ANNO 
LVI 
-N. 
3 
LUGLIO-SETTEMBRE 
2004 



PUBBLICAZION. 
TRIMESTRAL. 
D. 
SERVIZI. 


ISTITUTO 
POLIGRAFICO 
E 
ZECCA 
DELLO 
STATO 
ROMA 
2004 



ComitatO 
scientifico: 
Presidente:�Luigi�Mazzella.�Componenti:�Franco�
Coppi�^Giuseppe�Guarino�^Natalino�Irti�^Eugenio�Picozza�^Franco�
Gaetano�Scoca.�

DirettorE 
responsabile: 
Oscar�Fiumara�^Condirettore:�Giuseppe�Fiengo.�

ComitatO 
dI 
redazione: 
Giacomo�Aiello�^Vittorio�Cesaroni�^Roberto�de�
Felice�^Maurizio�Fiorilli�^Massimo�Giannuzzi�^Maria�Vittoria�Lumetti�^
Antonio�Palatiello�^Giovanni�Paolo�Polizzi�^Mario�Antonio�Scino�^Tito�
Varrone.�

HannO 
collaboratO 
inoltrE 
aL 
presentE 
numero: 
Giuseppe�Arpaia�^
Federico�Basilica�^Barbara�Bombaci�^Ignazio�Francesco�Caramazza�^
Paola�Ciriaco^GianniCortigiani^Giuliana�Costantini^ValentinaDiVincenzo�
^Gianni�Carlo�Ferrero�^Maurizio�Iacono�Quarantino�^Claudio�Paris�^
Vincenzo�Rago^Emanuela�Rosano�^Ilaria�Sanasi.�

SegreteriA 
dI 
redazione: 
Francesca�Pioppi.�

Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it�

ABBONAMENTI�ANNO�2004�

ITALIA�ESTERO�
ABBONAMENTO�ANNUO...�...�...�...�......�..�. 
41,00 
. 
77,00 


UNNUMEROSEPARATO....�...�...�...�......�..�. 
12,00 
. 
21,00 


Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,�
stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri�
della�prevista�periodicita�annuale.�

Per�abbonamenti�e�acquisti�rivolgersi�a:�

ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO�S.p.A.�
Funzione�Editoria�

P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma 
Tel.�0685082207�^0685084124 
Fax�0685084117 
E-mail:�venditeperiodici@ipzs.it 
c/c�postale�n.�387001 


Stampato�inItalia^PrintedinItaly�

Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966�

(P401024/1)�Roma,�2004��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.�^S.�


INDICE�^SOMMARIO 


TemI 
istituzionalI 
Ignazio�Francesco�Caramazza,�Le 
nuovefrontiere 
della 
giurisdizione 
amministrat
iva 
(dopo 
la 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
6 
luglio 
2004 
n.204) 
. 
. 
. 
.. 
.. 
Pag. 
741�
Vincenzo�Rago,�Universita� 
deglistudi: 
giudiceamministrativo 
e 
ordinario 
concord
ano 
sulpatrocinio 
esclusivo 
edobbligatorio 
dell'Avvocaturadello 
Stato..... 
.. 
��769�
Vincenzo�Rago,�Il�patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
a 
favore 
delle 
Regioni 
a 
statuto 
ordinario 
(Cassaz.,�S.U.,�sent.�29�aprile�2004�n.8211)�....�......���775�
IL 
contenziosO 
comunitariO 
eD 
internazionalE 
Oscar�Fiumara,�Modifiche 
nel 
riparto 
di 
competenze 
fra 
Corte 
di 
Giustizia 
e 
Tribunale 
diprimo 
grado 
delle 
Comunita� 
europee 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��783�
Federico�Basilica,�La 
qualita� 
della 
regolamentazione 
tra 
ordinamento 
internaz
ionale 
e 
ordinamento 
nazionale 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��786�
1.��Igiudizi 
in 
corso. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��795�
IL 
contenziosO 
nazionalE 
Antonio�Palatiello,�Ancora 
sul 
caso 
del 
Crocifisso 
(Corte.Cost.,�ord.�15�dicemb
re�2004,�n.�389)�....�.....�......�.....�.....�......�.....�......�
Ilaria�Sanasi,�Fermo 
amministrativo: 
e� 
suf
ff
iciente 
il 
fumus�boni�iuris�del 
credito 
��823�
vantato 
dalla 
P.A. 
(Cassaz.,�sez.�trib.,�sent.�2�marzo�2004,�n.�4219)�......���836�
Gianni�Carlo�Ferrero,�Sulle 
agenzie 
di 
disbrigo 
pratiche 
per 
gli 
stranieri 
(Trib.�civ.�di�Torino,�sez.�1.,�ord.�7�luglio�2004)..�.�.�......�.....�......���840�
Paola�Ciriaco,�Giurisdizione 
in 
materia 
di 
pubblico 
impiego: 
inammissibile 
il 
ricorso 
al 
T.A.R.per 
l'annullamento 
delleprocedure 
di 
riqualificazione 
delpers
onale 
all'interno 
della 
stessa 
area 
funzionale 
(T.A.R.�Lazio,�Roma,�sez.�
2.�ter, 
sent.�4�maggio�2004�n.�3757)..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�....�...�...�...�....�.���848�
Maria�Vittoria�Lumetti,�L'attivita� 
amministrativa 
di 
valutazione: 
punteggio 
numerico 
e 
obbligo 
di 
motivazione 
(T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�sent.�20�aprile�
2004�n.�1214�e�19�luglio�2004�n.�2649;�C.d.S.,�sez.�4.,�sent.�19�luglio�2004�
n.�5175;�T.A.R.Toscana,�sez.1.,�ord.�9�settembre�2004�n.�924).�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..���853�
Maria�Vittoria�Lumetti,�La 
discrezionalita� 
tecnica 
dell'amministrazione 
e 
il 
cont
rollo 
del 
giudice 
amministrativo 
(T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�ord.�14�luglio�
2004�n.�798).�.�......�.....�......�.....�.....�......�.....�......���864�
Gianni�Cortigiani,�Ancora 
sull'ICI 
nella 
concessione 
di 
arenili 
(Comm.�Trib.�
Reg.�di�Firenze,�sez.�16.,�sent.�7�settembre�2004�n.�9)�.....�.....�......���871�
IparerideL 
ComitatO 
Consultivo.......................... 
.. 
��875�

ContributI 
dI 
dottrinA 


Giuseppe�Arpaia,�Ildivieto 
diarbitrato 
nellecontroversierelativeadoperepub


bliche 
di 
ricostruzione 
dei 
territori 
colpiti 
da 
calamita� 
naturali, 
tra 
presunta 


abrogazioneedinterpretazioneautentica. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��905�

Federico�Basilica,�La 
Public�Governance�inEuropa. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��910�
Valentina�Di�Vincenzo,�Autorita� 
indipendenti 
e 
tutela 
giurisdizionale 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
��917�
Maurizio�Iacono�Quarantino,�Dismissione 
del 
patrimonio 
pubblico: 
l'interpre


tazioneautentica(menteingiusta) 
............................... 
��937 


Maria�Vittoria�Lumetti,�Imobili 
confini 
tra 
vizio 
di 
merito 
ed 
eccesso 
dipotere 
��945�
Claudio�Paris,�Accertamento 
della 
mancanza 
dello 
stato 
di 
insolvenza 
nel 
giudi


zio 
di 
opposizione 
alla 
sentenza 
dichiarativa 
difallimento. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
.. 
.. 
��984�
Emanuela�Rosano�,�Il 
trattamento 
dei 
dati 
personali 
alla 
luce 
del 
d.lgs. 
196/03 


(�Codiceinmateriadiprotezionedeidatipersonali�), 
inparticolareleregole 


specificheperisoggettipubblici.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
. 
��1007�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


ServiziinformaticiestatisticI 
Barbara 
Bombaci, 
Valore 
legale 
dell'archivio 
digitale. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
1023 
RecensionE 
Federico 
Basilica, 
Stefano 
Sepe 
(a 
cura 
di), 
Il 
linguaggio 
delle 
istituzioni 
pub-
bliche 
nei 
discorsi 
di 
insediamento 
presso 
l'Avvocatura 
dello 
Stato, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
e 
la 
Corte 
dei 
Conti, 
Scuola 
superiore 
della 
Pubblica 
Amministraz
ione, 
2004. 
Recensione 
di 
GiulianaCostantinI 
................ 
� 
1032 
Indicisistematici........................................ 
� 
1035 



TemiIstituzionaliTemiIstituzionali
Le 
nuove 
frontiere 
della 
giurisdizione 
amministrativa 


(dopo 
la 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
6 
luglio 
2004 
n. 
204) 
(*)�

di 
Ignazio 
Francesco 
Caramazza 


1. 
Notazioni 
introduttive. 
La�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�Costituzionale�rappresenta�un�sof-
ferto�e�lungamente�meditato(1)�sforzo�di�razionalizzazione�e�riduzione�a�
sistema�della�tanto�disordinata�quanto�profonda�crisi�di�trasformazione�
attraversata�dalla�giustizia�amministrativa�italiana�negli�ultimi�quattro�anni�
del�millennio�da�poco�compiuto.�

Ho�detto�crisi�di�trasformazione�e�non�riforma�perche�una�riforma�
postula�un�disegno�unitario�e�coerente�mentre,�nella�specie,�si�e�assistito�al�
confuso�^anche�se�spesso�sinergico�^accavallarsi�di�iniziative�assunte�dai�
vari�poteri�dello�Stato.�

A�dare�il�via�fu�il�legislatore�delegante�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,�
che�indico�fra�i�principi�e�criteri�direttivi�la��estensione�della�giurisdizione�
del�giudice�amministrativo�alle�controversie�aventi�ad�oggetto�diritti�patrimo-
niali�conseguenziali,�ivi�compreso�quello�relativo�al�risarcimento�del�danno��
in�alcune�materie,�cos|�superando�un�tabu�piu�che�secolare.�

Segu|�il�legislatore�delegato,�con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�che,�nel-
l'attuare�la�delega,�devolvette�alla�giurisdizione�esclusiva�anche�le�tre�nuove�

(*)�Relazione�tenuta�al�Convegno�per�il�trentennale�dei�TT.AA.RR.�svoltosi�a�Napoli�
in�data�5-6�novembre�2004.�

(1)�V.�CarbonE 
(in��Il 
Waltzer 
delle 
giurisdizioni��rigira 
e 
ritorna 
a 
fine 
Ottocento,in�
Corriere 
giuridico 
n.�9/2004)�enumera�ben�9�interlocuzioni�soprassessorie�della�Corte�rese�
attraverso�ordinanze�di�inammissibilita�e�di�restituzione�degli�atti�per�sopravvenuta�norma-
tiva.�Sintomatiche,�fra�tutte�le�ordinanze�di�inammissibilita�della�Corte�Cost.�n.�122�e�123�
del�16�aprile�2002.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

materie�dei�servizi�pubblici,�dell'urbanistica�e�dell'edilizia.�Intervennero�poi�le�
Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�la�celeberrima�sentenza�22�luglio�1999,�

n.�500,�che�infranse�il�dogma�della�irrisarcibilita�degli�interessi�legittimi,�il�
Consiglio�di�Stato,�con�la�pronuncia�30�marzo�2000,�n.�1�dell'Adunanza�Ple-
naria�ed�ancora,�in�dissonanza,�le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�le�sen-
tenze�n.�71�e�72�del�30�marzo�2000.�
Fu�poi�la�volta�della�Corte�costituzionale,�che,�con�la�sentenza�17�luglio�
2000,�n.�292,�sanziono�un�eccesso�di�delega�nel�decreto�delegato�n.�80/1998.�
Il�Parlamento,�infine,�con�la�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(approvata�in�via�
definitiva�dal�Senato�appena�48�ore�dopo�la�pubblicazione�della�sentenza�
della�Corte)�(2),�sostituendo,�con�modifiche,�gli�artt.�33,�34�e�35�del�decreto�
delegato,�elimino�ogni�questione�di�eccesso�di�delega,�ed�estese�la�tutela�risar-
citoria�a�tutte�le�aree�nelle�quali�il�giudice�amministrativo�esercita�giurisdi-
zione.�

Il�risultato�di�questa�convulsa�stagione�fu�la�fulminea�accelerazione�ed�il�
compimento�di�tre�tendenze�evolutive�che�si�erano�andate�lentissimamente�e�
timidamente�dipanando�nell'arco�di�tre�quarti�di�secolo,�e�precisamente:�

a)�la�trasformazione�del�criterio�di�discrimine�fra�le�due�giurisdizioni�da�
quello�della�situazione�tutelata�a�quello�della�materia;�

b)�l'attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarcitoria�oltre�a�
quella�cassatoria�in�materia�di�giurisdizione�esclusiva;�

c)�la�estensione�della�tutela�risarcitoria�ai�pregiudizi�derivanti�dalla�
lesione�degli�interessi�legittimi.�

In�relazione�alle�prime�due�sembra�sufficiente�ricordare�come�il�legisla-
tore�della�seconda�meta�del�secolo�scorso�introducesse�con�continui�e�ripetuti�
interventi,�nuovi�casi�di�giurisdizione�esclusiva�(nella�legge�istitutiva�dei�
TAR�addirittura�per��clausola�generale�)�e�la�giurisprudenza�attribuisse�
natura��esclusiva��a�molti�casi�di�giurisdizione�innominatamente�attribuita�
al�giudice�amministrativo.�Quest'ultimo,�poi,�opero�una�lenta�progressiva�
erosione�del�rigoroso�divieto�di�intromettersi�nei�rapporti�di�dare�ed�avere.�

La�prima�rottura�fu�il�riconoscimento�del�diritto�del�dipendente�pubblico�
alla�percezione�degli�arretrati,�poiche�non�conseguenziali�ma�coessenziali�
con�l'annullamento�del�licenziamento.�

Corollario�normativo�del�principio�fu�l'art.�26,�comma�3,�della�legge�isti-
tutiva�dei�TAR�che�consent|�al�giudice�amministrativo,�in�sede�di�giurisdi-
zione�esclusiva,�di�condannare�l'Amministrazione�al�pagamento�di�somme�
di�cui�risultasse�debitrice�(3).�

(2)�R.�Tiscini,�La 
giurisdizione 
esclusiva, 
in�Il 
processo 
davanti 
al 
giudice 
amministrativo, 
a�
cura�di�B.�Sassani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�327.�
(3)�A.Romano, 
Giurisdizioneordinariaegiurisdizioneamministrativadopolaleggen. 
205del 
2000 
(epitaffio 
per 
un 
sistema), 
in�Dirittoprocessuale 
amministrativo, 
2001,�602�ss.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Giudice�amministrativo�e�Cassazione�riconobbero,�poi,�negli�anni�'80,�
fra�i�crediti�retributivi�del�pubblico�dipendente�coessenziali�con�il�rapporto�e�
non�conseguenziali�ad�un�annullamento,�anche�gli�interessi�corrispettivie�la�
rivalutazione�monetaria.�

Si�realizzava�dunque�una�lenta�e�progressiva�crescita�qualitativa�e�quan-
titativa�della�giurisdizione�esclusiva,�gia�giunta�negli�anni�'90�del�secolo�
scorso�a�sopravanzare�statisticamente�come�numero�di�contenziosi�quella�di�
legittimita�,�il�che�comportava�che�il�modello�di�processo�sul�rapporto�ten-
desse�ad�informare�di�se�il�modello�di�processo�sull'atto�e�che�il�criterio�di�
discrimine�fra�le�giurisdizioni�tendesse�a�spostarsi�dalla�situazione�tutelata�
alla�materia(4).�

In�relazione�alla�terza�sara�sufficiente�un�accenno�alla�lenta�ma�inesora-
bile�espansione,�nell'arco�del�secolo�scorso�(e�non�solo�certo�in�Italia),�dell'i-
stituto�della�responsabilita�civile,�specialmente�nella�sua�dimensione�aqui-
liana�(5).�

Per�limitarci�al�nostro�Paese�basti�ricordare,�in�sede�di�puro�diritto�civile,�
l'estensione�dell'istituto,�dapprima�limitato�alle�lesioni�dei�soli�diritti�assoluti,�
ai�diritti�di�credito,�alle�chances,�alle�aspettative�e,�in�definitiva,�a�qualunque�
attentato�all'integrita�del�patrimonio.�In�sede�di�diritto�amministrativo�si�
rammenti�la�^peraltro�modesta�^evoluzione�compiutasi�in�materia�di�revivi-
scenza�dei�diritti�degradati�a�seguito�di�caducazione�dell'atto�degratatorio,�
di�illegittima�ricompressione�di�diritti�espansi�di�poi�annullata,�di�interessi�
legittimi�dichiarati�eccezionalmente�risarcibili�in�ossequio�ad�obblighi�europei�
(art.�13�legge�19�febbraio�1992�n.�142)�di�interessi�legittimi�dichiarati�risarci-
bili�in�leggi�dall'efficacia�sospesa�e�poi�abrogate�(6),�in�decreti�legge�non�con-
vertiti�dopo�varie�reiterazioni�(7)�o�in�leggi�recanti�elaborazioni�di�principi�e�
criteri�direttivi�mai�attuati�dalla�normativa�secondaria(8).�

Inutile�sottolineare�come,�rispetto�a�tali�timide�linee�di�tendenza�lentissi-
mamente�evolute�nell'arco�di�svariati�decenni,�il�loro�brusco�e�veloce�comple-
tamento�suggellato�dal�crisma�legislativo�sia�stato�avvertito�come�una�vio-
lenta�soluzione�di�continuita�.�Tanto�piu�violenta,�poi,�in�quanto�accompa-
gnata�da�una�innovazione�non�preannunciata�da�alcuna�sia�pur�timida�
avvisaglia,�e�cioe�l'attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarci-

(4)�Per�una�completa�ricostruzione�della�materia�vedasi�E.�Picozza,�Il 
quadro 
normativo 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
dall'avvento 
della 
Costituzione 
ad 
oggi, 
in�Atti 
del 
XLIX 
Convegno 
di 
studi 
di 
scienza 
dell'Amministrazione, 
Giuffre�,�Milano,�2004,�63�ss.;�R.�Giovagnoli,�Il 
contenzioso 
in 
materia 
di 
servizipubblici,�Giuffre�,�Milano�2004.�
(5)�A.�DE 
Vita,�Al 
crocevia 
degli 
itinerari 
dei 
diritti 
europei, 
in�Politica 
del 
diritto,�2000,�537.�
(6)�Art.�32�comma�3�legge�11�febbraio�1994�n.�109,�decreto�legge�31�maggio�94�n.331,�legge�
2�giugno�1995�n.�216�art.�9�bis.�
(7)�decreto�legge�25�novembre�1995�n.�498,�art.�8.�
(8)�Legge�15�marzo�1997�n.�59,�art.�20,�5�comma,�lett.�h.�Per�una�compiuta�rassegna�di�tutte�
le�ipotesi�di�cui�sopra�vedasi�E.Follieri,�Lo 
stato 
dell'arte 
della 
tutela 
risarcitoria 
degli 
interessi 
legittimi,in�Atti 
del 
XLIII 
Convegno 
di 
studi 
di 
Scienza 
dell'Amministrazione,Giuffre�,�Milano,�
1998,�55�ss.�e�V.Carbone,�Il 
waltzer 
delle 
giurisdizioni, 
cit.. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

toria�degli�interessi�legittimi.�Le�novita�erano�tante�e�tali�da�far�dubitare�piu�
di�un�giudicante�della�loro�conformita�a�Costituzione,�con�conseguente�devo-
luzione�alla�Corte�della�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�7�della�
legge�205/2000�sotto�svariati�profili.�

La�Corte�ha�risposto�alle�attese�(lunghe,�per�vero)�ed�ha�tentato�di�ricon-
durre�a�sistema�gli�istituti�in�esame�facendo�leva�su�due�principi:�anzitutto�il�
valore�formalistico�del�rispetto�del�testo�della�Carta�costituzionale.�Valore�
che�rappresenta�il�rifugio�piu�sicuro�in�tempi,�quali�i�nostri,�di�incertezze�isti-
tuzionali.�

In�secondo�luogo,�invocando�il�valore�del�dato�storico,�senza�l'analisi�del�
quale�il�nostro�sistema�di�giustizia�amministrativa�sarebbe�del�tutto�incom-
prensibile�(9).�

Si�diceva�nella�Francia�prerivoluzionaria�che�ogni��stato��dovesse�con-
tribuire�alle�guerre�del�regno�con�le�sue�specifiche�potenzialita�:�e�quindi�la�
nobilta�con�il�suo�sangue,�la�borghesia�con�il�suo�denaro�ed�il�clero�con�le�
sue�preghiere.�Applicando�il�detto�alla�riforma�della�giustizia�amministrativa�
compiutasi�a�cavallo�fra�secondo�e�terzo�millennio�potremmo�dire�che�i�vari�
organi�dello�Stato�di�essa�coautori�si�sono�divisi�i�compiti�secondo�quelle�
regole,�portando�nella�riforma�ciascuno�le�sue�potenzialita�e�caratteristiche.�

Cassazione�e�Consiglio�di�Stato�hanno�contribuito�con�la�capacita�inno-
vativa�e�talvolta�concorrenziale�della�loro�giurisprudenza,�il�Parlamento�con�
quella�frettolosa�improvvisazione�che�da�molti�anni�a�questa�parte,�pur-
troppo,�caratterizza�le�sue�leggi(10)�e�la�Corte�Costituzionale�con�il�rigore�
della�riconduzione�a�sistema�del�diritto�vivente�nel�quadro�formale�della�
Carta�repubblicana.�

La�sentenza�della�Corte�in�esame�^che�per�la�prima�volta�affrontava�ex�
professo�il�problema(11)�^non�e�certo�al�di�sopra�di�ogni�critica,�come�ogni�
opera�dell'uomo,�ma�credo�doveroso�riconoscerle�il�merito�di�aver�composto�
un�complesso�groviglio�di�regole�a�sistema�formale�offrendo�all'interprete�
accorto�gli�strumenti�per�perfezionarlo�ed�affinarlo�in�relazione�alle�tante�sin-
gole�problematiche�che�emergeranno.�

Si�tratta�in�ogni�caso�di�un�dictum�che�rappresenta�il�diritto�positivo�e�

con�cui,�quindi,�e�necessario�confrontarsi.�

2.�La�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204/2004:�l'approccio�alproblema.�
La�sentenza�in�esame�affronta�anzitutto�una�approfondita�ricostruzione�
storica�del�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa,�a�partire�dalla�fonda-
mentale�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo�(i�cui�principi�fonda-
mentali�furono�oggetto�di��indispensabile�riassorbimento��nella�Costitu-
zione)�integrata,�poi,�dalla�legge�istitutiva�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di�

(9)�A.Romano,�op.�loc.�cit.�
(10)�V.Carbone,�Dannosita�e�illegittimita�dell'atto�amministrativoprima�della�legge205/2000�e�
della�sentenza�n.�292/2000�della�Corte�Costituzionale,in�Corriere�Giuridico�n.�9/2000.�
(11)�M.�Clarich,�La��tribunalizzazione��del�giudice�amministrativo�evitata,in�Giornale�di�
diritto�amministrativo�n.�9/2004.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Stato�nel�1889.�Legge,�questa�seconda,�resa�necessaria��dal�modo��^assai�
restrittivo�(n.d.r.)�^�in�cui�era�stata�intesa��dalla�giurisprudenza�la�legge�
del�1865.�

Il�diritto�vivente�nato�da�quella�normativa�aveva�individuato�il�discri-
mine�fra�giurisdizione�ordinaria�ed�amministrativa�nella�situazione�tutelata�
e�piu��precisamente�nella�dicotomia�diritto�soggettivo-interesse�legittimo�e�la�
Costituzione�repubblicana�recep|��tale�criterio�discretivo�legificando�per�la�
prima�volta�^ed�anzi�costituzionalizzando�^l'interesse�legittimo�come�situa-
zione�giuridica�soggettiva�sostanziale,�cos|��attribuendogli�una��durezza�costi-
tuzionale��nuova(12).�

La�Costituzione�recep|��anche,�in�qualche�modo,�le�due�linee�pur�conflig-
genti�di�Calamandrei�e�di�Mortati,�fondate,�l'una,�sul�mito�ricorrente�dell'u-
nita��della�giurisdizione�(che�aveva�ispirato�tanto�la�riforma�del�1865�quanto�
la�legge�del�1889)�basata,�l'altra,�sulla�necessita��della�conservazione�della�giu-
risdizione�del�Consiglio�di�Stato.�

Come�e��noto,�durante�i�lavori�preparatori�della�Costituente,�nella�Com-
missione�dei�75�e,�poi,�in�sede�plenaria�prevalse,�infatti,�la�tesi�della�conserva-
zione�delle�giurisdizioni�c.d.��storiche�,�anche�se�nel�testo�della�Carta�fonda-
mentale�compare�una�implicita�enunciazione�di�unicita��che�costituisce�quasi�
la�proclamazione�di�un��valore�fine��(13)�da�assumersi�come�meta�tenden-
ziale�e�futuribile�e�che�sembra�rappresentare�solo�un�omaggio�a�quel�mito�
ricorrente.�

Nella�ricostruzione�storica�di�queste�due�matrici�la�Corte�sottolinea�la�
loro�ambiguita��di�fondo�(nascente�dalla�contrapposizione�fra�momento�sta-
tico�del�principio�posto�dalla�legge�e�momento�dinamico�del�suo�fraintendi-
mento�ad�opera�dell'interprete)�ma�non�puo��esimersi�dal�riconoscimento�del�
dato�formale�dell'interesse�legittimo�come�oggetto�naturale�del�giudizio�
amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita��per�la�tutela�
della�giustizia�nell'amministrazione.�

Da�cio��discende�^sempre�su�di�un�piano�rigorosamente�formalistico�c
he�poiche�la�giurisdizione�esclusiva�consente�al�giudice�amministrativo�di�
tutelare,�oltre�che�gli�interessi�legittimi��anche...�diritti�soggettivi��ma�solo�
�in�particolari�materie�indicate�dalla�legge��ebbene�tale�giurisdizione�non�
potra��essere�legittimamente�estesa�a�qualsivoglia�materia�ma�solo�a�materia�
che�formi�oggetto�primo�della�giurisdizione�generale�di�legittimita��.�

Con�riserva�di�ritornare�piu��avanti�sulle�argomentazioni�della�Corte�
sembra�anzitutto�doveroso�soffermarsi�sul�singolare�processo�storico�che�
diede�vita�all'interesse�legittimo�attraverso�un�processo�di�continua�eteroge-
nesi�di�cui�la�sentenza�in�esame�sembra�rappresentare�l'ultimo�episodio.�

(12)�F.Lorenzoni,�Commento�a�prima�lettura�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204�
del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.�
(13)�G.Silvestri, 
Unita�della�giurisdizione,�in�Scritti�in�onore�di�Massimo�Severo�Giannini,�
Giuffre��,�Milano,�1988,�III,�718.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�Corte,�infatti,�richiama�tale�processo�come�precedente�storico�essen-
ziale�alla�comprensione�dell'assetto�costituzionale�della�giustizia�amministra-
tiva�italiana�ed�appare�quindi�indispensabile�fugare�ogni�dubbio�in�proposito.�

3. 
Lagenesistoricadell'interesselegittimo: 
a) 
laleggeabolitricedelcontenzioso 
amministrativo. 


La�legge�20�marzo�1865,�n.�2248,�allegato�E,�che,�come�e�noto,�abol|�i�
Tribunali�ordinari�del�contenzioso�amministrativo,�devolvendo�alla�giurisdi-
zione�ordinaria...��tutte�le�materie�nelle�quali�si�faccia�questione�di�un�diritto�
civile�o�politico,�comunque�vi�possa�essere�interessata�la�pubblica�ammini-
strazione�e�ancorche�siano�emanati�provvedimenti�del�potere�esecutivo�o�del-
l'autorita�amministrativa��(conferendo�altres|�a�quella�giurisdizione�il�potere�
di�disapplicare�gli�atti�amministrativi�illegittimi)�non�e�sfuggita�al�bizzarro�
destino�che�e�proprio�di�tante�leggi�in�materia�amministrativa:�quello�di�pro-
vocare�effetti�paradossalmente�opposti�ai�fini�avuti�di�mira�dal�legislatore.�

Il�primo�e�piu�vistoso�esempio�di�tale�anomalia�e�addirittura�quello�delle�
leggi�francesi,�a�cavallo�fra�`700�e�`800,�che�costituirono�la�matrice�prima�
del�diritto�amministrativo.�Un�diritto�il�cui�nascere�fu�valutato�da�Alexisde�
Tocqueville(14)�come�espressione�di�dispotismo�ed�ebbe�la�funzione,�secondo�
gli�studiosi�piu�accreditati,�di�fornire�alla�borghesia�emergente�nuovi�manici�
per�meglio�maneggiare�antiche�mannaie(15).�

Fatto�si�e�,�pero�,�che�da�quelle�leggi,�che�costruivano�una��amministra-
zione�senza�giudice��seppe�evolversi�un�sistema�di�giustizia�amministrativa�
capace�di�fornire�cospicue�garanzie�agli�amministrati.�

Il�contrario�sembra�essere�avvenuto�per�la�legge�italiana�abolitrice�del�
contenzioso�amministrativo,�riforma�di�schietto�stampo�liberale�e��progres-
sivo��e�che�segno�pero�,�nei�fatti,�una�perdita�di�tutela�da�parte�degli�ammini-
strati�rispetto�al�previgente�sistema�del�contenzioso�(16).�

Sul�punto,�e�noto,�non�tutte�le�opinioni�concordano.�Sembra,�pero�^e�
tornero�sul�punto�poco�piu�avanti�^che�cos|�la�ratio 
ispiratrice,�come�la�
voluntas 
legislatoris 
come�la�stessa�lettera�della�legge�avrebbero�postulato�
una�sua�interpretazione�in�termini�ben�piu�liberali�di�quanto�non�sia�acca-
duto�nella�realta�.�

I�Tribunali�del�contenzioso�esistenti�negli�Stati�italiani�preunitari�erano�
stati�tutti�ispirati�al�sistema�francese�introdotto�nel�periodo�napoleonico�(e�
non�e�certo�un�caso�che�i�vari�sovrani�assoluti�restaurati�trovassero�comodo�
adottare�il�nuovo�strumento,�benche�figlio�della�Rivoluzione�del�1789)�ed�il�
sistema�piemontese�^che�piu�da�vicino�riguarda�il�nostro�problema�^non�
faceva�eccezione.�

Detti�Tribunali�si�presentavano�come�un�foro�d'eccezione�(o�di�privile-
gio)�qualificato�dalla�natura,�pubblica�invece�che�privata,�di�una�delle�parti�

(14)�A.dE 
Tocqueville,�Scritti 
politici,�a�cura�di�N.�Matteucci,�Torino�1969,�I,�234�ss.�
(15)�M.S.Giannini,�Diritto 
amministrativo, 
voce�della�Enciclopedia 
del 
Diritto,�XII,�855.�
(16)�S.Spaventa,�La 
giustizia 
nell'amministrazione, 
in�Codice 
della 
Giustizia 
amministrativa 
(per�cura�dell'avv.�Ranieri�Porrini),�Firenze,�1900,�29.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

e�dalla�normativa�regolatrice�del�rapporto�e�caratterizzato�dal�suo�inseri-
mento�nel�plesso�dell'esecutivo�e�dalla�carenza�di�quelle�(pur�imperfette)�
garanzie�di�indipendenza�di�cui�godeva�il�giudice�ordinario.�

In�tale�situazione�non�sorprende�che�essi�venissero�considerati�espres-
sione�di�dispotismo�amministrativo�da�sopprimere�come�tutti�gli�altri�fori�
speciali�del�passato.�

La�spinta�abolizionista�^connaturata�con�l'ideologia�liberale�e�caratte-
rizzante,�infatti,�le�rivoluzioni�di�meta�secolo�^precede�d'altronde,�e�non�di�
poco,�l'unificazione.�Gia�il�progetto�Galvagno�del�2�dicembre�1850�(forse�
sotto�l'influenza�della�costituzione�di�Francoforte�del�1849)�prevedeva�tout 
court 
il�passaggio�al�giudice�ordinario�di�tutte�le�competenze�del�soppri-
mendo�giudice�del�contenzioso�amministrativo.�

Sulla�stessa�linea�il�testo�del�Progetto�Minghetti�del�1862�che,�all'arti-
colo�2�(relazione�Panattoni)(17),�prevedeva:��appartengono...�alla�giurisdi-
zione�ordinaria�tutte�le�questioni�che�fin�qui�erano�conosciute�e�decise�dai�
Consigli�e�Tribunali�del�contenzioso�amministrativo�.�

L'approfondimento�del�problema�porto�presto�pero�ad�emersione�la�con-
statazione�del�fatto�che�nell'esercizio�delle�proprie�competenze��per�materia��
i�Tribunali�del�contenzioso�conoscevano�talvolta,�per�necessaria�connessione�
connaturata�a�particolari�settori�dell'amministrazione,�anche�di�atti�discrezio-
nali�(di�amministrazione�cioe��pura�,�secondo�la�terminologia�del�tempo)�e�
quindi�tutelavano�in�tali�casi�interessi�semplici�oltre�che�diritti(18).�

Da�tale�constatazione�furono�tratte�due�conseguenze:�la�prima�si�risol-
veva�in�una�ulteriore�ragione�di�soppressione�dei�Tribunali�del�contenzioso�
che�o�giudicavano�di�diritti�^e�prevaricavano�allora�sulla�naturale�compe-
tenza�del�giudice�ordinario�^o�giudicavano�di�interessi�ed�invadevano�allora�
la�sfera�riservata�all'amministrazione�attiva(19).�

La�seconda�fu�che,�per�rispetto�al�principio�della�divisione�dei�poteri,�
solo�la�materia�dei�diritti�doveva�essere�devoluta�al�giudice�ordinario.�

Si�arriva�cos|�alla�formula�dei��diritti�civili�e�politici��del�disegno�che�
doveva�diventare�quella�della�legge�abolitrice,�accompagnata�dal�divietodi�
revoca�e�modifica�degli�atti�amministrativi�(ferma�la�cognizione�degli�effetti�
dell'atto�in�relazione�all'oggetto�dedotto�in�giudizio)�e�dal�divieto�di�applicare�
atti�e�regolamenti�se�non�conformi�alle�leggi.�Legge�ispirata,�come�e�noto,�ai�
principi�contenuti�nella�Costituzione�belga�del�1831.�

Sono�ben�conosciute�le�tante�diverse�opinioni�in�proposito.�Da�quella�dei�
propugnatori�della�legge,�Mancini�per�primo,�che�videro�in�essa�il�successo�
di�un�principio�di�liberta�sul�dispotismo�amministrativo,�a�quella�dei�suoi�
oppositori�contemporanei�(Crispi,�Rattazzi�e�Cordova,�per�tutti)�che�vi�ravvi-

(17)�Rel.�8�aprile�1862,�Atti 
parlamentari 
Camera 
dei 
Deputati,�Sessione�1861-1862,�I�Ed.,�
1080.�
(18)�M.Minghetti,Rel.�alProgetto�omonimo,�Atti 
ult. 
cit.,�Doc.�n.�46,�2�ristampa,�79�ss.;�
M.Nigro, 
Giustizia 
amministrativa, 
Bologna,�1983,�76.�
(19)�Per�tutti,�P.S.�Mancini,�Discorso 
9 
giugno 
1864,�Attiparlamentari 
Camera 
deiDeputati,I�
ed.,�Vol.�dal�20�marzo�al�29�giugno�1864,�5157.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

sarono�una�operazione�peggio�che�gattopardesca,�in�quanto�volta�non�a�con-
servare�intatta�ma�addirittura�a�ridurre�l'area�delle�garanzie�del�cittadino�
sotto�le�mentite�spoglie�di�un�apparente�suo�ampliamento�(�sotto�colore�di�
progredire�si�fa�un�regresso�)�(20).�Dalla�storiografia�classica,�che�vi�ravvisa�
una�riforma�liberale�tradita�dai�suoi�interpreti�ad�alcuni�recenti�ripensamenti�
che�vedono�nella�riforma�del�1865�una�scelta�di�campo�in�favore�dell'ammini-
strazione�e�delle�sue�prerogative;�scelta�di�campo�effettuata�addirittura�scon-
tando,�con�machiavellica�preveggenza,�le�timidezze,�i�timori�e�le�connivenze�
della�magistratura�e�quindi�la�giurisprudenza�che�si�sarebbe�formata(21).�

La�mia�opinione,�che�cerchero�di�illustrare�adesso,�e�che�sia�da�condivi-
dere�l'ipotesi�della�riforma�liberale�tradita�dai�suoi�interpreti.�

Suole�comunemente�dirsi�che�il�legislatore�del�tempo�non�avesse�le�idee�
chiare�sul�significato�della�locuzione��diritti�civili�e�politici��sulla�scorta�del-
l'autorita�del�Cammeo,�che�parla�appunto�di��intenzioni�non�chiaramente�
spiegate��(22).�L'affermazione�del�chiaro�autore�va�pero�intesa,�a�me�pare,�
solo�con�riferimento�a�qualche�ambiguita�lessicale�ed�in�particolare�ad�una�
certa�tendenza�di�alcuni�parlamentari�a�qualificare�gli�interessi�come��diritti�
minori��(23).�

Il�difetto�di�chiarimento�attiene�quindi�solo�ad�un�problema�terminolo-
gico:�chiarissima�e�invece�la�voluntas 
legislatoris 
nel�senso�di�intendere�la�
locuzione�nella�sua�massima�estensione�possibile.�

Cos|�ad�esempio�il�Mancini,�parlando�dei�diritti�politici,�li�definisce�
come�quelli��che�al�cittadino�sono�assicurati�dalla�costituzione�di�un�paese�
libero;�la�liberta�individuale,�la�liberta�di�coscienza,�la�liberta�di�stampa,�la�
libera�associazione,�il�diritto�della�nazione�di�concorrere�al�voto�delle�impo-
ste��(24),�precisando�anche�come�fossero�comprensivi��di�tutti�i�rapporti�giu-
ridici�che�si�possono�concepire�in�qualunque�guisa�esistenti�fra�i�privati�ela�
pubblica�amministrazione��(25).�

I�membri�della�Commissione�della�Camera�investita�del�Progetto,�in�par-
ticolare,�erano�tutti�convinti�che�la�formula��diritti�civili�e�politici��equiva-
lesse�a�quella��diritti�di�qualunque�natura��(26).�E�se�tale�formula�non�era�
stata�proposta,�cio�era�perche�la�Commissione��volendo�appunto�esonerarsi�
dal�carico�e�dalla�responsabilita�dell'adozione�di�una�nuova�formula,�che�
certo�non�e�agevole,�anzi�fu�a�giudizio�di�molti�esperimentata�malagevolis-
sima,�prefer|�di�quasi�trascrivere�nel�suo�progetto�di�legge�gli�articoli�anzi-

(20)�F.Crispi,�ivi,�2900-2901.�
(21)�S.Sambataro,�L'abolizione 
del 
contenzioso 
nel 
sistema 
di 
giustizia 
amministrativa, 
Milano,�1977,�64.�
(22)�F.Cammeo,�Commentario 
delle 
leggi 
sulla 
giustizia 
amministrativa, 
Milano,�s.d.,�I�434.�
(23)�G.�Mantellini, 
Iconflitti 
di 
attribuzione, 
Firenze,�1871,�I,�34.�
(24)�Atti 
ult. 
cit.,�Tornata�del�9�giugno�1864.�
(25)�Ivi,�Tornata�del�16�giugno�1864.�
(26)�Relazione�Borgatti,�ivi, 
2461.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

detti�della�costituzione�belgica�e�quindi�di�accettare�una�formula�gia�com-
presa�ed�illustrata�dalla�giurisprudenza�di�un�altro�paese�libero��(27)�(giuri-
sprudenza,�come�subito�si�vedra�,�assai�liberale).�

La�stessa�opinione�e�fatta�propria�dal�Cammeo,�il�quale�afferma:��L'e-
spressione�diritti 
civili 
e 
politici 
doveva�avere�lo�stesso�significato�che�essa�ha�
nell'art.�24�dello�statuto�e�negli�artt.�92�e�93�della�Costituzione�belga��(28).�

Della�stessa�opinione�il�Mantellini,�il�quale�sottolineo�la�liberalita�della�
legislazione�belga�e�l'intendimento�dei�legislatori�italiani�di�adeguarsi�a�
quella�(29).�

4. 
Segue: 
b) 
l'interpretazione 
giurisprudenziale 
della 
legge 
20 
marzo 
1865 
n. 
2248 
All. 
E. 
Come�e�noto,�la�interpretazione�che�si�consolido�nella�giurisprudenza�
italiana�fu�invece�assai�piu�restrittiva�e�ridusse�in�confini�molto�angusti�la�
tutela�dell'amministrato�nei�confronti�dell'amministrazione�operando�lungo�
tre�direttive:�la�definizione�dei�diritti�civili�e�politici,�la�delimitazione�dei�
poteri�di�disapplicazione,�la�individuazione�del�criterio�di�riparto�della�com-
petenza�tra�autorita�giudiziaria�e�autorita�amministrativa.�

b 
1). 
I 
diritti 
civili 
e 
politici. 


I�diritti�civili�e�politici�furono�considerati,�infatti,�nella�limitata�acce-
zione�rispettiva�di�diritti�a�prevalente�contenuto�patrimoniale�e�di�diritti�di�
partecipazione�al�governo�della�cosa�pubblica�(30).�

Quanto�riduttiva�questa�visione�rispetto�a�quella�fatta�propria�dagli�ispi-
ratori�della�riforma�e�sopra�ricordata�e�quanto�riduttiva�anche�rispetto�alla�
interpretazione�che�della�stessa�formula�veniva�data�in�Belgio�(31)�e�inutile�
sottolineare.�Fu�persa�allora�un'occasione�per�la�creazione�di�una�categoria�
di�diritti�pubblici�soggettivi�capace�di�inglobare�molte�di�quelle�situazioni�
che�saranno�poi�qualificate�interessi�legittimi�(32).�

Un'ulteriore�riduzione�fu�poi�talvolta�operata�con�l'escludere�dalla�cate-
goria�dei�diritti�civili�e�politici�le�situazioni�soggettive�regolate�da�leggi�ammi-
nistrative�(33):�esclusione�che�ne�la�lettera�della�legge�ne�la�ratio 
giustifica-
vano.�Dai�lavori�preparatori�risulta�infatti�solo�che�era�opinione�di�alcuni�
parlamentari�che�dalle�leggi�amministrative�non�potessero�essere�creati�diritti�
ma�solo�precisata�la�natura�ed�il�modo�di�essere�di�diritti�da�altre�norme�
creati.�

Lo�stesso�Mantellini,�non�certo�sospettabile�di�corrivita�,�sia�pure�prima�
di�assumere�la�responsabilita�di�Avvocato�Generale�Erariale,�scriveva�che�le�

(27)�Discorso�di�P.S.�Mancini,�ivi,�Tornata�del�9�giugno�1864.�
(28)�F.�Cammeo,�op.cit., 
I,�430.�
(29)�G.�Mantellini,�op. 
cit.,�23�e�ss.,�35�ess.�e�passim. 
(30)�V.�CerullI 
Irelli,�Ilproblema 
del 
riparto 
delle 
giurisdizioni,�Pescara,�1979,�16;�F.�Cam-
meo,�op. 
cit.,�I,�431.�
(31)�G.�Mantellini,�op. 
cit.,�I,�110�ss.;�V.�CerullI 
Irelli,�op. 
cit., 
16.�
(32)�F.�Benvenuti, 
GiustiziaAmministrativa, 
EnciclopediadelDiritto,�XIX,�600.�
(33)�L.�Meucci,�Istituzioni 
di 
diritto 
amministrativo,�Roma,�1879,�77,�96,�99.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

leggi��sebbene�amministrative�non�cessano�d'essere�leggi�per�questo��e�chese�
il�contenzioso�che�ne�deriva�doveva�essere�lasciato�all'arbitrio�dell'Ammini-
strazione�attiva,��tanto�valeva�non�fare�la�legge(34).�

In�realta�,�^proseguiva�lo�scrittore�toscano�^la�formula��diritti�civili�e�
politici��si�riferisce�a�qualunque�diritto,�quale�che�sia�la�legge�o�il�principio�
generale�del�diritto�che�ne�e�fonte,�cos|�come�e�nel�Belgio��del�quale�si�poteva�
rifiutare�la�formula�nella�legge�del�'65,�non�la�giurisprudenza�nella�identica�
formula��(35).�

b�2).�La�disapplicazione.�

Quanto�alla�delimitazione�dei�criteri�di�disapplicazione�dell'atto�ammini-
strativo,�anche�in�questo�caso,�a�fronte�del�generalissimo�enunciato�legislativo�
e�della�chiarissima�voluntas�emersa�dai�lavori�preparatori,�venne�formandosi�
una�giurisprudenza�restrittiva.�Nel�suo�discorso�di�replica,�a�nome�della�
Commissione,�fatto�il�18�giugno�1864,�il�Mancini,�richiamando�ancora�una�
volta�l'autorita�del�precedente�belga,�citava�il�seguente�passo�del�Bivort(36),�
relativo�al�commento�dell'art.�107�della�Costituzione�del�1831�di�quel�Paese�
(da�cui,�come�e�noto,�e�mutuato�l'art.�5�della�legge�abolitrice):��Questo�arti-
colo�presuppone�che�un�oggetto�di�competenza�del�potere�giudiziario�gli�sia�
sottoposto�e�la�relativa�decisione�dipenda�dall'applicazione�di�un�provvedi-
mento�del�potere�esecutivo.�In�questa�ipotesi�sia�che�il�provvedimento�sia�
deferito�per�azione�diretta,�sia�che�esso�sia�invocato�per�via�di�eccezione,�sul�
quale�punto�l'articolo�non�distingue,�esso�autorizza�il�potere�giudiziario�a�
discutere�e�ad�esaminare�la�legalita�dell'atto;�ma�cio�al�solo�effetto,�se�non�e�
conforme�alla�legge,�di�dichiararne�l'inapplicabilita�all'oggetto�litigioso�edi�
pronunciare�su�questo�oggetto�conformemente�alla�legge,�come�se�il�provvedim
ento�non�esistesse�.�

Pur�in�un�quadro�tanto�poco�suscettibile�di�interpretazioni�restrittive�
come�anche�sottolineato�dalla�piu�autorevole�dottrina(37)�la�giurisprudenza�
adotto�il�piu�rigoroso�self-restraint,�elaborando�la�teoria�della�disapplicazione�
dell'atto�in�via�di�sola�eccezione,�negandone�invece�la�possibilita�quando�la�
illegalita�dell'atto�fosse�dedotta�in�via�diretta�e�principale,�in�quanto�imme-
diatamente�lesiva�di�una�posizione�tutelata(38).�

Tale�impostazione�che�rendeva�non�tutelabile�il�diritto�a�fronte�dell'atto�
amministrativo�che�lo�ledeva�gettava�le�basi�di�quella�teoria�della��degrada-
zione��che�doveva�fiorire�di�l|�a�qualche�tempo�(39).�

(34)�G. 
Mantellini,�op.�cit.,�I,�116.�
(35)�G.�Mantellini,�op.�cit.,�I,�110-113.�
(36)�B.Bivort, 
Commentaire�a�la�Constitution�de�la�Belgique,�cit.�in�Cammeo,�op.�cit.,I,�435.�
(37)�F.�Cammeo,�op.�cit.,�I,�437.�
(38)�G. 
Greco,�L'accertamento�autonomo�del�rapporto�nel�giudizio�amministrativo,�Milano,�
1980,�76.�
(39)�A.Botto,�Risarcibilita�dei�danni�da�lesione�di�interessi�legittimi,�in�Atti�del�XLIIIConveg
no�di�studi�di�scienza�dell'Amministrazione,�Giuffre�,�Milano,�1998,�240.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

b�3).�Il�riparto�delle�competenze.�

Sul�criterio�di�riparto�delle�competenze�fra�giurisdizione�e�amministra-
zione,�infine,�a�fronte�del�chiaro�dettato�legislativo�che�poneva�come�linea�
discriminatrice�la�esistenza�o�meno�di�un�diritto�civile�o�politico,�venne�affer-
mandosi�il�diverso�e�ben�piu�limitato�criterio�della�distinzione�fra�attivita�iure�
gestionis�eattivita�iure�imperii(40).�

Di�fronte�alla�prima�soltanto,�l'Autorita�giudiziaria�riconobbe�la�propria�
competenza,�sulla�scorta�della�considerazione�che�a�fronte�dell'atto�autorita-
tivo�non�potesse�configurarsi�alcun�diritto.�

Singolarmente,�una�teoria�nata�nella�vicina�Francia�per�aumentare�i�
poteri�del�giudice�ordinario�e�consentirgli�di�sindacare�alcune�attivita�ammi-
nistrative�senza�incappare�nei�rigori�delle�sanzioni�penali�comminate�dalle�
leggi�rivoluzionarie(41)�veniva�trapiantata�in�Italia�con�l'opposto�effetto�a
ttesa�la�ben�diversa�struttura�del�sistema�di�giustizia�instaurato�^di�vedere�
limitati�quei�poteri�in�modo�radicale.�

Delle�tre�autolimitazioni�che�il�giudice�italiano�si�era�imposto�in�quegli�
anni�e�di�cui�si�e�detto,�quest'ultima�era�certo�la�piu�grave�e�significativa,�
riducendo�la�tutela�del�nostro�concittadino�di�allora�a�quella�gia�goduta,�oltre�
un�secolo�prima,�dai�sudditi�di�molti�regimi�assoluti.�

Di�qui�la�necessita�presto�avvertita�di�un�completamento�della�tutela�del-
l'amministrato.�

5.�Segue:�c)�l'esperienza�belga.�
Sembra�illuminante�in�proposito�un�parallelo�con�il�caso�del�Belgio�dalla�
cui�normativa�il�legislatore�del�1865�aveva�tratto�dichiarata�ispirazione.�Qual-
cosa�di�piu�,�anzi,�di�una�semplice�ispirazione,�in�quanto�gli�artt.�2,�4�e�5�della�
legge�abolitrice�rappresentano,�come�si�e�visto,�la�quasi�letterale�trascrizione�
degli�articoli�92,�93�e�107�della�Costituzione�belga�del�1831,�portata�ad�esem-
pio�dagli�studiosi�di�allora�^insieme�con�il�sistema�inglese�^di�una�moder-
nita�e�liberalita�da�contrapporsi�all'autoritarismo�del�sistema�francese,�che�
contemplava�ancora�una��amministrazione�senza�giudice�.�

Orbene,�la�giurisprudenza�belga,�assai�piu�liberale�di�quella�italiana,�
interpretando�in�senso�estensivo�la�formula��diritti�civili�e�politici��permise�
al�sistema�di�funzionare�senza�inconvenienti�^o�quasi�^per�piu�di�un�secolo.�
�Ogni�giorno�i�Tribunali�del�Belgio�risolvono�questioni...�di�pubblico�come�
di�privato�diritto��scriveva�il�Mantellini�nel�1871�(42)�e�sono��costanti�nel�
rifiutare�applicazione�agli�atti�amministrativi�che�appariscano�non�conformi�

(40)�Nonostante�alcune�diverse�opinioni�puo�affermarsi�che�fu�quello�il�criterio�generalmente�
seguito:�cfr.�G.Vacchelli,�La�difesa�giurisdizionale�dei�diritti�dei�cittadini�verso�l'autorita�ammini-
strativa,�in�Primo�Trattato�completo�di�diritto�amministrativo�italiano,�Milano,�1901,�Vol.�III,�437,�
nota�(1);�adde�M.Nigro,�op.�cit.,�89;�F. 
Benvenuti,�op.�loc.�cit.;�F.�BatistonI 
Ferrara,�La�difesa�
dello�Stato�in�giudizio�e�la�soluzione�italiana,�in��L'Avvocatura�dello�Stato�,�Studio�storico-giuridico�
per�la�celebrazione�del�centenario,�Roma,�1976,�278�ss.�Piu�in�particolare�vedasi�infra��6.�
(41)�M.S.GianninI 
eA.�Piras, 
Giurisdizioneamministrativa�egiurisdizione�ordinaria,in�Enci-
clopedia�del�Diritto,XIX,278.�
(42)�G.�Mantellini,�op.�cit.,I,�25.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

alle�leggi...��senza�aver�da�temere��censura�dalla�Cassazione�che�allorquando�
del�regolamento�e�dell'atto�pronunzino�l'annullamento��(43).�Tanto�vero�che�
le�Corti�belghe�non�ebbero�difficolta�a�condannare�quello�Stato�a�risarcire�i�
danni�causati�da�una�inondazione�artificialmente�indotta�dalle�autorita�mili-
tari�per�la�difesa�di�Ostenda.�Il�confronto�con�il�consimile�caso�italiano�del-
l'argine�del�fosso�Polesella�e�della�sua�diversa�soluzione(44)�e�immediato.�

E�interessante�notare�in�proposito�come�una�polemica�sulla�sufficienza�o�
meno�della�tutela�offerta�dal�giudice�unico�sia�sorta�in�Belgio�a�cavallo�fra�
Ottocento�e�Novecento�in�coincidenza�con�una�oscillazione�della�giurispru-
denza�di�quella�Cassazione,�che,�abbandonando�le�proprie�tradizionali�posi-
zioni,�aveva�fatto�propria,�in�alcune�decisioni,�la�teoria�francese�degli�atti�
d'impero�come�limite�al�sindacato�del�giudice�ordinario�(45).�

Ne�derivo�una�accesa�disputa�dottrinale�e�politica�nel�corso�della�quale�
venne�proposta�la�reintroduzione�in�Belgio�del�Consiglio�di�Stato�(46).�

La�crisi�fu�pero�superata�con�un�deciso��ritorno�alle�origini��sotto�la�
suggestione�della�dottrina�del�Wodon,�che�denuncio�l'indulgenza�agli�schemi�
dottrinari�francesi�come�incompatibile�con�la�Costituzione�belga(47).�La�
Cassazione�di�Bruxelles�infatti�riaffermo�decisamente�la�propria�tradizionale�
giurisprudenza�ripudiando�l'idea�della�doppia�personalita�dello�Stato�
sovrano�e�dello�Stato�persona�civile�ed�affermando:��Argomentando�sul�prin-
cipio�della�separazione�dei�poteri,�a�volte�si�perde�di�vista�che�in�Belgio�esso�
ha�una�portata�del�tutto�differente�da�quella�francese,�e�si�confondono�prin-
cipi�distinti...�Il�principio...�consacrato�dalle�leggi�della�Rivoluzione,�e�stato�
interamente�alterato�dalla�Costituzione�belga...�Obbligando�i�tribunali�a�non�
applicare�i�decreti�ed�i�regolamenti�generali�se�non�in�quanto�siano�conformi�
alle�leggi,�l'art.�107�li�obbliga�esattamente�a�quanto�le�leggi�rivoluzionarie�vie-
tavano�loro:�cioe�di�disturbare�in�qualsiasi�maniera�le�operazioni�dei�corpi�
amministrativi��(48).�E�ancora:��La�Costituzione�ha�consacrato�una�teoria�
della��separazione�dei�poteri��che�scorge�una�condizione�della�liberta�politica�
nella�separazione�delle�funzioni�pubbliche�in�tre�gruppi�distinti�ed�indipen-
denti�fra�di�loro,�ma�la�medesima�espressione�serve�anche�a�designare�una�
regola�assai�antica�del�diritto�francese,�gia�ammessa�ai�tempi�dell'assolutismo�
monarchico.�Ai�sensi�di�questa�regola,�e�interdetto�ai�corpi�giudiziari�di�giu-
dicare�le�controversie�in�cui�siano�interessati�lo�Stato�o�le�altre�persone�di�
diritto�pubblico.�Questa��separazione�dei�poteri�,�nata�da�un�sentimento�di�

(43)�G.�Mantellini, 
op. 
cit., 
I,�24.�
(44)�G.�Mantellini, 
op. 
cit, 
I,�26;�Appello�Venezia�21�maggio�1885,�in�Foro 
Italiano 
1885,�I,�
377.�
(45)�M.�Somerhausen,Belgio,�in�Ilcontrollo 
giurisdizionale 
dellapubblicaAmministrazione,a�
cura�di�A.Piras,�Torino,�1971,�31.�
(46)�M.�Bourguin, 
Laprote�ctiondesdroits 
individuelscontrelesabusdepouvoirdel'autorite� 
administrative 
en 
Belgique, 
Bruxelles,�1912,�passim. 
(47)�L.�Wodon, 
Lecontrolejuridictionneldel'administrationetlaresponsabilite� 
despouvoirs 
publics 
en 
Belgique,�Bruxelles,�1920,�81,�93.�
(48)�Cass.�belga�5�marzo�1917�in�Pasicrisie,�1917,�I,�118.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

sfiducia�e�di�sfavore�nei�riguardi�dei�corpi�giudiziari,�che�consentiva�all'am-
ministrazione�di�disporre�sovranamente�e�senza�ricorsi�della�persona�e�dei�
beni�dei�cittadini,�non�e�stata�consacrata�dalla�Costituzione�belga.�Al�contra-
rio,�il�regime�che�questa�ha�organizzato�e�ispirato�ad�un�sentimento�di�sfidu-
cia�nei�riguardi�delle�pratiche�amministrative�dei�regimi�anteriori�e�miraa�
porre�i�diritti�privati�al�riparo�degli�attacchi�dell'amministrazione�e�sotto�la�
salvaguardia�del�potere�giudiziario��(49).�

�Una�febbre�maligna�aveva�colto�la�nostra�giurisprudenza�^commen-
tera�l'Avvocato�Generale�Leclercq�^La�causa�di�questa�malattia�e�facile�a�
scoprirsi�e�Wodon�l'ha�segnalata��(50).�

Nel�Belgio�occorre�dunque�arrivare�agli�ultimi�anni�del�periodo�fra�le�
due�guerre�mondiali�e�quindi�ad�un�momento�in�cui�l'intervento�della�pub-
blica�amministrazione�nei�vari�settori�si�era�fatto�particolarmente�esteso�e�
penetrante�perche�venisse�veramente�avvertita�la�necessita�di�una�integra-
zione�della�tutela�del�giudice�ordinario�con�la�introduzione�di�un�giudice�
amministrativo�fornito�del�potere�di�annullamento�degli�atti(51).�

Di�qui�l'istituzione�in�Belgio,�nel�1946,�di�un�Consiglio�di�Stato,�giudice�
amministrativo�con�potere�di�annullamento,�ma�non�a�competenza�generale.�

Sembra�legittimo�a�questo�punto�concludere�che�se�anche�in�Italia�si�
fosse�conservata�l'interpretazione�della�legge�abolitrice�fatta�propria�dai�giu-
dici�belgi�^e�che�era�oltretutto�molto�piu�aderente�alla�lettera�della�legge�di�
quella�riduttiva�adottata�^la�tutela�dell'amministrato�sarebbe�stata,�quanto�
meno�per�molti�decenni�ancora,�pienamente�sufficiente;�tutelando�gran�parte�
^se�non�la�totalita�^di�quelli�che�sarebbero�stati�in�seguito�qualificati�come�
interessi�oppositivi�e�forse�anche�alcuni�di�quelli�pretensivi�a�soddisfazione�
preregolata�e�cioe�praticamente�la�totalita�dei�rapporti�nei�quali�emergeva,�
all'epoca,�esigenza�di�giustizia�nell'amministrazione.�

6. 
Segue: 
d) 
la 
divaricazione 
italiana 
e 
la 
necessaria 
riforma 
del 
1889. 
Il�giudice�italiano�adotto�invece,�come�si�e�visto,�un�orientamento�asso-
lutamente�restrittivo:�tanto�restrittivo�da�rendere�necessaria�la�riforma�Cri-
spi.�Tale�affermazione�e�peraltro�esatta�solo�con�riguardo�alla�seconda�meta�
del�quarto�di�secolo�(1865-1889)�in�considerazione,�periodo�in�cui�l'esigenza�
di�giustizia�nell'amministrazione�attraverso�l'inverno�del�piu�profondo�scon-
tento.�

Per�contro,�fior|�nel�primo�dodicennio�successivo�al�1865,�la�primavera�
di�un�orientamento�giurisprudenziale�quanto�mai�liberale.�
Faccio�riferimento�in�particolare�ad�una�sentenza�della�Cassazione�
romana�del�13�marzo�1876�(52),�importante�non�solo�in�se�ma�anche�per�il�

(49)�Cass.�belga�5�novembre�1920,�ivi,�1920,�I,�239.�
(50)�M.�Somerhausen, 
op. 
cit., 
34.�
(51)�M.�Somerhausen, 
op. 
cit., 
35.�
(52)�Pubblicata�in�Foro 
it. 
1876,�I,�842.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

fatto�che�la�nota�redazionale�del�Foro�italiano,�su�cui�e�pubblicata,�la�chiosa�
come�giurisprudenza�pacifica�e�condivisa�anche�dalle�Corti�di�Milano,�
Torino,�Firenze�e�Napoli.�

Recita�dunque�la�massima:�

�Chiunque�da�un�provvedimento�generale�regolamentare�dell'autorita�
amministrativa�riceva�danno�puo�domandarne�il�risarcimento�dinanzi�l'auto-
rita�giudiziaria.�

Cos|�puo�dimandarlo�il�pristinaio,�che�abbia�ricevuto�qualche�pregiudi-
zio�da�un�provvedimento�del�Comune,�con�cui�venne�fissata�una�tariffa�obbli-
gatoria�del�prezzo�di�vendita�delle�farine�e�del�pane.�

L'autorita�giudiziaria�investita�della�dimanda,�riconosciuta�l'irregolarita�
di�un�provvedimento�non�deve�revocarlo,�ma�soltanto�dichiarare�la�responsa-
bilita�dell'autorita�amministrativa,�di�fronte�alla�prova�del�danno.�

Fra�i�danni�che�i�pristinai,�nella�specie�sopraddetta,�possono�dimandare,�
si�comprendono�quelli�derivanti�dal�pagamento�per�pretese�contravvenzioni,�

o�dalle�limitazioni�apportate�alla�loro�industria,�o�da�altre�circostanze�.�
Una�sentenza,�dunque,�pienamente�in�linea�non�solo�con�la�coeva�giuri-
sprudenza�belga,�ma�addirittura�con�il�re�virement�italiano�del�1999.�
Manca�soltanto�l'affermazione�di�principio�che�sono�risarcibili�i�danni�
derivanti�da�lesione�di�interesse�legittimo:�affermazione�non�fatta�per�l'ottima�
ed�ovvia�ragione�che�l'interesse�legittimo�a�quel�tempo�non�era�ancora�nato.�

Doveva�nascere�di�l|�a�poco�e�doveva�nascere�portando�nel�suo�DNA�
una�incompatibilita�con�la�tutela�risarcitoria�che�lo�ha�condizionato�fino�a�
ieri,�tanto�da�indurre�autorevole�dottrina�ad�affermare�ancora�di�recente:�
�se�e�risarcibile�non�e�interesse�legittimo��(53).�

E�stato�argutamente�detto�che�l'irrisarcibilita�dell'interesse�legittimo�e�
frutto�di�un�paralogismo�alla�don�Ferrante�di�manzoniana�memoria(54):�
aggiungerei�che�la�nascita�stessa�dell'interesse�legittimo�come�categoria�giuri-
dica�e�piu�precisamente�come�situazione�giuridica�soggettiva�e�frutto�di�un�
paralogismo�di�quel�tipo.�

Sia�come�sia,�si�e�visto�come�a�tale�primo�liberale�orientamento�succe-
dette�presto�una�prassi�assai�piu�restrittiva�ed�addirittura�opposta.�

Al�formarsi�e�consolidarsi�di�tale�giurisprudenza�contribu|�in�misura�
rilevante�e�probabilmente�determinante�l'opera�dell'Avvocatura�erariale,�isti-
tuita�nel�1876�con�il�dichiarato�intento�di�apprestare�criteri�difensivi�unitari�
che�concorressero�all'elaborazione�giurisprudenziale�dei�limiti�oggettivi�del�
sindacato�del�giudice�ordinario�sull'atto�amministrativo�ma�in�sintomatica�
coincidenza�temporale�con�l'affidamento�delle�funzioni�di�giudice�dei�conflitti�

(53)�A.�Romano,�Sulla�pretesa�risarcibilita�degli�interessi�legittimi:�se�sono�risarcibili�sono�
diritti�soggettivi,in�Dir.�Amm.�1/1998,�1.�
(54)�S.�Giacchetti,�La�risarcibilita�degli�interessi�legittimi�e�Don�Ferrante,�in�Cons.�di�Stato,�
1997,�II,�1471.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

a�quella�Cassazione�romana�che�aveva�assunto�fino�allora�orientamenti�libe-
rali�e�quindi�come�controspinta�conservatrice�per�limitare�le�aperture�di�una�
legge�troppo�in�anticipo�sui�tempi.�

La�tesi�della�responsabilita�storica�dell'Avvocatura�erariale�nel�determi-
nare�la�linea�interpretativa�restrittiva�di�cui�si�e�detto�fu�apertamente�enun-
ciata,�nell'infuocato�dibattito�parlamentare�sulla�legge�istitutiva�della�IV�
Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�dal�sen.�Pierantoni�(genero�del�Mancini)�il�
quale,�opponendosi�strenuamente�al�disegno,�vedeva�come�unico�vero�rime-
dio�alla�insufficiente�difesa�degli�amministrati�una�piu�esatta�lettura,�da�parte�
del�giudice�ordinario�italiano,�della�legge�del�1865,�una�lettura�conforme�alla�
lettera�della�norma�ed�all'interpretazione�datane�dalla�giurisprudenza�belga�
di�fronte�ad�analogo�testo�e,�criticando�la�distinzione�fra�atti�di�gestionee�atti�
di�imperio,�ammoniva�gli�onorevoli�colleghi�come�tale�interpretazione,�fatta�
propria�dal�giudice�italiano,�fosse�errata:��l'opera�della�Cassazione�^preciso�
^fu�spinta�su�questa�via�dall'Avvocatura�erariale,�forte�istituto,�prevalente�
nell'opera�del�potere�amministrativo�e�giudiziario��(55).�Naturalmente�
responsabilita�storica�non�significa��colpa��in�quanto�non�puo�certo�rimpro-
verarsi�ad�un�avvocato�di�avere�adottato�una�linea�difensiva�vincente.�

Fin�dall'inizio�dell'attivita�,�l'Avvocatura�erariale�elaboro�la�linea�difen-
siva�della�distinzione�fra�atti�di�imperio�e�atti�di�gestione�e�della�sindacabilita�
incidenter 
tantum 
dell'atto�di�imperio�solo�in�via�di�eccezione�e�solo�quando�
lo�stesso�atto�aggiungesse�al�rapporto��politico��un��rapporto�accidentale�e�
contingente�di�natura�civile��(56).�

Particolare�cura�fu�messa�nello�spingere�quanto�piu�avanti�possibile�la�
linea�di�difesa�della�negazione�al�giudice�della�potestas 
iudicandi,�soprattutto�
in�materia�di�responsabilita�aquiliana,�attraverso�l'argomento�che�sotto�le�
mentite�spoglie�di�una�pretesa�risarcitoria�si�sindacava�^inammissibilmente�
^l'emanazione�o�la�mancata�emanazione�di�un�atto�amministrativo:��Tanto�
fa�chiedere�la�condanna�del�Sindaco�quale�Ufficiale�di�Governo�a�rilasciare�
il�certificato�di�buoni�costumi,�quanto�il�chiedere�la�condanna�del�Sindacoa�
soddisfare�al�danno�lamentato�dall'attore�per�negatogli�certificato��(57).�

Questo�scriveva�l'Avvocato�Generale�nella�sua�relazione�per�l'anno�1882,�
cos|�redigendo�l'atto�di�nascita�del�paralogismo�in�base�al�quale�qualche�anno�
dopo,�doveva�nascere�la�categoria�dell'interesse�legittimo�come�situazione�
soggettiva�mai�tutelabile�in�via�aquiliana,�pur�in�presenza,�all'epoca,�di�una�
clausola�generale�di�responsabilita�che�non�contemplava�l'ingiustizia�del�
danno�come�condizione�della�sua�risarcibilita�(art.�1151�c.c.�1865).�

L'autorevolezza,�l'esperienza�organizzativa,�l'uniformita�di�indirizzo�
difensivo,�la�grande�capacita�ed�esperienza�professionale�si�imposero�ad�una�
magistratura�di�varie�matrici�geo-culturali�e�la�piu�restrittiva�delle�interpreta-
zioni�della�legge�del�1865�divenne��diritto�vivente�.�Con�palese�capovolgi-

(55)�Atti 
parlamentari,�Senato�del�Regno,�Discussioni,�tornata�del�20�marzo�1888,�1170.�
(56)�Relazione 
dell'Avvocato 
Generale 
Erariale 
per�l'anno�1880,�49�ss.�
(57)�Relazione 
dell'Avvocato 
Generale 
Erariale 
per�l'anno�1882,�6.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

mento�dei�concetti�ispiratori�della�riforma�si�affermo�,�quindi,�la�regola�c
ome�fu�detto�con�quale�pessimismo�^che�il�punto�di�equilibrio�fra�principio�
di�liberta�e�principio�di�autorita�andava�trovato�nell'assioma�che�dove�vi�e�
esercizio�di�autorita�non�puo�esservi�liberta�.�

All'Avvocatura�puo�ascriversi�dunque�una�responsabilita�storica�in�
ordine�al�consolidamento�dell'interpretazione�che�della�riforma�Crispi�costi-
tu|�il�presupposto.�Sarebbe�tuttavia�errato�ritenere�che�la�sua�opera�avesse�
costituito�anche�una��controspinta��all'affermazione�della��giustizia�nell'Am-
ministrazione�.�

Va�invece�osservato�che,�se�da�un�canto,�l'Avvocatura�difendeva�vittorio-
samente�i�confini�dell'area�riservata�all'esecutivo�e�come�tale�interdetta�al�sin-
dacato�del�giudice�ordinario,�dall'altro,�non�mancava�di�denunciare�vigorosa-
mente�la�manifesta�inadeguatezza�del�sistema�di�giustizia�amministrativa,�
quale�risultava�dal��diritto�vivente��cos|�creato�e�di�conclamare�l'urgenza�di�
apprestare�adeguate�forme�di�tutela�per�i�cittadini,�in�particolare�affidando�
al�Consiglio�di�Stato�il�sindacato�di�legittimita�sugli�atti�amministrativi.�

Si�arriva�cos|�alla�cosiddetta�controriforma�Crispi.�

�Cosiddetta��perche�e�noto�come�il�legislatore�del�1889,�non�intendesse�
affatto�costituire�una�giurisdizione�speciale�(il�che�avrebbe�minato��in�radice��
il�principio�della�giurisdizione�unica�introdotto�con�la�legge�abolitrice�del�
contenzioso):�all'epoca,�infatti,�il�concetto�che��la�fonte�di�giurisdizione�e�
unica�e�che,�di�regola�almeno�debba�essere�esercitata�dal�solo�potere�giudizia-
rio��dominava�ancora�tenacemente�(58).�

Il�legislatore,�in�realta�,�di�fronte�all'acuta�insoddisfazione�per�le�limita-
tissime�garanzie�che�il��diritto�vivente��offriva�al�cittadino�nei�confronti�della�
pubblica�Amministrazione,�si�trovo�a�dover�risolvere�un�dilemma:�o�ampliare�
^eventualmente�in�via�di�interpretazione�autentica�^il�numero�delle�situa-
zioni�soggettive�tutelate�dinanzi�al�giudice�ordinario,�disconoscendo�i�risultati�
giurisprudenziali�raggiunti,�come�suggerivano�alcuni,�ovvero�accettareper�
buono�quel��diritto�vivente��ed�istituire�un�altro�organo�per�tutelare�situa-
zioni�diverse�dai�diritti.�Una�volta�scelta�tale�seconda�soluzione,�fu�gioco-
forza�accettare�il�postulato�che�cio�che�andava�tutelato�per�garantire�la�lega-
lita�nell'azione�amministrativa,�erano�meri��interessi��e�che�di�essi�non�
avrebbe�potuto�conoscere�che�un�organo�incardinato�nell'esecutivo.�Cos|�,�
infatti,�si�disse�espressamente�nella�relazione�alla�legge�istitutiva�della�IV�
Sezione�del�Consiglio�di�Stato:��il�nuovo�istituto�non�e�un�tribunale�giudizia-
rio�speciale�o�eccezionale,�ma�rimane�nella�sfera�del�potere�esecutivo,�da�cui�
prende�la�materia�e�le�persone�che�lo�devono�mettere�in�atto.�E�lo�stesso�
potere�esecutivo�ordinato�in�modo�da�tutelare�maggiormente�gli�interessi�
dei�cittadini.�Percio�,�a�differenza�dell'antico�contenzioso�amministrativo,�
esclude�ogni�confusione�di�poteri�costituzionali...�e�soltanto�un�corpo�delibe-

(58)�V.�Scialoja, 
Come 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
divenne 
organo 
giurisdizionale, 
in�Riv. 
Dir. 
Pubb.,�
1931,�417.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

rante�che�il�potere�esecutivo�forma�con�elementi�scelti�nel�suo�seno,�come�a�
sindacare�dei�suoi�atti,�e�per�mantenere�la�sua�azione�nei�limiti�della�legalita�
e�della�giustizia��(59).�

Il�fatto�che�nella�concezione�del�legislatore�il�nuovo�istituto�fosse�un�
organo�dell'Amministrazione�consent|�,�peraltro,�di�attribuirgli�un�potere�che�
giammai,�all'epoca,�sarebbe�stato�affidato�ad�un�organo�giurisdizionale,�cioe�
quello�di�sospendere,�annullare�e�revocare�l'atto�amministrativo,�il�che�contri-
bu|�a�far�s|�che�la�nuova�Sezione,�sapientemente�guidata�da�quello�stesso�Sil-
vio�Spaventa�che�l'aveva�cos|�fortemente�voluta,�conquistasse�ben�presto�il�
favore�del�pubblico,�dimostrando�che�la�tutela�offerta��non�cedeva,�per�indi-
pendenza�di�giudizio,�a�quella�che�si�poteva�ottenere,�per�i�diritti,�dall'ammi-
nistrazione�giudiziaria�ordinaria��(60).�

La�forza�delle�cose,�comunque,�non�tardo�a�prevalere�sull'involucro�for-
male�costituito�dal�legislatore,�tant'e�che�la�natura�giurisdizionale�della�nuova�
magistratura�fu�pressoche�immediatamente�riconosciuta�dalla�giurispru-
denza:�gia�nel�1893,�infatti,�la�Cassazione�di�Roma�a�sezioni�unite,�con�sen-
tenza�21�marzo�1893,�n.�177�(61)�statuiva�che��la�IV�Sezione�del�Consiglio�di�
Stato�e�stata�investita�dalle�leggi�31�marzo�1889�e�1�maggio�1890�di�una�vera�
e�propria�giurisdizione,�la�quale�ha�pure�il�carattere�speciale�di�fronte�a�quelle�
generiche�assegnate�all'autorita�giudiziaria,�donde�l'ammissibilita�del�ricorso�
per�incompetenza�o�eccesso�di�potere�anche�contro�le�decisioni�della�IV�
Sezione�.�

L'Avvocatura�erariale�svolse�un�ruolo�non�secondario�per�l'affermazione�
di�tali�principi�ed�il�consolidamento�del�nuovo�sistema�impugnando�le�deci-
sioni�del�Consiglio�di�Stato�davanti�alle�sezioni�unite�della�Cassazione�ed�
affermandone,�anche�in�relazione�ai�limiti�soggettivi,�la�piena�equiparazione�
alle�sentenze�dei�tribunali�(62).�

Tirando�le�fila�di�quanto�sin�qui�detto�sembra�potersi�concludere�che�il�
giudice�amministrativo�in�Italia�trova�paradossalmente�la�sua�matrice�in�
una�normativa�dettata�in�due�riprese,�nel�1865�e�nel�1889-90,�per�negarne�l'e-
sistenza�ed�istituire,�invece,�in�giudice�unico�il�giudice�ordinario.�

Un�noto�teologo�francese�ricorderebbe,�forse,�con�riguardo�alla�specie,�
che�talvolta�Dio�si�compiace�di�scrivere�diritto�su�linee�storte�o,�volendo�leg-
gere�la�vicenda�in�chiave�laica,�si�potrebbe�rammentare�che�non�di�rado�la�
storia�ricorre�alle�sue�astuzie.�

Fatto�si�e�che�se�la�ricostruzione�storica�sopra�accennata�e�esatta,�la�
nascita�del�giudice�amministrativo�in�Italia�si�articola�nei�seguenti�momenti:�

1)�soppressione�del�contenzioso�amministrativo�con�devoluzione�di�ogni�
questione�al�giudice�civile�come�giudice�unico,�sull'esempio�dell'esperienza�
belga,�a�sua�volta�mutuata�da�quella�anglosassone;�

(59)�V.�Scialoja, 
op. 
loc. 
cit. 
(60)�F.�BatistonI 
Ferrara, 
op. 
cit., 
254.�
(61)�Ne�Il 
Foro 
it.,�1893,�I,�294.�
(62)�F.�BatistonI 
Ferrara, 
op. 
loc. 
cit. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

2)�applicazione�della�normativa�in�senso�tanto�restrittivo�da�postulare�la�
necessita�di�una�sua�integrazione�per�la�tutela�di�tutte�le�situazioni�sottratte�
alla�cognizione�del�giudice�civile;�

3)�introduzione�della�integrazione-istituzione�della�IV�Sezione�del�Consi-
glio�di�Stato�sul�presupposto�che�l'interpretazione�della�legge�del�1865�fosse�
esatta�e�quindi�con�configurazione�del�nuovo�rimedio�come�istituto�pura-
mente�amministrativo�per�la�tutela�di�semplici�interessi;�

4)�rapidissima�evoluzione�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di�Stato�da�
organo�di�amministrazione�in�organo�di�giustizia;�

5)�razionalizzazione�di�tale�ulteriore�evoluzione�con�attribuzioni�di�una�
natura�sostanziale�agli�interessi�tutelati�dinanzi�al�Consiglio�di�Stato.�

Sintetizzando�e�schematizzando�questa�singolare�eterogenesi�alla�quale�
l'Avvocatura�erariale�partecipo�da�protagonista�in�tutte�le�sue�tappe,�si�
potrebbe�quindi�dire�che�il�diritto�vivente�formatosi�^abbiamo�visto�come�n
el�quarto�di�secolo�successivo�al�1865�fu�il�tradimento�di�una�riforma;�che�
la�istituzione�della�IV�Sezione�fu�la�razionalizzazione�di�quel�tradimento;�
che�la�trasformazione�della�IV�Sezione�da�organo�amministrativo�in�organo�
giurisdizionale�fu�il�tradimento�di�quella�razionalizzazione;�infine,�che�la�
creazione�dell'interesse�legittimo�come�situazione�soggettiva�sostanziale�anci-
pite�fra�diritto�ed�interesse,�secondo�la�nota�prospettazione�del�Ranelletti,�fu�
l'ulteriore�razionalizzazione�di�quel�secondo�tradimento.�

Infatti�l'interesse�legittimo,�nato�come�espediente�esegetico�(63)�per�supe-
rare�le�aporie�del�sistema�di�giustizia�creato�dalle�leggi�del�1865�e�del�1889�
(o�piuttosto�della�loro�interpretazione)�fu�teorizzato�come�situazione�giuri-
dica�soggettiva�sostanziale�unitaria�sulla�scorta�del�seguente�sillogisma:�se�
alla�IV�Sezione�doveva�riconoscersi�natura�giurisdizionale�e�se�l'interesse�
davanti�ad�essa�fatto�valere�poteva�essere�protetto�denunciando�uno�qualun-
que�dei�tre�vizi�di�incompetenza,�violazione�di�legge�ed�eccesso�di�potere,�
occorreva�allora�riconoscere�che�la�riforma�del�1889�aveva�attribuito�natura�
giuridica�a�situazioni�diverse�al�tempo�stesso�dal�diritto�civile�e�politico�e�dal-
l'interesse�semplice,�materiale,�economico�(64).�

L'argomento�appare�discutibile�in�se�e�comunque�condizionato�dal�
postulato�della�situazione�giuridica�soggettiva�come��prodotto�immutabile�
della�ragione��(65)�e�sembra�esatta�la�definizione�dell'interesse�legittimo�come�
�figura�nata�per�dare�un�fondamento�sostanzialistico�al�criterio�di�riparto�
fra�le�giurisdizioni��(66).�

Unica�certezza,�nella��informe�creatura��nata�da�tanto�travagliata�gesta-
zione,�era�la�assoluta�incompatibilita�con�essa,�come�si�e�visto,�della�tutela�
risarcitoria.�

(63)�F.�Guicciardi, 
Concetti 
tradizionali 
eprincipi 
ricostruttivi 
della 
giustizia 
amministrativa,�
in�Studi 
di 
Giustizia 
amministrativa,�Torino,�1967,�8.�
(64)�O.�Ranelletti, 
cito 
in�B.�Sordi, 
opo 
cito 
271-272.�
(65)�L.�Mengoni,�Diritto 
e 
Politica 
nella 
dottrina 
giuridica,�Iustitia,�1974,�337�ss.�
(66)�V.�Caianiello,�Relazione�di�sintesi�al�43.�Convegno�di�Studi�di�scienza�dell'Ammini-
strazione,�Giuffre�,�Milano,�1998,�322.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Una�incompatibilita�talmente�spiccata�da�trasmettersi�anche�al�suo�giu-
dice�naturale,�cui�e�stato�sempre�negato,�fino�al�1997,�il�potere�di�sommini-
strare�tale�tutela�anche�quando,�in�via�eccezionale,�conosceva�di�diritti�sog-
gettivi,�risolvendosi�in�una�vera�e�propria�idiosincrasia.�

7. 
Il 
Privilegio 
dell'Esecutivo. 
D'altronde�l'allergia�del�potere�esecutivo�al�sindacato�giurisdizionale�non�
deve�sorprendere�e�se�in�Italia�tale�allergia�si�e�manifestata�in�maniera�piu�
marcata�che�in�altri�Paesi�e,�soprattutto,�e�durata�piu�a�lungo�deve�pero�
osservarsi�che�essa�si�iscrive�in�una�tendenza�generalizzata.�

In�Francia�lo�spirito�dell'Editto�di�Saint�Germain�del�1641,�secondo�il�
quale�le�corti�giudiziarie�erano�state�istituite�dal�sovrano�soltanto�per�rendere�
giustizia�fra�i�sudditi,�con�interdizione��di�conoscere�qualsiasi�affare�possa�
concernere�lo�Stato,�la�sua�amministrazione�o�il�suo�governo��sopravvisse,�
infatti,�alla�rivoluzione,�i�cui�testi�fondamentali�in�materia�cos|�recitano:�

legge 
16-24 
agosto 
1790, 
art. 
13:��Le�funzioni�giudiziarie�sono�distinte�e�
resteranno�sempre�separate�dalle�funzioni�amministrative.�I�giudici�non�
potranno,�a�pena�di�trasgressione�della�legge,�disturbare,�in�qualsiasi�
maniera,�le�operazioni�dei�corpi�amministrativi,�ne�citare�dinanzi�a�se�gli�
amministratori,�a�causa�delle�loro�funzioni�.�

Decreto 
16fruttidoro 
anno 
III� 
�Divieto�reiterato�viene�fatto�ai�giudici�di�
conoscere�degli�atti�amministrativi,�di�qualsiasi�specie�essi�siano,�a�pena�delle�
sanzioni�di�diritto�.�

Bisognera�aspettare,�come�e�noto,�il�1872�per�l'istituzione�oltralpe�di�un�
giudice�amministrativo.�

La�stessa�celebrata�Inghilterra,�nella�quale�pur�vigeva,�fin�dal�XIII�
secolo,�il�principio�enunciato�da�Bracton��Rex 
non 
debet 
esse 
sub 
homine 
sed 


subdeoetsublege, 
quialexfacitregem� 
ha�registrato,�al�contrario,�la�opposta�

prassi�imposta�dalla�massima��The 
King 
can 
do 
no 
wrong�,�in�base�alla�quale�

fu�negata�la�configurabilita�di�una�responsabilita�contrattuale�della�Corona�
fino�al�Petition 
ofRight 
Act 
del�1860.�

Quanto�alla�responsabilita�aquiliana�della�Corona,�essa�fu�introdotta�
nell'ordinamento�inglese�solo�nel�1947,�con�il�Crown 
Procedings 
Act.�Prima�
di�esso�il�danneggiato�poteva�far�valere�solo�la�responsabilita�personale�dei�
funzionari�responsabili�dell'illecito�(anche�se�lo�Stato�forniva,�di�fatto,�ai�pro-
pri�dipendenti�assistenza�legale�ed�economica)�(67).�

Non�deve�quindi�sorprendere�che�nell'Italia�di�meta�Ottocento�^certo�
non�comparabile�al�Regno�Unito�per�liberta�civili�e�politiche�^fosse�tanto�
forte�il�timore�di�affidare�ai�giudici,�anche�nei�confronti�dell'esecutivoquel�
formidabile�strumento�di�controllo�che�e�l'istituto�della�responsabilita�,spe-
cialmente�nella�sua�dimensione�aquiliana.�

La�dottrina�dell'epoca,�dopo�aver�teorizzato�addirittura�^per�la�penna�
del�Mantellini�^la�incompatibilita�logica�della�responsabilita�con�la�sovra-
nita�(68)�ripiego�poi�su�posizioni�difensive�via�via�piu�arretrate.�

(67)�H.W.R.Wade, 
Administrative 
Law,�VI�ed.,�Oxford,�1988,�809�ss.�
(68)�A.�Quaranta, 
Lineamenti 
di 
diritto 
amministrativo,�Roma,�1972,�161.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


La 
storia 
della 
progressiva 
erosione 
dei 
privilegi 
della 
pubblica 
Ammini-
strazione 
in 
materia 
di 
responsabilita� 
tanto 
contrattuale 
quanto 
aquiliana 
e� 
ben 
nota. 


In 
particolare, 
in 
materia 
aquiliana, 
la 
difesa 
dello 
Stato 
in 
giudizio 
sostenne 
all'inizio 
vittoriosamente 
la 
tesi 
della 
inconfigurabilita� 
di 
una 
responsabilita� 
aquiliana 
nascente 
da 
atti 
posti 
in 
essere 
iure 
imperii 
dalla 
pub-
blica 
Amministrazione. 
Tesi 
dalla 
quale 
nacquero 
come 
corollari 
due 
dogmi: 
quello 
della 
irrisarcibilita� 
degli 
interessi 
legittimi 
e 
quello 
della 
impossibilita� 
per 
il 
giudice 
amministrativo 
di 
fornire 
tutela 
risarcitoria, 
neanche 
quando, 
in 
via 
di 
eccezione, 
fosse 
chiamato 
a 
conoscere, 
in 
particolari 
materie 
di 
diritti 
soggettivi. 


Il 
singolare 
processo 
storico 
che 
condusse 
in 
Italia 
all'unicum 
mondiale 
di 
un 
sistema 
di 
giustizia 
amministrativa 
fondato 
su 
due 
ordini 
di 
giurisdi-
zioni, 
ordinaria 
e 
amministrativa, 
la 
cui 
competenza 
si 
determina 
in 
funzione 
non 
della 
materia 
giudicabile 
ma 
della 
situazione 
soggettiva 
tutelata 
aveva 
condotto 
quindi 
a 
questa 
singolare 
conseguenza 
(valida 
fino 
alla 
fine 
del 
secolo 
scorso): 
che 
l'interesse 
legittimo, 
in 
quanto 
situazione 
soggettiva 
a 
cui 
si 
contrappone 
l'Amministrazione 
nella 
sua 
veste 
autoritativa, 
non 
era 
risar-
cibile 
e 
che 
quindi 
il 
giudice 
amministrativo, 
in 
quanto 
giudice 
naturale 
di 
quell'interesse 
e 
per 
conseguenza 
dell'Amministrazione 
nella 
sua 
veste 
autori-
tativa, 
non 
poteva 
somministrare 
in 
nessun 
caso 
tutela 
risarcitoria. 


8. 
La 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
204/2004: 
lessico, 
ratio 
decidendi 
e 
statuizioni. 
�Sur 
des 
pensers 
nouveaux, 
faisons 
des 
vers 
antiques� 
: 
la 
chiave 
della 
poetica 
di 
Andrea 
Chenier 
torna 
alla 
mente 
leggendo 
la 
sentenza 
della 
Corte, 
che 
ha 
affrontato 
il 
nido 
di 
rovi 
di 
un 
problema 
di 
costituzionalita� 
intersecato 
dalle 
mille 
complesse 
sfaccettature 
di 
un 
sistema 
giuridico 
deistituzionaliz-
zato. 
La 
Corte 
ha 
ricomposto 
il 
puzzle 
con 
un 
linguaggio 
antico 
e 
rassicu-
rante, 
fatto 
di 
proposizioni 
che 
sono 
poche, 
brevi 
e 
chiare. 
Quelle 
proposi-
zioni, 
per 
intenderci, 
che 
avevano 
usato 
i 
padri 
fondatori, 
basate 
su 
lineari 
contrapposizioni: 
attivita� 
iure 
imperii 
^attivita� 
iure 
gestionis; 
diritto 
sogget-
tivo 
^interesse 
legittimo. 


Il 
che 
non 
pare 
si 
risolva, 
come 
pure 
autorevolmente 
e� 
stato 
detto 
(69), 
nella 
pretermissione 
di 
concetti 
necessari 
per 
l'equilibrio 
del 
sillogisma 
giudi-
ziale, 
quanto 
piuttosto 
in 
un 
recupero 
di 
quelle 
essenziali 
caratteristiche 
che 
devono 
avere 
cos|� 
i 
precetti 
di 
legge 
come 
i 
pronunciati 
del 
giudice 
delle 
leggi, 
nella 
sua 
funzione 
di 
legislatore 
negativo. 


Essenziali 
caratteristiche 
purtroppo 
spesso 
dimenticate 
che 
sono 
la 
gene-
ralita� 
e 
l'astrattezza 
cos|� 
del 
precetto 
normativo 
del 
legislatore 
come 
per 
spe-
culare 
riflesso 
del 
pronunciato 
caducatorio 
del 
legislatore 
negativo, 
e 
quindi 
delle 
premesse 
e 
delle 
conclusioni 
del 
suo 
sillogisma. 


(69) 
S. 
Giacchetti, 
Giurisdizione 
esclusiva, 
Corte 
Costituzionale 
e 
nodi 
di 
Gordio,in 
www.giurisprudenza.it/documenti/Igiacchetti.ht. 

TEMI�ISTITUZIONALI�

Le�proposizioni�generali�ed�astratte,�soprattutto�se��poche,�brevi�e�
chiare�,�come�ammoniva�Campanella�ne��La 
citta� 
del 
sole�,�sono�d'altronde�
prezioso�ed�insostituibile�aiuto�all'interprete�per�la�risoluzione�di�ogni�caso�
concreto,�mentre�le�farraginose�e�pletoriche�previsioni�diluite�in�lunghi�elen-
chi�lasciano�inevitabilmente,�nelle�loro�pieghe,�vuoti�incolmabili�e�contraddi-
zioni�irrisolubili.�

Si�da�il�caso,�d'altronde,�che,�a�ben�guardare,�con�le�sue�locuzioni�di�
sapore�antico�la�Corte�abbia�saputo�comporre�a�sistema�conforme�a�Costitu-
zione�un�assetto�della�giustizia�amministrativa�italiana�assolutamente�nuovo�
ed�assolutamente�allineato�(o�allineabile)�^quanto�meno�quoad 
substantiam 
^ai�sistemi�monistici�dell'Europa�continentale�ed�agli�standard�dell'Unione�
Europea.�

Con�i�suoi��versi�antichi��la�Corte�ha�quindi�espresso�veramente�dei�
�pensieri�nuovi�.�

Si�e�gia�accennato�all'inizio�della�relazione�come,�ad�avviso�della�Corte,�
il�Costituente�non�abbia�lasciato�al�legislatore�ordinario�piena�discrezionalita�
nell'individuare�le�materie�da�attribuire�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu-
dice�amministrativo�in�quanto�tali�materie�debbono�essere�scelte�fra�quelle�
in�cui�detto�giudice�esercita�giurisdizione�generale�di�legittimita�.�Cioe�materie�
in�cui�l'Amministrazione�pubblica�opera�autoritativamente.�

L'affermazione�richiama�terminologicamente�(e�non�a�caso)�i�dibattiti�
che�dettero�vita�al�giudice�amministrativo�e�non�sembra�meritare�le�critiche�
di�illogicita�che�le�sono�state�rivolte.�Si�e�osservato,�infatti,�da�parte�di�alcuni�
commentatori,�che�laddove�vi�e�esercizio�di�autorita�vi�sarebbero�esclusiva-
mente�situazioni�di�interesse�legittimo�(70),�con�conseguente�inutilita�della�
previsione�di�una�giurisdizione�esclusiva.�

Sembra�agevole�replicare�che�vi�sono�materie�in�cui�l'Amministrazione�
opera�sia�autoritativamente�che�pariteticamente�con�conseguente�compre-
senza�di�diritti�e�di�interessi,�anche�se�non�legati�in�quel�famoso��nodo�gor-
diano��che�se�figura�nei�lavori�dell'Assemblea�costituente�non�figuro�mai�nei�
lavori�preparatori�del�R.D.�n.�2840�del�1923�(71).�

Non�sono�quindi�sufficienti�^secondo�la�Corte�^ne�un�generico�inte-
resse�pubblico�ne�,�tanto�meno,�la�partecipazione�dell'Amministrazione�al�giu-
dizio�per�legittimare�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�che�e�giudice�
naturale�della�pubblica�funzione�autoritativamente�esercitata.�

La��clausola�generale��cos|�enunciata�non�e�certo�caratterizzata�da�un�
alto�tasso�di�specificita�e�qualche�dubbio�puo�sorgere�per�tutte�le�zone�grigie�
fra�autoritativo�e�paritetico�che�sono�molte�piu�di�quante�non�conoscesse�fino�
a�non�molto�tempo�fa�la�nostra�giuspubblicistica�tradizionale�e�che�vanno,�

(70)�Per�tutti�A.�Police, 
La 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo 
e� 
piena 
ma 
non 
e� 
piu� 
esclusiva,in�Giornale 
di 
diritto 
amministrativo 
n.�9/2004.�
(71)�A.�Romano, 
Il 
quadro 
normativo 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
sino 
all'avvento 
della 
Costi-
tuzione,in�Atti 
del 
XLIX 
Convegno 
di 
studi 
di 
scienza 
dell'Amministrazione,Giuffre�,Milano,�
2004,�42�ss.;�A.�Police, 
op. 
loc. 
cit. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

esemplificativamente�e�non�esaustivamente,�dall'attivita�degli�enti�privati�di�
interesse�pubblico,�a�quella�delle�societa�per�azioni�con�personalita�giuridica�
di�diritto�pubblico�o�a�prevalente�partecipazione�statale,�a�quella�del�privato�
concessionario�di�opere�pubbliche�(72).�Spettera�naturalmente�al�legislatore,�
all'interprete�ed�in�definitiva�alla�Corte�apprezzare�di�volta�in�volta�le�situa-
zioni,�senza�dimenticare�le�valutazioni�di�tipo�sostanzialistico�che�sembrano�
aver�fatto�una�volta�per�tutte�tanto�il�legislatore�comunitario�(per�quanto�
riguarda�gli��organismi�di�diritto�pubblico�)�quanto�il�legislatore�nazionale,�
con�l'art.�6�della�legge�205/2000,�non�toccato�dalla�Corte,�quanto,�infine,la�
stessa�Corte�Costituzionale,�in�precedenti�sentenze�(73)�e�addirittura�nella�
stessa�sentenza�in�esame,�nella�quale�si�afferma�che�il�pubblico�potere�autori-
tativo�puo�essere�esercitato�anche��mediatamente�e�cioe�avvalendosi�della�
facolta�di�adottare�strumenti�intrinsecamente�privatistici��(��3.4.3).�

Dalla�piana�enunciazione�della�regola�come�sopra�descritta�dalla�Corte�
discende�la�declaratoria�di�illegittimita�della�indiscriminata�estensione�della�
giurisdizione�alla�materia�dei�servizi�pubblici�sulla�base�di�un�generico�pub-
blico�interesse�di�settore�e�per�di�piu�con�la�elencazione�(esemplificativa!)�di�
controversie�alcune�delle�quali�a�carattere�tipicamente�paritetico.�

Singolare�e�piuttosto�inusuale�appare,�pero�,�il�marcato�carattere�di�
manipolazione�che�la�sentenza�assume�nella�riscrittura�della�norma�cadu-
cata(74):�riscrittura�probabilmente�meditata�e�voluta�per�evitare�vuoti�nor-
mativi�o�dubbi.�

La�successiva�statuizione�caducatoria�contenuta�nella�sentenza�e�conse-
guente�ai�principi�enunciati�ha�per�oggetto�i��comportamenti��dell'Ammini-
strazione�in�materia�urbanistica�ed�edilizia,�in�quanto�i�comportamenti,�per�
definizione,�non�costituiscono�esercizio,�nemmeno�mediato,�di�pubblico�
potere.�

Restano�percio�fuori�dalla�giurisdizione�amministrativa�le�azioni�posses-
sorie�e�di�nunciazione�e�le�controversie�concernenti�la�occupazione�usurpa-
tiva�(75),�mentre�qualche�dubbio�sorge�per�quella�acquisitiva(76)�per�la�quale�
probabilmente�l'interprete�dovra�affrontare�piu�articolato�discorso.�

A�corollario�delle�statuizioni�sui�limiti�della�discrezionalita�del�legisla-
tore�ordinario�nella�individuazione�della�materia�di�giurisdizione�esclusiva�la�
Corte�ha�affermato�un�ulteriore�principio,�dichiarando�infondata�la�questione�
facente�leva�sulla�violazione�dell'art.�111�Costituzione.�

(72)�S.�Giacchetti, 
op.�ult.�cit.;�A. 
Pajno, 
Giurisdizione�esclusiva�ed��arbitrato�costituzio-
nale,in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.�
(73)�Sentenza�28�dicembre�93�n.�466,�in�Giur.�cost.�1993,�3829.�
(74)�R.�Garofoli, 
Lanuovagiurisdizione�intemadiservizipubblicidopo�Corte�Costituzionale�
6�luglio2004n.�204,�in�Lex�Italia.it�n.�7-8.2004.�
(75)�V.�CerullI 
Irelli, 
Giurisdizione�esclusiva�e�azione�risarcitoria�nella�sentenza�della�Corte�
Costituzionale�n.�204�del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.�
(76)�F.�Saitta, 
Tantotuono�chepiovve:riflessioni(d'agosto)�sullagiurisdizioneesclusivaridi-
mensionata�dalla�sentenza�costituzionale�n.�204/2004,in�www.lexitalia.it/articoli/saittaf_204.htm;�
G.�Virga, 
Ilgiudice�dellafunzionepubblica,�in�Lex�Italia.it�nn.�7-8.2004.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Avevano�osservato�i�giudici�remittenti�che�la�devoluzione�al�giudice�
amministrativo�di�controversie�anche�attinenti�a�profili�meramente�obbliga-
tori,�avrebbe�minato�in�radice�il�principio�secondo�il�quale�spetta�alla�Corte�
di�Cassazione�di�assicurare�l'esatta�osservanza�e�l'uniforme�interpretazione�
della�legge,�nonche�l'unita�del�diritto�oggettivo�nazionale.�

Essendo�le�sentenze�del�Consiglio�di�Stato�non�ricorribili�in�Cassazione�
per�violazione�di�legge,�grave�sarebbe�stato�il�rischio�secondo�i�remittenti�di�
contrasti�irrimediabili�fra�i�due�plessi�giurisdizionali,�articolati�oltre�tutto,�
con�violazione�del�principio�di�uguaglianza,�l'uno�su�tre�gradi�di�giudizioe�
l'altro�su�due.�

La�Corte�ha�risolto�la�questione�con�la�ovvia�quanto�esatta�considera-
zione�che�finche�la�devoluzione�di�materie�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu-
dice�amministrativo�e�conforme�a�Costituzione�risultera�conforme�a�Costitu-
zione�anche�la�loro�sottrazione�alla�nomofilachia�della�Corte�di�Cassazione�
ex 
art.�111�della�Costituzione�stessa.�

A�cio�potrebbe�aggiungersi�una�ulteriore�considerazione.�

Nel�contesto�delle�attribuzioni�della�Cassazione,�come�individuate�dal-
l'art.�65�Ordinamento�giudiziario,�occorre�infatti�distinguere�quelle�afferenti�
all'uniforme�interpretazione�della�legge�da�quelle�^nomofilattiche�in�senso�
proprio�^volte�ad�assicurare�l'esatta�osservanza�della�legge�stessa.�

Storicamente,�la�funzione�di�nomofilachia�si�rapporta�essenzialmente�
all'esigenza�di�natura�politica�di�salvaguardare�il�principio�della�separazione�
tra�poteri.�Il�principio�cioe�della��custodia�delle�leggi��secondo�la�terminolo-
gia�positivistica�francese�dalla��ribellione�dei�giudici�.�

Esatta�osservanza�della�legge,�significa�dunque�in�termini�moderni�
rispetto�da�parte�di�tutti�i�giudici�(ordinari,�amministrativi,�contabili�e�spe-
ciali)�del�limite�esterno�della�giurisdizione,�rispetto�che�il�Costituente�del�
1947�ha�demandato�alla�funzione�di�garanzia�della�Suprema�Corte,�facendo�
propria�l'accezione�di��nomofilachia��adottata�dai�costituenti�francesi�sette-
centeschi�(77)�con�affermazione�di�principio�confermata�dal�legislatore�costi-
tuzionale�del�1999,�che�ha�ritenuto�pienamente�compatibile�il�limite�di�sinda-
cabilita�delle�decisioni�del�giudice�amministrativo�e�contabile�ad�opera�della�
Cassazione�con�i�principi�del�giusto�processo.�

Fin�qui�la�pars 
destruens 
della�sentenza�che�ha�sottratto�al�giudice�ammi-
nistrativo�la�cognizione�di�situazioni�paritarie�come�i�rapporti�debito-credito�
correlati�all'erogazione�di�servizi�pubblici�e�meri�comportamenti�(78)�e�che�
sembra�difficilmente�criticabile�e,�tutto�sommato,�di�modesta�portata�in�ter-
mini�generali.�

Serie�preoccupazioni�desta�pero�,�in�termini�particolari,�la�questione�delle�
controversie�incolpevolmente�instaurate�dinanzi�ad�un�giudice�ormai�retroat-
tivamente�privato�della�sua�giurisdizione,�per�la�quale�non�opera�la�perpetua


(77)�P.�Calamandrei, 
La 
cassazione 
civile,�Milano,�1920,�III,�395�ss.;�A.�Pizzorusso, 
Corte 
di 
Cassazione,in�Enc. 
Giur. 
Treccani). 
(78)�M.�Clarich, 
op. 
cit. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tio 
di�cui�all'art.�5�c.p.c.�(79)�(perpetuatio 
di�cui�ha�probabilmente�fatto�una�
molto�implicita�applicazione�Cass.�SS.UU.�17�giugno�-24�settembre�2004�

n.�19.200).�
Tutti�coloro�che�abbiano�chiesto�giustizia�al�giudice�amministrativo�sulla�
base�di�precetti�normativi�dichiarati�incostituzionali�^per�limitarsi�all'ipotesi�
piu�immediata�^devono�infatti�affrettarsi�a�riproporre�le�domande�dinanzi�
al�giudice�ordinario�sempreche��non�sia�maturata�medio 
tempore 
la�prescri-
zione�e�comunque,�in�ogni�caso,�con�aggravio�di�spese�e�di�tempo�(e�questo�
a�tacere�della�miriade�di�casi�piu�complessi�che�possono�sorgere�per�effetto�
di�ipotesi�intertemporalmente�regolate�dall'originario�decreto�delegato)�(80).�
Sembra�quindi�necessario�in�proposito�un�urgente�intervento�del�legislatore�
per�la�previsione�di�forme�agevolate�di�translatio 
iudicii 
(81).�
Oltre�alla�pars 
destruens 
la�sentenza�contiene,�poi,�anche�una�pars 
con-
struens: 
pars 
construens 
che�appare�di�assai�maggiore�momento�per�la�defini-
zione�delle�nuove�frontiere�della�giurisdizione�amministrativa,�nonostante�si�
risolva,�per�generale�opinione,�in�un�obiter 
dictum 
(82).�
La�Corte�ha�precisato,�infatti,�che�la�dichiarazione�d'incostituzionalita�
non�investe�in�alcun�modo�^nonostante�i�rimettenti�ne�adducano�il�disposto�
a�sostegno�delle�loro�censure�^l'art.�7�legge�n.�205�del�2000,�nella�parte�in�
cui�(lett.c)�sostituisce�l'art.�35�d.leg.�n.�80/1998:�il�potere�riconosciuto�al�giu-
dice�amministrativo�di�disporre,�anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma�
specifica,�il�risarcimento�del�danno�ingiusto�non�costituisce�sotto�alcunpro-
filo�una�nuova��materia��attribuita�alla�sua�giurisdizione,�bens|�uno�stru-
mento�di�tutela�ulteriore,�rispetto�a�quello�classico�demolitorio�(e/o�confor-
mativo),�da�utilizzare�per�rendere�giustizia�al�cittadino�nei�confronti�della�
Pubblica�Amministrazione.�
La�statuizione�e�di�fondamentale�importanza:�importanza�non�certo�
diminuita�dalla�sua�natura�di�obiter 
dictum 
per�due�ordini�di�ragioni.�
Innanzituto�perche��si�tratta�di�un�obiter 
dictum 
assai�particolare,�in�
quanto,�come�ha�sottolineato�la�stessa�Corte,�i�giudici�remittenti�avevanoa�
lungo�invocato�il�relativo�disposto�a�sostegno�delle�loro�censure,�qualificando�
il�risarcimento�del�danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�come��materia�
nuova��attribuita�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�
in�maniera��indiscriminata�e�generale��e�quindi�al�di�fuori�del�criterio�di�
�particolarita���che�deve�presiedere�alla�individuazione�delle�materie�di�giuri-
sdizione�esclusiva�(83).�Se�di�obiter 
dictum 
si�tratta�e�comunque,�quindi,�un�
obiter 
dictum 
strettamente�connesso�con�la�ratio 
decidendi 
ed�anzi�ad�esso�
legato�da�un�vero�e�proprio�nodo�gordiano.�

(79)�F.�Saitta, 
op. 
cit. 
(80)�R.�Giovagnoli, 
Il 
contenzioso 
in 
materia 
di 
servizipubblici, 
cit.,�29�ss.�
(81)�S.�Giacchetti, 
op. 
ult. 
cit. 
(82)�Per�tutti�M.�Clarich, 
op. 
cit. 
(83)�P.�Carpentieri, 
La 
sentenza 
della 
Consulta 
204/2004 
e 
lapregiudizialeamministrativa, 
in�
Urbanistica 
e 
appalti 
10/2004.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

In�secondo�luogo�va�osservato�che�nella�prassi�di�tutte�le�Alte�Corti�di�
questo�mondo�gli�obiter 
dicta 
di�oggi�sono�le�rationes 
decidendi 
di�domani:�
la�legittimita��costituzionale�della�spettanza�al�giudice�amministrativo�della�
tutela�risarcitoria�degli�interessi�legittimi�puo��quindi�ritenersi�dato�ormai�
acquisito�al�sistema.�

Tale�opzione�della�Corte�appare�particolarmente�significativa�perche�dal�
punto�di�vista�letterale�entrambe�le�soluzioni�erano�possibili:�quella�adottata�
poggia,�infatti,�sulla�base�della�costituzionalizzazione�dell'interesse�legittimo�
come�figura�soggettiva�sostanziale�pienamente�tutelata�e�quindi�meritevole�
della�tutela�risarcitoria�oltre�che�di�quella�cassatoria�e�conformativa,�secondo�
la�lettera�dell'art.�24�della�Costituzione.�

Quella�opposta�avrebbe�potuto�essere�sostenuta�sulla�base�della�qualifi-
cazione�normativa�del�risarcimento�come��diritto�patrimoniale�consequen-
ziale�,�locuzione�che�e��tradizionalmente�usata�nella�disciplina�delle�materie�
assoggettate�alla�giurisdizione�esclusiva�(84)�e�la�sufficienza�del�rimedio�cas-
satorio�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita��avrebbe�potuto�essere�
argomentata�sulla�base�della�configurazione�della�giurisdizione�amministra-
tiva�come�giurisdizione�su�atti�ex 
art.�113�della�Costituzione.�

Nella�scelta,�deve�avere�ovviamente�pesato�l'accento�posto�dalla�Corte�
sulla�rinverdita�centralita��dell'interesse�legittimo�come�situazione�sostanziale�
e�come�naturale�oggetto�della�cognizione�del�giudice�amministrativo.�

Deve�aver�pesato�probabilmente�anche�la�considerazione�di�tipo��poli-
tico��sulla�maggiore�attitudine�del�giudice�amministrativo�a�somministrare�
una�tutela�risarcitoria�che,�in�caso�di�lesione�di�interessi�legittimi,�e��solo�even-
tuale.�

Come�si�e��sopra�accennato,�infatti,�quella�dell'interesse�legittimo�e��una�
categoria�creata��in 
vitro�,�una�creatura�artificiale�dalla�multiforme�natura,�
un�contenitore�dapprima�riempito�quasi�esclusivamente�da�interessi�opposi-
tivi,�cui�poi�si�sono�aggiunti�interessi�pretensivi�a�soddisfazione�preregolata,�
interessi�pretensivi�a�soddisfazione�discrezionale,�interessi�partecipativi,�inte-
ressi�strumentali�e�cos|��via.�Orbene,�se�in�alcuni�dei�casi�menzionati,�in�caso�
di�lesione�dell'interesse,�il�danno�risarcibile�e��in 
re 
ipsa 
oppure�e��evidente-
mente�assente,�in�altri�la�valutazione�della�sua�esistenza�e�consistenza�
richiede�prudenti�giudizi�prognostici�che�solo�l'esperienza�dei�ruotismi�ammi-
nistrativi�consente�di�formulare,�con�conseguente�elettiva�competenza�del�
giudice�amministrativo.�

L'opzione�della�Corte�costituzionale�conferma�comunque�l'esattezza�
della�tesi�della�pregiudizialita��della�pronuncia�cassatoria�rispetto�alla�pronun-
cia�risarcitoria,�gia��fatta�propria�dalla�giurisprudenza�amministrativa�(85).�

(84)�C.�Varrone, 
La 
nuova 
disciplina 
processuale,in�Verso 
il 
nuovo 
processo 
amministrativo,�
Commenti�alla�legge�21�luglio�2000�n.�205�a�cura�di�V.�Cerulli�Irelli,�Torino,�2000,�36.�
(85)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�26�marzo�2003,�n.�4.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

9. 
Considerazioni 
conclusive. 
I�rivolgimenti�di�fine�millennio�della�giustizia�amministrativa�erano�stati�
salutati�dai�commentatori�in�vario�modo.�Il�tema�dominante�e�largamente�
prevalente�era�comunque�quello�di�un�requiem 
per�l'interesse�legittimo,�desti-
nato�a�dissolversi�nel�diritto�soggettivo�con�la�perdita�della�funzione�di�discri-
mine�delle�giurisdizioni,�ormai�assolta�dal�criterio�delle�materie�o�dei��bloc-
chi�di�materie��(86).�

L'anomalo�sistema��dualistico��italiano�(in�cui�cioe�il�contenzioso�della�
pubblica�Amministrazione�e�conosciuto�da�due�distinti�giudici,�a�seconda�
della�situazione�soggettiva�dedotta�in�giudizio)�^si�diceva�^ha�finalmente�
perso�la�sua�anomalia�e�si�avvia�a�diventare�monistico,�come�accade�in�tutti�
gli�altri�stati�d'Europa,�nei�quali�uno�solo�e�il�giudice�della�pubblica�Ammini-
strazione:�quello�ordinario�(ed�unico)�nei�paesi�a�sistema�di�common 
law 
e�
quello�amministrativo�nei�paesi�a�sistema�di�civil 
law.�

L'evoluzione�della�giustizia�amministrativa�italiana�sembrava�incammi-
nata�lungo�una�via�di�omogeneizzazione�soprattutto�indotta,�in�realta�,�dal�
diritto�dell'Unione�Europea�che�non�conosce�gli�interessi�legittimi�e�con�il�
quale�appare�soprattutto�incompatibile�la�loro�irrisarcibilita�,�tradizional-
mente�sancita�nel�nostro�ordinamento.�

Non�a�caso�una�delle�prime�e�piu�sostanziose�soluzioni�di�continuita�
legislativa�nel�principio�di�irrisarcibilita�fu�indotta�da�una�direttiva�europea�
(legge�19�febbraio�1992�n.�142�art.�13).�

La�via�prescelta�dal�legislatore�del�1997-2000�per�realizzare�tale�risultato�
di�omogeneizzazione�fu�quella�di�accentuare�al�massimo�una�tendenza�gia�
manifestatasi�in�maniera�sempre�meno�timida�in�tutto�il�secondo�cinquanten-
nio�del�secolo�trascorso�(87),�cioe�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione�
esclusiva,�sulla�base�di�una�ritenuta�insussistenza�di�limiti�costituzionali�posti�
in�materia�al�legislatore(88).�

Come�si�e�visto�la�Corte�e�andata�in�diverso�avviso�ed�ha�delimitato�con�
chiarezza�quali�siano,�in�proposito,�i�limiti�del�potere�discrezionale�del�legi-
slatore.�Limiti,�peraltro,�tanto�poco�costrittivi�^soprattutto�se�si�considera�
quanto�spazio�lasci�all'interprete�una�locuzione�quale��materia�nella�quale�
la�pubblica�Amministrazione�esercita�un�potere�autoritativo��^da�consentire�
al�legislatore�ordinario�di�affidare,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�al�giudice�
amministrativo�italiano�tutta�l'area�di�competenza�che�il�sistema�francese�
affida�al�suo�giudice�amministrativo.�

Giudice�che�pure�e�,�pacificamente�e�tradizionalmente,�giudice��dell'Am-
ministrazione��e�non��nell'Amministrazione�.�

Anche�nel�diritto�francese,�infatti,�quando�l'Amministrazione��n'use 
pas 


lesprerogativesdepuissancepubliqueetsemeten 
civil�,�cioe�agisce�iure 
priva


(86)�M.�Clarich, 
op. 
cit. 
e�dottrina�ivi�citata.�
(87)�Per�una�completa�elencazione�di�tutta�la�legislazione�in�materia�vedasi�E.�Picozza, 
Il 
quadro 
normativo 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
dall'avvento 
della 
Costituzione 
ad 
oggi, 
cit. 
63�ss.�
(88)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ord.�1/2000�cit. 

TEMI 
ISTITUZIONALI 


torum 
(89), 
la 
giurisdizione 
e� 
del 
giudice 
ordinario. 
Lo 
stesso 
dicasi 
per 
i 
comportamenti, 
qualificabili 
come 
�voie 
de 
fait� 
(90), 
cioe� 
i 
comportamenti 
senza 
potere. 


Sara� 
appena 
il 
caso 
di 
aggiungere 
che, 
naturalmente, 
le 
giurisprudenze 
nazionali 
potranno 
divergere 
nel 
qualificare 
quali 
attivita� 
siano 
da 
conside-
rarsi 
iure 
gestionis 
e 
quali 
comportamenti 
siano 
da 
qualificare 
�senza 
potere�. 
D'altronde, 
anche 
a 
livello 
nazionale, 
come 
e� 
noto, 
non 
vi 
e� 
concor-
dia 
sul 
punto, 
fra 
Cassazione 
e 
Consiglio 
di 
Stato. 


L'importante 
e� 
che 
tutta 
l'area 
astrattamente 
disegnata 
dal 
nostro 
legi-
slatore 
negativo 
come 
costituzionalmente 
sottratta 
alla 
giurisdizione 
ammini-
strativa 
corrisponda 
concettualmente 
a 
quella 
pure 
sottratta 
ad 
essa 
nel 
piu� 
classico 
e 
tradizionale 
modello 
di 
giustizia 
amministrativa 
monistica 
conti-
nentale: 
quello 
francese. 


Il 
paragone 
diventa 
ancora 
piu� 
calzante 
ove 
si 
pensi 
all'acquisto 
da 
parte 
del 
giudice 
amministrativo 
italiano 
della 
tutela 
risarcitoria 
in 
materia 
cos|� 
di 
diritti 
come 
di 
interessi. 
Il 
che 
realizza 
un 
totalizzante 
contenzioso 
�di 
piena 
giurisdizione�. 


In 
realta� 
la 
sostanziale 
anomalia 
italiana 
nel 
quadro 
europeo 
della 
giu-
stizia 
amministrativa 
non 
era 
tanto 
quella 
formalmente 
piu� 
evidente 
del 
discrimine 
delle 
giurisdizioni 
basato 
sulla 
dicotomia 
diritto-interesse 
legit-
timo 
quanto 
quella 
sostanziale 
del 
doppio 
tabu� 
della 
irrisarcibilita� 
dell'inte-
resse 
legittimo 
e 
della 
negazione 
della 
tutela 
risarcitoria 
in 
sede 
di 
giustizia 
amministrativa, 
con 
conseguenti 
dinieghi 
di 
giustizia 
o, 
nella 
migliore 
delle 
ipotesi, 
necessita� 
di 
defatiganti 
ricorsi 
successivi 
ai 
due 
ordini 
giurisdizionali. 


Il 
secondo 
tabu� 
fu 
infranto 
dal 
legislatore 
delegante 
del 
1997 
(91). 
Il 
primo 
dalla 
Cassazione 
del 
1999 
(92). 
Il 
legislatore 
del 
2000 
(93) 
si 
limito� 
s
e 
mi 
si 
passa 
la 
colloquiale 
espressione 
^a 
fare 
�due 
piu� 
due�. 
Se 
il 
giudice 
amministrativo 
somministra 
anche 
tutela 
risarcitoria 
e 
se 
la 
lesione 
dell'inte-
resse 
legittimo 
puo� 
causare 
danno 
risarcibile, 
ebbene 
al 
giudice 
amministra-
tivo 
spettera� 
la 
relativa 
pronuncia. 


La 
Suprema 
Corte, 
quindi, 
nel 
momento 
in 
cui 
capovolgeva 
un'ultracen-
tenaria 
giurisprudenza 
(ritornando 
pero� 
, 
come 
si 
e� 
visto, 
ad 
un 
proprio 
origi-
nario 
liberale 
orientamento) 
lavorava 
per 
un 
Re 
di 
Prussia 
acquartierato 
a 
Palazzo 
Spada 
(94). 


In 
definitiva 
e 
per 
concludere, 
nella 
sentenza 
204/2004 
della 
Corte 
Costituzionale 
la 
pars 
construens 
appare 
di 
portata 
ben 
maggiore 
della 
pars 
destruens. 


(89) 
C.Debbasch,Science 
administrative 
Administration 
publique, 
Dalloz, 
Parigi, 
1980, 
713. 
(90) 
C.Debbasch, 
op. 
cit., 
712. 
(91) 
Legge 
15 
marzo 
1997 
n. 
59. 
(92) 
Cass. 
SS.UU. 
22 
luglio 
1999 
n. 
500. 
(93) 
Legge 
21 
luglio 
2000 
n. 
205. 
(94) 
Forse 
non 
del 
tutto 
inconsapevolmente: 
vedasi 
l'ultimo 
capoverso 
del 
� 
12 
della 
motiva-
zione 
della 
sentenza 
500/1999. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Con�essa�il�giudice�amministrativo�ha�perso��qualche�pezzo�marginale�
di�giurisdizione��(95),�oltretutto�poco�congruente,�come�si�e�visto,�con�la�
sua�natura�e�tradizioni,�restandogli�acquisita,�per�converso,�una�tutela�risar-
citoria�a�360�gradi.�

Di�piu�:�resta�affermato�che�il�legislatore�ordinario�potra�espandere�la�
giurisdizione�esclusiva�a�tutte�le�materie�in�cui�la�pubblica�amministrazione�
eserciti�(anche)�potere�autoritativo.�Cioe�a�tutte�le�materie�che�tradizional-
mente�costituiscono�la�tipica�sfera�di�competenza�del�giudice�amministrativo�
continentale�e�questo�mi�pare�soddisfi�pienamente�l'istanza�di�omologazione�
europea.�

Finalmente,�dopo�quasi�un�secolo�e�mezzo�di�travagliato�percorso,�il�
sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�si�avvia�a�diventare�monista�
(anche�se�di�un�monismo�diverso�da�quello�originariamente�voluto).�

La�cosa�piu�singolare�^ma�questo�conferma�che�il�paradosso�e�l'essenza�
della�storia�della�nostra�giustizia�amministrativa�^e�che�per�giungere�a�que-
sto�risultato,�che�da�alla�giurisdizione�amministrativa�italiana�una�pienezza�
di�poteri�comparabile�a�quella�delle�omologhe�giurisdizioni�continentali,�la�
Corte�Costituzionale�ha�fatto�leva�sulla�costituzionalizzazione�dell'interesse�
legittimo.�

Cioe�su�di�un�istituto�nato�come��arma�di�guerra��(96)�brandita�dall'E-
secutivo�per�difendere�i�propri�privilegi�dalle�insidie�del�controllo�giurisdizio-
nale.�

E�proprio�vero�che,�come�diceva�Ennio�Flaiano,�nelle�vicende�italiane�la�
via�piu�breve�fra�due�punti�non�e�la�linea�retta�ma�il�ghirigoro.�

(95)�M. 
Clarich, 
op.�cit.�
(96)�M. 
Nigro, 
Ma�cos'e�questo�interesse�legittimo?Interrogativi�vecchi�e�nuovispuntidi�rifles-
sione,�in�Foro�it.,�V,�470.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Universita�degli�studi:�giudice�amministrativo 
e�ordinario�concordano�sul�patrocinio�esclusivo 
ed�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello�Stato 


Merita�di�essere�segnalata�questa�recentissima�decisione�del�Consiglio�di�
Stato�che,�confermando�un�principio�che�piu�volte�e�stato�affermato�dalla�giuri-
sprudenza�della�Cassazione,�ha�ritenuto�che��Le�universita�rientrano�nel�
novero�degli�enti�pubblici�che�fruiscono�del�patrocinio�legale�dell'Avvocatura�
dello�Stato,�con�conseguente�domiciliazione�legale�presso�la�stessa,�in�relazione�
ai�ricorsi�giurisdizionali�proposti�contro�le�universita�medesime�(art.�56�r.d.�
31�agosto�1933,�n.�1592�(testo�unico�sull'istruzione�superiore)�e�43�r.d.�30otto-
bre�1933,�n.�1611�(testo�unico�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�
stato)�,�precisando,�altres|�che��Tale�regola�trova�applicazione�anche�dopo�la�
riforma�universitaria�in�senso�autonomistico�di�cui�alla�legge�n.�168/1989.��

La�sentenza,�respingendo�l'appello�della�parte�privata�avverso�la�pro-
nuncia�del�TAR�che�aveva�dichiarato�inammissibile�il�ricorso�di�primo�grado,�
perche�notificato�all'Universita�presso�la�sua�sede�legale�e�non,�come�dove-
vasi,�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato,�ha�respinto�perche�inam-
missibile�anche�il�ricorso�in�appello,�ugualmente�notificato�presso�la�sede�del-
l'Universita�,�vizio�questo�che�avrebbe�potuto�essere�sanato�solo�dalla�costitu-
zione�dell'Avvocatura,�nella�specie�non�avvenuta�(cfr.�C.d.S.,�Sez.�VI,�
18�ottobre�1993,�n.�741;�22�dicembre�1983,�n.�911).�

Il�ragionamento�del�Consiglio�di�Stato�si�e�fondato�sull'applicazione�del�
combinato�disposto�dell'art.�56,�r.d.�31�agosto�1933,�n.�1592,�secondo�cui��le�
universita�....possono�essere�rappresentate�e�difese�dall'Avvocatura�dello�
Stato�nei�giudizi�attivi�e�passivi�...�sempreche�non�trattasi�di�contestazioni�
contro�lo�Stato��e�dell'art.�43,�t.u.�30�ottobre�1933,�n.�1611,�cos|�come�modifi-
cato�dall'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�che�ha�aggiunto�tre�commi�
al�detto�art.�43,�il�primo�dei�quali�dispone�che��qualora�sia�intervenuta�(per�
legge�o�per�regolamento�o�per�d.p.c.m.)�di�cui�al�primo�comma�la�rappresen-
tanza�e�la�difesa�nei�giudizi�(delle�amministrazioni�non�statali�o�di�enti�sovven-
zionati)�...sono�assunte�dall'Avvocatura�dello�Stato�invia�organica�ed�esclusiva,�
eccettuati�i�casi�di�conflitto�di�interessi�con�lo�Stato�o�con�le�regioni�.�

Il�Consiglio�di�Stato,�in�particolare,�ha�interpretato�queste�norme�nel�
senso�che�le�universita��non�esulano�dal�novero�delle�amministrazioni�dello�
stato�e�sono�conseguentemente�rappresentate�in�giudizio�ope�legis�dall'Avvo-
catura�dello�Stato�e�presso�di�questa�deve�essere�notificato�il�ricorso�giurisdi-
zionale�amministrativo��(cfr.�anche�Cass.,�sez.�I,�26�gennaio�2001,�n.�1086).�

Del�resto,�il�giudice�amministrativo�ha�piu�volte�avuto�modo�di�chiarire�
che��il�riconoscimento�dell'autonomia�universitaria�a�seguito�degli�artt.�6�e�ss.,�
legge�9�maggio�1989,�n.�168�(istitutiva�del�ministero�dell'universita�edella�
ricerca�scientifica�e�tecnologica)�non�ha�fatto�venire�meno�la�regola,�gia�stabilita�
dall'art.�56,�citato,�della�domiciliazione�legale�delle�universita�presso�l'Avvoca-
tura�dello�Stato�,�sia�perche�il�ridetto�art.�56�non�e�stato�ne�espressamente�ne�
tacitamente�abrogato�dalle�norme�successive,�sia�perche��la�riconosciuta�auto-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nomia�universitaria�non�ha�in�alcun�modo�toccato�ne�la�natura�pubblica�delle�
universita�,ne�la�regola�del�patrocinio�(obbligatorio)�dell'avvocatura�erariale��
(Cons.�Stato,�Sez.�VI,�16�febbraio�2002,�n.�958;�22�novembre�1993,�n.�908).�

La�decisione�in�esame�ha�giustamente�ribadito�un�principio�che�l'Avvoca-
tura�ha�piu�volte�difeso,�con�grande�decisione,�specie�in�questi�ultimi�anni,�nei�
quali�le�regole�in�materia�di�patrocinio�esclusivo�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�
favore�degli�enti�pubblici�da�essa�difesi�sono�state�in�alcuni�casi�derogate.�

Si�pensi�a�tutti�i�casi�nei�quali�l'Avvocatura�ha��perso�,�per�espressa�volonta�
del�legislatore,�il�patrocinio�di�enti�pubblici,�in�corrispondenza�peraltro�^del�
mutamento�di�natura�di�tali�enti,�divenuti�soggetti�privati�(art.�10,�D.L.�
1.dicembre1993,n.�487,perl'enteposteitaliane;art.�8,co.�5,legge21�dicembre�
1996,�n.�665,�relativo�alla�trasformazione�dell'azienda�autonoma�di�assistenza�
al�volo�per�il�traffico�aereo�generale;�art.�1,�co.�4,�D.lgs.�9�luglio�1998,�n.283,�
per�l'ente�tabacchi�italiani,�tutti�casi�ricordati�anche�dal�Consiglio�di�Stato).�

Ovvero�ad�alcune�prassi�in�cui�le�norme�sul�patrocinio�esclusivo�sono�state�
interpretate�in�maniera�non�rigorosa�(ad�esempio,�affiancamento�della�Avvoca-
tura�dello�Stato�a�professionisti�del�foro�libero,�scelta��episodica��di�affida-
mento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�da�parte�di�Regioni�a�Statuto�
ordinario�che�abbiano�scelto�di�avvalersi�in�via�esclusiva�del�patrocinio�della�
Avvocatura�dello�Stato�o�di�soggetti�che�fruiscano�del�patrocinio�autorizzato).�

Queste�brevi�note�sono�l'occasione�per�confermare�le�caratteristiche�spe-
cifiche�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�che,�cos|�come�e�stato�preci-
sato�nella�nota�circolare�dell'Avvocato�Generale�n.�46�del�26�settembre�2002�
�sono�quelli�della�organicita�ed�esclusivita�(art.�43,�3�comma�R.D.�1611/�
1933),�consistenti,�rispettivamente,�nello�stabilirsi�col�rapporto�di�patrocinio�
di�un�rapporto�di�medesimezza�organica�col�soggetto�patrocinato,�sicche�nel-
l'ambito�di�tale�rapporto�il�soggetto�patrocinato�e�rappresentato�per�ogni�
profilo�senza�necessita�di�specifico�mandato�dalla�Avvocatura�dello�Stato,�e�
nella�impossibilita�di�affidare�il�proprio�patrocinio�a�legale�diverso�dall'Avvo-
catura�dello�Stato�o�di�affiancare�all'Avvocatura�dello�Stato�altro�legale�
(art.�5/1,�comma�R.D.�1611/1933�e�43/4,�comma�R.D.�1611/1933).�

Ambedue�i�sottolineati�caratteri�hanno�la�loro�ragion�d'essere�nella�esi-
genza�di�unicita�e�coerenza�di�indirizzi�che�potrebbero�venir�compromessi�
dalla�eventualita�o�di�approntare,�di�volta�in�volta,�per�svolgere�scelte�di�
gestione�processuale,�specifiche�direttive,�o�di�svolgere�difese�non�coerenti�
con�gli�indirizzi�generali�di�istituto�conformi�alla�tutela�generale�dei�pubblici�
interessi�necessariamente�informata�a�criteri�di�uniformita�interpretativa�ed�
applicativa�della�legalita�.��(si�vedano�Cass.�1086/2001,�gia�citata,�C.d.S.,�
Sez.�II�n.�2025/1986,�Corte�dei�Conti,�deliberazione�1432/1984).�

In�un�recente,�articolato�parere,�l'Avvocatura�ha�ribadito�il�carattere�esclu-
sivo�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�nei�confronti�delle�universita�,pre-
cisandosi�espressamente�che�anche�in�giurisprudenza��anche�dopo�l'entrata�in�
vigore�della�legge�186/1989�e�stato�costantemente�ribadito�che��ai�sensi�dell'56�
del�r.d.�31�agosto�1933,�n.�1592�e�dell'art.�43�del�decreto�rettorale�30�ottobre�
1933,�n.�1611,�come�modificato�dall'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�la�
rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita�degli�studi�statali,�ove�non�


TEMI�ISTITUZIONALI�

sussista�conflitto�con�lo�Stato�e�con�le�regioni,�spetta��ope 
legis��all'Avvocatura�
dello�Stato,�mentre�puo�essere�affidata�ad�un�difensore�del�libero�foro�in�forza�di�
apposita�e�motivata�delibera�da�sottoporre�agli�organi�di�vigilanza��(cfr.tra�le�
tante�Cass.�Sez.�Lav.�n.�13292�del�27�novembre�1999�e�n.�7649�del�10�agosto�
1997)�ove�si�consideri�che��le�universita�statali,�al�pari�degli�altri�istituti�statali�
di�istruzione�superiore,�costituiscono�organi�dello�Stato�muniti�di�personalita�
giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale��(Cass.�13292/1999�cit.),�

Le�conseguenze�sono,�oltre�che�la�nullita�della�notificazione�della�cita-
zione�compiuta�presso�la�sede�dell'universita�e�non��dell'Avvocatura�dello�
Stato��(Cass.�n.�8877/1997),�come�sopra�specificato,�l'applicazione�delle�
regole�del�c.d.�foro�erariale�(artt.�9�e�25�cpc)�(Cass.�Sez.�1,�n.�61�del�2�marzo�
1994;�Cass.,�Sez.�Lav.�n.�13292/1999�cit.),�nonche�la�insussistenza�dell'obbligo�
di�avere�uno�specifico�mandato�difensivo�o�una�delibera�di�affidamento�del�
patrocinio,�valido�in�via�generale�per�il�patrocinio�dell'Avvocatura�(Cass.,�
SS.UU.�n.�10894�del�7�agosto�2001;�n.�484�del�21�luglio�1999;�C.d.S.�Sez.�IV�

n.�1�del�14�gennaio�1997,�sez.�VI,�sez.�IV,�n.�607�del�13�maggio�1996,�Sez.�VI�
n.�482�del�12�ottobre�1982)�ai�sensi�del�combinato�disposto�degli�articoli�1,�
secondo�comma,�43�e�45�testo�unico�30�ottobre�1933,�n.�1611.�
Solo�eccezionalmente�e�previa�delibera�motivata�e�prevista�la�possibilita�
del�ricorso�ad�avvocati�del�libero�foro�(Cass.�Sez.�I�n.�2410�del�7�marzo�
1991;�Cass.�n.�1086/1991�cit.).�

Nel�corso�degli�ultimi�anni�alcune�Universita�,�argomentando�erronea-
mente�dalla�riconosciuta�autonomia�statutaria,�hanno�previsto�la�possibilita�di�
avvalersi,�in�aggiunta�o�in�alternativa�al�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�
anche�di�legali�del�proprio�Ufficio�legale�interno�o�di�avvocati�del�Foro�libero�
(ad�esempio�l'art.�53�dello�statuto�dell'Universita�G.�D'annunzio�di�Chieti�
dispone�che��il�Consiglio�di�amministrazione�puo�deliberare�l'affidamento�ad�
un�difensore�libero�professionista�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�del-
l'universita��;�l'art.�2�punto�6�dello�statuto�dell'Universita�La�Sapienza�di�Roma�
ha�previsto�la�possibilita�di�stabilire��in�base�a�valutazioni�discrezionali�di�
opportunita�e�convenienza�se�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�
Stato�ovvero�di�professionisti�del�libero�foro�,�con�grave�rischio�che�i�giudici�
affermino�la�nullita�delle�attivita�processuali�compiute�in�violazione�delle�regole�
sul�patrocinio�obbligatorio�ed�esclusivo�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Alla�luce�delle�considerazioni�che�precedono,�non�si�puo�non�osservare�
come�le�disposizioni�statutarie�citate�siano�pericolose,�tenuto�conto�che�il�princi-
pio�di�esclusivita�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�di�tutte�le�
Amministrazioni�pubbliche�da�essa�difese,�in�vigore�da�un�centinaio�di�anni,�ha�
garantito,�da�una�parte�il�rispetto�del�principio�di�economicita�dell'attivita�
amministrativa�(il�patrocinio�dell'Avvocatura�e�,�come�noto,�gratuito)�sia�la��cer-
tezza��del�diritto�processuale�per�coloro�che�agiscono�in�giudizio�contro�le�uni-
versita�,�sia�ancora�una�uniformita�di�indirizzo�interpretativo�per�cio�che�con-
cerne�tutte�le�Amministrazioni�pubbliche�difese,�con�conseguente�garanzia�per�
i�diritti�dei�cittadini�(c.d.�funzione�nomofilattica�dell'Avvocatura�dello�Stato).�

Avv. 
Vincenzo 
Rago 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Si�riporta�una�breve�rassegna�di�alcune�decisioni�della�Cassazione,�citate�
nella�nota.�
Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
1, 
sent. 
1086 
del 
26 
gennaio 
2001.�Aisensidegliartt.�56delr.d.�
31�agosto�1933,�n.�1952�(testo�unico�sull'istruzione�superiore)�e�43�del�r.d.�30�ottobre�1933,�

n.�1611�(testo�unico�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato),�come�modificato�dal-
l'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita��
degli�studi�statale,�ove�non�sussista�conflitto�con�lo�Stato�o�con�le�regioni,�spetta��ope�legis��
all'AvvocaturadelloStato,mentrepuo��essereeccezionalmenteaffidataadundifensoredellibero�
Foro�inforza�di�apposita�e�motivata�delibera,�da�sottoporre�agli�organi�di�vigilanza�.�
Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
L, 
sent. 
13292 
del 
27 
novembre 
1999.�Le�universita��statali,�al�
pari�degli�altri�istituti�statali�di�istruzione�superiore,�costituiscono�organi�dello�Stato�muniti�di�
personalita��giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale;�ne�consegue�che�la�cause�di�
lavoro�in�cui�sia�convenuta�una�universita��statale�rientrano,�per�il�grado�di�appello,�nella�compe-
tenza�del�tribunale�del�luogo�ove�ha�sede�l'uf
fficio�dell'Avvocatura�dello�Stato�nel�cui�distretto�
fu�pronunciata�la�sentenza�impugnata�senza�che�possa�influire,�in�contrario,�la�circostanza�che�

perilprimogrado�delgiudizio,�svoltosiinluogodiversodallasededell'indicatoufficio,�l'Avvoca-
turadelloStatoabbia,inapplicazionedell'art.�2delr.d.n.�1611del1933,rilasciatoadunavvo-
cato�del�libero�Foro�esercente�nel�circondario�ove�si�e��svolto�il�giudizio�medesimo�la�delega�per�
la�rappresentanza�in�giudizio�dell'amministrazione�(nel�caso�di�specie�l'avvocato�del�liberoforo�
erastatopresentenelgiudizio�diprimo�grado�unitamentecon�l'avvocato�dellostato�ma�la�com-
parsadicostituzione�ingiudizio�risultavasottoscrittadaquest'ultimocon�ilprofessionistalocale�
indicato�come�``domiciliatario'')�.�

Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
1, 
sent. 
8877 
del 
10 
settembre 
1997.�La�domiciliazione�legale�
presso�l'Avvocatura�dello�Stato,�giusto�disposto�dell'art.�1�della�legge�25�marzo�1958,�n.�260�

(sostitutivo�dell'art.�11,�primo�comma,�del�r.d.�n.�1611�del�1933),�deve�ritenersi�caratterepecu-
liare�indistinto�di�tutte�le�amministrazioni�statali,�comprese�le�universita��(statali),�che�costitui-
sconoorganidelloStatodotatidipersonalita��giuridica,lacuirappresentanzaedifesaingiudizio�
spetta,pertanto,��ope�legis�,�a�detta�avvocatura�(salvo�il�caso�in�cui�la�difesa�non�sia�stata�ecce-
zionalmenteaf
ffidata�adun�difensoredelliberoforo,�all'esito�diapposita�emotivata�delibera�da�
sottoporre�agli�organi�di�vigilanza)�con�conseguente�nullita��della�notificazione�di�un�atto�di�cita-
zionecompiutapresso�lasede�dell'universita�,�enon�dell'Avvocatura�dello�Stato�.�

Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
L, 
sent. 
7649 
del 
18 
agosto 
1997 
�Ai�sensi�degli�art.�56�r.d.�
31�agosto�1933,�n.�1592�(t.u.�sull'istruzione�superiore)�e�43�r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611�(t.u.�
sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato),�come�modificato�dall'art.�11�legge�3�aprile�

1979,�n.�103,�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita��degli�studi�statale,�ove�non�
sussista�conflitto�con�lo�stato�o�con�le�regioni,�spetta��ope�legis��all'Avvocatura�dello�Stato,�
mentrepuo��essereeccezionalmenteaffidataadundifensoredelliberoforoinforzadiapposita�
motivata�delibera�.�

Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
1, 
sent. 
147 
del 
10 
gennaio 
1996. 
�Alfine�dell'opposizione�tar-
diva�prevista�dall'art.�650�cod.�Proc.�Civ.�per�la�legittimazione�alla�quale�l'opponente�e��onerato�
della�prova�del�vizio�della�notificazione�del�decreto�e�del�nesso�di�causalita��tra�talevizio�ela�
mancata�conoscenza�del�decreto�stesso�^la�irregolarita��della�notifica�consistente�nell'esecuzione�
di�questa�direttamente�all'amministrazione�od�agli�enti�ad�essa�alfine�equiparati,�anziche�agli�
stessi�presso�la�(competente)�Avvocatura�dello�Stato,�fa�presumere�sia�detta�mancata�cono-
scenza�che�la�ricollegabilita��della�stessa�al�vizio�di�notifica�.�

Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
1, 
sent. 
2061 
del 
2 
marzo 
1994. 
�Le�universita��statali,�al�pari�
deglialtriistitutistatalidiistruzionesuperiori,�costituiscono�organidello�Stato�munitidiperso-
nalita��giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale;�ne�consegue�che�le�cause�in�cui�sia�
convenuta�una�universita��statale�rientrano�nella�competenza�del�giudice�del�luogo�ove�ha�sede�
l'uf
fficio�dell'avvocatura�dello�stato�nel�cui�distretto�si�trova�il�giudice�che�sarebbe�competente�
secondo�le�norme�ordinarie.��

Nello�stesso�senso�infine�si�e�espressa�la�piu�autorevole�ed�accreditata�dottrina�in�mate-
ria,�la�quale�ha�espressamente�osservato�che:��l'autonomia�delle�universita�sussiste�nei�limiti�
delle�leggi�dello�stato��e�dalla�legge�n.�168�non�sembra�possa�desumersi�un'abrogazione�


TEMI�ISTITUZIONALI�

implicita�di�quanto�statuito�dal�t.u.�n.�1611�del�30�ottobre�1933�e�del�r.d.�n.�779�dell'8�giugno�
1940�per�quanto�concerne�le�universita�(cfr.�VingianI 
e�Santoro,�L'ordinamento 
universita-
rio,�Appendice�1999,�379).�

Circolare 
n. 
46 
del 
26 
settembre 
2002, 
prot. 
17465. 


�(Omissis) 
Oggetto: 
Patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato. 


1.��Il�recente�infittirsi�di�occasioni�nelle�quali�questo�Generale�Ufficio�ha�dovuto�rile-
vare�che�la�disciplina�del�patrocinio�della�Avvocatura�dello�Stato�non�e�stata�interpretata�
ed�applicata�in�modo�conforme�ai�suoi�principi�fondamentali�suggerisce�di�evitare�episodici�
e�singoli�interventi�rettificativi�e�di�esporre�invece�in�forma�generale�quali�siano�i�possibili�
casi�di�riconoscimento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�come�tale�patrocinio�
possa�essere�svolto.�
Come�e�noto�la�principale�e�fondamentale�ipotesi�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�
Stato�e�stata�prevista�in�favore�delle�Amministrazioni�dello�Stato�(art.�1/1�commaR.D.�
1611/1933)�nonche�delle�Regioni�a�Statuto�speciale�delle�Province�Autonome�di�Trento�e�
Bolzano�(L.�196/1978�art.�59�per�la�Valle�d'Aosta;�L.�250/1949�art.�55�per�la�Sardegna;�

L.�142/1948�art.�1�per�la�Sicilia;�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�78/1965�per�il�
Friuli-Venezia�Giulia;�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�49/1973�art.�39�per�il�
Trentino-Alto�Adige��Province�Autonome�di�Trento�e�Bolzano).�
Tale�patrocinio�va�sotto�la�qualifica�di�patrocinio 
obbligatorio 
e�deriva�dalla�stessa�
natura�delle�Amministrazioni�per�le�quali�e�previsto�ed�e�cos|�definito�per�il�fatto�che�ne�l'Av-
vocatura�puo�ricusare�i�suoi�uffici�nei�confronti�di�dette�Amministrazioni,�ne�queste�possono�
avvalersi�di�altre�forme�di�patrocinio.�

Altra�forma�di�patrocinio�cui�e�chiamata�l'Avvocatura�dello�Stato�e�quella�prevista�
(art.�43/1�comma�R.D.�1611/1933)�in�favore�di�enti�diversi�da�quelli�statali�propriamente�
detti�e�dalle�Regioni�e�Province�sopraindicate;�essa�non�nasce�col�carattere�obbligatorio�deri-
vante�per�le�Amministrazione�previste�nel�primo�caso�dalla�loro�stessa�natura,�ma�nasce�
con�un�provvedimento�estensivo�dell'originario�e�fondamentale�compito�istituzionale�dell'Av-
vocatura,�e�mette�capo�al�cos|�detto�patrocinio 
autorizzato.�

L'autorizzazioneinparola,previstaespressamentedall'art.�43deltestounico1611/1933,�
puo�essere�contenuta�tanto�in�un�provvedimento�normativo�(legge�o�regolamento)�quanto�
in�un�provvedimento�amministrativo�e�non�puo�contenere�altro�che�la�previsione�della�esten-
sione�dei�compiti�dell'Avvocatura�dello�Stato�ontologicamente�dovuti�per�le�Amministra-
zioni�dello�Stato�anche�ad�altri�enti�diversi�dalle�Amministrazioni�statali.�

Altra�forma�di�patrocinio�del�quale�l'Avvocatura�dello�Stato�puo�divenire�titolare�e�
quello�che�potrebbe�definirsi�patrocinio 
speciale 
delle 
Regioni 
a 
Statuto 
ordinario 
per�il�fatto�
che�non�nasce�ne�da�una�ontologica�necessita�di�fruire�del�suo�patrocinio,�ne�da�una�etero-
noma�determinazione�che�autorizza�l'Avvocatura�a�patrocinare�enti�diversi�dalle�Ammini-
strazioni�statali,�ma�sorge�da�una�manifestazione�autonoma�e�spontanea�dell'ente�in�que-
stione�che,�sulla�base�di�una�previsione�normativa�che�gli�conferisce�la�relativa�facolta�,�
decide�di�affidarsi�al�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(art.�42/5�comma�R.D.�
1611/1933�come�integrato�dalla�L.�103/1979).�

2.�^Quanto�fin�qui�esposto�attiene��come�e�evidente��al�momento�genetico�del�rap-
porto�di�patrocinio:�connaturale,�eppercio�obbligatorio,�per�gli�organi�dello�Stato�e�per�le�
Regioni�a�Statuto�speciale�e�le�Province�Autonome�di�Trento�e�Bolzano,�estensivo,subase�
autorizzatoria,�per�gli�enti�diversi�dagli�organi�dello�Stato,�voluto�sulla�scorta�di�autonoma�
scelta�dell'ente�a�cio�facoltizzato�dalla�legge�per�le�Regioni�a�Statuto�ordinario.�
La�appartenenza�alla�categoria�del�patrocinio�autorizzato�degli�enti�che�di�volta�in�volta�
ottengono�che�l'Avvocatura�sia�autorizzata�a�svolgere�la�sua�attivita�in�loro�favore�va�verifi-
cata�sulla�base�del�reperimento�di�concreti�specifici�provvedimenti�legislativi,�regolamentari�

o�amministrativi�a�contenuto�autorizzatorio.�
Quella�invece�della�appartenenza�alla�categoria�del�c.d.�patrocinio�speciale�delle�Regioni�
a�Statuto�ordinario�va�verificata�sulla�base�di�un�duplice�presupposto:�il�riconoscimento�det-
tato�con�legge�della�facolta�di�scegliere�il�patrocinio�dell'Avvocatura�e�l'esercizio�di�tale�
facolta�nel�senso�di�volere�detto�patrocinio�da�parte�della�Regione.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Le�differenti�modalita�di�nascita�del�rapporto�di�patrocinio�in�nulla�possono�pero�modi-
ficare�le�modalita�di�esercizio�e�svolgimento�della�propria�attivita�da�parte�dell'Avvocatura�
dello�Stato,�essendo�tali�modalita�dettate�con�norme�di�legge�statali�cui�l'Avvocatura�dello�
Stato�deve�ovviamente�prestare�ossequio.�

Caratteri�fondamentali�ed�inderogabili�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�sono�
quelli�della�organicita�ed�esclusivita�(art.�43/3�comma�R.D.�1611/1933),�consistenti,�rispetti-
vamente,�nello�stabilirsi�col�rapporto�di�patrocinio�di�un�rapporto�di�medesimezza�organica�
col�soggetto�patrocinato,�sicche�nell'ambito�di�tale�rapporto�il�soggetto�patrocinato�e�rappre-
sentato�per�ogni�profilo�senza�necessita�di�specifico�mandato�dalla�Avvocatura�dello�Stato,�
e�nella�impossibilita�di�affidare�il�proprio�patrocinio�a�legale�diverso�dall'Avvocatura�dello�
Stato�o�di�affiancare�all'Avvocatura�dello�Stato�altro�legale�(art.�5/1�comma�R.D.�
1611/1933�e�43/4�comma�R.D.�1611/1933).�

Ambedue�i�sottolineati�caratteri�hanno�la�loro�ragion�d'essere�nella�esigenza�di�unicita�e�
coerenza�di�indirizzi�che�potrebbero�venir�compromessi�dalla�eventualita�o�di�approntare,�
di�volta�in�volta,�per�svolgere�scelte�di�gestione�processuale,�specifiche�direttive,�o�di�svolgere�
difese�non�coerenti�con�gli�indirizzi�generali�di�istituto�conformi�alla�tutela�generale�dei�pub-
blici�interessi�necessariamente�informata�a�criteri�di�uniformita�interpretativa�ed�applicativa�
della�legalita�.�

3.�^Alla�luce�di�tali�criteri,�ribaditi�anche�da�recente�giurisprudenza�della�Corte�di�Cas-
sazione�e�del�giudice�amministrativo�e�contabile�(Cass.�1086/2001,�Consiglio�di�Stato�Sez.�II�
n.�2025/1986,�Corte�dei�Conti�deliberazione�1432/1984)�non�puo�che�confermarsi�quanto�
gia�esposto�in�varie�altre�occasioni�circa�la�impossibilita�di�mettere�capo�ad�un�rapporto�di�
patrocinio�non�improntato�ai�fondamentali�caratteri�di�organicita�ed�esclusivita�che�il�legisla-
tore�statale�ha�voluto�come�propri�del�modo�di�svolgimento�della�attivita�dell'Avvocatura�
dello�Stato.�
Le�sole�eccezioni�che�lo�stesso�legislatore�ha�ipotizzato�e�disciplinato�sono:�per�il�patro-
cinio�obbligatorio�quelle�legate�a��ragioni�assolutamente�eccezionali��da�valutare�in�base�a�
norme�stabilite�dal�Consiglio�dei�Ministri,�dopo�aver�inteso�il�parere�dell'Avvocato�Generale�
dello�Stato�(art.�5/1�comma�R.D.�1611/1933);�per�il�patrocinio�autorizzato�quelle�legate�al�
ricorrere�di��casi�di�conflitto�di�interessi�con�lo�Stato�o�con�le�Regioni��(art.�43/3�comma�

R.D.�1611/1933)�ovvero�di��casi�speciali��fatti�oggetto�di��apposita�motivata�delibera�da�sot-
toporre�agli�organi�di�vigilanza�,�per�il�patrocinio�speciale�delle�Regioni�a�Statuto�ordinario�
quelle�medesime�previste�per�il�patrocinio�autorizzato.�
Non�puo�percio�ammettersi�ne�la�prosecuzione�di�rapporti�di�affiancamento�della�Avvo-
catura�dello�Stato�a�professionisti�del�foro�libero,�ne�che�si�perseveri�nella�scelta�episodica�
di�affidamento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�da�parte�di�soggetti�che�fruiscano�
del�patrocinio�autorizzato�ne�da�parte�di�quelle�Regioni�a�Statuto�ordinario�che�abbiano�
scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�della�Avvocatura�dello�Stato.�

4.�^Si�vuole�solo�e�da�ultimo�richiamare�l'attenzione�degli�enti�che�fruiscono�di�patroci-
nio�autorizzato�e�delle�Regioni�che�hanno�scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�della�Avvocatura�
dello�Stato�sul�rischio�che�attivita�processuali�svolte�a�mezzo�di�liberi�professionisti�possono�
portare�alla�declaratoria�della�loro�nullita�per�difetto�dello�iuspostulandi�con�prevedibili�con-
seguenze�sul�piano�di�eventuali�decadenze�o�altri�pregiudizi�e�sul�fatto�che�le�spese�affrontate�
per�tali�difese�possono�non�superare�positivamente�il�vaglio�degli�organi�contabili�di�con-
trollo.�
Gli�Enti�in�indirizzo�vorranno�assicurare�la�diffusione�della�presente�comunicazione�a�
tutti�i�soggetti�interessati�per�quanto�di�rispettiva�competenza�
L'Avvocato�Generale�.�


TEMI�ISTITUZIONALI�

Il 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
a 
favore 
delle 
Regioni 
a 
statuto 
ordinario 


(Corte 
di 
Cassazione, 
Sezioni 
Unite, 
sentenza 
29 
aprile 
2004 
n. 
8211) 


Con�la�decisione�n.�8211�del�29�aprile�2004�le�Sezioni�Unite�della�Cassa-
zione,�in�materia�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�delle�
Regioni�a�statuto�ordinario,�hanno�confermato�l'orientamento�giurispruden-
ziale�pacifico�secondo�il�quale�l'art.�10�della�legge�n.�103/1979�non�ha�abro-
gato�la�disciplina�generale�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977�perche�
q
uesta�e��la�motivazione�della�sentenza�^�la�piu��recente�normativa�non�ha�
disciplinato�ex 
novo 
ed�in�maniera�completa�tutta�la�materia�del�patrocinio�
delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�ma�ha�inteso�soltanto�attribuire�ad�esse,�
in�aggiunta�alle�facolta��consentite�dal�suddetto�art.�107,�l'ulteriore�e�piu��
ampio�potere�di�rendere�operativa�in�loro�favore�l'estensione�del�complesso�
delle�norme�speciali�dettate�per�l'assistenza�legale�e�per�la�difesa�in�giudizio�
dello�Stato�(cfr.�Cass.�SS.UU.,�4�novembre�1996,�n.�9523;�ed�anche�3�ottobre�
1996,�n.�8648;�21�marzo�1987,�n.�2813;�15�marzo�1982,�n.�1672).�

Le�decisioni�da�ultimo�citate�hanno�ritenuto�che:��Mentre�l'art.�107�del�

d.P.R.�n.�616�del�1977�si�limita�ad�includere�le�Regioni�a�statuto�ordinario�
tra�gli�enti�dei�quali�l'Avvocatura�dello�Stato�puo��assumere�la�rappresentanza�
e�la�difesa�(secondo�il�regime�di�cui�agli�artt.�43,�45�e�47�del�t.u.�n.�1611�del�
1933),�l'art.�10�della�legge�n.�103�del�1979�prevede�un�particolare�procedi-
mento�attraverso�il�quale�le�menzionate�Regioni�possono�ottenere�l'applica-
zione�dell'intero�regime�processuale�speciale�di�assistenza�legale�e�di�patroci-
nio�valevole�ex 
lege 
per�le�amministrazioni�dello�Stato.�Sia�nel�primo�caso�
(regime�cosiddetto��facoltativo�),�sia�nel�secondo�caso�(regime�cosiddetto�
�sistematico�)�non�e��necessario,�per�i�singoli�giudizi,�uno�specifico�mandato�
all'Avvocatura�stessa;�essendo,�invece,�necessario�uno�specifico�provvedi-
mento�(talvolta�soggetto�al�visto�degli�organi�di�vigilanza),�nel�caso�in�cui�la�
Regione�voglia�escludere�tale�rappresentanza,�per�affidarla�a�privati�profes-
sionisti.�Da�cio��consegue�che�l'Avvocatura�dello�Stato,�ove�agisca�in�giudizio�
per�una�Regione,�non�avendo�necessita��di�apposito�mandato,�non�e��neanche�
onerata�della�produzione�del�provvedimento�del�competente�organo�regio-
nale�di�autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudi-
zio.�;�cfr.�anche�Cass�Sez.�III,�2�settembre�1998,�n.�8722,�che�ha�cos|��statuito:�
�Le�Regioni�a�statuto�ordinario�autorizzate�ad�avvalersi�del�patrocinio�
dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�107�decreto�Presidente�della�
Repubblica�24�luglio�1977�n.�616,�non�hanno�bisogno�di�conferire�all'avvo-
cato�dello�Stato�incaricato�della�difesa�giudiziale�alcun�formale�mandato.�).�
La�particolarita��e�l'interesse�della�nuova�pronuncia�della�Cassazione�e��
data�dal�fatto�che�la�Cassazione�ha�avuto�modo�di�chiarire�che�il�principio�
che�l'Avvocatura�dello�Stato��non�ha�bisogno�di�alcun�mandato,�ove�agisca�
in�giudizio�per�una�Regione�,�non�e��derogato�nemmeno�quando,�come�nel�
caso�di�specie,�una�legge�regionale�(della�Calabria)�abbia�istituito�un�servizio�
legale�presso�la�presidenza�della�Giunta�regionale,�in�quanto�tale�legge�non�
contiene�norme�incompatibili�con�il�riconoscimento�alla�Regione�Calabria,�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

della�facolta�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�secondo�
le�regole�valide�per�tutte�le�Regioni�a�statuto�ordinario,�poiche�si�deve�rite-
nere�che�tale�istituzione��non�comporta�un'abrogazione�tacita�di�una�norma�
di�carattere�generale,�e�di�natura�statale,�quale�quella�di�cui�all'art.�107�

d.P.R.�n.�616�del�1977�.�
La�Corte,�con�interessanti�considerazioni�in�diritto,�che�hanno�rico-
struito�le�caratteristiche�del�patrocinio�dell'Avvocatura,�e�superando�alcune�
diverse�opinioni�dottrinarie,�ha�precisato�ancora�una�volta�che,�anche�in�que-
sto�ultimo�caso,��non�e�richiesto�il�rilascio�del�mandato�all'Avvocato�dello�
Stato,�essendo�sufficiente�soltanto�che�risulti�la�sua�qualita��.�

Inoltre,�la�Corte�ha�riaffermato�il�principio�secondo�cui��nell'ipotesi�di�
rappresentanza�e�difesa�facoltativa�non�solo�delle�Regioni�^ma�anche�degli�
altri�enti�pubblici�non�statali�^da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato,�none�
necessario�che�nei�singoli�giudizi,�le�Regioni�o�gli�enti�suddetti�producano�s
tante�il�disposto�dell'art.�12�della�legge�n.�103�del�1979�^il�provvedimento�
del�competente�organo�recante�l'autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�
agire�o�resistere�in�giudizio�e�cio�perche��l'assunzione�di�iniziativa�giudiziaria�
da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato�comporta�la�presunzione�juris 
et 
dejure 
di�esistenza�di�un�valido�consenso�e�di�piena�validita�dell'atto�processuale�
compiuto,�lasciando�nell'ambito�del�rapporto�interno�le�questioni�provenienti�
dalla�inosservanza�di�regole�di�formazione�del�consenso�stesso��(cfr.�Cass.�
5�settembre�2003,�n.�12942,�27�marzo�2003,�n.�4564,�etc).�

Avv. 
Vincenzo 
Rago 


Corte 
di 
Cassazione, 
Sezioni 
Unite, 
sentenza 
29 
aprile 
2004 
n. 
8211 
^Pres. 
V.�Carbone�^Rel. 


G.�Vidiri�^F.A.M.I.�ed�altri�c/�Regione�Calabria�(Avv.�dello�Stato).�
�(Omissis) 
Svolgimento 
del 
processo 
^N.�G.,�medico�ospedaliero�di�una�Usl�calabrese�
agiva�in�via�monitoria�nei�confronti�della�datrice�di�lavoro�al�fine�di�ottenere�la�somma�di�
lire�51.244.019,�asseritamente�dovutagli�in�relazione�alla�posizione�funzionale�di�aiuto�corre-
sponsabile�ospedaliero.�Contro�il�decreto�ingiuntivo�concesso�dal�Pretore�di�Catanzaro�e�
notificato�alla�Regione�Calabria,�quale�ente�succeduto�nei�rapporti�debitori�delle�disciolte�
unita�sanitarie,�proponeva�opposizione�l'Amministrazione�Regionale�difesa�dall'Avvocatura�
Distrettuale�dello�Stato,�che�eccepiva�il�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�

L'opposto,�costituitosi�in�giudizio,�eccepiva�l'inammissibilita�dell'opposizione�perche�
non�era�stata�conferita�procura�all'Avvocatura�dello�Stato,�nonostante�che�la�Regione�Cala-
bria�fosse�provvista�di�un�proprio�servizio�legale�^istituito�con�legge�regionale�17�agosto�
1984�n.�24�^con�la�possibilita�di�avvalersi�di�avvocati�esterni�solo�per�ragioni�eccezionali�e�
dietro�specifico�mandato.�

Il�Pretore�dichiarava�il�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario�e,�conseguente-
mente,�revocava�il�decreto�ingiuntivo.�

A�seguito�di�gravame�di�N.�G.,�il�Tribunale�di�Catanzaro�confermava�la�sentenza�impu-
gnata,�rigettando�la�riproposta�eccezione�di�inammissibilita�dell'opposizione�e�ribadendo�la�
declaratoria�di�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�In�relazione,�poi,�alla�questione�
attinente�all'inammissibilita�dell'appello�il�Tribunale�osservava�che,�anche�in�caso�di�ricorso,�
da�parte�di�una�Regione�a�statuto�ordinario,�al�patrocinio�facoltativo�dell'Avvocatura�dello�
Stato�a�norma�dell'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616,�non�e�necessario�il�conferimento�
di�formale�procura�dovendo�trovare�applicazione�il�principio�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�del�

t.u.�30�ottobre�1933�n.�1611,�richiamato�dall'art.�45�del�medesimo�t.u.,�con�la�conseguenza�
della�non�necessita�della�produzione�del�provvedimento�del�competente�organo�regionale�di�
autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudizio.�

TEMI�ISTITUZIONALI�

Contro�questa�sentenza�A.M.I.F.,�[ed�altri],�nella�loro�qualita�di�eredi�di�N.�G.,�propon-
gono�ricorso�per�cassazione,�affidato�a�due�motivi,�illustrati�anche�con�memoria�ex 
art.�378�

c.p.c.�
Resiste�con�controricorso�la�Regione�Calabria,�che�propone�anche�ricorso�incidentale�
condizionato.�La�presente�controversia�e�stata�dal�Primo�Presidente�assegnata�a�queste�
Sezioni�Unite�a�seguito�di�ordinanza�14�aprile�2003�della�Sezione�Lavoro�di�questa�Corte,�
che�ha�ravvisato�questioni�di�massima�di�particolare�importanza�nella�problematica�circa�la�
possibilita�da�parte�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�pur�dotate�di�un�proprio�servizio�legale�
interno,�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.�

Motivi 
della 
decisione 
^Ai�sensi�dell'art.�335�c.p.c.�i�ricorsi�principale�ed�incidentale�
vanno�riuniti�perche�proposti�avverso�la�medesima�sentenza.�

1.�^Con�il�primo�motivo�i�ricorrenti�principali�denunziano�violazione�dell'art.�3�legge�
regionale�17�agosto�1984�n.�24,�dell'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616,�dell'art.�10�legge�
3�aprile�1979�n.�103�e�dell'art.�12�disp.�prel.�cod.�civ..�
1.1.�^Sostengono,�in�particolare,�che�la�citata�legge�regionale�riconosce�esclusivamente�
al�servizio�legale�interno,�istituito�dalla�legge�stessa,�la�competenza�su�tutti�gli�affari�legali�
e�giudiziari�della�Regione�^consentendo�solo�per�ragioni�eccezionali�(o�per�la�trattazione�di�
cause�di�particolare�importanza)�l'affidamento�di�incarichi�ad�avvocati�esterni�dopo�avere�
sentito�il�dirigente�dell'ufficio�legale�^e,�pertanto,�doveva�escludersi�che�la�Regione�Calabria�
potesse�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1997.�Tutto�
al�piu�era�consentito�ritenere�l'Avvocatura�dello�Stato�^ai�fini�del�conferimento�alla�stessa�
di�un�incarico�difensivo�^ricompresa�tra��gli�avvocati�esterni�,�con�la�conseguenza�che�
anche�per�essa�era�richiesto�apposito�mandato�per�la�difesa�in�giudizio.�
Rilevano�ancora�i�ricorrenti�che�la�Regione�aveva�implicitamente�riconosciuto�la�vali-
dita�della�tesi�da�essi�sostenuta,�producendo�in�appello�delibera�della�Giunta�del�16�aprile�
1996,�che�pero�risultava�ininfluente�stante�la�mancanza�dello�ius 
postulandi 
al�momento�
dell'opposizione�al�decreto�ingiuntivo.�

1.2.�^Con�il�secondo�motivo�i�ricorrenti�denunziano�omissione�e/o�contraddittorieta�
della�motivazione�su�un�punto�decisivo�della�controversia,�osservando�che�il�Tribunale�ha�
affermato,�da�un�lato,�che�in�caso�di�patrocinio�facoltativo�la�deliberazione�adottata�dall'ente�
pubblico�non�abbisogna�di�esteriorizzazione�ed�ha�poi�trascurato,�dall'altro,�il�fatto�che,�nel�
costituirsi�in�giudizio,�la�Regione�non�si�era�mai�richiamata�ad�alcuna�delibera,�pur�non�este-
riorizzata,�e�sebbene�sul�punto�N.G.�^tanto�in�comparsa�di�costituzione�quanto�nel�ricorso�
d'appello�^avesse�esplicitamente�dedotto�che�l'Avvocatura�non�aveva�indicato�uno�specifico�
mandato�ne�aveva�richiamato�alcun�atto�della�Giunta�regionale�di�autorizzazione�alla�difesa�
in�giudizio.�
2.�^Ai�fini�di�un�ordinato�ed�esauriente�iter�motivazionale�appare�opportuno�definire,�
dapprima,�il�quadro�normativo�cui�fare�riferimento�per�la�decisione�della�controversia,�ed�
indicare,�poi,�lo�stato�della�giurisprudenza�sulla�interpretazione�della�disciplina�legale.�
3.�^L'art.�1�del�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611�(testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridi-
che�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�della�Avvocatura�
dello�Stato)�statuisce�che��La�rappresentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle�
amministrazioni�dello�Stato,�anche�se�organizzate�ad�ordinamento�autonomo,�spettano�alla�
Avvocatura�dello�Stato.�Gli�avvocati�dello�Stato�esercitano�le�loro�funzioni�innanzi�a�tutte�
le�giurisdizioni�ed�in�qualunque�sede�e�non�hanno�bisogno�di�mandato,�neppure�nei�casi�nei�
quali�le�norme�ordinarie�richiedono�il�mandato�speciale,�bastando�che�consti�della�loro�qua-
lita��.�
L'art.�43�del�t.u.�1611/1933�stabilisce�che��L'Avvocatura�dello�Stato�puo�assumere�la�
rappresentanza�e�la�difesa�nei�giudizi�attivi�e�passivi�avanti�le�Autorita�giudiziarie,�i�Collegi�
arbitrali,�le�giurisdizioni�amministrative�e�speciali,�di�amministrazioni�pubbliche�non�statali�
ed�enti�sovvenzionati,�sottoposti�a�tutela�od�anche�a�sola�vigilanza�dello�Stato,�sempre�che�
sia�autorizzata�da�disposizione�di�legge,�di�regolamento�o�di�altro�provvedimento�approvato�
con�regio�decreto�.�

L'art.�45�del�gia�citato�t.u.�1611/1933,�prescrive,�a�sua�volta,�che��Per�l'esercizio�delle�
funzioni�di�cui�ai�due�precedenti�articoli�si�applica�il�secondo�comma�dell'art.�1�del�presente�
testo�unico�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

3.1.�^Nel�regolamentare�il�conferimento�dei�poteri�dello�Stato�alle�Regioni�^e�nello�
assegnare�alle�stesse�la�facolta�di�avvalersi�caso�per�caso�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�
Stato�^il�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616�statuisce�all'art.�107:��Le�regioni�possono�avvalersi�
del�patrocinio�legale�e�della�consulenza�dell'Avvocatura�dello�Stato.�Tale�disposizione�non�
si�applica�nel�giudizio�in�cui�sono�parti�l'Amministrazione�dello�Stato�e�le�regioni�eccettuato�
il�caso�di�litisconsorzio�attivo.�Nel�caso�di�litisconsorzio�passivo,�qualora�non�vi�sia�conflitto�
tra�Stato�e�regione,�quest'ultima�puo�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.�
3.2.�^Dopo�la�ora�riportata�disposizione�^la�cui�ratio 
e�stata�individuata�nell'esigenza�
di�riconoscere�alle�Regioni�(nella�delicata�fase�del�loro�avvio�organizzativo)�la�facolta�di�
avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�^l'art.�10�legge�3�aprile�1979�n.�103�ha�
previsto�a�sua�volta�che��Le�funzioni�dell'Avvocatura�dello�Stato�nei�riguardi�dell'Ammini-
strazione�statale�sono�estese�alle�regioni�a�statuto�ordinario�che�decidano�di�avvalersene�
con�deliberazione�del�consiglio�regionale�da�pubblicarsi�per�estratto�nella�Gazzetta 
Ufficiale 
del�Repubblica�e�nel�Bollettino 
Ufficiale 
della�regione.�Dal�quindicesimo�giorno�successivo�
all'ultima�delle�due�pubblicazioni�si�applicano�nei�confronti�dell'amministrazione�regionale,�
che�ha�adottato�la�deliberazione�di�cui�al�precedente�comma,�le�disposizioni�del�testo�unico�
e�del�regolamento�approvati,�rispettivamente,�con�regi�decreti�30�ottobre�1933,�numeri�1611�
e�1662,�e�successive�modificazioni,�nonche�gli�articoli�24�e�144�del�codice�di�procedura�
civile�.�
4.�^In�detto�quadro�normativo�la�prevalente�dottrina�^dopo�avere�sottolineato�che�lo�
scarso�ricorso�da�parte�delle�Regioni�a�statuto�ordinario�al�patrocinio�sistematicodicui�al�
citato�art.�10�della�legge�n.�103�del�1979�scaturisce�da�una�ritenuta��scarsa�adattabilita���della�
struttura�tradizionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�alle�esigenze�delle�stesse�Regioni�^ha�
affermato�che�la�suddetta�norma�non�ha�abrogato�il�disposto�dell'art.�107�del�d.P.R.�
n.�616/1977.�
4.1.^Piu�specificamentelasuddettadottrinaelagiurisprudenza,�ormaidatempocon-
solidatasi,�hanno�escluso�che�l'art.�107�del�d.P.R.�616/1977�^che�conferisce,�come�visto,�alle�
Regioni�la�facolta�di�avvalersi�caso�per�caso�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�senza�
dovere�ricorrere�ad�una�delibera�che�attribuisca�in�via�istituzionale�lo�ius 
postulandi 
-sia�
stato�abrogato�(espressamente�o�in�modo�tacito)�dalla�successiva�legge�103�del�1979,�perche�
la�piu�recente�normativa�non�ha�disciplinato�ex 
novo 
ed�in�maniera�completa�tutta�la�materia�
del�patrocinio�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�ma�ha�inteso�soltanto�attribuire�ad�esse,�in�
aggiunta�alle�facolta�consentite�dal�suddetto�art.�107,�l'ulteriore�e�piu�ampio�potere�di�
rendere�operativa�in�loro�favore�l'estensione�del�complesso�delle�norme�speciali�dettate�per�
l'assistenza�legale�e�per�la�difesa�in�giudizio�dello�Stato�(cfr.�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novembre�
1996�n.�9523;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996�n.�8648;�Cass.,�Sez.�Un.,�21�marzo�1987�
n.�2813;�Cass.�Sez.�Un.,�15�marzo�1982�1672�cui�adde,�piu�recentemente,�e�sempre�per�la�
non�abrogazione�del�patrocinio�facoltativo,�Cass.,�Sez.�Un.,�23�marzo�1999n.�182;Cass.�
2�settembre�1998,�con�riferimento�proprio�alla�Regione�Calabria,�nonche�Cass.�7�aprile�
1997�n.�3009).�
4.2.�^Le�funzioni�dell'Avvocatura�dello�Stato�possono�cos|�svolgersi,�sulla�base�di�una�
libera�scelta�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�secondo�due�distinti�regimi�giuridici.Ilprimo,�
originariamente�proprio�delle�sole�amministrazioni�dello�Stato�(titolo�I�del�t.u.�n.�1611�del�
1933),�ha�come�sua�peculiare�caratteristica�la�collocazione�dell'intervento�in�giudizio�dell'or-
gano�legale�dello�Stato�nell'ambito�di�un�sistema�di�norme�speciali�comportante�modifiche�
della�disciplina�ordinaria�con�riguardo,�oltre�che�al�titolo�legittimante�l'esercizio�dell'ius 
postulandi,�anche�alla�competenza�per�territorio�(art.�25�c.p.c.:�foro�della�pubblicaammini-
strazione)�ed�alla�notifica�degli�atti�giudiziari�(art.�144�c.p.c.:�notificazione�alle�amministra-
zioni�dello�Stato).�Il�secondo�regime,�tipico�in�genere�del�patrocinio�delle�amministrazioni�
non�statali�(titolo�III�del�t.u.�n.�1611�del�1933),�non�comporta,�invece,�alcuna�modifica�della�
disciplina�processuale�ordinaria,�salvo�soltanto�per�quanto�attiene�la�disposizione�che�
esclude�la�necessita�della�procura�alle�liti�(art.�45�del�t.u.�cit.),�sicche�l'assunzione�del�patroci-
nio�facoltativo�non�si�inserisce�nell'ambito�di�un�piu�complesso�sistema�di�norme�processuali�
speciali�(cfr.�in�tali�termini:�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996�n.�8648�cit.).�
4.3.�^La�dottrina�prevalente�e�la�giurisprudenza�hanno�cos|�preso�atto�della�esistenza�
di�tre�distinte�forme�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato:�quello��obbligatorio��proprio�

TEMI�ISTITUZIONALI�

dello�Stato,�di�cui�si�sono�avvalse�in�tempi�passati�anche�le�Regioni�a�statuto�speciale�a�
seguito�di�specifiche�norme�(cfr.�art.�1�del�D.L.�2�marzo�1948�n.�142�per�la�Sicilia;�art.�55�
del�d.P.R.�19�maggio�1949�n.�250�per�la�Sardegna;�art.�42�del�d.P.R.�30�giugno�1951�n.�574�
per�il�Trentino�Alto�Adige;�art.�1�del�d.P.R.�23�gennaio�1965�n.�78�per�il�Friuli�Venezia�Giu-
lia);�quello��facoltativo�,�introdotto�dall'art.�107�d.P.R.�n.�616/1977,che�si�e�limitato�ad�
includere�le�Regioni�a�statuto�ordinario�fra�gli�enti�dei�quali�l'Avvocatura�dello�Stato�puo�
assumere�la�rappresentanza�e�la�difesa�secondo�il�regime�di�cui�agli�artt.�43,�45�e�47�del�t.u.�

n.�1611�del�1933;�quello,�infine,��sistematico�,�regolato�dall'art.�10�legge�103/1978�che�conse-
gue�anche�esso�ad�una�libera�scelta�della�Regione,�che�^una�volta�operata�e�fino�a�quando�
la�relativa�deliberazione�del�consiglio�regionale�non�venga�revocata�^investe�tendenzial-
mente�tutta�l'assistenza�legale�di�cui�la�Regione�possa�avere�bisogno,�determinando�anche�
effetti�processuali�nei�riguardi�dei�terzi.�
4.4.�^Il�sistema�^ora�descritto�^va�ancora�una�volta�ribadito�^e�pertanto,�la�risultante�
del�potere�delle�Regioni�di�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�pur�dopo�l'entrata�in�vigore�
della�legge�n.�103�del�1979,�la�cui�efficacia�abrogativa�della�precedente�normativa�non�puo�
sostenersi�neanche�sulla�base�di�una�(presunta)�collocazione�dell'ente�regionale�nell'assetto�
organizzativo�dell'amministrazione�statale,�ne�sulla�base�di�un�(ipotetico)�ruolo�dell'Avvoca-
tura�dello�Stato�di�obbligatoria�assistenza�legale�allo�Stato�nella�sua�unita�,�atteso�che�la�
Costituzione,�come�si�e�in�dottrina�precisato,�ha�posto�sempre�la�Regione�^anche�prima�
della�riforma�dell'art.�117�ad�opera�dell'art.�3�della�legge�18�ottobre�2001�n.�3�^in�una�posi-
zione�di��separatismo�duale��rispetto�allo�Stato�ed�alle�sue�prerogative.�Differenziazione�di�
competenze�e�di�prerogative,�che�non�potra�^comeemergera�dal�prosieguo�della�motiva-
zione�^non�determinare�conseguenziali�ricadute�nella�soluzione�delle�ulteriori�problematiche�
sollevate�dai�ricorrenti.�
5.�^Questa�Corte�ha�piu�volte�ribadito�pure�che�nessuna�differenza�sussiste�tra�le�ipotesi�
di�patrocinio��facoltativo��e�patrocinio��sistematico��quanto�alla�non�necessita�del�mandato�
all'avvocatura�medesima,�stante�il�rinvio�dell'art.�45�del�t.u.�n.�1611�del�1933alla�normadi�
cui�all'art.�1,�comma�2,�dello�stesso�testo�unico.�Per�di�piu�,�pur�nel�caso�di�patrocinio��facol-
tativo�,�l'Avvocatura�dello�Stato�non�e�onerata�della�produzione�della�delibera�del�compe-
tente�organo�regionale�volta�ad�autorizzare�il�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�
giudizio.�Ed�invero,�allorquando�l'Avvocatura�dello�Stato�assuma�una�iniziativa�giudiziaria,�
in�ordine�alla�stessa�deve�ritenersi�che�non�manchi�il�consenso�dell'Amministrazione�interes-
sata�sicche�detto�consenso�comunque�si�sia�formato�(in�via�tacita�o�informale�ovvero�
mediante�espressa�determinazione;�ed�anche�allorquando�sia�relativo�ad�una�ipotesi�di�liti-
sconsorzio�passivo�ex 
art.�107�del�d.P.R.�n.�616�del�1977)�non�necessita�di�essere�portato�a�
conoscenza�della�controparte,�perche�le�eventuali�divergenze�tra�gli�organi�pubblici�interes-
sati,�sull'opportunita�o�meno�di�promuovere�un�giudizio�o�di�resistere�ad�una�lite�da�altri�
proposta,�non�acquistano�rilevanza�esterna�e�sono�risolte�ai�sensi�dell'art.�12�della�legge�
n.�103�del�1979�dall'autorita�individuata�dalla�stessa�disposizione�(cfr.�in�tali�sensi�Cass.,�
Sez.�Un.,�4�novembre�1996�n.�9523�cit.,�cui�adde,�con�riferimento�a�fattispecie�di�patrocinio�
facoltativo:�Cass.,�Sez.�Un.,�23�marzo�1999�n.�182�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996�
n.�8648�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�febbraio�1986�n.�652;�Cass.,�Sez.�Un.,�15�marzo�1982�n.�1672;�
Cass.�12�maggio�1981�n.�3141;�Cass.�20�marzo�1980�n.�1879�ed,�ancora,�in�epoca�piu�recente,�
Cass.�7�maggio�2003�n.�6940).�Ne�consegue�che�la�necessita�della�produzione�del�provvedi-
mento�di�autorizzazione�si�configura�solo�allorquando�vi�sia�da�parte�della�Regione�conferi-
mento�del�mandato�ad�avvocati�del�libero�foro�(cfr.�Cass.�7�maggio�2003�n.�6940;�Cass.,�Sez�
Un.,�23�marzo�1999�n.�182�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novembre�1996�n.�9523�cit.;�Cass.�4�feb-
braio�1993�n.�1416).�
6.�^Questa�Corte,�a�Sezioni�Unite,�con�riferimento�ad�una�controversia�in�cui�era�pre-
sente�^come�in�quella�ora�in�decisione�^la�Regione�Calabria,�ha�con�sentenza�del�13�aprile�
1994�n.�3465,�statuito�che�quando�l'Avvocatura�dello�Stato�difende�in�giudizio�una�Regione�
a�statuto�ordinario,�che�non�abbia�deliberato�di�avvalersi�del�suo�patrocinio�in�via�organica,�
ha�bisogno�di�uno�specifico�mandato.�Le�Sezioni�Unite,�con�la�suddetta�decisione,�hanno�
osservato�che�l'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977�enuncia�il�principio�generale�secondo�cui�le�
Regioni�possono�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato;�che�l'art.�10�legge�
n.�103/1979�consente�a�sua�volta�che�le�funzioni�dell'Avvocatura�esercitate�nei�riguardi�del-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'amministrazione�statale�siano�estese�alle�Regioni�a�statuto�ordinario�disposte�ad�avvaler-
sene�con�deliberazione�del�consiglio�regionale;�che�la�legge�regionale�17�agosto�1984�n.�24�
ha�istituito�il�servizio�legale�presso�la�Presidenza�della�Giunta�Regionale,�avente�competenza�
�su�tutti�gli�affari�legali�e�giudiziali�,�attribuendo,�con�l'art.�3,�a�tale�nuovo�ufficio�lo�speci-
fico�incarico�di�esercitare�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�della�Regione,�prevedendo�
che�solo�per��ragioni�eccezionali�e�per�la�trattazione�di�cause�di�particolare�importanza��
possa�essere�chiesta�l'assistenza�di�avvocati�esterni,�sentito�il�dirigente�dell'Ufficio.�Rileva-
vano,�infine,�le�Sezioni�Unite�che��il�tenore�delle�norme�sopra�citate�non�esonera�l'Avvoca-
tura�dello�Stato�dall'onere�di�provare�l'avvenuto�affidamento�della�assistenza�legale,�non�
potendosi�applicare�per�le�Regioni�il�principio�della�rappresentanza�istituzionale,�ipotesi�
questa�esclusa�dalla�legge�dello�Stato�del�1979�e�dalla�successiva�emanata�dalla�Regione�del�
1984,�recanti�entrambi�una�disciplina�chiaramente�derogativa�del�principio�vigente�per�le�
amministrazioni�dello�Stato�.�

7.�^Alla�stregua�delle�considerazioni�sinora�svolte�e�dei�riportati�precedenti�giurispru-
denziali,�appare�necessario,�ai�fini�decisori,�verificare�sul�piano�ermeneutico:�a) 
se�la�citata�
legge�n.�24�del�1984�della�Regione�Calabria,�nell'istituire�un�servizio�legale�regionale�e�nel�
limitare�il�ricorso�al�patrocinio�di�avvocati�esterni�abbia�posto�limiti,�rilevanti�per�i�terzi,�alla�
facolta�della�Regione�Calabria�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�in�
forza�della�regola�posta�dall'art.�107�del�d.P.R.�n�616/1977;�b) 
se,�una�volta�ammessa�tale�
facolta�,�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(da�collocarsi,�appunto,�sotto�l'ambito�di�
quello�facoltativo�ex 
art.�107�cit.)�possa�essere�^in�forza�del�potere�legislativo�regionale�m
odificato�in�relazione�ad�aspetti�qualificanti�della�normativa�statale,�quale�quello�riguar-
dante�il�conferimento�della�procura�alle�liti;�c) 
se,�infine,�sia�configurabile�l'applicabilita�delle�
norme�di�procedura�civile�sulla�procura�alle�liti�(art.�83�e�ss.�c.p.c.)�in�relazione�alla�rappre-
sentanza�ed�alla�difesa�in�giudizio�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato,�stante�la�peculiare�
e�specifica�regolamentazione�dettata�al�riguardo�dal�t.u.�n.�1611�del�1933.�
8.�^Come�gia�statuito�dai�giudici�di�legittimita�(cfr.�Cass.�2�settembre�1999�n.�8722)�va�
rimarcato�che�la�disposizione�^applicabile�alla�fattispecie�in�esame�ratione 
temporis 
d
ell'art.�3�legge�regionale�n.�24�del�1984�(istitutiva�di�un�servizio�legale�interno),�non�com-
porta�una�abrogazione�tacita�dell'art.�107�d.P.R.�n.�616/1977,�per�porsi�le�due�norme�su�diffe-
renti�piani,�non�potendosi�evincere�dalla�ratio 
e�dalle�finalita�sottese�alla�norma�regionale,�
una�volonta�di�definitiva�rinuncia�da�parte�della�Regione�al�patrocinio�facoltativo�dell'Avvo-
catura�dello�Stato.�
Non�puo�,�infatti,�revocarsi�in�dubbio�che�la�mera�costituzione�da�parte�della�Regione�
Calabria�di�un�servizio�legale�interno�^e�la�stessa�considerazione�vale�per�le�Regioni�a�sta-
tuto�ordinario�che�all'interno�della�propria�organizzazione�hanno�istituito�simili�servizi�legali�

o�una�Avvocatura�regionale�(cfr.,�ad�esempio,�legge�regionale�14�maggio�1975�n.�29�per�la�
Regione�Campania;�art.�4�legge�regionale�7�novembre�1994�n.�83�per�la�Regione�Toscana;�
art.�19�legge�regionale�23�luglio�1996�n.�16�per�la�Regione�Lombardia;�art.�1�legge�regionale�
16�agosto�2001�n.�24�per�la�Regione�Veneto;�ed�ancora�art.�10�legge�regionale�13�maggio�
1996�n.�7,�proprio�per�la�Regione�Calabria)�^non�comporta�una�abrogazione�tacita�di�una�
norma�di�carattere�generale,�e�di�natura�statale,�quale�quella�di�cui�all'art.�107�d.P.R.�n.�616�
del�1977.�
9.�^Costituisce,�poi,�corollario�della�mancata�abrogazione�dell'art.�107�del�d.P.R.�
n.�616/1977�la�regola�che�^pur�in�presenza�di�leggi�regionali�institutive�di�un�servizio�legale�
interno�alla�regione�stessa�^vige�il�principio�della�non�necessita�del�mandato�in�caso�di�
patrocinio�facoltativo�della�Regione�stessa�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato.�
9.1.�^Non�ignora�questa�Corte�che�in�sede�di�commento�ai�riportati�arresti�giurispru-
denziali�si�e�sostenuto�da�un�indirizzo�dottrinario�che,�al�fine�di�attivare�il�patrocinio�facolta-
tivo,�sono�in�ogni�caso�richiesti�il�mandato�alle�liti�e�la�delibera�dell'organo�competente�di�
autorizzazione�a�stare�in�giudizio.�Si�sono�evocati,�a�conforto�di�tale�assunto,�una�(asserita)�
contraddizione�tra�l'autonomia�che�connota�le�Regioni�e�l'affidamento�da�parte�di�esse�del�
proprio�patrocinio�ad�una�articolazione�di�governo,�ribadendosi�ancora�una�volta�sul�piano�
normativo�che�l'assunzione�del�patrocinio�nelle�forme�imposte�dagli�artt.�43�e�45�del�t.u.�
n.�1611�del�1933�(che�prevedono�rispettivamente�l'assunzione�in�via�organica�ed�esclusiva�
dello�ius 
postulandi 
nonche�l'esonero�dell'Avvocatura�dalla�produzione�in�giudizio�del�man-

TEMI�ISTITUZIONALI�

dato)�puo�avversi�solo�se�vi�sia�un�rapporto�organico�tra�amministrazione�e�Avvocatura�
ovvero�un�obbligo�di�avvalersi�dell'Avvocatura;�circostanze�queste�non�riscontrabili�nel�caso�
di�patrocinio�facoltativo.�

9.2.�^Questa�Corte�non�ignora�neanche�che�la�necessita�del�mandato�si�e�rivendicata�
anche�sul�rilievo�che�l'art.�83�c.p.c.�eleva�il�rilascio�della�procura�alle�liti�a�regola�generale�
che,�per�essere�derogabile�solo�in�presenza�di�una�contraria�norma,�non�puo�non�trovare�
applicazione�anche�con�riguardo�al�patrocinio�facoltativo.�
9.3.�^La�doverosa�valorizzazione�del�dato�testuale�dall'art.�45�del�testo�unico�n.�1611�del�
1933�(e�del�riferimento�operato�da�detta�disposizione�al�secondo�comma�dell'art.�1�dello�
stesso�testo�unico)�induce�questa�Corte�non�solo�a�ribadire�che�non�e�richiesto�il�rilascio�del�
mandato�all'Avvocato�dello�Stato,�essendo�sufficiente�soltanto�che�risulti�la�sua�qualita�,ma�
anche�a�riaffermare�che�nell'ipotesi�di�rappresentanza�e�difesa�facoltativa�non�solo�delle�
Regioni�^ma�anche�degli�altri�enti�pubblici�non�statali�^da�parte�dell'Avvocatura�dello�
Stato�non�e�necessario�che�nei�singoli�giudizi,�le�Regioni�o�gli�enti�suddetti�producano�s
tante�il�disposto�dell'art.�12�della�legge�n.�103�del�1979�^il�provvedimento�del�competente�
organo�recante�l'autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudizio;�ed�
invero�la�stessa�assunzione�di�iniziativa�giudiziaria�da�parte�della�Avvocatura�dello�Stato�
comporta�la�presunzionejuris 
et 
dejure 
di�esistenza�di�un�valido�consenso�e�di�piena�validita�
dell'atto�processuale�compiuto,�lasciando�nell'ambito�del�rapporto�interno�le�questioni�pro-
venienti�dalla�inosservanza�di�regole�di�formazione�del�consenso�stesso�(cfr.�in�questi�precisi�
termini�da�ultimo�Cass.�5�settembre�2003�n.�12942,�cui�adde�Cass.�27�marzo�2003�n.�4564;�
Cass.,�Sez.�Un.,�21�luglio�1999�n.�484;�Cass.�26�luglio�1997�n.�7011;�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novem-
bre�1996�n.�9523�cit.;�Cass.,�Sez.�n.�,�3�ottobre�1996�n.�8648�cit.).�
10.�^Tutto�quanto�ora�detto�induce�^con�riferimento�alla�controversia�in�oggetto�impli-
cante�una�individuazione�della�portata�applicativa�dell'art.�3�legge�regionale�24�del�1984�a
d�affrontare�la�tematica�circa�la�praticabilita�di�una�normativa�regionale�che�^in�deroga�a�
quella�statale�sull'Avvocatura�dello�Stato�^richieda�ai�fini�dello�ius 
postulandi 
il�rilascio�da�
parte�degli�organi�competenti�del�mandato�alle�liti�all'Avvocato�dello�Stato�e�che�finisca,�in�
tal�modo,�per�assimilare�sul�piano�processuale�il�patrocinio�di�quest'ultimo�a�quello�dell'av-
vocato�del�libero�foro�(o�di�quello�appartenente�al�servizio�legale�o�all'Avvocatura�regionale).�
10.1.�^Contro�una�tale�eventualita�e�stato�evidenziato�come�al�di�fuori�dell'art.�107�del�
d.P.R.�n.�616�del�1977�non�vi�sia�alcuna�norma�che�consenta�con�diverse�formalita�e�proce-
dure�il�ricorso�episodico�all'Avvocatura�dello�Stato,�sicche�una�volta�che�la�Regione�abbia�
scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�non�occorre,�poi,�giusta�quanto�prescritto�dal-
l'art.�45�del�t.u.�n.�1611�del�1933�alcun�mandato,�perche�diversamente�opinando,�si�finisce�
implicitamente�ma�inevitabilmente�con�l'ammettere�che�l'Avvocatura�dello�Stato�sarebbe�
tenuta�ad�esercitare�lo�ius 
postulandi 
con�modalita�diverse�da�quelle�previste�dalle�leggi,�che�
le�sono�proprie.�
10.2.�^Nella�stessa�direzione�si�e�messo�in�luce�che�l'impossibilita�di�una�richiesta�di�
mandato�all'Avvocatura�dello�Stato�e�una�mera�conseguenza�del�carattere�organizzativo�
della�pubblica�amministrazione�che,�come�ogni�ente,�si�struttura,�si�dimensiona�ed�articola�
secondo�la�fisionomia�conferitagli�dalla�legge,�sicche�al�giudice�compete�unicamente�un�con-
trollo�formale-estrinseco�(esatta�individuazione�della�portata�delle�norme�attributive�della�
difesa�e�verificazione�dei�presupposti�di�fatto�richiesti�per�l'applicabilita�delle�disposizioni�
stesse),�essendogli�inibito,�di�contro,�ogni�controllo�sull'esistenza�del�mandato�alle�liti.�Da�
qui�l'inconfigurabilita�del�rapporto�tra�Stato�e�difesa�tecnica�come��incarico-mandato�,�per-
che�^come�pure�e�stato�puntualmente�messo�in�luce�^la�posizione�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�nell'ambito�istituzionale�del�nostro�assetto�ordinamentale,�trascende�la�dimensione�
civilistico-processualistica�per�appartenere�all'ambito��pubblicistico-organizzativo�.�
10.3.�^Ne�puo�sottacersi,�sotto�altro�versante,�che�la�disciplina�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�esaurientemente�disciplinata�dalla�legge�statale�(t.u.�n.�1611�del�1933),simostranon�
permeabile�alla�disciplina�codicistica�della�procura�alle�liti�(art.�83�e�ss.�c.p.c.),�che�trova�fon-
damento�in�un�contratto�di�patrocinio�connotato,�in�un�ottica�privatistica,�da�un�rapporto�
fiduciario�tra�cliente�e�singolo�(e�ben�individuato)�avvocato,�le�cui�funzioni�si�sottraggono�a�
quella�fungibilita�caratterizzante�il�ruolo�degli�appartenenti�all'Avvocatura�dello�Stato,cia-
scuno�dei�quali�puo�esercitare�nella�pienezza�dei�poteri�il�proprio�patrocinio�difensivo�una�

volta�che�consti�la�sua�qualita�(per�l'affermazione�che�gli�avvocati�di�Stato�sono�tra�loro�fun-
gibili�nell'esercizio�delle�loro�funzioni�di�rappresentanza�processuale�^per�cui�non�occorre�
alcuna�indicazione�nominativa�nella�epigrafe�del�ricorso�dell'Avvocato�dello�Stato,�che�abbia�
redatto�l'atto,�essendo�sufficiente�che�il�ricorso�sia�sottoscritto�a�norma�dell'art.�365�c.p.c.�v
edi�Cass.�26�luglio�1997�n.�7011�nonche�,�sempre�per�il�riconoscimento�della�fungibilita�negli�
indicati�termini,�Cass.�3�giugno�1988�n.�3788�richiamata�dalla�piu�recente�decisione).�

11.�^L'art.�1�del�t.u.�n.�1611�del�1933�(attributiva�della�rappresentanza,�patrocinio�e�l'as-
sistenza�della�P.A.�statale�all'Avvocatura�dello�Stato)�e�l'art.�12�della�legge�n.�103/1979�(che�
porta,�come�visto,�ad�escludere�la�esternalizzazione�del�provvedimento�autorizzativo�della�
rappresentanza�in�giudizio)�rendono,�dunque,�rilevante�la�natura�specifica�e�strettamente�
legale�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�cui�immodifi-
cabilita�ad�opera�di�interventi�legislativi�regionali�si�presenta�come�mera�conseguenza�del�
potere�organizzativo�dello�Stato,�che�come�ogni�ente�pubblico�si�struttura,�dimensiona�ed�
articola�anche�esso�secondo�la�fisionomia�conferitagli�per�legge.�Considerazione�questa�
estensibile,�con�i�necessari�adattamenti,�anche�alle�Regioni,�la�cui�instaurazione�di�servizi�
legali�interni�o�delle�Avvocature�regionali,�si�presenta�come�concreta�attuazione�di�una�
difesa�tecnica�modellata�esclusivamente�sulla�tutela�dei�propri�interessi,�che�abbisogna�pur�
essa�di�una�propria�ed�autonoma�dimensione�amministrativa�e�strutturale�preventivamente�
delineata�nell'esercizio�del�proprio�autonomo�potere�legislativo.�Un�tale�assetto�ordinamen-
tale,�che�trova�riscontro�a�livello�costituzionale,�e�il�gia�evidenziato��rapporto�duale��cor-
rente�tra�Stato�e�Regione,�portano�ad�escludere�che�si�possano�apportare�modifiche,�attra-
verso�interventi�legislativi�regionali,�ad�una�normativa,�quale�quella�dell'Avvocatura�dello�
Stato�che,�anche�per�le�sue�rilevanti�ricadute�di�natura�processuale,�e�nella�sua�articolazione�
e�nella�sua�generale�definizione,�di�competenza�esclusiva�dello�Stato,�come�e�attestato�dal�
vigente�testo�dell'art.�117�Cost.,�che�devolve,�appunto,�alla�legislazione��esclusiva��dello�
Stato�anche�la�materia�riguardante�l'ordinamento�e�l'organizzazione�amministrativa�dello�
Stato�(comma�2,�lettera�f) 
e�quella�attinente�alle�norme�processuali�(comma�2,�lettera�l).�
12�^In�conclusione,�questa�Corte�ritiene�che�^ai�fini�della�decisione�della�presente�con-
troversia�^possa�enunciarsi�il�seguente�principio�di�diritto:��La�costituzione�con�legge�regio-
nale�di�un�servizio�legale�interno,�cui�venga�istituzionalmente�demandato�il�patrocinio�e�l'as-
sistenza�in�giudizio�della�Regione�(nella�specie:�art.�3�legge�regionale�17�aprile�1984�n.�24),�
non�comporta�^nel�silenzio�della�legge�^la�rinunzia�della�Regione�stessa�di�avvalersi�del�
patrocinio�facoltativo�dell'Avvocatura�dello�Stato�ne�configura�una�abrogazione�tacita�del-
l'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616.�Anche�nel�caso�in�cui�la�Regione�scelga�di�avva-
lersi,�per�la�difesa�in�giudizio�(non�del�proprio�servizio�legale�ma)�dell'Avvocatura�dello�
Stato,�deve�trovare�integrale�applicazione�la�normativa�statale�sul�suddetto�patrocinio�facol-
tativo�e,�quindi,�l'art.�1,�comma�secondo,�del�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611,�richiamato�dal�suc-
cessivo�art.�45�(in�base�al�quale�non�e�richiesto,�per�lo�ius 
postulandi 
dell'Avvocato�dello�
Stato,�il�rilascio�del�mandato)�nonche�l'art.�12�della�legge�3�aprile�1979�n.�103�(in�base�al�
quale�l'Avvocato�dello�Stato�non�e�onerato�della�produzione�del�provvedimento�del�compe-
tente�organo�regionale�di�autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giu-
dizio)�.�

13.�^Al�rigetto�del�ricorso�principale,�che�comporta�la�conferma�della�impugnata�sen-
tenza�^seppure�previa�correzione�della�relativa�motivazione�alla�stregua�del�disposto�del-
l'art.�384,�comma�2,�c.p.c.�^consegue�l'assorbimento�di�quello�incidentale�condizionato,�
con�il�quale�la�Regione�Calabria�lamenta�che�il�Tribunale�abbia�riconosciuto�il�patrocinio�
facoltativo�(e,�conseguentemente,�la�non�necessita�di�un�mandato�ai�fini�dello�ius 
postulandi 
dell'Avvocato�dello�Stato)�sulla�base�del�disposto�dell'art.�3�della�legge�regionale�n.�24�del�
1984�e�non,�invece,�della�disposizione�generale�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977.�
14.�^Ricorrono�giusti�motivi�per�compensare�tra�le�parti�le�spese�del�presente�giudizio�
di�cassazione.�
P.Q.M. 
la�Corte�riunisce�i�ricorsi,�rigetta�quello�principale�e�dichiara�assorbito�quello�
incidentale.�Compensa�tra�le�parti�le�spese�del�presente�giudizio�di�cassazione.�
Cos|�deciso�in�Roma�il�4�marzo�2004�nella�camera�di�consiglio�delle�Sezioni�Unite�Civili�
della�Corte�di�Cassazione�(omissis)�.�


Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Ilcontenzioso
comunitario
edinternazionale
Modifiche 
nel 
riparto 
di 
competenze 
fra 
Corte 
di 
Giustizia 
e 
Tribunale 
di 
primo 
grado 
delle 
Comunita� 
Europee. 


Con�l'entrata�in�vigore�del�trattato�relativo�all'adesione�all'Unione�europea�di�dieci�nuovi�

StatiilConsigliodell'U.E.,condecisione19�aprile2004n.�2004/404/CE,Euratom,hamodifi-

cato�il�protocollo�sullo�Statuto�della�Corte�di�Giustizia�delle�C.E.�riguardo�alla�composizione

delle�sezioni�e�al�quorum 
richiesto�per�le�deliberazioni�in�seduta�plenaria�(ora�quindici�giudici

suventicinque)econdecisione26�aprile2004n.�2004/407/CE^chequidiseguitosiriporta


ha�modificato�il�protocollo�stesso,�estendendo�le�competenze�del�Tribunale�di�primo�grado.�
In�particolare,�a�partire�dal�1.�luglio�2004,�sono�di�competenza�del�Tribunale�di�primo�

grado�i�ricorsi�degli�Stati�membri�(frequentemente�proposti�anche�dall'Italia)�contro�atti�

della�Commissione�diversi�da�quelli�assunti�in�materia�di�cooperazione�rafforzata�ai�sensi�

dell'art.�11�A�del�Trattato�CE.�Restano,�invece,�di�competenza�della�Corte,�fra�l'altro,�oltre

che�le�cause�sorte�in�seguito�a�rinvio�pregiudiziale�da�parte�dei�giudici�nazionali,�i�ricorsi�

contro�gli�atti�del�Consiglio�di�natura�normativa,�con�attribuzione�al�Tribunale�di�primo�

grado�dei�ricorsi�contro�decisioni�prese�dal�Consiglio�stesso�in�materia�di�aiuti�di�Stato�ai�

sensi�dell'art.�88,�n.�2,�co.�3,�del�Trattato,�contro�gli�atti�del�Consiglio�adottati�in�forza�di

un�regolamento�concernente�misure�di�difesa�commerciale�ai�sensi�del�successivo�art.�113,�e

contro�atti�del�Consiglio�esecutivi�di�un�regolamento�di�base�ai�sensi�dell'art.�202.�Vengono

altres|�dettate�norme�transitorie�e�di�coordinamento�in�caso�di�ricorsi�connessi�proposti�sia�

dinanzi�al�Tribunale�che�alla�Corte.�
Con�altre�separate�decisioni�19�aprile�2004�n.�2004/405/CE,�Euratom�e�2004/406/CE,

Euratom�il�Consiglio�ha�adeguato�il�regime�linguistico�aggiungendo�le�lingue�ufficiali�dei�

nuovi�Stati.�

Decisione 
del 
consiglio 
del 
26 
aprile 
2004 
che 
modifica 
gli 
articoli 
51 
e 
54 
del 
protocollo 
sullo 
statuto 
della 
Corte 
di 
giustizia 
(2004/407/CE, 
Euratom). 


�IL 
ConsigliO 
dell'UnionE 
EuropeA 
Visto�il�trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea,�in�particolare�l'art.�245,�secondo�

comma,�
visto�il�trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea�dell'energia�atomica,�in�particolare�

l'art.�160,�secondo�comma,�
vista�la�domanda�della�Corte�di�giustizia�del�12�febbraio�2003,�
visto�il�parere�del�Parlamento�europeo�del�10�febbraio�2004,�
visto�il�parere�della�Commissione�del�10�novembre�2003,�
considerando�quanto�segue:�

(1)�L'articolo�2,�punto�31,�del�trattato�di�Nizza�sostituisce�l'art.�225�del�trattato�CE�con�
una�nuova�disposizione�il�cui�paragrafo�1,�primo�comma,�recita:��Il�Tribunale�di�primo�

grado�e�competente�a�conoscere�in�primo�grado�dei�ricorsi�di�cui�agli�articoli�230,�235,�236�

e�238,�ad�eccezione�di�quelli�attribuiti�a�una�camera�giurisdizionale�e�di�quelli�che�lo�statuto

riserva�alla�Corte�di�giustizia.�Lo�statuto�puo�prevedere�che�il�Tribunale�di�primo�grado�sia�

competente�per�altre�categorie�di�ricorsi�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

(2)�Analoga�modifica�e�stata�apportata�al�trattato�CEEA�dall'articolo�3,�punto�13,�del�
trattato�di�Nizza.�

(3)�Si�e�tenuto�conto�di�questa�modifica�nella�redazione�provvisoria�dell'articolo�51�del�
Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�in�base�al�quale:��In�derogaallanorma�di�

cui�all'articolo�225,�paragrafo�1�del�trattato�CE�e�all'articolo�140�A,�paragrafo�1�del�trattato�

CEEA,�i�ricorsi�proposti�dagli�Stati�membri,�dalle�istituzioni�delle�Comunita�e�dalla�Banca�

centrale�europea�sono�di�competenza�della�Corte�.�

(4)�Occorre�procedere,�conformemente�al�tenore�e�al�sistema�del�nuovo�articolo�225�del�
trattato�CE�e�del�nuovo�articolo�140�A�del�trattato�CEEA,�ad�una�nuova�redazione�dell'arti-

colo�51�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�per�precisarele�competenze

rispettive�della�Corte�di�giustizia�e�del�Tribunale�di�primo�grado,�in�quanto�il�trasferimento

della�competenza�di�primo�grado�al�Tribunale�deve�essere�significativo�ed�i�criteri�di�riparti-

zione�della�competenza�devono�essere�sufficientemente�chiari�affinche�siano�compresi�senza�

equivoci�dalle�istituzioni�e�dagli�Stati�membri.

(5)�E�opportuno�che�i�ricorsi�proposti�dagli�Stati�membri�contro�gli�atti�del�Consiglio
con�cui�il�Consiglio�esercita�competenze�di�esecuzione�secondo�le�modalita�di�cui�all'articolo�

202,�terzo�trattino�del�trattato�CE,�rientrino�nella�competenza�del�Tribunale�di�primo�grado.�

Si�tratta�di�casi�in�cui�il�Consiglio�si�e�riservato�la�competenza�di�esecuzione�o�ne�ha�recupe-

rato�l'esercizio�nell'ambito�dello�svolgimento�di�una�procedura�di��comitato�.�

(6)�Le�disposizioni�dell'articolo�54�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia
relative�ai�casi�in�cui�il�Tribunale�puo�declinare�la�propria�competenza�a�profitto�della�Corte

devono�essere�adattate�alle�nuove�competenze�del�Tribunale.�E�infatti�necessario�prevedere�

la�possibilita�di�declinare�la�competenza�quando�il�Tribunale�e�la�Corte�sono�investiti�di

cause�simili�le�cui�soluzioni�possono�dipendere�l'una�dall'altra,�

Decide: 
Articolo 
1 


1.�L'articolo�51�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�e�sostituito�dal�
seguente:�
�Articolo 
51 
In�deroga�alla�norma�di�cui�all'articolo�225,�paragrafo�1,�del�trattato�CE�e�all'articolo�

140�A,�paragrafo�1,�del�trattato�CEEA,�sono�di�competenza�della�Corte�i�ricorsi�previsti�agli�

articoli�230�e�232�del�trattato�CE�e�146�e�148�del�trattato�CEEA,�proposti�da�uno�Stato�mem-

bro:�
a) 
contro�un�atto�o�una�astensione�dal�pronunciarsi�del�parlamento�europeo�o�del

Consiglio�o�di�queste�due�istituzioni�che�statuiscono�congiuntamente,�salvo�che�si�tratti:�
^di�decisioni�adottate�dal�Consiglio�ai�sensi�dell'articolo�88,�paragrafo�2,�terzo�

comma,�del�trattato�CE,�
^di�atti�del�Consiglio�in�forza�di�un�suo�regolamento�concernente�misure�di�difesa�

commerciale�ai�sensi�dell'articolo�133�del�trattato�CE,�
^di�atti�del�Consiglio�con�cui�quest'ultimo�esercita�competenze�di�esecuzione�ai�

sensi�dell'articolo�202,�terzo�trattino,�del�trattato�CE;�
b) 
contro�un�atto�o�una�astensione�dal�pronunciarsi�della�Commissione�ai�sensidel-

l'articolo�11�A�del�trattato�CE.�
Sono�altres|�di�competenza�della�Corte�i�ricorsi,�previsti�nei�medesimi�articoli,�proposti

da�un'istituzione�delle�Comunita�o�dalla�Banca�centrale�europea�contro�un�atto�o�una�asten-

sione�dal�pronunciarsi�del�Parlamento�europeo,�del�Consiglio,�di�queste�due�istituzioni�che

statuiscono�congiuntamente�o�della�Commissione,�o�da�un'istituzione�delle�Comunita�contro�

un�atto�o�un'astensione�dal�pronunciarsi�della�Banca�centrale�europea�.�

2.�All'articolo�54�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�il�terzo�comma�e�
sostituito�dal�seguente:�
�Quando�la�Corte�e�il�Tribunale�siano�investiti�di�cause�che�abbiano�lo�stesso�oggetto,�

sollevino�lo�stesso�problema�d'interpretazione�o�mettano�in�questione�la�validita�dello�stesso�

atto,�dopo�aver�ascoltato�le�parti,�puo�sospendere�il�procedimento�sino�alla�pronunzia�della�

sentenza�della�Corte.�In�presenza�degli�stessi�presupposti,�la�Corte�puo�parimenti�decidere�

di�sospendere�il�procedimento�dinanzi�ad�essa�proposto;�in�tal�caso�prosegue�il�procedimento�

dinanzi�al�Tribunale�.�

3.�All'articolo�54�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�e�aggiunto�il�
comma�seguente:�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

�Quando�uno�Stato�membro�e�una�Istituzione�della�Comunita�impugnino�lo�stesso�

atto,�il�Tribunale�di�primo�grado�declina�la�propria�competenza�affinche�la�Corte�di�giustizia�

possa�statuire�su�tali�ricorsi�.�

Articolo 
2 


Le�cause�che�rientrano�nella�competenza�del�Tribunale�di�primo�grado�ai�sensi�della�pre-

sente�decisione�e�di�cui�la�Corte�di�giustizia�e�investita�alla�data�di�entrata�in�vigore�della�

decisione�stessa,�

maper�le�quali:

a) 
in�tale�data,�il�procedimento�e�stato�sospeso�in�conformita�dell'articolo�54,�terzo�

comma,�seconda�frase,�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia,�

o�

b) 
in�tale�data,�la�fase�scritta�del�procedimento�non�si�e�ancora�conclusa�ai�sensi�del-

l'articolo�44�del�regolamento�di�procedura�della�Corte,�

sono�rimesse�al�Tribunale.�

Articolo 
3 


La�presente�decisione�ha�effetto�il�primo�giorno�del�secondo�mese�successivo�alla�sua

pubblicazione�nella�Gazzetta 
uf
fficiale 
dell'Unione 
europea.�

Fatto�a�Lusserburgo,�add|�26�aprile�2004.�

Per 
il 
Consiglio 


Il 
Presidente 
B. 
COWEN�. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�qualita�della�regolamentazione�tra�ordinamento�
internazionale�e�ordinamento�nazionale�

La�qualita�della�regolazione�in�ambito�internazionale.�

Un�recente�studio�del�Fondo�Monetario�Internazionale�ha�rilevato�come�
i�miglioramenti�della�qualita�della�regolamentazione�europea�possano�con-
durre�ad�un�aumento�fino�al�7%�del�PIL�e�ad�un�aumento�del�3%�della�pro-
duttivita�,�nel�lungo�periodo.�

Tali�dati�rendono�evidente�l'importanza�che�assumono�le�politiche�per�il�
miglioramento�della�qualita�della�regolazione�intraprese�sia�a�livello�comuni-
tario�che�nazionale�negli�ultimi�anni,�rivelandosi�un�elemento�cruciale�per�
accrescere�la�competitivita�degli�Stati�e�ridurre�le�barriere�amministrative�
per�cittadini�e�imprese.�E�noto,�difatti,�come�la�regolazione�presenti�incidenze�
dirette�sia�nei�confronti�degli�assetti�organizzativi�e�funzionali�delle�pubbliche�
amministrazioni,�sia�nei�confronti�di�privati�e�imprese.�

E�opportuno�ricordare�che�l'impulso�alle�comuni�istanze�di�razionaliz-
zazione�dei�sistemi�regolamentari�nei�paesi�a�economia�avanzata�si�sia�svi-
luppato�entro�l'Organizzazione�per�la�Cooperazione�e�lo�Sviluppo�Econo-
mico�(OCSE),�all'inizio�degli�anni�1990,�con�l'aumento�dell'attenzione�riser-
vata�agli�aspetti�di�governance�pubblica�legati�al�miglioramento�dei�
rapporti�tra�Governi�e�cittadini�e�alla�trasformazione�delle�pubbliche�ammi-
nistrazioni�in�fattori�di�sviluppo�e�crescita�economica.�In�tali�ambiti,�l'OCSE�
ha�svolto�un�importante�ruolo�di�foro�di�confronto�e�di�armonizzazione�
delle�politiche.�

Con�riferimento�specifico�alla�riforma�della�regolamentazione,�l'Orga-
nizzazione�di�Parigi,�con�l'importante�Raccomandazione�del�1995�(1),�ha�
indicato�le�politiche,�le�istituzioni�e�gli�strumenti�fondamentali�per�il�miglio-
ramento�della�qualita�della�regolazione.�A�tali�principi�si�sono�poi�ispirati�
molti�paesi�nel�momento�in�cui�hanno�introdotto�nuove�discipline�riguar-
danti�la�qualita�della�regolazione.�Inoltre,�a�partire�dal�1997,�il�Segretariato�
OCSE�ha�condotto��Esami��delle�riforme�regolamentari�intraprese�nei�
diversi�Stati�Membri�(Country�Reviews)(2),�sulla�base�delle�raccomanda-

(1)�C(95)21�Recommendation�ofthe�Council�on�improving�the�quality�ofgovernment�regulat
ion.�
(2)�La�finalita�principale�di�tale�Esame/verifica,�da�parte�dell'OCSE,�e�quella�di�aiutare�i�
Governi�nell'identificazione�delle�migliori�strategie�di�policy�nel�campo�della�regolazione,�indivi-
duando�le�priorita�d'azione�e�le�eventuali�lacune�che�dovessero�emergere�dalle�concrete�riforme�
intraprese�dai�paesi�membri.�Nell'ambito�di�tali�esami,�l'OCSE�ha�sviluppato�metodi�avanzati�di�
autovalutazione�e�di�mutua�valutazione�tra�Stati�Membri�(peer�review)�che�prevedono�l'elabora-
zione�ed�il�ricorso�ad�indicatori�comparativi�sulla�regolazione�e�questionari�di�autovalutazione.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

zioni�contenute�nel�Rapporto�OCSE�sulla�Riforma�della�Regolazione�del�
1997(3).�

Alla�luce�delle�indicazioni�emerse�dagli�esami�delle�riforme�regolamen-
tari�nei�Paesi�membri�e�dei�cambiamenti�economici�ed�istituzionali�intercorsi�
a�partire�dalla�meta�degli�anni�1990,�e�attualmente�in�corso�in�sede�OCSE�la�
revisione�dei�principi�riguardanti�la�riforma�della�regolamentazione�del�
1997.�In�particolare,�la�tensione�degli�Stati�verso�una�maggiore�autonomia�
regolatoria,�come�contrappeso�all'allargamento�delle�competenze�degli�orga-
nismi�sovranazionali,�da�un�lato,�e�la�spinta�ad�un�piu�efficace�coordina-
mento�tra�diversi�soggetti�indotto�dal�processo�di�globalizzazione�della�gover-
nance 
e�dei�suoi�istituti�portanti,�dall'altro,�rendono�evidente�la�necessita�di�
approfondire�il�confronto�sui�meccanismi�di�coordinamento�in�materia�di�
qualita�della�normazione�tra�diversi�livelli�di�governo,�sovranazionale,�nazio-
nale�e�sub-nazionale(4).�

A�livello�europeo,�l'obiettivo�del�miglioramento�della�regolazione�ha�
riguardato�sia�la�normativa�nazionale�che�quella�comunitaria,�quest'ultima�
affermatasi�ormai�come�fonte�primaria�di�disciplina�in�un�crescente�numerodi�
campi.�In�questo�senso,�decisive�risultano�le�conclusioni�del�Consiglio�europeo�
di�Lisbona�(5)�del�marzo�del�2000,�mediantele�quali�si�e�raccomandato�agli�Stati�
membri�dell'Unione�Europea�e�alle�istituzioni�comunitarie�la�formulazione�di�

Nei�venti�Esami-Paese�fino�ad�ora�effettuati,�i�sistemi�di�regolamentazione�nazionali�sono�analiz-
zati�sia�al�fine�di�valutare,�in�via�generale,�le�capacita�del�settore�pubblico,�sia�con�specifico�riferi-
mento�alle�politiche�intraprese�nei�settori�della�concorrenza,�della�liberalizzazione�dei�mercati�e�
dei�servizi�pubblici,�quali�energia,�trasporti,�poste�e�telecomunicazioni.�Per�un'analisi�sulla�natura�
di�tali�esami/verifiche�e�dei�metodi�di�mutua�valutazione�elaborati�dall'OCSE,�vds.�il�documento�
OCSE�SG/LEG(2002)1�(http://www.oecd.org/dataoecd/33/16/1955285.pdf).�

(3)�Riunione�del�Consiglio�a�Livello�Ministeriale,�Comunicato,�Parigi,�26-27�maggio�1997,�
SG/COM/NEWS(97)45,�par.�15.�
(4)�Rapporto�OCSE��Regulatory 
Co-OperationbetweenLevelsofGovernment�,�di�prossima�
pubblicazione.�
(5)�E�opportuno�segnalare�che�la�strategia�di�miglioramento�della�regolazione�in�ambito�
europeo,�dal�punto�di�vista�della�modalita�con�cui�si�producono�le�norme,�ha�preso�piede�in�
Europa�nel�1985,�con�una�risoluzione�del�Consiglio�sul�new 
approach 
to 
technical 
harmonisation 
and 
standards 
da�applicare�ai�prodotti�che�entrano�nel�mercato�comunitario�per�la�prima�volta.�
Seguono,�successivamente,�la�raccomandazione�del�Consiglio�28�maggio�1990,�90/246/Cee,�rela-
tiva�alla�semplificazione�dei�procedimenti�amministrativi�in�materia�di�piccole�e�medie�imprese;�
un�rapporto�redatto�da�una�commissione�di�esperti�sulla�semplificazione�normativa�e�amministra-
tiva,�istituita�dalla�Commissione�europea�nel�1994,�teso�ad�analizzare�l'impatto�del�sistema�regola-
torio�comunitario�e�nazionale�sulla�competitivita�del�sistema�economico�e�sull'occupazione;�la�
Raccomandazione�della�Commissione�europea�del�22�aprile�1997�sul�miglioramento�e�la�semplifi-
cazione�delle�attivita�per�la�creazione�di�nuove�imprese�(97/344/CE).�Ai�suddetti�atti�giuridici�
comunitari�si�sono�poi�affiancati�programmi�di�intervento�riguardanti�direttamente�la�riforma�
della�regolazione:�il�programma�SLIM�(Simpler 
Legislationfor 
the 
Internal 
Market)�del�1996�con�
l'obbiettivo�di�semplificare�la�normativa�comunitaria�e�nazionale�all'interno�del�mercato�comune;�
il�programma�BEST�(Business 
Environment 
Simplification 
Task 
Force)�avviato�su�mandato�del�
Consiglio�europeo�di�Amsterdam�del�1997.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

una�strategia�coordinata�per�la�semplificazione�del�quadro�regolamentare,�
inclusa�l'efficienza�dell'amministrazione�pubblica,�sia�a�livello�nazionale�che�
comunitario.�Cio�al�fine�di�contribuire�al�raggiungimento�degli�obiettivi�fissati�
aLisbona^daconseguireentroil2010^dicrescitaeconomica,�dicreazionedi�
occupazione,�di�elevati�gradi�di�coesione�sociale�e�di�protezione�ambientale.�

In�linea�con�tale�strategia,�la�politica�di�miglioramento�della�regolazione�
e�proseguita�attraverso�l'attivita�di�cooperazione�informale�tra�pubbliche�
amministrazioni�dei�Paesi�membri�dell'Unione�europea�e�tra�queste�ultime�e�
la�Commissione�europea,�riguardando�sia�il�versante�politico�che�il�versante�
amministrativo�dei�rapporti�tra�amministrazioni�nazionali�e�amministrazione�
comunitaria�(6).�

I�Ministri�europei�della�Funzione�Pubblica,�nella�riunione�di�Strasburgo�
del�2000�(7)�hanno�provveduto�a�istituire�un�gruppo�di�alto�livello�(c.d.�
gruppo�Mandelkern),�composto�da�esperti�di�qualita�della�regolazione�degli�
Stati�membri�e�della�Commissione�europea,�con�il�compito�di�predisporre�
un�Rapporto�per�la�definizione�di�un�approccio�comune�in�materia�di�qualita�
della�regolazione,�sulla�base�delle�esperienze�gia�realizzate�in�diversi�paesi.�

Nel�Rapporto,�pertanto,�sono�stati�concordati�una�serie�di�principi�di�
qualita�della�regolazione:�la�necessita�,�la�proporzionalita�,�la�sussidiarieta�,la�
trasparenza,�la�accountability,�l'accessibilita�e�la�semplicita�delle�norme.�Inol-
tre,�sono�stati�individuati�gli�strumenti�essenziali�per�l'avvio�di�un�pro-
gramma�di�qualita�della�regolazione�coerente�ed�efficace,�ovvero�la�necessa-
ria�presa�in�considerazione�di�differenti�opzioni�regolatorie�(arrivando�a�con-
siderare�anche�l'opzione�zero),�l'analisi�d'impatto,�la�consultazione,�la�
semplificazione,�l'accessibilita�e�la��fruibilita���da�parte�dei�destinatari�della�
regolazione�e�le�strutture�deputate�a�elaborare�ed�eseguire�le�politiche�di�
regolazione.�Proprio�le�concrete�esperienze�realizzate�nei�diversi�Paesi�mem-
bri�hanno�permesso�agli�esperti�del�gruppo��Mandelkern��di�individuare�pre-
liminarmente�le��best 
practices 
regolatorie��proprie�di�ogni�tradizione�giuri-
dica�nazionale�e�di�estendere�poi�tali�modelli�all'attivita�di�regolazione�delle�
istituzioni�dell'Unione�europea�e�degli�Stati�membri.�A�partire�dal�modello�
dell'Italia,�per�fare�un�esempio,�e�stata�inserita�tra�le�priorita�la�necessita�di�
un'azione�di�governo�stabile,�sistematica�e�non�episodica�in�materia�di�sem-
plificazione�normativa�e�amministrativa,�alla�luce�dell'esperienza�acquisita�a�
livello�nazionale�con�lo�strumento�della�legge�annuale�di�semplificazione,�la�
quale�definisce,�appunto,�il�programma�delle�misure�di�semplificazione�da�
intraprendersi�nell'anno�successivo,�una�volta�identificate�le�aree�di�inter-
vento�prioritarie.�

(6)�La�Cooperazione�europea�tra�i�Ministri�e�i�Direttori�generali�responsabili�della�funzione�
pubblica�e�una�cooperazione�di�tipo�informale,�non�prevista�dai�Trattati�fondamentali�istitutivi�
dell'Unione,�che�si�e�consolidata�nel�tempo�attraverso�l'incontro�regolare�dei�Ministri,�Direttori�
generali�e�alti�funzionari�responsabili�nei�vari�settori�della�riforma�della�pubblica�amministra-
zione.�
(7)�Risoluzione�sulla�migliore�regolamentazione,�adottata�a�Strasburgo�il�7�novembre�2000.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

Con�l'approvazione�da�parte�dei�Ministri�della�Funzione�Pubblica�del�
Rapporto��Mandelkern�,�presentato�al�Consiglio�europeo�di�Laeken�del�
dicembre�2001,�si�sono�fissati�in�via�sistematica�i�principi�comuni�di�qualita�
della�regolazione�degli�Stati�membri�dell'Unione;�sono�state�poste,�inoltre,�
le�basi�per�ulteriori�azioni�di�coordinamento�delle�politiche�di�miglioramento�
della�regolazione,�sia�per�che�cio�che�concerne�il�livello�nazionale�che�quello�
comunitario�(8).�

Alla�luce�delle�raccomandazioni�contenute�nel�Rapporto�Mandelkern,�la�
Commissione�europea�ha�cos|�presentato�nel�giugno�2002�un��Piano�d'A-
zione�per�il�miglioramento�della�regolamentazione�(9).�Tale�piano�prevede�
una�serie�di�azioni,�tra�cui�l'individuazione�di�un�metodo�volto�alla�previa�
valutazione�della�legislazione�comunitaria,�dal�punto�di�vista�del�suo�impatto�
sul�sistema�economico,�sociale�e�ambientale;�la�fissazione�di�una�serie�di�stan-
dards 
minimi�per�la�consultazione�e�la�creazione�di�un�programma�di�sempli-
ficazione�della�legislazione�comunitaria�esistente(10).�

Considerando�il�punto�di�vista�procedurale,�la�concreta�attuazione�del�
Piano�d'Azione�della�Commissione�ha�fatto�emergere�il�problema�di�come�
assicurare�un�monitoraggio�della�strategia�intrapresa.�Al�riguardo,�durante�
il�semestre�italiano�di�Presidenza�dell'UE,�e�stato�firmato�l'importante�
Accordo�Interistituzionale��Legiferare�meglio��tra�le�tre�Istituzioni�Comuni-
tarie�dotate�di�potere�legislativo,�ovvero�il�Parlamento�europeo,�il�Consiglio�
dell'Unione�europea�e�la�Commissione,�mediante�cui�si�sono�individuate�
iniziative�e�procedure�finalizzate�al�miglioramento�della�qualita�della�legisla-
zione.�Gli�obiettivi�principali�di�questo�accordo�consistono�nel�promuovere�
la�semplicita�,�la�chiarezza�e�la�coerenza�delle�norme�comunitarie,�in�modo�
da�favorirne�un�recepimento�corretto,�rapido�e�tempestivo�negli�ordinamenti�
nazionali.�

Sempre�nell'ambito�del�semestre�2003�di�Presidenza�italiana�del�Consi-
glio�dell'Unione�europea,�l'attivita�di�cooperazione�informale�tra�Stati�Mem-
bri�in�tema�di�qualita�della�regolazione�e�stata�ulteriormente�sviluppata�attra-
verso�molteplici�iniziative.�Nell'ambito�di�queste�ultime,�il�Dipartimento�della�

(8)�Nella�medesima�direzione�vanno�le�Conclusioni�del�Consiglio�di�Stoccolma�del�22�e�
23�marzo�2001,�par.�17,�mediante�cui�il�Consiglio�chiede�alla�Commissione,�in�collaborazione�con�
tutti�gli�organi�competenti,�di�presentare�un�programma�per�la�qualita�della�regolazione�e�la�sem-
plificazione�entro�la�fine�del�2001.�Il�Consiglio�fa�presente,�inoltre�(par.�23)�che�i�cittadini�e�le�
imprese�richiedono�un�contesto�normativo�chiaro,�semplice,�efficace�in�modo�che�possa�adattarsi�
a�un�mercato�globale�in�rapido�cambiamento.�Gli�strumenti�per�raggiungere�tali�obbiettivi�sono,�
sempre�secondo�il�Consiglio,�una�consultazione�sulla�regolamentazione�proposta,�la�valutazione�
dell'impatto�dei�regolamenti�nonche�il�ricorso�a�sistemi�di�codificazione,�di�rifusione�e�di�revisione�
della�normativa.�
(9)�COM(2002)278�
(10)�Al�Piano�d'Azione�del�giugno�2002,�si�sono�aggiunte�ulteriori�iniziative�della�Commissione�
Europea�in�materia�di�Better 
Regulation,�quali�la�Comunicazione�relativa�alla�valutazione�dell'im-
patto�2002�(COM�(2002)�276�def.),�la�Comunicazione��Principi�essenziali�e�requisiti�minimi�delle�pro-
cedure�di�consultazione�delle�parti�interessate��COM(2002)277,�nonche�la�Comunicazione��Aggior-
nareesemplificarel'acquis 
comunitario�COM(2003)71�del�febbraio�2003.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Funzione 
Pubblica 
si 
e� 
occupato 
di 
rilanciare 
la 
cooperazione 
dei 
Direttori 
ed 
esperti 
per 
la 
Better 
Regulation 
degli 
Stati 
Membri 
e 
dei 
paesi 
in 
via 
di 
adesione 
e 
candidati. 
Questo 
tipo 
di 
cooperazione 
tra 
rappresentanti 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
nazionali 
sara� 
in 
grado 
di 
assicurare 
non 
solo 
un 
proficuo 
scambio 
di 
esperienze 
e 
di 
idee 
maturate 
dai 
singoli 
Stati 
membri 
ma 
consentira� 
altres|� 
l'individuazione 
di 
metodologie 
e 
attivita� 
comuni 
in 
materia 
di 
qualita� 
della 
regolazione. 
In 
particolare, 
i 
Direttori 
ed 
Esperti 
per 
la 
Better 
Regulation 
hanno 
concordato 
alcune 
dichiarazioni 
programma-
tiche 
e 
un 
piano 
di 
attivita� 
future, 
tra 
cui 
un'iniziativa 
europea 
sul 
tema 
del-
l'analisi 
di 
impatto 
della 
regolamentazione. 


Quest'ultima 
iniziativa 
^avviata 
durante 
il 
semestre 
di 
Presidenza 
ita-
liana 
dell'Unione 
Europea, 
su 
proposta 
dell'Italia, 
in 
accordo 
con 
l'Irlanda 
e 
i 
Paesi 
Bassi 
^e� 
finalizzata 
ad 
una 
valutazione 
comparativa 
delle 
concrete 
esperienze 
nazionali 
in 
materia 
di 
analisi 
di 
impatto 
della 
regolazione, 
nel-
l'obbiettivo 
di 
favorire 
un 
efficace 
coordinamento 
delle 
azioni 
a 
livello 
euro-
peo 
per 
la 
realizzazione 
dell'analisi 
di 
impatto. 


L'iniziativa 
sull'analisi 
di 
impatto 
della 
regolazione 
si 
articola 
in 
duefasi. 


La 
prima 
fase 
^gia� 
conclusa 
^ha 
riguardato 
la 
predisposizione 
di 
un 
rapporto 
a 
cura 
del 
Formez, 
mediante 
cui 
si 
sono 
comparate 
le 
metodologie 
e 
i 
diversi 
approcci 
usati 
nell'analisi 
di 
impatto 
negli 
Stati 
membri 
dell'U-
nione 
europea, 
basandosi 
su 
un 
campione 
di 
casi 
forniti 
da 
dieci 
Paesi(11). 
In 
tal 
modo, 
attraverso 
il 
confronto 
tra 
casi 
concreti 
di 
analisi 
di 
impatto 
praticati 
dai 
singoli 
Paesi 
membri, 
si 
e� 
potuto 
giungere 
all'identificazione 
degli 
�elementi 
essenziali) 
(12) 
ai 
fini 
di 
un 
efficace 
sistema 
di 
valutazione 


(11) 
I 
paesi 
che 
hanno 
partecipato 
al 
progetto 
sono 
Austria, 
Danimarca, 
Finlandia, 
Germa-
nia, 
Italia, 
Paesi 
Bassi, 
Polonia, 
Svezia, 
Ungheria 
e 
Regno 
Unito. 
(12) 
Secondo 
il 
Rapporto 
�Un'analisi 
comparativa 
dell'analisi 
di 
impatto 
della 
regolazione 
in 
dieci 
Stati 
dell'Unione 
Europea) 
curato 
dal 
Formez 
e 
di 
prossima 
pubblicazione, 
i 
requisiti 
essen-
ziali 
per 
la 
valutazione 
degli 
impatti 
della 
regolazione 
(di 
seguito 
AIR) 
possono 
essere 
cos|� 
rias-
sunti: 
un'AIR 
richiesta 
ed 
effettivamente 
applicata 
almeno 
per 
alcune 
misure 
di 
elevato 
impatto 
nella 
fase 
pilota, 
e 
normalmente 
per 
tutte 
le 
misure 
ad 
elevato 
impatto 
successivamente; 


un'appropriata 
definizione 
dei 
problemi; 


l'identificazione 
degli 
obiettivi 
di 
policy 
in 
modo 
tale 
da 
evitare 
ambiguita� 
, 
vaghezze 
e 
con-
traddizioni 
(il 
che 
significa 
risultati 
attesi 
espressi 
in 
termini 
fisici, 
quantitativi, 
e 
una 
esplicita 
gerarchia 
tra 
gli 
obiettivi); 


l'inizio 
della 
valutazione 
e 
della 
consultazione 
quando 
la 
scelta 
e� 
ancora 
aperta; 


una 
consultazione 
pubblicizzata, 
ampia 
e 
non 
ritualistica; 


stakeholders 
e 
interessi 
rilevanti 
consultati 
o 
comunque 
rappresentati 
nel 
processo 
decisio-
nale; 


tecniche 
di 
consultazione 
appropriate; 


un 
uso 
effettivo 
dei 
risultati 
della 
consultazione; 


un 
processo 
di 
valutazione 
di 
impatto 
ufficialmente 
suddiviso 
in 
fasi 
diverse, 
e 
almeno 
alcune 
di 
esse 
rese 
obbligatorie; 


un'effettiva 
considerazione 
di 
una 
pluralita� 
di 
opzioni 
regolative; 


una 
valutazione 
di 
impatto 
ex 
ante 
di 
ciascuna 
opzione 
rilevante 
attraverso 
un 
metodo 
espli-

cito 
e 
usato 
in 
modo 
coerente; 
una 
descrizione 
e 
il 
piu� 
delle 
volte 
una 
quantificazione 
degli 
effetti; 



IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

degli�impatti�della�regolazione�^nazionale�e�comunitaria�^,�nell'ambito�dei�
principi,�procedure�e�tecniche�di�analisi�di�impatto�presenti�nei�vari�ordina-
menti�nazionali,�anche�al�fine�di�arrivare�alla�definizione�di�una�metodologia�
comune�cos|�come�previsto�dall'Accordo�interistituzionale��Legiferare�
meglio��del�2003.�

La�seconda�fase�del�progetto,�invece,�consistera�in�una�comparazione�fra�
le�valutazioni�di�impatto�che�saranno�effettuate�dagli�Stati�membri�su�una�
proposta�di�direttiva�europea�di�cui�anche�la�Commissione�europea�abbia�
effettuato�una�propria�valutazione�di�impatto.�

Infine,�e�opportuno�segnalare�poi�le�conclusioni�del�Consiglio�europeo�
del�marzo�2004,�che�hanno�assegnato�al�tema�del�miglioramento�della�rego-
lamentazione,�sul�piano�sia�europeo�che�nazionale,�un�ruolo�prioritario�per�
dare�impulso�alla�competitivita�e�alla�produttivita�dei�Paesi�membri�dell'U-
nione.�In�particolare,�il�Consiglio�ha�accolto�con�favore�l'iniziativa�in�materia�
di�riforma�della�regolazione�dei�Ministri�ECOFIN�delle�quattro�Presidenze�
del�biennio�2003-2004,�che�si�sono�impegnati�a�stabilire�un�programma�di�
azioni�a�sostegno�di�tali�obiettivi.�A�tal�fine,�ha�invitato,�da�un�lato,�le�istitu-
zioni�comunitarie�a�lavorare�insieme,�secondo�quanto�previsto�dall'Accordo�
Interistituzionale��Legiferare�meglio��del�2003,�dall'altro,�gli�Stati�membri�
ad�impegnarsi�ad�accelerare�l'attuazione�delle�iniziative�nazionali�di�riforma�
della�regolamentazione(13).�

La�qualita�della�regolazione�in�ambito�nazionale.�

Come�chiarito�in�precedenza,�le�iniziative�intraprese�in�ambito�europeo�
in�tema�di�qualita�delle�regole�non�hanno�inciso�unicamente�sul�versante�
comunitario,�ma�hanno�condotto�ad�importanti�esperienze�di�riforma�dei�
sistemi�di�regolamentazione�dei�paesi�membri,�sia�a�livello�nazionale�che�
regionale.�

una�stima�della�conformita�attesa�per�ciascuna�opzione�rilevante;�

l'impatto�sulle�organizzazioni�responsabili�dell'implementazione;�

la�raccomandazione�di�una�opzione�preferibile�(o�piu�),�o�almeno�l'esclusione�delle�opzioni�
indesiderabili.�

(13)�Alla�luce�di�strategie�concordate�nel�Consiglio�europeo�del�marzo�2004,�la�Commissione�
europea�si�sta�attualmente�impegnando�a�svolgere�procedure�di�analisi�degli�impatti�economici,�
sociali�ed�ambientali�delle�sue�proposte�normative;�a�perfezionare�tale�strumento,�in�particolare�
sotto�il�profilo�della�competitivita�;�e�a�definire,�in�collaborazione�con�il�Consiglio,�un�metodo�
per�quantificare�gli�oneri�amministrativi�che�gravano�sulle�imprese.�
Inoltre,�conformemente�alle�strategie�concordate�nell'ultima�sessione�del�Consiglio�Europeo,�
il�Consiglio�Competitivita�e�Crescita�del�17/18�maggio�2004�si�e�concluso�con�l'impegno�da�parte�
degli�Stati�Membri�ad�individuare�le�aree�prioritarie�per�la�semplificazione�della�legislazione�euro-
pea,�al�fine�di�raggiungere�un�accordo�entro�l'anno.�Data�l'importanza�della�iniziativa,�il�Regno�
Unito�e�l'Italia,�attraverso�il�Cabinet�Office�ed�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�hanno�
concordato�una�cooperazione�bilaterale�per�la�semplificazione�della�legislazione�europea,�propo-
nendosi�di�svolgere�un�ruolo�di�impulso�nell'elaborazione�delle�proposte�di�semplificazione,�in�
modo�da�pervenire�all'individuazione�di�una�serie�di�direttive�o�regolamenti�che,�per�la�loro�com-
plessita�o�eccessiva�onerosita�per�i�cittadini�e�le�imprese,�possano�costituire�ambiti�prioritari�di�
semplificazione.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Con�specifico�riferimento�all'ordinamento�italiano,�le�riforme�della�rego-
lazione�si�sono�sviluppate�seguendo�essenzialmente�due�linee�direttrici,�
ovvero�quella�della�semplificazione�delle�norme�e�delle�procedure�ammini-
strative�e�quella�dell'analisi�di�impatto�della�regolazione.�

La 
semplificazione 
normativa 


La�semplificazione�normativa�ha�come�obbiettivo�la�sostituzione�di�un�
quadro�normativo�complesso,�incerto�ed�oscuro�con�un�quadro�normativo�
chiaro,�semplice�e�facilmente�conoscibile�dai�suoi�destinatari.�

Proprio�quest'ultimo�aspetto�risulta�direttamente�collegato�al�processo�
di�revisione�complessiva�del�corpus 
normativo�avviato�con�l'approvazione,�
nel�settembre�2003,�della�terza�legge�di�semplificazione.�

Tale�atto�prevede�lo�sfoltimento�di�numerose�disposizioni�normative�e�
procedimenti�amministrativi,�favorendo�la�semplificazione�dei�rapporti�dei�
cittadini�e�delle�imprese�con�la�pubblica�amministrazione.�La�terza�legge�di�
semplificazione,�infatti,�determina,�da�un�lato,�l'eliminazione�delle�attivita�
pubbliche�di�regolazione�che�comprimono�le�liberta�imprenditoriali,�dall'al-
tro,�la�semplificazione�delle�funzioni�regolatorie�non�restrittive.�

Elemento�innovativo�della�terza�legge�di�semplificazione�e�il�ricorso�ad�
interventi�di�riassetto�normativo�per�materia,�attraverso�la�predisposizione�
di�codici,�contenenti�le�norme�primarie�di�disciplina�degli�aspetti�sostanziali�
e�procedimentali.�

Lo�strumento�del�codice�permette�di�riorganizzare�e�disciplinare�un'in-
tera�materia,�fornendo�ai�privati�ed�agli�interpreti�un�quadro�completo�e�
accessibile�della�normativa�ed�abrogando�un�numero�elevato�di�leggi.�I�codici�
per�materia�sono�altres|�orientati�all'attuazione�di�politiche�di�deregolamen-
tazione,�attraverso�l'arretramento�dell'intervento�pubblico�in�determinati�set-
tori.�

La�codificazione�e�un'esperienza�diffusa�anche�in�altri�paesi�europei,�
quali�la�Francia,�dove�si�e�scelto�di�adottare�un�modello�di�codificazione��a�
diritto�costante�,�ai�fini�di�rendere�piu�comprensibile�la�normativa�attuale,�
nonche�negli�Stati�Uniti,�dove�il��Codice�delle�leggi�generali�,�a�partire�dal�
1926,�e�aggiornato�ogni�sei�anni(14).�

Nell'esperienza�italiana�piu�recente,�pervenendo�ad�un�vero�e�proprio�
�riassetto��normativo,�si�e�compiuto�un�deciso�passo�in�avanti�rispetto�alla�
logica�delle�semplici�raccolte�normative�meramente�compilative.�

La 
semplificazione 
amministrativa. 


La�semplificazione�amministrativa,�e�volta�a�ridurre�gli�adempimenti�
richiesti�ai�privati�nell'ambito�di�determinati�procedimenti�amministrativi.�A�
tale�riguardo,�e�da�segnalare�che�negli�ultimi�anni�sono�stati�conseguiti�
importanti�risultati,�mediante�l'elaborazione�di�strategie�di�policy 
mirate.�

(14)�Per�l'esperienza�di�codificazione�in�Francia�e�negli�Stati�Uniti,�vds.�Regulatory 
Reform 
in 
France��(2004),��Regulatory 
Reform 
in 
the 
United 
States��(1999),�OECD.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�

Nell'elaborazione�e�attuazione�di�tali�strategie,�un�ruolo�determinante�e�
stato�svolto�dal�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�per�mezzo�di�un'a-
zione�di�coordinamento�volta�a�sostenere�il�processo�di�semplificazione.�

Gli�interventi�normativi�hanno�riguardato�la�semplificazione�degli�
adempimenti�amministrativi�per�le�imprese.�In�particolare,�grande�attenzione�
e�stata�dedicata�all'attivazione�degli�sportelli�unici,�mediante�il�finanziamento�
di�progetti�che�hanno�interessato�numerose�amministrazioni�con�elevati�
bacini�di�utenza.�Tali�interventi�si�sono�tradotti�in�riduzioni�assai�marcate�
tanto�dei�tempi�quanto�dei�costi�delle�procedure�(15).�

Infine,�il�nuovo�assetto�costituzionale�scaturito�dalla�recente�riforma�del�
titolo�V�della�Costituzione�ha�spostato�il�baricentro�della�produzione�di�
regole�amministrative�dallo�Stato�alle�amministrazioni�regionali�e�locali.�

I�nuovi�statuti�regionali�sono�chiamati�a�fissare�le�nuove�regole�in�mate-
ria�di�organizzazione�amministrativa�regionale�e�a�codificare�i�principi�infor-
matori�dell'attivita�della�regione.�Lo�statuto�regionale�appare,�dunque,�lo�
strumento�piu�appropriato�per�evitare�che�il�federalismo�porti�ad�un�eccesso�
di�regolamentazione�e�ad�una�frammentazione�dei�mercati�diversi�da�regione�
a�regione(16).�

L'analisi 
di 
impatto 
della 
regolamentazione. 


La�seconda�linea�direttrice�per�la�riforma�della�regolamentazione�
riguarda�l'analisi�di�impatto�della�regolazione,�di�cui�l'OCSE�ha�fortemente�
raccomandato�l'introduzione�nei�Paesi�membri.�

Proprio�grazie�all'intenso�scambio�di�esperienze�in�sede�internazionale,�
l'analisi�di�impatto�della�regolazione�e�gia�stata�avviata,�almeno�in�via�speri-
mentale,�in�un�buon�numero�di�Paesi�europei.�Anche�a�livello�di�istituzioni�
comunitarie,�la�stessa�Commissione�Europea�e�^a�seguito�dell'attuazione�del-
l'Accordo�Interistituzionale��Legiferare�meglio��del�2003�^il�Consiglioedil�
Parlamento�Europeo�hanno�adottato�lo�strumento�dell'analisi�di�impatto�in�
tema�di�legislazione�comunitaria.�

A�livello�europeo,�cos|�come�a�livello�nazionale,�e�infatti�possibile�che�in�
alcune�circostanze,�si�corra�il�rischio�di�un�eccesso�di�regolamentazione�(i.e. 
norme�troppo�numerose,�inutilmente�dettagliate,�invadenti,�restrittive�della�
liberta�d'azione).�A�tale�obbiettivo,�dunque,�va�ricondotta�la�funzione�dell'A-
nalisi�di�Impatto:�stabilire�ex 
ante 
se�un�intervento�normativo�sia�necessario�
e�se�quest'ultimo�sia�la�soluzione�piu�indicata,�garantire�la�scelta�dell'opzione�
regolativa�migliore,�ed�effettuare�una�valutazione�dell'impatto�sull'organizza-

(15)�Per�una�analisi�degli�effetti�economici�dell'introduzione�dello�sportello�unico�sull'orga-
nizzazione�e�sul�funzionamento�della�pubblica�amministrazione,�cfr.�Sportello 
Unico, 
gli 
effetti 
eco-
nomici 
e 
amministrativi 
di 
una 
innovazione,�a�cura�di�Formez,�anno�2003.�
(16)�A�tal�fine,�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica�ha�avviato,�in�collaborazione�con�il�
Formez,�un�programma�pluriennale�sul�tema�della�semplificazione�normativa,�che�interessera�le�
Regioni�e�le�amministrazioni�locali.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�delle�amministrazioni�pubbliche�e�sull'attivita�dei�cittadini�e�delle�
imprese,utilizzando�tecniche�e�strumenti�di�indagine,�quali�per�esempio�l'ana-
lisi�costi-benefici.�

In�Italia,�peraltro,�l'introduzione�dello�strumento�dell'analisi�di�impatto�
(AIR)�rende�evidente�la�necessita�di�adeguare�le�competenze�dei�pubblici�fun-
zionari�alle�nuove�esigenze�di�qualita�della�regolazione.�

In�conclusione,�alla�luce�di�quanto�esposto,�emerge�che�le�politiche�per�il�
miglioramento�della�qualita�della�regolazione�sono�state,�ormai�da�anni,�sem-
pre�piu�condizionate�da�standards 
e�regole�poste�da�organismi�internazionali�

o�sovranazionali.�
Questo�fattore�di�condizionamento�esterno�ha�portato�a�considerare,�al-
l'interno�dei�singoli�ordinamenti�statuali,�il�tema�della�qualita�della�regola-
zione�come�un�obiettivo�di�policy 
condiviso�e�da�perseguire�in�modo�costante.�
Per�tali�ragioni,�e�necessario�che�il�miglioramento�della�qualita�della�regola-
zione�non�si�limiti�alla�realizzazione�di�un�progetto�puntuale,�destinato�esau-
rirsi�in�un'unica�fase,�ma�al�contrario,�che�sia�perseguito�mediante�un�pro-
cesso�continuo,�progressivo�e�oggetto�di�continua�valutazione�e�correzione.�

Federico 
Basilica 
(*)�

(*)�Avvocato�dello�Stato�^Capo�del�Dipartimento�Funzione�Pubblica.�


IGIUDIZIAINACORSOA
CORTEGIUSTIZIACE
IGIUDIZIAINACORSOA
CORTEGIUSTIZIACE
Causa 
C-392/02 
(Commissione 
c/ 
Regno 
di 
Danimarca) 
^Ricorso 
della 
Comm
issione 
contro 
il 
Regno 
di 
Danimarca 
^Violazione�dell'art.�10�del�Trat-
tato�CE�e�gli�artt.�2�e�8�della�decisione�del�Consiglio�31�ottobre�1994,�
94/728/CE,�Euratom,�relativa�al�sistema�delle�risorse�proprie�delle�
Comunita�Europee�(ct.�33298/03,�avv.�dello�Stato�G.�DeBellis)(1).�

IL 
fattO 


Con�ricorso�proposto�ai�sensi�dell'art.�226�CE,�la�Commissione�delle�
Comunita�Europee�ha�adito�la�Corte�di�Giustizia�allo�scopo�di�far�constatare�
che��non�avendo�le�autorita�danesi�messo�a�disposizione�della�Commissione�
l'importo�di�140.409,60�DKK�di�risorse�proprie�e�i�relativi�interessi�di�mora�
calcolati�a�partire�dal�20�dicembre�1999,�il�Regno�di�Danimarca�ha�mancato�
agli�obblighi�che�gli�incombono�ai�sensi�del�diritto�comunitario�e,�in�partico-
lare,�non�ha�tenuto�conto�dell'articolo�10�del�trattato�CE�e�degli�articoli�2e�
8�della�decisione�n.�94/728/CE,�Euratom�del�31�dicembre�1994,�relativa�al�
sistema�delle�risorse�proprie�della�Comunita��.�

La�vicenda�trae�origine�da�operazioni�di�importazione�in�Danimarca,�di�
merce�proveniente�dalla�Repubblica�Popolare�Cinese�effettuate�fino�alla�fine�
del�1995.�

Tale�merce�veniva�inizialmente�rivenduta�dall'acquirente�ad�un�grossista�
danese�titolare�di�una�autorizzazione�ad�importare�ad�aliquota�nulla�a�causa�
della�destinazione�finale�del�prodotto�importato.�L'importazione�avveniva�
pertanto�con�l'applicazione�di�un'aliquota�nulla.�

Dal�1.�gennaio�1996�la�ditta�acquirente�decideva�di�procedere�per�suo�
conto�alle�formalita�di�sdoganamento�(in�precedenza�effettuate�dal�grossista).�

Nonostante�la�ditta�non�fosse�in�possesso�della�autorizzazione�che�con-
sentiva�l'esenzione�dal�dazio,�la�merce�veniva�importata�con�aliquota�nulla.�

II�12�maggio�1997�le�autorita�doganali�di�Vejle�rettificavano�due�dichia-
razioni�doganali,�ritenendo�che�dovessero�essere�applicati�dazi�nella�misura�
del�16,8%.�Successivamente,�a�richiesta�della�ditta,�le�autorita�doganali�di�Bal-
lerup�correggevano�le�rettifiche�riconoscendo�ancora�l'esenzione�dal�dazio.�

Proprio�a�causa�di�tale�comportamento�che�aveva�creato�un�legittimo�
affidamento�in�capo�alla�ditta,�con�decisione�del�19�luglio�1999�la�Commis-
sione�accoglieva�la�richiesta�delle�autorita�danesi�di�rinunciare�alla�contabi-
lizzazione�dei�dazi�a�posteriori�per�un�importo�di�140.409,60�DKK,�ritenendo�
che�l'errore�commesso�dalla�dogana�di�Ballerup�non�era�ragionevolmente�
individuabile�dalla�ditta.�

(1)�Le�osservazioni�del�Governo�italiano�nella�presente�causa�sono�state�per�errore�riportate�
nel�fascicolo�n.�1/04,�pag.�184,�in�relazione�ad�altra�controversia�(C-233/03).�Si�provvede�ora�a�
ripubblicarle�con�la�causa.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Con�lettera�del�21�ottobre�1999�la�Commissione�ha�pero�invitato�le�auto-
rita�danesi�a�mettere�a�disposizione�il�suddetto�importo�di�140.409,60�DKK�
trattandosi�di�risorse�proprie�della�Comunita�la�cui�omessa�acquisizione�era�
imputabile�ad�un�errore�delle�autorita�doganali�dello�Stato�medesimo.�

A�seguito�del�rifiuto�di�corrispondere�le�somme,�la�Commissione�ha�pro-
posto�ricorso�alla�Corte�di�Giustizia�al�quale�ha�resistito�il�Regno�di�Dani-
marca.�

Con�ordinanza�del�6�maggio�2003�il�Presidente�della�Corte,�viste�le�
richieste�di�intervento�in�giudizio�a�sostegno�delle�conclusioni�della�Dani-
marca�formulate�da�sei�stati�membri�(Paesi�Bassi,�Germania,�Belgio,�Porto-
gallo,�Svezia�e�Italia),�ammetteva�tutti�gli�interventi�ed�in�seguito�veniva�fis-
sato�al�25�settembre�2003�il�termine�per�il�deposito�di�memorie.�

Nel�suo�ricorso,�laCommissione�sostienechegli�errori�compiutidagliStati�
membri�in�sede�di�acquisizione�di�risorse�proprie�della�Comunita�,�allorche�si�
verifichi�la�perdita�delle�risorse�medesime�imputabileadun�erroredelle�autorita�
nazionali,�permane�l'obbligo�di�corrispondere�comunque�l'importo�corrispon-
dente�alle�risorse�non�incamerate,�con�gli�eventuali�interessi�moratori.�

Secondo�la�Commissione�una�simile�conseguenza�troverebbe�il�suo�fon-
damento�nelle�seguenti�disposizioni:�

^l'art.�10CE;�

^l'articolo�8�della�decisione�del�Consiglio�del�31�ottobre�1994�n.�94/1972�
8/Ce,EuratoM 
(all'epoca�applicabile);�

^l'art.�17�del�Reg.(Cee-Euratom)�1552/89.�

Il�Regno�di�Danimarca�contesta�la�tesi�della�ricorrente�sostenendo�che�a�
tutt'oggi�non�esiste�alcun�fondamento�normativo�che�giustifichi�la�pretesa�
della�Commissione.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�italiano�condivide�la�tesi�sostenuta�dal�Regno�di�Danimarca�
e�si�associa�pertanto�alla�richiesta�di�rigetto�del�ricorso�della�Commissione�
per�i�motivi�di�seguito�indicati.�

In�base�all'art.�10�CE,�

�GliStatimembriadottano�tutte�lemisuredi�caratteregenerale�epartico-
lare�atte�ad�assicurare�l'esecuzione�degli�obblighi�derivanti�dalpresente�trattato�

ovvero�determinati�dagli�atti�delle�istituzioni�della�Comunita�.�Essi�facilitano�
quest'ultima�nell'adempimento�dei�propri�compiti.�

Essi�si�astengono�da�qualsiasi�misura�che�rischi�di�compromettere�la�realiz-
zazione�degli�scopi�del�presente�trattato�.�

Orbenenon�apparepossibile�dedurre�da�una�cos|�ampia�egenericaformu-
lazione,�l'esistenza�di�un�obbligo�a�carico�degli�Stati�membri�nel�senso�voluto�
dalla�Commissione.�

La�previsione�di�una�responsabilita�degli�Stati�per�errori�nell'accertamento�
dirisorsepropriedella�Comunita�,�avrebbedovutoessereoggettodiunaprecisa�
ed�inequivoca�disposizione,�non�certo�rinvenibile�nell'art.�10�CE.�

Ne�una�simile�disposizione�puo�ritenersi�ricompresa�nell'articolo�8�della�
decisione�94/728/Cee-EuratoM 
(applicabile�all'epoca�dei�fatti�di�causa,�in�
seguito�abrogata�dall'art.�10�della�decisione�2000/597/Ce/Euratom);�che�al�


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
797 


paragrafo 
1 
dispone 
�Le 
risorse 
proprie 
comunitarie 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
para-

grafo 
1, 
lettere 
a) 
e 
b), 
sono 
riscosse 
dagli 
Stati 
membri 
conformemente 
alle 


disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
nazionali, 
eventual-

mente 
adattate 
alle 
esigenze 
della 
normativa 
comunitaria. 
La 
Commissione 


procede, 
ad 
intervalli 
regolari, 
all'esame 
delle 
disposizioni 
nazionali 
che 
le 
ven-

gono 
comunicate 
dagli 
Stati 
membri, 
comunica 
agli 
Stati 
membri 
gli 
adatta-

menti 
che 
ritiene 
necessari 
per 
garantire 
che 
esse 
siano 
conformi 
alle 
normative 


comunitarie 
e 
riferisce 
all'autorita� 
di 
bilancio. 
Gli 
Stati 
membri 
mettono 
a 


disposizione 
della 
Commissione 
le 
risorse 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
paragrafo 
1, 
let-

tere 
da 
a) 
a 
d)�. 
Tale 
norma 
prevede 
infatti 
una 
sorta 
di 
�controllo 
permanente� 
da 
parte 


della 
Commissione 
delle 
disposizioni 
nazionali, 
allo 
scopo 
di 
verificarne 
la 
con-

formita� 
alla 
normativa 
comunitaria; 
nulla 
e� 
previsto 
pero� 
in 
tema 
di 
responsabi-
lita� 
degli 
Stati. 
Unasimileprevisioneavrebbepotutosemmaiessere 
contenutanelle 
dispo-
sizioni 
che 
in 
base 
al 
successivo 
paragrafo 
2(2) 
dovevano 
essere 
adottate 
dal 
Consiglio 
su 
proposta 
della 
Commissione 
per 
l'attuazione 
della 
stessa 
decisione 
e 
per 
disciplinare 
il 
controllo 
della 
riscossione 
nonche� 
la 
messa 
a 
disposizione 
della 
Commissione 
ed 
il 
versamento 
delle 
entrate 
di 
cui 
agli 
articoli 
2 
e 
5. 
Ma 
tale 
normativa 
non 
risulta 
essere 
stata 
emanata. 
La 
disposizionedell'articolo8 
sopra 
citatoe� 
riprodottapressoche� 
integral-
mente 
nella 
decisione 
2000/597/CE/Euratom 
(articolo 
8) 
che 
ha 
sostituitola 


n. 
94/728 
dal 
1 
gennaio 
2002 
(3). 
Anche 
l'articolo 
17 
del 
Reg.(Cee-Euratom) 
n. 
1552/89 
recante 
�applica-
zione 
della 
decisione 
88/376/CEE/Euratom 
relativa 
alsistema 
delle 
risorsepro-

(2) 
Il 
paragrafo 
2 
dispone: 
�Salvi 
restando 
la 
verifica 
dei 
conti 
ed 
i 
controlli 
di 
conformita� 
edi 
regolarita� 
previsti 
all'articolo 
188 
C 
del 
trattato 
che 
istituisce 
la 
Comunita� 
europea, 
che 
riguardano 
essenzialmente 
l'affidabilita� 
e 
l'efficacia 
dei 
sistemi 
e 
delle 
procedure 
nazionali 
di 
determinazione 
della 
baseperle 
risorseproprieprovenientidall'IVA 
e 
dalPNL 
efattisalvi 
icontrolli 
organizzatia 
norma 
dell'articolo 
209, 
lettera 
c), 
di 
questo 
trattato, 
il 
Consiglio, 
che 
delibera 
all'unanimita� 
su 
propo-
sta 
della 
Commissione 
e 
previa 
consultazione 
del 
Parlamento 
europeo, 
adotta 
le 
disposizioni 
necessa-
rio 
all'attuazione 
della 
presente 
decisione 
nonche� 
quelle 
relative 
al 
controllo 
della 
riscossione, 
alla 
messa 
a 
disposizione 
della 
Commissione 
e 
al 
versamento 
delle 
entrate 
di 
cui 
agli 
articoli 
2 
e 
5�. 
(3) 
L'articolo 
8 
della 
decisione 
2000/597 
prevede 
�1. 
Le 
risorseproprie 
delle 
Comunita� 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
paragrafo 
I, 
lettere 
a) 
e 
b) 
sono 
riscosse 
dagli 
Stati 
membri 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
nazionali, 
eventualmente 
adattate 
alle 
esigenze 
della 
nor-
mativa 
comunitaria. 
La 
Commissione 
procede, 
ad 
intervalli 
regolari, 
all'esame 
delle 
disposizioni 
nazionali 
che 
le 
sono 
comunicatedagliStatimembri, 
comunicaagliStatimembrigliadattamenticheritienenecessariper 
garantire 
che 
esse 
siano 
conformi 
alle 
normative 
comunitarie 
e 
riferisce 
all'autorita� 
di 
bilancio. 
Gli 
Stati 
membri 
mettono 
a 
disposizione 
della 
Commissione 
le 
risorse 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
para-
grafo 
1, 
lettere 
da 
a) 
a 
d). 
2. 
Fatti 
salvi 
la 
verifica 
dei 
conti 
e 
i 
controlli 
di 
conformita� 
e 
di 
regolarita� 
previsti 
dall'articolo 
248 
del 
trattato 
CE 
e 
dall'articolo 
160 
C 
del 
trattato 
Euratom, 
che 
riguardano 
essenzialmente 
l'affidabilita� 
e 
l'efficacia 
dei 
sistemi 
e 
delle 
procedure 
nazionali 
di 
determinazione 
della 
base 
per 
le 
risorse 
proprie 
provenienti 
dall'IVA 
e 
dal 
PXL, 
efatti 
salvi 
i 
controlli 
organizzali 
a 
norma 
dell'articolo 
279, 
lettera 
e). 
del 
trattato 
CE 
e 
dell'articolo 
183, 
lettera 
e), 
del 
trattato 
Euratom, 
il 
Consiglio, 
che 
delibera 
all'u-
nanimita� 
su 
proposta 
della 
Commissione 
e 
previa 
consultazione 
del 
Parlamento 
europeo, 
adotta 
le 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


prie�delle�Comunita��,�pure�invocato�dalla�Commissione�come�base�giuridica�a�

fondamento�dell'asserita�responsabilita�del�Governo�danese,�non�contiene�una�

espressa�previsione�al�riguardo.�
Ilparagrafo�2�dispone:�
�Gli�Stati�membrisono�dispensatidall'obbligo�dimettere�a�disposizione�della�

Commissione�gli�importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�soltanto�se�la�riscos-

sionenonabbiapotutoessereeffettuataperragionidiforzamaggiore.�Inoltre,�in�

casiparticolari,�gliStatimembrisonodispensatidalmettere�taliimportiadisposi-

zionedella�Commissione,�quando,�dopoattentoesamedituttiidatipertinentidel�

caso,�risultadefinitivamenteimpossibileprocedereallariscossionepermotiviche�

nonpotrebberoessereloroimputabili.�Questicasidebbonoesseremenzionatinella�

relazionedicuialparagrafo3,qualoragliimportisuperinoi10.000ECU,�conver-

titiinmonetanazionalealtasso�delprimogiornoferialedelmesed'ottobredel-

l'annocivileappenatrascorso;questarelazionedevecontenereun'indicazionedelle�

ragionichehanno�indottoloStatomembroanonmettereadisposizionegliimporti�

dicuitrattasi.�La�Commissionedisponediunterminediseimesipercomunicare,�

sedelcaso,�leproprieosservazionialloStatomembrointeressato�.�
Analoghe�disposizioni�sono�contenute�nell'articolo�17�del�Reg.(CE--

Euratom)�n.�1150/2000�(4),�recante��applicazione�della�decisione�94/728/CE/-

Euratom,�relativa�al�sistema�delle�risorse�proprie�della�Comunita�
(pubblicato 


nella 
Gazzetta�Ufficiale�C.E.�31�maggio�2000,�n.�L�130.�Entrato�in�vigore�il�

31�maggio�2000).�
Appare�evidente�come�la�normativa�sopra�indicata�presupponga�l'interve-

nuta�contabilizzazione�del�credito,�mentre�la�previsione�di�una�responsabilita�

dello�Stato�membro�e�limitata�ad�eventuali�inadempienze�nella�fase�di�riscos-

sione�dei�diritti�gia�accertati.�
La�norma�non�disciplina�pertanto�l'ipotesi�di�cui�si�discute�nella�presente�

causa,�in�cui�la�contabilizzazione�dei�diritti�non�sia�intervenuta�a�causa�di�un�

disposizioninecessarioall'attuazionedellapresentedecisione,�nonche�quellerelativealcontrollodella�
riscossione,�alla�messa�a�disposizione�della�Commissione�e�al�versamento�delle�entrale�di�cui�agli�arti-
coli2e�5�. 


(4) 
L'articolo 
17 
del 
Reg. 
1150/2000 
dispone 
ai 
paragrafi 
1 
e 
2 
�1.�Gli�Stati�membri�sono�
tenuti�a�prendere�tutte�le�misure�necessario�affinche�gli�importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�in�
conformita�dell'articolo�2�siano�messi�a�disposizione�della�Commissione�alle�condizionipreviste�dal�
presente�regolamento.�
2.�Gli�Stati�membri�sono�dispensati�dall'obbligo�di�mettere�a�disposizione�della�Commissione�gli�
importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�soltanto�se�la�riscossione�non�abbia�potuto�essere�effettuata�
perragionidiforzamaggiore.Inoltre,�incasiparticolari,gliStatimembrisonodispensatidalmettere�
taliimportiadisposizionedella�Commissione,�quando,�dopoattentoesamedituttiidatipertinenti�
delcaso,�risultadefinitivamenteimpossibileprocedereallariscossionepermotivichenonpotrebbero�
essere�loro�imputabili.�Questi�casi�debbono�essere�menzionati�nella�relazione�di�cui�al�paragrafo�3,�
qualora�gli�importi�superino�i�10.000�EUR,�convertiti�in�moneta�nazionale�al�tasso�nelprimo�giorno�
feriale�delmese�d'ottobre�dell'anno�civile�appena�trascorso;�questa�relazione�deve�contenere�un'indica-
zione�delle�ragioni�che�hanno�indotto�lo�Stato�membro�a�non�mettere�a�disposizione�gli�importi�di�cui�
trattasi.�La�Commissione�dispone�di�un�termine�di�sei�mesi�per�comunicare,�se�del�caso,�le�proprie�
osservazioni�allo�Stato�membro�interessato�. 

IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
799 


errore�delle�autorita��nazionali,�che�a�sua�volta�ha�dato�luogo�ad�una�decisione�
(della�Commissione)�di�esonero�dal�pagamento�dei�diritti�per�legittimo�affida-
mento�ai�sensi�dell'art.�220�paragrafo�2�del�Reg.(CEE)�2913/92.�

Tale�ultima�disposizione�prevede:�

�2.�Eccetto�i�casi�di�cui�all'articolo�217,�paragrafo�1,�secondo�e�terzo�
comma,�nonsiprocede�alla�contabilizzazione�aposteriori�quando: 
a)�la�decisione�iniziale�di�non�contabilizzare�i�dazi�o�di�contabilizzarli�aun�
livello�inferiore�all'importo�legalmente�dovuto�e��statapresa�in�base�a�disposizioni�
di�carattere�generale�successivamente�invalidate�da�una�decisione�giudiziaria;�

b)�l'importo�dei�dazi�legalmente�dovuto�non�e��stato�contabilizzato�per�un�
errore�dell'autorita��doganale,�che�non�poteva�ragionevolmente�essere�scoperto�
dal�debitore�avendo�questi�agito�in�buona�fede�e�rispettato�tutte�le�disposizioni�

previste�dalla�normativa�in�vigore�riguardo�alla�dichiarazione�in�dogana�.�

Maunavoltaesclusol'obbligodicontabilizzazionenonrisultapiu��applica-
bile�l'art.�17�paragrafo�2�del�Reg.�n.�1552/89�che,�come�si�e��detto,�presuppone�
l'avvenuta�registrazione.�

D'altro�canto�la�conferma�della�infondatezza�della�pretesa�della�Commis-
sione�e��data�proprio�dai�vari�tentativi�(l'ultimo�nel�1999,�tramite�una�proposta�
di�modifica�dell'articolo�2�del�Reg.�1552/89),�che�la�stessa�Commissione�ha�

posto�in�essere�a�partire�dal�1990,�per�introdurre�una�esplicita�previsionedi�
responsabilita��degli�Stati�membri�per�gli�errori�verificatisi�in�sede�di�accerta-

mento�di�risorse�proprie�della�Comunita��.�

Come�la�stessa�Commissione�riconosce�alpunto�22�della�sua�replica,�queste�
proposte�di�modifica�hanno�sempre�trovato�l'opposizione�di�gran�parte�degli�
Stati�membri.�

E�opportunoprecisare�che�non�si�tratta�di�una�difesa�diposizioni�diprivile-
gio�mediante�l'esclusione�di�qualsiasi�responsabilita��degli�Stati�per�gli�errori�
commessi.�

Come�la�stessa�Commissione�ha�precisato�nel�Documento�di�Lavoro�
BUDG/266/00�(paragrafo�4)��L'onerefinanziario�derivante�da�errori�ammini-
strativi,�quando�gli�Stati�membri�non�ne�assumono�le�responsabilita��individuali,�
e��distribuito�da�tutti�gli�Stati�membri�secondo�il�livello�dei�rispettivi�contributi�
fondati�sul�PNL�(la�quarta�risorsa)�. 


La�Commissione�pertanto�non�viene�a�subire�alcuna�effettiva�riduzione�
delle�sue�risorse.�Ilproblema�e��soltanto�se�le�conseguenze�degli�errori�delle�auto-
rita��nazionali�debbano�gravare�esclusivamente�sul�singolo�Stato�o�se�debbano�
invece�essere�poste�a�carico�di�tutti�gli�Stati.�

Comee��confermatodallastessaCommissione,lamaggiorpartedegliStati�

e��favorevole�alla�seconda�soluzione.�

D'altronde,�come�correttamente�evidenzia�il�Regno�di�Danimarca�nel�suo�
controricorso�(punto11),�laprimasoluzioneporterebbeaconseguenzespropor-
zionate�nei�confronti�dei�paesi�attraverso�i�quali�viene�importata�una�maggiore�
quantita��di�merci,�anche�destinate�ad�altri�Stati.�

PerisuddettimotiviilGoverno�italiano�chiedechela�Corteaccolgalecon-
clusioniformulate�dal�Regno�di�Danimarca.�
Roma,�24�settembre�2003�^Avvocato�dello�Stato�Gianni�De�Bellis�.�


800 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Causa 
C-493/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Commercio 
illegale 
sostanze 
stupefacenti 
-Estradizione 
-Art.�54�del�Trattato�di�Schengen�-
Principio�non 
bis 
in 
idem 
-Ordinanza�della�Cour 
d'appel 
(Francia),�
emessa�il�4�novembre�2003�e�notificata�l'8�gennaio�2004�(cs.�5566/04,�
avv.�dello�Stato�G.�Aiello).�

IL 
fattO 


I�fatti�imputati�al�sig.�Hiebler�riguardano�l'invio�di�sostanze�stupefacenti�
dagli�Stati�Uniti�in�Germania,�Paese�nel�quale�tali�sostanze�hanno�transitato�
prima�di�essere�convogliate�in�Italia,�destinazione�finale�dell'operazione;�si�
pone�quindi�la�questione�se�il�trasporto�e�la�vendita�di�una�stessa�quantita�
di�sostanze�stupefacenti�punibili�sia�in�Germania�sia�in�Italia,�debbano�essere�
considerati�come�un�solo�reato�o�come�reati�distinti.�

Si�pone,�altres|�,�la�questione�se�la�Francia,�Stato�destinatario�della�
richiesta�di�estradizione�dell'Italia,�possa�fondare�sull'art.�54�della�Conven-
zione�di�Schengen�il�diritto�di�rilevare�che�la�persona�ricercata�nell'ambito�
di�una�procedura�di�estradizione�da�un�altro�Stato�contraente,�lo�Stato�
italiano,�sia�gia�stata�condannata�con�sentenza�definitiva�per�gli�stessi�fatti�
in�un�terzo�Stato�contraente,�la�Repubblica�federale�di�Germania,�Stato�terzo�
al�procedimento�di�estradizione,�e�di�rifiutare�per�tale�ragione,�in�virtu�del�
principio��non 
bis 
in 
idem�,�di�concedere�l'estradizione.�

IquesitI 


1.�^Se�il�trasporto�e�la�vendita�di�una�stessa�quantita�di�sostanze�stupe-
facenti�debbano�essere�considerati�fattispecie�diverse�a�seconda�che�interven-
gano�all'interno�di�un�solo�Stato�membro�o�avvengano�da�uno�Stato�membro�
ad�un�altro.�
2.�^Se�l'importazione�in�uno�Stato�membro�di�una�stessa�quantita�di�
sostanze�stupefacenti�e�il�suo�trasporto�a�breve�termine�in�un�altro�Stato�
membro�costituiscano�una�stessa�fattispecie�o�fattispecie�differenti.�
3.�^Se�l'art.�54�della�Convenzione�di�Schengen�del�19�giugno�1990�auto-
rizzi�uno�Stato�membro�contraente�cui�sia�stata�rivolta�una�richiesta�di�estra-
dizione�ad�eccepire�il�principio��non 
bis 
in 
idem�,�sussistendo�i�presupposti�
di�applicazione�dello�stesso,�anche�qualora�la�condanna�definitiva�opposta�
per�bloccare�un'azione�penale�non�sia�stata�pronunciata�in�tale�Stato�ma�in�
un�altro�Stato�contraente.�
4.�^Se�il�divieto�stabilito�dalle�disposizioni�dell'art.�54�della�Conven-
zione�di�Schengen�si�opponga�all'esecuzione�di�una�sentenza�di�condanna�
pronunciata�in�uno�Stato�membro�prima�dell'entrata�in�vigore�della�detta�
convenzione.�
5.�^Se�la�fattispecie�di�reato�di�spaccio�di�quantita�non�minime�di�
sostanze�stupefacenti�illecite,�prevista�e�repressa�dalle�pertinenti�disposizioni�
tedesche�sugli�stupefacenti�tuteli�gli�stessi�interessi�giuridici�o�interessi�giuri-
dici�diversi�da�quelli�tutelati�dalla�figura�di�reato�di�importazione,�detenzione�
illecita�e�cessione�di�quantita�non�minime�e�in�parti�ingenti�di�sostanze�stupe-
facenti,�prevista�e�repressa�dalle�pertinenti�disposizioni�italiane�artt.�71,�72,�
74�commi�l,�n.�2,�e�2,�e�75�della�legge�italiana�22�dicembre�1975,�
n.�685/1975,�e�dagli�artt.�81,�56�e�110�del�codice�penale�italiano).�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�801 


NotA 


�Il�Ministero�della�Giustizia�informa�che�in�data�9�dicembre�2003�l'Ufficio�

II�della�Direzione�Generale�della�Giustizia�Penale�ha�richiesto�al�collaterale�

Ministero�Federale�della�Giustizia�tedesco�l'attestazione�dell'avvenuta�estinzione�

della�pena�irrogata�dal�Tribunale�degli�Scabini�presso�la�Pretura�di�Monaco�

contro�Hiebler�Andre�Rochus,�e�che,�a�riscontro�della�predetta�richiesta,�quel�

Ministero�con�nota�del�9�gennaio�2004,�ha�confermato�l'avvenuta�esecuzione�

della�pena�inflitta�allo�Hiebler.�

In�conseguenza�di�cio�in�data�23�gennaio�2004�l'ufficio�II�della�Direzione�

Generale�ha�disposto�il�ritiro�delle�domande�di�estradizione�avanzate�agli�Stati�

francese,�olandese�e�polacco,�nonche�la�revoca�della�diffusione�delle�ricerche�a�

livello�internazionale�del�soggetto�gia�estradando.�.�

Causa 
C-536/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^IVA 
^Impresa 
immobil
iare 
^Settore 
vendita 
(esente) 
e 
settore 
appalti 
(imponibile) 
^Volume 
degli 
affari 
^Calcolo 
percentuale 
di 
deduzione 
di 
IVA 
^Prorata 
di 
deduzione 



Art.19,n.�1Direttiva77/388/CEE^VIdirettiva^Ordinanzadel�Supremo�

Tribunal�Administrativo�(Portogallo),�emessa�il�22�dicembre�2003�e�notifi-

cata�il�9�febbraio�2004�(cs.�13179/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


La�controversia�verte�sulla�modalita�di�calcolo�della�percentuale�di�

deduzione�nel�sistema�comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto.�
La�societa�portoghese�ricorrente,�Antonio�Jorge�Lda,�dedita�all'esercizio�

di�attivita�di�edilizia�civile�e�di�opere�pubbliche,�propone�ricorso�avverso�la�

sentenza�del�Tribunale�tributario�di�primo�grado�che�ha�accolto,�in�parte,�

l'impugnazione�proposta�in�sede�giurisdizionale�avverso�la�decisione�che�

dispone�la�liquidazione�di�un�supplemento�di�IVA,�e�degli�interessi�compen-

sativi�relativi�agli�anni�dal�1994�al�1997,�da�parte�dell'impugnante,�addu-

cendo,�a�motivo�del�ricorso,�l'errore�tecnico�dell'Amministrazione�finanziaria�

nel�calcolo�delle�somme�dovute�dal�soggetto�passivo�a�titolo�di�IVA,�ai�sensi�

dell'art.�23,�n.�4,�del�CIVA.�
L'amministrazione�avrebbe,�infatti,�escluso�dal�denominatore�della�fra-

zione�di�cui�all'art.�19,�n.�1,�della�sesta�direttiva,�la�variazione�di�valore�alla�

produzione�o�delle�opere�in�corso�di�esecuzione,�ai�fini�del�calcolo�del�prorata

di�deduzione,�negando�in�tal�modo�alla�societa�edilizia�portoghese�il�diritto�

alla�deduzione�parziale�dell'IVA.�La�ricorrente�afferma�che�la�variazionedi�

valore�alla�produzione�o�delle�opere�in�corso�corrisponderebbe,�infatti,�ai�

costi�sostenuti�da�un'impresa�in�un�dato�esercizio�e�non�integrerebbe,�invece,�

il�concetto�di�volume�d'affari�annuo�cui�si�riferisce�l'art.�19�della�Direttiva�

77/388/CEE;�non�aggiungerlanel�calcolo�del�prorata�di�deduzione�significhe-

rebbe�imporre�alla�stessa�un�doppio�impiego�dei�costi,�dal�momento�che�si�

ridurrebbe�la�percentuale�di�deduzione�IVA�cui�essa,�soggetto�passivo,�

avrebbe�diritto.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�23,�n.�4,�del�CIVA�(codice�IVA),�vigente�in�Portogallo,�che�da�

attuazione�all'art.�19�della�Direttiva�77/388/CEE,�sia�compatibile�con�tale�

norma�qualora�sia�interpretato�nel�senso�che�ai�fini�del�calcolo�della�percen-

tuale�di�deduzione�IVA�(il�c.d.�prorata)�a�carico�del�detto�soggetto�si�debba�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

prendere�in�considerazione�nel�denominatore�della�frazione,�oltre�al�volume�

di�affari�annuo,�anche�il�valore�delle�opere�in�corso�alla�fine�di�ciascun�anno�

e�non�ancora�commercializzate,�a�seguito�dell'acquisizione�di�beni�e�servizi�

destinati�all'attivita�in�ambedue�i�settori�(le�c.d.�acquisizioni�di�immobilizza-

zioni).�Ovvero�nel�senso�di�prendere�in�considerazione�unicamente�il�volume�

degli�affari.�

Causa 
C-542/03 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
-Restituzione 
all'esport
azione 
-Prodotto 
diverso 
da 
quello 
dichiarato 
ma 
ad 
esso 
assimilato 
-
Regolamento�(CE)�n.�1222/1994�-Ordinanza�del�Bundesfinanzhof�
(Germania),�emessa�il�18�novembre�2003�e�notificata�il�4�maggio�2004�
(cs.�28135/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


Il�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�nella�quale�l'agenzia�

delle�dogane�di�Amburgo�ha�richiesto�il�rimborso�delle�restituzioni�all'espor-

tazione�concesse�alla�societa�Milupa�GmbH�&�Co.�KG,�sulla�considerazione�

che�la�dichiarazione�da�questa�rilasciata,�al�momento�dell'esportazione,�rela-

tiva�alle�merci�oggetto�di�scambio,�non�fosse�corretta.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�7,�n.�1,�primo�comma,�seconda�frase,�e�n.�5�del�regolamento�

n.�1222/1994,�vada�interpretato�nel�senso�che�l'interessato�non�ha�diritto�alla
concessione�di�una�restituzione�all'esportazione,�qualora�per�la�produzione�

della�merce�esportata�non�sia�stato�utilizzato�il�prodotto�da�lui�stesso�dichia-

rato,�bens|�un�altro�prodotto,�sebbene,�ai�sensi�dell'art.�1,�n.�2,�lett.�c),�primo�

trattino,�e�lettera�f),�primo�trattino,�del�detto�regolamento,�entrambi�i�pro-

dotti,�il�latte�scremato�fresco�e�quello�concentrato,�siano�assimilati�al�latte

scremato�in�polvere�del�tipo�individuato�nell'allegato�A.�

Cause 
C-544/03 
e 
C-545/03 
(domande 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Imposta 
su 
infrastrutture 
di 
comunicazioni 
mobili 
e 
personali 
^Libera 
prestazione 
dei 
servizi 
^Art.�49�CE�^Nozione�di��restrizione��di�cui�all'art.�3-quater�
della�direttiva�90/388/CEE�inserito�dalla�direttiva�96/2/CE�^Sentenze�
del��Conseil�d'Etat��(Belgio)�emesse�il�giorno�8�dicembre�2003,�notificate�
il�17�marzo�2004�(cs.�20808�e�20809/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


In�entrambi�i�ricorsi,�promossi�da�due�distinte�societa�(S.A.Mobistar�e�

Belgacom�Mobile�SA),�si�richiede�l'annullamento�del�regolamento�tributario�

che�ha�istituito:�a)�nel�Comune�di�Fle�ron�un'imposta�sui�tralicci,�pali�ed�

antenne�di�diffusione�per�GSM,�e�b)�nel�Comune�di�Schaerbeek,�un'imposta�

sulle�antenne�esterne�(paraboliche�e�ripetitori�GSM�o�di�altro�tipo).�
Le�ricorrenti,�per�quanto�qui�interessa,�fanno�riferimento�all'art.�49�CE,�

che�vieta�ogni�restrizione�alla�libera�prestazione�dei�servizi,�e�che�si�pone�

come�fondamento�primo�della�direttiva�96/2/CE,�e�richiamano,�altres|�

l'art.�3-quater�della�direttiva�90/388/CEE�che�richiede�agli�Stati�membri�di�

provvedere��affinche�sia�rimossa�ogni�restrizione�per�i�gestori�dei�sistemi�di�

comunicazioni�mobili�e�personali�in�relazione�all'installazione�delle�loro�infra-

strutture...�;�le�ricorrenti�ritengono�che�i�regolamenti�tributari�impugnati�rap-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�803 


presentino�una�restrizione�allo�sviluppo�delle�loro�reti�di�telefonia�e�teleco-

municazioni�mobili�e�che�la�tassa�contestata�rientri�nella�categoria�finanzia-

ria�delle�restrizioni�vietate.�
Da�parte�loro�i�Comuni�convenuti�ritengono�che�il�termine�restrizione,di�

cui�al�precitato�art.�3-quater,�si�riferisca�esclusivamente�alle�restrizioni�tecni-

che�della�possibilita�per�i�gestori�di�sistemi�di�comunicazioni�mobili�e�perso-

nali�di�dotarsi�di�infrastrutture�proprie.�
Il�giudice�a�quo�ritiene�che�per�valutare�se�i�regolamenti�tributari�impu-

gnati�siano�o�meno�contrari�alla�direttiva�96/2/CE,�laddove�essa�vieta�le�

restrizioni�allo�sviluppo�delle�reti�di�comunicazioni�mobili,�occorre�chiarire�

la�nozione�di��restrizione�,�peraltro�non�definita�ne�all'art.�1�ne�all'art.�3-qua-

ter�della�direttiva�90/388/CEE.�Egli�esprime�il�ragionevole�dubbio�che�

l'art.�3-quater�possa�riguardare�anche�misure�fiscali�applicabili�alle�infrastrut-

ture�di�comunicazioni�mobili�e,�pertanto,�rimette�alla�Corte�le�questioni�pre-

giudiziali�sopra�indicate.�

IquesitI 


1.��Se�l'art.�49�CE�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�esso�osta�a�
una�normativa�di�un'autorita�nazionale�o�di�un�ente�locale�che�introduca�

un'imposta�sulle�infrastrutture�di�comunicazioni�mobili�e�personali�utilizzate�

nell'ambito�dello�sfruttamento�delle�attivita�previste�nelle�licenze�e�nelle�auto-

rizzazioni;�

2.��se�l'art.�3-quater�della�direttiva�90/388/CEE,�nella�parte�in�cui�
riguarda�la�rimozione�di��ogni�restrizione�,�osti�a�una�normativa�di�un'auto-

rita�nazionale�o�di�un�ente�locale�che�introduca�un'imposta�sulle�infrastrut-

ture�delle�attivita�previste�nelle�licenze�ed�autorizzazioni.�

Causa 
C-1/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Procedura 
di 
insolvenza 
^Apertura 
della 
procedura 
^Giudice 
competente 
^Trasferimento 
del 
cent
ro 
degli 
interessi 
principali 
del 
debitore 
^Art.�3,�n.�1,�primo�periodo,�

Regolamento�(CE)�n.�1346/00�^Ordinanza�del��Bundesgerichtshof��

(Germania)�emessa�il�27�novembre�2003,�notificata�il�2�marzo�2004�

(cs.�14785/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�situazione,�oggetto�della�causa�controversa,�configura�una�fattispecie�

non�disciplinata�dall'art.�3�del�Regolamento�(CE)�del�Consiglio�29�maggio

2000,�n.�1346,�che�individua�le�regole�di�definizione�della�competenza�del�giu-

dice�relativamente�all'apertura�di�una�procedura�di�insolvenza�a�livello�inter-

nazionale,�in�quanto�al�paragrafo�1,�primo�periodo,�afferma�che��sono�com-

petenti�adaprire�laprocedura�di�insolvenza�igiudicidello�Stato�nel�cui�territorio�

e�situato�il�centro�degli�interessi�principali�del�debitore�.�

Per�l'individuazione�della�nozione�di��centro�degli�interessi�principali�,�il�

tredicesimo�considerando�del�medesimo�Regolamento�afferma�che�per�esso�

�si�dovrebbe�intendere�il�luogo�in�cui�il�debitore�esercita�in�modo�abituale�e,�per-

tanto,�riconoscibile�dai�terzi,�la�gestione�dei�suoi�interessi�.�

Nel�caso�di�specie�la�debitrice,�esercente�a�titolo�di�impresa�individuale�

attivita�di�commercio�di�apparecchi�ed�accessori�di�telecomunicazione,�pre-

sentava�domanda�di�apertura�del�procedimento�di�insolvenza�sul�proprio�

patrimonio�e�trasferiva,�poi,�il�centro�dei�suoi�interessi�principali�in�un�altro�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Stato�membro�prima�che�fosse�adottata�la�decisione�definitiva�sull'apertura�

del�procedimento,�piu�precisamente,�nel�periodo�intercorrente�tra�il�momento�

di�presentazione�della�domanda�di�apertura�del�procedimento�al�giudice�di�

primo�grado�(6�dicembre�2001)�e�quello�dell'impugnazione�della�decisione�

del�Tribunale�che�respingeva�tale�domanda�(10�aprile�2002).�

IL 
quesitO 


Se�il�giudice�dello�Stato�membro�in�cui�sia�stata�proposta�la�domanda�di�

avvio�del�procedimento�di�insolvenza�resti�competente�a�decidere�in�merito�

all'apertura�del�procedimento�di�insolvenza�quando�il�debitore,�successiva-

mente�alla�proposizione�della�domanda�ma�anteriormente�all'apertura�del�

procedimento�stesso,�abbia�trasferito�il�centro�dei�propri�interessi�principali�

nel�territorio�dell'altro�Stato�membro;�ovvero�se�la�competenza�venga�trasfe-

rita�al�giudice�dello�Stato�membro�di�destinazione.�

Cause 
C-3/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Nozione 
di 
agente 
comm
erciale 
^Contratti 
di 
agenzia 
^Noleggio 
di 
una 
nave 
^Intermediario 
intervenuto 
nella 
conclusione 
di 
un 
unico 
contratto 
prorogato 
ogni 
anno 
^
Direttiva�86/653/CEE�^Ordinanza�del��Rechtbank��(Paesi�Bassi)�
emessa�il�10�dicembre�2003,�notificata�il�18�febbraio�2004�(cs.�16798/04,�
avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Nel�caso�di�specie�la�societa�Poseidon�(ricorrente),�faceva�da�intermedia-

ria�nel�noleggio�della�nave��Harns�,�successivamente�ribattezzata�

�Marianne�,�di�proprieta�della�societa�armatrice��Marianne��(convenuta),�

cor�la�societa�Maritramp.�Tranne�che�in�due�occasioni�dimostrabili�le�tratta-

tive�annuali�riguardo�alla�proroga�del�contratto�di�noleggio�sono�state�spesso�

condotte�direttamente�tra�la�Marianne�e�la�Maritramp.�La�ricorrente�trascri-

veva�il�risultato�delle�trattative�annuali�relative�alla�proroga�del�time-charter 


(noleggio�a�tempo)�in�una�cosiddetta�clausola�aggiuntiva.�Essa�dal�1994�al�

2000�ha�ricevuto�una�provvigione�(commissione)�pari�al�2,5%�del�nolo�per�il

time-charter,�ed�un�corrispettivo�(separato)�per�curare�la�parte�amministra-

tiva�relativa�alle�retribuzioni�del�personale�di�bordo�dell'impresa�armatrice�

convenuta.�
La�Poseidon�nella�domanda�giudiziale�chiede�un�risarcimento�dei�danni�

in�quanto,�con�riguardo�al�contratto�di�agenzia,�non�e�stato�osservato�il�ter-

mine�di�preavviso�previsto�dalla�legge�ed�essa�ha�perso�la�commissione.�Inol-

tre,�la�Poseidon�chiede�il�pagamento�di�un'indennita�di�clientela�e�infine�un�

risarcimento�per�le�attivita�amministrative�per�le�retribuzioni�del�personale�

di�bordo,�che�non�rientrano�nell'asserito�contratto�di�agenzia.�La�parte�piu�

consistente�della�pretesa�viene�fondata�sulla�sussistenza�di�un�contrattodi�

agenzia�tra�le�parti.�
La�societa�armatrice�convenuta�contesta�tale�domanda.�Per�essa�non�

sussisterebbe�un�contratto�di�agenzia.�Come�si�evince�dalla�formulazione�del-

l'art.�7:428�del�codice�civile�olandese�elemento�caratteristico�di�un�contratto�

di�agenzia�e�che�durante�un�certo�periodo�venga�effettuata�una�intermedia-

zione�ai�fini�della�conclusione�dei�contratti�e�che�per�tale�intermediazione�

sia�pagato�un�compenso.�Nella�fattispecie�la�Poseidon�ha�effettuato�l'interme-

diazione�esclusivamente�per�la�conclusione�di�un�contratto,�vale�a�dire�il�con-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�805 


tratto�di�noleggio,�che�e�stato�piu�volte�prorogato.�Cio�non�costituirebbe�

intermediazione�ai�sensi�del�suindicato�articolo�del�codice�civile,�in�quanto�

in�un�contratto�di�agenzia�la�quantita�dei�contratti�per�i�quali�si�effettua�l'in-

termediazione�e�un�elemento�centrale.�Secondo�la�convenuta�l'affermazione�

della�ricorrente�che�il�contratto�di�noleggio�e�stato�prorogato�annualmente�

con�la�sua�mediazione�non�appare�veritiera,�in�quanto�la�ricorrente�si�limi-

tava�soltanto�a�mettere�per�iscritto,�in�una�clausola�aggiuntiva,�il�risultato

delle�trattative.�La�preparazione�di�una�clausola�aggiuntiva�rientra,�a�giudizio�

della�convenuta,�nella�prestazione�di�servizi�amministrativi�e�non�ha�nulla�a

che�vedere�con�attivita�di�intermediazione,�permanente�e�non�occasionale,�

ovvero�di�agenzia.�

IquesitI 


1.��Se�si�tratti�di�un�agente�commerciale,�ai�sensi�della�direttiva�
86/653/CEE,�nel�caso�di�un�intermediario�indipendente�che�e�intervenuto�

nella�conclusione�di�un�unico�contratto�(charter 
di�una�nave�o�noleggio)�

(e�non�di�molteplici�contratti),�prorogato�ogni�anno�e�in�cui,�relativamente�

alla�proroga�del�noleggio,�le�trattative�sono�state�condotte�dal�proprietario�

della�nave�e�da�un�terzo�(tranne�che,�per�il�periodo�1994-2000,�nel�1999)�e�il�

loro�risultato�e�messo�per�iscritto�in�una�clausola�aggiuntiva�ad�opera�dell'in-

termediario;�

2.��se�per�la�soluzione�alla�questione�1�sia�inoltre�rilevante,�laddove�sia�
necessario�valutare�se�si�tratti�di�un�contratto�di�agenzia,�che�sia�stato�pagato�

per�anni�un�compenso�(provvigione)�pari�al�2,5%�del�nolo�e/o�che�nell'art.�7,�

n.�1,�della�direttiva�si�menziona�una��operazione�(...)�conclusa��e�che�sussiste�
un�diritto�alla�provvigione��quando�l'operazione�e�stata�conclusa�con�un�

terzo�che�[l'intermediario]�aveva�precedentemente�acquisito�come�cliente�per�

operazioni�dello�stesso�tipo�;�

3.��se�per�la�soluzione�della�questione�1�sia�rilevante�che�nell'art.�17�
della�direttiva�si�parli�di��clienti��e�non�di�cliente.�

Causa�C-39/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Imposte�sulle�societa�-
Credito�d'imposta�per�la�ricerca�-Residenza�-Restrizioni�alla�libera�pres
tazione�dei�servizi�-Art.�49�CE�-Sentenza�del�Tribunal 
Administratif 
di�Digione�(Francia),�emessa�il�2�dicembre�2003,�notificata�il�10�marzo�
2004�(es.�18123/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


La�societa�francese�SA�Laboratoires�Fournier,�con�sede�a�Cheno�ve�

(Co�te�d'Or)�chiede�al�Tribunale�di�dichiarare�lo�sgravio�delle�maggiorazioni�

d'imposta�sulle�societa�cui�e�stata�assoggettata�per�gli�esercizi�1995�e�1996,�

oltre�ai�relativi�interessi�di�mora,�con�condanna�dello�Stato�a�versarle�23�920�

F�ai�sensi�dell'art.�L761-1�del�codice�di�giustizia�amministrativa�e�100�F�a�titolo�

rimborso�affrancatura.�
Detta�societa�di�produzione�e�vendita�di�specialita�farmaceutiche�fu�

oggetto�di�verifica�contabile�tra�il�20�gennaio�1998�e�il�1�dicembre�1998�rela-

tiva�al�periodo�1.�gennaio�1995�-31�dicembre�1996,�in�esito�alla�quale�le�veni-

vano�notificati�avvisi�d'accertamento�relativi�al�credito�d'imposta�per�la�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ricerca�di�cui�aveva�beneficiato�con�riguardo�all'imposta�sulle�societa�per�il�

summenzionato�periodo;�a�seguito�di�tali�avvisi�la�tesoreria�di�Cheno�ve�ema-

nava,�in�data�30�settembre�1999,�avviso�di�liquidazione.�
La�societa�proponeva�opposizione�il�4�febbraio�2000,�respinta�il�

25�luglio�dell'anno�seguente.�La�societa�chiedeva�lo�sgravio�delle�maggiora-

zioni�d'imposta�sulle�societa�nonche�gli�interessi�di�mora�risultanti�dagli�

avvisi.�
Il�punto�e�la�conformita�delle�disposizioni�fiscali�applicabili�alle�disposi-

zioni�di�cui�all'art.�49�CE.�

IquesitI 


1.�^Se�le�disposizioni�del�codice�generale�delle�imposte,�nella�parte�in�cui�
riservano�alle�operazioni�di�ricerca�compiute�in�Francia�il�beneficio�di�un�

credito�di�imposta�per�la�ricerca,�siano�in�contrasto�con�le�disposizioni�di�

cui�all'art.�49�CE;�

2.�^in�caso�di�risposta�affermativa�alla�prima�questione,�occorre�accer-
tare�se�la�condizione�secondo�cui�le�operazioni�di�ricerca�previste�dalle�dette

disposizioni�devono�essere�realizzate�in�Francia�sia�in�linea�con�il�principio�

di�coerenza�dell'imposta�sulle�societa�e�consenta,�pertanto,�di�derogare�alle�

disposizioni�di�cui�all'art.�49�CE.�

Cause 
C-40/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Libera 
circolazione 
delle 
merci 
^Restrizioni 
quantitative 
e 
misure 
ad 
effetto 
equivalente 
^
Requisiti 
di 
sicurezza 
di 
macchinari 
^Artt.�10,�28�e�30�CE�^Direttiva�
98/37/CE�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�emessa�il�30�gennaio�
2004�dalla�Corte�Suprema�finlandese,�notificata�il�25�marzo�2004�
(cs.�22621/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Il�giudizio�e�sorto�a�seguito�di�ricorso�in�cassazione�presentato�dal�diret-

tore�generale�e�rappresentante�di�una�societa�finlandese�avverso�la�sentenza�

che�lo�condannava�per�i�reati�di�violazione�della�sicurezza�sul�lavoro�e�lesione�

colposa,�per�aver�omesso�di�controllare�che�un�macchinario�munito�del�mar-

chio�CE,�importato�dalla�Francia�dalla�societa�da�lui�diretta�e�successiva-

mente�messo�in�circolazione�ed�impiegato�sul�lavoro,�risultato�difettoso�al�

punto�da�cagionare�un�grave�infortunio�ad�un�lavoratore,�fosse�stato�proget-

tato�e�fabbricato�in�conformita�alle�vigenti�disposizioni�in�materia.�
Nel�ricorso�si�contesta,�fra�l'altro,�la�legittimita�della�normativa�nazio-

nale�vigente�per�contrasto�con�le�su�richiamate�disposizioni�di�diritto�comuni-

tario,�il�che�ha�indotto�il�giudice�di�rinvio�a�sollevare�la�questione�oggetto�

del�presente�giudizio�pregiudiziale.�

IquesitI 


1.��Quali�limitazioni�pone�il�diritto�comunitario,�tenendo�conto�spe-
cialmente�della�direttiva�98/37/CEE�nonche�degli�artt.�28�e�30�del�Trattato�

CE,�agli�obblighi�che�il�diritto�nazionale�puo�imporre�all'importatore�(o�ad�

un�altro�distributore)�di�una�macchina�munita�della�marcatura�CE,�con�

riguardo�alle�caratteristiche�relative�alla�sicurezza�della�macchina�
�prima�di�un'ulteriore�vendita�e�
�dopo�la�medesima.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�807 


2.��Si�spera�in�particolare�che�venga�chiarito:�
a)�in�quale�estensione�ed�a�quali�condizioni�gli�obblighi�di�azione�e�di�
controllo�posti�a�carico�dell'importatore�(o�altro�distributore)�di�una�mac-

china�munita�della�marcatura�CE�in�rapporto�alla�sicurezza�della�macchina�

stessa�possano�considerarsi�leciti�sotto�il�profilo�del�diritto�comunitario;�
b)�se�ed�in�quale�misura�la�valutazione,�in�rapporto�al�diritto�comuni-

tario,�degli�obblighi�posti�a�carico�dell'importatore�(o�di�altro�distributore)�

dipenda�dalla�questione�di�quali�lacune�concernenti�la�sicurezza�della�mac-

china�si�tratti;�
c)�se�ed�in�caso�di�risposta�affermativa,�in�quale�misura�il�disposto�

dell'art.�40�della�tyo�turvallisuuslaki�di�cui�al�punto�10�supra�sia�in�contrasto�

con�il�diritto�comunitario,�tenuto�conto�delle�conseguenze�di�diritto�penale�e�

relative�all'obbligo�di�risarcimento�dei�danni�descritte�ai�punti�12-15�supra,�

che�derivano�dall'inosservanza�del�disposto�medesimo.�

Causa 
C-41/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
-IVA 
-Pacchetto 
software 
-
Installazione 
-Cessione 
di 
bene 
o 
prestazione 
di 
servizio 
-Artt.2,n.1,5,n.1,6,�
n.1,9,n.1,�sestadirettiva77/388/CEE-Sentenzadella�HogeRaadderNeder-
lander,�emessa�il�30�gennaio�2004�dalla�Corte�di�Cassazione�dei�Paesi�Bassi�e�
notificatail17�marzo2004(es.�24430/04,avv.delloStatoG.DeBellis).�

IL 
fattO 


Giudizio�sorto�a�seguito�dell'impugnazione�da�parte�di�una�societa�

(Levob�Verzekeringen�B�V,�O.V.�Bank�N.V.,�C.s.�con�sede�in�Amersfoort)�

della�sentenza�della�Corte�d'Appello�che�aveva�rigettato�il�suo�ricorso�conil�

quale�chiedeva�l'annullamento�dell'avviso�di�rettifica�IVA�notificatele�dall'au-

torita�fiscale�(Belastingdienst�Grote�Ondermemingen�di�Amsterdam,�de�Inspec-

teur),�convenuta�nella�causa�principale,�per�aver�acquistato�da�una�ditta�ame-

ricana�un�pacchetto�software,�successivamente�adattato�alle�proprie�esigenze�

specifiche,�senza�aver�denunziato�nessun�importo�nella�dichiarazione�IVA.�
Ad�avviso�della�societa�ricorrente,�infatti,�la�fornitura�del�software�

doveva�qualificarsi�come�cessione�di�un�bene�e,�dal�momento�che�era�avve-

nuta�in�territorio�estero,�vale�a�dire�negli�Stati�Uniti,�non�poteva�essere�

assoggettata�ad�imposta�nei�Paesi�Bassi.�Al�piu�,�sostiene�in�subordine�la�

societa�ricorrente,�si�potrebbe�ritenere�che�vi�sono�state�due�prestazioni

distinte,�la�cessione�di�un�bene�(il�pacchetto�software)�e�la�fornitura�di�un�

servizio�(la�configurazione�del�pacchetto�informatico),�nel�qual�caso�solo�la�

seconda�andrebbe�assoggettata�ad�IVA�essendo�la�prima,�come�predetto,�

avvenuta�fuori�del�territorio�olandese.�Nella�prima�ipotesi,�l'avviso�di�retti-

fica�sarebbe�integralmente�illegittimo,�nella�seconda,�solo�nella�parte�riguar-

dante�la�cessione�del�pacchetto�software.�
La�Corte�d'Appello�ha�tuttavia�rigettato�detta�tesi�sul�presupposto�che�la�

societa�ricorrente�avrebbe�acquistato�l'intero�pacchetto�informatico�nei�Paesi�

Bassi�nel�momento�in�cui�esso�le�e�stato�messo�a�disposizione�mediante�

adattamento�alle�sue�esigenze�specifiche,�dichiarando�che�l'IVA�era�dovuta�

sull'intero�corrispettivo�da�essa�pagato.�
Avverso�la�sentenza�della�Corte�d'Appello�la�Societa�ricorrente�ha�

proposto�ricorso�in�Cassazione�e�nell'ambito�di�detto�giudizio�quest'ultimo�

giudice�ha�sollevato�i�quesiti�pregiudiziali�oggetto�della�presente�causa.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

IquesitI 


1.�^Se�la�sesta�direttiva�IVA�(artt.�2,�n.�1,�5,�n.�1,�e�6,�n.�1)�debba�essere�
intesa�nel�senso�che�un�pacchetto�software 
(programma�standard 
per�compu-

ter�cos|�come�elaborato�e�immesso�sul�mercato�dal�titolare�della�licenza)�e�

l'installazione�e�le�altre�prestazioni�di�servizi�(successivi�adattamenti�del�

medesimo�programma�in�base�alle�esigenze�dell'acquirente)�debbano�essere�

considerate�un'unica�prestazione�o�come�diverse�prestazioni�da�tenere�

distinte�ai�fini�IVA.�

2.�^In�secondo�luogo,�se�la�cessione�del�software 
su�un�supporto�magne-
tico�(CD�Rom�o�nastri�magnetici)�debba�essere�considerata�alla�stregua�di�

una�cessione�di�un�bene�o�di�una�prestazione�di�un�servizio�e�in�quest'ultimo�

caso�in�quale�luogo�tale�servizio�deve�intendersi�prestato�(art.�9,�n.�1,�della�

direttiva).�

Causa�C-43/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Produttori�agricoli-
Regime�comune�forfetario�-Imposte�sulla�cifra�d'affari�-Attivita�privatis
tiche�dei�pubblici�poteri�-Esenzione�del�pagamento�dell'imposta�sulla�
cifra�d'affari�-Regime�delle�operazioni�extra-agricole�-Direttiva�
77/388/CEE�(sesta�direttiva�IVA)�-Art.�25�-Ordinanza�del�Bundesfi-
nanzhof 
(Germania),�emessa�il�27�novembre�2003�nella�causa�Finanzamt 
Arnsberg 
contro�Comune�di�Sundern,�notificata�il�10�marzo�2004�(cs.�
19474/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


Nel�caso�in�specie,�il�Comune�(ricorrente�in�primo�grado�e�convenuto�in�

Cassazione)�possiede�superfici�forestali�per�le�quali�ha�percepito,�nel�periodo

1994-99,�entrate�derivanti�da�vendite�di�legname�e�sfruttamento�delle�aree�

forestali,�nonche�da�affitti�dei�propri�comprensori�di�caccia�che�ha�trattato�

come�soggette�al�regime�forfetario�previsto�dalla�legge�tedesca�e�percio�non�

dichiarato�ai�fini�dell'imposta�sulla�cifra�d'affari.�Il�Finanzamt 
(Ufficio�finan-

ziario)�ha�contestato�in�sede�di�verifica�d'ufficio,�e�poi�sostenuto�nei�giudizi�

che�ne�sono�seguiti,�che�le�citate�cessioni�non�dovevano�essere�annoverate

tra�le�operazioni�a�carattere�agricolo�bens|�dovevano�essere�assoggettate�ad�

imposta�in�base�alle�norme�generali�e�quindi�ad�aliquota�ordinaria.�
Il�Finanzgericht 
(Tribunale�finanziario)�ha�accolto�la�tesi�del�ricorrente,�

ma�tale�decisione�e�stata�impugnata�dall'amministrazione�procedente�conte-

stando�che�la�nozione�di�azienda�agro-forestale�si�determina�sulla�base�dei�

principi�giuridici�in�materia�di�imposte�sul�reddito.�La�cessione�in�affitto�di�

aree�venatorie�sarebbe�cos|�assoggettata�all'imposta�ordinaria.�

IquesitI 


1.�^Se�gli�Stati�membri�che�hanno�trasposto�nel�loro�ordinamento
interno�il�regime�comune�forfetario�per�i�produttori�agricoli,�previsto�dal-

l'art.�25�della�suddetta�direttiva,�siano�in�definitiva�legittimati�od�obbligati�ad�

esonerare�gli�agricoltori�forfetari�dal�pagamento�di�imposte�sulla�cifra�d'affari;�

2.�^in�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 
1),�se�cio�valga�
soltanto�per�le�forniture�di�prodotti�agricoli�e�per�le�prestazioni�di�servizi�

agricoli�od�anche�per�altre�operazioni�effettuate�dall'agricoltore�forfetario,�

oppure�se�le�operazioni�di�altro�tipo�siano�sottoposte�alla�disciplina�generale�

dettata�dalla�suddetta�direttiva.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�809 


Causa�C-46/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Imposta�di�registro�-
Fusione�per�incorporazione�di�societa�-Direttiva�69/335/CEE�-Libera�
circolazione�dei�capitali�-Ordinanza,�notificata�l'8�aprile�2004,�della�

Corte�Suprema�di�Cassazione�(Italia).�(ct.�19476/04,�avv.�dello�Stato�G.�

De�Bellis).�

IL 
fattO 


La�questione�si�e�posta�quando�una�societa�italiana�ha�chiesto�il�rim-

borso�dell'imposta�proporzionale�di�registro�versata�in�sede�di�registrazione�

dell'atto�di�fusione�con�due�altre�societa�adducendo�il�contrasto�della�norma-

tiva�nazionale�con�quella�comunitaria�contenuta�nella�direttiva�69/335/CEE�

(e�successive�modifiche�ed�integrazioni).�
Al�riguardo,�la�societa�ha�fatto�osservare�che,�avendo�la�direttiva�CEE,�

al�fine�di�promuovere�la�liberta�di�circolazione�dei�capitali�e�di�creare�una�

unione�economica�avente�caratteristiche�analoghe�a�quelle�di�un�mercato�

interno,�disposto�la�soppressione�delle�imposte�sino�ad�allora�vigenti�negli�

Stati�membri�e�l'applicazione,�al�loro�posto,�di�un'imposta�riscossa�una�sola�

volta�nel�mercato�comune�e�di�uguale�livello�in�tutti�gli�Stati�membri,�la�

fusione�inversa,�che�si�verifica�quando�la�societa�incorporanda�detiene�l'in-

tero�capitale�sociale�della�societa�incorporante,�e�una�operazione�meritevole�

di�tutela�in�quanto�comporta�certamente�un�rafforzamento�del�potenziale�

economico�della�societa�incorporante.�

IL 
quesitO 


Se�una�societa�che�incorpora�una�o�piu�societa�mediante�fusione�sia�

tenuta,�in�base�alla�normativa�comunitaria,�al�pagamento�dell'imposta�di�

registro.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
ItalianO 


�(omissis)�12.�^Il�Governo�italiano�ritiene�che�l'operazione�la�cui�tassabi-

lita�e�sottoposta�all'esame�della�Corte�di�Cassazione,�debba�essere�considerata�

equivalente�alla�``fusione�impropria'',�in�relazione�alla�quale�e�stata�gia�emessa�

la�citata�sentenza�A.�

13.�^AnchenelcasodellafusioneA.�T.-F.�G.�infatti,nonsie�procedutoad�
alcun�aumento�del�capitale�sociale.�

14.�^A�tale�riguardo�occorre�ricordare�che�nella�sentenza�A.�la�Corte�
affermo�inprimoluogo�che�``perrientrarenell'ambitodiapplicazionedelladiret-

tiva,�l'operazioneconsideratadevepotersiricollegareaunadellefattispeciepre-

viste�all'art.�4�cuifa�riferimento�l'art.�10,�lett.�a)�e�b),�della�direttiva.�A�cio�va�

aggiunto�il�divieto,�enunciato�all'art.�10,�lett.�c),�della�direttiva,�di�assoggettare�

ad�imposta�la�registrazione�o�qualsiasi�altra�formalita�preliminare�all'esercizio�

di�un'attivita�alla�quale�una�societa�puo�essere�sottoposta�in�ragione�della�sua�

forma�giuridica''�(punto�21).�

15.�^Conseguentemente�nell'esaminare�se�la�fattispecie�rientrava�in�una�
delle�ipotesi�suddette�affermo�che�``un'operazione�di�fusione�ad�opera�di�una�

societa�che�gia�detiene�la�totalita�delle�azioni�e�delle�quote�delle�societa�incorpo-

rate�non�comporta�un�aumento�del�capitale�sociale�della�stessa�societa�e�non�

rientra,�pertanto,�nella�previsione�dell'art.�4,�n.�1,�lett.�c),�della�direttiva''�

(punto�22).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

16.�^La�Cortehapoiescluso�chel'ipotesidifusione�``impropria''rientrasse�
nelle�altrefattispeciepreviste�dall'articolo�4�nonche�dall'articolo�10�della�diret-
tiva�n.�69/335/CEE.�
17.�^Poiche�e�indiscusso�tra�le�parti�che�nel�caso�in�esame�non�vi�e�stato�
aumento�del�capitale�sociale,�anche�l'operazione�difusione�``inversa''�non�rientra�
nelle�ipotesi�previste�dall'articolo�4,�n.�1,�lett.�c),�della�direttiva�n.�69/335/CEE.�
18.�^Per�il�resto�l'operazione�non�rientra�neanche�nelle�altre�fattispecie�
previste�dall'articolo�4�nonche�dall'articolo�10�della�direttiva�n.�69/335/CEE,�
per�cui�occorrera�pervenire�alle�medesime�conclusioni�della�causa�A.�

19.�^Adanaloghirisultatisipervieneancheesaminando�la�questionesotto�
ilprofilodegliscopiperseguitidalladirettivan.�69/335/CEE.�
20.�^A�tale�riguardo�occorre�considerare�che�il�legislatore�comunitario�ha�
voluto�favorire�(come�precisato�nella�sentenza�13�febbraio�1996�in�causa�C-
197/1994e252/1994alpunto36),�leoperazionidiraccoltadelcapitale,�consi-
stenti�``nel�rafforzamento�di�un'altra�societa�gia�esistente,�la�societa�assorbente,�
il�cui�capitale�risulta�maggiorato�del�conferimento�ef
ffettuato�dagli�azionisti�
della�societa�assorbita''.�
21.�^Orbene,�nel�caso�di�``fusione�inversa'',�analogamente�al�caso�di�
�fusione�impropria�,�non�si�verifica�alcun�rafforzamento�del�potenziale�econo-
mico�della�societa�.�
22.�^Se�si�guarda�all'esito�complessivo�della�operazione�difusione,�risulta�
infatti�evidente�come�non�si�configuri�alcun�arricchimento�analogo�a�quello�che�
avviene�in�caso�difusioni�ordinarie�tra�societa�non�controllate.�
23.�^La�Commissione�Tributaria�Regionale�(la�cui�sentenza�la�societa�ha�
impugnato�in�Cassazione)�ha�richiamato�una�regola�matematica�affermando�
che�``da�un�punto�di�vista�logico�cambiando�l'ordine�dei�fattori�il�prodotto�non�
cambia'';�inrealta�e�forsepiu�corretto�affermare�che�cambiando�l'ordinedegli�
addendi�la�somma�non�cambia;�cioe�il�potenziale�economico�della�societa�
``madre''�(F.G.)�gia�proprietariadella�``figlia''�(A.T.),�restainvariato�aseguito�
della�operazione�di�incorporazione�in�quest'ultima.�

24.�^L'effettofinalee�inpraticaquellodiunmeromutamentodidenomi-
nazione;�la�societa�``madre''�con�lafusione�``inversa''�viene�ad�identificarsi�con�
la�``figlia'',conservandoesattamenteilsuoprecedentevalore.�
25.�^Ma�se�cos|�e�,�una�simile�operazione�nonpuo�rientrare�tra�quelle�che�la�
direttivan.�69/335/CEEhavolutoagevolareperfavorirel'irrobustimentodelle�
imprese,�nellafattispecie�totalmente�mancante.�
In�conclusione�il�Governo�italiano�suggerisce�alla�Corte�rispondere�al�
quesito�sottoposto�al�suo�esame�nel�seguente�modo:�

La�direttiva�del�Consiglio�17�luglio�1969,�69/335/CEE,�concernente�
le�imposte�indirette�sulla�raccolta�di�capitali,�come�modificata�dalla�diret-
tiva�del�Consiglio�10�giugno�1985,�85/303/CEE,�non�osta�alla�riscossione�
diun'impostadiregistro�incasodiincorporazionedisocieta�adoperadiun'altra�
societa�la�cuitotalita�delleazioniedellequotesiapossedutadallasocieta�incor-
porata.�

Roma,�17�giugno�2004�^Avvocato�dello�Stato�Gianni�De�Bellis�.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�811 


Causa�C-52/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Organizzazione�dell'or
ario�di�lavoro�^Prescrizioni�minime�di�sicurezza�e�di�salute�^Limiti�di�
durata�massima�^Vigili�del�fuoco�^Art.�1,�n.�3�direttiva�93/104/CE�^
Art.�2,�n.�2�direttiva�89/391/CE�^Ordinanza�della��Bundesverwaltung-

sgericht�,�emessa�il�17�dicembre�2003,�notificata�il�17�marzo�2004�

(cs.�28321/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


La�questione�pregiudiziale�concerne�l'applicabilita�al�caso�in�esame�delle�

direttive�comunitarie�di�settore,�che�stabiliscono�il�limite�delle�48�ore�medie�

settimanali�(in�particolare,�l'art.�6,�n.�2�della�direttiva�93/104/CE),�ovvero�

delle�norme�che�individuano�le�condizioni�di�derogabilita�alla�normativa�

comunitaria�(art.�2,�n.�2�direttiva�89/391/CE),�al�fine�di�giustificare�il�limite�

di�durata�massima�dell'orario�di�lavoro�di�50�ore�settimanali,�prescritto�dalla�

normativa�nazionale.�Nel�caso�di�specie,�infatti,�il�Comitato�del�Personale�

dei�Vigili�del�Fuoco�di�Amburgo�propone�ricorso�in�Cassazione,�avverso�il�

Direttore�del�suddetto�Corpo,�adducendo�a�motivo�dell'impugnazione�l'in-

compatibilita�dell'accordo�di�servizi�del�1999,�introdotto�a�sostituzione�del�

precedente�del�1991,�con�le�direttive�comunitarie�citate,�in�quanto�tale�

secondo�accordo�avrebbe�violato�il�limite�dell'orario�di�lavoro�ivi�indicato.�

IL 
quesitO 


Interpretazione�dell'art.�1,�n.�3�della�direttiva�93/104/CE�del�Consiglio�

del�23�novembre�1993,�concernente�taluni�aspetti�dell'organizzazione�dell'ora-

rio�di�lavoro,�in�combinato�disposto�con�l'art.�2,�n.�2�della�direttiva�

89/391/CEE�del�Consiglio�del�12�giugno�1989,�concernente�l'attuazione�di�

misure�volte�a�promuovere�il�miglioramento�della�sicurezza�e�della�salute�

dei�lavoratori�durante�il�lavoro;�in�particolare,�se�il�limite�di�durata�massima�

dell'orario�di�lavoro�(48�ore�settimanali�in�media)�sia�applicabile�anche�a�

quello�delle�forze�di�pronto�intervento�di�un�Corpo�statale�di�Vigili�del�fuoco.�

Causa�C-58/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Scali�fuori�della�Comun
ita�-Direttiva�del�Consiglio�18�maggio�1997,�77/388/CEE�-Ordinanza�
del�Bundesfinanzhof,�notificata�il�25�marzo�2004�(cs.�23714/04,�avv.�dello�

Stato�D.�Del�Gaizo).�

IL 
fattO 


Una�cittadina�austriaca,�che�gestiva�un�negozio�su�una�nave�da�crociera,�

e�ricorsa�contro�una�decisione�dell'Ufficio�delle�imposte�tedesco�che�conside-

rava�le�vendite�del�negozio�come�imponibili,�e�quindi�soggette�ad�imposta,�

quando�il�luogo�di�partenza�della�nave�si�trovava�nella�Repubblica�federale�

tedesca�ed�il�luogo�di�arrivo�era�all'interno�della�Comunita�.�
Con�il�suo�ricorso,�la�ricorrente�ha�sostenuto�che�le�vendite�in�questione�

non�sono�imponibili.�Esse�non�sarebbero�avvenute�nel�corso�di�un�trasporto�

all'interno�della�Comunita�,�come�richiederebbe�la�legge�tedesca.�Come�

trasporto�all'interno�della�Comunita�si�dovrebbe�intendere�il�trasporto�o�la�

parte�di�un�trasporto�tra�il�luogo�di�partenza�ed�il�luogo�di�arrivo�del�mezzo�

di�trasporto�senza�scali�fuori�del�territorio�comunitario.�Nei�viaggi�in�

questione�ci�sarebbero�state�soste�del�genere.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'Autorita�tedesca�ha�respinto�questo�ricorso�facendo�valere�che�le�
vendite�avvenute�nel�corso�delle�crociere�non�potrebbero�essere�considerate�
come�realizzate�all'estero�in�virtu�delle�soste�fuori�della�Comunita�effettuate�
tra�il�luogo�di�partenza�ed�il�luogo�di�arrivo,�dato�che�durante�tali�soste�non�
era�permesso�l'imbarco�di�nuovi�passeggeri,�ne�lo�sbarco�definitivo�dei�
passeggeri�presenti.�

Come��scali�,�in�base�alla�normativa�tedesca,�andrebbero�proprio�intese�
solo�soste�per�questi�tipi�di�imbarchi�o�sbarchi.�

Se�le�soste�di�una�nave�in�porti�di�Stati�terzi,�che�permettono�ai�passeg-
geri�di�sbarcare�solo�brevemente,�come�nei�casi�in�esame,�costituiscano�scali�
non�e�specificato�dalla�legge.�Sulla�questione�non�esiste�una�giurisprudenza�
del�Bundesfinanzhof;�mentre�la�dottrina�sostiene�che�si�debba�trattare�di�una�
sosta�durante�la�quale�sia�previsto�che�i�passeggeri�possano�imbarcarsi�o�
abbandonare�la�nave.�

IL 
quesitO 


Se�le�soste�di�una�nave�in�porti�di�Stati�non�comunitari,�durante�le�quali�
i�passeggeri�possono�sbarcare�dalla�nave�solo�brevemente,�per�esempio�per�
effettuare�visite,�ma�non�hanno�nessuna�possibilita�di�iniziare�o�terminare�il�
viaggio,�costituiscano��scali�fuori�della�Comunita���ai�sensi�dell'art.�8.�n.�1�
lett.�c)�della�direttiva�77/388/CEE.�

Causa�C-96/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Diritto�di�determinare�
il�cognome�di�una�persona�^Competenza�degli�Stati�membri�^Criterio�
della�cittadinanza�^Principio�di�non�discriminazione�^Liberta�di�circolaz
ione�^Artt.�16�e�18�CE�^Ordinanza�della��Amtsgericht 
di 
Niebull��
(Germania),�emessa�il�2�giugno�2003,�notificata�il�1.�aprile�2004�
(cs.�22622/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Trasmissione�del�diritto�di�determinare�il�cognome�da�parte�di�un�geni-
tore�per�un�figlio�minorenne�di�cittadinanza�tedesca�nato�in�Danimarca�il�
27�giugno�1998�e�ivi�tuttora�residente,�il�quale,�secondo�il�diritto�danese,in�
base�all'atto�di�nascita��navnebevis��rilasciato�dall'ufficio�statale�danese�di�
Apenrade�il�23�novembre�1998,�che�e�anche�registrato�nell'atto�di�nascita�
danese�del�3�dicembre�1998,�porta�il�nome�di�Leonhard�Matthias�Grunkin-
Paul.�

I�genitori�del�bambino,�i�coniugi�nel�frattempo�divorziati�dott.�Dorothee�

R.�Paul�e�Stefan�Grunkin,�non�avevano�un�nome�di�matrimonio�comune�e�
si�sono�rifiutati�di�determinare�il�nome�di�nascita�per�il�figlio�in�conformita�
all'art.�1617,�n.�1,�del�BGB�e�di�dare�al�figlio�il�cognome�di�uno�solo�dei�geni-
tori.�Ai�sensi�dell'art.�1617,�nn.�2�e�3,�del�BGB�spetta�ora�all'Amtsgericht 
con-
ferire�il�diritto�di�determinare�il�cognome�a�uno�dei�genitori,�il�cui�cognome�
viene�anche�considerato�quale�cognome�del�figlio�minorenne�a�meno�che,�
entro�un�termine�fissato�dall'Amtsgericht,�il�cognome�dell'altro�genitore�non�
venga�riconosciuto�quale�cognome�di�nascita�del�figlio�minorenne.�

IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�813 


Per�quanto�i�genitori�del�bambino�continuino�a�sostenere�che�il�loro�
figlio,�secondo�il�diritto�danese,�gia�porta�il�cognome��Grunkin-Paul�,�questo�
non�avrebbe�rilevanza�secondo�il�diritto�tedesco,�giacche�,�ai�sensi�dell'art.�10,�

n.�1,�della�EGBGB,�il�cognome�di�una�persona�e�di�competenza�del�diritto�
dello�Stato�di�cui�essa�possiede�la�cittadinanza.�Il�collegamento�al�diritto�di�
un�altro�Stato�membro�e�ammesso,�ai�sensi�dell'art.�10,�n.�3,�della�EGBGB,�
solo�se�uno�dei�genitori�abbia�la�cittadinanza�dell'altro�Stato.�I�genitori�del�
bambino�hanno�entrambi�la�cittadinanza�tedesca,�ragion�per�cui�gli�uffici�
tedeschi�dello�stato�civile�hanno�negato�loro�il�riconoscimento�della�determi-
nazione�del�cognome�adottato�per�il�loro�figlio�in�Danimarca.�L'adozione�
della�giurisdizione�ordinaria�in�Germania�rimaneva�per�i�genitori�del�bam-
bino�senza�esito.�Il�Kammergericht 
di�Berlino,�con�ordinanza�definitiva�7�gen-
naio�2003,�I�W�216/02,�ha�statuito�che�giustamente�l'Ufficio�dello�stato�civile�
di�Berlino�I�si�e�rifiutato�di�riconoscere,�per�l'ambito�giuridico�territoriale�
tedesco,�la�determinazione�del�nome�adottata�in�Danimarca.�Un�ricorso�pro-
posto�a�nome�del�minorenne�e�stato�dichiarato�irricevibile�dal�Bundesverfas-
sungsgericht 
con�ordinanza�27�febbraio�2003�^1�BvR�297/03.�
IL 
quesitO 


Compatibilita�con�l'art.�12�CE�(in�tema�di�divieto�di�discriminazione)�
e�con�l'art.�18�CE�(in�tema�di�libera�circolazione�delle�persone),�di�una�nor-
mativa�territoriale�tedesca�(art.�10�EGBGB)�in�virtu�della�quale�il�diritto�di�
determinare�il�cognome�di�una�persona�spetta�allo�Stato�di�cittadinanza�di�
detta�persona.�

Cause 
C-101/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Assegno 
per 
le 
vacanze 
^Prestazioni 
di 
vecchiaia 
^Lavoratore 
frontaliero 
^Prestazioni 
di 
disoccupazione 
percepite 
nell'anno 
precedente 
il 
pensionamento 
^
Periodi 
assicurativi 
compiuti 
in 
altro 
Stato 
membro 
^Art.�4,�n.�1,�lett.�c),�
art.�45,�nn.�1�e�6�e�art.�71,�n.�1,�lett.�a),�sub�ii),�del�Regolamento�

n.�1408/1971�^Sentenza�dell'�Arbeitsrechtbank��(Belgio),�emessa�il�
giorno�17�febbraio�2004,�notificata�l'8�aprile�2004�(cs.�22654/04,�avv.�
dello�Stato�A.�Cingolo).�
IL 
fattO 


Il�sig.�Noteboom�e�un�lavoratore�frontaliero�in�pensione�che�abita�in�
Belgio�e�ha�svolto�attivita�lavorativa�nei�Paesi�Bassi.�Poco�prima�del�pensio-
namento�egli�veniva�a�trovarsi�disoccupato.�Durante�l'anno�precedente�la�
sua�pensione�di�vecchiaia�il�sig.�Noteboom�percepiva�ininterrottamente�pre-
stazioni�di�disoccupazione.�La�disoccupazione�aveva�luogo�nei�Paesi�Bassi�
ma,�conformemente�al�disposto�dell'art.�71,�n.�1,�lett.�a),�sub�ii),�del�Regola-
mento�n.�1408/1971,�le�prestazioni�di�disoccupazione�venivano�fissate�ed�ero-
gate�secondo�la�normativa�belga�in�materia�di�disoccupazione.�

Dal�1.�gennaio�1999�il�ricorrente�e�titolare�di�pensione�nel�regime�per�
lavoratori�subordinati.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Assieme�alla�pensione,�il�Rijksdienst 
voor 
Pensioenen 
gli�versava�nel�1999�
una�somma�di�BEF�23�069,�ovvero�EUR�571,87,�e�cio�a�titolo�di��assegno�
per�le�vacanze�.�Il�Rijksdienst 
sostiene�di�aver�indebitamente�versato�tale�
somma�e�ne�chiede�la�restituzione.�

In�relazione�a�cio�il�R.V.P.�emanava�una�decisione.�Tale�decisione�veniva�
notificata�al�ricorrente�il�18�agosto�1999�e�contro�di�essa�il�ricorrente�ha�pro-
posto�ricorso.�

IquesitI 


1.��Se�l'assegno�per�le�vacanze�di�cui�all'art.�22�del�r.d.�24�ottobre�
1967,�n.�50�ed�all'art.�56�del�r.d.�21�dicembre�1967�rientri�nella�sfera�d'appli-

cazione�ratione 
materiae 
del�Regolamento�n.�1408/1971�e�riguardi,�piu�in�par-

ticolare,�una��prestazione�di�vecchiaia��ai�sensi�dell'art.�4,�n.�1,�lett.�e),�del�

regolamento;�

2.��se�l'art.�45,�nn.�1�e�6,�del�regolamento�n.�1408/1971�debba�essere�
interpretato�nel�senso�che�l'istituzione�competente�nel�determinare�il�diritto�

all'assegno�per�le�vacanze�debba�tener�conto�dei�periodi�di�assicurazione�

compiuti�in�un�altro�Stato�membro;�

3.��qualora�la�seconda�questione�debba�essere�risolta�in�senso�nega-
tivo,�se�il�disposto�dell'art.�71,�n.�1.�lett.�a),�sub 
ii),�del�Regolamento�

n.�1408/1971,�ai�sensi�del�quale�la�prestazione�viene�determinata�secondo�la�
legislazione�dello�Stato�membro�in�cui�il�lavoratore�frontaliero�risiede��come�

se�fosse�stato�soggetto�durante�l'ultima�occupazione�a�tale�legislazione�,�

valga�solo�per�prestazioni�di�disoccupazione�o�se�valga�anche�per�altre�pre-

stazioni,�come�in�particolare�l'assegno�per�le�vacanze�di�cui�all'art.�22�del�

r.d.�24�ottobre�1967,�n.�50,�e�all'art.�56�del�r.d.�21�dicembre�1967.�
Causa 
C-120/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Marchi 
d'impresa 
^
Diritto 
del 
titolare 
del 
marchio 
di 
vietare 
a 
terzi 
di 
usare 
nel 
commercio 
un 
segno 
identico 
o 
somigliante 
al 
marchio 
dell'impresa 
o 
per 
prodotti 
identici 
o 
somiglianti 
provenienti 
da 
due 
distinte 
imprese 
^Rischio 
di 
con-
fusione 
per 
il 
pubblico 
^Rischio 
di 
associazione 
tra 
segno 
e 
marchio 
d'im-
presa 
^Usi 
del 
settore 
in 
materia 
di 
denominazione 
^Autonomia 
del 
mar-
chio 
nel 
segno 
composto 
^Art.�5,�n.�1,�lett.�b) 
della�direttiva�

89/104/CEE�^Ordinanza�della��Oberlandesgericht��^Dusseldorf�(Ger-

mania),�emessa�il�17�febbraio�2004,�notificata�il�16�aprile�2004�(cs.�

24864/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


L'attrice,�impresa�che�commercializza�apparecchi�di�intrattenimento�

elettronico�mediante�l'utilizzo�del�marchio��Life�,�chiede�al�giudice�di�inter-

dire�alla�convenuta,�societa�operante�nel�medesimo�settore,�l'utilizzo�del�mar-

chio��Thompson 
life�,�in�ragione�di�un�rischio�di�confusione�nel�pubblico�

nella�scelta�dei�prodotti�simili�delle�due�aziende�e�di�un�rischio�di�errore�di�

associazione�tra�marchi�e�rispettive�societa�a�causa�della�coincidenza,�seppur�

parziale,�dei�due�segni�denominativi�utilizzati.�

IL 
quesitO 


Se�l'art.�5,�n.�1,�lett.�b),�della�direttiva�89/104/CEE,�che�attribuisce�al�

titolare�del�marchio�il�diritto�di�vietare�l'utilizzo�di�marchi�identici�o�somi-


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�815 


glianti�qualora�creino�i�detti�problemi�di�identificazione�del�simbolo�azien-
dale,�debba�essere�applicato�anche�nel�caso�di�specie,�in�cui�il��rischio�di�con-
fusione��si�determina�in�quanto�il�marchio�denominativo�anteriore�(Life),�
dotato�di�normale�forza�rappresentativa,�e�riversato�nel�segno�denominativo�
composto�di�un�terzo�(Thompson 
life)�o�nel�segno�denominativo�figurativo�
di�quest'ultimo�caratterizzato�da�elementi�nominativi,�in�modo�da�essere�pre-
ceduto�dal�nome�commerciale�del�terzo�e�da�conservare�un'autonomia�distin-
tiva�nel�segno�composto,�senza�tuttavia�avere�carattere�dominante.�

Causa 
C-128/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Trasporti 
su 
strada^
Nozione 
di 
materiale 
e 
di 
attrezzatura 
^Regolamenti�(CEE)�

n.�3820/1985�e�n.�3821/1985�^Ordinanza�del��Rechtbank 
van 
eerste 
aan-
leg 
te 
Dendermonde��(Paesi�Bassi),�emessa�il�19�gennaio�2004,�notificata�
il�4�maggio�2004�(cs.�28136/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�
IL 
fattO 


Il�quesito�sorge�nell'ambito�di�una�controversia�nella�quale�l'imputata,�
societa�che�svolge�attivita�di�installazione�di�cavi,�e�stata�chiamata�in�giudizio�
per�aver�contravvenuto�all'art.�14,�n.�2�del�regolamento�(CEE)�3821/1985,�in�
quanto�non�avrebbe�conservato,�in�modo�sistematico,�per�almeno�un�anno,�i�
fogli�di�registrazione�indicanti�l'attivita�svolta�dal�mezzo�di�trasporto�per�la�
medesima�societa�,�in�termini�di�ore�e�chilometraggio.�Tale�norma,�infatti,�
pone�in�capo�alle�aziende�l'obbligo�di�equipaggiare�tutti�gli�autoveicoli�utiliz-
zati�per�il�trasporto�di�materiali,�di�un�apparecchio�di�controllo�denominato�
�tachigrafo�,�le�cui�misurazioni�sono�registrate.�

L'imputata�sostiene,�invece,�l'inapplicabilita�,�al�caso�di�specie,�della�
deroga�di�cui�all'art.�13,�lett.�g) 
del�regolamento�n.�3820/1985.�Tale�norma�
consente�agli�Stati�membri�di�esentare�dall'obbligo�di�controllo�i�veicoli�adi-
biti�al�trasporto�del�materiale�o�dell'attrezzatura�da�utilizzare�nell'esercizio�
della�professione�del�loro�conducente,�nel�caso�in�cui�il�trasporto�avvenga�
entro�un�raggio�di�50�chilometri�dal�luogo�di�stazionamento�abituale�del�vei-
colo�e�purche�la�guida�del�veicolo�non�rappresenti�l'attivita�principale�del�
conducente�(...).�

Occorre�ricordare�che�l'imputata�non�e�un'impresa�che�svolge�come�atti-
vita�principale�il�trasporto�del�materiale�o�dell'attrezzatura,�ma�l'installazione�
di�cavi,�e,�inoltre,�che�i�veicoli�sono�utilizzati�dai�conducenti�nell'esercizio�
delle�loro�mansioni.�

Alla�luce�di�tali�considerazioni,�appare�evidente�che�il�quesito�pregiudi-
ziale�riguardi�essenzialmente�l'individuazione�dell'ambito�di�applicazione�
della�deroga�di�cui�all'art.�13,�lett.�g) 
del�regolamento�n.�3820/851.�

IL 
quesitO 


Se�i�termini��materiale��o��attrezzatura��menzionati�nel�detto�articolo�
debbano�essere�interpretati�nel�senso�che�essi�fanno�unicamente�riferimento�
agli��utensili�e�strumenti�,�o�se�invece�con�detti�termini�si�intendono�anche�i�
beni�necessari�per�i�lavori�edili�da�svolgere,�trasportati�separatamente�o�meno�
con�detti�utensili�e�strumenti,�quali�materiali�di�costruzione�o�i�cavi.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Cause 
C-151/04 
e 
C-152/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
-Attestaz
ione 
in 
materia 
di 
IVA 
-Artt.�10,�39�e�49�CE�^Ordinanza�del�Tribunal 
de 
Police 
de 
Neufchateau 
(Belgio),�emessa�il�16�gennaio�2004�e�notificata�
il�24�maggio�2004�(cons.�31424�e�31426/04,�avv.�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


Il�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�fra�un�professionista�e�
il�suo�datore�di�lavoro�da�un�lato�e�l'Autorita�giudiziaria�belga�dall'altro,�
avente�ad�oggetto�la�pretesa�violazione�dell'art.�3.2.2�A.R.�20�luglio�2001,�
sull'attestazione�in�materia�di�IVA.�

Detto�professionista�residente�in�Belgio,�e�accusato�di�aver�utilizzato,�per�
l'esercizio�della�sua�professione,�un�veicolo�immatricolato�all'estero�a�nome�
di�un�proprietario�straniero�al�quale�egli�e�legato�da�un�contratto�di�lavoro,�
senza�avere�a�bordo�del�veicolo�un'attestazione�fornita�dall'amministrazione�
competente�in�materia�di�IVA.�

IL 
quesitO 


Se�gli�artt.10,�29,�43�e�49�ostino�a�che�uno�Stato�membro�adotti�una�
misura�che�obbliga�un�lavoratore�residente�nel�suo�territorio�ad�ivi�immatri-
colare�un�veicolo,�pur�se�tale�veicolo�appartiene�al�suo�datore�di�lavoro,�che�
e�una�societa�con�sede�nel�territorio�di�un�altro�Stato�membro,�alla�quale�tale�
lavoratore�e�legato�da�un�contratto�di�lavoro,�ma�nella�quale�egli�occupa�con-
temporaneamente�la�posizione�di�azionista,�di�amministratore,�di�delegato�
alla�gestione�corrente,�o�una�funzione�analoga.�

Causa 
C-163/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
-Imposta 
sulla 
cifra 
d'affari 
-Art.�25�della�direttiva�del�Consiglio�77/388/CEE�-Armonizza-
zione�delle�legislazioni�in�materia�fiscale�-Ordinanza�del�Bundesfinanz-
hof 
(Germania),�emessa�il�22�gennaio�2004�e�notificata�il�18�maggio�
2004�(cs.�31423/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).�

IL 
fattO 


Tale�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�fra�un�agricoltore�e�
l'Ufficio�delle�imposte,�avente�ad�oggetto�la�pretesa�illegittimita�dell'applica-
zione�delle�disposizioni�in�materia�di�imposte�sulla�cifra�d'affari.�

Il�ricorrente�titolare�di�azienda�agricola�e�di�allevamento,�era�soggetto�al�
regime�fiscale�forfettario�previsto�per�gli�agricoltori�in�base�al��24�della�nor-
mativa�tedesca(UstG).�

Successivamente�dava�in�affitto�un�terreno�sul�quale�aveva�costruito�un�
pollaio�e�non�avendo�dichiarato�fatturato�imponibile�e�facendo�valere�dedu-
zioni�per�l'importo�sostenuto�per�la�costruzione�del�pollaio�tramite�la�presen-
tazione�di�fatture,�chiedeva�l'esenzione�fiscale.�

L'Autorita�fiscale�tedesca�respingeva�la�richiesta,�ritenendo�che�l'affitto�
del�pollaio�dovesse�essere�sottoposto�ad�un�regime�fiscale�ordinario,�e�di�con-
seguenza�negava�la�richiesta�di�esenzione�fiscale�sul�fatturato�proveniente�
dalla�locazione�e�la�deduzione�dalle�imposte�sostenute�per�la�costruzione�del�
pollaio.�


IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�817 


IL 
quesitO 


Se�il�titolare�di�un�'azienda�agricola�possa�adibire�un�terreno,�che�ha�
sempre�utilizzato�per�operazioni�sottoposte�alle�disposizioni�sul�regime�forfet-
tario�per�i�produttori�agricoltori�(art.�25�della�sesta�direttiva�del�Consiglio�
17�maggio�1977,�77/388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni�
degli�Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�d'affari),�ad�un'attivita�di�
affitto�normalmente�soggetta�al�regime�fiscale�ordinario�di�imposta�sul�
valore�aggiunto�e�dedurre�l'imposta�assolta�a�monte�per�un�pollaio�realizzato�
su�quel�terreno.�

Causa�C-178/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Assegno�speciale�
annuale�-Rapporto�di�pubblico�impiego�-Articolo�39�CE�^Ordinanza�del�
Bundesverwaltungsgericht 
(Tribunale�amministrativo�federale/Germania)�
notificata�il�14�giugno�2004�(cs.�35101/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Ad�un�cittadino�austriaco�dipendente�di�un�Land 
della�Germania�fede-

rale�in�qualita�di�professore�universitario,�era�stata�richiesta�la�restituzione�

dell'assegno�speciale�annuale�che�la�legge�tedesca�concede�al�pubblico�dipen-

dente�a�condizione�che�il�rapporto�di�lavoro�non�cessi�prima�del�31�marzo�

dell'anno�successivo,�a�meno�che�il�nuovo�rapporto�non�venga�instaurato�

sempre�con�l'amministrazione�tedesca.�Detto�cittadino�aveva�accettato�prima�

del�31�marzo�l'offerta�di�una�cattedra�presso�un�altro�Stato�membro�

(Austria);�da�qui�la�decisione�dell'amministrazione�di�esigere�la�restituzione�

dell'assegno�in�parola,�con�conseguente�ricorso�dell'interessato,�prima

accolto,�poi�respinto�ed�ora�riproposto�al�Tribunale�federale�che�ha�ipotizzato

la�violazione�dell'articolo�39�CE�(diritto�alla�libera�circolazione).�

IL 
quesitO 


Se,�nel�caso�di�un�cittadino�comunitario�il�quale�come�professore�presso�

un'universita�tedesca�era�dipendente�di�un�Land 
tedesco�con�rapporto�di�pub-

blico�impiego�ed�ha�quindi�ottenuto�un�assegno�speciale�in�base�alla�legge�

sulla�concessione�di�un�assegno�speciale�annuale,�ma�ha�accettato�prima�del

31�marzo�dell'�anno�seguente�l'offerta�di�una�cattedra�presso�un'�universita�

di�un�altro�Stato�membro�instaurando�presso�quest'altro�Stato�membro�un�

rapporto�di�pubblico�impiego,�l'art.�39�CE�renda�inapplicabile�la�disciplina�

dell'art.�3,�n.�5,�punto�1,�del�SzuwG 
a�norma�del�quale�chi�cessa�dal�servizio�

prima�del�31�marzo�puo�conservare�l'assegno�solo�se�il�nuovo�rapporto�di�

pubblico�impiego�e�tale�secondo�il�diritto�tedesco.�

Causa�C-196/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Liberta�di�stabilimento�

art.�43�CE�-Liberta�di�prestazioni�di�servizi�art.�49�CE�-Liberta�di�movi


menti�di�capitali�e�di�pagamenti�art.�56�CE�-Ordinanza�dello�Special 


Commissioners 
(Regno�Unito)�notificata�il�14�giugno�2004�(cons.�

35103/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).�

IL 
fattO 


Il�presente�ricorso�verte�unicamente�sulla�compatibilita�con�il�diritto�

europeo�della�normativa�del�Regno�Unito�sulle�societa�controllate�straniere.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�base�a�detta�normativa�una�societa�avente�sede�nel�Regno�Unito�puo�
essere�tassata�in�base�agli�utili�di�una�societa�associata�avente�sede�in�un�altro�
Stato�se�tali�utili�hanno�sostenuto�un'aliquota�d'imposta�inferiore�a�quella�
che�avrebbero�sostenuto�nel�Regno�Unito.�E�pacifico�^salvo�soltanto�la�que-
stione�della�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�^che�la�normativa�sulle�
societa�controllate�straniere�si�applica�alle�ricorrenti.�

IL 
quesitO 


Se�gli�artt.�43�CE,�49�CE�e�56�CE�ostino�a�una�normativa�tributaria�
nazionale�come�quella�di�cui�trattasi�nel�procedimento�principale,�che,�in�
determinate�circostanze,�impone�un'imposta�su�una�societa�avente�sede�in�
detto�Stato�membro,�tenuto�conto�degli�utili�di�una�societa�consociata�avente�
sede�in�un�altro�Stato�membro�e�soggetta�a�un�onere�tributario�inferiore.�

LA 
posizionE 
assuntA 
daL 
GovernO 
italianO 


Il�Governo�della�Repubblica�italiana�ha�presentato�le�seguenti�osserva-
zioni.�

�(Omissis)�2.�^(omissis)�la�Corte�di�Giustizia�e�chiamata�a�verificare�la�

compatibilita�dei�sistemi�tributari�nazionali�di�imputazione�di�redditi�delle�

imprese�partecipate�aventi�sede�nei�paesi�a�fiscalita�privilegiata,�ovvero�in�un�

regimefiscaledifavore�(c.d.�Controlled�Foreign�Companies�rules�^CFC^),�con�

iprincipifondamentali�del�diritto�comunitario.�

3.�^Nel�caso�di�specie,�concernente�il�diritto�britannico,�l'Amministrazione�
finanziaria�inglese,�in�mancanza�di�una�valida�causa�di�esenzione,�ha�applicato�

la�norma�CFC�ad�una�societa�inglese�che�detiene�il�controllo�di�due�societa�resi-

dentiinIrlanda,�Statonelqualelemedesimesonosoggetteadun'aliquotad'im-

posta�del�10%�^stabilita�dall'International�Financial�Services�Centre�^a�

fronte�dell'aliquota�dell'imposta�inglese�sulle�societa�,�pari�al�33%.�

4.�^Infatti,�tale�normativa�e�applicabile�a�condizione�che�la�societa�estera�
abbiasedein�Statineiqualil'impostadovutae�inferioreditrequartiall'imposta�

che�sarebbe�dovuta�nel�Regno�Unito�sullo�stesso�ammontare�di�utili�e�non�ricor-

rano�le�cause�di�esenzione�previste.�

5.�^In�proposito,�il�Governo�italiano�tiene�ad�evidenziare�che�la�ratio�della�
normativa�CFC�none�l'elusionefiscale,�bens|�lapossibilita�diavvalersidella�

direttiva�90/435/CEE,�modificata�dalla�direttiva�2003/123/CE,�concernente�il�

regime�fiscale�comune�applicabile�alle�societa�madri�e�figlie�di�Stati�membri�

diversi,�alfine�di�ridurre�il�caricofiscale�sui�dividendi�infragruppo.�

6.�^Infattitaledirettivaprevedel'esenzionesuidividendicorrispostidalla�
societa�figlia�alla�societa�madre�e�il�riconoscimento�in�favore�di�quest'ultima�

delcredito�diimpostaperle�impostecorrispostedallafiglianello�Stato�in�cui�

ha�sede.�

7.�^Pertanto,�il�fine�ultimo�e�l'eliminazione�dei�regimi�fiscali�dannosi�
che�creano�distorsioni�nell'allocazione�delle�risorse�e�falsano�le�regole�della�

concorrenza�sul�mercato�comune.�

8.�^In�tale�ottica�e�doveroso�specificare�che�gli�Stati�membri�del-
l'Unione�europea�hanno�adottato�un��codice�di�condotta��(con�la�risoluzione�

1�dicembre�1997,�pubblicata�in�Gazzetta�Ufficiale�CE�C�2/2�del�6�gennaio�

1998)�al�fine�di�contrastare�simili�pratiche�fiscali�dannose.�Tale�codice,�


IL 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
^I 
giudizi 
in 
corso 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
819 


sebbene�non�costituisca�strumento�giuridicamente�vincolante,�rappresenta�

comunque�un�significativo�impegno�politico�di�tutti�Paesifirmatari�nel�rispetto�

deiprincipidellaconcorrenzaeconl'obiettivo�didemolire�lemisurefiscalisleali�

esistenti�e�soprattutto�di�impedire�l'introduzione�di�eventuali�misure�sostitutive�

analoghe�(clausole�di�status 
quo 
edi�standstill).�

9.�^Anche�il�modello�Ocse�ha�caldeggiato�l'introduzione�di�norme�CFC,�
purche�volte�a�prevenire�le�distorsioni�nello�sviluppo�dell'economia�mondiale�

(cfr.�il�rapporto�del�1998�(�Harmful 
tax 
competition, 
an 
emerging 
issue� 
eil�
rapporto�del�1996��Controlled 
Foreign 
Company 
legislation�).�

10.�^In�definitiva,�ilpresupposto�della�norma�CFC�e�l'esistenza�di�un�reale�
radicamentoeconomicoterritorialeconilPaesedistabilimento.�Ovetalelegame�

siasoltantofittizio,�inquantoloscopodicostituzionediunasocieta�esterapar-

tecipata�non�sia�l'esercizio�di�attivita�d'impresa,�ma�soltanto�il�beneficio�di�un�

minore�carico�impositivo,�verrebbe�in�rilievo�non�tanto�la�norma�CFC�quanto�

la�questione�relativa�all'effettiva�esistenza�deipresupposti�necessariperpotersi�

applicare�gli�art.�43,�49�e�56�CE,�richiamati�nel�caso�che�qui�interessa.�

11.�^Infatti:�a) 
l'articolo�43�del�Trattatopresuppone�che�la�costituzione�e�la�
gestione�di�imprese�negli�Stati�membri�di�stabilimento�risponda�a�criteri�di�reale�

convivenza�economica�e�risulti�percio�reale�ed�effettiva;�b) 
l'art.�49�presuppone�

una�effettivaprestazionediservizineiconfrontidegliStatimembriove�essasia�

realizzata;�c) 
quanto�all'art.�56,�movimentidicapitaliepagamentipresuppon-

gono�che�sia�realizzata�una�effettiva�operazione�di�investimento�o�una�reale�tran-

sazione�commerciale�di�beni�o�di�servizi.�

12.�^Pertanto,�appare�evidente�che�la�norma�CFC�in�quanto�tale�non�costi-
tuisce�un�ostacolo�all'esercizio�delle�dette�liberta�fondamentali�e�non�e�di�per�se�

incompatibile�con�iprincipideldiritto�comunitario.�

13.�^In�ragione�di�quanto�sin�qui�considerato�e�dedotto,�il�Governo�Italiano�
suggerisce�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�Giudice�britannico�nei�seguenti�ter-

mini.�
``Non�e�incompatibile�con�gli�articoli�43,�49�e�56�del�Trattato�sull'Unione�

europea�una�normativa�di�uno�Stato�membro�che,�in�determinate�circostanze,�

prevede�un'imposta�su�una�societa�avente�sede�in�quello�stesso�Stato,�tenendo�

conto�degli�utili�di�un'altra�societa�consociata�avente�sede�in�un�altro�Stato�

membro�e�soggetta�ad�un�onere�tributario�considerevolmente�inferiore''.�
Roma,�19�agosto�2004�Avvocato�dello�Stato�Antonio�Cingolo�.�

Causa 
C-259/04 
(domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale) 
^Marchi 
d'impresa 
^
Marchi 
ingannevoli 
^Artt. 
3, 
n. 
1, 
lett. 
g) 
e 
art. 
12, 
n. 
2, 
lett. 
b), 
della 
direttiva 
del 
Consiglio 
89/104 
CEE 
^Ordinanza 
del 
�High�Court�of�
Justice� 
(Regno 
Unito) 
emessa 
il 
26 
maggio 
2004, 
notificata 
l'11 
agosto 
2004 
(cs. 
42815/04, 
avv. 
dello 
Stato 
A. 
Cingolo). 


IL 
fattO 


All'epoca 
dei 
fatti 
Elisabeth 
Emanuel 
era 
alquanto 
nota 
come 
stilista, 
specializzata 
in 
particolare 
in 
moda 
nuziale. 
La 
sua 
fama 
aumentava 
consi-
derevolmente 
nel 
1981 
a 
seguito 
della 
sua 
partecipazione 
alla 
creazione 
dell'a-


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


bito 
da 
sposa 
destinato 
alla 
Principessa 
di 
Galles. 
Nel 
1990 
intraprendevala 
gestione 
di 
un'impresa 
con 
il 
nome 
Elisabeth 
Emanuel 
da 
una 
sede 
in 
Brook 
Street. 


Nel 
1996 
Elisabeth 
Emanuel 
cercava 
sostegno 
finanziario 
e 
a 
tal 
fine 
concludeva 
un 
accordo 
con 
una 
societa� 
denominata 
Hamlet 
International 
Plc, 
in 
base 
al 
quale 
veniva 
creata 
una 
societa� 
in 
comproprieta� 
denominata 
Elisabeth 
Emanuel 
Plc. 
Elisabeth 
Emanuel 
attribuiva 
alla 
EE 
Plc, 
inter 
alia, 
l'attivita� 
di 
creazione 
e 
commercializzazione 
di 
abbigliamento 
precedente-
mente 
gestita 
con 
la 
denominazione 
Elisabeth 
Emanuel, 
l'intera 
azienda, 
compreso 
il 
relativo 
avviamento, 
e 
la 
domanda 
di 
registrazione 
di 
marchio 
d'impresa 
comprensiva 
di 
un 
logo 
e 
dei 
termini 
Elisabeth 
Emanuel. 
Tale 
mar-
chio 
(in 
prosieguo: 
�il 
marchio 
registrato�) 
veniva 
debitamente 
registrato 
nel 
1997 
con 
il 
numero 
1586464. 


Nel 
settembre 
1997 
Elisabeth 
Emanuel 
veniva 
a 
trovarsi 
in 
difficolta� 
finanziarie 
e 
contattava 
un 
tale 
sig. 
Shami 
Ahmed. 
In 
seguito 
a 
tale 
incontro 
la 
EE 
Plc 
stipulava 
un 
ulteriore 
accordo 
con 
una 
societa� 
denominata 
Frost-
print. 
Ltd. 
In 
virtu� 
di 
tale 
accordo 
la 
EE 
Plc 
attribuiva 
alla 
Frosiprint, 
inter 
alia, 
l'impresa 
della 
EE 
Plc 
in 
attivita� 
, 
incluso 
il 
relativo 
avviamento, 
e 
il 
marchio 
registrato. 
Nel 
contempo, 
la 
Frostprint 
tramutava 
la 
propria 
deno-
minazione 
in 
Elisabeth 
Emanuel 
International 
Limited 
(in 
prosieguo: 
la 
�EE 
International�) 
ed 
Elisabeth 
Emanuel 
veniva 
assunta 
dalla 
EE 
International. 


Nell'ottobre 
1997 
Elisabeth 
Emanuel 
lasciava 
l'impiego 
presso 
la 
EE 
International. 
Dopo 
la 
sua 
partenza, 
per 
circa 
due 
mesi 
avevano 
luogo 
nego-
ziazioni 
nella 
prospettiva 
di 
una 
sua 
possibile 
riassunzione. 
Durante 
tale 
periodo 
si 
era 
invitato 
lo 
staff 
della 
EE 
International 
ad 
essere 
circospetto 
nel 
rispondere 
a 
eventuali 
richieste 
di 
informazioni 
in 
merito 
ad 
Elisabeth 
Emanuel. 


Nel 
novembre 
1997 
la 
EE 
International 
cedeva 
il 
marchio 
registrato 
ad 
un'altra 
societa� 
denominata 
Oackridge 
Trading 
Limited. 
Il 
18 
marzo 
1998 
la 
Oackridge 
presentava 
la 
domanda 
di 
registrazione 
del 
marchio 
Elisabeth 
Emanuel, 
con 
numero 
di 
fascicolo 
2161562. 


Il 
7 
gennaio 
1999 
un 
tale 
sig. 
Anthony 
Drew 
notificava 
l'opposizione 
alla 
domanda 
e 
il 
9 
settembre 
1999 
depositava 
domanda 
di 
decadenza 
del 
marchio 
registrato. 


IquesitI 


1. 
Se 
un 
marchio 
d'impresa 
sia 
di 
natura 
tale 
da 
indurre 
in 
inganno 
il 
pubblico 
e 
ne 
sia 
pertanto 
vietata 
la 
registrazione 
ai 
sensi 
dell'art. 
3, 
n. 
1, 
lett. 
g, 
nelle 
seguenti 
circostanze: 
a) 
l'avviamento 
connesso 
al 
marchio 
d'impresa 
e� 
stato 
ceduto 
unita-
mente 
all'impresa 
la 
cui 
attivita� 
consista 
nella 
realizzazione 
di 
prodotti 
con-
traddistinti 
dal 
suddetto 
marchio; 


b) 
prima 
della 
cessione 
il 
marchio 
d'impresa, 
per 
una 
significativa 
parte 
del 
pubblico 
interessato 
ai 
prodotti 
in 
oggetto, 
indicava 
che 
una 
particolare 
persona 
partecipava 
alla 
creazione 
o 
alla 
realizzazione 
dei 
prodotti 
in 
rela-
zione 
ai 
quali 
veniva 
usato; 



IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�821 


c) 
dopo�la�cessione�e�stata�presentata�dal�cessionario�una�domanda�di�
registrazione�del�marchio�d'impresa;�e�

d) 
all'epoca�della�domanda�una�significativa�parte�del�pubblico�interes-
sato�ai�prodotti�ha�erroneamente�ritenuto�che�l'uso�del�marchio�d'impresa�
indicasse�che�quella�particolare�persona�partecipava�ancora�alla�creazione�o�
alla�realizzazione�dei�prodotti�in�relazione�ai�quali�il�marchio�veniva�usato,�
e�tale�convinzione�ha�potuto�influire�sulle�scelte�d'acquisto�di�tale�parte�del�
pubblico.�

2.�^Se�la�risposta�alla�questione�n.�1�non�fosse�incondizionatamente�
affermativa�quali�altri�aspetti�debbano�essere�presi�in�considerazione�per�
verificare�se�un�marchio�d'impresa�sia�tale�da�indurre�in�inganno�il�pubblico�
e�ne�sia�pertanto�vietata�la�registrazione�ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�lett.�g),�e,�
in�particolare,�se�sia�rilevante�che�il�rischio�di�inganno�probabilmente�dimi-
nuira�nel�corso�del�tempo.�
3.�^Se�un�marchio�d'impresa�registrato�sia�idoneo�ad�indurre�in�inganno�
il�pubblico�in�seguito�all'uso�che�ne�sia�stato�fatto�dal�titolare�o�con�il�suo�
consenso�e�sia�quindi�suscettibile�di�decadenza�ai�sensi�dell'art.�12,�n.�2,�
lett.�b),�nelle�seguenti�circostanze:�
a) 
il�marchio�d'impresa�registrato�e�l'avviamento�ad�esso�connesso�sono�
stati�ceduti�unitamente�all'impresa�la�cui�attivita�consista�nella�realizzazione�
di�prodotti�contraddistinti�dal�suddetto�marchio;�

b) 
prima�della�cessione�il�marchio,�per�una�significativa�parte�del�pub-
blico�interessato,�indicava�che�una�particolare�persona�partecipava�alla�crea-
zione�o�alla�realizzazione�dei�prodotti�in�relazione�ai�quali�veniva�usato;�

c) 
dopo�la�cessione�e�stata�presentata�una�domanda�di�decadenza�del�
marchio�d'impresa�registrato;�e�

d) 
all'epoca�della�domanda�una�significativa�parte�del�pubblico�ha�erro-
neamente�ritenuto�che�l'uso�del�marchio�d'impresa�indicasse�che�quella�parti-
colare�persona�partecipava�ancora�alla�creazione�o�alla�realizzazione�deipro-
dotti�in�relazione�ai�quali�il�marchio�veniva�usato,�e�tale�convinzione�ha�
potuto�influire�sulle�scelte�d'acquisto�di�tale�parte�del�pubblico.�

4.�^Se�la�risposta�alla�questione�n.�3�non�fosse�incondizionatamente�
affermativa�quali�altri�aspetti�debbano�essere�presi�in�considerazione�per�
verificare�se�un�marchio�d'impresa�registrato�sia�tale�da�indurre�in�inganno�
il�pubblico�in�seguito�all'uso�che�ne�sia�stato�fatto�dal�titolare�o�con�il�suo�
consenso�e�se�sia�quindi�suscettibile�di�decadenza�ai�sensi�dell'art.�12,�n.2,�
lett.�b),�e,�in�particolare,�se�sia�rilevante�che�il�rischio�di�inganno�probabil-
mente�diminuira�nel�corso�del�tempo.�

Ilcontenzioso
nazionale
Ilcontenzioso
nazionale
Ancora 
sul 
caso 
del 
Crocifisso 


(Corte 
Costituzionale, 
ordinanza 
15 
dicembre 
2004, 
n. 
389) 


La�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�inammissibile�la�proposta�que-
stione�di�legittimita�costituzionale�relativa�all'esposizione�del�crocefisso�nelle�
aule�scolastiche,�esattamente�ritenendo�che�nessuna�norma�legislativa�ordina�
tale�esposizione.�Per�la�verita�simile�ordine�non�si�rinviene�neppure�nelle�
norme�regolamentari�indicate�dal�TAR�remittente:�il�problema�torna�nella�
sua�sede�naturale�della�giurisdizione�comune.

E�bene�ricordare�che�nella�delicata�materia�in�argomento�un�punto�
fermo�puo�essere�rinvenuto,�dal�giurista,�nel��supremo�principio�di�laicita���
bendelineatodallaCorteCostituzionalenellasentenzan.�203/1989:�ilprinci-
pio�di�laicita�e��supremo��nel�senso�che�caratterizza�il�modo�di�essere�della�
Repubblica,�ed�e�conformato�dal�combinato�disposto�di�sei�norme,�che�la�
Corte�puntualmente�ed�attentamente�indica�(articoli�2,�3,7,8,�19�e�20).�Tra�
queste�l'articolo�7�si�riferisce�espressamente�alla�Chiesa�Cattolica�quale�sog-
getto�di�diritto�internazionale�legata�a�noi�da�uno�specifico�patto�per�cam-
biare�il�quale,�in�mancanza�di�accordo,�lo�Stato�deve�seguire�il�procedimento�
di�revisione�costituzionale.�Dunque�la�Chiesa�cattolica,�che�e�l'unico�soggetto�
di�diritto�internazionale�nominato�dalla�Costituzione�con�il�patto�che�ad�essa�
ci�lega,�e�uno�speciale�alleato�quanto�meno�perche�la�revisione�del�patto,�se�
non�e�consensuale,�richiede�il�procedimento�di�revisione�costituzionale.�

Il�Crocifisso�e�^per�quanto�interessa�il�giurista�^l'emblema�della�Chiesa�
Cattolica�e,�dunque,�il�segno�visibile�di�quell'alleanza�per�la�promozione�del-
l'uomo�e�il�bene�del�Paese.�Sarebbe�quanto�meno�sconcertante�che�lo�Stato,�
dopo�aver�dichiarato�speciale�quell'alleanza�con�l'art.�7�della�Costituzione,�
quasi�si�vergognasse�di�esibirne�l'emblema�che,�in�questo�senso,�e�segno�di�
un'alleanza�e�non�un�segno�di�preferenza�per�una�religione.�In�conclusione�
per�togliere�il�Crocifisso�dalle�aule�scolastiche�occorrerebbe�prima�rifondare�
il�principio�supremo�di�laicita�che�l'art.�7�concorre�a�formare�e�che�da�luogo�
al�modo�di�essere�della�Repubblica.�

Avv. 
Antonio 
Palatiello 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Corte 
Costituzionale 
^Udienza 
del 
26 
ottobre 
2004 
^Memoria 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
in�carica,�intervenuto�nel�giudizio�incidentale�di�costituzionalita�relativo�
agli�artt.�159,�190�e�676�d.l.gvo�16�aprile�1994,�n.�297,�promosso�dal�T.A.R.�per�il�Veneto�
con�ordinanza�del�14�gennaio�2004�(Avv.�dello�Stato�A.�Palatiello,�cont.�6253/04).�
�Con�ordinanza�del�13�novembre�2003�^14�gennaio�2004,�pubblicata�in�Gazzetta 
Uffi


ciale 
3�giugno�2004,�il�T.A.R.�per�il�Veneto�ha�sollevato�questione�di�legittimita�costituzio-

nale�degli�artt.�159�e�190�d.l.gvo�16�aprile�1994,�n.�297,�come�specificati�rispettivamente�dal-

l'art.�119�del�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297�(tabella�C)�e�dall'art.�118�del�R.D.�30�aprile�1924,

n.�965,�nella�parte�in�cui�includono�il�crocifisso�tra�gli�arredi�delle�aule�scolastiche�e�del-
l'art.�676�del�d.lgvo�16�aprile�1994,�n.�297,�nella�parte�in�cui�conferma�la�vigenza�delle�dispo-

sizioni�di�cui�all'art.�119�del�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297�(tabella�C)�ed�all'art.�118�del�R.D.

30�aprile�1924,�n.�965,�in�riferimento�al�principio�della�laicita�dello�Stato�e,�comunque,�agli�

artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione.�E�intervenuto�in�giudizio�il�Presidente�del�Consi-

glio�dei�Ministri�con�atto�contenente�deduzioni�del�21�giugno�2004;�sono�intervenuti�i�

Sigg.ri�B.�P.�ed�altri,�parti�in�causa�pretermesse�nel�giudizio�a 
quo,�con�atto�contenente�dedu-

zioni�in�data�18�giugno�2004;�ha�depositato�atto�di�costituzione�in�data�27�aprile�2004�la�

parte�ricorrente�nel�giudizio�a 
quo.�
Nell'atto�di�intervento�del�Presidente�del�Consiglio�ed�in�quello�delle�parti�private�pre-

termesse�si�e�eccepita�l'inammissibilita�della�questione�di�costituzionalita�in�quanto�riferita�

a�norme�regolamentari,�quali�indubbiamente�sono�l'art.�119�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297�

(tabella�C)�e�l'art.�118�R.D.�30�aprile�1924,�n.�965;�nell'atto�di�intervento�del�Presidente�del�

Consiglio�si�e�inoltre�eccepita�l'inammissibilita�della�questione�per�difetto�di�rilevanza�sotto

vari�profili,�tra�cui�quello�di�carenza�di�giurisdizione�del�remittente.�
Nel�merito�gli�interventori�hanno�evidenziato�gli�argomenti�che�inducono�a�ritenere�che

l'obbligo�legale�di�esposizione�del�crocifisso�^quale�categorica�necessita�che�in�ogni�aula�quel

simbolo�sia�perennemente�esibito�^non�si�rinviene�in�alcun�modo�nelle�norme�denunciate�

mentre,�per�converso,�la�possibilita�di�detta�esposizione,�che�nel�concreto�significa�normalita�

e�ordinarieta�della�presenza�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche,�non�e�affatto�in�contrasto�

con�le�norme�costituzionali�indicate�dal�T.A.R.,�o�con�il�principio�supremo�della�laicita�dello�

Stato.�
La�presente�memoria�e�dedicata�all'approfondimento�del�tema�della�compatibilita�,con�

le�norme�e�i�principi�costituzionali,�della�presenza�del�crocifisso�nelle�aule�quale�evenienza�

normale�nell'ordinario�svolgimento�della�vita�scolastica.�Per�le�questioni�pregiudiziali�si�fa�

richiamo�alle�precedenti�deduzioni,�dovendosi�solo�rammentare:�a) 
per�cio�che�attiene�al�

difetto�di�rilevanza�per�carenza�di�giurisdizione�del�T.A.R.,�che�l'art.�33�del�decreto�legisla-

tivo�31�marzo�1998,�n.�80,�per�come�risultante�a�seguito�della�sentenza�di�codesta�Corte

Ecc.ma�in�data�5-6�luglio�2004,�n.�204,�non�concede�piu�spazio,�in�materia,�alla�giurisdizione�

esclusiva;�b) 
per�quanto�riguarda�i�precedenti�invocati�dal�T.A.R.�per�l'ammissibilita�della�

questione�riferita�a�norme�regolamentari,�che�nelle�vicende�esaminate�nelle�sentenze�di�code-

sta�Corte�Ecc.ma�n.�1104/1988�e�n.�456/1994�la�norma�regolamentare�(nel�primo�caso�

l'art.�89�del�R.D.�19�luglio�1941,�n.�1198,�nel�secondo�caso�l'art.�25�del�d.m.�11�novembre�

1930)�rendeva�in�concreto�applicabile�la�norma�primaria�(l'art.�6�d.P.R.�29�marzo�1973,�

n.�156,�che�stabiliva�un�regime�di�irresponsabilita�dell'ente�gestore�del�servizio�postale��fuori 
dei 
casi 
e 
dei 
limiti 
espressamente 
stabiliti 
dalla 
legge�)�la�quale�del�resto�costitu|�l'unico�

oggetto�dello�scrutinio�di�legittimita�costituzionale.�
E�pacifico,�peraltro,�che��il�controllo�di�costituzionalita�sulle�fonti�regolamentari�puo�

essere�attivato�o�attraverso�la�deduzione�della�questione�di�costituzionalita�sulla�legge�abili-

tante�all'adozione�del�regolamento�ove�il�vizio�sia�ad�essa�riconducibile�(per�aver�dettato�

principi�incostituzionali�od�omesso�di�porre�princ|�pi�in�materie�che�costituzionalmente�li�

richiedono),�oppure�attraverso�l'impugnazione�della�fonte�regolamentare�nell'ambito�dei

poteri�dei�giudici�ordinari�o�amministrativi,�se�il�vizio�sia�proprio�ed�esclusivo�del�regola-

mento��(cfr.�Corte�Cost.,�18�ottobre�2000,�n.�427,�con�riferimento�ai�regolamenti�di�delegifi-

cazione).�
Come�e�noto,�le�disposizioni�riguardanti�il�crocifisso�a�scuola�sono�di�origine�preconcor-

dataria.�Gia�l'art.�140�del�R.D.�15�settembre�1860,�n.�4336�(di�attuazione�della�legge��Casati��

13�novembre�1859,�n.�3725),�disponeva�che�ogni�scuola�elementare��dovra�,�senz'altro,�essere�

fornita�dei�seguenti�oggetti:�.....7.�un�crocifisso;�8.�un�ritratto�del�Re�.�
La�disposizione�sul�crocifisso�e�sul�ritratto�del�Re�e�confermata�nel�regolamento�gene-

rale�della�scuola�elementare�emanato�con�R.D.�6�febbraio�1908,�n.�150�(all.�D�relativo�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

all'art.�112),�quindi�nelle�norme�regolamentari�oggi�richiamate�dal�T.A.R.;�molte�circolari

trattano�l'argomento�anche�per�gli�ambienti�pubblici�non�scolastici,�sia�in�epoca�preconcor-

dataria�sia�in�periodo�piu��recente,�fino�ai�giorni�nostri.�Ma,�mentre�sotto�la�vigenza�dello�

Statuto�Albertino,�il�cui�art.�1�disponeva�che��la�religione�cattolica,�apostolica�e�romana�e��

la�sola�religione�dello�Stato�,�era�spontaneo�maturare�il�convincimento�che�l'esposizione�del�

crocifisso�fosse�la�naturale�conseguenza�di�tale�norma�statutaria�(cos|��naturale�che�avrebbe�

fatto�mera�accademia�il�giurista�che�si�fosse�chiesto�se�il�crocifisso�fosse�davvero�un�simbolo�

di�esclusiva�pertinenza�della��religione�cattolica�apostolica�e�romana�)�il�quadro�di�riferi-

mento�muto��radicalmente�con�l'avvento�della�Costituzione�repubblicana;�ed�il�problema�si�

impose�all'attenzione�di�tutti�con�l'Accordo�del�18�febbraio�1984�di��modifica�del�concordato�

lateranense�dell'11�febbraio�1929,�tra�la�Repubblica�italiana�e�la�Santa�Sede�.�Nella�Costitu-

zione�repubblicana,�come�tutti�sanno,�non�vi�e��piu��cenno�alcuno�alla�religione�dello�Stato;�

vi�e��anzi�aperto�riferimento�alla�liberta��di�religione�e�di�culto;�ma�si��costituzionalizza��il�

principio�pattizio�per�i�rapporti�con�la�Chiesa�cattolica;�nel��nuovo�concordato��ratificato�

con�legge�25�marzo�1985,�n.�121,�si�dichiara�solennemente�che��la�Santa�Sede�e�la�Repubblica�

Italiana�tenuto�conto�del�processo�di�trasformazione�politica�e�sociale�verificatosi�in�Italia

negli�ultimi�decenni�e�degli�sviluppi�promossi�nella�Chiesa�dal�Concilio�Vaticano�II,�avendo�

presenti,�da�parte�della�Repubblica�italiana,�i�principi�sanciti�dalla�sua�Costituzione�e,�da

parte�della�Santa�Sede,�le�dichiarazioni�del�Concilio�Ecumenico�Vaticano�Secondo�circa�la�

liberta��religiosa�e�i�rapporti�tra�la�Chiesa�e�la�comunita��politica�nonche�la�nuova�codifica-

zione�del�diritto�canonico�,�addivengono�ad�alcune�modificazioni�consensuali�del�Concor-

dato,�che�superano�del�tutto,�per�quanto�ora�interessa,�eventuali�relitti�della�religione�di

Stato�e�che�sono�precedute�dall'affermazione�di�principio,�di�cui�all'art.�1,�giusta�la�quale�

�la�Repubblica�italiana�e�la�Santa�Sede�riaffermano�che�lo�Stato�e�la�Chiesa�cattolica�sono,�

ciascuno�nel�proprio�ordine,�indipendenti�e�sovrani,�impegnandosi�al�pieno�rispetto�di�tale�

principio�nei�loro�rapporti�ed�alla�reciproca�collaborazione�per�la�promozione�dell'uomo�e

il�bene�del�Paese�.�

Il��nuovo�Concordato��ebbe�una�lunga�incubazione,�ed�ogni�frase,�ogni�parola,�ogni�let-

tera,�e��stata�attentamente�misurata�e�calibrata:�mai,�forse,�come�in�questo�testo�le�parole�cor-

rispondono�esattamente�al�pensiero�che�si�vuole�esprimere.�E�dunque�interessante�notare�

l'impegno�reciproco�al��pieno�rispetto��della�sovranita��,�di�cui�all'art.�7�Cost.,�e��alla�reci-

proca�collaborazione�per�la�promozione�dell'uomo�e�il�bene�del�Paese�:�la�Chiesa�e�lo�Stato�

hanno�piena�consapevolezza�di�un�fine�comune�da�raggiungere�operando,�per�cos|��dire,�nel�

medesimo�terreno�e�in�contemporanea;�la��promozione�dell'uomo��e�il�bene�della�societa��

nella�quale�l'uomo�vive�costituiscono�esattamente�sia�il�fine�dello�Stato�(giacche�qualunque�

ordinamento�giuridico�moderno�e��fatto�per�l'uomo�e�per�il�suo�benessere)�sia�il�fine�(terreno,�

cioe��strumentale�alla�salus 
aeterna 
animarum)della�Chiesa;�ede��superfluo,�nella�odierna�

sede,�rammentare�la��Gaudium 
et 
spes�,�che�tratta�specificamente�l'argomento�dei�rapporti�

della�Chiesa�con�gli�Stati�ai�fini�della�promozione�della��humana 
dignitas�.�

La�cennata�impostazione,�di�rinnovato�impegno�per�il�benessere�degli�uomini,�contem-

poraneamente�appartenenti�alla�Nazione�e�destinatari�dell'interesse�ecclesiastico�alla��pro-

mozione�,�rende�ancor�piu��evidente�il�significato�dell'alleanza�tra�lo�Stato�e�la�Chiesa�per�il�

perseguimento,�hic 
et 
nunc,�dei�cennati�fini�comuni:�giacche�di�una�vera�e�propria�alleanza�

si�tratta,�fondata�su�un�patto�di�diritto�internazionale�e�sulle�conseguenti�norme�attuative,�

la�cui�specialita��e��attestata�dal�fatto�che�essa�e��l'unica 
espressamente�richiamata�dalla�Costi-

tuzione�e�dunque�di�particolare�rilevanza�nella�stessa�conformazione�della�Repubblica:�nes-

sun�altro�ordinamento�giuridico�straniero,�nessun'altra�convenzione,�patto�o�trattato�di

diritto�internazionale�sono�infatti�menzionati�dalla�Costituzione�repubblicana,�all'infuori�

della�Chiesa�Cattolica�e�del�negozio�con�essa�stipulato,�che�rende�i�due�paciscenti�sicuri�e�

fermi�alleati�nel�perseguimento�del�comune�interesse�alla�promozione�dell'uomo�e�al�bene�

del�Paese.�

All'epoca�del��nuovo�Concordato�,�che�espressamente�indicava�uno�dei�presupposti�

della�promozione�dell'uomo�proprio�nella�liberta��religiosa,�principio�riconosciuto�dalla�

Repubblica�tra�quelli��sanciti�dalla�sua�Costituzione��e�dalla�Santa�Sede�riconosciuto�nelle

�dichiarazioni�del�Concilio�Ecumenico�Vaticano�Secondo�,�un�altro�importante�documento�

vedeva�la�luce:�con�legge�27�maggio�1991,�n.�176,�era�infatti�ratificata�la��convenzione�dei�

diritti�del�fanciullo,�fatta�a�New�York�il�20�novembre�1989�,�nella�quale�si�stabiliva,�in�parti-

colare,�il�fondamentale�diritto�del��fanciullo��(per�tale�inteso�nella�Convenzione�il�soggetto�

infradiciottenne)�a�ricevere�una�adeguata�educazione�morale�(�...orientamento�e�consigli

adeguati...��art.�5),�ad�avere�liberta��di�pensiero�e�di�espressione,�ovviamente�proporzionata�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

all'eta��ealgradodimaturita��(art.�12eart.�14:�...rispettanoildirittodelfanciulloallaliberta��

di�pensiero,�di�coscienza,�di�religione�),�nonche�il�dovere�dei�genitori�di�insegnare�al�fan-

ciullo�il�rispetto�per�la�liberta��degli�altri,�per�i�diritti�fondamentali�dell'uomo,�per�la��mora-

lita��pubblica��(art.�14).�Analoghe�prescrizioni�si�troveranno,�piu��tardi,�nello��statuto�delle�

studentesse�e�degli�studenti�delle�scuole�secondarie�approvato�con�d.P.R.�24�giugno�1998,�

n.�249,�nel�cui�art.�1�si�dichiara�che��la�vita�della�comunita��scolastica�si�basa�sulla�liberta��di�
espressione,�di�pensiero,�di�coscienza�e�di�religione,�sul�rispetto�reciproco�di�tutte�le�persone�

che�la�compongono,�quale�che�sia�la�loro�eta��e�condizione,�nel�ripudio�di�ogni�barriera�ideo-

logica,�sociale�e�culturale��e�nel�cui�art.�2�e��particolarmente�valorizzato�il�principio�di�solida-

rieta��,�in�una�con�il�diritto�degli�studenti�stranieri�al��rispetto�della�vita�culturale�e�religiosa�

della�comunita��alla�quale�appartengono�.

Tali�documenti�in�particolare�richiamano�l'attenzione�su�una�verita��indiscutibile,�e�cioe��

che�anche�lo�Stato�non�confessionale�ha�imprescindibile�bisogno�di�valori�morali�nella�comu-

nita��amministrata:�senza�tali�valori�e�dunque�senza�una��morale��(cioe��un�insieme�di�precetti�

avvertiti�come�necessari�e�cogenti�nella�disciplina�dei�rapporti�interpersonali)�ogni�legge,�ogni�

norma�giuridica�e��avvertita�come�invasiva�imposizione,�o�incomprensibile�e�violento�limite�

ad�una�situazione�naturale�di�liberta��illimitata;�una�comunita��senza�valori�e�senza�norme�

morali�non�e��piu��una�comunita��:e��un�insieme�di�individui�tenuti�insieme�con�la�forza�da�un�

sistema�che�non�e��piu��in�grado�di�garantire�la��media�osservanza��dei�precetti�giuridici.�

Si�dice�che�la�morale�laica�si�differenzia�dalla�morale�religiosa�per�il�fatto�che�la�prima�

abbandona�e�rifiuta�qualsiasi�sistema�di�valori�precostituiti�e�dati�dall'esterno;�anche�la�

morale�laica�tuttavia�si�attiene�ai�dettami�della�coscienza�riconosciuta�comune�e�retta,�che�

pone�comunque�un�insieme�di�regole�sottratte�al�soggettivismo,�non�meno�degne�e�severe�e�

spesso�coincidenti�con�quelle�affermate�da�chi�fonda�l'etica�sul�trascendente.�

Quello�che�e��accaduto�nell'esperienza�storica�del�nostro�Paese,�nel�momento�della�for-

mazione�e�della�stabilizzazione�del�sistema�etico�oggi�avvertito�come�comune�^e�dunque�

rispettato�quantomeno�con�media�osservanza�^e��che�i�principi�morali�di�fondo�nelle�rela-

zioni�interpersonali�^e�cioe��la�base��dura��della�costruzione�etica,�sulla�quale�si�innestano,�

poi,�le�piu��complesse�relazioni�giuridiche�hanno�finito�con�il�coincidere�con�quelli�della�

morale�cattolica�dalle�cui�fondamenta�trassero�origine:�se�non�piace�piu��il�crociano��perche�

non�possiamo�non�dirci�cristiani��si�puo��anche�gridare��perche�non�possiamo�non�dirci�

laici�;�resta�il�fatto�che�il�catalogo�fondamentale�dei�valori�etici�e�dei�principi�morali�per�

come�recogniti�nella�nostra�Costituzione�sono�quelli�della�tradizione�cattolica.�Lo�sa�bene�

la�Conferenza�Episcopale�Italiana�che,�all'indomani�della�firma�del�nuovo�Concordato,�si�

affrettava�a�sottolineare�che��questo�cambiamento�nulla�toglie�ai�valori�della�religione�catto-

lica.�Essa�appartiene�da�tempo�al�popolo�italiano�nel�quale�si�e��largamente�radicata...�fino�

ad�essere�fermento�della�sua�storia,�della�sua�civilta��,�della�sua�cultura,�dei�suoi�impegni�per�

una�ordinata�convivenzacivile...��(AA.VV.,�Concordato 
1984:premesseeprospettive,�Urbino�

1985,�217),�e�lo�sanno�bene�gli�studiosi�laici,�quando�valorizzando�l'etica�del�dialogo�(dell'a-

pertura�all'altro)�ne�indicano�la�matrice�cristiana�e,�nel�richiamare�l'esigenza�del�fondamento�

morale�della�vita�collettiva�democratica,�ammettono�che�molti�valori�laici�esattamente�coin-

cidono�con�quelli�provenienti�dalla�cultura�religiosa�cattolica.�Al�giurista�laico�peraltro�l'in-

dicazione�di�non�dimenticare�che��i�valori�etici�fondamentali,�in�Italia,�come�normalmente�

avviene�negli�Stati�democratici�del�nostro�tempo,�sono�iscritti�nella�Costituzione�e�costitui-

scono�la�base�civile�e�morale�della�convivenza�organizzata��viene�addirittura�da�Giovanni�

Paolo�II,�che�pronuncio��le�trascritte�espressioni�nel�discorso�del�31�marzo�2000�ai�parteci-

panti�al�congresso�dell'Associazione�Nazionale�Magistrati.�

Forse�qualche�clericale�non�condividera��quelle�parole�e�qualche�laicista�dira��che�la�

matrice�cristiana�della�morale�fondamentale�della�nostra�gente�non�e��esclusiva�(c'e��,�infatti,�

chi�preferisce�sottolineare�i�valori�della�Rivoluzione�Francese�o�dell'Illuminismo,�quasi�che�

non�fossero�essi�stessi�valori�metafisici�^non�trascendenti,�certo�^di�universalita��,�solidarieta��,�

liberta��propri�della�tradizione�cristiana).

Cio��che�ora�interessa�e��rilevare�che�i�principi�morali�della�nostra�Nazione,�affermati�e�

riconosciuti�dalla�Costituzione,�sono�quelli�fondanti�del�primato�della�persona�umana,�della

solidarieta��e�della�liberta��^che�postula�il�rispetto�della�vita�e�delle�scelte�individuali�^non�

certo�lontani�dal�comandamento�supremo�dell'amore�che�i�Vangeli�tramandano�e�che�trova�

nelle�parole�dell'Apostolo�delle�genti�la�piu��sublime�delle�descrizioni�(1�Cor.�12,�31;�13,�1-8).�

E�se�il�clericale�e�il�laicista�avessero�la�pazienza�di�scorrere�la�Costituzione�nelle�norme�rela-

tive�ai�principi�fondamentali�e�ai�diritti�e�doveri�dei�cittadini,�vedrebbero�un�continuo�

richiamo�alle�situazioni�soggettive�inviolabili,�alla�solidarieta��politica,�economica,�sociale,�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

alla�pari�dignita��,�all'uguaglianza,�alla�liberta��di�associazione,�ai�diritti�della�famiglia�etc.�etc.,�

che�costituiscono�la�traduzione�giuridica�di�precetti�morali,�come�tali�sentiti�dalla�nostra�

gente�e�perche�tali�universalmente�accettati�sul�piano�giuridico:�e�sono�tutti�principi�etici�e

valori�che�si�sono�radicati�nel�comune�modo�di�sentire�attraverso�una�sedimentazione�ed�

una�stratificazione�che�ha�quantomeno�duemila�anni�di�storia.��Enea�e�Paolo��operarono�

in�sinergia:�i�principi�cristiani,�attraverso�l'ordinamento�giuridico�di�Roma,�si�diffusero�nel

mondo�e�mediante�la�formazione�dell'etica�collettiva�contribuirono�a�costituire�dapprima�

una�coine�dialectos�e,�poi,�la�coscienza�delle�Nazioni:�ed�ogni�Nazione�e��tale�perche�possiede�

valori�etici�che�ne�costituiscono�il��connettivo��e�che�permettono�a�tutti�isuoi�membri�di�

riconoscersi�in�una�comune�appartenenza�ed�in�una�identita��.�

Lo�Stato�e�la�Chiesa,�si�accennava,�non�sono�solo�indipendenti�e�sovrani;�sono�anche�

�alleati��mediante�un�patto�di�diritto�internazionale�attraverso�il�quale,�viribus�unitis,perse-

guono�il�comune�interesse�della�promozione�dell'uomo�e�del�bene�del�Paese.�La�collabora-

zione�avviene�mediante�la�predisposizione�di�mezzi�dall'una�e�dall'altra�parte;�l'alleanza�

implica�reciproco�riconoscimento�di�esigenze�da�rispettare,�magari�attraverso�mutue�rinunce.

I�mezzi�che�la�Chiesa�impegna�per�il�raggiungimento�del�fine�comune�sono�nell'autorita��

morale�e�spirituale�guadagnata�in�due�millenni;�la�rinuncia�che�le�si�e��chiesta�consiste�nell'ab-

dicazione�a�mire�temporali;�la�sua�predicazione�spirituale�^libera�e�piena�^mantieneecon-

solida�i�principi�etici�su�cui�si�fonda�lo�Stato�laico�soprattutto�nella�materia�dei�diritti�del-

l'uomo�e�dei�rapporti�civili�etico-sociali�ed�economici.�Lo�Stato�laico,�dal�proprio�canto,�

rinuncia�ad�essere�ateo�od�anticlericale�o�laicista�e�vede�nel�fenomeno�religioso�una�compo-

nente�molto�importante�della�societa��;�riceve�dall'opera�della�Chiesa�Cattolica�un�validissimo�

contributo�alla�consolidazione�dei�principi�che�lo�caratterizzano,�ricevendone�l'apprezza-

mento:�la�Chiesa�non�solo�non�ha�paura�della�laicita��,�ma,�come�ricordo��PioXII�(inun�noto�

discorso�del�23�marzo�1958)��la�legittima�sana�laicita��dello�Stato�e��uno�dei�principi�della�dot-

trina�cattolica�.�

Il�principio�supremo�di�laicita��del�nostro�ordinamento�e��stato�ampiamente�illustrato�da�

codesta�Corte�Ecc.ma�nella�nota�sentenza�n.�203/1989,�cui�altre�seguirono�di�concrete�con-

ferme�e�applicazioni.�E�probabile�che�il�significato�della�laicita��possa�atteggiarsi�con�sfuma-

ture�diverse�a�seconda�che�sia�in�discussione�un�profilo�dello�Stato-potere,�oppure�dello�

Stato-istituzione,�o�infine,�dello�Stato-comunita��;�e�di�tali�diverse�sfumature�e��traccia�nelle�

concrete�soluzioni�adottate�nelle�numerose�sentenze�che�hanno�fatto�seguito�alla�fondamen-

tale�pronuncia�del�1989.�E�peraltro�anche�la�dottrina�pone�in�luce�che�l'autonomia�e�l'indi-

pendenza,�che�caratterizzano�il�principio�di�laicita��dello�Stato-potere,�non�sono�concetti�

coincidenti�con�l'aconfessionalita��e�la�neutralita��dello�Stato-istituzione�o�con�la��tempora-

lita����degli�interessi�(pur�se�morali�e�spirituali)�dello�Stato-comunita��;alcuni�canonisti,poi,�

descrivono�in�positivo�il�valore�della�laicita��nel�momento�della�liberta��religiosa,�questa�intesa�

come�rivendicazione�della�Chiesa�e�verso�la�Chiesa,�liberta��che�e��uno�dei�diritti�inviolabili,�

questi,�a�loro�volta,�corollario�della��dignita��umana�.�

La�complessita��della�questione�concernente�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�scuole�e��

confermata�dal�suo�carattere�risalente�nel�tempo.�Riferisce�infatti�A.C.�Jemolo�(in�Chiesa�e�

Stato�in�Italia,�Einaudi,�Torino,�1977,�154�ss.�e�spec.�157)�che�tra�le�molteplici�battaglieanti-

clericali�combattute�all'inizio�del�ventesimo�secolo�vi�erano�quelle��...per�impedire�che�preti�

e�monache�occupino�cattedre�di�scuole�elementari;�per�fare�chiudere�asili�affidati�alle�suore;�

per�eliminare�il�crocifisso�nelle�aule�scolastiche;�per�sostituire�negli�ospedali�le�suore�con�per-

sonale�laico...�.�Niente�di�nuovo,�quindi,�se�non�che�e��passato�un�secolo�e�che�l'anticlericali-

smo�e��oggi�un�ricordo�lontano.�Il�quesito�se�sia�compatibile�con�la�cennata�laicita��dello�Stato�

l'esposizione�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche�continua�pero��ad�essere�ampiamente�trat-

tato�in�dottrina,�negli�ultimi�tempi�con�rinnovato�interesse.�

Alcune�delle�giustificazioni�a�sostegno�dell'attuale�vigenza�delle�norme�regolamentari�che�

dispongono�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�scuole�come�vicenda�ordinaria�e�normale�non�

sono�del�tutto�convincenti�spesso�perche�parziali�e�riduttive:�cos|��non�e��convincente�il�

richiamo�ai��valori�che�fondano�l'identita��dell'Italia,�dell'Europa�e�dell'intero�Occidente��

(ad�esempio,�in�Risoluzione�al�governo�della�VII�Commissione�della�Camera�del�27�ottobre�

2003),�perche�quei�valori�non�sono�rappresentati�necessariamente�e�soltanto�da�un�simbolo

religioso;�non�e��convincente�il�richiamo�alle�radici�o�alla�pace�e�alla�fratellanza,�tutti�concetti�

che�potrebbero�essere�rappresentati�anche�con�altri�emblemi;�e��insufficiente�il�richiamo�alla�

tradizione�e�alla��rivoluzione�cristiana��operata�con�toni�letterariamente�validi�ed�appassio-

nati�dalla�Ginsburg�in�un�articolo�apparso�sull'Unita��il�25�marzo�1988,�perche�di�per�se�la�

tradizione�vuole�che�si�sia�cauti�nel�cambiamento�ma�certo�non�lo�impedisce�ed�il�richiamo�


828 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

alla�rivoluzionecristiana�diperse�nonapparedeltuttocoerenteconl'equidistanzachelo

Stato�laico�deve�mantenere�rispetto�ad�ogni��rivoluzione��religiosa.�Meno�insoddisfacente�e�

il�richiamo�al��dolore�umano��e�alla�solidarieta�che�nel�medesimo�scritto�e�operato,�ma�

non�si�supera�il�terreno�della�brillante�sociologia.�Dice�la�Ginsburg:��A�medispiaceche�il�

Crocifisso�scompaia�per�sempre�da�tutte�le�classi.�Mi�sembra�una�perdita.�Tutte�o�quasi�tutte�le�

persone�che�conosco�dicono�che�va�tolto.�A�me�dispiace�che�il�Crocifisso�scompaia.�Se�fossi�un�

insegnante�vorrei�che�nella�mia�classe�non�venisse�toccato...�Il�Crocifisso�non�genera�nessuna�

discriminazione.�Tace.�E�l'immagine�della�rivoluzione�cristiana,�che�ha�sparso�per�il�mondo�l'i


dea�dell'uguaglianzafra�gli�uominifino�allora�assente...�Il�Crocifisso�e�segno�del�dolore�umano.�

Lacoronadispine,�ichiodi,�evocanolesuesofferenze...�Fapartedellastoriadelmondo...�Prima�

di�Cristonessuno�avevamaidetto�chegliuominisono�ugualiefratellitutti,�ricchiepoveri,�cre


denti�e�non�credenti,�ebrei�e�non�ebrei�e�neri�e�bianchi,�e�nessuno�prima�di�lui�aveva�detto�che�

nel�centro�della�nostra�esistenza�dobbiamo�situare�la�solidarieta�tra�gli�uomini...�A�me�sembra�

benecheiragazzi,�ibambini,losappianofindaibanchidellascuola.�Gesu�Cristohaportatola�

croce.�A�tutti�noi�e�accaduto�o�accade�di�portare�sulle�spalle�il�peso�di�una�grande�sventura.�A�

questa�sventura�diamo�il�nome�di�croce,�anche�se�non�siamo�cattolici�perche�troppo�forte�e�da�

troppisecolie�impressal'ideadellacrocenelnostropensiero.�Tutti,�cattolicielaiciportiamoo�

porteremoilpesod'unasventura,versandosangueelacrimecercandodinoncrollare.�Questo

dice�il�Crocifisso.�Lo�dice�a�tutti,�mica�solo�ai�cattolici�.�E�neppure�e�del�tutto�appagante�la�

pur�autorevole�interpretazione�fornita�dal�Consiglio�di�Stato�in�sede�consultiva�con�il�parere�

del�27�aprile�1988,�n.�63,�che�argomenta�dal�silenzio�dei�Patti�Lateranensi�in�merito�all'espo-

sizione�del�crocifisso�per�sostenere�l'insignificanza�in�materia�delle�modifiche�del�1984,�con�

la�conseguente,�piena�vigenza�dei�regolamenti�del�1924�e�del�1928:�l'abrogazione�di�una�

norma,�infatti,�puo�essere�anche�tacita,�mentre�l'osservazione�secondo�cui��la�Costituzione�

non�prescrive�alcun�divieto�all'esposizione�del�Crocifisso�(che)�per�i�principi�che�evoca...�fa�

parte�del�patrimonio�storico��appare,�nella�sua�stringatezza,�piuttosto�tautologica

D'altro�canto,�anche�la�opposta�opinione�di�chi�sostiene�che�oggi�non�vi�sia�spazio�alcuno�

per�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche�trova�motivazioni�e�giustificazioni�che

lasciano�insoddisfatto�quanto�meno�il�giurista�laico.�A�volte�l'equivoco�di�base,�quello�cioe�

di�credere�che�il�crocifisso�sia��un�simbolo�il�quale�mantiene�comunque�un�univoco�signifi-

cato�confessionale��(equivoco�nel�quale�cade�anche�l'ordinanza�di�rimessione�oggi�all'esame)�

e�il�presupposto�logico�per�valutarne�l'esposizione�come�fatto�contrastante�con�la�posizione�

di�equidistanza�che�lo�Stato�laico�deve�mantenere�nei�riguardi�del�fenomeno�religioso�o�con-

fessionale:�il��mantenimento��del�significato�religioso�e�indubbio,�ma�non�e�il�solo;�di�piu�e�

ben�oltre�il�crocifisso�e�il�simbolo�(la�bandiera,�si�direbbe)�della�Chiesa�cattolica,�unico�

alleato�dello�Stato�italiano�che�sia�menzionato�nella�Costituzione;�il�significato�confessionale�

del�crocifisso�e�mediato�dal�significato�di�emblema�del�soggetto�di�diritto�internazionale

che�ha�stretto�il�patto�con�l'Italia.�

Ancor�meno�significativi�appaiono�i�frequenti�richiami�che�i�sostenitori�dell'elimina-

zione�del�crocifisso�operano�per�dire�che�la�sua�esposizione�troverebbe�impliciti�divieti�nelle�

regole�fondamentali�dello�Stato�laico:�quell'esposizione�sarebbe�incompatibile,�si�dice,�con�

l'art.�3�Cost.,�perche�ogni�simbolo�instaurerebbe�un�meccanismo�di�identificazione�e�dunque�

lo�studente�sarebbe�in�qualche�modo�suggestionato�a�favore�della�religione�cattolica.�L'argo-

mento�non�e�affatto�convincente,�perche�postula�una�surrettizia�e�diffusa�propaganda�che�e�

sicuramente�vietata,�almeno�da�quando�l'insegnamento�della�religione�cattolica�e�diventato�

facoltativo;�e�una�osservazione,�quindi,�che�presuppone�la�violazione�delle��regole�del�

gioco�:�rispettate�queste,�l'argomento�non�ha�piu�spazio.�Ancor�peggiore�e�il�rimedio�che,�

in�nome�dell'art.�3�Cost.,�alcuni�hanno�immaginato,�quello�di�esporre�altri�simboli�religiosi�

accanto�al�crocifisso:�a�parte�l'esito�vagamente�kitsch�del�suggerimento,�anche�tale�soluzione�

da�per�scontato�che�avvenga�cio�che�non�puo�e�non�deve�avvenire�a�scuola,�quella�specie,�

cioe�,�dipropagandaoproselitismo,�sianopureessinelpieno...�rispettodelleregoledellibero

mercato!�La�liberta�di�religione�e�di�coscienza�e�la�liberta�di�pensiero�sono�chiamate�in�causa

con�analoghi�risultati:�il�crocifisso,��univoco��segno�confessionale�(dei�cattolici,�e�comunque�

dei�cristiani)�sarebbe�in�grado�di�provocare�suggestivi��input��specie�negli�alunni�piu�giovani,�

s|�da�condizionarne�lo�sviluppo.�E�un�argomento�spesso�ricorrente�anche�nelle�parallele�espe-

rienze�di�altri�paesi;�e�gli�psicologi�e�i�sociologi�si�sono�appassionatamente�misurati�sul�tema�

dei��simbolipassivi�odeiriflessiindotti�dagliemblemi.E�interessante�in�proposito�ricor-

dare�che�il�Tribunale�Costituzionale�Federale�della�Germania,�quando�si�trovo�ad�affrontare�

il�tema�del�divieto�del�velo�islamico�per�le�insegnanti�posto�dal�diritto�del�Land�Baden--

Wu�rttenberg�(caso�deciso�con�sentenza�24�settembre�2003�favorevolmente�all'insegnante�che�


IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE|

voleva|indossare|il|velo|islamico),|si|pose|il|problema|del|condizionamento|che|detto|oggetto|

poteva|avere|sui|giovanissimi|alunni;|e|ha|ammesso|CTU|(una|delle|pochissime|che,|a|

quanto|risulta,|sia|stata|disposta|in|argomento|da|una|Corte);|si|legge|nella|sentenza,|che|e�|

pubblicata|in|Foro 
Italiano 
2004,|IV,|214,|che|il|CTU|�prof.|Bliesener|ha|sostenuto|che|dal

punto|di|vista|della|psicologia|dello|sviluppo|non|sussistono|attualmente|cognizioni|certe|

che|possano|attestare|un'influenza|sui|bambini|solo|attraverso|la|frequentazione|quotidiana

con|l'insegnante|che|indossa|nella|scuola|e|nell'insegnamento|un|copricapo.|Solo|con|il|veri-

ficarsi|di|conflitti|fra|genitori|ed|insegnanti|in|relazione|all'uso|del|copricapo|da|parte|del-

l'insegnante|sono|prevedibili|effetti|negativi,|specialmente|sulle|allieve|ed|allievi|piu�|giovani.|

Gli|altri|due|consulenti|tecnici|uditi|dalla|sezione|della|Corte...|non|hanno|allegato|convin-

zioni|divergenti�.|Il|richiamo|ai|conflitti|fra|genitori 
e|insegnanti 
^sia|detto|per|inciso|


dovrebbe|comunque|far|riflettere|seriamente|sull'opportunita�|di|certi|contrasti.|

Altri|invocano|l'art.|97|Cost.|e|dunque|il|dovere|di|imparzialita�|,|aspetto|della|laicita�|che|

richiede|equidistanza.|Si|e�|gia�|detto|che,|una|volta|visto|il|crocifisso|come|emblema|e|vessillo|

dell'unico|nostro|Alleato|nominato|nella|Costituzione,|il|problema|dell'equidistanza|e|del-

l'imparzialita�|non|puo�|piu�|ragionevolmente|porsi|nei|rapporti|tra|religioni,|ma,|ben|diversa-

mente,|nei|rapporti|con|i|soggetti|di|diritto|internazionale|e|con|i|loro|vessilli:|e|codesta|

Corte|Ecc.ma|ha|gia�|avuto|occasione|di|sottolineare|che|il|principio|supremo|di|laicita�|

emerge,|tra|gli|altri,|proprio|da|quell'art.|7|che|riconosce|la|Chiesa|cattolica|indipendente|e|

sovrana|e|che|fa|del|patto|internazionale|con|essa|stipulato|un|elemento|costitutivo|del|modo|

di|essere|della|Repubblica.

La|liberta�|di|coscienza,|secondo|alcuni,|basterebbe|per|accertare|l'illegittimita�|delle|

norme|sull'esposizione|del|crocifisso.|L'argomento|e�|lo|sviluppo|di|alcune|affermazioni|con-

tenute|nella|sentenza|della|Corte|di|Cassazione|1|marzo|2000|(Foro 
It.|2000,|II,|521)|relativa|

al|caso|di|cui|ampiamente|disse|la|cronaca|e|che|e�|ricordato|in|quasi|tutti|gli|scritti|sul|tema

oggi|all'esame|di|uno|scrutatore|di|seggio|elettorale|che|rifiuto�|di|svolgere|il|suo|lavoro|per-

che�|nell'aula|scolastica|adibita|a|seggio|c'era|un|crocifisso.|Nel|processo|penale|che|segu|�|lo|

scrutatore|fu|assolto|in|ultima|istanza|perche�|il|suo|rifiuto|fu|considerato|giustificato.|Ma|

lo|fu|in|una|logica|^l'unica,|in|quella|sede,|rilevante|^del|tutto|penalistica:|l'immediatezza|

e|non|strumentalita�|del|rapporto|tra|il|rifiuto|motivato|e|il|contenuto|dell'ufficio|furono|suf-

ficienti|per|l'assoluzione;|quello|scrutatore,|insomma,|veramente|si|sentiva|condizionato|e

dunque|il|suo|rifiuto|non|fu|senza|rilievo|sul|piano|dell'elemento|psicologico|delreato.La|

Corte|di|Cassazione|si|lascia|andare|a|molte|affermazioni|di|principio|che,|forse,|non|com-

petono|alla|magistratura|penale|e|certo|non|servivano|alla|soluzione|del|casodispecie:|e|

quando|se|ne|rende|conto,|torna|improvvisamente|nei|limiti|delle|proprie|competenzeedelle|

esigenze|del|processo|osservando|che|�nel|caso|non|si|pongono|problemi|a|livello|costituzio-

nale|giacche�|il|bilanciamento|degli|interessi|e�|gia�|assicurato|nelle|previsioni|penali|dalla|

clausola|del|giustificato|motivo,|(art.|108|d.P.R.|30|marzo|1957,|n.|361:|n.|d.a.)|la|cui|

nozione...|e�|piu�|ampia|della|generale|causa|di|giustificazione�.|In|tal|modo|le|pur|pregevoli|

considerazioni|svolte|sui|principi|supremi|dell'ordinamento|non|costituiscono|giurisprudenza 


in|termini;|ne�|esiste|sul|tema|^e�|appena|il|caso|di|ricordarlo|^un|diritto|vivente|(ad|esempio|

Cass.|13|ottobre|1998,|aveva|annullato|con|rinvio|l'assoluzione|di|quello|scrutatore|dubi-

tando|che|non|avesse|davvero|commesso|reato).|

A|volte|e�|richiamato|il|diritto|inviolabile|�alla|liberta�|di|pensiero,|di|coscienza|e|di|reli-

gione�|di|cui|all'art.|9|della|Convenzione|Europea|per|la|salvaguardia|dei|diritti|dell'Uomo|

e|delle|liberta�|fondamentali,|firmata|il|4|novembre|1950|e|ratificata|con|legge|4|agosto

1955,|n.|848:|in|relazione|a|tale|diritto|inviolabile|ci|sarebbe|una|sorta|difacolta�|di|veto|in|

ordine|a|qualunque|atteggiamento|pubblico|in|qualsiasi|modo|interferente.|Forse|il|richiamo|

e�|fatto|nel|tentativo|di|aggirare|l'ostacolo|della|sicura|inesistenza|nella|Costituzione|di|una|

simile|facolta�|di|veto;|certo|e�|che|la|giurisprudenza|della|Corte|Europea|dei|Diritti|del-

l'Uomo|non|contesta|ne�|giustifica|la|cennata|lettura|dell'art.|9.|Il|principio|fondamentale|

enunciato|dalla|CEDU|e�|che|anche|i|diritti|fondamentali|vanno|considerati|in|un|quadro|di|

insieme,|�in|funzione|dei|bisogni...|delle|comunita��|(dec.|23|luglio|1968,|c.Belgio);|si|e�|ad|

esempio|affermata|la|legittimita�|dell'obbligo|di|partecipazione|ad|una|sfilata|militare|impo-

sta|ai|testimoni|di|Geova|in|orario|scolastico|(Valsamis|c.|Grecia,|18|dicembre|1996),|la|

legittimita�|dell'insegnamento|obbligatorio|dell'educazione|sessuale|(Kieldsnen|edaltri|

c.|Danimarca|7|dicembre|1976),|del|divieto|di|portare|a|scuola|simboli|religiosicome|ilvelo|
islamico|(Karaduman|c.|Turchia|3|maggio|1993)|o|di|svolgere|proselitismo|religioso|(Kokki-

nakis|c.|Grecia|25|maggio|1993):|tutti|esempi|di|inesistenza|di|una|facolta�|di|veto|di|solu-

zioni|non|condivise|pur|in|tema|di|diritti|fondamentali.|E�spesso|ricordata|sul|tema|la|sen-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tenza�bavarese�del�16�maggio�1995�che�ritenne�contraria�alla�Costituzione�tedesca�l'esposi-

zione�del�crocifisso�nei�locali�scolastici;�e,�negli�scritti�piu��recenti,�si�fa�richiamo�alla�laicita��

francese,�che�ha�portato�alla�legge�del�15�marzo�2004,�n.�228,�sul�divieto�di�simboli�religiosi�

a�scuola.�

Si�tratta�di�richiami�impropri,�perche��queste�due�Nazioni�non�hanno,�nella�propria�

Costituzione,�una�norma�del�tipo�del�nostro�art.�7;�e�di�assonanze�imprecise,�perche��la�legge�

bavarese�del�1.�gennaio�1996�introduce�un�complesso�meccanismo�di�valutazione�di�opportu-

nita��sull'esposizione�dei�simboli�religiosi,�mentre�la�legge�francese�vieta�soltanto 
i�segni�che�

manifestino�una�appartenenza�religiosa��ostensiblement�,�dove�l'avverbio�e��volutamente�

ambiguo,�indicando�qualcosa�di�meno�dell'ostentazione�e�qualcosa�di�piu��del��visibile�.�

Come�si�e��accennato,�l'ordinanza�di�rimessione�oggi�all'esame�muove�dal�presupposto�

che�il�crocifisso�abbia�mantenuto�comunque�un��univoco�significato�confessionale�;�si�e��pure�

accennato�che�la�maggioranza�della�letteratura�^sia�quella�che�ritiene�possibile�l'esposizione�

del�simbolo,�sia�quella�che�la�ritiene�illegittima�^non�condivide�detta�valutazione�d'univo-

cita��.�Non�la�condivide,�in�particolare,�la�prassi�amministrativa�in�epoca�repubblicana:�nei

provvedimenti�relativi�all'argomento�e��costante�il�richiamo�al�fatto�che��l'esposizione�del

crocifisso�nelle�aule�scolastiche...�non�configura�violazione�del�pluralismo�religioso�e�degli�

obiettivi�di�formazione�multiculturale�della�Scuola�ne��puo��considerarsi�limitativa�della�

liberta��di�coscienza�garantita�dalla�Costituzione,�non�collegandosi�ad�una�specifica�Confes-

sione,�ma�costituendo�espressione�della�civilta��e�della�cultura�cristiana�e�percio��patrimonio�

universale�dell'umanita����(direttiva�del�Ministro�dell'Istruzione,�dell'Universita��e�della�

Ricerca�3�ottobre�2002;�analogamente,�circolare�esplicativa�in�pari�data).�Di�simbolo�dell'i-

dentita��nazionale�e�del�patrimonio�tradizionale�dell'Italia�di�cui�il�cattolicesimo�e��compo-

nente�fondamentale�parla�il�Ministro�dell'Interno�quando,�in�data�25�ottobre�1984,�affronta�

il�tema�con�riguardo�alle�aule�giudiziarie,�ritenendo�ancora�vigente�la�circolare�del�29�mag-

gio�1926.�

Si�e��ricordato�che�qualunque�comunita��non�puo��non�avere�principi�etici�nei�quali�si�rico-

nosce�e�che�costituiscono�il�connettivo�che�rende�popolo�l'insieme�dei�singoli�e�che�permette�

all'ordinamento�di�porre�norme�giuridiche�coerenti�con�quei�principi,�e�dunque�avvertite

come�non�estranee�ed�invasive�imposizioni;�si�e��anche�detto�che�i�principi�etici�della�nostra�

Nazione�hanno�radici�prevalentemente�cristiane;�e�si�e��pure�ricordato�che�l'art.�7�Cost,�il�

quale�contribuisce�a�conformare�lo�Stato�laico,�indica�la�Chiesa�cattolica�quale�alleato�

mediante�un�patto�di�diritto�internazionale;�e��infine�noto�che�la�Chiesa�cattolica�indica�il�cro-

cifisso�quale�proprio�emblema�o�vessillo�(anche�altre�Chiese�cristiane�lo�fanno,�e�la�croce�

compare�pure�su�alcune�bandiere�di�Stati�laici:�ma�cio��non�toglie�nulla�al�valore�e�al�signifi-

cato�che�la�Chiesa�cattolica�assegna�a�quel�simbolo,�che�ricorda�la�divinita��del�proprio�fon-

datore�e�della�propria�costituzione).�Sulla�base�di�tali�premesse�si�puo��affrontare�il�tema�della�

verifica�di�compatibilita��tra�le�due�norme�(regolamentari)�all'esame�e�l'attuale�assetto�costitu-

zionale,�e�si�possono�dissipare�alcuni�equivoci�logici.

Come�si�e��gia��notato,�quelle�norme,�che�sono�preconcordatarie,�trovarono,�all'epoca,�

fondamento�nell'art.�1�dello�Statuto�che�permetteva�allo�Stato�di��appropriarsi�diquelsim-

bolo,�e,�contemporaneamente�di�tenersi�a�distanza�dalla�Chiesa�cattolica�e�di�svolgere�una�

politica�non�certo�filoclericale;�anzi,�a�ben�vedere�e��addirittura�probabile�che�nelle�disposi-

zioni�preconcordatarie�sul�crocifisso�vi�fosse�una�sottile�vena�polemica�nei�riguardi�del

mondo�clericale,�che�non�veniva�riconosciuto�come�esclusivo�titolare�della�facolta��di�disporre�

dei�simboli�della�religione�cristiana.�

Comunque,�certo�e��che�la�data�di�nascita�di�quelle�norme,�promulgate�in�un�ordina-

mento�che�aveva�scelto�la��religione�cattolica�apostolica�romana��come�religione�di�Stato,�

ha�suscitato�il�legittimo�dubbio�circa�la�loro�sopravvivenza�al�superamento�di�tale�scelta.�

Ma�le�norme�hanno�oggettiva�e�propria�esistenza�anche�oltre�le�ragioni�che�le�determina-

rono,�e�dunque�anche�le�due�disposizioni�oggi�allo�scrutinio�della�Corte�Costituzionale�

vanno�lette�per�quello�che�dicono�ed�inserite�nell'odierno�contesto�normativo.�E�innegabile�

che�le�due�norme�in�esame�pongono�il�crocifisso�accanto�e�comunque�insieme�alla��bandiera�

nazionale��e�al��ritratto�del�Re�.�E�una�triade�ideale�che�collega,�e�in�un�unico�insieme�con-

sidera,�la�religione�cattolica�con�i�valori�morali�che�essa�esprime,�l'ordinamento�giuridico�

formale�e�la�comunita��nella�sua�unita��di�nazione.�Nessuno�potrebbe�seriamente�affermare�

che�non�sia�piu��legittimo�il�riferimento�alla�bandiera�solo�perche��oggi�il�nostro�vessillo�non�

presenta�gli�stessi�disegni�dell'epoca,�o�che�non�si�possa�esporre�il�ritratto�del�Presidente�della�

Repubblica�perche��egli�non�e��un��Re�d'Italia�.�E�chiaro�che�la�bandiera�nazionale�e��,oggi,�

quella�di�cui�all'art.�12�Cost.,�e�che�il�Capo�dello�Stato�e��quello�di�cui�all'art.�83;�d'altra�parte�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

nessuno,�neppure�tra�i�piu�fantasiosi�ed�estremisti�assertori�delle�liberta�individuali,�se�la�sen-

tirebbe�di�sostenere�che�ne��bandiera�ne��ritratto�presidenziale�possano�essere�legittimamente�

esposti,�in�quanto�simboli,�il�primo�di�una�visione�nazionalistica�che�puo�liberamente�non�

essere�condivisa,�ed�il�secondo�di�una�metafisica�dell'ordinamento�che�impone�una�certa�ade-

sione�ai�principi�democratici�e�repubblicani.�Analoghe�osservazioni�vanno�fatte�per�il�croci-

fisso�la�cui�presenza�simbolica�fu,�all'epoca,�giustificata�dall'art.�1�dello�Statuto�ed�e��oggi�

spiegata�dall'art.�7�Cost.:�il�crocifisso�e�il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�unico�alleato�di�

diritto�internazionale�nominato�dalla�Costituzione.�Ed�allora�l'emblema�del�Cristo,�sicura-

mente�religioso�per�la�Chiesa�cattolica�che�da�Lui�si�dichiara�fondata,�entra�nella�triade��cro-

cifisso,�bandiera,�ritratto�del�Capo�dello�Stato��in�quanto�vessillo;�un�simbolo�che�non�e�

piu�di��religione��in�quanto�tale�ma�di�conformazione�dell'ordinamento�ad�una�laicita�che�

non�esclude�la�piena�e�leale�collaborazione�con�la�Chiesa�cattolica,�attraverso�un�patto�anche�

giuridicamente�privilegiato.�D'altra�parte�i�valori�morali�che�la�Chiesa�cattolica�esprime�e�

che�il�crocifisso,�simbolo�della�Chiesa,�evoca�sono�del�tutto�coincidenti�^nel�nucleo�essen-

ziale�e�nella�dimensione�umana�^con�il�modo�di�sentire�della�nostra�gente;�e�sono,�cio�che�

piu�conta,�coincidenti�con�la�stessa�impostazione�etica�della�Costituzione,�nel�momento�di

esaltazione�della�dignita�dell'uomo,�dei�diritti�inviolabili�e�delle�liberta�fondamentali;�ed�e�

proprio�il�comune�modo�di�sentire,�costituito�a�sistema�morale,�che�e�al�contempo�sostan-

ziale�fonte�di�produzione�di�quei�precetti�costituzionali�e�spiegazione�della�loro�convinta

accettazione�da�parte�della�collettivita�.�

La�triade��crocifisso,�bandiera,�ritratto�del�Capo�dello�Stato��non�e�altro�che�l'imma-

gine�visiva�^una�sorta�di�elementare�biblium 
pauperum 
^della�Nazione�nelle�sue�fondamen-

tali�componenti:�la�comunita�con�i�suoi�valori�storici�e�morali�riconfermati�dalla�speciale�

alleanza�con�la�Chiesa�cattolica,�l'unita�,�l'ordinamento�giuridico.�

I�simboli�dello�Stato�non�si�discutono:�possono�essere�condivisi�o�non�condivisi�dalla�

coscienza�individuale�ma�vanno�comunque�rispettati:�non�c'e�diritto�individuale�di�veto�per�

l'esposizione�della�bandiera�o�del�ritratto�del�Presidente,�simbolo�dello�Stato-ordinamento;�

ciascuno�in�cuor�suo�puo�non�credere�alla�bandiera�come�emblema�dell'unita�nazionale,�o�

ritenere�un�residuo�dello�Stato�etico�la�proposizione�dei�valori�democratici�e�repubblicani�

operata�attraverso�il�richiamo�al�Capo�dello�Stato;�e�nessuno,�certo,�e�obbligato�a�comporta-

menti�che�in�positivo�esternino�una�non�sentita�adesione.�Allo�stesso�modo�nessuno�potra�

mai�essere�costretto�a�qualsivoglia�atto�di�omaggio�^e�tantomeno�ad�intime�condivisioni�


nei�riguardi�del�crocifisso,�emblema�della�Chiesa�cattolica�e�dunque�simbolo�della�fattiva�e

leale�presenza�della�Chiesa,�dei�valori�morali�da�essa�esaltati�e�dell'opera�di�solidarieta�in�

concreto�svolta�in�Italia�per�la�promozione�dell'uomo�e�per�il�bene�del�Paese;�correlativa-

mente�a�nessuno�e�concesso�il�potere�di�vietare�l'esposizione�del�crocifisso�come�non�e�dato�

con�riguardo�alla�bandiera�o�all'effige�del�Presidente.�

In�questa�prospettiva�perdono�molto�della�loro�utilita�sia�il�pur�interessante�dibattito�

sulla��polivalenza�significante��dei�simboli,�sia�le�riflessioni,�in�particolare,�sulla�contraddi-

zione�della�forza�emblematica�del�crocifisso,�che�in�effetti,�di�per�se��,puo�risultare�carico�di�

speranza�o�provocare�sentimenti�contrapposti;�il�crocifisso�non�e�collocato�accanto�alla�ban-

diera�e�all'effige�presidenziale�in�quanto�diretto�simbolo�di�una�preferenza�dello�Stato�per�

una�determinata�religione:�e�l|�,�accanto�alla�bandiera�e�al�ritratto�del�Capo�dello�Stato,�per-

che��e�il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�che�l'art.�7�Cost.�riconosce�indipendente�e�sovrana�e�

che�fattivamente�opera,�in�virtu�di�speciale�rapporto�di�natura�internazionale,�in�collabora-

zione�reciproca�con�la�Repubblica��per�la�promozione�dell'uomo�e�il�bene�delPaese�,�con�

tutta�l'autorita�spirituale�e�l'autorevolezza�morale�che�le�deriva�da�due�millenni�di�storia�.�

In�tal�modo�la�forza�evocativa�del�simbolo�di�per�se��religioso�^la�cui�presenza�peraltro�

andrebbe�riconosciuta�legittima�per�cio�solo�che�si�abbia�riguardo�al�modo�di�sentire�della

maggioranza�del�popolo�italiano�e�all'esistenza�di�non�divieti,�per�lo�Stato�laico,�rispetto�alle�

opzioni�religiose�della�maggioranza�o�alla�ricognizione�dei�valori�del�nostro�patrimonio�sto-

rico�^diventa,�per�cos|�dire,�di�secondo�livello,�mediato�dal�principale�significato�di�emblema�

dello�speciale�Alleato�operante�all'interno�delle�comunita�nazionale.�Tale�visione�ricompone�

a�sistema�unitario�la��polivalente�significanza��del�pur�silente�simbolo:�attraverso�il�diretto�

richiamo�alla�Chiesa�cattolica,�di�cui�e�emblema,�comunica�a�chi�voglia�ascoltare�il�ricordo�

di�due�millenni�di�storia,�attraverso�i�quali�si�e�formata�e�consolidata�la�coscienza�della�

dignita�dell'uomo,�valore�di�primo�riferimento�di�qualunque�sistema�normativo,�la�consape-

volezza�dei�suoi�diritti�inalienabili,�delle�sue�liberta�fondamentali,�della�sua�dimensione�

sociale�retta�necessariamente�da�principi�e�valori�morali�(di�solidarieta�,�di�rispetto�e�di�

�accoglienza�dell'altro�).�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�cennata�ricostruzione,�che�direttamente�passa�attraverso�l'art.�7�Cost.�e�che�ricono-

sce�al�crocifisso�il�significato�unitario�e�coerente�di�rappresentazione�di�una�serie�di�valori�

morali�e�spirituali�espressi�dall'alleanza�con�la�Chiesa�cattolica,�e�in�grado�di�offrire�risposta�

definitiva�alla�domanda�di�chi,�vedendo�nel�crocifisso�un�simbolo�proprio�e�autonomo�dello�

Stato�(non�religioso�ma)�espressivo�delle�nostre�radici�storiche�e�dei�valori�morali�general-

mente�riconosciuti�dalla�nostra�gente,�si�chiede�perche��sia�stato�scelto�proprio�il�crocifisso�a�

simboleggiare�quei�valori,�quasi�che�l'Italia�non�disponesse�di�grandi�uomini�che�hanno�fatto�

la�storia�o�hanno�contribuito�a�gettare�le�basi�della�cultura�etica�o�culturale�o�non�si�fosse�

comunque�in�grado�di�immaginare�un�altro��logo�.�
In�tal�modo�il�crocifisso�e�simbolo�unitario�ma�non��univoco�:�e�tutto�cio�che�due�mil-

lenni�di�attiva�presenza�dapprima�romana�e�cristiana�e�poi�cattolica�hanno�prodotto�nella�

formazione�della�coscienza�dei�valori�morali�individuali�e�collettivi�trasfusi�nella�stessa�

Costituzione;�e�simbolo�di�cultura�etica�nella�sua�radice�storica;�e�il�rinnovato�impegno�della�

Chiesa�a�perseguire�con�ogni�tenacia�la�propria�missione�di�promozione�dell'uomo,�d'ac-

cordo�con�lo�Stato�per�il�benessere�spirituale�del�Paese.�Il�pluralismo�culturale�e�religioso�

dunque,�che�richiama�il�rispetto�delle�diversita�ma�che�non�e�diretto�a�privilegiare�le�culture�

minoritarie�o�a�sacrificare�quelle�tradizionali�e�maggioritarie,�si�colloca�su�un�piano�del�tutto�

diverso�e�non�interferente�con�il�significato�che�il�crocifisso�esprime,�ricordando�esso�da�un�

lato�il�connettivo�della�comunita�nazionale,�e�dall'altro�rappresentando�la�conferma�visiva�

dello�speciale�patto�con�la�Chiesa�cattolica�che�sul�piano�dell'ordinamento�internazionale�e

del�diritto�pubblico�contribuisce�a�costituire�la�sostanza�dello�Stato�laico.�
Roma,�11�ottobre�2004�

Avvocati 
dello 
Stato: 
Antonio 
Palatiello, 
estensore 


GabriellaPalmieri^Piero 
Gallo�. 


Corte 
Costituzionale, 
ordinanza 
15 
dicembre 
2004, 
n. 
389 
-Pres. 
Red. 
V.�Onida.�
�(Omisis) 
nel�giudizio�di�legittimita�costituzionale�degli�artt.�159�e�190�del�decreto�legi-

slativo�16�aprile�1994,�n.�297�(Approvazione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�

vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle�scuole�di�ogni�ordine�e�grado),�come�specificati,�

rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata�tabella�C)�del�regio�decreto�26�aprile�1928,�n.�1297�

(Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi�dell'istruzione�elementare),�e�dall'art.�118�

del�regio�decreto�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento�interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti�

di�istruzione�media),�e�dell'art.�676�del�predetto�decreto�legislativo�n.�297�del�1994,�promosso

con�ordinanza�del�14�gennaio�2004�dal�TAR�per�il�Veneto�sul�ricorso�proposto�da�S.L.�in�

proprio�e�nella�qualita�di�esercente�la�potesta�genitoriale�contro�il�Ministero�dell'istruzione,�

dell'universita�e�della�ricerca,�iscritta�al�n.�433�del�registro�ordinanze�2004�e�pubblicata�nella

Gazzetta 
Ufficiale 
della�Repubblica,�edizione�straordinaria,�del�3�giugno�2004.�
Visti�l'atto�di�costituzione�di�S.L.�nonche��gli�atti�di�intervento�di�P.B.�ed�altro�e�del�Pre-

sidente�del�Consiglio�dei�ministri;�
Udito�nell'udienza�pubblica�del�26�ottobre�2004�il�Giudice�relatore�Valerio�Onida;�
Uditi�l'avvocato�Massimo�Luciani�per�S.L.,�l'avvocato�Franco�Gaetano�Scoca�per�P.B.�

ed�altro�e�l'avvocato�dello�Stato�Antonio�Palatiello�per�il�Presidente�del�Consiglio�dei�mini-

stri.�
Ritenuto�che,�con�ordinanza�emessa�il�14�gennaio�2004,�pervenuta�a�questa�Corte�il�

20�aprile�2004,�il�Tribunale�amministrativo�regionale�per�il�Veneto,�nel�corso�di�un�giudizio�

per�l'impugnazione�di�una�deliberazione�del�consiglio�di�istituto�di�una�scuola,�ha�sollevato�

questione�di�legittimita�costituzionale,�in�riferimento�al�principio�di�laicita�dello�Stato,�e,�

�comunque�,�agli�artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�degli�artt.�159�e�190�del�decreto�

legislativo�16�aprile�1994,�n.�297�(Approvazione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�

vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle�scuole�di�ogni�ordine�e�grado),��come�specifi-

cati�,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�tabella�C�allegata)�del�regio�decreto�26�aprile�1928,�

n.�1297�(Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi�dell'istruzione�elementare),�e�dal-
l'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento�interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti�

di�istruzione�media),��nella�parte�in�cui�includono�il�Crocifisso�tra�gli�arredi�delle�aule�scola-

stiche�,�nonche��dell'art.�676�del�medesimo�d.lgs.�n.�297�del�1994��nella�parte�in�cui�conferma�

la�vigenza�delle�disposizioni��di�cui�ai�predetti�art.�119�(e�tabella�C�allegata)�del�r.d.�n.�1297�

del�1928�e�art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

che�l'impugnato�art.�159�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�fra�l'altro,�al�comma�1,�

che��spetta�ai�Comuni�provvedere�(...)�alle�spese�necessarie�per�l'acquisto,�la�manutenzione,�

il�rinnovamento�(...)�degli�arredi�scolastici��nelle�scuole�elementari,�mentre�l'art.�119�del�r.d.�

n.�1297�del�1928�stabilisce�che��gli�arredi,�il�materiale�didattico�delle�varie�classi�e�la�dota-
zione�della�scuola�sono�indicati�nella�tabella�C�allegata�,�la�quale,�nell'elencare�gli�arredi�e�

il�materiale�occorrente�nelle�varie�classi,�include�al�n.�1,�per�ogni�classe,�il�Crocifisso;�

che,�a�sua�volta,�l'impugnato�art.�190�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�fra�l'altro,�al�

comma�1,�che��i�Comuni�sono�tenuti�a�fornire�(...)�l'arredamento��dei�locali�delle�scuole

medie,�mentre�l'art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924�recita�che��ogni�istituto�ha�la�bandiera�nazio-

nale;�ogni�aula,�l'immagine�del�Crocifisso�e�il�ritratto�del�Re�;�

che�l'impugnato�art.�676�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�che�le�disposizioni�non�

inserite�nel�testo�unico��restano�ferme�ad�eccezione�delle�disposizioni�contrarie�od�incompa-

tibili�con�il�testo�unico�stesso,�che�sono�abrogate�;�

che�il�Tribunale�remittente�premette�che�le�disposizioni�citate�del�r.d.�n.�1297�del�1928�

e�del�r.d.�n.�965�del�1924�costituirebbero�adeguato�fondamento�giuridico�del�provvedimento�

impugnato�nel�giudizio�a 
quo;�sarebbero�tuttora�in�vigore�in�quanto�non�abrogate�per�incom-

patibilita��dalle�disposizioni�dei�Patti�Lateranensi�cui�si�e��data�esecuzione�con�la�legge�

27�maggio�1929,�n.�810,�ne�da�quelle�dell'Accordo�di�modifica�di�detti�Patti�reso�esecutivo�

con�la�legge�25�marzo�1985,�n.�121;�non�sarebbero�incompatibili�infine�con�il�testo�unico

approvato�con�il�d.lgs.�n.�297�del�1994,�ne�sarebbero�state�abrogate�per�nuova�disciplina�del-

l'intera�materia�in�quanto�l'impugnato�art.�676�del�testo�unico�medesimo�dispone�che�restino�

salve�le�norme�preesistenti�non�inserite�in�esso�e�non�incompatibili�con�le�disposizioni�del�

medesimo�testo�unico;�che�dette�disposizioni�sarebbero�destinate�ad�introdurre�norme�attua-

tive�di�dettaglio�rispetto�ad�atti�legislativi,�e�cioe��,�rispettivamente,�il�r.d.�5�febbraio�1928,�

n.�577,�al�cui�art.�55�corrisponde�oggi�l'art.�159,�comma�1,�del�d.lgs.�n.�297�del�1994,�e�il�r.d.�
6�maggio�1923,�n.�1054,�al�cui�art.�103�corrisponde�oggi�l'art.�190�del�d.lgs.�n.�297�del�1994;�

che�il�giudice�a 
quo 
si�pone�il�problema�della�costituzionalita��delle�disposizioni�regola-

mentari�citate,�da�cui�discenderebbe�l'obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso�nelle�aule�scola-

stiche,�e�ritiene�che�queste,�pur�non�potendo�essere�oggetto�diretto�di�controllo�di�costituzio-

nalita��,�dato�il�loro�rango�regolamentare,�sarebbero�invece�suscettibili�di�controllo�indiretto,�

in�quanto�specificano�e�integrano�i�disposti�legislativi�impugnati�degli�artt.�159�e�190�del

d.lgs.�n.�297�del�1994,�il�cui�art.�676�a�sua�volta�costituirebbe�una�norma�primaria��attra-

verso�la�quale�l'obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso�conserva�vigenza�nell'ordinamento�posi-

tivo�;�

che,�in�punto�di�non�manifesta�infondatezza�della�questione,�il�Tribunale�remittente�

sostiene�che�il�Crocifisso�e��essenzialmente�un�simbolo�religioso�cristiano,�di�univoco�signifi-

cato�confessionale;�e�che�l'imposizione�della�sua�affissione�nelle�aule�scolastiche�non�sarebbe�

compatibile�con�il�principio�supremo�di�laicita��dello�Stato,�desunto�da�questa�Corte�dagli�

artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�e�con�la�conseguente�posizione�di�equidistanza�e�

di�imparzialita��fra�le�diverse�confessioni�che�lo�Stato�deve�mantenere;�e�che�la�presenza�del�

Crocifisso,�che�verrebbe�obbligatoriamente�imposta�ad�alunni,�genitori�e�insegnanti,�delinee-

rebbe�una�disciplina�di�favore�per�la�religione�cristiana�rispetto�alle�altre�confessioni,�attri-

buendo�ad�essa�una�ingiustificata�posizione�di�privilegio;�

che�si�e��costituita�la�parte�privata�ricorrente�nel�giudizio�a 
quo,�concludendo�per�l'ac-

coglimento�della�questione;�

che,�secondo�la�parte,�l'obbligatoria�esposizione�del�Crocifisso�nelle�auleviolerebbeil

dovere�di�equidistanza�dello�Stato�rispetto�alle�varie�confessioni�e�contraddirebbe�l'esigenza�

di�uno��spazio�pubblico�neutrale��in�cui�non�potrebbe�trovare�posto�un�simbolo�religioso;�

non�si�potrebbe�attribuire�al�Crocifisso�il�carattere�di�un�simbolo�genericamente�civile�e�cul-

turale,�essendo�innegabile�la�sua�valenza�religiosa,�e�mancando�del�resto�ogni�base�costitu-

zionale�per�poter�fare�del�Crocifisso�un�simbolo�dell'unita��della�nazione�al�pari�della�ban-

diera;�non�sarebbe�praticabile,�infine,�nemmeno�una�soluzione�che�postuli�la�permanenza�

dell'esposizione�del�Crocifisso�salvo�che�qualcuno�degli�alunni�ritenga�di�esserne�leso�nella�

propria�liberta��religiosa,�poiche�sarebbe�violato�comunque�il�principio�oggettivo�di�laicita��,�

ne�si�potrebbe�costringere�il�singolo�a�opporsi�apertamente�alla�eventuale�volonta��maggiori-

taria�del�gruppo�sociale�di�appartenenza;�

che�sono�intervenuti�altres|�,�con�unico�atto,�il�sig.�P.B.,�in�proprio�e�quale�genitore�di

un'alunna�della�stessa�scuola,�e�il�sig.�L.B.,�in�qualita��di�presidente�dell'associazione�italiana�

genitori�di�Padova,�concludendo�per�la�inammissibilita��e�comunque�per�la�infondatezza�della�

questione;�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

che�gli�intervenienti,�affermata�la�propria�legittimazione�ad�essere�presenti�nel�giudi-

zio�in�quanto�controinteressati�nel�giudizio�a 
quo,�pur�se�non�evocati�in�esso,�nonche�in�

quanto�titolari�di�un�interesse�direttamente�inerente�al�rapporto�sostanziale�dedotto�nel�giu-

dizio�medesimo,�negano�che�l'esposizione�del�Crocifisso�nelle�aule�leda�il�principio�di�laicita��,�

il�quale�non�implicherebbe�indifferenza�dello�Stato�rispetto�alle�religioni,�e�non�impedirebbe�

l'esposizione�di�un�simbolo�che�rappresenta�una�parte�integrante�dell'identita��culturale�e�sto-

rica�del�popolo�italiano;

che�e��intervenuto�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�concludendo�per�l'inammis-

sibilita��e�comunque�per�l'infondatezza�della�questione;�

che�l'Avvocatura�erariale�eccepisce�anzitutto�il�difetto�di�rilevanza�della�questione,�in�

quanto,�alternativamente,�il�giudizio�davanti�al�TAR�non�sarebbe�stato�proponibile�per�

difetto�di�contraddittorio�e�di�legittimazione�del�ricorrente,�ovvero�il�TAR�sarebbe�carente�

di�giurisdizione;�

che,�nel�merito,�la�difesa�del�Presidente�del�Consiglio�sostiene�che�le�norme�legislative�

impugnate�e�le�norme�regolamentari�richiamate�dal�remittente�non�stabiliscono�alcun�

obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso,�e�che,�in�assenza�di�un�obbligo�legale�di�esposizione,�

il�problema�sarebbe�quello�di�verificare�se�le�norme�costituzionali�consentano�l'esposizione�

di�quel�simbolo�del�cattolicesimo:�esposizione�che�non�sarebbe�in�contrasto�con�la�laicita��

dello�Stato�e�sarebbe�coerente�sia�con�l'art.�7�della�Costituzione,�sia�con�il�riconoscimento,�

contenuto�nell'art.�9�dell'accordo�di�revisione�del�concordato�reso�esecutivo�con�la�legge�

n.�121�del�1985,�secondo�cui�i�principi�del�cattolicesimo�fanno�parte�del�patrimonio�storico�
del�popolo�italiano;�

che�nella�memoria�presentata�in�vista�dell'udienza�l'Avvocatura�erarialeargomenta�

nel�senso�della�legittimita��costituzionale�della�presenza�del�Crocifisso�nelle�aule,�quale��eve-

nienza�naturale��nell'ordinario�svolgimento�della�vita�scolastica:�il�Crocifisso�sarebbe�bens|��

anche�un�simbolo�religioso,�ma�sarebbe��il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�unico�alleato�di�

diritto�internazionale��dello�Stato�nominato�dalla�Costituzione�all'art.�7,�e�dunque�sarebbe�

da�considerarsi�alla�stregua�di�un�simbolo�dello�Stato�di�cui�non�si�potrebbe�vietare�l'esposi-

zione,�al�pari�della�bandiera�e�del�ritratto�del�Capo�dello�Stato.�

Considerato�che�l'intervento�spiegato�nel�giudizio�e��stato�ammesso�dalla�Corte�con�ordi-

nanza�pronunciata�in�udienza,�in�quanto�la�posizione�sostanziale�fatta�valere�dal�sig.�P.B.,�

in�proprio�e�in�qualita��di�genitore�di�un'alunna,�e��qualificata�in�rapporto�alla�questione�

oggetto�del�giudizio�di�costituzionalita��,�dovendosi�in�questa�sede�precisare�che�la�legittima-

zione�ad�intervenire�non�si�estende�all'altro�firmatario�dell'unico�atto�di�intervento,�sig.�

L.B.,�in�quanto�presidente�dell'associazione�italiana�genitori�di�Padova;�

che�il�remittente�impugna�gli�articoli�159�e�190�del�d.lgs.�16�aprile�1994,�n.297,�sul

presupposto�che�essi,��come�specificati�,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata�tabella�C)�

del�r.d.�26�aprile�1928,�n.�1297,�e�dall'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965,�forniscano�fon-

damento�legislativo�ad�un�obbligo��contestato�dal�ricorrente�per�contrasto�conilprincipio�

di�laicita��dello�Stato��di�esposizione�del�Crocifisso�in�ogni�aula�scolastica�delle�scuole�ele-

mentari�e�medie;�e�impugna�altres|��l'art.�676�del�medesimo�d.lgs.�n.�297�del�1994�sul�presup-

posto�che�a�tale�disposizione��che�sancisce�l'abrogazione�delle�sole�disposizioni�non�incluse�

nel�testo�unico�che�risultino�incompatibili�con�esso��debba�farsi�risalire�la�permanente�

vigenza�delle�due�norme�regolamentari�citate,�dopo�l'emanazione�dello�stesso�testo�unico;�

che�tali�presupposti�sono�pero��erronei;�

che,�infatti,�gli�articoli�159�e�190�del�testo�unico�si�limitano�a�disporre�l'obbligo�a�

carico�dei�Comuni�di�fornire�gli�arredi�scolastici,�rispettivamente�per�lescuoleelementarie

per�quelle�medie,�attenendo�dunque�il�loro�oggetto�e�il�loro�contenuto�solo�all'onere�della�

spesa�per�gli�arredi;�

che,�pertanto,�non�sussiste�fra�le�due�menzionate�disposizioni�legislative,�da�un�lato,�e�

le�disposizioni�regolamentari�richiamate�dal�remittente,�dall'altro�lato,�quel�rapporto�di�inte-

grazione�e�specificazione,�ai�fini�dell'oggetto�del�quesito�di�costituzionalita��proposto,�che�

avrebbe�consentito,�a�suo�giudizio,�l'impugnazione�delle�disposizioni�legislative��come�speci-

ficate��dalle�norme�regolamentari;�

che,�a�differenza�di�quanto�rilevato�da�questa�Corte�nelle�sentenze�n.�1104�del�1988�e�

n.�456�del�1994�(richiamate�dal�remittente)�a�proposito�dell'ammissibilita��di�censure�mosse�
nei�confronti�di�disposizioni�legislative�come�specificate�da�norme�regolamentari�previgenti,�

fatte�salve�dalla�legge�fino�all'emanazione�di�nuovi�regolamenti,�nella�specie�il�precetto�che�

il�remittente�ricava�dalle�norme�regolamentari�non�si�desume�nemmeno�in�viadi�principio�

dalle�disposizioni�impugnate�degli�artt.�159�e�190�del�testo�unico;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

che,�infatti,�per�quanto�riguarda�la�tabella�C�allegata�al�r.d.�n.�1297�del�1928,�e�richia-
mata�nell'art.�119�dello�stesso,�essa�contiene�soltanto�elenchi�di�arredi�previsti�per�le�varie�
classi,�elenchi�peraltro�in�parte�non�attuali�e�superati,�come�ha�riconosciuto�la�stessa�ammi-
nistrazione;�

che�l'assenza�del�preteso�rapporto�di�specificazione�e�ancor�piu�evidente�per�quanto�
riguarda�l'art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924,�che�si�riferisce�bens|�alla�presenza�nelle�aule�del�
Crocifisso�e�del�ritratto�del�Re,�ma�non�si�occupa�dell'arredamento�delle�aule,�e�dunque�
non�puo�trovare�fondamento�legislativo�nella��ne�costituire�specificazione�della��disposi-
zione�censurata�dell'art.�190�del�testo�unico,�volta�anch'essa,�come�si�e�detto,�a�disciplinare�
solo�l'onere�finanziario�per�la�fornitura�di�tale�arredamento;�

che,�per�quanto�riguarda�l'art.�676�del�d.lgs.�n.�297�del�1994,�non�puo�ricondursi�ad�
esso�l'affermata�perdurante�vigenza�delle�norme�regolamentari�richiamate,�poiche�la�even-
tuale�salvezza,�ivi�prevista,�di�norme�non�incluse�nel�testo�unico,�e�non�incompatibili�con�
esso,�puo�concernere�solo�disposizioni�legislative,�e�non�disposizioni�regolamentari,�essendo�
solo�le�prime�riunite�e�coordinate�nel�testo�unico�medesimo,�in�conformita�alla�delega�di�
cui�all'art.�1�della�legge�10�aprile�1991,�n.�121,�come�sostituito�dall'art.�1�della�legge�26�aprile�
1993,�n.�126;�

che�l'impugnazione�delle�indicate�disposizioni�del�testo�unico�si�appalesa�dunque�il�
frutto�di�un�improprio�trasferimento�su�disposizioni�di�rango�legislativo�di�una�questione�di�
legittimita�concernente�le�norme�regolamentari�richiamate:�norme�prive�di�forza�di�legge,�
sulle�quali�non�puo�essere�invocato�un�sindacato�di�legittimita�costituzionale,�ne�,�conseguen-
temente,�un�intervento�interpretativo�di�questa�Corte;�

che,�pertanto,�laquestionepropostae�,�sotto�ogniprofilo,�manifestamenteinammissibile.�
Per 
questi 
motivi 
la 
Corte 
Costituzionale 
dichiara�la�manifesta�inammissibilita�della�questione�
di�legittimita�costituzionale�degli�artt.�159�e�190�del�d.lgs.�16�aprile�1994,�n.�297�(Approva-
zione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle�
scuole�di�ogni�ordine�e�grado),�come�specificati,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata�
tabella�C)�del�r.d.�26�aprile�1928,�n.�1297�(Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi�
dell'istruzione�elementare),�e�dall'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento�
interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti�di�istruzione�media),�e�dell'art.�676�del�predetto�
d.lgs.�n.�297�del�1994,�sollevata,�in�riferimento�al�principio�di�laicita�dello�Stato�e,�comunque,�
agli�artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�dal�Tribunale�amministrativo�regionale�per�il�
Veneto�con�l'ordinanza�in�epigrafe.�
Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il�
13�dicembre�2004.�.�

Allegato 
Ordinanza 
letta 
all'udienza 
del 
26 
ottobre 
2004 


�ORDINANZA�

Visto�l'intervento�spiegato�in�giudizio,�in�termini,�dal�Sig.�P.B.�e�dal�Sig.�L.B.;�

Considerato�che�la�posizione�sostanziale�fatta�valere�nel�presente�giudizio�dal�Sig.�P.B.�
in�proprio�e�quale�genitore�dalla�minore�L.B.�appare�qualificata�in�rapporto�alla�questione�
oggetto�del�giudizio�di�costituzionalita�.�

Per 
questi 
motivi 
ammette�l'intervento�di�cui�in�premessa.�
F.to:�Valerio�ONIDA,�Presidente�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Fermo�amministrativo:�e�sufficiente�il�fumus 
boni 
iuris 
del�credito�vantato�dalla�P.A.�

(Corte 
di 
Cassazione, 
sezione 
tributaria, 
sentenza 
2 
marzo 
2004 
n. 
4219) 


1.�Quadro 
di 
riferimento. 
Nella�fattispecie�in�questione�era�stata�inoltrata�
istanza�di�pagamento�degli�interessi�maturati�sulla�somma�liquidata�a�titolo�
di�rimborso�IVA�per�l'anno�1973�e�corrisposta�nel�maggio�1986.�La�richiesta,�
purtuttavia,�era�stata�negata�(per�meglio�dire,�si�era�formato�il�silenzio�
rifiuto)�e�veniva�adottato�dall'Amministrazione�Finanziaria�il�provvedimento�
di�sospensione�del�pagamento�(cd.��fermo�amministrativo�)�in�relazione�al�
suddetto�credito�della�societa��a�garanzia�di�altro�credito�vantato�dall'Ammi-
nistrazione�in�virtu��di�avvisi�di�accertamento�notificati�relativamente�agli�
anni�1982�e�1983.�
Con�successivo�ricorso�il�Sig.�A.�D'A.,�nella�qualita��di�liquidatore�della�
S.n.c.,�impugnava�il�provvedimento�di�sospensione,�deducendo�in�particolare�
l'inapplicabilita��dell'istituto�del�fermo�amministrativo�al�caso�di�specie;�l'ob-
bligatorieta��del�pagamento�richiesto,�a�norma�dell'art.�38�bis 
d.P.R.�

n.�633/1972;�l'insussistenza�del�credito�che�l'Amministrazione�Finanziaria�
avrebbe�inteso�garantire,�essendo�stati�annullati�gli�avvisi�di�accertamento�
relativi�alle�due�annualita��specificate.�
Il�giudice�adito�accoglieva�l'istanza,�condannando�l'Amministrazione�al�
pagamento�delle�somme�richieste�e�rilevando,�tra�le�altre�cose,�che�i�due�
avvisi�di�accertamento�posti�dall'Ufficio�a�fondamento�del�credito�garantito,�
risultavano�annullati�dalla�Commissione�Tributaria�di�secondo�grado.�

Avverso�la�sentenza�proponeva�gravame�l'Ufficio�IVA�de 
quo 
insistendo�
a�difesa�della�legittimita��del�proprio�operato�e�deducendo�la�non�definitivita��
delle�decisioni�di�annullamento�degli�avvisi�di�accertamento�notificati�per�gli�
anni�1982�e�1983.�

La�Commissione�Tributaria�Regionale�competente�accoglieva�l'appello�
e,�in�riforma�della�sentenza�di�primo�grado,�rigettava�l'istanza�di�rimborso�
evidenziando�che�la�mancata�prestazione�da�parte�del�contribuente�delle�
garanzie�specifiche�previste�dall'art.�38�bis 
per�un�eventuale�recupero�di�tutto�
quanto�fosse�risultato�indebitamente�rimborsato,�rendeva�legittimo�il�ricorso�
dell'Amministrazione�alla�generale�misura�cautelare�prevista�dall'art.69�

R.D.�n.�2440/1923,�la�cui�efficacia�nel�caso�concreto�non�poteva�ritenersi�ne�
caducata�ne�resa�illegittima�in�virtu��della�non�ancora�definitiva�sentenza�di�
appello�intervenuta�ad�annullare�gli�atti�di�accertamento�relativi�agli�anni�
1982�e�1983.�
Avverso�la�decisione�del�giudice�di�seconda�istanza,�il�Sig.�A.�D'A.�pro-
poneva�ricorso�innanzi�alla�Corte�Suprema�di�Cassazione�che�lo�ha�ritenuto�
infondato.�

Il�Supremo�Collegio,�invero,�dopo�avere�escluso�che�nella�specie�venisse�
in�rilievo�l'art.�38�bis 
piu��volte�richiamato,�ha�affermato�la�legittimita��del�
provvedimento�cautelare�impugnato�di�cui�all'art.�69�R.D.�2240/1923,�il�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

quale�discende�solo�ed�esclusivamente�dalla�pretesa�creditoria�che�al�
momento�della�sua�adozione�la�Amministrazione�Finanziaria�rivendicava�
per�gli�anni�1982�e�1983�(1).�

2.�Osservazioni.�Il�provvedimento�di�fermo�amministrativo,�la�cui�natura�
e�molto�discussa�in�dottrina�(2)�ed�in�giurisprudenza,�e�un�istituto�che�con-
sente,�ex�art.�69�decreto�rettorale�n.�2240�del�novembre�1923,�ad�una�Ammi-
nistrazione�dello�Stato�che�abbia�o�pretenda�di�avere,�a�qualsiasi�titolo,�una�
ragione�di�credito�verso�aventi�diritto�a�somme�dovute�dalla�stessa�Ammini-
strazione�o�da�altre�Amministrazioni,�di�sospendere,�temporaneamente,�il�
pagamento,�in�attesa�del�provvedimento�definitivo.�
Tale�facolta�viene�riconosciuta�a�salvaguardia�dell'eventuale�compensa-
zione�legale�tra�i�reciproci�crediti�ed�e�connessa�alle�esigenze�finanziarie�dello�
Stato.�

Si�tratta,�pertanto,�di�una�tipica�misura�di�autotutela�della�Amministra-
zione�statale�ad�evidente�funzione�cautelare,�giacche�essa�assicura�e�garanti-
sce�la�tutela�e�la�conservazione�dei�crediti�vantati�dallo�Stato,�sia�pure�ne�
liquidi�ne�esigibili�nei�confronti�del�suo�creditore.�

(1)�Per�gli�argomenti�della�decisione,�v.�infra. 
Nello�stesso�senso,�cfr.�Cass.,�Sezione�quinta�civile,�sentenza�15�ottobre�2003�^5�marzo 
2004�(dep.),�n.�4567.�In�tale�fattispecie,�era�stata�inoltrata�istanza�di�rimborso�IVA�versata�
in�eccedenza;�la�richiesta�era�stata�negata,�attesa�la�pendenza�di�controversie�su�rettifiche�
IVA�notificate�dall'Ufficio,�con�riferimento�a�diversi�e�precedenti�periodidiimposta.A�cio�
ha�fatto�seguito�l'adozione,�da�parte�dell'Amministrazione�Finanziaria,�del�fermo�ammini-
strativo�del�credito�del�contribuente�nei�limiti�di�quello�vantato�dall'Ufficio�nei�confronti�
del�medesimo�soggetto.�Anche�in�tale�situazione,�analoga�a�quella�della�sentenza�in�com-
mento,�la�Cassazione�ha�stabilito�che�l'Amministrazione�Finanziaria�puo�legittimamente�
negare�un�rimborso�IVA�quando�sia�stato�adottato�un�provvedimento�di�fermo�amministra-
tivo�delle�somme�pretese�in�restituzione�per�il�solo�fatto�che�vi�siano�controversie�tra�le�parti�
su�rettifiche�relative�ad�altre�annualita�.�La�Suprema�Corte�ha�motivato�tale�decisione�spie-
gando�che�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo�e�sufficiente�un�fumus�boni�iuris�del�cre-

dito�e�non�e�invece�richiesto�un�periculum�in�mora,�affermando�altres|�che�tale�istituto��non�
configura�un�irragionevole�privilegio�ma�uno�strumento�necessario�alla�protezione�del�pub-
blico�interesse�connesso�alle�esigenze�dello�Stato�.�

Circa�la�competenza�del�giudice�tributario�a�conoscere�la�controversia�in�materia�di�
fermo�amministrativo,�il�Supremo�Collegio,�richiamandosi�al�principio�di�autonomia�e�sepa-
razione�dei�giudizi�amministrativo�e�tributario,�ha�riconosciuto�al�giudice�del�rapporto�tribu-
tariodiconoscere�incidenter�tantum,�ed�al�sol�fine�della�disapplicazione,�della�legittimita�
del�provvedimento�amministrativo,�anche�quando�esso�sia�divenuto�inoppugnabile�dinanzi�
al�giudice�amministrativo�per�inutile�decorso�dei�termini�di�impugnazione.�

Per�vero,�la�questione�era�stata�gia�decisa�dalle�Sezioni�Unite�della�Cassazione,�con�sen-
tenza�n.�1733�del�7�febbraio�2002.�In�quella�sede,�si�era�affermato�che�la�domanda�di�rim-
borso�IVA�che�il�contribuente�proponga�in�sede�giudiziale,�impugnando�l'atto�di�rifiuto�del�
rimborso�stesso�reso�in�dipendenza�di�un�provvedimento�di�fermo�amministrativo�ex�art.�69�
del�R.D.�18�novembre�1923,�n.�2240,�non�si�sottrae�alla�giurisdizione�delle�Commissioni�Tri-
butarie,�abilitate�a�disapplicare�il�provvedimento�di�fermo�del�rimborso,�allorche�risulti�non�
assistito�dal�relativo�potere.�

(2)�In�particolare,�cfr.�S. 
Campani,�La�tutela�del�contribuente�nei�confronti�del�fermo�
amministrativo,�in�Ilfisco�n.�35/1991,�5715;�F. 
M. 
Aureli,�Ribadita�l'illegittimita�delfermo�
amministrativo�in�tema�di�rimborsi�accelerati�IVA,�in�Ilfisco,�n.�28/1993,�7891;�da�ultimo�M. 
Illiano,�Applicabilita�ai�rimborsi�IVA�delle�misure�cautelari�e�del�fermo�amministrativo,�in�
Corr.�Trib.�n.�42/2000,�3062.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�dunque�sufficiente�per�l'adozione�secundum�legem�del�fermo�ammini-
strativo�che�la�P.A.�vanti�una�ragione�di�credito�che,�tuttavia,�non�si�identi-
fica�ne�in�una�mera�pretesa�creditoria�(che�potrebbe�condurre�all'arbitrio)�ne�
in�un�credito�certo�liquido�ed�esigibile,�ma�in�una�posizione�caratterizzata�
dal�fumus�boni�iuris�(il�convincimento,�cioe�,�di�una�ragionevole�fondatezza�
del�suo�diritto�di�credito).�

Il�ricorso�a�questa�misura�cautelare,�in�passato,�e�stato�oggetto�di�valu-
tazione�anche�da�parte�della�Corte�Costituzionale,�che�ha�avuto�modo�di�
chiarire�che�il�fermo�amministrativo,�benche�esercizio�di�un�potere�discrezio-
nale�della�Pubblica�Amministrazione,�tuttavia�non�e�esentato�dal�sindacato�
in�sede�giurisdizionale�e,�pertanto,�deve�essere�sorretto�da�una�adeguata�
motivazione�circa�la�sussistenza�del�presupposto�legale�della�ragionevole�
apparenza�di�fondatezza�della�pretesa�creditoria�(3).�

E�evidente,�dunque,�che�la�prospettata�analogia�tra�la�misura�cautelare�
del�fermo�amministrativo�ed�il�sequestro�conservativo�sia�solo�di�facciata,�
considerato�che�la�previsione�normativa�dettata�dall'art.�69�del�R.D.�n.�2240�
del�1923�prescinde�dalla�sussistenza�del�pericolum�in�mora�e,�cioe�,�da�una�
qualsiasi�considerazione�in�merito�al�pericolo�per�la�realizzazione�del�credito.�

Ai�fini�dell'inquadramento�dell'istituto�in�esame�occorrera�,da�unlato,�
avere�riguardo�alle�misure�cautelari�a�garanzia�e�conservazione�del�credito;�
dall'altro,�considerare�che�il�provvedimento�di�sospensione�del�pagamento�si�
colloca�sul�piano�del�rapporto�obbligatorio�tra�la�Pubblica�Amministrazione�
ed�il�terzo.�La�sospensione,�infatti,�vale�ad�impedire�la�mora�del�debitore�
Pubblica�Amministrazione�nei�confronti�del�terzo�creditore�e�ad�anticipare,�
sostanzialmente,�gli�effetti�definitivi�di�una�futura�estinzione�delle�reciproche�
obbligazioni�attraverso�il�meccanismo,�di�diritto�comune,�della�compensa-
zione,�pur�in�mancanza�di�un�credito�certo�liquido�ed�esigibile.�

Dott.ssa�Ilaria�Sanasi�

Corte 
di 
Cassazione, 
Sezione 
Tributaria, 
sentenza 
30 
ottobre 
2003 
(Camera 
di 
consiglio) 



2 
marzo 
2004 
(dep.), 
n. 
4219 
^Pres.�U.�Favara�^Rel.�Cons.�E.�Ferrara^F.lliN.eA.�

D'A.�S.n.c.�c/�Ministero�dell'Economia�e�delle�Finanze.�

Qualora�un'amministrazione�dello�Stato,�che�abbia�^a�qualsiasi�titolo�^ragione�di�credito�

verso�aventi�diritto�a�somme�dovute�da�altre�amministrazioni,�richieda�la�sospensione�delpaga-
mento,�questa�deve�essere�eseguita�in�attesa�delprovvedimento�definitivo.�

Lasospensionedelpagamentoprevistodall'art.�69R.D.n.2240/1923(dettacomunemente�
�fermo�amministrativo�)�richiede�esclusivamente�l'esistenza�di�una�ragione�di�credito�a�qual-

siasi�titolo�vantata�da�un'amministrazione�dello�Stato�nei�confronti�di�un�creditore�di�altra�
amministrazione�dello�Stato.�

Il�provvedimento�di�sospensione�di�pagamento�di�cui�alla�norma�richiamata�e�una�misura�
cautelarerivoltaasospendere,�inpresenzadiunaragionedicreditodellaP.A.,�eventualipaga-

menti�dovuti�al�contribuente�al�fine�di�salvaguardare�l'eventuale�compensazione�legale�degli�

stessi�con�un�credito�attualmente�ne�liquido�ne�esigibile,�che�la�P.A.�abbia�o�pretenda�di�avere�

nei�confronti�del�suo�creditore.�

(3)�Corte�Costituzionale,�sentenza�19�aprile�1972,�n.�67.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

�(Omissis).�Il�rimborso�originariamente�richiesto�dal�contribuente�si�fondava�sullapre-
visione�dell'art.�38�bis 
d.P.R.�n.�633/1972,�e�pertanto�era�soggetto�alle�garanzie�da�quella�
norma�specificamente�previste�a�tutela,�pero�,�solo�ed�esclusivamente�dell'eventuale�credito�
dell'Amministrazione�conseguente�alla�necessita�di�recuperare�le�somme�erroneamente�rim-
borsate.�

Il�provvedimento�di�fermo�oggetto�del�presente�giudizio�risulta�invece,�come�univoca-
mente�si�ricava�dalla�sentenza�impugnata,�adottato�a�garanzia�di�altro�e�diverso�credito�
rivendicato�dall'Amministrazione�Finanziaria�a�seguito�di�accertamento�notificato�relativa-
mente�all'IVA�dovuta�per�gli�anni�1982�e�1983.�L'esistenza�di�questa�pretesa�creditoria�del-
l'Amministrazione,�all'atto�dell'adozione�del�provvedimento�di�sospensione�dei�pagamenti,�
benche�contestata�dal�debitore,�in�quanto�non�ancora�esclusa�da�un�provvedimento�giudizia-
rio�definitivo,�legittimava�essa,�ed�essa�sola,�l'Ufficio�all'adozione�del�provvedimento�caute-
lare�ai�sensi�dell'art.�69�u.c.�R.D.�n.�2440/1923,�non�essendovi,�sotto�altro�profilo,�motivo�
alcuno�per�dubitare�del�fatto�che�il�fermo�amministrativo�possa�intervenire�a�sospendere�
qualsiasi�pagamento�dell'Amministrazione,�e,�quindi,�anche�il�rimborso�dell'IVA�eventual-
mente�dovuto�al�contribuente.�

Ha�ragione�pertanto�il�ricorrente�quando�censura�la�decisione�dei�giudici�di�appello�per�
aver�individuato�nella�mancata�prestazione�delle�garanzie�previste�dall'art.�38�bis 
il�presup-
posto�del�provvedimento�di�fermo.�E,�pero�,�la�verita�e�che�l'art.�38�bis 
nella�fattispecie�non�
rileva,�non�essendo�in�nessun�modo�in�contestazione�il�diritto�del�contribuente�al�rimborso�
da�quella�norma�previsto,�con�la�conseguenza�che�neanche�rilevano�tutte�le�circostanze�espo-
ste�in�ricorso�in�ordine�alla�acquisita�definitivita�di�quel�credito.�(Omissis)�.�

P.Q.M. 
La�Corte�rigetta�il�ricorso.�(Omissis)�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Sulle 
agenzie 
di 
disbrigo 
pratiche 
per 
gli 
stranieri 


(Tribunale 
Civile 
di 
Torino, 
sezione 
prima, 
ordinanza 
6 
luglio 
2004 
^dep. 
7 
luglio 
2004) 


L'ordinanza�sopra�riportata�si�segnala�per�la�rispondenza�formale�e�
sostanziale�al�modello�di�un�provvedimento�giurisdizionale�cautelare.�

Nonostante�le�forti�peculiarita��di�ogni�ordinanza�di�urgenza,�quella�in�
esame�affronta�e�risolve�tutti�i�problemi�desumibili�dal�ricorso�con�uno�svi-
luppo�armonico�ed�ordinato�delle�argomentazioni,�esposte�con�uno�stile�
piano�e�di�immediata�comprensione.�

Nel�lodevole�intento�di�semplificare�le�procedure�burocratiche�per�i�permessi�
di�soggiorno,�la�Questura�di�Cuneo�e�la�Provincia�(attraverso�il�consorzio�socio�
assistenziale�del�Comune)�hanno�riorganizzato�il�relativo�servizio�che�alcune�(non�
poche�in�verita��)�agenzie�private�svolgevano�dietro�corrispettivo.�

La�complessa�riorganizzazione�effettuata�comporta,�tra�l'altro,�che�le�
agenzie�dovevano�limitare�il�numero�delle�pratiche�da�presentare�agli�uffici�
questorili.�Mosse�da�intenti�non�certo�altruistici�le�agenzie�operanti�nella�
provincia�proponevano�ricorso�al�Tribunale�ex 
700�c.p.c.�al�fine�di�ottenere,�
in�via�di�urgenza,�un�provvedimento�inibitorio�nei�confronti�del�Questore.�

Tralasciando�gli�esatti�rilievi�sulla�nullita��del�ricorso�a�causa�della�
estrema�genericita��del�petitum 
(la�causa 
petendi 
e��difficilmente�individuabile)�
resta�il�punto�centrale�dell'inammissibilita��delle�domande�attoree�e�del�difetto�
di�giurisdizione.�

Leagenzie,�infatti,�non�sono�titolaridiposizioni�soggettive^diritti�odinte-
ressi�legittimi�^tutelabili�in�via�giurisdizionale�(possono,�infatti,�vantare�solo�
interessi�economici�di�fatto).�D'altro�canto�e��pacifico�che�l'A.G.O.�compirebbe�
un�vero�e�proprio�straripamento�di�potere�qualora�si�inferisse�sull'organizza-
zione�degli�uffici�amministrativi,�tanto�piu��in�un�settore�particolarmente�deli-
cato�come�quello�dei�permessi�di�soggiorno�e�del�controllo�sugli�immigrati�extra-
comunitari.�

Opportunamente�il�Tribunale�puntualizza�che�se�anche�dovesse�seguirsi�
(l'inaccettabile)�teoria�della�prospettazione,�le�agenzie�non�hanno�fornito�la�
minima�prova�sull'esistenza�di�un�loro�diritto�ad�istruire�le�pratiche�per�gli�
stranieri.�Certamente�le�agenzie�non�sono�ne�possono�essere�dei�sostituti�
processuali�e�non�hanno�alcuna�legittimazione�ad�agire�in�giudizio�per�conto�
dei�clienti.�

Come�accennato,�il�solo�pregiudizio�che�subiscono�e��quello�meramente�
economico�della�situazione�delle�retribuzioni�per�il�minor�numero�di�pratiche�
svolte.�Mero�interesse�economico,�dunque,�privo�di�qualsiasi�consistenza�
giuridicamente�protetta.�

Avv. 
Gianni 
Carlo 
Ferrero 


Tribunale 
Civile 
di 
Torino 
^Ricorso 
ex 
art. 
700 
c.p.c. 
^Agenzie�disbrigo�pratiche�stranieri�c/�
Ministero�dell'Interno�(Avvocatura�distrettuale�dello�Stato�di�Torino).�

�(Omissis)Premesso:�

�che�i�ricorrenti�sono�legali�rappresentanti�di�Agenzie�d'affari�per�il�disbrigo�di�
pratiche�amministrative�in�favore�di�cittadini�stranieri,�in�cio��regolarmente�autorizzate�dagli�
Enti�pubblici�territoriali�(Comuni)�ai�sensi�dell'art.�115�TULPS�e�della�normativa�di�riferi-
mento;�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

�che�inequivocabilmente�legittima�e�l'attivita�svolta�da�dette�Agenzie�le�quali,�nello�
specifico,�si�occupano�dell'assistenza�e�consulenza�ai�cittadini�stranieri�per�le�pratiche�aventi�
ad�oggetto�rinnovi�e�aggiornamenti�permessi�di�soggiorno,�carte�di�soggiorno,�ricongiungi-
menti�familiari,�richieste�nulla�osta�al�lavoro;�

�che�per�il�disbrigo�di�tale�attivita�,�svolta�con�riconosciuta�professionalita�,leAgenzie�
ricorrenti�intrattengono�costanti�contatticon�l'Ufficio�Stranieri�della�Questura�di�Cuneo;�

�che�recentemente�il�Questore�della�Provincia�di�Cuneo,�ove�operano�le�Agenzie�
ricorrenti,�ha�ridotto�^senza�alcun�provvedimento�scritto�^a�quindici�il�numero�delle�nuove�
pratiche�che�le�Agenzie�possono�depositare�per�ciascuna�settimana�per�conto�della�clientela;�

�che�tale�restrizione,�non 
consacrata 
in 
alcun 
atto 
formale,�ha�determinato�e�deter-
mina�allo�stato�una�situazione�di�gravissima�difficolta�organizzativa�in�capo�alle�predette�
Agenzie�le�quali�sono�quindi�impossibilitate�a�presentare�in�termini�le�domande,�per�lo�piu�,�
di�soggiorno�e/o�di�rinnovo�permessi�soggiorno�dei�loro�clienti�extracomunitari;�

�che,�inoltre,�il�Questore,�senza�l'adozione�di�alcun�atto,�ha�imposto�che�le�Agenzie,�
nella�fase�di�deposito�delle�pratiche,�siano�accompagnate�dai�rispettivi�interessati�per�permet-
tere�la�loro�preventiva�identificazione�in�tal�modo�determinandosi�un�aumento�abnorme�dei�
tempi�di�trattazione�delle�singole�posizioni�per�le�quali�vengono�esaminati�seduta�stante,�ad�
uno�ad�uno�i�documenti�allegati,�in�spregio�ad�ogni�regola�di�razionalizzazione�del�sistema;�

�che,�in�conseguenza�di�tutto�cio�,�le�Agenzie�ricorrenti�non�sono�materialmente�in�
grado�di�dare�adempimento�agli�incarichi�conferiti�dalla�loro�clientela�la�quale�corre�il�
rischio�piu�che�concreto�di�subire�pregiudizi�irreversibili�al�diritto�di�soggiornare�sul�territo-
rio�nazionale�pur�in�possesso�dei�requisiti�soggettivi�ed�oggettivi�previsti�dalla�legge,�dal�
momento�che�^a�causa�dell'abuso�di�potere�posto�in�essere�dalla�locale�Autorita�di�Polizia�
^molte�pratiche�riguardanti�i�permessi�di�soggiorno�non�possono�essere�depositate�nei�
termini�di�legge;�

�che,�nella�fattispecie,�la�semplice�attivita�materiale�compiuta�dall'Amministrazione�
di�Polizia�di�Cuneo,�sopra�specificamente�descritta,�lede�diritti�soggettivi�propri�delle�Agen-
zie�ricorrenti�e�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri;�

�che,�in�mancanza�di�provvedimento�amministrativo�ablatorio�il�comportamento�
della�P.A.�che�abbia�determinato�la�rimozione�o�l'alterazione�di�una�posizione�del�privato�
avente�consistenza�di�diritto�soggettivo�si�risolve�in�un'attivita�materiale�assoggettata�alle�
norme�di�diritto�comune,�con�la�conseguenza�che�la�tutela�di�tale�posizione�soggettiva�spetta�
all'autorita�giudiziaria�ordinaria,�anche�in�sede�cautelare�(Cass.,�Sez.�Un.,�28�gennaio�1993,�

n.�1151);�
�che�l'ammissibilita�di�provvedimenti�cautelari�ex 
art.�700�c.p.c.�nei�confronti�della�
P.A.�sussiste�allorche�il�provvedimento,�che�il�giudice�ordinario�sospende�ex 
art.�700�c.p.c.,�
sia�una�mera�parvenza�di�atto�(Pret.�Cosenza,�12�marzo�1992);�
�che�nel�caso�di�specie,�la�competenza�dell'A.G.O.�in�materia�cautelare�nonsembra�
esservenutameno�anchenelvigore�dellalegge�n.�205/2000�^Disposizioniinmateriadi�giustizia�
amministrativa�la�quale�(artt.�1-2-3)�attribuisce�al�TAR�l'emanazione�di�misure�cautelari�sol-
tanto�inipotesi�di�allegato�pregiudizio�grave�edirreparabile�derivante�dall'esecuzione�diun�atto�
impugnato�ovvero�dal�comportamento�inerte�dell'Amministrazione.�Ne�trattasi,�per�quanto�
riguardale�doglianze�dei�ricorrenti,�dicontroversiecomunque�devolute�allagiurisdizione�esclu-
siva�della�G.A.�ex 
art.�8�legge�cit.;�

�che�i�ricorrenti,�atteso�il�pericolo�incombente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di�
soggiornare�sul�territorio�nazionale�per�motivi�di�lavoro,�studio,�nonche�di�famiglia,�nei�con-
fronti�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri�e�la�conseguente�possibilita�di�condanna�dell'Ammi-
nistrazione�ad�unfacere 
costituito�dalla�disapplicazione�delle�disposizioni�verbali�impartite,�
sono�legittimati�ad�investire�ex 
art.�700�c.p.c.�il�Giudice�Ordinario�della�questione;�

�che�i�ricorrenti�hanno�pertanto�fondato�motivo�di�temere�che,�durante�il�tempo�per�
far�valere�in�via�ordinaria�il�diritto�proprio�e�dei�propri�rappresentati,�questo�sia�minacciato�
da�un�pregiudizio�grave,�imminente�ed�irreparabile;�

�che�nelle�cause�contro�le�amministrazioni�dello�Stato�introdotte�dinanzialtribu-
nale�in�composizione�monocratica�successivamente�all'entrata�in�vigore�del�d.lg.�n.�51/1998�
riceve�ancora�applicazione�la�regola�del�c.d.�foro�erariale�ex 
art.�25�c.p.c.;�

Cio�premesso,�ricorrono�nei�confronti�del�Questore�della�Provincia�di�Cuneo,�in�persona�
del�Questore�in�carica,�affinche�codesto�Giudice�voglia�adottare�i�provvedimenti�d'urgenza�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nei�confronti�del�Questore�di�Cuneo�piu�idonei�ad�assicurare�provvisoriamente�gli�effetti�
della�decisione�nel�merito,�in�particolare�inibendo�a�detto�Questore�di�limitare�indiscrimina-
tamente�il�numero�delle�pratiche�presentate�ciascuna�settimana�dalle�Agenzie�ricorrenti�per�
conto�di�cittadini�stranieri�presso�il�competente�Ufficio�(omissis).�

Cuneo-Torino,�18�maggio�2004�.�

Tribunale 
di 
Torino, 
udienza 
del 
5 
luglio 
2004 
^Comparsa 
di 
costituzione 
per�il�Ministero�del-
l'Interno�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Torino�^cont.�2642/04,�Proc.�dott.�

D.�Pardi)�^Giud. 
P.�Ferrero.�
�(Omissis) 
Diritto 
^In�via�preliminare�si�fa�rilevare�che�il�presente�ricorso�e�stato�fatto�
notificare�dalle�ricorrenti�nella�persona�del�Questore�di�Cuneo,�cioe�ad�un�organo�periferico�
dell'Amministrazione�statale,�non�legittimato�a�stare�in�giudizio�(cfr.�art.�11,�R.D.�n.�1611/�
33).�

L'unica�Amministrazione�realmente�legittimata�adprocessum 
non�puo�che�essere�invero,�
nel�caso�di�specie,�che�il�Ministero�dell'Interno.�

Detta�irregolarita�viene,�tuttavia,�sanata�dall'esponente�Avvocatura�che�provvede�a�
costituirsi�ritualmente�per�il�Ministero�dell'Interno.�

A)�In 
via 
pregiudiziale: 
difetto 
di 
giurisdizione 
del 
Giudice 
ordinario. 


Le�ricorrenti�hanno�chiesto�a�questoTribunale,�conil�proposto�ricorso,�l'adozione``di�provve-
dimenti�d'urgenza�neiconfronti�del�Questore�di�Cuneo...�inparticolare�inibendo�a�detto�Questore�
dilimitare�indiscriminatamenteilnumerodelle�pratiche�presentateciascunasettimanadalle�Agen-
zie�ricorrenti�per�conto�di�cittadini�stranieri�presso�il�competente�Ufficio''.�

Le�stesse�si�dolgono,�in�particolare,�del�fatto�che�il�Questore�avrebbe,�come�gia�detto,�
``ridotto�-senza�alcun�provvedimento�scritto�-a�quindici�il�numero�delle�nuove�pratiche�che�
le�Agenzie�possono�depositare�per�ciascuna�settimana�per�conto�della�clientela''.�

Si�rileva,�a�tal�riguardo,�che�le�decisioni�relative�all'organizzazione�degli�uffici�ed�alle�
modalita�di�accesso�ai�medesimi�rientrano�nel�piu�generale�potesta�di�auto-organizzazione�
della�Pubblica�Amministrazione.�

E�evidente,�quindi,�che�in�presenza�di�una�potesta�discrezionale�dell'Amministrazione,�a�
prescindere�dall'emanazione�di�un�concreto�provvedimento�amministrativo,�non�puo�confi-
gurarsi�in�capo�agli�interessati�alcuna�posizione�di�diritto�soggettivo.�

Le�rispettive�pretese�assurgono,�quindi,�tutt'al�piu�,�al�rango�di�interessi�legittimi.�
Siprecisa,peraltro,che,contrariamenteaquantosostenutodallecontroparti,nellafattispecie�
la�Questura�di�Cuneo�ha�disciplinato�le�modalita�di�accesso�all'Ufficio�Immigrazione,�peril�depo-
sito�delle�pratiche�relative�ai�cittadini�extracomunitari,�con�apposito�``Protocollo 
d'intesaper 
una 
reteterritorialedisupportoaiserviziperstranierierogatidallaQuesturadiCuneo'',�approvato�peral-
tro�dalla�Giunta�della�Provincia�di�Cuneo�con�delibera�del�31�marzo�2004,�ed�entrato�in�vigore�a�
partire�dal�14�giugno�2004.�
Tale�``Protocollo''�e�stato,�inoltre,�presentato�al�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione�
nella�riunione�del�31�maggio�2004�ed�e�stato�reso�pubblico�con�apposito�comunicato�stampa.�
E�evidente,�quindi,�che�la�regolamentazione�degli�accessi�agli�Uffici�della�Questura�non�
e�avvenuta�``senza�l'adozione�di�alcun�atto'',�bens|�attraverso�l'adozione�un�formale�provvedi-
mento�da�parte�dell'Amministrazione.�
Ne�consegue�che�non�e�ammissibile,�in�questa�sede,�una�domanda�volta�ad�ottenere�
``provvedimenti�d'urgenza�nei�confronti�del�Questore''�in�quanto�gli�stessi,�in�buona�
sostanza,�andrebbero�ad�incidere�sugli�effetti�di�un�provvedimento�amministrativo.�
La�relativa�domanda�cautelare�andava,�quindi,�tutt'al�piu�,�proposta�dinanzi�al�Giudice�
amministrativo�(cfr.,�sul�punto,�Corte�Costituzionale,�Ordinanza�n.�179�del�6�maggio/�
10�maggio�2002),ilquale�e�l'unico�Giudice�che�puo�conoscere�della�eventuale�illegittimita�
del�``protocollo''�adottato�dall'Amministrazione.�
Trattandosi�di�``protocollo''�adottato�``d'intesa''�con�l'Amministrazione�provinciale,�il�
contraddittorio�andrebbe�poi�esteso,�in�quella�sede,�anche�eventualmente�nei�confronti�di�
quest'ultima�Amministrazione.�
Si�rileva,�per�tali�motivi,�il�difetto�di�giurisdizione�del�Giudice�ordinario.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

B)�Semprein�viapregiudiziale:�inammissibilita�delricorsoperdifettodilegittimazioneattiva.�

Non�si�comprende,�in�ogni�caso,�quale�sia�la�posizione�giuridica�soggettivadi�cui�le�
ricorrenti�Agenzie�sarebbero�titolari�e�di�cui�si�richiede�la�tutela,�in�via�d'urgenza,�in�questa�
sede.�

Dalla�lettura�del�ricorso�parrebbe,�invero,�che�le�predette�abbiano�agito�in�giudizio�per�
tutelare�i�propri�clienti�dal�rischio��di�subire�pregiudizi�irreversibili�al�diritto�di�soggiornare�
sul�territorio�nazionale�pur�in�possesso�dei�requisiti�soggettivi�ed�oggettivi�previsti�dalla�
legge�.�

Sostengono,�infatti,�le�controparti�che,�in�mancanza�di�provvedimenti�adottati�in�via�
d'urgenza�da�questo�Tribunale,�i�cittadini�extracomunitari,�``a�causa�dell'abuso�di�potere�
posto�in�essere�dalla�locale�Autorita�di�Polizia'',�sarebbero�impossibilitati�``a�presentare�in�
termini�le�domande,�per�lo�piu�di�soggiorno�e/o�di�rinnovo�permessi�di�soggiorno''.�

Ritengono,�quindi,�le�predette�Agenzie�che�sussista�nella�fattispecie�``un�pericolo�incom-
bente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di�soggiornare�sul�territorio�nazionale�per�motivi�di�
lavoro,�studio,�nonche�di�famiglia,�nei�confronti�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri''.�

Essendo�questi�i�termini�della�domanda�e�evidente,�quindi,�che�``il�diritto�affermato�nella�
domanda�non�e�affermato�come�diritto�di�colui�che�la�propone''�(cfr.�C.�Mandrioli,�Diritto�
processuale�civile,�Giappichelli,�Torino,�2002).�

E�del�resto�pacifico�che�le�ricorrenti�Agenzie,�perseguendo�finalita�di�carattere�mera-
mente�economico,�non�possono�in�nessun�caso�considerarsi�enti�rappresentativi�degli�inte-
ressi�dei�propri�clienti.�

Da�cio�consegue�che�il�proposto�ricorso�deve�essere,�in�ogni�caso,�dichiarato�inammissi-
bile�per�difetto�di�legittimazione�attiva.�
Nessuno,�infatti,�``fuori�dei�casi�previsti�dalla�legge,...�puo�far�valere�nel�processo�in�
nome�proprio�un�diritto�altrui''�(art.�81�c.p.c.).�

C)�Nel�merito:�insussistenza�del�fumus�boni�iuris.�

Per�l'ipotesi�estrema�di�accesso�al�merito�si�rileva�come,�in�ogni�caso,�i�contrari�assunti�
siano�del�tutto�erronei�e�non�possano,�affatto,�essere�condivisi.�

Per�una�piu�corretta�ricostruzione�dei�fatti�e�opportuno,�in�primo�luogo�precisare�che,�
prima�della�definizione�dell'attuale�assetto�organizzativo�(di�cui�si�dira�in�prosieguo),�l'ufficio�
Immigrazioni�della�Questura�di�Cuneo�era�aperto�al�pubblico�dal�luned|�al�venerd|�dalle�
ore9�alle�14,�con�dueaperturepomeridianeilmarted|�e�gioved|�dalle�ore�15,30�alle�ore�17,30.�

In�particolare,�il�luned|�mattina,�il�mercoled|�pomeriggio�ed�il�gioved|�pomeriggio,�erano�
destinati�al�ritiro�da�parte�dei�cittadini�extracomunitari�dei�richiesti�permessi�di�soggiorno,�
mentre�i�rimanenti�giorni�della�settimana�erano�riservati�esclusivamente�alla�ricezione�delle�
nuove�pratiche�da�istruire.�

L'accesso�agli�uffici�avveniva,�peraltro,�senza�necessita�di�alcuna�prenotazione.�
Gia�da�alcuni�anni,�inoltre,�operano�nel�territorio�di�Cuneo�alcune�Agenzie�d'affari�le�
quali�si�occupano�del�disbrigo�delle�pratiche�inerenti�ai�cittadini�extracomunitari.�

La�Questura,�a�titolo�meramente�collaborativo,�aveva�inizialmente�permesso�alle�pre-
dette�Agenzie�di�produrre�la�documentazione�relativa�ai�propri�clienti�il�luned|�mattina�di�
ogni�settimana,�previa�esibizione�di�una�delega�redatta�dagli�interessati.�

Questi�ultimi�potevano�poi�recarsi�in�Questura,�unitamente�ai�rappresentanti�delle�
Agenzie,�il�mercoled|�pomeriggio�per�il�ritiro�dei�permessi�di�soggiorno.�

Poiche�il�numero�delle�Agenzie�non�superava,�al�momento,�le�dieci�unita�la�Questura�
aveva,�inoltre,�consentito�alle�stesse�di�presentare�le�pratiche�in�argomento�senza�alcun�limite�
numerico�e�senza�richiedere�la�presenza�fisica�dello�straniero,�la�cui�identificazione,�con�
una�evidente�forzatura�della�normativa,�veniva�effettuata�soltanto�successivamente,�al�
momento�del�ritiro�dei�provvedimenti�richiesti.�

In�buona�sostanza�mentre�i�cittadini�extracomunitari�che�non�si�avvalevano�dell'assi-
stenza�delle�Agenzie�potevano�accedere�agli�uffici�della�Questura�facendo�una�regolare�fila�
agli�sportelli,�negli�orari�di�normale�apertura�degli�uffici,�gli�stranieri�che�si�rivolgevano�alle�
predette�potevano,�invece,�delegare�a�queste�ultime�il�deposito�delle�loro�istanze.�

Le�Agenzie�provvedevano,�quindi,�al�successivo�deposito�(senza�la�presenza�degli�inte-
ressati)�nel�giorno�loro�riservato�dalla�Questura�(luned|�mattina).�
Tale�corsia�privilegiata,�invero,�piu�che�un�diritto�delle�Agenzie�ha�costituito,�per�lungo�
tempo,�un�privilegio�concesso�dall'Amministrazione.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Successivamente,�a�seguito�del�notevole�aumento�delle�richieste�di�emersione�e�regola-
rizzazione,�Passetto�organizzativo�dell'Ufficio�Stranieri�si�e�rivelato�non�piu�adeguato�a�fare�
fronte�all'aumentato�bacino�d'utenza�ed�a�evitare�le�lunghe�file�agli�sportelli�che�davano�
luogo,�peraltro,�a�numerose�rimostranze�da�parte�degli�interessati,�talvolta�riportate�anche�
dagliorgani�distampa.�

Nel�frattempo�le�Agenzie�d'affari�erano�aumentate�di�numero,�passando�dalle�iniziali�
poche�unita�alle�attuali�28.�

Di�conseguenza�la�Questura�di�Cuneo�e�stata�costretta�a�rivedere�la�precedente�organiz-
zazione�dell'Ufficio�Immigrazione�ed�a�comunicare�a�tutte�le�Agenzie�presenti�sul�territorio�
di�non�poter�continuare�a�garantire�alle�stesse,�il�luned|�mattina,�il�deposito�di�nuove�istanze�
senza�limitazioni�di�sorta.�

L'Ufficio�aveva�rappresentato,�infatti,�che�per�una�piu�corretta�applicazione�della�legge�
non�sarebbe�stato�piu�possibile�il�deposito�di�istanze�da�parte�delle�Agenzie�senza�la�conte-
stuale�presenza�degli�interessati.�

Proprio�in�ragione�della�necessaria�presenza�di�questi�ultimi�al�momento�del�deposito�
delle�istanze,�l'Amministrazione�aveva�invitato�ciascuna�Agenzia,�al�fine�di�non�congestio-
nare�gli�uffici,�a�depositare,�ogni�luned|�,�non�piu�di�15�nuove�istanze.�

In�buona�sostanza�la�Questura,�pur�conservando�alle�predette�Agenzie�un�accesso�privi-
legiato�agli�uffici�(il�luned|�mattina)�era�stata�costretta,�per�i�motivi�suesposti,�a�porre�una�
limitazione�numerica�al�deposito�delle�nuove�istanze.

E�,�ovvio�che,�in�ogni�caso,�tale�limitazione�era�riferita�esclusivamente�alle�domande�che�
le�singole�Agenzie�potevano�presentare�direttamente�in�Questura�nel�giorno�a�loro�riservato�
(luned|�mattina).�

Gli�uffici�della�Questura�rimanevano,�per�il�resto,�aperti�al�pubblico,�in�tutti�gli�altri�
giorni�della�settimana,�per�la�ricezione�delle�istanze�degli�interessati�(anche,�ovviamente,�
degli�stranieri�che�si�erano�rivolti�alle�Agenzie).�

I�rappresentanti�delle�Agenzie�avrebbero,�quindi,�ben�potuto�provvedere�al�deposito�
delle�istanze�dei�propri�clienti�anche�negli�altri�giorni�della�settimana,�senza�incorrere�in�
limitazioni�di�sorta.�

Bastava,�appunto,�fare�la�normale�fila�agli�sportelli,�proprio�come�tutti�gli�altri�stranieri�
non�assistiti�da�alcuna�Agenzia.�
La�descritta�regolamentazione�dell'accesso�all'Ufficio�Immigrazione�della�Questura�di�
Cuneo�e�stato,�peraltro,�come�gia�detto,�recentemente�radicalmente�modificata.�

A�partire�dal�14�giugno�2004�e�,�infatti,�divenuto�operativo�un�nuovo�assetto�organizza-
tivo,�disciplinato�con�il�piu�volte�citato�``Protocollo 
d'intesa 
per 
una 
rete 
territoriale 
di 
sup-
porto 
ai 
servizi 
per 
stranieri 
erogati 
dalla 
Questura 
di 
Cuneo'',�approvato�dalla�Giunta�della�
Provincia�di�Cuneo�con�delibera�del�31�marzo�2004.�

L'accessoagliuffici�e�regolato�quindi,�a�partire�dal�14�giugno�2004,�esclusivamente�da�
un�sistema�di�prenotazione�a�cui�gli�interessati�possono�accedere�tramite�gli�``Sportelli 
a 
gestionepubblica''�istituiti�sul�territorio�provinciale�oppure�tramite�il�call 
center 
gestito�diret-
tamente�dalla�Questura.�

Nessuna�diversita�di�trattamento�e�quindi�riconosciuta,�nel�nuovo�sistema�di�prenota-
zioni,�ai�cittadini�extracomunitari�che�decidono�di�rivolgersi�alle�agenzie�d'affari�per�l'istru-
zione�delle�pratiche�da�depositare�successivamente�in�Questura.�

E�evidente�che�``la�prenotazione�e�la�chiave�di�volta�del�sistema''�(cfr.�intervento�del�
Questore�di�Cuneo�alla�riunione�del�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione�del�31�maggio�
2004)�e�che�l'accesso�agli�uffici,�da�parte�di�tutti�gli�utenti,�non�puo�che�avvenire�previo�
appuntamento.�

Nessuno�spazio�residua,�quindi,�per�eventuali�inammissibili�corsie�preferenziali�ne�tanto�
meno�per�eventuali�forme�di�discriminazione.�

Il�``Protocollo 
d'intesa''�ha�previsto,�in�particolare,�come�gia�accennato,�il�coinvolgi-
mento�di�``Sportellia 
gestionepubblica'',�cui�fanno�capo�Amministrazioni�comunali.�Associa-
zioni�sindacali�e�di�categoria,�ripartite�per�aree�territoriali,�ed�a�cui�e�stato�affidato�il�com-
pito�di�prestare�assistenza�ai�cittadini�extracomunitari�nell'attivita�di�predisposizione�della�
documentazione�da�presentare�successivamente�agli�uffici�della�Questura.�

Gli�extracomunitari�potranno,�quindi,�recarsi�in�Questura�esclusivamente�utilizzando�un�
sistema�di�prenotazione�settimanale�attivato�presso�gli�sportelli�medesimi.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Per�tutti�coloro�che�invece�a�vario�titolo,�non�possono�fruire�del�servizio�in�argomento,�
la�Questura�di�Cuneo�ha�istituito�un�numero�telefonico�(0171443592),�disponibile�il�mercoled|�
dalle�ore�9�alle�ore�13,�tramite�il�quale�gli�interessati�possono�provvedere�a�prenotare�un�
appuntamento�presso�l'Ufficio�Immigrazione.�

Da�quanto�esposto�emerge�quindi�chiaramente�come�le�domande�ex�adverso�proposte�
siano�destituite�di�ogni�concreto�fondamento.�

E�evidente,�in�primo�luogo,�come�non�sia�configurabile�in�capo�alle�ricorrenti�un�diritto�
di�accedere,�senza�limitazioni,�agli�uffici�della�Questura�di�Cuneo�per�il�deposito�delle�istanze�
della�propria�clientela.�

Del�tutto�legittima�e�,�infatti,�la�decisione�della�Questura�di�riorganizzare�le�modalita�di�
accesso�all'Ufficio�Immigrazione,�da�ultimo,�attraverso�l'adozione�di�uno�specifico�``proto-
collo''.�

E�evidente,�peraltro,�che�ogni�Amministrazione�ha�il�potere�di�stabilire�gliorari�ele�
modalita�di�accesso�ai�propri�uffici,�potendo�eventualmente�istituire,�come�nel�caso�di�specie�
(cfr.�il�suddetto�``protocollo'')�un�``sistema�di�prenotazione�degli�appuntamenti''.�

Il�diritto�dei�singoli�ad�accedere�ai�pubblici�Servizi�deve,�infatti,�essere�contemperato�
con�gli�uguali�diritti�degli�altri�cittadini,�oltre�che�con�l'esigenza�di�garantire�l'interesse�supe-
riore�al�``buon�andamento�ed�imparzialita�dell'amministrazione''.�

E�chiaro,�inoltre,�che�non�vi�e�mai�stata�da�parte�dell'Amministrazione�alcuna�lesione�ai�
diritti�delle�controparti.�

La�stessa�decisione�della�Questura�di�riservare�alle�nuove�Agenzie�d'affari�un�apposito�
giorno�della�settimana�per�il�ricevimento�delle�pratiche�dalle�stesse�istruite�e�avvenuta,�in�
passato,�al�di�fuori�di�ogni�obbligo�di�legge.�

La�successiva�limitazione�di�un�tale�privilegio,�non�avrebbe�potuto,�quindi,�verosimil-
mente�ledere�alcun�diritto.�

In�ogni�caso�e�evidente�che�del�tutto�prive�di�fondamento�sono�le�doglianze�avversarie�
dopo�che,�con�l'entrata�in�vigore�del�nuovo�assetto�organizzativo,�la�``prenotazione''�costitui-
sce�l'unica�modalita�di�accesso�agli�uffici�della�Questura.�

Le�doglianze�avversarie�risultano,�per�altro�verso,�pretestuose.�Si�evidenzia,�infatti,�che�
le�stesse�Agenzie�oggi�ricorrenti,�con�il�``Codice�di�autoregolamentazione''�sottoscritto�in�data�
2�aprile�2004�si�erano,�spontaneamente,�impegnate�``a�facilitare�il�disbrigo�delle�pratiche�
relative�a�cittadini�stranieri,�svolgendo�la�propria�attivita�in�modo�coordinato�e�professio-
nale,�evitando�quindi...�l'affollamento�degli�uffici''�nonche�``a�rispettare�le�esigenze,�le�richie-
ste�e�gli�orari�che�saranno�indicati�dall'Autorita�di�Pubblica�Sicurezza�oltre�che,�evidente-
mente,�le�rispettive�previsioni�normative''.�

Sotto�quest'ultimo�profilo�le�stesse�si�erano�impegnate,�inoltre,�``ad�assicurare�la�
presenza�fisica�del�cliente�richiedente�alfine�di�rispettare�eventuali�esigenze�di�fotosegnala-
zione�nonche�al�materiale�ritiro�della�pratica�completata''�ed�``a�concordare�con�l'Autorita�
di�Pubblica�Sicurezza�tempi�e�modi�di�disbrigo�delle�varie�pratiche�nel�rispetto�reciproco�e�
nel�riconoscimento�delle�rispettive�esigenze�di�buon�funzionamento''.�

D)�Sempre�nel�merito:�insussistenza�del�periculum�in�mora.�

Da�quanto�esposto�emerge�chiaramente�come�non�possa�sussistere,�nella�fattispecie,�
alcun�``pericolo�incombente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di�soggiornare�sul�territorio�nazio-

nale�per�motivi�di�lavoro,�studio,�nonche�difamiglia,�nei�confronti�dei...�cittadini�stranieri''.�

Del�resto�nessuna�lamentela�e�mai�giunta�all'Amministrazione�da�parte�dei�diretti�inte-
ressati.�

E�evidente,�per�contro,�che�il�nuovo�modello�organizzativo�adottato�dalla�Questura�con�
succitato�``Protocollo�d'intesa''�ha�di�fatto�migliorato�la�fruizione�dei�Servizi�da�parte�degli�
stranieri.�

Gli�stessi�rappresentanti�dei�cittadini�extracomunitari,�peraltro,�durante�la�presenta-
zione�del�``Protocollo''�al�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione,�in�data�31�maggio�2004,�
hanno�plaudito�``all'iniziativa,�da�tempo�auspicata�dagli�immigrati,�e�manifestato�la�massima�
collaborazione�per�il�buon�esito�del�progetto''�ritenendo�il�``progetto�significativo�ed�impor-
tante�non�solo�per�i�cittadini�stranieri�ma�anche�per�le�categorie�economiche�dei�datori�di�
lavoro''.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Gli�stessi�hanno�chiesto,�inoltre,�``al�Prefetto�di�farsi�portavoce�presso�il�Governo�
centrale�affinche�soluzioni,�quali�quella�oggi�presentata,�possano�essere�istituzionalizzate�e,�
pertanto,�si�possa�addivenire�ad�una�migliore�gestione,�integrata�tra�i�vari�enti�competenti,�
della�problematica�immigrazione''.�

Poiche�quindi�contrariamente�a�quanto�sostenuto�da�parte�ricorrente,�nessuna�minaccia�
di�lesione�incombe�sui�diritti�degli�extracomunitari,�non�si�comprende�quali�possano�essere�
``iprovvedimenti 
d'urgenza 
nei 
confronti 
del 
Questore 
di 
Cuneo''�che�questo�Tribunale�potrebbe�
mai�essere�chiamato�ad�adottare.�

Ben�diversamente�e�evidente�che�un�grave�ed�irreparabile�pregiudizio�deriverebbe�
all'Amministrazione�e�agli�stessi�utenti�proprio�dall'adozione�del�provvedimenti�cautelari�
richiesti�da�controparte.�

Il�ricorso,�per�quanto�sin�qui�detto,�va�respinto�perche�destituito�di�fondamento�e�le�
ricorrenti�vanno�conseguentemente�condannate�al�pagamento�delle�spese�di�lite�essendo�evi-
dente�la�mancanza,�ad�avviso�dell'esponente�Avvocatura,�di�ogni�giusto�motivo�che�possa�
determinare�la�compensazione�delle�stesse.�

Si�confida,�dunque,�nell'accoglimento�delle�seguenti�conclusioni:�dichiararsi�inammissi-
bile�o�respingersi�perche�infondato�il�ricorso�e�condannarsi�i�ricorrenti,�in�solido�tra�di�loro,�
al�pagamento�delle�spese�di�lite�(omissis).�

Torino,�5�luglio�2004��Procuratore�dello�Stato�Domenico�Pardi�.�

Tribunale 
Civile 
di 
Torino, 
prima 
sezione, 
ordinanza 
pronunciata 
fuori 
udienza 
in 
data 
6 
luglio 
2004 
^dep. 
7 
luglio 
2004. 


�(Omissis) 
In 
via 
preliminare 
non�puo�non�rilevarsi�come�il�ricorso�cautelare,�ex 
art.�669-bis 
c.p.c.,�debba�essere�redatto�con�le�forme�di�cui�all'art.�125�c.p.c.�e�debba�pertanto�
contenere,�oltre�all'indicazione�delle�parti�e�del�giudice,�anche�la�specificazione�del�petitum 
edella�causa 
petendi.�

Cio�osservato�^atteso�il�carattere�strumentale�del�ricorso�cautelare�edilparticolare�rapporto�
tra�il�tipo�di�provvedimento�richiesto�edilsuccessivo�giudizio�dimerito�(il�quale�fa�s|�che�laprospet-
tazione�di�una�domanda�diversa�da�quella�enunciata�in�sede�cautelare�possa�comportare�la�revoca�

o�la�modifica�del�provvedimento�emesso�in�tale�sede),�in�particolare�quando�proposto�ex 
art.�700�
c.p.c.�(attesa�la�funzione�strumentale�e�residuale�della�tutela�prevista�da�tale�norma)�ed�attesa�la�
necessita�che�il�provvedimento�cautelare�sia�pronunciato�dal�giudice�competente�per�tale�succes-
sivo�giudizio�di�merito^deve�ritenersi�che�l'indicazione�delladomandadimerito�sia�requisito�inde-
fettibilealfinediritenerespecificato``l'oggetto''dicuialmenzionatoart.�125c.p.c..Indifettoil�
ricorso�deve�ritenersi�nullo.�
Nel�caso�di�specie,�sussiste�tale�nullita�non�essendovi�stata�indicazione�ne�del�petitum 
ne�
della�causa 
petendi 
dell'instaurando�giudizio�di�merito.�

Anche 
volendosi 
diversamente 
opinare 
(e�volendo�quindi�desumere,�in�via�interpretativa,�
che�oggetto�del�giudizio�di�merito�siano�l'accertamento�e�la�declaratoria�dell'illegittimita�del�
``comportamento�materiale''�della�Questura�di�Cuneo�oltre�alla�conferma�dei�provvedimenti�
adottati�in�questa�sede),�il�ricorso�non�potrebbe�essere�accolto�per�difetto�di�giurisdizione�
del�giudice�ordinario.�

Le�parti�ricorrenti,�invero,�si�dolgono�dell'adozione,�da�parte�della�Questura�di�Cuneo,�
di�modalita�organizzative�relative�all'accesso�all'Ufficio�Stranieri�per�la�presentazione�delle�
istanze�dei�loro�clienti,�diverse�da�quelle�precedentemente�seguite�ed�asseritamente�pregiudi-
zievoli�per�il�regolare�svolgimento�della�loro�attivita�.�

Le�scelte�relative�all'organizzazione�degli�uffici�ed�alle�modalita�di�accesso�ai�medesimi�
rientrano,�peraltro,�nella�potesta�di�auto-organizzazione�spettante�ad�ogni�pubblica�ammini-
strazione,�potesta�in�relazione�alla�quale�le�attuali�parti�ricorrenti�non�possono�vantare�posi-
zioni�di�diritto�soggettivo�(e�cio�,�tanto�piu�se�si�considera�che�non�esiste�alcuna�previsione�
normativa�che�riconosca�alle�``Agenzie''�ricorrenti�il�diritto�ad�un�particolare�trattamento�
nei�rapporti�con�l'Ufficio�Stranieri�della�Questura�di�Cuneo�in�relazione�a�modalita�etempi-
stiche�di�presentazione�delle�istanze�dei�rispettivi�assistiti�e�di�ritiro�dei�permessi).�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ipotizzando,�invece,�che�la�giurisdizione�possa�ritenersi�sussistente�in�base�alla�mera�

prospettazione�della�domanda,�che�configura�la�lesione�di�diritti�soggettivi�ad�opera�di�un�
comportamento�materiale�della�Pubblica�Amministrazione,�il�ricorso�non�sarebbe�ugual-
mente�fondato�per�le�ragioni�qui�di�seguito�esposte.�

1.��I�ricorrenti�agiscono�nella�veste�di�titolari�di�Agenzie�d'affari�(autorizzate�ex�
art.�115�T.U.L.P.S.)�per�il�disbrigo�di�pratiche�amministrative�per�stranieri,�ma�solo�[due�di�
essi]�hanno�prodotto�in�giudizio�le�relative�autorizzazioni.�Le�altri�parti�ricorrenti�e�tutte�le�
intervenute,�per�contro,�non�hanno�provato�il�presupposto�fondante�(secondo�l'impostazione�
data�al�ricorso)�della�loro�legittimazione�ad�agire.�
2.��Le�ricorrenti�e�intervenute,�inoltre,�non�hanno�chiarito�esattamente�a�tutela�di�quale�
diritto�si�siano�determinate�ad�agire�in�giudizio;�ilpericulum�in�mora,peraltro,�e�stato�motivato�
con�la�prospettazione�della�possibile�lesione�del�diritto�di�soggiornare�sul�territorio�nazionale�
permotivi�di�lavoro,�studio,�famiglia,``neiconfrontideiloroclienticittadinistranieri''.�
Il�contenuto�dell'atto�introduttivo,�quindi,�induce�a�ritenere�che�le�Agenzie�ricorrenti�ed�
intervenienti�abbiano�inteso�far�valere�in�giudizio�diritti�soggettivi�dei�propri�clienti;�il�che,�
stante�il�disposto�dell'art.�81�c.p.c.,�induce�ad�escludere,�anche�sotto�tale�ulteriore�profilo,�il�
presupposto�della�legittimazione�ad�agire.�

3.��Ipotizzando,�in�ultimo,�che�alla�base�dei�ricorso�possa�esservi�la�lamentata�lesione�
del�diritto�all'esercizio�di�un'attivita�regolarmente�autorizzata,�deve�osservarsi�quanto�segue.�
Leattualimodalita�diaccesso�all'Ufficio�stranieridella�Questuradi�Cuneo,�come�risultanti�
dal�``Protocollo''�prodotto�sub�1�dall'Avvocatura�dello�Stato�e�dalla�deposizione�dell'ispettore�
M.,�silimitano�anonprevedereundiverso�trattamentopergli�Stranieriassistitidalle``Agenzie'',�
manonescludonoin�alcunmodoche�la``prenotazione''perlapresentazione�dellapraticapossa�
essere�effettuata�da�questeultimeperconto�deiloroclienti.�Anzi,�come�dichiarato�dall'ispettore�

M.�``conlanuovastrutturaorganizzativa,�econriferimentoalleprimeduesettimanediavvio�del�
protocollo,�il75%delleprenotazionie�pervenuto�dalleagenzieaccreditate''.�

Quanto�alla�perdita�di�tempo�per�ottenere�la�linea�e�contattare�il�``Call�Center'',�alla�
necessita�di�fare�distinte�telefonate�per�ogni�diversa�pratica,�all'impossibilita�di�accompa-
gnare�i�clienti�al�momento�del�ritiro�dei�permessi�in�un�giorno�prestabilito�e�dedicato�alle�
agenzie�(come�lamentati�nel�corso�dell'esperito�interrogatorio�libero),�a�prescindere�dalla�
mancata�prova�dell'esistenza�di�un�diritto�al�diverso�trattamento�preteso�(diverso�rispetto�a�
quello�esistente�e�diverso�rispetto�a�quello�destinato�al�singolo�straniero�che�non�si�avvalga�
di�una�``Agenzia''),�si�puo�ipotizzare,�al�piu�,�una�contrazione�del�numero�di�clienti�e,�quindi,�
dei�conseguenti�incassi,�irrilevante,�in�quanto�mero�pregiudizio�di�natura�economica,�ai�fini�
del�necessario�periculum�in�mora.�

In�considerazione�di�quanto�sin�qui�detto�il�ricorso�deve�essere�rigettato�(omissis)�
Torino,�6�luglio�2004�.�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Giurisdizione 
in 
materia 
di 
pubblico 
impiego: 
inammissibile 
il 
ricorso 
al 
T.A.R. 
per 
l'annullamento 
delle 
procedure 
di 
riqualificazione 
del 
personale 
all'interno 
della 
stessa 
area 
funzionale 


(Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio,�Roma,�sezione�seconda�ter,�

sentenza�4�maggio�2004,�n.�3757)�

La 
sentenza 
in 
rassegna 
offre 
un 
ulteriore 
spunto 
di 
riflessione 
sulla 
materia, 
ora 
dai 
piu� 
certi 
confini, 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo 
in 
tema 
di 
procedure 
selettive 
nel 
pubblico 
impiego. 


Occorre 
innanzitutto 
prendere 
le 
mosse 
dal 
caso 
deciso, 
nel 
quale 
viene 
in 
questione 
l'assoggettabilita� 
o 
meno 
al 
giudice 
amministrativo 
delle 
contro-
versie 
relative 
all'indizione 
di 
procedure 
di 
selezione 
e 
riqualificazione 
per 
il 
personale 
del 
Ministero 
per 
i 
Beni 
e 
le 
Attivita� 
Culturali, 
per 
il 
passaggio 
dalle 
posizioni 
economiche 
B1 
e 
B2 
alla 
posizione 
B3 
e 
dalle 
posizioni 
econo-
miche 
C1 
e 
C2 
alle 
posizioni 
C2 
e 
C3. 


Per 
meglio 
comprendere 
l'effettiva 
natura 
della 
questione, 
e� 
essenziale 
tenere 
presente 
la 
normativa 
che 
interessa 
la 
fattispecie 
in 
esame; 
innanzi-
tutto 
l'art. 
68 
del 
D.Lgs. 
n. 
29/1993 
(come 
modificato 
dall'art. 
29 
del 
D.Lgs. 


n. 
80/1998), 
secondo 
il 
quale 
�sono�devolute�al�giudice�ordinario,�in�funzione�
del�giudice�del�lavoro,�tutte�le�controversie�relative�ai�rapporti�di�lavoro�alle�

dipendenze�delle�pubbliche�amministrazioni�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�ad�ecce-

zione�di�quelle�relative�ai�rapporti�di�lavoro�di�cui�al�comma�4....��, 
mentre 


�restano�devolute�alla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�le�controversie�

in�materia�di�procedure�concorsuali�per�l'assunzione�dei�dipendenti�delle�pubbli-

che�amministrazioni,�nonche�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�le�controversie�

relative�ai�rapporti�di�lavoro�di�cui�all'art.�2,�commi�4�e�5,�ivi�comprese�quelle�

attinenti�ai�diritti�patrimoniali�connessi�. 


Pertanto, 
in 
base 
alla 
nuova 
disciplina, 
vengono 
escluse 
dalla 
cognizione 
del 
giudice 
ordinario 
alcune 
categorie 
residuali 
ancora 
a 
regime 
di 
diritto 
pubblico 
e 
la 
materia 
dell'accesso 
al 
pubblico 
impiego, 
la 
quale 
presuppone 
a 
monte 
l'esercizio 
di 
pubblici 
poteri 
in 
ordine 
all'individuazione 
dell'effettivo 
fabbisogno, 
ai 
fini 
dell'indizione 
e 
dell'espletamento 
delle 
procedure 
di 
reclu-
tamento 
di 
personale. 


In 
definitiva 
puo� 
dirsi 
che 
la 
ripartizione 
della 
giurisdizione 
tra 
giudice 
ordinario 
ed 
amministrativo 
nella 
materia 
del 
pubblico 
impiego 
ruota 
ora 
intorno 
alla 
distinzione 
tra 
atto 
di 
organizzazione 
tendente 
alla 
costituzione 
del 
rapporto, 
espressione 
del 
potere 
autoritativo 
della 
P.A., 
ed 
atto 
di 
gestione, 
il 
quale, 
ponendosi 
in 
un 
momento 
successivo 
rispetto 
all'esercizio 
del 
potere, 
viene 
attratto 
nell'area 
civilistica, 
trattandosi 
in 
definitiva 
dello 
svolgimento 
del 
rapporto 
di 
lavoro 
di 
dipendenti 
precedentemente 
reclutati. 


In 
tal 
senso 
si 
e� 
espressa 
la 
Corte 
Costituzionale 
con 
la 
sentenza 
n. 
1 
del 
4 
gennaio 
1999, 
la 
quale 
evidenzia 
il 
nesso 
imprescindibile 
tra 
gli 
artt. 
97, 
51 
e 
98 
della 
Costituzione: 
infatti 
si 
e� 
osservato 
come 
il 
reclutamento 
del 
perso-
nale 
attraverso 
pubblici 
concorsi 
resti 
ancora, 
in 
un 
ordinamento 
democra-
tico, 
il 
mezzo 
migliore 
per 
garantire 
imparzialita� 
ed 
assicurare 
la 
selezione 
dei 
piu� 
capaci 
e 
meritevoli. 



IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ma�e��importante�sottolineare�che�il�meccanismo�del�pubblico�concorso�
non�si�pone�come�necessario�solamente�in�caso�di�primo�accesso�alle�funzioni�
pubbliche,�ma�lo�e��anche�nel�caso�di�passaggio�da�un'area�funzionale�ad�
un'altra,�dal�momento�che�ugualmente�tale�procedura�ha�ad�oggetto�il�reclu-
tamento�di�personale,�previo�accertamento�tecnico�delle�capacita��e�delle�atti-

tudini�dei�soggetti�partecipanti.�
Ed�infatti,�ogni�qualvolta�la�Pubblica�Amministrazione�indica�una�pro-

cedura�selettiva,�aperta�ad�una�pluralita��di�soggetti,�interni�ed�esterni,�per�il�

passaggio�da�un'area�funzionale�ad�un'altra,�le�controversie�eventualmente�

sorte�saranno�attratte�nella�cognizione�del�giudice�amministrativo,�poiche�si�

tratta�comunque�della�costituzione�di�un�nuovo�e�diverso�rapporto�di�lavoro,�

nascente�dal�relativo�ordine�di�graduatoria.�
Cos|��anche�le�Sezioni�Unite�della�Corte�di�Cassazione,�nella�sentenza�

n.�15403�del�15�ottobre�2003,�le�quali�hanno�evidenziato�che�l'art.�63�del�
D.Lgs.�n.�165/2001�nel�devolvere�al�giudice�amministrativo�le�controversie�

in�materia�di�procedure�concorsuali�per�l'assunzione�dei�dipendenti�delle�

pubbliche�amministrazioni,�fa�riferimento�non�solo�alle�procedure�dirette�alla�

costituzione�per�la�prima�volta�del�rapporto�di�lavoro,�ma�anche�alle�prove�

successive�dirette�a�valutare�le�cognizioni�ed�attitudini�del�personale�di�ruolo�

per�il�passaggio�alle�fasce�funzionali�superiori.�
E�importante�pero��evidenziare�che�tale�ultima�interpretazione�e��desti-

nata�a�superare�un�precedente�orientamento,�tendente�ad�ampliare,�al�contra-

rio,�l'area�della�cognizione�del�giudice�ordinario:�infatti�le�stesse�Sezioni�

Unite�avevano�interpretato�in�modo�restrittivo�lo�stesso�art.�63�del�D.Lgs.�

n.�165/2001�affermando�che�la�ratio 
della�riforma�era�proprio�quella�di�devol-
vere�tutte�le�controversie�inerenti�al�rapporto�di�lavoro�al�giudice�ordinario,�

dovendosi�percio��considerare�eccezionale�e�quindi�da�interpretare�in�modo�

restrittivo�la�disposizione�con�la�quale�si�riservava�al�giudice�amministrativo�

la�cognizione�delle�controversie�inerenti�alle�procedure�concorsuali.�

Pertanto�anche�le�fasi�intermedie�e�tutte�le�vicende�modificative�del�rap-

porto�di�lavoro,�pur�se�finalizzate�ad�un�avanzamento�di�carriera�e�realizzate�

attraverso�l'espletamento�di�procedure�concorsuali,�restavano�attratte�nella�

cognizione�del�giudice�ordinario,�rimanendo�affidate�alla�giurisdizione�del�

giudice�amministrativo�solamente�le�controversie�aventi�ad�oggetto�le�proce-

dure�selettive�di�assunzione�del�personale.�
Il�mutamento�di�giurisprudenza�sopra�evidenziato�si�fonda,�oltre�che�sugli�

accennati�orientamenti�della�Corte�Costituzionale,�anche�su�una�rilettura�

appunto�costituzionalmente�orientata�del�quadro�normativo�vigente;�infatti�

sullascortadell'art.�52delD.Lgs.�n.�165/2001,ilqualestabiliscechelaqualifica�

superiore�viene�acquisita�dal�lavoratore��pereffetto 
dello 
sviluppoprofessionale 


o 
diprocedure 
concorsuali 
o 
selettive�,�si�e��ritenuto�che�anche�le�procedure�che�
consentono�il�passaggio�da�una�fascia�ad�un'altra�integrino�un�vero�e�proprio�

concorso,�argomentando�dall'art.�97�della�Costituzione.�

Cos|�,�in�definitiva,�il�concorso�e��il�mezzo�maggiormente�idoneo�ad�assi-

curare�la�neutralita��e�la�scelta�dei�soggetti�piu��capaci�a�garantire�il�buon�

andamento�della�Pubblica�Amministrazione�anche�nell'ipotesi�del�passaggio�

ad�un'area�funzionale�superiore:�la�conseguenza�immediata�e�diretta�di�tale�

nuovo�orientamento�e��quindi�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�

anche�nelle�controversie�de�quibus.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Al�contrario,�il�caso�posto�all'attenzione�della�seconda�sezione�(ter)�del�

TAR�del�Lazio,�concerneva�l'annullamento�di�atti�amministrativi�con�i�quali�

venivano�indette�delle�procedure�di�riqualificazione�del�personale�all'interno�

della�stessa�area�funzionale;�in�tal�caso,�sulla�scorta�delle�considerazioni�

appena�svolte,�il�giudice�ha�ritenuto�il�ricorso�inammissibile,�ritenendosi�

carente�di�giurisdizione.�
Ed�infatti�si�tratterebbe�di�atti�che,�pur�emanati�dall'autorita�ammini-

strativa,�si�pongono�nell'ambito�dello�svolgimento�del�rapporto�di�lavoro�

con�i�dipendenti�pubblici:�cos|�e�stato�ritenuto�opportuno,�in�ragione�della�

fondamentale�distinzione�tra�atti�di�amministrazione�ed�atti�di�gestione,�

considerare�siffatte�procedure�attratte�nell'area�civilistica,�dal�momento�che�

non�viene�in�rilievo�alcun�atto�che�sia�espressione�del�potere�autoritativo�

della�Pubblica�Amministrazione.�
In�realta�in�tali�circostanze�l'Amministrazione�agisce�come�un�datore�di�

lavoro�privato,�soggetto�alle�norme�civilistiche:�di�conseguenza�tutti�gli�atti�

emanati�durante�la�permanenza�del�rapporto�di�lavoro�sono�sottratti�alla�

cognizione�del�giudice�amministrativo�per�rientrare�in�quella�del�giudice�ordi-

nario.�
Inoltre,�v'e�anche�da�considerare�che�tali�procedure�selettive�dirette�al�

passaggio�da�una�posizione�funzionale�all'altra�all'interno�della�stessa�area,�

sono�riservate�solamente�ai�dipendenti�interni:�cio�e�previsto�dai�contratti�

collettivi�nazionali�che�regolano�tali�procedure,�le�quali�non�si�configurano�

come�vere�e�proprie�selezioni�concorsuali,�che�al�contrario�prevedono�la�par-

tecipazione�di�soggetti�esterni�all'Amministrazione�(come�nel�caso�di�passag-

gio�da�un'area�funzionale�ad�un'altra).�
Concludendo,�e�ovvio�che�non�trattandosi�di�vere�e�proprie�selezioni�ma�
di�percorsi�interni�regolati�dai�contratti�collettivi�nazionali�il�giudice�ammini-

strativo�deve�necessariamente�dichiarare�la�carenza�di�giurisdizione,�e�di�con-

seguenza�l'inammissibilita�del�ricorso.�
Questo�lo�stato�della�giurisprudenza�sini�ad�oggi:�rimane�pero�la�possibi-

lita�non�remota�che�l'orientamento�teste�ennunciato�possa�essere�rivisto�alla�

luce�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204�del�6�luglio�2004.�

Dott.ssa�Paola�Ciriaco�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
del 
Lazio, 
Roma, 
sezione 
seconda 
ter, 
sentenza 
4 
maggio 
2004 
n. 
3757 
-Pres.�R.�Scognamiglio�^Rel.�A.�Amicuzzi�^F.S.�c/�Ministero�per�i�Beni�

e�le�Attivita�Culturali.�

Non�sussiste�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�nell'ipotesi�di�controversie�relative�

all'indizione�di�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�del�personale�all'interno�della�stessa�

areafunzionale,�poiche�gli�atti�in�questione,�da�definirsi��di�gestione�,�si�collocano�nell'ambito�

dello�svolgimento�del�rapporto�di�lavoro,�rimanendo�percio�stesso�attratti�nell'area�civilistica.�
�(omissis)�^Per�quanto,�piu�in�particolare,�riguarda�la�fattispecie�in�esame�deve�tuttavia�

rilevare�il�Collegio�che�nel�nuovo�ordinamento�professionale�del�pubblico�impiego�il�sistema�

delle�qualifiche�e�stato�sostituito�con�quello�delle�aree�(o�categorie),�nell'ambito�delle�quali�

sono�previste�differenti�posizioni�economiche,�con�possibilita�di�passaggi�interni�dall'una�

all'altra.�
A�tanto,�in�base�alle�considerazioni�in�precedenza�svolte,�non�puo�che�conseguire�che,�se�

non�puo�esservi�dubbio�che�le�procedure�selettive�finalizzate�al�passaggio�da�un'area�all'altra,�
mediante�procedure�concorsuali�aperte�ad�una�pluralita�di�soggetti�esterni�od�interni,�appar-
tengano�alla�Giurisdizione�del�Giudice�Amministrativo,�i�passaggi�interni,�nell'ambito�di�cia-


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

scuna�di�dette�aree,�da�una�posizione�economica�(funzionale)�all'altra�(se�i�contratti�collettivi�
nazionali�che�li�regolano�non�prevedono�la�possibilita�della�partecipazione�di�concorrenti�
esterni�alle�procedure�selettive�volte�ad�individuare�il�personale�cui�deve�essere�attribuita�la�
posizione�funzionale�superiore)�sono�da�ritenersi�necessariamente�attratti�nell'ambito�della�
giurisdizione�del�Giudice�ordinario.�

Cio�in�quanto�tali�procedure�interne�vanno�qualificate�come�atti�privatisticidigestione�
del�rapporto�di�lavoro�^privi�del�carattere�pubblicistico�che�connota�i�concorsi�esterni�di�
accesso�^cioe�come�semplici�strumenti�diretti�ad�assicurare�la�normale�progressione�di�sog-
getti�gia�legati�da�un�rapporto�con�l'amministrazione,�non�dissimili�dalle�omologhe�proce-
dure�indette�da�un�datore�di�lavoro�privato.�

La�circostanza�che�l'art.�36�del�D.Leg.vo�n.�80�del�1998�prevede�che�le�assunzioni�nella�
pubblica�amministrazione�avvengano�mediante�selezioni�o�concorsi�pubblici�che�garanti-
scano�un�adeguato�accesso�dall'esterno,�non�puo�,�infatti,�che�indicare,�per�converso,�che�esi-
stonopercorsi�interniche�non�siconfigurano�come�assunzione,legatialla�progressione�della�
�mansione��(come�regolati�dal�CCNL),�che,�per�essere�inerenti�allo�sviluppo�del�rapporto�
individuale,�non�possono�che�essere�di�competenza�del�Giudice�Ordinario.�

7.�^Nel�caso�che�occupa�il�ricorrente�premesso�che,�avendo�esercitato�mansioni�supe-
riori,�era�in�attesa,�ex 
art.�15�del�CCNL�per�il�personale�dei�Ministeri�per�il�quadriennio�
1998-2001,�della�indizione�di�corsi�di�selezione�per�il�passaggio�dall'area�B�all'area�C,�e�dalla�
posizione�economica�B3�alla�posizione�economica�C1),�ha�impugnato�i�decreti�emessi�dal�
Segretario�generale�il�28�novembre�2002,�di�indizione�delle�procedure�di�selezione�e�riqualifi-
cazione�per�il�personale�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�per�il�passaggio�dalle�
posizioni�economiche�B1�e�B2�alla�posizione�B3�e�dalle�posizioni�economiche�C1�e�C2�alle�
posizioni�C2�e�C3,�nei�limiti�dell'interesse�del�ricorrente,�nonche�il�provvedimento�implicito�
con�il�quale�i�titolari�della�posizione�economica�B3,�come�il�ricorrente,�sono�stati�esclusi�
dalle�suddette�procedure�di�selezione�e�riqualificazione,�la�nota�prot.�n.�1381�del�15�gennaio�
2003�del�Dirigente�del�Servizio�II,�di�negativo�riscontro�alla�diffida�formulata�dal�ricorrente�
e�da�altri�dipendenti�in�identica�posizione�economica,�il�silenzio�inadempimento�della�P.A.�
conseguito�alla�diffida�del�7�gennaio�2003,�reiterata�il�22�gennaio�2003;�infine�gli�atti�presup-
posti,�conseguenti�e�collegati.�Inoltre�ha�chiesto�la�declaratoria�dell'obbligo�del�Ministero�di�
cui�trattasi�ad�indire�le�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�anche�per�gli�appartenenti�
alla�posizione�economica�B3�con�ordine�di�provvedere�entro�un�dato�termine.�
Orbene,�va�premesso�sia�che�puo�prescindersi�dalle�censure�rivolte�avverso�l'atto�del�
15�gennaio�2003,�sostanzialmente�interlocutorio,�e�nei�confronti�di�comportamenti�privi�di�
valenza�giuridica,�sia�che�deve�ritenersi�che�il�silenzio�rifiuto�in�questa�sede�impugnato�si�e�
irritualmente�formato�(per�non�recare�la�relativa�diffida�indicazione�del�termine�entro�cui�
l'Amministrazione�avrebbe�dovuto�provvedere),�nonche�che�e�inammissibile�la�richiesta�di�
declaratoria�dell'obbligo�dell'Amministrazione�di�indire�procedure�di�selezione�(non�configu-
rando�la�pretesa�un�diritto�soggettivo�ma�un�interesse�legittimo�azionabile�solo�con�l'impu-
gnazione�di�un�atto�che�ne�disponga�o�con�la�procedura�-rituale-del�silenziorifiuto).�

Deve�conseguentemente�rilevare�il�Collegio�che,�per�il�resto,�il�ricorso�e�sostanzialmente�
diretto�ad�ottenere�l'annullamento�dei�citati�decreti�del�Segretario�generale,�di�indizione,�in�
base�all'Accordo�collettivo�integrativo�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�del�
24�ottobre�2002,�delle�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�per�il�personale�del�Ministero�
di�cui�trattasi�per�il�passaggio�dalle�posizioni�economiche�B1�e�B2�alla�posizione�B3�e�dalle�
posizioni�economiche�C1�e�C2�alle�posizioni�C2�e�C3.�

Detto�Accordo�collettivo�integrativo�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�del�
24�ottobre�2002�ha,�sul�punto,�confermato�il�C.C.N.L.C.M.�1998-2001,�che,�all'art.�15,�lette-
ra�B),�ha�previsto�che�i�passaggi�all'interno�della�stessa�area�da�una�posizione�all'altra�avven-
gono�mediante�percorsi�di�qualificazione�ed�aggiornamento�professionale�con�esame�finale,�
al�termine�dei�quali�viene�definita�una�graduatoria,�con�possibilita�di�bandire�concorsi�pub-
blici�o�avviare�gli�iscritti�nelle�liste�di�collocamento�solo�se�la�selezione�abbia�avuto�esito�
negativo�o�manchino�del�tutto�all'interno�le�possibilita�da�selezionare.�

Non�vi�e�quindi�alcun�dubbio�che�la�sostanziale�pretesa�fatta�valere�in�giudizio�attenga�
alla�contestazione�della�mera�previsione�del�passaggio,�mediante�procedura�selettiva�di�fatto�
riservata�ai�soli�dipendenti�interni,�da�una�posizione�funzionale�all'altra�nell'ambito�della�
medesima�area�(mentre�parte�ricorrente�aspirerebbe�alla�previsione�del�passaggio�anche�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

dalla�posizione�funzionale�B3�alla�posizione�funzionale�C1�in�diversa�area)�che,�poiche�icon-
tratti�collettivi�nazionali�che�li�regolano�non�prevedono�la�possibilita�della�partecipazione�
di�concorrenti�esterni�a�dette�procedure�selettive,�sono�da�ritenersi�necessariamente�attratti�
nell'ambito�della�giurisdizione�del�Giudice�ordinario.�

A�tanto�consegue,�per�quanto�in�precedenza�osservato,�la�insussistenza�della�giurisdi-
zione�in�materia�del�Giudice�Amministrativo.�

8.�^Il�ricorso�deve�essere,�pertanto,�dichiarato�inammissibile,�in�particolare�per�insussi-
stenza�della�giurisdizione�del�Giudice�Amministrativo�nella�materia�per�cui�e�causa.�
9.�^Le�spese�del�giudizio�possono�essere�compensate�tra�le�parti.�
P. 
Q.M. 
Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio�^Sezione�seconda�ter�d
ichiara 
inammissibile 
il�ricorso�in�epigrafe�indicato�.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

L'attivita�amministrativa�di�valutazione:�
punteggio�numerico�e�obbligo�di�motivazione�

(Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�sezione�prima,�sentenze�20�aprile�2004�

n.�1214�e�19�luglio�2004�n.�2649;�Consiglio�di�Stato,�sezione�quarta,�sentenza�19�luglio�
2004,�n.�5175;�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Toscana,�sezione�prima,�ordi-

nanza�9�settembre�2004,�n.�924).�
La�motivazione�espressa�a�mezzo�di�coefficienti�numerici�e�ilprincipio�di�econo-

micita'e�di�celerita�.�

Con�la�pronuncia�del�luglio�scorso�il�Consiglio�di�Stato�ribadisce�che,�
anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�241/1990,�l'onere�di�motivazione�
dei�giudizi�concernenti�prove�scritte�ed�orali�di�un�concorso�pubblico�o�di�
un�esame,�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�
alfanumerico.�

Il�punteggio�alfanumerico�si�configura�come�formula�sintetica,�ma�elo-
quente,�idonea�ad�esternare�la�valutazione�tecnica�compiuta�dalla�commis-
sione.�

Nel�caso�di�specie�l'appellato�e�stato�escluso�dalla�graduatoria�del�con-
corso�interno,�per�titoli�ed�esami,�per�la�preposizione�a�n.�6�uffici�dell'area�
economica�della�Provincia�autonoma�di�Trento,�per�aver�conseguito�nella�
prova�orale�il�punteggio�di�20\40�inferiore�al�minimo�richiesto�dal�bando�
(24\40).�

La�sentenza�di�primo�grado�annulla�la�graduatoria�e�gli�atti�connessi�
ravvisando�l'insufficienza�del�mero�voto�numerico,�anche�in�considerazione�
del�buon�esito�delle�prove�scritte.�

I�vincitori�del�concorso�propongono�appello�richiamando�consolidati�
principi�giurisprudenziali�in�ordine�alla�sufficienza�del�voto�numerico�quale�
motivazione�di�valutazioni�concorsuali.�

L'appello�e�dichiarato�fondato�sulla�base�della�congruita�del�punteggio�
numerico�ad�esprimere�le�valutazioni�tecniche�dell'Amministrazione,�ponen-
dosi�in�linea�con�numerose�pronunce�(1).�

Tale�principio,�oltre�a�rispondere�ad�evidenti�finalita�di�economicita�del-
l'attivita�amministrativa�di�valutazione,�assicura�la�necessaria�chiarezza�dei�
giudizi�di�merito�compiuti�dalle�commissioni�nell'esercizio�di�insindacabili�
(perche�opinabili)�apprezzamenti�tecnici,�salvo�i�casi�della�manifesta�abnor-
mita�.�

Esso�si�fonda,�inoltre,�sul�riconosciuto�carattere�non�propriamente�prov-
vedimentale�del�giudizio�emesso�in�merito�ad�una�prova�di�esame.�

La�sentenza�precisa,�inoltre,�che��non�puo�trovare�ingresso�la�diversa�
tesi�sostenuta�dalla�sesta�sezione�del�Consiglio�(cfr.�sez.�VI,�13�febbraio�
2004,�n.�558;�30�aprile�2003,�n.�2331)�in�maniera�per�altro�non�univoca,�
essendo�smentita�da�coeve�decisioni�della�medesima�sezione�(cfr.�sez.�VI,�
17�febbraio�2004,�n.�659)�.�

(1)�Ex�plurimis�e�da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�7�maggio�2004,�n.�2881;�sez.�IV,�ord.,�
29�gennaio�2004,�n.�397.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nel�caso�della�pronuncia�del�T.A.R.�Toscana�resa�all'esito�dell'udienza�
cautelare�del�9�settembre�2004,�il�ricorrente�chiede�l'annullamento,�previa�
sospensione,�del�provvedimento�di�non�ammissione�alla�prova�orale�degli�
esami�di�avvocato,�sessione�2003,�e�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�
e�consequenziale,�prospettando,�anche,�la�violazione�di�legge�per�non�equa�
distribuzione�del�carico�di�lavoro�tra�le�sottocommissioni.�

L'ordinanza�del�T.A.R.�respinge�statuendo�che��la�Commissione�appare�
aver�assolto�gli�obblighi�di�motivazione�attraverso�l'espressione�numerica�
del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,�avendo�preventivamente�predi-
sposto�criteri�uniformi�di�valutazione�.�

Anche�in�questo�caso�si�ritiene�che�il�punteggio�numerico�non�costituisca�
violazione�o�falsa�applicazione�dell'art.�3�della�legge�241/1990.�

Il�T.A.R.�Toscana�aderisce�all'�indirizzo�costante�del�Consiglio�di�Stato�
per�il�quale�l'obbligo�di�motivazione�imposto�dalla�suddetta�norma�deve�rite-
nersi�adeguatamente�soddisfatto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�numerico�
ad�una�prova�di�concorso�per�esami�o�di�abilitazione�all'esercizio�professio-
nale,�senza�ed�indipendentemente�da�qualsiasi�altra�esplicitazione�della�valu-
tazione�discrezionale�compiuta�dalla�Commissione�(2).�

A�maggior�ragione�nel�caso�di�specie,�ove�la�commissione�aveva�indivi-
duato�dei�criteri�di�valutazione.�

E�stato�osservato�che�l'art.�3,�comma�1,�legge�241/1990,�collega�la�valu-
tazione�circa�la�sufficienza�della�motivazione�alle�risultanze�dell'istruttoria.�
Si�tratta,�pertanto,�di�un�obbligo�che�sussiste�per�l'attivita�amministrativa�di�
tipo�piu�propriamente�provvedimentale,�e�non�anche�per�l'attivita�di�giudizio�
conseguente�ad�una�valutazione�qual'e�,�appunto,�quella�relativa�all'attribu-
zione�di�un�punteggio�sulla�preparazione�culturale�o�tecnica�del�candidato.�
Quanto�appena�detto�e�ancor�piu�vero�quando,�come�nel�caso�che�ci�occupa,�
non�si�tratta�neppure�di�attivita�comparativa,�ma�di�un�esame�di�idoneita�
professionale�(Cons.�St.�sez.IV,�727/1993,�cit.).�

I�principi�cos|�enunciati�(in�particolare�l'inapplicabilita�dell'art.�3�della�
legge�241/1990),�denotano�lo�sforzo�della�giurisprudenza�di�far�coesistere�esi-
genze�di�effettivita�della�tutela�individuale�con�le�necessita�pratiche�di�spedi-
tezza�ed�economicita�dell'azione�amministrativa,�in�un�quadro�ove�occorre�
costantemente�bilanciare�l'immanenza�di�interessi�generali�e�la�concorrente�
espansibilita�dei�costi�determinati�dalla�tutela�individuale.�

La�suddetta�conclusione�non�e�stata�posta�in�discussione�neppure�dai�
principi�affermati�dalla�nota�decisione�del�Consiglio�di�Stato,�VI�Sez.,�
30�aprile�2003�n.�2331.�

Anche�il�T.A.R.�Lazio,�sez.�1.,�sentenza�del�28�maggio�2003,�nell'esami-
nare�la�suddetta�sentenza,�osserva:�

(2)�Cfr.�Cons.�St.,�sez.�IV,�13�ottobre�1993,�n.�727;�Cons.�St.�Sez.�VI,�27�maggio�1996,�n.�747.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

�La�sentenza�invocata�ha�posto�l'accento,�in�particolare,�sulla�necessita�
che�la�commissione�giudicatrice�accompagni�la�semplice�espressione�nume-
rica�del�proprio�giudizio�con�l'apposizione�di�correzioni,�annotazioni,�sottoli-
neature�o�note�sugli�elaborati,�che�consentano�al�candidato�di�comprendere�
appieno�le�ragioni�del�giudizio�formulato�nei�suoi�confronti,�attivita�che�com-
porta�un�impegno�minimo�di�attivazione�dell'organo�valutativo.�

Oltre�che�essere,�almeno�per�il�momento,�un�isolato�pronunciamento�
del�Giudice�di�appello,�che,�per�giunta,�prende�le�distanze�da�un�orienta-
mento�che,�come�si�e�detto�in�precedenza,�risulta�allo�stato�ancora�consoli-
dato,�deve�osservarsi�che�le�prove�di�cui�si�tratta�sono�sottoposte�dalla�Com-
missione�ad�un�esame�che�e�finalizzato�non�solo,�e�non�tanto,�alla�ricerca�
di�eventuali��errori��(di�logica�giuridica�o�di�sintassi),�che�effettivamente�
possono�essere�adeguatamente�evidenziati�con�i�suindicati�segni�grafici�sugli�
elaborati�stessi,�quanto�piuttosto�a�giungere�ad�un�apprezzamento�sul�grado�
di�organicita�e�sul�livello�di�approfondimento�raggiunti�dal�singolo�candi-
dato,�indici�della�maturita�di�preparazione�teorico-pratica�da�lui�posseduta�
nella�materia�interessata,�aspetti�che�sicuramente�non�possono�che�essere�
rappresentati�con�un'indicazione�aritmetica,�atteso�che�essi�riguardanola�
sfera�di�discrezionalita�valutativa�di�cui�si�connota�l'attivita�dell'organo�in�
questione.��

In�termini�le�ultime�pronunce�rese�dallo�stesso�T.A.R.�Toscana�in�tema�
di�abilitazione�alla�professione�forense�(cfr.�T.A.R.�Toscana,�1.,�sent.�20�a-
prile�2004�n.�1214):��Per�il�vero�il�Collegio�non�ignora�l'esistenza�di�una�qual-
che�pronuncia�(vedi�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�del�18�febbraio�2003)�di�segno�
opposto�a�quello�sopra�evidenziato,�ma�e�il�caso�di�rilevare�che�trattasi�di�
decisioni�che�riguardano�prove�di�un�concorso�mentre�nel�caso�che�ci�occupa,�
anche�a�non�voler�tener�conto�di�tutte�le�altre�decisioni,�si�tratta�di�un�esame�
di�abilitazione�per�il�quale�appare�abbastanza�plausibile�un�meccanismo�di�
valutazione�poco�meno�rigoroso.�

E�allora�occorre,�in�particolare,�convenire�che�se�il�giudizio�di�una�Com-
missione�d'esame�e�volto�a�fornire�un�apprezzamento�sul�grado�di�organicita�
e�sul�livello�di�approfondimento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di�matu-
rita�di�preparazione�teorico-pratica�ben�sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di�
una�espressione�aritmetica�esplicativa�di�per�se�della�discrezionalita�valuta-
tiva�di�cui�si�connota�l'Organo�in�questione�(cfr.�T.A.R.�Lazio,�Sez.�I,�
18�maggio�2003)�.�

Non�e�ravvisabile�un�vizio,�sotto�il�profilo�del�difetto�di�motivazione,�
neppure�nella�circostanza�che�sugli�elaborati�non�siano�stati�apposti��segni�
di�correzione�.�

La�funzione�di�tali�segni,�che�solitamente�vengono�apposti�nelle�scuole,�e�
di�tipo�eminentemente�didattico.�In�un�concorso�o�in�un�esame�di�abilita-
zione,�invece,�la�Commissione�ha�la�funzione�di�esprimere�un�giudizio,�non�
quella�di�aiutare�il�candidato,�che�non�e�un�suo�allievo,�ad�apprendere�come�
emendarsi�per�il�futuro.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'orientamento 
oscillante 
della 
giurisprudenza 
e 
i 
segni 
grafici 
di 
correzione. 


Le�due�pronunce�si�pongono�in�linea�con�quell'orientamento�della�giuri-
sprudenza�del�Consiglio�di�Stato�che�ritiene�esaustivo,�in�materia�di�concorsi�
pubblici�ed�esami,�il�giudizio�espresso�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�
numerico:�questo�non�necessiterebbe�di�altra�motivazione,�trattandosi�di�
una�forma,�sintetica�ma�eloquente,�che�esterna�in�pieno�la�valutazione�com-
piuta�dalla�Commissione�d'esame�(3).�

Con�tale�assunto�si�tende�a�trovare�un�temperamento�alla�rigidita�for-
male�qualora�la�motivazione�venga�espressa�a�mezzo�di�coefficienti�numerici.�

Come�gia�si�e�osservato�il�principio�non�puo�neppure�ritenersi�superato�
dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�3�della�legge�241/1990,�che�prescrive�l'ob-
bligo�di�motivazione�di�ogni�provvedimento�amministrativo,�ivi�compreso�
quello�attinente�allo�svolgimento�di�pubblici�concorsi:�il�giudizio�espresso�
con�punteggio�numerico�non�necessita�di�ulteriore�motivazione,�trattandosi�
di�valutazione�tecnica�e�non�di�natura�provvedimentale�(4).�

Lo�sforzo�della�giurisprudenza�di�far�coesistere�esigenze�di�effettivita�
della�tutela�individuale�con�le�necessita�pratiche�di�speditezza�ed�economicita�
dell'azione�amministrativa,�in�un�quadro�ove�occorre�costantemente�bilan-
ciare�l'immanenza�di�interessi�generali�e�la�concorrente�espansibilita�dei�costi�
determinati�dalla�tutela�individuale,�emerge�con�riguardo�al�problema�della�
motivazione�in�materia�di�concorsi�ed�esami.�

Il�Consiglio�di�Stato�ha�infatti�piu�volte�affermato�che�la�valutazione�tec-
nica�compiuta�dalle�commissioni�d'esame�e�sufficientemente�esternata�con�
l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico,�trattandosi�di�una�attivita�priva�
di�valenza�provvedimentale,�senza�che�sia�necessario�apporre�segni�grafici�o�
glosse�di�commento�a�margine�dell'elaborato�di�ogni�candidato.�

La�valutazione�del�contenuto�delle�prove�scritte�di�un�pubblico�concorso�
e�l'attribuzione�del�relativo�punteggio�costituisce�apprezzamento�tecnico�
discrezionale�riservato�alla�commissione�esaminatrice,�insindacabile�da�parte�
del�giudice�della�legittimita�(5).�

L'attribuzione�di�un�punteggio,�anche�se�non�accompagnato�da�motiva-
zioni�analitiche,�sarebbe,�dunque,�sufficiente�allo�scopo.�

D'altronde,�anche�se�e�stato�riconosciuto,�in�via�piu�generale,�che�l'ob-
bligo�di�motivazione�possa�dirsi�assolto�anche�quando�l'amministrazione�

(3)�Cons.�Stato,�sez.�V,�3�novembre�1989,�n.�732,�in�Cons. 
Stato,�1989,�I,�1378:��...�nelle�valu-
tazioni�concorsuali�non�si�richiede�motivazione�nell'attribuzione�dei�voti,�esternandosi�compiuta-
mente�il�giudizio�della�commissione�nella�graduazione�del�punteggio�assegnato�.�Cons.�Stato,�
sez.�V,�19�luglio�1989,�n.�431,�in�Cons. 
Stato, 
1989,�I,�927:��...�la�commissione�giudicatrice�di�un�
concorso�non�e�tenuta�a�fornire�motivazione�alcuna�nell'attribuzione�del�punteggio�in�forma�arit-
metica�ad�una�determinata�prova�di�esame,�in�quanto�il�giudizio�della�commissione�si�esterna�ex 
se 
nella�graduazione�del�punteggio�assegnato�.�
(4)�T.A.R.�Toscana,�sez.�II,�4�marzo�1999,�236,�in�Ragiusan, 
2000,�362.�
(5)�Cons.�Stato,�sez.�V,�19�luglio�1989,�n.�431,�in�Cons. 
Stato,�1989,�I,�927.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

provveda�ad�indicare�le�ragioni�su�cui�l'atto�si�fonda,�utilizzando�un�modulo�
prestampato�oppure�mediante�l'apposizione�di�un�segno�su�una�delle�caselle�
che�indicano�una�tra�piu�ragioni�possibili�(6).�

Non�e�ravvisabile�un�vizio,�sempre�secondo�questa�giurisprudenza,�sotto�
il�profilo�del�difetto�di�motivazione,�neppure�nella�circostanza�che�sugli�ela-
borati�non�siano�stati�apposti�segni�di�correzione.�La�funzione�di�tali�segni�e�
di�tipo�eminentemente�didattico.�

In�un�concorso�o�in�un�esame�di�abilitazione,�infatti,�la�commissione�ha�
la�funzione�di�esprimere�un�giudizio,�non�quella�di�aiutare�il�candidato�ad�
apprendere�come�emendarsi�per�il�futuro.�

Cio�non�toglie,�comunque,�che�sia�opportuno�valutare�l'adeguatezza�
della�motivazione�di�un�atto�amministrativo�caso�per�caso�(7).�

In�merito�ai�segni�grafici�e�alle�correzioni�di�recente�la�sezione�sesta�del�
Consiglio�di�Stato�(8)�ha�individuato�una�terza�via�intermedia�tra�i�due�
opposti�orientamenti.�

La�sentenza�non�giunge�a�ritenere�insufficiente�il�solo�punteggio�nume-
rico,�ma�ritiene�necessario�che�a�questo�si�accompagnino�ulteriori�elementi�

o�segni�idonei�a�fornire�indicazioni�al�candidato�circa�la�valutazione�insuffi-
ciente�della�prova.�
Non�e�tuttavia�da�sottacersi�che�la�pronuncia�si�riferisce�ad�un�concorso�
in�particolare�non�automaticamente�estensibile�ad�altri�concorsi�pubblici�
aventi�diverse�connotazioni�(come�ad�esempio�l'esame�di�avvocato)�(9).�

In�particolare,�l'orientamento�espresso�da�ultimo�dal�Consiglio�di�Stato�
secondo�il�quale�^in�base�al�principio�di�trasparenza,�cui�l'intera�attivita�
amministrativa�deve�conformarsi�^nel�caso�in�cui�in�una�procedura�concor-
suale�non�siano�stati�predeterminati�rigidamente�i�criteri�di�valutazione�delle�
prove,�deve�essere�imposto�alle�commissioni�esaminatrici,�a�pena�di�illegitti-
mita�,��di 
renderepercepibile 
l'iter 
logico 
seguito 
nell'attribuzione 
delpunteggio, 
se 
non 
attraverso 
diffuse 
esternazioni 
verbali 
relative 
al 
contenuto 
delle 
prove, 
quanto 
meno 
mediante 
taluni 
elementi 
che 
concorrano 
ad 
integrare 
e 
chiarire 
la 
valenza 
del 
punteggio, 
esternando 
le 
ragioni 
dell'apprezzamento 
sintetica-
mente 
espresso 
con 
l'indicazione 
numerica.� 
(10).�

Il�T.A.R.�Toscana�con�sentenza�n.�2649�depositata�il�19�luglio�2004�ha�
recentemente�precisato�che�l'obbligo�imposto�alla�commissione�di�concorso�
di�stabilire�i�criteri�di�valutazione�delle�prove�(obbligo�scaturente�dall'art.�12,�
comma�1.,�del�d.P.R.�n.�487/1994�come�modificato�dall'art.�10�del�d.P.R.�

n.�693/1996),�cos|�autolimitando�il�proprio�potere�di�apprezzamento�delle�
prove�medesime,��non 
avrebbe 
ragion 
d'essere 
se 
non 
fosse 
parimenti 
e 
conse-
guentementeimpostodimotivare, 
siapureinmodosintetico, 
circalemodalita. 
(6)�Cons.�Stato,�sez.�IV,�16�settembre�1999,�n.�1476,�in�Foro 
Amm., 
1999,�1712.�
(7)�Cons.�St.,�sez.�V,�6�dicembre�1999,�n.�2065,�in�Foro 
Amm., 
1999,�2494.�
(8)�Sentenza�n.�2331�del�4�aprile�2003.�
(9)�M.eF.�Minniti, 
Valutazionedeicandidatineiconcorsipubblici: 
obbligo 
dimotivazionee 
insufficienza 
delpunteggio 
numerico, 
in�www.diritto.it�
(10)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�aprile�2003,�n.�2331.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�concreta�applicazione�dei�criteri�stessi.�Su�altro�versante,�l'obbligodi�far�

luogo�alla�motivazione�delle�valutazioni�concorsuali�e�imposto�dalla�necessita�

di�tenerfede�alprincipio,�presidiato�sulpiano�costituzionale,�che�vuole�sempre�

garantita�la�possibilita�di�un�sindacato�della�ragionevolezza,�della�coerenza�e�

della�logicita�delle�stesse�valutazioni�concorsuali:�controllo�difficile�da�assicu-

rare�inpresenza�del�solopunteggio�numerico�e�in�assenza,�quindi,�di�una�pur�sin-

tetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno�indotto�la�commissione�

allaformulazione�di�un�giudizio�di�segno�negativo�.�

Esternazioni�sintetiche�o�implicite�che�ben�possono�consistere�^sempre�
secondo�il�ricordato�indirizzo�giurisprudenziale�^nell'apposizione�di�note�a�
margine�dell'elaborato,�o,�comunque�nell'uso�di�segni�grafici�che�consentano�
di�individuare�gli�aspetti�della�prova�non�valutati�positivamente�dalla�com-
missione.�

L'organizzazionedellavoro�dellacommissioneesaminatriceeitempidicorrezione.�

E�riconosciuto�alla�Commissione�un�ampio�ambito�di�discrezionalita�
(Cons.�Stato,�sez.�VI,�8�febbraio�2000�n.�679)�non�solo�nell'attribuzione�dei�
punteggi,�ma�anche�nell'organizzazione�interna�del�lavoro.�

La�presenza�di�sottocommissioni�e�determinata�proprio�dall'esigenza�di�
dividere�l'ingente�lavoro,�ma�secondo�criteri�che�appartengono�alla�discrezio-
nalita�della�commissione.�

Infatti�il�comma�8�dell'art.�22�del�Regio�decreto-legge�27�novembre�
1933,�n.�1578�(in�Gazz.�Uff.,�5�dicembre,�n.�281)�^decreto�convertito�in�legge�
22�gennaio�1934,�n.�36�(in�Gazz.�Uff.,�30�gennaio�1934,�n.�24),�contenente�
disposizioni�inerenti�l'Ordinamento�delle�professioni�di�avvocato�e�procura-
tore,�recita:��a�ciascuna�sottocommissione�non�puo�essere�assegnato�un�
numero�di�candidati�superiore�a�trecento�.�

Le�singole�sottocommissioni�dell'esame�di�abilitazione�alla�professionedi�
avvocato�sono�state�create�da�una�normativa�che�va�interpretata�in�un'ottica�
funzionalistica,�ispirata�alla��ratio��della�norma�che�facoltizza�la�suddivi-
sione�della�commissione�principale�in�sottocommissioni�allorquando�il�
numero�dei�candidati�superi�le�300�unita�,�e�cio�per�evidenti�ragioni�di�sempli-
ficazione�e�di�velocizzazione�del�lavoro�di�correzione�degli�elaborati�(11).�

Negli�esami�d'abilitazione�per�la�professione�d'avvocato,�in�base�
all'art.�22�r.d.l.�27�novembre�1933�n.�1578,�la�creazione�di�sottocommissioni�
e�subordinata�alla�presenza�di�un�numero�cospicuo�di�candidati.�

Ai�sensi�dell'art.�22,�6.�comma,�r.d.l.�27�novembre�1933,�n.�1578�come�
modificato�dalla�legge�27�giugno�1988,�n.�242�^secondo�cui�le�commissioni�
giudicatrici�degli�esami�a�procuratore�legale�possono�essere�integrate,�con�
decreto�ministeriale,�da�un�numero�di�membri�supplenti,�tale�da�permettere,�
unico�restando�il�presidente,�la�suddivisione�in�sottocommissioni�^non�e�
configurabile�una�fissazione�rigidamente�precostituita�delle�sottocommissioni�
medesime�(12).�

(11)�T.A.R.�Veneto,�sez.�I,�17�luglio�2002,�n.�3489,�in�Foro�Amm.�TAR,�2002,�2384.�
(12)�T.A.R.�Lazio,�sez.�I,�14�luglio�1992,�n.�1027,�in�Trib.�Amm.�Reg.,�1992,�I,�3080.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

La�brevita�del�tempo�di�correzione�da�parte�della�Commissione,�non�e�
prova,�dunque,�di�incompiuta�o�insufficiente�valutazione�degli�elaborati�
stessi.�

Non�e�infatti�individuabile�un��tempo�medio��necessario�alla�Commis-
sione�per�la�valutazione�di�ciascun�elaborato.�

L'art.�23,�R.D.37/34,�come�sostituito�dall'art.�6,�legge�242/1988�prevede�
che�la�Commissione,�anche�nei�casi�di�suddivisione�in�sottocommissioni,�
compie�la�revisione�dei�lavori�scritti�nel�piu�breve�tempo,�e�comunque�non�
piu�tardi�di�sei�mesi�dalla�conclusione�delle�prove,�termine�prorogabile�solo�
per�motivi�eccezionali�e�debitamente�accertati.

E�costante�orientamento�del�Consiglio�di�Stato�che�il�controllo�dei�tempi�
medi�di�correzione�sia�sottratto�al�sindacato�di�legittimita�del�giudice�ammi-
nistrativo.�

Il�suddetto�orientamento�e�in�linea�con�il�principio�di�economicita�e�cele-
rita�dell'azione�amministrativa�valutativa.�

Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Toscana, 
sezione 
prima, 
sentenza 
del 
20 
aprile 
2004, 
n. 
1214 
^Pres.�G.�Vacirca�^Est.A.Migliozzi^F.G.�(Avv.G.Iacopetti)�c/�Mini-
stero�della�Giustizia;�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�per�l'anno�2002�presso�la�
Corte�di�Appello�di�Firenze�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Firenze).�

Consideratocheilgiudizio�diuna�Commissioned'esamee�voltoafornireunapprezzamento�

sul�grado�di�organicita�e�sul�livello�di�approfondimento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di�

maturita�dipreparazione�teorico-pratica�ben�sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di�una�espressione�

aritmetica�esplicativa�diperse�delladiscrezionalita�valutativadicuisiconnotal'Organo�in�que


stione.�

�(Omissis)�^Fatto.�Il�ricorrente�riferisce�di�aver�sostenuto�in�data�17,�18�e�19�dicembre�
2002�le�tre�prove�scritte�dell'esame�di�abilitazione�alla�professione�forense�presso�la�Corte�
di�Appello�di�Firenze.�

In�data�10�giugno�1993�l'interessato�ha�avuto�conoscenza�dell'esito�negativo�di�tali�prove�
ed�ha�impugnato�il�verbale�della�Commissione�esaminatrice�recante,�appunto,�la�valutazione�
in�questione.�

A�sostegno�del�proposto�ricorso�e�stato�dedotto,�con�un�unico�motivo,�il�vizio�di�viola-
zione�di�legge�(art.�3�legge�241/1990)�per�difetto�ed�insufficienza�della�motivazione.�

Secondo�parte�ricorrente,�il�solo�punteggio�numerico�espresso�dalla�Commissione�non�e�
idoneo�a�costituire�adempimento�dell'onere�motivazione�imposto�dalla�normativa�indicata�
in�rubrica,�tanto�piu�che�nella�specie�al�coefficiente�numerico�non�si�accompagnano�note,�
segni�grafici�o�altri�elementi�esplicativi�delle�ragioni�sulla�scorta�delle�quali�la�Commissione�
ha�reso�il�giudizio�de�quo.�

Si�e�costituita�in�giudizio�l'Amministrazione�intimata�che�ha�contestato�la�fondatezza�
del�ricorso,�chiedendone�la�reiezione.�

Diritto.�Il�ricorso�si�appalesa�infondato.�

Parte�ricorrente�sostiene�in�concreto�che�il�giudizio�di�inidoneita�a�sostenere�la�prova�
orale�espresso�unicamente�tramite�voto�numerico�e�illegittimo�in�quanto�difetta�di�una�sua�
motivazione�e�impedisce�la�ricostruzione�dell'iter�seguito�dalla�stessa�Commissione�per�addi-
venire�ad�una�valutazione�negativa.�

La�tesi�non�appare�condivisibile.�

La�Sezione�ha�gia�avuto�modo�di�occuparsi�specificatamente�della�questione�giuridica�
qui�sollevata�proprio�con�riferimento�alle�prove�di�esame�per�abilitazione�alla�professione�
forense�risolvendola�nei�sensi�difformi�da�quelli�propugnati�dal�ricorrente�(vedi�sentenza�

n.�5187�del�29�settembre�2003)�e,�allo�stato,�non�ha�motivo�di�discostarsi�dalle�gia�prese�con-
clusioni.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Vale�qui�ribadire�come�sia�condivisibile�l'orientamento�giurisprudenziale�secondo�cui�
anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�n.�241�del�1990�l'onere�di�motivazione�della�valuta-
zione�delle�prove�scritte�e�orali�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteg-
gio�numerico,�configurandosi�quest'ultimo�come�formula�sintetica,�ma�eloquente�che�vale�
ad�esternare�adeguatamente�il�giudizio�tecnico�della�Commissione�(cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�
13�ottobre�2002;�idem�20�novembre�2000�n.�6160,�recentemente�Sez.�VI,�3�aprile�2003�

n.�1719).�
Per�il�vero�il�Collegio�non�ignora�l'esistenza�di�una�qualche�pronuncia�(vedi�Cons.�Stato,�
Sez.�VI,�del�18�febbraio�2003)�di�segno�opposto�a�quello�sopra�evidenziato,�ma�e�il�caso�di�
rilevare�che�trattasi�di�decisioni�che�riguardano�prove�di�un�concorso�mentre�nel�caso�che�ci�
occupa,�anche�a�non�voler�tener�conto�di�tutte�le�altre�decisioni,�si�tratta�di�un�esame�di�abi-
litazione�per�il�quale�appare�abbastanza�plausibile�un�meccanismo�di�valutazione�poco�meno�
rigoroso.�

E�allora�occorre,�in�particolare,�convenire�che�se�il�giudizio�di�una�Commissione�d'e-
same�e�volto�a�fornire�un�apprezzamento�sul�grado�di�organicita�e�sul�livello�di�approfondi-
mento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di�maturita�di�preparazione�teorico-pratica�ben�
sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di�una�espressione�aritmetica�esplicativa�diper�se�della�
discrezionalita�valutativa�di�cui�si�connota�l'Organo�in�questione�(cfr.�T.A.R.�Lazio,�Sez.I,�
18�maggio�2003).�

Conclusivamente,�il�dedotto�profilo�di�illegittimita�su�cui�si�fonda�il�proposto�gravame�e�
destituito�di�giuridico�fondamento,�con�conseguente�reiezione�del�ricorso�stesso.�
Sussistono,�peraltro,�giusti�motivi�per�compensare�tra�le�parti�le�spese�e�competenze�del�
giudizio.�

P.�Q.M.�Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Sezione�prima,�definiti-
vamente�pronunziando�sul�ricorso�in�epigrafe,�lo�rigetta.�
Compensa�le�spese�e�competenze�del�giudizio�tra�le�parti.�
Ordina�che�la�presente�sentenza�sia�eseguita�dall'Autorita�Amministrativa.�
Cos|�deciso�in�Firenze,�il�21�gennaio�2004�(omissis)�.�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Toscana, 
sezione 
prima, 
sentenza 
del 
19 
luglio 


2004, 
n. 
2649 
^Pres.�G.�Vacirca�^Est.E.�Di�Santo�^N.R.�(Avv.�G.�Fanfani)�c/�Scuola�

Normale�Superiore�di�Pisa�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Firenze).�

Per�garantire�il�sindacato�della�ragionevolezza,�della�coerenza�e�della�logicita�delle�valuta-
zioni�concorsuali�e�necessaria�una�pur�sintetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno�
indotto�la�Commissione�allaformulazione�di�un�giudizio�di�segno�negativo.�

�(omissis)�Fatto�e�Diritto.�Con�il�ricorso�in�esame�il�ricorrente�ha�impugnato�gli�atti�
indicati�in�epigrafe�deducendo:�

1.^violazionedell'art.�3�dellaleggen.�241/1990,nonche�eccessodipotereperdifettodi�
motivazione,�in�quanto�la�valutazione�delle�prove�scritte�sarebbe�avvenuta�mediante�l'attri-
buzione�di�un�semplice�voto�numerico,�senza�alcuna�indicazione�delle�motivazioni�sotto-
stanti�a�ciascuna�votazione;�
2.�^violazione�dell'art.�9�del�d.P.R.�n.�487/1994�e�dell'art.�13�del�decretoministeriale�
n.�534/1988,�stante�la�scelta�dell'Amministrazione�di�nominare�una�commissione�giudicatrice�
priva�del�membro�interno;�
3.�^eccesso�di�potere�per�difetto�di�motivazione,�in�quanto�la�valutazione�di�inconfe-
renza�di�alcuni�titoli�presentati�dal�ricorrente�non�sarebbe�supportata�da�una�motivazione�
congrua.�
Il�ricorso�e�fondato�nei�termini�di�cui�infra.�

Con�il�primo�motivo�di�ricorso�si�propone�il�problema,�particolarmente�ricorrente�in�
sede�giurisprudenziale,�e�da�tempo�al�centro�di�un�vivace�dibattito,�relativo�alla�idoneita�del�
solo�punteggio�numerico�a�costituire�adempimento�dell'obbligo�motivazionale�imposto�
all'Amministrazione�dall'art.�3�della�legge�n.�241/1990.�

A�riguardo�il�Collegio�ritiene�di�dover�aderire�all'orientamento�espressoda�ultimodal�
Consiglio�di�Stato�(cfr.,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�aprile�2003�n.�2331;�Sez.�V,�6�ottobre�2003�

n.�5899)�secondo�il�quale�^in�base�al�principio�di�trasparenza,�cui�l'intera�attivita�ammini-

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

strativa�deve�conformarsi�^nel�caso�in�cui�in�una�procedura�concorsuale�non�siano�stati�pre-
determinati�rigidamente�i�criteri�di�valutazione�delle�prove,�deve�essere�imposto�alle�commis-
sioni�esaminatrici,�a�pena�di�illegittimita�,��di�renderepercepibile�l'iter�logico�seguito�nell'attri-
buzione�del�punteggio,�se�non�attraverso�diffuse�esternazioni�verbali�relative�al�contenuto�delle�
prove,�quanto�meno�mediante�taluni�elementi�che�concorrano�ad�integrare�e�chiarire�la�valenza�
del�punteggio,�esternando�le�ragioni�dell'apprezzamento�sinteticamente�espresso�con�l'indica-
zione�numerica.��(Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�aprile�2003�n.�2331).�Invero,�l'obbligo�imposto�alla�
commissione�di�concorso�di�stabilire�i�criteri�di�valutazione�delle�prove�(obbligo�scaturente�
dall'art.�12,�comma�1,�del�d.P.R.�n.�487/1994�come�modificato�dall'art.�10�del�d.P.R.�

n.�693/1996),�cos|�autolimitando�il�proprio�potere�di�apprezzamento�delle�prove�medesime,�
�non�avrebbe�ragion�d'essere�se�non�fosse�parimenti�e�conseguentemente�imposto�di�motivare,�

sia�pure�in�modo�sintetico,�circa�le�modalita�di�concreta�applicazione�dei�criteri�stessi.�Su�altro�

versante,�l'obbligo�difar�luogo�alla�motivazione�delle�valutazioni�concorsuali�e�imposto�dalla�

necessita�ditenerfedealprincipio,presidiatosulpianocostituzionale,�chevuolesempregaran-

titalapossibilita�diunsindacatodellaragionevolezza,�dellacoerenzaedellalogicita�dellestesse�

valutazioniconcorsuali:�controllo�difficiledaassicurareinpresenzadelsolopunteggionumerico�

e�in�assenza,�quindi,�di�una�pur�sintetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno�indotto�

la�commissioneallaformulazione�diungiudizio�disegno�negativo�.�

Esternazioni�sintetiche�o�implicite�che�ben�possono�consistere�^sempre�secondoilricor-
dato�indirizzo�giurisprudenziale�^nell'apposizione�di�note�a�margine�dell'elaborato,�o,�
comunque�nell'uso�di�segni�grafici�che�consentano�di�individuare�gli�aspetti�della�prova�non�
valutati�positivamente�dalla�commissione.�

Elementi�questi�totalmente�assenti�negli�elaborati�del�ricorrente.�
Ne�sussistono�criteri�prefissati�di�valutazione�estremamente�dettagliati�che�consentano�
di�ritenere�che�il�punteggio�numerico�sia�di�per�se�motivazione�sufficiente.�

Nel�caso�di�specie,�infatti�^cos|�come�correttamente�rilevato�dal�ricorrente�nella�propria�
memoria�difensiva�^la�predeterminazione�si�e�limitata�ad�una�mera�elencazione�dei�criteri�
di�massima�(grado�di�conoscenza�della�materia,�capacita�di�esposizione,�capacita�di�sintesi�
ecc.)�senza�che�a�ciascuno�di�essi�venisse�attribuito�(in�termini�numerici)�uno�specifico�peso�
all'interno�della�valutazione�complessiva,�ovvero�senza�che�il�punteggio�massimo�previsto�
per�la�singola�prova�scritta�e�orale�(punti�20)�venisse��ripartito��tra�i�vari�elementi�valutativi.�

Non�rendendo�cos|�possibile�una�chiara�individuazione�delle�specifiche�lacune�e/o�insuf-
ficienze�riscontrate�nei�confronti�del�singolo�candidato�(es.�carenza�nella�capacita�espositiva�
piuttosto�che�nella�capacita�di�sintesi),�ne�di�ripercorrere�l'iter�logico�seguito�dalla�commis-
sione�per�pervenire�a�quel�determinato�punteggio.�

Pertanto,�nella�fattispecie�per�cui�e�causa�l'adempimento�dell'obbligo�motivazionale�non�
puo�ritenersi�assolto�con�il�mero�punteggio�numerico.�

Con�riferimento�al�secondo�profilo�di�doglianza,�va�rilevato�che�la�normativa�invocata�
dal�ricorrente�prevede�la�presenza�in�seno�alla�Commissione�giudicatrice�di�un�membro�
interno�della�Scuola�nella�veste�di�Segretario.�

Pertanto,�tenuto�conto�che�il�Segretario�e�un�componente�della�commissione�sprovvisto�
di�voto�deliberativo,�l'inosservanza�della�disciplina�in�questione�determina�una�mera�irrego-
larita�e�non�gia�l'invalidita�dell'attivita�compiuta�dall'organo�la�cui�composizione�risulta�
viziata.�

Con�riferimento,�infine,�all'ultimo�profilo�di�doglianza,�va�rilevato�che�nella�procedura�
concorsuale�per�cui�e�causa�la�valutazione�dei�titoli�incide�sull'ammissione�alla�prova�scritta�
(art.�5�del�bando:��Alleprovescrittesaranno�ammessi�icandidati�che�nella�valutazione�dei�titoli�

abbiano�riportato�unpunteggio�non�inferiorea�20/40�)�e�sul�punteggio�complessivo�riportato�
in�esito�al�concorso�ai�fini�della�collocazione�in�graduatoria.�

Peraltro,�sotto�il�primo�profilo�la�doglianza�e�inconferente,�dal�momento�che�il�ricor-
rente�non�si�duole�della�mancata�ammissione�alle�prove�scritte,�e,�sotto�il�secondo�profilo,�e�
inammissibile�per�carenza�di�interesse,�non�sussistendo�allo�stato�alcuna�lesione�considerato�
che�il�ricorrente�non�ha�ancora�superato�le�prove�orali.�

Il�ricorso�va,�pertanto,�accolto�nei�termini�suindicati.�
Sussistono,�tuttavia,�equi�motivi�per�disporre�la�compensazione�tra�le�parti�delle�spese�
di�giudizio.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

P.Q.M.�il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Toscana�^Sezione�prima,�accoglie,�
nei�termini�di�cui�in�motivazione,�il�ricorso�n.�1488/1999�indicato�in�epigrafe�e,�per�l'effetto,�
annulla�il�provvedimento�con�lo�stesso�impugnato�con�cui�il�ricorrente�non�e�stato�ammesso�
alle�prove�orali�del�concorso�interno�nazionale�per�titoli�ed�esami�a�n.�1�posto�di�coordina-
tore�di�biblioteca�presso�la�Scuola�Normale�Superiore�di�Pisa�di�cui�al�D.D.A.�n.�492/1998.�
Spese�compensate. 
Ordina�che�la�presente�sentenza�sia�eseguita�dall'Autorita�Amministrativa. 
Cos|�deciso�in�Firenze,�in�data�6�aprile�2004�(omissis)�. 


Consiglio 
di 
Stato, 
sezione 
quarta, 
sentenza 
del 
19 
luglio 
2004, 
n. 
5175 
^Pres.�P.�Salvatore�^

Est.�V.�Poli�^F.T.d.F.�e�altri�(Avv.ti�D.De�Petris�e�E.�Romanelli)�c/�R.D.B.;�e�provincia�

Autonoma�di�Trento�(Avvocatura�Generale�dello�Stato).�

L'onere�dimotivazione�deigiudizi�concernentiprove�scritte�edorali�di�un�concorsopubblico�
odiunesame�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico.�

�Fatto�e�Diritto.�1.�^Il�dr.�R.�D.�B.�e�stato�escluso�(cfr.�verbale�del�25�novembre�1994,�

n.�9),�dalla�graduatoria�del�concorso�interno,�per�titoli�ed�esami,�per�la�preposizione�a�n.�6�
uffici�dell'area�economica�della�Provincia�autonoma�di�Trento,�per�aver�conseguito�nella�
prova�orale�il�punteggio�di�20\40�inferiore�al�minimo�richiesto�dal�bando�(24\40).�
2.�^L'impugnata�sentenza�ha�annullato�la�graduatoria�e�gli�atti�connessi�ravvisando�
l'insufficienza�del�mero�voto�numerico�anche�in�considerazione�del�buon�esito�delle�prove�
scritte.�
3.�^Con�ricorso�notificato�il�28�marzo�1996,�F.T.d.F.�[ed�altri]�tutti�vincitori�del�con-
corso�in�esame,�proponevano�appello�avverso�la�su�menzionata�sentenza,�richiamando�con-
solidati�principi�giurisprudenziali�in�ordine�alla�sufficienza�del�voto�numerico�quale�motiva-
zione�di�valutazioni�concorsuali.�
4.�^Si�costituiva�la�Provincia�autonoma�di�Trento�a�sostegno�del�gravame.�
5.�^Con�ordinanza�collegiale�n.�775�del�1996�veniva�accolta�la�domanda�di�sospensione�
dell'esecuzione�della�impugnata�sentenza.�
6.�^Lacausae�passata�in�decisione�all'udienza�pubblica�del�15�giugno�2004.�
7.�^L'appello�e�fondato�e�deve�essere�accolto.�
Sul�punto�di�diritto�specifico�la�sezione�non�intende�discostarsi�dai�propri�univoci�prece-
denti�secondo�cui,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�n.�241�del�1990,�l'onere�di�moti-
vazione�dei�giudizi�concernenti�prove�scritte�ed�orali�di�un�concorso�pubblico�o�di�un�esame�
e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico,�configuran-
dosi�quest'ultimo�come�formula�sintetica,�ma�eloquente,�che�esterna�la�valutazione�tecnica�
compiuta�dalla�commissione�(cfr.�ex�plurimis�e�da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�7�maggio�
2004,�n.�2881;�sez.�IV,�ord.�29�gennaio�2004,�n.�397).�

Tale�principio,�oltre�a�rispondere�ad�evidenti�finalita�di�economicita�dell'attivita�ammi-
nistrativa�di�valutazione,�assicura�la�necessaria�chiarezza�dei�giudizi�di�merito�compiuti�dalle�
commissioni�nell'esercizio�di�insindacabili�(perche�opinabili)�apprezzamenti�tecnici,�salvo�i�
casi�della�manifesta�abnormita�.�

Esso�si�fonda,�inoltre,�sul�riconosciuto�carattere�non�propriamente�provvedimentale�del�
giudizio�emesso�sopra�una�prova�di�esame.�

Non�puo�trovare�ingresso,�pertanto,�la�diversa�tesi�sostenuta�dalla�sesta�sezionedel�
Consiglio�(cfr.�sez.�VI,�13�febbraio�2004,�n.�558;�30�aprile�2003,�n.�2331)�in�maniera�per�altro�
non�univoca,�essendo�smentita�da�coeve�decisioni�della�medesima�sezione�(cfr.�sez.�VI,�
17�febbraio�2004,�n.�659).�

8.�^L'appello�deve�essere�pertanto�accolto.�
Il�collegio�ravvisa�giusti�motivi�(nelle�oscillazioni�giurisprudenziali)�per�compensare�
integralmente�fra�le�parti�le�spese�di�entrambi�i�gradi�di�giudizio.�

P.Q.M.�Il�Consiglio�di�Stato�in�sede�giurisdizionale�(sezione�quarta): 
^accoglie�l'appello�proposto,�e�per�l'effetto,�in�riforma�dell'impugnata�sentenza�respinge 
il�ricorso�di�primo�grado;�
^dichiara�integralmente�compensate�fra�le�parti�le�spese�di�ambedue�i�gradi�di�giudizio.�
Ordina�che�la�presente�decisione�sia�eseguita�dall'Autorita�amministrativa.�
Cos|�deciso�in�Roma,�nella�camera�di�consiglio�del�15�giugno�2004�(omissis)�.�


IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Toscana, 
Firenze, 
sezione 
prima, 
ordinanza 
del 
9 
settembre 
2004, 
n. 
924 
^D.�G.�M.�(Avv.�S.�Scuglia,�V.�Giomi)�c/�Ministero�della�Giu-
stizia,�Commissione�esame�avvocato�presso�la�Corte�d'appello�di�Firenze�(Avv.�dello�
Stato�di�Firenze�M.V.Lumetti)�^Pres.�G.�Vacirca�^Est.�G.�Del�Guzzo.�

Affinche�la�Commissione�esaminatrice�assolva�agli�obblighi�di�motivazione�e�sufficiente�l'u-

tilizzo�dell'espressione�numerica�del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,�avendo�preventiva-

mente�predisposto�criteri�uniformi�di�valutazione.�

�Ordinanza�(omissis)�per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,�

^del�provvedimento�adottato�dalla�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�sessione�
2003�di�non�positiva�valutazione�degli�elaborati�scritti�della�ricorrente;�

^del�provvedimento�di�non�ammissione�alla�prova�orale�degli�esami�di�avvocato�^ses-
sione�2003,�del�cui�contenuto�la�ricorrente�e�venuta�a�conoscenza�mediante�la�consultazione�
dell'elenco�degli�ammessi�affisso�presso�la�Cancelleria�della�Corte�d'Appello�di�Firenze�e�
pubblicato�l'8�giugno�2004;�

^nonche�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�e�consequenziale,�anche�se�non�cono-
sciuto,�e�in�particolare:�

^del�verbale�della�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�presso�la�corte�d'Appello�di�
Firenze�del�13�gennaio�2004�inparte�qua�e�limitatamente�all'erronea�e/o�cattiva�applicazione�
dei�criteri�di�correzione�e�valutazione�degli�elaborati�della�ricorrente;�

^del�verbale�della�prima�Sottocommissione�per�gli�esami�di�avvocato�pressolaCorte�
d'Appello�di�Firenze�relativo�alla�valutazione�degli�elaborati�della�ricorrente�del�24�febbraio�
2004.�

Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;�

Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre-
sentata�in�via�incidentale�dal�ricorrente;�

Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:�Commissione�Esame�Avvocato�presso�Corte�
d'appello�di�Firenze,�Ministero�della�Giustizia;�

Udito�il�Relatore�Cons.�Giacinta�Del�Guzzo�e�uditi,�altres|�,�per�le�parti�gli�avv.ti�M.Di�
Muro�per�S.Scuglia�e�M.V.Lumetti�(avv.�dello�Stato);�

Considerato�che�ad�un�primo,�sommario�esame�il�provvedimento�impugnato�si�palesa�
immune�dai�vizi�denunciati;�

Considerato,�in�particolare,�che�la�Commissione�appare�aver�assolto�gli�obblighi�di�
motivazione�attraverso�l'espressione�numerica�del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,�
avendo�preventivamente�predisposto�criteri�uniformi�di�valutazione;�

Considerato�pertanto�che,�in�relazione�agli�elementi�di�causa,�non�sussistono�i�presup-
postiperl'accoglimentodelladomandaincidentaleinesame,�aisensidell'art.�21,�dellalegge�
6�dicembre�1971�n.�1034,�come�modificato�dall'art.�3�della�legge�205/2000�coordinato�con�
l'art.�1�della�legge�stessa;�

P.�Q.M.�respinge�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione. 
Firenze,�8�settembre�2004�(omissis)�. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�discrezionalita�tecnica�dell'amministrazione�
e�il�controllo�del�giudice�amministrativo�

(Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Firenze,�
sezione�prima,�ordinanza�14�luglio�2004,�n.�798)�

Le�cause�di�inidoneita�al�servizio�di�polizia.�

Il�ricorrente�impugna�il�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�Poli-
zia�di�Stato,�propedeutico�all'esclusione�dal�concorso�pubblico�di�allievo�
agente�di�Polizia�di�Stato.�

Com'e�noto�l'arruolamento�nella�Polizia�di�Stato�comporta�l'espleta-
mento�di�attivita�delicatissime,�che�richiedono�una�ottima�condizione�
psico-fisica.�

Il�Consiglio�di�Stato�ha�precisato,�gia�in�riferimento�al�vecchio�d.P.R.�
del�1983,�ora�abrogato�e�sostituito�dal�decreto�ministeriale�n.�198�del�30�giu-
gno�2003,�che��L'art.�2�d.P.R.�23�dicembre�1983�n.�904�annovera�quali�
cause�di�inidoneita�al�servizio�di�polizia�le�infermita�ed�imperfezioni�dell'ap-
parato�osteo�^articolare�e�tutte�le�alterazioni�dello�scheletro�consecutive�a�
fatti�congeniti�e�le�malattie�ostacolanti�la�funzionalita�organica�o�alteranti�
l'euritmia�corporea�.�

Detta�norma,�stante�il�carattere�onnicomprensivo,�ricomprende�anche�la�
scoliosi,�congenita�o�sopravvenuta,�in�quanto�alterazione�della�normale�con-
formazione�della�struttura�ossea��(1).�

L'art.�2,�comma�10�prevedeva�come�causa�di�esclusione:��le�infermita�ed�
imperfezioni�dell'apparato�osteo-articolare�e�muscolare:�tutte�le�alterazioni�
dello�scheletro�consecutive�a�fatti�congeniti;�rachitismo,�malattie�o�traumi,�
deturpanti�od�ostacolanti�la�funzionalita�organica�o�alteranti�l'euritmia�cor-
porea;�malattie�ossee�o�articolari�in�atto;�limitazione�della�funzionalita�arti-
colare;�malattie�delle�aponeurosi,�dei�muscoli�e�dei�tendini,�tali�da�ostaco-
larne�la�funzione�.�

La�legittimita�dell'esclusione�operata�dal�Ministero�dell'Interno�risulta�
confermata�dal�decreto�del�ministero�dell'interno�30�giugno�2003,�n.�198�(in�
Gazz.�Uff.,�1.�agosto,�n.�177),�recante�il��Regolamento�concernente�i�requisiti�
di�idoneita�fisica,�psichica�e�attitudinale�di�cui�devono�essere�in�possesso�i�
candidati�ai�concorsi�per�l'accesso�ai�ruoli�del�personale�della�Polizia�diStato�
e�gli�appartenenti�ai�predetti�ruoli�,�il�cui�art.�8�ha�abrogato�il�d.P.R.�del�
1983.�

In�particolare�l'Allegato�unico,�Tabella�(ai�sensi�degli�articoli�3�e�6)�pre-
vede�tra�le�cause�di�non�idoneita�per�l'ammissione�ai�concorsi�pubblici�per�
l'accesso�ai�ruoli�del�personale�della�Polizia�di�Stato:�7.�Le�infermita�ed�imper-

(1)�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�25�settembre�2002,�n.�4911,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

fezioni 
dell'apparato 
osteo-articolare 
e 
muscolare: 
le 
patologie 
ed 
i 
loro 
esiti, 
anchedinaturatraumatica, 
dell'apparatoscheletrico, 
deimuscoli, 
dellestrutture 
capsulo-legamentose, 
tendinee, 
aponeurotiche 
e 
delle 
borse 
sinoviali 
causa 
di 
dismorfismi 
o 
alterazioni 
della 
meccanica 
articolare. 


Non�v'e��dubbio,�quindi,�che�l'Amministrazione�si�sia�attenuta�al�dato�
normativo�che�ricomprende�inequivocabilmente�anche�le�patologie�di�natura�
traumatica.�

All'organo�medico�e��rimesso,�infatti,�il�potere�di�valutare,�alla�stregua�
delle�conoscenze�e�delle�regole�della�medicina,�le�condizioni�psico-fisiche�del�
dipendente�pubblico,�e�accertare,�in�particolare,�la�reale�sussistenza�di�quell'i-
doneita��fisica�che�e��dalla�legge�assunta�a�necessario�presupposto�per�la�per-
manenza�in�servizio�(2).�

Nel�ricorso�introduttivo�ci�si�duole�del�fatto�che�l'amministrazione�del-
l'Interno�non�abbia�accettato�l'istanza�di�rinvio�della�visita�medica�presentata�
dal�ricorrente.�

Com'e��noto�gli�accertamenti�medici�nei�confronti�di�chi�aspira�ad�
entrare�nelle�forze�di�Polizia�o�nella�difesa�non�costituiscono�una�mera�for-
malita��e�neppure�ricoprono�una�scarsa�rilevanza.�

Essi�si�configurano�come�una�prova�rilevantissima�nell'economia�del�
concorso,�che�non�puo��essere�sminuita�da�continui�rinvii�per�malattia.�

Anzi,�questi�ultimi�gia��depongono�a�sfavore�del�richiedente�e�della�sua�
idoneita��fisica:�si�osserva�che�le�condizioni�fisiche�richieste�in�tali�casi�devono�
essere��perfette��e�che�anche�una�sia�pur�non�grave�frattura,�soprattutto�
riportata�in�eta��adulta,�puo��comprometterle,�soprattutto�se�si�considerano�
gli�inevitabili�postumi.�

Questi�ultimi�potranno�risultare�ininfluenti�per�l'impiegato�pubblico�in�
generale,�non�preposto�ad�attivita��operative,�ma�non�per�un�aspirante�appar-
tenente�alle�forze�di�polizia.�

Oltretutto�si�rileva�che�nel�caso�de 
quo 
si�tratta�di�una�frattura�trattata�
chirurgicamente�e�riportata�alla�caviglia:�sono�di�per�se�evidenti�sia�la�gravita��
sia�le�ripercussioni�sull'attivita��locomotoria.�

Non�vi�e��dubbio�che�la�discrezionalita��espressa�dall'Amministrazione,�in�
sede�di�accertamento�sanitario,�attenga�al�merito�dell'azione�amministrativa�
e�che�gli�atti�che�ne�costituiscono�espressione�restano�insindacabili�da�parte�
del�giudice�amministrativo,�se�non�per�i�profili�che�concernono�la�reale�sussi-
stenza�di�presupposti,�la�logicita��del�giudizio�e�la�congruenza�delle�conclu-
sioni�che�ne�sono�scaturite�(3).�

In�sede�di�accertamento�dell'idoneita��fisica�di�un�pubblico�dipendente�
all'impiego�o�di�un�aspirante�tale,�gli�organi�sanitari�non�sono�di�per�se��

(2)�Cons.�Stato,�Sez.IV,�30�giugno�2003,�n.�3880,�in�Foro 
Amm. 
C.D.S.,�2003,�1869.�
(3)�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�30�giugno�2003,�n.�3880,�in�Foro 
Amm. 
C.D.S.,�2003,�1869.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

tenuti�ad�esternare�esplicitamente�il�procedimento�tecnico-logico�attraverso�
cui�pervengono�alle�proprie�valutazioni�che�risultano�dalla�diagnosi�formu-
lata�(4).�

Tale�giudizio�di�inidoneita�fisica,�non�e�possibile�sindacare:�secondo�
principi�consolidati,�infatti,�la�valutazione�espressa�dalle�Commissioni�
mediche�in�ordine�all'idoneita�fisica�o�attitudinale�alla�prestazione�non�
e�in�generale�censurabile�davanti�al�giudice�amministrativo�nella�sede�
della�giurisdizione�di�legittimita�se�non�nel�caso�di�manifesta�contraddit-
torieta�o�di�irrazionalita�,�adeguatamente�prospettata�e�documentata�dal-
l'interessato.�

Accertamenti�sanitari�e�discrezionalita�tecnica.�

Il�personale�di�Polizia,�proprio�in�ragione�delle�particolari�funzioni�e�
mansioni�alle�quali�e�adibito,�deve�possedere�l'idoneita�fisica�al�servizio�
incondizionato�per�essere�impiegato�dovunque�in�ragione�delle�esigenze�del-
l'amministrazione.�

Si�osserva,�al�riguardo,�che�le�visite�mediche�sono�previste�dal�bando�di�
concorso.�

L'amministrazione�dell'�Interno�in�questo�caso,�e�deputata�alla�scelta�di�
personale�operativo�cui�vengono�attribuiti�compiti�di�alto�livello.�

L'esclusione�del�ricorrente�persegue�l'interesse�pubblico�a�che:�venga�
selezionato�il�personale�di�polizia�migliore;�ad�egli�venga�preferito�altro�
soggetto�che�presenti�doti�fisiche�piu�confacenti�all'attivita�da�espletare;�
e,�non�da�ultimo,�venga�combattuto�l'odioso�fenomeno�dell'assenteismo�
per�malattia�nel�pubblico�impiego,�che�determina�gravi�danni�organizza-
tivi�ed�economici�in�capo�allo�Stato,�penalizzandone�altres|�l'efficienza�
el'immagine.�

Nel�caso�de�quo�rileva�solo�ed�esclusivamente�la�discrezionalita�tecnica�
dell'Amministrazione,�trattandosi�di�un'�accertamento�sanitario.�

Le�valutazioni�tecnico-discrezionali�degli�organi�sanitari�non�sono�sinda-
cabili�in�sede�di�giudizio�di�legittimita�,�salvo�il�limite�del�palese�difetto�di�
motivazione�o�dei�macroscopici�vizi�logici�(5).�

Ne�consegue�che,�se�si�accoglie�la�tesi�che�non�ascrive�la�discrezionalita�
tecnica�al�merito�e�che�la�considera�svincolata�anche�dai�supposti�ristretti�
ambiti�dell'eccesso�di�potere,�ma�riconducibile�al�vizio�di�violazione�di�legge,�
rimane�ben�poca�cosa�il�segmento�valutativo�espresso�dall'amministrazione�
che�il�giudice�non�possa�sindacare.�

Il�problema�si�sposta�sul�piano�probatorio,�laddove�il�giudice�ammini-
strativo�ha�la�possibilita�di�verificare�la�correttezza�delle�valutazioni�tecnico-
scientifiche�espresse�dalla�P.A.�

(4)�Cons.�Stato,�Sez.V,�12�ottobre�1995,�n.�1402,�in�Foro�Amm.,�1995,�2186.�
(5)�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�26�giugno�2003,�n.�3836,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2003,�1978.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Tant'e�che�in�dottrina�si�e�formata�la�tesi�che�ascrive�la�discrezionalita�
tecnica�al�merito�amministrativo�e�che�il�sindacato�relativo�al�suo�corretto�
esercizio�resti�ammissibile,�al�pari�di�quanto�accade�per�la�discrezionalita�
amministrativa,�esclusivamente�attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere,�
ossia�solo�nei�casi�di�macroscopica�o�manifesta�illogicita�,�o�di�travisamento�
palese�dei�fatti�in�cui�emerga�in�modo�eclatante�l'errore�commesso�in�sede�
valutativa.�

Quest'ultimo,�peraltro,�e�da�ritenersi�circoscritto�a�poche�figure�sintoma-
tiche,�in�quanto�la�stragrande�maggioranza�presuppone�l'esistenza�di�un�
momento�di�scelta.�

Seguendo�tale�tesi,�infatti,�si�perviene�alla�conclusione�della�sostanziale�
insindacabilita�di�tutti�gli�atti�adottati�nell'esercizio�della�discrezionalita�tec-
nica.�

Nell'ambito�di�tale�attivita�comparativa�accade�di�sovente�che�la�
PA�debba�acquisire�dati�ed�informazioni�di�carattere�tecnico,�indispensa-
bili�per�la�verifica�dell'efficacia�di�un�determinato�intervento�ammini-
strativo.�

In�questo�caso�la�discrezionalita�cambia�nome�e�viene�definita�discrezio-
nalita�tecnica.�

Nella�discrezionalita�tout�court�la�P.A.�nel�suo�esame�comparativo�degli�
interessi�non�e�ancorata�all'osservanza�di�nozioni�aventi�carattere�tecnico.�

Discrezionalita�tecnica�e�insindacabilita�del�giudice�amministrativo.�

Una�delle�problematiche�affrontate�dai�T.A.R.�nelle�controversie�in�cui�
rilevano�notazioni�di�carattere�tecnico�riguarda�innanzi�tutto�il�potere�del�
giudice�amministrativo�ed�i�suoi�limiti.�

Il�giudice�amministrativo,�infatti,�non�puo�sostituirsi�alla�P.A.,�esercitare�
il�potere�di�determinazione�di�cui�essa�e�titolare�e,�conseguentemente,�non�
puo�modificare�gli�atti�da�questa�posti�in�essere�o�eseguire�compiti�spettanti�
alla�medesima:�il�suo�ruolo�consiste�in�un�controllo�di�legittimita�e�solo�tal-
volta�di�merito�sugli�atti.�

Il�giudice�non�potrebbe�giudicare�la�scelta�fatta�nel�merito,�in�quanto�
con�cio�eserciterebbe�una�funzione�amministrativa:�puo�solo�rilevare�se�le�
scelte�sono�state�fatte�con�ragionevolezza.�

Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice�
di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli�
aspetti.�

Giova�in�particolare�osservare�che�il�potenziamento�dei�mezzi�istruttori�
utilizzabili�dal�giudice�amministrativo�ai�fini�del�sindacato�sulle�valutazioni�
di�stampo�tecnico-specialistico,�sancito�dall'innesto�della�consulenza�tecnica�
ai�sensi�dell'art.�16�legge�n.�205/2000,�consente�certo�il�pieno�e�diretto�accer-
tamento�dei�fatti�presi�in�esame�dall'amministrazione,�ma�non�la�sostituzione�
del�giudice�amministrativo,�per�il�tramite�del�consulente�tecnico,�ai�giudizi�
di�tipo�tecnico�formulati�dall'Amministrazione.�

Il�controllo�del�giudice�amministrativo�sul�giudizio�tecnico�dell'organo�
amministrativo�e�rimasto�un�controllo�debole,�nel�rammentato�senso�dell'i-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

nammissibilita�di�una�logica�sostitutiva�che�consenta�al�giudice�di�sostituire�
la�sua�opinione�all'opinione,�non�condivisa,�ma�non�risultante�erronea,�della�

P.A.�(6).�
In�base�a�tali�considerazioni,�la�consulenza�tecnica�d'ufficio�potrebbe�
determinare�che�i�quesiti�proposti�non�mirano�ad�accertare�l'erronea�applica-
zione�dei�criteri�tecnici�ma,�piuttosto,�a�fondare�in�via�di�fatto�i�presupposti�
su�cui�poi�arbitrariamente�proporre�una�logica�di�valutazione�sostitutivadi�
quella�adottata�dalla�Commissione.�

E�,�pero�,�insito�nel�nuovo�sistema�il�pericolo�di�ridurre�a�meri�giudizi�tec-
nici,�verificabili�in�tutti�i�loro�aspetti�dal�giudice�con�l'ausilio�di�consulenti,�
anche�le�valutazioni�che�il�legislatore�ha�inteso�riservare�ad�organi�ammini-
strativi.�

(6)�Cons.�Stato�Sez.�IV,�4�novembre�2002�n.�6004;�Cons�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002�n.�
2199.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�5�dicembre�2002,�n.�6652,�in�Foro 
Amm. 
CDS,�2002,�3242.��Il�potere�
di�annullamento�del�nullaosta�paesaggistico�attribuito�al�Ministero�per�i�beni�culturali�dall'art.�82�
d.P.R.�n.�616�non�comporta�un�riesame�complessivo�delle�valutazioni�tecnico-discrezionali�com-
piute�dalla�Regione,�tale�da�consentire�la�sovrapposizione�o�sostituzione�di�una�propria�valuta-
zione�di�merito�a�quella�compiuta�in�sede�di�rilascio�del�titolo�autorizzativo,�masi�estrinsecain�
un�controllo�di�mera�legittimita�che�peraltro�puo�riguardare�tutti�i�possibili�vizi�dell'eccesso�di�
potere.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�1�ottobre�2002,�n.�5156,�in�Diritto 
e 
Giustizia,�2002,�f.�36,�49:�le�deli-
berazioni�dell'Autorita�per�la�concorrenza�e�il�mercato�attengono�a�valutazioni�complesse�che�rin-
viano�a�scienze�inesatte�ed�opinabili,�di�carattere�prevalentemente�economico,�con�cui�si�perviene�
alla�definizione�di�concetti�giuridici�indeterminati�(mercato�rilevante,�dominanza,�intesa�restrittiva�
della�concorrenza,�ecc.).�Tali�deliberazioni�possono�essere�sindacate�solo�per�vizi�di�legittimita�,e�
non�di�merito�attraverso�il�cd.��sindacato�di�tipo�debole�,�che�non�consente�un�potere�sostitutivo�
del�giudice�.�I�provvedimenti�dell'autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato�sono�sindaca-
bili�in�giudizio�per�vizi�di�legittimita�e�non�di�merito�(si�precisa�altres|�che�il�sindacato�del�giudice�
amministrativo�sull'attivita�discrezionale�di�natura�tecnica�esercitata�dall'autorita�antitrust�e�un�
sindacato�di�tipo�debole,�che�non�consente�un�potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�sovrapporre�
la�propria�valutazione�tecnica�opinabile,�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�del��concetto�
indeterminato�,�all'operato�dell'autorita�;�pertanto�nell'esercizio�di�un�tale�sindacato�e�inammissi-
bile�far��ripercorrere��al�consulente�tecnico�d'ufficio�le�complesse�valutazioni�rimesse�in�prima�
battuta�all'amministrazione�e�sottoposte�poi,�con�gli�anzidetti�limiti,�al�sindacato�giurisdizionale,�
poiche�a�questo�spetta�solo�il�compito�di�verificare�la�legittimita�dell'impostazione�generale�seguita�
dall'autorita�nello�svolgere�una�determinata�indagine�e�nient'altro,�e�cio�con�la�sola�eccezione�del�
sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate�dall'autorita�,�poiche�in�quel�caso�e�consentito�invece�
al�giudice�amministrativo�un�controllo�piu�penetrante,�che�si�spinge�fino�alla�sostituzione�della�
sanzione�irrogata�dall'autorita�).��Purche�si�rimanga�nell'ambito�dei�vizi�di�legittimita�,�il�sindacato�
giurisdizionale�sui�provvedimenti�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato�non�
incontra�limiti,�potendo�essere�esercitato,�oltre�che�in�relazione�ai�vizi�di�incompetenza�e�viola-
zione�di�legge,�anche�in�relazione�a�quello�di�eccesso�di�potere�in�tutte�le�sue�forme.�Allorche�,�
peraltro,�viene�dedotto,�avverso�provvedimenti�dell'Autorita�,�il�vizio�di�eccesso�di�potere,�il�giu-
dice,�nell'ambito�del�suo�sindacato,�circoscritto�alla�sola�legittimita�dell'atto,�e�non�esteso�al�merito�
delle�scelte�amministrative,�puo�solo�verificare�se�il�provvedimento�impugnato�appaia�logico,�con-
gruo,�ragionevole,�correttamente�motivato�e�istruito,�ma�non�puo�anche�sostituire�proprie�valuta-
zioni�di�merito�a�quelle�effettuate�dall'Autorita�e�a�queste�riservate.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�
2002,�n.�2199,�in�Giur. 
It.,�2002,�1957.��E�inammissibile�la�censura�dedotta�avverso�la�valutazione�
che�la�Commissione�giudicatrice�ha�fatto�dei�titoli�presentati�dal�candidato,�trattandosi�di�valuta-
zione�di�merito�sulla�quale�il�giudice�della�legittimita�puo�esercitare�il�proprio�sindacato�solo�in�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

E�questo�il�vero�limite�del�sindacato�di�legittimita�,�che�postula�un'attenta�
discriminazione�fra�fattispecie�apparentemente�assai�simili�e�una�responsabile�
autolimitazione�del�giudice�(7).�

Se�si�pensa,�poi,�a�quella�giurisprudenza�che�ritiene�che�il�riesame�degli�
elaborati�di�un�concorso�non�implica�la�riformulazione�di�una�scelta�di�merito,�
ma�solo�un�accertamento�di�fatto�o�che�assimila�la�discrezionalita�all'accerta-
mento�tecnico,�pervenendo�anche�alla�conseguenza�di�un�mancato�affievoli-
mento�del�diritto�soggettivo�e�alla�competenza�del�giudice�ordinario�a�giudi-
care�(8),�e�agevole�notare�come�l'invasione�del�giudice�nel�merito�e�nell'attivita�
dell'amministrazione�sia�da�considerarsi�sempre�piu�pregnante�ed�incisiva.�

Con�dei�riflessi,�tuttavia,�non�incoraggianti�sulla�garanzia�e�l'equilibrio�
tra�i�poteri�dello�Stato�e�sugli�stessi�principi�costituzionali.�

presenza�di�vizi�(che�il�ricorrente�ha�l'onere�d'individuare�e�documentare)�di�palese�travisamento�
dei�fatti�ovvero�di�illogicita�manifesta.T.A.R.�Puglia�Bari,�Sez.I,�1�ottobre�2002,�n.�4176,�in�Foro 
Amm. 
TAR,�2002,�f.�10.��Risultato�immune�dai�vizi�prospettati�il�giudizio�negativo�formulato�dalla�
commissione�nei�confronti�del�candidato�ricorrente,�sono�inammissibili�le�doglianze�dallo�stesso�
mosse�in�merito�alle�valutazioni�concernenti�i�candidati�risultati�vincitori,�atteso�che�dall'eventuale�
accoglimento�delle�stesse�non�deriverebbe,�comunque,�nessun�beneficio,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�
14�febbraio�2002,�n.�849,�in�Foro 
Amm. 
CDS,�2002,�466.�Rientra�nei�compiti�del�giudice�di�merito�
il�giudizio�circa�la�idoneita�degli�elementi�presuntivi�a�consentire�illazioni�che�ne�discendano�
secondo�il�criterio�dell'id 
quod 
plerumque 
accidit,�essendo�il�relativo�apprezzamento�sottratto�al�
controllo�in�sede�di�legittimita�se�sorretto�da�motivazione�immune�da�vizi�logici�o�giuridici�ed�in�
particolare�ispirato�al�principio�secondo�il�quale�i�requisiti�della�gravita�,�della�precisione�e�della�
concordanza,�richiesti�dalla�legge,�devono�essere�ricavati�in�relazione�al�complesso�degli�indizi,�
soggetti�ad�una�valutazione�globale,�e�non�con�riferimento�singolare�a�ciascuno�di�questi,�pur�
senza�omettere�un�apprezzamento�cos|�frazionato,�al�fine�di�vagliare�preventivamente�la�rilevanza�
dei�vari�indizi�e�di�individuare�quelli�ritenuti�significativi�e�percio�da�ricomprendere�nel�suddetto�
contesto�articolato�e�globale,�Cass.�civ.,�Sez.�III,�4�novembre�2002,�n.�15399,�in�Diritto 
e 
Giustizia,�
2002,�f.�42,�50.�Nell'ambito�dei�poteri�di�governo�dei�vincoli�paesaggistici�il�merito,�che�non�puo�
essere�oggetto�di�sostituzione,�e�un�giudizio�estetico�di�natura�tecnico-discrezionale,�demandato�
alle�regioni�ed�agli�altri�enti�sub-regionali.�Cio�,�tuttavia,�non�comporta�alcuna�insindacabilita�
delle�valutazioni�operate�dalle�autorita�locali,�essendo�l'annullamento�per�vizi�di�legittimita�com-
prensivo�di�tutti�i�profili�dell'eccesso�di�potere;�non�v'e�dubbio,�poi,�sulla�circostanza�della�ricon-
duzione�all'area�della�legittimita�del�vizio�d'omessa�acquisizione�di�parere�obbligatorio�e�vinco-
lante�o�dell'insufficienza�della�motivazione,�Cons.�Stato,�Sez.VI,�6�settembre�2002,�n.�4561,�in�Foro 
Amm. 
CDS, 
2002,�f.�9.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'Amministrazione�concer-
nenti�la�destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sot-
tratte�al�sindaco�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi�
di�illogicita�e�contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro 
Amm. 
CDS,�
2002,�f.�7.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'amministrazione�concernenti�la�desti-
nazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sottratte�al�sindaco�
di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi�di�illogicita�e�
contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro 
Amm. 
CDS,�2002,�f.�7-8.�

(7)�G.�Vacirca,�Prime 
riflessioni 
sul 
nuovo 
regime 
delle 
prove 
nelle 
controversie 
in 
materia 
di 
pubblico 
impiego,in�Foro 
amm.,�1987,�1346.�
(8)�V.�la�problematica�inerente�l'iscrizione�all'albo�degli�psicologi�e�le�differenti�posizioni�
della�Cassazione�e�di�una�parte�della�giurisprudenza�amministrativa�da�un�lato�e�del�Consiglio�di�
Stato�dall'altro�(Cass.,�Sez.�Un.,�25�maggio�1995,�n.�5803,�Cons.�St.,�sez.�IV,�12�dicembre�1996,�
n.�1299).�Il�Consiglio�di�Stato�ha�ribadito,�infatti,�che�nella�discrezionalita�tecnica�permane,�pur�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Per�lo�stesso�motivo�e�irrilevante�la�dichiarazione�medica�prodotta�dalla�
controparte�alla�richiesta�del�ricorrente�di�nominare�un�c.t.u.�

Si�constata,�tuttora,�un�settore�in�cui�le�operazioni�di�discrezionalita�tec-
nica�rilevano�nel�merito�e�l'insindacabilita�non�sembra�suggerita�da�preroga-
tive�riservate�alla�P.A.,�quanto�dalla�carenza�del�minimo�di�obiettivita�,�nor-
malmente�richiesto�per�l'esplicarsi�della�funzione�terziaria�del�giudice,�della�
materia�sulla�quale�egli�debba�pronunciarsi�(9).�

La�motivazione�dell'ordinanza,�dunque,�sulla�base�di�tali�assunti,�rigetta�
l'istanza�in�quanto��le�certificazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�pos-
sono�smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla�Commissione�per�l'accerta-
mento�dei�requisiti�psico�fisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato�.�

Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti�

Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Toscana, 
Firenze, 
sezione 
prima, 
ordinanza 
del 


14 
luglio 
2004, 
n. 
798 
^Pres.�G.�Vacirca�^Est.�A.�Migliozzi�M.S.�(avv.�P.L.Frisani)�

c/�Ministero�dell'Interno�(avv.�dello�Stato�M.V.Lumetti)�

In�caso�di�impugnazione�del�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�polizia�di�Stato,�

propedeutico�all'esclusione�dalconcorsopubblico�diallievo�agente�dipolizia�diStato,�le�certifi-

cazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�possono�smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla�

Commissione�per�l'accertamento�dei�requisiti�psicofisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato.�
�Ordinanza�(omissis)�per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,�del�provve-
dimento�del�Ministero�dell'Interno,�Dipartimento�di�P.S.�del�27�aprile�2004,�con�il�quale�e�
stato�notificato�al�ricorrente�il�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�polizia�di�Stato,�
propedeutico�all'esclusione�dal�concorso�pubblico�di�allievo�agente�di�polizia�di�Stato;�non-
che�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�o�conseguente�a�quelli�di�cui�sopra�ancorche�
incogniti�al�ricorrente�ivi�incluso�l'eventuale�formale�provvedimento�di�esclusione�definitiva�
dall'arruolamento,�ad�oggi�ancora�non�notificato.�
Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;�
Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre-
sentata�in�via�incidentale�dal�ricorrente;�
Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:�Ministero�dell'Interno;�
Udito�il�relatore�Cons.�Andrea�Migliozzi�e�uditi,�altres|�,�per�le�parti�gli�avv.ti�P.L.Fri-
sani�e�M.V.Lumetti�(Avv.�St.);�
Considerato�che�le�prospettive,�allo�stato,�di�un�esito�positivo�della�decisione�di�merito�
del�proposto�gravame�non�sono�tali�da�giustificare�la�chiesta�misura�cautelare,�tenuto�conto,�
in�fattispecie,�del�fatto�che�le�certificazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�possono�
smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla�Commissione�per�l'accertamento�dei�requisiti�
psico-fisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato;�
Considerato�pertanto�che,�in�relazione�agli�elementi�di�causa,�non�sussistono�i�presup-
postiperl'accoglimentodelladomandaincidentaleinesame,�aisensidell'art.�21,�dellalegge�
6�dicembre�1971�n.�1034,�come�modificato�dall'art.�3�della�legge�205/2000�coordinato�con�
l'art.�1�della�legge�stessa;�

P.Q.M.�Rigetta�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione 
Firenze,�14�luglio�2004�(omissis)�. 
a�seguito�dell'accertamento�dei�fatti,�un�momento�di�giudizio�connotato�da�un�margine�di�opinabi-
lita�e�di�elasticita�,�di�fronte�al�quale�il�privato�e�titolare�di�una�mera�posizione�di�interesse�legit-
timo.�

(9)�G.Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�...,�1589;�P.G.Ponticelli,�Merito�ammi-
nistrativo�(e�giurisdizione�di�merito),�voce,�in�Enc.�giur.,�3.�

IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE�

Ancora 
sull'ICI 
nella 
concessione 
di 
arenili 


(Commissione 
Tributaria 
Regionale 
di 
Firenze, 
sezione 
16., 


sentenza 
7 
settembre 
2004 
n. 
9) 


Con�la�decisione�della�Commissione�Tributaria�Regionale�di�Firenze�qui�

pubblicata�^che�riguarda�l'appello�del�Comune�di�Viareggio�-risulta�

confermata�la�precedente�giurisprudenza�in�materia(1).�

Commissione 
Tributaria 
Regionale 
di 
Firenze, 
Sezione 
16., 
sentenza 
7 
settembre 
2004 
n. 
9 
^
Pres. 
P.�Bocelli�^Rel. 
R.�Buonomo�^Giud. 
R.�Gentili�^Agenzia�del�Demanio,�filiale�
di�Firenze,�sez.�staccata�di�Lucca�(cont.�381/01,�avv.�dello�Stato�G.�Cortigiani)�c/�
Comune�di�Viareggio�

�(omissis) 
Conclusioni: 


^per�L.G.:�voglia�codesta�eccellentissima�Commissione�Tributaria�Regionale,�previa�
riforma�della�sentenza�resa�dalla�Commissione�Tributaria�Provinciale�di�Lucca,�sez.�I,�

n.�46/01/02,�pronunciata�il�9�maggio�2002,�depositata�il�18�luglio�2002�accogliere�il�predetto�
appello�e,�per�l'effetto,�accertare�e�dichiarare�la�nullita�degli�avvisi�di�accertamento�I.C.I.,�
relativi�alle�annualita�di�imposta�1993,�1994,�di�cui�all'oggetto.�Spese�di�entrambi�i�gradi�del�
giudizio.�
^per�il�Comune�di�Viareggio:�voglia�l'On.le�Commissione�Tributaria�Regionale�di�
Firenze,�respinta�ogni�contraria�istanza,�eccezione�e�difesa,�

1)�confermare�la�sentenza�ex 
adverso 
appellata�e,�conseguentemente,�la�legittimita�della�
pretesa�tributaria�di�cui�all'avviso�di�accertamento�impugnato�in�primo�grado�

2)�condannare�il�sig.�L.G.�alla�rifusione�in�favore�dell'appellante�delle�spese,�anche�di�
primo�grado,�nella�misura�equitativa�che�codesta�On.le�Commissione�vorra�liquidare�

^per�l'Agenzia�del�Demanio�^filiale�di�Firenze,�sez.�staccata�di�Lucca:�voglia�l'On.le�
Commissione�Tributaria�Regionale,�nel�denegato�caso�in�cui�il�ricorso�venga�ritenuto�ammis-
sibile�nonostante�le�modalita�viziate�ed�erronee�della�sua�formulazione,�in�principalita�con-
fermare�integralmente�la�decisione�n.�56�gennaio�2002�della�C.T.P.�di�Lucca�e�in�subordine�
annullare�comunque�gli�avvisi�impugnati�originariamente�per�i�motivi�di�gravame�ritenuti�
assorbiti�dalla�Commissione�Provinciale.�In�ogni�caso,�spese�a�carico�del�Comune.�

Svolgimento 
del 
processo. 
II�Comune�di�Viareggio�pretendeva�dallo�Stato,�agenzia�del�
Demanio�di�Lucca,�il�pagamento�dell'I.C.I.�relativamente�agli�anni�1993�e�1994�quanto�a�
184�stabilimenti�balneari.�

L'agenzia�del�Demanio�ricorreva�contro�gli�avvisi�di�accertamento�relativi�ai�detti�anni�e�
sosteneva�che:�1) 
gli�stabilimenti�erano�di�proprieta�dei�singoli�concessionari�soggetti�passivi�
dell'imposta;�2) 
tutti�gli�immobili�costituenti�il�demanio�erano�esenti�dall'imposta,�ferma�
rimanendo�anche�nel�caso�di�concessione�la�destinazione�pubblica;�3) 
era�intervenuta�deca-
denza�quinquennale�quanto�alla�pretesa�afferente�all'anno�1993;�4) 
in�ipotesi�era�applicabile,�
quanto�alle�sanzioni�irrogate,�il�principio�della�continuazione�di�cui�all'art.�12�del�decreto�
legislativo�n.�472�del�1997.�

Il�Comune�di�Viareggio�si�costituiva�e�sosteneva�che�fino�al�31�dicembre�2000,�in�appli-
cazione�del�disposto�dell'art.�18�della�legge�388�del�2000,�soggetto�passivo�dell'imposta�
doveva�essere�ritenuto�il�Demanio;�sosteneva,�inoltre,�che�nel�caso�di�concessione�di�area�a�
terzi�non�era�mantenuto�il�fine�istituzionale�del�bene�pubblico;�negava,�poi,�l'applicabilita�
del�detto�art.�12�del�d.lgs.�n.�472�del�1997,�perche�nel�caso�in�oggetto�le�violazioni�avevano�
carattere�sostanziale�e�non�formale;�chiedeva�riunirsi�i�ricorsi�a�quelli�presentati�dai�conces-
sionari�nei�confronti�degli�avvisi�di�accertamento�loro�notificati.�

La�Commissione�tributaria�provinciale�di�Lucca�sezione�n.�1,�con�sentenza�in�data�
9�maggio�2002�mentre�riuniva�soltanto�i�ricorsi�presentati�dall'agenzia�del�Demanio,�riteneva�

(1)�Si�fa�riferimento�alla�decisione�C.T.P.�di�Lucca�del�25�luglio�2002,�n.�56,�pubblicata�in�
questa 
Rassegna,�aprile-giugno�2002,�179.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

che�la�costruzione�di�un�fabbricato�ad�opera�del�concessionario�di�un'area�oggettodiconces-
sione�demaniale�marittima�desse�luogo�ad�un�diritto�di�proprieta�superficiaria�a�titolo�origi-
nario,�della�durata�temporanea�uguale�a�quella�della�concessione;�dunque�riteneva�che�sog-
getto�passivo�dell'imposta�era�il�proprietario�della�costruzione�in�quanto�tale,�ed�accoglieva�
i�ricorsi.�

Proponeva�appello�il�Comune�di�Viareggio,�il�quale�contestava�che:�1) 
il�giudice�di�
primo�grado�non�aveva�provveduto�a�riunire�ricorsi�de 
quibus 
con�quelli�presentati�dai�sin-
goli�concessionari�di�area�demaniale,�cos|�contraddicendo�i�principi�di�economia�processuale�
e�uniformita�di�giudicati;�2) 
la�concessione�demaniale�non�determinava�in�favore�del�titolare�
l'insorgenza�di�un�diritto�reale,�ma,�piuttosto,�un�diritto�di�natura�obbligatoria,�assimilabile�
al�diritto�di�godere�di�un�bene�a�seguito�del�pagamento�di�un�canone;�3) 
fino�al�31�dicembre�
2000�il�soggetto�passivo�dell'imposta�era�il�concedente.�

Si�costituivano�il�Ministero�delle�Finanze�e�l'Agenzia�del�Demanio,�filiale�di�Firenze,�i�
quali�sostenevano:�1) 
il�gravame�era�inammissibile�perche�proposto�e�notificato�nei�confronti�
dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�non�nei�confronti�del�Ministero�delle�Finanze�e�dell'Agenzia�
del�Demanio�e�loro�notificato�presso�l'Avvocatura,�difensore�costituito�e�domiciliatario;�2) 
la�riunione�ai�sensi�dell'art.�29�del�decreto�legislativo�n.�546�del�1992�costituiva�una�facolta�
del�presidente�della�Commissione;�3) 
correttamente�il�giudice�di�primo�grado�aveva�operato�
la�distinzione�tra�proprieta�dell'area�e�proprieta�superficiaria�dell'immobile�sulla�stessa�insi-
stente�e,conseguentemente,�aveva�individuato�nel�titolare�di�quest'ultima�il�soggetto�passivo�
dell'imposta;�4) 
l'entrata�in�vigore�dell'art.�18�della�legge�n.�388/2000�comportava�soltanto�
che�nell'epoca�precedente�l'imposta�doveva�essere�corrisposta�dai�proprietari�degli�stabili-
menti�balneari�in�quanto�tali,�e�non�in�quanto�titolari�di�diritto�di�superficie�sull'area;�5) 
l'e-
senzione�di�cui�all'art.�7�del�decreto�legislativo�n.�504�del�1992�competeva�ugualmente�anche�
se�gli�immobili�demaniali�non�venivano�utilizzati�direttamente�ma�erano�affidati�in�conces-
sione,�stante�il�perseguimento,�nel�caso�di�concessione�in�uso�(discrezionale�e�non�sindaca-
bile),�di�una�funzione�pubblica;�6) 
relativamente�all'anno�1993�sicuramente�il�Comune�e�
decaduto�dalla�pretesa,�il�termine�quinquennale�essendosi�compiuto�in�data�31�dicembre�
1998�e�la�proroga�di�cui�all'art.�3�comma�59�della�legge�n.�662/l996�concernendo�soltanto�il�
tributo�afferente�all'anno�1994.�

L.G.�presentava�ricorsi�nei�confronti�del�Comune�di�Viareggio�relativamente�agli�avvisi�
di�accertamento�per�I.C.I.�notificatigli�quanto�agli�anni�1993,�1994,�1995.�
La�pretesa�del�Comune�scaturiva�dal�fatto�che�per�tre�immobili�la�rendita�erasuperiore�
a�quella�dichiarata.�L.G.�sosteneva�che:�1) 
la�rendita�individuata�dal�Comune�era�frutto�di�
errore�materiale;�la�rendita�catastale,�infatti,�non�era�mai�stata�notificata;�2) 
non�potevano�
essere�richiesti�interessi,�ne�potevano�essere�applicate�sanzioni;�3) 
era�applicabile�l'art.�11
comma�6�del�decreto�legislativo�n.�472�del�1997,�ed�era�applicabile,�altres|�il�beneficio�della�
continuazione�di�cui�all'art.�12�del�medesimo�decreto�legislativo.�

Si�costituiva�il�Comune�di�Viareggio,�il�quale�replicava�che�gli�avvisi�di�accertamento�si�
basavano�sulle�rendite�catastali,�e�che�fino�al�31�dicembre�1999�non�sussisteva�alcun�obbligo�
di�notifica�delle�rendite�attribuite;�infatti�l'art.�74�della�legge�342/2000�aveva�riconosciuto�
la�legittimita�delle�notifiche�a�mezzo�albo�pretorio�fino�a�quella�data;�inoltre,�aveva�consen-
tito�fino�alla�data�dell'8�febbraio�2001�la�impugnazione�del�classamento�attuato�con�atti�
non�divenuti�definitivi.�

LacommissioneprovincialediLucca,sez.n.�1,consentenzaindata9maggio2002rile-
vava�che�la�pretesa�del�Comune�scaturiva�dalle�rendite�catastali,�e�che,�quanto�a�queste�
ultime�l'obbligo�della�notifica,�in�caso�di�attribuzione,�vigeva�soltanto�a�far�data�dal�1.�gen-
naio2000,inapplicazionedelleleggin.�488/1999en.�342/2000;pertantoconfermavalapre-
tesa�impositiva,�accogliendo�i�ricorsi�riuniti�quanto�agli�interessi�ed�alle�sanzioni.�

Proponeva�appello�L.G.,�il�quale�sosteneva�che:�1) 
il�concessionario�di�beni�demaniali�
era�da�considerarsi�soggetto�passivo�della�I.C.I.�solo�dal'�1�gennaio�2001�e�nulla�doveva�per�
l'epoca�anteriore,�come�risultava�dalla�modifica�approvata�all'art.�3�della�legge�in�materia�
di�I.C.I.�dalla�legge�n.�388/2000;�l'attribuzione�della�rendita�ad�opera�dell'U.T.E.�di�Lucca�
aveva�avuto�luogo�nei�confronti�di�C.L.�con�atto�in�data�25�novembre�1997,�ma�C.L.�era�
deceduta�il�26�febbraio�1991;�dunque�la�notificazione�effettuata�a�personanon�piu�in�vita�
doveva�essere�ritenuta�inesistente;�l'atto�di�attribuzione�delle�rendite�non�era�mai�stato�noti-
ficato�agli�eredi�della�C.L.�relativamente�ai�quali,�per�conseguenza,�gli�avvisi�di�accerta-
mento�in�oggetto�erano�da�considerare�illegittimi.�


IL 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


Si 
costituiva 
il 
Comune 
di 
Viareggio, 
il 
quale 
contestava 
che: 
1) 
gia� 
in 
forza 
dell'art. 
3 
decreto 
legislativo 
n. 
504 
del 
1992 
nel 
caso 
di 
concessioni 
su 
aree 
demaniali 
soggetto 
passivo 
dell'imposta 
era 
il 
concessionario; 
2) 
anche 
l'art. 
18 
della 
legge 
23 
dicembre 
2000 
n. 
388 
aveva 
stabilito 
che 
nel 
caso 
di 
concessione 
sull'area 
demaniale 
soggetto 
passivo 
dell'imposta 
era 
il 
concessionario; 
3) 
mentre 
L.G. 
non 
aveva 
provato 
il 
difetto 
di 
legittimazione 
passiva, 
il 
Comune 
aveva 
dimostrato 
quanto 
a 
quell'aspetto, 
a 
mezzo 
di 
atti 
quali 
la 
successione 
a 
C.L., 
la 
compravendita 
di 
manufatti 
afferenti 
al 
bagno 
M.C., 
l'autorizzazione 
a 
costituire 
ipoteca 
afferente 
al 
bagno 
M.C., 
la 
concessione 
edilizia 
in 
sanatoria 
n. 
20 
del 
1994, 
la 
titola-
rita� 
del 
diritto 
reale 
per 
L.G. 
in 
ordine 
allo 
stabilimento 
M.C.; 
4) 
l'obbligo 
di 
notifica 
del-
l'atto 
attributivo 
di 
rendita 
era 
stato 
introdotto 
solamente 
a 
far 
data 
dal 
1O 
gennaio 
2000. 


La 
controversia 
conseguente 
all'appello 
proposto 
da 
L.G. 
(n 
2910/02 
R.G.A.) 
veniva 
riunita 
a 
quella 
conseguente 
all'appello 
del 
Comune 
di 
Viareggio 
(n. 
l945/03 
R.G.A.). 


Motivi 
della 
decisione. 
La 
Commissione 
non 
condivide 
il 
dedotto 
profilo 
dell'inammissi-
bilita� 
dell'appello 
del 
Comune 
di 
Viareggio; 
il 
Ministero 
delle 
Finanze 
e 
l'Agenzia 
del 
Dema-
nio 
hanno 
affermato 
che 
l'appello 
doveva 
essere 
proposto 
nei 
loro 
confronti 
e 
notificato 
presso 
l'Avvocatura 
dello 
Stato. 


Ebbene: 
l'appello 
e� 
stato 
proposto 
nei 
confronti 
della 
sentenza 
pronunciata 
dalla 
Com-
missione 
Tributaria 
di 
Lucca 
in 
data 
9 
maggio 
2002 
ed 
e� 
stato 
notificato 
all'Avvocatura 
dello 
Stato. 
Pur 
nella 
indubbia 
improprieta� 
della 
formulazione 
della 
individuazione 
della 
parte 
destinataria 
del 
gravame, 
la 
Commissione 
ritiene 
equivalente 
alla 
notificazione 
alla 
parte 
presso 
il 
procuratore 
la 
notificazione 
dell'impugnazione 
fatta 
al 
procuratore 
nel 
domicilio 
eletto 
dalla 
parte 
stessa. 


Tanto 
piu� 
siffatta 
conclusione 
risulta 
adottabile 
in 
un 
caso 
come 
quello 
in 
oggetto 
nel 
quale 
la 
rappresentanza 
in 
giudizio 
di 
un 
organo 
dello 
Stato 
e� 
affidato 
all'Avvocatura 
dello 
Stato 
dalla 
legge. 


Quanto 
al 
motivo 
di 
doglianza 
costituito 
dall'omessa 
adozione 
del 
provvedimento 
di 
riunione 
dei 
ricorsi 
in 
oggetto 
con 
quelli 
proposti 
dai 
concessionari 
di 
aree 
demaniali 
la 
Commissione 
osserva 
che 
il 
provvedimento 
di 
riunione 
dei 
procedimenti 
relativi 
a 
cause 
con-
nesse 
e� 
rimesso 
all'apprezzamento 
del 
giudice 
ed 
e� 
discrezionale, 
facoltativo 
e 
insindacabile. 
Osserva, 
anche, 
che 
il 
procedimento 
di 
riunione 
ha 
natura 
meramente 
ordinatoria, 
e, 
come 
tale, 
non 
e� 
suscettibile 
di 
impugnazione; 
per 
conseguenza 
anche 
la 
sua 
omissione 
non 
puo� 
costituire 
motivo 
condivisibile 
di 
impugnazione. 


In 
ordine 
al 
merito 
della 
controversia 
di 
cui 
al 
n. 
1945/03 
R.G.A. 
la 
Commissione 
fa 
propria 
integralmente 
la 
distinzione 
operata 
dal 
giudice 
di 
primo 
grado 
tra 
proprieta� 
dell'a-
rea 
e 
proprieta� 
superficiaria 
dell'immobile 
costituito 
da 
stabilimento 
balneare. 


La 
distinzione 
poggia 
solidamente 
sul 
disposto 
degli 
articoli 
41, 
46 
e 
49 
del 
codice 
della 
navigazione 
i 
quali 
prevedano 
un'autonoma 
titolarita� 
e 
disponibilita� 
quanto 
alle 
opere 
rea-
lizzate 
su 
area 
demaniale 
in 
concessione 
per 
il 
concessionario, 
stabilendo 
che 
solo 
al 
termine 
della 
concessione 
l'opera 
realizzata 
diviene 
di 
proprieta� 
dello 
Stato. 


Pertanto 
quanto 
ad 
essa 
titolarita� 
non 
puo� 
configurarsi 
un 
rapporto 
soltanto 
obbligato-
rio, 
od 
assimilabile 
ad 
un 
rapporto 
di 
tale 
natura, 
ma 
e� 
maggiormente 
conforme 
a 
diritto 
i
n 
questo 
caso: 
il 
Codice 
della 
navigazione 
^qualificare 
la 
relazione 
che 
s'instaura 
come 
di 
natura 
reale, 
sia 
pure 
temporanea 
(come 
del 
resto, 
puo� 
atteggiarsi 
il 
medesimo 
diritto 
di 
proprieta� 
). 


La 
Commissione 
sottolinea 
il 
fatto 
che 
i 
beni 
demaniali 
possono 
essere, 
talora, 
oggetti 
di 
negozi 
giuridici 
di 
diritto 
pubblico, 
cioe� 
di 
atti 
amministrativi, 
diretti 
a 
costituire 
su 
di 
essi 
diritti 
reali 
a 
favore 
di 
privati: 
cfr. 
il 
disposto 
dell'art. 
823 
C.C.; 
l'uso 
eccezionale 
del 
bene 
demaniale, 
al 
quale 
da� 
luogo 
l'atto 
amministrativo 
di 
costituzione, 
pone 
in 
essere 
a 
favore 
del 
privato 
medesimo 
diritti 
di 
carattere 
privato, 
che 
appartengono 
alla 
categoria 
dei 
diritti 
reali 
su 
cose 
altrui, 
e 
come 
tali 
sono 
sempre 
stati 
riconosciuti, 
pur 
nella 
oscillazione 
della 
definizione 
giuridica, 
dalla 
dottrina 
e 
dalla 
giurisprudenza. 


Quanto, 
poi, 
all'argomento 
a 
contrario, 
integrato 
dalla 
introduzione 
nell'ordinamento 
dell'art. 
18dellaleggen.388/2000,laCommissionecondividepienamente,efapropria,l'ar-
gomentazione 
svolta 
sul 
punto 
dal 
giudice 
di 
primo 
grado; 
aggiunge 
che 
il 
detto 
articolo 
ha 
inteso 
dirimere 
dubbi 
interpretativi, 
e, 
nella 
scia 
della 
soluzione 
alla 
questione 
sempre 
for-
nita 
dalla 
dottrina 
e 
dalla 
giurisprudenza, 
non 
puo� 
aver 
avuto, 
per 
contro, 
la 
finalita� 
di 
mag-
giormente 
radicare 
dubbi. 



In�realta��sia�prima�del�1.�gennaio�2001,�sia�dopo,�la�posizione�di�riferimento�dante�
luogo�alla�soggettivita��passiva�all'imposta�deve�essere�individuata�nella�persona�titolare�con�
consistenza�reale�dell'immobile�realizzato�sull'area�demaniale�concessa.�

Da�siffatta�soluzione�scaturisce�il�rigetto�dell'appello�promosso�dal�Comune�di�Viareg-
gio.�Scaturisce,�logicamente,�anche�la�superfluita��dell'analisi�di�ogni�altra�problematica,�
introdotta,�sia�pur�per�tuzionismo,�dalle�parti�appellate:�non�senza�rilevare,�in�proposito,�
che�anche�l'argomento�secondo�il�quale�la�concessione�in�uso�del�bene�demaniale�a�privato�
rientra�nella�valutazione�discrezionale�della�Amministrazione�e�non�contraddice�alla�destina-
zione�pubblica�del�bene,�ha�un�suo�fondamento�innegabile,�poggiato�sulla�considerazione�
che�non�e��sindacabile�la�via�scelta�dall'Amministrazione�medesima�per�soddisfare�corretta-
mente�il�pubblico�interesse.�

Stante�la�natura�indubbiamente�interpretativa�della�decisione,�le�spese�processuali�ven-
gono�interamente�compensate�nel�procedimento�n.�1945/03�R.G.A.�

Relativamente�all'appello�di�L.G.�la�Commissione�rileva�che�in�ordine�al�problema�dell'in-
dividuazione�del�soggetto�dell'imposta,�risultano�estensibili�ed�applicabili�le�considerazioni�
sopra�svolte�sul�punto�relativamente�al�rapporto�Comune-Amministrazione�dello�Stato.�

Si�aggiunge�che�la�configurazione,�quanto�al�concessionario�su�area�demaniale�marittima,�
del�diritto�conseguente�come�diritto�reale�su�bene�altrui�non�solo�ha�trovato�accoglimento�
costanteneltempoadoperadelladottrinaedellagiurisprudenzamae��stataribaditapiu��recen-
temente�dalla�Corte�di�Cassazione�(nn.�4962�del�1993�e�4402�del�1998)�ed�anche�dalla�Commis-
sione�Tributaria�Centrale�(n.�1527�del�1988),�secondo�quanto�riportato�anche�dalla�menzionata�
sentenza�in�data�9�maggio�2002�della�Commissione�Tributaria�Provinciale�di�Lucca�(sez.�n.�1).�

Relativamente�alle�problematiche�scaturenti�dall'introduzione�nell'ordinamento�del-
l'art.�18�della�legge�23�dicembre�2000,�n.�388�poi�la�Commissione�ha�gia��argomentato�trat-
tando�dell'appello�del�Comune�di�Viareggio.�

Venendo�a�trattare,�poi,�della�ipotizzata�nullita��assoluta�dell'atto�in�data�25�novembre�
1997,�la�Commissione�rileva�che�all'epoca�del�decesso�di�C.L.�realmente�il�provvedimento�di�
attribuzione�di�rendita�non�doveva�essere�affatto�notificato�al�proprietario�dell'immobile.�

Le�considerazioni�svolte�dal�giudice�di�primo�grado�sono�interamente�da�condividere;�le�
norme�citate�da�esso�non�sono�successive�al�decesso�e,�quindi,�ininfluenti�ai�fini�del�decidere�
la�controversia,�ma�sono�quelle�che�hanno�stabilito�a�carico�dell'Amministrazione�l'onere�di�
portare�a�conoscenza�del�destinatario�il�provvedimento�attributivo;�e��proprio�dal�1.�gennaio�
2000,�in�forza�delle�leggi�menzionate�dal�giudice�di�primo�grado,�che�vige�siffatto�obbligo.�

Dunque�non�si�pone�alcun�problema�di�nullita��quanto�all'attribuzione�della�rendita,�e,�
conseguentemente,�quanto�a�tutti�gli�atti�successivi,�ivi�compresi�gli�avvisi�di�accertamento.�

V'e��da�rilevare,�inoltre,�che�la�prospettazione�di�siffatta�nullita��nel�giudizio�di�secondo�
grado�integra,�ai�fini�di�cui�all'art.�57�del�d.lgs.�n.�546�del�1992,�mutamento�della�causa 
petendi,�non�ammissibile.�

Infatti,�parte�appellante�sollevando�per�la�prima�volta�soltanto�nel�giudizio�di�primo�
grado�la�detta�eccezione�di�nullita��,�ha�inteso�porre�a�fondamento�della�propria�domanda�un�
fatto�precedentemente�non�evidenziato,�integrando�un'eccezione�nei�confronti�degli�avvisi�di�
accertamento�non�dedotta�nel�precedente�giudizio�(ne�rilevabile�d'ufficio).�

Pertanto�anche�sotto�questo�profilo�l'appello�di�L.G.�non�merita�accoglimento.�

V'e��da�aggiungere,�anche,�che�L.G.�nell'atto�di�appello�formula�un�riferimentoad�un�
non�precisato�litisconsorzio�necessario:�la�Commissione�prende�atto�dell'affermazione,�ma�
non�puo��tenerne�conto,�in�considerazione�delle�carenze�degli�elementi�di�fatto�addotti�in�pro-
posito�e�dovendo�riferirsi�alla�titolarita��della�concessione�su�area�demaniale.�

Non�sussiste,�infine,�alcuna�ipotesi�di�sviamento�di�potere�a�carico�dell'Amministrazione�
comunale.�

In�conclusione�l'appello�viene�rigettato.�

L'analogia�con�quanto�affermato�in�ordine�al�procedimento�n.�1945/03�R.G.A.�in�punto�
di�spese�processuali�impone�anche�relativamente�al�procedimento�n.�2910/02�integrale�com-
pensazione�delle�spese.�

P.Q.M. 
La�Commissione�Tributaria�Regionale�di�Firenze�rigetta�l'appello�del�Comune�
di�Viareggio;�conferma�la�sentenza�di�primo�grado;�dichiara�compensate�tra�le�parti�le�spese�
processuali.�
Rigetta�l'appello�di�L.G.;�conferma�la�sentenza�di�primo�grado;�dichiara�compensate�tra�
le�parti�le�spese�processuali�(omissis)�.�


Ipareri
delcomitato
consultivo
Ipareri
delcomitato
consultivo
A.G.S.�^Comunicazione�di�servizio�n.�115,�prot.�n.�101275,�del�20�luglio�2004.�
Contenzioso�in�materia�di�beni�culturali.�

�Si�trasmette�l'allegata�circolare,�prot.�SG/106/20281�del�9�giugno�2004,�
diramata�dal�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�a�seguito�dell'entrata�
in�vigore�del�D.Lgs.�22�gennaio�2004�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�culturali�
e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002�n.�137''.�

L'Avvocato�Generale�Aggiunto�Giuseppe�Stipo�.�

Circolare�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�culturali�^Direzione�Generale�per�i�beni�archi-
tettonici�ed�il�paesaggio�^Prot.�SG/106/20281�del�9�giugno�2004.�

�Parte�terza�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�cultu-

rali�e�delpaesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.137''.�
``Come�e�noto�sul�Supplemento�ordinario�alla�Gazzetta�Ufficiale�n.�45�del�24�febbraio�

2004�e�stato�pubblicato�il�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�

culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137''.�

In�merito�e�bene�preliminarmente�sottolineare�come�nelle�more�dell'adeguamento�dei�
piani�paesaggistici�gia�approvati�alle�disposizioni�contenute�nel�Codice�(cfr.�articolo�156),�
ovvero�dell'approvazione�ex�novo�di�piani�paesaggistici�(cfr.�articolo�143)�non�puo�entrare�
in�vigore�la�nuova�procedura�di�autorizzazione�regolata�dall'articolo�146.�Pertanto�le�compe-
tenze�delle�SS.LL.�in�materia�di�autorizzazione�paesaggistica�sono�ora�rinvenibili�nell'arti-
colo�159�che�regola�appunto�in�via�transitoria�la�procedura�del�rilascio�dell'autorizzazione�
paesaggistica�e�dell'eventuale�annullamento�della�stessa�da�parte�delle�Soprintendenze.�La�
stessa�procedura�si�applica�ai�pareri�favorevoli�rilasciati�per�la�sanatoria�o�per�il�condono.�

Cio�premesso�si�forniscono�di�seguito�indicazioni�in�merito�alle�procedure�di�compe-
tenza�delle�SS.LL.�

Per�quanto�attiene�gli�atti�a�contenuto�provvedimentale�emanati�dalle�SS.LL.�nell'eserci-
zio�delle�competenze�in�materia�di�tutela�del�paesaggio,�nelle�premesse,�la�citazione�del�
decreto�legislativo�n.�490/1999�dovra�essere�sostituita�dal�seguente�capoverso:�

``Vista�la�Parte�terza�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�`Codice�dei�

beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137'''.�

AnnullamentI 
E 
autorizzazionI 
O 
dinieghI 


Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�151�del�predetto�Testo�Unico,�dovra�

essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�159�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�

recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�

2002,�n.�137''.�

Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�164�del�predetto�Testo�Unico�dovra�

essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�167�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�

recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�

2002,�n.�137''.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�146�del�predetto�Testo�Unico�dovra�

essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�142�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�

recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�

2002,�n.�137''.�

Per�quanto�attiene�alla�citazione�nei�provvedimenti�dell'articolo�145�del�Testo�Unico,�

considerato�che�il�Codice�non�contiene�una�previsione�esplicita�in�materia�di�modifica�dei

provvedimenti�ministeriali�di�dichiarazione�di�notevole�interesse�pubblico�e/o�di�inclusione�

di�aree�fra�le�zone�di�interesse�archeologico,�le�SS.LL.�avranno�cura�di�indicare�a�carico�del�

provvedimento�in�esame�quale�violazione�la�deroga�al�vincolo�imposto,�citando�gli�estremi�

del�decreto�di�tutela.�
Infine�si�rammenta�che�il�d.P.R.�n.�441/2000�ha�attribuito�alle�SS.LL.�il�potere�di�annul-

lamento,�pertanto�nei�provvedimenti�che�annullano�le�autorizzazioni�paesaggistiche�ovvero�

i�pareri�favorevoli�alla�sanatoria,�non�deve�piu�essere�citato�il�decreto�del�18�dicembre�1996�

con�il�quale�l'allora�Direttore�generale�dell'Ufficio�centrale�per�i�beni�architettonici�ed�il�pae-

saggio�delegava�tale�competenza.''.�

InibizionI 
O 
sospensionI 
lavorI 


Negli�schemi�di�provvedimenti�relativi�a�proposte�di�inibizione�o�sospensione�di�lavori,�

la�citazione�dell'articolo�153�del�Testo�Unico�dovra�essere�sostituita�dalla�citazione�dell'arti


colo�150�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�

paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137''.�

ProvvedimentI 
dI 
vincolO 


Per�quanto�attiene�agli�schemi�di�provvedimenti�relativi�alle�proposte�gia�in�itinere�per�la�

dichiarazione�di�notevole�interesse�pubblico�e/o�di�inclusione�di�aree�fra�le�zone�di�interesse�

archeologicodivincolo,�questaDirezioneprovvedera�amodificareopportunamenteglischemi�

di�provvedimento.�A�riguardo�si�evidenzia�il�dettato�del�comma�2�dell'articolo157che�attribuisce�

efficacia�a�tutti�gli�effetti�alle�proposte�gia�formulate�all'entrata�invigore�del�Codice.�
Rimangono�invece�invariate�le�citazioni�relative�ad�altre�norme�di�competenza�non�

incise�dal�Codice,�quali,�ad�esempio,�la�legge�n.�47/1985,�la�legge�n.�68/1988,�la�legge�

n.�724/1994,�la�legge�n.�13/1989,�la�legge�n.�349/1986,�la�legge�n.�443/2001,�il�decreto�legisla-
tivo�n.�190/2002,�il�decreto�legge�n.�7/2002�convertito�in�legge�n.�55/2002,�ecc.�
Infine�si�evidenzia�che�fino�all'emanazione�del�nuovo�regolamento�di�organizzazione�del

Ministero�restano�invariate�le�competenze�delle�SS.LL.�indicate�nella�circolare�SG/101/1P�

del�14�maggio�2001.�

Si�invitano�le�SS.LL.�a�provvedere�alla�puntuale�applicazione�della�presente�circolare,

curandonelamassima�diffusionefra�ilpersonale�interessato.�
Considerata�la�portata�generale�la�presente�e�estesa�ai�Soprintendenti�regionali�ed�ai�

Soprintendenti�per�i�beni�archeologici.�Tanto�si�comunica�ad�opportuna�conoscenza�agli�

organi�ministeriali�ed�alle�Avvocature�in�indirizzo.�

Il�Direttore�Generale�(Architetto�Roberto�Cecchi)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
15 
novembre 
2003, 
n. 
127581. 
Confisca�di�bene�immobiliare�ex�art.�2-ter�legge�31�maggio�1965,�n.�575.�

Natura�(originaria�o�derivativa)�del�trasferimento�a�seguito�della�confisca�-

Conseguente�sorte�di�diritti�reali�di�garanzia�sul�bene)�(consultivo�9831/02,�

avvocato�A.�Linguiti).�
�Con�nota�part.�6929�del�28�maggio�2002�l'Avvocatura�Distrettuale�di�

Brescia,�richiesta�dalla�Filiale�di�Bergamo�dell'Agenzia�del�Demanio�di�un�

parere�in�ordine�alle�pretese�avanzate�dalla�I.�s.p.a.,�cessionaria�di�un�credito

della�Banca�di�Roma�nei�confronti�del�sig.�S.F.,�gia�assistito�da�garanzia�ipo-

tecaria�su�un�immobile�di�proprieta�di�quest'ultimo�e�successivamente�confi-

scato�ex�art.�2-ter�legge�31�maggio�1965,�n.�575,�rilevando�l'insussistenza�di

un�orientamento�giurisprudenziale�univoco�sulla�natura�del�trasferimento�di�

beni�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�rimetteva�l'affare�alla�Scrivente,�trattan-

dosi�di�questione�di�massima.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

In�punto�di�fatto,�riferiva�che�nel�luglio�1987�la�Banca�di�Roma�aveva�
concesso�al�sig.�S.F.�un�mutuo�garantito�da�ipoteca�convenzionale�e,�a�
seguito�del�mancato�pagamento�di�alcune�rate,�aveva�pignorato�l'immobile,�
per�poi�rinunciare�al�pignoramento�a�seguito�di�una�formale�comunicazione�
dell'Avvocatura�Distrettuale�di�Brescia;�successivamente,�la�societa��I.,�cessio-
naria�di�quel�credito,�ne�aveva�richiesto�il�pagamento�all'Amministrazione.�

Con�successiva�nota�part.�2691�del�25�febbraio�2003�l'Avvocatura�
Distrettuale�precisava�alla�Scrivente�che,�in�realta��,�il�creditore�procedente�
non�aveva�rinunziato�alla�esecuzione,�la�cui�prossima�udienza�era�fissata�per�
il�giorno�26�settembre�2003.�

Con�nota�prot.�1338/20037BEC�A/1-MI�88�del�31�marzo�2003�della�
Agenzia�del�Demanio�^Direzione�Centrale�Beni�Confiscati�^Direzione�
gestione�beni�confiscati�era�trasmessa�alla�Avvocatura�Distrettuale�dello�
Stato�di�Brescia�copia�della�nota�della�Scrivente�(part.�22414�del�1.�marzo�
2000�ct.�25746/97)�di�trasmissione�della�sent.�Cass.�12535/99,�nonche�copia�
del�parere�della�Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Catanzaro�reso�con�
nota�part.�5818�del�5�marzo�2003,�ove�si�afferma�essere�il�provvedimento�di�
confisca�atto�di�acquisto�a�titolo�originario,�con�conseguente 
estinzione 
di 
eventuali 
diritti 
dei 
terzi 
sui�beni�confiscati;�copia�di�quest'ultimo�parere�e��
stato�poi�trasmesso�alla�Scrivente�in�allegato�alla�nota�prot.�4484�del�14�mag-
gio�2003�della�Filiale�di�Bergamo�dell'Agenzia�del�Demanio.�

La�questione�portata�all'attenzione�della�Scrivente�concerne�la�natura�
del�trasferimento�di�beni�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�attesa�la�difformita��
di�orientamenti�in�giurisprudenza�a�proposito�del�carattere�originario�o�deri-
vativo�dell'acquisto�dei�beni�confiscati.�

L'esame�della�giurisprudenza�di�legittimita��evidenzia�l'esistenza�di�deci-
sioni�difformi�sul�carattere�originario�o�derivativo�dell'acquisto�effettuato�
dallo�Stato�a�seguito�di�confisca.�

Limitandosi�alla�giurisprudenza�penale�piu��recente,�sostengono�la�tesi�
dell'acquisto�a�titolo�derivativo,�con�varieta��di�accenti,�Cass.�SS.UU.,�
28�aprile�1999,�Bacherotti,�Foro 
it., 
1999,�II,�571�(in�relazione�all'art.�644,�
ult.�co.,�c.p.);�Cass.�sez.�IV,�26�novembre�1996;�Cass.�sez.�I,�10�giugno�1994,�
(in�relazione�all'art.�12-sexies 
d.l.�22�aprile�1994,�n.�246);�Cass.�sez.�I,�21�gen-
naio�1992,�Sanseverino,�Riv. 
pen. 
econ., 
1992,�159�(in�relazione�all'art.�2-ter 
legge�576/1965).�

La�tesi�dell'acquisto�a�titolo�originario�e��,�invece,�sostenuta�da�Cass.�
SS.UU.,�28�gennaio�1998,�Maiolo,�Foro 
it. 
1998,�II,�462;�Cass.�Sez.�II,�

4�dicembre�1998;�Cass.�sez.�VI,�3�aprile�1995�(in�relazione�all'art.�2-ter 


l.�576/1965);�Cass.�7�dicembre�1983.�
Anche�nella�giurisprudenza�civile�di�legittimita��si�rinviene�divergenza�di�
vedute�in�argomento:�si�veda�infatti,�in�senso�opposto,�Cass.�sez.�I,�3�luglio�

1997,�n.�5988,�Giust. 
civ.,�1997,�I,�2733�(a�favore�della�tesi�dell'acquisto�deriva-

tivo)�e�Cass.,�sez.�I,�5�marzo�1999,�n.�1868�(m.)�(che�sostiene�trattarsi�di�
acquisto�a�titolo�originario).�

L'asserzione�del�carattere�derivativo�dell'acquisto�di�beni�confiscati�che�e��
contenuta�nel�parere�del�C.d.S.,�sez.III,�16�settembre�1997,�n.�1141/97,�Cons.�
Stato,�1998,�I,�2054,�e��fondata�non�su�un'autonoma�disamina�della�questione,�
ma�sul�richiamo�al�precedente�di�Cass.�civ.,�sez.�I,�5988/1997�cit.. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Non�meraviglia,�pertanto,�che�anche�le�piu�recenti�pronunzie�di�giudici�
di�merito�edite�in�argomento�si�attestino�su�posizioni�contrastanti�(cfr.�Trib.�
Palermo,�23�giugno�2001,�Fall.,�2002,�659;�Trib.�Bari,�ord.,�16�ottobre�2002,�
Foro�it.,�2002,�I,�291).�

La�problematica�applicativa�sottesa�al�quesito�e�quella�concernente�la�
sorte�dei�diritti�reali,�ed�in�particolare�dei�diritti�reali�di�garanzia,�vantati�dai�
terzi�sui�beni�oggetto�di�confisca,�che�e�stata�talora�risolta,�appunto,�in�base�al�
carattere�derivativo�o�meno�dell'acquisto.�

Sebbene�il�tema�sia�stato�gia�affrontato�dal�Comitato�Consultivo�di�que-
sta�Avvocatura�(parere�n.�010923�del�24�gennaio�1997,�cs.�11520/89),�la�Scri-
vente�ritiene�di�dover�riesaminare�la�questione�alla�luce�degli�sviluppi�legisla-
tivi�e�giurisprudenziali�intervenuti�in�argomento.�

Sul�problema�viene�in�considerazione�la�legge�31�maggio�1965,�n.�575,�
che,�al�comma�3�dell'art.�2-ter,�detta�che�``con�l'applicazione�della�misura�di�
prevenzione�il�tribunale�dispone�la�confisca�dei�beni�sequestrati�dei�quali�non�
sia�stata�dimostrata�la�legittima�provenienza...''�e�al�comma�5�soggiunge�che�
``se�risulta�che�i�beni�sequestrati�appartengono�a�terzi,�questi�sono�chiamati�dal�
tribunale...�adintervenirenelprocedimentoepossono...�svolgereincameradi�
consiglio�le�loro�deduzioni�e�chiedere�l'acquisizione�di�ogni�elemento�utile�aifini�
della�decisione�sulla�confisca'';�a�sua�volta�l'art.�2-nonies�stabilisce�semplice-
mente�che�``i�beni�confiscati�sono�devoluti�allo�Stato''�per�quanto�riguarda,�in�
particolare,�i�beni�immobili�^devoluti�allo�Stato�in�forza�del�provvedimento�
di�confisca�(art.�2-nonies,�co.�1)�^viene�in�considerazione�l'art.�2-undecies,�
co.�2,�legge�575/65�introdotto�con�la�legge�109/96,�secondo�il�quale�essi�pos-
sono�essere,�alternativamente,�soltanto�``mantenuti�alpatrimonio�dello�Stato�
per�finalita�di�giustizia,�di�ordine�pubblico�e�di�protezione�civile,�salvo�che�si�
debbaprocederealla�venditadeglistessifinalizzataalrisarcimento�dellevittime�
dei�reati�di�tipo�mafioso''�ovvero�``trasferiti�al�patrimonio�del�comune�ove�l'im-
mobile�e�sito,�per�finalita�istituzionali�o�sociali''�(nel�qual�caso�il�bene�o�e�
amministrato�direttamente�dall'ente�locale,�o�e�dato�in�concessione�gratuita�
a�comunita�,�enti,�organizzazioni�di�volontariato,�cooperative�sociali,�comu-
nita�terapeutiche�e�centri�di�recupero�e�cura�di�tossicodipendenti).�In�
entrambi�i�casi�il�bene�e�destinato�a�finalita�di�pubblico�interesse�e,�prima�
ancora�che�vi�sia�impressa�la�destinazione�con�provvedimento�dell'Ammini-
strazione�demaniale�(art.�2-decies,co.�1)�``per�la�tutela�dei�beni�confiscati�si�
applica�il�secondo�comma�dell'articolo�823�del�codice�civile''�(art.�2-decies,�
co.�3,�legge�575/65).�

Emergerebbe,�in�tal�modo,�l'assimilazione�del�regime�giuridico�dei�beni�
confiscati�ex�l.�575/65�a�quello�del�demanio�pubblico.�I�beni�immobili�devo-
luti�allo�Stato,�quando�non�sono�trasferiti�ai�comuni�per�essere�dagli�stessi�
enti�locali�destinati�a�``finalita�istituzionali�o�sociali''�(direttamente�o�mediante�
concessione�gratuita�a�determinate�categorie�di�soggetti�aventi�scopi�sociali)�
sono�mantenuti�nel�patrimonio�statale�``perfinalita�digiustizia,�diordinepub-
blicoediprotezionecivile''enonpossonoesserealienati,�senonnell'ipotesicon-
templata�dalla�salvezza�posta�in�chiusura�dell'art.�2�undecies,�co.�2,�lettera�a)�
(vendita�finalizzata�al�risarcimento�delle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso).�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

In�conformita�all'opinione�espressa�in�Cass.�SS.UU.�penali�28�aprile�
1999�deve�pero�affermarsi�che�quand'anche�la�confisca�comportasse�l'acqui-
sto�a�titolo�originario�del�bene�confiscato,�cio�comunque�non�importerebbe�
l'estinzione�degli�iura�in�re�aliena�sulla�cosa�confiscata,�in�quanto�``lafattispe-
cie�traslativa�si�connota�nel�senso�della�originarieta��per�l'unica�ragione�che�il�

trasferimento�del�diritto�si�realizza�autoritativamente,�indipendentemente�dalla�
volonta��del�precedente�titolare�e�su�basi�esclusivamente�legali'',�il�che�non�
implica�affatto�che�tale�trasferimento�possa�avere�ad�oggetto�un�diritto�
diverso�e�piu�ampio�di�quello�del�precedente�titolare.�In�altri�termini,�``la�con-
fisca�investe�il�diritto�sulla�cosa�nella�esatta�conformazione�derivante�dalla�
peculiare�situazione�di�fatto�e�di�diritto�esistente�al�momento�del�provvedi-
mento,�con�l'ovvia�conseguenza�che�lo�Stato,�quale�nuovo�titolare�di�esso,�
non�puo�legittimamente�acquisire�facolta�di�cui�il�soggetto�passivo�della�con-
fisca�aveva�gia�perduto�la�titolarita�''�(v.�Cass.�SS.UU.�cit.):�conformemente�
alla�finalita�della�confisca,�che�non�e�quella�dell'acquisizione�allo�Stato�del�
bene,�bens|�quella�della�privazione�del�reo�dei�diritti�che�egli�ha�sulla�cosa.�

A�queste�considerazioni,�essenzialmente�sistematiche,�circa�gli�effetti�del-
l'acquisizione�del�bene�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�va�aggiunto�che�la�
facolta�,�riconosciuta�ai�terzi�cui�i�beni�sequestrati�appartengono,�di�interve-
nire�nel�procedimento,�svolgere�le�proprie�deduzioni�e�chiedere�l'acquisizione�
di�ogni�elemento�utile�ai�fini�della�decisione�sulla�confisca�(art.�2-ter,co.�5,�
legge�575/1965)�va�ricollegata�alla�previsione�dell'art.�240,�co.3,�c.p.�(articolo�
cui�e�stata�riconosciuta�dalle�SS.UU.�portata�generale),�nel�senso�che�l'appar-
tenenza�dei�beni�a�soggetti�estranei�al�reato�costituisce�limite�alla�confisca.�

In�proposito,�la�giurisprudenza�della�Corte�di�Cassazione�ha�in�piu�occa-
sioni�affermato�che�``il�concetto�di�appartenenza,�di�cui�al�comma�terzo�del-

l'art.240cod.�pen.,nonpuo��ridursiallasolaproprieta��dellacosasuscettibiledi�

confisca,�ma�deve�estendersi�ai�diritti�reali�di�garanzia,�e�cio��perche�il�diritto�

realedigaranziadeterminaun'indisponibilita��delbenedapartedelproprietario�

e�il�suo�diretto�assoggettamento�alla�disponibilita��del�titolare�della�garanzia�

per�il�soddisfacimento�delle�sue�ragioni�creditorie''�(cos|��la�massima�di�Cass.,�

Sez.�I,�25�luglio�1991�(ud.�8�luglio�1991),�n.�3117).�

Conseguentemente,�Cass.SS.UU.�pen.�28�aprile�1999�cit.�ha�rimarcato�
che�il�concetto�di�appartenenza�ai�terzi�si�estende�ai�diritti�reali�di�godimento�
e�di�garanzia,�che�percio��sopravvivono�alla�misura�di�sicurezza�patrimoniale,�

considerato�altres|�che�``qualora�il�diritto�``del�criminale''�sia�ridotto�o�com-

presso�dai�diritti�che�terzipossono�vantare�sulla�cosa,�per�realizzare�ilfine�speci-

fico�della�misura�di�sicurezza�e��sufficiente�privarlo�dei�residui�diritti�che�egli�ha�

sul�bene�confiscato,�senza�necessita��di�sacrificare�anche�i�diritti�che�sulla�cosa�

hanno�i�terzi,�la�cui�tutela,�oltre�che�in�un�generale�precetto�dell'ordinamento�

giuridico,�trova,�dunque,�una�particolare�giustificazione�nella�inutilita��del�sacri-

ficio�dei�loro�diritti�per�il�perseguimento�dei�fini�propri�della�confisca�(Cass.�

sez.I,�16�novembre�1962,�Stringari,�id.,�Rep.�1963,�voce�Contrabbando,�

nn.33-35)''.�

D'altronde,�nessun�vantaggio�(connesso�ai�proventi�della�attivita�illecita)�
deriverebbe�al�confiscato�dalla�permanenza�della�garanzia�reale�del�suo�cre-
ditore�e�dunque�dalla�possibilita�per�quest'ultimo�di�soddisfarsi�sulla�stessa�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

con�estinzione�del�suo�debito,�poiche�nel�caso�di�confisca�penale�di�un�immo-
bile�gravato�da�ipoteca,�a�seguito�del�soddisfacimento�del�creditore�garantito�
lo�Stato�si�surroga�a�quest'ultimo�nel�credito�verso�il�reo-confiscato,�ex�
art.�1203�c.c.�(Cass.�sez.�III,�20�febbraio�1978,�n.�811).�

Resta�salva,�naturalmente,�la�necessita�della�prova�e�dell'accertamento�
della�situazione�di�effettiva�terzieta�di�chi�assuma�avere�diritti�sul�bene�oggetto�
di�confisca�(rammentando�che,�in�relazione�al�concetto�di�``persona�estranea�al�
reato''�di�cui�all'art.�240�c.p.,�la�ricordata�sentenza�del�1999�delle�SS.UU.�ha�
ritenuto�chenonpuo�considerarsiestraneo�alreato�ilsoggetto�cheneabbiarica-
vato�vantaggieutilita�,purche�nonsisia�trovato�inbuonafedeedinstatodiaffi-
damento�incolpevole).�

Al�riguardo�e�opportuno�richiamare�quanto�affermato�da�Cass.�sez.�I�

civ.�12535/99:�``l'esigenza�di�non�vanificare�l'intervento�sanzionatorio�dello�
Stato�induce�a�dubitare�e�quindi�ad�escludere�che�l'accertamento�della�legitti-
mita�del�diritto�di�sequela�vantato�dal�terzo�creditore�privilegiato�possa�con-
sistere�nel�mero�controllo�della�data�di�iscrizione�della�formalita�ipotecaria�e�
nell'astratta�verifica�dell'esistenza�di�un�credito,�peraltro�agevolmente�docu-
mentabile�nell'ipotesi�di�illecito�accordo.�L'accertamento�del�diritto�del�terzo�
impone�un'indagine�piu�estesa�ed�approfondita�che,�per�intuibili�ragioni,�
puo�essere�svolta�solo�dal�giudice�penale,�con�garanzia�del�contraddittorio,�
in�sede�di�procedimento�di�esecuzione''.�
Alla�stregua�di�quanto�sin�qui�esposto�puo�quindi�affermarsi:�

a)�che�i�diritti�ipotecari�dei�terzi�sui�beni�confiscati�non�vengono�pre-
giudicati�quando�non�emerga�in�sede�penale�la�certezza�di�una�situazione�di�
non�estraneita�al�reato�del�terzo�o�di�mala�fede�o�di�colpevole�affidamento�
nell'acquisto�del�credito�ipotecario;�

b)�che�tali�diritti�non�consentono�comunque�al�terzo�di�agire�in�execu-
tivis�sul�bene�confiscato,�potendosi�altrimenti�compromettere�la�finalita�per-
seguita�dall'art.�2-undecies,�co.�2,�legge�575/1965�introdotto�dalla�legge�
109/1996;�

c)�che�ove�il�bene�confiscato�venga�venduto�il�creditore�ipotecario�(la�
cui�estraneita�al�reato�sia�stata�accertata)�ha�diritto�di�ottenere�la�soddisfa-
zione�del�suo�credito�fino�a�concorrenza�del�ricavato�e�col�rispetto�dell'ordine�
delle�prelazioni;�

d)�che,�ove�invece�al�bene�confiscato�sia�data�una�destinazione�pub-
blica�conforme�alle�previsioni�dell'art.�2-undecies,�co.2,�legge�575/1965�intro-
dotto�dalla�legge�109/1996,�il�creditore�ipotecario�potra�ottenere�dallo�Stato�
(divenuto�titolare�del�bene�a�seguito�della�confisca)�soddisfazione�in�danaro�
del�proprio�credito�entro�i�limiti�di�valore�del�bene�confiscato�quale�emer-
gente�dalla�stima�fattane�o�in�sede�di�acquisizione�da�parte�dello�Stato�o,�in�
caso�di�contestazione,�col�ricorso�a�rimedi�di�tipo�giurisdizionale�volti�a�
determinare�la�misura�del�credito�satisfattibile�sul�valore�equivalente�al�bene�
confiscato.�

Per�le�ragioni�sopra�illustrate,�si�esprime�l'avviso�che�sussistano�fondati�
motivi�per�proporre�opposizione�all'esecuzione�promossa�dalla�I.�s.p.a.�.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

A.G.S. 
^Parere 
del 
5 
maggio 
2004, 
n. 
66043. 
Interpretazione 
delle 
disposizioni 
contenute 
nell'art. 
9-bis�della 
legge 
27 


dicembre 
2002, 
n. 
289, 
in 
materia 
di 
condono 
fiscale 
(consultivo�20133/04,�

avvocato�G.�De�Bellis).�
�Con�la�nota�in�riferimento�e�la�successiva�n.�2004/71712�pervenuta�il�

24�aprile�2004,�codesta�Agenzia�ha�chiesto�il�parere�della�Scrivente�in�ordine�

alla�esatta�portata�applicativa�dell'art.�9-bis 
della�legge�n.�289/2002�recante�

�Definizione 
dei 
ritardati 
od 
omessi 
versamenti�. 


Tale�disposizione�(introdotta�dal�23�febbraio�2003�con�la�legge�n.�27/2003�

di�conversione�del�D.L.�n.�282/2002),�nel�testo�attuale�ai�commi�1�e�2,�dispone:�

�1.�^Le�sanzioni�previste�dall'articolo�13�del�decreto�legislativo�
18�dicembre�1997,�n.�471,�non�si�applicano�ai�contribuenti�e�ai�sostituti�d'im-

posta�che�alla�data�del�16�aprile�2003�provvedono�ai�pagamenti�delle�imposte�

o�delle�ritenute�risultanti�dalle�dichiarazioni�annuali�presentate�entroil
31�ottobre�2002,�per�le�quali�il�termine�di�versamento�e�scaduto�anterior-

mente�a�tale�data.�Se�gli�importi�da�versare�per�ciascun�periodo�di�imposta�

eccedono,�per�le�persone�fisiche,�la�somma�di�3.000�euro�e,�per�gli�altri�sog-

getti,�la�somma�di�6.000�euro,�gli�importi�eccedenti,�maggiorati�degli�interessi�

legali�a�decorrere�dal�17�aprile�2003,�possono�essere�versati�in�tre�rate,�di�pari

importo,�entro�il�30�novembre�2003,�il�30�giugno�2004�e�il�30�novembre�2004.�

2.�^Se�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�sanzioni�sono�
state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi,�le�sanzioni�di�cui�al�comma�1�non�sono�

dovute�limitatamente�alle�rate�non�ancora�scadute�alla�data�del�16�aprile�

2003,�a�condizione�che�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�iscritte�a�ruolo�

siano�state�pagate�o�vengano�pagate�alle�relative�scadenze�del�ruolo;�le�san-

zioni�di�cui�al�comma�1�non�sono�dovute�anche�relativamente�alle�rate�sca-

dute�alla�predetta�data�se�i�soggetti�interessati�dimostrano�che�il�versamento�

non�e�stato�eseguito�per�fatto�doloso�di�terzi�denunciato,�anteriormente�alla�

data�del�31�dicembre�2002,�all'autorita�giudiziaria�.�
Successivamentel'art.�2comma45dellaleggen.�350/2003hastabilitoche:�
�Le�disposizioni�dell'articolo�9-bis,�commi�1�e�2,�della�legge�27�dicembre�

2002,�n.�289,�si�applicano�ai�pagamenti�delle�imposte�e�delle�ritenute�dovute�

alla�data�di�entrata�in�vigore�della�presente�legge,�ed�il�relativo�versamento�

e�effettuato�entro�il�16�aprile�2004,�ovvero,�per�i�ruoli�emessi,�alla�scadenza�

prevista�per�legge.�Qualora�gli�importi�da�versare�ai�sensi�del�presente�

comma,�in�applicazione�del�comma�1�del�citato�articolo�9-bis,�eccedano,�per�

le�persone�fisiche,�la�somma�di�3.000�euro�e,�per�gli�altri�soggetti,�la�somma�

di�6.000�euro,�gli�importi�eccedenti�possono�essere�versati�in�tre�rate�con�le�

modalita�stabilite�con�il�decreto�del�Ministero�dell'economia�e�delle�finanze,�

di�cui�all'articolo�1,�comma�2,�ultimo�periodo,�del�decreto-legge�24�giugno�

2003,�n.�143,�convertito,�con�modificazioni,�dalla�legge�1�agosto�2003,�

n.�212,�come�modificato�dall'articolo�34,�comma�1,�lettera�b),�del�decreto-
legge�30�settembre�2003,�n.�269,�convertito,�con�modificazioni,�dalla�legge�

24�novembre�2003,�n.�326��
Dall'esame�delle�citate�disposizioni�si�evince�pertanto:�
1)�che�i�commi�1�e�2�dell'art.�9�bis 
prevedono�due�diverse�modalita�di�

definizione�in�caso�di�omessi�pagamenti�di�imposte�o�ritenute�risultanti�dalle�

dichiarazioni�annuali�ivi�indicate.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�entrambi�i�casi�si�evita�il�pagamento�delle�sanzioni.�Nella�definizione�
ai�sensi�del�comma�1�e��inoltre�consentito�il�pagamento�in�tre�rate�(se�la�
somma�da�versare�e��superiore�a�. 
3.000�per�le�persone�fisiche�ovvero�a�

. 
6.000�per�gli�altri�soggetti),�oltre�interessi.�
2)�Nella�definizione�ai�sensi�del�comma�2�l'esonero�dalle�sanzioni�e��
invece�subordinato�al�pagamento�delle�imposte�e�delle�ritenute�non�versate�

�alle�relative�scadenze�del�ruolo�.�

Il�discrimine�tra�le�due�definizioni�risulta�dal�comma�2,�destinato�ad�
applicarsi�nei�casi�in�cui��le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�san-
zioni�sono�state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi�.�

Nella�Circolare�n.�7/E�del�18�febbraio�2004�e��stato�precisato�che�la�data�
di�emissione�dei�ruoli�a�cui�occorre�fare�riferimento�(dopo�l'entrata�in�vigore�
dell'art.�2�comma�45�della�legge�n.�350/2003)�e��il�1�gennaio�2004.�

A�tale�riguardo�codesta�Agenzia�evidenzia�come�alcuni�contribuenti�
hanno�ritenuto�di�individuare�la�data�di�emissione�del�ruolo�in�quella�di�noti-
fica�della�cartella�di�pagamento;�conseguentemente�hanno�ritenuto�che�la�
definizione�ai�sensi�del�comma�1�sia�consentita�anche�in�presenza�di�iscrizioni�
a�ruolo�gia��eseguite�alla�data�del�23�febbraio�2003�(ovvero�del�1.�gennaio�
2004)�allorche�le�notificazioni�delle�relative�cartelle�siano�state�effettuate�
dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�9-bis�(23�febbraio�2003)�ovvero�dopo�il�
1�gennaio�2004�a�seguito�dell'ampliamento�dell'ambito�di�applicazione�del�
medesimo�art.�9-bis�disposto�dal�citato�art.�2�comma�45�della�legge�

n.�350/2003.�
Questa�Avvocatura�osserva�in�primo�luogo�che�la�formulazione�letterale�
della�norma�(�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�sanzioni�sono�
state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi�)�non�e��di�per�se�di�inequivoco�significato,�
avendo�il�legislatore�fatto�riferimento�al�termine��emissione��(dei�ruoli),�anzi-
che�a�quello�piu��puntuale�di��formazione��degli�stessi,�quale�indicato�e�rego-
lato�nel�vigente�art.�12�del�d.P.R.�n.�602/1973�(come�sostituito�dall'art.�4�del�
D.Lgs.�n.�46/1999),�formazione�che�si�realizza�con�la�sottoscrizione�del�tito-
lare�dell'ufficio�cui�consegue�anche�la�esecutivita��(comma�4�del�medesimo�
art.�12).�

Ai�fini�della�corretta�interpretazione�del�comma�2,�occorre�peraltro�con-
siderare�che�il�comma�3�dell'art.�9-bis�dispone:��Per�avvalersi�delle�disposi-
zioni�dei�commi�1�e�2�i�soggetti�interessati�sono�tenuti�a�presentare�una�
dichiarazione�integrativa,�...�indicando�in�apposito�prospetto�le�imposte�o�le�
ritenute�dovute�per�ciascun�periodo�di�imposta�e�i�dati�del�versamento�effet-
tuato,�nonche�gli�estremi�della�cartella�di�pagamento�nei�casi�di�cui�al�
comma�2�.�

Tale�ultima�previsione�sembra�porsi�in�contrasto�con�quanto�previsto�nel�
precedente�comma�2,�se�esso�venga�inteso�nel�senso�di�attribuire�rilievo�deci-
sivo�alla�sola�data�di�formazione�del�ruolo.�

E�evidente�infatti�che�se�per�avvalersi�del�beneficio�di�cui�al�comma�2�
fosse�sufficiente�l'intervenuta�formazione�del�ruolo,�sarebbe�impossibile�indi-
care�nella�dichiarazione�integrativa��gli�estremi�della�cartella�di�pagamento��
in�tutti�i�casi�in�cui�questa�non�sia�stata�notificata.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

L'espressa�previsione�contenuta�al�riguardo�nel�comma�3�porta�pertanto�
a�ritenere�che�il�legislatore�con�il�riferimento�ai��ruoli�gia�emessi�,�abbia�
inteso�imporre�la��menofavorevole��definizione�ai�sensi�del�comma�2�ai�con-
tribuenti�gia�iscritti�nei�ruoli�ai�quali�fosse�anche�gia�notificata�alla�data�di�
riferimento�la�cartella�esattoriale,�i�cui�estremi�il�contribuente�avrebbe�
dovuto�pertanto�necessariamente�conoscere�e�quindi�indicare�nella�dichiara-
zione�integrativa�(come�previsto�nel�comma�3�e�ribadito�nelle�istruzioni�al�
relativo�modello�^quadro�E,�Sez.�II�^approvato�dal�Direttore�dell'Agenzia,�
in�cui�si�stabilisce�che�deve�essere�indicato��il�numero�identificativo�del�ruolo�
desunto�dalla�cartella�dipagamentonotificata)�.�

Tale�interpretazione�appare�del�resto�anche�la�piu�aderente�ai�principi�
contenuti�nello�Statuto�dei�diritti�del�contribuente�(approvato�con�legge�

n.�212/2000),�in�tema�di�tutela�dell'affidamento,�buona�fede�ed�effettiva�cono-
scenza�degli�atti,�non�apparendo�coerente�con�gli�stessi�^che�costituiscono�
attuazione�degli�articoli�3,�23,�53�e�97�della�Costituzione�^ancorare�l'opzione�
definitoria�del�contribuente�ad�una�circostanza�di�fatto�al�medesimo�non�
nota�(formazione�o�meno�del�ruolo),�tenuto�conto�altres|�della�difficolta�
oggettiva�per�i�contribuenti�di�accertare�l'esistenza�di�un�presupposto,�frutto�
di�una�mera�attivita�interna�degli�uffici�per�la�quale�non�sono�ora�previste�
ulteriori�forme�di�pubblicita�(anteriormente�alla�notifica�della�cartella).�

In�considerazione�di�cio�la�Scrivente�concorda�con�codesta�Agenzia�nel�
ritenere�valida�la�definizione�ai�sensi�del�comma�1�anche�per�i�contribuenti�
nei�cui�confronti,�alla�data�di�entrata�in�vigore�delle�richiamate�disposizioni,�
non�era�ancora�stata�notificata�la�cartella�di�pagamento,�ancorche�alla�stessa�
data�il�ruolo�fosse�gia�stato�formato�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
23 
giugno 
2004, 
n. 
90482. 
Se�l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997,�convertito�in�legge�3�maggio�1997,�n.�135,�

inmateria�dirimborso�dellespesedipatrocinio�legale�dapartedell'amministra-

zione,�sia�applicabile�anche�in�caso�di�condanna�della�contropoarte�alla�rifusione�

delle�spese�in�favore�del�dipendente.�(cs.�10040/03,�avvocato�W.�Ferrante).�

�In�relazione�alla�richiesta�di�rimborso�di�spese�legali�avanzata�dal�
dipendente�Sig.�C.�S.,�codesta�amministrazione�ha�chiesto�il�parere�della�Scri-
vente�in�ordine�alla�sussumibilita�della�fattispecie�tra�quelle�previste�dal-
l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997�n.�67,�convertito�in�legge�3�maggio�1997�n.�135,�
avendo�il�Tribunale�di�L.�condannato�la�parte�soccombente�alla�rifusione�
delle�spese�legali�in�favore�del�predetto�dipendente.�

Tale�norma�e�volta�a�sollevare�i�dipendenti�statali�dall'onere�di�esborsare�
le�spese�legali�sostenute�nell'ambito�di�giudizi�per�responsabilita�civile,�penale�
e�amministrativa�``in�conseguenza�di�fatti�ed�atti�connessi�con�l'espletamento�
del�servizio�o�con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali''�qualora�il�processo�si�
concluda�con�``provvedimento�che�escluda�la�loro�responsabilita�''.�

Per�quanto�concerne�in�particolare�i�giudizi�civili�e�amministrativi�^e,�
per�il�processo�penale,�nel�caso�di�condanna�alle�spese�relative�all'azione�
civile�ex�art.�541�c.p.p.�^tale�disposizione�non�puo�tradursi�pero�,�com'e�
ovvio,�in�un�indebito�arricchimento�per�il�dipendente,�nel�caso�in�cui�il�prov-


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

vedimento�giurisdizionale�abbia�espressamente�riconosciuto�in�suo�favore�la�
rifusione�delle�spese�a�carico�della�controparte�soccombente.�In�tale�eventua-
lita�,�il�dipendente�verrebbe�infatti�a�percepire�due�volte�la�stessa�somma:�
dalla�controparte�e�dallo�Stato.�

La�ratio 
della�disposizione�e�di�tenere�indenne�il�dipendente�da�un�costo�
che�il�legislatore�ritiene�non�giustificato�^stante�la�connessione�dei�fatti�
oggetto�della�vicenda�giudiziaria�con�l'attivita�di�servizio�svolta�e�l'esclusione�
di�ogni�responsabilita�a�carico�del�dipendente�medesimo�^e�certamente�non�
quella�di�attribuire�allo�stesso�un�vantaggio�patrimoniale,�come�si�evince�
chiaramente�dalla�rubrica�della�norma�de 
quo 
che�si�riferisce�al�``rimborso''�
delle�spese�di�patrocinio�legale.�Ne�possono�rilevare�le�difficolta�incontrate�
in�concreto�nel�recupero�delle�spese�dalla�controparte,�nella�specie�nemmeno�
provate.�

L'art.�18�legge�n.�135/1997,�peraltro,�non�prevede�una�ipotesi�di�surroga-
zione�legale,�ulteriore�rispetto�a�quelle�tassativamente�previste�dall'art.�1203�
c.c.,�che�legittimerebbe�l'amministrazione�che�ha�rimborsato�le�spese�al�
dipendente�a�surrogarsi�nei�diritti�di�quest'ultimo�nei�confronti�della�contro-
parte�soccombente�condannata�alla�rifusione�delle�spese�in�suo�favore.�La�
surrogazione�volontaria�ex 
art.�1201�c.c.�richiederebbe�invece,�di�volta�in�
volta,�un�accordo�espresso�tra�dipendente�e�amministrazione�^esulante�
comunque�dalla�disciplina�dell'art.�18�citato�^e�comporterebbe�per�l'ammini-
strazione�l'onere�di�instaurare�un�nuovo�giudizio�(sia�pure�ex 
art.�633�c.p.c.),�
nei�confronti�della�controparte�processuale�del�dipendente,�ai�fini�di�costi-
tuire�un�titolo�esecutivo�a�proprio�favore.�

Diverso�profilo�e�quello�attinente�alla�vincolativita�della�liquidazione�
delle�spese,�effettuata�dal�giudice,�per�l'Avvocatura�dello�Stato�chiamata�a�
rendere�il�parere�di�congruita�ex 
art.�18�citato.�In�proposito,�si�ritiene�che,�
pur�costituendo�la�liquidazione�giudiziale�un�parametro�di�riferimento�nella�
valutazione�di�congruita�,�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�quanto�direttamente�
investita�dal�legislatore�di�tale�potere�tecnico�^discrezionale,�possa�anche�
discostarsene�nel�quantum,�riconoscendo�il�rimborso�di�una�somma�diversa,�
sempre�nel�rispetto�dei�minimi�e�dei�massimi�tariffari.�Inoltre,�come�rilevato�
anche�con�la�Circolare�dell'Avvocato�Generale�n.�31/2004,�a�differenza�del�
parere�del�Consiglio�dell'Ordine,�che�ha�ad�oggetto�il�rapporto�avvocato-
cliente,�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�deve�esprimersi�sul�rapporto�
amministrazione-dipendente,�accertando�quanto�oggettivamente�la�priman
on�legata�da�alcun�rapporto�con�l'avvocato�^deve�rimborsare�al�secondo.�

Nella�fattispecie,�a�fronte�di�una�liquidazione�da�parte�del�Tribunale�di�

L.�di�. 
5000,00�oltre�IVA�e�CPA�(6100,00)�e�una�parcella�del�difensore�del�
Sig.�C.S.�di�. 
9.579,00,�non�si�ritiene�peraltro�di�dover�riconoscere�il�rim-
borso�della�differenza�tra�quanto�liquidato�dal�giudice�a�carico�della�contro-
parte�e�quanto�corrisposto�dal�dipendente�al�proprio�legale,�atteso�che�la�
domanda�riconvenzionale�proposta�dal�Sig�C.S.,�il�cui�importo�ha�reso�appli-
cabile�uno�scaglione�superiore,�e�stata�rigettata�dal�Tribunale,�con�conse-
guente�soccombenza�parziale�del�dipendente�.�

I 
PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


A.G.S. 
^Parere 
del 
30 
giugno 
2004, 
n. 
93030. 
Gara 
a 
procedura 
ristretta 
per 
lo 
svolgimento 
di 
servizi 
di 
sviluppo 
e 


gestione 
del 
Sistema 
Informativo 
dell'Istruzione. 
(Contenziosi 
nn. 
13160/03 
e 


12629/03, 
avvocato 
V. 
Nunziata). 


�Con 
riferimento 
a 
quanto 
richiesto 
con 
nota 
in 
data 
7 
giugno 
2004 
si 
osserva 
quanto 
segue. 


Codesta 
Amministrazione, 
che 
sta 
provvedendo 
a 
prestare 
esecuzione 
alle 
note 
decisioni 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
relative 
alla 
gara 
in 
oggetto, 
riferisce 
di 
talune 
perplessita� 
manifestate 
dalla 
Commissione 
che 
e� 
stata 
a 
tal 
fine 
riconvocata. 


La 
Commissione 
giudicatrice 
sostanzialmente 
dubita, 
in 
relazione 
ai 
contenuti 
di 
una 
diffida 
proposta 
dalla 
societa� 
I., 
della 
legittimita� 
della 
disposizione 
della 
lettera 
di 
invito 
che 
consentiva 
la 
valutazione 
delle 
prece-
denti 
esperienze 
delle 
societa� 
partecipanti 
alla 
gara, 
nonostante 
tali 
elementi 
assumessero 
gia� 
autonoma 
rilevanza 
nella 
fase 
di 
prequalifica. 


Anche 
la 
societa� 
E. 
ha 
posto 
la 
specifica 
questione 
e 
codesta 
Ammini-
strazione 
ha 
qui 
inviato 
copia 
della 
denunzia 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
proposta 


in 
data 
14 
giugno 
2004 
dalla 
medesima 
societa� 
per 
asserita 
violazione 
degli 
articoli 
31, 
32 
e 
36 
della 
direttiva 
92/50/CEE. 
Al 
riguardo 
si 
osserva 
che, 
in 
astratto, 
l'eccezione 
sollevata 
ha 
una 
sua 
rilevanza, 
posto 
che 
anche 
nell'ordinamento 
interno 
(cfr. 
Cons. 
Stato, 
V, 


16 
aprile 
2003, 
n. 
1993, 
in 
Cons. 
Stato 
2003, 
I, 
955) 
si 
e� 
affermata 
la 
necessita� 


della 
distinzione 
tra 
criteri 
soggettivi 
di 
verifica 
della 
capacita� 
dei 
parteci-
panti 
alla 
gara 
nella 
fase 
di 
preselezione 
e 
criteri 
oggettivi 
attinenti 
all'aggiu-
dicazione 
vera 
e 
propria 
e 
dunque 
alla 
valutazione 
delle 
offerte. 


In 
punto 
di 
fatto, 
peraltro, 
sembrano 
preliminarmente 
necessarie 
alcune 
precisazioni. 


Risulta 
infatti 
dalla 
documentazione 
qui 
trasmessa 
per 
le 
vie 
brevi 
che 
il 
bando 
di 
gara 
disponeva 
(punto 
13) 
che 
costituissero 
condizioni 
minime 
per 
la 
partecipazione 
alla 
gara 
determinati 
livelli 
di 
fatturato, 
sia 
complessivo 
che 
riferito 
a 
servizi 
informatici. 
La 
lettera 
di 
invito 
(punto 
3.7) 
prevedeva 
poi, 
con 
riguardo 
alla 
valutazione 
delle 
offerte, 
che 
si 
tenesse 
conto 
di 
vari 
elementi 
quale, 
tra 
l'altro, 
�l'esperienza 
del 
fornitore�. 
La 
Commissione 
di 
gara 
ha 
quindi 
ulteriormente 
precisato 
in 
sede 
di 
valutazione 
tale 
aspetto, 
individuando 
analiticamente 
varie 
sottovoci 
ritenute 
significative, 
finalizzate 
ad 
un 
approfondimento 
qualitativo 
delle 
capacita� 
dei 
soggetti 
partecipanti 
(ad 
esempio, 
�centri 
servizi 
gia� 
attivi�, 
�gestione 
di 
grandi 
realizzazioni, 
�ruolo 
di 
partner 
mediante 
attivita� 
di 
projectfinancing�, 
ecc). 


Non 
vi 
e� 
dunque 
reale 
sovrapposizione 
tra 
tale 
valutazione 
e 
quella 
rela-
tiva 
alle 
condizioni 
minime 
di 
ammissione 
previste 
dal 
bando. 
Appare 
cioe� 
logico 
ritenere 
che 
ai 
soli 
fini 
della 
partecipazione 
alla 
gara 
si 
sia 
tenuto 
conto 
delle 
dimensioni 
delle 
aziende 
e 
della 
loro 
specifica 
competenza 
in 
materia 
informatica. 
La 
maggiore 
analiticita� 
dei 
criteri 
predisposti 
dalla 
Commissione 
appare 
invece 
piu� 
direttamente 
finalizzata 
a 
valutare 
nel 
detta-
glio 
la 
specifica 
tipologia 
delle 
esperienze 
maturate 
dalle 
aziende. 


Se 
la 
ratio 
della 
giurisprudenza 
citata 
e� 
quella 
di 
vietare 
che 
i 
medesimi 
requisiti 
siano 
oggetto 
di 
doppia 
valutazione, 
si 
puo� 
dunque 
affermare 
che 
la 
situazione 
di 
fatto 
non 
corrisponde 
a 
quella 
che 
si 
assume 
non 
consentita. 



RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ma,�soprattutto,�occorre�tenere�conto�della�particolare�situazione�proce-
dimentale�nella�quale�codesta�Amministrazione�si�trova�ad�operare,�che�e�
naturalmente�condizionata�dall'esigenza�di�dare�esecuzione�alle�decisioni�del�
Consiglio�di�Stato.�

Nella�fase�contenziosa,�la�societa�E.�propose�in�effetti�tale�specifico�
motivo�di�censura,�ma�esso�fu�dichiarato�inammissibile�dal�T.A.R.�Lazio�
con�la�decisione�n.�7684/03�(pagina�9),�in�quanto,�secondo�quel�giudice,�la�
relativa�censura�avrebbe�dovuto�essere�tempestivamente�proposta�avversola�
lettera�di�invito.�

Ne�la�questione�e�stata�espressamente�esaminata�in�appello,�nonostante�
il�gravame�proposto,�in�quanto�presumibilmente�ritenuta�assorbita�dal�Consi-
glio�di�Stato.�

Conclusivamente,�la�specifica�questione�e�al�di�fuori�delle�decisioni�cui�si�
deve�prestare�esecuzione.�

Ne�l'Amministrazione�potrebbe�ora�procedere,�cos|�sostituendosi�al�giu-
dice,�alla�disapplicazione�della�lettera�di�invito,�ancorche�in�ipotesi�illegittima�
per�violazione�del�diritto�interno�o�del�diritto�comunitario.�L'atto�in�que-
stione�e�infatti�efficace�e�vincolante,�essendo�sopravvissuto�al�sindacato�giuri-
sdizionale�(cfr.,�per�il�divieto�di�disapplicazione�del�bando�di�gara,�ex�pluri-
mis,�Cons.�di�Stato,�V,�3�ottobre�2002,�n.�5212).�Ad�esso�quindi�codesta�
Amministrazione,�allo�stato�del�procedimento,�deve�dare�applicazione,�dando�
esecuzione�alle�decisioni�del�Consiglio�di�Stato,�nei�limiti�in�cui�esse�hanno�
ritenuto�la�illegittimita�di�specifici�ed�individuati�atti�di�gara.�

Con�riguardo�al�ricorso�proposto�da�E.,�tali�atti�sono�individuati�dalla�
decisione�del�Consiglio�di�Stato�n.�1458/04�nelle�operazioni�della�Commis-
sione�di�gara�che�ha�valutato�l'offerta�E.

E�noto�tra�l'altro�che�E.�ha�proposto�ricorso�per�ottemperanza,�e�in�tale�
sede�il�Consiglio�di�Stato�valutera�la�correttezza�delle�modalita�con�cui�l'Am-
ministrazione�sta�procedendo�all'esecuzione.�

Con�l'occasione�si�trasmette�copia�dei�motivi�aggiunti�qui�notificati�ad�
istanza�di�I.�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
23 
luglio 
2004, 
n. 
102371. 
Contratti�di�fornitura�assistenza�sistemica�per�uffici�giudiziari.�Cessione�

dei�contratti.�Applicabilita�dell'art.�35�della�legge�n.�109/94.�(Consultivo�

n.�27972/04,�avvocato�C.�Sica).�
�Con�la�nota�indicata�in�epigrafe,�codesta�Amministrazione�chiede�di�
acquisire�il�parere�di�questa�Avvocatura�Generale�sull'opportunita�di�autoriz-
zare�il�subentro�della�T.�s.p.a.�nei�contratti�dalla�I.�s.p.a.�stipulati�con�codesta�
Amministrazione.�

Trattasi�di�due�contratti�(omissis)�in�corso�di�esecuzione,�stipulati�dalla�I.�

s.p.a�rispettivamente�quale�mandataria�e�quale�mandante�di�un�Raggruppa-
mento�Temporaneo�di�Imprese.�
Codesta�Amministrazione�riferisce�che�la�T.�s.p.a.�ha�preso�in�affitto�
l'azienda�costituita�dalle�attivita�industriali�della�I.�s.p.a,�postasi�in�liquida-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

zione�volontaria,�ed�ha�espressamente�richiesto�di�subentrare�nei�contratti�de�
quibus,�essendo�la�stessa�in�possesso�dei�requisiti�oggettivi�e�soggettivi�previsti�
dai�bandi�di�gara.�

Cio�premesso�in�linea�di�fatto,�si�osserva�quanto�segue.�

In�linea�generale,�la�previsione�normativa�di�cui�all'art.�18,�comma�2,�
della�legge�n.�55�del�1990,�e�s.m.i.,�obbligando�all'esecuzione�in�proprio�delle�
opere�e�dei�lavori�e�comminando�espressamente�la�nullita�della�cessione�del�
contratto,�sembra�ostare�all'esercizio�del�potere�autorizzatorio�richiesto.�

Rispetto�a�tale�previsione�normativa,�diretta�a�contrastare�l'infiltrazione�
dei�metodi�mafiosi�nei�pubblici�appalti,�gli�artt.�35�e�36�della�legge�n.�109�
del�1994�(trascurato,�per�irrilevanza,�il�problema�della�loro�applicabilita�
p
ur�riconosciuta�dalla�giurisprudenza�^ai�servizi�ed�alle�forniture)�hanno�evi-
dentemente�natura�derogatoria.�

Trattasi,�quindi,�di�disposizioni�di�stretta�interpretazione,�come�tali�non�
suscettibili�di�interpretazione�estensiva.�

E�siccome�i�citati�artt.�35�e�36�non�contemplano�l'affitto�d'azienda��tout�
court�,�appare�evidente�che�siffatta�forma�di�modificazione�di�una�parte�con-
traente�non�risulta�consentita�negli�appalti�banditi�dalle�pubbliche�ammini-
strazioni.�

Del�resto,�e�di�tutta�evidenza�la�differenza�dell'affitto�(che�mantiene�nel�
mondo�giuridico�e�fattuale�sia�l'azienda�aggiudicataria�che�l'azienda�affittua-
ria)�da�tutte�le�altre�forme�di�trasferimento�dell'azienda�(ove�da�due�aziende�
ne�residua�una),�con�ogni�conseguente�legittimita�di�diversita�di�regolamenta-
zione�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
24 
luglio 
2004, 
n. 
102962. 
Cessione�di�ramo�d'azienda:�efficacia�ex�art.�35�legge�n.�109/94.�Responsa-

bilita�del�cessionario�per�debiti�del�cedente:�condizioni.�Legittimita�di�fermo�

amministrativo�di�crediti�vantati�dal�cessionario�verso�la�P.A.�(Consultivo�

n.�17285/03,�avvocato�M.�Corsini).�
�Esaminata�la�complessa�vicenda,�alla�luce�sia�dei�provvedimenti�di�
fermo�amministrativo�disposti�nei�confronti�della�s.p.a.�I.�e�della�s.p.a.F.�
(gia�ritenuti�legittimi�dal�giudice�amministrativo�con�pronunce�divenute�defi-
nitive�ed�attualmente�oggetto�d'esame�da�parte�del�Tribunale�di�Roma)�sia�
delle�intervenute�cessioni�di�ramo�d'azienda�da�quelle�ad�altre�imprese,�que-
sta�Avvocatura�osserva�quanto�segue.�

Codesto�Ministero,�riferito�che�con�atto�del�21�luglio�1999�la�s.p.a.�F.�ha�
ceduto�alla�s.p.a.�C.�il�ramo�d'azienda�cui�appartiene�il�rapporto�controverso,�
e�che�con�atto�del�27�aprile�2000�(poi�sostituito�con�altro�atto)�analogamente�
ha�provveduto�s.p.a.�I.�in�favore�di�s.p.a.�P.,�chiede�quali�effetti�derivano�dalle�
intervenute�cessioni�al�credito�erariale�attualmente�garantito�dal�fermo�
amministrativo.�

Dopo�una�nota�interlocutoria�volta�ad�acquisire�migliori�elementi,�con�
nota�del�10�febbraio�2004�n.�20634�la�Scrivente�prospettava�l'azionabilita�del�
principio�generale�secondo�cui�ai�sensi�dell'art.�2560�cod.�civ.�dovrebbero�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ritenersi�ceduti�unitamente�al�ramo�d'azienda�anche�i�debiti�relativi�a�questo,�
con�contestuale�solidarieta�tra�cedente�e�cessionario�nei�confronti�del�debi-
tore�ceduto.�

A�tale�nota�ha�replicato�l'amministrazione�facendo�presente�che�in�altra�
occasione�da�altra�Direzione�Generale�(transazione�di�competenza�dell'ex�
Agensud)�sarebbe�stato�acquisito�parere�del�Consulente�Giuridico�avvocato�
dello�Stato,�in�virtu�del�quale�la�cessione�di�ramo�d'azienda�intervenuta�tra�

F.�e�C.�non�potrebbe�avere�l'effetto�traslativo�del�debito,�in�quanto�quest'ul-
timo�non�risulterebbe�dalle�scritture�contabili�ed�inoltre�l'amministrazione�si�
sarebbe�opposta�alla�cessione�del�contratto�d'appalto�impedendo�cos|�che�
esso�transitasse�unitamente�al�ramo.�
Ora,�con�riferimento�alla�cessione�del�contratto,�sembra�potersi�precisare�
che�non�si�e�avuto�alcun�rifiuto�di�accettazione�da�parte�dell'amministra-
zione.�

Come�e�noto,�l'art.�35�della�legge�1l�febbraio�1994�n.�109�(che�detta�una�
deroga�qualificata�al�principio�della�incedibilita�del�contratto�di�appalto�di�
lavori�pubblici)�dispone�che�le�cessioni�di�ramo�d'azienda�non�siano�efficaci�
nei�confronti�della�committente�pubblica�fino�a�che�il�cessionario�non�comu-
nichi�la�propria�composizione�societaria�ai�fini�del�controllo�ex 
D.P.C.M.�
187/1991,�e�non�dimostri�il�possesso�dei�requisiti�necessari�ad�eseguire�il�con-
tratto�ceduto;�una�volta�effettuate�tali�comunicazione�e�dimostrazione,�si�
ritiene�che�l'amministrazione�non�possa�opporsi�alla�cessione�anche�se�le�e�
concesso�uno�spatium 
deliberandi 
di�sessanta�giorni.�

La�documentazione�trasmessa�riguarda�invero�solo�l'ipotesi�della�ces-
sione�F.-C.,�e�da�essa�e�dato�desumere�che:�l'impresa�ha�reso�nota�l'interve-
nuta�cessione�e�l'amministrazione�si�e�limitata�ad�opporre�l'inefficacia�di�
legge�per�difetto�delle�necessaria�comunicazioni�e�dimostrazioni.�Nelle�more,�
e�sempre�in�regime�di�inefficacia,�e�intervenuta�la�rescissione�del�contratto�
ex 
art.�340�L.F.,�cosicche�il�Ministero�ha�fatto�presente�che�il�contratto�d'ap-
palto�non�poteva�trasferirsi�unitamente�al�ramo�d'azienda�(non�per�rifiuto,�
ma)�perche�non�piu�esistente.�

Nulla�risulta�invece�con�riguardo�al�rapporto�I.-P.,�ma�si�puo�affermare�
che�nell'un�caso�e�ancor�di�piu�nell'altro�(di�molto�posteriore)�non�si�e�avuta�
alcuna�cessione�di�contratto,�ed�alcuna�ricusazione�della�cessione�da�parte�
dell'amministrazione.�Indipendentemente�dalle�sorti�del�contratto,�tuttavia,�
appare�difficile�contestare�che�le�cessioni�di�ramo�d'azienda�abbiano�avuto�
effetto�anche�nei�confronti�del�Ministero�committente�e�tale�considerazione�
non�puo�non�ripercuotersi�sulla�sorte�del�debito�che�le�cedenti�hanno�nei�suoi�
confronti.�

Secondo�l'interpretazione�della�fattispecie�data�dal�Consiglio�di�Stato�in�
esito�la�noto�contenzioso,�trattasi�per�entrambe�le�imprese�di�obbligazione�
passiva�da�ripetizione�di�indebito,�cui�tutte�e�due�sono�tenute�in�virtu�della�
solidarieta�propria�delle�componenti�dell'ATI.�

I�debiti�sono�dunque�da�ritenere�anteriori�al�trasferimento�del�ramo�d'a-
zienda,�dovendosi�dare�rilievo�non�tanto�al�momento�della�risoluzione�del�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

contratto,�quanto�piuttosto�a�quello�della�materiale�effettuazione�del�paga-
mento�non�dovuto,�restando�invece�irrilevanti�gli�atti�dell'amministrazione�
che�hanno�accertato�e�quantificato�le�somme.�

Cio�detto,�appare�certo�che�la�fattispecie�debba�ricadere�sotto�la�previ-
sione�dell'art.�2560�del�codice�civile,�e�di�conseguenza�e�inevitabile�che�operi�
la�regola�che�vuole�la�responsabilita�del�cessionario�subordinata�alla�condi-
zione�che�il�debito�^ancorche�anteriore�alla�cessione�-risulti�dalle�scritture�
contabili�obbligatorie�dell'azienda:�in�questo�senso�e�la�assolutamente�
costante�giurisprudenza,�che�non�offre�margini�di�utile�ulteriore�esplora-
zione.�

E�d'altra�parte,�poiche�la�giurisprudenza�afferma�la�natura�inderogabile�
della�pubblicita�derivante�dalle�scritture�contabili�ai�fini�della�prova�dell'esi-
stenza�dei�debiti,�nessuna�rilevanza�puo�assumere�l'eventuale�conoscenza�
che�le�cessionarie�possano�avere�avuto�della�situazione�debitoria�generale.�
Ora,�salvo�il�migliore�e�definitivo�accertamento�contabile�da�demandarsi�
necessariamente�a�codesta�amministrazione�(in�atti�v'e�la�cessione�I.-P.,�con�
il�relativo�elenco�di�posizioni�debitorie,�ma�nulla�a�corredo�della�cessione�
F.-C.),�qualora�le�scritture�contabili�non�evidenzino�alcunche�,�pare�debba�
prendersi�atto�che�il�credito�erariale�non�puo�essere�soddisfatto�nei�confronti�
delle�imprese�cessionarie�dei�rami�d'azienda�delle�debitrici,�contro�le�quali�
pertanto�non�puo�essere�disposto�nuovo�e�distinto�fermo�amministrativo�ne�
puo�essere�intrapresa�alcuna�azione�recuperatoria.�

Nella�verifica�contabile�di�cui�sopra�codesta�amministrazione�vorra�
tener�conto�del�fatto�che,�anche�ad�ammettere�che�la�quantificazione�del�
debito�da�restituzione�sia�avvenuta�molto�dopo�le�cessioni,�ad�opera�delle�
verifiche�contabili�proprie�del�collaudo,�potrebbe�esistere�^quanto�meno�
con�riguardo�alla�cessione�I.-P.,�che�sembrerebbe�di�molto�posteriore�a�quella�
F.-C.�^una�qualche�forma�di�risultanza�contabile�utilmente�opponibile,�deri-
vante�dalla�conclamata�esistenza�del�decreto�di�rescissione�che�disponeva�
per�la�restituzione�dell'anticipazione.�

In�definitiva,�e�salvi�gli�approfondimenti�del�caso�come�evidenziato:�

a) 
in�linea�di�principio,�ove�dalle�scritture�contabili�obbligatorie�di�
entrambe�le�cedenti�non�risulti�alcunche�in�merito�alla�esistenza�dei�debiti�
che�hanno�dato�luogo�al�fermo�amministrativo,�non�puo�utilmente�invocarsi�
la�solidarieta�di�cui�all'art.�2560�del�cod.�civ.�e�quindi�non�v'e�possibilita�di�
far�valere�il�credito�erariale�nei�confronti�delle�cessionarie;�

b) 
di�conseguenza,�allo�stato,�non�v'e�ragione�per�rifiutare�o�ritardare�
eventuali�pagamenti�dovuti�in�favore�di�queste�ultime;�

c) 
codesta�Amministrazione�vorra�comunque�coltivare�la�procedura�di�
insinuazione�nel�passivo�della�mandataria�S.;�

d) 
la�Scrivente,�dal�canto�suo,�provvedera�ad�azionare�il�credito�con�
autonome�domande�giurisdizionali�nei�confronti�delle�imprese�cedenti,�eda�
tal�fine�si�rinnova�la�richiesta�di�cui�all'ultimo�capoverso�della�nota�10�feb-
braio�2004�n.�20634�di�questa�Avvocatura�(omissis)�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

A.G.S. 
^Parere 
del 
30 
luglio 
2004, 
n. 
105616. 
Fermo�dei�beni�mobili�registrati�ex�art.�86�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�

dall'art.�1,�comma�1,�lettera�q),�del�d.lgs.�n.�193/2001.�Effetti�della�ordinanza�

n.�3402/2004�del�23�giugno�2004�dal�T.A.R.�Lazio�(confermata�dal�Consiglio�
di�Stato),�che�ha�sospeso�l'efficacia�della�Circolare�Ministeriale�24�novembre�

1999,�n.�221,�della�Risoluzione�dell'Agenzia�delle�entrate�n.�64/2002,�della�nota�

dell'Agenzia�delle�entrate�protocollo�66384/2004�e�della�nota�22�marzo�2004�

del�Concessionario�del�Servizio�Nazionale�per�la�Riscossione�dei�Tributi�della�

Provincia�di�Roma,�aventi�ad�oggetto�la�disciplina�della�procedura�per�l'ado-

zione�del�fermo�amministrativo.�Limitazione�di�detti�effetti�al�solo�rapporto�

dedotto�in�giudizio,�atteso�che�anche�gli�atti�generali�impugnati�sono�soltanto�

circolari�aventi�mero�valore�interpretativo�che�il�giudice�amministrativo�non�ha�

ritenuto�di�condividere.�Opportunita�di�evitare,fino�all'adozione�del�regolamento�

attuativo�dell'art.�86�del�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�dall'art.�1�comma�1,�

lettera�q)del�d.lgs.�n.�193/2001,�l'emissione�diprovvedimenti�difermo�ammini-

strativo�di�veicoli�per�i�ruoli�delle�entrate�tributarie�da�parte�dei�concessionari�

delle�riscossioni�delle�entrate.�(Contenzioso�n.�27998/04,�avvocato�G.�Fiengo).�

�Si�riscontra�la�nota�indicata�a�margine�con�la�quale�codesta�Agenzia�ha�
domandato�l'avviso�della�Scrivente�in�merito�agli�effetti�dell'ordinanza�del�

T.A.R.�Lazio�n.�3402/2004,�confermata�dal�Consiglio�di�Stato,�che�ha�accolto�
la�richiesta�di�sospensione�degli�atti�impugnati�da�parte�del�Codacons.�
A�tale�riguardo,�nel�portare�a�conoscenza�di�codesta�Agenzia�che�la�
Scrivente,�al�fine�chiarire�ogni�dubbio�sull'autorita�giudiziaria�competente�a�
conoscere�delle�controversie�che�nascono�dall'iniziativa�dei�concessionari�di�
dar�corso�al�fermo�di�autoveicoli�registrati�ha�intenzione�di�proporre�dinanzi�
alle�Sezioni�Unite�della�Corte�di�Cassazione,�istanza�di�regolamento�preven-
tivo�di�giurisdizione,�si�osserva�che�gli�effetti�dell'ordinanza�del�giudice�ammi-
nistrativo�non�possono�che�essere�circoscritti�alle�parti�in�causa.�

Il�nostro�ordinamento,�infatti,�pur�riconoscendo�la�legittimazione�ad�
agire�delle�associazioni�rappresentative�degli�interessi�diffusi�(art.�3�della�
1egge�30�luglio�1998�n.�281)�non�ha�ancora�istituito�l'azione�di�gruppo�(class�
action)�di�matrice�anglosassone,�sicche�gli�effetti�delle�pronunce�giurisdizio-
nali�sono�ancora�circoscritti,�in�base�al�parametro�delineato�dall'art.�2909�
del�codice�civile,�alle�parti�del�giudizio�nonche�ai�loro�eredi�ed�aventi�causa.�

Effetti�ultra�partes�delle�ordinanze�in�argomento�non�possono�derivare�
inoltre�dalla�circostanza�che�fra�gli�atti�impugnati�figurano�circolari�ministe-
riali�di�carattere�generale,�trattandosi�di�note�meramente�interpretative,�con�
le�quali�codesta�Agenzia�ha�manifestato�il�proprio�avviso�circa�la�perdurante�
vigenza�del�D.M.�7�settembre�1998�n.�503,�nelle�parti�non�incompatibili�con�
lanuovadisciplinadelfermoamministrativodelineatadalD.Lgs.n.�193/2001,�
lacui�sospensionedapartedel�giudiceamministrativo�sirisolvenel�disattendere�
l'interpretazione�seguita�dall'amministrazione�finanziaria,�ma�pur�sempre�con�
efficacia�limitata�al�rapporto�dedotto�in�giudizio.�

La�portata�delle�ordinanze�cautelari�appare,�dunque,�quella�di�un�prece-
dente�giurisprudenziale�sfavorevole,�da�tenere�in�considerazione�per�il�principio�
di�diritto�in�esse�affermato,�sia�pure�ad�una�cognizione�sommaria�propria�della�
fase�cautelare,�con�effetti�tuttavia�circoscritti�alle�parti�del�rapporto�processuale.�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Considerato�inoltre�che�il�Codacons�ha�esercitato�un'ordinaria�azione�di�
annullamento�con�richiesta�di�sospensione�degli�atti�impugnati�e�non�l'azione�
inibitoria�contemplata�dall'art.�3�comma�1�lett.�a)�della�1egge�n.�281/1998,�
sembra�doversi�escludere�che�dalle�ordinanze�cautelari�emesse�dal�T.A.R.�
Lazio�e�dal�Consiglio�di�Stato�possano�derivare�effetti�preclusivi�sul�potere�del�
Concessionario�di�disporre�in�futuro�il�fermo�amministrativo�degli�autoveicoli.�

Cio�nonostante,�l'orientamento�gia�assunto�da�codesta�Agenzia,�con�la�
risoluzione�n.�92/E�del�22�luglio�2004,�indirizzata�ai�Concessionari,�di�aste-
nersi�dal�disporre,�per�il�futuro,�i�fermi�amministrativi�su�autoveicoli�per�i�
propri�ruoli,�puo�apparire�una�scelta�opportuna,�almeno�fino�all'emanazione�
del�regolamento�attuativo�dell'art.�86�del�d.P.R.�n.�603/1979,�la�cui�adozione�
appare�urgente�e�necessaria�sia�al�fine�di�superare�l'orientamento�contrario�
di�tutte�le�autorita�giurisdizionali�che�si�sono�pronunciate,�a�torto�o�a�
ragione,�nel�merito�della�controversia,�sia�in�considerazione�della�obiettiva�
difficolta�del�debitore�di�opporsi,�davanti�a�giurisdizioni�a�volte�diverse,�a�
ruoli�contenenti�una�eterogeneita�di�titoli�(omissis)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
2 
agosto 
2004, 
n. 
106210. 
D.L.n. 
269/03,art. 
38:�Normedisemplificazioneinmateriadisequestro, 
fermo, 
confisca 
e 
alienazione 
dei 
veicoli�. 
(consultivo�n.�16756/04,�avvocato�

P.�Palmieri).�
�Con�la�nota�che�si�riscontra,�codesta�Amministrazione�ha�chiesto�
parere�in�ordine�all'interpretazione�del�comma�10�dell'art.�38�del�d.l.�30�set-
tembre�2003,�n.�269,�convertito�con�modificazioni�con�legge�24�novembre�
2003,�n.�326.�

In�particolare�e�nel�momento�in�cui�sta�dando�attuazione�al�decreto�pre-
fettizio�prot.�34/2000�U.O.�Depositi�con�cui�venne�disposta�una�procedura�
straordinaria�di�rottamazione,�codesta�Amministrazione�chiede�di�conoscere�
se��...perprocedure�non�ancora�concluse�debbano�intendersi�i�casi�in�cui�que-
st'ufficio,�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�in�argomento,�non�ha�
ancora�provveduto�alla�liquidazione�del�saldo,�anche�se�il�titolare�della�depo-
siteria,�alla�stessa�data,�ha�adempiuto�alle�prescrizioni�inerenti�alla�radia-
zione,�oppure�solo�i�casi�in�cui�alla�ripetuta�data�non�sia�stata�conclusa�la�
radiazione�e�dimostrato�l'avvenuto�adempimento�.�

Cos|�riportato�il�quesito�posto,�va�premesso�che�^ai�sensi�dell'art.�12�
delle�disposizioni�sulla�legge�in�generale�e�secondo�consolidata�giurispru-
denza�^l'interpretazione�di�una�disposizione�normativa�deve�avvenire�
secondo�il�criterio�letterale,�potendosi�ricorrere�ai�criteri�sussidiari�solo�in�
caso�di�disposizione�letteralmente�non�chiara�o�non�univoca�(Cass.�Civ.,�
Sez.�I,�n.�3359�del�16�ottobre�1975;�ibid., 
n.�5128�del�6�aprile�2001).�

Cio�premesso,�il�gia�citato�comma�10�prevede�^per�quanto�rileva�al�fine�
del�parere�richiesto�^che��le�procedure�di...�rottamazione�straordinaria...�
qualora�non�ancora�concluse,�sono�disciplinate�dalle�disposizioni�del�presente�
articolo.�In�questo�caso�i�compensi�dovuti�ai�custodi�e�non�ancora�liquidati�
sono�determinati�ai�sensi�del�comma�6...�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dalla�lettera�della�disposizione�discendono�due�considerazioni�interpre-
tative:�a) 
non�conclusa�deve�essere�la�procedura�di�rottamazione�straordina-
ria;�b) 
i�compensi�da�determinare�ai�sensi�del�comma�6�si�riferiscono�(per�
dettato�di�tale�comma�6)�espressamente�e�inequivocabilmente�alla�custodia�
dei�veicoli.�

Da�queste�due�considerazioni,�discendono�a�loro�volta�due�conclusioni�
interpretative:�

a) 
la�procedura�di�rottamazione�straordinaria�si�conclude�(appunto)�con�
la�rottamazione�del�veicolo,�risultando�la�procedura�di�liquidazione�del�com-
penso�al�custode�successiva�e�(secondo�i�casi)�eventuale�(si�pensi�all'interve-
nuta�prescrizione�del�credito);�b) 
il�compenso�previsto�dal�ripetuto�comma�6�
si�riferisce�espressamente�e�inequivocabilmente�alla�custodia,�onde�non�puo�
essere�riconosciuto�una�volta�che�si�sia�conclusa,�secondo�buona�fede,�l'atti-
vita�di�custode�sia�per�fatto�giuridico�sia�per�fatto�di�realta�(quale,�a�titolo�
d'esempio,�la�distruzione�del�veicolo).�

Si�rimane�disponibili�in�caso�di�necessita�di�chiarimenti�(omissis)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
5 
agosto 
2004, 
n. 
108043. 
Quesito 
dell'Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Ancona. 
Trattamento 


dei 
praticanti 
all'Avvocatura 
dello 
Stato. 
(consultivo�n.�28275/04).�

�Con�la�nota�in�oggetto�codesta�Avvocatura�Distrettuale�chiede�il�parere�
della�Scrivente�sulla�possibilita�per�il�praticante�avvocato�presso�l'Avvocatura�
dello�Stato�di��sostituire�il�dominus 
della�causa,�come�sua�longa 
manus�.�
EsponealriguardocheillocaleConsigliodell'Ordinedegliavvocatihaprotestato�
per�il�fatto�che�i�giovani�che�svolgono�la�pratica�forense�presso�codesta�Sede�ven-
gonoincaricatidiparteciparealleudienze(davanti,pare,algiudiceunico)alposto�
dell'avvocato�dello�Stato�senza�avere�ottenuto�la�previa�autorizzazione�dell'Or-
dineall'esercizioinpropriodell'attivita�professionale.�

La�cennata�opinione�dell'Ordine�e�stata�avallata�dalla�Commissione�
Consultiva�del�Consiglio�Nazionale�Forense;�dissente�codesto�Ufficio,�il�
quale�osserva�che�l'``autorizzazione�dell'�Avvocato�Generale�all'esercizio�della�
pratica,�comunicata�al�Consiglio�dell'Ordine,�e�sostitutiva''�dell'autorizzazione�
dell'Ordine:�in�conclusione,�i�praticanti�potrebbero�rappresentare�lo�Stato�in�
giudizio�(davanti,�pare,�al�Giudice�di�Pace�e�al�Giudice�unico�monocratico).�

Ritiene�la�Scrivente�che�la�disciplina�dell'Ordine�non�e�operante�nei�con-
fronti�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�quale�dell'Ordine�non�fa�parte;�essa�
riguarda,�invece,�i�praticanti�nei�soli�limiti�in�cui�l'attivita�che�essi�svolgono�
e�propedeutica�all'esame�professionale,�che�permettera�loro�di�iscriversi�all'Albo.�

Riconosciuta�in�tali�sensi�la�legittimazione�del�Consiglio�Nazionale�
Forense�ad�occuparsi�dei�praticanti�dell'Avvocatura�dello�Stato,�non�puo�
assolutamente�essere�condivisa�la�tesi�della�necessita�dell'autorizzazione�al�
patrocinio�ex 
art.�8�R.�decreto�legge�n.�1578/1933�e�d.P.R.�10�aprile�1990,�

n.�101,�previo�giuramento,�perche�quelli�possano�rappresentare�direttamente,�
in�assenza�degli�avvocati�dello�Stato,�l'Amministrazione�in�giudizio,�nelle�
udienze�avanti�al�Tribunale:�il�praticante�dell'Avvocatura�e�fuori,�come�tale,�

I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

dalla�disciplina�dell'Ordine�per�quanto�riguarda�l'attivita�che�svolge,�ne��
potrebbe,�per�suo�conto,�svolgere�un�autonomo�patrocinio�minore�in�favore�
di�una�propria�clientela�(come�i�praticanti�presso�gli�Studi�professionali�pri-
vati)�per�incompatibilita�,ne��,�infine,�il�sistema�legale�della�rappresentanza�in�
giudizio�dell'Amministrazione�statale�puo�essere�derogato�da�una�``autorizza-
zione''�amministrativa.�

Ne��compete�al�Consiglio�dell'Ordine�o�al�CNF�dolersi�di�un'eventuale�
eccedenza�del�praticante�dell'Avvocatura�dello�Stato�dalle�attribuzioni�sue�
proprie,�sotto�il�profilo�della�non�corretta�concorrenza�nei�confronti�deipra-
ticanti�degli�studi�privati,�perche��nessun�praticante�privato�potrebbe�svolgere�
i�compiti�in�ipotesi�indebitamente�arrogati�dal�primo,�mentre�eventuali�peri-
coli�di�nullita�processuali�possono�essere�misurati�ed�apprezzati�solo 
dall'Av-
vocatura�dello�Stato�responsabile,�in�vista�delle�valutazioni�del�Giudice.�

Per�concludere�sul�punto,�ne��puo�accettarsi�^se�non�nei�limiti�predetti�l
a�legittimazione�dell'Ordine�ad�interloquire�in�materia,�ne��puo�condividersi�
nel�merito�l'opinione�espressa�dal�CNF�circa�la�possibilita�per�i�praticanti�
dell'Avvocatura�dello�Stato�di�svolgere,�previa�la�prescritta�autorizzazione,�
un'autonoma�attivita�professionale�ed�una�diretta�rappresentanza�dell'Ammi-
nistrazione�in�giudizio.�

Diverso�e�il�discorso�interno 
all' 
Istituto 
della�gestione�della�pratica�
forense,�oltre�quei�limiti�di�legge�che�ne�rappresentano�il�``minimum''�(questo�
``minimum''�ben�puo�essere�considerato�ab 
extrinseco 
dall'�Ordine�nel�
momento�dell'ammissione�agli�esami�di�Stato;�come�e�noto�la�prassi�consoli-
data�prevede�il�c.d.�libretto,�con�le�annotazioni�dell'attivita�svolta,�da�sotto-
porre�a�valutazione�di�congruita�dell'Ordine).�

Nel�nostro�Istituto�la�pratica�ha�anche�il�fine�di�facilitare�la�preparazione�
al�concorso�per�procuratore�(art.�7�legge�20�giugno�1955,�n.�519:�cfr.�DAG�
5�novembre�1990,�n.�5619)�fermo�restando�che�deve�comunque�avere�i�requi-
siti�prescritti�dal�d.P.R.�10�aprile�1990,�n.�101�(cfr.�circolari�AGS�11�marzo�
1992,�n.�7�e�6�novembre�1992,�n.�38):�e��dunque�stabilito�dalle�nostre�circolari�
in�argomento�che�deve�essere�curata�``l'assiduita�e�la�diligenza�...�(con)�effetti-
vita�dell'indirizzo�e�del�controllo�da�parte�degli�avvocati�e�procuratori�dello�
Stato�sullo�svolgimento�del�tirocinio''�(circ.�n.�38/92);�presso�l'Avvocatura�
Generale,�ad�esempio,�e�richiesto�al�praticante,�in�particolare,�di�``collaborare�
alla�trattazione�degli�affari�...�nonche��al�servizio�di�udienza''�(comunicazione�
di�servizio�n.�l38/02),�ed�e�raccomandato�che�``il�tirocinio�svolto�presso�l'Av-
vocatura�abbia�il�piu�possibile�carattere�di�generalita�e�completezza�...�(sic-
che�)�l'ammissione�...�in�relazione�alle�specifiche�esigenze�dell'attivita�di�un�
determinatoufficiononappareuncriterioragionevole...''(parere21�gennaio�
1994,�n.�1194�Amm.,�diretto�all'Avvocatura�Distrettuale�di�Torino).�

Va�escluso,�in�tale�prospettiva,�che�il�praticante�possa�essere�incaricato�
di�autonoma�trattazione�di�affari�o�di�diretta�ed�esclusiva�partecipazione�alla�
udienza:�la�rappresentanza�e�la�difesa�dell'Amministrazione�sono�infatti�attri-
buite�dalla�legge�all'Avvocatura�dello�Stato�e,�per�essa,�agli�avvocati�e�aipro-
curatori�dello�Stato,�e�non�ai�praticanti.�Ma�e�ovvio�che�la�pratica�in�udienza�
non�ha�un�solo�possibile�modulo�organizzatorio,�ne��necessariamente�postula�
la��contiguita�fisica��del�praticante�con�l'avvocato�dello�Stato:�peraltro�e�la�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

stessa�posizione�istituzionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�la�quale�``trascende�
la�dimensione�civilistico-processualistica�per�appartenere�all'ambito�
pubblicistico-organizzativo�...�non�permeabile�alla�disciplina�codicistica�della�
procura�...�(o�del)�contratto�di�patrocinio''�(da�ult.,�Cass.�S.U.�29�aprile�
2004,�n.�8211)�in�una�con�la�piena�fungibilita�di�tutti�gli�avvocati�in�quanto�
appartenenti�all'istituto�^esso 
titolare�della�rappresentanza,�patrocinio�ed�
assistenza�delle�Amministrazioni�^a�permettere�ampia�scelta�di�moduli�ope-
rativi�per�lo�svolgimento�della�pratica�(e�non�dell'autonomo�esercizio�profes-
sionale)�in�udienza�(omissis)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
12 
agosto 
2004, 
n. 
110067. 
Leggen. 
575/1965^Sel'amministratoredipatrimonisottopostiaprovve-

dimento 
cautelare 
di 
sequestro 
ovvero 
a 
provvedimento 
di 
confisca 
non 
ancora 


divenuto 
definitivo 
(ai 
sensi 
dell'art. 
2 
ter, 
commi 
2 
e 
3 
della 
legge 
n. 
575/65) 


possa 
fruire 
del 
patrocino 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato. 
(consultivo�n.�5011/03,�
avvocato�M.�Mari).�

�Con�la�nota�in�epigrafe�indicata,�codesta�Avvocatura�distrettuale�
richiede�l'avviso�della�Scrivente�in�ordine�a�talune�problematiche�ermeneuti-
che�relative�allo�stratificato�plesso�normativo�costituito�dalla�legge�31�maggio�
1965,�n.�575,�e�successive�modificazioni,�recante�``Disposizioni 
contro 
la 
mafia''.�In�particolare,�codesta�Avvocatura�solleva�il�dubbio�che�l'ammini-
stratore�di�patrimoni�sottoposti�a�provvedimento�cautelare�di�sequestro�
ovvero�a�provvedimento�di�confisca�non�ancora�divenuto�definitivo,�ai�sensi�
dell'art.�2-ter,�commi�2�e�3,�legge�cit.,�possa�fruire�del�patrocinio�dell'Avvoca-
tura�dello�Stato.�

Giova�premettere�all'esame�della�prospettata�questione�una�sia�pur�sin-
tetica�ricostruzione�del�quadro�normativo�di�riferimento,�solo�all'esito�del�
quale�risulta�possibile�stabilire�se 
la�rappresentanza�e�la�difesa�in�giudizio�
dei�predetti�amministratori�debba�essere�assunta�dall'Avvocatura�dello�Stato�
in�via�organica�ed�esclusiva.�

La�legge�575/65,�in�ragione�della�pericolosita�dei�soggetti�indiziati�di�
appartenere�ad�associazioni�di�tipo�mafioso,�alla�camorra�o�ad�altri�sodalizi�
criminosi,�comunque�localmente�denominati,�che�perseguono�finalita�o�agi-
scono�con�metodi�corrispondenti�a�quelli�delle�associazioni�di�tipo�mafioso�
(art.�1,�legge�cit.),�ha�esteso�ad�essi�l'applicabilita�del�regime�delle�misure�di�
prevenzione�previsto,�per�le�persone�pericolose�per�la�sicurezza�e�per�la�pub-
blica�moralita�,�dalla�legge�27�dicembre�1956,�n.�1423,�attribuendo�anche�al�
procuratore�nazionale�antimafia�e�al�procuratore�della�Repubblica�pressoil�
Tribunale�nel�cui�circondario�dimora�il�proposto,�la�facolta�^gia�stabilita�
per�il�questore�^di�avanzare�la�proposta�di�sottoposizione�alle�misure�di�pre-
venzione�della�sorveglianza�speciale�di�p.s.�e�dell'obbligo�di�soggiorno�nel�
comune�di�residenza�o�di�dimora�abituale�(art.�2,�legge�cit.).�

Le�integrazioni�apportate�dalla�legge�13�settembre�1982,�n.�646�(cd.�legge�
Rognoni-La�Torre),�recante�``Disposizioni 
in 
materia 
di 
misure 
di 
prevenzione 
di 
caratterepatrimoniale'',�hanno�marcatamente�incrementato�l'efficacia�inter-


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

dittiva�della�legge�575/65.�La�legge�646/82,�infatti,�oltre�ad�aver�tipizzato�la�
figura�criminosa�dell'associazione�di�tipo�mafioso�(art.�416-bis 
c.p.),�ha�altresi�
introdotto�particolari�poteri�d'indagine�per�il�procuratore�della�Repubblica�
ed�il�questore�territorialmente�competenti,�nonche�severe�misure�di�preven-
zione�a�carattere�patrimoniale.�

Attualmente,�il�Tribunale,�anche�d'ufficio,�puo�ordinare,�con�decreto�
motivato,�il�sequestro�preventivo�dei�beni�dei�quali�il�proposto�per�la�misura�
risulta�poter�disporre,�direttamente�od�indirettamente,�quando�il�valoredi�
tali�beni�risulta�sproporzionato�al�reddito�dichiarato�o�all'attivita�economica�
svolta�ovvero�quando,�sulla�base�di�sufficienti�indizi,�si�ha�motivo�di�ritenere�
che�gli�stessi�siano�il�frutto�di�attivita�illecite�o�ne�costituiscano�il�reimpiego.�

Al�termine�del�procedimento�con�il�quale�viene�applicata�la�misura�di�
prevenzione�personale,�il�Tribunale�dispone�la�confisca�dei�beni�precedente-
mente�sottoposti�a�sequestro�dei�quali�non�sia�stata�dimostrata�la�legittima�
provenienza.�

In�caso�di�indagini�complesse,�il�provvedimento�puo�essere�emanato�
anche�successivamente,�entro�un�anno�dalla�data�dell'avvenuto�sequestro.�
Tale�termine�puo�essere�prorogato�di�un�anno�con�provvedimento�motivato�
del�Tribunale.�

Il�sequestro�e�revocato�dal�Tribunale�quando�e�respinta�la�proposta�di�
applicazione�della�misura�di�prevenzione�o�quando�risulta�che�esso�ha�per�
oggetto�beni�di�legittima�provenienza�o�dei�quali�l'indiziato�non�poteva�
disporre�direttamente�o�indirettamente.�

Se�risulta�che�i�beni�sequestrati�appartengono�a�terzi,�questi�sono�chia-
mati�dal�Tribunale,�con�decreto�motivato,�ad�intervenire�nel�procedimentoe�
possono,�anche�con�l'assistenza�di�un�difensore,�nel�termine�stabilito�dal�Tri-
bunale,�svolgere�in�camera�di�consiglio�le�loro�deduzioni�e�chiedere�l'acquisi-
zione�di�ogni�elemento�utile�ai�fini�della�decisione�sulla�confisca�(art.�2-ter,�
legge�575/65.).�

Quando�vi�sia�concreto�pericolo�che�i�beni�di�cui�si�prevede�debba�
essere�disposta�la�confisca�vengano�dispersi,�sottratti�od�alienati,�il�procura-
tore�della�Repubblica�o�il�questore�possono,�con�la�relativa�proposta,�richie-
dere�al�presidente�del�Tribunale�competente�di�disporre�anticipatamente�il�
sequestro�dei�beni�prima�della�fissazione�dell'udienza�(art.�2-bis,�comma�4,�
legge�cit.).�

Con�il�provvedimento�con�il�quale�dispone�il�sequestro,�il�Tribunale�
nomina�il�giudice�delegato�alla�procedura�ed�un�amministratore,�scelto�tra�
gli�iscritti�negli�albi�degli�avvocati,�dei�dottori�commercialisti�e�dei�ragionieri�
del�distretto,�nonche�tra�persone�che,�pur�non�munite�delle�suddette�qualifi-
che�professionali,�abbiano�comprovata�competenza�nell'amministrazionedi�
beni�del�genere�di�quelli�sequestrati.�Quando�oggetto�del�sequestro�sono�beni�
costituiti�in�azienda,�l'amministratore�puo�essere�scelto�anche�tra�soggetti�
che�hanno�svolto�o�svolgono�funzioni�di�commissario�per�l'amministrazione�
delle�grandi�imprese�in�crisi�ai�sensi�della�legge�3�aprile�1979,�n.�95.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'amministratore�deve�presentare,�entro�un�mese�dalla�sua�nomina,�una�
relazione�particolareggiata�sullo�stato�e�sulla�consistenza�dei�beni�sequestrati�
e,�successivamente,�con�la�frequenza�stabilita�dal�giudice�delegato,�una�rela-
zione�periodica�sull'amministrazione.�

La�legge�7�marzo�1996,�n.�109,�ha�poi�disposto�che�i�beni�confiscati 
siano�
devoluti�allo�Stato�(art.�2-nonies, 
legge�575/65).�

Il�provvedimento�definitivo�di�confisca�e�comunicato�dalla�cancelleria�
dell'ufficio�giudiziario�che�ha�emesso�il�provvedimento�all'agenzia�del�territo-
rio�che�ha�sede�nella�provincia�ove�si�trovano�i�beni�o�ha�sede�l'azienda�confi-
scata,�nonche�al�prefetto�ed�al�dipartimento�della�p.s.�del�Ministero�dell'In-
terno.�

Dopo�la�confisca,�l'amministratore�svolge�le�proprie�funzioni�sotto�il�
controllo�della�competente�agenzia�del�territorio�(art.�2-nonies, 
legge�cit.).�

La�destinazione�dei�beni�immobili�e�dei�beni�aziendali�confiscati�e�effet-
tuata�con�provvedimento�del�direttore�centrale�beni�confiscati�dell'agenzia�
del�demanio,�su�proposta�non�vincolante�del�dirigente�della�competente�agen-
zia�del�Territorio,�sulla�base�della�stima�del�valore�dei�beni�effettuata�dal�
medesimo�ufficio,�acquisiti�i�pareri�del�prefetto�e�del�sindaco�del�Comune�
interessato�e�sentito�l'amministratore�dei�beni�(art.�2-decies, 
legge�cit.).�

L'art.�3-ter,�legge�cit.,�prevede�che�il�provvedimento�con�il�quale�il�tribu-
nale,�a�norma�dell'art.�2-ter,�dispone�la�confisca�dei�beni�sequestrati�e�comu-
nicato�senza�indugio�al�procuratore�generale�presso�la�Corte�di�Appello,�al�
procuratore�della�Repubblica�e�agli�interessati.�

Dal�generale�ordito�normativo�sommariamente�illustrato,�tra�le�misure�
di�prevenzione�patrimoniale�volte�a�contrastare�particolari�fenomeni�di�asso-
ciazione�criminale,�emerge�la�figura�del�cd.�``sequestro 
patrimoniale 
antim
afia'" 
il�quale�comporta,�nei�confronti�del�soggetto�indiziato�di�appartenere�
ad�una�associazione�di�stampo�mafioso�o�assimilata,�lo�spossessamento�dei�
beni�di�provenienza�illecita�che�rientrino�nella�sua�disponibilita�diretta�o�indi-
retta.�Il�prevenuto�e�,�quindi,�temporaneamente�privato�della�disponibilita�
dei�suddetti�beni,�in�attesa�che�il�procedimento�si�concluda�con�la�definitiva�
confisca�degli�stessi�o,�al�contrario,�con�la�restituzione.�

La�ratio 
sottesa�a�siffatti�provvedimenti�praeter 
delictum 
(cfr. 
Cass.�
Penale�SS.UU.�n.�18/1996�e�Cass.�Pen.�5092/1999)�e�quella�di�colpire�con�la�
misura�ablativa�beni�e�proventi�di�natura�presuntivamente�illecita,�onde�
escluderli�dal�circuito�economico�collegato�ad�attivita�e�soggetti�criminosi,�
neutralizzando�in�tal�modo�la�situazione�di�pericolosita�insita�nel�permanere�
della�ricchezza�nelle�mani�di�chi�ne�preordina�l'impiego�per�ulteriori�attivita�
delinquenziali.�La�limitazione�o�la�perdita�del�diritto�di�proprieta�sono,�per-
tanto,�ampiamente�giustificate�dall'esigenza�della�societa�di�difendere�i�citta-
dini�da�soggetti�particolarmente�pericolosi,�i�quali�potrebbero�utilizzare�i�
beni�accumulati�per�comportamenti�malavitosi�e�per�rafforzare�maggior-
mente�i�propri�poteri.�

Orbene,�come�chiarito,�l'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�a�norma�
degli�artt.�2-sexies 
e 
ss.,�legge�cit.,�e�affidata�ad�un�amministratore�giudizia-
rio,�nominato,�con�il�decreto�di�sequestro,�dal�Tribunale�competente.�Con�lo�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

stesso�decreto�e�nominato�anche�il�giudice�delegato,�cui�sono�attribuiti�poteri�
di�indirizzo�e�di�controllo�sull'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�tra�cui�
l'autorizzazione�al�compimento�degli�atti�di�straordinaria�amministrazione.�

In�particolare,�per�effetto�del�comma�1�dell'art.�2-sexies,�legge�cit.,�dal�
momento�del�sequestro�e�fino�a�quello�della�confisca�o�della�revoca�del�
sequestro�stesso,�l'amministratore,�sotto�la�direzione�del�giudice�delegato,�ha�
il�compito�di�provvedere�alla�custodia,�alla�conservazione�e�all'amministra-
zione�dei�beni�sequestrati,�anche�al�fine�di�incrementarne,�ove�possibile,la�
redditivita�.�

La�legge�impone�all'amministratore�di�adempiere�con�diligenza�i�compiti�
rientranti�nel�suo�ufficio�e�prevede,�per�il�caso�di�inosservanza�dei�suoi�doveri�

o�di�incapacita�,�che�egli�possa,�previa�audizione,�essere�revocato�dal�Tribu-
nale,�su�proposta�del�giudice�delegato�o�ex�officio.�
A�norma�dell'art.�2-septies,�poi,�l'amministratore�non�puo�stare�in�giudi-
zio,�ne�contrarre�mutui,�concludere�transazioni,�compromessi,�fidejussioni,�
concedere�ipoteche,�alienare�diritti�immobiliari�e�compiere�altri�atti�eccedenti�
l'ordinaria�amministrazione,�anche�a�tutela�dei�diritti�dei�terzi,�senza�autoriz-
zazione�scritta�del�giudice�delegato.�Quest'ultimo�puo�altres|�autorizzare�
l'amministratore�a�farsi�coadiuvare,�sotto�la�sua�responsabilita�,�da�tecnici�o�
da�altre�persone�retribuite.�

L'art.�2-octies�prevede,�infine,�che�le�spese�necessarie�o�utili�per�la�con-
servazione�e�l'amministrazione�dei�beni�siano�sostenute�dall'amministratore�
mediante�prelevamento�dalle�somme�da�lui�riscosse�a�qualunque�titolo.�Qua-
lora�dalla�gestione�dei�beni�sequestrati�non�sia�ricavabile�denaro�a�sufficienza�
per�il�pagamento�di�tali�spese,�le�stesse�sono�anticipate�dallo�Stato,�salvoil�
diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�nell'ipotesi�di�revoca�
del�sequestro.�Il�legislatore�fa�in�tal�modo�applicazione�del�principio�secondo�
cui�i�costi�di�gestione�seguono�il�bene�stesso�e,�con�esso,�il�suo�titolare,�trat-
tandosi,�d'altronde,�di�costi�che�su�di�lui�ricadrebbero�anche�ove�il�bene�non�
fosse�uscito�dalla�sua�sfera�di�disponibilita�.�

Quanto�al�pagamento�dell'amministratore,�la�legge�attua�il�parallelo�
principio,�di�portata�generale,�in�base�al�quale�le�spese�giudiziali�debbono�
essere�imputate�secondo�i�criteri�della�soccombenza�e�della�causalita�;�nel�caso�
sia�disposta�la�confisca�dei�beni,�le�somme�per�il�pagamento�del�compenso�
all'amministratore�e�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute�per�i�suoi�
coadiutori�vanno�inserite�nel�conto�della�gestione�o,�se�questo�si�rivela�inca-
piente,�vanno�anticipate�dallo�Stato,�senza�diritto�a�recupero.�Se�il�sequestro�
e�revocato,�le�somme�suddette�sono�in�ogni�caso�poste�a�carico�dello�Stato.�

Venendo�ora�ai�beni�colpiti�dalla�misura,�essi�^nelle�more�tra�ilprovvedim
ento�che�dispone�il�sequestro�e�quello�che�d|�spone�la�confisca�(o�l'eventuale�
restituzione�al�prevenuto)�^sembrano�configurare�un�patrimonio�separato,�
assimilabile,�in�via�analogica,�all'eredita�giacente,�disciplinata�dagli�artt.�528�
ess.�C.C.�

Invero,�con�l'assoggettamento�a�sequestro�muta�il�regime�giuridico�dei�
beni,�senza�che�cio�comporti,�ex�se,�alcuna�attribuzione�patrimoniale�degli�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

stessi�ad�altro�titolare:�il�compendio�dei�beni�sottoposti�a�sequestro�si�
distacca,�pertanto,�dal�resto�del�patrimonio�del�prevenuto,�pur�continuando�
ad�appartenere�alla�stessa�persona.�

Diversamente�dal�patrimonio�autonomo,�nella�specie�non�viene�creato�
nessun�nuovo�soggetto�giuridico�dotato�di�autonomia�patrimoniale�(perfetta�

o�imperfetta�che�sia),�ma�si�da�vita�ad�un�centro�giuridico�indipendente,�in�
grado�di�utilmente�operare�l'unificazione�e�la�conseguente�imputazione�di�
un�complesso�di�rapporti�giuridici�attivi�e�passivi�rispetto�ad�una�serie�di�pre-
cetti�normativi.�
L'amministratore,�dunque,�esercita�^in�via�affatto�provvisoria�la�gestione�
di�un�patrimonio�per�conto�di�chi�spetta,�nell'attesa�che�lo�stesso�sia�devoluto�
ad�un�soggetto�che,�attualmente,�non�e�individuato�a�titolo�definitivo�e�che,�per-
tanto,�non�ne�ha�la�disponibilita�.�

A�conforto�di�siffatta�ricostruzione,�mette�conto�evidenziare�che,�ai�fini�
fiscali,�la�Circ.�7�agosto�2000,�n.�156/E,�emanata�dal�Ministero�dell'Econo-
mia�e�delle�Finanze,�ha�affermato�che,�nella�specie,�la�veste�di�soggetto�pas-
sivo�d'imposta�spetta�a�colui�il�quale�assumera�,�con�effetto�retroattivo,�la�
titolarita�dei�beni�sequestrati.�

E�cos|�,�se,�nel�caso�dell'eredita�giacente,�e�considerato�soggetto�passivo�il�
chiamato�che�accetti,�con�effetto�retroattivo,�l'asse�ereditario;�nel�caso�di�
sequestro,�il�soggetto�passivo�d'imposta�sara�individuato�solo�aposteriori�
(seppure�con�effetto�ex�tunc,�in�virtu�d'unaf|�ctiojuris)�nello�Stato�o�nel�preve-
nuto,�a�seconda�che�il�procedimento�si�concluda�con�la�confisca�oppure�con�
la�restituzione�dei�beni.�

Neconsegue,�aifinichequiinteressano,�chel'amministratoregiudiziarioi
npendenzadelsequestro�cautelareefintanto�che�la�confisca�nonattinga�ilcaratt
ere�della�definitivita�-opera�nella�veste�di�rappresentante�in�incertampersonam,�
curando�la�gestione�del�patrimonio�per�conto�di�un�soggetto�non�ancora�indivi-
duato�in�modo�definitivo.�

Dalla�dictio�legis�e�,�infatti,�dato�inferire�in�maniera�chiara�ed�univoca�
che�il�subingresso�dello�Stato�nella�effettiva�titolarita�dei�beni�colpiti�dalle�
misure�in�parola�si�verifica�solo�con�l'acquisita�esecutivita�ed�inoppugnabilita�
delprovvedimento�di�confisca:�costituisce�dato�di�sicuro�rilievo�in�tal�senso�la�
norma�del�comma�2�dell'art.�3-ter,�legge�cit.,�a�tenore�della�quale�i�provvedi-
menti�che�dispongono�la�confisca�dei�beni�sequestrati�diventano�esecutivi�
unicamente�con�la�definitivita�delle�relative�pronunce.�

Non�merita,�pertanto,�accoglimento,�in�quanto�priva�di�addentellato�
legislativo,�la�pretesa�di�quegli�amministratori�che,�prima�di�tale�momento,�si�
rivolgano�all'Avvocatura�erariale�per�essere�dalla�stessa�rappresentati�e�difesi�
nei�giudizi�afferenti�l'espletamento�degli�specifici�compiti�di�ufficio�(si�pensi�
al�multiforme�contenzioso�avente�ad�oggetto�diritti�patrimoniali�connessi�ai�
beni�amministrati).�

Conclusivamente,�sulla�scorta�dell'iter�argomentativo�sin�qui�lumeg-
giato,�l'avviso�della�Scrivente�in�ordine�al�proposto�quesito�e�il�seguente:�
non�si�ravvisano�i�presupposti�necessari�acche�l'amministratore�di�cui�
all'art.�2-sexies,�legge�575/1965,�nel�lasso�temporale�intercedente�tra�l'adozione�
del�provvedimento�di�sequestro�preventivo�e�l'intervenuta�definitivita�del�provve



I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

dimento 
di 
confisca, 
sia�ammesso�ad�avvalersi�del�regime�processuale�di�assi-
stenza�e�patrocinio�legale�previsto�ex 
lege 
per�le�Amministrazioni�statali.�Ne�
discende�che�gli�amministratori�de 
quibus, 
per�la�rappresentanza�e�la�difesa�
in�giudizio�nelle�controversie�che�dovessero�insorgere�nel�ridetto�pericolo,�
dovranno�fare�ricorso�ai�privati�professionisti�del�libero�foro,�imputando�a�
costi�di�gestione�gli�importi�corrisposti�a�titolo�di�spese,�diritti�e�onorari�pro-
fessionali.�

All'opposto,�una 
volta 
che 
il 
provvedimento 
che 
dispone 
la 
confisca 
sia 
divenuto 
definitivo 
(dopo�l'esaurimento�dei�mezzi�di�gravame�avverso�esso�
esperibili�o�per�essere�inutilmente�decorso�il�termine�per�interporli),�l'Avvoca-
tura�dello�Stato�sara�tenuta�ad�accordare�l'assistenza�legale�eventualmente�
richiesta�dai�detti�amministratori,�essendo�venuto�ad�esistenza�il�criterio�di�
collegamento�giustificativo�del�suo�intervento�(cioe�a�dire�il�definitivo�passag-
gio�della�proprieta�dei�beni�in�favore�dello�Stato)�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
2S 
giugno 
2004, 
n. 
91868. 
(*)�
Addebito 
dell'Imposta 
sul 
Valore 
Aggiunto 
(I.V.A.) 
sugli 
importi 
dovuti 
dal 


Ministero 
Affari 
Esteri 
^D.G.C.S. 
alle 
controparti 
a 
titolo 
di 
rimborso 
pro�

quota�degli 
onorari 
degli 
arbitri 
e 
delle 
spese 
difunzionamento 
dei 
Collegi 
arbi-

trali. 
(consultivo�29845/04,�avvocato�A.�Palatiello).�
�Con�la�nota�in�riscontro�codesto�Ministero�riferisce�che�alcune�Ditte,�

titolari�del�diritto�al�rimborso�di�una�quota�parte�degli�onorari�pagati�peril�

funzionamento�del�collegio�arbitrale,�hanno�chiesto�il�riesame�del�fermo�e

risalente�orientamento�di�questa�Avvocatura�Generale,�la�quale�si�e�espressa�

nel�senso�che�il�rimborso�di�detta�quota�parte�comprende�anche�la�corrispon-

dente�IVA�solo�quando�il�creditore�non�abbia�avuto�la�possibilita�di�detrarre,�

a�sua�volta,�il�tributo�pagato:�in�concreto,�nei�casi�in�cui�la�parte�che�abbia�

anticipato�il�compenso�agli�arbitri,�pagando�ovviamente�l'IVA�da�questi�fat-

turata,�sia�un�soggetto�IVA,�il�rimborso�della�somma�pagata�a�titolo�di�tri-

buto�non�compete,�perche�gia�portata�in�detrazione�dall'IVA�a�debito.�Alcuni�

degli�interessati�contestano�tale�principio,�sostenendo�che�anche�in�questi�casi�

il�rimborso�IVA�spetterebbe�perche�anche�il�soggetto�che�non�l'ha�anticipata�

e�``committente''�degli�arbitri�e�perche�nella�sua�struttura�fisiologica�l'onere�

dell'imposta�deve�incidere�sul�consumatore�finale,�il�quale,�nei�casi�in�esame,�

se�non�rimborsasse�il�tributo,�sarebbe�sollevato�da�tale�onere.�Gli�interessati,�

infine,�insistono�in�concrete�esemplificazioni,�rivolte�a�dar�prova�che�la�situa-

zione�economica�di�chi�ha�anticipato�gli�onorari�degli�arbitri,�pagando�per�

intero�l'IVA�in�rivalsa,�resta�esattamente�la�stessa�tanto�se�l'IVA�e�portata�

in�detrazione�per�intero,�quanto�se�e�in�parte�recuperata�e�dunque�e�detratta�

solo�per�quanto�rimasto�a�carico:�dunque�nessun�arricchimento�ingiusto�vi�

sarebbe�ove�il�Ministero�rimborsasse,�alle�Ditte,�oltre�la�quota�di�onorari�

anticipata,�anche�la�relativa�imposta.�

(*)�Parere�di�rilievo,�reso�dall'Avvocatura�Generale�in�via�ordinaria.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Questa�Avvocatura�Generale�osserva�che�il�risalente�proprio�orienta-
mento�non�merita�di�essere�modificato.�Vero�e�che�la�situazione�descritta�
non�e�espressamente�considerata�dalla�vigente�normativa;�tuttavia�dal�com-
plessivo�sistema�dell'IVA,�e�segnatamente�dal�combinato�disposto�degli�
artt.�5,�6,�18,�19,�26�d.P.R.�26�ottobre�1972,�n.�633,�e�successive�modifiche,si�
trae�conferma�che�il�problema�all'esame�non�diverge�sostanzialmente�da�
quello�che�si�pose�per�il�rimborso�delle�spese�di�causa�in�ipotesi�di�condanna�
giudiziale,�vicenda�che�ha�trovato�consolidata�risposta�nella�giurisprudenza�
e�nella�prassi�operativa�nel�senso�che�il�soccombente�e�tenuto�a�rimborsare�
l'IVA�pagata�dal�vincitore�al�proprio�avvocato�solo�se�esso�vincitore�non�sia�
un�soggetto�IVA,�cui�compete�la�detrazione�dell'imposta�(giurisprudenza�
consolidata�dopo�Cass.�S.U.�12�giugno�1982,�n.�3544;�tra�le�piu�recenti,�Cass.�
1.�aprile�1995,�n.�3848,�ex 
multis;�la�prassi�operativa�e�pacificamente�in�que-
sto�senso:�ad�es.,�Ris.�Min.�24�luglio�1998,�n.�9/E):�e�gia�questo�basterebbe�
per�confermare�il�cennato�risalente�orientamento,�posto�che�anche�gli�onorari�
degli�arbitri�sono�un�costo�del�processo.�

E�noto,�peraltro,�che�il�professionista�^tale�e�l'arbitro�delle�cui�presta-
zionisitratta^e�soggettoall'IVA(art.�5d.P.R.n.633/72)edunquee�tenuto�
ad�emettere�fattura,�ad�applicare�su�questa�il�tributo�e�ad�esercitare�la�rivalsa�
obbligatoria�nei�confronti�del�committente�(art.�18�d.P.R.�cit.);�e�altres|�noto�
che�le�prestazioni�dei�servizi�``si�considerano�effettuate�all'atto�del�pagamento�
del�corrispettivo''�(art.�6,�comma�3,�d.P.R.�cit.):�dunque,�nel�momento�in�cui�
uno�dei�committenti,�pur�obbligato�in�solido�con�altri�(art.�814�c.p.c.)�paga�
il�compenso�all'arbitro,�questi,�se�soggetto�IVA,�deve�emettere�fattura,�gra-
vata�dal�tributo,�e�deve 
esercitare�la�rivalsa�nei�confronti�del�committente�
pagatore.�Avvenuto�il�pagamento,�il�committente�che�dispone�della�fatturaa�
suo�nome�ha�il�diritto�di�operare�la�detrazione�dell'imposta�assolta�dall'am-
montare�del�tributo�relativo�alle�operazioni�effettuate�(art.�19�d.P.R.�cit.)�sic-
che�l'intero�onere�e�da�lui�recuperato,�eventualmente�mediante�anche�un�cre-
dito 
d'imposta;�ed�e�allora�evidente�che,�non 
restando�a�carico�del�commit-
tente�pagatore�neppure 
in 
parte 
il�tributo�pagato�al�professionista�per�il�
servizio�``acquistato'',�il�rimborso�a�tale�titolo�che�fosse�operato�dal�coobbli-
gato�solidale�(in�rivalsa�civilistica�ex 
art.�814�c.p.c.),�darebbe�luogo�ad�una�
locupletazione�del�committente�pagatore.�Per�evitare�la�locupletazione�que-
st'ultimo�dovrebbe�adoperarsi�in�positivo,�affrontando�ulteriori�oneri�e�
incombenti:�dovrebbe�provvedere�alle�variazioni�ex 
art.�26,�oppure�ad�ulte-
riore�fatturazione,�quasi�che�il�rimborso�operato�dal�coobbligato�fosse�una�
sorta�di�servizio�da�gravare�di�IVA.�Non�e�chiaro�l'interesse�di�chi�auspica�
tale�soluzione�ad�affrontare�costi�e�spese�ulteriori,�quando�il�comportamento�
finora�seguito�sicuramente�realizza�per�lui�lo�stesso�risultato�economico�
(quello�del�sollievo�dal�peso�dell'intero�tributo�pagato).�Ma�neppure�sul�
piano,�per�cos|�dire,�``ideale''�la�tesi�ora�sostenuta�dagli�interessati�e�convin-
cente:�non�e�vero�infatti�che�il�committente�^ogni�committente�^debba�
necessariamente�essere�``contribuente�inciso''�quando�non�sia�soggetto�IVA:�
e�vero�che�nel�sistema�complessivo�del�tributo�la�neutralita�dell'imposta�t
ra�imprenditori�^e�finalizzata�a�scaricare�il�peso�del�tributo�sul�consumatore�
finale,�ma�non�e�vero�che�il�fenomeno�economico 
del�contribuente�inciso�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

costituisca�regola�giuridica�del�necessario�pagamento�anche�oltre�la�rivalsa�
tecnica:�se�cos|�fosse,�il�consumatore�finale�non�sarebbe�solo�destinatario�
della�rivalsa�obbligatoria,�ma�assumerebbe�la�veste�del�soggetto�passivo:l'ob-
bligo�del�consumatore�finale,�insomma,�non�e�quello�di�corrispondere�
un'IVA�purche�sia,�ma�di�pagare�cio�che�nel�sistema�della�rivalsa�tecnica�
(quella,�cioe�,�dell'art.�18)�gli�viene�richiesto;�e�tale�osservazione�assume�una�
particolare�colorazione�nella�fattispecie�all'esame,�dove�la�ditta,�che�ha�
pagato�in�rivalsa�il�tributo�e�che�ne�chiede�parte�dell'equivalente�economico�
allo�Stato,�dichiara�che�prendera�quella�somma�solo�per�riaccreditarla�allo�
Stato.�

In�conclusione,�se�si�pensa�che�ai�tre�rapporti�tradizionalmente�conside-
rati�non�interferenti�e�del�tutto�indipendenti�dalla�Corte�di�Cassazione�(ad�
es.�Cass.�S.U.�13�dicembre�1991,�n.�13446;�id.�22�aprile�2003,�n.�6419;�id.�
5�maggio�2003,�n.�6778),�il�primo�tra�l'Amministrazione�e�il�cedente,�il�
secondo�tra�l'Amministrazione�e�il�cessionario,�e�il�terzo�tra�il�cedente�e�il�
cessionario,�nella�vicenda�all'esame�se�ne�aggiunge�un�quarto,�che�e�il�mero�
diritto�civile�(rivalsa�ex�art.�814�cod.�civ.),�si�ha�conferma�che�pretendere�il�
rimborso�di�una�quota�di�IVA�gia�fatturata�e�dunque�annotata�in�discarico�
significa�voler�trascinare�un�elemento�del�terzo�di�questi�rapporti�nel�quarto�
con�diretta�conseguenza�sul�secondo:�si�provocherebbe,�cioe�,�proprio�quella�
tracimazione�di�effetti�giuridici�dall'uno�all'altro�rapporto�che,�nella�lettura�
giurisprudenziale�consolidata,�il�sistema�normativo�non�consente�.�

A.G.S. 
^Parere 
del 
20 
settembre 
2004 
n. 
122169. 
(*)�
Affidamento�di�attivita�di�progettazione�a�professori�(docenti�a�tempo�

pieno^tempoparziale).�(consultivo�35683/04,�avvocato�M.�Corsini).�
�Nell'anno�2002�l'Universita�degli�Studi�de�L'Aquila�chiese�a�codesta�

Avvocatura�se�un�professore�di�ruolo�possa�in�base�alla�vigente�normativa�

partecipare�a�gare�per�l'affidamento�di�incarichi�di�progettazione�banditi

dalla�stessa�Universita�,�e�se�lo�stesso�professore�possa�rendersi�affidatario�in�
via�fiduciaria�di�studi�o�consulenze.�

Codesta�Avvocatura�rendeva�il�richiesto�parere�pronunciandosi�negati-
vamente�sul�primo�quesito�ed�invece�positivamente�sul�secondo,�purche�lo�

studio�o�la�consulenza�affidate�non�comportino�duplicazione�di�retribuzione
per�attivita�che�invece�devono�essere�ritenute�istituzionali.�

Riferisce�codesta�Avvocatura�che�nel�corso�del�presente�anno�l'Univer-
sita�avrebbe�reiterato�la�richiesta,�formulando�quesito�in�certo�modo�piu�arti-

colato�e�cioe�chiedendo�se�i�propri�professori�(sia�a�tempo�pieno�che�parziale)�

possano�partecipare�a�gare�per�l'affidamento�di�servizi�di�progettazione�ban-

dite�^questa�volta�parrebbe�anche�da�soggetti�terzi�^ai�sensi�della�vigente�

normativa�sui�lavori�pubblici.�

(*)�Parere�di�rilievo�su�questione�di�carattere�generale,�reso�dall'Avvocatura�
Generale�in�via�ordinaria.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Attesa�la�portata�di�massima�del�quesito,�si�chiede�l'avviso�di�questa�

Avvocatura�Generale�in�proposito.�
Il�precedente�parere�di�codesta�Avvocatura,�come�s'e�detto�reso�solo�in�

relazione�all'ipotesi�di�gare�bandite�dall'Universita�al�cui�ruolo�appartengono�

i�docenti,�era�motivato�esclusivamente�alla�stregua�delle�norme�che�regolano�

il�pubblico�impiego�in�generale,�dell'impiego�universitario�in�particolare�e�

con�specifico�ed�ulteriore�riferimento�alla�disciplina�dettata�per�i�docenti�uni-

versitari�di�cui�al�noto�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�382/1980;in�

tale�contesto�codesta�Avvocatura�giungeva�a�negativa�conclusione�sulla�base

essenzialmente�di�considerazioni�di�opportunita�legate�ad�esigenza�di�traspa-

renza�ed�imparzialita�dell'azione�amministrativa,�stante�che�taluna�giurispru-

denza�non�aveva�ravvisato�nelle�disposizioni�in�esame�alcun�esplicito�divieto�

per�negare�la�possibilita�di�partecipare�alle�gare�in�questione.�
Tutta�la�materia�degli�incarichi�di�progettazione,�tuttavia,�deve�oggi�

essere�riguardata�alla�luce�delle�specifiche�disposizioni�che�regolano�i�lavori�

pubblici,�ossia�dalla�legge�11�febbraio�1994,�n.�109�e�dal�suo�regolamento�di

attuazione�^d.P.R.�554/1999�^il�cui�carattere�di�specialita�le�rende�prevalenti�

sulle�altre�eventuali�fonti�normative.�
Orbene,�tale�normativa�esclude�espressamente�che�le�attivita�di�progetta-

zione,�come�quelle�di�direzione�lavori�e�tutti�gli�altri�servizi�di�ingegneria�ed�

architettura,�possano�essere�svolte�professionalmente�da�dipendenti�pubblici,

quali�indubbiamente�sono�da�ritenersi�i�professori�universitari�di�ruolo,aldi�

fuori�delle�assai�limitate�previsioni�della�stessa�legge.�
In�particolare,�trova�evidente�ed�assorbente�rilievo�la�previsione�del-

l'art.�17�della�legge�109/1994,�che�espressamente�prevede�che�le�attivita�in�

parola�possono�essere�espletate�dagli�uffici�tecnici�delle�stazioni�appaltanti�

(ovviamente�in�favore�delle�stesse,�come�prestazioni�interne�non�professio-

nali),�dagli�uffici�consortili�di�progettazione�costituiti�fra�comuni�e�dagli�altri�

soggetti�abilitati�(ovviamente,�in�favore�degli�enti�consorziati),�dagli�organi-

smi�di�altre�amministrazioni�di�cui�le�singole�amministrazioni�possono�avva-

lersi�e�dai�liberi�professionisti�in�tutte�le�forme�individuali�o�associate�di�cui�

alle�lettere�d), 
e), 
f), 
e�g) 
della�norma.�
Non�vi�e�dunque�alcuna�possibilita�per�il�dipendente�pubblico�di�svol-

gere�attivita�di�ingegneria�e�architettura�di�contenuto�professionale�in�mate-

ria�di�lavori�pubblici�a�favore�di�soggetti�terzi�rispetto�all'ente�di�apparte-

nenza;�e�rispetto�all'ente�di�appartenenza�la�sola�possibilita�e�all'interno�del�

rapporto�di�lavoro,�come�progettazione�e�direzione�lavori��interna�,�non�

retribuibile�con�parametri�professionali.�
Se�dunque�l'Universita�richiedente�bandisce�gare�per�l'affidamento�di�

incarichi�di�progettazione�e/o�direzione�lavori,�palesa�l'intenzione�di�attri-

buire�detti�incarichi�all'esterno,�rivolgendosi�al�mercato�professionale,�ed�in

tal�caso�i�propri�professori�non�possono�partecipare�a�dette�procedure.�Gli�

stessi�professori,�per�le�ragioni�dette,�non�possono�partecipare�a�gare�bandite�

da�soggetti�terzi.�
Per�completezza,�va�precisato�che�il�divieto�si�riferisce�tanto�agli�incari-

chi�di�progettazione�propriamente�detti�quanto�ai�concorsi�di�progettazione,

mentre�non�si�riferisce�ai�concorsi�di�idee�che�^per�specifica�disposizionedi�

legge�che�rende�ragione�del�generale�divieto�residuale�^e�aperto�anche�ai�

dipendenti�(art.�57�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�554/1999).�


I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO�

Il�principio�era�gia�stato�affermato�in�via�generale�dall'Autorita�di�Vigi-

lanza�sui�Lavori�Pubblici�con�l'atto�di�regolazione�12�ottobre�1999�n.�6/1999�

pubblicato�in�Gazzetta 
Ufficiale 
Suppl. 
Ord. 
n.�71�del�10�maggio�2000.�

Di�recente,�come�nota�la�stessa�Universita�richiedente,�l'Autorita�e�tor-

nata�sull'argomento�con�deliberazione�25�giugno�2002,�n.�179�(pubblicata�

sulla�Gazzetta 
Ufficiale 
del�24�luglio�successivo),�ribadendo�che�anche�alla�

luce�delle�norme�che�regolano�la�docenza�universitaria,�il�personale�docente�

di�ruolo�a�tempo�pieno�non�puo�svolgere�attivita�professionale�di�progetta-

zione�e�direzione�lavori,�e�precisando�che�il�divieto�non�vale�per�il�personale

docente�di�ruolo�a�tempo�definito.�

Tale�avviso�e�stato�condiviso�dalla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri�

^Dipartimento�per�la�Funzione�Pubblica�^Ufficio�per�il�personale�delle�

pubbliche�amministrazioni,�Servizio�per�il�trattamento�normativo,�con�nota�

del�27�gennaio�2003�n.�252/11�indirizzata�all'Universita�degli�Studi�Federi-

co�II�di�Napoli�che�aveva�posto�analogo�quesito.�

Per�quanto�occorrer�possa,�lo�stesso�avviso�risulta�condiviso�dalla�giuri-

sprudenza�amministrativa�sinora�pronunciatasi�in�termini�(v.�TAR�Campa-

nia,�Napoli,�sez.�II,�29�ottobre�2003,�n.�13155,�mentre�si�attende�il�pronuncia-

mento�del�TAR�Lazio�sulla�medesima�questione).�

In�definitiva�la�questione�posta�con�la�nota�in�riferimento�puo�cos|�rias-

sumersi:�

a) 
i�docenti�universitari�di�ruolo�a�tempo�pieno�non�possono�svolgere�

attivita�professionale�di�ingegneria�e�architettura,�essenzialmente�coincidente�

con�progettazione�e�direzione�lavori,�comunque�affidata�(a�seguito�di�garao�

in�via�fiduciaria)�sia�dalla�propria�universita�che�da�soggetti�terzi;�

b) 
i�docenti�universitari�di�ruolo�a�tempo�parziale�non�sono�inibiti�allo�

svolgimento�dell'attivita�professionale�in�parola,�nei�limiti�e�con�i�modi�con-

sentiti�dalla�propria�normativa�di�settore,�fermo�rimanendo�che�per�gli�incari-

chi�conferiti�con�procedura�concorsuale�dall'Universita�di�appartenenza�non�

possono�non�richiamarsi�le�motivazioni�che�gia�ebbe�a�ritenere�codesta�Avvo-

catura�nel�proprio�precedente�parere�(omissis)�.�


dottrinadottrina
Il�divieto�di�arbitrato�nelle�controversie�relative�ad�
opere�pubbliche�di�ricostruzione�in�territori�colpiti�
da�calamita�naturali,�tra�presunta�abrogazione�ed�
interpretazione�autentica.�

di 
Giuseppe 
Arpaia 


L'art.�3,�comma�2,�della�legge�3�agosto�1998,�n.�267�(conversione�in�
legge,�con�modificazioni�del�decreto�legge�11�giugno�1998,�n.�180,�recante�
misure�urgenti�per�la�prevenzione�del�rischio�idrogeologico�ed�a�favore�delle�
zone�colpite�da�disastri�franosi�nella�Regione�Campania),�in�deroga�alla�
regola�della�facoltativita�del�ricorso�all'arbitrato�(1),�ha�introdotto�il�divieto�
del�giudizio�arbitrale�per��le�controversie�relative�ad�opere�pubbliche�comprese�
inprogrammidiricostruzione�in�territoricolpitida�calamita�naturali�.�

Tale�speciale�disposizione�normativa�e�stata�ritenuta�conforme�alla�
Costituzione�dalla�Corte�Costituzionale�con�la�sentenza�del�28�novembre�
2001,�n.�376�(2),�che�ha�dichiarato�non�fondata�la�questione�di�legittimita�
costituzionale�del�predetto�divieto,�in�quanto�frutto�di�una�scelta�discrezio-
nale�del�legislatore,�non�irragionevole,��considerato�il�rilevante�interesse�pub-
blico�di�cui�risulta�permeata�la�materia�relativa�alle�opere�di�ricostruzione�dei�
territori�colpiti�da�calamita�naturali,�anche�in�ragione�dell'elevato�valore�delle�
relative�controversie�e�della�conseguente�entita�dei�costi�che�il�ricorso�ad�arbi-
trato�comporterebbeper�lepubbliche�amministrazioni�interessate�:�nella�moti-
vazione�della�pronuncia�il�Giudice�delle�Leggi�ha�affermato�poi�essere�indu-
bitabile,�contrariamente�a�quanto�riteneva�il�Collegio�Arbitrale�remittente,�

(1)�cfr.�Corte�Costituzionale,�sentenza�del�9�maggio�1996,�n.�152�e�art.�32�della�legge�11�feb-
braio�1994,�n.�104,�anche�nel�testo�allora�vigente,�di�cui�alla�legge�n.�216/1998.�
(2)�In�Foro�Italiano,�2002,�pt.I,�col.1648.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

che�tra�i�predetti�programmi�di�ricostruzione�rientri�anche�quello�straordina-

rio�di�edilizia�residenziale�per�l'area�metropolitana�di�Napoli�di�cui�al�titolo�

VIII�della�legge�n.�219�del�1981.�
Successivamente,�a�seguito�della�emanazione�della�legge�1.�agosto�2002,�

n.�166�(cd.�Collegato�Infrastrutture)�e,�in�particolare,�dell'art.�7,�espressa-
mente�rivolto�a�modificare�e�ad�integrare�numerose�disposizioni�della�legge�

n.�109/1994�(tanto�da�essere�stato�ribattezzato�come�legge�Merloni�quater(3):�
si�e�ritenuto�da�parte�di�alcuni�operatori�del�diritto�che�il�legislatore�abbia�

abrogato�il�predetto�divieto,�per�cui�sono�state�attivate�alcune�procedure�arbi-

trali,�relative�ad�opere�pubbliche�di�cui�alla�legge�219/1981.�
L'articolo�in�parola�ha�novellato,�tra�gli�altri,�l'art.�32�della�legge�

n.�109/1994,�che,�come�e�noto,�riguarda�la�definizione�delle�controversie,�intro-
ducendo�al�4.�comma�una�disposizione�transitoria�ed�aggiungendo�un�comma�

4�bis:�quest'ultimo�e�stato�invocato�al�fine�di�sostenere�la�abrogazione�del�

divieto�di�arbitrato�in�tema�di�arbitrato�per�le�opere�pubbliche�di�ricostruzione.�

Infatti�nella�disposizione�contenuta�al�comma�4-bis,�aggiunto�all'art.�32�(�Sono�

abrogatetutteledisposizioniche,�incontrastoconiprecedenticommi,prevedono�

limitazioni�aimezzi�dirisoluzione�delle�controversie�nella�materia�dei�lavoripub-

blicicome�definita�dall'art.�2�)�e�stata�ravvisata�da�parte�di�alcuni�concessionari�

di�opere�pubbliche�l'abrogazione�del�predetto�divieto�di�arbitrato.�
Successivamente,�il�legislatore�e�intervenuto�con�l'art.�1,�comma�2�qua-

ter,�della�legge�8�aprile�2003,n.�62�di�conversione�al�d.l.�7�febbraio�2003,�

n.�15�prevedendo�esplicitamente�che��alle�controversie�derivanti�dall'esecu-
zione�dioperepubbliche�inerentiprogrammidiricostruzionedei�territoricolpiti�

da�calamita�naturali,�ivi�compresi�gli�interventi�derivanti�dall'applicazione�della�

legge�n.�219/1981�e�successive�modificazioni�continua�ad�applicarsi�il�disposto�

dicuiall'art.�3,�comma2deld.l.n.�180/1998convertitoconmodificazioninella�

legge�n.�267/1998�.�
Senonche�,�tale�disposizione�di�legge,�se�certamente�ha�precluso�la�proposi-

zione�di�nuove�domande�arbitrali�a�far�tempo�dalla�sua�entrata�in�vigore�

(10�aprile�2003),�non�e�valsa,�tuttavia,�ad�impedire�la�prosecuzione�dei�giudizi�

arbitrali�gia�pendenti�ovvero�a�costituire�successivamente�i�Collegi�arbitrali�

per�le�domande�notificate�anteriormente�alla�entrata�in�vigore�della�legge�

ultima�citata,�in�conformita�alla�consolidata�giurisprudenza�di�legittimita�che�

ricollega�l'inizio�del�giudizio�arbitrale�al�momento�della�notificazione�della�

domanda�e�non�gia�a�quello�dalla�costituzione�del�collegio�(4),�nell'implicito�

presupposto�che�trattasi�di�norma�di�legge�innovativa,�che�ha�ripristinatoun�

divieto�e�non�gia�di�interpretazione�autentica,�la�cui�caratteristica,�come�e�noto,�

e�quella�di�imporre�una�determinata�interpretazione�con�efficacia�retroattiva,�

con�riferimento�anche�a�rapporti�posti�in�essere�precedentemente.�
La�identificazione�di�una�legge�meramente�interpretativa�costituisce�un�

delicato�problema�giuridico,�in�quanto�tale�specie�di�legge�realizza�una�

deroga�all'art.�11�delle�disposizioni�preliminari�al�codice�civile�(cd.�pre-leggi),�

(3)�M.�Clarich,�La�legge�Merloni�quater�tra�instabilita�eflessibilita�in�Corriere�Giuridico�
n.�11/2002,�1401.�
(4)�cfr.�Corte�di�Cassazione�28�maggio�2003,�n.�8532�;�25�luglio�2002,�n.�10922.�

DOTTRINA�907 


che�sancisce�il�principio�di�irretroattivita�delle�leggi�(�la�legge�non�dispone�che�

per�l'avvenire:�essa�non�ha�effetto�retroattivo�),�principio�avente�copertura�

costituzionale,�tuttavia,�solo�per�le�norme�penali�incriminatrici�(art.�25,�

comma�2�della�Costituzione).�
Preliminare�risulta�una�osservazione:�cos|�come�ritiene�la�costante�giuri-

sprudenza�costituzionale�in�materia,�ai�fini�del�carattere�interpretativo�o�

meno�di�una�legge�non�assume�carattere�determinante�l'autoqualificazione�

che�la�legge�fa�di�se�stessa.�(cfr.�Corte�Costituzionale�sentenze�n.�233/1988;�

n.�155/1990;�n.�454/1992(5)).�
Pertanto,�al�fine�di�accertare�se�la�legge�n.�62/03�sia�interpretativa�o�
meno�occorre�verificare�in�primo�luogo�se�l'art.�32,�ultimo�comma,�legge�

n.�109/1994,�nel�testo�risultante�a�seguito�dell'intervento�della�legge�n.�166/�
2002,�offriva�oggettivamente�incertezza�interpretativa�tale�da�giustificare�la�

opportunita�di�una�interpretazione�autentica�che�chiarisse�il�senso�delle�

norme:�in�mancanza�di�incertezza,�infatti,�e�indiscutibile�che�la�successiva�

legge,�al�di�la�di�ogni�formula�usata,�dovrebbe�considerarsi�innovativa�e,�

come�tale�non�retroattiva,�in�mancanza�di�una�diversa�volonta�del�legislatore.�
Ad�avviso�di�chi�scrive,�tale�incertezza�sussisteva�per�l'interprete�alla�

stregua�delle�regole�ermeneutiche�che�disciplinano�la�interpretazione�della�

legge,�contenute�nelle�cd.�Preleggi.�Queste�norme,�che�servono�all'interprete�

ad�individuare�la�disciplina�giuridica�applicabile,�come�e�noto,�sono�in�una�

posizione�non�solo�topografica,�ma�soprattutto�logica,�di�priorita�rispetto�a�

tutte�le�altre�norme�aventi�forza�di�legge�ordinaria,�in�quanto�hanno�per�

oggetto�non�gia�rapporti,�bens|�altre�norme�e�cio�ben�giustifica�la�loro�posi-

zione�sovraordinata�a�tutte�le�altre�disposizioni�di�legge�ordinaria(6).�Nella�

specie,�la�norma�di�cui�occorre�tenere�necessariamente�considerazione�e�

l'art.�15��Abrogazione�delle�leggi�,�che�recita:��Le�leggi�non�sono�abrogate�

cheda�leggiposterioriperdichiarazioneespressadellegislatore,�operincompa-

tibilita�tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti�o�perche�la�nuova�legge�regola�

l'intera�materia�gia�regolata�dalla�legge�anteriore�.�
In�primo�luogo�si�osserva�che�il�comma�4-bis�dell'art.�32�non�abroga�espli-

citamente�la�legge�n.�267/1998�e�tale�circostanza�appare,�ictu�oculi,�pacifica.�
Anche�il�secondo�modo�di�abrogazione�tacita�o�implicita�della�legge,�

previsto�dall'art.�15�citato�(che�si�verifica�allorche�la�nuova�legge�regola�la�

intera�materia�gia�regolata�dalla�legge�anteriore)�e�da�escludere�che�ricorra�

nella�fattispecie,�in�quanto�risulta�evidente�che�l'art.�3�della�legge�

n.�267/1998�non�regolava�l'intera�materia�del�contenzioso�arbitrale�in�materia�
di�opere�pubbliche,�atteso�la�sua�indiscutibile�natura�speciale,�la�cui�sfera�di�

applicazione�era�ristretta�esclusivamente�al�contenzioso�relativo�ad�opere

pubbliche�comprese�in�programmi�di�ricostruzione,�realizzate�su�territori�col-

piti�da�calamita�naturali.�
Resta,�pertanto,�da�esaminare�l'ultima�ipotesi�di�abrogazione�implicita,�

vale�a�dire�quella�per�incompatibilita�tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti.�

(5)�In�Foro�It.,1989,�pt.�I,�col.�1052�;�1990,�pt.�I,�col.�3072�;�1993,�pt.I,col.�673.�
(6)�F.SantorO 
Passarelli,�Le�norme�di�determinazione�della�legge,in�Liberta�e�autorita�nel�
diritto�civile,�pag.33�e�segg.,�CEDAM,�1977.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


A 
ben 
vedere 
la 
disposizione 
in 
parola 
dell'art. 
15 
delle 
preleggi 
rinvia 
all'interprete 
la 
formulazione 
del 
giudizio 
di 
incompatibilita� 
: 
tuttavia, 
anche 
in 
tal 
caso 
il 
legislatore 
ha 
fissato 
delle 
regole 
per 
la 
formazione 
di 
tale 
giudiz
io. 
Infatti, 
ai 
fini 
ermeneutici, 
non 
puo� 
prescindersi 
dall'art. 
12 
delle 
prel
eggi, 
che 
sancisce 
la 
prevalenza 
del 
dato 
testuale 
e 
della 
lettera 
della 
legge 
(contrariamente 
alla 
regola 
valevole 
nella 
interpretazione 
dei 
contratti, 
nella 
quale 
prevale 
la 
ricerca 
della 
comune 
intenzione 
delle 
parti, 
rispetto 
al 
senso 
letterale 
delle 
parole: 
cfr. 
art. 
1362 
c.c.). 


Come 
si 
puo� 
constatare 
dalla 
mera 
lettura, 
il 
comma 
4-bis 
dell'art. 
32 
della 
legge 
109/1994 
non 
abroga 
alcun 
precedente 
divieto 
di 
arbitrato, 
ma 
rimuove 
le 
limitazioni 
ai 
mezzi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie, 
nell'ambito 
della 
normativa 
che 
disciplina 
i 
lavori 
pubblici, 
senza 
incidere 
sulle 
norme 
di 
carattere 
speciale, 
quale 
e� 
l'art. 
3,co.2 
legge 
n. 
267/1998. 
In 
sintesi, 
il 
comma 
4-bis 
riguarda 
la 
materia 
dei 
lavori 
pubblici, 
in 
quanto 
regolata 
dalla 
legge 
�Merloni� 
e 
dalle 
relative 
disposizioni 
di 
attuazione 
e 
regolamentari 
: 
pertanto, 
in 
mancanza 
di 
un 
esplicito 
riferimento, 
non 
puo� 
essere 
interpret
ato 
nel 
senso 
di 
estendere 
la 
sua 
sfera 
di 
efficacia 
abrogativa 
anche 
su 
una 
norma 
speciale. 


Invero, 
le 
disposizioni 
abrogate 
dal 
comma 
4 
bis 
sono 
quelle 
(e 
solo 
quelle) 
in 
contrasto 
con 
i 
precedenti 
commi, 
in 
quanto 
limitano 
i 
mezzi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
nella 
materia 
dei 
lavori 
pubblici 
ed 
esse 
vanno 
ricercate 
esclusivamente 
nel 
corpus 
delle 
norme 
di 
legge, 
regolamentari 
ed 
amministrative 
a 
carattere 
generale 
. 


A 
mero 
titolo 
esemplificativo, 
ad 
avviso 
di 
chi 
scrive, 
una 
disposizione 
incompatibile 
che 
puo� 
ritenersi 
abrogata 
dal 
comma 
4-bis 
e� 
l'art. 
33, 
comma 
2, 
del 
Regolamento 
del 
19 
aprile 
2000, 
recante 
il 
Capitolato 
Generale 
di 
appalto 
dei 
lavori 
pubblici, 
che 
pone 
la 
regola 
della 
pregiudizialita� 
della 
risoluzione 
in 
via 
amministrativa 
ai 
fini 
dell'accesso 
alla 
tutela 
arbitrale, 
sia 
pure 
con 
riferimento 
alle 
riserve 
di 
cui 
all'art. 
32 
del 
medesimo 
Capitolato 
(riserve 
di 
minore 
valore 
economico 
o 
insorte 
successivamente 
alla 
conclus
ione 
dei 
lavori). 
(7) 


Per 
quanto 
innanzi 
esposto 
puo� 
ritenersi 
che 
il 
comma 
4-bis, 
aggiunto 
all'art. 
32 
della 
legge 
109/1994, 
non 
puo� 
avere 
abrogato 
il 
divieto 
di 
arbitrato 
sancito 
dall'art. 
3, 
co. 
2 
della 
legge 
n. 
267/1998. 


La 
interpretazione 
sopra 
esposta 
si 
contrappone 
all'altra 
che 
ritiene, 
invece, 
che 
il 
comma 
4-bis 
abbia, 
nell'abrogare 
tutte 
le 
limitazioni 
ai 
mezzi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie, 
inteso 
eliminare 
proprio 
il 
divieto 
di 
arbit
rato 
de 
quo, 
in 
quanto, 
a 
volere 
ritenere 
diversamente 
l'interprete 
non 
saprebbe 
individuare 
quali 
siano 
le 
altre 
disposizioni 
che 
devono 
ritenersi 
abrogate. 


Ma 
c'e� 
un'ulteriore 
argomentazione, 
a 
livello 
di 
sistema, 
che 
depone 
a 
favore 
della 
natura 
non 
abrogativa 
dell'art. 
32, 
comma 
4-bis, 
del 
divieto 
di 
arbitrato 
previsto 
dal 
cd. 
decreto 
Sarno, 
fondata 
sulla 
ordinanza 
della 
Corte 
Costituzionale 
15 
gennaio 
2003, 
n. 
11. 
I 
Giudici 
della 
Consulta, 
nel 
pronun


(7) 
Cfr. 
R. 
Villata, 
L'appalto 
di 
opere 
pubbliche, 
2001, 
865 
ss. 

DOTTRINA�909 


ciarsi�nuovamente,�sulla�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,�
comma�2,�del�d.l.�n.�180/1998,�hanno�dichiarato�la�stessa�manifestamente�
infondata,�ritenendo�in�tal�modo,�implicitamente,�vigente�il�divieto�di�devolu-
zione�ad�arbitri�delle�controversie�relative�alla�esecuzione�di�opere�pubbliche�
comprese�in�programmi�di�ricostruzione�di�territori�colpiti�da�calamita�natu-
rali.�

In�sintesi,�l'art.�1,�co.�2�quater,�della�legge�8�aprile�2003,�n.�62�ha�inteso�
dipanare�ogni�dubbio�in�ordine�alla�persistenza�del�divieto�di�arbitrato�in�
ordine�alle�controversie�derivanti�dall'esecuzione�di�opere�pubbliche.�

Anzi,�in�via�legislativa,�si�e�inteso�rendere�esplicito�quanto�gia�la�Corte�
Costituzionale�aveva�affermato�in�ordine�alle�controversie�relative�ad�inter-
venti�derivanti�dalla�applicazione�della�legge�n.�219/1981,�non�menzionati�
nel�decreto�Sarno,�ma,�come�aveva�gia�chiarito�il�Giudice�delle�Leggi�con�la�
citata�sentenza�n.�376/2001,�da�intendersi�anch'essi�compresi�nella�sferadi�
applicazione�del�divieto.�

Infine,�a�sostegno�della�natura�interpretativa�della�norma�di�legge�

n.�62/2003�possono�valere�anche�le�seguenti�considerazioni:�
1)�l'espressione�utilizzata�dal�legislatore��continua�,�fa�ritenere�che�
non�vi�sia�stata�soluzione�di�continuita�nella�vigenza�del�divieto;�
2)�l'abrogazione�di�una�norma�di�legge�si�ritiene�generalmente�abbia�
carattere�definitivo,�mentre�tale�definitivita�sarebbe�stata�esclusa�immediata-
mente�dalla�successiva�legge�n.�62/03;�

3)�ritenere�che�l'art.�1,�co.�2�quater 
in�parola�abbia�ripristinato�il�
divieto�di�arbitrato�comporta�una�forzatura�del�testo�di�legge,�in�quanto�nella�
sua�formulazione�letterale�esso�senz'altro�non�costituisce�una�abrogazione�di�
una�norma�che,�a�sua�volta�possa�definirsi�abrogatrice.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La 
Public 
Governance 
in 
Europa 


di 
Federico 
Basilica 


Il�paradigma�della�governance�pubblica�nasce�in�anni�recenti�nell'ambito�
del�piu�ampio�dibattito�sul�nuovo�ruolo�dello�Stato�e�delle�amministrazioni�
pubbliche�territoriali�nelle�societa�avanzate�e�globalizzate.�

Molti�fenomeni�hanno�contribuito�a�far�emergere�questo�nuovo�para-
digma.�La�crescente�apertura�dei�mercati�e�la�fiducia�nella�capacita�incenti-
vante�della�concorrenza,�il�conseguente�declino�della�figura�dello��Stato�
imprenditore�,�la��crisi�fiscale��dello�Stato,�la�nuova�centralita�del�cittadino,�
come�soggetto�portatore�di�interessi,�partecipe�e�non�mero�destinatario�delle�
politiche�pubbliche,�la�richiesta�di�una�maggiore�prossimita�del�potere�pub-
blico�alla�dimensione�territoriale�infrastatale,�la�crescita�quantitativa�e�quali-
tativa�del�cosiddetto��terzo�settore�,�l'intreccio�sempre�piu�complesso�tra�
funzioni�pubbliche�e�servizi�privati.�Questi�fenomeni,�comuni�a�tutti�i�Paesi�
piu�avanzati,�hanno�portato�ad�una�radicale�rivisitazione�e�riconfigurazione�
del�modo�di�operare�dei�poteri�pubblici,�tuttora�in�fase�di�evoluzione.�

Il�termine�governance,�come�e�noto,�e�stato�adoperato�dapprima�in�
ambito�privato.�Si�parla�infatti�ormai�da�decenni�di�corporate�governance,�
per�indicare�le�strategie�e�gli�strumenti�di�controllo�e�direzione�dei�grandi�
gruppi�industriali:�realta�sempre�piu�raramente�organizzate�secondo�la�moda-
lita�compatta�e�gerarchica�dell'impresa�monoprodotto�dell'eta�delle�fabbrica-
zioni�di�massa�e�sempre�piu�articolate,�al�contrario,�in�configurazioni��ad�
arcipelago�,�segnate�dalla�disarticolazione�organizzativa,�specchio�della�
diversificazione�di�merci�e�servizi.�

Nell'eta�della��organizzazione�scientifica�del�lavoro��di�Taylor�e�del�
modello�produttivo�fordista�la�metafora�dell'industria�divisionale�era�stata�
la�piramide,�a�sintetizzare�grandi�dimensioni,�gerarchia�verticistica,�solidita�
organizzativa,�rigida�ripartizione�delle�competenze.�Gli�anni�piu�recenti,�vice-
versa,�hanno�visto�la�sua�sostituzione�con�quella�della�rete,�che�rappresenta�
in�maniera�piu�convincente�le�condizioni�essenziali�al�migliore�sviluppo�del-
l'impresa�nel�contesto�del�nuovo��modello�toyota��della�lean�organization:�
pluralizzazione�di�snelli�centri�produttivi,�flessibilita�organizzativa,�integra-
zione�tra�attivita�e�linee�di�prodotto,�minore�gerarchia�ed�organizzazioni�piu�
�piatte�.�

Questa�trasformazione�organizzativa�ha�dapprima�segnato�dall'interno�
l'universo�del�privato�profit,�ma�poi�ha�influenzato�anche�l'ambito�esterno�in�
cui�esso�opera.�Oggi,�sempre�piu�il�successo�di�una�impresa�e�legato�ad�una�
serie�di�condizioni�relazionali�con�il�contesto�sociale�e�con�gli�attori�pubblici,�
in�quelli�che�Manuel�Castells�chiama�i��milieux�di�innovazione��(1).�La�rete,�

(1)�M. 
Castells, 
La�nascita�della�societa�in�rete,�Milano�2002.�

DOTTRINA�911 


appunto,�interna�ed�esterna,�in�luogo�della�catena�di�montaggio�del�Charlie�
Chaplin�di��Tempi�moderni�.�La�corporate 
governance 
in�luogo�della�vecchia�
logica�direzionale�meccanica�top-down. 


Parallelamente�a�queste�trasformazioni�della�societa��e�del�mercato,�
anche�i�poteri�pubblici�sono�stati�investiti�da�processi�che�ne�hanno�sensibil-
mente�modificato�la�ragion�d'essere�e�gli�obiettivi,�fissati�dalla�domanda�dei�
cittadini�ed�hanno,�come�conseguenza,�dovuto�adottare�modalita��operative�
e�strumenti�gestionali�totalmente�diversi�rispetto�al�passato.�In�particolare,�
la�trasformazione�nell'ambito�pubblico�si�e��intensificata�nell'ultimo�venten-
nio,�all'insegna�di�parole�d'ordine�nuove,�a�definire�nuove�realta��.�

In�questo�contesto,�l'introduzione�del�termine�governance 
in�ambito�pub-
blico,�con�la�carica�evocativa�che�porta�con�se�,e��servita�a�definire�alcune�
delle�caratteristiche�di�ordine�piu��generale�che�vanno�assumendo�gli�assetti�
istituzionali,�i�ruoli�e�le�modalita��di�azione�dei�poteri�pubblici�(piu��in�partico-
lare,�delle�pubbliche�amministrazioni),�sulla�scia�di�quei�profondi�processi�di�
riforma�che�hanno�segnato,�con�connotati�ed�intensita��diverse,�ma�anche�
con�ampia�somiglianza�di�strumenti,�tutti�i�Paesi�dell'area�occidentale.�

Quasi�sempre�il�termine�governance 
e��contrapposto�al�concetto�di�
government,�in�cui�si�compendia�il�tradizionale�modello�di�esercizio�dell'auto-
rita��pubblica.�Un�modello�che�era�basato,�quanto�alle�funzioni,�sulla�produ-
zione�diretta�di�un�numero�crescente�nel�tempo�di�beni�e�servizi�a�fruizione�
collettiva;�ed�ispirato,�quanto�alle�logiche�operative,�al�principio�di�legalita��,�
alla�ripartizione�rigida,�formale�e�gerarchica�dei�poteri�e�delle�competenze�
in�capo�a�determinati�centri�di�imputazione,�la�cui�legittimazione�derivava�
formalmente�dalla�legge.�

Al�suo�posto,�emerge�un�modello�nuovo.�Come�l'impresa,�anche�l'ammi-
nistrazione�nel�nuovo�clima�impara�a��fare�sistema�,�ad�operare�in�modo�
condiviso�in�contesti�di�incertezza�e�scarsita��di�risorse,�a�relazionarsi�piutto-
sto�che�a�dare�ordini,�a�far�fare�piuttosto�che�a�fare.�Sono�proprio�questi�i�
macrofenomeni�che�con�il�termine�governance 
si�intende,�in�genere,�riassu-
mere.�

L'espressione,�peraltro,�e��stata,�come�detto,�diversamente�intesa,�ed�ha�
trovato�definizioni�e�concettualizzazioni�diverse�nei�diversi�contesti�in�cui�ha�
dato�luogo�alla�riflessione.�In�particolare,�diverse�e�di�diversa�portata�sono�
state�le�definizioni�della�governance 
formulate�dai�vari�organismi�internazio-
nali�che�per�primi�vi�hanno�fatto�riferimento.�

Vi�e��un'accezione�restrittiva�della�Banca�Mondiale,�che�si�sofferma�quasi�
esclusivamente�sull'efficienza�e�l'efficacia�del�management 
pubblico,�sui�con-
trolli�dei�meccanismi�di�spesa�e�sulla�riduzione�della�corruzione�nelle�pubbli-
che�amministrazioni�(2).�Sulla�medesima�linea�il�Fondo�Monetario�Interna-
zionale,�che�pone�l'accento�soprattutto�sull'efficacia�dei�sistemi�di�gestione�e�
regolazione�dei�diversi�Paesi�(3).�Vi�e��poi�un'altra�ben�piu��estensiva�defini-

(2)�World�Bank,�website,�2002.�
(3)�FMI,�Guidance 
Note 
on 
Governance,1997.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione,�usata�dalla�Commission�on�Global�Governance�delle�Nazioni�Unite�(4),�
secondo�cui�il�modello�e��la�somma�dei�diversi�modi�in�cui�gli�individui�e�le�isti-
tuzioni,�pubblicheeprivate,�gestiscono�iloro�affaricomuni...�unprocesso�conti-
nuo�attraverso�il�quale�interessi�differenziati�o�tra�loro�in�conflitto�possono�
essere�compostiechepermettediintraprendereformediazione�cooperativa�.�

Vi�e�,�infine,�la�formula�mediana�usata�dalla�Commissione�europea,�che�pone�
l'accento�sui�propri�consolidati�meccanismi�di�sussidiarieta�e�proporziona-
lita�(5).�

In�generale,�dunque,�due�profili�si�stagliano�piu�netti�quando�si�parla�di�
governance:�si�intende,�da�un�lato,�sottolineare�il�processo�di�superamento�
della�ripartizione�formale�di�poteri�e�competenze,�a�beneficio�di�una�nuova�
attenzione�sul�risultato�dell'attivita�pubblica,�sottintendendo,�dall'altro,�la�
profonda�trasformazione�qualitativa�delle�funzioni�amministrative�e�del�ruolo�
dei�poteri�pubblici.�L'orizzonte,�in�entrambi�i�sensi,�e�quello�di�una�ricerca�
di�modalita�operative�diverse�dal�passato,�meno�costose�e�piu�efficienti,�mag-
giormente�orientate�alla�soddisfazione�dell'utenza,�che�prevedano�formedi�
cooperazione�fra�attori�pubblici�e�privati,�integrazione�e�accordo�con�altri�
soggetti�istituzionali�in�vista�della�realizzazione�di�fini�condivisi,�partecipa-
zione�piu�immediata�e�diretta�dei�cittadini�e�della�societa�civile�alle�scelte�col-
lettive�ed�alla�loro�implementazione�amministrativa.�

Questa�trasformazione�ha�implicato,�dal�punto�di�vista�istituzionale,�la�
valorizzazione�del�principio�di�sussidiarieta�tanto�verticale�che�orizzontale.�

Il�nuovo�paradigma�ha�portato�alla�rivalutazione�di�questa�antica�cate-
goria�giuridica,�derivata�dal�diritto�canonico�e�passata�per�varie�interpreta-
zioni�culturali,�ma�in�una�declinazione�che,�non�a�caso,�non�molti�anni�fa�e�
stata�brillantemente�definita��dei�moderni��(6).�Declinazione�che�si�basa,�in�
un�primo�senso,�sul�principio�secondo�il�quale�le�competenze�sono�allocate�
nel�livello�territoriale�in�cui�possono�essere�esercitate�in�maniera�piu�effi-
ciente,�efficace�ed�adeguato�alle�attese�ed�alle�domande�dei�cittadini;�conla�
preferenza�per�il�livello�piu��prossimo��al�territorio�ed�alle�comunita�ammini-
strate.�In�questo�senso,�il�principio�prevede,�quindi,�una�ripartizione�flessibile�
delle�competenze,�non�definitiva,�perche�suscettibile�di�cambiamento�al�
mutare�delle�condizioni�economiche�e�sociali�o�delle�priorita�nell'agenda�poli-
tica,�in�luogo�di�una�distribuzione�rigida�ed�univoca�dei�poteri,�definita�ex�
ante�una�volta�per�tutte�attraverso�uno�strumento�rigido�di�natura�legale.�

La�flessibilita�e�l'elasticita�,�pero�,�non�riguardano�solamente�i�rapporti�tra�
diversi�livelli�di�governo�all'interno�della�sfera�del�pubblico,�ma�anche,inun�
secondo�senso,�le�relazioni�tra�questi�ed�i�soggetti�privati.�Da�quest'ultimo�
punto�di�vista,�emergono�in�tutto�il�mondo�avanzato�fenomeni�comuni,�acco-
munati�dalla�caratteristica�di�attenuare�quella�separazione�tra�sfera�del�pub-

(4)�ONU,�Commission�on�Global�Governance,�Our�Global�Neighbourhood,1992.�
(5)�Commissione�europea,�Libro�bianco�sulla�governance�europea,2001.�
(6)�P.dRidola,dIl�principio�di�sussidiarieta�e�la�forma�di�Stato�di�democrazia�pluralistica,in�
AA.VV.,�Studi�sulla�riforma�costituzionale,�Torino�2001,�p.�219.�

DOTTRINA�913 


blico�e�sfera�del�privato�che�Norberto�Bobbio�defin|�la��grande�dicotomia��
su�cui�si�basavano�fino�alla�seconda�meta�del�'900�tutti�i�sistemi�giuridici�del-
l'area�occidentale�(7).�Si�tratta�di�fenomeni�quali�la�tendenza�ad�esternalizzare�
attivita�e�servizi�pubblici�(e�spesso�perfino�tradizionali�funzioni�amministra-
tive),�quella�a�ricorrere�al�partenariato�pubblico-privato�nell'espletamento�
delle�attivita�di�rilevanza�sociale,�la�privatizzazione�delle�imprese�pubbliche,�
con�l'ingresso�di�azionisti�privati�nella�gestione�di�grandi�servizi�di�interesse�
collettivo,�ma�soprattutto,�in�linea�generale,�l'arricchimento�del�processo�deci-
sionale�burocratico,�mediante�la�partecipazione�dei�soggetti�destinatari�delle�
politiche�pubbliche�e�delle�attivita�amministrative�a�tutto�l'iter�istruttorio�
come�alla�fase�di�gestione,�secondo�le�modalita�radicalmente�nuove�di�quella�
che�e�stata�definita��amministrazione�condivisa��(8).�

Ne�emerge,�quindi,�un�nuovo�sistema�dei�poteri�pubblici�e�delle�loro�
relazioni,�molto�complesso�ed�articolato�in�competenze�formali�ed��infor-
mali�,�che�prevede�la�presenza�di�una�pluralita�di�livelli�di�governo�e�di�sog-
getti�portatori�di�interessi�coinvolti�nella�determinazione,�nello�sviluppo�e�nel-
l'implementazione�delle�singole�politiche�pubbliche.�Un�sistema�multilivello�
(multi-level�governance),�in�cui�diviene�necessaria�la�ricerca�di�coerenza�tra�le�
diverse�parti�del�sistema�e�tra�le�diverse�azioni�da�esse�poste�in�essere(9).�

Nel�mutato�scenario�i�poteri�pubblici�non�possono�piu�invocare�esclusi-
vamente�una�legittimazione�formale�derivante�dalla�legge,�ne�operare�attra-
verso�azioni�orientate�al�mero�assolvimento�dei�compiti�espliciti,�ma�sono�
chiamati�a�guadagnare�una�legittimazione��sostanziale��sul�campo,�in�
ragione�del�raggiungimento�degli�obiettivi,�sempre�piu�condivisi�e�partecipati,�
e�quindi�dell'efficacia�e�dell'efficienza�della�propria�azione.�La��legittima-
zione��non�e�piu�determinata�solo�dalle�norme,�ma�viene�a�dipendere�in�larga�
parte�dalla�capacita�di�fissare�obiettivi�condivisi�di�politiche�pubbliche,�di�
assicurarne�l'implementazione�amministrativa,�di�mediare,�in�vista�della�con-
creta�decisione,�tra�una�vasta�gamma�di�interessi�pubblici�e�privati,�di�adem-
piere�i�nuovi�compiti�con�competenza�tecnica�e�con�cognizioni�scientifiche�
appropriate.�

La�trasformazione�e�gia�avvertita�con�grande�chiarezza�dagli�operatori�
che�sono�in�prima�linea�nelle�amministrazioni.�Una�ricerca�della�Funzione�
Pubblica,�effettuata�su�un�campione�amplissimo�di�dirigenti�delle�amministra-
zioni�di�tutti�i�livelli�di�governo,�e�da�poco�pubblicata�in�volume,�ha�dimo-
strato�che�in�media�essi�percepiscono�gia�oggi�il�loro�come�un�ruolo�di�deci-
sione�e�di�relazione�piuttosto�che�di�gestione�diretta�nel�vecchio�senso�(10).�

(7)�N. 
Bobbio, 
La�grande�dicotomia:�pubblico/privato,�in�Id.,�Stato,�governo,�societa�,Torino�
1985.�
(8)�G. 
Arena, 
Introduzione�all'amministrazione�condivisa,in�Studiparlamentari�e�dipolitica�
costituzionale,�1997,�n.�117-118.�
(9)�A. 
Bagnasco, 
Tracce�di�comunita�,�Bologna�1999.�
(10)�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�La�dirigenza�pubblica:�il�mercato�e�le�competenze�
dei�ruoli�manageriali,�Soneria�Mannelli�2003.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�di�tutta�evidenza�come�queste�evoluzioni,�comuni�a�tutto�il�mondo�svi-
luppato,�il�cui�carattere�non�e�certamente�contingente,�comportino�quello�
spostamento�dei�criteri�di�legittimazione,�dal�piano�formale�a�quello�sostan-
ziale,�cui�si�accennava�poc'anzi.�Il�nuovo�paradigma�viene�a�poggiare�su�due�
pilastri,�che�sono�fra�i�principi�ispiratori�del�reinventing 
government 
intorno�
a�cui�si�sono�composti�i�processi�di�riforma�amministrativa�di�tutti�Paesi�del-
l'area�OCSE:�il�principio�di�responsabilita�e�quello�di�accountability. 


Secondo�i�nuovi�criteri�di�gestione,�largamente�basati�sulla�fissazione�di�
chiari�obiettivi�e�sulla�valutazione�(qualitativa�oltre�che�quantitativa)�dei�
risultati,�ciascun�attore�amministrativo�e�responsabile,�nell'ambito�delle�pro-
prie�attribuzioni,�dei�risultati�che�deve�produrre�ed�e�chiamato�a�rispondere�
del�suo�operato�ai�suoi�diretti�interlocutori:�il�politico�all'elettorato,�il�mana-
ger 
pubblico�ai�politici,�le�pubbliche�amministrazioni�ai�cittadini�e�ai�contri-
buenti.�Si�innesca,�cos|�,�un�circuito�virtuoso,�orientato�alla�creazione�di�value 
for 
money.�Ed�i�risultati,�si�badi,�non�sono�piu�solo�e�tanto�quelli�del��pro-
dotto�amministrativo��diretto,�ma�anche�e�soprattutto�quelli��di�sistema�,�
ottenuti�mettendo��in�rete��tutti�gli�attori,�pubblici�e�privati,�impegnati�nella�
soddisfazione�di�un�bisogno�collettivo.�

Le�nuove�pubbliche�amministrazioni�devono�essere,�quindi,�socialmente�
responsabili�e�dimostrare�le�proprie�performances,�valutabili�secondo�deter-
minati�criteri�(efficienza,�efficacia,�economicita�),�che�diano�conto�della�realiz-
zazione�di�un�programma�prestabilito,�presentato�pubblicamente�e�moral-
mente�impegnativo.�Devono,�per�usare�l'espressione�che�ha�ispirato�una�
recente�iniziativa�sul�bilancio�sociale,��rendere 
conto 
ai 
cittadini�(11).�

Apertura, 
partecipazione, 
responsabilita� 
, 
efficacia 
e 
coerenza,�insieme�a�
proporzionalita� 
e�sussidiarieta� 
:�sono�questi�i�nuovi�principi�su�cui�rimodellare�
l'azione�collettiva�che�stanno�alla�base�della�buona 
governance 
e�delle�innova-
zioni�proposte�dalla�Commissione�UE�nel�suo�gia�menzionato�Libro�bianco,�
che�in�un�passo�breve�ma�significativo�icasticamente�osserva:��Ciascuno 
di 
essi 
e� 
essenziale 
alfine 
di 
instaurare 
una 
governance�piu� 
democratica 
... 
costi-
tuiscono 
ilfondamento 
della 
democrazia 
e 
delprincipio 
di 
legalita� 
negli 
Stati 
membri, 
ma 
si 
applicano 
a 
tutti 
i 
livelli 
di 
governo: 
globale, 
europeo, 
nazionale, 
regionale 
e 
locale�(12).�

Questi�cinque�principi�possono,�dunque,�essere�assunti�come�coordinate�
interpretative�condivise,�in�ambito�europeo,�del�concetto�di�governance 
pub-
blica;�essi�possono�diventare�valori�di�riferimento�su�cui�sviluppare�le�diverse�
azioni�per�l'implementazione�dei�nuovi�strumenti�e�per�la�promozione�delle�
nuove�modalita�d'azione�pubblica�sottese�alla�riforma�amministrativa.�

A�tali�principi�si�ispira�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�che�sta�
sviluppando�specifiche�azioni�di�promozione�degli�strumenti�innovativi�di�

(11)�Il�riferimento�e�al�volume�dedicato�all'introduzione,�in�ambito�pubblico,�dello�strumento�
del�bilancio�sociale:�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�Rendere 
conto 
ai 
cittadini,�Napoli�
2004.�
(12)�Commissione�europea,�Libro 
bianco 
sulla 
governance 
europea,2001.�

DOTTRINA�915 


governance�nelle�pubbliche�amministrazioni�italiane:�si�pensi,�oltre�al�gia�
citato�volume�sulla�rendicontazione�sociale�in�ambito�pubblico,�ai�manuali�
prodotti�di�recente�sulla�consultazione�nei�processi�decisionali�inclusivi�e�
sulla�definizione�dei�piani�di�comunicazione(13).

E�un�impegno�portato�avanti�con�convinzione,�nella�consapevolezza�che,�
a�dispetto�dell'evoluzione�della�riflessione�culturale�(di�cui,�seppure�sintetica-
mente,�si�e�cercato�in�queste�righe�di�dar�conto),�si�rischia�il�permanere�di�
un�concetto�tropo�vago�e�polisenso�di�governance,�ove�non�si�forniscano�alle�
amministrazioni�elementi�di�consapevolezza�e�strumenti�operativi�qualifi-
canti.�

Di�questo�impegno�e�ulteriore�testimonianza�la�recente�indagine�su��La�
public�governance�in�Europa�,�realizzata�dal�Formez;�un'indagine�che�puo�
essere�di�grande�utilita�per�quanti,�studiosi,�politici,�amministratori,�dirigenti�
pubblici�vogliano�confrontarsi�con�questo�tema.�L'indagine,�infatti,�attra-
verso�una�lettura�critica,�individua�alcuni�degli�istituti�e�degli�strumenti�piu�
diffusi�e�funzionali�della�governance�in�diversi�Stati�dell'Unione�Europea,�svi-
luppando,�inoltre,�un'analisi�comparativa�su�due�classici�processi�di�gover-
nance,�quali�quelli�della�pianificazione�strategica�e�della�programmazione�
negoziata.�

I�report�nazionali,�senza�voler�essere�esaustivi,�considerato�il�tempo�di�
realizzazione�dell'indagine�e�la�finalita�di�presentazione�di�buone�pratiche,�
propongono�un�inquadramento�degli�assetti�istituzionali,�degli�strumenti�e�
degli�istituti��peculiari��della�public�governance,�cos|�come�declinata�nei�sin-
goli�Stati,�seguendo�l'approccio�dei�case�study�per�la�trattazione�di�diverse�
esperienze�di�interesse.�

Vengono�esaminate�alcune�esperienze�di�buona�governance�nei�processi�
di�pianificazione,�programmazione�e�controllo,�con�la�messa�in�opera�di�
alcuni�tipici�strumenti�del�new�public�management;�nelle�modalita�di�gestione�
e�regolazione�dei�servizi�pubblici�e�nelle�forme�di�contrattualizzazione�delle�
attivita�amministrative;�ed,�infine,�nella�cooperazione�fra�diversi�livelli�di�
governo�e�diverse�strutture�amministrative.�

Per�ciascuno�dei�macroambiti�appena�indicati�sono�stati�sviluppati�due�
casi�di�studio�per�ogni�Paese,�di�cui�uno�riferito�al�livello�centrale�di�governo�
e�l'altro�a�quello�locale,�mirando�all'individuazione,�per�ciascuno�di�essi,�dei�
punti�di�forza�e�di�debolezza�delle�soluzioni�adottate,�alla�loro�sostenibilita�,�
al�confronto�con�analoghe�esperienze�della�realta�italiana�e�alla�proposizione�
di�eventuali�elementi�di�trasferibilita�.�

Ne�emerge�un�quadro�estremamente�interessante�e�variegato,�in�cui,�pur�
scontando�la�diversita�degli�scenari�storici�ed�istituzionali�dei�diversi�sistemi�
amministrativi,�si�scorgono�alcuni�elementi�di�affinita�nel�processo�di�evolu-
zione�delle�filosofie�e�delle�tecniche�di�amministrazione�nei�diversi�contesti.�

(13)�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�Il�piano�di�comunicazione�nelle�amministrazioni�
pubbliche,�Napoli�2004;�Id.,�Apiu�voci,�Napoli�2004.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�il�caso,�solo�per�fare�gli�esempi�piu�rilevanti,�dell'introduzione�di�strumenti�
incentivanti�le�performance 
pubbliche,�dell'esternalizzazione�di�servizi�e�fun-
zioni,�della�contrattualizzazione�dei�rapporti,�del�decentramento�amministra-
tivo,�della�cooperazione�interistituzionale.�

Tutti�elementi�che,�seppur�declinati�in�forme�e�modalita�diverse�sulla�
base�delle�specificita�delle�singole�realta�,�forniscono�proficui�spunti�di�rifles-
sione�anche�per�l'amministrazione�italiana,�nell'ottica�di�un�confronto�allar-
gato;�confronto�oggi�sempre�piu�necessario�per�una�pubblica�amministra-
zione�che�e�chiamata�a�modificare�il�proprio�ruolo�ed�a�far�crescere�i�suoi�
rendimenti,�per�farsi�promotrice�e�del�benessere�collettivo�in�questo�difficile�
momento�di�transizione.�


DOTTRINA�917 


Autorita�indipendenti�e�tutela�giurisdizionale�

di 
Valentina 
Di 
Vincenzo 


SOMMARIO:�1.�Natura�delle�Autorita�indipendenti�^1.1.�Le�autorita�e�il�nuovo�

modello�di�amministrazione�^2.�Identificazione�del�Giudice�delle�autorita�

indipendenti�^2.1.�La�giurisdizione�ante�D.Lgs.�80/1998�^2.2.�Giurisdi-

zione�post�D.Lgs�80/98�e�L.�205/2000�^3.�Limiti�delsindacato�giurisdizio-

nale�^3.1.�Discrezionalita�amministrativa�e�discrezionalita�tecnica:�sinda-

cato�giurisdizionale�^3.2.�Forme�di�sindacato�sull'attivita�discrezionale�

tecnica�^3.3.�Forme�di�sindacato�esercitabili�sui�provvedimenti�delle�auto-

rita�indipendenti�^Conclusioni.�

1.��Natura�delle�Autorita�indipendenti.�
Le�autorita�amministrative�indipendenti�rappresentano�un�modello�
organizzativo�non�omogeneo�cui�il�legislatore�ha,�negli�ultimi�anni,�fatto�fre-
quentemente�ricorso�per�la�regolazione�e�la�vigilanza�di�particolari�settori�
ordinamentali,�caratterizzati�dalla�presenza�di�diritti�fondamentali�dei�citta-
dini�meritevoli�di�tutela�contro�eventuali�abusi�provenienti�sia�dal�potere�ese-
cutivo�che�dal�mercato.�La�mancanza�di�omogeneita�delle�stesse�ha�portato�
a�considerarle�non�un�istituto,�ma�un�fenomeno�giuridico(1)�nato�e�amplia-
tosi�sotto�la�spinta�dell'esigenza�di�autonomia�e�neutralita�diversamente�con-
figurata�secondo�le�necessita�operative�e�il�momento�politico.�A�conferma�di�
quanto�detto�basti�rilevare�che�non�esiste�una�legge�che�ne�disciplini�gli�
aspetti�comuni�e�che�gli�unici�referenti�normativi,�legge�59/1997�e,�piu�di�
recente,�legge�205/2000(2),�che�in�termini�generali�si�occupano�delle�Autorita�
indipendenti�sono�privi�di�qualsiasi�addentellato�idoneo�ad�agevolare�la�defi-
nizione�dei�connotati�comuni�degli�organismi�de�quibus.�
A�fondamento�della�nascita�e�dello�sviluppo�del�fenomeno�delle�Autorita�
indipendenti�vi�e�da�un�lato�l'incapacita�dell'organizzazione�amministrativa�
tradizionale�a�provvedere�e�gestire�settori�c.�d.�sensibili,�coinvolgenti�la�tutela�
di�interessi�di�particolare�rilevanza�costituzionale(3),�dall'altro�la�necessita�

(1)�L'eterogeneita�del�fenomeno�e�evidenziata�da�G. 
Amato,�Autorita�semi-indipendenti�ed�
autorita�di�garanzia,�in�Riv.�trim�.dir.�pubbl.,�1997,�645�ss.�
(2)�Art.�2,�comma�4,�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�(la�c.d.�legge�Bassanini�Uno),�attuata�
con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�112,�ha�escluso�dal�conferimento�di�funzioni�e�compiti�dallo�stato�
alle�regioni�e�agli�Enti�locali��i�compiti�di�regolazione�e�controllo�gia�attribuiti�con�legge�statale�
ad�apposite�autorita�indipendenti��e�l'art.�4�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�reso�applicabile�
il�modello�accelerato�di�processo�amministrativo,�tra�l'altro,�alle�controversie�sui��provvedimenti�
adottati�dalle�autorita�amministrative�indipendenti��
(3)�Per�interessi�di�particolare�rilevanza�costituzionale�si�intendono,�ad�esempio,�pluralismo�
nella�stampa�(Garante�dell'editoria,�l.�416/�1981);�la�concorrenza�nel�mercato�(Autorita�garante�
della�concorrenza�e�del�mercato,�l.�287/1990);�la�difesa�dei�risparmiatori�nel�mercato�mobiliare�
(Consob,�d.l�.95/�1974,�conv.�in�l.�216/1974,�l.�281/1985).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�intervenire�gia�in�fase�preventivo-fisiologica�(non�soltanto�successivo--
patologica,�mediante�l'intervento�dell'autorita�giudiziaria)�in�settori�nevral-
gici,�quali�quelli�interessati�dall'attivita�delle�Authorities.�

Si�e�resa�necessaria,�quindi,�la�creazione�di�organismi�dotati�di�un�alto�
grado�di�specializzazione�tecnica�e�indipendenti,�muniti,�cioe�,�di�una�posi-
zione�di�terzieta�,�di�neutralita�e�di�indifferenza�rispetto�agli�interessi�dagli�
stessi�curati�a�cui�all'uopo�attribuire�poteri�normativi,�amministrativi�e�para-
giurisdizionali(4).�Tale�esigenza�e�risultata�ancora�piu�forte�nel�momento�in�
cui�si�e�assistito,�per�opera�del�processo�di�privatizzazione,�all'arretramento�
dello�Stato�dal�mercato�e�al�tramonto�del�modello�pubblico�dirigistico:�il�
rischio�della�nascita�di�monopoli�privati,�piu�aggressivi�e�spregiudicati�di�
quelli�pubblici,�ha�reso�indispensabile�la�creazione�di�organismi��neutrali��
di�regolazione�e�garanzia�dei�settori�abdicati�dallo�Stato.�

La�neutralita�dell'agire�e�la�conseguente�indipendenza�dal�potere�politico�
delle�autorita�,�caratteri�che�piu�o�meno�accentuatamente�sono�propri�di�tutte�
le�Autorita�,�conducono�a�riflettere�sulla�loro�natura�e�collocazione�istituzio-
nale.�

Va,�in�primo�luogo,�chiarito�che�la�nozione�di�neutralita�si�distingue�da�
quella�di�imparzialita�(5).�

L'imparzialita�,�propria�dell'agire�dell'amministrazione�in�senso�classico,�
ex�art.�97�Cost.,�esprime�la�posizione�di�un�soggetto�pubblico�che�nel�perse-
guimento�dell'interesse�pubblico�primario,�dato�teleologico,�mantiene�un�
atteggiamento�di�equidistanza�e�non�discriminatorio�rispetto�agli�interessi�
pubblici�secondari�o�privati�coinvolti�nel�suo�agire;�la�neutralita�,�invece,�con-
traddistingue�la�posizione�del�soggetto�che�agisce�in�una�situazione�di�indiffe-
renza�rispetto�a�tutti�gli�interessi,�pubblici�o�privati,�in�gioco.�Il�soggetto�neu-
trale,�quindi,�non�risulta�assegnatario�di�un�interesse�pubblico�da�perseguire,�
le�sua�azione�del�tutto��disinteressata��e�quella�di�garantire�la�realizzazione�
del�piu�generale�e�superiore�interesse�alla�applicazione�della�legge.�

In�forza�della�diversa�prospettiva�teleologica�emerge�come�il�soggetto�
pubblico�imparziale�e�quello�neutrale�presentino�diversita�strutturali�di�note-
vole�rilievo.�L'organo�imparziale�si�colloca�fisiologicamente�nell'apparato�
amministrativo�classico,�condividendone�il�necessario�raccordo�con�il�vertice�
politico,�a�cui�si�riconduce�la�responsabilita�politica�dell'azione�amministra-
tiva�verso�il�governo,�ex�art.�95�Cost.,�di�contro,�l'organo�neutrale,�non�
dovendo�realizzare�un�interesse�pubblico,�ma�essendo�il�suo�agire�disinteres-
sato,�e�sottratto�dal�controllo�dei�vertici�amministrativi�e�alla�conseguente�
responsabilita�del�Governo�verso�il�Parlamento.�

(4)�Cfr.,�F. 
Longo,�Ragioni�e�modalita�dell'istituzione�delle�Autorita�indipendenti,�in�
Cassese-Franchini,�Bologna,�1996,�13;�F. 
Pericu, 
Brevi�riflessioni�sul�ruolo�istituzionale�delle�
autorita�amministrative�indipendenti,�in�Diritto�Amministrativo,�1996,�4.�
(5)�Cfr.�F. 
Caringella,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Milano,�2003,�786�ss.;�V. 
Caia-
nello, 
Le�autorita�indipendenti�tra�potere�politico�e�societa�,�in�Foro�amm.,�1997.�

DOTTRINA�919 


1.1.�Le�Autorita�e�il�nuovo�modello�di�amministrazione.�
Una�volta�chiarito�che�le�Authorities�sono�indipendenti�dal�potere�poli-
tico,�bisogna�domandarsi,�ai�fini�della�determinazione�della�natura�giuridica�
delle�stesse,�se�vi�sia�inconciliabilita�tra�nozione�di�amministrazione�e�indi-
pendenza�e,�piu�in�particolare,�se�le�funzioni�di�volta�in�volta�svolte�dalle�
stesse�siano�caratterizzate�da�una�neutralita�e�terzieta�tale�da�escluderne�l'a-
scrivibilita�al�novero�delle�amministrazioni�per�assimilarle�alla�figura�dell'or-
gano�giurisdizionale.�Ci�si�interroga,�in�altri�termini,�se�ad�un'indipendenza�
di�tipo�ordinamentale�si�affianchi�anche�quella�di�tipo�funzionale.�

La�problematica�su�esposta�non�ha�un�valore�puramente�dogmatico�in�
quanto�dalla�diversa�soluzione�discendono�conseguenze�in�ordine�all'applica-
bilita�della�legge�sul�procedimento�amministrativo,�legge�241/1990,�all'am-
missibilita�di�poteri�governativi�di�direttiva�e�di�annullamento,�ex�art.�2,�
comma�3,�lett.�p),�legge�400/1988�(ora�D.Lgs.�267/2000),�all'estensivita�del�
rimedio�giustiziale�del�ricorso�straordinario�al�Capo�di�Stato,�ex�art.�14�del�

d.P.R�1199�del�1971�(6).�
Per�quanto�riguarda�il�primo�quesito�(coniugabilita�dell'indipendenza�con�
la�nozione�di�amministrazione)�la�risposta�non�puo�che�essere�positiva�tanto�
se�si�esamina�da�un�punto�di�vista�solamente�teorico,�senza�riferirsi�ad�un�ordi-
namento�determinato,�tanto�se�si�abbia�riguardo�all'ordinamento�italiano.�
Non�vi�e�,�infatti,�una�astratta�e�aprioristica�inconciliabilita�tra�amministra-
zione�e�il�carattere�di�indipendenza�e,�in�particolare,�l'ordinamento�italiano�
riconosce�accanto�ad�una�amministrazione�dipendente�dal�potere�del�
Governo,�c.d.�amministrazione��servente�,�desumibile�dal�principio�di�respon-
sabilita�politica�dei�Ministri�per�gli�atti�dei�rispettivi�dicasteri,�ex�art.�95�Cost.,�
un'amministrazione�come�apparato�direttamente�regolato�dalla�legge�e�sot-
tratto�al�potere�di�controllo�del�Governo.�Alla�base�di�quest'ultima�concezione�
di�amministrazione�vi�sono�i�principi�costituzionali�della�riserva�di�legge�in�
materia�di�organizzazione�dei�pubblici�uffici,�dell'imparzialita�e�buon�anda-
mento,�ex�art.�97,�della�necessaria�osservanza�delle�procedure�concorsuali�per�
l'accesso�ai�pubblici�impieghi,�ex�art.�97,�3.�comma,�nonche�,�del�principio�per�
cui�i�pubblici�impiegati�sono�al�servizio�esclusivo�della�nazione,�ex�art.�98.�

(6)�Dal�riconoscimento�della�natura�amministrativa�discende,�infatti,�l'applicabilita�della�
legge�241/1990.�Piu�problematico,�invece,�risulta,�nonostante�la�natura�amministrativa�degli�
organi�de�quibus,�ammettere�la�possibilita�del�ricorso�straordinario�al�Capo�dello�Stato.�Il�rimedio�
e�,�infatti,�caratterizzato�da�un�incisivo�potere�di�intervento�del�Ministro�proponente�e�del�Consi-
glio�dei�Ministri,�che�con�la�sua�deliberazione,�legittima�il�discostamento�del�primo�dal�parere�
del�Consiglio�di�Stato.�Cio�comporta�il�rischio�di�una�pesante�interferenza�politica�nell'agire�neu-
trale�delle�autorita�ed�e�per�questo�che�alcuni�autori�hanno�negato�l'esperibilita�del�ricorso�straor-
dinario�avverso�gli�atti�delle�autorita�indipendenti.�Altri,�piu�opportunamente,�hanno�distinto�un�
modello�forte�di�autorita�indipendenti,�operanti�in�settori�tutelati�a�livello�costituzionale�(liberta�
del�mercato)�che�non�tollerano�ingerenze�politiche�e�avverso�i�cui�atti�non�e�esperibile�il�ricorso�
al�Capo�dello�stato,�dal�modello�debole�che�sarebbe�sottratto�al�potere�di�indirizzo�politico,�ma�
non�a�quelli�speciali,�tra�cui�il�ricorso�de�quo.�Lo�stesso�discorso�vale�per�altri�poteri�eccezionali�
attribuiti�al�governo,�quale�quello�di�annullamento�degli�atti�amministrativi.�Vedi�L. 
Mazza-
rolli,�Ricorso�straordinario�e�amministrazioni�indipendenti,�in�Dir.�amm.,�2002,�3,�393.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Piu�problematico�risulta�esaminare�la�natura�delle�funzioni�svolte�dagli�
organismi�de 
quibus 
per�valutare�se�gli�stessi�rientrino�nella�nozione�di�ammi-
nistrazione�(nell'accezione�ampia�considerata),�stante�la�disomogeneita�del�
fenomeno�e�l'impossibilita�di�una�reductio 
ad 
unitatem. 


Non�vi�e�dubbio,�infatti,�che�in�alcuni�casi�le�funzioni�svolte�dalle�auto-
rita�indipendenti�siano�marcatamente�amministrative.�In�tali�casi,�quindi,�la�
peculiarita�dell'agire�delle�Autorita�non�risiede�nella�natura�dell'attivita�,�
quanto�piuttosto�dall'elevato�tasso�di�indipendenza�valutativa�di�cui�godono�
e�dalle�particolari�competenze�tecniche�di�cui�sono�dotate�(7).�

In�altri�casi,�invece,�le�funzioni�svolte�sono�giusdicenti�(8)�riconducibili�al�
potere�normativo�(adozione�di�veri�e�propri�regolamenti�ad�efficacia�esterna�
in�attuazione�di�una�norma�primaria),�regolatore�(adozione�di�prescrizioni,�
prive�di�natura�regolamentare,�disciplinanti�il�settore�di�riferimento)�ovvero�
di�controllo�e�monitoraggio,�di�accertamento,�di�risoluzione�di�conflitti�e�san-
zionatori.�

Si�puo�giungere,�quindi,�alla�conclusione�che�la�sottrazione�al�principio�
di�soggezione�e�di�responsabilita�politica,�ex 
art.�95�Cost.,�e�possibile�solo�
ove�le�Autorita�svolgano�attivita�giusdicenti;�di�contro,�allorquando�pongano�
in�essere�attivita�di�discrezionalita�pura,�sostanziandosi�nella�comparazione�
imparziale�degli�interessi�in�rapporto�all'interesse�pubblico�ultimo�da�perse-
guire,�operera�il�meccanismo�di�responsabilita�,�ex 
art.�95�Cost..�L'art.�95,�in�
altri�termini,�non�scolpisce�una�inderogabile�regola�di�dipendenza�dell'ammi-
nistrazione�al�governo,�con�la�conseguente�responsabilita�di�quest'ultimo,�
ma�prevede�che�nel�solo�caso�in�cui�sia�ravvisabile�tale�dipendenza�
amministrazione-governo,�i�membri�di�quest'ultimo,�individualmente�o�colle-
gialmente,�siano�chiamati�a�risponderne.�

In�ultima�analisi,�fino�a�quando�non�interverra�una�modifica�costituzio-
nale�nel�senso�di�prevedere�le�Autorita�come�potere�a�se�stante,�le�Autorita�,�
sebbene�munite�nello�svolgimento�di�alcune�loro�funzioni�della��perfetta��
neutralita�e�terzieta�,�devono�considerarsi�rientranti�nella�nozione�ampliata�e�
non�servente�di�amministrazione.�

(7)�Basti�pensare�all'Autorita�di�regolazione�di�servizi�di�pubblica�utilita�,�istituita�con�legge�
14�novembre�1995,�n.�485,�cui�sono�attribuite�potesta�tariffarie,�di�indirizzo,�di�determinazione�
dei�livelli�generali�e�specifici�di�qualita�di�servizi.�In�questo�caso�seppur�l'indipendenza�e�enun-
ciata,�ex 
art.�2,�comma�5.,�a�norma�del�quale��le�autorita�operano�in�piena�autonomia�e�con�indi-
pendenza�di�giudizio�e�di�valutazione�,�risulta�attenuata�dal�relativo�procedimento�di�nomina�nel�
cui�ambito�la�determinazione�finale�e�rimessa�alla�deliberazione�del�Consiglio�dei�Ministri,�ex 
art.�2�comma�7.,�e�dalla�prevista�necessita�che�le�Autorita�tengano�conto�degli�indirizzi�di�politica�
generali�formulati�dal�Governo,�ex 
art.�1.�
(8)�Si�pensi�all'Autorita�antitrust,�istituita�con�legge�10�ottobre�1990,�n.�287,�che�si�contrad-
distingue�per�il�fatto�di�essere�titolare�di�tipiche�funzioni�contenziose,�nel�cui�espletamento�assume�
la�veste�di�arbitro,�chiamato�a�verificare�mediante�un�percorso�sillogistico�condotto�in�conformita�
a�parametri�dell'analisi�economica,�oltre�che�giuridica,�la�riconducibilita�dei�casi�concreti�alle�ipo-
tesi�previste�dal�legislatore�(abuso�di�posizione�dominante,�pubblicita�ingannevole).�

DOTTRINA�921 


Pertanto,�nonostante�non�sia�mancato�chi�in�dottrina�abbia�sostenuto�
che�le�autorita��sarebbero�dotate�di�funzioni�giurisdizionali�e�in�quanto�tali�
sottratte�al�sindacato�giurisdizionale�proprio�degli�organi�giurisdizionali,�la�
dottrina�maggioritaria�afferma�la�natura�amministrativa�delle�stesse.�

Le�argomentazioni�sono�state�le�piu��varie:�c'e��chi�(9)�ha�sostenuto�che�
non�esiste�un�quarto�potere�dello�Stato,�oltre�quello�legislativo,�giurisdizio-
nale�e�amministrativo�e�che�inevitabilmente,�a�costituzione�invariata,�gli�
organismi�devono�essere�ricondotti�alla�amministrazione;�chi(10),�invece,�
ha�ritenuto�che�l'attivita��amministrativa�possa�essere�definita�solo�mediante�
criterio�residuale�per�cui�tutto�cio��che�non�e��di�competenza�dei�giudici�ne�
delle�camere�non�puo��che�essere�attivita��amministrativa�anche�se�consistente�
in�atti�normativi�o�in�attivita��decisorie.�

Dello�stesso�avviso�e��anche�la�giurisprudenza�tanto�del�Supremo�organo�
amministrativo(11),quantodelGiudicedilegittimita��(12).�

Il�primo,�dopo�aver�rilevato�che�le�Autorita��sono�chiamate�ad�operare�in�
piena�autonomia�rispetto�agli�apparati�dell'esecutivo�e�ad�ogni�organo�del-
l'amministrazione,�afferma�che��nell'attuale�assetto�costituzionale,�la�fun-
zione�di�garanzia�delle�Autorita��indipendenti�e��incardinata�nella�funzione�
amministrativa�,�cio��sulla�base�del�fatto�che�si�collocano�al�di�fuori�dell'am-
bito�dell'art.�102�della�Costituzione�e�che�le�norme�ne�conformano�l'attivita��
secondo�i�criteri�propri�dell'attivita��amministrata�(concretezza,�spontaneita��e�
discrezionalita��).�

La�Corte�di�Cassazione�riconosce,�nella�specie�al�garante�della�privacy,�
la�legittimazione�passiva�processuale,�esclusa�dal�Tribunale�di�Roma�stante�
l'attribuzione�della�natura�di�giudice�allo�stesso.�

La�Corte�precisa,�infatti,�che,�sebbene�le�autorita��indipendenti�possano�
adottare�provvedimenti�decisori,�non�sono�dei�giudici,�ma�fanno�parte�della�
pubblica�amministrazione;�cio��comporta�che�possano�partecipare�come�parti�
ai�processi�promossi�da�chi�impugna�le�loro�decisioni.�Si�aggiunge�che�la�
natura�paragiurisdizionale�attribuita�alle�Authorities�ha�solo�valore�descrit-
tivo,�serve,�cioe��,�ad�esprimere�l'indipendenza�di�cui�sono�dotate,�ma�assoluta-
mente�non�rappresenta�un�quarto�potere�diverso�da�quello�amministrativo.�

Si�prende�atto�da�quanto�emerge�sia�in�dottrina�che�in�giurisprudenza�
che�vi�e��una�differenza�sostanziale�e�insuperabile�tra�organo�giudiziario�e�
organo�amministrativo,�differenza�che�si�riverbera�sugli�atti�dagli�stessi�adot-
tati.�Il�giudice�e��quel�soggetto�pubblico�che,�esercitando�quel�tipico�procedi-
mento�che�e��il�processo�giudiziario,�da��luogo�ad�una�decisione�su�diritti�
suscettibile�di�assurgere�alla�definitivita��del�giudicato,�al�di�fuori�di�qualun-
que�altro�controllo�da�parte�di�altro�e�diverso�organo�o�potere�dello�Stato,�

(9)�G. 
Guarino,�Le�autorita�garanti�nel�sistema�giuridico,�in�Le�autorita�indipendenti�nei�
sistemi�istituzionali�ed�economici,�I,�Firenze,�1997,�36.�
(10)�G. 
Morbidelli,�Sul�regime�amministrativo�delle�autorita�indipendenti,�in�Le�autorita�indi-
pendenti�nei�sistemi�istituzionali�ed�economici,�I,�Firenze,�1997,�150-153.�
(11)�Cons.�Stato,�Comm.�Speciale�29�maggio�1998,�in�Foro�amm.,�1999,�415.�
(12)�Cass.,�Sez.�I�Civ.,�20�maggio�2002,�n.�7341.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�contro,�sebbene�sia�vero�che�anche�alle�pubbliche�amministrazioni�e�dato�
di�provvedere�su�diritti�in�forme�che�la�dottrina�definisce�giustiziali,�i�loro�
provvedimenti�non�hanno�mai�natura�giurisdizionale�in�quanto�avverso�essi�
vi�e�sempre�la�possibilita�di�una�sottoposizione�al�vaglio�di�un�giudice�e�cio�
fa�desumere�che�il�potere�di�attuare�la�legge,�affidato�a�tali�organi,�non�e�
comunque�definitivo.�

2.�Identificazione�del�Giudice�delle�autorita�indipendenti.�
Dalla�natura�amministrativa�delle�autorita�indipendenti�e�dalla�conse-
guente�natura�amministrativa�degli�atti�dalle�stesse�adottate�si�desume�l'am-
missibilita�del�controllo�giurisdizionale�su�quest'ultimi,�ex�art.�113�Cost..�

A�fondamento�del�controllo�giurisdizionale�sui�provvedimenti�adottati�
dalle�autorita�indipendenti�risiede�anche�una�ragione�di�ordine�sostanziale.�
Non�vi�e�chi�non�veda�che�gli�organismi�in�questione,�soprattutto,�quando,�
per�l'assoluta�indipendenza�loro�garantita,�oltre�che�per�le�oggettive�caratteri-
stiche�delle�funzioni�espletate,�non�siano�ascrivibili�al�novero�delle�pubbliche�
amministrazioni�in�senso�classico,�pongono�in�termini�gravissimi�il�problema�
del�controllo�(tanto�piu�se�si�tien�conto�dello�spessore�e�dell'entita�degli�inte-
ressi�sulla�cui�sfera�incide�la�loro�attivita�).�Pertanto,�in�assenza�di�forme�di�
sindacato�in�qualche�modo�raccordabili�al�circuito�politico�parlamentare,�ex�
art.�95�Cost.,�quell'esigenza�non�puo�che�essere�soddisfatta�imponendo�che�
l'esercizio�di�tale�funzione��giusdicente��(da�intendersi�nei�termini�suddetti),�
in�via�preventivo-fisiologica,�abbia�luogo�nel�rispetto�dei�principi�del�contrad-
dittorio,�della�trasparenza�e�della�motivazione�e�che,�in�via�successivo--
patologica,�sia�ammesso�sul�risultato�dell'attivita�espletata�un�sindacato�giu-
risdizionale.�

In�altri�termini,�si�sostiene�che�l'indipendenza��guadagnata��nello�svol-
gimento�di�alcune�funzioni�(paragiurisdizionali�o�giusdicenti)�non�puo�che�
riverberarsi�in�un�controllo�addirittura�piu�pregnante�dell'usuale�sugli�atti,�
risultato�finale�dell'attivita�svolta.�Le�autorita�indipendenti�sono�organismi�
eccentrici�rispetto�all'amministrazione�intesa�in�senso�classico�e,�quindi,�
essendo�estranei�al�meccanismo�amministrazione-Governo-Parlamento�(per�
il�quale�l'amministrazione,�attraverso�il�governo�finisce�per�rispondere�del�
suo�operato�davanti�al�Parlamento�e,�in�ultima�analisi,�davanti�al�corpo�elet-
torale),�agiscono�liberamente�nel�senso�che�il�loro�operato�non�e�inquinato�
dalla�tendenza�del�gioco�parlamentare�a�veder�tutelati�gli�interessi�dellamag-
gioranza�per�assicurarsi�l'�impunita��:�cio�comporta�che�soprattutto�per�dette�
funzioni�il�sindacato�giurisdizionale�debba�essere�rafforzato�piu�che�elimi-
nato.�

2.1.�La�giurisdizione�ante�D.Lgs.�80/1998.�
Bisogna�chiarire,�una�volta�appurata�l'ammissibilita�del�sindacato�giuri-
sdizionale�sui�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti,�quali�sia�il�giudice�
legittimato�ad�esercitarlo,�ordinario�ovvero�amministrativo,�e�quale�siano�i�
limiti�di�tale�sindacato.�

L'analisi,�punto�centrale�della�trattazione,�va�condotta�tenendo�ben�
distinte�due�fasi�che�vedono�come�spartiacque�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�


DOTTRINA�923 


n.�80�(13):�quella�ante 
D.Lgs.�80/1998,�e�quella�post 
D.Lgs.�80/1998,�in�que-
st'ultima,�si�prenderanno�in�considerazione�le�modifiche�apportate�allo�stesso�
dalla�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(14).�
Il�sistema�del�riparto�di�giurisdizione�ante 
D.Lgs.�80/1998�era�abba-
stanza�articolato�in�quanto�nelle�leggi�istitutive�delle�singole�autorita��indipen-
denti�si�prevedeva�o�la�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,�
ovvero�quella�del�Giudice�ordinario�ovvero,�nel�silenzio�della�legge,�il�riparto�
si�fondava�sul�normale�criterio�della�causa 
petendi.�

Per�la�Banca�d'Italia(15)�^ma�e��controversa�questa�natura(16)�^la�
competenza�sui�suoi�atti�spettava�al�giudice�amministrativo�come�giudice�
generale�sulla�tutela�degli�interessi�legittimi,�mentre�per�le�sanzioni�in�materia�
bancaria�(formalmente�irrogate�dal�Ministro�del�Tesoro�^ora�dell'Economia)�
dovrebbe�essere�competente�in�un�unico�grado�la�Corte�di�Appello�di�Roma�
e�la�Banca�d'Italia�sostiene�decisamente�questo�riparto.�

Per�la�CONSOB(17)�e�l'ISVAP(18)�era�competente�il�giudice�ammini-
strativo�in�base�alle�consuete�regole�di�riparto�della�giurisdizione,�poiche�nelle�
varie�leggi�che�li�hanno�conformati�come�ora�essi�sono,�non�vi�e��alcuna�
norma�specifica�sulla�giurisdizione.�

Per�l'Autorita��per�la�concorrenza�ed�il�mercato(19)�invece�si�e��attribuita�
al�giudice�amministrativo�la�giurisdizione�esclusiva,�salvo�che�per�l'azione�di�
nullita��e�di�risarcimento�del�danno�conseguente�in�caso�di�accordi�anticon-
correnziali,�che�devono�essere�proposte�davanti�alla�Corte�di�appello�compe-
tente�per�territorio�(20).�

(13)�Il�D.Lgs.�80/1998��Nuove�disposizioni�in�materia�di�organizzazione�e�di�rapporti�di�
lavoro�nelle�amministrazioni�pubbliche,�di�giurisdizione�nelle�controversie�di�lavoro�e�di�giurisdi-
zione�amministrativa,�emanate�in�attuazione�dell'art.�11,�comma�4,�della�legge�15�marzo�1997,�
n.�59��e��pubblicato�nella�Gazzetta 
Ufficiale 
8�aprile�1998,�n.�82,�s.o.�n.�65/L.�Le�disposizioni�che�
qui�interessano�sono�quelle�inerenti�al�riparto�di�giurisdizione�di�cui�agli�art.�33,�34�e�35�del�
decreto�legislativo�e,�in�particolare,�l'art.�33.�
(14)�La�legge�205/2000��Disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa��e��pubblicata�
nella�Gazzetta 
Ufficiale 
26�luglio�2000,�s.o.�La�disposizione�che�qui�interessa�e��l'art.�7�della�legge�
stessa�riguardante�le�modifiche�agli�art.�33,�34�e�35�del�D.�lgs.�80/1998.�
(15)�Cfr.�R.D.�11�giugno�1936,�n.�1067��approvazione�dello�statuto�della�Banca�d'Italia��
(16)�Si�e��discusso�sulla�natura�della�Banca�d'Italia�proprio�per�la�sua�origine�storica,�antece-
dente�al�fenomeno�della�proliferazione�delle�autorita��indipendenti.�Dai�piu��in�dottrina�e�oramai�
all'unanimita��in�giurisprudenza�si�ammette�la�natura�di�autorita��indipendente,�stante�la�neutralita��
del�suo�agire�e�la�conseguente�indipendenza�dal�potere�politico.�
(17)�Cfr.�l.�7�giugno�1974,�n.�216�che�ha�dettato�le�regole�e�disposizioni�inerenti�al�mercato�
mobiliare�ed�al�trattamento�fiscale�dei�titoli;�da�ultimo�il�D.Lgs.�24�febbraio�1998,�n.�58,�integrante�
il�testo�unico�delle�disposizioni�in�materia�finanziaria.�
(18)�Istituita�con�L.�12�agosto�1982,�n.�576.�Recentemente�con�il�D.Lgs.�13�ottobre�1998,�
n.�373,�sono�state�introdotte�norme�di�razionalizzazione�dell'Istituto.�
(19)�Istituita�con�legge�10�Ottobre�1990,�n.�287.�
(20)�Naturalmente�questo�giudizio�risarcitorio�non�va�confuso�con�quello�del�risarcimento�
del�danno�eventualmente�proposto�nei�confronti�dell'Autorita��che�ha�posto�in�essere�il�provvedi-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Per�l'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni�(21)�e�per�l'Autorita�
per�l'energia�elettrica�ed�il�gas(22),�con�le�relative�leggi�istitutive,�e�stata�sta-
bilita�la�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo;�viceversa,�pur�
essendo�incontestata�la�sua�natura�di�autorita�indipendente,�per�gli�atti�del-
l'Autorita�garante�per�la�protezione�dei�dati�personali(23)�e�competente�il�
giudice�ordinario,�anche�se�il�giudice�amministrativo�ha�ritenuto�che�resta�
ferma�la�sua�giurisdizione�esclusiva,�laddove�si�verte�in�tema�di�accesso�alla�
documentazione�amministrativa�concernente�i�dati�predetti,�ai�sensi�della�
legge�sulla�privacy,�in�base�all'art.�25�della�legge�n.�241�del�1990.�

Vi�e�inoltre�la�Commissione�di�garanzia�per�l'attuazione�delle�leggi�sullo�
sciopero�nei�servizi�pubblici�essenziali(24),�che�pur�potendo�essere�ascrivibile�
nel�novero�delle�autorita�indipendenti,�specie�per�effetto�della�recente�legge�
11�aprile�2000,�n.�83,�non�viene�comunemente�considerata�tale.�Comunque,�
per�quanto�qui�interessa,�l'art.�15�di�detta�legge�ha�attribuito,�per�l'impugna-
zione�delle�sanzioni�irrogabili,�la�giurisdizione�al�giudice�ordinario�in�fun-
zione�di�giudice�del�lavoro�e�cos|�dovrebbe�essere,�secondo�la�dottrina,�anche�
per�gli�altri�atti�della�commissione�previsti�dalla�stessa�legge.�

Vi�sono�poi�una�serie�di�organi,�di�agenzie,�spesso�denominate�commis-
sioni,�che�sicuramente�non�sono�in�senso�tecnico�autorita�indipendenti(25).�

mento�dichiarato�illegittimo,�giudizio�che�dopo�la�legge�205�del�2000�e�attribuito�alla�giurisdizione�
amministrativa�a�completamento�della�tutela�di�legittimita�e,�a�maggior�ragione,�alla�giurisdizione�
esclusiva.Si�tenga�presente,�inoltre,�un'ulteriore�particolarita�.�La�legge�richiama�in�materia�sanzio-
natoria�la�l.�689/�1981,�che�prevede�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�Nonostante�la�dottrina�
sia�divisa,�la�giurisprudenza,�dopo�prime�oscillazioni,�e�concorde�nell'affermare�che�il�rinvio�sia�
procedurale,�e�non�fondi�la�giurisdizione.�La�giurisdizione�e�quella�esclusiva�del�G.A.�il�rito�che�
si�seguira�e�quello�stabilito�dalla�legge�richiamata.�Si�giustifica�cio�ponendo�l'accento�sul�fatto�
che�la�sanzione�non�e�altro�che�l'espressione�ultima�e�piu�concreta�dell'attivita�posta�in�essere�dal-
l'Antitrust.�

(21)�La�precedente�struttura�del�garante�per�l'editoria,�istituito�dall'art.�6�della�l.�5�agosto�
1981,�e�stata�sostituita�con�l'istituzione�dall'autorita�per�le�telecomunicazioni,�ex�art.�2�della�l.�
481/�1995,�che�ha�trovato�regolamentazione�definitiva�con�la�l.�n.�249�del�1997�e�con�il�successivo�
d.P.R.�n.�318�del�1997.�
(22)�Istituita�con�l.�14�novembre�1995,�n.�481.�
(23)�Istituita�con�legge�31�dicembre�1996,�n.�675,�oramai�sostituita�dal�c.d.�codice�della�pri-
vacy,�D.�lgs.�30�giugno�2003,�n.�196,�entrato�in�vigore�il�1.�gennaio�2004.�
(24)�Istituita�con�legge�12�giugno�1990,�n.�146.�
(25)�Ad�esempio�non�si�tratta�di�autorita�indipendenti,�ma�di�uffici�organizzativi�nel�caso�del-
l'A.I.P.A.,�autorita�per�l'informatica�nella�pubblica�amministrazione,�che,�nonostante�il�nome,�
riveste�soltanto�funzione�di�programmazione�e�di�organizzazione.�Lo�stesso�discorso�vale�per�l'A-
genzia�per�i�servizi�sanitari�nazionali�regionali,�che�costituisce�uno�strumento�organizzativo�del�
Ministero�della�Sanita�con�compiti�di�supporto�delle�attivita�regionali.�Ancora�non�sono�conside-
rate�autorita�indipendenti�le�diverse�Agenzie:�A.N.P.A.:�agenzia�nazionale�per�la�protezione�
ambientale;�Agenzia�per�la�protezione�civile;�L'A.R.A.N.:�agenzia�per�la�rappresentanza�sindacale�
delle�pubbliche�amministrazioni.�Si�ecludono�dal�novero�delle�autorita�anche�le�Commissioni�di�
vigilanza,�quale�la�Commissione�di�vigilanza�sui�fondi�pensione.�Per�un�maggior�approfondimento�
si�guardi�P. 
Sandulli,�Autorita�indipendenti�e�controllo�giurisdizionale,in�Giusto�processo�civile�e�
procedimenti�decisori�sommari,�a�cura�di�Lanfranchi,�Torino,�2001,�223�ss.�

DOTTRINA�925 


E�tra�questi�viene�annoverata�anche�l'Autorita�di�vigilanza�per�i�lavori�pub-
blici�(26)�da�parte�della�dottrina,�mentre�la�giurisprudenza�del�giudice�ammi-
nistrativo,�con�il�conforto�implicito�della�Corte�Costituzionale,�la�considera�
autorita�amministrativa�indipendente.�

E�facile�notare�dalla�rassegna,�certo�non�esaustiva�e�completa,�in�tema�
di�giurisdizione�sui�provvedimenti�delle�Authorities 
che�gia�prima�del�D.Lgs.�
80/1998,�il�legislatore,�nelle�specifiche�leggi�istitutive�delle�autorita�,�avesse�
optato�per�la�giurisdizione�esclusiva�del�Giudice�amministrativo.�Diverse�
sono�le�ragioni�a�fondamento�di�tale�scelta.�

In�primo�luogo,�si�e�riscontrata�la�difficolta�di�applicazione�del�normale�
criterio�di�ripartizione�basato�sulla�dicotomia�carenza-assenza�di�potere,�in�
quanto�le�valutazione�espresse�dagli�organismi�in�questione�sono�connotate�
da�discrezionalita�tecnica�implicante�il�problema�della�degradabilita�o�meno�
del�diritto�in�interesse�legittimo.�Si�deve�innanzitutto�precisare�che�il�pro-
blema�e�mal�posto�perche�non�si�tratta�di�valutare�la�capacita�della�discrezio-
nalita�tecnica�di�sortire�o�meno�l'affievolimento�di�un�diritto�in�interesse�legit-
timo,�quanto�di�valutare�la�natura�del�potere,�degradatorio�o�meno�del�
diritto,�che�viene�esercitato�sulla�scorta�delle�valutazioni�tecniche�acquisite.�
La�discrezionalita�tecnica�e�un'attivita�neutra,�quindi�se�il�potere�esercitato�
sulla�scorta�e�dopo�le�acquisizioni�tecniche�e�connotato�da�discrezionalita�
amministrativa�pura�si�avra�sicuramente�affievolimento,�se�e�,�per�contro,�un�
potere�vincolato,�si�dovra�distinguere�a�seconda�che�venga�esercitato�a�favore�
del�privato�ovvero�a�favore�della�collettivita�per�il�perseguimento�di�un�inte-
resse�pubblico:�nel�primo�caso�si�vantera�una�posizione�di�diritto�soggettivo,�
nel�secondo�di�interesse�legittimo�(27).�

In�secondo�luogo�e�rinvenibile�una�seconda�difficolta�derivante�dal�fatto�
che�i�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti�intervengono�nei�rapporti�
tra�privati.�Da�cio�consegue�che�due�potrebbero�essere�i�possibili�oggetti�del�
giudizio:�il�provvedimento�(la�legittimita�dello�stesso)�con�conseguente�giuri-
sdizione�del�G.A.�ovvero�il�rapporto�sottostante�(la�liceita�dello�stesso)�con�
seguente�giurisdizione�del�G.O.�Ulteriore�problema�nasce�dal�fatto�che�le�
stesse�funzioni�svolte�dalle�autorita�coinvolgono�diritti�primari�che,�in�quanto�
tali,�vengono�definiti�indegradabili.�

(26)�Istituita�con�legge�n.�109/�1994�(legge�Merloni),�successivamente�modificata�dalle�leggi�
n.�216/1995�e�415/1998.�
(27)�Si�tenga�conto�che�in�dottrina�c'e�chi�sostiene�che�avverso�i�provvedimenti�delle�autorita�
indipendenti�l'unica�posizione�vantabile�sarebbe�quella�di�interesse�legittimo�con�conseguente�giu-
risdizione,�nonostante�la�lettera�della�legge,�di�legittimita�.�Vedi�sul�punto�P. 
Sandulli,op. 
cit, 
240.�Di�contro,�c'e�chi�sostiene�che�l'attivita�discrezionale�tecnica�delle�autorita�indipendenti,�
caratterizzata�dalla�mancanza�della�comparazione�degli�interessi�in�gioco�al�fine�della�realizza-
zione�dell'interesse�pubblico�primario,�spingerebbe�a�rappresentare�le�situazioni�giuridiche�nei�
confronti�delle�determinazioni�delle�autorita�de 
quibus 
come�diritti�soggettivi.�Vedi�A. 
Tassone, 
Situazioni 
giuridiche 
soggettive 
e 
decisioni 
delle 
amministrazioni 
indipendenti, 
in�Dir. 
Amm., 
2002,�
3,�459.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

In�ultimo�si�e�voluto�consentire�un�sindacato�piu�pieno�rispetto�a�quello�
esercitato�dal�giudice�amministrativo�in�sede�di�legittimita�,�in�quanto�limitato�
al�solo�annullamento�dell'atto�illegittimo�(28).�

2.�2.�Giurisdizione 
post�D.Lgs 
80/98 
e 
legge 
205/2000. 
Cos|�stavano�le�cose�anteriormente�all'entrata�in�vigore�dell'articolo�33�
del�D.Lgs.�n.�80�del�1998�e�soprattutto�sino�all'avvento�della�legge�n.�205�del�
2000,�che�ha�dissipato�molti�dubbi.�In�primo�luogo�va�messo�in�evidenza�
che�l'art.�4�lett.�d 
della�predetta�legge�ha�definito,�o�meglio�ha�qualificato�
come�autorita�amministrative�le�autorita�indipendenti,�laddove�nella�varia�
legislazione�non�appariva�mai�detta�qualificazione,�che�cos|�ha�una�indubbia�
ricaduta�positiva�sulla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo.�Per�altro�
questa�norma�ha�previsto,�per�i�giudizi�aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti�
adottati�appunto�dalle�autorita�amministrative�indipendenti,�un�rito�abbre-
viato-acceleratorio.�
Tale�norma�e�stata�interpretata�da�parte�della�dottrina,�seppur�minorita-
ria,�come�fondante�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�ogni�qual�
volta�il�giudizio�avesse�ad�oggetto�un�provvedimento�di�un�autorita�indipen-
dente�(29).�
Si�e�sostenuto�infatti�che,�essendo�la�legge�205�una�legge�generale�di�
riforma�della�giustizia�amministrativa,�risulterebbero�abrogate�(per�incompa-
tibilita�,�mancando�una�previsione�espressa�di�abrogazione)�tutte�le�disposi-
zioni�particolari�precedenti�che�si�sono�succedute�in�materia�di�amministra-
zioni�che�rientrano�nella�categoria�delle�autorita�indipendenti,�con�la�conse-
guenza�che�sarebbero�sottoposte�alla�giurisdizione�del�giudice�
amministrativo,�salvo�la�difficolta�per�detto�giudice�di�qualificare�una�deter-
minata�entita�come�autorita�amministrativa�indipendente,�trattandosi�di�set-
tore�caratterizzato�da�rilevanti�profili�di�disomogeneita�e�di�mutevolezza.�Per-
tanto�si�dovrebbe�pervenire�alla�conclusione�che,�essendo�sicuramente�da�
qualificare�come�autorita�indipendente�l'Autorita�garante�per�la�tutela�dei�
dati�personali,�gli�atti�e�provvedimenti�emanati�dalla�stessa�non�potrebbero�
piu�essere�impugnati�davanti�al�giudice�ordinario,�come�pure�previsto�dalla�
anteriore�legge�istitutiva,�ma�dovrebbero�esserlo�davanti�al�giudice�ammini-
strativo.�
Non�risulta�che�il�giudice�amministrativo,�o�quello�ordinario,�abbiano�
emanato�qualche�pronuncia�in�tal�senso.�
Pero�l'anzidetta�interpretazione�non�sembra�condivisibile.�

(28)�Si�deve�far�presente,�ad�onor�di�cronaca,�che�prima�del�D.Lgs.�80/1998�il�sindacato�
svolto�dal�giudice�amministrativo,�sebbene�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�era�meno�pieno�
rispetto�a�quello�attribuito�al�giudice�ordinario:�gli�era�precluso�infatti�l'utilizzo�della�consulenza�
tecnica�di�ufficio�(mezzo�introdotto�nel�processo�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�
con�il�D.Lgs.80/1998�nel�processo�e�in�sede�di�giurisdizione�di�legittimita�con�l'art.�16�della�legge�
205/2000).�Si�voleva,�in�altri�termini,�rendere�meno�penetrante�il�controllo�sui�provvedimenti�delle�
autorita�indipendenti.�
(29)�Merusi, 
Giustizia 
amministrativa, 
cit. 

DOTTRINA 
927 


La 
norma 
dell'art. 
4 
della 
legge 
n. 
205 
citato, 
come 
ha 
osservato 
altra 
dottrina 
piu� 
convincente 
sul 
punto, 
si 
preoccupa 
invero 
di 
disciplinare 
il 
pro-
cesso 
amministrativo 
e 
non 
il 
riparto 
di 
giurisdizione; 
essa 
presuppone, 
sulla 
base 
di 
norme 
stabilite 
�aliunde�, 
la 
giurisdizione, 
ma 
non 
la 
fonda. 
(30) 
Con 
la 
conseguenza 
che 
la 
disciplina 
dell'art. 
4 
non 
opera 
per 
le 
autorita� 
i 
cui 
atti 
e 
comportamenti 
siano 
soggetti 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordina-
rio 
per 
effetto 
di 
norme 
speciali, 
ovvero 
siano 
attribuiti 
alla 
giurisdizione 
di 
legittimita� 
del 
giudice 
amministrativo 
in 
base 
ai 
criteri 
generali 
del 
riparto 
di 
giurisdizione. 


In 
definitiva, 
ritornando 
al 
tema 
di 
fondo 
sull'ambito 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
delle 
autorita� 
amministrative 
indipendenti, 
l'art. 
4 
della 
legge 
205, 
pur 
avendo 
il 
grande 
merito 
di 
avere 
qualificato 
le 
dette 
autorita� 
come 
ammi-
nistrative, 
chiarendo 
cos|� 
ogni 
dubbio 
sulla 
loro 
natura 
e 
sulla 
impugnabilita� 
dei 
loro 
provvedimenti, 
avrebbe 
lasciato 
le 
cose 
come 
stanno 
sul 
tipo 
di 
giu-
risdizione 
cui 
sono 
sottoposti 
i 
loro 
atti, 
non 
facendo 
sul 
punto 
quella 
neces-
saria 
chiarezza, 
per 
cui 
e� 
auspicabile 
l'intervento 
del 
legislatore. 


In 
tema 
di 
giurisdizione 
la 
grande 
novita� 
introdotta 
dopo 
il 
1998 
e� 
costi-
tuita 
dall'articolo 
33 
del 
D.Lgs. 
n. 
80, 
novellato 
dall'art. 
7 
della 
legge 
205, 
che 
ha 
attribuito 
al 
giudice 
amministrativo 
la 
giurisdizione 
esclusiva 
su 
tutte 
le 
controversie 
sui 
pubblici 
servizi, 
ivi 
compresi 
quelli 
afferenti, 
tra 
gli 
altri, 
anche 
alla 
vigilanza 
sul 
credito, 
sulle 
assicurazioni 
e 
sul 
mercato 
mobiliare, 
attivita� 
riconducibile 
alle 
funzioni 
svolte 
dalla 
Banca 
d'Italia, 
dall'Isvap 
e 
dalla 
Consob. 
Si 
puo� 
, 
quindi, 
affermare 
che 
l'art. 
33 
opera 
in 
funzione 
rico-
gnitiva 
della 
giurisdizione 
per 
quanto 
riguarda 
le 
autorita� 
operanti 
nel 
settore 
delle 
telecomunicazioni 
e 
nel 
settore 
dei 
servizi 
di 
pubblica 
utilita� 
e, 
precisa-
mente, 
nei 
settori 
dell'energia 
e 
del 
gas 
(legge 
481/1995), 
stante 
l'attribuzione 
gia� 
ante 
d.lgs. 
80/1998 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
G.A.; 
di 
contro, 
la 
sua 
funzione 
e� 
innovativa-costitutiva 
per 
quanto 
attiene 
alle 
tre 
autorita� 
su 
menzionate 
(Banca 
d'Italia, 
Isvap 
e 
Consob), 
la 
cui 
giurisdizione 
veniva 
determinata 
secondo 
il 
normale 
criterio 
della 
causa 
petendi. 


Va, 
altres|�
rammentato, 
come 
detto, 
che 
l'art. 
33 
D.Lgs. 
80/1998 
e� 
stato 
modificato 
dall'art. 
7 
della 
legge 
205/2000. 
In 
precedenza 
erano 
devolute 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo 
le 
controversie 
per 
i 
pubblici 
servizi 
ivi 
comprese 
quelle 
afferenti 
�al 
credito, 
alla 
vigilanza 
sulle 
assicurazioni, 
al 
mercato 
immobiliare�, 
la 
legge 
205/2000, 
ex 
art. 
7, 
al 
fine 
di 
sanare 
l'eccesso 
di 
delega 
prospettato 
dalla 
Corte 
Costituzionale(31), 
fa 
riferimento 
solo 
ed 
esclusivamente 
all'attivita� 
di 
vigilanza 
e 
precisamente 
� 
alla 
vigilanza 
sul 
cre-
dito, 
sulle 
assicurazioni-settore 
gia� 
in 
precedenza 
cos|� 
determinato-sul 
mer-
cato 
mobiliare�. 
In 
altri 
termini 
si 
afferma 
che 
l'attivita� 
di 
vigilanza 
rientra 
nel 
concetto 
di 
servizio 
pubblico, 
mentre 
l'attivita� 
vigilata 
(attivita� 
economica 
delle 
banche, 
delle 
assicurazioni, 
delle 
societa� 
quotate 
in 
borsa 
che 
operano 
nel 
mercato 
mobiliare) 
non 
e� 
tout 
court 
servizio 
pubblico. 
Da 
quanto 
detto 


(30) 
F. 
Caringella, 
op. 
cit., 
880. 
(31) 
Corte 
Cost., 
17 
luglio 
2000, 
n. 
292. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

discende�che:�a) 
si�hanno�due�diverse�accezioni�di�servizio�pubblico,�finale�e�
strumentale(32);�b) 
la�distinzione�tra�attivita�di�vigilanza�e�attivita�vigilata�
comporta�l'operare�dei�due�diversi�giudici,�amministrativo�o�ordinario,�a�
seconda�dell'oggetto�del�giudizio�(attivita�di�vigilanza�e�oggetto�della�giurisdi-
zione�esclusiva�del�G.A.,�attivita�vigilata,�invece,�della�giurisdizione�del�
G.O.);�c) 
che�non�si�esclude�aprioristicamente,�stante�il�carattere�soltanto�
esemplificativo�dell'art.�33�D.Lgs.�80/1998,�che�anche�l'attivita�vigilata�possa�
avere�carattere�di�servizio�pubblico�e,�quindi,�rientrare�nella�giurisdizione�
esclusiva�del�giudice�amministrativo(33).�

In�conclusione,�per�quanto�riguarda�il�riparto�di�giurisdizione,�riman-
gono�in�vigore�le�norme�in�tema�di�giurisdizione�previste�dalle�leggi�speciali�
(es.,�le�controversie�aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti�del�Garante�della�
privacy 
rimangono�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�ordinario)�e�il�
D.Lgs.�80/1998,�cos|�come�modificato�con�legge�205/2000,�innova�il�riparto�
di�giurisdizione�solo�per�quanto�riguarda�le�tre�Autorita�esaminate.�

Giova�infine�rammentare�che�recentemente�la�Corte�Costituzionale�ha�
pronunciato�una�sentenza�additiva-manipolativa�con�cui�ha�dichiarato�l'ille-
gittimita�costituzionale�degli�artt.�33�e�34�del�D.Lgs.�80/98,�cos|�come�modi-
ficati�dall'art.�7�della�legge�205/2000,�ritenendoli�contrastanti�con�gli�
artt.�103,�25�e�102�Cost(34).�

(32)�Per�servizio�pubblico�finale�si�intende�l'attivita�che�si�concreta�nell'erogazione�di�beni�e�
servizi,�per�servizio�pubblico�strumentale�si�intende�l'attivita�di�controllo�della�correttezza�dell'o-
perato�dei�soggetti�di�un�determinato�settore,�nel�momento�in�cui�concepisce�il�controllo�come�pre-
stazione�effettuata�a�favore�della�collettivita�.�
(33)�Si�pensi�all'attivita�di�gestione�dei�crediti�di�scopo�sociale�(crediti�speciali�o�agevolati)�
che�impone�il�rispetto�di�una�seria�di�obblighi�sia�nella�fase�di�gestione�che�di�erogazione.�
(34)�Corte�Cost.,�5�giugno�2004,�n.�204.�La�Corte�ha�dichiarato,�per�quanto�in�questa�sede�
importa,�l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�33,�comma�1,�del�decreto�legislativo�31�marzo�1998,�
n.�80,�come�sostituito�dall'art.�7,�lettera�a,�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�nella�parte�in�cui�pre-
vede�che�sono�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo��tutte�le�controver-
sie�in�materia�di�pubblici�servizi,�ivi�compresi�quelli��anziche��le�controversie�in�materia�di�pub-
blici�servizi�relative�a�concessioni�di�pubblici�servizi,�escluse�quelle�concernenti�indennita�,canoni�
ed�altri�corrispettivi,�ovvero�relative�a�provvedimenti�adottati�dalla�pubblica�amministrazione�o�
dal�gestore�di�un�pubblico�servizio�in�un�procedimento�amministrativo�disciplinato�dalla�legge�
7�agosto�1990,�n.�241,�ovvero�ancora�relative�all'affidamento�di�un�pubblico�servizio,�ed�alla�vigi-
lanza�e�controllo�nei�confronti�del�gestore,�nonche��;�ha�dichiarato,�inoltre,�l'illegittimita�costitu-
zionale�dell'art.�33,�comma�2,�del�medesimo�decreto�legislativo�31�marzo�1998,�n.�80,�come�sosti-
tuito�dall'art.�7,�lettera�a,�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205.�La�motivazione�addotta�dalla�Corte�
si�snoda�su�piu�punti.�Si�e�infatti�ritenuto�violato�l'art.�103�Cost.,�laddove�considera�la�giurisdi-
zione�esclusiva�del�G.A.�come�ipotesi�da�adottare�nel�caso�in�cui�vi�sia�in�una�particolare�materia�
un�inestricabile�intreccio�di�diritti�e�interessi�legittimi:�l'ipotesi�della�giurisdizione�esclusiva�del�
G.A.�e�residuale�rispetto�a�quella�ordinaria.�Si�e�detto,�quindi,�che�il�legislatore�ordinario�ben�
puo�ampliare�l'area�della�giurisdizione�esclusiva�purche�lo�faccia�con�riguardo�a�materie�(in�tal�
senso,�particolari)�che,�in�assenza�di�tale�previsione,�contemplerebbero�pur�sempre,�in�quanto�vi�
opera�la�pubblica�amministrazione-autorita�,�la�giurisdizione�generale�di�legittimita�:�con�il�che,�da�
un�lato,�e�escluso�che�la�mera�partecipazione�della�pubblica�amministrazione�al�giudizio�sia�suffi-
ciente�perche�si�radichi�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�(il�quale�davvero�assumerebbe�
le�sembianze�di�giudice��della��pubblica�amministrazione:�con�violazione�degli�artt.�25�e�102,�

DOTTRINA�929 


La�sentenza�elimina�la�parte�dell'art.�33�in�cui�si�faceva�riferimento�
all'attivita��di�vigilanza,�sul�credito,�sui�mercati�mobiliari,�sulle�assicurazione.�
Sembra,�quindi,�almeno�ad�una�prima�lettura,�che�tale�attivita��delle�tre�Auto-
rita��prese�in�considerazione�(Consob,�Isvap,�Banca�D'Italia),�per�quanto�qui�
interessa,�sia�devoluta�alla�giurisdizione�del�giudice�ordinario�ovvero�a�quella�
generale�di�legittimita��del�giudice�amministrativo�a�seconda�della�posizione�
giuridica�fatta�valere:�si�ritornerebbe�al�riparto�ante�D.Lgs.�80/98�fondato�
sulla�causa�petendi.�Il�Giudice�delle�leggi,�infatti,�ritiene�incostituzionale�
ammettere�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�per��blocchi�di�materie��(come�
avveniva�per�i�servizi�pubblici�e�per�l'urbanistica)�contrastando�con�l'art.�103�
Cost.,�che�espressamente�considera�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�possi-
bile�solo��in�particolari�materie�.�

La�sentenza�citata�ha�sicuramente�accolto�le�critiche�mosse�dalla�dot-
trina�e�ha�tentato�di�ristabilire�il�rapporto�tra�giurisdizione�ordinaria�e�giuri-
sdizione�amministrativa.�Per�ora�non�ci�resta�che�attendere�le�autorevoli�
interpretazioni�di�dottrina�e�giurisprudenza�e�capire�se�rappresenta�un'effet-
tiva�novita��o�un�mero�ritorno�al�passato.�

3.�Limiti�delsindacato�giurisdizionale.�
Una�volta�chiarito�come�si�atteggia�la�giurisdizione�per�le�controversie�
aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti�delle�diverse�autorita��indipendenti,�si�puo��
passare�ad�esaminare�i�limiti�del�sindacato�giurisdizionale.�

Va�detto�che�vi�e��stata�una�evoluzione�giurisprudenziale�di�non�poco�
rilievo.�Piu��precisamente�la�giurisprudenza�ha�mutato�opinione�circa�l'og-
getto�e�l'intensita��del�sindacato�che�il�giudice�amministrativo�puo��svolgere�
sulle�determinazioni�delle�Authorities.�

Il�problema�va�correttamente�inquadrato�tenendo�conto�della�ratio�alla�
base�della�necessita��di�imporre�dei�limiti�al�sindacato�del�giudice�amministra-
tivo:�si�vuole�evitare�che�quest'ultimo�entri�nel�merito�amministrativo,�sfera�

da�sempre�riservata�alla�pubblica�amministrazione.�

Urge,�quindi,�definire�il�concetto�di�merito�amministrativo,�c.d.�discre-
zionalita��amministrativa,�e�differenziarlo�dal�concetto�di�discrezionalita��tec-

nica,�caratterizzante�l'attivita��delle�authorities.�

Il�sindacato�giurisdizionale�sui�provvedimenti�delle�autorita��indipendenti�
e��,�infatti,�una�variabile�del�problema�piu��generale�e�complesso�del�sindacato�
del�G.A.�sulla�attivita��discrezionale�tecnica.�Peraltro�e��una�variabile�partico-
larmente�importante,�nel�senso�che�la�discrezionalita��tecnica�e��accentuata�
proprio�con�riguardo�alle�determinazioni�delle�autorita��indipendenti�

3.1.�Discrezionalita�amministrativa�e�discrezionalita�tecnica:�sindacato�giurisdi-
zionale.�

La�discrezionalita��amministrativa�va�definita�come�scelta�fra�piu��solu-
zioni�possibili�e,�tra�queste,�la�piu��opportuna.�Piu��precisamente,�essa�altro�

secondo�comma,�Cost.)�e,�dall'altro�lato,�e��escluso�che�sia�sufficiente�il�generico�coinvolgimento�di�
un�pubblico�interesse�nella�controversia�perche�questa�possa�essere�devoluta�al�giudice�ammini-
strativo.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

non�e��che�la�ponderazione�comparativa�di�piu��interessi�secondari,�pubblici�o�
privati,�in�ordine�ad�un�interesse�primario�pubblico�(dato�teleologico�dell'a-
gire�dell'amministrazione)�di�cui�l'amministrazione�risulta�portatrice(35).�

Nelle�ipotesi�di�esercizio�di�potere�discrezionale�la�liberta��dell'ammini-
strazione�di�determinarsi�non�e��tuttavia�senza�limiti.�La�giurisprudenza�
amministrativa�ha,�infatti,�superato�il�dogma�dell'insindacabilita��degli�atti�
discrezionali�tramite�l'esame�del�vizio�di�eccesso�di�potere.�

Attraverso�delle�figure�sintomatiche�di�creazione�pretoria�riconducibili�
al�vizio�di�eccesso�di�potere,�quali�il�difetto�o�l'insufficienza�della�motiva-
zione,�l'illogicita��della�stessa,�l'incompletezza�dell'istruttoria,�si�e��reso�possi-
bile�un�controllo,�seppur�estrinseco,�sull'azione�dell'amministrazione.�

Dalla�discrezionalita��amministrativa�(che�si�e��soliti�definire�con�l'agget-
tivo�pura)�va�distinta�la�discrezionalita��tecnica.�

La�discrezionalita��tecnica�indica�la�facolta��di�scelta�della�pubblica�
amministrazione�fra�piu��possibili�soluzioni�tecniche�prospettabili�in�relazione�
all'adozione�di�un�determinato�provvedimento�(36).�Si�caratterizza,�quindi,�
per�essere�una�scelta�di�tipo�tecnico,�cioe��effettuata�sulla�base�di�cognizioni�
tecnico-scientifiche.�Pertanto,�si�puo��affermare�che�la�discrezionalita��tecnica�
si�compone�di�una�fase�istruttoria,�attraverso�la�quale�si�procede�all'analisi�
dei�fatti�sviluppata�mediante�una�conoscenza�tecnico�specialistica�alla�quale�
non�si�affianca�il�momento�della�volonta��,�ossia�della�scelta�della�soluzione�
piu��opportuna�in�relazione�all'interesse�primario�da�perseguire�(discreziona-
lita��pura).�Volendo�semplificare�al�massimo�la�differenza�tra�le�due�tipologie�
di�discrezionalita��,�amministrativa�e�tecnica,�si�potrebbe�sostenere�che�mentre�
la�discrezionalita��pura�attiene�all'opportunita��della�scelta,�la�discrezionalita��
tecnica�all'opinabilita��della�stessa�(37).�

Secondo�l'impostazione�tradizionale�dottrinale�e�giurisprudenziale,�
nonostante�le�evidenti�differenze�ontologiche�tra�le�due�tipologie�di�discrezio-
nalita��,�non�sussisterebbe�nessuna�differenza�in�ordine�ai�poteri�del�giudice.�
Al�pari�di�quella�amministrativa�la�discrezionalita��tecnica�afferirebbe�al�
merito�dell'azione�amministrativa�con�la�conseguenza�che�sarebbe�sindacabile�

(35)�Cfr.�M.S. 
Giannini, 
Diritto 
amministrativo,�vol.�I,�Milano,�1989,�486;�A.M. 
Sandulli, 
Manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
Napoli,�1989,�593.�
(36)�Si�pensi�a�titolo�esemplificativo�alle�norme�che�contengono�espressioni�quali��cosa�
avente�cospicuo�carattere�di�singolarita��geologica�,�contemplata�nell'originario�testo�unico�
1497/1939�sulle�bellezze�naturali�oramai�abrogato,�ovvero�al�concetto�di��esalazione�insalubre�,�
nel�testo�unico�1265/1934.�
(37)�A�questo�punto�e��opportuno�procedere�ad�un'ulteriore�precisazione:�si�deve�distinguere�
tra�accertamento�di�mero�fatto�e�giudizio�tecnico-discrezionale:�solo�in�relazione�a�quest'ultimo�
si�parla�di�opinabilita��.�L'accertamento�tecnico�si�risolve�in�un�acclaramento�di�eventi�accaduti�
nel�mondo�reale�mediante�un�criterio�tecnico�univoco,�o�perche�la�legge�impone�l'adozione�di�quel�
criterio�o�perche�dal�punto�di�vista�tecnico�e��l'unico�adottabile,�con�la�conseguenza�che�l'attivita��
amministrativa�non�presenta�margini�di�opinabilita��.�Il�giudizio�tecnico�discrezionale,�invece,�con-
siste�nella�valutazione�dei�fatti,�posti�dalla�legge�a�presupposto�dell'agire�della�pubblica�ammini-
strazione,�sulla�base�di�conoscenze�tecniche�scientifiche,�che�in�quanto�inesatte,�sono�opinabili.�

DOTTRINA 
931 


dal 
G.A. 
ab�exstrinseco�secondo 
i 
criteri 
di 
logica 
formale 
(riscontrando, 
ad 
esempio, 
l'errore 
di 
fatto, 
l'illogicita� 
manifesta, 
la 
motivazione 
incongrua 
e 
contraddittoria) 
(38). 


Successivamente 
con 
una 
pronuncia 
che 
puo� 
definirsi 
epocale, 
il 
Consi-
glio 
di 
Stato 
(39) 
si 
e� 
indotto 
a 
riconsiderare 
la 
questione 
circa 
la 
sindacabi-
lita� 
giurisdizionale 
dell'attivita� 
discrezionale 
tecnica. 
La 
premessa 
e� 
quella 
secondo 
cui 
la 
valutazione 
tecnica 
va 
distinta 
dal 
merito 
amministrativo 
(riservato 
alla 
P.A.), 
in 
quanto 
l'amministrazione 
non 
effettua 
una 
scelta 
in 
senso 
stretto, 
ma 
valuta, 
mediante 
conoscenze 
tecnico 
specialistiche, 
elementi 
di 
fatto 
attinenti, 
quindi, 
alla 
legittimita� 
del 
provvedimento. 
Da 
cio� 
si 
giunge 
ad 
affermare 
che 
il 
sindacato 
giurisdizionale 
puo� 
svolgersi 
non 
in 
base 
al 
mero 
controllo 
formale 
ed 
estrinseco 
dell'iter 
logico 
seguito 
dalla 
P.A, 
bens|� 
in 
base 
alla 
verifica 
dell'attendibilita� 
delle 
operazioni 
tecniche 
sotto 
il 
profilo 
della 
correttezza 
sia 
del 
criterio 
tecnico 
utilizzato 
sia 
del 
procedimento 
seguito. 


Una 
volta 
ammesso 
il 
sindacato 
sull'attivita� 
discrezionale 
tecnica 
si 
pos-
sono 
analizzare 
i 
limiti 
del 
sindacato. 


3.2. 
Forme�di�sindacato�sull'attivita�discrezionale�tecnica.�
In 
primo 
luogo 
va 
distinto 
tra 
le 
diverse 
forme 
di 
sindacato, 
estrinseco/ 
intrinseco, 
diretto/indiretto 
e 
debole/forte, 
per 
poi 
valutare 
quale 
forma 
sia 
ammissibile 
nei 
confronti 
delle 
determinazioni 
delle 
autorita� 
indipendenti. 


Si 
e� 
visto 
che 
il 
sindacato 
estrinseco 
e� 
quello 
che 
si 
svolge 
all'esterno 
della 
determinazione 
amministrativa, 
avente 
ad 
oggetto 
l'iter 
logico 
seguito 
dalla 
amministrazione 
nell'effettuare 
la 
scelta 
tecnica; 
quello 
intrinseco, 
di 
contro, 
ha 
ad 
oggetto 
la 
valutazione 
tecnica 
effettuata 
dalla 
P.A. 
da 
apprez-
zare 
in 
termini 
di 
condivisibilita� 
, 
adeguatezza 
attendibilita� 
. 


La 
differenza 
tra 
sindacato 
diretto 
e 
indiretto 
attiene 
all'oggetto 
dello 
stesso, 
in 
quanto 
il 
sindacato 
diretto 
e� 
il 
sindacato 
sul 
giudizio 
tecnico 
finale, 
quello 
indiretto 
e� 
sul 
modus�procedendi�(si 
valuta 
se 
la 
P.A. 
abbia 
o 
meno 
applicato 
tutte 
le 
regole 
tecniche 
utili 
per 
formulare 
il 
giudizio 
tecnico 
finale, 
che 
non 
sara� 
oggetto 
del 
sindacato). 


La 
diversita� 
, 
in 
ultimo, 
tra 
sindacato 
debole 
e 
forte 
riguarda 
l'intensita� 
dello 
stesso. 
Il 
dato 
di 
partenza 
per 
entrambe 
le 
tipologie 
di 
sindacato 
e� 
l'ac-
certamento 
da 
parte 
del 
G.A. 
di 
un 
errore 
tecnico 
nella 
valutazione, 
ma 
men-
tre 
il 
sindacato 
debole 
implica 
che 
il 
G.A. 
si 
limiti 
ad 
esercitare 
il 
poteredi 
annullamento, 
il 
sindacato 
forte 
comporterebbe 
il 
potere 
sostitutivo 
del 


G.A. 
alla 
P.A. 
nel 
senso 
che 
il 
giudice, 
dopo 
aver 
annullato 
il 
provvedimento, 
potrebbe 
effettuare 
in 
prima 
persona 
il 
giudizio 
tecnico 
considerato 
errato. 
3.3. 
Forme�disindacato�esercitabilisuiprovvedimentidelle�autorita�indipendenti.�
Per 
quanto 
attiene, 
piu� 
precipuamente, 
al 
sindacato 
sulle 
determinazioni 
delle 
autorita� 
indipendenti, 
si 
puo� 
affermare 
che 
nessun 
dubbio 
sorge 
circa 


(38) 
Vedi 
Cons. 
Stato, 
sez. 
VI, 
21 
settembre 
1999, 
n. 
1243; 
Cons. 
Stato, 
Ad 
plen., 
3 
luglio 
1997, 
n. 
12. 
(39) 
Cons. 
Stato, 
sez.VI, 
11 
gennaio 
1990, 
n. 
73; 
Cons. 
Stato, 
sez. 
IV, 
4 
settembre 
1992. 

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

l'ammissibilita�di�un�sindacato�intrinseco�(40).�Bisogna�osservare�come�l'in-
versione�di�tendenza�(da�sindacato�solo�estrinseco�a�quello�intrinseco)�
riguardo�ai�limiti�del�sindacato�del�G.A.�sulle�valutazioni�tecniche�sia�stata�
resa�possibile�dall'entrata�in�vigore�della�legge�205/2000�(41).�Per�la�preci-
sione,�l'art.�16�di�tale�legge�sancisce�che�il�G.A.,�anche�nell'ambito�della�giuri-
sdizione�generale�di�legittimita�,�puo�disporre�della�consulenza�tecnica;�in�que-
sto�modo�si�e�fornito�al�giudice�lo�strumento�per�effettuare�un�sindacato�
intrinseco.�

E�appena�il�caso�di�osservare,�in�questa�sede,�che�l'introduzione�di�que-
st'ultimo�ausilio�ha�sancito,�se�non�l'eliminazione�della�discrezionalita�tecnica�
come�potere�insindacabile�del�giudice,�una�limitazione�della�sua�insindacabi-
lita�spostando�su�una�linea�piu�avanzata�il�sindacato�del�giudice�e�quindi�
restringendo�l'ambito�del�merito�insindacabile,�riservato�in�generale�all'ammi-
nistrazione.�

Per�quanto�concerne�il�sindacato�diretto�e�indiretto�la�giurisprudenza�si�
divide,�in�quanto�c'e�chi�ritiene�possibile�solo�il�sindacato�sull'istruttoria�
seguita�dalla�P.A.�e�chi,�invece,�ammette�anche�il�sindacato�sul�giudizio�
finale.�La�tesi�intermedia�e�quella�di�chi,�invece,�esclude�la�valutazione�sul�
giudizio�finale�allorquando�quest'ultimo�riguardi�settori�sensibili.�

Nessun�contrasto�in�giurisprudenza�si�registra�in�ordine�all'intensita�del�
sindacato:�si�ammette�solo�ed�esclusivamente�il�sindacato�debole.�

La�giurisprudenza�amministrativa�piu�recente�ha�statuito,�con�decisioni�
che�ormai�segnano�una�costante�della�sua�linea,�che,�pur�saldo�il�principio�
sopra�affermato�sulla�pienezza�dell'accesso�al�fatto�da�parte�del�giudice,il�
sindacato�di�legittimita�,�proprio�con�riferimento�a�fattispecie�concernenti�
alcuni�provvedimenti�dell'Antitrust�di�vasta�risonanza,�non�consente�l'eserci-
zio�di�un�potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�fare�sovrapporre�la�propria�
valutazione�tecnica�opinabile�o�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�del�
�concetto�indeterminato��all'operato�dell'autorita�,�parimenti�opinabile.�In�
tal�caso,�si�e�detto,�il�giudice�puo�solo�censurare�le�valutazioni�tecniche�(ed�
in�tale�ambito�e�utilizzabile,�se�rilevante,�anche�la�consulenza�tecnica,�com-
preso�il�giudizio�tecnico�finale),�che�attraverso�un�controllo�di�ragionevo-
lezza,�logicita�e�coerenza�tecnica�appaiono�inattendibili.�Detto�in�altri�
termini,�secondo�la�stessa�giurisprudenza,�che�ha�elaborato�un�modello�di�
sindacato�c.d.�debole�o�forte,�vanno�distinte�ai�fini�del�diritto�di�accessoal�
fatto,�le�valutazioni�tecniche�in�senso�stretto,�in�genere�frutto�dell'applica-

(40)�Cons.,�Stato,�Sez.�VI,�9�aprile�1999,�n.�601,�in�Foro 
italiano,�2001,�9.�La�fattispecie�atte-
neva�al�riconoscimento�della�dipendenza�di�malattia�di�pubblico�dipendente�da�causa�di�servizio.�
(41)�In�un�primo�momento�con�sentenza�della�Corte�Costituzionale,�n.�146/1987,�si�era�
ammesso�l'espletamento�della�consulenza�tecnica�per�le�sole�cause�relative�alle�controversie�di�
pubblico�impiego�(successivamente��privatizzato�)�riservate�alla�giurisdizione�esclusiva.�Successi-
vamente�le�uniche�rilevanti�modifiche�legislative�sono�date�dall'art.�35,�comma�3,�del�D.�lgs.�
80/1998�che�introduceva�lo�strumento�de 
quo 
nell'ambito�della�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�e�
l'art�16�della�legge�205/2000�che�ha�esteso�la�sua�applicabilita�alla�giurisdizione�generale�di�legitti-
mita�.�

DOTTRINA�933 


zione�di�scienze�c.d.�esatte,�dalle�valutazioni�complesse�risultanti�dall'applica-
zione�di�concetti�giuridici�indeterminati�che�richiedono,�ai�fini�della�valuta-
zione�del�caso�concreto,�l'applicazione�di�regole�derivanti�da�scienze�c.d.�ine-
satte,�quali�sono�quelle�derivanti�dalle�scienze�economiche,�che�appunto�pre-
sentano�un�tasso�piu�o�meno�alto�di�opinabilita�.�

E�tale�ultimo�carattere�rivestono,�per�stare�ai�provvedimenti�dell'Anti-
trust,�le�valutazioni�per�individuare�nel�caso�concreto�il�mercato�rilevante,�
la�dominanza,�l'intesa�restrittiva�della�concorrenza�e�via�di�seguito,�sottopo-
ste�pertanto�ad�un�controllo�di�ragionevolezza�e�congruita�,�che�per�altro�
non�esclude,�su�alcuni�elementi�di�quella�valutazione,�il�ricorso�alla�consu-
lenza�tecnica�d'ufficio,�che�con�sintesi�verbale�si�e�inteso�indicare�come�con-
trollo�debole.�

Controllo�cioe�,�secondo�i�concetti�espressi�dalla�stessa�giurispru-
denza�(42)�nelle�decisioni�relative�all'Antitrust,�che��non�consente�un�potere�
sostitutivo�del�giudice�tale�da�poter�sovrapporre�la�propria�valutazione�tec-
nica�opinabile�o�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�di�un�concetto�inde-
terminato�all'operato�dell'Autorita�.�Nei�confronti�di�questa�il�giudice�deve,�
infatti,�verificare�i�fatti�posti�a�fondamento�dei�provvedimenti�ed�esercitare�
un�sindacato�di�legittimita�sull'individuazione�del�parametro�normativo�e�
sul�raffronto�con�i�fatti�accertati.�In�tale�ambito�il�giudice�puo�,�come�e�stato�
precisato,�censurare�le�valutazioni�tecniche�(compreso�il�giudizio�finale)�che�
attraverso�un�controllo�di�ragionevolezza,�logicita�e�coerenza�appaiono�inat-
tendibili�.�

Laddove,�quando�si�tratta�di�controllo�c.d.�forte,�che�si�basa�cioe�sull'ap-
plicazione�di�regole�poste�da�scienze�c.d.�esatte,�per�lo�piu�relative�a�determi-
nazioni�quantitative,�il�giudice�amministrativo�puo�direttamente�sostituire�la�
propria�valutazione�a�quella�adottata�dall'amministrazione(43).�

(42)�Cons.�d.�Stato,�Sez.�VI,�n.�2199�e�5156�del�2002,�n.�926�del�2004,�op. 
cit.�
Ad�esempio,�nella�citata�decisione�Enel/Wind-Infostrada�(n.�5156/2000),�il�Consiglio�di�Stato�
ha�esaminato�l'analisi�economica�compiuta�dall'Autorita�,�annullando�le�misure�correttive�degli�
effetti�anticoncorrenziali�di�una�determinata�operazione�di�concentrazione�sulla�base�di�un��pene-
trante��sindacato�sulla�assenza�di�proporzionalita�ed�adeguatezza�delle�misure�rispetto�all'esigenza�
di�evitare�le�conseguenze�negative�sul�piano�concorrenziale�dell'operazione.�Nella�fattispecie�in�
esame,�il�giudice�ha�in�concreto�dimostrato�di�non�incontrare�alcun�limite�nell'esercizio�del�proprio�
sindacato�giurisdizionale�e�l'assenza�di�poteri�sostitutivi�ha�comportato�solamente�che�non�fosse�
il�giudice�a�rideterminare�le�prescrizioni�cui�condizionare�l'assenso�all'operazione�di�concentra-
zione,�ma�che�la�definizione�della�fattispecie�sostanziale�oggetto�del�provvedimento�impugnato�
spettasse,�in�sede�di�riesercizio�del�potere�e�con�i�vincoli�derivanti�dal�giudicato,�all'Autorita�,cui�
il�legislatore�ha�demandato�l'esercizio�di�tali�delicati�poteri�(all'interno�di�un�procedimento�ammi-
nistrativo,�caratterizzato�da�particolari�garanzie 
di�contraddittorio).�

(43)�Questa�configurazione�del�sindacato�sugli�atti�dell'Antitrust�e�sulle�valutazioni�com-
plesse,�di�cui�si�e�detto�ampiamente,�e�stata�per�altro�ritenuta�coerente�se�non�addirittura�piu�avan-
zata�rispetto�all'orientamento�della�Corte�di�giustizia�C.E.,�secondo�cui,�appunto,�il�sindacato�del�
giudice�sulle�valutazioni�economiche�complesse�della�Commissione�appare�limitato�alla�verifica�
dell'osservanza�delle�norme�di�procedura�e�di�motivazione,�dell'esattezza�materiale�dei�fatti,�del-
l'insussistenza�di�errore�manifesto�di�valutazione�e�dello�sviamento�di�potere�(da�ultimo�28�maggio�
1998,�causa�7/1995,�John�Deere).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Va�altres|��rammentato�che�nella�sentenza�n.�926/2004,�il�Consiglio�di�
Stato�ribadisce�quanto�detto�nelle�sentenze�del�2002�(un�sindacato�intrinseco,�
ma�debole)�e�si�sofferma�sul�potere�sanzionatorio�dell'antitrust.�

Va,�infatti,�ribadito�che�il�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate�
dall'Autorita��si�atteggia�in�modo�diverso,�potendo�spingersi�fino�alla�sostitu-
zione�della�sanzione�irrogata�dall'Autorita��anche�attraverso�un�accertamento�
della�congruita��della�sanzione.�

La�diversita��del�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�si�giustifica�sia�in�
base�alla�compatibilita��con�i�principi�della�legge�n.�287/1990�dell'art.�23�della�
legge�n.�689/1981,�sia�tenuto�conto�della�diversita��del�potere�esercitato�dal-
l'Autorita��per�l'applicazione�di�una�sanzione�amministrativa�tipicamente�
punitiva,�quale�quella�pecuniaria�(44).�

Un�accenno�va�fatto�alle�azioni�esperibili�nei�confronti�delle�autorita��
indipendenti�e�alle�norme�processuali�da�applicarsi.�

Per�quanto�riguarda�quest'ultimo�aspetto�e��sufficiente�osservare�che�
l'art.�4,�lett.�d),�della�legge�205/2000,�inserendo�l'art.�23�bis 
nella�legge�
1034/1971,�ha�introdotto�un�rito�accelerato�per�le�controversie�aventi�ad�
oggetto�le�determinazioni�delle�autorita��indipendenti.�Rito�applicabile�solo�
allorquando�sussista�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�perche�,�come�
gia��in�precedenza�detto,�la�norma�non�fonda�la�giurisdizione�ma�detta�le�
norme�processuali�sul�presupposto�dell'esistenza�della�stessa�(45).�

Anche�in�ordine�alle�azioni�esperibili�avverso�i�provvedimenti�delle�auto-
rita��indipendenti�e��riscontrabile�una�evoluzione�che�vede,�ancora�una�volta,�
le�sue�tappe�fondamentali�nel�D.Lgs.�80/1998�e�la�legge�205/2000.�Prima�di�
tali�date,�infatti,�il�giudice�amministrativo,�in�sede�generale�di�legittimita��,�
aveva�poteri�molto�ridotti,�si�limitava�ad�annullare�il�provvedimento�illegit-
timo,�non�potendosi�esercitare�al�suo�cospetto�ne�l'azione�di�accertamento,�
ne�di�condanna.�Azioni,�quest'ultime,�esercitabili�solo�in�sede�di�giurisdizione�
esclusiva�nel�caso�in�cui�il�privato�faceva�valere�la�posizione�di�diritto�sogget-
tivo.�Le�cose�cambiano�per�la�giurisdizione�esclusiva�con�l'art.�35�del�D.Lgs.�
80/1998�che�ha�introdotto�l'azione�risarcitoria�estesa,�grazie�all'interpreta-

(44)�Anche�in�questo�caso�il�riconoscimento�di�tale�tipo�di�sindacato�giurisdizionale�e��coe-
rente�con�i�principi�affermati�in�materia�dalla�giurisprudenza�comunitaria,�che�ha�sempre�ritenuto�
la�sussistenza�di�una�competenza�di�merito�del�giudice,�che�consenta�anche�la�modifica�delle�san-
zioni�irrogate�dalla�Commissione�(v.�Trib.�Ce,�11�marzo�1999,�T-141/1994,�Thyssen�Stahl�AG,�
par.�646�e�674�e�Corte�Giust.�CE,�16�novembre�2000,�C-291/1998,�Sarrio��^Cartoncino,�par.�
70-71);�ed�e��anche�coerente�con�le�prospettive�di�armonizzazione�del�diritto�della�concorrenza,�
citate�in�precedenza,�tenuto�conto�che�l'art.�31�del�reg.�CE�n.�1/2003�prevede�che�la�Corte�di�Giu-
stizia�possa�estinguere,�ridurre�o�aumentare�le�ammende�irrogate�dalla�Commissione,�qualificando�
tale�competenza�giurisdizionale��di�merito�.�
(45)�Il�rito�prevede�la�riduzione�a�meta��dei�termini�processuali,�la�fissazione�rapida�dal�merito�
allorquando�il�giudice�si�convinca�della�fondatezza�dell'istanza�cautelare,�i�termini�ridotti�per�la�
pubblicazione�della�sentenza�di�primo�grado�e�per�l'impugnazione�della�stessa.�La�normativa�pre-
vede�l'abrogazione�del�rito�speciale�previsto�per�l'autorita��delle�telecomunicazioni�(l.�n.�249/1997)�
e�per�gli�appalti�di�opere�pubbliche�(decreto�legge�n.�67/1997).�

DOTTRINA 
935 


zione 
della 
Cassazione(46), 
agli 
interessi 
legittimi 
e 
soprattutto 
con 
l'art. 
7 
della 
legge 
205/2000, 
che 
risolvendo 
qualsiasi 
dubbio, 
ha 
attribuito 
una 
cognizione 
piena 
(comprensiva 
del 
potere 
risarcitorio) 
al 
G.A. 
anche 
in 
sede 
generale 
di 
legittimita� 
. 


In 
particolare, 
per 
l'attivita� 
di 
vigilanza, 
si 
e� 
posto 
in 
discussione 
se, 
con 
riferimento 
all'attivita� 
svolta 
dalla 
CONSOB 
nel 
mercato 
dei 
valori 
mobi-
liari, 
la 
stessa 
possa 
essere 
chiamata 
a 
risarcire 
i 
danni 
subiti 
dagli 
investitori 
causati 
da 
carenze 
nell'espletamento 
dei 
compiti 
istituzionali 
di 
vigilanza. 


Anche 
su 
questo 
argomento 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
(Sez. 
I, 
3 
marzo 
2001, 
n. 
3132) 
ha 
pronunciato 
una 
sentenza 
che 
segna, 
secondo 
la 
dottrina, 
una 
svolta 
storica 
nei 
rapporti 
tra 
tale 
autorita� 
ed 
il 
pubblico 
dei 
risparmia-
tori-investitori 
(47): 
ha 
riconosciuto 
proprio 
nei 
riguardi 
della 
Consob, 
la 
responsabilita� 
civile, 
ex 
art. 
2043 
cod.civ., 
per 
omessa 
vigilanza. 


Conclusioni 


Tenendo 
conto 
dell'eterogeneita� 
del 
fenomeno 
delle 
autorita� 
indipen-
denti 
e 
del 
costante 
interessamento 
del 
legislatore 
alla 
materia 
si 
e� 
cercato 
di 
tracciare 
una 
linea 
comune 
al 
fine 
di 
evidenziare 
il 
rapporto 
sussistente 
tra 
determinazioni 
adottate 
dalle 
stesse 
e 
controllo 
giurisdizionale. 


Nella 
riflessione 
svolta 
sono 
tre 
i 
punti 
fondamentali 
e 
necessariamente 
collegati 
messi 
in 
luce: 
la 
natura 
amministrativa 
delle 
Authorities, 
la 
necessita� 
di 
un 
controllo 
giurisdizionale 
sugli 
atti 
adottati 
e, 
infine, 
gli 
inevitabili 
limiti 
a 
cui 
quest'ultimo 
e� 
sottoposto. 


Si 
e� 
visto 
che, 
quanto 
alle 
norme 
applicabili, 
non 
esiste 
un 
regime 
unita-
rio 
delle 
autorita� 
, 
essendo 
ciascuna 
di 
esse 
disciplinata 
da 
specifica 
norma-
tiva, 
seppure 
connotato 
fondamentale 
e 
unificante 
di 
tutte 
le 
Authorities 
e� 
sicuramente, 
in 
maniera 
piu� 
o 
meno 
accentuata, 
l'indipendenza 
in 
senso 
ampio 
e 
funzionale: 
indipendenza 
dalla 
politica, 
dal 
governo 
e 
dai 
ministeri. 


(46) 
Cfr. 
Cass, 
Sez. 
un., 
n. 
500/1999. 
Questa 
sentenza 
che 
a 
ragione 
puo� 
essere 
definita 
sto-
rica 
ha 
riconosciuto 
la 
diretta 
risarcibilita� 
del 
danno 
da 
lesione 
di 
interessi 
legittimi 
(senza 
piu� 
ricorrere 
allafictio 
iuris 
della 
teoria 
dell'affievolimento). 
Il 
potere 
risarcitorio 
era 
attribuito, 
prima 
della 
legge 
205/2000, 
nelle 
materie 
non 
rientranti 
nella 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
G.A 
al 
G.O 
(47) 
Premesso 
che 
la 
controversia 
era 
relativa 
ad 
una 
vicenda 
anteriore 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
degli 
articoli 
33 
del 
D.Lgs. 
n. 
80 
del 
1998 
^la 
Cassazione 
ha 
ritenuto 
che 
la 
CONSOB, 
attesi 
i 
poteri 
attribuitile 
dalla 
legge 
all'epoca 
dei 
fatti 
di 
causa 
in 
tema 
di 
vigilanza, 
era 
tenuta 
a 
svolgere 
una 
verifica 
della 
veridicita� 
dei 
dati 
contenuti 
nella 
comunicazione 
concernente 
un'opera-
zione 
lanciata 
da 
una 
societa� 
per 
la 
pubblica 
sottoscrizione 
di 
titoli 
atipici 
e 
del 
relativo 
prospetto 
informativo 
e 
che, 
essendosi 
rivelati 
tali 
dati 
completamente 
falsi, 
sussisteva 
un 
nesso 
di 
causalita� 
tra 
l'omessa 
vigilanza 
della 
CONSOB 
e 
gli 
ingenti 
danni 
dei 
sottoscrittori 
cos|� 
tratti 
in 
inganno, 
dovendosi 
qualificare 
la 
situazione 
di 
questi 
ultimi 
come 
di 
diritto 
soggettivo. 
Anche 
successiva-
mente 
all'entrata 
in 
vigore 
dell'art. 
33 
del 
D.Lgs. 
80/1998, 
cos|� 
come 
modificato 
dall'art. 
7 
legge 
205/2000, 
la 
Cassazione 
(sez. 
un, 
ordinanza 
n. 
6719/2003) 
ritiene 
che 
la 
posizione 
vantata 
dai 
risparmiatori 
sia 
di 
diritto 
soggettivo 
tanto 
da 
ritenere 
che 
la 
controversia 
attenga 
a 
quelle 
mera-
mente 
risarcitorie 
che 
riguardano 
il 
danno 
alle 
persone 
o 
alle 
cose, 
escluse 
appunto 
dalla 
lett. 
f. 
comma 
2 
del 
novellato 
articolo 
7 
sopracitato 
e 
devolute 
alla 
giurisdizionedel 
G.O. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


Le 
autorita� 
sono 
comunque 
riconducibili 
alla 
pubblica 
amministrazione 
ed 
e� 
da 
ritenere 
che, 
ove 
le 
norme 
istitutive 
non 
dispongano 
in 
modo 
deroga-
torio, 
valgano 
i 
principi 
sull'azione 
amministrativa 
e 
sull'organizzazione, 
oltre 
alle 
norme 
generali, 
ad 
esempio 
sui 
procedimenti 
amministrativi, 
inte-
grative 
delle 
normative 
speciali. 


Corollario 
della 
natura 
di 
amministrazione 
delle 
autorita� 
indipendenti, 
seppur 
di 
amministrazione 
sottratta 
al 
controllo 
politico 
ex 
art. 
95, 
e� 
la 
pos-
sibilita� 
del 
sindacato 
giurisdizionale 
sulle 
determinazioni 
adottate 
dalle 
stesse. 


Si 
e� 
riflettuto 
sui 
limiti 
di 
tale 
sindacato 
derivanti 
dalla 
particolarita� 
del-
l'agire 
delle 
autorita� 
indipendenti, 
le 
quali 
in 
settori 
sensibili 
esercitano, 
tra 
gli 
altri, 
anche 
poteri 
di 
discrezionalita� 
tecnica 


Si 
e� 
affermato, 
da 
ultimo, 
che, 
mentre 
il 
merito 
amministrativo 
^sfera 
riservata 
alla 
pubblica 
amministrazione 
^e� 
per 
sua 
natura 
insindacabile, 
la 
discrezionalita� 
tecnica, 
di 
contro, 
e� 
sindacabile 
non 
solo 
dall'esterno, 
ma 
anche 
dall'interno. 
Il 
giudice 
amministrativo 
valuta 
la 
correttezza 
dell'iter 
logico 
seguito 
(sindacato 
esterno), 
e 
l'attendibilita� 
dell'istruttoria 
e 
del 
giudi-
zio 
tecnico 
finale 
(sindacato 
interno). 
Si 
e� 
evidenziata, 
quindi, 
l'impossibilita� 
per 
il 
giudice, 
nella 
valutazione 
del 
potere 
discrezionale 
tecnico 
della 
P.A., 
di 
sostituirsi 
all'amministrazione, 
effettuando 
in 
prima 
persona 
giudizi 
tecnici. 



DOTTRINA�937 


Dismissione 
del 
patrimonio 
pubblico: 
l'interpretazione 
autentica(mente 
ingiusta) 


di 
Maurizio 
Iacono 
Quarantino 


1.�L'interpretazioneautenticadell'art.�1D.lgs.�104/1996.�
Nel�momento�in�cui�si�scrive�e�in�corso�di�approvazione�alla�Camera�il�

disegno�di�legge�n.�2058�in�materia�pensionistica�contenente�deleghe�al�

Governo�nel�settore�della�previdenza�pubblica,�per�il�sostegno�alla�previ-

denza�complementare�e�all'occupazione�stabile�e�per�il�riordino�degli�entidi�

previdenza�e�assistenza�obbligatoria.�
Tale�disegno�di�legge�e�stato,�invero,�gia�approvato�una�prima�volta�alla�

Camera�dei�Deputati�il�27�febbraio�2003�ma,�nel�passaggio�all'altro�ramo�

del�Parlamento,�vi�sono�stati�apportati�alcuni�emendamenti�che�hanno�richie-

sto�l'ulteriore�esame�della�Camera.�(1)�
Il�disegno�contiene,�in�particolare,�una�norma,�l'art.�6,�comma�2,�con�la�

quale�si�vorrebbe�stabilire�l'ambito�di�applicazione�soggettivo�del�decreto�

legislativo�104/1996�recante�norme�per�la�dismissione�del�patrimonio�immo-

biliare�pubblico.�
Piu�specificamente�la�norma�stabilisce�che��l'articolo�1�comma�1�del�

decreto�legislativo�16febbraio�1996�n.�104�si�interpreta�nel�senso�che�la�disci-

plinaafferenteallagestionedeibeni,�alleformeditrasferimentodellaproprieta�

degli�stessi�e�alleforme�di�realizzazione�dei�nuovi�investimenti�immobiliari�con-

tenuta�nel�medesimo�decreto�legislativo�non�si�applica�agli�enti�privatizzati�ai�

sensi�del�d.lgs�30�giugno�1994,�509,�ancorche�la�trasformazione�in�persona�giuri-

dica�di�diritto�privato�sia�intervenuta�successivamente�alla�data�di�entrata�in�

vigore�del�medesimo�d.lgs.�104�del�1996�.�

Tale�norma,�che�non�e�stata�oggetto�di�modiche�nel�passaggio�da�un�

ramo�all'altro�del�Parlamento,�non�sembra�aver�suscitato�l'interesse�dei�primi�

commentatori�dell'emanando�disegno�di�legge.�
Eppure�essa�costituisce�una�disposizione�di�evidente�iniquita�,�incoe-

renza,�e�secondo�chi�scrive,�di�palese�illegittimita�.�
Per�comprenderne�la�portata,�occorre�allora�fare�un�passo�indietro�e�

ripercorrere�l'iter�con�cui�si�e�progettata,�negli�ultimi�anni,�la�tanto�evocata

dismissione�del�patrimonio�immobiliare�pubblico,�in�particolare�quella�rela-

tiva�agli�immobili�degli�enti�pubblici�previdenziali.�
L'operazione�di�dismissione�trova�scaturigine�nell'art.�3,�comma�27,�della�

legge�8�agosto�1995,�n.�395,�disposizione�con�la�quale�si�delegava�il�Governo

ad�emanare,�entro�6�mesi,�decreti�per�la�dismissione�del�patrimonio�degli�enti�

previdenziali.�
La�delega�aveva�precipuamente�due�finalita�.�
Da�una�parte,�quella�di�risanare�l'onnipresente�debito�pubblico.�

(1)�Il�Parlamento�(Seduta�del�28�luglio�2004),�ha�approvato�definitivamente�la�riforma�delle�
pensioni��Norme�in�materia�pensionistica�e�deleghe�al�Governo�nel�settore�della�previdenza�pub-
blica,�per�il�sostegno�alla�previdenza�complementare�e�all'occupazione�stabile�e�per�il�riordino�
degli�enti�di�previdenza�e�assistenza�obbligatoria��(A.C.�2145B).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Dall'altra,�quella�di�ricondurre�gli�enti�previdenziali�alla�loro�vocazione�
naturale�e�cioe�quella�di�tutelare�i�diritti�previdenziali�dei�cittadini,�privando�
invece�tali�enti�della�gestione�antieconomica�e�snaturante�di�un�vasto�patri-
monio�immobiliare.�

In�adempimento�di�tale�delega,�il�Governo�ha�dunque�provveduto�ad�
emanare�la�normativa�organica�della�dismissione�che�si�e�concretizzata�nel�
d.lgs.�104/1996.�

Tale�normativa�prevede,�nello�specifico,�a�seguito�di�una�ricognizione�del�
patrimonio,�la�cessione�totale�degli�immobili�degli�enti�previdenziali�pubblici�
nell'arco�di�5�anni,�con�eccezione�degli�immobili�aventi�natura�strumentale�
rispetto�all'attivita�dell'ente�stesso.�

A�tutela�dei�diritti�degli�inquilini�degli�appartamenti�di�proprieta�del-
l'ente,�l'art.�6,�comma�5�di�tale�decreto,�ha�sancito�il�diritto�di�prelazione�nel-
l'acquisto�degli�immobili�da�dismettere,�anche�se�il�Ministero�del�Lavoro,�
con�circolare�7�aprile�2000,�ha�precisato�trattarsi�piu�propriamente�di�un'op-
zione�legale�a�favore�del�conduttore�da�perfezionare�con�l'accettazione�scritta�
da�parte�del�conduttore.�(2)�

Ai�fini�del�miglior�controllo�e�indirizzo�dell'attivita�immobiliare�e�per�
l'attuazione�dei�programmi�di�cessione�in�5�anni,�l'art.�10�del�medesimo�
decreto�ha�inoltre�istituito�l'Osservatorio�sul�patrimonio�immobiliare�degli�
enti.�

Con�un�successivo�intervento�legislativo�(legge�140/1997),�al�fine�di�dare�
una�sferzata�al�lento�processo�di�dismissione�dell'ingente�patrimonio�immobi-
liare�pubblico,�si�e�previsto�un�programma�straordinario�di�dismissione�a�
mezzo�di�asta�pubblica,�stabilendo�da�una�parte�termini�perentori�per�la�
stipulazione�del�contratto�con�i�conduttori�e,�dall'altra,�prevedendo�la�
nomina�di�un�commissario�speciale�in�sostituzione�degli�organi�dell'ente�
inerti�nel�rispetto�dei�suddetti�termini.�

Con�decreti�del�16�marzo�2000�e�del�27�settembre�2000,�il�Ministero�del�
Lavoro�e�della�Previdenza�Sociale�ha,�quindi,�individuato�gli�immobili�da�
sottoporre�a�dismissione�ordinaria�ai�sensi�dell'art.�7�legge�140/1997�ed�ha�
fissato�nel�1�marzo�2001�la�data,�entro�e�non�oltre�la�quale,�procedere�alla�
alienazione.�

Nel�2001,�il�legislatore�italiano�ha,�infine,�provveduto�a�fissare�nuove�
modalita�(c.d.�cartolarizzazione)�per�la�cessione�degli�immobili�degli�enti�
obbligati�alla�dismissione�e�non�ancora�alienati�alla�data�del�31�ottobre�2001.�

Piu�specificamente,�l'art.�3�comma�20�della�legge�410/2001�ha�mante-
nuto�fermo�l'obbligo,�contenuto�nella�precedente�normativa,�di�alienazione�
degli�immobili�in�favore�dei�soggetti�che,�in�mancanza�dell'offerta�in�opzione,�
avevano�manifestato�volonta�di�acquisto�entro�il�31�ottobre�2001�alle�condi-
zioni�determinate�in�base�alla�normativa�vigente�alla�data�della�suddetta�
manifestazione�di�volonta�.�

(2)�L'art.�6�ha�suscitato�varie�perplessita�per�la�sua�ambigua�formulazione�dal�momento�che�
al�comma�5�riconosce�agli�inquilini�un�diritto�di��prelazione��mentre,�al�successivo�comma�6,�qua-
lifica�il�medesimo�diritto�come�una��opzione�.�

DOTTRINA�939 


In�tale�complesso�e�articolato�sistema�normativo�si�inserisce,�da�ultimo,�
l'art.�6,�comma�2�del�disegno�di�legge�sopra�richiamato.�

Tale�norma�affronta�il�tema�della�dismissione�in�relazione�all'avvenuta�
privatizzazione�dell'ente�obbligato�alla�dismissione�medesima�e,�piu��in�parti-
colare,�tenta�di�dare�una�risposta�al�problema�se�i�conduttori�di�abitazioni�
di�tipo�residenziale�comune�di�proprieta��di�un�ente�privatizzatosi�medio�tem-
pore�(cioe��dopo�l'entrata�in�vigore�del�d.lgs.�104/1996�ma�prima�della�legge�
410/2001)�abbiano�ancora�titolo�all'acquisto�a�seguito�dell'avvenuta�privatiz-
zazione,�avendo�essi�manifestato�la�loro�volonta��di�acquisto�entro�il�31�otto-
bre�2001.�

La�soluzione�di�tale�quesito,�applicando�l'art.�6,�comma�2�del�Disegno�di�
legge�richiamato,�sarebbe�certamente�negativa:�infatti�la�nuova�normativa�
espressamente�dichiara�non�applicabile�agli�enti�privatizzati�la�disciplina�sulla�
dismissione�del�patrimonio�pubblico�anche�allorche�la�privatizzazione�sia�

intervenuta�dopo�l'entrata�in�vigore�del�d.lgs�104/96.�

Ora,�tale�soluzione�e��configurata�dal�legislatore�come�interpretazione�
autentica�dell'art.�1�del�d.lgs.�104/1996�ma,�invero,�di�tale�natura�ermeneutica�
si�puo��ampiamente�dubitare.�

Infatti,�l'art.�1�richiamato�prevede�l'applicazione�delle�norme�sulla�
dismissione�del�patrimonio�immobiliare�solo�agli��entiprevidenziali�di�natura�

pubblica�elencati�al�numero�1�della�tabella�allegata�alla�legge�20�marzo�1975�

n.�70,�ed�altres|�a�quelli�di�cui�al�decreto�legislativo�30�giugno�1994�n.�479�e�a�
quegli�entiprevidenzialipubblici�successivamente�istituiti��mentre�non�contem-
pla�affatto�ne��fa�riferimento�alcuno�all'ipotesi�dell'intervenuta�privatizzazione�
dell'ente�dopo�l'entrata�in�vigore�del�D.Lgs�104/1996�(17�marzo�1996).�

Invero,�l'unico�mutamento�giuridico�che�essa�prende�in�considerazione�e��
la�trasformazione�dell'ente�in�soggetto�pubblico,�e�non�anche�in�soggetto�pri-
vato�(3).�

Pertanto,�il�dato�letterale�induce�a�ritenere�che�una�soluzione�interpreta-
tiva�come�quella�prevista�nell'emananda�legge�non�sia�affatto�contenuta�nella�
norma�richiamata�ne��da�essa�sia�in�alcun�modo�desumibile.�

E�per�tale�ragione�che�quella�di�cui�all'art.�6�del�disegno�di�legge�non�
puo��essere�considerata�interpretazione�autentica�dell'art.�1�D.lgs�104/1996�
quanto�piuttosto�un'innovazione�legislativa.�

D'altronde,�una�norma�puo��qualificarsi�come�interpretativa�solo�se�
intervenga�a�risolvere�i�dubbi�che�comporta�la�formulazione�di�una�norma�
precedente�e�non�anche�quando,�come�nel�nostro�caso,�la�norma�da�interpre-
tare�sia�chiara�e�la�norma�interpretativa�serva�solo�per�aggiungere�qualcosa�
di�nuovo�ad�una�precedente�disposizione.�

Perche��allora�il�legislatore�nazionale�ha�configurato�l'art.�6�come��inter-
pretazione�autentica�?�

(3)�Cio��e��,�d'altronde,�coerente�con�la�ratio�di�tale�disciplina�che,�essendo�finalizzata�al�risa-
namento�della�finanza�pubblica,�ammette�solo�la�possibilita��di�ampliare,�e�non�anche�di�ridurre,�
il�numero�dei�soggetti�obbligati�a�dismettere�il�proprio�patrimonio.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�ragione�di�tale�scelta�risulta�evidente�se�si�considera�la�regola�civili-
stica�generale�sull'applicazione�delle�leggi�nel�tempo,�che�si�esprime�chiara-
mente�nel�brocardo�latino��tempus 
regit 
actum��e�che�trova�un�suo�corollario�
nel�principio�di�irretroattivita�della�legge�civile.�

Tra�le�norme�che�eccezionalmente�possono�derogare�a�tali�principi,�vi�
sono�appunto�le�disposizioni�interpretative,�le�quali�non�hanno�una�funzione�
retroattivamente�innovativa�ma�solo�quella�di�chiarire�l'applicazione�di�
norme�preesistenti.�

Ora,�l'introduzione�di�una�norma�di�interpretazione�autentica,�in�quanto�
eccezione�a�un�regola�generale,�costituisce�uno�squarcio�all'interno�dell'ordi-
namento�giuridico�che�non�puo�essere�ammesso�se�non�negli�angusti�limiti�
in�cui�la�norma�rispetta�la�funzione�per�cui�e�stata�creata�(cioe�quella�erme-
neutica).�

Quando�invece�tale�funzione�viene�a�mancare�e�la�norma�si�presenta�
piuttosto�con�un�contenuto�innovativo,�si�assiste�ad�una�lesione�ingiustificata�
di�quelle�situazione�giuridiche,�definite�tradizionalmente�di�aspettativa,�tute-
late�dal�principio�di�irretroattivita�e�consistenti�nell'affidamento�basato�sulla�
precedente�normativa.�

Ma�che�fare�allora�quando�il�principio�di�irretroattivita�viene�in�tal�
modo�violato?�

Di�fronte�a�un�siffatto�comportamento�del�legislatore�nazionale,�l'unico�
strenuo�difensore�dei�diritti�dei�singoli,�a�parere�di�chi�scrive,�sembra�essere�
solo�l'interprete�al�quale�va�riconosciuta�la�somma�qualifica�di��controllore�
istituzionale��dell'attivita�legislativa.�

E�infatti�a�questo�soggetto�che�spetta�il�compito�di�discernere�la�reale�
natura�della�norma�presentata�come��interpretativa��di�modo�che,�ove�rile-
vasse�la�natura�innovativa�della�disposizione,�essa�andrebbe�soggetta�alla�
regola�generale�della�irretroattivita�degli�atti�legislativi.�

Questo�e�quanto�si�rende�necessario�rispetto�alla�norma�di�cui�all'art.�6,�
che�invece�di��chiarire��sembra��aggiungere��qualcosa�al�precedente�dettato�
legislativo,�introducendo�un'interpretazione�che�mai�si�sarebbe�potuta�ragio-
nevolmente�desumere�dall'esegesi�del�d.lgs�104/1996.�

2. 
L'incidenzasullesituazionipregresse. 
Il�problema�della�retroattivita�della�norma�in�questione�ha,�d'altronde,�
risvolti�pratici�notevoli.�

Infatti,�se�la�norma�venisse�effettivamente�introdotta,�essa�andrebbe�ad�
incidere�su�situazioni�pregresse�non�ancora�definite�e,�in�particolare,�su�
indubbie�posizioni�di�aspettativa�dei�conduttori.�

Difatti,�prima,�il�d.lgs�104/1996�ha�sancito�l'obbligo�di�dismissione�a�
loro�favore�(4),�prevedendo�a�maggior�protezione�un�apposito�diritto�di�prela-
zione.�

(4)�Tale�obbligo,�tra�l'altro,�non�e�mai�venuto�meno�neanche�a�seguito�dell'emanazione�di�
tutte�le�leggi�successive�tant'e�che�nell'ultima�legge�140/2001�si�e�mantenuto�fermo�tale�vincolo�
per�gli�inquilini�che�avessero�manifestato�volonta�di�acquisto�entro�il�31�ottobre�2001�alle�condi-
zioni�fissate�dalla�legge�vigente�al�tempo�di�tale�manifestazione�(art.�3�comma�20).�

DOTTRINA�941 


Poi,�il�d.lgs�509/1994,�recante�norme�in�materia�di�privatizzazione�degli�
enti,�ha�stabilito�che�gli�ex�soggetti�pubblici��rimangono�titolari�di�tutti�i�rap-
porti�attivi�e�passivi�dei�corrispondenti�enti�previdenziali�e�dei�rispettivi�patri-
moni��il�che�significa�che,�una�volta�sorto�l'obbligo�di�dismettere,�si�radica�
una�destinazione�patrimoniale�che�resiste�alla�successiva�privatizzazione.�

Infine,�con�la�finanziaria�del�2000�(legge�23�dicembre�1999�n.�488),�il�
legislatore�ha�apportato�anche�modifiche�ai�piani�ordinari�e�straordinaridi�
cessione�prevedendo�l'aggiunta�di�7�commi�al�d.l.�79/1997,�convertito�in�legge�
140/1997,�tra�cui�il�comma�2-quater 
in�cui�si�stabilisce�che�con�decreto�del�
Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�vengono�individuati�gli�immobili�da�
alienare�rimanendo��in�ogni�caso�fatti�salvi�i�diritti�attribuiti�ai�conduttori�
dalle�norme�vigenti�.�

Pertanto�gli�inquilini,�per�quasi�dieci�anni,�hanno�fatto�affidamento�su�
una�normativa�che�sembrava�proteggerli�dai�mutamenti�giuridici�successivi�
all'intervenuto�obbligo�di�dismissione�e�su�di�essa�hanno�fondato�legittime�
aspettative�che�ora�vengono�poste�irrimediabilmente�nel�nulla�dall'art.�6�(5).�

Ma�e�da�precisare�che,�in�questa�materia,�non�si�sono�create�solo�situa-
zioni�di�aspettativa,�ma�si�e�dato�vita�a�veri�e�propri�rapporti�giuridici,�
mediante�le�reciproche�volonta�dell'ente�alienante�e�dell'inquilino�acquirente�
ed�aventi�ad�oggetto�beni�individuati�ad�un�prezzo�prefissato.�

In�ordine�alle�manifestazioni�di�volonta�,�infatti,�si�puo�ritenere�che�ci�sia�
stato�comunque�uno�scambio�di�proposta�e�accettazione�sia�che�si�aderisca�
alla�tesi�che�configura�il�diritto�di�cui�al�comma�5�dell'art.�6�d.lgs�104/1996�
come�una�prelazione�sia�che�si�propenda�per�la�tesi�che�riconosce�il�diritto�
degli�inquilini�come�un'opzione�legale�di�acquisto�(6).�

(5)�E�da�sottolineare,�a�tal�rilievo,�che�l'emanazione�della�norma�interpretativa,�che�
dovrebbe�avere�di�per�se�una�funzione�chiarificatoria,�in�questo�caso,�invece,�non�fa�che�creare�
una�serie�di�dubbi�interpretativi�rappresentati�dalla�incompatibilita�con�precedenti�norme�che�
non�hanno�attribuito�rilevanza�al�mutamento�giuridico�dell'ente�pubblico.�
Anche�per�tale�ragione,�non�puo�ritenersi�pertanto�che�la�norma�in�argomento�possa�essere�
ricompresa�tra�quelle�di�interpretazione�autentica.�

(6)�A�favore�della�prima�tesi�si�e�espresso�il�Consiglio�di�Stato�in�sede�consultiva�
n.�3217/2002�ritenendo,�ai�fini�dell'esercizio�della�prelazione,�che�la�proposta�di�vendita�irrevoca-
bile�sia�contenuta�nella�legge�stessa.�
D'altronde�tale�interpretazione�del�dato�legislativo�si�rende�necessaria�per�adattare�l'istituto�
della�prelazione,�che�tradizionalmente�prevede�in�capo�al�venditore�un�diritto�di�scelta�sulla�
volonta�di�vendere�e�sulla�persona�del�contraente,�alla�fattispecie�di�cui�al�d.lgs�104/96�che�invece�
obbliga�l'ente�a�vendere�a�soggetti�determinati.�

Ha�ritenuto�trattarsi�invece�di�un'opzione�legale�di�acquisto,�il�Ministro�del�lavoro�nella�circo-
lare�interpretativa�n.�IV/PS/30800�del�7�aprile�2000�secondo�cui��Il�D.�Lgs.n�104/1996,�all'art.�6,�
commi�5�e�6,�definisce�il�diritto�spettante�ai�conduttori�delle�unita�immobiliari�ad�uso�residenziale�
degli�Enti�previdenziali�pubblici�sia�come�prelazione�(comma�5)�e�sia�come�opzione�(comma�6).�
Trattandosi�di�istituti�giuridici�formalmente�e�sostanzialmente�diversi,�si�precisa�che�il�diritto�spet-
tante�ai�conduttori�nei�piani�di�dismissione�ordinaria�e�da�definirsi�piu�propriamente�come�
opzione�legale,�condizionata�all'inserimento�della�unita�immobiliare�nei�suddetti�piani�e�alla�pun-
tuale�definizione�delle�principali�clausole�contrattuali�da�comunicare�ai�conduttori�per�l'esercizio�
dell'opzione�stessa,�e�da�perfezionare�con�l'accettazione�scritta�da�parte�del�conduttore�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Si�deve�ritenere,�infatti,�che�in�entrambi�i�casi�un�rapporto�giuridico�sia�
nato�per�il�fatto�che�comunque,�con�le�plurime�raccomandate�degli�inquilini�
intenzionati�a�comprare,�si�e�perfezionata,�secondo�lo�schema�della�prela-
zione�o�dell'opzione�legale,�la�fattispecie�contrattuale.�

In�ordine�all'oggetto�di�tali�rapporti,�poi,�il�bene�da�alienare�e�stato�indi-
viduato�espressamente:�infatti,�in�alcune�fattispecie,�l'immobile�e�stato�inse-
rito�nella�percentuale�del�patrimonio�da�alienare,�altre�volte,�esso�e�stato�
compreso�nei�programmi�di�dismissione�operata�con�i�decreti�ministeriali�
del�2000�e,�comunque,�esso�puo�dirsi�individuato�per�il�tramite�della�destina-
zione�d'uso�residenziale�di�cui�al�D.M.�27�settembre�2000�(7).�

Allo�stesso�modo,�il�prezzo�di�vendita�di�tali�beni�risulta�determinato�
con�i�criteri�dell'art.�6�comma�2�lett.�a) 
d.lgs�104/96�(8)�ed�e�comunque�deter-
minabile�ad�opera�del�giudice.�

Il�mancato�rispetto�delle�aspettative�e�dei�rapporti�giuridici�cos|�forma-
tisi�contrasta,�allora,�inevitabilmente,�con�i�principi�costituzionali�di�corret-
tezza�e�buon�andamento�della�Pubblica�Amministrazione�(art.�97�Cost.)�oltre�
che�con�gli�obblighi�di�buona�fede�in�materia�contrattuale.�

Tali�obblighi�impongono�alla�P.A.�di�comportarsi�con�lealta�,�rispettando�
le�norme�di�relazione�in�modo�da�non�pregiudicare�gli�interessi�dei�privati�
con�cui�l'amministrazione�venga�a�contatto.�

E�dunque�non�v'e�chi�non�rilevi�l'illegittimita�dei�comportamenti�di�que-
gli�enti�previdenziali�che�hanno�agito�con�esasperante�lentezza�nell'intento�
preciso�di�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismissione.�

La�emananda�norma�si�porrebbe�proprio�rispetto�a�tali�comportamenti�
in�posizione�legittimante�e�scriminante,�autorizzando�ex 
post 
situazioni�di�
evidente�iniquita�:�se�infatti�un�ente�pubblico�potesse�liberamente�scegliere�di�
modificare�la�propria�natura�giuridica�per�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismis-
sione,�gli�si�attribuirebbe�un�potere�discrezionale�cos|�elevato�da�incidere,�
senza�possibilita�di�opporvisi,�su�interessi�fondamentali�degli�inquilini�quali�
il�diritto�alla�casa�(9).�

Ma�vi�e�di�piu�.�

Perche�,�oltre�a�incidere�sul�diritto�di�abitazione,�la�emananda�norma�
produrrebbe�gravi�conseguenze�anche�sotto�l'aspetto�risarcitorio.�

Infatti,�legittimando�i�comportamenti�di�quegli�enti�che�si�sono�privatiz-
zati�per�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismissione,�indubbiamente�andrebbe�a�

(7)�In�tale�decreto�il�Ministro�del�Lavoro�ha�infatti�suddiviso�gli�immobiliin:�
a) 
beni�commerciali�e�residenziali�di�pregio�(rientranti�nel�programma�straordinario�di�
dismissione);�
b) 
beni�di�residenza�comune�(da�cedere�agli�inquilini�in�base�al�programma�ordinario).�

(8)�La�determinazione�del�prezzo�di�cui�al�decreto�104/96�e�stata�sostituita�dal�legislatore�fin�
dal�1996�dal�momento�che�essa�determinava�un'eccessiva�svalutazione�degli�immobili:�con�l'art.�3,�
comma�109,�lett.�d),�legge�23�dicembre�1996�n.�662�si�e�scelto�allora�di�prendere�in�considerazione�
il�prezzo�di�mercato�degli�alloggi�liberi�diminuito�del�trenta�per�cento.�
(9)�Non�varrebbe�obiettare,�d'altro�canto,�che�l'ente�che�si�privatizzasse�perderebbe�i�contri-
buti�statali�perche�non�puo�in�ogni�caso�ammettersi�che�la�scelta�di�un�ente�di�mutare�la�propria�
natura�giuridica�possa�avere�ripercussioni�cos|�devastanti�sul�fondamentale�diritto�alla�casa.�

DOTTRINA�943 


incidere,�negandole,�anche�sulle�pretese�degli�inquilini�al�risarcimento�dei�
danni�patiti�durante�tutti�questi�anni:�dal�rischio�di�essere�sfrattati�in�caso�
di�mancata�adesione�alla�triplicazione�del�canone�locativo�ai�danni�per�aver�
richiesto�anticipate�liquidazioni�per�far�fronte�all'impegno�economico�dell'ac-
quisto,�dai�danni�per�non�aver�potuto�valutare�proposte�di�vendita�alterna-
tive�ai�danni�per�non�aver�potuto�fruire�mutui�a�tassi�agevolati�del�d.lgs�del�
1996.�

Vi�e�da�aggiungere,�inoltre,�che�non�puo�non�essere�oggetto�di�critica�il�
comportamento�di�quegli�enti�che�hanno�agito�con�esasperante�lentezza�solo�
nel�preordinato�intento�di�non�dismettere.�

E,�se�tale�comportamento�non�e�censurabile�sul�piano�oggettivo�in�
quanto�l'art.�6�sembra�legittimare�tale�modus 
agendi,�esso�dovrebbe�rilevare�
quanto�meno�sotto�il�profilo�del��danno�da�ritardo��in�considerazione�del�
fatto�che,�se�l'ente�obbligato�avesse�tempestivamente�rispettato�le�norme�sulla�
dismissione,�non�sarebbe�derivato�alcun�pregiudizio�agli�inquilini.�

3. 
Conclusioni 
Il�maggior�rimprovero�che�si�puo�muovere�al�legislatore,�in�questa�mate-
ria,�e�sicuramente�quello�di�non�aver�saputo�(o�voluto)�rispettare�il�reale�fun-
zionamento�del�meccanismo�dismissorio.�

Con�la�norma�dell'art.�6,�il�Parlamento�ha,�infatti,�incentrato�tutto�il�
problema�sulla�natura�dell'ente�obbligato�

Al�contrario�l'angolo�prospettico�doveva�invece�essere�quello�dei�beni�
oggetto�della�dismissione.�

Si�vuole�cioe�dire�che,�piu�che�la�natura�di�ente�pubblico�o�privato,�quel�
che�rileva,�in�questa�materia,�e�la�acquisita�destinazione�d'uso�degli�immobili�
a�seguito�dell'entrata�in�vigore�dell'obbligo�dismissorio.�

Infatti,�per�mezzo�dei�provvedimenti�individuativi�dei�beni,�si�e�sostan-
zialmente�creato�un�vincolo�su�di�essi�che�priva�di�rilevanza�qualsiasi�trasfor-
mazione�dell'ente.�

Ne�,�parimenti,�potrebbe�valere,�di�fronte�al�vincolo�creatosi,�il�cambia-
mento�di�volonta�dell'inquilino�che�per�ipotesi�decidesse�di�non�acquistare�
piu�l'appartamento.�

D'altronde,�tale�interpretazione�e�stata�espressa�piu�volte�nelle�aule�giu-
diziarie�ma�di�essa�il�legislatore�non�ha�mostrato�di�tener�conto.�

In�tale�materia�si�sono�gia�pronunciati�infatti�giudici�ordinari,�T.A.R.�e�
Consiglio�di�Stato�anche�in�sede�consultiva,�rigettando�costantemente�l'ecce-
zione�dell'ente�che�si�riteneva�sottratto�agli�obblighi�dismissori�per�l'interve-
nuta�privatizzazione�(10).�

Discostandosi�dalla�costante�interpretazione�giurisprudenziale,�il�legisla-
tore�rischia�a�questo�punto�di�minare�pesantemente�il�gia�fragile�principio�
della�certezza�del�diritto.�

(10)�Cfr.�ad�esempio�Trib.�Civ.�Roma�1663/04,�Pres.�Tarantino,�Cons.�Stato�n.�3268/2003,�
Cons.�Stato�3217/2002�(parere�nel�ricorso�straordinario�al�Capo�dello�Stato),�Trib.�Civ.�di�Roma�
n.�27132/02,�T.A.R.�Lazio�n.�2527/2001.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Quale�certezza�puo�aversi,�infatti,�in�un�ordinamento�dove�le�norme�ven-
gono�prima�interpretate�e�poi,�quando�tale�intepretazione�raggiunge�quasiil�
consolidamento,�essa�viene�smentita�autoritativamente�dal�Parlamento?�

C'e�da�chiedersi�allora�se�la�stessa�soluzione�che�avevamo�trovato�piu�
sopra�nel�testo,�e�cioe�quella�di�affidare�all'interprete�il�compito�di�control-
lore�dell'attivita�legislativa,�sia�sufficiente�per�arginare�lo�sconfinamento�da�
qualsiasi�afflato�di�certezza�giuridica.�

Forse,�in�tale�materia�in�cui�sembrano�essere�stati�accantonati�da�parte�
del�legislatore�ordinario�i�canoni�della�ragionevolezza,�cio�non�basta�piu�e�
occorre�piuttosto�l'intervento�incisivo�del�Supremo�Giudice�delle�Leggi�per�
dirimere�i�dubbi�di�incostituzionalita�dell'emananda�norma.�


DOTTRINA�945 


I 
mobili 
confini 
tra 
vizio 
di 
merito 
ed 
eccesso 
di 
potere.

di 
Maria 
Vittoria 
Lumetti 


SOMMARIO:1.�^Premessa.�2.�^Imoderniprincipidell'amministrare:�larivincita�

delbuon�andamento.�3.�^Lafunzione�edevoluzione�dell'atto�amministrativo:�

i�diversi�equilibri�del�rapporto�tra�amministrazione�e�amministrato.�

4.�^Iprincipidilegalita�ediseparazionedeipoteri.�5.�^Ivizidimeritoe�la�
discrezionalita�,�ovvero�l'opportunita�(convenienza)�e�la�legittimita�dell'agire�

amministrativo.�6.�^L'inopportunita�come�vizio�dell'atto?�7.�^Atto�vincolato�

e�atto�discrezionale:�cio�che�rimane�della�sfera�libera�dell'attivita�amministra-

tiva.�8.�^Pronuncia�del�giudice�amministrativo�(e�ordinario)�e�invasione�del�

merito.�9.�^La�discrezionalita�tecnica�tra�merito�e�violazione�di�legge.�

10.�^Il�vizio�di�merito�alla�luce�delle�innovazioni�legislative:�una�nuova�(e�

antica)�interpretazione.�11.�^La�tesi�dell'abrogazione�tacita�delle�norme�che�

vietano�il�sindacato�sul�merito�da�parte�del�giudice.�12.�^I�tentativi�di�ero-

sionedelpotereesecutivodapartedelpoteregiudiziario�elegislativo:�una�

interpretazione�anticostituzionale�del�principio�di�separazione�dei�poteri.�

13.�^Lasingolareedincisivatuteladelprivatorispettoaquelladeglialtri�
ordinamenti�europei:�ampiezza�del�sindacato�del�giudice�amministrativo�e�

cognizione�delgiudice�ordinario�dei�diritti�soggettivi�nei�confronti�della�P.A.�

14.^Processoamministrativoecivileaconfronto:�lenuovetesivolteaconcen-

trare�in�un�unico�giudice�(quello�ordinario)�la�tutela�giurisdizionale�neicon-

frontidell'amministrazione.15.^Laprivatizzazionedelpubblicoimpiegoel'u-

nificazione�delprocesso�dellavoro:�conquistaofallimento?16.�^Conclusioni.�

1.�^Premessa.�
Spesso�il�discrimen�tra�vizio�di�eccesso�di�potere�e�vizio�di�merito�non�e�
sufficientemente�ben�delineato�e�richiede�un'analisi�ed�una�attenzione�maggiori.
E�possible,�ormai,�conseguire�risultati�pratici�almeno�analoghi�mediante�

il�giudizio�di�legittimita�:�l'influenza�primaria�della�giurisdizione�di�merito�si�

avverte�oggi�paradossalmente�laddove�non�esiste�un�giudizio�esteso�al�merito,�

che�si�pone�come�limite�almeno�teorico�al�sindacato�globale�sull'attivita�fun-

zionalizzata�della�P.A.�
La�sua�assenza,�infatti,�ha�contribuito�allo�sviluppo�della�giurisdizione�

generale�di�legittimita�in�virtu�dell'incessante�tentativo�giurisprudenziale�di�

allargarne�i�confini.�
Il�merito,�che�si�contrappone�al�concetto�di�legittimita�,�esprime�la�

conformita�della�scelta�discrezionale�alle�regole�non�giuridiche�di�buona�

amministrazione:�convenienza,�opportunita�ed�equita�,�intese�ad�assicurare�

l'efficienza�e�l'economicita�dell'azione�della�P.A.�nonche�il�perseguimento�del-

l'interesse�pubblico�(1).�

(1)�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�V,�19�febbraio�1996,�n.�220,�in�Foro�Amm.,�1996,�553:�in�virtu�del�
combinato�disposto�dell'art.�7,�legge�Tar�(legge�6�dicembre�1971�n.�1034),�degli�art.�27�e�29�n.�2,�5�
e�8,�t.u.�Cons.�St.�(r.d.�26�giugno�1924�n.�1054)�e�dell'art.�1�r.d.�26�giugno�1924�n.�1058,�sussiste�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�legittimita�,�dunque,�attiene�alla�rispondenza�dell'atto�alla�norme�
giuridiche�che�disciplinano�l'esercizio�del�potere,�senza�alcuna�considerazione�
dei�risultati�conseguiti.�

Il�merito,�invece,�e�la�parte�libera�della�discrezionalita�(2),�anche�alla�
luce�del�principio�della�separazione�dei�poteri.�

E�vero�che�l'impostazione�procedimentale�dell'atto,�da�inquadarsi�nel�piu�
complesso�ambito�dei�procedimenti,�i�cui�effetti�si�determinano�con�l'atto�
stesso,�ha�consentito�di�verificare�la�scelta�discrezionale�secondo�parametri�
non�piu�formalistici.�

L'eccesso�di�potere,�infatti,�e�un�vizio�della�scelta�discrezionale�che,�nella�
sua�importanza�e�globalita�,�investe�interamente�la�funzione�amministrativa,�
soprattutto�nel�momento�dinamico�del��divenire��dell'atto�amministrativo.�

Oggi,�l'eccesso�di�potere�e�considerato,�tendenzialmente,�come�il�vizio�
globale�che�attiene�all'esercizio�della�funzione�amministrativa.�

Per�questo�si�rende�opportuna�una�riflessione�volta�a�delineare�in�
maniera�piu�precisa�i�confini�con�il�merito,�soprattutto�al�fine�di�evitare�inter-
ferenze�con�il�principio�della�separazione�dei�poteri.�

Cio�anche�e�soprattutto�alla�luce�del�mutamento�del�concetto�dell'ammini-
strare:�l'avvento�del�modello�aziendalistico�della�P.A.,�l'affermarsi�del�principio�
dell'autoamministrazione,�dell'e-government 
e�dei�nuovi�modelli�di�coesistenza�
tra�pubblico�e�privato,�ha�pressoche�stravolto�l'assetto�tradizionale�del�diritto�
amministrativo.�

2. 
^I 
moderni 
principi 
dell'amministrare: 
la 
rivincita 
del 
buon 
andamento. 
L'attivita�della�pubblica�amministrazione�e�istituzionalmente�finalizzata�
a�garantire�l'ordinato�assetto�dell'andamento�della�cosa�pubblica,�in�un'ottica�
di�perseguimento�dei�fini�determinati�dalla�Costituzione�e�dalla�legge.�

La�Pubblica�Amministrazione,�la�cui�organizzazione�si�presenta�molto�
complessa,�si�configura�come�strumento�destinato�al�perseguimento�di�inte-
ressi�che�mutano�insieme�alle�situazioni�della�realta�.�

La�sua�fisionomia�e�sottoposta�a�continue�modificazioni�proprio�perche�,�
se�si�vuole�soddisfare�un�interesse,�la�prima�misura�da�adottare�e�la�istitu-
zione�di�un�apparato�che�di�esso�si�occupi.�

Ne�consegue�che�tale�complessita�,�da�un�lato,�e�l'esigenza�di�continuo�
adeguamento�alla�realta�,�dall'altro,�hanno�contribuito�ad�appesantire�la�mac-
china�burocratica.�

la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�estesa�al�merito�sui�ricorsi�avverso�le�ordinanze�contin-
gibili�e�urgenti�di�sicurezza�pubblica,�emanati�dal�sindaco�nelle�materie�di�edilita�,�polizia�locale�e�
igiene�pubblica...�anche�ai�sensi�dell'art.�38,�comma�2,�legge�8�giugno�1990�n.�142,�atti,�questi,�
che�possono�percio�essere�sindacati�con�riguardo�non�solo�a�tutti�i�profili�di�legittimita�,ma�pure�
a�quelli�di�sufficienza�e�attendibilita�della�disposta�istruttoria,�nonche�a�quelli�di�convenienza,�
opportunita�ed�equita�delle�determinazioni�adottate.�

(2)�G. 
Guarino,�Atti 
e 
poteri 
amministrativi,in�Dizionario 
amministrativo,�a�cura�di�Gua-
rino,�I,�Milano,�1983,�200�ss.�

DOTTRINA�947 


Recenti�interventi�legislativi�hanno�valorizzato�il�ruolo�della�P.A.�come�
istituzione�al�servizio�del�cittadino,�conferendo�particolare�importanza�e�pratica�
attuazione�all'art.�98�della�Costituzione��i�pubblici�impiegati�sono�al�servizio�
esclusivo�dellanazione�.�

Oltre�che�dei�cittadini�la�P.A.�e�al�servizio�della�politica�e�del�Governo�
(art.�95,�Cost.),�nonche�della�legge�(art.�97�Cost.).�

In�questa�ottica�si�colloca�la�legge�241�del�1990�sul�procedimento�ammini-
strativo,�da�tempo�auspicata�in�dottrina�e�contenente�fondamentali�principi�
relativi�alla�trasparenza,�efficacia,�economicita�,�celerita�e�pubblicita�dell'attivita�
amministrativa.�

Essa�e�finalizzata�proprio�a�cristallizzare�i�principi�dell'amministrare�e�a�
garantire�una�disciplina�omogenea,�con�conseguente�maggiore�tutela�delle�
posizioni�giuridiche�dei�destinatari.�

Ed�e�in�questo�contesto�che�si�colloca�il�concetto�di�moderno�provvedi-
mento�amministrativo,�le�cui�caratteristiche�sono�tratteggiate�dalle�recenti�
riforme�legislative�nonche�dall'evoluzione�giurisprudenziale.�

I�mutamenti�intervenuti�negli�anni�novanta,�che�hanno�trasformato�le�
strutture�organizzative�e�le�procedure,�sono�scaturiti�dall'esigenza�di�un�cambia-
mento�culturale�nell'ambito�dell'Amministrazione�e�della�sua�concezione.�

Da�un�modello�burocratico�ed�accentrato,�di�stampo�weberiano,�basato�
sulla�gerarchia�e�sull'atto�autoritativo,�si�e�passati�ad�un�modello�privatistico�e�
aziendalistico:�l'atto�amministrativo�tradizionale�e�ora�affiancato�da�strumenti�
di�natura�pattizia,�come�accordi,�contratti,�convenzioni.�

L'atto�amministrativo�di�oggi�e�l'intera�azione�amministrativa�risultano�
improntati�ai�principi�di�efficacia,�efficienza,�economicita�e,�sopratutto,�al�
risultato:�e�la�rivincita�del�buon�andamento.�

In�precedenza,�invece,�il�potere�rimaneva�strettamente�ancorato�all'ele-
mento�soggettivo,�all'organo-personafisicacuieraaffidatalacuradell'interesse�
pubblico�da�realizzare�attraverso�gli�atti�amministrativi�(3).�

�L'attenzione�si�sposta�dallo�svolgimento�legittimo�dell'azione�allo�
svolgimento�utile�dell'azione,�allo�svolgimento�proficuo,�in�termini�di�econo-
micita�,�efficienza,�nel�senso�di�un�risultato�ottimale�rispetto�alle�esigenze�da�
soddisfare��(4).�

Vedremo�quali�sono�le�conseguenze�di�questa�evoluzione�e�sviluppo�del�
moderno�atto�amministrativo�o,�cio�che�e�ormai�lo�stesso,�dell'operare�ammi-
nistrativo,�sul�sindacato�di�legittimita�e�di�merito.�

3.^La�funzione�ed�evoluzione�dell'atto�amministrativo:�i�diversi�equilibri�del�

rapporto�tra�amministrazione�e�amministrato.�

Esistono,�nel�mondo�occidentale,�due�diversi�modi�di�concepire�la�disciplina�
giuridica�della�P.A.�

(3)�R. 
Pupilella,�Dall'atto�amministrativo�all'e-government:�un�nuovo�modello�di�amminis
trazione?In�www.diritto.it,3.�
(4)�A. 
Police,�L'illegittimita�dei�provvedimenti�amministrativi�alla�luce�della�distinzione�tra�
vizic.d.formalie�vizisostanziali,in�Diritto�amm.,�4/2003,�772.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Lo�Stato�a�diritto�amministrativo,�in�cui�all'Amministrazione�sono�ricono-
sciuti�poteri�peculiari,�e�modello�tipico�dei�paesi�di�civillaw.�

Nei�Paesi�di�common�law�la�P.A.,�invece,�non�ha�poteri�peculiari�ed�i�fini�
pubblici�vengono�perseguiti�da�complessi�organizzativi�cui�viene�impostoun�
vincolo�pubblico�e�che�si�avvalgono�di�poteri�comuni�agli�altri�soggetti�del-
l'ordinamento�(5).�

L'atto�amministrativo�costituisce�lo�strumento�tipico�utilizzato�dal�
modello�di�civil�law:�la�sua�finalita�precipua�e�quella�di�applicare�le�leggi�alla�
vita�concreta�dell'ordinamento�giuridico.�

In�assenza�di�tale�applicazione�le�leggi�rimangono�astratte,�senza�entrare�
nella�realta�giuridica.�

Decidere,�applicare�le�leggi�e�una�funzione�propria�dell'atto�amministrativo.�

Sua�caratteristica�e�quella�di�incidere�sulla�situazione�giuridica�sogget-
tiva�di�una�persona�singola�(soggetto�passivo)�o�di�piu�persone,�ma�non�sulla�
generalita�dei�consociati.�

In�ogni�caso,�deve�incidere�su�un�caso�concreto.�

Il�provvedimento,�dunque,�applica�la�legge�al�caso�concreto�esercitando�
le�sue�funzioni�principali:�la�decisione�e�la�esecuzione.�

La�decisione�ed�applicazione�della�legge�nell'ambito�amministrativo�
sono�funzioni�specifiche�dell'autorita�che�deve�agire�di�propria�iniziativa�o�
su�richiesta�del�cittadino:�come�gia�detto,�caratteristica�fondamentale�degli�
atti�amministrativi�e�quella�di�essere�posti�in�essere�nell'esercizio�di�funzioni�
amministrative�(6).�

Il�provvedimento,�pertanto,�e�lo�strumento�tecnico�del�quale�si�serve�
l'autorita�nell'adempimento�della�propria�funzione:�esso,�tuttavia,�deve�essere�
legittimo,�non�arbitrario,�deve�rispettare�le�condizioni�e�le�modalita�prescritte�
dalla�legge�e�non�deve�risultare�contrario�alla�legge�stessa.�

I�pubblici�poteri�esplicano�essenzialmente�due�tipi�di�attivita�:�giuridica,�
in�cui�l'amministrazione�interviene�unilateralmente�nella�sfera�del�privato�e�
sociale,�in�cui�e�l'amministrazione�che�rende�prestazioni�al�privato.�

Dunque,�un'amministrazione�cheprendee�un'amministrazione�cheda�,�for-
malizzata�nella�distinzione�della�dottrina�tedesca�degli�anni�trenta:�Eingriff-
sverwaltung�e�Leistungsverwaltung,�ripresa�poi�dalla�dottrina�italiana�della�
fine�del�XIX�secolo.�

E�soprattutto�la�prima�che�si�esprime�mediante�l'adozione�di�provvedi-
menti:�ordini,�espropriazioni,�occupazioni,�esazioni,�ma�anche�autorizzazioni�

(5)�A. 
Azzena,�L'atto�amministrativo,in�Diritto�amministrativo,�a�cura�di�Mazzarolli,�
Pericu,�Romano,�Roversi�Monaco,�Scoca,�II,�Monduzzi,�1993,�1186;�M. 
S. 
Giannini,�Atto�ammi-
nistrativo,�voce�Enc.�Dir.,�IV�Milano�1959,�157;�S. 
Cassese,�Le�basi�del�diritto�amministrativo,�
Torino,�1989,�222�e�240.�Cfr.�anche�P. 
CarettI 
e�U. 
DE 
Siervo,�Istituzioni�di�diritto�pubblico,�
Torino,�2002,�13.�
(6)��Tali�atti�debbono�essere�posti�in�essere�nell'esercizio�di�funzioni�amministrative�e�non,�
ad�esempio,�legislative�(si�pensi�all'esecizio�di�potesta�legislative�delegata�da�parte�del�governo,�
che�non�si�esprime�con�atti�amministrativi,�quale�e�viceversa�un�regolamento)...�,�F. 
Satta,�Atto�
amministrativo,�voce�Enc.�Giur.,1.�

DOTTRINA�949 


concessioni,�licenze,�in�quanto�il�solo�fatto�che�per�l'esercizio�di�una�determinata�
attivita��sia�necessario�un�permesso�dall'amministrazione,�implica�che�quella�
determinata�attivita��non�sia�libera�e�si�sostanzi,�dunque,�in�una�restrizione.�

In�relazione�ad�essa�in�Italia�e�stata�elaborata�la�nozione�di�interesse�
legittimo�e�studiato�il�concetto�di�potere�amministrativo,�procedimento�
amministrativo�e�provvedimento�amministrativo.�

L'attivita��sociale,�invece,�o�Leistungsverwaltung,�consiste�in�una�attivita��
di�prestazione�che�configura�il�cittadino�come�utente�o�consumatore�(sanita��,�
trasporti,�erogazione�di�gas,�energia�elettrica,�poste,�telefoni).�

L'attivita��di�prestazione�era�un�tempo�ritenuta�compito�esclusivo�dei�
pubblici�poteri,�ma�ora�tale�modello�sta�mutando�e,�dietro�la�spinta�del�
diritto�europeo,�tale�importante�settore�tende�ad�aprirsi�alla�concorrenza�(7).�

4.�^Iprincipidilegalita�ediseparazione�deipoteri.�
L'atto�amministrativo,�dunque,�come�mezzo�proprio�della�potesta��esecu-
tiva�o�amministrativa�che,�in�quanto�tale,�presuppone�la�legge�e�la�applica.�

Gli�atti�amministrativi�sono�atti�giuridici�di�diritto�pubblico�compiuti�
dai�soggetti�attivi�della�pubblica�amministrazione�nell'esercizio�di�una�potesta��
amministrativa:�costituiscono�la�realizzazione�di�un�potere�giuridico�(8).�

Per�questo�motivo�sono�da�considerarsi�manifestazioni�di�volonta��,�di�giudi-
zio,�di�scienza�dell'Amministrazione�nel�momento�in�cui�assumono�rilevanza�
verso�l'esterno,�con�forma,�ma�non�necessariamente�sostanza,�di�manifestazione�
autoritaria�(9).�

I�contenuti�concreti�sono�infiniti,�proprio�perche�sono�atti�mediante�i�
quali�l'Autorita��amministrativa�dispone�in�ordine�all'interesse�pubblico�di�
cui�e�attributaria,�esercitando�la�propria�potesta��ed�incidendo�sulle�situazione�
soggettive�del�privato�(10).�

Pur�non�sussistendo�una�compiuta�definizione�normativa�di�provvedi-
mento�amministrativo�nella�legislazione�primigenia,�tale�termine�appare�gia��
nei�testi�normativi�di�fine�ottocento�(artt.�4�e�5,�legge�20�marzo�1865,�

n.�2248�all.�E,�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo)�e�dei�primi�
anni�del�secolo�scorso�(T.U.�26�giugno�1924,�n.�1054,�sul�Consiglio�di�Stato).�
La�nozione,�dunque,�e�frutto�della�elaborazione�dottrinaria�italiana�e�
tedesca,�nonche�della�giurisprudenza�francese�(11).�

(7)�G. 
Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�139,�140�e�207.�
(8)�V. 
Italia, 
G. 
Landi, 
G. 
Potenza,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�2002,�Giuffre��,�
177;�G. 
B. 
Garrone,�voce�Provvedimento�amministrativo�impugnabile,�(ricorso�giurisdizionale�
amministrativo),�in�Dig.�Disc.�pubbl.,�248:�tra�il�provvedimento�e�il�potere�giuridico��esiste�una�
stretta�correlazione�dovuta�al�fatto�che�la�forza�in�cui�il�potere�consiste�si�ritrova�intatta�in�quella�
volonta��che�dal�provvedimento�promana�per�il�principio�della�conservazione�della�energia�.�
(9)�F. 
Satta,�op.�cit.,1.�
(10)�M.S. 
Giannini,�Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,�245.�
(11)�La�nozione�di�diritto�amministrativo�e�stata�introdotta�dal�Merlin�nel��Repertorio�di�giu-
risprudenza��Guyot,�all'inizio�del�secolo�scorso,�con�la�seguente�definizione��un�arre�te�,�une�deci-
siondel'authorite��administrative,ouuneaction,unfaitdel'administrationquiarapportasesfun-
tions�.�In�sede�normativa�la�legge�francese�del�24�agosto�1790�aveva�stabilito�chei�giudici�non�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Fu�la�dottrina�giuspubblicistica�ottocentesca�che�si�occupo�delle�ammini-
strazioni�pubbliche�ad�individuare�la�figura�a�se�stante�dell'atto�amministrativo,�
diversa�dagli�altri�atti�giuridici�finora�conosciuti�(leggi,�sentenze,�contratti).�

Il�provvedimento�amministrativo,�in�quanto�autoritativo,�costituisce�
l'espressione�tipica�del�potere�amministrativo:�sul�piano�della��dignita�costi-
tuzionale,�si�pone�sullo�stesso�livello�di�quello�giurisdizionale,�ed�e�comunque�
adottato�nell'interesse�generale�della�collettivita�,�sia�pure�in�relazione�alla�
cura�concreta�di�un�interesse��(12).�

Caratteristica�di�tutti�gli�atti�della�Amministrazione�e�quello�di�essere�
sempre�posti�in�essere�in�ossequio�al�principio�di�legalita�,�che�e�strettamente�
connesso�a�quello�di�separazione�dei�poteri:�sia�il�potere�giudiziario�sia�l'ese-
cutivo�devono�rispettare�i�dettami�imposti�dal�legislatore.�

Gli�spazi�di�scelta�dell'Amministrazione�sono�quelli�specificamente�
configurati�dalla�norme:�non�solo�devono�essere�rispettati�i�limiti�normativa-
mente�imposti�ma,�a�differenza�di�quanto�accade�nel�diritto�privato,�ove�vige�
il�principio�dell'autonomia�negoziale,�devono�essere�attuati�solo�i�comporta-
menti�da�questa�ipotizzati�e�piu�o�meno�compiutamente�definiti�(13).�

L'esigenza�dello�strumento�dell'atto�amministrativo�scaturisce�essenzial-
mente�dal�principio�della�separazione�dei�poteri,�congiunto�al�principio�di�
legalita�dell'azione�amministrativa�e�al�principio�di�azionabilita�delle�pretese�
dei�cittadini�nei�confronti�dell'Amministrazione�(14).�

La�Costituzione�non�contiene�una�espressa�enunciazione�ditale�importante�
principio,�cos|�come�non�contiene�una�espressa�enunciazione�del�principio�di�
legalita�.�

Tuttavia,�l'enunciazione�del�principio�della�separazione�dei�poteri�si�
evince�dalla�Costituzione�stessa�la�quale�delinea�i�contorni�del�potere�legisla-

potessero�intervenire�in�nessun�modo�nelle��operazioni�dei�corpi�amministrativi�;�nella�legge�16�
fruttidoro�II�(3�settembre�1795),�la�scrittura�testuale�viene�cos|�mutata:�e�proibito�ai�tribunali�
�conoscere�degli�atti�dell'amministrazione��(riportato�a�M.S. 
Giannini,�voce�Atto...�cit.).�

(12)�G. 
P. 
Cirillo,�Il�danno�da�illegittimita�dellazione�amministrativa�e�ilgiudizio�risarcitorio,�
Padova,�277.�
(13)�A. 
Azzena,�op.�cit...1186,�A.M. 
Sandulli,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�1989,�568.�
(14)�M.S.�Giannini,�Atto�amministrativo,�voce�Enc.�Dir.,�157:��Questi�tre�principi�...non�avreb-
bero,�da�soli,�aperto�la�problematica�dell'atto�amministrativo,�se�le�norme�regolative�dell'azione�
dell'amministrazione,�innestandosi�ai�precedenti�ordinamenti�generali�positivi�...(atto�del�prin-
cipe),�non�avessero�introdotto�la�nuova�figura�reale,�sostanziale�dell'atto�amministrativo�.�Per�
Giannini,�l'atto�amministrativo,�cos|�come�l'atto�normativo,�non�e�un�istituto�corrispondente�a�
categorie�necessarie�di�ogni�ordinamento�giuridico�generale,�come�il�negozio�privato�e�la�sentenza.�
Anche�perche�l'esistenza�di�un�apparato�amministrativo�non�comporta�necessariamente�che�l'a-
zione�si�esprima�giuridicamente�in�atti�amministrativi.�Cfr.�anche,�dellostessoautore,�Diritto�
amministrativo,�vol.�II,�1993,�235�ss.�e�R. 
Alessi,�Sistema�istituzionale�del�diritto�amministrativo�
italiano,�Milano,�1953,�P. 
Gasparri,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Padova,�1956.�Per�la�dottrina�
tedesca�cfr.�KormanN 
K.,�System�der�rechtsgeschaftlichen�Srtaatsa�kte,�Berlin,�1910�e�per�quella�
francese�M.�Hauriou,�Pre�cis�de�droit�administratifet�de�droitpublic,�Paris,�1910.�

DOTTRINA�951 


tivo�(art.�70,�117,�121,�134,�97,�113,�101)�e�del�potere�giudiziario�(102,�103,�100�
ult.�co.,�125,�102,�103)�in�termini�nettissimi,�come�poteri�dai�quali�e�distinto�
il�potere�esecutivo-amministrativo.�

Inoltre�si�rinviene�nelle�sentenze�della�Corte�costituzionale�(sent.�n.�1�del�
1977)�(15).�

Dal�punto�di�vista�dei�soggetti,�l'amministrazione�e�nettamente�separata�
dagli�altri�due�poteri,�legislativo�e�giudiziario,�anche�se�non�e�chiaro�se�risulti�
separata�dal�Governo�(16),�ma�in�ogni�caso�e�da�ritenersi�incorporata�nel�
potere�esecutivo.�

Da�cio��deriva�il�divieto�per�il�legislatore�e�per�il�giudice�di�emettere�prov-
vedimenti�amministrativi�e�di�sostituirsi,�dunque,�all'amministrazione.�

Inoltre,�la�mancanza�di�un'area�costituzionalmente�riservata�all'ammini-
strazione,�consente�al�legislatore�di�disciplinare,�anche�con�un�elevato�grado�di�
analiticita��e�vincolatezza�(salvo�i�limiti�derivanti�dal�principio�di�eguaglianza),�
le�funzioni�dell'amministrazione:�in�tal�modo�si�conferisce�un��contenutoprov-
vedimentale��alla�legge�(17).�

Infatti,�soprattutto�nella�legislazione�di�tipo�organizzativo�ed�in�quella�di�
spesa�e�di�bilancio,�si�rinvengono�vincoli�rilevanti�per�l'azione�della�P.A.�

Tuttavia,�nonostante�sin�dallo�stesso�sistema�costituzionale�l'attivita��degli�
organi�amministrativi�appaia�sottoposta�sotto�molteplici�aspetti�alla�legge,�
non�sembra�corretto�considerarla�come�meramente�esecutiva�della�legge:�
�semmai�essa�puo��essere�piu��realisticamente�descritta�come�l'attivita��volta�a�
conseguire�i�fini�determinati�dalle�prescrizioni�costituzionali�e�legislative��(18).�

In�dottrina�c'e�chi�mette�in�dubbio�che�la�divisione�dei�poteri�sia�ancora�
un�principio�italiano,�in�quanto�non�vi�sarebbe�alcun�limite�alla�funzione�
amministrativa,�nessun�campo�e�riservato�all'amministrazione,�una�funzione�
importante�come�quella�governativa�o�d'indirizzo�politico�e�divenuta�domi-
nante,�non�vi�e�corrispondenza�tra�funzioni�e�apparati�(vi�sono�funzioni�
amministrative�svolte�dai�giudici�come�dal�pubblico�ministero,�funzioni�nor-
mative�attribuite�alla�P.A.,�come�i�regolamenti,�funzioni�amministrative�
svolte�dal�parlamento,�come�l'organizzazione�degli�uffici�serventi)�e�il�Parla-
mento,�infine,�puo��svolgere�funzioni�amministrative,�non�esistendo,�come�in�
Francia,�una�riserva�di�regolamento�all'esecutivo�(19).�

(15)�Nella�Costituzione�italiana�manca,�infatti,�una�espressa�enunciazione�del�principio�di�
legalita��,�come�invece�nella�Costituzione�austriaca�del�1920�(art.�18)�o�in�quella�tedesca�del�1949�
(art.�20,�comma�3).�Tuttavia,�si�ritiene�che�esso�si�trova�pienamente�positivizzato�nella�regola�
secondo�cui�non�solo�i�limiti,�ma�lo�stesso�fondamento�del�potere�amministrativo�sono�da�rinve-
nirsi�nella�legge,�cos|��G. 
Corso,�voce�Validita�,in�Enc.�dir.,XLVI,�1993,�89.�
(16)�Cfr.�G. 
Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�216,�il�quale�ritiene�che�
�a�giudicare�dal�titolo�III�e�dalla�relativa�sistematica�sembra�di�no,�anzi�sembra�il�contrario:�dal�
momento�che�alla�P.A.�e�dedicata�una�sezione�(la�II)�nell'ambito�del�titolo�dedicato�al�Governo.�
Il�Consiglio�dei�Ministri�e�tenuto�separato�dalla�pubblica�amministrazione�(sez.�I�del�titolo�III)�.�
(17)�P.Caretti, 
U. 
DI 
Siervo,�Istituzioni�di�diritto�pubblico,�Giappichelli,�2002,�290.�
(18)�P.Caretti, 
U. 
DI 
Siervo,�Istituzioni...op.�cit.,290.�
(19)�S.Cassese,�Le�basi�del�diritto�amministrativo,�Torino,�2000,�42-43,�il�quale�precisa�che�la�
divisione�dei�poteri,�nata�per�evitare�gli�abusi�del�potere�pubblico,�e�stata�intesa�in�funzioni�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Si�parte,�dunque,�dal�presupposto�che�e�dubbio�che�la�definizione�di�
amministrazione�come�esecuzione�abbia�una�corrispondenza�nel�diritto�posi-
tivo.�

In�realta�,�nonostante�le�indubbie�interferenze�tra�i�tre�poteri,�non�sem-
bra�che�queste�siano�cos|�determinanti�da�sconvolgere�l'assetto�originario�
che�e�alla�base�di�ogni�ordinamento�moderno.�

5.�^I�vizi�di�merito�e�la�discrezionalita�,�ovvero�l'opportunita�(convenienza)�e�la�
legittimita�dell'agire�amministrativo.�
Fatte�queste�precisazioni�preliminari,�e�opportuno�ora�soffermarsi�sui�
concetti�di�discrezionalita�e�merito.�

Le�premesse�teoriche�della�discrezionalita�sono�state�individuate�sin�dal-
l'antichita�in�sede�di�analisi�della�struttura�della�legge�(20).�

Se�la�legge�avesse�la�pretesa�di�regolare�in�anticipo�tutto,�verrebbe�
pregiudicata�quelle�esigenza�di�flessibilita�e�di�aderenza�alle�circostanze�che�
oggi�e�recepita�nel�principio�di�buon�andamento�della�Amministrazione�
(art.�97�Cost.)�(21).�

Per�questo�motivo�la�discrezionalita�e�il�perno�attorno�al�quale�ruota�
tutto�il�diritto�amministrativo:�rileva�ai�fini�del�riparto�della�giurisdizione,�
del�procedimento�amministrativo,�dell'eccesso�di�potere,�degli�interessi�legit-
timi,�dei�diritti�soggettivi,�della�motivazione.�

Quello�discrezionale�costituisce�uno�dei�momenti�piu�delicati�dell'esercizio�
della�cosa�pubblica�in�quanto,�non�potendo�la�legge�rigidamente�vincolare�eprede-
terminare�l'attivita�della�P.A.�entro�schematismi�e�regole�inflessibili,�con�evidente�
pregiudizio�dell'efficacia�del�suo�operare,�e�attribuito�alla�P.A.�un�margine�di�
apprezzamento�piu�o�meno�ampio,�a�secondadellecircostanze�edell'interesse�pub-
blico�concreto.�

L'uso�della�potesta�discrezionale,�dunque,�permette�alla�P.A.�di�decidere�al�
meglio�in�merito�all'opportunita�di�agire�e�al�contenuto�dell'attivita�pubblica.�

A�fronte�dell'esigenza�di�eliminare�una�situazione�giuridica�incerta,�
l'esame�contestuale�dei�vari�interessi�pubblici�e�privati�coinvolti�in�un�proce-
dimento�amministrativo�permette�un�incisivo�ed�efficace�perseguimento�dei�
fini�pubblici.�

diverse.�Per�Montesquieu�i�poteri,�divisi,�dovevano�controllarsi,�mentre�i�rivoluzionari�francesi�
stabilirono�che�ai�giudici�era�fatto�divieto��de�troubler,�de�quelque�manie�re�que�ce�soit,�les�ope�ra-
tiondde�corps�administratifs�,�ossia�di�turbare�in�alcuna�maniera�l'attivita�dei�corpi�amministrativi.�

(20)�G. 
Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�146�il�quale�riporta�Platone�
(nel�Politico):��Le�differenze,�sia�tra�gli�uomini�sia�tra�le�azioni�e�il�fatto�che�nessuna�cosa�umana�
rimane�mai,�per�cosi�dire�statica,�impediscono�a�qualsiasi�tecnica,�quale�che�sia,�di�affermare,�in�
un�qualunque�settore,�qualcosa�di�semplice,�valido�per�tutti�i�casi�e�per�tutto�il�corso�del�tempo��
(294�b�e�295�e-d)�e�Aristotele:��l'errore�non�sta�nella�legge�ne�nel�legislatore,�ma�nella�natura�della�
cosa,�giacche�la�materia�delle�azioni�ha�proprio�questa�intriseca�caratteristica...Ed�e�questa�la�
natura�dell'equo:�un�correttivo�della�legge,�laddove�e�difettosa�a�causa�della�sua�universalita���
(Aristotele,�Eth.Nic.,1137�b).�
(21)�G. 
Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�147.�

DOTTRINA�953 


Discrezionalita�,�tuttavia,�non�significa�operare�legibus�soluti,�ma�espri-
mere�una�valutazione�comparativa,�una�scelta�dei�vari�interessi�in�gioco,�pub-
blici�e�privati.�

Il�procedimento�amministrativo�e��la�sede�ideale�della�discrezionalita�ein�
esso�trova�la�sua�ideale�collocazione,�risultando�questo�finalizzato�proprio�a�
consentire�un�esercizio�ordinato,�efficiente�ed�imparziale�del�potere�pubblici-
stico.�

L'unico�vizio�dell'attivita�discrezionale�sindacabile�in�sede�giurisdizio-
nale�e��costituito�dall'eccesso�di�potere.�

Rilevante�si�configura�la�legge�n.�241�del�1990,�con�la�quale�il�legislatore�
ha�inteso�fornire�una�compiuta�regolamentazione�e�disciplina�di�uno�degli�
aspetti�piu�importanti�dell'attivita�amministrativa�quale�e��la�discrezionalita�.�

La�novita�piu�interessante�introdotta�dalla�legge�sul�procedimento�e��
costituita�dal�principio�della�necessaria�partecipazione�di�tutti�i�soggetti�
interessati�ed�esprime�il�momento�pluralistico�discrezionale.�

Il�procedimento�rappresenta�lo�strumento�ed�il�luogo�piu�idoneo�per�
assicurare�un�raffronto�tra�gli�interessi�coinvolti�e�per�accogliere�una�strut-
tura�dialettica�che�precedentemente�si�rinveniva�solo�in�sede�processualee�
che,�in�certo�qual�modo,�la�anticipa�o�la�previene.�

La�dottrina�gia�nel�passato�aveva�ritenuto�che,�a�fronte�di�un�potere�
discrezionale,�il�diritto�soggettivo�si�affievolisce�o�degrada�ad�interesse�legit-
timo:�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario�viene�meno�a�favore�di�quella�
del�giudice�amministrativo�in�tutti�i�casi�in�cui�la�P.A.�goda�di�margini�di�
discrezionalita�(22).�

Generalmente,�la�discrezionalita�e��intesa�in�senso�molto�ampio,�in�quanto�
in�essa�si�ricomprendono�anche�le�valutazioni�di�natura�tecnica�che�implicano�
un�minimo�margine�di�apprezzamento�(c.d.�discrezionalita�tecnica)�(23).�

La�differenza�tra�discrezionalita�e�merito�investe�l'angolo�prospettivo�
della�verifica,�in�quanto�la�prima�si�incentra�sul�momento�dinamico�della�
traduzione�del�potere�in�atto,�l'altra�su�quello�statico�del�risultato�che�ne�e��
seguito,�e�che�si�e��ormai�realizzato.�

Il�merito�amministrativo�attiene�al�risultato�dell'attivita�discrezionale�di�
scelta�della�P.A.,�adunmomento�susseguente�adessa�e,�perunaparte�della�dot-
trina,�costituisce�il�genus�entro�cui�anche�la�discrezionalita�stessa�rientrerebbe:�
come�tale�non�sarebbe�sindacabile�da�parte�del�giudice�amministrativo�(24).�

(22)�R. 
Caranta,�Variazioni�sullinesistenza�dell'atto�amministrativo�adottato�in�situazioni�di�
carenza�dipotere,in�Giust.�Civ.,�1999,�216�ss.�
(23)�L. 
Benvenuti,�La�discrezionalita�amministrativa,�Padova,�1986,�28.�
(24)��La�distinzione�tra�giudizio�di�legittimita�e�giudizio�di�merito�passa�all'interno�della�giu-
risdizione,�riguarda�l'oggetto�della�giurisdizione�ed�il�contenuto�della�tutela:�da�un�lato,�un�giudi-
zio�che�si�arresta�di�fronte�al�potere�dell'amministrazione�di�disposizione�degli�effetti�(che�la�
norma�ricollega�all'atto),�che�non�tocca�la�discrezionalita�altro�che�per�i�profili�connessi�alla�nor-
mativa�generale�dell'attivita�(principio�della�parita�di�trattamento,�di�logicita�,�di�sufficienza�della�
motivazione);�dall'altro,�un�giudice�che�conosce�anche�di�questi�effetti,�che�puo�sostituirsi�all'am-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�legittimita�viene�intesa�come�il�momento�culminante�della�valorizza-
zione�della�norma�d'azione�e�dell'attivita�amministrativa,�mentre�il�merito�
equivale�ad�opportunita�,�ed�il�relativo�vizio�implica�l'accertamento�della�
violazione�di�norme�non�giuridiche.�

Il�merito,�dunque,�e�la�parte�insindacabile,�in�sede�giurisdizionale�ammi-
nistrativa�di�legittimita�,�del�potere�discrezionale�della�P.A.,�mentre�l'eccesso�
di�potere�ne�delinea�l'ambito�soggetto�al�sindacato�(25).�

La�legittimita�e�l'opportunita�costituiscono,�dunque,�le�due�categorie�
della�validita�dell'atto�amministrativo�(26).�

La�legittimita�riguarda�la�conformita�della�fattispecie�concreta�all'ipotesi�
normativa�astratta,�mentre�l'opportunita�la�conformita�ai�canoni�astratti�del�
buon�andamento�dell'attivita�amministrativa�(27).�

ministrazione�per�regolare�direttamente�e�nella�sua�interezza�il�rapporto�controverso�,�M.S. 
Giannini, 
A. 
Piras,�Giurisdizione�amministrativa�e�giurisdizione�ordinaria�nei�confronti�della�pub-
blica�amministrazione,�voce�Enc.�Dir.,�1970,�XIX,�262.�

(25)�A. 
Cerreto,�Potere�discrezionale�e�merito�nellattivita�della�P.A.,1959,�cit.�da�P.M. 
VipianA 
Perpetua,�Gli�atti�amministrativi:�vizi�di�legittimita�e�di�merito,�cause�di�nullita�ed�irrego-
larita�,�Padova,�2003,�362.�Cfr.�sul�punto�T.A.R.�Toscana,�n.�710�del�2004,�in�materia�di�avanza-
mento�degli�ufficiali�dell'arma�dei�Carabinieri:�in�questo�caso�il�giudizio�e�caratterizzato�da�una�
amplissima�discrezionalita�,�essendo�riferite�ad�ufficiali�dotati�di�ottimi�profili�di�carriera,�le�cui�
qualita�sono�definibili�solo�attraverso�sfumate�analisi�di�merito�che�non�sono�la�mera�risultanza�
aritmetica�dei�titoli�dei�requisiti�degli�scrutinandi,�ma�implicano�una�complessiva�ponderazione�
delle�loro�qualita�(cfr.�C.d.S.,�IV,�27�novembre�1997,�n.�256;�26�novembre�1998,�n.�78;�8�luglio�
1999,�n.�1196,�n.�3267/2000).�Conseguenza�costante�di�tale�orientamento�e�che�il�Giudice�Ammini-
strativo�puo�sindacare,�a�parte�le�violazioni�del�procedimento,�solo�macroscopiche�incongruenze�
dei�giudizi,�evidentemente�non�sussumibili�nell'ambito�della�discrezionalita�della�Amministra-
zione.�Il�Giudice,�invece,�non�puo�giudicare�su�comparazioni�di�merito�tra�candidati.�Non�avendo�
il�ricorrente�fornito�la�prova�delle�suddette�manifeste�incongruenze,�i�relativi�profili�di�illegittimita�
devono�essere�disattesi�.�
(26)�M.S. 
Giannini,�voce�Atto�amministrativo,in�Enc.�del�dir.,�182.�
(27)�Cfr.�G. 
Coraggio,�Merito�amministrativo,�voce�in�Enc.�dir.,�XXVI,�1970,�138�e�143�ove�
precisa:��Tra�giudice�e�norma�non�vi�puo�essere�rottura�logica�poiche�sono�entrambi�parti�di�un�
unico�processo�che�dalla�loro�simbiosi�trae�vitalita��;�A. 
Piras,�Discrezionalita�amministrativa,�
voce�in�Enc.�dir.,�XII,�1970,�77,�il�quale�specifica�che�nessuno��ha�mai�dubitato�dell'esigenza�di�
riconoscere�nella�discrezionalita�i�caratteri�di�una�sfera�di�disposizione�propria�di�quel�genere�di�
funzioni�che,�con�una�certa�imprecisione,�si�son�dette�libere.�Le�perlessita�hanno,�se�mai,�riguar-
dato�lindividuazione�del�significato�da�attribuire�al�termine�di�funzione�o�la�definizione�del�mar-
gine�libero�dell'attribuzione�nelle�attivita�di�genere�diverso�dalla�giurisdizione.�La�maggioranza�
della�dottrina�ha�intuito�la�difficolta�del�problema�e�la�necessita�di�una�revisione�critica�delle�idee�
piu�comuni,�ricevute�dalla�tradizione�.�Cos|�si�esprime�la�giurisprudenza�sulla�tematica:��Il�sinda-
cato�giurisdizionale�di�legittimita�avente�ad�oggetto�un�provvedimento�amministrativo�(nella�spe-
cie,�l'atto�ministeriale�di�diniego�della�``presa�d'atto''�della�cessione�azionaria�intervenuta�tra�la�
Rai�e�la�CCR�s.r.l.),�connotato�da�sicuri�elementi�di�ampia�discrezionalita�,�cui�sono�commisti�
anche�profili�valutativi�che�impingono�al�merito�dell'operazione�di�cessione�azionaria,�deve�mirare�
a�saggiare�se,�attraverso�la�motivazione�dell'atto,�le�scelte�valutative�discrezionali�operate�dall'am-
ministrazione�presentino�profili�o,�comunque,�sintomi�di�incongruita�.Pertanto,�e�legittimo,�in�
quanto�immune�da�vizi�logici,�il�procedimento�valutativo�posto�alla�base�del�diniego�ministeriale�
all'invocata�presa�d'atto�dell'operazione�commerciale�di�cessione,�da�parte�della�Rai,�della�parteci-
pazione�di�minoranza�in�Raiway�a�CCR�s.r.l.,�adottato�in�ragione�del�fatto�che�i�patti�parasociali�

DOTTRINA�955 


Ed�invero,�la�suddetta�distinzione�riflette�la�lunga�e�tormentata�elabora-
zione�giurisprudenziale�sull'eccesso�di�potere:�il�provvedimento�puo�essere�
legittimo�ed�inopportuno�oppure�illegittimo�e�opportuno�(28).�

Se�il�merito�esprime�il�concetto�di�convenienza�dell'azione�amministrativa,�
non�e�per�nulla�precluso�il�sindacato�sui�vizi�di�legittimita�delle�scelte�discrezio-
nali,ecio�ancheperquantoriguardaivizidilegittimita�sostanziale�(29).�

Il�vizio�di�merito,�infatti,�rileva�solo�nei�casi�in�cui�la�legge�lo�prevede,�a�
differenza�del�vizio�di�legittimita�,�che�in�invece�ha�una�portata�generale.�

6.-L'inopportunita�come�vizio�dell'atto?�

Si�discute,�pertanto,�se�l'inopportunita�possa�essere�considerata�come�un�
vero�e�proprio�vizio,�nei�casi�in�cui�sia�concesso�il�ricorso�giurisdizionale�in�
sede�di�merito.�

Il�dibattito�si�fonda�sulla�possibilita�di�ipotizzare�il�vizio�di�merito�come�
incidente�sulla�validita�dell'atto.�

Le�difficolta�sorgono�proprio�dalla�difficolta�di�riscontrare�obiettivamente�
il�contrasto�con�una�norma�giuridica,�visto�che�questa�non�sussiste�(30).�

In�realta�si�tratta�di�un�mero�problema�terminologico.�

Ricomprendere�nella�nozione�di�invalidita�anche�il�vizio�di�merito�e�
ricondurvi�tutti�i�casi�di�patologia�dell'atto�per�contrasto�con�qualsiasi�regola�
giuridica�o�non�giuridica,�non�conduce�a�conseguenze�pratiche,�ma�mera-
mente�teoriche�(31).�

Come�gia�esposto,�il�punto�piu�delicato�della�discrezionalita�e�costituito�
dal�rapporto�con�il�giudizio�di�opportunita�e�con�il�giudizio�di�merito:�dove�
non�c'e�giudizio�di�opportunita�non�c'e�discrezionalita�.�

Il�merito�puo�essere�inteso�in�due�modi:�il�primo�fa�coincidere�il�merito�
con�l'opportunita�,�il�secondo�corrisponde�al�contenuto�sostanziale�del�prov-
vedimento�(ricomprendente�l'opportunita�ma�anche�le�valutazioni�tecniche�e�
le�qualificazioni�giuridiche�applicate).�

In�questo�secondo�caso,�dunque,�il�merito�non�comprende�solo�la�ponde-
razione�comparativa�degli�interessi�nel�momento�che�precede�la�decisione�
amministrativa,�ma�tutto�il�percorso�che�va�dal�momento�in�cui�si�pone�

annessi�al�contratto�di�cessione�impedivano,�di�fatto,�il�controllo�della�societa�Raiway�da�parte�
della�societa�pubblica�concessionaria,�conferendo�al�partner�un�potere�di�indirizzo�strategico�del-
l'attivita�della�societa�controllata�superiore�a�quello�di�maggioranza��(T.A.R.�Lazio,�Sez.�II,�12�
marzo�2002,�n.�1897,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,�2002,�938,�525,�nota�di�Gigante,�e�in�Foro�It.,�2002,�
III,�636,�nota�di�Tropea).�

(28)�B. 
Cavallo,�Provvedimenti�e�atti�amministrativi,�Padova,�1993,�331:��l'esercizio�discre-
zionale�del�potere�non�si�sublima�nella�soluzione�piu�opportuna,�ma�in�quella�ponderazione�che,�
seppur�congrua,�potrebbe�risultare�nella�specie�inopportuna...ne�la�discrezionalita�puo�essere�vista�
in�chiave�di�sola�opportunita�,�come�rinvio�a�regole�non�giuridiche,�le�quali�del�resto�potrebbero�
essere�anche�tipizzate�a�livello�normativo�.�
(29)�T.A.R.�Campania�Napoli,�Sez.�III,�12�ottobre�2001,�n.�4553,�in�Foro�Amm.,�2001.�
(30)�R. 
Caranta,�L'inesistenza�dell'atto�amministrativo,�Milano,�1990,�133,�e�la�bibliografia�
ivi�citata;�E. 
Casetta,�Atto�e�attivita�,�329.�
(31)�R.Caranta,�op.�cit.,�143.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

un'istanza�a�provvedere�sino�al�momento�finale�dell'emissione�del�provvedi-
mento,�che�e�l'espressione�della�cura�concreta�dell'interesse�pubblico�dato�in�
attribuzione.�

La�discrezionalita�attiene�all'agire�libero�dell'amministrazione�quando�
opera�come�autorita�:�quando�non�agisce�come�autorita�esercita�autonomia�
privata�e�non�discrezionalita�.�

L'agire�libero�dell'amministrazione�quando�opera�come�autorita�coincide�
con�quella�parte�dell'attivita�che�e�funzione:�la�funzione�pubblica�consiste�in�
quella�attivita�rilevante�nell'ambito�definito�dalla�norma.�

In�questo�rileva�non�solo�l'atto�fissato�dalla�norma,�ma�tutta�l'attivita�
che�lo�ha�preceduto�e�quella�successiva.�

Non�opportunita�del�provvedimento�significa�cattivo�esercizio�della�
discrezionalita�amministrativa,�in�quanto�l'opportunita�comprende�anche�la�
valutazione�comparativa�degli�interessi�(32).�

Provvedimento�non�opportuno�significa�che�non�e�il�piu�conveniente�
all'occasione,�al�luogo,�al�tempo�e�alla�circostanza,�che�non�vi�e�stata�da�
parte�del�soggetto�pubblico�l'osservanza�delle�regole�di�buona�amministra-
zione,�di�prudenza,�di�accortezza�finanziaria.�

Per�una�tesi�l'inopportunita�non�costituisce�vizio�del�provvedimento:�e�
inammissibile�un�secondo�giudizio�di�ponderazione�comparativa�degli�interessi.�

La�dottrina�e�andata�alla�ricerca�del�significato�di�opportunita�che�da�sem-
plice�attributo�di�un�atto,�puo�assumere�rilevanza�come�vizio�sanzionabile.�

E�difficilmente�ipotizzabile�il�vizio�sanzionabile�per�una�presunta�inop-
portunita�vista�come�violazione�del�dovere�di�curare�l'interesse�pubblico�al�
grado�ottimale,�ovvero�come�vizio�attinente�all'obbligo�di�rendere�il�provvedi-
mento�il�piu�conforme�possibile�alle�regole�che�presiedono�alla�cura�degli�
interessi�pubblici.�

Il�problema�e�che�nessuno�ha�mai�saputo�con�precisione�quali�fossero�
queste�regole�meta�giuridiche,�o�almeno�non�si�e�andati�oltre�l'affermazione�
che�tali�regole�corrispondono�ad�equita�,�imparzialita�o�di�buona�amministra-
zione,�ora�sintetizzate�nei�principi�di�cui�alla�legge�n.�241�del�1990.�

Difficile�e�individuarle.�

I�principi�della�241�costituiscono�il�precipitato�logico�e�l'esplicitazione�
del�principi�del�buon�andamento�della�Pubblica�amministrazione�di�cui�
all'art.�97,�se�non�lo�vogliamo�intendere�come�mera�regola�di�organizzazione�
del�pubblico�impiego.�

Non�e�consentito�nel�nostro�ordinamento�allargare�al�massimo�grado�
l'area�di�controllo�di�legittimita�sino�ad�arrivare�al�puro�merito.�

E�questo�soprattutto�ora�che�il�bilancio�della�giurisprudenza�volge�
inequivocabilmente�nel�senso�che�molte�di�suddette�regole�sono�spesso�rimaste�
attratte�nell'area�del�giudizio�di�legittimita�,�senza�un�sicuro�criterio�discretivo�
con�il�giudizio�di�merito.�

(32)�G.P. 
Cirillo,�Il�danno�da�illegittimita�dell'azione�amministrativa�e�il�giudizio�risarcitorio,�
Padova,�2003,�113.�

DOTTRINA�957 


Se�l'azione�amministativa�viene�disciplinata�da�norme�legislative,�da�
regole�non�scritte�e�da�criteri�generali�di�opportunita�,�solamente�la�violazione�
delle�prime�determina�l'illegittimita�del�provvedimento.�

Alla�seconda�categoria�viene�ricondotto�il�principio�del�massimo�risultato�
con�il�minimo�mezzo�o�quello�del�buon�andamento�formalizzato�nel'art.�97,�cui�
deve�uniformarsi�l'azione�amministrativa.�

7.�^Atto�vincolato�e�atto�discrezionale:�quello�che�rimane�della�sfera�libera�del-
l'attivita�amministrativa.�

Com'e�noto,�i�vizi�della�violazione�di�legge�e�dell'incompetenza�riguar-
dano�l'attivita�vincolata�della�P.A.�

Al�fine,�invece,�di�sindacare�la�correttezza�delle�scelte�discrezionali�della�

P.A.�viene�in�rilievo�l'eccesso�di�potere�o�sviamento�di�potere.�
Nel�caso�in�cui�il�provvedimento�abbia�natura�vincolata,�non�vi�sono�
margini�di�apprezzamento�discrezionale�in�capo�alla�Amministrazione.�
L'Amministrazione�ha,�anzi,�l'obbligo�di�intervenire�con�un�atto�di�
diniego,�dovuto�nell'�an��e�vincolato�nel�suo�contenuto,�senza�che�su�di�esso�
possa�essere�effettuata,�alcuna�comparazione�tra�interessi�pubblici�ed�inte-
ressi�privati�(33).�
La�distinzione�tra�atti�discrezionali�e�vincolati�e�stata�dogmaticamente�
utilizzata�per�affermare�che�i�provvedimenti�discrezionali�sono�impugnabili�
innanzi�al�giudice�amministrativo�anche�quando�incidono�su�previe�posizioni�
di�diritto�(34).�

(33)�L'affermazione�e�sostenuta�dalla�dottrina�quasi�unanime�e�da�una�consolidata�giurispru-
denza:�P.M. 
VipianA 
Perpetua,�op.�cit.,�243,�S. 
Cassese,�Casi�e�materiali�di�diritto�amministrativo,�
Bologna,�1993,�230�ss.�Sulla�natura�di�atto�vincolato�cfr.�T.A.R.�Toscana,�Sez.�III,�30�gennaio�
2002,�n.�90:��Ne�consegue�che,�in�materia�di�immigrazione,�e�irrilevante�l'entita�del�reato�com-
messo�o�la�supposta�poca�gravita�dello�stesso�ai�fini�dell'applicazione�del�dato�normativo�posto�
che�l'Amministrazione�non�ha�alcun�potere�in�ordine�alla�scelta�dei�reati�che�poterebbero�apparire�
piu�o�meno�significativi�dal�punto�di�vista�della�pericolosita�sociale.�Dalla�natura�vincolata�del-
l'atto�da�assumere�ai�sensi�dell'art.�31�legge�11�giugno�1971,�n.�426,�deriva�che�l'onere�di�motivare�
il�provvedimento�si�esaurisce�nell'enunciazione�dei�presupposti�dell'azione�amministrativa�posta�
in�essere�.�Cfr.�anche�T.A.R.�Lombardia�Milano,�Sez.�III,�5�dicembre�2002,�n.�4730,�in�Foro�
Amm.�T.A.R.,�2002,�f.�12:�l'ipotesi�normativa�contemplata�nell'art.�31�legge�11giugno�1971,�
n.�426,�impropriamente�qualificata��revoca��dell'autorizzazione,�ha,�inrealta�,�natura�decaden-
ziale,�trattandosi�di�atto�amministrativo�vincolato�di�accertamento�delle�ipotesi�che�la�norma�
ritiene�incompatibili�con�la�prosecuzione�dell'attivita�;�infatti,�si�tratta�di�provvedimento�sanziona-
torio�che�la�P.A.�e�tenuta�ad�adottare�nei�confronti�del�privato�inadempiente�agli�obblighi�assunti�
in�dipendenza�dell'autorizzazione�o�a�seguito�della�perdita�dei�requisiti�soggettivi�richiesti�per�il�
rilascio.�Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�8�aprile�2002,�n.�1894,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�960:�
�Il�provvedimento�di�inquadramento�che�riconosca�contestualmente�i�servizi�pre-ruolo�ha�natura�
di�atto�vincolato�e�autoritativo�(riguardante�l'organizzazione�degli�uffici�ed�attributivo�di�uno�``sta-
tus''�al�pubblico�dipendente),�sicche�esso,�come�avviene�in�generale�per�gli�atti�di�inquadramento,�
e�impugnabile�entro�l'ordinario�termine�di�decadenza�anche�per�la�parte�in�cui�disponga�la�man-
cata�valutazione�di�servizi�pregressi�.�
(34)�L. 
Maruotti,�La�giustizia�amministrativa�e�le�riforme�costituzionali,in�Foro�amministra-
tivo,�1992,�2876.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�mancanza�della�possibilita�di�apprezzamento�discrezionale,�peraltro,�
involge�anche�altri�fondamentali�aspetti,�come�la�comunicazione�di�avvio�del�
procedimento�ai�sensi�dell'art.�7,�legge�n.�241�del�1990�(essa�non�e�necessaria�
nel�caso�di�procedimento�vincolato)�(35),�oppure�la�motivazione�stessa�del-
l'atto�(36)�(proprio�dalla�natura�vincolata�dell'atto�deriva�che�l'onere�di�moti-
vare�il�provvedimento�si�esaurisce�nell'enunciazione�dei�presupposti�dell'azione�
amministrativaposta�in�essere).�

Ai�fini�della�giurisdizione�e�irrilevante�il�quantum�di�discrezionalita�di�
cui�sia�titolare�l'amministrazione�in�sede�di�emanazione�del�provvedimento�
di�diniego,�in�quanto�e�sempre�quantomeno�configurabile�la�discrezionalita�
tecnica:�quando�vi�e�il�potere�di�accogliere�o�meno�una�istanza�del�privato�
che�ha�dato�luogo�all'apertura�di�un�procedimento�amministrativo,�in�re�ipsa�
sussistono�posizioni�di�interessi�legittimi�(37).�

In�realta�non�esistono�due�poli�completamente�contrapposti�ove�da�un�
lato,�vi�e�un�atto�interamente�discrezionale�e,�dall'altro,�un�atto�completa-
mente�vincolato.�

Il�concetto�di�dicrezionalita�e�di�vincolativita�risale�alla�norma�attribu-
tiva�del�potere,�ossia�alla�norma�che�conferisce�alla�P.A.�il�potere�di�curare�
gli�interessi�pubblici:�in�questa�norma�sono�tracciati�anche�i�limiti�all'eserci-
zio�del�potere,�come�il��se��emanare�l'atto�(an),�il�contenuto�da�conferirgli�
(quid),�le�modalita�da�inserire�nel�contesto�dell'atto�(quomodo),�quando�ema-
nare�l'atto�(art.�1�legge�n.�241/1990).�

Risulta�ben�difficile�che�la�norma�attributiva�del�potere�limiti�l'esercizio�
del�potere�a�tutti�questi�aspetti:�l'ipotesi�dell'atto�interamente�vincolato�e�
meramente�nominale.�

Qualore�l'atto�sia�interamente�vincolato,�in�casi�limitatissimi,�esso�deve�
presentarsi�come�atto�che�dia�la�massima�garanzia�degli�interessi�individuali�
coinvolti�proprio�per�il�principio�della�riserva�di�legge�assoluta.�

Ne�consegue�che�molte�figure�di�eccesso�di�potere,�come�ad�esempio�la�
disparita�ditrattamento,nonsonoconcepibilirispettoadattivita�vincolate�(38).�

Anche�nei�casi�di�uso�discrezionale�del�potere,�l'ordinamento�richiede�che�
tale�potere�venga�utilizzato�per�il�perseguimento�di�una�ben�precisa�finalita�.�

Infatti,�l'ordinamento�giuridico�non�attribuisce�all'Amministrazione�un�
indifferenziato�potere�di�cura�dell'interesse�pubblico,�bens|�tanti�poteri,�
ciascuno�dei�quali�deve�essere�impiegato�per�il�conseguimento�di�specifici�
obiettivi.�

(35)�Giurisprudenza�costante�della�giurisprudenza�amministrativa�in�generale,�T.A.R.�Pie-
monte,�Sez.�I,�15�gennaio�2003,�n.�29,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,�2003.�
(36)�Cfr.�T.A.R.�Lombardia�Milano,�Sez.�III,�5�dicembre�2002,�n.�4730,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,�
2002,�f.�12.�
(37)�L. 
Maruotti,�La�giustizia�amministrativa...,�2876.�
(38)�Cos|�G. 
Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�e�di�merito�nel�processo�ammini-
strativo,�in�Studi�per�il�centocinquantenario�del�Consiglio�di�Stato,�Roma,�1981,�1583��Il�principio�
del�carattere�generale�dei�vizi�implica�soltanto�che�ciascun�vizio�debba�essere�deducibile�in�rela-
zione�a�tutti�gli�atti�ai�quali�sia�potenzialmente�riferibile�.�

DOTTRINA�959 


L'eccesso�di�potere�si�concretizza,�infatti,�quando�la�P.A.�esercita�il�potere�
che�le�e�stato�attribuito�per�perseguire�un�fine�diverso�da�quello�tipico�(39).�

Attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere�il�giudice�amministrativo�con-
trolla�il�modo�(legittimo�o�meno)�in�cui�la�P.A.�ha�esercitato�la�discreziona-
lita�,�ossia�il�modo�in�cui�sono�stati�ponderati�gli�interessi�coinvolti.�

Cio�non�siginifica,�tuttavia,�valutare�la�bonta�del�risultato�conseguito,�in�
quanto�significherebbe�entrare�nel�merito�del�fatto,�che�e�consentito�solo�nei�
casi�determinati�dalla�legge.�

Vizio�di�merito�significa,�infatti,�violazione�delle�regole�di�opportunita�,�
convenienza�e�buona�amministrazione,�di�equita�,�di�norme�non�giuridiche�(40).�

Il�merito�rappresenta�la�sfera�libera�dell'azione�amministrativa�discrezio-
nale,�ossia�l'ambito�in�cui�essa,�rispettati�i�limiti�stabiliti�dalle�norme,�puo�
svolgersi�senza�essere�soggetta�ad�un�sindacato�giurisdizionale.�

Tale�distinzione�si�riscontra�anche�negli�aspetti�processuali.�

La�giurisdizione�di�merito�si�contraddistingue�non�solo�per�i�maggiori�
poteri�istruttori�e�decisori�rispetto�a�quelli�del�giudice�di�legittimita�,ma�
anche�per�una�maggiore�estensione�dell'oggetto�del�giudizio:�e�infatti�possi-
bile�verificare�la�conformita�dell'atto�amministrativo�alle�regole�di�ordine�
extra-giuridico�(economico,�tecnico,�sociale,�equitativo)�(41).�

Altra�tesi,�invece,�ritiene�che�la�giurisdizione�di�merito�sarebbe�caratte-
rizzata�solo�da�maggiori�poteri�cognitori,�ma�che�non�sia�comunque�consen-
tito�al�giudice�la�sostituzione�al�giudice�amministrativo.�

Risulta�evidente�che,�il�suddetto�orientamento,�dal�punto�di�vista�dog-
matico,�e�ancora�piu�coerente�e�rispettoso�del�principio�della�separazione�
dei�poteri�(42).�

(39)�La�giurisprudenza,�com'e�noto,�ha�elaborato�le�c.d.�figure�sintomatiche�dell'eccesso�di�
potere,�che�segnalano�una�probabile�sussistenza�di�sviamento�di�potere:�disparita�di�trattamento;�
travisamento�(qualora�la�P.A.�assuma�come�presupposto�di�un�provvedimento�una�situazione�fat-
tuale�difforme�da�quella�reale;�difetto�di�istruttoria,�perplessita�,�se�non�appare�chiaro�quale�sia�il�
potere�esercitato�dalla�P.A.,�violazioni�di�circolari,�illogicita�,�manifesta�ingiustizia,�violazione�del�
principio�di�proporzionalita�,�in�quanto�la�P.A�deve�conseguire�lo�scopo�prefissato�con�il�minor�
sacrificio�degli�altri�interessi�in�gioco).�
(40)�Circa�il�dibattito�che�si�e�sviluppato�sulla�natura�giuridica�o�non�giuridica�delle�regole�
tecniche�o�sociali�utilizzate�(Mortati,�voce�Discrezionalita�,in�Nss.D.I.,�vol.�V,�Torino,�1105�e�
M.S. 
Giannini,�Il�potere�discrezionale�della�pubblica�amministrazione,Milano,�1939,�83),osserva�
G. 
Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,�1580:��Non�sembra�avere�rilevanza,�ai�fini�del�problema�in�
esame,�la�questione,�a�lungo�dibattuta,�della�natura�giuridica�o�non�giuridica�delle�regole�tecniche�
o�sociali�a�tal�fine�utilizzate.�E�sufficiente�rilevare�che�l'utilizzazione�di�regole�atecniche�o�sociali�
e�indispensabile,�nell'applicazione�di�norme�giuridiche,�quante�volte�queste�ultime�facciano�riferi-
mento�a�concetti�individuabili�soltanto�in�base�a�quelle�regole�.�
(41)�G. 
Vacirca,�op.�cit.,�1574;�M. 
Nigro,�Giustizia�amministrativa,�Bologna,�2000,�230.�
(42)�A. 
Amorth,�Il�merito�dell'atto�amministrativo,�Milano,�1939,�117.�Altra�tesi,�ancora,�
identifica�il�merito�con�il�contenuto�dell'atto�amministrativo,�da�determinare�discrezionalmente,�
V. 
Ottaviano,�Merito�(Diritto�amministrativo),�voce�Noviss.Dig.It.,�Torino,�1964,�578,�anche�se�
in�seguito�la�tesi�risulta�leggermente�modificata,�Studi�sul�merito�degli�atti�amministrativi,�in�
Annuario�di�diritto�comparato�e�studi�legislativi,�1947,�come�osservato�da�P.M. 
VipianA 
Perpetua,�
op.�cit.,348,�n.12.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Per�quanto�riguarda�l'esercizio�vincolato�del�potere,�si�osserva�che�l'ammi-
nistrazione,�in�questo�caso,�non�ha�la�possibilita��di�ricercare�l'opportunita��,in�
quanto�quest'ultima�risulta�ex�lege�assorbita�nello�schema�legale�prediposto�
dalla�norma�per�l'attivita��amministrativa�(43).�

8.�^La�discrezionalita�tecnica�tra�merito�e�violazione�di�legge.�
Nell'ambito�di�tale�attivita��comparativa�accade�di�sovente�che�la�P.A.�
debba�acquisire�dati�ed�informazioni�di�carattere�tecnico,�indispensabili�per�
la�verifica�dell'efficacia�di�un�determinato�intervento�amministrativo.�

In�questo�caso�la�discrezionalita��cambia�nome�e�viene�definita�discrezio-
nalita��tecnica�(44).�

Nella�discrezionalita��tout�court�la�P.A.,�nel�suo�esame�comparativo�degli�
interessi,�non�e�ancorata�all'osservanza�di�nozioni�avanti�carattere�tecnico.�

Una�delle�problematiche�affrontate�dai�T.A.R.�nelle�controversie�in�cui�
rilevano�notazioni�di�carattere�tecnico�riguarda,�innanzitutto,�il�potere�del�
giudice�amministrativo�ed�i�suoi�limiti.�

Il�giudice�amministrativo,�infatti,�come�gia��detto,�non�puo��sostituirsi�alla�
P.A.,�esercitare�il�potere�di�determinazione�di�cui�essa�e��titolare�e,�conseguen-
temente,�non�puo��modificare�gli�atti�da�questa�posti�in�essere�o�eseguire�com-
piti�spettanti�alla�medesima:�il�suo�ruolo�consiste�in�un�controllo�di�legitti-
mita��e�solo�talvolta�di�merito�sugli�atti.�

Il�giudice�non�puo��giudicare�la�scelta�fatta�nel�merito,�in�quanto�con�cio��
eserciterebbe�una�funzione�amministrativa�(45):�puo��solo�rilevare�se�le�scelte�
sono�state�fatte�con�ragionevolezza.�

(43)�Un�certificato,�infatti,�sara��esatto�o�inesatto,�mai�inopportuno,�B. 
Cavallo,�Provvedi-
menti�e�atti�amministrativi,�Padova,�1993,�329.�
(44)�Si�possono�ricordare,�a�titolo�esemplificativo,�i�provvedimenti�di�inquadramento�nel�
pubblico�impiego�che�hanno�natura�vincolata�anche�se�l'Amministrazione�ha�poteri�valutativi,�in�
quanto�sono�espressione�di�una�discrezionalita��tecnica�realtiva�alla�sussistenza�dei�presupposti�
richiesti�dalla�legge�Cfr.�L. 
Maruotti,�La�giustizia�amministrativa�e�le�riforme�costituzionali,in�
Foro�amministrativo,�1992,�2876.�In�tal�caso�il�Consiglio�di�Stato�non�ha�mai�dubitato�che�il�dipen-
dente�vanti�posizioni�di�interesse�legittimo,�dovendo�agire�a�tutela�di�questo�nel�prescritto�termine�
di�decadenza.�Come�ricorda�Giannini,�la�nozione�di�discrezionalita��tecnica�e�sorta�soprattutto�
per�ragioni�processuali:�si�volle�che�il�giudice�ordinario,�tramite�la�consulenza�tecnica�potesse�sin-
dacare�quelle�zone�dell'attivita��amministrativa�dominate�da�giudizi�scientifici�e�non�da�giudizi�di�
opportunita��(Diritto�amministrativo,�489,�1970,�I,�Milano).�Sulla�distinzione�tra�discrezionalita��tec-
nica�e�merito�v.�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�29�ottobre�2002,�n.�5941,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�2394�
�La�P.A.,�nella�predisposizione�del�bando,�esercita�un�potere�attinente�al�merito�amministrativo�
e�non�una�semplice�valutazione�tecnica�laddove�inserisce�disposizioni�ulteriori�rispetto�al�conte-
nuto�minimo�``ex�lege''�previsto;�queste�ultime,�quindi,�saranno�censurabili�in�sede�giurisdizionale�
soltanto�all'orche�appaiano�viziate�da�eccesso�di�potere�per�illogicita��o�per�incongruenza�rispetto�
al�fine�pubblico�della�gara�.�
(45)�Sintomatica�la�sentenza�del�T.A.R.�Veneto,�18�maggio�1994,�n.�550,�in�Rass.�Giur.�del-
l'En.�Elettrica,�1995,�245:�la�soluzione�del�tracciato�prescelta�dall'ENEL�non�puo��formare�oggetto�
di�censura,�dato�che�una�tale�scelta�si�rapporta�all'esplicazione�di�potesta��tecnico�amministrativa,�
sindacabile�dal�giudice�amministrativo�solo�in�ipotesi�di�manifesta�irrazionalita��.�Stessa�argomen-
tazione�e��adottata�dal�T.A.R.�Lombardia,�14�maggio�1994,�n.�302,�in�Rass.�giur.�dell'En.�Elettrica,�

DOTTRINA�961 


Altra�ipotesi�in�cui�il�giudice�amministrativo�puo�intervenire,�oltre�che�
nei�casi�di�eccesso�di�potere�e�di�incompetenza,�e�la�violazione�di�legge:�
nei�procedimenti�scadenzati�e�complessi,�come�quelli�caratterizzati�dall'uti-
lizzo�di�regole�tecniche,�non�e�difficile�rinvenire�ipotesi�che�integrano�tale�
vizio.�

Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice�
di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli�
aspetti�(46).�

Ad�esempio,�anche�i�giudizi�delle�commissioni�giudicatrici�dei�pubblici�
concorsi,�quando�non�sono�affetti�da�errata�percezione�della�realta�ovvero�
da�vizi�logici�tali�da�far�ritenere�di�trovarsi�di�fronte�ad�errori�ictu�oculi�

1994,�247.�La�giurisprudenza�in�relazione�a�questo�profili�e�agli�elettrodotti�e�stata�ferma�nello�spe-
cificare�che�il�potere�del�giudice�non�potra�mai�essere�quello�di�stabilire�la�validita�del�tracciato.�
Le�scelte�progettuali�sono�esplicazione�di�potesta�tecnico-amministrativa-discrezionale,�non�censu-
rabile�in�sede�di�giudizio�di�legittimita�,�se�non�per�illogicita�e�manifesta�irrazionalita�delle�scelte.�

F. 
Patrono,�Considerazioni�sull'inquinamento�elettromagnetico�e�sulla�recente�legge-quadro,in�
Giur.�di�Merito,�2001,�III,�749;�T.A.R.�Veneto,�Sez.�II,�13�febbraio�2001,�n.�236,�in�Riv.�Giur.�
ambiente,�2000,�119�ss,�con�nota�di�Ceruti,�Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�ilpro-
blema�dellasindacabilita�giudizialedellenorme�tecnichesullabasedelprincipioprecauzionaleaval-
lato�da�Cons.�St.,�ord.�28�settembre�1999,�n.�1737.�
Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Sez.VI,�29�novembre�2002,�n.�6575,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�f.�11:�
�La�discrezionalita�tecnica�^diversa�dal�merito�amministrativo�^ricorre�quando�la�pubblica�
amministrazione,�per�provvedere�su�un�determinato�oggetto,�deve�applicare�una�norma�tecnica�
cui�una�norma�giuridica�conferisce�rilevanza�diretta�o�indiretta�e�tale�discrezionalita�,qualora�si�
sia�manifestata�attraverso�apprezzamenti�tecnici,�e�sindacabile�in�sede�giurisdizionale�in�base�non�
al�mero�controllo�formale�ed�estrinseco�dell'``iter''�logico�seguito�dall'autorita�amministrativa,�
ma�alla�verifica�diretta�dell'attendibilita�delle�operazioni�tecniche�sotto�il�profilo�della�loro�corret-
tezza�quanto�a�criterio�tecnico�ed�a�procedimento�applicativo�.�

(46)�Il�momento�istruttorio,�nella�procedura�ricopre�una�rilevanza�particolare,�in�tutte�le�que-
stioni�relative�alla�costruzione�dell'impianto,�all'impatto�sull'ambiente�e�sul�territorio,�e�alla�sua�
collocazione�urbanistica:�attraverso�il�controllo�della�motivazione�ed�il�suo�eventuale�vizio�il�giu-
dice�ha�la�facolta�di�valutare�se�l'Amministrazione�nel�decidere�abbia�tenuto�conto�della�reale�
necessita�di�costruire�un�elettrodotto�in�quella�zona,�se�erano�presenti�i�presupposti�richiesti�dalla�
normativa�vigente,�se�la�scelta�e�stata�coerente�con�le�risultanze�istruttorie.�A�cio�si�aggiunga�che�
la�tutela�della�salute,�oltre�ad�essere�prevista�a�livello�costituzionale,e�parte�integrante�dell'ordina-
mento�giuridico,�basti�pensare�alla�legge�23�dicembre�1978,�n.�833�che�prevede�tra�i�fini�dello�Stato�
quello�di�garantire�condizioni�uniformi�di�salute�su�tutto�il�territorio�nazionale.�La�salute,�dunque,�
e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse�che�l'ordinamento�ha�il�dovere�di�perseguire:�
cio�consente�che�possa�essere�parametro�di�valutazione�e�di�giudizio�anche�nel�procedimento�
amministrativo�e�successivamente�in�sede�processuale.�Cfr.�anche�T.A.R.�Lombardia,�3�novembre�
1994,�n.�618,�in�Rass.�Giur.�En.�Elettrica:�``la�salute�costituisce�un�diritto�inviolabile�dei�cittadini�
direttamente�ed�un�interesse�fondamentale�della�collettivita�come�sancito�dall'art.�32�della�Costitu-
zione�e�dalla�legge�833�del�1978,�pertanto,�ne�e�indispensabile�assicurare�la�tutela�anche�in�sede�di�
realizzazioni�degli�impianti�elettrici''.�L'aspetto�salute�e�venuto�in�rilievo�in�modo�esplicito�nella�
normativa�sugli�elettrodotti�con�il�d.p.c.m.�del�23�aprile�1992:�da�allora�e�opinione�giurispruden-
ziale�che�tale�normativa�rientri�tra�quella�che�deve�essere�rispettata�nella�procedura�di�autorizza-
zione�alla�costruzione�degli�impianti.�Tra�gli�elementi�di�legittimita�dell'atto�autorizzatorio�e�
necessario,�pertanto,�verificare�anche�il�rispetto�della�normativa�apposita�dettata�in�materia�di�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

riscontrabili,�risultano�del�tutto�incensurabili�a�pena�di�invadere�la�sfera�di�
valutazione�discrezionale�ascrivibile�al�merito�amministrativo�(47).�

Poiche��la�pronuncia�di�rigetto�del�giudice�amministrativo�si�esaurisce�
nella�conferma�del�provvedimento�impugnato�e�non�si�sostituisce�all'atto�
amministrativo�^conservando�l'autorita�che�lo�ha�emesso�tutti�i�poteri�che�
avrebbe�avuto�se�l'atto�non�fosse�stato�impugnato,�eccetto�la�possibilita�di�
ravvisarvi�i�vizi�di�legittimita�ritenuti�insussistenti�dal�giudice�^non�e�ipotiz-
zabile�in�tale�tipo�di�pronuncia�uno�sconfinamento�nella�sfera�del�merito�e,�
quindi,�della�discrezionalita�e�opportunita�dell'azione�amministrativa.�

E�cio�neppure�nel�caso�in�cui�sia�attribuita�ad�essa�efficacia�retroattiva,�
rientrando�pienamente�l'individuazione�degli�effetti�nel�tempo�delle�norme�
giuridiche�nell'attivita�interpretativa�delle�stesse�(48).�

Quanto,�poi,�all'invasione�della�sfera�di�discrezionalita�tecnica�della�
P.A.,�e�sufficiente�qui�riportarsi�a�quanto�di�recente�osservato�dal�Consiglio�
di�Stato:��il�giudizio�tecnico�cui�e�chiamata�la�Commissione�giudicatrice�
sfugge,�in�base�a�costante�giurisprudenza,�al�sindacato�del�giudice�ammini-
strativo�in�sede�di�legittimita�,�laddove�non�vengano�in�rilievo�indici�sintoma-
tici�del�non�corretto�esercizio�del�potere��(49).�

Giova,�in�particolare,�osservare�che�il�potenziamento�dei�mezzi�istruttori�
utilizzabili�dal�giudice�amministrativo�ai�fini�del�sindacato�sulle�valutazioni�
di�stampo�tecnico-specialistico,�sancito�dall'innesto�della�consulenza�tecnica�
ai�sensi�dell'art.�16,�legge�n.�205/2000,�consente�certo�il�pieno�e�diretto�accer-
tamento�dei�fatti�presi�in�esame�dall'amministrazione,�ma�non�la�sostituzione�
del�giudice�amministrativo,�per�il�tramite�del�consulente�tecnico,�ai�giudizi�
di�tipo�tecnico�formulati�dall'Amministrazione.�

Il�controllo�del�giudice�amministrativo�sul�giudizio�tecnico�dell'organo�
amministrativo�e�rimasto�un�controllo�debole,�nel�rammentato�senso�del-

esposizioni�alle�radiazioni�non�ionizzanti,�vale�a�dire�il�d.p.c.m.�23�aprile�1992�e�il�d.p.c.m.�1995�
per�le�azioni�di�risanamento�e,�naturalmente,�la�recente�legge�quadro.�C'e�,�tuttavia,�perplessita�in�
dottrina�circa�il�ricorso�smodato�al�giudice:��...il�giudice�finira�per�operare�piu�come�fattore�di�
compensazione�di�incertezze�sociali�e�culturali,�che�come�organo�di�composizione�di�liti�e�delle�
relative�incertezze�giuridiche,�facendosi�cos|�carico�di�una�non�meglio�definita�funzione�di�supervi-
sione�tecnica�degli�approdi�teorici�della�comunita�scientifica�e�della�funzione�di�valutazione�e�sele-
zione�degli�interessi�meritevoli�di�tutela,�che�sono�estranee�al�proprio�bagaglio�culturale�ed�al�pro-
prio�mandato�...�In�definitiva,�se�i�giudici�rivendicano�un�ruolo�forte�di�mediatori�e�garanti�di�
ultima�istanza�dei�valori�in�gioco,�ed�operano�cos|�quali�moltiplicatori�del�contenzioso,�le�ammini-
strazioni�tendono�a�rinunciare�alle�proprie�prerogative�e�contribuiscono�a�loro�volta�alla�infla-
zione�delle�regole�e�dei�vincoli�esistenti,�ingenerando�cos|�ulteriore�incertezza�e�contenzioso�,�

G.D. 
Comporti,�Amministrazioni 
e 
giudici 
sull'onda 
dell'elettrosmog,in�Foro 
Amm.,�2001,�IX,�
2455.�Cfr.�anche�A. 
Contaldo,�Ancora 
in 
tema 
di 
elettrosmog 
da 
antenne 
per 
la 
telefonia 
mobile 
(nota�a�T.A.R.�Toscana,�sez.�I,�15�gennaio�2001),�in�Dir. 
Informazione 
e 
informatica,�2001,�249.�
(47)�T.A.R.�Campania�Napoli,�Sez.�II,�19�giugno�2001,�n.�2821,�in�Foro 
Amm.,�2001.�
(48)�Cass.�civ.,�Sez.�un.,�9�novembre�2001,�n.�13927,�in�Mass. 
Giur. 
It.,2001.�
(49)�Cons.�Stato�Sez.�IV,�4�novembre�2002,�n.�6004;�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002,�
n.�2199.�

DOTTRINA�963 


l'inammissibilita�di�una�logica�sostitutiva�che�consenta�al�giudice�di�sostituire�
la�sua�opinione�all'opinione,�non�condivisa,�ma�non�risultante�erronea,�della�
P.A.��(50).�

In�base�a�tali�considerazioni,�la�consulenza�tecnica�d'ufficio�potrebbe�
determinare�che�i�quesiti�proposti�non�mirano�ad�accertare�l'erronea�applica-
zione�dei�criteri�tecnici�ma,�piuttosto,�a�fondare�in�via�di�fatto�i�presupposti�
su�cui�poi�arbitrariamente�proporre�una�logica�di�valutazione�sostitutivadi�
quella�adottata�dall'Amministrazione.�

La�problematica,�peraltro,�era�gia�stata�affrontata�da�tempo,�all'indo-
mani�della�sentenza�della�Corte�costituzionale�del�23�aprile�1987,�n.�352,�che�
aveva�dichiarato�costituzionalmente�illegittimi,�con�riferimento�agli�artt.�3�e�

(50)�Cons.StatoSez.IV,4novembre2002,n.�6004;ConsStato,Sez.VI,23aprile2002,n.�2199.�
Cons.Stato,Sez.VI,5dicembre2002,n.�6652,in�ForoAmm.C.D.S.,�2002,�3242.��Il�potere�di�annul-
lamento�del�nullaosta�paesaggistico�attribuito�al�Ministero�per�i�beni�culturali�dall'art.�82�d.P.R.�
n.�616�non�comporta�un�riesame�complessivo�delle�valutazioni�tecnico-discrezionali�compiute�dalla�
Regione,�tale�da�consentire�la�sovrapposizione�o�sostituzione�di�una�propria�valutazione�di�merito�a�
quella�compiuta�in�sede�di�rilascio�del�titolo�autorizzativo,�ma�si�estrinseca�in�un�controllo�di�mera�
legittimita�che�peraltro�puo�riguardare�tutti�i�possibili�vizi�dell'eccesso�di�potere.�Cons.�Stato,�Sez.�
VI,�1.�ottobre�2002,�n.�5156,�in�Dirittoe 
Giustizia,�2002,�f.�36,�49:�le�deliberazioni�dell'Autorita�per�la�
concorrenza�e�il�mercato�attengono�avalutazioni�complesse�che�rinviano�a�scienze�inesatte�ed�opina-
bili,�di�carattere�prevalentemente�economico,�con�cui�si�perviene�alla�definizione�di�concetti�giuridici�
indeterminati�(mercatorilevante,�dominanza,�intesarestrittiva�dellaconcorrenza,�ecc.).Tali�delibera-
zioni�possono�essere�sindacate�solo�per�vizi�di�legittimita�,�e�non�di�merito�attraverso�il�cd.�``sindacato�
di�tipo�debole'',�che�non�consente�un�potere�sostitutivo�del�giudice�.�I�provvedimenti�dell'autorita�
garante�della�concorrenza�e�del�mercato�sono�sindacabili�in�giudizio�per�vizi�di�legittimita�e�non�di�
merito�(si�precisa,�altres|�,�che�il�sindacato�del�giudice�amministrativo�sull'attivita�discrezionale�di�
natura�tecnica�esercitata�dall'autorita�antitrust 
e�un�sindacato�di�tipo�debole,�che�non�consente�un�
potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�sovrapporre�la�propria�valutazione�tecnica�opinabile,�il�proprio�
modello�logico�di�attuazione�del��concetto�indeterminato�,�all'operato�dell'autorita�;�pertanto,�nell'e-
sercizio�di�un�tale�sindacato�e�inammissibile�far��ripercorrere��al�consulente�tecnico�d'ufficio�le�com-
plesse�valutazioni�rimesse�in�prima�battuta�all'amministrazione�e�sottoposte�poi,�con�gli�anzidetti�
limiti,�al�sindacato�giurisdizionale,�poiche�a�questo�spetta�solo�il�compito�di�verificare�la�legittimita�
dell'impostazione�generale�seguita�dall'autorita�nello�svolgere�una�determinata�indagine�e�nient'al-
tro,�e�cio�con�la�sola�eccezione�del�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate�dall'autorita�,�poiche�
in�quel�caso�e�consentito�invece�al�giudice�amministrativo�un�controllo�piu�penetrante,�che�si�spinge�
fino�alla�sostituzione�della�sanzione�irrogata�dall'autorita�).��Purche�si�rimanga�nell'ambito�dei�vizi�
di�legittimita�,�il�sindacato�giurisdizionale�sui�provvedimenti�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�
e�del�mercato�non�incontra�limiti,�potendo�essere�esercitato,�oltre�che�in�relazione�ai�vizi�di�incompe-
tenza�e�violazione�di�legge,�anche�inrelazione�a�quello�di�eccesso�di�potere�in�tutte�le�sue�forme.�Allor-
che�,�peraltro,�viene�dedotto,�avverso�provvedimenti�dell'Autorita�,�il�vizio�di�eccesso�di�potere,�il�giu-
dice,�nell'ambito�del�suo�sindacato,�circoscritto�alla�sola�legittimita�dell'atto,�e�non�esteso�al�merito�
delle�scelte�amministrative,�puo�solo�verificare�se�il�provvedimento�impugnato�appaia�logico,�con-
gruo,�ragionevole,�correttamentemotivato�eistruito,�manonpuo�anche�sostituire�proprievalutazioni�
di�merito�a�quelle�effettuate�dall'Autorita�e�a�queste�riservate�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002,�
n.�2199,�in�Giur. 
It.,�2002,�1957.��E�inammissibile�la�censura�dedotta�avverso�la�valutazione�che�la�
Commissione�giudicatrice�ha�fatto�dei�titoli�presentati�dal�candidato,�trattandosi�di�valutazione�di�
merito�sulla�quale�il�giudice�della�legittimita�puo�esercitare�il�proprio�sindacato�solo�in�presenza�di�
vizi�(che�il�ricorrente�ha�l'onere�d'individuare�e�documentare)�di�palese�travisamento�dei�fatti�ovvero�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

24�cost.,�gli�art.�44,�co.�1�r.d.�1924�n.�1054,�26�r.d.�642�del�1907,�7�comma�1,�

legge�1034�del�1971,�in�merito�ai�limiti�dei�mezzi�istruttori�del�giudice�ammi-
nistrativo�nelle�controversie�di�pubblico�impiego.�
Si�erano,�infatti,�mostrate�perplessita�e�timori�circa�il�rispetto�della�

discrezionalita�amministrativa.�
�E�,�pero�,�insito�nel�nuovo�sistema�il�pericolo�di�ridurre�a�meri�giudizi�tec-

nici,�verificabiliintutti�i�loro�aspetti�dal�giudicecon�l'ausilio�diconsulenti,anche�

le�valutazioni�che�il�legislatore�ha�inteso�riservare�ad�organi�amministrativi.�E�

questo�il�vero�limite�del�sindacato�di�legittimita�,�che�postula�un'attenta�discrimi-

nazione�fra�fattispecie�apparentemente�assai�simili�e�una�responsabile�autolimi-

tazione�del�giudice.�A�titolo�di�esempio,�sembra�da�escludere�una�integrale�revi-

sione,�sotto�il�profilo�tecnico,�di�giudizi�pronunciati�da�commissioni�di�esami�o�

di�concorso�o�da�organi�chiamati�a�provvedere�in�ordine�a�promozioni.�Puo�

soccorrere�il�criterio,�desumibile�dalla�stessa�sentenza�della�parita�di�tratta-

mento�fra�lavoro�subordinato�privato�e�pubblico�impiego:�occorre�evitare,�nel-

l'interpretazione�e�nell'applicazione�delle�norme,�che�l'amministrazione�subisca�

un�integrale�riesame�delle�sue�valutazioni�in�casi�nei�quali�il�datore�di�lavoro�pri-

vato�compie�scelte�del�tutto�insindacabili��(51).�

di�illogicita�manifesta.T.A.R.�Puglia�Bari,�Sez.�I,�1�ottobre�2002,�n.�4176,�in�ForoAmm.T.A.R.,�2002,�

f.�10.��Risultato�immune�dai�vizi�prospettati�il�giudizio�negativo�formulato�dalla�commissione�nei�
confronti�del�candidato�ricorrente,�sono�inammissibili�le�doglianze�dallo�stesso�mosse�in�merito�alle�
valutazioni�concernenti�i�candidati�risultati�vincitori,�atteso�che�dall'eventuale�accoglimento�delle�
stesse�non�deriverebbe,�comunque,�nessun�beneficio,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�14�febbraio�2002,�n.�849,�
in�ForoAmm.C.D.S.,�2002,�466.�Rientra�nei�compiti�del�giudice�di�merito�il�giudizio�circa�la�idoneita�
degli�elementi�presuntivi�a�consentire�illazioni�che�ne�discendano�secondo�il�criterio�dell'idquodple-
rumque 
accidit,�essendo�il�relativo�apprezzamento�sottratto�al�controllo�in�sede�di�legittimita�se�sor-
retto�da�motivazione�immune�da�vizi�logici�o�giuridici�ed�in�particolare�ispirato�al�principio�secondo�
il�quale�i�requisiti�della�gravita�,�della�precisione�e�della�concordanza,�richiesti�dalla�legge,�devono�
essere�ricavati�in�relazione�al�complesso�degli�indizi,�soggetti�ad�una�valutazione�globale,�e�non�con�
riferimento�singolare�a�ciascuno�di�questi,�pur�senza�omettere�un�apprezzamento�cos|�frazionato,�al�
fine�divagliare�preventivamente�larilevanza�dei�vari�indizi�e�di�individuare�quelli�ritenuti�significativi�
e�percio�da�ricomprendere�nel�suddetto�contesto�articolato�e�globale,�Cass.�civ.,�Sez.�III,�4�novembre�
2002,�n.�15399,�in�DirittoeGiustizia,�2002,�f.�42,�50.�Nell'ambito�dei�poteri�di�governo�dei�vincoli�pae-
saggistici�il�merito,�che�non�puo�essere�oggetto�di�sostituzione,�e�un�giudizio�estetico�di�natura�tec-
nico-discrezionale,�demandato�alle�regioni�ed�agli�altri�enti�sub-regionali.�Cio�,�tuttavia,�non�com-
porta�alcuna�insindacabilita�delle�valutazioni�operate�dalle�autorita�locali,�essendo�l'annullamento�
pervizi�di�legittimita�comprensivo�di�tutti�i�profili�dell'eccesso�di�potere;�nonv'e�dubbio,�poi,�sulla�cir-
costanza�della�riconduzione�all'area�della�legittimita�del�vizio�d'omessa�acquisizione�di�parere�obbli-
gatorio�e�vincolante�o�dell'insufficienza�della�motivazione,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�6�settembre�2002,�
n.�4561,�in�ForoAmm. 
C.D.S.,�2002,�f.�9.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'Ammini-
strazione�concernenti�la�destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�
cio�sono�sottratte�al�sindacato�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�
fatto�o�vizi�di�illogicita�e�contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�ForoAmm. 
C.D.S.,�2002,�f.�7.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'amministrazione�concernenti�la�
destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sottratte�al�sinda-
cato�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi�di�illogicita�e�
contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro 
Amm. 
C.D.S.,�2002,�f.�7-8.�
(51)�G. 
Vacirca,�Prime�riflessioni�sul�nuovo�regime�delle�prove�nelle�controversie�in�materia�
di�pubblico�impiego,�in�Foro 
amm.,�1987,�1346.�

DOTTRINA�965 


Peraltro,�si�sono�registrati�tentativi�in�passato�di�estendere�la�giurisdizione�
di�merito�alla�tutela�cautelare,�con�cio�ipotizzando�una�ulteriore�indebita�inge-
renza�nell'attivita�amministrativa�da�parte�del�giudice�amministrativo�(52).�

Si�constata,�tuttora,�un�settore�in�cui�le�operazioni�di�discrezionalita�
tecnica�rilevano�nel�merito�e�l'insindacabilita�non�sembra�suggerita�da�prero-
gative�riservate�alla�P.A.,�quanto�dalla�carenza�del�minimo�di�obiettivita�,�
normalmente�richiesto�per�l'esplicarsi�della�funzione�terziaria�del�giudice,�
della�materia�sulla�quale�egli�debba�pronunciarsi�(53).�

9.�^Pronuncia�del�giudice�amministrativo�(e�ordinario)�e�invasione�del�merito.�
Di�recente,�si�assiste�al�tentativo�di�indebita�sostituzione�all'attivita�
amministrativa�del�giudice�ordinario:�tale�ingerenza�e�ancor�piu�grave�a�
causa�della�natura�del�giudice�ordinario,�ben�diversa�da�quella�del�giudice�
amministrativo.�

Infatti,�la�sentenza�n.�500�del�1999�della�Cassazione�ha�suscitato�non�
poche�perplessita�,�in�quanto�ipotizza�la�sostituzione�del�giudice�ordinario�
all'attivita�della�P.A.,�in�caso�di�valutazione�del�probabile�esito�del�corretto�
esercizio�del�potere�discrezionale,�al�fine�di�esprimere�un�giudizio�sullaspet-
tanza�del�bene�della�vita�per�lesione�da�parte�di�un�provvedimento�illegittimo�
lesivo�di�un�interesse�legittimo�pretensivo.�

Si�e��prima�accennato�all'evoluzione�del�sistema�del�giudizio�di�legittimita�
che,�sotto�la�spintadiesigenzedigiustizia�sostanziale,�si�e�trasformato�inungiu-
diziocompletoestesoalfatto,siapureconincertezzeelimitazioni�(54).�

La�conseguenza�e��che�cio�ha�posto�in�termini�ancora�piu�nebulosi�la�
differenziazione�con�il�merito:�l'ultimo�baluardo�rimasto�a�frenare�il�sinda-
cato�del�giudice�amministrativo�e��il�divieto�di�valutare�l'opportunita�dell'atto.�

Peraltro,�se�si�esaminano�tutte�la�varie�ipotesi�di�giurisdizione�estese�al�
merito,�si�riscontra�che�solo�in�pochi�casi�sono�configurabili,�in�tali�materie,�
accanto�ad�apprezzamenti�tecnici�e�accertamenti�di�fatto,�anche�valutazioni�
di�mera�opportunita�(55).�

Ne�consegue�che,�se�accogliamo�la�tesi�che�non�ascrive�la�discrezionalita�
tecnica�al�merito�e�che�la�considera�svincolata�anche�dai�supposti�ristretti�ambiti�
dell'eccesso�di�potere,�ma�riconducibile�al�vizio�di�violazione�di�legge�(56),�
rimane�ben�poca�cosa�il�segmento�valutativo�espresso�dalla�amministrazione�
che�il�giudicenon�possa�sindacare.�

(52)�V. 
A. 
Romano,�Tutela�cautelare�nelprocesso�amministrativo�e�giurisdizione�di�merito,in�
Foro�It.,�1985,�2500.�
(53)�G. 
Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�...,�1589;�P.G. 
Ponticelli,�Merito�
amministrativo�(e�giurisdizione�di�merito),�voce�in�Enc.�giur.,3.�
(54)�G. 
Vacirca,�Riflessioni...,�op.�cit.,�1611�e�1627.�
(55)�G. 
Vacirca,�Riflessioni...,�op.�cit.,�1611.�
(56)�G. 
Vacirca,�op.�cit.,�1590:��L'errore�commesso�dall'amministrazione�nella�valutazione�
tecnica�di�un�presupposto�legalmente�necessario�dell'atto�dovrebbe,�dunque,�essere�ricondotto�al�
vizio�di�violazione�di�legge.�Invero,�tutte�le�volte�in�cui�la�norma�giuridica�recepisca�norme�tecni-
che�o�ad�esse�rinvii,�l'inosservanza�dei�criteri�tecnici�assunti�nella�norma�o�da�essa�richiamati�si�
risolve�in�una�deviazione�dal�modello�normativo�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�problema�si�sposta�sul�piano�probatorio,�laddove�il�giudice�ammini-
strativo,�ma�anche�quello�ordinario,�ha�la�possibilita�di�verificare�la�corret-
tezza�delle�valutazioni�tecnico-scientifiche�espresse�dalla�P.A.�

Tant'e�che�in�dottrina�si�e�formata�la�tesi�che�ascrive�la�dicrezionalita�tec-
nica�al�merito�amministrativo�e�che�il�sindacato�relativo�al�suo�corretto�esercizio�
restiammissibile,�alparidiquantoaccadeperladiscrezionalita�amministrativa,�
esclusivamente�attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere,�ossia�solo�nei�casi�di�
macroscopica�o�manifesta�illogicita�,�o�di�travisamento�palese�dei�fatti�in�cui�
emerga�in�modo�eclatante�l'errore�commesso�in�sede�valutativa.�

Quest'ultimo,�peraltro,�e�da�ritenersi�circoscritto�a�poche�figure�sintoma-
tiche,�in�quanto�la�stragrande�maggioranza�presuppone�l'esistenza�di�un�
momento�di�scelta.�

Seguendo�tale�tesi,�infatti,�si�perviene�alla�conclusione�della�sostanziale�
insidacabilita�di�tutti�gli�atti�adottati�nell'esercizio�della�discrezionalita�tec-
nica.�

Alla�conclusione�contraria�perviene�invece�l'altra�tesi,�come�gia�accen-
nato.�

Se�si�pensa,�poi,�a�quella�giurisprudenza�che�ritiene�che�il�riesame�degli�ela-
borati�di�un�concorso�non�implica�la�riformulazione�di�una�scelta�di�merito,ma�
solo�un�accertamento�di�fatto�o�che�assimila�la�discrezionalita�all'accertamento�
tecnico,�pervenendo�alla�conseguenza�di�un�mancato�affievolimento�del�diritto�
soggettivo�e�alla�competenza�del�giudice�ordinario�a�giudicare�(57),�e�agevole�
notare�come�l'invasione�del�giudice�nel�merito�e�nell'attivita�dell'amministra-
zione�sia�da�considerarsi�sempre�piu�pregante�ed�incisiva.�

Con�dei�riflessi,�tuttavia,�non�incoraggianti�sulla�garanzia�e�l'equilibrio�
tra�i�poteri�dello�Stato�e�sugli�stessi�principi�costituzionali.�

10. 
^Il 
vizio 
di 
merito 
alla 
luce 
delle 
innovazioni 
legislative: 
una 
nuova 
(e 
antica) 
interpretazione. 


Secondoalcuniorientamentidottrinari,egiurisprudenziali,laleggen.241�
del�1990�avrebbe�circoscritto�i�confini�del�merito�amministrativo,�in�quanto,�
tipizzando�i�doveri�amministrativi�di�economicita�ed�efficacia,�li�avrebbe�trasfe-
riti�dall'ambito�delle�regole�metagiuridiche�e,�dunque,�del�merito,�a�quello�delle�
norme�espresse�di�legge,�la�cui�violazione�comporta�l'illegittimita�dell'atto�(58).�

La�previsione�legislativa�dovrebbe�comportare,�pertanto,�una�riduzione�
dell'area�di�dicrezionalita�insita�nell'atto�amministrativo.�

(57)�V.�la�problematica�inerente�l'iscrizione�all'albo�degli�psicologi�e�le�differenti�posizioni�
della�Cassazione�e�di�una�parte�della�giurisprudenza�amministrativa�da�un�lato�e�del�Consiglio�di�
Stato�dall'altro�(Cass.,�Sez.�Un.,�25�maggio�1995,�n.�5803,�Cons.�St.,�sez.�IV,�12�dicembre�1996,�
n.�1299).�Il�Consiglio�di�Stato�ha�ribadito,�infatti,�che�nella�discrezionalita�tecnica�permane,�pur�
a�seguito�dell'accertamento�dei�fatti,�un�momento�di�giudizio�connotato�da�un�margine�di�opinabi-
lita�e�di�elasticita�,�di�fronte�al�quale�il�privato�e�titolare�di�una�mera�posizione�di�interesse�legit-
timo.�
(58)�Corte�conti,�sez.�Controllo�Stato,�sent.�n�21�del�1992.�

DOTTRINA�967 


Si�ritiene�che�tali�canoni�derivino�dall'esplicitazione�normativa�del�
precetto�costituzionale�del�buon�andamento�e�che�ora,�alla�stregua�di�tale�
normativa,�ogni�provvedimento�amministrativo�dovrebbe�essere�non�un�rego-
lamento�di�interessi�opportuno,�ma�il�piu��opportuno,�in�quanto�coincidente�
con�l'opzione�ottimale�(59).�

Secondo�i�suddetti�orientamenti�dottrinari�la�legge�n.�241�del�1990�
avrebbe��trasformato�i�vizi�di�merito�in�violazione�di�legge...�e�avrebbe�fatto�
pure�venir�meno�il�presupposto�fondamentale�della�dicotomia�tra�giurisdi-
zione�di�merito�e�giurisdizione�di�mera�legittimita��...se�i�vizi�di�merito�sono�
riconducibili�a�vizi�di�legittimita��..non�ha�ragion�d'essere�il�confine�tra�vizi�
di�legittimita��e�vizi�di�merito,�viene�a�cadere�la�premessa�indispensabile�della�
dicotomia�tra�giurisdizione�di�mera�legittimita��e�giurisdizione�estesa�al�merito�
del�giudice�amministrativo��(60).�

Si�giunge�ad�affermare,�cos|�,�l'unicita��della�giurisdizione�del�giudice�
amministrativo,�con�abrogazione�implicita�ad�opera�dell'art.�1�della�legge�

n.�241,�delle�disposizioni�che�prevedono�come�speciale�la�giurisdizione�estesa�
al�merito�(61).�
Si�trascura,�tuttavia,�di�considerare�che�i�canoni�dell'agire�amministrativo,�
ora�espressi�nei�precetti�dell'economicita��e�dell'efficienza,�e�prima�sintetizzati�
nel�principio�del�buon�andamento�(peraltro�circoscritto�solo�ed�esclusivamente,�
dall'art.�97,�all'organizzazione�degli�uffici�pubblici),�si�presentano�un�po��vaghi�
ed�astratti�se�calati�nel�contesto�concreto.�

In�realta��,�la�suddetta�ricostruzione�potrebbe�contrastare�con�il�principio�
della�separazione�dei�poteri�che,�come�abbiamo�visto,�e�da�ritenersi�principio�
costituzionale.�

Estendere�il�sindacato�anche�al�merito�significherebbe�avallare,�infatti,�
una�illegittima�sostituzione�del�giudice�all'attivita��amministrativa,�e�legitti-
mare�una�ingerenza�del�potere�giudiziario�in�quello�esecutivo,�con�la�conse-
guenza�di�creare�una�figura�ibrida,�quale�e�quella�del�giudice-amministratore,�
assente�nel�nostro�ordinamento.�

E�vero�che�tramite�una�eccessiva�dilatazione�dell'eccesso�di�potere�certa�
giurisprudenza,�si�e�spinta�oltre�il�tracciato�garantista�della�distinzione�tra�i�
due�poteri,�ma�questo�non�giustifica�una�ulteriore�intromissione�del�giudice�
nell'amministrazione,�stavolta�attraverso�il�vizio�della�violazione�di�legge.�

E�ormai�riconosciuto,�infatti,�che��...le�maglie�della�normativa�consen-
tono�al�giudice�amministrativo�di�tradurre�i�vizi�di�merito�in�vizi�di�legittimita��
e...talegiudicesoventesie�avvalsoditalepossibilita��(62).�

A�ben�vedere,�i�concetti�di�efficienza�ed�economicita��,�contengono�impor-
tanti�enunciazioni�di�principio�che,�in�realta��,�poco�aggiungono�al�precetto�
costituzionale�del�buon�andamento.�

(59)�B. 
Cavallo,�op. 
cit.,�332.�
(60)�P.M. 
Vipiana,�op. 
cit.,�376.�
(61)�Cos|��P.M. 
VipianA 
Perpetua,�op. 
cit. 
(62)�P.M. 
Vipiana,�op. 
cit.,�359.�

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


I 
principi 
di 
efficienza 
ed 
economicita� 
sono 
concetti 
valvola 
o 
clausole 
generali, 
rinvenibili 
anche 
in 
altri 
rami 
dell'oridinamento, 
che 
inevitabilmente 
contengono 
una 
funzione 
descrittiva 
della 
fattispecie 
e 
che 
possono 
anche 
indicare 
un 
fine 
da 
perseguire, 
ma 
solo 
in 
senso 
lato. 


Infatti, 
tali 
norme 
necessitano 
diversi 
mezzi 
di 
completamento: 
non 
e� 
un 
caso 
che 
di 
volta 
in 
volta 
sono 
state 
definite 
imprecise, 
elastiche, 
flessibili, 
completabili, 
non 
rigide 
ecc. 
(63). 


Peraltro, 
buon 
parte 
della 
dottrina 
circoscrive 
la 
suddetta 
norma 
costitu-
zionale 
nell'ambito 
di 
una 
regola 
sull'organizzazione, 
cos|� 
come, 
peraltro, 
si 
evince 
da 
una 
interpretazione 
meramente 
letterale 
della 
norma 
(64). 


Non 
sempre 
e� 
, 
infatti, 
possibile 
superare 
le 
difficolta� 
di 
obiettiva 
indivi-
duazione 
di 
tali 
indeterminati 
concetti: 
spesso 
si 
interpretano 
tali 
norme 
come 
attributive 
di 
un 
potere 
discrezionale 
all'amministrazione 
(65). 


Dal 
modo 
di 
essere, 
da 
tutti 
auspicabile, 
della 
P.A., 
non 
e� 
cos|� 
automa-
tico 
trarre 
come 
conseguenza 
sicura 
un'analoga 
regola 
del 
suo 
operare 
(66). 


Inoltre, 
tali 
concetti 
dovrebbero 
essere 
utilizzati 
anche 
a 
contrario, 
ossia, 
non 
solo 
per 
valutare 
negativamente 
l'atto, 
ma 
anche 
per 
valutarlo 
positiva-
mente: 
come 
dire, 
se 
un 
atto 
appare 
viziato 
per 
contrasto 
con 
una 
norma, 
potrebbe, 
invece, 
essere 
considerato 
valido 
per 
aver 
osservato 
i 
principidi 
efficienza 
ed 
economicita� 
. 


Peraltro, 
potrebbe 
apparire 
eccessivo 
riassumere 
il 
concetto 
di 
merito 
solo 
ed 
esclusivamente 
all'efficienza 
ed 
economicita� 
, 
che 
indicano 
la 
capacita� 
di 
raggiungere 
un 
dato 
risultato, 
ma 
che 
potrebbero 
avere 
l'effetto 
di 
circo-
scriverlo 
o 
di 
limitarlo, 
ma 
non 
di 
esaurirlo 
o 
di 
renderlo 
esaustivo. 


I 
canoni 
dell'opportunita� 
, 
infatti, 
esprimono 
e 
sintentizzano 
anche 
altri 
valori 
che 
l'amministrazione 
deve 
osservare, 
come 
regole 
tecniche 
o 
precetti 
non 
giuridici 
individuabili, 
di 
volta 
in 
volta, 
in 
base 
al 
caso 
concreto, 
oppure 
norme 
di 
equita� 
o 
di 
convenienza 
che 
non 
necessariamente 
vengono 
ricom-
prese 
nei 
termini 
di 
efficienza 
o 
economicita� 
e 
che, 
spesso, 
vengono 
usati 
in 
accezioni 
ampie 
e 
poco 
definite 
nei 
dettagli. 


(63) 
G. 
Vacirca, 
op. 
cit., 
1588: 
�Tali 
mezzi 
sono 
variamente 
classificabili, 
anche 
in 
relazione 
al 
criterio 
adottato. 
In 
particolare, 
alcune 
operazioni, 
come 
l'intepretazione 
delle 
norme 
e 
l'inte-
grazione 
della 
disciplina 
mediante 
il 
procedimento 
analogico, 
possono 
essere 
considerate 
mera-
mente 
intellettive 
da 
chi 
si 
ponga 
nella 
prospettiva 
dello 
stesso 
ordinamento 
e 
accetti 
il 
postulato 
della 
sua 
completezza, 
mentre 
sono 
di 
frequente 
ritenute 
creative 
(specie 
se 
effettuate 
da 
organi 
giurisdizionali) 
da 
chi 
esamini 
realisticamente 
l'ordinamento 
nella 
sua 
effettivita� 
�. 
(64) 
G. 
Vacirca, 
op. 
cit.,1601. 
R. 
Marrama, 
Organizzazione 
amministrativa 
(a 
cura 
di 
F.G. 
Scoca), 
in 
Diritto 
amministrativo, 
a 
cura 
di 
L. 
Mazzarolli, 
G. 
Pericu, 
A. 
Romano, 
F.A. 
Roversi 
Monaco, 
F.G. 
Scoca, 
I, 
Bologna, 
1993, 
380 
ss., 
dove 
si 
affronta 
il 
problema 
del 
buon 
andamento 
come 
criterio 
metagiuridico 
o 
come 
parametro 
di 
efficienza 
organizzatoria. 
(65) 
G. 
Vacirca, 
op. 
cit., 
1595. 
(66) 
Cos|� 
G. 
Vacirca, 
op. 
cit.,1601. 

DOTTRINA�969 


Potrebbe�apparire�utile�ai�fini�della�chiarezza�espositiva�ma�un�po��gene-
rico�identificare�i�vizi�di�merito�con�l'inopportunita��,�laddove��l'inopportunita��
riassume�ogni�possibile�stato�invalidante�il�merito,�non�esistendo�altri�vizi�di�
merito��(67).�

Ci�sono�profili�che�rimangono�opinabili�per�l'elasticita��della�disciplina�o�
per�la�soggettivita��dei�criteri�applicati�(68).�

Ma�anche�accogliendo�il�concetto�di�opportunita��come�esaustivo�del�
merito,�non�sembrano�invece�esaurirlo�i�concetti�di�efficienza�ed�economicita��.�

Se,�infatti,�intendiamo�l'opportunita��,�secondo�l'accezione�linguistica�che�
piu��combacia�con�quella�giuridica,�come�appropriatezza,�convenienza,�
adattabilita��ad�una�determinata�circostanza,�rinveniamo�una�serie�infinita�di�
gradazioni,�che�vanno�dalla�necessita��attenuata�alla�notevole�convenienza.�

Tutta�una�gamma,�insomma,�di�ambiti�piu��o�meno�essenziali,�di�parziali�
possibilita��,�circoscrivibili�all'interno�dei�limiti�ideali�del�concretarsi�del-
l'azione�amministrativa.�

L'efficienza�e�l'economicita��ben�possono�rientrare�nell'opportunita��,ma�
non�e�detto�che�l'esauriscano,�considerato�che�altri�fattori�sono�stati�indivi-
duati�all'interno�dell'opportunita��stessa�dalla�dottrina�e�dalla�giurisprudenza,�
come�l'affidamento,�la�proporzianalita��,�l'efficacia�intesa�come�principio�di�
praticita��dell'azione�amministrativa.,�ecc.�

E�non�potrebbe�essere�diversamente,�in�quanto,�in�caso�contrario,�ver-
rebbe�meno�la�ratio�sottesa�alla�discrezionalita��attribuita�all'amministrazione�
ed�alla�consapevolezza�che�il�buon�amministrare�non�possa�essere�vincolato�
rigidamente�a�delle�norme�di�legge�che,�per�loro�definizione,�regolano�casi�
astratti�e�generali�e�non�possono�adattarsi�al�singolo�dato�concreto.�

Ne�,�tuttavia,�puo��pervenirsi�all'eccesso�opposto,�che�vede�l'amministra-
zione�imbrigliata�da�una�legislazione�di�principi�che,�come�tale,�per�la�sua�
vaghezza,�determina�incertezza�e�offre�il�pretesto�per�un�eccessivo�quanto,�
talora,�pretestuoso�ricorso�al�giudice�(69).�

Inoltre,�se�fosse�stata�questa�la�vera�intenzione�del�legislatore,�non�si�
spiegherebbe�la�necessita��di�prevedere�norme�adhoc�per�riconoscere�l'eccezio-
nale�estensione�al�merito�della�giurisdizione�amministrativa,�o�di�precisare�
che�nei�ricorsi�amministrativi�e�possibile�eccepire�vizi�di�merito,�come�ad�
esempio�accade�nel�recente�codice�di�beni�culturali.�

Si�registrano�vari�tentativi,�sia�ad�opera�della�giurisprudenza�sia�della�
dottrina,�volti�a�tradurre�i�vizi�di�merito�in�vizi�di�legittimita��e�a�rendere�
sindacabili�i�vizi�di�merito�da�parte�del�giudice�amministrativo.�

Si�determina,�cos|�,�l'ambiguita��di�delegittimare�il�principio�della�separa-
zione�dei�poteri,�o�di�creare�confusione�tra�potere�esecutivo�e�giurisdizionale,�
con�la�conseguenza�di�incoraggiare�una�inammissibile�invasione�di�campo�

(67)�B. 
Cavallo,�op.cit.,�332.�
(68)�Cos|��A. 
Pubusa,�voce�Merito�e�discrezionalita�amministrativa,in�Dig.�Disc.�pubbl.,416.�
(69)��..A�gravi�inconvenienti�puo��dar�luogo�anche�una�legislazione�per�principi,�che�determini�
incertezza�e�riversi�sugli�organi�giurisdizionali�una�mole�eccessiva�di�lavoro,�con�conseguente�ral-
lentamento�dell'attivita��amministrativa�,�G. 
Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,�1602.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

del�potere�giudiziario�in�quello�esecutivo�e�legislativo,�determinando�uno�
strapotere�dei�giudici�a�discapito�dell'equilibrio�che�invece�deve�essere�garan-
tito�tra�tutti�e�tre�i�poteri�dello�Stato.�

La�fissita�della�legge�e�stata�rimpiazzata�da�una�elasticita�che�consente�
di�determinare�le�regole�a�seconda�delle�esigenze�del�contesto,�l'esercizio�del�
potere�discrezionale�si�traduce�nella�ricerca�delle�possibili�convergenze�fra�
gli�interessi:�tale�ricerca�puo�solo�essere�orientata�dai�principi�e�dalla�disci-
plina�legislativa�e�dai�criteri�da�essa�desumibili.�

Si�puo�dire,�forse,�che�muta�rispetto�al�passato�la�sindacabilita�dell'atto,�
nel�senso�che�non�e�piu�intesa�come�semplice�confronto�formale�di�esso�con�
la�fattispecie�normativa,�ma�si�estende�all'obiettivita�delle�valutazioni�degli�
interessi�(70),�ma�questo�consegue�all'evoluzione�della�giurisprudenza�come�
sindacato�sul�fatto.�

Si�puo�concedere�anche�che�l'area�della�insindacabilita�della�discreziona-
lita�si�ritrae,�che�i�principi�assumono�funzione�di�orientamento,�che�da�essi�
si�desumono�i�valori�e�i�criteri�che�guidano�la�funzione�discrezionale�(71),�
ma�appare,�forse,�un�po�eccessivo�ritenere�che�ormai�il�sindacato�del�giudice�
in�sede�di�legittimita�si�estenda�anche�al�merito.�

I�suddetti�principi�dovrebbero,�infatti,�essere�considerate�clausole�elasti-
che,�aperte,�adattabili�al�caso�concreto,�onde�enucleare�la�cosiddetta�regola�
di�compatibilita�degli�interessi�in�conflitto.�

Peraltro,�a�ben�vedere,�sindacare�la�ragionevolezza�e�razionalita�delle�
scelte�compiute�non�significa�sindacare�nel�merito,�ma�valutare�che�la�scelta�
discrezionale�non�sia�in�maniera�macroscopica�incongruente�ed�illogica,�
senza�nulla�aggiungere�rispetto�all'analisi�che�da�sempre�il�giudice�ammini-
strativo�di�legittimita�ha�svolto,�o�avrebbe�dovuto�svolgere,�senza�trascendere�
nel�merito.�

�Permane�pur�sempre�un�ambito�rappresentato�da�una�serie�di�decisioni�
non�disciplinate�da�regole�obiettive,�il�quale,�obbedisce�a�canoni�di�ragione-
volezza.�Le�regole�non�coprono�quindi�l'intera�fattispecie�del�potere�discre-
zionale��(72).�

11. 
^La 
tesi 
dell'abrogazione 
tacita 
delle 
norme 
che 
vietano 
il 
sindacato 
sul 
merito 
da 
parte 
del 
giudice. 


La�tesi�estrema�che�considera�ormai�estesa�al�sindacato�generalizzato�del�
giudice�la�valutazione�del�merito�supera�l'ostacolo�costituito�dalla�presenza�
di�norme�che�attribuiscono,�in�via�eccezionale,�la�giurisdizione�di�meritoal�
giudice�amministrativo,�mediante�il�ricorso�all'abrogazione�tacita�(73).�

(70)�A. 
Pubusa,�op. 
cit.,418.�
(71)�Cos|�A. 
Pubusa,�op. 
cit.,418.�
(72)�A. 
Pubusa,�op. 
cit.,416;�M.S. 
Giannini,�Diritto 
amministrativo,�Milano,�1993,�490.�
(73)�P.M. 
VipianA 
Perpetua,�op. 
cit.,�375-376:�...�fra�i�corollari�discendenti�dall'art.�1�della�
legge�n.�241,�nell'interpretazione�che�si�e�sostenuta�in�queste�pagine,�dovrebbe�annoverarsi�anche�
l'affermazione�dell'unicita�della�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�con�abrogazione�impli-
cita,�ad�opera�appunto�di�quell'articolo,�delle�disposizioni�che�prevedono�come�speciale�la�giurisdi-

DOTTRINA�971 


La�violazione�delle�regole�di�opportunita��in�cui�si�sostanzia�il�merito�non�
e�per�legge�sindacabile�dal�giudice,�salvi�i�casi�eccezionali�di�giurisdizione�di�
merito�e�ferma�restando�l'esperibilita��del�ricorso�gerarchico,�e�ne�e�riprova�il�
fatto�che�il�legislatore,�lungi�dal�ravvisare�una��abrogazione�implicita��nelle�
norme�della�241�del�1990,�prevede�e�regola�tutt'oggi�i�casi�di�giurisdizione�
estesa�al�merito�e�lo�specifica�anche�con�riguardo�ai�ricorsi�amministrativi,�
con�cio��confermando�la�ratio 
e�lo�spirito�della�volonta��legislativa.�

Il�legislatore,�infatti,�qualora�intenda�conferire�al�giuidice�poteri�estesi�al�
merito�lo�dice�chiaramente,�come�di�recente�e�avvenuto�nel�decreto�legislativo�
22�gennaio�2004,�n.�41�recante�il��Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,ai�
sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137,�ove�all'art.�16�si�prevede�
che�avverso�la�dichiarazione�di�cui�all'art.�13�(dichiarazione�dell'interesse�cultu-
rale)e�ammessoricorsoalMinistero,permotividilegittimita��edimerito,entro�
trenta�giorni�dalla�notifica�della�dichiarazione�.�L'abrogazione�tacita,�infatti,�
sarebbe�originata�dalla��incompatibilita��tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti�

o�perche�la�nuova�legge�regola�l'intera�materia�regolata�dalla�legge�anteriore��
(art.�15�disp.�prel.).�
Orbene,�allo�stato�attuale�non�sembrano�ravvisarsi�incompatibilita��,ne�
che�nuove�leggi�regolino�la�materia�relativa�alla�giurisdizione�di�merito.�
Inoltre,�la�tecnica�legislativa�introdotta�dalle�riforme�Bassanini�prevede�
ora�l'obbligatorieta��,�a�carico�del�legislatore,�o�del�legislatore�delegato�ovvero�
in�sede�di�regolamentazione,�di�indicare�specificamente�le�disposizioni�legisla-
tive�o�regolamentari�abrogate.�

Oltretutto,�l'abrogazione�tacita�porterebbe�ad�un�vuoto�normativo�e�non�
rispetterebbe�il�principio�espresso�dall'antico�brocardo�latino�lex 
posterior 
generalis 
non 
derogat 
priori 
speciali 
(74).�

12. 
^Itentatividierosionedelpotereesecutivo 
dapartedelpoteregiudiziario 
e 
legislativo: 
una 
interpretazione 
anticostituzionale 
del 
principio 
di 
separa-
zione 
dei 
poteri. 
Gli�orientamenti�dottrinali�di�cui�si�e�fatto�cenno�potrebbero�offrire�una�
lettura�non�conforme�alle�norme�costituzionali.�

Non�e�una�novita��che�la�previsione�di�una�giurisdizione�di�merito,�intesa�
come�giurisdizione�estesa�al�sindacato�sull'opportunita��dell'atto,�sia�stata�rite-
nuta�incompatibile�con�la�posizione�che�la�Costituzione�riserva�al�giudice,�
concepito�come�organo�immediato�e�imparziale�dell'ordinamento�gene-
rale�(75).�

zione�estesa�al�merito.�Quindi�la�giurisdizione�di�merito�non�esisterebbe�piu��:�a�tale�risultato�la�giu-
risprudenza�amministrativa�potrebbe�pervenire�in�via�ermeneutica,�grazie�ad�unattenta�e�non�
miope�lettura�della�legge�n.�241�.�

(74)�S. 
Pugliatti,�voce�Abrogazione 
(Teoria 
generale, 
in 
Enc.dir.),�142.�
(75)�G. 
Vacirca,�Riflessioni, 
...op. 
cit.,�1604.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�sindacato�sull'opportunita�dell'atto�potrebbe�determinare�l'ammini-
strativizzazione�della�giustizia�e�la�giurisdizionalizzazione�dell'amministra-
zione,�con�il�rischio�di�sottrarla�all'indirizzo�politico�amministrativo�che�la�
costituzione�stessa�le�conferisce�(76).�

In�particolare,�posizione�determinante�assumerebbe�l'art.�95�della�Cost.,�
che�attribuisce�solo�ed�esclusivamente�all'amministrazione�il�potere�di�indi-
rizzo�politico�e�amministrativo:��Il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri�
dirige�la�politica�generale�del�Governo�e�ne�e�responsabile.�Mantiene�l'unita�
di�indirizzo�politico�ed�amministrativo,�promuovendo�e�coordinando�l'attivita�
dei�ministri�.�

Precipitato�logico�di�tale�norma�e�costituito�dalla�legge�24�dicembre�
1925,�recante�norme�sulle�attribuzioni�e�prerogative�del�Capo�del�Governo,�
e�dalla�piu�recente�disciplina�dell'attivita�di�governo�e�ordinamento�della�Pre-
sidenza�del�Consiglio�(art.�5�legge�1988,�n.�400).�

L'art.�95�Cost.,�peraltro,�e�ispirato�ad�una�concezione�dell'amministra-
zione�che,�ben�lungi�da�rispecchiare�il�modello�ideale�dello�stato�liberale�puro�
di�mera�esecutrice�delle�leggi,�si�caratterizza�come�una�forza��largamente�
autonoma�nel�complessivo�sistema�istituzionale��(77)�

Ne�consegue�l'impossibilita�,�pena�l'incostituzionalita�,�di�eventuali�inter-
venti�legislativi�volti�ad�eliminare�totalmente�gli�spazi�di�discrezionalita�del-
l'amministrazione.�

Lo�stesso�vale,�naturalmente,�anche�per�le�interpretazioni�estensive�che�
al�riguardo�vengono�fornite�dei�dati�normativi,�non�da�ultimo�dell'art.�1�della�
legge�n.�241�del�1990.�

L'invasione�del��nocciolo�dei�poteri�dell'esecutivo��(78),�dunque,�si�
potrebbe�configurare�non�solo�da�parte�del�giudice,�ma�anche�del�legislatore:�
eliminare�legislativamente�gli�spazi�di�discrezionalita�dell'amministrazione�
colmandoli�del�tutto�con�una�disciplina�rigidamente�vincolante�significherebe�
interferire�illegittimamente�con�quel�nucleo�incomprimibile�dei�poteri�del-
l'esecutivo�(79),�che�si�sintetizza�nei�poteri�di�indirizzo,�e�porsi�in�contrasto�
con�l'art.�95�della�costituzione�che�tali�poteri�conferisce.�

Infatti,�se��con�una�norma�generale�o�con�la�somma�di�piu�disposizioni�
particolari�la�legge�togliesse�all'amministrazione�ogni�sfera�di�discrezionalita�

(76)�Sul�punto�G. 
Vacirca,�op. 
cit.,1605�e�M. 
Nigro,�La 
giurisdizione 
amministrativa 
di 
merito,in�Foro 
it.,�1969,�V,�col.�63.�
(77)�G. 
Vacirca,�1605,�e�la�bibliografia�ivi�citata.�
(78)�G. 
Vacirca,�op. 
cit...,1606.�F.G. 
Scoca, 
A. 
Romano,�Teoria 
dell'organizzazione 
ammi-
nistrativa,in�Diritto 
amministrativo,�a�cura�di�L.�Mazzarolli,�G.�Pericu,�A.�Romano,�F.A.�Roversi�
Monaco,�F.G.�Scoca,�I,�Bologna,�1993,�411-412:�il�bilanciamento�tra�i�poteri�dello�Stato�determina�
inevitabilmente�la�consapevolezza�della�importanza�centrale�della�funzione�amministrativa.�
(79)�G.Vacirca,�op. 
cit.,�1606:��...Il�risultato�concreto�di�un�simile�metodo�imposto�all'ammi-
nistrazione�puo�anche�risultare�deludente,�quando�le�norme�imposte�all'amministrazione�siano�
troppe�ed�eccessivamente�minuziose�(e,�di�conseguenza,�difficilmente�conoscibili),�s|�da�complicare�
l'attivita�amministrativa...�.�Ritiene,�invece,�che�non�sia�ravvisabile�un��nucleo�insopprimibile�sog-
getto�alla�variabili�dell'indirizzo�politico�e�della�direttiva�politico-amministrativa�,�in�quanto�la�
discrezionalita�politica�si�colloca�al�di�fuori�del�provvedimento,�B. 
Cavallo,�op. 
cit.,333.�

DOTTRINA�973 


oppure�devolvesse,�in�modo�generale,�ad�una�autorita�giurisdizionale�il�com-
pleto�riesame�di�tutte�le�scelte�possibili,�il�potere�di�indirizzo�amministrativo�
non�avrebbe�piu�alcuno�spazio�per�essere�esercitato��(80).�

Cio�vale�anche�nei�confronti�della�possibile�invasione�del�potere�giudi-
ziario�nel�potere�legislativo:�e�significativo�che�lo�stesso�giudizio�di�Cassa-
zione�abbia�avuto,�in�origine,�piu�la�funzione�di�difendere�il�legislatore�dagli�
arbitri�del�giudice�(nomofilachia)�che�non�quella�di�assicurare�una�tutelain�
terza�istanza�delle�parti�(81).�

Si�e�ritenuto,�anche,�che�configurare�una�amministrazione�automatica�o�
automatizzata�il�cui�comportamento�sia�totalmente�prederminato�dal�pro-
gramma�legislativo�si�pone�in�contrasto�con�il�principio�del�buon�andamento.�

Esigenze,�infatti,�di�buon�governo�spingono�nella�direzione�di�una�devo-
luzione�alla�pubbliche�amministrazioni�dei�compiti�(82).�

La�remissione�di�potesta�della�legge�all'amministrazione�trova�infatti�
valide�giustificazioni�sia�in�esigenze�di�giustizia�del�caso�concreto�(es.�san-
zione�del�manufatto�abusivo�o�demolizione),�sia�per�garantire�uniformita�di�
trattamento�a�soggetti�diversi�(commissione�di�concorsi),�sia�ancora�per�
esprimere�valutazioni�di�giudizio�o�per�adeguare�la�misura�amministrativa�
alla�peculiarita�della�fattispecie�(principio�di�proporzionalita�)�(83).�

L'ordinamento,�quindi,�pur�ammettendo�deroghe�ed�eccezioni�(come�nel�
caso�del�Governo�che�emette�decreti�legge,�ecc),�tutela�e�preserva�il�principio�
della�separazione�dei�poteri,�che�non�e�da�intendersi�come�una�sterile�eserci-
tazione�teorica,�pur�costituzionalmente�sancita,�ma�come�un�cardine�fonda-
mentale�del�sistema�cui�dare�pratica�attuazione�che�trova�la�propria�ratio�
del�controllo�reciproco�di�organizzazione�e�nell'esigenza�che�non�vengano�
concentrati�troppi�poteri�in�capo�ad�uno�di�essi�(84).�

Al�riguardo�sono�sempre�illuminanti�le�parole�di�M.�S.�Giannini:��Vigendo�
la�medesima�norma,�cio�che�e�opportuno�con�un�indirizzo�politico�di�un�certo�
tipo�puo�divenire�inopportuno�con�un�altro�indirizzo�politico;�cio�che�e�oppor-
tuno�al�nord�puo�essere�inopportuno�al�sud;�cio�che�e�opportuno�per�una�collet-
tivita�urbana�puo�essere�inopportuno�per�una�collettivita�rurale.�Questo�suo�
nucleo�che�e�strettamente�politico,�ed�e�quindi�soggetto�alla�variabili�dell'indi-
rizzo�politico�e�della�direttiva�politico-amministrativa��(85).�

(80)�G. 
Vacirca,�op.�cit.,�1606.�G. 
Corso,�Lattivita�amministrativa,�Torino,�1999,�126.�
(81)�Sul�punto�G. 
Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,1580;�P. 
Calamandrei, 
Furno,�voce�Cassaz
ione�civile,in�Nss.D.I.,�vol.�II,�Torino,�1061.�
(82)�G. 
Corso,�Lattivita�amministrativa,�Torino,�1999,�126.�
(83)�G. 
Corso,�op.�cit.,�127�ss.�
(84)�La�forma�attuale�in�cui�si�sostanzia�il�diritto�amministrativo�deriva�dal�confluire�delle�
tre�maggiori�esperienze�politico�giuridiche�europee�dell'epoca�(inglese,�francese,�austriaca)�e�da�
vita�ad�una�esperienza�nuova,�fondata�sul�concetto�dell'autorita�dello�Stato�e�che�sintetizza�dal�
principio�costituzionale�inglese�la�necessaria�separazione�dei�poteri,�generalmente�attribuita�a�
Montesquieu,�ma�di�piu�remota�origine,�v.�M.S. 
Giannini,�Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,�
28-29�e�A.M. 
Sandulli,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Napoli,�1989,�8.�
(85)�M.S. 
Giannini,�Diritto�amministrativo,�637,�1970.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Le�conclusioni�che�possono�trarsi,�dunque,�da�un'attenta�disamina�dei�
principi�costituzionali�inducono�a�ritenere�che�una�giurisdizione�sull'opportu-
nita�dell'attivita�amministrativa�non�sia�possibile�nel�vigente�ordinamento�
italiano,�ne�il�sistema�di�giustizia�amministrativa�prevede�una�giurisdizione�
sull'opportunita�degli�atti�amministrativi,�conformemente�ai�principi�costitu-
zionali�(86).�

Cio�non�significa�che�il�sistema�non�garantisca�adeguatamente�le�posi-
zioni�dei�privati,�anzi:�non�consentire�al�giudice�un�completo�riesame�della�
ponderazione�comparativa�degli�interessi�attribuita�all'amministrazione,�
garantisce�l'osservanza�dell'art.�107�cost.,�che�qualifica�il�giudice�inamovibile.�

L'interferenzaconlesceltepolitichedellaP.A.�comprometterebbel'impar-
zialita�del�giudice�e�il�prestigio�della�giustizia,�determinate�dalla�difficolta�di�
evitare�l'influenza�delle�convinzioni�personali�del�giudice�sulle�decisioni�fondate�
su�ragioni�di�opportunita�(87).�

Il�cittadino�non�sarebbe�tutelato�di�fronte�a�poteri�del�giudice�cui�non�
corrisponde�alcuna�responsabilita�,ne�ne�trarrebbe�giovamento�il�buon�anda-
mento�dell'attivita�amministrativa.�

Non�si�comprende,�infatti,�quali�maggiori�garanzie�potrebbero�derivare�
da�una�indebita�quanto�atipica�sostituzione�di�una�determinazione�discrezio-
nale�della�pubblica�amministrazione,�che�almeno�e�sottoposta�ad�una�verifica�
di�coerenza�e�di�razionalita�da�parte�del�giudice�con�un'altra�determinazione�
del�giudice�sottratta�ad�ogni�sindacato,�oltrettuto�non�tempestiva�come�la�
prima.�

Significherebbe�stravolgere�l'assetto�costituzionale�della�separazione�dei�
poteri,�conferendo�al�potere�giudiziario�una�prevalenza�su�quello�esecutivo.�
Cos|�come�una�lettura�eccessivamente�estensiva�delle�norme�attribui-
rebbe�sempre�al�giudice�una�indebita�prevalenza�sul�potere�legislativo,�

facendo 
dire 
cose 
che 
il 
legislatore 
non 
ha 
mai 
detto. 


Peraltro,�come�esattamente�e�stato�osservato,�esistono�nell'ordinamento�
vari�strumenti�rimediali�nei�confronti�del�vizio�di�merito�o�di�opportunita�
dell'atto�amministrativo,�come�i�ricorsi�amministrativi�o�gli�interventiin�
autotutela�dell'amministrazione�mediante�la�revoca�(88),�tali�da�non�far�pas-
sare�certo�in�secondo�piano�il�giudizio�sull'opportunita�dell'atto�rispetto�a�
quello�di�legittimita�operato�dal�giudice.�

Orbene,�a�maggior�ragione,�alla�luce�di�un�sistema�che�si�puo�definire�
come�vicino�alla�completezza,�non�si�giustificano�i�tentativi�di�attribuire�al�
giudice�un�potere�generalizzato�di�sindacato�sul�merito:�sia�perche�,da�un�
lato,�non�mancano�gli�strumenti�di�tutela�per�il�cittadino,�sia�perche�dall'al-
tro,�si�solleverebbero�insanabili�contrasti�con�i�precetti�costituzionali�ed�inso-
lubili�problemi�di�compatibilita�costituzionale�con�il�principio�della�separa-
zione�dei�poteri.�

(86)�G. 
Vacirca,�op. 
cit.,�1606.�
(87)�Cos|�G. 
Vacirca,�op. 
cit.,1604;�Nigro,�La 
giurisdizione 
...op. 
cit.,in�Foro 
it.,�1969,�V,�
col.�63.�
(88)�B. 
Cavallo,�op. 
cit.,�329.�

DOTTRINA�975 


13. 
^La 
singolare 
ed 
incisiva 
tutela 
del 
privato 
rispetto 
a 
quella 
degli 
altri 
ordinamenti 
europei: 
ampiezza 
del 
sindacato 
del 
giudice 
amministrativo 


e 
cognizione 
del 
giudice 
ordinario 
dei 
diritti 
soggettivi 
nei 
confronti 


della 
P.A. 


Quello�che�si�auspica�e�lo�studio�di�un�diritto�amministrativo�piu�attento�
al�funzionamento�reale�dell'amministrazione.�

E,�nello�stesso�tempo,�uno�studio�che,�realisticamente�e�scevro�da�parti-
colarismi�corporativi,�sottolinei�con�accentuazione�maggiore�la�pregnante�
tutela�che�il�nostro�ordinamento�appresta�nei�confronti�del�cittadino.�

Non�deve�sfuggire�che�l'assimilazione�sostanziale�dei�diritti�dei�soggetti�
privati�verso�l'amministrazione�a�quella�dei�diritti�che�essi�hanno�nei�loro�
rapporti�reciproci,�determina�che�la�tutela�giurisdizionale�sia�affidataal�
medesimo�giudice:�l'uguaglianza�di�tutela�giurisdizionale�completa�l'omoge-
neita�sostanziale�(89).�

L'ordinamento�italiano�giunge�a�tutelare�sul�piano�sostanziale�interessi�
individuali,�come�diritti�soggettivi�pieni,�anche�rispetto�all'amministrazione�
come�soggetto�di�diritto�pubblico,�nonche�nei�confronti�dei�suoi�provvedi-
menti:�e�questo�gia�a�partire�dalla�meta�dell'ottocento,�quando�ancora�negli�
ordinamenti�continentali,�in�particolare�di�Francia�e�Germania�prussiana,�
tale�ipotesi�era�inconcepibile.�

Com'e�noto,�il�sistema�delle�tutele�e�stato�poi�completato�nel�1889�con�la�
istituzione�della�quarta�sezione�del�Consiglio�di�Stato,�che�aggiungeva�al�con-
trollo�del�giudice�ordinario�dell'osservanza�delle�norme�sui�confini�esterni�
dell'autonomia�dell'amministrazione,�il�sindacato�sui�provvedimenti�ammini-
strativi�e�sugli�eventuali�vizi�di�legittimita�.�

Ne�consegue�che��tale�nostro�vero�giudice�amministrativo,�sutali�provvedi-
menti,�puo�svolgere�un�sindacato�di�una�ampiezza�e�di�una�penetrazione�irrag-
giugibili�dai�sistemi,�come�quelli�anglosassoni,�i�quali�...conoscono,�nei�con-
fronti�dell'amministrazione,�la�sola�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�E�un�sin-
dacato�di�ampiezza�altrettanto�comparabile�ai�sistemi�come�quello�francese�o�
tedesco...In�tal�modo�il�nostro�ordinamento�ha�raggiunto�il�risultato�positivo,�
di�conservare�ai�diritti�individuali�una�rilevanza�concettuale�superiore�a�quella�
che�essi�hanno,�nei�sistemi�nei�quali�nei�confronti�dell'amministrazione�e�dei�suoi�
provvedimenti�ha�giurisdizione�il�solo�giudice�amministrativo;�e�comparabile�a�
quella�che�i�medesimi�hanno,�nei�sistemi�nei�quali�nei�confronti�dell'amministra-
zione�e�dei�suoi�provvedimenti�ha�giurisdizione�il�solo�giudice�ordinario�(90).�

Occorre�sottolineare�che,�proprio�per�questi�motivi,�e�opportuno�mante-
nere�un'approccio�equilibrato�al�fine�di�non�rendere�sbilanciato�a�favore�del�
privato�il�rapporto�con�l'amministrazione.�

Infatti,�in�materia�risarcitoria,�e�opportuno�evidenziare�che�i�principi�
sottesi�al�concetto�di�invalidita�e�annullabilita�degli�atti�giuridici�sono�diversi�

(89)�Sul�punto�A. 
Romano,�Introduzione, 
in 
Diritto 
amministrativo,�a�cura�di�L.�Mazzarollo,�
G.�Pericu,�A.�Romano,�F.A.�Roversi�Monaco,�F.G.�Scoca,�I,�Bologna,�1993,�69-70.�
(90)�A. 
Romano,�Introduzione, 
op. 
cit.,71.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

ed�autonomi�rispetto�a�quelli�che�regolano�i�fatti�illeciti:��nessuna�sovrappo-
sizione�e�possibile�fra�il�concetto�di�illegittimita��,�riferito�all'atto,�e�quello�di�
illiceita��,�riferito�alla�condotta�che�e�eventualmente�alla�base�della�formazione�
dell'atto��(91).�

Ai�fini�della�responsabilita��,�ad�esempio,�non�e�sufficiente�la�pronuncia�di�
illegittimita��del�provvedimento,�ma�e�necessario�accertare�la�violazione�di�
una�delle�regole�di�imparzialita�,�correttezza�e�buona�amministrazione.�

La�generalizzazione�della�tutela�aquiliana,�infatti,�non�puo��trasformare�
�il�privilegio�tradizionale�in�privilegio�odioso,�costruendo�una�responsabilita��
dell'Amministrazione�per�comportamenti�(soprattutto�omissivi)�che�non�
sarebbero�neppure�configurabili�nei�rapporti�tra�privati,�perche�attinenti�alla�
loro�sfera�interna...�L'orientamento�che�limita�la�rilevanza�di�taluni�vizi�di�
legittimita��del�provvedimento�trova�riscontro�nella�giurispruenza�comunita-
ria,�la�quale,�in�presenza�di�ampi�poteri�discrezionali,�limita�la�responsabilita��
delle�istituzioni�comunitarie�al�caso�di�violazione�manifesta�e�grave�di�una�
norma�preordinata�a�garantire�dei�diritti�ai�singoli.�Vero�e�che�l'orientamento�
comunitario�non�e�fondato�sui�presupposti�della�colpa,�ma�cio��che�occorre�
rilevare�e��che�un'indiscriminata�dilatazione�della�responsabilita��della�
pubblica�amministrazione�farebbe�passare�il�sistema�italiano�da�un�eccesso�
all'altro�rispetto�ai�parametri�comunitari��(92).�

Con�la�legge�sul�Consiglio�di�Stato�del�1889�si�assume�come�punto�di�
riferimento�proprio�l'atto�amministrativo�e�si�ammette�la�tutela�anche�degli�
interessi,�ossia�delle�posizioni�che�attendono�soddisfazione�da�parte�dell'am-
ministrazione.�

La�tutela�viene,�cos|�,�accordata�non�nei�confronti�dell'amministrazione�e�
dei�suoi�soggetti,�ma�nei�confronti�dei�suoi�atti.�

Si�e�riusciti,�cos|�,�nell'intento�di�evitare�la�scelta�di�soluzioni�estreme�cui�
il�conflitto�tra�diritto�ed�autorita��poteva�portare,�secondo�la�tradizione�roma-
nistica:�soggezione�totale�dell'autorita��al�diritto�e�al�giudice�o�con�la�esclu-
sione�completa�da�essi.�

Si�e�trovata�una�soluzione�che,�senza�bloccare�la�pubblica�amministra-
zione�colpendo�i�soggetti,�mira�a�rimuovere�gli�atti�illegittimi�e�a�correggerla�
senza�paralizzarla�(93).�

In�tale�maniera��l'autorita��...viene...�a�convivere�con�il�diritto...�e�si�puo��
parlare�di�atti�amministativi�autoritari�e�paritetici,�come�di�fenomeni�ontolo-
gicamente�diversi,�pur�facendo�capo�allo�stesso�soggetto��(94).�

Lo�scontro�tra�autorita��e�liberta��,�nella�sua�fase�patologica,�si�sostanzia�
nelle�controversie�processuali�tra�Amministrazione�e�privato�(95).�

(91)�G. 
Vacirca,�Appuntisulrisarcimento�deldanno�nellagiurisdizioneamministrativa�dilegit-
timita�,in�Giust.�Civ.,�2001,�356.�
(92)�G. 
Vacirca,�Appunti�sul�risarcimento...op.�cit.,in�Giust. 
Civ.,�2001,�358.�
(93)�G. 
Vacirca,�Note�sull'evoluzione�della�giurisprudenza�in�materia�di�silenzio�della�Pubblica�
Amministrazione,in�Foro�Amm.,�1989,�440.�
(94)�F. 
Satta,�op.�cit.,5.�
(95)�R. 
e�D. 
Galli,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Padova,�730.�

DOTTRINA�977 


14.�^Processo�amministrativo�e�civile�a�confronto:�le�nuove�tesi�volte�a�concen-
trare�in�un�unico�giudice�(quello�ordinario)�la�tutela�giurisdizionale�nei�

confronti�dell'amministrazione.�

La�differente�visuale,�tuttavia,�con�cui�i�due�giudici�operano�il�sidacato�nei�
confronti�dell'amministrazione,�con�una�maggiore�attenzione�per�l'aspetto�fun-
zionale�del�perseguimento�dell'interesse�pubblico�il�giudice�amministrativo�e�
con�un�approccio�tendente�a�valorizzare�le�norme�che�proteggono�i�diritti�indivi-
duali�il�giudice�ordinario,�dovrebbe�condurre�a�una�attenta�ponderazione�anche�
delleistanzedottrinali�(96)volteaconcentrareinununicogiudice(quelloordi-
nario)�la�tutela�giurisdizionale�nei�confronti�dell'amministrazione.�

Soprattutto�ora�che�la�tendenza�e�quella�di�valorizzare�un�riparto�delle�
competenze�per�materia�e�ad�attribuire�particolare�pregnanza�alla�giurisdi-
zione�esclusiva�del�giudice�amministrativo�e�che�la�legge�21�luglio�2000,�

n.�205,�recante�disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa,�rappre-
senta,�dopo�la�legge�n.�1034/1971,�istitutiva�dei�T.A.R.,�che�aveva�reso�opera-
tivo�l'art.�125.�Cost.,�il�primo�tentativo�di�disciplinare�in�maniera�organica�
la�disciplina�del�processo�amministrativo.�
Il�comune�denominatore�della�riforma�si�rinviene,�infatti,�nell'esigenzadi�
accelerazione�del�processo,�che�si�sostanzia�nella�individuazione�di�istituti�di�
semplificazione�processuale�e�in�corsie�acceleratorie�(97).�

Il�nuovo�processo�cautelare�contempla,�inoltre,�la�possibilita�di�inter-
vento,�anche�immediato,�del�giudice�con�misure�cautelari�provvisorie,�deter-
minando�un�ampliamento�di�tipologia�delle�misure�di�urgenza�(98):�relativa-
mente�alla�genesi,�l'art.�3�parte�dal�presupposto�della�generale�applicabilita�
al�processo�cautelare�amministrativo�del�modello�di�cui�agli�artt.�669,�bis�e�
ss.�c.p.c.�e�669�quaterdecies�c.p.c.,�riguardanti�i�processi�cautelari�in�generale.�

I�procedimenti�cautelari�sono�regolati,�infatti,�dal�codice�tra�i�procedi-
menti�sommari:�la�loro�funzione�e�la�conservazione�o�tutela�di�situazioni�
giuridiche,�assicurando�la�cd.�res�adhuc�integra.�

Tuttavia,�anche�i�modelli�degli�ordinamenti�stranieri,�spesso�citati�solo�
per�valorizzare�gli�aspetti�che�riguardano�gli�interessi�dei�privati,�confer-
mano,�invece,�la�stessa�visione�e�la�stessa�esigenza�di�garantire�e�preservare�
la�particolarita�dell'azione�amministrativa�finalizzata�al�perseguimento�del-
l'interesse�pubblico.�

L'arre�t�Blanco�del�Tribunal�des�Conflits�del�1873,�cui�si�e�uniformata�tutta�
la�giurisprudenza�successiva,�ha�stabilito�che�la�responsabilita�dell'Ammini-

(96)�L. 
Querzola,�L'atteso�responso�del1a�Consulta:�lascino�ogni�speranza�i�sostenitori�della�
tutela�cautelare�amministrativa��ante�causam�?,in�Riv.�dir.�proc.�civ.,�2002,�1444.�
(97)�Cfr.�per�un�rapido�excursus�F. 
PatronI 
Griffi,�Istituti�di�semplificazione�nel�nuovo�pro-
cesso�amministrativo,�in�www.diritto.it�
(98)�Una�di�queste�novita�e�rappresentata�dal�decreto�monocratico�inaudita�altera�parte�
emesso�dal�Presidente�del�T.A.R.�o�dai�Presidenti�di�Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�su�istanza�
della�parte�ricorrente.�Sulle�perplessita�circa�la�configurazione�di�una�nuova�fase�cautelare�antici-
pata�che�reca�un�arretramento�ingiusto�ed�eccessivo�della�soglia�di�tutelabilita�delle�pretese�del�
ricorrente,�cfr.�I�cap.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

strazione�non�ha�una�regola�generale�e�assoluta,�ma�regole�speciali�che�
variano�in�base�ai�bisogni�dei�servizi�e�la�necessita��di�conciliare�i�diritti�dello�
Stato�con�i�diritti�privati�(99).�

Sara��pure�fisiologico�il�travaso�di�istituti�del�processo�comune�nell'am-
bito�della�giustizia�amministrativa,�ma�resta�il�dato�inconfutabile�della�diffe-
renza�del�processo�amministrativo,�soprattutto�laddove�prevede�una�delle�
due�parti�come�pubblica�e,�in�ogni�caso,�si�deve�trattare�di�un��travaso��che�
rispetti�i�diritti�della�P.A.�e�non�la�penalizzi.�

E�,�invece,�opportuno,�evidenziare�e�valorizzare�la�specialita��del�diritto�
amministrativo:�non�come�estraneita��all'ordinamento�come�alcuni�vorrebbero�
far�credere,�ma�come�riconducibilita��a�regole�in�parte�diverse�da�quelle�del�
diritto�privato,�proprio�in�ragione�della�sua�peculiarita��,�e�questo�anche�se�le�
parole�d'ordine�delle�piu��recenti�riforme�legislative�sono�improntate�ai�prin-
cipi�di�negoziabilita��,�compartecipazione�del�potere,�effettivita��della�tutela�giu-
risdizionale.�

Non�e��un�caso�che�l'aggettivo�pubblico,�scoperto�dalla�Francia�e�sintetiz-
zato�attraverso�le�esperienze�rivoluzionarie�del�settecento�dalla�giurispru-
denza�del�Conseil�d'Etat,�sia�stato�utilizzato�in�tutta�l'Europa�continentale�
per�definire�la�contrapposizione�tra�potere�e�diritto.�

E�non�e��un�caso�che�alcuni�istituti�del�processo�amministrativo,�come�il�
rito�del�silenzio�cos|��come�disciplinato�dalla�legge�205�del�2000,�offrano�ai�
processualcivilsti�un�modello�interessante�(100).�

�Il�processo�amministrativo,�invece,�aderisce,�per�cos|��dire,�in�una�logica�
di�common�law:�la�mancanza�quasi�assoluta�di�regole�minuziose�non�voleva�
assicurare�ingiusti�privilegi�alla�P.A.,�ma�solo�evitava�di�ingabbiare�il�giudice�
in�modelli�predefiniti,�cos|��consentendo�la�massima�vis�espansiva�ai�suoi�
poteri�finalizzati�a�garantire�la�giustizia�nell'Amministrazione�ed�il�riconosci-
mento�delle�posizioni�giuridiche�dei�singoli�eventualmente�pretermessi��(101).�

(99)�T.C.�8�fe�vr.�1873,�Blanco,�in�M.�Long,�P.�Weil,�G.�Braibant,�P.�Delvolve�,�B.�Gene-
vois,�Lesgrandarre�ts�delajurisprudenceadministrative,�ed.�Sirey�1993,�1:��...Que�cette�reponsabi-
lite�n'estnige�ne�rale,�niabsolue;�qu'elleasesre�glesspe�cialesquivarientsuivantlesbesoinsduservice�
et�la�ne�cessite�de�concilier�les�droits�de�l'E�tat�avec�les�droitsprive�s...�.�
(100)�Nella�letteratura�processualcivilistica�(L.�Querzola,�L'atteso�responso�del1a�Consulta:�
lascino�ogni�speranza�i�sostenitori�della�tutela�cautelare�amministrativa��ante�causam�?,in�Riv.�dir.�
proc.�civ.,�2002,�1444)�ci�si�duole�del�fatto�che�il�confronto�tra�processo�amministrativo�e�civile�
sia�destinato�a�protrarsi�nel�tempo,�cfr.�per�uno�sviluppo�della�tematica�M.V.�Lumetti,�Il�decreto�
inaudita�altera�parte�e�il�diritto�di�difesa�dellamministrazione,in�www.giustamm.it�ein�Rass.�Avv.�
St.,�n.�1/2004�in�corso�di�pubblicazione.�Anche�la�letteratura�giuridica�d'oltralpe�sul�punto�e��ricca�
di�studi�sul�punto,�cfr.�F.�Melleray,�L'exorbitance�du�droit�administratifen�question(s),in�AJDA,�
n.�37�del�3�novembre�2003,�1963�e�J-B.�Auby,�La�bataille�de�san�Romano,�re�flexions�sur�les�e�volu-
tions�re�centes�du�droit�administratif,in�AJDA,�n.�1,�1.�novembre�2001,�925.�
(101)�A.�Monaciliuni,�Il�procedimento�monitorio�e�dintorni�nel�processo�amministrativo,in�
Giust.�it.,10.�

DOTTRINA�979 


Non�ci�sono�i�presupposti�affinche�il�processo�amministrativo�venga�
legittimamente�annichilito�e�ricompreso�nel�grande�ambito�del�processo�
civile,�a�meno�che�non�si�voglia�cambiare�l'attuale�assetto�dell'ordinamento�
nonche�di�quello�costituzionale.�

E�vero�che�esistono�ordinamenti�giuridici�che�realizzano�una�giurisdi-
zione�unica,�concentrando�la�funzione�giurisdizionale�globalmente�intesa�in�
un�unico�ordine,�inteso�come�complesso�di�uffici�tra�loro�collegati�e�retto�da�
un�sistema�organizzativo�unitario�(102).�

Tali�ordinamenti�sottopongono�al�sindacato�di�un�unico�giudice�non�
solo�l'attivita�dei�privati,�ma�anche�l'attivita�amministrativa.�

La�costituzione�italiana,�invece,�ripartisce�la�funzione�giurisdizionale�in�
piu�ordini�tra�loro�distinti:�il�sistema�della�giurisdizione�ordinaria,�civile�e�
penale,�(art.�102,�comma�1�in�relazione�agli�artt.�106,�107�e�108�Cost.)�e�il�
sistema�delle�giurisdizioni�speciali,�che�si�occupano�di�particolari�controver-
sie�tra�le�quali�quelle�amministrative�(art.�102,�comma�2)�(103).�

Ne�consegue�che,�come�avviene�in�quasi�tutti�i�Paesi�d'Europa�e�in�America�
latina,nelnostro�sistemavigeilprincipiopercuilecausechehannoadoggetto�
un�diritto�soggettivo�del�cittadino�spettano�alla�giurisdizione�ordinaria�in�virtu�
dell'art.�2�della�legge�20�marzo�1865,�allegato�E,�mentre�ai�T.A.R.�e�Consiglio�
di�Stato�spetta�provvedere�alla�tutela�degli�interessi�legittimi.�

Pertanto,�anche�l'unificazione�della�giurisdizione,�seppure�limitata�a�
quella�tra�processo�civile�e�amministrativo,�si�configurerebbe�non�in�linea�
con�i�dettami�della�Costituzione.�

15. 
^La 
privatizzazione 
del 
pubblico 
impiego 
e 
l'unificazione 
del 
processo 
del 
lavoro: 
conquista 
ofallimento? 


Ne�e�riprova�quanto�sta�accadendo�nel�processo�del�lavoro�a�seguito�
della�privatizzazione�del�rapporto�di�lavoro�presso�le�amministrazioni.�

Com'e�noto,�nel�perseguimento�degli�obiettivi�di�efficienza�e�flessibilita�del-
l'amministrazione�il�D.l.g.�n.�29�del�1993�ha�privatizzato�il�rapporto�tra�datore�
di�lavoro�pubblico�e�dipendente:�entrambi�sono�divenuti�titolari�di�diritti�e�
doveri�inerenti�a�posizioni�contrattuali�di�pari�grado,�in�quanto�tale�rapporto�
sarebbedaintendersiinterminipariteticienonpiu�autoritativi�(104).�

(102)�E�questo�il�sistema�caratteristico�dei�paesi�anglosassoni�(Inghilterra�e�Stati�Uniti�
d'America)�seguito�anche�in�altri�Paesi,�come�Norvegia,�Israele,�Romania�e�Bulgaria.�
(103)�Sull'analisi�tra�il�processo�civile�e�penale�V. 
P. 
Gianniti,�Processo 
civile 
e 
penale 
a 
con-
fronto,�Padova,�2003,�2ss.:��La�giurisdizione�e�indubbiamente�un�concetto�unitario�nei�vari�rami�
del�diritto�processuale�(civile,�penale�e�amministrativo),�in�quanto�essa�consiste�sostanzialmente�
nelle�risoluzione�di�un�conflitto�di�interessi,�compiuta�da�un�terzo�imparziale,�quale�e�appunto�il�
giudice;�e�rappresenta�sempre�una�funzione�di�garanzia,�diretta�ad�accertare�una�determinata�
situazione�giuridica�in�modo�definitivo�e�obbligatorio.�Ma�se�unitario�e�il�concetto�di�giurisdi-
zione,�indubbia�e�la�diversita�di�funzioni�che�distingue�la�giurisdizione�civile�(e�ancora�di�piu�la�
giurisdizione�amministrativa)�dalla�giurisdizione�penale�e�che�determina�una�profonda�diversita�
di�disciplina�dei�relativi�processi�.�
(104)�M. 
Rossetti,�Pubblico 
impiego 
e 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario: 
il 
regime 
transitorio,�
in�Il 
lavoro 
nella 
giurisprudenza,�2001,�623.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

A�distanza�di�qualche�anno�sono�stati�varati�i�dd.lgs.�n.�396/1997,�387/�
1998�e�80/1998,�che�hanno�dato�luogo�alla�c.d.�seconda�privatizzazione.�

L'acquisizione�della�fondamentale�risorsa�che�e�,�per�qualsiasi�organizza-
zione,�la�forza�lavoro,�viene�ricondotta�nell'ambito�del�diritto�privato�e�del�
potere�contrattuale�e�viene�sottratto�alla�regolamentazione�pubblicistica�
tramite�atti�amministrativi�(nomina,�atto�costitutivo�del�rapporto,�gestione�
del�rapporto,�promozioni,�trasferimenti,�collocamento�in�aspettativa�o�in�
posizione�di�comando,�collocamento�a�riposo�per�limiti�di�eta�,�destituzione�
disciplinare,�dispensa�per�scarso�rendimento).�

Il�comma�1�dell'art.�2�prevede�che�le�amministrazioni�adottino�atti�
amministrativi�di�organizzazione�in�base�ai�principi�stabiliti�dalle�leggi,�in�
quanto�in�capo�ad�esse�permane�il�potere�organizzativo�fondamentale,�in�
virtu�dell'art.�97�cost.�di�regolamentazione�transitoria�da�parte�d.lgs.�
31�marzo�1998,�n.�80,�per�quanto�attiene�al�riparto�di�giurisdizione.�

In�particolare,�l'art.�45,�comma�17,�del�d.lgs.�n.�80�del�1998,�disciplina�la�
devoluzione�della�materia�di�cui�trattasi�al�giudice�ordinario,�competente�in�
forza�dell'avvenuta�privatizzazione�del�pubblico�impiego,�od�a�quella�ammi-
nistrativa,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�assumendosi�quale�criterio�di�
discrimine�il�riferimento�temporale�del�30�giugno�1998.�

Le�questioni�relative�al�rapporto�di�pubblico�impiego�riferite�al�periodo�
anteriore�a�tale�data�sono�invece�devolute�expressis 
verbis 
alla�giurisdizione�
esclusiva�del�giudice�amministrativo�(105).�

Il�rapporto�di�lavoro�nell'ambito�della�pubblica�amministrazione,�soprat-
tutto�a�seguito�della�privatizzazione�operata�con�il�d.lgs.�3�febbraio�1993,�

n.�29�e�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�ed�a�meno�che�a�tale�intervenuta�privatiz-
zazione�non�si�desideri�sottrarre�ogni�significato,�dovrebbe�delinearsi�come�
un�rapporto�a�prestazioni�corrispettive.�
(105)�Sin�dalla�prima�fase�di�applicazione�del�d.lgs.�n.�80�del�1998�i�giudici�ordinari�hanno�
affermato�il�proprio�difetto�di�giurisdizione�adottando�alternativamente,�ai�fini�dell'individuazione�
del�periodo�di�riferimento�al�rapporto�di�pubblico�impiego:�i�criteri�della�data�di�pubblicazione�
del�bando�di�concorso�(Pret.�Ancona,�ord.�27�luglio�1998);�del�momento�dell'adozione�dell'atto�
lesivo�(Pret.�Roma,�ord.,�22�settembre�1998);�del�periodo�lavorativo�di�cui�si�controverte�(Pret.�
Catanzaro,�ord.,�27�agosto�1998);�del�momento�costitutivo�del�diritto�azionato�(Pret.�Cosenza,�
ord.,�18�settembre�1998)�ovvero�della�situazione�storico-fattuale�alla�base�della�rivendicazione�giu-
diziale�(Trib.�Roma,�ord.,�15�aprile�1999).�Allo�stesso�modo,�la�Suprema�Corte�(Cass.,�sez.�un.,�
26�agosto�1998,�n.�8451)�ha�accolto�il�criterio�della�attinenza�della�controversia�ad�una�fase�del�
rapporto�svoltasi�anteriormente�alla�data�del�30�giugno�1998.�In�tempi�ancora�piu�recenti,ilgiu-
dice�di�legittimita�si�e�pronunciato�nel�senso�della�attribuzione�al�giudice�ordinario�di�tutte�le�que-
stioni�aderenti�i�rapporti�di�lavoro�dei�dipendenti�dello�Stato�attinenti�al�periodo�di�rapporto�suc-
cessivo�alla�stessa�data,�restando�al�contrario�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�
amministrativo�le�questioni�anteriori�al�30�giugno�1998�(cos|�Cass.,�30�dicembre�1999,�n.�947;�
Cass.,�sez.�un.,�5�febbraio�1999,�n.�35).�Inoltre�l'art.�35,�d.lgs.�n.�80/1998,�con�riferimento�alle�
materie�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,�sancisce�che�questi�cono-
sce�in�tale�sede�per�quanto�transitoriamente�ancora�ad�esso�attribuito,�del��risarcimento�del�danno�
ingiusto�.�

DOTTRINA�981 


Rimangono�nell'ambito�della�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�il�perso-
nale�appartenente�ad�amministrazioni�che�esercitano�poteri�spiccatamente�
autoritativi,�come�la�polizia,�la�difesa,�la�magistratura,�il�corpo�diplomatico.�

Il�restante�personale�e�ora,�invece,�regolato�dai�contratti�collettivi,�dal�
codice�civile,�dalle�leggi�sul�lavoro,�dai�contratti�individuali�di�lavoro:�il�rap-
porto�di�lavoro�viene�creato�da�un�contratto�e�gli�atti�di�gestione�del�rapporto�
costituiscono�espressione�del�datore�di�lavoro�che,�tuttavia,�mantiene�la�parti-
colarita�pregnante�di�essere�una�pubblica�amministrazione.�

Sussitono�controversie�circa�la�natura�da�attribuire�agli�atti�gestionali:�in�
particolare,�si�discute�se�gli�atti�di�conferimento�e�di�revoca�di�incarichi�attri-
butivi�di�nuove�mansioni�o�funzioni,�e�gli�atti�di�mobilita�del�personale,�rien-
trino�ancora�nella�giurisdizione�amministrativa,�a�causa�della�natura�giuri-
dica�che�li�pone�a�meta�strada�tra�l'organizzazione�degli�uffici�pubblici�e�la�
gestione�del�personale�(106).

E�bene�precisare�che�il�ricorso�allo�strumento�privatistico�o�allo�
strumento�pubblicistico�da�parte�della�P.A.�dipende�anche�dalle�circostanze,�
dal�clima�culturale,�dalle�tendenze�prevalenti�nell'ordinamento.�

Per�quanto�riguarda�i�riflessi�sul�contenzioso,�si�e�sostenuto�che�sotto�il�
profilo�qualitativo�il�giudice�del�lavoro�abbia�fornito�una�cattiva�prova,�tute-
lando�l'imparzialita�meno�di�quanto�facesse�il�giudice�amministrativo,�senza�
dare�grandi�contributi�alla�soluzione�dei�conflitti�in�vista�del�buon�anda-
mento�delle�amministrazioni�(107).�

Infatti,�se�gia�da�tempo�si�registrava�la�tendenza�ad�imprimere�alla�
materia�del�pubblico�impiego�caratteristiche�sempre�piu�privatistiche,�sia�a�
livello�normativo�sia�a�livello�giurisdizionale,�sarebbe�opportuno�non�perdere�
ora�di�vista�il�fine�pubblicistico�perseguito�dall'Amministrazione�e�il�principio�
del�buon�andamento�della�P.A.�(art.�97�Cost.),�di�efficienza�e�di�economicita�
(art.�1�legge�n.�241/1990)�che�essa�e�obbligata�a�preseguire.�

Lo�stretto�rapporto�che�lega�o�dovrebbe�legare�la�responsabilita�del�pub-
blico�dipendente�con�quella�del�lavoratore�privato�dovrebbe�esaltare�la�confi-
gurazione�di�una�responsabilita�contrattuale�per�inadempimento�o�inesatto�
adempimento�della�prestazione�dovuta,�con�la�diligenza�richiesta�dalla�
natura�della�prestazione�stessa�(108).�

Non�solo,�ma�dal�principio�della�parita�di�trattamento�fra�lavoro�subor-
dinato�privato�e�pubblico�impiego�e�necessario�evitare�che,��nell'interpreta-

(106)�Cons.�Stato,�Commissione�Speciale�del�pubblico�impiego,�5�febbraio�2001,�n.�471,�in�
Giust.�Amm.,2001,�6,�619;�L. 
Zoppoli,�Dieci�anni�di�riforma�del�lavoropubblico�(1993-2003),in�Il�
lavoro�nelle�pubbliche�amministrazioni,�n.�5,�2003,�764;�Mezzacapo,�Profiliproblematici�dellafles-
sibilita�nel�lavoropubblico:�il�contratto�a�tempo�determinato,in�Illavoro�nellepubbliche�amministra-
zioni�2003,�508.�
(107)�Sul�punto�G. 
Corso,�Manuale...op.�cit.,�269-270;�A.Romano,�Un�(eterodosso)�auspicio�di�
una�almeno�parziale�controriforma,in�Illavoro�nellepubblicheamministrazioni,�n.�5,�2003,�265;�S. 
Cassese,�Corriere�della�sera,�agosto�2003,�cit.�da�L. 
Zoppoli,�Dieci�anni�di�riforma�del�lavoropub-
blico�(1993-2003),in�Il�lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�764,�n.�5,�2003.�
(108)�Cos|�L. 
Schiavello,�La�nuova�conformazione�della�responsabilita�amministrativa,�
Milano,�2003,�3�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

zione�e�nell'applicazione�delle�norme�l'amministrazione�subisca�un�integrale�
riesame�delle�sue�valutazioni�in�casi�nei�quali�il�datore�di�lavoro�privato�com-
pie�scelte�del�tutto�insindacabili��(109).�

Da�tale�innegabile�natura�discende,�dunque,�la�necessita�di�eliminare�

ogni�dubbio�sulla�possibilita�che�il�posto�di�lavoro�presso�una�pubblica�
amministrazione�sia�da�considerarsi�come�quello�che�assicura�solo�vantaggi,�
a�scapito�della�produttivita�ed�efficienza.�

Il�che�significa�che,�trattandosi�di�attivita�professionale,�la�diligenza�
comprende�anche�la�perizia�e�che�tutto�il�rapporto�va�informato�alla�buona�
fede�(110).�

Si�defin|�,�illo�tempore,��discutibile��l'intepretazione�conferita�alla�giurisdi-
zione�esclusiva�in�materia�di�pubblico�impiego�come�strumento�di�garanzia�del-
l'amministrazione�nei�confronti�dei�diritti�soggettivi�dell'impiegato,�anziche�

come�mezzo�per�semplificare�e�rendere�piu�agevole�la�tutela�di�quest'ultimo�nei�
confrontidell'amministrazione�(111).�

Allo�stato�attuale�sembrerebbe,�invece,�che�i�termini�del�problema�si�
siano�ribaltati�e�sarebbe�opportuno�che�il�giudice�del�lavoro�recuperasse�(o�
facesse�propri)�i�concetti�di�fine�pubblico�ed�interesse�pubblico,�affiche�egli�
non�venga�colto�impreparato�di�fronte�alla�trattazione�di�una�per�lui�nuova�
e�delicata�materia�quale�e�quella�del�pubblico�impiego.�

E�perche�non�vengano�obliate�e�illegittimamente�pretermesse�le�diffe-
renze�strutturali�che,�anche�a�livello�di�garanzie,�contraddistinguono�il�pub-
blico�impiego,�in�modo�talora�netto,�dall'impiego�privato.�

L'unica�nota�positiva�della�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di�
pubblico�impiego�sarebbe�il�fatto�che,�con�il�trasferimento�della�cognizione�
al�giudice�ordinario�gli�organi�di�giustizia�amministrativa�sono�stati�ricon-
dotti�alla�loro�originaria�funzione�di�giudici�delle�controversie�sull'esercizio�

del�potere�delle�pubbliche�amministrazioni,�quale�era�stata�configurata�dal�
legislatore�del�1889�con�l'istituzione�della�Quarta�Sezione�del�Consigliodi�
Stato�(112).�

Gia�negli�anni�sessanta�M.�S.�Giannini,�quale�anticipatore�dei�tempi,�
scriveva,�a�proposito�della�elaborazione�dottrinale�della�nozione�di��atto�

(109)�G. 
Vacirca,�Prime�riflessioni�sul�nuovo�regime�delle�prove�nelle�controversie�in�materia�di�
pubblico�impiego,in�Foro�amm.,�1987,�1346.�
(110)�Cfr.�sul�punto�L. 
Schiavello,�La�nuova�conformazione,�op.�cit.,3�ss.�
(111)�Sulla�discussione�in�merito�cfr.�G. 
Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�edi�
merito�nelprocesso�amministrativo,in�Studiper�ilcentocinquantenario�del�Consiglio�di�Stato,Roma,�
1981,�1576.�
(112)�G. 
Vacirca,�Relazione�Tar�Toscana,�in�http://www.giustiziaamministrativa.it/�
documentazione/studi__contributi/inaugurazione__toscana__04.htm,�6:��Mi�sembra�che�non�siano�
pregnanti�le�osservazioni�circa�l'attuale�crisi�dell'azione�di�annullamento�nel�processo�amministra-
tivo�di�legittimita�,�in�quanto�la�giurisdizione�esclusiva�costituisce�solo�una�piccola�parte�del�pro-
cesso�amministrativo,�e�l'azione�di�annullamento�ne�e�tuttora�al�centro,�nonostante�i�ripetuti�tenta-
tivi�di�arricchirla�di�contenuti�e�di�scioglierla�dagli�ambiti�della�funzione�solo�eliminatoria.�Oggi,�
a�maggior�ragione�dopo�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di�pubblico�impiego,�che�ne�
ha�trasferito�al�giudice�ordinario�la�cognizione�con�la�conseguenza�di�ricondurre��gli�organi�di�
giustizia�amministrativa�alla�loro�originaria�funzione�di�giudici�delle�controversie�sull'esercizio�

DOTTRINA�983 


amministrativo�inesistente�,�che�esso��come�tipo�di�atto�dell'amministra-
zione...�sarebbe�privo�di�imperativita�,�e�quindi�ricadrebbe�interamente�sotto�
il�controllo�e�i�poteri,�per�cos|�dire�repressivi,�dal�giudice�ordinario�,�indivi-
duando�la�ratio 
di�tale�scelta�nell'esigenza�di�sottoporre�l'amministrazione�al�
controllo,�consideratopiu�repressivo,�delgiudice�ordinario(113).�

Mai�previsione�fu�piu�veritiera.�

16. 
^Conclusioni. 
Il�rischio�cui�si�va�incontro�e�costituito�da�una�indebita�ingerenza�del�
potere�giudiziario�nella�sfera�dell'esecutivo.�

Tale�indebita�ingerenza�puo�derivare�dal�giudice�amministrativo,�dal�
giudice�civile�e�dal�giudice�del�lavoro�e�puo�essere�non�poco�incoraggiata�
dalla�dottrina.�

Le�conseguenze�che�possono�determinarsi�si�concretizzerebbero�in�una�
amministrativizzazione 
della 
giustizia 
o,�il�che�e�lo�stesso,�nella�creazione�di�
una�figura�ibrida,�non�tollerata�nel�nostro�ordinamento,�che�e�quella�del�giu-
dice-amministratore. 


Forse,�amministrare�e�il�segreto�recondito�e�mai�confessato�di�alcuni�
nostri�giudici,�ma�certamente�non�costituisce�una�velleita�giuridicamente�
giustificabile.�

L'invasione�di�campo�da�parte�del�potere�giudiziario�e�ancor�meno�tolle-
rata�di�quella�del�potere�legislativo.�Il�giudice,�infatti,�proprio�come�l'ammini-
strazione,�e�sottoposto�alla�legge�e�come�tale�la�deve�rispettare:�il�principio�
di�legalita�riguarda,�infatti,�sia�il�potere�esecutivo�sia�il�potere�giudiziario.�

Il�punto�essenziale�e�di�non�esaminare�tale�vitalita�giuridica�coagulando�
iniziazioni�giuridiche�e�particolarismi,�con�il�rischio�di�valutazioni�unilaterali.�

L'universo�giuridico,�anche�se�dominato 
dall'ombra 
ingombrante 
dello 


Stato,�va�guardato�pluralisticamente,�dall'interno�del�suoi�confini.�

Se�il�vecchio�legalismo�e�in�crisi,�non�tutti�i�canali�di�impulso�che�scor-
rono�autonomi�e�che�fissano�le�proprie�regole�possono�tranquillizzare�la�linea�
storica�che�stiamo�vivendo.�

E�questo�perche�l'ordinamento�ha�come�referente�la�societa�ed�essa�si�

rispecchia�in�esso,�compresi�tutti�gli�accenni�precedenti.�

La�mitizzazione�(e�quindi�la�assolutizzazione)�di�alcune�soluzioni�
storico-giuridiche,�non�deve�rinserrarsi�in�un�testo�cartaceo,�inappagato�e�
inappagante:�lungi�dal�cogliere�il�nascere�del�diritto�da�segni�sensibili,si�
trasforma,�invece,�in�una�monotona�liturgia�precocemente�invecchiata.�

del�potere�delle�pubbliche�amministrazioni,�quale�era�stata�configurata�dal�legislatore�del�1889�con�
l'istituzione�della�Quarta�Sezione�del�Consiglio�di�Stato:�una�funzione,�che,�indipendentemente�
dalla�questione�sulla�natura�giuridica�dell'organo,�era�stata�pensata�come�un�correttivo�destinato�
ad�assicurare�giustizia�nell'amministrazione�operando�al�suo�interno�con�uno�strumento�che�sod-
disfa�l'interesse�del�privato�colpendo�l'atto�e�non�il�suo�autore,�ossia�con�la�rimozione�dell'atto�ille-
gittimo�.�

(113)�M.S. 
Giannini,�Ilprovvedimento 
amministrativo,in�Enc. 
del 
dir., 
192.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Accertamento 
della 
mancanza 
dello 
stato 
di 
insolvenza 
nel 
giudizio 
di 
opposizione 
alla 
sentenza 
dichiarativa 
di 
fallimento 


di 
Claudio 
Paris 


1. 
Premessa: 
l'oggetto 
di 
tutela 
nella 
disciplina 
delfallimento. 
Lo�stato�di�insolvenza�rappresenta�il�presupposto�oggettivo�del�falli-
mento.�Non�puo�,�invero,�aversi�dichiarazione�di�fallimento�senza�passare�
per�il�positivo�accertamento�di�tale�stato.�

Prima�di�interrogarci�sulla�migliore�definizione�che�si�puo�fornire�di�esso�(e�
sulle�modalita�del�relativo�accertamento),�e�bene�porsi�una�domanda�di�carat-
tere�pregiudiziale,�rispondendo�correttamente�alla�quale�aumentano�le�probabi-
lita�di�approdare,�nella�presente�ricerca,�a�risultati�il�piu�possibile�veritieri.�

In�altri�termini,�prima�ancora�di�analizzare�la�bonta�delle�varie�teorie�
sullo�stato�di�insolvenza,�bisogna�chiedersi�perche�ad�esso�il�legislatore�(si�
potrebbe�dire,�in�una�prospettiva�storica,�ogni�legislatore)�abbia�ritenuto�
necessario�far�seguire�automaticamente�la�conseguenza�giuridica�del�falli-
mento,�con�tutti�gli�effetti�che�vi�si�ricollegano.�In�una�parola,�accertare�
l'oggetto�di�tutela�nella�normativa�sul�fallimento,�individuandone�cos|�la�
ratio.�

Secondo�alcune�voci�dottrinali,�con�il�fallimento�si�attuerebbe�pur�sem-
pre�l'espropriazione�forzata�del�debitore,�con�l'unica�particolarita�del�suo�
carattere�universale�e�non�individuale;�una�differenza�peraltro�marginale�che�
non�ne�farebbe�smarrire�la�natura�di�rimedio�volto�all'attuazione�della�
responsabilita�del�debitore�insolvente.�

Oggetto�di�tutela,�secondo�questa�opzione,�sarebbe�dunque�la�soddisfa-
zione�delle�ragioni�dei�creditori,�ancorche�la�stessa�debba�avvenire�in�maniera�
ordinata�e�razionale,�comportando,�se�del�caso,�sacrifici�per�il�singolo�in�vista�
della�miglior�tutela�di�tutti.�

A�ben�vedere,�pero�,�non�puo�esser�questa�la�reale�ratio 
dell'istituto�del�
fallimento,�sol�che�si�consideri�come�esso�possa�originare�da�un'istanza�dello�
stesso�debitore,�come�pure�da�un'iniziativa�officiosa�del�Tribunale�(art.6�
legge�fall.).�E�qualora�cio�avvenga,�non�e�detto�che�gli�appartenenti�al�ceto�
creditorio�debbano�necessariamente�riconoscersi�in�queste�iniziative�ed�acco-
darsi�alla�vicenda�fallimentare.�E�ben�possibile,�invero,�che�tutti�o�alcuni�di�
essi�non�abbiano�interesse�a�far�valere�le�proprie�pretese�nel�fallimento,�rite-
nendo�piu�conveniente�aspettare�la�conclusione�della�procedura�per�poi�
aggredire�in�maniera�individuale�il�proprio�debitore�(ad�es.�si�puo�essere�in�
possesso�di�un�titolo�di�prelazione,�il�cui�valore�nella�procedura�degrada).�Se�
cio�e�vero,�si�deve�concludere�che�il�fallimento�non�rappresenta�altro�che�
una�occasione 
per�poter�soddisfare�(concorsualmente)�i�propri�crediti,�ma�
non�l'unica�possibilita�di�realizzarli.�Il�che�e�sufficiente�per�escludere�che�ratio 
dell'istituto�sia�pur�sempre�l'attuazione�concreta�della�responsabilita�del�debi-
tore,�come�nell'espropriazione�forzata�individuale.�


DOTTRINA�985 


In�realta�,�alla�dichiarazione�di�fallimento�soggiace�un�interesse�pubblico:�
in�particolare,�il�superiore�interesse�dell'economia�generale,�del�credito�e�del�
commercio�(1),�in�vista�del�quale�un�imprenditore�incapace�di�continuare�a�
tener�fede�alle�proprie�obbligazioni�deve�esser�rimosso�dal�mercato�per�impe-
dirgli�di�nuocere�agli�altri�ed�anche�a�se�stesso.�

In�primo�luogo�sono�i�cittadini�tutti,�o�meglio,�gli�appartenenti�alla�col-
lettivita�in�seno�alla�quale�opera�l'imprenditore�in�crisi�(vedremo�in�seguito�
quanto�in�crisi,�oppure�se�rilevi�il�perche�della�crisi),�che�corrono�il�rischio,�
venendo�in�contatto�con�quell'imprenditore,�di�imbattersi�in�operazioni�alta-
mente�rischiose;�perche�magari�se�dovessero�concedergli�credito�potrebbero�
ricevere�in�futuro�un�pagamento�non�proprio�regolare�(anche�su�questo�si�
ritornera�);�ovvero�e�possibile�che�soltanto�alcuni�di�essi�vedranno�soddisfatti�
i�propri�crediti,�e�con�la�remunerativita�pattuita,�mentre�altri�sono�destinati�
a�vedere�del�tutto�frustrate�analoghe�aspettative.�

In�secondo�luogo,�alla�dichiarazione�di�fallimento�puo�avere�interesse�lo�
stesso�debitore,�il�quale�non�riesce�piu�ad�adempiere�alle�proprie�obbligazioni�
se�non�con�mezzi�rovinosi�oppure�illeciti�(con�il�rischio,�in�quest'ultimo�caso,�
di�incappare�in�qualche�reato,�con�conseguenze�di�gran�lunga�peggiori);�
ovvero,�si�e�gia�abbandonato�ad�uno�stato�di�generale�inadempimento,�ma�
vuole�comunque�evitare�espropriazioni�di�carattere�particolare�con�il�rischio�
di�vendite�ancora�una�volta�rovinose,�oppure,�ancora,�spera�di�conservare�
l'integrita�del�suo�patrimonio�in�vista�di�un�possibile�concordato�e�cos|�via.�

In�definitiva�non�soltanto�i�singoli�creditori�ma�l'intero�consorzio�in�cui�
quell'imprenditore�ha�operato�ha�interesse�a�che�costui�perda�quel�ruolo�che�
non�riesce�piu�a�rivestire�con�affidabilita�.�Ragion�per�cui�il�rimedio�non�puo�
essere�di�natura�individuale,�ma�deve�cercare�di�risolvere�alla�radice�questa�
fonte�di�rischio�(2).�

Orbene,�queste�premesse�permettono�poi�di�spiegare�agevolmente�alcuni�
caratteri�sostanziali�e�processuali�della�vicenda�fallimentare.�

Sul�versante�sostanziale,�se�tale�fonte�di�pericolo�effettivamente�ricorre,�
allora�va�rimossa�con�decisione,�senza�esitazione,�ed�in�una�logica�generale,�
ordinamentale�(non�individuale,�se�davvero�si�vuole�eliminarla�una�volta�per�
tutte);�e�si�deve�procedere�risoluti�ancorche�gli�effetti�di�tale�rimozione�
potranno�mortificare�le�aspettative�di�alcune�categorie�di�soggetti�portatori�
dell'interesse�opposto�(i�quali�peraltro�non�vengono�lasciati�privi�di�ogni�
tutela,�poiche�possono�opporsi,�come�vedremo,�alla�dichiarazione�di�falli-
mento);�di�qui�l'efficacia�erga�omnes�di�tale�dichiarazione�(il�rimedio�ordina-
mentale�di�cui�si�discorre).�

(1)�D'Avack, 
La�natura�giuridica�delfallimento,�Padova,�1940,�211;�Carnelutti, 
Natura�del�
processo�difallimento,in�Riv.�dir.�proc.�civ.,�1937,�I,�214.�
(2)�Della�bonta�di�queste�affermazioni�costituisce�conferma�la�Relazione�ministeriale�che�ha�
accompagnato�l'entrata�in�vigore�della�legge�267,�dove�puo�leggersi��che�la�legge�fallimentare�del�
1942�intende�assicurare�una�piu�energica�tutela�degli�interessi�generali�rispetto�a�quelli�individuali�
dei�creditori�e�del�debitore�.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Le�stesse�premesse�si�apprezzano,�poi,�anche�sul�versante�processuale,�
allorche��prim'ancora�di�rimuovere�quel�fattore�di�rischio�bisogna�evidente-
mente�accertarne�la�ricorrenza.�

Si�assiste�pertanto�ad�una�procedura�(tanto�quella�prefallimentare�
quanto�quella�successiva�alla�dichiarazione�di�fallimento,�come�si�vedra�)�
che�non�e�volta�a�dirimere�una�controversia�fra�due�privati�che�si�conten-
dono�una�res 
litigiosa,�non�e�volta�ad�attribuire�un�torto�e�ad�affermare�
una�ragione;�bens|�,�esclusivamente,�ad�accertare�la�presenza�di�quel�pericolo�
ed�a�rimuoverlo�per�ripristinare�la�certezza�dei�traffici�e�dei�rapporti�giuri-
dici.�

Alla�stessa�stregua�di�una�sentenza�di�interdizione,�che�viene�pronun-
ciata�nei�confronti�di�chi�non�sia�capace�di�provvedere�ai�propri�interessi,la�
dichiarazione�di�fallimento�presuppone�l'incapacita�dell'imprenditore�di�svol-
gere�adeguatamente�la�funzione�che�il�sistema�gli�affida�(3).�

Ancora,�il�fallimento�viene�promosso�da�molteplici�legittimati,�compresi�
lo�stesso�fallendo�ed�il�pubblico�ministero,�e�puo�essere�dichiarato�d'ufficio,�
alla�stessa�stregua�della�sentenza�di�interdizione.�In�entrambi�i�casi�la�sen-
tenza�spiega�effetto�dal�momento�della�pubblicazione,�ne�e�prevista�la�
revoca,�competente�a�pronunciarla�e�il�tribunale�del�luogo�dove�l'interessato�
ha�la�residenza.�Tutto�il�procedimento,�nell'uno�e�nell'altro�caso,�e�basato�sul-
l'esigenza�di�impedire�ad�un�soggetto�di�continuare�ad�operare,�perche��inca-
pace�di�provvedere�a�se�stesso�senza�ingenerare�pericoli�per�se��e�per�gli�altri;�
onde�la�creazione�giuridica�di�altro�soggetto,�questa�volta�pubblico,�al�quale�
viene�attribuito�il�potere�di�disposizione�che�il�primo�non�e�piu�in�grado�di�
esercitare�(4).�

Orbene,�il�fatto�che�la�procedura�fallimentare�non�sia�volta�a�dirimere�
una�controversia�(cos|�come�avviene�nel�processo�giurisdizionale�conten-
zioso),�ma�tenda�unicamente�a�costituire�un�nuovo�stato�giuridico�(status 
di�fallito),�legittima�la�conclusione�circa�la�sua�appartenenza�alla�giurisdi-
zione�volontaria,�avvalorata�dalla�considerazione�che�si�svolge�sempre�nelle�
forme�dei�procedimenti�in�camera�di�consiglio�(5).�Il�che�non�puo�non�riflet-
tersi,�come�si�dira�,�anche�sulla�natura�giuridica�del�giudizio�di�opposizione�
alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�introdotto�a�norma�dell'art.�18�legge�
fall..�

(3)�Bongiorno, 
La 
dichiarazione 
difallimento,in�RagusA 
MaggiorE 
^Costa,�Le 
proce-
dure 
concorsuali. 
Ilfallimento,�Torino,�1997,�267�ss..�Del�resto,�anche�nella�relazione�ministeriale�
gia�citata�si�invoca�quale�termine�di�paragone�per�la�normativa�in�parola�proprio�la�dichiarazione�
di�interdizione:��prima�del�fallimento,�e�cioe�della�sentenza�che�lo�dichiara,�non�c'e�uno�stato�di�
fallimento,�ma�un�fatto�o�uno�stato�economico,�quale�l'insolvenza;�cos|�come�prima�dell'interdi-
zione�non�c'e�uno�stato�di�interdizione,�ma�un�fatto�naturale�quale�l'infermita�di�mente�.�
(4)�Tutti�questi�rilievi�in�Bongiorno,�cit.,�268.�
(5)�Picardi,�La 
dichiarazione 
difallimento 
dalprocedimento 
alprocesso,�Milano,�1974,�192�e�
ss.;�Denti,�Il 
giudizio 
di 
opposizione 
alla 
sentenza 
dichiarativa 
di 
fallimento,in�RDPr,�1951,�996;�
Bongiorno,�cit,271.�

DOTTRINA�987 


2.�Ilprecedente�normativo�dello�stato�di�insolvenza:�la�cessazione�deipagamenti�
di�cui�all'art.�683�dell'abrogato�codice�di�commercio.�
Come�detto,�lo�stato�di�insolvenza�rappresenta�il�presupposto�oggettivo�
della�dichiarazione�di�fallimento.�

Storicamente,�pero�,�non�c'e�mai�stata�uniformita�di�vedute,�soprattutto�
in�dottrina,�circa�la�sua�definizione;�e�neppure�risulta�agevole�una�pur�som-
maria�classificazione�del�pensiero�dei�vari�autori�che�su�di�esso�hanno�scritto,�
pena�le�approssimative�e�ricorrenti�schematizzazioni�che�ne�hanno�distorto�
la�reale�portata(6).�

Gia�sotto�il�vigore�dell'abrogato�codice�di�commercio,�l'interpretazione�
dell'art.�683,�secondo�cui��ilcommerciantechecessadifare�isuoipagamenti�
per�le�obbligazioni�commerciali�e�in�stato�difallimento�,�era�tutt'altro�che�paci-
fica.�

Risulta�evidente,�nell'economia�della�disposizione�appena�citata,�la�cen-
tralita�del�concetto�di�cessazione�dei�pagamenti.�Su�di�esso,�dunque,�si�e�con-
centrata�da�subito�l'attenzione�di�tutta�la�dottrina�fallimentaristica�italiana.�

Secondo�alcuni�(7),�l'art.�683�avrebbe�fatto�riferimento�ad�un�comporta-
mento�dell'imprenditore,�ad�sua�una�condotta�(da�cui�il�nome�di�teorie�perso-
nalistiche),�consistente�nell'inadempimento�delle�proprie�obbligazioni�com-
merciali;�senza�che�sia�dato�distinguere�fra�impossibilita�di�tenervi�fede�
ovvero�inadempimento�volontario�di�esse�(c.d.�cessazione�materiale�dei�paga-
menti).�

Altra�dottrina(8),�viceversa,�valorizzando�in�uno�all'art.�683�altri�refe-
renti�normativi�dell'abrogato�cd.�comm.,�ritenne�di�poter�interpretare�la�con-
dizione�in�parola�come�una�situazione�di�impossibilita�di�rispettare�le�proprie�
obbligazioni.�La�cessazione�sarebbe�consistita,�dunque,�non�tanto�nel�non�
adempiere,�quanto,�piuttosto,�nel�nonpoter�adempiere.�

Ed�invero,�a�termini�del�successivo�art.�705,��ilsolo�rifiuto�di�alcunipaga-
menti,�per�eccezioni�che�il�debitore�in�buona�fede�possa�ritenere�fondate,�non�e�
provadella�cessazionedeipagamenti,�edilfattomaterialedella�continuazione�
dei�pagamenti,�con�mezzi�rovinosamente�o�fraudolentemente�procurati,�non�
impedisce�la�dichiarazione�che�il�commerciantefosse�realmente�in�istato�difalli-
mento�.�

(6)�V.�in�particolare�Terranova,�Lo�stato�di�insolvenza,in�RagusA 
MaggiorE 
^Costa,�Le�
procedure�concorsuali.�Ilfallimento,�cit.,�243�ss.,�dove�si�esaminano�piu�da�vicino�alcuni�snodi�cri-
tici�del�pensiero�del�Bonelli�(considerato�da�sempre�il�padre�di�tutte�le�teorie�cd.�patrimonialisti-
che),�al�punto�da�mettere�in�discussione�la�legittimita�di�un�tale�assunto,�per�il�riaffiorare�in�tali�
snodi�di�valutazioni�che�in�buona�sostanza�riconducono�al�comportamento�del�debitore,�piu�che�
allo�stato�del�suo�patrimonio.�Identico�sforzo�critico�e�apprezzabile�in�Chiozzi-Cenzoni,�Ilpre-
supposto�oggettivo�delfallimento.�Lo�stato�di�insolvenza,in�Il�Fallimento�e�le�altre�procedure�concor-
suali,�a�cura�di�Cendon,�diretto�da�Panzani,�Torino,�2000,�83�ss..�
(7)�Bolaffio,in�BolaffiO 
^Mase� 
Dari,�Delfallimento,�dell'esercizio�delle�azioni�commer-
ciali�e�della�loro�durata,�I,�Torino,�1982,�169�ss.�
(8)�Bonelli,�Del�Fallimento,in�Commentario�c.�comm.,�Milano,�3�ss.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Da�un'interpretazione�sistematica�di�tali�norme,�dunque,�non�poteva�che�
inferirsi�il�rigetto�delle�ipotesi�ricostruttive�che�facevano�coincidere�la�cessa-
zione�dei�pagamenti�con�il�mero�inadempimento�delle�obbligazioni�commer-
ciali,�comunque�motivato.�L'accertamento�di�uno�o�piu�inadempimenti,�
infatti,�non�necessariamente�avrebbe�dovuto�condurre�alla�dichiarazionedi�
fallimento�(senz'altro�preclusa�se�tali�inadempimenti�fossero�giustificati�da�
eccezioni�che�il�debitore�in�buona�fede�poteva�ritenere�fondate);�come�pure,�
riuscire�ad�adempiere�alle�proprie�obbligazioni�avrebbe�potuto�non�esser�suf-
ficiente�a�scongiurare�all'imprenditore�il�fallimento,�se�costui�era�in�grado�di�
procurarsi�le�risorse�all'uopo�necessarie�unicamente�con�operazioni�rovinose�

o�fraudolente(9).�L'identita�cessazione 
dei 
pagamenti/inadempimento 
mero 
e 
continuato 
delle 
proprie 
obbligazioni 
commerciali,�da�un'analisi�di�tutti�i�refe-
renti�normativi�da�prendere�in�considerazione,�veniva�quindi�palesemente�
smentita.�
La�cessazione�dei�pagamenti,�in�definitiva,�piu�che�unfatto 
del�debitore,�
doveva�ritenersi�uno�stato,�una�sua�condizione,�consistente�appunto�nell'im-
possibilita�di�adempiere�alle�proprie�obbligazioni�commerciali,�impossibilita�
che�necessariamente�derivava�^si�disse�^dallo�stato�del�suo�patrimonio,�in�
quanto�il�passivo�superava�l'attivo�(da�qui�l'appellativo�di�teorie�patrimoniali-
stiche)(10).�Una�condizione�o�uno�stato�che,�successivamente,�il�legislatore�
avrebbe�fissato�con�una�norma�piu�precisa�rispetto�al�fenomeno�che�voleva�
descrivere,�quale�l'art.�5�della�legge�fallimentare�del�`42.�

3. 
L'art. 
5dellaleggen.267/42elanozionedistatodiinsolvenzacomepresup-
posto 
oggettivoperladichiarazionedifallimento.�
Effettivamente�la�ricostruzione�da�ultimo�riferita�ebbe�notevole�
influenza�allorquando,�abrogato�il�codice�di�commercio,�si�pervenne�ad�una�
legge�organica�sul�fallimento�e�sulle�altre�procedure�concorsuali.�

(9)�E�per�tale�ipotesi�fu�coniata�l'espressione�di�cessazione�virtuale 
dei�pagamenti,�a�sottoli-
neare�la�irrilevanza�del�fatto�materiale�dell'adempimento�^situazione�virtualmente�identica�a�
quella�di�un�obiettivo�inadempimento�^attesi�i�mezzi�patologici�con�cui�lo�si�era�garantito.�
(10)�Per�vero,�questa�situazione�di�incapienza�patrimoniale�non�necessariamente�doveva�con-
durre�alla�dichiarazione�di�fallimento.�Ed�infatti,�rilevante�a�tal�fine�parve�pure�il�cd.�credito�com-
merciale,�ossia�l'apprezzamento�generale�di�cui�l'imprenditore�godeva�presso�i�suoi�interlocutori�
commerciali�quanto�a�qualita�personali,�facolta�,�attitudini,�idonee�ad�ingenerare�un�positivo�affi-
damento�sulle�attivita�future�del�proprio�patrimonio.�Quasi�una�provvista,�quindi,�apprezzabile�
in�termini�di�consolidata�idea�di�ricchezza�di�cui�l'imprenditore�godeva�presso�gli�altri;�meglio,�
un'anticipata�capitalizzazione�della�redditivita�dell'impresa.�Ditalche�,�un'insufficienza�dell'attivo�
rispetto�al�passivo�poteva�divenire�irrilevante�ai�fini�della�dichiarazione�di�fallimento,�quante�
volte�fosse�adeguatamente�compensata�da�un�poderoso�credito�commerciale�tributato�all'indivi-
duo�sulla�piazza�commerciale�in�cui�operasse.�Ad�una�concezione�statica 
dello�stato�in�cui�versa�
l'impresa,�se�ne�contrappose�quindi�una�dinamica.�Principale�assertore�di�questo�giudizio�incro-
ciato�fu�il�BonellI 
(Del 
Fallimento,�cit.,�48�ss.);�successivamente,�il�FerrarA 
(Ilfallimento,�4.�edi-
zione,�a�cura�di�Borgioli,�Milano�1989,�135�ss.).�Per�un�esame�critico,�tanto�della�accezione�socio-
logica,�quanto�di�quella�economica 
del�cd.�credito�commerciale�v.�Terranova,�Lo 
stato 
di 
insol-
venza, 
cit.,�243�ss..�


DOTTRINA�989 


L'art.�5�della�legge�267/42,�intitolata�Disciplina�delfallimento,�del�concor-
dato�preventivo,�dell'amministrazione�controllata�e�della�liquidazionecoatta�
amministrativa,�oggi�dispone:�

�L'imprenditore�che�si�trovi�in�stato�di�insolvenza,�e�dichiarato�fallito��
(co.�1).�
�Lo�stato�di�insolvenza�si�manifesta�con�inadempimenti�o�con�altrifatti�

esteriori,�i�quali�dimostrino�che�il�debitore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�rego-
larmente�alleproprie�obbligazioni�(co.�2)(11).�

Orbene,�a�tutta�prima,�sembra�la�definitiva�affermazione�delle�ricostru-
zioni�che�avevano�individuato�il�presupposto�oggettivo�del�fallimento�nell'im-
possibilita�di�far�fronte�alle�proprie�obbligazioni.�Soltanto�una�situazione�di�
incapacita�dell'imprenditore�di�far�fronte�alle�proprie�obbligazioni�legittime-
rebbe�quindi,�a�norma�dell'art.�5,�la�dichiarazione�di�fallimento.�In�breve,�il�
non�poter�adempiere,�piuttosto�che�il�non�adempiere.�

La�bonta�di�questa�interpretazione�emergerebbe�con�ogni�evidenza�da�
quella�locuzione�che�descrive�lo�stato�di�insolvenza�come�la�situazione�di�
colui�che��non�e�piu�in�grado�di�adempiere�regolarmente�alle�proprie�obbli-
gazioni�.�Torneremo�sull'avverbio��regolarmente�,�come�pure�sulle�vicende�
che��dimostrano�,�come�si�esprime�la�norma,�la�perduta�capacita�di�soddi-
sfare�le�proprie�obbligazioni.�In�questa�sede,�ed�in�via�di�prima�approssima-
zione,�si�puo�pero�senz'altro�affermare�che�non�essere�piu�in�grado�di�adem-
piere�alle�proprie�obbligazioni�significa�evidentemente�non�poter�piu�pagare�i�
propri�creditori;�se�cio�e�vero,�diviene�irrilevante�all'accertamento�dello�stato�
di�insolvenza�(se�non�addirittura�fuorviante)�il�mero�dato�di�uno�o�piu�ina-
dempimenti;�che�,�ad�esempio,�gli�stessi�potrebbero�essere�giustificati�da�ecce-
zioni�che�il�creditore�in�buona�fede�possa�ritenere�fondate;�per�cui�tale�com-
portamento,�come�l'indagine�che�lo�appurasse,�nulla�ha�a�che�vedere�con�l'ac-
certamento�rilevante�ai�sensi�dell'art�5.�Tale�verifica�ha�ad�oggetto�uno�stato,�

(11)�Non�possono�non�scorgersi�le�profonde�differenze,�sul�piano�della�tecnica�legislativa,�
della�nuova�disposizione�rispetto�a�quella�che�ha�sostituito.�Gli�inadempimenti�e�gli�altri�fatti�este-
riori�non�sono�l'insolvenza,�e�nemmeno�la�sua�causa,�ma�soltanto�fatti�sintomatici�che�inducono�
a�ritenerla�sussistente,�e�dunque�prove�di�natura�indiziaria�di�essa.�Si�tratta�all'evidenza�di�norma�
senz'altro�piu�precisa�rispetto�all'art.�683�del�c.�comm..��Il�commerciante�che�cessa�di�fare�i�suoi�
pagamenti�per�obbligazioni�commerciali�e�in�stato�di�fallimento�,�recitava�l'abrogato�articolo,�
disposizione�che�gia�sul�piano�letterale�si�dimostrava�non�autosufficiente�se�non�proprio�errata,�
legittimando�persino�il�dubbio�che�il�fallimento�coincidesse�in�tutto�e�per�tutto�con�la�cessazione�
dei�pagamenti.�E�per�restituirle�il�significato�che�dalla�mens�del�legislatore�non�si�era�coerente-
mente�trasfuso�nelle�sue�parole,�era�necessaria�la�lettura�combinata�con�il�successivo�art.�686,�che�
alla�cessazione�dei�pagamenti�riconnetteva�l'obbligo�di�chiedere�entro�tre�giorni�la�dichiarazione�
del�proprio�fallimento;�rassicurando�in�tal�modo�che�la�cessazione�dei�pagamenti,�lungi�dal�coinci-
dere�con�lo�stato�di�fallimento,�ne�rappresentava�la�causa,�e�previo�il�passaggio�intermedio�da�
una�dichiarazione�giudiziale.�Di�questo�inconveniente�prendeva�atto�anche�la�relazione�ministe-
riale,�la�quale�attribuiva�al�nuovo�art.�5�il�pregio�di�eliminare�il�dubbio�che�uno�stato�di�fallimento�
potesse�sussistere�prima�e�indipendentemente�dalla�sentenza�che�lo�dichiarava�(v.�Chiozzi-
Cenzoni, 
Ilpresupposto�oggettivo�delfallimento.�Lo�stato�di�insolvenza,�cit.,�84).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

e�deve�rispondere�al�quesito�se�l'imprenditore�e�o�non�e�ancora�in�grado�di�
adempiere�alle�proprie�obbligazioni,�ce�la�fa�a�tener�fede�agli�impegni�con�i�
propri�creditori�(e�con�mezzi�leciti�e�non�autolesivi�ovviamente)...�ovvero�si�
trova�nell'impossibilita�di�attendervi,�quand'anche�lo�voglia,�atteso�lo�stato�
di�crisi�in�cui�e�venuto�a�trovarsi.�In�caso�di�risposta�affermativa,�avremo�
accertato�lo�stato�di�insolvenza,�condizione�necessaria�e�sufficiente�perche�il�
giudice�ne�dichiari�il�fallimento.�

In�questo�senso�si�e�appunto�orientata�la�prevalente�dottrina.�

Non�sono�tuttavia�mancate�voci�che�hanno�contestato�queste�conclu-
sioni,�convinte�che�anche�dopo�l'introduzione�dell'art�5�della�legge�fallimen-
tare�fosse�preferibile�il�canone�ermeneutico�della�condotta�del�debitore�piut-
tosto�che�quello�delle�sue�condizioni�economiche.�

Ed�invero,�la�nuova�legge�parla�di�stato�di�insolvenza,�che�e�cosa�ben�
diversa,�secondo�questo�orientamento,�dalla�insolvibilita�(questa�s|�da�inten-
dersi�come�situazione�di�impotenza�economica,�laddove�la�prima�espressione�
sarebbe�del�tutto�neutra�quanto�alle�cause�che�la�generano).�

In�particolare,�molti�Autori(12)�hanno�ritenuto�di�distinguere�tra�insol-
venza�materiale,�conseguente�alla�mera�determinazione�del�debitore�di�non�
adempiere,�malgrado�la�consapevolezza�dell'obbligo,�e�insolvenza�virtuale,�
consistente�nella�situazione�in�cui�viene�a�trovarsi�chi,�pur�volendo�tener�fede�
ai�propri�impegni,�vi�risulta�impossibilitato�in�relazione�alla�situazione�del�
suo�patrimonio:�solo�nel�primo�caso�si�avrebbe�vera�e�propria�insolvenza�
nel�senso�etimologico�del�termine�(che�in�nulla�differirebbe�quindi�dalla��ces-
sazione�dei�pagamenti��di�cui�parlava�l'abrogato�codice�di�commercio);�a�tale�
fattispecie,�tutt'ora�rilevante�ai�sensi�dell'art.�5�della�267�/42,�questa�disposi-
zione�avrebbe�aggiunto�quella�(diversa)�costituita�dalla�insolvibilita�,�indipen-
dente�dal�volere�del�debitore�e�implicante,�essa�soltanto,�un�processo�di�valu-
tazione�del�patrimonio�di�costui.�

La�dichiarazione�di�fallimento,�quindi,�non�avrebbe�come�unico�presup-
posto�una�condizione�patrimoniale�(deficitaria)�del�debitore,�perche�potrebbe�
derivare,�altres|�,�da�una�serie�di�inadempimenti,�comunque�causati�o�motivati�
(salvo�ovviamente�la�possibilita�di�eccepire�in�buona�fede�fatti�che�facciano�
ritenere�sine�titulo�le�pretese�creditorie);�inadempimenti�che�devono�indurre�
ad�affermare�che�l'imprenditore�e�insolvente�(cioe�non�assolve�alle�proprie�
obbligazioni).�

A�tali�conclusioni�indurrebbero�non�solo�la�relazione�ministeriale,�che�a�
proposito�dello�stato�di�insolvenza�del�debitore�parla�di�un��fatto��ovvero�
di�uno��stato��del�debitore;�ma�anche�una�corretta�esegesi�dell'art.�5,�il�quale�
indicherebbe,�quali�fatti�rilevanti�all'accertamento�dello�stato�di�insolvenza,�

(12)�Provinciali, 
Stato�di�insolvenza,in�Studi�in�onore�di�A.�Cicu,�Milano,�1951,�II,�127;�
Azzolina, 
Ilfallimento�e�le�altreprocedure�concorsuali,�I,�Torino,�1961,�269�ss.;�Rossi,�Equivoci�
sul�concetto�di�insolvenza,�DF.,�1954,�I,�175�ss.,�DI 
Lauro,�Insolvenza�e�temporanea�difficolta�,�DF,�
1965,�I,�117.�

DOTTRINA�991 


da�un�lato�gli�inadempimenti,�e,�dall'altro,�quei�fatti�esteriori�che�dimostrino�
che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�alle�proprie�obbliga-
zioni(13).�

La�dottrina�dominante(14),�come�detto,�e�oggi�orientata�in�un�altro�
senso�ed�ha�ribattuto�a�ciascuna�di�queste�argomentazioni(15).�

Gia�sul�piano�esegetico�si�puo�muovere�un'obiezione�dirimente�perche�la�
legge,�in�realta�,�non�dice�che�l'insolvenza�consiste�in�inadempimenti�o�in�altri�
fattori�esteriori,�ma�dice�che�essa�si 
manifesta 
con�essi,�operando�un�rinvio�
da�una�sembianza�esterna�(gli�inadempimenti�e�gli�altri�fatti�esteriori)�ad�
una�realta�sottostante�(il�non�esser�piu�in�grado�di�soddisfare�regolarmente�
le�proprie�obbligazioni).�Una�cosa�e�lo�stato�di�insolvenza,�quindi,�altra�le�
sue�manifestazioni.�E,�fra�esse,�inequivocabilmente�la�norma�inserisce�gli�ina-
dempimenti,�che�rilevano�quindi�come�sintomo,�come�indicatori�di�una�realta�
differente,�non�come�oggetto�ultimo�dell'indagine.�Per�cui,�sarebbe�un�grave�
errore�scambiare�il�sintomo�per�la�malattia(16).�

Altra�dottrina,�ha�osservato�che�non�e�tanto�questo�tipo�di�esegesi�ricava-
bile�dalla�norma�a�destare�scandalo,�attesa�l'assoluta�neutralita�delle�proposi-
zionidicuisicompone(17),perammettere�odescluderechegliinadempimenti�
rilevino�di�per�se�ovvero�solo�in�quanto�dimostrino,�come�senz'altro�deve�rite-
nersi�per�gli�altri�fatti�esteriori,�che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adem-

(13)�Ancora,�vi�sarebbero�numerose�ragioni�di�opportunita�pratica�che�raccomanderebbero�di�
valorizzare�il�comportamento�del�debitore�a�scapito�delle�sue�condizioni�patrimoniali.�Queste�sono�
quasi�sempre�di�difficile�accertamento,�con�il�pericolo�di�introdurre�nel�relativo�giudizio�ampi�mar-
gini�di�discrezionalita�nell'apertura�del�concorso.�Peraltro,�un�giudizio�penetrante�su�di�una�realta�
ostica�da�provare�non�potrebbe�che�incidere�anche�sulla�speditezza�dell'accertamento,�con�il�
rischio�di�rendere�tardiva�ed�evanescente�la�tutela�dei�creditori.�Sul�piano�storico,�inoltre�si�e�fatto�
riferimento�alla�natura�da�sempre�indiziaria 
di�tale�accertamento,�con�il�quale�si�tendeva�ad�
apprezzare�fatti�sintomatici�del�dissesto�(fatti�di�bancarotta,�suicidio�dell'imprenditore,�chiusura�
dei�locali�commerciali),�senza�scendere�ad�un�esame�piu�approfondito�delle�reali�condizioni�patri-
moniali�che�avevano�determinato�quelle�condotte.�Per�questi�rilievi,�v.�Terranova,�cit., 
223.�
(14)�Satta,�Diritto 
Fallimentare,�Padova,�1996,�47;�Ferrara, 
Il 
Fallimento,�Milano,�1996,�
140;�Bione,�Della 
dichiarazione 
difallimento,in�Commentario 
Scialoja-Branca 
alla 
leggefallimen-
tare,�Bologna-Roma,�1974,�185�ss.;�Terranova,�Lo 
stato 
di 
insolvenza,�cit., 
225�ss..�
(15)�Classico�l'argomento�secondo�cui�per�addivenire�ad�un'interpretazione�siffatta,�sarebbe�
necessario�violentare�la�lettera�della�norma,�facendo�arretrare�la�virgola�posta�dopo�le�parole�
�altri�fatti�esteriori��per�inserirla�subito�dopo�la�parola��inadempimenti�,�cioe�come�se�la�norma�
dicesse��...con�inadempimenti,�o�altri�fatti�esteriori�i�quali�dimostrino�che�l'imprenditore�non�e�
piu�in�grado�di�adempiere...�;�solo�con�questo�artificio,�ermeneuticamente�illegittimo,�si�potrebbe�
sostenere�che�gli�adempimenti�rilevano�di�per�se�,�mentre�gli�altri�fatti�esteriori�solo�in�quanto�
dimostrino�cio�che�richiede�la�norma.�
(16)�L'acuta�riflessione�e�di�Terranova, 
Lo 
stato 
di 
insolvenza,�cit.,�225�ss..�
(17)��Per�cio�che�riguarda�la�scomposizione�del�secondo�comma�dell'art.�5�della�legge�fall.,�
sotto�il�profilo�sintattico,�il�pronome�che�lega�la�proposizione�relativa�alla�reggente�(�i�quali�)�
potrebbe�indifferentemente�riferirsi�(con�la�virgola�cos|�dov'e�)�tanto�ai�fatti�esteriori,�come�indur-
rebbe�a�ritenere�l'uso�della�disgiuntiva�(�od�)�fra�questi�e�gli�inadempimenti,�quanto�ai�fatti�este-
riori�e�agli�inadempimenti�insieme�.�Cos|�,�Chiozzi-Cenzoni,�Il 
presupposto 
oggettivo 
del 
falli-
mento. 
Lo 
stato 
di 
insolvenza,�cit.,�86.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

piere;�quanto,�piuttosto,�la�considerazione�che�se�gli�inadempimenti�ingiustifi-
cati�costituissero�ancora�oggi�prova�legale�dell'insolvenza,�non�residuerebbe�
alcun�margine�per�l'esperibilita�delle�azioni�esecutive�ordinarie,�ancorche�si�pos-
siedano�i�necessari�titoli:�invero,�il�successivo�art.�8�obbligherebbe�comunque�il�
giudice�dell'esecuzione�a�trasmettere�la�notitia�decoctionis�al�tribunale�fallimen-
tarecompetenteperladichiarazionedifallimento.�Cos|�ammettendo,�indefini-
tiva,�si�costringerebbe�il�creditore�a�chiedere�il�fallimento�del�proprio�debitore,�

privandolo�del�potere�di�agire�individualmente�nei�suoi�confronti.�

Segue:�valenza�indiziaria�degli�inadempimenti�e�degli�altri�fatti�esteriori.�

Atipicita�diquestiultimi.�Naturaprognosticadelrelativoaccertamento.�

La�reale�valenza�degli�accadimenti�(inadempimenti�ed�altri�fatti�este-

riori)�attraverso�cui�si�manifesta�lo�stato�di�insolvenza�merita�ancora�qualche�

riflessione.�In�particolare,�e�ribadendo�quanto�detto�poc'anzi�circa�la�loro�

natura�di�semplici�indici�dell'insolvenza,�se�ne�deve�conseguentemente�affer-
mare�l'assoluta�fungibilita�.�

In�particolare,�gli�inadempimenti,�se�pur�dotati�sul�piano�statistico�di�
una�maggiore�frequenza�sintomatologica,�hanno�solo�un�valore�presuntivo�

dello�stato�d'insolvenza,�al�pari�di�una�serie�di�altri�indizi�(altri�fatti�esteriori�

come�genericamente�si�esprime�l'art.�5,�ovvero�la�fuga�o�la�latitanza�dell'im-

prenditore,�la�chiusura�dei�locali�dell'impresa,�il�trafugamento,�la�sostituzione�

o�diminuzione�fraudolenta�dell'attivo�da�parte�dell'imprenditore,�cui�fa�riferi-
mento�l'art.�7);�ed�invero,�non�solo�si�puo�escludere�la�dichiarazione�di�falli-

mento�pur�in�presenza�di�una�serie�massiccia�di�inadempimenti�(quando�

appunto�non�siano�sintomi�di�uno�di�stato�di�incapacita�di�adempiere�da�

parte�dell'imprenditore)�(18);�ma�si�puo�anche�ritenere�sussistente�lo�stato�di�

insolvenza�prescindendo�da�uno�o�piu�inadempimenti(19).�E�se�gli�inadempi-

menti�possono�addirittura�mancare,�afortiori�ne�diviene�irrilevante�la�consi-

stenza�numerica.�Ed�invero,�e�del�tutto�pacifico�che�anche�un�solo�inadempi-

mento�puo�avere�valore�sintomatico�dell'insolvenza�(20).�In�definitiva,�l'ana-

lisi�dovra�essere�qualitativa,�non�quantitativa.�Ossia,�bisognera�valutare�se�

l'inadempimento�(o�gli�inadempimenti)�risulti�(o�risultino)�qualificato(i)�da�

un�preciso�valore�indiziario�rispetto�all'impossibilita�di�adempiere.�Qualora�

tale�stato�non�si�rinvenga,�non�potra�farsi�luogo�a�dichiarazione�di�falli-
mento,�quand'anche�gli�inadempimenti�fossero�numerosissimi.�

Neppure�risulta�rilevante�la�reale�fondatezza�della�pretesa�del�creditore
istante,�potendosi�dichiarare�il�fallimento�anche�in�caso�di�inesistenza�del�cre-

dito�dell'unico�ricorrente�(21).�

(18)�Trib.�Torino,�20�giugno�1980,�Fa,1981.�
(19)�Pajardi,�Della�dichiarazione�difallimento,in�Codice�del�Fallimento,�sub�art.�5,�III�ed.�a�
cura�di�Colesanti,�Milano,�1997,�36,�e�dottrina�ivi�citata.�Conf.�App.�Milano,�27�dicembre�1985,�
Fa,�1986,�456.�
(20)�Cfr.,�explurimis,�Trib.�Roma,�6�dicembre�2000,�in�Il�Fall.,�2001,�833;�Trib.�Roma,�16�gen-
naio�1999,�ivi,�1999,�571;�Trib.�Milano�3�dicembre�1993,�Gius.,�1994,�95.�Conforme�anche�la�mag-
gioranza�della�dottrina.�
(21)�Trib.�Roma,�1.�febbraio�1988,�in�Dir.�Fall.�,�1989,�II,�206.�Nello�stesso�senso�la�recentis-
sima�S.U.�11�febbraio�2003,�n.�1997.�

DOTTRINA�993 


Cio�posto,�analoghe�conclusioni,�con�riferimento�all'altro�indice�cui�la�
norma�fa�riferimento,�non�paiono�pero�legittime.�In�altri�termini,�si�puo�pre-
scindere�dagli�inadempimenti,�ma�una�qualche�forma�di�esteriorizzazione�
del�fenomeno�su�cui�si�indaga�non�deve�mai�difettare.�Vero�e�che�la�legge�
attribuisce�all'autorita�giudiziaria�il�potere�di�procedere�d'ufficio�(art.�6).�Ma�
e�altrettanto�vero�che�la�norma�non�sembra�autorizzare�indagini�esplorative�
prim'ancora�che�siano�emersi�fatti�esteriori�tali�da�generare�quanto�meno�il�
sospetto�di�uno�stato�di�insolvenza;�che�,�altrimenti,�si�rischierebbe�di�esten-
dere�oltremodo�la�natura�inquisitoria�dell'istruttoria�prefallimentare.�Ed�
anche�se�innegabilmente�l'ordinamento�si�sta�evolvendo�verso�forme�sempre�
piu�incisive�di�controllo�dell'attivita�economica�delle�imprese�attraverso�la�
creazione�di�varie�autorita�di�settore,�per�certi�versi�relegando�in�secondo�
piano�le�istanze�di�riservatezza�delle�imprese�medesime,�non�e�tuttavia�l'art.�5�
che�puo�giustificare�l'attribuzione�all'autorita�giudiziaria�del�ruolo�di�guar-
diano�della�loro�stabilita�(22).�

Conclusivamente,�possiamo�affermare:�

a)�la�valenza�meramente�indiziaria�degli�accadimenti�cui�fa�riferimento�
l'art.�5,�negandone�quindi�la�natura�di�elementi�costitutivi�dello�stato�di�insol-
venza�(sebbene�non�manchino�autorevoli�voci�contrarie);�e�cio�vale�anche�
con�riferimento�ai�fatti�esteriori�diversi�dagli�inadempimenti.�Quanto�detto�
poc'anzi�non�deve�infatti�ingannare.�La�ricorrenza�quanto�meno�di�altri�fatti�
esteriori,�come�rilevato,�non�puo�mai�difettare;�ma�si�trattera�pur�sempre�di�
indici�rivelatori�di�un�fenomeno�(insolvenza)�che�non�coincide�mai�con�essi,�
e�della�cui�presenza�essi�forniscono�unicamente�la�prova,�secondo�lo�schema�
di�cui�all'art.�2727�c.c.;�

b)�ancora,�che�la�ricostruita�valenza�di�tali�accadimenti�induce�ad�affer-
marne�l'assoluta�atipicita�,�quando�non�si�tratti�di�inadempimenti.�Qualsiasi�
circostanza�idonea�a�palesare�all'esterno�che�l'imprenditore��non�e�piu�in�
grado�di�adempiere�alle�proprie�obbligazioni��diviene�rilevante�per�ammet-
tere�lo�stato�di�insolvenza,�e�deve�farlo�ritenere�accertato.�La�casistica�sara�
delle�piu�varie:�in�primo�luogo,�come�detto,�potra�trattarsi�delle�ipotesi�elen-
cate�nell'art.�7�(fuga,�latitanza,�trafugamento�ecc.).�Potra�trattarsi,�ancora,�
del�suicidio�dell'imprenditore,�del�compimento�di�reati�contro�il�patrimonio,�
del�ripetuto�trasferimento�della�sede�dell'impresa,�della�cessione�dei�beni�ai�
creditori�(art.�1977�c.c.),�dell'istanza�di�fallimento�presentata�dallo�stesso�
debitore�e�cos|�via.�

In�definitiva,�per�quanto�riguarda�i�fatti�esteriori�che�manifestino�lo�
stato�di�insolvenza,�si�puo�senz'altro�ammetterne�un'assoluta�atipicita�.A�
bene�vedere�pero�,�anche�con�riferimento�agli�inadempimenti�la�tipicita�che�
pure�li�caratterizza�(per�il�semplice�fatto�di�rientrare�nell'ampio�genus�costi-
tuito�dal�concetto�di�inadempimento),�inevitabilmente�scolora,�potendo�trat-
tarsi�di�fattispecie�estremamente�eterogenee�tra�loro�data�la�genericita�dell'e-

(22)�L'efficace�richiamo�e�di�Chiozzi-Cenzoni,�Il�presupposto�oggettivo�del�fallimento.�Lo�
stato�di�insolvenza,�cit.,�98.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

spressione.�Di�tali�inadempimenti,�qualsiasi�obbligazione�potra�costituire�
oggetto.�Potra�trattarsi�di�obbligazioni�di�dare 
(denaro�o�anche�cose�diverse�
dal�denaro,�se�si�considera�che�al�termine��pagamenti��contenuto�nel-
l'art.�683�cod.�comm.�e�stato�sostituito�il�termine��obbligazioni�);�potra�trat-
tarsi�di�obbligazioni�di�fare,odi�praestare;�ovvero�ancora,�ed�eccezional-
mente,�di�nonfare 
(23).�

Ancora,�irrilevante�risultera�la�natura�civile�o�commerciale�dell'obbliga-
zione�inadempiuta�(anche�nella�relazione�ministeriale�di�accompagnamento�
alla�legge�fall.�si�pone�in�risalto�l'abbandono�del�riferimento�alle�obbligazioni�
commerciali)�(24).�Del�resto,�il�nostro�ordinamento�non�garantisce�autonomia�
patrimoniale�all'impresa�individuale�per�cui�la�stessa�non�puo�che�risentire�
delle�fortune�o�delle�sfortune�di�carattere�personale�dell'imprenditore�(25).�

c) 
ed�infine,�la�natura�eminentemente�presuntiva�dell'accertamento�dello�
stato�di�insolvenza.�Se�il�dato�positivo�non�si�preoccupa�di�fornire�una�defini-
zione�di�tale�stato,�ma�indica�unicamente�gli�accadimenti�che�abbiamo�detto�
essere�indici�rivelatori�del�fenomeno�(e�non�il�fenomeno�stesso),�a�rigore,�l'ac-
certamento�di�esso�non�potra�che�essere�di�natura�squisitamente�presuntiva.�
Ovviamente�si�trattera�di�presunzioni�caratterizzate�dai�requisiti�della�gra-
vita�,�precisione�e�concordanza,�i�quali�evidenzino�uno�stato�di�insolvenza�di�
pubblico�dominio�(26),�come�tale�oggettivamente�conoscibile�da�un�soggetto�
di�ordinaria�prudenza�e�avvedutezza�(27).�

Per�quanto�riguarda�i�singoli�mezzi�istruttori,�molto�si�e�discusso�circa�
l'ammissibilita�di�prove�di�lunga�durata.�Tuttavia,�argomentando�dall'inte-
resse�sotteso�alla�procedura�fallimentare�e�dalla�natura�inquisitoria�chene�
consegue�in�ordine�a�tutti�gli�accertamenti�che�nella�sua�vigenza�vanno�esple-
tati,�molti�hanno�dato�al�quesito�risposta�affermativa�(28).�

Quanto�poi�alle�prove�legali�(giuramento�e�confessione),�la�prevalente�
dottrina�e�incline�a�negarne�l'ammissibilita�,�sul�rilievo�che�esse�mal�si�spo-
sano�con�la�natura�indisponibile�dell'oggetto�dell'accertamento.�A�ben�vedere,�
pero�,�sebbene�sia�da�escludere�che�il�giudice�debba�ritenersi�vincolato�alla�
confessione�dell'imprenditore,�puo�comunque�valutarne�in�senso�indiziario�
tale�comportamento�processuale.�E�non�si�tratta�di�un'eccezione�all'art.�2733,�
co.�2,�c.c.,�quanto�piuttosto�di�una�sua�puntuale�applicazione,�visto�che�la�
stessa�norma�preclude�alla�confessione�il�valore�di�prova�piena�contro�colui�
che�l'ha�resa,�se�ha�riguardato�diritti�indisponibili.�

Ma�il�significato�del�termine��presumere��e�ancora�troppo�neutro�per�
soddisfare�la�nostra�ricerca.�Perche�si�potrebbe�parimenti�presumere�l'esi-
stenza�di�una�situazione�pregressa,�di�uno�stato�attuale,�ovvero�l'attenzione�
potrebbe�essere�rivolta�al�futuro.�Ritornando�al�dato�positivo,�bisogna�accer-

(23)�Pajardi,�Manuale 
di 
dirittofallimentare,�Milano,�2002,�79.�
(24)�V.�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,99.�
(25)�Cos|�Terranova,�cit.,261;�Pajardi,�op. 
ult. 
cit.,78.�
(26)�Cass.,�14�aprile�1983,�n.�2607,�in�Mass. 
Giur. 
Comm.,�1983,�1291.�
(27)�Cass.�6�gennaio�1978,�n.�8234,�in�Fall.,�1988,�196.�
(28)�Grasso,�L'istruzioneper 
la 
dichiarazione 
difallimento,�DF,�1972,�I,�172.�

DOTTRINA�995 


tare�che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�regolarmente�alle�pro-
prie�obbligazioni.�Ancora�una�volta,�l'unico�rilievo�veramente�decisivo�puo�
scorgersi�nella�ratio�sottesa�alla�normativa�in�questione,�la�quale�si�preoccupa�
di�rimuovere�dal�mercato�dei�traffici�quelle�imprese�che�possano�nuocere�alla�
certezza�e�alla�correttezza�di�quei�traffici:�non�tanto�una�affermazione�di�
responsabilita�per�l'avvenuta�gestione�irregolare�della�propria�attivita�e�per�i�
danni�che�conseguentemente�ne�sono�derivati�(che��a�cio�basterebbero�le�
azioni�individuali),�ma�piuttosto�la�prevenzione�di�ulteriori�danni�a�quella�
collettivita�che�ha�gia�cominciato�a�subirne.�Al�termine�presumere�deve�
quindi�attribuirsi�il�significato�di�prevedere,�e�al�giudizio�di�tipo�presuntivo�
dobbiamo�aggiungere�l'ulteriore�requisito�costituito�dall'essere�un�giudizio�di�
natura�prognostica,�cioe�rivolto�verso�il�futuro�(29).�

Segue:�la�regolarita�degli�adempimenti.�
Qualche�precisazione�merita�l'avverbio�regolarmente�contenuto�nella�
seconda�parte�dell'art.�5.�

La�dottrina�al�riguardo�e�divisa:�alcuni�autori�ritengono�che�i�paga-
menti,�per�essere�regolari,�debbano�valutarsi�in�base�ai�canoni�di�cui�agli�
artt.�1218�e�ss.�c.c.,�che�regolano�le�conseguenze�dell'inadempimento�(rectius,�
dell'adempimento�inesatto)�nelle�obbligazioni�civili.�L'adempimento�regolare�
coinciderebbe�con�l'esatto�adempimento�di�cui�alla�norma�civilistica.�In�altri�
termini,�adempiere�regolarmente�vorrebbe�dire�prestare�la�res�debita�al�tempo�
debito�(30).�

Altri�autori�invece�sostengono�che�la�norma�faccia�riferimento�alla�nor-
malita�degli�strumenti�solutori,�valutata�alla�stregua�delle�disposizioni�dettate�
dalla�stessa�legge�per�l'esercizio�delle�revocatorie�fallimentari.�Sarebbe�rego-
lare,�secondo�questa�diversa�opzione,�quell'adempimento�non�suscettibile�di�
essere�revocato�in�futuro�a�norma�degli�artt.�67�e�ss.�legge�fall..�

Ancora,�altra�dottrina�ha�ritenuto�che�ne��l'una�ne��l'altra�soluzione�pos-
sano�soddisfare.�La�norma,�a�bene�vedere,�si�accontenterebbe�di�una�piu�
generica�regolarita�dell'attivita�solutoria,�valutata�nel�suo�complesso�e�in�un�
arco�temporale�di�medio�periodo�(31).�

La�tesi�da�ultimo�riferita�sembra,�a�bene�vedere,�quella�preferibile.�

(29)�Cfr.�Cass.�28�marzo�2001,�4455,�secondo�cui�l'insolvenza�deve�intendersi�come�una�situa-
zione�(in�prognosi)�irreversibile,�non�come�una�impossibilita�meramente�temporanea�di�regolare�
adempimento�delle�obbligazioni�assunte,�situazione�desumibile�dalla�molteplicita�edall'entita�
complessiva�delle�obbligazioni�che�non�hanno�ricevuto�adempimento�alle�rispettive�scadenze�con�
mezzi�normali�di�pagamento,�quando�non�sia�allegata�alcuna�ragione�idonea�a�dimostrare�la�mera�
accidentalita�di�tale�situazione�rispetto�al�fisiologico�andamento�dell'impresa.�
(30)�Ferrara,�cit.,�139;�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,96.�
(31)��Singoli�ritardi,�singole�anomalie�nell'adempimento,�sarebbero�tollerate,�purche��il�qua-
dro�d'insieme�appaia�rassicurante,�e�purche��,�soprattutto,�appaia�imminente�il�ritorno�ad�una�situa-
zione�di�tranquillita�;�se�tutto�cio�e�vero,�se�ne�deve�dedurre�che�l'avverbio�regolarmente,�denota�
un�sostanziale�rispetto�dei�termini�di�scadenza�delle�obbligazioni,�da�valutare,�tuttavia,�con�riferi-
mento�ad�un�arco�temporale�di�medio�periodo:�una�temporanea�impossibilita�di�adempiere�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Ed�invero,�inprimis�non�pare�accettabile�quella�che�fa�coincidere�la�regola-
rita�con�la�non�revocabilita�(fallimentare)�degli�atti�solutori,�perche�foriera�di�
ingenerareuncircolovizioso�fraaccertamento�dell'insolvenzae�revocatoriafal-
limentare.�Quest'ultima�segue�l'accertamento�dell'insolvenza,�lo�presuppone,�
nonpuo�esistereprima�di�esso,�percui�l'insolvenzanonpuo�consisterenell'inca-
pacita�di�adempiere�se�non�con�atti�che�sarebbero�soggetti�a�quell'azione(32).�

Neppure�la�tesi�che�rifugge�nell'esatto�adempimento�delle�obbligazioni�
civili�pare�peraltro�coerente�con�le�premesse�pure�sposate�da�alcuni�degli�autori�
che�la�sostengono;�una�volta�ritenuto�che�anche�gli�inadempimenti�rappresen-
tano�meri�rivelatori�esterni�dello�stato�di�insolvenza,�e�non�elementi�costitutivi�
dello�stesso,�per�cui�pur�in�presenza�dei�primi�quest'ultimo�puo�non�ricorrere;�
e�una�volta�ammesso�che�anche�massicci�inadempimenti,�ovvero�una�serie�
numericamente�consistente�di�essi,�non�necessariamente�conduce�al�fallimento;�
orbene,�non�si�puo�al�contempo�sostenere�che�gli�adempimenti�debbano�essere�
irreprensibili�in�termini�di�scadenze�e�che�non�si�possa�soprassedere�neppure�
su�marginali�inesattezze�della�prestazione.�Ovviamente,�fin�quando�il�dato�
quantitativo�non�si�trasformi�in�qualitativo,�denudando�una�situazione�di�ogget-
tiva�inidoneita�dell'imprenditore�a�governare�il�carico�delle�proprie�obbliga-
zioni.�Il�che,�inevitabilmente,�non�puo�che�apprezzarsi�attraverso�un'analisi�
globale�che�abbia�ad�oggetto�un�arco�temporale�di�medio�periodo.�

Segue:�insolvenza�e�temporanea�difficolta�di�adempiere.�

Volendo�a�questo�punto�ripercorrere�brevemente�il�dibattito�circa�la�
distinzione�tra�stato�di�insolvenza,�presupposto�del�fallimento,�e�temporanea�
difficolta�di�adempiere,�che�rappresenta�invece�il�presupposto�dell'amministra-
zione�controllata�(art.�187�l.�fall.),�alcuni�autori�hanno�ritenuto�sussistere�un�
rapporto�di�reciproca�esclusione�fra�i�due�presupposti,�essendo�caratterizzato�
il�primo�da�una�situazione�di�irreversibilita�della�crisi;�risolvendosi�invece�il�
secondo�in�un�momentaneo�imbarazzo�nei�pagamenti,�ma�non�per�questo�
tale�da�incidere�sulla�struttura�economica�dell'impresa.�

Altra�parte�della�dottrina,�ed�un�orientamento�giurisprudenziale�costante,�
ritengono�invece�che�lo�stato�d'insolvenza�non�e�escluso�dalla�possibilita�di�
risolvere�la�crisi�economica,�considerata�l'ontologica�identita�tra�insolvenza�e�
momentanea�difficolta�dell'impresa:�i�due�fenomeni�si�differenziano�soltanto�
in�relazione�alla�possibilita�di�una�prognosi,�positiva�o�negativa,�circa�lo�svi-
luppo�della�crisi�ove�al�debitore�venga�concessa�una�moratoria�(33).�

sarebbe�del�tutto�irrilevante�ai�fini�della�apertura�del�concorso,�come,�per�converso,�del�pari�irrile-
vante�sarebbe�^al�fine�di�evitare�il�fallimento�^la�constatazione�dell'integrale�soddisfo�dei�debiti�
scaduti,�qualora�le�prospettive�per�il�futuro�dovessero�risultare�infauste��(Terranova,�cit.,�232).�

(32)�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,64.�
(33)�Cass.,�28�febbraio�2000,�n.�2211,�in�Il�Fall.,�2001,�255.�Pajardi,�Manuale,�cit.,�75,�nt.�13.�
Secondo�TerranovA 
(Lo�stato�di�insolvenza,�cit.,�260),�vero�e�che�l'ordinamento�preclude�l'accesso�
all'amministrazione�controllata�quando�la�crisi�risulti�cos|�grave�da�far�ritenere�inutile�ogni�tenta-
tivo�di�risanamento;�per�cui�deve�comunque�intravedersi�una�qualche�via�d'uscita�per�l'imprendi-

DOTTRINA�997 


4.�L'impugnazione�della�sentenza�dichiarativa�difallimento�ex�art.�18�leggefall.�
Legittimazione,�termini,�intervento,�e�competenza.�
La�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�puo�essere�impugnata�con�lo�stru-
mento�dell'opposizione�di�cui�all'art.�18�legge�fall.�dal�debitore�e�da�qualsiasi�
interessato.�

Si�tratta�di�un�giudizio�di�merito�a�cognizione�piena�con�il�quale�si�
ricompone�il�vulnus�alle�regole�di�sistema�ingenerato�da�una�sentenza�(quella�
dichiarativa�del�fallimento)�da�cui�derivano�effetti�particolarmente�incisivi�
nella�sfera�giuridica�di�chi�ne�e�diretto�destinatario�(e�non�soltanto),�e�nondi-
meno�emessa�all'esito�di�un�procedimento�a�cognizione�sommaria(34).�

L'art.�18�e�particolarmente�generoso�nell'indicare�i�soggetti�che�possono�
opporsi�alla�sentenza�di�fallimento:�come�detto,�il�debitore�e�qualunque�inte-
ressato.�E�stato�efficacemente�notato�che�non�si�sarebbe�potuta�immaginare�
formula�piu�ampia�senza�evocare�un'azione�popolare(35).�

In�primo�luogo�ilfallito,�dunque,�il�quale�quasi�sempre�avra�tutto�l'inte-
resse�alla�revoca�della�sentenza�di�fallimento�per�vedere�cessati�i�numerosi�
effetti�pregiudizievoli�di�carattere�personale�e�patrimoniale�che�essa�com-
porta�(36).�

Oltre�al�debitore,�legittimato�attivo�e�chiunque�abbia�interesse�ad�opporsi�
alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento.�L'ampiezza�dell'art�18�si�spiega�age-

tore.�Ma�non�e�necessario�che�al�superamento�della�crisi�si�debba�pervenire�per�il�tramite�delle�sue�
sole�forze,�a�prescindere�dalla�dilazione�accordata�dai�propri�creditori.�In�definitiva,�la�tempora-
nea�difficolta�di�adempiere�non�potrebbe�ne�sovrapporsi�ne�contrapporsi�allo�stato�di�insolvenza.�
In�tali�casi,�ripercorrendo�una�efficace�metafora�mutuata�dalla�dottrina�qui�riferita,�la�prognosi�
non�e�ne�fausta�ne�infausta,�ma�semplicemente�riservata,�ossia�non�e�dato�sapere�in�difetto�di�quel-
l'intervento,�cosa�sarebbe�accaduto.�Queste�precisazioni,�secondo�l'�a.,�avrebbero�il�pregio�quanto�
meno�di�chiarire�una�volta�per�tutte�che�i�problemi�concernenti�la�consecuzione�delle�procedure�
concorsuali�non�possono�essere�risolti�giocando�all'alternativa�identita�-contrapposizione�tra�insol-
venza�e�temporanea�difficolta�.�

(34)�Questa�considerazione�e�particolarmente�importante,�e�permette�di�spiegare�alcuni�tem-
peramenti�agli�effetti�pregiudizievoli�dello�status�di�fallito,�qualora�il�rimedio�de�quo�non�si�speri-
menti.�Ed�invero,�l'imprenditore�non�dovra�subire,�una�volta�tornato�in�bonis,�le�conseguenze�degli�
accertamenti�compiuti�in�un�processo�dove�non�ha�avuto�i�poteri�della��parte��dell'ordinario�pro-
cesso�di�cognizione.�Per�questa�semplice�ragione,�la�sentenza�che�dichiara�il�fallimento�non�acqui-
stera�mai�efficacia�di�cosa�giudicata,�fenomeno�che�richiederebbe,�appunto,�un'attivita�di�giudizio�
con�la�partecipazione�in�qualita�di��parte�processuale��dell'imprenditore�insolvente�(allo�stato,�
invece,�dopo�la�sentenza�della�Corte�Cost.�n.�141/1971,�ne�e�prescritta�unicamente�l'audizione);�il�
mancato�esperimento�del�rimedio�in�esame�avverso�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�dunque,�
determinera�unicamente�la�sua�immutabilita�,che�e�cosa�ben�diversa�dal�giudicato.�In�questo�senso�
v.�Bongiorno,�La�dichiarazione�difallimento,�cit.,�325�ss;�v.�anche�Bongiorno,�Laprova�dei�crediti�
per�l'ammissione�al�concorso,in�RDPr.,�1995,�351.�
(35)�Pajardi,�Manuale�di�dirittofallimentare,�cit.,�132.�
(36)�Ovviamente�non�puo�escludersi�un�interesse�contrario�nel�fallito,�il�quale�ad�esempio�
vorra�mantenere�tale�status�per�evitare�la�vendita�rovinosa�dei�propri�beni�a�seguito�di�esecuzioni�
individuali.�Del�resto�potrebbe�esser�stato�proprio�lui�a�richiedere�il�fallimento.�Cio�che�preme�in�
ogni�caso�sottolineare,�e�che�una�verifica�dell'interesse�del�debitore�(e�lo�stesso�vale�peraltro�peri�
creditori�o�i�terzi)�al�mantenimento�ovvero�alla�revoca�del�fallimento�non�puo�che�effettuarsi�in�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

volmente�considerando�l'efficacia�erga 
omnes 
di�tale�dichiarazione.�Il�falli-
mento�puo�invero�aver�frustato�le�aspettative�del�creditore�privilegiato�che�
aveva�tutto�l'interesse�ad�esperire�la�procedura�esecutiva�individuale,�ovvero�
a�non�vedere�paralizzata�quella�che�volgeva�al�termine�(art.�52);�dei�creditori�
che�godevano�di�tassi�di�interesse�particolarmente�vantaggiosi,�attesa�la�
sospensione�automatica�del�loro�corso�dopo�il�fallimento�(art.�55);�dei�terzi�
che�in�buona�fede�hanno�contratto�con�il�fallito,�e�le�cui�posizioni�rischiano�
di�dissolversi�senza�alcun�diritto�al�risarcimento�(artt.�72�e�ss.);�ovverodi�
quelli�soggetti�alla�mannaia�delle�revocatorie�fallimentari�(artt.�64�e�ss.).�

Ancora,�si�e�sempre�ritenuto�tutelabile�anche�un�interesse�di�tipo�morale 
alla�rimozione�del�fallimento,�e�dunque�e�stato�ammesso�ad�opporvisi�il�
padre,�il�fratello,�il�coniuge�del�fallito.�

Il�rimedio�in�parola�e�stato�riconosciuto,�altres|�,�per�l'ex 
amministratore�
di�societa�dichiarata�fallita,�non�senza�aver�accertato�che�da�tale�dichiara-
zione�possa�derivargli�un�qualche�pregiudizio,�anche�soltanto�di�tipo�morale,�
per�aver�rivestito�la�carica�suddetta�(37).�

Ovviamente,�e�appena�il�caso�di�ricordarlo,�non�puo�opporsi�al�falli-
mento�chi�ha�chiesto�il�fallimento�medesimo�(art.�18,�co.�2),�norma�che�
risponde�al�principio�secondo�cui�non�si�puo�venire 
contra 
factum 
proprium.�

L'opposizione�non�puo�inoltre�essere�proposta�dal�curatore,�il�quale�rap-
presenta�il�fallimento�che�con�l'opposizione�si�mira�invece�a�rimuovere�(e�
per�tale�ragione�rivestira�sempre�il�ruolo�di�contraddittore�dell'opponente);�e�
neppure�puo�impugnare�il�pubblico�ministero,�che�non�puo�ricomprendersi�
fra�gli�interessati.�

Per�quanto�riguarda�il�termine�per�proporre�l'impugnazione,�l'art.�18�lo�
indica�in�quindici�giorni�dalla�affissione�della�sentenza�ad�opera�del�cancel-
liere�a�norma�dell'art.�17,�co.�1.�Sulla�statuizione�si�sono�da�subito�levate�
molte�critiche,�in�quanto�irrispettosa�delle�garanzie�di�difesa�del�debitore;�
invero,�la�mera�affissione�alla�porta�del�tribunale�difficilmente�ne�avrebbe�
consentito�l'effettiva�conoscenza,�tanto�piu�in�un�termine�cos|�breve.�

Consentenzadel27novembre1980,n.�151(38),laCorteCost.nehadichia-
rato�l'illegittimita�costituzionale�per�violazione�dell'art.�24,�co.�2,�cost..,�senza�
peraltro�indicare�il�dies 
a 
quo 
dal�quale�il�suddetto�termine�dovesse�decorrere.�
Le�S.U.�lo�hanno�infine�indicato�nella�comunicazione�per�estratto�della�sen-
tenza�(39).�

Per�quanto�riguarda�la�legittimazione�passiva,�l'opposizione�va�notifi-
cata�(nelle�forme�dell'atto�di�citazione)�al�curatore�e�al�creditore�istante.�

concreto.�Se�cos|�non�fosse,�e�si�potesse�in�astratto�sempre�affermare�l'interesse�del�debitore�alla�
revoca�della�sentenza�di�fallimento,�allora�avrebbe�ben�poco�senso�avere�attribuito�anche�al�debi-
tore�medesimo�(art.�6)�la�possibilita�di�richiedere�il�proprio�fallimento.�

(37)�Cass.,�25�agosto�1997,�n.�7943,�Fa,�1998,�185.�
(38)�In�Gazzetta 
Ufficiale 
3�dicembre�1980,�n.�332.�
(39)�Cass.,�S.U.,�3�giugno�96,�n.�5104,�Fa,�1996,�1205.�Nella�pronuncia�in�questione�non�si�
ritiene�peraltro�necessaria,�anche�dopo�l'intervento�della�Corte�Cost.,��la�notificazione�del�testo�
integrale,�in�quanto,�per�consentire�al�predetto�di�avere�notizia�dell'avvenuta�dichiarazione�del�

DOTTRINA�999 


La�norma,�a�bene�vedere,�non�puo�che�rivelarsi�incompleta�nella�misura�
in�cui�sembra�riferirsi�all'ipotesi�statisticamente�piu�frequente,�e�cioe�quella�
di�sentenza�dichiarativa�emessa�su�istanza�di�un�creditore.�Ma�la�stessa�sen-
tenza,�ai�sensi�dell'art.�6,�puo�essere�anche�emessa�d'ufficio�(ed�in�tal�caso�
unico�soggetto�a�dover�essere�citato�e�il�curatore�fallimentare);�ovvero,�puo�
aver�risposto�all'istanza�di�fallimento�dello�stesso�debitore,�nel�qual�caso�
non�gli�si�puo�precludere�la�qualita�di�parte,�atteso�il�suo�interesse�al�mante-
nimento�del�fallimento�medesimo�(autonomo�rispetto�a�quello�del�curatore,�
che�cura�gli�interessi�della�massa�creditoria).�Ergo,�anch'egli�dev'essere�citato�
dall'opponente,�ad�onta�del�silenzio�serbato�dalla�norma.�

Non�e�necessario�invece�citare�il�Pubblico�Ministero�poiche�tale�organo,�
anche�quando�e�istante,�esercita�un�mero�potere�di�segnalazione(40).�

Per�quanto�riguarda�l'intervento,�ovviamente�non�e�ammissibile�quello�
principale:�non�si�puo�infatti�portare�in�giudizio�un�diritto�che�sia�ad�un�
tempo�contrapposto�tanto�a�quello�della�parte�opponente�quanto�a�quello�
della�parte�resistente,�per�la�semplice�ragione�che�in�questo�giudizio�non�si�
controverte�su�diritti.�Cosicche�,�come�diremo�in�seguito,�all'esito�di�esso�il�fal-
limento�o�viene�revocato�o�viene�confermato;�non�esistono�terze�vie.�

Risulta�viceversa�possibile,�data�l'ampiezza�della�norma�del�codice�di�
rito�(art.�105,�co.�2,�c.p.c..),�l'intervento�adesivo�dipendente�per�tutti�i�legitti-
mati�ad�impugnare�ai�sensi�dell'art.�18�che�abbiano�fatto�decorrere�il�relativo�
termine�(41).�

Anche�il�pubblico�ministero�potra�esercitare�il�proprio�potere�di�inter-
vento�aderendo�alle�ragioni�della�parte�resistente.�

Funzionalmente�competente�e�lo�stesso�tribunale�che�ha�dichiarato�il�fal-
limento.�

Dopo�la�novella�del�codice�di�rito�del�1990�si�e�posto�il�problema�della�
composizione�(collegiale�o�monocratica)�del�giudice�adito�ai�sensi�dell'art.�18.�
Ed�invero,�questo�tipo�di�giudizio�non�e�ricompreso�tra�quelli�elencati�nel�

proprio�fallimento�e�sufficiente�la�pubblicazione�per�estratto�ai�sensi�dell'art.�17�legge�fallimentare,�
con�la�quale�il�cancelliere,�come�gli�da�notizia�di�fatti�e�di�atti�processualmente�rilevanti�che�lo�
riguardano,�lo�mette�a�conoscenza�dell'accertata�insolvenza�e�dell'�apertura�del�fallimento,�ponen-
dolo�in�grado�di�acquisire�presso�la�cancelleria�ogni�altro�elemento�per�l'esercizio�del�diritto�di�
difesa�.�V.�Dimundo,�L'impugnazione 
della 
sentenza 
dichiarativa 
difallimento,in�Il 
Fallimento 
e 
le 
altre 
procedure 
concorsuali,�a�cura�di�Cendon,�diretto�da�Panzani,�cit.,252�ss..�

(40)�Cfr.�Bongiorno,�L'impugnazione...,�cit.,327.�
(41)��Vero�e�che,�ai�sensi�dell'art.�18,�l'opposizione�puo�essere�proposta�non�solo�dal�fallito,�
ma�anche�da�qualunque�altro�interessato.�Di�modo�che�potrebbe�sostenersi�che,�proprio�in�virtu�
dell'ampio�spettro�di�legittimazione�eccezionalmente�ipotizzato�dalla�citata�norma,�il�terzo�il�quale�
abbia�interesse�alla�revoca�del�fallimento,�intervenga�percio�a�sostegno�delle�ragioni�gia�prospet-
tate�in�giudizio�dal�fallito,�non�fa�che�esercitare,�in�forma�di�intervento,�quel�medesimo�potere�di�
azione�che�gli�consentirebbe�di�proporre�autonomamente�l'opposizione.�Tuttavia�l'obiezione�
potrebbe�avere�fondamento�solo�a�condizione�che�l'intervento�di�cui�si�discute�fosse�stato�spiegato�
quando�ancora,�effettivamente,�il�terzo�era�titolare�di�un�potere�di�azione�suo�proprio:�cioe�entro�
i�limiti�temporali�fissati�dal�citato�articolo�18�.�Cos|�,�Cass.�27�maggio�1997,�n.�468,�Fa,�1998,�151.�
Nello�stesso�senso,�Bongiorno,�cit.,327;�Dimundo,�cit.,�251�ss..�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

co.�2�dell'art.�48�Ord.�Giud.,�con�la�conseguenza�che,�a�rigore,�il�tribunale�
dovrebbe�decidere�in�persona�del�giudice�istruttore�in�funzione�di�giudice�
unico.�Tale�soluzione�non�pare�pero�accettabile,�perche�in�contrasto�con�il�
principio�generale�secondo�cui�i�rimedi�oppositori�vanno�decisi�dallo�stesso�
organo�che�ha�emanato�il�provvedimento�opposto;�del�resto,�davvero�diri-
mente�pare�il�rilievo�circa�la�natura�di�giudizio�reso�nelle�forme�della�cogni-
zione�piena�su�di�una�sentenza�emessa�all'esito�di�un�giudizio�a�cognizione�
sommaria.�E�sarebbe�ben�strano�che�l'esame�sommario�venga�affidato�al�col-
legio,�mentre�il�successivo�controllo�^deputato�a�verificare�funditus 
la�bonta�

di�quella�prima�verifica�^lo�si�attribuisca�ad�un�giudice�unico�(42).�

Segue: 
motivi, 
trattazione 
e 
istruzione.�
Con�l'opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�si�puo�far�

valere�la�nullita�della�stessa(43).�In�particolare�si�puo�contestare�il�vizio�di�

incompetenza�nell'organo�che�l'ha�pronunciata,�assumendo�la�nullita�della�

sentenza�per�violazione�di�norme�processuali�(art.�360,�n.�4�c.p.c.)(44).�
Nella�maggior�parte�dei�casi,�pero�,�si�ricorrera�al�gravame�de 
quo 
per�

denunciare�la�non�ricorrenza�dei�presupposti�necessari�per�dichiarare�il�falli-

mento,�ed�in�particolare�quello�oggettivo,�costituito�dallo�stato�di�insolvenza,�

su�cui�ci�si�e�lungamente�soffermati�nella�prima�sezione.�
In�questi�casi,�quindi,�oggetto�di�accertamento�sara�l'effettiva�sussi-

stenza,�al�tempo�in�cui�la�dichiarazione�e�intervenuta,�dello�stato�di�insol-

venza,�ossia�della�incapacita�dell'imprenditore�poi�dichiarato�fallito�di�adem-

piere�(soprattutto�in�futuro)�le�proprie�obbligazioni.�
Si�badi,�pero�:�oggetto�di�accertamento�non�e�la�correttezza�dell'iter 


logico�seguito�dal�primo�giudice,�ossia�l'esattezza�delle�conclusioni�chelo�

hanno�portato�a�desumere�(rectius:�a�ritenere�dimostrato)�lo�stato�di�insol-

venza�da�alcune�sue�verosimili�manifestazioni�esteriori.�Al�contrario,�il�giudi-

zio�che�ci�occupa�e�volto�a�ricercare�la�verita�reale�circa�la�sussistenza�del�

presupposto�dello�stato�di�insolvenza,�atteso�il�coinvolgimento�di�interessi�

superindividuali�nella�vicenda�che�conduce�a�dichiarare�il�fallimento�(45).�In�

(42)�Dimundo,�cit.,254.�
(43)�Determinano�la�nullita�della�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�oltre�all'incompetenza�
del�giudice�che�l'ha�emessa,�ad�esempio�il�difetto�di�giurisdizione,�la�violazione�del�principio�di�
immutabilita�del�giudice,�il�difetto�di�sottoscrizione�del�giudice.�
(44)�E�qualora�si�dovesse�effettivamente�accertare�l'incompetenza�del�tribunale�che�ha�pronun-
ciato�la�sentenza�di�fallimento�non�potra�che�esserci�l'inesorabile�conseguenza�della�revoca 
di�tale�
pronuncia.�Non�pare�invece�percorribile�la�strada�della�translatio 
iudicii 
(ancorche�dettata�dall'esi-
genza�di�evitare�ai�creditori�il�naufragio�di�una�procedura�concorsuale�per�motivi�non�attinenti�al�
merito,�contra 
Pajardi,�Manuale 
di 
dirittofallimentare,�4�ed.,�123�nt.�40).�La�competenza�territoriale�
per�la�dichiarazione�di�fallimento�e�,�invero,�esclusiva�ed�inderogabile,�ricorrendo�la�ratio 
dell'attri-
buzione�della�cognizione�di�un�determinato�processo�al�giudice�del�territorio�dove�sara�piu�agevole�
ed�efficace�la�sua�funzione�(nel�nostro�caso�del�territorio�dove�si�trova�lo�stabilimento�commerciale�
dell'imprenditore�e�dunque�i�suoi�beni).�Inoltre�ricorrono�speciali�ragioni�di�ordine�pubblico,�consi-
derato�l'interesse�della�collettivita�(quella�particolare�collettivita�in�seno�alla�quale�l'imprenditore�
non�riusciva�piu�a�svolgere�con�affidabilita�la�propria�attivita�commerciale)�alla�rimozione�di�questa�
fonte�di�pericolo�per�i�propri�traffici.�In�questo�senso�v.�Bongiorno,�cit.,�305�ss..�
(45)�Dimundo,�cit.,255.�

DOTTRINA�1001 


definitiva,�quindi,�non�rileva�l'iter�logico�che�ha�portato�a�quella�conclusione�
(affermazione�della�ricorrenza�dello�stato�di�insolvenza),�quanto�piuttosto�la�
bonta�della�conclusione�medesima,�la�sua�oggettiva�veridicita�.�Se�tale�stato�
effettivamente�ricorre�(o�meglio,�ricorreva�al�tempo�in�cui�fu�dichiarato),�
ancorche�aliunde�desumibile,�il�fallimento�resta�in�piedi.�

Per�queste�ragioni�dottrina�e�giurisprudenza�sono�concordi�nell'ammet-
tere�la�possibilita�che�il�giudice�dell'opposizione�possa�fondare�il�proprio�
convincimento�anche�su�fatti�diversi�da�quelli�presi�in�considerazione�nella�
fase�prefallimentare.�Con�la�precisazione,�pero�,�che�deve�trattarsi�di�fatti�
anteriori(46)�alla�dichiarazione�di�fallimento,�oppure�di�accadimenti�anche�
successivi�a�tale�dichiarazione,�ma�che�dimostrino,�illuminando�di�miglior�
luce�il�passato,�che�a�quel�tempo�l'imprenditore�era�effettivamente�insol-
vente�(47).�

E�questa�puntualizzazione�relativa�al�quid�dell'accertamento�in�questione�
permette�poi�di�valutare�in�maniera�conseguente�il�quomodo�di�tale�accerta-
mento.�

Quanto�precisato,�invero,�spiega�agevolmente�il�carattere�inquisitorio�del�
giudizio�in�questione,�per�il�quale�dunque�e�fortemente�attenuato�il�principio�
secondo�cui�iudexsecundum�alligata�etprobata�iudicaredebet.�

Il�tribunale,�cos|�come�avviene�nella�fase�prefallimentare�(ancorche�in�
tale�fase�l'accertamento�debba�essere�sommario)�deve�poter�effettivamente�
indagare�per�ricercare�la�realta�sostanziale�che�sta�dietro�alle�manifestazioni�
esteriori�che�fanno�presumere�l'insolvenza.�E�per�far�cio�,�non�puo�che�spin-
gersi�oltre�l'attivita�delle�parti,�rimediandovi�qualora�questa�sia�mancante�o�
insufficiente�(48).�

(46)�Cfr.�Cass.�26�novembre�2002,�n.�16658,�secondo�cui�nell'opposizione�hanno�rilievo�solo�i�
fatti�esistenti�al�momento�della�dichiarazione�di�fallimento�poiche�la�pronuncia�di�revoca,�cui�l'op-
posizione�tende,�presuppone�l'acquisizione�della�prova�che�non�sussistevano�i�presupposti�alla�
stregua�della�situazione�di�fatto�esistente�al�momento�della�apertura�della�procedura.�Ne�consegue�
che�l'estinzione�delle�passivita�ad�opera�di�terzi,�sopraggiunta�nel�corso�della�procedura,�rileva�ai�
fini�della�chiusura�ma�non�della�revoca�del�fallimento.�
(47)�Al�limite�si�potrebbe�dimostrare�che�lo�stato�di�attuale�insolvenza�dell'imprenditore�fal-
lito�sia�in�realta�la�conseguenza�e�non�la�causa�della�dichiarazione�di�fallimento;�che�solo�successi-
vamente�ad�essa�egli�e�venuto�a�trovarsi�nell'impossibilita�di�adempiere,�a�causa�dell'allarmismo�
ingenerato�dalla�medesima�nei�suoi�interlocutori�commerciali,�che�a�partire�da�tale�momento�lo�
hanno�isolato�ritenendolo�(indebitamente)�non�piu�affidabile�e�rendendolo�cos|�incapace�di�far�
fronte�alle�proprie�obbligazioni.�In�tal�caso,�secondo�alcuni,�per�imprescindibili�esigenze�di�giusti-
zia,�la�sentenza�di�fallimento�andrebbe�revocata,�salvo�la�possibilita�di�una�successiva�dichiara-
zione�di�fallimento�(Pajardi,�cit.,�135),�secondo�altri�viceversa�andrebbe�mantenuta�ferma�(Satta,�
Diritto�Fallimentare,�cit.,83).�
(48)��A�differenza�del�procedimento�prodromico�alla�pronuncia�della�sentenza�dichiarativa�di�
fallimento,�il�procedimento�di�opposizione�non�puo�essere�iniziato�d'ufficio;�ma�una�volta�che�esso�
sia�iniziato�ad�istanza�di�soggetto�legittimato,�e�sia�dunque�necessario�scendere�all'esame�del�
merito,�questo�merito�e�ancora�quello�posto�ad�oggetto�della�sentenza�dichiarativa�di�fallimento;�
non�avrebbe�alcun�senso�sottrarre�al�monopolio�delle�parti�il�formarsi�del�materiale�di�cognizione�
in�qualunque�fase�del�processo,�se�poi�la�medesima�regola�non�dovesse�valere�nell'ambito�di�un�rie-
same�caratterizzato�dalla�piena�devoluzione�di�problemi�al�giudice�ad�quem.�Proprio�dall'esame�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Tali�conclusioni�circa�la�natura�officiosa�del�giudizio�di�opposizione,�e,�
conseguentemente,�circa�l'estrema�varieta�dei�fatti�(anche�nuovi�e�diversi)�su�
cui�il�giudice�puo�fondare�il�suo�convincimento,�risultano�nettamente�preva-
lenti,�come�detto,�in�dottrina�e�rappresentano,�altres|�,�consolidato�orienta-
mento�giurisprudenziale�(49).�

Con�riferimento�ai�singoli�mezzi�di�prova�si�e�a�lungo�discusso�circa�
l'ammissibilita�(anche�e�soprattutto�nella�fase�dell'opposizione)�di�prove�di�
lunga�indagine�(ad�esempio�certe�perizie).�

Alcuni�hanno�sostenuto�che�se�fosse�necessario�dover�ricorrere�ad�inda-
gini�particolarmente�complesse,�vorrebbe�dire�che�dell'insolvenza,�allo 
stato,�
non�vi�sono�prove�sufficienti;�e�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�a�que-
sto�punto,�andrebbe�senz'altro�revocata�perche�non�e�possibile�prima�pronun-
ciare�e�successivamente�ricercare�la�prova�su�cui�quella�pronuncia�va�fondata.�
Ma�si�tratta�di�opinione�non�condivisibile�e�comunque�minoritaria,�attesa�la�
necessita�di�esaminare�funditus 
la�situazione�in�cui�si�trovava�l'imprenditore�
al�tempo�della�dichiarazione�di�fallimento.�Quello�che�si�apre�con�l'opposi-
zione�di�cui�all'art.�18�e�un�normale�giudizio�di�cognizione,�anzi�un�giudizio�
che�deve�sopperire�al�carattere�sommario�dell'accertamento�che�l'ha�prece-
duto;�in�seno�al�quale,�dunque,�sono�ammissibili�anche�testimonianze�e�
perizie,�ancorche�se�ne�allunghino�i�tempi.�Per�non�dire�dei�numerosi�autori�
che�le�ritengono�ammissibili�addirittura�nella�fase�prefallimentare.�

Una�volta�ammessa�la�testimonianza,�si�e�poi�discusso�sulla�capacita�o�
meno�di�testimoniare�dei�creditori�rimasti�fuori�dal�giudizio�(in�quanto�non�
siano�resistenti,�ne�opponenti,�ne�intervenienti).�La�prevalente�dottrina�e�la�
giurisprudenza�tutta�(50)�optano�per�la�tesi�favorevole,�prevalendo�l'interesse�

del�giudice�ad 
quem 
dipende�la�soluzione�definitiva,�piu�che�dall'esame�del�giudice�a 
quo;ne�si�puo�
ammettere�che�il�giudice�del�riesame�abbia�poteri�inferiori�a�quelli�propri�del�giudice�che�lo�ha�pre-
ceduto�(Ricci,�Lezioni 
sulfallimento,�I,�Milano,�1992,�200).�

(49)�Cfr.�Cass.�26�luglio�1994,�n.�6953,�Fa,�1995,�266:��Nel�giudizio�di�opposizione�alla�sen-
tenza�dichiarativa�di�fallimento,�il�carattere�officioso�del�processo�importa�che�il�giudice�puo�pren-
dere�in�esame,�ai�fini�della�prova�relativa�ai�presupposti�la�dichiarazione�di�fallimento,�tutte�le�
risultanze�processuali�senza�distinzioni�tra�oneri�spettanti�all'attore�ed�onere�spettante�al�conve-
nuto�.�V.,�ancora,�Cass.�12�gennaio�1999�n.�225,�dove�si�afferma�che�al�carattere�officioso�ed�inqui-
sitorio�del�giudizio�di�opposizione�si�riconnette�il�potere-dovere�di�verificare�l'esistenza�dei�presup-
posti�anche�sulla�sola�base�degli�atti�del�fascicolo�fallimentare,�con�riguardo�alla�situazione�obiet-
tiva�dell'impresa�sotto�il�profilo�dello�status 
decoctionis,�ed�a�prescindere,�dunque,�dalla�
legittimazione�ad�agire�del�creditore�istante,�con�la�conseguenza�che,�pur�nella�conclamata�assenza�
di�quest'ultima,�il�giudice�e�tenuto�a�respingere�l'opposizione�se�risulti�aliunde 
accertato�lo�stato�
d'insolvenza�dell'imprenditore,�e�purche�riferibile�ad�un�momento�anteriore�alla�dichiarazione�di�
fallimento.�V.�ancora�Cass.�26�marzo�2003,�n.�4476,�per�la�quale�nell'opposizione�il�carattere�offi-
cioso�e�inquisitorio�del�giudizio�abilita�il�giudice�ad�attingere�la�conoscenza�di�profili�di�fatto�rile-
vanti�per�la�decisione�degli�atti�del�fascicolo�fallimentare,�indipendentemente�dalla�costituzione�
del�curatore�e�dalle�sue�produzioni.�
(50)��L'incapacita�a�testimoniare�prevista�dall'articolo�246�c.p.c.,�la�quale�e�sancita�solo�per�
le�persone�aventi�nella�causa�un�interesse�che�potrebbe�legittimare�la�loro�partecipazione�al�giudi-
zio,�non�e�configurabile�nel�processo�di�opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�nei�

DOTTRINA�1003 


pubblico�alla�ricerca�della�verita�a�tal�punto�da�consentire�l'audizione�di�un�
testimone�verosimilmente�influenzato�dall'interesse�personale(51).�

Ancora�una�volta,�diverse�dovranno�essere�le�conclusioni�per�le�prove�
legali�(confessione�e�giuramento);�la�loro�inammissibilita�e�variamente�moti-
vata�dalla�dottrina�prevalente,�ma�va�ribadito�che�davvero�decisivo�appareil�
rilievo�circa�la�indisponibilita�per�le�parti�degli�interessi�in�gioco,�per�cui�in�
alcun�modo�il�giudice�deve�sentirsi�vincolato,�nella�ricerca�dei�fatti�(rectius,�
degli�stati,�che�non�sono�fatti),�al�loro�comportamento�processuale(52).�Nello�
stesso�anche�la�giurisprudenza�pressoche�costante�(53).�

Segue: 
la 
decisione, 
i 
suoi 
effetti 
e 
gli 
ulteriori 
mezzi 
di 
gravame. 


Qualora�il�tribunale�si�sia�convinto�della�correttezza�delle�conclusioni�
circa�la�ricorrenza�dello�stato�di�insolvenza,�rigetta�con�sentenza�l'opposi-
zione.�Tale�sentenza�e�notificata�all'opponente�(art.�19,�co.�2).�

In�caso�contrario,�la�sentenza�revoca�quella�dichiarativa�di�fallimento�ed�
e�notificata�al�curatore,�al�creditore�che�ha�chiesto�il�fallimento�e�al�debitore,�
se�questi�non�e�opponente;�deve�inoltre�essere�pubblicata,�comunicata,�affissa�
ed�iscritta�a�norma�dell'art.�17�(art.�19,�co.�1).�

L'appello,�ai�sensi�del�co.�3�dell'art.�19,�va�proposto�nel�piu�breve�ter-
mine�di�quindici�giorni,�mentre�nulla�e�detto�circa�il�termine�per�ricorrere�in�
cassazione,�valendo�quindi�per�esso�la�regola�generale�(sessanta�giorni).�

La�sentenza�di�revoca�non�e�provvisoriamente�esecutiva,�per�cui�iniziera�
a�produrre�i�propri�effetti�solo�con�il�passaggio�in�giudicato;�invero,�non�si�
tratta�di�una�sentenza�di�condanna,�limitandosi�a�rimuovere�uno�stato�ed�i�
relativi�effetti.�Pertanto,�fin�quando�non�interviene�il�giudicato,�il�fallimento�
resta�in�piedi�ed�il�curatore�continua�ad�esserne�il�rappresentante.�

Come�per�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�anche�gli�effetti�della�
sentenza�emessa�a�conclusione�del�giudizio�di�opposizione�hanno�(una�volta�
consolidatisi�con�il�passaggio�in�giudicato)�efficacia�erga 
omnes;�quindi,�var-
ranno�anche�nei�confronti�degli�interessati�che�non�abbiano�partecipato�al�
giudizio.�La�sentenza�di�fallimento,�invero,�non�puo�che�permanere�o�essere�
revocata�per�tutti�(54).�

L'art.�21�precisa�che�anche�quando�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�
venga�revocata,�restano�salvi�gli�effetti�degli�atti�legalmente�compiuti�dagli�
organi�del�fallimento.�La�ratio 
di�tale�disposizione�e�facilmente�evincibile�sol�

confronti�dei�creditori�del�fallito�che�non�siano�creditori�istanti,�in�quanto�le�loro�ragioni�(che�di�
regola�si�assommano�nella�massa)�vengono�fatte�valere�dal�curatore��(Cass.�30�marzo�1994,�

n.�3157,�Fa,�1994,�1128).�
(51)�Bongiorno,�cit.,�329;�Dimundo,�cit.,260.�
(52)�Bongiorno,�cit.,�329;�Dimundo,�cit.,260.�
(53)�V.�ad�esempio�Cass.�19�marzo�1980,�1820,�dove�si�ribadisce�che�nel�giudizio�di�opposi-
zione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�che�e�volto�non�gia�a�dirimere�un�contrasto�tra�due�
privati,�bens|�a�ricercare�la�verita�reale�circa�la�sussistenza�dei�presupposti�della�dichiarazione�di�
fallimento,�e�inammissibile�il�giuramento.�
(54)�Dimundo,�cit.,�263.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

che�si�considerino�le�esigenze�di�tutela�dell'affidamento�ingenerato�nei�terzi�
che�siano�venuti�in�contatto�con�l'amministrazione�finanziaria�(con�aliena-
zioni�di�beni,�obbligazioni,�transazioni�e�cos|�via).�

Molto�ci�si�e�interrogati�sull'esatta�interpretazione�dell'avverbio�legal-
mente.�

Gli�atti�illegittimi�non�sono�in�ogni�caso�quelli�affetti�da�nullita�insana-
bili�o�caratterizzati�da�eccesso�o�sviamento�di�potere�degli�organi�della�proce-
dura�(si�pensi�ad�una�donazione�effettuata�dal�curatore�fallimentare),�come�
tali�inefficaci�anche�nei�confronti�del�fallimento.�Poiche�vale�il�principio�
secondo�cui�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�non�costituisce�presuppo-
sto�dell'attivita�degli�organi�fallimentari,�la�legittimita�degli�atti�da�essi�posti�
in�essere�va�verificata�indipendentemente�dai�vizi�che,�inficiando�il�provvedi-
mento�di�apertura,�ne�hanno�provocato�la�caducazione�(55).�

In�caso�di�revoca�del�proprio�fallimento,�il�debitore�ha�diritto�al�risarci-
mento�dei�danni�(da�richiedersi�unicamente�nell'atto�di�citazione)�da�parte�
del�creditore�istante�che�abbia�agito�con�colpa.�Ed�in�caso�di�condanna,�
saranno�a�carico�di�costui�anche�le�spese�di�procedura�e�il�compenso�al�cura-
tore�(art.�21,�co.�3).�Altrimenti�tali�spese�graveranno�sui�beni�acquistati�al�fal-
limento,�ovvero,�in�caso�di�incapienza,�direttamente�sul�fallito�ritornato�in�
bonis,�il�quale�si�rivarra�sull'erario�per�l'errore�giudiziario�(56).�

Circa�il�fondamento�del�diritto�al�risarcimento�alcuni�autori�fanno�riferi-
mento�al�generale�principio�del�neminem�laedere�(art.�2043�c.c.),�inferendone�
dunque�la�natura�extracontrattuale�della�responsabilita�del�creditore�istante;�lo�
stesso�dicasi�nel�caso�in�cui�voglia�farsi�riferimento�a�quella�tipicamenteproces-
suale�ex�art.�96,�co.�2,�c.p.c.,�che�di�quella�aquiliana�rappresenta�una�species.�

Altri,�viceversa,�chiamano�in�causa�la�diversa�disciplina�di�cui�al�comma�
primo�dell'art.�96,�co.�1,�c.p.c.,�con�la�conseguenza�che�diverrebbe�elemento�
costitutivo�del�diritto�al�risarcimento�la�colpa�grave.�

L'art.�21�legge�fall.,�pero�,�non�distingue�affatto�tra�culpa�grave�e�levis,�
per�cui�se�ne�puo�affermare�l'assoluta�autonomia�rispetto�all'art.�96,�co.�2,�

c.p.c.�Non�sembra�quindi�corretto�aggiungere�al�testo�della�disposizione�c
he�si�esprime�in�termini�di�colpa�^il�requisito�della�gravita�,s|�da�ritenerla�
norma�eccentrica�rispetto�alle�regole�generali�in�tema�di�responsabilita�aqui-
liana.�
Al�risarcimento�dei�danni�avranno�anche�diritto�eventuali�opponenti�
diversi�dal�fallito�che�dimostrino�di�aver�subito�un�pregiudizio�dall'apertura�
del�procedimento�concorsuale.�

(55)�Bongiorno,�cit.,331�e�ss..�
(56)�La�Corte�Cost.,�con�sentenza�n.�46�del�6�marzo�1975,�ha�dichiarato�l'illegittimita�costi-
tuzionale�di�questo�comma�nella�parte�in�cui,�nel�caso�di�sentenza�di�revoca�della�dichiarazione�
di�fallimento,�pone�a�carico�di�chi�l'abbia�subita,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti�e�senza�
che�vi�avesse�dato�causa�col�suo�comportamento,�le�spese�della�procedura�ed�il�compenso�al�
curatore.�

DOTTRINA�1005 


E�non�puo��escludersi�neppure�che�chiamato�a�rispondere�dei�danni�
cagionati�sia�il�curatore�fallimentare,�per�essersi�ad�esempio�avvalso�del�
potere�di�richiedere�la�dichiarazione�di�fallimento�ex 
art.�147�(57).�

Per�cio��che�riguarda�gli�ulteriori�mezzi�di�impugnazione,�come�visto�si�
puo��appellare�e�ricorrere�in�cassazione.�

Non�risulta�invece�percorribile�il�rimedio�dell'opposizione�di�terzo�per�il�
semplice�fatto�che�la�sentenza�che�dichiara�il�fallimento�puo��essere�impu-
gnata�con�l'opposizione�ex 
art.�18�da�ogni�interessato.�

E�invece�ammesso�il�rimedio�della�revocazione�cd.�straordinaria�fondata�
sui�motivi�di�cui�ai�nn.�1,�2,�3�e�6�dell'art.�395�c.p.c.;�gli�altri�due�motivi�di�
cui�all'art.�395�(nn.�4�e�5,�revocazione�ordinaria),�rimangono�infatti�assorbiti�
dall'opposizione�attesa�la�loro�riconoscibilita��(58).�

5. 
Conclusioni: 
la 
natura 
del 
giudizio 
di 
opposizione 
introdotto 
a 
norma 
del-
l'art. 
18. 


Volendo�conclusivamente�interrogarsi�sulla�la�natura�giuridica�dell'op-
posizione�di�cui�all'art.�18,�si�deve�rilevare�che�alcuni�autori�l'hanno�ricon-
dotta�all'opposizione�all'esecuzione�di�cui�all'art.�615,�c.p.c.,�in�particolare�
coloro�i�quali�scorgono�nel�fallimento�uno�strumento�per�l'attuazione�(con-
corsale)�della�responsabilita��del�debitore�insolvente.�

Altri,�ancora,�l'hanno�ricondotta�all'opposizione�di�cui�all'art.�617�c.p.c.,�
con�la�quale�il�debitore�esecutato�puo��chiedere�la�dichiarazione�di�nullita��
degli�atti�esecutivi�illegittimi.�

Ulteriore�orientamento�ne�ha�scorto�una�fortissima�affinita��con�le�oppo-
sizioni�ai�provvedimenti�monitori,�ed�in�particolare�con�l'opposizione�a�
decreto�ingiuntivo,�essendo�diretta�a�contestare�la�validita��del�titolo.�

In�realta�,�per�individuare�la�natura�del�giudizio�instaurato�a�norma�del-
l'art.�18�non�possono�che�richiamarsi�le�considerazioni�svolte�in�precedenza�
circa�il�carattere�pubblicistico�che�pervade�tutta�la�normativa�sul�fallimento,�
introdotta�dal�legislatore�a�tutela�della�certezza�dei�traffici�commerciali�e�
dei�rapporti�giuridici.�

In�quella�sede�si�e��chiarito�che�se�lo�stato�d'insolvenza�sussiste,�l'impren-
ditore�va�rimosso�dal�mercato.�Ora,�nella�fase�dichiarativa�l'accertamento�e��
di�carattere�sommario;�in�quella�che�si�apre�con�l'opposizione�invece�la�cogni-
zione�e��piena,�ed�il�contraddittorio�non�piu��attenuato,�come�nei�normali�pro-
cessi�contenziosi.�Ma�questa�precisazione�non�infirma�affatto�le�conclusioni�
circa�il�carattere�volontario 
della�procura�fallimentare,�ivi�compresa�la�fase�
dell'opposizione�alla�sentenza�dichiarativa.�Che�tale�fase�e��appunto�deputata�
all'accertamento�(stavolta�ad�un�piu��attento�accertamento)�circa�la�ricorrenza�

(57)�Per�tutti�questi�rilievi�v.�Bongiorno,�cit.,�335;�l'a.�precisa�inoltre�che�anche�in�caso�di�
rigetto�dell'istanza�di�fallimento�per�l'imprenditore�rimasto�in 
bonis 
residua�la�possibilita��di�chie-
dere�il�risarcimento�dei�danni,�atteso�l'indiscutibile�danno�all'immagine�subito�per�effetto�di�quel-
l'istanza.�Ancora,�sempre�secondo�l'a.,�nulla�osta�a�che�il�risarcimento�dei�danni,�sia�liquidato�
d'ufficio�e�secondo�equita��dallo�stesso�tribunale.�
(58)�Sempre�Bongiorno,�cit.,�337.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

dei�presupposti�che�il�giudice�prefallimentare�ha�ritenuto�sussistere;�orbene,�
tale�verifica�sara��certamente�di�natura�giurisdizionale�(stavolta�in�un�senso�
piu��pieno�del�termine),�ma�in�ogni�caso�non�si�trattera��di�giurisdizione�con-
tenziosa,�per�il�semplice�fatto�che�non�c'e��nulla�di�cui�le�parti�possano�
disporre.�Lo�stato�di�insolvenza�non�rappresenta�un�diritto 
per�il�soggetto�
cui�eventualmente�giovi,�ma�e��uno�stato 
giuridico,�una�situazione�del�tutto�
indisponibile,�dunque,�per�la�parte�su�cui�ricade,�come�pure�per�la�parte�inte-
ressata�alla�sua�dichiarazione.�E�questo�non�puo��non�incidere�in�ogni�verifica�
giurisdizionale�che�si�prefigga�di�accertare�un�tale�stato.�Si�spiega,�cos|�,il�
carattere�inquisitorio�del�giudizio,�perche�cio��che�conta�e��la�ricerca�della�
verita��,�o�quanto�meno�di�una�verita��che�sia�il�piu��possibile�corrispondente�a�
quella�reale,�e�non�di�una�realta��meramente�processuale�su�cui�le�parti�
abbiano�potuto�eventualmente�concordare;�si�spiega,�ancora,�la�non�ammissi-
bilita��di�alcuni�mezzi�di�prova�(le�prove�legali,�come�visto).�Ed�ancora,�si�
spiegano�le�ulteriori�caratteristiche�del�giudizio�in�parola�ed�i�suoi�possibili�
esiti.�Con�esso�si�tende�all'accertamento�dell'insolvenza,�partendo�dal�presup-
posto�che�c'e��stata�gia��una�prima�pronuncia�positiva�al�riguardo.�Bene,�non�
esistendo�altre�alternative�tra�la�ricorrenza�e�la�non�ricorrenza�di�essa,�la�sen-
tenza�non�potra��che�essere�di�revoca�o�di�conferma�della�dichiarazione�di�fal-
limento.�L'opposizione�e��dunque�un'impugnazione�con�carattere�rescindente 
e�non�sostitutivo,�proprio�perche�non�mira�a�sostituire�la�sentenza�impugnata�
con�una�diversa�decisione�sul�medesimo�oggetto�(come�ad�esempio�l'appello,�
quand'anche�conduca�ad�una�decisione�di�tenore�esattamente�contrario�a�
quello�della�sentenza�impugnata);�mira,�invece,�ad�una�pronuncia�che�elimini�
puramente�e�semplicemente�quella�precedente;�la�sentenza�dichiarativa�di�fal-
limento,�dunque,�viene�caducata�con�una�decisione�di�revoca,�in�caso�di�acco-
glimento,�mentre�viene�lasciata�sussistere�come�e��(e�non�sostituita�con�una�
decisione�di�identico�contenuto)�in�caso�di�rigetto.�


DOTTRINA�1007 


Il 
trattamento 
dei 
dati 
personali 
alla 
luce 
del 
d.lgs. 


n. 
196/03 
(�Codice 
in 
materia 
di 
protezione 
dei 
dati 
personali�), 
in 
particolare 
le 
regole 
specifiche 
per 
i 
soggetti 
pubblici 
di 
Emanuela 
Rosano� 


SOMMARIO:�Premessa1. 
^Principigeneraliedefinizioni2. 
^Idirittidell'interes-

satoel'obbligodiinformativa3. 
^Regolespecificheperisoggettipubblici 


4. 
^I 
soggetti 
che 
effettuano 
il 
trattamento 
5. 
^Gli 
adempimenti 
5.1. 
^La 
notificazione 
5.2. 
^Gli 
obblighi 
di 
comunicazione 
5.3. 
^Le 
autorizzazioni 
6. 
^Trattamenti 
in 
ambito 
pubblico 
6.1. 
^Attivita� 
di 
rile-

vante 
interesse 
pubblico 
6.2. 
^Contenuto 
dei 
regolamenti 
7. 
^Misure 


minime 
di 
sicurezza 
e 
Disciplinare 
tecnico 
8. 
^Privacy 
e 
accesso 
ai 
docu-

menti 
amministrativi. 
Conclusioni. 
Premessa. 


Il��Codice�in�materia�di�protezione�dei�dati�personali��(cd.�Codice�sulla�
privacy)e�stato�approvato�con�D.Lgs.�30�giugno�2003,�n.�196�(pubblicato�
nella�G.U. 
n.�174�del�29�luglio�2003)�ed�e�entrato�in�vigore�il�1.�gennaio�2004.�

Si�divide�in�tre�parti.�La�prima�(artt.�1-45)�contiene�le�norme�di�carattere�
generale,�valevoli�per�chiunque�ponga�in�essere�attivita�di�trattamento�dati�
dei�terzi.�La�seconda�(artt.�36-140),�disciplina�le�disposizioni�relative�a�speci-
fici�settori,�in�particolare,�quello�amministrativo,�giudiziario�e�sanitario.�La�
terza�parte�(artt.�141-186),�infine,�disciplina�il�sistema�sanzionatorio,�i�rap-
porti�col�Garante�e�contiene,�altres|�,�norme�abrogative,�modificative,�transi-
torie�e�finali.�

Il�codice�e�composto�inoltre�di�tre�allegati�cos|�denominati:��Codice�di�
deontologia�relativo�al�trattamento�dei�dati�personali�nell'esercizio�dell'atti-
vita�giornalistica��(All.�A),��Disciplinare�tecnico�in�materia�di�misure�
minime�di�sicurezza��(All.�B),��Trattamenti�non�occasionali�effettuati�in�
ambito�giudiziario�o�per�fini�di�polizia��(All.�C).�

1. 
^Principi 
generali 
e 
definizioni 
L'art.�1�del�codice�riproduce�il�primo�comma�dell'art.�8�della�Carta�dei�
diritti�fondamentali�dell'Unione�Europea:��Chiunque�ha�diritto�alla�prote-
zione�dei�dati�personali�che�lo�riguardano�.�La�disposizione�introduce�il�rico-
noscimento�del�diritto�alla�protezione�dei�dati�personali�attribuendo�ad�esso�
valenza�autonoma�rispetto�al�diritto�alla�riservatezza.�

Il�successivo�art.�2�sulle��Finalita���del�codice,�si�richiama�ai�principi�di�
dignita�,�riservatezza,�identita�personale�e�al�diritto�alla�protezione�dei�dati�
personali,�al�cui�rispetto�dev'essere�improntato�il�trattamento�dei�dati�perso-
nali.�

L'art.�3�introduce�il��principio�di�necessita���nel�trattamento�dei�dati�per-
sonali,�in�base�al�quale,�sin�dalla�loro�configurazione,�i�sistemi�informativi�e�
i�programmi�informatici�devono�essere�predisposti�in�modo�da�assicurare�
che�i�dati�personali�o�identificativi�siano�utilizzati�solo�se�indispensabili�per�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

il�raggiungimento�delle�finalita�consentite,�e�non�anche�quando�i�medesimi�
obiettivi�possano�essere�raggiunti�mediante�l'uso�di�dati�anonimi�o�con�
modalita�non�invasive�della�sfera�privata�dell'interessato.�

L'art.�4�contiene�le�definizioni.�Tra�le�piu�importanti�sin�da�ora�si�evi-
denzia�che:�

^per�trattamento,�si�intende��qualunque�operazione�o�complesso�di�
operazioni,�effettuati�anche�senza�l'ausilio�di�strumenti�elettronici,�concer-
nenti�la�raccolta,�la�registrazione,�l'organizzazione,�la�conservazione,�la�con-
sultazione,�l'elaborazione,�la�modificazione,�la�selezione,�l'estrazione,�il�raf-
fronto,�l'utilizzo,�l'interconnessione,�il�blocco,�la�comunicazione,�la�diffu-
sione,�la�cancellazione�e�la�distruzione�di�dati,�anche�se�non�registrati�in�una�
banca�dati��(art.�4,�1�comma,�lett.�a));�

^per�dato�personale,��qualunque�informazione�relativa�a�persona�
fisica,�persona�giuridica,�ente�o�associazione,�identificato�o�identificabili,�
anche�indirettamente,�mediante�riferimento�a�qualsiasi�altra�informazione,�
ivi�compreso�un�numero�di�identificazione�personale��(art.�4,�1�comma,�
lett.�b));�

^per�dati�identificativi,��i�dati�personali�che�permettono�l'identifica-
zione�diretta�dell'interessato��(art.�4,�1.�comma,�lett.�c));�

^per�dati�sensibili,��i�dati�personali�idonei�a�rivelare�l'origine�razziale�
ed�etnica,�le�convinzioni�religiose,�filosofiche�o�di�altro�genere,�le�opinioni�
politiche,�l'adesione�a�partiti,�sindacati,�associazioni�od�organizzazione�a�
carattere�religioso,�filosofico,�politico�o�sindacale,�nonche�i�dati�personali�
idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�e�la�vita�sessuale��(art.�4,�1�comma,�
lett.�d));�

^per�dati�giudiziari,��i�dati�personali�idonei�a�rivelare�provvedimenti�
di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lettere�da�a) 
a�o) 
eda�r) 
a�u) 
del�d.P.R.�14�novem-
bre�2002,�n.�313,�in�materia�di�casellario�giudiziale,�di�anagrafe�delle�sanzioni�
amministrative�dipendenti�da�reato�e�dei�relativi�carichi�pendenti,�o�la�qualita�
di�imputato�o�di�indagato�ai�sensi�degli�articoli�60�e�61�del�codice�di�proce-
dura�penale��(art.�4,�1.�comma,�lett.�e)).�

Una�categoria�di�dati�^non�meglio�definita�^e�quella�riguardante�i�dati�
di�cui�all'art�17�del�codice,�e�cioe�,�i�dati�diversi�da�quelli�sensibili�e�giudiziari�
(cd.�semisensibili)�il�cui�trattamento�presenta�rischi�specifici�per�i�diritti�e�le�
liberta�fondamentali,�nonche�per�la�dignita�dell'interessato,�in�relazione�alla�
natura�dei�dati�o�alle�modalita�del�trattamento�o�agli�effetti�che�puo�determi-
nare.�In�questi�casi,�il�trattamento�e�ammesso�solo�previa�verifica,�a�cura�
del�Garante,�che�siano�state�rispettate�le�misure�e�gli�accorgimenti�prescritti�
a�garanzia�dell'interessato.�

Alcuni�esempi�di�dati��semisensibili��sono�quelli�che�ledono�il�diritto�
all'immagine,�i�nominativi�presenti�nelle�centrali�rischi�utilizzate�nel�settore�
creditizio,�le�liste�dei�sospettati,�i�provvedimenti�disciplinari,�i�dati�raccolti�
per�assistenza�sociale�e�per�effettuare�sondaggi�di�opinione,�alcuni�dati�bio-
metrici.�

Si�definisce,�infine:�
^titolare,��la�persona�fisica,�la�persona�giuridica,�la�pubblica�ammini-
strazione�e�qualsiasi�altro�ente,�associazione�od�organismo�cui�competono,�


DOTTRINA�1009 


anche�unitamente�ad�altro�titolare,�le�decisioni�in�ordine�alle�finalita�,�alle�
modalita�del�trattamento�di�dati�personali�e�agli�strumenti�utilizzati,�ivi�com-
preso�il�profilo�della�sicurezza��(art.�4,�1�comma,�lett.�f));�

^responsabile,��la�persona�fisica,�la�persona�giuridica,�la�pubblica�
amministrazione�e�qualsiasi�altro�ente,�associazione�od�organismo�preposti�
dal�titolare�al�trattamento�dei�dati�personali��(art.�4,�1�comma�lett.�g));�

^incaricati,��le�persone�fisiche�autorizzate�a�compiere�operazioni�di�
trattamento�dal�titolare�o�dal�responsabile��(art.�4,�1�comma,�lett.�h)).�

2. 
^I 
diritti 
dell'interessato 
e 
l'obbligo 
di 
informativa 
Gli�artt.�7-10�disciplinano�i�diritti�dell'interessato�senza�tuttavia�disco-
starsi�in�maniera�significativa�dal�sistema�delineato�dal�legislatore�del�1996.�
Tali�diritti�(di�cui�l'interessato�dev'essere�previamente�informato�oralmente�o�
per�iscritto�ai�sensi�del�successivo�art.�13,�1.�comma,�lett.�e))�possono�essere�
classificati�in�tre�categorie�principali:�1)�il�diritto�a�conoscere�se�un�tratta-
mento�e�stato�iniziato;�2)�l'esercizio�di�un�controllo�sulla�qualita�dei�dati�per-
sonali�con�correlata�possibilita�di�chiederne�e�ottenerne�la�cancellazione,�la�
trasformazione�in�forma�anonima,�la�rettificazione,�l'aggiornamento,�il�
blocco�e�l'integrazione;�3)�il�diritto�di�opposizione�per�motivi�legittimi,�anche�
qualora�il�trattamento�sia�pertinente�allo�scopo�per�cui�i�dati�erano�stati�rac-
colti.�

Gli�articoli�contenuti�nel�Capo�I�del�Titolo�III�(artt.�11-17)�contengono�
regole�generali�valide�per�tutti�trattamenti.�In�particolare,�l'art.�11�sancisce�
alcuni�principi�fondamentali�in�ordine�alle�modalita�del�trattamento�e�ai�
requisiti�dei�dati�personali.�Questi�ultimi�devono�essere:�a)�trattati�in�modo�
lecito�e�secondo�correttezza;�b)�raccolti�e�registrati�per�scopi�determinati,�
espliciti�e�legittimi,�ed�utilizzati�in�altre�operazioni�del�trattamento�in�termini�
compatibili�con�tali�scopi;�c)�esatti�e,�se�necessario,�aggiornati;�d)�pertinenti,�
completi,�e�non�eccedenti�rispetto�alle�finalita�per�le�quali�sono�raccolti�o�
successivamente�trattati;�e)�conservati�in�una�forma�che�consenta�l'identifica-
zione�dell'interessato�per�un�periodo�di�tempo�non�superiore�a�quello�neces-
sario�agli�scopi�per�i�quali�essi�sono�stati�raccolti�o�successivamente�trattati.�

I�dati�trattati�in�maniera�illegittima�sono�inutilizzabili�e�comportano�un�
obbligo�di�risarcimento�del�danno�non�patrimoniale�a�carico�del�titolare�ai�
sensi�dell'art.�15,�2�comma,�del�codice(1).�

L'art.�13�sancisce�l'obbligo�^a�carico�dei�soggetti�pubblici�o�privati�che�
effettuano�il�trattamento�^di�fornire�all'interessato,�oralmente�o�per�iscritto,�

(1)�La�risarcibilita�del�danno�non�patrimoniale�e�affermata�in�generale�dall'art.�2059�del�
codice�civile,�il�quale,�tuttavia,�ne�limita�l'applicazione�ai�soli�casi�determinati�dalla�legge.�La�pre-
visione�del�secondo�comma�dell'art.�15,�soddisfa�il�requisito�dell'espressa�menzione�legislativa�
della�risarcibilita�del�danno�non�patrimoniale�ed�inoltre,�in�considerazione�del�fatto�che�il�tratta-
mento�illecito�possa�costituire�reato�ai�sensi�dell'art.�167�del�codice,�consente�al�danneggiato�di�
chiedere�ed�ottenere�anche�il�risarcimento�del�danno�morale�eventualmente�patito.�Il�Garante,�tut-
tavia,�nella�Relazione�al�Parlamento�per�l'anno�1997,�ha�evidenziato�come�il�risarcimento�del�
danno�morale�puo�essere�disposto�anche�in�assenza�di�una�condotta�penalmente�rilevante,�ma�
che�comporti�ugualmente�un�pregiudizio�alla�persona,�come�nel�caso,�ad�esempio,�di�mancato�
aggiornamento�dell'informazione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

un'informativa�completa�circa�le�finalita�e�modalita�del�trattamento,�la�
natura�obbligatoria�o�facoltativa�del�conferimento�dei�dati,�l'ambito�di�diffu-
sione�dei�medesimi,�le�conseguenze�di�un�eventuale�rifiuto�di�rispondere,�i�
soggetti�o�categorie�di�soggetti�a�cui�i�dati�possono�essere�comunicati�o�che�
possono�venirne�a�conoscenza�in�qualita�di�responsabili�o�incaricati,�i�diritti�
di�cui�all'art.�7,�gli�estremi�identificativi�del�titolare�e,�se�designato,�del�
responsabile.�

A�tale�proposito�^e�con�specifico�riferimento�alle�amministrazioni�^si

osserva�che,�l'informativa�di�cui�all'art.�13�del�codice�deve�essere�inserita�nei�

moduli�per�la�presentazione�delle�dichiarazioni�sostitutive�secondo�il�testo�

unico�sulla�documentazione�amministrativa�(art.�48,�comma�2,�decreto�del�

Presidente�della�Repubblica�445/2000).�
L'art.�15,�1.�comma,�prevede�che�il�danno�cagionato�ad�altri�per�effetto�

del�trattamento�dei�dati�personali�sia�da�risarcire�ai�sensi�dell'art.�2050�del

codice�civile�che,�come�e�noto,�disciplina�la�responsabilita�per�esercizio�di�

attivita�pericolose.�

3. 
^Regole 
specifiche 
per 
i 
soggetti 
pubblici 
Il�capo�II,�titolo�III�del�codice�(artt.�18-22),�regola�in�modo�specifico�il

trattamento�dei�dati�personali�effettuato�dai�soggetti�pubblici.�
L'art.�18�disciplina�i�principi�applicabili�a�tutti�i�trattamenti�effettuati�da�

soggetti�pubblici,�con�esclusione�degli�enti�pubblici�economici,�equiparati�


ai�fini�della�disciplina�in�esame�^ai�soggetti�privati.�
Si�afferma�che,�qualunque�trattamento�di�dati�personali�da�parte�dei

soggetti�pubblici�(2)�e�consentito�soltanto�per�lo�svolgimento�di�funzioni�isti-

tuzionali�e�nel�rispetto�dei�presupposti�e�dei�limiti�stabiliti�dal�codice,�anche

in�relazione�alla�diversa�natura�dei�dati,�nonche�dalla�legge�e�dai�regolamenti�

(art.�18,�2.�e�3.�comma).�
E�altres|�previsto�che�i�soggetti�pubblici�sono�esentati,�diversamente�dai

privati�e�dagli�enti�pubblici�economici,�dall'onere�di�preventiva�richiesta�del�

consenso�dell'interessato,�salve�comunque�le�disposizioni�riguardanti�gli�eser-

centi�le�professioni�sanitarie�e�gli�organismi�sanitari�pubblici.�

(2)�Il�codice�non�offre�una�definizione�di��soggetto�pubblico�,�pertanto,�e�opportuno�richia-
marsi�alla�normativa�previgente,�in�particolare�all'art.�1,�2.�comma,�d.lgs.�n.�165/01�(che�ha�sosti-
tuito�il�d.lgs.�29/93),�il�quale�definisce��amministrazioni�pubbliche���tutte�le�amministrazioni�
dello�Stato,�ivi�compresi�gli�istituti�e�scuole�di�ogni�ordine�e�grado�e�le�istituzioni�educative,�le�
aziende�ed�amministrazioni�dello�Stato�ad�ordinamento�autonomo,�le�regioni,�le�province,�i�
comuni,�le�comunita�montane�e�loro�consorzi�ed�associazioni,�le�istituzioni�universitarie,�gli�istituti�
autonomi�case�popolari,�le�camere�di�commercio,�industria,�artigianato�e�agricoltura�e�loro�asso-
ciazioni,�tutti�gli�enti�pubblici�non�economici�nazionali,�regionali�e�locali,�e�le�amministrazioni,�
le�aziende�e�gli�enti�del�Servizio�sanitario�nazionale�.�
Il�Garante�ha�costantemente�interpretato�la�nozione�di��soggetto�pubblico��in�modo�restrit-
tivo.�Si�vedano,�in�tal�senso,�i�pareri�del�31�dicembre�1996�e�del�29�maggio�1998�nei�quali�viene�
affermata�la�natura�privata,�rispettivamente,�della�TIM�S.p.A�e�delle�Ferrovie�dello�Stato�S.p.A.�

Anche�le�aziende�speciali,�istituite�ai�sensi�dell'�art.�23�della�legge�142/1990,�sono�state�rite-
nute�dal�Garante�enti�pubblici�economici,�equiparate�^come�tali�^ai�soggetti�privati�ai�fini�del-
l'applicazione�della�normativa�in�materia�di�trattamento�dei�dati�personali.�


DOTTRINA�1011 


Le�regole�applicabili�al�trattamento�dei�dati�personali�da�parte�dei�sog-
getti�pubblici�si�distinguono�sulla�base�della�natura�dei�dati�trattati,�
�comuni��o��ordinari��e��sensibili�e�giudiziari�.�

Per�quanto�riguarda�i�primi�(dati�comuni),�l'art.�19�dispone�che�il�tratta-
mento�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�e�consentito�anche�in�mancanza�di�
una�norma�di�legge�o�di�regolamento�che�lo�preveda�espressamente,�ma�solo�
nell'ambito�delle�proprie�funzioni�istituzionali.�

La�comunicazione(3)�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�ad�altri�soggetti�
pubblici�e�,�viceversa,�ammessa�quando�e�prevista�da�una�norma�di�legge�o�
di�regolamento�(4).�In�mancanza�di�tale�norma�la�comunicazione�e�ammessa�
quando�e�comunque�necessaria�per�lo�svolgimento�di�funzioni�istituzionali.�
Di�tale�comunicazione�il�Garante�dev'essere�previamente�informato�a�cura�
del�titolare�del�trattamento�e�il�trattamento�puo�essere�iniziato�solo�decorsi�
45�giorni�dal�ricevimento�della�comunicazione�salvo�diversa�determinazione�
del�Garante.�

La�comunicazione�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�a�privati�o�ad�enti�
pubblici�economici�e�la�diffusione(5)�sono�ammesse�unicamente�quando�sono�
previste�da�una�norma�di�legge�o�di�regolamento.�

Gli�artt.�20-22�disciplinano�i�principi�applicabili�al�trattamento�dei�dati�
sensibili�e�giudiziari�da�parte�dei�soggetti�pubblici.�

Secondo�l'art.�20,�1.�comma,�il�trattamento�di�dati�sensibili�da�parte�di�
soggetti�pubblici�e�consentito�solo�se�autorizzato�da�parte�di�espressa�disposi-
zione�di�legge�nella�quale�sono�specificati�i�tipi�di�dati�che�possono�essere�
trattati�e�di�operazioni�eseguibili�e�le�finalita�di�rilevante�interesse�pubblico�
perseguite.�

Nei�casi�in�cui�la�disposizione�di�legge�specifica�le�finalita�di�rilevante�
interesse�pubblico,�ma�non�i�tipi�di�dati�sensibili�e�di�operazioni�eseguibili,�
questi�sono�individuati�e�resi�pubblici�dalle�amministrazioni�con�regolamento�
da�adottare�in�conformita�al�parere�espresso�dal�Garante�anche�su�schemi�
tipo�(art.�20,�2.�comma).�

Se�il�trattamento�non�e�espressamente�previsto�da�alcuna�disposizioni�di�
legge,�i�soggetti�pubblici�possono�richiedere�al�Garante�l'individuazione�delle�
attivita�^tra�quelle�ad�essi�istituzionalmente�demandate�^che�perseguono�

(3)�Secondo�la�definizione�del�codice:��il�dare�conoscenza�dei�dati�personali�ad�uno�o�piu�
soggetti�determinati�diversi�dall'interessato,�dal�rappresentante�del�titolare�nel�territorio�dello�
Stato,�dal�responsabile�e�dagli�incaricati�in�qualunque�forma,�anche�mediante�la�loro�messa�a�
disposizione�e�consultazione��(�art.�4,�1.�comma,�lett.�l)).�
(4)�In�ordine�alla�individuazione�dei�regolamenti�idonei�a�consentire�la�comunicazione�e�la�
diffusione�dei�dati�personali�ai�sensi�del�2.�e�3.�comma�dell'art.�19,�e�da�ritenere�che�in�tale�nozione�
rientrano,�oltre�ai�regolamenti�governativi�e�ministeriali,�anche�i�regolamenti�emanati�da�enti�pub-
blici�aventi�autonomia�statutaria.�In�tal�senso�si�e�piu�volte�espresso�il�Garante�che�ha�ricono-
sciuto�la�legittimita�di�comunicazioni�previste�da�statuti�comunali�(parere�dell'8�gennaio�1998).�
(5)�Secondo�la�definizione�del�codice:��il�dare�conoscenza�dei�dati�personali�a�soggetti�inde-
terminati,�in�qualunque�forma�anche�mediante�la�loro�messa�a�disposizione�o�consultazione��
(art.�4,�1.�comma,�lett.�m)).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

finalita�di�rilevante�interesse�pubblico.�In�questo�caso,�il�soggetto�pubblico�
provvede�con�regolamento�ad�identificare�e�rendere�pubblici�i�tipi�di�dati�e�
di�operazioni�(art.�20,�3.�comma)�

Per�i�trattamenti�di�dati�personali�iniziati�prima�del�1�gennaio�2004,�l'i-
dentificazione�con�atto�di�natura�regolamentare�dei�tipi�di�dati�e�di�opera-
zioni�ai�sensi�degli�artt.�20,�2.�e�3�comma,�e�21,�2�comma,�e�effettuata,�ove�
mancante,�entro�il�30�settembre�2004(6)�(art.�181,�1�comma,�lett.�a)).�

La�regolamentazione�del�trattamento�dei�dati�giudiziari�e�equiparata,�
quanto�a�disciplina,�a�quella�riguardante�i�dati�sensibili,�a�cui,�infatti,�
l'art.�21,�2.�comma�rinvia.�

L'art.�22�enuncia,�infine,�una�serie�di�regole�applicabili�al�trattamento�
dei�dati�sensibili�e�giudiziari�ribadendo�e�specificando�alcuni�dei�principi�
(semplificazione,�armonizzazione,�necessita�e�indispensabilita�)�contenuti�nella�
prima�parte�del�codice.�

In�particolare,�il�primo�comma�della�disposizione�in�esame,�prevedendo�
che�i�soggetti�pubblici�conformano�il�trattamento�dei�dati�sensibili�secondo�
modalita�volte�a�prevenire�violazioni�dei�diritti,�delle�liberta�fondamentali�e�
della�dignita�dell'interessato,�specifica�i�principi�sanciti�dall'art.�2�del�codice.�

Al�secondo�comma�e�previsto�che,�nel�fornire�l'informativa�di�cui�
all'art.�13,�i�soggetti�pubblici�fanno�espresso�riferimento�alla�normativa�in�
base�alla�quale�e�effettuato�il�trattamento�dei�dati�sensibili�o�giudiziari.�

E�altres|�confermato�il�principio�di�necessita�di�cui�all'art.�3�del�codice�
secondo�il�quale�i�soggetti�pubblici�possono�trattare�solo�i�dati�sensibili�e�giu-
diziari�indispensabili�per�svolgere�attivita�istituzionali�che�non�possono�essere�
adempiute,�caso�per�caso,�mediante�il�trattamento�di�dati�anonimi�o�di�dati�
personali�di�natura�diversa�(e�cio�anche�quando�i�dati�sono�raccolti�nello�
svolgimento�di�compiti�di�vigilanza,�di�controllo�o�ispettivi�^art.�22,�
10.�comma).�

I�dati�sensibili�e�giudiziari�sono�raccolti,�di�regola,�presso�l'interessato.�

A�conferma�di�quanto�gia�visto�all'art.�11,�i�soggetti�pubblici�verificano�
periodicamente�l'esattezza�e�l'aggiornamento�dei�dati�sensibili,�nonche�la�loro�
pertinenza,�completezza,�non�eccedenza�e�indispensabilita�rispetto�alle�fina-
lita�perseguite�nei�singoli�casi,�anche�con�riferimento�ai�dati�che�l'interessato�
fornisce�di�propria�iniziativa.�Al�fine�di�assicurare�che�i�dati�sensibili�siano�
indispensabili�rispetto�agli�obblighi�e�ai�compiti�loro�attribuiti,�i�soggetti�pub-
blici�valutano�specificamente�il�rapporto�tra�i�dati�e�gli�adempimenti.�I�dati�
che,�anche�a�seguito�delle�verifiche,�risultano�eccedenti�o�non�pertinentio�
non�indispensabili�non�possono�essere�utilizzati,�salvo�che�per�l'eventuale�
conservazione,�a�norma�di�legge�dell'atto�o�del�documento�che�li�contiene�
(art.�22,�5.�comma).�

(6)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2005�per�effetto�del�D.L.�D.L.�24�giugno�2004,�n.�158,�
pubblicato�sulla�G.U. 
n.�147�del�25�giugno�2004�(sul�punto�v.�infra).�

DOTTRINA�1013 


I�dati�sensibili�contenuti�in�elenchi,�registri�o�banche�dati,�tenuti�con�
l'ausilio�di�strumenti�elettronici,�sono�trattati�con�tecniche�di�cifratura�o�
mediante�l'utilizzazione�di�codici�identificativi�o�di�altre�soluzioni�che,�consi-
derato�il�numero�e�la�natura�dei�dati�trattati,�li�rendono�temporaneamente�
inintellegibili�anche�a�chi�e�autorizzato�ad�accedervi�e�permettono�di�identifi-
care�gli�interessati�solo�in�caso�di�necessita�(art.�22,�6.�comma).�

I�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�e�la�vita�sessuale�sono�conser-
vati�separatamente�da�altri�dati�personali�trattati�per�finalita�che�non�richie-
dono�il�loro�utilizzo.�I�medesimi�dati�sono�trattati�con�le�modalita�di�cui�
sopra�anche�quando�sono�tenuti�in�elenchi,�registri,�banche�dati�senza�l'ausi-
lio�di�strumenti�elettronici.�

I�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�non�possono�essere�diffusi�
(art.�22,�7�e�8.�comma).�

I�dati�sensibili�non�possono�essere�trattati�nell'ambito�di�test�psico-atti-
tudinali�volti�a�definire�il�profilo�o�la�personalita�dell'interessato.�

La�diffusione�dei�dati�sensibili�e�giudiziari�e�ammessa�solo�se�prevista�da�
un'espressa�disposizione�di�legge.�

4. 
^I 
soggetti 
che 
effettuano 
il 
trattamento 
Il�titolo�IV�del�codice�(artt.�28-30)�e�intitolato�ai�soggetti�che�effettuano�
il�trattamento,�individuati�nel�titolare,�responsabile,�incaricati.�

Ai�sensi�dell'art.�28,�quando�il�trattamento�e�effettuato�da�una�persona�
giuridica,�da�una�pubblica�amministrazione�o�da�un�qualsiasi�altro�ente,�
associazione�od�organismo,�titolare�del�trattamento�e�l'entita�nel�suo�com-
plesso�o�l'unita�od�organismo�periferico�che�esercita�un�potere�decisionale�
del�tutto�autonomo�sulle�finalita�e�sulle�modalita�del�trattamento,�ivi�com-
preso�il�profilo�della�sicurezza.�

In�questi�casi,�quindi,�il�titolare�del�trattamento�e�la�struttura�nel�suo�
complesso�e�cioe�il�soggetto�al�quale�competono�le�scelte�di�fondo�sulla�rac-
colta�e�sull'utilizzazione�dei�dati�e�non,�invece,�le�singole�persone�fisiche�che�
l'amministrano�o�che�la�rappresentano,�quali�ad�esempio�il�ministro,�l'ammi-
nistratore�delegato,�il�direttore�generale,�il�presidente,�il�legale�rappresentante�
(parere�del�Garante�dell'11�dicembre�1997).�

Nello�svolgimento�dei�propri�compiti�istituzionali,�i�soggetti�pubblici�
possono�ricorrere�alla�collaborazione�di�privati,�cui�affidare�determinate�atti-
vita�anche�attraverso�concessioni,�appalti�o�convenzioni.�In�tali�ipotesi,�il�pri-
vato�puo�assumere�la�veste�di�collaboratore�esterno�del�soggetto�pubblico,�
che�coadiuva�l'amministrazione�trattando�i�dati�anche�al�di�fuori�della�rela-
tiva�struttura,�ma�pur�sempre�nell'ambito�di�un'attivita�che�ricade�nella�sfera�
di�titolarita�e�responsabilita�dell'amministrazione�la�quale�conserva,�pertanto,�
la�qualita�di�titolare�del�trattamento;�oppure�puo�assumere�la�veste�di�titolare�
del�trattamento�e�decidere�autonomamente�in�ordine�al�trattamento�delle�
informazioni�assumendosi�le�relative�responsabilita�.�Nel�primo�caso,�il�pri-
vato�e�parte�sostanziale�della�struttura�pubblica�e�rimane�quindi�soggetto�alla�


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 


disciplina 
legislativa 
prevista 
per 
i 
soggetti 
pubblici, 
nel 
secondo 
casoe� 
invece 
soggetto 
autonomo 
che 
tratta 
i 
dati 
secondo 
le 
regole 
previste 
dalla 
normativa 
per 
i 
privati 
(7). 


L'art. 
29 
tratta 
del 
responsabile 
del 
trattamento. 


La 
sua 
preposizione 
da 
parte 
del 
titolare 
e� 
facoltativa 
(nel 
senso 
che, 
ove 
mancante, 
il 
responsabile 
puo� 
anche 
identificarsi 
con 
il 
titolare). 
Essa 
presup-
pone 
che 
i 
compiti 
affidati 
al 
responsabile 
siano 
specificati 
analiticamente 
e 
per 
iscritto. 
La 
designazione 
puo� 
riguardare 
l'insieme 
delle 
operazioni 
di 
trat-
tamento 
o 
alcune 
di 
esse, 
e 
puo� 
incardinare 
piu� 
persone, 
cumulativamente 
o 
per 
compiti 
separati. 
Il 
responsabile 
^persona 
fisica 
o 
giuridica 
^puo� 
essere 
individuato 
nel 
dirigente 
del 
settore 
dell'amministrazione 
che 
effettua 
il 
trat-
tamento 
Il 
titolare 
esercita 
un 
potere 
di 
controllo 
sul 
suo 
operato. 


L'art. 
30 
riguarda, 
infine, 
gli 
incaricati 
del 
trattamento. 


Rivestano 
tale 
qualifica 
i 
privati 
(ma 
solo 
ed 
esclusivamente 
persone 
fisiche) 
che 
ricevono 
da 
un 
soggetto 
pubblico 
(attraverso 
un 
provvedimento 
amministrativo 
o 
una 
convenzione) 
l'incarico 
del 
trattamento 
di 
dati 
perso-
nali, 
con 
limitati 
margini 
di 
autonomia 
in 
ordine 
al 
concreto 
svolgimento 
del 
servizio 
ed 
a 
scelte 
tecnico-operative. 


Tale 
attivita� 
e� 
svolta, 
invero, 
sotto 
la 
diretta 
sorveglianza 
e 
secondo 
le 
istruzioni 
dell'amministrazione 
che 
conserva 
la 
qualita� 
di 
titolare 
del 
tratta-
mento, 
con 
poteri 
decisionali 
in 
ordine 
alle 
finalita� 
e 
alle 
modalita� 
di 
utilizza-
zione 
dei 
dati. 


Solitamente 
gli 
incaricati 
sono 
individuati 
dal 
responsabile 
nell'ambito 
della 
sua 
struttura 
di 
settore. 


La 
designazione 
e� 
effettuata 
per 
iscritto 
e 
individua 
puntualmente 
l'am-
bito 
del 
trattamento 
consentito. 
Si 
considera 
tale 
anche 
la 
documentata 
pre-
posizione 
della 
persona 
fisica 
ad 
un'unita� 
per 
la 
quale 
e� 
individuato, 
per 
iscritto, 
l'ambito 
del 
trattamento 
consentito 
agli 
addetti 
dell'unita� 
medesima. 


5. 
^Gli 
adempimenti 
5.1. 
^La 
notificazione 
Il 
titolo 
VII 
del 
codice 
(artt. 
37-41) 
riguarda 
gli 
�adempimenti� 
posti 
a 
carico 
del 
titolare 
del 
trattamento. 


Gli 
artt. 
art. 
37 
e 
38 
disciplinano 
l'obbligo 
di 
notifica. 


La 
notificazione 
e� 
una 
dichiarazione 
con 
la 
quale 
un 
soggetto 
pubblico 


o 
privato 
rende 
nota 
al 
Garante 
per 
la 
protezione 
dei 
dati 
personali 
l'esi-
stenza 
di 
un'attivita� 
di 
raccolta 
e 
di 
utilizzazione 
dei 
dati 
personali. 
In 
un'ot-
tica 
di 
semplificazione 
e 
razionalizzazione, 
il 
codice 
elenca 
solo 
i 
casi 
in 
cui 
(7) 
Parere 
del 
Garante 
del 
29 
luglio 
1998 
in 
fattispecie 
attinente 
al 
trattamento 
dei 
dati 
per-
sonali 
svolto 
da 
societa� 
incaricate 
da 
amministrazioni 
comunali 
di 
effettuare 
misurazioni 
presso 
abitazioni 
private 
al 
fine 
dell'accertamento 
della 
tassa 
di 
smaltimento 
dei 
rifiuti 
solidi 
urbani. 

DOTTRINA�1015 


e��necessaria�la�notificazione,�in�tutti�gli�altri�casi�vale�la�regola�dell'esenzione.�
Viene�poi�lasciata�al�Garante�la�possibilita��di�individuare�con�proprio�prov-
vedimento�altri�trattamenti�soggetti�a�notificazione�in�quanto�suscettibili�di�
recare�pregiudizio�ai�diritti�e�alle�liberta��dell'interessato;�inoltre,�con�analogo�
provvedimento,�il�Garante�puo��anche�individuare,�nell'ambito�dei�trattamenti�
individuati�dalla�norma�in�esame,�quelli�non�suscettibili,�in�concreto,�di�
recare�pregiudizio�agli�interessati�e�quindi�sottratti�all'obbligo�di�notifica-
zione�(8).�

L'art.�38�disciplina�le�modalita��di�notificazione�e�prevede�che�la�notifica-
zione�del�trattamento�e��presentata�al�Garante�prima�dell'inizio�del�tratta-
mento�ed�una�sola�volta,�a�prescindere�dal�numero�delle�operazioni�e�dalla�
durata�del�trattamento�da�effettuare.�Ulteriori�eventuali�notificazioni�costi-
tuiscono��modifiche�del�trattamento��oppure�cessazione�del�trattamento�
(nel�caso�in�cui�l'intero�trattamento�precedentemente�notificato�venga�a�ces-
sare�definitivamente).�In�caso�di�contitolarita��del�trattamento,�ciascun�conti-
tolare�e��tenuto�ad�effettuare�un'autonoma�notificazione,�nella�quale�indichera��
tutti�gli�altri�contitolari.�Ciascun�titolare�sottoscrivera��solo�la�propria�notifi-
cazione.�La�notificazione�e��validamente�effettuata�solo�se�e��trasmessa�per�
via�telematica�utilizzando�il�modello�predisposto�dal�Garante�e�osservando�
le�prescrizioni�da�questo�impartite,�anche�per�quanto�riguarda�le�modalita��
di�sottoscrizione�con�firma�digitale�e�di�conferma�del�ricevimento�della�notifi-
cazione�(allo�stato�non�sono�previste�e�ammesse�altre�modalita�:�non�e��quindi�
possibile�utilizzare�modelli�cartacei�o�dischetti,�ne�per�la�compilazione�ne�
per�l'invio).�

In�base�all'art.�181,�1.�comma,�lett.�c) 
del�codice,�per�i�trattamenti�dei�
dati�personali�iniziati�prima�del�1.�gennaio�2004,�le�notificazioni�previste�
dall'�art.�37�sono�effettuate�entro�il�30�aprile�2004�(anche�se�il�trattamento�
era�stato�gia��notificato�in�passato).�Chi�esegue�la�notificazione�secondo�la�
nuova�procedura�deve�dichiarare�che�effettua�una��una�nuova�notificazione�,�
anche�se�in�passato�abbia�gia��presentato�una�notificazione�in�base�alla�legge�
675/1996.�Le�notificazioni�sono�inserite�in�un�registro�pubblico�che�sara��con-
sultabile�gratuitamente�da�tutti�on-line.�Nel�registro�dei�trattamenti�non�figu-
rano�i�nomi�delle�persone�cui�si�riferiscono�i�dati,�tuttavia,�le�notizie�accessi-
bili�mediante�la�consultazione�del�registro�permettono�di�capire�che�tipo�di�
dati�sono�trattati.�

Il�titolare�del�trattamento�che�non�e��tenuto�alla�notificazione�ai�sensi�
dell'art.�37�deve�comunque�fornire�le�notizie�contenute�nel�modello�di�notifi-
cazione�predisposto�dal�Garante�a�chi�ne�fa�richiesta�(nell'esercizio�del�diritto�

(8)�Cfr.,�da�ultimo,�la�deliberazione�del�31�aprile�4�n.�1,�pubblicata�sulla�G.U.�6�aprile�2004,�
n.�81�e�reperibile�sul�sito�web�www.garanteprivacy.it).�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

di�accesso�e�degli�altri�diritti�riconosciuti�all'interessato),�a�meno�che�il�tratta-
mento�riguardi�pubblici�registri,�elenchi,�atti�o�documenti�conoscibili�da�
chiunque�(9).�

La�violazione�dell'obbligo�di�notificazione�e�sanzionata�tanto�sul�piano�
amministrativo,�quanto�su�quello�penale.�

Ai�sensi�dell'art.�163�del�codice,�chiunque,�essendovi�tenuto,�non�prov-
vede�tempestivamente�alla�notificazione�ai�sensi�degli�artt.�37�e�38,�ovvero�
indica�in�esse�notizie�incomplete,�e�punito�con�la�sanzione�amministrativa�
del�pagamento�di�una�somma�da�diecimila�euro�a�sessantamila�euro�e�con�
la�sanzione�amministrativa�accessoria�della�pubblicazione�dell'ordinanaza-
ingiunzione�in�uno�o�piu�giornali�indicati�nel�provvedimento�che�la�applica.�

La�falsa�notificazione�e�invece�punita�con�la�reclusione�da�sei�mesi�a�tre�
anni�salvo�che�il�fatto�costituisca�piu�grave�reato�(art.�168).�

5.2. 
^Gli 
obblighi 
di 
comunicazione 
L'art.�39�tratta�dell'obbligo�di�comunicazione.�

Il�titolare�del�trattamento�e�tenuto�a�comunicare�previamente�al�
Garante:�

1)�la�comunicazione�di�dati�personali�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�
ad�altro�soggetto�pubblico�non�prevista�da�una�norma�di�legge�o�di�regola-
mento�(v.�art.�19,�2.�comma);�

2)�il�trattamento�di�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�previsto�dal�
programma�di�ricerca�biomedica�o�sanitaria�di�cui�all'art.�110,�1.�comma,�
primo�periodo.�

I�trattamenti�oggetto�di�comunicazione�possono�essere�iniziati�decorsi�
quarantacinque�giorni�dal�ricevimento�della�comunicazione,�salvo�diversa�
determinazione,�anche�successiva,�del�Garante.�

La�comunicazione�e�inviata�utilizzando�il�modello�predisposto�e�reso�
disponibile�dal�Garante�e�trasmessa�a�quest'ultimo�per�via�telematica�con�
firma�digitale�e�conferma�del�ricevimento,�oppure�mediante�telefax�o�lettera�
raccomandata.�

Ai�sensi�dell'art.�181,�1.�comma,�lett.�d)�del�codice�per�i�trattamenti�di�
dati�personali�iniziati�prima�del�1.�gennaio�2004,�le�comunicazioni�previste�
dall'art.�39�sono�effettuate�entro�il�30�giugno�2004.�

5.3. 
^Le 
autorizzazioni 
Gli�artt.�40�e�41�riguardano�le�autorizzazioni.�

L'autorizzazione�costituisce�una�condizione�di�liceita�del�trattamento�dei�
dati�sensibili�e,�talvolta,�dei�dati�giudiziari.�Si�tratta�di�un�provvedimento�
con�cui�il�Garante,�dopo�aver�esaminato�che�il�trattamento�in�questione�non�
comporta�particolari��rischi�di�danno�o�di�pericolo�per�i�diritti,�le�liberta�fon-
damentali�e�la�dignita�delle�persone�,�lo�acconsente.�L'autorizzazione�(unita-

(9)�Nella�scheda�informativa�dell'1.�gennaio�4�reperibile�sul�sito�web�www.garanteprivacy.it�
ci�sono�le�istruzioni�relative�alle�modalita�di�compilazione�della�notificazione,�i�diritti�di�segrete-
ria,�la�firma�digitale,�le�anomalie�e�le�regolarizzazioni.�

DOTTRINA�1017 


mente�al�consenso�per�iscritto�dell'interessato)�rappresenta,�invero,�una�con-
dizione�di�legittimita�del�trattamento�dei�dati�sensibili�da�parte�dei�soggetti�
privati�e�degli�enti�pubblici�economici�(art.�26,�1.�comma).�

Per�quanto�riguarda�invece�l'uso�dei�dati�giudiziari,�l'autorizzazione�del�
Garante�e�prevista�come�condizione�di�legittimita�del�trattamento�dei�dati�
in�alternativa�all'autorizzazione�contenuta�in�un'espressa�previsione�norma-
tiva�(art.�27).�

I�soggetti�pubblici,�a�differenza�dei�privati�e�degli�enti�pubblici�econo-
mici,�non�devono�richiedere�il�consenso�degli�interessati�e�l'autorizzazione�
del�Garante�per�il�trattamento�dei�dati�sensibili.�

6. 
^Trattamenti 
in 
ambito 
pubblico 
6.1.^Attivita�dirilevanteinteressepubblico 
Agli�artt.�62�e�ss.�il�codice�qualifica�di�rilevante�interesse�pubblico�alcune�
attivita�istituzionalmente�demandate�ai�soggetti�pubblici.�Tra�queste�sono�
ricomprese�anche�quelle�concernenti�il�rilascio�dei�documenti�di�riconosci-
mento�e�il�cambiamento�delle�generalita�.�

Tale�individuazione�assume�rilevanza�ai�sensi�dell'art.�20,�2.�comma:�
i�soggetti�pubblici�che�effettuano�il�trattamento�di�dati�sensibili�dovranno�
adottare,�conseguentemente,.�regolamenti�nei�quali�identificare�i�tipi�di�dati�
personali�trattati�e�le�operazioni�su�di�essi�eseguibili�strettamente�pertinenti�
e�necessarie�in�relazione�alle�finalita�perseguite�nei�singoli�casi.�

Sirinviaallaletturadegliartt.�62-74dellafontelegislativa,nonche�all'art.�177�
dimodificadellenormeinmateriadiadozione(10),�servizioelettorale(11),�stato�

(10)�L'art.�177,�2.�comma�del�codice�modifica�l'art.�28,�7.�comma�legge�184/83,�disponendo�
che�l'adottato�non�puo�accedere�alle�informazioni�relative�alla�madre�naturale�che�abbia�chiesto�
di�non�essere�nominata�nella�dichiarazione�di�nascita.�In�tutti�gli�altri�casi,�l'adottato�venticin-
quenne�ha�diritto�di�conoscere�l'identita�dei�propri�genitori�biologici.�
(11)�Con�provvedimento�del�15�febbraio�2004�l'Autorita�garante�ha�individuato�i�casi�in�cui�i�
dati�personali�dei�cittadini�possono�essere�utilizzati�per�la�propaganda�elettorale�previa�informa-
tiva�degli�interessati,�ma�senza�necessita�di�richiedere�il�loro�consenso�e�i�casi,�invece,�in�cui�il�con-
senso�e�necessario.Sipuo�prescindere�dal�consenso�degli�interessati�solo�se�i�dati�sono�estratti�da�
fonti�cd.��pubbliche�,�ovvero�conoscibili�da�chiunque�senza�limitazioni�in�base�ad�un'espressa�
disposizione�di�legge�o�di�regolamento.�Sono,�pertanto,�utilizzabili�le�liste�elettorali�detenute�
presso�i�comuni,�gli�elenchi�di�iscritti�ad�albi�e�collegi�professionali�e�i�dati�contenuti�in�taluni�regi-
stri�detenuti�dalle�camere�di�commercio,�l'elenco�degli�elettori�italiani�residenti�all'estero�per�le�ele-
zioni�del�Parlamento�europeo,�l'elenco�aggiornato�dei�cittadini�italiani�residenti�all'estero�finaliz-
zato�alla�predisposizione�delle�liste�elettorali,�gli�elenchi�della�telefonia�fissa,�ma�soltanto�per�l'in-
vio�di�posta�ordinaria�o�chiamate�telefoniche�effettuate�da�un�operatore�e�salvo�opposizione�degli�
interessati.�Fuori�da�questi�casi,�in�particolare�quando�si�ricorre�all'uso�di�fax,�telefono�cellulare,�
e-mail,�e�necessario�il�consenso�preventivo�e�specifico�dell'interessato,�basato�su�un'informativa�
che�evidenzi�chiaramente�l'utilizzo�dei�dati�a�fine�di�propaganda�elettorale.�Il�consenso�e�altres|�
necessario�e�dev'essere�manifestato�per�iscritto�nel�caso�di�utilizzazione�da�parte�di�partiti�o�asso-

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

civileediffusionedeidatidemografici(12)e�174modificadinormeinmateriadi�
notificazioni.�

Sono,�altres|�,�considerate�di�rilevante�interesse�pubblico�ai�sensi�degli�
artt.�20�e�21�del�codice,�le�finalita�concernenti�i�trattamenti�effettuati�dai�sog-
getti�pubblici�per�scopi�storici,�statistici�e�scientifici�(art.�98).�Nell'ambito�
del�trattamento�per�scopi�scientifici�o�statistici�assume�particolare�rilievo�
l'art.�105�del�codice�che�individua�forme�semplificate�in�relazione�all'obbligo�
di�informativa�dell'interessato,�prevedendo�che�esso�si�intende�assolto�anche�
se�l'informativa�e�resa�ad�un�soggetto�legittimato�a�rispondere�in�nome�e�
per�conto�dell'interessato,�perche�familiare�o�convivente,�nelle�specifiche�cir-
costanze�individuate�dai�relativi�codici�deontologici�(la�cui�adozione�e�previ-
sta�come�obbligatoria�per�i�soggetti�pubblici�e�privati,�ivi�comprese�le�societa�
scientifiche�e�le�associazioni�professionali,�interessati�al�trattamento�dei�dati�
per�scopi�storici,�statistici�o�scientifici�^artt.�102�e�106).�Tale�semplificazione�
opera,�per�esempio,�nell'ambito�delle�procedure�di�rilevamento�di�dati�stati-
stici�in�occasione�del�censimento�della�popolazione.�

6.2. 
^Contenuto 
dei 
regolamenti 
Per�quanto�attiene�al�contenuto�dei�regolamenti�di�cui�agli�artt.�20,�2.�e�
3.�comma�e�21,�2.�comma�del�codice,�appare�utile�il�richiamo�alla�segnala-
zione�del�Garante�al�Governo�del�17�gennaio�2002�in�cui�si�ravvisa�la�neces-
sita�che�i�provvedimenti�di�individuazione�dei�tipi�di�dati�e�di�operazioni�
eseguibili:�

1)�contengano�una�scrupolosa�ricognizione�di�tutte�le�attivita�materiali�
che�il�soggetto�pubblico�intende�perseguire�con�strumenti�automatizzati�e�
non�automatizzati�in�relazione�alle�finalita�di�rilevante�interesse�pubblico;�

ciazioni�politiche�e�non�dei�dati�relativi�ai�loro�iscritti,�anche�per�sostenere�candidati�interni.�Non�
sono,�infine,�in�nessun�caso�utilizzabili�a�fini�di�propaganda�elettorale�gli�atti�anagrafici�e�dello�
stato�civile,�le�liste�elettorali�di�sezione�gia�utilizzate�nei�seggi,�i�dati�annotati�da�scrutatori�e�rap-
presentanti�di�lista.�Un'ulteriore�garanzia�per�i�cittadini�risiede�nella�possibilita�loro�accordata�di�
opporsi�all'ulteriore�invio�di�materiale�elettorale�nonostante�il�consenso�precedentemente�manife-
stato.�Si�ricordi,�infine,�che�ai�sensi�dell'art.�177,�4.�comma�del�codice�(che�interviene�sull'art.�5�
deld.P.R.223/1967),apartiredall'1�gennaio2004(entratainvigoredelcodice),nellelisteeletto-
rali�non�dovranno�piu�essere�indicati�il�titolo�di�studio,�la�professione�o�il�mestiere�dell'elettore.�

(12)�La�materia�dello�stato�civile�e�disciplinata�agli�artt.�63�e�177,�comma�3�del�codice.�La�
prima�norma�stabilisce�che�gli�atti�dello�stato�civile�conservati�negli�archivi�di�Stato�sono�consulta-
bili�nei�limiti�previsti�dall'art.�197�D.lgs.�n.�490/1999�(e,�quindi,�decorsi�settanta�anni�dalla�forma-
zione�dell'atto).�Il�secondo�articolo�precisa�che�il�rilascio�degli�estratti�degli�atti�dello�stato�civile�
e�consentito�solo�ai�soggetti�cui�l'atto�si�riferisce,�oppure�su�istanza�motivata�di�chi�abbia�un�inte-
resse�personale�e�concreto�per�la�tutela�di�una�situazione�giuridicamente�rilevante.�
In�materia�di�diffusione�dei�dati�demografici,�l'art.�177,�al�comma�1,�precisa�che�il�comune�
puo�utilizzare�gli�elenchi�degli�iscritti�nell'anagrafe�della�popolazione�residente�(Apr)�per�esclusivo�
uso�di�pubblica�utilita�anche�in�caso�di�applicazione�della�disciplina�in�materia�di�comunicazione�
istituzionale�(tali�dati�non�possono,�quindi,�essere�utilizzati�per�la�propaganda�elettorale�o�per�
pubbliche�relazioni�di�carattere�personale).�


DOTTRINA�1019 


2)�effettuino�una�previa�valutazione�della�stretta�pertinenza�e�della�
stretta�necessita�(ora�indispensabilita�ex 
art.�22,�3.�comma�del�codice);�

3)�non�si�riducano�ad�una�mera�riproduzione�del�contenuto�di�disposi-
zioni�di�atti�normativi�unita�ad�una�indicazione�solo�di�macro-tipologie�di�
dati�e�di�descrizioni�del�tutto�generiche�del�loro�impiego;�

4)�prevedano�forme�di�pubblicita�tali�da�porre�il�cittadino�in�condi-
zioni�di�conoscere,�con�un�apprezzabile�grado�di�chiarezza,�con�quali�moda-
lita�sono�utilizzate�delicate�informazioni�che�secondo�le�direttiva�comunitaria�
95/46�CE(13)�non�potrebbero�altrimenti�essere�trattate;�a�tal�fine�possono�
essere�utilizzati�prospetti�schematici�che�possono�facilitare�il�collegamento�
tra�le�tipologie�di�informazioni�e�di�operazioni�e�le�finalita�di�interesse�pub-
blico�specificamente�individuate;�

5)�indichino�per�categorie�i�dati�personali�trattati�senza�entrare�in�
ulteriori�specifici�dettagli,�quali�ad�esempio�dati�sulla�salute�e/o�sullavita�
sessuale;�

6)�suddividano�la�parte�di�provvedimento�che�attiene�alle�operazioni�
di�trattamento,�indicando�un�primo�gruppo�di�disposizioni�standard,�che�
puo�essere�comune�a�piu�tipologie�di�dati,�ponendo�altres|�in�maggiore�evi-
denza�le�operazioni�che�possono�spiegare�effetti�piu�significativi�per�l'interes-
sato�(es.�elaborazione,�selezione,�raffronto),�aggiungendo�una�descrizione�sin-
tetica�dei�flussi�di�dati�(specificando�ad�es.�dove�sono�raccolti�di�regola�i�dati,�
le�eventuali�interconnessioni�o�consultazioni�da�parte�di�altre�amministra-
zioni).�

7. 
^Misure 
minime 
di 
sicurezza 
e 
Disciplinare 
tecnico 
Il�titolo�V�del�codice�(artt.�31-36)�tratta�della�sicurezza�dei�dati�e�dei�
sistemi.�Ad�esso�fa�da�supporto�e�completamento�il�Disciplinare�tecnico�in�
materia�di�misure�minime�di�sicurezza�di�cui�all'Allegato�B�al�codice.�

L'art.�31�enuncia�gli�obblighi�di�sicurezza�cui�sono�tenuti�il�titolare�e�il�
responsabile�del�trattamento�che�hanno�l'obbligo�di�adottare�misure�di�sicu-
rezza�idonee�a�ridurre�al�minimo�i�rischi�di�distruzione�o�perdita�dei�dati�
stessi,�di�accesso�non�autorizzato�o�di�trattamento�non�consentito�o�non�con-
forme�alle�finalita�della�raccolta.�

L'art.�32�disciplina�le�particolari�modalita�di�applicazione�delle�misure�di�
sicurezza�da�parte�di�fornitori�di�servizi�di�comunicazioni�elettronica�accessi-
bili�al�pubblico.�

(13)�La�direttiva�94/46�CE�non�prevede�una�disciplina�specifica�per�il�trattamento�dei�dati�
sensibili�da�parte�dei�soggetti�pubblici.�L'�art.�8�della�direttiva,�infatti,�dopo�aver�sancito�in�via�
generale�nel�par.�1�il�divieto�del�trattamento�di�tali�tipi�di�dati,�indica�nei�par.�2�e�3�i�casi�in�cui�il�
divieto�stesso�non�si�applica,�alcuni�dei�quali�rilevano�anche�per�l'attivita�dei�soggetti�pubblici.�
Piu�specificamente�riferibile�all'attivita�dei�soggetti�pubblici�e�,�tuttavia,�il�par.�4�dell'�art.�8.�il�quale�
dispone�che��purche�siano�previste�le�opportune�garanzie,�gli�Stati�membri�possono,�per�motivi�
di�interesse�pubblico�rilevante,�stabilire�ulteriori�deroghesulla�base�della�legislazione�nazionale�o�
di�una�decisione�dell'autorita�di�controllo��Tali�deroghe,�ai�sensi�del�par.�6,�devono�essere�notifi-
cate�alla�Commissione.�

RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

L'art.�33�sancisce�l'obbligo�per�i�titolari�del�trattamento�di�adottare�le�
misure�minime�di�sicurezza�volte�ad�assicurare,�per�l'appunto,�un�livello�
minimo�di�protezione�dei�dati�personali.�

Gli�artt.�34�e�35�disciplinano,�rispettivamente,�il�trattamento�dei�dati�
personali�effettuato�con�strumenti�elettronici�e�quello�effettuato�senza�l'ausi-
lio�di�strumenti�elettronici,�rinviando�^per�le�relative�modalita�tecnico-
operative�^al�Disciplinare�tecnico�di�cui�all'Allegato�B�al�codice.�

L'art.�36,�infine,�prevede�espressamente�l'aggiornamento�periodico�delle�
misure�minime�di�sicurezza�alla�luce�delle�innovazioni�tecnologiche�sopravve-
nute�e�all'esperienza�maturata�nel�settore.�

Nel�Disciplinare�tecnico�il�legislatore�distingue�le�misure�di�sicurezza�da�
adottare�a�seconda�che�il�trattamento�dei�dati�venga�attuato�con�strumenti�
elettronici,�o�comunque�automatizzati,�ovvero�senza�l'ausilio�di�strumenti�
elettronici�o�comunque�automatizzati�(archivio�cartaceo).�

Al�comma�19�del�Disciplinare�e�sancito,�a�carico�del�titolare�del�tratta-
mento�di�dati�sensibili�o�di�dati�giudiziari�effettuato�con�strumenti�elettronici,�
l'obbligo�di�redigere�^entro�il�31�marzo�di�ogni�anno�^il�documento�pro-
grammatico�sulla�sicurezza�contenente�informazioni�circa:�l'elenco�dei�tratta-
menti�di�dati�personali,�la�distribuzione�dei�compiti�e�delle�responsabilita�,�
l'analisi�dei�rischi,�le�misure�da�adottare�per�garantire�l'integrita�e�la�disponi-
bilita�dei�dati�nonche�la�protezione�delle�aree�e�dei�locali,�i�criteri�da�adottare�
per�distinguere�e�separare�i�dati�relativi�allo�stato�di�salute�e�alla�vita�sessuale�
dagli�altri�dati�personali�dell'interessato.�

Con�parere�del�22�marzo�2004�il�Garante�ha�precisato�che�benche�non�si�
tratti�a�rigore�di�una�misura�nuova,�e�comunque�sostenibile�che�il�DPS�da�
redigere�quest'anno�per�la�prima�volta,�o�da�aggiornare,�possa�essere�predi-
sposto�al�piu�tardi�entro�il�30�giugno�2004(14),�anziche�necessariamente�
entro�il�31�marzo,�data�che�e�invece�prevista�a�regime�per�i�prossimi�anni,�a�
partire�dal�2005.�

Si�perviene�a�questa�conclusione�sia�per�coloro�che�devono�redigere�tale�
documento�per�la�prima�volta�nel�2004�sia�per�chi,�gia�dotato�di�un�DPS�
redatto�o�aggiornato�nel�2003,�ritenga�necessario�utilizzare�un�trimestrein�
piu�,�rispetto�al�31�marzo,�per�curare�la�stesura�di�un�testo�significativo�e�piu�
impegnativo�nella�ricognizione�dei�rischi�e�degli�interventi�previsti.�

L'art.�180�del�codice�fissa�il�termine�del�30�giugno�2004�(15)�per�l'ado-
zione�delle�misure�minime�di�sicurezza�di�cui�agli�articoli�da�33�a�35�e�all'alle-
gato�B)�che�non�erano�previste�dal�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�
28�luglio�1999,�n.�318.�Nel�caso�di�obiettive�difficolta�tecniche�che�non�con-
sentano�al�titolare�di�adottare�le�nuove�misure�di�sicurezza�e�^limitatamente�

(14)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2004�per�effetto�del�decreto�legge�24�giugno�2004�cito 
(sul�punto�v.�infra).�
(15)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2004�per�effetto�del�D.L�24�giugno�2004�cito 
(sul�
punto�v.�infra).�

DOTTRINA�1021 


ai�trattamenti�effettuati�con�strumenti�elettronici�^tale�data�e�spostata�al�
1.�gennaio�2005,�previa�motivazione�scritta�da�parte�del�titolare�e�l'adozione�
di�idonee�misure�di�carattere�organizzativo,�logistico�o�procedurale.�

8. 
^Privacy 
e 
accesso 
ai 
documenti 
amministrativi 
Gli�artt.�59�e�60�operano�un�raccordo�tra�la�normativa�in�materia�di�
trattamento�dei�dati�personali�e�la�normativa�in�materia�di�accesso.�

L'art.�59�sull'accesso�ai�documenti�amministrativi�richiama�la�legge�

n.�241/90�e�successive�modificazioni�e�i�relativi�regolamenti�di�attuazione�
ribadendone�la�vigenza�in�materia�di�disciplina�dei�presupposti,�modalita�,�
limiti�per�l'esercizio�del�diritto�di�accesso�ai�documenti�amministrativi�con-
cernenti�dati�personali�e�relativa�tutela�giurisdizionale.�Precisa�la�norma�in�
esame�che�le�attivita�finalizzate�all'applicazione�di�tale�disciplina�si�conside-
rano�di�rilevante�interesse�pubblico.�
In�buona�sostanza,�l'entrata�in�vigore�del�codice�non�ha�abrogato�la�nor-
mativa�in�materia�di�accesso,�rimettendo�all'interprete�il�compito�di�valutare,�
caso�per�caso�i�termini�del�bilanciamento�tra�il�diritto�alla�circolazione�delle�
informazioni�posto�a�presidio�della�trasparenza�dell'azione�amministrativa�
rispetto�al�diritto�alla�riservatezza(16).�

Quando�tuttavia�il�trattamento�concerne�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�
salute�o�la�vita�sessuale,�esso�e�consentito�solo�se�la�situazione�giuridicamente�
rilevante�che�si�intende�tutelare�con�la�richiesta�di�accesso�ai�documenti�

(16)�Sui�difficili�rapporti�tra�accesso�e�privacy 
si�e�pronunciata�l'adunanza�plenaria�del�Consi-
glio�di�Stato�con�l'importante�sentenza�del�4�febbraio�1997,�n.�5�(in�Riv. 
Amm.,�1997,�p.�253)�
quando�ancora�mancava�una�disciplina�ad 
hoc 
per�il�trattamento�dei�dati�sensibili.�Dopo�aver�evi-
denziato�il�cambiamento�di�prospettiva�introdotto�nell'ordinamento�dalla�legge�n.�241/1990,�nel�
senso�di�riconoscere�la�pubblicita�come�regola�dell'azione�amministrativa�e�il�segreto,�viceversa,�
come�eccezione,�l'adunanza�plenaria�ha�ritenuto�che�l'accesso,�qualora�venga�in�rilievo�per�la�cura�
o�la�difesa�di�propri�interessi�giuridici,�debba�prevalere�rispetto�alle�esigenze�di�difesa�del�terzo.�
Nel�medesimo�senso�si�e�espresso�il�Garante�puntualizzando�che�tra�la�normativa�in�tema�di�trat-
tamento�dei�dati�personali�e�quella�sulla�trasparenza�dell'attivita�della�P.A�non�esiste�alcuna�
incompatibilita�di�fondo,�in�quanto�la�legge�sul�trattamento�dei�dati�personali�non�ha�introdotto�
un�regime�di�assoluta�riservatezza�dei�dati�personali,�dovendosi�verificare�di�volta�in�volta�se�sus-
sistono�altrui�diritti�o�interessi�meritevoli�di�tutela�equivalente�o�superiore.�In�particolare,�con�
nota�del�30�giugno�97�in�risposta�ai�quesiti�in�materia�di�pubblicita�di�albi�di�medici�chirurghi,�il�
Garante�ha�distinto�tra:�
1)�documenti�da�ritenere�pienamente�pubblici,�in�forza�di�espressa�disposizione�di�legge�o�di�
regolamento�e,�in�quanto�tali,�conoscibili�da�parte�di�chiunque;�

2)�documenti�a�pubblicita�limitata,�la�cui�conoscibilita�e�cioe�circoscritta�ad�alcune�catego-
rie�di�soggetti�pubblici�o�privati;�

3)�documenti�amministrativi�accessibili�ai�portatori�di�un�interesse�personale�e�concreto�e�
per�la�tutela�di�situazioni�giuridicamente�rilevanti.�In�questi�casi,�spetta�alle�singole�amministra-
zioni�individuare�particolari�modalita�di�accesso�nonche�i�documenti�sottratti�all'accesso�laddove�
ricorra�l'esigenza�di�salvaguardare�la�riservatezza�di�terzi�e�salva,�comunque,�la�visione�di�tali�atti�
da�parte�degli�interessati�quando�cio�risulti�funzionale�alla�cura�o�alla�difesa�dei�propri�interessi�
giuridici;�

4)�documenti�soggetti�alla�regola�del�segreto�d'ufficio�e�accessibili�alla�sola�amministra-
zione�che�li�detiene.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

amministrativi�e�di�rango�almeno�pari�ai�diritti�dell'interessato,�ovvero�consi-
sta�in�un�diritto�della�personalita�o�in�un�altro�diritto�o�liberta�fondamentale�
e�inviolabile�(art.�60)�(17).�

Sempre�in�materia�di�accesso�ai�documenti�amministrativi,�l'art.�176,�
1comma�del�codice�ha�modificato�il�testo�dell'art.�24,�3.�comma�legge�
241/90,�precisando�che�le�eventuali�limitazioni�o�esclusioni�del�diritto�di�
accesso�ai�dati�raccolti�mediante�strumenti�informatici�stabilite�con�decreto�
governativo�per�la�salvaguardia�della�sicurezza,�difesa�nazionale�e�relazioni�
internazionali,�politica�monetaria�e�valutaria,�ordine�pubblico,�prevenzione�
e�repressione�della�criminalita�,�non�si�applicano�all'accesso�ai�dati�personali�
da�parte�della�persona�cui�i�dati�si�riferiscono.�

Conclusioni 


I�principi�generali�introdotti�dal�codice�sulla�protezione�dei�dati�perso-
nali�sono�destinati�ad�incidere,�inevitabilmente,�sull'attivita�amministrativa�
rivolta�alla�gestione�delle�informazioni.�

Nella�consapevolezza�di�cio�il�legislatore�delegato�ha�stabilito�anche�i�
termini�per�consentire�il�necessario�adeguamento�alle�prescrizioni�del�codice.�
L'art.�180�indicava�nel�30�giugno�2004,�salve�obiettive�ragioni�tecniche�impe-
ditive,�il�termine�ultimo�entro�il�quale�adottare�le�nuove�misure�minime�di�
sicurezza�(artt.�33-35)�nonche�il�documento�programmatico�sulla�sicurezza�
(DPS)�nel�caso�di�trattamento�di�dati�sensibili�o�giudiziari�effettuato�con�stru-
menti�elettronici.�

L'art�181,�lett.�a)�individuava�il�termine�del�30�settembre�2004�per�l'ado-
zione�dei�regolamenti�previsti�dagli�artt.�20,�2.�e�3.�comma�e�21,�2.�comma�
del�codice�(per�la�trattazione�di�tali�articoli�v.�supra 
pp.�7-8).�

Da�ultimo,�con�D.L.�24�giugno�2004,�n.�158�(pubblicato�sulla�G.U. 


n.�147�del�25�giugno�2004),�tali�termini�sono�stati�prorogati�al�31�dicembre�
2004�(per�l'adozione�delle�misure�minime�di�sicurezza�e�la�redazione�del�
DPS)�e�al�31�dicembre�2005�(per�l'adozione�da�parte�dell'amministrazione�
dei�regolamenti�identificativi�delle�tipologie�dei�dati�sensibili�e�giudiziari).�
Tali�proroghe�sono�state�rese�necessarie�dall'estrema�difficolta�manifestata�
al�Garante�da�privati�e�soggetti�pubblici�di�adeguarsi�nei�tempi�prescritti�alle�
nuove�e�complesse�disposizioni�in�materia�di�protezione�dei�dati�personali.�
(17)�Il�Garante�ha�precisato�che�per�valutare�il�rango�del�diritto�del�terzo�occorre�utilizzare�
quale�parametro�di�raffronto�non�il�diritto�di�azione�o�di�difesa,�quanto�il�diritto�sottostante�che�
il�terzo�intende�far�valere�sulla�base�del�materiale�documentale�che�chiede�di�conoscere.A�talpro-
posito,�un�diritto�puo�essere�ritenuto�di�pari�rango�rispetto�a�quello�dell'interessato,�solo�se�appar-
tiene�alla�categoria�dei�diritti�della�personalita�oe�compreso�tra�altri�diritti�o�liberta�fondamentali�
e�inviolabili.�Il�riferimento�normativo�a�tali�ultimi�diritti�e�,�in�particolare,�collegato�ad�un��elenco�
aperto��di�posizioni�soggettive�individuabile�in�chiave�storico-evolutiva.�Ad�avviso�della�giurispru-
denza�ricade�sul�richiedente�l'accesso�la�prova�del�rango�dell'interesse�sotteso�alla�sua�istanza�oltre�
alla�prova�dell'attualita�dell'interesse�(C.d.S.,�n.�2542/02).�

ServiziInformatici
eStatistici
ServiziInformatici
eStatistici
Valore 
legale 
dell'archivio 
digitale 
(*) 


di 
Barbara 
Bombaci 


Alla�luce�della�normativa�vigente�in�Italia,�l'archiviazione�digitale�e�rite-

nuta�valida�e�sostitutiva�del�documento�cartaceo.�
Le�questioni�qui�di�seguito�affrontate�riguarderanno�le�regole�ed�i�prin-

cipi�tecnico-giuridici�che�consentono�l'archiviazione�della�notevole�mole�di�

informazioni�prodotte�in�un�moderno�reparto�di�radiologia�mediante�sup-

porti�informatici.�
A�tal�fine,�e�necessario�anticipare�che�il�Ministro�per�l'Innovazione�e�le

Tecnologie�Lucio�Stanca�ha�approvato,�con�decreto 
del 
14 
ottobre 
2003,le�

linee�guida�per�l'attivazione�dei�sistemi�di�protocollo�informatico.�
Dal�1.�gennaio�2004�tutte�le�Amministrazioni�Pubbliche�dovranno�adot-

tare�il�Protocollo�Informatico�e�gestire�i�procedimenti�amministrativi�in�

modo�elettronico�con�notevoli�vantaggi�in�termini�di�efficienza�interna,�ma�

anche�esterna,�delle�amministrazioni�verso�i�cittadini,�le�imprese�e�le�altre�

amministrazioni.�
Vecchi�faldoni�addio,�quindi!�
D'ora�in�poi,�infatti,�le�pubbliche�amministrazioni�dovranno�chiudere�in�

un�cassetto�i�vecchi�protocolli�cartacei,�ricordo�di�una�burocrazia�autorefe-

renziale�e�farraginosa.�
Per�poter�realizzare�la��riforma�elettronica��della�pubblica�amministra-

zione�senza�carta,�e�necessario�consentire�il�trasferimento�degli�archivi�carta-

cei�su�supporti�informatici,�garantendo�l'efficacia�legale�sia�dei�documenti�

originali�che�degli�archivi�digitali.�

CONTESTO 
NORMATIVO. 


Prima�di�procedere�all'esame�dei�requisiti�imposti�dalla�normativa�

vigente�in�materia�di�archiviazione�di�documenti�su�supporto�ottico�e�neces-

sario�definire�con�chiarezza�il�concetto�di�documento�informatico�alla�luce�

dell'evoluzione�normativa�che�lo�ha�interessato.�

(*)�Intervento�al�Congresso�tenuto�dall'A.I.O.P.�(Associazione�Italiana�Ospedalita�Pri-
vata)�di�Palermo�il�26�maggio�2004.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

1.�Il�documento�informatico.�
L'introduzione�nel�nostro�ordinamento�di�una�prima�definizione�di�
�documento�informatico�,�la�si�deve�all'art.�3�della�legge�1993,�n.�547,�con�
la�quale�il�legislatore�ha�introdotto�l'art.�491-bis�del�codice�penale�che�testual-
mente�recita:��...�per�documento�informatico�si�intende�qualunque�supporto�

informatico�contenente�dati�o�informazioni�.�
Sottolineiamo�come,�alla�luce�della�citata�normativa,�il�concetto�di�
documento�informatico�si�identifichi�con�quello�di�supporto�informatico.�

L'ordinamento�giuridico�era,�fino�a�quel�momento,�strutturato�sul�pre-
supposto�che�il�documento�per�poter�produrre�effetti�giuridicamente�rilevanti�
dovesse�essere,�se�non�esclusivamente�cartaceo,�per�lo�meno�rappresentato�
su�supporto�fisico.�

Inoltre,�ai�fini�dell'imputabilita�delle�dichiarazioni�provenienti�da�una�
parte,�il�valore�probatorio�conferito�ad�alcuni�documenti�(per�tutti�la�scrit-
tura�privata�o�l'atto�pubblico),�era�legato�alla�sottoscrizione.�

Il�documento�informatico�trova�la�sua�identificazione�e�riconoscimento�
ufficiale�con�l'emanazione�della�legge�del�1997,�n.�59,�c.d.�Bassanini-1.�

L'art.�15,�2.�comma,�si�compone�di�due�periodi.�Ecco�il�primo:�

�Gli�atti,�dati�e�documenti�formati�dalla�pubblica�amministrazione�e�dai�

privati�con�strumenti�informatici�o�telematici,�i�contratti�stipulati�nelle�mede-

simeforme,�nonche�la�loro�archiviazione�e�trasmissione�con�strumenti�informa-

ticio�telematici,�sono�validie�rilevantia�tuttiglieffettidilegge;[...].�

Questa�norma,�che�fa�parte�della�riforma�complessiva�della�P.A.�dise-
gnata�dalle�cd.�Leggi�Bassanini,�presenta�due�aspetti�molto�importanti:�
a)�l'attribuzione�esplicita�di�una�rilevanza�giuridica�a�procedure�infor-
matiche;�
b)�che�questa�rilevanza�e�queste�procedure�sono�identiche�sia�per�gli�
atti�della�P.A.�che�per�quelli�dei�privati.�

Il�legislatore�ha,�in�tal�modo,�sancito�i�presupposti�normativi�per�la�sma-
terializzazione�del�documento,�non�ritenendo�piu�indispensabile�il�supporto�
fisico�affinche�lo�stesso�potesse�essere�considerato�giuridicamente�rilevante,�
in�presenza�sempre�e�comunque�di�strumenti�di�sicurezza�idonei�a�garantirne�
la�provenienza�e�quindi�l'originalita�.�

La�seconda�parte�del�comma�afferma:�

�I�criteridiapplicazionedelpresentecommasonostabilitiperlaP.A.eper�
iprivati,�con�specifici�regolamenti�da�emanar...�.�
Tale�regolamento�di�attuazione�della�c.d.�Bassanini-uno�e�contenuto�nel�

d.P.R.�10�novembre�1997,�n.�513,��Regolamento�recante�i�criteri�e�modalita�
per�la�formazione,�l'archiviazione�e�la�trasmissione�di�documenti�con�stru-
menti�informatici�e�telematici,�a�norma�dell'art.�15,�comma�2.�della�legge�
1997�n.�59�.�
L'art.�1�di�quest'ultimo�affianca�alla�secolare�definizione�di�documento�
cartaceo�quella�di��documento�informatico��che�viene�definito�come��La�

rappresentazione�informaticadiatti,fattio�datigiuridicamente�rilevanti�.�
Il�documento�informatico�risulta�costituito�da�una��rappresentazione�
informatica��indipendente�dal�supporto�fisico.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Con�il�sopracitato�regolamento�viene,�inoltre,�introdotto�il�concetto�di�
firma�digitale�che�risultera��distinto�dal�concetto�di�firma�elettronica�intro-
dotto�dalla�Direttiva�1999/1993/CE.�

L'art.�10,�comma�2.,�d.P.R.�513/1997,�sancisce�il��principio 
di 
equiva-
lenza��tra�la�sottoscrizione�tradizionale�su�carta�e�la�sottoscrizione�digitale.�

Pertanto,�al�documento�informatico��rafforzato��dall'apposizione�della�
firma�digitale�e��attribuita�l'efficacia�probatoria�della�scrittura�privata�di�cui�
all'art.�2702�cod.�civ.�(c.f.r.�articolo�5,�comma�1,�d.P.R.�513/1997).�

Il�disegno�complessivo�perseguito�dal�legislatore�era�quello�di�far�s|��che�
la�firma�digitale�rappresentasse�il�criterio�di�imputazione�del�documento�
informatico�al�suo�autore�e�di�consentire�l'attribuzione�al�documento�infor-
matico�della�piena�efficacia�giuridica�sostanziale�e�processuale.�

Con 
specifico 
riferimento 
al 
settore 
della 
radiologia: 
colui�che�stende�al�

P.C.�un�atto�informatico�(come�il�referto),�affinche�abbia�valore�di�scrittura�
privata,�deve�firmarlo.�
Il�nostro�codice�civile�non�impone�l'uso�di�particolari�supporti�o�mezzi�
per�scrivere,�firmare�e�conservare�i�documenti.�Impone,�invece,�che�per�quali-
ficare�un�documento�come�scrittura�privata�esso�deve�essere�sottoscritto�da�
colui�che�ne�vuole�assumere�la�paternita��.�L'art.�2702�cod.�civ.,�invero,�statui-
sce�che�la�scrittura�privata�fa�piena�prova,�fino�a�querela�di�falso,�della�prove-
nienza�delle�dichiarazioni�da�chi�l'ha�sottoscritta,�se�colui�contro�il�quale�la�
scrittura�e��prodotta�ne�riconosce�la�sottoscrizione,�ovvero�se�questa�e��legal-
mente�considerata�come�riconosciuta.�

Alla�stregua�della�citata�normativa,�quindi,�il�medico�refertante,�final-
mente,�potra��generare�e�visualizzare�il�referto�al�computer,��sigillare��il�testo�
vidimandolo�con�la�propria�firma�digitale�e�trattenere�l'originale�del�referto�
sul�RIS�del�servizio.�

Il�d.P.R.�28�dicembre�2000,�n.�445,�recante�il��Testo�Unico�delle�disposi-
zioni�amministrative�e�regolamentari�in�materia�di�documentazione�ammini-
strativa�,�riunisce�e�coordina�le�disposizioni�in�materia�di�documentazione�
amministrativa�recate�dai�citati�provvedimenti�normativi.�

L'art.�10�di�detto�d.P.R.,�nel�regolare�la�forma�e�l'efficacia�del�docu-
mento�informatico,�stabilisce�che�il�documento�informatico�sottoscritto�con�
firma�digitale,�redatto�in�conformita��alle�regole�tecniche,�soddisfa�il�requisito�
legale�della�forma�scritta�ed�ha�efficacia�probatoria�ai�sensi�dell'art.�2712�

c.c.�e�che�il�documento�informatico�sottoscritto�con�firma�digitale�ai�sensi�
dell'art.�23�del�T.U.,�ha�efficacia�di�scrittura�privata�ai�sensi�dell'art.�2702�c.c.�
La�disciplina�civilistica�adottata�in�attuazione�dell'art.�15�della�legge�
Bassanini-1,�59/1997,�inizialmente�contenuta�negli�art.�4�e�5�del�d.P.R.�

n.�513/1997,�e��progressivamente�mutata,�dapprima�con�l'originaria�formula-
zione�dell'art.�10�del�testo�unico�ed�ora�con�la�novella�introdotta�dal�decreto�
D.Lgs.�n.�10/2002,�in�recepimento�della�direttiva�sulle�firme�elettroniche.�
Viene,�in�tal�modo,�data�attuazione�all'art.�5�della�direttiva�
1999/1993/CE�che�impone�agli�stati�membri�l'adozione�di�standards 
minimi�
in�relazione�al�riconoscimento�degli�effetti�giuridici�delle�firme�elettroniche�
avanzate�(che�altro�non�sono�che�la�nostra�firma�digitale�ex 
decreto�del�Presi-
dente�della�Repubblica�445/2000)�e�delle�firme�elettroniche�in�quanto�tali.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

E�necessario,�altres|�,�rilevare�che�mentre�la�versione�originale�dell'art.�10�
del�testo�unico�aveva�valore�di�regolamento,�il�nuovo�art.�10�ha�rango�di�
norma�primaria.�

Il�D.Lgs�n.�10/2002�ha�introdotto�le�seguenti�novita��:�
a) 
molteplici�tipologie�di�firme�elettroniche�aventi�validita��ed�efficacia�
giuridiche�diverse;�
b) 
Il�divieto�di�autorizzazione�preventiva�per�lo�svolgimento�dell'atti-
vita��di�certificazione;�
c) 
Un�sistema�di�accreditamento�facoltativo�per�i�certificatori��quali-
ficati�.�

In�particolare,�il�suindicato�D.Lgs.�ha�attribuito�al�documento�sotto-
scritto�con�firma�elettronica�avanzata,�c.d.�forte�(la�firma�digitale�del�d.P.R.�
513/1997�e��l'esempio�principale),�nei�casi�in�cui�la�firma�e��basata�su�un�certi-
ficato�qualificato�e�creata�con�dispositivo�sicuro,�l'efficacia�probatoria�del�
documento�sottoscritto�e�riconosciuto.�

Il�titolare,�infatti,�per�disconoscere�il�documento�redatto�con�tale�stru-
mento,�dovra��attivare�il�complesso�procedimento�della�querela�di�falso.�

Sulla�scia�delle�novita��introdotte�dal�D.Lgs.�10/2002�e�dalla�direttiva�
1999/1999/CE�e��stato�emanato�con�il�d.P.R�n.�137�del�7�aprile�2003,�l'atteso�
regolamento�recante��disposizioni�di�coordinamento�in�materia�di�firme�elet-
troniche�.�

Quest'ultimo�fu�inizialmente�tacciato�di�avere�eliminato�il��principio�del-
l'equivalenza��tra�firma�digitale�e�sottoscrizione�autografa�gia��consacrato�
nell'art.�23,�comma�2.�del�d.P.R.�445/2000�(e,�prima�ancora,�nell'art.�10,�
comma�2.,�del�d.P.R.513/1997).�

Tuttavia,�con�il�regolamento�n.�137/2003�si�attribu|��semplicemente�alla�
nozione�di��firma�digitale�,�di�cui�all'art.�10�del�testo�unico�445/2000,�la�
denominazione�di��firma�elettronica�qualificata��(c.f.r.�art.�4).�

2.�La 
conservazione 
di 
documenti 
su 
supporto 
ottico. 
Nel�sistema�della�gestione�dei�flussi�documentali,�la�conservazione�e�la�
classificazione�del�documento�informatico�diventano�fondamentali�per�
garantire�nel�tempo�integrita��,�identita��e�provenienza,�reperibilita��,�sia�come�
unita��singola�che�in�relazione�ad�altri�documenti�e�la�normativa�esistente�e��
piuttosto�ampia.�

A�conferma�dell'importanza�che�riveste�il�fattore�organizzativo�in�un�
sistema�di�gestione�informatica�di�documenti,�la�classificazione 
e 
fascicola-
zione 
dei�documenti�e��un�fattore�cruciale�del�sistema.�

Osserviamo,�preliminarmente,�che�gia��ai�sensi�e�per�gli�effetti�del-
l'art.�2220�del�cod.�civ.�rubricato:�Conservazione 
delle 
scritture 
contabili: 
�Le 
scritture 
devono 
essere 
conservateperdieciannidalla 
data 
dell'ultima 
registra-
zione. 
Perlostessoperiododevonoconservarsile...copiedellefatture, 
dellelet-
tereedei 
telegrammispediti...�. 


La�prima�legge�che�prevede�l'archiviazione�ottica�sostitutiva�e��quella�del�
24�dicembre�1993�n.�537��Interventi�correttivi�di�finanza�pubblica�,�seppur�
ai�soli�limitati�fini�della�conservazione 
ed�esibizione 
dei�documenti�per�finalita��
amministrative�e�probatorie.�L'art.�2,�comma�15�di�detta�legge�considerava�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

valida�l'archiviazione�dei�documenti�su�supporto�ottico�purche�le�procedure�
utilizzate�fossero�state�conformi�alle�Regole�Tecniche�dettate�dall'AIPA�
(Autorita�per�l'informatica�nelle�pubbliche�amministrazioni).�

Una�prima�versione�completa�di�tali�regole�tecniche�si�e�avuta�con�la�delibe-
razione�n.�15�del�1994�dell'AIPA.�Tale�delibera�aveva�come�finalita�primaria�la�

leggibilita�universaledeldiscoprodottosecondo�leregole�tecnichedettate.�

Consapevole�delle�necessita�di�garantire�la�sicurezza�in�termini�di�non�
manomissione�di�riservatezza,�non�alterabilita�dei�dati�nel�tempo,�l'AIPA�si�
riservava�di�provvedere�ad�aggiornare�il�provvedimento�in�materia�di:�archi-
viazione�dei�documenti�redatti�in�forma�elettronica�crittografia,�meccanismi�
di�firma�elettronica,�trasmissione�via�rete�del�documento�da�esibire.�

La�versione�definitiva�delle�citate�regole�tecniche�si�e�avuta�con�la�delibe-
razione�n.�24�del�1998.�Tale�deliberazione,�intitolata��Regole�tecnicheper�l'uso�
dei�supporti�ottici�,�fu�per�alcuni�anni�la�norma�di�riferimento�in�materia.�

Successivamente,�venne�emanata�la�deliberazione�AIPA�n.�42/2001�inti-
tolata��Regole�tecniche�per�la�riproduzione�e�conservazione�di�documenti�su�

supporto�ottico�idoneo�a�garantire�la�conformita�dei�documenti�agli�originali�.�

In�particolare,�l'art.�6�del�testo�unico�di�cui�al�d.P.R.�445/2000�stabilisce�
che�i�privati�hanno�facolta�di�sostituire�a�tutti�gli�effetti�le�scritture�con�la�loro�
riproduzione�su�supporto�ottico,�fotografico�o�altro�mezzo�tecnico�idoneoa�
garantire�la�conformita�dei�documenti�agli�originali.�Al�fine�di�considerare�sod-
disfatti�gli�obblighi�di�conservazione,�tanto�ai�fini�amministrativi�che�probatori,�
occorre�utilizzare�procedure�conformi�alle�regole�tecniche�dettate�dall'AIPA.�

Il�sistema�che�risulta�da�questo�quadro�di�regole�tecniche�puo�essere�cos|�
sintetizzato.�
Vengono�definiti�i�seguenti�concetti:�
a)�Documento:�rappresentazione�in�formato�analogico�o�digitale�di�
atti,�fatti�e�dati...;�

b)�Documento�analogico:�documento�formato�utilizzando�una�gran-
dezza�fisica�che�assume�valori�continui�(tracce�su�carta,�pellicole�radiografi-
che,�nastri�magnetici,...);�

c)�Documento�digitale:�testi,�immagini...�formati�tramite�una�gran-
dezza�fisica�che�assume�valori�binari,�ottenuti�tramite�un�processo�di�elabora-
zione�elettronica,�di�cui�sia�identificabile�l'origine;�

d)�Documento�informatico:�documento�digitale�sottoscritto�con�firma�
digitale�ex�lege;�

Viene,�altres|�,�distinta�la�memorizzazione�temporanea�dei�dati,�definita�
semplicemente��archiviazione�,�dalla�memorizzazione�permanente,�definita�
�conservazione�.�

Vengono�descritti�i�supporti�di�memorizzazione�utilizzabili:��qualsiasi�
mezzo�fisico�che�consente�la�memorizzazione�di�documenti�digitali�mediante�

l'impiego�della�tecnologia�laser�(dischi�ottici,�magneto-ottici,�DVD).�

A�tal�proposito,�un�elemento�innovativo�veniva�introdotto�dall'art.�8�che�
specifica,�che��tenuto�conto�dell'innovazione�tecnologica.......�e�datafacolta�.......�

diutilizzare,.......�nelprocessodiconservazionedigitaledeidati,�unqualsiasisup


portodimemorizzazione,�anchenonottico,�comunqueidoneoagarantirelaconfor


mita�dei�documenti�aglioriginali...��ed,�ovviamente,�la�loro�inalterabilita�.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

La�recente�deliberazione�19�febbraio�2004,�n.�11,�del�centro�nazionale�per�
l'informatica�nella�pubblica�amministrazione�(CNIPA),�reca��Le�nuove�regole�
tecniche�per�la�riproduzione�e�la�conservazione�di�documenti�idoneo�a�garantire�
la�conformita�dei�documenti�all''originale��per�l'archiviazione�documentale�
che�sostituiscono�quelle�contenute�nella�deliberazione�AIPA�n.�42�del�2001.�

Quest'ultima�presentava�alcuni�problemi:�
a) 
la�tecnologia�suggerita�per�la�firma�del�file 
da�conservare�era�prati-
cabile�solo�per�file 
di�dimensioni�molto�piccole;�

b) 
le�definizioni�di��documento�informatico��e�di��firma�digitale��non�
erano�coerenti�con�quelle�presenti�nel�testo�unico�445/2000�dopo�il�recepi-
mento�della�direttiva�comunitaria�sulla�firma�digitale.�

Nella�deliberazione�n.�11/2004,�pubblicata�sulla�Gazzetta 
Ufficiale 
n.�57�
del�9�marzo�2004,�sono�illustrate�le�caratteristiche�dei�documenti�e�le�forma-
lita�richieste�per�la�loro�presentazione�che�puo�essere�di�due�tipi:�

informatica;�

analogica;�

Il�documento��informatico��dovra�,�quindi,�avere�le�caratteristiche�
descritte�dall'art.�1�della�deliberazione�e�dal�testo�unico�sulla�documentazione�
amministrativa�(d.P.R.445/2000).�

Il�documento��analogico�,�che�puo�essere�in�originale�(distinto�a�sua�
volta�in��unico�e��non�unico�)�ed�in�copia,�si�distingue�da�quello�informatico�
perche�formato�da�una�grandezza�fisica�che�assume�valori�continui�(come�le�
tracce�su�carta,�le�immagini�su�film,�ecc.).�

La�deliberazione�mantiene�sostanzialmente�invariate�le�modalita�di�con-
servazione�dei�documenti,�anche�se,�per�grandi�quantita�,�si�potra�decidere�di�
archiviare�apponendo�il�riferimento�temporale�e�la�firma�digitale.�

Il�documento�distingue,�inoltre,�tra�l'archiviazione�elettronica�e�la�con-
servazione�sostitutiva.�

L'archiviazione�elettronica�non�prevede�particolari�modalita�operative:�
l'adempimento�viene�lasciato�all'iniziativa�del�soggetto�interessato,�il�quale�
potra�utilizzare�un�qualsiasi�tipo�di�supporto�di�memorizzazione�per�l'acqui-
sizione�del�documento,�la�sua�classificazione�e�l'attribuzione�di�un�codice�di�
identificazione�univoco,�in�modo�da�consentirne�un�accesso�facile�e�razionale.�

Il�processo�di�conservazione�sostitutiva�e�,�invece,�finalizzato�a�rendere�
un�documento�non�deteriorabile�e,�quindi,�disponibile�nel�tempo�in�tutta�la�
sua�integrita�ed�autenticita�.�

Il�processo�di�conservazione�e�,�in�generale,�successivo�all'eventuale�archi-
viazione�elettronica.�

3.�La 
documentazione 
radiologica: 
aspetti 
legali. 
Il�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997,�quale�norma�di�attuazione�pre-
vista�dall'art.�111,�comma�10�del�D.Lgs�n.�230�del�17�marzo�1995,�all'art.�3�
provvedeva�ad�individuare�una�chiara�definizione�della�documentazione�
radiologica,�differenziando�nell'ambito�di�quest'ultima�la�documentazione�
iconografica�dai�resoconti�radiologici.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

Invero,�la�sopracitata�disposizione�normativa�asseriva�che��i�documenti�
radiologici�e�di�medicina�nucleare�consistono�nella�documentazione�iconografica�
prodotta�aseguito�dell'indaginediagnostica...�.�

Individuava,�invece,�nei��resoconti�radiologici�e�di�medicina�nucleare�i�
referti�stilati�dal�medico�specialista�radiologo�o�medico�nucleare�.�

Il�26�maggio�2000�veniva�emanato�il�D.Lgs�n.�187�in�attuazione�della�
direttiva�97/43/EURATOM�in�maniera�di�protezione�sanitaria�delle�persone�
contro�i�pericoli�delle�radiazioni�ionizzanti�connesse�ad�esposizioni�mediche,�
col�quale�si�provvedeva�ad�abrogare�espressamente�all'art.�15�gli�artt.�da�109�
a�114�compresi�nel�D.Lgs�230/1995.�Una�volta�eliminato�radicalmente�
l'art.�111�del�D.Lgs�n.�230,�quale�sorte�avrebbero�dovuto�avere�le�norme�di�
attuazione�del�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997�da�esso�emanate?�Dopo�
numerose�e�serrate�richieste�rivolte�all'Ufficio�Legislativo�del�Ministero�della�
Salute�Italiano,�quest'ultimo�asseriva,�con�riferimento�al�D.Lgs�n.�230/1995�
che:��la�ratio�della�disposizione�normativa...�era�quella�di�evitare�la�ripetizione�
di�esami�superflui�consentendo�l'utilizzo�di�documenti�radiologici�gia�eseguiti.�
Nediscende,pertanto,�apareredelloscrivente,�cheilD.M14febbraio97che�
ha�stabilito�le�disposizioni�idonee�a�consentire�l'utilizzo�di�documenti�radiologici�
gia�eseguiti,�sia�da�considerasi�ancora�valido,�ancorche�l'art.�111�del�D.Lgs�
230/1995,�che�ha�previsto�l'adozione�del�citato�decreto�ministeriale�sia�stato�
abrogato�dall'art.�15�del�D.Lgs�187/2000�.�

4. 
Acquisizione,�conservazione,�esibizione,�consegna�della�documentazione�
radiologica.�
L'art.�4�del�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997�si�sofferma�sulla�tratta-
zione�delle�vie�di�acquisizione,�di�archiviazione�e�degli�obblighi�di�disponibi-
lita�ed�esibizione�della�documentazione�radiologica.�Quest'ultimo�testual-
mente�recita:�

1.�-�Ove�la�documentazione�iconografica...�non�venga�consegnata�al�
paziente,�questadeveesserecustoditaconlemodalita�dicuiaisuccessivicommi�.�
2.�-�Ladocumentazioneiconografica...�puo�essereacquisitamediantepell
icole�radiografiche,�supporti�cartacei,�supporti�elettronici�.�
3.�-�Qualora�la�documentazione�iconografica�non�venga�consegnata�al�
paziente,�deve�essere�custodita�qualunque�sia�la�forma�di�archivio�prescelta,�la�
documentazionedevepoteressere�disponibile�arichiestapersuccessiveesigenze�
mediche.�Tale�disponibilita�deve�essere�mantenuta�per�un�periodo�non�inferiore�e�
diecianniperla�documentazioneiconograficaedatempoillimitatoperireferti...�.�
Analizziamo�ora�le�situazione�che�si�realizzano�nella�pratica�quotidiana,�
distinguendole�in�relazione�alla�provenienza�del�paziente�interno�o�esterno,�
ed�alla�tipologia�dei�dati�prodotti:�a)�referto�radiologico;�b)�documentazione�
iconografica.�

a)�Il�referto�digitale�del�paziente�interno,�firmato�digitalmente,�deve�
essere�conservato�a�tempo�indeterminato�e�viene�inserito�nella�cartella�elet-
tronica;�se�non�esiste�cartella�elettronica,�il�referto�viene�stampato,�sotto-
scritto�ed�inserito�nella�cartella�cartacea.�


RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�

Il�referto�digitale�del�paziente�esterno,�validato�con�firma�digitale,�viene�
consegnato�al�paziente�in�forma�cartacea,�con�dichiarazione�di�conformita�
da�parte�di�un�pubblico�ufficiale;�in�formato�elettronico,�su�CD�ROM�o�tra-

smesso�via�e-mail 
(c.f.r.�Deliberazione�AIPA�n.�42/2001).�
b) 
Le�immagini�prodotte�in�formato�digitale,�per�un�paziente�interno,�

devono�esser�conservate�per�un�periodo�non�inferiore�a�dieci�anni,�analoga-

mente�le�immagini�su�pellicola.�Il�corretto�processo�di�conservazione�delle�

immagini�radiologiche�digitali�prevede�l'apposizione�del�riferimento�tempo-

rale�e�della�firma�digitale�del�responsabile�della�conservazione�sull'indice�dei�

documenti�contenuto�nel�supporto�ottico,�alla�chiusura�del�processo.�
Il�paziente�che�richiede�copia�della�documentazione�iconografica,�potra�

scegliere�il�supporto�su�cui�ricevere�la�copia�medesima,�elettronico�o�analogico.�
Le�immagini�in�formato�digitale�prodotte�per�un�paziente�esterno�pos-

sono�essere�consegnate�al�paziente�non�sussistendo�obbligo�di�conservazione�

per�il�servizio�di�Radiologia.�
Tuttavia,�la�consegna�della�documentazione�digitale�al�paziente�esterno�

impone�al�servizio�di�Radiologia�il�dovere�di�informare�il�paziente�sugli�

obblighi�di�conservazione�ex 
lege 
della�documentazione�stessa:�la�tecnologia�

ci�aiuta�garantendo�che�con�la�firma�digitale�apposta�dal�radiologo�refertante�

il�documento�sia�divenuto�immodificabile�e�che�eventuali�successive�manipo-

lazioni�siano�immediatamente�riscontrabili.�
Le�immagini�ed�i�documenti�analogici�possono�essere��conservati��in�

formato�digitale,�riversandoli,�ad�esempio,�mediante�scanner 
sui�supporti�

ottici.�Il�responsabile�della�conservazione�deve�apporre,�sull'insieme�dei�

documenti,�il�riferimento�temporale�e�la�firma�digitale�per�attestare�il�cor-

retto�svolgimento�del�processo.�La�distruzione�di�documenti�analogici,�di�

cui�e�obbligatoria�la�conservazione,�e�consentita�soltanto�dopo�il�completa-

mento�della�procedura�di�conservazione�digitale.�

Considerazionifinali. 


Il�mondo�radiologico�e�senza�dubbio�un�mondo�tecnologicamente�avan-

zato�al�suo�interno;�ma,�purtroppo,�deve�fare�i�conti�con�il�mondo�dei�

pazienti�e�con�quello�delle�altre�strutture�sanitarie�che�non�si�stanno�evol-

vendo�alla�medesima�velocita�.�
E�a�tutti�noi�evidente�che,�sia�da�un�punto�di�vista�organizzativo�che�eco-

nomico,�la�scelta�tecnologica�si�e�rivelata�indispensabile.�
Ormai�la�gestione�dell'intera�documentazione�radiologica�e�divenuta�tal-

mente�pesante�da�necessitare�dell'ausilio�elettronico;�i�costi,�i�luoghi�ele�

risorse�umane�hanno�fatto�ancor�piu�propendere�per�la�moderna�scelta.�
Tuttavia,�le�norme�non�impongono�ai�fruitori�dei�moderni�servizi�radio-

logici�di�adeguarsi�tecnologicamente.�
Non�vi�e�,�invero,�alcuna�norma�che�impone�al�medico�richiedente�o�al�

paziente�di�munirsi�di�hardware 
e�software 
atti�a�leggere�l'intera�documenta-

zione�radiologica�consegnatagli.�
Cio�nondimeno,�decidere�per�una�svolta�definitiva�e�radicale�verso�l'in-

tera�gestione�elettronica�interna�ed�esterna�della�documentazione�radiologica�

potrebbe�essere�facilitata�dall'orientamento�nazionale�nei�confronti�delle�

carte�sanitarie�elettroniche.�


SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI�

A�tal�fine,�ognuno�di�noi�dovra�entrare�in�possesso�di�una�carta�elettro-
nica�in�grado�di�contenere�molteplici�dati�ed�informazioni�su�larga�scala.�
Ne�consegue�che,�come�in�ogni�situazione�di�passaggio�dall'antico�al�
moderno�in�evoluzione,�si�devono�affrontare�ponderate�scelte...�

Riferimenti�bibliografici�

SaccO 
P.,�Valore�legale�dell'archivio�digitale.�

BranchI 
M.,�Integrazione�dei�servizi�clinici�di�bioimmagini:�aspetti�econo-
mici�e�gestionali�^Tesi�di�specializzazione�in�Telematica�ed�Integrazione�dei�Ser-
vizi�nella�Sanita�.�AA�2000/2001.�

ModenA 
D.,�La�disciplina�per�laformazione�e�la�trasmissione�dei�documenti�
informatici.�

CammaratA 
M., 
MaccaronE 
E.,�TeoriaePraticadelDiritto.�Lafirmadigi-
tale�sicura.�Il�documento�informatico�nell'ordinamento�giuridico�italiano.�Giuffre�
Editore.�

ScaglionE 
L.,�Definizione�di�documento�informatico.�

www.palazzochigi.it�

www.interlex.it�

www.innovazione.gov.it�

Ladocumentazioneper�ilpaziente.�Aspettilegali.�www.radinfo.org.it�

www.aipa.it�


RecensioniRecensioni
�Il 
linguaggio 
delle 
istituzioni 
pubbliche 
nei 
discorsi 
di 
insediamento 
presso 
l'Avvocatura 
dello 
Stato, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
e 
la 
Corte 
dei 
Conti�,�a�cura�di�FedericO 
BasilicA 
e�StefanO 
Sepe,�Scuola�
Superiore�della�Pubblica�Amministrazione,�Roma,�2004.�

Nei�rapporti�fra�amministrazione�pubblica�e�cittadini,�molto�e�
cambiato:�infatti,�con�una�rivoluzione�quasi�copernicana�il�cittadino�e�
divenuto,�da�suddito,�protagonista�e�portatore�di�chiari�diritti,�oltre�
che�di�doveri.�

Possiamo�ben�dire�che�di�questa�rivoluzione�il�linguaggio�e�stato�
ed�e�il�tramite:�un�linguaggio�non�piu�oscuro,�burocratico�e�farragi-
noso,�quindi�da�decifrare,�ma�vivo�e�aderente�alla�realta�,�per�consen-
tire�una�piena�attuazione�del�principio�di�uguaglianza�fra�i�cittadini,�
favorendo�cos|�il�rispetto�delle�leggi.�

Sono�lontani�i�tempi�in�cui�i�bravi�manzoniani�ironizzavano�sulle�
capacita�del�povero�Don�Abbondio,�identificando�il��sapere�di�latino��
con�la�facolta�di�sottrarsi�ai�propri�doveri�di�parroco.�

Eppure�quando�al�latino�cos|�usato�come�lingua�del�potere,�si�e�
sostituito�l'italiano,�non�si�e�adottato�certo�quello�parlato,�ma�un�buro-
cratese�complesso�basato�su�formule�consolidate,�che�per�altro�nessuno�
usava�quotidianamente�per�esprimersi.�

Nel�1993,�con�la�pubblicazione�del�Codice 
di 
stile 
delle 
comunica-
zioni 
scritte 
ad 
uso 
delle 
amministrazioni 
pubbliche,�a�cura�del�Diparti-
mento�della�Funzione�Pubblica,�prendeva�l'avvio�un�vero�e�proprio�
processo�di�riforma�che,�partendo�dalla�semplificazione�del�linguaggio�
amministrativo,�andava�ad�inserirsi�nell'attuazione�stessa�della�legge�
7�agosto�1990,�n.�241,�che�sanciva�la�trasparenza�del�procedimento�
amministrativo,�attraverso�l'accesso�ai�suoi�atti.�

Il�successivo��Manuale 
di 
stile��del�1997,�curato�da�Alfredo�Fio-
ritto,�e�stato�l'ideale�prosecuzione�del�Codice,�fornendo�anche�un�glos-


RECENSIONI�1033 


sario�di�500�termini�ricorrenti�nel�linguaggio�amministrativo,�con�rela-
tiva�spiegazione.�Con�il�progetto��Chiaro��poi�si�e�dato�il�via�alla�crea-
zione�di�uno�staff,�sempre�presso�il�Dipartimento,�dedicato�alla�sem-
plificazione�del��burocratese�.�

In�questo�ambito�viene�ad�inserirsi�il�volume�Il 
linguaggio 
delle 
istituzionipubbliche 
neidiscorsidi 
insediamentopresso 
l'Avvocatura 
dello 
Stato, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
e 
la 
Corte 
dei 
Conti,�a�cura�di�Federico�Basi-
lica�e�Stefano�Sepe,�edito�dalla�Scuola�Superiore�della�Pubblica�Ammi-
nistrazione.�

Il�testo�e�frutto�di�un�progetto�di�ricerca�dedicato�ad�una�partico-
lare�forma�di�comunicazione,�ovvero�quella�adottata�dalle�istituzioni�
pubbliche�nelle�cerimonie�di�insediamento�dei�vertici:�nello�specifico�
sono�presi�in�esame�i�discorsi�di�insediamento.�

Dott.ssa 
Giuliana 
Costantini 



IndicisistematiciIndicisistematici
1 
-ARTICOLI, 
NOTE, 
DOTTRINA, 
RECENSIONI 


GiuseppE 
Arpaia, 
Il�divieto�di�arbitrato�nelle�controversie�relative�ad�opere�
pubbliche�d|�ricostruzione�dei�territori�colpiti�da�calamita�naturali,�tra�pres
unta�abrogazione�ed�interpretazione�autentica.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�pag.�905 
FedericO 
Basilica, 
La�Public 
Governance 
in�Europa.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
9 
10 
FedericO 
Basilica, 
La�qualita�della�regolamentazione�tra�ordinamento�intern
azionale�e�ordinamento�nazionale.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
786 
BarbarA 
Bombaci, 
Valore�legale�dell'archivio�digitale..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
1023 
IgnaziO 
FrancescO 
Caramazza, 
Le�nuovefrontiere�della�giurisdizione�ammin
istrativa�(dopo�la�sentenza�della�Corte�Costituzionale�6�luglio�2004�n.�204).�� 
7 
41 
PaolA 
Ciriaco, 
Giurisdizione�in�materia�di�pubblico�impiego:�inammissibile�il�
ricorso�al�T.A.R.�per�l'annullamento�delle�procedure�di�riqualificazione�del�
personale�all'interno�della�stessa�areafunzionale.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�.�� 
848 
GiannI 
Cortigiani, 
Ancora�sull'ICI�nella�concessione�di�arenili.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
8 
7 
1 
GiulianA 
Costantini, 
recensione 
a: 
Il�linguaggio�delle�istituzionipubbliche�nei�
discorsi�di�insediamentopresso�l'Avvocatura�dello�Stato,�il�Consiglio�di�Stato�e�
la�CortedeiConti,�a 
cura 
di 
Federico 
Basilica 
e 
Stefano 
Sepe. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
� 
1032 
ValentinA 
DI 
Vincenzo, 
Autorita�indipendenti�e�tutela�giurisdizionale..�.�.�.�.�� 
9 
1 
7 
GiannI 
CarlO 
Ferrero, 
Sulleagenzie�d|�disbrigopraticheperglistranieri.�.�.�.�.�.�� 
840 
OscaR 
Fiumara, 
Modifiche�nel�riparto�di�competenze�fra�Corte�di�Giustizia�e�
Tribunale�diprimo�grado�delle�Comunita�europee.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
7 
8 
3 
MauriziO 
LaconO 
Quarantino, 
Dismissione�delpatrimonio�pubblico:�l'interp
retazione�autentica�(mente�ingiusta).�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
9 
3 
7 
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
L'attivita�amministrativa�di�valutazione:�punteggio�
numerico�e�obbligo�di�motivazione..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
8 
5 
3 
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
La�discrezionalita�tecnica�dell'amministrazione�e�il�
controllo�del�giudice�amministrativo.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 
864 
MariA 
VittoriA 
Lumetti, 
I�mobili�confini�tra�vizio�di�merito�ed�eccesso�di�
potere..�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�..�� 
9 
45 



1036 
RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO 
Antonio�Palatiello,Ancora�sul�caso�del�Crocifisso.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�
Claudio�Paris,�Accertamento�della�mancanza�dello�stato�di�insolvenza�nel�giud
izio�di�opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�difallimento.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�..�
Vincenzo�Rago,�Il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�delle�
Regioni�a�statuto�ordinario..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�
Vincenzo�Rago,�Universita�degli�studi:�giudice�amministrativo�e�ordinario�
sono�d'accordo�sul�patrocinio�esclusivo�ed�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello�
Stato..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�
� 
� 
� 
� 
823 
984 
775 
769 
Emanuela�Rosano�,�Il�trattamento�dei�datipersonali�alla�luce�del�d.lgs.�196/03�
(�Codice�in�materia�diprotezione�dei�datipersonali��),inparticolare�le�regole�
specifiche�per�i�soggettipubblici.�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�..�
Ilaria�Sanasi,�Fermo�amministrativo:�e�sufficiente�il�fumusboniiurisdel�cred
ito�vantato�dalla�P.A.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�
� 
� 
1007 
836 
2 
-INDICE 
DELLE 
SENTENZE 
CORTECOSTITUZIONALE 
Ord..15dicembre2004,n.389.................................. 
� 
832 
CORTEDICASSAZIONE 
Sez.trib.,sent.2marzo2004,n.4219............................. 
Sez.Un.,sent.29aprile2004,n.8211............................. 
� 
� 
838 
776 
TRIBUNALECIVILEDITORINO 
Sez.1.,ord.7luglio2004...................................... 
� 
846 
TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLAZIO 
Roma,sez.2.ter,sent.4maggio2004,n.3757...................... 
� 
850 
CONSIGLIODISTATO 
Sez.4.,sent.19luglio2004,n.5175............................... 
� 
862 
TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLATOSCANA 
Sez.1.,sent.20aprile2004,n.1214.............................. 
Sez.1.,sent.19luglio2004,n.2649.............................. 
Sez.1.,ord.9settembre2004,n.924............................. 
Sez.1.,ord.14luglio2004,n.798................................ 
� 
� 
� 
� 
859 
860 
863 
870 
COMMISSIONETRIBUTARIAREGIONALEDIFIRENZE 
Sez.16.,sent.7settembre2004,n.9.............................. 
� 
871 



INDICI�SISTEMATICI�1037 


3 
-INDICE 
DEGLI 
ARGOMENTI 


Avvocatura�dello�Stato�^Patrocinio�^Regioni�a�statuto�ordinario�
(Cassaz.,S.U.,sent.29aprile2004n.8211).......................... 
pag. 
776�

Concorso�pubblico�o�esame�^Motivazione�espressa�a�mezzo�di�coefficienti�
numerici�^Discrezionalita�tecnica�^Attivita�di�giudizio�e�non�propriamente�
provvedimentale�^Punteggio�numerico�sufficiente�^Finalita�di�economicita�,�
celerita�e�chiarezza�dell'attivita�amministrativa�di�valutazione�(C.d.S., 
sez. 
4., 
sent. 
19 
luglio 
2004 
n. 
5175; 
T.A.R. 
Toscana, 
sez.1., 
sent. 
20 
aprile 
2004 
n. 
1214; 
sez. 
1., 
sent. 
19 
luglio 
2004 
n. 
2649; 
sez. 
1., 
ord. 
9 
settembre 
2004 
n. 
924)���859�ss.�

Corte�Costituzionale�-Istruzione�pubblica�^Arredi�scolastici�^Laicita�
dello�Stato�^Inammissibilita�della�questione�di�legittimita�costituzionale�
(Corte 
Cost., 
ord. 
15 
dicembre 
2004, 
n.389)..........................���832�

Diritto�tributario�^Diritto�di�credito�vantato�da�una�P.A.�avverso�un�cred
itore�di�altra�P.A.�^Provvedimento�cautelare�di�sospensione�del�pagamento�
ex 
art.�69�R.D.�n.2240/1923�(c.d.��fermo�amministrativo�)�^Sufficienza�del�
fumus�oni�iuris�della�ragione�di�credito�della�P.A.�(Cassaz., 
sez. 
trib., 
sent. 
2 
marzo 
2004, 
n. 
4219).........................................���838�

Discrezionalita�tecnica�^Accertamenti�sanitari�^Controllo�del�G.A.�^
Insindacabilita�(T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�ord.�14�luglio�2004�n.�798).�.�.�.....���870�

Extracomunitari�^Agenzie�disbrigo�pratiche�stranieri�^Permessi�di�sogg
iorno�^Difetto�di�giurisdizione�del�G.O.�^Inammissibilita�del�ricorso�per�
difetto�di�legittimazione�attiva�^Insussistenza�del�fumus 
boni 
iuris 
^Insussis
tenza�del�periculum 
in 
mora 
(Trib. 
Civ. 
di 
Torino, 
sez. 
1., 
ord. 
7 
luglio 
2004) 
��846�

Pubblico�impiego�^Procedure�di�riqualificazione�del�personale�^Giurisdiz
ione�del�G.A.�^Insussistenza�(T.A.R. 
Lazio, 
Roma, 
sez. 
2" 
ter, 
sent. 
4 
maggio 
2004n.3757) 
................................................ 
��850�

Tributi�locali�^I.C.I.�^Stabilimenti�balneari�^periodo�anteriore�al�2001�^
Soggettivita�passiva�^Demanio�concedente�^Esclusione�^Concessionario�^
Sussistenza�(Comm.�Trib.�Reg.�di�Firenze,�sez.16.,�sent.�7�settembre�2004�n.�9)���871�

4 
-PARERI 


A.G.S. 
^Comunicazione 
di 
servizio 
n. 
115, 
prot. 
n. 
101275, 
del 
20 
luglio 
2004. 
Contenziosoinmateriadibeniculturali�...........................�pag. 
875 


A.G.S. 
^Parere 
del 
15 
novembre 
2003, 
n. 
127581. 
Confisca�di�bene�immobiliare�ex 
art.�2-ter 
legge�31�maggio�1965,�n.�575.�
Natura�(originaria�o�derivativa)�del�trasferimento�a�seguito�della�confisca�
-Conseguente�sorte�di�diritti�reali�di�garanzia�sul�bene)�(consultivo 
9831/02,avvocatoA.Linguiti).................................. 
pag. 
876�

A.G.S. 
^Parere 
del 
5 
maggio 
2004, 
n. 
66043. 
Interpretazione�delle�disposizioni�contenute�nell'art.�9-bis 
della�legge�27�
dicembre�2002,�n.�289,�in�materia�di�condono�fiscale�(consultivo 
20133/04, 
avvocatoG.DeBellis)........................................ 
pag. 
881�


1038 
RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO�
A.G.S. 
^Parere 
del 
23 
giugno 
2004, 
n. 
90482. 
Se�l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997,�convertito�in�legge�3�maggio�1997,�n.�135,�in�
materia�di�rimborso�delle�spese�di�patrocinio�legale�da�parte�dell'ammini-
strazione,�sia�applicabile�anche�in�caso�di�condanna�della�contropoarte�alla�
rifusione�delle�spese�in�favore�del�dipendente.�(consultivo 
10040/03, 
avvoc
ato 
W. 
Ferrante).. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
883�
A.G.S. 
^Parere 
del 
30 
giugno 
2004, 
n. 
93030. 
Gara�a�procedura�ristretta�per�lo�svolgimento�di�servizi�di�sviluppo�e�gestione�
del�Sistema�Informativo�dell'Istruzione.�(Contenziosi 
nn. 
13160/03 
e 
12629/03, 
avvocato 
V. 
Nunziata).. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
885�
A.G.S. 
^Parere 
del 
23 
luglio 
2004, 
n. 
102371. 
Contratti�di�fornitura�assistenza�sistemica�per�uffici�giudiziari.�Cessione�dei�
contratti.�Applicabilita�dell'art.�35�della�legge�n.�109/94.�(consultivo 
n. 
27972/04, 
avvocato 
C. 
Sica). 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
886�
A.G.S. 
^Parere 
del 
24 
luglio 
2004, 
n. 
102962. 
Cessione�di�ramo�d'azienda:�efficacia�ex 
art.�35�legge�n.�109/94.�Responsabilita�
del�cessionario�per�debiti�del�cedente:�condizioni.�Legittimita�di�fermo�
amministrativo�di�crediti�vantati�dal�cessionario�verso�la�P.A.�(consultivo 
n. 
17285/03, 
avvocato 
M. 
Corsini). 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
887�
A.G.S. 
^Parere 
del 
30 
luglio 
2004, 
n. 
105616. 
Fermo�dei�beni�mobili�registrati�ex 
art.�86�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�
dall'art.�1,�comma�1,�lettera�q),�del�d.lgs.�n.�193/2001.�Effetti�della�ordi-
nanza�n.�3402/2004�del�23�giugno�2004�dal�T.A.R.�Lazio�(confermata�dal�
Consiglio�di�Stato),�che�ha�sospeso�l'efficacia�della�Circolare�Ministeriale�
24�novembre�1999,�n.�221,�della�Risoluzione�dell'Agenzia�delle�entrate�n.�
64/2002,�della�nota�dell'Agenzia�delle�entrate�protocollo�66384/2004�e�
della�nota�22�marzo�2004�del�Concessionario�del�Servizio�Nazionale�per�
la�Riscossione�dei�Tributi�della�Provincia�di�Roma,�aventi�ad�oggetto�la�
disciplina�della�procedura�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo.�Limita-
zione�di�detti�effetti�al�solo�rapporto�dedotto�in�giudizio,�atteso�che�anche�
gli�atti�generali�impugnati�sono�soltanto�circolari�aventi�mero�valore�inter-
pretativo�che�il�giudice�amministrativo�non�ha�ritenuto�di�condividere.�
Opportunita�di�evitare,�fino�all'adozione�del�regolamento�attuativo�dell'art.�
86�del�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�dall'art.�1�comma�1,�lettera�q)del�
d.lgs.�n.�193/2001,�l'emissione�di�provvedimenti�di�fermo�amministrativo�
di�veicoli�per�i�ruoli�delle�entrate�tributarie�da�parte�dei�concessionari�delle�
riscossioni�delle�entrate.�(Contenzioso 
n. 
27998/04, 
avvocato 
G. 
Fiengo). 
pag. 
890�
A.G.S. 
^Parere 
del 
2 
agosto 
2004, 
n. 
106210. 
D.L.�n.�269/03,�art.�38:��Norme�di�semplificazione�in�materia�di�sequestro,�
fermo,�confisca�e�alienazione�dei�veicoli�.�(consultivo 
n. 
16756/04, 
avvocato 
P. 
Palmieri).. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
... 
.. 
.. 
.. 
pag. 
891�
A.G.S. 
^Parere 
del 
5 
agosto 
2004, 
n. 
108043. 
Quesito�dell'Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Ancona.�Trattamentodei�
praticanti�all'Avvocatura�dello�Stato.�(consultivo 
n. 
28275/04). 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
892�


INDICI�SISTEMATICI�1039 
A.G.S. 
^Parere 
del 
12 
agosto 
2004, 
n. 
110067. 
Legge�n.�575/1965�^Se�l'amministratore�di�patrimoni�sottoposti�a�provvedi-
mento�cautelare�di�sequestro�ovvero�a�provvedimento�di�confisca�non�
ancora�divenuto�definitivo�(ai�sensi�dell'art.�2�ter,�commi�2�e�3�della�legge�
n.�575/65)�possa�fruire�del�patrocino�dell'Avvocatura�dello�Stato.�(consult
ivo 
n. 
5011/03, 
avvocato 
M. 
Mari).. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
894�
A.G.S. 
^Parere 
del 
25 
giugno 
2004, 
n. 
91868. 
Addebito�dell'Imposta�sul�Valore�Aggiunto�(I.V.A.)�sugli�importi�dovuti�dal�
Ministero�Affari�Esteri�^D.G.C.S.�alle�controparti�a�titolo�di�rimborso�
pro 
quota 
degli�onorari�degli�arbitri�e�delle�spese�di�funzionamento�dei�Col-
legi�arbitrali.�(consultivo 
29845/04, 
avvocato 
A. 
Palatiello). 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
899�
A.G.S. 
^Parere 
del 
20 
settembre 
2004 
n. 
122169. 
Affidamento�di�attivita�di�progettazione�a�professori�(docenti�a�tempo�pieno�t
empo�parziale).�(consultivo 
35683/04, 
avvocato 
M. 
Corsini). 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
. 
pag. 
901�