte�di�giustizia�del�
Lussemburgo�(sentenza�Teckal�del�18�novembe�1999�in�causa�C�-107/1998).�

Il�problema�posto�dal�giudice�nazionale�riguarda�le�modalita��attraverso�cui�l'ente�pub-
blico�esercita�sul�soggetto�affidatario�del�servizio�quel��controllo�gestionale�e�finanziario�
stringente��che,�secondo�la�giurisprudenza�comunitaria,�consente�di�assimilarne�la�struttura�
ad�una�propria,�particolare,�articolazione�organizzativa.�

In�via�preliminare�si�osserva�che�si�tratta�di�un�quesito�che�non�sembra�riguardare�
l'applicazione�del�Trattato�e�delle�norme�comunitarie,�quanto�piuttosto�l'interpretazione�del�
diritto�interno�al�fine�di�verificare�in�concreto�se�si�sia�in�presenza,�nel�caso�dedotto�in�lite,�
di�un�controllo�gestionale�e�finanziario�stingente,�ai�fini�dell'applicazione�della�deroga�alla�
pubblica�gara,�consentita�dalla�normativa�comunitaria�e�nazionale.�

Gia��in�occasione�della�causa�C�458-03�il�T.A.R.�di�Bolzano�ha�sollevato�una�questione�
analoga�in�presenza�di�un�controllo�finanziario�e�di�gestione,�che�avveniva�attraverso�l'arti-
colazione�del�capitale�sociale,�del�soggetto�beneficiario�dell'affidamento�in�house,in�piu��
comuni�di�una�stessa�provincia,�nessuno�dei�quali�conseguentemente�aveva�la�maggioranza�
assoluta�della�partecipazione.�In�quella�occasione�il�Governo�Italiano�ha�avuto�modo�di�
osservare�che�l'organizzazione�in�house�dei�pubblici�servizi�potesse�avvenire�legittimamente�
(secondo�il�diritto�comunitario),�allorche�il�controllo�stringente�fosse�comunque�nelle�mani�
di�un�consorzio�e/o�associazione�di�enti�parimenti�pubblici:�tale�soluzione�razionalmente�si�
impone,�infatti,�allorche�la�dimensione�ridotta�di�un�singolo�comune�non�consente�la�costitu-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�di�strutture�amministrative�e�finanziarie�idonee�ad�assumere�il�servizio�per�il�singolo�
territorio�comunale,�ma�sia�necessaria�invece�la�presa�in�considerazione,�sul�piano�organizza-
tivo�e�funzionale,�di�un�bacino�d'utenza�piu�vasto.�

Nel�caso�sottoposto�oggi�all'esame�di�codesta�Ecc.ma�Corte�di�Giustizia�analoghe�esi-
genze�organizzative�e�funzionali�(e,�non�ultime,�di�trasparenza�nella�gestione)�impongono�al�
Comune�di�Busto�Arsizio�di�articolare�in�piu�societa�per�azioni�le�strutture�privatistiche�affi-
datarie�in�house�di�singoli�diversi�pubblici�servizi�e�di�collegare�ad�un'unica�holding,dipari�
proprieta�pubblica,�il�controllo�finanziario�e�gestionale,�che�l'ente�esercita�sui�gestori�di�pub-
blico�servizio.�

Sembra�evidente�che�si�tratta�comunque�di�semplici�modalita�organizzative�nella�
gestione�pubblica�dei�servizi�d'interesse�generale�in�relazione�alle�quali�non�hanno�ragion�
d'essere�i�dubbi�sollevati�dal�giudice�nazionale�in�ordine�alla�conformita�al�diritto�comunita-
rio.�La�conferma�indiretta�della�legittimita�di�siffatto�modello�organizzativo�si�ricava�dalla�
stessa�ordinanza�n.�140/04�del�T.A.R.�per�la�Lombardia�laddove�il�giudice�rimettente,�pur�
non�soffermandosi�in�modo�diffuso�sul�punto,�implicitamente�conferma�l'intenzione�della�
AGESP�(societa�controllata�dall'ente�pubblico�attraverso�una�holding)�di�procedere�all'acqui-
sto�del�gasolio�con�gara�ad�evidenza�pubblica�(Confronta�pagina�3�dell'ordinanza�ove�si�
richiama�la�richiesta�della�ricorrente�di�annullamento�del��bando�di�gara�per�la�fornitura�di�
gasoliopubblicato�il23/1/2004daAGESPS.p.A.�.)�

La�necessita�per�la�AGESP�S.p.A.,�societa�di�diritto�privato�di�procedere�all'acquisto�di�
gasolio�attraverso�gara�pubblica,�ancorche�la�sua�dipendenza�diretta�si�articoli�solo�attra-
verso�il�controllo�di�un'altra�societa�(Agest�Holding�S.p.A)�di�diritto�privato,�fa�comprendere�
come,�unitariamente�considerati�il�Comune�di�Busto�Arsizio,�la�Agest�Holding�S.p.A�e�la�
Agesp�S.p.A,�affidataria�del�servizio��in�house��siano�unitariamente�da�considerare�come�
un�unico��organismo�di�diritto�pubblico�,�sul�quale�grava�l'onere�di�procedere�ad�appalti�e�
forniture�attraverso�gare,�ai�sensi�delle�normative�comunitarie�e�nazionaliinmateria.�

Quanto�al�secondo�quesito�si�osserva�che�la�materia�dei�limiti�territoriali�cui�viene�
ristretta�la�legittimazione�delle�societa�di�diritto�privato,�affidatarie�di�servizi��in�house�,�ad�
operare�^ovviamente�attraverso�gare�pubbliche�^in�realta�diverse�da�quelle�per�le�quali�sono�
state�costitute�e�in�rapida�evoluzione.�Lo�stesso�limite�previsto�dall'art.�comma�1�lettera�b)�
della�direttiva�93/38/CEE�non�si�ritrova�piu�nella�nuova�direttiva�2004/17/CE�che�ha�unifi-
cato�la�disciplina�della�materia�

Nell'ordinamento�italiano�e�stato�mantenuto�invece,�anche�a�fronte�di�una�recente�
riforma�del�settore�degli�appalti�in�house�il�comma�6�dell'articolo�113�TUEL�sul�divieto�di�
partecipazione�alle�gare�da�parte��delle�societa�che�in�Italia�ed�all'estero,�gestiscono�a�qualun-
quetitoloservizipubblicilocaliinvirtu�diunaf
ffidamentodiretto,�diunaproceduranonadevi-
denza�pubblica,�o�a�seguito�dei�relativi�rinnovi�,�fatta�salva�la�norma�transitoria�di�cui�al�suc-
cessivo�comma�15�quater�che�sposta�la�data�di�entrata�in�vigore�del�divieto�di�cui�ai�comma�6�
al�1.�gennaio�2007.�

Si�tratta�tuttavia�di�una�normativa�nazionale�che�e�stata�dettata�in�funzione�dell'accele-
razione�del�processo�di�liberalizzazione�dei�pubblici�servizi�locali,�ma�che,�in�un�assetto�defi-
nitivo�della�materia,�potrebbe�anche�venire�meno,�in�quanto�il�comportamento�di�una�societa�
destinarla�di�appalti�in�house�che�partecipa�a�gare�in�aree�diverse�da�quelle�per�le�quali�e�stata�
costituita�(ed�e�rimasta�assegnataria�senza�gara�di�servizi)�potrebbe�ragionevolmente�trovare�
eventuale�sanzione�sotto�altri�e�diversi�aspetti�della�disciplina�della�concorrenza.�

Su�piano�strettamente�interpretativo�del�diritto�comunitario�non�sembra�che�sussistano�
ragioni�per�le�quali�lo�svolgimento�della�parte�piu�importante�dell'attivita�a�favore�dell'ente�
pubblico�che�controlla�una�societa�affidataria�di�pubblici�servizi�in�house�debba�avvenire�
secondo�i�parametri�previsti�dall'articolo�13�della�direttiva�93/38/CEE.�

Sulla�base�di�tali�premesse�si�suggerisce�di�rispondere�al�quesito�nel�senso:�

1)�e�compatibilecon�la�direttiva93/36/CEEl'affidamento�diretto�dell'appaltoperlaforni-
tura�di�combustibili�e�calore�per�impianti�termici�di�edifici�di�proprieta�o�competenza�del�

Comune,�e�relativa�gestione,�conduzione,�manutenzione�(con�prevalenza�del�valore�della�forni-

tura),�ad�una�Societa�per�azioni�il�cui�capitale�e�,�allo�stato�attuale,�interamente�detenuto�da�

un'altra�societa�per�azioni,�della�quale�e�a�sua�volta�socio�di�maggioranza�(al�99,98%)�il�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

Comune�appaltante,�ovvero�ad�una�societa�(AGESP)�che�non�e�partecipata�direttamente�dal-

l'EntePubblico,madaun'altrasocieta�(AgespHolding)�ilcuicapitalee�attualmenteposseduto�

al�99,98%�dalla�Pubblica�Amministrazione;�

2)�il�requisito�dello�svolgimento,�da�parte�dell'impresa�alla�quale�e�stata�direttamente�affi-

datalafornitura,�dellapartepiu�importantedell'attivita�conl'Entepubblico�chelacontrolla,�

non�deve�essere�necessariamente�accertato�facendo�applicazione�dell'art.�l3�della�direttiva�

93/38/CEEe�ilcontrollofinanziario�egestionaledapartedell'entepubblico,�chegiustifical'af-

fidamentosenzagaradiunserviziopubblicopuo�sussistere,�ricorrendo�determinatipresupposti,�

ancheneicasiincuilasuddetta�impresanonrealizzilaprevalenzadeiproventiconl'Entepub-

blico�controllante�o�in�alternativa,�nel�territorio�dell'Ente�stesso.�

Roma�l|�,�28�novembre�2004�^Avvocato�dello�Stato�Giuseppe�Fiengo.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ladirettiva2004/18/CEelagiurisprudenzacomunitaria 
in 
materia 
di 
appalti 
e 
concessioni 


(Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�seconda�sezione,�

sentenza�27�ottobre�2005,�nelle�cause�riunite�C-187/04�e�C-188/04)�

1.�Il�Legislatore�comunitario�e�intervenuto�sulla�complessa�materia�degli�
appalti�pubblici�di�opere,�servizi�e�forniture,�unitariamente�ridisciplinati�dalla�
Direttiva�2004/18/CE,�tanto�da�costituire�un�vero�e�proprio�testo�unico�euro-
peo,�ispirato�a�criteri�di�semplificazione,�trasparenza�ed�efficienza.�
Il�testo�normativo�contiene�significative�novita�anche�se�alcuni�aspetti�
problematici,�al�centro�del�dibattito�dottrinale�e�giurisprudenziale,�non�sono�
stati�trattati�dal�Legislatore�comunitario.�

2.1.�Sotto�il�primo�profilo,�va�evidenziato�il�merito�di�una�compiuta�con-
sacrazione�normativa�della�nozione�di�concessione�di�servizi,�volta�a�sottoli-
nearne�gli�elementi�distintivi�rispetto�a�quella�di�appalto�di�servizi,�tratteg-
giando�cos|�una�precisa�demarcazione�dei�confini�di�applicabilita�della�Diret-
tiva�stessa.�
A�differenza�del�pubblico�appalto�di�servizi,�la�concessione�di�servizi�
esula�infatti�dall'ambito�di�applicazione�della�Direttiva,�essendo�caratteriz-
zata�dal�fatto�che�la�controprestazione�che�il�gestore�del�servizio�in�questione�
ottiene�dall'amministrazione�aggiudicatrice�consiste�nel�diritto�di�sfruttare,�
ai�fini�della�sua�remunerazione,�la�propria�prestazione�(cos|�la�sentenza�
Telaustria�e�Telefonadress,�Corte�di�Giustizia�CE�7�dicembre�2000,�causa�
C^324/1998).�

Anche�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�aveva�recepito�la�pre-
detta�distinzione,�affermando�che�la�normativa�comunitaria�impone�la�scelta�
dell'affidatario�di�servizi�pubblici�previa�procedura�ad�evidenza�pubblica�
quando�tale�affidamento�avvenga�attraverso�un�appalto,�caratterizzato�da�
una�prestazione�resa�dall'appaltatore,�cui�corrisponde�una�controprestazione�
economica�da�parte�dell'amministrazione�e�non�anche�in�caso�di�concessione,�
connotata�invece�dalla�gratuita�per�l'amministrazione�(Cons.�Stato,�sez.�V,�
3�febbraio�2005�n.�272).�

Sull'argomento�e�intervenuta�la�recentissima�sentenza�della�Corte�di�
Giustizia�del�13�ottobre�2005�nella�causa�Parking�Brixen�GmbH�C^458/03�
che�ha�affermato�che�l'attribuzione,�da�parte�di�un'autorita�pubblica�ad�un�
prestatore�di�servizi,�della�gestione�di�un�parcheggio�pubblico�a�pagamento,�
per�la�quale�il�prestatore�riceve�come�corrispettivo�le�somme�versate�dai�terzi�
per�l'utilizzo�del�parcheggio,�costituisce�una�concessione�di�pubblici�servizi�a�
cui�non�e�applicabile�la�direttiva�92/50/CEE.�

Tuttavia,�la�Corte�ha�altres|�affermato�che�i�principi�di�parita�di�tratta-
mento,�di�non�discriminazione�e�di�trasparenza�devono�essere�interpretati�
nel�senso�che�ostano�a�che�un'autorita�pubblica�attribuisca,�senza�svolgi-
mento�di�pubblica�gara,�una�concessione�di�pubblici�servizi�a�una�societa�
per�azioni�nata�dalla�trasformazione�di�un'azienda�speciale�della�detta�auto-
rita�pubblica,�societa�il�cui�oggetto�sociale�e�stato�esteso�a�nuovi�importanti�
settori,�il�cui�capitale�deve�essere�a�breve�termine�obbligatoriamente�aperto�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

ad�altri�capitali,�il�cui�ambito�territoriale�di�attivita�e�stato�ampliato�a�tutto�il�
paese�e�all'estero�e�il�cui�Consiglio�di�amministrazione�possiede�amplissimi�
poteri�di�gestione�che�puo�esercitare�autonomamente.�

Anche�la�quasi�coeva�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�del�27�ottobre�
2005,�pronunciata�su�due�ricorsi�per�inadempimento�dello�Stato�Italiano�nelle�
cause�riunite�C^187/04�e�C^188/04,�ha�ritenuto�che�la�Repubblica�Italiana�
fosse�venuta�meno�agli�obblighi�che�incombono�in�forza�della�Direttiva�del�
Consiglio�14�giugno�1993,�93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudi-
cazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,�avendo�l'ANAS�affidato�la�costru-
zione�e�gestione�di�due�autostrade�ad�una�S.p.a.�mediante�concessione�diretta�
non�preceduta�da�pubblicazione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorres-
sero�i�presupposti.�

2.2.�Particolare�rilevanza�assumono�inoltre,�nel�nuovo�testo�normativo,�
gli�strumenti�finalizzati�a�garantire�maggiori�flessibilita�e�semplificazione�
delle�procedure,�quali�i�meccanismi�di�committenza�per�mezzo�delle�aste�elet-
troniche,�il�c.d.�dialogo�competitivo�^che�consente�alle�amministrazioni�
aggiudicatrici,�nelle�ipotesi�di�appalti�particolarmente�complessi,�di�contem-
perare�il�principio�della�par 
condicio 
dei�concorrenti�con�l'esigenza�di�discu-
tere�con�ciascun�candidato�tutti�gli�aspetti�dell'appalto�da�affidare�^il�
sistema�degli�accordi�quadro,�utilizzati�per�le�commesse�destinate�a�ripetersi,�
che�permettono�alle�amministrazioni�di�effettuare�acquisti�a�migliori�condi-
zioni�che�tengano�conto�della�continua�evoluzione�del�mercato,�soprattutto�
per�i�prodotti�e�i�servizi�nel�settore�delle�tecnologie,�senza�dover�restare�vin-
colate�a�condizioni�contrattuali�non�piu�vantaggiose.�
3.1.�Quanto�alle�lacune�della�nuova�disciplina�e�alle�conseguenti�temati-
che�lasciate�aperte�dall'intervento�del�legislatore�comunitario,�vanno�eviden-
ziate,�in�primo�luogo,�quella�degli�appalti�c.d.�sotto�soglia,�in�quanto�la�
Direttiva,�al�pari�delle�precedenti�direttive�unificate,�si�occupa�dei�soli�appalti�
con�valore�superiore�ad�una�certa�soglia,�pur�affermando,�anche�per�gli�
appalti�di�modesto�rilievo�economico,�la�necessita�di�rispettare�i�principi�del�
Trattato�ed�in�particolare�i�principi�della�libera�circolazione�delle�merci,�della�
liberta�di�stabilimento�e�della�libera�prestazione�dei�servizi�nonche�dei�prin-
cipi�che�ne�derivano,�quali�i�principi�di�parita�di�trattamento,�di�non�discrimi-
nazione,�di�riconoscimento�reciproco,�di�proporzionalita�e�di�trasparenza.�
3.2.�In�secondo�luogo,�non�viene�codificata�la�delicata�figura�dell'affida-
mento�in 
house,�creata�ed�elaborata�dalla�giurisprudenza�comunitaria.�
Va�ricordato,�in�proposito,�che,�con�la�sentenza�Teckal�(Corte�di�Giusti-
zia�CE,�sez.�V,�sent.�18�novembre�1999,�causa�C^107/1998),�la�giurisprudenza�
comunitaria�ha�per�la�prima�volta�parlato�di��in 
house 
providing��quale�
modello�di�organizzazione�e�gestione�di�pubblici�servizi�con�il�quale�le�pub-
bliche�amministrazione�realizzano�le�attivita�di�loro�competenza�attraverso�
propri�organismi,�senza�quindi�ricorrere�al�mercato�per�procurarsi,�mediante�
appalti,�i�lavori,�i�servizi�e�le�forniture�ad�esse�occorrenti�o�per�erogare�alla�
collettivita�,�mediante�affidamento�a�terzi,�prestazioni�di�pubblico�servizio.�

L'affidamento��in 
house�,�si�propone�infatti�di�armonizzare�i�principi�
della�tutela�della�concorrenza,�codificati�nel�trattato�CE�e�ribaditi,�per�il�set-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tore�dei�servizi,�dalla�Direttiva�92/50/CEE,�attuata�nel�nostro�ordinamento�
con�il�D.Lgs.�17�marzo�1995�n.�157,�con�il�potere�di�auto^organizzazione�
parimenti�riconosciuto�alle�amministrazioni�pubbliche�degli�Stati�membri.�

La�predetta�sentenza�Teckal�ha�chiarito�che,�in�caso�di�contratto�stipu-
lato�tra�una�pubblica�amministrazione�e�una�persona�giuridica�formalmente�
diversa,�l'applicazione�della�normativa�europea�in�tema�di�appalti�pubblici�a�
tutela�del�libero�mercato�puo��essere�esclusa,�oltre�che�nei�casi�previsti�dal-
l'art.�6�Direttiva�92/50/CEE,�qualora�ricorrano�contemporaneamente�due�
presupposti:�l'amministrazione�aggiudicatrice�deve�esercitare�sul�soggetto�
aggiudicatario�un�controllo�analogo�a�quello�da�essa�esercitato�sui�propri�ser-
vizi�e�il�soggetto�aggiudicatario�deve�realizzare�la�parte�piu��importante�della�
propria�attivita��con�l'ente�o�con�gli�enti�pubblici�che�lo�controllano.�

Sulla�scia�di�tale�apertura�della�giurisprudenza�comunitaria,�il�Legisla-
tore�italiano�ha�recentemente�disciplinato,�nel�settore�dei�servizi�pubblici�
locali,�la�possibilita��di�affidamento�diretto�del�servizio�a�societa��miste�a�con-
dizione�che�il�socio�privato�sia�scelto�mediante�gara�e�quella�dell'affidamento�
�in 
house��a�societa��interamente�a�capitale�pubblico,�ricorrendo�i�presupposti�
delineati�dalla�citata�sentenza�Teckal.�

Com'e��noto,�l'art.�113,�comma�5�testo�unico�sugli�enti�locali�(D.Lgs�

n.�267�del�18�agosto�2000)�come�sostituito�dall'art.�35�legge�n.�448�del�
28�dicembre�2001,�ulteriormente�modificato�dall'art.�14�decreto-legge�n.269�
del�30�settembre�2003�convertito�in�legge�n.�326�del�2003,�prevede�una�tri-
plice�alternativa�per�l'erogazione�del�servizio�pubblico,�con�conferimento�
della�titolarita��del�servizio:�a)�a�societa��di�capitali�individuate�attraverso�l'e-
spletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica;�b)�a�societa��a�capi-
tale�misto�pubblico^privato�nelle�quali�il�socio�privato�venga�scelto�attra-
verso�l'espletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica�che�abbiano�
dato�garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie�in�materia�di�
concorrenza;�c)�a�societa��a�capitale�interamente�pubblico�a�condizione�che�
l'ente�o�gli�enti�pubblici�titolari�del�capitale�sociale�esercitino�sulla�societa��
un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�che�la�societa��rea-
lizzi�la�parte�piu��importante�della�propria�attivita��con�l'ente�o�gli�enti�pub-
blici�che�la�controllano.�
In�base�alla�predetta�norma,�quindi,�l'affidamento��in 
house��(lett.�c)�
prevede�aa)�la�totale�partecipazione�pubblica;�bb)�un�rapporto�che�determina,�
da�parte�dell'amministrazione�controllante,�un�assoluto�potere�di�direzione,�
coordinamento�e�supervisione�dell'attivita��del�soggetto�partecipato;�cc)lo�
svolgimento�esclusivo�o�largamente�preponderante�dell'attivita��svolta�dalla�
societa��partecipata�a�favore�dell'ente�pubblico�che�la�controlla,�affinche�non�
venga�alterata�la�par 
condicio 
tra�imprese�concorrenti�presenti�sul�mercato,�
trattandosi�in�tal�caso�di�organismo�che�non�sta�sul�mercato�o�che�vi�sta�in�
posizione�del�tutto�marginale,�svolgendo�la�parte�piu��importante�della�pro-
pria�attivita��a�favore�dell'ente�controllante.�

Da�ultimo,�va�pero��segnalata�la�recente�sentenza�Stadt�Halle�(Corte�di�
GiustiziaCE,sez.I,sent.11�gennaio2005,causaC^26/03)chehafortemente�
ridimensionato�lo�spazio�di�deroga�alla�disciplina�comunitaria�a�tutela�della�
concorrenza�e�della�libera�circolazione�dei�servizi,�affermando�che�l'art.�11,�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

n.�3�della�direttiva�92/50,�in�quanto�disposizione�derogatoria�alle�norme�
comunitarie�intese�a�garantire�l'effettivita�dei�diritti�conferiti�dal�Trattato�
CE�nel�settore�degli�appalti�pubblici�di�servizi,�deve�essere�interpretato�
restrittivamente�e�pertanto,�nell'ipotesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudica-
trice�intenda�concludere�un�contratto�a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rien-
tranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione 
materiae 
della�direttiva�
92/50/CEE,�con�una�societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�la�
detta�amministrazione�detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu�
imprese�private,�le�procedure�di�affidamento�degli�appalti�pubblici�previste�
dalla�citata�direttiva�debbono�sempre�essere�applicate.�
A�seguito�di�tale�pronuncia,�l'ambito�che�sfugge�all'applicazione�della�
normativa�comunitaria�in�materia�di�concorrenza,�resta�quindi�circoscritto�
ai�contratti�a�titolo�gratuito�e�a�quelli�in�cui�vi�e�una�totale�partecipazione�
pubblica�dell'amministrazione�aggiudicatrice.�

Peraltro,�va�ricordato�che�un�orientamento�ancor�piu�restrittivo�e�stato�
espresso�dal�Consiglio�di�Stato�con�la�recente�pronuncia�(sez.�V,�ord.�
22�aprile�2004�n.�2316)�che�ha�rimesso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�la�que-
stione�pregiudiziale�sulla�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�e,�in�parti-
colare,�con�la�liberta�della�prestazione�di�servizi,�il�divieto�di�discriminazione�
e�l'obbligo�di�parita�di�trattamento,�trasparenza�e�libera�concorrenza,�di�cui�
agli�artt.�12,�45,�46�e�86�del�Trattato�CE,�dell'affidamento�diretto,�ossia�in�
deroga�ai�sistemi�di�scelta�del�contraente�di�cui�alla�direttiva�92/50/CEE,di�
un�servizio�pubblico�ad�una�societa�per�azioni�a�capitale�interamente�pub-
blico�(analoga�ordinanza�di�rimessione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�e�stata�
adottata�dal�TAR�Puglia�Bari,�sez.�III,�8�settembre�2004�n.�885).�

Molti�problemi�sono�quindi�ancora�aperti�e�c'e�da�domandarsi�quale�
sorte�avra�l'art.�113�testo�unico�sugli�enti�locali,�ricalcato�sui�principi�enun-
ciati�dalla�citata�sentenza�Teckal,�fortemente�ridimensionati�dalla�successiva�
giurisprudenza�della�stessa�Corte�di�Giustizia�CE.�

Avv. 
Wally 
Ferrante 


Corte�di�Giustizia�delle�Comunita�europee,�seconda�sezione,�sentenza�27�ottobre�2005�nelle�

cause�riunite�C-187/04�e�C-188/04�^Ricorsi�per�inadempimento�ai�sensi�del-

l'art.�226�CE,�presentati�il�22�aprile�2004�^Commissione�delle�Comunita�europee�(ag.�

K.�Wiedner)�c/�Repubblica�italiana�(ag.�I.M.�Braguglia,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli)�^
Pres. 
C.W.A.�Timmermans�^Rel.J.�Makarczyk�^Avv. 
Gen.�D.�Ruiz-Jarabo�Colomer.�
�(Omissis)�1.�^Con�i�suoi�ricorsi,�la�Commissione�delle�Comunita�europee�chiede�alla�
Corte�di�constatare�che,�in�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�S.p.A.�ha�affidato�la�costruzione�
e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia,�da�un�lato,�e�della�Pedemontana�Veneta�
Ovest,�dall'altro,�alla�Societa�per�l'autostrada�Brescia-Verona-Vicenza-Padova�pA�(in�prosie-
guo:�la��societa�concessionaria�)�mediante�concessione�diretta�attuata�per�mezzo�di�una�con-
venzione�stipulata�il�7�dicembre�1999�non�preceduta�da�pubblicazione�di�un�bando�di�gara,�
senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�italiana�e�venuta�meno�agli�obblighi�
che�ad�essa�incombono�in�forza�della�direttiva�del�Consiglio�14�giugno�1993,93/37/CEE,�
che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori�(G.U.L�199,�
pag.�54),�ed�in�particolare�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7�di�quest'ultima.�
Ambito 
normativo 


2.�^L'art.�1�della�direttiva�93/37�prevede:�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

�Ai�fini�della�presente�direttiva:�
a) 
gli��appalti�pubblici�di�lavori��sono�contratti�a�titolo�oneroso,�conclusi�in�forma�
scritta�tra�un�imprenditore�e�un'amministrazione�aggiudicatrice�di�cui�alla�lettera�b),�aventi�
per�oggetto�l'esecuzione�o,�congiuntamente,�l'esecuzione�e�la�progettazione�di�lavori�relativi�
ad�una�delle�attivita�di�cui�all'allegato�II�o�di�un'opera�di�cui�alla�lettera�c) 
oppure�l'esecu-
zione,�con�qualsiasi�mezzo,�di�un'opera�rispondente�alle�esigenze�specificate�dall'amministra-
zione�aggiudicatrice;�(...)�
c) 
s'intende�per��opera��il�risultato�di�un�insieme�di�lavori�edilizi�o�di�geniocivile�che�
di�per�se�esplichi�una�funzione�economica�o�tecnica;�

d) 
la��concessione�di�lavori�pubblici��e�un�contratto�che�presenta�le�stesse�caratteri-
stiche�di�cui�alla�lettera�a),�ad�eccezione�del�fatto�che�la�controprestazione�dei�lavori�consiste�
unicamente�nel�diritto�di�gestire�l'opera�o�in�tale�diritto�accompagnato�da�un�prezzo;�(...)�.�

3.�^L'art.�3,�n.�1,�di�questa�direttiva�e�cos|�formulato: 
�Qualora�le�amministrazioni�aggiudicatrici�concludano�un�contratto�di�concessione�di 
lavori�pubblici,�le�norme�di�pubblicita�definite�all'articolo�11,�paragrafi�3,�6,�7�e�da�9�a�13,�
nonche�all'articolo�15�sono�applicabili�a�tale�contratto�se�il�suo�valore�e�pariosuperiore�a�

5.000.000�di�ecu�.�
4.�^L'art.�7,�n.�3,�della�stessa�direttiva�e�cos|�redatto:�
�Le�amministrazioni�aggiudicatrici�possono�attribuire�gli�appalti�di�lavori�mediante�la�
procedura�negoziata,�senza�pubblicazione�preliminare�di�un�bando�di�gara,�nei�casi�seguenti:�
a) 
quando�nessuna�offerta�o�nessuna�offerta�appropriata�e�stata�depositata�in�esito�
ad�una�procedura�aperta�o�ristretta,�purche�le�condizioni�iniziali�dell'appalto�non�siano�
sostanzialmente�modificate.�Una�relazione�deve�essere�presentata�alla�Commissione,�su�sua�
richiesta;�
b) 
per�i�lavori�la�cui�esecuzione,�per�motivi�tecnici,�artistici�o�inerenti�alla�tutela�dei�
diritti�d'esclusiva,�puo�essere�affidata�unicamente�ad�un�imprenditore�determinato;�
c) 
nella�misura�strettamente�necessaria,�quando�l'urgenza�imperiosa,�risultante�da�
eventi�imprevedibili�per�le�amministrazioni�aggiudicatrici�in�questione,�non�e�compatibile�
con�i�termini�imposti�dalle�procedure�aperte,�ristrette�o�negoziate�di�cui�al�paragrafo�2.�
Le�circostanze�invocate�per�giustificare�l'urgenza�imperiosa�non�devono�in�alcun�caso�essere�
imputabili�alle�amministrazioni�aggiudicatrici;�
d) 
per�i�lavori�complementari�che�non�figurano�nel�progetto�inizialmente�aggiudicato�
ne�nel�primo�contratto�concluso�e�che�sono�divenuti�necessari,�a�seguito�di�una�circostanza�
imprevista,�all'esecuzione�dell'opera�quale�e�ivi�descritta,�a�condizione�che�siano�attribuiti�
all'imprenditore�che�esegue�tale�opera:�
quando�tali�lavori�non�possono�essere,�tecnicamente�o�economicamente,�separati�
dall'appalto�principale�senza�gravi�inconvenienti�per�le�amministrazioni�aggiudicatrici;�
oppure�quando�tali�lavori,�quantunque�separabili�dall'esecuzione�dell'appalto�ini-
ziale,�siano�strettamente�necessari�al�suo�perfezionamento.�
Tuttavia,�l'importo�cumulato�degli�appalti�aggiudicati�per�i�lavori�complementari�non�
deve�superare�il�50%�dell'importo�dell'appalto�principale;�(...)�.�

5.�^L'art.�11�della�direttiva�93/37�stabilisce:�
�(...)�3. 
Le�amministrazioni�aggiudicatrici�che�intendono�rico[rr]ere�alla�concessione�
di�lavori�pubblici�rendono�nota�tale�intenzione�con�un�bando�di�gara.�(...)�

6. 
I�bandi�di�gara�e�gli�avvisi�di�cui�ai�paragrafi�da�1�a�5�sono�redatti�conformemente�
ai�modelli�che�figurano�negli�allegati�IV,�V�e�VI�e�precisano�le�informazioni�richieste�nei�sud-
detti�allegati.�
Le�amministrazioni�aggiudicatrici�non�possono�esigere�condizioni�diverse�da�quelle�pre-
viste�agli�articoli�26�e�27�allorche�domandano�informazioni�sulle�condizioni�di�carattere�eco-
nomico�e�tecnico�che�esse�esigono�dagli�imprenditori�per�la�loro�selezione�(allegato�IV�sezio-
ne�B,�punto�11,�allegato�IV,�sezione�C,�punto�10,�e�allegato�IV,�sezione�D,�punto�9).�

7. 
I�bandi�di�gara�e�gli�avvisi�di�cui�ai�paragrafi�da�1�a�5�sono�inviati�dalle�amministra-
zioni�aggiudicatrici,�nei�termini�piu�brevi�e�per�le�vie�piu�appropriate,�all'Ufficio�delle�pubbli-
cazioni�ufficiali�delle�Comunita�europee.�Nel�caso�della�procedura�accelerata�di�cui�all'arti-
colo�14,�i�bandi�di�gara�sono�inviati�per�telex,�telegramma�o�fax.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

L'avviso�di�cui�al�paragrafo�1�e�inviato�il�piu�rapidamente�possibile�dopo�che�sia�stata�
adottata�la�decisione�che�autorizza�il�programma�in�cui�si�inquadrano�gli�appalti�di�lavori�
che�le�amministrazioni�aggiudicatrici�intendono�attribuire.�

L'avviso�di�cui�al�paragrafo�5�e�inviato�al�piu�tardi�quarantotto�giorni�dopo�la�stipula-
zione�del�contratto�d'appalto�in�questione�.�
FattI 
all'originE 
dellE 
controversiE 
E 
fasE 
precontenziosA 
deL 
procedimentO 


6.�^La�costruzione�e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�
Veneta�Ovest�sono�state�affidate�dall'ANAS�alla�societa�concessionaria�mediante�due�con-
cessioni,�attribuite�per�mezzo�di�una�convenzione�stipulata�il�7�dicembre�1999�in�revisione�
di�una�precedente�convenzione�del�21�dicembre�1972�e�successivi�atti�aggiuntivi�ed�approvata�
con�decreto�interministeriale�del�21�dicembre�1999,�poi�registrato�dalla�Corte�dei�conti�in�
data�11�aprile�2000.�
7.�^Le�concessioni�di�cui�trattasi,�attribuite�senza�previa�pubblicazionedi�unbando�di�
gara�ai�sensi�della�direttiva�93/37,�prevedevano�una�serie�di�lavori�miranti�a�completare�e�
sviluppare�la�rete�autostradale,�ossia�la�costruzione�di�due�raccordi:�il�primo,�tra�l'autostrada�
A/4�Brescia-Padova�e�la�Valtrompia,�costituito�da�due�rami�consecutivi,�il�secondo,�tra�l'au-
tostrada�A/4�(Comune�di�Montebello-Vicentino)�e�l'autostrada�A/31�(Comune�di�Thiene).�
8.�^Ritenendo�che�la�Repubblica�italiana�fosse�venuta�meno�agli�obblighi�che�ad�essa�
incombono�in�forza�della�direttiva�93/37,�la�Commissione�ha�avviato�nei�confronti�di�tale�
Stato�membro�il�procedimento�per�inadempimento�di�cui�all'art.�226�CE.�
9.�^Dopo�aver�indirizzato�a�tale�Stato,�in�data�18�ottobre�2002,�una�lettera�di�costitu-
zione�in�mora�alla�quale�le�autorita�italiane�non�hanno�risposto,�la�Commissione,�in�data�
11�luglio�2003,�ha�emesso�un�parere�motivato,�invitando�tale�Stato�membro�ad�adottare�le�
misure�necessarie�per�conformarvisi�entro�due�mesi�a�decorrere�dalla�sua�notifica.�Poiche�le�
autorita�italiane�non�hanno�dato�seguito�a�tale�parere,�la�Commissione�ha�deciso�di�intro-
durre�il�presente�ricorso.�
10.�^Con�ordinanza�19�ottobre�2004�del�presidente�della�Corte,�le�cause�C-187/04�
e�C-188/04�sono�state�riunite�ai�fini�dell'eventuale�fase�orale�del�procedimento�e�della�
sentenza.�
SuI 
ricorsI 
Argomenti 
delle 
parti 


11.�^A�sostegno�dei�suoi�ricorsi,�la�Commissione�fa�valere�che�le�concessioni�relative�
alla�costruzione�e�alla�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�
Veneta�Ovest�affidate�alla�societa�concessionaria�rientrano�nell'art.�1,�lett.�d),�della�direttiva�
93/37.�Essa�sostiene�inoltre�che�le�autostrade�oggetto�dei�lavori�di�cui�trattasi�costituiscono�
opere�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�detta�direttiva.�
12.�^Dopo�aver�ricordato�che�il�costo�dei�contratti�di�costruzione�e�di�gestione�delle�
autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta�Ovest�supera�ampiamente�il�limite�
stabilito�dalla�direttiva�93/37,�la�Commissione�fa�valere�che�i�detti�contratti�avrebbero�
dovuto�costituire�oggetto�di�pubblicazione�nella�Gazzetta 
uf
fficiale 
delle 
Comunita� 
europee,�
ai�sensi�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7,�della�direttiva�93/37.�
13.�^Il�governo�italiano�fa�presente,�in�primo�luogo,�che,�secondo�l'interpretazione�delle�
disposizioni�nazionali�pertinenti,�i�lavori�consistenti�nell'ammodernamento,�nell'amplia-
mento�o�nel�completamento�delle�autostrade�in�funzione,�quali,�tra�l'altro,iraccordiauto-
stradali�e�i�collegamenti�tra�le�varie�autostrade,�costituiscono�opere�che�rientrano�negli�inter-
venti�ricompresi�nel�normale�esercizio�della�concessione�originaria.�Pertanto,�la�direttiva�
93/37�non�troverebbe�applicazione.�
14.�^In�secondo�luogo,�esso�fa�valere�che�solo�mediante�la�razionalizzazione�e�l'assorbi-
mento�di�una�parte�dei�costi�da�parte�della�societa�concessionaria,�il�cui�azionariato�e�costi-
tuito�prevalentemente�da�enti�locali,�e�possibile�procedere�all'investimento�necessario�alla�
realizzazione�dei�raccordi�autostradali�di�cui�trattasi.�
15.�^A�tal�riguardo,�il�governo�italiano�sostiene�che,�se�i�raccordi�di�cui�trattasi�costi-
tuissero�oggetto�di�una�concessione�autonoma,�questa�non�consentirebbe�il�recupero�dei�
costi�di�investimento,�qualunque�fosse�la�durata�della�concessione�prevista.�Di�conseguenza,�
un�eventuale�bando�di�gara�per�l'attribuzione�della�concessione�autonoma�nella�presente�fat-
tispecie�si�tradurrebbe�nell'assenza�di�concorrenti�o�porterebbe�al�fallimento�dell'aggiudicata-
rio�della�concessione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

16.�^In�terzo�luogo,�tale�governo�contesta�la�qualificazione�dei�lavori�relativi�ai�raccordi�
autostradali�di�cui�e�causa�come�opera�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�direttiva�93/37,�in�
quanto�l'infrastruttura�autostradale�di�cui�trattasi�sarebbe�priva�di�una�funzione�tecnica�ed�
economica�autonoma.�
17.�^Per�quanto�riguarda�l'argomento�del�governo�italiano�secondo�cui�la�realizzazione�
dei�raccordi�autostradali�rientrerebbe�nell'esercizio�delle�concessioni�originarie,�la�Commis-
sione�fa�valere�che,�in�quanto,�nella�fattispecie,�l'amministrazione�aggiudicatrice�ha�rinego-
ziato�la�concessione�originaria�approvando�anche�un�nuovo�piano�finanziario,ilavoridi�
cui�trattasi�non�possono�essere�qualificati�come�semplici�interventi�rientranti�nelle�conces-
sioni�originarie,�poiche�queste�ultime�sono�state�sostituite�da�nuove�concessioni.�
18.�^Per�quanto�riguarda�la�nozione�di��opera��ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�c),�della�diret-
tiva�93/37,�e�piu�in�particolare�la�funzione�tecnica�o�economica�autonoma�che�quest'opera�
dovrebbe�esplicare�di�per�se�,la�Commissione�precisa,da�unlato,che�la�funzione�tecnica�
autonoma�non�comporta�necessariamente�che�l'opera�sia�priva�di�connessioni�con�altre�
opere�e,�dall'altro,�che�la�funzione�economica�deve�riferirsi�all'opera�stessa�e�non�alla�sua�
gestione.�Pertanto,�la�mancanza�di�remunerativita�della�concessione,�derivante�dalla�deci-
sione�dell'amministrazione�aggiudicatrice�di�imporre�tariffe�che�consentonosolodisostenere�
il�costo�di�manutenzione�della�detta�opera,�non�potrebbe�giustificare�il�mancato�rispetto�
delle�norme�di�pubblicita�.�
Giudizio 
della 
Corte 


19.^Dall'art.3,n.�1,delladirettiva93/37risultachelenormedipubblicita�relativeagli�
appalti�di�lavori�si�applicano�anche�nel�caso�in�cui�le�amministrazioni�aggiudicatrici�conclu-
dono�un�contratto�di�concessione�di�lavori�pubblici.�
20.�^In�via�preliminare,�occorre�rilevare�che,�ai�sensi�dell'art.�1,�lett.�a)e�d),�della�diret-
tiva�93/37,�una�concessione�di�lavori�pubblici�e�un�contratto�a�titolo�oneroso,�concluso�in�
forma�scritta�tra,�da�un�lato,�un�imprenditore�e,�dall'altro,�un'amministrazione�aggiudicatrice�
definita�nello�stesso�articolo�sub 
b),�e�avente�per�oggetto�l'esecuzione�di�un�certo�tipo�di�
lavori,�la�cui�controprestazione�consiste�nel�diritto�di�gestire�l'opera�o�in�tale�diritto�accom-
pagnato�da�un�prezzo.�
21.�^Orbene,�occorre�constatare,�in�primo�luogo,�che,�nella�fattispecie,�alla�societa�con-
cessionaria�e�stato�accordato,�come�controprestazione�della�costruzione�di�raccordi�autostra-
dali,�il�diritto�di�gestire�l'opera�e�di�riscuotere�un�pedaggio�da�parte�degli�utenti.�Di�conse-
guenza,�i�contratti�di�cui�trattasi�costituiscono��concessioni�di�lavori�pubblici��ai�sensi�del-
l'art.�1,�lett.�d),�della�direttiva�93/37.�
22.�^In�secondo�luogo,�in�relazione�al�loro�valore,�e�pacifico�che�i�contratti�relativi�alla�
costruzione�e�alla�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta�
Ovest�rientrano�nel�campo�di�applicazione�della�direttiva�93/37.�
23.�^In�terzo�luogo,�per�quanto�riguarda�gli�argomenti�del�governo�italiano�secondo�
cui,�da�un�lato,�in�forza�delle�disposizioni�nazionali�pertinenti,�i�lavori�di�cui�trattasi�sareb-
bero�opere�che�rientrano�negli�interventi�compresi�nel�normale�esercizio�della�concessione�
originaria�ai�quali�non�si�applicherebbe�la�direttiva�93/37,�e,�dall'altro,�un�eventuale�bando�
di�gara�per�l'attribuzione�della�concessione�autonoma�si�sarebbe�tradotto�in�una�mancanza�
di�concorrenti,�occorre�ricordare�che�si�puo�far�ricorso�alla�procedura�negoziata�senza�pub-
blicazione�preliminare�di�un�bando�di�gara�solo�nei�casi�tassativamente�elencati�all'art.�7,�
n.�3,�di�tale�direttiva.�
24.�^A�tal�riguardo�occorre�rilevare�che,�secondo�una�giurisprudenza�costante,�le�dispo-
sizioni�di�una�direttiva�che�autorizzano�deroghe�alle�norme�miranti�a�garantire�l'efficacia�
dei�diritti�conferiti�dal�Trattato�nel�settore�degli�appalti�di�lavori�pubblici�devono�essere�
interpretate�restrittivamente�e�che�l'onere�di�dimostrare�l'effettiva�sussistenza�delle�circo-
stanze�eccezionali�che�giustificano�una�deroga�grava�su�colui�che�intenda�avvalersene�(sen-
tenze�18�maggio�1995,�causa�C-57/1994,�Commissione/Italia,�Racc.�pag.�I-1249,�punto�23;�
28�marzo�1996,�causa�C-318/1994,�Commissione/Germania,�Racc.�pag.�I-1949,�punto�13,�e�
13�gennaio�2005,�causa�C-84/03,�Commissione/Spagna,�Racc.�pag.�I-139,�punto�48).�
25.�^Ora,�il�governo�italiano�non�ha�dimostrato�l'esistenza�di�una�situazione�che�giusti-
ficasse�l'applicazione�di�una�delle�eccezioni�previste�dalla�direttiva�93/37,inparticolare�di�
quelle�che�figurano�all'art.�7,�n.�3,�lett.�a)e�d),�della�stessa.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^le�decisioni�

26.�^In�quarto�luogo,�dall'art.�1,�lett.�c),�della�direttiva�93/37�risulta�che�l'esistenza�di�
un'opera�dev'essere�valutata�in�relazione�alla�funzione�economica�o�tecnica�del�risultato�dei�
lavori�effettuati.�
27.�^Ora,�come�rileva�il�governo�italiano,�la�costruzione�e�la�gestione�di�due�nuovi�rac-
cordi�autostradali�sono,�da�un�punto�di�vista�tecnico,�destinate�a�collegare�le�zone�scelte�al�
fine�di�risolvere�i�gravi�problemi�di�viabilita�cui�devono�far�fronte�i�comuni.�Il�risultato�del-
l'insieme�dei�lavori�di�genio�civile�di�cui�trattasi�esplica�quindi�di�per�se�la�funzione�tecnica.�
28.�^Per�quanto�riguarda�la�funzione�economica�cui�fa�riferimento�la�direttiva�93/37,�
occorre�constatare�che�un�concessionario�di�autostrada,�in�quanto�mette�a�disposizione�degli�
utenti�contro�un�corrispettivo�un'infrastruttura�autostradale,�svolge�un'attivita�economica�
(v.,�in�tal�senso,�sentenza�12�settembre�2000,�causa�C-276/1997,�Commissione/Francia,�Racc.�
pag.�I-6251,�punto�32).�La�mancanza�di�una�redditivita�autonoma�delle�concessioni�di�cui�e�
causa�non�e�tale�da�privare�l'insieme�dei�lavori�di�cui�trattasi�del�carattere�di�opera�ai�sensi�
della�direttiva�93/37.�
29.^In�ogni�caso,affinche�il�risultato�dei�lavori�possa�essere�qualificato�come�opera�ai�
sensidell'art.�1,lett.c),delladirettiva93/37,e�sufficientechesiaesplicataunadelleduefun-
zioni�sopra�menzionate.�

30.�^Da�quanto�precede�risulta�che�le�censure�della�Commissione�sono�fondate.�
31.�^In�tale�contesto,�occorre�constatare�che,�in�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�ha�affi-
dato�la�costruzione�e�la�gestione�delle�autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�
Veneta�Ovest�alla�societa�concessionaria�mediante�concessioni�dirette�non�precedute�da�pub-
blicazione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�ita-
liana�e�venuta�meno�agli�obblighi�che�ad�essa�incombono�in�forza�della�direttiva�93/37,�e�
piu�in�particolare�dei�suoi�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7.�
SullE 
spesE 


32.�^Ai�sensi�dell'art.�69,�n.�2,�del�regolamento�di�procedura,�la�parte�soccombente�e�
condannata�alle�spese�se�ne�e�stata�fatta�domanda.�Poiche�la�Commissione�ne�ha�fatto�
domanda,�la�Repubblica�italiana,�rimasta�soccombente,�va�condannata�allespese.�
Per�questi�motivi,�la�Corte�(Seconda�Sezione)�dichiara�e�statuisce:�
1)�In�quanto�l'ente�pubblico�ANAS�S.p.A.�ha�affidato�la�costruzione�e�la�gestione�delle�

autostrade�della�Valtrompia�e�della�Pedemontana�Veneta�Ovest�alla�Societa�per�l'autostrada�

Brescia-Verona-Vicenza-PadovaS.p.A.�medianteconcessionidirettenonprecedutedapubblica


zione�di�un�bando�di�gara,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti,�la�Repubblica�italiana�e�

venutamenoagliobblighicheadessaincombono�inforzadelladirettivadelConsiglio14giugno�

1993,�93/37/CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�pubblici�di�lavori,�

epiu�in�particolare�degli�artt.�3,�n.�1,�e�11,�nn.�3,�6�e�7�di�quest'ultima.�

2)�La�Repubblica�italiana�e�condannata�alle�spese�.�


IGIUDIZIAINACORSOA
CORTEGIUSTIZIACE
IGIUDIZIAINACORSOA
CORTEGIUSTIZIACE
Causa 
C-123/04 
e 
C-124/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Arricchim
ento 
dell'uranio 
^Impresa 
avente 
sede 
fuori 
dal 
territorio 
comunitario 
^Obblighi 
di 
notifica 
nei 
confronti 
della 
Agenzia 
per 
l'approvvigionam
ento 
dell'EURATOM 
^Violazione 
^Materie 
fissili 
speciali 
^Diritto 
di 
utilizzazione 
di 
consumo 
^Articolo�75�CEEA�^Articolo�86�CEEA�^
Articolo�87�CEEA�^Articolo�196�CEEA�^Ordinanza�dell'�Oberlande-
sgericht�Oldenburg�(Germania)�del�17�dicembre�2003�(cs.�35096/04,�
avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�in�un�giudizio�nel�quale�si�

controverte�del�diritto�alla�riconsegna�di�piu�cilindri�di�uranio�arricchito,�

stoccati�presso�una�delle�parti,�che�sono�stati�oggetto�di�pignoramento�da�

parte�di�altro�soggetto.�

IquesitI 


1.�^Se�nelle�espressioni��trattamento,�trasformazione�e�formattazione��
di�cui�all'art.�75,�primo�comma,�del�Trattato�CEEA,�sia�ricompreso�anche�

l'arricchimento�dell'uranio.�

2.�^Se�un'impresa�avente�sede�al�di�fuori�del�territorio�della�CEEA�
svolga�interamente�o�in�parte�le�sue�attivita�,�ai�sensi�dell'art.�196,�lett.�b),�

del�Trattato�CEEA,�nel�territorio�della�Comunita�Euratom,�qualora�intrat-

tenga�con�un'impresa�avente�sede�nel�territorio�della�Comunita�Euratom�

una�relazione�d'affari�concernente:�
a) 
la�consegna�di�materie�prime�per�la�produzione�di�uranio�arricchito�e�

l'acquisizione�di�uranio�arricchito�presso�l'impresa�avente�sede�nel�territorio�

della�Comunita�Euratom;�
b) 
il�relativo�stoccaggio�presso�un'altra�impresa�avente�sede�nel�territo-

rio�della�Comunita�Euratom.�

3.a.�^Se,�a�prescindere�dalle�variazioni�fisiche�dovute�alla�trasforma-
zione,�l'art.�75,�primo�comma,�lett.�e),�del�Trattato�CEEA�presupponga�l'i-

dentita�tra�i�materiali�consegnati�per�il�trattamento,�la�trasformazione�o�la�

formattazione�e�quelli�successivamente�riconsegnati.�

3.b.�^Se�sia,�invece,�sufficiente�che�i�materiali�lavorati�corrispondano,�
per�qualita�e�quantita�,�ai�materiali�consegnati.�

3.c.�^Se�l'applicazione�dell'art�75,�primo�comma,�lett.�e),�del�Trattato�
CEEA�resti�esclusa�qualora�ai�materiali�riconsegnati�non�possa�essere�ricolle-

gato�alcun�materiale�consegnato�dal�destinatario;�

3.d.�^Se�l'applicazione�dell'art.�75,�primo�comma,�lett.�e) 
resti�esclusa�
qualora�l'impresa�che�procede�alla�lavorazione�con�la�consegna�delle�materie�

prime�ne�acquisisca�la�proprieta�e�debba�pertanto�ritrasferire�all'altro�con-

traente�la�proprieta�dell'uranio�arricchito,�dopo�la�lavorazione.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�77 


4.a.�^Se�l'applicazione�dell'art.�75�del�Trattato�CEEA�resti�esclusa�qua-
lora�le�persone�o�le�imprese�interessate�non�soddisfino�i�loro�obblighi�di�noti-

fica�nei�confronti�dell'Agenzia�per�l'approvvigionamento�dell'Euratom�ai�

sensi�dell'art.�75,�secondo�comma,�del�Trattato�CEEA.�

4.b.�^Se�la�violazione�degli�obblighi�di�notifica�nei�confronti�dell'Agen-
zia�per�l'approvvigionamento�Euratom,�ex 
art.�75,�secondo�comma,�del�Trat-

tato�CEEA,�risulti�sanata�qualora�le�persone�o�le�imprese�interessate�adem-

piano�a�posteriori�il�loro�obbligo�di�notifica,�ovvero�qualora�l'Agenzia�venga�

successivamente�a�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo.�

5.a.�^Se�il�fatto�che�i�soggetti�contraenti�non�abbiano�raccolto�il�neces-
sario�preventivo�consenso�della�Commissione�delle�Comunita�europee�impli-

chi�l'inefficacia�di�un�accordo�o�di�una�convenzione�ai�sensi�dell'art.�73�del�

Trattato�CEEA.�

5.b.�^Se�l'inefficacia�del�negozio�possa�eventualmente�essere�sanata�qua-
lora�le�persone�o�le�imprese�interessate�ottengano�a�posteriori�il�consenso,�

ovvero�qualora�gli�organismi�della�Comunita�Euratom�rimangano�inerti�

dopo�aver�avuto�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo.�

6.a.�^Se�sia�vietato�disporre�dei�materiali,�nel�senso�dell'art.�57,�primo�
comma,�del�Trattato�CEEA,�qualora�il�produttore�interessato�non�abbia�sod-

disfatto�il�suo�obbligo�di�offerta�a�favore�dell'Agenzia�per�l'approvvigiona-

mento�Euratom�di�cui�all'art.�57,�n.�2,�secondo�comma,�del�Trattato�CEEA.�

6.b.�^Se�la�violazione�dell'obbligo�di�offerta�ex 
art.�57,�n.�2,�secondo�
comma,�del�Trattato�CEEA�nei�confronti�dell'Agenzia�per�l'approvvigiona-

mento�Euratom�possa�sanarsi�nel�caso�in�cui�il�produttore�abbia�soddisfatto�

successivamente�il�suo�obbligo�di�offerta,�ovvero�l'Agenzia�venga�successiva-

mente�a�conoscenza�del�negozio�in�altro�modo�e�non�si�avvalga�del�suo�

diritto�di�opzione�per�l'acquisto.�

7.�^Se�il�concetto�di�produzione�di�cui�all'art.�86�del�Trattato�CEEA�
comprenda�anche�l'arricchimento�di�uranio.�

8.�^Se�l'uranio�greggio�e�l'uranio�a�debole�arricchimento�siano��materie�
fissili�speciali��ai�sensi�dell'art.�197,�n.�1,�ultimo�periodo,�del�Trattato�CEEA.�

9.a.�^Se�i�materiali�che�sono�divenuti�proprieta�della�Comunita�Eura-
tom,�ai�sensi�dell'art.�86,�primo�comma,�del�Trattato�CEEA,�possono�essere�

sottoposti�al�regime�della�proprieta�di�diritto�civile�ai�sensi�del�paragrafo�

903�del�BGB,�per�quanto�riguarda�la�costituzione�e�il�trasferimento�del�

diritto�

9.b.�^Se�l'illimitato�diritto�di�utilizzazione�e�di�consumo,�che�residua�a�
favore�degli�aventi�diritto�in�forza�dell'art.�87�del�Trattato�CEEA,�vada�consi-

derato�come�un�diritto�reale�sui 
generis 
identico�o�simile�al�diritto�di�pro-

prieta�accanto�ai�diritti�reali�contemplati�dal�codice�civile�della�Repubblica�

federale�di�Germania.�
10.�^Se�il�fatto�che�un'impresa�ceda�od�acquisti�uranio�arricchito�stoc-

cato�nel�territorio�degli�Stati�membri�della�Comunita�Euratom�implichi�che�

essa�svolge�in�tale�territorio�una�parte�delle�sue�attivita�ai�sensi�dell'art.�196,�

lett.�b),�del�Trattato�CEEA.�

11.�^Se�l'art.�73�del�Trattato�CEEA�vada�applicato�per�analogia�anche�a�
convenzioni�che�hanno�ad�oggetto�l'uranio�arricchito�stoccato�nel�territorio�

della�Comunita�Euratom,�ma�alle�quali�partecipano�esclusivamente�soggetti�
appartenenti�a�Stati�terzi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
C-229/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Diritti 
del 
consuma-
tore 
^Contratti 
a 
domicilio 
^Mutuo 
immobiliare 
^Direttiva�
85/577/CEE�^Ordinanza�del��Verwaltungsgerichtshoof� 
(Austria),�noti-
ficata�il�21�luglio�2004�(cs.�39035/04,�avv.�dello�Stato�D.�Del�Gaizo).�

IL 
fattO 


La�ricorrente�nelle�tre�cause�principali,�una�banca�popolare,�richiede�ai�
convenuti�nelle�cause�principali�il�rimborso�dei�mutui�da�essa�rispettivamente�
loro�concessi�per�l'acquisto�di�miniappartamenti�in�una��Boarding-House� 
(residence)�a�Steinenbronn,�nei�pressi�di�Stoccarda.�

IquesitI 


1.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�1,�n.�1,�della�direttiva�85/577/CEE,�
subordinare�i�diritti�del�consumatore,�in�particolare�il�suo�diritto�di�recesso,�
non�solo�alla�condizione�che�il�contratto�sia�stato�stipulato�a�domicilio,�ai�
sensi�dell'art.�1,�n.�1,�della�direttiva,�bens|�anche�ad�altri�criteri�di�imputabi-
lita�aggiuntivi,�come�quello�del�consapevole�coinvolgimento�di�un�terzo�da�
parte�del�commerciante�nella�conclusione�del�contratto�o�quello�della�negli-
genza�del�commerciante�con�riguardo�alla�condotta�del�terzo�nella�stipula-
zione�di�contratti�a�domicilio.�
2.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5,�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il�
fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario,�che�abbia�
non�solo�stipulato�il�contratto�di�mutuo�a�domicilio,�ma�che,�contemporanea-
mente�e�sempre�a�domicilio,�abbia�ordinato�che�il�versamento�del�capitale�
avvenisse�su�un�conto�praticamente�sottratto�alla�sua�disponibilita�,�in�caso�
di�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�al�mutuante�l'importo�mutuato.�
3.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5,�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il�
fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario�^sempre�che�
a�seguito�del�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�l'importo�mutuato�^debba�rim-
borsare�tale�importo�non�alle�scadenze�rateali�pattuite�nel�contratto�bens|�
immediatamente�ed�in�un'unica�soluzione.�
4.�^Se�sia�compatibile�con�l'art.�5.�n.�2,�della�direttiva�85/577/CEE�il�
fatto�che,�nell'ambito�di�un�mutuo�immobiliare,�il�mutuatario�^sempre�che�
a�seguito�del�recesso�sia�tenuto�a�rimborsare�l'importo�mutuato�^debba�
anche�versare�gli�interessi�al�tasso�di�mercato.�
Causa 
C-231/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Impossibilita� 
di 
utiliz-
zare 
la 
denominazione 
�Tocai 
friulano� 
e 
�Tocai 
italico� 
dopo 
il 
31 
marzo 
2007 
a 
causa 
degli 
accordi 
intervenuti 
fra 
le 
Comunita� 
europee 
e 
la 
Repubblica 
di 
Ungheria 
del 
1991 
e 
del 
1993, 
come 
recepiti 
in 
diritto 
comu-
nitario 
^Regolamento�(CEE)�n.�753/2002�^Ordinanza�del�TAR�per�il�
Lazio�23�febbraio�2004�(ct�42806/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


Si�impugna�il�decreto�delle�Ministero�per�le�politiche�agricole�forestali�
26�settembre�2002�concernente��Condizioni�nazionali�per�l'utilizzo,�in�deroga�
al�disposto�nell'articolo�19�paragrafo�1�lettera�c) 
del�Regolamento�(CE)�

n.�753/2002,�dei�nomi�di�varieta�di�vite�e�dei�loro�sinonimi�comprendenti�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�79 


una�indicazione�geografica,�elencati�nell'allegato�II�del�citato�regolamento,�
che�possono�figurare�nelle�etichettature�dei�VQPRD�e�vini�IGT�italiani�,�
nella�parte�in�cui�nell'allegato�I,�per�il�Tocai�friulano�e�il�Tocai�italico�con-
sente�la�deroga�in�misura�limitata,�fino�al�31�marzo�2007,�secondo�l'accordo�
tra�l'Unione�europea�e�la�Repubblica�di�Ungheria.�

IquesitI 


1.�^Se�l'Accordo�europeo�istituente�un'associazione�tra�la�Comunita��
Europea,�gli�Stati�membri�e�la�Repubblica�d'Ungheria,�stipulato�il�16�dicem-
bre�1991�(Guce 
L�347�del�31�dicembre�1993)�possa�costituire�una�base�giuri-
dica�legittima,�valida�e�sufficiente�per�conferire�alla�Comunita��europea�il�
potere�di�adottare�l'�Accordo�comunitario�sulla�tutela�delle�denominazioni�
dei�vini�concluso�il�29�novembre�1993�(Guce 
L�337�del�31�dicembre�1993)�tra�
la�Comunita��europea�e�la�Repubblica�d'Ungheria;�e�cio��anche�con�riferi-
mento�a�quanto�previsto�all'art.�65,�part.�1,�della�dichiarazione�comune�
n.�13�e�all'Allegato�XIII�(punti�3,4�e�5)�dell'Accordo�europeo�del�1991�circa�
l'eventuale�riserva�di�sovranita��e�competenza�dei�singoli�Stati�in�materia�di�
denominazioni�geografiche�nazionali�riferite�ai�propri�prodotti�agroalimen-
tari,�compresi�i�prodotti�vitivinicoli,�escludendo�qualsiasi�trasferimento�di�
sovranita��e�competenza�in�tale�materia�alla�Comunita��Europea.�
2.�^Se�l'Accordo�comunitario�sulla�tutela�delle�deonominazioni�dei�vini,�
concluso�il�29�novembre�1993�tra�la�Comunita��europea�e�la�Repubblica�
d'Ungheria�(Guce 
L�337/1993),�disciplinando�la�tutela�delle�denominazioni�
geografiche�rientranti�nella�materia�della�proprieta��industriale�e�commer-
ciale,�anche�alla�luce�di�quanto�affermato�nel�Parere�n.�1/1994�della�Corte�
di�giustizia�della�Comunita��europea�in�ordine�alla�competenza�esclusiva�della�
CE,�debba�essere�dichiarato�invalido�ed�inefficace�per�l'ordinamento�comuni-
tario,�considerato�che�non�risulta�ratificato�l'Accordo�medesimo�da�parte�
dei�singoli�Stati�membri�della�Comunita��europea�
3.�^Nel�caso�in�cui�si�dovesse�considerare�legittimo�ed�applicabile�nel�
suo�complesso�l'Accordo�comunitario�del�1993�(Guce 
L�337/1993),�se�il�
divieto�di�utilizzare�in�Italia�dopo�il�2007�la�denominazione��Tocai�,�che�si�
ricava�dalle�lettere�scambiate�fra�le�parti�a�conclusione�dell'Accordo�mede-
simo�(e�ad�esso�allegate)�debba�ritenersi�invalido�ed�inefficace�perche�in�con-
trasto�con�la�disciplina�delle�denominazioni�omonime�stabilito�dallo�stesso�
Accordo�del�1993�(cfr.�art.�4,�par.�5�e�Protocollo�allegato�all'Accordo).�
4.�^Se�la�Seconda�Dichiarazione�Comune�allegata�all'Accordo�del�1993�
(Guce 
L�337/1993),�da�cui�si�deduce�che�le�parti�contraenti�non�erano�al�cor-
rente,�al�momento�dei�negoziati,�dell'esistenza�di�denominazioni�omonime�
relative�ai�vini�europei�ed�ungheresi�debba�essere�considerata�una�rappresen-
tazione�sicuramente�errata�della�realta��(visto�che�le�denominazioni�italiane�
ed�ungheresi�riferite�ai�vini��Tocai��esistevano�e�convivevano�da�secoli,�erano�
state�ufficialmente�riconosciute�nel�1948�in�un�Accordo�tra�l'Italia�e�l'Unghe-
ria�ed�erano�entrate�da�ultimo�nella�normativa�comunitaria�)�cos|��da�costi-
tuire�una�causa�di�nullita��della�parte�dell'Accordo�del�1993�da�cui�deriva�il�
divieto�di�utilizzare�in�Italia�la�denominazione�Tocai,�sulla�base�dell'art.�48�
della�Convenzione�di�Vienna�sul�diritto�dei�Trattati.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

5.�^Se�alla�luce�dell'art.�59�della�Convenzione�di�Vienna�sul�diritto�dei�
Trattati,�l'Accordo�TRIP'S�sugli�aspetti�dei�diritti�di�proprieta�intellettuale�
attinenti�al�commercio�(Guce 
L�336�del�21�novembre�1994)�concluso�nel�qua-
dro�dell'Organizzazione�Mondiale�del�Commercio�(OMC-WTO)�ed�entrato�
in�vigore�il�1.�gennaio�1996�e�quindi�successivamente�all'entrata�in�vigore�del-
l'Accordo�comunitario�del�1993�(Guce 
L�337/1994),�debba�essere�interpretato�
nel�senso�che�le�sue�disposizioni,�riferite�alla�disciplina�delle�denominazioni�
omonime�dei�vini,�si�applicano�al�posto�di�quelle�dell'Accordo�comunitario�
del�1993�in�caso�di�incompatibilita�tra�le�medesime�considerata�l'identita�delle�
parti�dei�due�accordi.�
6.�^Se�gli�arti.�22-24�della�Sezione�Terza�dell'Allegato�C�del�Trattato�
istitutivo�dell'OMC�(WTO)�contenente�l'Accordo�TRIP'S�(Guce 
L�
336/1994),�entrato�in�vigore�il�1�gennaio�1996,�in�presenza�di�due�denomina-
zioni�omonime�riferite�ai�vini,�prodotti�in�due�diversi�Paesi�aderenti�all'Ac-
cordo�TRIP'S�(tanto�se�l'omonimia�riguarda�due�denominazioni�geografiche�
usate�in�entrambi�i�Paesi�aderenti�all'Accordo�quanto�se�riguarda�una�deno-
minazione�geografica�di�un�Paese�aderente�e�l'omonima�denominazione�rife-
rita�ad�un�vitigno�tradizionalmente�coltivato�nell'altro�Paese�aderente)deb-
bano�essere�interpretati�nel�senso�che�entrambe�le�denominazioni�possono�
continuare�ad�essere�utilizzate�in�futuro�purche�siano�state�usate�in�passato�
dai�rispettivi�produttori�o�in�buona�fede�o�per�almeno�10�anni�prima�del�
15�aprile�1994�(art.�24�parag.�4)�e�ciascuna�denominazione�indichi�chiara-
mente�il�Paese�o�la�regione�o�la�zona�da�cui�proviene�il�vino�tutelato�in�modo�
da�non�ingannare�i�consumatori.�
7.�^Se�il�diritto�di�proprieta�di�cui�all'art.�1�del�Protocollo�n.�1�della�
Convenzione�europea�dei�diritti�dell'uomo�(Convenzione�di�Roma�del�1950),�
e�ripreso�dall'art.�17�della�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�Europea�
proclamata�a�Nizza�il�7�ottobre�2000,�concerna�anche�la�proprieta�intellet-
tuale�relativamente�alle�denominazioni�di�origine�dei�vini�ed�il�suo�sfrutta-
mento,�e�conseguentemente�se�la�sua�tutela�osti�all'applicazione�di�quanto�
previsto�nello�scambio�di�lettere,�allegato�all'Accordo�tra�la�Comunita�euro-
pea�e�la�Repubblica�di�Ungheria,�sulla�tutela�ed�il�controllo�reciproci�delle�
denominazioni�dei�vini�(Guce 
L�337�del�31�dicembre�1994),�ma�non�ricom-
preso�nello�stesso,�in�base�al�quale�i�viticoltori�friulani�non�potranno�utiliz-
zare�la�denominazione��Tocai 
Friulano�,�in�considerazione�anche�della�totale�
assenza�di�ogni�forma�di�indennizzo�a�favore�dei�viticoltori�friulani�espro-
priati,�della�mancanza�di�un�interesse�generale�pubblico�che�giustifichi�l'e-
spropriazione,�del�mancato�rispetto�del�principio�di�proporzionalita�.�
8.�^Nel�caso�in�cui�venga�stabilita�l'illegittimita�delle�norme�comunitarie�
dell'Accordo�sulla�tutela�delle�denominazioni�dei�vini,�concluso�il�29�novem-
bre�1993�tra�la�Comunita�europea�e�la�Repubblica�d'Ungheria�(Guce 
L�
337/1993)�e/o�dell'allegato�scambio�di�lettere�nella�misura�evidenziata�nei�
precedenti�quesiti,�se�le�disposizioni�del�regolamento�Ce�n.�753/2002�in�base�
alle�quali�viene�eliminato,�l'utilizzo�della�denominazione��Tocai 
Friulano��
dopo�la�data�del�31�marzo�2007�(art.�19�II�comma)�debbano�essere�conside-
rate�invalide�e�comunque�inefficaci.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�81 


Cause�C-295-296-297-298/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Assicu


razione�contro�la�responsabilita�civile�auto�^Articolo�81�CE�^Ordinanza�

del�Giudice�di�Pace�di�Bitonto�del�30�giugno�2004�(avv.�dello�Stato�

M.�Fiorilli).�
IL 
fattO 


Con�provvedimenti�in�data�8�settembre�1999,�10�novembre�1999�e�3�feb-
braio�2000,�l'Autorita�garante�per�la�concorrenza�e�il�mercato�dichiarava�
che�diverse�compagnie�assicuratrici�avevano�posto�in�essere�un'intesa�vietata�
ai�sensi�dell'articolo�2�della�legge�287/1990.�Tali�provvedimenti�venivano�
sostanzialmente�confermati�dal�Consiglio�di�Stato�con�sentenza�n.�2199/02.�
In�seguito,�alcuni�clienti�delle�compagnie�assicurative�destinatarie�di�questi�
provvedimenti,�divenuti�definitivi,�hanno�citato�le�rispettive�compagnie�per�
sentirle�condannare�alla�restituzione�della�maggiorazione�dei�premi�a�loro�
danno�derivante�dall'intesa�illecita�di�cui�sopra.�Il�Giudice�di�Pace�di�Bitonto,�
dopo�avere�sciolto�preliminarmente�l'eccezione�di�incompetenza�ai�sensi�del-
l'articolo�33�della�legge�298/1990,�evidenziando�la�necessita�di�sciogliere�la�
pregiudiziale�interpretativa�se�tale�intesa�vietata�sia�rilevante,�oltre�che�sul�
piano�nazionale�(legge�298/1990),�anche�sul�piano�del�diritto�comunitario�
(articolo�81�CE)�al�fine�di�dedurne�la�previsione�comunitaria�della�risarcibi-
lita�dei�consumatori,�ha�sottoposto�alla�Corte�di�giustizia�quattro�quesiti�
interpretativi.�

IquesitI 


1.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�
esso�commini�la�nullita�di�un'intesa�o�di�una�pratica�concordata�tra�compa-
gnie�di�assicurazione�consistente�nello�scambio�di�reciproche�informazioni�
tali�da�permettere�un�aumento�dei�premi�per�le�polizze�di�assicurazione�RC�
auto�non�giustificato�dalle�condizioni�di�mercato,�anche�in�considerazione�
della�partecipazione�all'accordo�o�alla�pratica�concordata�di�imprese�che�
appartengono�a�diversi�Stati�membri.�
2.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�
esso�legittimi�i�terzi,�portatori�di�interesse�giuridicamente�rilevante,afar�
valere�la�nullita�di�un'intesa�o�di�una�pratica�vietata�dalla�stessa�norma�
comunitaria�e�a�chiedere�il�risarcimento�dei�danni�subiti�ove�sussiste�nesso�
di�causalita�tra�l'intesa�con�la�pratica�concordata�ed�il�danno.�
3.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�
termine�di�prescrizione�dell'azione�risarcitoria�su�di�esso�fondata�debba�rite-
nersi�decorrere�dal�giorno�in�cui�l'intesa�o�la�pratica�concordata�e�stata�posta�
in�essere�oppure�dal�giorno�in�cui�l'intesa�o�la�pratica�concordata�e�
cessata.�
4.�^Se�l'articolo�81�del�Trattato�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�il�
giudice�nazionale,�ove�ravvisi�che�il�danno�liquidabile�in�base�al�proprio�
diritto�nazionale�sia�comunque�inferiore�al�vantaggio�economico�ricavato�
dall'impresa�danneggiante�parte�dell'intesa�o�della�pratica�concordata�vie-
tata,�debba�altres|�d'ufficio�liquidare�al�terzo�danneggiato�il��danno�puni-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tivo�,�necessario�a�rendere�il�danno�risarcibile�superiore�al�vantaggio�rica-
vato�dal�danneggiante,�al�fine�di�scoraggiare�la�posizione�in�essere�di�intese�

o�di�pratiche�concordate�vietate�dall'articolo�81�del�Trattato.�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�decreto�legge�18/03,�convertito�nella�legge�63/2003,�ha�escluso�dai�casi�
di�decisione�secondo�equita�da�parte�del�giudice�di�pace�le�cause�derivanti�
da�rapporti�giuridici�relativi�a�contratti�conclusi�secondo�le�modalita�di�cui�
all'articolo�1342�c.c.,�di�cui�fanno�parte�i�contratti�di�assicurazione.�

Il�Governo�italiano�e�intervenuto�nella�fase�scritta�deducendo:�

�2.-Il�giudice�remittente�ritiene�che�alla�rilevata�intesa�anticoncorren-
ziale�trovi�applicazione�diretta�e�immediata�l'art.�81�C.E.�E�cio�in�quanto,�
avendo�partecipato�all'intesa�anche�imprese�comunitarie,�la�violazione�ha�
avuto�rilevanza�sull'intero�territorio�dell'Unione�Europea,�senza�limitazioni�
al�mercato�interno�italiano.�L'assunto�e�destituito�di�fondamento.�Invero,�al�
fine�di�ricondurre�una�fattispecie�anticoncorrenziale�all'ambito�della�disci-
plina�interna�ovvero�di�quella�comunitaria,�la�giurisprudenza�interna�e�quella�
comunitaria�hanno�individuato,�con�specifico�riferimento�nel�caso�di�intese�
vietate,�una�serie�di�criteri�che�vanno�al�di�la�del�criterio�semplicisticamente�
richiamato�dall'emittente�per�spaziare�ad�una�analisi�delle�dimensioni�o�degli�
effetti�della�condotta�stessa�in�relazione�alla�concorrenza�all'interno�dell'U-
nione�e,�quindi,�dei�vari�Stati�membri.�Per�pregiudicare�il�commercio�fra�
Stati�membri,�un�accordo�o�pratica�concordata�tra�imprese�deve�consentire�
di�prevedere�con�sufficiente�grado�di�probabilita�,�in�base�ad�un�insieme�di�ele-
menti�oggettivi�di�fatto�o�di�diritto,�che�esso�sia�atto�ad�incidere�direttamente�

o�indirettamente,�effettivamente�o�potenzialmente,�sui�flussi�commerciali�fra�
Stati�membri,�in�modo�da�potere�nuocere�alla�realizzazione�degli�obiettividi�
un�mercato�unico�fra�Stati�(v.�sentenza�11�luglio�1985,�causa�C�42/1984,�
Remia,�punto�22).�Dunque,�il�pregiudizio�per�gli�scambi�intracomunitari�
deriva�in�generale�dalla�combinazione�di�diversi�fattori�(tra�cui�anche�quello�
della�quota�di�mercato�coinvolta)�che,�considerati�isolatamente,�non�sono�
necessariamente�determinanti�(v.�sentenza�15�dicembre�1994,�causa�
C-250/1992,�DLG,�punto�54,�e�sentenza�21�gennaio�1999,�C-215/1996,�
Bagnasco,�punto�47).�Alla�luce�di�queste�considerazioni,�quando�l'ambito�
geografico�del�mercato�e�limitato�al�territorio�di�uno�Stato�membro,�come�
nel�caso�di�specie,�se�l'intesa�o�la�pratica�e�posta�in�essere�unicamente�in�tale�
Stato,�la�giurisprudenza�e�dell'avviso�che�gli�effetti�si�producono�essenzial-
mente�nel�medesimo,�anche�se,�per�ipotesi,�l'intesa�o�la�pratica�fosse�idonea�
ad�incidere�sul�commercio�fra�Stati�membri�(cfr.�XXIV�Relazione�della�Com-
missione�sulla�politica�della�concorrenza).�
A�cio�si�aggiunga�che�l'ambito�spaziale�di�validita�delle�tariffe�praticate�
dalle�imprese�di�Paesi�U.E.��stabilite��era�rigorosamente�circoscritta�al�terri-
torio�italiano,�senza�essere�estensibile�allo�Stato�d'origine�o�ad�altri�Stati�
membri�in�cui�essa�era�stabilita.�

In�questa�ottica,�si�palesano�tutti�i�limiti�della�ricostruzione�del�giudice�
remittente,�il�quale,�nel�ritenere�la�fattispecie�riconducibile�all'ambito�comu-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�83 


nitario,�ha�omesso�di�considerare�tutti�i�profili�problematici�della�stessa,�
basando�il�suo�giudizio�sulla�sola�circostanza�della�partecipazione�all'intesa�
di�imprese�di�altri�Stati�membri.�

3.-Sotto�un�profilo�formale,�si�osserva�che�e�la�stessa�legge�10�ottobre�
1990,�n.�287,�al�cui�ambito�e�da�ricondursi�la�valutazione�del�caso�di�specie,�
a�negare�ogni�validita�alla�pretesa�di�fare�riferimento,�per�una�corretta�inter-
pretazione�dell'articolo�33�della�stessa�(contenuto�nel�titolo�VI�di�tale�legge),�
a�normative�diverse�da�quella�italiana.�Mentre,�infatti,�con�riguardo�al�primo�
titolo�della�legge�in�esame,�l'articolo�1,�comma�4,�di�questa,�prevede�che�l'in-
terpretazione�delle�norme�contenute�nel��presente�titolo��(cioe�degli�articoli�
da�1�a�9)�e�effettuata�in�base�ai�principi�dell'ordinamento�delle�Comunita�
europee�in�materia�di�disciplina�della�concorrenza,�analogo�principio�none�
ribadito�con�riguardo�all'interpretazione�degli�altri�titoli�della�stessa�legge,�
fra�i�quali�e�ricompreso�l'articolo�33.�

Se�cos|�e�,�la�scelta�sulla�attribuzione�della�competenza�a�conoscere�le�
controversie�de 
quibus 
alla�Corte�di�appello�ovvero�al�giudice�individuato�
secondo�il�valore�della�domanda�deriva�non�gia�dal�diverso�modo�di�inten-
dere�la�tutela�della�concorrenza�e�del�mercato,�come�il�giudice�remittente�
sostiene�nell'ordinanza,�ma�esclusivamente�dalla�organizzazione�giudiziaria�
dei�singoli�Stati.�

Quest'ultima�risulta�non�conforme�alla�normativa�comunitaria�soltanto�
ove,�diversamente�dal�caso�di�specie,�sia�contraria�al�principio�di�equivalenza,�
in�virtu�del�quale�le�modalita�processuali�applicabili�in�relazione�a�situazioni�
giuridiche�riconosciute�in�ambito�comunitario�non�devono�essere�meno�favo-
revoli�di�quelle�che�riguardano�ricorsi�analoghi�di�natura�interna,�ovverosi�
ponga�in�contrasto�col�principio�di�effettivita�,�il�quale�esige�che�le�modalita�
procedurali�per�far�valere�una�situazione�di�origine�comunitaria�non�rendano�
in�pratica�impossibile�o�eccessivamente�difficile�l'esercizio�dei�relativi�diritti.�

Cos|�,�contrarie�a�questi�principi�potrebbero�essere�ragionevolmente�rite-
nute�norme�che�riducono�i�termini�per�far�valere�in�giudizio�dette�situazioni�
ovvero�altri�incombenti�che�si�risolvono�in�una�sostanziale�riduzione�della�
tutela�offerta,�ma�non�certo�norme�che�distribuiscono�la�cognizione�di�una�
determinata�materia��di�rilievo�comunitario��fra�vari�organi�appartenenti�
tutti�al�medesimo�potere,�e�cioe�a�quello�giudiziario,�contraddistinte�dalle�
medesime�caratteristiche�di�terzieta�e�dalle�stesse�garanzie�nella�trattazione�
dei�procedimenti�sottoposti�alla�loro�cognizione,�nei�quali�il�singolo�e�posto�
pienamente�in�condizione�di�far�valere�le�proprie�ragioni,�nel�rigoroso�
rispetto�dei�principi�del�contraddittorio�ma�anche�dell'onere�della�prova�(sen-
tenza�11�luglio�2002,�in�causa�C-62/00).�

Pertanto,�come�osservato�dalla�Corte�di�Giustizia,�e�da�ritenersi�rimessa�
all'incensurabile�opzione�ordinamentale�di�ciascuno�Stato�membro�la�desi-
gnazione�dei�giudici�competenti�e�lo�stabilire�le�modalita�procedurali�di�
ricorsi�intesi�a�garantire�la�tutela�di�diritti�spettanti�ai�singoli�in�forza�del-
l'effetto�diretto�del�diritto�comunitario,�in�omaggio�al�principio�della�liberta�
delle�modalita�procedurali.�

4.�^Sotto�altro�profilo,�va�rilevata�la�totale�infondatezza�dell'interpreta-
zione�fornita�dal�giudice�remittente�in�relazione�ad�aspetti�attinenti�piu�squi-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sitamente�al�merito�della�questione�in�esame.�Innanzitutto�risulta�quanto�
meno�opinabile,�alla�luce�dell'avvicendarsi�delle�pronunce�giurisprudenziali�
in�materia�(la�questione�e�stata�recentemente�rimessa�alle�Sezioni�Unite�della�
Corte�di�Cassazione�le�quali�non�risultano�ancora�essersi�pronunciate),�il�
convincimento�secondo�cui�l'unico�strumento�azionabile�dal�consumatore�
finale�che�si�dichiari�danneggiato�nella�singola�transazione�con�impresa�per�
effetto�di�un'intesa�a�valle�fra�piu�operatori�economici�risulti�l'articolo�33�
della�legge�n.�287/1990.�Cio�anche�in�considerazione�del�fatto�che�dalla�man-
cata�azionabilita�da�parte�del�consumatore�del�rimedio�di�cui�all'articolo�33�
della�legge�287/1990�non�scaturisce�l'irrisarcibilita�assoluta�delle�eventuali�
ricadute�estreme�delle�intese�vietate�su�di�lui,�ma�consegue�solo�che�la�azione�
risarcitoria�eventualmente�spettante�a�quest'ultimo,�ove�dia�prova�degli�ele-
menti�costitutivi�dell'illecito�e�delle�conseguenze�dannose�che�da�esso�gli�sono�
derivate,�riveste�i�caratteri�di�una�ordinaria�azione�di�responsabilita�ai�sensi�
dell'articolo�2043�c.c.�Tali�conclusioni�hanno�trovato�una�conferma�nelle�
disposizioni�del�decreto�legge�n.�13/2003,�convertito�nella�legge�n.�63/2003,�
con�le�quali�la�materia�e�stata�sottratta�al�giudizio�di�equita�da�parte�del�giu-
dice�di�pace.�Pertanto,�alla�luce�di�tale�novita�,�le�controversie�come�quelle�
nelle�quali�e�stata�posta�la�questione�interpretativa�sono�decise�secondo�
diritto�e�contro�le�pronunce�emesse�dall'organo�giudicante�e�concessa�piena�
tutela,�essendo�consentito�il�ricorso�ai�gravami�ordinali�prima�in�sede�d'ap-
pello�e�poi�in�sede�di�cassazione.�

Questa�linea�interpretativa�e�in�assoluta�armonia�con�le�disposizioni�del�
Trattato�e�pienamente�idonea�ad�assicurare��l'effetto�utile�dell'effetto�diretto��
delle�stesse,�e�non�crea�alcun�vuoto�di�tutela,�ma�porta�soltanto�ad�escludere�
la�sussistenza�di�una�situazione�tutelabile�in�capo�al�consumatore�finale�per�
il�solo�fatto�in�se�che�a�monte�sia�intervenuta�una��intesa�vietata�,�a�prescin-
dere�da�ogni�considerazione�e�dimostrazione�della�antigiuridicita�nella�sin-
gola�transazione�con�l'impresa.�

Sotto�tale�prospettiva�la�questione�sollevata�dal�giudice�remittente,�oltre�
a�basarsi�su�un'interpretazione�erronea,�si�appalesa�anche�inammissibileper�
difetto�di�rilevanza.�Peraltro,�una�diversa�conclusione�si�porrebbe�in�contra-
sto�con�il�fondamentale�principio�in�tema�di�determinazione�del�quantum 
risarcibile,�secondo�cui�il�risarcimento�e�concesso�soltanto�per�le�conseguenze�
immediate�e�dirette�del�fatto�illecito�(art.�1223�c.�civ).�Addirittura�nell'ipotesi�
in�esame�difetta�perfino�il�nesso�di�causalita�fra�intesa�anticoncorrenziale�e�
danno�lamentato�dal�consumatore�finale,�danno�che�si�deve�porre�come�
effetto�immediato�e�diretto�della�intesa�medesima,�e�non�di�fenomeni�che,�
pur�attenendo�alla�vita�del�mercato,�si�pongano�solo�a�valle,�sullo�sfondo,�in�
quanto�mediati�dal�concreto�comportamento�tenuto�dalle�singole�imprese�
nella�gestione�di�singoli�e�specifici�rapporti�intessuti�direttamente�con�i�sin-
goli�consumatori.�

5.�^Altrettanto�opinabile�risulta�anche�l'affermazione,�contenuta�nell'or-
dinanza�di�rimessione,�secondo�cui�l'azionabilita�del�rimedio�previsto�dall'ar-
ticolo�33�della�legge�287/1990�da�parte�del�consumatore�finale�e�necessitata�
da�un'interpretazione�di�tale�norma�alla�luce�dell'articolo�81�del�Trattato,�il�
quale�si�limita�a�vietare�gli�accordi�tra�imprese�che�abbiano�per�oggetto�o�
per�effetto�di�impedire,�restringere�o�falsare�il�gioco�della�concorrenza��in�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�85 


quanto�incompatibili�con�il�mercato�comune��e�statuisce�la�nullita�,�senza�fare�
alcun�cenno�ne�di�altre�azioni�eventualmente�esperibili,�ne�della�legittima-
zione�a�proporle�o�della�loro�decorrenza.�

Va,�infatti,�dato�conto�della�linea�interpretativa�che,�facendo�leva�su�una�
interpretazione�letterale�e�sistematica�della�norma�in�questione,�inserita�non�
a�caso�nel�Capo�I�del�Titolo�VI�del�Trattato�fra�le�norme�sulla�fiscalita�e�sul�
riavvicinamento�delle�legislazioni,�giunge�a�ritenere�che�i�diretti�destinatari�
della�norma�stessa�siano�gli�attori�del�mercato,�cioe�le�imprese�e�che�quest'ul-
tima�sia�funzionalizzata�al�perseguimento�di�un�interesse�del�mercato�nel�
suo�complesso,�rispetto�al�quale�il�consumatore�rimane�sullo�sfondo,�benefi-
ciando�soltanto�indirettamente�della�maggiore�efficienza�e�di�minori�costi�
derivanti�dalla�regolazione�del�mercato.�

6.�^Anche�volendo�considerare�corretta�la�lettura�del�remittente�e�rite-
nere�che�il�giudice�competente�a�conoscere�dell'azione�risarcitoria�del�consu-
matore�finale�sia�la�Corte�d'appello,�ai�sensi�dell'articolo�33�della�legge�
287/1990,�essa�non�determinerebbe�una�diminuzione�della�tutela�spettante�
all'attore,�come�erroneamente�sostiene�il�giudice�remittente�in�maniera�piut-
tosto�apodittica,�ma�finirebbe�per�rendere�maggiormente�incisivi�ed�effettivi�
gli�strumenti�di�tutela�a�disposizione�del�consumatore�finale.�Infatti�quest'ul-
timo�avrebbe�la�possibilita�di�rivolgersi�ad�un�giudice��specializzato��in�virtu�
della�sua�competenza�in�materia,�il�quale�risulta�maggiormente�in�grado�
rispetto�ad�altri�organi�giudicanti�di�cogliere�tutte�le�possibili�implicazioni�
lesive�connesse�alla�dichiarazione�di�nullita�delle�intese�anticoncorrenziali�e�
di�prestare�una�tutela�piu�completa�ed�effettiva�all'attore.�Ma�soprattutto�va�
considerato�che�nella�logica�dell'articolo�33�della�legge�287/1990�la�condanna�
al�risarcimento�del�danno�e�conseguente�alla�declaratoria�di�nullita�dell'intesa�
violata:�ove�il�consumatore�potesse�avvalersi�di�tale�rimedio,�rivolgendosi�ad�
un�unico�giudice�per�ottenere�entrambe�le�misure,�ne�deriverebbe�una�note-
vole�concentrazione�di�tempi�e�di�costi,�al�contrario�di�quanto�sostenuto�dal�
giudice�remittente.�
7.�^A�conclusioni�non�diverse�da�quelle�fin�qui�rassegnate�in�relazione�
alla�lettura�di�quest'ultimo,�si�perviene�anche�qualora�si�opti�per�una�lettura�
estensiva�dell'articolo�81�del�Trattato,�diretta�a�concedere�al�singolo�consu-
matore�finale�la�possibilita�di�chiedere�il�risarcimento�del�danno�causatogli�
da�un�contratto�o�da�un�comportamento�che�possono�restringere�o�falsare�il�
gioco�della�concorrenza�(sentenza�20�settembre�2001,�in�causa�C-453/1999).�
Infatti�in�tal�caso�occorre�considerare�che:�
a) 
I�presupposti�e�le�regole�per�chiedere�ed�ottenere�risarcimento�pos-
sono�essere�legittimamente�determinati�dall'ordinamento�interno,�nel�rispetto�
dei�principi�di�effettivita�e�di�equivalenza,�come�nel�caso�di�specie.�In�partico-
lare,�cio�vale�sia�con�riferimento�al�dies 
a 
quo 
per�l'esercizio�dell'azione,�stabi-
lito�in�via�generale�ed�uniforme�per�tutte�le�fattispecie�di�responsabilita�civile,�
senza�alcuna�discriminazione�rispetto�all'illecito�derivante�da�fattispecie�anti-
concorrenziale,�sia�soprattutto�con�riguardo�al�meccanismo�di�determina-
zione�del�quantum 
risarcibile,�fondato�sul�rigoroso�rispetto�dell'onere�della�
prova�e�sul�dovere�del�giudice�di�non�andare�extraprobata 
et 
alligatapartium,�
principi�chiave�dell'ordinamento;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

b) 
Quand'anche�si�concordi�con�l'interpretazione�secondo�cui�la�tutela�
del�consumatore�e�estranea�ai�rimedi�contemplati�nella�disciplina�antitrust,�
cio�non�significa�che�essa�sia�destinata�a�venir�meno:�soccorrono�in�proposito�
le�norme�interne�sulla�responsabilita�per�fatto�illecito�sempre�che�venga�ade-
guatamente�provata�la�sussistenza�dei�relativi�elementi�costitutivi;�

c) 
Le�conseguenze�che�il�giudice�remittente�pretende�di�far�derivare�dalla�
diretta�applicazione�dell'articolo�81�del�Trattato�in�tema�di�decorrenza�dell'a-
zione�risarcitoria�e�di�liquidazione�del��danno 
punitivo��(!),�da�un�lato�non�
sono�riconducibili�neppure�ad�una�interpretazione�estensiva�di�tale�norma,�il�
cui�portato�si�limita�a�comminare�la�nullita�di�diritto�delle�intese�anticoncor-
renziali,�senza�soffermarsi�su�altri�aspetti�e�puo�tutt'al�piu�essere�ampliato�
fino�a�legittimare�l'azione�da�parte�del�singolo�consumatore�finale;�dall'altro,�
l'interpretazione�patrocinata�nell'ordinanza�finisce�per�porsi�in�grave�contra-
sto�con�i�principi�dell'ordinamento�italiano,�riservando�un�trattamento�piu�
favorevole�al�consumatore�che�agisce�per�il�risarcimento�in�relazione�ad�
intese�concorrenziali�rispetto�alla�generalita�delle�vittime�dei�fatti�illeciti,�
senza�alcuna�giustificazione�ragionevole:�infatti,�il�primo�da�una�parte�risulta�
agevolato�in�relazione�alla�decorrenza�dell'azione�stessa�(stabilita�non�gia�,�
come�nella�genericita�dei�casi,�nel�momento�in�cui�il�fatto�illecito�e�stato�
posto�in�essere�ma�dal�momento�in�cui�lo�stesso�e�cessato),�dall'altro�e�del�
tutto�assolto�dall'onere�della�prova�del�pregiudizio�subito�ed�e�destinato�a�
conseguire�anche�un'indebita�locupletazione�per�effetto�della�liquidazione�
del�danno�punitivo.�

d) 
L'istituto�del��danno�punitivo��e�estraneo�all'ordinamento�italiano�e�
alla�ragione�stessa�dell'istituto�del�risarcimento;�quest'ultimo,�infatti,�e�conce-
pito�come�strumento�di�ristoro�del�pregiudizio�subito�e�provato�dal�danneg-
giato,�senza�che�possano�venire�in�rilievo�funzioni�sanzionatorie�o�repressive,�
che�sono�oggetto�di�riserva�di�legge.�Per�di�piu�,�per�effetto�delle�disposizioni�
in�tema�di�determinazione�dell'ammontare�risarcibile�(articoli�1923�e�
seguenti;�2056�c.�civ.),�la�liquidazione�equitativa�del�danno�da�parte�del�giu-
dice�e�ammessa�soltanto�nei�casi�in�cui,�diversamente�dalla�fattispecie�in�que-
stione�nella�quale�si�controverte�sulle�conseguenze�patrimoniali�negative�pro-
vocate�dall'intesa�concorrenziale,�sia�impossibile�o�molto�difficile�per�il�dan-
neggiato�monetizzare�il�pregiudizio�subito,�come�nell'ipotesi�del�danno�non�
patrimoniale.�

e) 
L'interpretazione�patrocinata�dal�giudice�remittente�in�materia�di�decor-
renza�dell'azione�risarcitoria�desta�perplessita�anche�in�relazione�alla�difficolta�
di�individuare�con�sufficiente�certezza�il�momento�in�cui�l'intesa�anticoncorren-
ziale�sia�cessata,�posto�che�non�necessariamente�le�imprese�si�astengono�dall'in-
tesa�per�effetto�del�solo�provvedimento�di�condanna�dell'autorita�competente.�
Per�converso,�fondata�e�in�linea�con�i�principi�generali,�risulta�la�interpretazione�
della�legge�287/1990�fatta�propria�dalla�Corte�di�cassazione,�secondo�cui�la�
tutela�degli�effetti�negativi�derivati�dalla�intesa�e�efficace�a�partire�da�quando�e�
stata�posta�in�essere�(�cfr.�Cass.�n,827�del�1999).�

Sono�intervenuti�nella�fase�scritta�oltre�alle�parti�della�causa�pendente�
dinanzi�al�Giudice�di�Pace�di�Bitonto,�la�Repubblica�federale�di�Germania,�
la�Repubblica�d'Austria�e�la�Commissione�delle�Comunita�europee.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�87 


Causa�C-331/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Appalti�servizi�pub-
blici�locali�^Art.�34�della�direttiva�delle�Consiglio�93/38/CEE,�che�coor-
dina�le�procedure�di�appalto�degli�enti�erogatori�di�acqua�e�di�energia,�
degli�enti�che�forniscono�servizi�di�trasporto�nonche�degli�enti�che�operano�
nel�settore�delle�telecomunicazioni,�e�articolo�36�della�direttiva�delle�Con-
siglio�92/50/CE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�
pubblici�di�servizi�^Ordinanza�del�Consiglio�di�Stato�(Italia),�sez.�VI,�
del�6�aprile�2004�(ct�49535/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�societa�ricorrente�ha�partecipato�ad�una�procedura�negoziata,�indetta�
dall'�azienda�di�trasporti�comunali�di�Venezia,�con�il�criterio�dell'offerta�eco-
nomicamente�piu�vantaggiosa,�ex 
articolo�24,�lettera�b) 
del�decreto�legisla-
tivo�158/1995,�per�il�sub�affidamento�dei�servizi�automobilistici�di�trasporto�
persone,�dal�16�giugno�2002�alle�31�dicembre�2003,�lotto�n.�1�^servizio�
urbano�di�Mestre.�Il�TAR�per�il�Veneto�ha�respinto�ricorso�della�societa�con-
tro�l'aggiudicazione�operata�dalla�stazione�appaltante.�Avverso�questa�sen-
tenza�la�societa�ricorrente�in�primo�grado�ha�proposto�gravame�davanti�al�
Consiglio�di�Stato�adducendo,�a�motivo�dell'illegittimita�dell'aggiudicazione,�
fra�l'altro,�la�contrarieta�al�diritto�comunitario�(nella�specie,�articolo�34�della�
direttiva�sugli�ex��settori�esclusi��e�articolo�36�della�direttiva�quadro�sulle�
procedure�di�aggiudicazione�di�evidenza�pubblica)�delle�norme�interne�(nella�
specie�l'articolo�24,�1�comma,�lettera�b) 
del�decreto�legislativo��servizi��158/�
1993,�che,�nella�consolidata�interpretazione�del�Consiglio�di�Stato�alla�luce�
dei�detti�parametri�comunitari,�consentono�alla�stazione�appaltante�in�caso�
di�aggiudicazione�con�il�metodo�dell'offerta�economicamente�piu�vantag-
giosa,�di�fissare�i�criteri�in�via�generale�nel�bando�o�nel�capitolato�d'oneri,�
consentendo�poi�alla�Commissione�di�gara�l'eventuale�specificazione�succes-
siva�di�tali�criteri,�ove�necessaria,�e�sempre�che�tale�integrazione�avvenga�
prima�dell'apertura�dei�plichi�e�non�contenga�innovazioni�per�rispetto�ai�cri-
teri�fissati�dal�bando�originario.�Tale�interpretazione,�a�detta�della�ricorrente,�
viola�i�principi�di�trasparenza,�predeterminazione�e�pubblicita�dei�criteri�di�
aggiudicazione�previsti�dal�diritto�comunitario.�

IquesitI 


In�relazione�alla�norma�dell'articolo�34�della�direttiva�93/38�CE,�e�in�
particolare�all'analoga�norma�di�cui�all'articolo�36�della�direttiva�92/50�CE,�

1.�^se�sia�legittimo�interpretare�tali�disposizioni�come�contenenti�
norme�elastiche�che�permettono�alla�stazione�appaltante,�in�caso�di�aggiudi-
cazione�con�il�metodo�dell'offerta�economica�piu�vantaggiosa,�di�fissare�i�cri-
teri�in�via�generale�nel�bando�o�nel�capitolato�d'oneri,�consentendo�poi�alla�
Commissione�di�gara,�l'eventuale�specificazione�e/o�integrazione�di�tali�cri-
teri,�ove�necessaria,�e�sempre�che�tale�specificazione�e/o�integrazione�
avvenga�prima�della�apertura�dei�plichi�contenenti�le�offerte�e�non�risulti�
innovativa�dei�criteri�predeterminati�dal�bando�o�se,�invece,�detta�norma�
debba�essere�interpretata�come�norma�rigida,�che�impone�alla�stazione�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

appaltante�di�determinare�analiticamente�i�criteri�di�aggiudicazione�nel�
bando�o�nel�capitolato�d'oneri,�e�comunque�prima�della�prequalificazione�o�
dell'invito,�ed�esclude�che�la�Commissione�di�gara�possa�in�qualsiasi�modo�
intervenire�specificando�e/o�integrando�i�predetti�criteri,�o�costruendo�sotto-
voci�o�sub-punteggi,�in�quanto�ogni�indicazione�dei�criteri�di�aggiudicazione,�
per�ragioni�di�trasparenza,�deve�essere�contenuta�nel�bando�o�nel�capitolato�
d'oneri.�Se�sia�legittimo,�in�definitiva,�alla�luce�del�diritto�comunitario,�l'o-
rientamento�interpretativo�tradizionale�maturato�nella�giurisprudenza�del�
Consiglio�di�Stato�e�volto�ad�ammettere�l'intervento�integratore�dei�criteri,�
da�parte�della�Commissione�di�gara,�prima�dell'apertura�delle�buste�conte-
nenti�le�offerte.�

2.�^Se�sia�legittimo,�alla�luce�di�tale�norma�interpretata�elasticamente�
alla�luce�dell'avverbio��possibilmente�,�per�la�stazione�appaltante�emanare�
un�disciplinare�di�gara�che�in�relazione�ad�un�criterio�di�aggiudicazione�
(nella�specie�modalita�organizzative�di�supporto)�preveda�l'assegnazione�di�
punti�ad�insindacabile�giudizio�della�stazione�appaltante,�con�riferimento�
ad�una�serie�complessa�di�criteri�di�cui�il�bando�non�prevede�la�graduazione�
risultando�in�tal�senso,�in�parte,�indeterminato,�o�se�comunque�la�norma�
imponga�una�tassativita�di�massima�nella�formulazione�dei�criteri�non�com-
patibile�con�la�mancata�graduazione�degli�stessi�nel�bando�e�se,�in�caso�di�
legittimita�della�previsione,�per�effetto�della�ritenuta�elasticita�della�norma�
e�della�non�obbligatorieta�della�graduazione�di�tutti�gli�elementi,�a�fronte�
di�essa,�in�mancanza�di�un�espresso�conferimento�di�poteri�alla�Commis-
sione�da�parte�del�bando,�possa�ammettersi�l'intervento�integrativo-specifica-
tivo�della�Commissione�(risoltosi�semplicemente�nell'attribuire�rilevanza�
autonoma�e�peso�relativo�ad�ogni�singolo�elemento�che�il�bando�voleva�valu-
tare�attribuendo�complessivamente�massimo�25�punti)�o�se,�invece,�debba�
farsi�applicazione�letterale�del�disciplinare�di�gara,�attribuendo�il�punteggio�
con�valutazione�unitaria�dei�vari�e�complessi�elementi�considerati�dalla�lex 
specialis.�
3.�^Se�comunque�sia�legittimo,�alla�luce�di�tale�disposizione,�riconoscere�
in�via�generale�alla�Commissione�di�gara�che�deve�valutare�le�offerte,�indi-
pendentemente�dalle�modalita�di�formulazione�del�bando,�nel�procedimento�
di�aggiudicazione�mediante�offerta�economicamente�piu�vantaggiosa,�ma�
solo�a�fronte�della�complessita�degli�elementi�da�valutare,�un�potere�di�auto-
limitare,�in�via�generale,�la�propria�azione,�specificando�i�parametri�di�appli-
cazione�dei�criteri�prefissati�dal�bando,�e�se�tale�potere�della�Commissione�
possa�essere�esercitato�costruendo�sottovoci,�sub-punteggi,�o�semplicemente�
dettando�criteri�piu�specifici�di�applicazione�dei�criteri�indicati�in�via�generale�
dal�bando�o�dal�capitolato�d'oneri�e�naturalmente�sempre�prima�di�procedere�
all'apertura�delle�buste.�
LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
ItalianO 


Il�Governo�italiano�non�e�intervenuto�nella�fase�scritta,�ne�ha�chiesto�di�
intervenire�nella�fase�orale.�Sono�intervenuti�nella�fase�scritta�il�Regno�dei�
Paesi�Bassi�e�la�Repubblica�Federale�d'Austria.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�89 


Cause 
riunite 
C-362-363-364-365/04 
(domande 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^
Appalti 
pubblici 
di 
lavori 
^Sospensione 
dell'applicazione 
del 
bando 
di 
gara 
relativamente 
alle 
clausole 
relative 
al 
controllo 
delle 
offerte 
ritenute 
come 
�anormalmente 
basse 
in 
via 
definitiva� 
^Applicazione�delle�diret-
tive�nn.�93/37/CEE�e�89/665/CEE�^Adozione�di�provvedimenti�caute-
lari�per�la�tutela�di�interessi�legittimi�^Ordinanza�n.�2181/04�del�
Symvoulio 
tis 
Epikrateias 
(Grecia)�e�numeri�643/04,�644/04�e�645/04�
della�Commissione�Sospensioni�(cs�5068/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


I�giudizi�nei�quali�sono�state�poste�le�questioni�pregiudiziali�riguardano�
la�selezione�per�l'affidamento�di�appalto�di�lavori�per�la�costruzione�della�
nuova�sede�del�museo�archeologico�di�Pella�e�il�riassetto�dello�spazio�circo-
stante.�La�fase�di�preselezione�ha�individuato�16�imprese�concorrenti�invitate�
a�presentare�offerte.�La�fase�di�aggiudicazione�ha�visto�il�concorso�di�13�
imprese,�tra�le�quali�la�impresa��A��ricorrente.�Applicando�il�metodo�mate-
matico�di�individuazione�delle�offerte�anormalmente�basse�previsto�dalle�
disposizioni�del�bando,�la�Commissione�ad 
hoc 
riteneva�che�provvisoriamente�
risultasse�essere�minore�offerente�il�Consorzio��B��di�imprese,�costituitosi�
nel�frattempo,�ed�invitava�a�richiedere�agli�altri�concorrenti�di�presentare�
una�giustificazione�scritta�delle�loro�offerte�giudicate��anormalmente�basse�.�
Nessuno�degli�11�concorrenti�invitati�presentava�la�giustificazione�della�pro-
pria�offerta,�per�il�che�la�Commissione�ad 
hoc 
si�esprimeva�in�favore�dell'ag-
giudicazione�al�citato�Consorzio.�La�impresa��A��ha�proposto�reclamo�in�
via�amministrativa�sostenendo�che�la�procedura�di�gara�avrebbe�dovuto�
essere�annullata,�in�quanto,�a�suo�giudizio,�tutti�gli�altri�concorrenti�si�erano�
messi�d'accordo�per�eludere�un�effettiva�concorrenza,�cosicche�il�lavoro�in�
questione�avrebbe�dovuto�essere�oggetto�di�una�nuova�gara�d'appalto�oppure�
essere�aggiudicato�alla�stessa,�previa�presentazione�di�una�giustificazione�
dell'offerta;�altrimenti,�nell'ambito�della�procedura�di�gara,�si�sarebbe�dovuto�
invitare�la�ricorrente�a�presentare�una�motivazione�completa�e�dettagliata�
della�sua�offerta.�Nel�corso�del�procedimento�amministrativo�sono�state�pro-
poste�istanze�di�provvedimenti�cautelari.�Avverso�i�conseguenti�provvedi-
menti�negativi�(aggiudicazione�e�istanze�di�provvedimenti�cautelari)�la�
impresa��A��ha�proposto�distinti�ricorsi�giurisdizionali�riuniti�dinanzi�al�giu-
dice�remittente.�

La�normativa�ellenica�vigente�in�materia�prevede,�per�la�definizione�delle�
soglie�di�offerte��anormalmente�o�eccessivamente�basse��un�metodo�mate-
matico�consistente�in�una�serie�di�calcoli�basati�anche�^per�la�determina-
zione�dell'ammontare�dell'offerta�che�corrisponde�al��costo�minimo�dei�
lavori��^su�coefficienti�fissi,�ricavati�dallo�studio�e�dall'analisi�di�numerose�
gare,�concernenti�in�particolare�le��spese�generali�,�il��costo�diretto��e�l'espe-
rienza�dell'impresa.�La�stessa�normativa�dispone�che�possono�essere�escluse�
�sic 
et 
simpliciter��quelle�offerte�che�appaiono,�in�base�al�metodo�matematico�
in�parola,��eccezionalmente�ed�anormalmente�basse�;�e�che�per�giustificare�
un'offerta�anormalmente�bassa��non�ci�puo�riferire�alle��spese�generali�,�ai�
�costi�diretti��o�all'esperienza�dell'impresa,�trattandosi�di�fattori�gia��ricom-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

presi�ed�integrati��nell'�offerta�corrispondente�al��costo�minimo�dei�lavori�.�
Nel�caso�di�specie�la�ricorrente�afferma�che�l'atto�impugnato�sarebbe�stato�
adottato�in�violazione�dell'articolo�30�n.�4,�della�direttiva�93/37/CE,�e�della�
relativa�norma�interna�di�recepimento�in�quanto�l'amministrazione�aggiudi-
catrice,�pur�avendo�invitato�la�ricorrente�a�giustificare�la�sua�offerta,�qualifi-
cata�come��eccezionalmente�e�anormalmente�bassa��in�applicazione�del�
metodo�matematico�sopramenzionato,�non�ha�richiesto�specifiche�precisa-
zioni�e�nemmeno�ha�fatto�riferimento�ai�punti�precisi�dell'offerta�che�avreb-
bero�suscitato�dubbi�o�perplessita�.�Il�giudice�a 
quo,�rilevato�che�nel�corso�
della�procedura�sono�state�espresse�sulla�questione�due�opinioni�diverse,�
basate�su�una�diversa�motivazione,�propendenti�l'una�per�l'annullamento,�
l'altra�per�il�rigetto�del�motivo�addotto�dalla�ricorrente,�ha�ritenuto�necessa-
rio�porre�alla�Corte�i�quesiti�seguenti.�

IquesitI 


1.�^Se,�ai�sensi�dell'articolo�30,�n.�4,�della�direttiva�del�Consiglio�14�giu-
gno�1993,�93/37/�CEE,�che�coordina�le�procedure�di�aggiudicazione�degli�
appalti�pubblici�di�lavori�(Gazzetta 
Ufficiale 
L�199)�l'amministrazione�aggiu-
dicatrice,�nel�corso�di�una�procedura�di�gara�d'appalto�fondata�su�un�sistema�
di�aggiudicazione�come�quello�descritto�nella�motivazione�della�presente�
ordinanza�(consistente�nella�presentazione�di�offerte�non�corredate�da�una�
relazione�giustificativa,�con�singole�percentuali�di�ribasso�rispetto�a�gruppi�
di�prezzi�e�controllo�di�normalita�delle�singole�percentuali�di�ribasso),�sia�
tenuta�ad�attribuire�un�determinato�contenuto�all'atto�con�cui�invita�il�con-
corrente�a�fornire�spiegazioni�in�ordine�alla�sua�offerta,�che�sia�stata�qualifi-
cata�come�anormalmente�bassa�rispetto�ad�una�soglia�determinata�in�appli-
cazione�di�un�metodo�matematico�aventi�caratteristiche�analoghe�a�quelle�
del�metodo�matematico�descritto�nella�motivazione�della�presente�ordinanza.�
2.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�della�prima�questione,�se,�ai�sensi�
della�citata�disposizione�della�direttiva�93/37/CEE,�sia�sufficiente�che�nel-
l'atto�di�cui�trattasi�sia�menzionato�il�singolo�ribasso,�offerto�al�concorrente�
rispetto�ad�uno�o�piu�gruppi�di�prezzi,�che�sia�stato�ritenuto�problematico�
dall'amministrazione�giudicatrice,�se�quest'ultima�sia�tenuta�inoltre�a�specifi-
care�le�ragioni�per�cui�ritiene�che�tale�ribasso�sia�problematico,�esponendo�e�
giustificando�le�proprie�valutazioni�rispetto�al�costo�minimo�di�esecuzione�
dei�rispettivi�lavori.�
Causa 
C-379/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Premiazione 
dei 
vini 
e 
degli 
spumanti 
di 
Franconia 
^Articolo�21�del�regolamento�(CE)�753/02�
^Ordinanza�del�Landesgericht 
Wurzburg 
(Germania)�del�23�agosto�
2004�(cs.�53773/04,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


L'attrice�gestisce�una�societa�di�viticoltura�e�di�commercio�dei�vini�e�non�
e�socia�della�associazione�tra�viticoltori�che�organizza�la�premiazione�dei�vini�
e�dei�vini�spumanti�della�Franconia.�In�base�alle�disposizioni�della�associa-
zione�per�la�partecipazione�alla�gara�sono�richiesti,�quale�tassa�di�partecipa-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�91 


zione:�per�la�parte�vini�dai�soci�euro�46�e�dai�non�soci�euro�92;�per�la�parte�
vini�spumanti,�dai�soci�euro�76,�50�e�per�i�non�soci�euro�153.�L'attrice�deduce�
che�l'associazione,�mediante�le�differenti�casse�di�partecipazione,�si�avvale�
della�sua�posizione�di�monopolio�e�nella�premiazione�dei�vini�e�degli�spu-
manti�della�Franconia�ha�svantaggiato�l'attrice�in�modo�non�consentito.�

IquesitI 


1.�^Se�l'articolo�21�del�regolamento�(CE)�753/02�conferisce�all'attrice�un�
diritto�soggettivo�a�che�non�venga�discriminata�dalla�convenuta�nella�premia-
zione�dei�vini�e�degli�spumanti�della�Franconia.�
2.�^Qualora�dovesse�essere�data�soluzione�affermativa�alla�questione�
sub 
1):�
se�il�fatto�che�la�convenuta,�in�relazione�alla�premiazione�dei�vini�e�degli�
spumanti�della�Franconia�pretenda�dall'attrice,�in�quanto�non�suo�socio--
membro,�tasse�di�partecipazione�in�misura�doppia�rispetto�ai�soci,�costituisca�
una�discriminazione�ai�sensi�dell'articolo�21�del�regolamento�(�CE)�n.�753/02.�

Causa 
C-423/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Pensione 
di 
vecchiaia 
a 
transessuale 
passato 
dal 
sesso 
maschile 
a 
quello 
femminile 
^Articoli�4�
e�7�della�direttiva�del�Consiglio�79/7/CEE,�relativa�alla�graduale�attua-
zione�del�principio�della�parita�di�trattamento�tra�gli�uomini�e�le�donne�
in�materia�di�sicurezza�sociale�^Ordinanza�del�Social 
Security 
Commis-
sioner 
(�Regno�Unito)�del�4�ottobre�2004�(cs�55915/04,�avv.�dello�Stato�

M.�Fiorilli).�
IL 
fattO 


La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�nel�corso�di�un�giudizio�di�
appello�proposto�da�una�persona�transessuale�(passata�da�sesso�maschile�a�
quello�femminile)�per�fare�accertare�il�proprio�diritto�alla�pensione�di�vec-
chiaia�all'eta�di�sessant'anni,�la�quale,�in�base�alla�legge�del�Regno�Unito,�
costituisce�l'eta�alla�quale�una�donna�nata�prima�del�6�aprile�1950�raggiunge�
l'eta�della�pensione�(paragrafo�1�(2)�della�quarta�tabella�della�Pensions 
Act 
(leggebritannicasullepensioni)del1995.NelladecisioneR(P)�1/80del�Com-
missioner 
era�stabilito�che�una�persona�che�era�stata�registrata�come�persona�
di�sesso�maschile�alla�nascita�doveva�essere�considerata�come�persona�di�
detto�sesso�ai�fini�della�decisione�relativa�all'eta�pensionabile.�Per�i�motivi�
esposti�in�detta�decisione�(riassunti�al�nono�paragrafo�dell'ordinanza)�il�
diritto�britannico�continuera�quasi�certamente�a�richiedere�che�una�persona,�
che�era�stata�correttamente�classificata�e�registrata�come�persona�di�sesso�
maschile�alla�nascita,�deve�essere�considerata�come�tale�ai�fini�del�diritto�alla�
pensione�fino�a�quando�entrera�in�vigore�il�Gender 
Recognition 
Act 
(legge�bri-
tannica�sul�riconoscimento�del�sesso)�del�2004.�Anche�se�il�rifiuto�della�pen-
sione�all'appellante�viola�i�diritti�ex 
articolo�8�della�Convenzione�europea�
sui�diritti�dell'uomo,�i�rimedi�giurisdizionali�esperibili�in�base�agli�Human 
Rights 
Act 
(legge�britannica�sui�diritti�dell'uomo)�del�1998�non�consentono�
alle�autorita�britanniche�di�assegnare�una�pensione�che�non�sia�conforme�alla�
normativa�pertinente.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

IquesitI 


1.�^Se�la�direttiva�79/7/CEE�porti�al�rifiuto�di�una�pensione�di�vecchiaia�
ad�un�transessuale,�passato�dal�sesso�maschile�a�quello�femminile,�finche�que-
sta�persona�raggiunga�l'eta�di�65�anni,�la�quale�avrebbe�avuto�diritto�alla�
pensione�all'eta�di�sessant'anni�se�fosse�stata�considerata�come�donna�sotto�
il�profilo�del�diritto�nazionale.�
2.�^In�caso�affermativo,�a�partire�da�quale�data�debba�avere�effetto�la�
pronuncia�della�Corte�sulla�questione�n.�1.�
Causa 
C-431/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Rilascio 
certificato 
protettivo 
per 
i 
medicinali 
^Concetto 
di 
�composizione 
di 
principi 
attivi 
di 
un 
medicinale� 
^Regolamento�n.�1768/92/�CEE�del�Consiglio�del�
18�giugno�1992,�sull'istituzione�di�un�certificato�protettivo�complemen-

tare�per�i�medicinali�^Ordinanza�del�Bundesgerichtshof 
(Germania)�del�

29�giugno�2004�(cs�960/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�questione�pregiudiziale�e�stata�sollevata�nel�corso�di�un�giudizio�di�
impugnazione�del�diniego�di�concessione�di�un�certificato�protettivo�comple-
mentare,�con�la�motivazione�che�la�sostanza�del�collante�(polimero�Polifrepo-
san)�non�e�da�considerare�un�principio�attivo�in�senso�proprio�secondo�l'acce-

zione�dell'articolo�1,�lettera�b) 
e�dell'articolo�9�del�regolamento�CE�del�Con-
siglio�18�giugno�1992,�n.�1768.�

IquesitI 


1.�^Se�il�concetto�di��composizione�di�principi�attivi�di�un�medicinale��
ai�sensi�dell'articolo�1�lettera�b) 
regolamento�presuppone�che�gli�ingredienti,�
dei�quali�e�costituito�il�composto,�siano,�ciascuno�di�per�se�considerato,�prin-
cipi�attivi�con�effetti�medicinali.�

2.�^Se�una��composizione�di�principi�attivi�di�un�medicinale��sia�anche�
nel�caso�di�un�composto�costituito�da�due�ingredienti,�di�cui�uno�e�un�noto�
principio�attivo�medicinale�per�una�determinata�indicazione�e�l'altro�renda�
possibile�una�forma�di�somministrazione�del�medicinale,�che�comporta�una�
mutata�efficacia�del�medicinale�per�la�detta�indicazione�(impianto�in�vivo�
con�rilascio�controllato�del�principio�attivo�e�al�fine�di�evitare�effetti�tossici).�

Causa 
C-463/2004 
e 
C-464/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Priv
atizzazioni 
di 
societa� 
municipalizzata 
e 
poteri 
speciali 
dell'ente 
locale 
^Articolo�2449�c.civ.�e�legge�474/1994�^Articolo�56�CE�^Partecipa-
zione�maggioritaria�e�poteri�speciali�dell'ente�locale�^Ordinanza�del�
TAR�per�la�Lombardia,�sezione�prima,�Milano,�29�settembre�2004�
(ct�12332/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


Associazioni�di�consumatori�hanno�impugnato�la�delibera�del�Consiglio�
comunale�di�Milano�del�17�febbraio�2004�n.�4/04,�avente�ad�oggetto��Ces-
sione�di�parte�delle�azioni�A.E.M.�s.p.a.�detenute�dal�Comune�di�Milano�^
Offerta�di�vendita�accelerata.�Emissione�di�prestito�obbligazionario�converti-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�93 


bile�in�azioni�di�A.E.M.�S.p.a.�,�e�la�delibera�del�Consiglio�Comunale�di�
Milano�dell'8�marzo�2004�n.�5/04,�avente�ad�oggetto��Modifiche�allo�Statuto�
della�societa�A.E.M.�S.p.a.�,�nonche�ogni�altro�atto�antecedente�presupposto,�
esecutivo,�attuativo,�consequenziale�e�comunque�connesso.�Con�le�delibere�
impugnate�il�Consiglio�Comunale�di�Milano�ha�deliberato�la�prosecuzione�
del�processo�di�privatizzazione�della�societa�A.E.M.�S.p.a.�(ex�municipalizz
ata)�costituita�nel�1996,�successivamente�quotata�in�borsa�ed�operante�nel�
settore�dei�servizi�pubblici�di�distribuzione�del�gas�ed�energia�elettrica�affidati�
in�gestione�dal�Comune�medesimo,�e�di�cui,�a�quella�data,�il�Comune�di�
Milano�deteneva�il�51%�del�capitale.�In�particolare,�con�la�delibera�n.�4�del�
17�febbraio�2004�il�Comune�ha�deciso�di�ridurre�la�propria�partecipazione�
nella�societa�dal�51%�al�33,�4%,�procedendo�alla�vendita�delle�azioni,�in�
parte,�e�per�un�ammontare�pari�all'8,�8%,�mediante�offerta�di�vendita�acceler
ata�ad�investitori�istituzionali�professionali�italiani�ed�esteri�e,�per�la�restante�
parte,�anch'essa�pari�all'�8,8%,�mediante�emissione�di�un�prestito�obbligazion
ario�convertibile�in�azioni�della�societa�.�Con�la�delibera�n.�5�dell'8�marzo�
2004,�invece,�il�Comune�di�Milano�ha�deliberato�di�promuovere�le�modifiche�
statutarie�della�societa�,�come�previsto�dalla�legge�statale�n.�474�del�1994�
che,�tra�le�altre�disposizioni,�all'articolo�2�prescrive�come�obbligatoria�la�
riserva�in�favore�dell'amministrazione�pubblica�controllante�di�uno�o�piu�dei�
poteri�speciali�ivi�elencati,�prima�dell'adozione�di�ogni�atto�che�determini�la�
perdita�del�controllo�della�societa�partecipata.�La�delibera�n.�5�da�espressam
ente�atto�che�le�modifiche�deliberate�allo�statuto�della�societa�rappresent
ano�l'attuazione�del�dispositivo�della�precedente�delibera�n.�4�che�aveva�
dichiaratamente�subordinato�la�cessione�delle�quote�azionarie�alla�preventiva�
modifica�dello�statuto�societario.�Tra�le�modifiche�allo�Statuto�della�societa�
deliberate�dal�Consiglio�comunale�di�Milano�e�successivamente�recepite�dall
'assemblea�straordinaria�della�societa�rilevano,�ai�fini�del�giudizio�pregiudiz
iale,�quelle�relative�alle�modalita�di�nomina�degli�amministratori�disciplinate�
dal�novellato�articolo�17�dello�Statuto�societario.�

IquesitI 


1.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile,�cos|�come�applicato�nella�vicenda�per�
cui�e�causa,�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del�Trattato�CE�come�interp
retato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa�C-58/1999;�4�giugno�2002�
cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003�cause�C-98/01�e�C-463/00,�
allorquando�ad�avvalersene�sia�un�ente�pubblico�che,�pur�avendo�perso�il�
controllo�di�diritto�della�societa�per�azioni,�conservi�una�partecipazione�rile-
vante�(pari,�nel�caso�di�specie,�al�33,4%)�quale�socio�di�maggioranza�relativa,�
cos|�ottenendo�uno�sproporzionato�potere�di�controllo.�

2.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile,�applicato�congiuntamente�all'art.�4�
del�decreto-legge�31�maggio�1994,�n.�332�convertito�nella�legge�30�luglio�
1994,�n.�474,�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del�Trattato�CE�come�interp
retato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa�C-58/1999;�4�giugno�2002�
cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003�cause�C-98/01�e�C-463/00,�
allorquando�ad�avvalersene�sia�un�ente�pubblico�che,�pur�avendo�perso�il�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

controllo�di�diritto�della�societa�per�azioni,�conservi�una�partecipazione�rile-
vante�(pari,�nel�caso�di�specie,�al�33,4%)�quale�socio�di�maggioranza�relativa,�

cos|��ottenendo�uno�sproporzionato�potere�di�controllo.�

3.�^Se�l'art.�2449�del�codice�civile�possa�ritenersi�conforme�all'art.�56�del�
Trattato�CE�come�interpretato�con�le�sentenze�23�maggio�2000�causa�
C-58/1999;�4�giugno�2002�cause�C-503/1999�e�C-483/1999;�13�maggio�2003�
cause�C-98/01�e�C-463/00,�nella�misura�in�cui,�cos|��come�concretamente�appli-
cato,�realizza�un�effetto�in�contrasto�con�altra�disposizione�di�legge�nazionale�
(e�segnatamente�con�l'art.�2,�comma�1,�lett.�d)�del�decreto-legge�31�maggio�
1994,�n.�332�convertito�nella�legge�30�luglio�1994,�n.�474)�a�sua�volta�conforme�
all'articolo�56�del�Trattato�CE�e�comunque�riproduttiva,�quanto�a�condizioni�

di�esercizio�ed�a�presupposti�applicativi,�dei�principi�affermati�dalle�citate�
sentenze�della�Corte�di�giustizia�in�materia�di�poteri�speciali.�

NotA 


L'Italia�ha�presentato�le�seguenti�Osservazioni:�
�Profili�di�ricevibilita�del�rinvio�pregiudiziale.�

15.�^E�necessario�valutare�la�rilevanza�delle�delibere�del�Consiglio�di�
amministrazione�in�relazione�alla�questione�di�merito�per�la�cui�soluzione�sono�

statiformulati�i�quesiti�a�codesta�Corte.�
E�cio��,�in�quanto�il�rinvio�pregiudiziale�ex�art.�234�C.E.�e��strumentale�alla�

uniforme�applicazione�del�diritto�comunitario.�
La�delibera�del�Consiglio�comunale�di�Milano�n.�4/2004�legittima�l'aliena-

zione�di�una�parte�della�partecipazione�del�Comune�di�Milano�al�capitale�di�

A.E.M.�S.p.a.�e,�come�tale,�interessa�esclusivamente�l'ente�comunale�e�nongli�
azionisti�della�societa��.�
La�delibera�del�Consiglio�comunale�n.�5/2004�contiene�la�manifestazione�di�

volonta��del�Comune�di�Milano�di�accedere,�in�quanto�socio�di�A.E.M.�S.p.A.,�

ad�una�modifica�dello�statuto�della�societa��mista.�Entrambe�le�delibere�non�inci-

dono�sui�diritti�degli�azionisti�di�A.E.M.�S.p.a.,�in�quanto�non�pregiudicano�il�

lorodirittodiproprieta�,nelsensochenone��lorovietatodiincrementarelaloro�

partecipazione,�acquistando�una�porzione�delle�azioni�messe�in�vendita�dal�

Comune�di�Milano.�
E�opportuno�sottolineare�che�la�impugnazione�delle�deliberazioni�comunali,�

la�cuifunzione�e��unicamente�quella�di�determinare�la�volonta��dell'ente�che�deve�

essere�portata�ad�effetto�dai�funzionari�del�medesimo,�presuppone�la�validita��

della�delibera�della�Assemblea�straordinaria�dei�soci�della�A.EM.�S.p.A.�
La�modifica�statutaria,�non�conseguendo�direttamente�dalla�deliberazione�

del�consiglio�comunale�di�Milano�n.�5/2004,�ma�dall'approvazione�della�mag-

gioranza�qualificata�dei�soci�e��da�riferire�giuridicamente�eformalmente�a�tale�-

maggioranza�e�non�alla�volonta��espressa�dal�Comune�di�Milano,�quale�socio�

della�societa��mista.�
L'accertamento�della�legittimita��sostanziale�della�decisione�del�Comune�di�

Milano�di�procedere�alla�cessione�della�propria�partecipazione�in�A.E.M.�

S.p.A.�esula�dalla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�come�esula�dalla�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�95 


sua�giurisdizione�la�modifica�statutaria.�In�entrambi�i�casi,�si�tratta�di�questioni�

di�rilievo�privatistico�e,�come�tali,�rientranti�nella�giurisdizione�del�giudice�ordi-

nario.�
Ne�consegue�che�la�questione�interpretativa�sottoposta�a�codesta�Corte�non�

e��idonea�a�risolvere�le�controversie�sottoposte�al�giudizio�del�giudice�remittente,�

per�il�quale,�in�ogni�caso,�non�rileva�che�l'azionista�pubblico�a�seguito�della�ope-

razione�economica�di�cessione�delle�quote�di�proprieta��mantenga�uno��spropor-

zionato�potere�di�controllo��nella�societa��mista,�della�quale�rimane�azionista�

di�maggioranza�relativa.�
Tanto�non�pregiudica�in�alcun�modo�la�applicazione�uniforme�del�diritto�

comunitario,�in�quanto�non�si�nega�la�tutela�dei�diritti�che�eventualmente�

potrebbe�essere�pregiudicata�dalla�applicazione�di�una�norma�nazionale�che�si�

assume�non�conforme�al�diritto�comunitario,�solo�si�contesta�che�la�risposta�ai�

quesiti�interpretativi�posti�alla�Corte�possa�garantire�la�ef
ffettivita��del�diritto�

comunitario�in�quanto�l'assetto�degli�interessi�conseguente�alla�decisione�delgiu-

dice�amministrativo�non�sarebbe�comunque�definitiva.�E�cio��,�in�quanto�detta�

decisione,�inquantorisolveunproblemadigiurisdizionee�,�inognicaso,�soggetta�

a�scrutinio�della�Corte�di�cassazione,�che�e��giudice�di�ultima�istanza,�il�quale�

all'occorrenza�potra��legittimamente�sottoporre�a�codesta�Corte�ogni�questione�

di�compatibilita��delle�norme�del�codice�civile�da�applicare�nellafattispecie�con-

creta�in�giudizio,�che�siano�di�ostacolo�alla�effettivita��del�diritto�comunitario.�

16.�^Iquesitipostidalgiudiceremittentepongono,�dunque,�dellequestioni�
meramente�ipotetiche,�in�quanto�non�rispondono�ad�un�effettivo�bisogno�del�giu-

dice�nazionale�in�vista�della�soluzione�della�controversia.�
La�questione�pregiudiziale�de�qua�deve�conseguentemente�essere�dichia-
rata�inammissibile,�in�quanto�non�necessaria�ai�fini�di�garantire�la�effettivita�
del�diritto�comunitario�nella�fattispecie�in�lite.�

Contesto�normativo�italiano�di�riferimento�delle�privatizzazioni.�

17.�^La�cessione�di�quote�del�capitale�sociale�da�parte�del�Comune�di�
Milano�si�inserisce�in�un�procedimento�di�privatizzazione�sostanziale�di�una�

societa��mista,�possibile�in�quanto�si�e��proceduto�nel�1998�ad�una�privatizzazione�

formale�della�municipalizzata,�cioe��di�un�plesso�della�amministrazione�comu-

nale,�che�in�precedenza�godeva�di�mera�autonomia�amministrativa.�

18.�^E��in�mano�pubblica��secondo�una�formula�corrente,�la�societa��per�
azioni�della�quale�lo�Stato�o�altri�entipubblici�detengono�la�totalita��o�una�mag-

gioranza�delle�azioni�o,�comunque,�un�numero�di�azioni�sufficiente�adassicurare,�

anchedifatto,�ilcontrollodellasocieta�.�
Alfenomeno�dell'azionariato�pubblico�il�codice�civile�italiano�non�dedica�

che�poche�norme,�quelle�degli�articoli�2449-2451.�Cio��non�denota�il�preciso�

intento�di�assoggettare�la�societa��in�mano�pubblica,�salvo�quanto�disposto�dalle�

norme�speciali,�alla�medesima�disciplina�applicabile�alla�societa��in�mano�pri-

vata.�
Anche�la�disciplina�della�societa��per�azioni�mista�e�,�come�quella�dell'im-

presa,�dirittocomuneapubblicieprivatioperatori:�e�,�nellasostanza,�dirittopri-

vato�esteso�aipubblici�operatori.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nel�caso�della�societa�in�mano�pubblica�tale�estensione�e�di�gran�lunga�piu�

ampia:�sono�sottoposti�al�diritto�comune�non�solo�i�rapporti�esterni�di�impresa,�

ma�anche�i�rapporti�interni�di�organizzazione.�

Siamo�inpresenzadisocieta�chesono�in�tuttoprivateperlaforma;sirea-

lizza�qui,�salva�l'applicabilita�dei�ricordati�articoli�2449-2451,�una�perfetta�iden-

tita�dicondizionegiuridicafraimpresapubblicae�impresaprivata.�

L'economia�mista,�ad�un�tempo�privata�e�pubblica,�era�stata�il�carattere�

saliente�del�sistema�economico�italiano.�L'impresa�in�mano�pubblica,�operante�

in�concorrenza�con�imprese�private,�era�presente�in�pressoche�tutti�i�settori�del-

l'economia,�dalle�banche�ai�trasporti,�dall'industria�automobilistica�a�quella�ali-

mentare.�

La�premessa�di�politica�economica�dalla�quale�l'economia�mista�muoveva�

era�che�lo�Stato,�per�orientare�l'economia�nazionale�verso�obiettivi�di�sviluppo�

fissati�con�i�programmi�economici�del�governo,�dovesse�farsi�imprenditorefra�

gliimprenditorie�competeresulmercato�con�imprenditoriprivati.�

Allo�smantellamento�dell'economia�mista�ha�atteso�la�politica�delle�priva-

tizzazioni,�ispirata�da�una�serie�di�motivazioni,�che�non�rileva�qui�richiamare.�

Anzitutto�va�detto�che�di�privatizzazione�si�puo�parlare�in�due�sensi,�l'uno�

piu�ristretto�e�l'altro�piu�esteso.�

In�senso�puramente�formale�e�privatizzazione�l'adozioneper�l'impresapub-

blica�della�forma�giuridica�della�societa�per�azioni.�E�tale,�tra�le�altre,�quella�

consentita�alle�aziende�autonome�dei�comuni�e�delle�province�e�dei�loro�consorzi�

(aziende�municipalizzate�per�gas�e�acqua,�trasporti�eccetera�e�relativi�consorzi�

intercomunali).�In�senso�sostanziale�e�privatizzazione�il�trasferimento�a�privati�

delle�azioni�delle�societa�in�manopubblica,�con�uscita�di�scena,�parziale�o�totale,�

dello�Stato�o�dell'ente�pubblico�azionista.�La�privatizzazione�in�senso�formale�

puo�essere�considerata�come�strutturale�rispetto�alla�privatizzazione�in�senso�

sostanziale:laproprieta�pubblica,�trasformatainproprieta�azionaria,vieneresa�

negoziabileepercio�suscettibiledipassareinmaniprivate.�Avoltelaprivatizza-

zione�in�sensoformale�e�preordinata�adun�totalepassaggio�dell'impresa�in�mani�

private,�anche�se�questo�passaggio�e�destinato�a�attuarsi�con�gradualita�,�per�evi-

taregli�effettinegatividiunmassicciocollocamentosulmercatodiingentipac-

chettiazionari,�chedeprimerebberoilprezzodelleazioniposteinvenditaepro-

vocherebbero�forti�squilibri�sul�mercato�finanziario.�Poiche�l'ente�pubblico�puo�,�

per�principio,�operare�solo�in�base�alla�legge,�tale�preordinazione�deve�essere�

prevista�dalla�legge.�Questa�puo�renderla�facoltativa�o�obbligatoria;�in�ogni�

caso,�e�indicativa�della�individuazione�dell'oggetto�sociale�dell'ente�privatizzato�

come�non�strategico.�Altre�volte�la�privatizzazione�in�senso�sostanziale�riguarda�

soloipacchettiazionaridiminoranza,�comeadesempioperlesocieta�risultanti�

dalla�trasformazione�delle�aziende�municipalizzate,�per�le�quali�la�(parziale)�

privatizzazione�mira�a�provocare�l'afflusso�di�capitale�di�rischio�privato,�alle-

viando�l'onere�di�finanziamento�dell'impresa�da�parte�dell'azionista�pubblico,�

che�pero�resta�azionista�di�maggioranza�relativa.�

19.�^Con�d.l.�31�maggio�1994,�n.�332,�convertito,�con�modificazioni,�in�
1egge�30�luglio�1994,�n.�474,�sono�state�fissate��Norme�per�l'accelerazione�
delle�procedure�di�dismissioni�di�partecipazioni�dello�Stato�e�degli�enti�pub-
blici�in�societa�per�azioni�.�Tale�decreto�stabilisce�che�al�Ministero�dell'Econo-

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�97 


mia�e�delle�Finanze�siano�attribuiti,�nelle�societa�operanti�in�alcuni�settori�stra-

tegici�ed�espressamente�individuate�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio,�i�

�poteri�speciali��che�assicurino�allo�Stato�un�controllo�su�tali�societa�,�anche�a�

prescindere�dall'entita�della�partecipazione�azionaria�detenuta.�

20.�^Perespressaestensionenormativa�(art2,�comma3,�deld.l.�332/1994,�
rimasto�immutato�dopo�la�legge�finanziaria�2004)�i�poteri�speciali�trovano�

applicazione�anche�nei�confronti�delle�societa�controllate,�direttamente�o�indiret-

tamente,�da�enti�pubblici�(anche�territoriali�ed�economici)�operanti�in�settori�

strategici,�anch'esse�individuate�con�provvedimento�dell'ente�pubblico�parteci-

pante.�
La�legge�finanziaria�23�dicembre�1999,�n.�488,�relativa�all'anno�2000,�ha�

modificato�la�legge�474/1994.�Con�il�correlato�d.p.c.m.�11febbraio�2000,�rela-

tivo�aipoterispecialiriconosciutiallo�Stato�e�all'entepubblico�territoriale�confe-

rente�dalla�legge�474/1994�ed�ai�relativi�criteri�di�applicazione,�si�sono�enunciati�

cinquecriteriperl'esercizio�deipoterispeciali.�None�espresso�ilgradimento�ad�

acquisizioni�azionarie�che:�a)�non�siano�trasparenti�e�non�assicurino,�comunque,�

la�conoscenza�della�titolarita�dellepartecipazioni�azionarie�rilevanti�aifini�del�

controllo,�diretto�o�indiretto,�della�societa�,�nonche�degli�obiettivi�e�dei�pro-

grammi�industriali�dell'acquirente;�b)�compromettano�processi�di�liberalizza-

zione�e�apertura�dei�mercati,�non�siano�coerenti�con�la�scelta�diprivatizzazione�

della�societa�ovvero�determinino�situazioni�di�conflitto�di�interessi�atte�a�pregiu-

dicare�ilperseguimento�della�missione�affidata�alla�societa�nelcampo�dellefina-

lita�d'interesse�pubblico;�c)�comportino�oggettivi�rischi�di�infiltrazione�di�orga-

nizzazioni�criminali�o�di�coinvolgimento�della�societa�in�attivita�illecite;�d)�siano�

lesive�della�conservazione�dei�poteri�speciali;�e)�comportino�consistenti�pericoli�

di�grave�pregiudizio�per�vitali�interessi�dello�Stato�anche�con�riferimento�a:�1)�

l'autonomia�o�la�sicurezza�dei�rifornimenti�di�materie�prime�e�beni�essenziali�

alla�collettivita�;�2)�la�continuita�dei�servizi�pubblici�essenziali�alla�collettivita�e�

la�sicurezza�dei�relativi�impianti�e�reti;�3)�lo�sviluppo�dei�settori�tecnologica-

mente�avanzati.�

21.�^Con�l'art.�4�della�legge�24�dicembre�2003,�n.�350�(legge�finanziaria�
2004)�e�stata�modificata�ulteriormente�la�legge�474/1994�con�riferimento�ai�

poteri�speciali�riconosciuti�allo�Stato�(o�all'ente�pubblico)�conferente�all'arti-

colo�2.�

Procedimento�di�privatizzazione�sostanziale�della�Azienda�Energetica�Muni-
cipale,�divenuta�A.E.M.�S.p.A.�

22.�^Alfine�di�cogliere�la�rilevanza,�in�relazione�a�detto�articolo�2,�della�
modifica�apportata�all'art.�17�(ora�16)�dello�statuto�di�A.E.M.�S.p.A.�e�utile�

riportare�il�testo�della�modifica�statutaria.�

�1.�La�societa�e�amministrata�da�un�consiglio�di�amministrazione�com-
posto�da�un�numero�non�inferiore�a�1�e�non�superiore�a�9�membri,�compreso�
il�Presidente.�L'assemblea�ne�determina�il�numero�entro�i�limiti�suddetti.�
2.�Ai�sensi�dell'art.�2449�del�codice�civile,�il�Comune�di�Milano�ha�diritto�
di�procedere�alla�nomina�diretta�di�un�numero�di�amministratori,�proporzio-
nale�all'entita�della�propria�partecipazione,�con�arrotondamento,�in�caso�di�
numero�frazionario,�all'unita�inferiore.�In�ogni�caso,�il�Comune�di�Milano,�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


non 
potra� 
nominare 
in 
via 
diretta 
un 
numero 
di 
consiglieri 
superiore 
ad 
un 
quarto 
del 
numero 
complessivo 
degli 
amministratori 
da 
eleggere, 
con 
arro-
tondamento, 
in 
caso 
di 
numero 
frazionario, 
all'unita� 
inferiore. 


3. 
Per 
quanto 
riguarda 
gli 
amministratori 
non 
nominati 
in 
via 
diretta 
dal 
Comune 
di 
Milano, 
si 
procedera� 
all'elezione 
sulla 
base 
di 
liste, 
nelle 
quali 
i 
candidati 
dovranno 
essere 
elencati 
mediante 
un 
numero 
progressivo 
pari 
ai 
posti 
da 
coprire 
(omissis). 
5. 
Ogni 
socio, 
compreso 
il 
Comune 
di 
Milano, 
puo� 
presentare 
o 
concor-
rere 
a 
presentare 
una 
sola 
lista. 
I 
soci 
aderenti 
ad 
uno 
stesso 
patto 
di 
sinda-
cato 
possono 
presentare 
e 
votare 
una 
sola 
lista. 
Le 
adesione 
ed 
i 
voti 
espressi 
in 
violazione 
di 
tale 
divieto 
non 
sono 
attribuibili 
ad 
alcuna 
lista 
(omissis). 
11. 
I 
consiglieri 
nominati 
direttamente 
dal 
Comune 
di 
Milano, 
potranno 
essere 
revocati 
solo 
dal 
Comune 
stesso 
secondo 
le 
modalita� 
previste 
dal 
suo 
statuto 
e 
sono 
rieleggibili 
a 
norma 
dell'art. 
2383, 
terzo 
comma, 
codice 
civile. 
Gli 
amministratori, 
rimangono 
in 
carica 
per 
tre 
anni. 
L'articolo�2449�dispone:�

�Societa� 
con 
partecipazione 
dello 
Stato 
o 
di 
enti 
pubblici. 


1. 
Se 
lo 
Stato 
o 
gli 
enti 
pubblici 
hanno 
partecipazioni 
in 
una 
societa� 
per 
azioni, 
lo 
statuto 
puo� 
ad 
essi 
conferire 
la 
facolta� 
di 
nominare 
uno 
o 
piu� 
amministratori 
o 
sindaci 
ovvero 
componenti 
del 
consiglio 
di 
sorveglianza. 
2. 
Gli 
amministratori 
e 
i 
sindaci 
o 
i 
componenti 
del 
consiglio 
di 
sorve-
glianza 
e 
nominati 
a 
norma 
del 
comma 
precedente 
possono 
essere 
revocati 
soltanto 
dagli 
enti 
che 
li 
hanno 
nominati. 
3. 
Essi 
hanno 
i 
diritti 
e 
gli 
obblighi 
dei 
membri 
nominati 
dall'assemblea. 
Sono 
salve 
le 
disposizioni 
delle 
leggi 
speciali�. 
23.�^E�dipaleseevidenzacheledisposizionicontenutenell'articolo16dello�
StatutodiA.E.M.S.p.A.,�relativealdirittodiprocedereallanominadirettadi�

alcuniamministratorinon�rientra�in�alcuno�deipoterispeciali�di�cuialla�comma�

2�della�legge�464/1994.�

E�dipari�evidenza�che�l'articolo�2449�c.civ.�non�costituisce�espressione�di�

alcuno�deipoteri�speciali�di�cui�all'articolo�2�della�legge�464/1994.�

Quesiti 
posti 
dal 
Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
di 
Milano. 


24.�^Tutti�e�tre�i�quesiti�posti�alla�Corte�si�imperniano�sull'articolo�2449�
del�codice�civile�da�esaminare�in�relazione�all'articolo�56�del�Trattato�CE.�

Invero,�il�giudice�remittente�prospetta�che�le�disposizioni�contenute�nell'ar-
ticolo�2449�del�codice�civile�valutate�singolarmente�(quesito�1),�o�in�combina-
zione�con�l'articolo�4�del�decreto�legge�31�marzo�1994�n.�332�convertito�nella�
legge�30�luglio�1994,�n.�474�(�... 
alle 
liste 
di 
minoranza 
dovra� 
essere 
riservato 
complessivamente 
almeno 
un 
quinto 
degli 
amministratori 
non 
nominati 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2, 
comma 
1, 
lettera 
d) 
e,�con�arrotondamento,�in�caso�di�
numerofrazionato�inferiore�all'unita�,�all'unita�superiore...��)�(quesito�2),�attri-
buiscano�al�Comune�di�Milano,�quale�socio�di�maggioranza�relativa,�uno�spro-
porzionato�potere�di�controllo;�o�le�disposizioni�medesime�in�quanto�contrastanti�
con�l'articolo�2,�comma�1,�lettera�d) 
del�decreto�legge�n.�332/1994,�convertito�
nella�legge�474/1994�siano�in�contrasto�con�l'articolo�56�del�trattato�CEE�o�

con�principi�affermati�dalla�giurisprudenza�comunitaria�(quesito�3).�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�99 


25. 
^Presupposto 
implicito 
di 
tutti 
i 
quesiti 
sottoposti 
alla 
Corte 
e� 
che 
l'ar-
ticolo 
2449 
del 
codice 
civile 
sia 
espressione 
di 
quelle 
prerogative 
sintetizzate 


nella 
sintesi 
verbale 
giuridica 
�golden�share�o�action�spe�cifique�, 
che 
costi-

tuiscono 
restrizione 
alla 
libera 
circolazione 
dei 
capitali. 
L'articolo 
2449 
c. 
civ. 
nulla 
ha 
a 
che 
vedere 
con 
la 
sintesi 
verbale 
giuridica 


�golden�share�,macomesivedra� 
subitodopoavereesaminatoqualesialapor-

tata 
di 
detta 
sintesi 
verbale 
giuridica 
la 
norma 
si 
inserisce 
nell'istituto 
dell'azio-

nariatopubblico,chee� 
regolamentatodanormecomuni,cometaliperfettamente 


compatibili 
con 
la 
effettivita� 
delle 
norme 
comunitarie 
relative 
all'esercizio 
delle 


liberta� 
fondamentali 
e 
alla 
concorrenza. 


26.�^Per��golden�share�siintendequelnucleodiprerogative, 
inserite 
per�
legge�o 
con 
provvedimenti 
statali 
equivalenti, 
che 
resta 
nella 
titolarita� 
dell'am-

ministrazione 
alienante 
in 
caso 
di 
privatizzazione 
di 
enti 
pubblici 
esercitanti 


attivita� 
di 
peculiare 
interesse 
pubblico. 
Si 
tratta 
della 
attribuzione 
al 
soggetto 


pubblico 
alienante 
di 
diritti 
maggiori 
o 
piu� 
incisivi 
di 
quelli 
che, 
per 
diritto 


comune, 
gli 
competerebbero. 
Ipoteri 
�speciali� 
in 
questione 
non 
sono 
necessa-

riamente 
legati 
alla 
qualita� 
di 
azionista 
rivestita 
dallo 
Stato 
o 
da 
un 
ente 
pub-

blico. 
Anzi, 
l'istituto, 
dimatriceanglosassone, 
sembraassumerecomepresuppo-

sto 
l'effettiva 
completa 
dismissione 
della 
partecipazione 
da 
parte 
delloStato 
o 


dall'ente 
pubblico. 
Lo 
schema 
giuridico 
inglese 
e� 
quello 
di 
inserire 
nel 
capitale 


della 
societa� 
un'azione 
speciale 
privilegiata 
convertibile 
del 
valore 
nominale 
di 


una 
sterlina, 
posseduta 
dal 
Governo 
o 
da 
un 
suo 
rappresentante. 
Il 
legislatore 


di 
altri 
Stati 
membri 
ha 
preferito 
svincolare 
la 
posizione 
di 
privilegio 
dal 
pos-

sesso 
azionario, 
attribuendola 
direttamente 
allo 
Stato 
o 
all'ente 
pubblico 
all'in-

sorgere 
di 
situazioni 
che 
possano 
compromettere 
il 
raggiungimento 
di 
predeter-

minati 
obiettivi 
di 
interesse 
pubblico 
di 
riconosciuta 
importanza 
strategica. 


Dallastessagiurisprudenzadella 
Cortedigiustiziae� 
possibilericavareiprincipi 


guida 
cui 
lo 
Stato 
membro 
deve 
attenersi 
qualora 
intenda 
riservarsi 
detti 
poteri 


speciali 
senza 
ostacolare 
o 
scoraggiare 
la 
libera 
circolazione 
di 
capitali 
(articolo 


56 
CEE) 
e 
la 
liberta� 
di 
stabilimento 
(articolo 
43 
CEE). 
In 
particolare, 
secondo 


la 
Corte, 
la 
libera 
circolazione 
dei 
capitalipuo� 
essere 
limitata 
da 
una 
normativa 


nazionale 
soltanto 
se 
quest'ultima 
siagiustificata 
daimotiviprevistidall'articolo 


58,n. 
1, 
CEodaragionioperativediinteressepubblicochesiapplicanoadogni 


persona 
o 
impresa 
che 
eserciti 
un'attivita� 
sul 
territorio 
dello 
Stato 
membro 
ospi-

tante. 
Inoltre, 
per 
essere 
cos|� 
giustificata, 
la 
normativa 
nazionale 
deve 
essere 


idonea 
a 
garantire 
il 
conseguimento 
dello 
scopo 
perseguito 
senza 
andare 
oltre 


quanto 
necessario 
per 
il 
raggiungimento 
di 
quest'ultimo. 
Inoltre, 
tale 
normativa 


deve 
fondarsi 
su 
criteri 
oggettivi, 
non 
discriminatori 
e 
noti 
in 
anticipo 
alle 


imprese 
interessate. 


27. 
^L'articolo 
2449 
del 
codice 
civile 
non 
costituisce 
espressione 
di 
poteri 
specialiderogatoridelledisposizionigeneraliinmateriasocietaria. 
Laformula-

zione 
della 
norma 
puo� 
consentire 
allo 
Stato 
o 
all'ente 
pubblico 
di 
nominare 


anche 
la 
maggioranza 
degli 
amministratori 
indipendentemente 
dalla 
quotadi 


partecipazione 
nella 
societa� 
, 
ma 
presuppone 
la 
partecipazione 
del 
soggetto 
pub-

blico 
al 
capitale 
della 
societa� 
, 
che 
in 
relazione 
a 
tale 
partecipazione 
assume 
la 


qualita� 
sostanziale 
di 
societa� 
mista. 
Invero, 
la 
nomina 
degli 
amministratori 
da 


parte 
di 
chi 
non 
ha 
la 
maggioranza 
del 
capitale 
sociale 
non 
costituisce 
un'ano-


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


malia�nel�quadro�normativo�societario�di�diritto�comune.�Da�un�lato,�infatti,�il�

nuovo�codice�civile�italiano�consente�addirittura�la�nomina�di�amministratori�

dapartedinonsoci(ildirittopuo��essereinfattiattribuitodallostatutoaiporta-

tori�di��strumentifinanziari�:�articolo�2351,�comma�5�del�codice�civile);�dall'al-

tro,�la�nomina�della�maggioranza�degli�amministratori�da�parte�di�chi�possiede�

una�minoranza�del�capitale�sociale�e��evenienza�comune�in�ogni�caso�di�aziona-

riato�diffuso,�e�nel�caso�di�societa��per�azioni�che�abbiano�emesso�(per�un�

importo�pari�alla�meta��del�capitale)�azione�di�risparmio�con�diritto�di�voto�limi-

tatoalleassembleestraordinarie:�inquestocasochipossiedeil25%delcapitale,�

piu��una�azione,�controlla�l'assemblea�ordinaria,�e�quindi�puo��eleggere�l'intero�

consiglio.�Infine,�ilriconoscimentoespressodapartedellegislatoredellariforma�

dei�patti�parasociali�che�hanno�per�oggetto�l'esercizio�del�diritto�di�voto�nelle�

societa��per�azioni�(articolo�2341�del�codice�civile)�comporta�de 
iure 
la�validita��

diqueipatticheattribuisconoalsociodiminoranzalafacolta��dinominadella-

maggioranza�degli�amministratori;�facolta��che�non�sarebbe�consentita�nel�caso�

in�cui�il�risultato�a�livello�di�organizzazione�societaria�cos|��raggiuntofosse�con-

trario�a�norme�e�principi�di�carattere�imperativo.�Ne�consegue�che�nell'ordina-

mento�italiano,�non�esiste�unprincipio�inderogabile�diproporzionalita��tra�lapar-

tecipazione�sociale�ed�i�diritti�riguardanti�l'amministrazione�della�societa��.La�

regola�vale�sia�per�l'azionista�privato�che�per�l'azionista�pubblico.�

L'elezione�degli�amministratori�mediante�il�voto�di�lista�e��pratica�diffusa,�

pacificamente�ritenuta�legittima�.�

28.�^L'articolo�2449�del�codice�civile�e��relativo�alle�societa��a�partecipa-
zionepubblica�edha�comepremessa�che�visiapartecipazionepubblica�a�societa��

per�azioni,�sicche�la�sua�evocazione�e��nel�caso�di�specie�naturale.�

Esso�si�distingue�nettamente�dalla�c.d.�golden 
share,�introdotta�dalla�legge�

474/1994,�vuoi�in�via�sistematico-concettuale�vuoi�nella�specifica�disciplina�det-

tata.�

29.�^La�legge�474/1994,�come�modificata�dalla�legge�350/2003,�impone�
per�un�certo�periodo�di�tempo�l'attribuzione�all'ente�pubblico�di�poteri�speciali,�

indipendentemente�dalla�partecipazione�azionaria�e,�fra�quei�poteri,�indica�il�

diritto�di�nomina�di�un�amministratore�(senza�diritto�di�voto)�nella�societa��rinve-

niente�dalla�privatizzata�dell'ente�pubblico,�il�diritto�di�veto�alla�modifica�dello�

statuto�della�detta�societa��,�nonche�altri�poteri�interdittivi�di�modifiche�all'orga-

nizzazione�sociale.�

L'articolo�2449�del�codice�civile,�invece,�con�precetto�che�tra�l'altro�pre-

scindeintotodallastessasussistenzadiunprocessodiprivatizzazione,�consente�

(soltanto)�che�lo�statuto�legittimi�l'ente�pubblico�socio�a�nominare�uno�o�piu��

amministratori�della�societa��partecipata�senza�attribuire�all'ente�pubblico�poteri�

divetoquanto�alleeventualifuturemodifichedellostatuto�inparola.�

30.�^Si�tratta,�dunque,�di�due�profili�normativi�non�confondibili:�l'uno�a�
carattere�generale�(art.�2449�c.c.)�riferito�all'ente�pubblico�che�e��coinvolto�in�

una�societa��tramite�partecipazione�azionaria�ed�a�tutela�dell'interesse�collettivo�

che�quella�partecipazione�giustifica;�l'altro,�a�carattere�speciale�(art.�2�legge�

474/1994)�mirato�ad�una�regolazione�di�vertice�di�determinate�societa��privatiz-

zate.�Inoltre,�mentre�l'art.�2449prevede�l'attribuzionedipoteriall'entepubblico�

socio�per�clausola�statutaria�di�introduzione�volontaria�(nel�caso�di�A.E.M.,�e��


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
101 


stata 
introdotta 
grazie 
al 
voto 
decisivo 
di 
oltre 
il 
60% 
del 
capitale 
sociale) 
e 


sempre 
modificabile 
con 
maggioranze, 
la 
legge 
474/1994 
prevede 
attribuzioni 


per 
legge 
di 
poteri 
speciali 
all'ente 
indipendentemente 
dalla 
circostanza 
che 
lo 


Stato 
o 
l'ente 
pubblico 
conservi 
la 
qualita� 
di 
socio 
della 
societa� 
privatizzata, 
e 


soprattutto 
conpotere 
di 
veto 
ex 
lege 
dello 
stato 
o 
dell'entepubblico 
verso 
modi-

fiche 
dello 
statuto. 
Due 
modi 
diversi, 
dunque, 
ascrivibili 
ad 
istanze 
diverse, 
anzi 


opposte: 
l'uno, 
riferibile 
alla 
gestione 
della 
societa� 
dove 
lo 
Stato 
o 
un 
ente 
pub-

blicoabbiainvestito;l'altro, 
almonitoraggiodellaprivatizzazione, 
checontinua, 


imperativamente, 
anche 
quando 
lo 
Stato 
o 
ente 
pubblico 
abbia 
disinvestito. 


31. 
^Le 
due 
discipline 
^quella 
dell'articolo 
2949 
del 
codice 
civile 
e 
quella 
della 
legge 
474 
del 
1994 
^in 
un 
processo 
di 
privatizzazione, 
come 
nel 
caso 
di 


specie, 
si 
possono 
sommare, 
senza 
che 
il 
ricorso 
all'una 
e 
all'altra 
sia 
soggetto 


ad 
un 
unico 
sindacato 
di 
legittimita� 
. 


Al 
limite 
e� 
possibile 
prevedere 
sia 
la 
nomina 
diretta 
di 
uno 
o 
piu� 
ammini-

strazioni 
da 
parte 
dell'ente 
pubblico 
ex 
art. 
2449 
c. 
civ., 
sia 
la 
nomina 
di 
ammi-

nistratore 
senza 
diritto 
di 
voto 
ai 
sensi 
della 
legge 
474 
del 
1994 
e, 
sempre,che 


venga 
garantita 
alla 
minoranza, 
ai 
sensi 
della 
legge 
474 
del 
1994, 
la 
nominadi 


almeno 
un 
quinto 
degli 
amministratori 
nell'applicazione 
del 
voto 
di 
lista. 


32. 
^Il 
TAR 
non 
ha 
dubbi 
che 
la 
modifica 
dello 
Statuto 
di 
A.E.M. 
S.p.A. 
in 
contestazione 
produca 
un 
risultato 
contrario 
alle 
sentenze 
della 
Corte 
di 
giu-

stizia 
in 
materia 
di 
golden 
share, 
ma 
il 
dubbio 
e� 
frutto 
di 
un 
errore 
di 
imposta-

zione 
giuridica 
e 
di 
una 
erronea 
valutazione 
della 
propria 
giurisdizione 
in 


subiecta 
materia.Sulpuntoe� 
appenailcasodidirechelatuteladellesituazioni 


giuridiche 
soggettive 
e� 
principio 
costituzionale, 
ma 
non 
lo 
e� 
la 
modalita� 
di 
tale 


tutela 
se 
non 
sotto 
ilprofilo 
della 
effettivita�
che 
nel 
caso 
dei 
ricorsi 
amministra-

tivi 
che 
hanno 
innescato 
la 
proposizione 
della 
questione 
pregiudiziale 
non 
e� 
in 


discussione. 


33. 
^Latesidelgiudiceamministrativoremittentesifondasuunamalin-
tesa 
interpretazione 
del 
significato 
e 
della 
portata 
della 
giurisprudenza 
comuni-

taria 
e 
soprattutto 
sulla 
mancata 
comprensione 
delfatto 
che, 
come 
ha 
puntual-

mente 
rilevato 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
nelle 
ordinanze 
nn. 
3866/04, 
3867/04, 


3873/04 
e 
3874/04, 
l'istituto 
della 
golden 
share 
ha 
una 
funzione 
�profonda-

mente 
diversa�daquelladell'art.2449c.c. 
(l'unicanorma^siripete^avenire 


in 
rilievo 
ai 
nostrifini). 


34. 
^Per 
rendersene 
conto, 
giova 
subito 
precisare 
che 
tutta 
la 
tematica 
della 
c.d. 
golden 
share 
nell'ambito 
dell'ampioprocesso 
diprivatizzazioni 
in 
atto 


in 
Europa 
attiene 
soltanto 
a 
quelle 
disposizioni 
di 
legge 
nazionali 
che 
consen-

tono 
allo 
Stato 
di 
esercitare 
un'influenza 
determinante 
sulla 
societa� 
nonostante 


il 
venir 
meno 
dell'iniziale 
potere 
di 
controllo. 


35. 
^La 
Commissione, 
gia� 
nella 
propria 
Comunicazione 
del 
1997 
relativa 
agliinvestimentiintracomunitari, 
sieraespressanelsenso 
cheipoteriattribuiti 


alle 
autorita� 
nazionali 
(quali 
il 
diritto 
di 
veto 
o 
la 
nomina 
di 
alcuni 
amministra-

tori) 
possono 
�creare 
deiproblemi� 
in 
relazione 
alle 
regole 
in 
materia 
dieserci-

zio 
di 
liberta� 
fondamentali, 
quali 
la 
libera 
circolazione 
dei 
capitali 
o 
la 
liberta� 


di 
stabilimento 
nella 
Comunita� 
, 
soltanto 
nei 
casi 
in 
cui 
uno 
Stato 
membro 
non 


detenga 
una 
partecipazione 
di 
controllo. 
La 
Corte 
di 
giustizia 
(al 
terminedi 


una 
serie 
di 
procedure 
di 
infrazione, 
tutte 
promosse 
dalla 
Commissione) 
sie� 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

pronunciata�soltanto�sui�casi�in�cui�lo�Stato�non�deteneva�piu�una��partecipa-

zionestrategica�nell'impresa.�Cio�valesenzadubbiopericasifrancese,belga�

e�portoghese�e�per�quello�inglese.�

In�relazione�al�caso�spagnolo�(causa�C-463/00),�il�discorso,�benche�piu�

complesso,�nella�sostanza�non�cambia.�La�legge�spagnola,�sottoposta�all'inda-

gine�della�Commissione�(legge�23�marzo�1995,�n.�5),�si�applicava�alle�imprese�

che,�alla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge�medesima,�erano�controllate�dallo�

Stato�con�una�partecipazione�superiore�al�25%.�Senonche�,�la�Commissione�ha�

apertolaproceduradiinfrazionequattroannipiu�tardi(26ottobre1999),�con-

testando�non�soltanto�la�menzionata�legge,�ma�anche�i�decreti�di�attuazione�rela-

tivi�alle�societa�Repsol,�Telefo�nica�de�Espana,�Argentana,�Tabacalera�ed�

Endesa,�societa�che�nelfrattempo,�tra�il�1997�ed�il�1998,�erano�state�integral-

mente�privatizzate,�con�la�partecipazione�dello�Stato�ridotta�a�zero.Al�

momento,�dunque,�dell'apertura�della�procedura�da�parte�della�Commissione,�lo�

Stato,�che�pur�manteneva�i�poteri�speciali�derivanti�dalla�legge�spagnola�

n.�5/1995,�aveva�completamente�dismesso�la�propria�partecipazione�nelle�
imprese�considerate.�

37.�^E�di�tutta�evidenza�la�diversita�tra�i�regimi�nazionali�di�golden�share�
sottopostialvagliodella�Cortedigiustiziaedilcasoinesame.�Inquestoipoteri�

conferiti�al�Comune�di�Milano�trovano�fondamento�di�legittimazione�nella�

misura�dominante�della�partecipazione�mantenuta�dallo�stesso�nella�societa�

mista.�E�cio�in�base�ad�un�principio�derivato�dal�diritto�comune,�non�dal�diritto�

speciale,�che�prescinde�dalla�partecipazione�del�soggetto�pubblico�al�capitale�

della�societa�commerciale.�

38.�^Ne�nella�predetta�Comunicazione�della�Commissione�ne�nelle�sen-
tenze�della�Corte�in�materia�di�golden�share�sifa�riferimento�ad�una�necessaria�

proporzionalita�tra�la�partecipazione�azionaria�detenuta�dallo�Stato�(che�addi-

rittura�conservi�una�partecipazione�idonea�a�garantirgli�il�controllo�della�

societa�)�edipoteriadessoattribuitiperlegge.�

39.�^Intutt'altrosenso,�infatti,�operailrichiamoalprincipiodi�proporzio-
nalita�,�in�base�al�quale�una�disposizione�nazionale,�limitativa�di�diritti�garantiti�

dal�Trattato,�deve�essere�proporzionale�allo�scopo�perseguito,�nel�senso�che�que-

st'ultimo�non�possa�essere�ugualmente�conseguito�con�misure�meno�restrittive.�

Il�riferimento�al�principio�di�proporzionalita�,�pertanto,�riguarda�soltanto�l'esi-

genza�di�adeguatezza�delle�singole�misure�ai�motivi�imperativi�di�interesse�gene-

rale�(ad�esempio,�la�difesa�e�la�sicurezza�dei�rifornimenti�in�materie�prime).�

40.�^Anche�neiprincipi�OCSE�in�materia�di�corporate�governance�non�si�
rinviene�alcuna�presa�di�posizione�a�favore�dell'applicazione�del�concetto��one�

share�one�vote�.�Anzi,�l'approccioprevalentee�quellodipreferireun'interpreta-

zione��flessibile��del�principio�della�proporzionalita�,�anche�in�considerazione�

delfatto�che,�secondo�un�recente�studio,�circa�il�60%�delle�societa�europee�non�

si�conformano�al�principio��one�share�one�vote�.�In�relazione�al�tema�della�

nomina�degli�amministratori,�nel�caso�belga,�la�Corte�di�giustizia�ha�ritenuto�

compatibile�con�il�diritto�comunitario�un�regime�che,�tra�l'altro,�attribuiva�al�

Ministro�la�nomina�di�due�rappresentanti�del�governo�federale,�sia�pure�senza�

diritto�di�voto,�nell'ambito�del�consiglio�di�amministrazione�delle�societa�

S.N.T.C.�eDistrigaz.�Lanormativafrancese,poi,�chepurprevedevalanomina�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�103 


pubblica�di�due�amministratori,�e�stata�ritenuta�incompatibile�con�il�Trattato�

soltanto�nelle�parti�in�cui�prevedeva�un�limite�all'acquisto�di�partecipazioni�

unito�alprevio�gradimento�in�capo�al�Ministro�dell'Economia�nonche�un'opposi-

zione�contro�le�decisioni�di�cessione�o�di�attribuzione�a�titolo�di�garanzia.�

Emblematico�appare�anche�l'atteggiamento�assunto�dalla�Commissione�nel�

caso�della�legge�tedesca�che�privatizza�la�Volkswagen�(�legge�VW�).�La�legge�

VWprevede�che,�fintantoche�detengano�azioni�(sembra�di�capire,�piu�di�una�

azione)�dell'impresa,�il�Governo�federale�tedesco�(�Bund�)�e�il�Land�della�

Bassa�Sassonia�debbano�avere�due�posti�nel�consiglio�di�amministrazione�(che�

consiste�di�20�membri,�di�cui�soltanto�la�meta�rappresenta�gli�azionisti).�Di�con-

seguenza,�grazie�ad�una�misura�statale�e�in�deroga�alla�normale�normativa�

tedesca�sulle�societa�,�4�dei�10�membri�che�rappresentano�gli�azionisti�possono�

esseredirettamentenominatidalleautorita�pubbliche.�Dato�cheilgovernofede-

rale�ha�venduto�tutte�le�proprie�azioni,�il�Land�della�Bassa�Sassonia�(che�

detiene�circa�il�13�%�delle�azioni�con�diritto�di�voto)�e�ora�l'unico�ad�avere�il�

diritto�di�nominare�due�membri�del�consiglio�di�amministrazione.�Ora,�la�Com-

missione�non�pare�preoccupata�dalfatto�che�il�Land�possa�nominare�due�ammi-

nistratori�su�dieci�fintantoche�detenga�una�partecipazione�azionaria�all'incirca�

corrispondente.�Tuttavia,�dal�momento�che�tale�disposizione�ad�hoc�attribuisce�

anche�al�Bund�un�diritto�di�rappresentanza�che�non�e�proporzionato�al�suo�

livello�di�partecipazione�al�capitale�della�societa�,lo�stesso�Bund�(al�momento�

attuale�uscito�del�tutto�dalla�societa�)�puo�agevolmente�recuperare�tale�diritto�

speciale�acquisendo�soltanto�due�azioni�della�societa�.�

41.�^Su�talipresuppostisisuggerisce:�

1)�di�dichiarare�inammissibili�tutte�le�questioni�interpretative�sollevate�

dal�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Lombardia�per�carenza�di�rile-

vanza;�

2)�di�dichiarare�che�l'articolo�2449�c.�civ.�e�compatibile�con�l'articolo�56�

del�Trattato,�in�quanto�nonfondativo�di�alcun�diritto�speciale�afavore�del�sog-

getto�pubblico�che�partecipa�al�capitale�della�societa�con�partecipazione�dello�

StatoodientipubblicidisciplinatadallasezioneXIIIdelCapo�VdelTitolo�V�

del�codice�civile�italiano�.�

Causa�C-494/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Modalita�per�il�prel
ievo�fiscale�sui�tabacchi�lavorati�^Articolo�27,�n.�5,�della�direttiva�del�
Consiglio�25�febbraio�1992,�92/12/CEE,�relativa�al�regime�generale,�alla�
detenzione,�alla�circolazione�ed�ai�controlli�dei�prodotti�soggetti�ad�

accise�(nel�testo�vigente)�^Ordinanza�del�Hoge�Raad�der�Nederlanden�

(Paesi�Bassi)�26�novembre�2004�(cs�8175/05,�avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�controversia�riguarda�il�rigetto�della�domanda�della�societa��A��
diretta�alla�compensazione�o�rimborso�ai�sensi�della�legge�olandese�sulle�
accise�di�importi�corrisposti�in�relazione�alla�richiesta�di�contrassegni�afferenti�
a�tabacchi�lavorati�e�a�titolo�di�imposta�sul�valore�aggiunto�pagata�o�dovuta.�

IquesitI 


1.�^Se�la�direttiva�sulle�accise�debba�essere�interpretata�nel�senso�che�
impone�agli�Stati�membri�di�adottare�una�normativa�in�base�alla�quale�essi�sono�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tenuti�a�restituire�o�compensare�gli�importi�pagati�o�divenuti�esigibili�al�
momento�della�richiesta�di�bolli�per�accise,�nel�caso�in�cui�il�richiedente�(titolare�
di�una�autorizzazione�per�un�deposito�fiscale)�non�abbia�utilizzato�ne�potra�uti-
lizzare�bolli�che�sono�spariti�prima�di�essere�apposti�ai�prodotti,�soggetti�ad�
accisa�e�i�terzi�non�abbiano�potuto�o�non�potranno�fare�legittimamente�uso�di�
tali�bolli,�benche�non�sia�escluso�che�essi�li�abbiano�utilizzati�o�potranno�uti-
lizzarli�apponendoli�a�tabacchi�lavorati�immessi�illegalmente�in�commercio.�

2.�^Se�la�sesta�direttiva,�e�in�particolare�l'articolo�27,�nn.1�e�5,�debba�
essere�interpretata�nel�senso�che�la�circostanza�che�solo�in�una�data�successiva�
a�quella�prevista�nell'articolo�27,�n.�5,�della�sesta�direttiva,�quale�adeguata�dalla�
nona�direttiva,�il�Governo�dei�Paesi�Bassi�ha�comunicato�alla�Commissione�
che�desiderava�continuare�a�mantenere�in�vigore�la�modalita�particolare�per�il�
prelievo�fiscale�sui�tabacchi�lavorati�comporti�che,�qualora�un�singolo,�dopo�
che�tale�comunicazione�ha�avuto�comunque�luogo,�invochi�il�superamento�del�
termine,�tale�modalita�speciale�di�prelievo�fiscale�debba�essere�disapplicata�
anche�successivamente�alla�comunicazione.�

3.�^Nell'ipotesi�in�cui�la�soluzione�alla�questione�sia�di�senso�negativo,�
se�la�sesta�direttiva,�in�particolare�l'articolo�27,�1�e�5,�debba�essere�interpre-
tata�nel�senso�che�la�modalita�speciale�di�prelievo�fiscale�sui�tabacchi�lavo-
rati,�di�cui�all'articolo�28�della�legge�sull'imposta�sul�valore�aggiunto,deve�
essere�disapplicata�in�quanto�incompatibile�con�i�requisiti�stabiliti�nelle�
disposizioni�menzionate.�
4.�^Nel�caso�in�cui�la�soluzione�alla�questione�3�sia�di�senso�negativo,�se�
la�sesta�direttiva,�e�in�particolare�l'articolo�27,�nn.1�e�5,�debba�essere�interpre-
tata�nel�senso�che�con�essa�sia�incompatibile�il�mancato�rimborso�dell'impo-
sta�sul�valore�aggiunto�e�in�circostanze�quali�quelle�descritte�alla�questione�1.�

Causa 
C-6/0S 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Fornitura 
di 
dispositivi 


medici-Appalto 
^Direttive�del�Consiglio�93/36/CEE�e�93/42/CEE�^

Ordinanza�del�Symvoulio 
tis 
Epikrateias 
(Grecia)�del�16�marzo�2005�

(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

I 
fattI 


Un�ospedale�ha�bandito�una�gara�d'appalto�aperta,�sulla�base�del�crite-
rio�di�aggiudicazione�del�prezzo�piu�basso,�per�la�fornitura�di�diversi�tipi�di�
punti�per�sutura.�Nella�gara�hanno�presentato�offerte�nove�imprese,�tra�cui�
anche�la�ricorrente.�Con�parere�consultivo�inviato�alla�commissione�giudica-
trice�d'appalto,�i�chirurghi�dell'ospedale�si�lamentavano�dei�problemi�causati�
da�alcuni�dei�punti�forniti�dalla�ricorrente,�per�il�che�chiedevano�l'esclusione�
di�questi�ultimi�dalla�gara.�La�richiesta�e�stata�accolta.�L'�impresa�interes-
sata,�dopo�un�reclamo�in�via�amministrativa,�ha�impugnato�l'�esclusione.�

QuesitI 


1.�^Se�in�caso�di�gare�di�appalto�disciplinate�dalla�direttiva�del�Consi-
glio�93/36/CEE,�per�la�fornitura�di�dispositivi�medici�di�cui�alla�direttiva�
93/42/CEE,�e�qualora�tali�gare�si�svolgano�secondo�il�sistema�dell'offerta�
piu�bassa,�l'autorita�giudicatrice,�nella�veste�di�acquirente�dei�beni�in�que-
stione,�ai�sensi�delle�disposizioni�della�su�menzionata�direttiva�del�Consiglio�
93/42/CEE,�in�combinato�disposto�con�le�disposizioni�della�direttiva�del�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�105 


Consiglio�93/36/CEE,�abbia�la�facolta�di�respingere�un'offerta�di�dispositivi�
medici�che�rechino�la�marcatura�CE�che�abbiano�costituito�oggetto�di�un�
controllo�di�qualita�da�parte�del�competente�organo�di�certificazione,�in�
quanto�tecnicamente�inammissibili�nella�fase�della�valutazione�tecnica,invo-
cando�obiezioni�sostanziali�sulla�loro�idoneita�tecnica,�collegate�alla�tutela�
della�salute�pubblica�e�all'uso�particolare�cui�tali�dispositivi�sono�destinati�e�
in�considerazione�delle�quali�sono�giudicati�inidonei�e�non�adatti�a�tale�uso�
(sulla�base�del�presupposto�evidente�che�tali�obiezioni�siano�soggette�al�con-
trollo�del�giudice�competente�sotto�il�profilo�della�loro�fondatezza,�nel�caso�
in�cui�sussista�un�dubbio�quanto�al�fatto�che�esse�ricorrano�effettivamente).�

2.�^In�caso�di�risposta�affermativa�alla�precedente�questione,�se�l'auto-
rita�giudicatrice�nella�veste�di�acquirente�dei�beni�in�questione,�abbia�la�
facolta�di�considerare�direttamente,�per�le�ragioni�precedentemente�indicate,�
inidonei�al�tipo�di�uso�a�cui�sono�destinati�dispositivi�medici�che�recano�la�
marcatura�CE�oppure�se�occorra�che�siano�previamente�applicate�le�clausole�
di�salvaguardia�contenute�nella�direttiva�93/42/CE�del�precedente�menzio-
nato�decreto�interministeriale�Y�7/comma./2480/199,�che�attribuiscono�
all'autorita�nazionale�competente�^che�nella�specie�e�costituita�dal�Ministero�
della�Salute,�della�Previdenza�e�Assistenza�sociale�attraverso�la�Direzione�
della�Tecnologia�biomedica�^di�adottare�provvedimenti�in�base�alla�proce-
dura�di�cui�all'articolo�8�della�direttiva,�nel�caso�in�cui�i�dispositivi�medici�
correttamente�installati�e�usati�possono�rappresentare�un�pericolo�per�lavita�
alla�sicurezza�dei�pazienti�o�degli�utilizzatori,�o�ai�sensi�dell'articolo�18�della�
medesima,�quando�si�constati�che�la�marcatura�CE�e�stata�attribuita�senza�
motivo.�
3.�^Se,�in�considerazione�della�risposta�data�alla�seconda�questione,�e�
qualora�essa�sia�risolta�nel�senso�che�occorre�prima�applicare�le�summenzio-
nate�clausole�di�salvaguardia,�l'autorita�giudicatrice�sia�tenuta�ad�aspettare�
il�risultato�del�procedimento�avviato�in�base�all'articolo�8�o�all'articolo�18�
della�direttiva�93/42/CE�e�inoltre�sia�vincolata�dal�risultato�di�esso,�nel�senso�
che�sia�tenuta�a�ricevere�in�appalto�il�bene�di�cui�si�tratta,�nonostante�sia�pro-
vato�che�il�suo�uso�fa�sorgere�dei�pericoli�per�la�salute�pubblica�o,�in�gene-
rale,�che�esso�e�inadatto�all'uso�a�cui�l'autorita�giudicatrice�lo�destina.�
Causa 
C-26/0S 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Direttiva�del�Parla-
mento�europeo�e�del�Consiglio�20�dicembre�1994,�94/62/CE�^Imbal-
laggi�^Ordinanza�del��Landesgericht 
Korneuburg��(Austria),�notificata�
il�16�marzo�2005�(avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


Punto�di�partenza�della�controversia�tra�l'attrice�Partei�Plato�Plastik�
Frank�GmbH,�produttore�e�venditore�di�sacchetti�di�plastica,�e�la�convenuta�
Caropack�Handels�GmbH,�che�vende�questi�sacchetti,�e�il�rifiuto�di�quest'ul-
tima�di�rilasciare�una�certificazione�del�fatto�che�essa�sia�collegata�ad�un�
sistema�di�raccolta�e�recupero�di�rifiuti�di�imballaggio.�Questa�controversia�
era�gia�alla�base�del�procedimento�pregiudiziale�dinanzi�alla�Corte�di�giusti-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zia�delle�Comunita�europee�nella�causa�C-341/01�(ordinanza�4�settembre�
2001�di�questo�stesso�tribunale�e�la�sentenza�della�Corte�di�Giustizia�delle�
Comunita�europee�29�aprile�2004,�punti�14-20).�

Oggetto�dell'ordinanza�di�rinvio�4�settembre�2001�erano,�tra�le�altre,�le�
questioni�sull'interpretazione�dei�termini��imballaggio��e��produttore��di�
cui�all'art.�3,�n.�1,�della�direttiva�del�Parlamento�europeo�e�del�Consiglio�
20�dicembre�1994,�94/62/CE,�sugli�imballaggi�e�i�rifiuti�di�imballaggio,�al�
fine�di�valutare�se�i�sacchetti�di�plastica�in�questione�nella�controversia�prin-
cipale�fossero�da�considerare�come�imballaggi�e�se�l'attrice�fosse�da�ritenere�
un�produttore�di�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva.�Il�tribunale�al�riguardo�
partiva�dal�presupposto�che�la�parte�convenuta�non�avesse�alcun�obbligo�di�
rilasciare�la�certificazione�richiesta�dall'attrice,�qualora�i�sacchetti�di�plastica�
oggetto�della�domanda�non�fossero�stati�imballaggi�o�qualora�l'attrice�non�
fosse�stata�considerata�quale�produttrice�di�imballaggi�ai�sensi�della�direttiva.�

La�Corte�di�giustizia�delle�Comunita�europee�ha�riconosciuto,�nella�sen-
tenza�29�aprile�2004,�causa�C-341/01,�che�i�sacchetti�di�plastica�sono�imbal-
laggi�ai�sensi�della�direttiva�e�che�nel�termine��produttore�,�nel�contesto�del-
l'art.�3,�n.�1,�primo�comma,�rientra�il�produttore�delle�merci,�ma�non�il�fab-
bricante�dei�prodotti�di�imballaggio.�

IquesitI 


1.�^Questione 
principale:�se,�ai�sensi�della�direttiva�del�Parlamento�euro-
peo�e�del�Consiglio�20�dicembre�1994,�94/62/CE,�il�produttore�di�imballaggi�
secondari�o�di�imballaggi�per�il�trasporto,�vale�a�dire�il�produttore�di�imbal-
laggi,�sia�pure�colui�che,�nell'ambito�dell'esercizio�della�sua�attivita�professio-
nale,�assembla�o�fa�assemblare�indirettamente�o�direttamente�merci�con�il�
prodotto�destinato�ad�essere�utilizzato�come�imballaggio�e�se�cio�valga�anche�
per�i�sacchetti�con�manici.�Se�quindi�il�produttore�(fornitore)�dei�prodotti�
indicati�nell'art.�3,�n.�1,�prima�frase,�ossia�di�prodotti�adibiti�a�contenere�e�a�
proteggere�determinate�merci,�a�consentire�la�loro�manipolazione�e�la�loro�
consegna,�e�ad�assicurare�la�loro�presentazione,�nonche�di�articoli��a�per-
dere��usati�allo�stesso�scopo,�sia�il�produttore�(fornitore)�di�materiale�di�
imballaggio�(prodotti�di�imballaggio)�e�non�il�produttore�di�un�imballaggio�
per�la�vendita,�di�un�imballaggio�secondario�o�di�un�imballaggio�per�il�tra-
sporto�(produttore�di�imballaggi;�v.�i�termini�equivalenti�di�cui�all'art.3,�
n.�11,�della�direttiva).�
2.�^Prima 
questione 
supplementare 
nell'ipotesi 
in 
cui 
la 
questione 
princi-
pale 
venga 
risolta 
in 
senso 
affermativo:�se�quindi�il�produttore�di�sacchetti�
con�manici�debba�essere�considerato�non�produttore�di�imballaggio�per�la�
vendita,�di�imballaggio�secondario�o�di�imballaggio�per�il�trasporto,�bens|�
produttore�di�materiale�di�imballaggio�(prodotti�di�imballaggio).�

3.�^Seconda 
questione 
supplementare 
nell'ipotesi 
in 
cui 
la 
prima 
questione 
supplementare 
venga 
risolta 
in 
senso 
affermativo:�se�sia�in�contrasto�con�il�
diritto�comunitario�e�in�particolare�con�il�principio�di�uguaglianza,�con�il�
divieto�di�una�oggettiva�ed�ingiustificata�limitazione�della�liberta�professio-
nale�e�con�il�divieto�di�creare�distorsioni�della�concorrenza,�il�fatto�che�la�
legislazione�di�uno�Stato�membro�imponga�al�produttore�di�materiali�di�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�107 


imballaggio,�in�particolare�di�sacchetti�con�manici,�l'obbligo,�assistito�da�san-
zioni�penali,�di�ritirarli�oppure�di�partecipare�ad�un�sistema�di�raccolta�e�
recupero,�a�meno�che�un�settore�a�valle�della�filiera�non�si�faccia�carico�di�
questo�obbligo�e�fornisca�in�proposito�al�produttore�di�materiale�di�imballag-
gio�una�certificazione�valida.�

Causa 
C-194/0S 
^Commissione 
CE 
c. 
Repubblica 
italiana 
^Ricorso�notifi-
cato�l'8�giugno�2005�(ct.�26963/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
ricorsO 


La�Commissione�formula�nei�confronti�del�Governo�della�Repubblica�
Italiana�le�seguenti�conclusioni:�

�constatare�che�la�Repubblica�Italiana:�

^nella�misura�in�cui�gli�articoli�10�della�legge�n.�93�del�2001�e�l'art.�1�
commi�17�e�19�della�legge�443�del�2001�hanno�escluso�le�terre�e�le�rocce�da�
scavo�destinate�all'effettivo�riutilizzo�per�reinterri,�riempimenti,�rilevati�e�
macinati,�con�esclusione�di�materiali�provenienti�da�siti�inquinati�e�da�bonifi-
che�con�contrazione�di�inquinanti�superiore�ai�limiti�di�accettabilita�stabiliti�
dalle�norme�vigenti,�dall'ambito�di�applicazione�della�disciplina�dei�rifiuti,�e�
venuta�meno�agli�obblighi�che�Le�incombono�in�virtu�dell'articolo�1�(a)�della�
direttiva�75/442/CEE�sui�rifiuti�come�modificata�dalla�direttiva�91/156/CE.�
Condannare�la�Repubblica�Italiana�al�pagamento�delle�spese�di�giudizio�.�

IL 
controricorsO 


Il�ricorso�e�inammissibile�ed�infondato,�e�se�ne�chiede�il�rigetto�per�i�
motivi�di�seguito�riportati.�

Si�fa�preliminarmente�e�pregiudizialmente�presente�che�la�proposta�di�
modifica�della�legge�n.�443/01�(cos|�come�rappresentato�nella�nota�dell'Uffi-
cio�Legislativo�14�febbraio�2003�n.�907/317/113),�con�emendamento�all'art.�1,�
commi�17,�18�e�19�da�inserire�nella�legge�comunitaria�2003,�nelle�more�della�
procedura�d'infrazione�avviata�dalla�Commissione,�e�stata�approvata�ed�e�
divenuta�legge�31�ottobre�2003,�n.�306.�Di�conseguenza�gli�articoli�di�cui�si�
tratta,�con�decorrenza�dal�30�novembre�2003,�sono�cos|�modificati:�

Comma 
17.��Il�comma�3,�lettera�b),�dell'articolo�7�ed�il�comma�1,�lettera�
fbis)�dell'articolo�8�del�decreto�legislativo�n.�22�del�1997,�si�interpretano�nel�
senso�che�le�terre�e�rocce�da�scavo,�anche�di�gallerie,�non�costituiscono�rifiuti�
e�sono,�percio�,�escluse�dall'ambito�di�applicazione�del�medesimo�decreto�legi-
slativo�solo�nel�caso�in�cui,�anche�quando�contaminate,�durante�il�ciclo�pro-
duttivo,�da�sostanze�inquinanti�derivanti�dalle�attivita�di�escavazione,�perfo-
razione�e�costituzione�siano�utilizzate,�senza�trasformazioni�preliminari,�
secondo�le�modalita�previste�nel�progetto�sottoposto�a�VIA�ovvero,�qualora�
non�sottoposte�a�VIA,�secondo�le�modalita�previste�nel�progetto�approvato�
dall'autorita�amministrativa�competente�previo�parere�dell'ARPA,�sempreche�
la�composizione�media�dell'intera�massa�non�presenti�una�concentrazione�di�
inquinanti�superiori�ai�limiti�massimi�previsti�dalle�norme�vigenti�.�

Comma 
18.��Il�rispetto�dei�limiti�di�cui�al�comma�17�puo�essere�verifi-
cato�in�accordo�alle�previsioni�progettuali�anche�mediante�accertamenti�sui�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

siti�di�destinazione�dei�materiali�da�scavo.�I�limiti�massimi�accettabili�sono�
individuati�dall'allegato�1,�Tabella�1,�colonna�B,�dal�decreto�del�Ministro�del-
l'Ambiente�15�ottobre�1999,�n.�471,�e�successive�modificazioni,�salvo�che�la�
destinazione�urbanistica�del�sito�non�richieda�un�limite�inferiore�.�

Comma 
19.��Per�i�materiali�di�cui�al�comma�17�si�intende�per�effettivo�
utilizzo�per�reinterri,�riempimenti,�rilevati�e�macinati�anche�la�destinazione�
a�differenti�cicli�di�produzione�industriale,�purche�sia�progettualmente�previ-
sto�l'utilizzo�di�materiali�intendendosi�per�tale�anche�il�riempimento�delle�
cave�coltivate,�nonche�la�ricollocazione�in�altro�sito�a�qualsiasi�titolo�autoriz-
zata�dall'autorita�amministrativa�competente�previo,�ove�il�relativo�progetto�
non�sia�sottoposto�a�VIA,�parere�dell'ARPA,�a�condizione�che�siano�rispet-
tati�i�limiti�di�cui�al�comma�18�e�la�ricollocazione�sia�effettuata�secondo�
modalita�di�rimodellazione�ambientale�del�territorio�interessato.�Qualora�i�
materiali�di�cui�al�comma�17�siano�destinati�a�differenti�cicli�di�produzione�
industriale,�le�autorita�amministrative,�competenti�ad�esercitare�le�funzioni�
di�vigilanza�e�controllo�sui�medesimi�cicli,�provvedono�a�verificare,�senza�
oneri�aggiuntivi�per�la�finanza�pubblica,�anche�mediante�l'effettuazionedi�
controlli�periodici,�l'effettiva�destinazione�all'uso�autorizzato�dei�materiali;�a�
tal�fine�l'utilizzatore�e�tenuto�a�documentarne�provenienza,�quantita�e�speci-
fica�destinazione�.�

Dal�tenore�del�ricorso,�ed�in�particolare�dalla�genericita�della�contesta-
zione�della�Commissione,�si�evince�chiaramente�che�l'organo�comunitario�
non�ha�tenuto�in�considerazione�la�modifica�normativa��medio 
tempore��
intervenuta.�

Detta�modifica�ha�circoscritto�e�delimitato�l'esclusione�dal�concetto�di�
rifiuto�delle�terre�e�rocce�da�scavo�alla�fattispecie�ivi�prevista�ed�ha,�altres|�,�
previsto�garanzie�e�temperamenti�quali�la�Valutazione�di�Impatto�Ambientale�
del�progetto�o,�nei�casi�di�progetti�di�minore�rilevanza,�il�parere�dell'ARPA.�
(Agenzia�Regionale�Prevenzione�e�Protezione�Ambiente).�

Nel�merito�della�questione,�si�osserva�che�e�imprescindibile�per�lo�svi-
luppo�economico�del�Paese,�quale�l'Italia,�la�realizzazione�di�vie�di�comunica-
zione,�nazionali�ed�internazionali,�tramite�la�costruzione�di�rilevati�e�gallerie,�
stanti�le�caratteristiche�orografiche�del�territorio�nazionale��ch'Appennin 
parte, 
il 
mar 
circonda 
e 
l'Alpe�.�Di�qui�la�necessita�che�alle�direttive�dell'U.E.�
sia�data�attuazione,�nel�pieno�rispetto�degli�obiettivi�finali�voluti�dal�legisla-
tore�comunitario,�ma�secondo�il�ragionevole�uso�della�discrezionalita�riser-
vata�al�legislatore�nazionale�nel�considerare�l'effettiva�valenza�del�fenomeno�
sul�quale�si�va�ad�incidere�e�le�modalita�piu�idonee�per�raggiungere�il�risul-
tato�imposto�dalle�norme�comunitarie.�

Per�quanto�concerne�in�particolare�la�nozione�di�rifiuto,�come�delineata�
dalla�giurisprudenza�della�Corte�di�Giustizia�europea,�si�ricorda�la�sentenza�
della�Sesta�Sezione�dell'11�settembre�2003�in�causa�C-114/01�(che�ha�ribadito�
i�principi�dell'ordinanza�del�5�marzo�2001�della�Sesta�sezione�-Palin�Granit),�
secondo�cui�non�rientrano�nel�concetto�di�rifiuto,�cos|�come�delineato�dalla�
direttiva�del�Consiglio�75/442/CEE,�i�detriti�o�la�sabbia�da�scarto�da�opera-
zioni�da�arricchimento�di�minerale�qualora�il�detentore�li�utilizzi�legalmente�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�109 


per�il�necessario�riempimento�delle�gallerie�della�detta�miniera�e�fornisca�
garanzie�sufficienti�sull'identificazione�e�sull'utilizzazione�effettiva�delle�
sostanze�destinazione�a�tale�effetto.�

Da�detta�massima�si�evince�che�il�concetto�generale�di�rifiuto�ai�sensi�
della�citata�normativa�europea�e�connotato�da�ragionevoli�eccezioni,�cos|�
come�la�stessa�Corte�ha�piu�volte�riconosciuto.�

Pertanto,�alla�luce�di�tutto�quanto�sopra�esposto�e�dedotto,�si�chiede�che�
venga�riconosciuta�e�dichiarata�la�legittimita�e�la�conformita�ai�principi�
comunitari�e�della�normativa�italiana�nella�modifica�apportata�all'art.�1,�
commi�17,�18�e�19�legge�n.�443/01�ex�art.�19�della�legge�31�ottobre�2003,�

n.�306,�con�decorrenza�dal�30�novembre�2003.�
Con�riserva�-ove�la�Commissione�alla�luce�di�quanto�dedotto�in�ordine�
alle�innovazioni�legislative,�intervenute�nelle�more�della�procedura,�intenda�
proseguire�nell'azione�d'inadempimento�intrapresa�^di�rispondere�nell'even-
tuale�controreplica�agli�aspetti�generali,�alcuni�non�condivisibili,�assunti�dalla�
stessa�Commissione�a�base�del�ricorso�proposto.�

Roma,�l|�8�agosto�2005�^Avvocato�dello�Stato�G.�Fiengo�.�

Causa 
C-220/0S 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Convenzione 
pubblica 
di 
lottizzazione 
di 
suolo 
^Nozione 
di 
appalto 
di 
opera 
pubblica 
^Valutaz
ione 
limite 
del 
controvalore 
di 
diritti 
speciali 
di 
prelievo 
^Applicazione 
procedure 
di 
aggiudicazione 
appalti 
^(Direttiva�93/37/CEE)�^Ordi-
nanza�del�Tribunale�Amministrativo�di�Lione�(Francia),�emessa�il�
7�aprile�2005�e�depositata�il�19�maggio�2005,�notificata�il�7�luglio�2005�
(cs.�37339/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


I�ricorrenti�chiedono�a�questo�Tribunale�di�annullare�la�delibera�28�otto-
bre�2002�con�la�quale�il�Consiglio�municipale�di�Roanne�ha�autorizzato�il�
proprio�sindaco�a�stipulare�con�la�Socie�te�d'e�quipement�du�de�partement�de�la�
Loire�(SEDL)�una�convenzione�pubblica�di�lottizzazione�ai�fini�della�realizza-
zione�di�un�centro�di�divertimenti�e�di�un'area�di�parcheggio.�

IquesitI 


1.�^Se�una�convenzione,�con�la�quale�una�prima�amministrazione�aggiu-
dicatrice�affidi�ad�una�seconda�amministrazione�aggiudicatrice�la�realizza-
zione,�per�fini�di�interesse�generale,�di�un'operazione�di�lottizzazione,�nell'am-
bito�della�quale�tale�seconda�amministrazione�aggiudicatrice�rimetta�alla�
prima�opere�destinate�a�soddisfare�sue�esigenze,�e�allo�scadere�della�qualela�
prima�amministrazione�aggiudicatrice�diventi�automaticamente�proprietaria�
dei�terreni�e�delle�opere�che�non�siano�stati�ceduti�a�terzi,�costituisca�un�
appalto�pubblico�di�lavori�ai�sensi�delle�disposizioni�di�cui�all'art.�1�della�
direttiva�14�giugno�1993,�93/37,�come�modificata.�
2.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alla�prima�questione�se,�ai�fini�della�
valutazione�del�summenzionato�limite�di�ECU�5.000.000�di�diritti�specialidi�
prelievo,�fissato�dall'art.�6�della�detta�direttiva,�occorra�tener�conto�esclusiva-
mente�del�prezzo�versato�a�titolo�di�corrispettivo�per�la�cessione�delle�opere�

110 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

rimesse�all'amministrazione�aggiudicatrice,�ovvero�la�somma�di�tale�prezzo�e�
delle�partecipazioni�versate,�ancorche��queste�ultime�siano�solo�parzialmente�
destinate�alla�realizzazione�delle�dette�opere,�o,�infine,�l'importo�complessivo�
dei�lavori,�ove�i�beni�non�ceduti�allo�scadere�del�contratto�divengono�automa-
ticamente�di�proprieta�della�prima�amministrazione�aggiudicatrice,�che�pro-
segue,�in�tal�caso,�l'esecuzione�dei�contratti�in�corso�e�si�accolla�i�debiti�con-
tratti�dalla�seconda�amministrazione�aggiudicatrice.�

3.�^In�caso�di�soluzione�affermativa�alle�prime�due�questioni:�se�la�
prima�amministrazione�aggiudicatrice�sia�dispensata,�per�concludere�una�sif-
fatta�convenzione,�dal�ricorso�alle�procedure�di�aggiudicazione�degli�appalti�
previste�dalla�direttiva�medesima,�sulla�base�del�rilievo�che�tale�convenzione�
puo�essere�aggiudicata�esclusivamente�a�determinate�persone�giuridiche�e�
che�le�medesime�procedure�verranno�applicate�dalla�seconda�autorita�aggiu-
dicatrice�ai�fini�dell'attribuzione�dei�propri�appalti�di�lavori.�
Causa�C-244/05�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Interpretazione�della�
direttiva�del�Consiglio�delle�Comunita�europee�21�maggio�1992,�
92/43/CEE,�relativa�alla�conservazione�degli�habitat 
naturali�e�seminatur
ali�e�della�flora�e�della�fauna�selvatiche�^Ordinanza�del��Bayerischer 
Verwaltungsgerichtshof��(Germania),�notificata�il�1.�agosto�2005�
(cs.�41357/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


I�ricorrenti�contestano�la�costruzione�della�nuova�autostrada�A94�
Monaco-Mu�hldorf-Simbach-Pocking�nel�tratto�Forstinning-Pastctten�(dal�
Km�10.755�al�Km�16.980).�La�A94�(E�552),�risultante�alla�fine�della�costru-
zione�lunga�complessivamente�circa�150�Km,�deve�collegare�Monaco,�capi-
tale�del�Land,�con�la�zona�sud-orientale�della�Baviera�nonche��garantire�un�
collegamento�verso�l'Austria.�Essa�inizia�nel�territorio�comunale�di�Monaco,�
dove,�all'altezza�dell'incrocio�autostradale�di�Monaco-est,�si�collega�con�l'au-
tostrada�A99,�per�terminare,�infine,�in�Pocking�nell'autostrada�A3,�gia�esi-
stente.�

Il�primo�ricorrente�ha�partecipato�al�procedimento�di�approvazione�del�
progetto�in�qualita�di�associazione�per�la�protezione�dell'ambiente.�Inoltre�
esso�e�proprietario�di�un�fondo�che,�in�base�al�progetto,�dovra�essere�parzial-
mente�edificato�in�uno�dei�tratti�successivi.�Gli�altri�ricorrenti�sono�proprie-
tari�di�fondi�situati�lungo�il�tracciato�Dorfen�e�utilizzati�per�lo�piu�a�fini�agri-
coli�che�devono�essere�edificati�nel�tratto�controverso�indicato�nel�progetto�

o�in�quelli�successivi.�
IquesitI 


1.�^Quale�sia�il�regime�di�protezione�richiesto�dall'art.�3,�n.�1,�della�
direttiva�92/43/CEE�in�combinato�disposto�con�il�sesto��considerando��della�
stessa�direttiva,�alla�luce�dell'obbligo�di�astensione�di�cui�all'art.�10,�secondo�
comma,�CE�(trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea�25�marzo�1957,�poi�
modificato�dagli�Atti�di�adesione�14�aprile�2003),�in�seguito�alla�sentenza�
della�Corte�di�giustizia�13�gennaio�2005,�causa�C-117/03,�per�siti�atti�ad�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�111 


essere�individuati�quali�siti�di�importanza�comunitaria,�e�segnatamente�quelli�
ospitanti�tipi�di�habitat 
naturali�prioritari�e/o�specie�prioritarie,�prima�che�
essi�vengano�iscritti�nell'elenco�dei�siti�di�importanza�comunitaria�adottato�
dalla�Commissione�delle�Comunita�europee�secondo�la�procedura�prevista�
dall'art.�21�della�direttiva.�

2.�^Come�indica�su�tale�regime�di�protezione�il�fatto�che�tali�siti�siano�
gia�stati�inseriti�nell'elenco�proposto�dagli�Stati�e�trasmesso�alla�Commis-
sione�ai�sensi�dell'art.�4,�n.�1,�della�direttiva�92/43/CEE.�
3.�^Se�un�regime�di�protezione�per�detti�siti�quale�quello�previsto�dal-
l'art.�48,�n.�2,�Bayerische 
Naturschutzgesetz 
(legge�bavarese�sulla�protezione�
dell'ambiente)�soddisfi�le�prescrizioni�comunitarie�di�cui�all'art.�3,�n.�1,�della�
direttiva�92/43/CEE�in�combinato�disposto�con�il�sesto�considerando�della�
stessa�alla�luce�dell'obbligo�di�astensione�di�cui�all'art.�10,�secondo�com-
ma,�CE.�
Causa�C-259/05�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Sorveglianza�e�controllo�

delle�spedizioni�di�rifiuti�all'interno�della�Comunita�europea�^Regolamento�

1.�febbraio�1993,�n.�259�(cs.�41921/05,�avv.�dello�Stato�G.�Fiengo).�

IL 
fattO 


La�controversia�in�esame�riguarda�l'interpretazione�del�regolamento�
1.�febbraio�1993,�n.�259,�relativo�alla�sorveglianza�e�al�controllo�delle�spedi-
zioni�di�rifiuti�all'interno�della�Comunita�europea,�nonche�in�entrata�e�in�
uscita�dal�suo�territorio�e�verte�sulla�sussistenza�o�meno�di�obblighi�in�caso�
di�esportazione�per�il�recupero�di�rifiuti�combinati,�in�una�combinazione�
che�non�viene�menzionata�come�tale�nel�c.d.�elenco�verde�allegato�al�Regola-
mento,�ma�le�cui�sostanze�figurano�peraltro�-singolarmente�-in�siffatto�
elenco.�

La�fattispecie�in�esame�verte�su�residui�di�cavi�elettrici�(un�nucleo�
di�rame�ricoperto�da�un�rivestimento�in�PVC),�spedito�attraverso�l'Olanda�
(Rotterdam)�dalla�Spagna�e�destinato�alla�Cina.�Le�diverse�sostanze�conte-
nute�nella�partita�di�cavi�vengono�rielaborate�in�Cina�per�essere�riutilizzate.�

IquesitI 


1.�^Se�residui�di�cavo�come�quelli�controversi�(aventi�in�parte�un�diame-
tro�di�15�cm)�possano�essere�considerati�come��residui�elettronici,�come�cavi�
ecc.�,�ai�sensi�del�codice�GC�020�dell'elenco�verde.�
2.�^Qualora�la�questione�debba�essere�risolta�in�senso�negativo,�se�una�
combinazione�di�sostanze�dell'elenco�verde,�peraltro�non�figurante�come�tale�
in�siffatto�elenco,�possa�o�debba�essere�considerata�come�una�sostanza�dell'e-
lenco�verde�e�se�per�questa�possa�essere�effettuato�il�trasporto�per�il�recupero�
di�siffatta�combinazione�di�sostanze,�senza�che�trovi�applicazione�la�proce-
dura�di�notifica.�
3.�^Se�a�questo�riguardo�sia�necessario�che�i�rifiuti�vengano�presentati�o�
trasportati�in�maniera�differenziata.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
T-185/05 
^Italia 
c. 
Commissione 
^Regime 
linguistico 
^Articoli�290,�

12�C.E.�e�art.�12�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'U.E.�^Reg.(CEE)�

1/1958�(avv.�dello�Stato�M.�Fiorilli).�

IL 
fattO 


La�Commissione�nel�corso�della�1678esima�riunione�amministrativa�e�di�
bilancio�del�10�novembre�2004�ha�adottato�la�decisione��DG�ADMIN�^
Regime�linguistico�^pubblicazione�articolo�29,�par.�2�^posti�EUR-25��
secondo�la�quale�gli�avvisi�di�vacanza�di�posti�di�livello�superiore�riservati�a�
candidati�esterni�verranno�pubblicati�nella�Gazzetta 
Ufficiale 
dell'Unione 
europea 
solo�in�tedesco,�inglese�e�francese,�e�cio�per�un�periodo�che�avra�ter-
mine,�in�linea�di�principio,�il�1.�gennaio�2007.�Tale�decisione�e�motivata�con�
la�capacita�di�traduzione�della�Direzione�generale�della�Traduzione,�tiene�
conto�delle�regole�di�procedura�adottate�in�materia�di�reclutamento�di�
funzionari�di�livello�superiore�(SEC(2004)252)�e�si�iscrive�nel�quadro�dell'ap-
plicazione�della�comunicazione�della�Commissione�del�26�maggio�2004�dal�
titolo��Traduzione: 
equilibrare 
l'offerta 
e 
la 
domanda��(SEC(2004)63816).�

La�Comunicazione�SEC(2004)252�(Communicationfrom 
Mr. 
Kinnock, 
in 
agreement 
with 
the 
President. 
The 
recruitment 
of 
Senior 
Managers 
from 
the 
new 
Member 
States)�riguarda�l'assunzione�di�funzionari�di�livello�superiore�
appartenenti�ai�10�nuovi�Stati�membri.�Propone�di�svolgere�le�procedure�di�
selezione�solo�in�inglese,�francese�e�tedesco.�

La�Comunicazione�SEC(2004)63816�(Communicationfrom 
Vice-President 
Kinnock 
in 
agreement 
with 
the 
President. 
Matching 
supply 
and 
demand 
for 
translation)�riguarda�uno�studio�sui�problemi�della�traduzione�conseguenti�
all'ingresso�dei�nuovi�Stati�Membri.�Propone�di�tradurre�taluni�testi,�in�base�
ad�una�tabella�allegata,�solo�in�alcune�delle�lingue�comunitarie.�Non�si�parla�
espressamente�dei�bandi�di�concorso.�

L'art.�29,�par.�2,�dello�Statuto�dei�funzionari�delle�Comunita�europee�
recita:�

�L'Autorita�investita�del�potere�di�nomina�puo�seguire�una�procedura�
diversa�da�quella�del�concorso�per�il�reclutamento�di�personale�di�livello�
superiore�(direttori�generali�o�equivalenti�di�grado�AD�16�o�15�nonche�diret-
tori�o�equivalenti�di�grado�AD�15�o�14)�oltre�che�in�casi�eccezionali,�per�posti�
che�richiedono�qualifiche�speciali.�.�

Il�Governo�italiano�ha�impugnato�la�decisione�DG�ADMIN�^Regime�
linguistico�^pubblicazione�art.�29,�par.�2�^posti�EUR-25,�adottata�nel�corso�
della�1678esima�riunione�amministrativa�e�di�bilancio�del�10�novembre�2004;�
e�il�bando�di�concorso�per��(Directorate-General 
OLAF 
Publication 
of 
a 
vacancyfor 
a 
Director-General 
(grade 
A*15-16) 
(Article 
29(2) 
of 
the 
Staff 
Regulation)�COM/2005/335)�pubblicato�nella�GUCE 
del�9�febbraio�2005,�
serie�C34A.�

Il�bando�prevede,�fra�i�requisiti�di�selezione,�una�conoscenza�approfon-
dita�di�una�delle�lingue�delle�Comunita�oltre�ad�una�conoscenza�di�un'altra�
lingua�delle�Comunita�in�misura�sufficiente�ad�assolvere�i�compiti�assegnati�
ed�inoltre�che�la�domanda�venga�redatta�preferibilmente�in�lingua�inglese.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�113 


LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�regime�linguistico�delle�istituzioni.�

Il�regime�linguistico�delle�istituzioni�e�regolamentato�dalle�seguenti�
disposizioni:�
Regolamento�del�Consiglio�15�aprile�1958�n.�1�che�stabilisce�il�regime�lin-

guistico�della�comunita�economica�europea:�

�Articolo�1�^Le�lingue�ufficiali�e�le�lingue�di�lavoro�delle�istituzioni�dell'U-

nione�sono�la�lingua�ceca,�la�lingua�danese,�la�lingua�estone,�la�linguafinlandese,�

lalinguafrancese,�lalinguagreca,�lalinguainglese,�lalinguaitaliana,�lalingualet-

tone,�la�lingua�lituana,�la�lingua�maltese,�la�lingua�olandese,�la�linguapolacca,�la�

linguaportoghese,�lalinguaslovacca,�lalinguaslovena,�lalinguaspagnola,�lalin-

gua�svedese,�la�lingua�tedesca�e�la�lingua�ungherese.�

Articolo�2�^I�testi,�diretti�alle�istituzioni�da�uno�Stato�membro�o�da�una�

persona�appartenente�alla�giurisdizione�di�uno�Stato�membro,�sono�redatti,�a�

scelta�del�mittente,�in�una�delle�lingue�ufficiali.�La�risposta�e�redatta�nella�mede-

sima�lingua.�

Articolo�3�^I�testi,�diretti�dalle�istituzioni�da�uno�Stato�membro�o�ad�una�

persona�appartenente�alla�giurisdizione�di�uno�Stato�membro,�sono�redatti�nella�

lingua�di�tale�Stato.�

Articolo�4�^I�regolamenti�e�gli�altri�testi�di�portata�generale�sono�redatti�

nelle�venti�lingue�ufficiali.�

Articolo�5�^La�Gazzetta�ufficiale�dell'Unione�europea�e�pubblicata�nelle�

venti�lingue�ufficiali.�

Articolo�6�^Le�istituzionipossono�determinare�le�modalita�diapplicazione�

delpresente�regime�linguistico�neipropri�regolamenti�.�

Le�norme�del�Trattato�di�rilievo�sono:�

�Articolo�12�CE�^Nelcampodiapplicazionedelpresentetrattato,�esenza�

pregiudizio�delle�disposizioni�particolari�dallo�stesso�previste,�e�vietata�ogni�

discriminazione�effettuata�in�base�alla�nazionalita�.�

Articolo�290�^Il�regime�linguistico�delle�istituzioni�della�Comunita�e�

fissato,�senzapregiudiziodelledisposizioniprevistenelregolamento�della�Corte�

di�Giustizia,�dal�Consiglio�che�delibera�all'unanimita�.�

Articolo�314�CE�^Il�presente�trattato,�redatto�in�unico�esemplare,�in�lin-

guafrancese,�in�lingua�italiana,�in�lingua�olandese�e�in�lingua�tedesca,�i�quattro�

testituttifacentiugualmentefede,�sara�depositatonegliarchividelgovernodella�

Repubblica�italiana�che�provvedera�a�rimetterne�copia�certificata�conforme�a�

ciascuno�deigovernideglialtriStatifirmatari.�

In�forza�dei�trattati�di�adesione,�fanno�ugualmente�fede�le�versioni�del�
presente�trattato�in�lingua�danese,�finlandese,�greca,�inglese,�irlandese,�porto-
ghese,�spagnola�e�svedese.�

Articolo�22�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'Unione�europea�


L'unione�rispetta�la�diversita�culturale,�religiosa�e�linguistica�.�

Si�riporta�il�ricorso�proposto�dal�Governo�italiano:�

�3.�^La�Corte�ha�riconosciuto�che�un�ricorso�di�annullamento�puo�
essere�diretto�contro�tutti�gli�atti�che�producono�effetti�giuridici�qualunque�
sia�la�loro�natura�la�loro�forma�o�il�loro�autore�(sentenza�31�marzo�1971,�
causa�22/1970;�11�novembre�1981,�causa�60/1981;�23�aprile�1986,�causa�
294/1983).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Perche�il�ricorso�sia�ricevibile�uno�Stato�membro�non�deve�dimostrare�
che�l'atto�da�esso�impugnato�produca�effetti�giuridici�nei�suoi�confronti�(ordi-
nanza�27�novembre�2001,�causa�C-208/99,�in�Raccolta�I-9mila�183,�
punto�23).�

Il�corretto�funzionamento�della�Comunita�sostanzia�l'interesse.�La�
Comunita�esiste,�in�quanto�gli�Stati�hanno�ad�essa�trasferito�funzioni.�

Non�puo�sostenersi�che�ove�fosse�riconosciuta�l'esperibilita�del�ricorso�ai�
sensi�degli�articoli�90�e�91�dello�Statuto�del�personale�avverso�gli�atti�impu-
gnati,�il�presente�ricorso�risulterebbe�vano.�Tale�obiezione�ignora�l'interesse�
che�tale�tipo�di�ricorso�presenta�per�gli�Stati�membri.�E�certo�che�ricorsi�
basati�sulle�disposizioni�dello�Statuto�del�personale�presentano�un�carattere�
speciale,�in�quanto�riguardano�unicamente�il�rapporto�tra�il�dipendente�e�la�
rispettiva�istituzione.�Il�rapporto�tra�il�dipendente�e�l'istituzione�non�esclude�
l'esistenza�di�un�interesse�superiore�collegato�al�buon�andamento�della�ammi-
nistrazione,�condizione�per�il�corretto�esercizio�delle�funzioni�attribuite�
all'apparato�amministrativo�della�Comunita�.�La�difesa�degli�interessi�deri-
vanti�da�tale�rapporto�particolare�non�puo�,dunque,�considerarsi�quale�l'unica�
via�per�agire�dinanzi�alla�Corte.�

Deve�essere�consentito�ad�uno�Stato�membro�di�promuovere�un�ricorso�
di�annullamento�per�l'accertamento�della�violazione�del�principio�di�corretto�
funzionamento�delle�istituzioni�comunitarie.�

4.�^I�due�atti�impugnati�violano�un�principio�essenziale�del�diritto�della�
Comunita�la�cui�tutela�spetta,�in�primo�luogo,�agli�Stati�membri.�Dall'arti-
colo�290�CE�emerge�che�le�istituzioni�della�Comunita�esercitano�le�loro�com-
petenze�nel�rispetto�della�diversita�linguistica.�Il�rispetto�della�diversita�lin-
guistica�e�uno�degli�aspetti�essenziali�della�tutela�riconosciuta�all'identita�
nazionale�degli�Stati�membri,�come�risulta�dagli�articoli�12,�149�CE�e�6,11.3�

U.E.�L'articolo�12�CE�sancisce�un�principio�generale�di�diritto�comunitario�
(sentenza�3�ottobre�2000,�causa�C-411/1998,�punto�39),�in�quanto�espressione�

specif|�ca�del�principio�generale�di�uguaglianza��(sentenza�19�marzo�2002,�

causa�C-224/00,�punto�14).�Tale�principio�ha�rango�di��principio�fondamen-

tale��dell'ordinamento�giuridico�comunitario�(sentenza�16�settembre�2004,�

causa�C-465/01,�punto�25:�sul�divieto�di�discriminazione�motivo�della�nazio-
nalita�come��norma�fondamentale��della�Comunita�,�sentenza�15�gennaio�
2002,�causa�C-55/00.34:�sul�principio�della�parita�di�trattamento�in�quanto�
�principio�fondamentale��del�diritto�comunitario).�

L'interesse�degli�Stati�non�viene,�dunque,�assorbito�dagli�interessi�dei�
singoli;�vi�e�,�invece,�coesistenza�dei�rispettivi�interessi�ad�agire.�

Il�ricorso�e�,�pertanto,�astrattamente�ricevibile.�

5.�^Il�ricorso�e�anche�concretamente�ricevibile.�L'art.�230�CE�dispone�
che�un�atto�adottato�da�una�istituzione�comunitaria�e�impugnabile�a�due�con-
dizioni:�che�non�sia�una�raccomandazione�o�un�parere�e�che�sia�destinato�a�
produrre�effetti�giuridici�nei�confronti�di�terzi.�La�lettura�dell'art.�230�CE�
potrebbe�indurre�a�ritenere�che�il�requisito�della�capacita�dell'atto�di�produrre�
effetti�giuridici�nei�confronti�dei�terzi�riguardi�solo�gli�atti�del�Parlamento�
europeo.�Questo�e�stato�peraltro�escluso�dalla�Corte�secondo�la�quale��costi-
tuiscono�atti�o�decisioni�impugnabili�con�un�ricorso�di�annullamento,�ai�sensi�
dell'art.�230CE,solamenteiprovvedimenticheproduconoeffettigiuridiciobbli-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�115 


gatori 
idonei 
ad 
incidere 
sugli 
interessi 
di 
chi 
li 
impugna, 
modificandonein 
misura 
rilevante 
la 
situazione 
giuridica. 
Per 
stabilire 
se 
un 
atto 
o 
una 
decisione 
produca 
tali 
effetti 
occorre 
far 
riferimento 
alla 
sua 
sostanza��(sentenze�della�
Corte�11�novembre�1981,�causa�60/81,�IBM/Commissione,�Racc. 
pag.�2639,�
punto�9,�e�5�ottobre�1999,�causa�C-308/95,�Paesi�Bassi/Commissione,�Racc. 
pag.�16513,�punto�26;�sentenze�del�Tribunale�19�ottobre�1995,�causa�
T562/93,�Obst/Commission,�Racc. 
PI�pagg.�IA-247�e�11737,�punto�23,�
16�luglio�1998,�causa�T81/1997,�Regione�Toscana/Commission,�Racc. 
pag.�112889,�punto�21,�e�29�gennaio�2002,�causa�T/60/98,�Van�Parys�e�Pacific�
Fruit�Company/Commissione,�Racc. 
pag.�11233,�punto�60).�Cio�che�e�neces-
sario�accertare�e�se�la�decisione�del�2004�e/o�il�bando�di�concorso�siano�tali�
da�produrre�effetti�giuridici�obbligatori�nei�confronti�di�soggetti�estranei�alla�
Commissione.�Non�puo�dubitarsi�che�i�bandi�di�concorso�producano�sicura-

mente�effetti�nei�confronti�di�terzi,�per�cui�costituiscono�atti�impugnabili�ai�
sensi�dell'art.�230�CE,�non�e�certo�che�anche�la�decisione�del�2004�sia�idonea�
a�produrre,�nella�sostanza,�effetti�di�tal�tipo.�

7.�^Si�potre�bbe�ritenere,�infatti,�che�tale�decisione,�non�essendo�rivolta�
all'esterno,�bens|�unicamente�all'Autorita�comunitaria�preposta�a�decidere�
sulla�pubblicazione�di�bandi�di�concorso�per�l'assunzione�di�funzionari�di�
livello�superiore,�non�e�tale�da�incidere�su�interessi�di�soggetti�estranei�alla�
Commissione,�effetto�che�puo�derivare�invece�solo�dalla�pubblicazione�di�
uno�specifico�bando�di�concorso.�

La�tesi�contraria�si�basa�sul�fatto�che�la�decisione�in�questione,�stabi-
lendo�il�regime�linguistico�da�applicarsi�per�il�futuro�a�tutti�i�bandi�di�con-
corso�riguardanti�posti�apicali,�gia�di�per�se�incide�sugli�interessi�di�soggetti�

estranei�alla�Commissione�e�segnatamente�sugli�interessi�degli�Stati�membri�
le�cui�lingue�risulteranno�escluse�dalla�pubblicazione.�Tali�Stati�non�avreb-
bero�quindi�bisogno�di�attendere�la�pubblicazione�dei�bandi�di�concorso�solo�
nelle�tre�lingue�comunitarie�previste,�in�esecuzione�della�decisione,�ma�

potrebbero�rivolgersi�immediatamente�alla�Corte.�

A�favore�di�quest'ultima�tesi�sta�inoltre�il�fatto�che�la�decisione�del�2004�
non�appare�un�atto�preparatorio�di�una�decisione�finale�bens|�si�configura�
essa�stessa�come�una�decisione�finale.�Non�potrebbe�sostenersi�infatti�cheil�
carattere�di�definitivita�spetti�solo�ai�bandi�di�gara,�che�costituiscono�piutto-
sto�atti�esecutivi�o�applicativi�della�decisione�del�2004.�E�da�ricordare�infatti�
che,�come�affermato�dalla�Corte,�per�quanto�riguarda�gli�atti�la�cui�elabora-

zione�ha�luogo�in�varie�fasi,�costituiscono�atti�impugnabili�solamente�quei�
provvedimenti�che�stabiliscono�in�modo�definitivo�la�posizione�della�Com-
missione,�con�esclusione�quindi�dei�provvedimenti�provvisori�destinati�a�pre-
parare�la�decisione�finale.�

8.�^La�decisione�del�2004�non�e�stata�divulgata�all'esterno�ed�infatti�
l'Italia�ne�e�venuta�a�conoscenza�solo�accidentalmente.�Pertanto,�qualora�
detta�conoscenza�in�via�indiretta�non�si�fosse�verificata,�l'Italia�sarebbe�stata�
in�grado�di�impugnare�solo�i�bandi�di�concorso�pubblicati�nella�GUCE 
e�
non�per�questo�gli�interessi�di�cui�essa�e�portatrice�potrebbero�essere�ritenuti�
recessivi.�

9.�^In�altri�termini�l'impugnazione�del�solo�bando�di�gara�dovrebbe�
risultare�sufficiente�gia�di�per�se�a�ripristinare�la�situazione�di�legalita�che�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'Italia�assume�violata,�senza�che�vi�sia�bisogno�di�impugnare�anche�la�deci-
sione.�Tanto,�peraltro,�comporterebbe�la�necessita�di�impugnare�tutti�i�bandi�
di�gara�che�fossero�pubblicati�in�lingua�diversa�da�quella�italiana�(analoga-
mente�dovrebbero�fare�gli�altri�Stati�membri�ove�il�bando�non�fosse�stato�

pubblicato�nella�propria�lingua�ufficiale).�
10.�^La�tutela�dell'interesse�di�cui�e�portatore�lo�Stato�membro,�corre-

lato�al�trasferimento�di�poteri�alla�Comunita�a�seguito�della�ratifica�del�trat-
tato�istitutivo,�e�meglio�garantita�con�l'accertamento�della�illegittimita�della�
decisione�del�2004�relativa�alla�regime�linguistico�degli�avvisi�di�vacanza�di�
posti�in�di�livello�superiore�riservati�a�candidati�esterni.�E�cio�,�in�quanto�il�
corretto�funzionamento�delle�istituzioni�comunitarie�costituisce�soggetto�di�
un�interesse�strettamente�correlato�alla�loro�costituzione.�Si�deve,�quindi,�
concludere�che�sussista�un�interesse�dello�Stato�membro�differenziato�da�
quello�del�singolo�candidato�ad�un�posto�nella�amministrazione�comunitaria.�

11.�^Il�ricorso�e�ricevibile�anche�in�relazione�al�termine�fissato�dall'arti-
colo�230�CE.�Invero,�la�decisione�relativa�al�regime�linguistico�degli�avvisi�
di�concorso�non�e�stata�pubblicata�e�l'Italia�ne�ha�avuto�conoscenza�unica-
mente�in�occasione�della�pubblicazione�del�bando�di�concorso�relativo�al�
posto�di�Direttore�generale�dell'OLAF,�pubblicato�nella�GUCE 
del�9�feb-
braio�2005.�

12�.�^La�decisione�della�Commissione�del�10�gennaio�2004�ed�il�bando�
di�concorso�per�il�posto�di�Direttore�generale�dell'OLAF,�in�quanto�rispetti-
vamente�non�dispone�che�l'avviso�di�concorso�sia�redatto�anche�in�lingua�ita-
liana,�e�non�e�redatto�in�lingua�italiana�viola�gli�articoli�1,�3,4�e�5�del�regola-
mento�del�Consiglio�n.�1158�che�stabilisce�il�regime�linguistico�della�C.E.,�
nonche�gli�articoli�12�CE�e�22�della�Carta�dei�diritti�fondamentali�dell'U-
nione�europea.�

13.�^Nella�prospettiva�di�una�Comunita�fondata�sulla�libera�circola-
zione�delle�persone��la 
tutela 
di 
diritti 
e 
delle 
prerogative 
dei 
singoli 
in 
materia 
linguistica 
riveste 
un'importanza 
particolare��(sentenza�11�luglio�1985,�causa�
137/1984,�11;�24�novembre�1998,�causa�C-274/1996,�punto�13)�e�per�un�citta-
dino�comunitario�la�facolta�di�usare�la�propria�lingua�facilita�l'esercizio�della�
libera�circolazione�e�l'integrazione�nella�societa�dello�Stato�ospitante.�Per�tale�
ragione,�la�Corte�ha�deciso�di�perseguire�qualsiasi�forma�di�discriminazione�
indiretta�fondata�sulle�conoscenze�linguistiche�(sentenza�28�novembre�1989,�
causa�C-379/1987,�punti�29�e�23).�

14.�^L'applicazione�del�regime�linguistico�delle�istituzioni�dell'unione�
non�deve�essere�dissociata�da�tale�principio.�Detto�regime�garantisce,�infatti,�
che�siano�riconosciuti�i�diritti�linguistici�degli�individui�aventi�accesso�diretto�
alle�istituzioni�comunitarie.�Esso�deriva�dalla�particolare�natura�dei�rapporti�
che�legano�la�CE�ai�propri�cittadini.�Occorre�quindi�considerarlo�quale�
diretta�espressione�della�diversita�linguistica�propria�all'Unione�europea.�
15.�^Dalle�suesposte�considerazioni�risulta�chiaramente�che�il�principio�
della�tutela�della�diversita�linguistica�della�Comunita�si�impone�come�un'esi-
genza�fondamentale�nei�confronti�di�tutte�le�istituzioni�ed�organi.�

16.�^E�necessario,�peraltro,�conciliare�l'osservanza�di�tale�principio�con�
le�necessita�della�vita�istituzionale�e�amministrativa,�e�questo�puo�compor-


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
117 


tare 
la 
legittimita� 
di 
restrizioni 
nella 
pratica. 
Occorre, 
peraltro, 
che 
tali 
restri-
zioni 
siano 
limitate 
e 
giustificate 
da 
necessita� 
imperiose 
della 
vita 
istituzio-
nale 
e 
amministrativa. 


In 
ogni 
caso, 
esse 
non 
possono 
pregiudicare 
la 
sostanza 
del 
principio 
che 
impone 
alle 
istituzioni 
il 
rispetto 
e 
l'uso 
di 
tutte 
le 
lingue 
ufficiali 
della 
Comunita� 
. 


17. 
^Per 
valutare 
la 
legittimita� 
delle 
restrizioni 
concretamente 
poste 
a 
tale 
principio, 
occorre 
tenere 
conto 
del 
contesto 
nel 
quale 
esse 
devono 
inse-
rirsi. 
18. 
^Al 
riguardo, 
si 
possono 
distinguere 
tre 
diverse 
situazioni, 
puntual-
mente 
considerate 
dal 
regolamento 
(CEE) 
1/58. 
Nelle 
premesse 
del 
regola-
mento 
si 
richiama 
l'articolo 
217 
CE 
(ora 
290), 
che 
attribuisce 
al 
Consigliola 
regolamentazione 
del 
regime 
linguistico 
con 
deliberazione 
�all'unanimita��, 
il 
che 
conferma 
che 
la 
materia 
non 
e� 
sottratta 
alla 
competenza 
degli 
Stati, 
quali 
soggetti 
di 
diritto 
internazionale. 
Le 
istituzioni 
comunitarie 
sono 
a 
competenza 
attribuita, 
quindi 
in 
assenza 
di 
attribuzione 
di 
competenza 
i 
provvedimenti 
eventualmente 
emessi 
sono 
illegittimi. 
L'articolo 
1 
distingue 
tra 
�lingua 
uffi-
ciale� 
e 
�lingua 
di 
lavoro�; 
l'unico 
elemento 
per 
distinguere 
tra 
le 
due 
categorie 
e� 
fornito 
dalla 
norma 
di 
competenza 
contenuta 
nell'articolo. 


19. 
^Dalla 
norma 
contenuta 
dell'articolo 
4 
si 
ricava 
che 
i 
�regolamenti� 
e 
i 
�testi 
di 
portata 
generale�, 
sono 
redatti 
in 
�tutte� 
le 
�venti 
lingue 
uffi-
ciali�. 
Nei 
rapporti 
tra 
Stato/cittadini 
da 
un 
lato 
e 
istituzioni 
dall'altro 
il 
regime 
linguistico 
e� 
scelto 
dallo 
Stato/cittadino 
(articolo 
2) 
o 
imposto 
dalla 
appartenenza 
alla 
giurisdizione� 
del 
destinatario 
(articolo 
3). 
La 
�lingua 
di 
lavoro�, 
dunque 
attiene 
unicamente 
alla 
attivita� 
�materiale� 
interna 
delle 
istituzioni, 
con 
l'effetto 
che 
nei 
casi 
in 
cui 
detta 
attivita� 
abbia 
rilievo 
esterno 
e, 
comunque, 
coinvolga 
il 
rapporto 
tra 
l'istituzione 
medesima 
e 
il 
cittadino 
comunitario 
deve 
trovare 
applicazione 
il 
principio 
dell'uso 
della 
�lingua 
uffi-
ciale� 
di 
quest'ultimo. 


20. 
^Nell'ambito 
delle 
comunicazioni 
fra 
le 
istituzioni 
e 
i 
cittadini 
il 
principio 
del 
rispetto 
della 
diversita� 
linguistica 
richiede 
la 
massima 
prote-
zione. 
In 
tal 
caso, 
infatti, 
tale 
principio 
si 
ricollega 
a 
un 
principio 
democra-
tico 
fondamentale 
il 
cui 
rispetto 
esige, 
segnatamente, 
che 
i 
soggetti 
di 
diritto 
della 
Comunita� 
, 
Stati 
membri 
e 
cittadini 
europei, 
possano 
accedere 
agevol-
mente 
alla 
legislazione 
della 
Comunita� 
e 
alle 
istituzioni 
che 
ne 
sono 
autrici. 
Nell'ambito 
dell'esercizio 
dei 
diritti 
di 
partecipazione 
cittadini 
europei 
il 
rispetto 
della 
diversita� 
linguistica 
non 
puo� 
scontrarsi 
con 
difficolta� 
tecniche 
che 
una 
istituzione 
efficiente 
puo� 
e 
deve 
separare. 


21. 
^Nell'ambito 
dei 
rapporti 
amministrativi 
e� 
essenziale 
che 
gli 
interes-
sati, 
Stati 
membri 
cittadini, 
possano 
comprendere 
l'istituzione 
o 
l'organo 
con 
il 
quale 
sono 
in 
relazione. 
Pertanto, 
a 
termini 
dell'articolo 
3 
del 
regola-
mento 
numero 
1/58, 
vige 
il 
principio 
che 
la 
lingua 
di 
comunicazione 
deve 
essere 
quella 
dell'interessato. 
In 
tale 
contesto, 
peraltro, 
i 
diritti 
linguistici 
degli 
interessati 
possono 
soggiacere 
a 
talune 
restrizioni 
dovute 
alle 
esigenze 
dell'amministrazione 
(sentenza 
9 
settembre 
2003, 
causa 
C-361/01 
punti 
92-94). 
Di 
conseguenza, 
il 
Consiglio 
(non 
la 
Commissione) 
puo� 
istituire, 
ai 
sensi 
dell'articolo 
290 
CE 
un 
trattamento 
differenziato 
delle 
lingue 
ufficiali. 
Ma, 
da 
un 
lato, 
la 
scelta 
effettuata 
dal 
Consiglio 
deve 
essere 
adeguata 
e 
pro-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

porzionata�rispetto�al�principio�della�diversita�linguistica�(sentenza�9�settem-
bre�2003,�causa�C-36l/01�.94),�dall'altra,�tale�scelta�non�deve�creare�discrimi-
nazioni�ingiustificate�fra�i�cittadini�europei.�

22.�^Da�questi�due�rapporti�occorre�distinguere�il�regime�del�funziona-
mento�interno�delle�istituzioni�e�degli�organi�della�Comunita�.�Se�la�diversita�
linguistica�e�la�regola�fondamentale�nell'ambito�delle�procedure�esterne,�e�
perche�si�tratta�di�rispettare�i�diritti�linguistici�dei�soggetti�che�accedono�alle�
istituzioni�e�agli�organi�della�Comunita�.�Il�principio�sotteso�al�Trattato�e�
che�la�scelta�della�lingua�di�comunicazione�spetta�allo�Stato�membro�o�alla�
persona�che�si�trovi�in�relazione�con�l'istituzione.�Per�contro,�nell'ambito�del�
funzionamento�interno�della�istituzione,�la�scelta�della�lingua�veicolare�
interna�rientra�nella�responsabilita�della�istituzione�stessa,�che�ha�il�potere�
di�imporla�ai�propri�agenti.�Dall'articolo�6�del�regolamento�(CEE)�1/58�
deriva,�infatti,�che�le�istituzioni�possono�determinare�le�modalita�di�applica-
zione�del�regime�linguistico�nei�propri�regolamenti��interni�.�In�tale�contesto,�
si�individuano�due�ordini�di�esigenze�contrapposte.�Da�un�lato,�elementari�
motivi�di�efficacia�del�lavoro�amministrativo�richiedono�una�scelta�limitata�
delle�lingue�di�lavoro,�in�quanto�un�sistema�di�pluralismo�linguistico�integrale�
e�praticamente�ingestibile�ed�economicamente�insopportabile�per�una�istitu-
zione�o�per�un�organo�dotato�di�competenze�tecniche�specializzate;�dall'altra,�
il�regime�linguistico�interno�non�puo�essere�totalmente�dissociato�dal�regime�
delle�comunicazioni�esterne�delle�istituzioni.�Di�conseguenza,�la�sceltadi�
una�o�piu�lingue��ufficiali��a�livello�interno�e�ammissibile�soltanto�se�fondata�
su�considerazioni�oggettive,�legate�alle�esigenze�funzionali�dell'organo�inte-
ressato,�e�a�condizione�che�non�crei�ingiustificate�differenze�di�trattamento�
fra�i�cittadini�della�Comunita�.�Invero,�occorre�garantire,�da�un�lato,�che�il�
regime�linguistico�scelto�corrisponda�alle�specifiche�esigenze�dell'organo�inte-
ressato,�in�considerazione,�ad�esempio,�dell'ubicazione�della�sede,�delle�esi-
genze�di�comunicazione�interna�o�della�natura�delle�funzioni�ad�essa�spet-
tanti.�Occorre�accertarsi,�d'altra�parte,�che�tale�scelta�non�compromettala�
parita�di�accesso�dei�cittadini�dell'Unione�ai�posti�di�lavoro�offerti�dalle�isti-
tuzioni.�A�tale�riguardo,�tutti�coloro�che�possiedono�le�competenze�necessarie�
per�svolgere�funzioni�relative�ai�posti�da�ricoprire�devono�poter�accederee�
partecipare,�alle�stesse�condizioni,�ai�procedimenti�di�assunzione.�

23.�^La�limitazione�a�sole�tre�lingue�della�pubblicazione�di�bandi�di�
concorso�per�l'accesso�a�posti�di�organico�della�Commissione,�che�sino�
all'anno�2004�sono�stati�pubblicati�in�tutte�le��lingue�ufficiali��della�Comu-
nita�costituisce�violazione�non�solo�del�regolamento�(CEE)�1/58,�ma�anche�
dell'articolo�18,�ultimo�comma,�del�Regolamento�interno�della�Commissione�
(�Ai�sensi�del�presente�regolamento�le�lingue�facenti�fede�sono�tutte�le�lingue�
ufficiali�delle�comunita�,�quando�si�tratta�di�atti�aventi�efficacia�generale�),�non-
che�dello�Statuto�dei�funzionari�(articoli�1�quinquies,�n.�1,�e�27),�del�principio�
di�non�discriminazione�per�ragioni�di�nazionalita�e�del�principio�di�tutela�
della�diversita�linguistica.�

24.�^La�Commissione�ha�giustificato�con�le�Autorita�italiane�la�limita-
zione�del�diritto�al�regime�linguistico�delle�istituzioni�con�la�difficolta�di�pro-
cedere�alla�traduzione�dei�bandi�nelle�nove�lingue��ufficiali��dei�nuovi�Stati�
membri.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�119 


Non�si�comprende�come�detta�difficolta�(meramente�organizzativa)�
possa�incidere�sulla�possibilita�di�continuare�a�rispettare�il�regime�linguistico�
dell'Unione�nei�confronti�degli�Stati�gia�membri,�visto�che�la�capacita�di�prod
uzione�verso�le�loro�lingue�non�ha�sino�al�novembre�2004�posto�problemi.�
Anzi,�la�limitazione�a�sole�tre�lingue��ufficiali��ha�comportato�la�soppress
ione�della�struttura�di�traduzione�verso�le�altre�lingue��ufficiali�.�

25.�^Non�e�giustificazione�legittima�di�tale�scelta�amministrativa�quella�
di�non�discriminare�le�nuove�lingue�ufficiali.�E�cio�,�in�quanto�la�discriminaz
ione�in�danno�delle�lingue�ufficiali�dei�nuovi�nove�Stati�membri,�poteva�temp
oralmente�giustificarsi,�ove�gli�interessati�fossero�stati�messi�in�grado�di�
giungere�utilmente�a�conoscenza�della�posizione�della�istituzione�interessata.�
(e�sentenza�27�febbraio�1992,�cause�riunite�T-79/89,�da�T-84/89�a�T-86/89,�
T-89/89,�T-91/89,�T-92189,�T-94/89,�T-96/89,�T-98/89,�T-102/89�e�T-104/89,�
punti�54�e�55;�sentenza�10�febbraio�1998,�causa�C-263/1995,�punto�27).�A�tale�
riguardo,�occorre�tener�conto�del�fatto�che�le�parti�del�procedimento�non�
sono�considerate�semplicemente�come�persone�soggette�alla�giurisdizionedi�
uno�Stato�membro,�ai�sensi�dell'articolo�2�del�regolamento�(CEE)�1/58,�bens|�
come�persone�qualificate�interessate,�che�beneficiano�di�risorse�cognitive�
materiali�che�possono�consentire�loro�di�essere�sufficientemente�informate.�
La�pubblicazione�nella�stampa�nazionale�dei�nove�nuovi�Stati�membri�di�un�
avviso�relativo�alla�pubblicazione�nella�GUCE 
del�bando�di�concorso�o�la�
segnalazione�alle�Autorita�dei�medesimi�Stati�membri�dell'avvenuta�pubblicaz
ione�avrebbe�consentito�di�sopperire�alla�temporanea�violazione�del�regime�
linguistico�della�Unione�europea.�

La�scelta�effettuata�dalla�Commissione�non�e�adeguata�e�proporzionata�
rispetto�al�principio�della�diversita�linguistica,�e�pertanto�e�illegittima.�

26.�^L'irrazionalita�della�scelta�e�la�violazione�del�principio�di�proporzion
alita�risulta�dalla�ulteriore�considerazione�che�al�fine�di�evitare�una�discriminaz
ione�verso�le�nuove�lingue,�se�ne�e�aggiunta�un'altra�verso�la�maggior�parte�di�
quelle��vecchie�.�E�evidente�che�l'iniziativa�di�porre�rimedio�ad�una�situazione�
di�discriminazione�con�ampliamento�dei�soggetti�e�delle�lingue�discriminati�ha�
il�solo�effetto�di�aggravare�il�problema�e�non�di�risolverlo.�

27.�^Inoltre,�la�scelta�e�irrazionale,�viola�il�principio�di�proporzionalita�
perche�compiuta�a�vantaggio�di�un�gruppo�seppure�ristretto�di�lingue.�La�
scelta,�invece�di�soddisfare�ad�obiettivi�di�effettiva�economicita�,�finisce�esclus
ivamente�per�accordare�un�rango�privilegiato�a�talune�lingue�della�Unione,�
scelte�sulla�base�non�si�comprende�di�quale�criterio.�Il�regolamento�(CEE)
1/58�consente�certamente�alle�singole�istituzioni�di��determinare�le�modalita�
di�applicazione��del�regime�linguistico�della�Comunita��nei�propri�regolam
enti�interni��(articolo�6).�Ma�in�primo�luogo,�non�esiste�alcuna�norma�
scritta�che�indichi�nel�francese,�inglese�e�tedesco�le�lingue�di�lavoro�interno�
della�Commissione.�In�secondo�luogo,�nella�specie�si�tratta�di�bandi�di�conc
orso�ai�sensi�dell'articolo�29,�numero�due�dello�Statuto,�che�nulla�hanno�a�
che�fare�con�il�presunto�regime�linguistico�interno�della�Commissione:�il�fatto�
che�quest'ultima�possa�far�ricorso�nelle�sue�procedure�interne�ad�un�numero�
limitato�di�lingue�non�puo�in�nessun�modo�avere�ripercussioni�sul�regime�ling
uistico�delle�istituzioni�fissato�dal�Consiglio�in�applicazione�dell'articolo�
290�CE,�ne�sulle�modalita�di�reclutamento�del�personale�delle�istituzioni.�.�


Ilcontenzioso
nazionale
Ilcontenzioso
nazionale
Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario 
nella�dinamica�del�giudizio�di�costituzionalita�


(Art. 
117,primocomma, 
Cost. 
equestionecomunitaria) 


(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
29 
gennaio 
2005 
n. 
62) 


Con�la�sentenza�in�rassegna�la�Corte�ha�dichiarato�costituzionalmente�
illegittime�diverse�norme�regionali,�sia�di�una�Regione�a�statuto�specialeche�
di�due�a�statuto�ordinario,�che�avevano�disposto�la�denuclearizzazione 
del�
loro�territorio�con�esclusione�dei�materiali�necessari�per�scopi�sanitarieper�
la�ricerca�scientifica.�

Per�parametro�costituzionale�e�stato�adottato�l'art.�120�Cost.,��pur�se�
non�espressamente�invocato�dal�ricorrente�,�come�la�Corte�ha�rilevato�nel�
decidere�su�tutte�e�tre�le�leggi�regionali.�

Un�commentatore�della�sentenza(1)�ne�ha�dedotto�che,��stando�a�
quanto�dice�la�Corte�...�si�deve�supporre�che�`almeno�implicitamente'�il�riferi-
mento�a�codesta�norma�costituzionale�fosse�presente�nel�ricorso�,�richia-
mando�quella�giurisprudenza�della�Corte�secondo�la�quale,�in�caso�di�omessa�
indicazione�nel�dispositivo�dell'ordinanza�di�rimessione�dei�parametri�costitu-
zionali�che�si�assumono�violati,�la�questione�di�legittimita�costituzionale�e�
ugualmente�ammissibile�qualora�gli�stessi�risultino�chiaramente�deducibili,�
anche�se�solo�in�maniera�implicita,�dal�contesto�della�motivazione.�

Questa�deduzione�dell'Autore,�sicuramente�corretta�stando�alla�formula-
zione�della�sentenza,�non�corrispondeva,�invece,�alla�situazione�processuale,�
che�presentava�qualche�particolarita�che�non�emerge�dalla�sentenza�stessa.�

In�giudizio�erano�state�prospettate�alcune�questioni�intorno�all'interpre-
tazione�dell'art.�117,�primo�comma,�Cost.,�che,�fino�ad�oggi,�non�risultano�
affrontate,�quanto�meno�in�termini�generali.�

(1)�D'Amico,�Rifiuti 
radioattivi 
nelle 
Regioni 
�meno 
reattive�? 
Il 
nimby�non 
trova 
spazio 
alla 
Corte 
costituzionale 
(brevi 
note 
alla 
sent. 
n. 
62 
del 
2005) 
in�http 
.//forumcostituzionale. 
it/-
giurisprudenza/gd622005. 
htm. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Dopo 
le 
modifiche 
del 
Titolo 
V 
una 
legge, 
sia 
statale 
che 
regionale, 
che 
sia 
in 
contrasto 
con 
i 
vincoli 
derivanti 
dalla 
normativa 
comunitaria 
(e� 
questa 
la 
formulazione 
adottata 
nell'art. 
117, 
primo 
comma) 
e� 
anche 
costituzional-
mente 
illegittima. 


Si 
e� 
detto 
anche 
perche�
secondo 
quanto 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
chiarito 
gia� 
nelle 
sue 
prime 
sentenze, 
la 
norma 
nazionale, 
confliggente 
con 
l'ordina-
mento 
comunitario, 
non 
puo� 
essere 
applicata 
ed 
il 
giudice 
nazionale 
e 
la 
pub-
blica 
amministrazione, 
prima 
di 
tutti, 
debbono 
attenersi 
alla 
disciplina 
comu-
nitaria 
perche� 
la 
norma 
nazionale, 
comunque 
formulata, 
non 
puo� 
produrre 
effetti 
nelle 
materie 
comunitarizzate. 


La 
situazione 
che 
ne 
scaturisce 
diventa 
complessa. 


L'art. 
l17, 
primo 
comma, 
Cost. 
consente 
di 
impugnare 
per 
illegittimita� 
costituzionale 
una 
norma 
non 
applicabile 
per 
un 
principio 
comunitario, 
vin-
colante 
per 
tutti 
gli 
Stati 
membri. 


Se 
non 
ci 
fosse 
l'art. 
117, 
primo 
comma, 
la 
Corte 
costituzionale, 
nel 
veri-
ficare, 
per 
esempio, 
la 
rilevanza 
della 
questione 
incidentale, 
la 
dovrebbe 
escludere 
in 
quanto 
il 
giudice 
gli 
rimetterebbe 
una 
norma 
che 
non 
puo� 
tro-
vare 
applicazione. 


La 
questione 
di 
rilevanza 
resta 
superata 
per 
la 
presenza 
di 
una 
norma 
esplicita, 
come 
quella 
portata 
dal 
primo 
comma 
dell'art. 
117. 


La 
situazione 
e� 
diversa 
quando 
la 
Corte 
costituzionale 
e� 
giudice 
di 
unica 
istanza 
(2). 


(2) 
NellequestioniincidentalilaCortecostituzionalenonpuo� 
essereconsideratagiurisdizione 
di 
ultima 
istanza, 
come 
e� 
stato 
rilevato 
in 
dottrina 
(v. 
Tesauro, 
Diritto 
comunitario, 
Padova, 
2005, 
p. 
311), 
ma 
non 
puo� 
nemmeno 
essere 
considerata 
giurisdizione 
ai 
sensi 
dell'art. 
234 
del 
Trattato: 
�Dal 
tenore 
letterale 
e 
dalla 
logica 
complessiva 
di 
tale 
disposizione 
sembrapotersi 
dedurre 
che 
il 
rin-
vio 
compete 
al 
giudice 
della 
controversia, 
nel 
senso 
del 
giudice 
che 
definisce 
la 
causa, 
e 
che 
questi 
e� 
il 
destinatario 
del 
relativo 
obbligo 
quando 
sia 
di 
ultimo 
grado. 
Il 
giudice 
costituzionale 
non 
e� 
il 
giudice 
della 
controversia 
nel 
contesto 
di 
un 
incidente 
di 
costituzionalita� 
,mentre 
lo 
e� 
il 
giudice 
a 
quo 
... 
Diversa 
e� 
l'ipotesi 
che 
il 
giudice 
costituzionale 
sia 
egli 
stesso 
il 
giudice 
che 
definisce 
la 
causa, 
come 
nel 
caso 
del 
conflitto 
di 
attribuzioni 
tra 
Stato 
e 
Regioni, 
ove 
e� 
anche 
giudice 
di 
unica 
ed 
ultima 
istanza, 
s|� 
che 
sarebbe 
a 
stretto 
rigore 
obbligato 
al 
rinvio 
in 
virtu� 
del 
3� 
comma 
dell'art. 
234�. 
L'orientamento 
della 
Corte 
costituzionale 
si 
e� 
modificato 
nel 
tempo. 


Nella 
sentenza 
n. 
168/1991 
si 
e� 
riconosciuta 
�la 
facolta� 
di 
sollevare 
... 
questione 
pregiudiziale 
di 
interpretazione 
dell'art. 
177 
...�. 
Nel 
caso 
era 
chiamata 
a 
pronunciarsi 
su 
di 
una 
questione 
inciden-
tale,cosicche� 
hadatoperpresuppostalasuaqualita� 
digiurisdizioneaisensidell'art. 
177(oraart. 
234). 


Successivamentehacambiatoorientamento(ordn. 
536/1995,pronunciataancheessainuncaso 
di 
questione 
incidentale). 
Dopo 
aver 
richiamato 
il 
diverso 
orientamento 
seguito 
nella 
sentenza 


n. 
168/1991, 
ha 
affermato 
che 
�nella 
Corte 
costituzionale 
non 
e� 
ravvisabile 
quella 
`giurisdizione 
nazionale' 
alla 
quale 
fa 
riferimento 
l'art. 
177 
del 
trattato 
istitutivo 
della 
Comunita� 
Economica 
Euro-
pea,poiche� 
laCortenonpuo� 
`essereinclusafragliorganigiudiziari,ordinariospecialichesiano,tante 
sono, 
e 
profonde, 
le 
differenze 
tra 
il 
compito 
affidato 
alla 
prima, 
senza 
precedenti 
nell'ordinamento 
italiano, 
e 
quelli 
ben 
noti 
e 
storicamente 
consolidati 
propri 
degli 
organi 
giurisdizionali' 
(sent. 
n. 
13 
del 
1960, 
cit.)�. 
In 
questo 
modo 
la 
Corte 
costituzionale 
non 
si 
e� 
adeguata 
al 
principio, 
gia� 
da 
tempo 
enunciato 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, 
ed 
ormai 
non 
piu� 
messo 
in 
discussione, 
che 
le 
nozioni 
e 
le 
figure 
giuridiche 
richiamate 
inuna 
normacomunitariavanno 
definite 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Una�volta�che�sia�sorta�una�questione�comunitaria,�sarebbe�tenuta�a�
rimetterla�alla�Corte�di�Giustizia�ai�sensi�dell'art.�234�del�Trattato.�

Nel�caso�di�impugnativa�diretta�di�una�legge�ai�sensi�dell'art.�127�Cost.�
la�Corte�si�viene�a�trovare,�pertanto,�di�fronte�ad�una�alternativa�rigida.�

Se�dichiara�la�legge�impugnata�costituzionalmente�illegittima�per�contra-
sto�con�l'ordinamento�comunitario,�elimina�ogni�possibilita��di�violazione�
comunitaria�perche�la�legge�che�avrebbe�potuto�provocarla�perde�la�sua�effi-
cacia.�

In�caso�contrario,�non�potrebbe�evitare�di�rimettere�la�questione�alla�
Corte�di�Giustizia,�che�e��la�sola�che�puo��accertare�in�ultima�istanza�la�com-
patibilita��con�l'ordinamento�comunitario�di�una�norma�interna.�

Come�si�e��gia��rilevato,�la�Corte�costituzionale�ha�escluso�di�essere�giuri-
sdizione 
ai�sensi�dell'art.�234.�E�su�questa�sua�posizione�e��stata�conseguente�
tanto�e��vero�che�non�risulta�che�abbia�mai�disposto�un�rinvio�alla�Corte�di�
Giustizia.�

La�sentenza�in�rassegna�va�inquadrata�in�questo�suo�orientamento.�

Se�avesse�affrontato�la�questione�in�termini�comunitari,�avrebbe�dovuto�
pronunciarsi�di�nuovo�sulla�sua�collocazione�nell'ambito�dell'art.�234,�affron-
tando�difficolta��che�nel�frattempo�sono�diventate�piu��ardue.�

Il�principio,�gia��richiamato,�secondo�il�quale�la�interpretazione�in�via�
definitiva�delle�figure�o�delle�definizioni�giuridiche�riportate�in�una�norma�
comunitaria�compete�solo�alla�Corte�di�Giustizia,�nel�frattempo�si�e��consoli-
dato�cosicche�,�non�attenersi�ad�esso,�avrebbe�potuto�integrare�una�infrazione�
comunitaria.�

Il�primo�comma�dell'art.�117�Cost.�impone,�inoltre,�alla�Corte�di�inter-
pretare�la�normativa�comunitaria,�che�si�assume�violata.�

Confermando�il�suo�orientamento,�la�Corte�costituzionale,�nel�giudicare�
sulla�conformita��della�norma�interna�all'ordinamento�comunitario,�avrebbe�
dovuto�dare�di�quest'ultimo�una�interpretazione�in�via�definitiva,�senza�che�
della�questione�fosse�investita�la�Corte�di�Giustizia.�La�formulazione�del�
primo�comma�dell'art.�117�rende�piu��arduo�poterlo�sostenere.�

La�decisione�del�caso�al�suo�esame�in�base�all'art.�120�Cost.,�senza�nem-
meno�richiamare�la�questione�comunitaria�che�gli�era�stata�sottoposta,�e��pro-
babile�che�si�spieghi�con�l'obiettivo�di�non�smentire�il�suo�orientamento�senza�
correre�il�rischio�di�incorrere�in�una�infrazione�comunitaria�Nei�ricorsi,a�
sostegno�della�illegittimita��costituzionale�delle�norme�impugnate�ai�sensi�del-
l'art.�117,�primo�comma,�Cost.,�si�era�rilevato�che�il�mercato�di�riferimento�
per�i�materiali 
nucleari 
e��quello�comunitario�tanto�e��vero�che�trovano�una�
loro�apposita�disciplina�nel�Trattato�CEEA,�dove�il�Capo 
IXe��intitolato�Mer-
cato 
Comune 
Nucleare. 


Nell'art.�93,�al�primo�comma,�e��imposto�espressamente�agli�Stati�mem-
bri�l'obbligo�di�abolire�ogni�restrizione�quantitativa�sia�all'importazione�o�
all'esportazione�dei�prodotti�nucleari.�

L'argomentazione,�in�sintesi,�era�cos|��articolata:�

^il�mercato�rilevante�dei�materiali�nucleari�e��quello�comunitario,�nel�
quale�debbono�essere�realizzati�gli�obiettivi�fissati�nell'art.�2;�

^le�restrizioni�quantitative�esistenti�andavano�abolite;�a�maggior�
ragione�non�potevano�esserne�introdotte�di�nuove;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

^l'art.�120�Cost.,�secondo�principi�comunitari�affermati�da�tempo,�in�
quanto�norma�interna,�anche�se�col�rango�piu�elevato,�non�puo�interferire�
con�la�normativa�comunitaria,�in�particolare�non�puo�ritenersi�applicabile�
ad�un�mercato�riservato�di�per�se�,�e�non�soltanto�in�quanto�interessi�gli�
scambi�tra�Stati�membri,�alla�disciplina�comunitaria.�

Di�conseguenza�^era�stato�precisato�^si�era�evitato�il�richiamo�
all'art.�120�Cost.�perche�l'applicazione�di�una�norma�nazionale,�anche�se�
coincidente�con�quella�comunitaria,�avrebbe�costituito�un'infrazione�comuni-
taria(3),�salvo�che�fosse�dimostrato�che�la�norma�comunitaria�non�era�appli-
cabile�nel�caso�esaminato.�

Questa�dimostrazione�era�tutt'altro�che�agevole�e�per�questo�la�Corte�
probabilmente�ha�preferito�fondare�la�sua�sentenza�sul�diritto�interno,�evi-
tando�di�pronunciarsi�sull'art.�234�del�Trattato.�

Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
29 
gennaio 
2005 
n. 
62 
^Pres.V.�Onida�^Giudizi�di�legittimita�
costituzionale�della�legge�della�Regione�Sardegna�3�luglio�2003,�n.�8�(Dichiarazione�
della�Sardegna�territorio�denuclearizzato);�dell'art.�1,�commi�1�e�2,�della�legge�della�
Regione�Basilicata�21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche�ed�integrazioni�alla�legge�regio-
nale�31�agosto�1995,�n.�59);�della�legge�della�Regione�Calabria�5�dicembre�2003,�n.�26�
(Dichiarazione�della�Calabria�denuclearizzata.�Misure�di�prevenzione�dall'inquinamento�
proveniente�da�materiale�radioattivo.�Monitoraggio�e�salvaguardia�ambientale�e�salute�dei�
cittadini),�del�decreto-legge�14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioni�urgenti�per�la�rac-
colta,�lo�smaltimento�e�lo�stoccaggio,�in�condizioni�di�massima�sicurezza,�dei�rifiuti�radioat-

tivi)�e�della�relativa�legge�di�conversione�24�dicembre�2003,�n.�368�promossi�con�tre�
ricorsi�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�(Avv.�dello�Stato�G.�Nori)�e�con�un�
ricorso�della�Regione�Basilicata.�

�(Omissis)�Considerato�in�diritto�^1.�^Il�Governo�impugna�tre�leggi�regionali,�rispetti-
vamente�delle�Regioni�Sardegna�(r.�ric.�n.�67�del�2003),�Basilicata�(r.�ric.�n.�7�del�2004)�e�
Calabria�(r.�ric.�n.�19�del�2004),�aventi�in�comune�fra�loro�l'oggetto,�consistente�essenzial-
mente�nella�dichiarazione�del�territorio�regionale�come�territorio��denuclearizzato��e�pre-
cluso�al�transito�e�alla�presenza�di�materiali�nucleari�provenienti�da�altri�territori.�

(3)�Gia�con�la�sentenza�7�febbraio�1973,�Commissione�c.�Repubblica�italiana�(39/72),�la�
Corte�di�Giustizia�ha�rilevato�che��procedendo�in�questo�modo�(vale�a�dire�recependo�in�un�decreto�
legislativo�le�norme�portate�da�un�Regolamento�comunitario)�ilGoverno�italianohacreatounequi-
voco�per�quanto�riguarda�sia�la�natura�giuridica�delle�norme�da�applicarsi,�sia�il�momento�della�loro�
entratainvigore.Anormadegliartt.�189e191delTrattato,�infatti,iregolamentisonodiperse�diret-
tamenteefficaciintuttigliStatimembriedentrano�invigore,perilsemplicefattodellaloropubblica-
zione�nella�Gazzetta�Ufficiale�delle�Comunita�,�alla�data�in�essi�stabilita,�ovvero,�in�mancanza�nel�
momento�stabilito�dal�Trattato.�Sono�quindi�in�contrasto�col�Trattato�le�modalita�di�attuazione�che�
possano�avere�la�conseguenza�di�ostacolare�l'efficacia�diretta�dei�regolamenti�comunitari�e�di�compro-
mettere�quindi�la�simultanea�ed�uniforme�applicazione�nell'intera�Comunita��.�Dopo�alcune�sentenze�
in�cui�questo�principio,�anche�se�non�ripetuto,�e�stato�dato�per�presupposto,�la�Corte�lo�ha�ribadito�
espressamente�nella�sentenza�10�ottobre�1973,�Variola,�(34/73):��In�particolare,�gli�Stati�membri�
devonoastenersidall'adottareprovvedimentiattiasminuirelacompetenzadella�Corteapronunciarsi�
su�qualsiasi�questione�di�interpretazione�del�diritto�comunitario�o�di�validita�degli�atti�emanati�dalle�
Istituzioni�della�Comunita�.�Ne�consegue�l'inammissibilita�di�qualsiasi�pratica�che�possa�nascondere�
agli�amministrati�la�natura�comunitaria�di�una�norma�giuridica.�La�competenza�attribuita�alla�Corte�
dall'art.�177�resta�intatta,�nonostante�qualunque�tentativo�di�trasformare,�mediante�una�legge�interna,�
una�norma�comunitaria�in�diritto�nazionale�.�

IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE|

A|sua|volta|la|Regione|Basilicata|impugna|(r.|ric.|n.|40|del|2004)|il|decreto|legge|
14|novembre|2003,|n.|314|(Disposizioniurgentiperlaraccolta, 
losmaltimento 
elostoccaggio, 
in 
condizioni 
di 
massima 
sicurezza 
dei 
rifiuti 
radioattivi),|e|la|relativa|legge|di|conversione|
24|dicembre|2003,|n.|368,|il|cui|oggetto|riguarda|principalmente|la|previsione|di|un|Depo-
sito|nazionale|dei|rifiuti|radioattivi|e|le|competenze|e|le|procedure|per|la|sua|realizzazione.|

2.|^Data|la|connessione|oggettiva,|i|giudizi|possono|essere|riuniti|per|essere|decisi|con|
unica|pronunzia.|
3.|La|legge|della|Regione|Sardegna|3|luglio|2003,|n.|8|(Dichiarazione 
della 
Sardegna 
ter-
ritorio 
denuclearizzato) 
si|compone|di|4|articoli.|L'art.|1|sancisce|al|comma|1|che|�la|Regione|
autonoma|della|Sardegna,|sulla|base|dei|principi|costituzionali|e|delle|competenze|esclusive|
in|materia|di|urbanistica|ed|ambiente|attribuite|dall'articolo|3,|lettera|f,|dello|statuto|spe-
ciale,|interpretate|dall'articolo|58|del|d.P.R.|n.|348|del|1979|e|dall'articolo|80|del|d.P.R.|
n.|616|del|1977,|nonche�delle|attribuzioni|in|via|concorrente|in|materia|di|salute|pubblica,|
protezione|civile|e|governo|del|territorio|di|cui|al|terzo|comma|dell'articolo|117|della|Costi-
tuzione,|dichiara|il|territorio|regionale|della|Sardegna|denuclearizzato|e|precluso|al|transito|
ed|alla|presenza,|anche|transitoria,|di|materiali|nucleari|non|prodotti|nel|territorio|regio-
nale�.|
Il|comma|2|stabilisce|che|�sono|esclusi|dal|divieto|di|cui|al|comma|1|i|materiali|neces-
sari|per|scopi|sanitari,|per|il|supporto|della|sicurezza,|del|controllo|e|della|produzione|indu-
striale|e|per|la|ricerca|scientifica�.|

L'art.|2|prevede|la|nomina|di|una|Commissione|di|inchiesta|con|compiti|di|verifica|della|
eventuale|presenza|di|materiali|radioattivi|e|dello|stato|di|avanzamento|degli|studi|in|vista|
dellelocalizzazionididepositididetti|materialinel|territorioregionale|(comma|1),|e|dispone|
che|successivamente|il|Presidente|della|Regione,|su|parere|vincolante|del|Consiglio|appro-
vato|a|maggioranza|di|due|terzi|dei|consiglieri,|�esprime|la|definitiva|posizione|della|
Regione|sia|sull'utilizzo|ed|il|deposito|nel|territorio|regionale|di|sostanze|radioattive|o|scorie|
e|rifiuti|di|sostanze|radioattive,|sia|anche|sullo|stoccaggio|in|Sardegna|di|rifiuti|pericolosi|o|
dannosi|non|prodotti|nel|territorio|regionale�|(comma|2),|mentre|�ove|necessario|il|Consi-
glio|regionale|promuove|l'adozione|di|apposite|norme|di|attuazione|statutarie,|che|regolino|
i|controlli|e|le|azioni|amministrative|necessarie|per|l'effettiva|denuclearizzazione|del|proprio|
territorio�.|

L'art.|3|prevede|Misure 
urgenti 
di 
vigilanza 
e 
controllo 
curate|dalle|strutture|regionali|
preposte|alla|vigilanza|ambientale|e|sanitaria;|l'art.|4|disciplina|l'entrata|in|vigore|della|
legge.|

Il|ricorrente|censura|l'intera|legge|in|quanto|interferirebbe|con|la|materia|dell'ambiente,|
riservata|alla|competenza|legislativa|esclusiva|dello|Stato,|non|potrebbe|trovare|base|nelle|
competenze|regionali|in|materia|di|urbanistica,|governo|del|territorio|e|protezione|civile,|e|
in|quanto,|con|riferimento|alla|competenza|regionale|concorrente|in|materia|di|tutela|della|
salute,|non|si|sarebbe|attenuta|ai|principi|fondamentali|desumibili|dalla|legislazione|statale|
preesistente,|secondo|i|quali|�restrizioni|generalizzate|alle|attivita�|economiche,|non|legate|a|
situazioni|particolari|di|ambiente|o|di|operatore�,|andrebbero|fondate|su|dati|scientifici|
attendibili|e|non|su|valutazioni|genericamente|prudenziali.|

La|legge|impugnata|violerebbe|altres|�|l'art.|117,|primo|comma,|della|Costituzione,|in|
quanto|contrasterebbe|con|la|disciplina|attuativa|di|direttive|comunitarie|recata|dal|d.lgs.|

n.|230|del|1995,|che|sarebbe|fonte|della|�disciplina|integrale|della|materia�.|Inoltre,|preclu-
dendo|la|circolazione|dei|rifiuti|radioattivi|sul|territorio|regionale,|la|legge|violerebbe|
l'art.|117,|secondo|comma,|lettera|e,|della|Costituzione|(che|riserva|allo|Stato|la|competenza|
in|materia|di|tutela|della|concorrenza),|perche�interferirebbe|nel|mercato|dei|materiali|
nucleari,|anch'essi|soggetti|alla|disciplina|della|concorrenza.|
Dalla|incostituzionalita�|dell'art.|1|discenderebbe|come|conseguenza|necessaria|quella|
degli|articoli|2|e|3|della|legge,|destinati|ad|operare|sul|presupposto|della|efficacia|dell'art.|1|
medesimo.|

4.|^La|questione|e�|fondata.|
Un|intervento|legislativo|della|portata|di|quello|posto|in|essere|dalla|Regione|Sardegna|
con|la|legge|impugnata|non|trova|fondamento|in|alcuna|delle|competenze|attribuite|alla|
Regione|medesima|dallo|statuto|speciale|e|dalla|Costituzione.|


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�particolare,�non�puo��valere�a�fondare�tale�intervento�la�competenza�legislativa�pri-
maria�in�materia�di��edilizia�ed�urbanistica��(art.�3,�lettera�f,�dello�statuto),�che�non�com-
prende�ogni�disciplina�di�tutela�ambientale,�e�deve�comunque�esercitarsi�^quando�si�tratti�
di�ambiti�in�cui�le�Regioni�ordinarie�non�abbiano�acquisito�con�il�nuovo�titolo�V,�parte�II,�
della�Costituzione,�maggiori�competenze�invocabili�anche�dalle�Regioni�speciali�in�forza�del-
l'art.�10�della�legge�cost.�n.�3�del�2001�(cfr.�sentenza�n.�536�del�2002)�^nei�limiti�statutari�
delle�norme�fondamentali�di�riforma�economico-sociale�e�degli�obblighi�internazionali�e�
comunitari�(a�cui�si�puo��ricondurre�almeno�in�parte�la�disciplina�del�d.lgs.�17�marzo�1995,�

n.�230,�recante��Attuazione 
delle 
direttive 
89/618/Euratom, 
90/641/Euratom, 
92/3/Euratom 
e 
96/29/Euratom 
in 
materia 
di 
radiazioni 
ionizzanti�,�la�quale�infatti�trova�applicazione�anche�
nei�confronti�delle�Regioni�speciali,�come�risulta�da�alcune�delle�sue�disposizioni�in�materia�
di�rifiuti�radioattivi,�quali�ad�esempio�gli�artt.�29,�comma�2,�30,�comma�2,�33,�comma�1).�
Per�quanto�riguarda�la�disciplina�ambientale,�non�solo�le�Regioni�ordinarie�non�hanno�
acquisito�maggiori�competenze,�invocabili�anche�dalle�Regioni�speciali,�ma,�al�contrario,�
una�competenza�legislativa�esclusiva�in�tema�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�e��stata�
espressamente�riconosciuta�allo�Stato,�sia�pure�in�termini�che�non�escludono�ilconcorsodi�
normative�delle�Regioni,�fondate�sulle�rispettive�competenze,�al�conseguimento�di�finalita��
di�tutela�ambientale�(cfr.�sentenze�n.�407�del�2002,�n.�307�e�n.�312�del�2003,�n.�259�del�2004).�

Ne�,�in�proposito,�puo��valere�riferirsi,�come�fa�l'art.�1,�comma�1,�della�legge�impugnata,�
all'art.�58�delle�norme�di�attuazione�dello�statuto�sardo�di�cui�al�d.P.R.�n.�348�del�1979,�che�
si�limita�a�trasferire�alla�Regione�le�funzioni�amministrative�concernenti�gli�interventi�per�
la�protezione�della�natura,�le�riserve�e�i�parchi�naturali,�e�all'art.�80�del�d.P.R.�n.�616�del�
1977,�che�pur�includendo�la��protezione�dell'ambiente��nell'ambito�della�disciplina�dell'uso�
del�territorio�riconducibile�alla�materia��urbanistica��non�ha�fatto�venir�meno�le�competenze�
statali�in�materia�specificamente�ambientale.�

Ancor�meno�la�legge�censurata�puo��giustificarsi�in�base�alla�competenza�concorrente�
della�Regione�in�materia�di�salute�pubblica,�protezione�civile�e�governo�del�territorio:�mentre�
questi�ultimi�due�titoli�di�competenza�non�aggiungono�nulla�ai�poteri�della�Regione�in�
campo�ambientale,�in�presenza�della�competenza�statale�di�cui�all'art.�117,�secondo�comma,�
lettera�s,�i�poteri�della�Regione�nel�campo�della�tutela�della�salute�non�possono�consentire,�
sia�pure�in�nome�di�una�protezione�piu��rigorosa�della�salute�degli�abitanti�della�Regione�
medesima,�interventi�preclusivi�suscettibili,�come�nella�specie,�di�pregiudicare,�insieme�ad�
altri�interessi�di�rilievo�nazionale�(cfr.�sentenza�n.�307�del�2003),�il�medesimo�interesse�della�
salute�in�un�ambito�territoriale�piu��ampio,�come�avverrebbe�in�caso�di�impossibilita��o�diffi-
colta��a�provvedere�correttamente�allo�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi.

E�,�in�ogni�caso,�decisivo�osservare�che�alle�Regioni,�sia�ad�autonomia�ordinaria�sia�ad�
autonomia�speciale,�e��sempre�interdetto�adottare�misure�di�ogni�genere�capaci�di�ostacolare�
�in�qualsiasi�modo�la�libera�circolazione�delle�persone�e�delle�cose�tra�le�Regioni��(art.�120,�
primo�comma,�Cost.,�pur�non�espressamente�invocato�dal�ricorrente):�e�una�normativa,�
come�quella�impugnata,�che�preclude�il�transito�e�la�presenza,�anche�provvisoria,�di�materiali�
nucleari�provenienti�da�altri�territori�e��precisamente�una�misura�fra�quelle�che�alle�Regioni�
sono�vietate�dalla�Costituzione.�

In�fatto,�poi,�e��ben�noto�che�il�problema�dello�smaltimento�dei�rifiuti�pericolosi�^e�
quelli�radioattivi�lo�sono�^di�origine�industriale�non�puo��essere�risolto�sulla�base�di�un�crite-
rio�di��autosufficienza��delle�singole�Regioni�(cfr.�sentenze�n.�281�del�2000,�n.�335�del�2001,�

n.�505�del�2002),�poiche�occorre�tener�conto�della�eventuale�irregolare�distribuzione�nel�terri-
torio�delle�attivita��che�producono�tali�rifiuti,�nonche�,�nel�caso�dello�smaltimento�dei�rifiuti�
radioattivi,�della�necessita��di�trovare�siti�particolarmente�idonei�per�conformazione�del�ter-
reno�e�possibilita��di�collocamento�in�sicurezza�dei�rifiuti�medesimi.�La�comprensibile�spinta,�
spesso�presente�a�livello�locale,�ad�ostacolare�insediamenti�che�gravino�il�rispettivo�territorio�
degli�oneri�connessi�(secondo�il�noto�detto��not 
in 
my 
backyard�),�non�puo��tradursi�in�un�
impedimento�insormontabile�alla�realizzazione�di�impianti�necessari�per�una�corretta�
gestione�delterritorioedegliinsediamentialserviziodiinteressi�di�rilievo�ultraregionale.�
5.�^Nemmeno�varrebbe,�a�contrastare�la�fondatezza�della�censura,�il�rilievo�che�il�
comma�2�dell'art.�1�della�legge�impugnata�esclude�dal�divieto�di�transito�e�di�presenza��i�
materiali�necessari�per�scopi�sanitari,�per�il�supporto�della�sicurezza,�del�controllo�e�della�
produzione�industriale�e�per�la�ricerca�scientifica�,�ne�il�rilievo�del�carattere�in�qualche�modo�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

transitorio�della�disciplina,�in�attesa�che,�ai�sensi�dell'art.�2,�comma�2,�della�stessa�legge,�la�
Regione�adotti�la�propria��definitiva�posizione��sull'utilizzo�ed�il�deposito�nel�territorio�
regionale�di�sostanze�radioattive�o�di�rifiuti�radioattivi.�

Quanto�al�primo�rilievo,�basta�infatti�osservare�che�queste�esenzioni�non�riguardano�il�
caso�dello�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi,�che�e�,�notoriamente,�il�problema�che�fa�sorgere�
le�maggiori�difficolta�in�termini�di�individuazione�dei�siti�idonei.�

Quanto�alla�transitorieta�della�disciplina,�essa,�anche�se�sussistesse�(ma�l'art.�1�non�si�
esprime�in�questi�termini),�non�varrebbe�a�giustificarla�sul�piano�costituzionale,�una�volta�
che�si�riscontri,�come�si�e�fatto,�che�essa�eccede�dalla�competenza�della�Regione�e�v|�ola�limiti�
a�questa�imposti�dalla�Costituzione.�

L'art.�1�della�legge�regionale�e�dunque�costituzionalmente�illegittimo.�Lo�sono�egualm
ente,�per�la�loro�stretta�connessione�con�l'art.�1,�le�altre�disposizioni�della�legge:�l'art.�2,�
infatti,�presuppone�la�possibilita�per�la�Regione�di�decidere�autonomamente�sullo�stoccaggio�
in�Sardegna�di�rifiuti�pericolosi�prodotti�fuori�del�territorio�regionale,�e�l'art.�3�si�riferisce�
espressamente�a�misure�dirette�ad�impedire��l'immissione�di�nuove�ed�ulteriori�consistenze��
di�materiali�nucleari�nel�medesimo�territorio�della�Regione.�

6.�^La�legge�regionale�della�Basilicata�21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche 
ed 
integra-
zioni 
alla 
legge 
regionale 
31 
agosto 
1995, 
n. 
59),�aggiunge,�con�l'art.�1,uncomma�1-bis 
all'art.�1�della�legge�regionale�31�agosto�1995,�n.�59�(Normativa 
sullo 
smaltimento 
dei 
rifiuti),�
del�seguente�tenore:��Il�territorio�della�Regione�Basilicata�e�dichiarato�denuclearizzato�e�prec
luso�al�transito�e�alla�presenza,�anche�transitoria,�di�materiali�nucleari�non�prodotti�nel�terr
itorio�regionale.�Tale�preclusione�non�si�applica�ai�materiali�necessari�per�scopi�sanitari�e�
per�la�ricerca�scientifica�.�
L'art.�2�della�legge�impugnata,�a�sua�volta,�aggiunge�alla�legge�regionale�n.�59�del�1995�
il�seguente�art.�4-bis:��La�Regione,�attraverso�le�proprie�strutture�preposte�alla�vigilanza�
ambientale�e�sanitaria,�ivi�comprese�l'ARPAB�e�le�Aziende�del�Servizio�sanitario�regionale,�
cura�la�rilevazione�tecnica�e�strumentale�di�presenze�sul�territorio�regionale�di�materiale�
nucleareeadottalemisurediprevenzione�necessarieaifini�di�cui�al�precedente�articolo�1,�
comma�1-bis�.�

Il�ricorrente�lamenta�la�violazione�della�competenza�statale�esclusiva�inmateria�di�
tutela�dell'ambiente,�la�violazione�di�norme�comunitarie�e�dunque�dell'art.�117,�primo�
comma,�della�Costituzione,�il�contrasto�con�i�principi�fondamentali�ricavabili�in�materia�
dal�d.lgs.�n.�230�del�1995.�

7.�^Laquestione�e�fondata.�
Poiche�la�legge�impugnata�tende�a�disciplinare�in�modo�preclusivo�di�ogni�altro�interv
ento�la�presenza�e�lo�stesso�transito,�nel�territorio�regionale,�di�sostanze�radioattive,�fra�
cui�i�rifiuti�radioattivi,�e�palese�la�invasione�della�competenza�esclusiva�attribuita�allo�Stato�
in�materia�di�tutela�dell'ambiente�e�dell'ecosistema�dall'art.�117,�secondo�comma,�lettera�s,�
della�Costituzione,�nonche�la�violazione�del�vincolo�generale�imposto�alle�Regioni�dall
'art.�120,�primo�comma,�Cost.�(pur�non�espressamente�invocato�dal�ricorrente),�che�vieta�
ogni�misura�atta�a�ostacolare�la�libera�circolazione�delle�cose�e�delle�persone�fra�le�Regioni.�
Ne�puo�essere�invocato,�a�difesa�della�legge,�un�potere�della�Regione�di�intervenire�a�
difesa�della�salute�con�misure�piu�rigorose�di�quelle�fissate�dallo�Stato,�poiche�,come�sie�
gia�osservato�a�proposito�dell'analoga�legge�della�Regione�Sardegna,�la�Regione�non�puo�in�
ogni�caso�adottare�misure�che�pregiudichino,�insieme�ad�altri�interessi�di�rilievo�nazionale,�
lo�stesso�interesse�alla�salute�in�un�ambito�piu�vasto,�come�accadrebbe�se�si�ostacolasse�la�
possibilita�di�smaltire�correttamente�i�rifiuti�radioattivi.�
Anche�in�questo�caso,�come�in�quello�della�Regione�Sardegna,�e�per�le�stesse�ragioni,�
l'illegittimita�della�legge�non�puo�essere�esclusa�invocando�le�esenzioni�dal�divieto�previste�
dallo�stesso�comma�1-bis 
introdotto�nell'art.�1�della�legge�regionale�n.�59�del�1995.�
L'art.�1�della�legge�impugnata�(art.�1,�comma�1-bis,�della�legge�regionale�n.�59�del�1995)�
e�dunque�costituzionalmente�illegittimo;�e�altrettanto�e�a�dirsi,�di�conseguenza,�per�l'art.�2�
(art.�4-bis 
della�legge�regionale�n.�59�del�1995),�che�si�riferisce�a�misure��necessarieai�fini��
di�cui�al�detto�art.�1.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

8.�^La�legge�regionale�della�Calabria�5�dicembre�2003,�n.�26�(Dichiarazione 
della 
Cala-
bria 
denuclearizzata. 
Misure 
di 
prevenzione 
dall'inquinamento 
proveniente 
da 
materiale 
radio-

attivo. 
Monitoraggio 
e 
salvaguardia 
ambientale 
della 
salute 
dei 
cittadini) 
si�compone�di�5�arti-
coli.�

L'art.�1�stabilisce�che��La�Regione�Calabria,�sulla�base�dei�principi�costituzionali�e�delle�
competenze�in�materia�di�urbanistica�ed�ambiente,�nonche�delle�attribuzioni�in�via�concor-
rente�in�materia�di�salute�pubblica,�protezione�civile�e�governo�del�territoriodicui�al�terzo�
comma�dell'art.�117�della�Costituzione,�dichiara�il�territorio�regionale�della�Calabria�denu-
clearizzato�e�precluso�al�transito�ed�alla�presenza,�anche�transitoria,�di�materiali�nucleari�
non�prodotti�nel�territorio�regionale�.�

L'art.�2�dispone�la�promozione�di�una��Conferenza�per�la�sicurezza�e�la�cooperazione�
del�Sud��intesa�a��rilanciare�la�denuclearizzazione�di�territori�vocati�all'agricoltura�e�al�turi-
smo�individuando�forme�di�collaborazione�solidaristica�tra�le�popolazioni�interessate�.�

L'art.�3�prevede�la�nomina�di�un��Collegio�referente��con�compiti�di�verifica,�a�seguito�
della�cui�attivita�il�Presidente�della�Regione,�su�parere�vincolante�del�Consiglio�regionale�
sugli�esiti�dell'inchiesta�esprimera��la�definitiva�posizione�della�Regione�sull'utilizzo�ed�il�
deposito�nel�territorio�regionale�di�sostanze�nucleari�o�di�loro�residui��(comma�2);�e�la�ado-
zione�di��apposite�norme�che�regolino�i�controlli�e�le�azioni�amministrative�necessarie�per�
l'effettiva�denuclearizzazione�del�proprio�territorio��(comma�4).�

L'art.�5�prevede�misure�di�vigilanza�e�controllo�necessarie�per�impedire�ogni�contiguita�
di�materiali�nucleari�con�le�popolazioni�e�le�strutture�civili��prevenendo�l'immissione�di�
nuove�consistenze�dei�medesimi�materiali�.�

L'art.�5�disciplina�l'entrata�in�vigore�della�legge.�

Il�ricorrente�censura�la�legge�con�argomentazioni�analoghe�a�quelle�riferite�alla�legge�
della�Regione�Basilicata.�

9.�^La�questione�e�fondata,�per�le�medesime�ragioni�e�in�base�ai�medesimi�argomenti�
gia�svolti�a�proposito�della�analoga�legge�della�Regione�Basilicata,�nonche�a�proposito�della�
legge�della�Regione�Sardegna�circa�l'asserita�non�definitivita�della�disciplina�adottata.�
Anche�in�questo�caso�l'illegittimita�dell'art.�1�comporta�necessariamente�la�dichiara-
zione�di�illegittimita�dell'intera�legge:�infatti�l'art.�2�nuovamente�si�riferisce�alla��denuclea-
rizzazione��di�territori;�l'art.�3�presuppone�la�possibilita�per�la�Regione�di�adottare�una�
�definitiva�posizione��autonoma�sull'utilizzo�e�sul�deposito�nel�territorio�regionale�di�
sostanze�nucleari�e�di�loro�residui;�e�l'art.�4�finalizza�le�misure�alla�prevenzione�dell'ingresso�
di�materiali�nucleari�nel�territorio�regionale.�

10.�^Il�decreto�legge�14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioni 
urgenti 
per 
la 
raccolta, 
lo 
smaltimento 
e 
lo 
stoccaggio, 
in 
condizioni 
di 
massima 
sicurezza, 
dei 
rifiuti 
radioattivi),e�impu-

gnato�dalla�Regione�Basilicata�nel�testo�risultante�dalla�legge�di�conversione�24�dicembre�
2003,�n.�368.�

Esso,�a�differenza�del�testo�originario�del�decreto,�non�individua�piu�nelterritoriodel�
Comune�di�Scanzano�Jonico,�in�Provincia�di�Matera,�il�sito�per�la�realizzazione�del�Deposito�
nazionale�dei�rifiuti�radioattivi.�Si�limita�invece�a�prevedere�che�la�sistemazione�in�sicurezza�
dei�rifiuti�radioattivi,�degli�elementi�di�combustibile�irraggiati�e�dei�materiali�nucleari,�ivi�
inclusi�quelli�rivenienti�dalla�disattivazione�delle�centrali�elettronucleari�e�degli�impianti�di�
ricerca�e�di�fabbricazione�del�combustibile,�sia�effettuata�presso�il�Deposito�nazionale,�riser-
vato�ai�soli�rifiuti�di�III�categoria,�che�costituisce��opera�di�difesa�militare�di�proprieta�dello�
Stato�;�e�che�il�sito�sia�individuato�entro�un�anno�dal�Commissario�straordinario�nominato�
ai�sensi�dell'art.�2,�sentita�l'apposita�Commissione�tecnico-scientifica,�e�previa�intesa�in�sede�
di�conferenza�unificata�Stato-Regioni-autonomie�locali,�ovvero,�in�mancanza�del�raggiungi-
mento�dell'intesa�entro�il�termine�stabilito,�con�decreto�del�Presidente�del�Consiglio�dei�mini-
stri�previa�deliberazione�del�Consiglio�dei�ministri�(art.�1,�comma�1).�

La�realizzazione�del�Deposito�e�affidata�alla�societa�gestione�impianti�nucleari�(SOGIN�
s.p.a.:�art.�1,�comma�2),�utilizzando�le�procedure�speciali�previste�per�le�opere�cosiddette�
strategiche�dalla�legge�n.�443�del�2001�e�dal�d.lgs.�n.�190�del�2002�(art.�1,�comma�3).�

La��validazione��del�sito�e�effettuata�dal�Consiglio�dei�ministri,�sulla�base�degli�studi�
effettuati�dalla�apposita�Commissione�tecnico-scientifica,�previo�parere�dell'Agenzia�per�la�
protezione�dell'ambiente�e�per�i�servizi�tecnici,�del�Consiglio�nazionaledelle�ricercheedal-
l'Ente�per�le�nuove�tecnologie,�l'energia�e�l'ambiente�(art.�1,�comma�4-bis).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

L'art.�2�prevede�la�nomina�da�parte�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�di�un�Com-
missario�straordinario,�il�quale�provvede��in�deroga�alla�normativa�vigente��agli�adempi-
menti�relativi�alla�realizzazione�del�Deposito,�fra�cui�l'approvazione�dei�progetti�(comma�1,�
letteraf),�ed�e�autorizzato�ad�adottare,�con�speciali�modalita�e�poteri,�anche�sostitutivi,�tutti�
i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi�natura�necessari�alla�progettazione,�all'istruttoria,�
all'affidamento�e�alla�realizzazione�del�Deposito�nazionale,�fatte�salve�le�sole�competenze�
del�Ministero�dell'ambiente�e�della�tutela�del�territorio�in�materia�di�valutazione�di�impatto�
ambientale�e�le�competenze�dell'Agenzia�per�la�protezione�dell'ambiente�e�per�i�servizi�
tecnici-APAT�(comma�2).�E�prevista�una�speciale�Commissione�tecnico-scientifica�composta�
da�diciannove�esperti,�di�cui�quattro�nominati�dalla�Conferenza�unificata,�espressi�due�dalle�
Regioni�e�due�dagli�enti�locali.�Il�Presidente�della�Commissione�(a�seguito�di�una�successiva�
modificaintrodottaconl'art.�1,comma106,dellaleggen.239del2004)e�nominatodalPre-
sidente�del�Consiglio�d'intesa�con�la�Conferenza�unificata�(comma�3).�

L'art.�3�prevede�la�allocazione�e�gestione�in�via�definitiva�dei�rifiuti�radioattivi�di�III�
categoria�e�del�combustibile�irraggiato�nel�Deposito�nazionale,�e�la�messa�in�sicurezza�e�lo�
stoccaggio�dei�rifiuti�di�I�e�II�categoria�in�base�ad�un�decreto�del�Presidente�del�Consiglio.�

L'art.�4�prevede�fra�l'altro�misure�compensative�a�favore�dei�siti�che�ospitano�impianti�
nucleari,�e�successivamente�del�territorio�che�ospita�il�Deposito�nazionale.�

L'art.�5�dispone�misure�di�carattere�finanziario;�l'art.�6�disciplina�l'entrata�in�vigore�del�
decreto.�

11.�^La�ricorrente�Regione�Basilicata�censura�il�decreto�legge�nel�suo�complesso,�in�
primo�luogo,�lamentando�la�mancanza�dei�requisiti�di�straordinaria�necessita�ed�urgenza�
idonei�a�legittimare�l'intervento�del�Governo,�e�quindi�la�violazione�dell'art.�77�della�Costitu-
zione.�Essa�osserva�che�il�decreto�disciplina�attivita�,�come�la�realizzazione�del�Deposito,�
destinate�ad�essere�completate�solo�entro�il�2008,�e�che�non�vi�era�urgenza�di�provvedere�
per�la�inerzia�del�Parlamento,�il�quale�aveva�in 
itinere 
l'approvazione�di�una�legge�di�delega�
sull'argomento,�dal�contenuto�piu�rispettoso�delle�autonomie�regionali.�
In�secondo�luogo�la�ricorrente�lamenta�la�violazione�delle�competenze�legislative�della�
Regione�in�materia�di�tutela�della�salute,�protezione�civile�e�governo�del�territorio,�in�quanto�
la�disciplina�adottata�produrrebbe�effetti�vincolanti�e�irreversibili,�e�non�si�limiterebbe,�come�
sarebbe�stato�doveroso,�a�fissare�principi�sulla�cui�base�le�Regioni�potessero�dettare�una�ulte-
riore�normativa.�

Infine�la�ricorrente�denuncia�la�violazione�dei�principi�costituzionali�di��sussidiarieta�,�
ragionevolezza,�leale�collaborazione�e�previa�intesa�tra�Stato�e�Regioni�,�osservando�che,�pur�
avendo�lo�Stato�competenza�legislativa�esclusiva�in�materia�di�tutela�dell'ambiente,�le�funzioni�
amministrative�dovrebbero�essere�svolte�dagli�enti�territoriali�ogni�volta�che�l'ente�sia�coin-
volto�da�iniziative�riguardanti�il�suo�territorio�o�la�sua�popolazione.�Lo�Stato,�per�assumere�
le�funzioni�amministrative�che�apparterrebbero�naturaliter 
agli�enti�territoriali,�dovrebbe�pre-
liminarmente�esaurire�una�fase�interlocutoria�di�previa�intesa,�coinvolgente�tutte�le�Regioni,�
per�procedere�alla�individuazione�del�territorio�ove�ubicare�il�deposito,�e�successivamente,�
per�la�realizzazione�dell'opera,�la�Regione�il�cui�territorio�fosse�stato�individuato�come�area�
utile�per�collocarvi�l'opera�stessa.�Solo�a�seguito�di�un�infruttuoso�tentativo�di�intesa�sarebbe�
consentito�allo�Stato�di�avocare�a�se�le�funzioni�amministrative�in�questione.�Nella�normativa�
impugnata,�invece,�secondo�la�ricorrente,�non�vi�sarebbe�traccia�dell'esaurimento�di�tale�fase�
interlocutoria�e�l'intervento�dell'esecutivo�statale�non�sarebbe�previsto�come�successivo��ad�
un�espresso�atto�di�diniego�proveniente�dall'ente�regionale�interessato�.�

12.�^Non�puo�accogliersi�l'eccezione�del�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�di�tardi-
vita�dell'impugnazione�perche�effettuata�solo�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�di�conver-
sione�del�decreto�legge,�che�avrebbe�solo�completato�la�disciplina.�La�giurisprudenza�di�que-
sta�Corte�e�costante�nel�riconoscere�la�tempestivita�della�impugnazione�dei�decreti�legge�
dopo�la�loro�conversione,�che�ne�stabilizza�la�presenza�nell'ordinamento�(cfr.�sentenze�
n.�113�del�1967,�n.�192�del�1970,�n.�25�del�1996�e�n.�287�del�2004).�
13.�^La�censura�di�violazione�dell'art.�77�della�Costituzione,�anche�a�volerla�considerare�
ammissibile�in�quanto�intesa�a�far�valere�in�via�indiretta�una�lesione�delle�competenze�della�
Regione�derivante�dal�contenuto�delle�norme�del�decreto�legge,�e�infondata.�
Non�solo�non�e�evidente,�nella�specie,�la�mancanza�dei�presupposti�di�straordinaria�
necessita�ed�urgenza,�che�legittimano�il�ricorso�al�decreto�legge�(cfr.�sentenze�n.�29del�1995�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

e�nn.�6�e�285�del�2004):�ma,�al�contrario,�appare�evidente�come�l'esigenza�di�prevedere�una�
adeguata�disciplina�idonea�a�consentire�la�realizzazione�delle�opere,�oggi�mancanti,�necessa-
rie�per�un�corretto�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi,�evitando�pericoli�per�la�salute�e�per�
l'ambiente,�configuri�un�valido�presupposto�per�un�intervento�d'urgenza:anche�se�poiil�
completamento�delle�procedure�e�delle�opere�necessarie�possa�richiedere�tempi�non�brevi.�
L'urgenza�infatti�riguarda�il�provvedere,�anche�quando�occorra�tempo�per�conseguire�il�
risultato�voluto.�

14.�^Passando�alle�censure�fondate�sull'art.�117�della�Costituzione�e�sui�principi�di�sus-
sidiarieta�e�leale�collaborazione�(mentre�non�viene�in�esame�un�autonomo�profilo�attinente�
alla��ragionevolezza��della�legge),�si�deve�anzitutto�disattendere�l'ulteriore�eccezione�di�
inammissibilita�avanzata�dall'Avvocatura�erariale,�secondo�cui�difetterebbe�nel�ricorsola�
individuazione�di�singole�disposizioni�in�ipotesi�non�di�principio,�e�come�tali�denunciate�in�
quanto�lesive�della�competenza�regionale.
E�vero�che�l'impugnazione�riguarda�l'intero�decreto�legge,�ma�e�altrettanto�vero�che�il�
contenuto�di�questo�e�omogeneo�e�assai�specifico,�concernendo�le�competenze�ed�i�procedi-
menti�per�la�individuazione�del�sito�in�cui�ubicare�il�Deposito�nazionale�e�per�la�sua�realizza-
zione.�Pertanto�l'oggetto�delle�censure�appare�sufficientemente�precisato.�

15.�^La�questione,�sotto�questi�profili,�e�solo�parzialmente�fondata.�
Lacompetenzastataleintemadituteladell'ambiente,dicuiall'art.�117,secondocomma,�
lettera�s,Cost.,e�taledaoffrirepienalegittimazioneaduninterventolegislativovoltoarealiz-
zare�un�impianto�necessario�per�lo�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi,�oggi�conservati�in�via�
provvisoria�in�diversi�siti,�ma�destinati�a�trovare�una�loro�collocazione�definitiva�che�offra�
tutte�le�garanzie�necessarie�sul�piano�della�protezione�dell'ambiente�e�della�salute.

E�ben�vero�che�tale�competenza�statale�non�esclude�la�concomitante�possibilita�per�le�
Regioni�di�intervenire,�anche�perseguendo�finalita�di�tutela�ambientale�(cfr.�sentenze�n.�407�
del�2002,�n.�307�del�2003�e�n.�259�del�2004),�cos|�nell'esercizio�delle�loro�competenze�in�tema�
di�tutela�della�salute�e�di�governo�del�territorio,�ovviamente�nel�rispetto�dei�livelli�minimi�di�
tutela�apprestati�dallo�Stato�e�dell'esigenza�di�non�impedire�od�ostacolare�gli�interventi�sta-
tali�necessari�per�la�soddisfazione�di�interessi�unitari,�eccedenti�l'ambito�delle�singole�
Regioni.�Ma�cio�non�comporta�che�lo�Stato�debba�necessariamente�limitarsi,�allorquando�
individui�l'esigenza�di�interventi�di�questa�natura,�a�stabilire�solo�norme�di�principio,�
lasciando�sempre�spazio�ad�una�ulteriore�normativa�regionale.�

Del�pari,�l'attribuzione�delle�funzioni�amministrative�il�cui�esercizio�sia�necessario�per�
realizzare�interventi�di�rilievo�nazionale�puo�essere�disposta,�in�questo�ambito,�dalla�legge�
statale,�nell'esercizio�della�competenza�legislativa�esclusiva�di�cui�all'art.�117,�secondo�
comma,�lettera�s,�della�Costituzione,�e�in�base�ai�criteri�generali�dettati�dall'art.�118,�primo�
comma,�della�Costituzione,�vale�a�dire�ai�principi�di�sussidiarieta�,�differenziazione�ed�ade-
guatezza.�

Nella�specie,�la�localizzazione�e�la�realizzazione�di�un�unico�impianto�destinato�a�con-
sentire�lo�smaltimento�dei�rifiuti�radioattivi�potenzialmente�piu�pericolosi,�esistenti�o�pro-
dotti�sul�territorio�nazionale,�costituiscono�certamente�compiti�il�cui�esercizio�unitario�puo�
richiedere�l'attribuzione�della�competenza�ad�organi�statali.�

16.�^Tuttavia,�quando�gli�interventi�individuati�come�necessari�e�realizzati�dallo�Stato,�
in�vista�di�interessi�unitari�di�tutela�ambientale,�concernono�l'uso�del�territorio,�e�in�partico-
lare�la�realizzazione�di�opere�e�di�insediamenti�atti�a�condizionare�in�modo�rilevante�lo�stato�
e�lo�sviluppo�di�singole�aree,�l'intreccio,�da�un�lato,�con�la�competenza�regionale�concorrente�
in�materia�di�governo�del�territorio,�oltre�che�con�altre�competenze�regionali,�dall'altro�lato�
con�gli�interessi�delle�popolazioni�insediate�nei�rispettivi�territori,�impone�che�siano�adottate�
modalita�di�attuazione�degli�interventi�medesimi�che�coinvolgano,�attraverso�opportune�
forme�di�collaborazione,�le�Regioni�sul�cui�territorio�gli�interventi�sono�destinati�a�realizzarsi�
(cfr.sentenza�n.�303�del2003).�
Il�livello�e�gli�strumenti�di�tale�collaborazione�possono�naturalmente�essere�diversi�in�
relazione�al�tipo�di�interessi�coinvolti�e�alla�natura�e�all'intensita�delle�esigenze�unitarie�che�
devono�essere�soddisfatte.�

Nella�specie,�i�procedimenti�configurati�dal�decreto�legge�impugnato�concernono�sia�la�
individuazione�del�sito�in�cui�collocare�il�Deposito,�e�dunque�la�scelta�dell'area�piu�idonea�
sotto�il�profilo�tecnico�e�in�relazione�ad�ogni�altra�circostanza�rilevante,�sialaconcreta�loca-
lizzazione�e�la�realizzazione�dell'impianto.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Sotto�il�primo�profilo�e�corretto�il�coinvolgimento,�che�il�decreto�legge�attua,�delle�
Regioni�e�delle�autonomie�locali�nel�loro�insieme,�attraverso�la�Conferenza�unificata�Stato--
Regioni-autonomie�locali,�chiamata�a�cercare�l'intesa�sulla�individuazione�del�sito�(art.�1,�
comma�1,�del�decreto�legge�impugnato).�Naturalmente,�ove�l'intesa�non�venga�raggiunta,�lo�
Stato�deve�essere�posto�in�condizioni�di�assicurare�egualmente�la�soddisfazione�dell'interesse�
unitario�coinvolto,�di�livello�ultraregionale.�Pertanto,�non�si�presta�a�censure�la�previsione�
secondo�cui,�in�caso�di�mancata�intesa,�la�individuazione�del�sito�e�rimessa,�secondo�uno�
schema�ben�noto�ed�usuale,�ad�un�provvedimento�adottato�dal�Presidente�del�Consiglio�dei�
ministri,�previa�delibera�del�Consiglio�dei�ministri,�e�dunque�col�coinvolgimento�del�massimo�
organo�politico-amministrativo,�che�assicura�il�livello�adeguato�di�relazione�fra�organi�cen-
trali�e�autonomie�regionali�costituzionalmente�garantite.�

Parimenti�appare�idonea�ad�assicurare�la�tutela�degli�interessi�degli�enti�territoriali�la�
previsione�secondo�cui,�nella�apposita�Commissione�tecnico-scientifica�incaricata�di�fornire�
pareri�e�studi,�quattro�membri�sono�nominati�dalla�Conferenza�unificata,�mentre�il�Presi-
dente�(in�base�alla�modifica�introdotta�nell'art.�2,�comma�3,�del�decreto�legge�dall'art.�1,�
comma�196,�della�legge�n.�239�del�2004)�e�nominato�dal�Presidente�del�Consiglio�d'intesa�
con�la�medesima�Conferenza�unificata.�

17.�^Quando�pero�,�una�volta�individuato�il�sito,�si�debba�provvedere�alla�sua��valida-
zione�,�alla�specifica�localizzazione�e�alla�realizzazione�dell'impianto,�l'interesse�territoriale�
da�prendere�in�considerazione�e�a�cui�deve�essere�offerta,�sul�piano�costituzionale,�adeguata�
tutela,�e�quello�della�Regione�nel�cui�territorio�l'opera�e�destinata�ad�essere�ubicata.�Non�
basterebbe�piu�,�a�questo�livello,�il�semplice�coinvolgimento�della�Conferenza�unificata,�il�
cui�intervento�non�puo�sostituire�quello,�costituzionalmente�necessario,�della�singola�
Regione�interessata�(cfr.�sentenze�n.�338�del�1994,�n.�242�del�1997,�n.�303�del�2003�e�n.�6�del�
2004).�
Da�questo�punto�di�vista,�la�disciplina�recata�dal�decreto�legge�impugnato�e�carente.�
Infatti�essa�prevede�che�alla��validazione��del�sito�provveda�il�Consigliodei�ministri,sulla�
base�degli�studi�della�Commissione�tecnico-scientifica,�e�sentiti�i�soli�pareri�di�enti�nazionali�
(l'Agenzia�per�la�protezione�dell'ambiente,�il�CNR�e�l'ENEA:�art.�1,�comma�4-bis).�Asua�
volta�il�Commissario�straordinario�statale�provvede,�fra�l'altro,�anche�in�deroga�alla�norma-
tiva�vigente,�ad�approvare�i�progetti�(art.�2,�comma�1,�lettera�f).

E�dunque�necessario,�al�fine�di�ricondurre�tali�previsioni�a�conformita�alla�Costituzione,�
che�siano�previste�forme�di�partecipazione�al�procedimento�della�Regione�interessata,�fermo�
restando�che�in�caso�di�dissenso�irrimediabile�possono�essere�previsti�meccanismi�di�delibera-
zione�definitiva�da�parte�di�organi�statali,�con�adeguate�garanzie�procedimentali.�

Una�garanzia�minima�della�Regione�e�invece�presente�nella�previsione�del�comma�2,�
primo�periodo,�dell'art.�2,�ai�cui�sensi�il�Commissario�straordinario�e�autorizzato�ad�adot-
tare,�anche�in�sostituzione�dei�soggetti�competenti,�tutti�i�provvedimenti�e�gli�atti�di�qualsiasi�
natura�necessari�alla�progettazione,�all'istruttoria,�all'affidamento�e�alla�realizzazione�del�
Deposito�nazionale,�ma�operando�con�le�modalita�e�i�poteri�di�cui�all'articolo�13�del�decreto�
legge�25�marzo�1997,�n.�67,�convertito�con�modificazioni�dalla�legge�23�maggio�1997,�n.�135.�
Infatti�il�comma�4,�secondo�periodo,�di�detto�art.�13�prevede�che,�ove�il�Commissario,�
decorso�un�termine�per�l'adozione�degli�atti�necessari�da�parte�delle�amministrazioni�compe-
tenti,�provveda�in�sostituzione,�in�caso�di�competenza�regionale�i�provvedimenti�siano�comu-
nicati�al�Presidente�della�Regione,�il�quale,�entro�quindici�giorni,�puo�disporne�la�sospen-
sione,�anche�provvedendo�diversamente.�

Quanto�alle�procedure�per�la�messa�in�sicurezza�e�lo�stoccaggio�dei�rifiuti�radioattivi�di�I�
e�II�categoria,�cui�provvede,�ai�sensi�dell'art.�3,�comma�1-bis,�il�Presidente�del�Consiglio�con�
proprio�decreto,�vale�osservare�che�per�tale�messa�in�sicurezza��si�applicano�le�procedure�
tecniche�e�amministrative�di�cui�agli�articoli�1�e�2��del�decreto,�fatta�eccezione�per�quelle�spe-
ciali�previste�dalla�legge�n.�443�del�2001�e�dal�d.lgs.�n.�190�del�2002.�Pertanto,�anche�a�seguito�
della�dichiarazione�di�parziale�illegittimita�costituzionale�degli�art.�1�e�2,�a�tali�procedure�
vengono�ad�essere�estese�le�garanzie�previste�per�quelle�relative�al�Deposito�nazionale.�

In�definitiva,�i�soli�artt.�1,�comma�4-bis,�e�2,�comma�1,�letteraf,�devono�essere�dichiarati�
costituzionalmente�illegittimi�nella�parte�in�cui�non�prevedono�idonee�forme�di�partecipa-
zione�al�procedimento�da�parte�della�Regione�nel�cui�territorio�l'opera�siadestinata�ad�essere�
realizzata.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Avendo�la�Corte�deciso�il�merito�del�ricorso,�non�vi�e�luogo�a�procedere�in�ordine�alla�
istanza�di�sospensione�del�decreto�legge�impugnato,�formulata�dalla�ricorrente�Regione�Basi-
licata.�

Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
costituzionale 
riuniti 
i 
giudizi, 


a) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Sardegna�3�luglio�

2003,�n.�8�(Dichiarazione 
della 
Sardegna 
territorio 
denuclearizzato);�

b) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Basilicata�

21�novembre�2003,�n.�31�(Modifiche 
ed 
integrazioni 
alla 
legge 
regionale 
31 
agosto 
1995, 
n. 
59);�

c) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�della�legge�regionale�della�Calabria�5�dicem-

bre�2003,�n.�26�(Dichiarazione 
della 
Calabria 
denuclearizzata. 
Misure 
diprevenzione 
dall'in-

quinamentoprovenientedamaterialeradioattivo. 
Monitoraggioesalvaguardiaambientaledella 


salute 
dei 
cittadini);�

d) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�1,�comma�4-bis,�del�decreto�legge�

14�novembre�2003,�n.�314�(Disposizioniurgentiperlaraccolta, 
losmaltimento 
elostoccaggio, 


in 
condizioni 
di 
massima 
sicurezza, 
dei 
rifiuti 
radioattivi),�convertito�con�modificazioni�dalla�
legge�24�dicembre�2003,�n.�368,�nella�parte�in�cui�non�prevede�una�forma�di�partecipazione�
della�Regione�interessata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�al�procedimento�di��validazione��
del�sito;�

e) 
dichiara 
l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�2,�comma�1,�lettera�f,�del�predetto�
decreto�legge�n.�314�del�2003�nella�parte�in�cui�non�prevede�una�forma�di�partecipazione�
della�Regione�interessata,�nei�sensi�di�cui�in�motivazione,�al�procedimento�di�approvazione�
dei�progetti;�

f) 
dichiara 
non�fondata,�salvo�quanto�disposto�nei�capi�d 
ed�e,�la�questione�di�legitti-
mita�costituzionale�del�predetto�decreto�legge�n.�314�del�2003,�sollevata,�in�riferimento�agli�
articoli�77�e�117�della�Costituzione,�nonche�ai�principi�costituzionali�di�sussidiarieta�,di�
ragionevolezza�e�di�leale�collaborazione,�dalla�Regione�Basilicata�con�il�ricorso�in�epigrafe�

(r.�ric.�n.�40�del�2004).�
Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
13�gennaio�2005�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ragionevole 
durata 
del 
processo 
e 
decisione 
definitiva 


(Corte 
costituzionale, 
ordinanza 
7-11febbraio 
2005, 
n. 
74) 


La�Corte�d'Appello�di�Genova,�con�ordinanza�datata�5�novembre�2003,�
ha�sollevato�questione�di�legittimita�costituzionale�in�riferimento�all'art.�4�
della�legge�n.�89�del�2001�per�contrasto�con�gli�artt.�24�e�101�Cost.,�nella�
parte�in�cui�la�norma�subordina�l'ammissibilita�della�domanda�all'osservanza�
del�termine�decadenziale�di�sei�mesi�decorrente��dal�momento�in�cui�la�deci-
sione�che�conclude�il�procedimento�e�divenuta�definitiva��(1).�

Il�giudice�rimettente,�rilevato�che��il�dies 
a 
quo 
da�cui�decorre�il�termine�
decadenziale�non�puo�essere�inteso�se�non�come�coincidente�col�momento�in�
cui�il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento�(e�non�di�un�semplice�
grado)�e�divenuto�definitivo:�vale�a�dire�col�momento�in�cui�il�provvedimento�
stesso�non�e�piu�soggetto�a�impugnazione�ordinaria�,�lamentava�che��tale�
momento,�nell'ipotesi�di�sentenza�civile�pubblicata,�non�e�conoscibile�dalla�
parte�cui�la�legge�attribuisce�il�potere�di�paralizzare�l'azione�avversaria�attra-
verso�l'esercizio�del�potere�di�eccezione�ne�dal�giudice�investito�del�dovere�di�
ufficio�di�verificare�l'ammissibilita�della�domanda�.�

Nell'ordinanza�di�rimessione,�la�Corte�d'Appello�di�Genova�si�discosta�
dal�precedente�orientamento�interpretativo�assunto.�Giova�rilevare�che,�con�
decreto�31�ottobre�2002,�n.�348�(2),�il�Collegio�genovese�aveva�ritenuto�cheil�
termine�di�decadenza�per�presentare�la�domanda�di�riparazione�ai�sensi�della�
legge�Pinto�iniziasse�a�decorrere��dal�momento�in�cui�il�richiedente�ha�potuto�
prendere�conoscenza�dei�motivi�della�decisione,�e�quindi�con�il�deposito�nella�
Cancelleria��della�pronuncia.�

Nel�decreto�sopra�richiamato,�il�giudicante�enunciava�che��la�decisione�
deve�intendersi�definitiva�quando�chiude�non�il�processo,�ma�appunto�il�pro-
cedimento,�cioe�la�fase�o�il�grado�al�cui�termine�la�decisione�si�pone�con�
carattere�di�conclusivita�e�quindi�di�definitivita�per�quel�procedimento�,�pun-
tualizzando�che�l'espressione�decisione 
definitiva 
andava�interpretata��nel�
senso�che�la�pronuncia�conclude�quella�fase�ed�il�giudice�per�effetto�della�pro-
nuncia�si�spoglia�del�processo�.�

Le�sopra�riportate�asserzioni�non�vengono�richiamate�dalla�Corte�d'Ap-
pello�di�Genova�in�sede�di�proposizione�della�questione�di�legittimita�costitu-
zionale,�pur�evidenziando�il�giudice�a 
quo 
gli��aspetti�ambigui�della�norma-
tiva��che�non�consentono�nei�processi,�quali�quello�civile�e�amministrativo,�
che��contemplano�una�varieta�di�esiti�definitori�,�di�individuare�con�ogget-
tiva�certezza�la�definitivita�del�provvedimento.�

Cio�premesso,�ad�avviso�della�Corte�rimettente,�non�puo�trovare�adesione�
la�tesi�sostenuta�dalla�parte�resistente�nel�giudizio�rimesso�alla�Corte�costituzio-

(1)�Corte�d'Appello�di�Genova,�ordinanza�11�novembre�2003�n.�1191�in�Gazz. 
Uff.,�I�serie�
speciale,�28�gennaio�2004.�
(2)�In�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255-1260.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nale,�adottata�in�precedenza�dallo�stesso�giudice�genovese,�secondo�cui�la�defi-
nitivita��del�provvedimento,��conformemente�all'orientamento�della�giurispru-
denza�europea�,�coinciderebbe�con�il�momento�del�deposito�della�pronuncia.�
Reputa�il�Collegio�genovese�che�tale�esegesi�sia�in�contrasto�con��il�
senso�fatto�palese�dal�significato�proprio�delle�parole��dell'art.�4�della�legge�
Pinto�risultando�piu��conforme�al�dettato�letterale�l'interpretazione�che�il�dies 
a 
quo 
per�la�proposizione�della�domanda�riparatoria�decorra�dal�momento�
in�cui�il�provvedimento�non�e��piu��soggetto�ad�impugnazione�ordinaria.�Tutta-
via,�giacche�tale�momento�non�e��conoscibile�dalla�parte�resistente,�rimasta�
estranea�al�giudizio�di�cui�si�lamenta�la�irragionevole�durata,�nella�fattispecie�
^osserva�la�Corte�d'Appello�di�Genova�^verrebbe�ad�integrarsi�un'ipotesi�

di�lesione�all'art.�24�della�Costituzione.�L'Amministrazione�convenuta�
sarebbe�nell'impossibilita��di�dimostrare�l'intervenuta�decadenza�con�una�con-
seguente�ripercussione�pregiudizievole�sui�propri�diritti�di�difesa.�

Secondo�il�giudice�rimettente,�la�parte�ricorrente�nel�procedimento�
instaurato�ai�sensi�della�legge�Pinto�non�e��tenuta�a�dimostrare�la�tempestivita��
della�domanda.�Diversamente�opinando�il�ricorrente�sarebbe�gravato�dell'o-
nere�di�fornire�una�prova�negativa�(la�non�avvenuta�notifica,�ai�fini�di�impu-
gnazione,�della�sentenza�conclusiva�del�giudizio)�con��l'aggravante��che,�
essendo�i�procedimenti,�quello�di�cui�si�lamenta�l'irragionevole�durata�e�
quello�introdotto�ai�sensi�della�legge�n.�89/01,�distinti,��diversi�potrebbero�
essere...�e�frequentemente�sono�i�difensori,�non�necessariamente�tenuti�a�
conoscere�cadenze�processuali�proprie�di�vicende�giudiziali�nei�quali�non�
hanno�esercitato�il�proprio�ministero�.�

Assume�la�Corte�d'Appello�di�Genova�che�il�giudice�dell'equa�ripara-
zione�non�e��investito�del�dovere�d'ufficio�di�verificare�l'ammissibilita��della�
domanda�con�il�conseguente�profilarsi�di�un�insanabile�contrasto�fra�l'art.�4�
della�legge�n.�89/01�e�l'art.�24�della�Costituzione�giacche�,�oltre�alla�concla-
mata�lesione�dei�diritti�di�difesa�della�parte�convenuta,�viene�impedito�al�giu-
dice��di�assicurare�alle�parti�la�concreta�praticabilita��degli�istituti�processuali�
alla�cui�osservanza�e��formalmente�tenuto�(art.�101�Cost.)�.�

Prima�di�passare�all'esame�della�pronuncia�della�Corte�costituzionale,�
merita�riportarsi�alla�posizione�assunta�dall'Avvocatura�dello�Stato�nelpro-
cedimento�di�legittimita��costituzionale�(3).�

La�difesa�erariale�(ct.�45119/03,�Avv.�Palatiello)�sosteneva�che�la�parte�
convenuta�nel�giudizio�di�equa�riparazione�non�poteva�essere�onerata�dell'ac-
certamento�dell'avvenuta�notifica�ad�istanza�di�parte�della�pronuncia�che�
aveva�definito�il�procedimento�di�cui�si�lamentava�l'irragionevole�durata.�Per-
tanto,�sarebbe�risultata�corretta�un'interpretazione�dell'art.�4�legge�cito 
�coe-

rente�con�la�norma�europea�,�nel�senso�che�il�calcolo�di�sei�mesi�operasse�
dal�deposito�della�sentenza.�
Il�fatto�originatore�del�diritto�al�ristoro�e��costituito�dalla�violazione�del�
termine�ragionevole�di�cui�all'art.�6,�par.1,�della�Convenzione�europea�dei�

diritti�dell'uomo.�Dunque,��bisogna�interpretare�il�sistema�interno�avendosi�

(3)�Cfr.�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255�s.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

riguardo�alla�Convenzione�e�alla�giurisprudenza�della�Corte�Europea,�il�piu�
possibile�cercando�di�evitare�soluzioni�difformi�da�quella�giurisprudenza�
(Cass.,�S.U.�Civ.,�26�gennaio�2004,�n.�1338�ed�altre�coeve)�.�

Ne�discende�che,�nei�casi�in�cui�il�processo�contempla�una�varieta�di�
�esiti�definitori�,�il�semestre�si�computa�dal�deposito�della�pronuncia,�la�defi-
nitivita�ha�luogo�con�la�pubblicazione�della�sentenza�.�

L'Avvocatura�dello�Stato�rilevava�in�sede�di�conclusioni�che,�in�ogni�
caso,�la�norma�oggetto�del�sindacato�di�costituzionalita�non�sarebbe�risultata�
contraddittoria�se�fosse�stata��interpretata�nel�senso�che�in�detta�ipotesi�sia�
onere�dell'attore�dare�la�prova�della�non�intervenuta�notifica�della�sentenza�
e�dunque�della�tempestivita�della�domanda�di�equa�riparazione�.�

La�Corte�costituzionale�con�ordinanza�7�febbraio�^11�febbraio�2005,�

n.�74,�di�seguito�pubblicata,�sembra�accogliere�l'opzione�interpretativa�sugge-
rita�dalla�difesa�erariale�nella�parte�in�cui�grava�il�ricorrente�dell'onere�di�
dimostrare�la�tempestivita�della�domanda.�
Il�giudice�delle�leggi�si�astiene�dal�prendere�posizione�sulla�suggerita�
interpretazione�di�fare�decorrere,�nei�casi�in�cui�la�definitivita�della�pronuncia�
che�chiude�il�procedimento�di�cui�si�lamenta�l'irragionevole�durata�non�sia�
desumibile�con�certezza,�il�dies 
a 
quo 
per�la�proposizione�della�domanda�di�
riparazione�dalla�pubblicazione�della�sentenza�che�definisce�il�giudizio.�

La�Corte�costituzionale�rimproveraal�giudice�rimettente�di�non�avere�consi-
derato��gli�ulteriori�ausilii�ermeneutici�desumibili�dallagiurisprudenza�di�legitti-
mita�secondo�cui�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibi-
lita�della�domanda�di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma�censurata�incombe�
alla�parte�istante�e�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giudice�.Viene�
cos|�inequivocabilmente�chiarito�che�la�prova�della�tempestivita�della�domanda�

costituisce�condizione�indispensabile�ai�fini�della�sua�proposizione.�Incombe,�
dunque,�sulla�parte�istante�fornire�la�prova�della�mancata�notificazione�della�
pronuncia�ai�fini�della�decorrenza�del�termine�breve�per�l'impugnazione.�

Permane�qualche�perplessita�in�ordine�all'interpretazione��coerente 
con 


la 
norma 
europea� 
della�locuzione�decisione 
definitiva 
che�non�e�oggetto�di�

esplicita�statuizione�da�parte�del�giudice�delle�leggi.�Al�riguardo,�non�resta�

che�attendere�il�consolidarsi�dell'orientamento�della�giurisprudenza�di�legitti-
mita�e�di�merito�(4).�

In�ogni�caso,�dalla�statuizione�della�Corte�costituzionale�e�dato�desu-
mere�alcuni�fermi�principi,�chiaramente�sintetizzati�dall'ordinanza�della�
Corte�d'Appello�di�Genova�24�marzo�^25�marzo�2005,�n.�110,�di�seguito�
riportata,�che,�sulla�scorta�dell'ordinanza�del�giudice�delle�leggi,�puntualizza:�

A)�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibilita�
della�domanda�di�equa�riparazione�grava�sulla�parte�ricorrente;�

B)�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�del�giudice;�

C)�all'onere�di�cui�sopra�la�parte�istante�puo�adempiere�in�virtu�dei�mec-
canismi�di�cui�agli�artt.�123�e�segg.�disp.�att.�c.p.c.�

Dott. 
Francesco 
Vignoli 


(4)�Sul�punto�cfr.�questa�Rassegna,�ottobre-dicembre�2004,�1255-1262.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Corte 
Costituzionale, 
ordinanza 
7 
febbraio 
^11 
febbraio 
2005, 
n. 
74 
^Pres.F.Contri^Red. 


F.�Bille�^Ricorso�di�G.G.�(Avv.�F.�Lorenzoni)�c.�Ministero�della�giustizia�(Avv.�dello�
Stato�A.Palatiello).�
�(Omissis) 
Ritenuto 
che�^chiamata�a�pronunciarsi�su�una�domanda�di�condanna�del�
Ministero�della�giustizia�alla�corresponsione�dell'equo�indennizzo�per�irragionevole�durata�
di�un�processo�civile�celebratosi�davanti�al�Tribunale�di�Firenze�^la�Corte�d'appello�di�
Genova,�con�ordinanza�emessa�l'11�novembre�2003,�ha�sollevato,�in�riferimento�agli�articoli�
24�e�101�della�Costituzione,�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�4�della�legge�
24�marzo�2001,�n.�89�(Previsione�di�equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragio-
nevole�del�processo�e�modifica�dell'articolo�375�del�codice�di�procedura�civile),��nella�parte�
in�cui�subordina�l'ammissibilita�della�domanda�all'osservanza�del�termine�decadenziale�di�
sei�mesi,�decorrente�``dal�momento�in�cui�la�decisione,�che�conclude�il�procedimento,�e�dive-
nuta�definitiva''�;�

che�^essendo�stata�eccepita�dall'Amministrazione�resistente�la�decadenza�dell'attore�
dalla�domanda,�proposta�un�anno�e�quattro�mesi�dopo�la�pronuncia�conclusivadel�giudizio�
di�merito,�ed�essendo�rimasta�senza�riscontro�la�richiesta�diretta�al�Tribunale�di�Firenze�in�
ordine�all'eventuale�proposizione�di�gravame�avverso�la�sentenza�di�primo�grado,�e�alla�con-
seguente�annotazione�ex 
art.�123�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice�di�procedura�
civile�^la�rimettente�osserva�che�la�sentenza�civile�ritualmente�depositata,�se�notificata,�
diviene�definitiva�se�non�e�impugnata�nei�trenta�giorni�dalla�notifica�ai�sensi�dell'art.�325�
del�codice�di�procedura�civile�ovvero,�se�non�notificata,�dopo�la�scadenza�del�termine�di�un�
anno�dal�deposito�ai�sensi�del�successivo�art.�327;�e�che,�tuttavia,�l'esito�dell'alternativa,�affi-
data�ad�una�scelta�discrezionale�della�parte,�non�consente�alcuno�strumento�di�verifica�della�
notificazione�della�sentenza�e,�di�conseguenza,�della�decorrenza�del�termine�breve�per�la�pro-
posizione�di�eventuale�gravame;�

che�^affermata�la�non�fondatezza�dell'assunto�difensivo�dell'Amministrazione�resi-
stente,�secondo�cui�tale�incongruenza�potrebbe�essere�superata�assumendocome�termine�a 
quo 
il�momento�in�cui�e�pronunciata�la�decisione�che�conclude�definitivamente�il�procedi-
mento�^la�Corte�rimettente�perviene�alla�conclusione�che�il�dies 
a 
quo 
da�cui�decorre�il�ter-
mine�decadenziale�di�sei�mesi�previsto�dalla�norma�impugnata�coincide�col�momento�in�cui�
il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento�(e�non�di�un�suo�semplice�grado)�diviene�defi-
nitivo,�in�quanto�non�piu�soggetto�a�impugnazione�ordinaria;�

che,�pero�,�nell'ipotesi�di�sentenza�civile,�tale�momento�non�e�conoscibile�dalla�parte�cui�
pure�la�legge�attribuisce�il�potere�di�paralizzare�l'azione�avversaria�attraverso�l'esercizio�del�
potere�di�eccezione,�ne�dal�giudice�investito�del�dovere�d'ufficio�di�verificare�l'ammissibilita�
della�domanda,�e�neppure,�al�limite,�dalla�stessa�parte�ricorrente�nel�giudizio�di�equa�ripara-
zione�(cui,�secondo�la�Corte�rimettente,�non�incombe�l'onere�di�dimostrare�la�tempestivita�
della�domanda);�

che�pertanto�la�norma��sembra��alla�rimettente�in�contrasto�col�diritto�della�parte�di�
difendersi�in�giudizio�attraverso�l'esperimento�degli�strumenti�processuali�all'uopo�apprestati�
dalla�legge�(art.�24�della�Costituzione)�e�con�quello�speculare�che�impone�al�giudice�di�assi-
curare�alle�parti�la�concreta�praticabilita�degli�istituti�processuali,�alla�cui�osservanza�e�for-
malmente�tenuto�(art.�101�della�Costituzione);�

che�nel�giudizio�di�costituzionalita�si�e�costituito�il�ricorrente�nel�processo�a 
quo,�conclu-
dendo�per�la�non�fondatezza�della�questione,�giacche�la�Corte�d'appello�rimettente�ben�
avrebbe�potuto,�sulla�scorta�dell'interpretazione�data�alla�norma�impugnata,�rigettare�l'ecce-
zione�proposta�dall'Amministrazione�resistente,�ovvero�per�l'inammissibilita�,�in�quanto�la�
medesima�Amministrazione�non�contesta�affatto�che�la�sentenza�non�sia�stata�notificata�e�
che,�quindi,�sia�stato�preso�in�considerazione,�per�il�calcolo�della�decorrenza,�il�termine�
lungo�per�l'impugnazione;�

che�e�intervenuto,�altres|�,�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�rappresentato�e�difeso�
dall'Avvocatura�generale�dello�Stato,�concludendo�per�la�declaratoria�di�non�fondatezza�
della�questione,�in�quanto�la�rimettente�avrebbe�potuto�interpretare�la�norma�censurata�nel�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

senso�che�^ove�non�si�ritenesse�onere�dell'attore�dare�la�prova�della�non�intervenuta�notifica�
della�sentenza�civile�e�dunque�della�tempestivita�della�domanda�di�equa�riparazione�^il�cal-
colo�dei�sei�mesi�si�opera�dal�deposito�della�sentenza.�

Considerato 
che�la�Corte�d'appello�rimettente�^che�pure�muove�dalla�premessa�secondo�
cui�l'unica�possibile�lettura�della�norma�impugnata�e�nel�senso�che�il�momento�iniziale,�da�
cui�decorre�il�termine�di�decadenza�dalla�domanda�di�equo�indennizzo�previsto�dalla�legge�

n.�89�del�2001,�coincide�col�momento�in�cui�il�provvedimento�conclusivo�del�procedimento�
(e�nondiunsuo�semplice�grado)�e�divenuto�definitivo,�in�quanto�non�piu�soggetto�ad�impu-
gnazione�ordinaria�^ritiene�la�norma�stessa�in�contrasto�con�gli�evocati�parametri�in�quanto,�
nel�processo�civile,�per�accertare�la�definitivita�della�sentenza�pubblicata�mediante�deposito�
(che,�in�ragione�di�una�libera�scelta�di�parte,�diviene�definitiva,�se�notificata,�qualora�non�
sia�impugnata�nei�trenta�giorni�dalla�notifica�ai�sensi�dell'art.�325�del�codice�di�procedura�
civile�o,�se�non�notificata,�alla�scadenza�del�termine�di�un�anno�dal�deposito�ai�sensi�del�suc-
cessivo�art.�327)�non�esisterebbe�alcuno�strumento�di�verifica�dell'avvenuta�notificazione�
della�sentenza�e,�quindi,�della�decorrenza�del�termine�breve�per�la�proposizione�dell'even-
tuale�gravame;�
che,�peraltro,�l'enunciazione�di�tale�dubbio�di�costituzionalita�risente�dell'omesso�adem-
pimento�^da�parte�della�rimettente�^dell'onere�di�dare,�se�possibile,�una�lettura�conforme�
a�Costituzione�della�norma�impugnata;�

che,�infatti,�la�Corte�d'appello�di�Genova�non�considera�gli�ulteriori�ausilii�ermeneutici�
desumibili�dalla�giurisprudenza�di�legittimita�,�secondo�cui�l'onere�di�provare�la�sussistenza�
della�condizione�di�proponibilita�della�domanda�di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma�
censurata�incombe�alla�parte�istante,�e�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giu-
dice;�ne�considera�come�l'art.�3,�comma�5,�della�medesima�legge�n.�89�del�2001,�anche�atali�
fini,�preveda�tra�l'altro�che��le�parti�hanno�facolta�di�richiedere�che�la�corte�disponga�l'acqui-
sizione�in�tutto�o�in�parte�degli�atti�e�dei�documenti�del�procedimento�in�cui�si�assume�essersi�
verificata�la�violazione�di�cui�all'articolo�2�ed�hanno�diritto,�unitamente�ai�loro�difensori,�di�
essere�sentite�in�camera�di�consiglio�se�compaiono�;�

che,�inoltre,�quella�Corte�^che�pure�ricorda�di�aver�richiesto�senza�esito�al�Tribunale�di�
Firenze,�davanti�al�quale�si�era�svolto�il�giudizio�cui�si�riferiva�la�richiesta�di�equo�inden-
nizzo,�l'avviso�di�impugnazione�di�cui�all'art.�123�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice�
di�procedura�civile�(secondo�cui��l'ufficiale�giudiziario�che�ha�notificato�un�atto�di�impugna-
zione�deve�darne�immediatamente�avviso�scritto�al�cancelliere�del�giudice�che�ha�pronunciato�
la�sentenza�impugnata��ed�il�cancelliere�medesimo��deve�fare�annotazione�dell'impugna-
zione�sull'originale�della�sentenza�)�^trascura�che,�ai�sensi�del�successivo�art.�124,��a�prova�
del�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�il�cancelliere�certifica,�in�calce�alla�copia�conte-
nente�la�relazione�di�notificazione,�che�non�e�stato�proposto,�nei�termini�di�legge,�appello�o�
ricorso�per�cassazione,�ne�istanza�di�revocazione�per�i�motivi�di�cui�ai�numeri�4)�e�5)�del-
l'art.�395�del�codice��(primo�comma),�e��ugualmente�il�cancelliere�certifica�in�calce�alla�
copia�della�sentenza�che�non�e�stata�proposta�impugnazione�nel�termine�previsto�dal-
l'art.�327�del�codice��(secondo�comma);�

che,�in�conclusione,�la�rimettente,�nel�dubitare�della�legittimita�costituzionale�della�
norma,�non�ha�esaminato�^con�riguardo�all'intero�contesto�normativo�di�sistema�ed�all'ela-
borazione�giurisprudenziale�in�materia�^la�possibilita�di�fornire�di�essa�un'interpretazione�
diversa�da�quella�sulla�cui�base�la�questione�e�stata�prospettata;�

che,�pertanto,�la�questione�^in�quanto�conseguentemente�carente�di�adeguata�motiva-
zione�sulla�non�manifesta�infondatezza�^deve�essere�dichiarata�manifestamente�inammissi-
bile�(v.�ordinanza�n.�215�del�2004).�

Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
costituzionale 
dichiara 
la�manifesta�inammissibilita�della�que-
stione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�4�della�legge�24�marzo�2001,�n.�89�(Previsione�di�
equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionevole�del�processo�e�modifica�del-
l'articolo�375�del�codice�di�procedura�civile),�sollevata,�in�riferimento�agli�artt.�24�e�101�della�
Costituzione,�dalla�Corte�d'appello�di�Genova,�con�l'ordinanza�in�epigrafe.�

Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
7�febbraio�2005�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Corte 
d'appello 
di 
Genova, 
seconda 
sezione 
civile, 
ordinanza 
del 
24-25 
marzo 
2005 
^Preso 
Relo 


G.�Bonetto.�
�(omissis)�Con�provvedimento�reso�all'udienza�del�18�dicembre�2003�questa�Corte�ha�
sospeso�il�giudizio�camerale�instaurato�su�ricorso�di�F.C.,�O.A.�e�O.P.�(...),�con�il�quale�si�
chiede�la�corresponsione�dell'indennizzo�previsto�dalla�legge�24�marzo�2002.�

La�Corte�ha�rilevato�che�la�legge�stessa,�attribuendo�alla�parte�resistentela�facolta�di�
eccepire�la�decadenza�di�cui�all'art.�4�della�legge�(per�decorso�del�termine�semestrale�dal�
momento�in�cui�il�provvedimento�che�definisce�il�giudizio��presupposto��e�divenuto�defini-
tivo)�e�l'organo�giudicante�il�dovere�di�rilevare�anche�d'ufficio�la�decadenza�medesima�(con�
la�conseguente�declaratoria�di�inammissibilita�del�ricorso),�senza�peraltro�predisporre�alcuno�
strumento�che�consenta�alla�parte�e�all'Ufficio�di�accertare�l'evenienza�prefigurata�come�
causa�di�decadenza,�e�cioe�l'avvenuto�passaggio�in�giudicato�della�sentenza�civile�per�effetto�
di�notifica�eseguita�ex 
art.�326�c.p.c.�non�seguita�dalla�proposizione�di�impugnazione�nel�ter-
mine�prescritto,�e�ha�rimesso,�in�separato�procedimento,�la�questione�alla�Corte�costituzio-
nale�perche�si�pronunciasse�sulla�legittimita�della�procedura�come�sopra�delineata,�sospen-
dendo,�nell'attesa,�il�procedimento�in�corso.�

Con�ordinanza�depositata�l'11�febbraio�2005�n.�74�la�Corte�costituzionale,�dichiarando�
la�manifesta�inammissibilita�della�questione�sollevata,�ha�statuito:�

a)�che�l'onere�di�provare�la�sussistenza�della�condizione�di�proponibilita�della�domanda�
di�equa�riparazione�richiesta�dalla�norma�censurata�incombe�alla�parte�istante;�

b)�che�l'eventuale�decadenza�e�rilevabile�d'ufficio�dal�giudice;�

c)�che�tale�onere�la�parte�istante�puo�assolvere�grazie�ai�meccanismi�previsti�dagli�
artt.�123�e�ss.�delle�disposizioni�di�attuazione�del�codice�di�procedura�civile.�

Il�Collegio�rileva�che,�alla�luce�di�tali�principi,�incombe�alla�parte�ricorrente�dimostrare�
che�la�sentenza�con�cui�viene�definito�il�giudizio�non�e�stata�oggetto�di�notificazione�e�che,�
di�conseguenza,�non�e�iniziato�il�decorso�del�termine�decadenziale�previsto�per�la�proposi-
zione�del�ricorso.�

Invita,�pertanto,�la�parte�ricorrente,�in�adempimento�dell'onere�di�cui�sopra,�a�produrre�
certificazione,�ai�sensi�degli�artt.�123�e�ss.�disp.�att.�cp.c.,�del�Tribunale�di�Prato,�attestante�
che�la�sentenza�che�definisce�il�giudizio�non�e�stata�oggetto�di�notificazione�tra�le�parti.�

Rinvia�in�prosecuzione�dell'udienza�camerale�del�30�maggio�2005�(...). 
Genova,�24�marzo�2005�. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

L'attualita�dell'art.�8�c.p. 


(Suacapacita�espansivacome�risorsagiuridica�sulpiano�

della�collaborazioneinternazionalecontro�ilcrimine)�

(Corte 
di 
Cassazione 
penale, 
sezione 
prima, 
sentenza 
28 
aprile 
^17 
maggio 
2004 
n. 
23181) 


Uno�dei�punti�di�maggior�contrasto�dialettico�tra�l'accusa,�pubblica�e�
privata,�e�la�difesa�nel�primo�processo,�celebrato�in�Italia,�sui��desaparecidos��
argentini�e�stato�quello�sulla�questione�preliminare�della�procedibilita�o�non�
nei�confronti�degli�imputati,�tutti�di�nazionalita�argentina,�in�relazione�alla�
(corretta)�applicazione�del�disposto�dell'art.�8�c.p.�che,�come�e�noto,�pone�le�
condizioni�al�verificarsi�delle�quali�lo�Stato�italiano�puo�esercitare�il�suo�jus 
poenitendi 
nei�confronti�del�cittadino�o�dello�straniero�che�abbiano�com-
messo,�all'estero,�un�delitto�politico�non�qualificabile�come��delitto�contro�la�
personalita�dello�stato��(ex 
artt.7�e�241�e�ss.�C.p.).�

Esula�dalla�presente�trattazione�la�parte�del�contrasto�concernente�la�
presenza�della�condizione�di�procedibilita�della�richiesta�del�Ministro�della�
giustizia,�di�cui�al�comma�primo�della�norma�in�argomento�(di�cui�pure�si�e�
discusso�nel�processo),�volendosi�limitare�il�discorso�a�valutazioni�riguardanti�
la��nozione�di�delitto�politico��data�dal�terzo�comma�dell'art.�8�c.p.,�
anch'essa�oggetto�di�viva�dialettica.�

Il�contrasto�sulla��nozione�di�delitto�politico�,�trascinatosi�fino�in�Cas-
sazione,�e�stato�da�questa�risolto�(Cass.�Sez.�I�Penale�n.�23181/2004)�ade-

rendo�alla�tesi�della�procedibilita�sostenuta�dall'accusa�e�accogliendo,in�parti-
colare,�la�tesi�della�Avvocatura�dello�Stato�(difensore�della�parte�civile�Presi-
denza�del�Consiglio�dei�Ministri)�secondo�cui��la 
definizione 
di 
delitto 
politico 
data 
dall'art. 
8 
c.p. 
va 
letta 
alla 
luce 
dell'art. 
1O 
della 
Costituzione 
secondo 
cui 
l'ordinamento 
giuridico 
italiano 
si 
conforma 
alle 
norme 
del 
diritto 


internazionale�generalmente�riconosciute�,�tra�cui�la�Convenzione�per�la�sal-
vaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�firmata�a�Roma�
il�4�novembre�1950�e�ratificata�con�legge�848/1955�(�che�obbliga�gli�Stati�con-
traenti�al�rispetto�di�alcuni�diritti�fondamentali�nei�confronti�di�ogni�persona�
sottoposta�alla�loro�giurisdizione,�quali�il�diritto�alla�vita,�il�diritto�alla�
liberta�personale,�il�diritto�a�non�essere�sottoposti�a�tortura,�ecc.).�

Da�questa�vicenda�processuale�e�scaturita�la�considerazione�della��attua-
lita�dell'art.�8�c.p.��o,�che�e�lo�stesso,�della�sua��modernita���a�distanza�di�
oltre�sessant'anni�dalla�promulgazione�del�vigente�Codice�Penale�italiano,�
per�le�considerazioni�che�seguono.�

Si�ricorda,�innanzitutto,�che,�con�l'art.�8�c.p.,�il�legislatore�penale�ha�
introdotto�una�significativa�deroga�ai�criteri�generali�per�la�determinazione�
della�competenza�territoriale�della�giurisdizione�italiana.�Tale�e�infatti,�come�
noto�a�tutti,�il�criterio�della��territorialita��,�in�quanto�sancito�dall'art.�6�c.p.,�
secondo�cui�la�legge�italiana�si�applica�a�tutti�i�reati�commessi�sul�territorio�
dello�Stato�italiano,�vuoi�da�cittadini,�vuoi�da�stranieri.�

Innanzitutto�si�rileva�che�e�indubbio�che,�mediante�la�deroga�posta�dal-
l'art.�8�c.p.�^che�consente,�a�certe�condizioni,�la�perseguibilita�del�delitto�
politico�commesso�da�cittadini�italiani�o�stranieri�in�territorio�estero�^il�legi-


140 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

slatore�abbia�inteso�assicurare�la�massima�tutela�ad�alcuni�interessi�fonda-
mentali,�rafforzando�la�difesa�dello�Stato�italiano�rispetto�ad�alcune�condotte�
valutate�come�gravi�forme�di�offesa�nei�suoi�confronti.�Con�l'art.�8�c.p.,�cioe��,�
secondo�quanto�agevolmente�affermato�dalla�dottrina(1),�si�e��in�qualche�
modo�temperato�quel�principio�generale�di��territorialita����mediante�il�riferi-
mento�e�l'accoglimento,�per�alcune�ipotesi,�di�un�principio�di��difesa��o,�
anche,��di�personalita��passiva�.�Tale�temperamento�peraltro�non�e��l'unico:�

esso�si�inserisce�in�un�contesto�di��eccezioni��alla�regola�dell'art.�6,�alcune�
delle�quali�anche�piu��incisive,�come�quella�prevista�dall'art.�7,�c.p.,�addirittura�
ispirate�ad�un�principio�di��universalita��.�

La 
situazione 
delineata 
nell'ordinamento 
italiano 
corrisponde 
peraltroa 
quella 
della 
maggior 
parte 
degli 
ordinamenti 
giuridici 
moderni. 


L'ordinamentofrancese,�ad�esempio,�dopo�aver�accolto�il�citato�principio�di�

territorialita��(art.�113-2�del�Codice�Penale�francese),�prevede�delle�eccezioni�

fondate�sul�principio�della��personalita�attiva��(secondo�cui��la�loipe�nalefran-

c�aise�est�applicable�a�toute�crime�commispar�unfranc�ais�hors�du�territoire�de�la�

Re�publique,�auxde�lits�commispardes�Franc�ais�hors�du�territoire�de�la�Re�publique�

silesfaitssontpunisparla�le�gislationdupaysou�ilsonte�te�commis�,�art.�113-6),�

nonche�su�quello�della�personalita�passiva�(�la�loi�pe�nale�est�applicable�a�tout�

crime,ainsiqu'a�toutde�litpunid'emprisonnement,�commisparunfranc�aisoupar�

un�e�tranger�hors�du�territoire�de�la�Re�publique�lorsque�la�victime�est�de�nationalite�

franc�aise�au�moment�de�l'infraction�,�art.�113-7),�stabilendo�per�tali�ipotesi�ecce-

zionali�il�requisito,�corrispondente�alla�nostra�condizione�di�procedibilita��,�della�
richiesta�del�pubblico�ministero,�preceduta�da�una�richiesta�della�vittima�o�dei�
suoi�aventi�diritti,�o�altrimenti�di�una�denuncia�ufficiale�dell'autorita��del�paese�
incuiilfattoe��statocommesso(cos|�l'art.�113-8).�

Non�molto�diverso,�per�continuare�in�una�esemplificativa�verifica�di�
carattere�comparato,�e��,�sul�punto,�lo�stato�dell'ordinamento 
spagnolo.�Anche�
qui,�pur�assunto�quale�base�generale�il�principio�di�territorialita��,�sulla�base�
del�quale�procedere�ad�incriminare�cittadini�o�stranieri�che�commettano�reati�
nel�territorio�spagnolo,�il�sistema�normativo�della�Spagna�introduce�nume-
rose�eccezioni�al�predetto�principio,�esemplificativamente�richiamando�quelle�
fondate�sul�principio�di�personalita��attiva�(incriminando�dunque�anche�i�
delitti�commessi�fuori�dallo�stato�da�cittadini�spagnoli)�e�a�molteplici�condi-
zioni�(principio�della�doppia�incriminazione;�denuncia�o�querela�del�pubblico�
ministero�o�della�persona�offesa;�assenza�di�una�pronuncia�all'estero�nei�
riguardi�dal�reo);�sul�principio�di��difesa�,�e�cioe��per�i�delitti�commessi�all'e-
stero�da�cittadino�spagnolo�o�straniero�ai�danni�dello�Stato�(espressamente�

elencati�dalla�norma,�ed�esclusi�invece�quelli�direttamente�in�danno�di�un�cit-
tadino�spagnolo);�sul�principio�di��universalita���,�per�alcune�gravi�ipotesi�di�
reato�(genocidio,�terrorismo,�...).�

(1)�F. 
Mantovani,�Diritto�penale,�Padova,�2001,�p.�949;�G. 
Fiandaca, 
E. 
Musco,�Diritto�
penale,�Parte�generale,�Bologna,�2001,�p.�115�e�ss.;�F. 
Antolisei, 
Manuale�di�diritto�penale,�Parte�
generale,�Milano,�1994,�p.�108;�Bettiol-PettolellO 
Mantovani,�Diritto�penale,�Padova,�1986,�
p.�174;�M. 
Romano,�Commentario�sistematico�del�codice�penale,�I,�Artt.�1-84,�Milano,�2004,�p.�
133;�A. 
Pagliaro,�voce�Legge�penale�nello�spazio,in�Enc.�Giur.,�XXIII,�Milano,�1973,�p.�1054.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Chiarito�che�la�norma�del�Codice�Rocco�si�colloca�nell'ambito�di�un�
quadro�(internazionale)�di�eccezioni�alla�regola�generale�della�territorialita�,�
secondo�un�indirizzo�comune�agli�ordinamenti�moderni,�diviene�essenziale�
chiarirne�la�portata.�

In�proposito,�il�nucleo�fondamentale�della�disposizione,�che�coincide,�o�
dovrebbe�coincidere,�con�la�ratio�ad�essa�sottesa,�e�costituito�dalla�individua-
zione�del�delitto�politico,�che�e�appunto�l'ipotesi�in�cui�opera�il�rafforzamento�
della�difesa�degli�interessi�dello�Stato�italiano:�rafforzamento�ben�comprensi-
bile�nell'ambito�del�sistema�politico-istituzionale�in�cui�fu�approvato�il�codice�
Rocco,�e�cioe�del�sistema�fascista.�Ora,�proprio�in�considerazione�di�tali�piu�
forti�esigenze�di�tutela,�quali�avvertite�all'epoca�della�stesura�del�vigente�
codice�penale,�e�evidente�che�gli�attuali�aspetti�problematici�connessi�alla�
disposizione�ruotano�necessariamente�intorno�alla�interpretazione�ed�alla�
valenza�da�dare�oggi�(operando�oggi�la�norma�in�un�sistema�antitetico�
rispetto�a�quello�delle�sue�origini)�alla�nozione�che�l'art.�8�c.p.�da�del�delitto�
politico�.�

La�nozione�di��delitto�politico��e�chiaramente�data�dal�comma�terzo�del-
l'art.�8�c.p.,�secondo�il�quale��agli�effetti�della�legge�penale,�e�delitto�politico�
ogni�delitto,�che�offende�un�interesse�politico�dello�Stato,�ovvero�un�delitto�
politico�del�cittadino�,�aggiungendo,�poi,�che��e�altres|�considerato�delitto�poli-

ticoildelittocomunedeterminato,�intuttooinparte,damotivipolitici�.�

In�realta�,�le�maggiori�controversie�interpretative�sono�insorte�principal-
mente�con�riferimento�all'ultimo�periodo�della�norma,�che�definisce�il�c.d.�
�delitto�soggettivamente�politico��(2).�

Abbastanza�agevole,�infatti,�e�la�delimitazione�del�primo�caso�di�delitto�
politico,�quello�cioe�di��delitto�oggettivamente�politico�:�tale�categoria�infatti�

va�naturalmente�definita�in�ragione�dell'interesse�of
ffeso,�e�cioe�,�secondo�auto-
revole�e�condivisa�interpretazione,�dell'interesse�politico�quale��interesse�
dello�Stato�complessivamente�considerato,�toccando�l'assetto�delle�compo-
nenti�essenziali�dello�Stato�stesso�(indipendenza�e�sicurezza,�integrita�territo-
riale,�forma�di�governo),�restandovi�fuori�i�profili�concernenti�lo�stato--
apparato�o�gli�ordinamento�sociali��(3).�

Piu�consistenti,�invece,�sono�i�profili�critici�che�presenta�la�nozione�di�
delitto��soggettivamente�politico�,�in�quanto�legati�al�pericolo�che�essa,�ove�
eccessivamente�dilatata,�conduca�ad�una�estensione�smisurata�dell'applica-
zione�della�norma(4).�In�effetti,�a�tale�interpretazione�estensiva�ha�aderito,�
per�molto�tempo,�la�giurisprudenza,�la�quale�ricorrentemente�definiva�
movente�politico��l'agire�in�concreto�per�interessi�che�trascendono�l'indivi-
duo,�per�investire�le�collettivita�sociali�mediante�agitazione�di�idee�o�attivita�

(2)�D.�Pulitano�,�voce�Delitto�politico,in�Dig.�disc.�pen.,III,�Torino,�1989,p.�360;�G.�De�
Francesco,�voce�Reato�politico,in�Enc.�dir.,�XXXVIII,�Milano,�1987,�pp.�897�e�ss.;�G.�Marini,�
voce�Delitto�politico,in�Noviss.�Dig.�it.,�Appendice,�I,�1981,�p.�1046;�
(3)�Pulitano�,�voce�Delitto�politico,cit.,�p.�360.�
(4)�De�Francesco,�voce�Reato�politico,�cit.,�p.�989.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


pratiche 
dirette 
a 
imporre 
soluzioni 
determinate, 
in 
contrasto 
con 
quelleprop
oste 
dagli 
avversari, 
soluzioni 
di 
indole 
strettamente 
politica, 
o 
economico-s
ociale, 
indipendentemente 
da 
quelli 
che 
possono 
essere 
i 
segreti 
impulsi 
psic
hici, 
o 
la 
moralita� 
dei 
fini 
che 
s'intendono 
raggiungere� 
(5). 
Ferma 
e 
condiv
isibile 
la 
delimitazione 
della 
nozione 
in 
rapporto 
agli 
impulsi 
psichici 
interni 
ed 
inespressi, 
vivaci 
critiche, 
invece, 
ha 
spesso 
sollevato 
la 
dottrina 
in 
ordine 
all'equiparazione 
operata 
dalla 
giurisprudenza 
tra 
motivi 
politici 
e 
motivi 
economico-sociali(6). 


In 
realta� 
, 
ilproblema�difondo�che 
emerge 
a 
fronte 
di 
una 
troppo 
estesa 
nozione 
di 
delitto 
politico, 
e� 
strettamente 
collegato 
alla 
finalita� 
per 
la 
quale 
si 
ricorre 
a 
tale 
nozione. 


In 
particolare, 
i 
piu� 
rilevanti 
dubbi 
interpretativi 
hanno 
riguardato 
i 
rapp
orti 
tra 
la 
nozione 
offerta 
dal 
codice 
penale, 
ora 
ricordata, 
e 
il�richiamo�al�
concetto�di��reato�politico��operato�dalla�Costituzione�agli�art.�10�e�26. 
Entrambe 
le 
norme 
costituzionali, 
infatti, 
richiamano 
tale 
concetto 
per 
imporre 
un 
limite 
alla 
estradizione, 
rispettivamente 
dello 
straniero 
e 
del 
cittad
ino, 
e 
tuttavia 
non 
forniscono, 
come 
fa 
il 
comma 
terzo 
dell'art. 
8, 
una 
prop
ria 
definizione 
di 
esso. 
E 
allora, 
la 
questione 
di 
fondo, 
sulla 
quale 
si 
sono 
scontrate 
diverse 
opinioni 
dottrinali, 
e� 
stata 
quella 
di 
comprendere 
se 
il 
riferim
ento 
costituzionale, 
tecnicamente 
gia� 
piu� 
ampio, 
in 
quanto 
riferito 
ai 
reati 
e 
non 
solo 
ai 
delitti, 
andasse 
letto 
alla 
luce 
della 
definizione 
data 
dal 
terzo 
comma 
dell'art. 
8 
c.p., 
o 
invece 
autonomamente(7). 
In�cio�,�evidentemente,�la�
disposizione�codicistica�gia�rivela�uno�dei�fondamentali�risvolti�della�sua�por-
tata�di�generale��risorsa�interpretativa�.�

E, 
in 
proposito, 
se 
la 
giurisprudenza 
s'e� 
sempre 
sostanzialmente 
mossa 
nell'ottica 
di 
una 
sostanziale 
corrispondenza 
tra 
le 
indicazioni 
di 
legislazione 
ordinaria 
e 
quelle 
di 
carattere 
costituzionale 
(anche 
quando 
piu� 
recentemente 
essa 
ha 
assunto 
posizioni 
piu� 
restrittive 
in 
merito 
al 
significato 
di 
delitto 
polit
ico) 
(8), 
la 
dottrina, 
a 
parte 
una 
piu� 
risalente 
opinione 
volta 
a 
riconoscere 
tale 
corrispondenza, 
e� 
oggi 
piu� 
ampiamente 
orientata 
verso 
concezioni 
di 
tipo 
�autonomistico� 
(9). 


(5) 
Cass. 
pen., 
8-1-1949, 
in 
Giust. 
pen., 
1949, 
II, 
p. 
346; 
Cass. 
pen., 
26-4-1948, 
ivi, 
1948, 
II, 
p. 
794, 
con 
nota 
di 
Granata, 
e 
in 
Riv. 
it. 
dir. 
proc. 
pen., 
con 
nota 
di 
Nuvolone; 
Cass. 
pen., 
18-1-1978, 
in 
Cass. 
pen. 
mass., 
1979, 
p. 
540. 
(6) 
Nuvolone, 
Delittopolitico 
e 
diritto 
d'asilo,in 
Ind.pen., 
1970, 
pp. 
170 
e 
ss.; 
Mazzacuva, 
Commento 
all'art. 
26 
della 
Costituzione,in 
Comm. 
Cost. 
Branca,1981, 
pp. 
337 
e 
ss. 
(7) 
Pulitano�
voce 
Delitto 
politico,cit., 
p. 
361; 
De�Francesco, 
voce 
Reato 
politico,cit., 
p. 
902; 
Marini, 
voce 
Delitto 
politico, 
p. 
1046; 
di 
recente 
vedi 
altres|� 
A.�Ciancio, 
Reato 
politico 
e 
limiti 
costituzionali 
all'estradizione,in 
Riv. 
trim. 
dir. 
pub., 
2001, 
pp. 
278 
e 
ss. 
(8) 
Cass. 
pen., 
S. 
U., 
5-3-1949, 
in 
Giust. 
Pen., 
1950, 
II, 
p. 
385; 
Cass. 
pen., 
29-10-1951, 
ivi, 
1951, 
II, 
p. 
103; 
Cass. 
pen., 
6-9-1957, 
ivi., 
1958, 
II, 
p. 
1; 
Cass. 
pen, 
5-4-1961, 
in 
Giur. 
it., 
1964, 
II, 
p. 
64; 
Cass. 
pen., 
14-1-1982, 
in 
Cass. 
pen., 
1983, 
p. 
1112. 
(9) 
Quadri, 
voce 
Estradizione 
(dir. 
int.),in 
Enc. 
dir., 
XVI, 
Milano, 
1967, 
p. 
43; 
Cassese, 
Commento 
all'art. 
10, 
in 
Commentario 
della 
Costituzione, 
a 
cura 
di 
G. 
Branca, 
Bologna, 
1975, 
p. 
553; 
Mazzacuva, 
Commento 
all'art. 
26 
della 
Cost., 
cit., 
pp. 
317 
e 
ss.; 
Pagliaro, 
La 
nozione 
di 
reatopolitico 
aifini 
dell'estradizione,in 
Riv. 
it. 
dir. 
proc. 
pen.,1983, 
pp. 
807 
e 
ss. 

IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


In 
particolare, 
e� 
abbastanza 
diffusa 
l'idea 
che 
il 
Costituente 
abbia 
accolto 
esclusivamente 
l'accezione 
�oggettiva� 
del 
delitto 
politico 
(10), 
doven-
dosi 
ritenere 
estranea 
agli 
artt. 
1O 
e 
26, 
invece, 
la 
categoria 
dei 
reati 
�sogget-
tivamente 
politici�. 
Tale 
interpretazione 
muove 
peraltro 
dall'esigenza 
di 
con-
temperare 
le 
norme 
costituzionali 
richiamate 
con 
gli 
altri 
valori 
tutelati 
dalla 
Carta 
Fondamentale, 
a 
cominciare 
dalle 
�liberta� 
democratiche� 
(11). 


Nell'ambito 
di 
tale 
panorama 
problematico 
va 
dunque 
letta 
la�sentenza�
della�Cassazione�n.�23181/2004, 
con 
la 
quale 
si 
e� 
concluso, 
dopo 
un 
lungo 
iter�
procedimentale, 
il 
primo 
processo 
italiano 
sulla 
drammatica 
vicenda 
dei 
�desaparecidos�. 


In 
particolare, 
essa 
ha 
sostanzialmente 
recepito 
le 
impostazioni 
generali 
di 
cui 
s'e� 
discusso, 
peraltro 
con 
alcune 
aperture 
alquanto 
innovative. 


Da 
un 
lato, 
infatti, 
si 
e� 
ribadito 
il 
significato 
del 
delitto 
�oggettivamente 
politico� 
quale 
delitto 
individuato 
in 
base 
alla 
natura 
del 
bene 
giuridico 
offeso; 
dall'altro 
s'e� 
incentrata 
la 
sostanza 
del 
delitto 
�soggettivamente 
poli-
tico� 
nel 
movente 
di 
natura 
politica, 
�nel 
senso 
che 
l'agente 
sia 
stato 
spinto 
a 
delinquere 
al 
fine 
di 
poter 
incidere 
sulla 
esistenza, 
costituzione 
e 
funziona-
mento 
dello 
Stato 
ovvero 
favorire 
o 
contrastare 
idee 
o 
tendenze 
politiche 
proprie 
dello 
Stato 
o 
offendere 
un 
diritto 
politico 
del 
cittadino�. 


Date 
tali 
premesse, 
dunque, 
la 
Cassazione 
ha 
ritenuto 
di 
dover 
condivi-
dere 
le 
conclusioni 
delle 
Corti 
di 
merito 
circa 
la 
natura 
politica 
^si 
badi 
bene 
^sia 
oggettiva 
che 
soggettiva 
dei 
reati 
commessi, 
in 
base 
ad 
una�lettura�del-
l'art.�8�alla�luce�dell'art.�10�della�Costituzione,�comma�primo�(12). 


In 
ragione 
di 
tale 
lettura, 
secondo 
la 
Cassazione, 
i 
delitti 
commessi 
dai 
militari 
argentini 
^sicuramente 
realizzati 
per 
un 
�movente 
politico�, 
consi-
stente 
�nel 
contrastare 
idee 
e 
tendenze 
politiche 
delle 
vittime, 
in 
quanto 
iscritte 
a 
sindacati, 
partiti 
politici 
o 
ad 
associazioni 
universitarie,� 
^offende-
vano 
gia� 
direttamente 
(e 
dunque 
si 
configuravano 
gia�oggettivamente�come 
�politici�) 
�un 
interesse 
politico 
dello 
Stato 
italiano, 
consistente�nel�diritto-
dovere�di�intervenire�per�tutelare�i�diritti�di�cittadini�italiani�e�per�fornire�loro�
l'assistenza�necessaria, 
ma 
anche 
i 
diritti 
fondamentali 
delle 
stesse 
vittime, 
garantiti 
dalla 
nostra 
Carta 
Costituzionale 
e 
da 
norme 
internazionali 
ricono-
sciute 
dal 
nostro 
ordinamento 
giuridico, 
come 
il 
diritto 
alla 
vita, 
alla 
liberta� 
personale, 
il 
diritto 
di 
associazione,...� 
(ragioni 
per 
le 
quali 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
si 
era 
costituita 
parte 
civile 
in 
tale 
processo). 


Sotto 
tale 
profilo 
si 
manifesta, 
a 
nostro 
avviso, 
l'aspetto�piu�originale�del�
ragionamento�della�Suprema�Corte, 
che 
valorizza 
il 
significato 
dell'art. 
8 
c.p., 
gia� 
in 
ordine 
all'accezione 
oggettiva 
del 
�delitto 
politico�, 
evidenziandone 
il 


(10) 
Nuvolone, 
Delitto�politico,�cit., 
p. 
179; 
Mazzacuva, 
Commento�all'art.�26�della�Costitu-
zione, 
cit., 
p. 
343. 


(11) 
Cassese, 
Commento�all'art.�10,�cit., 
p. 
553. 
(12) 
In 
particolare 
la 
Corte 
fa 
leva 
sull'idea 
che, 
tra 
il 
recepimento 
di 
norme 
del 
diritto 
inter-
nazionale 
generalmente 
riconosciute, 
figurino 
anche 
quelle 
della 
Convenzione 
per 
la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell'uomo 
e 
del 
cittadino, 
firmata 
a 
Roma 
il 
4/11/195O 
e 
ratificata 
con 
L. 
848/1955. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ruolo�di�moderna��risorsa��giuridica�nell'attuale�contesto�di�sempre�piu�
intensi�rapporti�e�scambi�internazionali�posti�in�essere�dai�cittadini�italiani,�
in�relazione�alla�loro�presenza,�occasionale�o�stabile,�in�stati�stranieri.�

In�realta�,�le�questioni�problematiche�derivanti�dalla�lata�delineazione�del�
delitto�politico�accolta�dal�Codice�Rocco,�come�intuisce�la�maggioranza�della�
dottrina,�riguardano�il�temperamento�delle�ricordate�^ed�originarie�e
sigenze�di��difesa��dell'interesse�dello�Stato�con�le�diverse�^ma�attualie
sigenze�a�tutela�di�altri�e�fondamentali�valori�protetti�sia�dall'attuale�ordina-
mento�giuridico�dello�Stato�italiano,�sia�dalla�maggioranza�degli�altri�
(moderni)�ordinamenti�giuridici.�

Da�un�lato,�infatti,�il�piu�intenso�adeguamento�della�repressione�di�fatti�
lesivi�di�interessi�politici�dello�Stato�va�calibrato�nell'ambito�di�un�sistema�
democratico�e�pluralista,�quale�quello�nazionale�italiano�attuale(13).�

Dall'altro,�la�centralita�di�alcuni�valori�fondamentali,�lesi�da�condotte�
motivate�da�intenti�politici�(appunto�la�vita�e�le�liberta�fondamentali�dell'in-
dividuo)�e�riconosciuti�dalla�comunita�giuridica�internazionale,�comporta�(o�
dovrebbe�comportare)�che�il�sistema�delle�nazioni�(o�i�suoi�membri�meno�
chiusi�nel�loro�interesse�particolare)�difficilmente�potra�continuare�a�soppor-
tare�restrizioni�alla�universale�perseguibilita�di�quelle�condotte,�e�dunque�in 
primis,�restrizioni�all'utilizzo�dello�strumento�dell'estradizione(14).�

Ecco,�quindi,�che�la�portata�dell'art.�8�del�c.p.�va,�pertanto,�necessaria-
mente�misurata�e�valutata�in�stretto�raffronto�con�i�temi�fondamentali�ed�
attualissimi�del�diritto�penale�internazionale.�

In�proposito,�anzi,�devono�essere�sottolineate�indicazioni�che,�con�pun-
tuale�evidenza�ispirate�alle�drammatiche�vicende�dei��desaparecidos�,�sono�
contenute�nello�Statuto�di�Roma�della�Corte�penale�internazionale,�adottato�
da�120�Stati�in�seno�alla�conferenza�diplomatica�delle�Nazioni�Unite�a�Roma,�
il17luglio1998,�eratificatodall'Italiaconlaleggen.�232del1999�(15).�

Particolare�attenzione,�soprattutto,�merita�l'articolo�7�dello�Statuto,il�
quale�elenca�e�definisce�i�delitti�facenti�parte�dei��crimini�contro�l'umanita��,�
in�rapporto�ai�quali,�e�tra�gli�altri�(16),�la�Corte�ha�una�propria�competenza.�

Infatti,�la�disposizione�(con�impressionante,�fotografica�descrizione�delle�
tragiche�vicende�dei��desaparecidos�)�indica�tra�gli�atti�rilevanti�come��cri-

(13)�Sul�problema�della�legittimazione�del�diritto�penale�politico�cfr.�Pulitano�,�voce�Delitto 
politico,�cit.,�p.�359.�
(14)�Ciancio,�Reatopolitico 
elimiticostituzionaliall'estradizione,�cit.,�pp.�278�e�ss.�
(15)�Entrato�in�vigore�il�1�luglio�2002,�lo�Statuto,�per�la�parte�che�concerne�l'Italia,�e�in�attesa�
delle�norme�interne�di�adeguamento,�necessarie�per�l'effettivo�funzionamento�della�Corte�penale�
internazionale.�
(16)�I�crimini�per�i�quali�la�Corte�ha�la�competenza�sono,�secondo�l'articolo�5�dello�Statuto:�
crimini�di�genocidio,�crimini�contro�l'umanita�,�crimini�di�guerra,�crimini�di�aggressione�(per�
quanto�in�ordine�a�quest'ultimo�il�comma�secondo�della�stessa�norma�stabilisca�che�la�Corte�eser-
citera�il�proprio�potere�giurisdizionale�su�quel�crimine�successivamente�all'adozione,�in�conformita�
agli�articoli�121�e�123,�della�disposizione�che�definira�tale�crimine,�e�che�tale�norma�dovra�essere�
compatibile�con�le�disposizioni�in�materia�della�Carta�delle�Nazioni�Unite).�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

mini�contro�l'umanita��,��se�commessi�nell'ambito�di�un�esteso�o�sistematico�
attacco�contro�popolazioni�civili,�e�con�la�consapevolezza�dell'attacco�,�la�
sparizione�forzata�delle�persone�(lettera�i).�Il�comma�secondo�della�stessa�
norma,�invero,�definisce�tale�condotta�come��l'arresto,�la�detenzione�o�il�rapi-
mento�delle�persone�da�parte�o�con�l'autorizzazione,�il�supporto�o�l'acquiescenza�
di�uno�Stato�o�organizzazione�politica,�che�in�seguito�rifiutino�di�riconoscere�la�
privazione�della�liberta�o�di�dare�informazioni�sulla�sorte�di�tali�persone�o�sul�
luogo�ove�le�stesse�si�trovano,�nell'intento�di�sottrarle�alla�protezione�della�legge�

per�un�prolungato�periodo�di�tempo�.�

Tali�disposizioni�vanno�evidentemente�lette�nell'ambito�del�quadro�gene-
rale�dello�Statuto�e�delle�regole�fondamentali�di�funzionamento�della�Corte�
penale�internazionale.�

In�particolare,�e�innanzitutto�molto�significativo�che�la�Corte,�ai�sensi�
dell'articolo 
1 
dello 
Statuto 
e�in�rapporto�ai�crimini�di�sua�competenza,�puo�
esercitare�il�suo�potere�giurisdizionale�direttamente�sulle�persone�fisiche.�
Naturalmente,�tale�principio�viene�contemperato�da�quello�di��sussidiarieta��,�
indicato�subito�dopo�dallo�stesso�articolo�1,�secondo�il�quale�la�Corte�e�
�complementare�alle�giurisdizioni�penali�nazionali�.�Cio�che�tuttavia�e�mas-
simamente�rilevante�e�la�determinazione�della�giurisdizione�e�delle�modalita�
di�intervento�della�Corte.�

A�tal�proposito�significativi�sono�gli�articoli�12�e�13,�rispettivamente�rela-
tivi�alla�competenza�della 
Corte 
e 
alle 
condizioni�di�procedibilita�.�

Secondo�laprima�norma,�infatti,�la�Corte�puo�esercitare�il�proprio�potere�
giurisdizionale�se,�tra�gli�Stati�parti�dello�Statuto�o�tra�quelli�che�hanno�
accettato�la�competenza�della�Corte(17),�vi�e�lo�Stato�nel�cui�territorio�hanno�
avuto�luogo�l'atto�o�l'omissione�in�oggetto�(o,�se�il�crimine�e�stato�commesso�
a�bordo�di�una�nave�o�di�un�aeromobile,�lo�Stato�della�bandiera�o�di�immatri-
colazione�di�tale�nave�o�aeromobile)�oppure,�e�dunque�in�alternativa,�vi�e�lo�
Stato�del�quale�la�persona�accusata�ha�la�nazionalita�.�

Quanto�poi�alle�condizioni�di�procedibilita�,�l'art.�13�prevede:�la�segnala-
zione�di�uno�Stato�parte�al�Procuratore�di�una�situazione�nella�quale�uno�o�
piu�crimini�appaiono�commessi;�la�medesima�segnalazione�del�Consiglio�di�
Sicurezza�al�Procuratore,�nell'ambito�delle�azioni�prevedute�dal�capitolo�VII�
della�Carta�delle�Nazioni�Unite;�oppure,�ancora,�l'apertura�di�un'indagine�
da�parte�dello�stesso�Procuratore.�Tale�disciplina�si�completa�per�la�verita�,�
specie�per�dirimere�le�controversie�in�ordine�all'interferenza�con�le�giurisdi-
zioninazionali,�con�l'art.�17�dello�Statuto�(18).�

E�evidente,�dunque,�che�il�sistema�delineato�dal�predetto�Statuto,�una�
volta�che�siano�superate�le�difficolta�pratiche�inerenti�all'adeguamento�delle�

(17)�Secondo�il�terzo�comma�(paragrafo)�dell'art.�12,�se�e�necessaria,�a�norma�delle�disposi-
zioni�del�paragrafo�2,�l'accettazione�di�uno�Stato�non�parte�del�presente�Statuto,�tale�Stato�puo�
con�dichiarazione�depositata�in�cancelleria,�accettare�la�competenza�della�Corte�sul�crimine�di�
cui�trattasi.�
(18)�In�particolare,�stabilisce�il�comma�primo�dell'art.�17:��Con�riferimento�al�decimo�comma�
del�preambolo�ed�all'articolo�primo�del�presente�Statuto,�la�Corte�dichiara�improcedibile�il�caso�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

normative�interne,�e�destinato�ad�incidere�significativamente�su�quei�reati�di�
massima�gravita�,�rispetto�ai�quali�le�eventuali�limitazioni�frapposte�dalle�giu-
risdizioni�nazionali�necessitano,�evidentemente,�di�adeguati�(e�quanto�mai�
auspicabili!)�ripensamenti�da�parte�degli�stati�aderenti.�

In�questo�contesto,�allora,�va�misurata�anche�la�capacita�espansiva�delle�
disposizioni�dell'art.�8�del�nostro�codice�penale,�con�riferimento,�appunto,�ai�
riflessi�che�la�norma�^per�quanto�riguarda�la�nostra�Nazione�^puo�avere�sul�
piano�della�collaborazione�internazionale�contro�il�crimine,�in�particolare�con-
tro�i��crimini�contro�l'umanita��,�oggetto�ancora�oggi�di�dichiarazioni�di�intenti�
che,�pero�,�tali�restano�in�molti�casi,�senza�approdare�alla�realizzazione�condi-
visa�di�un�concreto�strumento�normativo�di�sicura�efficacia�internazionale.�

Avv. 
Giovanni 
Pietro 
de 
Figueiredo 


Dott.ssa 
Enrica 
Villani 


Corte 
di 
Cassazione 
penale, 
sezione 
prima, 
sentenza 
28 
aprile 
^17 
maggio 
2004 
n. 
23181 
^

Pres.�R.�Teresi�^P.G. 
M.�Fraticelli�^Ricorso�proposto�da:�Suarez�Mason�Carlos�Guil-
lermo�n.�il�24�gennaio�1924;�parti�civili:�Regione�Emilia�Romagna;�Cisl-Uil;�Regione�
Marche;�Regione�Piemonte;�Provincia�Oristano;�Regione�Autonoma�della�Sardegna�
(avv.�dello�Stato�G.�de�Figueiredo),�avverso�sentenza�del�17�marzo�2003�Corte�Assise�
Appello�di�Roma.�

�(Omissis) 
�Svolgimento 
delprocesso. 
^Il�presente�processo�riguarda�vari�delitti�(omicidi�
volontari,�sequestri�dipersona,�lesioni�edaltro)commessiindanno�di�cittadiniitaliani�residenti�
inArgentinaapartiredal24�marzo1976,dataincuiilpoteremilitareinstauro�ladittaturasotto�
il�comando�del�generale�dell'esercito�Jorge�Videla.�A�seguito�di�lunghe�e�laboriose�indagini�in�
relazione�alla�vicenda�dei��desaparecidos�,�tali�delitti,�meglio�specificati�nei�capi�di�imputa-
zione,�furono�contestati�a�soggetti�facenti�parte�all'epoca�degli�alti�gradi�dell'organico�della�
pubblica�amministrazione�argentina,�i�quali,�puravendo�concorsoinvario�modo�nellacommis-
sione�dei�suddetti�delitti,�non�erano�stati�giudicati�dall'autorita'�giudiziaria�di�quello�Stato.�

Per�la�parte�che�ancora�interessa�in�questa�sede,�con�sentenza�17�marzo�2003�la�Corte�di�
Assise�di�Appello�di�Roma�confermava�la�sentenza�06�dicembre�2000�della�Corte�di�Assise�
di�Roma,�con�la�quale�Suarez�Mason�Carlos�Guillermo�(giudicato�insieme�ad�altri�imputati�
non�ricorrenti)�era�stato�condannato�alla�pena�dell'ergastolo�con�isolamento�diurno�per�la�
durata�di�anni�tre,�oltre�al�risarcimento�dei�danni�a�favore�delle�costituite�parti�civili,�siccome�
ritenuto�colpevole,�nella�sua�qualita�di�comandante�del�primo�corpo�dell'esercito�argentino�
e�di�responsabile�della�zona�prima�di�Buenos�Aires,�dei�delitti�di�omicidio�aggravato�di�
Laura�Estela�Carlotto,�Norberto�Mio�Morresi,�Pedro�Luis�Mazzocchi,�Luis�Alberto�Fabbri,�
Daniel�Jesus�Ciuffo,�nonche�del�delitto�di�sequestro�del�neonato�Guido�Carlotto,�tutti�fatti�
commessi�in�Argentina�tra�il�1976�ed�il�1978.�

Preliminarmente�la�Corte�territoriale�disattendeva�varie�eccezioni�sollevate�dalla�difesa�
di�Suarez�Mason.�

se:�a)�sullo�stesso�sono�in�corso�di�svolgimento�indagini�o�provvedimenti�penali�condotti�da�uno�
Stato�che�ha�su�di�esso�giurisdizione,�a�meno�che�tale�Stato�non�intenda�iniziare�le�indagini�ovvero�
non�abbia�la�capacita�di�svolgerle�correttamente�o�di�intentare�un�procedimento;�b)lostessoe�
stato�oggetto�di�indagini�condotte�da�uno�Stato�che�ha�su�di�esso�giurisdizione�e�tale�Stato�ha�
deciso�di�non�procedere�nei�confronti�della�persona�interessata,�a�meno�che�la�decisione�non�costi-
tuisca�il�risultato�del�rifiuto�o�dell'incapacita�dello�Stato�di�procedere�correttamente;�c)�che�la�per-
sona�interessata�e�gia�stata�giudicata�per�la�condotta�oggetto�della�denunzia�e�non�puo�essere�giu-
dicata�dalla�Corte�a�norma�dell'art�20,�paragrafo�3;�d)�il�fatto�non�e�di�gravita�sufficiente�da�giusti-
ficare�ulteriori�azioni�da�parte�della�Corte�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

In�particolare,�quanto�alla�eccezione�relativa�alla�non�corretta�instaurazione�del�rap-
porto�processuale,�la�Corte�riteneva�che�giustamente�nel�giudizio�di�primo�grado�l'imputato�
era�stato�dichiarato�assente,�in�quanto�lo�stesso,�a�seguito�della�richiesta�di�assistenza�giudi-
ziaria,�aveva�dichiarato�al�Giudice�Federale�argentino�che�non�intendeva�comparire�davanti�
all'autorita�giudiziaria�italiana,�volendo�prima�dimostrare�la�propria�innocenza�in�ordine�ai�
reati�di�sottrazione�dei�minori�contestatigli�in�Argentina�e�solo�successivamente�valutare�la�
possibilita�di�presentarsi�davanti�all'autorita�giudiziaria�italiana.�

Quanto�alla�eccezione�relativa�al�difetto�di�procedibilita�,�la�Corte�territoriale,�dopo�aver�
precisato�che�non�vi�era�prova�che�l'imputato�fosse�stato�giudicato�per�gli�stessi�reati�in�
Argentina,�osservava�da�un�lato�che�la�richiesta�di�procedimento�era�pienamente�valida�ed�
efficace,�in�quanto�avanzata�dal�Ministro�della�Giustizia�in�data�21�gennaio�1983�e�confer-
mata�con�nota�ministeriale�in�data�08�agosto�1996�nell'ambito�dello�stesso�procedimento,�
dall'altro�che�i�delitti,�tutti�commessi�in�danno�di�cittadini�italiani�residenti�all'estero,�dove-
vano�considerarsi�politici,�in�quanto�lesivi�del�diritto�primario�alla�vita�ecomunquediretti�
a�contrastare�idee�e�tendenze�politiche�e�sociali�proprie�delle�vittime.�

Nel�merito�la�Corte�riteneva�provata�la�responsabilita�dell'imputato�sulla�base�di�nume-
rose�testimonianze�e�di�atti�processuali�provenienti�da�processi�celebrati�in�Argentina,�dei�
quali�se�ne�omette�l'illustrazione,�trattandosi�di�materiale�probatorio�non�oggetto�dei�motivi�
di�ricorso.�

Avverso�la�predetta�sentenza�ha�proposto�ricorso�il�difensore�dell'imputato�Suarez�
Mason,�che�ne�ha�chiesto�l'annullamento�per�i�seguenti�motivi.�

Con�il�primo�motivo�si�deduce�la�violazione�di�legge�in�relazione�alla�ritenuta�costitu-
zione�del�rapporto�processuale�sul�rilievo�che�la�Corte�territoriale�non�aveva�considerato�
che�l'imputato�non�si�era�rifiutato�di�presenziare�al�dibattimento,�essendosi�limitato�a�dichia-
rare�di�voler�rinviare�la�sua�partecipazione�al�giudizio�all'esito�del�processo�pendente�nei�suoi�
confronti�in�Argentina�per�il�quale�si�trovava�ristretto�agli�arresti�domiciliari.�

Con�il�secondo�motivo�si�deduce�la�violazione�dell'art.�8�c.p.�sul�rilievo�che�i�delitti�non�
potevano�essere�considerati�politici,�in�quanto�non�risultava�che�le�persone�offese�nel�pre-
sente�processo�fossero�state�perseguitate�a�causa�delle�loro�origini�italiane�o�della�loro�appar-
tenenza�a�partiti�politici�italiani�o�sindacati�italiani.�Pertanto,�non�ricorrendo�la�lesione�di�
un�interesse�politico�dello�Stato�italiano�o�di�un�diritto�politico�del�cittadino�italiano,�doveva�
ritenersi�carente�la�condizione�di�procedibilita�prevista�dall'art.�8�c.p..�Si�deduce�inoltre�che�
la�richiesta�del�Ministro�doveva�considerarsi�da�un�lato�generica,�in�quanto�diretta�nei�con-
fronti�di�soggetti�non�individuati,�dall'altro�tardiva,�in�quanto�avanzata�solo�in�data�21�gen-
naio�1983,�mentre�i�fatti�relativi�ai��desaparecidos��erano�stati�portati�a�conoscenza�dell'opi-
nione�pubblica�a�mezzo�stampa�sin�dall'estate�del�1982.�Si�deduce�infine�che�la�richiesta�del�
Ministro�non�poteva�considerarsi�ancora�valida�ed�efficace�in�relazione�al�nuovo�procedi-
mento�instaurato�a�seguito�della�denuncia-querela�presentata�dalle�attuali�parti�offese,�in�
quanto�detto�procedimento�si�riferiva�a�fatti�nuovi�e�diversi�per�i�quali�in�precedenza�non�
erano�state�svolte�indagini,�mentre�il�precedente�procedimento,�cui�si�riferiva�la�richiesta�
del�Ministro,�era�stato�archiviato.�

Con�il�terzo�motivo�si�deduce�la�violazione�dell'art.�11,�comma�2,�c.p.�sul�rilievo�che�la�
Corte�di�merito�non�aveva�considerato�che�per�gli�stessi�delitti�il�ricorrente�era�stato�gia'�giu-
dicato�in�Argentina,�di�guisa�che,�ai�fini�della�procedibilita',�era�necessaria�la�richiesta�del�
Ministro�ai�sensi�dell'art.�11,�comma�2,�c.p..�

Motivi 
della 
decisione. 
Il�ricorso�non�merita�accoglimento. 


Manifestamente�infondato�deve�ritenersi�il�primo�motivo�relativo�alla�mancata�costitu-
zione�del�rapporto�processuale.�

Invero�risulta�dalla�sentenza�impugnata�che�il�ricorrente,�all'epoca�ristretto�agli�arresti�
domiciliari�in�Argentina,�a�seguito�di�richiesta�di�assistenza�giudiziaria,�fu�interpellato�dal�
Giudice�Federale�argentino�se�intendesse�essere�presente�in�giudizio.�In�tale�occasione�il�
ricorrente�rispose�che�non�intendeva�comparire�davanti�all'autorita�giudiziaria�italiana,�riser-
vandosi�di�valutare�la�possibilita�di�presentarsi�in�giudizio�solo�dopo�aver�dimostrato�la�pro-
pria�innocenza�in�altro�processo�pendente�davanti�all'autorita�giudiziaria�argentina.�Non�vi�
e�dubbio�che�tale�comportamento,�come�giustamente�affermato�dalla�Corte�di�merito,�era�
indicativo�di�una�inequivoca�volonta�del�ricorrente�di�non�presenziare�all'udienza�o,�quanto-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

meno,�era�espressione�di�una�volonta�che�per��facta 
concludentia��non�poteva�che�essere�
interpretata�in�tal�senso.�Pertanto,�poiche�nel�caso�di�specie,�a�fronte�del�suo�rifiuto�a�presen-
ziare�all'udienza,�l'imputato�e�stato�dichiarato�assente,�deve�ritenersi�che�il�rapporto�proces-
suale�sia�stato�validamente�instaurato.�

Infondato�deve�ritenersi�il�secondo�motivo�diretto�a�contestare�la�natura�politica�dei�
delitti�in�esame.�

Va�premesso�che,�secondo�l'elaborazione�giurisprudenziale�relativa�al�terzo�comma�del-
l'art.�8�c.p.,�sono�delitti�oggettivamente�politici�quelli�diretti�ad�offendere�un�interesse�poli-
tico�dello�Stato�o�un�diritto�politico�del�cittadino,�mentre�sono�soggettivamente�politici�quelli�
comuni,�determinati�in�tutto�o�in�parte,�da�motivi�politici.�Nel�delitto�oggettivamente�poli-
tico�e�rilevante�solo�la�natura�del�bene�giuridico�offeso,�mentre�per�la�sussistenza�del�delitto�
comune�soggettivamente�politico�e�necessario�che�ricorra�un�movente�di�natura�politica�nel�
senso�che�l'agente�sia�stato�spinto�a�delinquere�al�fine�di�poter�incidere�sulla�esistenza,�costi-
tuzione�e�funzionamento�dello�Stato�ovvero�favorire�o�contrastare�idee�o�tendenze�politiche�
proprie�dello�Stato�o�offendere�un�diritto�politico�del�cittadino.�Ne�puo'�ritenersi�sufficiente�
ad�escludere�la�natura�politica�del�delitto�comune�la�circostanza�che�il�delitto�sia�stato�com-
messo�per�motivi�in�parte�o�non�prevalentemente�politici,�atteso�il�tenore�letterale�dell'ultima�
parte�del�terzo�comma�dell'art.�8�c.p.,�che�equipara�il�delitto�politico�al�delitto�comune�deter-
minato��in�tutto�o�in�parte��da�motivi�politici.�

Cio'�premesso�non�puo'�che�condividersi�la�conclusione�cui�sono�pervenuti�i�giudici�di�
merito�circa�la�natura�politica,�sia�oggettiva�che�soggettiva,�dei�delittiin�esame,�tanto�piu�
che�la�definizione�di�delitto�politico�data�dall'art.�8�c.p.�va�letta�alla�luce�dell'art.�10�della�
Cost.�secondo�cui��l'ordinamento�giuridico�italiano�si�conforma�alle�norme�del�diritto�inter-
nazionale�generalmente�riconosciute�.�E�tra�tali�norme�va�ricordata�la�convenzione�per�la�
salvaguardia�dei�diritti�dell'uomo�e�delle�liberta�fondamentali,�firmata�a�Roma�il�4�novem-
bre�1950�e�ratificata�con�legge�n.�848�del�1955,�che�obbliga�gli�Stati�contraenti�al�rispetto�di�
alcuni�diritti�fondamentali�nei�confronti�di�ogni�persona�sottoposta�alla�loro�giurisdizione,�
quali�il�diritto�alla�vita,�il�diritto�alla�liberta�personale,�il�diritto�ad�un�processo�equo,�il�
diritto�a�non�essere�sottoposto�a�tortura,�ecc..�

Orbene�nel�caso�di�specie�i�delitti�^tutti�di�eccezionale�gravita�come�risulta�dalla�moti-
vazione�della�sentenza�impugnata,�della�quale�non�viene�illustrato�il�merito,�in�quanto�non�
contestato�con�i�motivi�di�ricorso�^furono�commessi�in�danno�di�cittadini�italiani�residenti�
in�Argentina�non�in�circostanze�occasionali,�ma�in�esecuzione�di�un�preciso�piano�criminoso�
diretto�alla�eliminazione�fisica�degli�oppositori�al�regime�senza�il�rispetto�di�alcuna�garanzia�
processuale�e�al�solo�scopo�di�contrastare�idee�e�tendenze�politiche�delle�vittime,inquanto�
iscritte�a�sindacati,�partiti�politici�o�ad�associazioni�universitarie.�Pertanto�tali�delitti�non�
solo�offendevano�un�interesse�politico�dello�Stato�italiano,�che�aveva�il�diritto�e�il�dovere�di�
intervenire�per�tutelare�i�diritti�di�cittadini�italiani�e�per�fornire�loro�l'assistenza�necessaria,�
ma�anche�i�diritti�fondamentali�delle�stesse�vittime,�garantiti�dalla�nostra�Carta�Costituzio-
nale�e�da�norme�internazionali�recepite�nel�nostro�ordinamento�giuridico,�come�il�diritto�alla�
vita,�il�diritto�alla�liberta'�personale,�il�diritto�di�associazione,�il�diritto�di�manifestare�le�pro-
prie�idee,�ecc..�

Ne'�puo�ritenersi�fondato�il�motivo�relativo�alla�genericita�o�alla�tardivita�della�richiesta�
di�procedimento.�Infatti�nella�stessa�richiesta�ministeriale�del�21�gennaio�1983�viene�fatto�
esplicito�riferimento�alla�vicenda�dei��desaparecidos��di�nazionalita�italiana�con�sufficienti�
indicazioni�sia�delle�persone�offese,�sia�delle�condizioni�di�tempo�e�di�luogo�in�relazione�ai�
delitti�commessi�in�danno�delle�stesse.�

D'altra�parte�la�richiesta�non�poteva�che�essere�generica�in�relazione�ai�soggetti�da�sot-
toporre�a�indagini,�in�quanto�all'epoca�non�erano�note�le�persone�che�si�erano�macchiate�di�
tali�gravi�delitti.�Per�tale�ragione�deve�essere�senz'altro�disatteso�anche�l'ulteriore�motivo�
relativo�alla�tardivita�della�richiesta,�in�quanto�inizialmente�i�fatti�erano�tutti�da�accertare�
sia�sotto�il�profilo�della�loro�eccezionale�gravita�,�sia�in�relazione�ai�soggetti�cui�dovevano�
essere�attribuiti.�

Ne'�la�richiesta�del�Ministro�puo�considerarsi�inefficace�o�invalida�in�relazione�ai�fatti�
oggetto�del�presente�processo.�Infatti�^a�parte�la�considerazione�che�la�richiesta�di�procedi-
mento�ex 
art.�8�c.p.,�costituendo�espressione�di�una�scelta�discrezionale�di�natura�politica,�e�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

un�atto�irrevocabile�per�espressa�previsione�di�legge�(art.�129�c.p.)�^va�rilevato�che�sul�punto�
la�Corte�territoriale�ha�svolto�una�esauriente�e�condivisibile�motivazione,�chiarendo�che�nel�
caso�di�specie�non�si�trattava�di�distinti�procedimenti,�bens|�di�un�unico�procedimento,�nel�
corso�del�quale�in�un�primo�momento�erano�state�svolte�indagini�che�si�erano�concluse�con�
l'archiviazione�per�essere�rimasti�ignoti�gli�autori�dei�delitti,�mentre�nella�fase�successiva,�a�
seguito�di�istanze-querele�presentate�dalle�parti�offese,�le�indagini�erano�sfociate�nel�rinvio�
a�giudizio�del�ricorrente�(e�di�altri�imputati�non�ricorrenti).�

Ne�puo'�ritenersi�che�la�richiesta�di�procedimento�abbia�perso�efficacia�o�validita�a�
seguito�del�decreto�di�archiviazione�emesso�ex 
art.�415c.p.p..�Infattilariaperturadelleinda-
gini�non�ha�comportato,�come�sostenuto�dal�ricorrente,�l'instaurazione�di�un�nuovo�procedi-
mento,�bens|�la�prosecuzione�del�procedimento�gia'�esistente�per�il�quale�la�richiesta�era�stata�
ritualmente�avanzata�dal�Ministro�in�data�21�gennaio�1983�e�confermata�in�data�8�agosto�
1996,�di�guisa�che,�trattandosi�di�richiesta�irrevocabile�ai�sensi�dell'art.�129�c.p.,�non�vi�era�
necessita�di�una�nuova�richiesta�di�procedimento.�

D'altra�parte,�a�conferma�che�si�tratta�dello�stesso�procedimento,�milita�l'ulteriore�circo-
stanza�che,�alla�luce�del�prevalente�indirizzo�giurisprudenziale,�non�e�richiesta�l'autorizza-
zione�del�G.I.P.�alla�riapertura�delle�indagini�dopo�il�provvedimento�di�archiviazione�dispo-
sto�per�essere�rimasti�ignoti�gli�autori�del�reato.�Infatti�l'archiviazione�degli�atti�prevista�dal-
l'art.�415�c.p.p.�costituisce�ipotesi�diversa�da�quella�prevista�dall'art.�414�c.p.p.,�che�
disciplina�l'archiviazione�nei�confronti�di�soggetti�noti.�Pertanto�deve�ritenersi�che�non�
ricorre�alcuna�preclusione�processuale�alla�ripresa�delle�indagini�quando�emergano�elementi�
indiziari�a�carico�di�soggetti�determinati,�attesa�la�diversita'�funzionale�dei�due�istituti�e�gli�
scopi�perseguiti�dalle�due�norme.�Infatti�l'archiviazione�disposta�nei�confronti�di�soggetti�
noti�^che�deve�essere�richiesta�in�un�termine�determinato�dalla�legge�decorrente�dalla�data�
di�iscrizione�del�soggetto�noto�nel�registro�degli�indagati�^e�diretta�a�garantire�la�posizione�
di�persona�gia'�individuata�sottoposta�alle�indagini,�mentre�l'archiviazione�disposta�per�
essere�rimasto�ignoto�l'autore�del�fatto�non�assolve�alcuna�funzione�di�garanzia�per�l'ovvio�
motivo�che�in�tal�caso�manca�il�titolare�della�posizione�da�garantire�(Cass.�sez.�1.�n.�17900�
del�25�marzo�2002,�rv.�221.705;�Cass.�sez.�1.�n.�9539/1999,�rv.�215.135;�Cass.�sez.�5.�

n.�7567/1999,�rv.�213.625).�
Infine�manifestamente�infondato�deve�ritenersi�il�terzo�motivo�relativo�alla�violazione�
dell'art.�11,�comma�2,�c.p..�Invero,�alla�luce�di�un�consolidato�indirizzo�giurisprudenziale,�
l'imputato�che�eccepisca�l'esistenza�di�precedente�giudicato�ha�l'obbligo�di�fornire�la�prova�
di�quanto�affermato,�producendo�o,�quantomeno,�indicando�esattamente�gli�estremi�del�pre-
cedente�giudicato,�onde�consentire�al�giudice�di�stabilire�con�certezza�se�il�fatto�per�cui�si�

procede�sia�lo�stesso�e�se�la�decisione�precedente�sia�irrevocabile.�Orbene,�come�giustamente�
evidenziato�dalla�Corte�territoriale,�nel�caso�di�specie�il�ricorrente�non�ha�prodotto�alcun�
provvedimento�di�natura�giurisdizionale,�suscettibile�di�divenire�irrevocabile�ai�sensi�del-
l'art.�649�c.p.p.,�dal�quale�risulti�che�sia�stata�accertata�la�sua�responsabilita�o,�quantomeno,�
sia�stata�dichiarata�l'improcedibilita�dell'azione�penale�per�i�delitti�specifici�oggetto�del�pre-
sente�processo.�Ne�tantomeno�risulta�che�questi�specifici�fatti�fossero�noti�e�individuati�al�
momento�della�concessione�di�eventuali�provvedimenti�di�natura�indulgenziale,�dei�quali�ne�
e�stata�affermata�solo�l'esistenza�senza�procedere�alla�relativa�produzione.�Ne�consegue�che,�
mancando�la�prova�che�in�Argentina�il�ricorrente�fosse�stato�giudicato�per�gli�stessidelittio�
avesse�beneficiato�di�provvedimenti�di�indulto,�grazia�o�amnistia�in�relazione�ai�fatti�specifici�
oggetto�del�presente�processo,�ai�fini�della�procedibilita�non�era�necessaria�la�richiesta�del�
Ministro�ai�sensi�dell'art.�11,�comma�2,�c.p..�

Pertanto,�non�ravvisandosi�vizi�logico-giuridici�della�motivazione,�il�ricorso�deve�essere�
rigettato�con�la�conseguente�condanna�del�ricorrente�al�pagamento�delle�spese�processuali�
ex 
art.�616�c.p.p.,�nonche�alla�rifusione�delle�spese�sostenute�dalle�costituite�parti�civili,�che�
si�liquidano�come�in�dispositivo.�

P.T.M. 
La�Corte�Suprema�di�Cassazione�rigetta�il�ricorso�e�condanna�il�ricorrente�al�
pagamento�delle�spese�processuali,�nonche�alla�rifusione�di�quelle�sostenute�dalle�parti�civili�
(omissis)�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dossier 


Opposizione�tardiva;�opposizione�intempestiva

a�seguito�di�nullita�della�notifica�

del�decreto�ingiuntivo�

(Corte 
Suprema 
di 
Cassazione, 
Sezioni 
Unite, 
sentenza 
3 
marzo 
^12 
maggio 
2005, 
n. 
9938) 


Le�notificazioni�alle�Amministrazioni�vanno,�come�noto,�eseguite�presso�
l'Avvocatura�dello�Stato�competente,�a�pena�di�nullita��(art.�11,�R.D.�

n.�1611/1933).�
Il�coordinamento�di�questa�disposizione�con�l'art.�650�c.p.c.,�in�tema�di�
opposizione�tardiva�a�decreto�ingiuntivo,�e��stato�oggetto�di�un�recente�inter-
vento�delle�SS.UU�della�Cassazione;�ove,�infatti,�la�notifica�del�decreto�
ingiuntivo�sia�irregolare,�e�costituisce�ormai�massima�tralatizia�che�tutte�le�
ipotesi�di�invalidita��siano�ricomprese�nell'irregolarita��esulandone�solo�le�ipo-
tesi�di�inesistenza,�l'intimato�potra��essere�ammesso�al�rimedio�dell'opposi-
zione�tardiva.�

Ammissione,�tuttavia,�condizionata�allo�svolgimento�di�una�delibazione�
nella�quale�l'intimato�dovra��provare�che�l'irregolarita��della�notifica�ha�deter-
minato�la�non�tempestiva�conoscenza�del�provvedimento�di�ingiunzione.�

Presupposti�per�l'ammissione�all'opposizione�tardiva,�oggetto�della�deli-
bazione�giudiziale,�sono,�quindi,�l'irregolarita��della�notifica�(condotta),�la�
non�tempestivita��della�conoscenza�(evento)�legati�da�nesso�di�causalita��;su�
tali�elementi�si�articola,�correlativamente,�il�tema�probatorio�che�dovra��essere�
svolto�dall'intimato�medesimo.�

Il�dirimendo�contrasto,�secondo�le�Sezioni�Unite,�consisterebbe�nella�
possibilita��di�ritenere�che�la�notifica�nulla�implichi�conoscenza�non�tempe-
stiva�dello�stesso�decreto,�legittimando�l'opposizione��senza�bisogno�di�altra�
prova��da�parte�dell'ingiunto.�

Prospetta,�del�quesito,�soluzione�positiva�un�primo�orientamento,�posto�
che�il�vizio�della�notifica�per�essere�stato�il�provvedimento�notificato�all'Uffi-
cio�in�luogo�dell'Avvocatura�domiciliataria�ex 
lege,�facendo��presumere�sia�
la�mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollegabilita��dello�stesso�al�vizio�
di�notifica��(Cass.,�10�gennaio�1996,�n.�147),�implicherebbe��la�dimostrazione�
dell'ovvio�collegamento�e�del�nesso�di�causalita��fra�tardiva�conoscenza�del�
decreto�ingiuntivo�e�vizio�della�notificazione��(Cass.,�27�gennaio�1995,�

n.�992).�
Altra�giurisprudenza,�al�contrario,�non�solo�esclude�la�configurabilita��di�
un�nesso�di�necessaria�consequenzialita��tra�vizio�di�notifica�e�conoscenza�
non�tempestiva�ma�sottolinea�la�circostanza�per�cui�non�ogni�conoscenza�tar-
divamente�acquisita�a�seguito�del�vizio�di�notifica�sarebbe�anche�non�tempe-
stiva�(Cass.,�28�dicembre�1995,�n.�13132).�

Tale,�restrittivo,�indirizzo�interpretativo�e��stato�accolto�dalle�Sezioni�
Unite�secondo�le�quali�l'ammissibilita��dell'opposizione�tardiva�e��subordinata�
alla�circostanza�che�l'ingiunto�abbia�avuto�conoscenza�intempestiva�e�non�
semplicemente�tardiva�del�decreto�ingiuntivo,�sicche�incomberebbe�sull'in-
giunto�l'onere�di�provare,�ai�fini�dell'ammissione�al�mezzo,��la�mancata�cono-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

scenza�del�provvedimento�monitorio�come�effetto�di�irregolarita�della�noti-
fica�ma�anche�della�non�tempestivita�della�conoscenza�stessa�ossia�dell'avere�
egli�acquisito�cognizione�del�decreto�solo�quando�non�era�piu�in�grado�di�
proporre�opposizione�tempestiva�.�

Exemplum 
gerendum:�il�creditore,�ottenuto�dal�Tribunale�di�Milano�
decreto�ingiuntivo�nei�confronti�dell'Universita�di�Palermo,�lo�notifichi,�non�
all'Avvocatura�distrettuale�competente�(Milano),�cui�l'atto�andava�notificato�
a�pena�di�nullita�,�ma�direttamente�all'Ente�debitore�(1).�

Notifica�nulla,�e,�visti�i��tempi�tecnici��con�i�quali�circolano�informa-
zioni�ed�atti�nel�network 
delle�Pubbliche�Amministrazioni,�l'Amministrazione�
chiede�di�essere�ammessa�al�rimedio�dell'opposizione�tardiva�allegando�il�
vizio�di�notifica.�

Il�creditore,�ora,�potra�eccepire,�ed�il�giudice�dichiarare,�l'inammissibilita�
della�tardiva�opposizione,�non�avendo�l'intimato�provato�che�il�tempo�rima-
sto�a�disposizione�fosse�insufficiente�per�approntare�adeguata�tutela.�

Il�creditore,�dunque,�ottenuto�senza�contraddittorio�provvedimento�ese-
cutivo,�il�cui�accertamento�ha�attitudine�ad�acquisire�stabilita�di�giudicato�
ove�non�opposto,�potrebbe�pretestuosamente�notificare�il�provvedimento�
all'Amministrazione�in�luogo�della�difesa�erariale,�precostituendosi�un'ecce-
zione�assorbente.�

Eccezione,�per�altro,�presumibilmente�vincente,�attesa�la�gravosita�dell'o-
nere,�in�tal�modo,�incombente�sull'ingiunto.�L'intimato�sarebbe,�infatti,�
tenuto�a�dimostrare,�non�solo�che�l'intimato�non�ha�debitamente�notificato�
il�decreto�monitorio�e�che,�per�l'effetto�egli�non�ha�potuto�disporre�del�ter-
mine�legale�per�difendersi,�ma�anche�l'insufficienza�del�termine�^gia�,di�fatto,�
ridotto�^per�ad�articolare�difese�adeguate:�in�cio�consiste�la�intempestivita�
dell'acquisita�cognizione.�

A�ben�vedere�siamo�alle�soglie�di�una��responsabilita�per�fatto�altrui�,�
posto�che�si�fa�dipendere�la�tutela�giurisdizionale�dei�propri�diritti�soggettivi�
dalla�irregolarita�della�condotta�altrui.�

Il�costume,�tutto�italico,�di�decidere�le�liti�invocando�massime�giurispru-
denziali,�unitamente�alla��vischiosita���di�una�massima�ricavata�da�un�pro-
nunciamento�a�sezioni�unite,�in�quanto�normalmente�maggiormente�stabile�
e�seguita,�non�fanno�che�aggravare�un�quadro�che�desta,�nella�fattispecie,�
preoccupazione�per�le�prevedibili,�ed�in�parte�prospettate,�conseguenze.�Pre-
occupazione�non�attenuata�dalla�circostanza�che�l'effettiva�ratio 
decidendi 
della�sentenza�in�commento�abbia�contenuto�ben�diverso�dalla�massima.�

Si�rende,�quindi,�auspicabile�un�intervento�del�legislatore,�malgrado�tali�
questioni�trovino�da�secoli,�interpretatione 
prudentium,�adeguata�soluzione.�

Posto,�dunque,�il�rilievo�che�il�rapporto�tra�l'art.�650�c.p.c.�e�l'art.�11�

R.D.�n.�1611/1933�occupano�nella�soluzione�della�questione,�pare�opportuno�
esaminarne�brevemente�i�connotati�peculiari,�onde�desumere�l'assetto�disci-
plinatorio�maggiormente�congruo.�
(1)�Caso�tratto�da�Cass.,�10�gennaio�1996�n.�147.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Difesa�erariale�e�domiciliazione�legale�presso�l'Avvocatura�dello�Stato.�

L'art.�11R.D.,comedetto,prescriveche�lenotifichedegliattigiudiziari�
devono�essere�fatte�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato�a�pena�di�
nullita�da�pronunciarsi�anche�d'ufficio�.�

Disposizione�questa,�strumentale�al�corretto�svolgimento�delle�attribu-
zioni�e�delle�potesta�della�Avvocatura�medesima,�la�quale,�ben�diversamente�
da�un�privato�patrocinatore,��dirige�le�Amministrazioni�quando�si�tratti�di�
promuovere,�contestare,�abbandonare�giudizi��(art.�13�testo�unico�Avv.�
Stato);�in�concreto,�quindi,�la�domiciliazione�legale�dell'Ufficio�presso�l'Avvo-
catura�e�funzionale�all'esercizio�di�una�potesta�decisionale�dell'Avvocatura�
stessa�circa�la�definizione�della�complessiva�strategia�processuale.�

In�effetti,�malgrado�la�situazione�giuridica�tutelanda�pertenga�all'Ammini-
strazione,�e�l'organo�tecnico,�deputato�alla�sua�tutela,�che�decide�come�tutelarla,�
e,�quindi,�anche�se�tutelarla�promovendo,�resistendo�o�coltivando�la�lite�(2).�

La�notifica�^doverosa�^dell'atto�all'Avvocatura�pare,�sotto�questo�pro-
filo,�proprio�per�il�suo�carattere�strumentale�all'esercizio�di�una�potesta�istitu-
zionale�dell'Avvocatura,�eterogenea�rispetto�alla�notifica�presso�il�procura-
tore�eletto�dalla�parte�privata;�eterogeneita�asseverata�dalla�nota�preminenza�
della�notifica�a�mani�proprie,�che�rimane�valida�ed�efficace�pur�in�presenza�
dell'elezione�di�domicilio�(arg.�ex�art.�139�e�141�c.p.c.).�

Paradossalmente,�e,�per�usare�una�categoria�di�matrice�giurispruden-
ziale,�la�fattispecie�delineata�dall'art.�11�R.D.�cit.�pare�approssimarsi�mag-
giormente�ad�una�ipotesi�di�notifica�inesistente,�in�quanto�eseguita�presso�
un�soggetto�sostanzialmente�estraneo�alla�vicenda�processuale;�ne�,�d'altra�
parte,�pare�un�caso�che�la�disposizione�citata,�prima�dell'intervento�amputa-
torio�della�Consulta,�prevedesse�l'insanabilita�della�comminata�nullita�della�
notifica�(si�allude�a�Corte�Cost.,�n.�97/1967�che�ha�disposto�per�tale�motivo�
l'incostituzionalita�della�norma�in�parte�qua).�

Se,�infatti,��nel�processo�gli�Avvocati�dello�Stato�sono�difensori�di�parte�
e�nulla�piu���(3)�essi�non�sono,�del�pari,�burocrati�in�toga�(4).�

In�vista�dell'adempimento�di�una�s|�delicata�funzione�ben�si�comprende�
la�comminatoria�espressa�di�nullita�,�prevista�dal�citato�art.�11,�ove�la�notifica�
venga�eseguita�presso�l'Amministrazione.�

(2)�Tale�lo�stato�della�normativa,�malgrado�la�prassi�deponga�decisamente�nel�senso�di�una�
codecisione�in�ordine�alla�definizione�della�strategia�processuale.�
(3)�P.�Calamandrei,�Gli�Avvocati�dello�Stato�e�l'inamovibilita��,�in�Foro�It.,�1943,�III,�33.�
(4)�La�scelta�di�politica�del�diritto,�per�quanto�attiene�alla�difesa�dello�Stato�in�giudizio,�e�,�
infatti,�stata�nel�senso�del�principio�c.d.�di�alterita�per�cui�non�si�conferisce�ius�postulandi�ad�un�
funzionario�della�stessa�Amministrazione�parte�in�giudizio.�Scelta�che�se,�da�un�lato,�si�evidenzia�
meno�funzionale�all'unita�di�indirizzo,�meglio�garantita�dal�rapporto�gerarchico�(in�tal�modo�la�
gestione�del�contenzioso�diverrebbe�manifestazione�e�forma�di�proseguimento�dell'attivita�ammi-
nistrativa),�dall'altro,�la�circostanza�che�l'Amministrazione�non�sia�patrocinata�dalle�stesse�per-
sone�che�hanno�emesso�il�provvedimento�sembra�garantire�una�maggiore�imparzialita�ed�effi-
cienza,�evitando�il�manifestarsi�di�tendenze�all'oltranzismo�difensivo.�Spunti�in�E.�Zecca,�Rap-
presentanza�e�difesa�in�giudizio�della�Pubblica�Amministrazione�,�in�Enciclopedia�del�Diritto,�vol.�
XXXVIII.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

L'art. 
650c.p.c.:opposizionetardivaedopposizionenontempestiva 


Le�sezioni�unite�hanno,�come�detto,�scelto�di�seguire�l'opzione�interpre-
tativa�piu�restrittiva.�

Se,�in�effetti,�l'onere�probatorio�potra�essere�adempiuto�anche�a�mezzo�
di�presunzioni�^sul�punto�concordano�anche�le�Sezioni�Unite�^non�pare�
conforme�al�testo�della�disposizione�ritenere�che,�nel�caso�di�notifica�del�
provvedimento�monitorio�all'Ufficio�in�luogo�della�difesa�erariale,�la�prova�
della�mancata�conoscenza�sia�in 
re 
ipsa.�

La�prova�e�l'accertamento�del�nesso�causale�tra�l'evento�tipico�^cono-
scenza�intempestiva�^e�la�condotta�^notifica�irregolare�^non�puo�ridursi�
alla�mera�descrizione�della�successione�cronologica�degli�eventi,�posto�che�
cio�non�costituisce�prova�della�loro�relazione�causale�(post 
hoc 
propter 
hoc).�

Al�limite�e�possibile�affermare�che�risponde�ad�una�massima�d'espe-
rienza,�pur�idonea�a�fondare�un�giudizio�di�derivazione�causale�ove�corrobo-
rata�da�altri�elementi,�che�l'avvenuta�notifica�del�decreto�monitorio�all'Uffi-
cio�faccia��presumere�sia�la�mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollega-
bilita�della�stessa�al�vizio�di�notifica��(Cass.,�10�gennaio�1996,�n.�147).�

Per�quanto�attiene�al�principio�di�diritto�enucleabile�dalla�sentenza,�le�
sezioni�Unite�non�sembrano�recare�proposizioni�particolarmente�innovative;�
incombe�sull'intimato,�secondo�la�S.C.,�l'onere�di�provare�che�l'irregolarita�
della�notifica�abbia�determinato�la�non�tempestivita�della�conoscenza�del�
decreto�ingiuntivo.�

Fondamento�di�questa�proposizione,�che,�in�realta�,�altro�non�sembra�se�
non�una�delle�possibili�interpretazioni�letterali�della�disposizione�dell'art.�650�
cit.,�posto�che�il�sintagma��tempestiva�conoscenza��costituisce�copula�del�
verbo��prova��(5),�sarebbe�la�differenza�tra�conoscenza�tardiva,�ossia�succes-
siva�al�giorno�da�cui�decorre�il�termine�per�fare�opposizione�al�decreto�
ex 
art.�641�c.p.c.,�e�conoscenza�non�tempestiva,�acquisita�quando��l'intimato�
non�sia�piu�in�grado�di�proporre�opposizione�perche�tale�conoscenza�e�stata�
acquisita�dopo�la�scadenza�del�termine,�ovvero�quando�l'opposizione�non�
poteva�piu�essere�predisposta�in�modo�adeguato�all'approfondimento�e�allo�
sviluppo�delle�proprie�difese��(�pp.�8-9).�

Unicamente�la�conoscenza�non�tempestiva�legittimerebbe�l'opposizione�
tardiva.�

La�differenza�tra�conoscenza�tardiva�e�conoscenza�non�tempestiva,�a�
sommesso�avviso�di�chi�scrive,�oltre�a�non�avere�fondamento�testuale�e�a�
non�svolgere�una�funzione�decisiva�nell'economia�della�decisione,�costi-
tuendo,�in�realta�,�un�gigantesco�obiter 
(32�righe),�pare�carente�anche�sotto�il�
profilo�logico.�

In�effetti:�la�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�acquisita�successivamente�
all'inizio�del�decorso�del�termine�ma�nel 
termine�per�proporre�opposizione�

(5)�La�non�tempestiva�conoscenza,�in�altri�termini,�farebbe�parte�del�tema�probatorio�per-
che�collocato�dopo�il�predicato��prova�:�provare�e�,�in�questo�caso,�predicato�con�funzione�copula-
tiva.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

pare�semplicemente�irrilevante;�ove,�invece,�l'intimato�abbia�conoscenza�del�
provvedimento�monitorio,�per�causa�sostanzialmente�imputabile�al�creditore�
(scilicet;�vizio�della�notifica),�un'interpretazione�dell'art.�650�c.p.c.�che�condu-
cesse�ad�una�declaratoria�di�inammissibilita��del�mezzo�non�parrebbe�brillare�
per�la�sua�sintonia�costituzionale�con�l'art.�24�Cost..�

E�probabilmente�dalla�valorizzazione�del�collegamento�dell'art.�650�con�
l'art.�647�c.p.c.,�negletto�dalla�sentenza�in�commento,�che�passa�l'esatta�com-
prensione�dei�termini�della�questione.�

Il�sindacato�giurisdizionale,�dopo�la�rinnovazione�iussu 
iudicis 
della�cita-
zione�ex 
art.�647�c.p.c.,�ben�si�attaglia�ai�casi�in�cui�l'aspirante�opponente�
abbia�avuto�conoscenza�dell'esistenza�del�decreto�ingiuntivo�nei�pressi�dello�
spirare�del�termine�per�esperire�il�rimedio�a�causa�di�un�vizio�anche�tenue�
della�notifica�(e�qui�sta�il�significato�di�garanzia�del�riferimento�alla�irregola-
rita��in�luogo�dell'invalidita��tout 
court;�per�l'opponente,�perche�il�provvedi-
mento,�emesso�inaudita 
altera 
parte,�deve�essere�portato�a�conoscenza�della�
parte,�appunto�inaudita,�nel�rispetto�rigoroso�di�tutte�le�forme�prescritte�
ponendolo�al�riparo�da�contegni�surrettizi�e�dilatori�del�creditore;�ma�anche�
per�l'opposto,�il�quale�sara��posto�al�riparo�da�eccezioni�pretestuose�dell'inti-
mato�circa�la�regolarita��della�notifica�proprio�per�mezzo�del�sindacato�giuri-
sdizionale�e�dell'incombenza�probatoria).�

Costituisce�insegnamento�secolare,�tramandato�nell'esercizio�della�profes-
sione�forense,�quello�per�cui�e��necessario�distinguere�spesso�(distinguefrequen-
ter! 
e��monito�che�risuona�a�quanto�pare�almeno�dai�tempi�di�Triboniano)�ma�
sempre�nel�rispetto�dei�principi�fondamentali�della�logica�(�zi/omc 
tnl
h~O 
�ntif�-
sews,�o�principio�di�non�contraddizione,�e�di�inutilita��o,�nella�celeberrima�ver-
sione�del�rasoio�di�Ockam,��entia 
multiplicanda 
non 
sunt 
sine 
necessitate�).�

L'esercizio�della�logica�e��cio��che�accomuna,�anche�nell'immaginario�col-
lettivo,�l'avvocato�con�il�diavolo�^d'altra�parte�l'etimo�della�parola�prove-
niente�dal�greco�dia-ba/llC 
altro�non�indica�se�non�l'atto�del�separare;�cio��
che�e��alla�base�del�pensiero�dualistico�o�razionale�in�opposizione�al�modello�
concettuale�solistico�^ma,�in�questo�caso,�sembrerebbe�trattarsi�di�un�eserci-
zio�inutile�(6).�

La�differenza�tra�conoscenza�tardiva�e�non�tempestiva�appare�priva�di�un�
reale�oggetto,�esclusivamente�rilevando,�come�pure�riconoscono�le�sezioni�unite,�
la�possibilita��o�meno�per�l'intimato�di�proporre�tempestiva�opposizione.�

(6)�Rappresentazioni�letterarie�in�cui�il�Diavolo�e��raffigurato�come�vera�ipostasi�della�logica�
possono�trarsi�dalla�Divina�Commedia,�Inferno�XXVII,�nella�quale�viene�mirabilmente�raffigu-
rata�la�disputa�tra�il�Diavolo�e�San�Francesco�circa�l'anima�di�Guido�da�Montefeltro,�autore�in�
vita�di�un�omicidio�su�mandato�papale,�ricevendo,�per�tale�atto�criminoso,�assoluzione�preventiva�
dal�mandante�(per�altro,�in�chiaro�conflitto�d'interessi).�Contesa�che�il�maligno�volge�a�proprio�
vantaggio�grazie�all'uso�della�logica:�non�si�puo��insieme��pentere 
e 
volere��cosicche�il�diavolo�vit-
torioso�puo��affermare:��tu 
non 
pensavi 
ch'io 
loico 
fossi�.�Altro�caso:�Mefistofele,�prese�le�sem-
bianze�di�Faust,�ad�una�giovane�matricola�in�cerca�di�suggerimenti�per�il�suo��piano�degli�studi��
consiglia��anzitutto�di�iscriverti�ad�un�corso�di�logica�.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ne�pare,�in�effetti,�che�in�questa�distinzione�risieda�la�effettiva�ratio 
deci-
dendi,�ossia�che�si�tratti�di�una�distinzione�effettivamente�dirimente.�

La�Suprema�Corte�semplicemente�sottolinea�l'insufficienza�della�mera�
deduzione�del�vizio�della�notifica�ai�fini�di�cui�all'art.�650�c.p.c..�

Nulla�di�piu�,�a�ben�vedere,�di�quanto�non�emerga�dal�testo�della�disposi-
zione�citata;�dunque,�in�sostanza,�ratio 
effettiva�della�statuizione�in�esame�
risiederebbe�nel�fatto�che��nulla�la�parte�opponente�avrebbe�dedotto�nel�giu-
dizio�di�merito�sulla�non�tempestiva�conoscenza�del�decreto��(par.�2.6�II�
cpv.�della�sentenza).�

Se,�per�effetto�della�notifica�irregolare,�la�contrazione�del�termine�a�
disposizione�non�e�stata�significativa�perche�comunque�avvenuta�nel�termine�
per�proporre�opposizione�essa�pare�sostanzialmente�irrilevante,�come�trova�
probabilmente�piu�corretta�sedes 
materiae 
nel�caso�fortuito�o�forza�maggiore�
l'ipotesi�dell'intimato�che�acquisisca�cognizione�del�provvedimento�per�invali-
dita�della�notifica�una�volta�scaduto�il�termine.�

Se,�dunque,�e�possibile�dolersi�tanto�del�complessivo�impianto�argomen-
tativo�della�sentenza,�quanto�della�preterita�valutazione�della�funzione�del-
l`Avvocatura,�tale�pronuncia�non�dovrebbe,�tuttavia,�condurre�ad�una�posi-
zione�deteriore�per�la�difesa�erariale,�ove,�semplicemente,�venga�dedottala�
prova�di�quando�il�provvedimento�con�notifica�irregolare�sia�stato�trasmesso�
dall'Amministrazione�all'Avvocatura,�essendo�il�resto�della�fattispecie�prova-
bile�a�mezzo�di�presunzioni.�

In�altri�termini;�cio�che�e�parso�essere�il�fondamento�della�decisione,�
indicato�nel�par.�2.6,�II�cpv.�funge�come�una�sorta�di�caveat 
per�la�difesa�era-
riale:�venga�almeno�provata�la�data�di�trasmissione�del�decreto�all'Avvoca-
tura,�nulla�di�trascendentale�insomma.�

La�funzione�della�sentenza�emessa�dalle�sezioni�unite�dovrebbe�essere�
quella�di�dirimere�contrasti�giurisprudenziali�indicando�la�soluzione�giuridi-
camente�piu�corretta�in�relazione�al�caso�della�vita�dedotto�e,�dunque,�risol-
vere�un�dubbio�teorico�per�risolvere�una�lite�e,�quindi,�un�dubbio�pratico.�

In�realta�,�da�una�esegesi�pur�sommaria�dei�precedenti,�non�solo�delle�
massime,�richiamati�dalla�motivazione�non�pare�nemmeno�sussistere�un�effet-
tivo�e�sostanziale�casus 
belli;�difetta�il�presupposto�per�un�pronunciamento�a�
sezioni�unite�(le�quali,�comunque,�ove�pur�esistente�non�lo�avrebbero�risolto�
con�questa�sentenza).�

Si�potrebbe�dire,�parafrasando�Voltaire,�che�la�Suprema�Corte�ha�stu-
pendamente�unito�cio�che�nessuno�aveva�pensato�di�dividere,�dimostrando�
verita�che�nessuno�aveva�mai�pensato�di�contestare.�

Nessuno�dei�precedenti�non�accolti�aveva�affermato�che�non�dovesse�
essere�provato�almeno�il�momento�dell'avvenuta�trasmissione�^dell'acquisita�
cognizione,�quindi�^del�decreto�all'Avvocatura�competente�da�parte�dell'Uf-
ficio,�destinatario�della�notifica�irregolare:�

Mentre�proprio�la�sentenza�n.�13132/1995,�all'indirizzo�interpretativo�
espresso�dalla�quale�le�Sezioni�Unite�dichiarano�ex 
professo 
di�aderire,�pare�
aderente�al�caso�di�specie,�posto�che,�anche�in�quel�caso,�la�difesa�erariale�
non�aveva��nemmeno�offerto�di�documentare�quando�la�notizia�[dell'avve-
nuta�notifica�all'Ufficio]�fu�trasmessa��dal�che�si�sarebbe�potuto�inferire�il�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nesso�di�causalita��tra�mancata�tempestiva�conoscenza�e�difettosa�notifica-
zione;�tale�attivita��probatoria�da�un�lato�era�stata�offerta�nel�caso�di�cui�alla�
sentenza�n.�992/1995�mentre�nel�caso�della�sentenza�n.�147/1996�la�fattispecie�
all'esame�della�Corte�prevedeva�la�competenza�dell'Avvocatura�distrettuale�
di�Milano,�mentre�intimata�ed�oblata�della�notificazione�era�l'Universita��di�
Palermo�con�termini�per�fare�opposizione,�all'epoca,�di�venti�giorni.�

Dott.�Stefano�Rosati�

Corte 
Suprema 
di 
Cassazione, 
Sezioni 
Unite 
Civili, 
sentenza 
12 
maggio 
2005, 
n. 
9938 
^Pres.�

V.�Carbone�^Rel.�E.�Lupo�^P.G.�(conf.)�D.�Iannelli�^Universita��di�Palermo�(cont.�
15699/1995,�Avv.�dello�Stato�R.�de�Felice)�c.�Soc.�(...).�
Ove�la�notifica�di�un�decreto�ingiuntivo�sia�nulla�(nella�specie,�perche�effettuata�agli�uf
ffici�

amministratividiuna�Universita�anziche�pressol'AvvocaturadelloStato)�l'ingiunto,�cheintenda�

proporre�opposizione�tardiva,�deve�dimostrare�anche�la�intempestivita�dell'acquisita�cognizione�

del�decretoper�effetto�di�tale�notifica�nulla,�tale�intempestivita�risolvendosi�nella�inadeguatezza�

del�tempo�residuo�per�approntare�le�proprie�difese�entro�i�termini�della�opposizione�ordinaria.�

(c.p.c.�650�^647).�
�(Omissis)�Svolgimento�del�processo.�Il�Presidente�del�Tribunale�di�Velletri,�in�data�
8�maggio�1995,�in�accoglimento�del�ricorso�proposto�dalla�(...)�S.r.l.,�emetteva�decreto�
ingiuntivo�contro�l'Universita��degli�studi�di�Palermo�per�il�pagamento�alla�societa��ricorrente�
della�somma�di�L.�14.089.719,�oltre�gli�interessi�e�le�spese�processuali.�Tale�decreto�era�notifi-
cato�nella�sede�della�detta�Universita��il�30�maggio�1995.�

L'Universita��degli�studi�di�Palermo,�rappresentata�dall'Avvocatura�dello�Stato,�con�atto�
di�citazione�notificato�il�26�giugno�1995,�proponeva�opposizione�tardiva�avverso�il�decreto�
ingiuntivo.�

Il�Tribunale�di�Velletri,�con�sentenza�depositata�il�14�marzo�1998,�dichiarava�inammissi-
bile�detta�opposizione,�compensando�tra�le�parti�le�spese�processuali.�

Proposto�appello�dall'Universita��degli�studi�di�Palermo,�la�Corte�di�appello�di�Roma,�
con�la�sentenza�depositata�il�27�marzo�2000,�ha�confermato�la�pronunzia�di�primo�grado,�
osservando�che�l'opposizione�tardiva,�a�norma�dell'art.�650�c.p.c.,�presuppone�non�soltanto�
la�nullita��della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(nel�caso�di�specie�sussistente),�ma�anche�che,�
per�effetto�di�detta�nullita��,�l'opponente�dimostri�di�non�avere�avuto�tempestiva�conoscenza�
del�decreto�ingiuntivo,�prova�(quest'ultima)�su�cui�nulla�l'appellante�aveva�dedotto;�ha,�poi,�
compensato�tra�le�parti�le�spese�di�lite.�

Avverso�la�sentenza�della�Corte�di�appello�di�Roma�l'Universita��deglistudidiPalermo�
ha�proposto�ricorso�per�cassazione,�deducendo�tre�motivi.�La�parte�intimata�non�ha�svolto�
attivita��difensiva.�La�Sezione�III�di�questa�Corte,�al�quale�il�ricorso�e��stato�assegnato,�ha,�
con�ordinanza�emanata�nell'udienza�del�7�aprile�2004,�rilevato�un�contrasto�interpretativo�
interno�a�questa�Corte�tra�l'orientamento�su�cui�si�e��fondata�la�sentenza�impugnata�e�l'orien-
tamento�richiamato�dalla�parte�ricorrente�a�sostegno�del�secondo�motivo�di�ricorso�ed�ha�
percio��rimesso�gli�atti�al�Primo�Presidente�della�Corte�per�l'eventuale�assegnazione�alle�
Sezioni�unite.�Tale�assegnazione�e��stata�poi�disposta.�La�parte�ricorrente�ha�presentato�
memoria�a�queste�Sezioni�unite.�

Motivi�della�decisione.�1.�^Con�il�primo�motivo�la�parte�ricorrente�deduce��violazione�e�
inesatta�applicazione�di�norma�di�diritto�(art.�644�c.p.c.�in�combinato�disposto�con�l'art.�11�

R.D.�30�ottobre�1933�n.�1611)�,�sostenendo�che�la�notifica�del�ricorso�per�ingiunzioneedel�
decreto�ingiuntivo�effettuata�all'Universita��di�Palermo,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�
(come�prescritto,�a�pena�di�nullita��,�dal�citato�art.�11),�ha�determinato�l'inefficacia�del�decreto�
ingiuntivo�per�la�mancanza�di�una�valida�notifica�entro�il�termine�di�sessanta�giorni�previsto�
dall'art.�644.�
Il�motivo�di�ricorso�e��infondato�perche�l'invocato�art.�644�c.p.c.�non�trova�applicazione�
nella�presente�fattispecie.�
Dall'art.�650�c.p.c.�si�desume�che�l'intimato�e��legittimato�a�fare�opposizione�al�decreto�
ingiuntivo�anche�dopo�scaduto�il�termine�in�esso�fissato�(opposizione�tardiva)��se�prova�di�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per�irregolarita�della�notificazione�.�La�giurispru-
denza�di�questa�Corte�e�pacifica�nel�ritenere�che�nell'espressione��irregolarita�della�notifica-
zione��vadano�incluse�tutte�le�ipotesi�di�nullita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo,�mentre�
ne�resta�fuori�solo�l'ipotesi�di�inesistenza�della�stessa�notifica.�E�sufficiente,�in�tal�senso,�
richiamare�la�sentenza�delle�Sezioni�unite�di�questa�Corte�8�ottobre�1974,�n.�2656,�la�quale�
ha�affermato�che�nella�previsione�dell'art.�650�c.p.c.�rientrano�tutti�i�viziche�inficianola�
notificazione�e�quindi�anche�la�sua�nullita�,�da�qualsiasi�causa�determinata.�

Pertanto,�salva�l'ipotesi�di�mancanza�o�di�inesistenza�giuridica�della�notificazione,�la�
sola�opposizione�consentita�per�contrastare�la�legittimita�e�la�validita�del�decreto�stesso�o�
la�fondatezza�della�pretesa�oggetto�dell'ingiunzione,�e�quella�tardiva�regolata�dal�citato�
art.�650,�assoggettata�alle�condizioni�di�ammissibilita�da�questo�articolo�indicate.�

Successivamente�la�giurisprudenza�di�questa�Corte�e�sempre�rimasta�ferma�nell'inten-
dere�il�concetto�di�irregolarita�della�notificazione,�previsto�dall'art.�650�c.p.c.,�come�com-
prensivo�della�nullita�,�e�nell'espungerne�soltanto�i�casi�di�inesistenza:�per�limitarsi�alle�piu�
recenti�pronunzie�v.,�ex 
plurimis,�Sez.�III,�1�giugno�2004�n.�10495,�Sez.�I,�26�luglio�2001�

n.�10183,�Sez.�III,�1�settembre�2000�n.�11498,�ove�si�rileva�che�la�notificazione�del�decreto�
ingiuntivo�comunque�effettuata,�anche�se�nulla,�e�pur�sempre�indice�della�volonta�del�credi-
tore�di�avvalersi�del�decreto�stesso,�ed�esclude,�conseguentemente,�ogni�presunzione�di�
abbandono�del�titolo,�cio�che�costituisce�il�fondamento�della�previsione�di�inefficacia�di�cui�
all'art.�644�c.p.c.�
Nella�memoria�della�parte�ricorrente�tale�pacifico�orientamento�interpretativo�viene�criti-
cato�perche�si�sostiene�che�la�nullita�della�notificazione�nonpossa�rientrare�nella�previsione�del-
l'art.�650�di��irregolarita���della�stessa�notifica.�Va�in�senso�contrario�osservato�che,�come�si�e�
detto,�la�notifica�affetta�da�nullita�non�puo�essere�parificata�alla��mancata�notificazione�del�
decreto��prevista�dall'art.�644�c.p.c.�e�che,�nel�sistema�delineato�dal�detto�codice,�la�nullita�della�
notifica�del�decreto�non�puo�dare�ingresso�a�rimedio�diverso�dalla�opposizione�tardiva�discipli-
nata�dall'art.�650�c.p.c.�(v.�infra,���2.5).�

D'altro�canto�l'interpretazione�ampia�che�questa�Corte�ha�dato�alla�nozione�di��irrego-
larita�della�notificazione��(art.�650�c.p.c.)�e�uguale�a�quella�espressa�in�relazione�alla�uguale�
formulazione�dell'art.�668,�primo�comma,�c.p.c.,�che�prevede�l'opposizione�dopo�la�convalida�
dell'intimazione�di�licenza�o�di�sfratto�(Cass.�3�febbraio�1995,�n.�1327).�

Consegue�che�la�disposizione�dell'art.�644,�invocata�con�il�motivo�di�ricorso�in�esame,�
non�trova�applicazione�nel�caso�in�cui�si�sia�avuta�una�notificazione�nulla�del�decreto�ingiun-
tivo.�E�la�violazione�dell'art.�11�del�R.D.�30�ottobre�1933,�per�essere�stata�la�notifica�del�
decreto�ingiuntivo�effettuata�all'Amministrazione,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato,�com-
porta�la�nullita�,�e�non�l'inesistenza�della�stessa�notifica,�come�e�espressamente�sancito�dal�
terzo�comma�dell'art.�11�citato.�

2.�^Con�il�secondo�motivo�la�parte�ricorrente�deduce��violazione�o�inesattaapplica-
zione�di�norma�di�diritto�(art.�650�c.p.c.�in�combinato�disposto�con�l'art.�11�del�R.D.�30�otto-
bre�1933,�n.�1611)�,�sostenendo�che�l'opposizione�tardiva�da�essa�proposta�doveva�essere�rite-
nuta�ammissibile�perche��la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiun-
tivo,�in�conseguenza�del�vizio�della�sua�notificazione,�e�implicita�nel�caso�in�cui�il�decreto�
sia�stato�notificato�direttamente�all'Amministrazione�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�
domiciliataria�ex 
art.�11�del�R.D.�n.�1611/1933�,�come�e�stato�gia�affermato�da�questa�Corte�
di�legittimita�con�le�sentenze�della�Sez.�II,�27�gennaio�1995,�n.�992�e�della�Sez.�I,�10�gennaio�
1996,�n.�147,�con�orientamento�disatteso�dalla�sentenza�impugnata.�
2.1.�^Il�motivo�di�ricorso�pone�la�questione�su�cui�sussiste�il�contrasto�interpretativo�
interno�a�questa�Corte�per�la�cui�soluzione�la�decisione�del�ricorso�e�stata�rimessa�a�queste�
Sezioni�unite.�
2.2.�^Va�premesso�che,�secondo�l'art.�650�c.p.c.�(nella�parte�che�qui�interessa),��l'inti-
mato�puo�fare�opposizione�anche�dopo�scaduto�il�termine�fissato�nel�decreto�(scil.:�ingiun-
tivo),�se�prova�di�non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per�irregolarita�della�notifica-
zione��(e�quindi�anche,�come�si�e�detto,�per�nullita�della�notifica).�Il�contrasto�interpretativo�
rimesso�a�queste�Sezioni�unite�concerne�il�caso�in�cui�la�parte�intimata�con�il�decreto�ingiun-
tivo�sia�un'Amministrazione�statale�o�comunque�un'Amministrazione�tenuta�a�stare�in�giudi-
zio�con�il�necessario�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�nel�cui�ufficio�pertanto�debba�
essere�notificato�il�decreto�ingiuntivo,�a�pena�di�nullita�della�stessa�notifica�(art.�11�del�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

R.D.�30�ottobre�1933,�n.�1611).�Qualora�la�notifica�del�decreto�avvenga�invalidamente�presso�
l'Amministrazione,�e�non�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�domiciliataria�ex 
lege,si�e�posto�
il�problema�se�tale�notifica�nulla�implichi�di�per�se�una�conoscenza�non�tempestiva�dello�
stesso�decreto�e�quindi�legittimi�l'opposizione�tardiva�prevista�dall'art.�650�c.p.c.,�senza�biso-
gno�di�altra�prova�da�parte�dell'opponente.�
Risposta�positiva�al�quesito�e�stata�data�dalla�Sez.�II,�27�gennaio�1995,�n.�992,�secondo�
cui�la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,�come�conseguenza�
del�vizio�della�notificazione,�e�implicita�nell'ipotesi�in�cui�il�decreto�ingiuntivo�sia�stato�noti-
ficato�direttamente�all'Amministrazione,�anziche�presso�la�competente�Avvocatura�dello�
Stato,�domiciliataria�ex 
lege,��in�quanto�tale�fatto�implica�la�dimostrazione�dell'ovvio�colle-
gamento�e�del�nesso�di�causalita�fra�tardiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�e�vizio�della�
notificazione�.�

Siffatto�orientamento�interpretativo�e�stato�richiamato�e�ribadito�dalla�Sez.�I,�10�gen-
naio�1996�n.�147,�secondo�cui�l'irregolarita�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�consistente�
nella�sua�esecuzione�direttamente�all'Amministrazione�od�agli�Enti�ad�essa�a�tal�fine�equipa-
rati,�anziche�agli�stessi�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato,��fa�presumere�siala�
mancata�conoscenza�del�decreto�che�la�ricollegabilita�della�stessa�al�vizio�di�notifica��(con�
questa�sentenza�la�Cassazione�ha�accolto�il�ricorso�della�stessa�odierna�ricorrente,�l'Univer-
sita�degli�studi�di�Palermo,�avverso�una�pronunzia�di�inammissibilita�di�opposizione�tardiva�
a�decreto�ingiuntivo�in�cui�l'opponente�si�era�limitato�a�dedurre�la�nullita�della�notifica�del�
decreto�effettuata�presso�la�stessa�Universita�,anziche�presso�l'Avvocatura�dello�Stato).�

In�senso�opposto�ha,�invece,�deciso�la�Sez.�I�con�la�sentenza�28�dicembre�1995,�n.�13132,�
che�ha�confermato�la�pronunzia�di�inammissibilita�di�un'opposizione�tardiva�a�decreto�
ingiuntivo,�respingendo�il�ricorso�dell'Amministrazione�statale�con�cui�si�sosteneva�che�la�
prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�come�conseguenza�del�vizio�della�
sua�notificazione�era�implicita�nell'ipotesi�in�cui�il�decreto�sia�stato�notificato�all'Ammini-
strazione,�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato.�Secondo�Cass.�n.�13132/1995�(che�peraltro�
non�fa�menzione�delle�due�sentenze�in�precedenza�qui�citate),�l'art.�650�c.p.c.�ricollega�l'am-
missibilita�dell'opposizione�tardiva�non�gia�al�mero��ritardo��della�conoscenza�del�decreto�
ingiuntivo,�sebbene�alla�circostanza�che�l'ingiunto�non�abbia�avuto��tempestiva�conoscenza��
dellostesso.Diconseguenza,ai�fini�dell'ammissibilita�della�opposizione�tardiva�l'ingiunto�
deve�fornire�la�prova�non�solo�della�mancata�conoscenza�del�provvedimento�monitorio�come�
effetto�di�una�irregolarita�della�sua�notifica,�ma�anche�della��non�tempestivita���della�cono-
scenza�stessa,�ossia�dell'avere�egli�acquisito�cognizione�del�decreto�solo�quando�non�era�piu�
in�grado�di�proporre�un'opposizione�tempestiva.�

Sulla�questione�va�considerata�anche�la�sentenza�della�Sez.�III,�14�maggio�1990,�n.�4143,�
la�quale�ha�cassato�una�pronunzia�di�accoglimento�di�opposizione�tardiva�proposta�da�
Amministrazione�statale�avverso�decreto�ingiuntivo�notificato�all'Amministrazione�(anziche�
all'Avvocatura�dello�Stato),�affermando�che�l'invalidita�della�notifica�del�decreto�rende�
ammissibile�l'opposizione�tardiva�soltanto�se�l'opponente�fornisce�la�prova�del�nesso�di�cau-
salita�tra�la�detta�nullita�e�la�mancata�conoscenza�del�decreto,�e�rilevando�che�tale�punto�
non�era�stato�esaminato�dalla�pronunzia�di�merito.�

Tutti�i�precedenti�qui�esposti�sono�stati�tenuti�presenti�dalla�sentenza�impugnata,�che�ha�
ritenuto�di�seguire�l'orientamento�espresso�da�Cass.�n.�13132/1995,�mentre�il�ricorso�per�cas-
sazione�e�stato�fondato�sull'opposto�orientamento�affermato�da�Cass.�n.�992/1995�e�n.�
147/1996.�

2.3.�^Queste�Sezioni�unite�condividono�l'orientamento�espresso�da�Cass.�n.�13132/1995�
e�seguito�dalla�sentenza�impugnata.�
L'art.�650�c.p.c.,�nella�parte�che�qui�rileva,�pone�come�presupposti�per�l'opposizione�tar-
diva�a�decreto�ingiuntivo�non�solo�l'irregolarita�della�notificazione,�ma�altres|�che�tale�irre-
golarita�abbia�causato�all'intimato�una�conoscenza��non�tempestiva��del�decreto�ingiuntivo.�

La�conoscenza�non�tempestiva�non�si�identifica�con�quella�semplicemente�tardiva,�e�cioe�
con�la�conoscenza�che�sia�successiva�al�giorno�da�cui�decorre�il�termine�per�l'opposizione�fis-
sato�dall'art.�641�c.p.c.�

La�tempestivita�della�conoscenza�va�correlata�non�al�dies 
a 
quo 
della�decorrenza�di�detto�
termine,�ma�al�dies 
ad 
quem 
dello�stesso,�e�cioe�al�termine�previsto�per�la�proposizione�della�
opposizione.�Con�riferimento�ai�soggetti�diversi�dall'Amministrazione�statale�(o�a�quest'ul-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

tima�equiparati�in�ordine�alla�domiciliazione�presso�l'Avvocatura�dello�Stato),�questa�Corte�
ha�gia�affermato�che�la�cognizione�del�decreto�ingiuntivo�nel�giorno�immediatamente�succes-
sivo�alla�notificazione�non�impedisce�all'ingiunto�di�predisporre�le�proprie�difese�nel�termine�
di�venti�giorni�previsto�dall'art.�641�c.p.c.�e�non�e�idonea�a�legittimare�l'opposizione�tardiva�
di�cui�all'art.�650�c.p.c.,�in�quanto�l'impedimento�della�tempestiva�conoscenza�che�giustifica�
questa�opposizione�deve�essere�tale�da�non�consentire�all'ingiunto,�in�relazione�alle�condi-
zioni�soggettive�ed�oggettive,�particolarmente�di�tempo�e�di�luogo,�di�predisporre�le�necessa-
rie�difese�e�proporre�la�conseguente�opposizione,�secondo�la�valutazione�del�giudice�del�
merito�(Cass.�28�aprile�1981�n.�2563).�Non�vi�e�alcuna�ragione�per�dare�al�requisito�della�
non�tempestiva�conoscenza�(previsto�dall'art.�650�c.p.c.�per�l'ammissibilita�della�opposizione�
tardiva)�un�significato�diverso�quando�l'intimato�sia�un�soggetto�che�abbia�il�domicilio�legale�
presso�l'Avvocatura�dello�Stato.�

In�altri�termini,�cio�che�rileva,�ai�fini�della�applicazione�dell'art.�650�c.p.c.,�e�la�possibi-
lita�o�meno�per�l'intimato�di�proporre�una�tempestiva�opposizione,�e�non�invece�la�semplice�
riduzione�del�termine�previsto�per�l'opposizione,�che�si�sia�avuta�a�seguito�della�irregolarita�
della�notifica�del�decreto�ingiuntivo.�In�concreto,�e�non�tempestiva�la�conoscenza�del�decreto�
ingiuntivo�che�avvenga�quando�l'intimato�(e,�quindi,�nel�caso�di�specie,�l'Avvocatura�dello�
Stato)�non�sia�in�grado�di�proporre�l'opposizione�entro�il�termine�previsto�dall'art.�641�per-
che�tale�conoscenza�e�stata�acquisita�dopo�la�scadenza�di�detto�termine�ovvero�quando�l'op-
posizione�non�poteva�piu�essere�predisposta�in�modo�adeguato�all'approfondimento�ed�allo�
sviluppo�delle�proprie�difese.�

Nella�memoria�di�parte�ricorrente�si�sostiene�che�l'interpretazione�qui�data�all'art.�650�
c.p.c.,�da�un�lato,�attribuisce�effetti�ad�una�notifica�nulla�(in�deroga�al�principio�secondo�
cui��un�atto�nullo�non�produce�effetti�)�e,�dall'altro,�rende�difficile�l'esercizio�del�diritto�di�
difesa�dell'intimato�per�una�nullita�imputabile�alla�controparte.�

Siffatte�considerazioni�non�sono�idonee�ad�inficiare�l'orientamento�interpretativo�qui�
recepito.�

Altre�disposizioni�processuali�attribuiscono�effetti�ad�una�fattispecie�complessa�costi-
tuita�sia�dalla�nullita�dell'atto�processuale�compiuto�da�una�parte�sia�dalla�mancata�cono-
scenza�del�processo�che�tale�nullita�abbia�procurato�alla�controparte�(art.�294,�primo�
comma,�c.p.c.,�concernente�la�rimessione�in�termini�del�contumace;�art.�327,�secondo�
comma,�sulla�non�applicabilita�del�termine�annuale�di�impugnazione�delle�sentenze).�Anche�
in�queste�due�ipotesi�la�notifica�(o�la�citazione)�nulla�produce�effetti�per�la�controparte�nei�
casi�in�cui�quest'ultima,�non�ostante�il�verificarsi�del�grave�vizio,�abbia�avuto�conoscenza�
del�processo.�Cio�che�rileva,�ai�fini�della�esperibilita�dei�rimedi�giuridici�di�volta�in�volta�pre-
visti�(l'opposizione�tardiva�al�decreto�ingiuntivo�analogamente�alla�rimessione�in�termini�
del�contumace�ed�alla�proponibilita�dell'impugnazione�ordinaria�oltre�il�termine�previsto�
dall'art.�327�c.p.c.),�e�sempre�la�prova�^da�parte�di�colui�in�danno�del�quale�si�e�verificata�
la�nullita�,�pure�se�imputabile�alla�controparte�^che�egli,�a�causa�di�detta�nullita�^non�ha�
avuto�conoscenza�del�processo�(o,�nel�caso�dell'art.�650,�del�decreto�ingiuntivo).�

Per�quanto�attiene�al�diritto�di�difesa,�esso�viene�adeguatamente�tutelato�da�una�inter-
pretazione�ragionevole�della�conoscenza��tempestiva��che�impedisca�l'applicazione�del-
l'art.�650.�Tale�conoscenza,�come�si�e�detto,�e�soltanto�quella�che,�pur�non�coincidendo�
appieno�con�l'inizio�del�decorso�del�termine�previsto�dall'art.�641�per�l'opposizione,�consenta�
pero�all'intimato�di�predisporre�in�modo�adeguato�le�proprie�difese�e�di�proporre�tempestiva�
opposizione.�In�assenza�di�siffatta�piena�possibilita�,�la�conoscenza�tardiva�che�l'intimato�
abbia�avuto�del�decreto�ingiuntivo�(a�causa�della�irregolarita�della�sua�notifica)�deve�essere�
qualificata�non�tempestiva,�e�quindi�idonea�a�rendere�ammissibile�l'opposizione�tardiva.�Va,�
peraltro,�osservato�che�l'esigenza�difensiva�sottolineata�dalla�parte�ricorrente,�se�era�partico-
larmente�rilevante�quando�per�l'opposizione�era�previsto�il�breve�termine�di�venti�giorni�
(secondo�il�testo�originario�dell'art.�641�c.p.c.,�applicabile�nel�presente�giudizio),�si�e�oggi�
sensibilmente�attenuata�a�seguito�dell'ampliamento�di�detto�termine�a�quaranta�giorni�(per�
effetto�dell'art.�8�del�decreto-legge�21�ottobre�1995,�n.�432,�convertito�dalla�legge�20�dicem-
bre�1995,�n.�534).�

2.4.�^Va�qui�ribadita�l'affermazione,�sovente�fatta�da�questa�Corte�(v.,�tra�le�altre,�le�
sentenze�15�luglio�2003,�n.�11066;�3�febbraio�1999,�n.�880;�30�dicembre�1994,�n.�11313),�
secondo�cui�la�prova�della�non�tempestiva�conoscenza�puo�essere�fornita�anche�a�mezzo�di�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


presunzioni. 
Ma 
tale 
prova 
presuntiva 
non 
puo� 
esaurirsi 
nella 
nullita� 
della 
notifica 
(sia 
pure 
di 
un 
particolare 
tipo), 
come 
finisce 
con 
l'affermare 
l'orientamento 
interpretativo 
seguito 
da 
questa 
Corte 
nelle 
sentenze 
qui 
criticate, 
perche� 
in 
tal 
modo 
si 
mutila 
il 
disposto 
dell'art. 
650 


c.p.c. 
Ne� 
puo� 
dirsi 
che 
si 
chieda 
all'intimato 
che 
proponga 
una 
opposizione 
tardiva 
la 
prova 
di 
un 
fatto 
negativo. 
In 
linea 
generale 
puo� 
osservarsi 
che 
la 
dimostrazione 
della 
non 
tempesti-
vita� 
della 
conoscenza 
del 
decreto 
ingiuntivo 
notificato 
in 
modo 
irregolare 
implica 
normal-
mente 
la 
prova 
del 
fatto 
positivo 
di 
come 
tale 
conoscenza 
si 
sia 
avuta 
e 
di 
quando 
cio� 
sia 
avvenuto. 
Questa 
osservazione 
vale 
particolarmente 
per 
la 
fattispecie 
qui 
giudicata 
(decreto 
ingiuntivo 
invalidamente 
notificato 
presso 
l'ufficio 
amministrativo, 
anziche� 
presso 
l'Avvoca-
tura 
dello 
Stato 
domiciliataria 
ex 
lege), 
dato 
che, 
in 
siffatta 
ipotesi, 
puo� 
facilmente 
provarsi 
la 
data 
in 
cui 
il 
decreto 
stesso 
e� 
stato 
trasmesso 
dall'ufficio 
e 
poi 
ricevuto 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato. 
Onde 
sara� 
facile, 
per 
l'opponente 
e 
per 
il 
giudice 
del 
merito, 
valutare 
la 
tempesti-
vita� 
o 
meno 
della 
conoscenza 
del 
decreto 
in 
relazione 
alla 
scadenza 
del 
termine 
posto 
dal-
l'art. 
641 
per 
la 
proposizione 
dell'opposizione. 


2.5. 
^Non 
puo� 
farsi 
a 
meno, 
infine, 
di 
prendere 
in 
esame 
la 
tesi 
giuridica 
che 
la 
parte 
ricorrente 
ha 
esposto 
nella 
memoria. 
In 
tale 
atto 
la 
parte 
ricorrente 
ha 
sostenuto 
che, 
nell'i-
potesi 
di 
nullita� 
della 
notifica 
del 
decreto 
ingiuntivo, 
rimedio 
esperibile 
e� 
l'opposizione 
ex 
art. 
645 
c.p.c., 
il 
cui 
termine 
di 
proposizione 
inizierebbe 
a 
decorrere 
dalla 
�effettiva 
cono-
scenza 
del 
decreto�; 
spetterebbe, 
poi, 
all'opposto 
provare 
che 
l'opposizione 
e� 
stata 
proposta 
oltre 
il 
termine 
decorrente 
da 
tale 
effettiva 
conoscenza, 
essendo 
egli 
�attore 
in 
senso 
sostan-
ziale�. 
La 
tesi 
giuridica 
esposta 
nella 
memoria 
invoca 
un 
rimedio 
che 
e� 
diverso 
sia 
da 
quello 
ritenuto 
applicabile 
nel 
primo 
motivo 
di 
ricorso 
(l'inefficacia 
del 
decreto 
ingiuntivo 
ex 
art. 
644), 
sia 
da 
quello 
sostenuto 
con 
il 
secondo 
motivo 
di 
ricorso 
(l'opposizione 
tardiva 
ex 
art. 
650). 


La 
prospettazione 
giuridica 
contenuta 
nella 
memoria, 
pur 
non 
coincidendo 
con 
quella 
su 
cui 
si 
e� 
fondato 
il 
ricorso 
per 
cassazione, 
e� 
ammissibile 
perche� 
e� 
diretta 
pur 
sempre 
a 
sostenere 
che, 
come 
dedotto 
con 
i 
primi 
due 
motivi 
del 
ricorso, 
l'opposizione 
a 
decreto 
ingiuntivo 
non 
e� 
stata 
proposta 
tardivamente. 
Essa, 
pero� 
, 
non 
puo� 
essere 
condivisa. 


La 
mancata 
conoscenza, 
da 
parte 
dell'intimato, 
del 
decreto 
ingiuntivo 
a 
lui 
notificato 
in 
modo 
irregolare 
e� 
situazione 
specificamente 
prevista 
dall'art. 
650 
c.p.c. 
L'inapplicabilita� 
alla 
presente 
fattispecie 
di 
quest'ultima 
disposizione 
normativa 
sostenuta 
dalla 
parte 
ricorrente 
nella 
memoria 
implica 
una 
differenziazione 
tra 
irregolarita� 
e 
nullita� 
della 
notifica, 
nel 
senso 
che 
la 
nullita� 
non 
vada 
inclusa 
nella 
previsione 
della 
irregolarita� 
. 
Ma 
tale 
opinione, 
oltre 
a 
porsi 
contro 
il 
costante 
orientamento 
di 
questa 
Corte 
(v. 
retro, 
� 
1) 
condiviso 
dalla 
quasi 
unanime 
dottrina, 
avrebbe 
l'effetto 
di 
ridurre 
l'ambito 
della 
irregolarita� 
della 
notifica 
ad 
ipo-
tesi 
molto 
limitate 
nelle 
quali 
e� 
difficile 
che 
si 
produca 
una 
mancata 
conoscenza 
del 
decreto 
ingiuntivo, 
rendendo 
pertanto 
la 
previsione 
dell'art. 
650 
(nella 
parte 
qui 
considerata) 
del 
tutto 
marginale. 
Una 
volta 
che 
la 
nullita� 
della 
notificazione 
venga 
compresa 
nell'ambito 
delle 
�irregolarita� 
�, 
la 
fattispecie 
qui 
giudicata 
rientra 
pienamente 
nell'ambito 
disciplinato 
dall'art. 
650, 
onde 
l'art. 
645 
c.p.c. 
non 
puo� 
trovare 
applicazione. 


Ma, 
anche 
se 
si 
volesse 
sostenere 
l'applicabilita� 
dell'art. 
645 
c.p.c. 
nell'ipotesi 
di 
nullita� 
della 
notifica 
del 
decreto, 
non 
potrebbe 
comunque 
porsi 
a 
carico 
dell'opposto 
l'onere 
di 
pro-
vare 
il 
giorno 
in 
cui 
l'intimato 
ha 
avuto 
conoscenza 
effettiva 
del 
decreto 
stesso, 
sia 
perche� 
, 
in 
linea 
di 
principio, 
la 
tempestivita� 
dell'opposizione 
^qualunque 
sia 
la 
natura 
giuridica 
che 
si 
attribuisca 
a 
tale 
rimedio 
giuridico 
^deve 
essere 
provata 
da 
colui 
che 
la 
propone, 
sia 
perche�
sotto 
l'aspetto 
pratico, 
l'opposto 
non 
e� 
in 
grado 
di 
conoscere 
quando 
l'opponente 
abbia 
avuto 
conoscenza 
effettiva 
del 
decreto, 
onde 
la 
tesi 
sostenuta 
nella 
memoria 
della 
parte 
ricorrente 
comporterebbe, 
nella 
realta� 
, 
la 
proponibilita� 
della 
opposizione 
a 
decreto 
ingiuntivo 
senza 
l'imposizione 
di 
alcun 
termine 
finale. 


2.6. 
^Va, 
pertanto, 
ribadito 
che, 
anche 
nell'ipotesi 
di 
nullita� 
della 
notifica 
del 
decreto 
ingiuntivo, 
trova 
applicazione 
il 
disposto 
dell'art. 
650 
c.p.c., 
onde 
l'ammissibilita� 
della 
oppo-
sizione 
al 
decreto 
e� 
subordinata 
alla 
prova, 
a 
carico 
dell'opponente, 
dei 
presupposti 
ivi 
previ-
sti, 
e 
quindi 
del 
fatto 
che, 
a 
causa 
della 
nullita� 
della 
notifica, 
l'opponente 
non 
ha 
avuto 
tem-
pestiva 
conoscenza 
del 
decreto 
stesso. 

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Nel�caso�di�specie,�secondo�la�sentenza�impugnata�non�censurata�sul�punto,�nulla�la�
parte�opponente�ha�dedotto�sulla�non�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,�onde�
correttamente�l'opposizione�e�stata�ritenuta�inammissibile�da�ambedue�le�sentenze�di�merito.�

3.�^Poiche�va�confermata�l'inammissibilita�della�opposizione,�manca�l'interesse�del�
ricorrente�all'esame�del�terzo�motivo,�con�cui�si�e�dedotta�la�violazione�delle�norme�sulla�
competenza�in�ordine�all'emanazione�del�decreto�ingiuntivo.�
4.�^In�conclusione,�il�ricorso,�essendo�infondato�nei�primi�due�motivi�ed�inammissibile�
nel�terzo�motivo,�va�rigettato.�
Poiche�la�parte�intimata�non�ha�svolto�attivita�difensiva,�manca�il�presupposto�per�la�
pronunzia�sulle�spese�del�giudizio�di�cassazione.�

P. 
Q.M. 
La�Corte�rigetta�il�ricorso.�Nulla�per�le�spese�del�giudizio�di�cassazione.�
Cos|�deciso�aRomail3�marzo�2005�.�
Si�riportano�il�ricorso�e�la�memoria�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
^Corte 
di 
Cassazione 
^Ricorso. 


�(Omissis)�Fatto. 
1.�^Con�decreto�ingiuntivo�n.�1738/1995�emesso�dal�Presidente�del�
Tribunaledi�Velletriindata8�maggio�1995,suistanza�della(...)�s.r.l.,�veniva�ingiunto�all'U-
niversita�degli�Studi�di�Palermo�il�pagamento�alla�suddetta�societa�della�somma�di�L.�

14.089.719�oltre�agli�interessi�legali�e�alle�spese�del�rito�monitorio.�
Il�predetto�decreto�veniva�notificato,�a�mezzo�del�servizio�postale,�il�30�maggio�1995,�
direttamente 
nella�sede�dell'Universita�,anziche�presso�la�sede�dell'Avvocatura�dello�Stato�
competente�ex 
art.�11�del�r.d.�n.�1611/1993.�

2.�^L'Universita�degli�studi�di�Palermo,�con�atto�di�citazione�notificato�il�26�giugno�
1995,�proponeva�opposizione�avverso�il�suddetto�decreto�ingiuntivo�eccependo:�
a) 
la�nullita�della�notificazione�di�quest'ultimo�ex 
art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933;�nul-
lita�che,�inoltre,�rendeva�ammissibile�ex 
art.�650�c.p.c.�l'opposizione�tardiva�proposta;�
b) 
l'incompetenza�territoriale�del�giudice�adito�per�violazione�dell'art.�25�c.p.c.�(foro�
erariale);�

c) 
la�prescrizione�del�credito�della�societa�ingiungente;�

d) 
l'avvenuto�pagamento�del�credito�vantato�dalla�societa�e,�quantomeno,�la�non�cor-

rettezza�della�quantificazione�dello�stesso.�

3.�^Lasocieta�si�costituiva�eccependo�l'inammissibilita�dell'opposizione�proposta�dal-
l'Universita�,�perche�tardiva,�nonche�l'infondatezza�dei�motivi�a�sostegno�dell'opposizione�
stessa.�
4.�^Il�Tribunale�di�Velletri,�dopoche�era�stata�concessa,�ex 
art.�648�c.p.c.�la�provvisoria�
esecutivita�del�decreto�ingiuntivo�opposto,�con�sentenza�n.�287/1998,�dichiarava�inammissi-
bile�l'opposizione�proposta�dall'Universita�affermando�che�la�non�contestata�nullita�della�
notificazione�del�decreto�ingiuntivo�per�violazione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933,�non�ren-
derebbe�per�se�stessa,�ammissibile�l'opposizione�tardiva�in�mancanza�di�prova�circa�il�nesso�
di�causalita�fra�la�suddetta�nullita�e�l'imponibile�della�proposizione�di�opposizione�nei�ter-
mini�per�la�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo.�
5.�^Avverso�tale�sentenza,�proponeva�appello�l'Universita�con�atto�di�citazione�notifi-
cato�il�9�settembre�1998�fondato�sui�seguenti�motivi:�
a) 
Violazione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933�in�combinato�disposto�con�l'art.�50�
c.p.c.:�la�nullita�della�notificazione�del�decreto�ingiuntivo,�in�quanto�effettuata�direttamente�
presso�l'Amministrazione,�anziche�presso�l'Avvocatura�dello�Stato�competente,�imporra�
l'ammissibilita�dell'opposizione�tardiva�in�quanto�nella�suddetta�nullita�e�implicita�l'imponi-
bilita�di�una�difesa�tempestiva;�

b) 
Violazionedell'art.�25c.p.c.:incompetenzaterritorialedelgiudiceadito;�
c) 
Violazione�dell'art.�644�c.p.c.,�in�quanto�la�mancata�notifica�del�decreto�ingiuntivo�
nei�quaranta�giorni�dalla�sua�emissione�rende�quest'ultimo�inefficace.�

6.�^Lasocieta�si�costituiva�nel�giudizio�di�appello�ribadendo�l'inammissibilita�della�
opposizione�al�decreto�ingiuntivo�proposta�dall'Universita�e�l'infondatezza�della�stessa�nel�
merito.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

7.�^La�Corte�d'Appello�di�Roma,�con�la�sentenza�n.�1029/2000,�rigettava�l'appello�pro-
posto�dall'universita�,�ribadendo�l'inammissibilita�dell'opposizione�proposta�da�quest'ultima,�
in�quanto�la�stessa�avrebbe�mancato�di�assolvere�all'onere�della�prova,�asseritamente�su�di�
essa�incombente,�in�ordine�al�nesso�di�causalita�fra�la�nullita�della�notificazione�per�viola-
zione�dell'art.�11�del�r.d.�n.�1611/1933�e�l'impossibilita�di�effettuare�l'opposizione�nei�termini.�
Diritto.�1.�^Violazioneeinesattaapplicazionedinormadidiritto(art.�644c.p.c.�incombi-

natodispostoconl'art.�11delR.D.30ottobre1933,n.�1611).�

L'art.�11�del�R.D.�n.�1611/1993�al�comma�1�stabilisce�che:��tutte�le�citazioni,�i�ricorsi�e�
qualsiasi�atto�di�opposizione�giudiziale,�nonche��le�opposizioni�ad�ingiunzione...�devono�
essere�notificati�alle�Amministrazioni�dello�Stato�presso�l'Ufficio�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�nel�cui�distretto�ha�sede�l'autorita�giudiziaria�innanzi�alla�quale�e�portata�la�causa��e�
al�comma�3:��Le�notificazioni�di�cui�ai�commi�precedenti�devono�essere�fatte�presso�la�com-
petente�Avvocatura�dello�Stato�a�pena�di�nullita�da�pronunciarsi�anche�d'ufficio�.�

Emerge,�quindi,�come�dato�incontestabile,�la�nullita�della�notificazione�del�decreto�
ingiuntivo�effettuata�direttamente�presso�l'Universita�.�

Da�tale�nullita�deriva,�ex�art.�644�c.p.c.,�la�inefficacia�del�decreto�ingiuntivo�opposto�per�
mancanza�di�una�valida�notifica�dello�stesso�nel�termine�di�60�giorni�di�cui�all'art.�644�c.p.c.�

La�Suprema�Corte�ha,�infatti,�affermato�che,�se�la�notifica�e�nulla,�l'inefficacia�puo�
essere�fatta�valere,�onde�evitare�sanatoria�per�eventuale�acquiescenza,�mediante�il�rimedio�
dell'opposizione�all'esecuzione�(Cass.�9872/1997),�eventualmente�anche�tardiva�ex�art.�650�
c.p.c.,�qualora�tale�nullita�abbia�impedito�alla�parte�intimata�di�proporre�opposizione�nel�ter-
mine�ordinario�(Cass.,�n.�8582/1996).�

Da�quanto�sin�qui�detto�emerge,�quindi,�l'inefficacia�del�decreto�ingiuntivo�opposto.�

2.�^Violazioneefalsaoinesattaapplicazionedinormadidiritto�(art.�650c.p.c.�incombinato�
dispostoconl'art.�11delR.D.30ottobre1933,n.�1611).�

La�gia�precedentemente�dimostrata,�nullita�della�notificazione�del�decreto�ingiuntivo�
opposto,�per�violazione�dell'art.�11�del�R.D.�n.�1611/l933,�comporta,�come�conseguenza,�
oltre�alla�predetta�inefficacia�del�decreto�ingiuntivo,�anche�l'ammissibilita�dell'opposizione�
tardiva�ex�art.�650�c.p.c..�

L'art.�650�c.p.c.,�infatti,�stabilisce�che��l'intimato�puo�fare�opposizione�anche�dopo�sca-
duto�il�termine�fissato�nel�decreto,�se�prova�di�non�averne�avuta�tempestiva�conoscenza�per�
irregolarita�della�notificazione�o�per�caso�fortuito�o�forza�maggiore�.�

Nel�caso�di�specie,�secondo�la�Corte�d'Appello,�in�base�alla�suddetta�norma,�l'Universita�
sarebbe�stata�onerata�della�prova�circa�il�nesso�di�causalita�fra�nullita�della�notifica�e�impos-
sibilita�della�tempestiva�opposizione.�

A�ben�vedere,�tuttavia,�questa�interpretazione�non�puo�ritenersi�condivisibile,�se,�infatti,�
la�ratio�dell'art.�650�c.p.c.�e�da�individuarsi�nell'esigenza�di�evitare�che�un�difetto�della�noti-
fica�del�decreto�ingiuntivo�determini�una�menomazione�del�diritto�di�difesa�dell'intimato,�
allora,�dovra�ritenersi�ammissibile�l'opposizione�tardiva�ogni�qualvolta,�l'irregolarita�della�
notifica�si�concretizzi�in�vizi�tali�da�determinare�per�se�stessi,�la�suddetta�menomazione�del�
diritto�di�ex�difesa.�

Nel�caso�di�specie,�non�puo�negarsi�che�la�notificazione�effettuata�all'Amministrazione,�
anziche��all'Avvocatura�dello�Stato,�abbia�necessariamente�comportato�una�contrazione�del�
tempo�a�disposizione�delpatrocinatore�legale�dell'enteper�approntare�la�difesa�di�quest'ultimo.�
Considerato,�infatti,�il�brevissimo�termine�(solo�20�giorni�dalla�notificazione)�a�disposizione�
dell'Avvocatura�per�la�proposizione�dell'opposizione�e�il�tempo�inevitabilmente�necessario�
per�la�trasmissione�degli�atti�dall'Universita�di�Palermo�all'Avvocatura�Generale�dello�Stato,�
non�puo�che�derivare�la�conseguenza,�implicita�nel�suddetto�difetto�di�motivazione�dell'avve-
nuta�violazione�del�diritto�di�difesa�dell'intimato�idonea�e�giustificare�l'opposizione�tardiva�
ex�art.�650�c.p.c.,�senza�necessita�di�fornire�alcuna�prova�circa�il�nesso�di�causalita�tra�tale�
difetto�della�notificazione�e�la�impossibilita�di�proporre�tempestivamente�l'opposizione�al�
decreto�ingiuntivo.�

Secondo�quanto�affermato�dalla�stessa�Suprema�Corte�(Cass.�Civ.,�sez.�II,�27�gennaio�
1995�n.�992;�Cass.�civ.,�sez.�I,�10�gennaio�1996,�n.�147),�quindi,�al�fine�dell'opposizione�tar-
diva�ex�art.�650�c.p.c.,�la�prova�della�mancata�tempestiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo,�
in�conseguenza�del�vizio�della�sua�notificazione,�e�implicita�nel�caso�in�cui�il�decreto�ingiuntivo�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

sia�stato�notificato�direttamente�all'Amministrazione�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�domici-
liataria�ex�art.�11�del�R.D.�n.�1611/1933,�in�quanto�da�tale�fatto�deriva�la�dimostrazione�del�
nessodicausalita�tra�tardiva�conoscenza�del�decreto�ingiuntivo�e�vizio�della�notificazione.�

3.�^Violazione�delle�norme�sulla�competenza�(art.�25�c.p.c.).�
L'art.�25�c.p.c.�stabilisce�che��Per�le�cause�nelle�quali�e�parte�un'amministrazione�dello�
Stato�e�competente,�a�norma�delle�leggi�speciali�sulla�rappresentanza�e�difesa�dello�Stato�in�
giudizio�e�nei�casi�ivi�previsti,�il�giudice�del�luogo�ove�ha�sede�l'ufficio�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�nel�cui�distretto�si�trova�il�giudice�che�sarebbe�competente�secondo�le�norme�ordinarie.�

Quando�l'amministrazione�e�convenuta,�tale�distretto�si�determina�con�riguardo�al�giu-
dice�del�luogo�in�cui�e�sorta�o�deve�eseguirsi�l'obbligazione�o�in�cui�si�trova�la�cosa�mobile�

o�immobile�oggetto�della�domanda�.�
In�base�a�questa�norma�risulta�certamente�e�incontestabilmente�incompetente�il�Tribu-
nale�di�Velletri,�in�quanto,�in�tale�localita�non�ha�sede�alcun�ufficio�dell'Avvocatura�dello�
Stato.�In�base�all'art.�25�c.p.c.,�infatti,�il�c.d.�foro�erariale�deve�determinarsi�con�riferimento�
al�giudice�del�luogo�ove�ha�sede�l'ufficio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�nel�cui�distretto�si�trova�
il�giudice�che�sarebbe�competente�secondo�le�norme�ordinarie�e,�pertanto,�pur�nella�denegata�
ipotesi,�in�cui�si�ritenga�competente,�secondo�le�norme�ordinarie,�il�Tribunale�di�V.,�comun-
que,�il�foro�erariale�andrebbe�individuato�nel�Tribunale�di�Roma.�

Si�ritiene,�tuttavia,�che,�competente�secondo�le�norme�ordinarie�non�e�il�Tribunale�di�
Velletri,�bens|�,�ex�art.�25�c.p.c.,�il�giudice�del�luogo�ove�e�sorta�o�deve�eseguirsi�l'obbliga-
zione,�vale�a�dire,�nel�caso�di�specie�il�Tribunale�di�Palermo,�considerato�che�ivi�e�sorta�l'ob-
bligazione�e�ivi�doveva�essere�eseguita,�in�quanto�l'Universita�adempie�tramite�la�Tesoreria�
(e�quindi�in�Palermo)�e�la�societa�doveva�consegnare�la�merce�sempre�a�Palermo.�

Si�sottolinea,�infine,�che�l'eccezione�d'incompetenza�territoriale�inderogabile�e�stata�
ritualmente�e�tempestivamente�sollevata�dall'Universita�,�nel�suo�primo�atto�difensivo�(cita-
zione�in�opposizione�al�decreto�ingiuntivo)�e�ribadita�nell'atto�di�appello.�

Dalla�suddetta�incompetenza�territoriale�inderogabile�del�giudice�che�ha�emesso�il�
decreto�ingiuntivo�opposto�deriva�la�nullita�dello�stesso.�

P.�Q.M.�Piaccia�alla�Corte,�decidendo�nel�merito�ex�art.�884�c.p.c.: 
a)�Cassare�la�sentenza�della�Corte�d'Appello�di�Roma�n.�1029/2000. 
b)�Dichiararelanullita�deldecretoingiuntivon.�1738/1995emessodalTribunalediVell
etri�(Omissis).�
Roma,�15�marzo�2001�^Avvocato�dello�Stato�Roberto�de�Felice�.�

Avvocatura�Generale�dello�Stato�^Corte�Suprema�di�Cassazione,�S.U.�^Memoria�per�l'Uni-
versita�di�Palermo.�

�Premesso�1.�^Nel�caso�di�specie,�un�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,�accolto�contro�ogni�
canone�di�competenza�territoriale�dal�Presidente�del�Tribunale�di�Velletri,�contro�l'Univer-
sita�di�Palermo,�era�notificato�direttamente�a�questa�anziche�all'Avvocatura�dello�Stato�com-
petente�(Roma)�a�proporre�opposizione.�

2.�^Quest'ultima�ha�proposto�opposizione�tardiva;�respinta�dal�Tribunale�di�Velletri�
mancando�la�prova�del�nesso�etiologico�tra�nullita�della�notifica�e�mancata�tempestiva�cono-
scenza�del�decreto;�in�appello,�l'Avvocatura�sosteneva�che�in�tale�ipotesi�di�nullita�una�tale�
impossibilita�e�configurabile�in�re�ipsa;�la�Corte�d'Appello�di�Roma,�nel�respingere�il�gra-
vame�aderiva�alla�motivazione�di�prime�cure.�
3.�^Nel�ricorso�per�Cassazione,�l'Avvocatura�Generale�ha�dedotto�che�la�notifica,�effet-
tuata�alla�P.A.,�comprime�sempre�il�tempo�a�disposizione�dell'Avvocatura�per�proporre�opposi-
zionetempestivaecitavaCass.n.992/1995en.�147/1996.�
4.�^La�Sezione�seconda�della�Suprema�Corte�ha�rilevato�un�contrasto�tra�Cass.�I�n.�
13132/1995�e�(in�parte)�n.�4143/1990�e�le�sentenze�sopra�citate;�in�quanto�leprime�esigono�
la�prova�che�la�P.A.�non�avesse,�per�effetto�della�nullita�,�potuto�proporre�opposizione�tempe-
stiva�(ord.�1.�ottobre�2004).�
Senza�con�cio�rinunciare�agli�altri�motivi�rispetto�al�II,�assorbente�e�sopra�commentato,�si�
esprimono�le�seguenti�considerazioni�

In�diritto.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

1.�Della 
nullita� 
.1.1.^L'art.�11R.D.n.1611/1933esigechegliattiintroduttividigiudizio�
di�cognizione�siano�notificati�alla�Avvocatura,�se�questa�difende�organicamente�la�P.A.�
Non�c'e��dubbio�che�il�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,�e�il�pedissequo�decreto,�introdu-
cono�la�lite�come�espressamente�prevede�l'art.�643,�II�comma,�c.p.c.�Trattasiquindidi�atti�
pacificamente�ricompresi�nell'elenco�di�cui�all'art.�11,�comma�1,�citp 


1.2.�^L'Universita��degli�studi�(di�Palermo)�e�non,�si�badi�un'Azienda�universitaria,�e��
all'epoca�della�notifica,�soggetta�a�tale�regime.�
In�punto:�Consiglio�di�Stato�Sezione�IV,�n.�5810/2004�che�esclude�che�gli�artt.�6�e�ss.�
legge�n.�168/1989�abbiano�fatto�venir�meno�la�regola�dell'art.�56�R.D.�n.�1592/1933�di�domi-
ciliazione�legale�della�Universita��presso�l'Avvocatura�Generale,�non�essendovi�abrogazione�
espressa.�Cfr.�Cass.�n.�4143/1990.�

1.3.�^Ne�consegue�la�pacifica�nullita��di�detta�notifica,�rilevabile 
d'uf
fficio 
(art.�11,�comma�
1e�3�R.D.�n.�1611/1933).�
2.�Degli 
effetti 
della 
nullita� 
p 
Il 
rapporto 
con 
l'artp 
650 
c.p.cp 
2.1.�^Una�interpretazione�
adeguata�sia�alla�lettera�dell'art.�650�che�al�principio�del�giusto�processo,�impone�di�conside-
rare�che�le�tre�ipotesi�in�cui�e��data�opposizione�tardiva�sono:�
irregolarita��della�notifica; 
caso�fortuito; 
forza�maggiore. 


2.1.1.�^Tali�ultime�due�ipotesi�(poco�distinguibili)�presuppongono�una�notifica�perfetta: 
diversamente�si�ricadrebbe�nella�prima�ipotesi�di�notifica�irregolare.�Ecco�emergere�la�ratio 
dell'art.�650.�E�una�norma�che�consente�la�rimessione�in�termini�quando�un�evento�incontrol-
labile�sottragga�l'atto�al�destinatario,�dopo�la�[perfetta]�notifica�di�esso�impedendo�di�pro-
porre�opposizione�tempestiva.�Norma�comune�anche�all'altro�procedimento�monitorio,�per�
convalida�di�sfratto�o�licenza,�con�riferimento�alla�mancata�comparizione 
all'udienza�
(art.�663�c.p.c.)�che�ha�effetti�irreversibili 
come�la�mancata�opposizione�a�decreto�ingiuntivo�
(vale�a�dire�il�giudicato).�
Solo�con�la�riforma�del�1995�la�remissione�in�termini�diventa�istituto 
generale.�

2.1.2.�^Pertanto 
anche 
la 
prima 
delle 
tre 
ipotesi 
(irregolarita��della�notifica)�contemplata�
dall'art.�650 
c.p.cp 
deve�presupporre�che�la�notifica,�ancorche�deviante 
dallo�schema�norma-

tivo,�non 
sia 
pero� 
nulla.�

2.1.3.�^Le�nullita��,siricorda,sono�tassative.�E�la�irregolarita��della�notifica�(o�di�qualun-
que�atto�del�processo)�e��una�categoria�precisa,�che�si�costruisce�per 
sottrazione 
dalla 
nullita� 
e 
dalla 
inesistenzap 


2.1.3.4.�^Diconseguenza,incasodi�notifica�nulla 
del�ricorso�per�decreto�ingiuntivo,�
l'art.�650�nemmeno 
dovrebbe 
applicarsi 
essendo�l'opposizione�sempre�tempestiva,�non�avendo�
senso�parlare�di�rimessione�in�termini�a�fronte�di�atto�che�non�produce�effetti.�
2.1.5.�^Del�resto,�sarebbe�grottesco�continuare�ad�affermare�che,�in�caso�di�notifica�ex 
325-326�c.p.c.,�la�relativa�nullita��non 
fa�decorrere�il�termine�breve,�dunque�non�si�forma�il�
giudicato�mentre�nel�caso�di�notifica�nulla�ex 
645�c.p.c.�opponente�(pur�egli�sottoposto�al�
rischio�del�giudicato,�non��salvato��dal�termine�ex 
327 
c.p.c.,�detto��lungo�)�debba�provare�
non�solo�la�nullita��(al�che�potrebbe,�ma�non�sempre,�bastare�la�relata�fidefaciente�dell'uffi-
ciale�giudiziario�e�sovente�prove 
documentali,�anagrafiche�o�statutarie�in�caso�di�enti�e�
societa��)�ma�il�nesso�etiologico�tra�vizio�e�conoscenza�dell'atto.�
Sarebbero�situazioni�sperequate 
a�fronte�di�un�risultato�(o�rischio)�eguale 
(il 
giudicato) 
che�rendono�il�processo�monitorio�iniquo�e�(se�cos|��interpretato)�incostituzionale.�

3.�La 
Dottrinap 
3.1.�^IlGarbagnati(Ilprocedimento 
d'ingiunzione,�110)�sostiene�che�la�
possibilita��del�giudice,�ex 
647�c.p.c.�di�ordinare�la�rinnovazione�di�una�tale�notifica,�che�sia�
nulla�prova�che�il�decreto�e��efficace.�L'Autore�parte�dalla�obliterazione�di�un�dato:�il�decreto�
e��efficace�per 
40 
giorni 
(art.�644)�ma�va�notificato,�ordinare�di�notificare�nuovamente�e��
garanzia 
per 
l'intimato,�che�non�puo��peraltro�controllare�il�corretto�esercizio�dei�poteri�ex 
647 
c.p.cp 
(nella�specie,�nemmeno 
esercitati).�La�fattispecie�ex 
647�sfocia�in�una�nuova�noti-
fica,�a 
partire 
dalla 
quale 
decorre�il�dies 
ad 
opponendum.�

L'interpretazione�dell'A.�non�e��poi�l'unica�necessitata�dalla�logica:�se�il�giudice�provvede�
ex 
647 
c.p.cp 
oltre 
il�termine�dei�40�giorni,�rinnova�(per�economia�processuale)�l'efficacia�del�
provvedimento.�E�tutto�cio��non�ha�nulla�a�che�vedere�con�la�decadenza 
dal�termine�per�
opporsi.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Infine,�sarebbe�incostituzionale�premiare�la�parte�che�compie�un�atto�nullo,�magari�di�

proposito,�con�l'opposizione�ex�650,�soggetta�a�un�previo�vaglio�su�prove�negative�a�pena�di�
inammissibilita�.�

3.2.�^Tarziacitail�Mahnverfahren�germanico�(8688�ss.�ZPO)�che�equipara�il�decreto�
non�opposto�a�una�sentenza�contumaciale�opponibile,�laddove�in�Italia,�dall'art.�20�R.D.�n.�
1531/1936,�non�c'e�rimedio�se�non�la�ristretta�opposizione�tardiva,�criticando,�con�cio�il�
sistema.�

4.�La�Giurisprudenza�Costituzionale.�Premesso�che�Corte�Cost.�n.�18/2002�esula�dalla�
specie,�trattando�della�mancata�tempestiva�costituzione�dell'Opponente�(che�quindi�aveva�

esercitato�il�diritto�di�opporsi),�occorre�partire�da�Corte�Cost.�n.�120/1976�che�estende�
l'art.�650�c.p.c.�nelle�citate�ipotesi�di�forza�maggiore�e�di�caso�fortuito,�limitate�al�caso�di�
non�conoscenza,�del�decreto�per�tali�prime�ragioni�al�caso�di�conoscenza�seguita�tuttavia�da�
mancata�opposizione�nei�termini�per�tali�due�cause�ampliando�le�possibilita�di�tutela�dell'in-
timato.�Cio�prova,�ad�avviso�di�questa�Difesa�e�conferma�che�l'art.�650�c.p.c.�(come�l'attuale�
art.�420-ter,�comma�1�e�comma�2�c.p.p.�e�gia�art.�485�e�486�comma�1�c.p.p.)�e�norma�che�
sana�preclusioni�verificatesi�nonostante�la�perfezione�formale�degli�atti�a�causa�di�impedi-
mento�(a�conoscere�l'atto�o�ad�agire�per�la�sua�riforma)�in�via�di�merofatto.�

5.�Esame�critico�della�giurisprudenza�della�S.C.�5.0.�^E�noto�che�una�giurisprudenza�tra-
laticia�ritiene�rientri�nella�previsione�dell'art.�650�c.p.c.�il�caso�di�nullita�(nonquellodi�inesi-
stenza)�della�notifica�del�decreto�ingiuntivo�(Cass.�SS.UU.�2656/1974;�III�3767/1979,�
3486/1991).�

5.1.�^Tale�rimedio�e�l'unico�ammissibile,�non�potendo�proporsi�l'eccezione�relativa�all'i-
nefficacia�del�decreto�non�notificato�ai�sensi�dell'art.�188�att.�c.p.c.�o�di�opposizione�all'esecu-
zione.�
5.2.�^La�prefata�giurisprudenza�non�merita�conferma.�Leggasi�in�Cass.�n.�2656/1974�
�la�materia�e�compiutamente�regolata�negli�artt.�644,�645�e�650�del�codice�di�rito,�cosicche�
salva�l'ipotesi�di�mancanza�o�di�inesistenza�della�notificazione,�nel�qual�caso�l'intimato�puo�
far�valere�l'inefficacia�del�decreto�...�ex�art.�188�att.�c.p.c.,�e�con�ordinaria�azione�di�accerta-
mento�anche�mediante�opposizione�all'esecuzione...�la�sola�opposizione�consentitaperconte-
stare�oltre�il�termine�ex�641�c.p.c.�la�legittimita�del�decreto...�e�quella�ex�650�c.p.c..�Non�puo�
ritenersi,�perche�sarebbe�contrario�ai�principi�di�sistematica�normativa,�che�il�legislatore,�
nel�regolare�in�modo�specifico�la�materia�dei�possibili�rimedi,�abbia�pretermesso�particolari�
fattispecie�affidandone�la�disciplina�alle�norme�generali�di�rito.�In�conseguenza�poiche�come�
si�e�sopra�rilevato�l'ambito�dell'art.�644�c.p.c.�e�limitato�alla�sola�ipotesi�di�inesistenza�non�
puo�non�farsi�rientrare�nell'art.�650�c.p.c.�la�fattispecie�di�nullita�.Cio�trova�conferma�nella�
generica�e�ampia�espressione��irregolarita�della�notificazione��che�lascia�ritenere�compresa�
in�essa�la�nullita�.�

Tanto�la�nullita�quanto�la�semplice�irregolarita�derivano�dal�difetto�o�dal�vizio�di�alcuno�

deglielementicheintegranol'attodinotificazioneeanchelaprimanonesclude...�chel'ingiunto�

possa�avere�tempestiva�conoscenza�dell'atto.�
Non�e�dato�distinguere�fra�le�diverse�ipotesi�in�cui�la�irregolarita�,�in�senso�lato,�della�
notificazione�e�quindi�la�nullita�di�questa�possano�presentarsi�nelle�singole�fattispecie�.�

5.2.1.�^Tale�argomentare�prova�troppo:�anche�l'inesistenza�(residuo�campo,�per�quelle�
SS.UU.,�dell'art.�644�c.p.c.)�deriva�dal�difetto�di�taluno�degli�elementi�che�integrano�la�noti-
fica�(quale�l'identita�della�persona�del�destinatario)�e�nemmeno�in�caso�di�inesistenza�(es.�
notifica�ad�omonimo)�puo�escludersi�che�l'ingiunto�abbia�conoscenza�dell'atto.�
Dunque�non�e�dimostrata�l'equiparazione�irregolarita�/nullita�alla�luce�di�tale�logica,�

visto�che�in�tal�campo�dovrebbe�rientrare�anche�l'inesistenza.�
Ne�ha�avuto�molto�senso�logico�affermare�che�tra�i�vari�rimedi�(644,�645,�650�c.p.c.)�non�ne�
esista�uno�adhoc�per�la�nullita�(che�e�il�645�c.p.c.,�solo�che�il�dies�cedens�e�quello�della�effettiva�

conoscenza�deldecreto,�nel�caso�di�nullita�).�
Cio�non�ha�nulla�a�che�vedere�con�la��sistematica�normativa��ma�con�l'interpretazione�di�
tali�articoli.�Inoltre,�l'affermazione�e�ai�limiti�dell'assurdo.�Asserire�che�il�legislatore�nel�disci-

plinare�unprocedimento�speciale,�non�possa�affidare�parte�della�disciplina�dello�stesso�ai�prin-
cipi�generali�(cioe�al�Libro�I�del�c.p.c.)�significa�affermare�che�per�ogni�procedimento�vada�
disciplinata�in�modo�specifico�la�materia�dei�termini,�delle�nullita�,�della�forma�degli�atti.�

5.2.2.�^Il�precedente�merita�sicuro�e�sereno�overruling,�considerata�anche�l'intervenuta�
modifica�dell'art.�111�Cost..�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�particolare,�il�diritto�fondamentale�al�contraddittorio�e�all'esame�imparziale�delle�
ragioni�dell'interessato�non�puo�essere�reso�piu�difficile�nel�caso�in�cui�il�meccanismo�prodro-
mico�al�contraddittorio�sia�gravemente�viziato�per�attivita�imputabili�al�ricorrente,�quali�la�
nullita�della�notifica�del�decreto,�che,�secondo�il�ragionamento��tralaticio��qui�contestato,�
comporta�la�necessita�di�opporsi�ex�650�c.p.c.�fornendo�la�prova�dell'impossibilita�di�cono-
scenza.�Cio�e�esplicitamente�contrario�agli�artt.�3,�97,�24�e�111�Cost.�

5.2.3.�^Inoltre,�nulla�autorizza�a�derogare�(nel�procedimento�ex�633�c.p.c.)�al�principio�che�
un�atto�nullo�non�produce�effetti,�e�che�quindi�la�notificazione�nulla�del�decreto�ingiuntivo�non�
fa�decorrere�il�termine�adopponendum.�
5.3.1^Cio�nonpuo�risultare,inparticolare,�dall'art.�650,u.c.,c.p.c..�Infatti,�see�verala�
tesi�qui�sostenuta,�la�citata�norma�non�si�applica,�alla�ipotesi�di�notifica�nulla,�in�cui�si�puo�
spiegare�opposizione�tempestiva�e�quindi�tale�ipotesi�resta�fuori�dell'art.�650�c.p.c.,�compreso�
il�comma�che�fissa�al�decimo�giorno�dall'inizio�dell'esecuzione�(cioe�dal�pignoramento�
art.�491�c.p.c.)�quello�ultimo�per�l'opposizione�ex�650�c.p.c.�Secondo�la�nostra�tesi,�tale�oppo-
sizione�tardiva�e�limitata�a�casi�eccezionali�di�incolpevole�non�conoscenza�dell'atto;�pertanto�
e�peraltro�(e�sempre�che�sia�valida�la�notifica�del�precetto)�e�ragionevole�prevedere�che�vi�
sia�un�dies�ultimus�anticipato�ove�il�decreto�sia�posto�in�esecuzione;�cio�non�implica�alcuna�
convalida�di�nullita�perche�,�lo�si�ripete,�l'art.�650�a�tale�fattispecie�non�sarebbe�mai�ricondu-
cibile.�
5.2.4.�^Infondato,�pertanto,�e�l'argomentare�di�chi�vede�in�tale�norma�la�conferma�della�
efficacia�del�decreto�interministeriale�notificato�in�modo�nullo,�con�conseguente�inesperibi-
lita�dei�rimedi�(camerale�e�ordinario,�eventualmente�anche�ex�art.�615�c.p.c.)�previsti�dal-
l'art.�188�att.�c.p.c.�Se�l'ordinamento�non�tollera�tale�limitazione�del�contraddittorio�a�una�
prova,�negativa,�preliminare�in�presenza�di�un�vizio�dovuto�all'avversario�(norme�che�impo-
nevano�molto�meno,�come�il�deposito�per�soccombenza,�sono�state�spazzate�via),�e�quindi�il�
650�3.�c.�non�e�applicabile�al�caso�di�nullita�di�notifica�del�D.I.,�si�applica�anche�l'art.�188�
att.�Non�ha�molto�senso�ritenere�che�basti�una�notifica�nulla,�o�un�qualsiasi�atto�nullo,�a�sod-
disfare�un�onere�quale�quello�posto�dall'art.�644�c.p.c.�L'onere�di�compiere�un�atto�giuridico�
implica�la�validita�di�tale�atto.�E�se�il�giudice�del�monitorio�deve�imporre�la�nuova�notifica�
del�decreto�se�risulta�o�appare�probabile�la�mancata�conoscenza�dell'atto�(art.�647�c.p.c.)�e�
se�tale�norma�ha�un�senso�(cfr.�l'uso�del�verbo�dovere�che�non�e�sollecitatorio)�questo�senso�
non�puo�essere�quello�di�sanare�una�nullita�ma�solo�una�mancata�conoscenza�che�altrimenti�
(la�formula�del�647,�1.�comma,�2.�al.�corrisponde�al�650,�1.�comma)�causerebbe�l'opposizione�
tardiva�(e�conseguentemente�l'art.�647�vuole�tutelare�l'intimato�e�il�suo�diritto�al�contraddit-
torio,�non�affermare�che�una�notifica�nulla�conserva�efficacia�al�decreto).�
5.2.5.�^Ne�puo�dedursi�un�parallelismo�con�l'art.�294�c.p.c.,�dove�il�contumace�(che�
interviene�nel�processo�nello�stato�in�cui�esso�si�trova)�deve�essere�ammesso�ad�attivita�pre-
cluse�se�prova�di�non�aver�avuto�conoscenza�del�processo�per�la�nullita�della�citazione.�In�
quel�caso�la�posta�in�gioco�e�una�preclusione,�in�questo�(del�procedimento�monitorio)�ogni�
formadi�tutelaeil�giudicato.�
Inoltre,�la�condizione�del�contumace�nel�processo�ordinario�e�diversa:�proprio�per�il�minor�
rischio,�sopra�considerato,�e�la�maggior�durata�del�rito,�che�da�maggiore�possibilita�di�cono-
scere�il�processo,�non�e�prevista�la�nuova�notifica�nel�caso�in�cui�risulti�o�appaia�probabile,�indi-
pendentemente�dalla�nullita�,�la�mancata�conoscenza�dell'atto�introduttivo�(art.�647,�1.�comma,�
c.p.c.).�

Poi,�la�dizione�dell'art.�650�menziona�la�irregolarita�,�categoria�giuridica�precisa�e�non�
coincidente�con�la�nullita�,�e�quindi�la�ratio�legis�e�che�nel�rito�monitorio�l'interessato�debba�
avere�maggiori�garanzie�di�conoscenza�dell'atto�introduttivo,�rispetto�al�rito�ordinario,�pro-
prio�perche�rischia�un�giudicato�entro�termini�brevissimi,�se�non�si�oppone.�

5.2.6.�^Le�suesposte�tesi�militano�per�argomentazioni�l'affermazione�che�l'opposizione�
ex�645�c.p.c.�e�rimedio�esperibile�nel�caso�di�nullita�della�notifica�del�D.I.�L'opponente�dovra�
provare�la�nullita�;�al�contrario,�la�relativa�sanatoria�deve�provarla�l'opposto.�
5.3.�^In�tale�quadro�e�improprio�probabilmente�parlare�di�opposizione�tardiva,�ex�650�
c.p.c.�(soggetta�al�noto�onere�della�prova)�quanto�di�opposizione�tempestiva,�perche�prima�
della�piena�conoscenza�aliunde�(non�dalla�notifica)�avuta�e�inconcepibile�la�decorrenza�del�
termine.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Di�talguisa,sara�l'opponente�a�dovere�provare�la�nullita�della�notifica�(prova�facilitata�
dalla�relata)�e�l'opposto�la�sua�validita�.�

Ci�si�chiede,�a�questo�punto,�se�sia�l'opponente�a�dover�provare�che�la�conoscenza�piena�
dell'atto�e�avvenuta�non�oltre�20�giorni�prima�dell'opposizione.�Di�regola,�pero�,e�l'opposto,�
anzi�il�ricorrente�a�dovere�provare�il�contrario�cioe�che�ha�notificato�bene�e�che�sono�passati�
i�20�giorni;�se�invece�emerge�che�la�notifica�nullum�produxit�effectum�dev'essere�l'opposto�a�
provare�che�l'allegata�intempestivita�e�stata�sanata�(perche�l'eccezione�^qui�attore�in�senso�
sostanziale�e�l'opposto�^e�proposta�e�provata�dall'opponente,�la�controeccezione�^cioe�la�
sanatoria�^e�a�carico�dell'opposto).�

5.4.�^Nel�caso�di�notifica�a�una�P.A.�organicamente�difesa�dall'Avvocatura�Generale�
dello�Stato�(notifica�nulla�ex�art.�11�R.D.�n.�1611/1933,�come�sopra�ribadito)�v'e�poi,�un'ulte-
riore�serie�di�considerazioni.�L'Avvocatura�dello�Stato�(e�non�la�P.A.)�e�competente,�la�sola�
competente,�a�valutaresel'opposizionepossaesserefondata.�

Le�relazioni�e�richieste�di�agire�in�giudizio�della�P.A.�ben�possono�essere�disattese�e�in�
questo�caso�si�apre�il�conflitto�disciplinato�dall'art.�11�legge�n.�103/1979�(deciso,�addirittura,�
dal�Ministro).�

Dunque�la�P.A.�(che�non�puo�,�salvo�casi�eccezionali,�ricorrere�ad�avvocati�del�libero�
foro,�casi�quali�un�conflitto�d'interessi�tra�P.A.�egualmente�difese:�e�che�nella�pratica�si�
risolve,�se�entrambe�sono�statali�con�un�provvedimento,�se�una�non�e�statale,�con�la�riserva�
del�patrocinio�erariale�e�quella�statale)�non�solo�riceve�una�notifica�nulla,�ma�non�puo�nem-
meno�a)�provvedere�alla�propria�difesa�salvi�i�casi�eccezionali�citati;�b)�decidere�da�se�,se�
attivare�la�lite,�essendo�necessaria�la�valutazione�dell'Avvocatura�Generale.�A�contrario,�
l'Avvocatura�Generale�puo�(ricevuta�una�valida�notifica)�coltivare�il�contenzioso�anche�
prima�di�avere�ricevuto�una�relazione�dalla�P.A.,�se�il�contenzioso�e�di�serie,�coinvolge�prin-
cipi�pacifici,�e�l'atto�da�impugnare�e�palesemente�viziato�o�erroneo.�

6.�^L'approccio�tradizionale.�Fingiamo,�ora,�che�sia�esperibile�solo�l'opposizione�ex�
art.�650�c.p.c.�
L'ordinanza�della�Sezione�III�del�7�aprile�2004�^1.�ottobre�2004�che,�su�conforme�
richiesta�del�P.G.,�rimette�al�Primo�Presidente�la�decisione�se�assegnare�la�causa�alle�SS.UU.�
Civili,�evidenzia�che�l'orientamento�dei�precedenti�di�Sez.�II�n.�992/1995e�Sez.�I�n.�147/�
1996�e�di�ritenere��in�re�ipsa��la�prova�della�mancata�conoscenza�nel�caso�di�nullita�ex�
art.�11�R.D.�n.�1611/1933.�Tale�orientamento�merita�conferma.�Infatti�la�P.A.�non�e�titolare�
in�proprio�del�potere�di�rivolgersi�a�un�Avvocato�del�libero�foro,�sicche�la�notifica�alla�stessa�
non�la�mette�in�condizione�di�reagire�subito,�essendo�necessaria�la�trasmissione�all'Avvoca-
tura.�Tale�trasmissione,�pel�principio�che�nelle�PP.AA.�gli�atti�possano�essere�trasmessi�solo�
dal�Dirigente�competente,�non�certo�dall'impiegato�addetto�alla�ricezione,�comporta�che�in�
ogni�caso�il�termine�(di�40�giorni)�sia�menomato�e�quindi�risulti�ammissibile�l'opposizione�tar-
diva.�

Infatti�l'atto�non�perverra�all'Avvocatura�se�non�almeno�il�giorno�successivo,�puo�
notarsi,�e�quindi�il�termine�a�difesa�non�sara�mai�integro.�

Nella�fattispecie�non�si�e�valutata�nemmeno�la�circostanza�che�l'interessato�ha�sede�in�
Palermo�e�l'Ufficio�dell'Avvocatura�in�Roma�(che�comprende�il�Distretto�di�Velletri).�

Dunque,�poiche�la�legge�impone�un�preciso�luogo�di�notifica�e�il�potere�di�proporre�
opposizione�e�scisso�dalla�P.A.�intimata�(l'Avvocatura�ben�puo�consigliarla�di�non�opporsi,o�
rifiutarsi�in�caso�di�conflitto�di�interessi�tra�Stato�ed�Ente�difeso,�o�trapiu�amministrazioni�
dello�Stato,�che�va�deciso�dal�Presidente�del�Consiglio)�conoscenza�utile�alla�impugnativa�si�

ha�solo�con�la�piena�conoscenza�dell'atto�da�parte�dell'Avvocatura�necessariamente�in�ter-
mine�piu�ristretto.�
Dunque�l'Avvocatura�non�deve��provare��di�non�avere�avuto�la�conoscenza�tempestiva�
dell'atto�perche�cio�gia�risulta�dalla�relata�nulla.�
In�tali�termini�si�chiede�di�risolvere�il�conflitto�giurisprudenziale�e�si�insiste�nel�ricorso.�
Roma,�16�novembre�2004�^Avvocato�dello�Stato�Roberto�de�Felice�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Indennita�di�amministrazione�e�tredicesima: 
un�caso�pratico�per�valutare�le�potenzialita�delle�azioni 
rappresentative�(class 
actions) 
nel�contenzioso�seriale�italiano. 


(Corte�Suprema�di�Cassazione,�Sezioni�Unite�Civili,�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698)�

Le�Sezioni�Unite�con�la�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698,�inceneriscono�
le�velleitarie�pretese�di�un�contenzioso�seriale�che�stava�assumendo�dimen-
sioni�preoccupanti�per�le�finanze�pubbliche�(il�Ragioniere�Generale�dello�
Stato�con�nota�del�16�aprile�2004�quantificava�la�maggiore�eventuale�spesa�
in�oltre�. 
590�Ml.+90�Ml.�in�ragione�d'anno)�in�considerazione�del�fatto�
che,�interessando�questioni�ermeneutiche�del�Contratto�Collettivo�Nazionale�
di�Lavoro/Comparto�Ministeri�(conteggiabilita�dell'indennita�di�amministra-
zione�ai�fini�della�tredicesima),�era�destinato�a�coinvolgere�tutto�il�personale�
delle�Amministrazioni�statali�sia�a�livello�centrale�che�periferico.�

Confermando�l'inesistenza�del�principio�di�omnicomprensivita�della�
retribuzione,�la�Suprema�Corte,�pur�ritenendo�applicabile�l'articolo�7�D.Lg.�

C.P.S.�25�ottobre�1946,�n.�263,�in�virtu�del�rinvio�contenuto�nella�fonte�nego-
ziale�(art.�33�CCNL)�(1),�esclude�che�l'indennita�di�amministrazione�sia�rile-
vante�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�mensilita�alla�luce�di�una�comples-
siva�interpretazione��storico-evolutiva��non�solo�delle�previsioni�dei�vari�
contratti�collettivi�via�via�succedutisi�a�partire�da�quello�stipulato�il�16�mag-
gio�1995�(2)�ma�anche�della�stessa�normativa�del�1946�(3).�
Mentre�per�la�ricostruzione�della�condivisibile�soluzione�ermeneutica�
fatta�propria�dalle�Sezioni�Unite�che�recepiscono�la�linea�difensiva�della�
difesa�erariale�si�rinvia�alla�lettura�della�sentenza�e�del�controricorso,�anche�
in�ragione�delle�recentissime�iniziative�di�regolazione�comunitaria�e�nazionale

��������

(1)��...laprevisionedelcitatoart.�7avrebbeinognicasovalorecogentecomefontecontrattuale,perche�
il�relativo�disposto�viene�espressamente�richiamato�dall'arti.�33,�comma�3�del�CCNL�integrativo�1998/2001,�
ossiadalcontrattocollettivoche�e�lafontecuil'art.�2,comma3,D.Lgs165/2001affidainviaesclusival'at-
tribuzione�dei�trattamenti�economici��(Cassazione�S.U.,�sentenza�13�luglio�2005,�n.�14698).�
(2)�Dalle�previsioni�del�contratto�collettivo�sarebbe�evidentissimo�che�ai�fini�del�computo�della�tre-
dicesima�sono�rilevanti�solo�le��voci�che�sono�corrisposte�a�tale�titolo��e�che,�con�particolare�riferimento�
all'indennita�di�amministrazione,�e�del�tutto�neutra�rispetto�a�tale�accertamento�la�natura�generale,�fissa�
e�ricorrente�della�stessa�(�Ilcaratteredigeneralita��dicesolocheessadeveesserecorrispostaatuttiidipen-
denti,�la�natura�ricorrente�dice�che�deve�essere�corrisposta�con�la�medesima�cadenza�temporale,�mentre�la�
natura�fissa�significa�che�la�medesima�e��parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione��^Cassazione�
S.U.,�cit.�nota�1).�
(3)��...dettoart.7nonsolononcontienealcunaprevisionediomnicomprensivita��dellatredicesima,ma�
deponeaddiritturainsensocontrario...�Ossia,all'entratainvigoredeld.l.cps.n.�263del1946laretribuzione�
delpersonale�statale�constava�non�solo�del�trattamento�di�base�e�dell'indennita��di�carovita,�ma�anche�di�
indennita��ediassegniaccessori,chepero�furonoesclusidalcomputodellatredicesimamensilita�adopera�
delcitatoart.�7deldlcps,segnoquindicheprimaillegislatore,epoilepartistipulantiilCCNLcheadesso�
hannofatto�riferimento,�la�intesero�computare�al�netto�delle�indennita��che�allora�venivano�erogate,�e�quindi�
in�misura�non�omnicomprensiva.�Pertanto�il�suddetto�art.�7�del�dlcps�del�1946�induce�a�negare�la�inclusione�
dell'indennita��di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita����(Cassazione�S.U.,�cit.�nota�1).�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

in�materia�che�saranno�segnalate,�preme�qui�esternare�talune�considerazioni�
su�rilevanti�questioni�processuali�tipicamente�legate�al�contenzioso�seriale�
(caratterizzato�oggettivamente�dalla�presenza�di�pretese�implicanti�la�risolu-
zione�di�questioni�di�fatto�o�di�diritto�comuni�a�piu�persone)�che�coinvolgono�
problematiche�di�competitivita�del�sistema,�di�efficientismo�processuale�e,�
soprattutto,�di�risparmio�di�spesa�pubblica�cui�non�risulta�estranea�l'Avvoca-
tura�dello�Stato,�tradizionalmente�e�istituzionalmente�obbligata�a�cimentarsi�
con�questa�tipologia�di�vertenze�collettive�che�ordinariamente�richiede�grandi�
impegni�di�risorse�umane,�tecniche�ed�economiche.�

Al�di�la�delle�specificita�del�contenzioso�su�cui�sono�intervenute�le�
Sezioni�Unite�in�commento�(4)�e�che�lo�contraddistinguono�per�l'indiscussa�
ragionevole�durata�del�processo�collettivo�(5),�non�va�sottaciuto�che�nella�-
maggior�parte�dei�casi�la��soluzione�definitiva��(rectius��tendenzialmente�
stabile��(6))�viene�raggiunta�solo�dopo�molti�anni�(e�potrebbe�anche�non�
giungere�mai�ove�si�maturino�contrasti�giurisprudenziali�o�si�verifichino�inef-
ficienze�interne�al�sistema�processuale).�

In�entrambi�i�casi�(contenzioso�seriale�che�giunge�in�tempo�ragionevol-
mente�breve�ad�una�soluzione�tendenzialmente��definitiva�/contenzioso�
seriale�caratterizzato�da�contrasti�di�giurisprudenza�e�dalla�irragionevolezza�
dei�tempi�richiesti�dall'ordinamento�processuale�per�dare�una�risposta�ten-
denzialmente�stabile)�gli�strumenti�processuali�attualmente�presenti�nel�
codice�di�rito�non�paiono�assicurare�con�particolare�riferimento�al�conten-
zioso�seriale�un'adeguata�tutela�giurisdizionale�che�possa�ritenersi�in�linea�
con�i�canoni�del�giusto�processo�imposti�dall'articolo�111�della�Costituzione.�

A�cio�si�aggiungano�i�consistenti�aggravi�di�spesa�per�l'Erario�dello�Stato�
e�la�riduzione�della�competitivita�del�sistema�economico�nazionale�conse-
guenti�ad�una�gestione�inefficiente�del�contenzioso.�

Prendendocomemodellodicontenziososerialequellosull'indennita�diammi-
nistrazione(dovelaserialita�afferisceallaquestionedidirittorelativaallarilevanza�
dell'indennita�di�amministrazionecircailcalcolodellatredicesima),alfinedivalu-
tarne�i�vantaggi,�attualmente�anche�all'esame�del�Legislatore�comunitario�(7)�e

��������

(4)�Il�Primo�Presidente�della�Cassazione�ha�tempestivamente�accolto�la�richiesta�della�difesa�era-
riale�di�rimettere�la�pronuncia�alle�Sezioni�Unite�pur�in�mancanza�di�contrasto�tra�le�Sezioni�semplici�
in�considerazione�della�questione�di�massima�e�di�particolare�importanza�sollevata�dal�ricorso�
(art.�374,�comma�2,�c.p.c.).�
(5)�La�Suprema�Corte�ha�di�recente�riconosciuto�che�il�diritto�all'equa�riparazione�copre�anche�le�
ipotesi�di�ricorso�collettivo�(Sezione�I,�sentenza�11�maggio�2005,�n.�9921�in�Guida 
al 
Diritto 
25/2005,�36�
ss.).�
(6)�Nell'ordinamento�interno�non�opera�il�principio�dello�stare 
decisis 
ma�solo�l'onere�di�motivare�
l'eventuale�contrasto�con�la�giurisprudenza�della�Suprema�Corte.�
(7)�Inserendosi�nel�varco�aperto�prima�dalla�Corte�di�Giustizia�nel�caso�Courage�(sentenza�20�set-
tembre�2001,�causa�C-453/1999,�Courage 
Ltd. 
v. 
Bernard 
Crehan,in�European 
Court 
Reports,�2001,�I,�
6297;�per�la�verita�l'esistenza�di�un�diritto�al�risarcimento�del�danno�da�violazione�del�diritto�comunita-
rio�antitrust�era�gia�stata�affermata�dall'Avv.�Generale�Van�Gervener�nell'opinion 
resa�nella�causa�
C-128/1992,�H.J. 
Banks 
& 
Co. 
Ltd. 
C. 
British 
Coal 
Corp.,in�European 
Court 
Reports, 
1994,�I,�1209)�e�
poi�dal�Regolamento�del�Consiglio�16�dicembre�2002,�n�1/2003�(concernente�l'applicazione�delle�regole�
di�concorrenza�di�cui�agli�articoli�81�de�82�del�Trattato,�in�G.U.C.E. 
L1�del�4�gennaio�2003�nonche�in�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nazionale�(8),�si�ipotizzi�l'esistenza�in�Italia�di�strumenti�di�risoluzione�in�forma�
aggregata�di�questioni�controverse�seriali�(azioni�rappresentative)�operanti�sulla

��������

Boll.�UE�12-2002,�punto�1.3.70),�la�Commissione�Europea�ha�intenzione�di�pubblicare�per�la�fine�del�
2005�un�Libro�Verde�in�materia�di�private�enforcement�del�diritto�antitrust�(a�tal�uopo,�su�incarico�della�
Commissione,�lo�studio�legale�Ashurst�ha�condotto�un'analisi�accurata�delle�esperienze�di�private�
antitrust�enforcement�sviluppate�nei�vari�Stati�membri�rilevando�il��totale�sottosviluppo��e�la��sconvol-
gente�diversita���dei�sistemi�nazionali�^cfr.�www.europa.eu.int/commission/competition/�
competitionandconsumers).�

Anche�nel�diritto�della�concorrenza,�come�a�piu�riprese�affermato�in�tema�di�responsabilita�dello�
Stato�per�violazione/inadempimento�del�diritto�comunitario�(l'azione�risarcitoria�civilistica�nei�con-
fronti�dello�Stato�e�esperibile�anche�se�il�Trattato�prevede�lo�specifico�rimedio�della�procedura�di�infra-
zione),�si�afferma�il�principio�in�base�al�quale�gli�strumenti�di�tutela�privatistica�sono�di�complemento�
essenziale�a�quelli�di�enforcement�pubblicistico�che�non�possono�in�alcun�modo�obliterarli�dovendo,�
viceversa,�gli�stessi�procedere�in�modo�coordinato�tra�loro�(si�valuti,�ad�esempio,�la�questione�dell'effi-
cacia�degli�accertamenti�contenuti�nei�provvedimenti�sanzionatori�dell'Autorita�amministrativa�anti-
trust�nei�giudizi�collegati�aventi�ad�oggetto�il�risarcimento�del�danno�da�illecito�antitrust�^le�c.d.�

follow-on�actions).

E�stato,�altres|�,�sottolineato�che�il�private�enforcement�potrebbe�rivelarsi�un�deterrente�molto�piu�effi-
cace�ed�effettivo�del�sistema�pubblicistico�Commissione/Autorita�di�vigilanza�nazionali�(cfr.�Monti,�Priv
ateLitigationas�akey�complement�topublic�enforcement�ofcompetition�rulesandthefirst�conclusion�on�the�

implementationofthenewMegerRegulation,�VIIIAnnualCompetitionConference,�Fiesole,�17�settembre�
2004).�

Tra�gli�strumenti�di�attuazione�privata�del�diritto�della�concorrenza�le�class�actions�sono�guardate�con�
grandeinteresse.�Sono�allo�studiopossibili�opzionidiregolazione�pervalutareincheformasipossano�sti-
molate�gli�Statimembriposto�che,�come�noto,�secondo�gli�orientamenti�della�Corte�di�Giustizia,�inmateria�
processuale�l'autonomia�sovrana�degli�Stati�puo�essere��superata��solo�ove�si�dimostri�la�violazione�dei�
principi�di�equivalenza�(non�discrimination)�e�di�effettivita�(adequacy).�

(8)�A�seguito�della�vicenda�dei�rimborsi�R.C.A.�e�degli�scandali�finanziari�italiani�(Cirio,�Parmalat�e�
Bipop)�e�stranieri�(bonds�argentini)�sono�stati�presentati�numerosi�disegni�di�legge�volti�a�introdurre�stru-
menti�simili�alle�class�actions�statunitensi�per�assicurare�efficienti�forme�di�tutela�delle�pretese�seriali�
che�fungano�anche�da�deterrente�a�pratiche�illecite�degli�operatori�economici.�
Allo�stato�l'approccio�del�Legislatore�e�stato�settoriale�mancando�di�quella�trasversalita�che�
dovrebbe�ispirare�l'introduzione�di�strumenti�processuali�dotati�di�caratteristiche�profondamente�innova-
tive�in�merito�all'impostazione�tradizionale�del�codice�di�rito.�A�livello�linguistico�non�si�e�ancora�perce-
pito�che�la�terminologia�piu�appropriata�e��azioni�rappresentative��in�quanto�le�azioni��di�gruppo��evo-
cano�pericoli�confusori�con�la�tutela�degli�interessi�diffusi�(che�e�questione�diversa�dalle�problematiche�
legate�agli�strumenti�di�risoluzione�del�contenzioso�seriale)�mentre�quelle��collettive��sono�gia�cono-
sciute�ed�utilizzate�nel�nostro�ordinamento�processuale.�

In�materia�consumeristica,�anche�per�dare�seguito�agli�accordi�intervenuti�tra�Ministero�delle�Attivita�
ProduttiveeAssociazionideiconsumatorieANIA,sie�intervenutoconidisegnidileggeA.C.3838(On.�Bo-
nito�e�altri�^azione�di�gruppo)�e�A.C.�3839�(On.�Lettieri�e�altri�^azione�di�classe)�unificati,�dopo�l'approva-
zione�della�Camera�dei�Deputati�(Picchio,�Dalla�Camera�arriva�il�s|�al�dl�sulla�class�action,in�Il�Sole�24�Ore�
del�22�luglio�2004),�in�quello�all'analisi�del�Senato�(S.�3058�-On.�Bonito�e�altri).�Si�tratta�di�un�approccio�ela-
boratosullafalsarigadiquellospagnoloche,innestandosisulleprevisionidellalegge30�luglio1998,n.�281,�
si�presenta�assolutamente�migliorabile�in�quanto,�tra�l'altro,�istituisce�un�monopolio�giudiziale�delle�associa-
zioni�deiconsumatorie�sollevaunaserie�diproblematichetecnico-giuridichenonrisolte�dai�disegnidilegge.�
Per�la�prima�lettura�degli�stessi�cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�
2004,�166-226nonche�Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi�(l'esperienzadeiprincipali�
ordinamentigiuridicistranierielepropostedileggen.�3838e3839),�CorriereGiuridico,�2004,�397.�

Nell'ambito�delle�proposte�di�legge�e�degli�studi�relativi�alla�riforma�della�regolazione�del�mercato�
finanziario�italiano�(c.d.�riforma�del�risparmio)�le�class�actions�sono�state�considerate�eccellenti�strumenti�
di�deterrenza�nei�confronti�delle�pratiche�scorrette�degli�operatori�professionali�e�di�miglioramento�del�
livello�di�tutela�processuale�degli�investitori.�In�questo�modo�se�ne�e�proposto�l'inserimento�attraverso�
talune�proposte�di�legge�che�presentano�un�approccio�piu�meditato�e�completo�rispetto�a�quelle�di�matrice�
consumeristica.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

falsariga�delle�class�actions�statunitensi,�canadesi�e�svedesi,�o�dei�representa-
tive�proceedings�australiani�oppure�della�group�litigation�inglese�(9).

��������

L'A.C.�4747�(On.�Letta�e�altri)�segue�il�modello�statunitense�dell'azione�rappresentativa�(che,�tutta-
via,�viene�etichettata�come�azione�collettiva)�essendo�espressamente�prevista�l'autorizzazione�giudiziale�
a�far�valere�diritti�altrui.�Il�modello,�tuttavia,�consente�il�ricorso�al�rimedio�solo�all'attore�e�sembra�
caratterizzato�dall'assenza�di�preclusioni�temporali�per�l'esercizio�del�diritto�di�uscita�(opt-out)�con�peri-
colosi�risvolti�per�l'incertezza�e�l'instabilita�nella�composizione�della�classe.�

L'A.C.�4639�(On.�Fassino�e�altri)�affianca�all'azione�rappresentativa�la�legittimazione�della�CONSOB�
ad�agire�per�il�risarcimento�dei�danni�(anche�punitivi)�derivanti�da�pratiche�censurabili�poste�in�essere�dai�
soggetti�dalla�stessa�vigilati.�La�proposta,�che�fa�ampio�ricorso�alla�delega�legislativa,�sembra�fare�impli-
cito�riferimento�a�meccanismi�di�adesione�espressa�in�quanto�consente�l'allargamento�della�classe�nel�
corso�del�giudizio�(�apportaremodifichealcodicecivile,�af
ffinche�glieffettidigiudicatodellasentenzaemessa�
sianoestesiatuttiisoggettidellastessaclassecheviabbianoaderitoespressamente,�consentendolorodiade-
rire,�integrando�il�contraddittorio,�in�ognifase�e�stato�del�giudizio�,�art.�30,�comma�2,�lett.�m)�e�prevede�
che�la�transazione�possa�essere�efficace�sono�in�caso�di�adesione�espressa�all'azione�rappresentativa.�

(9)�Per�l'analisi�della�normativa�e�delle�relative�applicazioni�giurisprudenziali�circa�i�menzionati�
strumenti�di�risoluzione�del�contenzioso�seriale�in�forma�aggregata�che,�contrariamente�a�quanto�di�
recente�sostenuto�(Bellini,�Class�actions�e�mercato�finanziario:�l'esperienza�nordamericana,�in�Danno�e�
Resp.�2005,�817,��...class�actions,�nate�ed�evolutesi�unicamente�negli�Stati�Uniti...�)�non�costituiscono�
una��specie�rara��stanziata�solo�negli�Stati�Uniti,�sia�consentito�rinviare�a�Fava,�L'importabilita�delle�
class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche�Id.,�Class�Actions�all'italiana:��Paese�
chevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprincipaliordinamentigiuridicistranierielepropostedilegge�
n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397,�in�cui�si�forniscono�altres|�talune�motivate�considerazioni�
sulle�possibilita�di�aggiornare,�anche�alla�luce�delle�esigenze�imposte�dall'evoluzione�dell'economia�glo-
balizzata,�i�principi�tradizionali�dell'ordinamento�processuale�interno�al�fine�di�consentire�un�trapianto�
senza�rigetto�delle�azioni�rappresentative�nel�rispetto�delle�specificita�del�sistema�nazionale.�
La�tesi�ha�trovato�di�recente�largo�seguito�anche�nella�dottrina�piu�autorevole�che�ribalta�le�perples-
sita�e�il�giudizio�negativo�dell'orientamento�tradizionale�(Rescigno,uSulla�compatibilita�tra�il�modello�
processualedelleclassactionsediprincipifondamentalidell'ordinamentogiuridicoitaliano,�Giurisprudenza�
Italiana,�2000,�2224).�

Consolou(Fra�nuovi�riti�civili�e�riscoperta�delle�class�actions,�alla�ricerca�di�una��giusta��efficienza,�
Corriere�Giuridico,�2004,�565),�cautamente�favorevole,�invita�a�maggiori�riflessioni�tecniche�(�sembra�
importante,�per�l'efficienza�della�giustizia,�introdurre�qualcheforma�di�azione�collettiva�che�vada�al�di�la�di�
quella�in�materia�inibitoria�di�clausole�abusive�e�di�quella�sempre�inibitoria�in�materia�di�consumatori...�
introdurre�le�class�actions�in�Italia�significa�anche�creare�sistemi�di�deterrenza�civile�senza�i�quali�evidente-
mente�episodi�significativi�diprassipurtroppo�generalizzate�continueranno�a�non�essere�sanzionati�se�non�
con�un'inefficienza�di�cui�avremo�prova�una�volta�di�piu�in�materia�per�intanto�di�bonds�decotti�).�

GiussaniueuZoppiniu(Tuteladelrisparmioemercatifinanziari:�unaricettaitalianaperla�classactions�,�
Guida�al�Diritto,�27/2004,�11)�con�il�conforto�del�dato�comparato�ritengono�che�l'azione�collettiva,�pur�se�
con�i�necessari�correttivi,�possa�contribuire�ad�una�gestione�economica�della�giustizia�(�L'azione�collettiva�
a�tuteladeidirittiindividualiomogeneie�unanuova�tecnologiadelprocesso�chesivadiffondendo�ormaiintutto�
ilmondo�^l'hanno�direcente�introdotta�in�varieforme,fragliormainumerosissimiordinamentiilcuisviluppo�
sembra�meritare�speciale�attenzione,�l'Inghilterra,�la�Svezia,�la�Spagna,�la�Cina�^con�diversi�miglioramenti�
deisuoidispositividisicurezza:e�perfettamente�ragionevolecercarediadattarlaallestradedellagiustizia�civile�
europea,�maritenerlainlineadiprincipioantieconomicae�comesuggerirechesidebbano�eliminaregliautobus�
elasciareaipiedichiunquenonpossaononvogliapagarsiiltaxi.�IlprogettoLetta-Maccanico-Pinzaquindi,�
non�contemplapericolosie�irragionevoliinseguimentidelmodello�americano:�si�intendepiuttostosiapromuo-
verel'efficienzadelleimprese,�siagarantirel'effettivita�dellatuteladeidirittiindividuali,�ecio�avvalendosiin�
manieradoverosamente�informataecritica�deirisultatidellepiu�recentiricerchecomparatistiche�).�

Menchiniu(Peri�masstorts�eleazionicollettivelanecessita�diadattareimodellistranieri,�Guidaal�
Diritto,�24/2004,�11)�ritiene�insufficiente�il�solo��modello�europeo��(Verbandsklage)�che�si�fonda�esclusiva-
mente�sull'attribuzione�dellalegittimazione�adagireadentiesponenzialie�associazioni(�Evidente�e�l'insuf-
ficienza�di�questo�sistema�neicasidi�danniprovocatiaunamolteplicita�disoggetti�inforza�di�analoghi�compor-
tamentiilleciti�).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Sarebbe�stato�possibile�all'Avvocatura�distrettuale�di�Firenze�(o�ai�dipen-
denti�del�Ministero�della�Giustizia�ricorrenti)�chiedere�al�giudice�la�certificazione

��������

Con�particolare�riferimento�al�processo�amministrativo,�CaringellA 
(Corso�di�Diritto�Amministra-
tivo,�2004,�632),�evidenziando�gli�ostacoli�tradizionalmente�posti�dagli�articoli�26�T.U.C.d.S.�e�4�L.TAR�
(che�collegano�la�legittimazione�a�ricorrere�alla�natura�individuale�degli�interessi�attivati),�mostra�parti-
colare�interesse�per�lo�strumento�(�Afrontediquesta�disarmonia�tra�l'esigenza�ormaipenetrata�nelcomune�
sentiredituteladegliinteressiserialiequestaimpostazionenormativa,�lestradepercorribilisonofondamen-
talmentedue:unaditipolegislativoedunaditipointerpretativo.�SeguendolaprimailLegislatoredovrebbe�
prendereatto�dell'arretratezza�della�disciplinapositiva�e�introdurre�un�nuovo�sistemadiaccesso�allagiurisdi-
zionale,�svincolatodallanaturaindividualedellaposizionesoggettivadedottaingiudizio.�Inquestadirezione�
sarebbe�statopossibile�introdurre�nelnostroprocesso�amministrativoforme�di�tutela�mutuate�adesempio�
dal�diritto�anglo-americano�di�cui�sono�da�tempo�conosciute�le�c.d.�class�actions,�cioe�azioni�volte�a�tutela�
diinteressipoliticiepiu�ingeneralediinteressilatusensucollettivi�).�

Di�recente�MaccabonI 
(Frodifinanziarie,�azionidigruppoerisarcimentodeldannononpatrimoniale:�
il�caso�Banco�Ambrosiano,�Danno�e�Resp.�2005,�755),�riprendendo�molti�degli�spunti�altrove�gia�approfon-
diti�(cfr.�P. 
Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche�
Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprincipaliordinamentigiu-
ridici�stranieri�e�le�proposte�di�legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397),�mette�in�evidenza�
attraverso�l'analisi�concreta�del�caso�Banco�Ambrosiano�come,�pur�se�dall'applicazione�delle�class�
actions�potrebbero�scaturire�benefici�e�vantaggi,�il�dibattito�dottrinale�e�legislativo�sia�ancora�aperto.�

Non�si�ritengono�condivisibili�ne�convincenti�le�valutazioni�espresse�da�LeneR 
(L'introduzione�della�
classaction�nell'ordinamentoitaliano�delmercatofinanziario,�in�Giur.Comm.�2005,I,269).�Inconsiderazione�
della�tradizionale�concentrazione�che�caratterizza�gli�assetti�proprietari�delle�societa�italiane�nonche�del�
carente�attivismo�dei�piccoli�azionisti�(scarso�utilizzo�degli�strumenti�di�sollecitazione�delle�deleghe�di�voto�
e�delle�azioni�di�responsabilita�delle�minoranze)�e�degli�investitori�istituzionali�si�ritiene,�in�modo�del�tutto�
aprioristicoeincontrastoconle�testimonianzerisultanti�dairecenti�scandalifinanziariitaliani,�che�inItalia�
potrebbe�essere�inutile�introdurre�le�class�actions�perlacarenza�di�soggetti�realmente�interessati�adavvaler-
sene�(�iltrapiantodell'istitutonellanostraesperienzagiuridicapotrebbeinvececondurreauna�crisidirigetto��
perl'oppostaragionedellacarenzadisoggettirealmenteinteressatiadavvalersene�).�L'affermazione,�peraltro�
condizionata�dallaprospettivalimitante�dellamateria�societariae�finanziaria,�nonsoloe�discutibile�inrela-
zione�alla�specifica�materia�toccata�ma�soffre�di�un�approccio�settoriale�non�opportuno�posto�che�le�class�
actions�non�sono�solo�dirette�a�migliorare�la�tutela�degli�investitori�(svolgendo�un�importante�ruolo�deter-
rente�nei�confronti�delle�pratiche�illecite�degli�operatori�professionali)�ma�anche�a�risolvere�questioni�pro-
cessuali�trasversali�che�interessano�tutto�il�contenzioso�seriale�rendendo�piu�efficiente�ed�economica�la�
gestione�dellostessoeaumentando,inultimaanalisi,lacompetitivita�delsistema.�

Per�i�contributi�dottrinari�italiani�che�precedono�le�recenti�iniziative�di�regolazione�comunitaria�e�
nazionale�nonche�gli�scandali�finanziari�e�anticoncorrenziali�che�hanno�rivitalizzato�l'interesse�verso�lo�
strumento,�taluni�anche�condizionati�dalla�necessita�di�dare�risposta�alle�preoccupazioni�delle�multinazio-
nali�del�tabacco�statunitensi�all'epoca�della�c.d.�tabacco�litigation�circa�la�non�praticabilita�delle�class�
actions�in�Italia,�cfr.�Taruffo,�Ilimiti�soggettivi�del�giudicato�e�le��class�actions�,�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1969,�
609;�Id.,��Collateral�estoppel��e�giudicato�sulle�questioni�(I),�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1971,�651;�Id.,��Collateral�
estoppel��e�giudicato�sulle�questioni�(II),�in�Riv.�Dir.�Proc.,�1972,�272;�Patti,�L'esperienza�delle��class�
actions��in�due�libri�recenti,�in�Riv.�Trim.�Dir.�Proc.�Civ.,�1979,�1559;�Dondi, 
Funzione��remedial��delle�
�injunctive�class�actions�,�in�Riv.�Trim.�Dir.�Proc.�Civ.,�1988,�245;�Giussani, 
Le�mass�tort�class�actions�negli�
Stati�Uniti�d'America,�in�Riv.�Cri.�Dir.�Priv.,�1988,�331;�Id.,�Un�libro�sulla�storia�della��class�action�,�in�Riv.�
Cri.�Dir.�Priv.,�1989,�171;�Id.,�Laprova�statistica�nelle��class�actions�,�in�Riv.�Dir.�Proc.1989,�1029;�Id.,�Studi�
sulle��class�actions�,�Padova,�1996;�Consolo, 
Class�actionsfuori�dagli�USA?(Un'indaginepreliminare�sul�
versantedella�tuteladeicreditidimassa:funzionesostanzialeestrutturaprocessualeminima),�in�Riv.�Dir.�
Civ.,�1993,�I,�609;�Ponzanelli, 
�Class�action�,�tutela�deifumatori�e�circolazione�dei�modelli�giuridici,�in�
Foro�it.,�1995,�IV,�305;�Scuffi, 
Azione�collettiva�in�difesa�dei�consumatori:�legittimazione�e�tecnicheproces-
suali,�in�Giud.�pace,�1998,�317;�Rescigno, 
Sulla�compatibilita�tra�il�modello�processuale�delle�class�actions�
ediprincipifondamentali�dell'ordinamentogiuridico�italiano,�in�Giur.�it.,�2000,�2224;�Corapi, 
La�tutela�dei�
consumatori�e�degli�investitori�nel�diritto�statunitense:�class�actions�e�derivative�suits,�in�Rass.�Giur.�Energia�
Elettr.�2003,�401.�Sulla�derivative�action�statunitense�cfr.�anche�Bisogni,�La�derivative�action�nel�sistema�
digoverno�dellapublic�corporation,�in�Riv.�Dir.�Comm.,�1996,�I,�191.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

della�classe�(tutti�i�dipendenti�delle�Amministrazioni�cui�si�applica�il�Con-
tratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri)�al�fine�di�consen-
tire�l'aggregazione�della�stessa�e�la�soluzione�unificata�della�questione�contro-
versa�seriale�(interpretazione�delle�previsioni�del�CCNL�in�materia�di�inden-
nita�di�amministrazione�e�tredicesima),�senza�lasciare�sul�tappeto�pesanti�
�appendici��di�contenzioso�da�continuare�a�gestire.�

Circa�la�possibilita�di�considerare�le�azioni�rappresentative�uno�stru-
mento�costituzionalmente�necessario�(chiaramente�con�quegli�adattamenti�
che�consentano�all'operazione�di�trapianto�di�non�dare�luogo�a�rigetti�dovuti�
all'omesso�coordinamento�con�i�principi�fondamentali�del�sistema�proces-
suale�interno)�nonche�quella�di�superare�le�obiezioni�tecniche�mosse�dalla�
dottrina�tradizionale�in�relazione�alle�note�questioni�dell'inestensibilita�degli�
effetti�ultra�partes�del�giudicato�e�del�divieto�nostrano�di�quota�litis�si�
richiama�quanto�motivatamente�gia�osservato�in�altra�sede�(10).�

Qui�giova�ricordare�che,�contrariamente�a�quanto�erroneamente�ritenuto�
dall'opinione�dominante,�anche�negli�Stati�Uniti�(come�in�tutte�le�moderne�
democrazie�che�hanno�introdotto�lo�strumento�processuale)�si�e�posto�il�pro-
blema�del�possibile�contrasto�con�la�Costituzione�federale�(11)�delle�class�
actions�in�merito�alla�violazione�del�diritto�di�difesa�dei�membri��assenti��
della�classe.�La�questione�e�stata�risolta�dalla�Corte�Suprema�e�dal�Legisla-
tore�federale�con�l'introduzione�del�meccanismo�di�notice/opt-out�(con�la�cer-
tificazione�giurisdizionale,�che�viene�adeguatamente�ed�efficientemente�pub-
blicizzata,�si�attribuisce�la�qualita�di�parte�anche�ai�membri�della�classe�
�assenti�;�questi�ultimi�sono�rappresentati�dai�soggetti�che�procedono�su�
autorizzazione�del�giudice�ma�possono�essere�sempre�estromessi�dal�giudizio�
seriale�ove�lo�richiedano�nei�termini�stabiliti).�Peraltro,�recentissime�iniziative�
legislative�hanno�introdotto�nuovi�strumenti�(in�particolare�destinati�ad�
attecchire�sulle�questioni�di�competenza�e�sul�compenso�dei�legali)�volti�ad�
eliminare�quei�fenomeni�patologici�che�hanno�in�alcuni�casi�comportato�un�
uso�distorto�delle�class�actions�(12).�

In�Inghilterra,�viceversa,�gli�strappi�ai�principi�sono�stati�evitati�in�radice�
mettendo�a�punto�un�sistema�(che�per�la�verita�non�ha�nulla�o�poco�in�
comune�con�le�autentiche�class�actions�statunitensi,�canadesi�o�australiane)�
col�quale�si�consente�l'aggregazione�solo�degli�appartenenti�alla�classe�che

��������

(10)�Fava, 
L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�
e�nonche�Id.,�ClassActionsall'italiana:��Paesechevaiusanzachetrovi��(l'esperienzadeiprin-

cipali�ordinamenti�giuridici�stranieri�e�le�proposte�di�legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�

2004,�397.�

(11)�Il�V�Emendamento�della�Costituzione�federale�statunitense�(No�person�shall�be�
deprivedoflife,�liberty,�orpropertywithoutdueprocessoflaw)�prevede�il�principio�del�duepro-
cess�oflaw�che,�affinche�si�verifichi�la�produzione�degli�effetti�processuali�del�provvedimento�
giurisdizionale�nella�sfera�giuridica�del�soggetto�nei�cui�confronti�si�agisce,�impone�di�far�
acquistare�allo�stesso�la�qualita�di�parte�processuale.�

(12)�Class�Actions�Fairness�Act�2005,�firmato�dal�Presidente�Bush�il�18�febbraio�2005�
dopo�l'approvazione�definitiva�del�Senato�(10�febbraio�2005)�e�della�Camera�(17�febbraio�
2005),�in�www.law.cornell.edu.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

faccianoespressarichiestadiparteciparealgiudiziocollettivo``iscrivendosi''alliti-

gation�group�register�tenuto�presso�la�corte�che�procede�(management�court)(13).�

Passando�dal��poter�essere��all'�essere�,�allo�stato�in�Italia,�anche�dopo�
pronunce�come�quella�in�commento,�e��necessario�continuare�a��gestire��le�
�appendici��del�contenzioso�seriale�perche�,al�dila��del�giudizio�che�si�e��
chiuso�con�la�soluzione�giurisprudenziale��tendenzialmente�definitiva��sulla�
questione�di�fatto�o�di�diritto�comune�a�tutti�i�membri�della�classe,�restano�
incardinati�nel�sistema�processuale�tutti�gli�altri�processi�(solitamente�nume-
rosissimi)�che�devono�proseguire�e�che,�talvolta,�possono�anche�dare�luogo�
ad�esiti�sconcertanti�(14).�A�cio��si�aggiunga�che�nuovi�giudizi�possono�essere�
introdotti�in�relazione�a�pretese�per�le�quali�non�sono�ancora�decorsi�i�ter-
mini�di�prescrizione�e�di�decadenza.�

Questa�situazione�dovrebbe�essere�valutata�non�solo�in�relazione�all'effi-
cienza�del�sistema�processuale�considerato�nel�suo�complesso�e�all'opportu-
nita��di�evitare�contrasti�tra�pronunce�ma�anche�alla�luce�di�una�prospettiva�
economico-contabile�volta�al�contenimento�dei�costi�inutili�e�all'eliminazione�
di�sprechi�nell'uso�del�denaro�pubblico.�

Si�pensi�a�tutta�l'attivita��processuale�avente�un�contenuto�analogo�
(udienze,�atti�defensionali,�accertamenti,�notifiche,�provvedimenti�giurisdizio-
nali),�all'impegno�lavorativo�di�giudici�e�avvocati�gravanti�sul�bilancio�dello�
Stato,�ma�anche�alle�risorse�materiali�che�ruotano�direttamente�o�indiretta-
mente�attorno�all'espletamento�della�funzione�giurisdizionale�e�defensionale�
(carta,�energia�elettrica,�benzina...)�interessata�dalla��gestione�appendico-
lare��di�un�contenzioso��tendenzialmente�chiuso��e�che�si�limitano�solo�a�
riprodurre,�ripetere�e�ripercorrere�attivita��che�gia��si�sono�altrove�esaurite.�

Se�si�eliminasse�questo�sistema�a��carta�carbone��e�si�unificassero�in�un�
solo�contesto�tutte�le�attivita��richieste�per�la�ricerca�della�soluzione�proces-
suale�che�applichi�e�interpreti�la�normativa�rilevante�al�caso�seriale�concreto,�
tutte�queste�risorse�ed�energie�inutilmente�spese�potrebbero�essere�ricollocate�
e�utilizzate�per�migliorare�e�rendere�piu��efficiente�il�nostro�sistema�proces-
suale�interno.�

Peraltro,�ove�lo�strumento�non�sia�rimesso�solo�all'iniziativa�delle�asso-
ciazioni�di�consumatori�(15)�o�limitato�a�taluni�settori�(materia�societaria�e

��������

(13)�Per�i�dettagli�relativi�al�funzionamento�degli�strumenti�utilizzati�negli�Stati�Uniti,�in�
Canada,�in�Australia�e�in�Inghilterra�cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�

Contratto�e�Impresa,�2004,�166-226�nonche�Id.,�Class�Actions�all'italiana:��Paese�che�vai�

usanza�che�trovi��(l'esperienza�dei�principali�ordinamenti�giuridici�stranieri�e�le�proposte�di�

legge�n.�3838�e�3839),�Corriere�Giuridico,�2004,�397.�

(14)�Si�pensi�ai�decreti�ingiuntivi�ottenuti�da�taluni�dipendenti�allegando�la�sola�pronun-
cia�del�Tribunale�di�Pisa�9�gennaio�2004,�n.�726/03�che�aveva,�per�cos|��dire,��aperto�il�
filone�.�
(15)�La�limitazione�alla�materia�consumeristica�e��prevista�dai�disegni�di�legge�A.C.�3838,�
A.C.�3839�e�S�3058�citati�sub�nota�7.�
Si�e��gia��messo�in�evidenza�come�questo�aspetto�e��destinato�a�produrre�incertezze�applica-
tive�a�partire�dall'identificazione�del�campo�di�applicazione�della�normativa�approvanda�non�
soloperche�lanozionediconsumatorenone��affattoconsolidatamaancheperche�nonrisultano�
circoscrivibili,�tra�l'altro,�ne�la�materia�consumeristica�ne�i�poteri�rimessi�al�consumatore.�

Si�segnalano�due�dei��casi��processuali�recenti�piu��significativi.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

finanziaria)�(16)�ma�sia�fruibile�da�qualunque�parte�processuale�coinvolta�in�
contenziosi�di�natura�seriale,�dell'eventuale�introduzione�delle�azioni�rappre-
sentative�(class�actions)�nel�sistema�processuale�italiano�potrebbe�beneficiare�
anche�l'Avvocatura�dello�Stato�sia�in�termini�di�semplificazione�e�migliora-
mento�della�gestione�del�contenzioso�seriale�sia�per�le�accresciute�potenzialita�
di�chiusura�stragiudiziale�(17).

��������

Sulla�mancanza�di�chiarezza�e�consolidamento�della�nozione�di�consumatoresi�segnala�
che�la�Consulta�(ordinanza�16�luglio�2004,�n.�235,�in�Foro�It.,�2005,�I,�992),�dichiarando�
manifestamente�inammissibile�la�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�1469�bis�c.c.�
per�contrasto�con�l'articolo�3�Cost.�nella�parte�in�cui�non�include�nella�nozione�di�consuma-
tore�anche�il�beneficiario�non�contraente�della�polizza�infortuni�cumulativa�stipulata�dal�
datore�di�lavoro�titolare�di�un�autonomo�e�non�derivato�diritto�ai�vantaggi�dell'assicurazione,�
ha�correttamente�rimesso�la�soluzione�della�problematica�circa�l'equiparabilita�del�menzio-
nato�lavoratore�assicurato�al�consumatore�contraente�individuale�al�giudice�a�quo�(Trib.�
Napoli,�ordinanze�22�luglio�e�21�novembre�2002�nonche�11�marzo�e�29�aprile�2003�che�si�e�
commentato�in�L'estensione�della�necessariafacoltativita�delle�perizie�contrattuali�alle�polizze�
infortunicumulative:ilavoratoriassicuratisonoconsumatoriexart.�1469bisc.c.,�CorriereGiu-
ridico,�2003,�659)�che�non�aveva�nemmeno�tentato�di�dare�alla�norma�un'interpretazione�con-
forme�a�Costituzione�in�palese�violazione�dell'obbligo�di�verificare�la�praticabilita�di�vie�
ermeneutiche�costituzionalmente�orientate.�

Con�riferimento�all'incertezza�dei�rimedi�a�disposizione�del�consumatore�si�segnala�la�
vicenda�dei�rimborsi�dei�premi�R.C.A.�Le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte�(sentenza�
4�febbraio�2005,�n.�2207,�in�Foro�It.,�2005,�I,�1014),�interessate�con�l'ordinanza�17�ottobre�
2003,�n.�15538,�della�Sezione�III�(in�Foro�It,�2003,�I,�2938),�hanno�finalmente�ribaltato�l'o-
rientamento�espresso�nella�pronuncia�9�dicembre�2002,�n.�17475�della�Sezione�I.�Le�Sezioni�
Unite�hanno�affermato�che�il�consumatore�e�direttamente�tutelato�dalla�normativa�sulla�con-
correnza�ed�e�conseguentemente�legittimato�ad�agire�con�i�relativi�rimedi�risarcitori�ripren-
dendo�talune�considerazioni�gia�espresse�in�occasione�delle�dure�critiche�mosse�alla�pronun-
cia�17475/02�(cfr.�Fava,�L'importabilita�delle�class�actions�in�Italia,�cit.�177-183�nonche�Id.,�
Class�Actions�all'italiana...,�cit.�409-412�per�i�riferimenti�al�diritto�statunitense�e�comunitario�
nonche�alle�relative�applicazioni�giurisprudenziali�non�perfettamente�conosciuti�e/o�fraintesi�
dalla�sentenza�della�Cassazione�del�2002�che�pur�ad�essi�si�richiamava)�che,�viceversa,�era�
stata�accolta�favorevolmente�della�dottrina�quasi�unanime�(cfr.�Guizzi, 
Struttura�concorren-
ziale�del�mercato�e�tutela�dei�consumatori.�Una�relazione�ancora�da�esplorare,�in�Foro�It.,�
2004,�I,�479�afferma�che�l'interesse�del�consumatore�e�un��interesse�di�merofatto,�come�tale�
non�tutelabile�in�via�giurisdizionale�;�Castronovo,�Antitrust�e�abuso�di�responsabilita�civile,�
Danno�e�Resp.�2004,�469�e�Id.,�Responsabilita�civile�antitrust:�balocchi�e�profumi,�Danno�e�
Resp.�2004,�1165;�e�contrario�Libertini,�Ancora�sui�rimedi�civili�conseguenti�a�violazioni�di�
norme�antitrust,�Danno�e�Resp.,�2004,�933.�

(16)�Come�previsto�dalle�proposte�A.C.�4639�e�A.C.�4747.�
(17)�Lo�stesso�Avvocato�Generale�dello�Stato,�Avv.�Oscar�Fiumara,�ha�segnalato�alle�
Autorita�presenti�alla�cerimonia�del�suo�insediamento�tenutasi�il�25�ottobre�2005,�l'opportu-
nita�che�l'Avvocatura�dello�Stato�svolga�un�ruolo�chiave�nella�selezione�delle�cause�pilota�
(�un�cenno�va�fatto�alla�recente�esperienza�del�contenzioso�seriale�promosso�da�vaste�platee�di�
consumatori,�a�volte�per�effetto�di�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti�(si�pensi�alla�
vicenda�dei�rimborsi�dei�premi�assicurativi�in�materia�di�responsabilita�automobilistica),�o�in�
relazione�a�vicende�di�grande�impatto�sociale�(si�pensi�alla�tutela�del�risparmio�o�alla�tutela�
dellasaluteda�rischidimassa);alcunepropostelegislative�tendono�adintrodurrelostrumento�
della�class�action�allo�scopo�di�ridurre�icostiprocessuali�e�difavoriresoluzionirapide�egiuridi-
camente�omogenee:�in�tale�ambito�l'Avvocatura�dello�Stato,�per�le�descritte�sue�caratteristiche,�
oltre�cheprevenire�o�contenere�tali�tipi�di�contenzioso,�potrebbe�utilmente�intervenire�nella�deli-
catafasepreliminarediselezione�delle�causepilota�,�discorso�di�insediamento�dell'Avvocato�
Generale�dello�Stato,�Avv.�Oscar�Fiumara,�in�questa�Rassegna,�n.�2/2005).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Evitando�di�confondere�la�tutela�degli�interessi�diffusi�con�le�problemati-
che�legate�alla�risoluzione�unitaria,�omogenea�ed�efficiente�delle�questioni�di�
fatto�e/o�di�diritto�di�natura�seriale�(18),�sarebbe,�pertanto,�opportuno�mutare�
l'angolo�prospettico�di�analisi�e�di�studio�delle�azioni�rappresentative�conside-
rando�che�le�stesse�non�svolgono�esclusivamente�una�funzione�deterrente�nei�
confronti�di�pratiche�illecite,�scorrette�o�sleali�degli�operatori�professionali�
ma�costituiscono,�piu�generalmente,�un�efficace�ed�efficiente�strumento�di�
miglioramento�della�gestione�del�contenzioso�seriale.�In�tal�modo�si�dovrebbe�
considerare�la�possibilita�di�mettere�a�punto�un�disegno�di�legge�a�carattere�
piu�generale�e�trasversale�anche�attraverso�l'ausilio�e�l'interessamento�dei�sog-
getti�istituzionalmente�competenti�nella�gestione�del�contenzioso�seriale�dello�
Stato�che�potrebbero�apportare�un�prezioso�contribuito�in�considerazione�del-
l'unica�e�irripetibile�esperienza�maturata�da�anni�nel�settore.�

Si�ritiene�opportuno,�pertanto,�che�dopo�i�decisivi�passi�compiuti�nella�
semplificazione�amministrativa�e�le�ricerche�e�le�sperimentazioni�in�materia�
di�miglioramento�della�qualita�della�regolazione,�sia�giunto�il�momento�di�
cominciare�ad�interessarsi�degli�strumenti�di�semplificazione�processuale�per�
far�prepotentemente�sterzare�la�giustizia�italiana�verso�modelli�che�non�solo�
evitino�imbarazzanti�giudizi�di�condanna�dinanzi�alla�Corte�Europea�dei�
Diritti�dell'Uomo,�pesanti�esborsi�di�denaro�pubblico�per�irragionevole�
durata�del�processo�e�penalizzazioni�della�giustizia�italiana�(anche�arbitrale)�
nel�contesto�internazionale�da�sempre�additata�come�modello�patologico�di�
inefficienza�e�lungaggine,�ma�anche�che,�caratterizzandosi�per�l'efficientismo,�
l'eliminazione�dei�costi�inutili�e�la�riallocazione�delle�risorse�pubbliche,�com-
portino�un�innalzamento�della�competitivita�del�sistema�interno.�

Dott.�Pasquale�Fava�(*)�

Corte 
di 
Cassazione, 
Sezioni 
Unite 
Civili, 
sentenza 
13 
luglio 
2005, 
n. 
14698 
^Pres.V.�Carbone�^

Rel.�M.�LaTerza�^P.M.Domenico�Iannelli�^B.�C.�(Avv.�R.G.�Cipriani�e�B.�Lucia)c/Mini-

stero�della�Giustizia�(Avv.ti�dello�Stato�G.�D'Avanzo�e�P.�Fava,�estensore).�

L'indennita�dei�amministrazione�non�e�conteggiabile�ai�fini�della�tredicesima�mensilita�.�

L'art.�7�del�dlcps�25�ottobre�1946,�n.�263,�non�contiene�alcuna�previsione�di�omnicomprensivita�

della�tredicesima�anzi�depone�in�senso�contrario�come�confermato�dalla�volonta�delle�parti�con-

traenti�espressa�nelle�disposizioni�dei�CCNL�applicabili.�
�(Omissis)�Svolgimento�delprocesso�^Con�sentenza�del�10�luglio�2004�la�Corte�d'appello�

di�Firenze,�riformando�la�statuizione�resa�dal�Tribunale�di�Pisa�il�10�dicembre�2003,�rigettava�
la�domanda�proposta�da�V.B.�e�dagli�altri�dipendenti�del�Ministero�della�Giustizia�indicati�
in�epigrafe,�intesa�ad�ottenere�le�differenze�retributive�derivanti�dalla�inclusione�della�inden-

nita�di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita�.

��������

(18)�Lepericolosesovrapposizionielamancanzadeidovutidistinguosonoancorapresenti�
anchenelladottrinapiu�recente.�Cfr.�Rescigno,�L'introduzionedellaclassactionnell'ordinamento�

italiano.�Profili�generali,�in�Giur.�Comm.�2005,�I,�407�(�...se�ancora�non�puo�dirsi�introdotta�nel�

nostroordinamentolaclassactiondicuisidiscuteinquestoconvegno,tuttaviailriconoscimentodella�

tutelaprocessuale�degli�interessidiffusi�^esegnatamentedegliinteressiaiqualiprincipalmentesi�

rivolgelostrumento�della�classaction:�quellideiconsumatorideibenie�deiserviziprodottieprestati�

dalleimprese(dicuiunodegliesempipiu�importantie�appuntoquellodelrisparmiatorecheaffidaagli�

intermediariilpropriodenaroafinidiinvestimento)�hacompiutosignificativipassiavanti�).�

(*)�Procuratore�dello�Stato�presso�l'Avvocatura�Generale.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

La�Corte�territoriale�^negata�l'esistenza�nell'�ordinamento�di�un�principio�generale�di�
onnicomprensivita��della�retribuzione�ed�affermata�pero��la�necessita��di�verificare�se�una�
disposizione�specifica�di�fonte�primaria�imponesse�la�onnicomprensivita��della�tredicesima�
mensilita��^rilevava�che�l'art.�33�comma�terzo�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�prevedeva�
che,�in�relazione�alla�disciplina�della�tredicesima�mensilita��,�si�continuava�a�far�riferimento�
al�dlcps�n.�263�del�1946�e�successive�modifiche.�A�detta�disposizione,�soggiungevano�i�Giu-
dici�di�merito,�non�poteva�conferirsi�il�valore�di�fonte�legale,�ma�di�fonte�negoziale,�essendo�
richiamata�dal�C.C.N.L.,�secondo�la�tecnica�del�rinvio�materiale,�considerando�che�l'art.�69�
primo�comma�del�testo�unico�n.�165�del�2001�prevede�che�le�disposizioni�generali�e�speciali�
in�materia�di�pubblico�impiego�diventano��inapplicabili�a�seguito�della�stipulazione�dei�con-
tratti�collettivi�del�quadriennio�1994/1997�in�relazione�ai�soggetti�ed�alle�materie�dagli�stessi�
contemplate��di�talche�dovevano�considerarsi�definitivamente�abrogate�tutte�le�norme�di�
cui�sopra�dopo�il�rinnovo�contrattuale�per�il�quadriennio�successivo.�La�Corte�territoriale,�
contrariamente�a�quanto�affermato�dal�primo�Giudice,�escludeva�che�l'abrogazione�derivante�
dalla�stipula�del�secondo�contratto�collettivo�fosse�operativa�solo�se�enunciata�espressamente�
dalla�fonte�negoziale,�non�potendosi�affidare�alla�volonta��delle�parti�la�abrogazione�di�dispo-
sizioni�di�legge,�considerando�anche�la�definitiva�cancellazione�dall'ordinamento�della�disci-
plina�legale�previdente�alla�seconda�mandata�contrattuale,�per�riallineare�tutta�1a�normativa�
a�quella�dell'impiego�privato.�

La�stipula�del�C.C.N.L.,�in�tale�sistema�transitorio,�si�atteggia�a�mero�evento�da�cui�il�
citato�art.�69�del�d.lgs.�165/2001�fa�dipendere�l'effetto�abrogativo�delle�norme�generali�e�spe-
ciali�proprie�del��vecchio��pubblico�impiego,�per�cui.�da�quel�momento�in�poi�il�complesso�
delle�fonti�si�compendia�nelle�norme�di�cui�allo�stesso�d.lgs.�165/2001,�nelle�norme�codicisti-
che�sul�rapporto�di�lavoro,�nelle�norme�speciali�in�tema�di�lavoro�subordinato,�nelle�norme�
contrattuali�e�nelle�norme�di�legge�intervenute�medio�tempore�qualora�si�siano�definite�come�
non�derogabili�dal�contratto�collettivo�(art.�2�del�d.lgs.�165/2001).�

In�ogni�caso,�anche�ad�accedere�alla�diversa�ricostruzione�operata�dal�primo�Giudice,�
osservavano�i�Giudici�d'appello,�che�il�criterio�di�onnicomprensivita��enunciato�dall'art.�7�
del�dcps�n.�263�del�1946,�non�puo��ritenersi�rilevante�ai�fini�della�questione,�in�ragione�della�
sua�intrinseca�inattualita��,�perche�il�legislatore�dell'epoca,�nel�regolare�la�disciplina�della�gra-
tifica�natalizia,�oggi�tredicesima�mensilita��,�aveva�come�riferimento�una�struttura�della�retri-
buzione�del�tutto�diversa�da�quella�cui�deve�farsi�attualmente�riferimentoexart.�28del�

C.C.N.L.�1998/2001,�in�quanto�sicuramente�mancante�di�elementi�come�l'indennita��di�ammi-
nistrazione,�connotati�non�dal�nesso�di�corrispettivita��,�ma�dall'accessorieta��,�per�cui�il�citato�
art.�7�imporrebbe�di�applicare�il�criterio�di�onnicomprensivita��limitatamente�alle�voci�stipen-
diali�ivi�previste,�ossia�stipendio�e�indennita��di�caro�vita,�e�non�anche�ai�trattamenti�retribu-
tivi�introdotti�successivamente.�Passando�poi�ad�esaminare�la�indennita��di�amministrazione�
alla�luce�delle�disposizioni�contrattuali,�la�Corte�di�Firenze�affermava�che�nessuna�di�queste�
ne�imponeva�la�inclusione�nella�tredicesima�mensilita��,�ed�infatti�secondo�l'art.�33�comma�3�
del�C.C.N.L.�1998/2001,�come�modificato�dall'art.�17�comma�1�Idei�contratto�integrativo,�la�
medesima�viene�corrisposta�per�dodici�mensilita��,�ha�carattere�di�generalita��e�natura�fissa�e�
ricorrente,�caratteristiche�che�nulla�dicono�circa�la�sua�inclusione�nella�tredicesima.�Inoltre,�
l'art.�25�del�C.C.N.L.�integrativo�distingue�tra�retribuzione�base�mensile,�retribuzione�indivi-
duale�mensile�e�retribuzione�di�fatto�annuale,�disponendo�che�quest'ultima�e���costituita�dal-
l'importo�della�retribuzione�individuale�mensile�per�dodici�mensilita�,�cui�si�aggiunge�il�rateo�
della�tredicesima�mensilita�per�le�voci�corrisposte�anche�a�tale�titolo�.�Ed�ancora�l'art.�17�del�
C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�dispone�che�per�il�biennio�economico�2000/2001�l'indennita��
di�amministrazione�sia�considerata�utile�solo�agli�effetti�del�T.F.R.�e�del�preavviso.�
Infine�due�ulteriori�considerazioni�conducevano�ad�escludere�il�computo�della�indennita��
di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita��:�in�primo�luogo�il�fatto�che,�secondo�il�mede-
simo�C.C.N.L.,�solo�per�il�personale�penitenziario�la�medesima�dovesse�essere�erogata�per�
tredici�mensilita��,�ed�il�fatto�che�all'art.�21�del�successivo�C.C.N.L.�2002/2005�veniva�espres-
samente�previsto�che�gli�aumenti�stipendiali�erano�utili�anche�ai�fini�della�tredicesima,�men-
tre�per�gli�aumenti�della�indennita��di�amministrazione�mancava�una�previsione�analoga,
per�cui�gli�incrementi�dovevano�considerarsi�limitati�alle�dodici�mensilita��.�

Avverso�detta�sentenza�i�lavoratori�soccombenti�propongono�ricorso�affidato�a�due�
motivi�illustrati�da�memoria.�
Resiste�l'Avvocatura�dello�Stato�per�il�Ministero�di�Giustizia�con�controricorso.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Motivi�della�decisione�^Con�il�primo�motivo�si�denunzia�violazione�e�falsa�applicazione;�
degli�artt.�69�e�71�del�d.lgs.�165/2001,�dell'art.�1362�cod.�civ.�e�dell'art.�12�delle�preleggi,�per�
avere�la�sentenza�impugnata�affermato�che�l'art.�7�del�dlcps�n.�263�del�1946�era�stato�abro-
gato�ad�opera�dell'art.�69�primo�comma�del�d.lgs.�165/2001,�mentre,�sostengono�i�ricorrenti,�
con�il�testo�unico�del�2001�si�era�inteso�mitigare�l'effetto�abrogativo��a�cascata��di�cui�
all'art.�69�primo�comma,�attraverso�l'introduzione�del�successivo�art.�71,�per�cui�l'abroga-
zione�riguarderebbe�solo�le�norme�di�cui�agli�allegati�A)�e�B)�e�quindi�la�disposizione�del�
dlcps�n.�263�del�1946,�che�reca�il�sistema�di�calcolo�della�tredicesima�mensilita�,�non�sarebbe�
mai�stata�abrogata,�ne�esplicitamente�ne�implicitamente�per�incompatibilita�,�dal�momento�
che�e�proprio�la�norma�contrattuale�a�richiamarla.�

Con�il�secondo�motivo,�denunziando�violazione�e�falsa�applicazione�del�C.C.N.L.�del�
Comparto�Ministeri,�ai�sensi�dell'art.�63�del�d.lgs�n.�165�del�2001�e�difetto�di�motivazione,�
si�sostiene�che�la�base�di�calcolo�della�tredicesima�mensilita�e�la�retribuzione�individuale�
mensile,�la�quale�^secondo�il�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�^e�costituita�dalla�retribu-
zione�base�mensile�nonche�da�altri�eventuali�assegni�personali�a�carattere�fisso�e�continuativo�
comunque�denominati,�tra�cui�si�dovrebbe�ricomprendere�anche�l'indennita�di�amministra-
zione,�trattandosi�di�elemento�fisso�e�continuativo,�per�cui�avrebbero�errato�i�Giudici�di�
merito�a�ritenere�che�la�medesima�indennita�sia�esclusa�dalla��retribuzione�normale��sul�
rilievo�che�la�medesima�era�stata�inclusa�solo�in�alcuni�compensi�come�T.F.R.�e�preavviso,
l'art.�17�comma�12�del�C.C.N.L.�integrativo�98/2001,�perche�,al�contrario,detta�inclusione�
sarebbe�implicita�per�la�sua�natura�retributiva�normale.�

Il�ricorso�non�merita�accoglimento.�

1.�^Invero�per�decidere�la�questione�sottoposta�nella�presente�causa,�ossia�se�la�tredice-
sima�mensilita�debba�o�meno�essere�comprensive�della�indennita�di�amministrazione,�non�e�
necessario�affrontare�la�complessa�questione�relativa�alla�ritenuta�abrogazione�(censurata�
con�il�primo�motivo)�^ad�opera�dell'art.�69�del�d.lgs.�n.�165�del�2001�^dell'art.�7�del�dlcps�
del�25�ottobre�1946�n.�263,�ossia�della�disposizione�che,�secondo�la�prospettazione�dei�ricor-
renti,�sancirebbe�la�onnicomprensivita�della�tredicesima�mensilita�,�perche�,�anche�ad�esclu-
dere�la�permanenza�di�detta�disposizione�nell'ordinamento�come�fonte�legale,�la�previsione�
del�citato�art.�7�avrebbe�in�ogni�caso�valore�cogente�come�fonte�contrattuale,�perche�il�rela-
tivo�disposto�viene�espressamente�richiamato�dall'art.�33�comma�3�del�C.C.N.L.�integrativo�
1998/2001,�ossia�dal�contratto�collettivo�che�e�la�fonte�cui�l'art.�2�comma�3�del�d.lgs.�
165/2001�affida�in�via�esclusiva�l'attribuzione�dei�trattamenti�economici.�

2.�^Occorre�quindi�interpretare�il�disposto�dell'art.�7�del�dlcps�263/46,�cui�le�parti�stipu-
lanti�il�C.C.N.L.�hanno�fatto�riferimento�per�la�determinazione�della�tredicesima.�

Come�correttamente�rilevato�dai�Giudici�di�merito,�detto�art.�7�non�solo�noncontiene�
alcuna�previsione�di�onnicomprensivita�della�tredicesima,�ma�depone�addirittura�in�senso�
contrario.�Ed�infatti�dal�tenore�letterale�della�disposizione:��Detta�gratificazione,�commisu-
rata�al�trattamento�economico�complessivo�spettante�alla�data�suindicata�per�stipendio,�paga�o�
retribuzione�e�indennita�di�carovita,�escluse�le�quote�complementari,�va�corrisposta�per�intero�
alpersonale�inservizio...��si�desume�che�il�trattamento�economico��complessivo��a�cui�si�fa�
riferimento�non�e�tale�in�senso�assoluto,�ossia�non�e�comprensivo�di�tutto�quante�percepito,�
perche�in�questo�caso�non�vi�sarebbe�stata�necessita�di�precisare�gli�addendi�da�considerare,�
ma�e�quello�risultante�dal�totale�delle�due�somme�espressamente�indicate�ossia�stipendio,�
paga�o�retribuzione�(che�sono�termini�equivalenti�indicanti�il�trattamento�di�base,�che�ven-
gono�distinti�a�seconda�del�personale�di�riferimento,�come�si�rileva�dall'art.�1�del�medesimo�
dlcps)�e�indennita�di�carovita.�E�cio�non�solo�perche�contro�la�onnicomprensivita�della�for-
mula�milita�la�esplicita�esclusioni;�di�una�determinata�indennita�,�ossia�delle��quote�comple-
mentari�,�che�costituivano�maggiorazione�dell'indennita�di�carovita,�spettante�ad�alcuni�sog-
getti,�come�coloro�che�avevano�prole�minorenne,�o�genitori�inabili�a�carico�(cfr.�art.�2�d.lgs.�
luogotenenziale�21�novembre�1945�n.�722),�ma�anche�considerando�la�struttura�del�tratta-
mento�economico�del�personale�statale�vigente�all'atto�dell'entrata�in�vigore�del�citate�dlcps�
263/46,�il�quale�per�la�prima�volta�introdusse�la�tredicesima�mensilita�.�Orbene,�anche�nel�
contesto�in�cui�si�trovo�ad�incidere�la�disposizione�del�1946,�al�pr-i�di�quanto�avviene�attual-
mente,�nel�trattamento�economico�del�personale�statale�erano�incluse�^oltre�lo�stipendio,�o�
paga�o�retribuzione,�che�costituivano�il�trattamento�di�base�e�l'indennita�di�carovita�-anche�
altre�indennita�,�come�risulta�sia�dall'ari�4�del�medesimo�dlcps�263/46,�il�quale�precisa�chele�
nuove�misure�stipendiali�non�avevano�effetti��sulle�altre�indennita�ed�assegni�accessori�di�atti-
vita�di�servizio�comunque�denominati...�,�sia�dall'art.�5�che�fa�riferimento��all''assegno�perso-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

nale 
previsto 
dall'art. 
4 
del 
R.D. 
11 
novembre 
1923 
n. 
2395�.�Ossia,�all'entrata�in�vigore�del�
dlcps�n.�263�del�1946�la�retribuzione�del�personale�statale�constava�non�solo�del�trattamento�
di�base�e�dell'indennita��di�carovita,�ma�anche�di�indennita��e�di�assegni�accessori,�che�pero��
furono�esclusi�dal�computo�della�tredicesima�mensilita��ad�opera�del�citato�art.�7�del�dlcps,�
segno�quindi�che�prima�il�legislatore,�e�poi�le�parti�stipulanti�il�C.C.N.L.�che�ad�esso�hanno
fatto�riferimento,�la�intesero�computare�al�netto�delle�indennita��che�allora�venivano�erogate,�
e�quindi�in�misura�non�onnicomprensiva.�

Pertanto�il�suddetto�art.�7�del�dlcps�del�1946�conduce�ad�negare�la�inclusione�dell'inden-
nita��di�amministrazione�nella�tredicesima�mensilita��.�

3.�^La�conferma�si�trae�dalle�altre�disposizioni�dei�C.C.N.L.,�ossia�dal�C.C.N.L.�
1998/2001,�dal�C.C.N.L.�2002/2003�ed�anche�da�quello�integrativo,�parimenti�stipulato�dal-
l'Anni�il�16�febbraio�1999.�

Per�quanto�riguarda�le�disposizioni�in�materia�di�tredicesima,�l'art.�25�del�C.C.N.L.�inte-
grativo�16�febbraio�1999�distingue�tra��retribuzione�base�mensile��(composta�dal�valore�eco-
nomico�mensile�di�ciascuna�delle�posizioni�dell'area�e�dall'indennita��integrativa�speciale),
�retribuzione�individuale�mensile��(costi)�ulta�dalla�retribuzione�base�mensile,�dalla�retribu-
zione�individuale�di�anzianita��,�dalla�indennita��di�posizione�organizzativa,�ove�spettanti,�non-
che�dagli�altri�eventuali�assegni�personali�a�carattere�fisso�e�continuativo)�e��retribuzione�
globale�di�fatto�annuale�,�la�quale�e��costituita�dalla�retribuzione�individuale�mensile�per�
dodici�mensilita��,�cui�si�aggiunge�il�rateo�di�tredicesima��per�le�voci�che�sono�corrisposte�
anche�a�tale�titolo�.�Questa�espressione�conduce�ad�escludere,�contrariamente�a�quanto�
sostenuto�dai�ricorrenti,�che�la�tredicesima�si�debba�commisurare�alla��retribuzione�indivi-
duale�mensile��e�che�sia�quindi�comprensiva�^oltre�che�della�retribuzione�base�^anche�di�
tutti�gli�assegni�a�carattere�fisso�e�continuativo.�La�tredicesima�invero�si�distingue�dalla�retri-
buzione�individuale�mensile�perche�in�essa�vanno�computate�solo�le�voci�espressamente�pre-
viste,�di�talche�,�per�addivenire�all'accoglimento�della�pretesa�fatta�valere�dai�ricorrenti,�si�
dovrebbe�reperire�una�precisa�disposizione,�all'interno�del�C.C.N.L.,�che�prevedesse�la�inclu-
sione�della�indennita��di�amministrazione�nella�medesima�tredicesima�mensilita��.�

4.�^Siffatta�disposizione�non�e��pero��rinvenibile,�come�ha�giustamente�osservato�la�sen-
tenza�impugnata.�Infatti�secondo�l'art.�33�comma�3�del�C.C.N.L.�1998/2001,�come�modifi-
cato�dall'art.�17�comma�11�del�contratto�integrativo,�la�indennita��di�amministrazione�viene�
corrisposta�per�dodici�mensilita��,�ha�carattere�di�generalita��e�natura�fissa�e�ricorrente.�Il�
carattere�di�generalita��dice�solo�che�essa�deve�essere�corrisposta�a�tutti�i�dipendenti,�la�natura�
ricorrente�dice�che�deve�essere�corrisposta�con�la�medesima�cadenza�temporale,�mentre�la
natura�fissa�significa�che�la�medesima�e��parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione.�
Ed�ancora�l'art.�17�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001�dispone�che�per�il�biennio�economico�
2000/2001�l'indennita��di�amministrazione�sia�considerata�utile�agli�effetti�del�T.F.R.�e�del�
preavviso,�e�la�espressa�previsione�di�inclusione�dell'indennita��solo�in�queste�competenze,�
conduce�a�ritenere�che�la�medesima�si�intenda�esclusa�in�tutte�le�altre,�ed�in�particolare�
debba�essere�esclusa�dalla�tredicesima�mensilita��.�Lo�conferma�un�ulteriore�elemento�testuale�
che�si�nova�nel�C.C.N.L.�2002/2005.�e�precisamente�nella�tabelle�allegate�che�formano�parte�
integrante�del�testo�contrattuale,�dal�momento�che�nella�tabella�A)�vengono�fissati�gli�incre-
menti�mensili�della��retribuzione�gabellare��con�la�precisazione�che�i�medesimi�valgono�per�
tredici�mensilita��,�mentre�nelle�tabelle�C)�e�D)�vengono�fissati�gli�incrementi�mensili��dell'in-
dennita��di�amministrazione�,�distinti�per�ministeri,�con�la�precisazione�che�detti�incrementi�
valgono�per�dodici�mensilita��,�dimostrandosi�cos|��che�se�gli�aumenti�valgono�per�dodici�men-
silita��,�anche�l'indennita��medesima�non�puo��che�valere�per�dodici�mensilita��.�

Il�ricorso�va�quindi�rigettato.�

Stante�la�novita��della�questione,�si�compensano�tra�le�parti�le�spese�del�giudizio.�

P.Q.M. 
La�Corte�rigetta�il�ricorso�e�compensa�tra�le�parti�le�spese�del�giudizio.�
Cos|��deciso�in�Roma�il�9�giugno�2005�(omissis)�.�
Le 
difese 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato. 


Si�riportano�le�deduzioni�difensive�svolte�nel�controricorso�del�15�novembre�2004�
redatto�dall'Avv.�Pasquale�Fava,�controfirmato�dall'Avv.�Gabriella�D'Avanzo�(ct.�49709/04).�

�(Omissis)�In 
diritto 


1.�^Con 
ilprimo 
motivo 
di 
ricorso 
i�ricorrenti�chiedono�la�cassazione�e�la�riforma�della�
sentenza�impugnata�per�non�avere�la�Corte�d'Appello�riconosciuto�all'articolo�71�del�D.Lgs�

165/2001�l'efficacia�di��mitigare 
l'effetto 
abrogativo 
a 
cascata 
enunciato 
dall'articolo 
69�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�censura�e�infondata�per�le�seguenti�ragioni�

A)Ilrinviocontrattualeall'articolo7delD.Lgs.�C.P.C.N.263/46confermalatesidell'ir-

rilevanzadell'indennita�diamministrazioneaifinidelcomputo�della�tredicesima.�

Il�rinvio�compiuto�dall'articolo�33,�comma�3,�del�C.C.N.L.�integrativo�1998/2001,�
All.�A�maggio�,�(recante��Modalita�di�applicazione�dei�benefici�economici�previsti�da�disci-
pline�speciali��e�inserito�nel�Capo�I��Disposizioni�finali�e�transitorie��del�Titolo�V�del�con-
tratto)�all'articolo�7�della�normativa�del�1946�(�per�quanto�riguarda�la�disciplina�della�tredice-
simamensilita�sicontinuaafareriferimentoalD.Lgs.C.P.S.�25ottobre1946,�n.�263esucces-
sive�modificazioni�od�integrazioni�)�non�puo�consentire�di�affermare�l'esistenza�di�un�
principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione�ai�fini�del�calcolo�dell'indennita�di�ammi-
nistrazione�in�tredicesima,�in�quanto�si�tratta�di�una�tecnica�redazione�frequentemente�utiliz-

zata�dalla�contrattazione�collettiva�per�evitare�di�dove�riscrivere�il�testo�delle�disposizioni�
cui�cisirichiama.�
In�applicazione�dei�principi�di�ermeneutica�normativa�e�contrattuale,�risulta�evidente

che�la�normativa�cui�si�fa�riferimento�acquista�la�medesima�forza�della�disposizione�richia-
mante�e�deve�essere�inserita�nel�complesso�delle�disposizioni�del�contratto�collettivo�senza�
creare�rapporti�di�incompatibilita�che,�ove�sussistenti,�vanno�risolti�affermando�la�preva-
lenza�delle�previsioni�di�fonte�contrattuale,�in�conformita�ai�principi�di�contrattualizzazione�
e�privatizzazione�del�rapporto�di�lavoro�alle�dipendenze�dell'amministrazione�affermati�dal�

D.Lgs.�165/2001.�

In�altri�termini,�la�norma�viene�richiamata�dalla�stessa�fonte�negoziale�e�non�puo�essere�
interpretata�in�modo�incompatibile�con�le�disposizioni�della�contrattazione�collettiva�e�con�
quelle�del�D.Lgs�165/2001�che�impongono�un�accurato�controllo�da�parte�del�Ministero�del-
l'Economia�e�delle�Finanze�e�della�Corte�dei�Conti�in�relazione�al�rispetto�dei�tetti�di�spesa�
pubblica�stanziati�per�la�contrattazione�collettiva�(articoli�45�e�48)�e�che�fissano�il�principio�
che�l'attribuzione�di�trattamenti�economici�puo�avvenire�solo�mediante�contratti�collettivi�
(articolo�2,�comma�3).�

Si�ricordi,�difatti,�che�l'articolo�2,�3.�comma,�del�D.Lgs.�165/2001�stabilisce�che��l'attri-
buzione�di�trattamenti�economicipuo�avvenire�esclusivamente�mediante�contratti�collettivi�(la�
norma�riproduce�quella�contenuta�nell'art.�2�del�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�e�conferma�le�
analoghe�disposizioni�degli�artt.2�e�49�del�D.�Lgs�3�febbraio�1993,�n.�29,�e�della�legge�quadro�
sul�pubblico�impiego�29�marzo�1983,�n.�93,�nonche�aggiunge�che��le�disposizioni�di�legge,�
regolamenti�o�atti�amministrativi�che�attribuiscono�incrementi�retributivi�non�previsti�da�con-
tratti�cessano�di�avere�efficacia�a�far�data�dall'entrata�in�vigore�del�relativo�rinnovo�contrat-
tuale��sancendo�in�tal�modo�la�prevalenza�della�contrattazione�collettiva�su�qualsiasi�altra�
norma�ofonte�normativa�in�materia�di�trattamenti�economici�deipubblici�dipendenti).�

Peraltro,�la�prevalenza�della�contrattazione�collettiva�in�materia�di�trattamenti�econo-
mici�dei�pubblici�dipendenti�vuole�garantire�la�compatibilita�delle�pretese�economiche�con�
la�disponibilita�delle�necessarie�risorse�finanziarie�e�risponde,�quindi,�all'esigenza�diassicu-
rare�il�buon�andamento�e�l'imparzialita�dell'Amministrazione,�secondo�i�precetti�sanciti�dal-
l'art.�97�della�Costituzione,�tenuto�conto�che�il�procedimento�di�contrattazione�collettiva�

delineato�dall'art.�47�del�D.Lgs.�n.�165/2001�prevede�anche�l'intervento�governativo�e�il�con-
trollo�contabile�della�Ragioneria�Generale�dello�Stato�e�della�Corte�dei�Conti.�
A�conferma�dell'opzione�ermeneutica�che�impone�il�rinvio�di�natura�contrattuale�all'ar-
ticolo�7,�la�cui�disciplina�viene�richiamata�nei�limiti�della�compatibilita�con�le�disposizioni�

della�contrattazione�collettiva,�si�rappresenta�che�la�contrattazione�collettiva�non�potrebbe�

avere�ilpotere�di�disporre�degli�effettiabrogativi�dellaprecedente�disciplina�difonte�unilaterale�

gia�disposti�a�livello�di�normativa�primario�(dall'articolo�69�del�D.Lgs�165/2001).�Ne�potrebbe�
argomentarsi�diversamente�dalla�lettura�dell'articolo�71.�

L'articolo�69�del�D.Lgs.�165/2001�ha�stabilito�che�le�norme�generali�e�speciali�del�pub-
blico�impiego�vigenti�alla�data�del�13�gennaio�1994�e�non�abrogate�(espressamente�dal�testo�
unico�del�pubblico�impiego)�sono�inapplicabili�a�seguito�della�stipulazione�dei�contratti�col-
lettivi�del�quadriennio�1994-1997�e�cessano�di�avere�ef
fficacia�dal�momento�della�sottoscri-
zione�dei�contratti�collettivi�del�quadriennio�1998-2001.�L'effetto�abrogativo,�conformemente�
al�meccanismo�di�delegificazione�(qui�in�realta�di�tratta�di�autentica�deregolamentazione�in�
quanto�alla�fonte�pubblicistica�autoritativa�si�sostituisce�la�fonte�negoziale),�e�disposto�diret-
tamente�dal�decreto�legislativo�e�si�verifica�al�momento�della�stipulazione�dei�contratti�della�
seconda�tornata�che�costituiscono�il�mero�fatto�al�verificarsi�del�quale�si�producono�gli�effetti�
abrogativi.�Cio�non�e�contraddetto�dal�comma�3�dell'articolo�71�in�quanto�l'individuazione�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

delle�norme�da�disapplicare�in�quanto�incompatibili�con�la�stipula�dei�contratti�collettivi�
nazionali�(o�dei�contratti�quadro)�e�prevista�a�meri�effetti�ricognitivi�di�certezza�del�diritto�
e�non�ha�alcun�valore�costitutivo,�come�confermato�dal�primo�comma�dello�stesso�articolo�
che�prevede��rimangono�salvi�gli�ef
ffetti�di�quanto�previsto�dallo�stesso�comma�1�dell'articolo�
69�con�riferimento�all'inapplicabilita��delle�norme�incompatibili�con�quanto�disposto�dalla�con-

trattazione�nazionale�.�
Autorevole�dottrina�ha�rilevato�che�l'articolo�69�pone�la�disciplina�idonea�ad�assicurare�
la�graduale�sostituzione�del�regime�attualmente�in�vigore�nel�settore�pubblico�in�quanto�con�

esso��viene�previsto�un�regime�bifasico�collegato�all'intervento�della�contrattazione�collettiva�
perlosmantellamento�dellapregressaregolamentazionedelpubblico�impiego,�conlanonappli-
cazione�nella�prima�tornata�contrattuale�e�la�cessazione�di�efficacia�nella�seconda,�cos|��da�per-
mettere�un�atterraggio�morbido�del�lavoropubblico�nei�nuovi�territori�del�diritto�privato.�Infatti�
mentre�in�unaprimafase�la�normativapubblicistica�considerata�continua�a�trovareapplicazione�
per�i�soggetti�e�le�materie�non�regolamentate�dall'autonomia�collettiva, 
nella�successiva�viene�
meno�completamente��(RiccardI 
A., 
Il�rapporto�tra�fonti�unilaterali�e�contratto�collettivo,�
in�Diritto�del�Lavoro,�Commentario�a�cura�di�Carinci�F.,�2004,�173,�nonche�in�giurisprudenza�
TAR�Lazio,�Sez.�III,�13�novembre�1995,�n.�1783,�in�TAR,�1995,�4765;�TAR�Friuli�Venezia�
Giulia�3�luglio�1997,�in�Giur.�Mer.,�1998,�342;�TAR�Toscana,�Sez�II,�10�novembre�1998,�

n.�1043;�Corte�dei�Conti�Liguria,�Sez.�Giur.,�12�ottobre�1995,�n.�88,�in�Riv.�Corte�Conti,�
1995,�151;�TAR�Lazio,�Sez.�II,�10�novembre�1999,�n.�2151).�Ne�l'effetto�abrogativo�potrebbe�

essere�vanificato�dalla�contrattazione�collettiva�che�non�avrebbe�alcun�potere�di��disporre��del-

l'effetto�abrogativo,�dilazionando�l'effetto�abrogativo�ad�un�secondo�momento�in�modo�assoluta-

mente�contrastante�con�l'art.�69�(che�lega�irrimediabilmente�alla�seconda�tornata�contrattuale�

l'effetto�automatico�di�cessazione�di�efficacia�di�tutte�le�normepubblicistiche).�

Il�rapporto�esistente�tra�gli�articoli�69�e�71�e�stato�correttamente�impostato�dalla�dottri-

na�maggioritaria.��La�soluzione�delproblema�deve�essere�trovata�nellafunzione�della�norma�

che�va�rinvenuta�nelle�leggi�delega�e�nelle�vicende�storiche�nel�cui�contesto�essa�e��nata.�Per�

quanto�attiene�alle�deleghe�non�va�dimenticato�che�esse�hannofinalita��di�garantire�il�riordino�e�

il�coordinamento�delle�norme�gia��emanate,provvedendo�aduna�indicazione�espressa�delle�dispo-

sizioni�abrogate�a�seguito�della�sottoscrizione�dei�contratti�delperiodo�1994-1997�e�di�quelle�

che�hanno�cessato�di�produrre�effetti�dalla�sottoscrizione�della�seconda�tornata�contrattuale.�

Lo�scopo�e��evidentemente�quello�difare�ordine�racchiudendo�in�un�testo�normativo�le�disposi-

zionipubblicistichechegradualmentesonostateeliminate...�(l'articolo71)haunafinalita��mera-

mente�pratica�e�non�puo��essere�considerata�come�innovativa�del�meccanismo�previsto�dall'arti-

colo�69.�In�sostanza�l'articolo�71�e��una�disposizione�con�una�funzione��ricognitiva��che�non�

modifica�quanto�stabilito�dall'altra�norma.�In�definitiva,�la�disapplicazione�e�la�cassazione�di�

ef
fficacia�seguono�le�regole�previste�dal�secondo�e�dal�terzo�periodo�del�1�comma�dell'articolo�

69�(Speziale, 
Ilriordino�delregimetransitorio�efinalenelD.Lgs.�165/2001,in�Diritto�del�

Lavoro,�Commentario�a�cura�di�Carinci�F.,�2004,�183;�cfr.�anche�Talamo,�Il�D.Lgs.�

165/2001�fra�tradizione�e�discontinuita��:�Guida�ad�un�testo�unico�meramente�compilativo,in�

Lavoro�nelle�Pubbliche�Amministrazioni,�2001,�23�e�24).�
La�tesi�della�dottrina�maggioritaria�e�stata�seguita�anche�dalla�pronuncia�della�Corte�
d'Appello�di�Firenze�che�ha�espressamente�motivato�la�sua�posizione�a�differenza�delle�dom-
matiche�e�aprioristiche�affermazioni�del�giudice�di�prime�cure.�
�E�opinione�del�Collegio�che�la�regola�di�cui�al�D.Lgs.�c.p.s.�invocata�dagli�appellati�non�

abbia�valore�difonte�legale.�Essa,�infatti,�e��meramente�richiamata�dalla�disposizione�negoziale�

chenefaproprioilcontenuto�(secondounatecnicacontrattuale^c.d.�dirinviomateriale^dif-

fusissimaintemadicontrattazionenelpubblicoimpiegoprivatizzato)�edunque,sulpianodelle�

fonti,�il�criterio�di�computo�ivi�enunciato�con�riferimento�alla�tredicesima�mensilita��e��da�ritenersi�

come�derivante�da�una�norma�collettiva�e�non�da�una�fonte�legale.�Se�ne�ha�una�indiretta�con-

ferma�dalla�lettura�del�disposto�dell'art.�69,�primo�comma,�del�tu.�n.�165/2001�secondo�cui�le�

disposizionigeneraliespecialiinmateriadipubblico�impiego�diventano�inapplicabiliaseguito�

della�stipulazione�dei�contratti�collettivi�del�quadriennio�1994/1997�in�relazione�ai�soggetti�ed�

alle�materie�dagli�stessi�contemplati�,�definitivamente�risultando�abrogate�tutte�le�norme�di�cui�

sopra�con�l'intervento�del�rinnovo�contrattuale�per�il�quadriennio�successivo�ed�indipendente-
mente�dalla�coincidenza�di�materie�e�soggetti�(art.�69,�prima�comma,�cit�ult.�alinea).�

Noncondivide,�sulpunto,�la�CortequantoritenutodalTribunalesullabasedeldispostodel�
successivoart.71delD.Lgs.165/2001(ecioe��chel'abrogazionederivantedallastipulasecondo�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

contratto�collettivo�non�sarebbe�operativa�se�non�enunciata�espressamente�dalla�fonte�nego-

ziale),�dovendosi�escludere�lapossibilita�di�affidare�alla�volonta�dellaparti�contrattuali�la�deter-

minazione�sulla�abrogazione�di�disposizioni�di�legge,�tantopiu�in�ragione�della�definitiva�cancel-

lazione�dall'ordinamento�della�disciplina�legale�previgente�alla�seconda�mandata�contrattuale.�

Inrealta�quandol'articolo�71cit.�af
ffidaallacontrattazionelac.d.�disapplicazioneespressa�

assegna�alleparti�contrattuali�un�mero�compito�ricognitivo�che�nonpotra�condurre�mai�al�risul-

tatodalmantenimentodiregolelegaliche,secondoilprincipiogenerale�(art69cit)�siano�ope�

legis�abrogate.�

Quando�il�legislatore�della�riforma�delpubblico�impiego,�in�coerenza�con�la�valorizzazione�

massima�della�contrattualita�,�assegna�al�contratto�collettivo�la�funzione�abrogratrice�in�realta�

si�limita�a�ricollegare�al�verificarsi�di�unfatto�(stipula�del�primo�e�poi�del�secondo�contratto)�

glieffettiablativisulpianodellefonti,�senzaattribuireallepartinegozialialcunpotereinordine�

alla�individuazione�delle�norme�abrogate.�Questo,�per�altro,�si�ricava�agevolmente�se�il�sistema�

dellefontisileggenellasuacostruzionesistematica,poiche�daun�lato�ilprogetto�diprivatizza-

zione�presuppone�un�allineamento�della�normativa�a�quella�generale�sul�lavoroprivato�e�dall'al-

tro�sollecita�la�valutazione�del�ruolo�delle�regole�negoziali�alfine�di�realizzare�un�complesso�nor-

mativo�che,�superato�il�regime�transitorio,�coincida�con�lo�scopo�assegnato.�E�cioe�ricondurre�

leregolealloschemapropriodellavorosubordinato�tradizionale,�cioe�all'impiantolegaleecon-

trattuale�che�e�proprio�dell'impiego�privato,�mediante�la�graduale�abrogazione�della�normativa�

pubblicistica.�In�tale�contesto�e�coerente�che�il�legislatore�abbia�af
ffidato�la�definitiva�cancella-

zione�dall'ordinamento�delle�regole�^generali�e�speciali�^che�connotavano�il�rapporto�di�pub-

blico�impiego�all'intervento�della�seconda�mandata�contrattuale,�cioe�ad�un�fatto�significativo�

della�definitiva�composizione�degli�assetti.�Ma�la�stipula�del�contratto,�in�tale�sistema�transito-

rio,�nulla�innova�sul�piano�delle�fonti,�atteggiandosi�a�mero�evento�dal�quale�la�legge�(art�69�

cit.)fadipenderedeterminatieffettisulpiano�dellefonti;ditalche,�lospecifichinoomenole�

particontrattuali,�l'effettoabrogativo�dellenormegeneraliespecialipropriedel�vecchio�pub-

blico�impiego�deriva�direttamente�dalla�legge�(con�il�risultato�che,�da�quel�momento�in�poi,�il�

complessodellefontisicomponedellenormedicuialD.Lgs.�165/2001,�dellenormecodicistiche�

sul�rapporto�di�lavoro,�delle�norme�speciali�in�tema�di�lavoro�subordinato,�delle�regole�contrat-

tuali�e�delle�norme�di�legge�intervenute�medio�tempore�qualora�si�siano�definite�come�non�dero-

gabili�dal�contratto�(articolo�2�testo�unico�n.�165/2001).�

L'opinione�qui�espressa,�poi,�trova�una�conferma�testuale�nella�lettera�dell'art�71�cit.,�

quando�lanorma,�nelprevedereilmeccanismo�ricognitivo�dellefontiprimarieabrogate,�stabili-

sce�che�comunque��rimangono�salvi�gli�effetti�di�quanto�previsto�dallo�stesso�comma�1�dell'art�

69,�conriferimentoallainapplicabilita�dellenormeincompatibiliconquanto�disposto�dallacon-

trattazione�collettiva�nazionale�.�Il�che�significa�che�il�meccanismo�di�abrogazione�diventa�ope-

rativo�indipendentemente�dalla�attivita�di�ricognizione�operata�dallafonte�collettiva.�

Ma�vi�e�dipiu�,�perche�il�terzo�comma�dell'art.�71,�con�riferimento�alla�seconda�mandata�

contrattuale�(1998/2001)�e�dunque�all'evento�cui�la�legge�(art�69�cit)�ricollega�l'abrogazione�di

tutte�le�norme�speciali�e�generali,prevede�che�la�contrattazione�collettiva�debba�provvedere�alla�

disapplicazione�espressa�di�quelle�disposizioni�che�risultino�incompatibili�con�la�stipula�dei�con-

tratti�collettivi�nazionali�e�dei�contratti�quadro.�A�meno�di�non�cogliere�una�insanabile�contrad-

dizione�(poiche�tutte�le�norme�sono�abrogate�dalla�contrattazione�collettiva�e�dunque�non�vi�e�

ragione�di�valutare�alcuna�compatibilita�)�la�disposizione�in�esame�nonpuo�riferirsi�che�alle�sole�

ipotesi�(dicuiall'art.�2,�comma2,�delD.Lgs165/2001)�diinterventinormativipostiinessere�

medio�tempore��(Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004,�All.�C�feb-

braio).�

2.�^Con�il�secondo�motivo�di�ricorso�i�ricorrenti�chiedono�la�cassazione�e�la�riforma�della�
sentenza�impugnata�per�avere�la�Corte�d'Appello�interpretato�le�previsioni�del�C.C.N.L.�
Comparto�Ministeri�in�modo�da�escludere�la�rilevanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai�
fini�del�calcolo�della�tredicesima�in�violazione�del�principio�di�omnicomprensivita�della�retri-
buzione.�
La�censura�e�infondata�per�le�seguenti�ragioni�

B.�L'inesistenzadelprincipio�diomnicomprensivita�dellaretribuzioneeleapplicazionigiu-
risprudenziali�in�materia�di�tredicesima�mensilita�.�

Non�esiste�un�principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione. 
La�giurisprudenza�della�Suprema�Corte�ha�ripetutamente�affermato�(Cass.�S.U. 


5312/1979;�S.U.�5887/1981;�n.�3210/1982;�S.U.�1069/1984;�S.U.�1608/1989;�n.�5942/1991)�
che�la�definizione�della�misura,�delle�modalita�e�dei�termini�di�corresponsione�della�retribu-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

zione�e��affidata�alla�contrattazione�collettiva�e,�nell'ambito�di�questa,�all'autonomia�indivi-
duale�(�la�tantofavoleggiata�retribuzione�unitaria�non�esiste�(perche�)...�laddove�una�legge�non�
imponga,aifinidell'istitutodaessaregolato,�dicalcolaretuttiglielementidellaretribuzione...�
e�invece�rinvii,puramente�e�semplicemente�alla�nozione�di�retribuzione,�questa�deve�essere�intesa�
nella�misura�e�negli�elementi�gia�determinati�dalla�autonomia�collettiva�o,�in�difetto,�da�quella�
individuale,�o,�in�estrema�ipotesi,�dalgiudice�(art.�2099�c.c.)��Cass.�S.U.�1069/1984;�il�principio�
di�omnicomprensivita�,�pertanto,�puo��essere�applicato�esclusivamente��come�criterio�sussidia-
rio,�in�quanto�espressione�di�una�linea�di�tendenza�dell'ordinamento��(Cass.,�13�febbraio�1984,�

n.�1081)).
E�quindi�un�problema�di�interpretazione�della�volonta�contrattuale�accertare�il�significato�
delle�espressioni�di�volta�in�volta�utilizzate�quali��retribuzione�normale�,��retribuzione�globale�
difatto��(Cass.�1075/1984;�108/1984;�3672/1990;�3092/1996).�

Con�particolare�riferimento�all'individuazione�delle�voci�retributive�che�possono�fungere�
da�base�di�calcolo�per�la�tredicesima�mensilita�la�Cassazione,�affermando�la�prevalenza�della�
volonta��delle�parti,�ha�riconosciuto�l'assenza�in�materia�di�un�principio�di�omnicomprensi-
vita��(�Mancando�nel�nostro�ordinamento�giuridico�una�nozione�generale�di�retribuzione�onni-
comprensiva�ilproblema�della�commutabilita�di�una�voce�della�retribuzione�diretta�nelle�mensi-
lita�aggiuntive�(tredicesima�e�quattordicesima),�le�quali�hanno�origine�e�disciplina�esclusiva-
mente�contrattuale,�deve�risolversi�in�base�all'interpretazione�del�contratto�collettivo�ratione�
temporis;�pertanto�il�premio�aziendale,�che�il�contratto�collettivo�colleghi�all'effettiva�presta-
zione�di�lavoro,�non�puo�essere�incluso�nelle�mensilita�aggiuntive�per�il�solo�fatto�che�queste�
abbianonaturaretributiva,�maoccorrechel'inclusionesiaprevistaespressamentedalladisposi-
zione�contrattuale�che�disciplina�ilpremio�stesso�ovvero�risultiall'esito�dell'interpretazione�della�
disciplina�contrattuale�delle�mensilita�aggiuntive��Cass.�3�marzo�1987,�n.�2242,�Standa�c/�
Natali,�in�Mass.�Giur.�It.�1987;��La�nozione�dell'omnicomprensivita�della�retribuzione�e�confi-
gurabilenelvigenteordinamentononqualeprincipioinderogabile,�impeditivocometalediogni�
limitazione�della�retribuzione�stessa,�ma�soltanto�quale�tendenziale�criterio�di�giudizio�in�fun-
zione�supplementare,�ove�manchino�disposizioni�legali�o�contrattuali�che�regolino�la�materia;�
cio�vale�anche�in�relazione�agli�istituti�per�i�quali�la�legge�si�limita�ad�assumere�come�base�di�
computo�la�retribuzione�senza�nulla�disporre�sulla�regolabilita�degli�addendi,�ma�vale�a�maggior�
ragione�in�relazione�agli�istituti�di�origine�contrattuale�come�tali�rimessi,�come�nel�caso�della�
tredicesimaequattordicesimamensilita�,�allaliberadeterminazionedelleparti��Cass.�8�gennaio�
1981,�n.�175�Affinito�c/Cons.�Trasp.�Pubbl.�Napoli,�in�Not.�Giur.�Lav.,�1981,�70).�

Anche�la�Corte�d'Appello�di�Firenze�si�pone�sulla�stessa�linea�statuendo�che�La�Corte�
non�condivide�l'interpretazione�sistematicafornita�dal�Tribunale,�seppure�movendo�dalla�condi-
visionedelprincipiodidirittosecondocuinonappartieneall'ordinamentolavoristico�(privato�

o�pubblico�che�sia�il�rapporto)�un�criterio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione,�bens|�doven-
dosi,�di�volta�in�volta,�accertare�quale�sia�la�sorte�delle�singole�voci�retributive�(che�compongono�

iltrattamentocomplessivodell'impiegato)�aifinidelcalcolodeivariistituticontrattuali�(Corte�
d'Appello�di�Firenze�con�sentenza�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004;�All.�C.2.).�

Va�pertanto�fin�d'ora�precisato�che,�in�applicazione�della�menzionata�giurisprudenza�
della�Suprema�Corte�in�tema�di�inesistenza�del�principio�di�omnicomprensivita��,�dall'accerta-
mento�della�volonta��delle�parti�risulta�che�l'indennita��di�amministrazione�non�puo��essere�
computata�ai�fini�della�tredicesima�mensilita��in�quanto�la�contrattazione�collettiva�contiene�
inequivoche�affermazioni�in�questo�senso�(corresponsione�per�dodici�mensilita��;in�tredicesima�
vanno�sole�le�voci�espressamente�indicate;�la�corresponsione�per�tredici�mensilita��e��prevista�
solo�per�il�personale�penitenziario;�l'indennita��di�amministrazione�rileva�espressamente�solo�
per�altre�voci�indirette;�le�integrazioni�salariali�rilevano�ai�fini�della�tredicesima...).�

C.�La�disciplina�contrattuale�della�tredicesima�mensilita�^in�conformita�all'orientamento�
della�Suprema�Corte�sono�computabili�solo�le�voci�retributive�espressamente�indicate�da�specifi-

cheprevisioni�contrattuali�^l'indennita�diamministrazione�non�e�maimenzionata.�

E�necessario,�pertanto,�preliminarmente�individuare,�alla�luce�dell'orientamento�
costante�e�consolidato�della�Suprema�Corte�(che�afferma�l'inesistenza�del�principio�di�omni-
comprensivita��della�retribuzione),�la�disciplina�contrattuale�della�tredicesima�per�compren-
dere�quali�voci�retributive�sono�considerate�rilevanti�dalla�volonta��delle�parti�ai�fini�del�com-
puto�della�stessa.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'articolo 
25 
del 
C.C.N.L. 
sottoscritto 
il 
16maggio 
2001 
(All.�A.5.),�nell'ambito�della�
disciplina�della�struttura�della�retribuzione�stabilisce�che�la 
tredicesima 
(ricompressa�nella�

retribuzione�globale�di�fatto)�e� 
costituita 
esclusivamente 
dalle 
�voci 
che 
sono 
corrisposte 
anche 


a 
tale 
titolo�,�rendendo�evidente�che�rientrano�nel�computo�della�tredicesima�mensilita�solo�
quelle�voci�della�retribuzione�per�le�quali�esiste�un'espressa�disposizione�della�contrattazione�
collettiva�che�le�consideri�utili�ai�fini�del�computo.�

Una�siffatta�disposizione�e�del�tutto�assente�nella�contrattazione�collettiva,�che,�vice-
versa,�esprime�il�principiodellatendenzialeirrilevanza(salvopattuizionecontraria) 
deltratta-

mento 
accessorio 
aifini 
del 
computo 
della 
tredicesima 
per 
la 
quale 
rilevano 
esclusivamente 
le 


voci 
di 
natura 
stipendiale. 
Peraltro�l'articolo29del 
C.C.N.L.�sottoscritto�il�16�febbraio�1999�(All.�A.3.)�ha�previsto�
la�rilevanza,�ai�fini�della�tredicesima�mensilita�,�dei�soli�incrementi�salariali�ivi�previsti�(�gli 


stipenditabellariderivantidall'articolo2delC.C.N.L. 
stipulatoindata26luglio1996sono 


incrementati 
degli 
importi 
mensili 
lordi, 
per 
tredici 
mensilita� 
, 
indicati 
nelle 
allegate 
tabelle 
D 
e 


Dbis�;��le 
misure 
deglistipendi 
risultanti 
dall'applicazione 
delpresente 
contratto 
hanno 
effetto 
sulla 
tredicesima 
mensilita�...�).�

E�d'altra�parte�importante�rilevare�che�la 
contrattazione 
collettiva 
ha 
costantemente 
tenuti 
distinti 
gli 
incrementi 
economici 
afferenti 
alle 
voci 
stipendiali 
da 
quelli 
relativi 
all'inden-

nita� 
di 
amministrazione, 
precisando 
che 
le 
Amministrazioni 
avrebbero 
dovuto 
corrispondere 


questi 
ultimi 
solo 
per 
dodici 
mensilita� 
. 


Nelle�parti�economiche�dei�vari�contratti�collettivi�succedutisi�nel�tempo�(cfr.�gli�allegati 
sub 
(A)) 
le�parti�hanno�premurosamente�sempre�distinto�il�trattamenti�di�questi�incrementi�
della�retribuzione�indicando�la�precisa�volonta�di�escludere�la�rilevanza�di�quelli�relativi�alla�
tredicesima.�

Gia�nel�primo�contratto�(All.�A�gennaio�)�stipulato�il�16�maggio�1995�si�prevedeva�che�
solo�gli�incrementi�salariali�andavano�conteggiati�ai�fini�della�tredicesima�(�Le 
misure 
degli 


stipendirisultantidall'applicazionedelpresentecontrattohannoef
ffettosulla 
tredicesimamensi-

lita� 
�)�e�nulla�veniva�previsto�per�l'indennita�di�amministrazione.�

Il�successivo�contratto�(All.�A.2.)�stipulato�il�26�luglio�1997�conteneva�previsioni�ancora�
piu�chiare.�A�fronte�dell'espressa�rilevanza�ai�fini�della�tredicesima�degli�incrementi�salariali�
ivi�previsti�(�Gli 
incrementi 
stipendiali 
hanno 
effetto, 
inoltre, 
sugli 
altri 
istituti 
(tra�l'altro�la�
tredicesima)�indicatiall'art. 
32 
delC.C.N.L. 
stipulato 
in 
data16maggio 
1995��)�si�ribadiva�
l'assoluta�esclusione�dell'indennita�di�amministrazione�(�Le 
indennita� 
di 
amministrazione... 
sono 
incrementate,per 
dodici 
mensilita� 
, 
delle 
misure 
mensili 
lorde 
di 
cui 
all'allegata 
tabella 
B�).�
Anche�nel�contratto�del�16�febbraio�1999�(All.�A.3.)�mentre�all'articolo�29�si�ribadiva�la�
volonta�delle�parti�di�considerare�gli�incrementi�stipendiali�nel�calcolo�della�tredicesima�
(�Le 
misure 
degli 
stipendi 
risultanti 
dall'applicazione 
delpresente 
contratto 
hanno 
effetto 
sulla 
tredicesima 
mensilita� 
�),�nulla�veniva�previsto�per�gli�incrementi�relativi�l'indennita�di�ammi-
nistrazione�(�Allo 
scopo 
difavorire 
ilprocesso 
diperequazionedelle 
retribuzionicomplessiva-
mente 
spettanti 
al 
personale 
del 
comparto... 
gli 
importi 
delle 
indennita� 
di 
amministrazione... 


sono 
incrementati 
nelle 
misurepreviste 
nell'allegata 
tabella 
G��articolo�34).�
In�contratto�del�21�febbraio�2001�manteneva�la�differenziazione�tra�incrementi�stipen-

diali�(�Gli 
incrementi 
stipendiali 
di 
cui 
all'articolo 
2 
hanno 
effetto 
sugli 
altri 
istituti 
indicati 
all'articolo 
29 
del 
C.C.N.L. 
(tra�cui�la�tredicesima)�)�e�incrementi�all'indennita�di�ammini-
strazione�(qui�nulla�e�detto�ai�fini�della�tredicesima��Allo 
scopo 
difavorire 
ilprocesso 
dipere-
quazionedelleretribuzionicomplessivamentespettantialpersonaledelcomparto, 
gliimportidi 
cuiall'articolo33delC.C.N.L. 
sono 
incrementatinellemisureprevistenellatabella 
C�).�E�la�

stessa�volonta�negoziale�e�presente�nel�contratto�del�16�maggio�2001�(�L'indennita� 
di 
ammini-
strazione 
e� 
corrisposta 
per 
dodici 
mensilita� 
�).�

Peraltro,�giova�ricordare�che�anche�l'ultimo�C.C.N.L.�stipulato�il�12�giugno�2003�con-
ferma�l'assoluta�irrilevanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai�fini�del�calcolo�della�tredice-
sima�(�Gli 
stipendi 
tabellari 
sono 
incrementati 
degli 
importi 
mensili 
lordi, 
per 
tredici 
mensi-

lita�,...�articolo20; 
�Lemisuredeglistipendirisultantidall'applicazionedelpresentecontratto 


hanno 
effetto 
sulla 
tredicesima 
mensilita� 
��articolo�21;��Allo 
scopo 
difavorire 
ilprocedimento 


di 
perequazione 
delle 
retribuzioni 
complessivamente 
spettanti 
al 
personale 
del 
comparto, 
le 


misure 
attualmente 
vigenti 
dell'indennita� 
di 
amministrazione 
sono 
incrementate 
degli 
importi 
e 


per 
la 
decorrenza 
indicati 
nelle 
Tabelle 
c 
e 
D��articolo�22).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Anche�il�rinvio�dell'articolo�33,�comma�3,�del�C.C.N.L.�stipulato�il�16�maggio�2001�(che�
stabilisce��per 
quanto 
riguarda 
la 
disciplina 
della 
13.ma 
mensilita� 
si 
continua 
afare 
riferimento 
al 
D.Lgs. 
C.P.S. 
25 
ottobre 
1946, 
n. 
263 
e 
successive 
modificazioni 
ed 
integrazioni�All.�A.5.)�
non�puo�valere�a�consentire�il�computo�dell'indennita�di�amministrazione�nella�tredicesima,�
anzi 
avvalora 
l'opzione 
ermeneutica 
opposta.�Difatti,�come�correttamente�affermato�dalla�pro-
nuncia�della�Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004�(All.�C.2.),�il�men-
zionato�articolo�7,�istitutivo�della�tredicesima�nel�pubblico�impiego�(�Ai 
personali 
statali 
e� 
concessa, 
a 
titolo 
di 
gratificazione 
una 
tredicesima 
mensilita� 
da 
corrispondersi 
alla 
data 
del 
sedici 
dicembre 
di 
ogni 
anno. 
Detta 
gratificazione, 
commisurata 
al 
trattamento 
economico 
com-
plessivospettantealladatasuindicataperstipendio,pagaoretribuzioneeindennita� 
carovita, 
escluse 
le 
quote 
complementari, 
va 
corrisposta 
per 
intero 
al 
personale 
in 
servizio 
continuativo 
dal 
1" 
gennaio 
dello 
stesso 
anno�),�escludendo 
la�rilevanza�delle�quote 
complementari,�stabili-
sce�che�ai�fini�del�computo�della�tredicesima�avrebbero�potuto�avere�rilevanza�esclusivamente 
voci 
stipendiali 
unitamente�all'indennita�carovita�(unica�eccezione�nei�trattamenti�accessori).�
�Nel 
regolare 
la 
disciplina 
della 
gratifica 
natalizia 
(oggi 
tredicesima 
mensilita�
il 
legisla-
tore 
dell'epoca 
aveva 
come 
riferimento 
una 
struttura 
della 
retribuzione 
del 
tutto 
diversa 
da 
quella 
cui 
oggi 
deve 
farsi 
riferimento 
(art. 
28 
CCNL 
1998/2001), 
sicuramente 
mancate 
di 
ele-
menti, 
come 
quello 
di 
cui 
si 
discute, 
legati 
non 
alla 
diretta 
corrispettivita� 
della 
prestazione 
ma 
connotati 
da 
accessorieta� 
.S|� 
che, 
ove 
si 
volesse 
applicare 
la 
disciplina 
di 
cui 
all'art 
7 
del 
D.Lgs.n.263/1946,questafinirebbeperimporreilcriteriodiomnicomprensivita� 
limitatamente 
alla 
voce 
stipendiale 
(ed�indennita�di��caro�vita�)�ma�non�anche�ai�trattamenti�tempo�per�
tempo�intervenuti�a�corredare�il�trattamento�complessivo�o�poi�definitivamente�cristallizzati�
nell'unica�voce�della�quale�oggi�si�discute�(art.�34�CCNL�1994/1997).�Semmai,�ove�si�volesse�
attualizzare�l'interpretazione�della�disciplina�originaria�dettata�nel�1946,�dovra�prendersi�
atto�di�come�la�norma�escluda�dal�computo�per�la�gratifica�natalizia�le�c.d.�quote�comple-
mentari�e�dunque�quanto�non�appartenga�alla�voce�stipendiale.�Con�il�che�rimane�accertato�
che�la�regola�^materialmente�recepita�dalla�contrattazione�collettiva�^non�impone�il�com-
puto�della�indennita�accessoria�(e�di�quant'altro�non�sia�stipendio�in�sensi�tecnico)�nella�tre-
dicesima�mensilita���(Corte�d'Appello�di�Firenze�n.�824/04�del�29/6-10/197/2004,�All.�C.2.).�

L'orientamento�trova,�altres|�,�il�conforto�degli�orientamenti�degli�organi�tecnici.�

Anche�l'INPDAP,�con�l'informativa�n.�51�del�22�maggio�2002�(All.�D.1.),�relativa�alle�

�modalita� 
di 
computo 
dell'indennita� 
di 
amministrazione 
sulla 
base 
di 
calcolo 
della 
pensione 


per 
il 
personale 
del 
Comparto 
Ministeri�, 
finalizzata,�appunto,�a�fornire�chiarimenti�a�tutte�
le�Amministrazioni�pubbliche�statali�sul�trattamento�pensionistico�di�tale�emolumento,�ha�
affermato�la�natura�di�emolumento�accessorio�dell'indennita�di�amministrazione.�E�stato�
confermato�espressamente�che�l'indennita�di�amministrazione,�avendo�natura�di�retribuzione�
accessoria�^e�come�tale�non�sottoposto�ad�imposizione�contributiva�e�non�incluso�nell'e-
lenco�tassativo�di�cui�all'art.�15�L.�29�aprile�1976,�n.�117�^e�computabile�nella�quota�di�pen-
sione�di�cui�all'art.�13�lett.B) 
D.Lgs.�30�dicembre�1992,�n.�503.�In�ogni�caso�la�questione�
della�conteggibilita�dell'indennita�di�amministrazione�a�fini�pensionistici�si�pone�in�termini�
diversi�rispetto�a�quella�relativa�alla�tredicesima�in�quanto�non�primo�caso�il�dipendente�
�collabora��attraverso�la��contribuzione��e�nel�secondo�l'onere�economico�e�del�tutto�in�
capo�all'amministrazione.�

Acio�siaggiungacheanchel'ARAN,connotan.�12113del6/09/01(All.D.2.),hariba-
dito�che�l'indennita�di�amministrazione��pur 
avendo 
carattere 
di 
generalita� 
e 
continuita� 
, 
pre-

sentaconnotazionipeculiari,inquantoerogataperdodicimensilita� 
(adifferenzadeitrattamenti 


economicifondamentali 
che 
vengono 
corrispostiper 
tredicimensilita�)�.�

D.Leoriginistorichedell'indennita� 
diamministrazioneelasuadisciplinadifontecontrat-
tuale 
la 
conferma 
dell'irrilevanza 
aifini 
del 
calcolo 
della 
tredicesima. 


Al�fine�di�affermare�con�ancora�piu�certezza�l'assolta�irrilevanza�dell'indennita�di�ammi-
nistrazione�per�il�calcolo�della�tredicesima�e�necessario�fare�alcune�precisazioni�in�merito�
alla�struttura,�al�contenuto�e�alle�funzioni�dell'indennita�di�amministrazione,�come�risultanti�
dalla�contrattazione�collettiva.�

L'indennita�di�amministrazione�nasce�con�l'istituzione�del�comparto�Ministeri�e�la�sot-
toscrizione�del�C.C.N.L.�1994-1997�(cfr�l'articolo�34�recante��Disciplina�della�retribuzione�
accessoria��e�l'allegato�B�che�prevede�tale�indennita�quale��retribuzione�accessoria�mensile��


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

distinta�per�livello,�All.�A.1.)�che�riconosce�la�spettanza�della�predetta�indennita�accessoria,�
avente�carattere�di�generalita�e�continuita�,�nella�misura�indicata�dalla�specifica�disciplina�
legislativa,�contrattuale�ed�amministrativa�in�vigore�presso�ciascun�Ministero.�

Storicamente�l'innovazione�era�motivata�dall'allora�vigente�articolo�72,�comma�3,�del�
D.Lgs.�29/1993�che�prevedeva�che�con�la�sottoscrizione�dei�primi�contratticollettivi(eilpre-
detto�contratto�era�il�primo�C.C.N.L.�di�comparto)�erano�abrogate�le�disposizioni�che�preve-
devano�trattamenti�economici�accessori,�comunque�denominati,�a�favore�di�dipendenti�pub-
blici,�facendo�salvi�quei�trattamenti�economici�corrisposti�a�tutto�il�personale�in�maniera�
continuativa.�

L'indennita�di�amministrazione,�pertanto,�veniva�istituita�come�contropartita�dell'elimi-
nazione�dei�menzionati�trattamenti�accessori�e�la�sua�misura�fu�quantificata�sulla�base�dei�
compensi�mensili�percepiti�a�titolo�di�compenso�incentivante�collegato�alla�presenza�in�servi-
zio�e�di�altri�eventuali�trattamenti�accessori�in�atto�presso�le�singole�amministrazioni�del�
comparto.�L'indennita�ha�poi�mantenuto�un�collegamento�alla�presenza�in�servizio�in�quanto�
nei�periodi�di�assenza�per�malattia�il�dipendente�ha�diritto,�a�norma�dell'articolo�21�del�

C.C.N.L.�stipulato�il�16�maggio�1995�(All.�A.1.),�all'intera�retribuzione�fissa�mensile,�con�
esclusione�di�ogni�compenso�accessorio�comunque�denominato�(ad�eccezionedei�casi�di�
malattie�superiori�a�quindici�giorni�o�di�ricovero�ospedaliero�per�i�quali�al�dipendente�com-
pete�anche�il�trattamento�accessorio�di�cui�all'articolo�34�(l'indennita�di�amministrazione)).�
Sulla�base�della�natura�accessoria�di�tale�retribuzione�e�dello�stretto�collegamento�con�il�
vecchio�compenso�incentivante�tale�indennita�e�stata�da�sempre�corrisposta�dalle�ammini-
strazioni�per�dodici�mensilita�e�non�e�mai�stata�considerata�utile�ai�fini�del�calcolo�della�tre-
dicesima�mensilita�.�

Con�l'articolo�articolo�17�del�C.C.N.L.�Comparto�Ministeri�stipulato�il�16�maggio�2001,�
All.�A.5.�(che�modifica�l'articolo�33�del�C.C.N.L.�del�16�febbraio�1999),�pur�riconoscendosi�
il�carattere�generale�(corresponsione�a�tutti�i�dipendenti),�fisso�(la�misura�dell'indennita�e�
parametrata�a�criteri�oggettivi�di�determinazione)�e�ricorrente�(da�corrispondersi�periodica-
mente�con�la�medesima�cadenza�temporale)�dell'indennita�di�amministrazione,�si�e�espressa-
mente�previsto�che��l'indennita�di�cui�al�presente�articolo�e�corrisposta�per�dodici�mensilita���
sancendosi�l'irrilevanza�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�per�il�quale,�in�conformita�agli�
orientamenti�della�Cassazione�che�affermano�l'inesistenza�del�principio�di�omnicomprensi-
vita�,�opera�il�principio�per�cui�tutto�quello�che�non�e�espressamente�incluso�nel�calcolo�deve�
essere�escluso�dalla�tredicesima�(sul�punto�la�volonta�delle�parti�e�sovrana,�anche�perche�la�
previsioni�del�Testo�Unico�sul�Rapporto�di�Lavoro�alle�Dipendenze�dell'Amministrazione�
impongono�un'espressa�previsione�contrattuale�per�gli�aumenti�dei�trattamenti�economici�
negli�ambiti�dei�tetti�di�spesa�programmati).�

Peraltro,�il�comma�12�dell'articolo�17�del�C.C.N.L.�Comparto�Ministeri�stipulato�il�
16�maggio�2001,�All.�A.5.�(che�modifica�l'articolo�33�del�C.C.N.L.�del�16�febbraio�1999),�sta-
bilisce,�altres|�,�che�dal�1.�gennaio�2000�l'indennita�di�amministrazione�e�considerata�utile�
agli�effetti�di�cui�al�comma�1,�secondo�periodo�dell'articolo�3�del�C.C.N.L.�(che�si�riferisce�
all'indennita�di�buonuscita,�al�TFR�e�alla�indennita�di�licenziamento�(id�est�di�preavviso))�
escludendosi,�viceversa,�ogni�rilevanza�della�stessa�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima.�

Non�e�senza�significato�rilevare�come��il�CCNL1994/1997abbia�disposto,�avuto�riguardo�

allasolaindennita�dicompetenzadelpersonalepenitenziario,�chelamedesimadebbaesserecor-

rispostaper�tredici�mensilita�:�il�che�conferma�che�la�tecnica�contrattuale�usata�e�quella�di�inclu-

dere�o�escludere�esplicitamente�l'indennita�in�discussione�nella�tredicesima�mensilita��(Corte�

d'Appello�di�Firenze,�sentenza�29�giugno�2004�depositata�in�cancelleria�il�10�luglio�2004,�
All.�C.2.�e�All.�A.1.).�

Acio�si�aggiunga�che�nella�struttura�della�retribuzione�disciplinata�dall'articolo�25�del�

C.C.N.L.�del�16�maggio�2001�(All.�A.5.),�l'indennita�di�tredicesima�e�prevista�in�modo�del�
tutto�distinto�dal�rateo�di�tredicesima�mensilita�ed�e�sempre�esclusa�la�rilevanza�della�prima�
ai�fini�della�seconda.�In�particolare,�fermo�restando�il�principio�che�nella�tredicesima�reflui-
scono�solo��le�voci�che�sono�corrisposte�anche�a�tale�titolo�,�l'indennita�di�amministrazione�e�
considerata�altro�rispetto�alla�tredicesima,�sia�che�si�aderisca�all'opzione�che�cons1idera�che�
l'indennita�di�amministrazione�ricada�nel�novero�degli��altri�eventuali�assegni�personali�(di�
cui�alla�seconda�alinea),�sia�che�si�segua�la�soluzione�che�la�faccia�ricadere�all'interno�delle�
�indennita�contrattuali��(di�cui�alla�terza�alinea).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Pertanto,�sono�le�stesse�previsioni�della�contrattazione�collettiva�ad�escludere�l'operati-
vita�del�(comunque�inesistente)�principio�di�omnicomprensivita�della�retribuzione�con�riferi-
mento�all'individuazione�delle�voci�retributive�da�computarsi�ai�fini�della�tredicesima�in�
quanto�e�espressamente�stabilito�che�si�possano�considerare�solo�quelle�specificamente�
volute�delle�parti�e�non�risulta�alcuna�previsione�del�contratto�collettivo�che�menzioni�espres-
samente�l'indennita�di�amministrazione�a�tale�fine�(nel�quadro�della�regolamentazione�della�
�retribuzione�globale�di�fatto��(che�si�differenzia�dalla��retribuzione�base�mensile��e�dalla�
�retribuzione�individuale�mensile�)�il�C.C.N.L.�del�16�maggio�2001,�all'articolo�25,�specifica,�
viceversa,�che�il�rateo�di�tredicesima�deve�essere�aggiunto�solo�per�le�voci�che�siano�corrispo-
ste�anche�a�tale�titolo:��la�retribuzione�globale�difatto�annuale�e�costituita�dall'importo�della�
retribuzioneindividualemensileper12mensilita�,�cuisiaggiunge,�ilrateodellatredicesimamen-
silita�per�le�voci�che�sono�corrisposte�anche�a�tale�titolo�nonche�l'importo�annuo�della�retribu-
zione�variabile�e�delle�indennita�contrattuali,�comunque�denominate,�percepite�nell'anno�di�rife-
rimento�non�ricomprese�nel�secondo�alinea�,�All.�A.5.�

Per�tutto�quanto�sopra,�dall'analisi�delle�previsioni�della�contrattazione�collettiva,�
risulta�quanto�segue:�1.�sono�rilevanti�ai�fini�della�tredicesima�solo�quelle�voci�espressamente�
considerate�dalla�contrattazione�collettiva�(stipendio,�incrementi�stipendiali):�sono�espressa-
mente�escluse�le�quote�complementari�e�i�trattamenti�accessori,�salvo�espressa�pattuizione�
contraria;�2.�l'indennita�di�amministrazione�deve�essere�corrisposta�per�dodici�mensilita�(ad�
eccezione�del�personale�penitenziario);�3.�l'indennita�di�amministrazione�rileva�espressa-
mente�per�altre�voci�retributive�indirette�(TFR,�indennita�di�preavviso,�indennita�di�buonu-
scita)�ma�non�per�la�tredicesima;�4.�in�assenza�di�una�previsione�espressa�che�imponga�la�rile-
vanza�dell'indennita�di�amministrazione�ai�fini�del�calcolo�della�tredicesima�l'unica�opzione�
ermeneutica�praticabile�e�nel�senso�di�affermarne�l'assoluta�irrilevanza,�in�conformita�al�
principio�di�inesistenza�dell'omnicomprensivita�retributiva�nonche�a�quello�che�i�trattamenti�
economici�possono�essere�riconosciuti�solo�dal�contratto�collettivo�nei�limiti�dei�tetti�di�spesa�
preventivamente�fissati.�

Si�depositano�unitamente�alla�presente:�A)�Estratti�delle�disposizioni�citate�dei�contratti�
collettivi�nazionali�del�Comparto�Ministeri�A.1.�articoli�21,�29,�32�e�34�nonche�Tabella�I�del-
l'Allegato�B�del�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Nor-
mativa�1994-1997�e�Parte�Economica�1994-1995)�stipulato�il�16�maggio�1995;�A�febbraio�
Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Economica�
1996-1997)�stipulato�il�26�luglio�1996;�A�marzo�articoli�28,�29�e�33�del�Contratto�Collettivo�
Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Normativa�1998-2001�e�Parte�Economica�
1998-1999)�stipulato�il�16�febbraio�1999;�A�aprile�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�
Comparto�Ministeri�(Parte�Economica�2000-2001)�stipulato�il�21�febbraio�2001;�A�maggio�
articoli�17,�25�e�33�del�Contratto�Collettivo�Nazionale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�
Economica�2000-2001)�stipulato�il�16�maggio�2001;�A�giugno�Contratto�Collettivo�Nazio-
nale�di�Lavoro�Comparto�Ministeri�(Parte�Normativa�2002-2005�e�Parte�Economica�
2002-2003)�stipulato�il�12�giugno�2003;�B)�Legislazione�B�gennaio�Articolo�7�del�D.�Lgs.�

C.P.S.�25�ottobre�1946,�n.�263�(Gazzetta�Ufficiale�7�novembre�1946,�n.�253)��Nuovo�tratta-
mento�economico�dei�dipendenti�dello�Stato�e�dei�pensionati�;�B�febbraio�Articoli�2,�64,�
69,�71�del�D.Lgs�30�marzo�2001,�n.�165�(Gazzetta�Ufficiale�9�maggio�2001,�n.�106)��Norme�
generali�sull'ordinamento�del�lavoro�alle�dipendenze�delle�amministrazioni�pubbliche�;�C)�
Giurisprudenza�C.1.�Tribunale�di�Pisa,�sentenza�n.�726/2003�del�10�dicembre�2003�depositata�
il�9�gennaio�2004;�C�febbraio�Corte�d'Appello�di�Firenze,�sentenza�n.�824/2004�del�
29�giugno-10�luglio�2004.�D)�Note�D.1.�Informativa�INPDAP�6�settembre�2001��Indennita�
di�amministrazione�da�corrispondere�al�personale�comandato�;�D.2.�Informativa�ARAN�
22�maggio�2002��Modalita�di�computo�della�indennita�di�amministrazione�nella�base�di�cal-
colo�della�pensione�per�il�personale�del�comparto�ministeri�.�E)�Produzioni�dei�precedenti�
gradi�digiudizio.�Per�quanto�sopra�il�Ministero�della�Giustizia�ut�supra�rapp.to�e�dif.so�chiede�
all'Ecc.ma�Suprema�Corte�di�Cassazione�di�respingere�il�ricorso�in�quanto�del�tutto�infon-
dato�confermando�la�sentenza�impugnata�e�onerare�i�ricorrenti�delle�spese�processuali.�
Roma,�15�novembre�2004.�Pasquale�Fava,�Procuratore�dello�Stato�(Avv.�estensore);�
Gabriella�D'Avanzo,�Avvocato�dello�Stato�(Avv.�controfirmante)�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dossier 


In 
morte 
di 
un 
curatore 
fallimentare 


(Corte�Suprema�di�Cassazione,�Sezione�Tributaria,�sentenza�29�agosto�2005�n.�17461)�

Emerge,�in�primo�luogo,�dalla�annotata�decisione�che�la�Suprema�Corte�
ha�il�preciso�dovere�di�leggere�non�solo�la�copia�notificata�del�ricorso�e�la�
relativa�relata,�ma�anche�i�tentativi�di�notifica�precedenti.�Ovvio,�nel�caso,�e�
l'onere�di�produrli,�a�carico�del�ricorrente;�tuttavia�pensiamo�dover�aggiun-
gere,�in�ossequio�al�principio�di�autosufficienza,�che�il�ricorso�dovrebbe,�in�
normativa,�dare�conto�del�primo�tentativo�di�notifica,�tutte�le�volte�che�da�
esso�risulti�una�circostanza�tale�da�ampliare�il�termine�per�ricorrere�o�che�
comunque�influisca�sulla�ammissibilita�del�ricorso.�Tale�e�,�pacificamente,�la�
morte�del�Curatore�Fallimentare,�evento�interruttivo�che�comporta,�ai�sensi�
dell'art.�328�c.p.c.,�la�proroga�del�termine.�

Emerge�dalla�lettura�della�sentenza�revocata�che�in�essa�il�Collegio�non�ha�
percepito�ne�letto�il�primo�tentativo�di�notifica,�pure�contenente�un�atto�difede�
privilegiata�attestante�circostanze�di�fatto�utili�per�la�ammissibilita�del�ricorso.�

Sembra�quindi�che�le�circostanze�rilevanti�siano�state,�oltre�alla�non�con-
testazione�della�tempestivita�della�notifica,�che�per�regola�generale,�e�il�presup-
posto�dell'errore�di�fatto�(ogni�valutazione�richiesta,�e�omessa,�sul�punto�tra-
sformandosi�in�errore�di�diritto,�ex�112�c.p.c.,�quanto�meno)�la�non�menzione�
del�fatto�da�parte�del�Collegio�e�la�sua�documentazione�da�parte�dell'Avvoca-
tura.�L'errore�poi�cade�sul�fatto�(morte�del�Curatore)�non�sul�diritto�(tale�
sarebbe�stata�una�erronea�ma�incensurabile�decisione�che,�prendendo�in�con-
siderazione�l'evento�luttuoso,�non�ne�avesse�tratto�le�conseguenze�debite�ex�
art.�328,�co.�3,�c.p.c.).�

Interessante�anche�la�considerazione�della�S.C.�circa�il�mancato�esercizio�
di�una�attivita�critica�sul�fatto,�che�sembra�essere�una�migliore�definizione�
della��mancata�percezione��presupposto�della�via�revocativa.�

Avv.ti�Roberto�de�Felice,�Cinzia�Melillo�

La�controversia�e�stata�originata�dal�seguente�ricorso.�

Avvocatura 
generale 
dello 
Stato 
^Corte 
Suprema 
di 
cassazione 
^Ricorso 
per 
il 
Ministero 
delle 
Finanze. 


�(Omissis)�Con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accer-
tava�nei�confronti�della�fallita�ditta�in�oggetto�una�maggior�imposta�per�il�1981�di��.�

19.564.000�oltre�interessi�per��.�1.762.000�e�pene�pecuniarie�per��.�82.157.000,�per�un�totale�
di��.�103.483.500.�
LaCommissioneTributariadiIgradodi(...),�aditadalcuratore,neaccoglievalatesidell'�
illegittimita�di�tale�avviso�perche�posteriore�alla�dichiarazione�di�condono�automatico�
(art.�28�legge�n.�516/1982)�presentata�in�favore�del�contribuente�il�15�dicembre�1982;�e�la�

C.T.R.�di�Roma�respingeva�l'appello�dell'Ufficio�(fondato�sulla�nullita�dell'istanza�di�condono�
perche�riferita�al�solo�anno�1981�e�non�a�tutte�le�annualita�previste�dalla�norma�regolatrice).�
Tale�decisione,�presentandosi�ingiusta�e�lesiva�per�l'Amministrazione�ricorrente,�veniva�
da�questa�impugnata�per�cassazione�con�ricorso�notificato�il�12�aprile�1989,�ultimo�giorno�
utile,�nel�quale�pero�^com'e�poi�risultato�dalla�relata,�depositata�in�atti�^il�curatore�e�legale�
rappresentante�del�fallimento�era�deceduto.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Risultando�quindi�il�termine�di�impugnazione�prorogato,�ex.art.�328�c.p.c.,�di�sei�mesi�
da�tale�decesso,�e�quindi�dallo�stesso�12�aprile�1999,�dopo�la�nomina�del�nuovo�curatore�si�
ripropone�il�ricorso�di�legittimita�deducendo�il�seguente�motivo:�

Violazioneefalsaapplicazionedegliartt..16,26e28,3c.deld.l.n.429/1982,convertitoin.

legge.n..516/1982,.in.relazione.agli.artt..62.Dlgs..n..546/1992.e.360,.1.c..n..3.c.p.c..Omessa.o.

insufficiente.e.contraddittoria.motivazione.su.un.punto.decisivo.della.controversia.(in.relazione.

agli.artt..62.Dlgs..n..546/1992.e.360,.n..5,.c.p.c.)..

L'art.�28,�3.c.,�legge�n.�516/1982�prevede�una�definizione�automatica�dell'I.V.A.,�tra�l'al-
tro,�per�i�periodi�di�imposta�per�cui�non�siano�stati�notificati�avvisi�di�accertamento�o�di�ret-
tifica�(com'era�il�caso�alla�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�del�contribuente);�
in�tale�ipotesi�vanno�condonati�tutti.i.periodi.di.imposta.le�cui�dichiarazioni�sono�scadute�
entro�il�5�marzo�1982,�e�la�dichiarazione�integrativa�deve�contenere�a�pena�di�nullita�la�
richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�in�questione,�in�cui�sia�stata�
presentata�la�dichiarazione.�

La�sentenza�impugnata�ha�motivato�il�rigetto�dell'appello�affermando:�

1)�che�la�mancata�richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�previ-
sti�dall'art.�28,�3.c.,�non�comporta�la�nullita�della�definizione�semplice�(che�e�quella�di�cui�

all'art.�26),�per�la�quale�il�contribuente�puo�optare;�

2)�che�e�nullo�l'avviso�di�rettifica�successivo�alla�dichiarazione�integrativa�ex.art.�28;�

3)�che�la�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo�l'art.�16�legge�516/1982�in�
quanto�consente�la�notifica�di�accertamenti�in�rettifica�o�d'ufficio�sino�alla�presentazione�
della�dichiarazione�integrativa�e�non�sino�all'entrata�in�vigore�del�decreto�legge�n.�429/1982.�

In�proposito,�appare�anzitutto�assolutamente�fuori�luogo�il�richiamo�all'art.�16�della�
legge�in�esame,�come�pure�alla�sentenza�C.C.�n.�175/1986�che�lo�ha�dichiarato�incostituzio-
nale,�trattandosi�di�norma�relativa�alle�imposte�dirette�e�quindi�inapplicabile�all'I.V.A..�

In�secondo�luogo,�la�prima�e�la�seconda�affermazione�della�stessa�sentenza�sono�in�reci-
proca�insanabile�contraddizione,�perche��se�^come�pare�^si�vuole�affermare�che�comunque�
nel�caso�di�specie�non�e�pregiudicata�la�dichiarazione�semplice�(quella�di�cui�all'art.�26�legge�
cit.),�da�un�lato�si�sottintende�che�in�effetti�quella�automatica�nella�specie�mancasse�dei�
requisiti�di�cui�al�3.c.�dell'art.�28,�e�dall'altro�si�ricava�che�l'avviso�di�rettifica�presentato�suc-
cessivamente�alla�dichiarazione�integrativa�semplice�non�era�affatto�precluso,�come�emerge�
dall'art.�27,�se�invece�si�evidenzia�la�nullita�della�rettifica�successiva�alla�definizione�automa-
tica,�si�implica�che�quest'ultima�sussista�e�sia�valida,�il�che�e�stato�appena�negato.�

Comunque,�e�incontrovertibile�che�la�lettera�dell'art.�28,�3.c.�legge�cit.�prescrive�apena�
di�nullita�che�la�definizione�automatica�riguardi�tutti�i�periodi�d'imposta,�nessuno�escluso,�
antecedenti�alla�vigenza�della�legge�di�condono:�su�cio�vi�e�copiosa�giurisprudenza�(Cass.�

n.�8904/1992�e�6727/1995,�che�hanno�anzi�dichiarato�manifestamente�infondata�la�questione�
di�costituzionalita�sul�punto;�12818/1995,�12823/1995).�
Altrettanto�pacifico�e�che�il�contribuente�ha�invece�presentato�la�dichiarazione�solo�per�
il�1981;peraltro,pertaleannualita�vieneliquidatounimportodisole�.�214.000,�nettamente�
inferiore�a�quanto�dovuto�in�base�ai�criteri�di�calcolo�imposti�dalla�norma,�secondo�cui�l'im-
posta�da�versare�ai�fini�del�condono�doveva�essere�pari�alla�somma�del�2%�(o�del�4%�per�i�
�contribuenti�minori�)�dell'imposta�relativa�alle�operazioni�imponibili�e�del�2%�(o�4%)di�
quella�detraibile.�

In�ultimo,�e�sia�pure�in�via�del�tutto�residuale,�si�rileva�che�la�C.T.R.�ha�omesso�di�con-
siderare�che�l'ipotesi�di�definizione�semplice�di�cui�all'art.�26�non�puo�comunque�ricorrere�
perche��si�riferisce�a�fattispecie�in�cui�prima�della�dichiarazione�di�condono�siano�stati�notifi-
cati�accertamenti�o�rettifiche,�il�che�nella�specie�non�risulta�ne�e�stato�mai�neppure�dedotto;�
e�che�comunque,�anche�ove�ricorresse�tale�ipotesi,�mentre�verrebbe�comunque�a�cadere�qual-
siasi�ipotesi�di�nullita�dell'avviso�di�rettifica,�che�in�tal�caso�e�pienamente�consentito�dalla�
legge�come�conferma�lo�stesso�Giudice�d'appello,�esso�sarebbe�poi�del�tutto�corretto�perche��
sarebbe�di�nuovo�insufficiente�l'imposta�liquidata,�che�non�raggiunge�certamente�la�somma�
del�60%�della�maggiore�imposta�accertata�col�25%�di�quella�dovuta�in�base�all'originaria�
dichiarazione�(somma�che�nella�specie�si�aggira�sui�6�milioni�e�mezzo�di�lire)�(omissis).�

Roma,�15�giugno�1999�^Avvocato�dello�Stato�Cinzia�Melillo�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�ricorso�non�era�consegnato�al�Curatore,�l'ultimo�giorno�utile,�essendo�
questi�deceduto�poche�ore�prima�della�consegna.�Il�Giudice�Fallimentare�
provvedeva�alla�relativa�sostituzione�e�il�ricorso�era�quindi�notificato�al�
nuovo�Curatore�circa�tre�mesi�dopo.�

La�Suprema�Corte,�con�sentenza�della�Sezione�Tributaria�13�maggio�
2003,�n.�7320,�dichiarava�inammissibile�il�ricorso�cos|��motivando.�

�(Omissis)^Rilevato 
infatto 
e 
diritto 


che�con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accertava�nei�
confronti�del�fallimento�di�(...)�una�maggiore�imposta�per�il�1981�di�lire�19.564.000,�con�inte-
ressi�e�applicazione�delle�pene�pecuniarie;�

che�la�Commissione�tributaria�di�1.�grado�di�(...)�accoglieva�il�ricorso�del�contribuente�
perche�la�rettifica�era�stata�notificata�dopo�la�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�
automatico�(art.�28�della�legge�516/1982);�

che�la�Commissione�tributaria�regionale�del�Lazio,�con�la�sentenza�in�epigrafe�indicata,�
rigettava�l'appello�dell'Ufficio;�

che�propone�ricorso�per�cassazione�l'Amministrazione�finanziaria,�con�un�unico�artico-
lato�motivo;�

che�il�ricorso�risulta�proposto�oltre�il�termine�annuale�di�cui�all'art.�327�primo�comma�

c.p.c.�(sentenza�di�appello,�non�notificata,�pubblicata�il�25�febbraio�1998;�ricorso�dell'Ammi-
nistrazione�finanziaria�spedito�a�mezzo�del�servizio�postale�il�3�luglio�1999);�

che�il�ricorso�e��pertanto�inammissibile;�

che�non�vi�e��da�provvedere�sulle�spese�non�avendo�svolto�il�fallimento�intimato�attivita��

difensiva�in�questa�sede;�

P. 
Q.M. 
Dichiara�l'inammissibilita��del�ricorso. 
Roma,�11�novembre�2002�. 
Seguiva�pertanto,�non�senza�perplessita�,�il�ricorso�per�revocazione�del-
l'Avvocatura�Generale.�

�(Omissis) 
Con�la�sentenza�in�epigrafe�la�S.C.�ha�dichiarato�inammissibile�il�ricorso�

R.G.�n.�14371/1999,�notificato�il�12�aprile�1999�e�poi�il�3�luglio�1999�dal�Ministero�delle�
Finanze,�Ufficio�IVA�di�(...),�nel�quale�si�esponeva�quanto�segue.�
Con�avviso�di�rettifica�notificato�il�4�luglio�1983�l'Ufficio�IVA�di�(...)�accertava�nei�con-
fronti�della�fallita�ditta�in�oggetto�una�maggior�imposta�per�il�1981�di��.�19.564.000�oltre�
interessi�per��.�1.762.000�e�pene�pecuniarie�per��.�82.157.000,�per�un�totale�di��.�103.483�500.�

La�Commissione�Tributaria�di�I�grado�di�(...),�adita�dal�curatore,�ne�accoglievalatesi�
dell'illegittimita��di�tale�avviso�perche�posteriore�alla�dichiarazione�di�condono�automatico�
(art.�28�L.�n.�516/1982)�presentata�in�favore�del�contribuente�il�15�dicembre�1982;�e�la�

C.T.R.�di�Roma�respingeva�l'appello�dell'Ufficio�(fondato�sulla�nullita��dell'istanza�di�con-
dono�perche�riferita�al�solo�anno�1981�e�non�a�tutte�le�annualita��previste�dalla�norma�regola-
trice).�
Tale�decisione,�presentandosi�ingiusta�e�lesiva�per�l'Amministrazione�ricorrente,�veniva�
da�questa�impugnata�per�cassazione�per�violazione 
efalsa 
applicazione 
degli 
artt 
16, 
26 
e 
28, 
3.c. 
del 
d.l. 
n 
429/1982, 
convertito 
in 
legge 
n. 
516/1982, 
in 
relazione 
agli 
artt. 
62 
Dlgs. 


n. 
546/1992e360,. 
1.c. 
n.3c.p.c., 
eperomessao 
insufficienteecontraddittoriamotivazione 
su 
un 
punto 
decisivo 
della 
controversia 
(in 
relazione 
agli 
artt. 
62 
Dlgs. 
n. 
546/1992 
e 
360, 
n. 
5, 


c.p.c.),�con�le�seguenti�testuali�argomentazioni.�

L'art.�28,�3.c.,�legge�n.�516/1982�prevede�una�definizione�automatica�dell'I.V.A.,�tra�l'al-
tro,�per�i�periodi�di�imposta�per�cui�non�siano�stati�notificati�avvisi�di�accertamento�o�di�ret-
tifica�(com'era�il�caso�alla�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�del�contribuente);�
in�tale�ipotesi�vanno�condonati�tutti�i�periodi�di�imposta�le�cui�dichiarazioni�sono�scadute�
entro�il�5�marzo�1982,�e�la�dichiarazione�integrativa�deve�contenere�a�pena�di�nullita��la�
richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�in�questione,�in�cui�sia�stata�
presentata�la�dichiarazione.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

La�sentenza�impugnata�(C.T.R.�Roma,�n.�398/15/1997,�dep.�il�25�febbraio�1998)�ha�
motivato�il�rigetto�dell'appello�affermando:�

1)�che�la�mancata�richiesta�di�definizione�automatica�per�tutti�i�periodi�di�imposta�previ-
sti�dall'art.�28,�3.c.,�non�comporta�la�nullita�della�definizione�semplice�(che�e�quella�di�cui�
all'art.�26),�per�la�quale�il�contribuente�puo�optare;�

2)�che�e�nullo�l'avviso�di�rettifica�successivo�alla�dichiarazione�integrativa�ex�art.�28;�

3)�che�la�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo�l'art.�16�L.�516/1982�in�quanto�
consente�la�notifica�di�accertamenti�in�rettifica�o�d'ufficio�sino�alla�presentazione�della�
dichiarazione�integrativa�e�non�sino�all'entrata�in�vigore�del�decreto�legge�n.�429/1982.�

In�proposito,�appare�anzitutto�assolutamente�fuori�luogo�il�richiamo�all'art.�16�della�
legge�in�esame,�come�pure�alla�sentenza�C.C.�n.�175/1986�che�lo�ha�dichiarato�incostituzio-
nale,�trattandosi�di�norma�relativa�alle�imposte�dirette�e�quindi�inapplicabile�all'I.V.A..�

In�secondo�luogo,�la�prima�e�la�seconda�affermazione�della�stessa�sentenza�sono�in�reci-
proca�insanabile�contraddizione,�perche�se�^come�pare�^si�vuole�affermare�che�comunque�
nelcaso�di�specienon�e�pregiudicata�la�dichiarazione�semplice�(quella�di�cui�all'art.�26�legge�
cit.),�da�un�lato�si�sottintende�che�in�effetti�quella�automatica�nella�specie�mancasse�dei�
requisiti�di�cui�al�3.c.�dell'art.�28,�e�dall'altro�si�ricava�che�l'avviso�di�rettifica�presentato�suc-
cessivamente�alla�dichiarazione�integrativa�semplice�non�era�affatto�precluso,�come�emerge�
dall'art.�27,�se�invece�si�evidenzia�la�nullita�della�rettifica�successiva�alla�definizione�automa-
tica,�si�implica�che�quest'ultima�sussista�e�sia�valida,�il�che�e�stato�appena�negato.�

Comunque,�e�incontrovertibile�che�la�lettera�dell'art.�28,�3.c.,�legge�cit.�prescrivea�pena�
di�nullita�che�la�definizione�automatica�riguardi�tutti�i�periodi�d'imposta,�nessuno�escluso,�
antecedenti�alla�vigenza�della�legge�di�condono:�su�cio�vi�e�copiosa�giurisprudenza�(Cass.�

n.�8904/1992�e�6727/1995,�che�hanno�anzi�dichiarato�manifestamente�infondata�la�questione�
di�costituzionalita�sul�punto;�12818/1995;�12823/1995).�
Altrettanto�pacifico�e�che�il�contribuente�ha�invece�presentato�la�dichiarazione�solo�per�
il�1981;peraltro,pertaleannualita�vieneliquidatounimportodisole�.214.000,�nettamente�
inferiore�a�quanto�dovuto�in�base�ai�criteri�di�calcolo�imposti�dalla�norma,�secondo�cui�l'im-
posta�da�versare�ai�fini�del�condono�doveva�essere�pari�alla�somma�del�2%�(o�del�4%�per�i�
�contribuenti�minori�)�dell'imposta�relativa�alle�operazioni�imponibili�e�del�2%�(o�4%)di�
quella�detraibile.�

In�ultimo,�e�sia�pure�in�via�del�tutto�residuale,�si�rileva�che�la�C.T.R.�ha�omesso�di�con-
siderare�che�l'ipotesi�di�definizione�semplice�di�cui�all'art.�26�non�puo�comunque�ricorrere�
perche�si�riferisce�a�fattispecie�in�cui�prima�della�dichiarazione�di�condono�siano�stati�notifi-
cati�accertamenti�o�rettifiche,�il�che�nella�specie�non�risulta�ne�e�stato�mai�neppure�dedotto;�
e�che�comunque,�anche�ove�ricorresse�tale�ipotesi,�mentre�verrebbe�comunque�a�cadere�qual-
siasi�ipotesi�di�nullita�dell'avviso�di�rettifica,�che�in�tal�caso�e�pienamente�consentito�dalla�
legge�come�conferma�lo�stesso�Giudice�d'appello,�esso�sarebbe�poi�del�tutto�corretto�perche�
sarebbe�di�nuovo�insufficiente�l'imposta�liquidata,�che�non�raggiunge�certamente�la�somma�
del�60%�della�maggiore�imposta�accertata�col�25%�di�quella�dovuta�in�base�all'originaria�
dichiarazione�(somma�che�nella�specie�si�aggira�sui�6�milioni�e�mezzo�di�lire).�

Il�ricorso�era�notificato�il�12�aprile�1999,�ultimo�giorno�utile,�nel�quale�pero��^com'e��poi�
risultato�dalla�relata,�l'allora�curatore�e�legale�rappresentante�delfallimento�Avv.�(...)�era�dece-
duto:�pertanto�la�difesa�erariale,�risultando�il�termine�di�impugnazione�prorogato,�ex�art.�328�
c.p.c.,�diseimesidataledecesso,�equindidallostesso12�aprile1999,�dopolanominadelnuovo�
curatore�riproponeva�il�ricorso�di�legittimita��notificandolo�il�3�luglio�1999,�e�depositando�insieme�
adesso�anche�ilprecedente�atto�notificato�con�la�relata�attestante�il�decesso�nello�stesso�giorno�
delprecedenteprocuratore�domiciliatario.�

La�pronuncia�della�S.C.,�tuttavia�ha�dichiarato�il�ricorso�inammissibile�per�decorso�del�
termine�lungo�ex�art.�327�c.p.c.,�senza�alcun�cenno�alla�notifica�del�12�aprile�1999�ne�alcuna�
motivazione�sul�diniego�dell'applicazione�dell'art.�328�c.p.c.,�cos|�mostrando�chiaramente�di�
non�aver�percepito�la�reale�situazione,�avendo�probabilmente�solo�messo�a�confronto�la�data�
di�deposito�della�sentenza�impugnata�sulla�prima�pagina�del�ricorso�e�la�data�di�notifica�sul-
l'ultima,�senza�pero��leggere�il�ricorso�stesso�ne�gli�atti�con�esso�depositati.�

Essa�appare�pertanto�affetta�da�errore�revocatorio�per�il�seguente�motivo:�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Erronea�supposizione�dell'intervenuto�decorso�del�termine�ex�art.�327�c.p.c.�alla�data�del�

3�luglio�1999,�ed�erronea�supposizione�dell'inesistenza�della�proroga�di�tale�termine�ex�art.�328,�

3.c.,c.p.c.�(inrelazioneall'art.395,n.�4c.p.c.).�

Erroneamente�la�pronuncia�ha�ritenuto�inammissibile�il�ricorso�sol�perche�notificato,�
per�la�seconda�volta�il�3�luglio�1999,�dopo�che�(in�circostanze�normali)�sarebbe�decorso�il�ter-
mine�lungo�ex�art.�327�c.p.c.�dal�deposito�della�sentenza�d'appello�(25�marzo�1998),�senza�
tenere�in�conto�che�invece�il�ricorso�doveva�ritenersi�tempestivo�in�base�alla�proroga�di�tale�
termine�disposta�dell'art.�328�dello�stesso�Codice�e�alla�prima�notifica�tempestivamente�ten-

tata�l'ultimo�giorno�utile,�12�aprile�1999.�

Infatti�a�tale�data,�successiva�al�decorso�dei�sei�mesi�dalla�pubblicazione�della�sentenza�
(di�cui�al�3.c.�dell'art.�328),�si�era�verificato�l'evento�interruttivo�costituito�dalla�morte�del�
procuratore�costituito,�equiparato�a�quelli�ex�art.�299�c.p.c.�(richiamati�dall'art.�328)�ad�
opera�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�41/1986:�pertanto,�come�vuole�il�3.c.�del-
l'art.�328,�il�termine�di�cui�all'art.�precedente�(=327)�doveva�intendersi�prorogato�per�tutte�
le�parti�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�e�la�notifica�del�3�luglio�1999�era�tempestiva.�
Si�ripropongono,�comunque,�i�motivi�del�ricorso�per�cassazione�come�esposti�nelle�pagg.�
1-2�del�presente�ricorso.�

P.Q.M.Voglia�codesta�Suprema�Corte�revocare�la�propria�sentenza�n.�7320/03�(omissis).�

Roma,�23�luglio�2003�^Avvocato�dello�Stato�Cinzia�Melillo�.�

E�utile�riportare�anche�la�memoria�d'udienza.�

�(Omissis)�Con�ilricorso�in�esamesie�chiesta�la�revocazione�della�sentenza�della�S.C.�
indicata�in�epigrafe,�in�quanto,�nel�dichiarare�inammissibile�perche�tardivo�il�ricorso�per�cas-

sazione�notificato�il�3�luglio�1999�avverso�la�sentenza�della�C.T.R.�di�Roma,�n.�398/15/1997,�
depositata�il�25febbraio�1998,�appariva�resa�sul�presupposto,�implicito�e�non�oggetto�di�
alcuna�motivazione�ne�infatto�ne�tanto�meno�in�diritto,�che�nessun�evento�idoneo�a�prorogare�
i�termini�si�fosse�verificato,�mentre�invece�era�intervenuta�dal�12�aprile�1999,ultimogiorno�
del�termine�di�impugnazione�utile�ex�art.�327�c.p.c,�e�in�cui�era�stata�tentata�una�prima�volta�
la�notifica,�l'interruzione�del�processo�ex�artt.�299�ss.�c.p.c.�e�40.�lett.�a�eu.c.,�Dlgs.�

n.�546/1992,�per�essere�quella�stessa�mattina,�poco�prima�dell'arrivo�dell'Ufficiale�Giudizia-
rio,�deceduto�il�curatore�delfallimento,�destinatario�della�notifica�stessa:�e�il�dato�costituito�

da�tale�decesso,�in�se�di�mero�fatto,�non�solo�non�appariva�valutato�dalla�S.C.,�ma�neppure�

in�alcun�modo�giunto�alla�sua�percezione�a�chi�leggesse�la�sentenza�impugnata,�la�quale�si�

limitava�a�statuire��che�il�ricorso�risulta�proposto�oltre�il�termine�annuale�di�cui�all'art.�327,�
l.c.�c.p.c.�(sentenza�di�appello,�non�notificata,�pubblicata�il�25�febbraio�1998;�ricorso�dell'�
Amministrazione�finanziaria�spedito�a�mezzo�del�servizio�postale�il�3�luglio�1999);�che�il�
ricorso�e�pertanto�inammissibile�.�

Sorprende,�quindi,�la�lettura�delle�conclusioni�del�Procuratore�Generale,�secondo�le�

quali�il�ricorso�per�revocazione�sarebbe�preliminarmente�inammissibile�per�difetto�dell'errore�
di�fatto�ex�art.�395�n.�4�c.p.c.,�in�quanto�nella�specie�ricorrerebbe�un�vizio��che�invest(e)�
direttamente�la�formulazione�del�giudizio�sul�piano�logico-giuridico�;�e�sarebbe,�comunque,�
infondato�perche�il�decesso�del�curatore�fallimentare�non�avrebbe�effetti�interruttivi,�non�trat-
tandosi�ne�del�procuratore�costituito�(in�effetti�cos|�definito�per�mera�svista�in�un�solo�punto�
del�ricorso)�ne�del�legale�rappresentante�della�parte,�tale�potendosi�definire�solo�quello�dei�
soggetti�incapaci.�

Nessuno�dei�due�assunti�convince,�e�si�chiede�alla�S.C.�di�esaminarli�alla�luce�delle�con-
siderazioni�che�seguono.�
1)�Sul�piano�dell'ammissibilita�:�non�sembra�condivisibile�che��l'esposta�questione�impli-

c(hi)�valutazione�sul�piano�logico-giuridico�.�Ovvero:�indubbiamente�una�valutazione�giuri-
dica�si�impone,�una�volta�che�sia�stato�percepito�e�ammesso�al�giudizio�il�mero�fatto�del�
decesso�di�un�soggetto�significativo�(come�poi�si�ribadira�)�ai�sensi�dell'art.�299�c.p.c.,�fatto�
che�ha�indubbia�rilevanza�per�il�diritto�e�al�quale�percio�vanno�ricondotte�determinate�conse-
guenze;�ma�il�momento�valutativo�si�colloca�dopo�la�presa�d'atto�che�l'evento�interruttivo�si�
e�in�effetti�verificato,�ove,�come�nella�specie,�sul�suo�stesso�verificarsi�non�si�siano�sollevate�

contestazioni�di�natura�giuridica.�
Nel�caso�in�esame,�cioe�,non�e�l'apprezzamento�giuridico�del�concetto�di��morte��che�
viene�in�esame,�ne�vi�e�contestazione�sul�fatto�che�tale�morte�si�fosse�realmente�verificata:�

solo,�il�semplice�dato�di�fatto�che�essa�era�intervenuta,�dato�documentato�in�atti�dalla�relata�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

della�tentata�notifica�^atto�fidefaciente�^non�appariva�essere�pervenuto�alla�consapevolezza�

del�giudicante,�che�semplicemente�aveva�omesso�ogni�considerazione�in�proposito�come�se�

nessun�elemento�significativo�vifosse�sul�punto.�
Un�simile�silenzio�non�puo�nemmeno�essere�ricondotto�all'omessa�motivazione,�perche�

non�vi�e�neppure�nelle�(scarne)�premesse�infatto�della�sentenza�n.�7320/03�il�minimo�accenno�

all'acquisizione�del�dato�della�morte�del�curatore�fallimentare,�solo�in�presenza�del�quale,�e�

in�assenza�della�relativa�valutazione,�il�vizio�motivo�sarebbe�ravvisabile.�
2)�Sulla�fondatezza:�si�osserva�che�la�giurisprudenza�occupatasi�di�valutare�l'applicabi-

lita�della�proroga�dei�termini�di�impugnazione�ex�art.�328�c.p.c.,�nell'affermare�ai�fini�del-
l'art.�299�c.p.c.�un�concetto�di�rappresentanza�legale�quale��rappresentanza�del�soggetto�f
isico�^incapace��ha�sempre�avuto�di�mira,�nei�concreti�casi�esaminati,�la�distinzione�tra�tale�
tipo�di�rappresentanza�e�quella�degli�enti,�ovvero�quella�assicurata�da�un�procuratore�ex�
art.�301�c.p.c.�(es.�Cass.,�n.�1427/1993):�ipotesi�in�cui�la�rappresentanza�e�volontaria,�o�quanto�
allo�stesso��an�,�o�anche�solo�quanto�alla�persona�che�ricopre,�ad�es.�una�carica�societaria�

con�poteri�di�rappresentanza,�perche�in�questi�casi�il�rappresentante�e�un�mandatario,eil�
mutamento�della�sua�persona�(sia�a�causa�di�morte�che�per�normale�avvicendamento)�non�
incide�sul�processo�(Cass.,�n.�8584/1994;�1228/1984;�3528/1981).�

Intanto,�non�puo�non�osservarsi�che,�nel�caso�degli�enti,�la�tesi�comunque�non�appare�
risolutiva�di�ogni�dubbio:�ad�esempio,�in�caso�di�decesso�improvviso�di�un�amministratore�
unico,�e�prima�che�il�successivo�sia�nominato,�in�persona�di�chi�dovrebbe�citarsi�una�societa�?�
Molte�situazioni�potrebbero�porsi�in�cui�il�criterio�accennato�dalle�conclusioni�ricordate�
meriterebbe�un�approfondimento,�una�limitazione�e�una�revisione.�

Ma,�soprattutto,�l'obiezione�non�si�attaglia�al�caso�del�curatore�fallimentare,�che�non�e�
in�alcun�modo�un�mandatario,�bens|�una�figura�necessaria�la�cui�presenza�e�imposta�dalla�
legge�e�i�cui�compiti�non�possono�essere�svolti�da�nessun�altro�soggetto.�

Da�un�lato,�infatti,�la�condizione�delfallito�e�tradizionalmente�ricostruita�come�un'inca-
pacita�giuridica�relativa,�e�in�tal�senso�il�curatore�potrebbe�in�effetti�considerarsi�come�il�rap-
presentante�ex�lege�di�un�soggetto�incapace�per�gli�atti�relativi�al�patrimonio�che�questo�
non�puo�piu�gestire,�osservandosi�che�il�fallito�nonpuo�,�se�non�in�caso�di�inerzia�del�curatore,�

agire�direttamente�in�giudizio�in�relazione�agli�interessi�concernenti�l'impresa�(e�anche�in�
quel�caso,�non�vi�e�una�giurisprudenza�realmente�univoca�e�consolidata�nel�senso�della�legit-

timazione�personale�del�fallito).�

Ma�nel�caso�di�specie�non�potrebbe�certo�ritenersi�che�la�morte�del�curatore�abbia�auto-
maticamente�realizzato�una�situazione�di�sua��inerzia��tale�da�consentire�l'immediato�suben-
tro�del�fallito�nell'�espletamento�di�adempimenti�quali�il�ricevimento�di�una�notifica:�il�cura-
tore,�infatti,�non�era�in�alcun�modo�rimasto�inerte,�bens|�aveva�promosso�il�giudizio�tributa-
rio�e�vi�aveva�partecipato�in�entrambi�i�gradi�di�merito,�non�omettendo�volontariamente�
alcuno�degli�adempimenti�che�poteva�compiere,�sicche�la��omissione��involontaria�dovuta�
al�decesso�non�puo�avere�l'effetto�di�configurare�un'inerzia.�

In�tale�situazione,�la�posizione�espressa�dalle�conclusioni�del�P.G.�lascia�aperto�l'interro-
gativo:�a�chi�mai�avrebbe�potuto�essere�indirizzata�la�notifica�del�ricorso�per�cassazione�nel�
tempo�intercorrente�tra�la�morte�del�precedente�curatore�e�la�nomina�del�successivo?�

D'altra�parte�il�curatore�e�,�innegabilmente,�il�rappresentante�ex�lege�nel�giudizio�delfal-
limento,�patrimonio�separato�spesso�considerato�come�dotato�di�limitata�soggettivita�giuri-
dica,�e�dunque�di�limitata�capacita�i�cui�interessi,�nella�misura�in�cui�li�si�consideri�indipen-
denti�da�quelli�del�fallito,�non�possono�essere�gestiti�ne�azionati�in�giudizio�se�non�tramite�
il�curatore.�

Ma,�soprattutto,�la�necessaria�presenza�del�curatore�nel�fallimento,�il�suo�ruolo�di�colla-
borazione�col�Giudice,�la�sua�esclusiva�legittimazione�a�tutte�le�azioni�interessanti�il�fallimento�
ne�fa,�indipendentemente�dal�suo�rapporto�sia�col�fallimento�che�col�fallito,�un'autonomaparte�
necessaria�in�proprio:�sicche�il�suo�decesso�non�puo�che�interrompere�il�giudizio�per�il�venir�
meno�di�una�parte�e�imporre�di�riassumerlo�nei�confronti�del�suo�successore,�che�puo�essere�

individuato�solo�nel�soggetto�successivamente�chiamato�a�ricoprire�lo�stesso�ufficio.�
Pertanto,�alla�data�del�12�aprile�1999�successiva�al�decorso�dei�sei�mesi�dalla�pubblica-

zione�della�sentenza�(di�cui�al�3.c.�dell'art.�328),�l'evento�interruttivo�verificatosi,�la�morte�
di�una�parte�necessaria�ovvero,�in�subordine�del�rappresentante�del�soggetto�incapace�che�e�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

parte�nel�giudizio�(che�sia�il�fallito�limitatamente�capace,�o�il�fallimento,�limitatamente�sog-
gettivo)�deve�ritenersi�aver�comportato�la�proroga�del�termine�di�impugnazione,�per�tutte�le�
parti,�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�e�la�notifica�del�3�luglio�1999�era�tempestiva.�

Si�riconfermano,�comunque,�i�motivi�del�ricorso�per�cassazione�come�esposti�nelle�
pagg.�1-2�del�ricorso�per�revocazione�(omissis)�.�

La�Suprema�Corte,�con�sentenza�n.�17461/05�in�commento,�ha�accolto�
la�revocazione�e,�nel�merito�ex�art.�384�c.p.c.,�il�ricorso�originario.�

Corte 
Suprema 
di 
Cassazione, 
Sezione 
tributaria, 
sentenza 
del 
29 
agosto 
2005 
n. 
17461 
^
Pres.�U.�Favara�^Rel.�M.R.�Cultrera�^P.G.�(Dif
ff.)V.�Nardi�^Ministero�dell'economia�
e�delle�finanze,�Agenzia�delle�entrate�(ct.122290/1999,�Avv.�dello�Stato�C.�Melillo)�c.�
Fall.�(...).�

Incorreinerroredifattorevocatoriola�CortediCassazioneallorche�sfuggeallasuaperce-
zione�ilcontenutodellarelatadinotifica�delricorsoallamedesima�Corteproposto,�oveda�esso�
risulti�un�primo�tentativo�di�notifica�a�un�Curatore�Fallimentare�deceduto�il�giorno�stesso�della�
notifica,�e�la�Corte�dichiari�tardivo�il�ricorso,�successivamente�notificato�al�nuovo�Curatore.�

La�morte�del�legale�rappresentante�(nella�specie:�Curatore�Fallimentare)�della�parte,�l'ul-
timogiornoutileperlanotificaentroiltermineannualeprevistodall'art.325c.p.�c.,�conporta�
la�automatica�proroga�semestrale�del�medesimo�(1).�

Nelcondonoprevisto�daldecreto�leggen.�429/1982,�aifinidella�definizioneautomatica�di�
cuiall'art.�19,�e�necessariaun'espressaistanza,�indifettodellaqualeladichiarazioneintegrativa�

deve�considerarsi�semplice�e�senza�l'effetto�di��definire��il�rapporto�d'imposta,�con�la�conse-

guenza�che�sono�in�tal�caso�validi�gli�accertamenti�notificati�nella�pendenza�del�termineperpre-

sentare�la�dichiarazione�(2).�

(art.�391-bis�c.p.c.;�art.�328,�co.�3,�c.p.c.;�artt.�16,�26,�28,�co.�1,�decreto-legge�n.�429/1982�conv.�in�L.�n.�516/1982).�

�(Omissis)Conavvisodirettificanotificatoil4luglio�1983,l'UfficioIVAdi(...)accerto�
nei�confronti�del�fallimento�(...)�una�maggiore�imposta�per�il�1981�di�Lire�19.564.000,�ed�
applico�le�conseguenti�sanzioni.�

LaCommissionetributariaprovincialedi(...),aditadalcontribuente,annullo�l'atto,�sic-
come�era�stato�notificato�dopo�la�presentazione�della�dichiarazione�di�condono�automatico,�
con�sentenza�che,�impugnata�dall'amministrazione�finanziaria�innanzi�alla�Commissione�tri-
butaria�del�Lazio,�venne�confermata�con�pronuncia�pubblicata�il�25�febbraio�1998.�

Il�Ministero�delle�Finanze�propose�quindi�ricorso�per�cassazione�avverso�quest'ultima�
pronuncia,�articolando�un�unico�motivo�di�censura.�

L'intimato�non�si�costitu|�.�

Con�sentenza�n.�7320/2003,�questa�Corte�ha�dichiarato�inammissibile�il�suddetto�
ricorso,�giacche�proposto�oltre�il�termine�annuale�posto�dall'art.�327�c.p.c.�

Il�ricorrente�chiede�col�presente�ricorso�la�revocazione�di�quest'ultima�sentenza,�denun-
ciando��erronea�supposizione�dell'intervenuto�decorso�del�termine�ex�art.�327�c.p.c.,�alla�
data�del�3�luglio�1999,�ed�erronea�supposizione�dell'inesistenza�della�proroga�di�tale�termine�
ex�art.�328�c.p.c.,�in�relazione�all'art.�395�n.�4�c.p.c.�.�

Deduce�che�la�pronuncia�di�cui�si�chiede�la�revocazione�si�fonda�sul�rilievo�che�il�ricorso�
per�cassazione�avverso�la�decisione�della�C.TR.�pubblicata�il�25�febbraio�1998,�essendo�stato�
notificato�il�giorno�3�luglio�1999,�e�inammissibile,�dal�momento�che�e�tardivo,�ma�non�fa�
cenno�al�fatto,�emergente�dagli�atti,�che,�in�data�12�aprile�1999,�ultimo�giorno�utile,�ne�era�
stata�tentata�gia�la�notifica�presso�il�curatore�fallimentare,�che�pero�non�si�era�perfezionata,�
in�ragione�del�fatto�che�il�predetto�curatore�era�risultato�deceduto.�Tantomeno�e�motivato�
il�diniego�d'applicazione�dell'art.�328�c.p.c,�applicabile�alla�fattispecie,�in�forza�del�quale,�
essendosi�verificato�l'effetto�interruttivo�che,�come�sostenuto�dal�giudice�delle�leggi�nella�sen-
tenza�n.�41/1986,�deve�reputarsi�analogo�a�quello�contemplato�nell'art.�299�c.p.c.,�il�termine�
annuale�si�era�prorogato�di�sei�mesi�dalla�data�del�12�aprile�1999�quindi�aveva�scadenza�suc-
cessiva�alla�data�di�notifica�del�ricorso,�che�per�l'effetto�era�tempestivo.

������������

(1-2)�Principi�pacifici.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Il�P.G.�ha�chiesto�dichiararsi�inammissibile�il�ricorso,�atteso�che�dall'esame�degli�atti�
emerge�che�l'evento�suddetto�non�ha�riguardato�la�persona�del�procuratore�costituito�del�Fal-
limento�(...)�^parte�intimata�^ma�il�curatore�Avv.�(...).�Trattasi,�comunque,�di�circostanza�
che�implica�valutazione�di�questione�che�s'innesta�sul�piano�logico-giuridico,�e�non�realizza�
percio�errore�revocatorio.�

Parte�intimata�non�si�e�costituita.�

Il�ricorrente�ha�depositato�memoria�illustrativa.�

Motivi 
della 
decisione.�In�linea�preliminare�devesi�dichiarare�il�ricorso�ammissibile.�

Nella�specie,�l'errore�denunciato�sicuramente�concreta�l'errore�di�fatto,�c.d.�revocatorio,�
siccome�si�riferisce�ad�una�falsa�percezione�della�realta�materiale�che�ha�indotto�il�giudicante�
ad�una�svista�e,�quindi,�ad�escludere�la�tempestivita�della�notifica�del�ricorso�per�cassazione.�
Dall'esame�degli�atti�emerge,�infatti,�che�alla�data�del�12�aprile�1999,�entro�il�termine�posto�
dall'art.�327�c.p.c,�l'ufficiale�giudiziario,�recatosi�presso�il�domicilio�del�curatore�fallimen-
tare,�non�pote�consegnare�la�copia�del�suddetto�ricorso�per�cassazione,�siccome�apprese�che�
in�quello�stesso�giorno�il�destinatario�era�deceduto.�

Di�questa�circostanza,�emergente�dalla�mera�lettura�degli�atti�processuali,�non�si�fa�
cenno�alcuno,�neppure�per�implicito,�nella�sentenza�di�questa�Corte�della�quale�viene�chiesta�
la�revocazione.�Appare�dunque�evidente�la�sussistenza�dell'errore�di�fatto,�e�non�gia�di�
diritto,�addebitabile�a�svista�percettiva�dell'organo�giudicante,�che�non�ha�comportato�
alcuna�sua�attivita�critica�ed�e�pertanto�denunciabile�col�rimedio�azionato.�

Ne�consegue,�per�logico�corollario,�l'ammissibilita�del�presente�ricorso,�e�la�conseguente�
revocazione�della�sentenza�n.�7320/03�di�questa�Corte.�

Dovendo�procedersi�al�riesame�del�ricorso�nel�merito,�devesi�innanzitutto�dichiararsene�
l'ammissibilita�.�

L'art.�328�c.p.c.�3.�comma�prevede�testualmente�che��se�dopo�sei�mesi�dalla�pubblica-
zione�della�sentenza�si�verifica�alcuno�degli�eventi�previsti�nell'art.�299,iltermine�di�cui�
all'articolo�precedente�e�prorogato�per�tutte�le�parti�di�sei�mesi�dal�giorno�dell'evento�.�

L'evento�morte�che�colpisce�la�persona�del�curatore�fallimentare�che,�a�mente�del-
l'art.�43�della�legge�fallimentare,�rappresenta�l'organo�al�quale�e�attribuita�la�legittimazione�
processuale�nelle�liti�attive�e�passive�che�riguardano�il�fallito�per�effetto�della�perdita�della�
capacita�processuale�di�quest'ultimo�soggetto�giuridico,�rientra�pacificamente�nel�paradigma�
della�norma�contenuta�nell'art.�299,�richiamata�dall'art.�328.�

Ne�discende�che,�se�ricorre�anche�l'ulteriore�condizione,�postulata�dalla�disposizione�
citata,�che�detto�evento�sia�intervenuto�dopo�sei�mesi�dalla�pubblicazione�della�sentenza,�il�
termine�per�l'impugnazione�c.d.�lungo�si�proroga�di�ulteriori�sei�mesi�dalla�data�indicata.�

Nel�caso�di�specie�risulta�accertato�per 
tabulas,�come�emerge�dalla�relata�del�primo�ten-
tativo�di�notifica,�tempestiva,�del�ricorso�per�cassazione,�che�il�curatore�del�fallimento�(...)�
intimato�era�deceduto�in�data�12�aprile�1999,�a�quasi�un�anno�di�distanza�dalla�data�di�pub-
blicazione�della�sentenza�della�C.T.R.,�che�era�stata�depositata�il�giorno�12�maggio�2004.�Il�
ricorrente,�per�l'effetto,�correttamente�si�giovo�della�proroga�semestrale,�non�essendosi�al�
momento�dell'evento�interruttivo�intanto�consumato�il�termine�d'impugnazione,�e�per�l'ef-
fetto,�la�seconda�notifica,�eseguita�il�giorno�3�luglio�1999,�nei�confronti�del�curatore�fallimen-
tare�nominato�in�sostituzione,�e�sicuramente�tempestiva.�

Nel�merito,�col�ricorso�in�esame�il�Ministero�ricorrente�censura�l'impugnata�pronuncia�
della�C.T.R.,�deducendo�violazione�e�falsa�applicazione�degli�artt.�16,�26�e�comma�3�del�d.l.�

n.�429/1982,�convertito�in�legge�n.�516/1982,�in�relazione�agli�artt.�62�del�d.lgs.�n.�546/1992�
e�360�nn.�1�e�3�c.p.c.,�nonche�correlato�vizio�di�omessa�insufficiente�o�contraddittoria�moti-
vazione�su�di�un�punto�decisivo�della�controversia.�
Osserva�che�dal�quadro�normativo�rubricato�emerge�che�l'avviso�di�rettifica�non�e�pre-
cluso�nel�caso�in�cui,�come�nella�specie,�il�contribuente�abbia�presentato�dichiarazione�sem-
plice,�ma�solo�nella�diversa�ipotesi�in�cui�abbia�invece�presentato�quella�automatica,�con�
riguardo�a�tutti�i�periodi�d'imposta�antecedenti�alla�legge�di�condono.�

La�decisione�impugnata�ha�risolto�la�controversia�annullando�l'avviso�impugnato�ben-
che�la�definizione�presentata�dal�contribuente�abbia�riguardato�la�sola�annualita�relativa�al�
1981.�

Il�ricorso�appare�fondato.�

A�mente�del�combinato�disposto�degli�artt.�14�e�18�del�decreto�legge�10�luglio�1982�

n.�429,�come�modificati�dalla�legge�di�conversione�7�agosto�1982�n.�516,�in�materia�di�defini-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�agevolata�delle�pendenze�tributarie,�nel�caso�in�cui�venga�presentata�la�dichiarazione�
integrativa�c.d.�semplice,�vale�a�dire�non�contenente�l'espressa�ed�onnicomprensiva�richiesta�
di�definizione�automatica�ai�sensi�del�successivo�art.�19,�non�sono�preclusi�accertamenti�in�
rettifica�nei�limiti�indicati�dall'ari�18�(cfr.�Cass.�n.�7665�del�16�maggio�2003).�

In�questa�chiave�difettano�le�condizioni�per�l'operativita�degli�effetti�della�sentenza�della�
Corte�Costituzionale�n.�175�del�1986,�che�ha�dichiarato�l'incostituzionalita�dell'art.�16�del�

d.l.�sopra�citato�nella�parte�in�cui�consente�l'accertamento�in�rettifica�sino�alla�data�di�pre-
sentazione�della�dichiarazione�integrativa�anziche�sino�alla�data�della�sua�entrata�in�vigore�
del�14�luglio�1982.�La�caducazione�degli�avvisi�successivi�a�tale�momento�opera�infatti�nei�
soli�casi�di�istanza�idonea�a�provocare�il�c.d.�condono�automatico�(v.�Cass.�n.�8279/1992,�
n.�2998/1994).�
In�questa�cornice�di�riferimento�normativo,�l'avviso�controverso,�benche�successivo�alla�
data�citata,�essendo�stato�notificato�il�4�luglio�1983,�resta�pur�sempre�valido�ed�efficace,�poi-
che�la�contribuente�non�aveva�presentato�dichiarazione�integrativa�con�richiesta�di�defini-
zione�automatica�per�tutte�le�precedenti�annualita�considerate�dalla�norma,�bens|�dichiara-
zione�semplice.�

Il�ricorso�deve�pertanto�essere�accolto�e�la�sentenza�impugnata�deve�essere�cassata.�Non�
essendo�necessarie�ulteriori�indagini�istruttorie,�la�causa�puo�essere�decisa�nel�merito�ai�sensi�
dell'art.�384�comma�1�c.p.c.�disponendo�il�rigetto�del�ricorso�introduttivo�del�contribuente�
(omissis)�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ancora�sul�tema�della�responsabilita�civile�
per�i�danni�da�fumo�c.d.�attivo�

(Tribunale�di�Napoli,�sentenza�15�dicembre�2004,�n.�12729)�

La�sentenza�in�commento�si�segnala�per�essere�tornata�ad�affrontare�la�
tematica�della�responsabilita��civile�per�i�danni�da�fumo�c.d.�attivo,�e�cioe��i�
pregiudizi�alla�salute�derivanti�ai�fumatori�dal�consumo�reiterato�nel�tempo�
di�sigarette.�Si�tratta�di�una�tematica�di�estrema�delicatezza�e�complessita�,�
la�quale,�conosciuta�e�(per�cos|��dire)�sperimentata�ormai�da�decenni�nell'espe-
rienza�giuridica�d'oltreoceano�(1),�soltanto�negli�ultimi�anni�sembra�avere�
attirato�anche�nel�nostro�ordinamento�l'attenzione�degli�operatori�pratici�e�
teorici�del�diritto�(2).�

Nel�caso�di�specie,�un�soggetto,�premesso�di�essere�stato�un�incallito�
fumatore�fin�dall'adolescenza�e�di�aver�subito�gravi�danni�alla�salute�(asseri-
tamente)�conseguenti�al�consumo�eccessivo�e�prolungato�di�sigarette�italiane�
e�straniere,�conveniva�dinanzi�al�Tribunale�di�Napoli�^chiedendone�la�con-
danna�in�solido�al�risarcimento�dei�danni�patiti�a�titolo�di�responsabilita��
extracontrattuale�^l'Ente�Tabacchi�Italiani�(ETI)�e�una�nota�multinazionale�
statunitense,�quali�produttori�e�distributori�in�Italia�delle�sigarette�(rispettiva-
mente)�italiane�e�straniere,�nonche�il�Ministero�della�Salute,�per�non�avere�
quest'ultimo�proibito�la�vendita�di�sigarette�in�Italia�pur�essendo�consapevole�
della�grave�nocivita��del�fumo�per�la�salute.�

Nella�sentenza�in�esame�il�Tribunale�partenopeo,�all'esito�di�un'attenta�
analisi,�ha�rigettato�tanto�la�domanda�proposta�nei�confronti�dell'ETI�e�della�
ditta�statunitense�quanto�quella�avanzata�nei�confronti�dell'Amministrazione�
della�Salute,�ravvisando�l'insussistenza�di�qualsivoglia�profilo�di�antigiuridi-

(1)�Per�un'efficace�rappresentazione�del�quadro�della�c.d.�tobacco�litigation�statunitense�si�
vedano,�per�tutti,�i�contributi�di�G.�Ponzanelli,�Il�caso�Cipollone:�la�tutela�delfumatore�tra�nor-
mativafederale�e�statuale,in�Foro�it.,�1992,�IV,�502;�Id.,��Class�action�,�tutela�deifumatori�e�circo-
lazione�dei�modelli�giuridici,in�Foro�it.,�1995,�IV,�305;�Id.,�Responsabilita�da�prodotto�da�fumo:�il�
�grande�freddo��dei�danni�punitivi,in�Foro�it.,�2000,�IV,�450;�M.D. 
Stalteri,�Il�problema�della�
responsabilita�del�produttore�di�sigarette�e�il�caso�Cipollone:�l'�assalto�alla�cittadella��e�realmente�
cominciato?,in�Riv.�dir.�civ.,�1994,�I,�177.�
(2)�Nella�(finora�scarsa)�giurisprudenza,�cfr.,�oltre�alla�sentenza�in�commento,�Trib.�Roma,�
4aprile�1997,�in�Danno�e�resp.,�1997,�750;�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�in�Corriere�giur.,�2000,�
1639;�App.�Roma,�7�marzo�2005,�in�Nuova�giur.�civ.�comm.,�2005,�I,�326.�
Tra�i�piu��recenti�e�significativi�contributi�della�dottrina,�si�ricordano�quelli�diL.�Mazzella,�
La�responsabilita�per�danni�da�fumo.�Un�caso�giudiziario,�in�questa�Rassegna,�1996,�II,�43;�F.�
Cafaggi,�Immunita�per�iproduttori�disigarette:�barriere�culturali�epregiudizi�di�una�giurisprudenza�
debole,in�Danno�e�resp.,1997,�750;�G. 
Facci,�Brevi�considerazioni�in�tema�di�danno�da�fumo,in�
Contr.�e�impresa,�1999,�944;�M. 
Pacifico,�Il�risarcimento�del�danno�da�fumo�attivo,in�Corriere�
giur.,�2000,�1639;�G.�Giacchero,�Causalita�e�danni�da�fumo�attivo,in�Danno�e�resp.,�2001,�853;�
Id.,�Fumoattivo�eresponsabilita�civiledelproduttoredisigarette,in�Giur.�it.,�2001,�1643;�O.�Sarlo,�
Sigarette�e�pubblicita�ingannevole,in�Dir.�e�giust.,�2002,�n.�38,�52;�A.G.�Cianci,�Discovery�e�danni�
da�fumo:�gestione�dei�documenti�aziendali,�tecniche�di�difesa�e�violazione�del�Fair�trial,in�Danno�e�
resp.,�2003,�587;�A.�Lamorgese,�Il�danno�dafumo,in�Resp.�civ.�e�prev.,�2003,�1182;�V.�D'Antonio,�
Riflessionisullarisarcibilita�deldanno�dafumo,in�Danno�e�resp.,�2004,�996.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


cita� 
nel 
comportamento 
dei 
soggetti 
convenuti, 
ed 
ha 
altres|� 
dichiarato 
(ad�

abundantiam) 
il 
difetto 
di 
legittimazione 
passiva 
dell'ETI, 
per 
essersi 
l'evento 


dannoso 
lamentato 
ex�parte�actoris�verificato 
in 
epoca 
antecedente 
all'istitu-

zione 
dell'Ente 
medesimo. 


In 
particolare, 
per 
quanto 
concerne 
la 
posizione 
dei 
soggetti 
convenuti 
in 
qualita� 
di 
produttori 
e 
distributori 
in 
Italia 
di 
tabacchi 
lavorati, 
la 
deci-

sione 
del 
Tribunale 
di 
Napoli 
si 
fonda 
su 
una 
serie 
di 
rationes�di 
grande 
soli-

dita� 
, 
non 
solo 
in 
quanto 
appaiono 
difficilmente 
contestabili 
sul 
piano 
logico--

giuridico, 
ma 
anche 
siccome 
ciascuna 
ex�se�sufficiente 
ed 
idonea 
a 
dare 
fon-

damento 
alla 
pronuncia 
di 
rigetto. 


Schematizzando 
e 
riordinando 
per 
chiarezza 
espositiva 
siffatte 
argomen-
tazioni, 
il 
Giudice 
monocratico, 
ragionando 
anzitutto 
nell'ottica 
di 
una 


potenziale 
responsabilita� 
ex�art. 
2043 
c.c., 
osserva 
preliminarmente 
che 
�la 
produzione 
e 
la 
vendita 
di 
sigarette 
e� 
attivita� 
lecita, 
se 
esercitata 
da 
soggetti 
legittimati 
nei 
modi 
e 
nelle 
forme 
imposte 
dalla 
legge�. 
Tale 
rilievo 
appare 
assolutamente 
ineccepibile, 
in 
quanto 
da 
esso 
discende 
la 
conclusione 
(che 
il 
Giudicante 
sembra 
in 
realta� 
dare 
per 
implicita) 
che, 
una 
volta 
riscontrata 
una 
simile 
osservanza 
delle 
prescrizioni 
normative 
^peraltro 
non 
contestata 
nel 
caso 
di 
specie 
^, 
nell'attivita� 
di 
produzione 
e 
distribuzione 
di 
prodotti 
da 
fumo 
non 
puo� 
essere 
individuato 
alcun 
comportamento 
doloso 
o 
colposo 
rilevante 
al 
fine 
di 
fondare 
una 
eventuale 
responsabilita� 
aquiliana, 
anche 
in 


ossequio 
ad 
un 
elementare 
principio 
di 
non 
contraddizione 
dell'ordinamento 
giuridico, 
il 
quale 
non 
puo� 
consentire 
che 
venga 
considerata 
illecita 
un'atti-
vita� 
legalmente 
disciplinata, 
e 
quindi 
autorizzata 
(arg. 
anche 
ex�art. 
51 
c.p., 
che, 
come 
e� 
noto, 
codifica 
la 
generale 
causa 
di 
giustificazione 
dell'esercizio 
di 
un 
diritto). 


Sotto 
altro 
profilo, 
il 
Tribunale 
di 
Napoli 
osserva 
comunque 
che 
nel 
caso 
di 
specie 
difettava 
altres|� 
la 
prova 
del 
nesso 
di 
causalita� 
tra 
il 
danno 
subito 
dall'attore 
(da 
qualificarsi 
certamente 
come 
ingiusto, 
siccome 
inerente 
al 
diritto 
fondamentale 
alla 
salute) 
ed 
il 
fumo 
(rectius, 
l'abuso 
del 
fumo) 
delle 
sigarette. 
Sul 
punto, 
il 
Giudice 
si 
ricollega 
apertamente 
ai 
piu� 
recenti 
orienta-
menti 
espressi 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione, 
secondo 
cui 
sussiste 
il 
nesso 
causale 
tra 
un 
fatto 
ed 
un 
evento 
soltanto 
laddove 
il 
primo 
sia 
�condizione 
necessa-
ria 
dell'evento 
lesivo 
con 
elevato 
grado 
di 
credibilita� 
razionale 
e 
di 
probabi-
lita� 
logica� 
(3). 


Orbene, 
con 
riferimento 
al 
rapporto 
tra 
consumo 
di 
sigarette 
e 
danni 
alla 
salute, 
il 
Tribunale 
di 
Napoli 
osserva 
che, 
per 
costituendo 
il 
fumo 
un 
indubbio 


(3) 
Il 
riferimento 
obbligatorio 
e� 
a 
Cass. 
pen., 
Sez. 
Un., 
10 
luglio 
2002, 
n. 
30328, 
in 
Foro�it., 
2002, 
II, 
601, 
la 
quale, 
risolvendo 
un 
annoso 
contrasto 
giurisprudenziale 
in 
ordine 
alla 
tematica 
del 
nesso 
di 
causalita� 
nei 
reati 
omissivi 
impropri, 
ha 
affermato 
il 
principio 
incontrovertibilmente 
valido 
anche 
in 
ambito 
civile 
per 
cui 
il 
rapporto 
eziologico 
tra 
una 
condotta 
ed 
un 
evento 
non 
puo� 
ritenersi 
sussistente 
sulla 
base 
di 
un 
mero 
coefficiente 
di 
probabilita� 
statistica 
(astratta), 
ma 
deve 
essere 
verificato 
alla 
luce 
delle 
specifiche 
risultanze 
del 
caso 
concreto, 
cos|� 
che, 
all'esito 
del 
ragionamento 
probatorio 
che 
abbia 
altres|� 
escluso 
l'interferenza 
di 
fattori 
alternativi, 
risulti 
giusti-
ficata 
e 
processualmente 
certa 
la 
conclusione 
che 
la 
condotta 
e� 
stata 
condizione 
necessaria 
dell'e-
vento 
lesivo 
�con�alto�o�elevato�grado�di�credibilita�razionale�o�probabilita�logica�. 

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

(ed�anzi�elevato)�fattore�di�rischio�delle�malattie�e�dei�tumori�all'apparato�
respiratorio,�tale�relazione�non�e�sufficiente�^tanto�piu�,e�da�aggiungere�alla�
motivazione�della�pronuncia,�nella�moderna�societa�industrializzata,�in�cui�i�
fattori�di�rischio�di�consimili�affezioni�sono�aumentati�esponenzialmente�(si�
pensi,�a�mero�titolo�esemplificativo,�all'inquinamento�atmosferico�o�ad�una�
non�corretta�alimentazione)�^ad�acquisire�la�c.d.�certezza�processuale�
(volendo�utilizzare�una�terminologia�familiare�al�Supremo�Collegio)�della�esi-
stenza�di�un�valido�rapporto�eziologico,�in�quanto��inidonea�a�soddisfare�il�
concettodi``condizionenecessaria''chee�indiscussione�:�provanee�,�delresto,�
che�molti�soggetti�non�fumatori�contraggono�malattie�di�tale�sorta,�cos|�come�
anche�incalliti�fumatori�sovente�non�ne�vengono�affatto�colpiti�(4).�

D'altra�parte,�il�Giudice�monocratico�rileva�che,�anche�una�volta�pro-
vato,�in�ipotesi,�il�rapporto�eziologico�tra�il�fumo�delle�sigarette�e�la�malattia�
contratta�dall'attore,�tra�la�condotta�dei�soggetti�convenuti�^consistente�nella�
produzione�e/o�distribuzione�di�prodotti�da�fumo�^e�i�danni�alla�salute�patiti�
si�inserisce�comunque,�quale�causa�di�esclusione�dell'insorgere�dell'obbliga-
zione�risarcitoria�ai�sensi�dell'art.�1227,�2.�comma,�c.c.�(�il�risarcimento�non�
e�dovuto�per�i�danni�che�il�creditore�avrebbe�potuto�evitare�usando�l'ordina-
ria�diligenza�)�^o�forse�ancora�piu�alla�radice,�ad�avviso�di�chi�scrive,�quale�
fattore�interruttivo�del�nesso�causale�ex�art.�41,�2.�comma,�c.p.�^,�la�scelta�
volontaria�(e�certamente�colposa�nell'ottica�di�un�giudizio�risarcitorio)�da�
parte�dell'attore�di�iniziare�(e�continuare)�a�fumare.�Anche�la�decisivita�di�sif-
fatto�rilievo�non�sembra�poter�essere�revocata�in�dubbio,�sol�che�si�abbia�
riguardo�alla�(innegabile)�consapevole�assunzione�dei�rischi�per�la�salute�che�
tale�scelta�comporta,�dal�momento�che�e�del�tutto�notoria,�ormai�da�nume-
rosi�decenni,�la�potenziale�nocivita�del�consumo�reiterato�di�sigarette.�E�cio�
tanto�piu�ove�si�consideri�che�nel�caso�di�specie�era�lo�stesso�attore�ad�impu-
tare�la�genesi�della�propria�malattia�non�tanto�al�fumo�in�se�quanto�all'�a-
buso��nel�fumo;�abuso�indubitabilmente�riconducibile�ad�un�comportamento�
volontario�del�medesimo�soggetto�e�non�gia�all'attivita�di�produzione�e�com-
mercializzazione�svolta�dai�convenuti�(5).�

(4)�In�giurisprudenza,�ha�parimenti�escluso�l'esistenza�di�un�rapporto�eziologico�tra�con-
sumo�di�sigarette�e�malattie�insorte,�sulla�base�di�argomentazioni�sostanzialmente�analoghe�a�
quelle�fatte�proprie�dal�Tribunale�di�Napoli�nella�sentenza�in�esame,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,�
cit.;�contra,�tuttavia,�App.�Roma,�7�marzo�2005,�cit.,�la�quale,�sulla�scorta�delle�risultanze�di�appo-
sita�consulenza�tecnica�d'ufficio,�ha�ritenuto�con�ampia�motivazione�che�nel�caso�concreto�l'esi-
stenza�del�rapporto�causale�dovesse�ritenersi�provata��alla�stregua�di�un�serio�e�ragionevole�grado�
diprobabilita�scientifica�.�
In�dottrina,�per�la�difficolta�(se�non�impossibilita�)�di�dimostrare�l'esistenza�di�un�valido�nesso�
causale�tra�consumo�di�sigarette�e�danni�alla�salute�sofferti,�cfr.,�per�tutti,�G.�Ponzanelli,�Il�caso�
Cipollone,�cit.,�506�e�L.�Mazzella,�op.�cit.,�47�e�55�s.;�in�termini�piu�aperti�e�possibilisti,�v.�pero�

F.�Cafaggi,�op.�cit.,�759;�G.�Facci,�op.�cit.,�946;G.Giacchero,�Causalita�e�danni�dafumo�attivo,�
cit.,�854.�
(5)�Per�la�valorizzazione�del�profilo�della�consapevole�assunzione�dei�rischi�inerenti�al�fumo�
delle�sigarette,�quale�fattore�ex�se�idoneo�ad�interrompere�il�nesso�causale�o�comunque�ad�esclu-
dere�la�responsabilita�dei�produttori�e/o�distributori�dei�prodotti�da�fumo,�si�vedano,�in�giurispru-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ne�,�sotto�tale�ultimo�profilo�^prosegue�la�pronuncia�^,�potrebbe�invo-
carsi,�al�fine�di�escludere�la�rilevanza�della�scelta�individuale�del�fumatore,�
l'argomento�(spesse�volte�utilizzato�dai�fumatori-danneggiati�nei�giudizi�risar-
citori)�relativo�alla�c.d.�dipendenza�da�fumo�derivante�da�alcune�sostanze�
contenute�nei�tabacchi�lavorati.�Al�riguardo,�il�Giudicante�osserva�corretta-
mente�che��non�esistono�studi�scientifici�che�rappresentino�la�dipendenzada�
nicotina�in�termini�di�annullamento�o�seria�compromissione�della�volonta�
del�fumatore�,�e�che�anzi��la�realta�e�piena�di�casi�di�soggetti�che�smettono�
di�fumare�per�scelta,�cos|�come�la�letteratura�medica�e�piena�di�casi�di�sog-
getti�colpiti�da�infarto�o�da�altre�gravi�patologie�che�si�determinano�a�cessare,�
da�un�giorno�all'altro,�l'assunzione�di�fumo�per�scelta,�avendo�rinvenuto�nella�
consapevolezza�della�malattia�la�motivazione�personale�ed�autonoma�per�
smettere�di�fumare,�senza�far�ricorso�ad�alcuna�terapia�coadiuvante�o�sostitu-
tiva�;�del�resto,�nel�caso�di�specie,�l'assunzione�volontaria�e�colposa�del�
rischio�da�parte�dell'attore,�rilevante�ex�artt.�41,�2.�comma,�c.p.�e/o�1227,�
2.�comma,�c.c.,�risultava�per�tabulas�dalla�circostanza�che�questi,�pur�essendo�
stato�un�incallito�fumatore�per�un'intera�vita,�aveva�immediatamente�smesso�
di�fumare�non�appena�venuto�a�conoscenza�della�malattia�contratta.�

Le�argomentazioni�che�precedono�consentono�altres|�al�Tribunale�di�
Napoli�di�escludere�alla�radice�la�possibilita�di�fondare�una�pronuncia�di�con-
danna�dei�produttori�e�distributori�di�tabacchi�lavorati�sulla�normativa�rela-
tiva�alla�responsabilita�per�esercizio�di�attivita�pericolose�(art.�2050�c.c.)�
ovvero�per�messa�in�circolazione�di�prodotti�difettosi�(decreto�del�Presidente�
della�Repubblica�24�maggio�1988,�n.�224).�

Sotto�il�primo�profilo,�il�Tribunale,�mentre�sembra�dare�implicitamente�
per�scontata�l'impossibilita�di�qualificare�come�pericolosa�l'attivita�di�produ-
zione�e�distribuzione�stricto�sensu�intesa�(id�est,�considerata�nel�suo�concreto�
svolgimento)�^siccome�di�per�se�inidonea�a�costituire�fonte�probabile�di�
danni�in�pregiudizio�di�terzi�^,�argomenta�esattamente�che,�anche�ad�aderire�
all'impostazione�giurisprudenziale�tendente�ad�estendere�l'ambito�di�applica-
zione�dell'art.�2050�c.c.�alle�fattispecie�in�cui�sia�il�prodotto�(risultato�e,�in�
qualche�misura,��proiezione�esterna��dell'attivita�)�ad�essere�ontologicamente�
pericoloso�per�gli�utenti�o�consumatori�(6),�egualmente�il�prodotto-sigaretta,�
singolarmente�considerato,�non�puo�ritenersi�contraddistinto�da�siffatta�
intrinseca�potenzialita�lesiva,�in�quanto�e�piuttosto��l'uso�non�corretto�[in�
termini�di�abuso]�che�ne�faccia�l'utente�volontariamente��ad�essere�fonte�di�

denza,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,�cit.�e�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.�In�dottrina,�per�tutti,�L.�
Mazzella,�op.�cit.,46e�56s.�eM.�Pacifico,�op.�cit.,�1646;�contra,�tuttavia,�G.�Giacchero,�Fumo�
attivo�eresponsabilita�civiledelproduttoredisigarette,�cit.,1645.�

(6)�Per�tale�orientamento�si�vedano,�a�mero�titolo�esemplificativo,�Cass.,�13�gennaio�1981,�
n.�294,�in�Foro�it.,�1981,�I,�1325;�Cass.,�13�gennaio�1982,�n.�182,�in�Resp.�civ.�e�prev.,�1982,�746;�
Cass.,�15�luglio�1987,�n.�6241,�in�Foro�it.,�1988,�I,�144;�Cass.,�19�gennaio�1995,�n.�567,�in�Giur.�it.,�
1996,I,�1,�276:per�lo�piu�le�pronunce�in�argomento�si�riferiscono�all'attivita�di�produzione�e�distri-
buzione�di�bombole�a�gas�e�di�farmaci�emoderivati.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

gravi�rischi�per�la�salute�(7).�E�la�pronuncia�del�Giudice�monocratico�appare

tanto�piu�meritevole�di�apprezzamento�inpartequa,�ove�si�consideri�che�costitui-

sce�insegnamento�ormai�consolidato�della�giurisprudenza�di�legittimita�che�

un'attivita�o�un�prodotto�non�possono�considerarsi�(rectius,�diventare)�perico-

losi,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�di�cui�all'art.�2050�c.c.,�a�causa�del�(solo)�comporta-

mento�od�uso�improprio�di�una�determinata�persona(8).�A�ragionare�diversa-

mente,�invero,�dovrebbero�ritenersi�pericolose�anche�le�attivita�di�produzione�e�

commercializzazione�di�sostanze�alcoliche,�telefoni�cellulari,�autoveicoli,�ali-

menti�ad�alto�contenuto�di�colesterolo�e,�cos|�via�discorrendo,�di�infiniti�altri�

prodotti�non�intrinsecamente�pericolosi�ma�il�cui�uso�smodato�o�non�corretto�

possa�costituire�elevato�fattore�di�rischio�di�danni�alla�salute(9).�
Sotto�il�secondo�profilo,�alla�luce�di�quanto�fin�qui�esposto,�e�agevole�

per�il�Giudice�partenopeo�escludere�l'applicabilita�della�normativa�sulla�

responsabilita�del�produttore�per�difetti�di�costruzione,�di�cui�al�decreto�del�

Presidente�della�Repubblica�n.�224/1988,�sul�presupposto�che��nella�fattispe-

cie�in�esame�non�si�e�in�presenza�di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la�

legge�imponga�uno�specifico�obbligo�di�informazione,�ma�di�fattori�di�rischio�

connessi�all'abuso,�all'uso�non�corretto,�del�prodotto�stesso�(10).�

(7)�In�giurisprudenza,�hanno�escluso�sulla�base�delle�medesime�considerazioni�la�natura�
pericolosa,�ai�sensi�e�per�gli�effetti�di�cui�all'art.�2050�c.c.,�dell'attivita�di�produzione�e�messa�in�
commercio�di�tabacchi�lavorati,�Trib.�Roma,�4�aprile�1997,�cit.�e�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�
cit.�In�tale�ultima�pronuncia,�in�particolare,�si�rileva�in�modo�ineccepibile�che��ilprodottofinale�
dell'attivita�produttiva,�rappresentatodallasigaretta,�nonhainse�unacapacita�diprovocaresituazioni�
dannosementrepuo�diventaredannoso,equindipericoloso,�l'usoreiteratoneltempodellostessopro-
dotto�(la�lesivita�del�bene,�quindi,�puo�derivare�solo�da�un�comportamento�dell'utilizzatore�o�meglio�
delconsumatore,�comportamentochedeveprotrarsiperaltroperunperiodo�oggettivamenteapprezza-
bile)�.�In�senso�contrario,�peraltro,�si�e�recentemente�espressa,�ma�con�motivazione�che�non�puo�
assolutamente�convincere�alla�luce�delle�argomentazioni�fin�qui�esposte,�App.�Roma,�7�marzo�
2005,�cit.,�la�quale�ha�ritenuto�pericolosa�ex�art.�2050�c.c.�l'attivita�di�produzione�e�commercializ-
zazione�di�prodotti�da�tabacco��inquantoperla�lorostessanaturaeper�la�loro�composizionebio--
chimicaeperilfattodiaverecomeunicadestinazioneilconsumomediantefumo,�hannounapoten-
ziale�carica�di�nocivita�per�la�salute,�bene�primario�tutelato�dall'art.�32�Cost.�.�
In�dottrina,�per�l'inapplicabilita�dell'art.�2050�c.c.�all'attivita�in�questione�si�vedano,�tra�gli�
altri,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�54;�G.�Facci,�op.�cit.,951;�A.G.�Cianci,�op.�cit.,�598;�contra�F.�
Cafaggi, 
op.�cit.,�758.�

(8)�Cos|�,�da�ultimo,�Cass.,�26�aprile�2004,�n.�7916,�in�Foro�it.�Rep.,�2004,�voce��Responsabi-
lita�civile�,�n.�34,�la�quale�ha�ribadito�il�principio�per�cui��le�attivita�pericolose,�che,�per�la�loro�
stessanaturaodancheperimezziimpiegati,�rendonoprobabileenonsemplicementepossibile�ilveri-
ficarsi�di�un�evento�dannoso�e�importano�responsabilita�ex�art.�2050�c.c.,�devono�essere�tenute�distinte�
da�quelle�normalmente�innocue�chepossono�diventarepericoloseper�la�condotta�di�chi�le�esercita�.�
Per�un�argomento�a�fortiori�sul�punto,�si�veda�pure�Cass.,�4�maggio�2004,�n.�8457,�in�Foro�it.,�
2004,�I,�2378,�ove�si�afferma�che��la�responsabilita�per�esercizio�di�attivita�pericolose�rientra�nelle�
ipotesi�di�responsabilita�oggettiva�e�prescinde�dalla�colpa�di�chi�ha�posto�in�essere�l'attivita�;�tuttavia,�
purincasodimancataadozionedellemisureprevistedallaleggeo,�inognicaso,�idoneeadevitarel'e-
vento�dannoso,�la�responsabilita�va�esclusa�ove�si�accerti�che�il�comportamento�del�danneggiato�sia�
stato�idoneo�a�interrompere�il�nesso�eziologico�tra�attivita�pericolosa�ed�evento�dannoso�.�
(9)�Nei�medesimi�termini,�cfr.�anche�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.�
(10)�Siffatta�esclusione�e�stata�confermata,�in�giurisprudenza,�da�Trib.�Roma,�11�febbraio�
2000,�cit.,�ove�si�osserva�altres|�che,�anche�a�ritenere�^per�assurdo�^che�la�sigaretta�possa�consi-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Parimenti�ineccepibile�appare�il�ragionamento�svolto�dal�Giudice�nella�
sentenza�in�commento�al�fine�di�escludere�una�qualsivoglia�responsabilita�
del�Ministero�della�Salute,�il�quale�^come�anticipato�^era�stato�convenuto�
per�non�aver�proibito�la�vendita�di�sigarette,�pur�essendo�consapevole�della�
circostanza�che�il�fumo�nuoce�gravemente�alla�salute.�

Ed�invero,�il�Tribunale�di�Napoli,�senza�neppure�il�bisogno�di�rilevare�c
ome�pure�sarebbe�stato�sufficiente�^che�l'insussistenza�del(la�prova�del)�
nesso�eziologico�tra�il�fumo�e�la�malattia�contratta�dall'attore�(anche�sotto�
l'esaminato�profilo�della�consapevole�assunzione�del�rischio�da�parte�di�que-
st'ultimo)�valeva�certamente�ad�escludere�alla�radice�anche�la�responsabilita�
della�Pubblica�Amministrazione�per�il�titolo�prospettato,�argomenta�agevol-
mente�(ed�esattamente),�per�un�verso,�che��la�mancata�adozione�di�un�radi-
cale�divieto�di�commercializzazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero�
convenuto,�bens|�allo�Stato�italiano,�nell'esercizio�delle�sue�funzioni�di�indi-
rizzo�politico�;�per�un�altro,�che��il�proibizionismo�del�tabacco�e�scelta�di�
politica�legislativa�:�argomento,�quest'ultimo,�assolutamente�decisivo,�in�
quanto�comporta�la�incensurabilita�di�tale�scelta�in�sede�giurisdizionale,�
anche�in�ossequio�al�fondamentale�principio�di�separazione�dei�poteri�(arg.�
anche�ex�art.�101,�2.�comma,�Cost.)(11).�

Ad�abundantiam,�il�Tribunale�di�Napoli�osserva�comunque�che�nel�com-
portamento�tenuto�tanto�dallo�Stato�italiano�quanto�dal�Ministero�della�
Salute�nella�delicata�materia�della�tutela�della�salute�contro�i�pericoli�del�
fumo�non�e�ravvisabile�alcun�profilo�di�antigiuridicita�.�Il�primo�e�infatti�
intervenuto�con�numerosi�testi�normativi,�quali�^su�tutti�^la�legge�10�aprile�
1962,�n.�165�e�il�decreto-legge�10�gennaio�1983,�n.�4,�che�hanno�stabilito�il�
divieto�della�propaganda�pubblicitaria�dei�prodotti�da�fumo�(12),�le�leggi�
11�novembre�1975,�n.�584�e�16�gennaio�2003,�n.�3,�sul�divieto�di�fumare�nei�
locali�pubblici�ed�aperti�al�pubblico,�e�la�legge�29�dicembre�1990,�n.�428,�

derarsi�un�prodotto�ex�se�difettoso,�egualmente�l'esperibilita�del�rimedio�risarcitorio�rimarrebbe�
preclusa�dal�disposto�dell'art.�10,�2.�comma,�del�citato�d.P.R.,�a�mente�del�quale��il�risarcimento�
non�e�dovuto�quando�il�danneggiato�sia�stato�consapevole�del�difetto�del�prodotto�e�del�pericolo�
che�ne�derivava�e�nondimeno�vi�si�sia�volontariamente�esposto�.�In�dottrina,�nei�medesimi�ter-
mini,�cfr.,�tra�gli�altri,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�53;�A.�Lamorgese,�op.�cit.,�1195;�V.�D'Antonio,�
op.�cit.,1006.�

(11)�Per�l'insindacabilita�da�parte�degli�organi�giurisdizionali�della�scelte�discrezionali�del�
Legislatore�nella�materia�della�produzione�e�della�vendita�dei�prodotti�dafumo�(sia�pure�con�par-
ticolare�riferimento�all'apposizione�di�specifici�warnings�sui�pacchetti�di�sigarette)�si�veda,�per�
tutti,�L.�Mazzella,�op.�cit.,�44�e,�in�giurisprudenza,�Trib.�Roma,�11�febbraio�2000,�cit.�
(12)�Al�riguardo,�per�completezza�espositiva,�appare�opportuno�ricordare�che�le�Sezioni�
Unite�della�Cassazione,�con�sentenza�n.�10508�del�6�ottobre�1995�(in�Foro�it.,�1995,�I,�3458),�com-
ponendo�il�contrasto�insorto�nella�giurisprudenza�di�legittimita�in�ordine�alla�estensione�del�
divieto�legislativo�della�propaganda�pubblicitaria�di�qualsiasi�prodotto�da�fumo,�nazionale�o�
estero,�hanno�affermato�che�tale�divieto,�trovando�il�suo�fondamento�nell'esigenza�primaria�di�
tutela�della�salute�della�collettivita�,�coinvolge�siaforme�direttamente�evocative�deiprodotti�dafumo�
coneffettopropagandistico,�siaformeincuil'effettosiaconseguitoconmodalita�indiretteedocculte�
(come�nelfenomeno�della�sponsorizzazione),�senza�che�sia�consentito,�aifini�dell'esistenza�o�inesi-
stenza�dell'illecito,�graduare�la�maggiore�o�minore�intensita�dell'effetto�vietato,�purche�sussistente�.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

che,�in�ottemperanza�alla�Direttiva�CEE�n.�1989/622,�ha�disposto�l'apposi-
zione�sui�pacchetti�di�sigarette�di�un'etichettatura�recante�avvertenze�sulla�
nocivita��dei�prodotti�da�fumo�(13);�il�secondo��promuove�campagne�di�sensi-
bilizzazione�sui�danni�del�fumo,�dispone�divieti�e�limiti�al�fumo�in�determi-
nati�ambienti�a�tutela�dei�non�fumatori,�vigila�sull'osservanza�delle�prescri-
zioni�sanitarie�ed�epidemiologiche�in�materia�.�

La�sentenza�in�esame�non�sembra�invece�condivisibile�nella�parte�in�cui�
il�Giudice�monocratico�ha�dichiarato�il�difetto�di�legittimazione�passiva�del-
l'ETI�(oggi,�a�seguito�di�trasformazione�operata�in�ottemperanza�all'art.1,�
6.�comma,�del�decreto�legislativo�9�luglio�1998,�n.�283,�British�American�
Tobacco�Italia�S.p.A.),�per�essersi�l'evento�dannoso�lamentato�dall'attore�
verificato�in�epoca�antecedente�all'istituzione�dell'Ente�medesimo.�

Argomenta�al�riguardo�il�Tribunale�di�Napoli�che�l'art.�3,�1.�comma,�del�
citato�D.Lgs.�n.�283/1998�(provvedimento�istitutivo�dell'ETI,�che�ad�essoha�
attribuito��le�attivita��produttive�e�commerciali�gia��riservate�o�comunque�
attribuite�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�con�esclu-
sione�delle�attivita��inerenti�al�lotto�ed�alle�lotterie�:�cfr.�art.�1,�2.�comma),�
nello�stabilire�che��l'Ente�e��titolare�dei�rapporti�attivi�e�passivi,�nonche�dei�
diritti�e�dei�beni�afferenti�le�attivita��produttive�e�commerciali�gia��attribuite�
all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato�,�ha�dato�luogo�ad�
un�fenomeno�inquadrabile�entro�lo�schema�della�successione�a�titolo�partico-
lare�ex�art.�111�c.p.c.,�attesa�la�permanenza�in�vita�dell'Amministrazione�
Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�che�non�e��stata�soppressa(14).�Di�qui�la�
conseguenza�^tratta�dal�Giudicante�^che��non�e��possibile�addossare�all'ETI�
pretese�condotte�antigiuridiche�riferibili�al�Monopolio�.�

In�realta��,�l'ampio�tenore�del�citato�art.�3,�che�ha�trasferito�all'ETI�tutti�i�
rapporti�(anche)�passivi�^e�quindi�i�debiti,�anche�da�illecito�aquiliano�^rela-

Successivamente�Cass.,�7�luglio�1999,�n.�7029,�in�Foro�it.,�1999,�I,�3537,�ha�chiarito�che�l'accerta-
mento�della�concreta�verificazione�dell'effetto�propagandistico-pubblicitario�del�prodotto�da�
fumo,�necessario�per�la�configurabilita��dell'illecito,�va�operato�in�concreto�e�non�in�termini�di�sem-
plice�idoneita��astratta;�e�che�tale�accertamento�costituisce�pertanto�oggetto�di�un�giudizio�di�fatto�
del�giudice�del�merito,�insindacabile�in�sede�di�legittimita��ove�sorretto�da�congrua�ed�adeguata�
motivazione.�

(13)�A�tali�provvedimenti,�peraltro,�si�ritiene�di�dover�aggiungere�il�decreto�legislativo�24�giu-
gno�2003,�n.�184�(curiosamente��dimenticato��nella�sentenza�in�commento),�che,�attuando�la�
Direttiva�CEE�n.�2001/37,�ha�stabilito�il�tenore�massimo�di�catrame,�nicotina�e�monossido�di�car-
bonio�nelle�sigarette,�ed�ha�notevolmente�irrigidito�la�disciplina�delle�avvertenze�relative�alla�peri-
colosita��per�la�salute�da�riportarsi�obbligatoriamente�sulle�confezioni�dei�prodotti�del�tabacco.�
(14)�Negli�stessi�termini,�cfr.�Cass.,�Sez.�Un.,�21�maggio�2003,�n.�7945,�Foro�it.�Rep.,2003,�
voce��Procedimento�civile�,�n.�95,�la�quale�pure�ha�ricondotto�l'istituzione�dell'ETI�al�fenomeno�
della�successione�a�titolo�particolare�disciplinata,�sul�piano�processuale,�dall'art.�111�c.p.c.,�sul�
presupposto�della�mancata�soppressione�dell'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato.�
Del�resto,�l'affermazione�per�cui��in�tema�di�successione�tra�enti�pubblici,�il�trasferimento�dei�rap-
porti,�deibeniedellefinalita�dall'unoall'altroente,nonaccompagnatodall'estinzionedelprimo,non�
realizza�un'ipotesi�di�successione�a�titolo�universale��appare�addirittura�tralaticia�nella�giurispru-
denza�di�legittimita��:�cfr.,�solo�tra�le�piu��recenti,�Cass.,�29�maggio�2001,�n.�7258,�in�Foro�it.,2003,�
I,�56.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tivi�alle�attivita�gia�facenti�capo�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Mono-
poli�di�Stato�attribuite�all'Ente�(tra�le�quali�rientrano,�in�primis,�proprio�la�
produzione�e�la�distribuzione�di�prodotti�da�fumo),�sembra�suggerire�un'in-
terpretazione�opposta�a�quella�fatta�propria�dal�Tribunale�di�Napoli:�nel�
senso,�cioe�,�che�il�neoistituito�Ente�debba�rispondere�in�via�esclusiva�di�tutte�
le�obbligazioni�(anche�extracontrattuali)�gia�esistenti�a�carico�dell'Ammini-
strazione�Autonoma�(purche�,�ovviamente,�inerenti�ai�settori�di�attivita�trasfe-
riti),�secondo�uno�schema�qualificabile�in�termini�di�successione�a�titolo�uni-
versale��parziale�,�operante�cioe�in�universum�ius,�sia�pure�soltanto�con�riferi-
mento�a�determinati�settori�di�attivita�(15).�

Dott.�Roberto�Palasciano�

Tribunale 
di 
Napoli, 
11a 
Sezione 
Civile, 
sentenza 
15 
dicembre 
2004, 
n. 
12729 
^R.E.�(Avv.�I.�
Militerni)�c/�Ministero�della�Sanita�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Napoli)�e�
altri.�

Deveesseredichiarato�ildifetto�dilegittimazionepassivadell'EnteTabacchiItalianinell'i-

potesi�in�cui�detto�Ente�venga�convenuto�in�un�giudizio�risarcitorio�relativo�adun�evento�dannoso�

verificatosi�in�epoca�antecedente�alla�sua�istituzione,�dal�momento�che�quest'ultima,�attesa�la�

mancata�soppressione�dell'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�di�Stato,�e��inquadrabile�

secondo�lo�schema�della�successione�a�titolo�particolare�ex�art.�111�c.p.c.�

L'attivita��di�produzione�e�distribuzione�di�sigarette�non�puo��essere�considerata�fonte�di�

responsabilita��aquiliana�ex�art.�2043�c.c.�per�i�danni�alla�salute�subiti�dalfumatore,�in�quanto�

tra�tale�attivita��ed�il�danno�si�inserisce�la�scelta�volontaria�difumare�(e�la�consapevole�assun-

zionedeirelativirischi)dapartedelfumatore,laqualevaleadescluderelaresponsabilita��delle�

impreseproduttriciedistributricianormadell'art.�1227,2comma,c.c.�

L'attivita��diproduzioneedistribuzionedisigarettenonconfiguraun'attivita�pericolosaai�

sensidell'art.�2050c.c.inquantolapotenzialita��nocivanonderivadalla�res�materiae�in�se�,�dalle�

sue�caratteristiche�intrinseche�ed�estrinseche,�ma�dall'uso�non�corretto�che�ne�faccia�l'utente�

volontariamente.�

All'attivita��diproduzioneedistribuzionedisigarettenone��applicabilelanormativadicuial�

d.P.R.24maggio1988,n.224,intemadiresponsabilita��delproduttoreperidifettidicostru-
zione,�posto�che�nella�fattispecie�non�si�e��in�presenza�di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la�

leggeimpongaunospecifico�obbligodiinformazione,�madifattoridirischio�connessiall'abuso,�

all'usononcorretto,�delprodottostesso.�

Nonpuo��essereaffermatalaresponsabilita��delMinisterodellaSalutepernonavereproibito�

la�vendita�disigarette�in�Italia,�in�quanto�la�scelta�diadottare�un�radicale�divieto�dicommercializ-

zazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero�medesimo,�bens|��allo�Stato�italiano,�ed�oltretutto�

costituiscescelta�dipolitica�legislativanonsindacabile�insedegiurisdizionale.�

�(Omissis)�Svolgimento�del�processo�^Con�citazione�notificata�il�9�ottobre�2000,�E.R.�
conveniva�in�giudizio�l'Ente�Tabacchi�Italiani�s.p.a.�(da�ora�ETI),�il�Ministero�della�Sanita�e�
la�X�s.p.a.�per�ottenere�il�risarcimento�del�danno�alla�salute�(postumi�di�cancro�della�laringe�
e�malattie�circolatorie),�determinato�dal�fumo�eccessivo�e�prolungato�di�sigarette�italiane�e�
americane.�

(15)�A�tale�conclusione�e�significativamente�pervenuta�App.�Roma,�7�marzo�2005,�cit.,�rico-
noscendo�la�legittimazione�passiva�dell'ETI�in�un�giudizio�risarcitorio�relativo�ad�un�evento�dan-
noso�verificatosi�in�epoca�antecedente�all'istituzione�dell'Ente.�Sull'ammissibilita�,�in�linea�gene-
rale,�della�categoria�della�successione�a�titolo�universale��parziale�,�si�veda,�a�titolo�paradigma-
tico,�Cass.,�12�aprile�1986,�n.�2583,�in�Foro�it.,�1986,�I,�2793.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Deduceva�di�aver�iniziato�a�fumare�nell'adolescenza�e�di�aver�tentato�invano�di�smettere.�
Di�aver�avuto�i�primi�disturbi�nel�1995�e,�quindi,�l'infausta�diagnosi,�che�aveva�condotto�alla�
cordectomia�parziale�ed�a�una�serie�di�patologie�connesse.�Attribuiva�la�responsabilita�della�
malattia�all'ETI,�quale�produttore�e�distributore�delle�sigarette�italiane�(Nazionali�ed�MS)�
consumate,�alla�X�s.p.a.�quale�distributore�in�Italia�delle�sigarette�straniere�consumate�ed�al�
Ministero�della�Sanita�per�non�aver�proibito�la�vendita�di�sigarette,�pur�essendo�consapevole�
della�circostanza�che�il�fumo�nuoce�gravemente�alla�salute.�

Si�costituiva�l'ETI�deducendo:�

a)�il�difetto�di�legittimazione�passiva,�per�essere�stato�l'ente�costituito�con�D.Lgs.�

n.�283/1998,�mentre�i�fatti�esposti�dal�R.�erano�risalenti�a�diversi�anni�prima;�
b)�l'indeterminatezza�della�causa 
petendi;�
c)�l'infondatezza�della�domanda.�
Si�costituiva�il�Ministero�della�Sanita�eccependo�la�carenza�di�giurisdizione�del�giudice�
adito�rispetto�alle�scelte�di�politica�legislativa�dello�Stato�e�l'infondatezza�della�domanda.�

Non�si�costituiva�la�X�s.p.a.�

Con�separata�citazione,�notificata�il�3�novembre�2000,�il�R.�ripeteva�la�vocativo 
in 
ius 
della�X�s.p.a.,�atteso�che�la�prima�non�risultava�regolarmente�effettuata�nella�sede�sociale.�

Con�altra�citazione,�notificata�il�16�novembre�2000,�il�R.�conveniva�in�giudizio�anche�le�
(...)�s.r.l.,�nelle�medesime�qualita�di�distributrici�delle�sigarette�americane�da�lui�fumate,�
argomentando�la�stessa�domanda�di�cui�alla�prima�citazione.�

Nella�fase�istruttoria�le�cause�venivano�riunite,�riscontrata�la�connessione�oggettiva�e�
soggettiva,�in�relazione�al�petitum 
ed�alla�causa 
petendi.�

Prodotta�hic 
et 
hinde 
documentazione,�veniva�raccolto�il�libero�interrogatorio�del�R.�

All'esito,�il�Tribunale�avviava�la�causa�in�decisione�concedendo�alle�parti�i�termini�di�cui�
all'art.�190�c.p.c.�

Motivi 
della 
decisione 
^E�fondata�l'eccezione�di�carenza�di�legittimazione�passiva�del-
l'ETI,�trasformato�in�corso�di�giudizio�in�societa�per�azioni,�come�previsto�dal�comma�6�del�
decreto�legislativo�283/1998.�

Deve,�infatti,�rilevarsi�che�le�doglianze�del�R.�investono�un�evento�dannoso�da�responsa-
bilita�aquiliana�evidenziatesi�nel�1996,�con�la�diagnosi�di�carcinoma�infiltrante�della�laringe�
e�determinato,�secondo�l'attore,�dall'abuso�di�fumo�di�sigarette,�anche�italiane,�protratto�dal�
1959�al�1997.�In�buona�sostanza�la�tesi�giuridica�introdotta�dall'attore�in 
limine 
litis 
consiste�
nel�ritenere�illecita�in�suo�danno�la�produzione�e�vendita�di�alcune�sigarette�italiane�fumate�
fino�al�'97.�

Ebbene�l'Ente�Tabacchi�Italiani�risulta�istituito�con�il�richiamato�D.Lgs.�9�luglio�1998�

n.�283,�che�ha�ad�esso�attribuito,�a�norma�dell'art.�1,�solo�le�attivita�produttive�e�commerciali�
nel�campo�dei�tabacchi�lavorati,�gia�riservate�all'Amministrazione�Autonoma�dei�Monopoli�
di�Stato,�secondo�lo�schema�della�successione�a�titolo�particolare,�figura�che,�in�tema�proces-
suale,�risulta�disciplinata�dall'art.�111�c.p.c..�Ed�infatti�la�suddetta�Amministrazione�dei�
Monopoli�e�stata�soppressa,�ma�ha�conservato,�anche�in�tema�di�tabacchi�lavorati,�compe-
tenze�diverse�dalla�produzione�e�commercializzazione�ed�una�propria�autonomia�patrimo-
niale�rispetto�al�successore�a�titolo�particolare.�Di�conseguenza�non�e�possibile�addossare�
all'ETI�pretese�condotte�antigiuridiche�riferibili�al�Monopolio;�ne�in�contraddizione�con�tale�
assunto�puo�leggersi�il�successivo�art.�3�del�decreto�in�esame,�il�quale�nel�dotare�di�un�patri-
monio�il�neo�istituito�ente,�ha�disciplinato�il�trasferimento�ad�esso�delle�poste�attive�e�pas-
sive,�oltre�che�dei�beni�strumentali�e�del�personale,�mediante�un'operazione�contabile,�alla�
quale�erano�e�restano�estranee�le�pretese�risarcitorie�successivamente�sorte,�(cos|�Cass.,�
29�maggio�2001,�n.�7258�e�TAR�Lazio,�I�Sezione,�15�luglio�2003,�n.�149,�in�tema�di�condotte�
illecite�imputate�all'ETI,�per�fatti�precedenti�la�sua�istituzione).�

Nel�merito�le�tesi�dell'attore�non�possono�essere�condivise,�poiche�partono�da�assunti�
che�non�trovano�riscontro�normativo�nel�nostro�sistema.�

Essi,�per�contro,�si�infrangono�contro�la�consistenza�di�opposti�assunti,�che�possono�
essere�cos|�sintetizzati:�

a)�il�fumo�e�atto�volontario;�

b)�il�fumo�costituisce�elevato�fattore�di�rischio�del�cancro�della�laringe,�ma�non�tutti�i�
fumatori�contraggono�la�malattia;�

c)�la�produzione�e�la�vendita�di�sigarette�e�attivita�lecita,�se�esercitata�da�soggetti�legitti-
mati�nei�modi�e�nelle�forme�imposte�dalla�legge;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

d)�il�proibizionismo�del�tabacco�e�scelta�di�politica�legislativa�riservata�allo�Stato�che,�al�
di�fuori�dell'accertamento�di�precise�condotte�colpose�generative�di�un�danno�ingiusto,�non�
puo�essere�censurata.�

Non�esistono�studi�scientifici�che�rappresentino�la�dipendenza�da�nicotina�in�termini�di�
annullamento�o�seria�compromissione�della�volonta�del�fumatore.�Prova�ne�sia�che�il�R.,�
appena�ha�saputo�di�essere�stato�colpito�dal�cancro,�ha�smesso�di�fumare,�puressendo�un�
tabagista�incallito.�

La�realta�e�piena�di�persone�che�smettono�di�fumare�per�scelta,�cos|�come�la�letteratura�
medica�e�piena�di�casi�di�soggetti�colpiti�da�infarto�o�da�altre�gravi�patologie�che�si�determi-
nano�a�cessare,�da�ungiornoall'altro,�l'assunzionedifumoper�scelta,avendo�rinvenuto�
nella�consapevolezza�della�malattia�la�motivazione�personale�ed�autonoma�per�smettere�di�
fumare,�senza�far�ricorso�ad�alcuna�terapia�coadiuvante�o�sostitutiva.�

Di�conseguenza�i�danni�subiti�dal�R.�devono�essere�ricondotti�alla�area�normativa�della�
disponibilita�,�sancita�dal�secondo�comma�dell'art.�1227�c.c.�in�quanto�potevano�essere�evitati�
usando�l'ordinaria�diligenza,�da�osservare�sia�nella�fase�iniziale�del�rapporto�con�la�sigaretta�
sia�nella�fase�avanzata,�posto�che�non�esistono�fattori�che�l'hanno�obbligato�a�fumare.�

Dalla�lettura�della�memoria�conclusionale�emerge,�peraltro,�che�l'attore�non�identifica�
nel�fumo�in�se�la�genesi�dannosa,�ma�nell'abuso�del�fumo.�Come�dire:�ho�iniziato�a�fumare�
volontariamente,�ho�incrementato�il�fumo�involontariamente.�

Sul�tema,�dinanzi�ai�rilievi�ed�alle�eccezioni�delle�controparti,�l'attore,�solo�in�memoria�
conclusionale�di�replica,�ha�lambito�un�altro�e�diverso�profilo�di�responsabilita�delle�parti�
convenute:�il�trattamento�chimico�del�tabacco�e�l'addizione�di�sostanze�che�accrescono��le�
proprieta�dannose�.Sie�sottratto,�pero�,�all'onere�di�dedurre�compiutamente�e�di�provare�
quali�sostanze�esse�siano,�se�siano�quelle�consentite�dalla�legge�o�altre�introdotte�illegalmente�
e�se�tali�sostanze�abbiano�il�potere�di�annullare�la�volonta�di�un�soggetto�fumatore,�che,�tut-
tavia,�ha�cessato�di�fumare�volontariamente�dopo�la�diagnosi�di�neoplasia.�

In�realta�la�vita�umana,�piu�che�in�passato,�e�scandita�da�una�serie�di�abitudini�ad�alta�
potenzialita�dannosa�che�determinano�meccanismi�di��adattamento�all'abuso�,�dovuti�a�con-
formismo,�a�debolezza,�convenienza�o�ignoranza;�per�tutte�queste�motivazioni�non�si�puo�
affermare�che�ci�si�trovi�in�presenza�di�una�compromissione�volitiva,�quanto�di�una�imposta-
zione�della�personalita�umana.�

Si�pensi�all'abuso�di�sostanze�alcoliche�oppure�al�gravissimo�rischio�sanitario�connesso�
ad�un�uso�non�corretto�dei�telefoni�cellulari.�Da�un�studio�scientifico�di�un�istituto�svedese�
di�primaria�e�riconosciuta�importanza�e�risultato�che�l'utilizzo�smodato�e�prolungato�del�
telefoninocostituisceelevatofattore�dirischio�del��neuromadell'acustico��(i.e.:�delnervo�
acustico).�Ma�tali�rischi,�cos|�come�quelli�connessi�al�fumo�del�tabacco,�non�sono�determinati�
dalla�res 
materiae 
in�se�,�dalle�sue�caratteristiche�intrinseche�ed�estrinseche,�quanto�dall'uso�
non�corretto�che�ne�caccia�l'utente�volontariamente.�

Per�questo�sono�destituiti�di�fondamento�i�richiami�dell'attore�all'art.�2050�c.c.,�che�
vedrebbe�nella�vendita�di�sigarette�l'esercizio�di�attivita�pericolosa,�con�conseguente�responsa-
bilita�oggettiva�delle�parti�convenute�in�relazione�ai�danni�determinati�dal�fumo,�nonche�quelli�
relativi�alla�normativa�di�cui�al�D.Lgs.�24�maggio�1998,�n.�224,�in�tema�di�responsabilita�del�
produttore�per�i�difetti�di�costruzione,�posto�che�nella�fattispecie�in�esame�non�si�e�in�presenza�
di�un�prodotto�difettoso,�per�il�quale�la�legge�imponga�uno�specifico�obbligo�di�informazione,�
ma�di�fattori�di�rischio�connessi�all'abuso,�all'uso�non�corretto,�del�prodotto�stesso.�

Ad 
colorandum 
va�osservato�che,�in�ogni�caso,�i�riferimenti�normativi�suddetti�non�
potrebbero�giovare�all'attore�anche�se�si�superasse�il�rilievo�sulle�caratteristiche�della��res 
materiae�;�ed�infatti,�nonostante�ilfavor 
del�danneggiato�e�consumatore�che�ispira�entrambe�
le�normative,�questo�non�puo�giungere�ad�attribuire�responsabilita�oggettive�del�danno�all'e-
sercente�attivita�pericolosa�ed�al�produttore,�se�il�danneggiato�non�dimostra�che�l'evento�e�
riconducibile�eziologicamente�alla�condotta�di�questi�(anche�Cass.,�17�luglio�2002,�n.�10382).�

E�qui�si�tocca�un�altro�punto�critico�della�domanda:�il�limite�del�nesso�causale�tra�fatto�
ed�evento�dannoso,�imposto�dall'art.�1223�c.c..�Sul�tema�deve�dirsi�che�anche�la�piu�recente�
giurisprudenza�di�legittimita�(Cass.,�4400/04)�che�sembrerebbe�aprire,�ad�una�lettura�non�
esaustiva,�a�dismisura�le�maglie�della�causalita�materiale,�in�realta�ribadisce�l'orientamento�
delle�S.U.�penali�(in�Cass.,�S.U.,�11�settembre�2002,�n.�30328)�secondo�cui,�valutato�armoni-
camente�il�contenuto�degli�artt.�40�e�41�c.p.,�solo�se�il�comportamento�dell'agente�sia��condi-
zione�necessaria�dell'evento�lesivo�con�elevato�grado�di�credibilita�razionale�e�di�probabilita�
logica��esso�puo�essere�considerato�causa�del�danno.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Qui,�in�realta��,�per�soddisfare�i�canoni�interpretativi�che�orientano�il�nostro�sistema�in�
materia,�deve�porsi�questa�domanda:�se�non�avesse�fumato�le�sigarette�prodotte�e/o�vendute�
dalle�aziende�convenute�il�R.�non�avrebbe�avuto�il�cancro�e�le�malattie�circolatorie�lamen-
tate?�Larispostanon�puo��che�essere�dubitativa�e,�quindi,�inidonea�a�soddisfare�il�concetto�
di��condizione�necessaria��che�e��in�discussione.�

Neanche�il�Piano�Sanitario�Nazionale,�approvato�con�d.P.R.�23�luglio�1998,�citato�dal-
l'attore�o�il�suo�consulente�scientifico�lo�affermano,�poiche�quando�dicono�che�il�fumo�di�
sigaretta�costituisce�elevato�fattore�di�rischio�delle�neoplasie�polmonari�e�laringee�e�delle�
malattie�circolatorie,�non�dicono�che�i�non�fumatori�non�corrono�il�rischio�di�contrarre�tali�
malattie�o�che�tutti�i�fumatori�le�contraggono.�

In�realta��la�malattia�cancerosa�e��il�frutto�di�una�serie�di�fattori�concomitanti,�personali�
ed�ambientali,�che�fanno�s|��che�patologie�come�quella�subita�dall'attore�possano�insorgere�
anche�in�soggetti�che�non�hanno�mai�fumato.�

La�legittimazione�passiva��di�merito��delle�aziende�(...)�convenute�in�giudizio,�nelle�
varie�vesti�societarie,�non�e��stata�chiarita�dall'attore�nel�processo:�egli�ha�convenuto�tre�
societa��della�(...),�identificandole�quali��distributrici�in�Italia�delle�sigarette�prodotte�all'e-
stero��ed�in�quanto,�pur�consapevoli�dei�gravi�danni�determinati�dal�fumo,��non�hanno�desi-
stito�dal�commercializzare�le�sigarette�.�

Tale�legittimazione�e��stata�contestata�dalle�convenute�senza�che�l'attore�abbia�provato�o�
richiesto�di�provare�l'elemento�fondante�la�tesi�sostenuta:�la�patologia�dell'attore�e��stata�
determinata�dall'operato�di�queste�aziende.�

L'asserto�presta�il�fianco�a�molteplici�censure:�

a)�l'attore�non�ha�imputato�alle�convenute�una�commercializzazione�contra 
legem;�

b)�non�ha�spiegato�come�abbia�identificato�i�soggetti�de 
quibus 
in�relazione�ad�una�atti-
vita��concreta�di�vendita�delle�sigarette�americane�da�lui�fumate;�

c)�non�ha�escluso�di�aver�fumato�anche�altre�sigarette;�

d)�non�ha�provato�che�ci�sia�stata�coincidenza�temporale�tra�il�periodo�di�operativita��
delle�societa��in�questione�e�la�genesi�della�malattia;�

e)�ha,�infine,�ammesso,�contraddittoriamente�(v.�comparsa�conclusionale�pag.�9),�che�
�quanto�meno��alla�X�srl�potesse�riconoscersi�legittimazione�passiva��perche�,societa��ope-
rante�benche�senza�profitto�.�

La�domanda�nei�confronti�del�Ministero�della�Salute�e��,�parimenti,�infondata.�Estraneo�
alla�fattispecie�in�esame�e��il�richiamo�alla�pronunzia�di�legittimita��del�22�luglio�1999,�

n.�500,�con�la�quale�le�S.S.�U.U.�della�S.C.�hanno�ammesso�la�tutela�aquilianadi�tutte�le�
posizioni�soggettive�giuridicamente�rilevanti�a�fronte�dell'illegittimo�esercizio�di�una�fun-
zione�pubblica.�

Ed�invero,�secondo�la�pronunzia�richiamata,�l'accoglibilita��della�domanda�del�R.�di�
risarcimento�del�danno�ingiusto,�ex 
art.�2043�c.c.,�nei�confronti�del�Ministero�presupponeva,
tra�l'altro,�la�prova,�non�richiesta�e�non�offerta�dall'attore,�della�illegittimita��del�mancato�
divieto�di�fumo,�che�il�giudice�ordinario�avrebbe�avuto�l'astratta�possibilita��di�valutare,�da�
parte�del�Ministero�e�del�collegamento�causale�tra�la�illegittima�condotta�emissiva�di�que-
st'ultimo�e�la�malattia.�

In�proposito�deve�rilevarsi�che�la�mancata�adozione�di�un�radicale�divieto�di�commer-
cializzazione�del�tabacco�non�compete�al�Ministero�convenuto,�bens|��allo�Stato�Italiano,�nel-
l'esercizio�delle�sue�funzioni�di�indirizzo�politico.�

Il�Ministero�promuove�campagne�di�sensibilizzazione�sui�danni�del�fumo,�dispone�divieti�
e�limiti�al�fumo�in�determinati�ambienti�a�tutela�dei�non�fumatori,�vigila�sull'osservanza�delle�
prescrizioni�sanitarie�ed�epidemiologiche�in�materia.�

Il�divieto�di�vendita�di�sigarette�nel�territorio�italiano�e��,�invece,�materia�sottratta�allo�stesso.�

Per�completezza�va�aggiunto�che�diversi�interventi�normativi�sono�stati�adottati�dal�
Legislatore,�quali�la�legge�n.�165/62,�recante�il�divieto�di�propaganda�pubblicitaria,�la�legge�
n.�584/1975�sul�divieto�di�fumare�in�locali�pubblici�e�su�trasporti�pubblici�e�la�legge�
n.�428/1990,�che�ha�imposto�l'etichettatura�informativa�sui�pacchetti�di�sigarette.�Non�va�
taciuto,�pero��,�che�obiettivo�principale�del�Legislatore�e��la�tutela�dei�soggetti�deboli,�da�iden-
tificare�con�i�fumatori�passivi,�atteso�che�al�fumatore�attivo�deve�anche�riconoscersi�il�diritto�
di�scegliere�come�orientare�la�propria�condotta.�

La�domanda�va�rigettata.�

La�novita��e�la�particolarita��delle�questioni�trattate,�che�investono�tematiche�di�rilevante�
interesse�collettivo,�consigliano�la�compensazione�delle�spese�di�lite.�(omissis)��


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Lavalutazione 
delpunteggio 
conseguito 
pressole 
S.S.I.S. 
La 
natura 
giuridica 
delle 
Frequently 
Asked 
Questions 


(F.A.Q.) 
e 
l'evoluzione 
tecnologica 
della 
P.A. 


(TribunaleAmministrativoRegionaleperl'EmiliaRomagna, 
Parma, 
sezioneunica, 


ordinanza 
18 
ottobre 
2005 
n. 
301) 


SOMMARIO: 
1. 
^La 
ricostruzione 
della 
normativa. 
2. 
^Pubblicazione 
della 
gra-

duatoria 
provvisoria 
come 
comunicazione 
dell'avvio 
del 
procedimento. 


3. 
^La 
natura 
vincolante 
delle 
Frequently�Asked�Questions�(F.A.Q.) 
e 
la 
comunicazione 
istituzionale. 


1. 
^La 
ricostruzione 
della 
normativa. 
L'ordinanza�cautelare�emessa�dal�TAR�Parma�rigetta�l'istanza�di�annul-
lamento,�proposta�dalla�ricorrente,�della�graduatoria�definitiva�permanente�
della�Provincia�di�Reggio�Emilia�della�classe�di�concorso�A051�(materie�lette-
rarie�e�latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale),�pubblicata�l'8�luglio�2005.�

La�ricorrente�risulta�inserita�dall'anno�scolastico�2004/2005�nelle�gra-
duatorie�provinciali�permanenti�del�personale�docente�educativo�di�Reggio�
Emilia,�per�gli�insegnamenti�relativi�alle�Classi�di�Concorso�A043��Italiano,�
Storia...�nella�scuola�media,�A050�materie�letterarie�negli�istituti�di�II�grado,�
A041�materie�letterarie�e�Latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale�nonche�
A052�materie�letterarie�e�Latino�e�Greco�nel�liceo�classico�.�

Cio��a�seguito�di�domanda�da�parte�della�ricorrente�medesima�di�trasferi-
mento�dalla�provincia�di�Roma�ai�sensi�del�D.D.G.�21�aprile�2004.�

La�stessa�ha�successivamente�prodotto�domanda�di�aggiornamento�delle�
graduatorie�permanenti�per�gli�aa.ss.�2005/06�e�2006/07,�ai�sensi�del�D.D.G.�
31�marzo�2005.�

L'esame�della�domanda�prodotta�per�l'a.s.�2004/2005�e�la�valutazione�
dei�titoli,�ed�in�particolare�quello�relativo�all'abilitazione�conseguita�a�seguito�
del�Corso�di�Specializzazione�universitario�(S.S.I.S.),�sono�state�effettuate�
sulla�base�delle�dichiarazioni�rese�dalla�ricorrente,�attribuendo�alla�Classe�di�

concorso�A051�i�30�punti�previsti�dalla�Tabella�di�valutazione�allegata�al�

D.D.G.�21�aprile�2004.�
A�seguito�di�riscontro�fornito�dall'Universita��del�Lazio,�si�e��accertato�
che�l'abilitazione�conseguita�dalla�ricorrente�in�data�12�maggio�2004�con�
esame�unico,�e��relativa�alla�classe�di�concorso�A052��materie�letterarie�e�
latino�e�greco�nel�liceo�classico�,�insegnamento�per�il�quale�la�medesima�
risultava�gia��abilitata�a�seguito�di�concorso�riservato.�
Per�equita��di�comportamento�con�gli�altri�docenti�inclusi�nelle�graduato-
rie�provinciali�permanenti,�l'Amministrazione�ha�ritenuto�di�modificare,�in�
fase�di�aggiornamento�delle�graduatorie�di�cui�al�D.D.G.�31�marzo�2005,�il�
punteggio�relativo�all'abilitazione�attribuito�alla�docente�nella�classe�di�con-
corso�A051,�decurtandola�di�24�punti,�attribuendoli�alla�classe�di�concorso�

A052.�
Cio��e��stato�ampiamente�chiarito�dal�ministero�in�una�delle�risposte�for-

nite�alle�domande�ricorrenti�con�le�F.A.Q.�(Frequently 
Asked 
Questions).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

La�valutazione�dei�titoli�per�la�rideterminazione�dell'ultimo�scaglione�
delle�graduatorie�permanenti�e�l'abilitazione�conseguita�presso�le�scuole�di�
specializzazione�all'insegnamento�secondario�(S.S.I.S.),�ha�condotto�alla�con-
troversia�affrontata�dal�TAR�Parma.�

Il�po�le 
de 
reference 
della�ricostruzione�della�normativa�e��da�individuarsi�

nel�Decreto-legge�7�aprile�2004,�n.�97,�(in�Gazz. 
Uff., 
15�aprile,�n.�88)�^

Decreto�convertito,�con�modificazioni,�in�legge�4�giugno�2004,�n.�143,�
(in�Gazz. 
Uff.,�5�giugno,�n.�130)�^Disposizioni�urgenti�per�assicurare�l'ordi-
nato�avvio�dell'anno�scolastico�2004-2005,�nonche�in�materia�di�esami�di�
Stato�e�di�Universita��.�

In�particolare�nell'Allegato�unico�Tabella�(prevista�dall'articolo�1,�

comma�1)�(Tabella 
di 
valutazione 
dei 
titoli 
per 
la 
rideterminazione 
dell' 
ultimo 


scaglione 
delle 
graduatorie 
permanenti 
di 
cui 
all'art. 
401 
del 
testo 
unico 
delle 


disposizioni 
legislative 
vigenti 
in 
materia 
di 
istruzione, 
relative 
alle 
scuole 
di 


ogni 
ordine 
e 
grado, 
approvato 
con 
decreto 
legislativo 
16 
aprile 
1994, 
n. 
297, 
e 


successive 
modificazioni),�si�specifica�che:�A.4)�Per�l'abilitazione�conseguita�
presso�le�scuole�di�specializzazione�all'insegnamento�secondario�(S.S.I.S.)�a�
seguito�di�un�corso�di�durata�biennale,�in�aggiunta�al�punteggio�di�cui�al�
punto�A.1,�sono�attribuiti�ulteriori�punti�30,�di�cui�24�per�il�biennio�di�durata�
legale�del�corso,�equiparato�a�servizio�specifico�per�la�classe�di�insegnamento�
cui�si�riferisce�l'abilitazione.�

Nell'ipotesi�di�piu��abilitazioni�conseguite�a�seguito�della�frequenza�di�un�
unico�corso,�l'intero�punteggio�spetta�per�una�sola�abilitazione,�a�scelta�del-
l'interessato.�

Orbene,�dal�tenore�della�norma�si�evince�che�il�punteggio�non�puo��che�
essere�inserito�nell'unica�classe�di�concorso�vinto�dalla�ricorrente,�chee��
quello�di�cui�all'A52,�(che�l'abilita�ad�insegnare�materie�letterarie,�latino�
greco�nel�liceo�classico).�

Cos|��come�peraltro�chiarito�dal�MIUR�con�F.A.Q.�(Frequently 
Asked 
Questions)�del�23�giugno�2004�laddove,�nella�risposta�n.�7,�ha�precisato�che�
�l'abilitazione�certificata�dall'Universita��per�una�sola�classe�di�concorso�(cos|��
come�ha�fatto�l'universita��del�Lazio)...�da��titolo�ad�attribuire�esclusivamente�
a�quest'ultima�24�punti�.�

Oltretutto,�quest'ultimo�profilo�della�Tabella�di�valutazione�dei�titoli,�e��
frutto�della�discrezionale�ed�insindacabile�scelta�legislativa�volta�ad�evitare�il�
cumulo�di�punteggi�per�servizi�contemporaneamente�prestati�nel�medesimo�
anno�scolastico�per�tutte�le�graduatorie�permanenti,�in�cui�l'interessatoe��
eventualmente�iscritto.�Sul�punto�si�e��gia��pronunciata�la�giurisprudenza�in�
casi�analoghi(1).�

La�ricorrente�contesta�la�valutazione�operata�dall'amministrazione�circa�
l'idoneita��dell'autocertificazione�attestante�il�requisito�del�titolo�di�studio.�
L'amministrazione�scolastica�ha�legittimamente�applicato�la�legge�(art.71�

d.P.R.�445/2000)�ed�esercitato�il�proprio�potere-dovere�a�tutela�dell'interesse�
pubblico.�
(1)�TAR�Lazio�n.�6589/2005.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�ricorrente,�infatti,�non�ha�la�possibilita��di�inserire�il�punteggio�nella�
classe�di�concorso�che�desidera,�ma�solo�in�quella�di�appartenenza,�la�
A052�(2).�

Il�TAR�stabilisce,�dunque,�che�la�scelta�originariamente�effettuata�dalla�
ricorrente�di�conseguire�l'abilitazione�all'insegnamento�relativamente�alla�
classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione�al�corso�biennale�S.S.I.S.,�
e��del�tutto�preclusiva�della�possibilita��per�la�medesima�di��trasferire��il�rela-
tivo�punteggio�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�graduatoria�relativa�a�
diversa�classe�di�concorso.�

2. 
^Pubblicazione 
della 
graduatoria 
provvisoria 
come 
comunicazione 
dell'avvio 
delprocedimento. 
La�graduatoria�provvisoria,�solitamente,�e��pubblicata�poche�settimane�
prima�di�quella�definitiva.�

Il�meccanismo,�com'e��noto,�ha�la�funzione�di�rendere�edotti�i�destinatari�
delle�modifiche�che�interesseranno�poi�la�graduatoria�definitiva.�Ed�invero,�
ne�consegue�che,�nel�caso�delle�graduatorie�scolastiche,�la�possibilita��di�parte-
cipazione�dei�soggetti�coinvolti�e��garantita�dal�meccanismo�della�pubblica-
zione�della�graduatoria�permanente�provvisoria,�che�costituisce�comunica-
zione�di�avvio�del�procedimento�di�approvazione�della�graduatoria��de 
qua��
ai�sensi�dell'art.�8�comma�3,�legge�7�agosto�1990�n.�241.�Essa�e��seguita,�a�
breve�distanza,�dalla�pubblicazione�della�graduatoria�permanente�definitiva,�
che�e��quindi�l'atto�conclusivo�del�relativo�procedimento.�

Sul�punto�concorda�la�giurisprudenza�(3).�

Le�graduatorie�si�caratterizzano,�difatti,�per�il�carattere�esclusivamente�
recettivo�di�disposizioni�di�legge,�nonche�per�l'automatismo�degli�effetti�che�
da�queste�ultime�scaturiscono.�Inoltre,�e��da�rilevare�che�l'Amministrazione�
scolastica�ha�riferito�anche�verbalmente�all'interessata�la�modifica�apportata�
in�sede�di�valutazione�di�titoli.�

E�innegabile,�pertanto,�che�il�contatto�procedimentale�tra�la�ricorrente�e�
l'Amministrazione�procedente�vi�sia�stato,�come�dimostrato,�peraltro�dalle�
reiterate�richieste�inoltrate�dall'amministrazione�scolastica�nei�confronti�della�
ricorrente.�

(2)�L'�articolo�71�nel�prevedere�e�disciplinare�le�modalita��di�controllo�delle�cd.��autocer-
tificazioni��stabilisce�che:��Le�amministrazioni�procedenti�sono�tenute�ad�effettuare�idonei�
controlli,�anche�a�campione,�e�in�tutti�i�casi�in�cui�sorgono�fondati�dubbi,�sulla�veridicita��
delle�dichiarazioni�sostitutive�di�cui�agli�articoli�46�e�47.�I�controlli�riguardanti�dichiarazioni�
sostitutive�di�certificazione�sono�effettuati�dall'�amministrazione�procedente�con�le�modalita��
di�cui�all'articolo�43,�consultando�direttamente�gli�archivi�dell'amministrazione�certificante,�
ovvero�richiedendo�alla�medesima,�anche�attraverso�strumenti�informatici�o�telematici,�con-
ferma�scritta�della�corrispondenza�di�quanto�dichiarato�con�le�risultanze�dei�registri�da�que-
sta�custoditi�.�
(3)�Cfr.�T.A.R.�Trentino-Alto�Adige,�Trento,�14�febbraio�2002,�n.�43,�in�Foro 
Amm. 
TAR,�2002,�413.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Com'e�noto,�la�formalita�di�cui�all'art.�7�e�superflua�qualora�l'interessato�
consegua�aliunde 
la�conoscenza�del�procedimento.�La�comunicazione�di�
avvio�del�procedimento�ha�infatti�finalita�sostanziali�e�non�meramente�
formali�(4).�

Peraltro,�l'orientamento�giurisprudenziale�piu�recente�ritiene�che�l'art.�7,�
come�tutte�le�altre�regole�sulla�partecipazione�stabilite�dalla�legge�241�del�
1990,�non�debba�essere�interpretato�in�maniera�rigidamente�formalistica,�let-
terale�e�acritica,�bens|�secondo�logica�e�buon�senso�(5).�E�essenziale,�infatti,�
fornire�una�lettura�di�tali�regole,�alla�luce�dei�criteri�generali�che�governano�
l'azione�amministrativa,�individuando�i�contenuti�essenziali�del�rapporto�tra�
esercizio�del�pubblico�potere�e�tutela�della�posizione�del�privato�(ragionevo-
lezza,�proporzionalita�,�logicita�ed�adeguatezza).�Di�recente,�l'art.�21-octies,�
secondo�comma,�seconda�parte,�legittima�l'amministrazione�a�provare�in�giu-
dizio�che��il�provvedimento�non�e�altres|�annullabile�per�mancata�comunica-
zione�dell'avvio�del�procedimento,�qualora�l'amministrazione�dimostri�in�giu-
dizio�che�il�contenuto�del�provvedimento�non�avrebbe�potuto�essere�diverso�
da�quello�in�concreto�adottato�.�Non�solo:�con�l'istanza�di�aggiornamento�
presentata�dalla�ricorrente,�risulta�ulteriormente�evidente�che�l'interessata�
era�ben�a�conoscenza�del�procedimento�in�essere.�Infatti,�essa�ha�inoltrato�
una�vera�e�propria�istanza�di�parte,�dimostrando�cos|�,�di�essere�a�conoscenza�
del�procedimento�in�corso.�E�noto�che�la�disciplina�dell'art.�7�della�legge�
241/1990�non�si�applica�ai�procedimenti�ad�istanza�di�parte:�nel�qual�caso�
l'avviso�d'avvio�sarebbe�una�mera�duplicazione�di�formalita�,�in�quanto�l'inte-
ressato�e�evidentemente�a�conoscenza�della�pendenza�del�procedimento�
avviato�da�lui�stesso�(6).�

3. 
^Osservanza 
della 
normativa 
da 
parte 
dell'amministrazione. 
La 
natura 
vin-
colante 
delle 
Frequently�Asked�Questions�(F.A.Q.)�e 
la 
comunicazione 


istituzionale. 


Le�nuove�tecnologie�possono�apportare�anche�all'attivita�dell'�ammini-
strazione�ottimi�risultati�che�ben�possono�agevolmente�ed�indiscutibilmente�
misurarsi�in�termini�di�notevole�risparmio�di�tempo.�

La�P.A.�sta�cambiando�in�questi�anni�e�molto�cambiera�nel�prossimo�
futuro.�

Le�F.A.Q.,�termine�preso�a�prestito�dall'inglese�Frequently 
Asked 
Que-
stions,�hanno�lo�scopo�di�interpretare�correttamente�la�normativa�(non�sem-
pre�chiara)�del�legislatore�nazionale:�raccolgono�ed�analizzano�le�richieste�
piu�frequenti�e�sono�diffuse�ormai�in�quasi�tutte�le�amministrazioni�pubbli-
che.�

(4)�Sul�punto�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�20�febbraio�2002,�n.�1003,�in�Foro 
Amm. 
CDS,�2002,�
395;�Cons.�Stato,�sez.�V,�28�maggio�2001,�n.�2884,�in�Foro 
Amm.,�2001,�1222.�
(5)�T.A.R.�Campania,�Napoli,�Sez.�IV,�4�gennaio�2002,�n.�88,�in�Foro 
Amm. 
TAR,�2002,�
208;�T.A.R.�Lazio,�Latina,�23�maggio�2001,�n.�527,�in�Foro 
Amm.,�2001.�
(6)�Giurisprudenza�costante,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�23�maggio�2001,�n.�2849,in�Foro 
Amm. 
2001,�1141;�Cons.�Stato,�sez.�IV,�12�marzo�2001,�n.�1381,�in�Foro 
Amm.,�2001,�366�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Le 
F.A.Q. 
sono 
vincolanti 
per 
le 
amministrazioni 
ed 
acquisiscono 
note-
vole 
importanza 
in 
quanto 
costituiscono 
un 
esempio 
di 
come 
le 
nuove 
tecnolo-
gie 
possano, 
in 
tempo 
reale, 
soddisfare 
le 
richieste 
dei 
destinatari, 
fornendo 
l'interpretazione, 
a 
livello 
ministeriale, 
della 
normativa 
in 
vigore. 
Questo 
con 
riferimento 
specifico 
alla 
singola 
esigenza 
del 
richiedente. 
D'altronde, 
la 
legge 


n. 
15/2005aggiunge,all'art. 
3dellalegge241/1990,l'art.3-bis 
che 
reca 
il 
titolo 
�uso 
della 
telematica� 
e 
recita: 
�per 
conseguire 
maggiore 
efficienza 
nella 
loro 
attivita� 
, 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
incentivano 
l'uso 
della 
telematica, 
nei 
rapporti 
interni, 
tra 
le 
diverse 
amministrazioni 
e 
tra 
queste 
e 
i 
privati�. 
Viene 
conferita, 
dunque, 
maggiore 
importanza 
all'utilizzo 
dell'informa-
tica 
come 
strumento 
volto 
a 
migliorare 
l'efficienza 
della 
P.A. 


Gia� 
da 
tempo 
l'uso 
dell'informatica 
e 
della 
telematica 
e� 
stato 
introdotto 
nella 
pubblica 
amministrazione, 
con 
effetti 
benefici 
in 
ordine 
all'efficienza 
e 
celerita� 
dell'attivita� 
amministrativa. 
Questo 
dovrebbe 
rendere 
piu� 
celere 
la 
trasmissione 
delle 
informazioni 
e 
la 
risposta 
ai 
quesiti 
degli 
amministrati 
e 
degli 
stessi 
dipendenti 
pubblici. 


Allo 
stesso 
modo, 
anche 
nei 
rapporti 
tra 
amministrazioni 
e 
privati, 
l'uso 
della 
telematica 
dovrebbe 
rendere 
piu� 
celere 
ed 
efficace 
il 
procedimento 
amministrativo 
in 
corso. 


Ne 
consegue 
che 
l'amministrazione 
decentrata, 
(in 
questo 
caso 
il 
C.S.A. 
di 
Reggio 
Emilia), 
era 
vincolata 
dalla 
risposta 
e 
dall'interpretazione 
gia� 
for-
nite 
a 
livello 
di 
vertice, 
e 
non 
aveva 
possibilita� 
alcuna 
di 
discostarsene, 
pena 
la 
violazione 
della 
normativa 
stessa. 


Lo 
Stato, 
dunque, 
sempre 
piu� 
, 
si 
connota 
come 
un 
sistema 
di 
informa-
zioni 
e 
comunicazioni, 
ossia 
come 
un 
apparato 
che 
raccoglie, 
elabora, 
e 
comunica 
dati. 


L'efficiente 
applicazione 
dei 
principi 
della 
semplificazione, 
della 
raziona-
lizzazione 
e 
della 
trasparenza 
nell'attivita� 
amministrativa, 
hanno 
determinato 
una 
rivisitazione 
del 
concetto 
di 
comunicazione 
istituzionale: 
questa, 
infatti, 
e� 
divenuta 
risorsa 
centrale 
e 
decisiva 
per 
il 
buon 
funzionamento 
dell'ammini-
strazione 
pubblica. 
Cambia 
la 
societa� 
, 
cambia 
la 
P.A.: 
la 
comunicazione, 
cos|� 
come 
l'azione 
della 
P.A., 
avviene 
in 
un 
contesto 
sociale 
gia� 
predisposto 
a 
tale 
cambiamento. 
La 
locuzione 
�comunicazione 
pubblica� 
e� 
, 
tuttavia, 
ancora 
sottovalutata 
dai 
giuristi, 
che 
continuano 
a 
preferire 
termini 
quali 
informa-
zione, 
documentazione, 
pubblicita� 
, 
certo 
connessi, 
ma 
non 
coincidenti. 


L'attivita� 
di 
informazione 
e 
comunicazione 
dei 
soggetti 
istituzionali 
diventa 
uno 
degli 
elementi 
indefettibili 
dell'organizzazione 
pubblica, 
ossia 
una 
modalita� 
privilegiata 
con 
cui 
si 
persegue 
l'interesse 
della 
collettivita� 
mediante 
la 
circolazione 
dei 
dati 
e 
delle 
conoscenze 
di 
cui 
le 
Amministra-
zione 
dispongono. 


L'attivita� 
di 
comunicazione 
e 
di 
informazione 
e� 
l'unica 
in 
grado 
di 
dare 
attuazione 
al 
principio 
di 
pubblicita� 
dell'agire 
pubblico 
che, 
in 
un 
sistema 
democratico, 
di 
norma 
deve 
prevalere 
sul 
principio 
della 
segretezza. 
Si 
parla, 
infatti, 
di 
trasparenza, 
che 
in 
realta� 
e� 
nozione 
discutibile 
e 
non 
coincidente 
con 
il 
principio 
di 
pubblicita� 
. 


La 
civilta� 
digitale 
odierna 
richiede 
un 
aggiornamento 
di 
progetti 
e 
valori 
non 
solo 
da 
parte 
dei 
politici 
ma 
anche 
dei 
burocrati 
e 
degli 
stessi 
comunicatori 
pubblici. 
Siamo 
di 
fronte 
a 
quello 
che 
e� 
stato 
definito 
lo 
Stato 
inserzionista,in 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

quanto�il�settore�pubblico�e�diventato,�anche�in�Europa,�uno�dei�migliori�
clienti�delle�agenzie�di�pubblicita�(7).�

La�direttiva�del�ministro�della�funzione�pubblica�del�7�febbraio�2002�pre-
vede�il�coordinamento�e�l'imposizione�della�comunicazione�istituzionale�nel-
l'agenda�dei�media�del�Paese,�mentre�la�direttiva�del�20�dicembre�2002�del�mini-
stro�per�l'innovazione�e�le�tecnologie�(G.U.�n.�52�del�4�marzo�2003)�contiene�
�linee�guida�in�materia�di�digitalizzazione�dell'amministrazione��e�richiama�le�
�linee�guida�del�governo�per�lo�sviluppo�della�societa�dell'informazione�nella�
legislatura�,�approvate�dal�consiglio�dei�ministri�il�31�maggio�2002.�

Gli�operatori�che�vogliono�innovare�hanno�bisogno�di�una�informazione�

istituzionale�che�non�sia�limitata�ai�soli�provvedimenti�normativi,�proprio�

come�gli�stake-holders 
(portatori�di�interessi)�(8).�Le�applicazioni�della�comu-

nicazione,�tra�cui�le�F.A.Q.,�gli�uffici�stampa�e�U.R.P.�(uffici�per�le�relazioni�

con�il�pubblico),�costituiscono�gli�strumenti�del�cambiamento�interno�della�

P.A.�La�legge�n.�150/2000�attribuisce�all'ufficio�stampa�la�gestione�dell'infor-
mazione,�in�collegamento�con�gli�organi�di�informazione�a�mezzo�stampa,�
radiofonici,�televisivi�ed�on-line.�

Ormai�la�comunicazione�e�diventata�stile�e�missione�della�P.A.�Con�
risultati�piu�che�lusinghieri:�grazie�alla�comunicazione�e�cambiata�la�conce-
zione�di�P.A�nell'immaginario�collettivo�(9).�D'altronde,�il�valore�fenomenolo-
gico�della�P.A.�e�il�modo�in�cui�lo�Stato�si�fa�presenza�tangibile�di�una�entita�
normalmente�posta�su�un�piano�astratto�e�immateriale,�mentre�il�valore�rela-
zionale�della�P.A.�e�il�punto�di�contatto,�di�raccordo,�di�dialogo�tra�Stato�e�
societa�civile.�L'operazione�ricognitivo-interpretativa�riguarda�anche�e�
soprattutto�il�valore�di�servizio�dello�Stato,�in�quanto�la�P.A�e�deputata�a�
organizzare�tutti�gli�aspetti�della�vita�comunitaria,�nell'intento�di�conseguire�
e�preservare�il�benessere�del�cittadino,�nonche�il�valore�di�appartenenza,�
essendo�la�P.A.�l'espressione�di�un'identita�e�di�una�coscienza�collettiva.�Tutte�
queste�teorie�sono�state�organizzate�e�hanno�generato�delle�strategie�d'inter-

vento,�di�cui�la�P.A.�efficacemente�si�avvale(10).�
Avv. 
Maria 
Vittoria 
Lumetti 
()�

(7)�In�Gran�Bretagna�l'intero�apparato�relativo�alla�comunicazione�e�affidato�a�strutture�
private.�Cfr.�in�generale�Working 
document 
on 
the 
surveillance 
ofelectronic 
communications 
in 
the 
workplace,�29�May�2002,�DG�MARKT/5401/01,WP�55; 
Opinion8/2001ontheprocess
ing 
ofpersonal 
data 
in 
the 
employment 
context,�13�September�2001,�Dg�Markt�5062/01,�WP�
48;�Recommendation 
1/2001 
on 
Employee 
Evaluation 
Data,�22�March�2001,�DG�MARKT�
5008/01,WP42.Vedi�anchele�decisioni�della�Commissione�europeainhttp://www.euru-
pa.eu.int/comm/internal_market/en/dataprot/modelcontracts/index.htm.�

(8)�Questi�possono�essere�esterni�(cittadini,�fornitori,�sindacati,�istituzioni�ecc.)�e�interni�
(personale�diretto,�personale�indiretto�(collaboratori�che�partecipano�all'attivita�dell'impresa�
e/o�organizzazione).�
(9)�Le�risultanze�sono�scaturite�da�una�indagine�commissionata�dal�Ministero�della�fun-
zione�pubblica.�
(10)�La�comunicazione�professionale�va�comunque�tenuta�distinta�dalla�comunicazione�
di�uso�comune,�in�quanto�si�propone�degli�obiettivi,�sottopone�a�verifica�i 
risultati 
raggiunti, 
cerca�di�comprendere�la�problematicita�del�proprio�campo�d'azione,�formula�ipotesi�di�
lavoro,�le�sottopone�a�verifica.�
()�Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Bologna.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
l'Emilia 
Romagna, 
Parma, 
Sezione 
unica, 
ordinanza 
18 
ottobre 
2005 
n. 
301 
^Pres.G.Ciccio�^Rel.Est.�U.�Giovannini�^O.A.�(avv.ti�S.�Moli-
nari,�R.�Marchegiani)�c/�Ministero�dell'Istruzione�Universita�e�Ricerca,�C.S.A.�Reggio�
Emilia�(avv.�dello�Stato�M.V.�Lumetti).�

Punteggio�SISS.�La�scelta�originariamente�effettuata�dalla�ricorrente�di�conseguire�l'abili-

tazione�all'insegnamento�relativamente�alla�classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione�

alcorsobiennaleS.S.I.S.�e�deltuttopreclusivadellapossibilita�perlamedesimadi�trasferire��

il�relativo�punteggio�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�graduatoria�relativa�a�diversa�classe�

di�concorso.�

�Visto�il�ricorso�341/2005�proposto�da�O.A.�(omissis)�
per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,�

-della�graduatoria�definitiva�permanente�della�Provincia�di�Reggio�Emilia�della�classe�
di�concorso�A051�(materie�letterarie�e�latino�nei�licei�e�nell'istituto�magistrale)�pubblicata�
nell'albo�del�Centro�Servizi�Amministrativi�della�Provincia�di�Reggio�Emilia�l'8�luglio�2005�
nella�parte�in�cui�vengono�sottratti�24�punti�alla�voce��punteggi-abilitazione��riconosciuti�
nella�precedente�graduatoria�definitiva�pubblicata�il�4�novembre�2004;�

-della�medesima�graduatoria�nella�parte�in�cui�non�viene�valutato�il�servizio�prestato,�
nella�medesima�classe�di�concorso,�dalla�ricorrente�nell'a.s.�2004-2005�con�ulteriore�mancata�
attribuzione�di�12�punti;�

-di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�e/o�conseguente.�

Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;�

Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre-
sentata�in�via�incidentale�dalla�ricorrente;�
Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:�
Centro�Servizi�Amministrativi�di�Reggio�Emilia;�
Udito�il�relatore�Cons.�Umberto�Giovannini�e�uditi�altres|�l'avv.�Molinari�per�la�ricor-
rente�e�l'avv.�dello�Stato�Zito�per�l'Amministrazione�resistente;�
Visti�gli�artt.�19�e�21,�u.c.,�della�legge�6�dicembre�1971,�n.�1034,�e�l'art.�36�del�r.d.�17�ago-
sto�1907,�n.�642;�

Ritenuto�che�la�scelta�originariamente�effettuata�dalla�ricorrente�di�conseguire�l'abilita-
zione�all'insegnamento�relativamente�alla�classe�di�concorso�052,�mediante�la�partecipazione�
al�corso�biennale�S.S.I.S.�era�del�tutto�preclusiva�della�possibilita�per�la�medesima�di��trasfe-
rire��il�relativo�punteggio�alla�stessa�spettante�ad�incremento�dei�titoli�valutabili�in�seno�a�
graduatoria�relativa�a�diversa�classe�di�concorso;�

P.Q.M.�^Respinge�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione�(omissis)�.�

Ipareri
delcomitato
consultivo
Ipareri
delcomitato
consultivo
A.G.S.-Parere 
del 
14 
maggio 
2005, 
n. 
67615. 


Momento�diefficacia�della�determinazione�della�rendita�catastale�^Configu-

rabilita�di�autotutela�(consultivo�18721/04,�avvocato�L.�Caputi�Iambrenghi).�

�La�complessa�ed�articolata�richiesta�di�parere�prende�le�mosse�dalla�
questione�di�fondo�costituita�dalla�efficacia�temporale�delle�variazioni�di�clas-
samento�catastale.�

1)�In�merito�alla�stessa�si�ritiene�opportuno�segnalare�in�via�preliminare�
la�normativa�introdotta�dall'art.�74�della�legge�342/2000�in�relazione�alla�
quale�sono�enucleabili�i�seguenti�principi.�

a)�a�decorrere�dall'1�gennaio�2000,�efficacia�della�attribuzione�o�della�
modifica�della�rendita�catastale�per�terreni�e�fabbricati,�solo�dalla�data�di�
notifica�a�cura�dell'Ufficio�del�Territorio�competente�ai�soggetti�intestatari�
delle�partite�(e�contestuale�comunicazione�al�Comune)�con�connessa�impu-
gnabilita�dell'atto�ex�art.�2�comma�3�D.Lgs.�546/1992�(comma�1);�

b)�per�gli�atti�che�comportano�attribuzione�e�modifica�delle�rendite�adot-
tate�entro�il�31�dicembre�1999�e�recepiti�in�atti�impositivi�dell'Amministra-
zione�finanziaria�o�degli�enti�locali,�riapertura�dei�termini�per�l'impugnazione�
decorrente�dalla�data�di�entrata�in�vigore�della�legge,�senza�computo�di�inte-
ressi�e�sanzioni�e�senza�erogazione�di�rimborsi�(comma�2);�

c)�per�gli�atti�che�comportano�attribuzione�e�modifica�delle�rendite,�adot-
tati�entro�il�31�dicembre�1999�e�non�ancora�recepiti�in�atti�impositivi,�decor-
renza�del�termine�di�impugnazione�dalla�notifica�di�questi�ultimi�(comma�3).�

La�portata�dell'intervento�legislativo,�in�sintonia�peraltro�con�i�principi�
espressi�dalla�V�Sezione�della�Suprema�Corte�nella�sentenza�n.�4509/2000,�e�
nel�senso�di�aver�introdotto�a�regime,�con�decorrenza�1�gennaio�2000,�la�
regola�di�carattere�generale�intesa�a�valorizzare�in�via�assoluta,�sia�ai�fini�
della�efficacia�temporale,�che�del�decorso�del�termine�di�impugnazione,�la�
notifica�della�attribuzione�e�della�variazione�della�partita.�

Contemporaneamente�il�legislatore�ha�dettato�una�disciplina�transitoria�
per�il�periodo�anteriore�all'1�gennaio�2000,�disciplina�che�attiene�alla�riaper-
tura�dei�termini�di�impugnazione,�all'esonero�del�pagamento�di�interessi�e�
sanzioni,�nonche�all'esclusione�di�rimborsi�per�importi�pagati,�in�base�al�prin-
cipio�generale�dell'acquiescenza�alle�operazioni�catastali.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Pertanto,�si�ribadisce,�al�di�la��della�efficacia�transitoria�della�norma,�la�
regola�generale�introdotta�a�decorrere�dall'1�gennaio�2000,�e��quella�della�
necessita��della�notifica�della�attribuzione�e�della�variazione�della�rendita�

all'intestatario�della�partita.�

2)�Relativamente�alla�questione�dell'autotutela�si�osserva. 
In�linea�generale,�la�stessa,�intesa�come�potesta��di�annullamento�e 


revoca�di�un�pregresso�provvedimento�di�accatastamento,�ove�esercitata�


tanto�d'ufficio�che�su�istanza�di�parte�^nel�limite�invalicabile�dell'eventuale�

formazione�di�un�giudicato�sostanziale 
tendenzialmente,�in 
subiecta 
materia,�

non�puo��che�mirare�ad�eliminare�errori�di�inserimento�dei�dati,�ovvero�di�

applicazione�delle�regole�tecniche�dell'estimo�catastale�in�relazione�adun�

immutato�contesto.�Inteso�in�questo�senso,�l'annullamento�in�autotutela�non�

puo��che�avere�effetto�ex 
tunc 
e�cioe��retroattivo.�

Restano�pertanto�escluse�dall'ambito�contettuale�della�autotutela�tuttele�

fattispecie�riconducibili�all'intervento�di�nuovi�elementi�afferenti�la�partita�

catastale,�che�possono�invece�giustificare�una�revisione�in�relazione�al�muta-

mento�degli�stessi�elementi�rilevanti.�
Nell'esplicazione�concreta,�l'esercizio�della�potesta��di�autotutela�andra��

poi�armonizzato�con�i�principi�contenuti�nell'art.�21�nonies 
della�legge�

241/1990�introdotto�dall'art.�14�della�legge�11�febbraio�2005�n.�15.�
Piu��in�particolare�dovra��essere�ponderata,�con�riferimento�all'interesse�

generale,�la�finalita��di�una�corretta�operazione�di�accatastamento,�nel�

rispetto�cioe��delle�regole�generali�dell'estimo,�interesse�che,�come�tale,�pre-

scinde�da�quello�specifico�dell'Ente�Territoriale,�eventuale�beneficiario�del�

gettito�proveniente�dal�tributo�locale.�
Quanto�all'ulteriore�parametro�del��termine�ragionevole�,�cos|��come�si�

esprime�l'art.�21�nonies 
citato,�e��evidente�che�avra��efficacia�preclusiva�all'eser-

cizio�dell'annullamento�in�autotutela,�il�decorso�di�uno�spazio�temporale�tale�

da�avere�determinato�situazioni�ormai�consolidate.�
3)�In�questa�cornice�si�puo��collocare�anche�la�diversa�fattispecie�della�

revisione�di�accatastamento,�a�seguito�di�sentenza�resa�dai�giudici�tributari�

ed�afferenti�gli�immobili�similari.�
E�ben�vero�infatti�che�ai�sensi�dell'art.�2909�c.c�l'efficacia�del�giudicato�e��

limitata�alle�sole�parti�del�giudizio.�Tuttavia�in�tali�casi�non�si�e��in�presenza�

di�una�vera�e�propria�estensione�del�giudicato,�ma�il�giudicato�stesso�costitui-

sce�motivazione�dell'istanza�di�autotutela.�Ne�consegue�che,�fermo�restando�

il�rispetto�dei�principi�introdotti�e�delineati�dall'art.�21�nonies 
citato�ed�il�gia��

ricordato�limite�di�un�diverso�giudicato�sostanziale�specificamente�riferito�al�

soggetto�interessato,�la�fattispecie�in�discorso,�ben�puo��rientrare�nella�regola�
generale�dell'autotutela�.�

A.G.S. 
-Parere 
del 
14 
maggio 
2005, 
n. 
67621.�
Illecito 
amministrativo 
in 
materia 
doganale, 
contrabbando 
doganale 
sem-

plice 
e 
aggravato: 
distinzioni 
^decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 


n. 
43/1973, 
artt. 
282 
ss. 
(consultivo�11396/05,�avvocato�G.Albenzio).�
�La�questione�prospettata�attiene�alle�differenze�intercorrenti�tra�le�
diverse�ipotesi�di�contrabbando,�semplice�ed�aggravato,�previste�dal�

T.U.L.D.�approvato�con�d.P.R.�n.�43/1973�e�tra�queste�e�gli�illeciti�ammini-

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

strativi�di�cui�agli�artt.�302�ss.�del�medesimo�Testo�Unico,�il�tutto�con�parti-
colare�riguardo�all'ipotesi�di�falsita�ideologica�nelle�dichiarazioni�doganali�
inerenti�alle�merci�sdoganate.�

1.�^Il�d.P.R.�n.�43/1973,�artt.�282�ss.�contiene�numerose�disposizioni�
riguardanti�le��Violazioni�doganali�,�tra�le�quali�rientrano�le�diverse�ipotesi�
di�contrabbando.�Tale�normativa�e�stata�successivamente�modificata,�prima�
dalla�legge�n.�706/1975,�poi�dalla�legge�n.�689/1981:�le�modifiche�anzidette�
hanno�comportato�la�depenalizzazione�di�tutte�le�contravvenzioni�(quindi�
anche�quelle�doganali)�punibili�con�la�sola�pena�dell'ammenda;�successiva-
mente,�la�legge�n.�563/1993�(modificativa�della�legge�689/1981)�ha�esteso�la�
depenalizzazione�delle�violazioni�finanziarie�ai�delitti�puniti�con�la�sola�multa�
ma�con�esclusione,�secondo�la�giurisprudenza�di�legittimita�,�dei�delitti�finan-
ziari�semplici��quando�^come�nel�caso�del�contrabbando�^sono�puniti�nelle�
ipotesi�aggravate�anche�con�pena�detentiva��(Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.�

n.�2338�del�22�maggio�1996;�Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.�n.�13962�del�6�dicem-
bre�1999).�Premesso�che�la�normativa�che�concerne�le�violazioni�doganali�e�
posta�a�tuteladell'Erariostatalee,�ancorapiu�ingenerale,�dellapotesta�tributa-
ria�dello�Stato,�correttamente�Codesta�Agenzia�rileva�che�le�norme�in�mate-
ria,�anche�a�seguito�della�parziale�depenalizzazione,�prevedono�una�gradua-
zione�delle�pene�(o�comunque�delle�sanzioni),�a�seconda�dell'allarme�sociale�
destato�dalle�singole�violazioni.�

2.�^A�questo�punto�puo�procedersi�all'analisi�della�normativa�richia-
mata.�Argomentazioni�interpretative�di�tipo�sistematico�(oltre�che�letterale)�
rendono�evidenti�le�differenze�tra�le�fattispecie�previste�dal�d.P.R.�
n.�43/1973.�Partendo�dal��gradino�piu�basso��delle�violazioni�previste,�tro-
viamo�gli�illeciti�amministrativi�di�cui�agli�artt.�302�ss.�L'art�303,�la�cui�analisi�
risulta�maggiormente�utile�ai�fini�del�quesito�proposto,�sanziona��la�dichiara-
zione�risultata�infedele�per�negligenza,�ignoranza�o�grossolana�malizia�nell'indi-
cazione�della�quantita�,�qualita�e�valore�delle�merci�[...]��(Cass.�pen.,�Sez.�III,�
sent.�n.�10478�del�3�dicembre�1983).�Il�soggetto�tenuto�al�pagamento�dei�
diritti�doganali�non�si�sottrae,�dunque,�al�controllo�doganale�ma�per�semplice�
ignoranza,�negligenza�o,�comunque,�in�modo�grossolano�e�quindi�facilmente�
verificabile�in�sede�di�controllo,�indica�erroneamente�qualita�,�quantita�e�
valore�delle�merci.�

3.�^Diversamente,�il�delitto�di�contrabbando�e�previsto�dalle�norme�di�
cui�agli�artt.�282�ss.�del�decreto�in�parola,�le�quali�considerano�agli�effetti�
penali�numerose�fattispecie�differenti.�In�generale,�il�contrabbando�consiste�
nel�comportamento�di�chi,�in�violazione�delle�disposizioni�di�natura�doganale.�
introduce�nel�territorio�dello�Stato,�commercia�o�anche�semplicemente�detiene�
merci�che�sono�sottoposte�ai�diritti�difrontiera:�in�altre�parole,�quel�che�si�puni-
sce�e��la�sottrazione�delle�merci�ai�diritti�di�confine,�con�evasione�o�elusione�
dei�relativi�controlli��(Cass.,�Sez.�Un.�pen.,�sent.�n.�119�del�29�ottobre�1997);�
sempre�il�linea�generale,�quindi,�si�prescinde�dalle�modalita�specifiche�attra-
verso�le�quali�le�merci�vengono�introdotte�e�commercializzate�entro�lo�Stato�
(ad�esempio,�merci�trasportate�senza�sottoporsi�ai�controlli�di�confine�oppure�
importate�con�fraudolente�dichiarazioni�doganali).�Per�completezza�di�esposi-
zione�si�aggiunge�che�il�reato�di�contrabbando�non�si�configura�come�reato�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


istantaneo 
bens|� 
come 
reato 
permanente, 
per 
cui 
�le�cose�soggette�a�diritti�di�
frontiera,�per�cui�non�sia�stato�assolto�l'obbligo�tributario,�sono�permanente-
mente�nella�illegittima�condizione�di�evasione�a�tali�diritti�[...]� 
(Cass. 
pen., 
Sez. 
III, 
sent. 
n. 
2108 
del 
27 
novembre 
1997). 
Per 
comprendere 
esattamente 
cosa 
sia 
il 
cd. 
�contrabbando 
semplice� 
puo� 
farsi 
riferimento 
proprio 
agli 
artt. 
282 
e 
seguenti 
del 
decreto 
piu� 
volte 
citato, 
fino 
alla 
norma 
di 
chiusura 
di 
cui 
all'art. 
292, 
ove 
si 
punisce 
chiunque 
introduca 
merci 
estere 
attraverso 
il 
confine 
di 
terra 
in 
violazione 
delle 
prescrizioni, 
divieti, 
ecc.; 
chiunque 
scari-
chi 
merci 
estere 
nello 
spazio 
intermedio 
tra 
la 
frontiera 
e 
la 
piu� 
vicina 
dogana; 
chiunque 
sia 
sorpreso 
con 
merci 
nascoste, 
ecc., 
anche 
se 
perpetrati 
in 
circostanze 
particolari 
e 
da 
determinati 
soggetti 
(capitani 
di 
navi, 
coman-
danti 
di 
aeromobili, 
ecc.) 
Cio� 
che�rileva�e�semplicemente�ilfatto�in�se�di�aver�
trasportato�la�merce�oltre�confine�senza�il�pagamento�dei�dovuti�diritti, 
a 
pre-
scindere 
dalle 
modalita� 
con 
cui 
il 
fatto 
sia 
avvenuto: 
infatti 
l'Erario, 
i 
cui 
interessi 
costituiscono 
il 
bene 
tutelato 
dalle 
norme 
in 
esame, 
ne 
resta 
sempre 
e 
comunque 
danneggiato, 
indipendentemente 
dall'eventuale 
circostanza 
che, 
ad 
esempio, 
sia 
stato 
corrotto 
un 
agente 
di 
confine. 
Si 
giunge 
cos|� 
all'art. 
295, 
che 
prevede 
alcune 
�Circostanze�aggravanti�del�contrabbando�;�il 
comma 
II, 
in 
particolare, 
recita: 
�Per�gli�stessi�delitti,�alla�multa�e�aggiunta�la�reclusione�

da�tre�a�cinque�anni:�

a)�quando�nel�commettere�il�reato,�o�immediatamente�dopo�nella�zona�di�

vigilanza,�il�colpevole�sia�sorpreso�a�mano�armata;�

b)�quando�nel�commettere�il�reato,�o�immediatamente�dopo�nella�zona�di�

vigilanza,�treopiu�personecolpevolidicontrabbandosianosorpreseinsiemeriu-

nite�e�in�condizioni�tali�dafrapporre�ostacolo�agli�organi�dipolizia;�

c)�quandoilfattosiaconnesso�conaltrodelitto�controlafedepubblicao�

contro�la�pubblica�amministrazione;�

d)�quando�il�colpevole�sia�un�associato�per�commettere�delitti�di�contrab-

bando�e�ildelitto�commesso�sia�tra�quelliper�cui�l'associazione�e�stata�costituita.�

Il 
comma, 
in 
sostanza, 
stabilisce 
un 
aggravamento 
della 
pena 
nei 
casi 
in 
cui 
non 
solo 
si 
sia 
realizzato 
il 
contrabbando 
con 
conseguente 
danno 
all'Era-
rio 
ma 
inoltre 
siano 
stati 
posti 
in 
essere 
altri 
comportamenti, 
almeno 
poten-
zialmente 
lesivi 
di 
ulteriori 
e 
diversi 
interessi 
tutelati 
dall'ordinamento, 
i 
quali 
pertanto 
non 
rientrano 
(come 
facilmente 
si 
comprende 
dalla 
lettura 
del 
comma 
riportato) 
nella 
condotta 
che 
integra 
il 
reato 
di 
contrabbando 
sem-
plice 
e 
posseggono, 
almeno 
parzialmente, 
una 
loro 
autonomia 
da 
un 
punto 
di 
vista 
sia 
fattuale 
sia 
di 
capacita� 
lesiva 
di 
beni 
giuridicamente 
protetti. 
Spe-
cificamente, 
la 
lettera 
c) 
del 
comma 
citato 
riguarda 
il 
caso 
in 
cui 
il 
reato 
di 
contrabbando 
sia 
connesso 
con 
altro 
delitto 
contro 
la 
fede 
pubblica 
o 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione. 
La 
giurisprudenza 
concorda 
nel 
ritenere 
che 


�in�materia�di�contrabbando...�la�connessione�prevista�dall'aggravante�di�cui�

all'art.�295,�secondo�comma�lett.�c)�d.P.R.�23�gennaio�1973�n.�43,�quando�il�

fatto�sia�connesso�con�altro�delitto�contro�lafedepubblicao�contro�lapubblica�

amministrazione..�.va�inquadrata�in�quella�...�di�cui�all'art.�61�n.�2�cod.�pen.,�

che�contempla�non�solo�le�ipotesi�di�chi�abbia�commesso�il�reato�per�eseguirne�

o�per�occultarne�un�altro,�ma�anche�le�ipotesi�di�chi�abbia�commesso�il�reato�
perconseguireo�assicurarease�o�adaltriilprofitto�o�ilprodotto�o�ilprezzo�di�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


altro|reato|ovveroperassicurarsi|l'impunita�|�|(Cass. 
pen., 
Sez. 
III, 
sent. 
n. 
9554 
del 
31 
ottobre 
1984; 
Cass, 
pen., 
Sez. 
III, 
sent. 
n. 
10637 
del 
27 
novembre 
1984). 
In 
sostanza, 
�ilfondamento|dell'aggravante|prevista|dall'art.|61|n.|2 
e�|
stato|costantemente|ravvisato|nella|maggiore|pericolosita�|di|colui|il|quale,|pur|
di|attuare|il|suo|intento|criminoso,|non|arretra|difronte|alla|necessaria|od|even-
tuale|commissione|del|reato-mezzo,|per|cui|presupposto|indispensabile|ed|unico|
dellacircostanzae�|laconsapevolezza,dapartedelcolpevole,dellapluralita�|delle|
risoluzioni|criminose|e|della|loro|coordinazione|finalistica�|(Cass. 
pen., 
sent. 
del 
2 
aprile 
1981, 
Saitta, 
in 
Cassazione|Penale,1982, 
1507; 
Cass. 
pen., 
sent. 
del 
17 
dicembre 
1984, 
Masella, 
CED 
168905). 
In 
tal 
senso, 
la 
corruzione 
di 
un 
funzionario 
doganale, 
ad 
esempio, 
oppure 
la 
falsita� 
ideologica 
del 
privato 
nelle 
dichiarazioni 
doganali 
(che 
non 
rientrino 
nelle 
grossolane 
�alterazioni� 
di 
cui 
all'art. 
303, 
punibili 
come 
illecito 
amministrativo) 
costituendo 
rispetti-
vamente 
reati 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione 
e 
contro 
la 
fede 
pubblica, 
in 
quanto 
connessi 
al 
contrabbando 
ai 
sensi 
dell'art. 
61 
n. 
2 
c. 
integrano 
l'ag-
gravante 
di 
cui 
all'art. 
295, 
II 
comma, 
lett. 
c), 
d.P.R. 
n. 
43/1973. 
Del 
resto, 
ben 
diversa 
e� 
la 
condotta 
del 
soggetto 
che, 
per 
ipotesi, 
trasporta 
merci 
attra-
verso 
zona 
non 
soggetta 
a 
controlli 
doganali 
evitando 
il 
controllo 
e 
di 
colui 
che 
importa 
le 
merci 
attestando 
il 
falso 
nelle 
dichiarazioni 
doganali: 
nel 
secondo 
caso, 
infatti, 
il 
privato 
e� 
ben 
cosciente 
del 
fatto 
che 
non|solo|sta|
introducendo|merci|di|contrabbando|nel 
territorio 
statale 
(con 
conseguente 
danno 
all'Erario) 
ma|altres|�,|per|assicurarsi|che|l'azione|delittuosa|vada|a|buon|
fine,|consapevolmente|sta|dichiarando|ilfalso|in|attipubblici|(con 
indicazioni 
fraudolente 
non 
immediatamente 
verificabili 
in 
quanto 
tali), 
quali 
sono 
le 
attestazioni 
doganali 
(con 
conseguente 
danno 
all'attivita� 
della 
pubblica 
amministrazione). 
Si 
osserva, 
incidentalmente, 
che 
�la|bolletta|doganale|di|
importazionehanatura|diattopubblico|e|costituiscefattispecie|documentale|a|
formazione|progressiva.|Essa|trae|origine|dalla|dichiarazione|di|partenza|for-
mata|dall'interessato|e|presentata|nei|modi|ad|alle|condizioni|di|legge�|(Cass. 
pen., 
Sez. 
V, 
sent. 
n. 
21355 
del 
9 
aprile 
2003; 
in 
tal 
senso, 
cfr. 
la 
Relazione|
illustrativa|al 
d.P.R. 
23 
gennaio 
1973 
n. 
43). 
In 
definitiva, 
la 
falsita� 
nelle 
dichiarazioni 
doganali, 
se 
anche 
rappresenta 
reato-mezzo 
molto 
frequente 
in 
connessione 
al 
delitto 
di 
contrabbando, 
nonper|questo|divieneparte|della|con-
dotta|che|integra|il|reato|di|contrabbando|semplice|ma,|al|contrario,|mantiene|
una|relativa|autonomia|ed|aggrava|lafattispecie|ai|sensi|dell'art.|295,|d.P.R.|

n.|43/1973. 
Proprio 
per 
tale 
motivo, 
normalmente 
l'Autorita� 
Giudiziaria 
Penale, 
in 
caso 
di 
false 
attestazioni 
doganali, 
procede 
distintamente 
peril 
reato 
di 
contrabbando 
e 
per 
la 
falsita� 
in 
atti 
pubblici. 
Inoltre, 
la 
Cassazione 
ha 
affermato 
che 
ricorrono|gli|estremi|del|reato|di|cui|all'art|483|c.|p.|(Falsita� 
ideologica 
commessa 
dal 
privato 
in 
atto 
pubblico) 
�nelle|false|attestazioni|
fatte|nella|dichiarazione|doganale,|poiche�sia|il|registro|delle|operazioni|doga-
nali,|che|le|bollette|doganali,|in|cui|vengono|riportate|le|attestazioni|del|dichia-
rante,sonodocumentipubblici,perlaqualita�|deisoggetticheliformanoeper|
il|loro|contenuto�|(Cass. 
pen., 
sent. 
del 
30 
settembre 
1980, 
Del 
Mastro, 
in 
Cassazione|Penale, 
1982, 
p. 
472; 
Cass. 
pen., 
sent. 
del 
16 
marzo 
1987, 
Samueli, 
CED 
175905); 
infatti, 
�la|dichiarazione|di|cui|alla|prima|parte|del|documento|
doganale|viene|resa|alfunzionario|doganale|in|un|atto|pubblico|che|e� 
destinato|

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

aprovarne�la�verita�;�con�la�conseguenza�che�la�suafalsita�in�ordine�alla�qualita�,�

quantita�o�composizione�della�merce�costituisce�il�reato�di�falso�di�cui�

all'art.�483�c.�p.��(Cass.�pen.,�sent.�del�11�dicembre�1984,�Biagini,�CED�

168205).�Va�aggiunto�che��l'aggravante�prevista�dalla�lettera�c)�dell'art.�295�

d.P.R.�23�gennaio�1973�n.�43�e�configurabile,�purche�il�delitto�connesso�sia�
oggetto�di�giudizio�penale�non�essendo�sufficiente�che�esso�sia�accertato�inciden-

talmente�come�semplice�fatto�storico�costitutivo�dell'aggravante�medesima��

(Cass.�pen.,�Sez.�III,�sent.�del�27�febbraio�1985�n.�1950).�Ulteriormente,�non�
e�da�escludersi�una�responsabilita�dei�funzionari�doganali�in�caso�di�omis-
sione�colposa�dei�controlli�dovuti:��Ilpubblico�ufficiale,�dunque,�non�si�limita�
a�recepire�le�indicazioni�del�privato,�ma�effettua�sulle�stesse�una�verifica�della�
quale�da�atto�specificatamente.�Ricorre,�dunque,�ildelitto�dicuiagliartt.�48�e�479�

c.p.�ogniqualvolta�lafalsita�delle�attestazionicompiute�dalfunzionario�dell'ammi-
nistrazione�doganalesia�dovuta�all'induzione�in�errore�operata�dalprivato�stesso�

(v.�Cass.�sez�III,�7�maggio�1971,�n.�1032,�Ascalone;�sez�II,�11febbraio�1985,�
n.�6683,Tantillo)��(Cass.pen.,Sez.V,sent.n.�21355del9�aprile2003).�
4.�^Infine,�si�osserva�che�la�sentenza�della�Cassazione�Penale�
n.�10478/1983�non�appare�correttamente�interpretata�da�Codesta�Agenzia�
delle�Dogane:�infatti,�la�sentenza�citata�semplicemente�mette�in�risalto�la�dif-
ferenza�esistente�tra�l'illecito�amministrativo�ed�il�reato�di�contrabbando�in�
generale�(senza�distinguere�tra�le�sue�varie�forme),�evidenziando�che�nel�caso�
di�contrabbando�l'allarme�sociale�dovuto�al�delitto�e�superiore�rispetto�al�
caso�di�illecito�amministrativo,�essendo�la�condotta�fraudolenta�concreta-
mente�capace�di�evitare�o�eludere�i�controlli.�Tuttavia,�cio�non�significa�che�
la�falsa�dichiarazione�resa�alla�dogana�sia�elemento�costitutivo�della�condotta�
integrante�la�fattispecie�del�contrabbando:�tale�falsita�,�come�chiarito�nei�
punti�precedenti,�in�quanto�reato�che�danneggia�l'attivita�ed�il�buon�andamento�
della�Pubblica�Amministrazione�e�elemento�che�si�aggiunge�ed�aggrava�
(art.�295,�Il�comma,�lett.�c),�d.P.R.�n.�43/1973)�il�comportamento�di�chi�intro-
duce�nel�territorio�merci�sottoposte�a�diritti�di�confine�ed�in�tal�modo�arreca�
danno�all'Erario�statale.�

In�conclusione,�i�presupposti�distintivi�fra�la�figura�del�contrabbando�
semplice�e�quella�del�contrabbando�aggravato,�anche�in�relazione�all'illecito�
amministrativo�di�cui�all'art.�303�T.U.L.D.,�vanno�individuati�nei�termini�
sopra�esposti�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
31 
maggio 
2005, 
n. 
75722. 
Affidamento�diretto�di�impianto�(consultivo�14148/05,�avvocato�W.�Fer-
rante).�

�1.�^Codesta�Amministrazione�ha�chiesto�il�parere�della�Scrivente�in�
ordine�alla�possibilita�di�procedere�all'affidamento�diretto�di��FOCUS�,�
impianto�mobile�di�scala�industriale�finalizzato�al�trattamento�termico�di�
rifiuti,�alla�(X)�S.p.A.,�partecipata�dall'ENEA�al�98,65%.�
Il�predetto�impianto,�che�ha�funzionato�in�maniera�sperimentale�solo�per�
brevi�periodi,�e�inutilizzato�da�anni,�visti�anche�gli�elevati�costi�di�esercizio.�
Sarebbe�pertanto�interesse�dell'ENEA�rimettere�in�esercizio�l'impianto,�avva-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

lendosi�di�un�partner�qualificato,�non�disponendo�di�figure�professionali�ido-
nee�alla�gestione�e�al�funzionamento�di�un�impianto�a�tecnologia�complessa�
come�il��FOCUS�,�al�fine�di�sviluppare�l'attivita�di�ricerca�e�di�sperimenta-
zione�connesse�all'esercizio�di�lungo�termine�dell'impianto,�acquisendone�i�
relativi�dati,�svolgendo�un�ruolo�di�supervisore�dell'intera�attivita�e�mante-
nendo�il�controllo�sull'utilizzo�dell'impianto.�

La�copertura�degli�elevati�costi�di�funzionamento�dell'impianto�puo�
infatti�avvenire�solo�utilizzandolo�per�scopi�industriali,�quali�il�risanamento�
ambientale�di�siti�contaminati�e�il�trattamento�di�rifiuti�industriali.�

La�societa�(X),�che�opera�nel�campo�della�ricerca�industriale�e�possiede�
le�competenze�tecniche�per�svolgere�l'attivita�di�ripristino�e�di�qualificazione�
dell'impianto,�potrebbe�gestirlo�con�l'apporto�di�una�terza�societa�,�scelta�
con�procedura�ad�evidenza�pubblica,�munita�dell'autorizzazione�allo�smalti-
mento�di�rifiuti,�che�svolgerebbe�il�servizio�di�bonifica�e�di�smaltimento,�
lasciando�alla�societa�(X)�l'attivita�di�acquisizione�dati�e�di�analisi,�sotto�la�
supervisione�dell'ENEA,�il�che�consentirebbe�a�quest'ultimo�di�sviluppare�la�
propria�attivita�di�ricerca.�

Codesto�Ente�intenderebbe�quindi�stipulare�una�convenzione�con�la�
societa�(X),�per�l'affidamento�della�gestione�del��FOCUS��a�quest'ultima,�
che�si�assumerebbe�i�costi�per�il�riavvio�e�il�funzionamento�dell'impianto,in�
vista�dei�ricavi�che�proverrebbero�dall'utilizzo�industriale�dell'impianto�stesso�
e�quindi�dallo�svolgimento�dei�servizi�di�bonifica�ambientale�e�di�smaltimento�
rifiuti�a�favore�di�terzi,�da�aggiudicarsi�mediante�gara.�

L'ENEA,�dal�canto�suo,�conseguirebbe�il�vantaggio�di�sviluppare�l'atti-
vita�di�ricerca�e�di�sperimentazione�connesse�al�funzionamento�dell'impianto,�
mantenendone�il�controllo,�essendo�(X)�una�sua�societa�partecipata�e�
potendo�direttamente�disporre�dei�risultati,�ottenuti�in�un�contesto�nazionale,�
vantaggio�che�invece�non�sarebbe�rinvenibile�nella�proposta�alternativa�della�
societa�brasiliana�(...),�che�implicherebbe�un�trasferimento�dell'impianto�a�
Rio�de�Janeiro.�

Le�altre�proposte�(...)�che�prevederebbero�l'utilizzo�dell'impianto�per�la�
realizzazione�di�alcuni�piani�di�bonifica�di�siti�contaminati,�non�sarebbero�
incompatibili�con�l'affidamento�della�gestione�dell'impianto�ad�(X)�che,�nel-
l'assicurare�gratuitamente�all'ENEA�le�finalita�di�ricerca,�potrebbe�procedere�
allo�sfruttamento�industriale�dell'impianto,�svolgendo�il�servizio�di�risana-
mento�ambientale�e�di�smaltimento�dei�rifiuti�con�procedure�ad�evidenza�
pubblica.�

2.�^In�proposito,�la�giurisprudenza�comunitaria,�con�la�sentenza�Teckal�
(Corte�di�Giustizia�CE,�sez.�V,�sent.�18�novembre�1999,�causa�C-107/1998),�
ha�per�la�prima�volta�parlato�di��in 
house 
providing��quale�modello�di�orga-
nizzazione�e�gestione�di�pubblici�servizi�con�il�quale�le�pubbliche�amministra-
zioni�realizzano�le�attivita�di�loro�competenza�attraverso�propri�organismi,�
senza�quindi�ricorrere�al�mercato�per�procurarsi,�mediante�appalti,�i�lavori,�
i�servizi�e�le�forniture�ad�esse�occorrenti�o�per�erogare�alla�collettivita�,�
mediante�affidamento�a�terzi,�prestazioni�di�pubblico�servizio.�
L'affidamento��in 
house�,�si�propone�infatti�di�armonizzare�i�principi�
della�tutela�della�concorrenza,�codificati�nel�trattato�CE�e�ribaditi,�per�il�set-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tore�dei�servizi,�dalla�Direttiva�92/50/CEE,�attuata�nel�nostro�ordinamento�
con�il�D.Lgs.�17�marzo�1995�n.�157,�con�il�potere�di�auto-organizzazione�pari-
menti�riconosciuto�alle�amministrazioni�pubbliche�degli�Stati�membri.�

La�predetta�sentenza�Teckal�ha�chiarito�che,�in�caso�di�contratto�stipu-
lato�tra�una�pubblica�amministrazione�e�una�persona�giuridica�formalmente�
diversa,�l'applicazione�della�normativa�europea�in�tema�di�appalti�pubblici�a�
tutela�del�libero�mercato�puo��essere�esclusa,�oltre�che�nei�casi�previsti�dal-
l'art.�6�Direttiva�92/50/CEE,�qualora�ricorrano�contemporaneamente�due�
presupposti:�l'amministrazione�aggiudicatrice�deve�esercitare�sul�soggetto�
aggiudicatario�un�controllo�analogo�a�quello�da�essa�esercitato�sui�propri�ser-
vizi�e�il�soggetto�aggiudicatario�deve�realizzare�la�parte�piu��importante�della�
propria�attivita��con�l'ente�o�con�gli�enti�pubblici�che�lo�controllano.�

Sulla�scia�di�tale�apertura�della�giurisprudenza�comunitaria,�il�Legisla-
tore�italiano�ha�recentemente�disciplinato,�nel�settore�dei�servizi�pubblici�
locali,�tra�i�quali�rientra�quello�dello�smaltimento�dei�rifiuti,�la�possibilita��di�
affidamento�diretto�del�servizio�a�societa��miste�a�condizione�che�il�socio�pri-
vato�sia�scelto�mediante�gara�e�quella�dell'affidamento��in 
house��a�societa��
interamente�a�capitale�pubblico,�ricorrendo�i�presupposti�delineati�dalla�
citata�sentenza�Teckal.�

In�particolare,�l'art.�113,�comma�5�testo�unico�sugli�enti�locali�(D.Lgs�

n.�267�del�18�agosto�2000)�come�sostituito�dall'art.�35�legge�n.�448�del�
28�dicembre�2001,�ulteriormente�modificato�dall'art.�14�decreto�legge�n.�269�
del�30�settembre�2003�convertito�in�legge�n.�326�del�2003,�prevede�una�tri-
plice�alternativa�per�l'erogazione�del�servizio�pubblico,�con�conferimento�
della�titolarita��del�servizio:�a)�a�societa��di�capitali�individuate�attraverso�l'e-
spletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica;�b)�a�societa��a�capi-
tale�misto�pubblico-privato�nelle�quali�il�socio�privato�venga�scelto�attraverso�
l'espletamento�di�gare�con�procedure�ad�evidenza�pubblica�che�abbiano�dato�
garanzia�di�rispetto�delle�norme�interne�e�comunitarie�in�materia�di�concor-
renza;�c)�a�societa��a�capitale�interamente�pubblico�a�condizione�che�l'ente�o�
gli�enti�pubblici�titolari�del�capitale�sociale�esercitino�sulla�societa��un�con-
trollo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�servizi�e�che�la�societa��realizzi�
la�parte�piu��importante�della�propria�attivita��con�l'ente�o�gli�enti�pubblici�
che�la�controllano.�
In�base�alla�predetta�norma,�quindi,�l'affidamento��in 
house��(lett.�c)�
prevede:�aa)�la�totale�partecipazione�pubblica;�bb)�un�rapporto�che�deter-
mina,�da�parte�dell'amministrazione�controllante,�un�assoluto�potere�di�dire-
zione,�coordinamento�e�supervisione�dell'attivita��del�soggetto�partecipato;�
cc)�lo�svolgimento�esclusivo�o�largamente�preponderante�dell'attivita��svolta�
dalla�societa��partecipata�a�favore�dell'ente�pubblico�che�la�controlla,�affinche�
non�venga�alterata�la�par 
condicio 
tra�imprese�concorrenti�presenti�sul�mer-
cato,�trattandosi�in�tal�caso�di�organismo�che�non�sta�sul�mercato�o�che�vi�
sta�in�posizione�del�tutto�marginale,�svolgendo�la�parte�piu��importante�della�
propria�attivita��a�favore�dell'ente�controllante.�

Da�ultimo,�va�pero��segnalata�la�recente�sentenza�Stadt 
Halle 
(Corte�di�
Giustizia�CE,�sez.�I,�sent.�11�gennaio�2005,�causa�C-26/03)�che�ha�fortemente�
ridimensionato�lo�spazio�di�deroga�alla�disciplina�comunitaria�a�tutela�della�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

concorrenza�e�della�libera�circolazione�dei�servizi,�affermando�che�l'art.�11,�

n.�3�della�direttiva�92/50,�in�quanto�disposizione�derogatoria�alle�norme�
comunitarie�intese�a�garantire�l'effettivita�dei�diritti�conferiti�dal�Trattato�
CE�nel�settore�degli�appalti�pubblici�di�servizi,�deve�essere�interpretato�
restrittivamente�e�pertanto,�nell'ipotesi�in�cui�un'amministrazione�aggiudica-
trice�intenda�concludere�un�contratto�a�titolo�oneroso�relativo�a�servizi�rien-
tranti�nell'ambito�di�applicazione�ratione 
materiae 
della�direttiva�
92/50/CEE,�con�una�societa�da�essa�giuridicamente�distinta,�nella�quale�la�
detta�amministrazione�detiene�una�partecipazione�insieme�con�una�o�piu�
imprese�private,�le�procedure�di�affidamento�degli�appalti�pubblici�previste�
dalla�citata�direttiva�debbono�sempre�essere�applicate.�
A�seguito�di�tale�pronuncia,�l'ambito�che�sfugge�all'applicazione�della�
normativa�comunitaria�in�materia�di�concorrenza,�resta�quindi�circoscritto�
ai�contratti�a�titolo�gratuito�e�a�quelli�in�cui�vi�e�una�totale�partecipazione�
pubblica�dell'amministrazione�aggiudicatrice.�

Peraltro,�va�ricordato�che�un�orientamento�ancor�piu�restrittivo�e�stato�
espresso�dal�Consiglio�di�Stato�con�la�recente�pronuncia�(sez.�V,�ord.�
22�aprile�2004�n.�2316)�che�ha�rimesso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�la�que-
stione�pregiudiziale�sulla�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�e,�in�parti-
colare,�con�la�liberta�della�prestazione�di�servizi,�il�divieto�di�discriminazione�
e�l'obbligo�di�parita�di�trattamento,�trasparenza�e�libera�concorrenza,�di�cui�
agli�artt.�12,�45,�46�e�86�del�Trattato�CE,�dell'affidamento�diretto,�ossia�in�
deroga�ai�sistemi�di�scelta�del�contraente�di�cui�alla�direttiva�92/50/CEE,di�
un�servizio�pubblico�ad�una�societa�per�azioni�a�capitale�interamente�pub-
blico�(analoga�ordinanza�di�rimessione�alla�Corte�di�Giustizia�CE�e�stata�
adottata�dal�TAR�Puglia�^Bari,�sez.�III,�8�settembre�2004�n.�885).�

3.�^Alla�luce�di�tale�quadro�normativo�e�giurisprudenziale,�andrebbe�
esclusa�la�possibilita�di�un�affidamento�diretto,�non�essendo�(X)�una�societa�
a�capitale�totalmente�pubblico,�a�prescindere�quindi�dalle�modalita�che�
hanno�caratterizzato�la�scelta�dei�due�soci�privati.�
Va�considerato�tuttavia�che,�da�quanto�e�dato�comprendere�dalle�inten-
zioni�di�codesto�Ente�^la�richiesta�di�parere�e�invero�alquanto�ellittica�e�dalla�
documentazione�allegata�si�evincono�evidenti�incertezze�in�ordine�alla�forma�
contrattuale�ancora��da�definire��ed�alle�condizioni�economiche�ancora�da�
concordare�^l'oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e�(X)�dovrebbe�essere�
esclusivamente�la�gestione�dell'impianto��FOCUS��a�fini�di�ricerca�e�speri-
mentazione,�senza�alcun�onere�a�carico�dell'ENEA.�

Lo�svolgimento�del�servizio�di�smaltimento�dei�rifiuti�e�di�bonifica�di�siti�
contaminati�dovrebbe�essere�invece�svolto�da�(X),�per�ammortizzare�i�costi�
di�riattivazione�e�di�manutenzione�dell'impianto,�con�un�partner,�munito�
della�relativa�autorizzazione,�scelto�con�procedura�ad�evidenza�pubblicae�a�
seguito�dell'aggiudicazione,�anche�qui�sulla�base�di�gara�pubblica,�di�appalti�
di�servizi�a�favore�di�soggetti�terzi.�Il�principio�comunitario�della�tutela�della�
concorrenza�sarebbe�quindi�adeguatamente�assicurato��a�valle��dalla�succes-
siva�stipulazione�dei�contratti�di�appalto�tra�(X)�e�i�soggetti�terzi,�a�seguito�
di�gara�pubblica.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�tali�limiti,�puo�ritenersi�che�oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e�

(X)�non�sia�un�appalto�di�servizi�^riguardando�la�possibilita�di�utilizzazione�
di�un�bene�e�non�essendo�prevista�alcuna�prestazione�economica�a�carico�del-
l'ENEA�^ma�semplicemente�la�concessione�dell'impianto�FOCUS,�che�(X)�
potra�sfruttare�anche�dal�punto�di�vista�industriale�mediante�la�stipulazione,�
con�soggetti�terzi,�di�appalti�di�servizi�nel�rispetto�della�procedura�ad�evi-
denza�pubblica.�
A�differenza�del�pubblico�appalto�di�servizi,�la�concessione�di�servizi�
esula�dall'ambito�di�applicazione�della�Direttiva�92/50/CEE,�essendo�caratte-
rizzata�dal�fatto�che�la�controprestazione�che�il�gestore�del�servizio�in�que-
stione�ottiene�dall'amministrazione�aggiudicatrice�consiste�nel�diritto�di�sfrut-
tare,�ai�fini�della�sua�remunerazione,�la�propria�prestazione�(conclusioni�del-
l'Avvocato�Generale�del�1�marzo�2005�nella�causa�Parking�Brixen�GmbH�C�
^458/03;�conforme�e�la�sentenza�Telaustria�e�Telefonadress,�Corte�di�Giusti-
zia�CE�7�dicembre�2000,�causa�C-324/1998).�

Anche�la�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�ha�recepito�la�predetta�
distinzione,�affermando�che�la�normativa�comunitaria�impone�la�scelta�del-
l'affidatario�di�servizi�pubblici�previa�procedura�ad�evidenza�pubblica�
quando�tale�affidamento�avvenga�attraverso�un�appalto,�caratterizzato�da�
una�prestazione�resa�dall'appaltatore,�cui�corrisponde�una�controprestazione�
economica�da�parte�dell'amministrazione�e�non�anche�in�caso�di�concessione,�
connotata�invece�dalla�gratuita�per�l'amministrazione�(Cons.�Stato,�sez.�V,�
3�febbraio�2005�n.�272).�

L'oggetto�della�convenzione�tra�ENEA�e�(X),�consistente�in�un�modulo�
organizzativo�di�gestione�rientrante�nel�c.d.��partenariato��pubblico�^pri-
vato,�in�cui�l'ENEA�persegue�l'interesse�pubblico�di�ricerca�rientrante�tra�i�
suoi�scopi�istituzionali,�affidando�l'utilizzazione�dell'impianto�ad�una�sua�
partecipata�e�mantenendo�un�controllo�analogo�a�quello�esercitato�sui�propri�
servizi,�non�sembra�quindi�rientrare�nell'ambito�applicativo�della�Direttiva�
92/50/CE,�non�ravvisandosi�fattori�ostativi�all'affidamento�diretto�ad�(X)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
7 
giugno 
2005, 
n. 
79329. 
Imposte 
e 
tasse. 
Imposta 
erariale 
del 
consumo 
sull'energia 
elettrica. 
Gruppi 


elettrogenifissi 
in 
datazione 
alle 
FF.AA. 
^Produzione 
e 
consumo 
^Debenza 


(consultivo�24104/04,�avvocato�P.�Cosentino).�

�(Omissis)�La�questione�in�oggetto�e�stata�dalla�Scrivente�sottoposta�
all'attenzione�dell'Agenzia�delle�Dogane�(quale�Ente�impositore)�con�la�pre-
cedente�nota�del�3�agosto�2004�n.�106784;�nella�quale�veniva�gia�segnalata�
l'assoluta�singolarita�di�una�fattispecie�in�cui�lo�Stato�si�troverebbe�ad�essere,�
nello�stesso�tempo,�soggetto�passivo�e�soggetto�attivo�del�rapporto�giuridico�
d'imposta.�

Alla�predetta�segnalazione�l'Agenzia�delle�Dogane�ha�dato�riscontro�col�
foglio�del�31�agosto�2004�n.�53859,�nel�quale�si�rappresenta�che,�ai�sensi�del-
l'art.�52,�co.�2,�del�D.Lgs�n.�504/1995�(il�cui�titolo�II�concerne�appunto�l'im-
posta�di�consumo�sull'energia�elettrica),�non�e�prevista�per�le�Amministra-
zioni�dello�Stato�la�non�applicabilita�dell'imposta�di�consumo,�non�rien-
trando�tra�le�ipotesi�di�esenzione�ivi�espressamente�previste.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Cio��premesso,�la�Scrivente�non�puo��che�prendere�atto�che,�alla�stregua�della�
citatanormadelD.Lgsn.�504/1995,checontienel'elenco�^evidentementetassa-
tivo^delle�ipotesi�di�esenzione�o�non�sottoposizione�all'imposta�erariale�de 
qua,�
riferendoleall'attivita��diproduzioneodiimpiegodell'energiaelettricapiuttosto�
che�alla�natura�pubblica�o�privata�del�soggetto�produttore�o�utente,�nonche�,a�
quanto�pare,�della�prassi�costantemente�seguita�sino�ad�epoca�recente,�il�caso�
segnalato�in�oggetto�non�rientra�tra�le�ipotesi�anzidette�di�esenzione�all'imposta.�

Pertanto,�ad�onta�del�principio�dell'unitarieta��della�persona�giuridica�
dello�Stato�italiano,�che�a�rigore�comporterebbe�l'inesistenza�in�radice�della�
stessa�possibilita��di�nascita�del�presupposto�del�rapporto�obbligatorio�di�
imposta�(che,�come�ogni�altro�rapporto�giuridico�di�obbligazione�non�puo��
intercorrere�se�non�tra�due�distinti�soggetti�di�diritto,�tant'e��che�l'obbligazione�
si�estingue�ipso 
iure 
per�confusione�quando�le�due�contrapposte�posizioni�di�
creditore�e�di�debitore�vengano�a�riunirsi�nella�stessa�persona:�cfr.�art.�1253�
c.c.),�deve�ritenersi�la�esistenza�di�situazioni�la�cui�anomalia,�anche�agli�effetti�
contabilistici,�e��di�tutta�evidenza�di��credito-debito��(e�viceversa)�tra�distinte�
Amministrazioni�(organi,�ancorche�talora�dotati�di�autonoma�personalita��
com'e��per�le�Agenzie�fiscali,�della�unica�persona�giuridica�statale).�

La�ragione�di�cio��va,�probabilmente,�ravvisata�in�un'esigenza,�non�gia��,�
come�appare�ovvio,�di�conseguire�un'entrata�reale,�bens|��di�redistribuzione,�
ai�fini�meramente�contabili,�di�risorse�da�uno�ad�altro�capitolo�dell'unitario�
bilancio�statale.�Solo�su�un�tale�piano�contabile�interno�appare�dunque�possi-
bile�affermare�l'esistenza�di�un�rapporto�di��debito�,�e�conseguente�necessita��
di��pagamento��dell'imposta�(piu��proprio�sarebbe�parlare�di��trasferimento�
di�una�somma��parametrata�all'ammontare�del�tributo)�da�parte�dell'Ammi-
nistrazione�della�difesa�(limitatamente�alle�attivita��in�oggetto,�s'intende)�a�
favore�dell'Amministrazione�Finanziaria.�

Tuttavia,�proprio�per�la�piu��sopra�rilevata�natura�unitaria�dello�Stato�
italiano,�il�suaccennato�rapporto��obbligatorio��rimane�tutto�e�per�intero�
posizionato,�per�cos|��dire,�all'interno�della�persona�giuridica�statale.�

Cio��ha,�in�primo�luogo,�come�conseguenza�l'impossibilita��di�configurare�
un�inadempimento�vero�e�proprio,�o�anche�solo�una�situazione�di�morosita��,�nel�
caso�di�mancato�assolvimento�della�predetta��obbligazione�di�pagamento��nel�
termine�previsto;�con�l'ulteriore�conseguenza�che�non�sono�applicabili��san-
zioni��di�sorta,�quali�interessi�moratori,�pene�pecuniarie�e�quant'altro.�

Cio��comporta�altres|��la�giuridica�impossibilita��che�tra�diversi�organi�di�
tale�unitario�soggetto�giuridico�nasca�un�rapporto�giuridico�processuale�nel�
quale�possa�essere�versata�ogni�eventuale�pretesa�insorgente�tra�i�due�organi�
medesimi.�Da�qui,�pertanto,�l'impossibilita��che�l'Amministrazione�della�
Difesa�ricorra,�nella�specie,�al�Giudice�tributario�contro�l'Amministrazione�
delle�Dogane;�e�cos|��pure,�per�converso,�l'impossibilita��per�quest'ultima�di�
agire�in 
executivis 
contro�la�prima.�

Rappresenta�poi�corollario�di�tale�principio�della�unicita��della�persona�
dello�Stato�che�le�controversie�ad�esso�interne�insorgenti�tra�i�diversi�suoi�
organi�vengano�risolte�o�di�comune�accordo�tra�di�essi�ovvero�sottoposte,�in�
ultima�istanza,�al�Consiglio�dei�Ministri�per�le�definitive�determinazioni.�

Ed�e��per�questo�profilo�che�la�presente�nota�viene�indirizzata,�per�oppor-
tuna�conoscenza,�anche�agli�Uffici�di�Gabinetto�dei�due�Ministeri�interessati�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

A.G.S. 
^Parere 
del 
9 
giugno 
2005, 
n. 
80746. 
Verifica�amministrativo-contabile�a�norma�dell'art.�7�del�decreto�del�Presi-

dente�del�Consiglio�dei�Ministri�12�marzo�1994�^Saldo�contributivo�(consultivo�

24143/04,�avvocato�S.�Sabelli).�

�L'ente�morale�(...),�avendo�curato�in�buona�parte�la�realizzazione�delle�
stagioni�del�teatro�(...)�utilizzando�il�nome�del�teatro�e�continuandone�l'atti-
vita�,�ha�beneficiato�delle�sovvenzioni�stabili�previste�dalla�legge�14�agosto�
1967,�n.�800�(Nuovo�ordinamento�degli�enti�lirici�e�delle�attivita�musicali)�
dall'anno�1997�all'anno�1999.�

A�seguito�di�verificazione�amministrativo-contabile,�disposta�dalla�
Ragioneria�Generale�dello�Stato�ed�affidata�ai�Servizi�Ispettivi�di�Finanza�ai�
fini�della�erogazione�del�contributo�per�una�stagione�[di�spettacolo],�codesta�
Amministrazione,�sulla�base�delle�risultanze�finali�del�relativo�bilancio�con-
suntivo,�da�cui�era�emersa�una�spesa�complessiva�di��.�2.223.622.842�a�fronte�
di�entrate�accertate�in��.�2.412.720.000,�ha�ritenuto�di�operare�la�riduzione�
del�contributo�gia�a�suo�tempo�assegnato.�

Da�cio�ha�avuto�origine�una�vertenza�con�l'Ente�beneficiario,�per�il�
momento�concretatasi�in�un�copioso�carteggio�diretto�da�entrambe�le�parti�
a�sostenere�e�ad�illustrare�le�rispettive�posizioni�in�merito�alla�legittimita�delle�
decurtazioni�effettuate.�

Il�parere�richiesto�alla�Scrivente�verte�in�sostanza�sulla�configurabilita�,�
alla�luce�delle�normative�vigenti�in�materia,�del�potere�in�capo�all'Ammini-
strazione�di�rideterminare,�sulla�base�di�verificazione�contabile�in�sededi�
bilancio�consuntivo�annuale,�l'entita�dei�contributi�gia�assegnati�ad�enti�lirici�
ed�istituzioni�concertistiche�assimilate�per�favorire�l'incentivazione�delle�atti-
vita�musicali�(artt.�26�e�segg.�della�citata�legge�n.�800/1967).�

1.�La�questione�prospettata�trova�la�primaria�fonte�di�regolamentazione�
nell'art.�39�della�legge�citata�la�quale,�in�particolare,�prevede�al�primo�comma�
che�la�liquidazione�delle�sovvenzioni�e�dei�contributi�e�disposta�ad�attivita�ulti-
mate,�previa�presentazione�attestante�l'osservanza�degli�adempimenti�di�legge�e�
la�regolarita�della�gestione.�

Tale�scelta�legislativa,�chiaramente�ispirata�all'esigenza�di�controllo�del-
l'utilizzazione�delle�somme�erogate�per�i�fini�indicati�dalla�legge�attraverso�
verifica�contabile�delle�spese�effettuate,�tra�l'altro,�si�poneva�in�sintonia�con�la�
disciplina�della�ripartizione�dei�contributi�dello�Stato�per�il�sovvenzionamento�
delle�attivita�liriche�e�musicali�dettata�dall'art.�22�della�stessa�legge,�in�seguito�
interamente�abrogato�da�successive�normative�intervenute�in�materia.�

Comunque,�l'agevole�interpretazione�del�principio�generale�che�si�ricava�
dal�chiaro�tenore�della�disposizione�citata�non�appare�scalfito�dalla�recente�
decisione�del�Consiglio�di�Stato�(Sez.�VI,�n.�1061�del�3�marzo�2004),�in�merito�
alla�quale�codesta�Amministrazione�esprime�delle�perplessita�ed�una�certa�
preoccupazione�per�i�possibili�riflessi�generali�derivabili�dall'affermazione�
�la�determinazione�del�contributo�e�stabilita�in�via�definitiva�in�sede�di�pre-
ventivo�,�che�appare�assunta�in�motivazione�a�fondamento�della�decisione�
della�sentenza�appellata�(TAR�Veneto,�n.�21821/03).�

A�tale�conclusione,�in�realta�,�non�sembra�doversi�attribuire�la�portata�di�
principio�generale,�essendo�giustificata�dall'Organo�giudicante�essenzial-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

mente�alla�stregua�della�lettura�di�alcune�specifiche�disposizioni�(quelle�con-
tenute�negli�artt.�6-9)�della�circolare�n.�4�dell'11�agosto�1989,�emanata�dal�
Ministero�del�Turismo�e�dello�Spettacolo�in�tema�di�promozione�all'estero�
dello�spettacolo�italiano.�

La�fattispecie�in�esame,�tra�l'altro,�e�invece�soggetta�all'applicazione�di�
una�diversa�circolare,�emanata�dalla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri,�
la�n.�10�del�5�dicembre�1994,�volta�a�regolare�la�diversa�ancorche�parallela�
materia�degli�interventi�a�favore�delle�attivita�musicali�e�di�danza�in�Italia.�

La�disciplina�introdotta�da�quest'ultima�circolare�in�rispondenza�ai�det-
tami�generali�promananti�dalla�fonte�primaria�attribuisce�un�rilievo�determi-
nante�al�momento�della�verifica�in�sede�di�esame�del�bilancio�consuntivo.�

Cio�si�desume�innanzitutto�dal�disposto�del�primo�comma�dell'art.�4�il�
quale�conferma�che��la�liquidazione�delle�sovvenzioni�sara�disposta,�a�norma�
dell'art.�39�della�legge�14�agosto�1967,�n.�800�e�successive�modifiche,�previo�
riscontro�della�documentazione�consuntiva�richiesta,�attestante�l'osservanza�
degli�adempimenti�di�legge�e�la�regolarita�della�gestione�.�

I�successivi�commi�2�e�3�precisano�poi�che��il�rendiconto�^con�allegata�
una�relazione�che�illustri�le�singole�dettagliate�voci�di�entrata�e�di�uscita�non-
che�le�eventuali�differenze�rispetto�alle�indicazioni�del�preventivo�^dovra�
avere�la�stessa�impostazione�di�previsione�(distinzione�tra�spese�generali�e�
spese�artistiche),�risultare�aggiornato�dall'organo�istituzionalmente�preposto�
edovra�fare�riferimento�alle�entrate�ed�uscite�effettive�connesse�alla�realizza-
zione�dell'attivita�sovvenzionata...��(comma�2)�e�che��gli�oneri�sostenuti�
dovranno�essere�dettagliati�e�per�essi�^come�per�tutte�le�attivita�diverse�dal-
l'intervento�dello�Stato�^il�beneficiario�dovra�rilasciare�sotto�la�propria�
responsabilita�civile�e�penale,�una�dichiarazione�a�firma�e�qualifica�autenti-
cata...�attestante�la�veridicita�e�l'omnicomprensivita�delle�voci�di�entrata�e�di�
uscita�esposte�in�rendiconto,�nonche�la�loro�connessione�all'attivita�sovven-
zionata��(comma�3,�primo�capoverso).�

Tali�disposizioni,�dunque,�non�si�giustificherebbero�se�ai�fini�della�entita�
definitiva�della�sovvenzione�statale�rilevasse�la�determinazione�effettuata�in�
sede�di�assegnazione�del�contributo�sulla�base�del�rendiconto�preventivo�e�
non�quella�effettuata�a�consuntivo�per�gli�oneri�documentati.�In�effetti,�la�
precedente�quantificazione�a�preventivo�del�contributo�statale�ha�senza�dub-
bio�la�funzione�di�fissare�l'entita�massima�del�contributo�erogabile,�mentre�
la�definitiva�determinazione�puo�avvenire�soltanto�a�consuntivo.�

Infine,�va�sottolineato�che�il�successivo�art.�7�della�circolare�n.�10/1994,�
ai�fini�dell'intervento�finanziario�annuale,�stabilisce,�al�comma�2,�che�i�bilanci�
dovranno,�in�ogni�caso,�esporre�entrate�diverse�dal�contributo�statale�non�
inferiori�al�60%�della�sovvenzione�richiesta;�e,�al�comma�3,�che�qualora�tale�
percentuale�non�risulti�verificata�in�sede�consuntiva�si�procedera�alla�propor-
zionale�riduzione�della�sovvenzione�assegnata.�

Il�disposto�del�terzo�comma�ora�ricordato�vale�a�chiarire�che�la�minima�
capacita�di�sostegno�economico�indicata�dall'aspirante�al�contributo�ai�fini�
dell'assegnazione�va�sempre�verificata�in�sede�di�rendiconto�consuntivo,�cos|�
come�in�tale�sede�vanno�verificate�le�spese�effettivamente�sostenute�alla�luce�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

della�documentazione�fornita�a�supporto�dello�stesso�rendiconto,�e�non�in�
misura�forfettaria,�al�contrario�di�quanto�sostenuto�dall'Ente�sulla�base�del�
parere�pro-veritate�allegato.�

2.�Cio�precisato�sulla�legittima�configurabilita�del�potere-dovere�del-
l'Amministrazione�di�rideterminare�in�via�definitiva�l'ammontare�del�contri-
buto�gia�assegnato�sulla�base�delle�risultanze�della�verifica�amministrativo--
contabile�da�effettuare�a�consuntivo,�deve�essere�anche�rilevato�che�per�
quanto�concerne�la�quantificazione�delle�spese�effettive�sostenute,�in�rela-
zione�al�cui�ammontare�va�commisurato�il�contributo�definitivo�da�erogare,�
in�linea�di�principio,�non�appaiono�infondati,�ad�avviso�di�questa�Avvocatura�
Generale,�i�criteri�di�identificazione�delle�spese�ammissibili�avanzati�dal�
legale�dell'Ente.�Non�si�ritiene,�infatti,�che�l'attivita�meritevole�di�sovvenzione�
debba�essere�circoscritta�alla�fase�esclusivamente�inerente�alla�esecuzione�e�
messa�in�scena�delle�recite,�non�potendosi�prescindere,�al�contrario,�dalle�fasi�
preparatorie�e�successive�e�quindi�dai�costi�affrontati�in�relazione�ad�attivita�
strettamente�e�strumentalmente�collegate�al�risultato�finale�della�rappresenta-
zione.�
Tale�convincimento�riposa�sulla�base�testuale�del�quarto�comma�del�gia�
citato�art.�4�della�circolare�n.�10/1994,�che�cos|�elenca�le�spese�ammissibili,�
suddivise�in�spese�generali�ed�artistiche.�

�a)�Le�spese�generali,�ove�non�diversamente�indicato,�sono�costituite�da:�

affitto�sede�e�spese�connesse,�telefono,�energia�elettrica,�spese�postali,�
cancelleria,�personale�amministrativo,�indennita�di�carica�e�gettoni�di�pre-
senza,�rappresentanza,�eventuali�ammortamenti�^almeno�quinquennali�r
iferiti�a�spese�per�acquisto�strumenti�musicali,�interessi�passivi.�Esse�non�
potranno�superare,�in�via�ordinaria,�l'aliquota�percentuale�del�30%�delle�
uscite,�elevabile�al�40%�soltanto�per�la�documentata�incidenza�degli�interessi�
passivi.�Gli�oneri�ammissibili�per�gli�interessi�passivi�^che�vanno�comunque�
documentati�da�certificazioni�bancarie�integrate�da�una�relazione�esplicativa�
del�legale�rappresentante�^dovranno�essere�riferiti�all'anno�di�competenza�e�
riguardare�i�contributi�pubblici;�

b)�le�spese�artistiche�sono�rappresentante:�

dalle�retribuzioni�agli�artisti,�al�direttore�artistico�ed�ai�collaboratori�
artisti,�ai�componenti�delle�giurie�ed�ai�docenti,�con�i�relativi�contributi�previ-
denziali;�

dalle�retribuzioni�al�personale�tecnico�e�di�sala�con�i�relativi�contributi�
previdenziali;�

fitti�locali�di�spettacolo�con�l'eventuale�costo�degli�allestimenti�scenici�
(palco�e�relative�spese�di�fonica�e�luci);�

tipografia,�editoria,�pubblicita�,�promozione;�

SIAE;�

viaggi�e�soggiorno�artisti�a�carico;�

partiture.��

Il�quinto�comma�dello�stesso�articolo�specifica�che:��l'intervento�dello�

Stato�non�potra�coprire�di�regola�piu�del�70%�dei�costi�delle�manifestazioni�
musicali,�con�possibilita�di�elevare�tale�percentuale�fino�al�90%�per�attivita�
che,�per�situazioni�connesse�al�genere�musicale,�alla�struttura�dell'iniziativa�
promotrice�o�al�territorio,�risultino�meritevoli�di�particolare�considerazione�.�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Naturalmente 
l'ammissibilita� 
teorica 
delle 
voci 
di 
spesa 
elencate 
non 
si 
traduce 
in 
concreto 
nell'ammissione 
automatica 
all'intervento 
contributivo, 
se 
non 
in 
base 
a 
precise 
e 
dettagliate 
risultanze 
del 
bilancio 
consuntivo, 
sup-
portate 
da 
adeguata 
documentazione. 


Sulla 
base 
del 
criterio 
indicato 
rispondente 
al 
dettato 
normativo 
della 
citata 
circolare 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
codesta 
Ammini-
strazione 
vorra� 
rivedere 
ed 
eventualmente 
rettificare 
la 
determinazione 
degli 
oneri 
ammessi 
a 
contributo 
in 
sede 
di 
esame 
del 
rendiconto 
consuntivo 
for-
nito 
dall'Ente 
interessato�. 


A.G.S. 
^Parere 
del 
10 
giugno 
2005 
n. 
80985. 
Art.43,1.commae57,d.P.R.n.327/2001^Art.5L.�166/2002^Possibi-

lita�ed�ambito�di�utilizzazione�(contenzioso 
24416/03, 
avvocato 
T. 
Varrone). 


�Con 
nota 
del 
2 
marzo 
u.s. 
codesta 
Pubblica 
Amministrazione 
ha 
chie-
sto 
di 
conoscere 
l'avviso 
della 
Scrivente 
in 
merito 
alle 
iniziative 
da 
assumere 
in 
relazione 
alle 
pretese 
risarcitorie 
formalizzate 
dai 
Sigg.ri 
(...), 
proprietari 
di 
terreni 
(...) 
utilizzati 
per 
la 
realizzazione 
dell'immobile 
destinato 
ad 
ospi-
tare 
il 
locale 
Comando 
Compagnia 
della 
Guardia 
di 
Finanza. 
I 
lavori 
di 
costruzione 
della 
nuova 
caserma 
furono 
affidati 
in 
concessione 
alla 
C. 
S.r.l., 
la 
quale 
assunse 
anche 
il 
compito 
di 
provvedere 
all'espletamento 
di 
attivita� 
propedeutiche 
o 
strumentali 
alla 
esecuzione 
degli 
stessi, 
fra 
le 
quali 
la 
proget-
tazione 
dell'opera 
e 
la 
cura 
delle 
procedure 
ablatorie 
preordinate 
all'acquisi-
zione 
delle 
aree 
occorrenti 
per 
la 
realizzazione 
dell'opera. 


A 
quanto 
e� 
dato 
desumere 
dalla 
ricostruzione 
dei 
fatti 
effettuata 
da 
codesta 
Pubblica 
Amministrazione 
alla 
occupazione 
delle 
particelle 
dei 
ter-
reni 
di 
proprieta� 
dei 
Sigg.ri 
(...) 
(autorizzata 
dal 
Prefetto 
(...) 
nel 
febbraio 
2003 
per 
due 
anni) 
non 
e� 
mai 
seguita 
l'adozione 
del 
decreto 
d'esproprio 
e, 
nonostante 
cio� 
, 
dopo 
aver 
impugnato 
il 
provvedimento 
autorizzativo 
dell'oc-
cupazione 
e 
quello 
di 
approvazione 
del 
progetto, 
avente 
valore 
di 
dichiara-
zione 
di 
pubblica 
utilita�
Sigg.ri 
(...) 
proponevano 
opposizione 
alla 
stima 
delle 
indennita� 
di 
esproprio 
e 
di 
occupazione. 


L'adita 
Corte 
di 
Appello, 
preso 
atto 
che 
non 
era 
intervenuto 
decreto 
d'e-
sproprio, 
ha 
dichiarato 
in 
parte 
inammissibile 
l'opposizione 
ed 
ha 
determi-
nato 
l'indennita� 
di 
occupazione 
qualificando 
i 
terreni 
di 
proprieta� 
degli 
istanti 
come 
edificabili 
e, 
per 
tal 
motivo, 
la 
sentenza 
e� 
stata 
impugnata 
dalla 
concessionaria, 
stante 
la 
declaratoria 
di 
insussistenza 
di 
legittimazione 
pas-
siva 
dell'allora 
Ministero 
dei 
Lavori 
Pubblici, 
mentre 
il 
ricorso 
con 
cui 
si 
metteva 
in 
discussione 
la 
legittimita� 
dell'occupazione 
(e 
degli 
atti 
sui 
quali 
la 
stessa 
si 
fondava) 
era 
respinto 
dal 
TAR 
con 
sentenza 
del 
6 
agosto 
1998 
che, 
a 
quanto 
sembrerebbe 
desumersi 
dalla 
ricostruzione 
dei 
fatti 
effettuata 
da 
codesta 
Pubblica 
Amministrazione, 
non 
e� 
stata 
appellata. 


Con 
ricorso 
notificato 
in 
data 
1O 
giugno 
2003 
infine 
i 
Sigg.ri 
(...) 
hanno 
evocato 
il 
Ministero 
delle 
Infrastrutture 
e 
la 
concessionaria 
al 
fine 
di 
ottenere 
il 
risarcimento 
del 
danno 
derivante 
dalla 
perdita 
dei 
terreni 
occupati 
perla 
costruzione 
della 
caserma 
ed 
oggetto 
di 
radicale 
ed 
irreversibile 
trasforma-
zione 
in 
conseguenza 
della 
realizzazione 
della 
stessa. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tutto�cio��premesso,�si�vuole�in�primo�luogo�sottolineare�che�la�nota�e��
pervenuta�sprovvista�degli�allegati�in�essa�menzionati�(CTU�espletata�nel�giu-
dizio�gia��svoltosi�innanzi�alla�Corte�d'Appello�e�proposta�transattiva�forma-
lizzata�dal�legale�dei�Sigg.ri�...)�e�che�in�precedenza�e��stata�trasmessa�esclusi-
vamente�copia�della�convenzione,�il�che,�evidentemente,�non�consente�di�
avere�esatta�cognizione�di�tutti�gli�aspetti�della�vicenda.�

Ad�ogni�buon�conto,�da�quanto�si�riferisce,�di�certo�non�puo��dubitarsi�
della�circostanza�che�nel�caso�di�specie,�in�ragione�del�mancato�completa-
mento�della�procedura�ablatoria,�si�e��avuta�acquisizione�della�proprieta��del-
l'area�occupata�da�parte�di�codesta�Pubblica�Amministrazione�per�effetto�
della�radicale�ed�irreversibile�trasformazione�della�stessa�conseguente�alla�
realizzazione�della�caserma�e�agli�originari�proprietari�dei�terreni�e��dovuto�il�
risarcimento�del�danno�per�l'illecito�sofferto.�

Fermo�restando�che�era�certamente�codesta�Pubblica�Amministrazione�
a�dover�corrispondere�la�somma�per�l'indennita��di�esproprio�che�i�Sigg.ri�
(...)�avrebbero�dovuto�percepire�(anche�se�provvedendo�a�rimborsare�la�con-
cessionaria),�per�cio��che�attiene�alla�differenza�fra�il�dovuto�a�titolo�di�risarci-
mento�e�la�prima�la�Scrivente,�pur�versandosi�in�fattispecie�in�cui�il�conces-
sionario�si�era�visto�affidare�il�compito�di�provvedere�all'espletamento�delle�
procedure�ablatorie�strumentali�alla�realizzazione�dell'opera,�poiche�dal-
l'art.�10,�comma�quinto,�lett.�F),�seconda�parte,�della�Convenzione�risulta�
che�il�medesimo�operava�in�nome�e�per�conto�del�Demanio�dello�Stato�si�
deve�ritenere,�sulla�base�dei�principi�regolanti�la�rappresentanza,�che�l'attivita��
dal�medesimo�svolta�(nell'espletamento�delle�procedure�ablatorie)�era�diretta-
mente�imputabile�a�codesta�Pubblica�Amministrazione�concedente�che,�oltre-
tutto,�non�risulta�aver�trasferito,�contestualmente�all'affidamento�del�compito�
di�provvedere�all'espletamento�delle�procedure�ablatorie�strumentali�alla�rea-
lizzazione�dell'opera�anche�i�correlativi�poteri,�di�talche�sembrerebbe�doversi�
escludere�che�si�versi�in�ipotesi�di�vera�e�propria�delegazione�intersoggettiva�
(cioe��di�vera�e�propria�statuizione�del�concessionario�alla�Pubblica�Ammini-
strazione)�e,�pertanto,�dell'illecito�deve�rispondere�anche�(se�non�esclusiva-
mente)�codesta�Pubblica�Amministrazione,�pur�se�la�Corte�di�Appello�(peral-
tro�chiamata�a�pronunciarsi�solo�sulla�determinazione�dell'indennita��di�occu-
pazione)�si�e��diversamente�espressa.�

Tutto�cio��,�ovviamente,�non�toglie�che�codesta�Pubblica�Amministrazione�
possa�e�debba�rivalersi�per�la�maggiore�somma�che�dovesse�essere�costretta�
a�pagare�in�conseguenza�dell'illecito�nei�confronti�della�concessionariaseil�
mancato�completamento�della�procedura�ablatoria�e��dipeso�dall'omesso�o�
negligente�adempimento,�da�parte�della�medesima,�degli�obblighi�di�cui�alla�
Convenzione�(sul�punto�questo�G.U.�non�e��in�grado�di�esprimersi�poiche�
codesta�Pubblica�Amministrazione�nulla�precisa�in�merito�alle�cause�del�
mancato�espletamento�della�procedura�ablatoria).�

Per�cio��che�attiene�alla�quantificazione�del�dovuto�si�deve�constatare�che�
sussiste�netta�divergenza�fra�quanto�codesta�Pubblica�Amministrazione�
ritiene�spettare�ai�Sigg.ri�(...)�e�quanto�preteso�da�questi�ultimi,�anche�alla�
luce�della�sentenza�della�Corte�di�Appello�di�Roma,�e�cio��in�ragione�della�dif-
ferente�qualificazione�dell'area�utilizzata�per�la�costruzione�della�caserma.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Sottolineato�che�risulta�quanto�mai�arduo�esprimersi,�posto�che�non�si�
dispone�della�necessaria�documentazione,�va�pregiudizialmente�evidenziato�
che�la�quantificazione�del�risarcimento�deve�muovere�dalla�verifica�delle�
dimensioni�dei�terreni�oggetto�di�radicale�ed�irreversibile�trasformazione,�
che�potrebbero�non�coincidere�con�le�dimensioni�delle�aree�occupate�(le�quali�
ad�esempio�potrebbero�in�parte�esser�servite�anche�per�l'allocazione�del�can-
tiere).�Secondariamente,�si�ritiene�che�versandosi�in�una�ipotesi�di�occupa-
zione�appropriativa�(o�acquisitiva�o�ancora�di�accessione�invertita�che�dir�si�
voglia)�l'illecito�perpetrato�in�danno�dei�Sigg.ri�(...)�comporta�il�diritto�degli�
stessi�di�vedersi�corrispondere�oltre�alla�sorte�interessi�e�rivalutazione,�
secondo�i�criteri�indicati�dalla�Suprema�Corte�sulla�scia�dei�principi�affermati�
dalle�Sezioni�Unite�nella�nota�sentenza�n.�1712/1995.�Da�ultimo�e�prima�di�
soffermarsi�sulla�questione�concernente�la�natura�dell'area�pare�opportuno�
ricordare�che�l'illecito�(e�dunque�la�data�cui�fare�riferimento�al�fine�di�stabi-
lire�il�valore�dei�terreni�utilizzati�per�realizzare�l'opera�pubblica�senza�portare�
a�termine�la�procedura�ablatoria�e�il�momento�da�cui�decorrono�gli�interessi�
e�da�cui�andra�effettuato�il�computo�della�rivalutazione)�si�e�perfezionato�al�
momento�in�cui�e�venuto�a�scadere�il�termine�indicato�nel�provvedimento�di�
approvazione�del�progetto�avente�valore�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�
entro�cui�andavano�ultimati�i�lavori�(termine�che�potrebbe�anche�coincidere�
con�quello�di�scadenza�dell'occupazione�cui�sembrerebbe�alludere�codesta�
Pubblica�Amministrazione)�se�allo�spirare�dello�stesso�l'opera�era�stata�com-
pletata�o�comunque�si�era�avuta�radicale�irreversibile�trasformazione�del�
suolo�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...).�

Diversamente�l'illecito�deve�ritenersi�consumato�successivamente�alla�
scadenza�del�predetto�termine�al�momento�in�cui�l'opera�e�stata�completata�

o�comunque�allorquando�vi�e�stata�radicale�ed�irreversibile�trasformazione�
del�suolo�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...).�
Trattasi�di�circostanza�che�si�suggerisce�senz'altro�di�verificare�(ancheal�
fine�di�essere�certi�che�non�sia�decorso�il�termine�quinquennale�di�prescri-
zione,�visto�e�considerato�che�prima�della�notifica�del�ricorso�con�il�qualee�
stato�chiesto�al�TAR�Lazio�di�accertare�l'illecito�perpetrato�da�codesta�Pub-
blica�Amministrazione�e�dalla�Concessionaria�non�risultano�avanzate�richie-
ste�risarcitorie�idonee�ad�interrompere�il�decorso�del�predetto�termine).�

Per�cio�che�attiene�alla�quantificazione�del�dovuto�a�titolo�di�risarci-
mento�del�danno�si�premette�che�fra�i�documenti�fatti�pervenire�non�e�dato�
rinvenire�certificazione�attestante�la�destinazione�urbanistica�dei�suoli�utiliz-
zati�per�la�realizzazione�dell'opera�pubblica�al�momento�in�cui�fu�apposto�il�
vincolo�preordinato�all'esproprio�(cioe�al�momento�dell'approvazione�del�
progetto)�e,�tuttavia,�da�quanto�riferito�da�codesto�Servizio�e�da�quanto�si�
legge�nel�ricorso�notificato�dai�Sigg.ri�(...)�in�data�10�giugno�2003,�sembra�
pacifico�che�i�terreni�di�proprieta�dei�Medesimi�si�trovavano�in�zona�desti-
nata�a��parco�pubblico�e�parco�pubblico�di�interesse�paesaggistico�e�archeo-
logico.�Destinazione�d'uso�a�parco�alberato�con�la�tassativa�esclusione�di�
ogni�attivita�edificatoria�anche�se�a�carattere�pubblico��(si�e�puntualmente�
riportato�quanto�si�legge�a�pag.�2�del�ricorso).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Se�cos|�fosse,�reputa�questo�G.U.�che�dovrebbe�escludersi�l'edificabilita�
dell'area�alla�luce�di�quanto�in�piu�occasioni�affermato�dalla�Suprema�Corte�
(a�titolo�di�mero�esempio�si�ricordano,�fra�le�piu�recenti,�Cass.,�

n.�10263/2004;�Cass.,�n.�4732/2004;�Cass.,�n.�821/2004)�la�quale�ha�avuto�
modo�di�chiarire�che��le�previsioni�dello�strumento�urbanistico,�attraverso�
le�quali�a�determinate�zone�viene�impressa�siffatta�destinazione,�si�caratteriz-
zano�per�essere�il�frutto�di��una�nuova�zonizzazione�dell'intero�territorio�
comunale�o�di�parte�di�esso,�s|�da�incidere�su�di�una�generalita�di�beni,�nei�
confronti�di�una�pluralita�indifferenziata�di�soggetti�in�funzione�della�destina-
zione�dell'intera�zona�in�cui�questi�ricadono�ed�in�ragione�delle�sue�caratteri-
stiche�intrinseche�o�del�rapporto�(per�lo�piu�spaziale)�con�un'opera�pubblica��
(cos|�testualmente�Cass.,�n.�10265/2004).�
In�altre�parole�in�casi�del�genere�si�e�in�presenza�di�vincoli�c.d.�confor-
mativi�della�proprieta�privata�che�comportano�l'inedificabilita�della�stessa�
(cfr.�Cass.,�n.�173/2001).�e�quindi�la�quantificazione�del�risarcimento�andra�
effettuata�facendo�riferimento�al�valore�venale�del�suolo�considerandolo�
come�a�vocazione�agricola�e,�pertanto,�utilizzando,�secondo�quanto�previsto�
dall'art.�16�della�legge�n.�865/1971,�il�valore�agricolo�medio�sulla�base�della�
coltivazione�in�atto�al�momento�in�cui�fu�occupato�desumibile�dalle�apposite�
tabelle�predisposte�dalla�Commissione�Provinciale�Espropri.�

Se,�al�contrario,�come�si�sostiene�nell'atto�di�citazione�lo�strumento�
urbanistico�in�realta�aveva�impresso�ai�suoli�di�proprieta�dei�Sig.ri�(...)�un�
vincolo�preordinato�all'esproprio�che�al�momento�in�cui�fu�approvato�il�pro-
getto�dell'opera�avente�valore�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�era�venuto�
a�scadere�e�non�era�stato�reiterato�si�verserebbe�in�una�situazione�nella�quale�
ai�suddetti�suoli�si�dovrebbe�applicare�la�disciplina�di�cui�all'art.�4�ultimo�
comma,�della�legge�n.�10/1977�propria�delle�c.d.�aree�bianche�che,�pur�con-
trassegnate,�urbanisticamente,�da�un�indice�di�edificabilita�molto�limitato,�
sono�indennizzate�dalla�giurisprudenza�con�applicazione�del�criterio�dell'edi-
ficabilita�di�fatto�(cfr.�ex 
multis 
Cass.�24099/2004,�Cass.�2781/2004).�

In�quest'ultimo�caso�la�quantificazione�del�risarcimento�andra�effettuata�
calcolando�il�valore�dei�suoli�utilizzati�per�la�realizzazione�della�Caserma�
considerando�le�ridotte�possibilita�di�edificazione�degli�stessi�e,�comunque,�
in�relazione�agli�indici�di�fabbricabilita�desumibili�dal�citato�art.�4.�

Cio�che,�invero,�sembrerebbe�doversi�escludere�in�radice�e�la�piena�edifi-
cabilita�(e�conseguentemente�l'applicabilita�dell'art.�5bis,�comma�sette�bis,�
della�legge�359/1992�ora�art.�55 
del�d.P.R.�327/2001)�dei�suoli�come�ritenuto�
dai�Sig.�(...)�anche�alla�stregua�della�sentenza�della�Corte�d'Appello�che,�nel�
determinare�l'indennita�virtuale�di�esproprio,�sulla�base�della�quale�e�stata�
poi�calcolata�l'indennita�d'occupazione�ha�riconosciuto�la�vocazione�edifica-
toria�degli�stessi.�

Nell'uno,�come�nell'altro�caso�oltre�alla�somma�dovuta�a�titolo�di�sorte,�
versandosi�in�ipotesi�di�illecito,�andranno�corrisposti�interessi�e�rivalutazione�
monetaria�da�calcolarsi�secondo�le�modalita�indicate�nella�nota�sentenza�
delle�Sezioni�Unite�n.�1712/1995�(cioe�calcolando�gli�interessi�sulla�somma�
via�via�rivalutata).�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

In�ragione�di�tutto�cio�questo�G.U.�non�puo�non�esprimersi�negativa-
mente�sulla�proposta�transattiva�formalizzata�da�controparte,�che�muove�dal-
l'asserita�piena�edificabilita�del�suolo�radicalmente�ed�irreversibilmente�tra-
sformato�per�la�realizzazione�dell'opera�pubblica,�e�sottolineare�che�ogni�e�
qualsiasi�soluzione�transattiva�non�puo�che�partire�dalle�diverse�premesse�di�
cui�sopra�che�ovviamente�andranno�debitamente�accertate�Da�codesta�P.A.�
previa�acquisizione�di�dettagliate�notizie�in�ordine�alle�previsioni�del�P.R.G.�
del�Comune�di�F.�

Considerato,�peraltro�che,�da�ultimo,�come�si�accennava,�i�Sigg.ri�(...)�
hanno�spostato�la�propria�pretesa�risarcitoria�innanzi�all'A.G.O.�(in�data�
2�dicembre�2004�e�stato�notificato�atto�di�citazione�e�la�prima�udienza�prevista�
per�l'�11�maggio�p.v.�e�stata�differita�al�15�ottobre�2005),�presumibilmente�rite-
nendo�che�a�seguito�della�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�Costituzionale�l'a-
dito�Giudice�Amministrativo�difetti�di�giurisdizione,�reputa�questo�G.U.�che�al�
fine�di�pervenire�ad�una�definizione�della�vicenda�codesta�Pubblica�Ammini-
strazione�potrebbe�forse�valutare�l'eventualita�di�utilizzare�l'art.�43,�comma�
primo,�del�d.P.R.�n.�327/2001,�visto�che�la�giurisprudenza�amministrativa,�pro-
nunciandosi�su�domanda�di�conversione�della�pretesa�restitutoria�del�proprieta-
riovittimadiillecito�simileaquello�soffertodai�Sigg.ri(...)�inpretesarisarcito-
ria,�formulata�dalla�Pubblica�Amministrazione�ai�sensi�del�terzo�comma�della�
disposizione�qui�considerata,�si�e�espressa�positivamente�sottolineando�che��la�
reintegrazione�in�forma�specifica�e�solo�una�delle�possibili�forme�di�risarci-
mento��e�che��la�circostanza�che�l'opera�pubblica�sia�stata�costruita�intera-
mente�e�che�i�lavori�abbiano�dato�luogo�alla�strada�comunale�risultadi�ostacolo�
all'accoglimento�della�domanda�di�reintegrazione�in�forma�specifica,�essendo�
incio�ravvisabiligliestremicontemplatidagliartt.�2058e2933delc.c.;allastre-
gua�di�quest'ultima�norma,�l'interesse�alla�conservazione�di�un�bene�che�sia�utile�
all'economia�nazionale�e�di�ostacolo�al�soddisfacimento�in 
executivis 
della�pre-
tesaeprovocalasostituzionedelrisarcimentoperequivalente.�Sitratta,inaltri�
termini,�di�una�disposizione�che�sovrappone�l'interesse�pubblico�all'interesse�
privato�e�che�si�riflette�sui�metodi�di�protezione�diretta�dei�diritti,�che�il�giudice�
amministrativo�ha�gia�utilizzato�al�fine�di�delimitare�l'ambito�di�espansione�del�
giudizio�di�ottemperanza�per�la�soddisfazione�dell'interesse�oppositivo,�sempre�
in�materia�di�annullamento�di�atti�espropriativi�(Cons.�Stato,�Sez.�V,�12�luglio�
1996,�n.�874)��(cos|�testualmente�TAR�per�l'Emilia�Romagna,�Bologna,�sen-
tenza�n.�2160/2003,�cui�adde 
TAR�per�l'Emilia�Romagna,�Bologna,�sentenza�

n.�659/2003).�
Considerato�che�il�primo�comma�della�citata�disposizione�mediante�il�
quale�si�consente�alla�Pubblica�Amministrazione�di�procedere�all'acquisizione�
di�un�bene�utilizzato�senza�titolo�per�scopi�di�interesse�pubblico�a�prescindere�
dalla�pendenza�di�un�giudizio�avviato�dai�proprietari�dello�stesso�vittime�del-
l'illecito�risponde�alla�medesima�ratio 
non�si�intravedono�ostacoli�alla�utiliz-
zazione�dello�stesso.�

Ne�si�potrebbe,�in�contrario,�escludere�l'utilizzabilita�del�rimedio�di�cui�
alla�predetta�norma�in�ragione�del�disposto�dell'art.�57�del�d.P.R.�327/2001,�
nel�testo�introdotto�con�l'art.�5�della�legge�n.�166/2002,�che�sancisce�l'applica-
bilita�delle�disposizioni�nel�Testo�Unico�solo�a�quelle�fattispecie�concernenti�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

procedure�ablatorie�avviate�sulla�base�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�suc-
cessiva�all'entrata�in�vigore�del�nuovo�Testo�Unico�in�materia�espropriativa�
(avvenuta�il�30�giugno�2003).�

Invero�la�norma�con�la�quale�il�legislatore�ha�inteso�delimitare�l'ambito�
di�applicazione�del�nuovo�Testo�Unico�in�realta�ha�riguardo�alle�disposizioni�
dello�stesso�destinate�ad�innovare,�sotto�il�profilo�procedimentale,�la�materia�
espropriativa,�come�si�evinceva�con�chiarezza�dall'iniziale�testo�dell'art.�57�
nel�quale�era�precisato�che�le�nuove�disposizioni,�nel�caso�di�esistenza�del�vin-
colo�preordinato�all'esproprio�ovvero�di�dichiarazione�di�pubblica�utilita�al�
momento�dell'entrata�in�vigore�del�Testo�Unico,�si�applicavano�alle�fasi�pro-
cedimentali�non�ancora�concluse.�

Tale�conclusione,�inoltre,�si�impone�non�soltanto�in�ragione�della�ratio 
della�norma,�cui�si�e�gia�accennato,�la�quale�lascia�chiaramente�intendere�
che�l'art.�43�e�stato�introdotto�dal�legislatore�soprattutto�con�lo�sguardo�volto�
proprio�a�quelle�situazioni,�come�quella�qui�considerata,�in�cui�si�era�gia�con-
sumato�l'illecito�correlato�all'utilizzazione�della�proprieta�privata�per�la�
costruzione�di�un'opera�pubblica�senza�completamento�della�procedura�abla-
toria,�ma�anche�in�ragione�della�circostanza,�senza�dubbio�significativa,che�
la�norma�e�stata�inserita�in�un�capo�(il�VII)�del�Testo�Unico�completamente�
a�se�stante�rispetto�a�quelli�concernenti�le�varie�fasi�in�cui�ora�si�articolail�
procedimento�espropriativo�(capi�I-V),�nell'ambito�del�quale�il�decreto�di�
esproprio�dovrebbe�intervenire�in�tempi�assai�ristretti�(cfr.�art.�20�e�ss.)�pro-
prio�per�evitare�che,�a�seguito�della�mancata�emanazione�dello�stesso,�si�per-
fezioni�l'illecito.�

Le�esposte�considerazioni�hanno�da�ultimo�ricevuto�l'autorevole�avallo�
dell'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato�che�con�la�decisione�

n.�2/2005,�del�29�aprile�2005�allineandosi�in�pieno�alla�Corte�Europea�dei�
Diritti�dell'Uomo,�ha�con�chiarezza�affermato�che��In�caso�di�illegittimita�
della�procedura�espropriativa�e�di�realizzazione�dell'opera�pubblica,�l'unico�
rimedio�riconosciuto�dell'ordinamento�alla�P.A.�per�evitare�la�restituzione�
dell'area�e�l'emanazione�di�un�(legittimo)�provvedimento�di�acquisizione�cd.�
�sanante��ex 
art.�43�del�testo�unico�sulle�espropriazioni�per�p.v.�approvato�
con�d.P.R.�8�giugno�2001�n.�327,�in�assenza�del�quale�l'Amministrazione�
non�puo�addurre�l'intervenuta�realizzazione�dell'opera�pubblica�quale�causa�
di�impossibilita�oggettiva�e�quindi�come�impedimento�alla�restituzione��ed�e�
espressamente�affermata�l'applicabilita�della�predetta�norma�anche�nelle�ipo-
tesi�in�cui�la�dichiarazione�di�pubblica�utilita�sia�intervenuta�prima�dell'en-
trata�in�vigore�del�testo�unico�(cfr.�punto�5�della�motivazione).�
Nella�parte�finale�della�nota�si�chiede�altres|�se�vadano�assunte�iniziative�
volte�all'accertamento�di�eventuali�responsabilita�di�funzionari�di�codesta�
Pubblica�Amministrazione.�

Ribadito�che�dalla�documentazione�di�cui�si�dispone�non�e�possibile�sta-
bilire�per�quali�ragioni�non�sia�mai�stata�completata�la�procedura�ablatoria,�
reputa�questo�G.U.�che,�essendosi�affidato�il�compito�di�provvedere�all'esple-
tamento�della�stessa�alla�concessionaria,�va�in�primo�luogo�verificato�se�vi�
siano�state�omissioni�o�negligenze�di�quest'ultima.�In�caso�negativo�si�trattera�
di�valutare�se�il�mancato�completamento�della�procedura�espropriativa�e�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

dipeso�da�omissioni�o�negligenze�di�funzionari�di�codesta�Pubblica�Ammini-
strazione�ovvero�da�altre�circostanze�e,�in�generale,�se�vi�era�o�meno�possibi-
lita�di�evitare�che�l'illecito�si�perfezionasse.�

Nel�caso�in�cui�emergessero�inadempienze�della�concessionaria,�che�evi-
dentemente�consentirebbero�a�codesta�Pubblica�Amministrazione�di�rivalersi,�
sara�comunque�opportuno�verificare�se�attraverso�lo�svolgimento�degli�
opportuni�controlli�e�la�necessaria�vigilanza�sull'operato�della�medesima�
sarebbe�stato�possibile,�anche�intervenendo�in�sostituzione�della�medesima,�
evitare�il�perfezionarsi�dell'illecito�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
7 
luglio 
2005, 
n. 
91858. 
Decreto�del�Presidente�della�Repubblica�8�giugno�2001�n.�327,�come�modi-

ficato�dal�Decreto�Legislativo�27�dicembre�2002�n.�302,�pubblicato�nel�Suppl.�

ord.�n.�211/L�Gazzetta�Ufficiale�n.�17�del�22�gennaio�2003.�Testo�Unico�dispo-

sizioni�legislative�e�regolamentari�in�materia�di�espropriazioni�per�pubblica�uti-

lita�(consultivo�52706/04,�avvocato�P.�Cosentino).�

�(Omissis)�Il�Ministero�[della�Difesa]�ha�chiesto�a�questa�Avvocatura�
Generale�di�esprimere�il�proprio�parere�in�merito�al�d.P.R.�in�oggetto,�con�
particolare�riguardo�all'applicabilita�alle�procedure�di�esproprio�per�opere�
militari�degli�artt.�9�e�10,�titolo�II,�del�medesimo�testo�legislativo,�si�osserva�
quanto�segue.�

La�disciplina�delle�espropriazioni�per�la�realizzazione�di�opere�militariha�
carattere�parzialmente�derogatorio�rispetto�a�quella�prevista�per�le�espropria-
zioni�in�generale�e�cio�in�ragione�della�specificita�delle�opere�medesime,�desti-
nate�alla�difesa�nazionale;�tale�disciplina�e�infatti�contenuta�nell'art.�51,�titolo�
III,�del�testo�unico�sopra�citato,�intitolato��disposizioni�particolari�che�
dispone�al�primo�e�al�terzo�comma:��IlMinistero�della�Difesa�dichiara�lapub-

blica�utilita�delle�opere�destinate�alla�difesa�militare�edindividua�i�beni�da�espro-

priare.�Siapplicanoinquantocompatibili,�ledisposizioniprevistedaltitoloII�.�

Le�espropriazioni�e�le�occupazioni�di�immobili�per�opere�militari,�com'e�
noto,�erano�disciplinate�dalle�norme�contenute�nella�legge�n.�2359�del�1865,�
e�in�particolare�negli�artt.�11,�74�e�76.�

Tali�disposizioni�lasciavano�all'Autorita�militare�la�piu�ampia�liberta�di�
valutazione�sia�in�ordine�al�requisito�della�pubblica�utilita�delle�opere�da�rea-
lizzare,�sia�in�ordine�alla�scelta�delle�aree�da�sottoporre�ad�esproprio.�

Conseguentemente,�come�piu�volte�chiarito�anche�dai�giudici�di�primo�
grado�e�dal�Consiglio�di�Stato�(cfr.�tra�le�ultime�C.S.,�IV,�n.�1593/01�e�

n.�4543/01;�nonche�,�in�motivazione,�Corte�Cost.�n.�150/1992),�e�escluso�l'ap-
prezzamento�delle�autorita�urbanistiche�in�ordine�a�tali�determinazioni,�
essendo�affidata�all'Amministrazione�della�Difesa,�in�via�esclusiva,�la�soddi-
sfazione�delle�esigenze�connesse�alla�distribuzione�territoriale�delle�opere�
militari�e�alla�loro�progettazione.�
Siffatte�esigenze�sono�rispecchiate�dall'art.�81,�comma�2�del�d.P.R.�

n.�616/1977�e�successivamente,�dall'art.�2�del�d.P.R.�n.�383�del�1994,�i�quali�
hanno�escluso�le�opere�destinate�alla�difesa�militare�dall'accertamento�di�con-
formita�urbanistica.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ne�consegue�l'inapplicabilita�dell'art.�9,�titolo�II�del�testo�unico�in�
oggetto,�espressamente�rivolto�alla�disciplina�della�procedura�espropriativa�
delle�opere�pubbliche�in�generale,�per�la�realizzazione�delle�quali�e�previsto�
che�l'apposizione�del�vincolo�preordinato�all'esproprio�sia�rimesso�all'apprez-
zamento�delle�autorita�urbanistiche;�tale�articolo,�dunque,�non�puo�conside-
rarsi�compatibile,�ai�sensi�del�3.�co.�art.�51�del�T.U.,�con�la�disciplina�delle�
espropriazioni�per�opere�militari.�

Si�ritiene,�infine,�inapplicabile�anche�la�disposizione�di�cui�all'art.�10�del�

T.�U.�che�prevede�la�possibilita�di�apporre�il�vincolo�preordinato�all'esproprio�
mediante�il�ricorso�a�strumenti�di�cooperazione�tra�Pubbliche�Amministra-
zioni�nell'ipotesi�in�cui�la�realizzazione�di�un'opera�pubblica�non�sia�prevista�
dal�piano�urbanistico�generale.�
La�norma�introduce,�nella�ricorrenza�delle�condizioni�sancite�dallo�
stesso�articolo,�una�deroga�all'obbligo�di�osservare�le�procedure�delineate�dal-
l'art.�9.�

Per�le�osservazioni�suesposte,�tuttavia,�la�liberta�di�cui�gode�codesta�
Amministrazione�in�materia�di�espropriazioni�per�pubblica�utilita�per�le�
opere�destinate�alla�difesa�militare�ha�un'ampiezza�maggiore�rispetto�alla�
facolta�riconosciuta�in�generale�dall'art.�10.�Si�deve�pertanto�ritenere�che�
codesto�Ministero�non�sia�tenuto�per�tali�opere,�a�indire�previamente�una�
conferenza�di�servizi�o�a�procedere�ad�accordi�o�intese,�come�descritto�dalla�
disposizione�in�esame,�al�fine�di�addivenire�all'apposizione�del�vincolo�espro-
priativo�.�

A.G.S. 
^Parere 
dell'8 
luglio 
2005, 
n. 
92716. 
Provvedimentidi�assegnazione�della�casa�di�abitazionefamiliare�neiproce-

dimenti�di�separazione�personale�e�di�divorzio;�trascrivibilita�,�opponibilita�a�

terzi�in�relazione�ai�diversi�titoli�in�base�ai�quali�l'abitazione�era�gia�goduta�

(consultivo�18376/05,�avvocato�M.�Mari).�

�(...)�codesta�Avvocatura�Distrettuale�richiede�l'avviso�della�Scrivente�in�
ordine�a�talune�problematiche�ermeneutiche�relative�alla�trascrivibilita�presso�
la�Conservatoria�dei�Registri�Immobiliari�della�pronuncia�di�assegnazione�
della�casa�coniugale�ad�uno�dei�coniugi,�all'esito�del�procedimento�di�separa-
zione�personale�o�di�scioglimento�del�matrimonio,�con�particolare�riferi-
mento�all'opponibilita�ultranovennale�di�tale�provvedimento�al�terzo�acqui-
rente�in�data�successiva.�

Si�richiedono�altres|�delucidazioni�in�merito�ai�rapporti�tra�il�preesi-
stente�godimento�della�casa�familiare�a�titolo�di�comodato�ed�il�successivo�
provvedimento�di�assegnazione�della�stessa,�adottato�dal�giudice�in�sede�di�
separazione�o�di�divorzio.�

Giova�premettere�all'esame�delle�prospettate�questioni�una�sia�pur�sinte-
tica�ricostruzione�dell'evoluzione�normativa,�dottrinale�e�giurisprudenziale�
in�materia,�solo�all'esito�della�quale�risulta�possibile�orientarsi�in�un�settore�
nel�quale�all'accentuato�bisogno�di�certezza�nei�rapporti�giuridici�si�contrap-
pongono�spesso�insidiosi�dubbi�interpretativi.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Il�provvedimento�di�assegnazione�della�abitazione�nella�casa�coniugale�in�
favore�di�uno�dei�coniugi�e�,�senza�dubbio,�uno�dei�provvedimenti�piu�significa-
tivi�che�il�giudice�emette�nel�corso�del�giudizio�di�separazione�e�di�divorzio.�

La�disciplina�di�questa�materia�ha�subito�una�lenta�evoluzione,�sia�sotto�
il�profilo�della�possibilita�stessa�di�emettere�siffatto�provvedimento,�sia�sotto�
il�profilo�della�sua�opponibilita�ai�terzi.�

La�legge�prevedeva,�un�tempo,�l'assegnazione�solo�nel�contesto�della�
separazione�giudiziale�(art.�155,�comma�4,�c.c.).�In�sede�di�divorzio,�viceversa,�
in�difetto�di�legge,�l'assegnazione�poteva�solo�conseguire�ad�un�accordo�tra�i�
coniugi,�di�talche�il�coniuge�assegnatario�in�sede�di�separazione�poteva�essere�
privato�della�abitazione�nella�casa�in�sede�di�successivo�divorzio.�

Questa�evidente�ingiustizia,�stigmatizzata�dalla�piu�attenta�dottrina,�
impose�al�Legislatore�di�intervenire.�

L'art.�11,�legge�6�marzo�1987,�n.�74,�sostituendo�l'art.�6�della�legge�
1�dicembre�1970,�n.�898,�detto�,�dunque,�una�norma�analoga�a�quella�di�cui�
all'art.�155,�comma�4,�c.c.,�aggiungendo,�pero�,�che���l'assegnazione,�in�quanto�
trascritta,�e�opponibile�al�terzo�acquirente�ai�sensi�dell'art.�1599�del�codice�
civile�.�

In�tal�modo,�pero�,�la�posizione�del�divorziato 
assegnatario�divenne�piu�
favorevole�rispetto�a�quella�del�separato, 
poiche�l'art.�155 
c.c.�non�prevedeva�
l'opponibilita�ai�terzi�^mediante�trascrizione�^del�provvedimento.�

La�trascrivibilita�,�in�assenza�di�una�norma�espressa,�era�assai�discussa,�
dal�momento�che,�se�la�dottrina�e�talune�sentenze�di�merito�(cfr.�Trib.�Cata-
nia,�sent.�11�luglio�1986)�configuravano�il�diritto�del�coniuge�assegnatario�
come�un�diritto 
reale 
di 
abitazione, 
opponibile,�come�tale,�se�trascritto,�ex 
art.�2643,�n.�14,�c.c.,�ovvero�come�un�diritto 
personale 
di 
abitazione, 
pur�sem-
pre,�pero�,�opponibile�al�terzo,�ex 
art.�111�c.p.c.,�fmo�a�revoca�del�provvedi-
mento,�ovvero�come�un�diritto 
personale 
di 
godimento, 
opponibile�per�tutta�
la�durata�del�diritto�tutelato�(cfr.�Trib.�Lucca,�sent.�11�febbraio�1983)�ovvero�
per�un�novennio�ex 
art.�1599�c.c.,�la�Suprema�Corte�riteneva�che,�in�caso�di�
alienazione,�il�diritto�non�fosse�opponibile,�cosicche�il�coniuge�poteva�solo�
chiedere�un�adeguamento�dell'assegno�di�mantenimento�(v.�Cass.,�sentt.�
nn.5082/1985,�624/1986).�

Successivamente,�la�Corte�costituzionale�e�intervenuta�nel�dibattito�(cfr.�
sent.�n.�454/1989),�assumendo�una�posizione�di�favore�non�tanto�nei�con-
fronti�del�coniuge�assegnatario,�quanto,�piuttosto,�dei�figli�ad�esso�affidati.�
Secondo�la�Corte,�infatti,�era�dato�ravvisare�una�disparita�di�trattamento�
tra�situazioni�analoghe�^l'una�caratterizzata�dall'affidamento�della�prole�ad�
un�genitore�separato,�l'altra�dall'affidamento�ad�un�genitore�non�piu�legato�
dal�vincolo�matrimoniale�^,�atteso�che,�in�quest'ultimo�caso,�in�forza�del-
l'art.�6,�legge�898/1970�novellata,�la�prole�avrebbe�potuto�continuare�a�vivere�
nella�stessa�abitazione,�pur�se�alienata�a�terzi�dal�genitore�non�affidatario,�
mentre,�nell'altro�caso,�cio�non�sarebbe�potuto�avvenire.�

La�Corte�ha,�conseguentemente,�dichiarato�l'illegittimita�costituzionale�
dell'art.�155,�comma�4,�c.c.,���nella�parte�in�cui�non�prevede�la�trascrizione�
del�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�della�abitazione�nella�casa�
familiare�al�coniuge�affidatario�della�prole,�ai�fini�della�opponibilita�ai�terzi�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Merita�rammentare�che,�a�proposito�della�questione�relativa�all'applica-
zione�in�sede�di�separazione�tra�coniugi�della�norma,�in�tema�di�casa�fami-
liare,�prevista�dalla�legge�74/1987�per�il�caso�di�scioglimento�del�matrimonio,�
parte�della�dottrina,�seguita,�peraltro,�da�qualche�decisione�di�merito�(v.�
App.�Napoli,�sent.�n.�352�del�15�marzo�1988),�sostenne�una�soluzione�positiva�
sul�semplice�piano�interpretativo,�in�virtu�dell'eadem�ratio�alla�base�della�tutela�
dei�figli�minori�e�del�loro�affidamento�in�caso�di�crisi�coniugali.�

Tra�codesti�indici�normativi,�in�particolare,�un�certo�spicco�veniva�rico-
nosciuto,�per�l'appunto,�alla�disposizione�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987�
(modificativa�dell'art.�6,�legge�898/1970).�Tale�disposizione�^come�accennato�
sopra�^ha,�in�effetti,�inteso�fare�chiarezza�in�materia�di�casa�familiare�e,�
soprattutto,�superare�le�tenaci�resistenze�in�ordine�all'opponibilita�ai�terzi�
della�situazione�giuridica�del�coniuge�assegnatario,�evidenti�nell'orientamento�
interpretativo�assunto�dalla�Cassazione�a�partire�dalla�pronuncia�a�Sezioni�
Unite�n.�2494/1982�e�ribadito�sostanzialmente�nella�sent.�n.�4420/1988.�Al�
fine�di�assicurare�stabilita�alla�situazione�di�godimento�della�casa�familiare�
da�parte�dell'ex�coniuge�affidatario�dei�figli�minori,�in�occasione�della�circola-
zione�dell'immobile�di�proprieta�dell'�altro�ex�coniuge,�l'art.�11,�legge�74/1987,�
stabilisce,�pervero,�che��l'assegnazione,�in�quanto�trascritta,�e�opponibile�al�
terzo�acquirente�ai�sensi�dell'art.�1599�c.c.�.�

La�Corte�costituzionale,�tuttavia,�ha�preferito�raggiungere�il�medesimo�
risultato�con�una�pronunzia�di�incostituzionalita�parziale,�ponendosi�nel�
solco�di�quell'orientamento�di�politica�del�diritto�in�base�al�quale,�in�materie�
delicate�quali�il�diritto�di�famiglia,�si�considera�preferibile�adottare�una�sen-
tenza�additiva�di�accoglimento,�piuttosto�che�una�sentenza�interpretativa�di�
rigetto.�

Il�lodevole�intento�cui�si�era�ispirata�la�Corte�nell'eliminare�la�denun-
ciata�discriminazione�tra�il�coniuge�separato�e�quello�divorziato�rischiava,�
nondimeno,�di�essere�bilanciato�^se�non�addirittura�compromesso�^da�una�
imperfetta�percezione�dei�termini�della�questione�sollevata�nell'ordinanza�di�
rimessione�e,�quanto�meno,�da�una�infelice�formulazione�a�proposito�dell'in-
terpretazione�della�norma�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987.�Il�che�non�solo�
avrebbe�reso�ininfluente�la�sentenza�ai�tini�della�soluzione�della�specifica�con-
troversia�all'esame�del�giudice�a�quo,�ma�avrebbe�altres|�ridimensionato,�in�
termini�rilevanti,�la�tutela�dell'assegnazione�della�casa�familiare�introdotta�
con�la�legge�del�1987�ed�estesa,�con�tale�decisione,�anche�a�favore�del�coniuge�
separato.�

Nell'ordinanza�di�rimessione,�il�giudice�a�quo�aveva,�in�effetti,�sollevato�
la�questione�di�costituzionalita�a�proposito�della�disparita�di�trattamento�a�
danno�del�coniuge�separato�assegnatario�della�casa�familiare�rispetto�all'ex�
coniuge,�facendo�leva�esclusivamente�sul�fatto�che,�per�effetto�dell'art.11,�L.�
74/1987,�soltanto�per�quest'ultimo�soggetto�il�godimento�della�casa�familiare�
sarebbe�stato��opponibile�comunque�ai�terzi�nei�limiti�del�novennio�e,�ove�
trascritto,�anche�oltre�.�

In�altre�parole,�nell'ordinanza�di�rimessione,�il�trattamento�favorevole�
per�l'ex�coniuge�(cioe�a�dire�il�contenuto�precettivo�della�disposizione�di�cui�
all'art.�11,�legge�74/1987)�risultava�identificato�nella�semplice��opponibilita�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

ai�terzi��della�situazione�relativa�al�godimento�della�casa�familiare,�senza�
alcun�riferimento�alle�diverse�forme�di�pubblicita�legate�alla�durata�della�
situazione�nel�tempo�(data�certa�per�una�durata�infranovennale�e�trascrizione�
per�una�durata�ultranovennale).�

Nella�sentenza�della�Corte�costituzionale,�invece,�sia�in�motivazione�sia�
nel�dispositivo,�il�contenuto�precettivo�della�norma�introdotta�nella�legge�del�
1987�veniva�spostato�dall'opponibilita� 
ai 
terzi 
della�situazione�giuridica�rela-
tiva�alla�casa�familiare�alla�sola 
trascrivibilita� 
. 
Si�innescava,�in�tal�modo,�
una�confusione�concettuale�di�non�poco�momento:�l'opponibilita�ai�terzi�del-
l'assegnazione�della�casa�familiare�sembrava�considerata�come�un�effetto�
discendente�soltanto 
dall'avvenuta�trascrizione�del�provvedimento�giudiziale�
presso�la�Conservatoria.�

La�mancanza�di�ogni�riferimento�all'art.�1599�c.c.�e,�per�converso,�il�pas-
saggio�argomentativo�con�il�quale�si�richiamava�la�opponibilita��mediante�
trascrizione��al�terzo�acquirente,�potevano�indurre�a�ritenere�che,�nellapro-
spettiva�della�Corte,�la�pubblicita�costituisse�l'unico�sistema�per�la�soluzione�
dei�conflitti�tra�coniuge�(beneficiano�del�provvedimento)�e�terzi�acquirenti,�
con�esclusione�di�ogni�altro�criterio�di�selezione�tra�titolari�di�diversi�diritti,�
come�quello�della�priorita�temporale.�

Arrestandosi�ad�una�lettura�puramente�testuale�del�dictum 
della�Corte,�il�
provvedimento�sembrava,�insomma,�suscettibile�di�trascrizione�non�gia�ai�fini�
di�cui�all'art.�1599�c.c.,�quanto,�piuttosto,�ai�fini�di�cui�all'art.�2644�c.c.,�cosic-
che�,�se�non�trascritto,�esso�sarebbe�risultato�inopponibile�tout 
court, 
e�non�
gia�opponibile�per�soli�nove�anni.�

Era,�questa,�l'inevitabile�conseguenza�del�fatto�che,�nel�dispositivo,�la�
Corte�aveva�omesso�di�richiamare�l'art.�1599�c.c.,�cosicche�la�trascrizione�
andava�necessariamente�posta�in�relazione�con�la�norma�dell'art.�2644�c.c.,�
regolativa�della�materia�sul�piano�generale, 
laddove�l'altra�norma,�all'oppo-
sto,�prescrive�un�regime�speciale 
di�opponibilita�.�

Per�la�verita�,�sin�da�subito�gli�interpreti�ritennero�che,�al�di�la�della�eli-
minazione�della�discriminazione�tra�la�tutela�del�coniuge�separato 
e�quella�
del�coniuge�divorziato 
in�ordine�all'assegnazione�della�casa�familiare,�la�Corte�
non�avesse�inteso�intervenire�consapevolmente�nell'interpretazione�della�
disposizione�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987,�e�suggerirono�di�porre�rimedio�
all'indicata�preterizione�facendo�notare�che�l'incostituzionalita�era�stata�
dichiaratasullabasedelfattochel'art.�6,legge898/1970novellata,rinviando�
all'art.�1599�c.c.,�favoriva�i�figli�dei�divorziati 
rispetto�a�quelli�dei�separati. 
Era�evidente,�allora,�che,�al�fine�di�evitare�una�nuova�e�diversa�disparita�di�
trattamento,�il�predetto�art.�1599�c.c.�doveva�trovare�applicazione�ancheper�
quanto�concerneva�i�provvedimenti�del�giudice�della�separazione. 


E�,�del�resto,�questa�la�soluzione�che�anche�la�stessa�Corte�Costituzionale�
ha�avvalorato�espressamente�con�l'ordinanza�n.�20/1990,�con�la�quale�^a�
premessa�di�una�pronuncia�di�inammissibilita�ed�offrendo�una�sorta�di��inter-
pretazione�autentica��del�precedente�pronunziato�^ha�rilevato�che�l'onere�di�
trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�in�caso�di�separazione�
riguarda,�ex 
art.�1599�c.c.,�la�sola�assegnazione�ultranovennale,�ferma�
restando�l'opponibilita�del�provvedimento�in�tutte�le�altre�ipotesi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�realta�,�piuttosto�che�di�assegnazione�ultranovennale�^essendo�l'asse-
gnazione,�almeno�di�regola,�senza�limiti�di�tempo,�salvo�revoca�^,�la�Corte�
avrebbe�dovuto�parlare�di�opponibilita� 
del 
provvedimento 
oltre 
il 
novennio, 
ma�la�sostanza�della�precisazione�non�muta.�

Se�e�,�infatti,�indubbio�che�nella�norma�di�cui�all'art.�11,�legge�74/1987,�si�
era�dato�un�particolare�risalto�alla�trascrizione,�in�vista�dell'opponibilita�ai�
terzi�dell'assegnazione�della�casa�familiare,�e�pur�vero�che�in�essa�vi�e�anche 
un�espresso�richiamo�all'art.�1599�c.c.�

La�soluzione�che�avesse�voluto�considerare�l'opponibilita�come�conse-
guenza�della�sola 
trascrizione�avrebbe�finito,�pertanto,�con�il�rendere�pleona-
stico�(o�meglio:�imperscrutabile)�il�richiamo�a�tale�norma,�la�quale�disciplina,�
per�l'appunto,�l'opponibilita�del�diritto�personale�di�godimento�al�terzo�
acquirente�dell'immobile�sulla 
base 
della 
sola 
anteriorita� 
nel 
tempo 
del 
primo 
diritto, 
salva 
la 
data 
certa 
del 
relativo 
titolo 
costitutivo. 


Tale�richiamo�non�puo�,�tuttavia,�considerarsi�pleonastico�o�semplice-
mente�rafforzativo�della�soluzione�gia�fondata�sulla�base�del�solo�
art.�1599�c.c.�

Non�bisogna,�infatti,�dimenticarsi�che,�gia�prima�della�riforma�del�1987,�
con�riferimento�all'originario�art.�155,�comma�4,�c.c.,�vi�era�stata�qualche�per-
plessita�a�dare�ingresso�alla�trascrizione�oltre�la�normale�opponibilita�nei�
limiti�del�novennio,�previa�applicazione�dell'art.�1599�c.c.,�considerando�che�
la�particolare�natura�del�provvedimento�giudiziale�in�ordine�ai�rapporti�tra�i�
coniugi�separati�e/o�divorziati,�compresi�quelli�inerenti�ai�figli,�impediva�che�
potessero�attribuirsi�ai�suoi�effetti�termini�di�durata�predeterminati�e,�quindi,�
rendeva�difficile�stabilire�se�si�fosse�di�fronte�ad�una�durata�infra�o�ultra�
novennale.�

Sicche�,�il�contenuto�precettivo�originale�della�norma�di�cui�all'art.�11�
della�legge�del�1987�stava�proprio�nell'aver�assicurato�la�trascrivibilita�del�
provvedimento�di�assegnazione�anche�quando�l'opponibilita�fosse�destinata�
a�non�avere�un�termine�finale�precostituito,�potendosi�estendere�oltre�il�
novennio.�Ricostruzione,�questa,�che�trova�conferma�anche�nei�Lavori�Prepa-
ratori�(dai�quali�risulta�che�l'onere�della�trascrizione�venne�introdottoper�
ampliare�l'opponibilita�oltre�il�novennio).�

Occorre,�nondimeno,�rimarcare�che�giurisprudenza�e�dottrina�si�sono�
lungamente�affaticate�nel�compito�di�chiarire�la�portata�normativa�della�
disposizione�del�predetto�art.�6,�legge�898/1970�novellata,�nella�parte�in�cui�
fa�riferimento�alla�trascrizione.�

La�norma�^come�piu�volte�detto�^rinvia�espressamente�all'art.�1599�
c.c.,�ma�tale�rinvio�non�appare�perspicuo�e�suscita,�in�effetti,�non�pochi�pro-
blemi.�La�trascrizione�risulta�propriamente�riferita�al�provvedimento�di�asse-
gnazione,�senza�minimamente�distinguere�in�ordine�alla�sua�durata.�

Sotto�questo�aspetto,�dunque,�non�sarebbe�lecito�distinguere�tra�assegna-
zione�infra�e�ultranovennale,�con�la�conseguenza�che,�secondo�parte�della�
dottrina,�il�provvedimento�andrebbe�trascritto�in 
ogni 
caso, 
anche�se�l'asse-
gnazione�fosse�destinata�a�durare�per�un�periodo�breve,�ad�esempio�perche�
espressamente�collegata�al�raggiungimento�della�maggiore�eta�da�parte�del�
figlio�minore�(ipotesi,�peraltro,�remota,�poiche�^di�regola�^il�provvedimento�
del�giudice�e�a�tempo�indeterminato,�salvo�revoca).�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Il�diritto�all'abitazione�assumerebbe,�cos|�,�proprie,�autonome�connota-
zioni�e�finirebbe�per�ricadere�sotto�la�previsione�generale�dell'art.�2644�c.c.�
Sennonche�,si�e��correttamente�rilevato�che�il�preciso�rinvio�all'art.�1599�

c.c.�non�puo��non�comportare,�in�unione�con�la�prevista�trascrizione,�un'assi-
milazione�quoad 
effectum 
del�diritto�dell'assegnatario�al�diritto�di�locazione�
ultranovennale.�

Assimilazione�^come�e��ovvio�^sul�piano�della�circolazione�e�della�
opponibilita��ai�terzi,�atteso�che,�sotto�questo�profilo,�e��del�tutto�irrilevante�
che�il�diritto�sia�acquistato�a�titolo�oneroso�o�a�titolo�gratuito.�L'assenza�di�
corrispettivo�per�il�godimento�dell'abitazione�potra��,�infatti,�rilevare�solo�inter 


partes, 
nei�rapporti�interni�tra�coniuge�titolare�del�godimento�e�coniuge�pro-
prietario�dell'immobile,�ai�fin|��della�fissazione�dell'assegno�di�mantenimento.�

In�senso�contrario�all'assimilazione�si�e�,�tuttavia,�osservato�che�sarebbe�
stata�inutile�l'espressa�menzione�della�necessita��di�trascrivere,�se�tale�necessita��
sussistesse�solo�al�fine�dell'opponibilita��oltre�il�novennio,�dal�momento�che,�
a�tal�uopo,�sarebbe�bastato�il�puro�e�semplice�rinvio�alla�disciplina�dell'ari�

1599�c.c.,�che�gia��impone�la�trascrizione�per�questo�solo 
effetto.�

Per�quanto�pertinente,�l'osservazione�e��stata,�tuttavia,�superata,�obiet-
tando�che�il�richiamo�alla�trascrizione,�nell'intenzione�del�legislatore,�aveva�
inteso�esclusivamente�sottolineare�la�necessita��che�il�provvedimento�venisse�
trascritto�proprio�ai�fini�di�cui�all'art.�1599�c.c.,�al�fine,�cioe��,�di�poter�essere�

opposto�sine 
die, 
e�non�gia��per�un�periodo�di�soli�nove�anni.�

In�altre�parole,�il�legislatore�aveva�inteso�ribadire�che�il�provvedimentoe��
a�tempo�indeterminato�(o�meglio:�con�termine�finale�incerto),�e�dunque�va�
considerato,�ad�ogni�effetto,�come�ultranovennale.�

Diversamente�opinando,�un'esegesi�letterale�dell'art.�6,�comma�6,�legge�
898/1970�novellata,�imporrebbe�di�sostenere�che�il�Legislatore�abbia�inteso�
affermare�che�il�provvedimento�vada�trascritto�al�fine�di�potersi�avvaleredi�
una�norma�che�gia��prevede,�di�per�se�,�la�trascrizione,�con�una�duplicazione�
dispositiva�che�non�avrebbe�alcun�senso:�qualora�avesse�voluto�prevedere�
l'opponibilita��in 
senso 
assoluto,�il�Legislatore�avrebbe,�invero,�dovuto�far�

richiamo�all'art.�2644�c.c.,�e�non�gia��all'art.�1599�c.c.�

Ne�consegue,�dunque,�che�ilprovvedimento 
non 
trascritto 
legittima 
in 
ogni 


caso, 
nel 
conflitto 
con 
il 
terzo 
acquirente 
in 
data 
successiva 
all' 
assegnazione, 
il 


godimentoper 
nove 
anni, 
avendo 
esso, 
senza 
alcun 
dubbio, 
data 
certa. 
Cio��com-

porta�che�l'assegnatario�prevalga�se�il�provvedimento�precede�l'alienazione.�

Queste�conclusioni�possono�anche�apparire�inique�nei�confronti�del�
terzo,�ed�in�effetti�non�puo��negarsi�che,�nella�logica�dell'art.�1599�c.c.,�l'oppo-
nibilita��infranovennale�e��bilanciata�dal�pagamento�del�canone.�Ma�tale�equi-
librio,�a�ben�guardare,�e��puramente�formale,�cosicche�non�potrebbe�ravvisarsi�
una�condizione�deteriore�per�il�terzo�nel�fatto�che�costui�dovra��,�piuttosto�
che�percepire�il�canone,�rivolgersi�al�proprio�dante�causa�per�il�risarcimento�
del�danno,�ove�il�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�non�gli�sia�stato�
previamente�comunicato�in�sede�di�alienazione.�

Non�sembra,�dunque,�possibile�argomentare�(anche)�dalla�condizione�
del�terzo�per�affermare�la�necessita��di�trascrivere�il�provvedimento�di�asse-
gnazione�ai�fini�dell'opponibilita��(non�gia��in�relativo,�cioe��per�il�periodo�
ultranovennale,�ma)�in�assoluto.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Al�medesimo�approdo�ermeneutico�raggiunto�dalla�migliore�dottrina�e�
alfine�pervenuta�anche�la�giurisprudenza�di�legittimita�,�una�volta�superati�i�
contrasti�interpretativi�manifestatisi�in�seno�ad�essa.�

Come�codesta�Avvocatura�Distrettuale�dimostra�di�conoscere�perfetta-
mente,�il�contrasto�era�insorto�in�seguito�a�Cass.,�sent.�n.�4529/1999, 
la�quale,�
difformemente�dalle�precedenti�sentt.�nn.�10977/1996�e�7680/1997,�aveva�rite-
nuto�che�l'omessa�trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�della�casa�
coniugale�pregiudicasse�del�tutto�^e�non�soltanto�per�il�periodo�successivo�
al�compimento�di�nove�anni�dall'assegnazione�^l'opponibilita�del�titolo�al�
terzo�acquirente�dell'immobile.�

Si�era,�piu�precisamente,�sostenuto�che�la�previsione�di�opponibilita�
della�locazione�di�immobili�al�terzo�acquirente�nel�limite�temporale�suindi-
cato�in�difetto�di�trascrizione,�contenuta�nell'art.�1599�c.c.,�costituisse�disposi-
zione�eccezionale,�non�estensibile�in�via�analogica�ad�altri�istituti,�e�segnata-
mente�all'assegnazione�della�casa�familiare,�trattandosi�di�fattispecie�non�
riconducibile�ne�analoga�alla�locazione,�e�che,�d'altro�canto,�la�genericita�del�
richiamo�all'art.�1599�c.c.�contenuto�nell'art.�6,�comma�6,�legge�898/1970�
novellata�^applicabile�anche�in�materia�di�separazione�personale�per�effetto�
della�vista�sentenza�della�Corte�Costituzionale�^non�consentisse�di�estendere�
all'istituto�in�discorso�la�disciplina�relativa�alle�locazioni.�

L'opposto�filone�giurisprudenziale,�invece,�affermava�che�l'onere�della�
trascrizione�del�provvedimento�di�assegnazione�della�casa�familiare�di�cui�
all'art.�155�c.c.,�ai�fini�della�sua�opponibilita�al�successivi�acquirenti,�riguar-
dava,�in�analogia�con�la�normativa�vigente�in�materia�di�scioglimento�del�
matrimonio�ed�ai�sensi�dell'art.�1599�c.c.,�la�sola�assegnazione�ultranoven-
nale,�salva�restando�l'opponibilita�del�provvedimento�non�trascritto�nei�limiti�
del�novennio.�

Tale�contrasto,�reso�possibile�^come�sopra�illustrato�^dalla�formula-
zione�della�norma�in�termini�ambigui�ed�intrinsecamente�contraddittori,�con�
il�duplice�riferimento�sia�alle�regole�della�trascrizione�che�alla�disciplina�della�
locazione,�ha�trovato�composizione�per�effetto�della�sentenza�n.�11096/02,�
pronunciata�dalla�Suprema�Corte�a�Sezioni�Unite.�

In�tale�fondamentale�arresto�si�prende�doverosamente�atto�dell'innega-
bile�circostanza�che�la�dictio 
legis 
fornisce�indicazioni�tali�da�elidersi�a�
vicenda,�e�quindi�da�prestarsi�alla�individuazione�di�due�opposti�precetti:�
ove�il�richiamo�contenuto�nella�disposizione�in�esame�all'art.�1599�c.c.�si�
intenda�riferito�all'intero�testo�della�norma�richiamata,�dovra�ritenersi�oppo-
nibile�al�terzo�acquirente,�ai�sensi�del�comma�1�dell'art.�1599�c.c.,�nei 
limiti 
del 
novennio, 
anche�il�provvedimento�non�trascritto,�intervenuto�anterior-
mente�alla�vendita.�

Ove,�al�contrario,�si�ritenga�^valorizzando�l'inciso��in�quanto�tra-
scritta��^che�il�legislatore�abbia�inteso�indefettibilmente�imporre�un�onere�
di�trascrizione,�senza 
distinguerefra 
durata 
infra 
ed 
ultranovennale, 
l'assegna-
zione�sara�da�considerare�opponibile�ai�terzi�solo 
se 
ed 
in 
quanto 
venga 
tra-
scritta 
nella 
Conservatoria 
dei 
RR.II. 



I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

La�lettura�della�norma�nel�senso�per�primo�indicato�varrebbe�certamente�
a�rendere�l'espressione��in�quanto�trascritta��del�tutto�pleonastica,�mentre�
la�seconda�opzione�interpretativa�finirebbe�con�il�privare�di�ogni�significato�
il�richiamo�all'art.�1599�c.c.,�sino�a�renderlo�del�tutto�incomprensibile.�

Secondo�l'insegnamento�delle�SS.UU.,�al�fine�di�individuare�quale�delle�
due�possibili�letture�rispecchi�l'effettiva�volonta�del�Legislatore�del�1987,�
secondo�il�disposto�dell'art.�12,�dispp.�prell.�c.c,�occorre�un�impegno�interpre-
tativo�che,�utilizzando�canoni�ermeneutici�diversi�da�quello�letterale�e�richia-
mando�l'evolversi�della�disciplina�dell'assegnazione�della�casa�familiare,�
segnato�dal�sovrapporsi�di�parziali�interventi�riformatori�e�di�pronunce�della�
Corte�Costituzionale,�ed�esaminando�altres|�i�Lavori�Preparatori,�valorizzi�
le�finalita�dell'istituto�ed�applichi�criteri�di�ordine�logico-sistematico.�

E�cos|�,�all'esito�di�una�completa�ricostruzione�dell'evoluzione�normativa�
e�giurisprudenziale�in�materia,�valorizzando�la�ratio�della�norma�in�discorso�
e�le�esigenze�di�ordine�sistematico,�le�SS.UU.,�superate�le�ambiguita�in�ter-
mini�di�coerenza�sistematica�legate�al�tenore�letterale�del�disposto�in�parola,�
hanno�ravvisato�nel�richiamo�all'art.�1599�c.c.�in�esso�contenuto�la�precisa�
volonta�del�legislatore�di�assimilare�ai�meri�fini�della�trascrizione�il�diritto�
dell'assegnatario�a�quello�del�conduttore,�cos|�attribuendo�all'istituto�un�quo-
ziente�di�opponibilita�ai�terzi�anche�a�prescindere�dalla�trascrizione.�

Ed�invero,�se�si�considera�che,�in�caso�di�immobile�condotto�in�loca-
zione,�l'art.�6,�comma�2,�legge�392/1978,�prevede�la�successione�ex�lege�nel�
contratto�del�coniuge�cui�il�diritto�di�abitare�nella�casa�familiare�sia�stato�
attribuito�dal�giudice,�sarebbe�del�tutto�incongrua�un'opzione�interpretativa�
che�intendesse�attribuire�all'assegnatario�un�trattamento�deteriore�nell'ipotesi�
in�cui�il�coniuge�estromesso�sia�titolare�di�un�diritto�reale.�

Il�Legislatore�della�riforma�del�1987,�operando�un�bilanciamento,�
secondo�valori�etici�e�criteri�socio-economici,�tra�l'interesse�del�gruppo�fami-
liare�residuo�(e�specificamente�dei�figli�minori�o�anche�maggiorenni,�ma�non�
autosufficienti�senza�loro�colpa)�a�conservare�l'habitat�domestico�e�quello,�di�
natura�patrimoniale,�di�tutela�dell'affidamento�del�terzo,�oltre�quello,�piu�
generale,�ad�una�rapida�e�sicura�circolazione�dei�beni,�ha�ravvisato�come�ele-
mento�di�composizione�tra�le�diverse�istanze�in�conflitto�la�limitazione�nel�
tempo,�in�difetto�di�trascrizione,�dell'opponibilita�ai�terzi�del�provvedimento�di�
assegnazione.�

In�particolare,�l'esigenza�di�assicurare�l'effettivita�del�godimento�dell'as-
segnatario,�dando�attuazione�concreta�ad�una�pronunzia�diretta�ad�incidere�
non�solo�e�non�tanto�sul�bene�attribuito,�ma�sulla�qualita�della�vita�e�sulla�
serenita�dei�soggetti�deboli�del�nucleo�familiare�in�crisi,�ha�chiaramente�indi-
rizzato�l'opzione�legislativa�per�una�tutela�avanzata�della�posizione�di�detti�
soggetti�rispetto�alle�contrapposte�esigenze�sopra�menzionate,�accordando�al�
coniuge�assegnatario�un�titolo�legittimante�comunque�opponibile�al�terzo�
successivo�acquirente,�senza�soluzione�di�continuita�dal�momento�dell'emis-
sione�del�provvedimento,�cos|�da�porlo�al�riparo�da�iniziative�dell'altro�
coniuge�proprietario�idonee�a�frustrare�^anche�immediatamente�^la�statui-
zione�del�giudice.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'inciso��in�quanto�trascritta�,�contenuto�nella�disposizione�in�discorso,�
viene�cos|�ad�assumere�un�preciso�significato�ed�una�duplice�funzione,�costi-
tuendo,�da�un�lato,�espressione�della�volonta�del�Legislatore�di�annoverare�il�

provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�della�casafamiliarefragliatti�trascri-

vibili�^cos|�ampliandone�le�tipologie�^e,�dall'altro,�conferma�dell'opponibilita�

anche�ultranovennale�dell'assegnazione,fintantoche�perduri�l'efficacia�dellapro-

nuncia�giudiziale�e�a�condizione�che�essa�sia�stata�convenientemente�trascritta.�

L'orientamento�sopra�tratteggiato�e�stato�pienamente�condiviso�dalla�
successiva�giurisprudenza�di�legittimita�,�la�quale�non�ha�ravvisato�ragioni�
per�discostarsene�(v.�Cass.,�sentt.�nn.�5067/03,�12705/03,�9181/04,�18574/04�
e,�da�ultimo,�seppure�in�un�obiter�dictum,�sent.�n.�20319/04),�cosicche�puo�
serenamente�affermarsi�che�tale�indirizzo�interpretativo�e�oramai�assunto�al�
rango�di�diritto�vivente.�

Ne�consegue�che�il�provvedimento�in�questione�e�da�ricomprendere�in�
pieno�nell'ambito�della�previsione�di�cui�all'art.�2643,�n.�14,�c.c.�Esso,�infatti,�
da�vita�ad�un�diritto�che�il�legislatore�equipara�quoad�effectum�alla�locazione�
ultranovennale�prevista�dallo�stesso�art.�2643�c.c.�al�n.�8.�E�tale�equipara-
zione�e�tanto�piu�palese�in�quanto�la�previsione�dell'art.�2643,�n.�8,�c.c.�nei�
rapporti�tra�locatario�e�terzo�acquirente�dell'immobile,�va�collegata,�sul�
piano�delle�conseguenze�della�trascrizione,�esclusivamente�all'art.�1599�c.c.,�e�
non�gia�all'art.�2644�c.c.�

Ecco,�dunque,�che�nell'ambito�della�previsione�dell'art.�2643�c.c.�il�Legi-
slatore�ha�inserito,�per�il�tramite�del�richiamo�di�cui�al�n.�14,�il�diritto�all'abi-
tazione�della�casa�coniugale�attribuito�con�sentenza�del�giudice�del�divorzio.�
Del�resto,�diversamente�opinando,�dovrebbe�concludersi�^paradossalmente�c
he�il�rinvio�alla�trascrizione�operato�dall'art.�6,�legge�898/1970�novellata,�
non�potrebbe�trovare�collocazione�alcuna�nell'ambito�della�materia�sua�pro-
pria,�quale�regolata�dagli�artt.�2643�e�ss.�c.c.�

Occorre�aggiungere�che�il�venir�meno�del�provvedimento�stesso�per�
effetto�di�revoca,�di�riconciliazione,�nonche�^in�caso�di�scioglimento�del�
matrimonio�^di�nuove�nozze,�dovra�risultare�da�provvedimento�giudiziale�
ovvero�da�dichiarazione�del�coniuge�assegnatario�controinteressato�e�andra�
annotata�a�margine�della�trascrizione,�a�mente�dell'art.�2655�c.c.�

Va,�infine,�precisato�che�il�provvedimento�di�assegnazione,�in�sede�di�
separazione,�e�,�di�regola,�rappresentato�dall'ordinanza�presidenziale,�la�quale�
andra�trascritta�ex�art.�2645�c.c.,�mentre�la�successiva�sentenza�andra�anno-
tata�a�margine�della�trascrizione�e,�a�sua�volta,�autonomamente�trascritta�
ex�art.�2643,�n.�14,�c.c.�

Il�verbale�di�separazione�consensuale,�omologato�con�decreto�motivato�
ex�art.�711,�comma�4,�c.p.c.,�andra�pure�trascritto�a�norma�dell'art.�2645�c.c.�

Quanto�ai�problematici�rapporti�tra�il�preesistente�godimento�della�casa�
familiare�a�titolo�di�comodato�ed�il�successivo�provvedimento�di�assegna-
zione�della�stessa�adottato�dal�giudice�in�sede�di�separazione�o�di�divorzio,�e�
opportuno�preliminarmente�chiarire�che�tale�vicenda�e�affatto�diversa�da�
quella�sin�qui�illustrata.�

In�essa�si�verifica,�a�vero�dire,�un'autentica�inversione�temporale�dei�dati�
di�riferimento:�il�titolo�di�godimento�dell'abitazione�e�precostituito�rispetto�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

al�decisum�giurisdizionale�che�assegna�la�residenza�familiare,�non�ponendosi,�
dunque,�i�problemi�di�opponibilita�del�provvedimento�giudiziario�a�terzi�
acquirenti�di�diritti�sulla�casa�familiare,�precedentemente�attribuita�ad�uno�
dei�coniugi�in�sede�di�separazione�(come�accade,�invece,�nella�fattispecie�
vagliata�dalle�SS.UU.�nella�decisione�n.�11096/02).�

Della�questione,�ritenuta�di�particolare�importanza,�afferente�la�disci-
plina�applicabile�all'assegnazione�della�casa�familiare�disposta�in�favore�di�
uno�dei�coniugi�in�sede�di�separazione�nell'ipotesi�in�cui�l'immobile�sia�stato�

precedentemente�oggetto�di�comodato�da�parte�del�suo�titolare,�affinche�fosse�

destinato�ad�abitazionefamiliare�del�comodatario�^con�particolare�riferimento�
alla�determinazione�della�durata�dell'assegnazione�ed�alla�posizione�giuridica�
del�coniuge�assegnatario�nei�confronti�del�comodante�^sono�state,�peraltro,�
investite�di�recente�proprio�le�Sezioni�Unite�della�Suprema�Corte.�

La�decisione�(Cass.,�SS.UU., 
sent.�n.�13603/04)�ha�preso�le�mosse�dal�
contrasto�esistente�sul�punto�tra�un�isolato�arresto�del�S.C.�(sent.�

n.�10977/1996),�secondo�il�quale�il�comodante�non�puo�esercitare�il�recesso�
ad�nutum,�in�quanto�il�provvedimento�di�assegnazione�ha�oramai�sostituito�
il�precedente�titolo�di�godimento�^derivante�dal�comodato�^nella�disciplina�
del�rapporto,�ed�altro,�piu�consistente�orientamento�dei�giudici�di�legittimita�
(per�il�quale�v.�Cass.,�sentt.�nn.�2407/1998,�10258/1997,�6458/1996,�
929/1995,�5236/1994,�1258/1993,�3391/1982,�nonche�,�nella�giurisprudenza�di�
merito,�in�senso�conforme,�v.�Appello�Napoli�30�maggio�2004,�Trib.�Roma�
30�settembre�2003,�Trib.�Foggia�26�novembre�2002,�Trib.�Cagliari,�23�feb-
braio�2001�e�14�dicembre�1999,�Trib.�Napoli�17�dicembre�1997,�Pret.�Pescara�
5�luglio�1997),�secondo�il�quale�un�problema�di�opponibilita�dell'assegnazione�
della�casa�familiare�puo�porsi�soltanto�ove�il�titolo�d'acquisto�dell'immobile�
con�tale�destinazione�funzionale�sia�posteriore�al�provvedimento�giurisdizio-
nale,�mentre�nell'ipotesi�opposta�^in�cui�l'acquisizione�di�un�diritto�sulla�casa�
e�anteriore�al�provvedimento�di�assegnazione�^la�decisione�del�giudice�non�
puo�incidere�su�una�situazione�preesistente,�nella�quale�sono�coinvolti�diritti�
di�soggetti�estranei�al�giudizio�di�separazione.�
La�ricostruzione�proposta�da�Cassazione,�sentenza�n.�10977/1996,�
secondo�la�quale,�per�effetto�dell'assegnazione�ex�art.�155,�comma�4,�c.c.,�il�
godimento�della�casa�familiare�da�parte�del�coniuge�assegnatario�e�della�
prole�troverebbe�titolo�e�regolamentazione��nella�disciplina�di�questo�tipo�di�
provvedimento��(con�il�conseguente�protrarsi�del�relativo�diritto�fino�al�rag-
giungimento�della�maggiore�eta�dei�figli�nel�cui�interesse�l'assegnazione�e�
disposta,�se�non,�addirittura,�al�conseguimento�da�parte�loro�di�una�certa�
indipendenza�economica),�piuttosto�che�nell'�originario�rapporto�di�como-
dato�,�finiva�per�attribuire�al�residuo�nucleo�familiare�rimasto�nell'alloggio�
dopo�la�separazione�dei�coniugi�una�tutela�piu�ampia�di�quella�assicurata�al�
comodatario�originario�e,�quindi,�alla�sua�famiglia�ancora�integra,�esponen-
dosi�a�non�pochi�dubbi�di�costituzionalita�.�

Le�SS.UU.�hanno,�pertanto,�preferito�aderire�alla�soluzione�maggiorita-
ria,�sottolineando�come�il�provvedimento�giudiziale�di�assegnazione�non�muti�
la�situazione�giuridica�preesistente,�con�la�conseguenza�che�il�diritto�nascente�

dall�`assegnazione�resta�conformato�sulla�base�del�titolo�di�godimento�originario,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

al�quale�occorrera�far�capo�per�stabilire�la�disciplina�applicabile�ai�rapporti�
che�si�verranno�ad�instaurare,�dopo�la�separazione,�tra�coniuge�assegnatario�
e�titolare�del�diritto�(personale�o�reale)�sull'immobile.�

Viene,�in�tal�modo,�scongiurata�una�funzionalizzazione�assoluta�del�
diritto�di�proprieta�del�terzo�a�tutela�di�diritti�che,�in�ultima�analisi,�rinven-
gono�la�propria�matrice�nella�solidarieta�coniugale�o�postconiugale.�

Nell'importante�pronuncia�si�evidenzia,�peraltro,�che,�cos|�come�i�limiti�
soggettivi�ed�oggettivi�del�provvedimento�di�assegnazione�non�consentono�
una�compressione�dei�diritti�vantati�dal�dominus 
(che�non�e�stato�parte�del�
giudizio�nel�quale�il�provvedimento�stesso�e�stato�emesso),�per�converso�non�
e�configurabile�un�ampliamento�della�posizione�giuridica�del�coniuge�asse-
gnatario�^nei�confronti�dello�stesso�proprietario�^rispetto�a�quella�vantata�
dall'originario�comodatario.�

Il�diritto�del�coniuge�assegnatario,�che�pure�trova�nuovo�ed�autonomo�
titolo�nel�provvedimento�giudiziale�^il�quale,�come�si�e�sopra�visto,�non�attri-
buisce�un�diritto�reale�di�abitazione,�ma�un�diritto 
personale 
di 
godimento, 
variamente�segnato�da�tratti�di�atipicita�^resta,�dunque,�modellato,�nel�suo�
contenuto,�dalla�disciplina�del�titolo�negoziale�preesistente,�con�la�conse-
guenza�che�alla�normativa�regolatrice�dell'originaria�convenzione�occorre�
far�riferimento�al�fine�di�delineare�il�complesso�dei�diritti�e�dei�doveri�di�detto�
coniuge�nei�confronti�del�proprietario�contraente.�

La�posizione�del�coniuge�assegnatario�nei�confronti�del�terzo�concedente�
resta,�insomma,�conformata�dalla�natura�del�diritto�preesistente�e�risulta,�
per�l'effetto,�soggetta�ai�medesimi�limiti�che�segnavano�il�godimento�da�parte�
della�comunita�domestica�nella�fase�fisiologica�della�vita�matrimoniale.�

Appurato�che�le�norme�che�operano�sono�quelle�previste�per�il�contratto�
di�comodato,�il�successivo�passo�dell'ordito�argomentativo�della�decisione�in�
parola�attiene�all'individuazione�del�regime�giuridico�in�punto�di�recesso�del�
comodante�che�meglio�si�attaglia�alla�fattispecie�de 
qua:�se,�cioe�,�sia�applica-
bile�la�previsione�dell'art.�1809�c.c.�^per�la�quale�il�comodatario�e�tenuto�alla�
restituzione�della�cosa�alla�scadenza�del�termine�pattuito�oppure�quando�se�
ne�e�servito�in�conformita�dell'uso�pattiziamente�stabilito,�salvo�che�ricorra�
l'ipotesi�delineata�dal�comma�2,�per�la�quale�il�comodante�puo�richiedere�la�
restituzione�immediata�in�caso�di�sopravvenienza�di�un�urgente�ed�impreve-
duto�bisogno�^oppure�se�si�tratti�di�un�comodato�senza�determinazione�di�
termine,�per�il�quale�e�prevista�dall'art.�1810�c.c.�la�possibilita�per�il�como-
dante�di�recedere�ad 
nutum. 


Le�SS.UU.�rammentano,�al�riguardo,�il�consolidato�indirizzo�giurispru-
denziale�alla�stregua�del�quale�non�puo�desumersi�la�determinazione�della�
durata�del�comodato�dalla�destinazione�abitativa�cui,�per�sua�natura,�e�adi-
bito�un�immobile,�in�difetto�di�espressa�convenzione�sul�punto,�derivando�
da�tale�destinazione�soltanto�la�indicazione�di�un�uso�indeterminato�e�conti-
nuativo,�inidoneo�a�sorreggere�un�termine�finale�(v.,�ex 
plurimis, 
Cass.,�sentt.�
nn.�9775/1997�e�2719/1995).�

Peraltro,�|�Supremi�Giudici�denunciano�l'inconferenza�di�tale�orienta-
mento�nella�fattispecie�sottoposta�al�loro�esame,�nella�quale�la�destinazione�
e�specificamente�diretta�ad�assicurare�che�il�nucleo�familiare�gia�formato�o�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

in�via�di�formazione�abbia�un�proprio�habitat,�come�stabile�punto�di�riferi-
mento�e�centro�di�comuni�interessi�materiali�e�spirituali�dei�suoi�componenti.�
In�tali�situazioni,�viene�in�rilievo�la�nozione�di�casa�familiare�quale�luogo�
degli�affetti,�degli�interessi�e�delle�abitudini,�in�cui�si�esprime�la�vita�familiare�
e�si�svolge�la�continuita�delle�relazioni�domestiche,�centro�di�aggregazione�e�
di�unificazione�dei�componenti�del�nucleo,�complesso�di�beni�funzionalmente�
organizzati�per�assicurare�l'esistenza�della�comunita�familiare,�che,�appunto,�
in�forza�dei�caratteri�di�stabilita�e�continuita�che�ne�costituiscono�l'essenza,�
si�profila�concettualmente�incompatibile�con�un�godimento�segnato�da�prov-
visorieta�ed�incertezza.�

In�questa�prospettiva�il�dato�oggettivo�della�destinazione�a�casafamiliare,�
finalizzata�a�consentire�un�godimento,�per�definizione,�esteso�a�tutti�i�compo-
nenti�della�comunita�familiare,�comporta�che�il�soggetto�che�formalmente�
assume�la�qualita�di�comodatario�riceva�il�bene�non�solo�e�non�tanto�a�titolo�
personale,�quanto,�piuttosto,�quale�esponente�di�detta�comunita�.�Per�effetto�
della�concorde�volonta�delle�parti�viene,�cos|�,�a�configurarsi�un�vincolo�di�
destinazione�dell'immobile�alle�esigenze�abitative�familiari�idoneo�a�conferire�
all'uso�cui�la�cosa�doveva�essere�destinata�il�carattere�di�termine�implicito�della�
durata�del�rapporto,�la�cui�scadenza�non�e�determinata,�ma�e�strettamente�cor-
relataalladestinazione�impressaedallefinalita�cuiessa�tende.�

Ne�tale�vincolo�puo�considerarsi�automaticamente�caducato�per�il�
sopravvenire�della�crisi�coniugale,�prescindendo�quella�destinazione,�nella�
sua�oggettivita�,�dalla�effettiva�composizione�^al�momento�della�concessione�
in�comodato�^della�comunita�domestica,�ed�apparendo,�piuttosto,�indiriz-
zata�a�soddisfare�le�esigenze�abitative�della�famiglia�anche�nelle�sue�potenzia-
lita�di�espansione.�

Movendo�dalla�ritenuta�soggezione�del�nucleo�familiare�residuo,�nei�rap-
porti�con�il�comodante,�alla�medesima�disciplina�che�avrebbe�regolato�detti�
rapporti�ove�non�si�fosse�verificata�la�crisi�coniugale,�le�SS.UU.�svolgonoun�
argomentazione�del�seguente�tenore:�cos|�come�l'originario�comodatario�
avrebbe�potuto�validamente�contrastare�il�recesso�del�comodante,�per�non�
essere�ancora�cessato�l'uso�al�quale�la�cosa�era�stata�destinata,�allo�stesso�
modo�non�potra�subirla�il�soggetto�assegnatario;�resta�salva,�per�contro,�la�
richiamata�facolta�del�comodante�di�chiedere�la�restituzione,�nell'ipotesi�di�
sopravvenienza�diun�bisogno�segnato�dai�requisitidella�urgenza�e�della�nonpre-
visione,�ai�sensi�dell'art.�1809,�comma�2,�c.c..�

La�soluzione�cos|�accolta�appare�coerente�con�le�scelte�di�fondo�com-
piute�dal�Legislatore�in�materia�di�casa�familiare,�in�quanto�idonea�a�garan-
tire�una�certa�efficacia�temporale�al�provvedimento�di�assegnazione,�evitando�
il�rischio�di�una�frustrazione�^anche�immediata�^della�fondamentale�esi-
genza�di�tutela�della�prole�cui�esso�e�rivolto.�

L'opzione�interpretativa�volta�a�privare�in�modo�assoluto�il�comodante�
proprietario�(che�ha�gia�rinunciato�ad�ogni�rendita�sul�bene�in�favore�della�
comunita�familiare)�della�possibilita�di�disporne�fino�al�momento�^peraltro,�
imprevedibile�all'atto�della�conclusione�dell'accordo�^del�raggiungimento�
dell'indipendenza�economica�dell'ultimo�dei�figli�conviventi�con�l'assegnata-
rio,�si�risolverebbe,�all'opposto,�in�una�sostanziale�espropriazione�delle�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

facolta��e�dei�diritti�connessi�alla�sua�titolarita��sull'immobile,�con�evidenti�
riflessi�sulla�sfera�costituzionale�della�tutela�del�risparmio�e�della�sua�fun-
zione�previdenziale.�

Una�soluzione�siffatta�sarebbe,�inoltre,�palesemente�irragionevole,�in�
quanto�appresterebbe�allo�stesso�comodante�un�trattamento�deteriore�
rispetto�a�quello�spettante�al�successivo�avente�causa�(il�quale�^come�gia��
ricordato�^,�in�mancanza�di�trascrizione,�e��tenuto�a�subire�l'assegnazione�
per�un�periodo�non�superiore�a�nove�anni)�e�deteriore�anche�rispetto�a�quella�
del�locatore,�che�e��parte�di�un�contratto�a�prestazioni�corrispettive�e�puo��
avvalersi�di�forti�strumenti�di�tutela�nei�confronti�del�conduttore�inadem-
piente.�

Mette�conto,�da�ultimo,�rimarcare�che�a�tale�impostazione�la�S.C.�ha�
inteso�dare�continuita��:�in�un�recentissima�sentenza�della�prima�Sezione�(sent.�
23�marzo�2005, 
n.�6278)�si�e��,�infatti,�ribadito�che,�nell'ipotesi�di�concessione�
in�comodato�da�parte�di�un�terzo�di�un�bene�immobile�di�sua�proprieta��affin-
che�sia�destinato�a�casa�familiare,�il�successivo�provvedimento�di�assegna-
zione�in�favore�del�coniuge�affidatario�di�figli�minorenni�o�convivente�con�
figli�maggiorenni�non�autosufficienti�senza�loro�colpa,�emesso�nel�giudizio�
di�separazione�o�di�divorzio,�non�modifica�la�natura�ed�il�contenuto�del�titolo�
di�godimento�sull'immobile,�ma�determina�una�concentrazione,�nella�persona�
dell'assegnatario,�di�detto�titolo�di�godimento,�che�resta�regolato�dalla�disci-
plina�del�comodato,�con�la�conseguenza�che�il�comodante�e��tenuto�a�consen-
tirne�la�continuazione�per�l'uso�previsto�nel�contratto,�salva�la�sopravve-
nienza�di�un�urgente�ed�impreveduto�bisogno,�ai�sensi�dell'articolo�1809,�
comma�2,�c.c.�

E�stata,�pertanto,�riconosciuta�l'opponibilita��al�proprietario�comodante�
della�suddetta�assegnazione�giudiziale�di�casa�coniugale,�laddove�ricorrano�
gli�indicati�presupposti�di�fatto:�destinazione�a�casa�familiare�del�bene�con-
cesso�in�comodato�e�mancata�allegazione�e�prova,�da�parte�del�proprietario�
comodante,�della�sopravvenienza�di�un�suo�urgente�ed�impreveduto�bisogno.�

Alla�luce�di�quanto�precede,�e��agevole�osservare�che,�nelle�vicende�con-
crete�illustrate�nella�nota�che�si�riscontra,�il�Conservatore�dei�RR.II.�di�Cam-
pobasso�avrebbe�dovuto�disporre�la�trascrizione�dei�provvedimenti�giudiziali�
di�assegnazione�degli�immobili�senza 
alcuna 
riserva, 
non�sussistendo�i��gravi�
e�fondati�dubbi�sulla�trascrivibilita����di�cui�all'art.�2674-bis 
c.c.�

I�decreti�del�Tribunale�di�Campobasso�che�hanno�riconosciuto�il�diritto�
dei�ricorrenti�ad�ottenere�la�trascrizione�senza�riserva�non�appaiono,�per-
tanto,�utilmente�reclamabili�davanti�alla�Corte�d'Appello�^a�prescindere�
dalla�oramai�sopravvenuta�scadenza�dei�termini�per�l'eventuale�gravame�^e�
di�essi�si�condivide�pienamente�l'apparato�argomentativo,�eccezione�fatta�
per�l'inconferente�richiamo�operato�a�Corte�Cost.,�sent.�n.�186/1988�(grazie�
alla�quale�il�decreto�di�omologazione�della�separazione�consensuale�costitui-
sce�titolo�per�l'iscrizione�dell'ipoteca�giudiziale),�in�luogo�del�piu��pertinente�
rinvio�a�Corte�Cost.�n.�454/1989,�di�cui�si�e��sopra�illustrata�la�strettissima�
correlazione�con�le�questioni�trattate�.�


I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Circolare 
del 
12 
luglio 
2005, 
n. 
24, 
prot. 
94439 
(comunicazione 
di 
servizio 


n. 
96/05, 
prot. 
94436). 
Direttive 
in 
materia 
di 
controversie 
aventi 
adoggetto 
corsidiriqualificazione. 


�Con 
riferimento 
al 
contenzioso 
esistente 
in 
materia 
di 
corsi 
di 
riqualifi-
cazione, 
e� 
opportuna 
una 
esposizione 
sintetica 
delle 
linee 
difensive 
sin 
qui 
adottate, 
tenuto 
conto 
dello 
stato 
della 
giurisprudenza 
(e 
della 
dottrina) 
in 
ordine 
ai 
temi 
che 
sono 
apparsi 
fondamentali, 
onde 
impostare 
una 
linea 
di 
difesa 
unitaria 
e 
coerente 
idonea 
a 
salvaguardare, 
nel 
miglior 
modo 
possibile, 
l'azione 
posta 
in 
essere 
dalle 
varie 
amministrazioni 
nella 
scelta, 
organizza-
zione, 
modalita� 
di 
svolgimento 
e 
conclusione 
dei 
corsi 
di 
riqualificazione 
del 
personale. 


A 
tal 
fine, 
enucleati, 
sulla 
base 
anche 
dei 
pareri 
resi 
dalla 
Avvocatura 
Generale, 
i 
principi 
sulla 
materia 
indicati 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
nelle 
numerose 
pronunzie 
emesse 
dal 
1988 
(sent. 
21) 
ad 
oggi 
(sent. 
218/2002 
e 
205/2004), 
si 
espongono 
le 
linee 
di 
trattazione 
del 
contenzioso 
in 
questione. 


A) 
Con 
riferimento 
ai 
principi 
indicati 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
e� 
di 
fondamentale 
rilievo 
la 
costante 
affermazione 
della 
utilizzazione 
del 
pubblico 
concorso 
come 
mezzo 
ordinario 
per 
l'accesso 
al 
pubblico 
impiego 
nonche� 
per 
l'avanzamento 
alle 
qualifiche 
superiori, 
garantendosi 
solo 
attraverso 
que-
sto 
strumento 
la 
piu� 
ampia 
partecipazione 
e 
quindi 
la 
individuazione 
dei 
migliori 
candidati 
possibili. 


Tale 
affermazione 
e� 
stata 
dalla 
Corte 
ribadita, 
con 
maggior 
vigore, 
dopo 
la 
abolizione 
del 
sistema 
delle 
carriere 
nel 
rapporto 
di 
pubblico 
impiego 
per 
far 
luogo 
ad 
un 
sistema 
di 
individuazione 
di 
diverse 
aree 
funzionali 
ed 
all'interno 
di 
queste 
di 
diverse 
posizioni 
con 
compiti 
e 
responsabilita� 
diffe-
renti 
e 
conseguentemente 
con 
diversi 
livelli 
retributivi 
(v. 
sent. 
1/1999). 


Coerentemente 
con 
tali 
notazioni 
la 
Corte 
ha 
quindi 
negativamente 
valutato 
le 
leggi 
nazionali 
e 
regionali 
(queste 
ultime 
scrutinate 
su 
impugna-
zione 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
rappresentato 
dalla 
Avvocatura 
dello 
Stato) 
che 
prevedevano 
l'attribuzione 
delle 
posizioni 
superiori 
della 
stessa 
od 
altra 
area 
da 
ricoprire, 
non 
attraverso 
il 
sistema 
del 
pubblico 
concorso 
aperto 
anche 
agli 
esterni, 
ma 
attraverso 
l'utilizzazione 
di 
procedure 
riservate 
totalmente 
o 
prevalentemente 
ad 
interni 
(sent. 
161/1990 
^314/1994 
3
20/1997 
^1/1999 
^194/2000 
^etc.) 
. 


Cos|� 
la 
Corte 
ha 
dichiarato 
l'incostituzionalita� 
delle 
norme 
che 
privile-
giavano, 
per 
l'attribuzione 
di 
posizioni 
superiori 
da 
ricoprire, 
la 
semplice 
anzianita� 
di 
servizio 
o 
considerandola 
senza 
alcuna 
ulteriore 
valutazione 
ma 
in 
se� 
e 
per 
se� 
o 
attribuendo 
alla 
anzianita� 
di 
servizio 
punteggio 
talmente 
rile-
vante 
da 
non 
poter 
esser 
superato 
o 
pareggiato 
da 
specifici 
titoli 
di 
studioo 
professionali. 


Del 
pari 
la 
Corte 
ha, 
in 
linea 
di 
principio, 
escluso 
la 
possibilita� 
di 
utiliz-
zare 
il 
c.d. 
doppio 
salto, 
una 
volta 
ritenuta 
ammissibile 
la 
procedura 
riser-
vata 
ad 
interni, 
in 
quanto 
cos|� 
facendo 
potrebbe 
irrazionalmente, 
ove 
non 
valutata 
adeguatamente 
la 
professionalita� 
degli 
appartenenti 
alla 
posizione 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

immediatamente�inferiore�e�per�contro�sopravalutata�l'anzianita�di�servizio,�
pregiudicarsi�la�posizione�dei�dipendenti�appartenenti�alla�posizione�imme-
diatamente�inferiore�(sent.�1/1999�^194/2002�^274/2003�^369/1990).�

La�Corte�ha�poi�comunque�richiesto�che,�in�ossequio�ai�principi�di�
imparzialita�e�buon�andamento�della�P.A.,�le�procedure�riservate�ad�interni�
si�svolgano�con�il�rispetto�dei�criteri�della�serieta�e�specificita�e�si�concludano�
con�prove�selettive�che�garantiscano�la�individuazione�dei�candidati�piu�ido-
nei�allo�svolgimento�delle�superiori�mansioni�(sent.�194/2002).�

B)�Alla�luce�di�tali�principi�e�apparsa�prioritaria�la�individuazione�del�
giudice�chiamato�a�conoscere�le�questioni�in�tema�di�riqualificazione:�se�il�
giudice�ordinario�o�il�giudice�amministrativo.�

Al�riguardo�si�deve�registrare�il�permanere,�almeno�fino�alla�sentenza�
15403/03�delle�SS.UU.�della�Corte�di�cassazione,�di�un�contrasto�tra�la�Corte�
Costituzionale�e�la�Corte�di�cassazione�in�ordine�alla�estensione�della�nozione�
di�accesso-assunzione.�

La�Corte�Costituzionale�(sent.�21/1988�^161/1999�^478/1991�3
14/1994)�pur�senza�prendere�espressamente�partito�sulla�questione�della�
spettanza�della�giurisdizione,�muovendo�dalla�intervenuta�abolizione�delle�
carriere�nel�pubblico�impiego,�assume�che�l'accesso�a�qualsiasi�posizione�
vada�realizzato,�in�ossequio�all'art.�97�Cost.,�attraverso�pubblico�concorso.�

La�Corte�di�Cassazione�(sent.�128/01�^2514/02)�invece,�ha�per�lungo�
tempo�sostenuto�che�l'intervenuta�privatizzazione�del�rapporto�di�pubblico�
impiego�e�la�devoluzione�della�sua�disciplina�alla�contrattazione�collettiva�
configurino�gli�atti�relativi�al�personale�gia�dipendente�come�atti�di�gestione�
del�rapporto�di�lavoro�con�la�conseguenza�della�attribuzione�delle�relative�
controversie�al�giudice�ordinario,�giacche�solo�le�controversie�relative�all'ac-
cesso�originario�e�cioe�alla�costituzione�del�rapporto�sono�rimaste�attribuite�
alla�cognizione�del�giudice�amministrativo�in�base�all'art.�63�co.�4�decreto�
legislativo�del�30�marzo�2001�n.�165.�

Con�la�sentenza�15403/03�le�SS.UU.�della�Corte�di�Cassazione�si�sono�
invece�allineate�alla�tesi�della�Corte�Costituzionale�ed�hanno�affermato�che,�
implicando�anche�l'accesso�a�posizioni�superiori�rispetto�a�quelle�rivestite,�
una�novazione�del�precedente�rapporto,�sono�riconducibili�ad�una�ipotesi�di�
assunzione�affidata�alla�giurisdizione�del�Giudice�amministrativo�(anche)�le�
procedure�per�l'accesso�a�posizioni�superiori.�

Con�successiva�ordinanza�n.�10183�del�26�maggio�2004�le�SS.UU.�hanno�

chiarito�che�tutte�le�controversie�relative�alla�riqualificazione�delpersonale�rien-

trano�nella�giurisdizione�del�giudice�amministrativo.�

Le�stesse�SS.UU.�hanno�pero�mantenuto�nella�giurisdizione�ordinaria�solo�

le�controversie�relative�ai�passaggi�intra-area,�quando�le�procedure�siano�riser-

vate�esclusivamente�alpersonale�interno.�

Ancorche�quest'ultima�fattispecie�ricorra�con�rarita�,e�tuttavia�oppor-
tuno�insistere,�anche�in�questo�caso,�perche�venga�dichiarata�la�giurisdizione�
del�giudice�amministrativo,�affinche�tutte�le�controversie�vengano�decise�in�
una�stessa�sede,�evitando�cos|�possibilita�di�contraddittori�orientamenti�nel-
l'interpretazione�di�norme�giuridiche�da�parte�del�giudice�ordinario�e�di�
quello�amministrativo.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Inoltre,�sostenere�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�per�tuttii�
�concorsi�interni��ed�assimilati�significa�far�chiarezza�sulla�circostanza,�onde�
consentire�che�tutti�gli�episodi�patologici�che�coinvolgano�i�profili�ascensio-
nali�di�carriera�nel�rapporto�tra�dipendente�e�P.A.�vadano�introdotti�innanzi�
ad�un�unico�e�predefinito�giudice.�

Si�tratta�dunque�di�una�strategia�processuale�^quella�che�ritiene�titolare�
della�potestas 
iudicandi 
sempre�e�comunque�il�giudice�amministrativo�^da�
percorrere�con�riguardo�alle�procedure�concorsuali�interne�in�genere,�ed�alle�

c.d.��riqualificazioni�professionali��in�specie,�anche�con�particolare�riferi-
mento�ai�passaggi�c.d.��intra-area�.�
Si�e�in�presenza,�infatti,�di�procedure�indubbiamente�di�natura��concor-
suale�,�in�quanto�il�passaggio,�esemplificativamente,�di�un�dipendente�dal�
livello�B1�al�livello�B2�non�potrebbe�considerarsi��neutro��o�comunque��oriz-
zontale��in�termini�di�posizionamento�concreto�del�dipendente�nella�cornice�
lavorativa�della�P.A.�di�riferimento.�

In�sostanza,�anche�all'interno�della�stessa�area�i�passaggi�di�livello�com-
portano�delle�ricadute�giuridico-economiche�di�tipo�ascensionale,�con�conse-
guente�accesso�in�ogni�caso�ad�un�nuovoposto 
di 
lavoro 
in�capo�al�dipendente�
utilmente�collocato�in�graduatoria.�

Cio�anche�in�considerazione�dell'insistenza�con�la�quale�la�Corte�Costi-
tuzionale�continua�a�mal�vedere�gli�avanzamenti��meramente�interni�,�circo-
stanza�questa�che�senz'altro�contribuira�vieppiu�ad�additarli�quali��concorsi��
a�tutti�gli�effetti,�come�tali�appannaggio�giurisdizionale�del�giudice�ammini-
strativo.�Da�questo�punto�di�vista�e�piu�che�mai�auspicabile�un�definitivo�alli-
neamento�della�Corte�di�Cassazione�sulle�posizioni�palesate�dal�Giudice�delle�
Leggi.�

C) 
Nel�merito,�dalla�rilevazione�del�contenzioso,�e�emerso�che�molti�
ricorsi�sono�basati�su�pretesa�erronea�valutazione�dei�titoli�del�ricorrente:�in�
tali�ipotesi�la�difesa,�variabile�caso�per�caso,�sara�affidata�alle�osservazioni�
che�le�varie�amministrazioni�di�volta�in�volta�prospetteranno.�

D) 
Quando�la�contesa�investe�la�pretesa�conformita�del�bando�ai�prin-
cipi�enucleati�dalla�Corte�Costituzionale�in�tema�di�anzianita�,�assumendosi�
che�ad�essa�sia�stato�attribuito�un�peso�irrazionalmente�prevalente,�potra�cer-
carsi�di�giustificare�tale�scelta�facendo�risultare�^in�conformita�alle�indica-
zioni�ricavabili�dalle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�^che�l'anzianita�
non�viene�presa�in�considerazione�per�se�stessa,�ma�come�indice�di�acquisita�
professionalita�,�tesi�questa�soprattutto�utilizzabile�^sempre�in�conformita�
alle�indicazioni�ricavabili�dalle�decisioni�della�Corte�Costituzionale�^per�i�
passaggi�nell'ambito�delle�aree�A�e�B�che�non�implicano�lo�svolgimento�di�
qualificate�attivita�,�nelle�quali�quindi�effettivamente�l'anzianita�puo�rappre-
sentare�miglioramento�professionale.�

E) 
Per�quanto�attiene�alla�previsione�del��doppio�salto��(passaggio�a�
due�qualifiche�superiori)�puo�tentarsene�la�difesa�quante�volte�tale�previsione�
non�si�risolva,�combinandosi�con�la�supervalutazione�dell'anzianita�,in�un�
irrazionale�e�pregiudizievole�sacrificio�degli�interessi�dei�dipendenti�apparte-
nenti�alla�posizione�immediatamente�inferiore.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

F) 
Circa�la�specificita�e�serieta�della�organizzazione�delle�procedure�di�
riqualificazione�non�potra�sfuggirsi�alle�censure�di�illegittimita�se�le�Ammini-
strazioni�non�avranno�previsto�modalita�di�svolgimento�e�conclusione�delle�
procedure�che�garantiscano�la�loro�finalizzazione�ad�una�specifica�prepara-
zione�alla�copertura�delle�nuove�posizioni�ed�alla�imparziale�selezione�dei�
candidati�piu�meritevoli�attraverso�prove�finali�di�esame�serie�e�competitive.�

G) 
La�riserva�dell'accesso�alla�posizione�C3�solo�ad�interni�appare�difen-
dibile�^ancorche�sul�punto�non�siano�rintracciabili�indicazioni�in�senso�per-
missivo�della�Corte�Costituzionale�(v.�pero�sent.�369/1990)�^giacche�non�e�
irrazionale�che,�per�lo�svolgimento�di�attivita�di�elevata�professionalita�,�l'Am-
ministrazione�preferisca�avvalersi�di�personale�che,�avendo�gia�impegnato�al�
suo�interno�le�proprie�energie,�da�presumibilmente�garanzia�di�piu�consape-
vole,�e�percio�piu�fruttuoso,�lavoro�nella�piu�elevata�posizione.�

H) 
Tutto�quanto�precede�conferma�che�non�e�sufficiente�improntare�le�
difese�alla�dimostrazione�della�conformita�delle�clausole�dei�contratti�collet-
tivi�integrativi�di�lavoro�in�tema�di�corsi�di�riqualificazione�alle�previsioni�
del�contratto�collettivo�nazionale,�occorrendo�invece�dare�la�dimostrazione�
della�conformita�espressa�o�almeno�ricavabile�dalle�clausole�dei�contratti�
integrativi�e�di�quelle�dei�contratti�nazionali�ai�principi�indicati�dalla�Corte�
Costituzionale,�giacche�la�intervenuta�privatizzazione�dei�rapporti�di�lavoro�
alle�dipendenze�della�P.A.�e�la�contrattualizzazione�della�loro�disciplina�non�
hanno�potuto�incidere�sulla�norma�della�legge�fondamentale�(art.�97�Cost.)�
che�disciplina�le�modalita�di�accesso�e�le�caratteristiche�che�tali�modalita�
devono�rispettare.�

Un�diverso�modo�di�intendere�porterebbe,�come�e�gia�accaduto,�alla�
declaratoria�di�nullita�dei�contratti�collettivi�per�contrasto�con�la�Costitu-
zione�ed�i�principi�fondamentali�che�essa�esprime�quali�ricostruiti�dalla�Corte�
Costituzionale.�

L'Avvocato�Generale�Aggiunto�Giuseppe�Stipo�.�


dottrinadottrina
Il�regime�d'invalidita�del�provvedimento�amministrativo�
nel�nuovo�sistema�delineato�dalla�legge�11�febbraio�
2005n.�15().�

di 
Giuseppe 
Stipo 
(*) 


SOMMARIO:�^Premessa:�1.�-Ildirittoamministrativo:�normesostanzialienormeprocedu-
rali;�2.�-L'attivita�amministrativa:�atti�iure�imperii�(atti�amministrativi)�e�atti�iure�gestionis;�

3.�-Ilprovvedimento�e�ilprocedimento;�4.�-Inesistenza,�invalidita�(nullita�eannullabilita�),�inef-
ficacia.�^Art.�21�septies�comma�1:�5.�-La�invalidita�delprovvedimentoprima�della�legge�
n.�15/05;�6.�-Mancanza�degli�elementi�essenziali;�6a.�-Ilsoggetto;�6b.�-La�causa�e�i�motivi;�
6c.�-L'oggetto�e�il�contenuto;�6d.�-Laforma,�il�silenzio;�6e.�-Considerazioni�conclusive;�
7.�-Difetto�di�attribuzione;�8.�-Violazione�edelusione�digiudicato;�9.�-Nullita�espressamente�
previstaperlegge;10.�-Giurisdizione.�^Art.�21�septiescomma�2:�11.�-Giudizioperl'adem-
pimento�del�giudicato;�il�commissario�ad�acta;�12.�-Diritti�soggettivi�e�interessi�legittimi�a�
seguitodelgiudicato;riflessisullagiurisdizione.^Art.�21�octies�comma�1:�13.�-L'annullabi-
lita�delprovvedimento;�14.�-L'incompetenza;�15.�-La�violazione�di�legge;�16.�-L'eccesso�di�
potere.�^Art.�21�octies�comma�2:�17.�-La�degradazione�della�illegittimita�formale�a�mera�
irregolarita�;�18.�-La�irregolarita�con�riferimento�agli�atti�vincolati�ed�agli�atti�discrezionali.�
Premessa�

1.�^Ildirittoamministrativo:�normesostanzialienormeprocedurali.�
Il�diritto�amministrativo�e�costituito�da�un�vasto�complesso�disorganico�
di�norme,�diffuso�in�una�serie�innumerevole�di�testi�che�si�occupano�di�mate-
rie�eterogenee,�spesso�non�risultanti�dal�titolo�della�legge.

��������
()�Conferenza�tenuta�presso�la�Scuola�Superiore�della�Pubblica�Amministrazione�in�data�21�settembre�
2005.�
(*)�Avvocato�generale�dello�Stato�Aggiunto.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dobbiamo�alla�dottrina�(da�Orlando,�Cammeo,�Romano�a�Vitta,�Zano-
bini)�la�creazione�di�un�metodo�sistematico�tendente�ad�enucleare�un�sistema�
razionale�di�concetti�generali�con�una�parte�generale�ed�altre�parti�speciali.�

Significativo�e�il�Corso�di�diritto�amministrativo�dello�Zanobini�suddiviso�
in�5�volumi:�

I�^Principi�Generali�(Fonti�Soggetti�^Oggetti�^Fatti�giuridici�^Atti�
Amministrativi�^Responsabilita�).�

II�^Giustizia�Amministrativa�(Ricorsi�amministrativi�^Giurisdizione�
ordinaria�^Giurisdizione�amministrativa�^Giurisdizioni�speciali).�

III�^Organizzazione�amministrativa�(Amministrazione�centrale�^
Amministrazione�locale�^Impiego�pubblico�^Concessione�di�pubblici�ser-
vizi).�

IV�^Beni�(Beni�demaniali�^Beni�patrimoniali�^Espropriazione�per�
pubblica�utilita�).�

V�^Azione�Amministrativa�(Ordine�pubblico�^Igiene�e�sanita�^Econo-
mia,�industria,�agricoltura,�credito,�assicurazione�^Beneficenza�e�assistenza).�

La�dottrina�ha�quindi�compiuto�dal�complesso�delle�leggi�amministra-
tive�una�trattazione�organica�delle�singole�materie.�

Abbiamo�cos|�una�ripartizione�in�norme�di�carattere�sostanziale�e�di�
carattere�processuale.�

Non�esistendo,�come�per�il�diritto�civile,�un�codice�civile�e�un�codice�di�
procedura�civile,�solo�di�recente�si�e�voluto�con�la�legge�21�luglio�2000�

n.�205�dettare�Disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa,�che�potrebbe�
rappresentare�il�codice�di�procedura�amministrativa.�
Per�quanto�riguarda�il�diritto�amministrativo�di�carattere�sostanziale�
una�prima�normativa�di�carattere�generale�si�e�avuta�con�la�legge�7�agosto�
1990�n.�241,�che�ha�inteso�dettare�Nuove�norme�sulprocedimento�amministra-
tivo,�cioe�solo�una�specifica�parte�della�attivita�amministrativa.�

In�mancanza�di�una�normativa�di�carattere�generale,�la�dottrina�e�la�giu-
risprudenza�hanno�fatto�ricorso�al�diritto�civile,�mutuando�numerosi�concetti�
di�teoria�generale�e�cos|�la�teoria�dell'atto�amministrativo�e�stata�elaborata�
sulla�base�della�teoria�degli�atti�e�negozi�giuridici�di�diritto�privato.�

2. 
^L'attivita�amministrativa:�atti�iure�imperii�(atti�amministrativi)�e�atti�iure�gestionis.�
Si�e�quindi�detto�che�l'atto�amministrativo�consiste�in�una�dichiarazione�
che�proviene�da�un�soggetto�nell'esercizio�di�una�funzione�pubblica�(ovvero�
di�una�potesta�pubblica�)�e�cio�per�distinguerlo�dall'atto�che,�pur�proveniente�
da�un�soggetto�investito�di�una�funzione�pubblica,�tuttavia�viene�emesso�nel-
l'esercizio�di�una�attivita�di�diritto�privato;�si�distinguono�cos|�gli�atti�iure�
imperii�e�gli�atti�iure�gestionis.�

Di�recente�la�Corte�Costituzionale�nella�sentenza�6�luglio�2004�n.�204,�
agli�effetti�della�giurisdizione,�ha�posto�in�evidenza�la�distinzione�tra�gli�atti�
e�i�provvedimenti�attraverso�i�quali�le�pubbliche�amministrazioni�(direttamente�
ovveroattraversosoggettiadesseequiparati)�svolgonolefunzionipubblicistiche�


DOTTRINA�255 


ei�comportamenti 
nei 
quali 
lapubblica 
amministrazione 
non 
esercita 
^nemmeno 
mediatamente, 
e 
cioe� 
avvalendosi 
dellafacolta� 
di 
adottare 
strumenti 
intrinseca-
menteprivatistici 
^alcunpubblicopotere 
(1).�

Quindi�solo�i�primi,�attraverso�i�quali�la 
pubblica 
amministrazione 
agisce 
esercitando 
il 
suo 
potere 
autoritativo,�vanno�qualificati�atti�amministrativi�e�
non�anche�gli�atti�attraverso�i�quali�si�avvale�dellafacolta� 
, 
riconosciutale 
dalla 
legge, 
di 
adottare 
strumenti 
negoziali 
in 
sostituzione 
del 
potere 
autoritativo(2).�

3. 
^Ilprovvedimento 
e 
ilprocedimento. 
La�categoria�piu�importante�degli�atti�amministrativi�e�costituita�dai�
provvedimenti.�

Nessuna�norma�di�legge�da�la�nozione�di�provvedimento,�ne�tanto�meno�
ne�esiste�una�disciplina�organica.�

Il�provvedimento�va�distinto�da�quegli�atti�amministrativi,�che,�pur�
espressione�di�una�funzione�pubblica,�tuttavia�non�creano,�modificano�o�
estinguono�un�rapporto�giuridico.�

Sono�pertanto�atti�amministrativi�ma�non�provvedimenti�gli�atti�certifi-
cativi,�ricognitivi,�gli�atti�endoprocedimentali�(quali�i�pareri,�proposte)�e�di�
controllo.�

Il�provvedimento�e�sempre�un�atto�unilaterale�e�si�distingue�dagli�
accordi�(3).�

Il�provvedimento�differisce�altres|�dal�contratto�di�diritto�pubblico,�giac-
che�nel�provvedimento�e�la�sola�volonta�dell'Amministrazione�che�costituisce�
la�fonte�delle�obbligazioni�delle�parti�(la�partecipazione�dell'amministrato�si�
ferma�nell'ambito�dello�stadio�di�formazione�del�procedimento),�mentre�nel�
contratto�di�diritto�pubblico�vi�e�un�incontro�delle�volonta�contrapposte�per�
regolare�materie�indisponibili�per�i�privati.�

Necessariamente�il�provvedimento�e�l'atto�conclusivo�di�un�procedi-
mento;�un�provvedimento�puo�considerarsi�perfetto�solo�quando�siano�state�
poste�in�essere�tutte�le�attivita�necessarie�per�la�sua�esistenza�e�validita�.�

Anche�per�il�procedimento�nessuna�disposizione�normativa�ne�da�la�
nozione,�pur�se�il�termine�e�stato�utilizzato�in�una�norma�di�carattere�gene-

(1)�Il�comma�1bis 
dell'art.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241,�aggiunto�dalla�legge�11�febbraio�
2005�n.�15,�espressamente�dice:���La�pubblica�amministrazione,�nell'�adozione�di�atti�di�
natura�non�autoritativa,�agisce�secondo�le�norme�di�diritto�privato�salvo�che�la�legge�
disponga�altrimenti�.�
(2)�Sono�state�riportate�in�corsivo�le�parole�della�sentenza�della�Corte�costituzionale.�
Con�detta�sentenza�6�luglio�2004�n.�204�la�Corte�costituzionale�ha�dichiarato�illegittimo�
l'art.�34,�comma�1,�del�decreto�legislativo�31�marzo�1998�n.�80�[come�sostituito�dall'art.�7,�
lettera�b),�della�legge�21�luglio�2000�n.�205],�nella�parte�in�cui�prevede�la�giurisdizione�esclu-
siva�del�giudice�amministrativo�nelle�controversie�aventi�ad�oggetto�(oltre�gli�atti�e�i�provve-
dimenti,�anche)�i�comportamenti�della�pubblica�amministrazione�in�materia�di�urbanistica�
ed�edilizia,�per�l'indebita�estensione�della�giurisdizione�esclusiva�a�controversie�nelle�quali�
la�P.A.�non�esercita�alcun�pubblico�potere.�
(3)�Cos|�gli�accordi�fra�pubbliche�amministrazioni;�gli�accordi�di�cui�all'art.�15�legge�
241/1990.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

rale�quale�la�legge�7�agosto�1990�n.�241,�il�cui�titolo�appunto�reca�Nuove�
norme�in�materia�di�procedimento�amministrativo,�modificate�ed�integrate�
recentemente�dalla�legge�11�febbraio�2005�n.�15�ed�ancora�dal�decreto�legge�
14�marzo�2005�n.�35�convertito�con�legge�14�maggio�2005�n.�80�(4).�

4. 
^Inesistenza,�invalidita�(nullita�e�annullabilita�),�inefficacia.�
Nella�ora�citata�legge�n.�15�e��stato�introdotto�il�Capo�IV�bis�^Efficacia�
edinvalidita�delprovvedimento�amministrativo.�

E�percio��da�sottolineare�come�il�legislatore�ha�inteso�regolare�il�provve-
dimento�e�non�l'atto�amministrativo�in�generale.�

Troviamo�quindi�per�la�prima�volta�codificato�il�termine�invalidita�,�nel�
cui�concetto�sono�stati�inclusi�gli�istituti�della�nullita�(5)�e�della�annullabi-
lita�(6).�

Al�riguardo�occorre�premettere�che�la�teoria�generale�suole�definire�gli�
atti�giuridici�come�quelle�azioni�provenienti�dai�soggetti,�distinguendoli�da�
quelle�provenienti�dalla�natura�ma�che�pure�hanno�rilevanza�per�il�diritto�
(come�ad�esempio�le�alluvioni).�Con�riguardo�agli�atti�giuridici�sono�stati�
creati�i�concetti�di�inesistenza,�invalidita��e�inefficacia,�che�non�hanno�trovato�
una�definizione�nella�legge.�

Il�codice�civile,�trattando�dei�contratti�(figura�piu��vicina�agli�atti�ammi-
nistrativi)�non�accenna�per�nulla�alla�figura�della�inesistenza,�e�cio��e��com-
prensibile,�perche�se�un�atto�e��inesistente�non�puo��produrre�alcun�effetto�nel�
campo�del�diritto.�Lo�stesso�codice�neanche�accenna�alla�invalidita��in�gene-
rale,�disciplinando�la�nullita��(7)�e�la�annullabilita��(8)�e�cos|��pure�tratta�i�sin-
goli�casi�di�inefficacia�(9).�

Tuttavia�per�capire�meglio�la�patologia�dell'atto�giuridico,�e�del�provve-
dimento�amministrativo�in�particolare,�non�puo��farsi�a�meno�di�precisare�i�
concetti�di�inesistenza,�invalidita��e�inefficacia.�

L'inesistenza�si�ha�quando�il�provvedimento�non�esiste,�praticamente�
non�c'e��che�una�vuota�apparenza,�non�e��identificabile�in�rerum�natura.�

Nell'invalidita��una�apparenza�del�provvedimento�esiste,�soltanto�che�
questo�nell'ipotesi�di�nullita��non�produce�effetti�giuridicamente�rilevanti�men-
tre�nell'ipotesi�di�annullabilita��produce�i�suoi�effetti�a�meno�che�non�venga�
impugnato.�

Si�ha�inefficacia�quando�il�provvedimento�e��valido,�ma�non�puo��spiegare�
i�suoi�effetti�per�una�circostanza�ad�esso�estranea.�Cos|��l'art.�1334�cod.�civ.�
dice�che��gli�atti�unilaterali�producono�effetto�dal�momento�in�cui�perven-
gono�a�conoscenza�della�persona�alla�quale�sono�destinati�,�principio�accolto�
nell'art.�21-bis�co.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241,�ove�e��detto�che��il�provvedi-

(4)�Potremmo�definire�il�procedimento�come�il�susseguirsi�degli�atti�necessari�per�giun-
gere�al�provvedimento�finale;�questi�atti�vengono�chiamati�atti�endoprocedimentali.�
(5)�art.�21septies.�
(6)�art.�21�octies.�
(7)�artt.�1418�e�segg.�
(8)�artt.�1425�e�segg.�
(9)�artt.�1447�e�segg.�

DOTTRINA�257 


mento�limitativo�della�sfera�giuridica�dei�privati�acquista�efficacia�nei�con-
fronti�di�ciascun�destinatario�con�la�comunicazione�allo�stesso�effettuata�.�
Pertanto�il�requisito�di�recettivita��non�attiene�alla�validita��del�provvedimento�
amministrativo,�ma�alla�sua�efficacia.�

Possiamo�pertanto�dire�che�la�nuova�riformulazione�dell'art.�21�legge�

n.�241/1990,�operata�dalla�recente�legge�n.�15/2005�abbia�accolto�tali�
concetti,�distinguendo�le�ipotesi�di�inesistenza,nullita��,�annullabilita��,�inefficacia.�
Art.�21-septies 
Nullita�del�provvedimento 


1.�E�nullo�il�provvedimento�amministrativo�che�manca�degli�elementi�
essenziali,�che�e�viziato�da�difetto�assoluto�di�attribuzione,�che�e�stato�adottato�
in�violazione�o�elusione�del�giudicato,�nonche�negli�altri�casi�espressamente�
previsti�dalla�legge.�
5.�^Lainvalidita�delprovvedimentoprimadellaleggen.�15/05.�
E�opportuno�fare�un�raffronto�con�il�diritto�civile,�dato�che�in�mancanza�
di�norme�espresse,�la�dottrina�e�la�giurisprudenza�sono�soliti�ricorrere�a�con-
cetti�e�nozioni�civilistiche�da�adattare�al�diritto�amministrativo.�

Prima�della�nuova�legge�n.�15/05,�quando�ancora�le�norme�di�diritto�
amministrativo�non�parlavano�di�nullita��in�senso�generale,�il�concetto�di�nul-
lita��del�provvedimento�amministrativo,�ancorche�figurante�in�dottrina�e�giuri-
sprudenza,�non�seguiva�peraltro�in�tutto�la�disciplina�dettata�dal�codice�
civile.�

Una�prima�e�basilare�differenza�nei�due�campi�e��costituita�dal�fatto�che�
in�diritto�civile�la�violazione�di�legge�e��un�vizio�che�porta�alla�nullita��dell'atto�
(privato),�in�diritto�amministrativo�la�violazione�di�legge�e��un�vizio�che�porta�
alla�annullabilita��dell'atto�(amministrativo),�come�ora�espressamente�detto�
dall'art.�21-opties�della�legge�n.�15.�

Cos|��mentre�per�il�diritto�civile�nel�caso�di�violazione�di�legge�la�nullita��e��
la�regola�(10),�per�il�diritto�amministrativo�la�regola�e��la�annullabilita��;�finora�
per�gli�amministrativisti�la�nullita��si�riscontrava�quando�veniva�comminata�
da�una�espressa�norma�di�legge�e�il�piu��delle�volte�veniva�equiparata�alla�ine-
sistenza.�

Si�diceva�pertanto�che�carattere�del�provvedimento�amministrativo�era�
la�idoneita��a�diventare�incontestabile�una�volta�trascorsi�i�termini�di�impu-
gnabilita�.�

Infatti�il�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di�Stato�(11)�aveva�attri-
buito�a�detto�organo�di�giustizia�amministrativa�la�decisione�sui�ricorsi�per�
incompetenza,�eccesso�di�potere�e�violazione�di�legge�contro�atti�e�provvedi-
menti�amministrativi(12),�ricorsi�da�presentarsi�entro�sessanta�giorni�dalla�

(10)�Art.1418co.1cod.civ.:�Ilcontrattoe��nulloquandoe��contrarioanormeimperative,�
salvo�che�la�legge�disponga�diversamente�.�
(11)�R.D.�26�giugno�1924�n.�1054.�
(12)�art.�26�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

notificazione�o�piena�conoscenza�dell'atto�che�si�voleva�impugnare(13);�il�
Consiglio�di�Stato�in�caso�di�accoglimento�del�ricorso�per�motivi�di�incompe-
tenza�annulla�l'atto�e�rimette�l'affare�all'autorita��competente,�se�lo�accoglie�
per�altri�motivi�annulla�l'atto�impugnato�salvo�gli�ulteriori�provvedimenti�
dell'autorita��amministrativa(14).�

Con�l'istituzione�del�doppio�grado�di�giudizio,�nella�legge�6�dicembre�
1971�n.�1034�sui�Tribunali�amministrativi�regionali,�sostanzialmente�si�ripe-
tono�le�precedenti�disposizioni;�in�particolare�l'art.�26�dice:�

�Il�tribunale�amministrativo�regionale�...�se�accoglie�il�ricorso�per�motivi�
di�incompetenza,�annulla�l'atto�e�rimette�l'affare�all'autorita��competente.�Se�
accoglie�per�altri�motivi�annulla�in�tutto�o�in�parte�l'atto�impugnato,�e�
quando�e��investito�di�giurisdizione�di�merito,�puo��anche�riformare�l'atto�o�
sostituirlo,�salvi�gli�ulteriori�provvedimenti�dell'autorita��amministrativa�.�

Pertanto�avverso�i�provvedimenti�amministrativi�e��previsto�il�ricorso�al�
TAR�per�incompetenza,�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�il�giudice,�se�
accoglie�il�ricorso�emette�una�sentenza�di�annullamento.�

In�altri�termini�il�provvedimento�mantiene�la�sua�efficacia�fino�a�quando�
non�sia�intervenuta�una�sentenza�di�annullamento,�cioe��una�sentenza�di�
natura�costitutiva,�per�distinguerla�da�quella�dichiarativa�e�da�quella�di�con-
danna�(15).�

Il�provvedimento�viziato�e��quindi�annullabile�attraverso�ricorso�al�giu-
dice�amministrativo�da�proporsi�entro�un�termine�di�decadenza.�

Il�concetto�di�nullita��,�come�detto,�non�era�definito�nelle�varie�leggi�di�
diritto�amministrativo,�alcune�delle�quali�si�limitavano�a�sancire�la�nullita��di�
particolari�provvedimenti(16).�

Come�detto,�si�deve�alla�dottrina�e�alla�giurisprudenza�l'aver�creato�la�
nullita��come�istituto�di�carattere�generale�in�diritto�amministrativo.�

Per�quanto�riguarda�la�giurisprudenza,�in�sintesi,�le�decisioni�intervenute�
possono�riassumersi�come�segue:�

mentre�nel�vigore�del�codice�civile�del�1865�le�ambiguita��terminologiche�
relative�ai�concetti�di�nullita��e�di�annullabilita��rendevano�indistinti�i�confini�
tra�i�due�istituti,�anche�in�relazione�alla�patologia�del�provvedimento�ammini-
strativo,�era�prevalente�la�tesi�per�cui�gli�atti�adottati�dagli�organi�pubblici,�
benche�illegittimi,�sono�sempre�efficaci:�nel�caso�di�illegalita��,�cioe��di�contrasto�
con�una�norma�giuridica,�l'atto�deve�comunque�trovare�applicazione�fino�al�
suo�annullamento,�ad�opera�della�stessa�Amministrazione�o�di�un�giudice;�si�
riteneva�insomma�che�la�sola�sanzione�dell'invalidita��accolta�dal�nostro�
sistema�amministrativo�fosse�l'annullabilita��.�Dopo�che,�con�l'entrata�in�vigore�
del�codice�civile�del�1942,�alcune�disposizioni�di�legge�hanno�comminato�la�
nullita��di�alcune�categorie�di�atti�amministrativi,�si�comincio��a�parlare,�anche�

(13)�art.�36.�
(14)�art.�45.�
(15)�V.�nota�29.�
(16)�v.�appresso�al�paragrafo�9.�

DOTTRINA�259 


con�riferimento�all'atto�amministrativo,�di�nullita�in�senso�tecnico,�come�vizio�
insanabile�che�comporta�l'inefficacia�assoluta�dell'atto�(peraltro�esistente)�lad-
dove�alcune�leggi�ne�comminano�espressamente�la�nullita�se�assunti�in�viola-
zione�di�determinate�norme.�Si�e�poi�consolidata�nel�tempo�l'interpretazione�
secondo�cui,�al�di�la�dell'atto�amministrativo�annullabile,�si�possono�ravvisare�
fattispecie�abnormi�in�cui�manchino�requisiti�essenziali,�per�le�quali�puo�par-
larsi�di�inesistenza�dell'atto�(l'atto�non�e�neanche�imputabile�alla�Pubblica�
Amministrazione);�si�e�tuttavia�ricondotto�il�concetto�di�nullita�nel�diritto�pub-
blico�all'inesistenza.�La�questione�ha�presentato�particolare�rilevanza�con�rife-
rimento�alla�norma�dello�statuto�degli�impiegati�civili�dello�Stato�(17),�ove�e�
detto�che�l'assunzione�senza�concorso�e�nulla�di�diritto�e�non�produce�effetto.�
A�tal�proposito�l'Adunanza�Plenaria�del�Consiglio�di�Stato�si�e�pronunziata�
nel�1992,�affermando�che�quando�la�legge�sancisce�la�nullita�degli�atti�di�assun-
zione�non�preceduti�dal�concorso,�la�nullita�va�intesa�in�senso�tecnico,�inte-
grale�e�assoluta,�imprescrittibile�ed�insanabile:�l'atto�non�produce�alcun�effetto�
e�non�costituisce�il�rapporto�di�pubblico�impiego.�Se�vi�e�un�divieto�ex 
lege 
san-
zionato�con�la�nullita�di�diritto,�il�giudice�non�puo�accertare�alcun�rapporto,�
che�non�e�mai�nato,�ne�puo�nascere.�E�stato�poi�precisato�che�si�ha�nullita�asso-
luta�ed�insanabile�di�un�provvedimento�amministrativo�allorquando�esso�man-
chi�totalmente�di�taluno�degli�elementi�essenziali�destinati�ex 
lege 
a�costituirlo,�
nelle�ipotesi�in�cui�espressamente�sia�qualificato�tale�dalla�legge,�ovvero�sia�
stato�emanato�in�contrasto�con�le�statuizioni�contenute�in�una�pronunzia�giu-

risdizionale�passata�in�giudicato,�oppure�in�caso�di�radicale�carenza�di�potere�
della�Amministrazione�emanante,�che�abbia�invaso�la�sfera�di�pertinenza�di�
altra�Autorita�,�o�comunque�inciso�in�materia�del�tutto�estranea�alla�branca�di�
Amministrazione�di�appartenenza�ovvero�ancora�sia�emanato�da�un�ente�terri-
toriale�ed�abbia�efficacia�eccedente�l'ambito�territoriale�di�tale�Ente(18).�

La�norma�in�argomento�si�e�ispirata�al�su�esposto�orientamento�giuri-
sprudenziale.�

Non�sembra�tuttavia�che,�definita�ora�per�legge�la�nullita�del�provvedi-
mento�amministrativo,�possano�piu�accomunarsi�le�ipotesi�di�inesistenza�e�
nullita�,�come�era�dato�riscontrare�finora�in�alcune�decisioni�e�in�parte�della�
dottrina.�

Di�inesistenza�si�parlava�peraltro�in�senso�puramente�giuridico�come�ini-
doneita�dell'atto�a�spiegare�gli�effetti�che�gli�sono�propri,�senza�considerare�
che�l'inesistenza�e�un�fatto�non�giuridico,�ma�materiale.�L'atto�nullo�e�una�
realta�non�solo�di�fatto,�in�quanto�presenta�sempre�qualche�carattere�este-
riore�dell'atto�amministrativo:�un�provvedimento�nullo�e�stato�comunque�
emesso,�potra�essere�stato�eseguito�nonostante�il�suo�vizio�di�nullita�ed�e�
altres|�possibile�che�ad�esso�hanno�fatto�seguito�atti�consequenziali�che�lo�
avevano�preso�a�loro�presupposto.�

Passiamooraadanalizzareisingolicasidinullita�indicatidall'art.�21-septies.�

(17)�art.�3�co.�6�Testo�Unico�7�gennaio�1957�n.�3.�
(18)�Cons.�St.�Ad.�Pl.�29�febbraio�1992�nn.�1�e�2;�IV,�30�novembre�1992�n.�990�;�IV,�
9�ottobre�1991�n.�805�;�IV,�29�gennaio�1993�n.�118;�IV,28�dicembre�1994�n.�1091�;V,�8�giugno�
1994�n.�628;�V,�13�febbraio�1998�n.�166.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

6. 
^Mancanza 
degli 
elementi 
essenziali. 
Mentre�il�codice�civile�a�proposito�del�contratto�ne�indica�espressamente�
i�requisiti�all'art.�1325,�e�conseguentemente�all'art.�1418�co.�2�dice�che�produ-
cono�nullita��del�contratto�la�mancanza�di�uno�dei�requisiti�indicati�dal-
l'art.�1325,�l'art.�21-septies 
dice�che�e��nullo�il�provvedimento�che�manca�degli�
elementi�essenziali,�ma�non�rimanda�ad�una�disposizione�che�indica�quali�
siano�gli�elementi�essenziali,�disposizione�che�peraltro�non�esiste.�

Nella�giurisprudenza�del�Consiglio�di�Stato�troviamo�alcune�decisioni�in�
cui�si�dice�che�si�ha�nullita��assoluta�ed�insanabile�di�un�provvedimento�ammi-
nistrativo�solo�quando�esso�manchi�totalmente�di�taluno�degli�elementi�essen-
ziali�destinati�ex 
lege 
a�costituirlo�(19).�

Poiche�il�provvedimento�amministrativo�si�avvicina�alla�nozione�civili-
stica�del�contratto�(in�quanto�la�funzione�e��di�creare,�modificare�o�estinguere�
rapporti�giuridici;�con�la�differenza�che�il�provvedimento�e��atto�unilaterale),�
in�mancanza�di�norme�di�diritto�amministrativo,�si�e��soliti�fare�ricorso�ai�
principi,�in�quanto�compatibili,�disciplinati�dal�diritto�civile.�

Seguendo�una�siffatta�impostazione�vediamo�di�conciliare�con�il�provve-
dimento�amministrativo�i�principi�che�il�codice�civile�ha�dettato�per�il�con-
tratto.�

L'art.�1325�cod.�civ.�dice�che�i�requisiti�del�contratto�sono:�1)�l'accordo�
delle�parti;�2)�la�causa;�3)�l'oggetto;�4)�la�forma�quando�e��prescritta�dalla�
legge�sotto�pena�di�nullita��.�

6a. 
^Il 
soggetto. 


Con�riguardo�al�primo�requisito�(accordo�delle�parti)�si�e��visto�come�
questo�e��incompatibile�con�il�provvedimento�amministrativo,�che�e��essenzial-
mente�atto�unilaterale;�comunque�lo�stesso�codice�civile�con�l'art.�1324(20)�
estende�agli�atti�unilaterali�le�norme�che�regolano�i�contratti,�in�quanto�com-
patibili.�

Visto�che�l'accordo�presuppone�l'intervento�di�due�manifestazioni�di�
volonta��,�nel�provvedimento�amministrativo,�alla�stregua�degli�atti�unilaterali,�
la�manifestazione�di�volonta��proviene�da�un�solo�soggetto.�

Percio��l'accordo�delle�parti,�previsto�per�il�contratto,�puo��essere�sosti-
tuito,�per�quanto�riguarda�il�provvedimento�amministrativo,�dalla�manifesta-
zione�unilaterale�di�volonta��,�che�deve�provenire�da�un�soggetto�investito�di�
una�pubblica�funzione.�

E�infatti�si�e��soliti�includere�il�soggetto�tra�i�requisiti�di�validita��del�prov-
vedimento�amministrativo,�precisando�che�deve�trattarsi�di�un�organo�della�
pubblica�amministrazione.�

Pertanto�e��nullo�il�provvedimento�reso�da�soggetto�non�investito�di�pub-
blici�poteri.�

(19)�cit.,�Cons.�St.,�V,�13�febbraio�1998�n.�166;�IV,�14�dicembre�1979�n.�1158;�IV,�29�gen-
naio�1993�n.�118.�
(20)�Art.�1324�cod.�civ.�:��Salvo�diverse�disposizioni�di�legge,�le�norme�che�regolano�i�con-
tratti�si�osservano,�in�quanto�compatibili,�per�gli�atti�unilaterali�tra�vivi�aventi�contenuto�
patrimoniale�.�

DOTTRINA�261 


6b. 
^La 
causa 
e 
i 
motivi. 


Il�secondo�requisito�essenziale�e�la�causa.�

La�causa�di�un�atto�giuridico�consiste�nella�funzione�dell'atto�stesso�e�
propriamente�nell'ultimo�scopo�obiettivo�che�si�intende�raggiungere�e�cheil�
diritto�riconosce�rilevante�ai�suoi�fini�e�tutela�.�

Quindi�la�funzione�(o�causa)�e�lo�scopo�ultimo�che�il�provvedimento�e�
destinato�a�realizzare.�

Normalmente�tale�funzione�e�insita�in�una�norma�giuridica,�per�cui�il�
provvedimento�e�previsto�e�regolato�in�una�legge,�cio�che�ha�fatto�dire�che�
carattere�del�provvedimento�e�la�tipicita�e�nominativita�:�in�tanto�si�puo�emet-
tere�un�provvedimento�in�quanto�una�norma�giuridica�lo�consente.�

Nei�provvedimenti�amministrativi�la�causa�e�quindi�sempre�predetermi-
nata�dall'ordinamento�giuridico.�Cio�peraltro,�secondo�alcuni,�non�significa�
che�debba�essere�riconosciuto�il�carattere�della�nominativita�,�non�potendosi�
escludere�a�priori�altre�figure�di�provvedimenti�non�inquadrabili�in�una�tipo-
logia�ben�definita.�

Un�provvedimento�tipico�(cioe�previsto�dalla�legge)�non�potra�avere�mai�
una�causa�illecita,�semmai�potra�riscontrarsi�una�illiceita�nei�motivi,�cioe�nello�
scopo�remoto�del�provvedimento,�il�che�lo�condurra�sotto�il�regime�della�
annullabilita�per�vizio�di�eccesso�di�potere,�nel�senso�che�attraverso�il�provve-
dimento�si�e�voluto�conseguire�uno�scopo�non�conforme�al�pubblico�interesse.�

Non�sembra�quindi�potersi�ipotizzare�un�provvedimento�privo�di�causa,�
cioe�un�provvedimento�privo�di�scopo,�il�che�sarebbe�a�dire�inesistente�(non�
inquadrabile�in�nessuna�fattispecie)�e�quindi�da�non�prendere�in�considera-
zione�ne�di�fatto�ne�di�diritto.�

Ipotizzare�un�provvedimento�mancante�di�causa�e�quanto�mai�arduo,�
come�lo�stesso�e�a�dirsi�per�il�contratto,�tanto�e�vero�che�il�co.�2�dell'art.�1418�
c.c.,�equiparando�alla�mancanza�di�causa�la�sua�illiceita�,�sancisce�la�nullita�
per�illiceita�della�causa�(la�causa�e�illecita�quando�e�contraria�a�norme�impe-
rative,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume�^art.�1343�c.c.;�la�causa�e�
altres|�illecita�nel�caso�del�contratto�in�frode�alla�legge,�quando�cioe�costitui-
sce�il�mezzo�per�eludere�l'applicazione�di�una�norma�imperativa).�

L'art.�21-septies 
co.�1�sancisce�la�nullita�per�la�mancanza�di�un�elemento�
essenziale,�ma�non�ripete�quanto�previsto�in�diritto�civile,�ove�e�sancita�la�nul-
lita�per�illiceita�della�causa�o�nel�caso�di�provvedimento�in�frode�alla�legge.�

In�tali�ipotesi�il�provvedimento�sara�viziato�per�violazione�di�legge�o�
eccesso�di�potere�e�quindi�annullabile.�

Pertanto�la�causa�e�sempre�un�elemento�essenziale�del�provvedimento,�
ma�la�sua�mancanza�configurando�la�inesistenza�per�non�essere�individuabile�
nessun�provvedimento�(non�esiste�un�atto�senza�scopo),�non�ha�rilievo�ai�
sensi�dell'art.�21-septies.�

Se�la�causa�e�la�funzione�(lo�scopo�ultimo)�del�provvedimento,�uguale�
per�tutti�i�provvedimenti�di�quella�specie,�il�motivo�e�lo�scopo�remoto�del�
provvedimento,�che�puo�variare�da�provvedimento�a�provvedimento�della�
stessa�specie.�Ad�esempio�se�nel�provvedimento�di�concessione�la�causa�con-
siste�sempre�nel�far�sorgere�in�capo�ad�un�soggetto�un�nuovo�diritto�o�un�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nuovo�potere,�i�motivi�possono�essere�diversi:�opportunita�di�istituire�un�
nuovo�servizio�pubblico�di�trasporto�o�di�rendere�piu�efficiente�quello�esistente�

o�di�attuare�una�migliore�utilizzazione�di�un�bene�demaniale�(es.�spiaggia).�
Mentre�in�diritto�privato�i�motivi�sono�irrilevanti�(tranne�il�caso�di�illi-
ceita�(21))�nel�provvedimento�amministrativo�sono�invece�rilevanti,�perche�lo�
scopo�tipico�(causa)�o�concreto�(motivo)�debbono�essere�sempre�in�linea�con�
il�pubblico�interesse.�

Da�qui�l'importanza�che�la�motivazione�assume�nel�provvedimento�
amministrativo,�tanto�e�vero�che�cio�e�stato�codificato�con�la�legge�241/1990�
all'art.�3,�che�ha�stabilito�l'obbligo�di�motivazione�in�ogni�provvedimento,�
salvo�che�per�gli�atti�normativi�e�per�quelli�a�contenuto�generale.�

Si�e�posto�quindi�il�problema�di�stabilire�se�la�motivazione�sia�uno�di�
quegli�elementi�essenziali,�la�cui�mancanza�ne�comporta�la�nullita�ai�sensi�
dell'art.�21-septies.�

La�soluzione�negativa�e�avvalorata�dal�fatto�che�la�stessa�legge�quando�
ha�inteso�ritenere�la�nullita�lo�ha�detto�(v.�art.�11�co.�2�legge�n.�241/1990:�
�gli�accordi�di�cui�al�presente�articolo�debbono�essere�stipulati,�a�pena�di�nul-
lita�,�per�atto�scritto�).�

Inoltre�l'art.�21-octies 
espressamente�qualifica�annullabile�il�provvedi-
mento�adottato�in�violazione�delle�norme�sul�procedimento�(e�in�tali�norme�
^art.�3�(22)�^troviamo,�come�visto,�l'obbligo�della�motivazione),�vietandone�
peraltro�l'annullamento�qualora�sia�palese�che�il�contenuto�dispositivo�non�
avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�adottato.�

Da�cio�si�ricava�che�un�provvedimento�privo�di�motivazione�e�da�consi-
derarsi�in�violazione�di�legge,�mentre�se�la�motivazione�non�e�congrua�il�
provvedimento�e�da�considerarsi�viziato�per�eccesso�di�potere.�

6c. 
^L'oggetto 
e 
il 
contenuto. 


La�dottrina�tra�gli�elementi�essenziali�del�provvedimento�amministrativo�
include�l'oggetto�e�il�contenuto.�

Oggetto�del�provvedimento�dovrebbe�essere�la�persona�o�il�bene�su�cui�il�
provvedimento�va�ad�incidere,�in�capo�ad�essi�creando,�modificando�o�estin-
guendo�un�rapporto�giuridico.�

Pertanto�oggetto�di�un�provvedimento�di�nomina�e�la�persona�nei�cui�
confronti�avviene�l'investitura,�oggetto�del�provvedimento�di�destinazione�
urbanistica�e�il�bene�sul�quale�il�vincolo�viene�imposto.�

(21)�art.�1345�cod.�civ.��Motivo 
illecito 
^Il�contratto�e�illecito�quando�le�parti�si�sono�
determinate�a�concluderlo�esclusivamente�per�un�motivo�illecito�comune�ad�entrambe�.�
(22)�Art.3legge7agosto1990n.241:�Motivazionedelprovvedimento 
^1.�Ogni�provvedi-
mento�amministrativo,�compresi�quelli�concernenti�l'organizzazione�amministrativa,�lo�svolgi-
mento�deipubbliciconcorsi�edilpersonale,�deve�esseremotivato,�salvochenelle�ipotesipreviste�
dal�comma�2.�La�motivazione�deve�indicare�i�presupposti�di�fatto�e�le�ragioni�giuridiche�che�
hanno�determinato�la�decisione�dell'�amministrazione,�in�relazione�alle�risultanze�dell'�istrutto-
ria.�2.�La�motivazione�non�e�richiesta�per�gli�atti�normativi�e�per�quelli�a�contenuto�generale�.�

DOTTRINA�263 


Un�provvedimento�mancante�di�oggetto�e�stato�ipotizzato�nell'espropria-
zione�di�un�bene�demaniale,�in�quanto�non�puo�essere�oggetto�di�trasferi-
mento�(23),�ovvero�di�un'area�definitivamente�sommersa�dalle�acque�ovvero�
ancora�situata�all'estero.�

In�applicazione�della�recente�normativa�sono�stati�ritenuti�nulli�per�
carenza�di�oggetto,�gli�atti�di�occupazione�incidenti�su�area�gia�acquisita�per�
accessione�invertita,�con�conseguente�giurisdizione�del�giudice�ordinario�
anche�per�quanto�concerne�gli�eventuali�correlativi�riflessi�risarcitori(24).�

Orbene�se,�come�si�e�detto,�nel�provvedimento�amministrativo�l'oggetto�
e�costituito�dal�soggetto�o�dal�bene�cui�il�provvedimento�si�rivolge,�il�conte-
nuto�si�identifica�con�cio�che�nel�negozio�giuridico�privato�e�considerato�l'og-
getto,�cioe�la�materia�che�si�intende�regolare.�

Sia�per�l'oggetto�che�per�il�contenuto�si�recepisce�cos|�la�disposizione�
dell'art.�1418�co.�2�cod.�civ.�che�sancisce�con�la�nullita�la�mancanza�nell'og-
getto�di�uno�dei�requisiti�di�cui�all'art.�1346�stesso�codice,�cioe�possibilita�,�
determinatezza�o�determinabilita�,�per�cui,�ad�esempio,�e�da�considerarsi�nullo�
il�provvedimento�che�prescrive�azioni�impossibili.�

L'art.�1346�cod.�civ.�sanziona�la�nullita�anche�per�la�illiceita�dell'oggetto,�
cioe�contrario�alla�legge,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume;�ma�con�
riguardo�al�provvedimento�amministrativo�in�questi�casi,�come�piu�volte�
detto,�si�ricade�nei�vizi�di�violazione�di�legge�o�eccesso�di�potere,�sanzionati�
con�l'annullabilita�.�

Il�contenuto�del�provvedimento�consta�di�una�parte�espositiva�(intesta-
zione,�preambolo,�motivazione,�menzione�di�atti�endoprocedimentali,�indica-
zione�della�data�e�luogo�in�cui�viene�emesso)�e�di�una�parte�precettiva�o�
dispositiva�(es.�autorizzazione,�nomina,�requisizione,�espropriazione).�

Orbene,�se�un�provvedimento�manca�della�parte�precettiva�si�ha�inesi-
stenza,�in�quanto�non�si�riesce�a�capire�cosa�abbia�voluto�imporre�e�non�e�
quindi�idoneo�a�produrre�effetti�neanche�di�puro�fatto.�

Se�invece�il�provvedimento�manca�nella�parte�espositiva�si�ha�un�vizio�di�
legittimita�a�meno�che�non�trattasi�di�una�mera�irregolarita�.�

(23)�Art.�823�co.�1�cod.�civ.:��I�beni�che�fanno�parte�del�demanio�pubblico�sono�inaliena-
bili�e�non�possono�formare�oggetto�di�diritti�a�favore�di�terzi,�se�non�nei�modi�e�nei�limiti�sta-
biliti�dalle�leggi�che�li�riguardano�.�
(24)�TAR�Lombardia,�Milano,�sez..�II,�22�aprile�2005�n.�855:��Gli�atti�emessi�a�seguito�
dell'irreversibile�trasformazione�del�fondo�ed�oltre�il�termine�di�validita�del�decreto�di�occu-
pazione�d'urgenza�^intesi�a�riapprovare�ex�novo�un�progetto�gia�realizzato�ovvero�a�disporre�
ex�novo�una�occupazione�per�una�finalita�gia�esaurita�^sonodaconsiderare�non�gia�annulla-
bili,�ma�nulli�per�carenza�di�oggetto,�siccome�incidenti�su�area�gia�acquisita�alla�mano�pub-
blica�per�accessione�invertita;�e�di�tale�nullita�^anche�per�quanto�concerne�gli�eventuali�cor-
relativi�riflessi�risarcitori�derivanti�dalla�violazione�delle�garanzie�di�partecipazione�procedi-
mentale�^e�chiamato�a�conoscere�il�giudice�civile�(cfr.�art.�21-septies�legge�n.�241/1990,�
introdotto�dall'art.�14�legge�11�febbraio�2005�n.�15,�che�devolve�alla�giurisdizione�esclusiva�
del�giudice�amministrativo�le�sole�questioni�inerenti�alla�nullita�dei�provvedimenti�ammini-
strativi�in�violazione�od�elusione�del�giudicato�).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Elemento�essenziale�del�provvedimento�e�poi�la�sottoscrizione�dell'or-
gano�rappresentante�l'autorita�(anche�su�delega)�che�emana�il�provvedimento:�
un�provvedimento�senza�firma�e�quindi�nullo�(25).�

6d. 
^Laforma, 
ilsilenzio. 


Mentre�l'art.�1325�cod.�civ.�considera�la�forma�elemento�essenziale�solo�
quando�e�prescritta�dalla�legge�a�pena�di�nullita�,�dottrina�e�giurisprudenza�
sono�concordi�nell'ammettere�che,�anche�in�mancanza�di�una�norma�espressa�
di�carattere�generale,�il�provvedimento�amministrativo�deve�avere�necessaria-
mente�la�forma�scritta.�

Ove�previsto�dalla�legge,�il�silenzio�dell'Amministrazione�equivale�a�
provvedimento.�Cos|�,�modificando�l'art.�20�legge�7�agosto�1990�n.�241,�
l'art.�3�co.�6-ter 
DL�14�marzo�2005�n.�35�conv.�con�modifiche�in�legge�
14�maggio�2005�n.�80�dice:��il�silenzio�dell'Amministrazione�competente�
equivale�a�provvedimento�di�accoglimento�della�domanda�.�

Anche�nelle�ipotesi�di�silenzio�^rigetto�(da�distinguersi�dal�silenzio�ina-
dempimento�o�rifiuto,�che�si�sostanzia�in�una�inerzia�della�amministrazione�
e�quindi�nella�volonta�di�non�emettere�il�provvedimento)�sussiste�pur�sempre,�
dunque,�una�manifestazione�di�volonta�della�P.A.�(26).�

Tuttavia�nei�casi�di�silenzio,�trattandosi�di�atti�immateriali,�non�e�ipotiz-
zabile�una�formalita�essenziale,�la�cui�mancanza�porta�alla�nullita�.�

Nel�concetto�di�forma�si�suole�fare�rientrare�anche�le�condizioni�di�
tempo�e�di�luogo�nonche�le�modalita�prescritte�per�il�compimento�del�provve-
dimento.�

6e. 
^Considerazioni 
conclusive. 


Quindi�gli�elementi�essenziali�del�provvedimento,�per�la�cui�mancanza�
l'art.�21-septies 
commina�la�nullita�sono,�in�pratica,�il�soggetto,�l'oggetto�e�la�
forma.�

Non�e�in�linea�con�l'art.�21-septies 
quell'orientamento,�secondo�cui,�ove�
fanno�difetto�detti�requisiti�non�si�e�in�presenza�di�un�atto�ancorche�invalida-

(25)�Malgrado�l'impossibilita�di�individuarne�l'autore,�non�si�ritiene�invalido�l'�atto�
amministrativo�recante�firma�illeggibile,�quando�da�esso�emergano�elementi�che�consentono�
di�identificare�inequivocabilmente�l'�autorita�che�lo�ha�emanato.�E�ammessa�peraltro�la�
prova�della�non�autenticita�della�sottoscrizione�o�della�carenza�nel�sottoscrittore�della�qua-
lita�di�organo�amministrativo,�il�cui�onere�grava�sul�deducente�(Cass.�24�marzo�2001�
n.�4310).�
(26)�Sono�considerate�ipotesi�di�silenzio:�a)�il�silenzio�assenso�qualora�la�legge�attribuisce�
all'inerzia�dell'�Amministrazione�efficacia�di�accoglimento�di�un'istanza;�b)�silenzio�rigetto�
qualora�la�legge�attribuisce�all'�inerzia�dell'Amministrazione�efficacia�di�rigettodiun'istanza�
o�di�un�ricorso�amministrativo;�c)�silenzio�rifiuto�(detto�anche�silenzio�inadempimento)�qua-
lora�sussiste�un�obbligo�giuridico�di�provvedere�e�la�legge�non�attribuisce�alcun�valore�all'�
inerzia.�Solo�nelle�prime�due�ipotesi�il�silenzio�ha�valore�tipico�di�provvedimento;�nella�terza�
ipotesi�e�consentito�il�ricorso�avverso�il�silenzio�ai�sensi�dell'art.�21�bis 
della�legge�sui�TAR�
(legge�6�dicembre�1971�n.�1034)�e�dell'art.�2�co.�5�legge�7�agosto�1990�n.�241�nel�testo�sosti-
tuito�dalla�legge�14�maggio�2005�n.�80;�il�precedente�co.�2�prescrive�che��Ove�il�procedi-
mento�consegua�obbligatoriamente�ad�una�istanza,�ovvero�debba�essere�iniziato�d'�ufficio,�
la�pubblica�amministrazione�ha�il�dovere�di�concluderlo�mediante�l'�adozione�di�un�provvedi-
mento�espresso�.�

DOTTRINA�265 


mente�concluso,�ma�ad�un�comportamento�di�fatto�privo�di�rilievi�sul�piano�
giuridico,�per�cui�la�mancanza�di�un�elemento�essenziale�comporterebbe�la�
nullita�di�pieno�diritto�e�quindi�l'inesistenza�dell'atto�amministrativo.�In�altri�
termini,�come�gia�detto,�si�accomunavano�i�concetti�di�nullita�assoluta�e�di�
inesistenza:�quando�mancano�i�requisiti�essenziali�del�provvedimento�si�ravvi-
sava�la�presenza�di�una�difformita�dalla�previsione�normativa�talmente�grave�
da�rendere�la�fattispecie�non�riconoscibile�come�provvedimento.�

Il�legislatore�ha�invece�accolto�quell'orientamento,�che�individua�le�ipo-
tesi�di�inesistenza�solo�nei�casi�in�cui�la�mancanza�di�un�elemento�essenziale�
sia�di�gravita�tale�da�fare�venir�meno�la�riconoscibilita�esteriore�dell'atto�
come�provvedimento�amministrativo,�in�quanto�mancherebbe�la�c.d.�appa-
renza�di�provvedimento.�

Come�prima�detto,�la�mancanza�di�causa,�cioe�dello�scopo�che�si�vuole�
raggiungere,�non�vale�a�configurare�non�solo�un�provvedimento,�ma�neanche�
evidenzia�un�qualsiasi�atto�giuridico.�Cos|�pure�se�manca�il�contenuto�si�e�in�
presenza�di�un'ipotesi�di�inesistenza�

Ecco�perche�il�codice�civile,�al�di�la�della�mancanza,�estende�la�nullita�
alla�causa�e�all'oggetto�(contenuto)�illeciti,�cioe�quando�sono�contrari�a�
norme�imperative,�all'ordine�pubblico�o�al�buon�costume�ovvero�nel�caso�di�
contratto�concluso�in�frode�alla�legge�ovvero�ancora�per�un�motivo�illecito�
comune�alle�parti.�

Ma�altrettanto�non�puo�dirsi�per�il�provvedimento�amministrativo,�in�
quanto�per�l'art.�21-octies 
la�violazione�di�legge�o�il�fine�contrario�alle�regole�
di�retta�amministrazione�(eccesso�di�potere)�rappresentano�un�vizio�sanzio-
nato�con�l'annullabilita�e�non�con�la�nullita�.�

Non�e�elemento�essenziale�dell'atto�amministrativo�il�procedimento,�
come�peraltro�si�ricava�dall'art.�21-octies,�che�riconduce�al�vizio�di�annullabi-
lita�la�violazione�delle�norme�sul�procedimento,�per�cui�l'assenza�di�un�proce-
dimento�non�comporta�la�nullita�del�provvedimento.�

7. 
^Difetto 
di 
attribuzione. 
Abbiamo�visto�come,�a�pena�di�nullita�il�provvedimento�deve�promanare�
da�un�soggetto�investito�di�una�funzione�pubblica�e�quindi�il�soggetto�rappre-
senta�uno�degli�elementi�essenziali�del�provvedimento.�

Il�soggetto�di�diritto�amministrativo�inoltre�deve�avere�competenza�ad�
emettere�il�provvedimento;�il�provvedimento�formato�da�organo�incompe-
tente�e�affetto�da�invalidita�.�

Si�ha�quindi�il�vizio�di�incompetenza�nel�caso�della�adozione�del�provve-
dimento�da�parte�di�un�soggetto�o�organo�diverso�da�quello�indicato�dalla�
legge.�

Si�distingue:�

a)�una�incompetenza�relativa�quando�il�provvedimento�venga�emesso�da�
organo�diverso�da�quello�indicato�dalla�legge,�ma�pur�sempre�nell'ambito�
della�stessa�amministrazione�e�nell'esercizio�di�un�medesimo�ordine�di�potere;�

b)�una�incompetenza�assoluta�quando�il�provvedimento�viene�emesso�in�
carenza�di�potere,�perche�questo�e�attribuito�dalla�legge�a�soggetto�facente�
parte�di�altro�potere�(quale�il�giudiziario�o�il�legislativo)�ovvero�quando�nel-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'ambito�dello�stesso�potere�esecutivo�sconfina�in�un�ordine�di�funzioni�che�
non�gli�competono�neppure�in�parte,�essendo�funzioni�tipiche�di�un�altro�
ramo�dell'amministrazione�e�a�questo�devoluto�in�via�esclusiva.�Quindi�il�sog-
getto�che�pone�in�essere�il�provvedimento�non�essendo�titolare�della�corri-
spondente�potesta�,�si�trova�ad�invadere�abusivamente�la�sfera�(attribuzione)�
di�un�soggetto�diverso,�operando�percio�fuori�dalla�sfera�d'azione�sua�pro-
pria.�

Nella�seconda�ipotesi�si�usano�promiscuamente�i�termini�di�incompe-
tenza�assoluta,�carenza�di�potere,�difetto�di�attribuzione.�

L'ipotesi�viene�anche�chiamata�straripamento�di�potere,�in�quanto�l'atti-
vita�amministrativa�straripa�nel�campo�della�legislazione�o�della�giurisdizione�
ovvero�e�posta�in�essere�da�organo�amministrativo�del�tutto�distinto�e�in�
campo�del�tutto�diverso�da�quello�in�cui�sarebbe�competente.�

Unanimemente�si�ammetteva�che�la�incompetenza�relativa�costituisce�un�
vizio�di�legittimita�e�quindi�causa�di�annullamento,�l'incompetenza�assoluta�
(detta�anche�carenza�di�potere�o�difetto�di�attribuzione)�genera�invece�la�nul-
lita�del�provvedimento.�

Gia�con�sentenza�della�sez.�IV,�14�dicembre�1979�n.�1158�il�Consiglio�di�
Stato�affermava�che��si�ha�nullita�assoluta�ed�insanabile�di�un�provvedimento�
amministrativo�in�caso�di�radicale�carenza�di�potere�dell'amministrazione�
emanante,�che�abbia�invaso�la�sfera�di�pertinenza�di�altra�autorita�,�o�comun-
que�inciso�in�materia�del�tutto�estranea�alla�branca�di�amministrazione�di�
appartenenza.��(27),�come�nel�caso�che�sia�stato�emanato�da�un�ente�territo-
riale�con�efficacia�eccedente�l'ambito�territoriale�di�tale�ente(28).�

L'art.�21-septies 
ha�codificato�questo�orientamento�giurisprudenziale.�

8. 
^Violazione 
ed 
elusione 
di 
giudicato. 
Si�ha�giudicato�quando�la�decisione�del�giudice�e�divenuta�immodifica-
bile,�per�essere�stati�esperiti�tutti�i�mezzi�di�impugnazione�ovvero�quando�essi�
non�sono�piu�proponibili�(29).�

Mentre�per�la�esecuzione�delle�sentenze�tra�privati�e�il�codice�di�proce-
dura�civile�che�ne�ha�sempre�disciplinato�la�esecuzione,�una�esecuzione�for-

(27)�Negli�stessi�termini�sez..IV,�4�.29�gennaio�1993�n.�118.�
(28)�Cfr.�Cons.�St.,�Sez.�IV,�28�dicembre�1994�n.�1091.�
(29)�V.�art.�324�cod.�proc.�civ.:��Si�intende�passata�in�giudicato�la�sentenza�che�non�e�piu�
soggetta�ne�a�regolamento�di�competenza,�ne�ad�appello,�ne�a�ricorso�per�cassazione,�ne�a�
revocazione�per�i�motivi�di�cui�ai�nn.�4�e�5�dell'art.�395�.�
La�cosa�giudicata�produce�due�effetti,�uno�sostanziale�(art.�2909�cod.�civ.)�e�l'altro�pro-
cessuale�(art.�324�cod.�proc.�civ.);�sul�piano�sostanziale�il�giudicato�determina�la�certezza�
del�rapporto�giuridico�dedotto�in�causa�(statuizione 
di 
accertamento),�individua�l'obbligazione�
di�comportamento�da�tenere�nei�confronti�del�soggetto�attivo�del�rapporto�conilcorrispon-
dente�comando�diretto�alla�esecuzione�della�prestazione�dovuta�nella�prospettiva�della�actio 
iudicati 
(statuizione 
di 
condanna),�ovvero�riguarda�una�necessaria�modificazione�della�situa-
zione�giuridica�esistente�inter 
partes 
(statuizione 
costitutiva);�sul�piano�processuale�il�giudi-
cato�produce�il�particolare�effetto�dell'�immutabilita�del�provvedimento�giurisdizionale�
mediante�la�preclusione�di�riesame�e�pronuncia�sul�medesimo�oggetto�(Cass.�26�ottobre�
1974�n.�3175).�


DOTTRINA�267 


zata�delle�sentenze�di�condanna�della�pubblica�amministrazione�non�era�pos-
sibile,�in�quanto�il�giudice�ordinario�non�puo�,�ai�sensi�degli�artt.�4�e�5�della�
legge�abolitiva�del�contenzioso�amministrativo�(30),�condannare�l'Ammini-
strazione�ad�unfacere.�

Pertanto,�quando�con�legge�31�marzo�1889�n.�5982�(trasfusa�nel�testo�
unico�2�giugno�1889�n.�6166)�venne�istituita�la�IV�sezione�del�Consiglio�di�
Stato,�all'art.�4�n.�4�si�e�attribuita�a�tale�sezione�la�competenza�a�decidere�
sui�ricorsi�per�la�esecuzione�delle�sentenze�del�giudice�ordinario.�

Per�l'esecuzione�delle�decisioni�del�Consiglio�di�Stato�il�regolamento�di�
procedura�17�agosto�1907�n.�642�stabiliva�che���le�decisioni�sono�comunicate�
all'autorita�cui�riguardano��(art.�87)�e��l'esecuzione�delle�decisioni�si�fa�in�
via�amministrativa,�eccetto�per�la�parte�relativa�alle�spese��(art.�88).�

Tale�quadro�normativo�fu�mantenuto�con�il�R.D.�26�giugno�1924�n.�1054�
(Approvazione�del�testo�unico�delle�leggi�sul�Consiglio�di�Stato),�che�elen-
cando�le�controversie�sulle�quali�il�Consiglio�di�Stato�decide�anche�nel�
merito,�all'art.�27�n.�4�include�i��ricorsi�diretti�ad�ottenere�l'adempimento�
dell'obbligo 
dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto�riguarda�
il�caso�deciso,�al�giudicato�dei�tribunali�che�abbia�riconosciuto�la�lesione�di�
un�diritto�civile�o�politico�.�

In�seguito�la�stessa�sez.�IV,�con�la�decisione�2�marzo�1928,�n.�181,�estese�
lo�strumento�del�giudizio�di�ottemperanza�anche�alla�mancata�esecuzione�
della�sentenza�del�giudice�amministrativo,�e�cio�per�soddisfare�l'esigenza�di�
tutela�tutte�le�volte�che�l'Amministrazione,�unilateralmente�tenuta�ad�ade-
guarsi�e�a�stabilire�il�modo�di�farlo,�non�garantiva�sua 
sponte 
l'esecuzione�
delle�decisioni�dello�stesso�Consiglio�di�Stato.�

Siffatta�interpretazione�estensiva�fu�poi�codificata�con�la�legge�6�dicem-
bre�1971�n.�1034�istitutiva�dei�Tribunali�amministrativi�regionali,�che�
all'art.�37�ha�attribuito�al�giudice�amministrativo�la�cognizione�dei�ricorsi�
per�l'adempimento�del���giudicato�dell'autorita�giudiziaria�ordinaria��(co.�1)�
e�del���giudicato�degli�organi�di�giustizia�amministrativa��(co.�3).�

La�legge�21�luglio�2000�n.�205�(art.�10)�ha�sottratto�al�giudice�ammini-
strativo�i�giudizi�di�ottemperanza�delle�decisioni�della�Corte�dei�conti,�rimet-
tendone�la�cognizione�a�quest'ultima(31).�

(30)�L.�20�marzo�1865�n.�2248�All.�E�^Art.�4:��Quando�la�contestazione�cade�sopra�un�
diritto�che�si�pretende�leso�da�un�atto�dell'�autorita�amministrativa,�i�tribunali�si�limiteranno�
a�conoscere�gli�effetti�dell'atto�stesso�in�relazione�all'oggetto�dedotto�in�giudizio�(co.�1).�
L'atto�amministrativo�non�potra�essere�revocato�o�modificato�se�non�sovra�ricorso�alle�com-
petenti�autorita�amministrative,�le�quali�si�conformeranno�al�giudicato�dei�tribunali�in�
quanto�riguarda�il�caso�deciso�.�Art.�5:��In�questo,�come�in�ogni�altro�caso,�le�autorita�giu-
diziarie�applicheranno�gli�atti�amministrativi�ed�i�regolamenti�generali�e�locali�in�quanto�
siano�conformi�alle�leggi.�.�
(31)�A�norma�dell'art.�10,�comma�2,�della�legge�21�luglio�2000�n.�205,�secondo�cui�l'esecu-
zione�delle�sentenze�di�primo�grado�della�Corte�dei�Conti�non�sospese�dal�giudice�di�appello�
spetta�allo�stesso�giudice�di�primo�grado,�mentre�l'esecuzione�delle�sentenze�in�grado�di�
appello�rientra�nella�competenza�delle�Sezioni�centrali,�il�giudizio�di�ottemperanza�per�la�
decisione�di�cui�trattasi�deve�essere�proposto�innanzi�allo�stesso�giudice�contabile�che�ha�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�giurisprudenza�era�solita�affermare�la�nullita�di�un�provvedimento�
amministrativo�quando�si�pone�in�contrasto�con�una�sentenza�passata�in�giu-
dicato�(32).�

In�dottrina�si�sosteneva�altres|�la�nullita�,�in�quanto�il�privato�e�titolare�di�
un�diritto�soggettivo�ad�ottenere�un�provvedimento�conforme�al�giudicato:�
la�Pubblica�Amministrazione,�intervenuta�una�decisione�di�annullamento�o�
di�condanna,�ha�l'obbligo�di�uniformarsi�al�giudicato;�quindi�il�fondamento�
dell'atto�amministrativo�da�emanare�non�e�il�rispetto�della�legge�o�dell'inte-
resse�pubblico,�bens|�il�rispetto�della�sentenza�(33).�

Addirittura�si�riteneva�adottato�in�carenza�di�potere�l'atto�non�conforme�
alla�decisione�alla�statuizione�giurisdizionale.�

E�per�vero�sia�l'art.�27�n.�4�del�testo�unico�sul�Consiglio�di�Stato�sia�
l'art.�37�legge�6�dicembre�1971�n.�1034�sui�Tribunali�amministrativi�regionali�
parlano�di��obbligo 
dell'autorita�amministrativa�di�conformarsi,�in�quanto�
riguarda�il�caso�deciso,�al�giudicato�.�

Orbene,�di�fronte�a�un�obbligo�esiste�sempre�un�diritto:�l'obbligazione�si�
concreta�infatti�in�un�rapporto�tra�due�o�piu�parti,�in�virtu�del�quale�una�di�
esse�(debitore)�e�tenuta�ad�un�comportamento�(prestazione)�a�favore�dell'al-
tra�(creditore).�Nell'obbligazione�soggetto�attivo�e�la�persona�alla�quale�l'or-
dinamento�giuridico�attribuisce�il�diritto�(soggettivo),�soggetto�passivo�e�la�
persona�a�carico�della�quale�sta�il�dovere.�

Quindi�e�la�stessa�legge�che�attribuisce�al�titolare�del�giudicato�un�diritto�
soggettivo�di�pretendere�l'adempimento�e�all'Amministrazione�soccombente�
un�dovere�di�adempiere.�

Tuttavia�la�regola�del�dovere�assoluto�dell'Amministrazione�puo�trovare�
applicazione�piena�soltanto�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione�sia�tenuta�ad�
un�comportamento�non�discrezionale�e�in�cui�risultino�effettivamente�esi-
stenti�tutti�i�presupposti�per�tale�comportamento.�

Cos|�in�presenza�di�un�giudicato�di�annullamento�per�difetto�di�motiva-
zione,�l'Amministrazione�conserva�il�potere�di�provvedere�anche�negativa-

emesso�la�sentenza�del�cui�giudicato�si�chiede�l'attuazione�e�non�davanti�al�plesso�Tribunali�
amministrativi�regionali�^Consiglio�di�Stato�ai�sensi�dell'art.�37,�comma�3,�della�legge�
6�dicembre�1971,�n.�1034�(Cons.�St.VI,�14�gennaio�2003�n.�117).�

Il�giudizio�di�ottemperanza,�che�costituisce�un�settore�della�materia�generale�dei�ricorsi�
pensionistici,�rientra�nella�competenza�del�giudice�unico�delle�pensioni�istituito�dalla�legge�

n.�205�del�2000�(Corte�conti,�Sez.�TO,�7�febbraio�2002�n.�81).�
Premesso�che�nel�giudizio�di�ottemperanza�il�giudice�ha�il�potere�di�integrare�il�giudi-
cato,�nel�quadro�degli�ampi�poteri,�tipici�della�giurisdizione�estesa�al�merito�ed�idonei�a�giu-
stificare�anche�l'emanazione�di�provvedimenti�discrezionali,�e�in�tale�sede�ammissibile�la�
domanda�intesa�ad�ottenere�interessi�e�rivalutazione�monetaria�dei�crediti�pensionistici,�trat-
tandosi�di�specificazione�della�originaria�domanda�(Corte�conti,�Sez.�Sicilia,�16�novembre�
2001�n.�984).�

(32)�Cons.�St.�V,�8�giugno�1994�n.�628;�IV,�28�dicembre�1994�n.�1091,�cito 
alla�nota�18.�
(33)�Il�giudicato�anche�se�fondato�su�erronei�criteri�giuridici,�deve�sempre�spiegare�gli�
effetti�che�la�legge�gli�ricollega,�precludendo�alle�parti�e�al�giudice�il�riesame�delle�questioni�
gia�decise,�in�quanto�e�assistito�da�una�presunzione�assoluta�di�verita�e�di�legittimita�(Cass.�
23�aprile�1971�n.�1175�).�

DOTTRINA�269 


mente�in�ordine�al�contenuto�sostanziale�del�precedente�atto�annullato,�con�il�
solo�onere�di�esplicitare�i�motivi�posti�a�base�della�nuova�determinazione�sfa-
vorevole,�che�nel�precedente�atto�annullato�il�giudice�aveva�ritenuto�non�chia-
ramente�enunciati.�Il�nuovo�provvedimento�non�viola�ne�elude�il�giudicato,�
ma�puo�,�semmai,�essere�affetto�da�un�nuovo�vizio�di�legittimita�(34).�

Ugualmente�nel�caso�che�il�provvedimento�sia�stato�annullato�perche�
non�era�stato�acquisito�un�parere�obbligatorio�per�legge,�qualora�il�parere�
intervenga�in�senso�conforme�al�provvedimento�adottato.�

Infatti�il�presupposto�del�giudizio�di�ottemperanza�(35)�e�costituito�dalla�
denuncia�dell'inadempimento,�da�parte�dell'Amministrazione,�all'obbligo�di�
conformazione�al�giudicato;�inadempimento�che�puo�consistere�sia�nel�com-
portamento�inerte�o�di�rifiuto,�sia�in�comportamenti�di�esecuzione�parziale,�
incompleta,�apparente,�elusiva�o�dilatoria.�

Intervenuto�un�giudicato,�possono�aversi�quindi�le�seguenti�situazioni:�

^inottemperanza,�qualora�l'Amministrazione�resti�inerte�e�non�esplichi�
alcuna�attivita�in�esecuzione�del�giudicato;�

^violazione�del�giudicato,�qualora�l'Amministrazione�adotti�provvedi-
menti�in�contrasto�anche�parzialmente�al�comando�giudiziale,�nel�senso�che,�
pur�ponendo�in�essere�atti�esecutivi�del�giudicato,�si�sia�conformata�alla�deci-
sione�in�modo�incompleto�o�inesatto;�

^elusione�del�giudicato,�qualora�la�Amministrazione�adotti�provvedi-
menti�apparentemente�attuativi�del�giudicato,�ma�sostanzialmente�diretti�ad�
eluderne�l'applicazione;�cioe�nel�caso�in�cui�l'Amministrazione,�pur�ponendo�
in�essere�atti�esecutivi�del�giudicato,�si�sia�conformata�alla�decisione�in�modo�
fittizio.�

In�tutti�questi�casi�il�titolare�del�giudicato�puo�promuovere�il�giudizio�di�
ottemperanza�davanti�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�
esclusiva,�espressamente�stabilita�dal�co.�2�dell'art.�21-septies.�

9. 
^Nullita�espressamente�prevista�per�legge.�
In�alcuni�casi�le�norme�prevedono�la�nullita�del�provvedimento�per�la�
violazione�di�determinate�norme�

A�titolo�esemplificativo�possiamo�ricordare:�

^art.�3�co.�6�Testo�Unico�delle�disposizioni�concernenti�lo�statuto�degli�
impiegati�civili�dello�Stato:��l'assunzione�agli�impieghi�senza�il�concorso�pre-
scritto�per�le�singole�carriere�e�nulla�di�diritto�e�non�produce�alcun�effetto�a�
carico�dell'Amministrazione�;�

(34)�Cons.�St.�IV,�27�marzo�2001�n.�1774.�
(35)�L'oggetto�specifico�del�giudizio�di�ottemperanza�consiste�nella�verifica�se�l'Ammini-
strazione�abbia�o�meno�adempiuto�all'obbligo�nascente�dal�giudicato,�e�cioe�se�abbia�o�meno�
attribuito�all'interessato�quella�utilita�che�la�sentenza�ha�riconosciuto�come�dovuta;�tale�veri-
fica�e�possibile�solo�quando�il�soggetto�obbligato�sia�un'Amministrazione�pubblica,�cui�sia�
imputabile�il�debito�nei�confronti�del�privato,�il�cui�inadempimento�comporta�l'onere�d'im-
porre�in�via�sostitutiva,�direttamente�o�a�mezzo�di�un�commissario�ad�acta,�i�comportamenti�
necessari�per�assicurare�il�concreto�soddisfacimento�del�ricorrente�(Cons.�St.�IV,�11�marzo�
1999�n.�264).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

^art.�3�decreto�legge�15�maggio�1994�n.�29�conv.�in�legge�15�luglio�1994�
n.�444:��1. 
^gli�organi�amministrativi�non�ricostituiti�nel�termine�di�cui�
all'articolo�2�sono�prorogati�per�non�piu�di�quarantacinque�giorni,�decorrenti�
dal�giorno�della�scadenza�del�termine�medesimo.�2.^nel�periodo�in�cui�sono�
prorogati,�gli�organi�scaduti�possono�adottare�esclusivamente�gli�atti�di�ordi-
naria�amministrazione,�nonche�gli�atti�urgenti�e�indifferibili�con�indicazione�
specifica�dei�motivi�di�urgenza�e�indifferibilita�.3.^gli�atti�non�rientranti�fra�
quelli�indicati�nel�comma�2,�adottati�nel�periodo�di�proroga,�sono�nulli.�;�

^art.�53�co.8�D.Lvo�30�marzo�2001�n.�165:��le�pubbliche�amministra-
zioni�non�possono�conferire�incarichi�retribuiti�che�non�siano�stati�conferiti�

o�previamente�autorizzati�dall'amministrazione�di�appartenenza�...�il�relativo�
provvedimento�e�nullo�di�diritto�;�

^art.�52�co.�5�D.lvo�30�marzo�2001�n.�165:��e�nulla�l'assegnazione�del�
lavoratore�a�mansioni�proprie�di�una�qualifica�superiore�.�

Si�tratta�di�ipotesi�diverse�dalla�nullita�per�mancanza�di�elementi�essen-
ziali.�

Vi�e�infatti�un�atto�riconoscibile�come�provvedimento�amministrativo�
(completo�in�tutti�i�suoi�elementi�essenziali)�emanato�da�un�organo�nell'am-
bito�della�sua�attribuzione�e�competenza�e�pur�tuttavia�non�produce�effetti�
giuridici,�non�per�la�sua�natura�intrinseca,�ma�perche�eccezionalmente�la�
legge�lo�considera�nullo.�

Abbiamo�visto�come�in�diritto�civile�un�atto�completo�in�tutti�i�suoi�ele-
menti�essenziali,�si�reputa�nullo�per�illiceita�della�causa,�dell'oggetto�o�dei�
motivi�comuni�a�entrambe�le�parti;�inoltre�il�patto�di�restituire�un�prezzo�
superiore�a�quello�stipulato�per�la�vendita�e�nullo�per�l'eccedenza�(art.�1500�
co.2�c.c.);�e�nulla�la�rinunzia�all'eredita�fatta�sotto�condizione�o�a�termine�o�
solo�per�parte�(art.�520�c.c.),�sono�nulli�i�patti�successori�(art.�458�c.c.);�e�
nullo�ogni�patto�che�esclude�il�diritto�di�recesso�o�ne�rende�piu�gravoso�l'eser-
cizio�(art.�2437�ult.�co.).�

Ugualmente�in�diritto�amministrativo�un�atto,�che�sarebbe�altrimenti�
perfetto,�puo�essere�considerato�nullo�dalla�legge.�

Si�ha�quindi�una�nullita�testuale,�che�si�distingue�dalla�nullita�sostanziale�

o�strutturale.�
10. 
^Giurisdizione.�
Mentre�la�giurisdizione�generale�amministrativa�(tranne�i�casi�di�giuri-
sdizione�esclusiva)�puo�esercitarsi�solo�su�interessi�legittimi�e�puo�comportare�
soltanto�l'annullamento�dell'atto�impugnato,�la�giurisdizione�dell'A.G.O.�
presuppone�la�violazione�di�diritti�soggettivi�e�puo�esplicarsi�mediante�
l'accertamento�dell'illegittimita�del�provvedimento�amministrativo�senza�che�
il�giudice�possa�annullarlo�o�sostituirlo.�

Quindi�il�giudice�amministrativo�emette�normalmente�una�sentenza�di�
natura�costitutiva,�il�giudice�ordinario�emette�una�sentenza�di�natura�dichia-
rativa�(36).�

(36)�Sulla�nozione�di�sentenze�dichiarative,�costitutive�e�di�condanna�v.�nota�29.�

DOTTRINA�271 


Il�giudice�degli�interessi�legittimi�nella�sua�giurisdizione�generale�di�legit-
timita�ha�cognizione�limitata�ai�vizi�di�legittimita�indicati�dagli�artt�2�e�3�
legge�6�dicembre�1971�n.�1034�e�26�testo�unico�26�giugno�1924�n.�1058:�viola-
zione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza�.�

Poiche�l'ipotesi�del�provvedimento�nullo�(art.�21-septies 
co.�1)�e�diversa�
dalla�ipotesi�del�provvedimento�illegittimo�(art.�21-opties 
co.1)�e�la�giurisdi-
zione�del�giudice�amministrativo�e�prevista�solo�nella�seconda�ipotesi�(tanto�
e�vero�che�il�giudice�se�accoglie�il�ricorso�annulla�l'atto�che,�benche�invalido,�
manteneva�la�sua�efficacia)�ne�deriva�un'ontologica�incompatibilita�tra�atti�
nulli�e�giurisdizione�amministrativa.�

Insomma�se�la�legge�attribuisce�la�giurisdizione�generale�di�legittimita�
nei�casi�di�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza,�non�esiste�
una�disposizione�che,�tranne�i�casi�di�giurisdizione�esclusiva,�consente�di�
adire�il�giudice�amministrativo�per�vizi�di�validita�diversi:�il�secondo�comma�
dell'art.�21-septies 
ne�da�un'implicita�conferma,�altrimenti�detta�norma�
sarebbe�stata�inutile(37).�

Art.�21-septies 
Nullita�del�provvedimento 


2.�Le�questioni�inerenti�alla�nullita�dei�provvedimenti�amministrativi�in�
violazione�o�elusione�del�giudicato�sono�attribuite�alla�giurisdizione�esclusiva�
del�giudice�amministrativo.�
11.�^Giudizio 
per 
l'adempimento 
del 
giudicato; 
il 
commissario 
ad�acta.�
La�sanzione�della�nullita�stabilita�nel�primo�comma�avrebbe�potuto�por-
tare�alla�conseguenza�che�l'inadempimento�dell'Amministrazione�al�giudi-
cato,�in�quanto�lesiva�di�un�diritto�soggettivo,�comporterebbe�la�giurisdizione�
del�giudice�ordinario�con�i�limiti�di�una�sua�pronuncia�sulla�effettiva�soddi-
sfazione�del�diritto:�il�giudice�ordinario�infatti�non�potrebbe�annullare(ma�
solo�disapplicare�)�il�provvedimento�emesso�in�violazione�o�elusione�del�giu-
dicato,�non�potrebbe�pervenire�alla�nomina�di�un�commissario�ad 
acta(38)�
in�caso�di�comportamento�omissivo�dell'Amministrazione.�

(37)�Su�cio�ha�convenuto�il�TAR�Lombardia�nella�sentenza�22�aprile�2005�n.�855,�ripor-
tataanota24.�
(38)�Il�commissario�ad 
acta 
e�una�figura�creata�dalla�prassi�giurisprudenziale,�secondo�
cui,�se�il�giudice�ravvisa�un�comportamento�omissivo�o�elusivo�dell'�Amministrazione,�dap-
prima�fissa�un�termine�per�l'�adempimento�e,�se�l'�inadempimento�persiste,�nomina�un�com-
missario�ad 
acta 
che�dovra�sostituirsi�all'�Amministrazione�nell'�emettere�il�provvedimento�
dovuto.�La�figura�del�commissario�ad 
acta 
e�stata�legislativamente�prevista�nei�giudizi�
avverso�il�silenzio�della�Amministrazione�dall'�art.�21�bis 
legge�6�dicembre�1971�n.�1034�co.�
2�nel�testo�introdotto�dall'�art.�2�legge�21�luglio�2000�n.�205.�
La�funzione�del�Commissario��ad 
acta�,�posta�a�garanzia�dell'effettivita�della�tutela�giu-
risdizionale,�e�quella�di�portare�ad�effettiva�esecuzione�la�decisione�del�giudice,�del�quale�
costituisce�organo�ausiliario�(Cons.�St.�V,�12�giugno�1997�n.�639;�V,�7�gennaio�1996�n.�1202).�

Il�commissario�ad 
acta,�ausiliare�del�giudice�dell'ottemperanza,�deve�eseguire�il�proprio�
compito�sotto�il�continuo�controllo�e�l'assiduavigilanza�di�quest'ultimoalfinediassicurarel'e-
satta�rispondenza�della�sua�attivita�al�comando�contenuto�nella�sentenza�della�cui�esecuzione�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Con�la�disposizione�del�comma�2�si�e��inteso�percio��confermare�le�norme�
degli�artt.�27�n.�4�del�testo�unico�sul�Consiglio�di�Stato�e�37�della�legge�istitu-
tiva�dei�TAR�(39)�miranti�ad�escludere�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario�
sulle�questioni�relative�alla�nullita��di�provvedimenti�amministrativi�in�viola-
zione�o�elusione�del�giudicato.�

12. 
^Diritti 
soggettivi 
e 
interessi 
legittimi 
a 
seguito 
delgiudicato; 
riflessi 
sulla 
giurisdizione. 
Richiamando�quanto�esposto�commentando�il�primo�comma�dell'art.�21�
in�esame(40),�va�ulteriormente�osservato�come�il�giudicato�puo��essere�di�
accoglimento�o�di�rigetto�del�ricorso�ovvero�di�carattere�meramente�proces-
suale.�

Solo�nel�primo�caso�puo��trovare�ingresso�il�giudizio�di�ottemperanza.�

Ma�anche�nell'ambito�delle�sentenze�di�accoglimento�la�decisione�potra��
avere�gia��di�per�se�effetto�satisfattivo;�il�che�avviene�nelle�pronunce�ad�effetto�
demolitorio,�che�non�richiedono�da�parte�dell'Amministrazione�una�attivita��
di�adeguamento,�come�quelle�che�annullano�una�sanzione,�un�provvedimento�
ablatorio�o�di�revoca�o�di�annullamento�di�ufficio.�

Quindi�l'interpretazione�della�norma�del�comma�2�dell'art.�21-septies 
si�
pone�con�riguardo�alle�sentenze�che�comportano�un'ulteriore�attivita��da�
parte�dell'Amministrazione.�In�questo�caso�la�decisione�di�annullamento�ha�

sitratta,assicurandoeffettivamentealcittadinoilconseguimentodelbenedellavitagia��ricono-
sciutogli�in�sede�di�cognizione:�sono�pertanto�ammissibili�e�fisiologiche�le�richieste�che�egli�pro-
pone�al�giudice�dell'esecuzione�per�ottenere�chiarimenti�e�suggerimenti�circa�i�concreti�provve-
dimenti�(o�comportamenti)�da�adottare�nei�casi�dubbi�ovvero�qualora�sorgano�contrasti�tra�le�
parti�in�causa.�Tale�situazione�e��pero��limitata�alla�sola�fase�della�esecuzione�in�senso�stretto,�
quellacioe��preordinataall'emanazionedegliattidiesecuzionedelgiudicato:unavoltacheque-
sti�siano�stati�emanati�dal�commissario�adacta 
e�si�sia�pertanto�esaurita�l'ottemperanza,�gli�atti�
stessi�sono�reclamabili�dai�diretti�interessati�innanzi�allo�stesso�giudice�dell'esecuzione�ovvero�
possono�essere�impugnati�dai�terzi�con�un�nuovo�giudizio�di�cognizione,�non�sussistendo�piu��
alcuna�necessita��,�ne'�utilita��di�ammettere�l'ulteriore�dialogo�processuale�tra�commissario�ad 
acta 
egiudicedell'esecuzione(Cons.�St.IV,4maggio2004n.�2739).�

Gli�atti�emanati�dal�Commissario�adacta,�in�quanto�ausiliario�del�giudice�della�ottempe-
ranzapossono�essere�oggetto�diimpugnativa�dinanzi�a�tale�giudice�anche�daparte�dellaAmmi-
nistrazionelaqualepuo��chiederediverificareseilsuoausiliarioabbiabeneintesolestatuizioni�
delgiudicato(Cons.St.VI,29marzo2001n.�1871).�

Per�individuare�il�regime�di�impugnazione�delle�statuizioni�adottate�dal�Commissario�ad 
acta 
e��necessario�scomporre�l'attivita��del�commissario�in�due�parti,�individuando�quella�di�
stretta�attuazione�del�comando�vincolato�del�giudice�(edin�tal�caso�nonvi�sono�dubbi�che�que-
st'ultimo�agiscecome�ausiliario�del�giudice),�da�quellaulteriore,�rispetto�alle�statuizioni�delgiu-
dicato,�di�esercizio�di�poteri�amministrativi,�in�relazione�ai�quali�agisce�come�organo�straordi-
nario�dell'amministrazione,�sottoposto�all'ordinario�controllo�del�giudice�in�sede�di�legittimita��
(Cons.�St.�IV,�30�marzo�2000�n.�1834;�V,�15�gennaio�1990�n.�48;�V,�27�novembre�1989�n.�771;�
VI,�24�marzo�1988�n.�353).�

La�nomina�del�commissario�adacta 
e�la�scadenza�del�termine�assegnato�all'Amministra-
zione�per�l'esecuzione�della�statuizione�della�sentenza�passata�in�giudicato�non�comportano�il�
venir�meno�del�potere-dovere�della�stessa�Amministrazione�di�provvedere�nell'ambito�delle�
attribuzioni�ad�essa�assegnate�dalla�legge�(Cons.�St.VI,�15�luglio�1998�n.�1094).�

(39)�Tali�norme�sono�state�considerate�al�paragrafo�8.�
(40)�v.�paragrafo�8.�

DOTTRINA�273 


un�contenuto�complesso,�poiche�contiene�effetti�demolitori�e�ripristinatori�
rivolti�al�passato,�ed�effetti�conformativi�rivolti�al�futuro,�questi�ultimi�in�par-
ticolare�consistono�nei�vincoli�imposti�all'Amministrazione�nella�rinnova-
zione�del�provvedimento�annullato�(41).�

Se�trattasi�di�attivita�di�natura�vincolata�e�l'Amministrazione�emette�il�
provvedimento�dovuto,�l'interessato�potra�promuovere�il�giudizio�di�ottempe-
ranza�se�lo�ritiene�(anche�in�parte)�in�violazione�o�elusione�del�giudicato.�

Se�per�adempiere�al�giudicato�l'Amministrazione�e�tenuta�ad�emettere�
un�provvedimento�di�natura�discrezionale,�l'interessato,�mentre�ha�un�proprio�
diritto�all'adempimento,�ha�tuttavia�un�mero�interesse�legittimo�in�ordine�alla�
scelta�dell'una�o�dell'altra�forma�di�adempimento.�

Percio�nel�momento�di�riesercizio�del�potere�amministrativo�l'Ammini-
strazione�stessa�puo�adottare�solo�atti�che,�non�essendo�in�contrasto�con�il�
contenuto�precettivo�della�decisione�in�quanto�posti�in�essere�per�motivi�
esterni�all'esecuzione�del�giudicato�ed�estranei�alle�statuizioni�ivi�contenute,�
siano�espressione�di�potere�discrezionale�concernente�modalita�estrinseche�al�
nucleo�di�assoluta�imperativita�propria�del�giudicato�(42).�

Poiche�costituisce�presupposto�indefettibile�del�giudizio�di�ottemperanza,�
la�richiesta�di�esecuzione�di�una�sentenza�non�immediatamente�satisfattiva,�
il�ricorso�per�ottemperanza�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�sara�proponibile�
solo�in�quanto�i�provvedimenti�adottati�dall'amministrazione�in�dichiarata�
esecuzione�del�giudicato�siano�violativi�o�elusivi�dello�stesso;�nel�caso�invece�
che�il�privato�deduce�che�il�comportamento�attuato�dalla�P.A.�in�asserita�
attuazione�del�giudicato�sia�affetto�da�autonomi�vizi�di�legittimita�,�estranei�
al�contenuto�della�decisione�precedente,�non�e�proponibile�il�ricorso�per�
ottemperanza,�dovendosi�attivare,�piuttosto�un�nuovo�giudizio�di�cognizione:�
l'oggetto�proprio�del�giudizio�di�ottemperanza�e�limitato�alla�verifica�se�la�

P.A.�abbia�o�meno�adempiuto�all'obbligo�nascente�dal�giudicato,�e�cioe�se�
abbia�o�meno�attribuito�all'interessato�quella�utilita�che�la�sentenza�aveva�
riconosciuto�come�dovuta(43).�
Insomma�nel�giudizio�di�ottemperanza�il�ricorrente�lamenta�che�il�prov-
vedimento�adottato�successivamente�al�giudicato�risulta�essere�in�contrasto�
con�la�particolare�regola�del�rapporto�espressa�nella�decisione�giurisdizio-
nale;�qualora�invece�il�ricorrente�lamenta�autonomi�vizi�di�legittimita�affe-
renti�all'atto,�indipendenti�dal�contenuto�della�sentenza,�sara�allora�necessa-
rio�esperire,�anziche�il�ricorso�per�ottemperanza,�un�nuovo�giudizio�di�cogni-
zione.�

Il�discrimen 
tra�la�proposizione�del�giudizio�di�ottemperanza�e�l'esperi-
mento�dell'ordinario�giudizio�di�cognizione�si�fonda�quindi�sulla�tipologia�
del�vizio�dedotto�dal�ricorrente.�

(41)�Cons.�St.�IV,�1�febbraio�2001�n.�394.�
(42)�v.�nota�34.�
(43)�Cons.�St.�IV,�15�aprile�1999�n.�626;�v.�anche�nota�35.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ove�la�censura�riguardi�qualsiasi�contrasto�tra�gli�atti�ed�il�comporta-
mento�dell'amministrazione�successivi�alla�sentenza�ed�il�contenuto�sostan-
ziale�della�sentenza�stessa�passata�in�giudicato,�e�da�seguire�la�procedura�del�
giudizio�di�ottemperanza.�

Rimane�invece�affidata�alla�ordinaria�giurisdizione�ogni�fattispecie�in�cui�
non�si�faccia�questione�dell'indicato�contrasto,�ma�vengano�in�contestazione�
profili�di�illegittimita�del�tutto�nuovi�(in�quanto�esterni�all'accertamento�con-
tenuto�nel�giudicato)�degli�atti�o�del�comportamento�inerte�realizzato�dal-
l'amministrazione�successivamente�alla�sentenza:�in�tale�ipotesi�l'impugna-
zione�dell'atto,�qualora�si�deduca�un�vizio�di�annullabilita�,�deve�avvenire�nel�
consueto�termine�di�decadenza�di�sessanta�giorni�dalla�notificazione,�comuni-
cazione�o�piena�conoscenza�dello�stesso.�

Per�il�giudizio�di�ottemperanza�vale�invece�il�termine�ordinario�di�dieci�anni�
di�prescrizione,�proprio�dell'actio�iudicati,�che�decorre�dal�passaggio�in�giudi-
cato�della�sentenza(44);�cio�deve�esserepacificonel�caso�che�l'Amministrazione�
resti�inerte�e�non�emetta�alcun�provvedimento�in�esecuzione�del�giudicato.�

Se�invece�l'Amministrazione�emette�un�nuovo�provvedimento�che�il�pri-
vato�ritiene�in�violazione�o�elusione�del�giudicato,�questo�provvedimento�sara�
affetto�da�nullita�per�l'espresso�disposto�del�comma�1�dell'art.�21-septies,per�
cui�la�nullita�potrebbe�essere�fatta�valere�senza�limiti�di�tempo�qualora�il�
nuovoprovvedimento�(in�violazione�o�elusione�del�giudicato)�venga�posto�in�
esecuzione.�

Come�e�stato�gia�detto,�ipotesi�di�nullita�,�a�prescindere�da�singole�dispo-
sizioni�di�legge,�erano�state�riscontrate�dalla�giurisprudenza�a�proposito�di�
provvedimenti�adottati�in�violazione�o�elusione�del�giudicato�(45).�

Possiamo�dunque�affermare,�che�la�nuova�norma�recepisce�nella�
sostanza�questi�orientamenti�giurisprudenziali,�convalidandoli�in�prescrizioni�
legislative;�per�cui�nella�sostanza�nulla�e�cambiato�e�la�piu�recente�giurispru-
denza�mantiene�tuttora�la�sua�validita�.�

Art.�21-octies 
Annullabilita�del�provvedimento 


1.�E�annullabile�il�provvedimento�amministrativo�adottato�in�violazione�di�
legge�o�viziato�da�eccesso�di�potere�o�da�incompetenza.�
13.�^L'annullabilita�delprovvedimento.�
La�presente�norma�ha�confermato�sul�piano�sostanziale�cio�che�l'ordina-
mento�giuridico�aveva�statuito�sul�piano�processuale.�

Con�la�legge�31�marzo�1889�n.�5982,�le�cui�disposizioni�furono�poi�coor-
dinate�nel�testo�unico�2�giugno�1889�n.�6166,�venne�istituita�la�IV�Sezione�
del�Consiglio�di�Stato�con�il�compito�di�decidere�sui�ricorsi�contro�gli�atti�
amministrativi�viziati�da��incompetenza,�eccesso�di�potere�o�violazione�di�
legge�.�

(44)�Cons.�St.�VI,�3�febbraio�1992�n.�59.�
(45)�Cons.St.V,11ottobre1996n.1231;v.purenota32�sub�co.1�art.�21�septies.�

DOTTRINA�275 


Tale�disposizione�fu�ripetuta�con�il�Testo�Unico�26�giugno�1924�n.�1054�
sul�Consiglio�di�Stato�e�con�la�legge�6�dicembre�1971�n.�1034�sui�Tribunali�
amministrativi�regionali�(46).�

Pertanto�e�da�oltre�un�secolo�che,�sulla�base�delle�riferite�norme,�era�
stata�individuata�la�invalidita�degli�atti�amministrativi�sotto�forma�di�annul-
lamento,�nel�senso�che�l'atto�affetto�da�uno�dei�tre�vizi�suddetti,�ancorche�
invalido,�manteneva�la�sua�efficacia�sin�quando�non�veniva�annullato�dal�giu-
dice�attraverso�ricorso�da�proporsi�entro�il�prescritto�termine�di�decadenza.�

I�concetti�di�violazione�di�legge,�eccesso�di�potere�e�incompetenza�hanno�
trovato�larga�trattazione�in�dottrina�e�giurisprudenza,�per�cui�possiamo�dire�
che�le�relative�nozioni�sono�pacificamente�acquisite�e�non�sussistono�dispa-
rita�di�opinioni.�

A�titolo�semplificativo�possiamo�riassumere�i�relativi�concetti.�

14. 
^L'incompetenza. 
In�ordine�logico�va�prima�considerato�il�vizio�di�incompetenza,�in�
quanto�il�giudice,�qualora�dovesse�riscontrarlo,�deve�fermarsi�nella�sua�deci-
sione�e�non�procedere�all'esame�di�eventuali�ulteriori�vizi.�

Si�ha�tale�vizio�qualora�il�provvedimento�venga�emesso�da�organo�
incompetente,�che�ha�esercitato�un�potere�che�la�legge�attribuisce�ad�altro�
organo.�

Come�gia�detto,�trattando�della�nullita�(47),�si�distingue�una�incompe-
tenza�assoluta�e�un'incompetenza�relativa.�

Mentre�l'incompetenza�assoluta�(altrimenti�detta�difetto�di�attribuzione,�
straripamento�di�potere,�carenza�di�potere)�e�causa�di�nullita�del�provvedi-
mento,�l'incompetenza�relativa�e�causa�di�annullamento�e�percio�il�provvedi-
mento�diventa�definitivo�e�incontestabile�se�non�venga�impugnato�nel�rituale�
termine�di�decadenza.�

15. 
^La 
violazione 
di 
legge. 
Il�termine���legge��e�stato�interpretato�estensivamente,�riscontrando�il�
vizio�di�violazione�di�legge�ogni�qual�volta�l'Amministrazione�non�abbia�
osservato�nell'emanare�il�provvedimento�atti�di�normazione�primaria�e�secon-
daria;�pertanto�sussiste�violazione�di�legge�non�solo�in�caso�di�contrasto�con�
una�norma�di�legge�(in�senso�formale�o�sostanziale)�ma�anche�per�violazione�
di�regolamenti.�

Non�costituiscono�atti�di�normazione�le�circolari,�che�sono�norme�
interne,�la�cui�violazione�puo�dar�luogo�al�vizio�di�eccesso�di�potere.�

Dato�che�il�legislatore�tende�ad�emanare�norme�di�comportamento�di�
carattere�generale�per�l'esercizio�della�attivita�amministrativa,�tante�fattispe-
cie�che�prima�erano�inquadrabili�nel�vizio�di�eccesso�di�potere,�costituiscono�
oggi�violazione�di�legge.�

(46)�V.�paragrafo�5.�
(47)�V.�paragrafo�7.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Cos|�un�provvedimento�contrario�ai�canoni�di�imparzialita�deve�essere�
ritenuto�in�violazione�dell'art.�97�della�Costituzione;�e�cos|�sara�in�violazione�
alla�legge�7�agosto�1990�n.�241�se�contrario�ai�criteri�di�trasparenza�(art.�1),�
carente�di�motivazione�(art.�3),�e�cos|�pure�tante�ipotesi�di�disparita�di�tratta-
mento�appaiono�in�violazione�all'art�12�della�stessa�legge.�

Nel�concetto�di�legge�devono�intendersi�comprese�anche�le�norme�comu-
nitarie.�

Se�il�provvedimento�e�contrastante�con�i�principi�dell'ordinamento�
comunitario,�si�avra�violazione�dell'art.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241�(48).�

Se�invece�il�provvedimento�contrastante�con�i�principi�comunitari�e�con-
forme�alla�normativa�nazionale,�si�e�consolidato�il�principio�che�nel�contrasto�
tra�il�diritto�comunitario�e�interno,�la�prevalenza�spetta�al�primo,�anche�se�
la�norma�interna�venga�emanata�in�epoca�successiva�(49),�per�cui�il�giudice�
nazionale�ha�l'obbligo�di�disapplicare�la�disposizione�della�legge�nazionale;�
tale�disapplicazione�fa�carico�non�solo�al�giudice,�ma�anche�agli�organi�della�

P.�A.�nello�svolgimento�della�loro�attivita�amministrativa�e�cioe�anche�d'uffi-
cio�indipendentemente�da�sollecitazioni�o�richieste�di�parte(50).�
Il�giudice�nazionale�puo�sempre�disporre�il�rinvio�pregiudiziale�della�
causa�alla�Corte�di�Giustizia�europea�per�ottenere�l'interpretazione�di�norme�
comunitarie�controverse(51)�e�le�statuizioni�delle�sentenze�interpretative�sono�
immediatamente�applicabili:�esse�entrano�e�permangono�in�vigore�nel�territo-
rio�dello�stato�italiano,�senza�che�i�loro�effetti�possano�essere�intaccati�dalla�
legge�ordinaria�(52).�

16. 
^L'eccesso 
dipotere. 
Un�provvedimento,�ancorche�emesso�da�organo�competente�e�nel�
rispetto�della�legge,�tuttavia�puo�essere�invalido�per�eccesso�di�potere,�cioe�
viziato�nel�suo�aspetto�funzionale�(53).�

Tale�vizio�e�dato�riscontrare�qualora�l'Amministrazione�abbia�fatto�cat-
tivo�uso�del�potere,�emanando�l'atto�per�un�fine�diverso�da�quello�per�il�quale�
e�stato�conferito�dalla�legge.�

Il�vizio�di�eccesso�di�potere�non�potra�mai�riguardare�un�provvedimento�
di�natura�vincolata,�ma�solo�atti�discrezionali.�Infatti�negli�atti�di�natura�vin-
colata,�in�presenza�di�determinati�presupposti,�ne�e�predeterminato�per�legge�
il�contenuto,�in�maniera�che�l'Amministrazione�e�tenuta�obbligatoriamente�a�
emettere�quel�provvedimento�e�quindi�le�e�preclusa�ogni�scelta�discrezionale.�

(48)�Art.�1�co.�1�legge�7�agosto�1990�n.�241�nel�testo�modificato�dalla�legge�11�febbraio�
1995�n.�15:��L'�attivita�amministrativa�persegue�i�fini�determinati�dalla�legge�ed�e�retta�da�
criteri�di�economicita�,�di�efficacia,�di�pubblicita�e�di�trasparenza�secondo�le�modalita�previ-
ste�dalla�presente�legge�e�dalle�altre�disposizioni�che�disciplinano�singoli�provvedimenti,�non-
che�dai�principi�dell'�ordinamento�comunitario�.�
(49)�Corte�cost.�8�giugno�1984�n.�170.�
(50)�Cons.�St.�IV,�18�gennaio�1996�n.�54;�Cass.�18�aprile�1994�n.�3693.�
(51)�Art.�234�(gia�art.�177)�Trattato�istitutivo�della�comunita�europea�adottato�a�Roma�il�
25�marzo�1958�e�ratificato�con�legge�14�ottobre�1957�n.�1203�e�successive�modifiche.�
(52)�Corte�cost.�23�aprile�1985�n.�113.�
(53)�Sui�motivi�del�provvedimento�v.�paragrafo�6-b. 

DOTTRINA 
277 


L'indagine 
per 
riscontrare 
il 
vizio 
di 
eccesso 
di 
potere 
deve 
essere 
diretta 
ad 
accertare 
se 
attraverso 
il 
provvedimento 
emesso 
sia 
stata 
assicurata 
la 
rea-
lizzazione 
dell'interesse 
pubblico. 


Risulta 
difficile 
stabilire 
una 
netta 
linea 
di 
demarcazione 
tra 
eccesso 
di 
potere, 
quale 
vizio 
di 
legittimita� 
, 
e 
merito 
amministrativo, 
consistente 
que-
st'ultimo 
nei 
criteri 
di 
opportunita� 
e 
convenienza 
che 
hanno 
spinto 
l'Ammini-
strazione 
a 
emettere 
quel 
provvedimento; 
tranne 
i 
casi 
in 
cui 
la 
giurisdizione 
amministrativa 
e� 
estesa 
al 
merito, 
al 
giudice 
e� 
inibito 
sindacare 
il 
provvedi-
mento 
sotto 
l'aspetto 
della 
opportunita� 
. 


In 
mancanza 
di 
una 
definizione 
legislativa 
dell'eccesso 
di 
potere, 
dot-
trina 
e 
giurisprudenza 
hanno 
individuato 
figure 
sintomatiche 
di 
tale 
vizio 
nelle 
forme 
dello 
sviamento 
di 
potere, 
travisamento 
di 
fatti, 
contraddittorieta� 
tra 
atti, 
disparita� 
di 
trattamento, 
manifesta 
ingiustizia. 


Tali 
classificazioni 
vanno 
sempre 
piu� 
perdendo 
di 
attualita� 
, 
in 
quanto 
il 
legislatore, 
aderendo 
all'esigenza 
di 
chiarificazione 
dell'azione 
amministra-
tiva, 
sanziona 
espressamente 
l'invalidita� 
in 
tali 
casi 
attraverso 
norme 
espresse, 
per 
cui, 
come 
detto, 
cio� 
che 
prima 
configurava 
un 
vizio 
di 
eccesso 
di 
potere 
oggi 
vieppiu� 
ricade 
nel 
vizio 
di 
violazione 
di 
legge. 


Art.�21-octies 
Annullabilita�del�provvedimento 


2.�Non�e�annullabile�il�provvedimento�adottato�in�violazione�di�norme�sul�
procedimento�o�sulla�forma�degli�atti�qualora,�per�la�natura�vincolata�del�prov-
vedimento,�sia�palese�che�il�suo�contenuto�dispositivo�non�avrebbe�potuto�essere�
diverso�da�quello�in�concreto�adottato.�Il�provvedimento�amministrativo�non�e�
comunque�annullabile�per�mancata�comunicazione�dell'avvio�del�procedimento�
qualora�l'amministrazione�dimostri�in�giudizio�che�il�contenuto�del�provvedi-
mento�non�avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�in�concreto�adottato.�
17.�^La�degradazione�dell'illegittimita�formale�a�mera�irregolarita�
La 
presente 
disposizione 
ha 
introdotto 
la 
distinzione 
tra 
legittimita� 
for-
male, 
intesa 
come 
rispetto 
alle 
regole 
poste 
da 
leggi 
e 
regolamenti, 
e 
legitti-
mita� 
sostanziale, 
intesa 
come 
conformita� 
al 
diritto, 
intendendo 
quindi 
il 
rispetto 
della 
normativa 
procedimentale 
non 
come 
un 
fine, 
ma 
come 
un 
mezzo 
per 
raggiungere 
il 
giusto 
scopo 
cui 
deve 
essere 
diretta 
l'azione 
ammi-
nistrativa 
(54). 


Quindi 
la 
non 
conformita� 
alle 
regole 
procedimentali 
viene 
degradata 
da 
illegittimita� 
a 
irregolarita� 
, 
qualora 
il 
risultato 
sostanziale 
del 
provvedimento 
sia 
conforme 
al 
diritto 
positivo. 


Il 
ricorrente 
che, 
adducendo 
un 
vizio 
formale 
o 
procedimentale, 
impu-
gna 
il 
provvedimento 
di 
eliminazione 
di 
un'opera 
abusiva 
o 
di 
cessazione 
di 
una 
attivita� 
non 
permessa 
dalla 
legge, 
otterrebbe 
l'annullamento 
del 
provve-
dimento, 
costringendo 
poi 
l'Amministrazione 
a 
emetterne 
un 
altro 
emendato 


(54) 
v. 
art. 
1 
co. 
1 
legge 
7 
agosto 
1990 
n. 
241: 
�L' 
attivita� 
amministrativa 
persegue 
i 
fini 
determinati 
dalla 
legge...�. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

dal�vizio�puramente�formale,�con�la�conseguenza�che�per�tutta�la�durata�del�
processo�e�sino�a�quando�l'Amministrazione�non�adotti�il�nuovo�provvedi-
mento�continua�a�giovarsi�dell'opera�abusiva�o�a�proseguire�nella�attivita�ille-
gale,�in�contrasto�quindi�con�la�giustizia�sostanziale.�

Dunque,si�e�voluto�evitare�che�l'annullamento�dell'atto�non�favorisca�un�
intento�speculativo�del�ricorrente�attraverso�una�formale�tipica�tutela�dell'in-
teresse�legittimo,�eludendo�cos|�l'applicazione�di�una�norma�giuridica�di�
diritto�sostanziale.�

Nella�nuova�norma�contenuta�nell'art.�21-octies�co.�2�il�legislatore�ha�
recepito�quindi�un�orientamento�gia�formatosi�in�giurisprudenza(55),�degra-
dando�il�ruolo�e�l'incidenza�del�requisito�formale,�il�cui�difetto�non�determina�
l'invalidita�dell'atto�qualora�sia�ininfluente�sul�suo�contenuto�dispositivo,�
ovvero�sull'assetto�degli�interessi�da�esso�proposto.�

18. 
^La�irregolarita�con�riferimento�agli�atti�vincolati�e�agli�atti�discrezionali.�
La�norma�tuttavia�limita�la�qualificazione�di�mera�irregolarita�non�inva-
lidante�solo�ai�provvedimenti�vincolati�e�all'ipotesi�di�mancata�comunica-
zione�dell'avvio�del�procedimento�per�quanto�riguarda�i�provvedimenti�
discrezionali�(56).�

Per�quanto�riguarda�i�provvedimenti�di�natura�vincolata,�il�giudice�potra�
accertare�d'ufficio�che,�malgrado�un�vizio�formale�o�del�procedimento,�l'Am-
ministrazione�non�avrebbe�potuto�emanare�un�provvedimento�di�contenuto�
diverso�(57).�

Ove�trattasi�di�provvedimenti�di�natura�discrezionale,�il�ricorrente�e�
tenuto�a�prospettare�in�giudizio�le�ragioni�che�non�gli�e�stato�possibile�

(55)�Le�norme�in�tema�di�partecipazione�procedimentale�di�cui�all'art.�7�legge�7�agosto�
1990�n.�241�non�vanno�applicate�meccanicamente�e�formalmente�annullando�ogni�procedi-
mento�in�cui�sia�stata�omessa�tale�fase,�ma�alla�luce�dei�principi�di�economicita�e�speditezza�
da�cui�e�retta�l'azione�amministrativa�(Cons.�St.,�V�22�maggio�2001�n.�2823).�
(56)�L'art.�21�octies,�2.�comma�della�legge�n.�241/1990,�introdotto�dalla�legge�11�febbraio�
2005,�n.�15,�deve�essere�interpretato�nel�senso�che�laddove�l'atto�sia�di�natura�vincolata,�la�
violazione�delle�norme�sulla�forma�o�di�quelle�procedimentali,�ivi�inclusal'omessacomunica-
zione�di�avvio�del�procedimento,�non�determina�l'annullamento�del�provvedimento�ove�
appaia�palese�che�il�contenuto�di�quest'ultimo�non�avrebbe�potuto�essere�diverso,�mentre�
ove�l'atto�sia�di�natura�discrezionale,�il�mancato�invio�della�suddetta�comunicazione,�puo�
essere�ininfluente�sul�giudizio�di�legittimita�del�provvedimento�impugnato,�solo�ove�l'ammi-
nistrazione�provi�quanto�stabilito�dalla�disposizione�in�esame�(TAR�Sardegna,�I,�20�giugno�
2005�n.�1435).�
(57)�Al�riguardo�sono�intervenute�gia�decisioni�che�hanno�applicato�la�norma�in�esame:�
^L'art.�21-octies�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,�introdotto�dall'art.�14�della�legge�
1.febbraio�2005,�n.�15,�dispone�che�non�sia�annullabile�il�provvedimento�adottato�in�viola-
zione�delle�norme�sulla��forma�degli�atti�(cioe�ad�esempio�per�difetto�di�motivazione)��qua-
lora,�per�la�natura�vincolata�del�provvedimento,�sia�palese�che�il�suo�contenuto�dispositivo�non�
avrebbe�potuto�essere�diverso�da�quello�adottato�.�Tale�norma�oggi�vigente�dispone,�cioe�,che�
non�possa�disporsi�l'annullamento�da�parte�del�Giudice�amministrativo�di�un�atto�in�rela-
zione�ad�una�sua�supposta�carenza�di�motivazione,�quando�^ove�si�tratti�(come�nel�caso�di�
permesso�di�costruire)�di�un�atto�vincolato�^�sia�palese��che�il�contenuto�dispositivo�del-
l'atto�non�sarebbe�stato�diverso.�Ai�sensi�dell'art.�21-octies�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,�
introdotto�dall'art.�14�della�legge�1�febbraio�2005,�n.�15,�non�puo�pronunciarsi�l'annulla-


DOTTRINA�279 


esporre�nella�fase�del�procedimento�amministrativo�ed�e�onere�dell'Ammini-
strazione�dimostrare�che�l'omissione�della�comunicazione�dell'avvio�delpro-
cedimento�non�avrebbe�potuto�comunque�condurre�ad�un�provvedimento�di�
contenuto�diverso(58).�

Nel�silenzio�della�legge�dovrebbe�convenirsi�che,�in�materia�di�impugna-
zione�di�atti�discrezionali,�qualora�il�provvedimento�sia�affetto�da�un�vizio�
diverso�dalla�mancata�comunicazione�di�avvio,�e�precluso�alla�Amministrazione�
di�fornire�laprova�della�legittimita�sostanziale�del�provvedimento�adottato.�

mento,�per�difetto�di�motivazione,�di�un�diniego�del�permesso�di�costruire�qualora�dall'esame�
degli�atti�di�causa�sia�palese�il�fatto�che�l'Amministrazione�non�avrebbe�mai�potuto�assentire�
il�richiesto�permesso�in�quanto�la�destinazione�che�si�vorrebbe�attribuire�al�manufatto�da�
realizzare�non�e�compatibile�con�le�destinazioni�previste�nella�zona�in�questione�dallo�stru-
mento�urbanistico�(TAR�Abruzzo�^Pescara�^14�aprile�2005�n.�185).�

^Ai�sensi�dell'art.�21�octies,�2.�comma,�della�legge�7�agosto�1990,�n.�241,�introdotto�
dalla�legge�11�febbraio�2005,�n.�15�e�ormai�da�escludersi�ogni�patologica�ricaduta�dei�vizi�
attinenti�alla�forma�degli�atti�amministrativi�o�a�violazioni�procedimentali.�Tale�innovativa�
norma,�unitamente�al�principio�(gia�da�tempo�affermato)�secondo�cui�anche�dall'esercizio�
dell'attivita�provvedimentale�della�P.A.�possono�scaturire�illeciti�risarcibili�ex 
art.�2043�c.c.,�
deve�far�ritenere�ormai�ribaltato�il�tradizionale�principio�del�cd.�divieto�di�motivazione�
postuma�e�consente�all'Amministrazione�intimata�di�precisare,�nel�corso�del�giudizio,�le�
ragioni�che�hanno�indotto�alla�sfavorevole�determinazione�di�cui�all'atto�impugnato,�salva�
la�possibilita�per�l'interessato�di�proporre,�avverso�il�provvedimento�integrativo,�ricorso�per�
motivi�aggiunti.�E�legittimo�il�provvedimento�di�esclusione�di�un�concorrente�da�una�gara�
indetta�per�l'affidamento�del�servizio�pubblico�di�mensa�scolastica�di�una�ditta�il�cui�legale�
rappresentante�sia�stato�rinviato�a�giudizio�per�fatti�e�circostanze�connessi�all'attivita�di�refe-
zione�scolastica�e/o�ristorazione�collettiva,�nel�caso�in�cui�una�clausoladella�lex 
specialis 
preveda�espressamente�l'esclusione�dalla�gara�dei�concorrenti�rinviati�a�giudizio�per�detti�
fatti�(TAR�Campania�^Salerno,�I,�4�maggio�2005�n.�760).�

^Non�puo�essere�annullata�un'ingiunzione�di�sgombero�di�un'area�demaniale�marittima�
abusivamente�occupata,�nel�caso�di�omessa�comunicazione�di�avvio�del�relativo�procedi-
mento�amministrativo,�atteso�che�detta�ingiunzione�ha�indiscutibilmente�natura�dovuta�e�
vincolata,�dovendo�l'Amministrazione�^in�presenza�di�un'abusiva�occupazione�di�aree�dema-
niali�^obbligatoriamente�disporre�lo�sgombero;�con�l'ulteriore�conseguenza�che,�in�tal�caso,�
non�potendo,�dunque,�il�medesimo�provvedimento�sanzionatorio�(ingiunzione)�avere�conte-
nuto�diverso�da�quello�adottato�anche�in�caso�di�partecipazione�dell'interessato�al�relativo�
procedimento�amministrativo,�la�dedotta�violazione�dell'art.�7�citato,�non�e�idonea�a�deter-
minarne�l'annullamento�ai�sensi�dell'�art.�21�octies,�2.�comma,�legge�7�agosto�1990�n.�241,�
introdotto�dalla�legge�11�febbraio�2005,�n.�15�(TAR�Sardegna,�I,�20�giugno�2005�n.�1435).�

(58)�L'art.�21�octies,�seconda�parte,�della�legge�241/1990,�introdotto�dalla�legge�15/2005�
(secondo�cui�non�si�deve�procedere�all'annullamento�giurisdizionale�nel�caso�di�omissione�
di�avviso�del�procedimento,�ove��l'Amministrazione 
dimostri 
in 
giudizio 
che 
il 
contenuto 
del 
provvedimento 
non 
avrebbe 
potuto 
essere 
diverso 
da 
quello 
in 
concreto 
adottato�)�non�e�appli-

cabile�nel�caso�in�cui,�sulla�base�degli�atti�depositati�dall'Amministrazione�e�degli�elementi�
di�diversa�natura�acquisiti�in�giudizio,�non�possa�ritenersi�raggiunta�la�prova�richiesta�dalla�
disposizione�stessa�e�le�soluzioni�prospettate�in�giudizio�dal�privato�non�siano�state�mai�con-
cretamente�esaminate�dall'Amministrazione�(TAR�Sardegna,�II,�25�marzo�2005�n.�483).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Funzione 
pubblica 
e 
giurisdizione 
(*) 


di 
Ignazio 
Francesco 
Caramazza 


1. 
Notazioni 
introduttive 
Credo�che�di�rado�una�sentenza�della�Corte�Costituzionale�sia�stata�
tanto�lungamente�attesa(1)�e�tanto�largamente�criticata�quanto�la�n.�204�del�
6�luglio�2004�che,�come�e�noto,�ha�posto�precisi�limiti�alla�discrezionalita�
del�legislatore�ordinario�nell'individuazione�delle�materie�da�devolvere�alla�
giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo.�

Tali�materie�^ha�precisato�il�giudice�delle�leggi�^sono�solo�quelle�in�cui�
il�giudice�amministrativo�avrebbe�in�ogni�caso�giurisdizione�generale�di�legit-
timita�perche�nel�loro�ambito�opera�autoritativamente.�

Tale�arresto�e�stato�visto�come�un�brusco�ed�inatteso�colpo�di�freno�ad�
una�tendenza�legislativa,�avallata�da�gran�parte�della�dottrina�e�della�giuri-
sprudenza�amministrativa,�volta�spostare�il�discrimine�fra�giurisdizione�ordi-
naria�e�giurisdizione�amministrativa�dalle�situazioni�tutelate�secondo�la�tradi-
zionale�dicotomia�diritto^interesse�ai��blocchi�di�materie�.�

E�stata�vista,�inoltre,�come�un�ritorno�all'antico�discrimine�fra�attivita�
iure 
imperii 
ed�attivita�iure 
privatorum 
del�tutto�anacronistico�in�un�momento�
storico�in�cui�la�funzione�pubblica�appare�indirizzata�ad�una�sempre�piu�fre-
quente�adozione�di�moduli�privatistici.�

Indubbiamente�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione�esclusiva�nella�
seconda�meta�del�secolo�scorso�era�stata�imponente�(e�troppo�nota�perche�si�
debba�ricorrere�ad�elencazioni)�ed�andava�prendendo�piede�la�convinzione�
di�una�piena�discrezionalita�del�legislatore�ordinario�nella�individuazione�
delle�materie�da�devolvere�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministra-
tivo�(2).�

Convinzione�indotta�anche�da�alcuni�pronunciati�della�stessa�Corte�
Costituzionale�(3).�

Altrettanto�indubbia,�appare�la�constatazione�che�ove�fosse�esatto�il�
convincimento�che�il�pronunciato�della�Corte�sottrae�alla�giurisdizione�del�
giudice�amministrativo�tutte�le�attivita�dell'Amministrazione�governate�dal�
diritto�privato,�viste�le�attuali�linee�evolutive�delle�funzioni�pubbliche,�si�pro-

(*)�Tratto�da�una�relazione�presentata�al�2.�convegno�nazionale�su��Lafunzione 
ammini-
strativa�,�tenuto�a�Sperlonga�il�21-22�ottobre�2005�ad�iniziativa�del�TAR�Lazio,�sezione�di�
Latina�e�dell'Ordine�degli�Avvocati�della�provincia�di�Latina.�

(1)�V. 
CarbonE 
(in�``Il 
Waltzer 
delle 
giurisdizioni''�rigira 
eritornaafine 
Ottocento,in�Cor-
riere 
giuridico 
n.�9/2004)�enumera�ben�nove�interlocuzioni�soprassessorie�della�Corte�rese�
attraverso�ordinanze�di�inammissibilita�e�di�restituzione�degli�atti�per�sopravvenuta�normativa.�
Sintomatiche,�fra�tutte�le�ordinanze�di�inammissibilita�della�Corte�Cost.�n.�122�e�123�del�
16�aprile�2002.�
(2)�Vedasi�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ordinanza�30�marzo�2000�n.�1.�
(3)�Corte�Cost.,�Ord.�439/2002.�Per�una�compiuta�indicazione�di�dottrina�a�giurispru-
denza�in�materia�vedasi�M.�Clarich,�La 
Tribunalizzazione 
del 
giudice 
amministrativo 
evitata, 
in 
Giornale 
di 
Diritto 
amministrativo 
n.�9/2004.�


DOTTRINA�281 


spetterebbe�un�progressivo�insterilimento�della�giurisdizione�amministrativa,�
attesa�l'eclisse�dell'amministrazione�di�stampo�provvedimentale�e�la��fuga�
verso�il�privato��delle�pubbliche�amministrazioni�(4).�

Credo,�pero�,�^con�cio�anticipando�le�conclusioni�a�cui�mi�riprometto�di�
giungere�^che�una�attenta�lettura�della�sentenza�possa�portare�alla�conclu-
sione�che�i�limiti�della�discrezionalita�del�legislatore�da�essa�imposti�non�sono�
cosi�draconiani�come�si�vorrebbe�da�taluni�critici,�lasciando�invece�essi�ampio�
spazio�alla�conoscibilita�di�attivita�di�diritto�privato�della�pubblica�Ammini-
strazione�da�parte�del�giudice�amministrativo.�

Mi�sembra,�anzi,�addirittura,�che�la�sentenza�conferisca�copertura�costi-
tuzionale�piena�ad�una�giurisdizione�amministrativa�che�vede�dilatarsi�lepro-
prie�frontiere�in�maniera�impensabile�solo�pochi�anni�addietro.�Mi�sembra,�
ancora,�che�si�sia�trascurata�dai�commentatori�l'importanza�che�ha�la�sen-
tenza�sotto�altro�profilo:�quello�sistematico.�

In�essa�vengono,�infatti,�enunciati�^o�affermati�per�implicito�^in�un�
quadro�di�ricostruzione�sistematica�per�la�prima�volta�tracciato�quali�sono�i�
principi�costituzionali�che�reggono�la�giustizia�amministrativa.�

Principi�fino�ad�oggi�piuttosto�nebulosi,�attesa�la�diversa�^talvolta�anti-
tetica�^possibile�lettura�di�molte�norme�della�nostra�Costituzione.�

2.�La�sentenza�204/2004�della�Corte�Costituzionale:�
a)l'approcciostoricoeladefinitivarisoluzionedialcuneambiguita�delCostituente�

La�sentenza�in�esame�affronta�anzitutto�una�approfondita�ricostruzione�
storica�del�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa,�a�partire�dalla�fonda-
mentale�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo�(i�cui�principi�fonda-
mentali�furono�oggetto�di��indispensabile�riassorbimento��nella�Costitu-
zione)�integrata,�poi,�dalla�legge�istitutiva�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di�
Stato�nel�1889.�Legge,�questa�seconda,�resa�necessaria��dal�modo��^assai�
restrittivo�(n.d.r.)�^�in�cui�era�stata�intesa��dalla�giurisprudenza�la�legge�
del�1865.�

Il�diritto�vivente�nato�da�quella�normativa�aveva�individuato�il�discri-
mine�fra�giurisdizione�ordinaria�ed�amministrativa�nella�situazione�tutelata�
e�piu�precisamente�nella�dicotomia�diritto�soggettivo-interesse�legittimo�e�la�
Costituzione�repubblicana�recep|�tale�criterio�discretivo�legificando�per�la�
prima�volta�^ed�anzi�costituzionalizzando�^l'interesse�legittimo�come�situa-
zione�giuridica�soggettiva�sostanziale,�cos|�attribuendogli�una��durezza�costi-
tuzionale��nuova�(5).�

La�Costituzione�recep|�anche,�in�qualche�modo,�le�due�linee�pur�conflig-
genti�di�Calamandrei�e�di�Mortati,�fondate,�l'una,�sul�mito�ricorrente�dell'u-

(4)�S. 
Giacchetti,�Giurisdizione�Amministrativa�e�legge�15/2005:�verso�la�riscoperta�del-
l'unitarieta�dell'interesse�pubblico�ovvero�una�riserva�indiana?�in�Il�Consiglio�di�Stato,�2005,�

377.�
(5)�F. 
Lorenzoni,�Commento�a�prima�lettura�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�
n.�204�del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nita�della�giurisdizione�(che�aveva�ispirato�tanto�la�riforma�del�1865�quanto�
la�legge�del�1889)�basata,�l'altra,�sulla�necessita�della�conservazione�della�giu-
risdizione�del�Consiglio�di�Stato.�

Come�e�noto,�durante�i�lavori�preparatori�della�Costituente,�nella�Com-
missione�dei�75�e,�poi,�in�sede�plenaria�prevalse,�infatti,�la�tesi�della�conserva-
zione�delle�giurisdizioni�c.d.��storiche��(vedasi�l'art.�103),�anche�se�nel�testo�
della�Carta�fondamentale�compare�(nell'art.�102)�una�implicita�enunciazione�
di�unicita�che�costituisce�quasi�la�proclamazione�di�un��valore�fine��(6)�da�
assumersi�come�meta�tendenziale�e�futuribile�e�che�sembra�rappresentare�solo�
un�omaggio�a�quel�mito�ricorrente.�

Nella�ricostruzione�storica�di�queste�due�matrici�la�Corte�sottolinea�la�
loro�ambiguita�di�fondo�(nascente�dalla�contrapposizione�fra�momento�sta-
tico�del�principio�posto�dalla�legge�e�momento�dinamico�del�suo�fraintendi-
mento�ad�opera�dell'interprete)�ma�non�puo�esimersi�dal�riconoscimento�del�
dato�formale�dell'interesse�legittimo�come�oggetto�naturale�del�giudizio�
amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita�per�la�tutela�
della�giustizia�nell'amministrazione.�

L'ambiguita�di�fondo�di�cui�ora�si�e�detto,�non�connotava�d'altronde�sol-
tanto�il�non�riuscito�tentativo�del�Costituente�di�conciliare�sincreticamente�
le�tesi�di�Mortati�e�Calamandrei,�ma�lo�stesso�impianto�del�nostro�sistema�
di�giustizia�amministrativa,�nato�da�una�singolare�concatenazione�di�eteroge-
nesi�(7)�il�cui�precipitato�storico�fu�l'interesse�legittimo,��figura�nata�per�dare�
un�fondamento�sostanzialistico�al�criterio�di�riparto�fra�le�giurisdizioni��(8)�
ma�rimasta�pur�sempre�la��informe�creatura��delle�origini:��oggetto�miste-
rioso��dalla�incerta�natura,�considerato�come�situazione�sostanziale�fino�alle�
soglie�del�processo,�al�cui�accesso�legittimava,�per�perdere�poi�in�esso�tale�
connotato�in�quanto�la�natura�cassatoria�della�pronuncia�non�riconosceva�
alcun�bene�della�vita,�limitandosi�ad�annullare�^o�non�annullare�^un�atto�
amministrativo.�

Orbene,�fu�proprio�tale�sistema�di�giustizia�amministrativa�ad�essere�
costituzionalizzato�dalla�Carta�repubblicana�del�1947,�che�lo�recep|�in�modo�
quasi�notarile,�con�tutte�le�sue�originalita�,�ambiguita�e�contraddizioni:�basti�
pensare�a�quella�che�vede�contrapporre,�da�un�lato,�la�qualificazione�dell'in-
teresse�legittimo�come�posizione�soggettiva�sostanziale�(art.�24);�dall'altro�la�
qualificazione�del�giudizio�amministrativo�come�giudizio�sull'atto�e�quindi�
come�giudizio�cassatorio,�inidoneo�a�garantire�il�riconoscimento�di�un�bene�
della�vita�(art.�113).�

Altra�contraddizione�e�quella�che�vede,�da�un�lato,�equiordinare�l'inte-
resse�legittimo�al�diritto�soggettivo�ai�fini�della�tutela�in�giudizio�(art.�24)�e�

(6)�G. 
Silvestri,�Unita�della�giurisdizione,�in�Scritti�in�onore�di�Massimo�Severo�Gian-
nini,�Giuffre�,�Milano,�1988,�III,�718.�
(7)�I.�F. 
Caramazza,�Da�una�Amministrazione�senza�giudice�verso�una�giustizia�senza�
amministrazione?�in�Il�Diritto�della�Regione�Veneto,�1997,�133�e�ss.�

(8)�V.�Caianiello, 
Relazione�di�sintesi�al�43.�convegno�di�Studi�di�scienza�dell'Ammini-
strazione,Giuffre�,�Milano�1998,�322.�


DOTTRINA�283 


vede,�dall'altro,�negare�ad�esso�tutela�risarcitoria�(art.�28)�(9).�Tutela,�d'al-
tronde,�incongruente�con�la�natura�meramente�cassatoria�del�giudizio�ammi-
nistrativo�(art.�113�Cost.).�Una�ulteriore�ambivalenza�riguarda,�poi,�la�giuri-
sdizione�esclusiva�regolata�dall'art.�103,�la�cui�lettura,�in�combinato�disposto�
con�l'art.�113,�puo�alternativamente�fare�intendere�come�giurisdizione��di�
eccezione��ovvero�come�giurisdizione�il�cui�ambito�e�rimesso�alla�discrezio-
nalita�del�legislatore,�attesa�la�sostanziale�equivalenza�della�tutela�giurisdizio-

nale�offerta�da�giudice�ordinario�e�giudice�amministrativo�(10).�

Il�sistema�di�giustizia�amministrativa�quale�vivente�alla�meta�del�secolo�
scorso�(e�tale�sostanzialmente�rimasto�fino�alla�fine�del�millennio)�avevaope-

rato,�nel�quadro�delle�alternative�di�cui�sopra,�le�scelte�piu�conservatrici�e�
contemplava,�quindi,�un�giudice�amministrativo�eretto�in�giudice�naturale�di�
un�interesse�legittimo�concepito�come�posizione�sostanziale�insuscettibile�di�
tutela�risarcitoria;�cio�in�virtu�di�una�incompatibilita�tanto�marcata�da�tra-
smettersi�anche�al�suo�giudice�naturale,�cui�e�stato�sempre�negato,�fino�al�
1997,�il�potere�di�somministrare�tale�tutela�anche�quando,�in�via�eccezionale,�

conosceva�di�diritti�soggettivi.�

La�rivoluzione�di�fine�millennio�ha�completamente�capovolto�l'opzione�
affermando�la�risarcibilita�dell'interesse�legittimo,�la�competenza�del�giudice�

amministrativo�a�somministrare�tutela�risarcitoria�anche�per�lesione�di�inte-
ressi�legittimi�e�la�tendenziale�illimitatezza�della�giurisdizione�esclusiva�con�
conseguente�eclisse�dell'interesse�legittimo�(di�cui�difatti�era�vaticinata�la�

morte)�(11).�

Il�giudice�delle�leggi,�chiamato�a�ricondurre�a�sistema,�nel�quadro�for-
male�della�Carta�repubblicana,�un�tale�diritto�vivente�nato�dall'accavallarsi�

di�sentenze�e�di�leggi�frettolosamente�varate,�ha�risolto�una�volta�per�tutte�
le�ambiguita�del�Costituente�avallando�o�sconfessando�le�innovazioni�legisla-
tive�introdotte�ed�operando�quindi�una�definitiva�opzione�in�ciascuna�delle�
quattro�alternative�sopra�delineate.�

Per�due�di�esse,�per�la�verita�,�l'opzione�era�tanto�facile�e�scontata�da�essere�
stata�effettuata�addirittura�per�implicito.�La�prevalenza�degli�art.�3�e�24�della�
Costituzione�sugli�artt.�28�e�113�con�conseguente�affermazione�della�risarcibi-
lita�dei�danni�da�lesione�dell'interesse�legittimo�e�l'attribuzione�al�giudice�ammi-
nistrativo�della�tutela�risarcitoria�erano�gia�da�troppo�tempo�attese.�

Molto�meno�facile�e�scontata�l'opzione�per�le�altre�due�ambiguita�,�rela-
tive,�l'una,�ai�limiti�di�dilatabilita�dell'area�di�giurisdizione�esclusiva,�l'altra�

alla�commissione�al�giudice�amministrativo�del�potere�di�somministrare�
tutela�risarcitoria�in�caso�di�lesione�degli�interessi�legittimi.�

(9)�Per�una�ampia�rassegna�della�dottrina�e�giurisprudenza�che�vedeva�nell'art.�28�Costi-
tuzione�il�fondamento�costituzionale�della�irrisarcibilita�dell'interesse�legittimo�vedasi�D.�
Foligno, 
Lapretesaresponsabilita� 
dellaP.A. 
perlesionidiinteressilegittimi, 
in�Atti 
del 
Con-
vegno 
nazionalesull'ammissibilita� 
delrisarcimento 
deldannopatrimonialederivantedalesioni 
di 
interessi 
legittimi, 
Napoli�27-29�ottobre�1963,�Giuffre�,Milano,pagg.�110�ess.�

(10)�Corte�Cost.,�sent.�62/1996.�Adde 
giurisprudenza�citata�da�M. 
Clarich,�op. 
loc. 
cit.�
(11)�F.�Ledda, 
Agonia 
e 
morte 
ingloriosa 
dell'interesse 
legittimo, 
in�Foro 
Amm.1999,11,�
2713.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Entrambi�tali�problemi�sono�stati�risolti�dalla�Corte�con�il�ricorso�al�piu�
classico�degli�istituti.�

Con�la�riconferma,�cioe�,�della�centralita�dell'interesse�legittimo�come�
oggetto�naturale�del�giudizio�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale�
di�legittimita�per�la�tutela�della�giustizia�nell'Amministrazione.�

Dal�che�discende�che�poiche�la�giurisdizione�esclusiva�consente�al�giu-
dice�amministrativo�di�tutelare,�oltre�che�gli�interessi�legittimi��anche...�diritti�
soggettivi��ma�solo��in�particolari�materie�indicate�dalla�legge��ebbene�tale�
giurisdizione�non�potra�essere�legittimamente�estesa�a�qualsivoglia�materia�
ma�solo�a�materia�che�formi�oggetto�primo�della�giurisdizione�generale�di�
legittimita�.�

3.�segue:�b)�lessico�e�statuizioni�^Risoluzione�della�terza�ambiguita�.�
�Surdespensersnouveaux,faisons�des�vers�antiques�:�la�chiave�della�poe-
tica�di�Andrea�Chenier�torna�alla�mente�leggendo�la�sentenza�della�Corte,�
che�ha�affrontato�il�nido�di�rovi�di�un�problema�di�costituzionalita�intersecato�
dalle�mille�complesse�sfaccettature�di�un�sistema�giuridico�deistituzionaliz-
zato.�La�Corte�ha�ricomposto�il�puzzle�con�un�linguaggio�antico�e�rassicu-
rante,�fatto�di�proposizioni�che�sono�poche,�brevi�e�chiare.�Quelle�proposi-
zioni,�per�intenderci,�che�avevano�usato�i�padri�fondatori,�basate�su�lineari�
contrapposizioni:�attivita�iure�imperii�^attivita�iure�gestionis;�diritto�
soggettivo-interesse�legittimo.�

Il�che�non�pare�si�risolva,�come�pure�autorevolmente�e�stato�detto�(12),�
nella�pretermissione�di�concetti�necessari�per�l'equilibrio�del�sillogisma�giudi-
ziale,�quanto�piuttosto�in�un�recupero�di�quelle�essenziali�caratteristiche�che�
devono�avere�cos|�i�precetti�di�legge�come�i�pronunciati�del�giudice�delle�
leggi,�nella�sua�funzione�di�legislatore�negativo.�

Essenziali�caratteristiche�^purtroppo�spesso�dimenticate�^che�sono�la�
generalita�e�l'astrattezza�cos|�del�precetto�normativo�del�legislatore�come�p
er�speculare�riflesso�^del�pronunciato�caducatorio�del�legislatore�negativo,�
e�quindi�delle�premesse�e�delle�conclusioni�del�suo�sillogisma.�

Le�proposizioni�generali�ed�astratte,�soprattutto�se��poche,�brevi�e�
chiare�,�come�ammoniva�Campanella�ne��La�citta�del�sole�,�sono�d'altronde�
prezioso�ed�insostituibile�aiuto�all'interprete�per�la�risoluzione�di�ogni�caso�
concreto,�mentre�le�farraginose�e�pletoriche�previsioni�diluite�in�lunghi�elen-
chi�lasciano�inevitabilmente,�nelle�loro�pieghe,�vuoti�incolmabili�e�contraddi-
zioni�irrisolubili.�

Si�da�il�caso,�d'altronde,�che,�a�ben�guardare,�con�le�sue�locuzioni�di�
sapore�antico�la�Corte�abbia�saputo�comporre�a�sistema�conforme�a�Costitu-
zione�un�assetto�della�giustizia�amministrativa�italiana�assolutamente�nuovo�
ed�assolutamente�allineato�(o�allineabile)�^quanto�meno�quoad�substantiam�
^ai�sistemi�monistici�dell'Europa�continentale�ed�agli�standard�dell'Unione�
Europea.�

(12)�S.�Giacchetti,�Giurisdizione�esclusiva,�Corte�Costituzionale�e�nodi�di�Gordio�in�
www.giurisprudenza.it/documenti/I.�.�.giacchetti.ht.�


DOTTRINA�285 


Con�i�suoi��versi�antichi��la�Corte�ha�quindi�espresso�veramente�dei�
�pensieri�nuovi�.�

Si�e��gia��accennato�all'inizio�della�relazione�come,�ad�avviso�della�Corte,�
il�Costituente�non�abbia�lasciato�al�legislatore�ordinario�piena�discrezionalita��
nell'individuare�le�materie�da�attribuire�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu-
dice�amministrativo�in�quanto�tali�materie�debbono�essere�scelte�fra�quelle�
in�cui�detto�giudice�esercita�giurisdizione�generale�di�legittimita�.�Cioe��materie�
in�cui�l'Amministrazione�pubblica�opera�autoritativamente.�

L'affermazione�richiama�terminologicamente�(e�non�a�caso)�i�dibattiti�
che�dettero�vita�al�giudice�amministrativo�e�non�sembra�meritare�le�critiche�
di�illogicita��che�le�sono�state�rivolte.�Si�e��osservato,�infatti,�da�parte�di�alcuni�
commentatori,�che�laddove�vi�e��esercizio�di�autorita��vi�sarebbero�esclusiva-
mente�situazioni�di�interesse�legittimo�(13),�con�conseguente�inutilita��della�
previsione�di�una�giurisdizione�esclusiva.�

Sembra�agevole�replicare�che�vi�sono�materie�in�cui�l'Amministrazione�
opera�sia�autoritativamente�che�pariteticamente�con�conseguente�compre-
senza�di�diritti�e�di�interessi,��figure�che�popolano�entrambe�il�territorio�di�
quella�materia��anche�se�non�legate�in�quel�famoso��nodo�gordiano��che,�se�
figura�nei�lavori�dell'Assemblea�costituente,�non�figuro��mai�nei�lavori�prepa-
ratori�del�R.D.�n.�2840�del�1923�(14).�

Non�sono�quindi�sufficienti�^secondo�la�Corte�^ne��un�generico�inte-
resse�pubblico�ne��,�tanto�meno,�la�partecipazione�dell'Amministrazione�al�giu-
dizio�per�legittimare�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�che�e��giudice�
naturale�della�pubblica�funzione�autoritativamente�esercitata.�

La��clausola�generale��cos|��enunciata�non�e��certo�caratterizzata�da�un�
alto�tasso�di�specificita��e�qualche�dubbio�puo��sorgere�per�tutte�le�zone�grigie�
fra�autoritativo�e�paritetico�che�sono�molte�piu��di�quante�non�conoscesse�fino�
a�non�molto�tempo�fa�la�nostra�giuspubblicistica�tradizionale�e�che�vanno,�
esemplificativamente�e�non�esaustivamente,�dall'attivita��degli�enti�privati�di�
interesse�pubblico�(quale�la�C.R.I.),�a�quella�delle�societa��per�azioni�con�per-
sonalita��giuridica�di�diritto�pubblico�(quali�la�AGE�Control)�o�a�prevalente�
partecipazione�statale,�a�quella�del�privato�concessionario�di�opere�pubbli-
che(15).�Casi�cui�vanno�aggiunte�tutte�le�ipotesi�di�perseguimento�di�finalita��
pubbliche�con�attivita��di�diritto�privato�da�parte�della�pubblica�Amministra-
zione.�Spettera��naturalmente�al�legislatore,�all'interprete�ed�in�definitiva�alla�
Corte�apprezzare�di�volta�in�volta�le�situazioni,�senza�dimenticare�le�valuta-
zioni�di�tipo�sostanzialistico�che�sembrano�aver�fatto�una�volta�per�tutte�
tanto�il�legislatore�comunitario�(per�quanto�riguarda�gli��organismi�di�diritto�

(13)�Per�tutti�A. 
Police,�Lagiurisdizionedelgiudiceamministrativo�e�pienamanon�e�piu�
esclusiva,�in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.�

(14)�A.�Romano,�Il�quadro�normativo�della�giurisdizione�esclusiva�sino�all'avvento�della�
Costituzione,�in�Atti�del�XLIX�Convegno�di�studi�di�scienza�dell'Amministrazione,�Giuffre�,�

Milano,�2004,�42�ss.;�A.�Police,�op.�loc.�cit.�

(15)�Giacchetti,�op.�ult.�cit.;�A.�Pajno,�Giurisdizione�esclusiva�ed��arbitrato�costituzio-
nale,�in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

pubblico�)�quanto�il�legislatore�nazionale,�con�l'art.�6�della�legge�205/2000,�
non�toccato�dalla�Corte(16),�quanto�Cassazione�e�Consiglio�di�Stato(17)�
quanto,�infine,�la�stessa�Corte�Costituzionale,�in�precedenti�sentenze(18)�e�
addirittura�nella�stessa�sentenza�in�esame,�nella�quale�si�afferma�che�il�pub-
blico�potere�autoritativo�puo�essere�esercitato�anche��mediatamente�e�cioe�
avvalendosi�della�facolta�di�adottare�strumenti�intrinsecamente�privatistici�
(par.�3.4.3)��e�si�fa�espresso�richiamo�all'art.�11�della�legge�241/1990�ed�ai�
suoi�accordi�sostitutivi.�Sembrano�condividere�tale�interpretazione�tanto�le�
piu�recenti�decisioni�del�Consiglio�di�Stato�(19)�quanto�il�legislatore,�che�nel�
dare�ulteriore�impulso�alla��privatizzazione��della�pubblica�Amministrazione�
con�la�legge�26�gennaio�2005�n.�15�ed�il�decreto�legge�14�marzo�2005�n.�35�
convertito�in�legge�14�maggio�2005�n.�80�ha�introdotto�nuove�e�corpose�ipo-
tesi�di�giurisdizione�esclusiva�(artt.�19,�5�comma,�21�quinquies,21�septies,25�
comma�5�della�legge�241/1990�nel�suo�testo�novellato)�incompatibili�con�
una�lettura��restrittiva��della�sentenza�della�Corte.�Una�sentenza�che�non�
intende�affatto�escludere�in�assoluto�dalla�giurisdizione�esclusiva�l'attivita�
iure 
privatorum 
dell'Amministrazione,�come�molti�commentatori�sembrano�
ritenere,�ma�solo�quella�esercitata�in�materie�in�cui�non�sia�compresente�una�
attivita�autoritativa�anche�solo�potenziale�della�Pubblica�Amministrazione.�

Tutto�cio�e�,�d'altronde,�congruente�con�la�tradizione�formatasi�in�Italia�
negli�ultimi�15�anni�in�materia�di�privatizzazioni.�Una�tradizione�che�ha�visto�
accompagnarsi�a�tutte�le�privatizzazioni,�indifferentemente�riguardanti�i�sog-
getti,�i�rapporti,�le�proprieta�o�l'attivita�,�il�permanere�della�giurisdizione�in�
capo�al�giudice�amministrativo�in�nome�del�principio�sostanzialistico�della�
omogeneita�di�tutti�gli�strumenti�finalizzati�al�perseguimento�del�pubblico�
interesse�(20).�

D'altronde�la�vicenda�delle�privatizzazioni�in�Italia�non�e�mai�stata�un�
ritrarsi�della�funzione�amministrativa,�ma�solo�una�diversa�modalita�del�suo�
esercizio.�

La�storia�inizia,�come�e�noto,�con�il�crollo�del�muro�di�Berlino.�La�suc-
cessiva�crisi�a�livello�planetario�del�collettivismo�come�filosofia�politico-eco-
nomica�e�la�dissoluzione�dell'impero�che�ne�rappresentava�l'inveramento,il�
rafforzarsi,�a�livello�continentale,�delle�strutture�europeistiche�e�dei�valori�
della�concorrenza�e�del�mercato�con�esse�coessenziali,�la�presa�di�coscienza,�
a�livello�nazionale�e�grazie�all'incisivo�intervento�della�magistratura,�delle�
distorsioni�causate�dal�malaffare�e�dal�malcostume�politico�allignati�soprat-
tutto�nella�gestione�pubblica�dell'economia,�innescarono�una�improvvisa�
�corsa�verso�il�privato��volta�a�raggiungere�la�meta�ultima�di�quello�che�e�
stato�definitivo,�con�suggestiva�immagine,�lo��Stato�minimo�,�da�realizzarsi�
con�una�serie�di��privatizzazioni�.�

(16)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�16�maggio^5�settembre�2005�n.�6.�
(17)�Cass.�SS.UU.�29�dicembre�1990�n.�12221;�ord.�22�dicembre�2003�n.�19667;�Cons.�
Stato,�Ad�Plen.,�22�aprile�1999�n.�4�.�
(18)�Sentenza�28�dicembre�1993�n.�466,�in�Giur. 
cost.�1993,�3829.�
(19)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�20�giugno�2005�n.�5.�
(20)�I.�F.�Caramazza, 
Da 
una 
amministrazione 
senza 
giudice 
ecc..., 
cit.,150�e�ss;�
S.�Giacchetti,�Giurisdizione 
amministrativa 
e 
legge 
15/2005, 
cit.,�384�e�385.�

DOTTRINA�287 


Un�primo�tipo�di�privatizzazioni�riguardo��i�soggetti:�i�grandi�enti�pub-
blici�economici,�quali�IRI,�INA,�ENI,�ENEL�furono�trasformati�in�societa��
per�azioni�ad�azionariato�pubblico,�destinato�in�prospettiva�a�trasformarsi�
in�azionariato�popolare�diffuso.�

Il�secondo�tipo�di�privatizzazione�riguardo��e�riguarda,�poi,�le�attivita��,�
secondo�tre�tipi�possibili�di�moduli.�

Il�primo,�e�piu��pervasivo,�e��quello�del�generale�principio�di�preferenziale�
utilizzazione�del�modulo�privatistico�da�parte�dell'Amministrazione.�E�il�
modulo�che�sembra�prescritto�dall'art.�1,�comma�1�bis,�della�legge�sul�proce-
dimento�novellata�dalla�legge�15/2005�con�norma,�per�vero,�alquanto�oscura�
nella�sua�portata�precettiva�e�che�sembra�tuttavia,�seppur�confusamente,�
esprimere�il�principio�sopra�enunciato.�

Il�secondo�modulo�e��quello�della�amministrazione�partecipata�e�concer-
tata�di�cui�all'art.�11�della�legge�sul�procedimento.�

Il�terzo�modulo�e��quello�dell'Amministrazione�delegata,�cui�molte�volte�
si�e��dovuto�e�si�deve�oggi�fare�ricorso�a�seguito�del�declino�della�burocrazia�
italiana(21)�e�soprattutto�della�crisi�dei�corpi�tecnici�dello�Stato(22).�Il�conse-
guente�difetto�di�capacita��professionali�ha�infatti�causato,�soprattutto�nel�
delicatissimo�e�vitale�settore�dei�lavori�pubblici,�il�ricorso�sempre�piu��fre-
quente�allo�strumento�della�concessione�^usata�ed�abusata�in�tutte�le�sue�
molteplici�possibili�varianti,�quali�concessione�di�sola�costruzione,�di�costru-
zione�e�progettazione,�di�general 
contractor, 
di�servizi,�di�committenza�-con�
conseguente�frequente�trasferimento�al�privato�di�funzioni�pubbliche,�neces-
sarie�per�la�realizzazione�dell'opera,�risolventesi�anch'esso�in�una�forma�sui 
generis 
di�privatizzazione.�

Non�credo,�invece,�che�rientri�nel�genus 
�privatizzazioni��sub 
specie 
di�
trasferimento�di�rapporti�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di�pub-
blico�impiego.�

In�realta��ne�la�sostituzione�dello�strumento�privatistico�a�quello�pubbli-
cistico�quale�fonte�regolatrice�del�rapporto,�ne�la�devoluzione�della�cogni-
zione�dei�diritti�che�ne�discendono�al�g.o.�invece�che�al�g.a.�in�sede�di�giurisdi-
zione�esclusiva,�valgono�a�trasformare�in�rapporto�di�impiego�privato�quello�
che�continua�ad�essere�un�rapporto�di�impiego�pubblico�(23).�

Probabilmente�il�legislatore�e��stato�indotto�in�errore�dalla�moda�della�
generalizzata��corsa�al�privato��del�momento�e�dalla�urgenza�incombente�
che�negli�ultimi�anni�sembra�caratterizzare�l'attivita��legislativa�ed�ha�ecceduto�
nei�mezzi�rispetto�al�fine.�Un�fine�che�se�era�quello�di�equiparare�nella�con-
trattazione�i�dipendenti�pubblici�a�quelli�privati�ben�poteva�essere�raggiunto�
senza�proclamare�inesistenti�privatizzazioni�e�senza�intaccare�un�sistema�di�
riparto�di�giurisdizioni�funzionale�a�quella�compresenza�di�pubblico�e�di�pri-

(21)�G.�Capaldo,�Interessi 
pubblici 
e 
coordinamento 
legislativo 
e 
riflessioni 
in 
margine 
al 
tema 
dei 
reati 
contro 
la 
p.a., 
in�Corruzione 
e 
sistema 
istituzionale 
a�cura�di�M.�D'Alberti�e�
Renato�Finocchi,�Bologna,�1994,�94.�

(22)�E.�Gustapane,�La 
crisi 
dei 
corpi 
tecnici 
dello 
Stato, 
op. 
cit., 
213�e�ss.�
(23)�Cass.,�SS.UU.�28�aprile�1993�n.�4996.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

vato�che�caratterizzava�il�rapporto�di�pubblico�impiego�normativamente�
regolato�e�che�continuera�a�caratterizzare�anche�quello�contrattualmente�
disciplinato,�come�dimostra�il�permanere�della�giurisdizione�del�giudice�
amministrativo�per�tutta�una�serie�di�questioni.�

Orbene,�rimane�da�chiedersi,�di�fronte�alle�privatizzazioni�sopra�ricor-
date,�come�si�sia�atteggiato�il�riparto�di�giurisdizioni.�

La�linea�di�tendenza�emersa�^non�senza�qualche�discontinuita�^dalla�
giurisprudenza�civile,�penale,�amministrativa�e�contabile�(24)�e�stata�quella�
sostanzialistica�della�natura�dell'interesse�e�delle�finalita�perseguite.�Come�
ha�ben�sintetizzato�nel�discorso�pronunciato�all'inizio�del�2005�in�occasione�
dell'inaugurazione�dell'anno�giudiziario�il�Procuratore�Generale�della�Corte�
dei�Conti,�la�finalita�pubblica�perseguita�e�caratteristica�pervasiva�e�rende,�
quindi,�irrilevante�l'eventuale�utilizzazione�di�strumenti�privatistici.�

Ma�v'e�di�piu�.�Il�fine�ultimo�perseguito�attraverso�la�corsa�allo��Stato�
minimo��e�quello�di�una�economia�regolata�dalle�leggi�del�mercato�e�della�
concorrenza�invece�che�dallo�Stato�attraverso�il�potere�di�indirizzo�e�di�
gestione�diretta.�Il�che�comporta�pero�che�alla�privatizzazione�sostanziale�si�
accompagni�la�liberalizzazione,�che�la�privatizzazione�relativa�alle�imprese�
erogatrici�di�servizi�pubblici�e�di�pubbliche�utilita�,�sia�subordinata�a�partico-
lari�cautele,�prima�fra�tutte�la�creazione�di�organismi�indipendenti�per�la�
regolazione�delle�tariffe�ed�il�controllo�della�qualita�dei�servizi�(25),�che�
infine,�venga�istituito�un�sistema�generale�di�controllo�del�mercato�e�della�
concorrenza,�a�tutela�anche�dei�consumatori,�o�addirittura�che�venga�impo-
sto�autoritativamente�un��mercato�simulato��per�garantire�l'esistenza�diun�
sistema�concorrenziale�dove�concorrenza�non�c'e�.�

Come�gia�osservava,�infatti,�un�liberista�della�statura�di�Luigi�Einaudi�
�un�mercato�e�innanzitutto�caratterizzato�dai�carabinieri�che�ne�fanno�rispet-
tare�le�regole��(26).�

L'interesse�pubblico�sotteso�all'economia,�dunque,�che�una�volta�trovava�
la�sua�soddisfazione�attraverso�l'indirizzo�e�l'intervento�diretto�si�e�ritratto�
dall'uno�e�dall'altro,�e�tende�pero�adesso�a�realizzarsi�attraverso�una�funzione�
di�regolazione,�a�garanzia�della�corretta�osservanza�delle�regola�della�concor-
renza�e�del�mercato�(27),�con�conseguente�fioritura�di�una�istituzione�pub-
blica�finora�ignota�al�nostro�ordinamento:�le�Autorita�indipendenti,�che�rap-
presentano�dunque�le�legittime�eredi�del�carabiniere�ottocentesco�nel�nuovo�
Stato�neo-liberista.�

(24)�Vedansi,�per�tutte,�Cass.�SS.UU.�29�dicembre�1990�n.�12221;�Cass.�SS.UU.�6�maggio�
1993�n.�4889�e�27�marzo�1997�n.�2738;�Cass.�pen.�sez.�feriale�19�agosto�1993,�Pancheri�in�
Giust. 
pen., 
1994,�II,�1;�Corte�d'Appello�di�Roma�27�aprile�1994�in�Foro 
it., 
1994,�II,�605;�
Cons.�Stato,�V,�21�ottobre�1991�n.�1250;�Id. 
VI,�20�maggio�1995�n.�498�in�Dir. 
proc. 
amm.vo, 
1996,�147,�con�nota�critica�di�A.�Police;�Corte�costituzionale�28�dicembre�1993�n.�466;�Cons.�
Stato,�V,�27�dicembre�1996�n.�1577.�
(25)�Vedasi�in�particolare�legge�14�novembre�1995�n.�481.�
(26)�F.�Bonelli,�Leprivatizzazioni 
delle 
impresepubbliche, 
Milano,1966,1.�
(27)�N.�Irti,�Il 
diritto 
della 
transizione, 
in�Riv. 
It. 
dir. 
prov.,�1997,11�e�ss.�

DOTTRINA 
289 


Orbene, 
tali 
Autorita� 
, 
anche 
se 
investite 
di 
funzioni 
pubbliche 
neutrali 
da 
�magistrature 
economiche�, 
non 
possono 
essere 
considerate 
nel 
nostro 
ordinamento 
altro 
che 
Autorita� 
amministrative, 
in 
quanto 
tali 
assoggettate, 
secondo 
le 
regole 
generali, 
al 
sindacato 
naturale 
del 
giudice 
amministrativo, 
come 
d'altronde 
previsto 
con 
poche 
eccezioni. 


Attraverso 
il 
sindacato 
degli 
atti 
delle 
Autorita� 
indipendenti, 
il 
giudice 
amministrativo 
resta 
dunque 
il 
giudice 
dell'interesse 
pubblico 
nell'economia 
anche 
nella 
sua 
nuova 
epifania 
regolatrice. 


In 
tale 
linea 
evolutiva, 
che 
ha 
sempre 
visto 
nel 
giudice 
amministrativo 
il 
giudice 
naturale 
della 
funzione 
pubblica 
a 
prescindere 
dalle 
modalita� 
del 
suo 
esercizio, 
mi 
sembra 
collocarsi 
perfettamente 
la 
sentenza 
204/2004 
della 
Corte 
Costituzionale 
che, 
non 
che 
sancire 
una 
mai 
affermata 
incompatibilita� 
della 
attivita� 
iure 
privatorum 
dell'Amministrazione 
con 
la 
giurisdizione 
esclu-
siva, 
ha 
invece 
affermato 
il 
ben 
diverso 
principio 
della 
idoneita� 
ad 
essere 
attratte 
nell'area 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
delle 
sole 
materie 
naturaliter 
appartenenti 
a 
quella 
generale 
di 
legittimita� 
per 
la 
fisiologica 
compresenza 
in 
esse 
di 
un 
potere 
autoritativo 
della 
pubblica 
Amministrazione. 


Dalla 
piana 
enunciazione 
della 
regola 
come 
sopra 
descritta 
dalla 
Corte 
discende 
la 
declaratoria 
di 
illegittimita� 
della 
indiscriminata 
estensione 
della 
giurisdizione 
alla 
materia 
dei 
servizi 
pubblici. 
Estensione 
caratterizzata 
da 
tre 
connotazioni 
che 
la 
Corte 
sembra 
(e 
forse 
non 
a 
torto) 
aver 
considerato 
quasi 
provocatorie 
e 
cioe� 
la 
non 
chiara 
delimitazione 
dei 
confini 
della 
mate-
ria 
denominata 
�pubblici 
servizi� 
(forse 
ha 
giocato 
in 
proposito 
anche 
la 
sin-
golare 
dilatazione 
di 
tali 
confini 
oltralpe); 
la 
sua 
individuazione 
attraverso 
un 
non 
meglio 
identificato 
pubblico 
interesse 
di 
settore; 
infine 
la 
elencazione 
^solo 
esemplificativa! 
^di 
controversie 
a 
carattere 
tipicamente 
ed 
esclusiva-
mente 
privatistico. 


La 
successiva 
statuizione 
caducatoria 
contenuta 
nella 
sentenza 
e 
conse-
guente 
ai 
principi 
enunciati 
ha 
per 
oggetto 
i 
�comportamenti� 
dell'Ammini-
strazione 
in 
materia 
urbanistica 
ed 
edilizia, 
in 
quanto 
i 
comportamenti, 
per 
definizione, 
non 
costituiscono 
esercizio, 
nemmeno 
mediato, 
di 
pubblico 
potere. 


Tale 
statuizione 
riguarda, 
all'evidenza, 
i 
meri 
comportamenti 
del 
tipo 
�ragion 
fattasi�, 
non 
anche 
comportamenti 
conseguenti 
ad 
un 
atto 
autorita-
tivo 
poi 
venuto 
retroattivamente 
meno 
o 
annullato 
(28) 
ne� 
comportamenti 
consistenti 
nel 
mancato 
esercizio 
di 
un 
potere 
autoritativo 
(29) 
in 
quantoin 
tutti 
tali 
casi 
il 
comportamento 
non 
e� 
disconnesso 
dal 
pubblico 
potere 
ma 
e� 
collegato 
ad 
un 
suo 
precedente 
esercizio, 
anche 
se 
poi 
caducato, 
o 
ad 
un 
mancato 
esercizio 
che 
ne 
postula, 
ovviamente, 
la 
compresenza. 


(28) 
Cons. 
Stato, 
Ad. 
Plen. 
20 
giugno 
2005 
n. 
4; 
d'altronde 
in 
tal 
senso 
gia� 
Cons. 
Stato, 
VI, 
20 
aprile 
2004 
n. 
2221. 
(29) 
Cons. 
Stato, 
Ad. 
Plen. 
15 
settembre 
2005 
n. 
7. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Fin�qui�la�pars�destruens�della�sentenza�che�ha�sottratto�al�giudice�ammi-
nistrativo�la�cognizione�di�situazioni�paritarie�come�i�rapporti�debito-credito�
correlati�all'erogazione�di�servizi�pubblici�e�meri�comportamenti(30)�e�che�
sembra�difficilmente�criticabile�e,�tutto�sommato,�di�modesta�portata�in�ter-
mini�generali.�

4.�segue:�c)�risoluzione�della�quarta�ambiguita�.�
Oltre�alla�pars�destruens�la�sentenza�contiene,�poi,�anche�una�pars�con-
struens:�pars�construens�che�appare�di�assai�maggiore�momento�per�la�defini-
zione�delle�nuove�frontiere�della�giurisdizione�amministrativa,�nonostante�
costituisca,�per�generale�opinione,�un�obiter�dictum�(31)�e�che�risolve�quella�
enumerata�all'inizio�della�presente�relazione�come�quarta�ambiguita�costitu-
zionale.�

La�Corte�ha�precisato,�infatti,�che�la�dichiarazione�d'incostituzionalita�
non�investe�in�alcun�modo�^nonostante�i�rimettenti�ne�adducano�il�disposto�
a�sostegno�delle�loro�censure�^l'art.�7�1egge�n.�205�del�2000,�nella�parte�in�
cui�(lett.�c)�sostituisce�l'art.�35�d.leg.�n.�80/1998:�il�potere�riconosciuto�al�giu-
dice�amministrativo�di�disporre,�anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�
specifica,�il�risarcimento�del�danno�ingiusto�non�costituisce�sotto�alcunpro-
filo�una�nuova��materia��attribuita�alla�sua�giurisdizione,�bens|�uno�stru-
mento�di�tutela�ulteriore,�rispetto�a�quello�classico�demolitorio�(e/o�confor-
mativo),�da�utilizzare�per�rendere�giustizia�al�cittadino�nei�confronti�della�
pubblica�Amministrazione.�

La�statuizione�e�di�fondamentale�importanza:�importanza�non�certo�
diminuita�dalla�sua�natura�di�obiter�dictum�per�due�ordini�di�ragioni.�

Innanzitutto�perche�si�tratta�di�un�obiter�dictum�assai�particolare,�in�
quanto,�come�ha�sottolineato�la�stessa�Corte,�i�giudici�remittenti�avevanoa�
lungo�invocato�il�relativo�disposto�a�sostegno�delle�loro�censure,�qualificando�
il�risarcimento�del�danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�come��materia�
nuova��e�trasversale�attribuita�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdi-
zione�esclusiva�in�maniera��indiscriminata�e�generale��e�quindi�al�di�fuori�
del�criterio�di��particolarita���che�deve�presiedere�alla�individuazione�delle�
materie�di�giurisdizione�esclusiva�(32).�Se�di�obiter�dictum�si�tratta�e�comun-
que,�quindi,�un�obiter�dictum�strettamente�connesso�con�la�ratio�decidendi�ed�
anzi�ad�esso�legato�da�un�vero�e�proprio...�nodo�gordiano.�

In�secondo�luogo�va�osservato�che�nella�prassi�di�tutte�le�Alte�Corti�di�
questo�mondo�gli�obiter�dicta�di�oggi�sono�le�rationes�decidendi�di�domani:�
la�legittimita�costituzionale�della�spettanza�al�giudice�amministrativo�della�
tutela�risarcitoria�degli�interessi�legittimi�puo�quindi�ritenersi�dato�ormai�
acquisito�al�sistema.�

(30)�M.�Clarich, 
op.�cit.�
(31)�Per�tutti�M. 
Clarich,�op.�cit.�
(32)�P.�Carpentieri,�La�sentenza�della�Consulta�204/2004�e�la�pregiudiziale�amministra-
tiva,�in�Urbanistica�e�appalti�10/2004.�


DOTTRINA�291 


Tale�opzione�della�Corte�appare�particolarmente�significativa�perche�dal�
punto�di�vista�letterale�entrambe�le�soluzioni�erano�possibili:�quella�adottata�
poggia,�infatti,�(come�quella�precedente)�sulla�base�della�costituzionalizza-
zione�dell'interesse�legittimo�come�figura�soggettiva�sostanziale�pienamente�
tutelata�e�quindi�meritevole�della�tutela�risarcitoria�oltre�che�di�quella�cassa-
toria�e�conformativa,�secondo�la�lettera�dell'art.�24�della�Costituzione.�

Quella�opposta�avrebbe�potuto�essere�sostenuta�sulla�base�della�qualifi-
cazione�normativa�del�risarcimento�come��diritto�patrimoniale�conseguen-
ziale�,�locuzione�che�e�tradizionalmente�usata�nella�disciplina�delle�materie�
assoggettate�alla�giurisdizione�esclusiva(33)�oltreche�,�naturalmente�sulla�base�
del�ben�noto�precedente�della�Cassazione�(sent.�500/1999).�

Nella�scelta,�deve�avere�ovviamente�pesato�l'accento�posto�dalla�Corte�
sulla�rinverdita�centralita�dell'interesse�legittimo�come�situazione�sostanziale�
e�come�naturale�oggetto�della�cognizione�del�giudice�amministrativo.�

Deve�aver�pesato�probabilmente�anche�la�considerazione�di�tipo��poli-
tico��sulla�maggiore�attitudine�del�giudice�amministrativo�a�somministrare�
una�tutela�risarcitoria�che,�in�caso�di�lesione�di�interessi�legittimi,�e�solo�even-
tuale.�

Come�e�noto,�infatti,�quella�dell'interesse�legittimo�e�una�categoria�
creata��in 
vitro�,�una�creatura�artificiale�dalla�multiforme�natura,�un�conteni-
tore�dapprima�riempito�quasi�esclusivamente�da�interessi�oppositivi,�cui�poi�
si�sono�aggiunti�interessi�pretensivi�a�soddisfazione�preregolata,�interessi�pre-
tensivi�a�soddisfazione�discrezionale,�interessi�partecipativi,�interessi�stru-
mentali�e�cos|�via.�Orbene,�se�in�alcuni�dei�casi�menzionati,�in�caso�di�lesione�
dell'interesse,�il�danno�risarcibile�e�in�re 
ipsa 
oppure�e�evidentemente�assente,�
in�altri�la�valutazione�della�sua�esistenza�e�consistenza�richiede�prudenti�giu-
dizi�prognostici�che�solo�l'esperienza�dei�ruotismi�amministrativi�consente�di�
formulare,�con�conseguente�elettiva�competenza�del�giudice�amministrativo.�

L'opzione�della�Corte�costituzionale�conferma�comunque�l'esattezza�
della�tesi�della�pregiudizialita�della�pronuncia�cassatoria�rispetto�alla�pronun-
cia�risarcitoria,�gia�fatta�propria�dalla�giurisprudenza�amministrativa(34).�

5. 
Considerazioni 
conclusive. 
I�rivolgimenti�di�fine�millennio�della�giustizia�amministrativa�erano�stati�
salutati�dai�commentatori�in�vario�modo.�Il�tema�dominante�e�largamente�
prevalente�era�comunque�quello�di�un�requiem 
per�l'interesse�legittimo,�desti-
nato�a�dissolversi�nel�diritto�soggettivo�con�la�perdita�della�funzione�di�discri-
mine�delle�giurisdizioni,�ormai�assolta�dal�criterio�delle�materie�o�dei��bloc-
chi�di�materie��(35).�

L'anomalo�sistema��dualistico��italiano�(in�cui�cioe�il�contenzioso�della�
pubblica�Amministrazione�e�conosciuto�da�due�distinti�giudici,�a�seconda�

(33)�C. 
Varrone,�Lanuova 
disczplinaprocessuale, 
in�Verso 
il 
nuovo 
processo 
amministra-
tivo 
^Commenti 
alla 
legge 
21 
luglio 
2000 
n. 
205 
a�cura�di�V.�Cerulli�Irelli,�Torino,�2000,�36.�

(34)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�26�marzo�2003,�n.�4.�
(35)�M. 
Clarich,�op. 
cit.�e�dottrina�ivi�citata.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

della�situazione�soggettiva�dedotta�in�giudizio)�^si�diceva�^ha�finalmente�
perso�la�sua�anomalia�e�si�avvia�a�diventare�monistico,�come�accade�in�tutti�
gli�altri�stati�d'Europa,�nei�quali�uno�solo�e�il�giudice�della�pubblica�Ammini-
strazione:�quello�ordinario�(ed�unico)�nei�paesi�a�sistema�di�common 
law 
e�

quello�amministrativo�nei�paesi�a�sistema�di�civil 
law. 


L'evoluzione�della�giustizia�amministrativa�italiana�sembrava�incammi-
nata�lungo�una�via�di�omogeneizzazione�soprattutto�indotta,�in�realta�,�dal�
diritto�dell'Unione�Europea�che�non�conosce�gli�interessi�legittimi�e�con�il�
quale�appare�soprattutto�incompatibile�la�loro�irrisarcibilita�,�tradizional-
mente�sancita�nel�nostro�ordinamento.�

Non�a�caso�una�delle�prime�e�piu�sostanziose�soluzioni�di�continuita�
legislativa�nel�principio�di�irrisarcibilita�fu�indotta�da�una�direttiva�europea�
(legge�19�febbraio�1992�n.�142�art.�13).�

La�via�prescelta�dal�legislatore�del�1997-2000�per�realizzare�tale�risultato�
di�omogeneizzazione�fu�quella�di�accentuare�al�massimo�una�tendenza�gia�
manifestatasi�in�maniera�sempre�meno�timida�in�tutto�il�secondo�cinquanten-
nio�del�secolo�trascorso�(36),�cioe�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione�
esclusiva,�sulla�base�di�una�ritenuta�insussistenza�di�limiti�costituzionali�posti�
in�materia�al�legislatore�(37).�

Come�si�e�visto,�la�Corte�e�andata�in�diverso�avviso�ed�ha�delimitato�con�
chiarezza�quali�siano,�in�proposito,�i�limiti�del�potere�discrezionale�del�legi-
slatore.�Limiti,�peraltro,�tanto�poco�costrittivi�^soprattutto�se�si�considera�
quanto�spazio�lasci�all'interprete�una�locuzione�quale��materia�nella�quale�
la�pubblica�Amministrazione�esercita�un�potere�autoritativo��^da�consentire�
al�legislatore�ordinario�di�affidare,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�al�giudice�
amministrativo�italiano�tutta�l'area�di�competenza�che�il�sistema�francese�
affida�al�suo�giudice�amministrativo.�

Giudice�che�pure�e�,�pacificamente�e�tradizionalmente,�giudice��dell'Am-
ministrazione��e�non��nell'Amministrazione�.�

Anche�nel�diritto�francese,�infatti,�quando�l'Amministrazione��n'use 
pas 
lesprerogatives 
depuissancepublique 
etse 
met 
en 
civil�, 
cioe�agisce�iure 
priva-
torum 
(38),�la�giurisdizione�e�del�giudice�ordinario.�Lo�stesso�dicasi�per�i�com-
portamenti,�qualificabili�come��voie 
defait�(39), 
cioe�i�comportamenti�senza�
potere.�

Sara�appena�il�caso�di�aggiungere�che,�naturalmente,�le�giurisprudenze�
nazionali�potranno�divergere�nel�qualificare�quali�attivita�siano�da�conside-
rarsi�iure 
gestionis 
e�quali�comportamenti�siano�da�qualificare��senza�
potere�.�D'altronde,�anche�a�livello�nazionale,�come�e�noto,�non�vi�e�concor-
dia�sul�punto,�fra�Cassazione�e�Consiglio�di�Stato.�

(36)�Per�una�completa�elencazione�di�tutta�la�legislazione�in�materia�vedasi�E.�Picozza,�
Il 
quadro 
normativo 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
dall'avvento 
della 
Costituzione 
ad 
oggi, 
cit.�
63�ss.�

(37)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ord.�1/2000�cit. 
(38)�C.�Debbasch,�Science 
administrative 
�Administration 
publique, 
Dalloz,�Parigi,�
1980,�713.�
(39)�C.Debbasch,�op. 
cit.,�712.�

DOTTRINA�293 


L'importante�e�che�tutta�l'area�astrattamente�disegnata�dal�nostro�legi-
slatore�negativo�come�costituzionalmente�sottratta�alla�giurisdizione�ammini-
strativa�corrisponda�concettualmente�a�quella�pure�sottratta�ad�essa�nel�piu�
classico�e�tradizionale�modello�di�giustizia�amministrativa�monistica�conti-
nentale:�quello�francese.�

Il�paragone�diventa�ancora�piu�calzante�ove�si�pensi�all'acquisto�da�parte�
del�giudice�amministrativo�italiano�della�tutela�risarcitoria�in�materia�cos|�di�
diritti�come�di�interessi.�Il�che�realizza�un�totalizzante�contenzioso��di�piena�
giurisdizione�.�In�realta�la�sostanziale�anomalia�italiana�nel�quadro�europeo�
della�giustizia�amministrativa�non�era�tanto�quella�formalmente�piu�evidente�
del�discrimine�delle�giurisdizioni�basato�sulla�dicotomia�diritto-interesse�legit-
timo�quanto�quella�sostanziale�del�doppio�tabu�della�irrisarcibilita�dell'inte-
resse�legittimo�e�della�negazione�della�tutela�risarcitoria�in�sede�di�giustizia�
amministrativa,�con�conseguenti�dinieghi�di�giustizia�o,�nella�migliore�delle�
ipotesi,�necessita�di�defatiganti�ricorsi�successivi�ai�due�ordini�giurisdizionali.�

Il�secondo�tabu�fu�infranto�dal�legislatore�delegante�del�1997�(40).�Il�
primo�dalla�Cassazione�del�1999�(41).�Il�legislatore�del�2000�(42)�si�limito�ad�
una�lettura�integrata�dei�due�precetti,�legislativo�e�giurisprudenziale.�Se�il�giu-
dice�amministrativo�somministra�anche�tutela�risarcitoria�e�se�la�lesione�del-
l'interesse�legittimo�puo�causare�danno�risarcibile,�ebbene�al�giudice�ammini-
strativo�spettera�la�relativa�pronuncia.�

La�Suprema�Corte,�quindi,�nel�momento�in�cui�capovolgeva�un'ultracen-
tenaria�giurisprudenza�(ritornando�pero�ad�un�proprio�originario�liberale�
orientamento�(43))�portava�acqua�ad�un�mulino�che�non�era�il�proprio�(44).�

In�definitiva�e�per�concludere,�nella�sentenza�204/2004�della�Corte�
Costituzionale�la�pars 
construens 
appare�di�portata�ben�maggiore�della�pars 
destruens. 


Con�essa�il�giudice�amministrativo�ha�perso��qualche�pezzo�marginale�
di�giurisdizione��(45)�oltretutto�poco�congruente,�come�si�e�visto,�con�la�sua�
natura�e�tradizioni,�restandogli�acquisita,�per�converso,�una�tutela�risarcito-
ria�a�360�gradi.�

Di�piu�:�resta�affermato�che�il�legislatore�ordinario�potra�espandere�la�
giurisdizione�esclusiva�a�tutte�le�materie�in�cui�la�pubblica�amministrazione�
eserciti�(anche)�potere�autoritativo,�a�nulla�rilevando�che�a�tale�potere�autori-
tativo�si�affianchi�una�attivita�iureprivatorum. 
Cioe�a�tutte�le�materie�che�tra-
dizionalmente�costituiscono�la�tipica�sfera�di�competenza�del�giudice�ammi-
nistrativo�continentale�e�questo�mi�pare�soddisfi�pienamente�l'istanza�di�
omologazione�europea.�

(40)�Legge�15�marzo�1997�n.�59.�
(41)�Cass.�SS.UU.�22�luglio�1999�n.�500.�
(42)�Legge�21�luglio�2000�n.�205.�
(43)�I.�F.�Caramazza, 
Le 
nuovefrontiere 
della 
giurisdizione 
amministrativa, 
in�Rass. 
Avv. 
Stato 
2004,�791�ss.�

(44)�Forse�non�del�tutto�inconsapevolmente:�vedasi�l'ultimo�capoverso�del�� 
12�della�
motivazione�della�sentenza�500/1999.�
(45)�M.�Clarich, 
op. 
cit. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Finalmente,�dopo�quasi�un�secolo�e�mezzo�di�travagliato�percorso,�il�
sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�si�avvia�a�diventare�pienamente�
satisfattivo.�

La�cosa�piu�singolare�e�che�per�giungere�a�questo�risultato,�che�da�alla�
giurisdizione�amministrativa�italiana�una�pienezza�di�poteri�comparabile�a�
quella�delle�omologhe�giurisdizioni�continentali,�la�Corte�Costituzionale�
abbia�fatto�leva�sulla�costituzionalizzazione�dell'interesse�legittimo.�

Cioe�su�di�un�istituto�nato�come��arma�di�guerra��(46)�brandita�dall'Ese-
cutivo�per�difendere�i�propri�privilegi�dalle�insidie�del�controllo�giurisdizio-
nale.�

E�questa�la�conferma�migliore�che�il�paradosso�e�l'essenza�della�storia�
della�nostra�giustizia�amministrativa.�

(46)�M.�Nigro,�Ma�cos'e�questo�interesse�legittimo?�Interrogativi�vecchi�e�nuovi�spunti�di�
riflessione,�in�Foro�it.,�1987,�V,�470.�


DOTTRINA�295 


Il 
diritto 
degli 
aeroporti 
nel 
nuovo 
codice 
della 
navigazione: 
le 
concessioni 
aeroportuali 


di 
Pierluigi 
Di 
Palma 


1.�Prima�di�affrontare�il�tema�delle�concessioni�aeroportuali�e�necessario�
individuare�il�ruolo�ricoperto�dalle�societa�di�gestione�totale�nell'ambito�del-
l'attuale�assetto�di�competenze�in�materia�di�aviazione�civile,�fatto�che�pre-
suppone�l'esatta�definizione�del�concetto�di��gestore�totale�.�
Infatti,�la�concessione�aeroportuale�viene�rilasciata�dall'amministrazione�
dello�Stato,�latamente�intesa,�in�favore�di�un�soggetto�privato,��gestore�
totale�,�in�relazione�ad�una�verifica�della�sussistenza�di�un�interesse�pubblico�
collegato,�in�particolare,�all'idoneita�del�soggetto,�a�cui�vengono�trasposte�
funzioni�pubblicistiche,�a�presidiare�efficacemente�la�sicurezza�del�trasporto�
aereo�nello�scalo�d'interesse.�

Tale�espressione,�invero,�non�era�presente�nel�codice�della�navigazione�
del�1942�che�ha�continuato�a�disciplinare�con�riconosciuta�difficolta�una�
realta�aeroportuale�che�subiva,�nel�tempo,�profonde�trasformazioni�in�
ragione�dello�sviluppo�delle�infrastrutture�e�dei�traffici�che�ne�mutavanopro-
gressivamente�completamente�la�fisionomia.�

Il�mutamento,�reso�ancor�piu�evidente�dalla�presenza�in�aeroporto�delle�
societa�di�gestione�totale�(affidata�con�leggi�speciali�a�partire�dal�'54�e,�recen-
temente,�in�attuazione�del�regolamento�n.�521/1997)�chiamate�a�gestire�i�prin-
cipali�scali�italiani�nei�quali�si�sviluppa�oltre�l'80%�del�traffico�aereo,ha�
determinato,�soprattutto�negli�ultimi�anni,�approfondimenti�di�carattere�giu-
risprudenziale�in�ordine�ai�limiti�delle�competenze�dei�vari�soggetti,�pubblici�
e�privati,�presenti�negli�aeroporti�e�coinvolti,�in�modo�diverso,�nell'erogazione�
dei�servizi�aeroportuali.�

In�tale�contesto�di�necessaria�individuazione�delle�funzioni�e�delle�corre-
late�responsabilita�dei�vari�operatori�aeroportuali,�il�decreto�legislativo�

n.�96/2005�di�Revisione�della�parte�aeronautica�del�Codice�della�navigazione,�
adottato,�in�attuazione�della�delega�di�cui�alla�legge�n.�265/2004�di�conver-
sione�del�decreto�legge�n.�237/2004,�ha,�tra�l'altro,�provveduto,�in�coerenza�
con�le�norme�comunitarie,�a�precisare�la�nozione�dei�soggetti�aeroportualie�
specificatamente�del�gestore�totale.�
Dunque,�il�concetto�giuridico�di�gestore�totale�sino�ad�oggi�ricavato,�in�
via�interpretativa�e�deduttiva,�dalla�disciplina�contenuta�nelle�leggi�di�settore�
e�nelle�direttive�e�nei�regolamenti�comunitari,�ha�trovato�compiuta�defini-
zione�nell'art.�705�del�Codice�della�Navigazione,�per�come�sostituito�dalle�
norme�di�cui�al�decreto�legislativo�n.�96/2005�(�Il�gestore�aeroportuale�e�il�
soggetto�cui�e�affidato,�insieme�ad�altre�attivita�o�in�via�esclusiva,�il�compito�di�
amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordinare�e�control-
lare�le�attivita�dei�vari�operatori�privati�presenti�nell'aeroporto�o�nel�sistema�
aeroportuale�considerato.�(...)�;�inoltre�l'art.�705�elenca�una�serie�di�compiti�
di�non�facile�netta�identificazione�affidati�al�gestore:��Ferme�restando�la�disci-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

plina�del�Titolo�VII�-Polizia�della�navigazione�-e�comunque�le�competenze�

attribuite�agli�organi�statali�in�materia�di�ordine�e�sicurezza�pubblica,�difesa�

civile,�prevenzione�incendi,�soccorso�eprotezionecivile�(...)�).�

Al�contrario,�fino�ad�oggi,�la�nozione�giuridica�di��gestione�totale��si�
ritrovava�nell'art.�1,�comma�4,�del�decreto�legge�28�giugno�1995,�n.�251,�con-
vertito�dalla�legge�3�agosto�1995,�n.�351�(�Fino�all'affidamento�della�gestione�

totale�alle�societa�di�cui�all'art.�10,�comma�13,�della�legge�24�dicembre�1993,�

n.�537�...�)�e�conseguentemente�era�da�ritenere�che�fosse�da�riferirsi�alla�
�gestione�dei�servizi�ed�alla�realizzazione�di�infrastrutture�aeroportuali�da�

parte�delle�societa�di�capitale�identificate�dal�regolamento�n.�521/97,�ricom-
prendendo�anche�i�gestori�aeroportuali�di�cui�alle�leggi�speciali,�espressa-
mente�richiamati�all'art.�17,�comma�2,�del�regolamento�medesimo.�

La�normativa�comunitaria�ha�rafforzato�la�nozione�giuridica�del�gestore�
aeroportuale,�definendo�l'ente�di�gestione��l'ente�cui�le�disposizioni�legislative�

o�regolamentari�nazionali�affidano,�insieme�ad�altre�attivita�o�in�via�esclusiva,�
il�compito�di�amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordi-

nare�e�controllare�le�attivita�dei�vari�operatori�presenti�nell'aeroporto�o�nel�

sistema�aeroportuale�considerato��(art.�2�-Definizioni�-Direttiva�96/67/CE�
del�15�ottobre�1996,�relativa�all'accesso�al�mercato�dei�servizi�di�assistenza�a�
terra�negli�aeroporti�della�Comunita�).�

Nel�dare�attuazione�alla�citata�direttiva,�il�concetto�di��ente�di�gestione��
e�stato�recepito�nell'ordinamento�nazionale�secondo�l'elaborazione�comunita-
ria�(art.�3�del�decreto�legislativo�13�gennaio�1999,�n.�18),�risultando�un�ele-
mento�assolutamente�importante,�ma�forse�poco�valorizzato.�

Di�recente,�a�rafforzare�il�convincimento�di�un�sempre�maggior�coinvol-
gimento�delle�societa�di�gestione�aeroportuale�nella�conduzione�dello�scalo,�
con�responsabilita�di�coordinamento,�e�intervenuto�il�Regolamento�(CE)�

n.�793/04�che,�nel�modificare�il�Regolamento�(CEE)�n.�95/93,�relativo�a�
norme�comuni�per�l'assegnazione�di�bande�orarie�negli�aeroporti�della�Comu-
nita�,�all'art.�2,�lettera�j),�ha�inserito�la�definizione�di��ente�di�gestione�,�rical-
cando�quella�contenuta�nella�direttiva�96/67/CE.�
La�modifica,�peraltro,�e�stata�correlata�alla�possibilita�,�non�prevista�pre-
cedentemente,�che�il�gestore�aeroportuale�sia�coinvolto�in�una�serie�di�attivita�
per�la�gestione�delle��bande�orarie��di�interesse�dello�scalo.�

Parallelamente,�anche�la�giurisprudenza�ha�preso�atto�delle�mutate�
responsabilita�del�gestore�aeroportuale�e,�in�particolare�il�giudice�di�appello,�
pronunciandosi�sui�fatti�che�hanno�determinato�il�disastro�aereo�di�Verona�
del�13�dicembre�1995,�ha�affermato�il�principio�della�trasposizione�di�funzioni�
in�capo�alle�societa�di�gestione.�

In�tale�contesto,�appare�di�particolare�interesse�come�l'ENAC�abbia�
provveduto,�gia�in�data�7�dicembre�2001,�a�diramare�una�circolare�indirizzata�
alle�proprie�strutture�e�a�tutti�i�gestori�aeroportuali�in�merito�ai��piani�di�
carico�e�centraggio�,�riconoscendo�che�detta�trasposizione�di�funzioni�era�
da�ritenersi�coerente�con�il�ruolo�che�le�nuove�esigenze�di�organizzazione�
sono�andate�definendo�in�concreto�in�capo�alle�societa�stesse.�

I�principi�enucleati�nella�decisione�sul�disastro�di�Verona�e�immediata-
mente�applicati�dall'ENAC,�hanno�trovato�conferma�nella�definitiva�sen-


DOTTRINA�297 


tenza�della�Corte�Suprema�di�Cassazione,�la�quale�ha�affermato�che,�con�la�
stipula�di�una�convenzione,�la�societa�di�gestione�concessionaria�assume�una�
posizione�di�garanzia�rispetto�alla�sicurezza�del�volo,�conservando�l'ammini-
strazione��poteri�autoritativi�di�controllo�e�di�direzione�sulla�gestione�dell'aero-
stazione�e�l'esercizio�dei�servizi�aeroportuali,�anche�mediante�l'emanazione�di�

norme�regolamentari�interne�[...]�.�
Ulteriori�conferme�della�centralita�del�ruolo�di�responsabilita�nella�con-
duzione�dello�scalo,�assunto�dal�gestore�totale�dell'aeroporto,�vengono�da�
recenti�pronunce�del�Giudice�amministrativo�che�ha�ritenuto�la�trasposizione�

di�funzioni�pubblicistiche��l'attuazione�del�principio,�fermo�nel�diritto�sostan-

ziale,�per�cui�il�gestore�aeroportuale�totale�deve�coordinare�l'attivita�degli�opera-

tori�nell'ambito�del�suo�aeroporto��(cfr.�TAR�Lazio,�sez.�III�ter,�ordinanza�
2901,�adottata�nella�Camera�di�Consiglio�del�27�maggio�2004).�

Di�particolare�importanza�appare�poi�la�sentenza�del�TAR�Lazio,�
sez.�III�ter,�n.�1488/04�del�29�gennaio�2004,�depositata�il�17�febbraio�2004,�
non�impugnata�e�quindi�passata�in�giudicato,�che�enuclea,�in�una�serie�di�
passi,�degli�importanti�principi,�rispettivamente�sul�ruolo�del�gestore�esu�
quello�dell'Autorita�pubblica�di�settore:�

�[...]invirtu�delDlg250/1997,�l'ENACsiconfiguraqualeAutorita�aero-

nautica�nazionale,�vale�a�dire�il�soggetto�giuridico�deputato�all'assolvimento�

delle�funzioni�d'amministrazione�attiva,�di�controllo�e�di�vigilanza�nel�settore�

pubblico�dell'aviazione�civile�e�nei�confronti�dell'attivita�delle�societa�di�gestione�

aeroportuale.�
[...]�Assodata,�quindi,�la�competenza�dell'ENAC�e�delle�sue�articolazioni�

periferiche�all'esercizio�della�potesta�tutoria�ex�Dlg�250/1997,�va�disattesa�la�

pretesa�attorea,�laddove�tenta�d'inferire�dalla�gestione�totale�una�sortadi�con-

cessionetraslativa,�afavoredellaricorrente,�dituttiipoteridell'Autorita�aero-

nautica�sull'aeroporto�cos|�gestito.�
[...]�la�gestione�totale�si�manifesta�a�guisa�d'evoluzione�e�non�come�un�

metodo�alternativo�all'uso,�mediante�concessione,�degli�aeroporti�in�tutto�o�in�

parte�statali,�onde�essa�non�e�incompatibile�e,�quindi,�idonea�a�determinare�l'a-

brogazione�implicita�delle�relative�norme�del�codice�della�navigazione.�
[...]�il�D.M.�521/1997�e�fonte�attuativa�e,�al�contempo,�di�messa�a�giorno�

del�sistema�concessorio�istituito�dal�Codice,�alla�luce�dei�nuovi�metodi�operativi�

dell'impresa�aeroportuale,�senza�che�cio�implichi�necessariamente�la�traslazione�

di�competenze�dipolizia�aeroportuale�e�dellanavigazione�aerea�afavore�delcon-

cessionario.�
[...]�neppure�il�D.lg.�18/1999,�ancorche�di�derivazione�comunitaria,�offre�

argomentiprobanti[...]circal'assunzioneintoto,�afavoredellegestioniaero-

portuali�totali,�di�poteri�amministrativi�atti�a�superare�la�funzione�tutoria�

dell'ENAC.�
[...]ilD.lg.�18/1999ribadiscela�competenzadelgestore�totalesullemate-

rie�devolutegli�dalla�legge�e�dalla�Convenzione,�ma�con�la�precisazione�cheil�

potere�di�coordinamento�implicanongia�ilsuperamento�didettipoteridipolizia,�

bens|�l'assunzione�delle�connesse�responsabilita�,�quale�momento�di�garanzia�per�

la�sicurezza�del�volo�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nella�parte�finale�della�motivazione,�inoltre,�vengono�specificatamente�
individuati,�con�l'enunciazione�degli�articoli�del�Codice�della�navigazione�
che�li�prevedono,�salvo�modifiche�apportate�con�il�decreto�legislativo�n.�96/�
2005,�i�poteri�di�polizia�che�restano�incardinati�in�capo�all'ENAC,�quale�
organo�territoriale�dell'Autorita�vigilante.�

Le�importanti�affermazioni�contenute�nella�predetta�sentenza,�circa�la�
ripartizione�dei��poteri�aeroportuali��tra�gestore�ed�ENAC,�hanno�di�recente�
trovato�ulteriore�conferma�in�una�decisione�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�VI�

n.�4609�del�29�aprile�2005,�depositata�l'8�settembre�2005)�che,�nell'accogliere�
l'appello�proposto�dall'Avvocatura�Generale�dello�Stato�statuisce�che�non�
�(...)�vieraincompetenzadellaDCAdiPisaademanarel'ordinanzadicostitu-
zione�obbligatoria�del�consorzio�ed�a�segnalare�l'applicazione�eventuale�della�
sanzione�d'interdizione�dalle�operazioni�di�volo,�dal�momento�che�tale�potere�
derivava�dagli�artt.�698,�718,�719�e�725�del�codice�della�navigazione,�che�conferi-
vano�all'entepoteri�di�vigilanza�e�dipolizia�aeroportuale�e�che,�quindi,�lo�abilita-
vano�all'adozione�delle�necessarie�misure�preventive�tra�cui�anche�quella�dell'in-
terdizionedelvolopermotividisicurezza.�(...)�.�

In�definitiva,�le�sentenze�citate�autorevolmente�avallano�quanto�gia�
affermato�dall'ENAC�con�la�Circolare�APT-08B,�serie�aeroporti,�del�1�marzo�
2002,�in�cui�nella�parte�che�definisce��Funzioni�e�ruolo�degli�enti�aeropor-
tuali��si�legge�quanto�segue.�

�La�disciplina�complessiva�dei�rapporti�con�le�societa�di�gestione�aeropor-

tuale,�nascente�sia�da�apposita�legislazione�sia�da�atti�amministrativi,�evidenzia�

che�si�e�realizzato�in�concreto,�un�trasferimento�di�pubbliche�funzioni�in�capo�

alle�societa�stesse�sia�sotto�il�profilo�attivo,�con�l'attribuzione,�ad�esempio,�del�

diritto�difareproprigli�introitidinatura�erariale,�sia�con�riguardo�allepresta-
zioni�che�sono�obbligate�afornire.�

[...]�In�definitiva,�sulla�base�dell'attuale�quadro�normativo,�e�da�conside-
rarsi�affermato�ilprincipio�secondo�cui�l'organizzazione�delsistema�deicontrolli�

non�puo�prescindere�dalla�rilevazione�delle�posizioni�che,�nel�moderno�assetto�

dell'esercizio�aeroportuale,�sono�attribuite�ai�soggetti�che�operano�in�tale�

sistema;�cio�comporta�che�determinate�competenze,�in�precedenza�riferite�ad�

un�solo�soggetto,�debbano�ora�essere��ripartite��in�stretta�correlazione�con�i�

ruoli�e�le�posizioni�di�ciascuno�.�

In�conclusione,�appare�chiaro�che�il�gestore�totale,�per�normativa�comu-
nitaria�recepita�nel�nostro�ordinamento,�oggi�espressamente�richiamata�nel�
codice�della�navigazione�(art.�705),�e�l'ente�cui�le�disposizioni�normative�o�
regolamentari�nazionali�affidano,�insieme�ad�altre�attivita�,�il�compito�di�
amministrare�e�di�gestire�le�infrastrutture�aeroportuali�e�di�coordinare�e�con-
trollare�le�attivita�dei�vari�operatori�presenti�nello�scalo,�cos|�riconoscendogli,�
nell'attuale�assetto�di�competenze,�il�ruolo�di�soggetto�responsabile�dell'effi-
cienza�ed�operativita�dell'aeroporto,�salvo�il�potere�di�vigilanza�attiva�e�di�
polizia�dell'ENAC�e�degli�altri�organi�dello�Stato.�

La�disciplina�complessiva�dei�rapporti�tra�l'amministrazione�concedente�
e�le�societa�di�gestione�totale,�dunque,�determina�la�formale�trasposizione�di�
funzioni�pubblicistiche�in�capo�al�gestore,�mentre�l'ENAC�si�configura�quale�


DOTTRINA�299 


soggetto�giuridico�deputato�all'assolvimento�delle�funzioni�di�amministra-
zione�attiva,�di�controllo�e�di�vigilanza�nel�settore�dell'aviazione�civile�e,�par-
ticolarmente,�nei�confronti�dell'attivita�delle�societa�di�gestione�aeroportuale.�

Ulteriore�conferma�dei�ruoli,�rispettivamente�di�vigilanza�e�di�gestione,e�
rinvenibile�nel�consenso�rilasciato�recentemente�dall'ENAC�in�favore�di�una�
societa�di�gestione�totale�in�base�all'art.�14�della�legge�n.�241/1990,�come�
modificato�ed�integrato�dalla�legge�11�febbraio�2005�n.�15,�ai�sensi�del�quale�
la�conferenza�di�servizi,�in�caso�di�affidamento�di�concessione�di�lavori�pub-
blici,�puo�essere�indetta,�con�il�consenso�del�concedente,�direttamente�dal�
concessionario.�

Infine,�occorre�segnalare�che,�in�controtendenza�rispetto�al�quadro�
appena�delineato�delle�competenze�assunte�dal�gestore�totale,�sembra�porsi�
la�recente�decisione�del�14�marzo�2005�del�foro�di�Milano�sull'incidente�di�
Linate�che�ha�escluso�addebiti�specifici�a�carico�degli�imputati�dipendenti�
della�societa�di�gestione�totale.�

A�cio�si�aggiunga�che�la�recente�legge,�n.�265/2004�di�conversione�del�
decreto�legge,�n.�237/2004,�recante�interventi�urgenti�nel�settore�dell'avia-
zione�civile�e�poi�il�decreto�legislativo�n.�96/2005�hanno�ulteriormente�disci-
plinato�l'ambito�delle�competenze�del�gestore�aeroportuale,�interessando�con-
seguentemente�lo�svolgimento�delle�funzioni�intestate�alle�Autorita�pubbliche�
di�settore,�con�effetti�che�dovranno�essere�attentamente�analizzati,�nel�corso�
dei�prossimi�mesi.�

2.�Alla�luce�di�quanto�detto�in�merito�al�ruolo�del�gestore�aeroportuale�
che�oggi,�con�la�pubblicazione�sulla�Gazzetta 
Ufficiale 
n.�131�dell'8�giugno�
2005�del�decreto�legislativo�9�maggio�2005,�n.�96�(Revisione 
della 
parte 
aero-
nautica 
del 
Codice 
della 
navigazione, 
a 
norma 
dell'articolo 
2 
della 
legge 
9 
novembre 
2004, 
n. 
265),�ha�trovato�puntuale�definizione�normativa,�e�possi-
bile�affrontare�il�problema�delle�concessioni�aeroportuali�in�relazione�alle�
novita�apportate�al�procedimento�di�affidamento�delle�gestioni�aeroportuali�
dal�decreto�legislativo�n.�96/2005.�

In�definitiva�la�concessione�aeroportuale�serve�a�consolidare�in�capo�ad�
un�soggetto�privato,�il�gestore�aeroportuale,�una�serie�di�funzioni�pubblicisti-
che�tese�a�rafforzare�il�presidio�per�la�sicurezza�del�trasporto�aereo.�

Prima�ancora�di�illustrare�le�principali�novita�che�interessano�tale�proce-
dimento,�sembra�opportuno�porre�in�evidenza�che�la�novella�del�codice�della�
navigazione�appare�diretta�anzitutto�a�consolidare�il�motivo�ispiratore�del�
legislatore�del�1993�che,�nel�porre�le�basi�della�riforma�dell'affidamento�delle�
gestioni�aeroportuali,�ha�inteso�uniformare�le�diverse�tipologie�di�gestione,�
riconducendole�all'unico�paradigma�della�gestione�totale.�

La�linea�di�continuita�prescelta�e�rivolta�ad�incardinare�la�disciplina�
codicistica�della�materia�in�un�alveo�di�competenze�istituzionali�sostanzial-
mente�mutato�per�effetto�della�rinnovata�ripartizione�di�materie�riconosciute�
alle�Regioni�dalla�legge�costituzionale�n.3/2001�che��come�noto��ha�
ascritto�alle�stesse,�tra�le�materie�concorrenti,�gli�aeroporti 
civili.�

In�particolare,�l'articolo�3,�comma�1,�del�decreto�legislativo�n.�96/2005�
ha�riscritto,�tra�gli�altri,�l'articolo�698�cod.�nav.�(Aeroporti 
di 
rilevanza 
nazio-
nale 
e 
di 
interesse 
regionale),�ai�sensi�del�quale��Con 
decreto 
del 
Presidente 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

della�Repubblica,�previa�deliberazione�del�Consiglio�dei�Ministri,�su�proposta�

del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�d'intesa�con�la�Conferenza�per-

manente�per�i�rapporti�tra�lo�Stato,�le�regioni�e�le�province�autonome�di�Trento�

e�di�Bolzano�e�sentita�l'Agenzia�del�demanio,�sono�individuati,�previo�parere�

delle�competenti�Commissioni�parlamentari�da�esprimere�entro�trenta�giorni�

dalla�data�di�assegnazione,�gli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale,�quali�nodi�essen-

ziali�per�l'esercizio�delle�competenze�esclusive�dello�Stato,�tenendo�conto�delle�

dimensioni�e�della�tipologia�del�traffico,�dell'ubicazione�territoriale�e�del�ruolo�

strategico�dei�medesimi,�nonche�di�quanto�previsto�nei�progetti�europei�TEN.�

Con�il�medesimo�procedimento�si�provvede�alle�modifiche�del�suddetto�decreto�

delPresidentedellaRepubblica�(...)�.�

Lo�Stato,�attraverso�una�procedura�che,�per�superare�i�dubbi�di�costitu-
zionalita�secondo�il�principio�di��leale�collaborazione��da�ultimo�riaffermato�
dalla�decisione�della�Suprema�Corte�con�la�decisione�n.�383/05,�garantisce�
un'ampia�partecipazione�istituzionale,�ha�l'onere�di�individuare�sulla�base�di�
criteri�finora�solo�enunciati,�ma�che�dovranno�tradursi�in�dati�concreti,�gli�
aeroporti�sui�quali�esercitare�le�proprie�competenze�esclusive.�La�medesima�
procedura,�inoltre,�dovra�essere�seguita�per�le�eventuali�successive�modifiche�
dell'elenco�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�che�saranno�individuati�in�
prima�istanza.�

Il�tenore�della�norma�e�chiaro,�ma�il�passaggio�di�un�aeroporto�dallo�
Stato�alle�Regioni�o�viceversa�apre�una�serie�di�questioni�in�ordine�al�destino�
dei�rapporti�con�l'eventuale�gestore�concessionario,�statale�o�regionale,�che�
verra�transitato�dall'uno�all'altra�o�viceversa.�

Da�segnalare,�inoltre,�appare�la�nuova�formulazione�dell'articolo�704�
(Rilascio�della�concessione�di�gestione�aeroportuale)�che�dispone�quanto�

segue.�

�Alla�concessione�della�gestione�totale�aeroportuale�degli�aeroporti�di�rile-

vanza�nazionale�si�provvede�con�decreto�del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�

trasporti,�di�concerto�con�il�Ministro�dell'economia�e�delle�finanze�e,�limitata-

mente�agli�aeroporti�militari�aperti�al�traffico�civile,�con�il�Ministro�della�difesa.�

Il�provvedimento�concessorio,�nel�limite�massimo�di�durata�di�quaranta�

anni,�e�adottato,�su�proposta�dell'ENAC,�all'esito�di�selezione�effettuata�tramite�

procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�secondo�la�normativa�comunitaria,�pre-

vieidoneeformedipubblicita�,�nelrispettodeiterminiprocedimentalifissatidal-

l'ENAC,�sentita,�laddove�competente,�la�regione�o�provincia�autonoma�nel�cui�

territorio�ricade�l'aeroporto�oggetto�di�concessione�(...)�.�

Viene�in�sostanza�affermata�la�competenza�dei�Ministri�al�rilascio,�pre-
via�istruttoria�dell'ENAC,�della�concessione�di�durata�massima�quaranten-
nale�e�viene�generalizzata�la�procedura�di�gara�ad�evidenza�pubblica�f
inora�relegata�a�ruolo�residuale��quale�modalita�di�individuazione�del�con-
cessionario.�

Ulteriore�elemento�di�novita�e�il�coinvolgimento,�nel�procedimento�di�
concessione,�della�Regione�o�della�Provincia�autonoma�territorialmente�com-
petente,�sebbene�non�appaia�chiaro�in�quale�fase�e�quindi�quale�soggetto��
l'ENAC�o�il�Ministero��sia�tenuto�ad�acquisirne�l'avviso�e,�soprattutto,�
dovra�essere�chiarito�il�significato�dell'espressione��laddove�competente�,�


DOTTRINA�301 


visto�che�non�puo�ovviamente�riferirsi�ad�una�competenza�territoriale�che�esi-
ste�sempre,�e�che,�trattandosi�di�aeroporti�di�importanza�nazionale,�le�
Regioni�sono�incompetenti�in�quanto�materia�estranea.�

In�ogni�caso,�il�comma�2�dell'art.�3�del�decreto�legislativo�96/2005�pre-
vede�che��Indipendentemente�dall'individuazione�degli�aeroporti�di�rilevanza�
nazionale,�ai�sensi�dell'articolo�698�del�codice�della�navigazione,�da�effettuare�
entro�centoventi�giorni�dalla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legi-
slativo,�le�disposizioni�di�cui�all'articolo�704,�primo�e�secondo�comma,�del�codice�
della�navigazione,�come�modificato�dalpresente�decreto�legislativo,�non�si�appli-
cano�alle�concessioni�della�gestione�aeroportuale�gia�rilasciate,�anche�in�base�a�
legge�speciale,�nonche�ai�procedimenti�di�rilascio�della�concessione�su�istanza�
antecedente�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legislativo,�ai�
sensi�del�decreto�del�Ministro�dei�trasporti�e�della�navigazione�12�novembre�
1997,�n.�521.�Detti�procedimenti�devono�concludersi�entro�un�anno�dalla�data�
di�entrata�in�vigore�delpresente�decreto�legislativo.�Decorso�inutilmente�il�detto�
termine�le�societa�istanti�possono�chiedere,�con�oneri�a�carico�delle�medesime,�
al�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�la�nomina�di�un�Commissario�
ad�acta,�il�quale�nei�successivi�sessanta�giorni�provvede�sull'istanza,�provve-
dendo�al�rilascio�della�concessione�una�volta�verificato�ilpossesso�dei�necessari�
requisiti�.�

Si�tratta�di�una�norma�di�natura�transitoria�rispetto�alle�vigenti�potesta�
regionali�in�materia,�che�fa�salvi�i�provvedimenti�di�concessione�gia�rilasciati�
ed�e�destinata�ad�assicurare�in�tempi�contenuti�il�completamento�dei�procedi-
menti�avviati�in�relazione�alle�domande�di�affidamento�presentate�ai�sensi�
del�regolamento�n.�521/97.�

Il�tenore�della�disposizione,�riferendosi�alle�istanze�antecedenti�alla�data�
di�entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo,�peraltro,�risolve�in�nuce�la�dibat-
tuta�questione�della�natura�dei�termini�che�stabilivano�la�scadenza�degli�
adempimenti�stabiliti�dal�regolamento.�

Sennonche�,�l'esordio�della�disposizione�(Indipendentemente�dall'indivi-

duazione�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�...)�appare�chiaramente�rivolto�

ad�assicurare�che�le�Autorita�competenti�(ENAC�e�Ministero)�possano�perfe-
zionare�l'affidamento�di�tutte�le�gestioni�totali�richieste,�secondo�un�procedi-
mento�rispetto�al�quale�e�ininfluente�(questo�e�il�senso�comune�dell'avverbio�
�Indipendentemente��usato�dal�legislatore)�ogni�effetto�derivante�dalla�classi-
ficazione�degli�aeroporti,�quando�essa�sara�definita.�

Il�tenore�della�norma,�dunque,�induce�a�ritenere�che�il�legislatore�abbia�
voluto�in�tal�modo�dare�continuita�ai�procedimenti�avviati�in�vigenza�del�
regolamento�n.�521/97��i�cui�contenuti�sono�stati�successivamente�integrati�
dalle�disposizioni�della�legge�9�novembre�2004,�n.�265��limitando,�conse-
guentemente,�l'ambito�di�applicazione�della�nuova�disciplina�ai�procedimenti�
di�affidamento�degli�aeroporti�che�non�sono�stati�richiesti��con�istanza�ante-
cedente�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�presente�decreto�legislativo,�ai�sensi�
del�decreto�del�Ministro�dei�trasporti�e�della�navigazione�12�novembre�1997,�

n.�521�.�
A�ben�vedere,�la�portata�innovativa�della�norma�sembra�destinata�a�non�
avere�effetti�sulla�totalita�dei�procedimenti�di�affidamento�degli�aeroporti�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

gia�gestiti�in�regime�parziale�o�precario�ne�sugli�aeroporti�affidati�in�gestione�
totale�con�leggi-provvedimento�(complessivamente�48�aeroporti),�con�la�con-
seguenza�che,�in�sostanza,�la�nuova�disciplina�riguarderebbe�gli�aeroporti�
minori�gestiti�direttamente�dallo�Stato�(Lampedusa,�Pantelleria,�Roma-Urbe�
ed�altre�poco�significative�realta�aeroportuali)�e�quelli�di�futura�realizzazione.�

D'altra�parte,�l'ENAC,�gia�alla�data�di�pubblicazione�del�decreto�legge�8�
settembre�2004,�n.�237,�successivamente�convertito�nella�legge�n.�265/2004,�
recante�la�previsione�di�individuazione�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale,�
ha�ritenuto�irrilevante�tale�scelta�ai�fini�dell'ulteriore�corso�dei�procedimenti�
di�affidamento�delle�gestioni�totali;�tanto�e�vero�che,�pur�non�conoscendo�
quali�fossero�gli�aeroporti�rientranti�nelle�competenze�statali�ne�i�criteri�di�
scelta,�ha�continuato�a�dare�corso�alla�stipula�di�convenzioni�ed�proporre�la�
sottoscrizione�dei�relativi�decreti�interministeriali�di�concessione,�peraltro�
non�ancora�efficaci.�

Per�i�procedimenti�di�affidamento�avviati�in�relazione�a�istanze�presen-
tate�prima�dell'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�e�per�quelli�gia�perfe-
zionati,�la�disciplina�di�transizione�introdotta�dal�legislatore�esclude�anche�
l'applicazione�dell'articolo�704,�comma�1,�ai�sensi�del�quale��Alla�concessione�
della�gestione�totale�aeroportuale�degli�aeroporti�di�rilevanza�nazionale�siprov-
vede�con�decreto�del�Ministro�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�di�concerto�
con�il�Ministro�dell'economia�e�dellefinanze�e,�limitatamente�agli�aeroporti�mili-
tari�aperti�al�traffico�civile,�con�il�Ministro�della�difesa�.�

Conseguentemente,�per�le�fattispecie�richiamate�dal�comma�2�dell'arti-
colo�3�del�decreto�legislativo�n.�96/2005,�ferma�restando�la�vigilanza�del�
Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti,�le�concessioni�di�gestione�totale�
dovranno�ritenersi�perfezionate�all'esito�dei�procedimenti�di�competenza�del-
l'ENAC.�

Coerentemente�con�quanto�sostenuto,�l'ultima�parte�dell'art.�3,�
comma�2,�dispone�che:��...�le�societa�istanti�possono�chiedere�...�al�Ministro�

delle�infrastrutture�e�dei�trasporti�la�nomina�di�un�Commissario�ad�acta,�il�quale�

neisuccessivisessanta�giorniprovvede�sull'istanza,�provvedendo�alrilascio�della�

concessione�una�volta�verificato�ilpossesso�dei�necessari�requisiti.�.�

La�disposizione,�partendo�dal�presupposto�oggettivo�del�superamento�
del�tempo�massimo�di�un�anno�dall'entrata�in�vigore�del�decreto�legislativo�
e�della�mancanza�di�un�provvedimento�di�concessione,�legittima�il�soggetto�
che�abbia�richiesto�la�concessione�a�rivolgersi�al�Ministro�affinche�nomini�
un�Commissario�ad�acta,�inteso�quale�organo�straordinario,�incaricato�di�
definire�gli�adempimenti�non�perfezionati�dall'Ente.�

Pertanto,�il�Commissario�non�solo�provvede�sull'istanza,�curando�il�com-
pletamento�delle�fasi�istruttorie�riguardanti�l'accertamento�dei�requisiti�stabi-
liti�dal�regolamento�n.�521,�l'esame�e�la�valutazione�dei�programmi�di�inter-
vento�pluriennali�comprensivi�dei�piani�di�investimento�ed�economico-finan-
ziari�ai�fini�della�determinazione�della�durata�dell'affidamento,�ma,�una�
volta�ultimata�tale�fase,�deve�altres|�curare�la�sottoscrizione�della�conven-
zione�di�affidamento�e�del�contratto�di�programma,�provvedendo�infine�al�

rilascio�della�concessione.�


DOTTRINA�303 


La�norma,�dunque,�attribuisce�al�Commissario�la�competenza�ad�adot-
tare�l'atto�conclusivo�del�procedimento,�operandosi,�quindi,�in�capo�all'or-
gano�straordinario�dell'ENAC�una�concentrazione�di�attivita�fin�qui�ripartite�
tra�soggetti�diversi.�

Il�nuovo�assetto�di�competenze�appena�delineato�induce�a�ritenere�che�il�
legislatore�abbia�voluto�ricondurre�integralmente�in�ambito�ENAC�la�defini-
zione�dei�procedimenti�di�affidamento�delle�gestioni�totali�cui�fa�riferimento�
il�comma�2�dell'art.�3,�sia�per�le�attivita�istruttorie�che�per�l'emanazione�del�
provvedimento�di�concessione.�

Al�riguardo,�si�segnala�che�la�IX�Commissione�Trasporti,�nel�corso�di�
dibattiti�successivi�all'emanazione�del�decreto�legislativo�n.�96/2005�ha�avuto�
modo�di�affermare�che�nel�redigere�le�modifiche�al�citato�codice,�si�e�previsto,�
all'articolo�716,�che�le�disposizioni�di�cui�all'articolo�704,�commi�1�e�2,�del�
codice�della�navigazione,�come�modificato�dal�decreto�legislativo,�non�si�
applichino�ai�procedimenti�concessori�originati�da�istanze�presentate�antece-
dentemente�all'entrata�in�vigore�del�medesimo�decreto.�A�quei�provvedimenti�
concessori�per�i�quali�la�domanda�sia�stata�presentata�precedentemente�si�
dovrebbe�quindi�applicare�non�questa�norma�ma�la�disposizione�prevista�dal-
l'articolo�704,�comma�3,�secondo�cui�l'affidamento�in�concessione�e�subordi-
nato�all'ottenimento�da�parte�del�gestore�aeroportuale�della�apposita�certifi-
cazione�rilasciata�dall'ENAC�e�alla�sottoscrizione�di�una�convenzione�e�di�
un�contratto�di�programma�tra�il�gestore�aeroportuale�e�l'ENAC,�nel�rispetto�
delle�direttive�emanate�dal�Ministero�delle�infrastrutture�e�dei�trasporti.�

Le�indicazioni�della�Commissione�Parlamentare�che,�sul�punto,�si�e�
espressa�senza�distinzioni�di�appartenenza�politica,�assumono�una�valenza�
interpretativa�autentica�da�cui�l'Amministrazione�non�potra�discostarsi�facil-
mente,�sembrano�confermare�che�la�ratio 
legis 
e�quella�di�portare�a�termine,�
attraverso�lo�strumento�della�semplificazione�procedimentale�e�della�concen-
trazione�di�competenze�in�capo�ad�un�unico�soggetto�(l'ENAC),�quella�
riforma�delle�gestioni�aeroportuali�concepita�nell'ormai�lontano�1993,�quan-
tomeno�con�riferimento�a�quelle�tuttora�pendenti�e�rispetto�alle�quali�l'ammi-
nistrazione�non�e�riuscita�a�dare,�nell'ultimo�periodo,�positiva�e�definitiva�
risposta.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Silenzio�inadempimento,�denuncia�di�inizio�attivita�,�
silenzio�assenso,�accesso:�le�novita�della�legge�80/05�

di 
Maria 
Vittoria 
Lumetti 


SOMMARIO:�1.�Il�silenzio�e�la�conclusione�del�procedimento.�L'art.�2,�sosti-

tuito�dall'art.�3,�comma�6�bis�della�legge�80/2005.�^2.�La�legge�80/05�

prevedelapossibilita�dapartedelG.A.�diconoscerelafondatezzadel-

l'istanza.�^3.�Il�rito�speciale�del�silenzio�introdotto�dalla�

legge�205/2005�e�modificato�dalla�legge�80/2005.�^4.�L'oggetto�del�

giudizio�amministrativo�del�rito�del�silenzio�e�gli�orientamenti�dottrinari�

e�giurisprudenziali.�^5.�La�riforma�dell'art.�18�l'art.�3,�comma�6�novies�

aggiunge�il�comma�2�bis�^6.�L'art.�19�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�1�

legge�80/2005.�La�denuncia�di�inizio�attivita�.�La�natura�giuridica�della�

d.i.a.�e�la�riformulazione�dell'art.�19.�^7.�L'art.�20�legge�241/2005�e�
sostituito�dall'art.�3,�comma�6�ter�della�legge�80/2005.�^8.�L'�art.�21�e�

riformato�dall'art.�3,�6�novies�della�legge�80/2005�^9.�In�materia�di�

accesso�viene�introdotta�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�L'art.�3,�

comma�6deciesaggiunge�ilcomma5all'art.�25.�

1.�Il�silenzio�e�la�conclusione�del�procedimento.�L'art.�2,�sostituito�dall'art.�3,�
comma�6�bis�della�legge�80/2005.�

La�legge�n.�80/2005�ha�portato�a�novanta�i�giorni�a�disposizione�del-
l'amministrazione�per�concludere�il�procedimento.�In�effetti�trenta�giorni�
apparivano�eccessivamente�esigui�per�far�fronte�all'enorme�carico�di�lavoro�
delle�amministrazioni.�

Prevede,�anche,�la�possibilita�per�il�giudice�di�conoscere�la�fondatezza�
dell'istanza�proposta�da�parte�del�giudice�amministrativo.�

2.�La�legge�80/05prevede�lapossibilita�daparte�del�G.A.�di�conoscere�lafonda-
tezza�dell'istanza�

La�legge�n.�80�del�2005�ha�innovato�l'art.�2�della�legge�241/1990,�che�
non�era�stato�sul�punto�toccato�dalla�legge�n.�15.�

L'art.�6�bis�della�legge�ha�inserito�un�inciso�al�comma�5�dell'art.�2:�
�Il�giudice�amministrativo�puo�conoscere�della�fondatezza�dell'istanza�.�

In�questo�modo�viene�riconosciuta�la�possibilita�per�il�giudice�amministra-
tivo�di�sindacare�anche�il�merito�dell'istanza�e�di�pronunciarsi�sulla�richiesta�atto-
rea,�senza�limitarsi�a�dichiarare�l'obbligo�per�la�P.A.�di�pronunciarsi�tout�court.�

La�legge,�tuttavia,�non�recepisce�l'orientamento�che�si�era�formato�in�
giurisprudenza�a�seguito�dell'�ad.�plen.�del�Consiglio�di�Stato,�9�gennaio�
2001,�n.�1.�

L'ad.�plen.,�infatti,�facendo�chiarezza�in�merito�al�dibattito�dottrinario�
che�si�era�sviluppato�a�seguito�dell'introduzione�del�rito�speciale�del�silenzio�
da�parte�della�legge�205/2000,�aveva�limitato�i�poteri�del�giudice�amministra-
tivo�in�tema�di�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.�


DOTTRINA�305 


In�caso�di�ricorso�avverso�il�silenzio,�la�cognizione�del�giudice�era�limi-
tata�all'accertamento�dell'illegittimita��dell'inerzia�dell'amministrazione�e�non�
si�estendeva�all'esame�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato�
(sentenza�di�mero�accertamento).�

Prima�della�legge�80/2005�il�compito�del�giudice�era�esclusivamente�
quello�di�accertare�se�il�silenzio�della�P.A.�fosse�o�non�fosse�illegittimo�e,�in�
caso�di�accoglimento�del�ricorso,�di�ordinare�alla�P.A.�di�provvedere�sull'i-
stanza�avanzata�dal�soggetto�privato�nominando,�nell'eventualita��di�ulteriore�
inerzia,�un�commissario�ad 
acta.�

Il�giudice,�pertanto,�non�si�sostituiva�alla�P.A.�in�nessuna�fase�del�giudi-
zio,�ma�accertava�l'illegittimita��o�meno�del�silenzio.�

Ora,�invece,�ha�il�potere�discrezionale�di�pronunciarsi�anche�nel�merito�
della�questione.�

3. 
Il 
rito 
speciale 
del 
silenzio 
introdotto 
dalla 
legge 
205/2005 
e 
modificato 
dalla 
legge 
80/2005.�

L'introduzione,�con�la�legge.�205/2005,�nel�contesto�della�riforma�del�
processo�amministrativo,�di�una�regola�processuale�speciale�(che�si�accosta�
ad�altre�forme�di�riti�speciali)�per�i�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.,�
ha�sortito�l'effetto�di�rilanciare�il�dibattito�dottrinario�e�giurisprudenziale�
sulla�questione�della�tutelabilita��delle�situazioni�giuridiche�soggettive�dei�pri-
vati�nell'ipotesi�di�mancata�adozione�del�provvedimento�amministrativo.�

Il�rito�e�incentrato�sulla�emanazione�in�tempi�brevi�di�una�sentenza�del�
giudice�amministrativo�che�ordina�alla�P.A.�di�provvedere�e�su�una�succes-
siva,�eventuale,�seconda�fase,�costituita�da�un�giudizio�di�ottemperanza�spe-
ciale�o�anomala,�che�si�apre�con�l'insediamento�di�un�commissario�in�sostitu-
zione�dell'amministrazione�rimasta�inadempiente�all'ordine�del�giudice.�

La�legge�205/2000�persegue,�com'e��noto,�principalmente�tre�obiettivi:�
l'acceleramento�dei�processi(1),�la�semplificazione�e�deflazione�dei�procedi-
menti,�il�recepimento�a�livello�legislativo�dei�principi�elaborati�dalla�giuri-
sprudenza.�

Alla�base�della�riforma�del�processo�amministrativo,�infatti,�vi�e��l'insop-
primibile�necessita��di�rendere�effettivo�il�collegamento�tra�diritto�sostanziale�
e�processo,�tra�situazione�giuridica�di�tipo�pretensivo�e�la�tutela�giurisdizio-
nale�di�annullamento,�al�fine�di�realizzare�la�completa�attuazione�degli�
artt.�24�e�113�della�Costituzione.�

Per�la�prima�volta�il�legislatore�ha�introdotto�un�giudizio�sul�silenzio:�un�
modello�similare�esisteva�solo�nei�trattati�Ceca�e�Cee.�

La�legge�205,�come�detto,�introduce�una�regola�processuale�speciale:�i�
ricorsi�avverso�il�silenzio�inadempimento,�potranno�decidersi�direttamente�
in�camera�di�consiglio,�e�non�a�seguito�di�pubblica�udienza,�analogamente�a�
quanto�avviene�per�la�domanda�cautelare.�

(1)�Interessante�e��notare�che�anche�Giustiniano�ordino��ai�giudici�di�decidere�una�causa�
entro�3�anni�(ne 
litesfiant 
immortales).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�problema�relativo�al�tipo�di�azione�esperibile�al�fine�di�superare�il�
silenzio�dell'Amministrazione,�di�cui�si�e�discusso�in�dottrina�(2),�pare�oggi�
risolto�per 
tabulas 
dall'art.�21�bis.�

Tale�soluzione,�peraltro,�riduce�anche�le�distanze�tra�processo�ammini-
strativo�e�processo�civile,�in�quanto�ora�il�processo�amministrativo�e�conce-
pito�anche�come�giudizio�sul�rapporto�e�non�sull'atto.�

L'art.�21�bis 
della�legge�T.A.R.�cos|�come�riformato�dalla�legge�205�del�
2000,�ha�introdotto,�dunque,�un�sensibile�mutamento.�

La�forma�della�decisione�consiste�in�una�sentenza�motivata�succinta-
mente,�come�previsto�dall'art.�9�della�stessa�legge�205/2000.�

I�termini�sono�estremamente�concentrati,�sia�per�il�primo�che�per�il�
secondo�grado.�

Ma�la�vera�novita�risiede�nell'art.�21,�comma�2:�accolto�in�tutto�o�in�
parte�il�ricorso�di�primo�grado�il�G.A.,�se�persiste�l'inerzia�dell'Amministra-
zione�ordina,�con�la�stessa�pronuncia�conclusiva,�di�provvedere�e,�in�caso�di�
ulteriore�inerzia,�nomina�un�commissario�ad 
acta.�

L'intuizione�della�stigmatizzazione�del�collegamento�logico�tra�accerta-
mento�e�condanna�^strumenti�coercitivi�e�sostitutivi,�concretizza�un�accerta-
mento�con�funzione�prodromica�alla�fase�dell'esecuzione,�che�si�conclude�
con�una�sentenza,�come�tale�idonea�al�giudicato.�

Attraverso�la�disposizione�dell'art.�21�bis,�fa�ingresso�nel�processo�ammi-
nistrativo�a�favore�del�privato�l'azione�di�condanna�intentata�nei�confronti�
della�P.A.,�al�fine�di�ottenere�un�provvedimento.�

La�possibilita�di�condannare�la�P.A.�ad�un�facere 
specifico�e�una�asso-
luta�novita�nel�nostro�ordinamento�(che�puo�riecheggiare�gli�interventi�preto-
rili�in�materia�di�salute�degli�anni�settanta).�

C'e�un�insieme�di�istituti�gia�preesistenti:�cio�si�evince�soprattutto�nella�
seconda�fase.�

D'altronde,�si�era�proprio�auspicato�un�intervento�del�legislatore�volto�a�
�eliminare�l'inconveniente�di�dover�proporre�due�ricorsi�(uno�per�accertare�
l'inerzia,�l'altro�per�l'ottemperanza�all'obbligo�di�provvedere)�e�quindi�abbre-
viare�considerevolmente�i�tempi�necessari�per�ottenere�giustizia��(3).�

La�seconda�fase,�infatti,�e�strutturata�come�un�giudizio�di�ottemperanza�
speciale�o�anomalo,�con�la�possibilita�di�nominare�un�commissario�ad 
acta.�

La�legge�delega�prevede�che�il�processo�civile�possa�essere�il�modello�di�
riferimento.�

(2)�G.�Vacirca,�Notesull'evoluzionedellagiurisprudenza 
inmateriadisilenzio 
dellapub-
blica 
amministrazione,in�Foro 
amm.,�1989,�440.�

(3)�G.�Vacirca,�Note...op.cit., 
440,�ove�tuttavia�si�segnala�il�rischio�che��una�disciplina�
legislativa�dei�rimedi�contro�il�silenzio-rifiuto�irrigidisca�l'istituto,�privando�il�giudice�di�ogni�
margine�di�discrezionalita�,�il�che�potrebbe�aggravare�anziche�risolvere�certi�problemi�dell'at-
tivita�amministrativa�.�

DOTTRINA�307 


Nell'art.�21�bis 
il�silenzio�rileva,�dunque,�come�fatto�avente�valore�di�pre-
supposto�processuale�che,�di�conseguenza,�consente�di�adire�il�giudice�ammi-
nistrativo�(4).�

Il�giudizio,�dunque,�e�distribuito�in�due�fasi:�la�prima�fase�di�cognizione�
e�la�seconda�di�ottemperanza�(il�commissario�ad 
acta 
deve�verificare�se�l'Am-
ministrazione�ha�adempiuto).�

Si�profila�un�rito�camerale�a�cognizione�sommaria,�che�potrebbe�essere�con-
siderato�a�cognizione�piena,�visto�che�e�prevista�l'�emanazione�di�una�sentenza.�

E�un�micro�giudizio,�un�segmento�di�tutela�tipico�della�giurisdizione�
esclusiva,�un�innesto�tra�procedimento�e�processo,�in�cui�l'esigenza�di�tempi�
accelerati�si�coniuga�con�l'emanazione�di�una�sentenza�da�adottare�in�camera�
di�consiglio.�

Con�la�205�il�legislatore�e�stato�pragmatico:�e�possibile�individuare�la�
causa 
petendi 
dell'azione�nella�valutazione�contenutistica�e�sostanziale�del�
provvedimento,�al�fine�di�orientare�la�condotta�successiva,�anche�per�il�com-
missario�ad 
acta,e�il�petitum 
nell'ordine�nei�confronti�della�P.A.�di�adottare�
un�determinato�provvedimento,�indipendentemente�dal�suo�contenuto.�

Il�rito�del�silenzio�si�chiude�con�una�sentenza�che�contiene,�tuttavia,�l'ac-
certamento�della�violazione�ed,�in�piu�,�i�germi�dell'esecuzione:�vi�e�,�infatti,�
stigmatizzato�un�collegamento�logico�tra�accertamento�e�condanna�e�stru-
menti�coercitivi�e�sostitutivi,�ove�risulta�agevole�cogliere�la�sequenza�corretta�
di�tale�intuizione�(5).�

Si�tratta�di�un�rito�variabile�il�cui�contenuto,�sotto�il�profilo�degli�snodi,�
non�e�rigidamente�precostituito,�ma�e�flessibile,�per�essere�adattato�al�caso�
concreto,�in�aderenza�a�quanto�auspicato�in�dottrina�(6).�

Il�rito�camerale,�in�un�contesto�fortemente�tipizzato�come�quello�del�
silenzio,�e�il�piu�idoneo�a�tutelare�il�privato,�in�quanto�garantisce�sia�il�princi-
pio�della�effettivita�sia�quello�della�efficienza.�

Attraverso�la�disposizione�dell'art.�21�bis 
fa�ingresso,�dunque,�nel�pro-
cesso�amministrativo,�a�favore�del�privato,�l'azione�di�condanna�intentata�
nei�confronti�della�P.A.,�al�fine�di�ottenere�un�provvedimento.�

(4)�Gli�artt.�33,�34,�35�del�d.lgs�80/1998�registrano,�infatti,�una�evoluzione�ed�un�supera-
mento�della�struttura�del�processo�amministrativo�come�processo�da�ricorso,�con�la�conse-
guente�nascita�di�un�processo�intermedio�tra�il�processo�amministrativo�classico�e�il�processo�
civile.�Eloquente�si�configura,�inoltre,�la�modifica�del�comma�2�dell'art.�111,�Cost.�che�ha�
sancito�l'introduzione�a�livello�costituzionale�del�principio�del�giusto�processo,�con�evidenti�
risvolti�anche�sul�processo�amministrativo.�
E�da�notare�che�nella�originaria�impostazione�del�processo�amministrativo�la�sentenza�
costitutiva�rappresentava�l'unico�sbocco�possibile,�e�cio'�a�causa�della�primigenia�costruzione�
di�tale�processo�sulla�falsariga�del�modello�del�controllo�sull'atto.�

(5)�L'art.�21�bis 
presenta�un'analogia�con�il�tenore�letterale�e�con�il�meccanismo�proces-
suale�previsto�dall'art.�25,�comma�4�e�5�legge�241/1990�in�tema�di�accesso,�ora�ritoccato�dal-
l'art.�4�legge�205.�La�norma,�infatti,�e�calibrata�sul�tipo�di�condotta�tenuta�in�concreto�dal-
l'Amministrazione�e�non�sul�tipo�di�posizione�giuridica�fatta�valere�dal�privato�(diritto�sog-
gettivo�o�interesse�pretensivo)�o�utilitas 
che�lo�stesso�vuole�trarre.�
(6)�G.�Vacirca, 
Note...op.cit., 
440.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�riforma�del�rito�del�silenzio�e�in�linea�con�le�recenti�direttive�legisla-
tive:�negoziabilita��,�compartecipazione�del�potere,�effettivita��della�tutela�giuri-
sdizionale.�

A�tal�fine�si�evidenzia�la�specialita��del�diritto�amministrativo,�inteso�alla�
maniera�kelseniana:�non�come�estraneita��all'ordinamento�giuridico,�ma�come�
riconducibilita��a�regole�in�parte�diverse�da�quelle�del�diritto�privato�proprio�
in�ragione�della�sua�specialita��.�

E�opportuno�precisare�che�l'art.�21�bis 
presenta�un'analogia�con�il�tenore�
letterale�e�con�il�meccanismo�processuale�previsto�dall'art.�25,�co�4�e�5�legge�
241/1990�in�tema�di�accesso,�ora�ritoccato�dall'art.�4�della�legge�205.�

La�norma�e��calibrata�sul�tipo�di�condotta�tenuta�in�concreto�dall'Ammi-
nistrazione,�e�non�sul�tipo�di�posizione�giuridica�fatta�valere�dal�privato�
(diritto�soggettivo�o�interesse�pretensivo)�o�utilitas 
che�lo�stesso�vuole�trarre.�

Si�rinvengono�differenze�tra�la�figura�del�commissario�ad 
acta 
nel�giudi-
zio�sul�silenzio�e�in�quello�di�ottemperanza,�scaturenti�dalla�diversa�struttura�
dei�due�tipi�di�giudizi.�

Nel�giudizio�sul�silenzio�la�nomina�e��imposta�dalla�legge,�nel�giudizio�di�
ottemperanza,�invece,�e��discrezionale.�

La�circostanza�che�per�l'esecuzione�del�decisum 
la�nomina�del�commissa-
rio�ad 
acta 
rappresenti�un�atto�dovuto�piuttosto�che�una�facolta��del�giudice,�
e��indice�del�fatto�che�le�valutazioni�discrezionali�debbano�essere�effettuate�
non�dal�giudice,�ma�proprio�dal�commissario�ad 
acta,�in�quanto�organo�che�
salvaguardia�un�qualche��diaframma��fra�potere�giurisdizionale�e�potere�
amministrativo�(7).�

4. 
L'oggetto 
del 
giudizio 
amministrativo 
del 
rito 
del 
silenzio 
e 
gli 
orientamenti 
dottrinari 
e 
giurisprudenziali 


Nell'ambito�del�paradigma�impugnatorio-caducatorio�della�giurisdizione�
generale�di�legittimita��le�ricostruzioni�dottrinarie�sono�principalmente�due.�

Per�un�primo�orientamento�il�processo�amministrativo�e��un�processo�
sull'atto,�per�il�secondo�l'oggetto�del�processo�e�costituito�dal�rapporto�ammi-
nistrativo�

Per�quest'ultimo�orientamento�il�giudizio�amministravo�sarebbe�inca-
pace�di�tutelare�le�situazioni�giuridiche�lese�dall'assenza�di�un�provvedimento�
amministrativo,�proprio�come�nell'ipotesi�del�silenzio�inadempimento.�

(7)�Anche�nell'ipotesi�del�giudizio�di�ottemperanza,�tuttavia,�si�e�registrata�una�inver-
sione�di�tendenza�rispetto�al�passato:�l'utilizzo�dello�strumento�del�commissario�ad 
acta 
e��
rimesso�ad�una�valutazione�di�opportunita��da�parte�del�giudice�(Cass.�sez.�un.,�28�giugno�
1991,�n.�7226,�in�Giust. 
civ.,�1992,�I,�759).�Cfr.�inoltre,�sul�delicato�rapporto�tra�poteri�del�giu-
dice�e�rispetto�della�discrezionalita��dell'Amministrazione,�G.�Vacirca,�Note...op.cit., 
440:�
�...specie�quando�la�discrezionalita��sia�molto�ampia,�come�nel�caso�di�poteri�pianificatori�il�
cui�esercizio�sia�obbligatorio,�non�sono�agevolmente�individuabili�i�presupposti�rilevanti�ai�
fini�delle�valutazioni�dell'amministrazione�e�costituirebbe,�comunque,�un�grave�inconve-
niente�coprire�con�l'autorita��di�giudicato�accertamenti�complessi,�destinati�ad�essere�utiliz-
zati�in�provvediementi�suscettibili�di�coinvolgere�interessi�di�numerosi�soggetti,�estranei�al�
giudizio�.�

DOTTRINA�309 


E�proprio�in�tal�caso�che�il�giudizio�cassatorio�manifesterebbe�la�propria�
inadeguatezza,�a�causa�del�suo�carattere�meramente�rescindente.�

Ne�esce�dunque�rafforzata,�in�base�a�questa�teoria,�l'idea�della�coinci-
denza�tra�posizione�giuridica�soggettiva�oggetto�dell'istanza�del�privato�
rivolta�al�giudice�amministrativo�e�oggetto�del�giudizio�amministrativo.�

Verrebbe,�dunque,�esaltata�la�contiguita�tra�norme�sostanziali�attributive�
di�posizioni�giuridiche�e�norme�processuali�garanti�di�tali�posizioni,�in�osse-
quio�ad�una�sorta�di�immanenza�dell'azione�di�accertamento�nel�giudizio�
amministrativo.�

In�dottrina�si�e�discusso�sul�fatto�se�il�giudizio�di�cui�all'art.�21�bis 
abbia�
ad�oggetto�un�mero�obbligo�di�provvedere�o�anche�la�valutazione�della�fon-
datezza�della�domanda�e�del�dovere�di�provvedere�favorevolmente.�

Per�parte�della�dottrina�l'accoglimento�di�una�tesi�riduttiva�del�conte-
nuto�della�sentenza�di�condanna�emanabile�dal�G.A.,�consistente�nel�mero�
riscontro�della�scadenza�del�termine�nel�quale�si�doveva�emanare�un�qualun-
que�provvedimento,�risulterebbe�in�contrasto�con�profili�costituzionali,�
testuali,�di�ricostruzione�generale�del�sistema,�oltre�che�risultare�fortemente�
anacronistica.�

Un�terzo�orientamento�ha�ritenuto�di�individuare�la�tipologia�della�pronun-
cia�in�base�al�carattere�vincolato�o�discrezionale�dell'attivita�amministrativa.�

Nella�ipotesi�di�silenzio�inadempimento�serbato�dall'amministrazione�
avverso�una�istanza�del�privato�volta�ad�ottenere�un�provvedimento�vinco-
lato,�tale�tesi�ritiene�che�sia�possibile�che�il�giudice�si�pronunci�anche�sul�
merito�della�richiesta.�

Si�osserva�che�la�stessa�legge�n.�205�del�2000�ha�previsto�all'art.�7,�in�
sede�di�giurisdizione�generale�del�giudice�amministrativo,�la�possibilita�di�
condannare�al�risarcimento�anche�in�forma�specifica,�del�danno�da�lesione�
di�interesse�legittimo�(8).�

La�legge,�tuttavia,�non�recepisce�l'orientamento�che�si�era�formato�in�
giurisprudenza�a�seguito�dell'�ad.�plen.�del�Consiglio�di�Stato,�9�gennaio�
2001,�n.�1.�

L'ad.�plen.,�infatti,�facendo�chiarezza�in�merito�al�dibattito�dottrinario�
che�si�era�sviluppato�a�seguito�dell'introduzione�del�rito�speciale�del�silenzio�
da�parte�della�205/2000,�aveva�limitato�i�poteri�del�giudice�amministrativo�
in�tema�di�ricorsi�avverso�il�silenzio�della�P.A.�

In�caso�di�ricorso�avverso�il�silenzio,�la�cognizione�del�giudice�era�limi-
tata�all'accertamento�dell'illegittimita�dell'inerzia�dell'amministrazione�e�non�
si�estendeva�all'esame�della�fondatezza�della�pretesa�sostanziale�del�privato�
(sentenza�di�mero�accertamento).�

(8)��Il�processo�amministrativo�e�imperniato�sul�principio�della�domanda,�in�virtu�del�
quale�il�giudice�non�puo�di�propria�iniziativa�procedere�^ne 
procedeat 
judex 
ex 
officio,ne�
puo�esorbitare�dai�limiti�della�domanda�di�parte�^ne 
eatjudex 
ultra 
velextrapetitapartium�.�
�Troppe�tracce�a�livello�costituzionale�fanno�presumere�che�sia�immanente�nel�nostro�ordi-
namento�il�limite�della�cognizione�dell'autorita�giurisdizionale�alla�sola�sfera�di�legittimita��.�
L'art.�95�della�Costituzione�esprime�il�principio�dell'unita�dell'indirizzo�politico,�che�ver-
rebbe�meno�in�caso�di�ingerenze�da�parte�del�giudice�^G.�Vacirca, 
op. 
cit. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Prima�della�legge�80/2005�il�compito�del�giudice�era�esclusivamente�
quello�di�accertare�se�il�silenzio�della�P.A.�fosse�o�no�illegittimo�e�in�casodi�
accoglimento�del�ricorso,�di�ordinare�alla�P.A.�di�provvedere�sull'istanza�
avanzata�dal�soggetto�privato�nominando,�nell'eventualita�di�ulteriore�iner-
zia,�un�commissario�ad�acta.�

Il�giudice,�pertanto,�non�si�sostituiva�alla�P.A.�in�nessuna�fase�del�giudi-
zio,�ma�accertava�l'illegittimita�o�meno�del�silenzio.�

Ora,�invece,�ha�il�potere�discrezionale�di�pronunciarsi�anche�nel�merito�
della�questione.�

In�ogni�caso,�a�seguito�dell'ampliamento�del�campo�di�applicazione�degli�
artt.�19�e�20,�determinato�anche�dalla�legge�n.�80/2005,�sono�ormai�eccezio-
nali�i�casi�in�cui�l'inerzia�della�P.A.�continua�a�non�avere�valore�provvedi-
mentale.�

5.�La�riforma�dell'art.�18.�L'art.�3,�comma�6�novies�aggiunge�il�comma�2�bis�(*)�
Al�comma�2�dell'art.�18�e�aggiunto�il�comma�2�bis�dall'art.�3,�comma�6�
nonies.�

Nella�sostanza,�conferma�la�possibilita�per�l'amministrazione,�di�acqui-
sire�d'ufficio�i�documenti�in�suo�possesso�riguardanti�atti,�fatti,�qualita�efatti�
soggettivi�necessari�per�l'istruttoria�del�procedimento.�

La�possibilita�si�estende�anche�nel�caso�in�cui�i�documenti�siano�detenuti�
da�altre�amministrazioni.�

Rilevante�e�l'inciso�finale�che�permette�comunque�alla�P.A.�di�richiedere�
all'interessato�gli�elementi�necessari�per�la�ricerca�dei�documenti,�pur�limi-
tando�la�richiesta�solo�ed�esclusivamente�ai�suddetti�elementi�di�ricerca.�

Il�tutto�in�una�ottica�di�collaborazione�procedimentale�tra�P.A.�e�privato�
che�non�prevede�obblighi�solo�in�capo�all'Amministrazione�ma�anche�all'i-
stante.�

6.�L'art.�19�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�1�legge�80/2005.�La�denuncia�di�inizio�
attivita�.Lanaturagiuridicadellad.i.a.�elariformulazionedell'art.�19.�

L'art.�3,�comma�1�della�legge�80/2005�riformula�interamente�l'art.�19,�
che�non�era�invece�stato�modificato�dalla�legge�15,�liberalizzando�tutte�le�atti-
vita�private�prima�sottoposte�a�provvedimenti�autorizzativi�il�cui�rilascio�
dipenda�esclusivamente�dall'accertamento�dei�requisiti�e�presupposti�di�legge.�
Dopo�l'introduzione�della�d.i.a.�da�parte�della�241�e�gli�approfondimenti�
introdotti�dalla�legge�537/1993,�si�erano�formati�due�orientamenti�in�dottrina�
e�giurisprudenza.�Per�un�primo�orientamento�la�procedura�che�trae�inizio�
dalla�presentazione�della�d.i.a.,�informata�alla�semplificazione�e�alla�celerita�,�
e�inidonea�ad�avviare�una�sequenza�procedimentale�assoggettata�alla�disci-
plina�della�legge�n.�241/1990.�Ne�consegue�che�non�sussiste�l'obbligo�di�
comunicare�l'avvio�del�procedimento�agli�eventuali�controinteressati.�Per�un�
secondo�orientamento,�poi�confermato�dal�C.D.S.�(Consiglio�di�Stato,�Sez.�
VI,�con�decisione�n.�6910/2004),�successivamente�all'entrata�in�vigore�del�

(*)�Oltre�all'art.�2,�la�legge�n.�80�riforma�gli�artt.�18,�19,�20,�21,�comma�5,�25.�


DOTTRINA�311 


testo�unico�dell'edilizia,�la�d.i.a.�viene�qualificata�come�istanza�autorizzatoria�
che,�per�effetto�del�decorso�del�tempo,�provoca�la�formazione�di�un�provvedi-
mento�tacito�di�accoglimento.�La�legge�80�accoglie�la�tesi�provvedimentale�
in�quanto�sancisce�che��resta�salvo�il�potere�dell'amministrazione�di�assu-
mere�determinazione�in�via�di�autotutela,�ai�sensi�degli�artt.�21�quinquies�e�
21�nonies�.�Le�attivita��indicate�nella�norma�possono�essere�iniziate�decorsi�
trenta�giorni�dalla�presentazione�della�dichiarazione�all'autorita��competente.�
Il�vaglio�dell'amministrazione�da�preventivo�diviene�successivo:�fino�a�trenta�
giorni�dall'inizio�dell'attivita��e�sufficiente�accertare�la�carenza�dei�presupposti�
per�inibirne�la�continuazione.�Decorso�tale�termine�il�provvedimento�repres-
sivo�potra��essere�assunto�solo�nell'esercizio�del�potere�di�autotutela�di�cui�agli�
artt.�21�quinquies�e21�nonies�legge�241.�E�pertanto�necessario�verificare�l'esi-
stenza�di�un�interesse�pubblico�attuale�e�concreto�e�tenendo�conto�dell'affida-
mento�che�l'inerzia�della�P.A.�ha�ingenerato�nel�privato�che�nel�frattempo�
ha�iniziato�l'attivita��.�Il�comma�5�della�norma�stabilisce�che�ogni�controversia�
relativa�all'applicazione�dei�commi�1,2,3,�e��devoluta�alla�giurisdizione�esclu-
siva�della�giudice�amministrativo.�

7.�L'art.�20�legge�241/2005�e�sostituito�dall'art.�3,�comma�6�ter�della�legge�
80/2005�

Anche�l'art.�20�e��stato�interamente�riformulato�dalla�legge�89/2005.�

Com'e��noto�l'art.�20�della�legge�241/1990�ha�generalizzato�il�silenzio�
assenso�e�disciplinato�in�senso�ampliativo�un�istituto�gia��conosciuto�dall'ordi-
namento�giuridico.�

La�norma�regola�le�ipotesi�nelle�quali�la�richiesta�di�un�determinato�
provvedimento�autorizzatorio�si�considera�accolta�qualora�entro�un�dato�ter-
mine�la�P.A.�non�comunichi�all'interessato�il�provvedimento�di�diniego.�

Oggetto�dell'istituto�del�silenzio�assenso�sono�le�attivita��private�ancora�
sottoposte�al�vaglio�preventivo�dell'amministrazione.�

La�generalizzazione�e��stata�ora�estesa�a�tutti�i�procedimenti�ad�istanza�di�
parte�con�la�sola�eccezione�dei�provvedimenti�rilasciati�da�amministrazioni�
preposte�alla�cura�di�interessi�qualificati�(difesa�nazionale,�pubblica�sicu-
rezza,�immigrazione,�patrimonio�culturale�e�paesaggistico,�ambiente)�e�dei�
casi�in�cui�la�normativa�comunitaria�impone�l'adozione�di�provvedimenti�for-
mali.�

Secondo�il�tenore�della�vecchia�norma�di�cui�all'art.�20�(non�toccata�
dalla�legge�15�ma�riformata�dopo�due�mesi�dalla�legge�80)�il�silenzio�assenso�
non�e��un�atto,�ma�un�titolo�autonomo�capace�di�produrre�effetti�equipollenti�
a�quelli�derivanti�dal�provvedimento�amministrativo.�

Com'e��noto,�il�silenzio�e��un�mero�fatto�giuridico:�consiste�nell'omissione�
di�qualsiasi�manifestazione�di�volonta��ed�esso�come�tale�non�puo��assumere�
alcun�significato,�ne�positivo�ne�negativo.�

Non�deve�confondersi�con�la�manifestazione�di�volonta��:�il�silenzio�si�
forma�quando�manca�assolutamente�una�espressione�della�volonta��della�P.A.�

Affinche�il�silenzio�possa�assumere�un�determinato�significato,�tramu-
tandosi�in�una�manifestazione�della�volonta��della�P.A.:�occorre�che�la�legge�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

attribuisca�ad�esso�un�valore�positivo�o�negativo�(silenzio�tipizzato),�ovvero�
che�si�verifichi�in�circostanze�tali�da�conferirgli�il�significato�di�un�atto�con-
cludente.�

Il�silenzio�assenso�ha�trovato�ampia�applicazione�in�materia�urbanistica�
ed�edilizia�

La�fattispecie�del�silenzio�assenso�e�stata�introdotta�con�l'art.�8�d.l.�
25�gennaio�1982�n.�9,�convertito�nella�legge�25�marzo�1982�n.�94,�in�materia�
di�concessioni�edilizie,�in�merito�a�interventi�ben�definiti�(cd.legge�Nicolazzi�
art.�31).�

Tale�norma�aveva�carattere�eccezionale�e�come�tale�non�era�suscettibile�
di�applicazione�analogica.�

Secondo�la�pregressa�normativa,�l'annullamento�di�un�silenzio�assenso�
non�determinava�l'eliminazione�di�un�atto,�bens|�solo�degli�effetti�giuridici�
prodotti�per�l'inerzia�della�P.A.�

Ora,�invece,�l'art.�6�ter�della�legge�80/2005�ha�mutato�i�termini�della�
questione�ed�espressamente�ha�sancito�che:�il�silenzio�della�P.A.�equivalea�
provvedimento�di�accoglimento�della�domanda.�Cio�anche�ai�fini�dell'appli-
cabilita�delle�nuove�norme�sull'autotutela�di�cui�al�capo�IV�bis�della�legge�
15/2005.�

8.�L'�art.�21�e�riformato�dall'art.�3,�6�novies�della�legge�80/2005.�
All'art.�21�e�aggiunto�il�seguente�comma:��Restano�ferme�le�attribuzioni�
di�vigilanza,�prevenzione�e�controllo�su�attivita�soggette�ad�atti�di�assenso�
da�parte�di�P.A.�previste�da�leggi�vigenti,�anche�se�e�stato�dato�inizio�all'atti-
vita�ai�sensi�degli�artt.�19�e�20�.�
La�norma�conferma�che�i�poteri�di�vigilanza�e�di�controllo�si�estendono�
anche�ai�casi�di�cui�agli�artt.�19�e�20�.�

9.�In�materia�di�accesso�viene�introdotta�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�
L'art.�3,�comma�6�decies�aggiunge�il�comma�5�all'art.�25.�

La�nuova�norma�attribuisce�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�
amministrativo�l'intera�materia�dell'accesso,�con�cio�dirimendo�le�varie�dia-
tribe�circa�la�natura�giuridica�dell'accesso�ed�il�riparto�di�competenza.�

Com'e�noto,�si�sono�formate�due�contrapposte�teorie�circa�la�natura�giu-
ridica�dell'accesso:�la�prima�ne�sosteneva�la�natura�di�diritto�soggettivo�
(all'informazione),�la�seconda�di�interesse�legittimo.�

Quest'ultima�argomentava�proprio�dal�fatto�che�mancava�una�previsione�
espressa�legislativa�attributiva�di�competenza�esclusiva�al�T.A.R.�(9)�

(9)�V.Poli,�Il�riparto�di�giurisdizione,in�Trattato�di�giustizia�amministrativa�acura�diF.�
Caringella�e�R.�Garofoli,�tomo�II,�1132.�T.A.R.�Toscana,�I,�2�febbraio�2004,�n.�266:��E�
improcedibile�per�difetto�di�interesse�ad�agire�la�richiesta�di�accesso�agli�atti�se�non�risulta�
impugnato�il�rinnovo�del�diniego�di�accesso�ed�e�inammissibile�se�non�viene�notificato�ai�
controinteressati�,�con�commento�di�M.V.�Lumetti,�Accesso,�riservatezza�e�tutela�dei�con-
trointeressati,in�www.arsg.it.ein�Rass.�Avv.�Stato,�2004.�


DOTTRINA�313 


Le�modifiche�della�legge�15/2005�sembrano�avere�un�contenuto�piu�
restrittivo�rispetto�all'originario�testo�dell'art.�22�della�legge�n�241�del�1990:�
l'art.�22,�comma�1,�l.�b 
qualifica�soggetti�interessati�all'accesso��tutti�i�sog-
getti�privati�che�abbiano�un�interesse�diretto�concreto�e�attuale,�corrispon-
dente�ad�una�situazione�giuridicamente�tutelata�e�collegata�al�documento�al�
quale�e�chiesto�l'accesso�(10).�

L'introduzione�della�regola�della�giurisdizione�esclusiva�del�

G.A.�comporta�una�maggiore�incisivita�del�sindacato�giurisdizionale,�
soprattutto�dopo�il�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�(11)�e�la�legge
��������

(10)��In�ogni�caso,�era�apparso�chiaro�fin�dai�primi�anni�di�applicazione�della�legge�sul�
procedimento�amministrativo�che�il�legislatore�del�1990�non�aveva�inteso�introdurre,�in�
materia�di�accesso,�un�nuovo�tipo�di�azione�popolare,�dal�momento�che�il�riconoscimento,�
nel�testo�originario�dell'art.�22�della�legge�n.�241,�del�diritto�di�accedere�ai�documenti�ammi-
nistrativi��a�chiunque�vi�abbia�interesse�per�la�tutela�di�situazioni�giuridicamente�rilevanti�,�
pur�nella�sua�sintetica�linearita�,�conteneva�gia�le�attribuzioni�che�necessariamente�dovevano�
sorreggere�l'interesse�di�colui�che�intendeva�richiedere�ad�una�pubblica�amministrazione�l'o-
stensione�di�documenti�amministrativi...�L'ammissibilita�della�richiesta�di�accesso�del�pri-
vato,�infatti,�era�ed�e�tuttora�condizionata�alla�dimostrazione,�da�parte�di�quest'ultimo,�di�
essere�titolare�di�una�posizione�giuridicamente�rilevante�e�differenziata�a�conoscere�il�conte-
nuto�di�determinati�atti�e,�quindi,�di�non�vantare,�rispetto�alla�richiesta�ostensione�degli�
stessi,�un�mero�interesse�di�fatto�,�U. 
Giovannini,�La 
rimodulazione 
normativa 
in 
materia 
di 
accesso 
ai 
documenti 
amministrativi 
di 
cui 
alla 
legge 
11febbraio 
2005 
n. 
15: 
la 
ridefinizione 
dei 
limiti 
e 
le 
nuove 
garanzie 
in 
caso 
di 
diniego 
di 
ostensione 
degli 
atti,in�questa�Rassegna, 
prossima�pubblicazione.�

(11)�In�dichiarato�ossequio�allo�spirito�comunitario�la�c.d.�Bassanini�(n.�59/1997),�
all'art.�11,�comma�4�,�lett.G 
da�un�lato�devolveva�al�G.O.�a�decorrere�dal�30�giugno�1998,�
la�cognizione�delle�controversie�in�materia�di�pubblico�impiego�c.d.�privatizzato,�dall'altro�
disponeva�la�contestuale�estensione�della�giurisdizione�esclusiva�alle�controversie�aventi�ad�
oggetto�diritti�patrimoniali�consequenziali�ivi�compreso�il�risarcimento�del�danno,�in�materia�
edilizia,�urbanistica�e�di�pubblici�servizi.�In�virtu�del�DL.31�marzo�80/1998�e�oggi�possibile�
parlare�di�giurisdizione�specializzata,�ripartita�tra�giudice�ordinario�e�giudice�amministra-
tivo,�pur�rimanendo�in�vita�taluni�limiti�interni�alla�giurisdizione�del�giudice�ordinario�nei�
confronti�dell'atto�amministrativo�(vedi�artt.�4�e�5�della�legge�abolitrice�del�contenzioso�
Amministrativo�n.�2248�del�1865,�allegato�E).�Gli�interventi�piu�consistenti�sui�criteri�di�
riparto�si�sono�avuti�recentemente,�con�l'affermarsi�del�criterio�che�discrimina�le�giurisdi-
zioni�per��blocchi��di�materie�ed�il�correlativo�ampliamento�della�giurisdizione�amministra-
tiva�esclusiva.�Via�via�sono�state�assegnate�ai�TAR�in�ordine�sparso:�le�controversie�contro�
l'attribuzione�o�il�rifiuto�di�concessione�edilizia�e�contro�le�determinazioni�e�la�liquidazione�
dei�contributi�e�delle�sanzioni�in�materia�(art.�16�legge�28�gennaio�1977,�n.�10�sulla�edificabi-
lita�dei�suoli);�le�controversie�in�materia�di�formazione,�conclusione�ed�esecuzione�sia�degli�
accordi�fra�P.A.�e�privati�sostitutivi�di�provvedimenti�amministrativi�sia�degli�accordi�fra�
P.A.�(artt.�11�e�15�della�legge�241�del�1990);�i�ricorsi�contro�i�provvedimenti�amministrativi,�
compresi�quelli�sanzionatori�adottati�sulla�base�della�l.�antitrust�sulla�tutela�della�concor-
renza�e�del�mercato�(titoli�dal�I�al�IV�della�legge�10�ottobre�1990,�n.�287);�le�controversie�
relative�alla�riduzione�dei�prezzi�dei�contratti�pubblici�introdotta�dall'art.�6�della�legge�
24�dicembre�1993,�n.�537;�i�ricorsi�avverso�gli�atti�e�i�provvedimenti�delle�autorita�di�regola-
zione�dei�servizi�pubblici�(art.�2,�25�comma,�della�legge�14�novembre�1995,�n.�481);�i�ricorsi�
avverso�i�provvedimenti�dell'autorita�per�le�garanzie�nelle�telecomunicazioni�(art.�1,�26�
comma�della�legge�31�luglio�1997,�n.�249).�Con�il�decreto�80�sono�state�devolute�in�blocco�
alla�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�tutte�le�controversie�in�materia�di�pubblici�servizi�(com-
prese�le�materie�afferenti�al�credito,�alla�vigilanza�sulle�assicurazioni,�al�mercato�mobiliare,�
al�servizio�farmaceutico,�ai�trasporti,�telecomunicazioni�e�ai�servizi�di�cui�alla�legge�
14�novembre�1995,�n.�481�(art.�33,�d.lgs.31�marzo�1998,�n.�80).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

205/2000�(12),�che�hanno�avvicinato�il�processo�amministrativo�alla�struttura�
processuale�civilistica.�

Com'e�noto,�tale�normativa�ha�inteso�assicurare�una�giurisdizione�pari-
taria�a�quella�ordinaria�ed�ad�essa�alternativa�salvo,�poi,�la�battuta�d'arresto�
imposta�dalla�sentenza�della�Corte�costituzionale�n.�204(13).

��������

(12)�La�legge�n.�205�del�2000�ha�contenuti�ampi�e�reca�una�forte�convergenza�del�pro-
cesso�amministrativo�sulle�linee�processuali�civilistiche�(la�civilizzazione�del�giudizio�ammi-
nistrativo,�Villata, 
Pajno, 
Nigro,�pag.�92).�La�legge�potenzia�il�modello�della�giurisdizione�
esclusiva,�comprensivo�di�materie�come�l'urbanistica,�l'edilizia,�i�servizi�pubblici�e�devolve�
al�G.A.�la�cognizione�delle�questioni�risarcitorie�conseguenziali�in�tema�di�giurisdizione�
esclusiva�e�di�legittimita�,�grazie�all'art.�7�della�legge�205/2000�che�riscrive�l'art.�7�della�legge�
T.A.R.�In�tal�modo�la�giurisdizione�del�G.A.�si�tramuta�da�giurisdizione�mutilata�in�giurisdi-
zione�piena,�in�quanto�capace�di�somministrare�tutte�le�possibili�forme�di�tutela�rivendicate�
dal�ricorrente,�proprio�come�accade�nel�sistema�francese.�Al�momento�permane�l'esigenza�
di�uno�sforzo�di�unificazione�(Abbamonte, 
Nigro,�pag.�92)�delle�norme�sul�processo�ammi-
nistrativo�innanzi�ai�vari�organi�di�giustizia�amministrativa,�in�quanto�il�processo�ammini-
strativo�non�ha�ancora�formato�oggetto�neppure�di�un�testo�coordinato�delle�norme�che�lo�
disciplinano,�comprese�come�si�e�visto,�in�un�periodo�di�tempo�che�va�dal�1865�ai�nostri�
giorni.�
(13)�La�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�costituzionale,�com'e�noto,�ha�fortemente�ridi-
mensionato�le�materie�di�giurisdizione�esclusiva�ex 
art.�33�e�3'�del�decreto�80,�come�modifi-
cato�dalla�legge�n.�205�del�2000.�
Ha�rilevato�il�connotato�quasi�accessorio�della�previsione�all'interno�dell'art.�103�Cost.�
della�giurisdizione�esclusiva�rispetto�a�quella�generale�di�legittimita�,�nonche�la�presenza�di�
confini�costituzionali�precisi�ed�invalicabili�da�parte�del�legislatore�ordinario,�circa�l'indivi-
duazione�dei�casi�di�giurisdizione�esclusiva.�

Sono�state�dunque�ripudiate�le�tesi�sostenute�in�dottrina�e�giurisprudenza�volte�a�consi-
derare�illimitata�la�discrezionalita�del�legislatore�nell'introduzione�di�ipotesi�di�giurisdizione�
esclusiva.�In�particolare,�la�Corte�ha�negato�che�il�riferimento�generico�all'interesse�pubblico�
coinvolto�nella�fattispecie�e�la�presenza�della�P.A.�come�parte�processuale�sorreggano�legitti-
mamente�dal�punto�di�vista�costituzionale,�una�previsione�di�giurisdizione�esclusiva.�La�
discrezionalita�del�legislatore,�non�assoluta,�non�condizionata,�deve�dispiegarsi�con�la�indivi-
duazione�di���particolari�materie���nelle�quali�la�tutela�nei�confronti�della�P.A.�investe�i�
diritti�soggettivi,�ma�in�quanto�strettamente�connessi�all'adozione�di�atti�e�provvedimenti�
autoritativi,�espressione�dell'esercizio�della�funzione�pubblica.�Pertanto,�la�giurisdizione�del�

G.A.�non�puo'�avere�ad�oggetto�settori�interi�dell'economia�o�del�diritto,�non�specificamente�
individuati�con�riferimento�all'esercizio�di�potesta�pubbliche.�Rimane�fermo�che�il�G.A.,�nel�
disegno�costituzionale,�e�il�giudice�della�funzione�pubblica,�in�coerenza�con�il�principio�della�
separazione�dei�poteri.�

DOTTRINA�315 


La 
manutenzione 
ordinaria 
e 
straordinaria 
in 
materia 
di 
opere 
idrauliche 
e 
la 
tutela 
penale 
del 
paesaggio: 
una 
interpretazione 
estensiva? 
(1) 


di 
Paolo 
Marchini 


1.^Gliinterventidimanutenzionesuifiumi, 
torrentiedicorsid'acqua. 
Le�Regioni,�e�le�Province�qualora�delegate,�nell'ambito�della�loro�fun-
zione�di�polizia�idraulica�progettano�e�realizzano�interventi�di�manutenzione�
sulle�opere�idrauliche�lungo�i�fiumi,�la�cui�tipologia�varia�a�seconda�delle�
situazioni�contingenti.�In�genere�si�tratta�di�lavori�in�sponda�o�sugli�argini�
(maestri�e�golenali)�di�costruzione�di�opere�di�difesa�idraulica,�di�taglio�della�
vegetazione�arborea�e�arbustiva�che�si�trova�nell'alveo,�di�taglio�di�vegeta-
zione�ingombrante�sulle�scarpate�interne�e�delle�piante�pericolanti.�Altri�
interventi,�spesso�di�urgenza,�riguardano�la�rimozione�di�materiale�legnatico�
e�rifiuti�solidi�accumulatisi�a�ridosso�dei�piloni�dei�ponti,�la�risagomazione�
dell'alveo�e�del�profilo�delle�scarpate�spesso�con�impianto�di�nuove�essenze�
arboree,�la�rimozione�dei�sovralluvionamenti�al�fine�di�ripristinare�l'officio-
sita�della�sezione�idraulica.�

L'importanza�visiva�ed�estetica�di�alcuni�di�tali�lavori�pone�il�problema�
della�compatibilita�di�quegli�interventi�limitati�alla�sola�manutenzione�ordi-
naria�o�straordinaria�con�l'integrita�del�paesaggio,�valore�protetto�a�livello�
costituzionale�(art.�9�Cost.)�e�la�cui�tutela�e�rimessa�alla�legislazione�esclusiva�
dello�Stato�(art.�117,�primo�comma,�lett.�s):�tutela 
dell'ambiente, 
dell'ecosi-
stema 
e 
dei 
beni 
culturali�)�che�esercita�ancora�il�controllo�sulle�autorizzazioni�
paesaggistiche�rilasciate�dalla�Regione�attraverso�il�potere�di�annullamento,�
in�attesa�dell'entrata�a�regime�del�nuovo�parere�vincolante�(art.�157�t.u.�
2004/42�ed�art.�1,�comma�36,�lett.�C).�

2. 
^Quadro 
normativo 
di 
riferimento. 
L'attivita�di�manutenzione�dei�fiumi,�torrenti�e�corsi�d'acqua�iscritti�negli�
elenchi,�le�relative�sponde�o�piedi�degli�argini�per�una�fascia�di�150�mt,�sia�
se�operata�dall'ente�pubblico�che�dal�privato,�incide�sul�vincolo�paesaggistico�
posto�dalla�legge�(art.�142�t.u.�2004,�gia�art.�1�della�legge�n.�431/1985).�Il�pro-
blema�e�se�tali�attivita�necessitino�di�autorizzazione�paesaggistica�e,�di�conse-
guenza,�del�controllo�positivo�della�soprintendenza.�

La�questione�riveste�notevole�interesse�poiche�i�lavori�eseguiti�senza�
autorizzazione�o�in�difformita�ed�in�violazione�delle�norme�preposte�a�tutela�

(1)�Il�presente�lavoro�costituisce�un'elaborazione�della�relazione��Concetto 
di 
manuten-
zione 
ordinaria 
e 
straordinaria, 
modifica 
dello 
stato 
dei 
luoghipermanente 
(L. 
1497/39 
e 
t.u. 
beni 
culturali 
e 
paesaggio) 
^Interpretazione 
ed 
indirizzo 
applicativo�,�tenuta�al�seminario�di�
aggiornamento�organizzato�dalla�Scuola�di�Amministrazione�Pubblica�della�Provincia�di�
Perugia�sulla��Riqualificazione, 
difesa 
idraulica 
e 
recupero 
ambientale 
delle 
spondefluviali�il�
27�gennaio�2005.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

del�vincolo�paesistico,�oltre�ad�essere�sanzionati�in�via�amministrativa�
(art.�167�t.u.�2004),�costituiscono�reato�(art.�181�t.u.�2004),�salvo�le�nuove�
modifiche�alla�fattispecie�penale�apportate�dalla�c.d.�delega�ambientale�(legge�
15�dicembre�2004�n.�308)�di�cui�si�dira�oltre.�

L'autorizzazione�paesaggistica�non�e�richiesta�per�gli�interventi�di�manu-
tenzione�ordinaria�e�straordinaria�che�non�alterino�lo�stato�dei�luoghi.�Si�
tratta�di�norma�ormai�di�carattere�generale�perche�originariamente�intro-
dotta�dal�d.l.�27�giugno�1985,�n.�312,�convertito�con�legge�8�agosto�1985,�

n.�431,�riprodotta�dal�t.u.�n.�490/1999�ed�ora�consacrata�nell'art.�149�del�t.u.�
n.�42/2004�con�alcune�modifiche�che,�pero�,�ai�fini�del�nostro�argomento�non�
rilevano�perche�chiaramente�riferite�agli�interventi�edilizi�(ci�si�riferisce�alla�
discutibileesenzionedall'autorizzazioneprevistadall'art.�143,comma5,lett�b.).�
3. 
^Problemi 
interpretativi. 
Giurisprudenza 
penale. 
Il�testo�unico�sui�beni�culturali�(sia�quello�del�1999�che�quello�del�2004)�
non�definisce�quali�siano�gli�interventi�di�manutenzione�ordinaria�e�straordi-
naria.�L'unica�definizione�proviene�dalla�c.d.�delega�ambientale�(art.�1,�
comma�36�lett.�c)�allorche�stabilisce�che�il�reato�di�cui�all'art.�181�del�t.u.�

n.�42/2004�non�sussiste�per�i�lavori�configurabili�quali�interventi�di�manuten-
zione�ordinaria�e�straordinaria��ai�sensi�dell'art.�3�del�d.P.R.�6�giugno�2001,�
n.�380��(t.u.�sull'edilizia).�L'art.�3�del�t.u.�sull'edilizia,�comma�1,�fornisce�la�
medesima�definizione�scolpita�dalla�legge�n.�457/1978�(norme�per�l'edilizia�
residenziale).�Il�chiaro�ambito�oggettivo�riferito�esclusivamente�agli�edifici�
(ed�impianti�tecnologici,�servizi�igienico-sanitari)�pone�subito�il�problema�di�
inquadramento�degli�immobili�che�edifici�non�sono:�ad�es.�gli�alvei�dei�fiumi�
e�dei�torrenti,�i�versanti,�gli�argini�e�le�opere�idrauliche�in�genere:�quale�con-
cetto�di�manutenzione�puo�adottarsi�per�tali�immobili�?�
Un�problema�definitorio,�tuttavia,�non�sembra�porsi�se�si�considera�un�
recente�orientamento�della�Corte�di�cassazione�penale�secondo�il�quale�
l'art.�152�del�d.lgs.�n.�490/1999�alla�lettera�a)�si�riferisce�pacificamente�ai�soli�
edifici;�alla�lett.�b)�all'attivita�agro-silvo-pastorale�e�alla�lett.�c)�alle�opere�di�
bonifica�da�eseguirsi�nelle�foreste:�pertanto,�essendo�l'ipotesi�di�lavori�in�
alveo�del�tutto�estranea�all'art.�152,�essa�necessita�sempre 
della�autorizzazione�
paesaggistica�(Cass.�Sez.�3.,�pen.,�n.�26110�del�10�giugno�2004(2),�con�riferi-
mento�a�lavori�di�sbancamento�nell'alveo�del�fiume�Volturno).�

Anche�se�il�tenore�letterale�dell'art.�152�(ora�149)�lett.�a)�sembra�distin-
guere�lo�stato�dei�luoghi�dall'aspetto�esteriore�degli�edifici,�con�cio�autoriz-
zando�a�limitare�due�campi�oggettivi�di�applicazione�della�norma,�ossia�gli�
edifici��e��altri�luoghi,�il�rinvio�recettizio�che�la�legge�delega��ambientale��
opera�a�favore�del�t.u.�sull'edilizia,�tuttavia,�sembra�deporre�per�la�pertinenza�
dei�lavori�di�manutenzione��esenti��da�autorizzazione�ai�soli�edifici.�

E�da�registrare,�pertanto,�una�carenza�di�coordinamento�normativo�da�
parte�del�t.u.�sui�beni�culturali�per�quanto�riguarda�le�attivita�di�manuten-
zione�fluviale�che�non�alterino�lo�stato�dei�luoghi�e�per�le�quali�non�si�avverte�

(2)�In�banca�dati�on 
line 
de�La 
Legge 
Plus 
IPSOA.�

DOTTRINA�317 


la�necessita�della�autorizzazione�le�volte�in�cui�non�e�posto�in�pericolo�il�bene�
paesaggio.�In�attesa�di�un�chiarimento�anche�da�parte�della�stessa�Cassazione�
penale,�allo�stato�non�puo�che�adottarsi�la�massima�cautela�ogni�qualvolta�
si�venga�ad�operare�interventi�sul�demanio�idrico�protetto.�

Infatti,�in�presenza�di�un�tale�orientamento�restrittivo�della�Cassazione�
penale�un�problema�di�definizione�del�concetto�di�manutenzione�ai�fini�della�
tutela�paesaggistica�sembra�passare�in�secondo�piano�se�e�vero�che�qualsiasi�
manutenzione�su�alvei�ed�opere�idrauliche�ecc.�necessita�in�ogni�caso�di�auto-
rizzazione�e,�quindi,�di�successivo�controllo�o�parere�della�soprintendenza.�

Il�nuovo�comma�1�ter 
dell'art.�181�(aggiunto�dalla�citata�delega�ambien-
tale)�sembra�escludere�l'ipotesi�di�reato�se�l'intervento�manutentivo�(pero�
sempre�riferibile�agli�edifici�per�il�rinvio�operato�all'art.�3�del�testo�unico�sul-
l'edilizia)�venga�successivamente�accertato�come�compatibile�con�il�paesaggio�
secondo�le�procedure�di�cui�al�comma�1�quater 
(ossia�dopo�aver�superato�il�
parere�vincolante�della�soprintendenza�sull'autorizzazione).�Il�venir�meno�
della�rilevanza�penale�del�fatto�lascia,�tuttavia,�immutato�l'illecito�ammini-
strativo;�tant'e�che�la�norma�ha�cura�di�precisare�che�restano�salve�le�sanzioni�
amministrative.�

L'intervento�postumo�della�compatibilita�ambientale�priverebbe,�per-
tanto,�di�rilevanza�penale�la�sola�manutenzione�degli�edifici,�almeno�secondo�
l'orientamento�della�Cassazione�penale�ed�in�base�all'interpretazione�sistema-
tica�con�la�delega�ambientale.�Quid 
juris 
per�le�manutenzioni�idrauliche�?�

Occorrera�verificare�se�si�tratti�di�una�lacuna�del�t.u.�sui�beni�culturali�o�
se�la�omissione�di�qualsiasi�riferimento�alle�opere�idrauliche�possa�non�rile-
vare�ai�fini�penali�alla�stregua�di�una�interpretazione�estensiva�dell'art.�149�
che�le�ricomprenda�tra�gli�interventi�che�non�necessitano�di�autorizzazione�
paesaggistica.�Inoltre�la�nuova�previsione�di�una�compatibilita�paesaggistica�
postuma,�se�limitata�alle�opere�edilizie,�sembrerebbe�mutare�la�natura�giuri-
dica�di�reato�di�pericolo�presunto�che�rimarrebbe�tale,�invece,�per�i�lavoridi�
manutenzione�idraulica�non�autorizzati.�Una�tale�conclusione,�pero�,�appare�
paradossale�perche�il�passaggio�ad�un�reato�di�pericolo�concreto�avvantaggia�
gli�abusi�edilizi�a�scapito�delle�opere�pubbliche�di�difesa�idraulica�che�non�
alterano�lo�stato�dei�luoghi�e�che�sono�necessarie�per�la�collettivita�.�Prima�
di�affrontare�il�problema,�mette�conto�accennare�alla�natura�del�reato�previ-
sto�dall'art.�181�del�d.lgs.�n.�42�del�2004�(d'ora�in�poi�t.u.b.c.)�ed�alla�rilevanza�
della�alterazione�dello�stato�dei�luoghi�come�elemento�della�fattispecie.�

4. 
^Il 
reato 
di 
opere 
eseguite 
in 
assenza 
di 
autorizzazione 
o 
in 
difformita� 
da 
essa. 
L'art.�181,�primo�comma,�del�t.u.b.c.�recita:��Chiunque, 
senza 
la 
pre-
scritta 
autorizzazione 
o 
in 
difformita� 
di 
essa, 
esegue 
lavori 
di 
qualsiasi 
genere 


su 
beni 
paesaggistici 
e� 
punito 
con 
le 
pene 
previste 
dall'articolo 
20 
della 
legge 


28febbraio 
1985, 
n. 
47�.�

La�giurisprudenza�della�Suprema�Corte�con�riferimento�al�vecchio�testo�
di�cui�all'art.�163�del�d.lgs.�n.�490/1999,�riconosceva�pacificamente�che�il�
reato�fosse�di�natura�formale�e�di�pericolo�astratto.�Infatti,�anche�se�l'inter-
vento�in�assenza�o�in�difformita�di�autorizzazione�non�cagioni�un�danno�
ambientale,�nondimeno�il�legislatore�ritiene�quell'intervento�astrattamente�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

idoneo�a�ledere�o�mettere�in�pericolo�il�paesaggio�o�l'ambiente,�con�la�conse-
guenza�che�una�volta�che�il�reato�sia�stato�commesso,�e�penalmente�irrile-
vante�l'autorizzazione�postuma�rilasciata�dall'autorita�tutoria,�cos|�come�qua-
lunque�atto�che�attesti�l'inesistenza�di�un�danno�ambientale�(3).�

La�stessa�Corte�opera�poi�una�distinzione�tra��alterazione�dello�stato�dei�
luoghi��e��pregiudizio��per�il�bene�tutelato,�al�fine�di�stabilire�che�quest'ul-
timo�elemento�non�necessita�di�verifica,�trattandosi�appunto�di�reato�di�peri-
colo�astratto,�al�contrario�del�primo�che�deve�risultare��apprezzabile��(4).�

Pertanto,�cio�che�il�giudice�penale�deve�accertare�non�e�tanto�l'effettivo�
pregiudizio�al�paesaggio,�quanto�la�visibilita�della�alterazione�dello�stato�dei�
luoghi.�Si�gioca,�verrebbe�da�dire,�sul�filo,�perche�la�differenza�non�e�piu�tan-
gibile:�in�sostanza�cosa�altro�non�e�se�non�il�pregiudizio�ai�luoghi,�la�loro�
alterazione�palese?�Sicche�il�reato,�nel�mentre�viene�proclamato�di�pericolo�
astratto,�in�definitiva,�viene�trattato�sostanzialmente�come�un�reato�di�peri-
colo�concreto.�

Proprio�tale�labile�discrimine�ora�viene�ad�essere�rimosso�dalla�legge�

n.�308/2004�che�all'art.�1,�comma�36,�lett.�c),�introduce�il�comma�1-ter�
all'art.�181�secondo�il�quale��Ferma�restando�l'applicazione�delle�sanzioni�

amministrative�ripristinatorie�o�pecuniarie�di�cui�all'articolo�167,�qualora�l'auto-

rita�amministrativa�competente�accerti�la�compatibilita�paesaggistica�secondo�

le�procedure�di�cui�al�comma�1-quater,�la�disposizione�di�cui�al�comma�1�non�si�

applica:�a)�per�i�lavori,�realizzati�in�assenza�o�difformita�dall'autorizzazione�

paesaggistica,�che�non�abbiano�determinato�creazione�di�superfici�utili�o�volumi�

ovvero�aumento�di�quelli�legittimamente�realizzati;�b)�per�l'impiego�di�materiali�

in�difformita�dall'autorizzazionepaesaggistica;�c)�per�i�lavori�configurabili�quali�

interventi�di�manutenzione�ordinaria�o�straordinaria�ai�sensi�dell'articolo�3�del�

decreto�del�Presidente�della�Repubblica�6�giugno�2001,�n.�380�.�

Sembra,�quindi,�che�il�reato�sia�divenuto�di�pericolo�concreto�se�e�vero�
che�ora�e�penalmente�rilevante�l'autorizzazione�postuma:�in�altri�termini,�il�
pericolo�diviene�elemento�della�fattispecie�perche�ne�condiziona�l'esistenza.�

Si�tratta�di�vedere�se�il�sopravvenire�dell'autorizzazione�non�fa�sorgere�il�
reato,�oppure�lo�estingue.�La�distinzione�non�e�di�poco�momento�se�si�ha�
riguardo�al�tempus�commissi�delicti�con�tutte�le�implicazioni�processuali�e�
sostanziali�che�la�opzione�comporta.�

Da�quanto�detto�sulla�natura�giuridica�del�reato,�sembrerebbe�che�se�
l'accertamento�amministrativo�sul�pericolo�e�elemento�costitutivo�del�reato,�
il�suo�esito�favorevole�non�perfeziona�la�fattispecie�e�dunque�il�reato�non�sus-
siste;�tuttavia,�il�legislatore�sembra�offrire�una�diversa�interpretazione.�
Infatti,�per�i�lavori�compiuti�su�beni�paesaggistici�entro�e�non�oltre�il�30�set-
tembre�2004�senza�la�prescritta�autorizzazione�o�in�difformita�di�essa,�l'accer-
tamento�di�compatibilita�paesaggistica�dei�lavori�effettivamente�eseguiti,�
anche�rispetto�all'autorizzazione�eventualmente�rilasciata,�comporta�l'estin-

(3)�Cass.�Pen.,�sez�III,�5�agosto�2003,�Mori,�in�questa�rivista�n.�11/2003,�pag.�1357.�
(4)�Cass.�pen.,�sez�III,�14�maggio�2002,�Migliore,�ibidem,�n.�8/2002,�pag.�985�

DOTTRINA 
319 


zione 
del 
reato 
di 
cui 
all'art. 
181 
e 
di 
ogni 
altro 
reato 
in 
materia 
paesaggistica 
se 
ricorrono 
due 
condizioni: 
quella 
della 
compatibilita� 
delle 
tipologie 
edilizie 
e 
dei 
materiali 
e 
quella 
del 
previo 
pagamento 
della 
sanzione 
amministrativa. 


Quindi 
il 
reato 
sarebbe 
perfezionato 
salvo 
estinguersi 
per 
eliminazione 
del 
pregiudizio. 
Tale 
ricostruzione 
appare 
avvalorata 
dalla 
ipotesi 
di 
estinzione 
del 
reato 
prevista 
dal 
comma 
1-quinquies�dell'art. 
181 
secondo 
cui 
�La�rimessione�in�

pristino�delle�aree�o�degli�immobili�soggetti�a�vincoli�paesaggistici�da�parte�del�

trasgressore,�prima�che�venga�disposta�d'ufficio�dall'autorita�amministrativa,�e�

comunqueprimacheintervengalacondanna,�estingueilreatodicuialcomma1�. 
L'eliminazione 
del 
pregiudizio, 
in 
concreto 
constatato, 
facendo 
venir 
meno 
l'offesa 
al 
bene 
protetto, 
produce 
l'estinzione 
del 
reato. 
Ma 
se 
il 
reato 
e� 
di 
pericolo 
concreto, 
si 
domanda, 
potra� 
il 
giudice 
autonomamente 
accer-
tare 
la 
compatibilita� 
paesaggistica 
? 
Non 
e� 
questa 
la 
sede 
per 
addentrarsi 
nella 
difficile 
tematica 
dell'accerta-
mento 
del 
pericolo 
concreto 
(5), 
tuttavia 
non 
si 
puo� 
che 
esprimere 
dubbi 
e 
perplessita� 
sulla 
soluzione 
adottata 
dal 
legislatore 
il 
quale 
sembra 
rimettere 
di 
volta 
in 
volta 
all'autorita� 
amministrativa 
la 
sopravvivenza 
del 
reato 
o 
la 
sua 
estinzione, 
espropriando 
cos|� 
il 
giudice 
penale 
della 
piena 
cognizione 
sul-
l'elemento 
costitutivo 
del 
reato. 


5.�^Alterazione�dello�stato�dei�luoghi�e�la�permanenza.�
Il 
concetto 
di 
alterazione 
dei 
luoghi, 
ai 
fini 
che 
interessano 
il 
tema, 
non 
appare, 
allora, 
rilevante 
se 
e� 
vero 
che 
le 
manutenzioni 
idriche 
che 
non 
alte-
rino 
lo 
stato 
dei 
luoghi 
sarebbero 
in 
ogni 
caso 
soggette 
ad 
autorizzazione 
paesaggistica. 


Anche 
la 
qualificazione 
della 
permanenza 
dell'alterazione 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
e 
dell'assetto 
idrogeologico 
del 
territorio 
per 
mezzo 
di 
opere 
civili 
(non 
solo 
di 
edifici) 
non 
assume 
rilievo 
con 
riguardo 
al 
sistema 
idrico, 
cio� 
in 
quanto 
essa 
permanenza 
e� 
richiesta 
solo 
per 
gli 
interventi 
inerenti 
l'eserci-
zio 
dell'attivita� 
agro-silvo-pastorale 
(lett. 
b), 
quindi 
inerenti 
l'agricoltura 
e 
non 
la 
polizia 
idraulica. 


Occorre 
chiedersi, 
nel 
caso 
in 
cui 
l'orientamento 
del 
giudice 
penale 
mutasse 
nel 
senso 
di 
consentire 
l'inclusione 
anche 
degli 
interventi 
manuten-
tivi 
su 
fiumi, 
torrenti 
e 
corsi 
d'acqua 
nel 
regime 
di 
esenzione 
dall'autorizza-
zione, 
se 
la 
tipologia 
di 
interventi 
descritta 
ad 
esempio 
nelle 
�Linee�guida�

per�la�individuazione�e�definizione�degli�interventi�di�manutenzione�delle�opere�

idrauliche�e�di�mantenimento�dell'officiosita�idraulica�della�rete�idrografica�, 


allegato 
dell'Autorita� 
di 
Bacino 
del 
fiume 
Tevere 
al 
Piano 
di 
Bacino-Progetto 
di 
piano 
stralcio 
per 
l'assetto 
idrogeologico-P.A.I., 
producano 
o 
meno 
una 
alterazione 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
e, 
quindi, 
comunque 
necessitare 
di 
autoriz-
zazione. 


(5) 
Sulla 
quale 
v. 
Angioni, 
Il�pericolo�concreto�come�elemento�della�fattispecie�penale,�
Sassari, 
1981, 
pagg. 
43 
ss. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Sul�punto�soccorre�ancora�la�giurisprudenza�della�Cassazione�penale�la�
quale�ha�ritenuto�sussistere�alterazione�quando�vi�sia��visibilita���da�un�deter-
minato�punto�da�cui�sia�possibile�scorgerne�con�evidenza�l'incidenza�sull'a-
spetto�dei�luoghi�(Cass.�Sez.�3,�14�maggio�2002).�Sempre�la�sezione�ha�rico-
nosciuto�che�l'alterazione�del�territorio�puo�prodursi�anche�con�il�taglio�e�lo�
sradicamento�di�alberi�o�lo�sbancamento�del�terreno�(Cass.�Pen.,�16�aprile�
1994,�n.�4424).�

Se�si�pone�attenzione,�ad�esempio,�all'intervento�di�taglio�definitivo�di�
essenze�arboree,�ebbene�esso�puo�visibilmente�mutare�lo�scenario�paesaggi-
stico�(magari�anche�in�meglio,�ma�cio�e�irrilevante);�lo�stesso�dicasi�per�la�

c.d.��rinaturazione��attraverso�l'ingegneria�naturalistica�dopo�un�intervento,�
ad�esempio,�di�sfolli�e�diradamenti:�la�modifica�potrebbe�non�essere�perma-
nente,�ma�cio�e�ancora�una�volta�irrilevante�perche�estranea�all'attivita�agricola.�
Quanto�all'attivita�di�manutenzione�straordinaria,�va�detto�che�in�genere�
riguarda�interventi�urgenti�per�i�quali,�se�provvisori�ed�indispensabili�per�evi-
tare�danni�al�bene�tutelato,�possono�essere�effettuati�anche�in�assenza�di�
autorizzazione,�come�e�ovvio�in�tali�emergenze,�purche�pero�,�recita�l'art.�27�
del�t.u.�n.�42/2004,�ne�venga�data�immediata�comunicazione�alla�soprinten-
denza�alla�quale�vanno�tempestivamente�inviati�i�progetti�degli�interventi�
definitivi�per�la�necessaria�autorizzazione.�

Anche�da�tale�norma�puo�desumersi�un�indice�interpretativo�importante:�
ossia�che�gli�interventi�definitivi�di�manutenzione�straordinaria,�ancorche�
non�alterativi�dei�luoghi,�necessitino�sempre�della�autorizzazione�della�
soprintendenza�e,�quindi,�implicitamente�dell'autorizzazione�paesaggistica.�

E�interessante�rilevare�che�restano�esclusi�dagli�interventi�di�manuten-
zione�quelli��che�modificano�le�caratteristiche�funzionali�originarie�delle�
opere�idrauliche�(cfr.�ad�es.,�il�paragrafo�H�delle�Linee�guida�adottate�dalla�
Autorita�di�Bacino�fiume�Tevere).�

6. 
^L'interpretazione 
estensiva 
dell'art. 
149 
t.u.b.c.. 
Si�e�visto�a�quale�illogica�discriminazione�porti�la�lettura�riduttiva�del�
combinato�disposto�degli�articoli�149,�181�e�181�ter,�ora�appare�opportuno�
verificare�se�possa�percorrersi�una�interpretazione�costituzionalmente�orien-
tata�di�dette�norme�al�fine�di�evitare�una�censura�di�illegittimita�costituzio-
nale�per�irragionevolezza�ex 
art.�3�Cost.�

La�premessa�da�cui�muovere�e�se�il�legislatore�realmente�intenda�riferirsi�
agli�interventi�manutentivi�esclusivamente�su�edifici.�Si�e�gia�detto�che�alla�
stregua�di�una�interpretazione�logica�un�conto�e�lo�stato�di�un�luogo,�un�
conto�e�un�edificio.�Gia�la�Cassazione�penale�riteneva�che�per�la�astratta�con-
figurabilita�del�reato�di�cui�all'art.�1�sexies 
della�legge�8�agosto�1985,�n.�431�
in�riferimento�all'art.�20�lett.�c)�della�legge�28�febbraio�1985,�n.�47,�non�fosse�
necessario�limitare�ai�lavori�edilizi,�potendo�l'alterazione�del�territorio�essere�
conseguita�con�altre�forme�di�imputazione�quali�il�taglio�o�lo�sradicamento�
di�alberi�o�lo�sbancamento�del�terreno,�eseguiti�senza�autorizzazione(6).�

(6)�Cass.,�pen.,�sez.�III,�16�aprile�1994,�n.�4424,�in�La 
Legge 
plus. 

DOTTRINA�321 


Se�dunque�l'estensione�dell'ambito�oggettivo�vale�in�malam 
partem,�essa�
deve�a�maggior�ragione�operare�in�bonam 
partem,�soprattutto�se�l'intervento�
non�altera�lo�stato�dei�luoghi,�come�nel�caso�della�manutenzione�non�assen-
tita�(lett.�a) 
dell'art.�149�t.u.b.c.).�Infine�lo�stesso�art.�181�non�limita�la�puni-
bilita�ai�lavori�edilizi,�ma�utilizza�la�dizione�piu�ampia�possibile:��lavori 
di 
qualsiasigenere 
su 
benipaesaggistici�.�

Sembra�probabile�che�l'intenzione�del�legislatore�fosse�quella�di�ricom-
prendere�ogni�attivita�di�manutenzione�non�alterativa�nel�regime�di�esenzione�
dalla�autorizzazione,�cos|�come�ha�ricompreso�ogni�attivita�che�possa�alte-
rare�lo�stato�dei�luoghi�protetti�nel�regime�autorizzatorio.�Se�cos|�e�,�allora�
sembra�che�il�legislatore�minus 
dixit 
quam 
voluit,�conseguentemente�puo�adot-
tarsi�un'interpretazione�estensiva(7)�dell'art.�149�lett.�a) 
nel�senso�di�ricom-
prendervi�anche�le�opere�di�manutenzione�idrauliche.�

Da�quanto�detto,�e�solo�qualora�venisse�disattesa�la�prospettata�interpre-
tazione�estensiva�dei�casi�di�esclusione�della�autorizzazione�paesaggistica,�
appare�necessario�un�intervento�legislativo�di�armonizzazione�tra�norme�di�
polizia�idraulica�e�norme�di�tutela�del�vincolo�paesaggistico,�soprattutto�se�
la�Cassazione�penale�permarra�sul�suo�indirizzo�piu�rigoroso.�Sotto�il�profilo�
critico�al�testo�unico�sui�beni�culturali,�non�puo�non�rilevarsi�la�possibilita�
che�il�nuovo�piano�paesaggistico�individui�aree,�non�di�interesse�pubblico,�
per�le�quali�venga�esclusa�l'autorizzazione�paesaggistica�in�caso�di�realizza-
zione�di�opere�ed�interventi�di�natura�edilizia�per�le�quali�sia�stato�rilasciato�
il�permesso�di�costruire�che�abbia�anche�verificato�la�conformita�al�piano�
paesaggistico�(art.�143,�comma�5,�lett.�b). 
Appare�poco�ragionevole�depoten-
ziare�il�controllo�per�la�costruzione�di�edifici�in�zona�vincolata,�ed�ampliarlo,�
invece,�per�gli�interventi�di�polizia�idraulica�manutentivi�che�non�modifichino�
lo�stato�dei�luoghi.�

(7)�L'interpretazione�estensiva�viene�ad�operare�non�sulla�norma�penale,�ma�sulla�
norma�che�esenta�dall'autorizzazione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Cittadinanza�italiana�a 
matre 
e�retroattivita�delle�norme�costituzionali: 
amministrazione�e�giurisprudenza�in�trincea 


di 
Cesare 
Pagotto 


L'intensificarsi�dei�fenomeni�immigrator|�nel�nostro�Paese,�le�crisi�eco-
nomiche�profonde�che�hanno�interessato,�tra�gli�altri,�nazioni�a�forte�pre-
senza�di�nostri�connazionali,�l'intensificarsi�dei�contatti�tra�aree�geopolitiche�
precedentemente�tra�loro�isolate.�Tra�questi�fenomeni�pare�di�dover�cercare�
le�cause�profonde�del�riaccendersi�del�dibattito�e�delle�tensioni�in�tema�di�cit-
tadinanza�italiana�ed,�in�particolare,�dell'atteggiamento�dell'ordinamento�ita-
liano�nei�confronti�di�coloro�che�abbiano�delle�origini�italiane�ma�i�cui�geni-
tori�abbiano�perso�lo�status 
di�cittadini.�

In�tale�contesto�si�colloca�una�controversia�giurisprudenziale�dalle�
ampie�ricadute,�che�concerne�i�diritti�delle�donne�che�abbiano�perso�la�citta-
dinanza�italiana�in�applicazione�della�legge�del�1912,�che�fino�a�qualche�anno�
fa�regolava�la�materia.�

1.�Il 
casus 
belli 
La�legge�n.�555/1912,�sopravvissuta�^pur�con�varie�mutilazioni�^fino�
alla�riforma�organica�attuata�con�la�legge�91/1992,�prevedeva�un�trattamento�
sfavorevole�per�la�donna�sposata�con�uno�straniero,�la�quale�perdeva�la�citta-
dinanza�italiana�automaticamente�nel�momento�in�cui�acquisiva�quella�del�
marito�(art.�10,�comma�3),�e�non�era�in�grado�di�trasmettere�la�cittadinanza�
ai�figli,�diversamente�dall'uomo�(art.�1,�comma�1).�Tali�previsioni�furono�
dichiarate�illegittime�dalla�Corte�costituzionale,�con�le�sentenze�n.�87/1975�e�
30/1983�(1),�poiche�collidenti�con�il�principio�di�uguaglianza�tra�i�sessi,�chia-
ramente�sancito�dall'art.�3,�primo�comma,�della�Costituzione�repubbli-
cana�(2).�
Alle�donne�ex�cittadine�e�stata�fornita�la�possibilita�di�riacquisto�della�
cittadinanza�per�mezzo�di�una�semplice�dichiarazione,�resa�alle�autorita�con-
solari�competenti�(3).�
Piu�complesso�si�e�,�da�subito,�mostrato�il�caso�dei�figli�e�dei�nipoti�di�
madre�privata�della�cittadinanza�in�ossequio�alla�legge�del�1912.�Proprio�su�
questo�terreno�si�e�acceso�il�confronto,�in�giurisprudenza�ed�in�dottrina,�sul�

(1)�La�sent.�16�aprile�1975,�n.�87�e�pubblicata�in�Giur. 
cost.,�1975,�p.�807�segg.�e�in�Foro 
it.,�1975,�pt.�I,�col.�1321�segg.;�la�sent.�9�febbraio�1983,�n.�30�in�Giur. 
cost.,I,p.�661�segg.e�
in�Foro 
it.,�1983,�pt.�I,�col.�265�segg.�
(2)�Rimane�peraltro�discutibile�l'acritica�connotazione�di�discriminazione�sessuale�data�
dalla�Corte,�la�quale�non�si�premura�di�distinguere�il�caso�in�esame�da�quello,�che�si�assume�
invece�non�discriminatorio,�della�trasmissione�del�cognome�da�parte�del�solo�padre,�ne�consi-
dera�l'intento�della�legge�di�fornire�un�criterio�utile�ad�evitare�il�diffondersi�della�cittadinanze�
multiple,�piuttosto�che�di�perpetrare�angherie�nei�confronti�delle�cittadine�di�sesso�femminile.�
(3)�Come�previsto�dall'art.�5�della�l.�123/1983�e�dall'art.�17�della�l.�91/1992.�

DOTTRINA�323 


diritto�di�costoro�alla�cittadinanza,�specialmente�di�quelli�nati�nel�(lungo)�
periodo�tra�la�perdita�della�cittadinanza�da�parte�della�madre�ed�il�suo�even-
tuale�riacquisto.�

A�questi�interrogativi,�gia�complessi,�si�e�affiancato�quello�relativo�all'e-
ventuale�esistenza�di�meccanismi�giuridici�che�portino�al�riacquisto�automa-
tico�della�cittadinanza�per�tali�categorie�di�persone,�a�seguito�della�mera�
dichiarazione�di�incostituzionalita�di�criter|�che�ne�avevano�determinato�in�
origine�la�perdita.�

L'interesse�odierno�per�il�problema,�oltre�che�dalle�rilevanti�implicazioni�
costituzionalistiche�e�di�teoria�generale�del�diritto,�e�accentuato�dalla�note-
vole�crescita�del�contenzioso�che�l'Avvocatura�dello�Stato�ha�registrato�nei�
mesi�passati,�sostenuta�dagli�incerti�passi�della�giurisprudenza�di�cui�si�rife-
rira�brevemente.�

L'impossibilita�di�delineare�compiutamente�il�quadro�entro�il�quale�si�
sviluppa�il�travaglio�giurisprudenziale�e�ben�rappresentata�dalla�estrema�dif-
ficolta�di�giungere�ad�una�convincente�definizione�di�cittadinanza,�non�solo�

e�non�tanto�perche�la�dottrina�si�e�dimostrata�incapace�di�convergere�su�di�
una�concezione�comune,�ma�soprattutto�perche�nella�nostra�epoca�il�concetto�
di�cittadinanza�sta�cambiando�radicalmente�il�proprio�ruolo�e�si�trova,�ad�
oggi,�in�un�innegabile�stato�di�crisi.�

Parte�anche�prestigiosa�della�dottrina�ha�ceduto�al�fascino�di�una�rico-
struzione�delle�strutture�dell'ordinamento�in�base�ad�una�visione�che�poneal�
centro�i�diritti��internazionali��della�persona,�rendendoli�chiave�interpreta-
tiva�di�qualunque�istituto.�Il�tentativo�e�seducente,�ma�porta�con�se�un�allon-
tanamento�dalla�realta�giuridica�e�sociale:�se�il�(presunto)�diritto�universale�
dell'uomo�e�la�regola�dei�rapporti�giuridici,�il�diritto�dello�Stato�vi�potra�con-
vivere�assai�male�e�le�sue�strutture�vacilleranno�(4).�Afferma�con�chiarezza�

G.U.�RescignO 
che�la�distinzione�tra�cittadini�e�non�cittadini,�con�il�conse-
guente�diritto�di�disciplinare�la�permanenza�sul�territorio��sia�coessenziale�
alla�esistenza�dello�Stato�(ed�in�realta�costitutivo�della�identita�e�della�realta�
sociale�di�un�popolo).�Chi�ritiene�tutto�cio�immorale,�disumano,�sbagliato,�supe-
rabile,�deve�seriamente�porsi�il�problema�del�superamento�della�forma�
Stato��(5).�

Viceversa,�in�tema�di�cittadinanza,�subentrano�visioni�emotive�e�assai�
lontane�dal�diritto,�come�quelle�di�chi�concepisce�il�problema�come�rapporto�

(4)�Non�manca,�nella�piu�recente�dottrina,�chi�consideri�la�cittadinanza�oramai�solo�un�
ostacolo�alla�integrazione�nella�comunita�nazionale�degli�immigrati�e�prospetta�la�sua�sosti-
tuzione�a�mezzo�degli�obblighi�internazionali�basati�sui�diritti�dell'uomo,�come�P. 
Saitta,�
Integrazione,�cittadinanza�e�immigrazione.�I�lenti�mutamenti�del�diritto,in�Sociologia�del�
diritto,�n.�2,�2002,�p.�41�segg.;�L. 
Ferrajoli,�Idirittifondamentali�nella�sociologia�giuridica�

e�nella�teoria�del�diritto,in�Conflitti�e�diritti�nella�societa�transnazionale,a�cura�di�V. 
Ferrari,�

P. 
Ronfani,�S. 
Stabile,�Milano�2001,�p.�65.�Come�spesso�accade,�gli�AA.�trascurano�quasi�
completamente�l'analisi�del��costo��dei�diritti�e�non�considerano�la�struttura�pesante�del�wel-
fare�italiano,�elementi�fortemente�incidenti�nella�concessione�della�cittadinanza�e�che�diversi-
ficano�il��caso��italiano�da�altre�esperienze.�
(5)�G.�U.�Rescigno,�Note�sulla�cittadinanza,in�Dir.�pubbl.,�n.�3,�2000,�p.�757.�Analoga-
mente�Id.,�Cittadinanza,�riflessioni�sulla�parola�e�sulla�cosa,in�Riv.�dir.�cost.,n.�1,�1997,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

con�lo�straniero��una�delle�figure�attraverso�cui�i�var|�ordinamenti�si�raccon-

tano�e�mostra�il�grado�di�apertura�delle�relative�collettivita�ed�istituzioni�al�con-

tatto,�all'interazione�con�l'altro�da�se���(6).�Non�stupisce,�dunque,�che�in�tale�
ottica,�l'obiettivo�non�sia�piu�quello�di�garantire�ai�consociati�un�ordinato�
svolgimento�della�vita�sociale,�ma�quello�di�estendere�tutti�i�diritti�a�piu�per-
sone�possibile,�il�che�cagiona�il�declino�e�la�fine�dell'idea�stessa�di�cittadi-
nanza.�

La�qualificazione�giuridica�della�cittadinanza,�quale�essa�e�oggi,�rimane�
fondamentale�per�risolvere�il�problema�all'attenzione�dei�nostri�giudici�oggi:�
solo�sciogliendo�tale�nodo�si�potra�argomentare�in�un�senso�o�nell'altro�in�
maniera�proficua.�

Per�commentare�una�parte�della�piu�recente�giurisprudenza�in�materia,�
pur�brevemente�e�senza�affatto�addentrarsi�nell'ampio�ed�articolato�dibattito�
sull'essenza�della�cittadinanza,�occorre�chiarire�quale�sia�la�natura�di�cittadi-
nanza�che�qui�si�accoglie,�allineandosi�a�cio�che�la�dottrina�piu�autorevole�
intende�per�status�civitatis.�Si�ritiene,�in�generale,�che�la�cittadinanza�sia�c
ome�ogni�altro�status�^un�insieme�di�diritti�e�doveri,�che�hanno�ciascuno�
una�vita�propria,�ma�che�sono�accomunati�da�un�unico�presupposto,�che�e�
la�cittadinanza�medesima,�cos|�da�costituire�una�forma�particolare�di�capa-
cita�giuridica,�una�capacita�di�diritto�pubblico�(7).�Contenuto�causale�della�
condizione�di�cittadinanza�e�l'esistenza�di�un�legame�con�il�gruppo�sociale,�
che�viene�accertato�positivamente�o�negativamente,�ove�l'Autorita�giudiziaria�
sia�chiamata�a�pronunciarsi�sull'acquisto�o�la�perdita�dello�status.�Tali�atti�
acclarano�il�manifestarsi�o�meno�del�fenomeno�giuridico,�sulla�base�dei�criter|�
che�lo�Stato�ha�liberamente�scelto�per�considerare�il�soggetto�quale�cittadino:�
percio�non�si�puo�parlare�mai�di�cittadinanza�come��rapporto�giuridico��(8),�
il�che�comporterebbe�la�rilevanza�delle�sue�peculiari�vicende,�dovendo�essa�
essere�mantenuta�nella�categoria�degli�status,�in�analogia�con�la�capacita�di�
diritto�privato,�oppure�con�i�diritti�della�personalita�(9).�

Da�piu�parti�si�e�tentato,�evidentemente�sotto�l'influsso�dell'imposta-
zione�universalistica�di�cui�si�diceva,�di�qualificare�la�cittadinanza�come�un�
diritto�fondamentale�che�si�espande�senza�limiti�temporali,�ed�accompagna�
percio�il�soggetto�anche�quando�egli�la�perda,�a�quanto�pare�in�una�forma�

p.�41�segg.�L'A.,�tuttavia,�sostiene�che,�una�volta�ammessi�sul�territorio,�gli�stranieri�debbano�
godere�di�identici�diritti�rispetto�ai�cittadini�(p.�765).�La�costruzione�proposta�non�chiarisce�
come�tutelare�l'etnos�in�cui�lo�Stato�si�identifica�dalla�penetrazione�ed�imposizione�di�usi�e�
caratteri�ad�esso�estranei.�Cio�con�l'evidente�conseguenza�che-nella�ricostruzione�dell'A.-lo�
Stato�si�riduce�ad�un�mero�ente�territoriale,�mancando�di�caratteristiche�umane�e�ideali�pro-
prie.�
(6)�G.�Bascherini,�Europa,�cittadinanza,�immigrazione,in�Dir.�pubbl.,�n.�3,�2000,�p.�768.�
(7)�G.�Biscottini,�voce�Cittadinanza,�diritto�vigente,in�Enc.�dir.,�vol.�VII,�Milano�1960,�
p.�140�segg.;�R.�Clerici,�voce�Cittadinanza,in�Digesto,�discipline�pubblicistiche,Torino�
1984,�p.�114;�P.�Biscaretti�di�Ruff|�a,�Diritto�costituzionale,�Napoli�1989,�p.�40�segg.�e�133.�
(8)�G.�Biscottini,�op.cit.,�p.�145.�
(9)�Cfr.�A.�Corasaniti,voce�Stato�delle�persone,in�Enc.�dir.,�vol.�XLIII,�Milano�1990,�
p.�953.�

DOTTRINA�325 


latente,�suscettibile�di�rivivere�pienamente�ove�se�ne�creino�le�condizioni.�E�la�
naturale�conseguenza,�la�piena�esplicazione�delle�tesi�che�sostengono�la�revi-
viscenza�della�cittadinanza�per�opera�del�diritto�costituzionale�superveniens,�

ove�esso�sia�in�contrasto�con�le�norme�di�legge�che�ne�hanno�determinato�la�
perdita.�

Proprio�la�considerazione�del�momento�di�tempo�in�cui�viene�a�verifi-
carsi�l'antinomia�^nel�caso�di�specie�il�1�gennaio�1948�(10),�giorno�dell'en-
trata�in�vigore�della�Costituzione�repubblicana�^deve�essere�il�punto�di�rife-
rimento�per�giudicare�se�il�trattamento�riservato�dall'ordinamento�al�soggetto�
sia�o�meno�riprovevole.�Trascurare�questo�dato�porta�a�conseguenze�che�
non�possono�che�essere�abnormi:�la�Costituzione�repubblicana�sarebbe�
retroattivamente�valida�in�tutte�le�epoche�a�noi�precedenti,�senza�limite�
alcuno,�e�inficierebbe�qualunque�diritto�acquisito�o�perso�^nei�secoli�^per�
cause�non�conformi�ai�princip|�costituzionali�del�'48.�

In�effetti,�nei�primi�tempi�successivi�alla�prima�pronuncia�costituzionale,�
sia�il�Consiglio�di�Stato�(interpellato�sul�punto�in�sede�consultiva,�sez.�I,�
15�aprile�1983,�n.�105�(11))�che�la�Cassazione�(sez.�I,�sent.�23�febbraio�1978,�

n.�903�(12))�avevano�dato�un'interpretazione�tale�per�cui�si�indicava�l'entrata�
in�vigore�della�Costituzione�come�termine�a 
quo 
imprescindibile�per�il�pro-

dursi�di�effetti�restitutor|�a�seguito�di�sopravvenuta�incostituzionalita�(13).�

L'Amministrazione�dell'Interno,�constatata�la�crescente�pressione�per�
l'ottenimento�della�cittadinanza�italiana�da�parte�di�congiunti�di�emigranti,�
ha�ottenuto�ulteriore�parere�da�parte�del�Consiglio�di�Stato�(sez.�I,�

n.�1871/86)(14)�ed�ha�emanato�due�circolari(15),�con�le�quale�ha�chiarito,�
nel�dettaglio,�la�procedura�per�la�domanda�di�riconoscimento�della�cittadi-
nanza�in�via�amministrativa.�E�importante�sottolineare�come,�in�taluni�casi,�
si�sia�scelta�la�via�giurisdizionale,�da�parte�degli�aspiranti�cittadini,�per�evi-
tare�il�rigoroso�onere�probatorio�di�cui�l'Amministrazione�civile�fa�carico�al�
richiedente.�

2. 
Cassazione 
contro 
Cassazione 
All'indomani�delle�pronunce�della�Corte�Costituzionale�(in�particolare�
quella�del�1983),�tuttavia,�si�sono�anche�levate�in�dottrina�voci�dissenzienti�
rispetto�all'interpretazione�accolta�dall'Amministrazione�e�dal�Consiglio�di�
Stato�(16).�

(10)�La�data�di�entrata�in�vigore�della�Costituzione�come�momento�del�verificarsi�del�
vizio�di�costituzionalita�e�un�punto�fermo�della�giurisprudenza�ed�e�gia�chiaramente�espresso�
nella�sent.�58/67�della�C.�Cost.�
(11)�Pubbl.�in�Foro 
it.,�1986,�parte�III,�col.�411�segg.�e�in�S. 
Bariatti,�La 
disciplina 
giuri-
dica 
della 
cittadinanza 
italiana,�vol.�I,�Milano�1989,�caso�n.�31.�
(12)�In�Giur. 
it.,�pt.�I,�1978,�p.�1926�segg.�
(13)�Sulla�giurisprudenza�v.�R. 
Clerici,�La 
cittadinanza 
nell'ordinamento 
giuridico 
ita-
liano,�Padova�1993,�p.�156�segg.�
(14)�Pubbl.�in�S. 
Bariatti,�La 
disciplina 
giuridica 
della 
cittadinanza 
italiana,�vol.�II,�
Milano�1996,�p.�121�segg.�
(15)�Si�tratta�delle�circolari�n.�K.28.1�dell'8�aprile�1991�e�K.60.1�dell'11�novembre�1992.�
(16)�Tra�i�primi�commenti�A. 
Coscia,�Cittadinanza 
italiana 
�a 
matre� 
e 
sentenza 
n. 
30/1983 
della 
Corte 
Costituzionale,in�L'Amministrazione 
italiana,�n.�11,�1992,�p.�1670�segg.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�disputa,�rimasta�tiepida�per�var|�anni,�si�e��fatta�piu��accesa�con�il�
moltiplicarsi�del�contenzioso�relativo�alla�cittadinanza�e,�in�particolare,�con�

la�sentenza�cardine�che�ha�chiarito�l'interpretazione�restrittiva�in�merito�alla�

acquisizione�della�cittadinanza�amatre,�quella�delle�Sezioni�Unite�della�Corte�

di�Cassazione�del�27�novembre�1998,�n.�12061�(17).�
Nel�caso�trattato�dalla�Cassazione,�una�donna�aveva�perso�la�cittadi-
nanza�italiana�nel�1939�ed�aveva�avuto�un�figlio�nel�1942.�
Ivi�si�chiarisce�che�la�donna�che�abbia�perso�la�propria�cittadinanza�ita-

liana�sotto�l'impero�dell'ordinamento�pre-repubblicano,�ed�abbia�la�possibi-
lita��di�riottenerla�grazie�al�disposto�della�legge�151/1975(18),�procede�
appunto�ad�un��riacquisto��di�cio��che�essa�aveva�perso,�e�non�potra��in�nes-
sun�caso�dirsi�che�abbia�posseduto�la�cittadinanza�italiana�anche�medio 
tem-
pore,�cosicche��i�figli�nati�nel�periodo�di�tempo�in�cui�la�donna�e��rimasta�solo�
cittadina�straniera�non�potranno�ottenere,�a�loro�volta,�la�cittadinanza.A�
nulla�vale,�secondo�la�S.C.,�l'assunto�che�le�pronunce�di�incostituzionalita��
spieghino�effetti�retroattivi�e�che�la�norma�colpita�venga��espunta��dall'ordi-
namento�ex 
tunc:�tale�eliminazione�conosce�sempre�e�comunque�il�limite�dato�
dal�momento�in�cui�la�violazione�costituzionale�si�e��generata�(cioe��il�1�gennaio�
1948).�In�altri�termini,�gli�effetti�della�dichiarazione�d'incostituzionalita��sono�
concepibili�dal�momento�in�cui�di�contrasto�con�la�Costituzione�si�puo��parlare.�

D'altronde,�come�potrebbe�il�giudice�del�nostro�ordinamento�repubbli-
cano�giudicare�fatti�e�fenomeni�che�si�sono�svolti�nel�precedente�sistema?�
Ha�errato�dunque�il�cittadino�che�si�e��attenuto�alle�leggi�dell'ordinamento�

statutario,��non�prevedendo��l'avvento�di�quello�repubblicano?�
Viceversa�pare�corretto�affermare�che�l'ordinamento�^e�il�giudice�che�gli�
da'�voce�^debba�sanzionare�gli�effetti�giuridici�incostituzionali�verificatisi�

nell'arco�di�tempo�della�Costituzione�repubblicana,�poiche��e��giuridicamente�
inammissibile�che�lo�Stato�abbia�promosso�atti�e�fatti�incostituzionali.�Dun-
que�la�retroattivita��delle�pronunce�di�incostituzionalita��ha�il�compito�preci-
puo�di�correggere�l'azione�dell'ordinamento�ex 
tune 
ed�ab 
initio,�senza�limita-
zioni�di�sorta(19),�ma�non�puo��esercitare�censure�esterne�al�nostro�sistema�

legale,�ne��nello�spazio,�ne��nel�tempo.�

Ed�ancora,�chi�sostiene�la�retroattivita���indeterminata��delle�pronunce�
di�incostituzionalita��non�spiega�quale�sia�il�limite�ultimo�al�recupero�dei�
diritti�perduti�per�il�tramite�di�una�pronuncia�di�incostituzionalita��.�Potrebbe�

Tizio�ottenere�ristoro�dei�danni�discriminator|�(e�dunque�incostituzionali)�
inferti�alle�donne�della�propria�famiglia�nei�secoli�addietro,�oppure,�potrebbe�
rivendicare�una�proprieta��perduta�a�cagione�di�norme�ingiuste�del�Regno�

Sabaudo,�magari�sul�presupposto�che�il�diritto�di�proprieta��e��imprescrittibile?�
Seguendo�fino�alle�sue�estreme�conseguenze�questo�filone�dottrinario�par-
rebbe�di�s|�.�

(17)�Pubblicata�in�Giur. 
cost.,�n.�2,�1999,�p.�1351�segg.�
(18)�Che,�all'art.�219,�offriva�la�possibilita��di�riacquisto�della�cittadinanza�a�tutte�le�citta-
dine�che�l'avevano�persa�in�attuazione�dell'art.�10,�comma�3,�della�l.�555/12.�
(19)�Salve,�naturalmente,�quelle�date�dal�giudicato�e�dalla�prescrizione,�delle�quali�ampia-
mente�si�e��occupata�la�giurisprudenza�costituzionale�come�la�dottrina.�

DOTTRINA�327 


Non�puo�trascurarsi�la�circostanza�che�la�sentenza�delle�SS.UU.�giun-
geva�dopo�una�presa�di�posizione�della�Prima�Sezione�della�stessa�S.�C.,�la�
quale�aveva�dimostrato�di�abbracciare�un�orientamento�del�tutto�divergente�
da�quello�esposto.�Due�sentenze�emanate�nel�1996,�la�n.�6297�e�la�

n.�10086�(20),�seguivano�infatti�l'idea�che�le�dichiarazioni�di�illegittimita�costi-
tuzionale�debbano�ritenersi�efficaci�nei�confronti�di�tutte�le�fattispecie�che�
risultino�astrattamente�interessate�dalla�norma�eliminata,�a�prescindere�dal�
momento�di�tempo�in�cui�detta�norma�abbia�concretamente�spiegato�i�suoi�
effetti.�
Sulla�base�degli�arresti�della�dottrina�piu�favorevole�all'estensione�della�
cittadinanza�e�delle�sentenze�gemelle�del�1996,�gli�stranieri�attori�in�giudizio�
avanti�le�SS.UU.�nel�caso�del�1998,�avanzavano�la�loro�pretesa�di�riconosci-
mento�dello�status 
ritenendo�che�la�donna�che�ha�perduto�la�cittadinanza�ita-
liana�in�applicazione�della�legge�del�1912�in�realta�l'ha�conservata�comunque�
e�l'ha,�per�di�piu�,�trasmessa�inconsapevolmente�al�figlio.�Cio�perche�la�sent.�
87/1975�della�Consulta�censura�la�perdita�di�cittadinanza�automatica�e�senza�
espressione�di�volonta�del�soggetto�(21).�Non�ci�e�,�pero�,�ancora�chiaro�come�
possa�la�sentenza�spiegare�i�suoi�effetti�su�una�situazione�giuridica,�la�cittadi-
nanza,�sorta�alla�nascita�della�ricorrente�nel�1920,�dunque�sotto�la�vigenza�
dell'ordinamento�monarchico-liberale,�ed�estintasi�nel�1939,�durante�il�
periodo�del�regime�fascista.�Unica�possibilita�per�giustificare�tale�evento�e�
quella�di�considerare�la�cittadinanza�italiana�come�insensibile�al�mutare�degli�
ordinamenti,�superiore�al�tempo�ed�alle�istituzioni;�francamente,�pero�,�l'idea�
di�una�italianita�trascendente�il�tempo,�ovvero,�secondo�la�terminologia�della�
giurisprudenza,�di�una��ipervalenza��della�cittadinanza�(22),�desta�piu�di�
qualche�perplessita�.�

Viceversa�pare�ragionevole�la�diversa�ricostruzione�secondo�la�quale�lo�
Stato�repubblicano�italiano,�sorto�sulle�ceneri�di�quello�fascista,�ha�ricono-
sciuto�la�nuova�cittadinanza�italiana�a�coloro�che�possedevano�quella�preco-
stituzionale,�ha�dato�la�possibilita�di�ottenerla�anche�alle�persone�viventi�ed�
ingiustamente�discriminate�dalla�legislazione�del�passato,�ma�di�certo�non�
puo�sindacare�fatti�giuridici,�quali�la�perdita�dello�status 
civitatis,�maturati�
sotto�la�vigenza�e�nel�quadro�di�valori�dell'Italia�pre-repubblicana,�ne�tanto-
meno�puo�simulare�che�essi�non�siano�avvenuti,�dichiarando�che�una�cittadi-
nanza�non�sia�mai�stata�persa�nonostante�le��apparenze�.�

(20)�Si�tratta�della�sent.�sez.�I,�10�luglio�1996,�n.�6297,�in�Foro 
it.,�Rep.�1996,�voce�Cittadi-
nanza,�n.�21�e�della�sent.�18�novembre�1996,�n.�10086,�ibidem.�
(21)�La�memoria�difensiva�e�pubblicata�integralmente:�Memoria 
illustrativa 
dell'avv. 
A. 
Pace 
(Ric. 
n. 
736/1995),in�Giur. 
cost.,�n.�2,�1999,�p.�1359�segg.�

(22)�La�Cassazione,�SS.UU.,�sent.�19�febbraio�2004,�n.�3331�(su�cui�infra)�afferma�che�
non�e�configurabile�una��ipervalenza 
del 
diritto 
ad 
essere 
cittadino 
italiano 
tale 
da 
imporsi 
in 
termini 
assoluti 
al 
di 
la� 
del 
quadro 
costituzionale 
di 
riferimento�.�Una�valutazione�del�nostro�
ordinamento�come�trascendente�la�storia�parrebbe�francamente�poco�appropriata�dopo�la�
caduta�dei�regimi�assolutistici,�che�di�questo�postulato�facevano�una�rivendicazione�ideolo-
gica.�Su�questi�aspetti�rimane�insuperata�la�ricostruzione�di�S. 
Panunzio,�Teoria 
generale 
dello 
Statofascista,�II�ed.,�Padova�1939,�p.�14�segg.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Del�tutto�fuorviante�e�^a�nostro�avviso�^la�querelle�sulla�circostanza�
che�la�cittadinanza�persa�sia�o�meno��rapporto�esaurito�,�ai�fini�e�ai�sensi�
della�giurisprudenza�costituzionale.�Sicuramente�la�cittadinanza�e�inesauri-
bile�ed�imprescrittibile,�ma�lo�e�per�cio�che�essa�costituisce�nel�nostro�ordina-
mento�e�in�ottemperanza�ai�nostri�valori�costituzionali;�non�solo�esauriti�
ma,�di�piu�,�del�tutto�extra�ordinem,�sono�i�rapporti�giuridici�intercorsi�tra�
l'Autorita�statale�ed�i�cittadini�del�Regno�d'Italia,�che�e�aberrante�sindacare�
secondo�i�canoni�odierni,�si�sia�o�meno�d'accordo�con�le�regole�che�presidia-
vano�la�societa�civile�italiana�ante�1948.�

Si�e�affermato,�da�autorevole�dottrina,�che��mai�non�possa�parlarsi�di�

�prescrizione��o��decadenza��rispetto�ad�uno�status��e�che�una�posizione�sog-

gettiva�nei�confronti�dell'ordinamento�mai�puo�essere�oggetto�di�disposizione�
ed�esercizio�(23).�E�proprio�questa�la�ragione�per�cui�non�ha�senso�sindacare�
la�volonta�del�perdente�la�cittadinanza,�ne�quella�dell'Autorita�che�ha�dichia-
rato�la�decadenza.�La�comunita�statale�italiana�del�1939�ha�semplicemente�
determinato�il�compiersi�di�un�fatto�giuridico,�la�donna�sposata�con�lo�stra-
niero�e�divenuta�cittadina�del�paese�estero�e�stata�estraniata�dalla�comunita�
nazionale,�ossia�si�e�perfezionato�in�toto�il�fatto�giuridico�(24),�ancorche�oggi�
non�se�ne�condividano�i�criter|�.�

Dobbiamo�percio�concludere�che,�a�nostro�avviso,�la�giurisprudenza�sui�
cd.�rapporti�esauriti�non�ha�pertinenza�col�caso�in�esame:�gli�effetti�delle�sen-
tenze�costituzionali�non�possono�giungere�fino�al�provvedimento�dichiarativo�
della�perdita�della�cittadinanza,�non�certo�per�garantire�la�certezza�del�giudi-
cato�o�dei�rapporti�di�credito�(esigenze�alla�base�della�dottrina�dell'esauri-
mento),�quanto�piuttosto�perche�gli�accadimenti�extra-ordinem�non�sono�
piu�,�come�dice�^a�nostro�avviso�correttamente�^Politi,�suscettibili�di�giudi-
zio�(25).�Si�tratterebbe�dunque�di�ipotesi�piu�vicina�alla�carenza�di�giurisdi-
zione�che�a�quella�di�esaurimento�dei�rapporti.�

(23)�A. 
Pace,�Memoria�illustrativa,�op.�cit.,p.�1363.�
(24)�Oppure�si�sono�prodotti�degli��effetti�consolidati�,�come�dice�C.�App.�Milano,�sent.�
9�aprile�1996,�n.�1005,�pt.�1.2.�
(25)�F. 
Politi,�Delperche�la�Cassazionecontinuaaritenereefficacinorme�(gia�dichiarate)�
incostituzionali,in�Giur.�cost.,�n.�2,�1999,�p.�1369,�parafrasando�C. 
Esposito,�Il�controllo�giu-
risdizionale�sulla�costituzionalita�delle�leggi�in�Italia,in�La�Costituzione�italiana,�Padova�
1984,�p.�387.�Il�PolitI 
basa�la�sua�critica�alla�sentenza�della�Cassazione,�peraltro,�ritenendo�
che�le�decisioni�della�Consulta�abbiano�effetti�su�qualunque�rapporto��indipendentemente�
dal�momento�in�cui�lo�stesso�sia�sorto��(p.�1370),�e�percio�criticando�la�scelta�della�S.C.�di�
non�riconoscere�effetti�in�atto�al�sorgere�dell'ordinamento�repubblicano.�Omette�l'A.,�pero�,�
di�spiegare�perche�consideri�la�presenza�di�un�soggetto�non�piu�cittadino�quale�titolare�di�
�rapporto�in�corso�,�essendosi�compiuto�e�perfezionato�il�fatto�giuridico�della�perdita�della�
cittadinanza.�Analoga�obiezione�va�mossa�al�commento�alla�sentenza�di�G. 
Marazzita,�ibi-
dem,�in�part.�p.�1394�segg.,�ritenendo�che�la�S.C.�propugni�un�effetto�meramente�abrogativo�
della�Costituzione�e�tralasciando,�a�sua�volta,�che�la�cittadinanza�persa,�non�puo�conside-
rarsi��rapporto�in�corso��al�momento�dell'entrata�in�vigore�della�Costituzione.�Da�registrare�
anche�l'opinione�di�A. 
Sinagra,�La�sentenza�n.�30�del�1983�della�Corte�costituzionale�e�la�
legge�21�aprile�1983,�recante�disposizioni�in�materia�di�cittadinanza,in�Giur.�cost.,�1983,�I,�p.�
579�segg.,�che�parla�di�un�tertium�genus�tra�abrogazione�ed�annullamento�relativamente�all'e-
spunzione�norma�sulla�trasmissione�della�cittadinanza�a�matre.�


DOTTRINA�329 


Il�discrimen 
dei�rapporti�esauriti�suscita�un'ulteriore�perplessita�,�alla�
quale�i�contendenti�su�questo�terreno�non�paiono�dare�risposta.�Se�vi�fosse�
una�sentenza�passata�in�giudicato�che�avesse�confermato�la�perdita�della�cit-
tadinanza�di�una�donna,�sarebbe�questo�rapporto��piu���esaurito�e�dunque�
sottratto�alla�retroattivita�della�sentenza�costituzionale?�In�questo�caso,�ci�
pare,�si�produrrebbe�una�discriminazione�ancor�piu�grande�di�quella�elimi-
nata�con�la�pronuncia�della�Consulta.�

Il�carattere�ontologico�di�status 
della�cittadinanza,�poi,�non�puo�non�
ripercuotersi�anche�sul�piano�giudiziale,�poiche�i�diritti�del�cittadino�^come�
quelli�della�personalita�^non�possono�essere�modificati�dal�giudice�ex 
tune 
agevolmente,�per�essi�il�ripristino�dello�status 
quo 
ante 
appare�assai�piu�diffi-
coltoso,�stante�la�loro�sostanziale�immaterialita�(26),�mentre�per�i�diritti�reali�
e�di�credito�la�restituito 
e�operazione�di�immediata�comprensione.�L'evitare�
tale�precisazione�porta�ad�evidenti�risch|�di�confusione,�come�quello�in�cui�
incorrono,�a�nostro�avviso,�coloro�che�caldeggiano�un�ripristino�della�cittadi-
nanza�persa�e�rimasta�presuntivamente��latente�.�

Per�comparazione,�si�consideri�il�caso�dei�cittadini�italiani�di�origine�
slava�della�Venezia�Giulia,�i�cui�cognomi�furono�cambiati�autoritativamente�
dal�regime�fascista�e�sostituiti�con�versioni��italianizzate�.�Oggi,�sulla�base�
del�disposto�della�legge�114/1991,�essi�hanno�la�possibilita�di�vedere�dichia-
rata�la�correzione�del�proprio�cognome,�con�il�ripristino�della�forma�origi-
nale(27).�Cionondimeno�sarebbe�inaccettabile�la�proposizione�di�chi�affer-
masse�che�essi�hanno�portato�il�cognome�slavo�anche�medio 
tempore;�essi�
hanno�portato�un�diverso�cognome,�anche�se�oggi�ripudia�alla�coscienza�
comune�ed�all'ordinamento�democratico�il�cambio�forzoso�del�cognome.�
Anche�nel�caso�teste�citato,�dunque,�si�e�perfezionato�il�fatto�giuridico,�che�
l'ordinamento�repubblicano�ha�deciso�di�mutare�nuovamente,�sulla�base�delle�
risultanze�storiche�(28).�

Proprio�la�difficolta�logica�di�proiettare�caratteristiche�di�una�persona�
all'indietro�nel�tempo,�fa�propendere�per�la�correttezza�della�statuizione�del�
giudice�che�riconosca�alla�donna�ex�cittadina,�discriminata�dalle�regole�di�

(26)�Nel�senso,�in�particolare,�che�non�sono�direttamente�ed�univocamente�suscettibili�di�
valutazione�economica.�Nulla�a�che�vedere,�naturalmente,�con�la�diversa�nozione�di�beni�
immateriali.�
(27)�V.,�ex 
multis,�i�recenti�decr.�Pref.�TS�n.�1.13/2-489/2003�del�9�settembre�2003,�in�
Gazz. 
Uff. 
n.�231,�4�ottobre�2003�e�decreto�n.�1.13/2-531/2003�del�18�settembre�2003,�in�
Gazz. 
Uff. 
n.�232,�6�ottobre�2003.�
(28)�Particolarmente�interessante�notare,�nel�caso�proposto,�che�il�ripristino�del�nome�
avviene�con�decreto�prefettizio�di�revoca�dell'analogo�provvedimento�deglianni'30;cio�
dimostra�s|�continuita�con�l'ordinamento�precedente�e�riconoscimento�delle�fonti�del�diritto�
pre-repubblicane�ma,�come�noto,�lo�strumento�di�diritto�amministrativo�utilizzato�e�quello�
della�revoca,�con�effetti�ex 
nunc,�e�non�quello�di�un�annullamento�ex 
tunc,�difficilmente�con-
figurabile.�
Non�puo�non�notarsi,�inoltre,�la�circostanza�che�i�cognomi�furono�cambiati,�in�epoca�
fascista,�con�provvedimenti�prefettiz|�ad 
personam,�e�quindi�revocabili,�mentre�nella�l.�
555/12�si�dettano�norme�generali�ed�astratte�in�tema�di�acquisto�e�perdita�della�cittadinanza�
italiana,�rendendo�impossibile�ogni�tentativo�di��revocare��gli�effetti�prodotti�dalla�legge.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

epoca�sabauda�ed�ancor�oggi�in�vita,�il�rientro�ex 
nunc 
nella�comunita�nazio-

nale.�Ben�diversa�la�pretesa�di�attribuire�a�figl|�e�nipoti�una�continuita�di�tale�

appartenenza,�sul�presupposto�di�un�torto�subito�dagli�avi,�sposando�quindi�

una�fictiojuris 
davvero�lontana�dalla�realta�(29).�

A�sostenere�il�quadro�concettuale�finora�delineato�va�un'ulteriore�consi-
derazione.�Senza�dubbio�l'ordinamento�repubblicano�si�pone,�da�molti�punti�
di�vista,�in�posizione�di�continuita�con�quello�precedente,�pur�nel�mutare�dei�
presupposti�ideologici�alla�base�dello�Stato.�Tuttavia,�proprio�questa�netta�
cesura�concettuale�reca�con�se�delle�necessarie�conseguenze:�ad�esempio�le�
pretese�coloniali,�il�corporativismo,�i�privileg|�della�nobilta�erano�fenomeni�
a�forte�rilevanza�giuridica,�pienamente�legittimi�all'epoca�in�cui�vigevano�
ma�che�sono�stati�poi�ritenuti,�naturalmente,�incompatibili�con�il�nuovo�
ordine.�Il�nucleo�fondante�di�questo�cambiamento�e�la�scelta�collettiva,�e�la�
Gesamtentscheidung 
direbbe�Carl�SchmitT 
(30),�ossia�la�creazione�popolare�
della�Costituzione.�

Come�valutare,�in�tal�senso,�la�posizione�di�quei�soggetti�i�quali,�sotto�il�
precedente�ordinamento�abbiano�contratto�matrimonio�all'estero�e�si�siano�
distaccati�dalla�comunita�nazionale�perdendo�(volontariamente�o�meno)�la�cit-
tadinanza?�Sicuramente�e�difficile�sostenere�lafictio 
(gia�tale�per�gli�italiani�in�
Patria)�che�essi�abbiano�partecipato�al�momento�fondante�del�nuovo�ordina-
mento�e�che,�pertanto,�vi�appartengano�a�pieno�titolo.�Non�pare�percio�illogico�
che�le�norme,�che�disciplinano�il�recupero�della�cittadinanza�da�parte�di�chi�l'ab-
bia�perduta�per�aver�lasciato�volontariamente�il�Paese�sotto�il�precedente�ordi-
namento,�debbano�contemperare�le�esigenze�di�equita�con�quelle�della�certezza�
del�diritto,�con�particolare�riferimento�alla�necessita�di�circoscrivere�le�persone�
ed�i�gruppi�familiari�che�possano�richiedere�la�cittadinanza,�evitando�il�prodursi�
diunacatenadidiritticherisalgafino�agliavipiu�lontani(31).�

Non�puo�trascurarsi,�in�questa�sede,�il�profilo�della�ricaduta�del�diritto�sul�
contenzioso�nazionale�e�sull'Amministrazione.�Ci�si�riferisce,�in�particolare,�al�
danno�arrecato�alla�certezza�del�diritto�dalla�riapertura�delle�questioni�del�pas-
sato,�oltre�che�all'enorme�pregiudizio�per�la�collettivita�nazionale.�Non�si�deve�
infatti�tralasciare�il�fatto�che�l'Italia�ha�dato�origine,�ad�esempio,�ad�una�parte�
rilevantissima�dei�nuclei�familiari�del�nord�America�e�che,�nell'America�latina,�
la�popolazione�di�origine�italiana,�in�diversi�contesti,�rappresenta�addirittura�
la�maggioranza.�Trattandosi�di�fenomeni�prodotti,�per�la�gran�parte,�delle�
ondate�migratorie�che,�giunte�al�loro�culmine�negli�anni�'10,�hanno�accompa-

(29)�Relativamente�alla�cittadinanza�da�riconoscere�ai�figl|�,�l'unico�criterio�che�risulti�
concretamente�applicabile�e�quello�per�cui�acquisiscono�la�cittadinanza�italiana�i�figl|�nati�
dopo�il�riacquisto�della�cittadinanza�della�madre�(cioe�dalla�dichiarazione�di�cui�alle�leggi�
del�1983�e�1992).�Non�vi�e�viceversa�ragione�di�discriminare�tra�figl|�nati�prima�e�dopo�il�
1948,�in�quanto�entrambi�nati�mentre�la�madre�non�aveva�piu�lo�status 
civitatis.Sul�tema�v.�
A. 
Adinolfi,�Il 
riconoscimento 
della 
cittadinanza 
italiana 
ai 
nati 
da 
madre 
cittadina 
prima 
del 
1948: 
quale 
�uniforme 
interpretazione 
del 
diritto� 
da 
parte 
della 
Cassazione?,in�Riv. 
dir. 


int.,�n.�2,�2001,�p.�447�segg.�

(30)�V.�in�proposito�C. 
Schmitt,�Verfassungslehre,�9.�ed.,�Berlin�2003,�p.�20�segg.�
(31)�Il�problema�non�puo�non�porsi,�anche�per�chi�critichi�l'impostazione�delle�SS.UU.�
del�1998.�V.�A. 
Adinolfi,�Il 
riconoscimento,�cit.,p.�450.�

DOTTRINA�331 


gnato�l'Italia�fin�dopo�la�seconda�guerra�mondiale�(ossia�proprio�in�coincidenza�
con�l'arco�temporale�di�validita�della�legge�555/12),�ci�si�puo�facilmente�rendere�
conto�del�rischio�cui�e�sottoposta�la�stabilita�del�nostro�sistema�nel�caso�di�
reclamo�dei�diritti�di�cittadinanza�da�parte�di�una�frazione�anche�modesta�degli�
aventi�diritto,�ove�si�dia�delle�norme�la�lettura�fin�qui�criticata.�

La�pronuncia�delle�Sezioni�Unite,�tuttavia,�lungi�dal�chiudere�il�dibattito,�
ha�attirato�su�di�se�diverse�critiche�in�dottrina,�ed�e�stata,�per�di�piu�,�smentita�
da�una�successiva�pronuncia�della�I�Sezione,�di�solo�due�anni�successiva,�la�

n.�15062del2000(32).�Inessasiaffrontanuovamentelaquestionedei�rapporti�
esauriti�:�in�una�vicenda�del�tutto�analoga�alle�altre�(salvo�che�si�trattava�di�cit-
tadina�italiana�di�Libia,�con�qualche�dubbio�sull'applicazione�delle�norme�colo-
niali)�la�I�Sezione,�pur�senza��ribellarsi��apertamente�alla�statuizione�delle�
SS.UU.,�afferma�che�il�giudice�d'appello�aveva�errato�nel�negare�l'attribuzione�
della�cittadinanza�ai�figl|�della�donna�poiche��la�qualificazione�di�un�rapporto�o�
di�una�situazione,�siccome��esauriti�,�non�deve�mai�fondarsi�su�di�una�norma�
dichiarata�costituzionalmente�illegittima,�per�la�decisiva�ragione�che,�altrimenti,�
continuerebbe�adapplicarsi[...]�la�norma�incostituzionale�.�La�motivazione�sem-
bra�poi�avvilupparsi�su�se�stessa,�ritenendo�necessario�un�terzo�elemento,�oltre�
alla�norma�ed�al�rapporto�giudicato,�una�seconda�norma�che�determini�l'esauri-
mento�della�prima.�In�tanta�complessita�logica,�non�emerge�una�chiave�di�let-
tura�che�pare�illuminante:�la�perdita�della�cittadinanza�ha�effetti�istantanei�e�
definitivi,�non�ha�nessun�bisogno�di�un�provvedimento�di�chiusura�degli�effetti�
(come�sarebbe�nel�caso�della�sentenza�passata�in�giudicato�o�che�accerti�la�pre-
scrizione)�ed�i�suoi�effetti�possono�essere�ridiscussi�a�distanza�di�anni�solo�in�
un�ordinamento�che�prevede�una�siffatta�retroattivita�,�quale�quello�costituzio-
nale�repubblicano,�ma�non�certo�quello�statutario.�

3.�Lo�sviluppo�piu�recente�del�contenzioso�
Va�ricordato,�nella�giurisprudenza�di�merito,�l'interessante�caso�affron-
tato�dal�Tribunale�di�Torino�nel�1999,�nel�quale�il�Collegio�dichiara�la�cittadi-
nanza�italiana�del�figlio�di�donna�italiana�che�ha�perso�la�cittadinanza,�in�
quanto�nato�prima�del�matrimonio�con�il�padre�straniero�(33).�

La�giurisprudenza�del�Tribunale�di�Roma,�cui�spetta�la�gran�parte�delle�
controversie�in�tema�di�cittadinanza,�trattandosi�perlopiu�di�residenti�all'e-
stero�contrapposti�al�Ministero�dell'Interno�(34),�si�e�fortemente�allineata�ai�
princip|�espressi�dalla�Sezione�I�della�Cassazione�nel�2000,�ossia�all'orienta-
mento�meno�restrittivo�quanto�al�riconoscimento�della�cittadinanza.�

(32)�Sent.�22�novembre�2000,�n.�15062,�pubbl.�in�Foro�it.,�2001,�pt.�I,�col.�2299�segg.�
(33)�Cfr.�Trib.�Torino,�sent.�12�aprile�1999,�in�Riv.�dir.�int.�priv.�proc.,�n.�1,�2000,�p.�152�
segg.�Si�tratta�senz'altro�di�un�caso�limite;�tuttavia�il�discrimen�e�chiaro:�il�figlio�nato�prima�
del�matrimonio�e�figlio�di�italiana�nato�da�relazione�con�uno�straniero;�un�eventuale�figlio�
nato�a�seguito�del�matrimonio�e�nato�da�madre�non�piu�italiana.�I�due�figl|�non�potranno�
essere�discriminati�nei�diritti�connessi�alla�filiazione,�ma�avranno�diverso�trattamento�in�
relazione�alla�cittadinanza.�
(34)�Si�tratta,�a�nostro�avviso,�di�un�punto�debole�dell'ordinamento�giudiziario,�poiche�di�
fatto�una�sola�sezione�di�una�giurisdizione�inferiore�detiene,�salvi�i�diritti�di�appello�e�ricorso�
per�Cassazione,�il�monopolio�assoluto�su�un�settore�del�contenzioso�civile�nazionale.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Piu��specificamente,�il�Tribunale�romano,�in�alcune�recenti�sentenze,�
dispone�il�positivo�accertamento�della�cittadinanza�in�capo�ai�ricorrenti,�sia�
facendo�riferimento�al��non�esaurimento��dei�rapporti�sottoposti�al�giudizio�
costituzionale,�sia�ritenendo�che�le�donne,�che�abbiano�riacquistato�la�cittadi-
nanza�dopo�le�sentenze�della�Corte�costituzionale,�non�l'abbiano�in�realta��
mai�perduta,�comunicandola�ai�figl|�ed�ai�nipoti.�La�ricaduta�di�tali�afferma-
zioni�e��di�particolare�rilevanza,�poiche�sono�decine�le�sentenze�con�le�quali�
il�giudice�di�primo�grado�ha�attribuito�la�cittadinanza�italiana�a�nipoti�e�pro-
nipoti�di�cittadine�italiane(35).�

Un�elemento�di�chiarezza�potrebbe�essere�costituito�dalla�recentissima�
sentenza�della�Cassazione,�Sezioni�Unite,�19�febbraio�2004,�n.�3331,�che�
riprende�compiutamente�le�contrapposte�opzioni�giurisprudenziali,�confer-
mando�la�scelta�del�1998,�dunque�negando�la�cittadinanza�ai�figl|�di�madre�
sposatasi�in�Turchia�nel�1947.�

L'arresto�della�Suprema�Corte,�velatamente�censurando�la�giurispru-
denza��ribelle��del�2000,�ritiene�ormai�consolidato�in�giurisprudenza�ed�affer-
mato�in�dottrina�il�principio�per�cui�l'illegittimita��costituzionale�non�puo��
retroagire�rispetto�all'entrata�in�vigore�della�Costituzione(36).�

Si�ritiene�poi,�da�un�punto�di�vista�generale,�che�sia�da�escludersi�l'as-
sunto,�considerato�dalla�citata�sentenza�della�I�Sezione,�secondo�il�qualelo�
status�di�cittadinanza�possegga�particolari�requisiti�di�assolutezza,�non�esau-
ribilita��e�giustiziabilita��in�ogni�tempo,�essendo�viceversa�rimesso,�come�altre�
situazioni�giuridiche,�agli�effetti�del�mutare�del�quadro�costituzionale�di�rife-
rimento.�

La�decisione�della�Corte�fa�nuovamente�riferimento�alla�nozione�di�rap-
porti�esauriti,�della�quale�si�e��gia��brevemente�detto,�ritenendo�che�l'azione�
invalidante�del�giudizio�di�costituzionalita��conosca�proprio�quel�limite,�
dovendosi�prendere�atto�di�effetti�legittimamente�prodotti�da�norme�(poi�rite-
nute�incostituzionali)�nel�periodo�della�loro�legittima�vigenza.�

La�Suprema�Corte�ritiene,�quanto�alla�necessita��di�non�consentire,�ad�
oggi,�discriminazioni�incostituzionali�tra�uomo�e�donna,�che�tale�esigenza�
sia�gia��efficacemente�affrontata�dalla�legge�151/1975,�che�consente�la�dichia-
razione�di�riacquisto�della�ex�cittadina.�Ritiene�viceversa�non�configurabile�
ogni�automatismo�nel�recupero�della�cittadinanza�e�nella�sua�trasmissioneai�
discendenti�in�linea�retta.�

La�pronuncia�del�Giudice�di�legittimita��assume,�quindi,�il�significato�di�
una�rilevante�correzione�di�rotta�rispetto�alle�incertezze�precedenti,�ponendo�
anche�argine�ad�un�assalto�alla�cittadinanza�che�assume�peraltro�dimensioni�

(35)�Ex�multis�Trib.�Roma,�Sez.�I,�sent.�7�marzo�2001,�n.�8901;�sent.�22�marzo�2002,�
n.�20408.�
(36)�La�sentenza�afferma�che��le�leggi�anteriori�alla�Costituzione�perdono�efficacia,�per�
effetto�dipronunce�di�incostituzionalita�,�dalla�data�di�entrata�in�vigore,�non�potendo�il�giudizio�

di�difformita�rispetto�al�parametro�costituzionale�svolgersi�oltre�il�momento�in�cui�l'antinomia�

si�e�verificata�e�dovendo�quindi�la�pronuncia�di�incostituzionalita�arrestarsi�al�tempo�di�insor-

genza�del�conflitto�.�


DOTTRINA�333 


preoccupanti.�Si�pensi,�in�tal�senso�ai�non�infrequenti��casi�limite��di�nipoti�e�
pronipoti�di�cittadine�italiane�che�reclamano�la�cittadinanza�italiana�per�
interi�nuclei�familiari�(37).�

Quanto�alla�giurisdizione�amministrativa,�il�Consiglio�di�Stato�e�ritor-
nato�di�recente�sul�tema,�con�una�pronuncia�che,�pero�,�lambisce�solamente�
la�materia�del�contendere:�in�un�parere�ha�affermato�che,�ove�i�genitori�riac-
quistino�la�cittadinanza�italiana�persa,�in�nessun�caso�consegue�l'acquisto�
automatico�per�i�figl|�,�i�quali�dovranno,�a�loro�volta,�presentare�documentata�
istanza�(38).�I�magistrati�amministrativi�si�mantengono�in�questo�caso,�pero�,�
fuori�dall'agone�polemico,�non�entrando�nella�questione�della�spettanza�del�
diritto,�al�di�la�della�presenza�dell'automatismo�acquisitivo.�

Alla�luce�della�permanente�distanza�tra�le�interpretazioni�giurispruden-
ziali�e�del�possibile�ulteriore�incremento�del�contenzioso�tra�stranieri�di�ori-
gine�italiana�e�Amministrazione�dell'Interno,�con�conseguente�ulteriore�peso�
a�carico�della�Difesa�erariale,�appare�quanto�mai�auspicabile�un�intervento�legi-
slativo�che�ponga�fine�alle�frizioni�in�atto,�restituendo�ai�Consolati�ed�agli�Uffi-
ciali�di�Stato�civile�una�materia�che�ad�essi�essenzialmente�perviene,�e�chesolo�
in�senso�del�tutto�patologico�puo�essere�oggetto�di�contesa�in�giudizio.�

(37)�A�titolo�esemplificativo�si�consideri�che�attualmente�pende�presso�il�Tribunale�di�
Roma�il�ricorso�di�alcuni�cittadini�peruviani�che�chiedono�riconoscersi�lo�status 
civitatis 
ita-
liano�sulla�base�della�circostanza�che�una�loro�nonna�in�linea�materna�era�a�sua�volta�figlia�
(nata�all'estero)�di�un�cittadino�italiano�nato�nel�1874�e�trasferitosi�in�Peru�piu�di�cento�anni�
fa�(Trib.�Roma,�sez.�I�civ.,�C.P.�et�al.�c/�Ministero�dell'Interno).�
(38)�Cons.�St.,�sez.�I,�par.�28�novembre�2001,�n.�1077,�pubbl.�in�Foro 
It.,�2003,�pt.�III,�
coll.�154-156.�

I�n�d�i�c�i�sis�t�e�m�ati�c�i�I�n�d�i�c�i�sis�t�e�m�ati�c�i�
1 
-ARTICOLI, 
NOTE, 
DOTTRINA, 
RECENSIONI 


Ignazio�Francesco�Caramazza,Funzione 
pubblica 
e 
giurisdizione........Apag. 
280 


Corte�di�giustizia�delle�comunita�europee,Nota 
informativa 
riguardante 
le 
domande 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
da 
parte 
delle 
giurisdizioni 
nazionali 


(2005/C 
143/01)...........................................A�A17 


Roberto�de�Felice,�Cinzia�Melillo,(dossier),In 
morte 
di 
un 
curatorefallim
entare. 
................................................A�A188A

Giovanni�Pietro�de�Figueiredo,�Enrica�Villani,L'attualita� 
dell'art. 
8 
c.p. 


(sua 
capacita� 
espansiva 
come 
�risorsa 
giuridica� 
sul 
piano 
della 
collabora


zione 
internazionale 
contro 
il 
crimine)............................A�A139A
PierluigiDiPalma,La 
difesa 
in 
giudizio 
delle 
amministrazioni 
trasformate 
in 


societa� 
perazioni.. 
. 
. 
. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
� 
��A111A
Pierluigi�Di�Palma,Il 
diritto 
degli 
aeroporti 
nel 
nuovo 
codice 
della 
naviga


zione: 
le 
concessioni 
aeroportuali. 
..............................A��A295A
Diritto 
nazionale 
e 
diritto 
comunitario 
nella 
dinamica 
del 
giudizio 
di 
costituzio


nalita�
(art. 
117,1.co., 
Cost. 
equestionecomunitaria)... 
.. 
.. 
.. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�A121A
Pasquale�Fava,Indennita� 
di 
amministrazione 
e 
tredicesima: 
un 
casopraticoper 


valutare 
le 
potenzialita� 
delle 
azioni 
rappresentative 
(classactions) 
nel 
con


tenzioso 
seriale 
italiano...................................���A168A
Wally�Ferrante,La 
direttiva 
2004/18/CE 
e 
la 
giurisprudenza 
comunitaria 
in 


materia 
di 
appalti 
e 
concessioni.................................. 
�8A
Giuseppe�Fiengo,(dossier),Ancora 
sull' 
inhouseproviding.............A�A44A
Maria�Vittoria�Lumetti,Silenzioinadempimento, 
denunciadiinizioattivita�


silenzio 
assenso, 
accesso: 
le 
novita� 
della 
legge 
80/05. 
. 
.. 
.. 
.. 
.. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
�A304A
Maria�Vittoria�Lumetti,La 
valutazione 
del 
punteggio 
conseguito 
presso 
le 


S.I.S.S. 
La 
natura 
giuridica 
delle 
frequentlyaskedquestions(F.A.Q.)el'ev
oluzione 
tecnologica 
della 
P.A.................................A�A208A
Paolo�Marchini,La 
manutenzione 
ordinaria 
e 
straordinaria 
in 
materia 
diopere 
idraulicheela 
tutelapenaledelpaesaggio: 
una 
interpretazione 
estensiva? 
...A�A315A

Glauco�Nori,Sulpoteresanzionatorio 
della 
Cortedigiustizia............A�A22 


Cesare�Pagotto,Cittadinanza 
italiana 
amatree 
retroattivita� 
delle 
norme 
costituzionali: 
amministrazione 
e 
giurisprudenza 
in 
trincea.............A�A322A

Roberto�Palasciano,Ancorasultemadellaresponsabilita� 
civileperidannida 
fumo 
c.d. 
attivo............................................A�A197A


336 
RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO�

VincenzO 
Rago,Ilpatrocinio 
delleAmministrazionistatalidapartedell'Avvo-
catura 
Generale 
dello 
Stato.�..................................�pag. 
1�
StefanO 
Rosati,(dossier),Opposizione 
tardiva; 
opposizione 
intempestiva 
a 
seguito 
di 
nullita� 
della 
notifica 
del 
decreto 
ingiuntivo..................���150�
MarinA 
Russo,Legittimazione 
in 
giudizio 
in 
tema 
di 
danni 
da 
emoderivati. 
��13�
GiuseppE 
Stipo,Il 
regime 
d'invalidita� 
del 
provvedimento 
amministrativo 
nel 
nuovo 
sistema 
delineato 
dalla 
legge 
11 
febbraio 
2005 
n. 
15. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��253�
FrancescO 
Vignoli,Ragionevole 
durata 
delprocesso 
e 
decisione 
definitiva.���133�

2 
-INDICE 
DELLE 
SENTENZE 


CORTEDIGIUSTIZIADELLECOMUNITA�EUROPEE 
GrandeSezione,12luglio2005,nellacausaC-304/02.................�pag. 
29 
GrandeSezione,21luglio2005,nellacausaC-231/03..................���51 
Sez.1.,13ottobre2005nellacausaC-458/03........................���54 
Sez.2.,27ottobre2005nellecauseriun.C-187/04eC-188/04...........���71 


CORTECOSTITUZIONALE�
Sent.29gennaio2005,n.62....................................���124�
Ord.7-11febbraio2005,n.74...................................���136�

CORTEDICASSAZIONE 
Sez.1.penale,sent.28aprile-17maggio2004n.23181.................���146 
Sez.Unite,3marzo-12maggio2005n.9938........................���156 
Sez.Unite,13luglio2005n.14698...............................���176 
Sez.trib.29agosto2005n.17461................................���194 


CORTED'APPELLODIGENOVA�
Sez.2.,ord.24-25marzo2005..................................���138�

TRIBUNALECIVILEDINAPOLI�
Sent.15dicembre2004,n.12729.................................���204�

TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEPERL'EMILIAROMAGNA�
Parma,sez.unica,ord.18ottobre2005,n.301......................���214�

3 
-INDICE 
DEGLI 
ARGOMENTI 


AzionI 
rappresentativE 
^Ammissibilita�inItalia^Efficentismoprocessuale�
^Aumentodicompetitivita�^Giustoprocesso^Potenzialita�risolutivedel�
contenziososeriale^Sussistono�(Cassaz., 
Sez. 
Un. 
Civ., 
sent. 
13 
luglio 
2005, 


n.14698).................................................... 
pag. 
176 


ClasS 
actionS 
^Ammissiblita�in�Italia�^Efficientismo�processuale�^
Aumentodicompetitivita�^Giustoprocesso^Potenzialita�risolutivedelcont
ensiososeriale^Sussistono(Cassaz., 
Sez. 
Un. 
Civ., 
sent. 
13 
luglio 
2005, 


n. 
14698). 
. 
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. 
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��176�


INDICI�SISTEMATICI�337 
Comunita� 
europeE 
^Appalti�pubblici�di�servizi�^Appalti�in 
house 
^Concess
ione�di�servizio�pubblico.�Compatibilita�con�il�diritto�comunitario�(Corte 
di 
giustizia 
CE, 
Grande 
Sezione, 
sent. 
21 
luglio 
2005 
nella 
causa 
C-231/03; 
sez. 
1., 
sent. 
13 
ottobre 
2005 
nella 
causa 
C-458/03). 
. 
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. 
. 
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. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
51�
Comunita� 
europeE 
^Inadempimento�da�parte�di�uno�Stato�^Direttiva�93/�
37/CEE�^Appalti�pubblici�di�lavori^Concessioni�di�lavori�pubblici�^Norme�
di�pubblicita�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
sez. 
2., 
sent. 
27 
ottobre 
2005 
nelle 
cause 
riun. 
C-187/04 
e 
C-188/04) 
. 
. 
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.. 
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... 
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... 
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.. 
... 
.. 
.. 
.. 
��7�1�
Comunita� 
europeE 
^Inadempimento�da�parte�di�uno�Stato�^Pesca�^Obblig
hi�di�controllo�posti�a�carico�degli�stati�membri�^Sentenza�della�Corte�che�
accerta�un�inadempimento�^Omessa�esecuzione�-Art.�228�CE�^Pagamento�
di�una�somma�forfettaria�^Imposizione�di�una�penalita�(Corte 
di 
Giustizia 
CE, 
Grande 
Sezione, 
sent. 
12 
luglio 
2005, 
nella 
causa 
C-304/02) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
.. 
��2�9�
ContenziosO 
serialE 
^Pluralita�di�parti�^Serialita�^Questioni�di�fatto�e�di�
diritto�comuni�^Gestione�efficiente�del�contenzioso�^Strumenti�processuali�
risolutivi�^Class 
actions 
e�azioni�rappresentative�^Potenziale�rilevanza�(Cass
az., 
Sez. 
un.Civ., 
sent. 
13 
luglio 
2005,n.14698) 
. 
. 
. 
. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
��176
CortE 
CostituzionalE 
^Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�^Denuclearizz
azione�del�territorio�^Illegittimita�costituzionale�di�norme�regionali�^Regioni�
Sardegna,�Basilicata,�Calabria�(Corte 
Cost.le, 
sent.29gennaio 
2005n. 
62) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��1�2�4�
CortE 
CostituzionalE 
^Diritto�nazionale�e�diritto�comunitario�^Raccolta�
e�smaltimento�di�rifiuti�radioattivi�^Partecipazione�della�Regione�interessata�
(Corte 
Cost.le, 
sent. 
29 
gennaio 
2005 
n. 
62) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
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. 
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. 
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. 
. 
. 
. 
. 
��1�2�4�
CortE 
CostituzionalE 
^Ragionevole�durata�del�processo�e�decisione�definit
iva�^Previsione�di�equa�riparazione�in�caso�di�violazione�del�termine�ragionev
ole�del�processo�^Manifesta�inammissibilita�della�questione�di�legittimita�
costituzionale.�(Corte 
Cost., 
ord. 
7^11febbraio 
2005, 
n. 
74) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��136
Indennita� 
dI 
amministrazionE 
^Nozione�^Caratteri�^Natura�giuridica�^
Rilevanza�per�la�tredicesima�^Esclusione�^Principio�di�omnicomprensivita�^
Si�applica.�(Cassaz., 
Sez. 
un. 
Civ., 
sent. 
13 
luglio 
2005, 
n. 
14698) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��176
IstruzionE 
E 
scuolE 
^Punteggio�S.I.S.S.�^Valutazione�ad�incremento�dei�titoli�
relativi�agraduatoria�di�diversaclasse�di�concorso�^Inammissibilita�(T.A.R.Emil
ia 
Romagna, 
Parma,sez. 
unica, 
ord. 
nella 
cam. 
Cons. 
del18ottobre2005) 
. 
.. 
.. 
. 
. 
��21�4�
ProcedimentO 
civilE 
^Impugnazione�^Termini�^Morte�del�legale�rappresent
ante�^Proroga�semestrale�(Cassaz., 
Sez. 
trib., 
sent. 
29 
agosto 
2005 
n. 
17461) 
��1�9�4�
ProcedimentO 
civilE 
^Procedimenti�speciali�^Opposizione�tardiva�^Nullita�
della�notifica�del�decreto�opposto�^Effetti�in�ordine�all'ammissibilita�(Cassaz., 
S.U.,sent. 
3 
marzo^12maggio 
2005 
n. 
9938) 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
��1�56
ProcedimentO 
civilE 
^Ricorso�per�Cassazione�^Revocazione�^Circostanza�
rilevante�emergente�dalla�relata�di�notifica�^Omessa�percezione�^Ammissibil
ita�^(art.�391�bis 
c.p.c.)�(Cassaz., 
Sez. 
trib., 
sent. 
29 
agosto 
2005 
n. 
17461) 
��1�9�4�
ProcedimentO 
penalE 
^Processo�celebrato�in�Italia�sui�desaparecidos 
^
Art.�8�c.p.�^Procedibilita�^Nozione�di��delitto�politico��^Natura�oggettivam
ente�e�soggettivamente�politica�di�delitti�commessi�in�danno�di�cittadini�ital
iani�residenti�in�Argentina�^Delitti�contro�diritti�fondamentali�garantiti�dalla�
Costituzione�italiana�e�da�norme�del�diritto�internazionale�generalmentericon
osciute�(diritto�alla�vita,�alla�liberta�personale,�ad�un�processo�equo,�ecc.)�D
iritto-dovere�dello�Stato�italiano�di�intervenire�^Collaborazione�internazion
ale�contro�il�crimine�(Cassaz., 
1" 
sez. 
penale, 
sent. 
17 
maggio 
2004 
n. 
23181) 
��1�46


338 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Procedimento�penale�^Processo�celebrato�in�Italia�sui�desaparecidos 
^
Costituzione�del�rapporto�processuale�^Assenza�in�giudizio�dell'imputato�^
Validita�dell'instaurazione�del�rapporto�processuale�(Cassaz., 
1" 
sez. 
penale, 


sent. 
17maggio2004n.23181).................................... 
pag. 
146 


Responsabilita�civile�^Danni�da�fumo�attivo�^Responsabilita�del�Minis
tero�della�Salute�e�delle�imprese�produttrici�e�distributrici�dei�tabacchi�lavor
ati�^Esclusione�(Trib. 
Napoli, 
sent. 
15 
dicembre 
2004, 
n. 
12729) 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��204�

Tredicesima�mensilita�^Principio�di�omnicomprensivita�^Si�applica�i
ndennita�di�amministrazione�^Rilevanza�per�la�tredicesima�^Esclusione�
(Cassaz.,Sez.Un.Civ.,sent. 
13luglio2005,n.14698) 
.................. 
��176�

Tributi�in�generale�^Accertamento�^Condono�^Condono�ex�decreto�legge�
429/1982�^Dichiarazione�integrativa�per�definizione�automatica�^inclusione�
di�tutti�gli�anni�di�imposta�accertabili�(Cassaz., 
Sez. 
trib., 
sent. 
29 
agosto 
2005 


n. 
17461) 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
��194�
4 
-PARERI, 
COMUNICAZIONI, 
CIRCOLARI 


A.G.S. 
^Parere 
del 
20 
aprile 
2005, 
n. 
54793. 
Patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(consultivo 
n. 
38033 
e 
31094/04, 
avvoc
ato 
V. 
Rago) 
............................................�pag. 
2�

A.G.S. 
^Parere 
del 
14 
maggio 
2005, 
n. 
67614. 
Azione�di�risarcimento�danni�^Recupero�crediti.�(Consultivo 
n. 
6612/03, 
avvoc
ato 
P. 
Di 
Palma) 
.........................................���11�

A.G.S. 
^Parere 
del 
14 
maggio 
2005, 
n. 
67615. 
Momento�di�efficacia�della�determinazione�della�rendita�catastale�^Configurab
ilita�di�autotutela�(consultivon. 
18721/04,avvocatoL. 
CaputiIambrenghi) 
��215

A.G.S. 
^Parere 
del 
14 
maggio 
2005, 
n. 
67621. 
Illecito�amministrativo�in�materia�doganale,�contrabbando�doganale�semplice�
e�aggravato:�distinzioni�^decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�43/�
1973,�artt.�282�ss.�(consultivo 
n. 
11396/05, 
avvocato 
G. 
Albenzio)........���216�

A.G.S. 
^Circolare 
del 
27 
maggio 
2005, 
n. 
15. 
Patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�alle�Universita�degli�Studi.�....�.....���9�

A.G.S. 
^Parere 
del 
31 
maggio 
2005, 
n. 
75708.�
Legge�n.�210/1992�^Legittimazione�passiva�del�Ministero�della�Salute�nei�giud
izi�aventi�ad�oggetto�il�riconoscimento�del�diritto�all'indennizzo�per�il�
periodo�antecedente�il�trasferimento�delle�funzioni�alla�Regione�^Sentenza�
della�Corte�d'Appello�di�Venezia�n.�364/04�(consultivo 
n. 
49194/04, 
avvoc
ato 
M. 
Russo) 
...........................................���13�

A.G.S. 
^Parere 
del 
31 
maggio 
2005, 
n. 
75722. 
Affidamento�diretto�di�impianto�(consultivo 
n. 
14148/05, 
avvocato 
W. 
Ferr
ante)..................................................���220�

A.G.S. 
^Parere 
del 
7 
giugno 
2005, 
n. 
79329. 
Imposte�e�tasse.�Imposta�erariale�del�consumo�sull'energia�elettrica.�Gruppi�
elettrogeni�fissi�in�datazione�alle�FF.AA.�^Produzione�e�consumo�^
Debenza�(consultivo 
n. 
24104/04, 
avvocato 
P. 
Cosentino) 
.............���224�


INDICI 
SISTEMATICI 


A.G.S. 
^Parere 
del 
9 
giugno 
2005, 
n. 
80746. 
Verifica 
amministrativo-contabile 
a 
norma 
dell'art. 
7 
del 
decreto 
del 
Presi-
dente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
12 
marzo 
1994 
^Saldo 
contributivo 
(cons
ultivo 
n. 
24143/04, 
avvocato 
S. 
Sabelli)..... 
..... 
..... 
...... 
..... 
pag. 
226 
A.G.S. 
^Parere 
del 
10 
giugno 
2005, 
n. 
80985. 
Art. 
43, 
1� 
comma 
e 
57, 
d.P.R. 
n. 
327/2001 
^Art. 
5 
L. 
166/2002 
^Possibilita� 
ed 
ambito 
di 
utilizzazione 
(Contenzioso 
n. 
24416/03, 
avvocato 
T. 
Varrone) 
) 
229 
A.G.S. 
^Parere 
del 
7 
luglio 
2005, 
n. 
91858. 
Decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
8 
giugno 
2001 
n. 
327, 
come 
modifi-
cato 
dal 
Decreto 
Legislativo 
27 
dicembre 
2002 
n. 
302, 
pubblicato 
nel 
Suppl. 
ord. 
n. 
211/L 
Gazzetta 
Ufficiale 
n. 
17 
del 
22 
gennaio 
2003. 
Testo 
Unico 
disposizioni 
legislative 
e 
regolamentari 
in 
materia 
di 
espropriazione 
per 
pubblica 
utilita� 
(consultivo 
n. 
52706/04, 
avvocato 
P. 
Cosentino). 
..... 
) 
235 
A.G.S. 
^Parere 
dell'8 
luglio 
2005, 
n. 
92716. 
Provvedimenti 
di 
assegnazione 
della 
casa 
di 
abitazione 
familiare 
nei 
procedi-
menti 
di 
separazione 
personale 
e 
di 
divorzio; 
trascrivibilita� 
, 
opponibilita� 
a 
terzi 
in 
relazione 
ai 
diversi 
titoli 
in 
base 
ai 
quali 
l'abitazione 
era 
gia� 
goduta 
(consultivo 
n. 
18376/05, 
avvocato 
M. 
Mari) 
.. 
..... 
..... 
...... 
..... 
) 
236 
Circolare 
del 
12 
luglio 
2005, 
n. 
24, 
prot. 
94439 
(comunicazione 
di 
servizio 
n. 
96/05, 
prot. 
94436). 
Direttive 
in 
materia 
di 
controversie 
aventi 
ad 
oggetto 
corsi 
di 
riqualificazione. 
) 
249 



ERRATA 
CORRIGE 


L'articolo��Giurisdizione�del�giudice�amministrativo�in�pubblici�concorsi�

riservati�a�dipendenti�interni,�fuori�ruolo�e�comandati��(pubblicato�alla�

pag.�239�del�n.�1/2005�di�questa�Rassegna),�pervenuto�a�questa�Redazione�non�

firmato,�e�stato�erroneamente�attribuito�all'Avv.�Roberto�de�Felice,�titolare�del�

relativo�contenzioso.�Ce�ne�scusiamo�con�l'Autore,�Dr.�Mario�Di�Carlo,�e�coni�

lettori.�