ANNO LVI -N. 3 LUGLIO-SETTEMBRE 2004 PUBBLICAZION. TRIMESTRAL. D. SERVIZI. ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 2004 ComitatO scientifico: Presidente:�Luigi�Mazzella.�Componenti:�Franco� Coppi�^Giuseppe�Guarino�^Natalino�Irti�^Eugenio�Picozza�^Franco� Gaetano�Scoca.� DirettorE responsabile: Oscar�Fiumara�^Condirettore:�Giuseppe�Fiengo.� ComitatO dI redazione: Giacomo�Aiello�^Vittorio�Cesaroni�^Roberto�de� Felice�^Maurizio�Fiorilli�^Massimo�Giannuzzi�^Maria�Vittoria�Lumetti�^ Antonio�Palatiello�^Giovanni�Paolo�Polizzi�^Mario�Antonio�Scino�^Tito� Varrone.� HannO collaboratO inoltrE aL presentE numero: Giuseppe�Arpaia�^ Federico�Basilica�^Barbara�Bombaci�^Ignazio�Francesco�Caramazza�^ Paola�Ciriaco^GianniCortigiani^Giuliana�Costantini^ValentinaDiVincenzo� ^Gianni�Carlo�Ferrero�^Maurizio�Iacono�Quarantino�^Claudio�Paris�^ Vincenzo�Rago^Emanuela�Rosano�^Ilaria�Sanasi.� SegreteriA dI redazione: Francesca�Pioppi.� Telefono:�066829431�^E-mail:�rassegna@avvocaturastato.it� ABBONAMENTI�ANNO�2004� ITALIA�ESTERO� ABBONAMENTO�ANNUO...�...�...�...�......�..�. 41,00 . 77,00 UNNUMEROSEPARATO....�...�...�...�......�..�. 12,00 . 21,00 Prezzi�doppi,�tripli,�quadrupli�ecc.�per�tutti�quei�fascicoli�che,� stampati�in�unico�volume,�sostituiscono�altrettanti�numeri� della�prevista�periodicita�annuale.� Per�abbonamenti�e�acquisti�rivolgersi�a:� ISTITUTO�POLIGRAFICO�E�ZECCA�DELLO�STATO�S.p.A.� Funzione�Editoria� P.zza�Verdi,�10�^00198�Roma Tel.�0685082207�^0685084124 Fax�0685084117 E-mail:�venditeperiodici@ipzs.it c/c�postale�n.�387001 Stampato�inItalia^PrintedinItaly� Autorizzazione�Tribunale�di�Roma�^Decreto�n.�11089�del�13�luglio�1966� (P401024/1)�Roma,�2004��Istituto�Poligrafico�e�Zecca�dello�Stato�S.p.A.�^S.� INDICE�^SOMMARIO TemI istituzionalI Ignazio�Francesco�Caramazza,�Le nuovefrontiere della giurisdizione amministrat iva (dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n.204) . . . .. .. Pag. 741� Vincenzo�Rago,�Universita� deglistudi: giudiceamministrativo e ordinario concord ano sulpatrocinio esclusivo edobbligatorio dell'Avvocaturadello Stato..... .. ��769� Vincenzo�Rago,�Il�patrocinio dell'Avvocatura dello Stato a favore delle Regioni a statuto ordinario (Cassaz.,�S.U.,�sent.�29�aprile�2004�n.8211)�....�......���775� IL contenziosO comunitariO eD internazionalE Oscar�Fiumara,�Modifiche nel riparto di competenze fra Corte di Giustizia e Tribunale diprimo grado delle Comunita� europee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��783� Federico�Basilica,�La qualita� della regolamentazione tra ordinamento internaz ionale e ordinamento nazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��786� 1.��Igiudizi in corso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��795� IL contenziosO nazionalE Antonio�Palatiello,�Ancora sul caso del Crocifisso (Corte.Cost.,�ord.�15�dicemb re�2004,�n.�389)�....�.....�......�.....�.....�......�.....�......� Ilaria�Sanasi,�Fermo amministrativo: e� suf ff iciente il fumus�boni�iuris�del credito ��823� vantato dalla P.A. (Cassaz.,�sez.�trib.,�sent.�2�marzo�2004,�n.�4219)�......���836� Gianni�Carlo�Ferrero,�Sulle agenzie di disbrigo pratiche per gli stranieri (Trib.�civ.�di�Torino,�sez.�1.,�ord.�7�luglio�2004)..�.�.�......�.....�......���840� Paola�Ciriaco,�Giurisdizione in materia di pubblico impiego: inammissibile il ricorso al T.A.R.per l'annullamento delleprocedure di riqualificazione delpers onale all'interno della stessa area funzionale (T.A.R.�Lazio,�Roma,�sez.� 2.�ter, sent.�4�maggio�2004�n.�3757)..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�....�...�...�...�....�.���848� Maria�Vittoria�Lumetti,�L'attivita� amministrativa di valutazione: punteggio numerico e obbligo di motivazione (T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�sent.�20�aprile� 2004�n.�1214�e�19�luglio�2004�n.�2649;�C.d.S.,�sez.�4.,�sent.�19�luglio�2004� n.�5175;�T.A.R.Toscana,�sez.1.,�ord.�9�settembre�2004�n.�924).�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..���853� Maria�Vittoria�Lumetti,�La discrezionalita� tecnica dell'amministrazione e il cont rollo del giudice amministrativo (T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�ord.�14�luglio� 2004�n.�798).�.�......�.....�......�.....�.....�......�.....�......���864� Gianni�Cortigiani,�Ancora sull'ICI nella concessione di arenili (Comm.�Trib.� Reg.�di�Firenze,�sez.�16.,�sent.�7�settembre�2004�n.�9)�.....�.....�......���871� IparerideL ComitatO Consultivo.......................... .. ��875� ContributI dI dottrinA Giuseppe�Arpaia,�Ildivieto diarbitrato nellecontroversierelativeadoperepub bliche di ricostruzione dei territori colpiti da calamita� naturali, tra presunta abrogazioneedinterpretazioneautentica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��905� Federico�Basilica,�La Public�Governance�inEuropa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . ��910� Valentina�Di�Vincenzo,�Autorita� indipendenti e tutela giurisdizionale . . . . . . . ��917� Maurizio�Iacono�Quarantino,�Dismissione del patrimonio pubblico: l'interpre tazioneautentica(menteingiusta) ............................... ��937 Maria�Vittoria�Lumetti,�Imobili confini tra vizio di merito ed eccesso dipotere ��945� Claudio�Paris,�Accertamento della mancanza dello stato di insolvenza nel giudi zio di opposizione alla sentenza dichiarativa difallimento. . . . . . . . . . . .. .. ��984� Emanuela�Rosano�,�Il trattamento dei dati personali alla luce del d.lgs. 196/03 (�Codiceinmateriadiprotezionedeidatipersonali�), inparticolareleregole specificheperisoggettipubblici.. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. . ��1007� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO ServiziinformaticiestatisticI Barbara Bombaci, Valore legale dell'archivio digitale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 1023 RecensionE Federico Basilica, Stefano Sepe (a cura di), Il linguaggio delle istituzioni pub- bliche nei discorsi di insediamento presso l'Avvocatura dello Stato, il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti, Scuola superiore della Pubblica Amministraz ione, 2004. Recensione di GiulianaCostantinI ................ � 1032 Indicisistematici........................................ � 1035 TemiIstituzionaliTemiIstituzionali Le nuove frontiere della giurisdizione amministrativa (dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204) (*)� di Ignazio Francesco Caramazza 1. Notazioni introduttive. La�sentenza�n.�204/2004�della�Corte�Costituzionale�rappresenta�un�sof- ferto�e�lungamente�meditato(1)�sforzo�di�razionalizzazione�e�riduzione�a� sistema�della�tanto�disordinata�quanto�profonda�crisi�di�trasformazione� attraversata�dalla�giustizia�amministrativa�italiana�negli�ultimi�quattro�anni� del�millennio�da�poco�compiuto.� Ho�detto�crisi�di�trasformazione�e�non�riforma�perche�una�riforma� postula�un�disegno�unitario�e�coerente�mentre,�nella�specie,�si�e�assistito�al� confuso�^anche�se�spesso�sinergico�^accavallarsi�di�iniziative�assunte�dai� vari�poteri�dello�Stato.� A�dare�il�via�fu�il�legislatore�delegante�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59,� che�indico�fra�i�principi�e�criteri�direttivi�la��estensione�della�giurisdizione� del�giudice�amministrativo�alle�controversie�aventi�ad�oggetto�diritti�patrimo- niali�conseguenziali,�ivi�compreso�quello�relativo�al�risarcimento�del�danno�� in�alcune�materie,�cos|�superando�un�tabu�piu�che�secolare.� Segu|�il�legislatore�delegato,�con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�80�che,�nel- l'attuare�la�delega,�devolvette�alla�giurisdizione�esclusiva�anche�le�tre�nuove� (*)�Relazione�tenuta�al�Convegno�per�il�trentennale�dei�TT.AA.RR.�svoltosi�a�Napoli� in�data�5-6�novembre�2004.� (1)�V.�CarbonE (in��Il Waltzer delle giurisdizioni��rigira e ritorna a fine Ottocento,in� Corriere giuridico n.�9/2004)�enumera�ben�9�interlocuzioni�soprassessorie�della�Corte�rese� attraverso�ordinanze�di�inammissibilita�e�di�restituzione�degli�atti�per�sopravvenuta�norma- tiva.�Sintomatiche,�fra�tutte�le�ordinanze�di�inammissibilita�della�Corte�Cost.�n.�122�e�123� del�16�aprile�2002.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� materie�dei�servizi�pubblici,�dell'urbanistica�e�dell'edilizia.�Intervennero�poi�le� Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�la�celeberrima�sentenza�22�luglio�1999,� n.�500,�che�infranse�il�dogma�della�irrisarcibilita�degli�interessi�legittimi,�il� Consiglio�di�Stato,�con�la�pronuncia�30�marzo�2000,�n.�1�dell'Adunanza�Ple- naria�ed�ancora,�in�dissonanza,�le�Sezioni�Unite�della�Cassazione�con�le�sen- tenze�n.�71�e�72�del�30�marzo�2000.� Fu�poi�la�volta�della�Corte�costituzionale,�che,�con�la�sentenza�17�luglio� 2000,�n.�292,�sanziono�un�eccesso�di�delega�nel�decreto�delegato�n.�80/1998.� Il�Parlamento,�infine,�con�la�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(approvata�in�via� definitiva�dal�Senato�appena�48�ore�dopo�la�pubblicazione�della�sentenza� della�Corte)�(2),�sostituendo,�con�modifiche,�gli�artt.�33,�34�e�35�del�decreto� delegato,�elimino�ogni�questione�di�eccesso�di�delega,�ed�estese�la�tutela�risar- citoria�a�tutte�le�aree�nelle�quali�il�giudice�amministrativo�esercita�giurisdi- zione.� Il�risultato�di�questa�convulsa�stagione�fu�la�fulminea�accelerazione�ed�il� compimento�di�tre�tendenze�evolutive�che�si�erano�andate�lentissimamente�e� timidamente�dipanando�nell'arco�di�tre�quarti�di�secolo,�e�precisamente:� a)�la�trasformazione�del�criterio�di�discrimine�fra�le�due�giurisdizioni�da� quello�della�situazione�tutelata�a�quello�della�materia;� b)�l'attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarcitoria�oltre�a� quella�cassatoria�in�materia�di�giurisdizione�esclusiva;� c)�la�estensione�della�tutela�risarcitoria�ai�pregiudizi�derivanti�dalla� lesione�degli�interessi�legittimi.� In�relazione�alle�prime�due�sembra�sufficiente�ricordare�come�il�legisla- tore�della�seconda�meta�del�secolo�scorso�introducesse�con�continui�e�ripetuti� interventi,�nuovi�casi�di�giurisdizione�esclusiva�(nella�legge�istitutiva�dei� TAR�addirittura�per��clausola�generale�)�e�la�giurisprudenza�attribuisse� natura��esclusiva��a�molti�casi�di�giurisdizione�innominatamente�attribuita� al�giudice�amministrativo.�Quest'ultimo,�poi,�opero�una�lenta�progressiva� erosione�del�rigoroso�divieto�di�intromettersi�nei�rapporti�di�dare�ed�avere.� La�prima�rottura�fu�il�riconoscimento�del�diritto�del�dipendente�pubblico� alla�percezione�degli�arretrati,�poiche�non�conseguenziali�ma�coessenziali� con�l'annullamento�del�licenziamento.� Corollario�normativo�del�principio�fu�l'art.�26,�comma�3,�della�legge�isti- tutiva�dei�TAR�che�consent|�al�giudice�amministrativo,�in�sede�di�giurisdi- zione�esclusiva,�di�condannare�l'Amministrazione�al�pagamento�di�somme� di�cui�risultasse�debitrice�(3).� (2)�R.�Tiscini,�La giurisdizione esclusiva, in�Il processo davanti al giudice amministrativo, a� cura�di�B.�Sassani�e�R.�Villata,�Torino,�2001,�327.� (3)�A.Romano, Giurisdizioneordinariaegiurisdizioneamministrativadopolaleggen. 205del 2000 (epitaffio per un sistema), in�Dirittoprocessuale amministrativo, 2001,�602�ss.� TEMI�ISTITUZIONALI� Giudice�amministrativo�e�Cassazione�riconobbero,�poi,�negli�anni�'80,� fra�i�crediti�retributivi�del�pubblico�dipendente�coessenziali�con�il�rapporto�e� non�conseguenziali�ad�un�annullamento,�anche�gli�interessi�corrispettivie�la� rivalutazione�monetaria.� Si�realizzava�dunque�una�lenta�e�progressiva�crescita�qualitativa�e�quan- titativa�della�giurisdizione�esclusiva,�gia�giunta�negli�anni�'90�del�secolo� scorso�a�sopravanzare�statisticamente�come�numero�di�contenziosi�quella�di� legittimita�,�il�che�comportava�che�il�modello�di�processo�sul�rapporto�ten- desse�ad�informare�di�se�il�modello�di�processo�sull'atto�e�che�il�criterio�di� discrimine�fra�le�giurisdizioni�tendesse�a�spostarsi�dalla�situazione�tutelata� alla�materia(4).� In�relazione�alla�terza�sara�sufficiente�un�accenno�alla�lenta�ma�inesora- bile�espansione,�nell'arco�del�secolo�scorso�(e�non�solo�certo�in�Italia),�dell'i- stituto�della�responsabilita�civile,�specialmente�nella�sua�dimensione�aqui- liana�(5).� Per�limitarci�al�nostro�Paese�basti�ricordare,�in�sede�di�puro�diritto�civile,� l'estensione�dell'istituto,�dapprima�limitato�alle�lesioni�dei�soli�diritti�assoluti,� ai�diritti�di�credito,�alle�chances,�alle�aspettative�e,�in�definitiva,�a�qualunque� attentato�all'integrita�del�patrimonio.�In�sede�di�diritto�amministrativo�si� rammenti�la�^peraltro�modesta�^evoluzione�compiutasi�in�materia�di�revivi- scenza�dei�diritti�degradati�a�seguito�di�caducazione�dell'atto�degratatorio,� di�illegittima�ricompressione�di�diritti�espansi�di�poi�annullata,�di�interessi� legittimi�dichiarati�eccezionalmente�risarcibili�in�ossequio�ad�obblighi�europei� (art.�13�legge�19�febbraio�1992�n.�142)�di�interessi�legittimi�dichiarati�risarci- bili�in�leggi�dall'efficacia�sospesa�e�poi�abrogate�(6),�in�decreti�legge�non�con- vertiti�dopo�varie�reiterazioni�(7)�o�in�leggi�recanti�elaborazioni�di�principi�e� criteri�direttivi�mai�attuati�dalla�normativa�secondaria(8).� Inutile�sottolineare�come,�rispetto�a�tali�timide�linee�di�tendenza�lentissi- mamente�evolute�nell'arco�di�svariati�decenni,�il�loro�brusco�e�veloce�comple- tamento�suggellato�dal�crisma�legislativo�sia�stato�avvertito�come�una�vio- lenta�soluzione�di�continuita�.�Tanto�piu�violenta,�poi,�in�quanto�accompa- gnata�da�una�innovazione�non�preannunciata�da�alcuna�sia�pur�timida� avvisaglia,�e�cioe�l'attribuzione�al�giudice�amministrativo�della�tutela�risarci- (4)�Per�una�completa�ricostruzione�della�materia�vedasi�E.�Picozza,�Il quadro normativo della giurisdizione esclusiva dall'avvento della Costituzione ad oggi, in�Atti del XLIX Convegno di studi di scienza dell'Amministrazione, Giuffre�,�Milano,�2004,�63�ss.;�R.�Giovagnoli,�Il contenzioso in materia di servizipubblici,�Giuffre�,�Milano�2004.� (5)�A.�DE Vita,�Al crocevia degli itinerari dei diritti europei, in�Politica del diritto,�2000,�537.� (6)�Art.�32�comma�3�legge�11�febbraio�1994�n.�109,�decreto�legge�31�maggio�94�n.331,�legge� 2�giugno�1995�n.�216�art.�9�bis.� (7)�decreto�legge�25�novembre�1995�n.�498,�art.�8.� (8)�Legge�15�marzo�1997�n.�59,�art.�20,�5�comma,�lett.�h.�Per�una�compiuta�rassegna�di�tutte� le�ipotesi�di�cui�sopra�vedasi�E.Follieri,�Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi,in�Atti del XLIII Convegno di studi di Scienza dell'Amministrazione,Giuffre�,�Milano,� 1998,�55�ss.�e�V.Carbone,�Il waltzer delle giurisdizioni, cit.. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� toria�degli�interessi�legittimi.�Le�novita�erano�tante�e�tali�da�far�dubitare�piu� di�un�giudicante�della�loro�conformita�a�Costituzione,�con�conseguente�devo- luzione�alla�Corte�della�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�7�della� legge�205/2000�sotto�svariati�profili.� La�Corte�ha�risposto�alle�attese�(lunghe,�per�vero)�ed�ha�tentato�di�ricon- durre�a�sistema�gli�istituti�in�esame�facendo�leva�su�due�principi:�anzitutto�il� valore�formalistico�del�rispetto�del�testo�della�Carta�costituzionale.�Valore� che�rappresenta�il�rifugio�piu�sicuro�in�tempi,�quali�i�nostri,�di�incertezze�isti- tuzionali.� In�secondo�luogo,�invocando�il�valore�del�dato�storico,�senza�l'analisi�del� quale�il�nostro�sistema�di�giustizia�amministrativa�sarebbe�del�tutto�incom- prensibile�(9).� Si�diceva�nella�Francia�prerivoluzionaria�che�ogni��stato��dovesse�con- tribuire�alle�guerre�del�regno�con�le�sue�specifiche�potenzialita�:�e�quindi�la� nobilta�con�il�suo�sangue,�la�borghesia�con�il�suo�denaro�ed�il�clero�con�le� sue�preghiere.�Applicando�il�detto�alla�riforma�della�giustizia�amministrativa� compiutasi�a�cavallo�fra�secondo�e�terzo�millennio�potremmo�dire�che�i�vari� organi�dello�Stato�di�essa�coautori�si�sono�divisi�i�compiti�secondo�quelle� regole,�portando�nella�riforma�ciascuno�le�sue�potenzialita�e�caratteristiche.� Cassazione�e�Consiglio�di�Stato�hanno�contribuito�con�la�capacita�inno- vativa�e�talvolta�concorrenziale�della�loro�giurisprudenza,�il�Parlamento�con� quella�frettolosa�improvvisazione�che�da�molti�anni�a�questa�parte,�pur- troppo,�caratterizza�le�sue�leggi(10)�e�la�Corte�Costituzionale�con�il�rigore� della�riconduzione�a�sistema�del�diritto�vivente�nel�quadro�formale�della� Carta�repubblicana.� La�sentenza�della�Corte�in�esame�^che�per�la�prima�volta�affrontava�ex� professo�il�problema(11)�^non�e�certo�al�di�sopra�di�ogni�critica,�come�ogni� opera�dell'uomo,�ma�credo�doveroso�riconoscerle�il�merito�di�aver�composto� un�complesso�groviglio�di�regole�a�sistema�formale�offrendo�all'interprete� accorto�gli�strumenti�per�perfezionarlo�ed�affinarlo�in�relazione�alle�tante�sin- gole�problematiche�che�emergeranno.� Si�tratta�in�ogni�caso�di�un�dictum�che�rappresenta�il�diritto�positivo�e� con�cui,�quindi,�e�necessario�confrontarsi.� 2.�La�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204/2004:�l'approccio�alproblema.� La�sentenza�in�esame�affronta�anzitutto�una�approfondita�ricostruzione� storica�del�sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa,�a�partire�dalla�fonda- mentale�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo�(i�cui�principi�fonda- mentali�furono�oggetto�di��indispensabile�riassorbimento��nella�Costitu- zione)�integrata,�poi,�dalla�legge�istitutiva�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di� (9)�A.Romano,�op.�loc.�cit.� (10)�V.Carbone,�Dannosita�e�illegittimita�dell'atto�amministrativoprima�della�legge205/2000�e� della�sentenza�n.�292/2000�della�Corte�Costituzionale,in�Corriere�Giuridico�n.�9/2000.� (11)�M.�Clarich,�La��tribunalizzazione��del�giudice�amministrativo�evitata,in�Giornale�di� diritto�amministrativo�n.�9/2004.� TEMI�ISTITUZIONALI� Stato�nel�1889.�Legge,�questa�seconda,�resa�necessaria��dal�modo��^assai� restrittivo�(n.d.r.)�^�in�cui�era�stata�intesa��dalla�giurisprudenza�la�legge� del�1865.� Il�diritto�vivente�nato�da�quella�normativa�aveva�individuato�il�discri- mine�fra�giurisdizione�ordinaria�ed�amministrativa�nella�situazione�tutelata� e�piu��precisamente�nella�dicotomia�diritto�soggettivo-interesse�legittimo�e�la� Costituzione�repubblicana�recep|��tale�criterio�discretivo�legificando�per�la� prima�volta�^ed�anzi�costituzionalizzando�^l'interesse�legittimo�come�situa- zione�giuridica�soggettiva�sostanziale,�cos|��attribuendogli�una��durezza�costi- tuzionale��nuova(12).� La�Costituzione�recep|��anche,�in�qualche�modo,�le�due�linee�pur�conflig- genti�di�Calamandrei�e�di�Mortati,�fondate,�l'una,�sul�mito�ricorrente�dell'u- nita��della�giurisdizione�(che�aveva�ispirato�tanto�la�riforma�del�1865�quanto� la�legge�del�1889)�basata,�l'altra,�sulla�necessita��della�conservazione�della�giu- risdizione�del�Consiglio�di�Stato.� Come�e��noto,�durante�i�lavori�preparatori�della�Costituente,�nella�Com- missione�dei�75�e,�poi,�in�sede�plenaria�prevalse,�infatti,�la�tesi�della�conserva- zione�delle�giurisdizioni�c.d.��storiche�,�anche�se�nel�testo�della�Carta�fonda- mentale�compare�una�implicita�enunciazione�di�unicita��che�costituisce�quasi� la�proclamazione�di�un��valore�fine��(13)�da�assumersi�come�meta�tenden- ziale�e�futuribile�e�che�sembra�rappresentare�solo�un�omaggio�a�quel�mito� ricorrente.� Nella�ricostruzione�storica�di�queste�due�matrici�la�Corte�sottolinea�la� loro�ambiguita��di�fondo�(nascente�dalla�contrapposizione�fra�momento�sta- tico�del�principio�posto�dalla�legge�e�momento�dinamico�del�suo�fraintendi- mento�ad�opera�dell'interprete)�ma�non�puo��esimersi�dal�riconoscimento�del� dato�formale�dell'interesse�legittimo�come�oggetto�naturale�del�giudizio� amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita��per�la�tutela� della�giustizia�nell'amministrazione.� Da�cio��discende�^sempre�su�di�un�piano�rigorosamente�formalistico�c he�poiche�la�giurisdizione�esclusiva�consente�al�giudice�amministrativo�di� tutelare,�oltre�che�gli�interessi�legittimi��anche...�diritti�soggettivi��ma�solo� �in�particolari�materie�indicate�dalla�legge��ebbene�tale�giurisdizione�non� potra��essere�legittimamente�estesa�a�qualsivoglia�materia�ma�solo�a�materia� che�formi�oggetto�primo�della�giurisdizione�generale�di�legittimita��.� Con�riserva�di�ritornare�piu��avanti�sulle�argomentazioni�della�Corte� sembra�anzitutto�doveroso�soffermarsi�sul�singolare�processo�storico�che� diede�vita�all'interesse�legittimo�attraverso�un�processo�di�continua�eteroge- nesi�di�cui�la�sentenza�in�esame�sembra�rappresentare�l'ultimo�episodio.� (12)�F.Lorenzoni,�Commento�a�prima�lettura�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204� del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.� (13)�G.Silvestri, Unita�della�giurisdizione,�in�Scritti�in�onore�di�Massimo�Severo�Giannini,� Giuffre��,�Milano,�1988,�III,�718.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�Corte,�infatti,�richiama�tale�processo�come�precedente�storico�essen- ziale�alla�comprensione�dell'assetto�costituzionale�della�giustizia�amministra- tiva�italiana�ed�appare�quindi�indispensabile�fugare�ogni�dubbio�in�proposito.� 3. Lagenesistoricadell'interesselegittimo: a) laleggeabolitricedelcontenzioso amministrativo. La�legge�20�marzo�1865,�n.�2248,�allegato�E,�che,�come�e�noto,�abol|�i� Tribunali�ordinari�del�contenzioso�amministrativo,�devolvendo�alla�giurisdi- zione�ordinaria...��tutte�le�materie�nelle�quali�si�faccia�questione�di�un�diritto� civile�o�politico,�comunque�vi�possa�essere�interessata�la�pubblica�ammini- strazione�e�ancorche�siano�emanati�provvedimenti�del�potere�esecutivo�o�del- l'autorita�amministrativa��(conferendo�altres|�a�quella�giurisdizione�il�potere� di�disapplicare�gli�atti�amministrativi�illegittimi)�non�e�sfuggita�al�bizzarro� destino�che�e�proprio�di�tante�leggi�in�materia�amministrativa:�quello�di�pro- vocare�effetti�paradossalmente�opposti�ai�fini�avuti�di�mira�dal�legislatore.� Il�primo�e�piu�vistoso�esempio�di�tale�anomalia�e�addirittura�quello�delle� leggi�francesi,�a�cavallo�fra�`700�e�`800,�che�costituirono�la�matrice�prima� del�diritto�amministrativo.�Un�diritto�il�cui�nascere�fu�valutato�da�Alexisde� Tocqueville(14)�come�espressione�di�dispotismo�ed�ebbe�la�funzione,�secondo� gli�studiosi�piu�accreditati,�di�fornire�alla�borghesia�emergente�nuovi�manici� per�meglio�maneggiare�antiche�mannaie(15).� Fatto�si�e�,�pero�,�che�da�quelle�leggi,�che�costruivano�una��amministra- zione�senza�giudice��seppe�evolversi�un�sistema�di�giustizia�amministrativa� capace�di�fornire�cospicue�garanzie�agli�amministrati.� Il�contrario�sembra�essere�avvenuto�per�la�legge�italiana�abolitrice�del� contenzioso�amministrativo,�riforma�di�schietto�stampo�liberale�e��progres- sivo��e�che�segno�pero�,�nei�fatti,�una�perdita�di�tutela�da�parte�degli�ammini- strati�rispetto�al�previgente�sistema�del�contenzioso�(16).� Sul�punto,�e�noto,�non�tutte�le�opinioni�concordano.�Sembra,�pero�^e� tornero�sul�punto�poco�piu�avanti�^che�cos|�la�ratio ispiratrice,�come�la� voluntas legislatoris come�la�stessa�lettera�della�legge�avrebbero�postulato� una�sua�interpretazione�in�termini�ben�piu�liberali�di�quanto�non�sia�acca- duto�nella�realta�.� I�Tribunali�del�contenzioso�esistenti�negli�Stati�italiani�preunitari�erano� stati�tutti�ispirati�al�sistema�francese�introdotto�nel�periodo�napoleonico�(e� non�e�certo�un�caso�che�i�vari�sovrani�assoluti�restaurati�trovassero�comodo� adottare�il�nuovo�strumento,�benche�figlio�della�Rivoluzione�del�1789)�ed�il� sistema�piemontese�^che�piu�da�vicino�riguarda�il�nostro�problema�^non� faceva�eccezione.� Detti�Tribunali�si�presentavano�come�un�foro�d'eccezione�(o�di�privile- gio)�qualificato�dalla�natura,�pubblica�invece�che�privata,�di�una�delle�parti� (14)�A.dE Tocqueville,�Scritti politici,�a�cura�di�N.�Matteucci,�Torino�1969,�I,�234�ss.� (15)�M.S.Giannini,�Diritto amministrativo, voce�della�Enciclopedia del Diritto,�XII,�855.� (16)�S.Spaventa,�La giustizia nell'amministrazione, in�Codice della Giustizia amministrativa (per�cura�dell'avv.�Ranieri�Porrini),�Firenze,�1900,�29.� TEMI�ISTITUZIONALI� e�dalla�normativa�regolatrice�del�rapporto�e�caratterizzato�dal�suo�inseri- mento�nel�plesso�dell'esecutivo�e�dalla�carenza�di�quelle�(pur�imperfette)� garanzie�di�indipendenza�di�cui�godeva�il�giudice�ordinario.� In�tale�situazione�non�sorprende�che�essi�venissero�considerati�espres- sione�di�dispotismo�amministrativo�da�sopprimere�come�tutti�gli�altri�fori� speciali�del�passato.� La�spinta�abolizionista�^connaturata�con�l'ideologia�liberale�e�caratte- rizzante,�infatti,�le�rivoluzioni�di�meta�secolo�^precede�d'altronde,�e�non�di� poco,�l'unificazione.�Gia�il�progetto�Galvagno�del�2�dicembre�1850�(forse� sotto�l'influenza�della�costituzione�di�Francoforte�del�1849)�prevedeva�tout court il�passaggio�al�giudice�ordinario�di�tutte�le�competenze�del�soppri- mendo�giudice�del�contenzioso�amministrativo.� Sulla�stessa�linea�il�testo�del�Progetto�Minghetti�del�1862�che,�all'arti- colo�2�(relazione�Panattoni)(17),�prevedeva:��appartengono...�alla�giurisdi- zione�ordinaria�tutte�le�questioni�che�fin�qui�erano�conosciute�e�decise�dai� Consigli�e�Tribunali�del�contenzioso�amministrativo�.� L'approfondimento�del�problema�porto�presto�pero�ad�emersione�la�con- statazione�del�fatto�che�nell'esercizio�delle�proprie�competenze��per�materia�� i�Tribunali�del�contenzioso�conoscevano�talvolta,�per�necessaria�connessione� connaturata�a�particolari�settori�dell'amministrazione,�anche�di�atti�discrezio- nali�(di�amministrazione�cioe��pura�,�secondo�la�terminologia�del�tempo)�e� quindi�tutelavano�in�tali�casi�interessi�semplici�oltre�che�diritti(18).� Da�tale�constatazione�furono�tratte�due�conseguenze:�la�prima�si�risol- veva�in�una�ulteriore�ragione�di�soppressione�dei�Tribunali�del�contenzioso� che�o�giudicavano�di�diritti�^e�prevaricavano�allora�sulla�naturale�compe- tenza�del�giudice�ordinario�^o�giudicavano�di�interessi�ed�invadevano�allora� la�sfera�riservata�all'amministrazione�attiva(19).� La�seconda�fu�che,�per�rispetto�al�principio�della�divisione�dei�poteri,� solo�la�materia�dei�diritti�doveva�essere�devoluta�al�giudice�ordinario.� Si�arriva�cos|�alla�formula�dei��diritti�civili�e�politici��del�disegno�che� doveva�diventare�quella�della�legge�abolitrice,�accompagnata�dal�divietodi� revoca�e�modifica�degli�atti�amministrativi�(ferma�la�cognizione�degli�effetti� dell'atto�in�relazione�all'oggetto�dedotto�in�giudizio)�e�dal�divieto�di�applicare� atti�e�regolamenti�se�non�conformi�alle�leggi.�Legge�ispirata,�come�e�noto,�ai� principi�contenuti�nella�Costituzione�belga�del�1831.� Sono�ben�conosciute�le�tante�diverse�opinioni�in�proposito.�Da�quella�dei� propugnatori�della�legge,�Mancini�per�primo,�che�videro�in�essa�il�successo� di�un�principio�di�liberta�sul�dispotismo�amministrativo,�a�quella�dei�suoi� oppositori�contemporanei�(Crispi,�Rattazzi�e�Cordova,�per�tutti)�che�vi�ravvi- (17)�Rel.�8�aprile�1862,�Atti parlamentari Camera dei Deputati,�Sessione�1861-1862,�I�Ed.,� 1080.� (18)�M.Minghetti,Rel.�alProgetto�omonimo,�Atti ult. cit.,�Doc.�n.�46,�2�ristampa,�79�ss.;� M.Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna,�1983,�76.� (19)�Per�tutti,�P.S.�Mancini,�Discorso 9 giugno 1864,�Attiparlamentari Camera deiDeputati,I� ed.,�Vol.�dal�20�marzo�al�29�giugno�1864,�5157.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� sarono�una�operazione�peggio�che�gattopardesca,�in�quanto�volta�non�a�con- servare�intatta�ma�addirittura�a�ridurre�l'area�delle�garanzie�del�cittadino� sotto�le�mentite�spoglie�di�un�apparente�suo�ampliamento�(�sotto�colore�di� progredire�si�fa�un�regresso�)�(20).�Dalla�storiografia�classica,�che�vi�ravvisa� una�riforma�liberale�tradita�dai�suoi�interpreti�ad�alcuni�recenti�ripensamenti� che�vedono�nella�riforma�del�1865�una�scelta�di�campo�in�favore�dell'ammini- strazione�e�delle�sue�prerogative;�scelta�di�campo�effettuata�addirittura�scon- tando,�con�machiavellica�preveggenza,�le�timidezze,�i�timori�e�le�connivenze� della�magistratura�e�quindi�la�giurisprudenza�che�si�sarebbe�formata(21).� La�mia�opinione,�che�cerchero�di�illustrare�adesso,�e�che�sia�da�condivi- dere�l'ipotesi�della�riforma�liberale�tradita�dai�suoi�interpreti.� Suole�comunemente�dirsi�che�il�legislatore�del�tempo�non�avesse�le�idee� chiare�sul�significato�della�locuzione��diritti�civili�e�politici��sulla�scorta�del- l'autorita�del�Cammeo,�che�parla�appunto�di��intenzioni�non�chiaramente� spiegate��(22).�L'affermazione�del�chiaro�autore�va�pero�intesa,�a�me�pare,� solo�con�riferimento�a�qualche�ambiguita�lessicale�ed�in�particolare�ad�una� certa�tendenza�di�alcuni�parlamentari�a�qualificare�gli�interessi�come��diritti� minori��(23).� Il�difetto�di�chiarimento�attiene�quindi�solo�ad�un�problema�terminolo- gico:�chiarissima�e�invece�la�voluntas legislatoris nel�senso�di�intendere�la� locuzione�nella�sua�massima�estensione�possibile.� Cos|�ad�esempio�il�Mancini,�parlando�dei�diritti�politici,�li�definisce� come�quelli��che�al�cittadino�sono�assicurati�dalla�costituzione�di�un�paese� libero;�la�liberta�individuale,�la�liberta�di�coscienza,�la�liberta�di�stampa,�la� libera�associazione,�il�diritto�della�nazione�di�concorrere�al�voto�delle�impo- ste��(24),�precisando�anche�come�fossero�comprensivi��di�tutti�i�rapporti�giu- ridici�che�si�possono�concepire�in�qualunque�guisa�esistenti�fra�i�privati�ela� pubblica�amministrazione��(25).� I�membri�della�Commissione�della�Camera�investita�del�Progetto,�in�par- ticolare,�erano�tutti�convinti�che�la�formula��diritti�civili�e�politici��equiva- lesse�a�quella��diritti�di�qualunque�natura��(26).�E�se�tale�formula�non�era� stata�proposta,�cio�era�perche�la�Commissione��volendo�appunto�esonerarsi� dal�carico�e�dalla�responsabilita�dell'adozione�di�una�nuova�formula,�che� certo�non�e�agevole,�anzi�fu�a�giudizio�di�molti�esperimentata�malagevolis- sima,�prefer|�di�quasi�trascrivere�nel�suo�progetto�di�legge�gli�articoli�anzi- (20)�F.Crispi,�ivi,�2900-2901.� (21)�S.Sambataro,�L'abolizione del contenzioso nel sistema di giustizia amministrativa, Milano,�1977,�64.� (22)�F.Cammeo,�Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, Milano,�s.d.,�I�434.� (23)�G.�Mantellini, Iconflitti di attribuzione, Firenze,�1871,�I,�34.� (24)�Atti ult. cit.,�Tornata�del�9�giugno�1864.� (25)�Ivi,�Tornata�del�16�giugno�1864.� (26)�Relazione�Borgatti,�ivi, 2461.� TEMI�ISTITUZIONALI� detti�della�costituzione�belgica�e�quindi�di�accettare�una�formula�gia�com- presa�ed�illustrata�dalla�giurisprudenza�di�un�altro�paese�libero��(27)�(giuri- sprudenza,�come�subito�si�vedra�,�assai�liberale).� La�stessa�opinione�e�fatta�propria�dal�Cammeo,�il�quale�afferma:��L'e- spressione�diritti civili e politici doveva�avere�lo�stesso�significato�che�essa�ha� nell'art.�24�dello�statuto�e�negli�artt.�92�e�93�della�Costituzione�belga��(28).� Della�stessa�opinione�il�Mantellini,�il�quale�sottolineo�la�liberalita�della� legislazione�belga�e�l'intendimento�dei�legislatori�italiani�di�adeguarsi�a� quella�(29).� 4. Segue: b) l'interpretazione giurisprudenziale della legge 20 marzo 1865 n. 2248 All. E. Come�e�noto,�la�interpretazione�che�si�consolido�nella�giurisprudenza� italiana�fu�invece�assai�piu�restrittiva�e�ridusse�in�confini�molto�angusti�la� tutela�dell'amministrato�nei�confronti�dell'amministrazione�operando�lungo� tre�direttive:�la�definizione�dei�diritti�civili�e�politici,�la�delimitazione�dei� poteri�di�disapplicazione,�la�individuazione�del�criterio�di�riparto�della�com- petenza�tra�autorita�giudiziaria�e�autorita�amministrativa.� b 1). I diritti civili e politici. I�diritti�civili�e�politici�furono�considerati,�infatti,�nella�limitata�acce- zione�rispettiva�di�diritti�a�prevalente�contenuto�patrimoniale�e�di�diritti�di� partecipazione�al�governo�della�cosa�pubblica�(30).� Quanto�riduttiva�questa�visione�rispetto�a�quella�fatta�propria�dagli�ispi- ratori�della�riforma�e�sopra�ricordata�e�quanto�riduttiva�anche�rispetto�alla� interpretazione�che�della�stessa�formula�veniva�data�in�Belgio�(31)�e�inutile� sottolineare.�Fu�persa�allora�un'occasione�per�la�creazione�di�una�categoria� di�diritti�pubblici�soggettivi�capace�di�inglobare�molte�di�quelle�situazioni� che�saranno�poi�qualificate�interessi�legittimi�(32).� Un'ulteriore�riduzione�fu�poi�talvolta�operata�con�l'escludere�dalla�cate- goria�dei�diritti�civili�e�politici�le�situazioni�soggettive�regolate�da�leggi�ammi- nistrative�(33):�esclusione�che�ne�la�lettera�della�legge�ne�la�ratio giustifica- vano.�Dai�lavori�preparatori�risulta�infatti�solo�che�era�opinione�di�alcuni� parlamentari�che�dalle�leggi�amministrative�non�potessero�essere�creati�diritti� ma�solo�precisata�la�natura�ed�il�modo�di�essere�di�diritti�da�altre�norme� creati.� Lo�stesso�Mantellini,�non�certo�sospettabile�di�corrivita�,�sia�pure�prima� di�assumere�la�responsabilita�di�Avvocato�Generale�Erariale,�scriveva�che�le� (27)�Discorso�di�P.S.�Mancini,�ivi,�Tornata�del�9�giugno�1864.� (28)�F.�Cammeo,�op.cit., I,�430.� (29)�G.�Mantellini,�op. cit.,�23�e�ss.,�35�ess.�e�passim. (30)�V.�CerullI Irelli,�Ilproblema del riparto delle giurisdizioni,�Pescara,�1979,�16;�F.�Cam- meo,�op. cit.,�I,�431.� (31)�G.�Mantellini,�op. cit.,�I,�110�ss.;�V.�CerullI Irelli,�op. cit., 16.� (32)�F.�Benvenuti, GiustiziaAmministrativa, EnciclopediadelDiritto,�XIX,�600.� (33)�L.�Meucci,�Istituzioni di diritto amministrativo,�Roma,�1879,�77,�96,�99.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� leggi��sebbene�amministrative�non�cessano�d'essere�leggi�per�questo��e�chese� il�contenzioso�che�ne�deriva�doveva�essere�lasciato�all'arbitrio�dell'Ammini- strazione�attiva,��tanto�valeva�non�fare�la�legge(34).� In�realta�,�^proseguiva�lo�scrittore�toscano�^la�formula��diritti�civili�e� politici��si�riferisce�a�qualunque�diritto,�quale�che�sia�la�legge�o�il�principio� generale�del�diritto�che�ne�e�fonte,�cos|�come�e�nel�Belgio��del�quale�si�poteva� rifiutare�la�formula�nella�legge�del�'65,�non�la�giurisprudenza�nella�identica� formula��(35).� b�2).�La�disapplicazione.� Quanto�alla�delimitazione�dei�criteri�di�disapplicazione�dell'atto�ammini- strativo,�anche�in�questo�caso,�a�fronte�del�generalissimo�enunciato�legislativo� e�della�chiarissima�voluntas�emersa�dai�lavori�preparatori,�venne�formandosi� una�giurisprudenza�restrittiva.�Nel�suo�discorso�di�replica,�a�nome�della� Commissione,�fatto�il�18�giugno�1864,�il�Mancini,�richiamando�ancora�una� volta�l'autorita�del�precedente�belga,�citava�il�seguente�passo�del�Bivort(36),� relativo�al�commento�dell'art.�107�della�Costituzione�del�1831�di�quel�Paese� (da�cui,�come�e�noto,�e�mutuato�l'art.�5�della�legge�abolitrice):��Questo�arti- colo�presuppone�che�un�oggetto�di�competenza�del�potere�giudiziario�gli�sia� sottoposto�e�la�relativa�decisione�dipenda�dall'applicazione�di�un�provvedi- mento�del�potere�esecutivo.�In�questa�ipotesi�sia�che�il�provvedimento�sia� deferito�per�azione�diretta,�sia�che�esso�sia�invocato�per�via�di�eccezione,�sul� quale�punto�l'articolo�non�distingue,�esso�autorizza�il�potere�giudiziario�a� discutere�e�ad�esaminare�la�legalita�dell'atto;�ma�cio�al�solo�effetto,�se�non�e� conforme�alla�legge,�di�dichiararne�l'inapplicabilita�all'oggetto�litigioso�edi� pronunciare�su�questo�oggetto�conformemente�alla�legge,�come�se�il�provvedim ento�non�esistesse�.� Pur�in�un�quadro�tanto�poco�suscettibile�di�interpretazioni�restrittive� come�anche�sottolineato�dalla�piu�autorevole�dottrina(37)�la�giurisprudenza� adotto�il�piu�rigoroso�self-restraint,�elaborando�la�teoria�della�disapplicazione� dell'atto�in�via�di�sola�eccezione,�negandone�invece�la�possibilita�quando�la� illegalita�dell'atto�fosse�dedotta�in�via�diretta�e�principale,�in�quanto�imme- diatamente�lesiva�di�una�posizione�tutelata(38).� Tale�impostazione�che�rendeva�non�tutelabile�il�diritto�a�fronte�dell'atto� amministrativo�che�lo�ledeva�gettava�le�basi�di�quella�teoria�della��degrada- zione��che�doveva�fiorire�di�l|�a�qualche�tempo�(39).� (34)�G. Mantellini,�op.�cit.,�I,�116.� (35)�G.�Mantellini,�op.�cit.,�I,�110-113.� (36)�B.Bivort, Commentaire�a�la�Constitution�de�la�Belgique,�cit.�in�Cammeo,�op.�cit.,I,�435.� (37)�F.�Cammeo,�op.�cit.,�I,�437.� (38)�G. Greco,�L'accertamento�autonomo�del�rapporto�nel�giudizio�amministrativo,�Milano,� 1980,�76.� (39)�A.Botto,�Risarcibilita�dei�danni�da�lesione�di�interessi�legittimi,�in�Atti�del�XLIIIConveg no�di�studi�di�scienza�dell'Amministrazione,�Giuffre�,�Milano,�1998,�240.� TEMI�ISTITUZIONALI� b�3).�Il�riparto�delle�competenze.� Sul�criterio�di�riparto�delle�competenze�fra�giurisdizione�e�amministra- zione,�infine,�a�fronte�del�chiaro�dettato�legislativo�che�poneva�come�linea� discriminatrice�la�esistenza�o�meno�di�un�diritto�civile�o�politico,�venne�affer- mandosi�il�diverso�e�ben�piu�limitato�criterio�della�distinzione�fra�attivita�iure� gestionis�eattivita�iure�imperii(40).� Di�fronte�alla�prima�soltanto,�l'Autorita�giudiziaria�riconobbe�la�propria� competenza,�sulla�scorta�della�considerazione�che�a�fronte�dell'atto�autorita- tivo�non�potesse�configurarsi�alcun�diritto.� Singolarmente,�una�teoria�nata�nella�vicina�Francia�per�aumentare�i� poteri�del�giudice�ordinario�e�consentirgli�di�sindacare�alcune�attivita�ammi- nistrative�senza�incappare�nei�rigori�delle�sanzioni�penali�comminate�dalle� leggi�rivoluzionarie(41)�veniva�trapiantata�in�Italia�con�l'opposto�effetto�a ttesa�la�ben�diversa�struttura�del�sistema�di�giustizia�instaurato�^di�vedere� limitati�quei�poteri�in�modo�radicale.� Delle�tre�autolimitazioni�che�il�giudice�italiano�si�era�imposto�in�quegli� anni�e�di�cui�si�e�detto,�quest'ultima�era�certo�la�piu�grave�e�significativa,� riducendo�la�tutela�del�nostro�concittadino�di�allora�a�quella�gia�goduta,�oltre� un�secolo�prima,�dai�sudditi�di�molti�regimi�assoluti.� Di�qui�la�necessita�presto�avvertita�di�un�completamento�della�tutela�del- l'amministrato.� 5.�Segue:�c)�l'esperienza�belga.� Sembra�illuminante�in�proposito�un�parallelo�con�il�caso�del�Belgio�dalla� cui�normativa�il�legislatore�del�1865�aveva�tratto�dichiarata�ispirazione.�Qual- cosa�di�piu�,�anzi,�di�una�semplice�ispirazione,�in�quanto�gli�artt.�2,�4�e�5�della� legge�abolitrice�rappresentano,�come�si�e�visto,�la�quasi�letterale�trascrizione� degli�articoli�92,�93�e�107�della�Costituzione�belga�del�1831,�portata�ad�esem- pio�dagli�studiosi�di�allora�^insieme�con�il�sistema�inglese�^di�una�moder- nita�e�liberalita�da�contrapporsi�all'autoritarismo�del�sistema�francese,�che� contemplava�ancora�una��amministrazione�senza�giudice�.� Orbene,�la�giurisprudenza�belga,�assai�piu�liberale�di�quella�italiana,� interpretando�in�senso�estensivo�la�formula��diritti�civili�e�politici��permise� al�sistema�di�funzionare�senza�inconvenienti�^o�quasi�^per�piu�di�un�secolo.� �Ogni�giorno�i�Tribunali�del�Belgio�risolvono�questioni...�di�pubblico�come� di�privato�diritto��scriveva�il�Mantellini�nel�1871�(42)�e�sono��costanti�nel� rifiutare�applicazione�agli�atti�amministrativi�che�appariscano�non�conformi� (40)�Nonostante�alcune�diverse�opinioni�puo�affermarsi�che�fu�quello�il�criterio�generalmente� seguito:�cfr.�G.Vacchelli,�La�difesa�giurisdizionale�dei�diritti�dei�cittadini�verso�l'autorita�ammini- strativa,�in�Primo�Trattato�completo�di�diritto�amministrativo�italiano,�Milano,�1901,�Vol.�III,�437,� nota�(1);�adde�M.Nigro,�op.�cit.,�89;�F. Benvenuti,�op.�loc.�cit.;�F.�BatistonI Ferrara,�La�difesa� dello�Stato�in�giudizio�e�la�soluzione�italiana,�in��L'Avvocatura�dello�Stato�,�Studio�storico-giuridico� per�la�celebrazione�del�centenario,�Roma,�1976,�278�ss.�Piu�in�particolare�vedasi�infra��6.� (41)�M.S.GianninI eA.�Piras, Giurisdizioneamministrativa�egiurisdizione�ordinaria,in�Enci- clopedia�del�Diritto,XIX,278.� (42)�G.�Mantellini,�op.�cit.,I,�25.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� alle�leggi...��senza�aver�da�temere��censura�dalla�Cassazione�che�allorquando� del�regolamento�e�dell'atto�pronunzino�l'annullamento��(43).�Tanto�vero�che� le�Corti�belghe�non�ebbero�difficolta�a�condannare�quello�Stato�a�risarcire�i� danni�causati�da�una�inondazione�artificialmente�indotta�dalle�autorita�mili- tari�per�la�difesa�di�Ostenda.�Il�confronto�con�il�consimile�caso�italiano�del- l'argine�del�fosso�Polesella�e�della�sua�diversa�soluzione(44)�e�immediato.� E�interessante�notare�in�proposito�come�una�polemica�sulla�sufficienza�o� meno�della�tutela�offerta�dal�giudice�unico�sia�sorta�in�Belgio�a�cavallo�fra� Ottocento�e�Novecento�in�coincidenza�con�una�oscillazione�della�giurispru- denza�di�quella�Cassazione,�che,�abbandonando�le�proprie�tradizionali�posi- zioni,�aveva�fatto�propria,�in�alcune�decisioni,�la�teoria�francese�degli�atti� d'impero�come�limite�al�sindacato�del�giudice�ordinario�(45).� Ne�derivo�una�accesa�disputa�dottrinale�e�politica�nel�corso�della�quale� venne�proposta�la�reintroduzione�in�Belgio�del�Consiglio�di�Stato�(46).� La�crisi�fu�pero�superata�con�un�deciso��ritorno�alle�origini��sotto�la� suggestione�della�dottrina�del�Wodon,�che�denuncio�l'indulgenza�agli�schemi� dottrinari�francesi�come�incompatibile�con�la�Costituzione�belga(47).�La� Cassazione�di�Bruxelles�infatti�riaffermo�decisamente�la�propria�tradizionale� giurisprudenza�ripudiando�l'idea�della�doppia�personalita�dello�Stato� sovrano�e�dello�Stato�persona�civile�ed�affermando:��Argomentando�sul�prin- cipio�della�separazione�dei�poteri,�a�volte�si�perde�di�vista�che�in�Belgio�esso� ha�una�portata�del�tutto�differente�da�quella�francese,�e�si�confondono�prin- cipi�distinti...�Il�principio...�consacrato�dalle�leggi�della�Rivoluzione,�e�stato� interamente�alterato�dalla�Costituzione�belga...�Obbligando�i�tribunali�a�non� applicare�i�decreti�ed�i�regolamenti�generali�se�non�in�quanto�siano�conformi� alle�leggi,�l'art.�107�li�obbliga�esattamente�a�quanto�le�leggi�rivoluzionarie�vie- tavano�loro:�cioe�di�disturbare�in�qualsiasi�maniera�le�operazioni�dei�corpi� amministrativi��(48).�E�ancora:��La�Costituzione�ha�consacrato�una�teoria� della��separazione�dei�poteri��che�scorge�una�condizione�della�liberta�politica� nella�separazione�delle�funzioni�pubbliche�in�tre�gruppi�distinti�ed�indipen- denti�fra�di�loro,�ma�la�medesima�espressione�serve�anche�a�designare�una� regola�assai�antica�del�diritto�francese,�gia�ammessa�ai�tempi�dell'assolutismo� monarchico.�Ai�sensi�di�questa�regola,�e�interdetto�ai�corpi�giudiziari�di�giu- dicare�le�controversie�in�cui�siano�interessati�lo�Stato�o�le�altre�persone�di� diritto�pubblico.�Questa��separazione�dei�poteri�,�nata�da�un�sentimento�di� (43)�G.�Mantellini, op. cit., I,�24.� (44)�G.�Mantellini, op. cit, I,�26;�Appello�Venezia�21�maggio�1885,�in�Foro Italiano 1885,�I,� 377.� (45)�M.�Somerhausen,Belgio,�in�Ilcontrollo giurisdizionale dellapubblicaAmministrazione,a� cura�di�A.Piras,�Torino,�1971,�31.� (46)�M.�Bourguin, Laprote�ctiondesdroits individuelscontrelesabusdepouvoirdel'autorite� administrative en Belgique, Bruxelles,�1912,�passim. (47)�L.�Wodon, Lecontrolejuridictionneldel'administrationetlaresponsabilite� despouvoirs publics en Belgique,�Bruxelles,�1920,�81,�93.� (48)�Cass.�belga�5�marzo�1917�in�Pasicrisie,�1917,�I,�118.� TEMI�ISTITUZIONALI� sfiducia�e�di�sfavore�nei�riguardi�dei�corpi�giudiziari,�che�consentiva�all'am- ministrazione�di�disporre�sovranamente�e�senza�ricorsi�della�persona�e�dei� beni�dei�cittadini,�non�e�stata�consacrata�dalla�Costituzione�belga.�Al�contra- rio,�il�regime�che�questa�ha�organizzato�e�ispirato�ad�un�sentimento�di�sfidu- cia�nei�riguardi�delle�pratiche�amministrative�dei�regimi�anteriori�e�miraa� porre�i�diritti�privati�al�riparo�degli�attacchi�dell'amministrazione�e�sotto�la� salvaguardia�del�potere�giudiziario��(49).� �Una�febbre�maligna�aveva�colto�la�nostra�giurisprudenza�^commen- tera�l'Avvocato�Generale�Leclercq�^La�causa�di�questa�malattia�e�facile�a� scoprirsi�e�Wodon�l'ha�segnalata��(50).� Nel�Belgio�occorre�dunque�arrivare�agli�ultimi�anni�del�periodo�fra�le� due�guerre�mondiali�e�quindi�ad�un�momento�in�cui�l'intervento�della�pub- blica�amministrazione�nei�vari�settori�si�era�fatto�particolarmente�esteso�e� penetrante�perche�venisse�veramente�avvertita�la�necessita�di�una�integra- zione�della�tutela�del�giudice�ordinario�con�la�introduzione�di�un�giudice� amministrativo�fornito�del�potere�di�annullamento�degli�atti(51).� Di�qui�l'istituzione�in�Belgio,�nel�1946,�di�un�Consiglio�di�Stato,�giudice� amministrativo�con�potere�di�annullamento,�ma�non�a�competenza�generale.� Sembra�legittimo�a�questo�punto�concludere�che�se�anche�in�Italia�si� fosse�conservata�l'interpretazione�della�legge�abolitrice�fatta�propria�dai�giu- dici�belgi�^e�che�era�oltretutto�molto�piu�aderente�alla�lettera�della�legge�di� quella�riduttiva�adottata�^la�tutela�dell'amministrato�sarebbe�stata,�quanto� meno�per�molti�decenni�ancora,�pienamente�sufficiente;�tutelando�gran�parte� ^se�non�la�totalita�^di�quelli�che�sarebbero�stati�in�seguito�qualificati�come� interessi�oppositivi�e�forse�anche�alcuni�di�quelli�pretensivi�a�soddisfazione� preregolata�e�cioe�praticamente�la�totalita�dei�rapporti�nei�quali�emergeva,� all'epoca,�esigenza�di�giustizia�nell'amministrazione.� 6. Segue: d) la divaricazione italiana e la necessaria riforma del 1889. Il�giudice�italiano�adotto�invece,�come�si�e�visto,�un�orientamento�asso- lutamente�restrittivo:�tanto�restrittivo�da�rendere�necessaria�la�riforma�Cri- spi.�Tale�affermazione�e�peraltro�esatta�solo�con�riguardo�alla�seconda�meta� del�quarto�di�secolo�(1865-1889)�in�considerazione,�periodo�in�cui�l'esigenza� di�giustizia�nell'amministrazione�attraverso�l'inverno�del�piu�profondo�scon- tento.� Per�contro,�fior|�nel�primo�dodicennio�successivo�al�1865,�la�primavera� di�un�orientamento�giurisprudenziale�quanto�mai�liberale.� Faccio�riferimento�in�particolare�ad�una�sentenza�della�Cassazione� romana�del�13�marzo�1876�(52),�importante�non�solo�in�se�ma�anche�per�il� (49)�Cass.�belga�5�novembre�1920,�ivi,�1920,�I,�239.� (50)�M.�Somerhausen, op. cit., 34.� (51)�M.�Somerhausen, op. cit., 35.� (52)�Pubblicata�in�Foro it. 1876,�I,�842.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� fatto�che�la�nota�redazionale�del�Foro�italiano,�su�cui�e�pubblicata,�la�chiosa� come�giurisprudenza�pacifica�e�condivisa�anche�dalle�Corti�di�Milano,� Torino,�Firenze�e�Napoli.� Recita�dunque�la�massima:� �Chiunque�da�un�provvedimento�generale�regolamentare�dell'autorita� amministrativa�riceva�danno�puo�domandarne�il�risarcimento�dinanzi�l'auto- rita�giudiziaria.� Cos|�puo�dimandarlo�il�pristinaio,�che�abbia�ricevuto�qualche�pregiudi- zio�da�un�provvedimento�del�Comune,�con�cui�venne�fissata�una�tariffa�obbli- gatoria�del�prezzo�di�vendita�delle�farine�e�del�pane.� L'autorita�giudiziaria�investita�della�dimanda,�riconosciuta�l'irregolarita� di�un�provvedimento�non�deve�revocarlo,�ma�soltanto�dichiarare�la�responsa- bilita�dell'autorita�amministrativa,�di�fronte�alla�prova�del�danno.� Fra�i�danni�che�i�pristinai,�nella�specie�sopraddetta,�possono�dimandare,� si�comprendono�quelli�derivanti�dal�pagamento�per�pretese�contravvenzioni,� o�dalle�limitazioni�apportate�alla�loro�industria,�o�da�altre�circostanze�.� Una�sentenza,�dunque,�pienamente�in�linea�non�solo�con�la�coeva�giuri- sprudenza�belga,�ma�addirittura�con�il�re�virement�italiano�del�1999.� Manca�soltanto�l'affermazione�di�principio�che�sono�risarcibili�i�danni� derivanti�da�lesione�di�interesse�legittimo:�affermazione�non�fatta�per�l'ottima� ed�ovvia�ragione�che�l'interesse�legittimo�a�quel�tempo�non�era�ancora�nato.� Doveva�nascere�di�l|�a�poco�e�doveva�nascere�portando�nel�suo�DNA� una�incompatibilita�con�la�tutela�risarcitoria�che�lo�ha�condizionato�fino�a� ieri,�tanto�da�indurre�autorevole�dottrina�ad�affermare�ancora�di�recente:� �se�e�risarcibile�non�e�interesse�legittimo��(53).� E�stato�argutamente�detto�che�l'irrisarcibilita�dell'interesse�legittimo�e� frutto�di�un�paralogismo�alla�don�Ferrante�di�manzoniana�memoria(54):� aggiungerei�che�la�nascita�stessa�dell'interesse�legittimo�come�categoria�giuri- dica�e�piu�precisamente�come�situazione�giuridica�soggettiva�e�frutto�di�un� paralogismo�di�quel�tipo.� Sia�come�sia,�si�e�visto�come�a�tale�primo�liberale�orientamento�succe- dette�presto�una�prassi�assai�piu�restrittiva�ed�addirittura�opposta.� Al�formarsi�e�consolidarsi�di�tale�giurisprudenza�contribu|�in�misura� rilevante�e�probabilmente�determinante�l'opera�dell'Avvocatura�erariale,�isti- tuita�nel�1876�con�il�dichiarato�intento�di�apprestare�criteri�difensivi�unitari� che�concorressero�all'elaborazione�giurisprudenziale�dei�limiti�oggettivi�del� sindacato�del�giudice�ordinario�sull'atto�amministrativo�ma�in�sintomatica� coincidenza�temporale�con�l'affidamento�delle�funzioni�di�giudice�dei�conflitti� (53)�A.�Romano,�Sulla�pretesa�risarcibilita�degli�interessi�legittimi:�se�sono�risarcibili�sono� diritti�soggettivi,in�Dir.�Amm.�1/1998,�1.� (54)�S.�Giacchetti,�La�risarcibilita�degli�interessi�legittimi�e�Don�Ferrante,�in�Cons.�di�Stato,� 1997,�II,�1471.� TEMI�ISTITUZIONALI� a�quella�Cassazione�romana�che�aveva�assunto�fino�allora�orientamenti�libe- rali�e�quindi�come�controspinta�conservatrice�per�limitare�le�aperture�di�una� legge�troppo�in�anticipo�sui�tempi.� La�tesi�della�responsabilita�storica�dell'Avvocatura�erariale�nel�determi- nare�la�linea�interpretativa�restrittiva�di�cui�si�e�detto�fu�apertamente�enun- ciata,�nell'infuocato�dibattito�parlamentare�sulla�legge�istitutiva�della�IV� Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�dal�sen.�Pierantoni�(genero�del�Mancini)�il� quale,�opponendosi�strenuamente�al�disegno,�vedeva�come�unico�vero�rime- dio�alla�insufficiente�difesa�degli�amministrati�una�piu�esatta�lettura,�da�parte� del�giudice�ordinario�italiano,�della�legge�del�1865,�una�lettura�conforme�alla� lettera�della�norma�ed�all'interpretazione�datane�dalla�giurisprudenza�belga� di�fronte�ad�analogo�testo�e,�criticando�la�distinzione�fra�atti�di�gestionee�atti� di�imperio,�ammoniva�gli�onorevoli�colleghi�come�tale�interpretazione,�fatta� propria�dal�giudice�italiano,�fosse�errata:��l'opera�della�Cassazione�^preciso� ^fu�spinta�su�questa�via�dall'Avvocatura�erariale,�forte�istituto,�prevalente� nell'opera�del�potere�amministrativo�e�giudiziario��(55).�Naturalmente� responsabilita�storica�non�significa��colpa��in�quanto�non�puo�certo�rimpro- verarsi�ad�un�avvocato�di�avere�adottato�una�linea�difensiva�vincente.� Fin�dall'inizio�dell'attivita�,�l'Avvocatura�erariale�elaboro�la�linea�difen- siva�della�distinzione�fra�atti�di�imperio�e�atti�di�gestione�e�della�sindacabilita� incidenter tantum dell'atto�di�imperio�solo�in�via�di�eccezione�e�solo�quando� lo�stesso�atto�aggiungesse�al�rapporto��politico��un��rapporto�accidentale�e� contingente�di�natura�civile��(56).� Particolare�cura�fu�messa�nello�spingere�quanto�piu�avanti�possibile�la� linea�di�difesa�della�negazione�al�giudice�della�potestas iudicandi,�soprattutto� in�materia�di�responsabilita�aquiliana,�attraverso�l'argomento�che�sotto�le� mentite�spoglie�di�una�pretesa�risarcitoria�si�sindacava�^inammissibilmente� ^l'emanazione�o�la�mancata�emanazione�di�un�atto�amministrativo:��Tanto� fa�chiedere�la�condanna�del�Sindaco�quale�Ufficiale�di�Governo�a�rilasciare� il�certificato�di�buoni�costumi,�quanto�il�chiedere�la�condanna�del�Sindacoa� soddisfare�al�danno�lamentato�dall'attore�per�negatogli�certificato��(57).� Questo�scriveva�l'Avvocato�Generale�nella�sua�relazione�per�l'anno�1882,� cos|�redigendo�l'atto�di�nascita�del�paralogismo�in�base�al�quale�qualche�anno� dopo,�doveva�nascere�la�categoria�dell'interesse�legittimo�come�situazione� soggettiva�mai�tutelabile�in�via�aquiliana,�pur�in�presenza,�all'epoca,�di�una� clausola�generale�di�responsabilita�che�non�contemplava�l'ingiustizia�del� danno�come�condizione�della�sua�risarcibilita�(art.�1151�c.c.�1865).� L'autorevolezza,�l'esperienza�organizzativa,�l'uniformita�di�indirizzo� difensivo,�la�grande�capacita�ed�esperienza�professionale�si�imposero�ad�una� magistratura�di�varie�matrici�geo-culturali�e�la�piu�restrittiva�delle�interpreta- zioni�della�legge�del�1865�divenne��diritto�vivente�.�Con�palese�capovolgi- (55)�Atti parlamentari,�Senato�del�Regno,�Discussioni,�tornata�del�20�marzo�1888,�1170.� (56)�Relazione dell'Avvocato Generale Erariale per�l'anno�1880,�49�ss.� (57)�Relazione dell'Avvocato Generale Erariale per�l'anno�1882,�6.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� mento�dei�concetti�ispiratori�della�riforma�si�affermo�,�quindi,�la�regola�c ome�fu�detto�con�quale�pessimismo�^che�il�punto�di�equilibrio�fra�principio� di�liberta�e�principio�di�autorita�andava�trovato�nell'assioma�che�dove�vi�e� esercizio�di�autorita�non�puo�esservi�liberta�.� All'Avvocatura�puo�ascriversi�dunque�una�responsabilita�storica�in� ordine�al�consolidamento�dell'interpretazione�che�della�riforma�Crispi�costi- tu|�il�presupposto.�Sarebbe�tuttavia�errato�ritenere�che�la�sua�opera�avesse� costituito�anche�una��controspinta��all'affermazione�della��giustizia�nell'Am- ministrazione�.� Va�invece�osservato�che,�se�da�un�canto,�l'Avvocatura�difendeva�vittorio- samente�i�confini�dell'area�riservata�all'esecutivo�e�come�tale�interdetta�al�sin- dacato�del�giudice�ordinario,�dall'altro,�non�mancava�di�denunciare�vigorosa- mente�la�manifesta�inadeguatezza�del�sistema�di�giustizia�amministrativa,� quale�risultava�dal��diritto�vivente��cos|�creato�e�di�conclamare�l'urgenza�di� apprestare�adeguate�forme�di�tutela�per�i�cittadini,�in�particolare�affidando� al�Consiglio�di�Stato�il�sindacato�di�legittimita�sugli�atti�amministrativi.� Si�arriva�cos|�alla�cosiddetta�controriforma�Crispi.� �Cosiddetta��perche�e�noto�come�il�legislatore�del�1889,�non�intendesse� affatto�costituire�una�giurisdizione�speciale�(il�che�avrebbe�minato��in�radice�� il�principio�della�giurisdizione�unica�introdotto�con�la�legge�abolitrice�del� contenzioso):�all'epoca,�infatti,�il�concetto�che��la�fonte�di�giurisdizione�e� unica�e�che,�di�regola�almeno�debba�essere�esercitata�dal�solo�potere�giudizia- rio��dominava�ancora�tenacemente�(58).� Il�legislatore,�in�realta�,�di�fronte�all'acuta�insoddisfazione�per�le�limita- tissime�garanzie�che�il��diritto�vivente��offriva�al�cittadino�nei�confronti�della� pubblica�Amministrazione,�si�trovo�a�dover�risolvere�un�dilemma:�o�ampliare� ^eventualmente�in�via�di�interpretazione�autentica�^il�numero�delle�situa- zioni�soggettive�tutelate�dinanzi�al�giudice�ordinario,�disconoscendo�i�risultati� giurisprudenziali�raggiunti,�come�suggerivano�alcuni,�ovvero�accettareper� buono�quel��diritto�vivente��ed�istituire�un�altro�organo�per�tutelare�situa- zioni�diverse�dai�diritti.�Una�volta�scelta�tale�seconda�soluzione,�fu�gioco- forza�accettare�il�postulato�che�cio�che�andava�tutelato�per�garantire�la�lega- lita�nell'azione�amministrativa,�erano�meri��interessi��e�che�di�essi�non� avrebbe�potuto�conoscere�che�un�organo�incardinato�nell'esecutivo.�Cos|�,� infatti,�si�disse�espressamente�nella�relazione�alla�legge�istitutiva�della�IV� Sezione�del�Consiglio�di�Stato:��il�nuovo�istituto�non�e�un�tribunale�giudizia- rio�speciale�o�eccezionale,�ma�rimane�nella�sfera�del�potere�esecutivo,�da�cui� prende�la�materia�e�le�persone�che�lo�devono�mettere�in�atto.�E�lo�stesso� potere�esecutivo�ordinato�in�modo�da�tutelare�maggiormente�gli�interessi� dei�cittadini.�Percio�,�a�differenza�dell'antico�contenzioso�amministrativo,� esclude�ogni�confusione�di�poteri�costituzionali...�e�soltanto�un�corpo�delibe- (58)�V.�Scialoja, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in�Riv. Dir. Pubb.,� 1931,�417.� TEMI�ISTITUZIONALI� rante�che�il�potere�esecutivo�forma�con�elementi�scelti�nel�suo�seno,�come�a� sindacare�dei�suoi�atti,�e�per�mantenere�la�sua�azione�nei�limiti�della�legalita� e�della�giustizia��(59).� Il�fatto�che�nella�concezione�del�legislatore�il�nuovo�istituto�fosse�un� organo�dell'Amministrazione�consent|�,�peraltro,�di�attribuirgli�un�potere�che� giammai,�all'epoca,�sarebbe�stato�affidato�ad�un�organo�giurisdizionale,�cioe� quello�di�sospendere,�annullare�e�revocare�l'atto�amministrativo,�il�che�contri- bu|�a�far�s|�che�la�nuova�Sezione,�sapientemente�guidata�da�quello�stesso�Sil- vio�Spaventa�che�l'aveva�cos|�fortemente�voluta,�conquistasse�ben�presto�il� favore�del�pubblico,�dimostrando�che�la�tutela�offerta��non�cedeva,�per�indi- pendenza�di�giudizio,�a�quella�che�si�poteva�ottenere,�per�i�diritti,�dall'ammi- nistrazione�giudiziaria�ordinaria��(60).� La�forza�delle�cose,�comunque,�non�tardo�a�prevalere�sull'involucro�for- male�costituito�dal�legislatore,�tant'e�che�la�natura�giurisdizionale�della�nuova� magistratura�fu�pressoche�immediatamente�riconosciuta�dalla�giurispru- denza:�gia�nel�1893,�infatti,�la�Cassazione�di�Roma�a�sezioni�unite,�con�sen- tenza�21�marzo�1893,�n.�177�(61)�statuiva�che��la�IV�Sezione�del�Consiglio�di� Stato�e�stata�investita�dalle�leggi�31�marzo�1889�e�1�maggio�1890�di�una�vera� e�propria�giurisdizione,�la�quale�ha�pure�il�carattere�speciale�di�fronte�a�quelle� generiche�assegnate�all'autorita�giudiziaria,�donde�l'ammissibilita�del�ricorso� per�incompetenza�o�eccesso�di�potere�anche�contro�le�decisioni�della�IV� Sezione�.� L'Avvocatura�erariale�svolse�un�ruolo�non�secondario�per�l'affermazione� di�tali�principi�ed�il�consolidamento�del�nuovo�sistema�impugnando�le�deci- sioni�del�Consiglio�di�Stato�davanti�alle�sezioni�unite�della�Cassazione�ed� affermandone,�anche�in�relazione�ai�limiti�soggettivi,�la�piena�equiparazione� alle�sentenze�dei�tribunali�(62).� Tirando�le�fila�di�quanto�sin�qui�detto�sembra�potersi�concludere�che�il� giudice�amministrativo�in�Italia�trova�paradossalmente�la�sua�matrice�in� una�normativa�dettata�in�due�riprese,�nel�1865�e�nel�1889-90,�per�negarne�l'e- sistenza�ed�istituire,�invece,�in�giudice�unico�il�giudice�ordinario.� Un�noto�teologo�francese�ricorderebbe,�forse,�con�riguardo�alla�specie,� che�talvolta�Dio�si�compiace�di�scrivere�diritto�su�linee�storte�o,�volendo�leg- gere�la�vicenda�in�chiave�laica,�si�potrebbe�rammentare�che�non�di�rado�la� storia�ricorre�alle�sue�astuzie.� Fatto�si�e�che�se�la�ricostruzione�storica�sopra�accennata�e�esatta,�la� nascita�del�giudice�amministrativo�in�Italia�si�articola�nei�seguenti�momenti:� 1)�soppressione�del�contenzioso�amministrativo�con�devoluzione�di�ogni� questione�al�giudice�civile�come�giudice�unico,�sull'esempio�dell'esperienza� belga,�a�sua�volta�mutuata�da�quella�anglosassone;� (59)�V.�Scialoja, op. loc. cit. (60)�F.�BatistonI Ferrara, op. cit., 254.� (61)�Ne�Il Foro it.,�1893,�I,�294.� (62)�F.�BatistonI Ferrara, op. loc. cit. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 2)�applicazione�della�normativa�in�senso�tanto�restrittivo�da�postulare�la� necessita�di�una�sua�integrazione�per�la�tutela�di�tutte�le�situazioni�sottratte� alla�cognizione�del�giudice�civile;� 3)�introduzione�della�integrazione-istituzione�della�IV�Sezione�del�Consi- glio�di�Stato�sul�presupposto�che�l'interpretazione�della�legge�del�1865�fosse� esatta�e�quindi�con�configurazione�del�nuovo�rimedio�come�istituto�pura- mente�amministrativo�per�la�tutela�di�semplici�interessi;� 4)�rapidissima�evoluzione�della�IV�Sezione�del�Consiglio�di�Stato�da� organo�di�amministrazione�in�organo�di�giustizia;� 5)�razionalizzazione�di�tale�ulteriore�evoluzione�con�attribuzioni�di�una� natura�sostanziale�agli�interessi�tutelati�dinanzi�al�Consiglio�di�Stato.� Sintetizzando�e�schematizzando�questa�singolare�eterogenesi�alla�quale� l'Avvocatura�erariale�partecipo�da�protagonista�in�tutte�le�sue�tappe,�si� potrebbe�quindi�dire�che�il�diritto�vivente�formatosi�^abbiamo�visto�come�n el�quarto�di�secolo�successivo�al�1865�fu�il�tradimento�di�una�riforma;�che� la�istituzione�della�IV�Sezione�fu�la�razionalizzazione�di�quel�tradimento;� che�la�trasformazione�della�IV�Sezione�da�organo�amministrativo�in�organo� giurisdizionale�fu�il�tradimento�di�quella�razionalizzazione;�infine,�che�la� creazione�dell'interesse�legittimo�come�situazione�soggettiva�sostanziale�anci- pite�fra�diritto�ed�interesse,�secondo�la�nota�prospettazione�del�Ranelletti,�fu� l'ulteriore�razionalizzazione�di�quel�secondo�tradimento.� Infatti�l'interesse�legittimo,�nato�come�espediente�esegetico�(63)�per�supe- rare�le�aporie�del�sistema�di�giustizia�creato�dalle�leggi�del�1865�e�del�1889� (o�piuttosto�della�loro�interpretazione)�fu�teorizzato�come�situazione�giuri- dica�soggettiva�sostanziale�unitaria�sulla�scorta�del�seguente�sillogisma:�se� alla�IV�Sezione�doveva�riconoscersi�natura�giurisdizionale�e�se�l'interesse� davanti�ad�essa�fatto�valere�poteva�essere�protetto�denunciando�uno�qualun- que�dei�tre�vizi�di�incompetenza,�violazione�di�legge�ed�eccesso�di�potere,� occorreva�allora�riconoscere�che�la�riforma�del�1889�aveva�attribuito�natura� giuridica�a�situazioni�diverse�al�tempo�stesso�dal�diritto�civile�e�politico�e�dal- l'interesse�semplice,�materiale,�economico�(64).� L'argomento�appare�discutibile�in�se�e�comunque�condizionato�dal� postulato�della�situazione�giuridica�soggettiva�come��prodotto�immutabile� della�ragione��(65)�e�sembra�esatta�la�definizione�dell'interesse�legittimo�come� �figura�nata�per�dare�un�fondamento�sostanzialistico�al�criterio�di�riparto� fra�le�giurisdizioni��(66).� Unica�certezza,�nella��informe�creatura��nata�da�tanto�travagliata�gesta- zione,�era�la�assoluta�incompatibilita�con�essa,�come�si�e�visto,�della�tutela� risarcitoria.� (63)�F.�Guicciardi, Concetti tradizionali eprincipi ricostruttivi della giustizia amministrativa,� in�Studi di Giustizia amministrativa,�Torino,�1967,�8.� (64)�O.�Ranelletti, cito in�B.�Sordi, opo cito 271-272.� (65)�L.�Mengoni,�Diritto e Politica nella dottrina giuridica,�Iustitia,�1974,�337�ss.� (66)�V.�Caianiello,�Relazione�di�sintesi�al�43.�Convegno�di�Studi�di�scienza�dell'Ammini- strazione,�Giuffre�,�Milano,�1998,�322.� TEMI�ISTITUZIONALI� Una�incompatibilita�talmente�spiccata�da�trasmettersi�anche�al�suo�giu- dice�naturale,�cui�e�stato�sempre�negato,�fino�al�1997,�il�potere�di�sommini- strare�tale�tutela�anche�quando,�in�via�eccezionale,�conosceva�di�diritti�sog- gettivi,�risolvendosi�in�una�vera�e�propria�idiosincrasia.� 7. Il Privilegio dell'Esecutivo. D'altronde�l'allergia�del�potere�esecutivo�al�sindacato�giurisdizionale�non� deve�sorprendere�e�se�in�Italia�tale�allergia�si�e�manifestata�in�maniera�piu� marcata�che�in�altri�Paesi�e,�soprattutto,�e�durata�piu�a�lungo�deve�pero� osservarsi�che�essa�si�iscrive�in�una�tendenza�generalizzata.� In�Francia�lo�spirito�dell'Editto�di�Saint�Germain�del�1641,�secondo�il� quale�le�corti�giudiziarie�erano�state�istituite�dal�sovrano�soltanto�per�rendere� giustizia�fra�i�sudditi,�con�interdizione��di�conoscere�qualsiasi�affare�possa� concernere�lo�Stato,�la�sua�amministrazione�o�il�suo�governo��sopravvisse,� infatti,�alla�rivoluzione,�i�cui�testi�fondamentali�in�materia�cos|�recitano:� legge 16-24 agosto 1790, art. 13:��Le�funzioni�giudiziarie�sono�distinte�e� resteranno�sempre�separate�dalle�funzioni�amministrative.�I�giudici�non� potranno,�a�pena�di�trasgressione�della�legge,�disturbare,�in�qualsiasi� maniera,�le�operazioni�dei�corpi�amministrativi,�ne�citare�dinanzi�a�se�gli� amministratori,�a�causa�delle�loro�funzioni�.� Decreto 16fruttidoro anno III� �Divieto�reiterato�viene�fatto�ai�giudici�di� conoscere�degli�atti�amministrativi,�di�qualsiasi�specie�essi�siano,�a�pena�delle� sanzioni�di�diritto�.� Bisognera�aspettare,�come�e�noto,�il�1872�per�l'istituzione�oltralpe�di�un� giudice�amministrativo.� La�stessa�celebrata�Inghilterra,�nella�quale�pur�vigeva,�fin�dal�XIII� secolo,�il�principio�enunciato�da�Bracton��Rex non debet esse sub homine sed subdeoetsublege, quialexfacitregem� ha�registrato,�al�contrario,�la�opposta� prassi�imposta�dalla�massima��The King can do no wrong�,�in�base�alla�quale� fu�negata�la�configurabilita�di�una�responsabilita�contrattuale�della�Corona� fino�al�Petition ofRight Act del�1860.� Quanto�alla�responsabilita�aquiliana�della�Corona,�essa�fu�introdotta� nell'ordinamento�inglese�solo�nel�1947,�con�il�Crown Procedings Act.�Prima� di�esso�il�danneggiato�poteva�far�valere�solo�la�responsabilita�personale�dei� funzionari�responsabili�dell'illecito�(anche�se�lo�Stato�forniva,�di�fatto,�ai�pro- pri�dipendenti�assistenza�legale�ed�economica)�(67).� Non�deve�quindi�sorprendere�che�nell'Italia�di�meta�Ottocento�^certo� non�comparabile�al�Regno�Unito�per�liberta�civili�e�politiche�^fosse�tanto� forte�il�timore�di�affidare�ai�giudici,�anche�nei�confronti�dell'esecutivoquel� formidabile�strumento�di�controllo�che�e�l'istituto�della�responsabilita�,spe- cialmente�nella�sua�dimensione�aquiliana.� La�dottrina�dell'epoca,�dopo�aver�teorizzato�addirittura�^per�la�penna� del�Mantellini�^la�incompatibilita�logica�della�responsabilita�con�la�sovra- nita�(68)�ripiego�poi�su�posizioni�difensive�via�via�piu�arretrate.� (67)�H.W.R.Wade, Administrative Law,�VI�ed.,�Oxford,�1988,�809�ss.� (68)�A.�Quaranta, Lineamenti di diritto amministrativo,�Roma,�1972,�161.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO La storia della progressiva erosione dei privilegi della pubblica Ammini- strazione in materia di responsabilita� tanto contrattuale quanto aquiliana e� ben nota. In particolare, in materia aquiliana, la difesa dello Stato in giudizio sostenne all'inizio vittoriosamente la tesi della inconfigurabilita� di una responsabilita� aquiliana nascente da atti posti in essere iure imperii dalla pub- blica Amministrazione. Tesi dalla quale nacquero come corollari due dogmi: quello della irrisarcibilita� degli interessi legittimi e quello della impossibilita� per il giudice amministrativo di fornire tutela risarcitoria, neanche quando, in via di eccezione, fosse chiamato a conoscere, in particolari materie di diritti soggettivi. Il singolare processo storico che condusse in Italia all'unicum mondiale di un sistema di giustizia amministrativa fondato su due ordini di giurisdi- zioni, ordinaria e amministrativa, la cui competenza si determina in funzione non della materia giudicabile ma della situazione soggettiva tutelata aveva condotto quindi a questa singolare conseguenza (valida fino alla fine del secolo scorso): che l'interesse legittimo, in quanto situazione soggettiva a cui si contrappone l'Amministrazione nella sua veste autoritativa, non era risar- cibile e che quindi il giudice amministrativo, in quanto giudice naturale di quell'interesse e per conseguenza dell'Amministrazione nella sua veste autori- tativa, non poteva somministrare in nessun caso tutela risarcitoria. 8. La sentenza della Corte Costituzionale 204/2004: lessico, ratio decidendi e statuizioni. �Sur des pensers nouveaux, faisons des vers antiques� : la chiave della poetica di Andrea Chenier torna alla mente leggendo la sentenza della Corte, che ha affrontato il nido di rovi di un problema di costituzionalita� intersecato dalle mille complesse sfaccettature di un sistema giuridico deistituzionaliz- zato. La Corte ha ricomposto il puzzle con un linguaggio antico e rassicu- rante, fatto di proposizioni che sono poche, brevi e chiare. Quelle proposi- zioni, per intenderci, che avevano usato i padri fondatori, basate su lineari contrapposizioni: attivita� iure imperii ^attivita� iure gestionis; diritto sogget- tivo ^interesse legittimo. Il che non pare si risolva, come pure autorevolmente e� stato detto (69), nella pretermissione di concetti necessari per l'equilibrio del sillogisma giudi- ziale, quanto piuttosto in un recupero di quelle essenziali caratteristiche che devono avere cos|� i precetti di legge come i pronunciati del giudice delle leggi, nella sua funzione di legislatore negativo. Essenziali caratteristiche purtroppo spesso dimenticate che sono la gene- ralita� e l'astrattezza cos|� del precetto normativo del legislatore come per spe- culare riflesso del pronunciato caducatorio del legislatore negativo, e quindi delle premesse e delle conclusioni del suo sillogisma. (69) S. Giacchetti, Giurisdizione esclusiva, Corte Costituzionale e nodi di Gordio,in www.giurisprudenza.it/documenti/Igiacchetti.ht. TEMI�ISTITUZIONALI� Le�proposizioni�generali�ed�astratte,�soprattutto�se��poche,�brevi�e� chiare�,�come�ammoniva�Campanella�ne��La citta� del sole�,�sono�d'altronde� prezioso�ed�insostituibile�aiuto�all'interprete�per�la�risoluzione�di�ogni�caso� concreto,�mentre�le�farraginose�e�pletoriche�previsioni�diluite�in�lunghi�elen- chi�lasciano�inevitabilmente,�nelle�loro�pieghe,�vuoti�incolmabili�e�contraddi- zioni�irrisolubili.� Si�da�il�caso,�d'altronde,�che,�a�ben�guardare,�con�le�sue�locuzioni�di� sapore�antico�la�Corte�abbia�saputo�comporre�a�sistema�conforme�a�Costitu- zione�un�assetto�della�giustizia�amministrativa�italiana�assolutamente�nuovo� ed�assolutamente�allineato�(o�allineabile)�^quanto�meno�quoad substantiam ^ai�sistemi�monistici�dell'Europa�continentale�ed�agli�standard�dell'Unione� Europea.� Con�i�suoi��versi�antichi��la�Corte�ha�quindi�espresso�veramente�dei� �pensieri�nuovi�.� Si�e�gia�accennato�all'inizio�della�relazione�come,�ad�avviso�della�Corte,� il�Costituente�non�abbia�lasciato�al�legislatore�ordinario�piena�discrezionalita� nell'individuare�le�materie�da�attribuire�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu- dice�amministrativo�in�quanto�tali�materie�debbono�essere�scelte�fra�quelle� in�cui�detto�giudice�esercita�giurisdizione�generale�di�legittimita�.�Cioe�materie� in�cui�l'Amministrazione�pubblica�opera�autoritativamente.� L'affermazione�richiama�terminologicamente�(e�non�a�caso)�i�dibattiti� che�dettero�vita�al�giudice�amministrativo�e�non�sembra�meritare�le�critiche� di�illogicita�che�le�sono�state�rivolte.�Si�e�osservato,�infatti,�da�parte�di�alcuni� commentatori,�che�laddove�vi�e�esercizio�di�autorita�vi�sarebbero�esclusiva- mente�situazioni�di�interesse�legittimo�(70),�con�conseguente�inutilita�della� previsione�di�una�giurisdizione�esclusiva.� Sembra�agevole�replicare�che�vi�sono�materie�in�cui�l'Amministrazione� opera�sia�autoritativamente�che�pariteticamente�con�conseguente�compre- senza�di�diritti�e�di�interessi,�anche�se�non�legati�in�quel�famoso��nodo�gor- diano��che�se�figura�nei�lavori�dell'Assemblea�costituente�non�figuro�mai�nei� lavori�preparatori�del�R.D.�n.�2840�del�1923�(71).� Non�sono�quindi�sufficienti�^secondo�la�Corte�^ne�un�generico�inte- resse�pubblico�ne�,�tanto�meno,�la�partecipazione�dell'Amministrazione�al�giu- dizio�per�legittimare�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�che�e�giudice� naturale�della�pubblica�funzione�autoritativamente�esercitata.� La��clausola�generale��cos|�enunciata�non�e�certo�caratterizzata�da�un� alto�tasso�di�specificita�e�qualche�dubbio�puo�sorgere�per�tutte�le�zone�grigie� fra�autoritativo�e�paritetico�che�sono�molte�piu�di�quante�non�conoscesse�fino� a�non�molto�tempo�fa�la�nostra�giuspubblicistica�tradizionale�e�che�vanno,� (70)�Per�tutti�A.�Police, La giurisdizione del giudice amministrativo e� piena ma non e� piu� esclusiva,in�Giornale di diritto amministrativo n.�9/2004.� (71)�A.�Romano, Il quadro normativo della giurisdizione esclusiva sino all'avvento della Costi- tuzione,in�Atti del XLIX Convegno di studi di scienza dell'Amministrazione,Giuffre�,Milano,� 2004,�42�ss.;�A.�Police, op. loc. cit. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� esemplificativamente�e�non�esaustivamente,�dall'attivita�degli�enti�privati�di� interesse�pubblico,�a�quella�delle�societa�per�azioni�con�personalita�giuridica� di�diritto�pubblico�o�a�prevalente�partecipazione�statale,�a�quella�del�privato� concessionario�di�opere�pubbliche�(72).�Spettera�naturalmente�al�legislatore,� all'interprete�ed�in�definitiva�alla�Corte�apprezzare�di�volta�in�volta�le�situa- zioni,�senza�dimenticare�le�valutazioni�di�tipo�sostanzialistico�che�sembrano� aver�fatto�una�volta�per�tutte�tanto�il�legislatore�comunitario�(per�quanto� riguarda�gli��organismi�di�diritto�pubblico�)�quanto�il�legislatore�nazionale,� con�l'art.�6�della�legge�205/2000,�non�toccato�dalla�Corte,�quanto,�infine,la� stessa�Corte�Costituzionale,�in�precedenti�sentenze�(73)�e�addirittura�nella� stessa�sentenza�in�esame,�nella�quale�si�afferma�che�il�pubblico�potere�autori- tativo�puo�essere�esercitato�anche��mediatamente�e�cioe�avvalendosi�della� facolta�di�adottare�strumenti�intrinsecamente�privatistici��(��3.4.3).� Dalla�piana�enunciazione�della�regola�come�sopra�descritta�dalla�Corte� discende�la�declaratoria�di�illegittimita�della�indiscriminata�estensione�della� giurisdizione�alla�materia�dei�servizi�pubblici�sulla�base�di�un�generico�pub- blico�interesse�di�settore�e�per�di�piu�con�la�elencazione�(esemplificativa!)�di� controversie�alcune�delle�quali�a�carattere�tipicamente�paritetico.� Singolare�e�piuttosto�inusuale�appare,�pero�,�il�marcato�carattere�di� manipolazione�che�la�sentenza�assume�nella�riscrittura�della�norma�cadu- cata(74):�riscrittura�probabilmente�meditata�e�voluta�per�evitare�vuoti�nor- mativi�o�dubbi.� La�successiva�statuizione�caducatoria�contenuta�nella�sentenza�e�conse- guente�ai�principi�enunciati�ha�per�oggetto�i��comportamenti��dell'Ammini- strazione�in�materia�urbanistica�ed�edilizia,�in�quanto�i�comportamenti,�per� definizione,�non�costituiscono�esercizio,�nemmeno�mediato,�di�pubblico� potere.� Restano�percio�fuori�dalla�giurisdizione�amministrativa�le�azioni�posses- sorie�e�di�nunciazione�e�le�controversie�concernenti�la�occupazione�usurpa- tiva�(75),�mentre�qualche�dubbio�sorge�per�quella�acquisitiva(76)�per�la�quale� probabilmente�l'interprete�dovra�affrontare�piu�articolato�discorso.� A�corollario�delle�statuizioni�sui�limiti�della�discrezionalita�del�legisla- tore�ordinario�nella�individuazione�della�materia�di�giurisdizione�esclusiva�la� Corte�ha�affermato�un�ulteriore�principio,�dichiarando�infondata�la�questione� facente�leva�sulla�violazione�dell'art.�111�Costituzione.� (72)�S.�Giacchetti, op.�ult.�cit.;�A. Pajno, Giurisdizione�esclusiva�ed��arbitrato�costituzio- nale,in�Giornale�di�diritto�amministrativo�n.�9/2004.� (73)�Sentenza�28�dicembre�93�n.�466,�in�Giur.�cost.�1993,�3829.� (74)�R.�Garofoli, Lanuovagiurisdizione�intemadiservizipubblicidopo�Corte�Costituzionale� 6�luglio2004n.�204,�in�Lex�Italia.it�n.�7-8.2004.� (75)�V.�CerullI Irelli, Giurisdizione�esclusiva�e�azione�risarcitoria�nella�sentenza�della�Corte� Costituzionale�n.�204�del�5�luglio�2004,�in�www.federalismo.it.� (76)�F.�Saitta, Tantotuono�chepiovve:riflessioni(d'agosto)�sullagiurisdizioneesclusivaridi- mensionata�dalla�sentenza�costituzionale�n.�204/2004,in�www.lexitalia.it/articoli/saittaf_204.htm;� G.�Virga, Ilgiudice�dellafunzionepubblica,�in�Lex�Italia.it�nn.�7-8.2004.� TEMI�ISTITUZIONALI� Avevano�osservato�i�giudici�remittenti�che�la�devoluzione�al�giudice� amministrativo�di�controversie�anche�attinenti�a�profili�meramente�obbliga- tori,�avrebbe�minato�in�radice�il�principio�secondo�il�quale�spetta�alla�Corte� di�Cassazione�di�assicurare�l'esatta�osservanza�e�l'uniforme�interpretazione� della�legge,�nonche�l'unita�del�diritto�oggettivo�nazionale.� Essendo�le�sentenze�del�Consiglio�di�Stato�non�ricorribili�in�Cassazione� per�violazione�di�legge,�grave�sarebbe�stato�il�rischio�secondo�i�remittenti�di� contrasti�irrimediabili�fra�i�due�plessi�giurisdizionali,�articolati�oltre�tutto,� con�violazione�del�principio�di�uguaglianza,�l'uno�su�tre�gradi�di�giudizioe� l'altro�su�due.� La�Corte�ha�risolto�la�questione�con�la�ovvia�quanto�esatta�considera- zione�che�finche�la�devoluzione�di�materie�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giu- dice�amministrativo�e�conforme�a�Costituzione�risultera�conforme�a�Costitu- zione�anche�la�loro�sottrazione�alla�nomofilachia�della�Corte�di�Cassazione� ex art.�111�della�Costituzione�stessa.� A�cio�potrebbe�aggiungersi�una�ulteriore�considerazione.� Nel�contesto�delle�attribuzioni�della�Cassazione,�come�individuate�dal- l'art.�65�Ordinamento�giudiziario,�occorre�infatti�distinguere�quelle�afferenti� all'uniforme�interpretazione�della�legge�da�quelle�^nomofilattiche�in�senso� proprio�^volte�ad�assicurare�l'esatta�osservanza�della�legge�stessa.� Storicamente,�la�funzione�di�nomofilachia�si�rapporta�essenzialmente� all'esigenza�di�natura�politica�di�salvaguardare�il�principio�della�separazione� tra�poteri.�Il�principio�cioe�della��custodia�delle�leggi��secondo�la�terminolo- gia�positivistica�francese�dalla��ribellione�dei�giudici�.� Esatta�osservanza�della�legge,�significa�dunque�in�termini�moderni� rispetto�da�parte�di�tutti�i�giudici�(ordinari,�amministrativi,�contabili�e�spe- ciali)�del�limite�esterno�della�giurisdizione,�rispetto�che�il�Costituente�del� 1947�ha�demandato�alla�funzione�di�garanzia�della�Suprema�Corte,�facendo� propria�l'accezione�di��nomofilachia��adottata�dai�costituenti�francesi�sette- centeschi�(77)�con�affermazione�di�principio�confermata�dal�legislatore�costi- tuzionale�del�1999,�che�ha�ritenuto�pienamente�compatibile�il�limite�di�sinda- cabilita�delle�decisioni�del�giudice�amministrativo�e�contabile�ad�opera�della� Cassazione�con�i�principi�del�giusto�processo.� Fin�qui�la�pars destruens della�sentenza�che�ha�sottratto�al�giudice�ammi- nistrativo�la�cognizione�di�situazioni�paritarie�come�i�rapporti�debito-credito� correlati�all'erogazione�di�servizi�pubblici�e�meri�comportamenti�(78)�e�che� sembra�difficilmente�criticabile�e,�tutto�sommato,�di�modesta�portata�in�ter- mini�generali.� Serie�preoccupazioni�desta�pero�,�in�termini�particolari,�la�questione�delle� controversie�incolpevolmente�instaurate�dinanzi�ad�un�giudice�ormai�retroat- tivamente�privato�della�sua�giurisdizione,�per�la�quale�non�opera�la�perpetua (77)�P.�Calamandrei, La cassazione civile,�Milano,�1920,�III,�395�ss.;�A.�Pizzorusso, Corte di Cassazione,in�Enc. Giur. Treccani). (78)�M.�Clarich, op. cit. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tio di�cui�all'art.�5�c.p.c.�(79)�(perpetuatio di�cui�ha�probabilmente�fatto�una� molto�implicita�applicazione�Cass.�SS.UU.�17�giugno�-24�settembre�2004� n.�19.200).� Tutti�coloro�che�abbiano�chiesto�giustizia�al�giudice�amministrativo�sulla� base�di�precetti�normativi�dichiarati�incostituzionali�^per�limitarsi�all'ipotesi� piu�immediata�^devono�infatti�affrettarsi�a�riproporre�le�domande�dinanzi� al�giudice�ordinario�sempreche��non�sia�maturata�medio tempore la�prescri- zione�e�comunque,�in�ogni�caso,�con�aggravio�di�spese�e�di�tempo�(e�questo� a�tacere�della�miriade�di�casi�piu�complessi�che�possono�sorgere�per�effetto� di�ipotesi�intertemporalmente�regolate�dall'originario�decreto�delegato)�(80).� Sembra�quindi�necessario�in�proposito�un�urgente�intervento�del�legislatore� per�la�previsione�di�forme�agevolate�di�translatio iudicii (81).� Oltre�alla�pars destruens la�sentenza�contiene,�poi,�anche�una�pars con- struens: pars construens che�appare�di�assai�maggiore�momento�per�la�defini- zione�delle�nuove�frontiere�della�giurisdizione�amministrativa,�nonostante�si� risolva,�per�generale�opinione,�in�un�obiter dictum (82).� La�Corte�ha�precisato,�infatti,�che�la�dichiarazione�d'incostituzionalita� non�investe�in�alcun�modo�^nonostante�i�rimettenti�ne�adducano�il�disposto� a�sostegno�delle�loro�censure�^l'art.�7�legge�n.�205�del�2000,�nella�parte�in� cui�(lett.c)�sostituisce�l'art.�35�d.leg.�n.�80/1998:�il�potere�riconosciuto�al�giu- dice�amministrativo�di�disporre,�anche�attraverso�la�reintegrazione�in�forma� specifica,�il�risarcimento�del�danno�ingiusto�non�costituisce�sotto�alcunpro- filo�una�nuova��materia��attribuita�alla�sua�giurisdizione,�bens|�uno�stru- mento�di�tutela�ulteriore,�rispetto�a�quello�classico�demolitorio�(e/o�confor- mativo),�da�utilizzare�per�rendere�giustizia�al�cittadino�nei�confronti�della� Pubblica�Amministrazione.� La�statuizione�e�di�fondamentale�importanza:�importanza�non�certo� diminuita�dalla�sua�natura�di�obiter dictum per�due�ordini�di�ragioni.� Innanzituto�perche��si�tratta�di�un�obiter dictum assai�particolare,�in� quanto,�come�ha�sottolineato�la�stessa�Corte,�i�giudici�remittenti�avevanoa� lungo�invocato�il�relativo�disposto�a�sostegno�delle�loro�censure,�qualificando� il�risarcimento�del�danno�da�lesione�di�interesse�legittimo�come��materia� nuova��attribuita�al�giudice�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva� in�maniera��indiscriminata�e�generale��e�quindi�al�di�fuori�del�criterio�di� �particolarita���che�deve�presiedere�alla�individuazione�delle�materie�di�giuri- sdizione�esclusiva�(83).�Se�di�obiter dictum si�tratta�e�comunque,�quindi,�un� obiter dictum strettamente�connesso�con�la�ratio decidendi ed�anzi�ad�esso� legato�da�un�vero�e�proprio�nodo�gordiano.� (79)�F.�Saitta, op. cit. (80)�R.�Giovagnoli, Il contenzioso in materia di servizipubblici, cit.,�29�ss.� (81)�S.�Giacchetti, op. ult. cit. (82)�Per�tutti�M.�Clarich, op. cit. (83)�P.�Carpentieri, La sentenza della Consulta 204/2004 e lapregiudizialeamministrativa, in� Urbanistica e appalti 10/2004.� TEMI�ISTITUZIONALI� In�secondo�luogo�va�osservato�che�nella�prassi�di�tutte�le�Alte�Corti�di� questo�mondo�gli�obiter dicta di�oggi�sono�le�rationes decidendi di�domani:� la�legittimita��costituzionale�della�spettanza�al�giudice�amministrativo�della� tutela�risarcitoria�degli�interessi�legittimi�puo��quindi�ritenersi�dato�ormai� acquisito�al�sistema.� Tale�opzione�della�Corte�appare�particolarmente�significativa�perche�dal� punto�di�vista�letterale�entrambe�le�soluzioni�erano�possibili:�quella�adottata� poggia,�infatti,�sulla�base�della�costituzionalizzazione�dell'interesse�legittimo� come�figura�soggettiva�sostanziale�pienamente�tutelata�e�quindi�meritevole� della�tutela�risarcitoria�oltre�che�di�quella�cassatoria�e�conformativa,�secondo� la�lettera�dell'art.�24�della�Costituzione.� Quella�opposta�avrebbe�potuto�essere�sostenuta�sulla�base�della�qualifi- cazione�normativa�del�risarcimento�come��diritto�patrimoniale�consequen- ziale�,�locuzione�che�e��tradizionalmente�usata�nella�disciplina�delle�materie� assoggettate�alla�giurisdizione�esclusiva�(84)�e�la�sufficienza�del�rimedio�cas- satorio�in�sede�di�giurisdizione�generale�di�legittimita��avrebbe�potuto�essere� argomentata�sulla�base�della�configurazione�della�giurisdizione�amministra- tiva�come�giurisdizione�su�atti�ex art.�113�della�Costituzione.� Nella�scelta,�deve�avere�ovviamente�pesato�l'accento�posto�dalla�Corte� sulla�rinverdita�centralita��dell'interesse�legittimo�come�situazione�sostanziale� e�come�naturale�oggetto�della�cognizione�del�giudice�amministrativo.� Deve�aver�pesato�probabilmente�anche�la�considerazione�di�tipo��poli- tico��sulla�maggiore�attitudine�del�giudice�amministrativo�a�somministrare� una�tutela�risarcitoria�che,�in�caso�di�lesione�di�interessi�legittimi,�e��solo�even- tuale.� Come�si�e��sopra�accennato,�infatti,�quella�dell'interesse�legittimo�e��una� categoria�creata��in vitro�,�una�creatura�artificiale�dalla�multiforme�natura,� un�contenitore�dapprima�riempito�quasi�esclusivamente�da�interessi�opposi- tivi,�cui�poi�si�sono�aggiunti�interessi�pretensivi�a�soddisfazione�preregolata,� interessi�pretensivi�a�soddisfazione�discrezionale,�interessi�partecipativi,�inte- ressi�strumentali�e�cos|��via.�Orbene,�se�in�alcuni�dei�casi�menzionati,�in�caso� di�lesione�dell'interesse,�il�danno�risarcibile�e��in re ipsa oppure�e��evidente- mente�assente,�in�altri�la�valutazione�della�sua�esistenza�e�consistenza� richiede�prudenti�giudizi�prognostici�che�solo�l'esperienza�dei�ruotismi�ammi- nistrativi�consente�di�formulare,�con�conseguente�elettiva�competenza�del� giudice�amministrativo.� L'opzione�della�Corte�costituzionale�conferma�comunque�l'esattezza� della�tesi�della�pregiudizialita��della�pronuncia�cassatoria�rispetto�alla�pronun- cia�risarcitoria,�gia��fatta�propria�dalla�giurisprudenza�amministrativa�(85).� (84)�C.�Varrone, La nuova disciplina processuale,in�Verso il nuovo processo amministrativo,� Commenti�alla�legge�21�luglio�2000�n.�205�a�cura�di�V.�Cerulli�Irelli,�Torino,�2000,�36.� (85)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.�26�marzo�2003,�n.�4.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 9. Considerazioni conclusive. I�rivolgimenti�di�fine�millennio�della�giustizia�amministrativa�erano�stati� salutati�dai�commentatori�in�vario�modo.�Il�tema�dominante�e�largamente� prevalente�era�comunque�quello�di�un�requiem per�l'interesse�legittimo,�desti- nato�a�dissolversi�nel�diritto�soggettivo�con�la�perdita�della�funzione�di�discri- mine�delle�giurisdizioni,�ormai�assolta�dal�criterio�delle�materie�o�dei��bloc- chi�di�materie��(86).� L'anomalo�sistema��dualistico��italiano�(in�cui�cioe�il�contenzioso�della� pubblica�Amministrazione�e�conosciuto�da�due�distinti�giudici,�a�seconda� della�situazione�soggettiva�dedotta�in�giudizio)�^si�diceva�^ha�finalmente� perso�la�sua�anomalia�e�si�avvia�a�diventare�monistico,�come�accade�in�tutti� gli�altri�stati�d'Europa,�nei�quali�uno�solo�e�il�giudice�della�pubblica�Ammini- strazione:�quello�ordinario�(ed�unico)�nei�paesi�a�sistema�di�common law e� quello�amministrativo�nei�paesi�a�sistema�di�civil law.� L'evoluzione�della�giustizia�amministrativa�italiana�sembrava�incammi- nata�lungo�una�via�di�omogeneizzazione�soprattutto�indotta,�in�realta�,�dal� diritto�dell'Unione�Europea�che�non�conosce�gli�interessi�legittimi�e�con�il� quale�appare�soprattutto�incompatibile�la�loro�irrisarcibilita�,�tradizional- mente�sancita�nel�nostro�ordinamento.� Non�a�caso�una�delle�prime�e�piu�sostanziose�soluzioni�di�continuita� legislativa�nel�principio�di�irrisarcibilita�fu�indotta�da�una�direttiva�europea� (legge�19�febbraio�1992�n.�142�art.�13).� La�via�prescelta�dal�legislatore�del�1997-2000�per�realizzare�tale�risultato� di�omogeneizzazione�fu�quella�di�accentuare�al�massimo�una�tendenza�gia� manifestatasi�in�maniera�sempre�meno�timida�in�tutto�il�secondo�cinquanten- nio�del�secolo�trascorso�(87),�cioe�l'espansione�dell'area�della�giurisdizione� esclusiva,�sulla�base�di�una�ritenuta�insussistenza�di�limiti�costituzionali�posti� in�materia�al�legislatore(88).� Come�si�e�visto�la�Corte�e�andata�in�diverso�avviso�ed�ha�delimitato�con� chiarezza�quali�siano,�in�proposito,�i�limiti�del�potere�discrezionale�del�legi- slatore.�Limiti,�peraltro,�tanto�poco�costrittivi�^soprattutto�se�si�considera� quanto�spazio�lasci�all'interprete�una�locuzione�quale��materia�nella�quale� la�pubblica�Amministrazione�esercita�un�potere�autoritativo��^da�consentire� al�legislatore�ordinario�di�affidare,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva�al�giudice� amministrativo�italiano�tutta�l'area�di�competenza�che�il�sistema�francese� affida�al�suo�giudice�amministrativo.� Giudice�che�pure�e�,�pacificamente�e�tradizionalmente,�giudice��dell'Am- ministrazione��e�non��nell'Amministrazione�.� Anche�nel�diritto�francese,�infatti,�quando�l'Amministrazione��n'use pas lesprerogativesdepuissancepubliqueetsemeten civil�,�cioe�agisce�iure priva (86)�M.�Clarich, op. cit. e�dottrina�ivi�citata.� (87)�Per�una�completa�elencazione�di�tutta�la�legislazione�in�materia�vedasi�E.�Picozza, Il quadro normativo della giurisdizione esclusiva dall'avvento della Costituzione ad oggi, cit. 63�ss.� (88)�Cons.�Stato,�Ad.�Plen.,�ord.�1/2000�cit. TEMI ISTITUZIONALI torum (89), la giurisdizione e� del giudice ordinario. Lo stesso dicasi per i comportamenti, qualificabili come �voie de fait� (90), cioe� i comportamenti senza potere. Sara� appena il caso di aggiungere che, naturalmente, le giurisprudenze nazionali potranno divergere nel qualificare quali attivita� siano da conside- rarsi iure gestionis e quali comportamenti siano da qualificare �senza potere�. D'altronde, anche a livello nazionale, come e� noto, non vi e� concor- dia sul punto, fra Cassazione e Consiglio di Stato. L'importante e� che tutta l'area astrattamente disegnata dal nostro legi- slatore negativo come costituzionalmente sottratta alla giurisdizione ammini- strativa corrisponda concettualmente a quella pure sottratta ad essa nel piu� classico e tradizionale modello di giustizia amministrativa monistica conti- nentale: quello francese. Il paragone diventa ancora piu� calzante ove si pensi all'acquisto da parte del giudice amministrativo italiano della tutela risarcitoria in materia cos|� di diritti come di interessi. Il che realizza un totalizzante contenzioso �di piena giurisdizione�. In realta� la sostanziale anomalia italiana nel quadro europeo della giu- stizia amministrativa non era tanto quella formalmente piu� evidente del discrimine delle giurisdizioni basato sulla dicotomia diritto-interesse legit- timo quanto quella sostanziale del doppio tabu� della irrisarcibilita� dell'inte- resse legittimo e della negazione della tutela risarcitoria in sede di giustizia amministrativa, con conseguenti dinieghi di giustizia o, nella migliore delle ipotesi, necessita� di defatiganti ricorsi successivi ai due ordini giurisdizionali. Il secondo tabu� fu infranto dal legislatore delegante del 1997 (91). Il primo dalla Cassazione del 1999 (92). Il legislatore del 2000 (93) si limito� s e mi si passa la colloquiale espressione ^a fare �due piu� due�. Se il giudice amministrativo somministra anche tutela risarcitoria e se la lesione dell'inte- resse legittimo puo� causare danno risarcibile, ebbene al giudice amministra- tivo spettera� la relativa pronuncia. La Suprema Corte, quindi, nel momento in cui capovolgeva un'ultracen- tenaria giurisprudenza (ritornando pero� , come si e� visto, ad un proprio origi- nario liberale orientamento) lavorava per un Re di Prussia acquartierato a Palazzo Spada (94). In definitiva e per concludere, nella sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale la pars construens appare di portata ben maggiore della pars destruens. (89) C.Debbasch,Science administrative Administration publique, Dalloz, Parigi, 1980, 713. (90) C.Debbasch, op. cit., 712. (91) Legge 15 marzo 1997 n. 59. (92) Cass. SS.UU. 22 luglio 1999 n. 500. (93) Legge 21 luglio 2000 n. 205. (94) Forse non del tutto inconsapevolmente: vedasi l'ultimo capoverso del � 12 della motiva- zione della sentenza 500/1999. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Con�essa�il�giudice�amministrativo�ha�perso��qualche�pezzo�marginale� di�giurisdizione��(95),�oltretutto�poco�congruente,�come�si�e�visto,�con�la� sua�natura�e�tradizioni,�restandogli�acquisita,�per�converso,�una�tutela�risar- citoria�a�360�gradi.� Di�piu�:�resta�affermato�che�il�legislatore�ordinario�potra�espandere�la� giurisdizione�esclusiva�a�tutte�le�materie�in�cui�la�pubblica�amministrazione� eserciti�(anche)�potere�autoritativo.�Cioe�a�tutte�le�materie�che�tradizional- mente�costituiscono�la�tipica�sfera�di�competenza�del�giudice�amministrativo� continentale�e�questo�mi�pare�soddisfi�pienamente�l'istanza�di�omologazione� europea.� Finalmente,�dopo�quasi�un�secolo�e�mezzo�di�travagliato�percorso,�il� sistema�italiano�di�giustizia�amministrativa�si�avvia�a�diventare�monista� (anche�se�di�un�monismo�diverso�da�quello�originariamente�voluto).� La�cosa�piu�singolare�^ma�questo�conferma�che�il�paradosso�e�l'essenza� della�storia�della�nostra�giustizia�amministrativa�^e�che�per�giungere�a�que- sto�risultato,�che�da�alla�giurisdizione�amministrativa�italiana�una�pienezza� di�poteri�comparabile�a�quella�delle�omologhe�giurisdizioni�continentali,�la� Corte�Costituzionale�ha�fatto�leva�sulla�costituzionalizzazione�dell'interesse� legittimo.� Cioe�su�di�un�istituto�nato�come��arma�di�guerra��(96)�brandita�dall'E- secutivo�per�difendere�i�propri�privilegi�dalle�insidie�del�controllo�giurisdizio- nale.� E�proprio�vero�che,�come�diceva�Ennio�Flaiano,�nelle�vicende�italiane�la� via�piu�breve�fra�due�punti�non�e�la�linea�retta�ma�il�ghirigoro.� (95)�M. Clarich, op.�cit.� (96)�M. Nigro, Ma�cos'e�questo�interesse�legittimo?Interrogativi�vecchi�e�nuovispuntidi�rifles- sione,�in�Foro�it.,�V,�470.� TEMI�ISTITUZIONALI� Universita�degli�studi:�giudice�amministrativo e�ordinario�concordano�sul�patrocinio�esclusivo ed�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello�Stato Merita�di�essere�segnalata�questa�recentissima�decisione�del�Consiglio�di� Stato�che,�confermando�un�principio�che�piu�volte�e�stato�affermato�dalla�giuri- sprudenza�della�Cassazione,�ha�ritenuto�che��Le�universita�rientrano�nel� novero�degli�enti�pubblici�che�fruiscono�del�patrocinio�legale�dell'Avvocatura� dello�Stato,�con�conseguente�domiciliazione�legale�presso�la�stessa,�in�relazione� ai�ricorsi�giurisdizionali�proposti�contro�le�universita�medesime�(art.�56�r.d.� 31�agosto�1933,�n.�1592�(testo�unico�sull'istruzione�superiore)�e�43�r.d.�30otto- bre�1933,�n.�1611�(testo�unico�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello� stato)�,�precisando,�altres|�che��Tale�regola�trova�applicazione�anche�dopo�la� riforma�universitaria�in�senso�autonomistico�di�cui�alla�legge�n.�168/1989.�� La�sentenza,�respingendo�l'appello�della�parte�privata�avverso�la�pro- nuncia�del�TAR�che�aveva�dichiarato�inammissibile�il�ricorso�di�primo�grado,� perche�notificato�all'Universita�presso�la�sua�sede�legale�e�non,�come�dove- vasi,�presso�la�competente�Avvocatura�dello�Stato,�ha�respinto�perche�inam- missibile�anche�il�ricorso�in�appello,�ugualmente�notificato�presso�la�sede�del- l'Universita�,�vizio�questo�che�avrebbe�potuto�essere�sanato�solo�dalla�costitu- zione�dell'Avvocatura,�nella�specie�non�avvenuta�(cfr.�C.d.S.,�Sez.�VI,� 18�ottobre�1993,�n.�741;�22�dicembre�1983,�n.�911).� Il�ragionamento�del�Consiglio�di�Stato�si�e�fondato�sull'applicazione�del� combinato�disposto�dell'art.�56,�r.d.�31�agosto�1933,�n.�1592,�secondo�cui��le� universita�....possono�essere�rappresentate�e�difese�dall'Avvocatura�dello� Stato�nei�giudizi�attivi�e�passivi�...�sempreche�non�trattasi�di�contestazioni� contro�lo�Stato��e�dell'art.�43,�t.u.�30�ottobre�1933,�n.�1611,�cos|�come�modifi- cato�dall'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�che�ha�aggiunto�tre�commi� al�detto�art.�43,�il�primo�dei�quali�dispone�che��qualora�sia�intervenuta�(per� legge�o�per�regolamento�o�per�d.p.c.m.)�di�cui�al�primo�comma�la�rappresen- tanza�e�la�difesa�nei�giudizi�(delle�amministrazioni�non�statali�o�di�enti�sovven- zionati)�...sono�assunte�dall'Avvocatura�dello�Stato�invia�organica�ed�esclusiva,� eccettuati�i�casi�di�conflitto�di�interessi�con�lo�Stato�o�con�le�regioni�.� Il�Consiglio�di�Stato,�in�particolare,�ha�interpretato�queste�norme�nel� senso�che�le�universita��non�esulano�dal�novero�delle�amministrazioni�dello� stato�e�sono�conseguentemente�rappresentate�in�giudizio�ope�legis�dall'Avvo- catura�dello�Stato�e�presso�di�questa�deve�essere�notificato�il�ricorso�giurisdi- zionale�amministrativo��(cfr.�anche�Cass.,�sez.�I,�26�gennaio�2001,�n.�1086).� Del�resto,�il�giudice�amministrativo�ha�piu�volte�avuto�modo�di�chiarire� che��il�riconoscimento�dell'autonomia�universitaria�a�seguito�degli�artt.�6�e�ss.,� legge�9�maggio�1989,�n.�168�(istitutiva�del�ministero�dell'universita�edella� ricerca�scientifica�e�tecnologica)�non�ha�fatto�venire�meno�la�regola,�gia�stabilita� dall'art.�56,�citato,�della�domiciliazione�legale�delle�universita�presso�l'Avvoca- tura�dello�Stato�,�sia�perche�il�ridetto�art.�56�non�e�stato�ne�espressamente�ne� tacitamente�abrogato�dalle�norme�successive,�sia�perche��la�riconosciuta�auto- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nomia�universitaria�non�ha�in�alcun�modo�toccato�ne�la�natura�pubblica�delle� universita�,ne�la�regola�del�patrocinio�(obbligatorio)�dell'avvocatura�erariale�� (Cons.�Stato,�Sez.�VI,�16�febbraio�2002,�n.�958;�22�novembre�1993,�n.�908).� La�decisione�in�esame�ha�giustamente�ribadito�un�principio�che�l'Avvoca- tura�ha�piu�volte�difeso,�con�grande�decisione,�specie�in�questi�ultimi�anni,�nei� quali�le�regole�in�materia�di�patrocinio�esclusivo�dell'Avvocatura�dello�Stato�a� favore�degli�enti�pubblici�da�essa�difesi�sono�state�in�alcuni�casi�derogate.� Si�pensi�a�tutti�i�casi�nei�quali�l'Avvocatura�ha��perso�,�per�espressa�volonta� del�legislatore,�il�patrocinio�di�enti�pubblici,�in�corrispondenza�peraltro�^del� mutamento�di�natura�di�tali�enti,�divenuti�soggetti�privati�(art.�10,�D.L.� 1.dicembre1993,n.�487,perl'enteposteitaliane;art.�8,co.�5,legge21�dicembre� 1996,�n.�665,�relativo�alla�trasformazione�dell'azienda�autonoma�di�assistenza� al�volo�per�il�traffico�aereo�generale;�art.�1,�co.�4,�D.lgs.�9�luglio�1998,�n.283,� per�l'ente�tabacchi�italiani,�tutti�casi�ricordati�anche�dal�Consiglio�di�Stato).� Ovvero�ad�alcune�prassi�in�cui�le�norme�sul�patrocinio�esclusivo�sono�state� interpretate�in�maniera�non�rigorosa�(ad�esempio,�affiancamento�della�Avvoca- tura�dello�Stato�a�professionisti�del�foro�libero,�scelta��episodica��di�affida- mento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�da�parte�di�Regioni�a�Statuto� ordinario�che�abbiano�scelto�di�avvalersi�in�via�esclusiva�del�patrocinio�della� Avvocatura�dello�Stato�o�di�soggetti�che�fruiscano�del�patrocinio�autorizzato).� Queste�brevi�note�sono�l'occasione�per�confermare�le�caratteristiche�spe- cifiche�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�che,�cos|�come�e�stato�preci- sato�nella�nota�circolare�dell'Avvocato�Generale�n.�46�del�26�settembre�2002� �sono�quelli�della�organicita�ed�esclusivita�(art.�43,�3�comma�R.D.�1611/� 1933),�consistenti,�rispettivamente,�nello�stabilirsi�col�rapporto�di�patrocinio� di�un�rapporto�di�medesimezza�organica�col�soggetto�patrocinato,�sicche�nel- l'ambito�di�tale�rapporto�il�soggetto�patrocinato�e�rappresentato�per�ogni� profilo�senza�necessita�di�specifico�mandato�dalla�Avvocatura�dello�Stato,�e� nella�impossibilita�di�affidare�il�proprio�patrocinio�a�legale�diverso�dall'Avvo- catura�dello�Stato�o�di�affiancare�all'Avvocatura�dello�Stato�altro�legale� (art.�5/1,�comma�R.D.�1611/1933�e�43/4,�comma�R.D.�1611/1933).� Ambedue�i�sottolineati�caratteri�hanno�la�loro�ragion�d'essere�nella�esi- genza�di�unicita�e�coerenza�di�indirizzi�che�potrebbero�venir�compromessi� dalla�eventualita�o�di�approntare,�di�volta�in�volta,�per�svolgere�scelte�di� gestione�processuale,�specifiche�direttive,�o�di�svolgere�difese�non�coerenti� con�gli�indirizzi�generali�di�istituto�conformi�alla�tutela�generale�dei�pubblici� interessi�necessariamente�informata�a�criteri�di�uniformita�interpretativa�ed� applicativa�della�legalita�.��(si�vedano�Cass.�1086/2001,�gia�citata,�C.d.S.,� Sez.�II�n.�2025/1986,�Corte�dei�Conti,�deliberazione�1432/1984).� In�un�recente,�articolato�parere,�l'Avvocatura�ha�ribadito�il�carattere�esclu- sivo�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�nei�confronti�delle�universita�,pre- cisandosi�espressamente�che�anche�in�giurisprudenza��anche�dopo�l'entrata�in� vigore�della�legge�186/1989�e�stato�costantemente�ribadito�che��ai�sensi�dell'56� del�r.d.�31�agosto�1933,�n.�1592�e�dell'art.�43�del�decreto�rettorale�30�ottobre� 1933,�n.�1611,�come�modificato�dall'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�la� rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita�degli�studi�statali,�ove�non� TEMI�ISTITUZIONALI� sussista�conflitto�con�lo�Stato�e�con�le�regioni,�spetta��ope legis��all'Avvocatura� dello�Stato,�mentre�puo�essere�affidata�ad�un�difensore�del�libero�foro�in�forza�di� apposita�e�motivata�delibera�da�sottoporre�agli�organi�di�vigilanza��(cfr.tra�le� tante�Cass.�Sez.�Lav.�n.�13292�del�27�novembre�1999�e�n.�7649�del�10�agosto� 1997)�ove�si�consideri�che��le�universita�statali,�al�pari�degli�altri�istituti�statali� di�istruzione�superiore,�costituiscono�organi�dello�Stato�muniti�di�personalita� giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale��(Cass.�13292/1999�cit.),� Le�conseguenze�sono,�oltre�che�la�nullita�della�notificazione�della�cita- zione�compiuta�presso�la�sede�dell'universita�e�non��dell'Avvocatura�dello� Stato��(Cass.�n.�8877/1997),�come�sopra�specificato,�l'applicazione�delle� regole�del�c.d.�foro�erariale�(artt.�9�e�25�cpc)�(Cass.�Sez.�1,�n.�61�del�2�marzo� 1994;�Cass.,�Sez.�Lav.�n.�13292/1999�cit.),�nonche�la�insussistenza�dell'obbligo� di�avere�uno�specifico�mandato�difensivo�o�una�delibera�di�affidamento�del� patrocinio,�valido�in�via�generale�per�il�patrocinio�dell'Avvocatura�(Cass.,� SS.UU.�n.�10894�del�7�agosto�2001;�n.�484�del�21�luglio�1999;�C.d.S.�Sez.�IV� n.�1�del�14�gennaio�1997,�sez.�VI,�sez.�IV,�n.�607�del�13�maggio�1996,�Sez.�VI� n.�482�del�12�ottobre�1982)�ai�sensi�del�combinato�disposto�degli�articoli�1,� secondo�comma,�43�e�45�testo�unico�30�ottobre�1933,�n.�1611.� Solo�eccezionalmente�e�previa�delibera�motivata�e�prevista�la�possibilita� del�ricorso�ad�avvocati�del�libero�foro�(Cass.�Sez.�I�n.�2410�del�7�marzo� 1991;�Cass.�n.�1086/1991�cit.).� Nel�corso�degli�ultimi�anni�alcune�Universita�,�argomentando�erronea- mente�dalla�riconosciuta�autonomia�statutaria,�hanno�previsto�la�possibilita�di� avvalersi,�in�aggiunta�o�in�alternativa�al�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,� anche�di�legali�del�proprio�Ufficio�legale�interno�o�di�avvocati�del�Foro�libero� (ad�esempio�l'art.�53�dello�statuto�dell'Universita�G.�D'annunzio�di�Chieti� dispone�che��il�Consiglio�di�amministrazione�puo�deliberare�l'affidamento�ad� un�difensore�libero�professionista�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�del- l'universita��;�l'art.�2�punto�6�dello�statuto�dell'Universita�La�Sapienza�di�Roma� ha�previsto�la�possibilita�di�stabilire��in�base�a�valutazioni�discrezionali�di� opportunita�e�convenienza�se�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello� Stato�ovvero�di�professionisti�del�libero�foro�,�con�grave�rischio�che�i�giudici� affermino�la�nullita�delle�attivita�processuali�compiute�in�violazione�delle�regole� sul�patrocinio�obbligatorio�ed�esclusivo�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Alla�luce�delle�considerazioni�che�precedono,�non�si�puo�non�osservare� come�le�disposizioni�statutarie�citate�siano�pericolose,�tenuto�conto�che�il�princi- pio�di�esclusivita�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�di�tutte�le� Amministrazioni�pubbliche�da�essa�difese,�in�vigore�da�un�centinaio�di�anni,�ha� garantito,�da�una�parte�il�rispetto�del�principio�di�economicita�dell'attivita� amministrativa�(il�patrocinio�dell'Avvocatura�e�,�come�noto,�gratuito)�sia�la��cer- tezza��del�diritto�processuale�per�coloro�che�agiscono�in�giudizio�contro�le�uni- versita�,�sia�ancora�una�uniformita�di�indirizzo�interpretativo�per�cio�che�con- cerne�tutte�le�Amministrazioni�pubbliche�difese,�con�conseguente�garanzia�per� i�diritti�dei�cittadini�(c.d.�funzione�nomofilattica�dell'Avvocatura�dello�Stato).� Avv. Vincenzo Rago RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Si�riporta�una�breve�rassegna�di�alcune�decisioni�della�Cassazione,�citate� nella�nota.� Corte di Cassazione, sez. 1, sent. 1086 del 26 gennaio 2001.�Aisensidegliartt.�56delr.d.� 31�agosto�1933,�n.�1952�(testo�unico�sull'istruzione�superiore)�e�43�del�r.d.�30�ottobre�1933,� n.�1611�(testo�unico�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato),�come�modificato�dal- l'art.�11�della�legge�3�aprile�1979,�n.�103,�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita�� degli�studi�statale,�ove�non�sussista�conflitto�con�lo�Stato�o�con�le�regioni,�spetta��ope�legis�� all'AvvocaturadelloStato,mentrepuo��essereeccezionalmenteaffidataadundifensoredellibero� Foro�inforza�di�apposita�e�motivata�delibera,�da�sottoporre�agli�organi�di�vigilanza�.� Corte di Cassazione, sez. L, sent. 13292 del 27 novembre 1999.�Le�universita��statali,�al� pari�degli�altri�istituti�statali�di�istruzione�superiore,�costituiscono�organi�dello�Stato�muniti�di� personalita��giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale;�ne�consegue�che�la�cause�di� lavoro�in�cui�sia�convenuta�una�universita��statale�rientrano,�per�il�grado�di�appello,�nella�compe- tenza�del�tribunale�del�luogo�ove�ha�sede�l'uf fficio�dell'Avvocatura�dello�Stato�nel�cui�distretto� fu�pronunciata�la�sentenza�impugnata�senza�che�possa�influire,�in�contrario,�la�circostanza�che� perilprimogrado�delgiudizio,�svoltosiinluogodiversodallasededell'indicatoufficio,�l'Avvoca- turadelloStatoabbia,inapplicazionedell'art.�2delr.d.n.�1611del1933,rilasciatoadunavvo- cato�del�libero�Foro�esercente�nel�circondario�ove�si�e��svolto�il�giudizio�medesimo�la�delega�per� la�rappresentanza�in�giudizio�dell'amministrazione�(nel�caso�di�specie�l'avvocato�del�liberoforo� erastatopresentenelgiudizio�diprimo�grado�unitamentecon�l'avvocato�dellostato�ma�la�com- parsadicostituzione�ingiudizio�risultavasottoscrittadaquest'ultimocon�ilprofessionistalocale� indicato�come�``domiciliatario'')�.� Corte di Cassazione, sez. 1, sent. 8877 del 10 settembre 1997.�La�domiciliazione�legale� presso�l'Avvocatura�dello�Stato,�giusto�disposto�dell'art.�1�della�legge�25�marzo�1958,�n.�260� (sostitutivo�dell'art.�11,�primo�comma,�del�r.d.�n.�1611�del�1933),�deve�ritenersi�caratterepecu- liare�indistinto�di�tutte�le�amministrazioni�statali,�comprese�le�universita��(statali),�che�costitui- sconoorganidelloStatodotatidipersonalita��giuridica,lacuirappresentanzaedifesaingiudizio� spetta,pertanto,��ope�legis�,�a�detta�avvocatura�(salvo�il�caso�in�cui�la�difesa�non�sia�stata�ecce- zionalmenteaf ffidata�adun�difensoredelliberoforo,�all'esito�diapposita�emotivata�delibera�da� sottoporre�agli�organi�di�vigilanza)�con�conseguente�nullita��della�notificazione�di�un�atto�di�cita- zionecompiutapresso�lasede�dell'universita�,�enon�dell'Avvocatura�dello�Stato�.� Corte di Cassazione, sez. L, sent. 7649 del 18 agosto 1997 �Ai�sensi�degli�art.�56�r.d.� 31�agosto�1933,�n.�1592�(t.u.�sull'istruzione�superiore)�e�43�r.d.�30�ottobre�1933,�n.�1611�(t.u.� sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato),�come�modificato�dall'art.�11�legge�3�aprile� 1979,�n.�103,�la�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�di�un'universita��degli�studi�statale,�ove�non� sussista�conflitto�con�lo�stato�o�con�le�regioni,�spetta��ope�legis��all'Avvocatura�dello�Stato,� mentrepuo��essereeccezionalmenteaffidataadundifensoredelliberoforoinforzadiapposita� motivata�delibera�.� Corte di Cassazione, sez. 1, sent. 147 del 10 gennaio 1996. �Alfine�dell'opposizione�tar- diva�prevista�dall'art.�650�cod.�Proc.�Civ.�per�la�legittimazione�alla�quale�l'opponente�e��onerato� della�prova�del�vizio�della�notificazione�del�decreto�e�del�nesso�di�causalita��tra�talevizio�ela� mancata�conoscenza�del�decreto�stesso�^la�irregolarita��della�notifica�consistente�nell'esecuzione� di�questa�direttamente�all'amministrazione�od�agli�enti�ad�essa�alfine�equiparati,�anziche�agli� stessi�presso�la�(competente)�Avvocatura�dello�Stato,�fa�presumere�sia�detta�mancata�cono- scenza�che�la�ricollegabilita��della�stessa�al�vizio�di�notifica�.� Corte di Cassazione, sez. 1, sent. 2061 del 2 marzo 1994. �Le�universita��statali,�al�pari� deglialtriistitutistatalidiistruzionesuperiori,�costituiscono�organidello�Stato�munitidiperso- nalita��giuridica,�essendo�inseriti�nell'organizzazione�statale;�ne�consegue�che�le�cause�in�cui�sia� convenuta�una�universita��statale�rientrano�nella�competenza�del�giudice�del�luogo�ove�ha�sede� l'uf fficio�dell'avvocatura�dello�stato�nel�cui�distretto�si�trova�il�giudice�che�sarebbe�competente� secondo�le�norme�ordinarie.�� Nello�stesso�senso�infine�si�e�espressa�la�piu�autorevole�ed�accreditata�dottrina�in�mate- ria,�la�quale�ha�espressamente�osservato�che:��l'autonomia�delle�universita�sussiste�nei�limiti� delle�leggi�dello�stato��e�dalla�legge�n.�168�non�sembra�possa�desumersi�un'abrogazione� TEMI�ISTITUZIONALI� implicita�di�quanto�statuito�dal�t.u.�n.�1611�del�30�ottobre�1933�e�del�r.d.�n.�779�dell'8�giugno� 1940�per�quanto�concerne�le�universita�(cfr.�VingianI e�Santoro,�L'ordinamento universita- rio,�Appendice�1999,�379).� Circolare n. 46 del 26 settembre 2002, prot. 17465. �(Omissis) Oggetto: Patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. 1.��Il�recente�infittirsi�di�occasioni�nelle�quali�questo�Generale�Ufficio�ha�dovuto�rile- vare�che�la�disciplina�del�patrocinio�della�Avvocatura�dello�Stato�non�e�stata�interpretata� ed�applicata�in�modo�conforme�ai�suoi�principi�fondamentali�suggerisce�di�evitare�episodici� e�singoli�interventi�rettificativi�e�di�esporre�invece�in�forma�generale�quali�siano�i�possibili� casi�di�riconoscimento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�e�come�tale�patrocinio� possa�essere�svolto.� Come�e�noto�la�principale�e�fondamentale�ipotesi�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello� Stato�e�stata�prevista�in�favore�delle�Amministrazioni�dello�Stato�(art.�1/1�commaR.D.� 1611/1933)�nonche�delle�Regioni�a�Statuto�speciale�delle�Province�Autonome�di�Trento�e� Bolzano�(L.�196/1978�art.�59�per�la�Valle�d'Aosta;�L.�250/1949�art.�55�per�la�Sardegna;� L.�142/1948�art.�1�per�la�Sicilia;�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�78/1965�per�il� Friuli-Venezia�Giulia;�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�n.�49/1973�art.�39�per�il� Trentino-Alto�Adige��Province�Autonome�di�Trento�e�Bolzano).� Tale�patrocinio�va�sotto�la�qualifica�di�patrocinio obbligatorio e�deriva�dalla�stessa� natura�delle�Amministrazioni�per�le�quali�e�previsto�ed�e�cos|�definito�per�il�fatto�che�ne�l'Av- vocatura�puo�ricusare�i�suoi�uffici�nei�confronti�di�dette�Amministrazioni,�ne�queste�possono� avvalersi�di�altre�forme�di�patrocinio.� Altra�forma�di�patrocinio�cui�e�chiamata�l'Avvocatura�dello�Stato�e�quella�prevista� (art.�43/1�comma�R.D.�1611/1933)�in�favore�di�enti�diversi�da�quelli�statali�propriamente� detti�e�dalle�Regioni�e�Province�sopraindicate;�essa�non�nasce�col�carattere�obbligatorio�deri- vante�per�le�Amministrazione�previste�nel�primo�caso�dalla�loro�stessa�natura,�ma�nasce� con�un�provvedimento�estensivo�dell'originario�e�fondamentale�compito�istituzionale�dell'Av- vocatura,�e�mette�capo�al�cos|�detto�patrocinio autorizzato.� L'autorizzazioneinparola,previstaespressamentedall'art.�43deltestounico1611/1933,� puo�essere�contenuta�tanto�in�un�provvedimento�normativo�(legge�o�regolamento)�quanto� in�un�provvedimento�amministrativo�e�non�puo�contenere�altro�che�la�previsione�della�esten- sione�dei�compiti�dell'Avvocatura�dello�Stato�ontologicamente�dovuti�per�le�Amministra- zioni�dello�Stato�anche�ad�altri�enti�diversi�dalle�Amministrazioni�statali.� Altra�forma�di�patrocinio�del�quale�l'Avvocatura�dello�Stato�puo�divenire�titolare�e� quello�che�potrebbe�definirsi�patrocinio speciale delle Regioni a Statuto ordinario per�il�fatto� che�non�nasce�ne�da�una�ontologica�necessita�di�fruire�del�suo�patrocinio,�ne�da�una�etero- noma�determinazione�che�autorizza�l'Avvocatura�a�patrocinare�enti�diversi�dalle�Ammini- strazioni�statali,�ma�sorge�da�una�manifestazione�autonoma�e�spontanea�dell'ente�in�que- stione�che,�sulla�base�di�una�previsione�normativa�che�gli�conferisce�la�relativa�facolta�,� decide�di�affidarsi�al�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(art.�42/5�comma�R.D.� 1611/1933�come�integrato�dalla�L.�103/1979).� 2.�^Quanto�fin�qui�esposto�attiene��come�e�evidente��al�momento�genetico�del�rap- porto�di�patrocinio:�connaturale,�eppercio�obbligatorio,�per�gli�organi�dello�Stato�e�per�le� Regioni�a�Statuto�speciale�e�le�Province�Autonome�di�Trento�e�Bolzano,�estensivo,subase� autorizzatoria,�per�gli�enti�diversi�dagli�organi�dello�Stato,�voluto�sulla�scorta�di�autonoma� scelta�dell'ente�a�cio�facoltizzato�dalla�legge�per�le�Regioni�a�Statuto�ordinario.� La�appartenenza�alla�categoria�del�patrocinio�autorizzato�degli�enti�che�di�volta�in�volta� ottengono�che�l'Avvocatura�sia�autorizzata�a�svolgere�la�sua�attivita�in�loro�favore�va�verifi- cata�sulla�base�del�reperimento�di�concreti�specifici�provvedimenti�legislativi,�regolamentari� o�amministrativi�a�contenuto�autorizzatorio.� Quella�invece�della�appartenenza�alla�categoria�del�c.d.�patrocinio�speciale�delle�Regioni� a�Statuto�ordinario�va�verificata�sulla�base�di�un�duplice�presupposto:�il�riconoscimento�det- tato�con�legge�della�facolta�di�scegliere�il�patrocinio�dell'Avvocatura�e�l'esercizio�di�tale� facolta�nel�senso�di�volere�detto�patrocinio�da�parte�della�Regione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Le�differenti�modalita�di�nascita�del�rapporto�di�patrocinio�in�nulla�possono�pero�modi- ficare�le�modalita�di�esercizio�e�svolgimento�della�propria�attivita�da�parte�dell'Avvocatura� dello�Stato,�essendo�tali�modalita�dettate�con�norme�di�legge�statali�cui�l'Avvocatura�dello� Stato�deve�ovviamente�prestare�ossequio.� Caratteri�fondamentali�ed�inderogabili�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�sono� quelli�della�organicita�ed�esclusivita�(art.�43/3�comma�R.D.�1611/1933),�consistenti,�rispetti- vamente,�nello�stabilirsi�col�rapporto�di�patrocinio�di�un�rapporto�di�medesimezza�organica� col�soggetto�patrocinato,�sicche�nell'ambito�di�tale�rapporto�il�soggetto�patrocinato�e�rappre- sentato�per�ogni�profilo�senza�necessita�di�specifico�mandato�dalla�Avvocatura�dello�Stato,� e�nella�impossibilita�di�affidare�il�proprio�patrocinio�a�legale�diverso�dall'Avvocatura�dello� Stato�o�di�affiancare�all'Avvocatura�dello�Stato�altro�legale�(art.�5/1�comma�R.D.� 1611/1933�e�43/4�comma�R.D.�1611/1933).� Ambedue�i�sottolineati�caratteri�hanno�la�loro�ragion�d'essere�nella�esigenza�di�unicita�e� coerenza�di�indirizzi�che�potrebbero�venir�compromessi�dalla�eventualita�o�di�approntare,� di�volta�in�volta,�per�svolgere�scelte�di�gestione�processuale,�specifiche�direttive,�o�di�svolgere� difese�non�coerenti�con�gli�indirizzi�generali�di�istituto�conformi�alla�tutela�generale�dei�pub- blici�interessi�necessariamente�informata�a�criteri�di�uniformita�interpretativa�ed�applicativa� della�legalita�.� 3.�^Alla�luce�di�tali�criteri,�ribaditi�anche�da�recente�giurisprudenza�della�Corte�di�Cas- sazione�e�del�giudice�amministrativo�e�contabile�(Cass.�1086/2001,�Consiglio�di�Stato�Sez.�II� n.�2025/1986,�Corte�dei�Conti�deliberazione�1432/1984)�non�puo�che�confermarsi�quanto� gia�esposto�in�varie�altre�occasioni�circa�la�impossibilita�di�mettere�capo�ad�un�rapporto�di� patrocinio�non�improntato�ai�fondamentali�caratteri�di�organicita�ed�esclusivita�che�il�legisla- tore�statale�ha�voluto�come�propri�del�modo�di�svolgimento�della�attivita�dell'Avvocatura� dello�Stato.� Le�sole�eccezioni�che�lo�stesso�legislatore�ha�ipotizzato�e�disciplinato�sono:�per�il�patro- cinio�obbligatorio�quelle�legate�a��ragioni�assolutamente�eccezionali��da�valutare�in�base�a� norme�stabilite�dal�Consiglio�dei�Ministri,�dopo�aver�inteso�il�parere�dell'Avvocato�Generale� dello�Stato�(art.�5/1�comma�R.D.�1611/1933);�per�il�patrocinio�autorizzato�quelle�legate�al� ricorrere�di��casi�di�conflitto�di�interessi�con�lo�Stato�o�con�le�Regioni��(art.�43/3�comma� R.D.�1611/1933)�ovvero�di��casi�speciali��fatti�oggetto�di��apposita�motivata�delibera�da�sot- toporre�agli�organi�di�vigilanza�,�per�il�patrocinio�speciale�delle�Regioni�a�Statuto�ordinario� quelle�medesime�previste�per�il�patrocinio�autorizzato.� Non�puo�percio�ammettersi�ne�la�prosecuzione�di�rapporti�di�affiancamento�della�Avvo- catura�dello�Stato�a�professionisti�del�foro�libero,�ne�che�si�perseveri�nella�scelta�episodica� di�affidamento�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�da�parte�di�soggetti�che�fruiscano� del�patrocinio�autorizzato�ne�da�parte�di�quelle�Regioni�a�Statuto�ordinario�che�abbiano� scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�della�Avvocatura�dello�Stato.� 4.�^Si�vuole�solo�e�da�ultimo�richiamare�l'attenzione�degli�enti�che�fruiscono�di�patroci- nio�autorizzato�e�delle�Regioni�che�hanno�scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�della�Avvocatura� dello�Stato�sul�rischio�che�attivita�processuali�svolte�a�mezzo�di�liberi�professionisti�possono� portare�alla�declaratoria�della�loro�nullita�per�difetto�dello�iuspostulandi�con�prevedibili�con- seguenze�sul�piano�di�eventuali�decadenze�o�altri�pregiudizi�e�sul�fatto�che�le�spese�affrontate� per�tali�difese�possono�non�superare�positivamente�il�vaglio�degli�organi�contabili�di�con- trollo.� Gli�Enti�in�indirizzo�vorranno�assicurare�la�diffusione�della�presente�comunicazione�a� tutti�i�soggetti�interessati�per�quanto�di�rispettiva�competenza� L'Avvocato�Generale�.� TEMI�ISTITUZIONALI� Il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato a favore delle Regioni a statuto ordinario (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 aprile 2004 n. 8211) Con�la�decisione�n.�8211�del�29�aprile�2004�le�Sezioni�Unite�della�Cassa- zione,�in�materia�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�delle� Regioni�a�statuto�ordinario,�hanno�confermato�l'orientamento�giurispruden- ziale�pacifico�secondo�il�quale�l'art.�10�della�legge�n.�103/1979�non�ha�abro- gato�la�disciplina�generale�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977�perche� q uesta�e��la�motivazione�della�sentenza�^�la�piu��recente�normativa�non�ha� disciplinato�ex novo ed�in�maniera�completa�tutta�la�materia�del�patrocinio� delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�ma�ha�inteso�soltanto�attribuire�ad�esse,� in�aggiunta�alle�facolta��consentite�dal�suddetto�art.�107,�l'ulteriore�e�piu�� ampio�potere�di�rendere�operativa�in�loro�favore�l'estensione�del�complesso� delle�norme�speciali�dettate�per�l'assistenza�legale�e�per�la�difesa�in�giudizio� dello�Stato�(cfr.�Cass.�SS.UU.,�4�novembre�1996,�n.�9523;�ed�anche�3�ottobre� 1996,�n.�8648;�21�marzo�1987,�n.�2813;�15�marzo�1982,�n.�1672).� Le�decisioni�da�ultimo�citate�hanno�ritenuto�che:��Mentre�l'art.�107�del� d.P.R.�n.�616�del�1977�si�limita�ad�includere�le�Regioni�a�statuto�ordinario� tra�gli�enti�dei�quali�l'Avvocatura�dello�Stato�puo��assumere�la�rappresentanza� e�la�difesa�(secondo�il�regime�di�cui�agli�artt.�43,�45�e�47�del�t.u.�n.�1611�del� 1933),�l'art.�10�della�legge�n.�103�del�1979�prevede�un�particolare�procedi- mento�attraverso�il�quale�le�menzionate�Regioni�possono�ottenere�l'applica- zione�dell'intero�regime�processuale�speciale�di�assistenza�legale�e�di�patroci- nio�valevole�ex lege per�le�amministrazioni�dello�Stato.�Sia�nel�primo�caso� (regime�cosiddetto��facoltativo�),�sia�nel�secondo�caso�(regime�cosiddetto� �sistematico�)�non�e��necessario,�per�i�singoli�giudizi,�uno�specifico�mandato� all'Avvocatura�stessa;�essendo,�invece,�necessario�uno�specifico�provvedi- mento�(talvolta�soggetto�al�visto�degli�organi�di�vigilanza),�nel�caso�in�cui�la� Regione�voglia�escludere�tale�rappresentanza,�per�affidarla�a�privati�profes- sionisti.�Da�cio��consegue�che�l'Avvocatura�dello�Stato,�ove�agisca�in�giudizio� per�una�Regione,�non�avendo�necessita��di�apposito�mandato,�non�e��neanche� onerata�della�produzione�del�provvedimento�del�competente�organo�regio- nale�di�autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudi- zio.�;�cfr.�anche�Cass�Sez.�III,�2�settembre�1998,�n.�8722,�che�ha�cos|��statuito:� �Le�Regioni�a�statuto�ordinario�autorizzate�ad�avvalersi�del�patrocinio� dell'Avvocatura�dello�Stato,�ai�sensi�dell'art.�107�decreto�Presidente�della� Repubblica�24�luglio�1977�n.�616,�non�hanno�bisogno�di�conferire�all'avvo- cato�dello�Stato�incaricato�della�difesa�giudiziale�alcun�formale�mandato.�).� La�particolarita��e�l'interesse�della�nuova�pronuncia�della�Cassazione�e�� data�dal�fatto�che�la�Cassazione�ha�avuto�modo�di�chiarire�che�il�principio� che�l'Avvocatura�dello�Stato��non�ha�bisogno�di�alcun�mandato,�ove�agisca� in�giudizio�per�una�Regione�,�non�e��derogato�nemmeno�quando,�come�nel� caso�di�specie,�una�legge�regionale�(della�Calabria)�abbia�istituito�un�servizio� legale�presso�la�presidenza�della�Giunta�regionale,�in�quanto�tale�legge�non� contiene�norme�incompatibili�con�il�riconoscimento�alla�Regione�Calabria,� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� della�facolta�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�secondo� le�regole�valide�per�tutte�le�Regioni�a�statuto�ordinario,�poiche�si�deve�rite- nere�che�tale�istituzione��non�comporta�un'abrogazione�tacita�di�una�norma� di�carattere�generale,�e�di�natura�statale,�quale�quella�di�cui�all'art.�107� d.P.R.�n.�616�del�1977�.� La�Corte,�con�interessanti�considerazioni�in�diritto,�che�hanno�rico- struito�le�caratteristiche�del�patrocinio�dell'Avvocatura,�e�superando�alcune� diverse�opinioni�dottrinarie,�ha�precisato�ancora�una�volta�che,�anche�in�que- sto�ultimo�caso,��non�e�richiesto�il�rilascio�del�mandato�all'Avvocato�dello� Stato,�essendo�sufficiente�soltanto�che�risulti�la�sua�qualita��.� Inoltre,�la�Corte�ha�riaffermato�il�principio�secondo�cui��nell'ipotesi�di� rappresentanza�e�difesa�facoltativa�non�solo�delle�Regioni�^ma�anche�degli� altri�enti�pubblici�non�statali�^da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato,�none� necessario�che�nei�singoli�giudizi,�le�Regioni�o�gli�enti�suddetti�producano�s tante�il�disposto�dell'art.�12�della�legge�n.�103�del�1979�^il�provvedimento� del�competente�organo�recante�l'autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad� agire�o�resistere�in�giudizio�e�cio�perche��l'assunzione�di�iniziativa�giudiziaria� da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato�comporta�la�presunzione�juris et dejure di�esistenza�di�un�valido�consenso�e�di�piena�validita�dell'atto�processuale� compiuto,�lasciando�nell'ambito�del�rapporto�interno�le�questioni�provenienti� dalla�inosservanza�di�regole�di�formazione�del�consenso�stesso��(cfr.�Cass.� 5�settembre�2003,�n.�12942,�27�marzo�2003,�n.�4564,�etc).� Avv. Vincenzo Rago Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 29 aprile 2004 n. 8211 ^Pres. V.�Carbone�^Rel. G.�Vidiri�^F.A.M.I.�ed�altri�c/�Regione�Calabria�(Avv.�dello�Stato).� �(Omissis) Svolgimento del processo ^N.�G.,�medico�ospedaliero�di�una�Usl�calabrese� agiva�in�via�monitoria�nei�confronti�della�datrice�di�lavoro�al�fine�di�ottenere�la�somma�di� lire�51.244.019,�asseritamente�dovutagli�in�relazione�alla�posizione�funzionale�di�aiuto�corre- sponsabile�ospedaliero.�Contro�il�decreto�ingiuntivo�concesso�dal�Pretore�di�Catanzaro�e� notificato�alla�Regione�Calabria,�quale�ente�succeduto�nei�rapporti�debitori�delle�disciolte� unita�sanitarie,�proponeva�opposizione�l'Amministrazione�Regionale�difesa�dall'Avvocatura� Distrettuale�dello�Stato,�che�eccepiva�il�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario.� L'opposto,�costituitosi�in�giudizio,�eccepiva�l'inammissibilita�dell'opposizione�perche� non�era�stata�conferita�procura�all'Avvocatura�dello�Stato,�nonostante�che�la�Regione�Cala- bria�fosse�provvista�di�un�proprio�servizio�legale�^istituito�con�legge�regionale�17�agosto� 1984�n.�24�^con�la�possibilita�di�avvalersi�di�avvocati�esterni�solo�per�ragioni�eccezionali�e� dietro�specifico�mandato.� Il�Pretore�dichiarava�il�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario�e,�conseguente- mente,�revocava�il�decreto�ingiuntivo.� A�seguito�di�gravame�di�N.�G.,�il�Tribunale�di�Catanzaro�confermava�la�sentenza�impu- gnata,�rigettando�la�riproposta�eccezione�di�inammissibilita�dell'opposizione�e�ribadendo�la� declaratoria�di�difetto�di�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�In�relazione,�poi,�alla�questione� attinente�all'inammissibilita�dell'appello�il�Tribunale�osservava�che,�anche�in�caso�di�ricorso,� da�parte�di�una�Regione�a�statuto�ordinario,�al�patrocinio�facoltativo�dell'Avvocatura�dello� Stato�a�norma�dell'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616,�non�e�necessario�il�conferimento� di�formale�procura�dovendo�trovare�applicazione�il�principio�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�del� t.u.�30�ottobre�1933�n.�1611,�richiamato�dall'art.�45�del�medesimo�t.u.,�con�la�conseguenza� della�non�necessita�della�produzione�del�provvedimento�del�competente�organo�regionale�di� autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudizio.� TEMI�ISTITUZIONALI� Contro�questa�sentenza�A.M.I.F.,�[ed�altri],�nella�loro�qualita�di�eredi�di�N.�G.,�propon- gono�ricorso�per�cassazione,�affidato�a�due�motivi,�illustrati�anche�con�memoria�ex art.�378� c.p.c.� Resiste�con�controricorso�la�Regione�Calabria,�che�propone�anche�ricorso�incidentale� condizionato.�La�presente�controversia�e�stata�dal�Primo�Presidente�assegnata�a�queste� Sezioni�Unite�a�seguito�di�ordinanza�14�aprile�2003�della�Sezione�Lavoro�di�questa�Corte,� che�ha�ravvisato�questioni�di�massima�di�particolare�importanza�nella�problematica�circa�la� possibilita�da�parte�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�pur�dotate�di�un�proprio�servizio�legale� interno,�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.� Motivi della decisione ^Ai�sensi�dell'art.�335�c.p.c.�i�ricorsi�principale�ed�incidentale� vanno�riuniti�perche�proposti�avverso�la�medesima�sentenza.� 1.�^Con�il�primo�motivo�i�ricorrenti�principali�denunziano�violazione�dell'art.�3�legge� regionale�17�agosto�1984�n.�24,�dell'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616,�dell'art.�10�legge� 3�aprile�1979�n.�103�e�dell'art.�12�disp.�prel.�cod.�civ..� 1.1.�^Sostengono,�in�particolare,�che�la�citata�legge�regionale�riconosce�esclusivamente� al�servizio�legale�interno,�istituito�dalla�legge�stessa,�la�competenza�su�tutti�gli�affari�legali� e�giudiziari�della�Regione�^consentendo�solo�per�ragioni�eccezionali�(o�per�la�trattazione�di� cause�di�particolare�importanza)�l'affidamento�di�incarichi�ad�avvocati�esterni�dopo�avere� sentito�il�dirigente�dell'ufficio�legale�^e,�pertanto,�doveva�escludersi�che�la�Regione�Calabria� potesse�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1997.�Tutto� al�piu�era�consentito�ritenere�l'Avvocatura�dello�Stato�^ai�fini�del�conferimento�alla�stessa� di�un�incarico�difensivo�^ricompresa�tra��gli�avvocati�esterni�,�con�la�conseguenza�che� anche�per�essa�era�richiesto�apposito�mandato�per�la�difesa�in�giudizio.� Rilevano�ancora�i�ricorrenti�che�la�Regione�aveva�implicitamente�riconosciuto�la�vali- dita�della�tesi�da�essi�sostenuta,�producendo�in�appello�delibera�della�Giunta�del�16�aprile� 1996,�che�pero�risultava�ininfluente�stante�la�mancanza�dello�ius postulandi al�momento� dell'opposizione�al�decreto�ingiuntivo.� 1.2.�^Con�il�secondo�motivo�i�ricorrenti�denunziano�omissione�e/o�contraddittorieta� della�motivazione�su�un�punto�decisivo�della�controversia,�osservando�che�il�Tribunale�ha� affermato,�da�un�lato,�che�in�caso�di�patrocinio�facoltativo�la�deliberazione�adottata�dall'ente� pubblico�non�abbisogna�di�esteriorizzazione�ed�ha�poi�trascurato,�dall'altro,�il�fatto�che,�nel� costituirsi�in�giudizio,�la�Regione�non�si�era�mai�richiamata�ad�alcuna�delibera,�pur�non�este- riorizzata,�e�sebbene�sul�punto�N.G.�^tanto�in�comparsa�di�costituzione�quanto�nel�ricorso� d'appello�^avesse�esplicitamente�dedotto�che�l'Avvocatura�non�aveva�indicato�uno�specifico� mandato�ne�aveva�richiamato�alcun�atto�della�Giunta�regionale�di�autorizzazione�alla�difesa� in�giudizio.� 2.�^Ai�fini�di�un�ordinato�ed�esauriente�iter�motivazionale�appare�opportuno�definire,� dapprima,�il�quadro�normativo�cui�fare�riferimento�per�la�decisione�della�controversia,�ed� indicare,�poi,�lo�stato�della�giurisprudenza�sulla�interpretazione�della�disciplina�legale.� 3.�^L'art.�1�del�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611�(testo�unico�delle�leggi�e�delle�norme�giuridi- che�sulla�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dello�Stato�e�sull'ordinamento�della�Avvocatura� dello�Stato)�statuisce�che��La�rappresentanza,�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�delle� amministrazioni�dello�Stato,�anche�se�organizzate�ad�ordinamento�autonomo,�spettano�alla� Avvocatura�dello�Stato.�Gli�avvocati�dello�Stato�esercitano�le�loro�funzioni�innanzi�a�tutte� le�giurisdizioni�ed�in�qualunque�sede�e�non�hanno�bisogno�di�mandato,�neppure�nei�casi�nei� quali�le�norme�ordinarie�richiedono�il�mandato�speciale,�bastando�che�consti�della�loro�qua- lita��.� L'art.�43�del�t.u.�1611/1933�stabilisce�che��L'Avvocatura�dello�Stato�puo�assumere�la� rappresentanza�e�la�difesa�nei�giudizi�attivi�e�passivi�avanti�le�Autorita�giudiziarie,�i�Collegi� arbitrali,�le�giurisdizioni�amministrative�e�speciali,�di�amministrazioni�pubbliche�non�statali� ed�enti�sovvenzionati,�sottoposti�a�tutela�od�anche�a�sola�vigilanza�dello�Stato,�sempre�che� sia�autorizzata�da�disposizione�di�legge,�di�regolamento�o�di�altro�provvedimento�approvato� con�regio�decreto�.� L'art.�45�del�gia�citato�t.u.�1611/1933,�prescrive,�a�sua�volta,�che��Per�l'esercizio�delle� funzioni�di�cui�ai�due�precedenti�articoli�si�applica�il�secondo�comma�dell'art.�1�del�presente� testo�unico�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 3.1.�^Nel�regolamentare�il�conferimento�dei�poteri�dello�Stato�alle�Regioni�^e�nello� assegnare�alle�stesse�la�facolta�di�avvalersi�caso�per�caso�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello� Stato�^il�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616�statuisce�all'art.�107:��Le�regioni�possono�avvalersi� del�patrocinio�legale�e�della�consulenza�dell'Avvocatura�dello�Stato.�Tale�disposizione�non� si�applica�nel�giudizio�in�cui�sono�parti�l'Amministrazione�dello�Stato�e�le�regioni�eccettuato� il�caso�di�litisconsorzio�attivo.�Nel�caso�di�litisconsorzio�passivo,�qualora�non�vi�sia�conflitto� tra�Stato�e�regione,�quest'ultima�puo�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato.� 3.2.�^Dopo�la�ora�riportata�disposizione�^la�cui�ratio e�stata�individuata�nell'esigenza� di�riconoscere�alle�Regioni�(nella�delicata�fase�del�loro�avvio�organizzativo)�la�facolta�di� avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�^l'art.�10�legge�3�aprile�1979�n.�103�ha� previsto�a�sua�volta�che��Le�funzioni�dell'Avvocatura�dello�Stato�nei�riguardi�dell'Ammini- strazione�statale�sono�estese�alle�regioni�a�statuto�ordinario�che�decidano�di�avvalersene� con�deliberazione�del�consiglio�regionale�da�pubblicarsi�per�estratto�nella�Gazzetta Ufficiale del�Repubblica�e�nel�Bollettino Ufficiale della�regione.�Dal�quindicesimo�giorno�successivo� all'ultima�delle�due�pubblicazioni�si�applicano�nei�confronti�dell'amministrazione�regionale,� che�ha�adottato�la�deliberazione�di�cui�al�precedente�comma,�le�disposizioni�del�testo�unico� e�del�regolamento�approvati,�rispettivamente,�con�regi�decreti�30�ottobre�1933,�numeri�1611� e�1662,�e�successive�modificazioni,�nonche�gli�articoli�24�e�144�del�codice�di�procedura� civile�.� 4.�^In�detto�quadro�normativo�la�prevalente�dottrina�^dopo�avere�sottolineato�che�lo� scarso�ricorso�da�parte�delle�Regioni�a�statuto�ordinario�al�patrocinio�sistematicodicui�al� citato�art.�10�della�legge�n.�103�del�1979�scaturisce�da�una�ritenuta��scarsa�adattabilita���della� struttura�tradizionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�alle�esigenze�delle�stesse�Regioni�^ha� affermato�che�la�suddetta�norma�non�ha�abrogato�il�disposto�dell'art.�107�del�d.P.R.� n.�616/1977.� 4.1.^Piu�specificamentelasuddettadottrinaelagiurisprudenza,�ormaidatempocon- solidatasi,�hanno�escluso�che�l'art.�107�del�d.P.R.�616/1977�^che�conferisce,�come�visto,�alle� Regioni�la�facolta�di�avvalersi�caso�per�caso�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�senza� dovere�ricorrere�ad�una�delibera�che�attribuisca�in�via�istituzionale�lo�ius postulandi -sia� stato�abrogato�(espressamente�o�in�modo�tacito)�dalla�successiva�legge�103�del�1979,�perche� la�piu�recente�normativa�non�ha�disciplinato�ex novo ed�in�maniera�completa�tutta�la�materia� del�patrocinio�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�ma�ha�inteso�soltanto�attribuire�ad�esse,�in� aggiunta�alle�facolta�consentite�dal�suddetto�art.�107,�l'ulteriore�e�piu�ampio�potere�di� rendere�operativa�in�loro�favore�l'estensione�del�complesso�delle�norme�speciali�dettate�per� l'assistenza�legale�e�per�la�difesa�in�giudizio�dello�Stato�(cfr.�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novembre� 1996�n.�9523;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996�n.�8648;�Cass.,�Sez.�Un.,�21�marzo�1987� n.�2813;�Cass.�Sez.�Un.,�15�marzo�1982�1672�cui�adde,�piu�recentemente,�e�sempre�per�la� non�abrogazione�del�patrocinio�facoltativo,�Cass.,�Sez.�Un.,�23�marzo�1999n.�182;Cass.� 2�settembre�1998,�con�riferimento�proprio�alla�Regione�Calabria,�nonche�Cass.�7�aprile� 1997�n.�3009).� 4.2.�^Le�funzioni�dell'Avvocatura�dello�Stato�possono�cos|�svolgersi,�sulla�base�di�una� libera�scelta�delle�Regioni�a�statuto�ordinario,�secondo�due�distinti�regimi�giuridici.Ilprimo,� originariamente�proprio�delle�sole�amministrazioni�dello�Stato�(titolo�I�del�t.u.�n.�1611�del� 1933),�ha�come�sua�peculiare�caratteristica�la�collocazione�dell'intervento�in�giudizio�dell'or- gano�legale�dello�Stato�nell'ambito�di�un�sistema�di�norme�speciali�comportante�modifiche� della�disciplina�ordinaria�con�riguardo,�oltre�che�al�titolo�legittimante�l'esercizio�dell'ius postulandi,�anche�alla�competenza�per�territorio�(art.�25�c.p.c.:�foro�della�pubblicaammini- strazione)�ed�alla�notifica�degli�atti�giudiziari�(art.�144�c.p.c.:�notificazione�alle�amministra- zioni�dello�Stato).�Il�secondo�regime,�tipico�in�genere�del�patrocinio�delle�amministrazioni� non�statali�(titolo�III�del�t.u.�n.�1611�del�1933),�non�comporta,�invece,�alcuna�modifica�della� disciplina�processuale�ordinaria,�salvo�soltanto�per�quanto�attiene�la�disposizione�che� esclude�la�necessita�della�procura�alle�liti�(art.�45�del�t.u.�cit.),�sicche�l'assunzione�del�patroci- nio�facoltativo�non�si�inserisce�nell'ambito�di�un�piu�complesso�sistema�di�norme�processuali� speciali�(cfr.�in�tali�termini:�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996�n.�8648�cit.).� 4.3.�^La�dottrina�prevalente�e�la�giurisprudenza�hanno�cos|�preso�atto�della�esistenza� di�tre�distinte�forme�di�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato:�quello��obbligatorio��proprio� TEMI�ISTITUZIONALI� dello�Stato,�di�cui�si�sono�avvalse�in�tempi�passati�anche�le�Regioni�a�statuto�speciale�a� seguito�di�specifiche�norme�(cfr.�art.�1�del�D.L.�2�marzo�1948�n.�142�per�la�Sicilia;�art.�55� del�d.P.R.�19�maggio�1949�n.�250�per�la�Sardegna;�art.�42�del�d.P.R.�30�giugno�1951�n.�574� per�il�Trentino�Alto�Adige;�art.�1�del�d.P.R.�23�gennaio�1965�n.�78�per�il�Friuli�Venezia�Giu- lia);�quello��facoltativo�,�introdotto�dall'art.�107�d.P.R.�n.�616/1977,che�si�e�limitato�ad� includere�le�Regioni�a�statuto�ordinario�fra�gli�enti�dei�quali�l'Avvocatura�dello�Stato�puo� assumere�la�rappresentanza�e�la�difesa�secondo�il�regime�di�cui�agli�artt.�43,�45�e�47�del�t.u.� n.�1611�del�1933;�quello,�infine,��sistematico�,�regolato�dall'art.�10�legge�103/1978�che�conse- gue�anche�esso�ad�una�libera�scelta�della�Regione,�che�^una�volta�operata�e�fino�a�quando� la�relativa�deliberazione�del�consiglio�regionale�non�venga�revocata�^investe�tendenzial- mente�tutta�l'assistenza�legale�di�cui�la�Regione�possa�avere�bisogno,�determinando�anche� effetti�processuali�nei�riguardi�dei�terzi.� 4.4.�^Il�sistema�^ora�descritto�^va�ancora�una�volta�ribadito�^e�pertanto,�la�risultante� del�potere�delle�Regioni�di�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�pur�dopo�l'entrata�in�vigore� della�legge�n.�103�del�1979,�la�cui�efficacia�abrogativa�della�precedente�normativa�non�puo� sostenersi�neanche�sulla�base�di�una�(presunta)�collocazione�dell'ente�regionale�nell'assetto� organizzativo�dell'amministrazione�statale,�ne�sulla�base�di�un�(ipotetico)�ruolo�dell'Avvoca- tura�dello�Stato�di�obbligatoria�assistenza�legale�allo�Stato�nella�sua�unita�,�atteso�che�la� Costituzione,�come�si�e�in�dottrina�precisato,�ha�posto�sempre�la�Regione�^anche�prima� della�riforma�dell'art.�117�ad�opera�dell'art.�3�della�legge�18�ottobre�2001�n.�3�^in�una�posi- zione�di��separatismo�duale��rispetto�allo�Stato�ed�alle�sue�prerogative.�Differenziazione�di� competenze�e�di�prerogative,�che�non�potra�^comeemergera�dal�prosieguo�della�motiva- zione�^non�determinare�conseguenziali�ricadute�nella�soluzione�delle�ulteriori�problematiche� sollevate�dai�ricorrenti.� 5.�^Questa�Corte�ha�piu�volte�ribadito�pure�che�nessuna�differenza�sussiste�tra�le�ipotesi� di�patrocinio��facoltativo��e�patrocinio��sistematico��quanto�alla�non�necessita�del�mandato� all'avvocatura�medesima,�stante�il�rinvio�dell'art.�45�del�t.u.�n.�1611�del�1933alla�normadi� cui�all'art.�1,�comma�2,�dello�stesso�testo�unico.�Per�di�piu�,�pur�nel�caso�di�patrocinio��facol- tativo�,�l'Avvocatura�dello�Stato�non�e�onerata�della�produzione�della�delibera�del�compe- tente�organo�regionale�volta�ad�autorizzare�il�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in� giudizio.�Ed�invero,�allorquando�l'Avvocatura�dello�Stato�assuma�una�iniziativa�giudiziaria,� in�ordine�alla�stessa�deve�ritenersi�che�non�manchi�il�consenso�dell'Amministrazione�interes- sata�sicche�detto�consenso�comunque�si�sia�formato�(in�via�tacita�o�informale�ovvero� mediante�espressa�determinazione;�ed�anche�allorquando�sia�relativo�ad�una�ipotesi�di�liti- sconsorzio�passivo�ex art.�107�del�d.P.R.�n.�616�del�1977)�non�necessita�di�essere�portato�a� conoscenza�della�controparte,�perche�le�eventuali�divergenze�tra�gli�organi�pubblici�interes- sati,�sull'opportunita�o�meno�di�promuovere�un�giudizio�o�di�resistere�ad�una�lite�da�altri� proposta,�non�acquistano�rilevanza�esterna�e�sono�risolte�ai�sensi�dell'art.�12�della�legge� n.�103�del�1979�dall'autorita�individuata�dalla�stessa�disposizione�(cfr.�in�tali�sensi�Cass.,� Sez.�Un.,�4�novembre�1996�n.�9523�cit.,�cui�adde,�con�riferimento�a�fattispecie�di�patrocinio� facoltativo:�Cass.,�Sez.�Un.,�23�marzo�1999�n.�182�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�ottobre�1996� n.�8648�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�3�febbraio�1986�n.�652;�Cass.,�Sez.�Un.,�15�marzo�1982�n.�1672;� Cass.�12�maggio�1981�n.�3141;�Cass.�20�marzo�1980�n.�1879�ed,�ancora,�in�epoca�piu�recente,� Cass.�7�maggio�2003�n.�6940).�Ne�consegue�che�la�necessita�della�produzione�del�provvedi- mento�di�autorizzazione�si�configura�solo�allorquando�vi�sia�da�parte�della�Regione�conferi- mento�del�mandato�ad�avvocati�del�libero�foro�(cfr.�Cass.�7�maggio�2003�n.�6940;�Cass.,�Sez� Un.,�23�marzo�1999�n.�182�cit.;�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novembre�1996�n.�9523�cit.;�Cass.�4�feb- braio�1993�n.�1416).� 6.�^Questa�Corte,�a�Sezioni�Unite,�con�riferimento�ad�una�controversia�in�cui�era�pre- sente�^come�in�quella�ora�in�decisione�^la�Regione�Calabria,�ha�con�sentenza�del�13�aprile� 1994�n.�3465,�statuito�che�quando�l'Avvocatura�dello�Stato�difende�in�giudizio�una�Regione� a�statuto�ordinario,�che�non�abbia�deliberato�di�avvalersi�del�suo�patrocinio�in�via�organica,� ha�bisogno�di�uno�specifico�mandato.�Le�Sezioni�Unite,�con�la�suddetta�decisione,�hanno� osservato�che�l'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977�enuncia�il�principio�generale�secondo�cui�le� Regioni�possono�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato;�che�l'art.�10�legge� n.�103/1979�consente�a�sua�volta�che�le�funzioni�dell'Avvocatura�esercitate�nei�riguardi�del- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'amministrazione�statale�siano�estese�alle�Regioni�a�statuto�ordinario�disposte�ad�avvaler- sene�con�deliberazione�del�consiglio�regionale;�che�la�legge�regionale�17�agosto�1984�n.�24� ha�istituito�il�servizio�legale�presso�la�Presidenza�della�Giunta�Regionale,�avente�competenza� �su�tutti�gli�affari�legali�e�giudiziali�,�attribuendo,�con�l'art.�3,�a�tale�nuovo�ufficio�lo�speci- fico�incarico�di�esercitare�il�patrocinio�e�l'assistenza�in�giudizio�della�Regione,�prevedendo� che�solo�per��ragioni�eccezionali�e�per�la�trattazione�di�cause�di�particolare�importanza�� possa�essere�chiesta�l'assistenza�di�avvocati�esterni,�sentito�il�dirigente�dell'Ufficio.�Rileva- vano,�infine,�le�Sezioni�Unite�che��il�tenore�delle�norme�sopra�citate�non�esonera�l'Avvoca- tura�dello�Stato�dall'onere�di�provare�l'avvenuto�affidamento�della�assistenza�legale,�non� potendosi�applicare�per�le�Regioni�il�principio�della�rappresentanza�istituzionale,�ipotesi� questa�esclusa�dalla�legge�dello�Stato�del�1979�e�dalla�successiva�emanata�dalla�Regione�del� 1984,�recanti�entrambi�una�disciplina�chiaramente�derogativa�del�principio�vigente�per�le� amministrazioni�dello�Stato�.� 7.�^Alla�stregua�delle�considerazioni�sinora�svolte�e�dei�riportati�precedenti�giurispru- denziali,�appare�necessario,�ai�fini�decisori,�verificare�sul�piano�ermeneutico:�a) se�la�citata� legge�n.�24�del�1984�della�Regione�Calabria,�nell'istituire�un�servizio�legale�regionale�e�nel� limitare�il�ricorso�al�patrocinio�di�avvocati�esterni�abbia�posto�limiti,�rilevanti�per�i�terzi,�alla� facolta�della�Regione�Calabria�di�avvalersi�del�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�in� forza�della�regola�posta�dall'art.�107�del�d.P.R.�n�616/1977;�b) se,�una�volta�ammessa�tale� facolta�,�il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�(da�collocarsi,�appunto,�sotto�l'ambito�di� quello�facoltativo�ex art.�107�cit.)�possa�essere�^in�forza�del�potere�legislativo�regionale�m odificato�in�relazione�ad�aspetti�qualificanti�della�normativa�statale,�quale�quello�riguar- dante�il�conferimento�della�procura�alle�liti;�c) se,�infine,�sia�configurabile�l'applicabilita�delle� norme�di�procedura�civile�sulla�procura�alle�liti�(art.�83�e�ss.�c.p.c.)�in�relazione�alla�rappre- sentanza�ed�alla�difesa�in�giudizio�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato,�stante�la�peculiare� e�specifica�regolamentazione�dettata�al�riguardo�dal�t.u.�n.�1611�del�1933.� 8.�^Come�gia�statuito�dai�giudici�di�legittimita�(cfr.�Cass.�2�settembre�1999�n.�8722)�va� rimarcato�che�la�disposizione�^applicabile�alla�fattispecie�in�esame�ratione temporis d ell'art.�3�legge�regionale�n.�24�del�1984�(istitutiva�di�un�servizio�legale�interno),�non�com- porta�una�abrogazione�tacita�dell'art.�107�d.P.R.�n.�616/1977,�per�porsi�le�due�norme�su�diffe- renti�piani,�non�potendosi�evincere�dalla�ratio e�dalle�finalita�sottese�alla�norma�regionale,� una�volonta�di�definitiva�rinuncia�da�parte�della�Regione�al�patrocinio�facoltativo�dell'Avvo- catura�dello�Stato.� Non�puo�,�infatti,�revocarsi�in�dubbio�che�la�mera�costituzione�da�parte�della�Regione� Calabria�di�un�servizio�legale�interno�^e�la�stessa�considerazione�vale�per�le�Regioni�a�sta- tuto�ordinario�che�all'interno�della�propria�organizzazione�hanno�istituito�simili�servizi�legali� o�una�Avvocatura�regionale�(cfr.,�ad�esempio,�legge�regionale�14�maggio�1975�n.�29�per�la� Regione�Campania;�art.�4�legge�regionale�7�novembre�1994�n.�83�per�la�Regione�Toscana;� art.�19�legge�regionale�23�luglio�1996�n.�16�per�la�Regione�Lombardia;�art.�1�legge�regionale� 16�agosto�2001�n.�24�per�la�Regione�Veneto;�ed�ancora�art.�10�legge�regionale�13�maggio� 1996�n.�7,�proprio�per�la�Regione�Calabria)�^non�comporta�una�abrogazione�tacita�di�una� norma�di�carattere�generale,�e�di�natura�statale,�quale�quella�di�cui�all'art.�107�d.P.R.�n.�616� del�1977.� 9.�^Costituisce,�poi,�corollario�della�mancata�abrogazione�dell'art.�107�del�d.P.R.� n.�616/1977�la�regola�che�^pur�in�presenza�di�leggi�regionali�institutive�di�un�servizio�legale� interno�alla�regione�stessa�^vige�il�principio�della�non�necessita�del�mandato�in�caso�di� patrocinio�facoltativo�della�Regione�stessa�da�parte�dell'Avvocatura�dello�Stato.� 9.1.�^Non�ignora�questa�Corte�che�in�sede�di�commento�ai�riportati�arresti�giurispru- denziali�si�e�sostenuto�da�un�indirizzo�dottrinario�che,�al�fine�di�attivare�il�patrocinio�facolta- tivo,�sono�in�ogni�caso�richiesti�il�mandato�alle�liti�e�la�delibera�dell'organo�competente�di� autorizzazione�a�stare�in�giudizio.�Si�sono�evocati,�a�conforto�di�tale�assunto,�una�(asserita)� contraddizione�tra�l'autonomia�che�connota�le�Regioni�e�l'affidamento�da�parte�di�esse�del� proprio�patrocinio�ad�una�articolazione�di�governo,�ribadendosi�ancora�una�volta�sul�piano� normativo�che�l'assunzione�del�patrocinio�nelle�forme�imposte�dagli�artt.�43�e�45�del�t.u.� n.�1611�del�1933�(che�prevedono�rispettivamente�l'assunzione�in�via�organica�ed�esclusiva� dello�ius postulandi nonche�l'esonero�dell'Avvocatura�dalla�produzione�in�giudizio�del�man- TEMI�ISTITUZIONALI� dato)�puo�avversi�solo�se�vi�sia�un�rapporto�organico�tra�amministrazione�e�Avvocatura� ovvero�un�obbligo�di�avvalersi�dell'Avvocatura;�circostanze�queste�non�riscontrabili�nel�caso� di�patrocinio�facoltativo.� 9.2.�^Questa�Corte�non�ignora�neanche�che�la�necessita�del�mandato�si�e�rivendicata� anche�sul�rilievo�che�l'art.�83�c.p.c.�eleva�il�rilascio�della�procura�alle�liti�a�regola�generale� che,�per�essere�derogabile�solo�in�presenza�di�una�contraria�norma,�non�puo�non�trovare� applicazione�anche�con�riguardo�al�patrocinio�facoltativo.� 9.3.�^La�doverosa�valorizzazione�del�dato�testuale�dall'art.�45�del�testo�unico�n.�1611�del� 1933�(e�del�riferimento�operato�da�detta�disposizione�al�secondo�comma�dell'art.�1�dello� stesso�testo�unico)�induce�questa�Corte�non�solo�a�ribadire�che�non�e�richiesto�il�rilascio�del� mandato�all'Avvocato�dello�Stato,�essendo�sufficiente�soltanto�che�risulti�la�sua�qualita�,ma� anche�a�riaffermare�che�nell'ipotesi�di�rappresentanza�e�difesa�facoltativa�non�solo�delle� Regioni�^ma�anche�degli�altri�enti�pubblici�non�statali�^da�parte�dell'Avvocatura�dello� Stato�non�e�necessario�che�nei�singoli�giudizi,�le�Regioni�o�gli�enti�suddetti�producano�s tante�il�disposto�dell'art.�12�della�legge�n.�103�del�1979�^il�provvedimento�del�competente� organo�recante�l'autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giudizio;�ed� invero�la�stessa�assunzione�di�iniziativa�giudiziaria�da�parte�della�Avvocatura�dello�Stato� comporta�la�presunzionejuris et dejure di�esistenza�di�un�valido�consenso�e�di�piena�validita� dell'atto�processuale�compiuto,�lasciando�nell'ambito�del�rapporto�interno�le�questioni�pro- venienti�dalla�inosservanza�di�regole�di�formazione�del�consenso�stesso�(cfr.�in�questi�precisi� termini�da�ultimo�Cass.�5�settembre�2003�n.�12942,�cui�adde�Cass.�27�marzo�2003�n.�4564;� Cass.,�Sez.�Un.,�21�luglio�1999�n.�484;�Cass.�26�luglio�1997�n.�7011;�Cass.,�Sez.�Un.,�4�novem- bre�1996�n.�9523�cit.;�Cass.,�Sez.�n.�,�3�ottobre�1996�n.�8648�cit.).� 10.�^Tutto�quanto�ora�detto�induce�^con�riferimento�alla�controversia�in�oggetto�impli- cante�una�individuazione�della�portata�applicativa�dell'art.�3�legge�regionale�24�del�1984�a d�affrontare�la�tematica�circa�la�praticabilita�di�una�normativa�regionale�che�^in�deroga�a� quella�statale�sull'Avvocatura�dello�Stato�^richieda�ai�fini�dello�ius postulandi il�rilascio�da� parte�degli�organi�competenti�del�mandato�alle�liti�all'Avvocato�dello�Stato�e�che�finisca,�in� tal�modo,�per�assimilare�sul�piano�processuale�il�patrocinio�di�quest'ultimo�a�quello�dell'av- vocato�del�libero�foro�(o�di�quello�appartenente�al�servizio�legale�o�all'Avvocatura�regionale).� 10.1.�^Contro�una�tale�eventualita�e�stato�evidenziato�come�al�di�fuori�dell'art.�107�del� d.P.R.�n.�616�del�1977�non�vi�sia�alcuna�norma�che�consenta�con�diverse�formalita�e�proce- dure�il�ricorso�episodico�all'Avvocatura�dello�Stato,�sicche�una�volta�che�la�Regione�abbia� scelto�di�avvalersi�del�patrocinio�facoltativo�non�occorre,�poi,�giusta�quanto�prescritto�dal- l'art.�45�del�t.u.�n.�1611�del�1933�alcun�mandato,�perche�diversamente�opinando,�si�finisce� implicitamente�ma�inevitabilmente�con�l'ammettere�che�l'Avvocatura�dello�Stato�sarebbe� tenuta�ad�esercitare�lo�ius postulandi con�modalita�diverse�da�quelle�previste�dalle�leggi,�che� le�sono�proprie.� 10.2.�^Nella�stessa�direzione�si�e�messo�in�luce�che�l'impossibilita�di�una�richiesta�di� mandato�all'Avvocatura�dello�Stato�e�una�mera�conseguenza�del�carattere�organizzativo� della�pubblica�amministrazione�che,�come�ogni�ente,�si�struttura,�si�dimensiona�ed�articola� secondo�la�fisionomia�conferitagli�dalla�legge,�sicche�al�giudice�compete�unicamente�un�con- trollo�formale-estrinseco�(esatta�individuazione�della�portata�delle�norme�attributive�della� difesa�e�verificazione�dei�presupposti�di�fatto�richiesti�per�l'applicabilita�delle�disposizioni� stesse),�essendogli�inibito,�di�contro,�ogni�controllo�sull'esistenza�del�mandato�alle�liti.�Da� qui�l'inconfigurabilita�del�rapporto�tra�Stato�e�difesa�tecnica�come��incarico-mandato�,�per- che�^come�pure�e�stato�puntualmente�messo�in�luce�^la�posizione�dell'Avvocatura�dello� Stato,�nell'ambito�istituzionale�del�nostro�assetto�ordinamentale,�trascende�la�dimensione� civilistico-processualistica�per�appartenere�all'ambito��pubblicistico-organizzativo�.� 10.3.�^Ne�puo�sottacersi,�sotto�altro�versante,�che�la�disciplina�dell'Avvocatura�dello� Stato,�esaurientemente�disciplinata�dalla�legge�statale�(t.u.�n.�1611�del�1933),simostranon� permeabile�alla�disciplina�codicistica�della�procura�alle�liti�(art.�83�e�ss.�c.p.c.),�che�trova�fon- damento�in�un�contratto�di�patrocinio�connotato,�in�un�ottica�privatistica,�da�un�rapporto� fiduciario�tra�cliente�e�singolo�(e�ben�individuato)�avvocato,�le�cui�funzioni�si�sottraggono�a� quella�fungibilita�caratterizzante�il�ruolo�degli�appartenenti�all'Avvocatura�dello�Stato,cia- scuno�dei�quali�puo�esercitare�nella�pienezza�dei�poteri�il�proprio�patrocinio�difensivo�una� volta�che�consti�la�sua�qualita�(per�l'affermazione�che�gli�avvocati�di�Stato�sono�tra�loro�fun- gibili�nell'esercizio�delle�loro�funzioni�di�rappresentanza�processuale�^per�cui�non�occorre� alcuna�indicazione�nominativa�nella�epigrafe�del�ricorso�dell'Avvocato�dello�Stato,�che�abbia� redatto�l'atto,�essendo�sufficiente�che�il�ricorso�sia�sottoscritto�a�norma�dell'art.�365�c.p.c.�v edi�Cass.�26�luglio�1997�n.�7011�nonche�,�sempre�per�il�riconoscimento�della�fungibilita�negli� indicati�termini,�Cass.�3�giugno�1988�n.�3788�richiamata�dalla�piu�recente�decisione).� 11.�^L'art.�1�del�t.u.�n.�1611�del�1933�(attributiva�della�rappresentanza,�patrocinio�e�l'as- sistenza�della�P.A.�statale�all'Avvocatura�dello�Stato)�e�l'art.�12�della�legge�n.�103/1979�(che� porta,�come�visto,�ad�escludere�la�esternalizzazione�del�provvedimento�autorizzativo�della� rappresentanza�in�giudizio)�rendono,�dunque,�rilevante�la�natura�specifica�e�strettamente� legale�della�rappresentanza�e�difesa�in�giudizio�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�cui�immodifi- cabilita�ad�opera�di�interventi�legislativi�regionali�si�presenta�come�mera�conseguenza�del� potere�organizzativo�dello�Stato,�che�come�ogni�ente�pubblico�si�struttura,�dimensiona�ed� articola�anche�esso�secondo�la�fisionomia�conferitagli�per�legge.�Considerazione�questa� estensibile,�con�i�necessari�adattamenti,�anche�alle�Regioni,�la�cui�instaurazione�di�servizi� legali�interni�o�delle�Avvocature�regionali,�si�presenta�come�concreta�attuazione�di�una� difesa�tecnica�modellata�esclusivamente�sulla�tutela�dei�propri�interessi,�che�abbisogna�pur� essa�di�una�propria�ed�autonoma�dimensione�amministrativa�e�strutturale�preventivamente� delineata�nell'esercizio�del�proprio�autonomo�potere�legislativo.�Un�tale�assetto�ordinamen- tale,�che�trova�riscontro�a�livello�costituzionale,�e�il�gia�evidenziato��rapporto�duale��cor- rente�tra�Stato�e�Regione,�portano�ad�escludere�che�si�possano�apportare�modifiche,�attra- verso�interventi�legislativi�regionali,�ad�una�normativa,�quale�quella�dell'Avvocatura�dello� Stato�che,�anche�per�le�sue�rilevanti�ricadute�di�natura�processuale,�e�nella�sua�articolazione� e�nella�sua�generale�definizione,�di�competenza�esclusiva�dello�Stato,�come�e�attestato�dal� vigente�testo�dell'art.�117�Cost.,�che�devolve,�appunto,�alla�legislazione��esclusiva��dello� Stato�anche�la�materia�riguardante�l'ordinamento�e�l'organizzazione�amministrativa�dello� Stato�(comma�2,�lettera�f) e�quella�attinente�alle�norme�processuali�(comma�2,�lettera�l).� 12�^In�conclusione,�questa�Corte�ritiene�che�^ai�fini�della�decisione�della�presente�con- troversia�^possa�enunciarsi�il�seguente�principio�di�diritto:��La�costituzione�con�legge�regio- nale�di�un�servizio�legale�interno,�cui�venga�istituzionalmente�demandato�il�patrocinio�e�l'as- sistenza�in�giudizio�della�Regione�(nella�specie:�art.�3�legge�regionale�17�aprile�1984�n.�24),� non�comporta�^nel�silenzio�della�legge�^la�rinunzia�della�Regione�stessa�di�avvalersi�del� patrocinio�facoltativo�dell'Avvocatura�dello�Stato�ne�configura�una�abrogazione�tacita�del- l'art.�107�del�d.P.R.�24�luglio�1977�n.�616.�Anche�nel�caso�in�cui�la�Regione�scelga�di�avva- lersi,�per�la�difesa�in�giudizio�(non�del�proprio�servizio�legale�ma)�dell'Avvocatura�dello� Stato,�deve�trovare�integrale�applicazione�la�normativa�statale�sul�suddetto�patrocinio�facol- tativo�e,�quindi,�l'art.�1,�comma�secondo,�del�r.d.�30�ottobre�1933�n.�1611,�richiamato�dal�suc- cessivo�art.�45�(in�base�al�quale�non�e�richiesto,�per�lo�ius postulandi dell'Avvocato�dello� Stato,�il�rilascio�del�mandato)�nonche�l'art.�12�della�legge�3�aprile�1979�n.�103�(in�base�al� quale�l'Avvocato�dello�Stato�non�e�onerato�della�produzione�del�provvedimento�del�compe- tente�organo�regionale�di�autorizzazione�del�legale�rappresentante�ad�agire�o�resistere�in�giu- dizio)�.� 13.�^Al�rigetto�del�ricorso�principale,�che�comporta�la�conferma�della�impugnata�sen- tenza�^seppure�previa�correzione�della�relativa�motivazione�alla�stregua�del�disposto�del- l'art.�384,�comma�2,�c.p.c.�^consegue�l'assorbimento�di�quello�incidentale�condizionato,� con�il�quale�la�Regione�Calabria�lamenta�che�il�Tribunale�abbia�riconosciuto�il�patrocinio� facoltativo�(e,�conseguentemente,�la�non�necessita�di�un�mandato�ai�fini�dello�ius postulandi dell'Avvocato�dello�Stato)�sulla�base�del�disposto�dell'art.�3�della�legge�regionale�n.�24�del� 1984�e�non,�invece,�della�disposizione�generale�di�cui�all'art.�107�del�d.P.R.�n.�616/1977.� 14.�^Ricorrono�giusti�motivi�per�compensare�tra�le�parti�le�spese�del�presente�giudizio� di�cassazione.� P.Q.M. la�Corte�riunisce�i�ricorsi,�rigetta�quello�principale�e�dichiara�assorbito�quello� incidentale.�Compensa�tra�le�parti�le�spese�del�presente�giudizio�di�cassazione.� Cos|�deciso�in�Roma�il�4�marzo�2004�nella�camera�di�consiglio�delle�Sezioni�Unite�Civili� della�Corte�di�Cassazione�(omissis)�.� Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Ilcontenzioso comunitario edinternazionale Modifiche nel riparto di competenze fra Corte di Giustizia e Tribunale di primo grado delle Comunita� Europee. Con�l'entrata�in�vigore�del�trattato�relativo�all'adesione�all'Unione�europea�di�dieci�nuovi� StatiilConsigliodell'U.E.,condecisione19�aprile2004n.�2004/404/CE,Euratom,hamodifi- cato�il�protocollo�sullo�Statuto�della�Corte�di�Giustizia�delle�C.E.�riguardo�alla�composizione delle�sezioni�e�al�quorum richiesto�per�le�deliberazioni�in�seduta�plenaria�(ora�quindici�giudici suventicinque)econdecisione26�aprile2004n.�2004/407/CE^chequidiseguitosiriporta ha�modificato�il�protocollo�stesso,�estendendo�le�competenze�del�Tribunale�di�primo�grado.� In�particolare,�a�partire�dal�1.�luglio�2004,�sono�di�competenza�del�Tribunale�di�primo� grado�i�ricorsi�degli�Stati�membri�(frequentemente�proposti�anche�dall'Italia)�contro�atti� della�Commissione�diversi�da�quelli�assunti�in�materia�di�cooperazione�rafforzata�ai�sensi� dell'art.�11�A�del�Trattato�CE.�Restano,�invece,�di�competenza�della�Corte,�fra�l'altro,�oltre che�le�cause�sorte�in�seguito�a�rinvio�pregiudiziale�da�parte�dei�giudici�nazionali,�i�ricorsi� contro�gli�atti�del�Consiglio�di�natura�normativa,�con�attribuzione�al�Tribunale�di�primo� grado�dei�ricorsi�contro�decisioni�prese�dal�Consiglio�stesso�in�materia�di�aiuti�di�Stato�ai� sensi�dell'art.�88,�n.�2,�co.�3,�del�Trattato,�contro�gli�atti�del�Consiglio�adottati�in�forza�di un�regolamento�concernente�misure�di�difesa�commerciale�ai�sensi�del�successivo�art.�113,�e contro�atti�del�Consiglio�esecutivi�di�un�regolamento�di�base�ai�sensi�dell'art.�202.�Vengono altres|�dettate�norme�transitorie�e�di�coordinamento�in�caso�di�ricorsi�connessi�proposti�sia� dinanzi�al�Tribunale�che�alla�Corte.� Con�altre�separate�decisioni�19�aprile�2004�n.�2004/405/CE,�Euratom�e�2004/406/CE, Euratom�il�Consiglio�ha�adeguato�il�regime�linguistico�aggiungendo�le�lingue�ufficiali�dei� nuovi�Stati.� Decisione del consiglio del 26 aprile 2004 che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (2004/407/CE, Euratom). �IL ConsigliO dell'UnionE EuropeA Visto�il�trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea,�in�particolare�l'art.�245,�secondo� comma,� visto�il�trattato�che�istituisce�la�Comunita�europea�dell'energia�atomica,�in�particolare� l'art.�160,�secondo�comma,� vista�la�domanda�della�Corte�di�giustizia�del�12�febbraio�2003,� visto�il�parere�del�Parlamento�europeo�del�10�febbraio�2004,� visto�il�parere�della�Commissione�del�10�novembre�2003,� considerando�quanto�segue:� (1)�L'articolo�2,�punto�31,�del�trattato�di�Nizza�sostituisce�l'art.�225�del�trattato�CE�con� una�nuova�disposizione�il�cui�paragrafo�1,�primo�comma,�recita:��Il�Tribunale�di�primo� grado�e�competente�a�conoscere�in�primo�grado�dei�ricorsi�di�cui�agli�articoli�230,�235,�236� e�238,�ad�eccezione�di�quelli�attribuiti�a�una�camera�giurisdizionale�e�di�quelli�che�lo�statuto riserva�alla�Corte�di�giustizia.�Lo�statuto�puo�prevedere�che�il�Tribunale�di�primo�grado�sia� competente�per�altre�categorie�di�ricorsi�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� (2)�Analoga�modifica�e�stata�apportata�al�trattato�CEEA�dall'articolo�3,�punto�13,�del� trattato�di�Nizza.� (3)�Si�e�tenuto�conto�di�questa�modifica�nella�redazione�provvisoria�dell'articolo�51�del� Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�in�base�al�quale:��In�derogaallanorma�di� cui�all'articolo�225,�paragrafo�1�del�trattato�CE�e�all'articolo�140�A,�paragrafo�1�del�trattato� CEEA,�i�ricorsi�proposti�dagli�Stati�membri,�dalle�istituzioni�delle�Comunita�e�dalla�Banca� centrale�europea�sono�di�competenza�della�Corte�.� (4)�Occorre�procedere,�conformemente�al�tenore�e�al�sistema�del�nuovo�articolo�225�del� trattato�CE�e�del�nuovo�articolo�140�A�del�trattato�CEEA,�ad�una�nuova�redazione�dell'arti- colo�51�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�per�precisarele�competenze rispettive�della�Corte�di�giustizia�e�del�Tribunale�di�primo�grado,�in�quanto�il�trasferimento della�competenza�di�primo�grado�al�Tribunale�deve�essere�significativo�ed�i�criteri�di�riparti- zione�della�competenza�devono�essere�sufficientemente�chiari�affinche�siano�compresi�senza� equivoci�dalle�istituzioni�e�dagli�Stati�membri. (5)�E�opportuno�che�i�ricorsi�proposti�dagli�Stati�membri�contro�gli�atti�del�Consiglio con�cui�il�Consiglio�esercita�competenze�di�esecuzione�secondo�le�modalita�di�cui�all'articolo� 202,�terzo�trattino�del�trattato�CE,�rientrino�nella�competenza�del�Tribunale�di�primo�grado.� Si�tratta�di�casi�in�cui�il�Consiglio�si�e�riservato�la�competenza�di�esecuzione�o�ne�ha�recupe- rato�l'esercizio�nell'ambito�dello�svolgimento�di�una�procedura�di��comitato�.� (6)�Le�disposizioni�dell'articolo�54�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia relative�ai�casi�in�cui�il�Tribunale�puo�declinare�la�propria�competenza�a�profitto�della�Corte devono�essere�adattate�alle�nuove�competenze�del�Tribunale.�E�infatti�necessario�prevedere� la�possibilita�di�declinare�la�competenza�quando�il�Tribunale�e�la�Corte�sono�investiti�di cause�simili�le�cui�soluzioni�possono�dipendere�l'una�dall'altra,� Decide: Articolo 1 1.�L'articolo�51�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�e�sostituito�dal� seguente:� �Articolo 51 In�deroga�alla�norma�di�cui�all'articolo�225,�paragrafo�1,�del�trattato�CE�e�all'articolo� 140�A,�paragrafo�1,�del�trattato�CEEA,�sono�di�competenza�della�Corte�i�ricorsi�previsti�agli� articoli�230�e�232�del�trattato�CE�e�146�e�148�del�trattato�CEEA,�proposti�da�uno�Stato�mem- bro:� a) contro�un�atto�o�una�astensione�dal�pronunciarsi�del�parlamento�europeo�o�del Consiglio�o�di�queste�due�istituzioni�che�statuiscono�congiuntamente,�salvo�che�si�tratti:� ^di�decisioni�adottate�dal�Consiglio�ai�sensi�dell'articolo�88,�paragrafo�2,�terzo� comma,�del�trattato�CE,� ^di�atti�del�Consiglio�in�forza�di�un�suo�regolamento�concernente�misure�di�difesa� commerciale�ai�sensi�dell'articolo�133�del�trattato�CE,� ^di�atti�del�Consiglio�con�cui�quest'ultimo�esercita�competenze�di�esecuzione�ai� sensi�dell'articolo�202,�terzo�trattino,�del�trattato�CE;� b) contro�un�atto�o�una�astensione�dal�pronunciarsi�della�Commissione�ai�sensidel- l'articolo�11�A�del�trattato�CE.� Sono�altres|�di�competenza�della�Corte�i�ricorsi,�previsti�nei�medesimi�articoli,�proposti da�un'istituzione�delle�Comunita�o�dalla�Banca�centrale�europea�contro�un�atto�o�una�asten- sione�dal�pronunciarsi�del�Parlamento�europeo,�del�Consiglio,�di�queste�due�istituzioni�che statuiscono�congiuntamente�o�della�Commissione,�o�da�un'istituzione�delle�Comunita�contro� un�atto�o�un'astensione�dal�pronunciarsi�della�Banca�centrale�europea�.� 2.�All'articolo�54�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�il�terzo�comma�e� sostituito�dal�seguente:� �Quando�la�Corte�e�il�Tribunale�siano�investiti�di�cause�che�abbiano�lo�stesso�oggetto,� sollevino�lo�stesso�problema�d'interpretazione�o�mettano�in�questione�la�validita�dello�stesso� atto,�dopo�aver�ascoltato�le�parti,�puo�sospendere�il�procedimento�sino�alla�pronunzia�della� sentenza�della�Corte.�In�presenza�degli�stessi�presupposti,�la�Corte�puo�parimenti�decidere� di�sospendere�il�procedimento�dinanzi�ad�essa�proposto;�in�tal�caso�prosegue�il�procedimento� dinanzi�al�Tribunale�.� 3.�All'articolo�54�del�protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia�e�aggiunto�il� comma�seguente:� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� �Quando�uno�Stato�membro�e�una�Istituzione�della�Comunita�impugnino�lo�stesso� atto,�il�Tribunale�di�primo�grado�declina�la�propria�competenza�affinche�la�Corte�di�giustizia� possa�statuire�su�tali�ricorsi�.� Articolo 2 Le�cause�che�rientrano�nella�competenza�del�Tribunale�di�primo�grado�ai�sensi�della�pre- sente�decisione�e�di�cui�la�Corte�di�giustizia�e�investita�alla�data�di�entrata�in�vigore�della� decisione�stessa,� maper�le�quali: a) in�tale�data,�il�procedimento�e�stato�sospeso�in�conformita�dell'articolo�54,�terzo� comma,�seconda�frase,�del�Protocollo�sullo�statuto�della�Corte�di�giustizia,� o� b) in�tale�data,�la�fase�scritta�del�procedimento�non�si�e�ancora�conclusa�ai�sensi�del- l'articolo�44�del�regolamento�di�procedura�della�Corte,� sono�rimesse�al�Tribunale.� Articolo 3 La�presente�decisione�ha�effetto�il�primo�giorno�del�secondo�mese�successivo�alla�sua pubblicazione�nella�Gazzetta uf fficiale dell'Unione europea.� Fatto�a�Lusserburgo,�add|�26�aprile�2004.� Per il Consiglio Il Presidente B. COWEN�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�qualita�della�regolamentazione�tra�ordinamento� internazionale�e�ordinamento�nazionale� La�qualita�della�regolazione�in�ambito�internazionale.� Un�recente�studio�del�Fondo�Monetario�Internazionale�ha�rilevato�come� i�miglioramenti�della�qualita�della�regolamentazione�europea�possano�con- durre�ad�un�aumento�fino�al�7%�del�PIL�e�ad�un�aumento�del�3%�della�pro- duttivita�,�nel�lungo�periodo.� Tali�dati�rendono�evidente�l'importanza�che�assumono�le�politiche�per�il� miglioramento�della�qualita�della�regolazione�intraprese�sia�a�livello�comuni- tario�che�nazionale�negli�ultimi�anni,�rivelandosi�un�elemento�cruciale�per� accrescere�la�competitivita�degli�Stati�e�ridurre�le�barriere�amministrative� per�cittadini�e�imprese.�E�noto,�difatti,�come�la�regolazione�presenti�incidenze� dirette�sia�nei�confronti�degli�assetti�organizzativi�e�funzionali�delle�pubbliche� amministrazioni,�sia�nei�confronti�di�privati�e�imprese.� E�opportuno�ricordare�che�l'impulso�alle�comuni�istanze�di�razionaliz- zazione�dei�sistemi�regolamentari�nei�paesi�a�economia�avanzata�si�sia�svi- luppato�entro�l'Organizzazione�per�la�Cooperazione�e�lo�Sviluppo�Econo- mico�(OCSE),�all'inizio�degli�anni�1990,�con�l'aumento�dell'attenzione�riser- vata�agli�aspetti�di�governance�pubblica�legati�al�miglioramento�dei� rapporti�tra�Governi�e�cittadini�e�alla�trasformazione�delle�pubbliche�ammi- nistrazioni�in�fattori�di�sviluppo�e�crescita�economica.�In�tali�ambiti,�l'OCSE� ha�svolto�un�importante�ruolo�di�foro�di�confronto�e�di�armonizzazione� delle�politiche.� Con�riferimento�specifico�alla�riforma�della�regolamentazione,�l'Orga- nizzazione�di�Parigi,�con�l'importante�Raccomandazione�del�1995�(1),�ha� indicato�le�politiche,�le�istituzioni�e�gli�strumenti�fondamentali�per�il�miglio- ramento�della�qualita�della�regolazione.�A�tali�principi�si�sono�poi�ispirati� molti�paesi�nel�momento�in�cui�hanno�introdotto�nuove�discipline�riguar- danti�la�qualita�della�regolazione.�Inoltre,�a�partire�dal�1997,�il�Segretariato� OCSE�ha�condotto��Esami��delle�riforme�regolamentari�intraprese�nei� diversi�Stati�Membri�(Country�Reviews)(2),�sulla�base�delle�raccomanda- (1)�C(95)21�Recommendation�ofthe�Council�on�improving�the�quality�ofgovernment�regulat ion.� (2)�La�finalita�principale�di�tale�Esame/verifica,�da�parte�dell'OCSE,�e�quella�di�aiutare�i� Governi�nell'identificazione�delle�migliori�strategie�di�policy�nel�campo�della�regolazione,�indivi- duando�le�priorita�d'azione�e�le�eventuali�lacune�che�dovessero�emergere�dalle�concrete�riforme� intraprese�dai�paesi�membri.�Nell'ambito�di�tali�esami,�l'OCSE�ha�sviluppato�metodi�avanzati�di� autovalutazione�e�di�mutua�valutazione�tra�Stati�Membri�(peer�review)�che�prevedono�l'elabora- zione�ed�il�ricorso�ad�indicatori�comparativi�sulla�regolazione�e�questionari�di�autovalutazione.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� zioni�contenute�nel�Rapporto�OCSE�sulla�Riforma�della�Regolazione�del� 1997(3).� Alla�luce�delle�indicazioni�emerse�dagli�esami�delle�riforme�regolamen- tari�nei�Paesi�membri�e�dei�cambiamenti�economici�ed�istituzionali�intercorsi� a�partire�dalla�meta�degli�anni�1990,�e�attualmente�in�corso�in�sede�OCSE�la� revisione�dei�principi�riguardanti�la�riforma�della�regolamentazione�del� 1997.�In�particolare,�la�tensione�degli�Stati�verso�una�maggiore�autonomia� regolatoria,�come�contrappeso�all'allargamento�delle�competenze�degli�orga- nismi�sovranazionali,�da�un�lato,�e�la�spinta�ad�un�piu�efficace�coordina- mento�tra�diversi�soggetti�indotto�dal�processo�di�globalizzazione�della�gover- nance e�dei�suoi�istituti�portanti,�dall'altro,�rendono�evidente�la�necessita�di� approfondire�il�confronto�sui�meccanismi�di�coordinamento�in�materia�di� qualita�della�normazione�tra�diversi�livelli�di�governo,�sovranazionale,�nazio- nale�e�sub-nazionale(4).� A�livello�europeo,�l'obiettivo�del�miglioramento�della�regolazione�ha� riguardato�sia�la�normativa�nazionale�che�quella�comunitaria,�quest'ultima� affermatasi�ormai�come�fonte�primaria�di�disciplina�in�un�crescente�numerodi� campi.�In�questo�senso,�decisive�risultano�le�conclusioni�del�Consiglio�europeo� di�Lisbona�(5)�del�marzo�del�2000,�mediantele�quali�si�e�raccomandato�agli�Stati� membri�dell'Unione�Europea�e�alle�istituzioni�comunitarie�la�formulazione�di� Nei�venti�Esami-Paese�fino�ad�ora�effettuati,�i�sistemi�di�regolamentazione�nazionali�sono�analiz- zati�sia�al�fine�di�valutare,�in�via�generale,�le�capacita�del�settore�pubblico,�sia�con�specifico�riferi- mento�alle�politiche�intraprese�nei�settori�della�concorrenza,�della�liberalizzazione�dei�mercati�e� dei�servizi�pubblici,�quali�energia,�trasporti,�poste�e�telecomunicazioni.�Per�un'analisi�sulla�natura� di�tali�esami/verifiche�e�dei�metodi�di�mutua�valutazione�elaborati�dall'OCSE,�vds.�il�documento� OCSE�SG/LEG(2002)1�(http://www.oecd.org/dataoecd/33/16/1955285.pdf).� (3)�Riunione�del�Consiglio�a�Livello�Ministeriale,�Comunicato,�Parigi,�26-27�maggio�1997,� SG/COM/NEWS(97)45,�par.�15.� (4)�Rapporto�OCSE��Regulatory Co-OperationbetweenLevelsofGovernment�,�di�prossima� pubblicazione.� (5)�E�opportuno�segnalare�che�la�strategia�di�miglioramento�della�regolazione�in�ambito� europeo,�dal�punto�di�vista�della�modalita�con�cui�si�producono�le�norme,�ha�preso�piede�in� Europa�nel�1985,�con�una�risoluzione�del�Consiglio�sul�new approach to technical harmonisation and standards da�applicare�ai�prodotti�che�entrano�nel�mercato�comunitario�per�la�prima�volta.� Seguono,�successivamente,�la�raccomandazione�del�Consiglio�28�maggio�1990,�90/246/Cee,�rela- tiva�alla�semplificazione�dei�procedimenti�amministrativi�in�materia�di�piccole�e�medie�imprese;� un�rapporto�redatto�da�una�commissione�di�esperti�sulla�semplificazione�normativa�e�amministra- tiva,�istituita�dalla�Commissione�europea�nel�1994,�teso�ad�analizzare�l'impatto�del�sistema�regola- torio�comunitario�e�nazionale�sulla�competitivita�del�sistema�economico�e�sull'occupazione;�la� Raccomandazione�della�Commissione�europea�del�22�aprile�1997�sul�miglioramento�e�la�semplifi- cazione�delle�attivita�per�la�creazione�di�nuove�imprese�(97/344/CE).�Ai�suddetti�atti�giuridici� comunitari�si�sono�poi�affiancati�programmi�di�intervento�riguardanti�direttamente�la�riforma� della�regolazione:�il�programma�SLIM�(Simpler Legislationfor the Internal Market)�del�1996�con� l'obbiettivo�di�semplificare�la�normativa�comunitaria�e�nazionale�all'interno�del�mercato�comune;� il�programma�BEST�(Business Environment Simplification Task Force)�avviato�su�mandato�del� Consiglio�europeo�di�Amsterdam�del�1997.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� una�strategia�coordinata�per�la�semplificazione�del�quadro�regolamentare,� inclusa�l'efficienza�dell'amministrazione�pubblica,�sia�a�livello�nazionale�che� comunitario.�Cio�al�fine�di�contribuire�al�raggiungimento�degli�obiettivi�fissati� aLisbona^daconseguireentroil2010^dicrescitaeconomica,�dicreazionedi� occupazione,�di�elevati�gradi�di�coesione�sociale�e�di�protezione�ambientale.� In�linea�con�tale�strategia,�la�politica�di�miglioramento�della�regolazione� e�proseguita�attraverso�l'attivita�di�cooperazione�informale�tra�pubbliche� amministrazioni�dei�Paesi�membri�dell'Unione�europea�e�tra�queste�ultime�e� la�Commissione�europea,�riguardando�sia�il�versante�politico�che�il�versante� amministrativo�dei�rapporti�tra�amministrazioni�nazionali�e�amministrazione� comunitaria�(6).� I�Ministri�europei�della�Funzione�Pubblica,�nella�riunione�di�Strasburgo� del�2000�(7)�hanno�provveduto�a�istituire�un�gruppo�di�alto�livello�(c.d.� gruppo�Mandelkern),�composto�da�esperti�di�qualita�della�regolazione�degli� Stati�membri�e�della�Commissione�europea,�con�il�compito�di�predisporre� un�Rapporto�per�la�definizione�di�un�approccio�comune�in�materia�di�qualita� della�regolazione,�sulla�base�delle�esperienze�gia�realizzate�in�diversi�paesi.� Nel�Rapporto,�pertanto,�sono�stati�concordati�una�serie�di�principi�di� qualita�della�regolazione:�la�necessita�,�la�proporzionalita�,�la�sussidiarieta�,la� trasparenza,�la�accountability,�l'accessibilita�e�la�semplicita�delle�norme.�Inol- tre,�sono�stati�individuati�gli�strumenti�essenziali�per�l'avvio�di�un�pro- gramma�di�qualita�della�regolazione�coerente�ed�efficace,�ovvero�la�necessa- ria�presa�in�considerazione�di�differenti�opzioni�regolatorie�(arrivando�a�con- siderare�anche�l'opzione�zero),�l'analisi�d'impatto,�la�consultazione,�la� semplificazione,�l'accessibilita�e�la��fruibilita���da�parte�dei�destinatari�della� regolazione�e�le�strutture�deputate�a�elaborare�ed�eseguire�le�politiche�di� regolazione.�Proprio�le�concrete�esperienze�realizzate�nei�diversi�Paesi�mem- bri�hanno�permesso�agli�esperti�del�gruppo��Mandelkern��di�individuare�pre- liminarmente�le��best practices regolatorie��proprie�di�ogni�tradizione�giuri- dica�nazionale�e�di�estendere�poi�tali�modelli�all'attivita�di�regolazione�delle� istituzioni�dell'Unione�europea�e�degli�Stati�membri.�A�partire�dal�modello� dell'Italia,�per�fare�un�esempio,�e�stata�inserita�tra�le�priorita�la�necessita�di� un'azione�di�governo�stabile,�sistematica�e�non�episodica�in�materia�di�sem- plificazione�normativa�e�amministrativa,�alla�luce�dell'esperienza�acquisita�a� livello�nazionale�con�lo�strumento�della�legge�annuale�di�semplificazione,�la� quale�definisce,�appunto,�il�programma�delle�misure�di�semplificazione�da� intraprendersi�nell'anno�successivo,�una�volta�identificate�le�aree�di�inter- vento�prioritarie.� (6)�La�Cooperazione�europea�tra�i�Ministri�e�i�Direttori�generali�responsabili�della�funzione� pubblica�e�una�cooperazione�di�tipo�informale,�non�prevista�dai�Trattati�fondamentali�istitutivi� dell'Unione,�che�si�e�consolidata�nel�tempo�attraverso�l'incontro�regolare�dei�Ministri,�Direttori� generali�e�alti�funzionari�responsabili�nei�vari�settori�della�riforma�della�pubblica�amministra- zione.� (7)�Risoluzione�sulla�migliore�regolamentazione,�adottata�a�Strasburgo�il�7�novembre�2000.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� Con�l'approvazione�da�parte�dei�Ministri�della�Funzione�Pubblica�del� Rapporto��Mandelkern�,�presentato�al�Consiglio�europeo�di�Laeken�del� dicembre�2001,�si�sono�fissati�in�via�sistematica�i�principi�comuni�di�qualita� della�regolazione�degli�Stati�membri�dell'Unione;�sono�state�poste,�inoltre,� le�basi�per�ulteriori�azioni�di�coordinamento�delle�politiche�di�miglioramento� della�regolazione,�sia�per�che�cio�che�concerne�il�livello�nazionale�che�quello� comunitario�(8).� Alla�luce�delle�raccomandazioni�contenute�nel�Rapporto�Mandelkern,�la� Commissione�europea�ha�cos|�presentato�nel�giugno�2002�un��Piano�d'A- zione�per�il�miglioramento�della�regolamentazione�(9).�Tale�piano�prevede� una�serie�di�azioni,�tra�cui�l'individuazione�di�un�metodo�volto�alla�previa� valutazione�della�legislazione�comunitaria,�dal�punto�di�vista�del�suo�impatto� sul�sistema�economico,�sociale�e�ambientale;�la�fissazione�di�una�serie�di�stan- dards minimi�per�la�consultazione�e�la�creazione�di�un�programma�di�sempli- ficazione�della�legislazione�comunitaria�esistente(10).� Considerando�il�punto�di�vista�procedurale,�la�concreta�attuazione�del� Piano�d'Azione�della�Commissione�ha�fatto�emergere�il�problema�di�come� assicurare�un�monitoraggio�della�strategia�intrapresa.�Al�riguardo,�durante� il�semestre�italiano�di�Presidenza�dell'UE,�e�stato�firmato�l'importante� Accordo�Interistituzionale��Legiferare�meglio��tra�le�tre�Istituzioni�Comuni- tarie�dotate�di�potere�legislativo,�ovvero�il�Parlamento�europeo,�il�Consiglio� dell'Unione�europea�e�la�Commissione,�mediante�cui�si�sono�individuate� iniziative�e�procedure�finalizzate�al�miglioramento�della�qualita�della�legisla- zione.�Gli�obiettivi�principali�di�questo�accordo�consistono�nel�promuovere� la�semplicita�,�la�chiarezza�e�la�coerenza�delle�norme�comunitarie,�in�modo� da�favorirne�un�recepimento�corretto,�rapido�e�tempestivo�negli�ordinamenti� nazionali.� Sempre�nell'ambito�del�semestre�2003�di�Presidenza�italiana�del�Consi- glio�dell'Unione�europea,�l'attivita�di�cooperazione�informale�tra�Stati�Mem- bri�in�tema�di�qualita�della�regolazione�e�stata�ulteriormente�sviluppata�attra- verso�molteplici�iniziative.�Nell'ambito�di�queste�ultime,�il�Dipartimento�della� (8)�Nella�medesima�direzione�vanno�le�Conclusioni�del�Consiglio�di�Stoccolma�del�22�e� 23�marzo�2001,�par.�17,�mediante�cui�il�Consiglio�chiede�alla�Commissione,�in�collaborazione�con� tutti�gli�organi�competenti,�di�presentare�un�programma�per�la�qualita�della�regolazione�e�la�sem- plificazione�entro�la�fine�del�2001.�Il�Consiglio�fa�presente,�inoltre�(par.�23)�che�i�cittadini�e�le� imprese�richiedono�un�contesto�normativo�chiaro,�semplice,�efficace�in�modo�che�possa�adattarsi� a�un�mercato�globale�in�rapido�cambiamento.�Gli�strumenti�per�raggiungere�tali�obbiettivi�sono,� sempre�secondo�il�Consiglio,�una�consultazione�sulla�regolamentazione�proposta,�la�valutazione� dell'impatto�dei�regolamenti�nonche�il�ricorso�a�sistemi�di�codificazione,�di�rifusione�e�di�revisione� della�normativa.� (9)�COM(2002)278� (10)�Al�Piano�d'Azione�del�giugno�2002,�si�sono�aggiunte�ulteriori�iniziative�della�Commissione� Europea�in�materia�di�Better Regulation,�quali�la�Comunicazione�relativa�alla�valutazione�dell'im- patto�2002�(COM�(2002)�276�def.),�la�Comunicazione��Principi�essenziali�e�requisiti�minimi�delle�pro- cedure�di�consultazione�delle�parti�interessate��COM(2002)277,�nonche�la�Comunicazione��Aggior- nareesemplificarel'acquis comunitario�COM(2003)71�del�febbraio�2003.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Funzione Pubblica si e� occupato di rilanciare la cooperazione dei Direttori ed esperti per la Better Regulation degli Stati Membri e dei paesi in via di adesione e candidati. Questo tipo di cooperazione tra rappresentanti delle pubbliche amministrazioni nazionali sara� in grado di assicurare non solo un proficuo scambio di esperienze e di idee maturate dai singoli Stati membri ma consentira� altres|� l'individuazione di metodologie e attivita� comuni in materia di qualita� della regolazione. In particolare, i Direttori ed Esperti per la Better Regulation hanno concordato alcune dichiarazioni programma- tiche e un piano di attivita� future, tra cui un'iniziativa europea sul tema del- l'analisi di impatto della regolamentazione. Quest'ultima iniziativa ^avviata durante il semestre di Presidenza ita- liana dell'Unione Europea, su proposta dell'Italia, in accordo con l'Irlanda e i Paesi Bassi ^e� finalizzata ad una valutazione comparativa delle concrete esperienze nazionali in materia di analisi di impatto della regolazione, nel- l'obbiettivo di favorire un efficace coordinamento delle azioni a livello euro- peo per la realizzazione dell'analisi di impatto. L'iniziativa sull'analisi di impatto della regolazione si articola in duefasi. La prima fase ^gia� conclusa ^ha riguardato la predisposizione di un rapporto a cura del Formez, mediante cui si sono comparate le metodologie e i diversi approcci usati nell'analisi di impatto negli Stati membri dell'U- nione europea, basandosi su un campione di casi forniti da dieci Paesi(11). In tal modo, attraverso il confronto tra casi concreti di analisi di impatto praticati dai singoli Paesi membri, si e� potuto giungere all'identificazione degli �elementi essenziali) (12) ai fini di un efficace sistema di valutazione (11) I paesi che hanno partecipato al progetto sono Austria, Danimarca, Finlandia, Germa- nia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia, Ungheria e Regno Unito. (12) Secondo il Rapporto �Un'analisi comparativa dell'analisi di impatto della regolazione in dieci Stati dell'Unione Europea) curato dal Formez e di prossima pubblicazione, i requisiti essen- ziali per la valutazione degli impatti della regolazione (di seguito AIR) possono essere cos|� rias- sunti: un'AIR richiesta ed effettivamente applicata almeno per alcune misure di elevato impatto nella fase pilota, e normalmente per tutte le misure ad elevato impatto successivamente; un'appropriata definizione dei problemi; l'identificazione degli obiettivi di policy in modo tale da evitare ambiguita� , vaghezze e con- traddizioni (il che significa risultati attesi espressi in termini fisici, quantitativi, e una esplicita gerarchia tra gli obiettivi); l'inizio della valutazione e della consultazione quando la scelta e� ancora aperta; una consultazione pubblicizzata, ampia e non ritualistica; stakeholders e interessi rilevanti consultati o comunque rappresentati nel processo decisio- nale; tecniche di consultazione appropriate; un uso effettivo dei risultati della consultazione; un processo di valutazione di impatto ufficialmente suddiviso in fasi diverse, e almeno alcune di esse rese obbligatorie; un'effettiva considerazione di una pluralita� di opzioni regolative; una valutazione di impatto ex ante di ciascuna opzione rilevante attraverso un metodo espli- cito e usato in modo coerente; una descrizione e il piu� delle volte una quantificazione degli effetti; IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� degli�impatti�della�regolazione�^nazionale�e�comunitaria�^,�nell'ambito�dei� principi,�procedure�e�tecniche�di�analisi�di�impatto�presenti�nei�vari�ordina- menti�nazionali,�anche�al�fine�di�arrivare�alla�definizione�di�una�metodologia� comune�cos|�come�previsto�dall'Accordo�interistituzionale��Legiferare� meglio��del�2003.� La�seconda�fase�del�progetto,�invece,�consistera�in�una�comparazione�fra� le�valutazioni�di�impatto�che�saranno�effettuate�dagli�Stati�membri�su�una� proposta�di�direttiva�europea�di�cui�anche�la�Commissione�europea�abbia� effettuato�una�propria�valutazione�di�impatto.� Infine,�e�opportuno�segnalare�poi�le�conclusioni�del�Consiglio�europeo� del�marzo�2004,�che�hanno�assegnato�al�tema�del�miglioramento�della�rego- lamentazione,�sul�piano�sia�europeo�che�nazionale,�un�ruolo�prioritario�per� dare�impulso�alla�competitivita�e�alla�produttivita�dei�Paesi�membri�dell'U- nione.�In�particolare,�il�Consiglio�ha�accolto�con�favore�l'iniziativa�in�materia� di�riforma�della�regolazione�dei�Ministri�ECOFIN�delle�quattro�Presidenze� del�biennio�2003-2004,�che�si�sono�impegnati�a�stabilire�un�programma�di� azioni�a�sostegno�di�tali�obiettivi.�A�tal�fine,�ha�invitato,�da�un�lato,�le�istitu- zioni�comunitarie�a�lavorare�insieme,�secondo�quanto�previsto�dall'Accordo� Interistituzionale��Legiferare�meglio��del�2003,�dall'altro,�gli�Stati�membri� ad�impegnarsi�ad�accelerare�l'attuazione�delle�iniziative�nazionali�di�riforma� della�regolamentazione(13).� La�qualita�della�regolazione�in�ambito�nazionale.� Come�chiarito�in�precedenza,�le�iniziative�intraprese�in�ambito�europeo� in�tema�di�qualita�delle�regole�non�hanno�inciso�unicamente�sul�versante� comunitario,�ma�hanno�condotto�ad�importanti�esperienze�di�riforma�dei� sistemi�di�regolamentazione�dei�paesi�membri,�sia�a�livello�nazionale�che� regionale.� una�stima�della�conformita�attesa�per�ciascuna�opzione�rilevante;� l'impatto�sulle�organizzazioni�responsabili�dell'implementazione;� la�raccomandazione�di�una�opzione�preferibile�(o�piu�),�o�almeno�l'esclusione�delle�opzioni� indesiderabili.� (13)�Alla�luce�di�strategie�concordate�nel�Consiglio�europeo�del�marzo�2004,�la�Commissione� europea�si�sta�attualmente�impegnando�a�svolgere�procedure�di�analisi�degli�impatti�economici,� sociali�ed�ambientali�delle�sue�proposte�normative;�a�perfezionare�tale�strumento,�in�particolare� sotto�il�profilo�della�competitivita�;�e�a�definire,�in�collaborazione�con�il�Consiglio,�un�metodo� per�quantificare�gli�oneri�amministrativi�che�gravano�sulle�imprese.� Inoltre,�conformemente�alle�strategie�concordate�nell'ultima�sessione�del�Consiglio�Europeo,� il�Consiglio�Competitivita�e�Crescita�del�17/18�maggio�2004�si�e�concluso�con�l'impegno�da�parte� degli�Stati�Membri�ad�individuare�le�aree�prioritarie�per�la�semplificazione�della�legislazione�euro- pea,�al�fine�di�raggiungere�un�accordo�entro�l'anno.�Data�l'importanza�della�iniziativa,�il�Regno� Unito�e�l'Italia,�attraverso�il�Cabinet�Office�ed�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�hanno� concordato�una�cooperazione�bilaterale�per�la�semplificazione�della�legislazione�europea,�propo- nendosi�di�svolgere�un�ruolo�di�impulso�nell'elaborazione�delle�proposte�di�semplificazione,�in� modo�da�pervenire�all'individuazione�di�una�serie�di�direttive�o�regolamenti�che,�per�la�loro�com- plessita�o�eccessiva�onerosita�per�i�cittadini�e�le�imprese,�possano�costituire�ambiti�prioritari�di� semplificazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Con�specifico�riferimento�all'ordinamento�italiano,�le�riforme�della�rego- lazione�si�sono�sviluppate�seguendo�essenzialmente�due�linee�direttrici,� ovvero�quella�della�semplificazione�delle�norme�e�delle�procedure�ammini- strative�e�quella�dell'analisi�di�impatto�della�regolazione.� La semplificazione normativa La�semplificazione�normativa�ha�come�obbiettivo�la�sostituzione�di�un� quadro�normativo�complesso,�incerto�ed�oscuro�con�un�quadro�normativo� chiaro,�semplice�e�facilmente�conoscibile�dai�suoi�destinatari.� Proprio�quest'ultimo�aspetto�risulta�direttamente�collegato�al�processo� di�revisione�complessiva�del�corpus normativo�avviato�con�l'approvazione,� nel�settembre�2003,�della�terza�legge�di�semplificazione.� Tale�atto�prevede�lo�sfoltimento�di�numerose�disposizioni�normative�e� procedimenti�amministrativi,�favorendo�la�semplificazione�dei�rapporti�dei� cittadini�e�delle�imprese�con�la�pubblica�amministrazione.�La�terza�legge�di� semplificazione,�infatti,�determina,�da�un�lato,�l'eliminazione�delle�attivita� pubbliche�di�regolazione�che�comprimono�le�liberta�imprenditoriali,�dall'al- tro,�la�semplificazione�delle�funzioni�regolatorie�non�restrittive.� Elemento�innovativo�della�terza�legge�di�semplificazione�e�il�ricorso�ad� interventi�di�riassetto�normativo�per�materia,�attraverso�la�predisposizione� di�codici,�contenenti�le�norme�primarie�di�disciplina�degli�aspetti�sostanziali� e�procedimentali.� Lo�strumento�del�codice�permette�di�riorganizzare�e�disciplinare�un'in- tera�materia,�fornendo�ai�privati�ed�agli�interpreti�un�quadro�completo�e� accessibile�della�normativa�ed�abrogando�un�numero�elevato�di�leggi.�I�codici� per�materia�sono�altres|�orientati�all'attuazione�di�politiche�di�deregolamen- tazione,�attraverso�l'arretramento�dell'intervento�pubblico�in�determinati�set- tori.� La�codificazione�e�un'esperienza�diffusa�anche�in�altri�paesi�europei,� quali�la�Francia,�dove�si�e�scelto�di�adottare�un�modello�di�codificazione��a� diritto�costante�,�ai�fini�di�rendere�piu�comprensibile�la�normativa�attuale,� nonche�negli�Stati�Uniti,�dove�il��Codice�delle�leggi�generali�,�a�partire�dal� 1926,�e�aggiornato�ogni�sei�anni(14).� Nell'esperienza�italiana�piu�recente,�pervenendo�ad�un�vero�e�proprio� �riassetto��normativo,�si�e�compiuto�un�deciso�passo�in�avanti�rispetto�alla� logica�delle�semplici�raccolte�normative�meramente�compilative.� La semplificazione amministrativa. La�semplificazione�amministrativa,�e�volta�a�ridurre�gli�adempimenti� richiesti�ai�privati�nell'ambito�di�determinati�procedimenti�amministrativi.�A� tale�riguardo,�e�da�segnalare�che�negli�ultimi�anni�sono�stati�conseguiti� importanti�risultati,�mediante�l'elaborazione�di�strategie�di�policy mirate.� (14)�Per�l'esperienza�di�codificazione�in�Francia�e�negli�Stati�Uniti,�vds.�Regulatory Reform in France��(2004),��Regulatory Reform in the United States��(1999),�OECD.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE� Nell'elaborazione�e�attuazione�di�tali�strategie,�un�ruolo�determinante�e� stato�svolto�dal�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�per�mezzo�di�un'a- zione�di�coordinamento�volta�a�sostenere�il�processo�di�semplificazione.� Gli�interventi�normativi�hanno�riguardato�la�semplificazione�degli� adempimenti�amministrativi�per�le�imprese.�In�particolare,�grande�attenzione� e�stata�dedicata�all'attivazione�degli�sportelli�unici,�mediante�il�finanziamento� di�progetti�che�hanno�interessato�numerose�amministrazioni�con�elevati� bacini�di�utenza.�Tali�interventi�si�sono�tradotti�in�riduzioni�assai�marcate� tanto�dei�tempi�quanto�dei�costi�delle�procedure�(15).� Infine,�il�nuovo�assetto�costituzionale�scaturito�dalla�recente�riforma�del� titolo�V�della�Costituzione�ha�spostato�il�baricentro�della�produzione�di� regole�amministrative�dallo�Stato�alle�amministrazioni�regionali�e�locali.� I�nuovi�statuti�regionali�sono�chiamati�a�fissare�le�nuove�regole�in�mate- ria�di�organizzazione�amministrativa�regionale�e�a�codificare�i�principi�infor- matori�dell'attivita�della�regione.�Lo�statuto�regionale�appare,�dunque,�lo� strumento�piu�appropriato�per�evitare�che�il�federalismo�porti�ad�un�eccesso� di�regolamentazione�e�ad�una�frammentazione�dei�mercati�diversi�da�regione� a�regione(16).� L'analisi di impatto della regolamentazione. La�seconda�linea�direttrice�per�la�riforma�della�regolamentazione� riguarda�l'analisi�di�impatto�della�regolazione,�di�cui�l'OCSE�ha�fortemente� raccomandato�l'introduzione�nei�Paesi�membri.� Proprio�grazie�all'intenso�scambio�di�esperienze�in�sede�internazionale,� l'analisi�di�impatto�della�regolazione�e�gia�stata�avviata,�almeno�in�via�speri- mentale,�in�un�buon�numero�di�Paesi�europei.�Anche�a�livello�di�istituzioni� comunitarie,�la�stessa�Commissione�Europea�e�^a�seguito�dell'attuazione�del- l'Accordo�Interistituzionale��Legiferare�meglio��del�2003�^il�Consiglioedil� Parlamento�Europeo�hanno�adottato�lo�strumento�dell'analisi�di�impatto�in� tema�di�legislazione�comunitaria.� A�livello�europeo,�cos|�come�a�livello�nazionale,�e�infatti�possibile�che�in� alcune�circostanze,�si�corra�il�rischio�di�un�eccesso�di�regolamentazione�(i.e. norme�troppo�numerose,�inutilmente�dettagliate,�invadenti,�restrittive�della� liberta�d'azione).�A�tale�obbiettivo,�dunque,�va�ricondotta�la�funzione�dell'A- nalisi�di�Impatto:�stabilire�ex ante se�un�intervento�normativo�sia�necessario� e�se�quest'ultimo�sia�la�soluzione�piu�indicata,�garantire�la�scelta�dell'opzione� regolativa�migliore,�ed�effettuare�una�valutazione�dell'impatto�sull'organizza- (15)�Per�una�analisi�degli�effetti�economici�dell'introduzione�dello�sportello�unico�sull'orga- nizzazione�e�sul�funzionamento�della�pubblica�amministrazione,�cfr.�Sportello Unico, gli effetti eco- nomici e amministrativi di una innovazione,�a�cura�di�Formez,�anno�2003.� (16)�A�tal�fine,�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica�ha�avviato,�in�collaborazione�con�il� Formez,�un�programma�pluriennale�sul�tema�della�semplificazione�normativa,�che�interessera�le� Regioni�e�le�amministrazioni�locali.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�delle�amministrazioni�pubbliche�e�sull'attivita�dei�cittadini�e�delle� imprese,utilizzando�tecniche�e�strumenti�di�indagine,�quali�per�esempio�l'ana- lisi�costi-benefici.� In�Italia,�peraltro,�l'introduzione�dello�strumento�dell'analisi�di�impatto� (AIR)�rende�evidente�la�necessita�di�adeguare�le�competenze�dei�pubblici�fun- zionari�alle�nuove�esigenze�di�qualita�della�regolazione.� In�conclusione,�alla�luce�di�quanto�esposto,�emerge�che�le�politiche�per�il� miglioramento�della�qualita�della�regolazione�sono�state,�ormai�da�anni,�sem- pre�piu�condizionate�da�standards e�regole�poste�da�organismi�internazionali� o�sovranazionali.� Questo�fattore�di�condizionamento�esterno�ha�portato�a�considerare,�al- l'interno�dei�singoli�ordinamenti�statuali,�il�tema�della�qualita�della�regola- zione�come�un�obiettivo�di�policy condiviso�e�da�perseguire�in�modo�costante.� Per�tali�ragioni,�e�necessario�che�il�miglioramento�della�qualita�della�regola- zione�non�si�limiti�alla�realizzazione�di�un�progetto�puntuale,�destinato�esau- rirsi�in�un'unica�fase,�ma�al�contrario,�che�sia�perseguito�mediante�un�pro- cesso�continuo,�progressivo�e�oggetto�di�continua�valutazione�e�correzione.� Federico Basilica (*)� (*)�Avvocato�dello�Stato�^Capo�del�Dipartimento�Funzione�Pubblica.� IGIUDIZIAINACORSOA CORTEGIUSTIZIACE IGIUDIZIAINACORSOA CORTEGIUSTIZIACE Causa C-392/02 (Commissione c/ Regno di Danimarca) ^Ricorso della Comm issione contro il Regno di Danimarca ^Violazione�dell'art.�10�del�Trat- tato�CE�e�gli�artt.�2�e�8�della�decisione�del�Consiglio�31�ottobre�1994,� 94/728/CE,�Euratom,�relativa�al�sistema�delle�risorse�proprie�delle� Comunita�Europee�(ct.�33298/03,�avv.�dello�Stato�G.�DeBellis)(1).� IL fattO Con�ricorso�proposto�ai�sensi�dell'art.�226�CE,�la�Commissione�delle� Comunita�Europee�ha�adito�la�Corte�di�Giustizia�allo�scopo�di�far�constatare� che��non�avendo�le�autorita�danesi�messo�a�disposizione�della�Commissione� l'importo�di�140.409,60�DKK�di�risorse�proprie�e�i�relativi�interessi�di�mora� calcolati�a�partire�dal�20�dicembre�1999,�il�Regno�di�Danimarca�ha�mancato� agli�obblighi�che�gli�incombono�ai�sensi�del�diritto�comunitario�e,�in�partico- lare,�non�ha�tenuto�conto�dell'articolo�10�del�trattato�CE�e�degli�articoli�2e� 8�della�decisione�n.�94/728/CE,�Euratom�del�31�dicembre�1994,�relativa�al� sistema�delle�risorse�proprie�della�Comunita��.� La�vicenda�trae�origine�da�operazioni�di�importazione�in�Danimarca,�di� merce�proveniente�dalla�Repubblica�Popolare�Cinese�effettuate�fino�alla�fine� del�1995.� Tale�merce�veniva�inizialmente�rivenduta�dall'acquirente�ad�un�grossista� danese�titolare�di�una�autorizzazione�ad�importare�ad�aliquota�nulla�a�causa� della�destinazione�finale�del�prodotto�importato.�L'importazione�avveniva� pertanto�con�l'applicazione�di�un'aliquota�nulla.� Dal�1.�gennaio�1996�la�ditta�acquirente�decideva�di�procedere�per�suo� conto�alle�formalita�di�sdoganamento�(in�precedenza�effettuate�dal�grossista).� Nonostante�la�ditta�non�fosse�in�possesso�della�autorizzazione�che�con- sentiva�l'esenzione�dal�dazio,�la�merce�veniva�importata�con�aliquota�nulla.� II�12�maggio�1997�le�autorita�doganali�di�Vejle�rettificavano�due�dichia- razioni�doganali,�ritenendo�che�dovessero�essere�applicati�dazi�nella�misura� del�16,8%.�Successivamente,�a�richiesta�della�ditta,�le�autorita�doganali�di�Bal- lerup�correggevano�le�rettifiche�riconoscendo�ancora�l'esenzione�dal�dazio.� Proprio�a�causa�di�tale�comportamento�che�aveva�creato�un�legittimo� affidamento�in�capo�alla�ditta,�con�decisione�del�19�luglio�1999�la�Commis- sione�accoglieva�la�richiesta�delle�autorita�danesi�di�rinunciare�alla�contabi- lizzazione�dei�dazi�a�posteriori�per�un�importo�di�140.409,60�DKK,�ritenendo� che�l'errore�commesso�dalla�dogana�di�Ballerup�non�era�ragionevolmente� individuabile�dalla�ditta.� (1)�Le�osservazioni�del�Governo�italiano�nella�presente�causa�sono�state�per�errore�riportate� nel�fascicolo�n.�1/04,�pag.�184,�in�relazione�ad�altra�controversia�(C-233/03).�Si�provvede�ora�a� ripubblicarle�con�la�causa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Con�lettera�del�21�ottobre�1999�la�Commissione�ha�pero�invitato�le�auto- rita�danesi�a�mettere�a�disposizione�il�suddetto�importo�di�140.409,60�DKK� trattandosi�di�risorse�proprie�della�Comunita�la�cui�omessa�acquisizione�era� imputabile�ad�un�errore�delle�autorita�doganali�dello�Stato�medesimo.� A�seguito�del�rifiuto�di�corrispondere�le�somme,�la�Commissione�ha�pro- posto�ricorso�alla�Corte�di�Giustizia�al�quale�ha�resistito�il�Regno�di�Dani- marca.� Con�ordinanza�del�6�maggio�2003�il�Presidente�della�Corte,�viste�le� richieste�di�intervento�in�giudizio�a�sostegno�delle�conclusioni�della�Dani- marca�formulate�da�sei�stati�membri�(Paesi�Bassi,�Germania,�Belgio,�Porto- gallo,�Svezia�e�Italia),�ammetteva�tutti�gli�interventi�ed�in�seguito�veniva�fis- sato�al�25�settembre�2003�il�termine�per�il�deposito�di�memorie.� Nel�suo�ricorso,�laCommissione�sostienechegli�errori�compiutidagliStati� membri�in�sede�di�acquisizione�di�risorse�proprie�della�Comunita�,�allorche�si� verifichi�la�perdita�delle�risorse�medesime�imputabileadun�erroredelle�autorita� nazionali,�permane�l'obbligo�di�corrispondere�comunque�l'importo�corrispon- dente�alle�risorse�non�incamerate,�con�gli�eventuali�interessi�moratori.� Secondo�la�Commissione�una�simile�conseguenza�troverebbe�il�suo�fon- damento�nelle�seguenti�disposizioni:� ^l'art.�10CE;� ^l'articolo�8�della�decisione�del�Consiglio�del�31�ottobre�1994�n.�94/1972� 8/Ce,EuratoM (all'epoca�applicabile);� ^l'art.�17�del�Reg.(Cee-Euratom)�1552/89.� Il�Regno�di�Danimarca�contesta�la�tesi�della�ricorrente�sostenendo�che�a� tutt'oggi�non�esiste�alcun�fondamento�normativo�che�giustifichi�la�pretesa� della�Commissione.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�Governo�italiano�condivide�la�tesi�sostenuta�dal�Regno�di�Danimarca� e�si�associa�pertanto�alla�richiesta�di�rigetto�del�ricorso�della�Commissione� per�i�motivi�di�seguito�indicati.� In�base�all'art.�10�CE,� �GliStatimembriadottano�tutte�lemisuredi�caratteregenerale�epartico- lare�atte�ad�assicurare�l'esecuzione�degli�obblighi�derivanti�dalpresente�trattato� ovvero�determinati�dagli�atti�delle�istituzioni�della�Comunita�.�Essi�facilitano� quest'ultima�nell'adempimento�dei�propri�compiti.� Essi�si�astengono�da�qualsiasi�misura�che�rischi�di�compromettere�la�realiz- zazione�degli�scopi�del�presente�trattato�.� Orbenenon�apparepossibile�dedurre�da�una�cos|�ampia�egenericaformu- lazione,�l'esistenza�di�un�obbligo�a�carico�degli�Stati�membri�nel�senso�voluto� dalla�Commissione.� La�previsione�di�una�responsabilita�degli�Stati�per�errori�nell'accertamento� dirisorsepropriedella�Comunita�,�avrebbedovutoessereoggettodiunaprecisa� ed�inequivoca�disposizione,�non�certo�rinvenibile�nell'art.�10�CE.� Ne�una�simile�disposizione�puo�ritenersi�ricompresa�nell'articolo�8�della� decisione�94/728/Cee-EuratoM (applicabile�all'epoca�dei�fatti�di�causa,�in� seguito�abrogata�dall'art.�10�della�decisione�2000/597/Ce/Euratom);�che�al� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 797 paragrafo 1 dispone �Le risorse proprie comunitarie di cui all'articolo 2, para- grafo 1, lettere a) e b), sono riscosse dagli Stati membri conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventual- mente adattate alle esigenze della normativa comunitaria. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all'esame delle disposizioni nazionali che le ven- gono comunicate dagli Stati membri, comunica agli Stati membri gli adatta- menti che ritiene necessari per garantire che esse siano conformi alle normative comunitarie e riferisce all'autorita� di bilancio. Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione le risorse di cui all'articolo 2, paragrafo 1, let- tere da a) a d)�. Tale norma prevede infatti una sorta di �controllo permanente� da parte della Commissione delle disposizioni nazionali, allo scopo di verificarne la con- formita� alla normativa comunitaria; nulla e� previsto pero� in tema di responsabi- lita� degli Stati. Unasimileprevisioneavrebbepotutosemmaiessere contenutanelle dispo- sizioni che in base al successivo paragrafo 2(2) dovevano essere adottate dal Consiglio su proposta della Commissione per l'attuazione della stessa decisione e per disciplinare il controllo della riscossione nonche� la messa a disposizione della Commissione ed il versamento delle entrate di cui agli articoli 2 e 5. Ma tale normativa non risulta essere stata emanata. La disposizionedell'articolo8 sopra citatoe� riprodottapressoche� integral- mente nella decisione 2000/597/CE/Euratom (articolo 8) che ha sostituitola n. 94/728 dal 1 gennaio 2002 (3). Anche l'articolo 17 del Reg.(Cee-Euratom) n. 1552/89 recante �applica- zione della decisione 88/376/CEE/Euratom relativa alsistema delle risorsepro- (2) Il paragrafo 2 dispone: �Salvi restando la verifica dei conti ed i controlli di conformita� edi regolarita� previsti all'articolo 188 C del trattato che istituisce la Comunita� europea, che riguardano essenzialmente l'affidabilita� e l'efficacia dei sistemi e delle procedure nazionali di determinazione della baseperle risorseproprieprovenientidall'IVA e dalPNL efattisalvi icontrolli organizzatia norma dell'articolo 209, lettera c), di questo trattato, il Consiglio, che delibera all'unanimita� su propo- sta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni necessa- rio all'attuazione della presente decisione nonche� quelle relative al controllo della riscossione, alla messa a disposizione della Commissione e al versamento delle entrate di cui agli articoli 2 e 5�. (3) L'articolo 8 della decisione 2000/597 prevede �1. Le risorseproprie delle Comunita� di cui all'articolo 2, paragrafo I, lettere a) e b) sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della nor- mativa comunitaria. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all'esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicatedagliStatimembri, comunicaagliStatimembrigliadattamenticheritienenecessariper garantire che esse siano conformi alle normative comunitarie e riferisce all'autorita� di bilancio. Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione le risorse di cui all'articolo 2, para- grafo 1, lettere da a) a d). 2. Fatti salvi la verifica dei conti e i controlli di conformita� e di regolarita� previsti dall'articolo 248 del trattato CE e dall'articolo 160 C del trattato Euratom, che riguardano essenzialmente l'affidabilita� e l'efficacia dei sistemi e delle procedure nazionali di determinazione della base per le risorse proprie provenienti dall'IVA e dal PXL, efatti salvi i controlli organizzali a norma dell'articolo 279, lettera e). del trattato CE e dell'articolo 183, lettera e), del trattato Euratom, il Consiglio, che delibera all'u- nanimita� su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta le RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO prie�delle�Comunita��,�pure�invocato�dalla�Commissione�come�base�giuridica�a� fondamento�dell'asserita�responsabilita�del�Governo�danese,�non�contiene�una� espressa�previsione�al�riguardo.� Ilparagrafo�2�dispone:� �Gli�Stati�membrisono�dispensatidall'obbligo�dimettere�a�disposizione�della� Commissione�gli�importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�soltanto�se�la�riscos- sionenonabbiapotutoessereeffettuataperragionidiforzamaggiore.�Inoltre,�in� casiparticolari,�gliStatimembrisonodispensatidalmettere�taliimportiadisposi- zionedella�Commissione,�quando,�dopoattentoesamedituttiidatipertinentidel� caso,�risultadefinitivamenteimpossibileprocedereallariscossionepermotiviche� nonpotrebberoessereloroimputabili.�Questicasidebbonoesseremenzionatinella� relazionedicuialparagrafo3,qualoragliimportisuperinoi10.000ECU,�conver- titiinmonetanazionalealtasso�delprimogiornoferialedelmesed'ottobredel- l'annocivileappenatrascorso;questarelazionedevecontenereun'indicazionedelle� ragionichehanno�indottoloStatomembroanonmettereadisposizionegliimporti� dicuitrattasi.�La�Commissionedisponediunterminediseimesipercomunicare,� sedelcaso,�leproprieosservazionialloStatomembrointeressato�.� Analoghe�disposizioni�sono�contenute�nell'articolo�17�del�Reg.(CE-- Euratom)�n.�1150/2000�(4),�recante��applicazione�della�decisione�94/728/CE/- Euratom,�relativa�al�sistema�delle�risorse�proprie�della�Comunita� (pubblicato nella Gazzetta�Ufficiale�C.E.�31�maggio�2000,�n.�L�130.�Entrato�in�vigore�il� 31�maggio�2000).� Appare�evidente�come�la�normativa�sopra�indicata�presupponga�l'interve- nuta�contabilizzazione�del�credito,�mentre�la�previsione�di�una�responsabilita� dello�Stato�membro�e�limitata�ad�eventuali�inadempienze�nella�fase�di�riscos- sione�dei�diritti�gia�accertati.� La�norma�non�disciplina�pertanto�l'ipotesi�di�cui�si�discute�nella�presente� causa,�in�cui�la�contabilizzazione�dei�diritti�non�sia�intervenuta�a�causa�di�un� disposizioninecessarioall'attuazionedellapresentedecisione,�nonche�quellerelativealcontrollodella� riscossione,�alla�messa�a�disposizione�della�Commissione�e�al�versamento�delle�entrale�di�cui�agli�arti- coli2e�5�. (4) L'articolo 17 del Reg. 1150/2000 dispone ai paragrafi 1 e 2 �1.�Gli�Stati�membri�sono� tenuti�a�prendere�tutte�le�misure�necessario�affinche�gli�importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�in� conformita�dell'articolo�2�siano�messi�a�disposizione�della�Commissione�alle�condizionipreviste�dal� presente�regolamento.� 2.�Gli�Stati�membri�sono�dispensati�dall'obbligo�di�mettere�a�disposizione�della�Commissione�gli� importi�corrispondenti�ai�diritti�accertati�soltanto�se�la�riscossione�non�abbia�potuto�essere�effettuata� perragionidiforzamaggiore.Inoltre,�incasiparticolari,gliStatimembrisonodispensatidalmettere� taliimportiadisposizionedella�Commissione,�quando,�dopoattentoesamedituttiidatipertinenti� delcaso,�risultadefinitivamenteimpossibileprocedereallariscossionepermotivichenonpotrebbero� essere�loro�imputabili.�Questi�casi�debbono�essere�menzionati�nella�relazione�di�cui�al�paragrafo�3,� qualora�gli�importi�superino�i�10.000�EUR,�convertiti�in�moneta�nazionale�al�tasso�nelprimo�giorno� feriale�delmese�d'ottobre�dell'anno�civile�appena�trascorso;�questa�relazione�deve�contenere�un'indica- zione�delle�ragioni�che�hanno�indotto�lo�Stato�membro�a�non�mettere�a�disposizione�gli�importi�di�cui� trattasi.�La�Commissione�dispone�di�un�termine�di�sei�mesi�per�comunicare,�se�del�caso,�le�proprie� osservazioni�allo�Stato�membro�interessato�. IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 799 errore�delle�autorita��nazionali,�che�a�sua�volta�ha�dato�luogo�ad�una�decisione� (della�Commissione)�di�esonero�dal�pagamento�dei�diritti�per�legittimo�affida- mento�ai�sensi�dell'art.�220�paragrafo�2�del�Reg.(CEE)�2913/92.� Tale�ultima�disposizione�prevede:� �2.�Eccetto�i�casi�di�cui�all'articolo�217,�paragrafo�1,�secondo�e�terzo� comma,�nonsiprocede�alla�contabilizzazione�aposteriori�quando: a)�la�decisione�iniziale�di�non�contabilizzare�i�dazi�o�di�contabilizzarli�aun� livello�inferiore�all'importo�legalmente�dovuto�e��statapresa�in�base�a�disposizioni� di�carattere�generale�successivamente�invalidate�da�una�decisione�giudiziaria;� b)�l'importo�dei�dazi�legalmente�dovuto�non�e��stato�contabilizzato�per�un� errore�dell'autorita��doganale,�che�non�poteva�ragionevolmente�essere�scoperto� dal�debitore�avendo�questi�agito�in�buona�fede�e�rispettato�tutte�le�disposizioni� previste�dalla�normativa�in�vigore�riguardo�alla�dichiarazione�in�dogana�.� Maunavoltaesclusol'obbligodicontabilizzazionenonrisultapiu��applica- bile�l'art.�17�paragrafo�2�del�Reg.�n.�1552/89�che,�come�si�e��detto,�presuppone� l'avvenuta�registrazione.� D'altro�canto�la�conferma�della�infondatezza�della�pretesa�della�Commis- sione�e��data�proprio�dai�vari�tentativi�(l'ultimo�nel�1999,�tramite�una�proposta� di�modifica�dell'articolo�2�del�Reg.�1552/89),�che�la�stessa�Commissione�ha� posto�in�essere�a�partire�dal�1990,�per�introdurre�una�esplicita�previsionedi� responsabilita��degli�Stati�membri�per�gli�errori�verificatisi�in�sede�di�accerta- mento�di�risorse�proprie�della�Comunita��.� Come�la�stessa�Commissione�riconosce�alpunto�22�della�sua�replica,�queste� proposte�di�modifica�hanno�sempre�trovato�l'opposizione�di�gran�parte�degli� Stati�membri.� E�opportunoprecisare�che�non�si�tratta�di�una�difesa�diposizioni�diprivile- gio�mediante�l'esclusione�di�qualsiasi�responsabilita��degli�Stati�per�gli�errori� commessi.� Come�la�stessa�Commissione�ha�precisato�nel�Documento�di�Lavoro� BUDG/266/00�(paragrafo�4)��L'onerefinanziario�derivante�da�errori�ammini- strativi,�quando�gli�Stati�membri�non�ne�assumono�le�responsabilita��individuali,� e��distribuito�da�tutti�gli�Stati�membri�secondo�il�livello�dei�rispettivi�contributi� fondati�sul�PNL�(la�quarta�risorsa)�. La�Commissione�pertanto�non�viene�a�subire�alcuna�effettiva�riduzione� delle�sue�risorse.�Ilproblema�e��soltanto�se�le�conseguenze�degli�errori�delle�auto- rita��nazionali�debbano�gravare�esclusivamente�sul�singolo�Stato�o�se�debbano� invece�essere�poste�a�carico�di�tutti�gli�Stati.� Comee��confermatodallastessaCommissione,lamaggiorpartedegliStati� e��favorevole�alla�seconda�soluzione.� D'altronde,�come�correttamente�evidenzia�il�Regno�di�Danimarca�nel�suo� controricorso�(punto11),�laprimasoluzioneporterebbeaconseguenzespropor- zionate�nei�confronti�dei�paesi�attraverso�i�quali�viene�importata�una�maggiore� quantita��di�merci,�anche�destinate�ad�altri�Stati.� PerisuddettimotiviilGoverno�italiano�chiedechela�Corteaccolgalecon- clusioniformulate�dal�Regno�di�Danimarca.� Roma,�24�settembre�2003�^Avvocato�dello�Stato�Gianni�De�Bellis�.� 800 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Causa C-493/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Commercio illegale sostanze stupefacenti -Estradizione -Art.�54�del�Trattato�di�Schengen�- Principio�non bis in idem -Ordinanza�della�Cour d'appel (Francia),� emessa�il�4�novembre�2003�e�notificata�l'8�gennaio�2004�(cs.�5566/04,� avv.�dello�Stato�G.�Aiello).� IL fattO I�fatti�imputati�al�sig.�Hiebler�riguardano�l'invio�di�sostanze�stupefacenti� dagli�Stati�Uniti�in�Germania,�Paese�nel�quale�tali�sostanze�hanno�transitato� prima�di�essere�convogliate�in�Italia,�destinazione�finale�dell'operazione;�si� pone�quindi�la�questione�se�il�trasporto�e�la�vendita�di�una�stessa�quantita� di�sostanze�stupefacenti�punibili�sia�in�Germania�sia�in�Italia,�debbano�essere� considerati�come�un�solo�reato�o�come�reati�distinti.� Si�pone,�altres|�,�la�questione�se�la�Francia,�Stato�destinatario�della� richiesta�di�estradizione�dell'Italia,�possa�fondare�sull'art.�54�della�Conven- zione�di�Schengen�il�diritto�di�rilevare�che�la�persona�ricercata�nell'ambito� di�una�procedura�di�estradizione�da�un�altro�Stato�contraente,�lo�Stato� italiano,�sia�gia�stata�condannata�con�sentenza�definitiva�per�gli�stessi�fatti� in�un�terzo�Stato�contraente,�la�Repubblica�federale�di�Germania,�Stato�terzo� al�procedimento�di�estradizione,�e�di�rifiutare�per�tale�ragione,�in�virtu�del� principio��non bis in idem�,�di�concedere�l'estradizione.� IquesitI 1.�^Se�il�trasporto�e�la�vendita�di�una�stessa�quantita�di�sostanze�stupe- facenti�debbano�essere�considerati�fattispecie�diverse�a�seconda�che�interven- gano�all'interno�di�un�solo�Stato�membro�o�avvengano�da�uno�Stato�membro� ad�un�altro.� 2.�^Se�l'importazione�in�uno�Stato�membro�di�una�stessa�quantita�di� sostanze�stupefacenti�e�il�suo�trasporto�a�breve�termine�in�un�altro�Stato� membro�costituiscano�una�stessa�fattispecie�o�fattispecie�differenti.� 3.�^Se�l'art.�54�della�Convenzione�di�Schengen�del�19�giugno�1990�auto- rizzi�uno�Stato�membro�contraente�cui�sia�stata�rivolta�una�richiesta�di�estra- dizione�ad�eccepire�il�principio��non bis in idem�,�sussistendo�i�presupposti� di�applicazione�dello�stesso,�anche�qualora�la�condanna�definitiva�opposta� per�bloccare�un'azione�penale�non�sia�stata�pronunciata�in�tale�Stato�ma�in� un�altro�Stato�contraente.� 4.�^Se�il�divieto�stabilito�dalle�disposizioni�dell'art.�54�della�Conven- zione�di�Schengen�si�opponga�all'esecuzione�di�una�sentenza�di�condanna� pronunciata�in�uno�Stato�membro�prima�dell'entrata�in�vigore�della�detta� convenzione.� 5.�^Se�la�fattispecie�di�reato�di�spaccio�di�quantita�non�minime�di� sostanze�stupefacenti�illecite,�prevista�e�repressa�dalle�pertinenti�disposizioni� tedesche�sugli�stupefacenti�tuteli�gli�stessi�interessi�giuridici�o�interessi�giuri- dici�diversi�da�quelli�tutelati�dalla�figura�di�reato�di�importazione,�detenzione� illecita�e�cessione�di�quantita�non�minime�e�in�parti�ingenti�di�sostanze�stupe- facenti,�prevista�e�repressa�dalle�pertinenti�disposizioni�italiane�artt.�71,�72,� 74�commi�l,�n.�2,�e�2,�e�75�della�legge�italiana�22�dicembre�1975,� n.�685/1975,�e�dagli�artt.�81,�56�e�110�del�codice�penale�italiano).� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�801 NotA �Il�Ministero�della�Giustizia�informa�che�in�data�9�dicembre�2003�l'Ufficio� II�della�Direzione�Generale�della�Giustizia�Penale�ha�richiesto�al�collaterale� Ministero�Federale�della�Giustizia�tedesco�l'attestazione�dell'avvenuta�estinzione� della�pena�irrogata�dal�Tribunale�degli�Scabini�presso�la�Pretura�di�Monaco� contro�Hiebler�Andre�Rochus,�e�che,�a�riscontro�della�predetta�richiesta,�quel� Ministero�con�nota�del�9�gennaio�2004,�ha�confermato�l'avvenuta�esecuzione� della�pena�inflitta�allo�Hiebler.� In�conseguenza�di�cio�in�data�23�gennaio�2004�l'ufficio�II�della�Direzione� Generale�ha�disposto�il�ritiro�delle�domande�di�estradizione�avanzate�agli�Stati� francese,�olandese�e�polacco,�nonche�la�revoca�della�diffusione�delle�ricerche�a� livello�internazionale�del�soggetto�gia�estradando.�.� Causa C-536/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^IVA ^Impresa immobil iare ^Settore vendita (esente) e settore appalti (imponibile) ^Volume degli affari ^Calcolo percentuale di deduzione di IVA ^Prorata di deduzione Art.19,n.�1Direttiva77/388/CEE^VIdirettiva^Ordinanzadel�Supremo� Tribunal�Administrativo�(Portogallo),�emessa�il�22�dicembre�2003�e�notifi- cata�il�9�febbraio�2004�(cs.�13179/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).� IL fattO La�controversia�verte�sulla�modalita�di�calcolo�della�percentuale�di� deduzione�nel�sistema�comune�di�imposta�sul�valore�aggiunto.� La�societa�portoghese�ricorrente,�Antonio�Jorge�Lda,�dedita�all'esercizio� di�attivita�di�edilizia�civile�e�di�opere�pubbliche,�propone�ricorso�avverso�la� sentenza�del�Tribunale�tributario�di�primo�grado�che�ha�accolto,�in�parte,� l'impugnazione�proposta�in�sede�giurisdizionale�avverso�la�decisione�che� dispone�la�liquidazione�di�un�supplemento�di�IVA,�e�degli�interessi�compen- sativi�relativi�agli�anni�dal�1994�al�1997,�da�parte�dell'impugnante,�addu- cendo,�a�motivo�del�ricorso,�l'errore�tecnico�dell'Amministrazione�finanziaria� nel�calcolo�delle�somme�dovute�dal�soggetto�passivo�a�titolo�di�IVA,�ai�sensi� dell'art.�23,�n.�4,�del�CIVA.� L'amministrazione�avrebbe,�infatti,�escluso�dal�denominatore�della�fra- zione�di�cui�all'art.�19,�n.�1,�della�sesta�direttiva,�la�variazione�di�valore�alla� produzione�o�delle�opere�in�corso�di�esecuzione,�ai�fini�del�calcolo�del�prorata di�deduzione,�negando�in�tal�modo�alla�societa�edilizia�portoghese�il�diritto� alla�deduzione�parziale�dell'IVA.�La�ricorrente�afferma�che�la�variazionedi� valore�alla�produzione�o�delle�opere�in�corso�corrisponderebbe,�infatti,�ai� costi�sostenuti�da�un'impresa�in�un�dato�esercizio�e�non�integrerebbe,�invece,� il�concetto�di�volume�d'affari�annuo�cui�si�riferisce�l'art.�19�della�Direttiva� 77/388/CEE;�non�aggiungerlanel�calcolo�del�prorata�di�deduzione�significhe- rebbe�imporre�alla�stessa�un�doppio�impiego�dei�costi,�dal�momento�che�si� ridurrebbe�la�percentuale�di�deduzione�IVA�cui�essa,�soggetto�passivo,� avrebbe�diritto.� IL quesitO Se�l'art.�23,�n.�4,�del�CIVA�(codice�IVA),�vigente�in�Portogallo,�che�da� attuazione�all'art.�19�della�Direttiva�77/388/CEE,�sia�compatibile�con�tale� norma�qualora�sia�interpretato�nel�senso�che�ai�fini�del�calcolo�della�percen- tuale�di�deduzione�IVA�(il�c.d.�prorata)�a�carico�del�detto�soggetto�si�debba� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� prendere�in�considerazione�nel�denominatore�della�frazione,�oltre�al�volume� di�affari�annuo,�anche�il�valore�delle�opere�in�corso�alla�fine�di�ciascun�anno� e�non�ancora�commercializzate,�a�seguito�dell'acquisizione�di�beni�e�servizi� destinati�all'attivita�in�ambedue�i�settori�(le�c.d.�acquisizioni�di�immobilizza- zioni).�Ovvero�nel�senso�di�prendere�in�considerazione�unicamente�il�volume� degli�affari.� Causa C-542/03 (domanda di pronuncia pregiudiziale) -Restituzione all'esport azione -Prodotto diverso da quello dichiarato ma ad esso assimilato - Regolamento�(CE)�n.�1222/1994�-Ordinanza�del�Bundesfinanzhof� (Germania),�emessa�il�18�novembre�2003�e�notificata�il�4�maggio�2004� (cs.�28135/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).� IL fattO Il�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�nella�quale�l'agenzia� delle�dogane�di�Amburgo�ha�richiesto�il�rimborso�delle�restituzioni�all'espor- tazione�concesse�alla�societa�Milupa�GmbH�&�Co.�KG,�sulla�considerazione� che�la�dichiarazione�da�questa�rilasciata,�al�momento�dell'esportazione,�rela- tiva�alle�merci�oggetto�di�scambio,�non�fosse�corretta.� IL quesitO Se�l'art.�7,�n.�1,�primo�comma,�seconda�frase,�e�n.�5�del�regolamento� n.�1222/1994,�vada�interpretato�nel�senso�che�l'interessato�non�ha�diritto�alla concessione�di�una�restituzione�all'esportazione,�qualora�per�la�produzione� della�merce�esportata�non�sia�stato�utilizzato�il�prodotto�da�lui�stesso�dichia- rato,�bens|�un�altro�prodotto,�sebbene,�ai�sensi�dell'art.�1,�n.�2,�lett.�c),�primo� trattino,�e�lettera�f),�primo�trattino,�del�detto�regolamento,�entrambi�i�pro- dotti,�il�latte�scremato�fresco�e�quello�concentrato,�siano�assimilati�al�latte scremato�in�polvere�del�tipo�individuato�nell'allegato�A.� Cause C-544/03 e C-545/03 (domande di pronuncia pregiudiziale) ^Imposta su infrastrutture di comunicazioni mobili e personali ^Libera prestazione dei servizi ^Art.�49�CE�^Nozione�di��restrizione��di�cui�all'art.�3-quater� della�direttiva�90/388/CEE�inserito�dalla�direttiva�96/2/CE�^Sentenze� del��Conseil�d'Etat��(Belgio)�emesse�il�giorno�8�dicembre�2003,�notificate� il�17�marzo�2004�(cs.�20808�e�20809/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO In�entrambi�i�ricorsi,�promossi�da�due�distinte�societa�(S.A.Mobistar�e� Belgacom�Mobile�SA),�si�richiede�l'annullamento�del�regolamento�tributario� che�ha�istituito:�a)�nel�Comune�di�Fle�ron�un'imposta�sui�tralicci,�pali�ed� antenne�di�diffusione�per�GSM,�e�b)�nel�Comune�di�Schaerbeek,�un'imposta� sulle�antenne�esterne�(paraboliche�e�ripetitori�GSM�o�di�altro�tipo).� Le�ricorrenti,�per�quanto�qui�interessa,�fanno�riferimento�all'art.�49�CE,� che�vieta�ogni�restrizione�alla�libera�prestazione�dei�servizi,�e�che�si�pone� come�fondamento�primo�della�direttiva�96/2/CE,�e�richiamano,�altres|� l'art.�3-quater�della�direttiva�90/388/CEE�che�richiede�agli�Stati�membri�di� provvedere��affinche�sia�rimossa�ogni�restrizione�per�i�gestori�dei�sistemi�di� comunicazioni�mobili�e�personali�in�relazione�all'installazione�delle�loro�infra- strutture...�;�le�ricorrenti�ritengono�che�i�regolamenti�tributari�impugnati�rap- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�803 presentino�una�restrizione�allo�sviluppo�delle�loro�reti�di�telefonia�e�teleco- municazioni�mobili�e�che�la�tassa�contestata�rientri�nella�categoria�finanzia- ria�delle�restrizioni�vietate.� Da�parte�loro�i�Comuni�convenuti�ritengono�che�il�termine�restrizione,di� cui�al�precitato�art.�3-quater,�si�riferisca�esclusivamente�alle�restrizioni�tecni- che�della�possibilita�per�i�gestori�di�sistemi�di�comunicazioni�mobili�e�perso- nali�di�dotarsi�di�infrastrutture�proprie.� Il�giudice�a�quo�ritiene�che�per�valutare�se�i�regolamenti�tributari�impu- gnati�siano�o�meno�contrari�alla�direttiva�96/2/CE,�laddove�essa�vieta�le� restrizioni�allo�sviluppo�delle�reti�di�comunicazioni�mobili,�occorre�chiarire� la�nozione�di��restrizione�,�peraltro�non�definita�ne�all'art.�1�ne�all'art.�3-qua- ter�della�direttiva�90/388/CEE.�Egli�esprime�il�ragionevole�dubbio�che� l'art.�3-quater�possa�riguardare�anche�misure�fiscali�applicabili�alle�infrastrut- ture�di�comunicazioni�mobili�e,�pertanto,�rimette�alla�Corte�le�questioni�pre- giudiziali�sopra�indicate.� IquesitI 1.��Se�l'art.�49�CE�debba�essere�interpretato�nel�senso�che�esso�osta�a� una�normativa�di�un'autorita�nazionale�o�di�un�ente�locale�che�introduca� un'imposta�sulle�infrastrutture�di�comunicazioni�mobili�e�personali�utilizzate� nell'ambito�dello�sfruttamento�delle�attivita�previste�nelle�licenze�e�nelle�auto- rizzazioni;� 2.��se�l'art.�3-quater�della�direttiva�90/388/CEE,�nella�parte�in�cui� riguarda�la�rimozione�di��ogni�restrizione�,�osti�a�una�normativa�di�un'auto- rita�nazionale�o�di�un�ente�locale�che�introduca�un'imposta�sulle�infrastrut- ture�delle�attivita�previste�nelle�licenze�ed�autorizzazioni.� Causa C-1/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Procedura di insolvenza ^Apertura della procedura ^Giudice competente ^Trasferimento del cent ro degli interessi principali del debitore ^Art.�3,�n.�1,�primo�periodo,� Regolamento�(CE)�n.�1346/00�^Ordinanza�del��Bundesgerichtshof�� (Germania)�emessa�il�27�novembre�2003,�notificata�il�2�marzo�2004� (cs.�14785/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�situazione,�oggetto�della�causa�controversa,�configura�una�fattispecie� non�disciplinata�dall'art.�3�del�Regolamento�(CE)�del�Consiglio�29�maggio 2000,�n.�1346,�che�individua�le�regole�di�definizione�della�competenza�del�giu- dice�relativamente�all'apertura�di�una�procedura�di�insolvenza�a�livello�inter- nazionale,�in�quanto�al�paragrafo�1,�primo�periodo,�afferma�che��sono�com- petenti�adaprire�laprocedura�di�insolvenza�igiudicidello�Stato�nel�cui�territorio� e�situato�il�centro�degli�interessi�principali�del�debitore�.� Per�l'individuazione�della�nozione�di��centro�degli�interessi�principali�,�il� tredicesimo�considerando�del�medesimo�Regolamento�afferma�che�per�esso� �si�dovrebbe�intendere�il�luogo�in�cui�il�debitore�esercita�in�modo�abituale�e,�per- tanto,�riconoscibile�dai�terzi,�la�gestione�dei�suoi�interessi�.� Nel�caso�di�specie�la�debitrice,�esercente�a�titolo�di�impresa�individuale� attivita�di�commercio�di�apparecchi�ed�accessori�di�telecomunicazione,�pre- sentava�domanda�di�apertura�del�procedimento�di�insolvenza�sul�proprio� patrimonio�e�trasferiva,�poi,�il�centro�dei�suoi�interessi�principali�in�un�altro� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Stato�membro�prima�che�fosse�adottata�la�decisione�definitiva�sull'apertura� del�procedimento,�piu�precisamente,�nel�periodo�intercorrente�tra�il�momento� di�presentazione�della�domanda�di�apertura�del�procedimento�al�giudice�di� primo�grado�(6�dicembre�2001)�e�quello�dell'impugnazione�della�decisione� del�Tribunale�che�respingeva�tale�domanda�(10�aprile�2002).� IL quesitO Se�il�giudice�dello�Stato�membro�in�cui�sia�stata�proposta�la�domanda�di� avvio�del�procedimento�di�insolvenza�resti�competente�a�decidere�in�merito� all'apertura�del�procedimento�di�insolvenza�quando�il�debitore,�successiva- mente�alla�proposizione�della�domanda�ma�anteriormente�all'apertura�del� procedimento�stesso,�abbia�trasferito�il�centro�dei�propri�interessi�principali� nel�territorio�dell'altro�Stato�membro;�ovvero�se�la�competenza�venga�trasfe- rita�al�giudice�dello�Stato�membro�di�destinazione.� Cause C-3/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Nozione di agente comm erciale ^Contratti di agenzia ^Noleggio di una nave ^Intermediario intervenuto nella conclusione di un unico contratto prorogato ogni anno ^ Direttiva�86/653/CEE�^Ordinanza�del��Rechtbank��(Paesi�Bassi)� emessa�il�10�dicembre�2003,�notificata�il�18�febbraio�2004�(cs.�16798/04,� avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Nel�caso�di�specie�la�societa�Poseidon�(ricorrente),�faceva�da�intermedia- ria�nel�noleggio�della�nave��Harns�,�successivamente�ribattezzata� �Marianne�,�di�proprieta�della�societa�armatrice��Marianne��(convenuta),� cor�la�societa�Maritramp.�Tranne�che�in�due�occasioni�dimostrabili�le�tratta- tive�annuali�riguardo�alla�proroga�del�contratto�di�noleggio�sono�state�spesso� condotte�direttamente�tra�la�Marianne�e�la�Maritramp.�La�ricorrente�trascri- veva�il�risultato�delle�trattative�annuali�relative�alla�proroga�del�time-charter (noleggio�a�tempo)�in�una�cosiddetta�clausola�aggiuntiva.�Essa�dal�1994�al� 2000�ha�ricevuto�una�provvigione�(commissione)�pari�al�2,5%�del�nolo�per�il time-charter,�ed�un�corrispettivo�(separato)�per�curare�la�parte�amministra- tiva�relativa�alle�retribuzioni�del�personale�di�bordo�dell'impresa�armatrice� convenuta.� La�Poseidon�nella�domanda�giudiziale�chiede�un�risarcimento�dei�danni� in�quanto,�con�riguardo�al�contratto�di�agenzia,�non�e�stato�osservato�il�ter- mine�di�preavviso�previsto�dalla�legge�ed�essa�ha�perso�la�commissione.�Inol- tre,�la�Poseidon�chiede�il�pagamento�di�un'indennita�di�clientela�e�infine�un� risarcimento�per�le�attivita�amministrative�per�le�retribuzioni�del�personale� di�bordo,�che�non�rientrano�nell'asserito�contratto�di�agenzia.�La�parte�piu� consistente�della�pretesa�viene�fondata�sulla�sussistenza�di�un�contrattodi� agenzia�tra�le�parti.� La�societa�armatrice�convenuta�contesta�tale�domanda.�Per�essa�non� sussisterebbe�un�contratto�di�agenzia.�Come�si�evince�dalla�formulazione�del- l'art.�7:428�del�codice�civile�olandese�elemento�caratteristico�di�un�contratto� di�agenzia�e�che�durante�un�certo�periodo�venga�effettuata�una�intermedia- zione�ai�fini�della�conclusione�dei�contratti�e�che�per�tale�intermediazione� sia�pagato�un�compenso.�Nella�fattispecie�la�Poseidon�ha�effettuato�l'interme- diazione�esclusivamente�per�la�conclusione�di�un�contratto,�vale�a�dire�il�con- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�805 tratto�di�noleggio,�che�e�stato�piu�volte�prorogato.�Cio�non�costituirebbe� intermediazione�ai�sensi�del�suindicato�articolo�del�codice�civile,�in�quanto� in�un�contratto�di�agenzia�la�quantita�dei�contratti�per�i�quali�si�effettua�l'in- termediazione�e�un�elemento�centrale.�Secondo�la�convenuta�l'affermazione� della�ricorrente�che�il�contratto�di�noleggio�e�stato�prorogato�annualmente� con�la�sua�mediazione�non�appare�veritiera,�in�quanto�la�ricorrente�si�limi- tava�soltanto�a�mettere�per�iscritto,�in�una�clausola�aggiuntiva,�il�risultato delle�trattative.�La�preparazione�di�una�clausola�aggiuntiva�rientra,�a�giudizio� della�convenuta,�nella�prestazione�di�servizi�amministrativi�e�non�ha�nulla�a che�vedere�con�attivita�di�intermediazione,�permanente�e�non�occasionale,� ovvero�di�agenzia.� IquesitI 1.��Se�si�tratti�di�un�agente�commerciale,�ai�sensi�della�direttiva� 86/653/CEE,�nel�caso�di�un�intermediario�indipendente�che�e�intervenuto� nella�conclusione�di�un�unico�contratto�(charter di�una�nave�o�noleggio)� (e�non�di�molteplici�contratti),�prorogato�ogni�anno�e�in�cui,�relativamente� alla�proroga�del�noleggio,�le�trattative�sono�state�condotte�dal�proprietario� della�nave�e�da�un�terzo�(tranne�che,�per�il�periodo�1994-2000,�nel�1999)�e�il� loro�risultato�e�messo�per�iscritto�in�una�clausola�aggiuntiva�ad�opera�dell'in- termediario;� 2.��se�per�la�soluzione�alla�questione�1�sia�inoltre�rilevante,�laddove�sia� necessario�valutare�se�si�tratti�di�un�contratto�di�agenzia,�che�sia�stato�pagato� per�anni�un�compenso�(provvigione)�pari�al�2,5%�del�nolo�e/o�che�nell'art.�7,� n.�1,�della�direttiva�si�menziona�una��operazione�(...)�conclusa��e�che�sussiste� un�diritto�alla�provvigione��quando�l'operazione�e�stata�conclusa�con�un� terzo�che�[l'intermediario]�aveva�precedentemente�acquisito�come�cliente�per� operazioni�dello�stesso�tipo�;� 3.��se�per�la�soluzione�della�questione�1�sia�rilevante�che�nell'art.�17� della�direttiva�si�parli�di��clienti��e�non�di�cliente.� Causa�C-39/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Imposte�sulle�societa�- Credito�d'imposta�per�la�ricerca�-Residenza�-Restrizioni�alla�libera�pres tazione�dei�servizi�-Art.�49�CE�-Sentenza�del�Tribunal Administratif di�Digione�(Francia),�emessa�il�2�dicembre�2003,�notificata�il�10�marzo� 2004�(es.�18123/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).� IL fattO La�societa�francese�SA�Laboratoires�Fournier,�con�sede�a�Cheno�ve� (Co�te�d'Or)�chiede�al�Tribunale�di�dichiarare�lo�sgravio�delle�maggiorazioni� d'imposta�sulle�societa�cui�e�stata�assoggettata�per�gli�esercizi�1995�e�1996,� oltre�ai�relativi�interessi�di�mora,�con�condanna�dello�Stato�a�versarle�23�920� F�ai�sensi�dell'art.�L761-1�del�codice�di�giustizia�amministrativa�e�100�F�a�titolo� rimborso�affrancatura.� Detta�societa�di�produzione�e�vendita�di�specialita�farmaceutiche�fu� oggetto�di�verifica�contabile�tra�il�20�gennaio�1998�e�il�1�dicembre�1998�rela- tiva�al�periodo�1.�gennaio�1995�-31�dicembre�1996,�in�esito�alla�quale�le�veni- vano�notificati�avvisi�d'accertamento�relativi�al�credito�d'imposta�per�la� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ricerca�di�cui�aveva�beneficiato�con�riguardo�all'imposta�sulle�societa�per�il� summenzionato�periodo;�a�seguito�di�tali�avvisi�la�tesoreria�di�Cheno�ve�ema- nava,�in�data�30�settembre�1999,�avviso�di�liquidazione.� La�societa�proponeva�opposizione�il�4�febbraio�2000,�respinta�il� 25�luglio�dell'anno�seguente.�La�societa�chiedeva�lo�sgravio�delle�maggiora- zioni�d'imposta�sulle�societa�nonche�gli�interessi�di�mora�risultanti�dagli� avvisi.� Il�punto�e�la�conformita�delle�disposizioni�fiscali�applicabili�alle�disposi- zioni�di�cui�all'art.�49�CE.� IquesitI 1.�^Se�le�disposizioni�del�codice�generale�delle�imposte,�nella�parte�in�cui� riservano�alle�operazioni�di�ricerca�compiute�in�Francia�il�beneficio�di�un� credito�di�imposta�per�la�ricerca,�siano�in�contrasto�con�le�disposizioni�di� cui�all'art.�49�CE;� 2.�^in�caso�di�risposta�affermativa�alla�prima�questione,�occorre�accer- tare�se�la�condizione�secondo�cui�le�operazioni�di�ricerca�previste�dalle�dette disposizioni�devono�essere�realizzate�in�Francia�sia�in�linea�con�il�principio� di�coerenza�dell'imposta�sulle�societa�e�consenta,�pertanto,�di�derogare�alle� disposizioni�di�cui�all'art.�49�CE.� Cause C-40/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Libera circolazione delle merci ^Restrizioni quantitative e misure ad effetto equivalente ^ Requisiti di sicurezza di macchinari ^Artt.�10,�28�e�30�CE�^Direttiva� 98/37/CE�^Domanda�di�pronuncia�pregiudiziale�emessa�il�30�gennaio� 2004�dalla�Corte�Suprema�finlandese,�notificata�il�25�marzo�2004� (cs.�22621/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Il�giudizio�e�sorto�a�seguito�di�ricorso�in�cassazione�presentato�dal�diret- tore�generale�e�rappresentante�di�una�societa�finlandese�avverso�la�sentenza� che�lo�condannava�per�i�reati�di�violazione�della�sicurezza�sul�lavoro�e�lesione� colposa,�per�aver�omesso�di�controllare�che�un�macchinario�munito�del�mar- chio�CE,�importato�dalla�Francia�dalla�societa�da�lui�diretta�e�successiva- mente�messo�in�circolazione�ed�impiegato�sul�lavoro,�risultato�difettoso�al� punto�da�cagionare�un�grave�infortunio�ad�un�lavoratore,�fosse�stato�proget- tato�e�fabbricato�in�conformita�alle�vigenti�disposizioni�in�materia.� Nel�ricorso�si�contesta,�fra�l'altro,�la�legittimita�della�normativa�nazio- nale�vigente�per�contrasto�con�le�su�richiamate�disposizioni�di�diritto�comuni- tario,�il�che�ha�indotto�il�giudice�di�rinvio�a�sollevare�la�questione�oggetto� del�presente�giudizio�pregiudiziale.� IquesitI 1.��Quali�limitazioni�pone�il�diritto�comunitario,�tenendo�conto�spe- cialmente�della�direttiva�98/37/CEE�nonche�degli�artt.�28�e�30�del�Trattato� CE,�agli�obblighi�che�il�diritto�nazionale�puo�imporre�all'importatore�(o�ad� un�altro�distributore)�di�una�macchina�munita�della�marcatura�CE,�con� riguardo�alle�caratteristiche�relative�alla�sicurezza�della�macchina� �prima�di�un'ulteriore�vendita�e� �dopo�la�medesima.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�807 2.��Si�spera�in�particolare�che�venga�chiarito:� a)�in�quale�estensione�ed�a�quali�condizioni�gli�obblighi�di�azione�e�di� controllo�posti�a�carico�dell'importatore�(o�altro�distributore)�di�una�mac- china�munita�della�marcatura�CE�in�rapporto�alla�sicurezza�della�macchina� stessa�possano�considerarsi�leciti�sotto�il�profilo�del�diritto�comunitario;� b)�se�ed�in�quale�misura�la�valutazione,�in�rapporto�al�diritto�comuni- tario,�degli�obblighi�posti�a�carico�dell'importatore�(o�di�altro�distributore)� dipenda�dalla�questione�di�quali�lacune�concernenti�la�sicurezza�della�mac- china�si�tratti;� c)�se�ed�in�caso�di�risposta�affermativa,�in�quale�misura�il�disposto� dell'art.�40�della�tyo�turvallisuuslaki�di�cui�al�punto�10�supra�sia�in�contrasto� con�il�diritto�comunitario,�tenuto�conto�delle�conseguenze�di�diritto�penale�e� relative�all'obbligo�di�risarcimento�dei�danni�descritte�ai�punti�12-15�supra,� che�derivano�dall'inosservanza�del�disposto�medesimo.� Causa C-41/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) -IVA -Pacchetto software - Installazione -Cessione di bene o prestazione di servizio -Artt.2,n.1,5,n.1,6,� n.1,9,n.1,�sestadirettiva77/388/CEE-Sentenzadella�HogeRaadderNeder- lander,�emessa�il�30�gennaio�2004�dalla�Corte�di�Cassazione�dei�Paesi�Bassi�e� notificatail17�marzo2004(es.�24430/04,avv.delloStatoG.DeBellis).� IL fattO Giudizio�sorto�a�seguito�dell'impugnazione�da�parte�di�una�societa� (Levob�Verzekeringen�B�V,�O.V.�Bank�N.V.,�C.s.�con�sede�in�Amersfoort)� della�sentenza�della�Corte�d'Appello�che�aveva�rigettato�il�suo�ricorso�conil� quale�chiedeva�l'annullamento�dell'avviso�di�rettifica�IVA�notificatele�dall'au- torita�fiscale�(Belastingdienst�Grote�Ondermemingen�di�Amsterdam,�de�Inspec- teur),�convenuta�nella�causa�principale,�per�aver�acquistato�da�una�ditta�ame- ricana�un�pacchetto�software,�successivamente�adattato�alle�proprie�esigenze� specifiche,�senza�aver�denunziato�nessun�importo�nella�dichiarazione�IVA.� Ad�avviso�della�societa�ricorrente,�infatti,�la�fornitura�del�software� doveva�qualificarsi�come�cessione�di�un�bene�e,�dal�momento�che�era�avve- nuta�in�territorio�estero,�vale�a�dire�negli�Stati�Uniti,�non�poteva�essere� assoggettata�ad�imposta�nei�Paesi�Bassi.�Al�piu�,�sostiene�in�subordine�la� societa�ricorrente,�si�potrebbe�ritenere�che�vi�sono�state�due�prestazioni distinte,�la�cessione�di�un�bene�(il�pacchetto�software)�e�la�fornitura�di�un� servizio�(la�configurazione�del�pacchetto�informatico),�nel�qual�caso�solo�la� seconda�andrebbe�assoggettata�ad�IVA�essendo�la�prima,�come�predetto,� avvenuta�fuori�del�territorio�olandese.�Nella�prima�ipotesi,�l'avviso�di�retti- fica�sarebbe�integralmente�illegittimo,�nella�seconda,�solo�nella�parte�riguar- dante�la�cessione�del�pacchetto�software.� La�Corte�d'Appello�ha�tuttavia�rigettato�detta�tesi�sul�presupposto�che�la� societa�ricorrente�avrebbe�acquistato�l'intero�pacchetto�informatico�nei�Paesi� Bassi�nel�momento�in�cui�esso�le�e�stato�messo�a�disposizione�mediante� adattamento�alle�sue�esigenze�specifiche,�dichiarando�che�l'IVA�era�dovuta� sull'intero�corrispettivo�da�essa�pagato.� Avverso�la�sentenza�della�Corte�d'Appello�la�Societa�ricorrente�ha� proposto�ricorso�in�Cassazione�e�nell'ambito�di�detto�giudizio�quest'ultimo� giudice�ha�sollevato�i�quesiti�pregiudiziali�oggetto�della�presente�causa.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� IquesitI 1.�^Se�la�sesta�direttiva�IVA�(artt.�2,�n.�1,�5,�n.�1,�e�6,�n.�1)�debba�essere� intesa�nel�senso�che�un�pacchetto�software (programma�standard per�compu- ter�cos|�come�elaborato�e�immesso�sul�mercato�dal�titolare�della�licenza)�e� l'installazione�e�le�altre�prestazioni�di�servizi�(successivi�adattamenti�del� medesimo�programma�in�base�alle�esigenze�dell'acquirente)�debbano�essere� considerate�un'unica�prestazione�o�come�diverse�prestazioni�da�tenere� distinte�ai�fini�IVA.� 2.�^In�secondo�luogo,�se�la�cessione�del�software su�un�supporto�magne- tico�(CD�Rom�o�nastri�magnetici)�debba�essere�considerata�alla�stregua�di� una�cessione�di�un�bene�o�di�una�prestazione�di�un�servizio�e�in�quest'ultimo� caso�in�quale�luogo�tale�servizio�deve�intendersi�prestato�(art.�9,�n.�1,�della� direttiva).� Causa�C-43/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Produttori�agricoli- Regime�comune�forfetario�-Imposte�sulla�cifra�d'affari�-Attivita�privatis tiche�dei�pubblici�poteri�-Esenzione�del�pagamento�dell'imposta�sulla� cifra�d'affari�-Regime�delle�operazioni�extra-agricole�-Direttiva� 77/388/CEE�(sesta�direttiva�IVA)�-Art.�25�-Ordinanza�del�Bundesfi- nanzhof (Germania),�emessa�il�27�novembre�2003�nella�causa�Finanzamt Arnsberg contro�Comune�di�Sundern,�notificata�il�10�marzo�2004�(cs.� 19474/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).� IL fattO Nel�caso�in�specie,�il�Comune�(ricorrente�in�primo�grado�e�convenuto�in� Cassazione)�possiede�superfici�forestali�per�le�quali�ha�percepito,�nel�periodo 1994-99,�entrate�derivanti�da�vendite�di�legname�e�sfruttamento�delle�aree� forestali,�nonche�da�affitti�dei�propri�comprensori�di�caccia�che�ha�trattato� come�soggette�al�regime�forfetario�previsto�dalla�legge�tedesca�e�percio�non� dichiarato�ai�fini�dell'imposta�sulla�cifra�d'affari.�Il�Finanzamt (Ufficio�finan- ziario)�ha�contestato�in�sede�di�verifica�d'ufficio,�e�poi�sostenuto�nei�giudizi� che�ne�sono�seguiti,�che�le�citate�cessioni�non�dovevano�essere�annoverate tra�le�operazioni�a�carattere�agricolo�bens|�dovevano�essere�assoggettate�ad� imposta�in�base�alle�norme�generali�e�quindi�ad�aliquota�ordinaria.� Il�Finanzgericht (Tribunale�finanziario)�ha�accolto�la�tesi�del�ricorrente,� ma�tale�decisione�e�stata�impugnata�dall'amministrazione�procedente�conte- stando�che�la�nozione�di�azienda�agro-forestale�si�determina�sulla�base�dei� principi�giuridici�in�materia�di�imposte�sul�reddito.�La�cessione�in�affitto�di� aree�venatorie�sarebbe�cos|�assoggettata�all'imposta�ordinaria.� IquesitI 1.�^Se�gli�Stati�membri�che�hanno�trasposto�nel�loro�ordinamento interno�il�regime�comune�forfetario�per�i�produttori�agricoli,�previsto�dal- l'art.�25�della�suddetta�direttiva,�siano�in�definitiva�legittimati�od�obbligati�ad� esonerare�gli�agricoltori�forfetari�dal�pagamento�di�imposte�sulla�cifra�d'affari;� 2.�^in�caso�di�soluzione�affermativa�della�questione�sub 1),�se�cio�valga� soltanto�per�le�forniture�di�prodotti�agricoli�e�per�le�prestazioni�di�servizi� agricoli�od�anche�per�altre�operazioni�effettuate�dall'agricoltore�forfetario,� oppure�se�le�operazioni�di�altro�tipo�siano�sottoposte�alla�disciplina�generale� dettata�dalla�suddetta�direttiva.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�809 Causa�C-46/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Imposta�di�registro�- Fusione�per�incorporazione�di�societa�-Direttiva�69/335/CEE�-Libera� circolazione�dei�capitali�-Ordinanza,�notificata�l'8�aprile�2004,�della� Corte�Suprema�di�Cassazione�(Italia).�(ct.�19476/04,�avv.�dello�Stato�G.� De�Bellis).� IL fattO La�questione�si�e�posta�quando�una�societa�italiana�ha�chiesto�il�rim- borso�dell'imposta�proporzionale�di�registro�versata�in�sede�di�registrazione� dell'atto�di�fusione�con�due�altre�societa�adducendo�il�contrasto�della�norma- tiva�nazionale�con�quella�comunitaria�contenuta�nella�direttiva�69/335/CEE� (e�successive�modifiche�ed�integrazioni).� Al�riguardo,�la�societa�ha�fatto�osservare�che,�avendo�la�direttiva�CEE,� al�fine�di�promuovere�la�liberta�di�circolazione�dei�capitali�e�di�creare�una� unione�economica�avente�caratteristiche�analoghe�a�quelle�di�un�mercato� interno,�disposto�la�soppressione�delle�imposte�sino�ad�allora�vigenti�negli� Stati�membri�e�l'applicazione,�al�loro�posto,�di�un'imposta�riscossa�una�sola� volta�nel�mercato�comune�e�di�uguale�livello�in�tutti�gli�Stati�membri,�la� fusione�inversa,�che�si�verifica�quando�la�societa�incorporanda�detiene�l'in- tero�capitale�sociale�della�societa�incorporante,�e�una�operazione�meritevole� di�tutela�in�quanto�comporta�certamente�un�rafforzamento�del�potenziale� economico�della�societa�incorporante.� IL quesitO Se�una�societa�che�incorpora�una�o�piu�societa�mediante�fusione�sia� tenuta,�in�base�alla�normativa�comunitaria,�al�pagamento�dell'imposta�di� registro.� LA posizionE assuntA daL GovernO ItalianO �(omissis)�12.�^Il�Governo�italiano�ritiene�che�l'operazione�la�cui�tassabi- lita�e�sottoposta�all'esame�della�Corte�di�Cassazione,�debba�essere�considerata� equivalente�alla�``fusione�impropria'',�in�relazione�alla�quale�e�stata�gia�emessa� la�citata�sentenza�A.� 13.�^AnchenelcasodellafusioneA.�T.-F.�G.�infatti,nonsie�procedutoad� alcun�aumento�del�capitale�sociale.� 14.�^A�tale�riguardo�occorre�ricordare�che�nella�sentenza�A.�la�Corte� affermo�inprimoluogo�che�``perrientrarenell'ambitodiapplicazionedelladiret- tiva,�l'operazioneconsideratadevepotersiricollegareaunadellefattispeciepre- viste�all'art.�4�cuifa�riferimento�l'art.�10,�lett.�a)�e�b),�della�direttiva.�A�cio�va� aggiunto�il�divieto,�enunciato�all'art.�10,�lett.�c),�della�direttiva,�di�assoggettare� ad�imposta�la�registrazione�o�qualsiasi�altra�formalita�preliminare�all'esercizio� di�un'attivita�alla�quale�una�societa�puo�essere�sottoposta�in�ragione�della�sua� forma�giuridica''�(punto�21).� 15.�^Conseguentemente�nell'esaminare�se�la�fattispecie�rientrava�in�una� delle�ipotesi�suddette�affermo�che�``un'operazione�di�fusione�ad�opera�di�una� societa�che�gia�detiene�la�totalita�delle�azioni�e�delle�quote�delle�societa�incorpo- rate�non�comporta�un�aumento�del�capitale�sociale�della�stessa�societa�e�non� rientra,�pertanto,�nella�previsione�dell'art.�4,�n.�1,�lett.�c),�della�direttiva''� (punto�22).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 16.�^La�Cortehapoiescluso�chel'ipotesidifusione�``impropria''rientrasse� nelle�altrefattispeciepreviste�dall'articolo�4�nonche�dall'articolo�10�della�diret- tiva�n.�69/335/CEE.� 17.�^Poiche�e�indiscusso�tra�le�parti�che�nel�caso�in�esame�non�vi�e�stato� aumento�del�capitale�sociale,�anche�l'operazione�difusione�``inversa''�non�rientra� nelle�ipotesi�previste�dall'articolo�4,�n.�1,�lett.�c),�della�direttiva�n.�69/335/CEE.� 18.�^Per�il�resto�l'operazione�non�rientra�neanche�nelle�altre�fattispecie� previste�dall'articolo�4�nonche�dall'articolo�10�della�direttiva�n.�69/335/CEE,� per�cui�occorrera�pervenire�alle�medesime�conclusioni�della�causa�A.� 19.�^Adanaloghirisultatisipervieneancheesaminando�la�questionesotto� ilprofilodegliscopiperseguitidalladirettivan.�69/335/CEE.� 20.�^A�tale�riguardo�occorre�considerare�che�il�legislatore�comunitario�ha� voluto�favorire�(come�precisato�nella�sentenza�13�febbraio�1996�in�causa�C- 197/1994e252/1994alpunto36),�leoperazionidiraccoltadelcapitale,�consi- stenti�``nel�rafforzamento�di�un'altra�societa�gia�esistente,�la�societa�assorbente,� il�cui�capitale�risulta�maggiorato�del�conferimento�ef ffettuato�dagli�azionisti� della�societa�assorbita''.� 21.�^Orbene,�nel�caso�di�``fusione�inversa'',�analogamente�al�caso�di� �fusione�impropria�,�non�si�verifica�alcun�rafforzamento�del�potenziale�econo- mico�della�societa�.� 22.�^Se�si�guarda�all'esito�complessivo�della�operazione�difusione,�risulta� infatti�evidente�come�non�si�configuri�alcun�arricchimento�analogo�a�quello�che� avviene�in�caso�difusioni�ordinarie�tra�societa�non�controllate.� 23.�^La�Commissione�Tributaria�Regionale�(la�cui�sentenza�la�societa�ha� impugnato�in�Cassazione)�ha�richiamato�una�regola�matematica�affermando� che�``da�un�punto�di�vista�logico�cambiando�l'ordine�dei�fattori�il�prodotto�non� cambia'';�inrealta�e�forsepiu�corretto�affermare�che�cambiando�l'ordinedegli� addendi�la�somma�non�cambia;�cioe�il�potenziale�economico�della�societa� ``madre''�(F.G.)�gia�proprietariadella�``figlia''�(A.T.),�restainvariato�aseguito� della�operazione�di�incorporazione�in�quest'ultima.� 24.�^L'effettofinalee�inpraticaquellodiunmeromutamentodidenomi- nazione;�la�societa�``madre''�con�lafusione�``inversa''�viene�ad�identificarsi�con� la�``figlia'',conservandoesattamenteilsuoprecedentevalore.� 25.�^Ma�se�cos|�e�,�una�simile�operazione�nonpuo�rientrare�tra�quelle�che�la� direttivan.�69/335/CEEhavolutoagevolareperfavorirel'irrobustimentodelle� imprese,�nellafattispecie�totalmente�mancante.� In�conclusione�il�Governo�italiano�suggerisce�alla�Corte�rispondere�al� quesito�sottoposto�al�suo�esame�nel�seguente�modo:� La�direttiva�del�Consiglio�17�luglio�1969,�69/335/CEE,�concernente� le�imposte�indirette�sulla�raccolta�di�capitali,�come�modificata�dalla�diret- tiva�del�Consiglio�10�giugno�1985,�85/303/CEE,�non�osta�alla�riscossione� diun'impostadiregistro�incasodiincorporazionedisocieta�adoperadiun'altra� societa�la�cuitotalita�delleazioniedellequotesiapossedutadallasocieta�incor- porata.� Roma,�17�giugno�2004�^Avvocato�dello�Stato�Gianni�De�Bellis�.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�811 Causa�C-52/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Organizzazione�dell'or ario�di�lavoro�^Prescrizioni�minime�di�sicurezza�e�di�salute�^Limiti�di� durata�massima�^Vigili�del�fuoco�^Art.�1,�n.�3�direttiva�93/104/CE�^ Art.�2,�n.�2�direttiva�89/391/CE�^Ordinanza�della��Bundesverwaltung- sgericht�,�emessa�il�17�dicembre�2003,�notificata�il�17�marzo�2004� (cs.�28321/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO La�questione�pregiudiziale�concerne�l'applicabilita�al�caso�in�esame�delle� direttive�comunitarie�di�settore,�che�stabiliscono�il�limite�delle�48�ore�medie� settimanali�(in�particolare,�l'art.�6,�n.�2�della�direttiva�93/104/CE),�ovvero� delle�norme�che�individuano�le�condizioni�di�derogabilita�alla�normativa� comunitaria�(art.�2,�n.�2�direttiva�89/391/CE),�al�fine�di�giustificare�il�limite� di�durata�massima�dell'orario�di�lavoro�di�50�ore�settimanali,�prescritto�dalla� normativa�nazionale.�Nel�caso�di�specie,�infatti,�il�Comitato�del�Personale� dei�Vigili�del�Fuoco�di�Amburgo�propone�ricorso�in�Cassazione,�avverso�il� Direttore�del�suddetto�Corpo,�adducendo�a�motivo�dell'impugnazione�l'in- compatibilita�dell'accordo�di�servizi�del�1999,�introdotto�a�sostituzione�del� precedente�del�1991,�con�le�direttive�comunitarie�citate,�in�quanto�tale� secondo�accordo�avrebbe�violato�il�limite�dell'orario�di�lavoro�ivi�indicato.� IL quesitO Interpretazione�dell'art.�1,�n.�3�della�direttiva�93/104/CE�del�Consiglio� del�23�novembre�1993,�concernente�taluni�aspetti�dell'organizzazione�dell'ora- rio�di�lavoro,�in�combinato�disposto�con�l'art.�2,�n.�2�della�direttiva� 89/391/CEE�del�Consiglio�del�12�giugno�1989,�concernente�l'attuazione�di� misure�volte�a�promuovere�il�miglioramento�della�sicurezza�e�della�salute� dei�lavoratori�durante�il�lavoro;�in�particolare,�se�il�limite�di�durata�massima� dell'orario�di�lavoro�(48�ore�settimanali�in�media)�sia�applicabile�anche�a� quello�delle�forze�di�pronto�intervento�di�un�Corpo�statale�di�Vigili�del�fuoco.� Causa�C-58/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Scali�fuori�della�Comun ita�-Direttiva�del�Consiglio�18�maggio�1997,�77/388/CEE�-Ordinanza� del�Bundesfinanzhof,�notificata�il�25�marzo�2004�(cs.�23714/04,�avv.�dello� Stato�D.�Del�Gaizo).� IL fattO Una�cittadina�austriaca,�che�gestiva�un�negozio�su�una�nave�da�crociera,� e�ricorsa�contro�una�decisione�dell'Ufficio�delle�imposte�tedesco�che�conside- rava�le�vendite�del�negozio�come�imponibili,�e�quindi�soggette�ad�imposta,� quando�il�luogo�di�partenza�della�nave�si�trovava�nella�Repubblica�federale� tedesca�ed�il�luogo�di�arrivo�era�all'interno�della�Comunita�.� Con�il�suo�ricorso,�la�ricorrente�ha�sostenuto�che�le�vendite�in�questione� non�sono�imponibili.�Esse�non�sarebbero�avvenute�nel�corso�di�un�trasporto� all'interno�della�Comunita�,�come�richiederebbe�la�legge�tedesca.�Come� trasporto�all'interno�della�Comunita�si�dovrebbe�intendere�il�trasporto�o�la� parte�di�un�trasporto�tra�il�luogo�di�partenza�ed�il�luogo�di�arrivo�del�mezzo� di�trasporto�senza�scali�fuori�del�territorio�comunitario.�Nei�viaggi�in� questione�ci�sarebbero�state�soste�del�genere.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'Autorita�tedesca�ha�respinto�questo�ricorso�facendo�valere�che�le� vendite�avvenute�nel�corso�delle�crociere�non�potrebbero�essere�considerate� come�realizzate�all'estero�in�virtu�delle�soste�fuori�della�Comunita�effettuate� tra�il�luogo�di�partenza�ed�il�luogo�di�arrivo,�dato�che�durante�tali�soste�non� era�permesso�l'imbarco�di�nuovi�passeggeri,�ne�lo�sbarco�definitivo�dei� passeggeri�presenti.� Come��scali�,�in�base�alla�normativa�tedesca,�andrebbero�proprio�intese� solo�soste�per�questi�tipi�di�imbarchi�o�sbarchi.� Se�le�soste�di�una�nave�in�porti�di�Stati�terzi,�che�permettono�ai�passeg- geri�di�sbarcare�solo�brevemente,�come�nei�casi�in�esame,�costituiscano�scali� non�e�specificato�dalla�legge.�Sulla�questione�non�esiste�una�giurisprudenza� del�Bundesfinanzhof;�mentre�la�dottrina�sostiene�che�si�debba�trattare�di�una� sosta�durante�la�quale�sia�previsto�che�i�passeggeri�possano�imbarcarsi�o� abbandonare�la�nave.� IL quesitO Se�le�soste�di�una�nave�in�porti�di�Stati�non�comunitari,�durante�le�quali� i�passeggeri�possono�sbarcare�dalla�nave�solo�brevemente,�per�esempio�per� effettuare�visite,�ma�non�hanno�nessuna�possibilita�di�iniziare�o�terminare�il� viaggio,�costituiscano��scali�fuori�della�Comunita���ai�sensi�dell'art.�8.�n.�1� lett.�c)�della�direttiva�77/388/CEE.� Causa�C-96/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�^Diritto�di�determinare� il�cognome�di�una�persona�^Competenza�degli�Stati�membri�^Criterio� della�cittadinanza�^Principio�di�non�discriminazione�^Liberta�di�circolaz ione�^Artt.�16�e�18�CE�^Ordinanza�della��Amtsgericht di Niebull�� (Germania),�emessa�il�2�giugno�2003,�notificata�il�1.�aprile�2004� (cs.�22622/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Trasmissione�del�diritto�di�determinare�il�cognome�da�parte�di�un�geni- tore�per�un�figlio�minorenne�di�cittadinanza�tedesca�nato�in�Danimarca�il� 27�giugno�1998�e�ivi�tuttora�residente,�il�quale,�secondo�il�diritto�danese,in� base�all'atto�di�nascita��navnebevis��rilasciato�dall'ufficio�statale�danese�di� Apenrade�il�23�novembre�1998,�che�e�anche�registrato�nell'atto�di�nascita� danese�del�3�dicembre�1998,�porta�il�nome�di�Leonhard�Matthias�Grunkin- Paul.� I�genitori�del�bambino,�i�coniugi�nel�frattempo�divorziati�dott.�Dorothee� R.�Paul�e�Stefan�Grunkin,�non�avevano�un�nome�di�matrimonio�comune�e� si�sono�rifiutati�di�determinare�il�nome�di�nascita�per�il�figlio�in�conformita� all'art.�1617,�n.�1,�del�BGB�e�di�dare�al�figlio�il�cognome�di�uno�solo�dei�geni- tori.�Ai�sensi�dell'art.�1617,�nn.�2�e�3,�del�BGB�spetta�ora�all'Amtsgericht con- ferire�il�diritto�di�determinare�il�cognome�a�uno�dei�genitori,�il�cui�cognome� viene�anche�considerato�quale�cognome�del�figlio�minorenne�a�meno�che,� entro�un�termine�fissato�dall'Amtsgericht,�il�cognome�dell'altro�genitore�non� venga�riconosciuto�quale�cognome�di�nascita�del�figlio�minorenne.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�813 Per�quanto�i�genitori�del�bambino�continuino�a�sostenere�che�il�loro� figlio,�secondo�il�diritto�danese,�gia�porta�il�cognome��Grunkin-Paul�,�questo� non�avrebbe�rilevanza�secondo�il�diritto�tedesco,�giacche�,�ai�sensi�dell'art.�10,� n.�1,�della�EGBGB,�il�cognome�di�una�persona�e�di�competenza�del�diritto� dello�Stato�di�cui�essa�possiede�la�cittadinanza.�Il�collegamento�al�diritto�di� un�altro�Stato�membro�e�ammesso,�ai�sensi�dell'art.�10,�n.�3,�della�EGBGB,� solo�se�uno�dei�genitori�abbia�la�cittadinanza�dell'altro�Stato.�I�genitori�del� bambino�hanno�entrambi�la�cittadinanza�tedesca,�ragion�per�cui�gli�uffici� tedeschi�dello�stato�civile�hanno�negato�loro�il�riconoscimento�della�determi- nazione�del�cognome�adottato�per�il�loro�figlio�in�Danimarca.�L'adozione� della�giurisdizione�ordinaria�in�Germania�rimaneva�per�i�genitori�del�bam- bino�senza�esito.�Il�Kammergericht di�Berlino,�con�ordinanza�definitiva�7�gen- naio�2003,�I�W�216/02,�ha�statuito�che�giustamente�l'Ufficio�dello�stato�civile� di�Berlino�I�si�e�rifiutato�di�riconoscere,�per�l'ambito�giuridico�territoriale� tedesco,�la�determinazione�del�nome�adottata�in�Danimarca.�Un�ricorso�pro- posto�a�nome�del�minorenne�e�stato�dichiarato�irricevibile�dal�Bundesverfas- sungsgericht con�ordinanza�27�febbraio�2003�^1�BvR�297/03.� IL quesitO Compatibilita�con�l'art.�12�CE�(in�tema�di�divieto�di�discriminazione)� e�con�l'art.�18�CE�(in�tema�di�libera�circolazione�delle�persone),�di�una�nor- mativa�territoriale�tedesca�(art.�10�EGBGB)�in�virtu�della�quale�il�diritto�di� determinare�il�cognome�di�una�persona�spetta�allo�Stato�di�cittadinanza�di� detta�persona.� Cause C-101/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Assegno per le vacanze ^Prestazioni di vecchiaia ^Lavoratore frontaliero ^Prestazioni di disoccupazione percepite nell'anno precedente il pensionamento ^ Periodi assicurativi compiuti in altro Stato membro ^Art.�4,�n.�1,�lett.�c),� art.�45,�nn.�1�e�6�e�art.�71,�n.�1,�lett.�a),�sub�ii),�del�Regolamento� n.�1408/1971�^Sentenza�dell'�Arbeitsrechtbank��(Belgio),�emessa�il� giorno�17�febbraio�2004,�notificata�l'8�aprile�2004�(cs.�22654/04,�avv.� dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Il�sig.�Noteboom�e�un�lavoratore�frontaliero�in�pensione�che�abita�in� Belgio�e�ha�svolto�attivita�lavorativa�nei�Paesi�Bassi.�Poco�prima�del�pensio- namento�egli�veniva�a�trovarsi�disoccupato.�Durante�l'anno�precedente�la� sua�pensione�di�vecchiaia�il�sig.�Noteboom�percepiva�ininterrottamente�pre- stazioni�di�disoccupazione.�La�disoccupazione�aveva�luogo�nei�Paesi�Bassi� ma,�conformemente�al�disposto�dell'art.�71,�n.�1,�lett.�a),�sub�ii),�del�Regola- mento�n.�1408/1971,�le�prestazioni�di�disoccupazione�venivano�fissate�ed�ero- gate�secondo�la�normativa�belga�in�materia�di�disoccupazione.� Dal�1.�gennaio�1999�il�ricorrente�e�titolare�di�pensione�nel�regime�per� lavoratori�subordinati.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Assieme�alla�pensione,�il�Rijksdienst voor Pensioenen gli�versava�nel�1999� una�somma�di�BEF�23�069,�ovvero�EUR�571,87,�e�cio�a�titolo�di��assegno� per�le�vacanze�.�Il�Rijksdienst sostiene�di�aver�indebitamente�versato�tale� somma�e�ne�chiede�la�restituzione.� In�relazione�a�cio�il�R.V.P.�emanava�una�decisione.�Tale�decisione�veniva� notificata�al�ricorrente�il�18�agosto�1999�e�contro�di�essa�il�ricorrente�ha�pro- posto�ricorso.� IquesitI 1.��Se�l'assegno�per�le�vacanze�di�cui�all'art.�22�del�r.d.�24�ottobre� 1967,�n.�50�ed�all'art.�56�del�r.d.�21�dicembre�1967�rientri�nella�sfera�d'appli- cazione�ratione materiae del�Regolamento�n.�1408/1971�e�riguardi,�piu�in�par- ticolare,�una��prestazione�di�vecchiaia��ai�sensi�dell'art.�4,�n.�1,�lett.�e),�del� regolamento;� 2.��se�l'art.�45,�nn.�1�e�6,�del�regolamento�n.�1408/1971�debba�essere� interpretato�nel�senso�che�l'istituzione�competente�nel�determinare�il�diritto� all'assegno�per�le�vacanze�debba�tener�conto�dei�periodi�di�assicurazione� compiuti�in�un�altro�Stato�membro;� 3.��qualora�la�seconda�questione�debba�essere�risolta�in�senso�nega- tivo,�se�il�disposto�dell'art.�71,�n.�1.�lett.�a),�sub ii),�del�Regolamento� n.�1408/1971,�ai�sensi�del�quale�la�prestazione�viene�determinata�secondo�la� legislazione�dello�Stato�membro�in�cui�il�lavoratore�frontaliero�risiede��come� se�fosse�stato�soggetto�durante�l'ultima�occupazione�a�tale�legislazione�,� valga�solo�per�prestazioni�di�disoccupazione�o�se�valga�anche�per�altre�pre- stazioni,�come�in�particolare�l'assegno�per�le�vacanze�di�cui�all'art.�22�del� r.d.�24�ottobre�1967,�n.�50,�e�all'art.�56�del�r.d.�21�dicembre�1967.� Causa C-120/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Marchi d'impresa ^ Diritto del titolare del marchio di vietare a terzi di usare nel commercio un segno identico o somigliante al marchio dell'impresa o per prodotti identici o somiglianti provenienti da due distinte imprese ^Rischio di con- fusione per il pubblico ^Rischio di associazione tra segno e marchio d'im- presa ^Usi del settore in materia di denominazione ^Autonomia del mar- chio nel segno composto ^Art.�5,�n.�1,�lett.�b) della�direttiva� 89/104/CEE�^Ordinanza�della��Oberlandesgericht��^Dusseldorf�(Ger- mania),�emessa�il�17�febbraio�2004,�notificata�il�16�aprile�2004�(cs.� 24864/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO L'attrice,�impresa�che�commercializza�apparecchi�di�intrattenimento� elettronico�mediante�l'utilizzo�del�marchio��Life�,�chiede�al�giudice�di�inter- dire�alla�convenuta,�societa�operante�nel�medesimo�settore,�l'utilizzo�del�mar- chio��Thompson life�,�in�ragione�di�un�rischio�di�confusione�nel�pubblico� nella�scelta�dei�prodotti�simili�delle�due�aziende�e�di�un�rischio�di�errore�di� associazione�tra�marchi�e�rispettive�societa�a�causa�della�coincidenza,�seppur� parziale,�dei�due�segni�denominativi�utilizzati.� IL quesitO Se�l'art.�5,�n.�1,�lett.�b),�della�direttiva�89/104/CEE,�che�attribuisce�al� titolare�del�marchio�il�diritto�di�vietare�l'utilizzo�di�marchi�identici�o�somi- IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�815 glianti�qualora�creino�i�detti�problemi�di�identificazione�del�simbolo�azien- dale,�debba�essere�applicato�anche�nel�caso�di�specie,�in�cui�il��rischio�di�con- fusione��si�determina�in�quanto�il�marchio�denominativo�anteriore�(Life),� dotato�di�normale�forza�rappresentativa,�e�riversato�nel�segno�denominativo� composto�di�un�terzo�(Thompson life)�o�nel�segno�denominativo�figurativo� di�quest'ultimo�caratterizzato�da�elementi�nominativi,�in�modo�da�essere�pre- ceduto�dal�nome�commerciale�del�terzo�e�da�conservare�un'autonomia�distin- tiva�nel�segno�composto,�senza�tuttavia�avere�carattere�dominante.� Causa C-128/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Trasporti su strada^ Nozione di materiale e di attrezzatura ^Regolamenti�(CEE)� n.�3820/1985�e�n.�3821/1985�^Ordinanza�del��Rechtbank van eerste aan- leg te Dendermonde��(Paesi�Bassi),�emessa�il�19�gennaio�2004,�notificata� il�4�maggio�2004�(cs.�28136/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Il�quesito�sorge�nell'ambito�di�una�controversia�nella�quale�l'imputata,� societa�che�svolge�attivita�di�installazione�di�cavi,�e�stata�chiamata�in�giudizio� per�aver�contravvenuto�all'art.�14,�n.�2�del�regolamento�(CEE)�3821/1985,�in� quanto�non�avrebbe�conservato,�in�modo�sistematico,�per�almeno�un�anno,�i� fogli�di�registrazione�indicanti�l'attivita�svolta�dal�mezzo�di�trasporto�per�la� medesima�societa�,�in�termini�di�ore�e�chilometraggio.�Tale�norma,�infatti,� pone�in�capo�alle�aziende�l'obbligo�di�equipaggiare�tutti�gli�autoveicoli�utiliz- zati�per�il�trasporto�di�materiali,�di�un�apparecchio�di�controllo�denominato� �tachigrafo�,�le�cui�misurazioni�sono�registrate.� L'imputata�sostiene,�invece,�l'inapplicabilita�,�al�caso�di�specie,�della� deroga�di�cui�all'art.�13,�lett.�g) del�regolamento�n.�3820/1985.�Tale�norma� consente�agli�Stati�membri�di�esentare�dall'obbligo�di�controllo�i�veicoli�adi- biti�al�trasporto�del�materiale�o�dell'attrezzatura�da�utilizzare�nell'esercizio� della�professione�del�loro�conducente,�nel�caso�in�cui�il�trasporto�avvenga� entro�un�raggio�di�50�chilometri�dal�luogo�di�stazionamento�abituale�del�vei- colo�e�purche�la�guida�del�veicolo�non�rappresenti�l'attivita�principale�del� conducente�(...).� Occorre�ricordare�che�l'imputata�non�e�un'impresa�che�svolge�come�atti- vita�principale�il�trasporto�del�materiale�o�dell'attrezzatura,�ma�l'installazione� di�cavi,�e,�inoltre,�che�i�veicoli�sono�utilizzati�dai�conducenti�nell'esercizio� delle�loro�mansioni.� Alla�luce�di�tali�considerazioni,�appare�evidente�che�il�quesito�pregiudi- ziale�riguardi�essenzialmente�l'individuazione�dell'ambito�di�applicazione� della�deroga�di�cui�all'art.�13,�lett.�g) del�regolamento�n.�3820/851.� IL quesitO Se�i�termini��materiale��o��attrezzatura��menzionati�nel�detto�articolo� debbano�essere�interpretati�nel�senso�che�essi�fanno�unicamente�riferimento� agli��utensili�e�strumenti�,�o�se�invece�con�detti�termini�si�intendono�anche�i� beni�necessari�per�i�lavori�edili�da�svolgere,�trasportati�separatamente�o�meno� con�detti�utensili�e�strumenti,�quali�materiali�di�costruzione�o�i�cavi.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Cause C-151/04 e C-152/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) -Attestaz ione in materia di IVA -Artt.�10,�39�e�49�CE�^Ordinanza�del�Tribunal de Police de Neufchateau (Belgio),�emessa�il�16�gennaio�2004�e�notificata� il�24�maggio�2004�(cons.�31424�e�31426/04,�avv.�G.�De�Bellis).� IL fattO Il�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�fra�un�professionista�e� il�suo�datore�di�lavoro�da�un�lato�e�l'Autorita�giudiziaria�belga�dall'altro,� avente�ad�oggetto�la�pretesa�violazione�dell'art.�3.2.2�A.R.�20�luglio�2001,� sull'attestazione�in�materia�di�IVA.� Detto�professionista�residente�in�Belgio,�e�accusato�di�aver�utilizzato,�per� l'esercizio�della�sua�professione,�un�veicolo�immatricolato�all'estero�a�nome� di�un�proprietario�straniero�al�quale�egli�e�legato�da�un�contratto�di�lavoro,� senza�avere�a�bordo�del�veicolo�un'attestazione�fornita�dall'amministrazione� competente�in�materia�di�IVA.� IL quesitO Se�gli�artt.10,�29,�43�e�49�ostino�a�che�uno�Stato�membro�adotti�una� misura�che�obbliga�un�lavoratore�residente�nel�suo�territorio�ad�ivi�immatri- colare�un�veicolo,�pur�se�tale�veicolo�appartiene�al�suo�datore�di�lavoro,�che� e�una�societa�con�sede�nel�territorio�di�un�altro�Stato�membro,�alla�quale�tale� lavoratore�e�legato�da�un�contratto�di�lavoro,�ma�nella�quale�egli�occupa�con- temporaneamente�la�posizione�di�azionista,�di�amministratore,�di�delegato� alla�gestione�corrente,�o�una�funzione�analoga.� Causa C-163/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) -Imposta sulla cifra d'affari -Art.�25�della�direttiva�del�Consiglio�77/388/CEE�-Armonizza- zione�delle�legislazioni�in�materia�fiscale�-Ordinanza�del�Bundesfinanz- hof (Germania),�emessa�il�22�gennaio�2004�e�notificata�il�18�maggio� 2004�(cs.�31423/04,�avv.�dello�Stato�G.�De�Bellis).� IL fattO Tale�quesito�e�sorto�nell'ambito�di�una�controversia�fra�un�agricoltore�e� l'Ufficio�delle�imposte,�avente�ad�oggetto�la�pretesa�illegittimita�dell'applica- zione�delle�disposizioni�in�materia�di�imposte�sulla�cifra�d'affari.� Il�ricorrente�titolare�di�azienda�agricola�e�di�allevamento,�era�soggetto�al� regime�fiscale�forfettario�previsto�per�gli�agricoltori�in�base�al��24�della�nor- mativa�tedesca(UstG).� Successivamente�dava�in�affitto�un�terreno�sul�quale�aveva�costruito�un� pollaio�e�non�avendo�dichiarato�fatturato�imponibile�e�facendo�valere�dedu- zioni�per�l'importo�sostenuto�per�la�costruzione�del�pollaio�tramite�la�presen- tazione�di�fatture,�chiedeva�l'esenzione�fiscale.� L'Autorita�fiscale�tedesca�respingeva�la�richiesta,�ritenendo�che�l'affitto� del�pollaio�dovesse�essere�sottoposto�ad�un�regime�fiscale�ordinario,�e�di�con- seguenza�negava�la�richiesta�di�esenzione�fiscale�sul�fatturato�proveniente� dalla�locazione�e�la�deduzione�dalle�imposte�sostenute�per�la�costruzione�del� pollaio.� IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�817 IL quesitO Se�il�titolare�di�un�'azienda�agricola�possa�adibire�un�terreno,�che�ha� sempre�utilizzato�per�operazioni�sottoposte�alle�disposizioni�sul�regime�forfet- tario�per�i�produttori�agricoltori�(art.�25�della�sesta�direttiva�del�Consiglio� 17�maggio�1977,�77/388/CEE,�in�materia�di�armonizzazione�delle�legislazioni� degli�Stati�membri�relative�alle�imposte�sulla�cifra�d'affari),�ad�un'attivita�di� affitto�normalmente�soggetta�al�regime�fiscale�ordinario�di�imposta�sul� valore�aggiunto�e�dedurre�l'imposta�assolta�a�monte�per�un�pollaio�realizzato� su�quel�terreno.� Causa�C-178/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Assegno�speciale� annuale�-Rapporto�di�pubblico�impiego�-Articolo�39�CE�^Ordinanza�del� Bundesverwaltungsgericht (Tribunale�amministrativo�federale/Germania)� notificata�il�14�giugno�2004�(cs.�35101/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Ad�un�cittadino�austriaco�dipendente�di�un�Land della�Germania�fede- rale�in�qualita�di�professore�universitario,�era�stata�richiesta�la�restituzione� dell'assegno�speciale�annuale�che�la�legge�tedesca�concede�al�pubblico�dipen- dente�a�condizione�che�il�rapporto�di�lavoro�non�cessi�prima�del�31�marzo� dell'anno�successivo,�a�meno�che�il�nuovo�rapporto�non�venga�instaurato� sempre�con�l'amministrazione�tedesca.�Detto�cittadino�aveva�accettato�prima� del�31�marzo�l'offerta�di�una�cattedra�presso�un�altro�Stato�membro� (Austria);�da�qui�la�decisione�dell'amministrazione�di�esigere�la�restituzione� dell'assegno�in�parola,�con�conseguente�ricorso�dell'interessato,�prima accolto,�poi�respinto�ed�ora�riproposto�al�Tribunale�federale�che�ha�ipotizzato la�violazione�dell'articolo�39�CE�(diritto�alla�libera�circolazione).� IL quesitO Se,�nel�caso�di�un�cittadino�comunitario�il�quale�come�professore�presso� un'universita�tedesca�era�dipendente�di�un�Land tedesco�con�rapporto�di�pub- blico�impiego�ed�ha�quindi�ottenuto�un�assegno�speciale�in�base�alla�legge� sulla�concessione�di�un�assegno�speciale�annuale,�ma�ha�accettato�prima�del 31�marzo�dell'�anno�seguente�l'offerta�di�una�cattedra�presso�un'�universita� di�un�altro�Stato�membro�instaurando�presso�quest'altro�Stato�membro�un� rapporto�di�pubblico�impiego,�l'art.�39�CE�renda�inapplicabile�la�disciplina� dell'art.�3,�n.�5,�punto�1,�del�SzuwG a�norma�del�quale�chi�cessa�dal�servizio� prima�del�31�marzo�puo�conservare�l'assegno�solo�se�il�nuovo�rapporto�di� pubblico�impiego�e�tale�secondo�il�diritto�tedesco.� Causa�C-196/04�(domanda�di�pronuncia�pregiudiziale)�-Liberta�di�stabilimento� art.�43�CE�-Liberta�di�prestazioni�di�servizi�art.�49�CE�-Liberta�di�movi menti�di�capitali�e�di�pagamenti�art.�56�CE�-Ordinanza�dello�Special Commissioners (Regno�Unito)�notificata�il�14�giugno�2004�(cons.� 35103/04,�avv.�dello�Stato�A.�Cingolo).� IL fattO Il�presente�ricorso�verte�unicamente�sulla�compatibilita�con�il�diritto� europeo�della�normativa�del�Regno�Unito�sulle�societa�controllate�straniere.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�base�a�detta�normativa�una�societa�avente�sede�nel�Regno�Unito�puo� essere�tassata�in�base�agli�utili�di�una�societa�associata�avente�sede�in�un�altro� Stato�se�tali�utili�hanno�sostenuto�un'aliquota�d'imposta�inferiore�a�quella� che�avrebbero�sostenuto�nel�Regno�Unito.�E�pacifico�^salvo�soltanto�la�que- stione�della�compatibilita�con�il�diritto�comunitario�^che�la�normativa�sulle� societa�controllate�straniere�si�applica�alle�ricorrenti.� IL quesitO Se�gli�artt.�43�CE,�49�CE�e�56�CE�ostino�a�una�normativa�tributaria� nazionale�come�quella�di�cui�trattasi�nel�procedimento�principale,�che,�in� determinate�circostanze,�impone�un'imposta�su�una�societa�avente�sede�in� detto�Stato�membro,�tenuto�conto�degli�utili�di�una�societa�consociata�avente� sede�in�un�altro�Stato�membro�e�soggetta�a�un�onere�tributario�inferiore.� LA posizionE assuntA daL GovernO italianO Il�Governo�della�Repubblica�italiana�ha�presentato�le�seguenti�osserva- zioni.� �(Omissis)�2.�^(omissis)�la�Corte�di�Giustizia�e�chiamata�a�verificare�la� compatibilita�dei�sistemi�tributari�nazionali�di�imputazione�di�redditi�delle� imprese�partecipate�aventi�sede�nei�paesi�a�fiscalita�privilegiata,�ovvero�in�un� regimefiscaledifavore�(c.d.�Controlled�Foreign�Companies�rules�^CFC^),�con� iprincipifondamentali�del�diritto�comunitario.� 3.�^Nel�caso�di�specie,�concernente�il�diritto�britannico,�l'Amministrazione� finanziaria�inglese,�in�mancanza�di�una�valida�causa�di�esenzione,�ha�applicato� la�norma�CFC�ad�una�societa�inglese�che�detiene�il�controllo�di�due�societa�resi- dentiinIrlanda,�Statonelqualelemedesimesonosoggetteadun'aliquotad'im- posta�del�10%�^stabilita�dall'International�Financial�Services�Centre�^a� fronte�dell'aliquota�dell'imposta�inglese�sulle�societa�,�pari�al�33%.� 4.�^Infatti,�tale�normativa�e�applicabile�a�condizione�che�la�societa�estera� abbiasedein�Statineiqualil'impostadovutae�inferioreditrequartiall'imposta� che�sarebbe�dovuta�nel�Regno�Unito�sullo�stesso�ammontare�di�utili�e�non�ricor- rano�le�cause�di�esenzione�previste.� 5.�^In�proposito,�il�Governo�italiano�tiene�ad�evidenziare�che�la�ratio�della� normativa�CFC�none�l'elusionefiscale,�bens|�lapossibilita�diavvalersidella� direttiva�90/435/CEE,�modificata�dalla�direttiva�2003/123/CE,�concernente�il� regime�fiscale�comune�applicabile�alle�societa�madri�e�figlie�di�Stati�membri� diversi,�alfine�di�ridurre�il�caricofiscale�sui�dividendi�infragruppo.� 6.�^Infattitaledirettivaprevedel'esenzionesuidividendicorrispostidalla� societa�figlia�alla�societa�madre�e�il�riconoscimento�in�favore�di�quest'ultima� delcredito�diimpostaperle�impostecorrispostedallafiglianello�Stato�in�cui� ha�sede.� 7.�^Pertanto,�il�fine�ultimo�e�l'eliminazione�dei�regimi�fiscali�dannosi� che�creano�distorsioni�nell'allocazione�delle�risorse�e�falsano�le�regole�della� concorrenza�sul�mercato�comune.� 8.�^In�tale�ottica�e�doveroso�specificare�che�gli�Stati�membri�del- l'Unione�europea�hanno�adottato�un��codice�di�condotta��(con�la�risoluzione� 1�dicembre�1997,�pubblicata�in�Gazzetta�Ufficiale�CE�C�2/2�del�6�gennaio� 1998)�al�fine�di�contrastare�simili�pratiche�fiscali�dannose.�Tale�codice,� IL CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE ^I giudizi in corso alla Corte di Giustizia CE 819 sebbene�non�costituisca�strumento�giuridicamente�vincolante,�rappresenta� comunque�un�significativo�impegno�politico�di�tutti�Paesifirmatari�nel�rispetto� deiprincipidellaconcorrenzaeconl'obiettivo�didemolire�lemisurefiscalisleali� esistenti�e�soprattutto�di�impedire�l'introduzione�di�eventuali�misure�sostitutive� analoghe�(clausole�di�status quo edi�standstill).� 9.�^Anche�il�modello�Ocse�ha�caldeggiato�l'introduzione�di�norme�CFC,� purche�volte�a�prevenire�le�distorsioni�nello�sviluppo�dell'economia�mondiale� (cfr.�il�rapporto�del�1998�(�Harmful tax competition, an emerging issue� eil� rapporto�del�1996��Controlled Foreign Company legislation�).� 10.�^In�definitiva,�ilpresupposto�della�norma�CFC�e�l'esistenza�di�un�reale� radicamentoeconomicoterritorialeconilPaesedistabilimento.�Ovetalelegame� siasoltantofittizio,�inquantoloscopodicostituzionediunasocieta�esterapar- tecipata�non�sia�l'esercizio�di�attivita�d'impresa,�ma�soltanto�il�beneficio�di�un� minore�carico�impositivo,�verrebbe�in�rilievo�non�tanto�la�norma�CFC�quanto� la�questione�relativa�all'effettiva�esistenza�deipresupposti�necessariperpotersi� applicare�gli�art.�43,�49�e�56�CE,�richiamati�nel�caso�che�qui�interessa.� 11.�^Infatti:�a) l'articolo�43�del�Trattatopresuppone�che�la�costituzione�e�la� gestione�di�imprese�negli�Stati�membri�di�stabilimento�risponda�a�criteri�di�reale� convivenza�economica�e�risulti�percio�reale�ed�effettiva;�b) l'art.�49�presuppone� una�effettivaprestazionediservizineiconfrontidegliStatimembriove�essasia� realizzata;�c) quanto�all'art.�56,�movimentidicapitaliepagamentipresuppon- gono�che�sia�realizzata�una�effettiva�operazione�di�investimento�o�una�reale�tran- sazione�commerciale�di�beni�o�di�servizi.� 12.�^Pertanto,�appare�evidente�che�la�norma�CFC�in�quanto�tale�non�costi- tuisce�un�ostacolo�all'esercizio�delle�dette�liberta�fondamentali�e�non�e�di�per�se� incompatibile�con�iprincipideldiritto�comunitario.� 13.�^In�ragione�di�quanto�sin�qui�considerato�e�dedotto,�il�Governo�Italiano� suggerisce�di�rispondere�al�quesito�posto�dal�Giudice�britannico�nei�seguenti�ter- mini.� ``Non�e�incompatibile�con�gli�articoli�43,�49�e�56�del�Trattato�sull'Unione� europea�una�normativa�di�uno�Stato�membro�che,�in�determinate�circostanze,� prevede�un'imposta�su�una�societa�avente�sede�in�quello�stesso�Stato,�tenendo� conto�degli�utili�di�un'altra�societa�consociata�avente�sede�in�un�altro�Stato� membro�e�soggetta�ad�un�onere�tributario�considerevolmente�inferiore''.� Roma,�19�agosto�2004�Avvocato�dello�Stato�Antonio�Cingolo�.� Causa C-259/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale) ^Marchi d'impresa ^ Marchi ingannevoli ^Artt. 3, n. 1, lett. g) e art. 12, n. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 89/104 CEE ^Ordinanza del �High�Court�of� Justice� (Regno Unito) emessa il 26 maggio 2004, notificata l'11 agosto 2004 (cs. 42815/04, avv. dello Stato A. Cingolo). IL fattO All'epoca dei fatti Elisabeth Emanuel era alquanto nota come stilista, specializzata in particolare in moda nuziale. La sua fama aumentava consi- derevolmente nel 1981 a seguito della sua partecipazione alla creazione dell'a- RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO bito da sposa destinato alla Principessa di Galles. Nel 1990 intraprendevala gestione di un'impresa con il nome Elisabeth Emanuel da una sede in Brook Street. Nel 1996 Elisabeth Emanuel cercava sostegno finanziario e a tal fine concludeva un accordo con una societa� denominata Hamlet International Plc, in base al quale veniva creata una societa� in comproprieta� denominata Elisabeth Emanuel Plc. Elisabeth Emanuel attribuiva alla EE Plc, inter alia, l'attivita� di creazione e commercializzazione di abbigliamento precedente- mente gestita con la denominazione Elisabeth Emanuel, l'intera azienda, compreso il relativo avviamento, e la domanda di registrazione di marchio d'impresa comprensiva di un logo e dei termini Elisabeth Emanuel. Tale mar- chio (in prosieguo: �il marchio registrato�) veniva debitamente registrato nel 1997 con il numero 1586464. Nel settembre 1997 Elisabeth Emanuel veniva a trovarsi in difficolta� finanziarie e contattava un tale sig. Shami Ahmed. In seguito a tale incontro la EE Plc stipulava un ulteriore accordo con una societa� denominata Frost- print. Ltd. In virtu� di tale accordo la EE Plc attribuiva alla Frosiprint, inter alia, l'impresa della EE Plc in attivita� , incluso il relativo avviamento, e il marchio registrato. Nel contempo, la Frostprint tramutava la propria deno- minazione in Elisabeth Emanuel International Limited (in prosieguo: la �EE International�) ed Elisabeth Emanuel veniva assunta dalla EE International. Nell'ottobre 1997 Elisabeth Emanuel lasciava l'impiego presso la EE International. Dopo la sua partenza, per circa due mesi avevano luogo nego- ziazioni nella prospettiva di una sua possibile riassunzione. Durante tale periodo si era invitato lo staff della EE International ad essere circospetto nel rispondere a eventuali richieste di informazioni in merito ad Elisabeth Emanuel. Nel novembre 1997 la EE International cedeva il marchio registrato ad un'altra societa� denominata Oackridge Trading Limited. Il 18 marzo 1998 la Oackridge presentava la domanda di registrazione del marchio Elisabeth Emanuel, con numero di fascicolo 2161562. Il 7 gennaio 1999 un tale sig. Anthony Drew notificava l'opposizione alla domanda e il 9 settembre 1999 depositava domanda di decadenza del marchio registrato. IquesitI 1. Se un marchio d'impresa sia di natura tale da indurre in inganno il pubblico e ne sia pertanto vietata la registrazione ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. g, nelle seguenti circostanze: a) l'avviamento connesso al marchio d'impresa e� stato ceduto unita- mente all'impresa la cui attivita� consista nella realizzazione di prodotti con- traddistinti dal suddetto marchio; b) prima della cessione il marchio d'impresa, per una significativa parte del pubblico interessato ai prodotti in oggetto, indicava che una particolare persona partecipava alla creazione o alla realizzazione dei prodotti in rela- zione ai quali veniva usato; IL�CONTENZIOSO�COMUNITARIO�ED�INTERNAZIONALE�^I�giudizi�in�corso�alla�Corte�di�Giustizia�CE�821 c) dopo�la�cessione�e�stata�presentata�dal�cessionario�una�domanda�di� registrazione�del�marchio�d'impresa;�e� d) all'epoca�della�domanda�una�significativa�parte�del�pubblico�interes- sato�ai�prodotti�ha�erroneamente�ritenuto�che�l'uso�del�marchio�d'impresa� indicasse�che�quella�particolare�persona�partecipava�ancora�alla�creazione�o� alla�realizzazione�dei�prodotti�in�relazione�ai�quali�il�marchio�veniva�usato,� e�tale�convinzione�ha�potuto�influire�sulle�scelte�d'acquisto�di�tale�parte�del� pubblico.� 2.�^Se�la�risposta�alla�questione�n.�1�non�fosse�incondizionatamente� affermativa�quali�altri�aspetti�debbano�essere�presi�in�considerazione�per� verificare�se�un�marchio�d'impresa�sia�tale�da�indurre�in�inganno�il�pubblico� e�ne�sia�pertanto�vietata�la�registrazione�ai�sensi�dell'art.�3,�n.�1,�lett.�g),�e,� in�particolare,�se�sia�rilevante�che�il�rischio�di�inganno�probabilmente�dimi- nuira�nel�corso�del�tempo.� 3.�^Se�un�marchio�d'impresa�registrato�sia�idoneo�ad�indurre�in�inganno� il�pubblico�in�seguito�all'uso�che�ne�sia�stato�fatto�dal�titolare�o�con�il�suo� consenso�e�sia�quindi�suscettibile�di�decadenza�ai�sensi�dell'art.�12,�n.�2,� lett.�b),�nelle�seguenti�circostanze:� a) il�marchio�d'impresa�registrato�e�l'avviamento�ad�esso�connesso�sono� stati�ceduti�unitamente�all'impresa�la�cui�attivita�consista�nella�realizzazione� di�prodotti�contraddistinti�dal�suddetto�marchio;� b) prima�della�cessione�il�marchio,�per�una�significativa�parte�del�pub- blico�interessato,�indicava�che�una�particolare�persona�partecipava�alla�crea- zione�o�alla�realizzazione�dei�prodotti�in�relazione�ai�quali�veniva�usato;� c) dopo�la�cessione�e�stata�presentata�una�domanda�di�decadenza�del� marchio�d'impresa�registrato;�e� d) all'epoca�della�domanda�una�significativa�parte�del�pubblico�ha�erro- neamente�ritenuto�che�l'uso�del�marchio�d'impresa�indicasse�che�quella�parti- colare�persona�partecipava�ancora�alla�creazione�o�alla�realizzazione�deipro- dotti�in�relazione�ai�quali�il�marchio�veniva�usato,�e�tale�convinzione�ha� potuto�influire�sulle�scelte�d'acquisto�di�tale�parte�del�pubblico.� 4.�^Se�la�risposta�alla�questione�n.�3�non�fosse�incondizionatamente� affermativa�quali�altri�aspetti�debbano�essere�presi�in�considerazione�per� verificare�se�un�marchio�d'impresa�registrato�sia�tale�da�indurre�in�inganno� il�pubblico�in�seguito�all'uso�che�ne�sia�stato�fatto�dal�titolare�o�con�il�suo� consenso�e�se�sia�quindi�suscettibile�di�decadenza�ai�sensi�dell'art.�12,�n.2,� lett.�b),�e,�in�particolare,�se�sia�rilevante�che�il�rischio�di�inganno�probabil- mente�diminuira�nel�corso�del�tempo.� Ilcontenzioso nazionale Ilcontenzioso nazionale Ancora sul caso del Crocifisso (Corte Costituzionale, ordinanza 15 dicembre 2004, n. 389) La�Corte�Costituzionale�ha�dichiarato�inammissibile�la�proposta�que- stione�di�legittimita�costituzionale�relativa�all'esposizione�del�crocefisso�nelle� aule�scolastiche,�esattamente�ritenendo�che�nessuna�norma�legislativa�ordina� tale�esposizione.�Per�la�verita�simile�ordine�non�si�rinviene�neppure�nelle� norme�regolamentari�indicate�dal�TAR�remittente:�il�problema�torna�nella� sua�sede�naturale�della�giurisdizione�comune. E�bene�ricordare�che�nella�delicata�materia�in�argomento�un�punto� fermo�puo�essere�rinvenuto,�dal�giurista,�nel��supremo�principio�di�laicita��� bendelineatodallaCorteCostituzionalenellasentenzan.�203/1989:�ilprinci- pio�di�laicita�e��supremo��nel�senso�che�caratterizza�il�modo�di�essere�della� Repubblica,�ed�e�conformato�dal�combinato�disposto�di�sei�norme,�che�la� Corte�puntualmente�ed�attentamente�indica�(articoli�2,�3,7,8,�19�e�20).�Tra� queste�l'articolo�7�si�riferisce�espressamente�alla�Chiesa�Cattolica�quale�sog- getto�di�diritto�internazionale�legata�a�noi�da�uno�specifico�patto�per�cam- biare�il�quale,�in�mancanza�di�accordo,�lo�Stato�deve�seguire�il�procedimento� di�revisione�costituzionale.�Dunque�la�Chiesa�cattolica,�che�e�l'unico�soggetto� di�diritto�internazionale�nominato�dalla�Costituzione�con�il�patto�che�ad�essa� ci�lega,�e�uno�speciale�alleato�quanto�meno�perche�la�revisione�del�patto,�se� non�e�consensuale,�richiede�il�procedimento�di�revisione�costituzionale.� Il�Crocifisso�e�^per�quanto�interessa�il�giurista�^l'emblema�della�Chiesa� Cattolica�e,�dunque,�il�segno�visibile�di�quell'alleanza�per�la�promozione�del- l'uomo�e�il�bene�del�Paese.�Sarebbe�quanto�meno�sconcertante�che�lo�Stato,� dopo�aver�dichiarato�speciale�quell'alleanza�con�l'art.�7�della�Costituzione,� quasi�si�vergognasse�di�esibirne�l'emblema�che,�in�questo�senso,�e�segno�di� un'alleanza�e�non�un�segno�di�preferenza�per�una�religione.�In�conclusione� per�togliere�il�Crocifisso�dalle�aule�scolastiche�occorrerebbe�prima�rifondare� il�principio�supremo�di�laicita�che�l'art.�7�concorre�a�formare�e�che�da�luogo� al�modo�di�essere�della�Repubblica.� Avv. Antonio Palatiello RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Corte Costituzionale ^Udienza del 26 ottobre 2004 ^Memoria del Presidente del Consiglio dei Ministri in�carica,�intervenuto�nel�giudizio�incidentale�di�costituzionalita�relativo� agli�artt.�159,�190�e�676�d.l.gvo�16�aprile�1994,�n.�297,�promosso�dal�T.A.R.�per�il�Veneto� con�ordinanza�del�14�gennaio�2004�(Avv.�dello�Stato�A.�Palatiello,�cont.�6253/04).� �Con�ordinanza�del�13�novembre�2003�^14�gennaio�2004,�pubblicata�in�Gazzetta Uffi ciale 3�giugno�2004,�il�T.A.R.�per�il�Veneto�ha�sollevato�questione�di�legittimita�costituzio- nale�degli�artt.�159�e�190�d.l.gvo�16�aprile�1994,�n.�297,�come�specificati�rispettivamente�dal- l'art.�119�del�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297�(tabella�C)�e�dall'art.�118�del�R.D.�30�aprile�1924, n.�965,�nella�parte�in�cui�includono�il�crocifisso�tra�gli�arredi�delle�aule�scolastiche�e�del- l'art.�676�del�d.lgvo�16�aprile�1994,�n.�297,�nella�parte�in�cui�conferma�la�vigenza�delle�dispo- sizioni�di�cui�all'art.�119�del�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297�(tabella�C)�ed�all'art.�118�del�R.D. 30�aprile�1924,�n.�965,�in�riferimento�al�principio�della�laicita�dello�Stato�e,�comunque,�agli� artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione.�E�intervenuto�in�giudizio�il�Presidente�del�Consi- glio�dei�Ministri�con�atto�contenente�deduzioni�del�21�giugno�2004;�sono�intervenuti�i� Sigg.ri�B.�P.�ed�altri,�parti�in�causa�pretermesse�nel�giudizio�a quo,�con�atto�contenente�dedu- zioni�in�data�18�giugno�2004;�ha�depositato�atto�di�costituzione�in�data�27�aprile�2004�la� parte�ricorrente�nel�giudizio�a quo.� Nell'atto�di�intervento�del�Presidente�del�Consiglio�ed�in�quello�delle�parti�private�pre- termesse�si�e�eccepita�l'inammissibilita�della�questione�di�costituzionalita�in�quanto�riferita� a�norme�regolamentari,�quali�indubbiamente�sono�l'art.�119�R.D.�26�aprile�1928,�n.�1297� (tabella�C)�e�l'art.�118�R.D.�30�aprile�1924,�n.�965;�nell'atto�di�intervento�del�Presidente�del� Consiglio�si�e�inoltre�eccepita�l'inammissibilita�della�questione�per�difetto�di�rilevanza�sotto vari�profili,�tra�cui�quello�di�carenza�di�giurisdizione�del�remittente.� Nel�merito�gli�interventori�hanno�evidenziato�gli�argomenti�che�inducono�a�ritenere�che l'obbligo�legale�di�esposizione�del�crocifisso�^quale�categorica�necessita�che�in�ogni�aula�quel simbolo�sia�perennemente�esibito�^non�si�rinviene�in�alcun�modo�nelle�norme�denunciate� mentre,�per�converso,�la�possibilita�di�detta�esposizione,�che�nel�concreto�significa�normalita� e�ordinarieta�della�presenza�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche,�non�e�affatto�in�contrasto� con�le�norme�costituzionali�indicate�dal�T.A.R.,�o�con�il�principio�supremo�della�laicita�dello� Stato.� La�presente�memoria�e�dedicata�all'approfondimento�del�tema�della�compatibilita�,con� le�norme�e�i�principi�costituzionali,�della�presenza�del�crocifisso�nelle�aule�quale�evenienza� normale�nell'ordinario�svolgimento�della�vita�scolastica.�Per�le�questioni�pregiudiziali�si�fa� richiamo�alle�precedenti�deduzioni,�dovendosi�solo�rammentare:�a) per�cio�che�attiene�al� difetto�di�rilevanza�per�carenza�di�giurisdizione�del�T.A.R.,�che�l'art.�33�del�decreto�legisla- tivo�31�marzo�1998,�n.�80,�per�come�risultante�a�seguito�della�sentenza�di�codesta�Corte Ecc.ma�in�data�5-6�luglio�2004,�n.�204,�non�concede�piu�spazio,�in�materia,�alla�giurisdizione� esclusiva;�b) per�quanto�riguarda�i�precedenti�invocati�dal�T.A.R.�per�l'ammissibilita�della� questione�riferita�a�norme�regolamentari,�che�nelle�vicende�esaminate�nelle�sentenze�di�code- sta�Corte�Ecc.ma�n.�1104/1988�e�n.�456/1994�la�norma�regolamentare�(nel�primo�caso� l'art.�89�del�R.D.�19�luglio�1941,�n.�1198,�nel�secondo�caso�l'art.�25�del�d.m.�11�novembre� 1930)�rendeva�in�concreto�applicabile�la�norma�primaria�(l'art.�6�d.P.R.�29�marzo�1973,� n.�156,�che�stabiliva�un�regime�di�irresponsabilita�dell'ente�gestore�del�servizio�postale��fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge�)�la�quale�del�resto�costitu|�l'unico� oggetto�dello�scrutinio�di�legittimita�costituzionale.� E�pacifico,�peraltro,�che��il�controllo�di�costituzionalita�sulle�fonti�regolamentari�puo� essere�attivato�o�attraverso�la�deduzione�della�questione�di�costituzionalita�sulla�legge�abili- tante�all'adozione�del�regolamento�ove�il�vizio�sia�ad�essa�riconducibile�(per�aver�dettato� principi�incostituzionali�od�omesso�di�porre�princ|�pi�in�materie�che�costituzionalmente�li� richiedono),�oppure�attraverso�l'impugnazione�della�fonte�regolamentare�nell'ambito�dei poteri�dei�giudici�ordinari�o�amministrativi,�se�il�vizio�sia�proprio�ed�esclusivo�del�regola- mento��(cfr.�Corte�Cost.,�18�ottobre�2000,�n.�427,�con�riferimento�ai�regolamenti�di�delegifi- cazione).� Come�e�noto,�le�disposizioni�riguardanti�il�crocifisso�a�scuola�sono�di�origine�preconcor- dataria.�Gia�l'art.�140�del�R.D.�15�settembre�1860,�n.�4336�(di�attuazione�della�legge��Casati�� 13�novembre�1859,�n.�3725),�disponeva�che�ogni�scuola�elementare��dovra�,�senz'altro,�essere� fornita�dei�seguenti�oggetti:�.....7.�un�crocifisso;�8.�un�ritratto�del�Re�.� La�disposizione�sul�crocifisso�e�sul�ritratto�del�Re�e�confermata�nel�regolamento�gene- rale�della�scuola�elementare�emanato�con�R.D.�6�febbraio�1908,�n.�150�(all.�D�relativo� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� all'art.�112),�quindi�nelle�norme�regolamentari�oggi�richiamate�dal�T.A.R.;�molte�circolari trattano�l'argomento�anche�per�gli�ambienti�pubblici�non�scolastici,�sia�in�epoca�preconcor- dataria�sia�in�periodo�piu��recente,�fino�ai�giorni�nostri.�Ma,�mentre�sotto�la�vigenza�dello� Statuto�Albertino,�il�cui�art.�1�disponeva�che��la�religione�cattolica,�apostolica�e�romana�e�� la�sola�religione�dello�Stato�,�era�spontaneo�maturare�il�convincimento�che�l'esposizione�del� crocifisso�fosse�la�naturale�conseguenza�di�tale�norma�statutaria�(cos|��naturale�che�avrebbe� fatto�mera�accademia�il�giurista�che�si�fosse�chiesto�se�il�crocifisso�fosse�davvero�un�simbolo� di�esclusiva�pertinenza�della��religione�cattolica�apostolica�e�romana�)�il�quadro�di�riferi- mento�muto��radicalmente�con�l'avvento�della�Costituzione�repubblicana;�ed�il�problema�si� impose�all'attenzione�di�tutti�con�l'Accordo�del�18�febbraio�1984�di��modifica�del�concordato� lateranense�dell'11�febbraio�1929,�tra�la�Repubblica�italiana�e�la�Santa�Sede�.�Nella�Costitu- zione�repubblicana,�come�tutti�sanno,�non�vi�e��piu��cenno�alcuno�alla�religione�dello�Stato;� vi�e��anzi�aperto�riferimento�alla�liberta��di�religione�e�di�culto;�ma�si��costituzionalizza��il� principio�pattizio�per�i�rapporti�con�la�Chiesa�cattolica;�nel��nuovo�concordato��ratificato� con�legge�25�marzo�1985,�n.�121,�si�dichiara�solennemente�che��la�Santa�Sede�e�la�Repubblica� Italiana�tenuto�conto�del�processo�di�trasformazione�politica�e�sociale�verificatosi�in�Italia negli�ultimi�decenni�e�degli�sviluppi�promossi�nella�Chiesa�dal�Concilio�Vaticano�II,�avendo� presenti,�da�parte�della�Repubblica�italiana,�i�principi�sanciti�dalla�sua�Costituzione�e,�da parte�della�Santa�Sede,�le�dichiarazioni�del�Concilio�Ecumenico�Vaticano�Secondo�circa�la� liberta��religiosa�e�i�rapporti�tra�la�Chiesa�e�la�comunita��politica�nonche�la�nuova�codifica- zione�del�diritto�canonico�,�addivengono�ad�alcune�modificazioni�consensuali�del�Concor- dato,�che�superano�del�tutto,�per�quanto�ora�interessa,�eventuali�relitti�della�religione�di Stato�e�che�sono�precedute�dall'affermazione�di�principio,�di�cui�all'art.�1,�giusta�la�quale� �la�Repubblica�italiana�e�la�Santa�Sede�riaffermano�che�lo�Stato�e�la�Chiesa�cattolica�sono,� ciascuno�nel�proprio�ordine,�indipendenti�e�sovrani,�impegnandosi�al�pieno�rispetto�di�tale� principio�nei�loro�rapporti�ed�alla�reciproca�collaborazione�per�la�promozione�dell'uomo�e il�bene�del�Paese�.� Il��nuovo�Concordato��ebbe�una�lunga�incubazione,�ed�ogni�frase,�ogni�parola,�ogni�let- tera,�e��stata�attentamente�misurata�e�calibrata:�mai,�forse,�come�in�questo�testo�le�parole�cor- rispondono�esattamente�al�pensiero�che�si�vuole�esprimere.�E�dunque�interessante�notare� l'impegno�reciproco�al��pieno�rispetto��della�sovranita��,�di�cui�all'art.�7�Cost.,�e��alla�reci- proca�collaborazione�per�la�promozione�dell'uomo�e�il�bene�del�Paese�:�la�Chiesa�e�lo�Stato� hanno�piena�consapevolezza�di�un�fine�comune�da�raggiungere�operando,�per�cos|��dire,�nel� medesimo�terreno�e�in�contemporanea;�la��promozione�dell'uomo��e�il�bene�della�societa�� nella�quale�l'uomo�vive�costituiscono�esattamente�sia�il�fine�dello�Stato�(giacche�qualunque� ordinamento�giuridico�moderno�e��fatto�per�l'uomo�e�per�il�suo�benessere)�sia�il�fine�(terreno,� cioe��strumentale�alla�salus aeterna animarum)della�Chiesa;�ede��superfluo,�nella�odierna� sede,�rammentare�la��Gaudium et spes�,�che�tratta�specificamente�l'argomento�dei�rapporti� della�Chiesa�con�gli�Stati�ai�fini�della�promozione�della��humana dignitas�.� La�cennata�impostazione,�di�rinnovato�impegno�per�il�benessere�degli�uomini,�contem- poraneamente�appartenenti�alla�Nazione�e�destinatari�dell'interesse�ecclesiastico�alla��pro- mozione�,�rende�ancor�piu��evidente�il�significato�dell'alleanza�tra�lo�Stato�e�la�Chiesa�per�il� perseguimento,�hic et nunc,�dei�cennati�fini�comuni:�giacche�di�una�vera�e�propria�alleanza� si�tratta,�fondata�su�un�patto�di�diritto�internazionale�e�sulle�conseguenti�norme�attuative,� la�cui�specialita��e��attestata�dal�fatto�che�essa�e��l'unica espressamente�richiamata�dalla�Costi- tuzione�e�dunque�di�particolare�rilevanza�nella�stessa�conformazione�della�Repubblica:�nes- sun�altro�ordinamento�giuridico�straniero,�nessun'altra�convenzione,�patto�o�trattato�di diritto�internazionale�sono�infatti�menzionati�dalla�Costituzione�repubblicana,�all'infuori� della�Chiesa�Cattolica�e�del�negozio�con�essa�stipulato,�che�rende�i�due�paciscenti�sicuri�e� fermi�alleati�nel�perseguimento�del�comune�interesse�alla�promozione�dell'uomo�e�al�bene� del�Paese.� All'epoca�del��nuovo�Concordato�,�che�espressamente�indicava�uno�dei�presupposti� della�promozione�dell'uomo�proprio�nella�liberta��religiosa,�principio�riconosciuto�dalla� Repubblica�tra�quelli��sanciti�dalla�sua�Costituzione��e�dalla�Santa�Sede�riconosciuto�nelle �dichiarazioni�del�Concilio�Ecumenico�Vaticano�Secondo�,�un�altro�importante�documento� vedeva�la�luce:�con�legge�27�maggio�1991,�n.�176,�era�infatti�ratificata�la��convenzione�dei� diritti�del�fanciullo,�fatta�a�New�York�il�20�novembre�1989�,�nella�quale�si�stabiliva,�in�parti- colare,�il�fondamentale�diritto�del��fanciullo��(per�tale�inteso�nella�Convenzione�il�soggetto� infradiciottenne)�a�ricevere�una�adeguata�educazione�morale�(�...orientamento�e�consigli adeguati...��art.�5),�ad�avere�liberta��di�pensiero�e�di�espressione,�ovviamente�proporzionata� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� all'eta��ealgradodimaturita��(art.�12eart.�14:�...rispettanoildirittodelfanciulloallaliberta�� di�pensiero,�di�coscienza,�di�religione�),�nonche�il�dovere�dei�genitori�di�insegnare�al�fan- ciullo�il�rispetto�per�la�liberta��degli�altri,�per�i�diritti�fondamentali�dell'uomo,�per�la��mora- lita��pubblica��(art.�14).�Analoghe�prescrizioni�si�troveranno,�piu��tardi,�nello��statuto�delle� studentesse�e�degli�studenti�delle�scuole�secondarie�approvato�con�d.P.R.�24�giugno�1998,� n.�249,�nel�cui�art.�1�si�dichiara�che��la�vita�della�comunita��scolastica�si�basa�sulla�liberta��di� espressione,�di�pensiero,�di�coscienza�e�di�religione,�sul�rispetto�reciproco�di�tutte�le�persone� che�la�compongono,�quale�che�sia�la�loro�eta��e�condizione,�nel�ripudio�di�ogni�barriera�ideo- logica,�sociale�e�culturale��e�nel�cui�art.�2�e��particolarmente�valorizzato�il�principio�di�solida- rieta��,�in�una�con�il�diritto�degli�studenti�stranieri�al��rispetto�della�vita�culturale�e�religiosa� della�comunita��alla�quale�appartengono�. Tali�documenti�in�particolare�richiamano�l'attenzione�su�una�verita��indiscutibile,�e�cioe�� che�anche�lo�Stato�non�confessionale�ha�imprescindibile�bisogno�di�valori�morali�nella�comu- nita��amministrata:�senza�tali�valori�e�dunque�senza�una��morale��(cioe��un�insieme�di�precetti� avvertiti�come�necessari�e�cogenti�nella�disciplina�dei�rapporti�interpersonali)�ogni�legge,�ogni� norma�giuridica�e��avvertita�come�invasiva�imposizione,�o�incomprensibile�e�violento�limite� ad�una�situazione�naturale�di�liberta��illimitata;�una�comunita��senza�valori�e�senza�norme� morali�non�e��piu��una�comunita��:e��un�insieme�di�individui�tenuti�insieme�con�la�forza�da�un� sistema�che�non�e��piu��in�grado�di�garantire�la��media�osservanza��dei�precetti�giuridici.� Si�dice�che�la�morale�laica�si�differenzia�dalla�morale�religiosa�per�il�fatto�che�la�prima� abbandona�e�rifiuta�qualsiasi�sistema�di�valori�precostituiti�e�dati�dall'esterno;�anche�la� morale�laica�tuttavia�si�attiene�ai�dettami�della�coscienza�riconosciuta�comune�e�retta,�che� pone�comunque�un�insieme�di�regole�sottratte�al�soggettivismo,�non�meno�degne�e�severe�e� spesso�coincidenti�con�quelle�affermate�da�chi�fonda�l'etica�sul�trascendente.� Quello�che�e��accaduto�nell'esperienza�storica�del�nostro�Paese,�nel�momento�della�for- mazione�e�della�stabilizzazione�del�sistema�etico�oggi�avvertito�come�comune�^e�dunque� rispettato�quantomeno�con�media�osservanza�^e��che�i�principi�morali�di�fondo�nelle�rela- zioni�interpersonali�^e�cioe��la�base��dura��della�costruzione�etica,�sulla�quale�si�innestano,� poi,�le�piu��complesse�relazioni�giuridiche�hanno�finito�con�il�coincidere�con�quelli�della� morale�cattolica�dalle�cui�fondamenta�trassero�origine:�se�non�piace�piu��il�crociano��perche� non�possiamo�non�dirci�cristiani��si�puo��anche�gridare��perche�non�possiamo�non�dirci� laici�;�resta�il�fatto�che�il�catalogo�fondamentale�dei�valori�etici�e�dei�principi�morali�per� come�recogniti�nella�nostra�Costituzione�sono�quelli�della�tradizione�cattolica.�Lo�sa�bene� la�Conferenza�Episcopale�Italiana�che,�all'indomani�della�firma�del�nuovo�Concordato,�si� affrettava�a�sottolineare�che��questo�cambiamento�nulla�toglie�ai�valori�della�religione�catto- lica.�Essa�appartiene�da�tempo�al�popolo�italiano�nel�quale�si�e��largamente�radicata...�fino� ad�essere�fermento�della�sua�storia,�della�sua�civilta��,�della�sua�cultura,�dei�suoi�impegni�per� una�ordinata�convivenzacivile...��(AA.VV.,�Concordato 1984:premesseeprospettive,�Urbino� 1985,�217),�e�lo�sanno�bene�gli�studiosi�laici,�quando�valorizzando�l'etica�del�dialogo�(dell'a- pertura�all'altro)�ne�indicano�la�matrice�cristiana�e,�nel�richiamare�l'esigenza�del�fondamento� morale�della�vita�collettiva�democratica,�ammettono�che�molti�valori�laici�esattamente�coin- cidono�con�quelli�provenienti�dalla�cultura�religiosa�cattolica.�Al�giurista�laico�peraltro�l'in- dicazione�di�non�dimenticare�che��i�valori�etici�fondamentali,�in�Italia,�come�normalmente� avviene�negli�Stati�democratici�del�nostro�tempo,�sono�iscritti�nella�Costituzione�e�costitui- scono�la�base�civile�e�morale�della�convivenza�organizzata��viene�addirittura�da�Giovanni� Paolo�II,�che�pronuncio��le�trascritte�espressioni�nel�discorso�del�31�marzo�2000�ai�parteci- panti�al�congresso�dell'Associazione�Nazionale�Magistrati.� Forse�qualche�clericale�non�condividera��quelle�parole�e�qualche�laicista�dira��che�la� matrice�cristiana�della�morale�fondamentale�della�nostra�gente�non�e��esclusiva�(c'e��,�infatti,� chi�preferisce�sottolineare�i�valori�della�Rivoluzione�Francese�o�dell'Illuminismo,�quasi�che� non�fossero�essi�stessi�valori�metafisici�^non�trascendenti,�certo�^di�universalita��,�solidarieta��,� liberta��propri�della�tradizione�cristiana). Cio��che�ora�interessa�e��rilevare�che�i�principi�morali�della�nostra�Nazione,�affermati�e� riconosciuti�dalla�Costituzione,�sono�quelli�fondanti�del�primato�della�persona�umana,�della solidarieta��e�della�liberta��^che�postula�il�rispetto�della�vita�e�delle�scelte�individuali�^non� certo�lontani�dal�comandamento�supremo�dell'amore�che�i�Vangeli�tramandano�e�che�trova� nelle�parole�dell'Apostolo�delle�genti�la�piu��sublime�delle�descrizioni�(1�Cor.�12,�31;�13,�1-8).� E�se�il�clericale�e�il�laicista�avessero�la�pazienza�di�scorrere�la�Costituzione�nelle�norme�rela- tive�ai�principi�fondamentali�e�ai�diritti�e�doveri�dei�cittadini,�vedrebbero�un�continuo� richiamo�alle�situazioni�soggettive�inviolabili,�alla�solidarieta��politica,�economica,�sociale,� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� alla�pari�dignita��,�all'uguaglianza,�alla�liberta��di�associazione,�ai�diritti�della�famiglia�etc.�etc.,� che�costituiscono�la�traduzione�giuridica�di�precetti�morali,�come�tali�sentiti�dalla�nostra� gente�e�perche�tali�universalmente�accettati�sul�piano�giuridico:�e�sono�tutti�principi�etici�e valori�che�si�sono�radicati�nel�comune�modo�di�sentire�attraverso�una�sedimentazione�ed� una�stratificazione�che�ha�quantomeno�duemila�anni�di�storia.��Enea�e�Paolo��operarono� in�sinergia:�i�principi�cristiani,�attraverso�l'ordinamento�giuridico�di�Roma,�si�diffusero�nel mondo�e�mediante�la�formazione�dell'etica�collettiva�contribuirono�a�costituire�dapprima� una�coine�dialectos�e,�poi,�la�coscienza�delle�Nazioni:�ed�ogni�Nazione�e��tale�perche�possiede� valori�etici�che�ne�costituiscono�il��connettivo��e�che�permettono�a�tutti�isuoi�membri�di� riconoscersi�in�una�comune�appartenenza�ed�in�una�identita��.� Lo�Stato�e�la�Chiesa,�si�accennava,�non�sono�solo�indipendenti�e�sovrani;�sono�anche� �alleati��mediante�un�patto�di�diritto�internazionale�attraverso�il�quale,�viribus�unitis,perse- guono�il�comune�interesse�della�promozione�dell'uomo�e�del�bene�del�Paese.�La�collabora- zione�avviene�mediante�la�predisposizione�di�mezzi�dall'una�e�dall'altra�parte;�l'alleanza� implica�reciproco�riconoscimento�di�esigenze�da�rispettare,�magari�attraverso�mutue�rinunce. I�mezzi�che�la�Chiesa�impegna�per�il�raggiungimento�del�fine�comune�sono�nell'autorita�� morale�e�spirituale�guadagnata�in�due�millenni;�la�rinuncia�che�le�si�e��chiesta�consiste�nell'ab- dicazione�a�mire�temporali;�la�sua�predicazione�spirituale�^libera�e�piena�^mantieneecon- solida�i�principi�etici�su�cui�si�fonda�lo�Stato�laico�soprattutto�nella�materia�dei�diritti�del- l'uomo�e�dei�rapporti�civili�etico-sociali�ed�economici.�Lo�Stato�laico,�dal�proprio�canto,� rinuncia�ad�essere�ateo�od�anticlericale�o�laicista�e�vede�nel�fenomeno�religioso�una�compo- nente�molto�importante�della�societa��;�riceve�dall'opera�della�Chiesa�Cattolica�un�validissimo� contributo�alla�consolidazione�dei�principi�che�lo�caratterizzano,�ricevendone�l'apprezza- mento:�la�Chiesa�non�solo�non�ha�paura�della�laicita��,�ma,�come�ricordo��PioXII�(inun�noto� discorso�del�23�marzo�1958)��la�legittima�sana�laicita��dello�Stato�e��uno�dei�principi�della�dot- trina�cattolica�.� Il�principio�supremo�di�laicita��del�nostro�ordinamento�e��stato�ampiamente�illustrato�da� codesta�Corte�Ecc.ma�nella�nota�sentenza�n.�203/1989,�cui�altre�seguirono�di�concrete�con- ferme�e�applicazioni.�E�probabile�che�il�significato�della�laicita��possa�atteggiarsi�con�sfuma- ture�diverse�a�seconda�che�sia�in�discussione�un�profilo�dello�Stato-potere,�oppure�dello� Stato-istituzione,�o�infine,�dello�Stato-comunita��;�e�di�tali�diverse�sfumature�e��traccia�nelle� concrete�soluzioni�adottate�nelle�numerose�sentenze�che�hanno�fatto�seguito�alla�fondamen- tale�pronuncia�del�1989.�E�peraltro�anche�la�dottrina�pone�in�luce�che�l'autonomia�e�l'indi- pendenza,�che�caratterizzano�il�principio�di�laicita��dello�Stato-potere,�non�sono�concetti� coincidenti�con�l'aconfessionalita��e�la�neutralita��dello�Stato-istituzione�o�con�la��tempora- lita����degli�interessi�(pur�se�morali�e�spirituali)�dello�Stato-comunita��;alcuni�canonisti,poi,� descrivono�in�positivo�il�valore�della�laicita��nel�momento�della�liberta��religiosa,�questa�intesa� come�rivendicazione�della�Chiesa�e�verso�la�Chiesa,�liberta��che�e��uno�dei�diritti�inviolabili,� questi,�a�loro�volta,�corollario�della��dignita��umana�.� La�complessita��della�questione�concernente�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�scuole�e�� confermata�dal�suo�carattere�risalente�nel�tempo.�Riferisce�infatti�A.C.�Jemolo�(in�Chiesa�e� Stato�in�Italia,�Einaudi,�Torino,�1977,�154�ss.�e�spec.�157)�che�tra�le�molteplici�battaglieanti- clericali�combattute�all'inizio�del�ventesimo�secolo�vi�erano�quelle��...per�impedire�che�preti� e�monache�occupino�cattedre�di�scuole�elementari;�per�fare�chiudere�asili�affidati�alle�suore;� per�eliminare�il�crocifisso�nelle�aule�scolastiche;�per�sostituire�negli�ospedali�le�suore�con�per- sonale�laico...�.�Niente�di�nuovo,�quindi,�se�non�che�e��passato�un�secolo�e�che�l'anticlericali- smo�e��oggi�un�ricordo�lontano.�Il�quesito�se�sia�compatibile�con�la�cennata�laicita��dello�Stato� l'esposizione�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche�continua�pero��ad�essere�ampiamente�trat- tato�in�dottrina,�negli�ultimi�tempi�con�rinnovato�interesse.� Alcune�delle�giustificazioni�a�sostegno�dell'attuale�vigenza�delle�norme�regolamentari�che� dispongono�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�scuole�come�vicenda�ordinaria�e�normale�non� sono�del�tutto�convincenti�spesso�perche�parziali�e�riduttive:�cos|��non�e��convincente�il� richiamo�ai��valori�che�fondano�l'identita��dell'Italia,�dell'Europa�e�dell'intero�Occidente�� (ad�esempio,�in�Risoluzione�al�governo�della�VII�Commissione�della�Camera�del�27�ottobre� 2003),�perche�quei�valori�non�sono�rappresentati�necessariamente�e�soltanto�da�un�simbolo religioso;�non�e��convincente�il�richiamo�alle�radici�o�alla�pace�e�alla�fratellanza,�tutti�concetti� che�potrebbero�essere�rappresentati�anche�con�altri�emblemi;�e��insufficiente�il�richiamo�alla� tradizione�e�alla��rivoluzione�cristiana��operata�con�toni�letterariamente�validi�ed�appassio- nati�dalla�Ginsburg�in�un�articolo�apparso�sull'Unita��il�25�marzo�1988,�perche�di�per�se�la� tradizione�vuole�che�si�sia�cauti�nel�cambiamento�ma�certo�non�lo�impedisce�ed�il�richiamo� 828 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� alla�rivoluzionecristiana�diperse�nonapparedeltuttocoerenteconl'equidistanzachelo Stato�laico�deve�mantenere�rispetto�ad�ogni��rivoluzione��religiosa.�Meno�insoddisfacente�e� il�richiamo�al��dolore�umano��e�alla�solidarieta�che�nel�medesimo�scritto�e�operato,�ma� non�si�supera�il�terreno�della�brillante�sociologia.�Dice�la�Ginsburg:��A�medispiaceche�il� Crocifisso�scompaia�per�sempre�da�tutte�le�classi.�Mi�sembra�una�perdita.�Tutte�o�quasi�tutte�le� persone�che�conosco�dicono�che�va�tolto.�A�me�dispiace�che�il�Crocifisso�scompaia.�Se�fossi�un� insegnante�vorrei�che�nella�mia�classe�non�venisse�toccato...�Il�Crocifisso�non�genera�nessuna� discriminazione.�Tace.�E�l'immagine�della�rivoluzione�cristiana,�che�ha�sparso�per�il�mondo�l'i dea�dell'uguaglianzafra�gli�uominifino�allora�assente...�Il�Crocifisso�e�segno�del�dolore�umano.� Lacoronadispine,�ichiodi,�evocanolesuesofferenze...�Fapartedellastoriadelmondo...�Prima� di�Cristonessuno�avevamaidetto�chegliuominisono�ugualiefratellitutti,�ricchiepoveri,�cre denti�e�non�credenti,�ebrei�e�non�ebrei�e�neri�e�bianchi,�e�nessuno�prima�di�lui�aveva�detto�che� nel�centro�della�nostra�esistenza�dobbiamo�situare�la�solidarieta�tra�gli�uomini...�A�me�sembra� benecheiragazzi,�ibambini,losappianofindaibanchidellascuola.�Gesu�Cristohaportatola� croce.�A�tutti�noi�e�accaduto�o�accade�di�portare�sulle�spalle�il�peso�di�una�grande�sventura.�A� questa�sventura�diamo�il�nome�di�croce,�anche�se�non�siamo�cattolici�perche�troppo�forte�e�da� troppisecolie�impressal'ideadellacrocenelnostropensiero.�Tutti,�cattolicielaiciportiamoo� porteremoilpesod'unasventura,versandosangueelacrimecercandodinoncrollare.�Questo dice�il�Crocifisso.�Lo�dice�a�tutti,�mica�solo�ai�cattolici�.�E�neppure�e�del�tutto�appagante�la� pur�autorevole�interpretazione�fornita�dal�Consiglio�di�Stato�in�sede�consultiva�con�il�parere� del�27�aprile�1988,�n.�63,�che�argomenta�dal�silenzio�dei�Patti�Lateranensi�in�merito�all'espo- sizione�del�crocifisso�per�sostenere�l'insignificanza�in�materia�delle�modifiche�del�1984,�con� la�conseguente,�piena�vigenza�dei�regolamenti�del�1924�e�del�1928:�l'abrogazione�di�una� norma,�infatti,�puo�essere�anche�tacita,�mentre�l'osservazione�secondo�cui��la�Costituzione� non�prescrive�alcun�divieto�all'esposizione�del�Crocifisso�(che)�per�i�principi�che�evoca...�fa� parte�del�patrimonio�storico��appare,�nella�sua�stringatezza,�piuttosto�tautologica D'altro�canto,�anche�la�opposta�opinione�di�chi�sostiene�che�oggi�non�vi�sia�spazio�alcuno� per�l'esposizione�del�crocifisso�nelle�aule�scolastiche�trova�motivazioni�e�giustificazioni�che lasciano�insoddisfatto�quanto�meno�il�giurista�laico.�A�volte�l'equivoco�di�base,�quello�cioe� di�credere�che�il�crocifisso�sia��un�simbolo�il�quale�mantiene�comunque�un�univoco�signifi- cato�confessionale��(equivoco�nel�quale�cade�anche�l'ordinanza�di�rimessione�oggi�all'esame)� e�il�presupposto�logico�per�valutarne�l'esposizione�come�fatto�contrastante�con�la�posizione� di�equidistanza�che�lo�Stato�laico�deve�mantenere�nei�riguardi�del�fenomeno�religioso�o�con- fessionale:�il��mantenimento��del�significato�religioso�e�indubbio,�ma�non�e�il�solo;�di�piu�e� ben�oltre�il�crocifisso�e�il�simbolo�(la�bandiera,�si�direbbe)�della�Chiesa�cattolica,�unico� alleato�dello�Stato�italiano�che�sia�menzionato�nella�Costituzione;�il�significato�confessionale� del�crocifisso�e�mediato�dal�significato�di�emblema�del�soggetto�di�diritto�internazionale che�ha�stretto�il�patto�con�l'Italia.� Ancor�meno�significativi�appaiono�i�frequenti�richiami�che�i�sostenitori�dell'elimina- zione�del�crocifisso�operano�per�dire�che�la�sua�esposizione�troverebbe�impliciti�divieti�nelle� regole�fondamentali�dello�Stato�laico:�quell'esposizione�sarebbe�incompatibile,�si�dice,�con� l'art.�3�Cost.,�perche�ogni�simbolo�instaurerebbe�un�meccanismo�di�identificazione�e�dunque� lo�studente�sarebbe�in�qualche�modo�suggestionato�a�favore�della�religione�cattolica.�L'argo- mento�non�e�affatto�convincente,�perche�postula�una�surrettizia�e�diffusa�propaganda�che�e� sicuramente�vietata,�almeno�da�quando�l'insegnamento�della�religione�cattolica�e�diventato� facoltativo;�e�una�osservazione,�quindi,�che�presuppone�la�violazione�delle��regole�del� gioco�:�rispettate�queste,�l'argomento�non�ha�piu�spazio.�Ancor�peggiore�e�il�rimedio�che,� in�nome�dell'art.�3�Cost.,�alcuni�hanno�immaginato,�quello�di�esporre�altri�simboli�religiosi� accanto�al�crocifisso:�a�parte�l'esito�vagamente�kitsch�del�suggerimento,�anche�tale�soluzione� da�per�scontato�che�avvenga�cio�che�non�puo�e�non�deve�avvenire�a�scuola,�quella�specie,� cioe�,�dipropagandaoproselitismo,�sianopureessinelpieno...�rispettodelleregoledellibero mercato!�La�liberta�di�religione�e�di�coscienza�e�la�liberta�di�pensiero�sono�chiamate�in�causa con�analoghi�risultati:�il�crocifisso,��univoco��segno�confessionale�(dei�cattolici,�e�comunque� dei�cristiani)�sarebbe�in�grado�di�provocare�suggestivi��input��specie�negli�alunni�piu�giovani,� s|�da�condizionarne�lo�sviluppo.�E�un�argomento�spesso�ricorrente�anche�nelle�parallele�espe- rienze�di�altri�paesi;�e�gli�psicologi�e�i�sociologi�si�sono�appassionatamente�misurati�sul�tema� dei��simbolipassivi�odeiriflessiindotti�dagliemblemi.E�interessante�in�proposito�ricor- dare�che�il�Tribunale�Costituzionale�Federale�della�Germania,�quando�si�trovo�ad�affrontare� il�tema�del�divieto�del�velo�islamico�per�le�insegnanti�posto�dal�diritto�del�Land�Baden-- Wu�rttenberg�(caso�deciso�con�sentenza�24�settembre�2003�favorevolmente�all'insegnante�che� IL|CONTENZIOSO|NAZIONALE| voleva|indossare|il|velo|islamico),|si|pose|il|problema|del|condizionamento|che|detto|oggetto| poteva|avere|sui|giovanissimi|alunni;|e|ha|ammesso|CTU|(una|delle|pochissime|che,|a| quanto|risulta,|sia|stata|disposta|in|argomento|da|una|Corte);|si|legge|nella|sentenza,|che|e�| pubblicata|in|Foro Italiano 2004,|IV,|214,|che|il|CTU|�prof.|Bliesener|ha|sostenuto|che|dal punto|di|vista|della|psicologia|dello|sviluppo|non|sussistono|attualmente|cognizioni|certe| che|possano|attestare|un'influenza|sui|bambini|solo|attraverso|la|frequentazione|quotidiana con|l'insegnante|che|indossa|nella|scuola|e|nell'insegnamento|un|copricapo.|Solo|con|il|veri- ficarsi|di|conflitti|fra|genitori|ed|insegnanti|in|relazione|all'uso|del|copricapo|da|parte|del- l'insegnante|sono|prevedibili|effetti|negativi,|specialmente|sulle|allieve|ed|allievi|piu�|giovani.| Gli|altri|due|consulenti|tecnici|uditi|dalla|sezione|della|Corte...|non|hanno|allegato|convin- zioni|divergenti�.|Il|richiamo|ai|conflitti|fra|genitori e|insegnanti ^sia|detto|per|inciso| dovrebbe|comunque|far|riflettere|seriamente|sull'opportunita�|di|certi|contrasti.| Altri|invocano|l'art.|97|Cost.|e|dunque|il|dovere|di|imparzialita�|,|aspetto|della|laicita�|che| richiede|equidistanza.|Si|e�|gia�|detto|che,|una|volta|visto|il|crocifisso|come|emblema|e|vessillo| dell'unico|nostro|Alleato|nominato|nella|Costituzione,|il|problema|dell'equidistanza|e|del- l'imparzialita�|non|puo�|piu�|ragionevolmente|porsi|nei|rapporti|tra|religioni,|ma,|ben|diversa- mente,|nei|rapporti|con|i|soggetti|di|diritto|internazionale|e|con|i|loro|vessilli:|e|codesta| Corte|Ecc.ma|ha|gia�|avuto|occasione|di|sottolineare|che|il|principio|supremo|di|laicita�| emerge,|tra|gli|altri,|proprio|da|quell'art.|7|che|riconosce|la|Chiesa|cattolica|indipendente|e| sovrana|e|che|fa|del|patto|internazionale|con|essa|stipulato|un|elemento|costitutivo|del|modo| di|essere|della|Repubblica. La|liberta�|di|coscienza,|secondo|alcuni,|basterebbe|per|accertare|l'illegittimita�|delle| norme|sull'esposizione|del|crocifisso.|L'argomento|e�|lo|sviluppo|di|alcune|affermazioni|con- tenute|nella|sentenza|della|Corte|di|Cassazione|1|marzo|2000|(Foro It.|2000,|II,|521)|relativa| al|caso|di|cui|ampiamente|disse|la|cronaca|e|che|e�|ricordato|in|quasi|tutti|gli|scritti|sul|tema oggi|all'esame|di|uno|scrutatore|di|seggio|elettorale|che|rifiuto�|di|svolgere|il|suo|lavoro|per- che�|nell'aula|scolastica|adibita|a|seggio|c'era|un|crocifisso.|Nel|processo|penale|che|segu|�|lo| scrutatore|fu|assolto|in|ultima|istanza|perche�|il|suo|rifiuto|fu|considerato|giustificato.|Ma| lo|fu|in|una|logica|^l'unica,|in|quella|sede,|rilevante|^del|tutto|penalistica:|l'immediatezza| e|non|strumentalita�|del|rapporto|tra|il|rifiuto|motivato|e|il|contenuto|dell'ufficio|furono|suf- ficienti|per|l'assoluzione;|quello|scrutatore,|insomma,|veramente|si|sentiva|condizionato|e dunque|il|suo|rifiuto|non|fu|senza|rilievo|sul|piano|dell'elemento|psicologico|delreato.La| Corte|di|Cassazione|si|lascia|andare|a|molte|affermazioni|di|principio|che,|forse,|non|com- petono|alla|magistratura|penale|e|certo|non|servivano|alla|soluzione|del|casodispecie:|e| quando|se|ne|rende|conto,|torna|improvvisamente|nei|limiti|delle|proprie|competenzeedelle| esigenze|del|processo|osservando|che|�nel|caso|non|si|pongono|problemi|a|livello|costituzio- nale|giacche�|il|bilanciamento|degli|interessi|e�|gia�|assicurato|nelle|previsioni|penali|dalla| clausola|del|giustificato|motivo,|(art.|108|d.P.R.|30|marzo|1957,|n.|361:|n.|d.a.)|la|cui| nozione...|e�|piu�|ampia|della|generale|causa|di|giustificazione�.|In|tal|modo|le|pur|pregevoli| considerazioni|svolte|sui|principi|supremi|dell'ordinamento|non|costituiscono|giurisprudenza in|termini;|ne�|esiste|sul|tema|^e�|appena|il|caso|di|ricordarlo|^un|diritto|vivente|(ad|esempio| Cass.|13|ottobre|1998,|aveva|annullato|con|rinvio|l'assoluzione|di|quello|scrutatore|dubi- tando|che|non|avesse|davvero|commesso|reato).| A|volte|e�|richiamato|il|diritto|inviolabile|�alla|liberta�|di|pensiero,|di|coscienza|e|di|reli- gione�|di|cui|all'art.|9|della|Convenzione|Europea|per|la|salvaguardia|dei|diritti|dell'Uomo| e|delle|liberta�|fondamentali,|firmata|il|4|novembre|1950|e|ratificata|con|legge|4|agosto 1955,|n.|848:|in|relazione|a|tale|diritto|inviolabile|ci|sarebbe|una|sorta|difacolta�|di|veto|in| ordine|a|qualunque|atteggiamento|pubblico|in|qualsiasi|modo|interferente.|Forse|il|richiamo| e�|fatto|nel|tentativo|di|aggirare|l'ostacolo|della|sicura|inesistenza|nella|Costituzione|di|una| simile|facolta�|di|veto;|certo|e�|che|la|giurisprudenza|della|Corte|Europea|dei|Diritti|del- l'Uomo|non|contesta|ne�|giustifica|la|cennata|lettura|dell'art.|9.|Il|principio|fondamentale| enunciato|dalla|CEDU|e�|che|anche|i|diritti|fondamentali|vanno|considerati|in|un|quadro|di| insieme,|�in|funzione|dei|bisogni...|delle|comunita��|(dec.|23|luglio|1968,|c.Belgio);|si|e�|ad| esempio|affermata|la|legittimita�|dell'obbligo|di|partecipazione|ad|una|sfilata|militare|impo- sta|ai|testimoni|di|Geova|in|orario|scolastico|(Valsamis|c.|Grecia,|18|dicembre|1996),|la| legittimita�|dell'insegnamento|obbligatorio|dell'educazione|sessuale|(Kieldsnen|edaltri| c.|Danimarca|7|dicembre|1976),|del|divieto|di|portare|a|scuola|simboli|religiosicome|ilvelo| islamico|(Karaduman|c.|Turchia|3|maggio|1993)|o|di|svolgere|proselitismo|religioso|(Kokki- nakis|c.|Grecia|25|maggio|1993):|tutti|esempi|di|inesistenza|di|una|facolta�|di|veto|di|solu- zioni|non|condivise|pur|in|tema|di|diritti|fondamentali.|E�spesso|ricordata|sul|tema|la|sen- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tenza�bavarese�del�16�maggio�1995�che�ritenne�contraria�alla�Costituzione�tedesca�l'esposi- zione�del�crocifisso�nei�locali�scolastici;�e,�negli�scritti�piu��recenti,�si�fa�richiamo�alla�laicita�� francese,�che�ha�portato�alla�legge�del�15�marzo�2004,�n.�228,�sul�divieto�di�simboli�religiosi� a�scuola.� Si�tratta�di�richiami�impropri,�perche��queste�due�Nazioni�non�hanno,�nella�propria� Costituzione,�una�norma�del�tipo�del�nostro�art.�7;�e�di�assonanze�imprecise,�perche��la�legge� bavarese�del�1.�gennaio�1996�introduce�un�complesso�meccanismo�di�valutazione�di�opportu- nita��sull'esposizione�dei�simboli�religiosi,�mentre�la�legge�francese�vieta�soltanto i�segni�che� manifestino�una�appartenenza�religiosa��ostensiblement�,�dove�l'avverbio�e��volutamente� ambiguo,�indicando�qualcosa�di�meno�dell'ostentazione�e�qualcosa�di�piu��del��visibile�.� Come�si�e��accennato,�l'ordinanza�di�rimessione�oggi�all'esame�muove�dal�presupposto� che�il�crocifisso�abbia�mantenuto�comunque�un��univoco�significato�confessionale�;�si�e��pure� accennato�che�la�maggioranza�della�letteratura�^sia�quella�che�ritiene�possibile�l'esposizione� del�simbolo,�sia�quella�che�la�ritiene�illegittima�^non�condivide�detta�valutazione�d'univo- cita��.�Non�la�condivide,�in�particolare,�la�prassi�amministrativa�in�epoca�repubblicana:�nei provvedimenti�relativi�all'argomento�e��costante�il�richiamo�al�fatto�che��l'esposizione�del crocifisso�nelle�aule�scolastiche...�non�configura�violazione�del�pluralismo�religioso�e�degli� obiettivi�di�formazione�multiculturale�della�Scuola�ne��puo��considerarsi�limitativa�della� liberta��di�coscienza�garantita�dalla�Costituzione,�non�collegandosi�ad�una�specifica�Confes- sione,�ma�costituendo�espressione�della�civilta��e�della�cultura�cristiana�e�percio��patrimonio� universale�dell'umanita����(direttiva�del�Ministro�dell'Istruzione,�dell'Universita��e�della� Ricerca�3�ottobre�2002;�analogamente,�circolare�esplicativa�in�pari�data).�Di�simbolo�dell'i- dentita��nazionale�e�del�patrimonio�tradizionale�dell'Italia�di�cui�il�cattolicesimo�e��compo- nente�fondamentale�parla�il�Ministro�dell'Interno�quando,�in�data�25�ottobre�1984,�affronta� il�tema�con�riguardo�alle�aule�giudiziarie,�ritenendo�ancora�vigente�la�circolare�del�29�mag- gio�1926.� Si�e��ricordato�che�qualunque�comunita��non�puo��non�avere�principi�etici�nei�quali�si�rico- nosce�e�che�costituiscono�il�connettivo�che�rende�popolo�l'insieme�dei�singoli�e�che�permette� all'ordinamento�di�porre�norme�giuridiche�coerenti�con�quei�principi,�e�dunque�avvertite come�non�estranee�ed�invasive�imposizioni;�si�e��anche�detto�che�i�principi�etici�della�nostra� Nazione�hanno�radici�prevalentemente�cristiane;�e�si�e��pure�ricordato�che�l'art.�7�Cost,�il� quale�contribuisce�a�conformare�lo�Stato�laico,�indica�la�Chiesa�cattolica�quale�alleato� mediante�un�patto�di�diritto�internazionale;�e��infine�noto�che�la�Chiesa�cattolica�indica�il�cro- cifisso�quale�proprio�emblema�o�vessillo�(anche�altre�Chiese�cristiane�lo�fanno,�e�la�croce� compare�pure�su�alcune�bandiere�di�Stati�laici:�ma�cio��non�toglie�nulla�al�valore�e�al�signifi- cato�che�la�Chiesa�cattolica�assegna�a�quel�simbolo,�che�ricorda�la�divinita��del�proprio�fon- datore�e�della�propria�costituzione).�Sulla�base�di�tali�premesse�si�puo��affrontare�il�tema�della� verifica�di�compatibilita��tra�le�due�norme�(regolamentari)�all'esame�e�l'attuale�assetto�costitu- zionale,�e�si�possono�dissipare�alcuni�equivoci�logici. Come�si�e��gia��notato,�quelle�norme,�che�sono�preconcordatarie,�trovarono,�all'epoca,� fondamento�nell'art.�1�dello�Statuto�che�permetteva�allo�Stato�di��appropriarsi�diquelsim- bolo,�e,�contemporaneamente�di�tenersi�a�distanza�dalla�Chiesa�cattolica�e�di�svolgere�una� politica�non�certo�filoclericale;�anzi,�a�ben�vedere�e��addirittura�probabile�che�nelle�disposi- zioni�preconcordatarie�sul�crocifisso�vi�fosse�una�sottile�vena�polemica�nei�riguardi�del mondo�clericale,�che�non�veniva�riconosciuto�come�esclusivo�titolare�della�facolta��di�disporre� dei�simboli�della�religione�cristiana.� Comunque,�certo�e��che�la�data�di�nascita�di�quelle�norme,�promulgate�in�un�ordina- mento�che�aveva�scelto�la��religione�cattolica�apostolica�romana��come�religione�di�Stato,� ha�suscitato�il�legittimo�dubbio�circa�la�loro�sopravvivenza�al�superamento�di�tale�scelta.� Ma�le�norme�hanno�oggettiva�e�propria�esistenza�anche�oltre�le�ragioni�che�le�determina- rono,�e�dunque�anche�le�due�disposizioni�oggi�allo�scrutinio�della�Corte�Costituzionale� vanno�lette�per�quello�che�dicono�ed�inserite�nell'odierno�contesto�normativo.�E�innegabile� che�le�due�norme�in�esame�pongono�il�crocifisso�accanto�e�comunque�insieme�alla��bandiera� nazionale��e�al��ritratto�del�Re�.�E�una�triade�ideale�che�collega,�e�in�un�unico�insieme�con- sidera,�la�religione�cattolica�con�i�valori�morali�che�essa�esprime,�l'ordinamento�giuridico� formale�e�la�comunita��nella�sua�unita��di�nazione.�Nessuno�potrebbe�seriamente�affermare� che�non�sia�piu��legittimo�il�riferimento�alla�bandiera�solo�perche��oggi�il�nostro�vessillo�non� presenta�gli�stessi�disegni�dell'epoca,�o�che�non�si�possa�esporre�il�ritratto�del�Presidente�della� Repubblica�perche��egli�non�e��un��Re�d'Italia�.�E�chiaro�che�la�bandiera�nazionale�e��,oggi,� quella�di�cui�all'art.�12�Cost.,�e�che�il�Capo�dello�Stato�e��quello�di�cui�all'art.�83;�d'altra�parte� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� nessuno,�neppure�tra�i�piu�fantasiosi�ed�estremisti�assertori�delle�liberta�individuali,�se�la�sen- tirebbe�di�sostenere�che�ne��bandiera�ne��ritratto�presidenziale�possano�essere�legittimamente� esposti,�in�quanto�simboli,�il�primo�di�una�visione�nazionalistica�che�puo�liberamente�non� essere�condivisa,�ed�il�secondo�di�una�metafisica�dell'ordinamento�che�impone�una�certa�ade- sione�ai�principi�democratici�e�repubblicani.�Analoghe�osservazioni�vanno�fatte�per�il�croci- fisso�la�cui�presenza�simbolica�fu,�all'epoca,�giustificata�dall'art.�1�dello�Statuto�ed�e��oggi� spiegata�dall'art.�7�Cost.:�il�crocifisso�e�il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�unico�alleato�di� diritto�internazionale�nominato�dalla�Costituzione.�Ed�allora�l'emblema�del�Cristo,�sicura- mente�religioso�per�la�Chiesa�cattolica�che�da�Lui�si�dichiara�fondata,�entra�nella�triade��cro- cifisso,�bandiera,�ritratto�del�Capo�dello�Stato��in�quanto�vessillo;�un�simbolo�che�non�e� piu�di��religione��in�quanto�tale�ma�di�conformazione�dell'ordinamento�ad�una�laicita�che� non�esclude�la�piena�e�leale�collaborazione�con�la�Chiesa�cattolica,�attraverso�un�patto�anche� giuridicamente�privilegiato.�D'altra�parte�i�valori�morali�che�la�Chiesa�cattolica�esprime�e� che�il�crocifisso,�simbolo�della�Chiesa,�evoca�sono�del�tutto�coincidenti�^nel�nucleo�essen- ziale�e�nella�dimensione�umana�^con�il�modo�di�sentire�della�nostra�gente;�e�sono,�cio�che� piu�conta,�coincidenti�con�la�stessa�impostazione�etica�della�Costituzione,�nel�momento�di esaltazione�della�dignita�dell'uomo,�dei�diritti�inviolabili�e�delle�liberta�fondamentali;�ed�e� proprio�il�comune�modo�di�sentire,�costituito�a�sistema�morale,�che�e�al�contempo�sostan- ziale�fonte�di�produzione�di�quei�precetti�costituzionali�e�spiegazione�della�loro�convinta accettazione�da�parte�della�collettivita�.� La�triade��crocifisso,�bandiera,�ritratto�del�Capo�dello�Stato��non�e�altro�che�l'imma- gine�visiva�^una�sorta�di�elementare�biblium pauperum ^della�Nazione�nelle�sue�fondamen- tali�componenti:�la�comunita�con�i�suoi�valori�storici�e�morali�riconfermati�dalla�speciale� alleanza�con�la�Chiesa�cattolica,�l'unita�,�l'ordinamento�giuridico.� I�simboli�dello�Stato�non�si�discutono:�possono�essere�condivisi�o�non�condivisi�dalla� coscienza�individuale�ma�vanno�comunque�rispettati:�non�c'e�diritto�individuale�di�veto�per� l'esposizione�della�bandiera�o�del�ritratto�del�Presidente,�simbolo�dello�Stato-ordinamento;� ciascuno�in�cuor�suo�puo�non�credere�alla�bandiera�come�emblema�dell'unita�nazionale,�o� ritenere�un�residuo�dello�Stato�etico�la�proposizione�dei�valori�democratici�e�repubblicani� operata�attraverso�il�richiamo�al�Capo�dello�Stato;�e�nessuno,�certo,�e�obbligato�a�comporta- menti�che�in�positivo�esternino�una�non�sentita�adesione.�Allo�stesso�modo�nessuno�potra� mai�essere�costretto�a�qualsivoglia�atto�di�omaggio�^e�tantomeno�ad�intime�condivisioni� nei�riguardi�del�crocifisso,�emblema�della�Chiesa�cattolica�e�dunque�simbolo�della�fattiva�e leale�presenza�della�Chiesa,�dei�valori�morali�da�essa�esaltati�e�dell'opera�di�solidarieta�in� concreto�svolta�in�Italia�per�la�promozione�dell'uomo�e�per�il�bene�del�Paese;�correlativa- mente�a�nessuno�e�concesso�il�potere�di�vietare�l'esposizione�del�crocifisso�come�non�e�dato� con�riguardo�alla�bandiera�o�all'effige�del�Presidente.� In�questa�prospettiva�perdono�molto�della�loro�utilita�sia�il�pur�interessante�dibattito� sulla��polivalenza�significante��dei�simboli,�sia�le�riflessioni,�in�particolare,�sulla�contraddi- zione�della�forza�emblematica�del�crocifisso,�che�in�effetti,�di�per�se��,puo�risultare�carico�di� speranza�o�provocare�sentimenti�contrapposti;�il�crocifisso�non�e�collocato�accanto�alla�ban- diera�e�all'effige�presidenziale�in�quanto�diretto�simbolo�di�una�preferenza�dello�Stato�per� una�determinata�religione:�e�l|�,�accanto�alla�bandiera�e�al�ritratto�del�Capo�dello�Stato,�per- che��e�il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�che�l'art.�7�Cost.�riconosce�indipendente�e�sovrana�e� che�fattivamente�opera,�in�virtu�di�speciale�rapporto�di�natura�internazionale,�in�collabora- zione�reciproca�con�la�Repubblica��per�la�promozione�dell'uomo�e�il�bene�delPaese�,�con� tutta�l'autorita�spirituale�e�l'autorevolezza�morale�che�le�deriva�da�due�millenni�di�storia�.� In�tal�modo�la�forza�evocativa�del�simbolo�di�per�se��religioso�^la�cui�presenza�peraltro� andrebbe�riconosciuta�legittima�per�cio�solo�che�si�abbia�riguardo�al�modo�di�sentire�della maggioranza�del�popolo�italiano�e�all'esistenza�di�non�divieti,�per�lo�Stato�laico,�rispetto�alle� opzioni�religiose�della�maggioranza�o�alla�ricognizione�dei�valori�del�nostro�patrimonio�sto- rico�^diventa,�per�cos|�dire,�di�secondo�livello,�mediato�dal�principale�significato�di�emblema� dello�speciale�Alleato�operante�all'interno�delle�comunita�nazionale.�Tale�visione�ricompone� a�sistema�unitario�la��polivalente�significanza��del�pur�silente�simbolo:�attraverso�il�diretto� richiamo�alla�Chiesa�cattolica,�di�cui�e�emblema,�comunica�a�chi�voglia�ascoltare�il�ricordo� di�due�millenni�di�storia,�attraverso�i�quali�si�e�formata�e�consolidata�la�coscienza�della� dignita�dell'uomo,�valore�di�primo�riferimento�di�qualunque�sistema�normativo,�la�consape- volezza�dei�suoi�diritti�inalienabili,�delle�sue�liberta�fondamentali,�della�sua�dimensione� sociale�retta�necessariamente�da�principi�e�valori�morali�(di�solidarieta�,�di�rispetto�e�di� �accoglienza�dell'altro�).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�cennata�ricostruzione,�che�direttamente�passa�attraverso�l'art.�7�Cost.�e�che�ricono- sce�al�crocifisso�il�significato�unitario�e�coerente�di�rappresentazione�di�una�serie�di�valori� morali�e�spirituali�espressi�dall'alleanza�con�la�Chiesa�cattolica,�e�in�grado�di�offrire�risposta� definitiva�alla�domanda�di�chi,�vedendo�nel�crocifisso�un�simbolo�proprio�e�autonomo�dello� Stato�(non�religioso�ma)�espressivo�delle�nostre�radici�storiche�e�dei�valori�morali�general- mente�riconosciuti�dalla�nostra�gente,�si�chiede�perche��sia�stato�scelto�proprio�il�crocifisso�a� simboleggiare�quei�valori,�quasi�che�l'Italia�non�disponesse�di�grandi�uomini�che�hanno�fatto� la�storia�o�hanno�contribuito�a�gettare�le�basi�della�cultura�etica�o�culturale�o�non�si�fosse� comunque�in�grado�di�immaginare�un�altro��logo�.� In�tal�modo�il�crocifisso�e�simbolo�unitario�ma�non��univoco�:�e�tutto�cio�che�due�mil- lenni�di�attiva�presenza�dapprima�romana�e�cristiana�e�poi�cattolica�hanno�prodotto�nella� formazione�della�coscienza�dei�valori�morali�individuali�e�collettivi�trasfusi�nella�stessa� Costituzione;�e�simbolo�di�cultura�etica�nella�sua�radice�storica;�e�il�rinnovato�impegno�della� Chiesa�a�perseguire�con�ogni�tenacia�la�propria�missione�di�promozione�dell'uomo,�d'ac- cordo�con�lo�Stato�per�il�benessere�spirituale�del�Paese.�Il�pluralismo�culturale�e�religioso� dunque,�che�richiama�il�rispetto�delle�diversita�ma�che�non�e�diretto�a�privilegiare�le�culture� minoritarie�o�a�sacrificare�quelle�tradizionali�e�maggioritarie,�si�colloca�su�un�piano�del�tutto� diverso�e�non�interferente�con�il�significato�che�il�crocifisso�esprime,�ricordando�esso�da�un� lato�il�connettivo�della�comunita�nazionale,�e�dall'altro�rappresentando�la�conferma�visiva� dello�speciale�patto�con�la�Chiesa�cattolica�che�sul�piano�dell'ordinamento�internazionale�e del�diritto�pubblico�contribuisce�a�costituire�la�sostanza�dello�Stato�laico.� Roma,�11�ottobre�2004� Avvocati dello Stato: Antonio Palatiello, estensore GabriellaPalmieri^Piero Gallo�. Corte Costituzionale, ordinanza 15 dicembre 2004, n. 389 -Pres. Red. V.�Onida.� �(Omisis) nel�giudizio�di�legittimita�costituzionale�degli�artt.�159�e�190�del�decreto�legi- slativo�16�aprile�1994,�n.�297�(Approvazione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative� vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle�scuole�di�ogni�ordine�e�grado),�come�specificati,� rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata�tabella�C)�del�regio�decreto�26�aprile�1928,�n.�1297� (Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi�dell'istruzione�elementare),�e�dall'art.�118� del�regio�decreto�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento�interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti� di�istruzione�media),�e�dell'art.�676�del�predetto�decreto�legislativo�n.�297�del�1994,�promosso con�ordinanza�del�14�gennaio�2004�dal�TAR�per�il�Veneto�sul�ricorso�proposto�da�S.L.�in� proprio�e�nella�qualita�di�esercente�la�potesta�genitoriale�contro�il�Ministero�dell'istruzione,� dell'universita�e�della�ricerca,�iscritta�al�n.�433�del�registro�ordinanze�2004�e�pubblicata�nella Gazzetta Ufficiale della�Repubblica,�edizione�straordinaria,�del�3�giugno�2004.� Visti�l'atto�di�costituzione�di�S.L.�nonche��gli�atti�di�intervento�di�P.B.�ed�altro�e�del�Pre- sidente�del�Consiglio�dei�ministri;� Udito�nell'udienza�pubblica�del�26�ottobre�2004�il�Giudice�relatore�Valerio�Onida;� Uditi�l'avvocato�Massimo�Luciani�per�S.L.,�l'avvocato�Franco�Gaetano�Scoca�per�P.B.� ed�altro�e�l'avvocato�dello�Stato�Antonio�Palatiello�per�il�Presidente�del�Consiglio�dei�mini- stri.� Ritenuto�che,�con�ordinanza�emessa�il�14�gennaio�2004,�pervenuta�a�questa�Corte�il� 20�aprile�2004,�il�Tribunale�amministrativo�regionale�per�il�Veneto,�nel�corso�di�un�giudizio� per�l'impugnazione�di�una�deliberazione�del�consiglio�di�istituto�di�una�scuola,�ha�sollevato� questione�di�legittimita�costituzionale,�in�riferimento�al�principio�di�laicita�dello�Stato,�e,� �comunque�,�agli�artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�degli�artt.�159�e�190�del�decreto� legislativo�16�aprile�1994,�n.�297�(Approvazione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative� vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle�scuole�di�ogni�ordine�e�grado),��come�specifi- cati�,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�tabella�C�allegata)�del�regio�decreto�26�aprile�1928,� n.�1297�(Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi�dell'istruzione�elementare),�e�dal- l'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento�interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti� di�istruzione�media),��nella�parte�in�cui�includono�il�Crocifisso�tra�gli�arredi�delle�aule�scola- stiche�,�nonche��dell'art.�676�del�medesimo�d.lgs.�n.�297�del�1994��nella�parte�in�cui�conferma� la�vigenza�delle�disposizioni��di�cui�ai�predetti�art.�119�(e�tabella�C�allegata)�del�r.d.�n.�1297� del�1928�e�art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� che�l'impugnato�art.�159�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�fra�l'altro,�al�comma�1,� che��spetta�ai�Comuni�provvedere�(...)�alle�spese�necessarie�per�l'acquisto,�la�manutenzione,� il�rinnovamento�(...)�degli�arredi�scolastici��nelle�scuole�elementari,�mentre�l'art.�119�del�r.d.� n.�1297�del�1928�stabilisce�che��gli�arredi,�il�materiale�didattico�delle�varie�classi�e�la�dota- zione�della�scuola�sono�indicati�nella�tabella�C�allegata�,�la�quale,�nell'elencare�gli�arredi�e� il�materiale�occorrente�nelle�varie�classi,�include�al�n.�1,�per�ogni�classe,�il�Crocifisso;� che,�a�sua�volta,�l'impugnato�art.�190�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�fra�l'altro,�al� comma�1,�che��i�Comuni�sono�tenuti�a�fornire�(...)�l'arredamento��dei�locali�delle�scuole medie,�mentre�l'art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924�recita�che��ogni�istituto�ha�la�bandiera�nazio- nale;�ogni�aula,�l'immagine�del�Crocifisso�e�il�ritratto�del�Re�;� che�l'impugnato�art.�676�del�d.lgs.�n.�297�del�1994�stabilisce�che�le�disposizioni�non� inserite�nel�testo�unico��restano�ferme�ad�eccezione�delle�disposizioni�contrarie�od�incompa- tibili�con�il�testo�unico�stesso,�che�sono�abrogate�;� che�il�Tribunale�remittente�premette�che�le�disposizioni�citate�del�r.d.�n.�1297�del�1928� e�del�r.d.�n.�965�del�1924�costituirebbero�adeguato�fondamento�giuridico�del�provvedimento� impugnato�nel�giudizio�a quo;�sarebbero�tuttora�in�vigore�in�quanto�non�abrogate�per�incom- patibilita��dalle�disposizioni�dei�Patti�Lateranensi�cui�si�e��data�esecuzione�con�la�legge� 27�maggio�1929,�n.�810,�ne�da�quelle�dell'Accordo�di�modifica�di�detti�Patti�reso�esecutivo� con�la�legge�25�marzo�1985,�n.�121;�non�sarebbero�incompatibili�infine�con�il�testo�unico approvato�con�il�d.lgs.�n.�297�del�1994,�ne�sarebbero�state�abrogate�per�nuova�disciplina�del- l'intera�materia�in�quanto�l'impugnato�art.�676�del�testo�unico�medesimo�dispone�che�restino� salve�le�norme�preesistenti�non�inserite�in�esso�e�non�incompatibili�con�le�disposizioni�del� medesimo�testo�unico;�che�dette�disposizioni�sarebbero�destinate�ad�introdurre�norme�attua- tive�di�dettaglio�rispetto�ad�atti�legislativi,�e�cioe��,�rispettivamente,�il�r.d.�5�febbraio�1928,� n.�577,�al�cui�art.�55�corrisponde�oggi�l'art.�159,�comma�1,�del�d.lgs.�n.�297�del�1994,�e�il�r.d.� 6�maggio�1923,�n.�1054,�al�cui�art.�103�corrisponde�oggi�l'art.�190�del�d.lgs.�n.�297�del�1994;� che�il�giudice�a quo si�pone�il�problema�della�costituzionalita��delle�disposizioni�regola- mentari�citate,�da�cui�discenderebbe�l'obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso�nelle�aule�scola- stiche,�e�ritiene�che�queste,�pur�non�potendo�essere�oggetto�diretto�di�controllo�di�costituzio- nalita��,�dato�il�loro�rango�regolamentare,�sarebbero�invece�suscettibili�di�controllo�indiretto,� in�quanto�specificano�e�integrano�i�disposti�legislativi�impugnati�degli�artt.�159�e�190�del d.lgs.�n.�297�del�1994,�il�cui�art.�676�a�sua�volta�costituirebbe�una�norma�primaria��attra- verso�la�quale�l'obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso�conserva�vigenza�nell'ordinamento�posi- tivo�;� che,�in�punto�di�non�manifesta�infondatezza�della�questione,�il�Tribunale�remittente� sostiene�che�il�Crocifisso�e��essenzialmente�un�simbolo�religioso�cristiano,�di�univoco�signifi- cato�confessionale;�e�che�l'imposizione�della�sua�affissione�nelle�aule�scolastiche�non�sarebbe� compatibile�con�il�principio�supremo�di�laicita��dello�Stato,�desunto�da�questa�Corte�dagli� artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�e�con�la�conseguente�posizione�di�equidistanza�e� di�imparzialita��fra�le�diverse�confessioni�che�lo�Stato�deve�mantenere;�e�che�la�presenza�del� Crocifisso,�che�verrebbe�obbligatoriamente�imposta�ad�alunni,�genitori�e�insegnanti,�delinee- rebbe�una�disciplina�di�favore�per�la�religione�cristiana�rispetto�alle�altre�confessioni,�attri- buendo�ad�essa�una�ingiustificata�posizione�di�privilegio;� che�si�e��costituita�la�parte�privata�ricorrente�nel�giudizio�a quo,�concludendo�per�l'ac- coglimento�della�questione;� che,�secondo�la�parte,�l'obbligatoria�esposizione�del�Crocifisso�nelle�auleviolerebbeil dovere�di�equidistanza�dello�Stato�rispetto�alle�varie�confessioni�e�contraddirebbe�l'esigenza� di�uno��spazio�pubblico�neutrale��in�cui�non�potrebbe�trovare�posto�un�simbolo�religioso;� non�si�potrebbe�attribuire�al�Crocifisso�il�carattere�di�un�simbolo�genericamente�civile�e�cul- turale,�essendo�innegabile�la�sua�valenza�religiosa,�e�mancando�del�resto�ogni�base�costitu- zionale�per�poter�fare�del�Crocifisso�un�simbolo�dell'unita��della�nazione�al�pari�della�ban- diera;�non�sarebbe�praticabile,�infine,�nemmeno�una�soluzione�che�postuli�la�permanenza� dell'esposizione�del�Crocifisso�salvo�che�qualcuno�degli�alunni�ritenga�di�esserne�leso�nella� propria�liberta��religiosa,�poiche�sarebbe�violato�comunque�il�principio�oggettivo�di�laicita��,� ne�si�potrebbe�costringere�il�singolo�a�opporsi�apertamente�alla�eventuale�volonta��maggiori- taria�del�gruppo�sociale�di�appartenenza;� che�sono�intervenuti�altres|�,�con�unico�atto,�il�sig.�P.B.,�in�proprio�e�quale�genitore�di un'alunna�della�stessa�scuola,�e�il�sig.�L.B.,�in�qualita��di�presidente�dell'associazione�italiana� genitori�di�Padova,�concludendo�per�la�inammissibilita��e�comunque�per�la�infondatezza�della� questione;� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� che�gli�intervenienti,�affermata�la�propria�legittimazione�ad�essere�presenti�nel�giudi- zio�in�quanto�controinteressati�nel�giudizio�a quo,�pur�se�non�evocati�in�esso,�nonche�in� quanto�titolari�di�un�interesse�direttamente�inerente�al�rapporto�sostanziale�dedotto�nel�giu- dizio�medesimo,�negano�che�l'esposizione�del�Crocifisso�nelle�aule�leda�il�principio�di�laicita��,� il�quale�non�implicherebbe�indifferenza�dello�Stato�rispetto�alle�religioni,�e�non�impedirebbe� l'esposizione�di�un�simbolo�che�rappresenta�una�parte�integrante�dell'identita��culturale�e�sto- rica�del�popolo�italiano; che�e��intervenuto�il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri,�concludendo�per�l'inammis- sibilita��e�comunque�per�l'infondatezza�della�questione;� che�l'Avvocatura�erariale�eccepisce�anzitutto�il�difetto�di�rilevanza�della�questione,�in� quanto,�alternativamente,�il�giudizio�davanti�al�TAR�non�sarebbe�stato�proponibile�per� difetto�di�contraddittorio�e�di�legittimazione�del�ricorrente,�ovvero�il�TAR�sarebbe�carente� di�giurisdizione;� che,�nel�merito,�la�difesa�del�Presidente�del�Consiglio�sostiene�che�le�norme�legislative� impugnate�e�le�norme�regolamentari�richiamate�dal�remittente�non�stabiliscono�alcun� obbligo�di�esposizione�del�Crocifisso,�e�che,�in�assenza�di�un�obbligo�legale�di�esposizione,� il�problema�sarebbe�quello�di�verificare�se�le�norme�costituzionali�consentano�l'esposizione� di�quel�simbolo�del�cattolicesimo:�esposizione�che�non�sarebbe�in�contrasto�con�la�laicita�� dello�Stato�e�sarebbe�coerente�sia�con�l'art.�7�della�Costituzione,�sia�con�il�riconoscimento,� contenuto�nell'art.�9�dell'accordo�di�revisione�del�concordato�reso�esecutivo�con�la�legge� n.�121�del�1985,�secondo�cui�i�principi�del�cattolicesimo�fanno�parte�del�patrimonio�storico� del�popolo�italiano;� che�nella�memoria�presentata�in�vista�dell'udienza�l'Avvocatura�erarialeargomenta� nel�senso�della�legittimita��costituzionale�della�presenza�del�Crocifisso�nelle�aule,�quale��eve- nienza�naturale��nell'ordinario�svolgimento�della�vita�scolastica:�il�Crocifisso�sarebbe�bens|�� anche�un�simbolo�religioso,�ma�sarebbe��il�vessillo�della�Chiesa�cattolica,�unico�alleato�di� diritto�internazionale��dello�Stato�nominato�dalla�Costituzione�all'art.�7,�e�dunque�sarebbe� da�considerarsi�alla�stregua�di�un�simbolo�dello�Stato�di�cui�non�si�potrebbe�vietare�l'esposi- zione,�al�pari�della�bandiera�e�del�ritratto�del�Capo�dello�Stato.� Considerato�che�l'intervento�spiegato�nel�giudizio�e��stato�ammesso�dalla�Corte�con�ordi- nanza�pronunciata�in�udienza,�in�quanto�la�posizione�sostanziale�fatta�valere�dal�sig.�P.B.,� in�proprio�e�in�qualita��di�genitore�di�un'alunna,�e��qualificata�in�rapporto�alla�questione� oggetto�del�giudizio�di�costituzionalita��,�dovendosi�in�questa�sede�precisare�che�la�legittima- zione�ad�intervenire�non�si�estende�all'altro�firmatario�dell'unico�atto�di�intervento,�sig.� L.B.,�in�quanto�presidente�dell'associazione�italiana�genitori�di�Padova;� che�il�remittente�impugna�gli�articoli�159�e�190�del�d.lgs.�16�aprile�1994,�n.297,�sul presupposto�che�essi,��come�specificati�,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata�tabella�C)� del�r.d.�26�aprile�1928,�n.�1297,�e�dall'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965,�forniscano�fon- damento�legislativo�ad�un�obbligo��contestato�dal�ricorrente�per�contrasto�conilprincipio� di�laicita��dello�Stato��di�esposizione�del�Crocifisso�in�ogni�aula�scolastica�delle�scuole�ele- mentari�e�medie;�e�impugna�altres|��l'art.�676�del�medesimo�d.lgs.�n.�297�del�1994�sul�presup- posto�che�a�tale�disposizione��che�sancisce�l'abrogazione�delle�sole�disposizioni�non�incluse� nel�testo�unico�che�risultino�incompatibili�con�esso��debba�farsi�risalire�la�permanente� vigenza�delle�due�norme�regolamentari�citate,�dopo�l'emanazione�dello�stesso�testo�unico;� che�tali�presupposti�sono�pero��erronei;� che,�infatti,�gli�articoli�159�e�190�del�testo�unico�si�limitano�a�disporre�l'obbligo�a� carico�dei�Comuni�di�fornire�gli�arredi�scolastici,�rispettivamente�per�lescuoleelementarie per�quelle�medie,�attenendo�dunque�il�loro�oggetto�e�il�loro�contenuto�solo�all'onere�della� spesa�per�gli�arredi;� che,�pertanto,�non�sussiste�fra�le�due�menzionate�disposizioni�legislative,�da�un�lato,�e� le�disposizioni�regolamentari�richiamate�dal�remittente,�dall'altro�lato,�quel�rapporto�di�inte- grazione�e�specificazione,�ai�fini�dell'oggetto�del�quesito�di�costituzionalita��proposto,�che� avrebbe�consentito,�a�suo�giudizio,�l'impugnazione�delle�disposizioni�legislative��come�speci- ficate��dalle�norme�regolamentari;� che,�a�differenza�di�quanto�rilevato�da�questa�Corte�nelle�sentenze�n.�1104�del�1988�e� n.�456�del�1994�(richiamate�dal�remittente)�a�proposito�dell'ammissibilita��di�censure�mosse� nei�confronti�di�disposizioni�legislative�come�specificate�da�norme�regolamentari�previgenti,� fatte�salve�dalla�legge�fino�all'emanazione�di�nuovi�regolamenti,�nella�specie�il�precetto�che� il�remittente�ricava�dalle�norme�regolamentari�non�si�desume�nemmeno�in�viadi�principio� dalle�disposizioni�impugnate�degli�artt.�159�e�190�del�testo�unico;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� che,�infatti,�per�quanto�riguarda�la�tabella�C�allegata�al�r.d.�n.�1297�del�1928,�e�richia- mata�nell'art.�119�dello�stesso,�essa�contiene�soltanto�elenchi�di�arredi�previsti�per�le�varie� classi,�elenchi�peraltro�in�parte�non�attuali�e�superati,�come�ha�riconosciuto�la�stessa�ammi- nistrazione;� che�l'assenza�del�preteso�rapporto�di�specificazione�e�ancor�piu�evidente�per�quanto� riguarda�l'art.�118�del�r.d.�n.�965�del�1924,�che�si�riferisce�bens|�alla�presenza�nelle�aule�del� Crocifisso�e�del�ritratto�del�Re,�ma�non�si�occupa�dell'arredamento�delle�aule,�e�dunque� non�puo�trovare�fondamento�legislativo�nella��ne�costituire�specificazione�della��disposi- zione�censurata�dell'art.�190�del�testo�unico,�volta�anch'essa,�come�si�e�detto,�a�disciplinare� solo�l'onere�finanziario�per�la�fornitura�di�tale�arredamento;� che,�per�quanto�riguarda�l'art.�676�del�d.lgs.�n.�297�del�1994,�non�puo�ricondursi�ad� esso�l'affermata�perdurante�vigenza�delle�norme�regolamentari�richiamate,�poiche�la�even- tuale�salvezza,�ivi�prevista,�di�norme�non�incluse�nel�testo�unico,�e�non�incompatibili�con� esso,�puo�concernere�solo�disposizioni�legislative,�e�non�disposizioni�regolamentari,�essendo� solo�le�prime�riunite�e�coordinate�nel�testo�unico�medesimo,�in�conformita�alla�delega�di� cui�all'art.�1�della�legge�10�aprile�1991,�n.�121,�come�sostituito�dall'art.�1�della�legge�26�aprile� 1993,�n.�126;� che�l'impugnazione�delle�indicate�disposizioni�del�testo�unico�si�appalesa�dunque�il� frutto�di�un�improprio�trasferimento�su�disposizioni�di�rango�legislativo�di�una�questione�di� legittimita�concernente�le�norme�regolamentari�richiamate:�norme�prive�di�forza�di�legge,� sulle�quali�non�puo�essere�invocato�un�sindacato�di�legittimita�costituzionale,�ne�,�conseguen- temente,�un�intervento�interpretativo�di�questa�Corte;� che,�pertanto,�laquestionepropostae�,�sotto�ogniprofilo,�manifestamenteinammissibile.� Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara�la�manifesta�inammissibilita�della�questione� di�legittimita�costituzionale�degli�artt.�159�e�190�del�d.lgs.�16�aprile�1994,�n.�297�(Approva- zione�del�testo�unico�delle�disposizioni�legislative�vigenti�in�materia�di�istruzione,�relative�alle� scuole�di�ogni�ordine�e�grado),�come�specificati,�rispettivamente,�dall'art.�119�(e�allegata� tabella�C)�del�r.d.�26�aprile�1928,�n.�1297�(Approvazione�del�regolamento�generale�sui�servizi� dell'istruzione�elementare),�e�dall'art.�118�del�r.d.�30�aprile�1924,�n.�965�(Ordinamento� interno�delle�Giunte�e�dei�Regi�istituti�di�istruzione�media),�e�dell'art.�676�del�predetto� d.lgs.�n.�297�del�1994,�sollevata,�in�riferimento�al�principio�di�laicita�dello�Stato�e,�comunque,� agli�artt.�2,�3,�7,�8,�19�e�20�della�Costituzione,�dal�Tribunale�amministrativo�regionale�per�il� Veneto�con�l'ordinanza�in�epigrafe.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�sede�della�Corte�costituzionale,�Palazzo�della�Consulta,�il� 13�dicembre�2004.�.� Allegato Ordinanza letta all'udienza del 26 ottobre 2004 �ORDINANZA� Visto�l'intervento�spiegato�in�giudizio,�in�termini,�dal�Sig.�P.B.�e�dal�Sig.�L.B.;� Considerato�che�la�posizione�sostanziale�fatta�valere�nel�presente�giudizio�dal�Sig.�P.B.� in�proprio�e�quale�genitore�dalla�minore�L.B.�appare�qualificata�in�rapporto�alla�questione� oggetto�del�giudizio�di�costituzionalita�.� Per questi motivi ammette�l'intervento�di�cui�in�premessa.� F.to:�Valerio�ONIDA,�Presidente�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Fermo�amministrativo:�e�sufficiente�il�fumus boni iuris del�credito�vantato�dalla�P.A.� (Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 2 marzo 2004 n. 4219) 1.�Quadro di riferimento. Nella�fattispecie�in�questione�era�stata�inoltrata� istanza�di�pagamento�degli�interessi�maturati�sulla�somma�liquidata�a�titolo� di�rimborso�IVA�per�l'anno�1973�e�corrisposta�nel�maggio�1986.�La�richiesta,� purtuttavia,�era�stata�negata�(per�meglio�dire,�si�era�formato�il�silenzio� rifiuto)�e�veniva�adottato�dall'Amministrazione�Finanziaria�il�provvedimento� di�sospensione�del�pagamento�(cd.��fermo�amministrativo�)�in�relazione�al� suddetto�credito�della�societa��a�garanzia�di�altro�credito�vantato�dall'Ammi- nistrazione�in�virtu��di�avvisi�di�accertamento�notificati�relativamente�agli� anni�1982�e�1983.� Con�successivo�ricorso�il�Sig.�A.�D'A.,�nella�qualita��di�liquidatore�della� S.n.c.,�impugnava�il�provvedimento�di�sospensione,�deducendo�in�particolare� l'inapplicabilita��dell'istituto�del�fermo�amministrativo�al�caso�di�specie;�l'ob- bligatorieta��del�pagamento�richiesto,�a�norma�dell'art.�38�bis d.P.R.� n.�633/1972;�l'insussistenza�del�credito�che�l'Amministrazione�Finanziaria� avrebbe�inteso�garantire,�essendo�stati�annullati�gli�avvisi�di�accertamento� relativi�alle�due�annualita��specificate.� Il�giudice�adito�accoglieva�l'istanza,�condannando�l'Amministrazione�al� pagamento�delle�somme�richieste�e�rilevando,�tra�le�altre�cose,�che�i�due� avvisi�di�accertamento�posti�dall'Ufficio�a�fondamento�del�credito�garantito,� risultavano�annullati�dalla�Commissione�Tributaria�di�secondo�grado.� Avverso�la�sentenza�proponeva�gravame�l'Ufficio�IVA�de quo insistendo� a�difesa�della�legittimita��del�proprio�operato�e�deducendo�la�non�definitivita�� delle�decisioni�di�annullamento�degli�avvisi�di�accertamento�notificati�per�gli� anni�1982�e�1983.� La�Commissione�Tributaria�Regionale�competente�accoglieva�l'appello� e,�in�riforma�della�sentenza�di�primo�grado,�rigettava�l'istanza�di�rimborso� evidenziando�che�la�mancata�prestazione�da�parte�del�contribuente�delle� garanzie�specifiche�previste�dall'art.�38�bis per�un�eventuale�recupero�di�tutto� quanto�fosse�risultato�indebitamente�rimborsato,�rendeva�legittimo�il�ricorso� dell'Amministrazione�alla�generale�misura�cautelare�prevista�dall'art.69� R.D.�n.�2440/1923,�la�cui�efficacia�nel�caso�concreto�non�poteva�ritenersi�ne� caducata�ne�resa�illegittima�in�virtu��della�non�ancora�definitiva�sentenza�di� appello�intervenuta�ad�annullare�gli�atti�di�accertamento�relativi�agli�anni� 1982�e�1983.� Avverso�la�decisione�del�giudice�di�seconda�istanza,�il�Sig.�A.�D'A.�pro- poneva�ricorso�innanzi�alla�Corte�Suprema�di�Cassazione�che�lo�ha�ritenuto� infondato.� Il�Supremo�Collegio,�invero,�dopo�avere�escluso�che�nella�specie�venisse� in�rilievo�l'art.�38�bis piu��volte�richiamato,�ha�affermato�la�legittimita��del� provvedimento�cautelare�impugnato�di�cui�all'art.�69�R.D.�2240/1923,�il� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� quale�discende�solo�ed�esclusivamente�dalla�pretesa�creditoria�che�al� momento�della�sua�adozione�la�Amministrazione�Finanziaria�rivendicava� per�gli�anni�1982�e�1983�(1).� 2.�Osservazioni.�Il�provvedimento�di�fermo�amministrativo,�la�cui�natura� e�molto�discussa�in�dottrina�(2)�ed�in�giurisprudenza,�e�un�istituto�che�con- sente,�ex�art.�69�decreto�rettorale�n.�2240�del�novembre�1923,�ad�una�Ammi- nistrazione�dello�Stato�che�abbia�o�pretenda�di�avere,�a�qualsiasi�titolo,�una� ragione�di�credito�verso�aventi�diritto�a�somme�dovute�dalla�stessa�Ammini- strazione�o�da�altre�Amministrazioni,�di�sospendere,�temporaneamente,�il� pagamento,�in�attesa�del�provvedimento�definitivo.� Tale�facolta�viene�riconosciuta�a�salvaguardia�dell'eventuale�compensa- zione�legale�tra�i�reciproci�crediti�ed�e�connessa�alle�esigenze�finanziarie�dello� Stato.� Si�tratta,�pertanto,�di�una�tipica�misura�di�autotutela�della�Amministra- zione�statale�ad�evidente�funzione�cautelare,�giacche�essa�assicura�e�garanti- sce�la�tutela�e�la�conservazione�dei�crediti�vantati�dallo�Stato,�sia�pure�ne� liquidi�ne�esigibili�nei�confronti�del�suo�creditore.� (1)�Per�gli�argomenti�della�decisione,�v.�infra. Nello�stesso�senso,�cfr.�Cass.,�Sezione�quinta�civile,�sentenza�15�ottobre�2003�^5�marzo 2004�(dep.),�n.�4567.�In�tale�fattispecie,�era�stata�inoltrata�istanza�di�rimborso�IVA�versata� in�eccedenza;�la�richiesta�era�stata�negata,�attesa�la�pendenza�di�controversie�su�rettifiche� IVA�notificate�dall'Ufficio,�con�riferimento�a�diversi�e�precedenti�periodidiimposta.A�cio� ha�fatto�seguito�l'adozione,�da�parte�dell'Amministrazione�Finanziaria,�del�fermo�ammini- strativo�del�credito�del�contribuente�nei�limiti�di�quello�vantato�dall'Ufficio�nei�confronti� del�medesimo�soggetto.�Anche�in�tale�situazione,�analoga�a�quella�della�sentenza�in�com- mento,�la�Cassazione�ha�stabilito�che�l'Amministrazione�Finanziaria�puo�legittimamente� negare�un�rimborso�IVA�quando�sia�stato�adottato�un�provvedimento�di�fermo�amministra- tivo�delle�somme�pretese�in�restituzione�per�il�solo�fatto�che�vi�siano�controversie�tra�le�parti� su�rettifiche�relative�ad�altre�annualita�.�La�Suprema�Corte�ha�motivato�tale�decisione�spie- gando�che�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo�e�sufficiente�un�fumus�boni�iuris�del�cre- dito�e�non�e�invece�richiesto�un�periculum�in�mora,�affermando�altres|�che�tale�istituto��non� configura�un�irragionevole�privilegio�ma�uno�strumento�necessario�alla�protezione�del�pub- blico�interesse�connesso�alle�esigenze�dello�Stato�.� Circa�la�competenza�del�giudice�tributario�a�conoscere�la�controversia�in�materia�di� fermo�amministrativo,�il�Supremo�Collegio,�richiamandosi�al�principio�di�autonomia�e�sepa- razione�dei�giudizi�amministrativo�e�tributario,�ha�riconosciuto�al�giudice�del�rapporto�tribu- tariodiconoscere�incidenter�tantum,�ed�al�sol�fine�della�disapplicazione,�della�legittimita� del�provvedimento�amministrativo,�anche�quando�esso�sia�divenuto�inoppugnabile�dinanzi� al�giudice�amministrativo�per�inutile�decorso�dei�termini�di�impugnazione.� Per�vero,�la�questione�era�stata�gia�decisa�dalle�Sezioni�Unite�della�Cassazione,�con�sen- tenza�n.�1733�del�7�febbraio�2002.�In�quella�sede,�si�era�affermato�che�la�domanda�di�rim- borso�IVA�che�il�contribuente�proponga�in�sede�giudiziale,�impugnando�l'atto�di�rifiuto�del� rimborso�stesso�reso�in�dipendenza�di�un�provvedimento�di�fermo�amministrativo�ex�art.�69� del�R.D.�18�novembre�1923,�n.�2240,�non�si�sottrae�alla�giurisdizione�delle�Commissioni�Tri- butarie,�abilitate�a�disapplicare�il�provvedimento�di�fermo�del�rimborso,�allorche�risulti�non� assistito�dal�relativo�potere.� (2)�In�particolare,�cfr.�S. Campani,�La�tutela�del�contribuente�nei�confronti�del�fermo� amministrativo,�in�Ilfisco�n.�35/1991,�5715;�F. M. Aureli,�Ribadita�l'illegittimita�delfermo� amministrativo�in�tema�di�rimborsi�accelerati�IVA,�in�Ilfisco,�n.�28/1993,�7891;�da�ultimo�M. Illiano,�Applicabilita�ai�rimborsi�IVA�delle�misure�cautelari�e�del�fermo�amministrativo,�in� Corr.�Trib.�n.�42/2000,�3062.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�dunque�sufficiente�per�l'adozione�secundum�legem�del�fermo�ammini- strativo�che�la�P.A.�vanti�una�ragione�di�credito�che,�tuttavia,�non�si�identi- fica�ne�in�una�mera�pretesa�creditoria�(che�potrebbe�condurre�all'arbitrio)�ne� in�un�credito�certo�liquido�ed�esigibile,�ma�in�una�posizione�caratterizzata� dal�fumus�boni�iuris�(il�convincimento,�cioe�,�di�una�ragionevole�fondatezza� del�suo�diritto�di�credito).� Il�ricorso�a�questa�misura�cautelare,�in�passato,�e�stato�oggetto�di�valu- tazione�anche�da�parte�della�Corte�Costituzionale,�che�ha�avuto�modo�di� chiarire�che�il�fermo�amministrativo,�benche�esercizio�di�un�potere�discrezio- nale�della�Pubblica�Amministrazione,�tuttavia�non�e�esentato�dal�sindacato� in�sede�giurisdizionale�e,�pertanto,�deve�essere�sorretto�da�una�adeguata� motivazione�circa�la�sussistenza�del�presupposto�legale�della�ragionevole� apparenza�di�fondatezza�della�pretesa�creditoria�(3).� E�evidente,�dunque,�che�la�prospettata�analogia�tra�la�misura�cautelare� del�fermo�amministrativo�ed�il�sequestro�conservativo�sia�solo�di�facciata,� considerato�che�la�previsione�normativa�dettata�dall'art.�69�del�R.D.�n.�2240� del�1923�prescinde�dalla�sussistenza�del�pericolum�in�mora�e,�cioe�,�da�una� qualsiasi�considerazione�in�merito�al�pericolo�per�la�realizzazione�del�credito.� Ai�fini�dell'inquadramento�dell'istituto�in�esame�occorrera�,da�unlato,� avere�riguardo�alle�misure�cautelari�a�garanzia�e�conservazione�del�credito;� dall'altro,�considerare�che�il�provvedimento�di�sospensione�del�pagamento�si� colloca�sul�piano�del�rapporto�obbligatorio�tra�la�Pubblica�Amministrazione� ed�il�terzo.�La�sospensione,�infatti,�vale�ad�impedire�la�mora�del�debitore� Pubblica�Amministrazione�nei�confronti�del�terzo�creditore�e�ad�anticipare,� sostanzialmente,�gli�effetti�definitivi�di�una�futura�estinzione�delle�reciproche� obbligazioni�attraverso�il�meccanismo,�di�diritto�comune,�della�compensa- zione,�pur�in�mancanza�di�un�credito�certo�liquido�ed�esigibile.� Dott.ssa�Ilaria�Sanasi� Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, sentenza 30 ottobre 2003 (Camera di consiglio) 2 marzo 2004 (dep.), n. 4219 ^Pres.�U.�Favara�^Rel.�Cons.�E.�Ferrara^F.lliN.eA.� D'A.�S.n.c.�c/�Ministero�dell'Economia�e�delle�Finanze.� Qualora�un'amministrazione�dello�Stato,�che�abbia�^a�qualsiasi�titolo�^ragione�di�credito� verso�aventi�diritto�a�somme�dovute�da�altre�amministrazioni,�richieda�la�sospensione�delpaga- mento,�questa�deve�essere�eseguita�in�attesa�delprovvedimento�definitivo.� Lasospensionedelpagamentoprevistodall'art.�69R.D.n.2240/1923(dettacomunemente� �fermo�amministrativo�)�richiede�esclusivamente�l'esistenza�di�una�ragione�di�credito�a�qual- siasi�titolo�vantata�da�un'amministrazione�dello�Stato�nei�confronti�di�un�creditore�di�altra� amministrazione�dello�Stato.� Il�provvedimento�di�sospensione�di�pagamento�di�cui�alla�norma�richiamata�e�una�misura� cautelarerivoltaasospendere,�inpresenzadiunaragionedicreditodellaP.A.,�eventualipaga- menti�dovuti�al�contribuente�al�fine�di�salvaguardare�l'eventuale�compensazione�legale�degli� stessi�con�un�credito�attualmente�ne�liquido�ne�esigibile,�che�la�P.A.�abbia�o�pretenda�di�avere� nei�confronti�del�suo�creditore.� (3)�Corte�Costituzionale,�sentenza�19�aprile�1972,�n.�67.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� �(Omissis).�Il�rimborso�originariamente�richiesto�dal�contribuente�si�fondava�sullapre- visione�dell'art.�38�bis d.P.R.�n.�633/1972,�e�pertanto�era�soggetto�alle�garanzie�da�quella� norma�specificamente�previste�a�tutela,�pero�,�solo�ed�esclusivamente�dell'eventuale�credito� dell'Amministrazione�conseguente�alla�necessita�di�recuperare�le�somme�erroneamente�rim- borsate.� Il�provvedimento�di�fermo�oggetto�del�presente�giudizio�risulta�invece,�come�univoca- mente�si�ricava�dalla�sentenza�impugnata,�adottato�a�garanzia�di�altro�e�diverso�credito� rivendicato�dall'Amministrazione�Finanziaria�a�seguito�di�accertamento�notificato�relativa- mente�all'IVA�dovuta�per�gli�anni�1982�e�1983.�L'esistenza�di�questa�pretesa�creditoria�del- l'Amministrazione,�all'atto�dell'adozione�del�provvedimento�di�sospensione�dei�pagamenti,� benche�contestata�dal�debitore,�in�quanto�non�ancora�esclusa�da�un�provvedimento�giudizia- rio�definitivo,�legittimava�essa,�ed�essa�sola,�l'Ufficio�all'adozione�del�provvedimento�caute- lare�ai�sensi�dell'art.�69�u.c.�R.D.�n.�2440/1923,�non�essendovi,�sotto�altro�profilo,�motivo� alcuno�per�dubitare�del�fatto�che�il�fermo�amministrativo�possa�intervenire�a�sospendere� qualsiasi�pagamento�dell'Amministrazione,�e,�quindi,�anche�il�rimborso�dell'IVA�eventual- mente�dovuto�al�contribuente.� Ha�ragione�pertanto�il�ricorrente�quando�censura�la�decisione�dei�giudici�di�appello�per� aver�individuato�nella�mancata�prestazione�delle�garanzie�previste�dall'art.�38�bis il�presup- posto�del�provvedimento�di�fermo.�E,�pero�,�la�verita�e�che�l'art.�38�bis nella�fattispecie�non� rileva,�non�essendo�in�nessun�modo�in�contestazione�il�diritto�del�contribuente�al�rimborso� da�quella�norma�previsto,�con�la�conseguenza�che�neanche�rilevano�tutte�le�circostanze�espo- ste�in�ricorso�in�ordine�alla�acquisita�definitivita�di�quel�credito.�(Omissis)�.� P.Q.M. La�Corte�rigetta�il�ricorso.�(Omissis)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Sulle agenzie di disbrigo pratiche per gli stranieri (Tribunale Civile di Torino, sezione prima, ordinanza 6 luglio 2004 ^dep. 7 luglio 2004) L'ordinanza�sopra�riportata�si�segnala�per�la�rispondenza�formale�e� sostanziale�al�modello�di�un�provvedimento�giurisdizionale�cautelare.� Nonostante�le�forti�peculiarita��di�ogni�ordinanza�di�urgenza,�quella�in� esame�affronta�e�risolve�tutti�i�problemi�desumibili�dal�ricorso�con�uno�svi- luppo�armonico�ed�ordinato�delle�argomentazioni,�esposte�con�uno�stile� piano�e�di�immediata�comprensione.� Nel�lodevole�intento�di�semplificare�le�procedure�burocratiche�per�i�permessi� di�soggiorno,�la�Questura�di�Cuneo�e�la�Provincia�(attraverso�il�consorzio�socio� assistenziale�del�Comune)�hanno�riorganizzato�il�relativo�servizio�che�alcune�(non� poche�in�verita��)�agenzie�private�svolgevano�dietro�corrispettivo.� La�complessa�riorganizzazione�effettuata�comporta,�tra�l'altro,�che�le� agenzie�dovevano�limitare�il�numero�delle�pratiche�da�presentare�agli�uffici� questorili.�Mosse�da�intenti�non�certo�altruistici�le�agenzie�operanti�nella� provincia�proponevano�ricorso�al�Tribunale�ex 700�c.p.c.�al�fine�di�ottenere,� in�via�di�urgenza,�un�provvedimento�inibitorio�nei�confronti�del�Questore.� Tralasciando�gli�esatti�rilievi�sulla�nullita��del�ricorso�a�causa�della� estrema�genericita��del�petitum (la�causa petendi e��difficilmente�individuabile)� resta�il�punto�centrale�dell'inammissibilita��delle�domande�attoree�e�del�difetto� di�giurisdizione.� Leagenzie,�infatti,�non�sono�titolaridiposizioni�soggettive^diritti�odinte- ressi�legittimi�^tutelabili�in�via�giurisdizionale�(possono,�infatti,�vantare�solo� interessi�economici�di�fatto).�D'altro�canto�e��pacifico�che�l'A.G.O.�compirebbe� un�vero�e�proprio�straripamento�di�potere�qualora�si�inferisse�sull'organizza- zione�degli�uffici�amministrativi,�tanto�piu��in�un�settore�particolarmente�deli- cato�come�quello�dei�permessi�di�soggiorno�e�del�controllo�sugli�immigrati�extra- comunitari.� Opportunamente�il�Tribunale�puntualizza�che�se�anche�dovesse�seguirsi� (l'inaccettabile)�teoria�della�prospettazione,�le�agenzie�non�hanno�fornito�la� minima�prova�sull'esistenza�di�un�loro�diritto�ad�istruire�le�pratiche�per�gli� stranieri.�Certamente�le�agenzie�non�sono�ne�possono�essere�dei�sostituti� processuali�e�non�hanno�alcuna�legittimazione�ad�agire�in�giudizio�per�conto� dei�clienti.� Come�accennato,�il�solo�pregiudizio�che�subiscono�e��quello�meramente� economico�della�situazione�delle�retribuzioni�per�il�minor�numero�di�pratiche� svolte.�Mero�interesse�economico,�dunque,�privo�di�qualsiasi�consistenza� giuridicamente�protetta.� Avv. Gianni Carlo Ferrero Tribunale Civile di Torino ^Ricorso ex art. 700 c.p.c. ^Agenzie�disbrigo�pratiche�stranieri�c/� Ministero�dell'Interno�(Avvocatura�distrettuale�dello�Stato�di�Torino).� �(Omissis)Premesso:� �che�i�ricorrenti�sono�legali�rappresentanti�di�Agenzie�d'affari�per�il�disbrigo�di� pratiche�amministrative�in�favore�di�cittadini�stranieri,�in�cio��regolarmente�autorizzate�dagli� Enti�pubblici�territoriali�(Comuni)�ai�sensi�dell'art.�115�TULPS�e�della�normativa�di�riferi- mento;� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� �che�inequivocabilmente�legittima�e�l'attivita�svolta�da�dette�Agenzie�le�quali,�nello� specifico,�si�occupano�dell'assistenza�e�consulenza�ai�cittadini�stranieri�per�le�pratiche�aventi� ad�oggetto�rinnovi�e�aggiornamenti�permessi�di�soggiorno,�carte�di�soggiorno,�ricongiungi- menti�familiari,�richieste�nulla�osta�al�lavoro;� �che�per�il�disbrigo�di�tale�attivita�,�svolta�con�riconosciuta�professionalita�,leAgenzie� ricorrenti�intrattengono�costanti�contatticon�l'Ufficio�Stranieri�della�Questura�di�Cuneo;� �che�recentemente�il�Questore�della�Provincia�di�Cuneo,�ove�operano�le�Agenzie� ricorrenti,�ha�ridotto�^senza�alcun�provvedimento�scritto�^a�quindici�il�numero�delle�nuove� pratiche�che�le�Agenzie�possono�depositare�per�ciascuna�settimana�per�conto�della�clientela;� �che�tale�restrizione,�non consacrata in alcun atto formale,�ha�determinato�e�deter- mina�allo�stato�una�situazione�di�gravissima�difficolta�organizzativa�in�capo�alle�predette� Agenzie�le�quali�sono�quindi�impossibilitate�a�presentare�in�termini�le�domande,�per�lo�piu�,� di�soggiorno�e/o�di�rinnovo�permessi�soggiorno�dei�loro�clienti�extracomunitari;� �che,�inoltre,�il�Questore,�senza�l'adozione�di�alcun�atto,�ha�imposto�che�le�Agenzie,� nella�fase�di�deposito�delle�pratiche,�siano�accompagnate�dai�rispettivi�interessati�per�permet- tere�la�loro�preventiva�identificazione�in�tal�modo�determinandosi�un�aumento�abnorme�dei� tempi�di�trattazione�delle�singole�posizioni�per�le�quali�vengono�esaminati�seduta�stante,�ad� uno�ad�uno�i�documenti�allegati,�in�spregio�ad�ogni�regola�di�razionalizzazione�del�sistema;� �che,�in�conseguenza�di�tutto�cio�,�le�Agenzie�ricorrenti�non�sono�materialmente�in� grado�di�dare�adempimento�agli�incarichi�conferiti�dalla�loro�clientela�la�quale�corre�il� rischio�piu�che�concreto�di�subire�pregiudizi�irreversibili�al�diritto�di�soggiornare�sul�territo- rio�nazionale�pur�in�possesso�dei�requisiti�soggettivi�ed�oggettivi�previsti�dalla�legge,�dal� momento�che�^a�causa�dell'abuso�di�potere�posto�in�essere�dalla�locale�Autorita�di�Polizia� ^molte�pratiche�riguardanti�i�permessi�di�soggiorno�non�possono�essere�depositate�nei� termini�di�legge;� �che,�nella�fattispecie,�la�semplice�attivita�materiale�compiuta�dall'Amministrazione� di�Polizia�di�Cuneo,�sopra�specificamente�descritta,�lede�diritti�soggettivi�propri�delle�Agen- zie�ricorrenti�e�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri;� �che,�in�mancanza�di�provvedimento�amministrativo�ablatorio�il�comportamento� della�P.A.�che�abbia�determinato�la�rimozione�o�l'alterazione�di�una�posizione�del�privato� avente�consistenza�di�diritto�soggettivo�si�risolve�in�un'attivita�materiale�assoggettata�alle� norme�di�diritto�comune,�con�la�conseguenza�che�la�tutela�di�tale�posizione�soggettiva�spetta� all'autorita�giudiziaria�ordinaria,�anche�in�sede�cautelare�(Cass.,�Sez.�Un.,�28�gennaio�1993,� n.�1151);� �che�l'ammissibilita�di�provvedimenti�cautelari�ex art.�700�c.p.c.�nei�confronti�della� P.A.�sussiste�allorche�il�provvedimento,�che�il�giudice�ordinario�sospende�ex art.�700�c.p.c.,� sia�una�mera�parvenza�di�atto�(Pret.�Cosenza,�12�marzo�1992);� �che�nel�caso�di�specie,�la�competenza�dell'A.G.O.�in�materia�cautelare�nonsembra� esservenutameno�anchenelvigore�dellalegge�n.�205/2000�^Disposizioniinmateriadi�giustizia� amministrativa�la�quale�(artt.�1-2-3)�attribuisce�al�TAR�l'emanazione�di�misure�cautelari�sol- tanto�inipotesi�di�allegato�pregiudizio�grave�edirreparabile�derivante�dall'esecuzione�diun�atto� impugnato�ovvero�dal�comportamento�inerte�dell'Amministrazione.�Ne�trattasi,�per�quanto� riguardale�doglianze�dei�ricorrenti,�dicontroversiecomunque�devolute�allagiurisdizione�esclu- siva�della�G.A.�ex art.�8�legge�cit.;� �che�i�ricorrenti,�atteso�il�pericolo�incombente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di� soggiornare�sul�territorio�nazionale�per�motivi�di�lavoro,�studio,�nonche�di�famiglia,�nei�con- fronti�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri�e�la�conseguente�possibilita�di�condanna�dell'Ammi- nistrazione�ad�unfacere costituito�dalla�disapplicazione�delle�disposizioni�verbali�impartite,� sono�legittimati�ad�investire�ex art.�700�c.p.c.�il�Giudice�Ordinario�della�questione;� �che�i�ricorrenti�hanno�pertanto�fondato�motivo�di�temere�che,�durante�il�tempo�per� far�valere�in�via�ordinaria�il�diritto�proprio�e�dei�propri�rappresentati,�questo�sia�minacciato� da�un�pregiudizio�grave,�imminente�ed�irreparabile;� �che�nelle�cause�contro�le�amministrazioni�dello�Stato�introdotte�dinanzialtribu- nale�in�composizione�monocratica�successivamente�all'entrata�in�vigore�del�d.lg.�n.�51/1998� riceve�ancora�applicazione�la�regola�del�c.d.�foro�erariale�ex art.�25�c.p.c.;� Cio�premesso,�ricorrono�nei�confronti�del�Questore�della�Provincia�di�Cuneo,�in�persona� del�Questore�in�carica,�affinche�codesto�Giudice�voglia�adottare�i�provvedimenti�d'urgenza� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nei�confronti�del�Questore�di�Cuneo�piu�idonei�ad�assicurare�provvisoriamente�gli�effetti� della�decisione�nel�merito,�in�particolare�inibendo�a�detto�Questore�di�limitare�indiscrimina- tamente�il�numero�delle�pratiche�presentate�ciascuna�settimana�dalle�Agenzie�ricorrenti�per� conto�di�cittadini�stranieri�presso�il�competente�Ufficio�(omissis).� Cuneo-Torino,�18�maggio�2004�.� Tribunale di Torino, udienza del 5 luglio 2004 ^Comparsa di costituzione per�il�Ministero�del- l'Interno�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Torino�^cont.�2642/04,�Proc.�dott.� D.�Pardi)�^Giud. P.�Ferrero.� �(Omissis) Diritto ^In�via�preliminare�si�fa�rilevare�che�il�presente�ricorso�e�stato�fatto� notificare�dalle�ricorrenti�nella�persona�del�Questore�di�Cuneo,�cioe�ad�un�organo�periferico� dell'Amministrazione�statale,�non�legittimato�a�stare�in�giudizio�(cfr.�art.�11,�R.D.�n.�1611/� 33).� L'unica�Amministrazione�realmente�legittimata�adprocessum non�puo�che�essere�invero,� nel�caso�di�specie,�che�il�Ministero�dell'Interno.� Detta�irregolarita�viene,�tuttavia,�sanata�dall'esponente�Avvocatura�che�provvede�a� costituirsi�ritualmente�per�il�Ministero�dell'Interno.� A)�In via pregiudiziale: difetto di giurisdizione del Giudice ordinario. Le�ricorrenti�hanno�chiesto�a�questoTribunale,�conil�proposto�ricorso,�l'adozione``di�provve- dimenti�d'urgenza�neiconfronti�del�Questore�di�Cuneo...�inparticolare�inibendo�a�detto�Questore� dilimitare�indiscriminatamenteilnumerodelle�pratiche�presentateciascunasettimanadalle�Agen- zie�ricorrenti�per�conto�di�cittadini�stranieri�presso�il�competente�Ufficio''.� Le�stesse�si�dolgono,�in�particolare,�del�fatto�che�il�Questore�avrebbe,�come�gia�detto,� ``ridotto�-senza�alcun�provvedimento�scritto�-a�quindici�il�numero�delle�nuove�pratiche�che� le�Agenzie�possono�depositare�per�ciascuna�settimana�per�conto�della�clientela''.� Si�rileva,�a�tal�riguardo,�che�le�decisioni�relative�all'organizzazione�degli�uffici�ed�alle� modalita�di�accesso�ai�medesimi�rientrano�nel�piu�generale�potesta�di�auto-organizzazione� della�Pubblica�Amministrazione.� E�evidente,�quindi,�che�in�presenza�di�una�potesta�discrezionale�dell'Amministrazione,�a� prescindere�dall'emanazione�di�un�concreto�provvedimento�amministrativo,�non�puo�confi- gurarsi�in�capo�agli�interessati�alcuna�posizione�di�diritto�soggettivo.� Le�rispettive�pretese�assurgono,�quindi,�tutt'al�piu�,�al�rango�di�interessi�legittimi.� Siprecisa,peraltro,che,contrariamenteaquantosostenutodallecontroparti,nellafattispecie� la�Questura�di�Cuneo�ha�disciplinato�le�modalita�di�accesso�all'Ufficio�Immigrazione,�peril�depo- sito�delle�pratiche�relative�ai�cittadini�extracomunitari,�con�apposito�``Protocollo d'intesaper una reteterritorialedisupportoaiserviziperstranierierogatidallaQuesturadiCuneo'',�approvato�peral- tro�dalla�Giunta�della�Provincia�di�Cuneo�con�delibera�del�31�marzo�2004,�ed�entrato�in�vigore�a� partire�dal�14�giugno�2004.� Tale�``Protocollo''�e�stato,�inoltre,�presentato�al�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione� nella�riunione�del�31�maggio�2004�ed�e�stato�reso�pubblico�con�apposito�comunicato�stampa.� E�evidente,�quindi,�che�la�regolamentazione�degli�accessi�agli�Uffici�della�Questura�non� e�avvenuta�``senza�l'adozione�di�alcun�atto'',�bens|�attraverso�l'adozione�un�formale�provvedi- mento�da�parte�dell'Amministrazione.� Ne�consegue�che�non�e�ammissibile,�in�questa�sede,�una�domanda�volta�ad�ottenere� ``provvedimenti�d'urgenza�nei�confronti�del�Questore''�in�quanto�gli�stessi,�in�buona� sostanza,�andrebbero�ad�incidere�sugli�effetti�di�un�provvedimento�amministrativo.� La�relativa�domanda�cautelare�andava,�quindi,�tutt'al�piu�,�proposta�dinanzi�al�Giudice� amministrativo�(cfr.,�sul�punto,�Corte�Costituzionale,�Ordinanza�n.�179�del�6�maggio/� 10�maggio�2002),ilquale�e�l'unico�Giudice�che�puo�conoscere�della�eventuale�illegittimita� del�``protocollo''�adottato�dall'Amministrazione.� Trattandosi�di�``protocollo''�adottato�``d'intesa''�con�l'Amministrazione�provinciale,�il� contraddittorio�andrebbe�poi�esteso,�in�quella�sede,�anche�eventualmente�nei�confronti�di� quest'ultima�Amministrazione.� Si�rileva,�per�tali�motivi,�il�difetto�di�giurisdizione�del�Giudice�ordinario.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� B)�Semprein�viapregiudiziale:�inammissibilita�delricorsoperdifettodilegittimazioneattiva.� Non�si�comprende,�in�ogni�caso,�quale�sia�la�posizione�giuridica�soggettivadi�cui�le� ricorrenti�Agenzie�sarebbero�titolari�e�di�cui�si�richiede�la�tutela,�in�via�d'urgenza,�in�questa� sede.� Dalla�lettura�del�ricorso�parrebbe,�invero,�che�le�predette�abbiano�agito�in�giudizio�per� tutelare�i�propri�clienti�dal�rischio��di�subire�pregiudizi�irreversibili�al�diritto�di�soggiornare� sul�territorio�nazionale�pur�in�possesso�dei�requisiti�soggettivi�ed�oggettivi�previsti�dalla� legge�.� Sostengono,�infatti,�le�controparti�che,�in�mancanza�di�provvedimenti�adottati�in�via� d'urgenza�da�questo�Tribunale,�i�cittadini�extracomunitari,�``a�causa�dell'abuso�di�potere� posto�in�essere�dalla�locale�Autorita�di�Polizia'',�sarebbero�impossibilitati�``a�presentare�in� termini�le�domande,�per�lo�piu�di�soggiorno�e/o�di�rinnovo�permessi�di�soggiorno''.� Ritengono,�quindi,�le�predette�Agenzie�che�sussista�nella�fattispecie�``un�pericolo�incom- bente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di�soggiornare�sul�territorio�nazionale�per�motivi�di� lavoro,�studio,�nonche�di�famiglia,�nei�confronti�dei�loro�clienti�cittadini�stranieri''.� Essendo�questi�i�termini�della�domanda�e�evidente,�quindi,�che�``il�diritto�affermato�nella� domanda�non�e�affermato�come�diritto�di�colui�che�la�propone''�(cfr.�C.�Mandrioli,�Diritto� processuale�civile,�Giappichelli,�Torino,�2002).� E�del�resto�pacifico�che�le�ricorrenti�Agenzie,�perseguendo�finalita�di�carattere�mera- mente�economico,�non�possono�in�nessun�caso�considerarsi�enti�rappresentativi�degli�inte- ressi�dei�propri�clienti.� Da�cio�consegue�che�il�proposto�ricorso�deve�essere,�in�ogni�caso,�dichiarato�inammissi- bile�per�difetto�di�legittimazione�attiva.� Nessuno,�infatti,�``fuori�dei�casi�previsti�dalla�legge,...�puo�far�valere�nel�processo�in� nome�proprio�un�diritto�altrui''�(art.�81�c.p.c.).� C)�Nel�merito:�insussistenza�del�fumus�boni�iuris.� Per�l'ipotesi�estrema�di�accesso�al�merito�si�rileva�come,�in�ogni�caso,�i�contrari�assunti� siano�del�tutto�erronei�e�non�possano,�affatto,�essere�condivisi.� Per�una�piu�corretta�ricostruzione�dei�fatti�e�opportuno,�in�primo�luogo�precisare�che,� prima�della�definizione�dell'attuale�assetto�organizzativo�(di�cui�si�dira�in�prosieguo),�l'ufficio� Immigrazioni�della�Questura�di�Cuneo�era�aperto�al�pubblico�dal�luned|�al�venerd|�dalle� ore9�alle�14,�con�dueaperturepomeridianeilmarted|�e�gioved|�dalle�ore�15,30�alle�ore�17,30.� In�particolare,�il�luned|�mattina,�il�mercoled|�pomeriggio�ed�il�gioved|�pomeriggio,�erano� destinati�al�ritiro�da�parte�dei�cittadini�extracomunitari�dei�richiesti�permessi�di�soggiorno,� mentre�i�rimanenti�giorni�della�settimana�erano�riservati�esclusivamente�alla�ricezione�delle� nuove�pratiche�da�istruire.� L'accesso�agli�uffici�avveniva,�peraltro,�senza�necessita�di�alcuna�prenotazione.� Gia�da�alcuni�anni,�inoltre,�operano�nel�territorio�di�Cuneo�alcune�Agenzie�d'affari�le� quali�si�occupano�del�disbrigo�delle�pratiche�inerenti�ai�cittadini�extracomunitari.� La�Questura,�a�titolo�meramente�collaborativo,�aveva�inizialmente�permesso�alle�pre- dette�Agenzie�di�produrre�la�documentazione�relativa�ai�propri�clienti�il�luned|�mattina�di� ogni�settimana,�previa�esibizione�di�una�delega�redatta�dagli�interessati.� Questi�ultimi�potevano�poi�recarsi�in�Questura,�unitamente�ai�rappresentanti�delle� Agenzie,�il�mercoled|�pomeriggio�per�il�ritiro�dei�permessi�di�soggiorno.� Poiche�il�numero�delle�Agenzie�non�superava,�al�momento,�le�dieci�unita�la�Questura� aveva,�inoltre,�consentito�alle�stesse�di�presentare�le�pratiche�in�argomento�senza�alcun�limite� numerico�e�senza�richiedere�la�presenza�fisica�dello�straniero,�la�cui�identificazione,�con� una�evidente�forzatura�della�normativa,�veniva�effettuata�soltanto�successivamente,�al� momento�del�ritiro�dei�provvedimenti�richiesti.� In�buona�sostanza�mentre�i�cittadini�extracomunitari�che�non�si�avvalevano�dell'assi- stenza�delle�Agenzie�potevano�accedere�agli�uffici�della�Questura�facendo�una�regolare�fila� agli�sportelli,�negli�orari�di�normale�apertura�degli�uffici,�gli�stranieri�che�si�rivolgevano�alle� predette�potevano,�invece,�delegare�a�queste�ultime�il�deposito�delle�loro�istanze.� Le�Agenzie�provvedevano,�quindi,�al�successivo�deposito�(senza�la�presenza�degli�inte- ressati)�nel�giorno�loro�riservato�dalla�Questura�(luned|�mattina).� Tale�corsia�privilegiata,�invero,�piu�che�un�diritto�delle�Agenzie�ha�costituito,�per�lungo� tempo,�un�privilegio�concesso�dall'Amministrazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Successivamente,�a�seguito�del�notevole�aumento�delle�richieste�di�emersione�e�regola- rizzazione,�Passetto�organizzativo�dell'Ufficio�Stranieri�si�e�rivelato�non�piu�adeguato�a�fare� fronte�all'aumentato�bacino�d'utenza�ed�a�evitare�le�lunghe�file�agli�sportelli�che�davano� luogo,�peraltro,�a�numerose�rimostranze�da�parte�degli�interessati,�talvolta�riportate�anche� dagliorgani�distampa.� Nel�frattempo�le�Agenzie�d'affari�erano�aumentate�di�numero,�passando�dalle�iniziali� poche�unita�alle�attuali�28.� Di�conseguenza�la�Questura�di�Cuneo�e�stata�costretta�a�rivedere�la�precedente�organiz- zazione�dell'Ufficio�Immigrazione�ed�a�comunicare�a�tutte�le�Agenzie�presenti�sul�territorio� di�non�poter�continuare�a�garantire�alle�stesse,�il�luned|�mattina,�il�deposito�di�nuove�istanze� senza�limitazioni�di�sorta.� L'Ufficio�aveva�rappresentato,�infatti,�che�per�una�piu�corretta�applicazione�della�legge� non�sarebbe�stato�piu�possibile�il�deposito�di�istanze�da�parte�delle�Agenzie�senza�la�conte- stuale�presenza�degli�interessati.� Proprio�in�ragione�della�necessaria�presenza�di�questi�ultimi�al�momento�del�deposito� delle�istanze,�l'Amministrazione�aveva�invitato�ciascuna�Agenzia,�al�fine�di�non�congestio- nare�gli�uffici,�a�depositare,�ogni�luned|�,�non�piu�di�15�nuove�istanze.� In�buona�sostanza�la�Questura,�pur�conservando�alle�predette�Agenzie�un�accesso�privi- legiato�agli�uffici�(il�luned|�mattina)�era�stata�costretta,�per�i�motivi�suesposti,�a�porre�una� limitazione�numerica�al�deposito�delle�nuove�istanze. E�,�ovvio�che,�in�ogni�caso,�tale�limitazione�era�riferita�esclusivamente�alle�domande�che� le�singole�Agenzie�potevano�presentare�direttamente�in�Questura�nel�giorno�a�loro�riservato� (luned|�mattina).� Gli�uffici�della�Questura�rimanevano,�per�il�resto,�aperti�al�pubblico,�in�tutti�gli�altri� giorni�della�settimana,�per�la�ricezione�delle�istanze�degli�interessati�(anche,�ovviamente,� degli�stranieri�che�si�erano�rivolti�alle�Agenzie).� I�rappresentanti�delle�Agenzie�avrebbero,�quindi,�ben�potuto�provvedere�al�deposito� delle�istanze�dei�propri�clienti�anche�negli�altri�giorni�della�settimana,�senza�incorrere�in� limitazioni�di�sorta.� Bastava,�appunto,�fare�la�normale�fila�agli�sportelli,�proprio�come�tutti�gli�altri�stranieri� non�assistiti�da�alcuna�Agenzia.� La�descritta�regolamentazione�dell'accesso�all'Ufficio�Immigrazione�della�Questura�di� Cuneo�e�stato,�peraltro,�come�gia�detto,�recentemente�radicalmente�modificata.� A�partire�dal�14�giugno�2004�e�,�infatti,�divenuto�operativo�un�nuovo�assetto�organizza- tivo,�disciplinato�con�il�piu�volte�citato�``Protocollo d'intesa per una rete territoriale di sup- porto ai servizi per stranieri erogati dalla Questura di Cuneo'',�approvato�dalla�Giunta�della� Provincia�di�Cuneo�con�delibera�del�31�marzo�2004.� L'accessoagliuffici�e�regolato�quindi,�a�partire�dal�14�giugno�2004,�esclusivamente�da� un�sistema�di�prenotazione�a�cui�gli�interessati�possono�accedere�tramite�gli�``Sportelli a gestionepubblica''�istituiti�sul�territorio�provinciale�oppure�tramite�il�call center gestito�diret- tamente�dalla�Questura.� Nessuna�diversita�di�trattamento�e�quindi�riconosciuta,�nel�nuovo�sistema�di�prenota- zioni,�ai�cittadini�extracomunitari�che�decidono�di�rivolgersi�alle�agenzie�d'affari�per�l'istru- zione�delle�pratiche�da�depositare�successivamente�in�Questura.� E�evidente�che�``la�prenotazione�e�la�chiave�di�volta�del�sistema''�(cfr.�intervento�del� Questore�di�Cuneo�alla�riunione�del�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione�del�31�maggio� 2004)�e�che�l'accesso�agli�uffici,�da�parte�di�tutti�gli�utenti,�non�puo�che�avvenire�previo� appuntamento.� Nessuno�spazio�residua,�quindi,�per�eventuali�inammissibili�corsie�preferenziali�ne�tanto� meno�per�eventuali�forme�di�discriminazione.� Il�``Protocollo d'intesa''�ha�previsto,�in�particolare,�come�gia�accennato,�il�coinvolgi- mento�di�``Sportellia gestionepubblica'',�cui�fanno�capo�Amministrazioni�comunali.�Associa- zioni�sindacali�e�di�categoria,�ripartite�per�aree�territoriali,�ed�a�cui�e�stato�affidato�il�com- pito�di�prestare�assistenza�ai�cittadini�extracomunitari�nell'attivita�di�predisposizione�della� documentazione�da�presentare�successivamente�agli�uffici�della�Questura.� Gli�extracomunitari�potranno,�quindi,�recarsi�in�Questura�esclusivamente�utilizzando�un� sistema�di�prenotazione�settimanale�attivato�presso�gli�sportelli�medesimi.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Per�tutti�coloro�che�invece�a�vario�titolo,�non�possono�fruire�del�servizio�in�argomento,� la�Questura�di�Cuneo�ha�istituito�un�numero�telefonico�(0171443592),�disponibile�il�mercoled|� dalle�ore�9�alle�ore�13,�tramite�il�quale�gli�interessati�possono�provvedere�a�prenotare�un� appuntamento�presso�l'Ufficio�Immigrazione.� Da�quanto�esposto�emerge�quindi�chiaramente�come�le�domande�ex�adverso�proposte� siano�destituite�di�ogni�concreto�fondamento.� E�evidente,�in�primo�luogo,�come�non�sia�configurabile�in�capo�alle�ricorrenti�un�diritto� di�accedere,�senza�limitazioni,�agli�uffici�della�Questura�di�Cuneo�per�il�deposito�delle�istanze� della�propria�clientela.� Del�tutto�legittima�e�,�infatti,�la�decisione�della�Questura�di�riorganizzare�le�modalita�di� accesso�all'Ufficio�Immigrazione,�da�ultimo,�attraverso�l'adozione�di�uno�specifico�``proto- collo''.� E�evidente,�peraltro,�che�ogni�Amministrazione�ha�il�potere�di�stabilire�gliorari�ele� modalita�di�accesso�ai�propri�uffici,�potendo�eventualmente�istituire,�come�nel�caso�di�specie� (cfr.�il�suddetto�``protocollo'')�un�``sistema�di�prenotazione�degli�appuntamenti''.� Il�diritto�dei�singoli�ad�accedere�ai�pubblici�Servizi�deve,�infatti,�essere�contemperato� con�gli�uguali�diritti�degli�altri�cittadini,�oltre�che�con�l'esigenza�di�garantire�l'interesse�supe- riore�al�``buon�andamento�ed�imparzialita�dell'amministrazione''.� E�chiaro,�inoltre,�che�non�vi�e�mai�stata�da�parte�dell'Amministrazione�alcuna�lesione�ai� diritti�delle�controparti.� La�stessa�decisione�della�Questura�di�riservare�alle�nuove�Agenzie�d'affari�un�apposito� giorno�della�settimana�per�il�ricevimento�delle�pratiche�dalle�stesse�istruite�e�avvenuta,�in� passato,�al�di�fuori�di�ogni�obbligo�di�legge.� La�successiva�limitazione�di�un�tale�privilegio,�non�avrebbe�potuto,�quindi,�verosimil- mente�ledere�alcun�diritto.� In�ogni�caso�e�evidente�che�del�tutto�prive�di�fondamento�sono�le�doglianze�avversarie� dopo�che,�con�l'entrata�in�vigore�del�nuovo�assetto�organizzativo,�la�``prenotazione''�costitui- sce�l'unica�modalita�di�accesso�agli�uffici�della�Questura.� Le�doglianze�avversarie�risultano,�per�altro�verso,�pretestuose.�Si�evidenzia,�infatti,�che� le�stesse�Agenzie�oggi�ricorrenti,�con�il�``Codice�di�autoregolamentazione''�sottoscritto�in�data� 2�aprile�2004�si�erano,�spontaneamente,�impegnate�``a�facilitare�il�disbrigo�delle�pratiche� relative�a�cittadini�stranieri,�svolgendo�la�propria�attivita�in�modo�coordinato�e�professio- nale,�evitando�quindi...�l'affollamento�degli�uffici''�nonche�``a�rispettare�le�esigenze,�le�richie- ste�e�gli�orari�che�saranno�indicati�dall'Autorita�di�Pubblica�Sicurezza�oltre�che,�evidente- mente,�le�rispettive�previsioni�normative''.� Sotto�quest'ultimo�profilo�le�stesse�si�erano�impegnate,�inoltre,�``ad�assicurare�la� presenza�fisica�del�cliente�richiedente�alfine�di�rispettare�eventuali�esigenze�di�fotosegnala- zione�nonche�al�materiale�ritiro�della�pratica�completata''�ed�``a�concordare�con�l'Autorita� di�Pubblica�Sicurezza�tempi�e�modi�di�disbrigo�delle�varie�pratiche�nel�rispetto�reciproco�e� nel�riconoscimento�delle�rispettive�esigenze�di�buon�funzionamento''.� D)�Sempre�nel�merito:�insussistenza�del�periculum�in�mora.� Da�quanto�esposto�emerge�chiaramente�come�non�possa�sussistere,�nella�fattispecie,� alcun�``pericolo�incombente�di�lesione�del�diritto�riconosciuto�di�soggiornare�sul�territorio�nazio- nale�per�motivi�di�lavoro,�studio,�nonche�difamiglia,�nei�confronti�dei...�cittadini�stranieri''.� Del�resto�nessuna�lamentela�e�mai�giunta�all'Amministrazione�da�parte�dei�diretti�inte- ressati.� E�evidente,�per�contro,�che�il�nuovo�modello�organizzativo�adottato�dalla�Questura�con� succitato�``Protocollo�d'intesa''�ha�di�fatto�migliorato�la�fruizione�dei�Servizi�da�parte�degli� stranieri.� Gli�stessi�rappresentanti�dei�cittadini�extracomunitari,�peraltro,�durante�la�presenta- zione�del�``Protocollo''�al�Consiglio�territoriale�per�l'immigrazione,�in�data�31�maggio�2004,� hanno�plaudito�``all'iniziativa,�da�tempo�auspicata�dagli�immigrati,�e�manifestato�la�massima� collaborazione�per�il�buon�esito�del�progetto''�ritenendo�il�``progetto�significativo�ed�impor- tante�non�solo�per�i�cittadini�stranieri�ma�anche�per�le�categorie�economiche�dei�datori�di� lavoro''.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Gli�stessi�hanno�chiesto,�inoltre,�``al�Prefetto�di�farsi�portavoce�presso�il�Governo� centrale�affinche�soluzioni,�quali�quella�oggi�presentata,�possano�essere�istituzionalizzate�e,� pertanto,�si�possa�addivenire�ad�una�migliore�gestione,�integrata�tra�i�vari�enti�competenti,� della�problematica�immigrazione''.� Poiche�quindi�contrariamente�a�quanto�sostenuto�da�parte�ricorrente,�nessuna�minaccia� di�lesione�incombe�sui�diritti�degli�extracomunitari,�non�si�comprende�quali�possano�essere� ``iprovvedimenti d'urgenza nei confronti del Questore di Cuneo''�che�questo�Tribunale�potrebbe� mai�essere�chiamato�ad�adottare.� Ben�diversamente�e�evidente�che�un�grave�ed�irreparabile�pregiudizio�deriverebbe� all'Amministrazione�e�agli�stessi�utenti�proprio�dall'adozione�del�provvedimenti�cautelari� richiesti�da�controparte.� Il�ricorso,�per�quanto�sin�qui�detto,�va�respinto�perche�destituito�di�fondamento�e�le� ricorrenti�vanno�conseguentemente�condannate�al�pagamento�delle�spese�di�lite�essendo�evi- dente�la�mancanza,�ad�avviso�dell'esponente�Avvocatura,�di�ogni�giusto�motivo�che�possa� determinare�la�compensazione�delle�stesse.� Si�confida,�dunque,�nell'accoglimento�delle�seguenti�conclusioni:�dichiararsi�inammissi- bile�o�respingersi�perche�infondato�il�ricorso�e�condannarsi�i�ricorrenti,�in�solido�tra�di�loro,� al�pagamento�delle�spese�di�lite�(omissis).� Torino,�5�luglio�2004��Procuratore�dello�Stato�Domenico�Pardi�.� Tribunale Civile di Torino, prima sezione, ordinanza pronunciata fuori udienza in data 6 luglio 2004 ^dep. 7 luglio 2004. �(Omissis) In via preliminare non�puo�non�rilevarsi�come�il�ricorso�cautelare,�ex art.�669-bis c.p.c.,�debba�essere�redatto�con�le�forme�di�cui�all'art.�125�c.p.c.�e�debba�pertanto� contenere,�oltre�all'indicazione�delle�parti�e�del�giudice,�anche�la�specificazione�del�petitum edella�causa petendi.� Cio�osservato�^atteso�il�carattere�strumentale�del�ricorso�cautelare�edilparticolare�rapporto� tra�il�tipo�di�provvedimento�richiesto�edilsuccessivo�giudizio�dimerito�(il�quale�fa�s|�che�laprospet- tazione�di�una�domanda�diversa�da�quella�enunciata�in�sede�cautelare�possa�comportare�la�revoca� o�la�modifica�del�provvedimento�emesso�in�tale�sede),�in�particolare�quando�proposto�ex art.�700� c.p.c.�(attesa�la�funzione�strumentale�e�residuale�della�tutela�prevista�da�tale�norma)�ed�attesa�la� necessita�che�il�provvedimento�cautelare�sia�pronunciato�dal�giudice�competente�per�tale�succes- sivo�giudizio�di�merito^deve�ritenersi�che�l'indicazione�delladomandadimerito�sia�requisito�inde- fettibilealfinediritenerespecificato``l'oggetto''dicuialmenzionatoart.�125c.p.c..Indifettoil� ricorso�deve�ritenersi�nullo.� Nel�caso�di�specie,�sussiste�tale�nullita�non�essendovi�stata�indicazione�ne�del�petitum ne� della�causa petendi dell'instaurando�giudizio�di�merito.� Anche volendosi diversamente opinare (e�volendo�quindi�desumere,�in�via�interpretativa,� che�oggetto�del�giudizio�di�merito�siano�l'accertamento�e�la�declaratoria�dell'illegittimita�del� ``comportamento�materiale''�della�Questura�di�Cuneo�oltre�alla�conferma�dei�provvedimenti� adottati�in�questa�sede),�il�ricorso�non�potrebbe�essere�accolto�per�difetto�di�giurisdizione� del�giudice�ordinario.� Le�parti�ricorrenti,�invero,�si�dolgono�dell'adozione,�da�parte�della�Questura�di�Cuneo,� di�modalita�organizzative�relative�all'accesso�all'Ufficio�Stranieri�per�la�presentazione�delle� istanze�dei�loro�clienti,�diverse�da�quelle�precedentemente�seguite�ed�asseritamente�pregiudi- zievoli�per�il�regolare�svolgimento�della�loro�attivita�.� Le�scelte�relative�all'organizzazione�degli�uffici�ed�alle�modalita�di�accesso�ai�medesimi� rientrano,�peraltro,�nella�potesta�di�auto-organizzazione�spettante�ad�ogni�pubblica�ammini- strazione,�potesta�in�relazione�alla�quale�le�attuali�parti�ricorrenti�non�possono�vantare�posi- zioni�di�diritto�soggettivo�(e�cio�,�tanto�piu�se�si�considera�che�non�esiste�alcuna�previsione� normativa�che�riconosca�alle�``Agenzie''�ricorrenti�il�diritto�ad�un�particolare�trattamento� nei�rapporti�con�l'Ufficio�Stranieri�della�Questura�di�Cuneo�in�relazione�a�modalita�etempi- stiche�di�presentazione�delle�istanze�dei�rispettivi�assistiti�e�di�ritiro�dei�permessi).� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ipotizzando,�invece,�che�la�giurisdizione�possa�ritenersi�sussistente�in�base�alla�mera� prospettazione�della�domanda,�che�configura�la�lesione�di�diritti�soggettivi�ad�opera�di�un� comportamento�materiale�della�Pubblica�Amministrazione,�il�ricorso�non�sarebbe�ugual- mente�fondato�per�le�ragioni�qui�di�seguito�esposte.� 1.��I�ricorrenti�agiscono�nella�veste�di�titolari�di�Agenzie�d'affari�(autorizzate�ex� art.�115�T.U.L.P.S.)�per�il�disbrigo�di�pratiche�amministrative�per�stranieri,�ma�solo�[due�di� essi]�hanno�prodotto�in�giudizio�le�relative�autorizzazioni.�Le�altri�parti�ricorrenti�e�tutte�le� intervenute,�per�contro,�non�hanno�provato�il�presupposto�fondante�(secondo�l'impostazione� data�al�ricorso)�della�loro�legittimazione�ad�agire.� 2.��Le�ricorrenti�e�intervenute,�inoltre,�non�hanno�chiarito�esattamente�a�tutela�di�quale� diritto�si�siano�determinate�ad�agire�in�giudizio;�ilpericulum�in�mora,peraltro,�e�stato�motivato� con�la�prospettazione�della�possibile�lesione�del�diritto�di�soggiornare�sul�territorio�nazionale� permotivi�di�lavoro,�studio,�famiglia,``neiconfrontideiloroclienticittadinistranieri''.� Il�contenuto�dell'atto�introduttivo,�quindi,�induce�a�ritenere�che�le�Agenzie�ricorrenti�ed� intervenienti�abbiano�inteso�far�valere�in�giudizio�diritti�soggettivi�dei�propri�clienti;�il�che,� stante�il�disposto�dell'art.�81�c.p.c.,�induce�ad�escludere,�anche�sotto�tale�ulteriore�profilo,�il� presupposto�della�legittimazione�ad�agire.� 3.��Ipotizzando,�in�ultimo,�che�alla�base�dei�ricorso�possa�esservi�la�lamentata�lesione� del�diritto�all'esercizio�di�un'attivita�regolarmente�autorizzata,�deve�osservarsi�quanto�segue.� Leattualimodalita�diaccesso�all'Ufficio�stranieridella�Questuradi�Cuneo,�come�risultanti� dal�``Protocollo''�prodotto�sub�1�dall'Avvocatura�dello�Stato�e�dalla�deposizione�dell'ispettore� M.,�silimitano�anonprevedereundiverso�trattamentopergli�Stranieriassistitidalle``Agenzie'',� manonescludonoin�alcunmodoche�la``prenotazione''perlapresentazione�dellapraticapossa� essere�effettuata�da�questeultimeperconto�deiloroclienti.�Anzi,�come�dichiarato�dall'ispettore� M.�``conlanuovastrutturaorganizzativa,�econriferimentoalleprimeduesettimanediavvio�del� protocollo,�il75%delleprenotazionie�pervenuto�dalleagenzieaccreditate''.� Quanto�alla�perdita�di�tempo�per�ottenere�la�linea�e�contattare�il�``Call�Center'',�alla� necessita�di�fare�distinte�telefonate�per�ogni�diversa�pratica,�all'impossibilita�di�accompa- gnare�i�clienti�al�momento�del�ritiro�dei�permessi�in�un�giorno�prestabilito�e�dedicato�alle� agenzie�(come�lamentati�nel�corso�dell'esperito�interrogatorio�libero),�a�prescindere�dalla� mancata�prova�dell'esistenza�di�un�diritto�al�diverso�trattamento�preteso�(diverso�rispetto�a� quello�esistente�e�diverso�rispetto�a�quello�destinato�al�singolo�straniero�che�non�si�avvalga� di�una�``Agenzia''),�si�puo�ipotizzare,�al�piu�,�una�contrazione�del�numero�di�clienti�e,�quindi,� dei�conseguenti�incassi,�irrilevante,�in�quanto�mero�pregiudizio�di�natura�economica,�ai�fini� del�necessario�periculum�in�mora.� In�considerazione�di�quanto�sin�qui�detto�il�ricorso�deve�essere�rigettato�(omissis)� Torino,�6�luglio�2004�.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Giurisdizione in materia di pubblico impiego: inammissibile il ricorso al T.A.R. per l'annullamento delle procedure di riqualificazione del personale all'interno della stessa area funzionale (Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio,�Roma,�sezione�seconda�ter,� sentenza�4�maggio�2004,�n.�3757)� La sentenza in rassegna offre un ulteriore spunto di riflessione sulla materia, ora dai piu� certi confini, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di procedure selettive nel pubblico impiego. Occorre innanzitutto prendere le mosse dal caso deciso, nel quale viene in questione l'assoggettabilita� o meno al giudice amministrativo delle contro- versie relative all'indizione di procedure di selezione e riqualificazione per il personale del Ministero per i Beni e le Attivita� Culturali, per il passaggio dalle posizioni economiche B1 e B2 alla posizione B3 e dalle posizioni econo- miche C1 e C2 alle posizioni C2 e C3. Per meglio comprendere l'effettiva natura della questione, e� essenziale tenere presente la normativa che interessa la fattispecie in esame; innanzi- tutto l'art. 68 del D.Lgs. n. 29/1993 (come modificato dall'art. 29 del D.Lgs. n. 80/1998), secondo il quale �sono�devolute�al�giudice�ordinario,�in�funzione� del�giudice�del�lavoro,�tutte�le�controversie�relative�ai�rapporti�di�lavoro�alle� dipendenze�delle�pubbliche�amministrazioni�di�cui�all'art.�1,�comma�2,�ad�ecce- zione�di�quelle�relative�ai�rapporti�di�lavoro�di�cui�al�comma�4....��, mentre �restano�devolute�alla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�le�controversie� in�materia�di�procedure�concorsuali�per�l'assunzione�dei�dipendenti�delle�pubbli- che�amministrazioni,�nonche�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�le�controversie� relative�ai�rapporti�di�lavoro�di�cui�all'art.�2,�commi�4�e�5,�ivi�comprese�quelle� attinenti�ai�diritti�patrimoniali�connessi�. Pertanto, in base alla nuova disciplina, vengono escluse dalla cognizione del giudice ordinario alcune categorie residuali ancora a regime di diritto pubblico e la materia dell'accesso al pubblico impiego, la quale presuppone a monte l'esercizio di pubblici poteri in ordine all'individuazione dell'effettivo fabbisogno, ai fini dell'indizione e dell'espletamento delle procedure di reclu- tamento di personale. In definitiva puo� dirsi che la ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario ed amministrativo nella materia del pubblico impiego ruota ora intorno alla distinzione tra atto di organizzazione tendente alla costituzione del rapporto, espressione del potere autoritativo della P.A., ed atto di gestione, il quale, ponendosi in un momento successivo rispetto all'esercizio del potere, viene attratto nell'area civilistica, trattandosi in definitiva dello svolgimento del rapporto di lavoro di dipendenti precedentemente reclutati. In tal senso si e� espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 del 4 gennaio 1999, la quale evidenzia il nesso imprescindibile tra gli artt. 97, 51 e 98 della Costituzione: infatti si e� osservato come il reclutamento del perso- nale attraverso pubblici concorsi resti ancora, in un ordinamento democra- tico, il mezzo migliore per garantire imparzialita� ed assicurare la selezione dei piu� capaci e meritevoli. IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ma�e��importante�sottolineare�che�il�meccanismo�del�pubblico�concorso� non�si�pone�come�necessario�solamente�in�caso�di�primo�accesso�alle�funzioni� pubbliche,�ma�lo�e��anche�nel�caso�di�passaggio�da�un'area�funzionale�ad� un'altra,�dal�momento�che�ugualmente�tale�procedura�ha�ad�oggetto�il�reclu- tamento�di�personale,�previo�accertamento�tecnico�delle�capacita��e�delle�atti- tudini�dei�soggetti�partecipanti.� Ed�infatti,�ogni�qualvolta�la�Pubblica�Amministrazione�indica�una�pro- cedura�selettiva,�aperta�ad�una�pluralita��di�soggetti,�interni�ed�esterni,�per�il� passaggio�da�un'area�funzionale�ad�un'altra,�le�controversie�eventualmente� sorte�saranno�attratte�nella�cognizione�del�giudice�amministrativo,�poiche�si� tratta�comunque�della�costituzione�di�un�nuovo�e�diverso�rapporto�di�lavoro,� nascente�dal�relativo�ordine�di�graduatoria.� Cos|��anche�le�Sezioni�Unite�della�Corte�di�Cassazione,�nella�sentenza� n.�15403�del�15�ottobre�2003,�le�quali�hanno�evidenziato�che�l'art.�63�del� D.Lgs.�n.�165/2001�nel�devolvere�al�giudice�amministrativo�le�controversie� in�materia�di�procedure�concorsuali�per�l'assunzione�dei�dipendenti�delle� pubbliche�amministrazioni,�fa�riferimento�non�solo�alle�procedure�dirette�alla� costituzione�per�la�prima�volta�del�rapporto�di�lavoro,�ma�anche�alle�prove� successive�dirette�a�valutare�le�cognizioni�ed�attitudini�del�personale�di�ruolo� per�il�passaggio�alle�fasce�funzionali�superiori.� E�importante�pero��evidenziare�che�tale�ultima�interpretazione�e��desti- nata�a�superare�un�precedente�orientamento,�tendente�ad�ampliare,�al�contra- rio,�l'area�della�cognizione�del�giudice�ordinario:�infatti�le�stesse�Sezioni� Unite�avevano�interpretato�in�modo�restrittivo�lo�stesso�art.�63�del�D.Lgs.� n.�165/2001�affermando�che�la�ratio della�riforma�era�proprio�quella�di�devol- vere�tutte�le�controversie�inerenti�al�rapporto�di�lavoro�al�giudice�ordinario,� dovendosi�percio��considerare�eccezionale�e�quindi�da�interpretare�in�modo� restrittivo�la�disposizione�con�la�quale�si�riservava�al�giudice�amministrativo� la�cognizione�delle�controversie�inerenti�alle�procedure�concorsuali.� Pertanto�anche�le�fasi�intermedie�e�tutte�le�vicende�modificative�del�rap- porto�di�lavoro,�pur�se�finalizzate�ad�un�avanzamento�di�carriera�e�realizzate� attraverso�l'espletamento�di�procedure�concorsuali,�restavano�attratte�nella� cognizione�del�giudice�ordinario,�rimanendo�affidate�alla�giurisdizione�del� giudice�amministrativo�solamente�le�controversie�aventi�ad�oggetto�le�proce- dure�selettive�di�assunzione�del�personale.� Il�mutamento�di�giurisprudenza�sopra�evidenziato�si�fonda,�oltre�che�sugli� accennati�orientamenti�della�Corte�Costituzionale,�anche�su�una�rilettura� appunto�costituzionalmente�orientata�del�quadro�normativo�vigente;�infatti� sullascortadell'art.�52delD.Lgs.�n.�165/2001,ilqualestabiliscechelaqualifica� superiore�viene�acquisita�dal�lavoratore��pereffetto dello sviluppoprofessionale o diprocedure concorsuali o selettive�,�si�e��ritenuto�che�anche�le�procedure�che� consentono�il�passaggio�da�una�fascia�ad�un'altra�integrino�un�vero�e�proprio� concorso,�argomentando�dall'art.�97�della�Costituzione.� Cos|�,�in�definitiva,�il�concorso�e��il�mezzo�maggiormente�idoneo�ad�assi- curare�la�neutralita��e�la�scelta�dei�soggetti�piu��capaci�a�garantire�il�buon� andamento�della�Pubblica�Amministrazione�anche�nell'ipotesi�del�passaggio� ad�un'area�funzionale�superiore:�la�conseguenza�immediata�e�diretta�di�tale� nuovo�orientamento�e��quindi�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo� anche�nelle�controversie�de�quibus.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Al�contrario,�il�caso�posto�all'attenzione�della�seconda�sezione�(ter)�del� TAR�del�Lazio,�concerneva�l'annullamento�di�atti�amministrativi�con�i�quali� venivano�indette�delle�procedure�di�riqualificazione�del�personale�all'interno� della�stessa�area�funzionale;�in�tal�caso,�sulla�scorta�delle�considerazioni� appena�svolte,�il�giudice�ha�ritenuto�il�ricorso�inammissibile,�ritenendosi� carente�di�giurisdizione.� Ed�infatti�si�tratterebbe�di�atti�che,�pur�emanati�dall'autorita�ammini- strativa,�si�pongono�nell'ambito�dello�svolgimento�del�rapporto�di�lavoro� con�i�dipendenti�pubblici:�cos|�e�stato�ritenuto�opportuno,�in�ragione�della� fondamentale�distinzione�tra�atti�di�amministrazione�ed�atti�di�gestione,� considerare�siffatte�procedure�attratte�nell'area�civilistica,�dal�momento�che� non�viene�in�rilievo�alcun�atto�che�sia�espressione�del�potere�autoritativo� della�Pubblica�Amministrazione.� In�realta�in�tali�circostanze�l'Amministrazione�agisce�come�un�datore�di� lavoro�privato,�soggetto�alle�norme�civilistiche:�di�conseguenza�tutti�gli�atti� emanati�durante�la�permanenza�del�rapporto�di�lavoro�sono�sottratti�alla� cognizione�del�giudice�amministrativo�per�rientrare�in�quella�del�giudice�ordi- nario.� Inoltre,�v'e�anche�da�considerare�che�tali�procedure�selettive�dirette�al� passaggio�da�una�posizione�funzionale�all'altra�all'interno�della�stessa�area,� sono�riservate�solamente�ai�dipendenti�interni:�cio�e�previsto�dai�contratti� collettivi�nazionali�che�regolano�tali�procedure,�le�quali�non�si�configurano� come�vere�e�proprie�selezioni�concorsuali,�che�al�contrario�prevedono�la�par- tecipazione�di�soggetti�esterni�all'Amministrazione�(come�nel�caso�di�passag- gio�da�un'area�funzionale�ad�un'altra).� Concludendo,�e�ovvio�che�non�trattandosi�di�vere�e�proprie�selezioni�ma� di�percorsi�interni�regolati�dai�contratti�collettivi�nazionali�il�giudice�ammini- strativo�deve�necessariamente�dichiarare�la�carenza�di�giurisdizione,�e�di�con- seguenza�l'inammissibilita�del�ricorso.� Questo�lo�stato�della�giurisprudenza�sini�ad�oggi:�rimane�pero�la�possibi- lita�non�remota�che�l'orientamento�teste�ennunciato�possa�essere�rivisto�alla� luce�della�sentenza�della�Corte�Costituzionale�n.�204�del�6�luglio�2004.� Dott.ssa�Paola�Ciriaco� Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, sezione seconda ter, sentenza 4 maggio 2004 n. 3757 -Pres.�R.�Scognamiglio�^Rel.�A.�Amicuzzi�^F.S.�c/�Ministero�per�i�Beni� e�le�Attivita�Culturali.� Non�sussiste�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�nell'ipotesi�di�controversie�relative� all'indizione�di�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�del�personale�all'interno�della�stessa� areafunzionale,�poiche�gli�atti�in�questione,�da�definirsi��di�gestione�,�si�collocano�nell'ambito� dello�svolgimento�del�rapporto�di�lavoro,�rimanendo�percio�stesso�attratti�nell'area�civilistica.� �(omissis)�^Per�quanto,�piu�in�particolare,�riguarda�la�fattispecie�in�esame�deve�tuttavia� rilevare�il�Collegio�che�nel�nuovo�ordinamento�professionale�del�pubblico�impiego�il�sistema� delle�qualifiche�e�stato�sostituito�con�quello�delle�aree�(o�categorie),�nell'ambito�delle�quali� sono�previste�differenti�posizioni�economiche,�con�possibilita�di�passaggi�interni�dall'una� all'altra.� A�tanto,�in�base�alle�considerazioni�in�precedenza�svolte,�non�puo�che�conseguire�che,�se� non�puo�esservi�dubbio�che�le�procedure�selettive�finalizzate�al�passaggio�da�un'area�all'altra,� mediante�procedure�concorsuali�aperte�ad�una�pluralita�di�soggetti�esterni�od�interni,�appar- tengano�alla�Giurisdizione�del�Giudice�Amministrativo,�i�passaggi�interni,�nell'ambito�di�cia- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� scuna�di�dette�aree,�da�una�posizione�economica�(funzionale)�all'altra�(se�i�contratti�collettivi� nazionali�che�li�regolano�non�prevedono�la�possibilita�della�partecipazione�di�concorrenti� esterni�alle�procedure�selettive�volte�ad�individuare�il�personale�cui�deve�essere�attribuita�la� posizione�funzionale�superiore)�sono�da�ritenersi�necessariamente�attratti�nell'ambito�della� giurisdizione�del�Giudice�ordinario.� Cio�in�quanto�tali�procedure�interne�vanno�qualificate�come�atti�privatisticidigestione� del�rapporto�di�lavoro�^privi�del�carattere�pubblicistico�che�connota�i�concorsi�esterni�di� accesso�^cioe�come�semplici�strumenti�diretti�ad�assicurare�la�normale�progressione�di�sog- getti�gia�legati�da�un�rapporto�con�l'amministrazione,�non�dissimili�dalle�omologhe�proce- dure�indette�da�un�datore�di�lavoro�privato.� La�circostanza�che�l'art.�36�del�D.Leg.vo�n.�80�del�1998�prevede�che�le�assunzioni�nella� pubblica�amministrazione�avvengano�mediante�selezioni�o�concorsi�pubblici�che�garanti- scano�un�adeguato�accesso�dall'esterno,�non�puo�,�infatti,�che�indicare,�per�converso,�che�esi- stonopercorsi�interniche�non�siconfigurano�come�assunzione,legatialla�progressione�della� �mansione��(come�regolati�dal�CCNL),�che,�per�essere�inerenti�allo�sviluppo�del�rapporto� individuale,�non�possono�che�essere�di�competenza�del�Giudice�Ordinario.� 7.�^Nel�caso�che�occupa�il�ricorrente�premesso�che,�avendo�esercitato�mansioni�supe- riori,�era�in�attesa,�ex art.�15�del�CCNL�per�il�personale�dei�Ministeri�per�il�quadriennio� 1998-2001,�della�indizione�di�corsi�di�selezione�per�il�passaggio�dall'area�B�all'area�C,�e�dalla� posizione�economica�B3�alla�posizione�economica�C1),�ha�impugnato�i�decreti�emessi�dal� Segretario�generale�il�28�novembre�2002,�di�indizione�delle�procedure�di�selezione�e�riqualifi- cazione�per�il�personale�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�per�il�passaggio�dalle� posizioni�economiche�B1�e�B2�alla�posizione�B3�e�dalle�posizioni�economiche�C1�e�C2�alle� posizioni�C2�e�C3,�nei�limiti�dell'interesse�del�ricorrente,�nonche�il�provvedimento�implicito� con�il�quale�i�titolari�della�posizione�economica�B3,�come�il�ricorrente,�sono�stati�esclusi� dalle�suddette�procedure�di�selezione�e�riqualificazione,�la�nota�prot.�n.�1381�del�15�gennaio� 2003�del�Dirigente�del�Servizio�II,�di�negativo�riscontro�alla�diffida�formulata�dal�ricorrente� e�da�altri�dipendenti�in�identica�posizione�economica,�il�silenzio�inadempimento�della�P.A.� conseguito�alla�diffida�del�7�gennaio�2003,�reiterata�il�22�gennaio�2003;�infine�gli�atti�presup- posti,�conseguenti�e�collegati.�Inoltre�ha�chiesto�la�declaratoria�dell'obbligo�del�Ministero�di� cui�trattasi�ad�indire�le�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�anche�per�gli�appartenenti� alla�posizione�economica�B3�con�ordine�di�provvedere�entro�un�dato�termine.� Orbene,�va�premesso�sia�che�puo�prescindersi�dalle�censure�rivolte�avverso�l'atto�del� 15�gennaio�2003,�sostanzialmente�interlocutorio,�e�nei�confronti�di�comportamenti�privi�di� valenza�giuridica,�sia�che�deve�ritenersi�che�il�silenzio�rifiuto�in�questa�sede�impugnato�si�e� irritualmente�formato�(per�non�recare�la�relativa�diffida�indicazione�del�termine�entro�cui� l'Amministrazione�avrebbe�dovuto�provvedere),�nonche�che�e�inammissibile�la�richiesta�di� declaratoria�dell'obbligo�dell'Amministrazione�di�indire�procedure�di�selezione�(non�configu- rando�la�pretesa�un�diritto�soggettivo�ma�un�interesse�legittimo�azionabile�solo�con�l'impu- gnazione�di�un�atto�che�ne�disponga�o�con�la�procedura�-rituale-del�silenziorifiuto).� Deve�conseguentemente�rilevare�il�Collegio�che,�per�il�resto,�il�ricorso�e�sostanzialmente� diretto�ad�ottenere�l'annullamento�dei�citati�decreti�del�Segretario�generale,�di�indizione,�in� base�all'Accordo�collettivo�integrativo�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�del� 24�ottobre�2002,�delle�procedure�di�selezione�e�riqualificazione�per�il�personale�del�Ministero� di�cui�trattasi�per�il�passaggio�dalle�posizioni�economiche�B1�e�B2�alla�posizione�B3�e�dalle� posizioni�economiche�C1�e�C2�alle�posizioni�C2�e�C3.� Detto�Accordo�collettivo�integrativo�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�del� 24�ottobre�2002�ha,�sul�punto,�confermato�il�C.C.N.L.C.M.�1998-2001,�che,�all'art.�15,�lette- ra�B),�ha�previsto�che�i�passaggi�all'interno�della�stessa�area�da�una�posizione�all'altra�avven- gono�mediante�percorsi�di�qualificazione�ed�aggiornamento�professionale�con�esame�finale,� al�termine�dei�quali�viene�definita�una�graduatoria,�con�possibilita�di�bandire�concorsi�pub- blici�o�avviare�gli�iscritti�nelle�liste�di�collocamento�solo�se�la�selezione�abbia�avuto�esito� negativo�o�manchino�del�tutto�all'interno�le�possibilita�da�selezionare.� Non�vi�e�quindi�alcun�dubbio�che�la�sostanziale�pretesa�fatta�valere�in�giudizio�attenga� alla�contestazione�della�mera�previsione�del�passaggio,�mediante�procedura�selettiva�di�fatto� riservata�ai�soli�dipendenti�interni,�da�una�posizione�funzionale�all'altra�nell'ambito�della� medesima�area�(mentre�parte�ricorrente�aspirerebbe�alla�previsione�del�passaggio�anche� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� dalla�posizione�funzionale�B3�alla�posizione�funzionale�C1�in�diversa�area)�che,�poiche�icon- tratti�collettivi�nazionali�che�li�regolano�non�prevedono�la�possibilita�della�partecipazione� di�concorrenti�esterni�a�dette�procedure�selettive,�sono�da�ritenersi�necessariamente�attratti� nell'ambito�della�giurisdizione�del�Giudice�ordinario.� A�tanto�consegue,�per�quanto�in�precedenza�osservato,�la�insussistenza�della�giurisdi- zione�in�materia�del�Giudice�Amministrativo.� 8.�^Il�ricorso�deve�essere,�pertanto,�dichiarato�inammissibile,�in�particolare�per�insussi- stenza�della�giurisdizione�del�Giudice�Amministrativo�nella�materia�per�cui�e�causa.� 9.�^Le�spese�del�giudizio�possono�essere�compensate�tra�le�parti.� P. Q.M. Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�del�Lazio�^Sezione�seconda�ter�d ichiara inammissibile il�ricorso�in�epigrafe�indicato�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� L'attivita�amministrativa�di�valutazione:� punteggio�numerico�e�obbligo�di�motivazione� (Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�sezione�prima,�sentenze�20�aprile�2004� n.�1214�e�19�luglio�2004�n.�2649;�Consiglio�di�Stato,�sezione�quarta,�sentenza�19�luglio� 2004,�n.�5175;�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Toscana,�sezione�prima,�ordi- nanza�9�settembre�2004,�n.�924).� La�motivazione�espressa�a�mezzo�di�coefficienti�numerici�e�ilprincipio�di�econo- micita'e�di�celerita�.� Con�la�pronuncia�del�luglio�scorso�il�Consiglio�di�Stato�ribadisce�che,� anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�241/1990,�l'onere�di�motivazione� dei�giudizi�concernenti�prove�scritte�ed�orali�di�un�concorso�pubblico�o�di� un�esame,�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio� alfanumerico.� Il�punteggio�alfanumerico�si�configura�come�formula�sintetica,�ma�elo- quente,�idonea�ad�esternare�la�valutazione�tecnica�compiuta�dalla�commis- sione.� Nel�caso�di�specie�l'appellato�e�stato�escluso�dalla�graduatoria�del�con- corso�interno,�per�titoli�ed�esami,�per�la�preposizione�a�n.�6�uffici�dell'area� economica�della�Provincia�autonoma�di�Trento,�per�aver�conseguito�nella� prova�orale�il�punteggio�di�20\40�inferiore�al�minimo�richiesto�dal�bando� (24\40).� La�sentenza�di�primo�grado�annulla�la�graduatoria�e�gli�atti�connessi� ravvisando�l'insufficienza�del�mero�voto�numerico,�anche�in�considerazione� del�buon�esito�delle�prove�scritte.� I�vincitori�del�concorso�propongono�appello�richiamando�consolidati� principi�giurisprudenziali�in�ordine�alla�sufficienza�del�voto�numerico�quale� motivazione�di�valutazioni�concorsuali.� L'appello�e�dichiarato�fondato�sulla�base�della�congruita�del�punteggio� numerico�ad�esprimere�le�valutazioni�tecniche�dell'Amministrazione,�ponen- dosi�in�linea�con�numerose�pronunce�(1).� Tale�principio,�oltre�a�rispondere�ad�evidenti�finalita�di�economicita�del- l'attivita�amministrativa�di�valutazione,�assicura�la�necessaria�chiarezza�dei� giudizi�di�merito�compiuti�dalle�commissioni�nell'esercizio�di�insindacabili� (perche�opinabili)�apprezzamenti�tecnici,�salvo�i�casi�della�manifesta�abnor- mita�.� Esso�si�fonda,�inoltre,�sul�riconosciuto�carattere�non�propriamente�prov- vedimentale�del�giudizio�emesso�in�merito�ad�una�prova�di�esame.� La�sentenza�precisa,�inoltre,�che��non�puo�trovare�ingresso�la�diversa� tesi�sostenuta�dalla�sesta�sezione�del�Consiglio�(cfr.�sez.�VI,�13�febbraio� 2004,�n.�558;�30�aprile�2003,�n.�2331)�in�maniera�per�altro�non�univoca,� essendo�smentita�da�coeve�decisioni�della�medesima�sezione�(cfr.�sez.�VI,� 17�febbraio�2004,�n.�659)�.� (1)�Ex�plurimis�e�da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�7�maggio�2004,�n.�2881;�sez.�IV,�ord.,� 29�gennaio�2004,�n.�397.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nel�caso�della�pronuncia�del�T.A.R.�Toscana�resa�all'esito�dell'udienza� cautelare�del�9�settembre�2004,�il�ricorrente�chiede�l'annullamento,�previa� sospensione,�del�provvedimento�di�non�ammissione�alla�prova�orale�degli� esami�di�avvocato,�sessione�2003,�e�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso� e�consequenziale,�prospettando,�anche,�la�violazione�di�legge�per�non�equa� distribuzione�del�carico�di�lavoro�tra�le�sottocommissioni.� L'ordinanza�del�T.A.R.�respinge�statuendo�che��la�Commissione�appare� aver�assolto�gli�obblighi�di�motivazione�attraverso�l'espressione�numerica� del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,�avendo�preventivamente�predi- sposto�criteri�uniformi�di�valutazione�.� Anche�in�questo�caso�si�ritiene�che�il�punteggio�numerico�non�costituisca� violazione�o�falsa�applicazione�dell'art.�3�della�legge�241/1990.� Il�T.A.R.�Toscana�aderisce�all'�indirizzo�costante�del�Consiglio�di�Stato� per�il�quale�l'obbligo�di�motivazione�imposto�dalla�suddetta�norma�deve�rite- nersi�adeguatamente�soddisfatto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�numerico� ad�una�prova�di�concorso�per�esami�o�di�abilitazione�all'esercizio�professio- nale,�senza�ed�indipendentemente�da�qualsiasi�altra�esplicitazione�della�valu- tazione�discrezionale�compiuta�dalla�Commissione�(2).� A�maggior�ragione�nel�caso�di�specie,�ove�la�commissione�aveva�indivi- duato�dei�criteri�di�valutazione.� E�stato�osservato�che�l'art.�3,�comma�1,�legge�241/1990,�collega�la�valu- tazione�circa�la�sufficienza�della�motivazione�alle�risultanze�dell'istruttoria.� Si�tratta,�pertanto,�di�un�obbligo�che�sussiste�per�l'attivita�amministrativa�di� tipo�piu�propriamente�provvedimentale,�e�non�anche�per�l'attivita�di�giudizio� conseguente�ad�una�valutazione�qual'e�,�appunto,�quella�relativa�all'attribu- zione�di�un�punteggio�sulla�preparazione�culturale�o�tecnica�del�candidato.� Quanto�appena�detto�e�ancor�piu�vero�quando,�come�nel�caso�che�ci�occupa,� non�si�tratta�neppure�di�attivita�comparativa,�ma�di�un�esame�di�idoneita� professionale�(Cons.�St.�sez.IV,�727/1993,�cit.).� I�principi�cos|�enunciati�(in�particolare�l'inapplicabilita�dell'art.�3�della� legge�241/1990),�denotano�lo�sforzo�della�giurisprudenza�di�far�coesistere�esi- genze�di�effettivita�della�tutela�individuale�con�le�necessita�pratiche�di�spedi- tezza�ed�economicita�dell'azione�amministrativa,�in�un�quadro�ove�occorre� costantemente�bilanciare�l'immanenza�di�interessi�generali�e�la�concorrente� espansibilita�dei�costi�determinati�dalla�tutela�individuale.� La�suddetta�conclusione�non�e�stata�posta�in�discussione�neppure�dai� principi�affermati�dalla�nota�decisione�del�Consiglio�di�Stato,�VI�Sez.,� 30�aprile�2003�n.�2331.� Anche�il�T.A.R.�Lazio,�sez.�1.,�sentenza�del�28�maggio�2003,�nell'esami- nare�la�suddetta�sentenza,�osserva:� (2)�Cfr.�Cons.�St.,�sez.�IV,�13�ottobre�1993,�n.�727;�Cons.�St.�Sez.�VI,�27�maggio�1996,�n.�747.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� �La�sentenza�invocata�ha�posto�l'accento,�in�particolare,�sulla�necessita� che�la�commissione�giudicatrice�accompagni�la�semplice�espressione�nume- rica�del�proprio�giudizio�con�l'apposizione�di�correzioni,�annotazioni,�sottoli- neature�o�note�sugli�elaborati,�che�consentano�al�candidato�di�comprendere� appieno�le�ragioni�del�giudizio�formulato�nei�suoi�confronti,�attivita�che�com- porta�un�impegno�minimo�di�attivazione�dell'organo�valutativo.� Oltre�che�essere,�almeno�per�il�momento,�un�isolato�pronunciamento� del�Giudice�di�appello,�che,�per�giunta,�prende�le�distanze�da�un�orienta- mento�che,�come�si�e�detto�in�precedenza,�risulta�allo�stato�ancora�consoli- dato,�deve�osservarsi�che�le�prove�di�cui�si�tratta�sono�sottoposte�dalla�Com- missione�ad�un�esame�che�e�finalizzato�non�solo,�e�non�tanto,�alla�ricerca� di�eventuali��errori��(di�logica�giuridica�o�di�sintassi),�che�effettivamente� possono�essere�adeguatamente�evidenziati�con�i�suindicati�segni�grafici�sugli� elaborati�stessi,�quanto�piuttosto�a�giungere�ad�un�apprezzamento�sul�grado� di�organicita�e�sul�livello�di�approfondimento�raggiunti�dal�singolo�candi- dato,�indici�della�maturita�di�preparazione�teorico-pratica�da�lui�posseduta� nella�materia�interessata,�aspetti�che�sicuramente�non�possono�che�essere� rappresentati�con�un'indicazione�aritmetica,�atteso�che�essi�riguardanola� sfera�di�discrezionalita�valutativa�di�cui�si�connota�l'attivita�dell'organo�in� questione.�� In�termini�le�ultime�pronunce�rese�dallo�stesso�T.A.R.�Toscana�in�tema� di�abilitazione�alla�professione�forense�(cfr.�T.A.R.�Toscana,�1.,�sent.�20�a- prile�2004�n.�1214):��Per�il�vero�il�Collegio�non�ignora�l'esistenza�di�una�qual- che�pronuncia�(vedi�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�del�18�febbraio�2003)�di�segno� opposto�a�quello�sopra�evidenziato,�ma�e�il�caso�di�rilevare�che�trattasi�di� decisioni�che�riguardano�prove�di�un�concorso�mentre�nel�caso�che�ci�occupa,� anche�a�non�voler�tener�conto�di�tutte�le�altre�decisioni,�si�tratta�di�un�esame� di�abilitazione�per�il�quale�appare�abbastanza�plausibile�un�meccanismo�di� valutazione�poco�meno�rigoroso.� E�allora�occorre,�in�particolare,�convenire�che�se�il�giudizio�di�una�Com- missione�d'esame�e�volto�a�fornire�un�apprezzamento�sul�grado�di�organicita� e�sul�livello�di�approfondimento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di�matu- rita�di�preparazione�teorico-pratica�ben�sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di� una�espressione�aritmetica�esplicativa�di�per�se�della�discrezionalita�valuta- tiva�di�cui�si�connota�l'Organo�in�questione�(cfr.�T.A.R.�Lazio,�Sez.�I,� 18�maggio�2003)�.� Non�e�ravvisabile�un�vizio,�sotto�il�profilo�del�difetto�di�motivazione,� neppure�nella�circostanza�che�sugli�elaborati�non�siano�stati�apposti��segni� di�correzione�.� La�funzione�di�tali�segni,�che�solitamente�vengono�apposti�nelle�scuole,�e� di�tipo�eminentemente�didattico.�In�un�concorso�o�in�un�esame�di�abilita- zione,�invece,�la�Commissione�ha�la�funzione�di�esprimere�un�giudizio,�non� quella�di�aiutare�il�candidato,�che�non�e�un�suo�allievo,�ad�apprendere�come� emendarsi�per�il�futuro.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'orientamento oscillante della giurisprudenza e i segni grafici di correzione. Le�due�pronunce�si�pongono�in�linea�con�quell'orientamento�della�giuri- sprudenza�del�Consiglio�di�Stato�che�ritiene�esaustivo,�in�materia�di�concorsi� pubblici�ed�esami,�il�giudizio�espresso�con�l'attribuzione�di�un�punteggio� numerico:�questo�non�necessiterebbe�di�altra�motivazione,�trattandosi�di� una�forma,�sintetica�ma�eloquente,�che�esterna�in�pieno�la�valutazione�com- piuta�dalla�Commissione�d'esame�(3).� Con�tale�assunto�si�tende�a�trovare�un�temperamento�alla�rigidita�for- male�qualora�la�motivazione�venga�espressa�a�mezzo�di�coefficienti�numerici.� Come�gia�si�e�osservato�il�principio�non�puo�neppure�ritenersi�superato� dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�3�della�legge�241/1990,�che�prescrive�l'ob- bligo�di�motivazione�di�ogni�provvedimento�amministrativo,�ivi�compreso� quello�attinente�allo�svolgimento�di�pubblici�concorsi:�il�giudizio�espresso� con�punteggio�numerico�non�necessita�di�ulteriore�motivazione,�trattandosi� di�valutazione�tecnica�e�non�di�natura�provvedimentale�(4).� Lo�sforzo�della�giurisprudenza�di�far�coesistere�esigenze�di�effettivita� della�tutela�individuale�con�le�necessita�pratiche�di�speditezza�ed�economicita� dell'azione�amministrativa,�in�un�quadro�ove�occorre�costantemente�bilan- ciare�l'immanenza�di�interessi�generali�e�la�concorrente�espansibilita�dei�costi� determinati�dalla�tutela�individuale,�emerge�con�riguardo�al�problema�della� motivazione�in�materia�di�concorsi�ed�esami.� Il�Consiglio�di�Stato�ha�infatti�piu�volte�affermato�che�la�valutazione�tec- nica�compiuta�dalle�commissioni�d'esame�e�sufficientemente�esternata�con� l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico,�trattandosi�di�una�attivita�priva� di�valenza�provvedimentale,�senza�che�sia�necessario�apporre�segni�grafici�o� glosse�di�commento�a�margine�dell'elaborato�di�ogni�candidato.� La�valutazione�del�contenuto�delle�prove�scritte�di�un�pubblico�concorso� e�l'attribuzione�del�relativo�punteggio�costituisce�apprezzamento�tecnico� discrezionale�riservato�alla�commissione�esaminatrice,�insindacabile�da�parte� del�giudice�della�legittimita�(5).� L'attribuzione�di�un�punteggio,�anche�se�non�accompagnato�da�motiva- zioni�analitiche,�sarebbe,�dunque,�sufficiente�allo�scopo.� D'altronde,�anche�se�e�stato�riconosciuto,�in�via�piu�generale,�che�l'ob- bligo�di�motivazione�possa�dirsi�assolto�anche�quando�l'amministrazione� (3)�Cons.�Stato,�sez.�V,�3�novembre�1989,�n.�732,�in�Cons. Stato,�1989,�I,�1378:��...�nelle�valu- tazioni�concorsuali�non�si�richiede�motivazione�nell'attribuzione�dei�voti,�esternandosi�compiuta- mente�il�giudizio�della�commissione�nella�graduazione�del�punteggio�assegnato�.�Cons.�Stato,� sez.�V,�19�luglio�1989,�n.�431,�in�Cons. Stato, 1989,�I,�927:��...�la�commissione�giudicatrice�di�un� concorso�non�e�tenuta�a�fornire�motivazione�alcuna�nell'attribuzione�del�punteggio�in�forma�arit- metica�ad�una�determinata�prova�di�esame,�in�quanto�il�giudizio�della�commissione�si�esterna�ex se nella�graduazione�del�punteggio�assegnato�.� (4)�T.A.R.�Toscana,�sez.�II,�4�marzo�1999,�236,�in�Ragiusan, 2000,�362.� (5)�Cons.�Stato,�sez.�V,�19�luglio�1989,�n.�431,�in�Cons. Stato,�1989,�I,�927.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� provveda�ad�indicare�le�ragioni�su�cui�l'atto�si�fonda,�utilizzando�un�modulo� prestampato�oppure�mediante�l'apposizione�di�un�segno�su�una�delle�caselle� che�indicano�una�tra�piu�ragioni�possibili�(6).� Non�e�ravvisabile�un�vizio,�sempre�secondo�questa�giurisprudenza,�sotto� il�profilo�del�difetto�di�motivazione,�neppure�nella�circostanza�che�sugli�ela- borati�non�siano�stati�apposti�segni�di�correzione.�La�funzione�di�tali�segni�e� di�tipo�eminentemente�didattico.� In�un�concorso�o�in�un�esame�di�abilitazione,�infatti,�la�commissione�ha� la�funzione�di�esprimere�un�giudizio,�non�quella�di�aiutare�il�candidato�ad� apprendere�come�emendarsi�per�il�futuro.� Cio�non�toglie,�comunque,�che�sia�opportuno�valutare�l'adeguatezza� della�motivazione�di�un�atto�amministrativo�caso�per�caso�(7).� In�merito�ai�segni�grafici�e�alle�correzioni�di�recente�la�sezione�sesta�del� Consiglio�di�Stato�(8)�ha�individuato�una�terza�via�intermedia�tra�i�due� opposti�orientamenti.� La�sentenza�non�giunge�a�ritenere�insufficiente�il�solo�punteggio�nume- rico,�ma�ritiene�necessario�che�a�questo�si�accompagnino�ulteriori�elementi� o�segni�idonei�a�fornire�indicazioni�al�candidato�circa�la�valutazione�insuffi- ciente�della�prova.� Non�e�tuttavia�da�sottacersi�che�la�pronuncia�si�riferisce�ad�un�concorso� in�particolare�non�automaticamente�estensibile�ad�altri�concorsi�pubblici� aventi�diverse�connotazioni�(come�ad�esempio�l'esame�di�avvocato)�(9).� In�particolare,�l'orientamento�espresso�da�ultimo�dal�Consiglio�di�Stato� secondo�il�quale�^in�base�al�principio�di�trasparenza,�cui�l'intera�attivita� amministrativa�deve�conformarsi�^nel�caso�in�cui�in�una�procedura�concor- suale�non�siano�stati�predeterminati�rigidamente�i�criteri�di�valutazione�delle� prove,�deve�essere�imposto�alle�commissioni�esaminatrici,�a�pena�di�illegitti- mita�,��di renderepercepibile l'iter logico seguito nell'attribuzione delpunteggio, se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell'apprezzamento sintetica- mente espresso con l'indicazione numerica.� (10).� Il�T.A.R.�Toscana�con�sentenza�n.�2649�depositata�il�19�luglio�2004�ha� recentemente�precisato�che�l'obbligo�imposto�alla�commissione�di�concorso� di�stabilire�i�criteri�di�valutazione�delle�prove�(obbligo�scaturente�dall'art.�12,� comma�1.,�del�d.P.R.�n.�487/1994�come�modificato�dall'art.�10�del�d.P.R.� n.�693/1996),�cos|�autolimitando�il�proprio�potere�di�apprezzamento�delle� prove�medesime,��non avrebbe ragion d'essere se non fosse parimenti e conse- guentementeimpostodimotivare, siapureinmodosintetico, circalemodalita. (6)�Cons.�Stato,�sez.�IV,�16�settembre�1999,�n.�1476,�in�Foro Amm., 1999,�1712.� (7)�Cons.�St.,�sez.�V,�6�dicembre�1999,�n.�2065,�in�Foro Amm., 1999,�2494.� (8)�Sentenza�n.�2331�del�4�aprile�2003.� (9)�M.eF.�Minniti, Valutazionedeicandidatineiconcorsipubblici: obbligo dimotivazionee insufficienza delpunteggio numerico, in�www.diritto.it� (10)�Cons.�Stato,�sez.�VI,�30�aprile�2003,�n.�2331.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�concreta�applicazione�dei�criteri�stessi.�Su�altro�versante,�l'obbligodi�far� luogo�alla�motivazione�delle�valutazioni�concorsuali�e�imposto�dalla�necessita� di�tenerfede�alprincipio,�presidiato�sulpiano�costituzionale,�che�vuole�sempre� garantita�la�possibilita�di�un�sindacato�della�ragionevolezza,�della�coerenza�e� della�logicita�delle�stesse�valutazioni�concorsuali:�controllo�difficile�da�assicu- rare�inpresenza�del�solopunteggio�numerico�e�in�assenza,�quindi,�di�una�pur�sin- tetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno�indotto�la�commissione� allaformulazione�di�un�giudizio�di�segno�negativo�.� Esternazioni�sintetiche�o�implicite�che�ben�possono�consistere�^sempre� secondo�il�ricordato�indirizzo�giurisprudenziale�^nell'apposizione�di�note�a� margine�dell'elaborato,�o,�comunque�nell'uso�di�segni�grafici�che�consentano� di�individuare�gli�aspetti�della�prova�non�valutati�positivamente�dalla�com- missione.� L'organizzazionedellavoro�dellacommissioneesaminatriceeitempidicorrezione.� E�riconosciuto�alla�Commissione�un�ampio�ambito�di�discrezionalita� (Cons.�Stato,�sez.�VI,�8�febbraio�2000�n.�679)�non�solo�nell'attribuzione�dei� punteggi,�ma�anche�nell'organizzazione�interna�del�lavoro.� La�presenza�di�sottocommissioni�e�determinata�proprio�dall'esigenza�di� dividere�l'ingente�lavoro,�ma�secondo�criteri�che�appartengono�alla�discrezio- nalita�della�commissione.� Infatti�il�comma�8�dell'art.�22�del�Regio�decreto-legge�27�novembre� 1933,�n.�1578�(in�Gazz.�Uff.,�5�dicembre,�n.�281)�^decreto�convertito�in�legge� 22�gennaio�1934,�n.�36�(in�Gazz.�Uff.,�30�gennaio�1934,�n.�24),�contenente� disposizioni�inerenti�l'Ordinamento�delle�professioni�di�avvocato�e�procura- tore,�recita:��a�ciascuna�sottocommissione�non�puo�essere�assegnato�un� numero�di�candidati�superiore�a�trecento�.� Le�singole�sottocommissioni�dell'esame�di�abilitazione�alla�professionedi� avvocato�sono�state�create�da�una�normativa�che�va�interpretata�in�un'ottica� funzionalistica,�ispirata�alla��ratio��della�norma�che�facoltizza�la�suddivi- sione�della�commissione�principale�in�sottocommissioni�allorquando�il� numero�dei�candidati�superi�le�300�unita�,�e�cio�per�evidenti�ragioni�di�sempli- ficazione�e�di�velocizzazione�del�lavoro�di�correzione�degli�elaborati�(11).� Negli�esami�d'abilitazione�per�la�professione�d'avvocato,�in�base� all'art.�22�r.d.l.�27�novembre�1933�n.�1578,�la�creazione�di�sottocommissioni� e�subordinata�alla�presenza�di�un�numero�cospicuo�di�candidati.� Ai�sensi�dell'art.�22,�6.�comma,�r.d.l.�27�novembre�1933,�n.�1578�come� modificato�dalla�legge�27�giugno�1988,�n.�242�^secondo�cui�le�commissioni� giudicatrici�degli�esami�a�procuratore�legale�possono�essere�integrate,�con� decreto�ministeriale,�da�un�numero�di�membri�supplenti,�tale�da�permettere,� unico�restando�il�presidente,�la�suddivisione�in�sottocommissioni�^non�e� configurabile�una�fissazione�rigidamente�precostituita�delle�sottocommissioni� medesime�(12).� (11)�T.A.R.�Veneto,�sez.�I,�17�luglio�2002,�n.�3489,�in�Foro�Amm.�TAR,�2002,�2384.� (12)�T.A.R.�Lazio,�sez.�I,�14�luglio�1992,�n.�1027,�in�Trib.�Amm.�Reg.,�1992,�I,�3080.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� La�brevita�del�tempo�di�correzione�da�parte�della�Commissione,�non�e� prova,�dunque,�di�incompiuta�o�insufficiente�valutazione�degli�elaborati� stessi.� Non�e�infatti�individuabile�un��tempo�medio��necessario�alla�Commis- sione�per�la�valutazione�di�ciascun�elaborato.� L'art.�23,�R.D.37/34,�come�sostituito�dall'art.�6,�legge�242/1988�prevede� che�la�Commissione,�anche�nei�casi�di�suddivisione�in�sottocommissioni,� compie�la�revisione�dei�lavori�scritti�nel�piu�breve�tempo,�e�comunque�non� piu�tardi�di�sei�mesi�dalla�conclusione�delle�prove,�termine�prorogabile�solo� per�motivi�eccezionali�e�debitamente�accertati. E�costante�orientamento�del�Consiglio�di�Stato�che�il�controllo�dei�tempi� medi�di�correzione�sia�sottratto�al�sindacato�di�legittimita�del�giudice�ammi- nistrativo.� Il�suddetto�orientamento�e�in�linea�con�il�principio�di�economicita�e�cele- rita�dell'azione�amministrativa�valutativa.� Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti� Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione prima, sentenza del 20 aprile 2004, n. 1214 ^Pres.�G.�Vacirca�^Est.A.Migliozzi^F.G.�(Avv.G.Iacopetti)�c/�Mini- stero�della�Giustizia;�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�per�l'anno�2002�presso�la� Corte�di�Appello�di�Firenze�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Firenze).� Consideratocheilgiudizio�diuna�Commissioned'esamee�voltoafornireunapprezzamento� sul�grado�di�organicita�e�sul�livello�di�approfondimento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di� maturita�dipreparazione�teorico-pratica�ben�sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di�una�espressione� aritmetica�esplicativa�diperse�delladiscrezionalita�valutativadicuisiconnotal'Organo�in�que stione.� �(Omissis)�^Fatto.�Il�ricorrente�riferisce�di�aver�sostenuto�in�data�17,�18�e�19�dicembre� 2002�le�tre�prove�scritte�dell'esame�di�abilitazione�alla�professione�forense�presso�la�Corte� di�Appello�di�Firenze.� In�data�10�giugno�1993�l'interessato�ha�avuto�conoscenza�dell'esito�negativo�di�tali�prove� ed�ha�impugnato�il�verbale�della�Commissione�esaminatrice�recante,�appunto,�la�valutazione� in�questione.� A�sostegno�del�proposto�ricorso�e�stato�dedotto,�con�un�unico�motivo,�il�vizio�di�viola- zione�di�legge�(art.�3�legge�241/1990)�per�difetto�ed�insufficienza�della�motivazione.� Secondo�parte�ricorrente,�il�solo�punteggio�numerico�espresso�dalla�Commissione�non�e� idoneo�a�costituire�adempimento�dell'onere�motivazione�imposto�dalla�normativa�indicata� in�rubrica,�tanto�piu�che�nella�specie�al�coefficiente�numerico�non�si�accompagnano�note,� segni�grafici�o�altri�elementi�esplicativi�delle�ragioni�sulla�scorta�delle�quali�la�Commissione� ha�reso�il�giudizio�de�quo.� Si�e�costituita�in�giudizio�l'Amministrazione�intimata�che�ha�contestato�la�fondatezza� del�ricorso,�chiedendone�la�reiezione.� Diritto.�Il�ricorso�si�appalesa�infondato.� Parte�ricorrente�sostiene�in�concreto�che�il�giudizio�di�inidoneita�a�sostenere�la�prova� orale�espresso�unicamente�tramite�voto�numerico�e�illegittimo�in�quanto�difetta�di�una�sua� motivazione�e�impedisce�la�ricostruzione�dell'iter�seguito�dalla�stessa�Commissione�per�addi- venire�ad�una�valutazione�negativa.� La�tesi�non�appare�condivisibile.� La�Sezione�ha�gia�avuto�modo�di�occuparsi�specificatamente�della�questione�giuridica� qui�sollevata�proprio�con�riferimento�alle�prove�di�esame�per�abilitazione�alla�professione� forense�risolvendola�nei�sensi�difformi�da�quelli�propugnati�dal�ricorrente�(vedi�sentenza� n.�5187�del�29�settembre�2003)�e,�allo�stato,�non�ha�motivo�di�discostarsi�dalle�gia�prese�con- clusioni.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Vale�qui�ribadire�come�sia�condivisibile�l'orientamento�giurisprudenziale�secondo�cui� anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�n.�241�del�1990�l'onere�di�motivazione�della�valuta- zione�delle�prove�scritte�e�orali�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteg- gio�numerico,�configurandosi�quest'ultimo�come�formula�sintetica,�ma�eloquente�che�vale� ad�esternare�adeguatamente�il�giudizio�tecnico�della�Commissione�(cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�IV,� 13�ottobre�2002;�idem�20�novembre�2000�n.�6160,�recentemente�Sez.�VI,�3�aprile�2003� n.�1719).� Per�il�vero�il�Collegio�non�ignora�l'esistenza�di�una�qualche�pronuncia�(vedi�Cons.�Stato,� Sez.�VI,�del�18�febbraio�2003)�di�segno�opposto�a�quello�sopra�evidenziato,�ma�e�il�caso�di� rilevare�che�trattasi�di�decisioni�che�riguardano�prove�di�un�concorso�mentre�nel�caso�che�ci� occupa,�anche�a�non�voler�tener�conto�di�tutte�le�altre�decisioni,�si�tratta�di�un�esame�di�abi- litazione�per�il�quale�appare�abbastanza�plausibile�un�meccanismo�di�valutazione�poco�meno� rigoroso.� E�allora�occorre,�in�particolare,�convenire�che�se�il�giudizio�di�una�Commissione�d'e- same�e�volto�a�fornire�un�apprezzamento�sul�grado�di�organicita�e�sul�livello�di�approfondi- mento�dimostrati�dal�candidato,�gli�indici�di�maturita�di�preparazione�teorico-pratica�ben� sono�messi�in�evidenza�a�mezzo�di�una�espressione�aritmetica�esplicativa�diper�se�della� discrezionalita�valutativa�di�cui�si�connota�l'Organo�in�questione�(cfr.�T.A.R.�Lazio,�Sez.I,� 18�maggio�2003).� Conclusivamente,�il�dedotto�profilo�di�illegittimita�su�cui�si�fonda�il�proposto�gravame�e� destituito�di�giuridico�fondamento,�con�conseguente�reiezione�del�ricorso�stesso.� Sussistono,�peraltro,�giusti�motivi�per�compensare�tra�le�parti�le�spese�e�competenze�del� giudizio.� P.�Q.M.�Il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Sezione�prima,�definiti- vamente�pronunziando�sul�ricorso�in�epigrafe,�lo�rigetta.� Compensa�le�spese�e�competenze�del�giudizio�tra�le�parti.� Ordina�che�la�presente�sentenza�sia�eseguita�dall'Autorita�Amministrativa.� Cos|�deciso�in�Firenze,�il�21�gennaio�2004�(omissis)�.� Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione prima, sentenza del 19 luglio 2004, n. 2649 ^Pres.�G.�Vacirca�^Est.E.�Di�Santo�^N.R.�(Avv.�G.�Fanfani)�c/�Scuola� Normale�Superiore�di�Pisa�(Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Firenze).� Per�garantire�il�sindacato�della�ragionevolezza,�della�coerenza�e�della�logicita�delle�valuta- zioni�concorsuali�e�necessaria�una�pur�sintetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno� indotto�la�Commissione�allaformulazione�di�un�giudizio�di�segno�negativo.� �(omissis)�Fatto�e�Diritto.�Con�il�ricorso�in�esame�il�ricorrente�ha�impugnato�gli�atti� indicati�in�epigrafe�deducendo:� 1.^violazionedell'art.�3�dellaleggen.�241/1990,nonche�eccessodipotereperdifettodi� motivazione,�in�quanto�la�valutazione�delle�prove�scritte�sarebbe�avvenuta�mediante�l'attri- buzione�di�un�semplice�voto�numerico,�senza�alcuna�indicazione�delle�motivazioni�sotto- stanti�a�ciascuna�votazione;� 2.�^violazione�dell'art.�9�del�d.P.R.�n.�487/1994�e�dell'art.�13�del�decretoministeriale� n.�534/1988,�stante�la�scelta�dell'Amministrazione�di�nominare�una�commissione�giudicatrice� priva�del�membro�interno;� 3.�^eccesso�di�potere�per�difetto�di�motivazione,�in�quanto�la�valutazione�di�inconfe- renza�di�alcuni�titoli�presentati�dal�ricorrente�non�sarebbe�supportata�da�una�motivazione� congrua.� Il�ricorso�e�fondato�nei�termini�di�cui�infra.� Con�il�primo�motivo�di�ricorso�si�propone�il�problema,�particolarmente�ricorrente�in� sede�giurisprudenziale,�e�da�tempo�al�centro�di�un�vivace�dibattito,�relativo�alla�idoneita�del� solo�punteggio�numerico�a�costituire�adempimento�dell'obbligo�motivazionale�imposto� all'Amministrazione�dall'art.�3�della�legge�n.�241/1990.� A�riguardo�il�Collegio�ritiene�di�dover�aderire�all'orientamento�espressoda�ultimodal� Consiglio�di�Stato�(cfr.,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�aprile�2003�n.�2331;�Sez.�V,�6�ottobre�2003� n.�5899)�secondo�il�quale�^in�base�al�principio�di�trasparenza,�cui�l'intera�attivita�ammini- IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� strativa�deve�conformarsi�^nel�caso�in�cui�in�una�procedura�concorsuale�non�siano�stati�pre- determinati�rigidamente�i�criteri�di�valutazione�delle�prove,�deve�essere�imposto�alle�commis- sioni�esaminatrici,�a�pena�di�illegittimita�,��di�renderepercepibile�l'iter�logico�seguito�nell'attri- buzione�del�punteggio,�se�non�attraverso�diffuse�esternazioni�verbali�relative�al�contenuto�delle� prove,�quanto�meno�mediante�taluni�elementi�che�concorrano�ad�integrare�e�chiarire�la�valenza� del�punteggio,�esternando�le�ragioni�dell'apprezzamento�sinteticamente�espresso�con�l'indica- zione�numerica.��(Cons.�Stato,�Sez.�VI,�30�aprile�2003�n.�2331).�Invero,�l'obbligo�imposto�alla� commissione�di�concorso�di�stabilire�i�criteri�di�valutazione�delle�prove�(obbligo�scaturente� dall'art.�12,�comma�1,�del�d.P.R.�n.�487/1994�come�modificato�dall'art.�10�del�d.P.R.� n.�693/1996),�cos|�autolimitando�il�proprio�potere�di�apprezzamento�delle�prove�medesime,� �non�avrebbe�ragion�d'essere�se�non�fosse�parimenti�e�conseguentemente�imposto�di�motivare,� sia�pure�in�modo�sintetico,�circa�le�modalita�di�concreta�applicazione�dei�criteri�stessi.�Su�altro� versante,�l'obbligo�difar�luogo�alla�motivazione�delle�valutazioni�concorsuali�e�imposto�dalla� necessita�ditenerfedealprincipio,presidiatosulpianocostituzionale,�chevuolesempregaran- titalapossibilita�diunsindacatodellaragionevolezza,�dellacoerenzaedellalogicita�dellestesse� valutazioniconcorsuali:�controllo�difficiledaassicurareinpresenzadelsolopunteggionumerico� e�in�assenza,�quindi,�di�una�pur�sintetica�o�implicita�esternazione�delle�ragioni�che�hanno�indotto� la�commissioneallaformulazione�diungiudizio�disegno�negativo�.� Esternazioni�sintetiche�o�implicite�che�ben�possono�consistere�^sempre�secondoilricor- dato�indirizzo�giurisprudenziale�^nell'apposizione�di�note�a�margine�dell'elaborato,�o,� comunque�nell'uso�di�segni�grafici�che�consentano�di�individuare�gli�aspetti�della�prova�non� valutati�positivamente�dalla�commissione.� Elementi�questi�totalmente�assenti�negli�elaborati�del�ricorrente.� Ne�sussistono�criteri�prefissati�di�valutazione�estremamente�dettagliati�che�consentano� di�ritenere�che�il�punteggio�numerico�sia�di�per�se�motivazione�sufficiente.� Nel�caso�di�specie,�infatti�^cos|�come�correttamente�rilevato�dal�ricorrente�nella�propria� memoria�difensiva�^la�predeterminazione�si�e�limitata�ad�una�mera�elencazione�dei�criteri� di�massima�(grado�di�conoscenza�della�materia,�capacita�di�esposizione,�capacita�di�sintesi� ecc.)�senza�che�a�ciascuno�di�essi�venisse�attribuito�(in�termini�numerici)�uno�specifico�peso� all'interno�della�valutazione�complessiva,�ovvero�senza�che�il�punteggio�massimo�previsto� per�la�singola�prova�scritta�e�orale�(punti�20)�venisse��ripartito��tra�i�vari�elementi�valutativi.� Non�rendendo�cos|�possibile�una�chiara�individuazione�delle�specifiche�lacune�e/o�insuf- ficienze�riscontrate�nei�confronti�del�singolo�candidato�(es.�carenza�nella�capacita�espositiva� piuttosto�che�nella�capacita�di�sintesi),�ne�di�ripercorrere�l'iter�logico�seguito�dalla�commis- sione�per�pervenire�a�quel�determinato�punteggio.� Pertanto,�nella�fattispecie�per�cui�e�causa�l'adempimento�dell'obbligo�motivazionale�non� puo�ritenersi�assolto�con�il�mero�punteggio�numerico.� Con�riferimento�al�secondo�profilo�di�doglianza,�va�rilevato�che�la�normativa�invocata� dal�ricorrente�prevede�la�presenza�in�seno�alla�Commissione�giudicatrice�di�un�membro� interno�della�Scuola�nella�veste�di�Segretario.� Pertanto,�tenuto�conto�che�il�Segretario�e�un�componente�della�commissione�sprovvisto� di�voto�deliberativo,�l'inosservanza�della�disciplina�in�questione�determina�una�mera�irrego- larita�e�non�gia�l'invalidita�dell'attivita�compiuta�dall'organo�la�cui�composizione�risulta� viziata.� Con�riferimento,�infine,�all'ultimo�profilo�di�doglianza,�va�rilevato�che�nella�procedura� concorsuale�per�cui�e�causa�la�valutazione�dei�titoli�incide�sull'ammissione�alla�prova�scritta� (art.�5�del�bando:��Alleprovescrittesaranno�ammessi�icandidati�che�nella�valutazione�dei�titoli� abbiano�riportato�unpunteggio�non�inferiorea�20/40�)�e�sul�punteggio�complessivo�riportato� in�esito�al�concorso�ai�fini�della�collocazione�in�graduatoria.� Peraltro,�sotto�il�primo�profilo�la�doglianza�e�inconferente,�dal�momento�che�il�ricor- rente�non�si�duole�della�mancata�ammissione�alle�prove�scritte,�e,�sotto�il�secondo�profilo,�e� inammissibile�per�carenza�di�interesse,�non�sussistendo�allo�stato�alcuna�lesione�considerato� che�il�ricorrente�non�ha�ancora�superato�le�prove�orali.� Il�ricorso�va,�pertanto,�accolto�nei�termini�suindicati.� Sussistono,�tuttavia,�equi�motivi�per�disporre�la�compensazione�tra�le�parti�delle�spese� di�giudizio.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� P.Q.M.�il�Tribunale�Amministrativo�Regionale�della�Toscana�^Sezione�prima,�accoglie,� nei�termini�di�cui�in�motivazione,�il�ricorso�n.�1488/1999�indicato�in�epigrafe�e,�per�l'effetto,� annulla�il�provvedimento�con�lo�stesso�impugnato�con�cui�il�ricorrente�non�e�stato�ammesso� alle�prove�orali�del�concorso�interno�nazionale�per�titoli�ed�esami�a�n.�1�posto�di�coordina- tore�di�biblioteca�presso�la�Scuola�Normale�Superiore�di�Pisa�di�cui�al�D.D.A.�n.�492/1998.� Spese�compensate. Ordina�che�la�presente�sentenza�sia�eseguita�dall'Autorita�Amministrativa. Cos|�deciso�in�Firenze,�in�data�6�aprile�2004�(omissis)�. Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza del 19 luglio 2004, n. 5175 ^Pres.�P.�Salvatore�^ Est.�V.�Poli�^F.T.d.F.�e�altri�(Avv.ti�D.De�Petris�e�E.�Romanelli)�c/�R.D.B.;�e�provincia� Autonoma�di�Trento�(Avvocatura�Generale�dello�Stato).� L'onere�dimotivazione�deigiudizi�concernentiprove�scritte�edorali�di�un�concorsopubblico� odiunesame�e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico.� �Fatto�e�Diritto.�1.�^Il�dr.�R.�D.�B.�e�stato�escluso�(cfr.�verbale�del�25�novembre�1994,� n.�9),�dalla�graduatoria�del�concorso�interno,�per�titoli�ed�esami,�per�la�preposizione�a�n.�6� uffici�dell'area�economica�della�Provincia�autonoma�di�Trento,�per�aver�conseguito�nella� prova�orale�il�punteggio�di�20\40�inferiore�al�minimo�richiesto�dal�bando�(24\40).� 2.�^L'impugnata�sentenza�ha�annullato�la�graduatoria�e�gli�atti�connessi�ravvisando� l'insufficienza�del�mero�voto�numerico�anche�in�considerazione�del�buon�esito�delle�prove� scritte.� 3.�^Con�ricorso�notificato�il�28�marzo�1996,�F.T.d.F.�[ed�altri]�tutti�vincitori�del�con- corso�in�esame,�proponevano�appello�avverso�la�su�menzionata�sentenza,�richiamando�con- solidati�principi�giurisprudenziali�in�ordine�alla�sufficienza�del�voto�numerico�quale�motiva- zione�di�valutazioni�concorsuali.� 4.�^Si�costituiva�la�Provincia�autonoma�di�Trento�a�sostegno�del�gravame.� 5.�^Con�ordinanza�collegiale�n.�775�del�1996�veniva�accolta�la�domanda�di�sospensione� dell'esecuzione�della�impugnata�sentenza.� 6.�^Lacausae�passata�in�decisione�all'udienza�pubblica�del�15�giugno�2004.� 7.�^L'appello�e�fondato�e�deve�essere�accolto.� Sul�punto�di�diritto�specifico�la�sezione�non�intende�discostarsi�dai�propri�univoci�prece- denti�secondo�cui,�anche�dopo�l'entrata�in�vigore�della�legge�n.�241�del�1990,�l'onere�di�moti- vazione�dei�giudizi�concernenti�prove�scritte�ed�orali�di�un�concorso�pubblico�o�di�un�esame� e�sufficientemente�adempiuto�con�l'attribuzione�di�un�punteggio�alfanumerico,�configuran- dosi�quest'ultimo�come�formula�sintetica,�ma�eloquente,�che�esterna�la�valutazione�tecnica� compiuta�dalla�commissione�(cfr.�ex�plurimis�e�da�ultimo,�Cons.�Stato,�sez.�IV,�7�maggio� 2004,�n.�2881;�sez.�IV,�ord.�29�gennaio�2004,�n.�397).� Tale�principio,�oltre�a�rispondere�ad�evidenti�finalita�di�economicita�dell'attivita�ammi- nistrativa�di�valutazione,�assicura�la�necessaria�chiarezza�dei�giudizi�di�merito�compiuti�dalle� commissioni�nell'esercizio�di�insindacabili�(perche�opinabili)�apprezzamenti�tecnici,�salvo�i� casi�della�manifesta�abnormita�.� Esso�si�fonda,�inoltre,�sul�riconosciuto�carattere�non�propriamente�provvedimentale�del� giudizio�emesso�sopra�una�prova�di�esame.� Non�puo�trovare�ingresso,�pertanto,�la�diversa�tesi�sostenuta�dalla�sesta�sezionedel� Consiglio�(cfr.�sez.�VI,�13�febbraio�2004,�n.�558;�30�aprile�2003,�n.�2331)�in�maniera�per�altro� non�univoca,�essendo�smentita�da�coeve�decisioni�della�medesima�sezione�(cfr.�sez.�VI,� 17�febbraio�2004,�n.�659).� 8.�^L'appello�deve�essere�pertanto�accolto.� Il�collegio�ravvisa�giusti�motivi�(nelle�oscillazioni�giurisprudenziali)�per�compensare� integralmente�fra�le�parti�le�spese�di�entrambi�i�gradi�di�giudizio.� P.Q.M.�Il�Consiglio�di�Stato�in�sede�giurisdizionale�(sezione�quarta): ^accoglie�l'appello�proposto,�e�per�l'effetto,�in�riforma�dell'impugnata�sentenza�respinge il�ricorso�di�primo�grado;� ^dichiara�integralmente�compensate�fra�le�parti�le�spese�di�ambedue�i�gradi�di�giudizio.� Ordina�che�la�presente�decisione�sia�eseguita�dall'Autorita�amministrativa.� Cos|�deciso�in�Roma,�nella�camera�di�consiglio�del�15�giugno�2004�(omissis)�.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Firenze, sezione prima, ordinanza del 9 settembre 2004, n. 924 ^D.�G.�M.�(Avv.�S.�Scuglia,�V.�Giomi)�c/�Ministero�della�Giu- stizia,�Commissione�esame�avvocato�presso�la�Corte�d'appello�di�Firenze�(Avv.�dello� Stato�di�Firenze�M.V.Lumetti)�^Pres.�G.�Vacirca�^Est.�G.�Del�Guzzo.� Affinche�la�Commissione�esaminatrice�assolva�agli�obblighi�di�motivazione�e�sufficiente�l'u- tilizzo�dell'espressione�numerica�del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,�avendo�preventiva- mente�predisposto�criteri�uniformi�di�valutazione.� �Ordinanza�(omissis)�per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,� ^del�provvedimento�adottato�dalla�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�sessione� 2003�di�non�positiva�valutazione�degli�elaborati�scritti�della�ricorrente;� ^del�provvedimento�di�non�ammissione�alla�prova�orale�degli�esami�di�avvocato�^ses- sione�2003,�del�cui�contenuto�la�ricorrente�e�venuta�a�conoscenza�mediante�la�consultazione� dell'elenco�degli�ammessi�affisso�presso�la�Cancelleria�della�Corte�d'Appello�di�Firenze�e� pubblicato�l'8�giugno�2004;� ^nonche�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�e�consequenziale,�anche�se�non�cono- sciuto,�e�in�particolare:� ^del�verbale�della�Commissione�per�gli�esami�di�avvocato�presso�la�corte�d'Appello�di� Firenze�del�13�gennaio�2004�inparte�qua�e�limitatamente�all'erronea�e/o�cattiva�applicazione� dei�criteri�di�correzione�e�valutazione�degli�elaborati�della�ricorrente;� ^del�verbale�della�prima�Sottocommissione�per�gli�esami�di�avvocato�pressolaCorte� d'Appello�di�Firenze�relativo�alla�valutazione�degli�elaborati�della�ricorrente�del�24�febbraio� 2004.� Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;� Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre- sentata�in�via�incidentale�dal�ricorrente;� Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:�Commissione�Esame�Avvocato�presso�Corte� d'appello�di�Firenze,�Ministero�della�Giustizia;� Udito�il�Relatore�Cons.�Giacinta�Del�Guzzo�e�uditi,�altres|�,�per�le�parti�gli�avv.ti�M.Di� Muro�per�S.Scuglia�e�M.V.Lumetti�(avv.�dello�Stato);� Considerato�che�ad�un�primo,�sommario�esame�il�provvedimento�impugnato�si�palesa� immune�dai�vizi�denunciati;� Considerato,�in�particolare,�che�la�Commissione�appare�aver�assolto�gli�obblighi�di� motivazione�attraverso�l'espressione�numerica�del�punteggio�attribuito�alle�prove�d'esame,� avendo�preventivamente�predisposto�criteri�uniformi�di�valutazione;� Considerato�pertanto�che,�in�relazione�agli�elementi�di�causa,�non�sussistono�i�presup- postiperl'accoglimentodelladomandaincidentaleinesame,�aisensidell'art.�21,�dellalegge� 6�dicembre�1971�n.�1034,�come�modificato�dall'art.�3�della�legge�205/2000�coordinato�con� l'art.�1�della�legge�stessa;� P.�Q.M.�respinge�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione. Firenze,�8�settembre�2004�(omissis)�. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�discrezionalita�tecnica�dell'amministrazione� e�il�controllo�del�giudice�amministrativo� (Tribunale�Amministrativo�Regionale�per�la�Toscana,�Firenze,� sezione�prima,�ordinanza�14�luglio�2004,�n.�798)� Le�cause�di�inidoneita�al�servizio�di�polizia.� Il�ricorrente�impugna�il�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�Poli- zia�di�Stato,�propedeutico�all'esclusione�dal�concorso�pubblico�di�allievo� agente�di�Polizia�di�Stato.� Com'e�noto�l'arruolamento�nella�Polizia�di�Stato�comporta�l'espleta- mento�di�attivita�delicatissime,�che�richiedono�una�ottima�condizione� psico-fisica.� Il�Consiglio�di�Stato�ha�precisato,�gia�in�riferimento�al�vecchio�d.P.R.� del�1983,�ora�abrogato�e�sostituito�dal�decreto�ministeriale�n.�198�del�30�giu- gno�2003,�che��L'art.�2�d.P.R.�23�dicembre�1983�n.�904�annovera�quali� cause�di�inidoneita�al�servizio�di�polizia�le�infermita�ed�imperfezioni�dell'ap- parato�osteo�^articolare�e�tutte�le�alterazioni�dello�scheletro�consecutive�a� fatti�congeniti�e�le�malattie�ostacolanti�la�funzionalita�organica�o�alteranti� l'euritmia�corporea�.� Detta�norma,�stante�il�carattere�onnicomprensivo,�ricomprende�anche�la� scoliosi,�congenita�o�sopravvenuta,�in�quanto�alterazione�della�normale�con- formazione�della�struttura�ossea��(1).� L'art.�2,�comma�10�prevedeva�come�causa�di�esclusione:��le�infermita�ed� imperfezioni�dell'apparato�osteo-articolare�e�muscolare:�tutte�le�alterazioni� dello�scheletro�consecutive�a�fatti�congeniti;�rachitismo,�malattie�o�traumi,� deturpanti�od�ostacolanti�la�funzionalita�organica�o�alteranti�l'euritmia�cor- porea;�malattie�ossee�o�articolari�in�atto;�limitazione�della�funzionalita�arti- colare;�malattie�delle�aponeurosi,�dei�muscoli�e�dei�tendini,�tali�da�ostaco- larne�la�funzione�.� La�legittimita�dell'esclusione�operata�dal�Ministero�dell'Interno�risulta� confermata�dal�decreto�del�ministero�dell'interno�30�giugno�2003,�n.�198�(in� Gazz.�Uff.,�1.�agosto,�n.�177),�recante�il��Regolamento�concernente�i�requisiti� di�idoneita�fisica,�psichica�e�attitudinale�di�cui�devono�essere�in�possesso�i� candidati�ai�concorsi�per�l'accesso�ai�ruoli�del�personale�della�Polizia�diStato� e�gli�appartenenti�ai�predetti�ruoli�,�il�cui�art.�8�ha�abrogato�il�d.P.R.�del� 1983.� In�particolare�l'Allegato�unico,�Tabella�(ai�sensi�degli�articoli�3�e�6)�pre- vede�tra�le�cause�di�non�idoneita�per�l'ammissione�ai�concorsi�pubblici�per� l'accesso�ai�ruoli�del�personale�della�Polizia�di�Stato:�7.�Le�infermita�ed�imper- (1)�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�25�settembre�2002,�n.�4911,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� fezioni dell'apparato osteo-articolare e muscolare: le patologie ed i loro esiti, anchedinaturatraumatica, dell'apparatoscheletrico, deimuscoli, dellestrutture capsulo-legamentose, tendinee, aponeurotiche e delle borse sinoviali causa di dismorfismi o alterazioni della meccanica articolare. Non�v'e��dubbio,�quindi,�che�l'Amministrazione�si�sia�attenuta�al�dato� normativo�che�ricomprende�inequivocabilmente�anche�le�patologie�di�natura� traumatica.� All'organo�medico�e��rimesso,�infatti,�il�potere�di�valutare,�alla�stregua� delle�conoscenze�e�delle�regole�della�medicina,�le�condizioni�psico-fisiche�del� dipendente�pubblico,�e�accertare,�in�particolare,�la�reale�sussistenza�di�quell'i- doneita��fisica�che�e��dalla�legge�assunta�a�necessario�presupposto�per�la�per- manenza�in�servizio�(2).� Nel�ricorso�introduttivo�ci�si�duole�del�fatto�che�l'amministrazione�del- l'Interno�non�abbia�accettato�l'istanza�di�rinvio�della�visita�medica�presentata� dal�ricorrente.� Com'e��noto�gli�accertamenti�medici�nei�confronti�di�chi�aspira�ad� entrare�nelle�forze�di�Polizia�o�nella�difesa�non�costituiscono�una�mera�for- malita��e�neppure�ricoprono�una�scarsa�rilevanza.� Essi�si�configurano�come�una�prova�rilevantissima�nell'economia�del� concorso,�che�non�puo��essere�sminuita�da�continui�rinvii�per�malattia.� Anzi,�questi�ultimi�gia��depongono�a�sfavore�del�richiedente�e�della�sua� idoneita��fisica:�si�osserva�che�le�condizioni�fisiche�richieste�in�tali�casi�devono� essere��perfette��e�che�anche�una�sia�pur�non�grave�frattura,�soprattutto� riportata�in�eta��adulta,�puo��comprometterle,�soprattutto�se�si�considerano� gli�inevitabili�postumi.� Questi�ultimi�potranno�risultare�ininfluenti�per�l'impiegato�pubblico�in� generale,�non�preposto�ad�attivita��operative,�ma�non�per�un�aspirante�appar- tenente�alle�forze�di�polizia.� Oltretutto�si�rileva�che�nel�caso�de quo si�tratta�di�una�frattura�trattata� chirurgicamente�e�riportata�alla�caviglia:�sono�di�per�se�evidenti�sia�la�gravita�� sia�le�ripercussioni�sull'attivita��locomotoria.� Non�vi�e��dubbio�che�la�discrezionalita��espressa�dall'Amministrazione,�in� sede�di�accertamento�sanitario,�attenga�al�merito�dell'azione�amministrativa� e�che�gli�atti�che�ne�costituiscono�espressione�restano�insindacabili�da�parte� del�giudice�amministrativo,�se�non�per�i�profili�che�concernono�la�reale�sussi- stenza�di�presupposti,�la�logicita��del�giudizio�e�la�congruenza�delle�conclu- sioni�che�ne�sono�scaturite�(3).� In�sede�di�accertamento�dell'idoneita��fisica�di�un�pubblico�dipendente� all'impiego�o�di�un�aspirante�tale,�gli�organi�sanitari�non�sono�di�per�se�� (2)�Cons.�Stato,�Sez.IV,�30�giugno�2003,�n.�3880,�in�Foro Amm. C.D.S.,�2003,�1869.� (3)�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�30�giugno�2003,�n.�3880,�in�Foro Amm. C.D.S.,�2003,�1869.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� tenuti�ad�esternare�esplicitamente�il�procedimento�tecnico-logico�attraverso� cui�pervengono�alle�proprie�valutazioni�che�risultano�dalla�diagnosi�formu- lata�(4).� Tale�giudizio�di�inidoneita�fisica,�non�e�possibile�sindacare:�secondo� principi�consolidati,�infatti,�la�valutazione�espressa�dalle�Commissioni� mediche�in�ordine�all'idoneita�fisica�o�attitudinale�alla�prestazione�non� e�in�generale�censurabile�davanti�al�giudice�amministrativo�nella�sede� della�giurisdizione�di�legittimita�se�non�nel�caso�di�manifesta�contraddit- torieta�o�di�irrazionalita�,�adeguatamente�prospettata�e�documentata�dal- l'interessato.� Accertamenti�sanitari�e�discrezionalita�tecnica.� Il�personale�di�Polizia,�proprio�in�ragione�delle�particolari�funzioni�e� mansioni�alle�quali�e�adibito,�deve�possedere�l'idoneita�fisica�al�servizio� incondizionato�per�essere�impiegato�dovunque�in�ragione�delle�esigenze�del- l'amministrazione.� Si�osserva,�al�riguardo,�che�le�visite�mediche�sono�previste�dal�bando�di� concorso.� L'amministrazione�dell'�Interno�in�questo�caso,�e�deputata�alla�scelta�di� personale�operativo�cui�vengono�attribuiti�compiti�di�alto�livello.� L'esclusione�del�ricorrente�persegue�l'interesse�pubblico�a�che:�venga� selezionato�il�personale�di�polizia�migliore;�ad�egli�venga�preferito�altro� soggetto�che�presenti�doti�fisiche�piu�confacenti�all'attivita�da�espletare;� e,�non�da�ultimo,�venga�combattuto�l'odioso�fenomeno�dell'assenteismo� per�malattia�nel�pubblico�impiego,�che�determina�gravi�danni�organizza- tivi�ed�economici�in�capo�allo�Stato,�penalizzandone�altres|�l'efficienza� el'immagine.� Nel�caso�de�quo�rileva�solo�ed�esclusivamente�la�discrezionalita�tecnica� dell'Amministrazione,�trattandosi�di�un'�accertamento�sanitario.� Le�valutazioni�tecnico-discrezionali�degli�organi�sanitari�non�sono�sinda- cabili�in�sede�di�giudizio�di�legittimita�,�salvo�il�limite�del�palese�difetto�di� motivazione�o�dei�macroscopici�vizi�logici�(5).� Ne�consegue�che,�se�si�accoglie�la�tesi�che�non�ascrive�la�discrezionalita� tecnica�al�merito�e�che�la�considera�svincolata�anche�dai�supposti�ristretti� ambiti�dell'eccesso�di�potere,�ma�riconducibile�al�vizio�di�violazione�di�legge,� rimane�ben�poca�cosa�il�segmento�valutativo�espresso�dall'amministrazione� che�il�giudice�non�possa�sindacare.� Il�problema�si�sposta�sul�piano�probatorio,�laddove�il�giudice�ammini- strativo�ha�la�possibilita�di�verificare�la�correttezza�delle�valutazioni�tecnico- scientifiche�espresse�dalla�P.A.� (4)�Cons.�Stato,�Sez.V,�12�ottobre�1995,�n.�1402,�in�Foro�Amm.,�1995,�2186.� (5)�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�26�giugno�2003,�n.�3836,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2003,�1978.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Tant'e�che�in�dottrina�si�e�formata�la�tesi�che�ascrive�la�discrezionalita� tecnica�al�merito�amministrativo�e�che�il�sindacato�relativo�al�suo�corretto� esercizio�resti�ammissibile,�al�pari�di�quanto�accade�per�la�discrezionalita� amministrativa,�esclusivamente�attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere,� ossia�solo�nei�casi�di�macroscopica�o�manifesta�illogicita�,�o�di�travisamento� palese�dei�fatti�in�cui�emerga�in�modo�eclatante�l'errore�commesso�in�sede� valutativa.� Quest'ultimo,�peraltro,�e�da�ritenersi�circoscritto�a�poche�figure�sintoma- tiche,�in�quanto�la�stragrande�maggioranza�presuppone�l'esistenza�di�un� momento�di�scelta.� Seguendo�tale�tesi,�infatti,�si�perviene�alla�conclusione�della�sostanziale� insindacabilita�di�tutti�gli�atti�adottati�nell'esercizio�della�discrezionalita�tec- nica.� Nell'ambito�di�tale�attivita�comparativa�accade�di�sovente�che�la� PA�debba�acquisire�dati�ed�informazioni�di�carattere�tecnico,�indispensa- bili�per�la�verifica�dell'efficacia�di�un�determinato�intervento�ammini- strativo.� In�questo�caso�la�discrezionalita�cambia�nome�e�viene�definita�discrezio- nalita�tecnica.� Nella�discrezionalita�tout�court�la�P.A.�nel�suo�esame�comparativo�degli� interessi�non�e�ancorata�all'osservanza�di�nozioni�aventi�carattere�tecnico.� Discrezionalita�tecnica�e�insindacabilita�del�giudice�amministrativo.� Una�delle�problematiche�affrontate�dai�T.A.R.�nelle�controversie�in�cui� rilevano�notazioni�di�carattere�tecnico�riguarda�innanzi�tutto�il�potere�del� giudice�amministrativo�ed�i�suoi�limiti.� Il�giudice�amministrativo,�infatti,�non�puo�sostituirsi�alla�P.A.,�esercitare� il�potere�di�determinazione�di�cui�essa�e�titolare�e,�conseguentemente,�non� puo�modificare�gli�atti�da�questa�posti�in�essere�o�eseguire�compiti�spettanti� alla�medesima:�il�suo�ruolo�consiste�in�un�controllo�di�legittimita�e�solo�tal- volta�di�merito�sugli�atti.� Il�giudice�non�potrebbe�giudicare�la�scelta�fatta�nel�merito,�in�quanto� con�cio�eserciterebbe�una�funzione�amministrativa:�puo�solo�rilevare�se�le� scelte�sono�state�fatte�con�ragionevolezza.� Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice� di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli� aspetti.� Giova�in�particolare�osservare�che�il�potenziamento�dei�mezzi�istruttori� utilizzabili�dal�giudice�amministrativo�ai�fini�del�sindacato�sulle�valutazioni� di�stampo�tecnico-specialistico,�sancito�dall'innesto�della�consulenza�tecnica� ai�sensi�dell'art.�16�legge�n.�205/2000,�consente�certo�il�pieno�e�diretto�accer- tamento�dei�fatti�presi�in�esame�dall'amministrazione,�ma�non�la�sostituzione� del�giudice�amministrativo,�per�il�tramite�del�consulente�tecnico,�ai�giudizi� di�tipo�tecnico�formulati�dall'Amministrazione.� Il�controllo�del�giudice�amministrativo�sul�giudizio�tecnico�dell'organo� amministrativo�e�rimasto�un�controllo�debole,�nel�rammentato�senso�dell'i- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� nammissibilita�di�una�logica�sostitutiva�che�consenta�al�giudice�di�sostituire� la�sua�opinione�all'opinione,�non�condivisa,�ma�non�risultante�erronea,�della� P.A.�(6).� In�base�a�tali�considerazioni,�la�consulenza�tecnica�d'ufficio�potrebbe� determinare�che�i�quesiti�proposti�non�mirano�ad�accertare�l'erronea�applica- zione�dei�criteri�tecnici�ma,�piuttosto,�a�fondare�in�via�di�fatto�i�presupposti� su�cui�poi�arbitrariamente�proporre�una�logica�di�valutazione�sostitutivadi� quella�adottata�dalla�Commissione.� E�,�pero�,�insito�nel�nuovo�sistema�il�pericolo�di�ridurre�a�meri�giudizi�tec- nici,�verificabili�in�tutti�i�loro�aspetti�dal�giudice�con�l'ausilio�di�consulenti,� anche�le�valutazioni�che�il�legislatore�ha�inteso�riservare�ad�organi�ammini- strativi.� (6)�Cons.�Stato�Sez.�IV,�4�novembre�2002�n.�6004;�Cons�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002�n.� 2199.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�5�dicembre�2002,�n.�6652,�in�Foro Amm. CDS,�2002,�3242.��Il�potere� di�annullamento�del�nullaosta�paesaggistico�attribuito�al�Ministero�per�i�beni�culturali�dall'art.�82� d.P.R.�n.�616�non�comporta�un�riesame�complessivo�delle�valutazioni�tecnico-discrezionali�com- piute�dalla�Regione,�tale�da�consentire�la�sovrapposizione�o�sostituzione�di�una�propria�valuta- zione�di�merito�a�quella�compiuta�in�sede�di�rilascio�del�titolo�autorizzativo,�masi�estrinsecain� un�controllo�di�mera�legittimita�che�peraltro�puo�riguardare�tutti�i�possibili�vizi�dell'eccesso�di� potere.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�1�ottobre�2002,�n.�5156,�in�Diritto e Giustizia,�2002,�f.�36,�49:�le�deli- berazioni�dell'Autorita�per�la�concorrenza�e�il�mercato�attengono�a�valutazioni�complesse�che�rin- viano�a�scienze�inesatte�ed�opinabili,�di�carattere�prevalentemente�economico,�con�cui�si�perviene� alla�definizione�di�concetti�giuridici�indeterminati�(mercato�rilevante,�dominanza,�intesa�restrittiva� della�concorrenza,�ecc.).�Tali�deliberazioni�possono�essere�sindacate�solo�per�vizi�di�legittimita�,e� non�di�merito�attraverso�il�cd.��sindacato�di�tipo�debole�,�che�non�consente�un�potere�sostitutivo� del�giudice�.�I�provvedimenti�dell'autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato�sono�sindaca- bili�in�giudizio�per�vizi�di�legittimita�e�non�di�merito�(si�precisa�altres|�che�il�sindacato�del�giudice� amministrativo�sull'attivita�discrezionale�di�natura�tecnica�esercitata�dall'autorita�antitrust�e�un� sindacato�di�tipo�debole,�che�non�consente�un�potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�sovrapporre� la�propria�valutazione�tecnica�opinabile,�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�del��concetto� indeterminato�,�all'operato�dell'autorita�;�pertanto�nell'esercizio�di�un�tale�sindacato�e�inammissi- bile�far��ripercorrere��al�consulente�tecnico�d'ufficio�le�complesse�valutazioni�rimesse�in�prima� battuta�all'amministrazione�e�sottoposte�poi,�con�gli�anzidetti�limiti,�al�sindacato�giurisdizionale,� poiche�a�questo�spetta�solo�il�compito�di�verificare�la�legittimita�dell'impostazione�generale�seguita� dall'autorita�nello�svolgere�una�determinata�indagine�e�nient'altro,�e�cio�con�la�sola�eccezione�del� sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate�dall'autorita�,�poiche�in�quel�caso�e�consentito�invece� al�giudice�amministrativo�un�controllo�piu�penetrante,�che�si�spinge�fino�alla�sostituzione�della� sanzione�irrogata�dall'autorita�).��Purche�si�rimanga�nell'ambito�dei�vizi�di�legittimita�,�il�sindacato� giurisdizionale�sui�provvedimenti�dell'Autorita�garante�della�concorrenza�e�del�mercato�non� incontra�limiti,�potendo�essere�esercitato,�oltre�che�in�relazione�ai�vizi�di�incompetenza�e�viola- zione�di�legge,�anche�in�relazione�a�quello�di�eccesso�di�potere�in�tutte�le�sue�forme.�Allorche�,� peraltro,�viene�dedotto,�avverso�provvedimenti�dell'Autorita�,�il�vizio�di�eccesso�di�potere,�il�giu- dice,�nell'ambito�del�suo�sindacato,�circoscritto�alla�sola�legittimita�dell'atto,�e�non�esteso�al�merito� delle�scelte�amministrative,�puo�solo�verificare�se�il�provvedimento�impugnato�appaia�logico,�con- gruo,�ragionevole,�correttamente�motivato�e�istruito,�ma�non�puo�anche�sostituire�proprie�valuta- zioni�di�merito�a�quelle�effettuate�dall'Autorita�e�a�queste�riservate.�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile� 2002,�n.�2199,�in�Giur. It.,�2002,�1957.��E�inammissibile�la�censura�dedotta�avverso�la�valutazione� che�la�Commissione�giudicatrice�ha�fatto�dei�titoli�presentati�dal�candidato,�trattandosi�di�valuta- zione�di�merito�sulla�quale�il�giudice�della�legittimita�puo�esercitare�il�proprio�sindacato�solo�in� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� E�questo�il�vero�limite�del�sindacato�di�legittimita�,�che�postula�un'attenta� discriminazione�fra�fattispecie�apparentemente�assai�simili�e�una�responsabile� autolimitazione�del�giudice�(7).� Se�si�pensa,�poi,�a�quella�giurisprudenza�che�ritiene�che�il�riesame�degli� elaborati�di�un�concorso�non�implica�la�riformulazione�di�una�scelta�di�merito,� ma�solo�un�accertamento�di�fatto�o�che�assimila�la�discrezionalita�all'accerta- mento�tecnico,�pervenendo�anche�alla�conseguenza�di�un�mancato�affievoli- mento�del�diritto�soggettivo�e�alla�competenza�del�giudice�ordinario�a�giudi- care�(8),�e�agevole�notare�come�l'invasione�del�giudice�nel�merito�e�nell'attivita� dell'amministrazione�sia�da�considerarsi�sempre�piu�pregnante�ed�incisiva.� Con�dei�riflessi,�tuttavia,�non�incoraggianti�sulla�garanzia�e�l'equilibrio� tra�i�poteri�dello�Stato�e�sugli�stessi�principi�costituzionali.� presenza�di�vizi�(che�il�ricorrente�ha�l'onere�d'individuare�e�documentare)�di�palese�travisamento� dei�fatti�ovvero�di�illogicita�manifesta.T.A.R.�Puglia�Bari,�Sez.I,�1�ottobre�2002,�n.�4176,�in�Foro Amm. TAR,�2002,�f.�10.��Risultato�immune�dai�vizi�prospettati�il�giudizio�negativo�formulato�dalla� commissione�nei�confronti�del�candidato�ricorrente,�sono�inammissibili�le�doglianze�dallo�stesso� mosse�in�merito�alle�valutazioni�concernenti�i�candidati�risultati�vincitori,�atteso�che�dall'eventuale� accoglimento�delle�stesse�non�deriverebbe,�comunque,�nessun�beneficio,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,� 14�febbraio�2002,�n.�849,�in�Foro Amm. CDS,�2002,�466.�Rientra�nei�compiti�del�giudice�di�merito� il�giudizio�circa�la�idoneita�degli�elementi�presuntivi�a�consentire�illazioni�che�ne�discendano� secondo�il�criterio�dell'id quod plerumque accidit,�essendo�il�relativo�apprezzamento�sottratto�al� controllo�in�sede�di�legittimita�se�sorretto�da�motivazione�immune�da�vizi�logici�o�giuridici�ed�in� particolare�ispirato�al�principio�secondo�il�quale�i�requisiti�della�gravita�,�della�precisione�e�della� concordanza,�richiesti�dalla�legge,�devono�essere�ricavati�in�relazione�al�complesso�degli�indizi,� soggetti�ad�una�valutazione�globale,�e�non�con�riferimento�singolare�a�ciascuno�di�questi,�pur� senza�omettere�un�apprezzamento�cos|�frazionato,�al�fine�di�vagliare�preventivamente�la�rilevanza� dei�vari�indizi�e�di�individuare�quelli�ritenuti�significativi�e�percio�da�ricomprendere�nel�suddetto� contesto�articolato�e�globale,�Cass.�civ.,�Sez.�III,�4�novembre�2002,�n.�15399,�in�Diritto e Giustizia,� 2002,�f.�42,�50.�Nell'ambito�dei�poteri�di�governo�dei�vincoli�paesaggistici�il�merito,�che�non�puo� essere�oggetto�di�sostituzione,�e�un�giudizio�estetico�di�natura�tecnico-discrezionale,�demandato� alle�regioni�ed�agli�altri�enti�sub-regionali.�Cio�,�tuttavia,�non�comporta�alcuna�insindacabilita� delle�valutazioni�operate�dalle�autorita�locali,�essendo�l'annullamento�per�vizi�di�legittimita�com- prensivo�di�tutti�i�profili�dell'eccesso�di�potere;�non�v'e�dubbio,�poi,�sulla�circostanza�della�ricon- duzione�all'area�della�legittimita�del�vizio�d'omessa�acquisizione�di�parere�obbligatorio�e�vinco- lante�o�dell'insufficienza�della�motivazione,�Cons.�Stato,�Sez.VI,�6�settembre�2002,�n.�4561,�in�Foro Amm. CDS, 2002,�f.�9.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'Amministrazione�concer- nenti�la�destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sot- tratte�al�sindaco�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi� di�illogicita�e�contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro Amm. CDS,� 2002,�f.�7.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'amministrazione�concernenti�la�desti- nazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sottratte�al�sindaco� di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi�di�illogicita�e� contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro Amm. CDS,�2002,�f.�7-8.� (7)�G.�Vacirca,�Prime riflessioni sul nuovo regime delle prove nelle controversie in materia di pubblico impiego,in�Foro amm.,�1987,�1346.� (8)�V.�la�problematica�inerente�l'iscrizione�all'albo�degli�psicologi�e�le�differenti�posizioni� della�Cassazione�e�di�una�parte�della�giurisprudenza�amministrativa�da�un�lato�e�del�Consiglio�di� Stato�dall'altro�(Cass.,�Sez.�Un.,�25�maggio�1995,�n.�5803,�Cons.�St.,�sez.�IV,�12�dicembre�1996,� n.�1299).�Il�Consiglio�di�Stato�ha�ribadito,�infatti,�che�nella�discrezionalita�tecnica�permane,�pur� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Per�lo�stesso�motivo�e�irrilevante�la�dichiarazione�medica�prodotta�dalla� controparte�alla�richiesta�del�ricorrente�di�nominare�un�c.t.u.� Si�constata,�tuttora,�un�settore�in�cui�le�operazioni�di�discrezionalita�tec- nica�rilevano�nel�merito�e�l'insindacabilita�non�sembra�suggerita�da�preroga- tive�riservate�alla�P.A.,�quanto�dalla�carenza�del�minimo�di�obiettivita�,�nor- malmente�richiesto�per�l'esplicarsi�della�funzione�terziaria�del�giudice,�della� materia�sulla�quale�egli�debba�pronunciarsi�(9).� La�motivazione�dell'ordinanza,�dunque,�sulla�base�di�tali�assunti,�rigetta� l'istanza�in�quanto��le�certificazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�pos- sono�smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla�Commissione�per�l'accerta- mento�dei�requisiti�psico�fisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato�.� Avv.�Maria�Vittoria�Lumetti� Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Firenze, sezione prima, ordinanza del 14 luglio 2004, n. 798 ^Pres.�G.�Vacirca�^Est.�A.�Migliozzi�M.S.�(avv.�P.L.Frisani)� c/�Ministero�dell'Interno�(avv.�dello�Stato�M.V.Lumetti)� In�caso�di�impugnazione�del�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�polizia�di�Stato,� propedeutico�all'esclusione�dalconcorsopubblico�diallievo�agente�dipolizia�diStato,�le�certifi- cazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�possono�smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla� Commissione�per�l'accertamento�dei�requisiti�psicofisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato.� �Ordinanza�(omissis)�per�l'annullamento,�previa�sospensione�dell'esecuzione,�del�provve- dimento�del�Ministero�dell'Interno,�Dipartimento�di�P.S.�del�27�aprile�2004,�con�il�quale�e� stato�notificato�al�ricorrente�il�giudizio�di�non�idoneita�fisica�al�servizio�di�polizia�di�Stato,� propedeutico�all'esclusione�dal�concorso�pubblico�di�allievo�agente�di�polizia�di�Stato;�non- che�di�ogni�altro�atto�presupposto,�connesso�o�conseguente�a�quelli�di�cui�sopra�ancorche� incogniti�al�ricorrente�ivi�incluso�l'eventuale�formale�provvedimento�di�esclusione�definitiva� dall'arruolamento,�ad�oggi�ancora�non�notificato.� Visti�gli�atti�e�i�documenti�depositati�con�il�ricorso;� Vista�la�domanda�di�sospensione�della�esecuzione�del�provvedimento�impugnato,�pre- sentata�in�via�incidentale�dal�ricorrente;� Visto�l'atto�di�costituzione�in�giudizio�di:�Ministero�dell'Interno;� Udito�il�relatore�Cons.�Andrea�Migliozzi�e�uditi,�altres|�,�per�le�parti�gli�avv.ti�P.L.Fri- sani�e�M.V.Lumetti�(Avv.�St.);� Considerato�che�le�prospettive,�allo�stato,�di�un�esito�positivo�della�decisione�di�merito� del�proposto�gravame�non�sono�tali�da�giustificare�la�chiesta�misura�cautelare,�tenuto�conto,� in�fattispecie,�del�fatto�che�le�certificazioni�prodotte�dalla�parte�ricorrente�non�possono� smentire�l'apprezzamento�espresso�dalla�Commissione�per�l'accertamento�dei�requisiti� psico-fisici�di�cui�al�provvedimento�impugnato;� Considerato�pertanto�che,�in�relazione�agli�elementi�di�causa,�non�sussistono�i�presup- postiperl'accoglimentodelladomandaincidentaleinesame,�aisensidell'art.�21,�dellalegge� 6�dicembre�1971�n.�1034,�come�modificato�dall'art.�3�della�legge�205/2000�coordinato�con� l'art.�1�della�legge�stessa;� P.Q.M.�Rigetta�la�suindicata�domanda�incidentale�di�sospensione Firenze,�14�luglio�2004�(omissis)�. a�seguito�dell'accertamento�dei�fatti,�un�momento�di�giudizio�connotato�da�un�margine�di�opinabi- lita�e�di�elasticita�,�di�fronte�al�quale�il�privato�e�titolare�di�una�mera�posizione�di�interesse�legit- timo.� (9)�G.Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�...,�1589;�P.G.Ponticelli,�Merito�ammi- nistrativo�(e�giurisdizione�di�merito),�voce,�in�Enc.�giur.,�3.� IL�CONTENZIOSO�NAZIONALE� Ancora sull'ICI nella concessione di arenili (Commissione Tributaria Regionale di Firenze, sezione 16., sentenza 7 settembre 2004 n. 9) Con�la�decisione�della�Commissione�Tributaria�Regionale�di�Firenze�qui� pubblicata�^che�riguarda�l'appello�del�Comune�di�Viareggio�-risulta� confermata�la�precedente�giurisprudenza�in�materia(1).� Commissione Tributaria Regionale di Firenze, Sezione 16., sentenza 7 settembre 2004 n. 9 ^ Pres. P.�Bocelli�^Rel. R.�Buonomo�^Giud. R.�Gentili�^Agenzia�del�Demanio,�filiale� di�Firenze,�sez.�staccata�di�Lucca�(cont.�381/01,�avv.�dello�Stato�G.�Cortigiani)�c/� Comune�di�Viareggio� �(omissis) Conclusioni: ^per�L.G.:�voglia�codesta�eccellentissima�Commissione�Tributaria�Regionale,�previa� riforma�della�sentenza�resa�dalla�Commissione�Tributaria�Provinciale�di�Lucca,�sez.�I,� n.�46/01/02,�pronunciata�il�9�maggio�2002,�depositata�il�18�luglio�2002�accogliere�il�predetto� appello�e,�per�l'effetto,�accertare�e�dichiarare�la�nullita�degli�avvisi�di�accertamento�I.C.I.,� relativi�alle�annualita�di�imposta�1993,�1994,�di�cui�all'oggetto.�Spese�di�entrambi�i�gradi�del� giudizio.� ^per�il�Comune�di�Viareggio:�voglia�l'On.le�Commissione�Tributaria�Regionale�di� Firenze,�respinta�ogni�contraria�istanza,�eccezione�e�difesa,� 1)�confermare�la�sentenza�ex adverso appellata�e,�conseguentemente,�la�legittimita�della� pretesa�tributaria�di�cui�all'avviso�di�accertamento�impugnato�in�primo�grado� 2)�condannare�il�sig.�L.G.�alla�rifusione�in�favore�dell'appellante�delle�spese,�anche�di� primo�grado,�nella�misura�equitativa�che�codesta�On.le�Commissione�vorra�liquidare� ^per�l'Agenzia�del�Demanio�^filiale�di�Firenze,�sez.�staccata�di�Lucca:�voglia�l'On.le� Commissione�Tributaria�Regionale,�nel�denegato�caso�in�cui�il�ricorso�venga�ritenuto�ammis- sibile�nonostante�le�modalita�viziate�ed�erronee�della�sua�formulazione,�in�principalita�con- fermare�integralmente�la�decisione�n.�56�gennaio�2002�della�C.T.P.�di�Lucca�e�in�subordine� annullare�comunque�gli�avvisi�impugnati�originariamente�per�i�motivi�di�gravame�ritenuti� assorbiti�dalla�Commissione�Provinciale.�In�ogni�caso,�spese�a�carico�del�Comune.� Svolgimento del processo. II�Comune�di�Viareggio�pretendeva�dallo�Stato,�agenzia�del� Demanio�di�Lucca,�il�pagamento�dell'I.C.I.�relativamente�agli�anni�1993�e�1994�quanto�a� 184�stabilimenti�balneari.� L'agenzia�del�Demanio�ricorreva�contro�gli�avvisi�di�accertamento�relativi�ai�detti�anni�e� sosteneva�che:�1) gli�stabilimenti�erano�di�proprieta�dei�singoli�concessionari�soggetti�passivi� dell'imposta;�2) tutti�gli�immobili�costituenti�il�demanio�erano�esenti�dall'imposta,�ferma� rimanendo�anche�nel�caso�di�concessione�la�destinazione�pubblica;�3) era�intervenuta�deca- denza�quinquennale�quanto�alla�pretesa�afferente�all'anno�1993;�4) in�ipotesi�era�applicabile,� quanto�alle�sanzioni�irrogate,�il�principio�della�continuazione�di�cui�all'art.�12�del�decreto� legislativo�n.�472�del�1997.� Il�Comune�di�Viareggio�si�costituiva�e�sosteneva�che�fino�al�31�dicembre�2000,�in�appli- cazione�del�disposto�dell'art.�18�della�legge�388�del�2000,�soggetto�passivo�dell'imposta� doveva�essere�ritenuto�il�Demanio;�sosteneva,�inoltre,�che�nel�caso�di�concessione�di�area�a� terzi�non�era�mantenuto�il�fine�istituzionale�del�bene�pubblico;�negava,�poi,�l'applicabilita� del�detto�art.�12�del�d.lgs.�n.�472�del�1997,�perche�nel�caso�in�oggetto�le�violazioni�avevano� carattere�sostanziale�e�non�formale;�chiedeva�riunirsi�i�ricorsi�a�quelli�presentati�dai�conces- sionari�nei�confronti�degli�avvisi�di�accertamento�loro�notificati.� La�Commissione�tributaria�provinciale�di�Lucca�sezione�n.�1,�con�sentenza�in�data� 9�maggio�2002�mentre�riuniva�soltanto�i�ricorsi�presentati�dall'agenzia�del�Demanio,�riteneva� (1)�Si�fa�riferimento�alla�decisione�C.T.P.�di�Lucca�del�25�luglio�2002,�n.�56,�pubblicata�in� questa Rassegna,�aprile-giugno�2002,�179.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� che�la�costruzione�di�un�fabbricato�ad�opera�del�concessionario�di�un'area�oggettodiconces- sione�demaniale�marittima�desse�luogo�ad�un�diritto�di�proprieta�superficiaria�a�titolo�origi- nario,�della�durata�temporanea�uguale�a�quella�della�concessione;�dunque�riteneva�che�sog- getto�passivo�dell'imposta�era�il�proprietario�della�costruzione�in�quanto�tale,�ed�accoglieva� i�ricorsi.� Proponeva�appello�il�Comune�di�Viareggio,�il�quale�contestava�che:�1) il�giudice�di� primo�grado�non�aveva�provveduto�a�riunire�ricorsi�de quibus con�quelli�presentati�dai�sin- goli�concessionari�di�area�demaniale,�cos|�contraddicendo�i�principi�di�economia�processuale� e�uniformita�di�giudicati;�2) la�concessione�demaniale�non�determinava�in�favore�del�titolare� l'insorgenza�di�un�diritto�reale,�ma,�piuttosto,�un�diritto�di�natura�obbligatoria,�assimilabile� al�diritto�di�godere�di�un�bene�a�seguito�del�pagamento�di�un�canone;�3) fino�al�31�dicembre� 2000�il�soggetto�passivo�dell'imposta�era�il�concedente.� Si�costituivano�il�Ministero�delle�Finanze�e�l'Agenzia�del�Demanio,�filiale�di�Firenze,�i� quali�sostenevano:�1) il�gravame�era�inammissibile�perche�proposto�e�notificato�nei�confronti� dell'Avvocatura�dello�Stato,�e�non�nei�confronti�del�Ministero�delle�Finanze�e�dell'Agenzia� del�Demanio�e�loro�notificato�presso�l'Avvocatura,�difensore�costituito�e�domiciliatario;�2) la�riunione�ai�sensi�dell'art.�29�del�decreto�legislativo�n.�546�del�1992�costituiva�una�facolta� del�presidente�della�Commissione;�3) correttamente�il�giudice�di�primo�grado�aveva�operato� la�distinzione�tra�proprieta�dell'area�e�proprieta�superficiaria�dell'immobile�sulla�stessa�insi- stente�e,conseguentemente,�aveva�individuato�nel�titolare�di�quest'ultima�il�soggetto�passivo� dell'imposta;�4) l'entrata�in�vigore�dell'art.�18�della�legge�n.�388/2000�comportava�soltanto� che�nell'epoca�precedente�l'imposta�doveva�essere�corrisposta�dai�proprietari�degli�stabili- menti�balneari�in�quanto�tali,�e�non�in�quanto�titolari�di�diritto�di�superficie�sull'area;�5) l'e- senzione�di�cui�all'art.�7�del�decreto�legislativo�n.�504�del�1992�competeva�ugualmente�anche� se�gli�immobili�demaniali�non�venivano�utilizzati�direttamente�ma�erano�affidati�in�conces- sione,�stante�il�perseguimento,�nel�caso�di�concessione�in�uso�(discrezionale�e�non�sindaca- bile),�di�una�funzione�pubblica;�6) relativamente�all'anno�1993�sicuramente�il�Comune�e� decaduto�dalla�pretesa,�il�termine�quinquennale�essendosi�compiuto�in�data�31�dicembre� 1998�e�la�proroga�di�cui�all'art.�3�comma�59�della�legge�n.�662/l996�concernendo�soltanto�il� tributo�afferente�all'anno�1994.� L.G.�presentava�ricorsi�nei�confronti�del�Comune�di�Viareggio�relativamente�agli�avvisi� di�accertamento�per�I.C.I.�notificatigli�quanto�agli�anni�1993,�1994,�1995.� La�pretesa�del�Comune�scaturiva�dal�fatto�che�per�tre�immobili�la�rendita�erasuperiore� a�quella�dichiarata.�L.G.�sosteneva�che:�1) la�rendita�individuata�dal�Comune�era�frutto�di� errore�materiale;�la�rendita�catastale,�infatti,�non�era�mai�stata�notificata;�2) non�potevano� essere�richiesti�interessi,�ne�potevano�essere�applicate�sanzioni;�3) era�applicabile�l'art.�11 comma�6�del�decreto�legislativo�n.�472�del�1997,�ed�era�applicabile,�altres|�il�beneficio�della� continuazione�di�cui�all'art.�12�del�medesimo�decreto�legislativo.� Si�costituiva�il�Comune�di�Viareggio,�il�quale�replicava�che�gli�avvisi�di�accertamento�si� basavano�sulle�rendite�catastali,�e�che�fino�al�31�dicembre�1999�non�sussisteva�alcun�obbligo� di�notifica�delle�rendite�attribuite;�infatti�l'art.�74�della�legge�342/2000�aveva�riconosciuto� la�legittimita�delle�notifiche�a�mezzo�albo�pretorio�fino�a�quella�data;�inoltre,�aveva�consen- tito�fino�alla�data�dell'8�febbraio�2001�la�impugnazione�del�classamento�attuato�con�atti� non�divenuti�definitivi.� LacommissioneprovincialediLucca,sez.n.�1,consentenzaindata9maggio2002rile- vava�che�la�pretesa�del�Comune�scaturiva�dalle�rendite�catastali,�e�che,�quanto�a�queste� ultime�l'obbligo�della�notifica,�in�caso�di�attribuzione,�vigeva�soltanto�a�far�data�dal�1.�gen- naio2000,inapplicazionedelleleggin.�488/1999en.�342/2000;pertantoconfermavalapre- tesa�impositiva,�accogliendo�i�ricorsi�riuniti�quanto�agli�interessi�ed�alle�sanzioni.� Proponeva�appello�L.G.,�il�quale�sosteneva�che:�1) il�concessionario�di�beni�demaniali� era�da�considerarsi�soggetto�passivo�della�I.C.I.�solo�dal'�1�gennaio�2001�e�nulla�doveva�per� l'epoca�anteriore,�come�risultava�dalla�modifica�approvata�all'art.�3�della�legge�in�materia� di�I.C.I.�dalla�legge�n.�388/2000;�l'attribuzione�della�rendita�ad�opera�dell'U.T.E.�di�Lucca� aveva�avuto�luogo�nei�confronti�di�C.L.�con�atto�in�data�25�novembre�1997,�ma�C.L.�era� deceduta�il�26�febbraio�1991;�dunque�la�notificazione�effettuata�a�personanon�piu�in�vita� doveva�essere�ritenuta�inesistente;�l'atto�di�attribuzione�delle�rendite�non�era�mai�stato�noti- ficato�agli�eredi�della�C.L.�relativamente�ai�quali,�per�conseguenza,�gli�avvisi�di�accerta- mento�in�oggetto�erano�da�considerare�illegittimi.� IL CONTENZIOSO NAZIONALE Si costituiva il Comune di Viareggio, il quale contestava che: 1) gia� in forza dell'art. 3 decreto legislativo n. 504 del 1992 nel caso di concessioni su aree demaniali soggetto passivo dell'imposta era il concessionario; 2) anche l'art. 18 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 aveva stabilito che nel caso di concessione sull'area demaniale soggetto passivo dell'imposta era il concessionario; 3) mentre L.G. non aveva provato il difetto di legittimazione passiva, il Comune aveva dimostrato quanto a quell'aspetto, a mezzo di atti quali la successione a C.L., la compravendita di manufatti afferenti al bagno M.C., l'autorizzazione a costituire ipoteca afferente al bagno M.C., la concessione edilizia in sanatoria n. 20 del 1994, la titola- rita� del diritto reale per L.G. in ordine allo stabilimento M.C.; 4) l'obbligo di notifica del- l'atto attributivo di rendita era stato introdotto solamente a far data dal 1O gennaio 2000. La controversia conseguente all'appello proposto da L.G. (n 2910/02 R.G.A.) veniva riunita a quella conseguente all'appello del Comune di Viareggio (n. l945/03 R.G.A.). Motivi della decisione. La Commissione non condivide il dedotto profilo dell'inammissi- bilita� dell'appello del Comune di Viareggio; il Ministero delle Finanze e l'Agenzia del Dema- nio hanno affermato che l'appello doveva essere proposto nei loro confronti e notificato presso l'Avvocatura dello Stato. Ebbene: l'appello e� stato proposto nei confronti della sentenza pronunciata dalla Com- missione Tributaria di Lucca in data 9 maggio 2002 ed e� stato notificato all'Avvocatura dello Stato. Pur nella indubbia improprieta� della formulazione della individuazione della parte destinataria del gravame, la Commissione ritiene equivalente alla notificazione alla parte presso il procuratore la notificazione dell'impugnazione fatta al procuratore nel domicilio eletto dalla parte stessa. Tanto piu� siffatta conclusione risulta adottabile in un caso come quello in oggetto nel quale la rappresentanza in giudizio di un organo dello Stato e� affidato all'Avvocatura dello Stato dalla legge. Quanto al motivo di doglianza costituito dall'omessa adozione del provvedimento di riunione dei ricorsi in oggetto con quelli proposti dai concessionari di aree demaniali la Commissione osserva che il provvedimento di riunione dei procedimenti relativi a cause con- nesse e� rimesso all'apprezzamento del giudice ed e� discrezionale, facoltativo e insindacabile. Osserva, anche, che il procedimento di riunione ha natura meramente ordinatoria, e, come tale, non e� suscettibile di impugnazione; per conseguenza anche la sua omissione non puo� costituire motivo condivisibile di impugnazione. In ordine al merito della controversia di cui al n. 1945/03 R.G.A. la Commissione fa propria integralmente la distinzione operata dal giudice di primo grado tra proprieta� dell'a- rea e proprieta� superficiaria dell'immobile costituito da stabilimento balneare. La distinzione poggia solidamente sul disposto degli articoli 41, 46 e 49 del codice della navigazione i quali prevedano un'autonoma titolarita� e disponibilita� quanto alle opere rea- lizzate su area demaniale in concessione per il concessionario, stabilendo che solo al termine della concessione l'opera realizzata diviene di proprieta� dello Stato. Pertanto quanto ad essa titolarita� non puo� configurarsi un rapporto soltanto obbligato- rio, od assimilabile ad un rapporto di tale natura, ma e� maggiormente conforme a diritto i n questo caso: il Codice della navigazione ^qualificare la relazione che s'instaura come di natura reale, sia pure temporanea (come del resto, puo� atteggiarsi il medesimo diritto di proprieta� ). La Commissione sottolinea il fatto che i beni demaniali possono essere, talora, oggetti di negozi giuridici di diritto pubblico, cioe� di atti amministrativi, diretti a costituire su di essi diritti reali a favore di privati: cfr. il disposto dell'art. 823 C.C.; l'uso eccezionale del bene demaniale, al quale da� luogo l'atto amministrativo di costituzione, pone in essere a favore del privato medesimo diritti di carattere privato, che appartengono alla categoria dei diritti reali su cose altrui, e come tali sono sempre stati riconosciuti, pur nella oscillazione della definizione giuridica, dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Quanto, poi, all'argomento a contrario, integrato dalla introduzione nell'ordinamento dell'art. 18dellaleggen.388/2000,laCommissionecondividepienamente,efapropria,l'ar- gomentazione svolta sul punto dal giudice di primo grado; aggiunge che il detto articolo ha inteso dirimere dubbi interpretativi, e, nella scia della soluzione alla questione sempre for- nita dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non puo� aver avuto, per contro, la finalita� di mag- giormente radicare dubbi. In�realta��sia�prima�del�1.�gennaio�2001,�sia�dopo,�la�posizione�di�riferimento�dante� luogo�alla�soggettivita��passiva�all'imposta�deve�essere�individuata�nella�persona�titolare�con� consistenza�reale�dell'immobile�realizzato�sull'area�demaniale�concessa.� Da�siffatta�soluzione�scaturisce�il�rigetto�dell'appello�promosso�dal�Comune�di�Viareg- gio.�Scaturisce,�logicamente,�anche�la�superfluita��dell'analisi�di�ogni�altra�problematica,� introdotta,�sia�pur�per�tuzionismo,�dalle�parti�appellate:�non�senza�rilevare,�in�proposito,� che�anche�l'argomento�secondo�il�quale�la�concessione�in�uso�del�bene�demaniale�a�privato� rientra�nella�valutazione�discrezionale�della�Amministrazione�e�non�contraddice�alla�destina- zione�pubblica�del�bene,�ha�un�suo�fondamento�innegabile,�poggiato�sulla�considerazione� che�non�e��sindacabile�la�via�scelta�dall'Amministrazione�medesima�per�soddisfare�corretta- mente�il�pubblico�interesse.� Stante�la�natura�indubbiamente�interpretativa�della�decisione,�le�spese�processuali�ven- gono�interamente�compensate�nel�procedimento�n.�1945/03�R.G.A.� Relativamente�all'appello�di�L.G.�la�Commissione�rileva�che�in�ordine�al�problema�dell'in- dividuazione�del�soggetto�dell'imposta,�risultano�estensibili�ed�applicabili�le�considerazioni� sopra�svolte�sul�punto�relativamente�al�rapporto�Comune-Amministrazione�dello�Stato.� Si�aggiunge�che�la�configurazione,�quanto�al�concessionario�su�area�demaniale�marittima,� del�diritto�conseguente�come�diritto�reale�su�bene�altrui�non�solo�ha�trovato�accoglimento� costanteneltempoadoperadelladottrinaedellagiurisprudenzamae��stataribaditapiu��recen- temente�dalla�Corte�di�Cassazione�(nn.�4962�del�1993�e�4402�del�1998)�ed�anche�dalla�Commis- sione�Tributaria�Centrale�(n.�1527�del�1988),�secondo�quanto�riportato�anche�dalla�menzionata� sentenza�in�data�9�maggio�2002�della�Commissione�Tributaria�Provinciale�di�Lucca�(sez.�n.�1).� Relativamente�alle�problematiche�scaturenti�dall'introduzione�nell'ordinamento�del- l'art.�18�della�legge�23�dicembre�2000,�n.�388�poi�la�Commissione�ha�gia��argomentato�trat- tando�dell'appello�del�Comune�di�Viareggio.� Venendo�a�trattare,�poi,�della�ipotizzata�nullita��assoluta�dell'atto�in�data�25�novembre� 1997,�la�Commissione�rileva�che�all'epoca�del�decesso�di�C.L.�realmente�il�provvedimento�di� attribuzione�di�rendita�non�doveva�essere�affatto�notificato�al�proprietario�dell'immobile.� Le�considerazioni�svolte�dal�giudice�di�primo�grado�sono�interamente�da�condividere;�le� norme�citate�da�esso�non�sono�successive�al�decesso�e,�quindi,�ininfluenti�ai�fini�del�decidere� la�controversia,�ma�sono�quelle�che�hanno�stabilito�a�carico�dell'Amministrazione�l'onere�di� portare�a�conoscenza�del�destinatario�il�provvedimento�attributivo;�e��proprio�dal�1.�gennaio� 2000,�in�forza�delle�leggi�menzionate�dal�giudice�di�primo�grado,�che�vige�siffatto�obbligo.� Dunque�non�si�pone�alcun�problema�di�nullita��quanto�all'attribuzione�della�rendita,�e,� conseguentemente,�quanto�a�tutti�gli�atti�successivi,�ivi�compresi�gli�avvisi�di�accertamento.� V'e��da�rilevare,�inoltre,�che�la�prospettazione�di�siffatta�nullita��nel�giudizio�di�secondo� grado�integra,�ai�fini�di�cui�all'art.�57�del�d.lgs.�n.�546�del�1992,�mutamento�della�causa petendi,�non�ammissibile.� Infatti,�parte�appellante�sollevando�per�la�prima�volta�soltanto�nel�giudizio�di�primo� grado�la�detta�eccezione�di�nullita��,�ha�inteso�porre�a�fondamento�della�propria�domanda�un� fatto�precedentemente�non�evidenziato,�integrando�un'eccezione�nei�confronti�degli�avvisi�di� accertamento�non�dedotta�nel�precedente�giudizio�(ne�rilevabile�d'ufficio).� Pertanto�anche�sotto�questo�profilo�l'appello�di�L.G.�non�merita�accoglimento.� V'e��da�aggiungere,�anche,�che�L.G.�nell'atto�di�appello�formula�un�riferimentoad�un� non�precisato�litisconsorzio�necessario:�la�Commissione�prende�atto�dell'affermazione,�ma� non�puo��tenerne�conto,�in�considerazione�delle�carenze�degli�elementi�di�fatto�addotti�in�pro- posito�e�dovendo�riferirsi�alla�titolarita��della�concessione�su�area�demaniale.� Non�sussiste,�infine,�alcuna�ipotesi�di�sviamento�di�potere�a�carico�dell'Amministrazione� comunale.� In�conclusione�l'appello�viene�rigettato.� L'analogia�con�quanto�affermato�in�ordine�al�procedimento�n.�1945/03�R.G.A.�in�punto� di�spese�processuali�impone�anche�relativamente�al�procedimento�n.�2910/02�integrale�com- pensazione�delle�spese.� P.Q.M. La�Commissione�Tributaria�Regionale�di�Firenze�rigetta�l'appello�del�Comune� di�Viareggio;�conferma�la�sentenza�di�primo�grado;�dichiara�compensate�tra�le�parti�le�spese� processuali.� Rigetta�l'appello�di�L.G.;�conferma�la�sentenza�di�primo�grado;�dichiara�compensate�tra� le�parti�le�spese�processuali�(omissis)�.� Ipareri delcomitato consultivo Ipareri delcomitato consultivo A.G.S.�^Comunicazione�di�servizio�n.�115,�prot.�n.�101275,�del�20�luglio�2004.� Contenzioso�in�materia�di�beni�culturali.� �Si�trasmette�l'allegata�circolare,�prot.�SG/106/20281�del�9�giugno�2004,� diramata�dal�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�Culturali�a�seguito�dell'entrata� in�vigore�del�D.Lgs.�22�gennaio�2004�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�culturali� e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002�n.�137''.� L'Avvocato�Generale�Aggiunto�Giuseppe�Stipo�.� Circolare�del�Ministero�per�i�Beni�e�le�Attivita�culturali�^Direzione�Generale�per�i�beni�archi- tettonici�ed�il�paesaggio�^Prot.�SG/106/20281�del�9�giugno�2004.� �Parte�terza�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�cultu- rali�e�delpaesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.137''.� ``Come�e�noto�sul�Supplemento�ordinario�alla�Gazzetta�Ufficiale�n.�45�del�24�febbraio� 2004�e�stato�pubblicato�il�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni� culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137''.� In�merito�e�bene�preliminarmente�sottolineare�come�nelle�more�dell'adeguamento�dei� piani�paesaggistici�gia�approvati�alle�disposizioni�contenute�nel�Codice�(cfr.�articolo�156),� ovvero�dell'approvazione�ex�novo�di�piani�paesaggistici�(cfr.�articolo�143)�non�puo�entrare� in�vigore�la�nuova�procedura�di�autorizzazione�regolata�dall'articolo�146.�Pertanto�le�compe- tenze�delle�SS.LL.�in�materia�di�autorizzazione�paesaggistica�sono�ora�rinvenibili�nell'arti- colo�159�che�regola�appunto�in�via�transitoria�la�procedura�del�rilascio�dell'autorizzazione� paesaggistica�e�dell'eventuale�annullamento�della�stessa�da�parte�delle�Soprintendenze.�La� stessa�procedura�si�applica�ai�pareri�favorevoli�rilasciati�per�la�sanatoria�o�per�il�condono.� Cio�premesso�si�forniscono�di�seguito�indicazioni�in�merito�alle�procedure�di�compe- tenza�delle�SS.LL.� Per�quanto�attiene�gli�atti�a�contenuto�provvedimentale�emanati�dalle�SS.LL.�nell'eserci- zio�delle�competenze�in�materia�di�tutela�del�paesaggio,�nelle�premesse,�la�citazione�del� decreto�legislativo�n.�490/1999�dovra�essere�sostituita�dal�seguente�capoverso:� ``Vista�la�Parte�terza�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�`Codice�dei� beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137'''.� AnnullamentI E autorizzazionI O dinieghI Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�151�del�predetto�Testo�Unico,�dovra� essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�159�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42� recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio� 2002,�n.�137''.� Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�164�del�predetto�Testo�Unico�dovra� essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�167�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42� recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio� 2002,�n.�137''.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Nei�provvedimenti,�qualsiasi�citazione�dell'articolo�146�del�predetto�Testo�Unico�dovra� essere�sostituita�dalla�citazione�dell'articolo�142�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42� recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio� 2002,�n.�137''.� Per�quanto�attiene�alla�citazione�nei�provvedimenti�dell'articolo�145�del�Testo�Unico,� considerato�che�il�Codice�non�contiene�una�previsione�esplicita�in�materia�di�modifica�dei provvedimenti�ministeriali�di�dichiarazione�di�notevole�interesse�pubblico�e/o�di�inclusione� di�aree�fra�le�zone�di�interesse�archeologico,�le�SS.LL.�avranno�cura�di�indicare�a�carico�del� provvedimento�in�esame�quale�violazione�la�deroga�al�vincolo�imposto,�citando�gli�estremi� del�decreto�di�tutela.� Infine�si�rammenta�che�il�d.P.R.�n.�441/2000�ha�attribuito�alle�SS.LL.�il�potere�di�annul- lamento,�pertanto�nei�provvedimenti�che�annullano�le�autorizzazioni�paesaggistiche�ovvero� i�pareri�favorevoli�alla�sanatoria,�non�deve�piu�essere�citato�il�decreto�del�18�dicembre�1996� con�il�quale�l'allora�Direttore�generale�dell'Ufficio�centrale�per�i�beni�architettonici�ed�il�pae- saggio�delegava�tale�competenza.''.� InibizionI O sospensionI lavorI Negli�schemi�di�provvedimenti�relativi�a�proposte�di�inibizione�o�sospensione�di�lavori,� la�citazione�dell'articolo�153�del�Testo�Unico�dovra�essere�sostituita�dalla�citazione�dell'arti colo�150�del�decreto�legislativo�22�gennaio�2004,�n.�42�recante�``Codice�dei�beni�culturali�e�del� paesaggio,�ai�sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137''.� ProvvedimentI dI vincolO Per�quanto�attiene�agli�schemi�di�provvedimenti�relativi�alle�proposte�gia�in�itinere�per�la� dichiarazione�di�notevole�interesse�pubblico�e/o�di�inclusione�di�aree�fra�le�zone�di�interesse� archeologicodivincolo,�questaDirezioneprovvedera�amodificareopportunamenteglischemi� di�provvedimento.�A�riguardo�si�evidenzia�il�dettato�del�comma�2�dell'articolo157che�attribuisce� efficacia�a�tutti�gli�effetti�alle�proposte�gia�formulate�all'entrata�invigore�del�Codice.� Rimangono�invece�invariate�le�citazioni�relative�ad�altre�norme�di�competenza�non� incise�dal�Codice,�quali,�ad�esempio,�la�legge�n.�47/1985,�la�legge�n.�68/1988,�la�legge� n.�724/1994,�la�legge�n.�13/1989,�la�legge�n.�349/1986,�la�legge�n.�443/2001,�il�decreto�legisla- tivo�n.�190/2002,�il�decreto�legge�n.�7/2002�convertito�in�legge�n.�55/2002,�ecc.� Infine�si�evidenzia�che�fino�all'emanazione�del�nuovo�regolamento�di�organizzazione�del Ministero�restano�invariate�le�competenze�delle�SS.LL.�indicate�nella�circolare�SG/101/1P� del�14�maggio�2001.� Si�invitano�le�SS.LL.�a�provvedere�alla�puntuale�applicazione�della�presente�circolare, curandonelamassima�diffusionefra�ilpersonale�interessato.� Considerata�la�portata�generale�la�presente�e�estesa�ai�Soprintendenti�regionali�ed�ai� Soprintendenti�per�i�beni�archeologici.�Tanto�si�comunica�ad�opportuna�conoscenza�agli� organi�ministeriali�ed�alle�Avvocature�in�indirizzo.� Il�Direttore�Generale�(Architetto�Roberto�Cecchi)�.� A.G.S. ^Parere del 15 novembre 2003, n. 127581. Confisca�di�bene�immobiliare�ex�art.�2-ter�legge�31�maggio�1965,�n.�575.� Natura�(originaria�o�derivativa)�del�trasferimento�a�seguito�della�confisca�- Conseguente�sorte�di�diritti�reali�di�garanzia�sul�bene)�(consultivo�9831/02,� avvocato�A.�Linguiti).� �Con�nota�part.�6929�del�28�maggio�2002�l'Avvocatura�Distrettuale�di� Brescia,�richiesta�dalla�Filiale�di�Bergamo�dell'Agenzia�del�Demanio�di�un� parere�in�ordine�alle�pretese�avanzate�dalla�I.�s.p.a.,�cessionaria�di�un�credito della�Banca�di�Roma�nei�confronti�del�sig.�S.F.,�gia�assistito�da�garanzia�ipo- tecaria�su�un�immobile�di�proprieta�di�quest'ultimo�e�successivamente�confi- scato�ex�art.�2-ter�legge�31�maggio�1965,�n.�575,�rilevando�l'insussistenza�di un�orientamento�giurisprudenziale�univoco�sulla�natura�del�trasferimento�di� beni�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�rimetteva�l'affare�alla�Scrivente,�trattan- dosi�di�questione�di�massima.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� In�punto�di�fatto,�riferiva�che�nel�luglio�1987�la�Banca�di�Roma�aveva� concesso�al�sig.�S.F.�un�mutuo�garantito�da�ipoteca�convenzionale�e,�a� seguito�del�mancato�pagamento�di�alcune�rate,�aveva�pignorato�l'immobile,� per�poi�rinunciare�al�pignoramento�a�seguito�di�una�formale�comunicazione� dell'Avvocatura�Distrettuale�di�Brescia;�successivamente,�la�societa��I.,�cessio- naria�di�quel�credito,�ne�aveva�richiesto�il�pagamento�all'Amministrazione.� Con�successiva�nota�part.�2691�del�25�febbraio�2003�l'Avvocatura� Distrettuale�precisava�alla�Scrivente�che,�in�realta��,�il�creditore�procedente� non�aveva�rinunziato�alla�esecuzione,�la�cui�prossima�udienza�era�fissata�per� il�giorno�26�settembre�2003.� Con�nota�prot.�1338/20037BEC�A/1-MI�88�del�31�marzo�2003�della� Agenzia�del�Demanio�^Direzione�Centrale�Beni�Confiscati�^Direzione� gestione�beni�confiscati�era�trasmessa�alla�Avvocatura�Distrettuale�dello� Stato�di�Brescia�copia�della�nota�della�Scrivente�(part.�22414�del�1.�marzo� 2000�ct.�25746/97)�di�trasmissione�della�sent.�Cass.�12535/99,�nonche�copia� del�parere�della�Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Catanzaro�reso�con� nota�part.�5818�del�5�marzo�2003,�ove�si�afferma�essere�il�provvedimento�di� confisca�atto�di�acquisto�a�titolo�originario,�con�conseguente estinzione di eventuali diritti dei terzi sui�beni�confiscati;�copia�di�quest'ultimo�parere�e�� stato�poi�trasmesso�alla�Scrivente�in�allegato�alla�nota�prot.�4484�del�14�mag- gio�2003�della�Filiale�di�Bergamo�dell'Agenzia�del�Demanio.� La�questione�portata�all'attenzione�della�Scrivente�concerne�la�natura� del�trasferimento�di�beni�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�attesa�la�difformita�� di�orientamenti�in�giurisprudenza�a�proposito�del�carattere�originario�o�deri- vativo�dell'acquisto�dei�beni�confiscati.� L'esame�della�giurisprudenza�di�legittimita��evidenzia�l'esistenza�di�deci- sioni�difformi�sul�carattere�originario�o�derivativo�dell'acquisto�effettuato� dallo�Stato�a�seguito�di�confisca.� Limitandosi�alla�giurisprudenza�penale�piu��recente,�sostengono�la�tesi� dell'acquisto�a�titolo�derivativo,�con�varieta��di�accenti,�Cass.�SS.UU.,� 28�aprile�1999,�Bacherotti,�Foro it., 1999,�II,�571�(in�relazione�all'art.�644,� ult.�co.,�c.p.);�Cass.�sez.�IV,�26�novembre�1996;�Cass.�sez.�I,�10�giugno�1994,� (in�relazione�all'art.�12-sexies d.l.�22�aprile�1994,�n.�246);�Cass.�sez.�I,�21�gen- naio�1992,�Sanseverino,�Riv. pen. econ., 1992,�159�(in�relazione�all'art.�2-ter legge�576/1965).� La�tesi�dell'acquisto�a�titolo�originario�e��,�invece,�sostenuta�da�Cass.� SS.UU.,�28�gennaio�1998,�Maiolo,�Foro it. 1998,�II,�462;�Cass.�Sez.�II,� 4�dicembre�1998;�Cass.�sez.�VI,�3�aprile�1995�(in�relazione�all'art.�2-ter l.�576/1965);�Cass.�7�dicembre�1983.� Anche�nella�giurisprudenza�civile�di�legittimita��si�rinviene�divergenza�di� vedute�in�argomento:�si�veda�infatti,�in�senso�opposto,�Cass.�sez.�I,�3�luglio� 1997,�n.�5988,�Giust. civ.,�1997,�I,�2733�(a�favore�della�tesi�dell'acquisto�deriva- tivo)�e�Cass.,�sez.�I,�5�marzo�1999,�n.�1868�(m.)�(che�sostiene�trattarsi�di� acquisto�a�titolo�originario).� L'asserzione�del�carattere�derivativo�dell'acquisto�di�beni�confiscati�che�e�� contenuta�nel�parere�del�C.d.S.,�sez.III,�16�settembre�1997,�n.�1141/97,�Cons.� Stato,�1998,�I,�2054,�e��fondata�non�su�un'autonoma�disamina�della�questione,� ma�sul�richiamo�al�precedente�di�Cass.�civ.,�sez.�I,�5988/1997�cit.. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Non�meraviglia,�pertanto,�che�anche�le�piu�recenti�pronunzie�di�giudici� di�merito�edite�in�argomento�si�attestino�su�posizioni�contrastanti�(cfr.�Trib.� Palermo,�23�giugno�2001,�Fall.,�2002,�659;�Trib.�Bari,�ord.,�16�ottobre�2002,� Foro�it.,�2002,�I,�291).� La�problematica�applicativa�sottesa�al�quesito�e�quella�concernente�la� sorte�dei�diritti�reali,�ed�in�particolare�dei�diritti�reali�di�garanzia,�vantati�dai� terzi�sui�beni�oggetto�di�confisca,�che�e�stata�talora�risolta,�appunto,�in�base�al� carattere�derivativo�o�meno�dell'acquisto.� Sebbene�il�tema�sia�stato�gia�affrontato�dal�Comitato�Consultivo�di�que- sta�Avvocatura�(parere�n.�010923�del�24�gennaio�1997,�cs.�11520/89),�la�Scri- vente�ritiene�di�dover�riesaminare�la�questione�alla�luce�degli�sviluppi�legisla- tivi�e�giurisprudenziali�intervenuti�in�argomento.� Sul�problema�viene�in�considerazione�la�legge�31�maggio�1965,�n.�575,� che,�al�comma�3�dell'art.�2-ter,�detta�che�``con�l'applicazione�della�misura�di� prevenzione�il�tribunale�dispone�la�confisca�dei�beni�sequestrati�dei�quali�non� sia�stata�dimostrata�la�legittima�provenienza...''�e�al�comma�5�soggiunge�che� ``se�risulta�che�i�beni�sequestrati�appartengono�a�terzi,�questi�sono�chiamati�dal� tribunale...�adintervenirenelprocedimentoepossono...�svolgereincameradi� consiglio�le�loro�deduzioni�e�chiedere�l'acquisizione�di�ogni�elemento�utile�aifini� della�decisione�sulla�confisca'';�a�sua�volta�l'art.�2-nonies�stabilisce�semplice- mente�che�``i�beni�confiscati�sono�devoluti�allo�Stato''�per�quanto�riguarda,�in� particolare,�i�beni�immobili�^devoluti�allo�Stato�in�forza�del�provvedimento� di�confisca�(art.�2-nonies,�co.�1)�^viene�in�considerazione�l'art.�2-undecies,� co.�2,�legge�575/65�introdotto�con�la�legge�109/96,�secondo�il�quale�essi�pos- sono�essere,�alternativamente,�soltanto�``mantenuti�alpatrimonio�dello�Stato� per�finalita�di�giustizia,�di�ordine�pubblico�e�di�protezione�civile,�salvo�che�si� debbaprocederealla�venditadeglistessifinalizzataalrisarcimento�dellevittime� dei�reati�di�tipo�mafioso''�ovvero�``trasferiti�al�patrimonio�del�comune�ove�l'im- mobile�e�sito,�per�finalita�istituzionali�o�sociali''�(nel�qual�caso�il�bene�o�e� amministrato�direttamente�dall'ente�locale,�o�e�dato�in�concessione�gratuita� a�comunita�,�enti,�organizzazioni�di�volontariato,�cooperative�sociali,�comu- nita�terapeutiche�e�centri�di�recupero�e�cura�di�tossicodipendenti).�In� entrambi�i�casi�il�bene�e�destinato�a�finalita�di�pubblico�interesse�e,�prima� ancora�che�vi�sia�impressa�la�destinazione�con�provvedimento�dell'Ammini- strazione�demaniale�(art.�2-decies,co.�1)�``per�la�tutela�dei�beni�confiscati�si� applica�il�secondo�comma�dell'articolo�823�del�codice�civile''�(art.�2-decies,� co.�3,�legge�575/65).� Emergerebbe,�in�tal�modo,�l'assimilazione�del�regime�giuridico�dei�beni� confiscati�ex�l.�575/65�a�quello�del�demanio�pubblico.�I�beni�immobili�devo- luti�allo�Stato,�quando�non�sono�trasferiti�ai�comuni�per�essere�dagli�stessi� enti�locali�destinati�a�``finalita�istituzionali�o�sociali''�(direttamente�o�mediante� concessione�gratuita�a�determinate�categorie�di�soggetti�aventi�scopi�sociali)� sono�mantenuti�nel�patrimonio�statale�``perfinalita�digiustizia,�diordinepub- blicoediprotezionecivile''enonpossonoesserealienati,�senonnell'ipotesicon- templata�dalla�salvezza�posta�in�chiusura�dell'art.�2�undecies,�co.�2,�lettera�a)� (vendita�finalizzata�al�risarcimento�delle�vittime�dei�reati�di�tipo�mafioso).� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� In�conformita�all'opinione�espressa�in�Cass.�SS.UU.�penali�28�aprile� 1999�deve�pero�affermarsi�che�quand'anche�la�confisca�comportasse�l'acqui- sto�a�titolo�originario�del�bene�confiscato,�cio�comunque�non�importerebbe� l'estinzione�degli�iura�in�re�aliena�sulla�cosa�confiscata,�in�quanto�``lafattispe- cie�traslativa�si�connota�nel�senso�della�originarieta��per�l'unica�ragione�che�il� trasferimento�del�diritto�si�realizza�autoritativamente,�indipendentemente�dalla� volonta��del�precedente�titolare�e�su�basi�esclusivamente�legali'',�il�che�non� implica�affatto�che�tale�trasferimento�possa�avere�ad�oggetto�un�diritto� diverso�e�piu�ampio�di�quello�del�precedente�titolare.�In�altri�termini,�``la�con- fisca�investe�il�diritto�sulla�cosa�nella�esatta�conformazione�derivante�dalla� peculiare�situazione�di�fatto�e�di�diritto�esistente�al�momento�del�provvedi- mento,�con�l'ovvia�conseguenza�che�lo�Stato,�quale�nuovo�titolare�di�esso,� non�puo�legittimamente�acquisire�facolta�di�cui�il�soggetto�passivo�della�con- fisca�aveva�gia�perduto�la�titolarita�''�(v.�Cass.�SS.UU.�cit.):�conformemente� alla�finalita�della�confisca,�che�non�e�quella�dell'acquisizione�allo�Stato�del� bene,�bens|�quella�della�privazione�del�reo�dei�diritti�che�egli�ha�sulla�cosa.� A�queste�considerazioni,�essenzialmente�sistematiche,�circa�gli�effetti�del- l'acquisizione�del�bene�allo�Stato�a�seguito�di�confisca,�va�aggiunto�che�la� facolta�,�riconosciuta�ai�terzi�cui�i�beni�sequestrati�appartengono,�di�interve- nire�nel�procedimento,�svolgere�le�proprie�deduzioni�e�chiedere�l'acquisizione� di�ogni�elemento�utile�ai�fini�della�decisione�sulla�confisca�(art.�2-ter,co.�5,� legge�575/1965)�va�ricollegata�alla�previsione�dell'art.�240,�co.3,�c.p.�(articolo� cui�e�stata�riconosciuta�dalle�SS.UU.�portata�generale),�nel�senso�che�l'appar- tenenza�dei�beni�a�soggetti�estranei�al�reato�costituisce�limite�alla�confisca.� In�proposito,�la�giurisprudenza�della�Corte�di�Cassazione�ha�in�piu�occa- sioni�affermato�che�``il�concetto�di�appartenenza,�di�cui�al�comma�terzo�del- l'art.240cod.�pen.,nonpuo��ridursiallasolaproprieta��dellacosasuscettibiledi� confisca,�ma�deve�estendersi�ai�diritti�reali�di�garanzia,�e�cio��perche�il�diritto� realedigaranziadeterminaun'indisponibilita��delbenedapartedelproprietario� e�il�suo�diretto�assoggettamento�alla�disponibilita��del�titolare�della�garanzia� per�il�soddisfacimento�delle�sue�ragioni�creditorie''�(cos|��la�massima�di�Cass.,� Sez.�I,�25�luglio�1991�(ud.�8�luglio�1991),�n.�3117).� Conseguentemente,�Cass.SS.UU.�pen.�28�aprile�1999�cit.�ha�rimarcato� che�il�concetto�di�appartenenza�ai�terzi�si�estende�ai�diritti�reali�di�godimento� e�di�garanzia,�che�percio��sopravvivono�alla�misura�di�sicurezza�patrimoniale,� considerato�altres|�che�``qualora�il�diritto�``del�criminale''�sia�ridotto�o�com- presso�dai�diritti�che�terzipossono�vantare�sulla�cosa,�per�realizzare�ilfine�speci- fico�della�misura�di�sicurezza�e��sufficiente�privarlo�dei�residui�diritti�che�egli�ha� sul�bene�confiscato,�senza�necessita��di�sacrificare�anche�i�diritti�che�sulla�cosa� hanno�i�terzi,�la�cui�tutela,�oltre�che�in�un�generale�precetto�dell'ordinamento� giuridico,�trova,�dunque,�una�particolare�giustificazione�nella�inutilita��del�sacri- ficio�dei�loro�diritti�per�il�perseguimento�dei�fini�propri�della�confisca�(Cass.� sez.I,�16�novembre�1962,�Stringari,�id.,�Rep.�1963,�voce�Contrabbando,� nn.33-35)''.� D'altronde,�nessun�vantaggio�(connesso�ai�proventi�della�attivita�illecita)� deriverebbe�al�confiscato�dalla�permanenza�della�garanzia�reale�del�suo�cre- ditore�e�dunque�dalla�possibilita�per�quest'ultimo�di�soddisfarsi�sulla�stessa� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� con�estinzione�del�suo�debito,�poiche�nel�caso�di�confisca�penale�di�un�immo- bile�gravato�da�ipoteca,�a�seguito�del�soddisfacimento�del�creditore�garantito� lo�Stato�si�surroga�a�quest'ultimo�nel�credito�verso�il�reo-confiscato,�ex� art.�1203�c.c.�(Cass.�sez.�III,�20�febbraio�1978,�n.�811).� Resta�salva,�naturalmente,�la�necessita�della�prova�e�dell'accertamento� della�situazione�di�effettiva�terzieta�di�chi�assuma�avere�diritti�sul�bene�oggetto� di�confisca�(rammentando�che,�in�relazione�al�concetto�di�``persona�estranea�al� reato''�di�cui�all'art.�240�c.p.,�la�ricordata�sentenza�del�1999�delle�SS.UU.�ha� ritenuto�chenonpuo�considerarsiestraneo�alreato�ilsoggetto�cheneabbiarica- vato�vantaggieutilita�,purche�nonsisia�trovato�inbuonafedeedinstatodiaffi- damento�incolpevole).� Al�riguardo�e�opportuno�richiamare�quanto�affermato�da�Cass.�sez.�I� civ.�12535/99:�``l'esigenza�di�non�vanificare�l'intervento�sanzionatorio�dello� Stato�induce�a�dubitare�e�quindi�ad�escludere�che�l'accertamento�della�legitti- mita�del�diritto�di�sequela�vantato�dal�terzo�creditore�privilegiato�possa�con- sistere�nel�mero�controllo�della�data�di�iscrizione�della�formalita�ipotecaria�e� nell'astratta�verifica�dell'esistenza�di�un�credito,�peraltro�agevolmente�docu- mentabile�nell'ipotesi�di�illecito�accordo.�L'accertamento�del�diritto�del�terzo� impone�un'indagine�piu�estesa�ed�approfondita�che,�per�intuibili�ragioni,� puo�essere�svolta�solo�dal�giudice�penale,�con�garanzia�del�contraddittorio,� in�sede�di�procedimento�di�esecuzione''.� Alla�stregua�di�quanto�sin�qui�esposto�puo�quindi�affermarsi:� a)�che�i�diritti�ipotecari�dei�terzi�sui�beni�confiscati�non�vengono�pre- giudicati�quando�non�emerga�in�sede�penale�la�certezza�di�una�situazione�di� non�estraneita�al�reato�del�terzo�o�di�mala�fede�o�di�colpevole�affidamento� nell'acquisto�del�credito�ipotecario;� b)�che�tali�diritti�non�consentono�comunque�al�terzo�di�agire�in�execu- tivis�sul�bene�confiscato,�potendosi�altrimenti�compromettere�la�finalita�per- seguita�dall'art.�2-undecies,�co.�2,�legge�575/1965�introdotto�dalla�legge� 109/1996;� c)�che�ove�il�bene�confiscato�venga�venduto�il�creditore�ipotecario�(la� cui�estraneita�al�reato�sia�stata�accertata)�ha�diritto�di�ottenere�la�soddisfa- zione�del�suo�credito�fino�a�concorrenza�del�ricavato�e�col�rispetto�dell'ordine� delle�prelazioni;� d)�che,�ove�invece�al�bene�confiscato�sia�data�una�destinazione�pub- blica�conforme�alle�previsioni�dell'art.�2-undecies,�co.2,�legge�575/1965�intro- dotto�dalla�legge�109/1996,�il�creditore�ipotecario�potra�ottenere�dallo�Stato� (divenuto�titolare�del�bene�a�seguito�della�confisca)�soddisfazione�in�danaro� del�proprio�credito�entro�i�limiti�di�valore�del�bene�confiscato�quale�emer- gente�dalla�stima�fattane�o�in�sede�di�acquisizione�da�parte�dello�Stato�o,�in� caso�di�contestazione,�col�ricorso�a�rimedi�di�tipo�giurisdizionale�volti�a� determinare�la�misura�del�credito�satisfattibile�sul�valore�equivalente�al�bene� confiscato.� Per�le�ragioni�sopra�illustrate,�si�esprime�l'avviso�che�sussistano�fondati� motivi�per�proporre�opposizione�all'esecuzione�promossa�dalla�I.�s.p.a.�.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� A.G.S. ^Parere del 5 maggio 2004, n. 66043. Interpretazione delle disposizioni contenute nell'art. 9-bis�della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in materia di condono fiscale (consultivo�20133/04,� avvocato�G.�De�Bellis).� �Con�la�nota�in�riferimento�e�la�successiva�n.�2004/71712�pervenuta�il� 24�aprile�2004,�codesta�Agenzia�ha�chiesto�il�parere�della�Scrivente�in�ordine� alla�esatta�portata�applicativa�dell'art.�9-bis della�legge�n.�289/2002�recante� �Definizione dei ritardati od omessi versamenti�. Tale�disposizione�(introdotta�dal�23�febbraio�2003�con�la�legge�n.�27/2003� di�conversione�del�D.L.�n.�282/2002),�nel�testo�attuale�ai�commi�1�e�2,�dispone:� �1.�^Le�sanzioni�previste�dall'articolo�13�del�decreto�legislativo� 18�dicembre�1997,�n.�471,�non�si�applicano�ai�contribuenti�e�ai�sostituti�d'im- posta�che�alla�data�del�16�aprile�2003�provvedono�ai�pagamenti�delle�imposte� o�delle�ritenute�risultanti�dalle�dichiarazioni�annuali�presentate�entroil 31�ottobre�2002,�per�le�quali�il�termine�di�versamento�e�scaduto�anterior- mente�a�tale�data.�Se�gli�importi�da�versare�per�ciascun�periodo�di�imposta� eccedono,�per�le�persone�fisiche,�la�somma�di�3.000�euro�e,�per�gli�altri�sog- getti,�la�somma�di�6.000�euro,�gli�importi�eccedenti,�maggiorati�degli�interessi� legali�a�decorrere�dal�17�aprile�2003,�possono�essere�versati�in�tre�rate,�di�pari importo,�entro�il�30�novembre�2003,�il�30�giugno�2004�e�il�30�novembre�2004.� 2.�^Se�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�sanzioni�sono� state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi,�le�sanzioni�di�cui�al�comma�1�non�sono� dovute�limitatamente�alle�rate�non�ancora�scadute�alla�data�del�16�aprile� 2003,�a�condizione�che�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�iscritte�a�ruolo� siano�state�pagate�o�vengano�pagate�alle�relative�scadenze�del�ruolo;�le�san- zioni�di�cui�al�comma�1�non�sono�dovute�anche�relativamente�alle�rate�sca- dute�alla�predetta�data�se�i�soggetti�interessati�dimostrano�che�il�versamento� non�e�stato�eseguito�per�fatto�doloso�di�terzi�denunciato,�anteriormente�alla� data�del�31�dicembre�2002,�all'autorita�giudiziaria�.� Successivamentel'art.�2comma45dellaleggen.�350/2003hastabilitoche:� �Le�disposizioni�dell'articolo�9-bis,�commi�1�e�2,�della�legge�27�dicembre� 2002,�n.�289,�si�applicano�ai�pagamenti�delle�imposte�e�delle�ritenute�dovute� alla�data�di�entrata�in�vigore�della�presente�legge,�ed�il�relativo�versamento� e�effettuato�entro�il�16�aprile�2004,�ovvero,�per�i�ruoli�emessi,�alla�scadenza� prevista�per�legge.�Qualora�gli�importi�da�versare�ai�sensi�del�presente� comma,�in�applicazione�del�comma�1�del�citato�articolo�9-bis,�eccedano,�per� le�persone�fisiche,�la�somma�di�3.000�euro�e,�per�gli�altri�soggetti,�la�somma� di�6.000�euro,�gli�importi�eccedenti�possono�essere�versati�in�tre�rate�con�le� modalita�stabilite�con�il�decreto�del�Ministero�dell'economia�e�delle�finanze,� di�cui�all'articolo�1,�comma�2,�ultimo�periodo,�del�decreto-legge�24�giugno� 2003,�n.�143,�convertito,�con�modificazioni,�dalla�legge�1�agosto�2003,� n.�212,�come�modificato�dall'articolo�34,�comma�1,�lettera�b),�del�decreto- legge�30�settembre�2003,�n.�269,�convertito,�con�modificazioni,�dalla�legge� 24�novembre�2003,�n.�326�� Dall'esame�delle�citate�disposizioni�si�evince�pertanto:� 1)�che�i�commi�1�e�2�dell'art.�9�bis prevedono�due�diverse�modalita�di� definizione�in�caso�di�omessi�pagamenti�di�imposte�o�ritenute�risultanti�dalle� dichiarazioni�annuali�ivi�indicate.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�entrambi�i�casi�si�evita�il�pagamento�delle�sanzioni.�Nella�definizione� ai�sensi�del�comma�1�e��inoltre�consentito�il�pagamento�in�tre�rate�(se�la� somma�da�versare�e��superiore�a�. 3.000�per�le�persone�fisiche�ovvero�a� . 6.000�per�gli�altri�soggetti),�oltre�interessi.� 2)�Nella�definizione�ai�sensi�del�comma�2�l'esonero�dalle�sanzioni�e�� invece�subordinato�al�pagamento�delle�imposte�e�delle�ritenute�non�versate� �alle�relative�scadenze�del�ruolo�.� Il�discrimine�tra�le�due�definizioni�risulta�dal�comma�2,�destinato�ad� applicarsi�nei�casi�in�cui��le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�san- zioni�sono�state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi�.� Nella�Circolare�n.�7/E�del�18�febbraio�2004�e��stato�precisato�che�la�data� di�emissione�dei�ruoli�a�cui�occorre�fare�riferimento�(dopo�l'entrata�in�vigore� dell'art.�2�comma�45�della�legge�n.�350/2003)�e��il�1�gennaio�2004.� A�tale�riguardo�codesta�Agenzia�evidenzia�come�alcuni�contribuenti� hanno�ritenuto�di�individuare�la�data�di�emissione�del�ruolo�in�quella�di�noti- fica�della�cartella�di�pagamento;�conseguentemente�hanno�ritenuto�che�la� definizione�ai�sensi�del�comma�1�sia�consentita�anche�in�presenza�di�iscrizioni� a�ruolo�gia��eseguite�alla�data�del�23�febbraio�2003�(ovvero�del�1.�gennaio� 2004)�allorche�le�notificazioni�delle�relative�cartelle�siano�state�effettuate� dopo�l'entrata�in�vigore�dell'art.�9-bis�(23�febbraio�2003)�ovvero�dopo�il� 1�gennaio�2004�a�seguito�dell'ampliamento�dell'ambito�di�applicazione�del� medesimo�art.�9-bis�disposto�dal�citato�art.�2�comma�45�della�legge� n.�350/2003.� Questa�Avvocatura�osserva�in�primo�luogo�che�la�formulazione�letterale� della�norma�(�le�imposte�e�le�ritenute�non�versate�e�le�relative�sanzioni�sono� state�iscritte�in�ruoli�gia�emessi�)�non�e��di�per�se�di�inequivoco�significato,� avendo�il�legislatore�fatto�riferimento�al�termine��emissione��(dei�ruoli),�anzi- che�a�quello�piu��puntuale�di��formazione��degli�stessi,�quale�indicato�e�rego- lato�nel�vigente�art.�12�del�d.P.R.�n.�602/1973�(come�sostituito�dall'art.�4�del� D.Lgs.�n.�46/1999),�formazione�che�si�realizza�con�la�sottoscrizione�del�tito- lare�dell'ufficio�cui�consegue�anche�la�esecutivita��(comma�4�del�medesimo� art.�12).� Ai�fini�della�corretta�interpretazione�del�comma�2,�occorre�peraltro�con- siderare�che�il�comma�3�dell'art.�9-bis�dispone:��Per�avvalersi�delle�disposi- zioni�dei�commi�1�e�2�i�soggetti�interessati�sono�tenuti�a�presentare�una� dichiarazione�integrativa,�...�indicando�in�apposito�prospetto�le�imposte�o�le� ritenute�dovute�per�ciascun�periodo�di�imposta�e�i�dati�del�versamento�effet- tuato,�nonche�gli�estremi�della�cartella�di�pagamento�nei�casi�di�cui�al� comma�2�.� Tale�ultima�previsione�sembra�porsi�in�contrasto�con�quanto�previsto�nel� precedente�comma�2,�se�esso�venga�inteso�nel�senso�di�attribuire�rilievo�deci- sivo�alla�sola�data�di�formazione�del�ruolo.� E�evidente�infatti�che�se�per�avvalersi�del�beneficio�di�cui�al�comma�2� fosse�sufficiente�l'intervenuta�formazione�del�ruolo,�sarebbe�impossibile�indi- care�nella�dichiarazione�integrativa��gli�estremi�della�cartella�di�pagamento�� in�tutti�i�casi�in�cui�questa�non�sia�stata�notificata.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� L'espressa�previsione�contenuta�al�riguardo�nel�comma�3�porta�pertanto� a�ritenere�che�il�legislatore�con�il�riferimento�ai��ruoli�gia�emessi�,�abbia� inteso�imporre�la��menofavorevole��definizione�ai�sensi�del�comma�2�ai�con- tribuenti�gia�iscritti�nei�ruoli�ai�quali�fosse�anche�gia�notificata�alla�data�di� riferimento�la�cartella�esattoriale,�i�cui�estremi�il�contribuente�avrebbe� dovuto�pertanto�necessariamente�conoscere�e�quindi�indicare�nella�dichiara- zione�integrativa�(come�previsto�nel�comma�3�e�ribadito�nelle�istruzioni�al� relativo�modello�^quadro�E,�Sez.�II�^approvato�dal�Direttore�dell'Agenzia,� in�cui�si�stabilisce�che�deve�essere�indicato��il�numero�identificativo�del�ruolo� desunto�dalla�cartella�dipagamentonotificata)�.� Tale�interpretazione�appare�del�resto�anche�la�piu�aderente�ai�principi� contenuti�nello�Statuto�dei�diritti�del�contribuente�(approvato�con�legge� n.�212/2000),�in�tema�di�tutela�dell'affidamento,�buona�fede�ed�effettiva�cono- scenza�degli�atti,�non�apparendo�coerente�con�gli�stessi�^che�costituiscono� attuazione�degli�articoli�3,�23,�53�e�97�della�Costituzione�^ancorare�l'opzione� definitoria�del�contribuente�ad�una�circostanza�di�fatto�al�medesimo�non� nota�(formazione�o�meno�del�ruolo),�tenuto�conto�altres|�della�difficolta� oggettiva�per�i�contribuenti�di�accertare�l'esistenza�di�un�presupposto,�frutto� di�una�mera�attivita�interna�degli�uffici�per�la�quale�non�sono�ora�previste� ulteriori�forme�di�pubblicita�(anteriormente�alla�notifica�della�cartella).� In�considerazione�di�cio�la�Scrivente�concorda�con�codesta�Agenzia�nel� ritenere�valida�la�definizione�ai�sensi�del�comma�1�anche�per�i�contribuenti� nei�cui�confronti,�alla�data�di�entrata�in�vigore�delle�richiamate�disposizioni,� non�era�ancora�stata�notificata�la�cartella�di�pagamento,�ancorche�alla�stessa� data�il�ruolo�fosse�gia�stato�formato�.� A.G.S. ^Parere del 23 giugno 2004, n. 90482. Se�l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997,�convertito�in�legge�3�maggio�1997,�n.�135,� inmateria�dirimborso�dellespesedipatrocinio�legale�dapartedell'amministra- zione,�sia�applicabile�anche�in�caso�di�condanna�della�contropoarte�alla�rifusione� delle�spese�in�favore�del�dipendente.�(cs.�10040/03,�avvocato�W.�Ferrante).� �In�relazione�alla�richiesta�di�rimborso�di�spese�legali�avanzata�dal� dipendente�Sig.�C.�S.,�codesta�amministrazione�ha�chiesto�il�parere�della�Scri- vente�in�ordine�alla�sussumibilita�della�fattispecie�tra�quelle�previste�dal- l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997�n.�67,�convertito�in�legge�3�maggio�1997�n.�135,� avendo�il�Tribunale�di�L.�condannato�la�parte�soccombente�alla�rifusione� delle�spese�legali�in�favore�del�predetto�dipendente.� Tale�norma�e�volta�a�sollevare�i�dipendenti�statali�dall'onere�di�esborsare� le�spese�legali�sostenute�nell'ambito�di�giudizi�per�responsabilita�civile,�penale� e�amministrativa�``in�conseguenza�di�fatti�ed�atti�connessi�con�l'espletamento� del�servizio�o�con�l'assolvimento�di�obblighi�istituzionali''�qualora�il�processo�si� concluda�con�``provvedimento�che�escluda�la�loro�responsabilita�''.� Per�quanto�concerne�in�particolare�i�giudizi�civili�e�amministrativi�^e,� per�il�processo�penale,�nel�caso�di�condanna�alle�spese�relative�all'azione� civile�ex�art.�541�c.p.p.�^tale�disposizione�non�puo�tradursi�pero�,�com'e� ovvio,�in�un�indebito�arricchimento�per�il�dipendente,�nel�caso�in�cui�il�prov- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� vedimento�giurisdizionale�abbia�espressamente�riconosciuto�in�suo�favore�la� rifusione�delle�spese�a�carico�della�controparte�soccombente.�In�tale�eventua- lita�,�il�dipendente�verrebbe�infatti�a�percepire�due�volte�la�stessa�somma:� dalla�controparte�e�dallo�Stato.� La�ratio della�disposizione�e�di�tenere�indenne�il�dipendente�da�un�costo� che�il�legislatore�ritiene�non�giustificato�^stante�la�connessione�dei�fatti� oggetto�della�vicenda�giudiziaria�con�l'attivita�di�servizio�svolta�e�l'esclusione� di�ogni�responsabilita�a�carico�del�dipendente�medesimo�^e�certamente�non� quella�di�attribuire�allo�stesso�un�vantaggio�patrimoniale,�come�si�evince� chiaramente�dalla�rubrica�della�norma�de quo che�si�riferisce�al�``rimborso''� delle�spese�di�patrocinio�legale.�Ne�possono�rilevare�le�difficolta�incontrate� in�concreto�nel�recupero�delle�spese�dalla�controparte,�nella�specie�nemmeno� provate.� L'art.�18�legge�n.�135/1997,�peraltro,�non�prevede�una�ipotesi�di�surroga- zione�legale,�ulteriore�rispetto�a�quelle�tassativamente�previste�dall'art.�1203� c.c.,�che�legittimerebbe�l'amministrazione�che�ha�rimborsato�le�spese�al� dipendente�a�surrogarsi�nei�diritti�di�quest'ultimo�nei�confronti�della�contro- parte�soccombente�condannata�alla�rifusione�delle�spese�in�suo�favore.�La� surrogazione�volontaria�ex art.�1201�c.c.�richiederebbe�invece,�di�volta�in� volta,�un�accordo�espresso�tra�dipendente�e�amministrazione�^esulante� comunque�dalla�disciplina�dell'art.�18�citato�^e�comporterebbe�per�l'ammini- strazione�l'onere�di�instaurare�un�nuovo�giudizio�(sia�pure�ex art.�633�c.p.c.),� nei�confronti�della�controparte�processuale�del�dipendente,�ai�fini�di�costi- tuire�un�titolo�esecutivo�a�proprio�favore.� Diverso�profilo�e�quello�attinente�alla�vincolativita�della�liquidazione� delle�spese,�effettuata�dal�giudice,�per�l'Avvocatura�dello�Stato�chiamata�a� rendere�il�parere�di�congruita�ex art.�18�citato.�In�proposito,�si�ritiene�che,� pur�costituendo�la�liquidazione�giudiziale�un�parametro�di�riferimento�nella� valutazione�di�congruita�,�l'Avvocatura�dello�Stato,�in�quanto�direttamente� investita�dal�legislatore�di�tale�potere�tecnico�^discrezionale,�possa�anche� discostarsene�nel�quantum,�riconoscendo�il�rimborso�di�una�somma�diversa,� sempre�nel�rispetto�dei�minimi�e�dei�massimi�tariffari.�Inoltre,�come�rilevato� anche�con�la�Circolare�dell'Avvocato�Generale�n.�31/2004,�a�differenza�del� parere�del�Consiglio�dell'Ordine,�che�ha�ad�oggetto�il�rapporto�avvocato- cliente,�il�parere�dell'Avvocatura�dello�Stato�deve�esprimersi�sul�rapporto� amministrazione-dipendente,�accertando�quanto�oggettivamente�la�priman on�legata�da�alcun�rapporto�con�l'avvocato�^deve�rimborsare�al�secondo.� Nella�fattispecie,�a�fronte�di�una�liquidazione�da�parte�del�Tribunale�di� L.�di�. 5000,00�oltre�IVA�e�CPA�(6100,00)�e�una�parcella�del�difensore�del� Sig.�C.S.�di�. 9.579,00,�non�si�ritiene�peraltro�di�dover�riconoscere�il�rim- borso�della�differenza�tra�quanto�liquidato�dal�giudice�a�carico�della�contro- parte�e�quanto�corrisposto�dal�dipendente�al�proprio�legale,�atteso�che�la� domanda�riconvenzionale�proposta�dal�Sig�C.S.,�il�cui�importo�ha�reso�appli- cabile�uno�scaglione�superiore,�e�stata�rigettata�dal�Tribunale,�con�conse- guente�soccombenza�parziale�del�dipendente�.� I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO A.G.S. ^Parere del 30 giugno 2004, n. 93030. Gara a procedura ristretta per lo svolgimento di servizi di sviluppo e gestione del Sistema Informativo dell'Istruzione. (Contenziosi nn. 13160/03 e 12629/03, avvocato V. Nunziata). �Con riferimento a quanto richiesto con nota in data 7 giugno 2004 si osserva quanto segue. Codesta Amministrazione, che sta provvedendo a prestare esecuzione alle note decisioni del Consiglio di Stato relative alla gara in oggetto, riferisce di talune perplessita� manifestate dalla Commissione che e� stata a tal fine riconvocata. La Commissione giudicatrice sostanzialmente dubita, in relazione ai contenuti di una diffida proposta dalla societa� I., della legittimita� della disposizione della lettera di invito che consentiva la valutazione delle prece- denti esperienze delle societa� partecipanti alla gara, nonostante tali elementi assumessero gia� autonoma rilevanza nella fase di prequalifica. Anche la societa� E. ha posto la specifica questione e codesta Ammini- strazione ha qui inviato copia della denunzia alla Corte di Giustizia proposta in data 14 giugno 2004 dalla medesima societa� per asserita violazione degli articoli 31, 32 e 36 della direttiva 92/50/CEE. Al riguardo si osserva che, in astratto, l'eccezione sollevata ha una sua rilevanza, posto che anche nell'ordinamento interno (cfr. Cons. Stato, V, 16 aprile 2003, n. 1993, in Cons. Stato 2003, I, 955) si e� affermata la necessita� della distinzione tra criteri soggettivi di verifica della capacita� dei parteci- panti alla gara nella fase di preselezione e criteri oggettivi attinenti all'aggiu- dicazione vera e propria e dunque alla valutazione delle offerte. In punto di fatto, peraltro, sembrano preliminarmente necessarie alcune precisazioni. Risulta infatti dalla documentazione qui trasmessa per le vie brevi che il bando di gara disponeva (punto 13) che costituissero condizioni minime per la partecipazione alla gara determinati livelli di fatturato, sia complessivo che riferito a servizi informatici. La lettera di invito (punto 3.7) prevedeva poi, con riguardo alla valutazione delle offerte, che si tenesse conto di vari elementi quale, tra l'altro, �l'esperienza del fornitore�. La Commissione di gara ha quindi ulteriormente precisato in sede di valutazione tale aspetto, individuando analiticamente varie sottovoci ritenute significative, finalizzate ad un approfondimento qualitativo delle capacita� dei soggetti partecipanti (ad esempio, �centri servizi gia� attivi�, �gestione di grandi realizzazioni, �ruolo di partner mediante attivita� di projectfinancing�, ecc). Non vi e� dunque reale sovrapposizione tra tale valutazione e quella rela- tiva alle condizioni minime di ammissione previste dal bando. Appare cioe� logico ritenere che ai soli fini della partecipazione alla gara si sia tenuto conto delle dimensioni delle aziende e della loro specifica competenza in materia informatica. La maggiore analiticita� dei criteri predisposti dalla Commissione appare invece piu� direttamente finalizzata a valutare nel detta- glio la specifica tipologia delle esperienze maturate dalle aziende. Se la ratio della giurisprudenza citata e� quella di vietare che i medesimi requisiti siano oggetto di doppia valutazione, si puo� dunque affermare che la situazione di fatto non corrisponde a quella che si assume non consentita. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ma,�soprattutto,�occorre�tenere�conto�della�particolare�situazione�proce- dimentale�nella�quale�codesta�Amministrazione�si�trova�ad�operare,�che�e� naturalmente�condizionata�dall'esigenza�di�dare�esecuzione�alle�decisioni�del� Consiglio�di�Stato.� Nella�fase�contenziosa,�la�societa�E.�propose�in�effetti�tale�specifico� motivo�di�censura,�ma�esso�fu�dichiarato�inammissibile�dal�T.A.R.�Lazio� con�la�decisione�n.�7684/03�(pagina�9),�in�quanto,�secondo�quel�giudice,�la� relativa�censura�avrebbe�dovuto�essere�tempestivamente�proposta�avversola� lettera�di�invito.� Ne�la�questione�e�stata�espressamente�esaminata�in�appello,�nonostante� il�gravame�proposto,�in�quanto�presumibilmente�ritenuta�assorbita�dal�Consi- glio�di�Stato.� Conclusivamente,�la�specifica�questione�e�al�di�fuori�delle�decisioni�cui�si� deve�prestare�esecuzione.� Ne�l'Amministrazione�potrebbe�ora�procedere,�cos|�sostituendosi�al�giu- dice,�alla�disapplicazione�della�lettera�di�invito,�ancorche�in�ipotesi�illegittima� per�violazione�del�diritto�interno�o�del�diritto�comunitario.�L'atto�in�que- stione�e�infatti�efficace�e�vincolante,�essendo�sopravvissuto�al�sindacato�giuri- sdizionale�(cfr.,�per�il�divieto�di�disapplicazione�del�bando�di�gara,�ex�pluri- mis,�Cons.�di�Stato,�V,�3�ottobre�2002,�n.�5212).�Ad�esso�quindi�codesta� Amministrazione,�allo�stato�del�procedimento,�deve�dare�applicazione,�dando� esecuzione�alle�decisioni�del�Consiglio�di�Stato,�nei�limiti�in�cui�esse�hanno� ritenuto�la�illegittimita�di�specifici�ed�individuati�atti�di�gara.� Con�riguardo�al�ricorso�proposto�da�E.,�tali�atti�sono�individuati�dalla� decisione�del�Consiglio�di�Stato�n.�1458/04�nelle�operazioni�della�Commis- sione�di�gara�che�ha�valutato�l'offerta�E. E�noto�tra�l'altro�che�E.�ha�proposto�ricorso�per�ottemperanza,�e�in�tale� sede�il�Consiglio�di�Stato�valutera�la�correttezza�delle�modalita�con�cui�l'Am- ministrazione�sta�procedendo�all'esecuzione.� Con�l'occasione�si�trasmette�copia�dei�motivi�aggiunti�qui�notificati�ad� istanza�di�I.�.� A.G.S. ^Parere del 23 luglio 2004, n. 102371. Contratti�di�fornitura�assistenza�sistemica�per�uffici�giudiziari.�Cessione� dei�contratti.�Applicabilita�dell'art.�35�della�legge�n.�109/94.�(Consultivo� n.�27972/04,�avvocato�C.�Sica).� �Con�la�nota�indicata�in�epigrafe,�codesta�Amministrazione�chiede�di� acquisire�il�parere�di�questa�Avvocatura�Generale�sull'opportunita�di�autoriz- zare�il�subentro�della�T.�s.p.a.�nei�contratti�dalla�I.�s.p.a.�stipulati�con�codesta� Amministrazione.� Trattasi�di�due�contratti�(omissis)�in�corso�di�esecuzione,�stipulati�dalla�I.� s.p.a�rispettivamente�quale�mandataria�e�quale�mandante�di�un�Raggruppa- mento�Temporaneo�di�Imprese.� Codesta�Amministrazione�riferisce�che�la�T.�s.p.a.�ha�preso�in�affitto� l'azienda�costituita�dalle�attivita�industriali�della�I.�s.p.a,�postasi�in�liquida- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� zione�volontaria,�ed�ha�espressamente�richiesto�di�subentrare�nei�contratti�de� quibus,�essendo�la�stessa�in�possesso�dei�requisiti�oggettivi�e�soggettivi�previsti� dai�bandi�di�gara.� Cio�premesso�in�linea�di�fatto,�si�osserva�quanto�segue.� In�linea�generale,�la�previsione�normativa�di�cui�all'art.�18,�comma�2,� della�legge�n.�55�del�1990,�e�s.m.i.,�obbligando�all'esecuzione�in�proprio�delle� opere�e�dei�lavori�e�comminando�espressamente�la�nullita�della�cessione�del� contratto,�sembra�ostare�all'esercizio�del�potere�autorizzatorio�richiesto.� Rispetto�a�tale�previsione�normativa,�diretta�a�contrastare�l'infiltrazione� dei�metodi�mafiosi�nei�pubblici�appalti,�gli�artt.�35�e�36�della�legge�n.�109� del�1994�(trascurato,�per�irrilevanza,�il�problema�della�loro�applicabilita� p ur�riconosciuta�dalla�giurisprudenza�^ai�servizi�ed�alle�forniture)�hanno�evi- dentemente�natura�derogatoria.� Trattasi,�quindi,�di�disposizioni�di�stretta�interpretazione,�come�tali�non� suscettibili�di�interpretazione�estensiva.� E�siccome�i�citati�artt.�35�e�36�non�contemplano�l'affitto�d'azienda��tout� court�,�appare�evidente�che�siffatta�forma�di�modificazione�di�una�parte�con- traente�non�risulta�consentita�negli�appalti�banditi�dalle�pubbliche�ammini- strazioni.� Del�resto,�e�di�tutta�evidenza�la�differenza�dell'affitto�(che�mantiene�nel� mondo�giuridico�e�fattuale�sia�l'azienda�aggiudicataria�che�l'azienda�affittua- ria)�da�tutte�le�altre�forme�di�trasferimento�dell'azienda�(ove�da�due�aziende� ne�residua�una),�con�ogni�conseguente�legittimita�di�diversita�di�regolamenta- zione�.� A.G.S. ^Parere del 24 luglio 2004, n. 102962. Cessione�di�ramo�d'azienda:�efficacia�ex�art.�35�legge�n.�109/94.�Responsa- bilita�del�cessionario�per�debiti�del�cedente:�condizioni.�Legittimita�di�fermo� amministrativo�di�crediti�vantati�dal�cessionario�verso�la�P.A.�(Consultivo� n.�17285/03,�avvocato�M.�Corsini).� �Esaminata�la�complessa�vicenda,�alla�luce�sia�dei�provvedimenti�di� fermo�amministrativo�disposti�nei�confronti�della�s.p.a.�I.�e�della�s.p.a.F.� (gia�ritenuti�legittimi�dal�giudice�amministrativo�con�pronunce�divenute�defi- nitive�ed�attualmente�oggetto�d'esame�da�parte�del�Tribunale�di�Roma)�sia� delle�intervenute�cessioni�di�ramo�d'azienda�da�quelle�ad�altre�imprese,�que- sta�Avvocatura�osserva�quanto�segue.� Codesto�Ministero,�riferito�che�con�atto�del�21�luglio�1999�la�s.p.a.�F.�ha� ceduto�alla�s.p.a.�C.�il�ramo�d'azienda�cui�appartiene�il�rapporto�controverso,� e�che�con�atto�del�27�aprile�2000�(poi�sostituito�con�altro�atto)�analogamente� ha�provveduto�s.p.a.�I.�in�favore�di�s.p.a.�P.,�chiede�quali�effetti�derivano�dalle� intervenute�cessioni�al�credito�erariale�attualmente�garantito�dal�fermo� amministrativo.� Dopo�una�nota�interlocutoria�volta�ad�acquisire�migliori�elementi,�con� nota�del�10�febbraio�2004�n.�20634�la�Scrivente�prospettava�l'azionabilita�del� principio�generale�secondo�cui�ai�sensi�dell'art.�2560�cod.�civ.�dovrebbero� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ritenersi�ceduti�unitamente�al�ramo�d'azienda�anche�i�debiti�relativi�a�questo,� con�contestuale�solidarieta�tra�cedente�e�cessionario�nei�confronti�del�debi- tore�ceduto.� A�tale�nota�ha�replicato�l'amministrazione�facendo�presente�che�in�altra� occasione�da�altra�Direzione�Generale�(transazione�di�competenza�dell'ex� Agensud)�sarebbe�stato�acquisito�parere�del�Consulente�Giuridico�avvocato� dello�Stato,�in�virtu�del�quale�la�cessione�di�ramo�d'azienda�intervenuta�tra� F.�e�C.�non�potrebbe�avere�l'effetto�traslativo�del�debito,�in�quanto�quest'ul- timo�non�risulterebbe�dalle�scritture�contabili�ed�inoltre�l'amministrazione�si� sarebbe�opposta�alla�cessione�del�contratto�d'appalto�impedendo�cos|�che� esso�transitasse�unitamente�al�ramo.� Ora,�con�riferimento�alla�cessione�del�contratto,�sembra�potersi�precisare� che�non�si�e�avuto�alcun�rifiuto�di�accettazione�da�parte�dell'amministra- zione.� Come�e�noto,�l'art.�35�della�legge�1l�febbraio�1994�n.�109�(che�detta�una� deroga�qualificata�al�principio�della�incedibilita�del�contratto�di�appalto�di� lavori�pubblici)�dispone�che�le�cessioni�di�ramo�d'azienda�non�siano�efficaci� nei�confronti�della�committente�pubblica�fino�a�che�il�cessionario�non�comu- nichi�la�propria�composizione�societaria�ai�fini�del�controllo�ex D.P.C.M.� 187/1991,�e�non�dimostri�il�possesso�dei�requisiti�necessari�ad�eseguire�il�con- tratto�ceduto;�una�volta�effettuate�tali�comunicazione�e�dimostrazione,�si� ritiene�che�l'amministrazione�non�possa�opporsi�alla�cessione�anche�se�le�e� concesso�uno�spatium deliberandi di�sessanta�giorni.� La�documentazione�trasmessa�riguarda�invero�solo�l'ipotesi�della�ces- sione�F.-C.,�e�da�essa�e�dato�desumere�che:�l'impresa�ha�reso�nota�l'interve- nuta�cessione�e�l'amministrazione�si�e�limitata�ad�opporre�l'inefficacia�di� legge�per�difetto�delle�necessaria�comunicazioni�e�dimostrazioni.�Nelle�more,� e�sempre�in�regime�di�inefficacia,�e�intervenuta�la�rescissione�del�contratto� ex art.�340�L.F.,�cosicche�il�Ministero�ha�fatto�presente�che�il�contratto�d'ap- palto�non�poteva�trasferirsi�unitamente�al�ramo�d'azienda�(non�per�rifiuto,� ma)�perche�non�piu�esistente.� Nulla�risulta�invece�con�riguardo�al�rapporto�I.-P.,�ma�si�puo�affermare� che�nell'un�caso�e�ancor�di�piu�nell'altro�(di�molto�posteriore)�non�si�e�avuta� alcuna�cessione�di�contratto,�ed�alcuna�ricusazione�della�cessione�da�parte� dell'amministrazione.�Indipendentemente�dalle�sorti�del�contratto,�tuttavia,� appare�difficile�contestare�che�le�cessioni�di�ramo�d'azienda�abbiano�avuto� effetto�anche�nei�confronti�del�Ministero�committente�e�tale�considerazione� non�puo�non�ripercuotersi�sulla�sorte�del�debito�che�le�cedenti�hanno�nei�suoi� confronti.� Secondo�l'interpretazione�della�fattispecie�data�dal�Consiglio�di�Stato�in� esito�la�noto�contenzioso,�trattasi�per�entrambe�le�imprese�di�obbligazione� passiva�da�ripetizione�di�indebito,�cui�tutte�e�due�sono�tenute�in�virtu�della� solidarieta�propria�delle�componenti�dell'ATI.� I�debiti�sono�dunque�da�ritenere�anteriori�al�trasferimento�del�ramo�d'a- zienda,�dovendosi�dare�rilievo�non�tanto�al�momento�della�risoluzione�del� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� contratto,�quanto�piuttosto�a�quello�della�materiale�effettuazione�del�paga- mento�non�dovuto,�restando�invece�irrilevanti�gli�atti�dell'amministrazione� che�hanno�accertato�e�quantificato�le�somme.� Cio�detto,�appare�certo�che�la�fattispecie�debba�ricadere�sotto�la�previ- sione�dell'art.�2560�del�codice�civile,�e�di�conseguenza�e�inevitabile�che�operi� la�regola�che�vuole�la�responsabilita�del�cessionario�subordinata�alla�condi- zione�che�il�debito�^ancorche�anteriore�alla�cessione�-risulti�dalle�scritture� contabili�obbligatorie�dell'azienda:�in�questo�senso�e�la�assolutamente� costante�giurisprudenza,�che�non�offre�margini�di�utile�ulteriore�esplora- zione.� E�d'altra�parte,�poiche�la�giurisprudenza�afferma�la�natura�inderogabile� della�pubblicita�derivante�dalle�scritture�contabili�ai�fini�della�prova�dell'esi- stenza�dei�debiti,�nessuna�rilevanza�puo�assumere�l'eventuale�conoscenza� che�le�cessionarie�possano�avere�avuto�della�situazione�debitoria�generale.� Ora,�salvo�il�migliore�e�definitivo�accertamento�contabile�da�demandarsi� necessariamente�a�codesta�amministrazione�(in�atti�v'e�la�cessione�I.-P.,�con� il�relativo�elenco�di�posizioni�debitorie,�ma�nulla�a�corredo�della�cessione� F.-C.),�qualora�le�scritture�contabili�non�evidenzino�alcunche�,�pare�debba� prendersi�atto�che�il�credito�erariale�non�puo�essere�soddisfatto�nei�confronti� delle�imprese�cessionarie�dei�rami�d'azienda�delle�debitrici,�contro�le�quali� pertanto�non�puo�essere�disposto�nuovo�e�distinto�fermo�amministrativo�ne� puo�essere�intrapresa�alcuna�azione�recuperatoria.� Nella�verifica�contabile�di�cui�sopra�codesta�amministrazione�vorra� tener�conto�del�fatto�che,�anche�ad�ammettere�che�la�quantificazione�del� debito�da�restituzione�sia�avvenuta�molto�dopo�le�cessioni,�ad�opera�delle� verifiche�contabili�proprie�del�collaudo,�potrebbe�esistere�^quanto�meno� con�riguardo�alla�cessione�I.-P.,�che�sembrerebbe�di�molto�posteriore�a�quella� F.-C.�^una�qualche�forma�di�risultanza�contabile�utilmente�opponibile,�deri- vante�dalla�conclamata�esistenza�del�decreto�di�rescissione�che�disponeva� per�la�restituzione�dell'anticipazione.� In�definitiva,�e�salvi�gli�approfondimenti�del�caso�come�evidenziato:� a) in�linea�di�principio,�ove�dalle�scritture�contabili�obbligatorie�di� entrambe�le�cedenti�non�risulti�alcunche�in�merito�alla�esistenza�dei�debiti� che�hanno�dato�luogo�al�fermo�amministrativo,�non�puo�utilmente�invocarsi� la�solidarieta�di�cui�all'art.�2560�del�cod.�civ.�e�quindi�non�v'e�possibilita�di� far�valere�il�credito�erariale�nei�confronti�delle�cessionarie;� b) di�conseguenza,�allo�stato,�non�v'e�ragione�per�rifiutare�o�ritardare� eventuali�pagamenti�dovuti�in�favore�di�queste�ultime;� c) codesta�Amministrazione�vorra�comunque�coltivare�la�procedura�di� insinuazione�nel�passivo�della�mandataria�S.;� d) la�Scrivente,�dal�canto�suo,�provvedera�ad�azionare�il�credito�con� autonome�domande�giurisdizionali�nei�confronti�delle�imprese�cedenti,�eda� tal�fine�si�rinnova�la�richiesta�di�cui�all'ultimo�capoverso�della�nota�10�feb- braio�2004�n.�20634�di�questa�Avvocatura�(omissis)�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A.G.S. ^Parere del 30 luglio 2004, n. 105616. Fermo�dei�beni�mobili�registrati�ex�art.�86�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito� dall'art.�1,�comma�1,�lettera�q),�del�d.lgs.�n.�193/2001.�Effetti�della�ordinanza� n.�3402/2004�del�23�giugno�2004�dal�T.A.R.�Lazio�(confermata�dal�Consiglio� di�Stato),�che�ha�sospeso�l'efficacia�della�Circolare�Ministeriale�24�novembre� 1999,�n.�221,�della�Risoluzione�dell'Agenzia�delle�entrate�n.�64/2002,�della�nota� dell'Agenzia�delle�entrate�protocollo�66384/2004�e�della�nota�22�marzo�2004� del�Concessionario�del�Servizio�Nazionale�per�la�Riscossione�dei�Tributi�della� Provincia�di�Roma,�aventi�ad�oggetto�la�disciplina�della�procedura�per�l'ado- zione�del�fermo�amministrativo.�Limitazione�di�detti�effetti�al�solo�rapporto� dedotto�in�giudizio,�atteso�che�anche�gli�atti�generali�impugnati�sono�soltanto� circolari�aventi�mero�valore�interpretativo�che�il�giudice�amministrativo�non�ha� ritenuto�di�condividere.�Opportunita�di�evitare,fino�all'adozione�del�regolamento� attuativo�dell'art.�86�del�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�dall'art.�1�comma�1,� lettera�q)del�d.lgs.�n.�193/2001,�l'emissione�diprovvedimenti�difermo�ammini- strativo�di�veicoli�per�i�ruoli�delle�entrate�tributarie�da�parte�dei�concessionari� delle�riscossioni�delle�entrate.�(Contenzioso�n.�27998/04,�avvocato�G.�Fiengo).� �Si�riscontra�la�nota�indicata�a�margine�con�la�quale�codesta�Agenzia�ha� domandato�l'avviso�della�Scrivente�in�merito�agli�effetti�dell'ordinanza�del� T.A.R.�Lazio�n.�3402/2004,�confermata�dal�Consiglio�di�Stato,�che�ha�accolto� la�richiesta�di�sospensione�degli�atti�impugnati�da�parte�del�Codacons.� A�tale�riguardo,�nel�portare�a�conoscenza�di�codesta�Agenzia�che�la� Scrivente,�al�fine�chiarire�ogni�dubbio�sull'autorita�giudiziaria�competente�a� conoscere�delle�controversie�che�nascono�dall'iniziativa�dei�concessionari�di� dar�corso�al�fermo�di�autoveicoli�registrati�ha�intenzione�di�proporre�dinanzi� alle�Sezioni�Unite�della�Corte�di�Cassazione,�istanza�di�regolamento�preven- tivo�di�giurisdizione,�si�osserva�che�gli�effetti�dell'ordinanza�del�giudice�ammi- nistrativo�non�possono�che�essere�circoscritti�alle�parti�in�causa.� Il�nostro�ordinamento,�infatti,�pur�riconoscendo�la�legittimazione�ad� agire�delle�associazioni�rappresentative�degli�interessi�diffusi�(art.�3�della� 1egge�30�luglio�1998�n.�281)�non�ha�ancora�istituito�l'azione�di�gruppo�(class� action)�di�matrice�anglosassone,�sicche�gli�effetti�delle�pronunce�giurisdizio- nali�sono�ancora�circoscritti,�in�base�al�parametro�delineato�dall'art.�2909� del�codice�civile,�alle�parti�del�giudizio�nonche�ai�loro�eredi�ed�aventi�causa.� Effetti�ultra�partes�delle�ordinanze�in�argomento�non�possono�derivare� inoltre�dalla�circostanza�che�fra�gli�atti�impugnati�figurano�circolari�ministe- riali�di�carattere�generale,�trattandosi�di�note�meramente�interpretative,�con� le�quali�codesta�Agenzia�ha�manifestato�il�proprio�avviso�circa�la�perdurante� vigenza�del�D.M.�7�settembre�1998�n.�503,�nelle�parti�non�incompatibili�con� lanuovadisciplinadelfermoamministrativodelineatadalD.Lgs.n.�193/2001,� lacui�sospensionedapartedel�giudiceamministrativo�sirisolvenel�disattendere� l'interpretazione�seguita�dall'amministrazione�finanziaria,�ma�pur�sempre�con� efficacia�limitata�al�rapporto�dedotto�in�giudizio.� La�portata�delle�ordinanze�cautelari�appare,�dunque,�quella�di�un�prece- dente�giurisprudenziale�sfavorevole,�da�tenere�in�considerazione�per�il�principio� di�diritto�in�esse�affermato,�sia�pure�ad�una�cognizione�sommaria�propria�della� fase�cautelare,�con�effetti�tuttavia�circoscritti�alle�parti�del�rapporto�processuale.� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Considerato�inoltre�che�il�Codacons�ha�esercitato�un'ordinaria�azione�di� annullamento�con�richiesta�di�sospensione�degli�atti�impugnati�e�non�l'azione� inibitoria�contemplata�dall'art.�3�comma�1�lett.�a)�della�1egge�n.�281/1998,� sembra�doversi�escludere�che�dalle�ordinanze�cautelari�emesse�dal�T.A.R.� Lazio�e�dal�Consiglio�di�Stato�possano�derivare�effetti�preclusivi�sul�potere�del� Concessionario�di�disporre�in�futuro�il�fermo�amministrativo�degli�autoveicoli.� Cio�nonostante,�l'orientamento�gia�assunto�da�codesta�Agenzia,�con�la� risoluzione�n.�92/E�del�22�luglio�2004,�indirizzata�ai�Concessionari,�di�aste- nersi�dal�disporre,�per�il�futuro,�i�fermi�amministrativi�su�autoveicoli�per�i� propri�ruoli,�puo�apparire�una�scelta�opportuna,�almeno�fino�all'emanazione� del�regolamento�attuativo�dell'art.�86�del�d.P.R.�n.�603/1979,�la�cui�adozione� appare�urgente�e�necessaria�sia�al�fine�di�superare�l'orientamento�contrario� di�tutte�le�autorita�giurisdizionali�che�si�sono�pronunciate,�a�torto�o�a� ragione,�nel�merito�della�controversia,�sia�in�considerazione�della�obiettiva� difficolta�del�debitore�di�opporsi,�davanti�a�giurisdizioni�a�volte�diverse,�a� ruoli�contenenti�una�eterogeneita�di�titoli�(omissis)�.� A.G.S. ^Parere del 2 agosto 2004, n. 106210. D.L.n. 269/03,art. 38:�Normedisemplificazioneinmateriadisequestro, fermo, confisca e alienazione dei veicoli�. (consultivo�n.�16756/04,�avvocato� P.�Palmieri).� �Con�la�nota�che�si�riscontra,�codesta�Amministrazione�ha�chiesto� parere�in�ordine�all'interpretazione�del�comma�10�dell'art.�38�del�d.l.�30�set- tembre�2003,�n.�269,�convertito�con�modificazioni�con�legge�24�novembre� 2003,�n.�326.� In�particolare�e�nel�momento�in�cui�sta�dando�attuazione�al�decreto�pre- fettizio�prot.�34/2000�U.O.�Depositi�con�cui�venne�disposta�una�procedura� straordinaria�di�rottamazione,�codesta�Amministrazione�chiede�di�conoscere� se��...perprocedure�non�ancora�concluse�debbano�intendersi�i�casi�in�cui�que- st'ufficio,�alla�data�di�entrata�in�vigore�del�decreto�in�argomento,�non�ha� ancora�provveduto�alla�liquidazione�del�saldo,�anche�se�il�titolare�della�depo- siteria,�alla�stessa�data,�ha�adempiuto�alle�prescrizioni�inerenti�alla�radia- zione,�oppure�solo�i�casi�in�cui�alla�ripetuta�data�non�sia�stata�conclusa�la� radiazione�e�dimostrato�l'avvenuto�adempimento�.� Cos|�riportato�il�quesito�posto,�va�premesso�che�^ai�sensi�dell'art.�12� delle�disposizioni�sulla�legge�in�generale�e�secondo�consolidata�giurispru- denza�^l'interpretazione�di�una�disposizione�normativa�deve�avvenire� secondo�il�criterio�letterale,�potendosi�ricorrere�ai�criteri�sussidiari�solo�in� caso�di�disposizione�letteralmente�non�chiara�o�non�univoca�(Cass.�Civ.,� Sez.�I,�n.�3359�del�16�ottobre�1975;�ibid., n.�5128�del�6�aprile�2001).� Cio�premesso,�il�gia�citato�comma�10�prevede�^per�quanto�rileva�al�fine� del�parere�richiesto�^che��le�procedure�di...�rottamazione�straordinaria...� qualora�non�ancora�concluse,�sono�disciplinate�dalle�disposizioni�del�presente� articolo.�In�questo�caso�i�compensi�dovuti�ai�custodi�e�non�ancora�liquidati� sono�determinati�ai�sensi�del�comma�6...�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dalla�lettera�della�disposizione�discendono�due�considerazioni�interpre- tative:�a) non�conclusa�deve�essere�la�procedura�di�rottamazione�straordina- ria;�b) i�compensi�da�determinare�ai�sensi�del�comma�6�si�riferiscono�(per� dettato�di�tale�comma�6)�espressamente�e�inequivocabilmente�alla�custodia� dei�veicoli.� Da�queste�due�considerazioni,�discendono�a�loro�volta�due�conclusioni� interpretative:� a) la�procedura�di�rottamazione�straordinaria�si�conclude�(appunto)�con� la�rottamazione�del�veicolo,�risultando�la�procedura�di�liquidazione�del�com- penso�al�custode�successiva�e�(secondo�i�casi)�eventuale�(si�pensi�all'interve- nuta�prescrizione�del�credito);�b) il�compenso�previsto�dal�ripetuto�comma�6� si�riferisce�espressamente�e�inequivocabilmente�alla�custodia,�onde�non�puo� essere�riconosciuto�una�volta�che�si�sia�conclusa,�secondo�buona�fede,�l'atti- vita�di�custode�sia�per�fatto�giuridico�sia�per�fatto�di�realta�(quale,�a�titolo� d'esempio,�la�distruzione�del�veicolo).� Si�rimane�disponibili�in�caso�di�necessita�di�chiarimenti�(omissis)�.� A.G.S. ^Parere del 5 agosto 2004, n. 108043. Quesito dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona. Trattamento dei praticanti all'Avvocatura dello Stato. (consultivo�n.�28275/04).� �Con�la�nota�in�oggetto�codesta�Avvocatura�Distrettuale�chiede�il�parere� della�Scrivente�sulla�possibilita�per�il�praticante�avvocato�presso�l'Avvocatura� dello�Stato�di��sostituire�il�dominus della�causa,�come�sua�longa manus�.� EsponealriguardocheillocaleConsigliodell'Ordinedegliavvocatihaprotestato� per�il�fatto�che�i�giovani�che�svolgono�la�pratica�forense�presso�codesta�Sede�ven- gonoincaricatidiparteciparealleudienze(davanti,pare,algiudiceunico)alposto� dell'avvocato�dello�Stato�senza�avere�ottenuto�la�previa�autorizzazione�dell'Or- dineall'esercizioinpropriodell'attivita�professionale.� La�cennata�opinione�dell'Ordine�e�stata�avallata�dalla�Commissione� Consultiva�del�Consiglio�Nazionale�Forense;�dissente�codesto�Ufficio,�il� quale�osserva�che�l'``autorizzazione�dell'�Avvocato�Generale�all'esercizio�della� pratica,�comunicata�al�Consiglio�dell'Ordine,�e�sostitutiva''�dell'autorizzazione� dell'Ordine:�in�conclusione,�i�praticanti�potrebbero�rappresentare�lo�Stato�in� giudizio�(davanti,�pare,�al�Giudice�di�Pace�e�al�Giudice�unico�monocratico).� Ritiene�la�Scrivente�che�la�disciplina�dell'Ordine�non�e�operante�nei�con- fronti�dell'Avvocatura�dello�Stato,�la�quale�dell'Ordine�non�fa�parte;�essa� riguarda,�invece,�i�praticanti�nei�soli�limiti�in�cui�l'attivita�che�essi�svolgono� e�propedeutica�all'esame�professionale,�che�permettera�loro�di�iscriversi�all'Albo.� Riconosciuta�in�tali�sensi�la�legittimazione�del�Consiglio�Nazionale� Forense�ad�occuparsi�dei�praticanti�dell'Avvocatura�dello�Stato,�non�puo� assolutamente�essere�condivisa�la�tesi�della�necessita�dell'autorizzazione�al� patrocinio�ex art.�8�R.�decreto�legge�n.�1578/1933�e�d.P.R.�10�aprile�1990,� n.�101,�previo�giuramento,�perche�quelli�possano�rappresentare�direttamente,� in�assenza�degli�avvocati�dello�Stato,�l'Amministrazione�in�giudizio,�nelle� udienze�avanti�al�Tribunale:�il�praticante�dell'Avvocatura�e�fuori,�come�tale,� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� dalla�disciplina�dell'Ordine�per�quanto�riguarda�l'attivita�che�svolge,�ne�� potrebbe,�per�suo�conto,�svolgere�un�autonomo�patrocinio�minore�in�favore� di�una�propria�clientela�(come�i�praticanti�presso�gli�Studi�professionali�pri- vati)�per�incompatibilita�,ne��,�infine,�il�sistema�legale�della�rappresentanza�in� giudizio�dell'Amministrazione�statale�puo�essere�derogato�da�una�``autorizza- zione''�amministrativa.� Ne��compete�al�Consiglio�dell'Ordine�o�al�CNF�dolersi�di�un'eventuale� eccedenza�del�praticante�dell'Avvocatura�dello�Stato�dalle�attribuzioni�sue� proprie,�sotto�il�profilo�della�non�corretta�concorrenza�nei�confronti�deipra- ticanti�degli�studi�privati,�perche��nessun�praticante�privato�potrebbe�svolgere� i�compiti�in�ipotesi�indebitamente�arrogati�dal�primo,�mentre�eventuali�peri- coli�di�nullita�processuali�possono�essere�misurati�ed�apprezzati�solo dall'Av- vocatura�dello�Stato�responsabile,�in�vista�delle�valutazioni�del�Giudice.� Per�concludere�sul�punto,�ne��puo�accettarsi�^se�non�nei�limiti�predetti�l a�legittimazione�dell'Ordine�ad�interloquire�in�materia,�ne��puo�condividersi� nel�merito�l'opinione�espressa�dal�CNF�circa�la�possibilita�per�i�praticanti� dell'Avvocatura�dello�Stato�di�svolgere,�previa�la�prescritta�autorizzazione,� un'autonoma�attivita�professionale�ed�una�diretta�rappresentanza�dell'Ammi- nistrazione�in�giudizio.� Diverso�e�il�discorso�interno all' Istituto della�gestione�della�pratica� forense,�oltre�quei�limiti�di�legge�che�ne�rappresentano�il�``minimum''�(questo� ``minimum''�ben�puo�essere�considerato�ab extrinseco dall'�Ordine�nel� momento�dell'ammissione�agli�esami�di�Stato;�come�e�noto�la�prassi�consoli- data�prevede�il�c.d.�libretto,�con�le�annotazioni�dell'attivita�svolta,�da�sotto- porre�a�valutazione�di�congruita�dell'Ordine).� Nel�nostro�Istituto�la�pratica�ha�anche�il�fine�di�facilitare�la�preparazione� al�concorso�per�procuratore�(art.�7�legge�20�giugno�1955,�n.�519:�cfr.�DAG� 5�novembre�1990,�n.�5619)�fermo�restando�che�deve�comunque�avere�i�requi- siti�prescritti�dal�d.P.R.�10�aprile�1990,�n.�101�(cfr.�circolari�AGS�11�marzo� 1992,�n.�7�e�6�novembre�1992,�n.�38):�e��dunque�stabilito�dalle�nostre�circolari� in�argomento�che�deve�essere�curata�``l'assiduita�e�la�diligenza�...�(con)�effetti- vita�dell'indirizzo�e�del�controllo�da�parte�degli�avvocati�e�procuratori�dello� Stato�sullo�svolgimento�del�tirocinio''�(circ.�n.�38/92);�presso�l'Avvocatura� Generale,�ad�esempio,�e�richiesto�al�praticante,�in�particolare,�di�``collaborare� alla�trattazione�degli�affari�...�nonche��al�servizio�di�udienza''�(comunicazione� di�servizio�n.�l38/02),�ed�e�raccomandato�che�``il�tirocinio�svolto�presso�l'Av- vocatura�abbia�il�piu�possibile�carattere�di�generalita�e�completezza�...�(sic- che�)�l'ammissione�...�in�relazione�alle�specifiche�esigenze�dell'attivita�di�un� determinatoufficiononappareuncriterioragionevole...''(parere21�gennaio� 1994,�n.�1194�Amm.,�diretto�all'Avvocatura�Distrettuale�di�Torino).� Va�escluso,�in�tale�prospettiva,�che�il�praticante�possa�essere�incaricato� di�autonoma�trattazione�di�affari�o�di�diretta�ed�esclusiva�partecipazione�alla� udienza:�la�rappresentanza�e�la�difesa�dell'Amministrazione�sono�infatti�attri- buite�dalla�legge�all'Avvocatura�dello�Stato�e,�per�essa,�agli�avvocati�e�aipro- curatori�dello�Stato,�e�non�ai�praticanti.�Ma�e�ovvio�che�la�pratica�in�udienza� non�ha�un�solo�possibile�modulo�organizzatorio,�ne��necessariamente�postula� la��contiguita�fisica��del�praticante�con�l'avvocato�dello�Stato:�peraltro�e�la� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� stessa�posizione�istituzionale�dell'Avvocatura�dello�Stato�la�quale�``trascende� la�dimensione�civilistico-processualistica�per�appartenere�all'ambito� pubblicistico-organizzativo�...�non�permeabile�alla�disciplina�codicistica�della� procura�...�(o�del)�contratto�di�patrocinio''�(da�ult.,�Cass.�S.U.�29�aprile� 2004,�n.�8211)�in�una�con�la�piena�fungibilita�di�tutti�gli�avvocati�in�quanto� appartenenti�all'istituto�^esso titolare�della�rappresentanza,�patrocinio�ed� assistenza�delle�Amministrazioni�^a�permettere�ampia�scelta�di�moduli�ope- rativi�per�lo�svolgimento�della�pratica�(e�non�dell'autonomo�esercizio�profes- sionale)�in�udienza�(omissis)�.� A.G.S. ^Parere del 12 agosto 2004, n. 110067. Leggen. 575/1965^Sel'amministratoredipatrimonisottopostiaprovve- dimento cautelare di sequestro ovvero a provvedimento di confisca non ancora divenuto definitivo (ai sensi dell'art. 2 ter, commi 2 e 3 della legge n. 575/65) possa fruire del patrocino dell'Avvocatura dello Stato. (consultivo�n.�5011/03,� avvocato�M.�Mari).� �Con�la�nota�in�epigrafe�indicata,�codesta�Avvocatura�distrettuale� richiede�l'avviso�della�Scrivente�in�ordine�a�talune�problematiche�ermeneuti- che�relative�allo�stratificato�plesso�normativo�costituito�dalla�legge�31�maggio� 1965,�n.�575,�e�successive�modificazioni,�recante�``Disposizioni contro la mafia''.�In�particolare,�codesta�Avvocatura�solleva�il�dubbio�che�l'ammini- stratore�di�patrimoni�sottoposti�a�provvedimento�cautelare�di�sequestro� ovvero�a�provvedimento�di�confisca�non�ancora�divenuto�definitivo,�ai�sensi� dell'art.�2-ter,�commi�2�e�3,�legge�cit.,�possa�fruire�del�patrocinio�dell'Avvoca- tura�dello�Stato.� Giova�premettere�all'esame�della�prospettata�questione�una�sia�pur�sin- tetica�ricostruzione�del�quadro�normativo�di�riferimento,�solo�all'esito�del� quale�risulta�possibile�stabilire�se la�rappresentanza�e�la�difesa�in�giudizio� dei�predetti�amministratori�debba�essere�assunta�dall'Avvocatura�dello�Stato� in�via�organica�ed�esclusiva.� La�legge�575/65,�in�ragione�della�pericolosita�dei�soggetti�indiziati�di� appartenere�ad�associazioni�di�tipo�mafioso,�alla�camorra�o�ad�altri�sodalizi� criminosi,�comunque�localmente�denominati,�che�perseguono�finalita�o�agi- scono�con�metodi�corrispondenti�a�quelli�delle�associazioni�di�tipo�mafioso� (art.�1,�legge�cit.),�ha�esteso�ad�essi�l'applicabilita�del�regime�delle�misure�di� prevenzione�previsto,�per�le�persone�pericolose�per�la�sicurezza�e�per�la�pub- blica�moralita�,�dalla�legge�27�dicembre�1956,�n.�1423,�attribuendo�anche�al� procuratore�nazionale�antimafia�e�al�procuratore�della�Repubblica�pressoil� Tribunale�nel�cui�circondario�dimora�il�proposto,�la�facolta�^gia�stabilita� per�il�questore�^di�avanzare�la�proposta�di�sottoposizione�alle�misure�di�pre- venzione�della�sorveglianza�speciale�di�p.s.�e�dell'obbligo�di�soggiorno�nel� comune�di�residenza�o�di�dimora�abituale�(art.�2,�legge�cit.).� Le�integrazioni�apportate�dalla�legge�13�settembre�1982,�n.�646�(cd.�legge� Rognoni-La�Torre),�recante�``Disposizioni in materia di misure di prevenzione di caratterepatrimoniale'',�hanno�marcatamente�incrementato�l'efficacia�inter- I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� dittiva�della�legge�575/65.�La�legge�646/82,�infatti,�oltre�ad�aver�tipizzato�la� figura�criminosa�dell'associazione�di�tipo�mafioso�(art.�416-bis c.p.),�ha�altresi� introdotto�particolari�poteri�d'indagine�per�il�procuratore�della�Repubblica� ed�il�questore�territorialmente�competenti,�nonche�severe�misure�di�preven- zione�a�carattere�patrimoniale.� Attualmente,�il�Tribunale,�anche�d'ufficio,�puo�ordinare,�con�decreto� motivato,�il�sequestro�preventivo�dei�beni�dei�quali�il�proposto�per�la�misura� risulta�poter�disporre,�direttamente�od�indirettamente,�quando�il�valoredi� tali�beni�risulta�sproporzionato�al�reddito�dichiarato�o�all'attivita�economica� svolta�ovvero�quando,�sulla�base�di�sufficienti�indizi,�si�ha�motivo�di�ritenere� che�gli�stessi�siano�il�frutto�di�attivita�illecite�o�ne�costituiscano�il�reimpiego.� Al�termine�del�procedimento�con�il�quale�viene�applicata�la�misura�di� prevenzione�personale,�il�Tribunale�dispone�la�confisca�dei�beni�precedente- mente�sottoposti�a�sequestro�dei�quali�non�sia�stata�dimostrata�la�legittima� provenienza.� In�caso�di�indagini�complesse,�il�provvedimento�puo�essere�emanato� anche�successivamente,�entro�un�anno�dalla�data�dell'avvenuto�sequestro.� Tale�termine�puo�essere�prorogato�di�un�anno�con�provvedimento�motivato� del�Tribunale.� Il�sequestro�e�revocato�dal�Tribunale�quando�e�respinta�la�proposta�di� applicazione�della�misura�di�prevenzione�o�quando�risulta�che�esso�ha�per� oggetto�beni�di�legittima�provenienza�o�dei�quali�l'indiziato�non�poteva� disporre�direttamente�o�indirettamente.� Se�risulta�che�i�beni�sequestrati�appartengono�a�terzi,�questi�sono�chia- mati�dal�Tribunale,�con�decreto�motivato,�ad�intervenire�nel�procedimentoe� possono,�anche�con�l'assistenza�di�un�difensore,�nel�termine�stabilito�dal�Tri- bunale,�svolgere�in�camera�di�consiglio�le�loro�deduzioni�e�chiedere�l'acquisi- zione�di�ogni�elemento�utile�ai�fini�della�decisione�sulla�confisca�(art.�2-ter,� legge�575/65.).� Quando�vi�sia�concreto�pericolo�che�i�beni�di�cui�si�prevede�debba� essere�disposta�la�confisca�vengano�dispersi,�sottratti�od�alienati,�il�procura- tore�della�Repubblica�o�il�questore�possono,�con�la�relativa�proposta,�richie- dere�al�presidente�del�Tribunale�competente�di�disporre�anticipatamente�il� sequestro�dei�beni�prima�della�fissazione�dell'udienza�(art.�2-bis,�comma�4,� legge�cit.).� Con�il�provvedimento�con�il�quale�dispone�il�sequestro,�il�Tribunale� nomina�il�giudice�delegato�alla�procedura�ed�un�amministratore,�scelto�tra� gli�iscritti�negli�albi�degli�avvocati,�dei�dottori�commercialisti�e�dei�ragionieri� del�distretto,�nonche�tra�persone�che,�pur�non�munite�delle�suddette�qualifi- che�professionali,�abbiano�comprovata�competenza�nell'amministrazionedi� beni�del�genere�di�quelli�sequestrati.�Quando�oggetto�del�sequestro�sono�beni� costituiti�in�azienda,�l'amministratore�puo�essere�scelto�anche�tra�soggetti� che�hanno�svolto�o�svolgono�funzioni�di�commissario�per�l'amministrazione� delle�grandi�imprese�in�crisi�ai�sensi�della�legge�3�aprile�1979,�n.�95.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'amministratore�deve�presentare,�entro�un�mese�dalla�sua�nomina,�una� relazione�particolareggiata�sullo�stato�e�sulla�consistenza�dei�beni�sequestrati� e,�successivamente,�con�la�frequenza�stabilita�dal�giudice�delegato,�una�rela- zione�periodica�sull'amministrazione.� La�legge�7�marzo�1996,�n.�109,�ha�poi�disposto�che�i�beni�confiscati siano� devoluti�allo�Stato�(art.�2-nonies, legge�575/65).� Il�provvedimento�definitivo�di�confisca�e�comunicato�dalla�cancelleria� dell'ufficio�giudiziario�che�ha�emesso�il�provvedimento�all'agenzia�del�territo- rio�che�ha�sede�nella�provincia�ove�si�trovano�i�beni�o�ha�sede�l'azienda�confi- scata,�nonche�al�prefetto�ed�al�dipartimento�della�p.s.�del�Ministero�dell'In- terno.� Dopo�la�confisca,�l'amministratore�svolge�le�proprie�funzioni�sotto�il� controllo�della�competente�agenzia�del�territorio�(art.�2-nonies, legge�cit.).� La�destinazione�dei�beni�immobili�e�dei�beni�aziendali�confiscati�e�effet- tuata�con�provvedimento�del�direttore�centrale�beni�confiscati�dell'agenzia� del�demanio,�su�proposta�non�vincolante�del�dirigente�della�competente�agen- zia�del�Territorio,�sulla�base�della�stima�del�valore�dei�beni�effettuata�dal� medesimo�ufficio,�acquisiti�i�pareri�del�prefetto�e�del�sindaco�del�Comune� interessato�e�sentito�l'amministratore�dei�beni�(art.�2-decies, legge�cit.).� L'art.�3-ter,�legge�cit.,�prevede�che�il�provvedimento�con�il�quale�il�tribu- nale,�a�norma�dell'art.�2-ter,�dispone�la�confisca�dei�beni�sequestrati�e�comu- nicato�senza�indugio�al�procuratore�generale�presso�la�Corte�di�Appello,�al� procuratore�della�Repubblica�e�agli�interessati.� Dal�generale�ordito�normativo�sommariamente�illustrato,�tra�le�misure� di�prevenzione�patrimoniale�volte�a�contrastare�particolari�fenomeni�di�asso- ciazione�criminale,�emerge�la�figura�del�cd.�``sequestro patrimoniale antim afia'" il�quale�comporta,�nei�confronti�del�soggetto�indiziato�di�appartenere� ad�una�associazione�di�stampo�mafioso�o�assimilata,�lo�spossessamento�dei� beni�di�provenienza�illecita�che�rientrino�nella�sua�disponibilita�diretta�o�indi- retta.�Il�prevenuto�e�,�quindi,�temporaneamente�privato�della�disponibilita� dei�suddetti�beni,�in�attesa�che�il�procedimento�si�concluda�con�la�definitiva� confisca�degli�stessi�o,�al�contrario,�con�la�restituzione.� La�ratio sottesa�a�siffatti�provvedimenti�praeter delictum (cfr. Cass.� Penale�SS.UU.�n.�18/1996�e�Cass.�Pen.�5092/1999)�e�quella�di�colpire�con�la� misura�ablativa�beni�e�proventi�di�natura�presuntivamente�illecita,�onde� escluderli�dal�circuito�economico�collegato�ad�attivita�e�soggetti�criminosi,� neutralizzando�in�tal�modo�la�situazione�di�pericolosita�insita�nel�permanere� della�ricchezza�nelle�mani�di�chi�ne�preordina�l'impiego�per�ulteriori�attivita� delinquenziali.�La�limitazione�o�la�perdita�del�diritto�di�proprieta�sono,�per- tanto,�ampiamente�giustificate�dall'esigenza�della�societa�di�difendere�i�citta- dini�da�soggetti�particolarmente�pericolosi,�i�quali�potrebbero�utilizzare�i� beni�accumulati�per�comportamenti�malavitosi�e�per�rafforzare�maggior- mente�i�propri�poteri.� Orbene,�come�chiarito,�l'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�a�norma� degli�artt.�2-sexies e ss.,�legge�cit.,�e�affidata�ad�un�amministratore�giudizia- rio,�nominato,�con�il�decreto�di�sequestro,�dal�Tribunale�competente.�Con�lo� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� stesso�decreto�e�nominato�anche�il�giudice�delegato,�cui�sono�attribuiti�poteri� di�indirizzo�e�di�controllo�sull'amministrazione�dei�beni�sequestrati,�tra�cui� l'autorizzazione�al�compimento�degli�atti�di�straordinaria�amministrazione.� In�particolare,�per�effetto�del�comma�1�dell'art.�2-sexies,�legge�cit.,�dal� momento�del�sequestro�e�fino�a�quello�della�confisca�o�della�revoca�del� sequestro�stesso,�l'amministratore,�sotto�la�direzione�del�giudice�delegato,�ha� il�compito�di�provvedere�alla�custodia,�alla�conservazione�e�all'amministra- zione�dei�beni�sequestrati,�anche�al�fine�di�incrementarne,�ove�possibile,la� redditivita�.� La�legge�impone�all'amministratore�di�adempiere�con�diligenza�i�compiti� rientranti�nel�suo�ufficio�e�prevede,�per�il�caso�di�inosservanza�dei�suoi�doveri� o�di�incapacita�,�che�egli�possa,�previa�audizione,�essere�revocato�dal�Tribu- nale,�su�proposta�del�giudice�delegato�o�ex�officio.� A�norma�dell'art.�2-septies,�poi,�l'amministratore�non�puo�stare�in�giudi- zio,�ne�contrarre�mutui,�concludere�transazioni,�compromessi,�fidejussioni,� concedere�ipoteche,�alienare�diritti�immobiliari�e�compiere�altri�atti�eccedenti� l'ordinaria�amministrazione,�anche�a�tutela�dei�diritti�dei�terzi,�senza�autoriz- zazione�scritta�del�giudice�delegato.�Quest'ultimo�puo�altres|�autorizzare� l'amministratore�a�farsi�coadiuvare,�sotto�la�sua�responsabilita�,�da�tecnici�o� da�altre�persone�retribuite.� L'art.�2-octies�prevede,�infine,�che�le�spese�necessarie�o�utili�per�la�con- servazione�e�l'amministrazione�dei�beni�siano�sostenute�dall'amministratore� mediante�prelevamento�dalle�somme�da�lui�riscosse�a�qualunque�titolo.�Qua- lora�dalla�gestione�dei�beni�sequestrati�non�sia�ricavabile�denaro�a�sufficienza� per�il�pagamento�di�tali�spese,�le�stesse�sono�anticipate�dallo�Stato,�salvoil� diritto�al�recupero�nei�confronti�del�titolare�del�bene�nell'ipotesi�di�revoca� del�sequestro.�Il�legislatore�fa�in�tal�modo�applicazione�del�principio�secondo� cui�i�costi�di�gestione�seguono�il�bene�stesso�e,�con�esso,�il�suo�titolare,�trat- tandosi,�d'altronde,�di�costi�che�su�di�lui�ricadrebbero�anche�ove�il�bene�non� fosse�uscito�dalla�sua�sfera�di�disponibilita�.� Quanto�al�pagamento�dell'amministratore,�la�legge�attua�il�parallelo� principio,�di�portata�generale,�in�base�al�quale�le�spese�giudiziali�debbono� essere�imputate�secondo�i�criteri�della�soccombenza�e�della�causalita�;�nel�caso� sia�disposta�la�confisca�dei�beni,�le�somme�per�il�pagamento�del�compenso� all'amministratore�e�per�il�rimborso�delle�spese�da�lui�sostenute�per�i�suoi� coadiutori�vanno�inserite�nel�conto�della�gestione�o,�se�questo�si�rivela�inca- piente,�vanno�anticipate�dallo�Stato,�senza�diritto�a�recupero.�Se�il�sequestro� e�revocato,�le�somme�suddette�sono�in�ogni�caso�poste�a�carico�dello�Stato.� Venendo�ora�ai�beni�colpiti�dalla�misura,�essi�^nelle�more�tra�ilprovvedim ento�che�dispone�il�sequestro�e�quello�che�d|�spone�la�confisca�(o�l'eventuale� restituzione�al�prevenuto)�^sembrano�configurare�un�patrimonio�separato,� assimilabile,�in�via�analogica,�all'eredita�giacente,�disciplinata�dagli�artt.�528� ess.�C.C.� Invero,�con�l'assoggettamento�a�sequestro�muta�il�regime�giuridico�dei� beni,�senza�che�cio�comporti,�ex�se,�alcuna�attribuzione�patrimoniale�degli� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� stessi�ad�altro�titolare:�il�compendio�dei�beni�sottoposti�a�sequestro�si� distacca,�pertanto,�dal�resto�del�patrimonio�del�prevenuto,�pur�continuando� ad�appartenere�alla�stessa�persona.� Diversamente�dal�patrimonio�autonomo,�nella�specie�non�viene�creato� nessun�nuovo�soggetto�giuridico�dotato�di�autonomia�patrimoniale�(perfetta� o�imperfetta�che�sia),�ma�si�da�vita�ad�un�centro�giuridico�indipendente,�in� grado�di�utilmente�operare�l'unificazione�e�la�conseguente�imputazione�di� un�complesso�di�rapporti�giuridici�attivi�e�passivi�rispetto�ad�una�serie�di�pre- cetti�normativi.� L'amministratore,�dunque,�esercita�^in�via�affatto�provvisoria�la�gestione� di�un�patrimonio�per�conto�di�chi�spetta,�nell'attesa�che�lo�stesso�sia�devoluto� ad�un�soggetto�che,�attualmente,�non�e�individuato�a�titolo�definitivo�e�che,�per- tanto,�non�ne�ha�la�disponibilita�.� A�conforto�di�siffatta�ricostruzione,�mette�conto�evidenziare�che,�ai�fini� fiscali,�la�Circ.�7�agosto�2000,�n.�156/E,�emanata�dal�Ministero�dell'Econo- mia�e�delle�Finanze,�ha�affermato�che,�nella�specie,�la�veste�di�soggetto�pas- sivo�d'imposta�spetta�a�colui�il�quale�assumera�,�con�effetto�retroattivo,�la� titolarita�dei�beni�sequestrati.� E�cos|�,�se,�nel�caso�dell'eredita�giacente,�e�considerato�soggetto�passivo�il� chiamato�che�accetti,�con�effetto�retroattivo,�l'asse�ereditario;�nel�caso�di� sequestro,�il�soggetto�passivo�d'imposta�sara�individuato�solo�aposteriori� (seppure�con�effetto�ex�tunc,�in�virtu�d'unaf|�ctiojuris)�nello�Stato�o�nel�preve- nuto,�a�seconda�che�il�procedimento�si�concluda�con�la�confisca�oppure�con� la�restituzione�dei�beni.� Neconsegue,�aifinichequiinteressano,�chel'amministratoregiudiziarioi npendenzadelsequestro�cautelareefintanto�che�la�confisca�nonattinga�ilcaratt ere�della�definitivita�-opera�nella�veste�di�rappresentante�in�incertampersonam,� curando�la�gestione�del�patrimonio�per�conto�di�un�soggetto�non�ancora�indivi- duato�in�modo�definitivo.� Dalla�dictio�legis�e�,�infatti,�dato�inferire�in�maniera�chiara�ed�univoca� che�il�subingresso�dello�Stato�nella�effettiva�titolarita�dei�beni�colpiti�dalle� misure�in�parola�si�verifica�solo�con�l'acquisita�esecutivita�ed�inoppugnabilita� delprovvedimento�di�confisca:�costituisce�dato�di�sicuro�rilievo�in�tal�senso�la� norma�del�comma�2�dell'art.�3-ter,�legge�cit.,�a�tenore�della�quale�i�provvedi- menti�che�dispongono�la�confisca�dei�beni�sequestrati�diventano�esecutivi� unicamente�con�la�definitivita�delle�relative�pronunce.� Non�merita,�pertanto,�accoglimento,�in�quanto�priva�di�addentellato� legislativo,�la�pretesa�di�quegli�amministratori�che,�prima�di�tale�momento,�si� rivolgano�all'Avvocatura�erariale�per�essere�dalla�stessa�rappresentati�e�difesi� nei�giudizi�afferenti�l'espletamento�degli�specifici�compiti�di�ufficio�(si�pensi� al�multiforme�contenzioso�avente�ad�oggetto�diritti�patrimoniali�connessi�ai� beni�amministrati).� Conclusivamente,�sulla�scorta�dell'iter�argomentativo�sin�qui�lumeg- giato,�l'avviso�della�Scrivente�in�ordine�al�proposto�quesito�e�il�seguente:� non�si�ravvisano�i�presupposti�necessari�acche�l'amministratore�di�cui� all'art.�2-sexies,�legge�575/1965,�nel�lasso�temporale�intercedente�tra�l'adozione� del�provvedimento�di�sequestro�preventivo�e�l'intervenuta�definitivita�del�provve I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� dimento di confisca, sia�ammesso�ad�avvalersi�del�regime�processuale�di�assi- stenza�e�patrocinio�legale�previsto�ex lege per�le�Amministrazioni�statali.�Ne� discende�che�gli�amministratori�de quibus, per�la�rappresentanza�e�la�difesa� in�giudizio�nelle�controversie�che�dovessero�insorgere�nel�ridetto�pericolo,� dovranno�fare�ricorso�ai�privati�professionisti�del�libero�foro,�imputando�a� costi�di�gestione�gli�importi�corrisposti�a�titolo�di�spese,�diritti�e�onorari�pro- fessionali.� All'opposto,�una volta che il provvedimento che dispone la confisca sia divenuto definitivo (dopo�l'esaurimento�dei�mezzi�di�gravame�avverso�esso� esperibili�o�per�essere�inutilmente�decorso�il�termine�per�interporli),�l'Avvoca- tura�dello�Stato�sara�tenuta�ad�accordare�l'assistenza�legale�eventualmente� richiesta�dai�detti�amministratori,�essendo�venuto�ad�esistenza�il�criterio�di� collegamento�giustificativo�del�suo�intervento�(cioe�a�dire�il�definitivo�passag- gio�della�proprieta�dei�beni�in�favore�dello�Stato)�.� A.G.S. ^Parere del 2S giugno 2004, n. 91868. (*)� Addebito dell'Imposta sul Valore Aggiunto (I.V.A.) sugli importi dovuti dal Ministero Affari Esteri ^D.G.C.S. alle controparti a titolo di rimborso pro� quota�degli onorari degli arbitri e delle spese difunzionamento dei Collegi arbi- trali. (consultivo�29845/04,�avvocato�A.�Palatiello).� �Con�la�nota�in�riscontro�codesto�Ministero�riferisce�che�alcune�Ditte,� titolari�del�diritto�al�rimborso�di�una�quota�parte�degli�onorari�pagati�peril� funzionamento�del�collegio�arbitrale,�hanno�chiesto�il�riesame�del�fermo�e risalente�orientamento�di�questa�Avvocatura�Generale,�la�quale�si�e�espressa� nel�senso�che�il�rimborso�di�detta�quota�parte�comprende�anche�la�corrispon- dente�IVA�solo�quando�il�creditore�non�abbia�avuto�la�possibilita�di�detrarre,� a�sua�volta,�il�tributo�pagato:�in�concreto,�nei�casi�in�cui�la�parte�che�abbia� anticipato�il�compenso�agli�arbitri,�pagando�ovviamente�l'IVA�da�questi�fat- turata,�sia�un�soggetto�IVA,�il�rimborso�della�somma�pagata�a�titolo�di�tri- buto�non�compete,�perche�gia�portata�in�detrazione�dall'IVA�a�debito.�Alcuni� degli�interessati�contestano�tale�principio,�sostenendo�che�anche�in�questi�casi� il�rimborso�IVA�spetterebbe�perche�anche�il�soggetto�che�non�l'ha�anticipata� e�``committente''�degli�arbitri�e�perche�nella�sua�struttura�fisiologica�l'onere� dell'imposta�deve�incidere�sul�consumatore�finale,�il�quale,�nei�casi�in�esame,� se�non�rimborsasse�il�tributo,�sarebbe�sollevato�da�tale�onere.�Gli�interessati,� infine,�insistono�in�concrete�esemplificazioni,�rivolte�a�dar�prova�che�la�situa- zione�economica�di�chi�ha�anticipato�gli�onorari�degli�arbitri,�pagando�per� intero�l'IVA�in�rivalsa,�resta�esattamente�la�stessa�tanto�se�l'IVA�e�portata� in�detrazione�per�intero,�quanto�se�e�in�parte�recuperata�e�dunque�e�detratta� solo�per�quanto�rimasto�a�carico:�dunque�nessun�arricchimento�ingiusto�vi� sarebbe�ove�il�Ministero�rimborsasse,�alle�Ditte,�oltre�la�quota�di�onorari� anticipata,�anche�la�relativa�imposta.� (*)�Parere�di�rilievo,�reso�dall'Avvocatura�Generale�in�via�ordinaria.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Questa�Avvocatura�Generale�osserva�che�il�risalente�proprio�orienta- mento�non�merita�di�essere�modificato.�Vero�e�che�la�situazione�descritta� non�e�espressamente�considerata�dalla�vigente�normativa;�tuttavia�dal�com- plessivo�sistema�dell'IVA,�e�segnatamente�dal�combinato�disposto�degli� artt.�5,�6,�18,�19,�26�d.P.R.�26�ottobre�1972,�n.�633,�e�successive�modifiche,si� trae�conferma�che�il�problema�all'esame�non�diverge�sostanzialmente�da� quello�che�si�pose�per�il�rimborso�delle�spese�di�causa�in�ipotesi�di�condanna� giudiziale,�vicenda�che�ha�trovato�consolidata�risposta�nella�giurisprudenza� e�nella�prassi�operativa�nel�senso�che�il�soccombente�e�tenuto�a�rimborsare� l'IVA�pagata�dal�vincitore�al�proprio�avvocato�solo�se�esso�vincitore�non�sia� un�soggetto�IVA,�cui�compete�la�detrazione�dell'imposta�(giurisprudenza� consolidata�dopo�Cass.�S.U.�12�giugno�1982,�n.�3544;�tra�le�piu�recenti,�Cass.� 1.�aprile�1995,�n.�3848,�ex multis;�la�prassi�operativa�e�pacificamente�in�que- sto�senso:�ad�es.,�Ris.�Min.�24�luglio�1998,�n.�9/E):�e�gia�questo�basterebbe� per�confermare�il�cennato�risalente�orientamento,�posto�che�anche�gli�onorari� degli�arbitri�sono�un�costo�del�processo.� E�noto,�peraltro,�che�il�professionista�^tale�e�l'arbitro�delle�cui�presta- zionisitratta^e�soggettoall'IVA(art.�5d.P.R.n.633/72)edunquee�tenuto� ad�emettere�fattura,�ad�applicare�su�questa�il�tributo�e�ad�esercitare�la�rivalsa� obbligatoria�nei�confronti�del�committente�(art.�18�d.P.R.�cit.);�e�altres|�noto� che�le�prestazioni�dei�servizi�``si�considerano�effettuate�all'atto�del�pagamento� del�corrispettivo''�(art.�6,�comma�3,�d.P.R.�cit.):�dunque,�nel�momento�in�cui� uno�dei�committenti,�pur�obbligato�in�solido�con�altri�(art.�814�c.p.c.)�paga� il�compenso�all'arbitro,�questi,�se�soggetto�IVA,�deve�emettere�fattura,�gra- vata�dal�tributo,�e�deve esercitare�la�rivalsa�nei�confronti�del�committente� pagatore.�Avvenuto�il�pagamento,�il�committente�che�dispone�della�fatturaa� suo�nome�ha�il�diritto�di�operare�la�detrazione�dell'imposta�assolta�dall'am- montare�del�tributo�relativo�alle�operazioni�effettuate�(art.�19�d.P.R.�cit.)�sic- che�l'intero�onere�e�da�lui�recuperato,�eventualmente�mediante�anche�un�cre- dito d'imposta;�ed�e�allora�evidente�che,�non restando�a�carico�del�commit- tente�pagatore�neppure in parte il�tributo�pagato�al�professionista�per�il� servizio�``acquistato'',�il�rimborso�a�tale�titolo�che�fosse�operato�dal�coobbli- gato�solidale�(in�rivalsa�civilistica�ex art.�814�c.p.c.),�darebbe�luogo�ad�una� locupletazione�del�committente�pagatore.�Per�evitare�la�locupletazione�que- st'ultimo�dovrebbe�adoperarsi�in�positivo,�affrontando�ulteriori�oneri�e� incombenti:�dovrebbe�provvedere�alle�variazioni�ex art.�26,�oppure�ad�ulte- riore�fatturazione,�quasi�che�il�rimborso�operato�dal�coobbligato�fosse�una� sorta�di�servizio�da�gravare�di�IVA.�Non�e�chiaro�l'interesse�di�chi�auspica� tale�soluzione�ad�affrontare�costi�e�spese�ulteriori,�quando�il�comportamento� finora�seguito�sicuramente�realizza�per�lui�lo�stesso�risultato�economico� (quello�del�sollievo�dal�peso�dell'intero�tributo�pagato).�Ma�neppure�sul� piano,�per�cos|�dire,�``ideale''�la�tesi�ora�sostenuta�dagli�interessati�e�convin- cente:�non�e�vero�infatti�che�il�committente�^ogni�committente�^debba� necessariamente�essere�``contribuente�inciso''�quando�non�sia�soggetto�IVA:� e�vero�che�nel�sistema�complessivo�del�tributo�la�neutralita�dell'imposta�t ra�imprenditori�^e�finalizzata�a�scaricare�il�peso�del�tributo�sul�consumatore� finale,�ma�non�e�vero�che�il�fenomeno�economico del�contribuente�inciso� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� costituisca�regola�giuridica�del�necessario�pagamento�anche�oltre�la�rivalsa� tecnica:�se�cos|�fosse,�il�consumatore�finale�non�sarebbe�solo�destinatario� della�rivalsa�obbligatoria,�ma�assumerebbe�la�veste�del�soggetto�passivo:l'ob- bligo�del�consumatore�finale,�insomma,�non�e�quello�di�corrispondere� un'IVA�purche�sia,�ma�di�pagare�cio�che�nel�sistema�della�rivalsa�tecnica� (quella,�cioe�,�dell'art.�18)�gli�viene�richiesto;�e�tale�osservazione�assume�una� particolare�colorazione�nella�fattispecie�all'esame,�dove�la�ditta,�che�ha� pagato�in�rivalsa�il�tributo�e�che�ne�chiede�parte�dell'equivalente�economico� allo�Stato,�dichiara�che�prendera�quella�somma�solo�per�riaccreditarla�allo� Stato.� In�conclusione,�se�si�pensa�che�ai�tre�rapporti�tradizionalmente�conside- rati�non�interferenti�e�del�tutto�indipendenti�dalla�Corte�di�Cassazione�(ad� es.�Cass.�S.U.�13�dicembre�1991,�n.�13446;�id.�22�aprile�2003,�n.�6419;�id.� 5�maggio�2003,�n.�6778),�il�primo�tra�l'Amministrazione�e�il�cedente,�il� secondo�tra�l'Amministrazione�e�il�cessionario,�e�il�terzo�tra�il�cedente�e�il� cessionario,�nella�vicenda�all'esame�se�ne�aggiunge�un�quarto,�che�e�il�mero� diritto�civile�(rivalsa�ex�art.�814�cod.�civ.),�si�ha�conferma�che�pretendere�il� rimborso�di�una�quota�di�IVA�gia�fatturata�e�dunque�annotata�in�discarico� significa�voler�trascinare�un�elemento�del�terzo�di�questi�rapporti�nel�quarto� con�diretta�conseguenza�sul�secondo:�si�provocherebbe,�cioe�,�proprio�quella� tracimazione�di�effetti�giuridici�dall'uno�all'altro�rapporto�che,�nella�lettura� giurisprudenziale�consolidata,�il�sistema�normativo�non�consente�.� A.G.S. ^Parere del 20 settembre 2004 n. 122169. (*)� Affidamento�di�attivita�di�progettazione�a�professori�(docenti�a�tempo� pieno^tempoparziale).�(consultivo�35683/04,�avvocato�M.�Corsini).� �Nell'anno�2002�l'Universita�degli�Studi�de�L'Aquila�chiese�a�codesta� Avvocatura�se�un�professore�di�ruolo�possa�in�base�alla�vigente�normativa� partecipare�a�gare�per�l'affidamento�di�incarichi�di�progettazione�banditi dalla�stessa�Universita�,�e�se�lo�stesso�professore�possa�rendersi�affidatario�in� via�fiduciaria�di�studi�o�consulenze.� Codesta�Avvocatura�rendeva�il�richiesto�parere�pronunciandosi�negati- vamente�sul�primo�quesito�ed�invece�positivamente�sul�secondo,�purche�lo� studio�o�la�consulenza�affidate�non�comportino�duplicazione�di�retribuzione per�attivita�che�invece�devono�essere�ritenute�istituzionali.� Riferisce�codesta�Avvocatura�che�nel�corso�del�presente�anno�l'Univer- sita�avrebbe�reiterato�la�richiesta,�formulando�quesito�in�certo�modo�piu�arti- colato�e�cioe�chiedendo�se�i�propri�professori�(sia�a�tempo�pieno�che�parziale)� possano�partecipare�a�gare�per�l'affidamento�di�servizi�di�progettazione�ban- dite�^questa�volta�parrebbe�anche�da�soggetti�terzi�^ai�sensi�della�vigente� normativa�sui�lavori�pubblici.� (*)�Parere�di�rilievo�su�questione�di�carattere�generale,�reso�dall'Avvocatura� Generale�in�via�ordinaria.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Attesa�la�portata�di�massima�del�quesito,�si�chiede�l'avviso�di�questa� Avvocatura�Generale�in�proposito.� Il�precedente�parere�di�codesta�Avvocatura,�come�s'e�detto�reso�solo�in� relazione�all'ipotesi�di�gare�bandite�dall'Universita�al�cui�ruolo�appartengono� i�docenti,�era�motivato�esclusivamente�alla�stregua�delle�norme�che�regolano� il�pubblico�impiego�in�generale,�dell'impiego�universitario�in�particolare�e� con�specifico�ed�ulteriore�riferimento�alla�disciplina�dettata�per�i�docenti�uni- versitari�di�cui�al�noto�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�382/1980;in� tale�contesto�codesta�Avvocatura�giungeva�a�negativa�conclusione�sulla�base essenzialmente�di�considerazioni�di�opportunita�legate�ad�esigenza�di�traspa- renza�ed�imparzialita�dell'azione�amministrativa,�stante�che�taluna�giurispru- denza�non�aveva�ravvisato�nelle�disposizioni�in�esame�alcun�esplicito�divieto� per�negare�la�possibilita�di�partecipare�alle�gare�in�questione.� Tutta�la�materia�degli�incarichi�di�progettazione,�tuttavia,�deve�oggi� essere�riguardata�alla�luce�delle�specifiche�disposizioni�che�regolano�i�lavori� pubblici,�ossia�dalla�legge�11�febbraio�1994,�n.�109�e�dal�suo�regolamento�di attuazione�^d.P.R.�554/1999�^il�cui�carattere�di�specialita�le�rende�prevalenti� sulle�altre�eventuali�fonti�normative.� Orbene,�tale�normativa�esclude�espressamente�che�le�attivita�di�progetta- zione,�come�quelle�di�direzione�lavori�e�tutti�gli�altri�servizi�di�ingegneria�ed� architettura,�possano�essere�svolte�professionalmente�da�dipendenti�pubblici, quali�indubbiamente�sono�da�ritenersi�i�professori�universitari�di�ruolo,aldi� fuori�delle�assai�limitate�previsioni�della�stessa�legge.� In�particolare,�trova�evidente�ed�assorbente�rilievo�la�previsione�del- l'art.�17�della�legge�109/1994,�che�espressamente�prevede�che�le�attivita�in� parola�possono�essere�espletate�dagli�uffici�tecnici�delle�stazioni�appaltanti� (ovviamente�in�favore�delle�stesse,�come�prestazioni�interne�non�professio- nali),�dagli�uffici�consortili�di�progettazione�costituiti�fra�comuni�e�dagli�altri� soggetti�abilitati�(ovviamente,�in�favore�degli�enti�consorziati),�dagli�organi- smi�di�altre�amministrazioni�di�cui�le�singole�amministrazioni�possono�avva- lersi�e�dai�liberi�professionisti�in�tutte�le�forme�individuali�o�associate�di�cui� alle�lettere�d), e), f), e�g) della�norma.� Non�vi�e�dunque�alcuna�possibilita�per�il�dipendente�pubblico�di�svol- gere�attivita�di�ingegneria�e�architettura�di�contenuto�professionale�in�mate- ria�di�lavori�pubblici�a�favore�di�soggetti�terzi�rispetto�all'ente�di�apparte- nenza;�e�rispetto�all'ente�di�appartenenza�la�sola�possibilita�e�all'interno�del� rapporto�di�lavoro,�come�progettazione�e�direzione�lavori��interna�,�non� retribuibile�con�parametri�professionali.� Se�dunque�l'Universita�richiedente�bandisce�gare�per�l'affidamento�di� incarichi�di�progettazione�e/o�direzione�lavori,�palesa�l'intenzione�di�attri- buire�detti�incarichi�all'esterno,�rivolgendosi�al�mercato�professionale,�ed�in tal�caso�i�propri�professori�non�possono�partecipare�a�dette�procedure.�Gli� stessi�professori,�per�le�ragioni�dette,�non�possono�partecipare�a�gare�bandite� da�soggetti�terzi.� Per�completezza,�va�precisato�che�il�divieto�si�riferisce�tanto�agli�incari- chi�di�progettazione�propriamente�detti�quanto�ai�concorsi�di�progettazione, mentre�non�si�riferisce�ai�concorsi�di�idee�che�^per�specifica�disposizionedi� legge�che�rende�ragione�del�generale�divieto�residuale�^e�aperto�anche�ai� dipendenti�(art.�57�del�decreto�del�Presidente�della�Repubblica�554/1999).� I�PARERI�DEL�COMITATO�CONSULTIVO� Il�principio�era�gia�stato�affermato�in�via�generale�dall'Autorita�di�Vigi- lanza�sui�Lavori�Pubblici�con�l'atto�di�regolazione�12�ottobre�1999�n.�6/1999� pubblicato�in�Gazzetta Ufficiale Suppl. Ord. n.�71�del�10�maggio�2000.� Di�recente,�come�nota�la�stessa�Universita�richiedente,�l'Autorita�e�tor- nata�sull'argomento�con�deliberazione�25�giugno�2002,�n.�179�(pubblicata� sulla�Gazzetta Ufficiale del�24�luglio�successivo),�ribadendo�che�anche�alla� luce�delle�norme�che�regolano�la�docenza�universitaria,�il�personale�docente� di�ruolo�a�tempo�pieno�non�puo�svolgere�attivita�professionale�di�progetta- zione�e�direzione�lavori,�e�precisando�che�il�divieto�non�vale�per�il�personale docente�di�ruolo�a�tempo�definito.� Tale�avviso�e�stato�condiviso�dalla�Presidenza�del�Consiglio�dei�Ministri� ^Dipartimento�per�la�Funzione�Pubblica�^Ufficio�per�il�personale�delle� pubbliche�amministrazioni,�Servizio�per�il�trattamento�normativo,�con�nota� del�27�gennaio�2003�n.�252/11�indirizzata�all'Universita�degli�Studi�Federi- co�II�di�Napoli�che�aveva�posto�analogo�quesito.� Per�quanto�occorrer�possa,�lo�stesso�avviso�risulta�condiviso�dalla�giuri- sprudenza�amministrativa�sinora�pronunciatasi�in�termini�(v.�TAR�Campa- nia,�Napoli,�sez.�II,�29�ottobre�2003,�n.�13155,�mentre�si�attende�il�pronuncia- mento�del�TAR�Lazio�sulla�medesima�questione).� In�definitiva�la�questione�posta�con�la�nota�in�riferimento�puo�cos|�rias- sumersi:� a) i�docenti�universitari�di�ruolo�a�tempo�pieno�non�possono�svolgere� attivita�professionale�di�ingegneria�e�architettura,�essenzialmente�coincidente� con�progettazione�e�direzione�lavori,�comunque�affidata�(a�seguito�di�garao� in�via�fiduciaria)�sia�dalla�propria�universita�che�da�soggetti�terzi;� b) i�docenti�universitari�di�ruolo�a�tempo�parziale�non�sono�inibiti�allo� svolgimento�dell'attivita�professionale�in�parola,�nei�limiti�e�con�i�modi�con- sentiti�dalla�propria�normativa�di�settore,�fermo�rimanendo�che�per�gli�incari- chi�conferiti�con�procedura�concorsuale�dall'Universita�di�appartenenza�non� possono�non�richiamarsi�le�motivazioni�che�gia�ebbe�a�ritenere�codesta�Avvo- catura�nel�proprio�precedente�parere�(omissis)�.� dottrinadottrina Il�divieto�di�arbitrato�nelle�controversie�relative�ad� opere�pubbliche�di�ricostruzione�in�territori�colpiti� da�calamita�naturali,�tra�presunta�abrogazione�ed� interpretazione�autentica.� di Giuseppe Arpaia L'art.�3,�comma�2,�della�legge�3�agosto�1998,�n.�267�(conversione�in� legge,�con�modificazioni�del�decreto�legge�11�giugno�1998,�n.�180,�recante� misure�urgenti�per�la�prevenzione�del�rischio�idrogeologico�ed�a�favore�delle� zone�colpite�da�disastri�franosi�nella�Regione�Campania),�in�deroga�alla� regola�della�facoltativita�del�ricorso�all'arbitrato�(1),�ha�introdotto�il�divieto� del�giudizio�arbitrale�per��le�controversie�relative�ad�opere�pubbliche�comprese� inprogrammidiricostruzione�in�territoricolpitida�calamita�naturali�.� Tale�speciale�disposizione�normativa�e�stata�ritenuta�conforme�alla� Costituzione�dalla�Corte�Costituzionale�con�la�sentenza�del�28�novembre� 2001,�n.�376�(2),�che�ha�dichiarato�non�fondata�la�questione�di�legittimita� costituzionale�del�predetto�divieto,�in�quanto�frutto�di�una�scelta�discrezio- nale�del�legislatore,�non�irragionevole,��considerato�il�rilevante�interesse�pub- blico�di�cui�risulta�permeata�la�materia�relativa�alle�opere�di�ricostruzione�dei� territori�colpiti�da�calamita�naturali,�anche�in�ragione�dell'elevato�valore�delle� relative�controversie�e�della�conseguente�entita�dei�costi�che�il�ricorso�ad�arbi- trato�comporterebbeper�lepubbliche�amministrazioni�interessate�:�nella�moti- vazione�della�pronuncia�il�Giudice�delle�Leggi�ha�affermato�poi�essere�indu- bitabile,�contrariamente�a�quanto�riteneva�il�Collegio�Arbitrale�remittente,� (1)�cfr.�Corte�Costituzionale,�sentenza�del�9�maggio�1996,�n.�152�e�art.�32�della�legge�11�feb- braio�1994,�n.�104,�anche�nel�testo�allora�vigente,�di�cui�alla�legge�n.�216/1998.� (2)�In�Foro�Italiano,�2002,�pt.I,�col.1648.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� che�tra�i�predetti�programmi�di�ricostruzione�rientri�anche�quello�straordina- rio�di�edilizia�residenziale�per�l'area�metropolitana�di�Napoli�di�cui�al�titolo� VIII�della�legge�n.�219�del�1981.� Successivamente,�a�seguito�della�emanazione�della�legge�1.�agosto�2002,� n.�166�(cd.�Collegato�Infrastrutture)�e,�in�particolare,�dell'art.�7,�espressa- mente�rivolto�a�modificare�e�ad�integrare�numerose�disposizioni�della�legge� n.�109/1994�(tanto�da�essere�stato�ribattezzato�come�legge�Merloni�quater(3):� si�e�ritenuto�da�parte�di�alcuni�operatori�del�diritto�che�il�legislatore�abbia� abrogato�il�predetto�divieto,�per�cui�sono�state�attivate�alcune�procedure�arbi- trali,�relative�ad�opere�pubbliche�di�cui�alla�legge�219/1981.� L'articolo�in�parola�ha�novellato,�tra�gli�altri,�l'art.�32�della�legge� n.�109/1994,�che,�come�e�noto,�riguarda�la�definizione�delle�controversie,�intro- ducendo�al�4.�comma�una�disposizione�transitoria�ed�aggiungendo�un�comma� 4�bis:�quest'ultimo�e�stato�invocato�al�fine�di�sostenere�la�abrogazione�del� divieto�di�arbitrato�in�tema�di�arbitrato�per�le�opere�pubbliche�di�ricostruzione.� Infatti�nella�disposizione�contenuta�al�comma�4-bis,�aggiunto�all'art.�32�(�Sono� abrogatetutteledisposizioniche,�incontrastoconiprecedenticommi,prevedono� limitazioni�aimezzi�dirisoluzione�delle�controversie�nella�materia�dei�lavoripub- blicicome�definita�dall'art.�2�)�e�stata�ravvisata�da�parte�di�alcuni�concessionari� di�opere�pubbliche�l'abrogazione�del�predetto�divieto�di�arbitrato.� Successivamente,�il�legislatore�e�intervenuto�con�l'art.�1,�comma�2�qua- ter,�della�legge�8�aprile�2003,n.�62�di�conversione�al�d.l.�7�febbraio�2003,� n.�15�prevedendo�esplicitamente�che��alle�controversie�derivanti�dall'esecu- zione�dioperepubbliche�inerentiprogrammidiricostruzionedei�territoricolpiti� da�calamita�naturali,�ivi�compresi�gli�interventi�derivanti�dall'applicazione�della� legge�n.�219/1981�e�successive�modificazioni�continua�ad�applicarsi�il�disposto� dicuiall'art.�3,�comma2deld.l.n.�180/1998convertitoconmodificazioninella� legge�n.�267/1998�.� Senonche�,�tale�disposizione�di�legge,�se�certamente�ha�precluso�la�proposi- zione�di�nuove�domande�arbitrali�a�far�tempo�dalla�sua�entrata�in�vigore� (10�aprile�2003),�non�e�valsa,�tuttavia,�ad�impedire�la�prosecuzione�dei�giudizi� arbitrali�gia�pendenti�ovvero�a�costituire�successivamente�i�Collegi�arbitrali� per�le�domande�notificate�anteriormente�alla�entrata�in�vigore�della�legge� ultima�citata,�in�conformita�alla�consolidata�giurisprudenza�di�legittimita�che� ricollega�l'inizio�del�giudizio�arbitrale�al�momento�della�notificazione�della� domanda�e�non�gia�a�quello�dalla�costituzione�del�collegio�(4),�nell'implicito� presupposto�che�trattasi�di�norma�di�legge�innovativa,�che�ha�ripristinatoun� divieto�e�non�gia�di�interpretazione�autentica,�la�cui�caratteristica,�come�e�noto,� e�quella�di�imporre�una�determinata�interpretazione�con�efficacia�retroattiva,� con�riferimento�anche�a�rapporti�posti�in�essere�precedentemente.� La�identificazione�di�una�legge�meramente�interpretativa�costituisce�un� delicato�problema�giuridico,�in�quanto�tale�specie�di�legge�realizza�una� deroga�all'art.�11�delle�disposizioni�preliminari�al�codice�civile�(cd.�pre-leggi),� (3)�M.�Clarich,�La�legge�Merloni�quater�tra�instabilita�eflessibilita�in�Corriere�Giuridico� n.�11/2002,�1401.� (4)�cfr.�Corte�di�Cassazione�28�maggio�2003,�n.�8532�;�25�luglio�2002,�n.�10922.� DOTTRINA�907 che�sancisce�il�principio�di�irretroattivita�delle�leggi�(�la�legge�non�dispone�che� per�l'avvenire:�essa�non�ha�effetto�retroattivo�),�principio�avente�copertura� costituzionale,�tuttavia,�solo�per�le�norme�penali�incriminatrici�(art.�25,� comma�2�della�Costituzione).� Preliminare�risulta�una�osservazione:�cos|�come�ritiene�la�costante�giuri- sprudenza�costituzionale�in�materia,�ai�fini�del�carattere�interpretativo�o� meno�di�una�legge�non�assume�carattere�determinante�l'autoqualificazione� che�la�legge�fa�di�se�stessa.�(cfr.�Corte�Costituzionale�sentenze�n.�233/1988;� n.�155/1990;�n.�454/1992(5)).� Pertanto,�al�fine�di�accertare�se�la�legge�n.�62/03�sia�interpretativa�o� meno�occorre�verificare�in�primo�luogo�se�l'art.�32,�ultimo�comma,�legge� n.�109/1994,�nel�testo�risultante�a�seguito�dell'intervento�della�legge�n.�166/� 2002,�offriva�oggettivamente�incertezza�interpretativa�tale�da�giustificare�la� opportunita�di�una�interpretazione�autentica�che�chiarisse�il�senso�delle� norme:�in�mancanza�di�incertezza,�infatti,�e�indiscutibile�che�la�successiva� legge,�al�di�la�di�ogni�formula�usata,�dovrebbe�considerarsi�innovativa�e,� come�tale�non�retroattiva,�in�mancanza�di�una�diversa�volonta�del�legislatore.� Ad�avviso�di�chi�scrive,�tale�incertezza�sussisteva�per�l'interprete�alla� stregua�delle�regole�ermeneutiche�che�disciplinano�la�interpretazione�della� legge,�contenute�nelle�cd.�Preleggi.�Queste�norme,�che�servono�all'interprete� ad�individuare�la�disciplina�giuridica�applicabile,�come�e�noto,�sono�in�una� posizione�non�solo�topografica,�ma�soprattutto�logica,�di�priorita�rispetto�a� tutte�le�altre�norme�aventi�forza�di�legge�ordinaria,�in�quanto�hanno�per� oggetto�non�gia�rapporti,�bens|�altre�norme�e�cio�ben�giustifica�la�loro�posi- zione�sovraordinata�a�tutte�le�altre�disposizioni�di�legge�ordinaria(6).�Nella� specie,�la�norma�di�cui�occorre�tenere�necessariamente�considerazione�e� l'art.�15��Abrogazione�delle�leggi�,�che�recita:��Le�leggi�non�sono�abrogate� cheda�leggiposterioriperdichiarazioneespressadellegislatore,�operincompa- tibilita�tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti�o�perche�la�nuova�legge�regola� l'intera�materia�gia�regolata�dalla�legge�anteriore�.� In�primo�luogo�si�osserva�che�il�comma�4-bis�dell'art.�32�non�abroga�espli- citamente�la�legge�n.�267/1998�e�tale�circostanza�appare,�ictu�oculi,�pacifica.� Anche�il�secondo�modo�di�abrogazione�tacita�o�implicita�della�legge,� previsto�dall'art.�15�citato�(che�si�verifica�allorche�la�nuova�legge�regola�la� intera�materia�gia�regolata�dalla�legge�anteriore)�e�da�escludere�che�ricorra� nella�fattispecie,�in�quanto�risulta�evidente�che�l'art.�3�della�legge� n.�267/1998�non�regolava�l'intera�materia�del�contenzioso�arbitrale�in�materia� di�opere�pubbliche,�atteso�la�sua�indiscutibile�natura�speciale,�la�cui�sfera�di� applicazione�era�ristretta�esclusivamente�al�contenzioso�relativo�ad�opere pubbliche�comprese�in�programmi�di�ricostruzione,�realizzate�su�territori�col- piti�da�calamita�naturali.� Resta,�pertanto,�da�esaminare�l'ultima�ipotesi�di�abrogazione�implicita,� vale�a�dire�quella�per�incompatibilita�tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti.� (5)�In�Foro�It.,1989,�pt.�I,�col.�1052�;�1990,�pt.�I,�col.�3072�;�1993,�pt.I,col.�673.� (6)�F.SantorO Passarelli,�Le�norme�di�determinazione�della�legge,in�Liberta�e�autorita�nel� diritto�civile,�pag.33�e�segg.,�CEDAM,�1977.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO A ben vedere la disposizione in parola dell'art. 15 delle preleggi rinvia all'interprete la formulazione del giudizio di incompatibilita� : tuttavia, anche in tal caso il legislatore ha fissato delle regole per la formazione di tale giudiz io. Infatti, ai fini ermeneutici, non puo� prescindersi dall'art. 12 delle prel eggi, che sancisce la prevalenza del dato testuale e della lettera della legge (contrariamente alla regola valevole nella interpretazione dei contratti, nella quale prevale la ricerca della comune intenzione delle parti, rispetto al senso letterale delle parole: cfr. art. 1362 c.c.). Come si puo� constatare dalla mera lettura, il comma 4-bis dell'art. 32 della legge 109/1994 non abroga alcun precedente divieto di arbitrato, ma rimuove le limitazioni ai mezzi di risoluzione delle controversie, nell'ambito della normativa che disciplina i lavori pubblici, senza incidere sulle norme di carattere speciale, quale e� l'art. 3,co.2 legge n. 267/1998. In sintesi, il comma 4-bis riguarda la materia dei lavori pubblici, in quanto regolata dalla legge �Merloni� e dalle relative disposizioni di attuazione e regolamentari : pertanto, in mancanza di un esplicito riferimento, non puo� essere interpret ato nel senso di estendere la sua sfera di efficacia abrogativa anche su una norma speciale. Invero, le disposizioni abrogate dal comma 4 bis sono quelle (e solo quelle) in contrasto con i precedenti commi, in quanto limitano i mezzi di risoluzione delle controversie nella materia dei lavori pubblici ed esse vanno ricercate esclusivamente nel corpus delle norme di legge, regolamentari ed amministrative a carattere generale . A mero titolo esemplificativo, ad avviso di chi scrive, una disposizione incompatibile che puo� ritenersi abrogata dal comma 4-bis e� l'art. 33, comma 2, del Regolamento del 19 aprile 2000, recante il Capitolato Generale di appalto dei lavori pubblici, che pone la regola della pregiudizialita� della risoluzione in via amministrativa ai fini dell'accesso alla tutela arbitrale, sia pure con riferimento alle riserve di cui all'art. 32 del medesimo Capitolato (riserve di minore valore economico o insorte successivamente alla conclus ione dei lavori). (7) Per quanto innanzi esposto puo� ritenersi che il comma 4-bis, aggiunto all'art. 32 della legge 109/1994, non puo� avere abrogato il divieto di arbitrato sancito dall'art. 3, co. 2 della legge n. 267/1998. La interpretazione sopra esposta si contrappone all'altra che ritiene, invece, che il comma 4-bis abbia, nell'abrogare tutte le limitazioni ai mezzi di risoluzione delle controversie, inteso eliminare proprio il divieto di arbit rato de quo, in quanto, a volere ritenere diversamente l'interprete non saprebbe individuare quali siano le altre disposizioni che devono ritenersi abrogate. Ma c'e� un'ulteriore argomentazione, a livello di sistema, che depone a favore della natura non abrogativa dell'art. 32, comma 4-bis, del divieto di arbitrato previsto dal cd. decreto Sarno, fondata sulla ordinanza della Corte Costituzionale 15 gennaio 2003, n. 11. I Giudici della Consulta, nel pronun (7) Cfr. R. Villata, L'appalto di opere pubbliche, 2001, 865 ss. DOTTRINA�909 ciarsi�nuovamente,�sulla�questione�di�legittimita�costituzionale�dell'art.�3,� comma�2,�del�d.l.�n.�180/1998,�hanno�dichiarato�la�stessa�manifestamente� infondata,�ritenendo�in�tal�modo,�implicitamente,�vigente�il�divieto�di�devolu- zione�ad�arbitri�delle�controversie�relative�alla�esecuzione�di�opere�pubbliche� comprese�in�programmi�di�ricostruzione�di�territori�colpiti�da�calamita�natu- rali.� In�sintesi,�l'art.�1,�co.�2�quater,�della�legge�8�aprile�2003,�n.�62�ha�inteso� dipanare�ogni�dubbio�in�ordine�alla�persistenza�del�divieto�di�arbitrato�in� ordine�alle�controversie�derivanti�dall'esecuzione�di�opere�pubbliche.� Anzi,�in�via�legislativa,�si�e�inteso�rendere�esplicito�quanto�gia�la�Corte� Costituzionale�aveva�affermato�in�ordine�alle�controversie�relative�ad�inter- venti�derivanti�dalla�applicazione�della�legge�n.�219/1981,�non�menzionati� nel�decreto�Sarno,�ma,�come�aveva�gia�chiarito�il�Giudice�delle�Leggi�con�la� citata�sentenza�n.�376/2001,�da�intendersi�anch'essi�compresi�nella�sferadi� applicazione�del�divieto.� Infine,�a�sostegno�della�natura�interpretativa�della�norma�di�legge� n.�62/2003�possono�valere�anche�le�seguenti�considerazioni:� 1)�l'espressione�utilizzata�dal�legislatore��continua�,�fa�ritenere�che� non�vi�sia�stata�soluzione�di�continuita�nella�vigenza�del�divieto;� 2)�l'abrogazione�di�una�norma�di�legge�si�ritiene�generalmente�abbia� carattere�definitivo,�mentre�tale�definitivita�sarebbe�stata�esclusa�immediata- mente�dalla�successiva�legge�n.�62/03;� 3)�ritenere�che�l'art.�1,�co.�2�quater in�parola�abbia�ripristinato�il� divieto�di�arbitrato�comporta�una�forzatura�del�testo�di�legge,�in�quanto�nella� sua�formulazione�letterale�esso�senz'altro�non�costituisce�una�abrogazione�di� una�norma�che,�a�sua�volta�possa�definirsi�abrogatrice.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La Public Governance in Europa di Federico Basilica Il�paradigma�della�governance�pubblica�nasce�in�anni�recenti�nell'ambito� del�piu�ampio�dibattito�sul�nuovo�ruolo�dello�Stato�e�delle�amministrazioni� pubbliche�territoriali�nelle�societa�avanzate�e�globalizzate.� Molti�fenomeni�hanno�contribuito�a�far�emergere�questo�nuovo�para- digma.�La�crescente�apertura�dei�mercati�e�la�fiducia�nella�capacita�incenti- vante�della�concorrenza,�il�conseguente�declino�della�figura�dello��Stato� imprenditore�,�la��crisi�fiscale��dello�Stato,�la�nuova�centralita�del�cittadino,� come�soggetto�portatore�di�interessi,�partecipe�e�non�mero�destinatario�delle� politiche�pubbliche,�la�richiesta�di�una�maggiore�prossimita�del�potere�pub- blico�alla�dimensione�territoriale�infrastatale,�la�crescita�quantitativa�e�quali- tativa�del�cosiddetto��terzo�settore�,�l'intreccio�sempre�piu�complesso�tra� funzioni�pubbliche�e�servizi�privati.�Questi�fenomeni,�comuni�a�tutti�i�Paesi� piu�avanzati,�hanno�portato�ad�una�radicale�rivisitazione�e�riconfigurazione� del�modo�di�operare�dei�poteri�pubblici,�tuttora�in�fase�di�evoluzione.� Il�termine�governance,�come�e�noto,�e�stato�adoperato�dapprima�in� ambito�privato.�Si�parla�infatti�ormai�da�decenni�di�corporate�governance,� per�indicare�le�strategie�e�gli�strumenti�di�controllo�e�direzione�dei�grandi� gruppi�industriali:�realta�sempre�piu�raramente�organizzate�secondo�la�moda- lita�compatta�e�gerarchica�dell'impresa�monoprodotto�dell'eta�delle�fabbrica- zioni�di�massa�e�sempre�piu�articolate,�al�contrario,�in�configurazioni��ad� arcipelago�,�segnate�dalla�disarticolazione�organizzativa,�specchio�della� diversificazione�di�merci�e�servizi.� Nell'eta�della��organizzazione�scientifica�del�lavoro��di�Taylor�e�del� modello�produttivo�fordista�la�metafora�dell'industria�divisionale�era�stata� la�piramide,�a�sintetizzare�grandi�dimensioni,�gerarchia�verticistica,�solidita� organizzativa,�rigida�ripartizione�delle�competenze.�Gli�anni�piu�recenti,�vice- versa,�hanno�visto�la�sua�sostituzione�con�quella�della�rete,�che�rappresenta� in�maniera�piu�convincente�le�condizioni�essenziali�al�migliore�sviluppo�del- l'impresa�nel�contesto�del�nuovo��modello�toyota��della�lean�organization:� pluralizzazione�di�snelli�centri�produttivi,�flessibilita�organizzativa,�integra- zione�tra�attivita�e�linee�di�prodotto,�minore�gerarchia�ed�organizzazioni�piu� �piatte�.� Questa�trasformazione�organizzativa�ha�dapprima�segnato�dall'interno� l'universo�del�privato�profit,�ma�poi�ha�influenzato�anche�l'ambito�esterno�in� cui�esso�opera.�Oggi,�sempre�piu�il�successo�di�una�impresa�e�legato�ad�una� serie�di�condizioni�relazionali�con�il�contesto�sociale�e�con�gli�attori�pubblici,� in�quelli�che�Manuel�Castells�chiama�i��milieux�di�innovazione��(1).�La�rete,� (1)�M. Castells, La�nascita�della�societa�in�rete,�Milano�2002.� DOTTRINA�911 appunto,�interna�ed�esterna,�in�luogo�della�catena�di�montaggio�del�Charlie� Chaplin�di��Tempi�moderni�.�La�corporate governance in�luogo�della�vecchia� logica�direzionale�meccanica�top-down. Parallelamente�a�queste�trasformazioni�della�societa��e�del�mercato,� anche�i�poteri�pubblici�sono�stati�investiti�da�processi�che�ne�hanno�sensibil- mente�modificato�la�ragion�d'essere�e�gli�obiettivi,�fissati�dalla�domanda�dei� cittadini�ed�hanno,�come�conseguenza,�dovuto�adottare�modalita��operative� e�strumenti�gestionali�totalmente�diversi�rispetto�al�passato.�In�particolare,� la�trasformazione�nell'ambito�pubblico�si�e��intensificata�nell'ultimo�venten- nio,�all'insegna�di�parole�d'ordine�nuove,�a�definire�nuove�realta��.� In�questo�contesto,�l'introduzione�del�termine�governance in�ambito�pub- blico,�con�la�carica�evocativa�che�porta�con�se�,e��servita�a�definire�alcune� delle�caratteristiche�di�ordine�piu��generale�che�vanno�assumendo�gli�assetti� istituzionali,�i�ruoli�e�le�modalita��di�azione�dei�poteri�pubblici�(piu��in�partico- lare,�delle�pubbliche�amministrazioni),�sulla�scia�di�quei�profondi�processi�di� riforma�che�hanno�segnato,�con�connotati�ed�intensita��diverse,�ma�anche� con�ampia�somiglianza�di�strumenti,�tutti�i�Paesi�dell'area�occidentale.� Quasi�sempre�il�termine�governance e��contrapposto�al�concetto�di� government,�in�cui�si�compendia�il�tradizionale�modello�di�esercizio�dell'auto- rita��pubblica.�Un�modello�che�era�basato,�quanto�alle�funzioni,�sulla�produ- zione�diretta�di�un�numero�crescente�nel�tempo�di�beni�e�servizi�a�fruizione� collettiva;�ed�ispirato,�quanto�alle�logiche�operative,�al�principio�di�legalita��,� alla�ripartizione�rigida,�formale�e�gerarchica�dei�poteri�e�delle�competenze� in�capo�a�determinati�centri�di�imputazione,�la�cui�legittimazione�derivava� formalmente�dalla�legge.� Al�suo�posto,�emerge�un�modello�nuovo.�Come�l'impresa,�anche�l'ammi- nistrazione�nel�nuovo�clima�impara�a��fare�sistema�,�ad�operare�in�modo� condiviso�in�contesti�di�incertezza�e�scarsita��di�risorse,�a�relazionarsi�piutto- sto�che�a�dare�ordini,�a�far�fare�piuttosto�che�a�fare.�Sono�proprio�questi�i� macrofenomeni�che�con�il�termine�governance si�intende,�in�genere,�riassu- mere.� L'espressione,�peraltro,�e��stata,�come�detto,�diversamente�intesa,�ed�ha� trovato�definizioni�e�concettualizzazioni�diverse�nei�diversi�contesti�in�cui�ha� dato�luogo�alla�riflessione.�In�particolare,�diverse�e�di�diversa�portata�sono� state�le�definizioni�della�governance formulate�dai�vari�organismi�internazio- nali�che�per�primi�vi�hanno�fatto�riferimento.� Vi�e��un'accezione�restrittiva�della�Banca�Mondiale,�che�si�sofferma�quasi� esclusivamente�sull'efficienza�e�l'efficacia�del�management pubblico,�sui�con- trolli�dei�meccanismi�di�spesa�e�sulla�riduzione�della�corruzione�nelle�pubbli- che�amministrazioni�(2).�Sulla�medesima�linea�il�Fondo�Monetario�Interna- zionale,�che�pone�l'accento�soprattutto�sull'efficacia�dei�sistemi�di�gestione�e� regolazione�dei�diversi�Paesi�(3).�Vi�e��poi�un'altra�ben�piu��estensiva�defini- (2)�World�Bank,�website,�2002.� (3)�FMI,�Guidance Note on Governance,1997.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione,�usata�dalla�Commission�on�Global�Governance�delle�Nazioni�Unite�(4),� secondo�cui�il�modello�e��la�somma�dei�diversi�modi�in�cui�gli�individui�e�le�isti- tuzioni,�pubblicheeprivate,�gestiscono�iloro�affaricomuni...�unprocesso�conti- nuo�attraverso�il�quale�interessi�differenziati�o�tra�loro�in�conflitto�possono� essere�compostiechepermettediintraprendereformediazione�cooperativa�.� Vi�e�,�infine,�la�formula�mediana�usata�dalla�Commissione�europea,�che�pone� l'accento�sui�propri�consolidati�meccanismi�di�sussidiarieta�e�proporziona- lita�(5).� In�generale,�dunque,�due�profili�si�stagliano�piu�netti�quando�si�parla�di� governance:�si�intende,�da�un�lato,�sottolineare�il�processo�di�superamento� della�ripartizione�formale�di�poteri�e�competenze,�a�beneficio�di�una�nuova� attenzione�sul�risultato�dell'attivita�pubblica,�sottintendendo,�dall'altro,�la� profonda�trasformazione�qualitativa�delle�funzioni�amministrative�e�del�ruolo� dei�poteri�pubblici.�L'orizzonte,�in�entrambi�i�sensi,�e�quello�di�una�ricerca� di�modalita�operative�diverse�dal�passato,�meno�costose�e�piu�efficienti,�mag- giormente�orientate�alla�soddisfazione�dell'utenza,�che�prevedano�formedi� cooperazione�fra�attori�pubblici�e�privati,�integrazione�e�accordo�con�altri� soggetti�istituzionali�in�vista�della�realizzazione�di�fini�condivisi,�partecipa- zione�piu�immediata�e�diretta�dei�cittadini�e�della�societa�civile�alle�scelte�col- lettive�ed�alla�loro�implementazione�amministrativa.� Questa�trasformazione�ha�implicato,�dal�punto�di�vista�istituzionale,�la� valorizzazione�del�principio�di�sussidiarieta�tanto�verticale�che�orizzontale.� Il�nuovo�paradigma�ha�portato�alla�rivalutazione�di�questa�antica�cate- goria�giuridica,�derivata�dal�diritto�canonico�e�passata�per�varie�interpreta- zioni�culturali,�ma�in�una�declinazione�che,�non�a�caso,�non�molti�anni�fa�e� stata�brillantemente�definita��dei�moderni��(6).�Declinazione�che�si�basa,�in� un�primo�senso,�sul�principio�secondo�il�quale�le�competenze�sono�allocate� nel�livello�territoriale�in�cui�possono�essere�esercitate�in�maniera�piu�effi- ciente,�efficace�ed�adeguato�alle�attese�ed�alle�domande�dei�cittadini;�conla� preferenza�per�il�livello�piu��prossimo��al�territorio�ed�alle�comunita�ammini- strate.�In�questo�senso,�il�principio�prevede,�quindi,�una�ripartizione�flessibile� delle�competenze,�non�definitiva,�perche�suscettibile�di�cambiamento�al� mutare�delle�condizioni�economiche�e�sociali�o�delle�priorita�nell'agenda�poli- tica,�in�luogo�di�una�distribuzione�rigida�ed�univoca�dei�poteri,�definita�ex� ante�una�volta�per�tutte�attraverso�uno�strumento�rigido�di�natura�legale.� La�flessibilita�e�l'elasticita�,�pero�,�non�riguardano�solamente�i�rapporti�tra� diversi�livelli�di�governo�all'interno�della�sfera�del�pubblico,�ma�anche,inun� secondo�senso,�le�relazioni�tra�questi�ed�i�soggetti�privati.�Da�quest'ultimo� punto�di�vista,�emergono�in�tutto�il�mondo�avanzato�fenomeni�comuni,�acco- munati�dalla�caratteristica�di�attenuare�quella�separazione�tra�sfera�del�pub- (4)�ONU,�Commission�on�Global�Governance,�Our�Global�Neighbourhood,1992.� (5)�Commissione�europea,�Libro�bianco�sulla�governance�europea,2001.� (6)�P.dRidola,dIl�principio�di�sussidiarieta�e�la�forma�di�Stato�di�democrazia�pluralistica,in� AA.VV.,�Studi�sulla�riforma�costituzionale,�Torino�2001,�p.�219.� DOTTRINA�913 blico�e�sfera�del�privato�che�Norberto�Bobbio�defin|�la��grande�dicotomia�� su�cui�si�basavano�fino�alla�seconda�meta�del�'900�tutti�i�sistemi�giuridici�del- l'area�occidentale�(7).�Si�tratta�di�fenomeni�quali�la�tendenza�ad�esternalizzare� attivita�e�servizi�pubblici�(e�spesso�perfino�tradizionali�funzioni�amministra- tive),�quella�a�ricorrere�al�partenariato�pubblico-privato�nell'espletamento� delle�attivita�di�rilevanza�sociale,�la�privatizzazione�delle�imprese�pubbliche,� con�l'ingresso�di�azionisti�privati�nella�gestione�di�grandi�servizi�di�interesse� collettivo,�ma�soprattutto,�in�linea�generale,�l'arricchimento�del�processo�deci- sionale�burocratico,�mediante�la�partecipazione�dei�soggetti�destinatari�delle� politiche�pubbliche�e�delle�attivita�amministrative�a�tutto�l'iter�istruttorio� come�alla�fase�di�gestione,�secondo�le�modalita�radicalmente�nuove�di�quella� che�e�stata�definita��amministrazione�condivisa��(8).� Ne�emerge,�quindi,�un�nuovo�sistema�dei�poteri�pubblici�e�delle�loro� relazioni,�molto�complesso�ed�articolato�in�competenze�formali�ed��infor- mali�,�che�prevede�la�presenza�di�una�pluralita�di�livelli�di�governo�e�di�sog- getti�portatori�di�interessi�coinvolti�nella�determinazione,�nello�sviluppo�e�nel- l'implementazione�delle�singole�politiche�pubbliche.�Un�sistema�multilivello� (multi-level�governance),�in�cui�diviene�necessaria�la�ricerca�di�coerenza�tra�le� diverse�parti�del�sistema�e�tra�le�diverse�azioni�da�esse�poste�in�essere(9).� Nel�mutato�scenario�i�poteri�pubblici�non�possono�piu�invocare�esclusi- vamente�una�legittimazione�formale�derivante�dalla�legge,�ne�operare�attra- verso�azioni�orientate�al�mero�assolvimento�dei�compiti�espliciti,�ma�sono� chiamati�a�guadagnare�una�legittimazione��sostanziale��sul�campo,�in� ragione�del�raggiungimento�degli�obiettivi,�sempre�piu�condivisi�e�partecipati,� e�quindi�dell'efficacia�e�dell'efficienza�della�propria�azione.�La��legittima- zione��non�e�piu�determinata�solo�dalle�norme,�ma�viene�a�dipendere�in�larga� parte�dalla�capacita�di�fissare�obiettivi�condivisi�di�politiche�pubbliche,�di� assicurarne�l'implementazione�amministrativa,�di�mediare,�in�vista�della�con- creta�decisione,�tra�una�vasta�gamma�di�interessi�pubblici�e�privati,�di�adem- piere�i�nuovi�compiti�con�competenza�tecnica�e�con�cognizioni�scientifiche� appropriate.� La�trasformazione�e�gia�avvertita�con�grande�chiarezza�dagli�operatori� che�sono�in�prima�linea�nelle�amministrazioni.�Una�ricerca�della�Funzione� Pubblica,�effettuata�su�un�campione�amplissimo�di�dirigenti�delle�amministra- zioni�di�tutti�i�livelli�di�governo,�e�da�poco�pubblicata�in�volume,�ha�dimo- strato�che�in�media�essi�percepiscono�gia�oggi�il�loro�come�un�ruolo�di�deci- sione�e�di�relazione�piuttosto�che�di�gestione�diretta�nel�vecchio�senso�(10).� (7)�N. Bobbio, La�grande�dicotomia:�pubblico/privato,�in�Id.,�Stato,�governo,�societa�,Torino� 1985.� (8)�G. Arena, Introduzione�all'amministrazione�condivisa,in�Studiparlamentari�e�dipolitica� costituzionale,�1997,�n.�117-118.� (9)�A. Bagnasco, Tracce�di�comunita�,�Bologna�1999.� (10)�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�La�dirigenza�pubblica:�il�mercato�e�le�competenze� dei�ruoli�manageriali,�Soneria�Mannelli�2003.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�di�tutta�evidenza�come�queste�evoluzioni,�comuni�a�tutto�il�mondo�svi- luppato,�il�cui�carattere�non�e�certamente�contingente,�comportino�quello� spostamento�dei�criteri�di�legittimazione,�dal�piano�formale�a�quello�sostan- ziale,�cui�si�accennava�poc'anzi.�Il�nuovo�paradigma�viene�a�poggiare�su�due� pilastri,�che�sono�fra�i�principi�ispiratori�del�reinventing government intorno� a�cui�si�sono�composti�i�processi�di�riforma�amministrativa�di�tutti�Paesi�del- l'area�OCSE:�il�principio�di�responsabilita�e�quello�di�accountability. Secondo�i�nuovi�criteri�di�gestione,�largamente�basati�sulla�fissazione�di� chiari�obiettivi�e�sulla�valutazione�(qualitativa�oltre�che�quantitativa)�dei� risultati,�ciascun�attore�amministrativo�e�responsabile,�nell'ambito�delle�pro- prie�attribuzioni,�dei�risultati�che�deve�produrre�ed�e�chiamato�a�rispondere� del�suo�operato�ai�suoi�diretti�interlocutori:�il�politico�all'elettorato,�il�mana- ger pubblico�ai�politici,�le�pubbliche�amministrazioni�ai�cittadini�e�ai�contri- buenti.�Si�innesca,�cos|�,�un�circuito�virtuoso,�orientato�alla�creazione�di�value for money.�Ed�i�risultati,�si�badi,�non�sono�piu�solo�e�tanto�quelli�del��pro- dotto�amministrativo��diretto,�ma�anche�e�soprattutto�quelli��di�sistema�,� ottenuti�mettendo��in�rete��tutti�gli�attori,�pubblici�e�privati,�impegnati�nella� soddisfazione�di�un�bisogno�collettivo.� Le�nuove�pubbliche�amministrazioni�devono�essere,�quindi,�socialmente� responsabili�e�dimostrare�le�proprie�performances,�valutabili�secondo�deter- minati�criteri�(efficienza,�efficacia,�economicita�),�che�diano�conto�della�realiz- zazione�di�un�programma�prestabilito,�presentato�pubblicamente�e�moral- mente�impegnativo.�Devono,�per�usare�l'espressione�che�ha�ispirato�una� recente�iniziativa�sul�bilancio�sociale,��rendere conto ai cittadini�(11).� Apertura, partecipazione, responsabilita� , efficacia e coerenza,�insieme�a� proporzionalita� e�sussidiarieta� :�sono�questi�i�nuovi�principi�su�cui�rimodellare� l'azione�collettiva�che�stanno�alla�base�della�buona governance e�delle�innova- zioni�proposte�dalla�Commissione�UE�nel�suo�gia�menzionato�Libro�bianco,� che�in�un�passo�breve�ma�significativo�icasticamente�osserva:��Ciascuno di essi e� essenziale alfine di instaurare una governance�piu� democratica ... costi- tuiscono ilfondamento della democrazia e delprincipio di legalita� negli Stati membri, ma si applicano a tutti i livelli di governo: globale, europeo, nazionale, regionale e locale�(12).� Questi�cinque�principi�possono,�dunque,�essere�assunti�come�coordinate� interpretative�condivise,�in�ambito�europeo,�del�concetto�di�governance pub- blica;�essi�possono�diventare�valori�di�riferimento�su�cui�sviluppare�le�diverse� azioni�per�l'implementazione�dei�nuovi�strumenti�e�per�la�promozione�delle� nuove�modalita�d'azione�pubblica�sottese�alla�riforma�amministrativa.� A�tali�principi�si�ispira�il�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�che�sta� sviluppando�specifiche�azioni�di�promozione�degli�strumenti�innovativi�di� (11)�Il�riferimento�e�al�volume�dedicato�all'introduzione,�in�ambito�pubblico,�dello�strumento� del�bilancio�sociale:�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�Rendere conto ai cittadini,�Napoli� 2004.� (12)�Commissione�europea,�Libro bianco sulla governance europea,2001.� DOTTRINA�915 governance�nelle�pubbliche�amministrazioni�italiane:�si�pensi,�oltre�al�gia� citato�volume�sulla�rendicontazione�sociale�in�ambito�pubblico,�ai�manuali� prodotti�di�recente�sulla�consultazione�nei�processi�decisionali�inclusivi�e� sulla�definizione�dei�piani�di�comunicazione(13). E�un�impegno�portato�avanti�con�convinzione,�nella�consapevolezza�che,� a�dispetto�dell'evoluzione�della�riflessione�culturale�(di�cui,�seppure�sintetica- mente,�si�e�cercato�in�queste�righe�di�dar�conto),�si�rischia�il�permanere�di� un�concetto�tropo�vago�e�polisenso�di�governance,�ove�non�si�forniscano�alle� amministrazioni�elementi�di�consapevolezza�e�strumenti�operativi�qualifi- canti.� Di�questo�impegno�e�ulteriore�testimonianza�la�recente�indagine�su��La� public�governance�in�Europa�,�realizzata�dal�Formez;�un'indagine�che�puo� essere�di�grande�utilita�per�quanti,�studiosi,�politici,�amministratori,�dirigenti� pubblici�vogliano�confrontarsi�con�questo�tema.�L'indagine,�infatti,�attra- verso�una�lettura�critica,�individua�alcuni�degli�istituti�e�degli�strumenti�piu� diffusi�e�funzionali�della�governance�in�diversi�Stati�dell'Unione�Europea,�svi- luppando,�inoltre,�un'analisi�comparativa�su�due�classici�processi�di�gover- nance,�quali�quelli�della�pianificazione�strategica�e�della�programmazione� negoziata.� I�report�nazionali,�senza�voler�essere�esaustivi,�considerato�il�tempo�di� realizzazione�dell'indagine�e�la�finalita�di�presentazione�di�buone�pratiche,� propongono�un�inquadramento�degli�assetti�istituzionali,�degli�strumenti�e� degli�istituti��peculiari��della�public�governance,�cos|�come�declinata�nei�sin- goli�Stati,�seguendo�l'approccio�dei�case�study�per�la�trattazione�di�diverse� esperienze�di�interesse.� Vengono�esaminate�alcune�esperienze�di�buona�governance�nei�processi� di�pianificazione,�programmazione�e�controllo,�con�la�messa�in�opera�di� alcuni�tipici�strumenti�del�new�public�management;�nelle�modalita�di�gestione� e�regolazione�dei�servizi�pubblici�e�nelle�forme�di�contrattualizzazione�delle� attivita�amministrative;�ed,�infine,�nella�cooperazione�fra�diversi�livelli�di� governo�e�diverse�strutture�amministrative.� Per�ciascuno�dei�macroambiti�appena�indicati�sono�stati�sviluppati�due� casi�di�studio�per�ogni�Paese,�di�cui�uno�riferito�al�livello�centrale�di�governo� e�l'altro�a�quello�locale,�mirando�all'individuazione,�per�ciascuno�di�essi,�dei� punti�di�forza�e�di�debolezza�delle�soluzioni�adottate,�alla�loro�sostenibilita�,� al�confronto�con�analoghe�esperienze�della�realta�italiana�e�alla�proposizione� di�eventuali�elementi�di�trasferibilita�.� Ne�emerge�un�quadro�estremamente�interessante�e�variegato,�in�cui,�pur� scontando�la�diversita�degli�scenari�storici�ed�istituzionali�dei�diversi�sistemi� amministrativi,�si�scorgono�alcuni�elementi�di�affinita�nel�processo�di�evolu- zione�delle�filosofie�e�delle�tecniche�di�amministrazione�nei�diversi�contesti.� (13)�Dipartimento�della�Funzione�Pubblica,�Il�piano�di�comunicazione�nelle�amministrazioni� pubbliche,�Napoli�2004;�Id.,�Apiu�voci,�Napoli�2004.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�il�caso,�solo�per�fare�gli�esempi�piu�rilevanti,�dell'introduzione�di�strumenti� incentivanti�le�performance pubbliche,�dell'esternalizzazione�di�servizi�e�fun- zioni,�della�contrattualizzazione�dei�rapporti,�del�decentramento�amministra- tivo,�della�cooperazione�interistituzionale.� Tutti�elementi�che,�seppur�declinati�in�forme�e�modalita�diverse�sulla� base�delle�specificita�delle�singole�realta�,�forniscono�proficui�spunti�di�rifles- sione�anche�per�l'amministrazione�italiana,�nell'ottica�di�un�confronto�allar- gato;�confronto�oggi�sempre�piu�necessario�per�una�pubblica�amministra- zione�che�e�chiamata�a�modificare�il�proprio�ruolo�ed�a�far�crescere�i�suoi� rendimenti,�per�farsi�promotrice�e�del�benessere�collettivo�in�questo�difficile� momento�di�transizione.� DOTTRINA�917 Autorita�indipendenti�e�tutela�giurisdizionale� di Valentina Di Vincenzo SOMMARIO:�1.�Natura�delle�Autorita�indipendenti�^1.1.�Le�autorita�e�il�nuovo� modello�di�amministrazione�^2.�Identificazione�del�Giudice�delle�autorita� indipendenti�^2.1.�La�giurisdizione�ante�D.Lgs.�80/1998�^2.2.�Giurisdi- zione�post�D.Lgs�80/98�e�L.�205/2000�^3.�Limiti�delsindacato�giurisdizio- nale�^3.1.�Discrezionalita�amministrativa�e�discrezionalita�tecnica:�sinda- cato�giurisdizionale�^3.2.�Forme�di�sindacato�sull'attivita�discrezionale� tecnica�^3.3.�Forme�di�sindacato�esercitabili�sui�provvedimenti�delle�auto- rita�indipendenti�^Conclusioni.� 1.��Natura�delle�Autorita�indipendenti.� Le�autorita�amministrative�indipendenti�rappresentano�un�modello� organizzativo�non�omogeneo�cui�il�legislatore�ha,�negli�ultimi�anni,�fatto�fre- quentemente�ricorso�per�la�regolazione�e�la�vigilanza�di�particolari�settori� ordinamentali,�caratterizzati�dalla�presenza�di�diritti�fondamentali�dei�citta- dini�meritevoli�di�tutela�contro�eventuali�abusi�provenienti�sia�dal�potere�ese- cutivo�che�dal�mercato.�La�mancanza�di�omogeneita�delle�stesse�ha�portato� a�considerarle�non�un�istituto,�ma�un�fenomeno�giuridico(1)�nato�e�amplia- tosi�sotto�la�spinta�dell'esigenza�di�autonomia�e�neutralita�diversamente�con- figurata�secondo�le�necessita�operative�e�il�momento�politico.�A�conferma�di� quanto�detto�basti�rilevare�che�non�esiste�una�legge�che�ne�disciplini�gli� aspetti�comuni�e�che�gli�unici�referenti�normativi,�legge�59/1997�e,�piu�di� recente,�legge�205/2000(2),�che�in�termini�generali�si�occupano�delle�Autorita� indipendenti�sono�privi�di�qualsiasi�addentellato�idoneo�ad�agevolare�la�defi- nizione�dei�connotati�comuni�degli�organismi�de�quibus.� A�fondamento�della�nascita�e�dello�sviluppo�del�fenomeno�delle�Autorita� indipendenti�vi�e�da�un�lato�l'incapacita�dell'organizzazione�amministrativa� tradizionale�a�provvedere�e�gestire�settori�c.�d.�sensibili,�coinvolgenti�la�tutela� di�interessi�di�particolare�rilevanza�costituzionale(3),�dall'altro�la�necessita� (1)�L'eterogeneita�del�fenomeno�e�evidenziata�da�G. Amato,�Autorita�semi-indipendenti�ed� autorita�di�garanzia,�in�Riv.�trim�.dir.�pubbl.,�1997,�645�ss.� (2)�Art.�2,�comma�4,�della�legge�15�marzo�1997,�n.�59�(la�c.d.�legge�Bassanini�Uno),�attuata� con�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,�n.�112,�ha�escluso�dal�conferimento�di�funzioni�e�compiti�dallo�stato� alle�regioni�e�agli�Enti�locali��i�compiti�di�regolazione�e�controllo�gia�attribuiti�con�legge�statale� ad�apposite�autorita�indipendenti��e�l'art.�4�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�ha�reso�applicabile� il�modello�accelerato�di�processo�amministrativo,�tra�l'altro,�alle�controversie�sui��provvedimenti� adottati�dalle�autorita�amministrative�indipendenti�� (3)�Per�interessi�di�particolare�rilevanza�costituzionale�si�intendono,�ad�esempio,�pluralismo� nella�stampa�(Garante�dell'editoria,�l.�416/�1981);�la�concorrenza�nel�mercato�(Autorita�garante� della�concorrenza�e�del�mercato,�l.�287/1990);�la�difesa�dei�risparmiatori�nel�mercato�mobiliare� (Consob,�d.l�.95/�1974,�conv.�in�l.�216/1974,�l.�281/1985).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�intervenire�gia�in�fase�preventivo-fisiologica�(non�soltanto�successivo-- patologica,�mediante�l'intervento�dell'autorita�giudiziaria)�in�settori�nevral- gici,�quali�quelli�interessati�dall'attivita�delle�Authorities.� Si�e�resa�necessaria,�quindi,�la�creazione�di�organismi�dotati�di�un�alto� grado�di�specializzazione�tecnica�e�indipendenti,�muniti,�cioe�,�di�una�posi- zione�di�terzieta�,�di�neutralita�e�di�indifferenza�rispetto�agli�interessi�dagli� stessi�curati�a�cui�all'uopo�attribuire�poteri�normativi,�amministrativi�e�para- giurisdizionali(4).�Tale�esigenza�e�risultata�ancora�piu�forte�nel�momento�in� cui�si�e�assistito,�per�opera�del�processo�di�privatizzazione,�all'arretramento� dello�Stato�dal�mercato�e�al�tramonto�del�modello�pubblico�dirigistico:�il� rischio�della�nascita�di�monopoli�privati,�piu�aggressivi�e�spregiudicati�di� quelli�pubblici,�ha�reso�indispensabile�la�creazione�di�organismi��neutrali�� di�regolazione�e�garanzia�dei�settori�abdicati�dallo�Stato.� La�neutralita�dell'agire�e�la�conseguente�indipendenza�dal�potere�politico� delle�autorita�,�caratteri�che�piu�o�meno�accentuatamente�sono�propri�di�tutte� le�Autorita�,�conducono�a�riflettere�sulla�loro�natura�e�collocazione�istituzio- nale.� Va,�in�primo�luogo,�chiarito�che�la�nozione�di�neutralita�si�distingue�da� quella�di�imparzialita�(5).� L'imparzialita�,�propria�dell'agire�dell'amministrazione�in�senso�classico,� ex�art.�97�Cost.,�esprime�la�posizione�di�un�soggetto�pubblico�che�nel�perse- guimento�dell'interesse�pubblico�primario,�dato�teleologico,�mantiene�un� atteggiamento�di�equidistanza�e�non�discriminatorio�rispetto�agli�interessi� pubblici�secondari�o�privati�coinvolti�nel�suo�agire;�la�neutralita�,�invece,�con- traddistingue�la�posizione�del�soggetto�che�agisce�in�una�situazione�di�indiffe- renza�rispetto�a�tutti�gli�interessi,�pubblici�o�privati,�in�gioco.�Il�soggetto�neu- trale,�quindi,�non�risulta�assegnatario�di�un�interesse�pubblico�da�perseguire,� le�sua�azione�del�tutto��disinteressata��e�quella�di�garantire�la�realizzazione� del�piu�generale�e�superiore�interesse�alla�applicazione�della�legge.� In�forza�della�diversa�prospettiva�teleologica�emerge�come�il�soggetto� pubblico�imparziale�e�quello�neutrale�presentino�diversita�strutturali�di�note- vole�rilievo.�L'organo�imparziale�si�colloca�fisiologicamente�nell'apparato� amministrativo�classico,�condividendone�il�necessario�raccordo�con�il�vertice� politico,�a�cui�si�riconduce�la�responsabilita�politica�dell'azione�amministra- tiva�verso�il�governo,�ex�art.�95�Cost.,�di�contro,�l'organo�neutrale,�non� dovendo�realizzare�un�interesse�pubblico,�ma�essendo�il�suo�agire�disinteres- sato,�e�sottratto�dal�controllo�dei�vertici�amministrativi�e�alla�conseguente� responsabilita�del�Governo�verso�il�Parlamento.� (4)�Cfr.,�F. Longo,�Ragioni�e�modalita�dell'istituzione�delle�Autorita�indipendenti,�in� Cassese-Franchini,�Bologna,�1996,�13;�F. Pericu, Brevi�riflessioni�sul�ruolo�istituzionale�delle� autorita�amministrative�indipendenti,�in�Diritto�Amministrativo,�1996,�4.� (5)�Cfr.�F. Caringella,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Milano,�2003,�786�ss.;�V. Caia- nello, Le�autorita�indipendenti�tra�potere�politico�e�societa�,�in�Foro�amm.,�1997.� DOTTRINA�919 1.1.�Le�Autorita�e�il�nuovo�modello�di�amministrazione.� Una�volta�chiarito�che�le�Authorities�sono�indipendenti�dal�potere�poli- tico,�bisogna�domandarsi,�ai�fini�della�determinazione�della�natura�giuridica� delle�stesse,�se�vi�sia�inconciliabilita�tra�nozione�di�amministrazione�e�indi- pendenza�e,�piu�in�particolare,�se�le�funzioni�di�volta�in�volta�svolte�dalle� stesse�siano�caratterizzate�da�una�neutralita�e�terzieta�tale�da�escluderne�l'a- scrivibilita�al�novero�delle�amministrazioni�per�assimilarle�alla�figura�dell'or- gano�giurisdizionale.�Ci�si�interroga,�in�altri�termini,�se�ad�un'indipendenza� di�tipo�ordinamentale�si�affianchi�anche�quella�di�tipo�funzionale.� La�problematica�su�esposta�non�ha�un�valore�puramente�dogmatico�in� quanto�dalla�diversa�soluzione�discendono�conseguenze�in�ordine�all'applica- bilita�della�legge�sul�procedimento�amministrativo,�legge�241/1990,�all'am- missibilita�di�poteri�governativi�di�direttiva�e�di�annullamento,�ex�art.�2,� comma�3,�lett.�p),�legge�400/1988�(ora�D.Lgs.�267/2000),�all'estensivita�del� rimedio�giustiziale�del�ricorso�straordinario�al�Capo�di�Stato,�ex�art.�14�del� d.P.R�1199�del�1971�(6).� Per�quanto�riguarda�il�primo�quesito�(coniugabilita�dell'indipendenza�con� la�nozione�di�amministrazione)�la�risposta�non�puo�che�essere�positiva�tanto� se�si�esamina�da�un�punto�di�vista�solamente�teorico,�senza�riferirsi�ad�un�ordi- namento�determinato,�tanto�se�si�abbia�riguardo�all'ordinamento�italiano.� Non�vi�e�,�infatti,�una�astratta�e�aprioristica�inconciliabilita�tra�amministra- zione�e�il�carattere�di�indipendenza�e,�in�particolare,�l'ordinamento�italiano� riconosce�accanto�ad�una�amministrazione�dipendente�dal�potere�del� Governo,�c.d.�amministrazione��servente�,�desumibile�dal�principio�di�respon- sabilita�politica�dei�Ministri�per�gli�atti�dei�rispettivi�dicasteri,�ex�art.�95�Cost.,� un'amministrazione�come�apparato�direttamente�regolato�dalla�legge�e�sot- tratto�al�potere�di�controllo�del�Governo.�Alla�base�di�quest'ultima�concezione� di�amministrazione�vi�sono�i�principi�costituzionali�della�riserva�di�legge�in� materia�di�organizzazione�dei�pubblici�uffici,�dell'imparzialita�e�buon�anda- mento,�ex�art.�97,�della�necessaria�osservanza�delle�procedure�concorsuali�per� l'accesso�ai�pubblici�impieghi,�ex�art.�97,�3.�comma,�nonche�,�del�principio�per� cui�i�pubblici�impiegati�sono�al�servizio�esclusivo�della�nazione,�ex�art.�98.� (6)�Dal�riconoscimento�della�natura�amministrativa�discende,�infatti,�l'applicabilita�della� legge�241/1990.�Piu�problematico,�invece,�risulta,�nonostante�la�natura�amministrativa�degli� organi�de�quibus,�ammettere�la�possibilita�del�ricorso�straordinario�al�Capo�dello�Stato.�Il�rimedio� e�,�infatti,�caratterizzato�da�un�incisivo�potere�di�intervento�del�Ministro�proponente�e�del�Consi- glio�dei�Ministri,�che�con�la�sua�deliberazione,�legittima�il�discostamento�del�primo�dal�parere� del�Consiglio�di�Stato.�Cio�comporta�il�rischio�di�una�pesante�interferenza�politica�nell'agire�neu- trale�delle�autorita�ed�e�per�questo�che�alcuni�autori�hanno�negato�l'esperibilita�del�ricorso�straor- dinario�avverso�gli�atti�delle�autorita�indipendenti.�Altri,�piu�opportunamente,�hanno�distinto�un� modello�forte�di�autorita�indipendenti,�operanti�in�settori�tutelati�a�livello�costituzionale�(liberta� del�mercato)�che�non�tollerano�ingerenze�politiche�e�avverso�i�cui�atti�non�e�esperibile�il�ricorso� al�Capo�dello�stato,�dal�modello�debole�che�sarebbe�sottratto�al�potere�di�indirizzo�politico,�ma� non�a�quelli�speciali,�tra�cui�il�ricorso�de�quo.�Lo�stesso�discorso�vale�per�altri�poteri�eccezionali� attribuiti�al�governo,�quale�quello�di�annullamento�degli�atti�amministrativi.�Vedi�L. Mazza- rolli,�Ricorso�straordinario�e�amministrazioni�indipendenti,�in�Dir.�amm.,�2002,�3,�393.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Piu�problematico�risulta�esaminare�la�natura�delle�funzioni�svolte�dagli� organismi�de quibus per�valutare�se�gli�stessi�rientrino�nella�nozione�di�ammi- nistrazione�(nell'accezione�ampia�considerata),�stante�la�disomogeneita�del� fenomeno�e�l'impossibilita�di�una�reductio ad unitatem. Non�vi�e�dubbio,�infatti,�che�in�alcuni�casi�le�funzioni�svolte�dalle�auto- rita�indipendenti�siano�marcatamente�amministrative.�In�tali�casi,�quindi,�la� peculiarita�dell'agire�delle�Autorita�non�risiede�nella�natura�dell'attivita�,� quanto�piuttosto�dall'elevato�tasso�di�indipendenza�valutativa�di�cui�godono� e�dalle�particolari�competenze�tecniche�di�cui�sono�dotate�(7).� In�altri�casi,�invece,�le�funzioni�svolte�sono�giusdicenti�(8)�riconducibili�al� potere�normativo�(adozione�di�veri�e�propri�regolamenti�ad�efficacia�esterna� in�attuazione�di�una�norma�primaria),�regolatore�(adozione�di�prescrizioni,� prive�di�natura�regolamentare,�disciplinanti�il�settore�di�riferimento)�ovvero� di�controllo�e�monitoraggio,�di�accertamento,�di�risoluzione�di�conflitti�e�san- zionatori.� Si�puo�giungere,�quindi,�alla�conclusione�che�la�sottrazione�al�principio� di�soggezione�e�di�responsabilita�politica,�ex art.�95�Cost.,�e�possibile�solo� ove�le�Autorita�svolgano�attivita�giusdicenti;�di�contro,�allorquando�pongano� in�essere�attivita�di�discrezionalita�pura,�sostanziandosi�nella�comparazione� imparziale�degli�interessi�in�rapporto�all'interesse�pubblico�ultimo�da�perse- guire,�operera�il�meccanismo�di�responsabilita�,�ex art.�95�Cost..�L'art.�95,�in� altri�termini,�non�scolpisce�una�inderogabile�regola�di�dipendenza�dell'ammi- nistrazione�al�governo,�con�la�conseguente�responsabilita�di�quest'ultimo,� ma�prevede�che�nel�solo�caso�in�cui�sia�ravvisabile�tale�dipendenza� amministrazione-governo,�i�membri�di�quest'ultimo,�individualmente�o�colle- gialmente,�siano�chiamati�a�risponderne.� In�ultima�analisi,�fino�a�quando�non�interverra�una�modifica�costituzio- nale�nel�senso�di�prevedere�le�Autorita�come�potere�a�se�stante,�le�Autorita�,� sebbene�munite�nello�svolgimento�di�alcune�loro�funzioni�della��perfetta�� neutralita�e�terzieta�,�devono�considerarsi�rientranti�nella�nozione�ampliata�e� non�servente�di�amministrazione.� (7)�Basti�pensare�all'Autorita�di�regolazione�di�servizi�di�pubblica�utilita�,�istituita�con�legge� 14�novembre�1995,�n.�485,�cui�sono�attribuite�potesta�tariffarie,�di�indirizzo,�di�determinazione� dei�livelli�generali�e�specifici�di�qualita�di�servizi.�In�questo�caso�seppur�l'indipendenza�e�enun- ciata,�ex art.�2,�comma�5.,�a�norma�del�quale��le�autorita�operano�in�piena�autonomia�e�con�indi- pendenza�di�giudizio�e�di�valutazione�,�risulta�attenuata�dal�relativo�procedimento�di�nomina�nel� cui�ambito�la�determinazione�finale�e�rimessa�alla�deliberazione�del�Consiglio�dei�Ministri,�ex art.�2�comma�7.,�e�dalla�prevista�necessita�che�le�Autorita�tengano�conto�degli�indirizzi�di�politica� generali�formulati�dal�Governo,�ex art.�1.� (8)�Si�pensi�all'Autorita�antitrust,�istituita�con�legge�10�ottobre�1990,�n.�287,�che�si�contrad- distingue�per�il�fatto�di�essere�titolare�di�tipiche�funzioni�contenziose,�nel�cui�espletamento�assume� la�veste�di�arbitro,�chiamato�a�verificare�mediante�un�percorso�sillogistico�condotto�in�conformita� a�parametri�dell'analisi�economica,�oltre�che�giuridica,�la�riconducibilita�dei�casi�concreti�alle�ipo- tesi�previste�dal�legislatore�(abuso�di�posizione�dominante,�pubblicita�ingannevole).� DOTTRINA�921 Pertanto,�nonostante�non�sia�mancato�chi�in�dottrina�abbia�sostenuto� che�le�autorita��sarebbero�dotate�di�funzioni�giurisdizionali�e�in�quanto�tali� sottratte�al�sindacato�giurisdizionale�proprio�degli�organi�giurisdizionali,�la� dottrina�maggioritaria�afferma�la�natura�amministrativa�delle�stesse.� Le�argomentazioni�sono�state�le�piu��varie:�c'e��chi�(9)�ha�sostenuto�che� non�esiste�un�quarto�potere�dello�Stato,�oltre�quello�legislativo,�giurisdizio- nale�e�amministrativo�e�che�inevitabilmente,�a�costituzione�invariata,�gli� organismi�devono�essere�ricondotti�alla�amministrazione;�chi(10),�invece,� ha�ritenuto�che�l'attivita��amministrativa�possa�essere�definita�solo�mediante� criterio�residuale�per�cui�tutto�cio��che�non�e��di�competenza�dei�giudici�ne� delle�camere�non�puo��che�essere�attivita��amministrativa�anche�se�consistente� in�atti�normativi�o�in�attivita��decisorie.� Dello�stesso�avviso�e��anche�la�giurisprudenza�tanto�del�Supremo�organo� amministrativo(11),quantodelGiudicedilegittimita��(12).� Il�primo,�dopo�aver�rilevato�che�le�Autorita��sono�chiamate�ad�operare�in� piena�autonomia�rispetto�agli�apparati�dell'esecutivo�e�ad�ogni�organo�del- l'amministrazione,�afferma�che��nell'attuale�assetto�costituzionale,�la�fun- zione�di�garanzia�delle�Autorita��indipendenti�e��incardinata�nella�funzione� amministrativa�,�cio��sulla�base�del�fatto�che�si�collocano�al�di�fuori�dell'am- bito�dell'art.�102�della�Costituzione�e�che�le�norme�ne�conformano�l'attivita�� secondo�i�criteri�propri�dell'attivita��amministrata�(concretezza,�spontaneita��e� discrezionalita��).� La�Corte�di�Cassazione�riconosce,�nella�specie�al�garante�della�privacy,� la�legittimazione�passiva�processuale,�esclusa�dal�Tribunale�di�Roma�stante� l'attribuzione�della�natura�di�giudice�allo�stesso.� La�Corte�precisa,�infatti,�che,�sebbene�le�autorita��indipendenti�possano� adottare�provvedimenti�decisori,�non�sono�dei�giudici,�ma�fanno�parte�della� pubblica�amministrazione;�cio��comporta�che�possano�partecipare�come�parti� ai�processi�promossi�da�chi�impugna�le�loro�decisioni.�Si�aggiunge�che�la� natura�paragiurisdizionale�attribuita�alle�Authorities�ha�solo�valore�descrit- tivo,�serve,�cioe��,�ad�esprimere�l'indipendenza�di�cui�sono�dotate,�ma�assoluta- mente�non�rappresenta�un�quarto�potere�diverso�da�quello�amministrativo.� Si�prende�atto�da�quanto�emerge�sia�in�dottrina�che�in�giurisprudenza� che�vi�e��una�differenza�sostanziale�e�insuperabile�tra�organo�giudiziario�e� organo�amministrativo,�differenza�che�si�riverbera�sugli�atti�dagli�stessi�adot- tati.�Il�giudice�e��quel�soggetto�pubblico�che,�esercitando�quel�tipico�procedi- mento�che�e��il�processo�giudiziario,�da��luogo�ad�una�decisione�su�diritti� suscettibile�di�assurgere�alla�definitivita��del�giudicato,�al�di�fuori�di�qualun- que�altro�controllo�da�parte�di�altro�e�diverso�organo�o�potere�dello�Stato,� (9)�G. Guarino,�Le�autorita�garanti�nel�sistema�giuridico,�in�Le�autorita�indipendenti�nei� sistemi�istituzionali�ed�economici,�I,�Firenze,�1997,�36.� (10)�G. Morbidelli,�Sul�regime�amministrativo�delle�autorita�indipendenti,�in�Le�autorita�indi- pendenti�nei�sistemi�istituzionali�ed�economici,�I,�Firenze,�1997,�150-153.� (11)�Cons.�Stato,�Comm.�Speciale�29�maggio�1998,�in�Foro�amm.,�1999,�415.� (12)�Cass.,�Sez.�I�Civ.,�20�maggio�2002,�n.�7341.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�contro,�sebbene�sia�vero�che�anche�alle�pubbliche�amministrazioni�e�dato� di�provvedere�su�diritti�in�forme�che�la�dottrina�definisce�giustiziali,�i�loro� provvedimenti�non�hanno�mai�natura�giurisdizionale�in�quanto�avverso�essi� vi�e�sempre�la�possibilita�di�una�sottoposizione�al�vaglio�di�un�giudice�e�cio� fa�desumere�che�il�potere�di�attuare�la�legge,�affidato�a�tali�organi,�non�e� comunque�definitivo.� 2.�Identificazione�del�Giudice�delle�autorita�indipendenti.� Dalla�natura�amministrativa�delle�autorita�indipendenti�e�dalla�conse- guente�natura�amministrativa�degli�atti�dalle�stesse�adottate�si�desume�l'am- missibilita�del�controllo�giurisdizionale�su�quest'ultimi,�ex�art.�113�Cost..� A�fondamento�del�controllo�giurisdizionale�sui�provvedimenti�adottati� dalle�autorita�indipendenti�risiede�anche�una�ragione�di�ordine�sostanziale.� Non�vi�e�chi�non�veda�che�gli�organismi�in�questione,�soprattutto,�quando,� per�l'assoluta�indipendenza�loro�garantita,�oltre�che�per�le�oggettive�caratteri- stiche�delle�funzioni�espletate,�non�siano�ascrivibili�al�novero�delle�pubbliche� amministrazioni�in�senso�classico,�pongono�in�termini�gravissimi�il�problema� del�controllo�(tanto�piu�se�si�tien�conto�dello�spessore�e�dell'entita�degli�inte- ressi�sulla�cui�sfera�incide�la�loro�attivita�).�Pertanto,�in�assenza�di�forme�di� sindacato�in�qualche�modo�raccordabili�al�circuito�politico�parlamentare,�ex� art.�95�Cost.,�quell'esigenza�non�puo�che�essere�soddisfatta�imponendo�che� l'esercizio�di�tale�funzione��giusdicente��(da�intendersi�nei�termini�suddetti),� in�via�preventivo-fisiologica,�abbia�luogo�nel�rispetto�dei�principi�del�contrad- dittorio,�della�trasparenza�e�della�motivazione�e�che,�in�via�successivo-- patologica,�sia�ammesso�sul�risultato�dell'attivita�espletata�un�sindacato�giu- risdizionale.� In�altri�termini,�si�sostiene�che�l'indipendenza��guadagnata��nello�svol- gimento�di�alcune�funzioni�(paragiurisdizionali�o�giusdicenti)�non�puo�che� riverberarsi�in�un�controllo�addirittura�piu�pregnante�dell'usuale�sugli�atti,� risultato�finale�dell'attivita�svolta.�Le�autorita�indipendenti�sono�organismi� eccentrici�rispetto�all'amministrazione�intesa�in�senso�classico�e,�quindi,� essendo�estranei�al�meccanismo�amministrazione-Governo-Parlamento�(per� il�quale�l'amministrazione,�attraverso�il�governo�finisce�per�rispondere�del� suo�operato�davanti�al�Parlamento�e,�in�ultima�analisi,�davanti�al�corpo�elet- torale),�agiscono�liberamente�nel�senso�che�il�loro�operato�non�e�inquinato� dalla�tendenza�del�gioco�parlamentare�a�veder�tutelati�gli�interessi�dellamag- gioranza�per�assicurarsi�l'�impunita��:�cio�comporta�che�soprattutto�per�dette� funzioni�il�sindacato�giurisdizionale�debba�essere�rafforzato�piu�che�elimi- nato.� 2.1.�La�giurisdizione�ante�D.Lgs.�80/1998.� Bisogna�chiarire,�una�volta�appurata�l'ammissibilita�del�sindacato�giuri- sdizionale�sui�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti,�quali�sia�il�giudice� legittimato�ad�esercitarlo,�ordinario�ovvero�amministrativo,�e�quale�siano�i� limiti�di�tale�sindacato.� L'analisi,�punto�centrale�della�trattazione,�va�condotta�tenendo�ben� distinte�due�fasi�che�vedono�come�spartiacque�il�D.Lgs.�31�marzo�1998,� DOTTRINA�923 n.�80�(13):�quella�ante D.Lgs.�80/1998,�e�quella�post D.Lgs.�80/1998,�in�que- st'ultima,�si�prenderanno�in�considerazione�le�modifiche�apportate�allo�stesso� dalla�legge�21�luglio�2000,�n.�205�(14).� Il�sistema�del�riparto�di�giurisdizione�ante D.Lgs.�80/1998�era�abba- stanza�articolato�in�quanto�nelle�leggi�istitutive�delle�singole�autorita��indipen- denti�si�prevedeva�o�la�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,� ovvero�quella�del�Giudice�ordinario�ovvero,�nel�silenzio�della�legge,�il�riparto� si�fondava�sul�normale�criterio�della�causa petendi.� Per�la�Banca�d'Italia(15)�^ma�e��controversa�questa�natura(16)�^la� competenza�sui�suoi�atti�spettava�al�giudice�amministrativo�come�giudice� generale�sulla�tutela�degli�interessi�legittimi,�mentre�per�le�sanzioni�in�materia� bancaria�(formalmente�irrogate�dal�Ministro�del�Tesoro�^ora�dell'Economia)� dovrebbe�essere�competente�in�un�unico�grado�la�Corte�di�Appello�di�Roma� e�la�Banca�d'Italia�sostiene�decisamente�questo�riparto.� Per�la�CONSOB(17)�e�l'ISVAP(18)�era�competente�il�giudice�ammini- strativo�in�base�alle�consuete�regole�di�riparto�della�giurisdizione,�poiche�nelle� varie�leggi�che�li�hanno�conformati�come�ora�essi�sono,�non�vi�e��alcuna� norma�specifica�sulla�giurisdizione.� Per�l'Autorita��per�la�concorrenza�ed�il�mercato(19)�invece�si�e��attribuita� al�giudice�amministrativo�la�giurisdizione�esclusiva,�salvo�che�per�l'azione�di� nullita��e�di�risarcimento�del�danno�conseguente�in�caso�di�accordi�anticon- correnziali,�che�devono�essere�proposte�davanti�alla�Corte�di�appello�compe- tente�per�territorio�(20).� (13)�Il�D.Lgs.�80/1998��Nuove�disposizioni�in�materia�di�organizzazione�e�di�rapporti�di� lavoro�nelle�amministrazioni�pubbliche,�di�giurisdizione�nelle�controversie�di�lavoro�e�di�giurisdi- zione�amministrativa,�emanate�in�attuazione�dell'art.�11,�comma�4,�della�legge�15�marzo�1997,� n.�59��e��pubblicato�nella�Gazzetta Ufficiale 8�aprile�1998,�n.�82,�s.o.�n.�65/L.�Le�disposizioni�che� qui�interessano�sono�quelle�inerenti�al�riparto�di�giurisdizione�di�cui�agli�art.�33,�34�e�35�del� decreto�legislativo�e,�in�particolare,�l'art.�33.� (14)�La�legge�205/2000��Disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa��e��pubblicata� nella�Gazzetta Ufficiale 26�luglio�2000,�s.o.�La�disposizione�che�qui�interessa�e��l'art.�7�della�legge� stessa�riguardante�le�modifiche�agli�art.�33,�34�e�35�del�D.�lgs.�80/1998.� (15)�Cfr.�R.D.�11�giugno�1936,�n.�1067��approvazione�dello�statuto�della�Banca�d'Italia�� (16)�Si�e��discusso�sulla�natura�della�Banca�d'Italia�proprio�per�la�sua�origine�storica,�antece- dente�al�fenomeno�della�proliferazione�delle�autorita��indipendenti.�Dai�piu��in�dottrina�e�oramai� all'unanimita��in�giurisprudenza�si�ammette�la�natura�di�autorita��indipendente,�stante�la�neutralita�� del�suo�agire�e�la�conseguente�indipendenza�dal�potere�politico.� (17)�Cfr.�l.�7�giugno�1974,�n.�216�che�ha�dettato�le�regole�e�disposizioni�inerenti�al�mercato� mobiliare�ed�al�trattamento�fiscale�dei�titoli;�da�ultimo�il�D.Lgs.�24�febbraio�1998,�n.�58,�integrante� il�testo�unico�delle�disposizioni�in�materia�finanziaria.� (18)�Istituita�con�L.�12�agosto�1982,�n.�576.�Recentemente�con�il�D.Lgs.�13�ottobre�1998,� n.�373,�sono�state�introdotte�norme�di�razionalizzazione�dell'Istituto.� (19)�Istituita�con�legge�10�Ottobre�1990,�n.�287.� (20)�Naturalmente�questo�giudizio�risarcitorio�non�va�confuso�con�quello�del�risarcimento� del�danno�eventualmente�proposto�nei�confronti�dell'Autorita��che�ha�posto�in�essere�il�provvedi- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Per�l'Autorita�per�le�garanzie�nelle�comunicazioni�(21)�e�per�l'Autorita� per�l'energia�elettrica�ed�il�gas(22),�con�le�relative�leggi�istitutive,�e�stata�sta- bilita�la�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo;�viceversa,�pur� essendo�incontestata�la�sua�natura�di�autorita�indipendente,�per�gli�atti�del- l'Autorita�garante�per�la�protezione�dei�dati�personali(23)�e�competente�il� giudice�ordinario,�anche�se�il�giudice�amministrativo�ha�ritenuto�che�resta� ferma�la�sua�giurisdizione�esclusiva,�laddove�si�verte�in�tema�di�accesso�alla� documentazione�amministrativa�concernente�i�dati�predetti,�ai�sensi�della� legge�sulla�privacy,�in�base�all'art.�25�della�legge�n.�241�del�1990.� Vi�e�inoltre�la�Commissione�di�garanzia�per�l'attuazione�delle�leggi�sullo� sciopero�nei�servizi�pubblici�essenziali(24),�che�pur�potendo�essere�ascrivibile� nel�novero�delle�autorita�indipendenti,�specie�per�effetto�della�recente�legge� 11�aprile�2000,�n.�83,�non�viene�comunemente�considerata�tale.�Comunque,� per�quanto�qui�interessa,�l'art.�15�di�detta�legge�ha�attribuito,�per�l'impugna- zione�delle�sanzioni�irrogabili,�la�giurisdizione�al�giudice�ordinario�in�fun- zione�di�giudice�del�lavoro�e�cos|�dovrebbe�essere,�secondo�la�dottrina,�anche� per�gli�altri�atti�della�commissione�previsti�dalla�stessa�legge.� Vi�sono�poi�una�serie�di�organi,�di�agenzie,�spesso�denominate�commis- sioni,�che�sicuramente�non�sono�in�senso�tecnico�autorita�indipendenti(25).� mento�dichiarato�illegittimo,�giudizio�che�dopo�la�legge�205�del�2000�e�attribuito�alla�giurisdizione� amministrativa�a�completamento�della�tutela�di�legittimita�e,�a�maggior�ragione,�alla�giurisdizione� esclusiva.Si�tenga�presente,�inoltre,�un'ulteriore�particolarita�.�La�legge�richiama�in�materia�sanzio- natoria�la�l.�689/�1981,�che�prevede�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�Nonostante�la�dottrina� sia�divisa,�la�giurisprudenza,�dopo�prime�oscillazioni,�e�concorde�nell'affermare�che�il�rinvio�sia� procedurale,�e�non�fondi�la�giurisdizione.�La�giurisdizione�e�quella�esclusiva�del�G.A.�il�rito�che� si�seguira�e�quello�stabilito�dalla�legge�richiamata.�Si�giustifica�cio�ponendo�l'accento�sul�fatto� che�la�sanzione�non�e�altro�che�l'espressione�ultima�e�piu�concreta�dell'attivita�posta�in�essere�dal- l'Antitrust.� (21)�La�precedente�struttura�del�garante�per�l'editoria,�istituito�dall'art.�6�della�l.�5�agosto� 1981,�e�stata�sostituita�con�l'istituzione�dall'autorita�per�le�telecomunicazioni,�ex�art.�2�della�l.� 481/�1995,�che�ha�trovato�regolamentazione�definitiva�con�la�l.�n.�249�del�1997�e�con�il�successivo� d.P.R.�n.�318�del�1997.� (22)�Istituita�con�l.�14�novembre�1995,�n.�481.� (23)�Istituita�con�legge�31�dicembre�1996,�n.�675,�oramai�sostituita�dal�c.d.�codice�della�pri- vacy,�D.�lgs.�30�giugno�2003,�n.�196,�entrato�in�vigore�il�1.�gennaio�2004.� (24)�Istituita�con�legge�12�giugno�1990,�n.�146.� (25)�Ad�esempio�non�si�tratta�di�autorita�indipendenti,�ma�di�uffici�organizzativi�nel�caso�del- l'A.I.P.A.,�autorita�per�l'informatica�nella�pubblica�amministrazione,�che,�nonostante�il�nome,� riveste�soltanto�funzione�di�programmazione�e�di�organizzazione.�Lo�stesso�discorso�vale�per�l'A- genzia�per�i�servizi�sanitari�nazionali�regionali,�che�costituisce�uno�strumento�organizzativo�del� Ministero�della�Sanita�con�compiti�di�supporto�delle�attivita�regionali.�Ancora�non�sono�conside- rate�autorita�indipendenti�le�diverse�Agenzie:�A.N.P.A.:�agenzia�nazionale�per�la�protezione� ambientale;�Agenzia�per�la�protezione�civile;�L'A.R.A.N.:�agenzia�per�la�rappresentanza�sindacale� delle�pubbliche�amministrazioni.�Si�ecludono�dal�novero�delle�autorita�anche�le�Commissioni�di� vigilanza,�quale�la�Commissione�di�vigilanza�sui�fondi�pensione.�Per�un�maggior�approfondimento� si�guardi�P. Sandulli,�Autorita�indipendenti�e�controllo�giurisdizionale,in�Giusto�processo�civile�e� procedimenti�decisori�sommari,�a�cura�di�Lanfranchi,�Torino,�2001,�223�ss.� DOTTRINA�925 E�tra�questi�viene�annoverata�anche�l'Autorita�di�vigilanza�per�i�lavori�pub- blici�(26)�da�parte�della�dottrina,�mentre�la�giurisprudenza�del�giudice�ammi- nistrativo,�con�il�conforto�implicito�della�Corte�Costituzionale,�la�considera� autorita�amministrativa�indipendente.� E�facile�notare�dalla�rassegna,�certo�non�esaustiva�e�completa,�in�tema� di�giurisdizione�sui�provvedimenti�delle�Authorities che�gia�prima�del�D.Lgs.� 80/1998,�il�legislatore,�nelle�specifiche�leggi�istitutive�delle�autorita�,�avesse� optato�per�la�giurisdizione�esclusiva�del�Giudice�amministrativo.�Diverse� sono�le�ragioni�a�fondamento�di�tale�scelta.� In�primo�luogo,�si�e�riscontrata�la�difficolta�di�applicazione�del�normale� criterio�di�ripartizione�basato�sulla�dicotomia�carenza-assenza�di�potere,�in� quanto�le�valutazione�espresse�dagli�organismi�in�questione�sono�connotate� da�discrezionalita�tecnica�implicante�il�problema�della�degradabilita�o�meno� del�diritto�in�interesse�legittimo.�Si�deve�innanzitutto�precisare�che�il�pro- blema�e�mal�posto�perche�non�si�tratta�di�valutare�la�capacita�della�discrezio- nalita�tecnica�di�sortire�o�meno�l'affievolimento�di�un�diritto�in�interesse�legit- timo,�quanto�di�valutare�la�natura�del�potere,�degradatorio�o�meno�del� diritto,�che�viene�esercitato�sulla�scorta�delle�valutazioni�tecniche�acquisite.� La�discrezionalita�tecnica�e�un'attivita�neutra,�quindi�se�il�potere�esercitato� sulla�scorta�e�dopo�le�acquisizioni�tecniche�e�connotato�da�discrezionalita� amministrativa�pura�si�avra�sicuramente�affievolimento,�se�e�,�per�contro,�un� potere�vincolato,�si�dovra�distinguere�a�seconda�che�venga�esercitato�a�favore� del�privato�ovvero�a�favore�della�collettivita�per�il�perseguimento�di�un�inte- resse�pubblico:�nel�primo�caso�si�vantera�una�posizione�di�diritto�soggettivo,� nel�secondo�di�interesse�legittimo�(27).� In�secondo�luogo�e�rinvenibile�una�seconda�difficolta�derivante�dal�fatto� che�i�provvedimenti�delle�autorita�indipendenti�intervengono�nei�rapporti� tra�privati.�Da�cio�consegue�che�due�potrebbero�essere�i�possibili�oggetti�del� giudizio:�il�provvedimento�(la�legittimita�dello�stesso)�con�conseguente�giuri- sdizione�del�G.A.�ovvero�il�rapporto�sottostante�(la�liceita�dello�stesso)�con� seguente�giurisdizione�del�G.O.�Ulteriore�problema�nasce�dal�fatto�che�le� stesse�funzioni�svolte�dalle�autorita�coinvolgono�diritti�primari�che,�in�quanto� tali,�vengono�definiti�indegradabili.� (26)�Istituita�con�legge�n.�109/�1994�(legge�Merloni),�successivamente�modificata�dalle�leggi� n.�216/1995�e�415/1998.� (27)�Si�tenga�conto�che�in�dottrina�c'e�chi�sostiene�che�avverso�i�provvedimenti�delle�autorita� indipendenti�l'unica�posizione�vantabile�sarebbe�quella�di�interesse�legittimo�con�conseguente�giu- risdizione,�nonostante�la�lettera�della�legge,�di�legittimita�.�Vedi�sul�punto�P. Sandulli,op. cit, 240.�Di�contro,�c'e�chi�sostiene�che�l'attivita�discrezionale�tecnica�delle�autorita�indipendenti,� caratterizzata�dalla�mancanza�della�comparazione�degli�interessi�in�gioco�al�fine�della�realizza- zione�dell'interesse�pubblico�primario,�spingerebbe�a�rappresentare�le�situazioni�giuridiche�nei� confronti�delle�determinazioni�delle�autorita�de quibus come�diritti�soggettivi.�Vedi�A. Tassone, Situazioni giuridiche soggettive e decisioni delle amministrazioni indipendenti, in�Dir. Amm., 2002,� 3,�459.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� In�ultimo�si�e�voluto�consentire�un�sindacato�piu�pieno�rispetto�a�quello� esercitato�dal�giudice�amministrativo�in�sede�di�legittimita�,�in�quanto�limitato� al�solo�annullamento�dell'atto�illegittimo�(28).� 2.�2.�Giurisdizione post�D.Lgs 80/98 e legge 205/2000. Cos|�stavano�le�cose�anteriormente�all'entrata�in�vigore�dell'articolo�33� del�D.Lgs.�n.�80�del�1998�e�soprattutto�sino�all'avvento�della�legge�n.�205�del� 2000,�che�ha�dissipato�molti�dubbi.�In�primo�luogo�va�messo�in�evidenza� che�l'art.�4�lett.�d della�predetta�legge�ha�definito,�o�meglio�ha�qualificato� come�autorita�amministrative�le�autorita�indipendenti,�laddove�nella�varia� legislazione�non�appariva�mai�detta�qualificazione,�che�cos|�ha�una�indubbia� ricaduta�positiva�sulla�giurisdizione�del�giudice�amministrativo.�Per�altro� questa�norma�ha�previsto,�per�i�giudizi�aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti� adottati�appunto�dalle�autorita�amministrative�indipendenti,�un�rito�abbre- viato-acceleratorio.� Tale�norma�e�stata�interpretata�da�parte�della�dottrina,�seppur�minorita- ria,�come�fondante�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�ogni�qual� volta�il�giudizio�avesse�ad�oggetto�un�provvedimento�di�un�autorita�indipen- dente�(29).� Si�e�sostenuto�infatti�che,�essendo�la�legge�205�una�legge�generale�di� riforma�della�giustizia�amministrativa,�risulterebbero�abrogate�(per�incompa- tibilita�,�mancando�una�previsione�espressa�di�abrogazione)�tutte�le�disposi- zioni�particolari�precedenti�che�si�sono�succedute�in�materia�di�amministra- zioni�che�rientrano�nella�categoria�delle�autorita�indipendenti,�con�la�conse- guenza�che�sarebbero�sottoposte�alla�giurisdizione�del�giudice� amministrativo,�salvo�la�difficolta�per�detto�giudice�di�qualificare�una�deter- minata�entita�come�autorita�amministrativa�indipendente,�trattandosi�di�set- tore�caratterizzato�da�rilevanti�profili�di�disomogeneita�e�di�mutevolezza.�Per- tanto�si�dovrebbe�pervenire�alla�conclusione�che,�essendo�sicuramente�da� qualificare�come�autorita�indipendente�l'Autorita�garante�per�la�tutela�dei� dati�personali,�gli�atti�e�provvedimenti�emanati�dalla�stessa�non�potrebbero� piu�essere�impugnati�davanti�al�giudice�ordinario,�come�pure�previsto�dalla� anteriore�legge�istitutiva,�ma�dovrebbero�esserlo�davanti�al�giudice�ammini- strativo.� Non�risulta�che�il�giudice�amministrativo,�o�quello�ordinario,�abbiano� emanato�qualche�pronuncia�in�tal�senso.� Pero�l'anzidetta�interpretazione�non�sembra�condivisibile.� (28)�Si�deve�far�presente,�ad�onor�di�cronaca,�che�prima�del�D.Lgs.�80/1998�il�sindacato� svolto�dal�giudice�amministrativo,�sebbene�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�era�meno�pieno� rispetto�a�quello�attribuito�al�giudice�ordinario:�gli�era�precluso�infatti�l'utilizzo�della�consulenza� tecnica�di�ufficio�(mezzo�introdotto�nel�processo�amministrativo�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva� con�il�D.Lgs.80/1998�nel�processo�e�in�sede�di�giurisdizione�di�legittimita�con�l'art.�16�della�legge� 205/2000).�Si�voleva,�in�altri�termini,�rendere�meno�penetrante�il�controllo�sui�provvedimenti�delle� autorita�indipendenti.� (29)�Merusi, Giustizia amministrativa, cit. DOTTRINA 927 La norma dell'art. 4 della legge n. 205 citato, come ha osservato altra dottrina piu� convincente sul punto, si preoccupa invero di disciplinare il pro- cesso amministrativo e non il riparto di giurisdizione; essa presuppone, sulla base di norme stabilite �aliunde�, la giurisdizione, ma non la fonda. (30) Con la conseguenza che la disciplina dell'art. 4 non opera per le autorita� i cui atti e comportamenti siano soggetti alla giurisdizione del giudice ordina- rio per effetto di norme speciali, ovvero siano attribuiti alla giurisdizione di legittimita� del giudice amministrativo in base ai criteri generali del riparto di giurisdizione. In definitiva, ritornando al tema di fondo sull'ambito della giurisdizione esclusiva delle autorita� amministrative indipendenti, l'art. 4 della legge 205, pur avendo il grande merito di avere qualificato le dette autorita� come ammi- nistrative, chiarendo cos|� ogni dubbio sulla loro natura e sulla impugnabilita� dei loro provvedimenti, avrebbe lasciato le cose come stanno sul tipo di giu- risdizione cui sono sottoposti i loro atti, non facendo sul punto quella neces- saria chiarezza, per cui e� auspicabile l'intervento del legislatore. In tema di giurisdizione la grande novita� introdotta dopo il 1998 e� costi- tuita dall'articolo 33 del D.Lgs. n. 80, novellato dall'art. 7 della legge 205, che ha attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva su tutte le controversie sui pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti, tra gli altri, anche alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, attivita� riconducibile alle funzioni svolte dalla Banca d'Italia, dall'Isvap e dalla Consob. Si puo� , quindi, affermare che l'art. 33 opera in funzione rico- gnitiva della giurisdizione per quanto riguarda le autorita� operanti nel settore delle telecomunicazioni e nel settore dei servizi di pubblica utilita� e, precisa- mente, nei settori dell'energia e del gas (legge 481/1995), stante l'attribuzione gia� ante d.lgs. 80/1998 della giurisdizione esclusiva del G.A.; di contro, la sua funzione e� innovativa-costitutiva per quanto attiene alle tre autorita� su menzionate (Banca d'Italia, Isvap e Consob), la cui giurisdizione veniva determinata secondo il normale criterio della causa petendi. Va, altres|� rammentato, come detto, che l'art. 33 D.Lgs. 80/1998 e� stato modificato dall'art. 7 della legge 205/2000. In precedenza erano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie per i pubblici servizi ivi comprese quelle afferenti �al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato immobiliare�, la legge 205/2000, ex art. 7, al fine di sanare l'eccesso di delega prospettato dalla Corte Costituzionale(31), fa riferimento solo ed esclusivamente all'attivita� di vigilanza e precisamente � alla vigilanza sul cre- dito, sulle assicurazioni-settore gia� in precedenza cos|� determinato-sul mer- cato mobiliare�. In altri termini si afferma che l'attivita� di vigilanza rientra nel concetto di servizio pubblico, mentre l'attivita� vigilata (attivita� economica delle banche, delle assicurazioni, delle societa� quotate in borsa che operano nel mercato mobiliare) non e� tout court servizio pubblico. Da quanto detto (30) F. Caringella, op. cit., 880. (31) Corte Cost., 17 luglio 2000, n. 292. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� discende�che:�a) si�hanno�due�diverse�accezioni�di�servizio�pubblico,�finale�e� strumentale(32);�b) la�distinzione�tra�attivita�di�vigilanza�e�attivita�vigilata� comporta�l'operare�dei�due�diversi�giudici,�amministrativo�o�ordinario,�a� seconda�dell'oggetto�del�giudizio�(attivita�di�vigilanza�e�oggetto�della�giurisdi- zione�esclusiva�del�G.A.,�attivita�vigilata,�invece,�della�giurisdizione�del� G.O.);�c) che�non�si�esclude�aprioristicamente,�stante�il�carattere�soltanto� esemplificativo�dell'art.�33�D.Lgs.�80/1998,�che�anche�l'attivita�vigilata�possa� avere�carattere�di�servizio�pubblico�e,�quindi,�rientrare�nella�giurisdizione� esclusiva�del�giudice�amministrativo(33).� In�conclusione,�per�quanto�riguarda�il�riparto�di�giurisdizione,�riman- gono�in�vigore�le�norme�in�tema�di�giurisdizione�previste�dalle�leggi�speciali� (es.,�le�controversie�aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti�del�Garante�della� privacy rimangono�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�ordinario)�e�il� D.Lgs.�80/1998,�cos|�come�modificato�con�legge�205/2000,�innova�il�riparto� di�giurisdizione�solo�per�quanto�riguarda�le�tre�Autorita�esaminate.� Giova�infine�rammentare�che�recentemente�la�Corte�Costituzionale�ha� pronunciato�una�sentenza�additiva-manipolativa�con�cui�ha�dichiarato�l'ille- gittimita�costituzionale�degli�artt.�33�e�34�del�D.Lgs.�80/98,�cos|�come�modi- ficati�dall'art.�7�della�legge�205/2000,�ritenendoli�contrastanti�con�gli� artt.�103,�25�e�102�Cost(34).� (32)�Per�servizio�pubblico�finale�si�intende�l'attivita�che�si�concreta�nell'erogazione�di�beni�e� servizi,�per�servizio�pubblico�strumentale�si�intende�l'attivita�di�controllo�della�correttezza�dell'o- perato�dei�soggetti�di�un�determinato�settore,�nel�momento�in�cui�concepisce�il�controllo�come�pre- stazione�effettuata�a�favore�della�collettivita�.� (33)�Si�pensi�all'attivita�di�gestione�dei�crediti�di�scopo�sociale�(crediti�speciali�o�agevolati)� che�impone�il�rispetto�di�una�seria�di�obblighi�sia�nella�fase�di�gestione�che�di�erogazione.� (34)�Corte�Cost.,�5�giugno�2004,�n.�204.�La�Corte�ha�dichiarato,�per�quanto�in�questa�sede� importa,�l'illegittimita�costituzionale�dell'art.�33,�comma�1,�del�decreto�legislativo�31�marzo�1998,� n.�80,�come�sostituito�dall'art.�7,�lettera�a,�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205,�nella�parte�in�cui�pre- vede�che�sono�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo��tutte�le�controver- sie�in�materia�di�pubblici�servizi,�ivi�compresi�quelli��anziche��le�controversie�in�materia�di�pub- blici�servizi�relative�a�concessioni�di�pubblici�servizi,�escluse�quelle�concernenti�indennita�,canoni� ed�altri�corrispettivi,�ovvero�relative�a�provvedimenti�adottati�dalla�pubblica�amministrazione�o� dal�gestore�di�un�pubblico�servizio�in�un�procedimento�amministrativo�disciplinato�dalla�legge� 7�agosto�1990,�n.�241,�ovvero�ancora�relative�all'affidamento�di�un�pubblico�servizio,�ed�alla�vigi- lanza�e�controllo�nei�confronti�del�gestore,�nonche��;�ha�dichiarato,�inoltre,�l'illegittimita�costitu- zionale�dell'art.�33,�comma�2,�del�medesimo�decreto�legislativo�31�marzo�1998,�n.�80,�come�sosti- tuito�dall'art.�7,�lettera�a,�della�legge�21�luglio�2000,�n.�205.�La�motivazione�addotta�dalla�Corte� si�snoda�su�piu�punti.�Si�e�infatti�ritenuto�violato�l'art.�103�Cost.,�laddove�considera�la�giurisdi- zione�esclusiva�del�G.A.�come�ipotesi�da�adottare�nel�caso�in�cui�vi�sia�in�una�particolare�materia� un�inestricabile�intreccio�di�diritti�e�interessi�legittimi:�l'ipotesi�della�giurisdizione�esclusiva�del� G.A.�e�residuale�rispetto�a�quella�ordinaria.�Si�e�detto,�quindi,�che�il�legislatore�ordinario�ben� puo�ampliare�l'area�della�giurisdizione�esclusiva�purche�lo�faccia�con�riguardo�a�materie�(in�tal� senso,�particolari)�che,�in�assenza�di�tale�previsione,�contemplerebbero�pur�sempre,�in�quanto�vi� opera�la�pubblica�amministrazione-autorita�,�la�giurisdizione�generale�di�legittimita�:�con�il�che,�da� un�lato,�e�escluso�che�la�mera�partecipazione�della�pubblica�amministrazione�al�giudizio�sia�suffi- ciente�perche�si�radichi�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�(il�quale�davvero�assumerebbe� le�sembianze�di�giudice��della��pubblica�amministrazione:�con�violazione�degli�artt.�25�e�102,� DOTTRINA�929 La�sentenza�elimina�la�parte�dell'art.�33�in�cui�si�faceva�riferimento� all'attivita��di�vigilanza,�sul�credito,�sui�mercati�mobiliari,�sulle�assicurazione.� Sembra,�quindi,�almeno�ad�una�prima�lettura,�che�tale�attivita��delle�tre�Auto- rita��prese�in�considerazione�(Consob,�Isvap,�Banca�D'Italia),�per�quanto�qui� interessa,�sia�devoluta�alla�giurisdizione�del�giudice�ordinario�ovvero�a�quella� generale�di�legittimita��del�giudice�amministrativo�a�seconda�della�posizione� giuridica�fatta�valere:�si�ritornerebbe�al�riparto�ante�D.Lgs.�80/98�fondato� sulla�causa�petendi.�Il�Giudice�delle�leggi,�infatti,�ritiene�incostituzionale� ammettere�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�per��blocchi�di�materie��(come� avveniva�per�i�servizi�pubblici�e�per�l'urbanistica)�contrastando�con�l'art.�103� Cost.,�che�espressamente�considera�la�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�possi- bile�solo��in�particolari�materie�.� La�sentenza�citata�ha�sicuramente�accolto�le�critiche�mosse�dalla�dot- trina�e�ha�tentato�di�ristabilire�il�rapporto�tra�giurisdizione�ordinaria�e�giuri- sdizione�amministrativa.�Per�ora�non�ci�resta�che�attendere�le�autorevoli� interpretazioni�di�dottrina�e�giurisprudenza�e�capire�se�rappresenta�un'effet- tiva�novita��o�un�mero�ritorno�al�passato.� 3.�Limiti�delsindacato�giurisdizionale.� Una�volta�chiarito�come�si�atteggia�la�giurisdizione�per�le�controversie� aventi�ad�oggetto�i�provvedimenti�delle�diverse�autorita��indipendenti,�si�puo�� passare�ad�esaminare�i�limiti�del�sindacato�giurisdizionale.� Va�detto�che�vi�e��stata�una�evoluzione�giurisprudenziale�di�non�poco� rilievo.�Piu��precisamente�la�giurisprudenza�ha�mutato�opinione�circa�l'og- getto�e�l'intensita��del�sindacato�che�il�giudice�amministrativo�puo��svolgere� sulle�determinazioni�delle�Authorities.� Il�problema�va�correttamente�inquadrato�tenendo�conto�della�ratio�alla� base�della�necessita��di�imporre�dei�limiti�al�sindacato�del�giudice�amministra- tivo:�si�vuole�evitare�che�quest'ultimo�entri�nel�merito�amministrativo,�sfera� da�sempre�riservata�alla�pubblica�amministrazione.� Urge,�quindi,�definire�il�concetto�di�merito�amministrativo,�c.d.�discre- zionalita��amministrativa,�e�differenziarlo�dal�concetto�di�discrezionalita��tec- nica,�caratterizzante�l'attivita��delle�authorities.� Il�sindacato�giurisdizionale�sui�provvedimenti�delle�autorita��indipendenti� e��,�infatti,�una�variabile�del�problema�piu��generale�e�complesso�del�sindacato� del�G.A.�sulla�attivita��discrezionale�tecnica.�Peraltro�e��una�variabile�partico- larmente�importante,�nel�senso�che�la�discrezionalita��tecnica�e��accentuata� proprio�con�riguardo�alle�determinazioni�delle�autorita��indipendenti� 3.1.�Discrezionalita�amministrativa�e�discrezionalita�tecnica:�sindacato�giurisdi- zionale.� La�discrezionalita��amministrativa�va�definita�come�scelta�fra�piu��solu- zioni�possibili�e,�tra�queste,�la�piu��opportuna.�Piu��precisamente,�essa�altro� secondo�comma,�Cost.)�e,�dall'altro�lato,�e��escluso�che�sia�sufficiente�il�generico�coinvolgimento�di� un�pubblico�interesse�nella�controversia�perche�questa�possa�essere�devoluta�al�giudice�ammini- strativo.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� non�e��che�la�ponderazione�comparativa�di�piu��interessi�secondari,�pubblici�o� privati,�in�ordine�ad�un�interesse�primario�pubblico�(dato�teleologico�dell'a- gire�dell'amministrazione)�di�cui�l'amministrazione�risulta�portatrice(35).� Nelle�ipotesi�di�esercizio�di�potere�discrezionale�la�liberta��dell'ammini- strazione�di�determinarsi�non�e��tuttavia�senza�limiti.�La�giurisprudenza� amministrativa�ha,�infatti,�superato�il�dogma�dell'insindacabilita��degli�atti� discrezionali�tramite�l'esame�del�vizio�di�eccesso�di�potere.� Attraverso�delle�figure�sintomatiche�di�creazione�pretoria�riconducibili� al�vizio�di�eccesso�di�potere,�quali�il�difetto�o�l'insufficienza�della�motiva- zione,�l'illogicita��della�stessa,�l'incompletezza�dell'istruttoria,�si�e��reso�possi- bile�un�controllo,�seppur�estrinseco,�sull'azione�dell'amministrazione.� Dalla�discrezionalita��amministrativa�(che�si�e��soliti�definire�con�l'agget- tivo�pura)�va�distinta�la�discrezionalita��tecnica.� La�discrezionalita��tecnica�indica�la�facolta��di�scelta�della�pubblica� amministrazione�fra�piu��possibili�soluzioni�tecniche�prospettabili�in�relazione� all'adozione�di�un�determinato�provvedimento�(36).�Si�caratterizza,�quindi,� per�essere�una�scelta�di�tipo�tecnico,�cioe��effettuata�sulla�base�di�cognizioni� tecnico-scientifiche.�Pertanto,�si�puo��affermare�che�la�discrezionalita��tecnica� si�compone�di�una�fase�istruttoria,�attraverso�la�quale�si�procede�all'analisi� dei�fatti�sviluppata�mediante�una�conoscenza�tecnico�specialistica�alla�quale� non�si�affianca�il�momento�della�volonta��,�ossia�della�scelta�della�soluzione� piu��opportuna�in�relazione�all'interesse�primario�da�perseguire�(discreziona- lita��pura).�Volendo�semplificare�al�massimo�la�differenza�tra�le�due�tipologie� di�discrezionalita��,�amministrativa�e�tecnica,�si�potrebbe�sostenere�che�mentre� la�discrezionalita��pura�attiene�all'opportunita��della�scelta,�la�discrezionalita�� tecnica�all'opinabilita��della�stessa�(37).� Secondo�l'impostazione�tradizionale�dottrinale�e�giurisprudenziale,� nonostante�le�evidenti�differenze�ontologiche�tra�le�due�tipologie�di�discrezio- nalita��,�non�sussisterebbe�nessuna�differenza�in�ordine�ai�poteri�del�giudice.� Al�pari�di�quella�amministrativa�la�discrezionalita��tecnica�afferirebbe�al� merito�dell'azione�amministrativa�con�la�conseguenza�che�sarebbe�sindacabile� (35)�Cfr.�M.S. Giannini, Diritto amministrativo,�vol.�I,�Milano,�1989,�486;�A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli,�1989,�593.� (36)�Si�pensi�a�titolo�esemplificativo�alle�norme�che�contengono�espressioni�quali��cosa� avente�cospicuo�carattere�di�singolarita��geologica�,�contemplata�nell'originario�testo�unico� 1497/1939�sulle�bellezze�naturali�oramai�abrogato,�ovvero�al�concetto�di��esalazione�insalubre�,� nel�testo�unico�1265/1934.� (37)�A�questo�punto�e��opportuno�procedere�ad�un'ulteriore�precisazione:�si�deve�distinguere� tra�accertamento�di�mero�fatto�e�giudizio�tecnico-discrezionale:�solo�in�relazione�a�quest'ultimo� si�parla�di�opinabilita��.�L'accertamento�tecnico�si�risolve�in�un�acclaramento�di�eventi�accaduti� nel�mondo�reale�mediante�un�criterio�tecnico�univoco,�o�perche�la�legge�impone�l'adozione�di�quel� criterio�o�perche�dal�punto�di�vista�tecnico�e��l'unico�adottabile,�con�la�conseguenza�che�l'attivita�� amministrativa�non�presenta�margini�di�opinabilita��.�Il�giudizio�tecnico�discrezionale,�invece,�con- siste�nella�valutazione�dei�fatti,�posti�dalla�legge�a�presupposto�dell'agire�della�pubblica�ammini- strazione,�sulla�base�di�conoscenze�tecniche�scientifiche,�che�in�quanto�inesatte,�sono�opinabili.� DOTTRINA 931 dal G.A. ab�exstrinseco�secondo i criteri di logica formale (riscontrando, ad esempio, l'errore di fatto, l'illogicita� manifesta, la motivazione incongrua e contraddittoria) (38). Successivamente con una pronuncia che puo� definirsi epocale, il Consi- glio di Stato (39) si e� indotto a riconsiderare la questione circa la sindacabi- lita� giurisdizionale dell'attivita� discrezionale tecnica. La premessa e� quella secondo cui la valutazione tecnica va distinta dal merito amministrativo (riservato alla P.A.), in quanto l'amministrazione non effettua una scelta in senso stretto, ma valuta, mediante conoscenze tecnico specialistiche, elementi di fatto attinenti, quindi, alla legittimita� del provvedimento. Da cio� si giunge ad affermare che il sindacato giurisdizionale puo� svolgersi non in base al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dalla P.A, bens|� in base alla verifica dell'attendibilita� delle operazioni tecniche sotto il profilo della correttezza sia del criterio tecnico utilizzato sia del procedimento seguito. Una volta ammesso il sindacato sull'attivita� discrezionale tecnica si pos- sono analizzare i limiti del sindacato. 3.2. Forme�di�sindacato�sull'attivita�discrezionale�tecnica.� In primo luogo va distinto tra le diverse forme di sindacato, estrinseco/ intrinseco, diretto/indiretto e debole/forte, per poi valutare quale forma sia ammissibile nei confronti delle determinazioni delle autorita� indipendenti. Si e� visto che il sindacato estrinseco e� quello che si svolge all'esterno della determinazione amministrativa, avente ad oggetto l'iter logico seguito dalla amministrazione nell'effettuare la scelta tecnica; quello intrinseco, di contro, ha ad oggetto la valutazione tecnica effettuata dalla P.A. da apprez- zare in termini di condivisibilita� , adeguatezza attendibilita� . La differenza tra sindacato diretto e indiretto attiene all'oggetto dello stesso, in quanto il sindacato diretto e� il sindacato sul giudizio tecnico finale, quello indiretto e� sul modus�procedendi�(si valuta se la P.A. abbia o meno applicato tutte le regole tecniche utili per formulare il giudizio tecnico finale, che non sara� oggetto del sindacato). La diversita� , in ultimo, tra sindacato debole e forte riguarda l'intensita� dello stesso. Il dato di partenza per entrambe le tipologie di sindacato e� l'ac- certamento da parte del G.A. di un errore tecnico nella valutazione, ma men- tre il sindacato debole implica che il G.A. si limiti ad esercitare il poteredi annullamento, il sindacato forte comporterebbe il potere sostitutivo del G.A. alla P.A. nel senso che il giudice, dopo aver annullato il provvedimento, potrebbe effettuare in prima persona il giudizio tecnico considerato errato. 3.3. Forme�disindacato�esercitabilisuiprovvedimentidelle�autorita�indipendenti.� Per quanto attiene, piu� precipuamente, al sindacato sulle determinazioni delle autorita� indipendenti, si puo� affermare che nessun dubbio sorge circa (38) Vedi Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 1999, n. 1243; Cons. Stato, Ad plen., 3 luglio 1997, n. 12. (39) Cons. Stato, sez.VI, 11 gennaio 1990, n. 73; Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 1992. RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� l'ammissibilita�di�un�sindacato�intrinseco�(40).�Bisogna�osservare�come�l'in- versione�di�tendenza�(da�sindacato�solo�estrinseco�a�quello�intrinseco)� riguardo�ai�limiti�del�sindacato�del�G.A.�sulle�valutazioni�tecniche�sia�stata� resa�possibile�dall'entrata�in�vigore�della�legge�205/2000�(41).�Per�la�preci- sione,�l'art.�16�di�tale�legge�sancisce�che�il�G.A.,�anche�nell'ambito�della�giuri- sdizione�generale�di�legittimita�,�puo�disporre�della�consulenza�tecnica;�in�que- sto�modo�si�e�fornito�al�giudice�lo�strumento�per�effettuare�un�sindacato� intrinseco.� E�appena�il�caso�di�osservare,�in�questa�sede,�che�l'introduzione�di�que- st'ultimo�ausilio�ha�sancito,�se�non�l'eliminazione�della�discrezionalita�tecnica� come�potere�insindacabile�del�giudice,�una�limitazione�della�sua�insindacabi- lita�spostando�su�una�linea�piu�avanzata�il�sindacato�del�giudice�e�quindi� restringendo�l'ambito�del�merito�insindacabile,�riservato�in�generale�all'ammi- nistrazione.� Per�quanto�concerne�il�sindacato�diretto�e�indiretto�la�giurisprudenza�si� divide,�in�quanto�c'e�chi�ritiene�possibile�solo�il�sindacato�sull'istruttoria� seguita�dalla�P.A.�e�chi,�invece,�ammette�anche�il�sindacato�sul�giudizio� finale.�La�tesi�intermedia�e�quella�di�chi,�invece,�esclude�la�valutazione�sul� giudizio�finale�allorquando�quest'ultimo�riguardi�settori�sensibili.� Nessun�contrasto�in�giurisprudenza�si�registra�in�ordine�all'intensita�del� sindacato:�si�ammette�solo�ed�esclusivamente�il�sindacato�debole.� La�giurisprudenza�amministrativa�piu�recente�ha�statuito,�con�decisioni� che�ormai�segnano�una�costante�della�sua�linea,�che,�pur�saldo�il�principio� sopra�affermato�sulla�pienezza�dell'accesso�al�fatto�da�parte�del�giudice,il� sindacato�di�legittimita�,�proprio�con�riferimento�a�fattispecie�concernenti� alcuni�provvedimenti�dell'Antitrust�di�vasta�risonanza,�non�consente�l'eserci- zio�di�un�potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�fare�sovrapporre�la�propria� valutazione�tecnica�opinabile�o�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�del� �concetto�indeterminato��all'operato�dell'autorita�,�parimenti�opinabile.�In� tal�caso,�si�e�detto,�il�giudice�puo�solo�censurare�le�valutazioni�tecniche�(ed� in�tale�ambito�e�utilizzabile,�se�rilevante,�anche�la�consulenza�tecnica,�com- preso�il�giudizio�tecnico�finale),�che�attraverso�un�controllo�di�ragionevo- lezza,�logicita�e�coerenza�tecnica�appaiono�inattendibili.�Detto�in�altri� termini,�secondo�la�stessa�giurisprudenza,�che�ha�elaborato�un�modello�di� sindacato�c.d.�debole�o�forte,�vanno�distinte�ai�fini�del�diritto�di�accessoal� fatto,�le�valutazioni�tecniche�in�senso�stretto,�in�genere�frutto�dell'applica- (40)�Cons.,�Stato,�Sez.�VI,�9�aprile�1999,�n.�601,�in�Foro italiano,�2001,�9.�La�fattispecie�atte- neva�al�riconoscimento�della�dipendenza�di�malattia�di�pubblico�dipendente�da�causa�di�servizio.� (41)�In�un�primo�momento�con�sentenza�della�Corte�Costituzionale,�n.�146/1987,�si�era� ammesso�l'espletamento�della�consulenza�tecnica�per�le�sole�cause�relative�alle�controversie�di� pubblico�impiego�(successivamente��privatizzato�)�riservate�alla�giurisdizione�esclusiva.�Successi- vamente�le�uniche�rilevanti�modifiche�legislative�sono�date�dall'art.�35,�comma�3,�del�D.�lgs.� 80/1998�che�introduceva�lo�strumento�de quo nell'ambito�della�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�e� l'art�16�della�legge�205/2000�che�ha�esteso�la�sua�applicabilita�alla�giurisdizione�generale�di�legitti- mita�.� DOTTRINA�933 zione�di�scienze�c.d.�esatte,�dalle�valutazioni�complesse�risultanti�dall'applica- zione�di�concetti�giuridici�indeterminati�che�richiedono,�ai�fini�della�valuta- zione�del�caso�concreto,�l'applicazione�di�regole�derivanti�da�scienze�c.d.�ine- satte,�quali�sono�quelle�derivanti�dalle�scienze�economiche,�che�appunto�pre- sentano�un�tasso�piu�o�meno�alto�di�opinabilita�.� E�tale�ultimo�carattere�rivestono,�per�stare�ai�provvedimenti�dell'Anti- trust,�le�valutazioni�per�individuare�nel�caso�concreto�il�mercato�rilevante,� la�dominanza,�l'intesa�restrittiva�della�concorrenza�e�via�di�seguito,�sottopo- ste�pertanto�ad�un�controllo�di�ragionevolezza�e�congruita�,�che�per�altro� non�esclude,�su�alcuni�elementi�di�quella�valutazione,�il�ricorso�alla�consu- lenza�tecnica�d'ufficio,�che�con�sintesi�verbale�si�e�inteso�indicare�come�con- trollo�debole.� Controllo�cioe�,�secondo�i�concetti�espressi�dalla�stessa�giurispru- denza�(42)�nelle�decisioni�relative�all'Antitrust,�che��non�consente�un�potere� sostitutivo�del�giudice�tale�da�poter�sovrapporre�la�propria�valutazione�tec- nica�opinabile�o�il�proprio�modello�logico�di�attuazione�di�un�concetto�inde- terminato�all'operato�dell'Autorita�.�Nei�confronti�di�questa�il�giudice�deve,� infatti,�verificare�i�fatti�posti�a�fondamento�dei�provvedimenti�ed�esercitare� un�sindacato�di�legittimita�sull'individuazione�del�parametro�normativo�e� sul�raffronto�con�i�fatti�accertati.�In�tale�ambito�il�giudice�puo�,�come�e�stato� precisato,�censurare�le�valutazioni�tecniche�(compreso�il�giudizio�finale)�che� attraverso�un�controllo�di�ragionevolezza,�logicita�e�coerenza�appaiono�inat- tendibili�.� Laddove,�quando�si�tratta�di�controllo�c.d.�forte,�che�si�basa�cioe�sull'ap- plicazione�di�regole�poste�da�scienze�c.d.�esatte,�per�lo�piu�relative�a�determi- nazioni�quantitative,�il�giudice�amministrativo�puo�direttamente�sostituire�la� propria�valutazione�a�quella�adottata�dall'amministrazione(43).� (42)�Cons.�d.�Stato,�Sez.�VI,�n.�2199�e�5156�del�2002,�n.�926�del�2004,�op. cit.� Ad�esempio,�nella�citata�decisione�Enel/Wind-Infostrada�(n.�5156/2000),�il�Consiglio�di�Stato� ha�esaminato�l'analisi�economica�compiuta�dall'Autorita�,�annullando�le�misure�correttive�degli� effetti�anticoncorrenziali�di�una�determinata�operazione�di�concentrazione�sulla�base�di�un��pene- trante��sindacato�sulla�assenza�di�proporzionalita�ed�adeguatezza�delle�misure�rispetto�all'esigenza� di�evitare�le�conseguenze�negative�sul�piano�concorrenziale�dell'operazione.�Nella�fattispecie�in� esame,�il�giudice�ha�in�concreto�dimostrato�di�non�incontrare�alcun�limite�nell'esercizio�del�proprio� sindacato�giurisdizionale�e�l'assenza�di�poteri�sostitutivi�ha�comportato�solamente�che�non�fosse� il�giudice�a�rideterminare�le�prescrizioni�cui�condizionare�l'assenso�all'operazione�di�concentra- zione,�ma�che�la�definizione�della�fattispecie�sostanziale�oggetto�del�provvedimento�impugnato� spettasse,�in�sede�di�riesercizio�del�potere�e�con�i�vincoli�derivanti�dal�giudicato,�all'Autorita�,cui� il�legislatore�ha�demandato�l'esercizio�di�tali�delicati�poteri�(all'interno�di�un�procedimento�ammi- nistrativo,�caratterizzato�da�particolari�garanzie di�contraddittorio).� (43)�Questa�configurazione�del�sindacato�sugli�atti�dell'Antitrust�e�sulle�valutazioni�com- plesse,�di�cui�si�e�detto�ampiamente,�e�stata�per�altro�ritenuta�coerente�se�non�addirittura�piu�avan- zata�rispetto�all'orientamento�della�Corte�di�giustizia�C.E.,�secondo�cui,�appunto,�il�sindacato�del� giudice�sulle�valutazioni�economiche�complesse�della�Commissione�appare�limitato�alla�verifica� dell'osservanza�delle�norme�di�procedura�e�di�motivazione,�dell'esattezza�materiale�dei�fatti,�del- l'insussistenza�di�errore�manifesto�di�valutazione�e�dello�sviamento�di�potere�(da�ultimo�28�maggio� 1998,�causa�7/1995,�John�Deere).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Va�altres|��rammentato�che�nella�sentenza�n.�926/2004,�il�Consiglio�di� Stato�ribadisce�quanto�detto�nelle�sentenze�del�2002�(un�sindacato�intrinseco,� ma�debole)�e�si�sofferma�sul�potere�sanzionatorio�dell'antitrust.� Va,�infatti,�ribadito�che�il�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate� dall'Autorita��si�atteggia�in�modo�diverso,�potendo�spingersi�fino�alla�sostitu- zione�della�sanzione�irrogata�dall'Autorita��anche�attraverso�un�accertamento� della�congruita��della�sanzione.� La�diversita��del�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�si�giustifica�sia�in� base�alla�compatibilita��con�i�principi�della�legge�n.�287/1990�dell'art.�23�della� legge�n.�689/1981,�sia�tenuto�conto�della�diversita��del�potere�esercitato�dal- l'Autorita��per�l'applicazione�di�una�sanzione�amministrativa�tipicamente� punitiva,�quale�quella�pecuniaria�(44).� Un�accenno�va�fatto�alle�azioni�esperibili�nei�confronti�delle�autorita�� indipendenti�e�alle�norme�processuali�da�applicarsi.� Per�quanto�riguarda�quest'ultimo�aspetto�e��sufficiente�osservare�che� l'art.�4,�lett.�d),�della�legge�205/2000,�inserendo�l'art.�23�bis nella�legge� 1034/1971,�ha�introdotto�un�rito�accelerato�per�le�controversie�aventi�ad� oggetto�le�determinazioni�delle�autorita��indipendenti.�Rito�applicabile�solo� allorquando�sussista�la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�perche�,�come� gia��in�precedenza�detto,�la�norma�non�fonda�la�giurisdizione�ma�detta�le� norme�processuali�sul�presupposto�dell'esistenza�della�stessa�(45).� Anche�in�ordine�alle�azioni�esperibili�avverso�i�provvedimenti�delle�auto- rita��indipendenti�e��riscontrabile�una�evoluzione�che�vede,�ancora�una�volta,� le�sue�tappe�fondamentali�nel�D.Lgs.�80/1998�e�la�legge�205/2000.�Prima�di� tali�date,�infatti,�il�giudice�amministrativo,�in�sede�generale�di�legittimita��,� aveva�poteri�molto�ridotti,�si�limitava�ad�annullare�il�provvedimento�illegit- timo,�non�potendosi�esercitare�al�suo�cospetto�ne�l'azione�di�accertamento,� ne�di�condanna.�Azioni,�quest'ultime,�esercitabili�solo�in�sede�di�giurisdizione� esclusiva�nel�caso�in�cui�il�privato�faceva�valere�la�posizione�di�diritto�sogget- tivo.�Le�cose�cambiano�per�la�giurisdizione�esclusiva�con�l'art.�35�del�D.Lgs.� 80/1998�che�ha�introdotto�l'azione�risarcitoria�estesa,�grazie�all'interpreta- (44)�Anche�in�questo�caso�il�riconoscimento�di�tale�tipo�di�sindacato�giurisdizionale�e��coe- rente�con�i�principi�affermati�in�materia�dalla�giurisprudenza�comunitaria,�che�ha�sempre�ritenuto� la�sussistenza�di�una�competenza�di�merito�del�giudice,�che�consenta�anche�la�modifica�delle�san- zioni�irrogate�dalla�Commissione�(v.�Trib.�Ce,�11�marzo�1999,�T-141/1994,�Thyssen�Stahl�AG,� par.�646�e�674�e�Corte�Giust.�CE,�16�novembre�2000,�C-291/1998,�Sarrio��^Cartoncino,�par.� 70-71);�ed�e��anche�coerente�con�le�prospettive�di�armonizzazione�del�diritto�della�concorrenza,� citate�in�precedenza,�tenuto�conto�che�l'art.�31�del�reg.�CE�n.�1/2003�prevede�che�la�Corte�di�Giu- stizia�possa�estinguere,�ridurre�o�aumentare�le�ammende�irrogate�dalla�Commissione,�qualificando� tale�competenza�giurisdizionale��di�merito�.� (45)�Il�rito�prevede�la�riduzione�a�meta��dei�termini�processuali,�la�fissazione�rapida�dal�merito� allorquando�il�giudice�si�convinca�della�fondatezza�dell'istanza�cautelare,�i�termini�ridotti�per�la� pubblicazione�della�sentenza�di�primo�grado�e�per�l'impugnazione�della�stessa.�La�normativa�pre- vede�l'abrogazione�del�rito�speciale�previsto�per�l'autorita��delle�telecomunicazioni�(l.�n.�249/1997)� e�per�gli�appalti�di�opere�pubbliche�(decreto�legge�n.�67/1997).� DOTTRINA 935 zione della Cassazione(46), agli interessi legittimi e soprattutto con l'art. 7 della legge 205/2000, che risolvendo qualsiasi dubbio, ha attribuito una cognizione piena (comprensiva del potere risarcitorio) al G.A. anche in sede generale di legittimita� . In particolare, per l'attivita� di vigilanza, si e� posto in discussione se, con riferimento all'attivita� svolta dalla CONSOB nel mercato dei valori mobi- liari, la stessa possa essere chiamata a risarcire i danni subiti dagli investitori causati da carenze nell'espletamento dei compiti istituzionali di vigilanza. Anche su questo argomento la Corte di Cassazione (Sez. I, 3 marzo 2001, n. 3132) ha pronunciato una sentenza che segna, secondo la dottrina, una svolta storica nei rapporti tra tale autorita� ed il pubblico dei risparmia- tori-investitori (47): ha riconosciuto proprio nei riguardi della Consob, la responsabilita� civile, ex art. 2043 cod.civ., per omessa vigilanza. Conclusioni Tenendo conto dell'eterogeneita� del fenomeno delle autorita� indipen- denti e del costante interessamento del legislatore alla materia si e� cercato di tracciare una linea comune al fine di evidenziare il rapporto sussistente tra determinazioni adottate dalle stesse e controllo giurisdizionale. Nella riflessione svolta sono tre i punti fondamentali e necessariamente collegati messi in luce: la natura amministrativa delle Authorities, la necessita� di un controllo giurisdizionale sugli atti adottati e, infine, gli inevitabili limiti a cui quest'ultimo e� sottoposto. Si e� visto che, quanto alle norme applicabili, non esiste un regime unita- rio delle autorita� , essendo ciascuna di esse disciplinata da specifica norma- tiva, seppure connotato fondamentale e unificante di tutte le Authorities e� sicuramente, in maniera piu� o meno accentuata, l'indipendenza in senso ampio e funzionale: indipendenza dalla politica, dal governo e dai ministeri. (46) Cfr. Cass, Sez. un., n. 500/1999. Questa sentenza che a ragione puo� essere definita sto- rica ha riconosciuto la diretta risarcibilita� del danno da lesione di interessi legittimi (senza piu� ricorrere allafictio iuris della teoria dell'affievolimento). Il potere risarcitorio era attribuito, prima della legge 205/2000, nelle materie non rientranti nella giurisdizione esclusiva del G.A al G.O (47) Premesso che la controversia era relativa ad una vicenda anteriore alla data di entrata in vigore degli articoli 33 del D.Lgs. n. 80 del 1998 ^la Cassazione ha ritenuto che la CONSOB, attesi i poteri attribuitile dalla legge all'epoca dei fatti di causa in tema di vigilanza, era tenuta a svolgere una verifica della veridicita� dei dati contenuti nella comunicazione concernente un'opera- zione lanciata da una societa� per la pubblica sottoscrizione di titoli atipici e del relativo prospetto informativo e che, essendosi rivelati tali dati completamente falsi, sussisteva un nesso di causalita� tra l'omessa vigilanza della CONSOB e gli ingenti danni dei sottoscrittori cos|� tratti in inganno, dovendosi qualificare la situazione di questi ultimi come di diritto soggettivo. Anche successiva- mente all'entrata in vigore dell'art. 33 del D.Lgs. 80/1998, cos|� come modificato dall'art. 7 legge 205/2000, la Cassazione (sez. un, ordinanza n. 6719/2003) ritiene che la posizione vantata dai risparmiatori sia di diritto soggettivo tanto da ritenere che la controversia attenga a quelle mera- mente risarcitorie che riguardano il danno alle persone o alle cose, escluse appunto dalla lett. f. comma 2 del novellato articolo 7 sopracitato e devolute alla giurisdizionedel G.O. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO Le autorita� sono comunque riconducibili alla pubblica amministrazione ed e� da ritenere che, ove le norme istitutive non dispongano in modo deroga- torio, valgano i principi sull'azione amministrativa e sull'organizzazione, oltre alle norme generali, ad esempio sui procedimenti amministrativi, inte- grative delle normative speciali. Corollario della natura di amministrazione delle autorita� indipendenti, seppur di amministrazione sottratta al controllo politico ex art. 95, e� la pos- sibilita� del sindacato giurisdizionale sulle determinazioni adottate dalle stesse. Si e� riflettuto sui limiti di tale sindacato derivanti dalla particolarita� del- l'agire delle autorita� indipendenti, le quali in settori sensibili esercitano, tra gli altri, anche poteri di discrezionalita� tecnica Si e� affermato, da ultimo, che, mentre il merito amministrativo ^sfera riservata alla pubblica amministrazione ^e� per sua natura insindacabile, la discrezionalita� tecnica, di contro, e� sindacabile non solo dall'esterno, ma anche dall'interno. Il giudice amministrativo valuta la correttezza dell'iter logico seguito (sindacato esterno), e l'attendibilita� dell'istruttoria e del giudi- zio tecnico finale (sindacato interno). Si e� evidenziata, quindi, l'impossibilita� per il giudice, nella valutazione del potere discrezionale tecnico della P.A., di sostituirsi all'amministrazione, effettuando in prima persona giudizi tecnici. DOTTRINA�937 Dismissione del patrimonio pubblico: l'interpretazione autentica(mente ingiusta) di Maurizio Iacono Quarantino 1.�L'interpretazioneautenticadell'art.�1D.lgs.�104/1996.� Nel�momento�in�cui�si�scrive�e�in�corso�di�approvazione�alla�Camera�il� disegno�di�legge�n.�2058�in�materia�pensionistica�contenente�deleghe�al� Governo�nel�settore�della�previdenza�pubblica,�per�il�sostegno�alla�previ- denza�complementare�e�all'occupazione�stabile�e�per�il�riordino�degli�entidi� previdenza�e�assistenza�obbligatoria.� Tale�disegno�di�legge�e�stato,�invero,�gia�approvato�una�prima�volta�alla� Camera�dei�Deputati�il�27�febbraio�2003�ma,�nel�passaggio�all'altro�ramo� del�Parlamento,�vi�sono�stati�apportati�alcuni�emendamenti�che�hanno�richie- sto�l'ulteriore�esame�della�Camera.�(1)� Il�disegno�contiene,�in�particolare,�una�norma,�l'art.�6,�comma�2,�con�la� quale�si�vorrebbe�stabilire�l'ambito�di�applicazione�soggettivo�del�decreto� legislativo�104/1996�recante�norme�per�la�dismissione�del�patrimonio�immo- biliare�pubblico.� Piu�specificamente�la�norma�stabilisce�che��l'articolo�1�comma�1�del� decreto�legislativo�16febbraio�1996�n.�104�si�interpreta�nel�senso�che�la�disci- plinaafferenteallagestionedeibeni,�alleformeditrasferimentodellaproprieta� degli�stessi�e�alleforme�di�realizzazione�dei�nuovi�investimenti�immobiliari�con- tenuta�nel�medesimo�decreto�legislativo�non�si�applica�agli�enti�privatizzati�ai� sensi�del�d.lgs�30�giugno�1994,�509,�ancorche�la�trasformazione�in�persona�giuri- dica�di�diritto�privato�sia�intervenuta�successivamente�alla�data�di�entrata�in� vigore�del�medesimo�d.lgs.�104�del�1996�.� Tale�norma,�che�non�e�stata�oggetto�di�modiche�nel�passaggio�da�un� ramo�all'altro�del�Parlamento,�non�sembra�aver�suscitato�l'interesse�dei�primi� commentatori�dell'emanando�disegno�di�legge.� Eppure�essa�costituisce�una�disposizione�di�evidente�iniquita�,�incoe- renza,�e�secondo�chi�scrive,�di�palese�illegittimita�.� Per�comprenderne�la�portata,�occorre�allora�fare�un�passo�indietro�e� ripercorrere�l'iter�con�cui�si�e�progettata,�negli�ultimi�anni,�la�tanto�evocata dismissione�del�patrimonio�immobiliare�pubblico,�in�particolare�quella�rela- tiva�agli�immobili�degli�enti�pubblici�previdenziali.� L'operazione�di�dismissione�trova�scaturigine�nell'art.�3,�comma�27,�della� legge�8�agosto�1995,�n.�395,�disposizione�con�la�quale�si�delegava�il�Governo ad�emanare,�entro�6�mesi,�decreti�per�la�dismissione�del�patrimonio�degli�enti� previdenziali.� La�delega�aveva�precipuamente�due�finalita�.� Da�una�parte,�quella�di�risanare�l'onnipresente�debito�pubblico.� (1)�Il�Parlamento�(Seduta�del�28�luglio�2004),�ha�approvato�definitivamente�la�riforma�delle� pensioni��Norme�in�materia�pensionistica�e�deleghe�al�Governo�nel�settore�della�previdenza�pub- blica,�per�il�sostegno�alla�previdenza�complementare�e�all'occupazione�stabile�e�per�il�riordino� degli�enti�di�previdenza�e�assistenza�obbligatoria��(A.C.�2145B).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Dall'altra,�quella�di�ricondurre�gli�enti�previdenziali�alla�loro�vocazione� naturale�e�cioe�quella�di�tutelare�i�diritti�previdenziali�dei�cittadini,�privando� invece�tali�enti�della�gestione�antieconomica�e�snaturante�di�un�vasto�patri- monio�immobiliare.� In�adempimento�di�tale�delega,�il�Governo�ha�dunque�provveduto�ad� emanare�la�normativa�organica�della�dismissione�che�si�e�concretizzata�nel� d.lgs.�104/1996.� Tale�normativa�prevede,�nello�specifico,�a�seguito�di�una�ricognizione�del� patrimonio,�la�cessione�totale�degli�immobili�degli�enti�previdenziali�pubblici� nell'arco�di�5�anni,�con�eccezione�degli�immobili�aventi�natura�strumentale� rispetto�all'attivita�dell'ente�stesso.� A�tutela�dei�diritti�degli�inquilini�degli�appartamenti�di�proprieta�del- l'ente,�l'art.�6,�comma�5�di�tale�decreto,�ha�sancito�il�diritto�di�prelazione�nel- l'acquisto�degli�immobili�da�dismettere,�anche�se�il�Ministero�del�Lavoro,� con�circolare�7�aprile�2000,�ha�precisato�trattarsi�piu�propriamente�di�un'op- zione�legale�a�favore�del�conduttore�da�perfezionare�con�l'accettazione�scritta� da�parte�del�conduttore.�(2)� Ai�fini�del�miglior�controllo�e�indirizzo�dell'attivita�immobiliare�e�per� l'attuazione�dei�programmi�di�cessione�in�5�anni,�l'art.�10�del�medesimo� decreto�ha�inoltre�istituito�l'Osservatorio�sul�patrimonio�immobiliare�degli� enti.� Con�un�successivo�intervento�legislativo�(legge�140/1997),�al�fine�di�dare� una�sferzata�al�lento�processo�di�dismissione�dell'ingente�patrimonio�immobi- liare�pubblico,�si�e�previsto�un�programma�straordinario�di�dismissione�a� mezzo�di�asta�pubblica,�stabilendo�da�una�parte�termini�perentori�per�la� stipulazione�del�contratto�con�i�conduttori�e,�dall'altra,�prevedendo�la� nomina�di�un�commissario�speciale�in�sostituzione�degli�organi�dell'ente� inerti�nel�rispetto�dei�suddetti�termini.� Con�decreti�del�16�marzo�2000�e�del�27�settembre�2000,�il�Ministero�del� Lavoro�e�della�Previdenza�Sociale�ha,�quindi,�individuato�gli�immobili�da� sottoporre�a�dismissione�ordinaria�ai�sensi�dell'art.�7�legge�140/1997�ed�ha� fissato�nel�1�marzo�2001�la�data,�entro�e�non�oltre�la�quale,�procedere�alla� alienazione.� Nel�2001,�il�legislatore�italiano�ha,�infine,�provveduto�a�fissare�nuove� modalita�(c.d.�cartolarizzazione)�per�la�cessione�degli�immobili�degli�enti� obbligati�alla�dismissione�e�non�ancora�alienati�alla�data�del�31�ottobre�2001.� Piu�specificamente,�l'art.�3�comma�20�della�legge�410/2001�ha�mante- nuto�fermo�l'obbligo,�contenuto�nella�precedente�normativa,�di�alienazione� degli�immobili�in�favore�dei�soggetti�che,�in�mancanza�dell'offerta�in�opzione,� avevano�manifestato�volonta�di�acquisto�entro�il�31�ottobre�2001�alle�condi- zioni�determinate�in�base�alla�normativa�vigente�alla�data�della�suddetta� manifestazione�di�volonta�.� (2)�L'art.�6�ha�suscitato�varie�perplessita�per�la�sua�ambigua�formulazione�dal�momento�che� al�comma�5�riconosce�agli�inquilini�un�diritto�di��prelazione��mentre,�al�successivo�comma�6,�qua- lifica�il�medesimo�diritto�come�una��opzione�.� DOTTRINA�939 In�tale�complesso�e�articolato�sistema�normativo�si�inserisce,�da�ultimo,� l'art.�6,�comma�2�del�disegno�di�legge�sopra�richiamato.� Tale�norma�affronta�il�tema�della�dismissione�in�relazione�all'avvenuta� privatizzazione�dell'ente�obbligato�alla�dismissione�medesima�e,�piu��in�parti- colare,�tenta�di�dare�una�risposta�al�problema�se�i�conduttori�di�abitazioni� di�tipo�residenziale�comune�di�proprieta��di�un�ente�privatizzatosi�medio�tem- pore�(cioe��dopo�l'entrata�in�vigore�del�d.lgs.�104/1996�ma�prima�della�legge� 410/2001)�abbiano�ancora�titolo�all'acquisto�a�seguito�dell'avvenuta�privatiz- zazione,�avendo�essi�manifestato�la�loro�volonta��di�acquisto�entro�il�31�otto- bre�2001.� La�soluzione�di�tale�quesito,�applicando�l'art.�6,�comma�2�del�Disegno�di� legge�richiamato,�sarebbe�certamente�negativa:�infatti�la�nuova�normativa� espressamente�dichiara�non�applicabile�agli�enti�privatizzati�la�disciplina�sulla� dismissione�del�patrimonio�pubblico�anche�allorche�la�privatizzazione�sia� intervenuta�dopo�l'entrata�in�vigore�del�d.lgs�104/96.� Ora,�tale�soluzione�e��configurata�dal�legislatore�come�interpretazione� autentica�dell'art.�1�del�d.lgs.�104/1996�ma,�invero,�di�tale�natura�ermeneutica� si�puo��ampiamente�dubitare.� Infatti,�l'art.�1�richiamato�prevede�l'applicazione�delle�norme�sulla� dismissione�del�patrimonio�immobiliare�solo�agli��entiprevidenziali�di�natura� pubblica�elencati�al�numero�1�della�tabella�allegata�alla�legge�20�marzo�1975� n.�70,�ed�altres|�a�quelli�di�cui�al�decreto�legislativo�30�giugno�1994�n.�479�e�a� quegli�entiprevidenzialipubblici�successivamente�istituiti��mentre�non�contem- pla�affatto�ne��fa�riferimento�alcuno�all'ipotesi�dell'intervenuta�privatizzazione� dell'ente�dopo�l'entrata�in�vigore�del�D.Lgs�104/1996�(17�marzo�1996).� Invero,�l'unico�mutamento�giuridico�che�essa�prende�in�considerazione�e�� la�trasformazione�dell'ente�in�soggetto�pubblico,�e�non�anche�in�soggetto�pri- vato�(3).� Pertanto,�il�dato�letterale�induce�a�ritenere�che�una�soluzione�interpreta- tiva�come�quella�prevista�nell'emananda�legge�non�sia�affatto�contenuta�nella� norma�richiamata�ne��da�essa�sia�in�alcun�modo�desumibile.� E�per�tale�ragione�che�quella�di�cui�all'art.�6�del�disegno�di�legge�non� puo��essere�considerata�interpretazione�autentica�dell'art.�1�D.lgs�104/1996� quanto�piuttosto�un'innovazione�legislativa.� D'altronde,�una�norma�puo��qualificarsi�come�interpretativa�solo�se� intervenga�a�risolvere�i�dubbi�che�comporta�la�formulazione�di�una�norma� precedente�e�non�anche�quando,�come�nel�nostro�caso,�la�norma�da�interpre- tare�sia�chiara�e�la�norma�interpretativa�serva�solo�per�aggiungere�qualcosa� di�nuovo�ad�una�precedente�disposizione.� Perche��allora�il�legislatore�nazionale�ha�configurato�l'art.�6�come��inter- pretazione�autentica�?� (3)�Cio��e��,�d'altronde,�coerente�con�la�ratio�di�tale�disciplina�che,�essendo�finalizzata�al�risa- namento�della�finanza�pubblica,�ammette�solo�la�possibilita��di�ampliare,�e�non�anche�di�ridurre,� il�numero�dei�soggetti�obbligati�a�dismettere�il�proprio�patrimonio.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�ragione�di�tale�scelta�risulta�evidente�se�si�considera�la�regola�civili- stica�generale�sull'applicazione�delle�leggi�nel�tempo,�che�si�esprime�chiara- mente�nel�brocardo�latino��tempus regit actum��e�che�trova�un�suo�corollario� nel�principio�di�irretroattivita�della�legge�civile.� Tra�le�norme�che�eccezionalmente�possono�derogare�a�tali�principi,�vi� sono�appunto�le�disposizioni�interpretative,�le�quali�non�hanno�una�funzione� retroattivamente�innovativa�ma�solo�quella�di�chiarire�l'applicazione�di� norme�preesistenti.� Ora,�l'introduzione�di�una�norma�di�interpretazione�autentica,�in�quanto� eccezione�a�un�regola�generale,�costituisce�uno�squarcio�all'interno�dell'ordi- namento�giuridico�che�non�puo�essere�ammesso�se�non�negli�angusti�limiti� in�cui�la�norma�rispetta�la�funzione�per�cui�e�stata�creata�(cioe�quella�erme- neutica).� Quando�invece�tale�funzione�viene�a�mancare�e�la�norma�si�presenta� piuttosto�con�un�contenuto�innovativo,�si�assiste�ad�una�lesione�ingiustificata� di�quelle�situazione�giuridiche,�definite�tradizionalmente�di�aspettativa,�tute- late�dal�principio�di�irretroattivita�e�consistenti�nell'affidamento�basato�sulla� precedente�normativa.� Ma�che�fare�allora�quando�il�principio�di�irretroattivita�viene�in�tal� modo�violato?� Di�fronte�a�un�siffatto�comportamento�del�legislatore�nazionale,�l'unico� strenuo�difensore�dei�diritti�dei�singoli,�a�parere�di�chi�scrive,�sembra�essere� solo�l'interprete�al�quale�va�riconosciuta�la�somma�qualifica�di��controllore� istituzionale��dell'attivita�legislativa.� E�infatti�a�questo�soggetto�che�spetta�il�compito�di�discernere�la�reale� natura�della�norma�presentata�come��interpretativa��di�modo�che,�ove�rile- vasse�la�natura�innovativa�della�disposizione,�essa�andrebbe�soggetta�alla� regola�generale�della�irretroattivita�degli�atti�legislativi.� Questo�e�quanto�si�rende�necessario�rispetto�alla�norma�di�cui�all'art.�6,� che�invece�di��chiarire��sembra��aggiungere��qualcosa�al�precedente�dettato� legislativo,�introducendo�un'interpretazione�che�mai�si�sarebbe�potuta�ragio- nevolmente�desumere�dall'esegesi�del�d.lgs�104/1996.� 2. L'incidenzasullesituazionipregresse. Il�problema�della�retroattivita�della�norma�in�questione�ha,�d'altronde,� risvolti�pratici�notevoli.� Infatti,�se�la�norma�venisse�effettivamente�introdotta,�essa�andrebbe�ad� incidere�su�situazioni�pregresse�non�ancora�definite�e,�in�particolare,�su� indubbie�posizioni�di�aspettativa�dei�conduttori.� Difatti,�prima,�il�d.lgs�104/1996�ha�sancito�l'obbligo�di�dismissione�a� loro�favore�(4),�prevedendo�a�maggior�protezione�un�apposito�diritto�di�prela- zione.� (4)�Tale�obbligo,�tra�l'altro,�non�e�mai�venuto�meno�neanche�a�seguito�dell'emanazione�di� tutte�le�leggi�successive�tant'e�che�nell'ultima�legge�140/2001�si�e�mantenuto�fermo�tale�vincolo� per�gli�inquilini�che�avessero�manifestato�volonta�di�acquisto�entro�il�31�ottobre�2001�alle�condi- zioni�fissate�dalla�legge�vigente�al�tempo�di�tale�manifestazione�(art.�3�comma�20).� DOTTRINA�941 Poi,�il�d.lgs�509/1994,�recante�norme�in�materia�di�privatizzazione�degli� enti,�ha�stabilito�che�gli�ex�soggetti�pubblici��rimangono�titolari�di�tutti�i�rap- porti�attivi�e�passivi�dei�corrispondenti�enti�previdenziali�e�dei�rispettivi�patri- moni��il�che�significa�che,�una�volta�sorto�l'obbligo�di�dismettere,�si�radica� una�destinazione�patrimoniale�che�resiste�alla�successiva�privatizzazione.� Infine,�con�la�finanziaria�del�2000�(legge�23�dicembre�1999�n.�488),�il� legislatore�ha�apportato�anche�modifiche�ai�piani�ordinari�e�straordinaridi� cessione�prevedendo�l'aggiunta�di�7�commi�al�d.l.�79/1997,�convertito�in�legge� 140/1997,�tra�cui�il�comma�2-quater in�cui�si�stabilisce�che�con�decreto�del� Presidente�del�Consiglio�dei�Ministri�vengono�individuati�gli�immobili�da� alienare�rimanendo��in�ogni�caso�fatti�salvi�i�diritti�attribuiti�ai�conduttori� dalle�norme�vigenti�.� Pertanto�gli�inquilini,�per�quasi�dieci�anni,�hanno�fatto�affidamento�su� una�normativa�che�sembrava�proteggerli�dai�mutamenti�giuridici�successivi� all'intervenuto�obbligo�di�dismissione�e�su�di�essa�hanno�fondato�legittime� aspettative�che�ora�vengono�poste�irrimediabilmente�nel�nulla�dall'art.�6�(5).� Ma�e�da�precisare�che,�in�questa�materia,�non�si�sono�create�solo�situa- zioni�di�aspettativa,�ma�si�e�dato�vita�a�veri�e�propri�rapporti�giuridici,� mediante�le�reciproche�volonta�dell'ente�alienante�e�dell'inquilino�acquirente� ed�aventi�ad�oggetto�beni�individuati�ad�un�prezzo�prefissato.� In�ordine�alle�manifestazioni�di�volonta�,�infatti,�si�puo�ritenere�che�ci�sia� stato�comunque�uno�scambio�di�proposta�e�accettazione�sia�che�si�aderisca� alla�tesi�che�configura�il�diritto�di�cui�al�comma�5�dell'art.�6�d.lgs�104/1996� come�una�prelazione�sia�che�si�propenda�per�la�tesi�che�riconosce�il�diritto� degli�inquilini�come�un'opzione�legale�di�acquisto�(6).� (5)�E�da�sottolineare,�a�tal�rilievo,�che�l'emanazione�della�norma�interpretativa,�che� dovrebbe�avere�di�per�se�una�funzione�chiarificatoria,�in�questo�caso,�invece,�non�fa�che�creare� una�serie�di�dubbi�interpretativi�rappresentati�dalla�incompatibilita�con�precedenti�norme�che� non�hanno�attribuito�rilevanza�al�mutamento�giuridico�dell'ente�pubblico.� Anche�per�tale�ragione,�non�puo�ritenersi�pertanto�che�la�norma�in�argomento�possa�essere� ricompresa�tra�quelle�di�interpretazione�autentica.� (6)�A�favore�della�prima�tesi�si�e�espresso�il�Consiglio�di�Stato�in�sede�consultiva� n.�3217/2002�ritenendo,�ai�fini�dell'esercizio�della�prelazione,�che�la�proposta�di�vendita�irrevoca- bile�sia�contenuta�nella�legge�stessa.� D'altronde�tale�interpretazione�del�dato�legislativo�si�rende�necessaria�per�adattare�l'istituto� della�prelazione,�che�tradizionalmente�prevede�in�capo�al�venditore�un�diritto�di�scelta�sulla� volonta�di�vendere�e�sulla�persona�del�contraente,�alla�fattispecie�di�cui�al�d.lgs�104/96�che�invece� obbliga�l'ente�a�vendere�a�soggetti�determinati.� Ha�ritenuto�trattarsi�invece�di�un'opzione�legale�di�acquisto,�il�Ministro�del�lavoro�nella�circo- lare�interpretativa�n.�IV/PS/30800�del�7�aprile�2000�secondo�cui��Il�D.�Lgs.n�104/1996,�all'art.�6,� commi�5�e�6,�definisce�il�diritto�spettante�ai�conduttori�delle�unita�immobiliari�ad�uso�residenziale� degli�Enti�previdenziali�pubblici�sia�come�prelazione�(comma�5)�e�sia�come�opzione�(comma�6).� Trattandosi�di�istituti�giuridici�formalmente�e�sostanzialmente�diversi,�si�precisa�che�il�diritto�spet- tante�ai�conduttori�nei�piani�di�dismissione�ordinaria�e�da�definirsi�piu�propriamente�come� opzione�legale,�condizionata�all'inserimento�della�unita�immobiliare�nei�suddetti�piani�e�alla�pun- tuale�definizione�delle�principali�clausole�contrattuali�da�comunicare�ai�conduttori�per�l'esercizio� dell'opzione�stessa,�e�da�perfezionare�con�l'accettazione�scritta�da�parte�del�conduttore�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Si�deve�ritenere,�infatti,�che�in�entrambi�i�casi�un�rapporto�giuridico�sia� nato�per�il�fatto�che�comunque,�con�le�plurime�raccomandate�degli�inquilini� intenzionati�a�comprare,�si�e�perfezionata,�secondo�lo�schema�della�prela- zione�o�dell'opzione�legale,�la�fattispecie�contrattuale.� In�ordine�all'oggetto�di�tali�rapporti,�poi,�il�bene�da�alienare�e�stato�indi- viduato�espressamente:�infatti,�in�alcune�fattispecie,�l'immobile�e�stato�inse- rito�nella�percentuale�del�patrimonio�da�alienare,�altre�volte,�esso�e�stato� compreso�nei�programmi�di�dismissione�operata�con�i�decreti�ministeriali� del�2000�e,�comunque,�esso�puo�dirsi�individuato�per�il�tramite�della�destina- zione�d'uso�residenziale�di�cui�al�D.M.�27�settembre�2000�(7).� Allo�stesso�modo,�il�prezzo�di�vendita�di�tali�beni�risulta�determinato� con�i�criteri�dell'art.�6�comma�2�lett.�a) d.lgs�104/96�(8)�ed�e�comunque�deter- minabile�ad�opera�del�giudice.� Il�mancato�rispetto�delle�aspettative�e�dei�rapporti�giuridici�cos|�forma- tisi�contrasta,�allora,�inevitabilmente,�con�i�principi�costituzionali�di�corret- tezza�e�buon�andamento�della�Pubblica�Amministrazione�(art.�97�Cost.)�oltre� che�con�gli�obblighi�di�buona�fede�in�materia�contrattuale.� Tali�obblighi�impongono�alla�P.A.�di�comportarsi�con�lealta�,�rispettando� le�norme�di�relazione�in�modo�da�non�pregiudicare�gli�interessi�dei�privati� con�cui�l'amministrazione�venga�a�contatto.� E�dunque�non�v'e�chi�non�rilevi�l'illegittimita�dei�comportamenti�di�que- gli�enti�previdenziali�che�hanno�agito�con�esasperante�lentezza�nell'intento� preciso�di�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismissione.� La�emananda�norma�si�porrebbe�proprio�rispetto�a�tali�comportamenti� in�posizione�legittimante�e�scriminante,�autorizzando�ex post situazioni�di� evidente�iniquita�:�se�infatti�un�ente�pubblico�potesse�liberamente�scegliere�di� modificare�la�propria�natura�giuridica�per�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismis- sione,�gli�si�attribuirebbe�un�potere�discrezionale�cos|�elevato�da�incidere,� senza�possibilita�di�opporvisi,�su�interessi�fondamentali�degli�inquilini�quali� il�diritto�alla�casa�(9).� Ma�vi�e�di�piu�.� Perche�,�oltre�a�incidere�sul�diritto�di�abitazione,�la�emananda�norma� produrrebbe�gravi�conseguenze�anche�sotto�l'aspetto�risarcitorio.� Infatti,�legittimando�i�comportamenti�di�quegli�enti�che�si�sono�privatiz- zati�per�sottrarsi�agli�obblighi�di�dismissione,�indubbiamente�andrebbe�a� (7)�In�tale�decreto�il�Ministro�del�Lavoro�ha�infatti�suddiviso�gli�immobiliin:� a) beni�commerciali�e�residenziali�di�pregio�(rientranti�nel�programma�straordinario�di� dismissione);� b) beni�di�residenza�comune�(da�cedere�agli�inquilini�in�base�al�programma�ordinario).� (8)�La�determinazione�del�prezzo�di�cui�al�decreto�104/96�e�stata�sostituita�dal�legislatore�fin� dal�1996�dal�momento�che�essa�determinava�un'eccessiva�svalutazione�degli�immobili:�con�l'art.�3,� comma�109,�lett.�d),�legge�23�dicembre�1996�n.�662�si�e�scelto�allora�di�prendere�in�considerazione� il�prezzo�di�mercato�degli�alloggi�liberi�diminuito�del�trenta�per�cento.� (9)�Non�varrebbe�obiettare,�d'altro�canto,�che�l'ente�che�si�privatizzasse�perderebbe�i�contri- buti�statali�perche�non�puo�in�ogni�caso�ammettersi�che�la�scelta�di�un�ente�di�mutare�la�propria� natura�giuridica�possa�avere�ripercussioni�cos|�devastanti�sul�fondamentale�diritto�alla�casa.� DOTTRINA�943 incidere,�negandole,�anche�sulle�pretese�degli�inquilini�al�risarcimento�dei� danni�patiti�durante�tutti�questi�anni:�dal�rischio�di�essere�sfrattati�in�caso� di�mancata�adesione�alla�triplicazione�del�canone�locativo�ai�danni�per�aver� richiesto�anticipate�liquidazioni�per�far�fronte�all'impegno�economico�dell'ac- quisto,�dai�danni�per�non�aver�potuto�valutare�proposte�di�vendita�alterna- tive�ai�danni�per�non�aver�potuto�fruire�mutui�a�tassi�agevolati�del�d.lgs�del� 1996.� Vi�e�da�aggiungere,�inoltre,�che�non�puo�non�essere�oggetto�di�critica�il� comportamento�di�quegli�enti�che�hanno�agito�con�esasperante�lentezza�solo� nel�preordinato�intento�di�non�dismettere.� E,�se�tale�comportamento�non�e�censurabile�sul�piano�oggettivo�in� quanto�l'art.�6�sembra�legittimare�tale�modus agendi,�esso�dovrebbe�rilevare� quanto�meno�sotto�il�profilo�del��danno�da�ritardo��in�considerazione�del� fatto�che,�se�l'ente�obbligato�avesse�tempestivamente�rispettato�le�norme�sulla� dismissione,�non�sarebbe�derivato�alcun�pregiudizio�agli�inquilini.� 3. Conclusioni Il�maggior�rimprovero�che�si�puo�muovere�al�legislatore,�in�questa�mate- ria,�e�sicuramente�quello�di�non�aver�saputo�(o�voluto)�rispettare�il�reale�fun- zionamento�del�meccanismo�dismissorio.� Con�la�norma�dell'art.�6,�il�Parlamento�ha,�infatti,�incentrato�tutto�il� problema�sulla�natura�dell'ente�obbligato� Al�contrario�l'angolo�prospettico�doveva�invece�essere�quello�dei�beni� oggetto�della�dismissione.� Si�vuole�cioe�dire�che,�piu�che�la�natura�di�ente�pubblico�o�privato,�quel� che�rileva,�in�questa�materia,�e�la�acquisita�destinazione�d'uso�degli�immobili� a�seguito�dell'entrata�in�vigore�dell'obbligo�dismissorio.� Infatti,�per�mezzo�dei�provvedimenti�individuativi�dei�beni,�si�e�sostan- zialmente�creato�un�vincolo�su�di�essi�che�priva�di�rilevanza�qualsiasi�trasfor- mazione�dell'ente.� Ne�,�parimenti,�potrebbe�valere,�di�fronte�al�vincolo�creatosi,�il�cambia- mento�di�volonta�dell'inquilino�che�per�ipotesi�decidesse�di�non�acquistare� piu�l'appartamento.� D'altronde,�tale�interpretazione�e�stata�espressa�piu�volte�nelle�aule�giu- diziarie�ma�di�essa�il�legislatore�non�ha�mostrato�di�tener�conto.� In�tale�materia�si�sono�gia�pronunciati�infatti�giudici�ordinari,�T.A.R.�e� Consiglio�di�Stato�anche�in�sede�consultiva,�rigettando�costantemente�l'ecce- zione�dell'ente�che�si�riteneva�sottratto�agli�obblighi�dismissori�per�l'interve- nuta�privatizzazione�(10).� Discostandosi�dalla�costante�interpretazione�giurisprudenziale,�il�legisla- tore�rischia�a�questo�punto�di�minare�pesantemente�il�gia�fragile�principio� della�certezza�del�diritto.� (10)�Cfr.�ad�esempio�Trib.�Civ.�Roma�1663/04,�Pres.�Tarantino,�Cons.�Stato�n.�3268/2003,� Cons.�Stato�3217/2002�(parere�nel�ricorso�straordinario�al�Capo�dello�Stato),�Trib.�Civ.�di�Roma� n.�27132/02,�T.A.R.�Lazio�n.�2527/2001.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Quale�certezza�puo�aversi,�infatti,�in�un�ordinamento�dove�le�norme�ven- gono�prima�interpretate�e�poi,�quando�tale�intepretazione�raggiunge�quasiil� consolidamento,�essa�viene�smentita�autoritativamente�dal�Parlamento?� C'e�da�chiedersi�allora�se�la�stessa�soluzione�che�avevamo�trovato�piu� sopra�nel�testo,�e�cioe�quella�di�affidare�all'interprete�il�compito�di�control- lore�dell'attivita�legislativa,�sia�sufficiente�per�arginare�lo�sconfinamento�da� qualsiasi�afflato�di�certezza�giuridica.� Forse,�in�tale�materia�in�cui�sembrano�essere�stati�accantonati�da�parte� del�legislatore�ordinario�i�canoni�della�ragionevolezza,�cio�non�basta�piu�e� occorre�piuttosto�l'intervento�incisivo�del�Supremo�Giudice�delle�Leggi�per� dirimere�i�dubbi�di�incostituzionalita�dell'emananda�norma.� DOTTRINA�945 I mobili confini tra vizio di merito ed eccesso di potere. di Maria Vittoria Lumetti SOMMARIO:1.�^Premessa.�2.�^Imoderniprincipidell'amministrare:�larivincita� delbuon�andamento.�3.�^Lafunzione�edevoluzione�dell'atto�amministrativo:� i�diversi�equilibri�del�rapporto�tra�amministrazione�e�amministrato.� 4.�^Iprincipidilegalita�ediseparazionedeipoteri.�5.�^Ivizidimeritoe�la� discrezionalita�,�ovvero�l'opportunita�(convenienza)�e�la�legittimita�dell'agire� amministrativo.�6.�^L'inopportunita�come�vizio�dell'atto?�7.�^Atto�vincolato� e�atto�discrezionale:�cio�che�rimane�della�sfera�libera�dell'attivita�amministra- tiva.�8.�^Pronuncia�del�giudice�amministrativo�(e�ordinario)�e�invasione�del� merito.�9.�^La�discrezionalita�tecnica�tra�merito�e�violazione�di�legge.� 10.�^Il�vizio�di�merito�alla�luce�delle�innovazioni�legislative:�una�nuova�(e� antica)�interpretazione.�11.�^La�tesi�dell'abrogazione�tacita�delle�norme�che� vietano�il�sindacato�sul�merito�da�parte�del�giudice.�12.�^I�tentativi�di�ero- sionedelpotereesecutivodapartedelpoteregiudiziario�elegislativo:�una� interpretazione�anticostituzionale�del�principio�di�separazione�dei�poteri.� 13.�^Lasingolareedincisivatuteladelprivatorispettoaquelladeglialtri� ordinamenti�europei:�ampiezza�del�sindacato�del�giudice�amministrativo�e� cognizione�delgiudice�ordinario�dei�diritti�soggettivi�nei�confronti�della�P.A.� 14.^Processoamministrativoecivileaconfronto:�lenuovetesivolteaconcen- trare�in�un�unico�giudice�(quello�ordinario)�la�tutela�giurisdizionale�neicon- frontidell'amministrazione.15.^Laprivatizzazionedelpubblicoimpiegoel'u- nificazione�delprocesso�dellavoro:�conquistaofallimento?16.�^Conclusioni.� 1.�^Premessa.� Spesso�il�discrimen�tra�vizio�di�eccesso�di�potere�e�vizio�di�merito�non�e� sufficientemente�ben�delineato�e�richiede�un'analisi�ed�una�attenzione�maggiori. E�possible,�ormai,�conseguire�risultati�pratici�almeno�analoghi�mediante� il�giudizio�di�legittimita�:�l'influenza�primaria�della�giurisdizione�di�merito�si� avverte�oggi�paradossalmente�laddove�non�esiste�un�giudizio�esteso�al�merito,� che�si�pone�come�limite�almeno�teorico�al�sindacato�globale�sull'attivita�fun- zionalizzata�della�P.A.� La�sua�assenza,�infatti,�ha�contribuito�allo�sviluppo�della�giurisdizione� generale�di�legittimita�in�virtu�dell'incessante�tentativo�giurisprudenziale�di� allargarne�i�confini.� Il�merito,�che�si�contrappone�al�concetto�di�legittimita�,�esprime�la� conformita�della�scelta�discrezionale�alle�regole�non�giuridiche�di�buona� amministrazione:�convenienza,�opportunita�ed�equita�,�intese�ad�assicurare� l'efficienza�e�l'economicita�dell'azione�della�P.A.�nonche�il�perseguimento�del- l'interesse�pubblico�(1).� (1)�Cfr.�Cons.�Stato,�Sez.�V,�19�febbraio�1996,�n.�220,�in�Foro�Amm.,�1996,�553:�in�virtu�del� combinato�disposto�dell'art.�7,�legge�Tar�(legge�6�dicembre�1971�n.�1034),�degli�art.�27�e�29�n.�2,�5� e�8,�t.u.�Cons.�St.�(r.d.�26�giugno�1924�n.�1054)�e�dell'art.�1�r.d.�26�giugno�1924�n.�1058,�sussiste� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�legittimita�,�dunque,�attiene�alla�rispondenza�dell'atto�alla�norme� giuridiche�che�disciplinano�l'esercizio�del�potere,�senza�alcuna�considerazione� dei�risultati�conseguiti.� Il�merito,�invece,�e�la�parte�libera�della�discrezionalita�(2),�anche�alla� luce�del�principio�della�separazione�dei�poteri.� E�vero�che�l'impostazione�procedimentale�dell'atto,�da�inquadarsi�nel�piu� complesso�ambito�dei�procedimenti,�i�cui�effetti�si�determinano�con�l'atto� stesso,�ha�consentito�di�verificare�la�scelta�discrezionale�secondo�parametri� non�piu�formalistici.� L'eccesso�di�potere,�infatti,�e�un�vizio�della�scelta�discrezionale�che,�nella� sua�importanza�e�globalita�,�investe�interamente�la�funzione�amministrativa,� soprattutto�nel�momento�dinamico�del��divenire��dell'atto�amministrativo.� Oggi,�l'eccesso�di�potere�e�considerato,�tendenzialmente,�come�il�vizio� globale�che�attiene�all'esercizio�della�funzione�amministrativa.� Per�questo�si�rende�opportuna�una�riflessione�volta�a�delineare�in� maniera�piu�precisa�i�confini�con�il�merito,�soprattutto�al�fine�di�evitare�inter- ferenze�con�il�principio�della�separazione�dei�poteri.� Cio�anche�e�soprattutto�alla�luce�del�mutamento�del�concetto�dell'ammini- strare:�l'avvento�del�modello�aziendalistico�della�P.A.,�l'affermarsi�del�principio� dell'autoamministrazione,�dell'e-government e�dei�nuovi�modelli�di�coesistenza� tra�pubblico�e�privato,�ha�pressoche�stravolto�l'assetto�tradizionale�del�diritto� amministrativo.� 2. ^I moderni principi dell'amministrare: la rivincita del buon andamento. L'attivita�della�pubblica�amministrazione�e�istituzionalmente�finalizzata� a�garantire�l'ordinato�assetto�dell'andamento�della�cosa�pubblica,�in�un'ottica� di�perseguimento�dei�fini�determinati�dalla�Costituzione�e�dalla�legge.� La�Pubblica�Amministrazione,�la�cui�organizzazione�si�presenta�molto� complessa,�si�configura�come�strumento�destinato�al�perseguimento�di�inte- ressi�che�mutano�insieme�alle�situazioni�della�realta�.� La�sua�fisionomia�e�sottoposta�a�continue�modificazioni�proprio�perche�,� se�si�vuole�soddisfare�un�interesse,�la�prima�misura�da�adottare�e�la�istitu- zione�di�un�apparato�che�di�esso�si�occupi.� Ne�consegue�che�tale�complessita�,�da�un�lato,�e�l'esigenza�di�continuo� adeguamento�alla�realta�,�dall'altro,�hanno�contribuito�ad�appesantire�la�mac- china�burocratica.� la�giurisdizione�del�giudice�amministrativo�estesa�al�merito�sui�ricorsi�avverso�le�ordinanze�contin- gibili�e�urgenti�di�sicurezza�pubblica,�emanati�dal�sindaco�nelle�materie�di�edilita�,�polizia�locale�e� igiene�pubblica...�anche�ai�sensi�dell'art.�38,�comma�2,�legge�8�giugno�1990�n.�142,�atti,�questi,� che�possono�percio�essere�sindacati�con�riguardo�non�solo�a�tutti�i�profili�di�legittimita�,ma�pure� a�quelli�di�sufficienza�e�attendibilita�della�disposta�istruttoria,�nonche�a�quelli�di�convenienza,� opportunita�ed�equita�delle�determinazioni�adottate.� (2)�G. Guarino,�Atti e poteri amministrativi,in�Dizionario amministrativo,�a�cura�di�Gua- rino,�I,�Milano,�1983,�200�ss.� DOTTRINA�947 Recenti�interventi�legislativi�hanno�valorizzato�il�ruolo�della�P.A.�come� istituzione�al�servizio�del�cittadino,�conferendo�particolare�importanza�e�pratica� attuazione�all'art.�98�della�Costituzione��i�pubblici�impiegati�sono�al�servizio� esclusivo�dellanazione�.� Oltre�che�dei�cittadini�la�P.A.�e�al�servizio�della�politica�e�del�Governo� (art.�95,�Cost.),�nonche�della�legge�(art.�97�Cost.).� In�questa�ottica�si�colloca�la�legge�241�del�1990�sul�procedimento�ammini- strativo,�da�tempo�auspicata�in�dottrina�e�contenente�fondamentali�principi� relativi�alla�trasparenza,�efficacia,�economicita�,�celerita�e�pubblicita�dell'attivita� amministrativa.� Essa�e�finalizzata�proprio�a�cristallizzare�i�principi�dell'amministrare�e�a� garantire�una�disciplina�omogenea,�con�conseguente�maggiore�tutela�delle� posizioni�giuridiche�dei�destinatari.� Ed�e�in�questo�contesto�che�si�colloca�il�concetto�di�moderno�provvedi- mento�amministrativo,�le�cui�caratteristiche�sono�tratteggiate�dalle�recenti� riforme�legislative�nonche�dall'evoluzione�giurisprudenziale.� I�mutamenti�intervenuti�negli�anni�novanta,�che�hanno�trasformato�le� strutture�organizzative�e�le�procedure,�sono�scaturiti�dall'esigenza�di�un�cambia- mento�culturale�nell'ambito�dell'Amministrazione�e�della�sua�concezione.� Da�un�modello�burocratico�ed�accentrato,�di�stampo�weberiano,�basato� sulla�gerarchia�e�sull'atto�autoritativo,�si�e�passati�ad�un�modello�privatistico�e� aziendalistico:�l'atto�amministrativo�tradizionale�e�ora�affiancato�da�strumenti� di�natura�pattizia,�come�accordi,�contratti,�convenzioni.� L'atto�amministrativo�di�oggi�e�l'intera�azione�amministrativa�risultano� improntati�ai�principi�di�efficacia,�efficienza,�economicita�e,�sopratutto,�al� risultato:�e�la�rivincita�del�buon�andamento.� In�precedenza,�invece,�il�potere�rimaneva�strettamente�ancorato�all'ele- mento�soggettivo,�all'organo-personafisicacuieraaffidatalacuradell'interesse� pubblico�da�realizzare�attraverso�gli�atti�amministrativi�(3).� �L'attenzione�si�sposta�dallo�svolgimento�legittimo�dell'azione�allo� svolgimento�utile�dell'azione,�allo�svolgimento�proficuo,�in�termini�di�econo- micita�,�efficienza,�nel�senso�di�un�risultato�ottimale�rispetto�alle�esigenze�da� soddisfare��(4).� Vedremo�quali�sono�le�conseguenze�di�questa�evoluzione�e�sviluppo�del� moderno�atto�amministrativo�o,�cio�che�e�ormai�lo�stesso,�dell'operare�ammi- nistrativo,�sul�sindacato�di�legittimita�e�di�merito.� 3.^La�funzione�ed�evoluzione�dell'atto�amministrativo:�i�diversi�equilibri�del� rapporto�tra�amministrazione�e�amministrato.� Esistono,�nel�mondo�occidentale,�due�diversi�modi�di�concepire�la�disciplina� giuridica�della�P.A.� (3)�R. Pupilella,�Dall'atto�amministrativo�all'e-government:�un�nuovo�modello�di�amminis trazione?In�www.diritto.it,3.� (4)�A. Police,�L'illegittimita�dei�provvedimenti�amministrativi�alla�luce�della�distinzione�tra� vizic.d.formalie�vizisostanziali,in�Diritto�amm.,�4/2003,�772.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Lo�Stato�a�diritto�amministrativo,�in�cui�all'Amministrazione�sono�ricono- sciuti�poteri�peculiari,�e�modello�tipico�dei�paesi�di�civillaw.� Nei�Paesi�di�common�law�la�P.A.,�invece,�non�ha�poteri�peculiari�ed�i�fini� pubblici�vengono�perseguiti�da�complessi�organizzativi�cui�viene�impostoun� vincolo�pubblico�e�che�si�avvalgono�di�poteri�comuni�agli�altri�soggetti�del- l'ordinamento�(5).� L'atto�amministrativo�costituisce�lo�strumento�tipico�utilizzato�dal� modello�di�civil�law:�la�sua�finalita�precipua�e�quella�di�applicare�le�leggi�alla� vita�concreta�dell'ordinamento�giuridico.� In�assenza�di�tale�applicazione�le�leggi�rimangono�astratte,�senza�entrare� nella�realta�giuridica.� Decidere,�applicare�le�leggi�e�una�funzione�propria�dell'atto�amministrativo.� Sua�caratteristica�e�quella�di�incidere�sulla�situazione�giuridica�sogget- tiva�di�una�persona�singola�(soggetto�passivo)�o�di�piu�persone,�ma�non�sulla� generalita�dei�consociati.� In�ogni�caso,�deve�incidere�su�un�caso�concreto.� Il�provvedimento,�dunque,�applica�la�legge�al�caso�concreto�esercitando� le�sue�funzioni�principali:�la�decisione�e�la�esecuzione.� La�decisione�ed�applicazione�della�legge�nell'ambito�amministrativo� sono�funzioni�specifiche�dell'autorita�che�deve�agire�di�propria�iniziativa�o� su�richiesta�del�cittadino:�come�gia�detto,�caratteristica�fondamentale�degli� atti�amministrativi�e�quella�di�essere�posti�in�essere�nell'esercizio�di�funzioni� amministrative�(6).� Il�provvedimento,�pertanto,�e�lo�strumento�tecnico�del�quale�si�serve� l'autorita�nell'adempimento�della�propria�funzione:�esso,�tuttavia,�deve�essere� legittimo,�non�arbitrario,�deve�rispettare�le�condizioni�e�le�modalita�prescritte� dalla�legge�e�non�deve�risultare�contrario�alla�legge�stessa.� I�pubblici�poteri�esplicano�essenzialmente�due�tipi�di�attivita�:�giuridica,� in�cui�l'amministrazione�interviene�unilateralmente�nella�sfera�del�privato�e� sociale,�in�cui�e�l'amministrazione�che�rende�prestazioni�al�privato.� Dunque,�un'amministrazione�cheprendee�un'amministrazione�cheda�,�for- malizzata�nella�distinzione�della�dottrina�tedesca�degli�anni�trenta:�Eingriff- sverwaltung�e�Leistungsverwaltung,�ripresa�poi�dalla�dottrina�italiana�della� fine�del�XIX�secolo.� E�soprattutto�la�prima�che�si�esprime�mediante�l'adozione�di�provvedi- menti:�ordini,�espropriazioni,�occupazioni,�esazioni,�ma�anche�autorizzazioni� (5)�A. Azzena,�L'atto�amministrativo,in�Diritto�amministrativo,�a�cura�di�Mazzarolli,� Pericu,�Romano,�Roversi�Monaco,�Scoca,�II,�Monduzzi,�1993,�1186;�M. S. Giannini,�Atto�ammi- nistrativo,�voce�Enc.�Dir.,�IV�Milano�1959,�157;�S. Cassese,�Le�basi�del�diritto�amministrativo,� Torino,�1989,�222�e�240.�Cfr.�anche�P. CarettI e�U. DE Siervo,�Istituzioni�di�diritto�pubblico,� Torino,�2002,�13.� (6)��Tali�atti�debbono�essere�posti�in�essere�nell'esercizio�di�funzioni�amministrative�e�non,� ad�esempio,�legislative�(si�pensi�all'esecizio�di�potesta�legislative�delegata�da�parte�del�governo,� che�non�si�esprime�con�atti�amministrativi,�quale�e�viceversa�un�regolamento)...�,�F. Satta,�Atto� amministrativo,�voce�Enc.�Giur.,1.� DOTTRINA�949 concessioni,�licenze,�in�quanto�il�solo�fatto�che�per�l'esercizio�di�una�determinata� attivita��sia�necessario�un�permesso�dall'amministrazione,�implica�che�quella� determinata�attivita��non�sia�libera�e�si�sostanzi,�dunque,�in�una�restrizione.� In�relazione�ad�essa�in�Italia�e�stata�elaborata�la�nozione�di�interesse� legittimo�e�studiato�il�concetto�di�potere�amministrativo,�procedimento� amministrativo�e�provvedimento�amministrativo.� L'attivita��sociale,�invece,�o�Leistungsverwaltung,�consiste�in�una�attivita�� di�prestazione�che�configura�il�cittadino�come�utente�o�consumatore�(sanita��,� trasporti,�erogazione�di�gas,�energia�elettrica,�poste,�telefoni).� L'attivita��di�prestazione�era�un�tempo�ritenuta�compito�esclusivo�dei� pubblici�poteri,�ma�ora�tale�modello�sta�mutando�e,�dietro�la�spinta�del� diritto�europeo,�tale�importante�settore�tende�ad�aprirsi�alla�concorrenza�(7).� 4.�^Iprincipidilegalita�ediseparazione�deipoteri.� L'atto�amministrativo,�dunque,�come�mezzo�proprio�della�potesta��esecu- tiva�o�amministrativa�che,�in�quanto�tale,�presuppone�la�legge�e�la�applica.� Gli�atti�amministrativi�sono�atti�giuridici�di�diritto�pubblico�compiuti� dai�soggetti�attivi�della�pubblica�amministrazione�nell'esercizio�di�una�potesta�� amministrativa:�costituiscono�la�realizzazione�di�un�potere�giuridico�(8).� Per�questo�motivo�sono�da�considerarsi�manifestazioni�di�volonta��,�di�giudi- zio,�di�scienza�dell'Amministrazione�nel�momento�in�cui�assumono�rilevanza� verso�l'esterno,�con�forma,�ma�non�necessariamente�sostanza,�di�manifestazione� autoritaria�(9).� I�contenuti�concreti�sono�infiniti,�proprio�perche�sono�atti�mediante�i� quali�l'Autorita��amministrativa�dispone�in�ordine�all'interesse�pubblico�di� cui�e�attributaria,�esercitando�la�propria�potesta��ed�incidendo�sulle�situazione� soggettive�del�privato�(10).� Pur�non�sussistendo�una�compiuta�definizione�normativa�di�provvedi- mento�amministrativo�nella�legislazione�primigenia,�tale�termine�appare�gia�� nei�testi�normativi�di�fine�ottocento�(artt.�4�e�5,�legge�20�marzo�1865,� n.�2248�all.�E,�legge�abolitrice�del�contenzioso�amministrativo)�e�dei�primi� anni�del�secolo�scorso�(T.U.�26�giugno�1924,�n.�1054,�sul�Consiglio�di�Stato).� La�nozione,�dunque,�e�frutto�della�elaborazione�dottrinaria�italiana�e� tedesca,�nonche�della�giurisprudenza�francese�(11).� (7)�G. Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�139,�140�e�207.� (8)�V. Italia, G. Landi, G. Potenza,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�2002,�Giuffre��,� 177;�G. B. Garrone,�voce�Provvedimento�amministrativo�impugnabile,�(ricorso�giurisdizionale� amministrativo),�in�Dig.�Disc.�pubbl.,�248:�tra�il�provvedimento�e�il�potere�giuridico��esiste�una� stretta�correlazione�dovuta�al�fatto�che�la�forza�in�cui�il�potere�consiste�si�ritrova�intatta�in�quella� volonta��che�dal�provvedimento�promana�per�il�principio�della�conservazione�della�energia�.� (9)�F. Satta,�op.�cit.,1.� (10)�M.S. Giannini,�Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,�245.� (11)�La�nozione�di�diritto�amministrativo�e�stata�introdotta�dal�Merlin�nel��Repertorio�di�giu- risprudenza��Guyot,�all'inizio�del�secolo�scorso,�con�la�seguente�definizione��un�arre�te�,�une�deci- siondel'authorite��administrative,ouuneaction,unfaitdel'administrationquiarapportasesfun- tions�.�In�sede�normativa�la�legge�francese�del�24�agosto�1790�aveva�stabilito�chei�giudici�non� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Fu�la�dottrina�giuspubblicistica�ottocentesca�che�si�occupo�delle�ammini- strazioni�pubbliche�ad�individuare�la�figura�a�se�stante�dell'atto�amministrativo,� diversa�dagli�altri�atti�giuridici�finora�conosciuti�(leggi,�sentenze,�contratti).� Il�provvedimento�amministrativo,�in�quanto�autoritativo,�costituisce� l'espressione�tipica�del�potere�amministrativo:�sul�piano�della��dignita�costi- tuzionale,�si�pone�sullo�stesso�livello�di�quello�giurisdizionale,�ed�e�comunque� adottato�nell'interesse�generale�della�collettivita�,�sia�pure�in�relazione�alla� cura�concreta�di�un�interesse��(12).� Caratteristica�di�tutti�gli�atti�della�Amministrazione�e�quello�di�essere� sempre�posti�in�essere�in�ossequio�al�principio�di�legalita�,�che�e�strettamente� connesso�a�quello�di�separazione�dei�poteri:�sia�il�potere�giudiziario�sia�l'ese- cutivo�devono�rispettare�i�dettami�imposti�dal�legislatore.� Gli�spazi�di�scelta�dell'Amministrazione�sono�quelli�specificamente� configurati�dalla�norme:�non�solo�devono�essere�rispettati�i�limiti�normativa- mente�imposti�ma,�a�differenza�di�quanto�accade�nel�diritto�privato,�ove�vige� il�principio�dell'autonomia�negoziale,�devono�essere�attuati�solo�i�comporta- menti�da�questa�ipotizzati�e�piu�o�meno�compiutamente�definiti�(13).� L'esigenza�dello�strumento�dell'atto�amministrativo�scaturisce�essenzial- mente�dal�principio�della�separazione�dei�poteri,�congiunto�al�principio�di� legalita�dell'azione�amministrativa�e�al�principio�di�azionabilita�delle�pretese� dei�cittadini�nei�confronti�dell'Amministrazione�(14).� La�Costituzione�non�contiene�una�espressa�enunciazione�ditale�importante� principio,�cos|�come�non�contiene�una�espressa�enunciazione�del�principio�di� legalita�.� Tuttavia,�l'enunciazione�del�principio�della�separazione�dei�poteri�si� evince�dalla�Costituzione�stessa�la�quale�delinea�i�contorni�del�potere�legisla- potessero�intervenire�in�nessun�modo�nelle��operazioni�dei�corpi�amministrativi�;�nella�legge�16� fruttidoro�II�(3�settembre�1795),�la�scrittura�testuale�viene�cos|�mutata:�e�proibito�ai�tribunali� �conoscere�degli�atti�dell'amministrazione��(riportato�a�M.S. Giannini,�voce�Atto...�cit.).� (12)�G. P. Cirillo,�Il�danno�da�illegittimita�dellazione�amministrativa�e�ilgiudizio�risarcitorio,� Padova,�277.� (13)�A. Azzena,�op.�cit...1186,�A.M. Sandulli,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�1989,�568.� (14)�M.S.�Giannini,�Atto�amministrativo,�voce�Enc.�Dir.,�157:��Questi�tre�principi�...non�avreb- bero,�da�soli,�aperto�la�problematica�dell'atto�amministrativo,�se�le�norme�regolative�dell'azione� dell'amministrazione,�innestandosi�ai�precedenti�ordinamenti�generali�positivi�...(atto�del�prin- cipe),�non�avessero�introdotto�la�nuova�figura�reale,�sostanziale�dell'atto�amministrativo�.�Per� Giannini,�l'atto�amministrativo,�cos|�come�l'atto�normativo,�non�e�un�istituto�corrispondente�a� categorie�necessarie�di�ogni�ordinamento�giuridico�generale,�come�il�negozio�privato�e�la�sentenza.� Anche�perche�l'esistenza�di�un�apparato�amministrativo�non�comporta�necessariamente�che�l'a- zione�si�esprima�giuridicamente�in�atti�amministrativi.�Cfr.�anche,�dellostessoautore,�Diritto� amministrativo,�vol.�II,�1993,�235�ss.�e�R. Alessi,�Sistema�istituzionale�del�diritto�amministrativo� italiano,�Milano,�1953,�P. Gasparri,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Padova,�1956.�Per�la�dottrina� tedesca�cfr.�KormanN K.,�System�der�rechtsgeschaftlichen�Srtaatsa�kte,�Berlin,�1910�e�per�quella� francese�M.�Hauriou,�Pre�cis�de�droit�administratifet�de�droitpublic,�Paris,�1910.� DOTTRINA�951 tivo�(art.�70,�117,�121,�134,�97,�113,�101)�e�del�potere�giudiziario�(102,�103,�100� ult.�co.,�125,�102,�103)�in�termini�nettissimi,�come�poteri�dai�quali�e�distinto� il�potere�esecutivo-amministrativo.� Inoltre�si�rinviene�nelle�sentenze�della�Corte�costituzionale�(sent.�n.�1�del� 1977)�(15).� Dal�punto�di�vista�dei�soggetti,�l'amministrazione�e�nettamente�separata� dagli�altri�due�poteri,�legislativo�e�giudiziario,�anche�se�non�e�chiaro�se�risulti� separata�dal�Governo�(16),�ma�in�ogni�caso�e�da�ritenersi�incorporata�nel� potere�esecutivo.� Da�cio��deriva�il�divieto�per�il�legislatore�e�per�il�giudice�di�emettere�prov- vedimenti�amministrativi�e�di�sostituirsi,�dunque,�all'amministrazione.� Inoltre,�la�mancanza�di�un'area�costituzionalmente�riservata�all'ammini- strazione,�consente�al�legislatore�di�disciplinare,�anche�con�un�elevato�grado�di� analiticita��e�vincolatezza�(salvo�i�limiti�derivanti�dal�principio�di�eguaglianza),� le�funzioni�dell'amministrazione:�in�tal�modo�si�conferisce�un��contenutoprov- vedimentale��alla�legge�(17).� Infatti,�soprattutto�nella�legislazione�di�tipo�organizzativo�ed�in�quella�di� spesa�e�di�bilancio,�si�rinvengono�vincoli�rilevanti�per�l'azione�della�P.A.� Tuttavia,�nonostante�sin�dallo�stesso�sistema�costituzionale�l'attivita��degli� organi�amministrativi�appaia�sottoposta�sotto�molteplici�aspetti�alla�legge,� non�sembra�corretto�considerarla�come�meramente�esecutiva�della�legge:� �semmai�essa�puo��essere�piu��realisticamente�descritta�come�l'attivita��volta�a� conseguire�i�fini�determinati�dalle�prescrizioni�costituzionali�e�legislative��(18).� In�dottrina�c'e�chi�mette�in�dubbio�che�la�divisione�dei�poteri�sia�ancora� un�principio�italiano,�in�quanto�non�vi�sarebbe�alcun�limite�alla�funzione� amministrativa,�nessun�campo�e�riservato�all'amministrazione,�una�funzione� importante�come�quella�governativa�o�d'indirizzo�politico�e�divenuta�domi- nante,�non�vi�e�corrispondenza�tra�funzioni�e�apparati�(vi�sono�funzioni� amministrative�svolte�dai�giudici�come�dal�pubblico�ministero,�funzioni�nor- mative�attribuite�alla�P.A.,�come�i�regolamenti,�funzioni�amministrative� svolte�dal�parlamento,�come�l'organizzazione�degli�uffici�serventi)�e�il�Parla- mento,�infine,�puo��svolgere�funzioni�amministrative,�non�esistendo,�come�in� Francia,�una�riserva�di�regolamento�all'esecutivo�(19).� (15)�Nella�Costituzione�italiana�manca,�infatti,�una�espressa�enunciazione�del�principio�di� legalita��,�come�invece�nella�Costituzione�austriaca�del�1920�(art.�18)�o�in�quella�tedesca�del�1949� (art.�20,�comma�3).�Tuttavia,�si�ritiene�che�esso�si�trova�pienamente�positivizzato�nella�regola� secondo�cui�non�solo�i�limiti,�ma�lo�stesso�fondamento�del�potere�amministrativo�sono�da�rinve- nirsi�nella�legge,�cos|��G. Corso,�voce�Validita�,in�Enc.�dir.,XLVI,�1993,�89.� (16)�Cfr.�G. Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�216,�il�quale�ritiene�che� �a�giudicare�dal�titolo�III�e�dalla�relativa�sistematica�sembra�di�no,�anzi�sembra�il�contrario:�dal� momento�che�alla�P.A.�e�dedicata�una�sezione�(la�II)�nell'ambito�del�titolo�dedicato�al�Governo.� Il�Consiglio�dei�Ministri�e�tenuto�separato�dalla�pubblica�amministrazione�(sez.�I�del�titolo�III)�.� (17)�P.Caretti, U. DI Siervo,�Istituzioni�di�diritto�pubblico,�Giappichelli,�2002,�290.� (18)�P.Caretti, U. DI Siervo,�Istituzioni...op.�cit.,290.� (19)�S.Cassese,�Le�basi�del�diritto�amministrativo,�Torino,�2000,�42-43,�il�quale�precisa�che�la� divisione�dei�poteri,�nata�per�evitare�gli�abusi�del�potere�pubblico,�e�stata�intesa�in�funzioni� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Si�parte,�dunque,�dal�presupposto�che�e�dubbio�che�la�definizione�di� amministrazione�come�esecuzione�abbia�una�corrispondenza�nel�diritto�posi- tivo.� In�realta�,�nonostante�le�indubbie�interferenze�tra�i�tre�poteri,�non�sem- bra�che�queste�siano�cos|�determinanti�da�sconvolgere�l'assetto�originario� che�e�alla�base�di�ogni�ordinamento�moderno.� 5.�^I�vizi�di�merito�e�la�discrezionalita�,�ovvero�l'opportunita�(convenienza)�e�la� legittimita�dell'agire�amministrativo.� Fatte�queste�precisazioni�preliminari,�e�opportuno�ora�soffermarsi�sui� concetti�di�discrezionalita�e�merito.� Le�premesse�teoriche�della�discrezionalita�sono�state�individuate�sin�dal- l'antichita�in�sede�di�analisi�della�struttura�della�legge�(20).� Se�la�legge�avesse�la�pretesa�di�regolare�in�anticipo�tutto,�verrebbe� pregiudicata�quelle�esigenza�di�flessibilita�e�di�aderenza�alle�circostanze�che� oggi�e�recepita�nel�principio�di�buon�andamento�della�Amministrazione� (art.�97�Cost.)�(21).� Per�questo�motivo�la�discrezionalita�e�il�perno�attorno�al�quale�ruota� tutto�il�diritto�amministrativo:�rileva�ai�fini�del�riparto�della�giurisdizione,� del�procedimento�amministrativo,�dell'eccesso�di�potere,�degli�interessi�legit- timi,�dei�diritti�soggettivi,�della�motivazione.� Quello�discrezionale�costituisce�uno�dei�momenti�piu�delicati�dell'esercizio� della�cosa�pubblica�in�quanto,�non�potendo�la�legge�rigidamente�vincolare�eprede- terminare�l'attivita�della�P.A.�entro�schematismi�e�regole�inflessibili,�con�evidente� pregiudizio�dell'efficacia�del�suo�operare,�e�attribuito�alla�P.A.�un�margine�di� apprezzamento�piu�o�meno�ampio,�a�secondadellecircostanze�edell'interesse�pub- blico�concreto.� L'uso�della�potesta�discrezionale,�dunque,�permette�alla�P.A.�di�decidere�al� meglio�in�merito�all'opportunita�di�agire�e�al�contenuto�dell'attivita�pubblica.� A�fronte�dell'esigenza�di�eliminare�una�situazione�giuridica�incerta,� l'esame�contestuale�dei�vari�interessi�pubblici�e�privati�coinvolti�in�un�proce- dimento�amministrativo�permette�un�incisivo�ed�efficace�perseguimento�dei� fini�pubblici.� diverse.�Per�Montesquieu�i�poteri,�divisi,�dovevano�controllarsi,�mentre�i�rivoluzionari�francesi� stabilirono�che�ai�giudici�era�fatto�divieto��de�troubler,�de�quelque�manie�re�que�ce�soit,�les�ope�ra- tiondde�corps�administratifs�,�ossia�di�turbare�in�alcuna�maniera�l'attivita�dei�corpi�amministrativi.� (20)�G. Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�146�il�quale�riporta�Platone� (nel�Politico):��Le�differenze,�sia�tra�gli�uomini�sia�tra�le�azioni�e�il�fatto�che�nessuna�cosa�umana� rimane�mai,�per�cosi�dire�statica,�impediscono�a�qualsiasi�tecnica,�quale�che�sia,�di�affermare,�in� un�qualunque�settore,�qualcosa�di�semplice,�valido�per�tutti�i�casi�e�per�tutto�il�corso�del�tempo�� (294�b�e�295�e-d)�e�Aristotele:��l'errore�non�sta�nella�legge�ne�nel�legislatore,�ma�nella�natura�della� cosa,�giacche�la�materia�delle�azioni�ha�proprio�questa�intriseca�caratteristica...Ed�e�questa�la� natura�dell'equo:�un�correttivo�della�legge,�laddove�e�difettosa�a�causa�della�sua�universalita��� (Aristotele,�Eth.Nic.,1137�b).� (21)�G. Corso,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Torino,�2003,�147.� DOTTRINA�953 Discrezionalita�,�tuttavia,�non�significa�operare�legibus�soluti,�ma�espri- mere�una�valutazione�comparativa,�una�scelta�dei�vari�interessi�in�gioco,�pub- blici�e�privati.� Il�procedimento�amministrativo�e��la�sede�ideale�della�discrezionalita�ein� esso�trova�la�sua�ideale�collocazione,�risultando�questo�finalizzato�proprio�a� consentire�un�esercizio�ordinato,�efficiente�ed�imparziale�del�potere�pubblici- stico.� L'unico�vizio�dell'attivita�discrezionale�sindacabile�in�sede�giurisdizio- nale�e��costituito�dall'eccesso�di�potere.� Rilevante�si�configura�la�legge�n.�241�del�1990,�con�la�quale�il�legislatore� ha�inteso�fornire�una�compiuta�regolamentazione�e�disciplina�di�uno�degli� aspetti�piu�importanti�dell'attivita�amministrativa�quale�e��la�discrezionalita�.� La�novita�piu�interessante�introdotta�dalla�legge�sul�procedimento�e�� costituita�dal�principio�della�necessaria�partecipazione�di�tutti�i�soggetti� interessati�ed�esprime�il�momento�pluralistico�discrezionale.� Il�procedimento�rappresenta�lo�strumento�ed�il�luogo�piu�idoneo�per� assicurare�un�raffronto�tra�gli�interessi�coinvolti�e�per�accogliere�una�strut- tura�dialettica�che�precedentemente�si�rinveniva�solo�in�sede�processualee� che,�in�certo�qual�modo,�la�anticipa�o�la�previene.� La�dottrina�gia�nel�passato�aveva�ritenuto�che,�a�fronte�di�un�potere� discrezionale,�il�diritto�soggettivo�si�affievolisce�o�degrada�ad�interesse�legit- timo:�la�giurisdizione�del�giudice�ordinario�viene�meno�a�favore�di�quella� del�giudice�amministrativo�in�tutti�i�casi�in�cui�la�P.A.�goda�di�margini�di� discrezionalita�(22).� Generalmente,�la�discrezionalita�e��intesa�in�senso�molto�ampio,�in�quanto� in�essa�si�ricomprendono�anche�le�valutazioni�di�natura�tecnica�che�implicano� un�minimo�margine�di�apprezzamento�(c.d.�discrezionalita�tecnica)�(23).� La�differenza�tra�discrezionalita�e�merito�investe�l'angolo�prospettivo� della�verifica,�in�quanto�la�prima�si�incentra�sul�momento�dinamico�della� traduzione�del�potere�in�atto,�l'altra�su�quello�statico�del�risultato�che�ne�e�� seguito,�e�che�si�e��ormai�realizzato.� Il�merito�amministrativo�attiene�al�risultato�dell'attivita�discrezionale�di� scelta�della�P.A.,�adunmomento�susseguente�adessa�e,�perunaparte�della�dot- trina,�costituisce�il�genus�entro�cui�anche�la�discrezionalita�stessa�rientrerebbe:� come�tale�non�sarebbe�sindacabile�da�parte�del�giudice�amministrativo�(24).� (22)�R. Caranta,�Variazioni�sullinesistenza�dell'atto�amministrativo�adottato�in�situazioni�di� carenza�dipotere,in�Giust.�Civ.,�1999,�216�ss.� (23)�L. Benvenuti,�La�discrezionalita�amministrativa,�Padova,�1986,�28.� (24)��La�distinzione�tra�giudizio�di�legittimita�e�giudizio�di�merito�passa�all'interno�della�giu- risdizione,�riguarda�l'oggetto�della�giurisdizione�ed�il�contenuto�della�tutela:�da�un�lato,�un�giudi- zio�che�si�arresta�di�fronte�al�potere�dell'amministrazione�di�disposizione�degli�effetti�(che�la� norma�ricollega�all'atto),�che�non�tocca�la�discrezionalita�altro�che�per�i�profili�connessi�alla�nor- mativa�generale�dell'attivita�(principio�della�parita�di�trattamento,�di�logicita�,�di�sufficienza�della� motivazione);�dall'altro,�un�giudice�che�conosce�anche�di�questi�effetti,�che�puo�sostituirsi�all'am- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�legittimita�viene�intesa�come�il�momento�culminante�della�valorizza- zione�della�norma�d'azione�e�dell'attivita�amministrativa,�mentre�il�merito� equivale�ad�opportunita�,�ed�il�relativo�vizio�implica�l'accertamento�della� violazione�di�norme�non�giuridiche.� Il�merito,�dunque,�e�la�parte�insindacabile,�in�sede�giurisdizionale�ammi- nistrativa�di�legittimita�,�del�potere�discrezionale�della�P.A.,�mentre�l'eccesso� di�potere�ne�delinea�l'ambito�soggetto�al�sindacato�(25).� La�legittimita�e�l'opportunita�costituiscono,�dunque,�le�due�categorie� della�validita�dell'atto�amministrativo�(26).� La�legittimita�riguarda�la�conformita�della�fattispecie�concreta�all'ipotesi� normativa�astratta,�mentre�l'opportunita�la�conformita�ai�canoni�astratti�del� buon�andamento�dell'attivita�amministrativa�(27).� ministrazione�per�regolare�direttamente�e�nella�sua�interezza�il�rapporto�controverso�,�M.S. Giannini, A. Piras,�Giurisdizione�amministrativa�e�giurisdizione�ordinaria�nei�confronti�della�pub- blica�amministrazione,�voce�Enc.�Dir.,�1970,�XIX,�262.� (25)�A. Cerreto,�Potere�discrezionale�e�merito�nellattivita�della�P.A.,1959,�cit.�da�P.M. VipianA Perpetua,�Gli�atti�amministrativi:�vizi�di�legittimita�e�di�merito,�cause�di�nullita�ed�irrego- larita�,�Padova,�2003,�362.�Cfr.�sul�punto�T.A.R.�Toscana,�n.�710�del�2004,�in�materia�di�avanza- mento�degli�ufficiali�dell'arma�dei�Carabinieri:�in�questo�caso�il�giudizio�e�caratterizzato�da�una� amplissima�discrezionalita�,�essendo�riferite�ad�ufficiali�dotati�di�ottimi�profili�di�carriera,�le�cui� qualita�sono�definibili�solo�attraverso�sfumate�analisi�di�merito�che�non�sono�la�mera�risultanza� aritmetica�dei�titoli�dei�requisiti�degli�scrutinandi,�ma�implicano�una�complessiva�ponderazione� delle�loro�qualita�(cfr.�C.d.S.,�IV,�27�novembre�1997,�n.�256;�26�novembre�1998,�n.�78;�8�luglio� 1999,�n.�1196,�n.�3267/2000).�Conseguenza�costante�di�tale�orientamento�e�che�il�Giudice�Ammini- strativo�puo�sindacare,�a�parte�le�violazioni�del�procedimento,�solo�macroscopiche�incongruenze� dei�giudizi,�evidentemente�non�sussumibili�nell'ambito�della�discrezionalita�della�Amministra- zione.�Il�Giudice,�invece,�non�puo�giudicare�su�comparazioni�di�merito�tra�candidati.�Non�avendo� il�ricorrente�fornito�la�prova�delle�suddette�manifeste�incongruenze,�i�relativi�profili�di�illegittimita� devono�essere�disattesi�.� (26)�M.S. Giannini,�voce�Atto�amministrativo,in�Enc.�del�dir.,�182.� (27)�Cfr.�G. Coraggio,�Merito�amministrativo,�voce�in�Enc.�dir.,�XXVI,�1970,�138�e�143�ove� precisa:��Tra�giudice�e�norma�non�vi�puo�essere�rottura�logica�poiche�sono�entrambi�parti�di�un� unico�processo�che�dalla�loro�simbiosi�trae�vitalita��;�A. Piras,�Discrezionalita�amministrativa,� voce�in�Enc.�dir.,�XII,�1970,�77,�il�quale�specifica�che�nessuno��ha�mai�dubitato�dell'esigenza�di� riconoscere�nella�discrezionalita�i�caratteri�di�una�sfera�di�disposizione�propria�di�quel�genere�di� funzioni�che,�con�una�certa�imprecisione,�si�son�dette�libere.�Le�perlessita�hanno,�se�mai,�riguar- dato�lindividuazione�del�significato�da�attribuire�al�termine�di�funzione�o�la�definizione�del�mar- gine�libero�dell'attribuzione�nelle�attivita�di�genere�diverso�dalla�giurisdizione.�La�maggioranza� della�dottrina�ha�intuito�la�difficolta�del�problema�e�la�necessita�di�una�revisione�critica�delle�idee� piu�comuni,�ricevute�dalla�tradizione�.�Cos|�si�esprime�la�giurisprudenza�sulla�tematica:��Il�sinda- cato�giurisdizionale�di�legittimita�avente�ad�oggetto�un�provvedimento�amministrativo�(nella�spe- cie,�l'atto�ministeriale�di�diniego�della�``presa�d'atto''�della�cessione�azionaria�intervenuta�tra�la� Rai�e�la�CCR�s.r.l.),�connotato�da�sicuri�elementi�di�ampia�discrezionalita�,�cui�sono�commisti� anche�profili�valutativi�che�impingono�al�merito�dell'operazione�di�cessione�azionaria,�deve�mirare� a�saggiare�se,�attraverso�la�motivazione�dell'atto,�le�scelte�valutative�discrezionali�operate�dall'am- ministrazione�presentino�profili�o,�comunque,�sintomi�di�incongruita�.Pertanto,�e�legittimo,�in� quanto�immune�da�vizi�logici,�il�procedimento�valutativo�posto�alla�base�del�diniego�ministeriale� all'invocata�presa�d'atto�dell'operazione�commerciale�di�cessione,�da�parte�della�Rai,�della�parteci- pazione�di�minoranza�in�Raiway�a�CCR�s.r.l.,�adottato�in�ragione�del�fatto�che�i�patti�parasociali� DOTTRINA�955 Ed�invero,�la�suddetta�distinzione�riflette�la�lunga�e�tormentata�elabora- zione�giurisprudenziale�sull'eccesso�di�potere:�il�provvedimento�puo�essere� legittimo�ed�inopportuno�oppure�illegittimo�e�opportuno�(28).� Se�il�merito�esprime�il�concetto�di�convenienza�dell'azione�amministrativa,� non�e�per�nulla�precluso�il�sindacato�sui�vizi�di�legittimita�delle�scelte�discrezio- nali,ecio�ancheperquantoriguardaivizidilegittimita�sostanziale�(29).� Il�vizio�di�merito,�infatti,�rileva�solo�nei�casi�in�cui�la�legge�lo�prevede,�a� differenza�del�vizio�di�legittimita�,�che�in�invece�ha�una�portata�generale.� 6.-L'inopportunita�come�vizio�dell'atto?� Si�discute,�pertanto,�se�l'inopportunita�possa�essere�considerata�come�un� vero�e�proprio�vizio,�nei�casi�in�cui�sia�concesso�il�ricorso�giurisdizionale�in� sede�di�merito.� Il�dibattito�si�fonda�sulla�possibilita�di�ipotizzare�il�vizio�di�merito�come� incidente�sulla�validita�dell'atto.� Le�difficolta�sorgono�proprio�dalla�difficolta�di�riscontrare�obiettivamente� il�contrasto�con�una�norma�giuridica,�visto�che�questa�non�sussiste�(30).� In�realta�si�tratta�di�un�mero�problema�terminologico.� Ricomprendere�nella�nozione�di�invalidita�anche�il�vizio�di�merito�e� ricondurvi�tutti�i�casi�di�patologia�dell'atto�per�contrasto�con�qualsiasi�regola� giuridica�o�non�giuridica,�non�conduce�a�conseguenze�pratiche,�ma�mera- mente�teoriche�(31).� Come�gia�esposto,�il�punto�piu�delicato�della�discrezionalita�e�costituito� dal�rapporto�con�il�giudizio�di�opportunita�e�con�il�giudizio�di�merito:�dove� non�c'e�giudizio�di�opportunita�non�c'e�discrezionalita�.� Il�merito�puo�essere�inteso�in�due�modi:�il�primo�fa�coincidere�il�merito� con�l'opportunita�,�il�secondo�corrisponde�al�contenuto�sostanziale�del�prov- vedimento�(ricomprendente�l'opportunita�ma�anche�le�valutazioni�tecniche�e� le�qualificazioni�giuridiche�applicate).� In�questo�secondo�caso,�dunque,�il�merito�non�comprende�solo�la�ponde- razione�comparativa�degli�interessi�nel�momento�che�precede�la�decisione� amministrativa,�ma�tutto�il�percorso�che�va�dal�momento�in�cui�si�pone� annessi�al�contratto�di�cessione�impedivano,�di�fatto,�il�controllo�della�societa�Raiway�da�parte� della�societa�pubblica�concessionaria,�conferendo�al�partner�un�potere�di�indirizzo�strategico�del- l'attivita�della�societa�controllata�superiore�a�quello�di�maggioranza��(T.A.R.�Lazio,�Sez.�II,�12� marzo�2002,�n.�1897,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,�2002,�938,�525,�nota�di�Gigante,�e�in�Foro�It.,�2002,� III,�636,�nota�di�Tropea).� (28)�B. Cavallo,�Provvedimenti�e�atti�amministrativi,�Padova,�1993,�331:��l'esercizio�discre- zionale�del�potere�non�si�sublima�nella�soluzione�piu�opportuna,�ma�in�quella�ponderazione�che,� seppur�congrua,�potrebbe�risultare�nella�specie�inopportuna...ne�la�discrezionalita�puo�essere�vista� in�chiave�di�sola�opportunita�,�come�rinvio�a�regole�non�giuridiche,�le�quali�del�resto�potrebbero� essere�anche�tipizzate�a�livello�normativo�.� (29)�T.A.R.�Campania�Napoli,�Sez.�III,�12�ottobre�2001,�n.�4553,�in�Foro�Amm.,�2001.� (30)�R. Caranta,�L'inesistenza�dell'atto�amministrativo,�Milano,�1990,�133,�e�la�bibliografia� ivi�citata;�E. Casetta,�Atto�e�attivita�,�329.� (31)�R.Caranta,�op.�cit.,�143.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� un'istanza�a�provvedere�sino�al�momento�finale�dell'emissione�del�provvedi- mento,�che�e�l'espressione�della�cura�concreta�dell'interesse�pubblico�dato�in� attribuzione.� La�discrezionalita�attiene�all'agire�libero�dell'amministrazione�quando� opera�come�autorita�:�quando�non�agisce�come�autorita�esercita�autonomia� privata�e�non�discrezionalita�.� L'agire�libero�dell'amministrazione�quando�opera�come�autorita�coincide� con�quella�parte�dell'attivita�che�e�funzione:�la�funzione�pubblica�consiste�in� quella�attivita�rilevante�nell'ambito�definito�dalla�norma.� In�questo�rileva�non�solo�l'atto�fissato�dalla�norma,�ma�tutta�l'attivita� che�lo�ha�preceduto�e�quella�successiva.� Non�opportunita�del�provvedimento�significa�cattivo�esercizio�della� discrezionalita�amministrativa,�in�quanto�l'opportunita�comprende�anche�la� valutazione�comparativa�degli�interessi�(32).� Provvedimento�non�opportuno�significa�che�non�e�il�piu�conveniente� all'occasione,�al�luogo,�al�tempo�e�alla�circostanza,�che�non�vi�e�stata�da� parte�del�soggetto�pubblico�l'osservanza�delle�regole�di�buona�amministra- zione,�di�prudenza,�di�accortezza�finanziaria.� Per�una�tesi�l'inopportunita�non�costituisce�vizio�del�provvedimento:�e� inammissibile�un�secondo�giudizio�di�ponderazione�comparativa�degli�interessi.� La�dottrina�e�andata�alla�ricerca�del�significato�di�opportunita�che�da�sem- plice�attributo�di�un�atto,�puo�assumere�rilevanza�come�vizio�sanzionabile.� E�difficilmente�ipotizzabile�il�vizio�sanzionabile�per�una�presunta�inop- portunita�vista�come�violazione�del�dovere�di�curare�l'interesse�pubblico�al� grado�ottimale,�ovvero�come�vizio�attinente�all'obbligo�di�rendere�il�provvedi- mento�il�piu�conforme�possibile�alle�regole�che�presiedono�alla�cura�degli� interessi�pubblici.� Il�problema�e�che�nessuno�ha�mai�saputo�con�precisione�quali�fossero� queste�regole�meta�giuridiche,�o�almeno�non�si�e�andati�oltre�l'affermazione� che�tali�regole�corrispondono�ad�equita�,�imparzialita�o�di�buona�amministra- zione,�ora�sintetizzate�nei�principi�di�cui�alla�legge�n.�241�del�1990.� Difficile�e�individuarle.� I�principi�della�241�costituiscono�il�precipitato�logico�e�l'esplicitazione� del�principi�del�buon�andamento�della�Pubblica�amministrazione�di�cui� all'art.�97,�se�non�lo�vogliamo�intendere�come�mera�regola�di�organizzazione� del�pubblico�impiego.� Non�e�consentito�nel�nostro�ordinamento�allargare�al�massimo�grado� l'area�di�controllo�di�legittimita�sino�ad�arrivare�al�puro�merito.� E�questo�soprattutto�ora�che�il�bilancio�della�giurisprudenza�volge� inequivocabilmente�nel�senso�che�molte�di�suddette�regole�sono�spesso�rimaste� attratte�nell'area�del�giudizio�di�legittimita�,�senza�un�sicuro�criterio�discretivo� con�il�giudizio�di�merito.� (32)�G.P. Cirillo,�Il�danno�da�illegittimita�dell'azione�amministrativa�e�il�giudizio�risarcitorio,� Padova,�2003,�113.� DOTTRINA�957 Se�l'azione�amministativa�viene�disciplinata�da�norme�legislative,�da� regole�non�scritte�e�da�criteri�generali�di�opportunita�,�solamente�la�violazione� delle�prime�determina�l'illegittimita�del�provvedimento.� Alla�seconda�categoria�viene�ricondotto�il�principio�del�massimo�risultato� con�il�minimo�mezzo�o�quello�del�buon�andamento�formalizzato�nel'art.�97,�cui� deve�uniformarsi�l'azione�amministrativa.� 7.�^Atto�vincolato�e�atto�discrezionale:�quello�che�rimane�della�sfera�libera�del- l'attivita�amministrativa.� Com'e�noto,�i�vizi�della�violazione�di�legge�e�dell'incompetenza�riguar- dano�l'attivita�vincolata�della�P.A.� Al�fine,�invece,�di�sindacare�la�correttezza�delle�scelte�discrezionali�della� P.A.�viene�in�rilievo�l'eccesso�di�potere�o�sviamento�di�potere.� Nel�caso�in�cui�il�provvedimento�abbia�natura�vincolata,�non�vi�sono� margini�di�apprezzamento�discrezionale�in�capo�alla�Amministrazione.� L'Amministrazione�ha,�anzi,�l'obbligo�di�intervenire�con�un�atto�di� diniego,�dovuto�nell'�an��e�vincolato�nel�suo�contenuto,�senza�che�su�di�esso� possa�essere�effettuata,�alcuna�comparazione�tra�interessi�pubblici�ed�inte- ressi�privati�(33).� La�distinzione�tra�atti�discrezionali�e�vincolati�e�stata�dogmaticamente� utilizzata�per�affermare�che�i�provvedimenti�discrezionali�sono�impugnabili� innanzi�al�giudice�amministrativo�anche�quando�incidono�su�previe�posizioni� di�diritto�(34).� (33)�L'affermazione�e�sostenuta�dalla�dottrina�quasi�unanime�e�da�una�consolidata�giurispru- denza:�P.M. VipianA Perpetua,�op.�cit.,�243,�S. Cassese,�Casi�e�materiali�di�diritto�amministrativo,� Bologna,�1993,�230�ss.�Sulla�natura�di�atto�vincolato�cfr.�T.A.R.�Toscana,�Sez.�III,�30�gennaio� 2002,�n.�90:��Ne�consegue�che,�in�materia�di�immigrazione,�e�irrilevante�l'entita�del�reato�com- messo�o�la�supposta�poca�gravita�dello�stesso�ai�fini�dell'applicazione�del�dato�normativo�posto� che�l'Amministrazione�non�ha�alcun�potere�in�ordine�alla�scelta�dei�reati�che�poterebbero�apparire� piu�o�meno�significativi�dal�punto�di�vista�della�pericolosita�sociale.�Dalla�natura�vincolata�del- l'atto�da�assumere�ai�sensi�dell'art.�31�legge�11�giugno�1971,�n.�426,�deriva�che�l'onere�di�motivare� il�provvedimento�si�esaurisce�nell'enunciazione�dei�presupposti�dell'azione�amministrativa�posta� in�essere�.�Cfr.�anche�T.A.R.�Lombardia�Milano,�Sez.�III,�5�dicembre�2002,�n.�4730,�in�Foro� Amm.�T.A.R.,�2002,�f.�12:�l'ipotesi�normativa�contemplata�nell'art.�31�legge�11giugno�1971,� n.�426,�impropriamente�qualificata��revoca��dell'autorizzazione,�ha,�inrealta�,�natura�decaden- ziale,�trattandosi�di�atto�amministrativo�vincolato�di�accertamento�delle�ipotesi�che�la�norma� ritiene�incompatibili�con�la�prosecuzione�dell'attivita�;�infatti,�si�tratta�di�provvedimento�sanziona- torio�che�la�P.A.�e�tenuta�ad�adottare�nei�confronti�del�privato�inadempiente�agli�obblighi�assunti� in�dipendenza�dell'autorizzazione�o�a�seguito�della�perdita�dei�requisiti�soggettivi�richiesti�per�il� rilascio.�Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�8�aprile�2002,�n.�1894,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�960:� �Il�provvedimento�di�inquadramento�che�riconosca�contestualmente�i�servizi�pre-ruolo�ha�natura� di�atto�vincolato�e�autoritativo�(riguardante�l'organizzazione�degli�uffici�ed�attributivo�di�uno�``sta- tus''�al�pubblico�dipendente),�sicche�esso,�come�avviene�in�generale�per�gli�atti�di�inquadramento,� e�impugnabile�entro�l'ordinario�termine�di�decadenza�anche�per�la�parte�in�cui�disponga�la�man- cata�valutazione�di�servizi�pregressi�.� (34)�L. Maruotti,�La�giustizia�amministrativa�e�le�riforme�costituzionali,in�Foro�amministra- tivo,�1992,�2876.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�mancanza�della�possibilita�di�apprezzamento�discrezionale,�peraltro,� involge�anche�altri�fondamentali�aspetti,�come�la�comunicazione�di�avvio�del� procedimento�ai�sensi�dell'art.�7,�legge�n.�241�del�1990�(essa�non�e�necessaria� nel�caso�di�procedimento�vincolato)�(35),�oppure�la�motivazione�stessa�del- l'atto�(36)�(proprio�dalla�natura�vincolata�dell'atto�deriva�che�l'onere�di�moti- vare�il�provvedimento�si�esaurisce�nell'enunciazione�dei�presupposti�dell'azione� amministrativaposta�in�essere).� Ai�fini�della�giurisdizione�e�irrilevante�il�quantum�di�discrezionalita�di� cui�sia�titolare�l'amministrazione�in�sede�di�emanazione�del�provvedimento� di�diniego,�in�quanto�e�sempre�quantomeno�configurabile�la�discrezionalita� tecnica:�quando�vi�e�il�potere�di�accogliere�o�meno�una�istanza�del�privato� che�ha�dato�luogo�all'apertura�di�un�procedimento�amministrativo,�in�re�ipsa� sussistono�posizioni�di�interessi�legittimi�(37).� In�realta�non�esistono�due�poli�completamente�contrapposti�ove�da�un� lato,�vi�e�un�atto�interamente�discrezionale�e,�dall'altro,�un�atto�completa- mente�vincolato.� Il�concetto�di�dicrezionalita�e�di�vincolativita�risale�alla�norma�attribu- tiva�del�potere,�ossia�alla�norma�che�conferisce�alla�P.A.�il�potere�di�curare� gli�interessi�pubblici:�in�questa�norma�sono�tracciati�anche�i�limiti�all'eserci- zio�del�potere,�come�il��se��emanare�l'atto�(an),�il�contenuto�da�conferirgli� (quid),�le�modalita�da�inserire�nel�contesto�dell'atto�(quomodo),�quando�ema- nare�l'atto�(art.�1�legge�n.�241/1990).� Risulta�ben�difficile�che�la�norma�attributiva�del�potere�limiti�l'esercizio� del�potere�a�tutti�questi�aspetti:�l'ipotesi�dell'atto�interamente�vincolato�e� meramente�nominale.� Qualore�l'atto�sia�interamente�vincolato,�in�casi�limitatissimi,�esso�deve� presentarsi�come�atto�che�dia�la�massima�garanzia�degli�interessi�individuali� coinvolti�proprio�per�il�principio�della�riserva�di�legge�assoluta.� Ne�consegue�che�molte�figure�di�eccesso�di�potere,�come�ad�esempio�la� disparita�ditrattamento,nonsonoconcepibilirispettoadattivita�vincolate�(38).� Anche�nei�casi�di�uso�discrezionale�del�potere,�l'ordinamento�richiede�che� tale�potere�venga�utilizzato�per�il�perseguimento�di�una�ben�precisa�finalita�.� Infatti,�l'ordinamento�giuridico�non�attribuisce�all'Amministrazione�un� indifferenziato�potere�di�cura�dell'interesse�pubblico,�bens|�tanti�poteri,� ciascuno�dei�quali�deve�essere�impiegato�per�il�conseguimento�di�specifici� obiettivi.� (35)�Giurisprudenza�costante�della�giurisprudenza�amministrativa�in�generale,�T.A.R.�Pie- monte,�Sez.�I,�15�gennaio�2003,�n.�29,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,�2003.� (36)�Cfr.�T.A.R.�Lombardia�Milano,�Sez.�III,�5�dicembre�2002,�n.�4730,�in�Foro�Amm.�T.A.R.,� 2002,�f.�12.� (37)�L. Maruotti,�La�giustizia�amministrativa...,�2876.� (38)�Cos|�G. Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�e�di�merito�nel�processo�ammini- strativo,�in�Studi�per�il�centocinquantenario�del�Consiglio�di�Stato,�Roma,�1981,�1583��Il�principio� del�carattere�generale�dei�vizi�implica�soltanto�che�ciascun�vizio�debba�essere�deducibile�in�rela- zione�a�tutti�gli�atti�ai�quali�sia�potenzialmente�riferibile�.� DOTTRINA�959 L'eccesso�di�potere�si�concretizza,�infatti,�quando�la�P.A.�esercita�il�potere� che�le�e�stato�attribuito�per�perseguire�un�fine�diverso�da�quello�tipico�(39).� Attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere�il�giudice�amministrativo�con- trolla�il�modo�(legittimo�o�meno)�in�cui�la�P.A.�ha�esercitato�la�discreziona- lita�,�ossia�il�modo�in�cui�sono�stati�ponderati�gli�interessi�coinvolti.� Cio�non�siginifica,�tuttavia,�valutare�la�bonta�del�risultato�conseguito,�in� quanto�significherebbe�entrare�nel�merito�del�fatto,�che�e�consentito�solo�nei� casi�determinati�dalla�legge.� Vizio�di�merito�significa,�infatti,�violazione�delle�regole�di�opportunita�,� convenienza�e�buona�amministrazione,�di�equita�,�di�norme�non�giuridiche�(40).� Il�merito�rappresenta�la�sfera�libera�dell'azione�amministrativa�discrezio- nale,�ossia�l'ambito�in�cui�essa,�rispettati�i�limiti�stabiliti�dalle�norme,�puo� svolgersi�senza�essere�soggetta�ad�un�sindacato�giurisdizionale.� Tale�distinzione�si�riscontra�anche�negli�aspetti�processuali.� La�giurisdizione�di�merito�si�contraddistingue�non�solo�per�i�maggiori� poteri�istruttori�e�decisori�rispetto�a�quelli�del�giudice�di�legittimita�,ma� anche�per�una�maggiore�estensione�dell'oggetto�del�giudizio:�e�infatti�possi- bile�verificare�la�conformita�dell'atto�amministrativo�alle�regole�di�ordine� extra-giuridico�(economico,�tecnico,�sociale,�equitativo)�(41).� Altra�tesi,�invece,�ritiene�che�la�giurisdizione�di�merito�sarebbe�caratte- rizzata�solo�da�maggiori�poteri�cognitori,�ma�che�non�sia�comunque�consen- tito�al�giudice�la�sostituzione�al�giudice�amministrativo.� Risulta�evidente�che,�il�suddetto�orientamento,�dal�punto�di�vista�dog- matico,�e�ancora�piu�coerente�e�rispettoso�del�principio�della�separazione� dei�poteri�(42).� (39)�La�giurisprudenza,�com'e�noto,�ha�elaborato�le�c.d.�figure�sintomatiche�dell'eccesso�di� potere,�che�segnalano�una�probabile�sussistenza�di�sviamento�di�potere:�disparita�di�trattamento;� travisamento�(qualora�la�P.A.�assuma�come�presupposto�di�un�provvedimento�una�situazione�fat- tuale�difforme�da�quella�reale;�difetto�di�istruttoria,�perplessita�,�se�non�appare�chiaro�quale�sia�il� potere�esercitato�dalla�P.A.,�violazioni�di�circolari,�illogicita�,�manifesta�ingiustizia,�violazione�del� principio�di�proporzionalita�,�in�quanto�la�P.A�deve�conseguire�lo�scopo�prefissato�con�il�minor� sacrificio�degli�altri�interessi�in�gioco).� (40)�Circa�il�dibattito�che�si�e�sviluppato�sulla�natura�giuridica�o�non�giuridica�delle�regole� tecniche�o�sociali�utilizzate�(Mortati,�voce�Discrezionalita�,in�Nss.D.I.,�vol.�V,�Torino,�1105�e� M.S. Giannini,�Il�potere�discrezionale�della�pubblica�amministrazione,Milano,�1939,�83),osserva� G. Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,�1580:��Non�sembra�avere�rilevanza,�ai�fini�del�problema�in� esame,�la�questione,�a�lungo�dibattuta,�della�natura�giuridica�o�non�giuridica�delle�regole�tecniche� o�sociali�a�tal�fine�utilizzate.�E�sufficiente�rilevare�che�l'utilizzazione�di�regole�atecniche�o�sociali� e�indispensabile,�nell'applicazione�di�norme�giuridiche,�quante�volte�queste�ultime�facciano�riferi- mento�a�concetti�individuabili�soltanto�in�base�a�quelle�regole�.� (41)�G. Vacirca,�op.�cit.,�1574;�M. Nigro,�Giustizia�amministrativa,�Bologna,�2000,�230.� (42)�A. Amorth,�Il�merito�dell'atto�amministrativo,�Milano,�1939,�117.�Altra�tesi,�ancora,� identifica�il�merito�con�il�contenuto�dell'atto�amministrativo,�da�determinare�discrezionalmente,� V. Ottaviano,�Merito�(Diritto�amministrativo),�voce�Noviss.Dig.It.,�Torino,�1964,�578,�anche�se� in�seguito�la�tesi�risulta�leggermente�modificata,�Studi�sul�merito�degli�atti�amministrativi,�in� Annuario�di�diritto�comparato�e�studi�legislativi,�1947,�come�osservato�da�P.M. VipianA Perpetua,� op.�cit.,348,�n.12.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Per�quanto�riguarda�l'esercizio�vincolato�del�potere,�si�osserva�che�l'ammi- nistrazione,�in�questo�caso,�non�ha�la�possibilita��di�ricercare�l'opportunita��,in� quanto�quest'ultima�risulta�ex�lege�assorbita�nello�schema�legale�prediposto� dalla�norma�per�l'attivita��amministrativa�(43).� 8.�^La�discrezionalita�tecnica�tra�merito�e�violazione�di�legge.� Nell'ambito�di�tale�attivita��comparativa�accade�di�sovente�che�la�P.A.� debba�acquisire�dati�ed�informazioni�di�carattere�tecnico,�indispensabili�per� la�verifica�dell'efficacia�di�un�determinato�intervento�amministrativo.� In�questo�caso�la�discrezionalita��cambia�nome�e�viene�definita�discrezio- nalita��tecnica�(44).� Nella�discrezionalita��tout�court�la�P.A.,�nel�suo�esame�comparativo�degli� interessi,�non�e�ancorata�all'osservanza�di�nozioni�avanti�carattere�tecnico.� Una�delle�problematiche�affrontate�dai�T.A.R.�nelle�controversie�in�cui� rilevano�notazioni�di�carattere�tecnico�riguarda,�innanzitutto,�il�potere�del� giudice�amministrativo�ed�i�suoi�limiti.� Il�giudice�amministrativo,�infatti,�come�gia��detto,�non�puo��sostituirsi�alla� P.A.,�esercitare�il�potere�di�determinazione�di�cui�essa�e��titolare�e,�conseguen- temente,�non�puo��modificare�gli�atti�da�questa�posti�in�essere�o�eseguire�com- piti�spettanti�alla�medesima:�il�suo�ruolo�consiste�in�un�controllo�di�legitti- mita��e�solo�talvolta�di�merito�sugli�atti.� Il�giudice�non�puo��giudicare�la�scelta�fatta�nel�merito,�in�quanto�con�cio�� eserciterebbe�una�funzione�amministrativa�(45):�puo��solo�rilevare�se�le�scelte� sono�state�fatte�con�ragionevolezza.� (43)�Un�certificato,�infatti,�sara��esatto�o�inesatto,�mai�inopportuno,�B. Cavallo,�Provvedi- menti�e�atti�amministrativi,�Padova,�1993,�329.� (44)�Si�possono�ricordare,�a�titolo�esemplificativo,�i�provvedimenti�di�inquadramento�nel� pubblico�impiego�che�hanno�natura�vincolata�anche�se�l'Amministrazione�ha�poteri�valutativi,�in� quanto�sono�espressione�di�una�discrezionalita��tecnica�realtiva�alla�sussistenza�dei�presupposti� richiesti�dalla�legge�Cfr.�L. Maruotti,�La�giustizia�amministrativa�e�le�riforme�costituzionali,in� Foro�amministrativo,�1992,�2876.�In�tal�caso�il�Consiglio�di�Stato�non�ha�mai�dubitato�che�il�dipen- dente�vanti�posizioni�di�interesse�legittimo,�dovendo�agire�a�tutela�di�questo�nel�prescritto�termine� di�decadenza.�Come�ricorda�Giannini,�la�nozione�di�discrezionalita��tecnica�e�sorta�soprattutto� per�ragioni�processuali:�si�volle�che�il�giudice�ordinario,�tramite�la�consulenza�tecnica�potesse�sin- dacare�quelle�zone�dell'attivita��amministrativa�dominate�da�giudizi�scientifici�e�non�da�giudizi�di� opportunita��(Diritto�amministrativo,�489,�1970,�I,�Milano).�Sulla�distinzione�tra�discrezionalita��tec- nica�e�merito�v.�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�29�ottobre�2002,�n.�5941,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�2394� �La�P.A.,�nella�predisposizione�del�bando,�esercita�un�potere�attinente�al�merito�amministrativo� e�non�una�semplice�valutazione�tecnica�laddove�inserisce�disposizioni�ulteriori�rispetto�al�conte- nuto�minimo�``ex�lege''�previsto;�queste�ultime,�quindi,�saranno�censurabili�in�sede�giurisdizionale� soltanto�all'orche�appaiano�viziate�da�eccesso�di�potere�per�illogicita��o�per�incongruenza�rispetto� al�fine�pubblico�della�gara�.� (45)�Sintomatica�la�sentenza�del�T.A.R.�Veneto,�18�maggio�1994,�n.�550,�in�Rass.�Giur.�del- l'En.�Elettrica,�1995,�245:�la�soluzione�del�tracciato�prescelta�dall'ENEL�non�puo��formare�oggetto� di�censura,�dato�che�una�tale�scelta�si�rapporta�all'esplicazione�di�potesta��tecnico�amministrativa,� sindacabile�dal�giudice�amministrativo�solo�in�ipotesi�di�manifesta�irrazionalita��.�Stessa�argomen- tazione�e��adottata�dal�T.A.R.�Lombardia,�14�maggio�1994,�n.�302,�in�Rass.�giur.�dell'En.�Elettrica,� DOTTRINA�961 Altra�ipotesi�in�cui�il�giudice�amministrativo�puo�intervenire,�oltre�che� nei�casi�di�eccesso�di�potere�e�di�incompetenza,�e�la�violazione�di�legge:� nei�procedimenti�scadenzati�e�complessi,�come�quelli�caratterizzati�dall'uti- lizzo�di�regole�tecniche,�non�e�difficile�rinvenire�ipotesi�che�integrano�tale� vizio.� Il�controllo�del�rispetto�delle�norme�istruttorie�offre�occasione�al�giudice� di�verificare�se�effettivamente�sono�stati�presi�in�considerazione�tutti�gli� aspetti�(46).� Ad�esempio,�anche�i�giudizi�delle�commissioni�giudicatrici�dei�pubblici� concorsi,�quando�non�sono�affetti�da�errata�percezione�della�realta�ovvero� da�vizi�logici�tali�da�far�ritenere�di�trovarsi�di�fronte�ad�errori�ictu�oculi� 1994,�247.�La�giurisprudenza�in�relazione�a�questo�profili�e�agli�elettrodotti�e�stata�ferma�nello�spe- cificare�che�il�potere�del�giudice�non�potra�mai�essere�quello�di�stabilire�la�validita�del�tracciato.� Le�scelte�progettuali�sono�esplicazione�di�potesta�tecnico-amministrativa-discrezionale,�non�censu- rabile�in�sede�di�giudizio�di�legittimita�,�se�non�per�illogicita�e�manifesta�irrazionalita�delle�scelte.� F. Patrono,�Considerazioni�sull'inquinamento�elettromagnetico�e�sulla�recente�legge-quadro,in� Giur.�di�Merito,�2001,�III,�749;�T.A.R.�Veneto,�Sez.�II,�13�febbraio�2001,�n.�236,�in�Riv.�Giur.� ambiente,�2000,�119�ss,�con�nota�di�Ceruti,�Inquinamento�elettromagnetico�e�salute�umana:�ilpro- blema�dellasindacabilita�giudizialedellenorme�tecnichesullabasedelprincipioprecauzionaleaval- lato�da�Cons.�St.,�ord.�28�settembre�1999,�n.�1737.� Cfr.�anche�Cons.�Stato,�Sez.VI,�29�novembre�2002,�n.�6575,�in�Foro�Amm.�C.D.S.,�2002,�f.�11:� �La�discrezionalita�tecnica�^diversa�dal�merito�amministrativo�^ricorre�quando�la�pubblica� amministrazione,�per�provvedere�su�un�determinato�oggetto,�deve�applicare�una�norma�tecnica� cui�una�norma�giuridica�conferisce�rilevanza�diretta�o�indiretta�e�tale�discrezionalita�,qualora�si� sia�manifestata�attraverso�apprezzamenti�tecnici,�e�sindacabile�in�sede�giurisdizionale�in�base�non� al�mero�controllo�formale�ed�estrinseco�dell'``iter''�logico�seguito�dall'autorita�amministrativa,� ma�alla�verifica�diretta�dell'attendibilita�delle�operazioni�tecniche�sotto�il�profilo�della�loro�corret- tezza�quanto�a�criterio�tecnico�ed�a�procedimento�applicativo�.� (46)�Il�momento�istruttorio,�nella�procedura�ricopre�una�rilevanza�particolare,�in�tutte�le�que- stioni�relative�alla�costruzione�dell'impianto,�all'impatto�sull'ambiente�e�sul�territorio,�e�alla�sua� collocazione�urbanistica:�attraverso�il�controllo�della�motivazione�ed�il�suo�eventuale�vizio�il�giu- dice�ha�la�facolta�di�valutare�se�l'Amministrazione�nel�decidere�abbia�tenuto�conto�della�reale� necessita�di�costruire�un�elettrodotto�in�quella�zona,�se�erano�presenti�i�presupposti�richiesti�dalla� normativa�vigente,�se�la�scelta�e�stata�coerente�con�le�risultanze�istruttorie.�A�cio�si�aggiunga�che� la�tutela�della�salute,�oltre�ad�essere�prevista�a�livello�costituzionale,e�parte�integrante�dell'ordina- mento�giuridico,�basti�pensare�alla�legge�23�dicembre�1978,�n.�833�che�prevede�tra�i�fini�dello�Stato� quello�di�garantire�condizioni�uniformi�di�salute�su�tutto�il�territorio�nazionale.�La�salute,�dunque,� e�non�solo�un�diritto�garantito,�ma�anche�un�interesse�che�l'ordinamento�ha�il�dovere�di�perseguire:� cio�consente�che�possa�essere�parametro�di�valutazione�e�di�giudizio�anche�nel�procedimento� amministrativo�e�successivamente�in�sede�processuale.�Cfr.�anche�T.A.R.�Lombardia,�3�novembre� 1994,�n.�618,�in�Rass.�Giur.�En.�Elettrica:�``la�salute�costituisce�un�diritto�inviolabile�dei�cittadini� direttamente�ed�un�interesse�fondamentale�della�collettivita�come�sancito�dall'art.�32�della�Costitu- zione�e�dalla�legge�833�del�1978,�pertanto,�ne�e�indispensabile�assicurare�la�tutela�anche�in�sede�di� realizzazioni�degli�impianti�elettrici''.�L'aspetto�salute�e�venuto�in�rilievo�in�modo�esplicito�nella� normativa�sugli�elettrodotti�con�il�d.p.c.m.�del�23�aprile�1992:�da�allora�e�opinione�giurispruden- ziale�che�tale�normativa�rientri�tra�quella�che�deve�essere�rispettata�nella�procedura�di�autorizza- zione�alla�costruzione�degli�impianti.�Tra�gli�elementi�di�legittimita�dell'atto�autorizzatorio�e� necessario,�pertanto,�verificare�anche�il�rispetto�della�normativa�apposita�dettata�in�materia�di� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� riscontrabili,�risultano�del�tutto�incensurabili�a�pena�di�invadere�la�sfera�di� valutazione�discrezionale�ascrivibile�al�merito�amministrativo�(47).� Poiche��la�pronuncia�di�rigetto�del�giudice�amministrativo�si�esaurisce� nella�conferma�del�provvedimento�impugnato�e�non�si�sostituisce�all'atto� amministrativo�^conservando�l'autorita�che�lo�ha�emesso�tutti�i�poteri�che� avrebbe�avuto�se�l'atto�non�fosse�stato�impugnato,�eccetto�la�possibilita�di� ravvisarvi�i�vizi�di�legittimita�ritenuti�insussistenti�dal�giudice�^non�e�ipotiz- zabile�in�tale�tipo�di�pronuncia�uno�sconfinamento�nella�sfera�del�merito�e,� quindi,�della�discrezionalita�e�opportunita�dell'azione�amministrativa.� E�cio�neppure�nel�caso�in�cui�sia�attribuita�ad�essa�efficacia�retroattiva,� rientrando�pienamente�l'individuazione�degli�effetti�nel�tempo�delle�norme� giuridiche�nell'attivita�interpretativa�delle�stesse�(48).� Quanto,�poi,�all'invasione�della�sfera�di�discrezionalita�tecnica�della� P.A.,�e�sufficiente�qui�riportarsi�a�quanto�di�recente�osservato�dal�Consiglio� di�Stato:��il�giudizio�tecnico�cui�e�chiamata�la�Commissione�giudicatrice� sfugge,�in�base�a�costante�giurisprudenza,�al�sindacato�del�giudice�ammini- strativo�in�sede�di�legittimita�,�laddove�non�vengano�in�rilievo�indici�sintoma- tici�del�non�corretto�esercizio�del�potere��(49).� Giova,�in�particolare,�osservare�che�il�potenziamento�dei�mezzi�istruttori� utilizzabili�dal�giudice�amministrativo�ai�fini�del�sindacato�sulle�valutazioni� di�stampo�tecnico-specialistico,�sancito�dall'innesto�della�consulenza�tecnica� ai�sensi�dell'art.�16,�legge�n.�205/2000,�consente�certo�il�pieno�e�diretto�accer- tamento�dei�fatti�presi�in�esame�dall'amministrazione,�ma�non�la�sostituzione� del�giudice�amministrativo,�per�il�tramite�del�consulente�tecnico,�ai�giudizi� di�tipo�tecnico�formulati�dall'Amministrazione.� Il�controllo�del�giudice�amministrativo�sul�giudizio�tecnico�dell'organo� amministrativo�e�rimasto�un�controllo�debole,�nel�rammentato�senso�del- esposizioni�alle�radiazioni�non�ionizzanti,�vale�a�dire�il�d.p.c.m.�23�aprile�1992�e�il�d.p.c.m.�1995� per�le�azioni�di�risanamento�e,�naturalmente,�la�recente�legge�quadro.�C'e�,�tuttavia,�perplessita�in� dottrina�circa�il�ricorso�smodato�al�giudice:��...il�giudice�finira�per�operare�piu�come�fattore�di� compensazione�di�incertezze�sociali�e�culturali,�che�come�organo�di�composizione�di�liti�e�delle� relative�incertezze�giuridiche,�facendosi�cos|�carico�di�una�non�meglio�definita�funzione�di�supervi- sione�tecnica�degli�approdi�teorici�della�comunita�scientifica�e�della�funzione�di�valutazione�e�sele- zione�degli�interessi�meritevoli�di�tutela,�che�sono�estranee�al�proprio�bagaglio�culturale�ed�al�pro- prio�mandato�...�In�definitiva,�se�i�giudici�rivendicano�un�ruolo�forte�di�mediatori�e�garanti�di� ultima�istanza�dei�valori�in�gioco,�ed�operano�cos|�quali�moltiplicatori�del�contenzioso,�le�ammini- strazioni�tendono�a�rinunciare�alle�proprie�prerogative�e�contribuiscono�a�loro�volta�alla�infla- zione�delle�regole�e�dei�vincoli�esistenti,�ingenerando�cos|�ulteriore�incertezza�e�contenzioso�,� G.D. Comporti,�Amministrazioni e giudici sull'onda dell'elettrosmog,in�Foro Amm.,�2001,�IX,� 2455.�Cfr.�anche�A. Contaldo,�Ancora in tema di elettrosmog da antenne per la telefonia mobile (nota�a�T.A.R.�Toscana,�sez.�I,�15�gennaio�2001),�in�Dir. Informazione e informatica,�2001,�249.� (47)�T.A.R.�Campania�Napoli,�Sez.�II,�19�giugno�2001,�n.�2821,�in�Foro Amm.,�2001.� (48)�Cass.�civ.,�Sez.�un.,�9�novembre�2001,�n.�13927,�in�Mass. Giur. It.,2001.� (49)�Cons.�Stato�Sez.�IV,�4�novembre�2002,�n.�6004;�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002,� n.�2199.� DOTTRINA�963 l'inammissibilita�di�una�logica�sostitutiva�che�consenta�al�giudice�di�sostituire� la�sua�opinione�all'opinione,�non�condivisa,�ma�non�risultante�erronea,�della� P.A.��(50).� In�base�a�tali�considerazioni,�la�consulenza�tecnica�d'ufficio�potrebbe� determinare�che�i�quesiti�proposti�non�mirano�ad�accertare�l'erronea�applica- zione�dei�criteri�tecnici�ma,�piuttosto,�a�fondare�in�via�di�fatto�i�presupposti� su�cui�poi�arbitrariamente�proporre�una�logica�di�valutazione�sostitutivadi� quella�adottata�dall'Amministrazione.� La�problematica,�peraltro,�era�gia�stata�affrontata�da�tempo,�all'indo- mani�della�sentenza�della�Corte�costituzionale�del�23�aprile�1987,�n.�352,�che� aveva�dichiarato�costituzionalmente�illegittimi,�con�riferimento�agli�artt.�3�e� (50)�Cons.StatoSez.IV,4novembre2002,n.�6004;ConsStato,Sez.VI,23aprile2002,n.�2199.� Cons.Stato,Sez.VI,5dicembre2002,n.�6652,in�ForoAmm.C.D.S.,�2002,�3242.��Il�potere�di�annul- lamento�del�nullaosta�paesaggistico�attribuito�al�Ministero�per�i�beni�culturali�dall'art.�82�d.P.R.� n.�616�non�comporta�un�riesame�complessivo�delle�valutazioni�tecnico-discrezionali�compiute�dalla� Regione,�tale�da�consentire�la�sovrapposizione�o�sostituzione�di�una�propria�valutazione�di�merito�a� quella�compiuta�in�sede�di�rilascio�del�titolo�autorizzativo,�ma�si�estrinseca�in�un�controllo�di�mera� legittimita�che�peraltro�puo�riguardare�tutti�i�possibili�vizi�dell'eccesso�di�potere.�Cons.�Stato,�Sez.� VI,�1.�ottobre�2002,�n.�5156,�in�Dirittoe Giustizia,�2002,�f.�36,�49:�le�deliberazioni�dell'Autorita�per�la� concorrenza�e�il�mercato�attengono�avalutazioni�complesse�che�rinviano�a�scienze�inesatte�ed�opina- bili,�di�carattere�prevalentemente�economico,�con�cui�si�perviene�alla�definizione�di�concetti�giuridici� indeterminati�(mercatorilevante,�dominanza,�intesarestrittiva�dellaconcorrenza,�ecc.).Tali�delibera- zioni�possono�essere�sindacate�solo�per�vizi�di�legittimita�,�e�non�di�merito�attraverso�il�cd.�``sindacato� di�tipo�debole'',�che�non�consente�un�potere�sostitutivo�del�giudice�.�I�provvedimenti�dell'autorita� garante�della�concorrenza�e�del�mercato�sono�sindacabili�in�giudizio�per�vizi�di�legittimita�e�non�di� merito�(si�precisa,�altres|�,�che�il�sindacato�del�giudice�amministrativo�sull'attivita�discrezionale�di� natura�tecnica�esercitata�dall'autorita�antitrust e�un�sindacato�di�tipo�debole,�che�non�consente�un� potere�sostitutivo�del�giudice�tale�da�sovrapporre�la�propria�valutazione�tecnica�opinabile,�il�proprio� modello�logico�di�attuazione�del��concetto�indeterminato�,�all'operato�dell'autorita�;�pertanto,�nell'e- sercizio�di�un�tale�sindacato�e�inammissibile�far��ripercorrere��al�consulente�tecnico�d'ufficio�le�com- plesse�valutazioni�rimesse�in�prima�battuta�all'amministrazione�e�sottoposte�poi,�con�gli�anzidetti� limiti,�al�sindacato�giurisdizionale,�poiche�a�questo�spetta�solo�il�compito�di�verificare�la�legittimita� dell'impostazione�generale�seguita�dall'autorita�nello�svolgere�una�determinata�indagine�e�nient'al- tro,�e�cio�con�la�sola�eccezione�del�sindacato�sulle�sanzioni�pecuniarie�irrogate�dall'autorita�,�poiche� in�quel�caso�e�consentito�invece�al�giudice�amministrativo�un�controllo�piu�penetrante,�che�si�spinge� fino�alla�sostituzione�della�sanzione�irrogata�dall'autorita�).��Purche�si�rimanga�nell'ambito�dei�vizi� di�legittimita�,�il�sindacato�giurisdizionale�sui�provvedimenti�dell'Autorita�garante�della�concorrenza� e�del�mercato�non�incontra�limiti,�potendo�essere�esercitato,�oltre�che�in�relazione�ai�vizi�di�incompe- tenza�e�violazione�di�legge,�anche�inrelazione�a�quello�di�eccesso�di�potere�in�tutte�le�sue�forme.�Allor- che�,�peraltro,�viene�dedotto,�avverso�provvedimenti�dell'Autorita�,�il�vizio�di�eccesso�di�potere,�il�giu- dice,�nell'ambito�del�suo�sindacato,�circoscritto�alla�sola�legittimita�dell'atto,�e�non�esteso�al�merito� delle�scelte�amministrative,�puo�solo�verificare�se�il�provvedimento�impugnato�appaia�logico,�con- gruo,�ragionevole,�correttamentemotivato�eistruito,�manonpuo�anche�sostituire�proprievalutazioni� di�merito�a�quelle�effettuate�dall'Autorita�e�a�queste�riservate�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�23�aprile�2002,� n.�2199,�in�Giur. It.,�2002,�1957.��E�inammissibile�la�censura�dedotta�avverso�la�valutazione�che�la� Commissione�giudicatrice�ha�fatto�dei�titoli�presentati�dal�candidato,�trattandosi�di�valutazione�di� merito�sulla�quale�il�giudice�della�legittimita�puo�esercitare�il�proprio�sindacato�solo�in�presenza�di� vizi�(che�il�ricorrente�ha�l'onere�d'individuare�e�documentare)�di�palese�travisamento�dei�fatti�ovvero� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 24�cost.,�gli�art.�44,�co.�1�r.d.�1924�n.�1054,�26�r.d.�642�del�1907,�7�comma�1,� legge�1034�del�1971,�in�merito�ai�limiti�dei�mezzi�istruttori�del�giudice�ammi- nistrativo�nelle�controversie�di�pubblico�impiego.� Si�erano,�infatti,�mostrate�perplessita�e�timori�circa�il�rispetto�della� discrezionalita�amministrativa.� �E�,�pero�,�insito�nel�nuovo�sistema�il�pericolo�di�ridurre�a�meri�giudizi�tec- nici,�verificabiliintutti�i�loro�aspetti�dal�giudicecon�l'ausilio�diconsulenti,anche� le�valutazioni�che�il�legislatore�ha�inteso�riservare�ad�organi�amministrativi.�E� questo�il�vero�limite�del�sindacato�di�legittimita�,�che�postula�un'attenta�discrimi- nazione�fra�fattispecie�apparentemente�assai�simili�e�una�responsabile�autolimi- tazione�del�giudice.�A�titolo�di�esempio,�sembra�da�escludere�una�integrale�revi- sione,�sotto�il�profilo�tecnico,�di�giudizi�pronunciati�da�commissioni�di�esami�o� di�concorso�o�da�organi�chiamati�a�provvedere�in�ordine�a�promozioni.�Puo� soccorrere�il�criterio,�desumibile�dalla�stessa�sentenza�della�parita�di�tratta- mento�fra�lavoro�subordinato�privato�e�pubblico�impiego:�occorre�evitare,�nel- l'interpretazione�e�nell'applicazione�delle�norme,�che�l'amministrazione�subisca� un�integrale�riesame�delle�sue�valutazioni�in�casi�nei�quali�il�datore�di�lavoro�pri- vato�compie�scelte�del�tutto�insindacabili��(51).� di�illogicita�manifesta.T.A.R.�Puglia�Bari,�Sez.�I,�1�ottobre�2002,�n.�4176,�in�ForoAmm.T.A.R.,�2002,� f.�10.��Risultato�immune�dai�vizi�prospettati�il�giudizio�negativo�formulato�dalla�commissione�nei� confronti�del�candidato�ricorrente,�sono�inammissibili�le�doglianze�dallo�stesso�mosse�in�merito�alle� valutazioni�concernenti�i�candidati�risultati�vincitori,�atteso�che�dall'eventuale�accoglimento�delle� stesse�non�deriverebbe,�comunque,�nessun�beneficio,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�14�febbraio�2002,�n.�849,� in�ForoAmm.C.D.S.,�2002,�466.�Rientra�nei�compiti�del�giudice�di�merito�il�giudizio�circa�la�idoneita� degli�elementi�presuntivi�a�consentire�illazioni�che�ne�discendano�secondo�il�criterio�dell'idquodple- rumque accidit,�essendo�il�relativo�apprezzamento�sottratto�al�controllo�in�sede�di�legittimita�se�sor- retto�da�motivazione�immune�da�vizi�logici�o�giuridici�ed�in�particolare�ispirato�al�principio�secondo� il�quale�i�requisiti�della�gravita�,�della�precisione�e�della�concordanza,�richiesti�dalla�legge,�devono� essere�ricavati�in�relazione�al�complesso�degli�indizi,�soggetti�ad�una�valutazione�globale,�e�non�con� riferimento�singolare�a�ciascuno�di�questi,�pur�senza�omettere�un�apprezzamento�cos|�frazionato,�al� fine�divagliare�preventivamente�larilevanza�dei�vari�indizi�e�di�individuare�quelli�ritenuti�significativi� e�percio�da�ricomprendere�nel�suddetto�contesto�articolato�e�globale,�Cass.�civ.,�Sez.�III,�4�novembre� 2002,�n.�15399,�in�DirittoeGiustizia,�2002,�f.�42,�50.�Nell'ambito�dei�poteri�di�governo�dei�vincoli�pae- saggistici�il�merito,�che�non�puo�essere�oggetto�di�sostituzione,�e�un�giudizio�estetico�di�natura�tec- nico-discrezionale,�demandato�alle�regioni�ed�agli�altri�enti�sub-regionali.�Cio�,�tuttavia,�non�com- porta�alcuna�insindacabilita�delle�valutazioni�operate�dalle�autorita�locali,�essendo�l'annullamento� pervizi�di�legittimita�comprensivo�di�tutti�i�profili�dell'eccesso�di�potere;�nonv'e�dubbio,�poi,�sulla�cir- costanza�della�riconduzione�all'area�della�legittimita�del�vizio�d'omessa�acquisizione�di�parere�obbli- gatorio�e�vincolante�o�dell'insufficienza�della�motivazione,�Cons.�Stato,�Sez.�VI,�6�settembre�2002,� n.�4561,�in�ForoAmm. C.D.S.,�2002,�f.�9.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'Ammini- strazione�concernenti�la�destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per� cio�sono�sottratte�al�sindacato�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di� fatto�o�vizi�di�illogicita�e�contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�ForoAmm. C.D.S.,�2002,�f.�7.�In�sede�di�pianificazione�urbanistica,�le�scelte�dell'amministrazione�concernenti�la� destinazione�di�singole�zone�costituiscono�apprezzamento�di�merito�e�per�cio�sono�sottratte�al�sinda- cato�di�legittimita�,�salvo�che�la�nuova�destinazione�sia�inficiata�da�errori�di�fatto�o�vizi�di�illogicita�e� contraddittorieta�,�Cons.�Stato,�Sez.�IV,�9�luglio�2002,�n.�3817,�in�Foro Amm. C.D.S.,�2002,�f.�7-8.� (51)�G. Vacirca,�Prime�riflessioni�sul�nuovo�regime�delle�prove�nelle�controversie�in�materia� di�pubblico�impiego,�in�Foro amm.,�1987,�1346.� DOTTRINA�965 Peraltro,�si�sono�registrati�tentativi�in�passato�di�estendere�la�giurisdizione� di�merito�alla�tutela�cautelare,�con�cio�ipotizzando�una�ulteriore�indebita�inge- renza�nell'attivita�amministrativa�da�parte�del�giudice�amministrativo�(52).� Si�constata,�tuttora,�un�settore�in�cui�le�operazioni�di�discrezionalita� tecnica�rilevano�nel�merito�e�l'insindacabilita�non�sembra�suggerita�da�prero- gative�riservate�alla�P.A.,�quanto�dalla�carenza�del�minimo�di�obiettivita�,� normalmente�richiesto�per�l'esplicarsi�della�funzione�terziaria�del�giudice,� della�materia�sulla�quale�egli�debba�pronunciarsi�(53).� 9.�^Pronuncia�del�giudice�amministrativo�(e�ordinario)�e�invasione�del�merito.� Di�recente,�si�assiste�al�tentativo�di�indebita�sostituzione�all'attivita� amministrativa�del�giudice�ordinario:�tale�ingerenza�e�ancor�piu�grave�a� causa�della�natura�del�giudice�ordinario,�ben�diversa�da�quella�del�giudice� amministrativo.� Infatti,�la�sentenza�n.�500�del�1999�della�Cassazione�ha�suscitato�non� poche�perplessita�,�in�quanto�ipotizza�la�sostituzione�del�giudice�ordinario� all'attivita�della�P.A.,�in�caso�di�valutazione�del�probabile�esito�del�corretto� esercizio�del�potere�discrezionale,�al�fine�di�esprimere�un�giudizio�sullaspet- tanza�del�bene�della�vita�per�lesione�da�parte�di�un�provvedimento�illegittimo� lesivo�di�un�interesse�legittimo�pretensivo.� Si�e��prima�accennato�all'evoluzione�del�sistema�del�giudizio�di�legittimita� che,�sotto�la�spintadiesigenzedigiustizia�sostanziale,�si�e�trasformato�inungiu- diziocompletoestesoalfatto,siapureconincertezzeelimitazioni�(54).� La�conseguenza�e��che�cio�ha�posto�in�termini�ancora�piu�nebulosi�la� differenziazione�con�il�merito:�l'ultimo�baluardo�rimasto�a�frenare�il�sinda- cato�del�giudice�amministrativo�e��il�divieto�di�valutare�l'opportunita�dell'atto.� Peraltro,�se�si�esaminano�tutte�la�varie�ipotesi�di�giurisdizione�estese�al� merito,�si�riscontra�che�solo�in�pochi�casi�sono�configurabili,�in�tali�materie,� accanto�ad�apprezzamenti�tecnici�e�accertamenti�di�fatto,�anche�valutazioni� di�mera�opportunita�(55).� Ne�consegue�che,�se�accogliamo�la�tesi�che�non�ascrive�la�discrezionalita� tecnica�al�merito�e�che�la�considera�svincolata�anche�dai�supposti�ristretti�ambiti� dell'eccesso�di�potere,�ma�riconducibile�al�vizio�di�violazione�di�legge�(56),� rimane�ben�poca�cosa�il�segmento�valutativo�espresso�dalla�amministrazione� che�il�giudicenon�possa�sindacare.� (52)�V. A. Romano,�Tutela�cautelare�nelprocesso�amministrativo�e�giurisdizione�di�merito,in� Foro�It.,�1985,�2500.� (53)�G. Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�...,�1589;�P.G. Ponticelli,�Merito� amministrativo�(e�giurisdizione�di�merito),�voce�in�Enc.�giur.,3.� (54)�G. Vacirca,�Riflessioni...,�op.�cit.,�1611�e�1627.� (55)�G. Vacirca,�Riflessioni...,�op.�cit.,�1611.� (56)�G. Vacirca,�op.�cit.,�1590:��L'errore�commesso�dall'amministrazione�nella�valutazione� tecnica�di�un�presupposto�legalmente�necessario�dell'atto�dovrebbe,�dunque,�essere�ricondotto�al� vizio�di�violazione�di�legge.�Invero,�tutte�le�volte�in�cui�la�norma�giuridica�recepisca�norme�tecni- che�o�ad�esse�rinvii,�l'inosservanza�dei�criteri�tecnici�assunti�nella�norma�o�da�essa�richiamati�si� risolve�in�una�deviazione�dal�modello�normativo�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�problema�si�sposta�sul�piano�probatorio,�laddove�il�giudice�ammini- strativo,�ma�anche�quello�ordinario,�ha�la�possibilita�di�verificare�la�corret- tezza�delle�valutazioni�tecnico-scientifiche�espresse�dalla�P.A.� Tant'e�che�in�dottrina�si�e�formata�la�tesi�che�ascrive�la�dicrezionalita�tec- nica�al�merito�amministrativo�e�che�il�sindacato�relativo�al�suo�corretto�esercizio� restiammissibile,�alparidiquantoaccadeperladiscrezionalita�amministrativa,� esclusivamente�attraverso�il�vizio�dell'eccesso�di�potere,�ossia�solo�nei�casi�di� macroscopica�o�manifesta�illogicita�,�o�di�travisamento�palese�dei�fatti�in�cui� emerga�in�modo�eclatante�l'errore�commesso�in�sede�valutativa.� Quest'ultimo,�peraltro,�e�da�ritenersi�circoscritto�a�poche�figure�sintoma- tiche,�in�quanto�la�stragrande�maggioranza�presuppone�l'esistenza�di�un� momento�di�scelta.� Seguendo�tale�tesi,�infatti,�si�perviene�alla�conclusione�della�sostanziale� insidacabilita�di�tutti�gli�atti�adottati�nell'esercizio�della�discrezionalita�tec- nica.� Alla�conclusione�contraria�perviene�invece�l'altra�tesi,�come�gia�accen- nato.� Se�si�pensa,�poi,�a�quella�giurisprudenza�che�ritiene�che�il�riesame�degli�ela- borati�di�un�concorso�non�implica�la�riformulazione�di�una�scelta�di�merito,ma� solo�un�accertamento�di�fatto�o�che�assimila�la�discrezionalita�all'accertamento� tecnico,�pervenendo�alla�conseguenza�di�un�mancato�affievolimento�del�diritto� soggettivo�e�alla�competenza�del�giudice�ordinario�a�giudicare�(57),�e�agevole� notare�come�l'invasione�del�giudice�nel�merito�e�nell'attivita�dell'amministra- zione�sia�da�considerarsi�sempre�piu�pregante�ed�incisiva.� Con�dei�riflessi,�tuttavia,�non�incoraggianti�sulla�garanzia�e�l'equilibrio� tra�i�poteri�dello�Stato�e�sugli�stessi�principi�costituzionali.� 10. ^Il vizio di merito alla luce delle innovazioni legislative: una nuova (e antica) interpretazione. Secondoalcuniorientamentidottrinari,egiurisprudenziali,laleggen.241� del�1990�avrebbe�circoscritto�i�confini�del�merito�amministrativo,�in�quanto,� tipizzando�i�doveri�amministrativi�di�economicita�ed�efficacia,�li�avrebbe�trasfe- riti�dall'ambito�delle�regole�metagiuridiche�e,�dunque,�del�merito,�a�quello�delle� norme�espresse�di�legge,�la�cui�violazione�comporta�l'illegittimita�dell'atto�(58).� La�previsione�legislativa�dovrebbe�comportare,�pertanto,�una�riduzione� dell'area�di�dicrezionalita�insita�nell'atto�amministrativo.� (57)�V.�la�problematica�inerente�l'iscrizione�all'albo�degli�psicologi�e�le�differenti�posizioni� della�Cassazione�e�di�una�parte�della�giurisprudenza�amministrativa�da�un�lato�e�del�Consiglio�di� Stato�dall'altro�(Cass.,�Sez.�Un.,�25�maggio�1995,�n.�5803,�Cons.�St.,�sez.�IV,�12�dicembre�1996,� n.�1299).�Il�Consiglio�di�Stato�ha�ribadito,�infatti,�che�nella�discrezionalita�tecnica�permane,�pur� a�seguito�dell'accertamento�dei�fatti,�un�momento�di�giudizio�connotato�da�un�margine�di�opinabi- lita�e�di�elasticita�,�di�fronte�al�quale�il�privato�e�titolare�di�una�mera�posizione�di�interesse�legit- timo.� (58)�Corte�conti,�sez.�Controllo�Stato,�sent.�n�21�del�1992.� DOTTRINA�967 Si�ritiene�che�tali�canoni�derivino�dall'esplicitazione�normativa�del� precetto�costituzionale�del�buon�andamento�e�che�ora,�alla�stregua�di�tale� normativa,�ogni�provvedimento�amministrativo�dovrebbe�essere�non�un�rego- lamento�di�interessi�opportuno,�ma�il�piu��opportuno,�in�quanto�coincidente� con�l'opzione�ottimale�(59).� Secondo�i�suddetti�orientamenti�dottrinari�la�legge�n.�241�del�1990� avrebbe��trasformato�i�vizi�di�merito�in�violazione�di�legge...�e�avrebbe�fatto� pure�venir�meno�il�presupposto�fondamentale�della�dicotomia�tra�giurisdi- zione�di�merito�e�giurisdizione�di�mera�legittimita��...se�i�vizi�di�merito�sono� riconducibili�a�vizi�di�legittimita��..non�ha�ragion�d'essere�il�confine�tra�vizi� di�legittimita��e�vizi�di�merito,�viene�a�cadere�la�premessa�indispensabile�della� dicotomia�tra�giurisdizione�di�mera�legittimita��e�giurisdizione�estesa�al�merito� del�giudice�amministrativo��(60).� Si�giunge�ad�affermare,�cos|�,�l'unicita��della�giurisdizione�del�giudice� amministrativo,�con�abrogazione�implicita�ad�opera�dell'art.�1�della�legge� n.�241,�delle�disposizioni�che�prevedono�come�speciale�la�giurisdizione�estesa� al�merito�(61).� Si�trascura,�tuttavia,�di�considerare�che�i�canoni�dell'agire�amministrativo,� ora�espressi�nei�precetti�dell'economicita��e�dell'efficienza,�e�prima�sintetizzati� nel�principio�del�buon�andamento�(peraltro�circoscritto�solo�ed�esclusivamente,� dall'art.�97,�all'organizzazione�degli�uffici�pubblici),�si�presentano�un�po��vaghi� ed�astratti�se�calati�nel�contesto�concreto.� In�realta��,�la�suddetta�ricostruzione�potrebbe�contrastare�con�il�principio� della�separazione�dei�poteri�che,�come�abbiamo�visto,�e�da�ritenersi�principio� costituzionale.� Estendere�il�sindacato�anche�al�merito�significherebbe�avallare,�infatti,� una�illegittima�sostituzione�del�giudice�all'attivita��amministrativa,�e�legitti- mare�una�ingerenza�del�potere�giudiziario�in�quello�esecutivo,�con�la�conse- guenza�di�creare�una�figura�ibrida,�quale�e�quella�del�giudice-amministratore,� assente�nel�nostro�ordinamento.� E�vero�che�tramite�una�eccessiva�dilatazione�dell'eccesso�di�potere�certa� giurisprudenza,�si�e�spinta�oltre�il�tracciato�garantista�della�distinzione�tra�i� due�poteri,�ma�questo�non�giustifica�una�ulteriore�intromissione�del�giudice� nell'amministrazione,�stavolta�attraverso�il�vizio�della�violazione�di�legge.� E�ormai�riconosciuto,�infatti,�che��...le�maglie�della�normativa�consen- tono�al�giudice�amministrativo�di�tradurre�i�vizi�di�merito�in�vizi�di�legittimita�� e...talegiudicesoventesie�avvalsoditalepossibilita��(62).� A�ben�vedere,�i�concetti�di�efficienza�ed�economicita��,�contengono�impor- tanti�enunciazioni�di�principio�che,�in�realta��,�poco�aggiungono�al�precetto� costituzionale�del�buon�andamento.� (59)�B. Cavallo,�op. cit.,�332.� (60)�P.M. Vipiana,�op. cit.,�376.� (61)�Cos|��P.M. VipianA Perpetua,�op. cit. (62)�P.M. Vipiana,�op. cit.,�359.� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO I principi di efficienza ed economicita� sono concetti valvola o clausole generali, rinvenibili anche in altri rami dell'oridinamento, che inevitabilmente contengono una funzione descrittiva della fattispecie e che possono anche indicare un fine da perseguire, ma solo in senso lato. Infatti, tali norme necessitano diversi mezzi di completamento: non e� un caso che di volta in volta sono state definite imprecise, elastiche, flessibili, completabili, non rigide ecc. (63). Peraltro, buon parte della dottrina circoscrive la suddetta norma costitu- zionale nell'ambito di una regola sull'organizzazione, cos|� come, peraltro, si evince da una interpretazione meramente letterale della norma (64). Non sempre e� , infatti, possibile superare le difficolta� di obiettiva indivi- duazione di tali indeterminati concetti: spesso si interpretano tali norme come attributive di un potere discrezionale all'amministrazione (65). Dal modo di essere, da tutti auspicabile, della P.A., non e� cos|� automa- tico trarre come conseguenza sicura un'analoga regola del suo operare (66). Inoltre, tali concetti dovrebbero essere utilizzati anche a contrario, ossia, non solo per valutare negativamente l'atto, ma anche per valutarlo positiva- mente: come dire, se un atto appare viziato per contrasto con una norma, potrebbe, invece, essere considerato valido per aver osservato i principidi efficienza ed economicita� . Peraltro, potrebbe apparire eccessivo riassumere il concetto di merito solo ed esclusivamente all'efficienza ed economicita� , che indicano la capacita� di raggiungere un dato risultato, ma che potrebbero avere l'effetto di circo- scriverlo o di limitarlo, ma non di esaurirlo o di renderlo esaustivo. I canoni dell'opportunita� , infatti, esprimono e sintentizzano anche altri valori che l'amministrazione deve osservare, come regole tecniche o precetti non giuridici individuabili, di volta in volta, in base al caso concreto, oppure norme di equita� o di convenienza che non necessariamente vengono ricom- prese nei termini di efficienza o economicita� e che, spesso, vengono usati in accezioni ampie e poco definite nei dettagli. (63) G. Vacirca, op. cit., 1588: �Tali mezzi sono variamente classificabili, anche in relazione al criterio adottato. In particolare, alcune operazioni, come l'intepretazione delle norme e l'inte- grazione della disciplina mediante il procedimento analogico, possono essere considerate mera- mente intellettive da chi si ponga nella prospettiva dello stesso ordinamento e accetti il postulato della sua completezza, mentre sono di frequente ritenute creative (specie se effettuate da organi giurisdizionali) da chi esamini realisticamente l'ordinamento nella sua effettivita� �. (64) G. Vacirca, op. cit.,1601. R. Marrama, Organizzazione amministrativa (a cura di F.G. Scoca), in Diritto amministrativo, a cura di L. Mazzarolli, G. Pericu, A. Romano, F.A. Roversi Monaco, F.G. Scoca, I, Bologna, 1993, 380 ss., dove si affronta il problema del buon andamento come criterio metagiuridico o come parametro di efficienza organizzatoria. (65) G. Vacirca, op. cit., 1595. (66) Cos|� G. Vacirca, op. cit.,1601. DOTTRINA�969 Potrebbe�apparire�utile�ai�fini�della�chiarezza�espositiva�ma�un�po��gene- rico�identificare�i�vizi�di�merito�con�l'inopportunita��,�laddove��l'inopportunita�� riassume�ogni�possibile�stato�invalidante�il�merito,�non�esistendo�altri�vizi�di� merito��(67).� Ci�sono�profili�che�rimangono�opinabili�per�l'elasticita��della�disciplina�o� per�la�soggettivita��dei�criteri�applicati�(68).� Ma�anche�accogliendo�il�concetto�di�opportunita��come�esaustivo�del� merito,�non�sembrano�invece�esaurirlo�i�concetti�di�efficienza�ed�economicita��.� Se,�infatti,�intendiamo�l'opportunita��,�secondo�l'accezione�linguistica�che� piu��combacia�con�quella�giuridica,�come�appropriatezza,�convenienza,� adattabilita��ad�una�determinata�circostanza,�rinveniamo�una�serie�infinita�di� gradazioni,�che�vanno�dalla�necessita��attenuata�alla�notevole�convenienza.� Tutta�una�gamma,�insomma,�di�ambiti�piu��o�meno�essenziali,�di�parziali� possibilita��,�circoscrivibili�all'interno�dei�limiti�ideali�del�concretarsi�del- l'azione�amministrativa.� L'efficienza�e�l'economicita��ben�possono�rientrare�nell'opportunita��,ma� non�e�detto�che�l'esauriscano,�considerato�che�altri�fattori�sono�stati�indivi- duati�all'interno�dell'opportunita��stessa�dalla�dottrina�e�dalla�giurisprudenza,� come�l'affidamento,�la�proporzianalita��,�l'efficacia�intesa�come�principio�di� praticita��dell'azione�amministrativa.,�ecc.� E�non�potrebbe�essere�diversamente,�in�quanto,�in�caso�contrario,�ver- rebbe�meno�la�ratio�sottesa�alla�discrezionalita��attribuita�all'amministrazione� ed�alla�consapevolezza�che�il�buon�amministrare�non�possa�essere�vincolato� rigidamente�a�delle�norme�di�legge�che,�per�loro�definizione,�regolano�casi� astratti�e�generali�e�non�possono�adattarsi�al�singolo�dato�concreto.� Ne�,�tuttavia,�puo��pervenirsi�all'eccesso�opposto,�che�vede�l'amministra- zione�imbrigliata�da�una�legislazione�di�principi�che,�come�tale,�per�la�sua� vaghezza,�determina�incertezza�e�offre�il�pretesto�per�un�eccessivo�quanto,� talora,�pretestuoso�ricorso�al�giudice�(69).� Inoltre,�se�fosse�stata�questa�la�vera�intenzione�del�legislatore,�non�si� spiegherebbe�la�necessita��di�prevedere�norme�adhoc�per�riconoscere�l'eccezio- nale�estensione�al�merito�della�giurisdizione�amministrativa,�o�di�precisare� che�nei�ricorsi�amministrativi�e�possibile�eccepire�vizi�di�merito,�come�ad� esempio�accade�nel�recente�codice�di�beni�culturali.� Si�registrano�vari�tentativi,�sia�ad�opera�della�giurisprudenza�sia�della� dottrina,�volti�a�tradurre�i�vizi�di�merito�in�vizi�di�legittimita��e�a�rendere� sindacabili�i�vizi�di�merito�da�parte�del�giudice�amministrativo.� Si�determina,�cos|�,�l'ambiguita��di�delegittimare�il�principio�della�separa- zione�dei�poteri,�o�di�creare�confusione�tra�potere�esecutivo�e�giurisdizionale,� con�la�conseguenza�di�incoraggiare�una�inammissibile�invasione�di�campo� (67)�B. Cavallo,�op.cit.,�332.� (68)�Cos|��A. Pubusa,�voce�Merito�e�discrezionalita�amministrativa,in�Dig.�Disc.�pubbl.,416.� (69)��..A�gravi�inconvenienti�puo��dar�luogo�anche�una�legislazione�per�principi,�che�determini� incertezza�e�riversi�sugli�organi�giurisdizionali�una�mole�eccessiva�di�lavoro,�con�conseguente�ral- lentamento�dell'attivita��amministrativa�,�G. Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,�1602.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� del�potere�giudiziario�in�quello�esecutivo�e�legislativo,�determinando�uno� strapotere�dei�giudici�a�discapito�dell'equilibrio�che�invece�deve�essere�garan- tito�tra�tutti�e�tre�i�poteri�dello�Stato.� La�fissita�della�legge�e�stata�rimpiazzata�da�una�elasticita�che�consente� di�determinare�le�regole�a�seconda�delle�esigenze�del�contesto,�l'esercizio�del� potere�discrezionale�si�traduce�nella�ricerca�delle�possibili�convergenze�fra� gli�interessi:�tale�ricerca�puo�solo�essere�orientata�dai�principi�e�dalla�disci- plina�legislativa�e�dai�criteri�da�essa�desumibili.� Si�puo�dire,�forse,�che�muta�rispetto�al�passato�la�sindacabilita�dell'atto,� nel�senso�che�non�e�piu�intesa�come�semplice�confronto�formale�di�esso�con� la�fattispecie�normativa,�ma�si�estende�all'obiettivita�delle�valutazioni�degli� interessi�(70),�ma�questo�consegue�all'evoluzione�della�giurisprudenza�come� sindacato�sul�fatto.� Si�puo�concedere�anche�che�l'area�della�insindacabilita�della�discreziona- lita�si�ritrae,�che�i�principi�assumono�funzione�di�orientamento,�che�da�essi� si�desumono�i�valori�e�i�criteri�che�guidano�la�funzione�discrezionale�(71),� ma�appare,�forse,�un�po�eccessivo�ritenere�che�ormai�il�sindacato�del�giudice� in�sede�di�legittimita�si�estenda�anche�al�merito.� I�suddetti�principi�dovrebbero,�infatti,�essere�considerate�clausole�elasti- che,�aperte,�adattabili�al�caso�concreto,�onde�enucleare�la�cosiddetta�regola� di�compatibilita�degli�interessi�in�conflitto.� Peraltro,�a�ben�vedere,�sindacare�la�ragionevolezza�e�razionalita�delle� scelte�compiute�non�significa�sindacare�nel�merito,�ma�valutare�che�la�scelta� discrezionale�non�sia�in�maniera�macroscopica�incongruente�ed�illogica,� senza�nulla�aggiungere�rispetto�all'analisi�che�da�sempre�il�giudice�ammini- strativo�di�legittimita�ha�svolto,�o�avrebbe�dovuto�svolgere,�senza�trascendere� nel�merito.� �Permane�pur�sempre�un�ambito�rappresentato�da�una�serie�di�decisioni� non�disciplinate�da�regole�obiettive,�il�quale,�obbedisce�a�canoni�di�ragione- volezza.�Le�regole�non�coprono�quindi�l'intera�fattispecie�del�potere�discre- zionale��(72).� 11. ^La tesi dell'abrogazione tacita delle norme che vietano il sindacato sul merito da parte del giudice. La�tesi�estrema�che�considera�ormai�estesa�al�sindacato�generalizzato�del� giudice�la�valutazione�del�merito�supera�l'ostacolo�costituito�dalla�presenza� di�norme�che�attribuiscono,�in�via�eccezionale,�la�giurisdizione�di�meritoal� giudice�amministrativo,�mediante�il�ricorso�all'abrogazione�tacita�(73).� (70)�A. Pubusa,�op. cit.,418.� (71)�Cos|�A. Pubusa,�op. cit.,418.� (72)�A. Pubusa,�op. cit.,416;�M.S. Giannini,�Diritto amministrativo,�Milano,�1993,�490.� (73)�P.M. VipianA Perpetua,�op. cit.,�375-376:�...�fra�i�corollari�discendenti�dall'art.�1�della� legge�n.�241,�nell'interpretazione�che�si�e�sostenuta�in�queste�pagine,�dovrebbe�annoverarsi�anche� l'affermazione�dell'unicita�della�giurisdizione�del�giudice�amministrativo,�con�abrogazione�impli- cita,�ad�opera�appunto�di�quell'articolo,�delle�disposizioni�che�prevedono�come�speciale�la�giurisdi- DOTTRINA�971 La�violazione�delle�regole�di�opportunita��in�cui�si�sostanzia�il�merito�non� e�per�legge�sindacabile�dal�giudice,�salvi�i�casi�eccezionali�di�giurisdizione�di� merito�e�ferma�restando�l'esperibilita��del�ricorso�gerarchico,�e�ne�e�riprova�il� fatto�che�il�legislatore,�lungi�dal�ravvisare�una��abrogazione�implicita��nelle� norme�della�241�del�1990,�prevede�e�regola�tutt'oggi�i�casi�di�giurisdizione� estesa�al�merito�e�lo�specifica�anche�con�riguardo�ai�ricorsi�amministrativi,� con�cio��confermando�la�ratio e�lo�spirito�della�volonta��legislativa.� Il�legislatore,�infatti,�qualora�intenda�conferire�al�giuidice�poteri�estesi�al� merito�lo�dice�chiaramente,�come�di�recente�e�avvenuto�nel�decreto�legislativo� 22�gennaio�2004,�n.�41�recante�il��Codice�dei�beni�culturali�e�del�paesaggio,ai� sensi�dell'articolo�10�della�legge�6�luglio�2002,�n.�137,�ove�all'art.�16�si�prevede� che�avverso�la�dichiarazione�di�cui�all'art.�13�(dichiarazione�dell'interesse�cultu- rale)e�ammessoricorsoalMinistero,permotividilegittimita��edimerito,entro� trenta�giorni�dalla�notifica�della�dichiarazione�.�L'abrogazione�tacita,�infatti,� sarebbe�originata�dalla��incompatibilita��tra�le�nuove�disposizioni�e�le�precedenti� o�perche�la�nuova�legge�regola�l'intera�materia�regolata�dalla�legge�anteriore�� (art.�15�disp.�prel.).� Orbene,�allo�stato�attuale�non�sembrano�ravvisarsi�incompatibilita��,ne� che�nuove�leggi�regolino�la�materia�relativa�alla�giurisdizione�di�merito.� Inoltre,�la�tecnica�legislativa�introdotta�dalle�riforme�Bassanini�prevede� ora�l'obbligatorieta��,�a�carico�del�legislatore,�o�del�legislatore�delegato�ovvero� in�sede�di�regolamentazione,�di�indicare�specificamente�le�disposizioni�legisla- tive�o�regolamentari�abrogate.� Oltretutto,�l'abrogazione�tacita�porterebbe�ad�un�vuoto�normativo�e�non� rispetterebbe�il�principio�espresso�dall'antico�brocardo�latino�lex posterior generalis non derogat priori speciali (74).� 12. ^Itentatividierosionedelpotereesecutivo dapartedelpoteregiudiziario e legislativo: una interpretazione anticostituzionale del principio di separa- zione dei poteri. Gli�orientamenti�dottrinali�di�cui�si�e�fatto�cenno�potrebbero�offrire�una� lettura�non�conforme�alle�norme�costituzionali.� Non�e�una�novita��che�la�previsione�di�una�giurisdizione�di�merito,�intesa� come�giurisdizione�estesa�al�sindacato�sull'opportunita��dell'atto,�sia�stata�rite- nuta�incompatibile�con�la�posizione�che�la�Costituzione�riserva�al�giudice,� concepito�come�organo�immediato�e�imparziale�dell'ordinamento�gene- rale�(75).� zione�estesa�al�merito.�Quindi�la�giurisdizione�di�merito�non�esisterebbe�piu��:�a�tale�risultato�la�giu- risprudenza�amministrativa�potrebbe�pervenire�in�via�ermeneutica,�grazie�ad�unattenta�e�non� miope�lettura�della�legge�n.�241�.� (74)�S. Pugliatti,�voce�Abrogazione (Teoria generale, in Enc.dir.),�142.� (75)�G. Vacirca,�Riflessioni, ...op. cit.,�1604.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�sindacato�sull'opportunita�dell'atto�potrebbe�determinare�l'ammini- strativizzazione�della�giustizia�e�la�giurisdizionalizzazione�dell'amministra- zione,�con�il�rischio�di�sottrarla�all'indirizzo�politico�amministrativo�che�la� costituzione�stessa�le�conferisce�(76).� In�particolare,�posizione�determinante�assumerebbe�l'art.�95�della�Cost.,� che�attribuisce�solo�ed�esclusivamente�all'amministrazione�il�potere�di�indi- rizzo�politico�e�amministrativo:��Il�Presidente�del�Consiglio�dei�ministri� dirige�la�politica�generale�del�Governo�e�ne�e�responsabile.�Mantiene�l'unita� di�indirizzo�politico�ed�amministrativo,�promuovendo�e�coordinando�l'attivita� dei�ministri�.� Precipitato�logico�di�tale�norma�e�costituito�dalla�legge�24�dicembre� 1925,�recante�norme�sulle�attribuzioni�e�prerogative�del�Capo�del�Governo,� e�dalla�piu�recente�disciplina�dell'attivita�di�governo�e�ordinamento�della�Pre- sidenza�del�Consiglio�(art.�5�legge�1988,�n.�400).� L'art.�95�Cost.,�peraltro,�e�ispirato�ad�una�concezione�dell'amministra- zione�che,�ben�lungi�da�rispecchiare�il�modello�ideale�dello�stato�liberale�puro� di�mera�esecutrice�delle�leggi,�si�caratterizza�come�una�forza��largamente� autonoma�nel�complessivo�sistema�istituzionale��(77)� Ne�consegue�l'impossibilita�,�pena�l'incostituzionalita�,�di�eventuali�inter- venti�legislativi�volti�ad�eliminare�totalmente�gli�spazi�di�discrezionalita�del- l'amministrazione.� Lo�stesso�vale,�naturalmente,�anche�per�le�interpretazioni�estensive�che� al�riguardo�vengono�fornite�dei�dati�normativi,�non�da�ultimo�dell'art.�1�della� legge�n.�241�del�1990.� L'invasione�del��nocciolo�dei�poteri�dell'esecutivo��(78),�dunque,�si� potrebbe�configurare�non�solo�da�parte�del�giudice,�ma�anche�del�legislatore:� eliminare�legislativamente�gli�spazi�di�discrezionalita�dell'amministrazione� colmandoli�del�tutto�con�una�disciplina�rigidamente�vincolante�significherebe� interferire�illegittimamente�con�quel�nucleo�incomprimibile�dei�poteri�del- l'esecutivo�(79),�che�si�sintetizza�nei�poteri�di�indirizzo,�e�porsi�in�contrasto� con�l'art.�95�della�costituzione�che�tali�poteri�conferisce.� Infatti,�se��con�una�norma�generale�o�con�la�somma�di�piu�disposizioni� particolari�la�legge�togliesse�all'amministrazione�ogni�sfera�di�discrezionalita� (76)�Sul�punto�G. Vacirca,�op. cit.,1605�e�M. Nigro,�La giurisdizione amministrativa di merito,in�Foro it.,�1969,�V,�col.�63.� (77)�G. Vacirca,�1605,�e�la�bibliografia�ivi�citata.� (78)�G. Vacirca,�op. cit...,1606.�F.G. Scoca, A. Romano,�Teoria dell'organizzazione ammi- nistrativa,in�Diritto amministrativo,�a�cura�di�L.�Mazzarolli,�G.�Pericu,�A.�Romano,�F.A.�Roversi� Monaco,�F.G.�Scoca,�I,�Bologna,�1993,�411-412:�il�bilanciamento�tra�i�poteri�dello�Stato�determina� inevitabilmente�la�consapevolezza�della�importanza�centrale�della�funzione�amministrativa.� (79)�G.Vacirca,�op. cit.,�1606:��...Il�risultato�concreto�di�un�simile�metodo�imposto�all'ammi- nistrazione�puo�anche�risultare�deludente,�quando�le�norme�imposte�all'amministrazione�siano� troppe�ed�eccessivamente�minuziose�(e,�di�conseguenza,�difficilmente�conoscibili),�s|�da�complicare� l'attivita�amministrativa...�.�Ritiene,�invece,�che�non�sia�ravvisabile�un��nucleo�insopprimibile�sog- getto�alla�variabili�dell'indirizzo�politico�e�della�direttiva�politico-amministrativa�,�in�quanto�la� discrezionalita�politica�si�colloca�al�di�fuori�del�provvedimento,�B. Cavallo,�op. cit.,333.� DOTTRINA�973 oppure�devolvesse,�in�modo�generale,�ad�una�autorita�giurisdizionale�il�com- pleto�riesame�di�tutte�le�scelte�possibili,�il�potere�di�indirizzo�amministrativo� non�avrebbe�piu�alcuno�spazio�per�essere�esercitato��(80).� Cio�vale�anche�nei�confronti�della�possibile�invasione�del�potere�giudi- ziario�nel�potere�legislativo:�e�significativo�che�lo�stesso�giudizio�di�Cassa- zione�abbia�avuto,�in�origine,�piu�la�funzione�di�difendere�il�legislatore�dagli� arbitri�del�giudice�(nomofilachia)�che�non�quella�di�assicurare�una�tutelain� terza�istanza�delle�parti�(81).� Si�e�ritenuto,�anche,�che�configurare�una�amministrazione�automatica�o� automatizzata�il�cui�comportamento�sia�totalmente�prederminato�dal�pro- gramma�legislativo�si�pone�in�contrasto�con�il�principio�del�buon�andamento.� Esigenze,�infatti,�di�buon�governo�spingono�nella�direzione�di�una�devo- luzione�alla�pubbliche�amministrazioni�dei�compiti�(82).� La�remissione�di�potesta�della�legge�all'amministrazione�trova�infatti� valide�giustificazioni�sia�in�esigenze�di�giustizia�del�caso�concreto�(es.�san- zione�del�manufatto�abusivo�o�demolizione),�sia�per�garantire�uniformita�di� trattamento�a�soggetti�diversi�(commissione�di�concorsi),�sia�ancora�per� esprimere�valutazioni�di�giudizio�o�per�adeguare�la�misura�amministrativa� alla�peculiarita�della�fattispecie�(principio�di�proporzionalita�)�(83).� L'ordinamento,�quindi,�pur�ammettendo�deroghe�ed�eccezioni�(come�nel� caso�del�Governo�che�emette�decreti�legge,�ecc),�tutela�e�preserva�il�principio� della�separazione�dei�poteri,�che�non�e�da�intendersi�come�una�sterile�eserci- tazione�teorica,�pur�costituzionalmente�sancita,�ma�come�un�cardine�fonda- mentale�del�sistema�cui�dare�pratica�attuazione�che�trova�la�propria�ratio� del�controllo�reciproco�di�organizzazione�e�nell'esigenza�che�non�vengano� concentrati�troppi�poteri�in�capo�ad�uno�di�essi�(84).� Al�riguardo�sono�sempre�illuminanti�le�parole�di�M.�S.�Giannini:��Vigendo� la�medesima�norma,�cio�che�e�opportuno�con�un�indirizzo�politico�di�un�certo� tipo�puo�divenire�inopportuno�con�un�altro�indirizzo�politico;�cio�che�e�oppor- tuno�al�nord�puo�essere�inopportuno�al�sud;�cio�che�e�opportuno�per�una�collet- tivita�urbana�puo�essere�inopportuno�per�una�collettivita�rurale.�Questo�suo� nucleo�che�e�strettamente�politico,�ed�e�quindi�soggetto�alla�variabili�dell'indi- rizzo�politico�e�della�direttiva�politico-amministrativa��(85).� (80)�G. Vacirca,�op.�cit.,�1606.�G. Corso,�Lattivita�amministrativa,�Torino,�1999,�126.� (81)�Sul�punto�G. Vacirca,�Riflessioni...op.�cit.,1580;�P. Calamandrei, Furno,�voce�Cassaz ione�civile,in�Nss.D.I.,�vol.�II,�Torino,�1061.� (82)�G. Corso,�Lattivita�amministrativa,�Torino,�1999,�126.� (83)�G. Corso,�op.�cit.,�127�ss.� (84)�La�forma�attuale�in�cui�si�sostanzia�il�diritto�amministrativo�deriva�dal�confluire�delle� tre�maggiori�esperienze�politico�giuridiche�europee�dell'epoca�(inglese,�francese,�austriaca)�e�da� vita�ad�una�esperienza�nuova,�fondata�sul�concetto�dell'autorita�dello�Stato�e�che�sintetizza�dal� principio�costituzionale�inglese�la�necessaria�separazione�dei�poteri,�generalmente�attribuita�a� Montesquieu,�ma�di�piu�remota�origine,�v.�M.S. Giannini,�Diritto�amministrativo,�Milano,�1993,� 28-29�e�A.M. Sandulli,�Manuale�di�diritto�amministrativo,�Napoli,�1989,�8.� (85)�M.S. Giannini,�Diritto�amministrativo,�637,�1970.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Le�conclusioni�che�possono�trarsi,�dunque,�da�un'attenta�disamina�dei� principi�costituzionali�inducono�a�ritenere�che�una�giurisdizione�sull'opportu- nita�dell'attivita�amministrativa�non�sia�possibile�nel�vigente�ordinamento� italiano,�ne�il�sistema�di�giustizia�amministrativa�prevede�una�giurisdizione� sull'opportunita�degli�atti�amministrativi,�conformemente�ai�principi�costitu- zionali�(86).� Cio�non�significa�che�il�sistema�non�garantisca�adeguatamente�le�posi- zioni�dei�privati,�anzi:�non�consentire�al�giudice�un�completo�riesame�della� ponderazione�comparativa�degli�interessi�attribuita�all'amministrazione,� garantisce�l'osservanza�dell'art.�107�cost.,�che�qualifica�il�giudice�inamovibile.� L'interferenzaconlesceltepolitichedellaP.A.�comprometterebbel'impar- zialita�del�giudice�e�il�prestigio�della�giustizia,�determinate�dalla�difficolta�di� evitare�l'influenza�delle�convinzioni�personali�del�giudice�sulle�decisioni�fondate� su�ragioni�di�opportunita�(87).� Il�cittadino�non�sarebbe�tutelato�di�fronte�a�poteri�del�giudice�cui�non� corrisponde�alcuna�responsabilita�,ne�ne�trarrebbe�giovamento�il�buon�anda- mento�dell'attivita�amministrativa.� Non�si�comprende,�infatti,�quali�maggiori�garanzie�potrebbero�derivare� da�una�indebita�quanto�atipica�sostituzione�di�una�determinazione�discrezio- nale�della�pubblica�amministrazione,�che�almeno�e�sottoposta�ad�una�verifica� di�coerenza�e�di�razionalita�da�parte�del�giudice�con�un'altra�determinazione� del�giudice�sottratta�ad�ogni�sindacato,�oltrettuto�non�tempestiva�come�la� prima.� Significherebbe�stravolgere�l'assetto�costituzionale�della�separazione�dei� poteri,�conferendo�al�potere�giudiziario�una�prevalenza�su�quello�esecutivo.� Cos|�come�una�lettura�eccessivamente�estensiva�delle�norme�attribui- rebbe�sempre�al�giudice�una�indebita�prevalenza�sul�potere�legislativo,� facendo dire cose che il legislatore non ha mai detto. Peraltro,�come�esattamente�e�stato�osservato,�esistono�nell'ordinamento� vari�strumenti�rimediali�nei�confronti�del�vizio�di�merito�o�di�opportunita� dell'atto�amministrativo,�come�i�ricorsi�amministrativi�o�gli�interventiin� autotutela�dell'amministrazione�mediante�la�revoca�(88),�tali�da�non�far�pas- sare�certo�in�secondo�piano�il�giudizio�sull'opportunita�dell'atto�rispetto�a� quello�di�legittimita�operato�dal�giudice.� Orbene,�a�maggior�ragione,�alla�luce�di�un�sistema�che�si�puo�definire� come�vicino�alla�completezza,�non�si�giustificano�i�tentativi�di�attribuire�al� giudice�un�potere�generalizzato�di�sindacato�sul�merito:�sia�perche�,da�un� lato,�non�mancano�gli�strumenti�di�tutela�per�il�cittadino,�sia�perche�dall'al- tro,�si�solleverebbero�insanabili�contrasti�con�i�precetti�costituzionali�ed�inso- lubili�problemi�di�compatibilita�costituzionale�con�il�principio�della�separa- zione�dei�poteri.� (86)�G. Vacirca,�op. cit.,�1606.� (87)�Cos|�G. Vacirca,�op. cit.,1604;�Nigro,�La giurisdizione ...op. cit.,in�Foro it.,�1969,�V,� col.�63.� (88)�B. Cavallo,�op. cit.,�329.� DOTTRINA�975 13. ^La singolare ed incisiva tutela del privato rispetto a quella degli altri ordinamenti europei: ampiezza del sindacato del giudice amministrativo e cognizione del giudice ordinario dei diritti soggettivi nei confronti della P.A. Quello�che�si�auspica�e�lo�studio�di�un�diritto�amministrativo�piu�attento� al�funzionamento�reale�dell'amministrazione.� E,�nello�stesso�tempo,�uno�studio�che,�realisticamente�e�scevro�da�parti- colarismi�corporativi,�sottolinei�con�accentuazione�maggiore�la�pregnante� tutela�che�il�nostro�ordinamento�appresta�nei�confronti�del�cittadino.� Non�deve�sfuggire�che�l'assimilazione�sostanziale�dei�diritti�dei�soggetti� privati�verso�l'amministrazione�a�quella�dei�diritti�che�essi�hanno�nei�loro� rapporti�reciproci,�determina�che�la�tutela�giurisdizionale�sia�affidataal� medesimo�giudice:�l'uguaglianza�di�tutela�giurisdizionale�completa�l'omoge- neita�sostanziale�(89).� L'ordinamento�italiano�giunge�a�tutelare�sul�piano�sostanziale�interessi� individuali,�come�diritti�soggettivi�pieni,�anche�rispetto�all'amministrazione� come�soggetto�di�diritto�pubblico,�nonche�nei�confronti�dei�suoi�provvedi- menti:�e�questo�gia�a�partire�dalla�meta�dell'ottocento,�quando�ancora�negli� ordinamenti�continentali,�in�particolare�di�Francia�e�Germania�prussiana,� tale�ipotesi�era�inconcepibile.� Com'e�noto,�il�sistema�delle�tutele�e�stato�poi�completato�nel�1889�con�la� istituzione�della�quarta�sezione�del�Consiglio�di�Stato,�che�aggiungeva�al�con- trollo�del�giudice�ordinario�dell'osservanza�delle�norme�sui�confini�esterni� dell'autonomia�dell'amministrazione,�il�sindacato�sui�provvedimenti�ammini- strativi�e�sugli�eventuali�vizi�di�legittimita�.� Ne�consegue�che��tale�nostro�vero�giudice�amministrativo,�sutali�provvedi- menti,�puo�svolgere�un�sindacato�di�una�ampiezza�e�di�una�penetrazione�irrag- giugibili�dai�sistemi,�come�quelli�anglosassoni,�i�quali�...conoscono,�nei�con- fronti�dell'amministrazione,�la�sola�giurisdizione�del�giudice�ordinario.�E�un�sin- dacato�di�ampiezza�altrettanto�comparabile�ai�sistemi�come�quello�francese�o� tedesco...In�tal�modo�il�nostro�ordinamento�ha�raggiunto�il�risultato�positivo,� di�conservare�ai�diritti�individuali�una�rilevanza�concettuale�superiore�a�quella� che�essi�hanno,�nei�sistemi�nei�quali�nei�confronti�dell'amministrazione�e�dei�suoi� provvedimenti�ha�giurisdizione�il�solo�giudice�amministrativo;�e�comparabile�a� quella�che�i�medesimi�hanno,�nei�sistemi�nei�quali�nei�confronti�dell'amministra- zione�e�dei�suoi�provvedimenti�ha�giurisdizione�il�solo�giudice�ordinario�(90).� Occorre�sottolineare�che,�proprio�per�questi�motivi,�e�opportuno�mante- nere�un'approccio�equilibrato�al�fine�di�non�rendere�sbilanciato�a�favore�del� privato�il�rapporto�con�l'amministrazione.� Infatti,�in�materia�risarcitoria,�e�opportuno�evidenziare�che�i�principi� sottesi�al�concetto�di�invalidita�e�annullabilita�degli�atti�giuridici�sono�diversi� (89)�Sul�punto�A. Romano,�Introduzione, in Diritto amministrativo,�a�cura�di�L.�Mazzarollo,� G.�Pericu,�A.�Romano,�F.A.�Roversi�Monaco,�F.G.�Scoca,�I,�Bologna,�1993,�69-70.� (90)�A. Romano,�Introduzione, op. cit.,71.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� ed�autonomi�rispetto�a�quelli�che�regolano�i�fatti�illeciti:��nessuna�sovrappo- sizione�e�possibile�fra�il�concetto�di�illegittimita��,�riferito�all'atto,�e�quello�di� illiceita��,�riferito�alla�condotta�che�e�eventualmente�alla�base�della�formazione� dell'atto��(91).� Ai�fini�della�responsabilita��,�ad�esempio,�non�e�sufficiente�la�pronuncia�di� illegittimita��del�provvedimento,�ma�e�necessario�accertare�la�violazione�di� una�delle�regole�di�imparzialita�,�correttezza�e�buona�amministrazione.� La�generalizzazione�della�tutela�aquiliana,�infatti,�non�puo��trasformare� �il�privilegio�tradizionale�in�privilegio�odioso,�costruendo�una�responsabilita�� dell'Amministrazione�per�comportamenti�(soprattutto�omissivi)�che�non� sarebbero�neppure�configurabili�nei�rapporti�tra�privati,�perche�attinenti�alla� loro�sfera�interna...�L'orientamento�che�limita�la�rilevanza�di�taluni�vizi�di� legittimita��del�provvedimento�trova�riscontro�nella�giurispruenza�comunita- ria,�la�quale,�in�presenza�di�ampi�poteri�discrezionali,�limita�la�responsabilita�� delle�istituzioni�comunitarie�al�caso�di�violazione�manifesta�e�grave�di�una� norma�preordinata�a�garantire�dei�diritti�ai�singoli.�Vero�e�che�l'orientamento� comunitario�non�e�fondato�sui�presupposti�della�colpa,�ma�cio��che�occorre� rilevare�e��che�un'indiscriminata�dilatazione�della�responsabilita��della� pubblica�amministrazione�farebbe�passare�il�sistema�italiano�da�un�eccesso� all'altro�rispetto�ai�parametri�comunitari��(92).� Con�la�legge�sul�Consiglio�di�Stato�del�1889�si�assume�come�punto�di� riferimento�proprio�l'atto�amministrativo�e�si�ammette�la�tutela�anche�degli� interessi,�ossia�delle�posizioni�che�attendono�soddisfazione�da�parte�dell'am- ministrazione.� La�tutela�viene,�cos|�,�accordata�non�nei�confronti�dell'amministrazione�e� dei�suoi�soggetti,�ma�nei�confronti�dei�suoi�atti.� Si�e�riusciti,�cos|�,�nell'intento�di�evitare�la�scelta�di�soluzioni�estreme�cui� il�conflitto�tra�diritto�ed�autorita��poteva�portare,�secondo�la�tradizione�roma- nistica:�soggezione�totale�dell'autorita��al�diritto�e�al�giudice�o�con�la�esclu- sione�completa�da�essi.� Si�e�trovata�una�soluzione�che,�senza�bloccare�la�pubblica�amministra- zione�colpendo�i�soggetti,�mira�a�rimuovere�gli�atti�illegittimi�e�a�correggerla� senza�paralizzarla�(93).� In�tale�maniera��l'autorita��...viene...�a�convivere�con�il�diritto...�e�si�puo�� parlare�di�atti�amministativi�autoritari�e�paritetici,�come�di�fenomeni�ontolo- gicamente�diversi,�pur�facendo�capo�allo�stesso�soggetto��(94).� Lo�scontro�tra�autorita��e�liberta��,�nella�sua�fase�patologica,�si�sostanzia� nelle�controversie�processuali�tra�Amministrazione�e�privato�(95).� (91)�G. Vacirca,�Appuntisulrisarcimento�deldanno�nellagiurisdizioneamministrativa�dilegit- timita�,in�Giust.�Civ.,�2001,�356.� (92)�G. Vacirca,�Appunti�sul�risarcimento...op.�cit.,in�Giust. Civ.,�2001,�358.� (93)�G. Vacirca,�Note�sull'evoluzione�della�giurisprudenza�in�materia�di�silenzio�della�Pubblica� Amministrazione,in�Foro�Amm.,�1989,�440.� (94)�F. Satta,�op.�cit.,5.� (95)�R. e�D. Galli,�Corso�di�diritto�amministrativo,�Padova,�730.� DOTTRINA�977 14.�^Processo�amministrativo�e�civile�a�confronto:�le�nuove�tesi�volte�a�concen- trare�in�un�unico�giudice�(quello�ordinario)�la�tutela�giurisdizionale�nei� confronti�dell'amministrazione.� La�differente�visuale,�tuttavia,�con�cui�i�due�giudici�operano�il�sidacato�nei� confronti�dell'amministrazione,�con�una�maggiore�attenzione�per�l'aspetto�fun- zionale�del�perseguimento�dell'interesse�pubblico�il�giudice�amministrativo�e� con�un�approccio�tendente�a�valorizzare�le�norme�che�proteggono�i�diritti�indivi- duali�il�giudice�ordinario,�dovrebbe�condurre�a�una�attenta�ponderazione�anche� delleistanzedottrinali�(96)volteaconcentrareinununicogiudice(quelloordi- nario)�la�tutela�giurisdizionale�nei�confronti�dell'amministrazione.� Soprattutto�ora�che�la�tendenza�e�quella�di�valorizzare�un�riparto�delle� competenze�per�materia�e�ad�attribuire�particolare�pregnanza�alla�giurisdi- zione�esclusiva�del�giudice�amministrativo�e�che�la�legge�21�luglio�2000,� n.�205,�recante�disposizioni�in�materia�di�giustizia�amministrativa,�rappre- senta,�dopo�la�legge�n.�1034/1971,�istitutiva�dei�T.A.R.,�che�aveva�reso�opera- tivo�l'art.�125.�Cost.,�il�primo�tentativo�di�disciplinare�in�maniera�organica� la�disciplina�del�processo�amministrativo.� Il�comune�denominatore�della�riforma�si�rinviene,�infatti,�nell'esigenzadi� accelerazione�del�processo,�che�si�sostanzia�nella�individuazione�di�istituti�di� semplificazione�processuale�e�in�corsie�acceleratorie�(97).� Il�nuovo�processo�cautelare�contempla,�inoltre,�la�possibilita�di�inter- vento,�anche�immediato,�del�giudice�con�misure�cautelari�provvisorie,�deter- minando�un�ampliamento�di�tipologia�delle�misure�di�urgenza�(98):�relativa- mente�alla�genesi,�l'art.�3�parte�dal�presupposto�della�generale�applicabilita� al�processo�cautelare�amministrativo�del�modello�di�cui�agli�artt.�669,�bis�e� ss.�c.p.c.�e�669�quaterdecies�c.p.c.,�riguardanti�i�processi�cautelari�in�generale.� I�procedimenti�cautelari�sono�regolati,�infatti,�dal�codice�tra�i�procedi- menti�sommari:�la�loro�funzione�e�la�conservazione�o�tutela�di�situazioni� giuridiche,�assicurando�la�cd.�res�adhuc�integra.� Tuttavia,�anche�i�modelli�degli�ordinamenti�stranieri,�spesso�citati�solo� per�valorizzare�gli�aspetti�che�riguardano�gli�interessi�dei�privati,�confer- mano,�invece,�la�stessa�visione�e�la�stessa�esigenza�di�garantire�e�preservare� la�particolarita�dell'azione�amministrativa�finalizzata�al�perseguimento�del- l'interesse�pubblico.� L'arre�t�Blanco�del�Tribunal�des�Conflits�del�1873,�cui�si�e�uniformata�tutta� la�giurisprudenza�successiva,�ha�stabilito�che�la�responsabilita�dell'Ammini- (96)�L. Querzola,�L'atteso�responso�del1a�Consulta:�lascino�ogni�speranza�i�sostenitori�della� tutela�cautelare�amministrativa��ante�causam�?,in�Riv.�dir.�proc.�civ.,�2002,�1444.� (97)�Cfr.�per�un�rapido�excursus�F. PatronI Griffi,�Istituti�di�semplificazione�nel�nuovo�pro- cesso�amministrativo,�in�www.diritto.it� (98)�Una�di�queste�novita�e�rappresentata�dal�decreto�monocratico�inaudita�altera�parte� emesso�dal�Presidente�del�T.A.R.�o�dai�Presidenti�di�Sezione�del�Consiglio�di�Stato,�su�istanza� della�parte�ricorrente.�Sulle�perplessita�circa�la�configurazione�di�una�nuova�fase�cautelare�antici- pata�che�reca�un�arretramento�ingiusto�ed�eccessivo�della�soglia�di�tutelabilita�delle�pretese�del� ricorrente,�cfr.�I�cap.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� strazione�non�ha�una�regola�generale�e�assoluta,�ma�regole�speciali�che� variano�in�base�ai�bisogni�dei�servizi�e�la�necessita��di�conciliare�i�diritti�dello� Stato�con�i�diritti�privati�(99).� Sara��pure�fisiologico�il�travaso�di�istituti�del�processo�comune�nell'am- bito�della�giustizia�amministrativa,�ma�resta�il�dato�inconfutabile�della�diffe- renza�del�processo�amministrativo,�soprattutto�laddove�prevede�una�delle� due�parti�come�pubblica�e,�in�ogni�caso,�si�deve�trattare�di�un��travaso��che� rispetti�i�diritti�della�P.A.�e�non�la�penalizzi.� E�,�invece,�opportuno,�evidenziare�e�valorizzare�la�specialita��del�diritto� amministrativo:�non�come�estraneita��all'ordinamento�come�alcuni�vorrebbero� far�credere,�ma�come�riconducibilita��a�regole�in�parte�diverse�da�quelle�del� diritto�privato,�proprio�in�ragione�della�sua�peculiarita��,�e�questo�anche�se�le� parole�d'ordine�delle�piu��recenti�riforme�legislative�sono�improntate�ai�prin- cipi�di�negoziabilita��,�compartecipazione�del�potere,�effettivita��della�tutela�giu- risdizionale.� Non�e��un�caso�che�l'aggettivo�pubblico,�scoperto�dalla�Francia�e�sintetiz- zato�attraverso�le�esperienze�rivoluzionarie�del�settecento�dalla�giurispru- denza�del�Conseil�d'Etat,�sia�stato�utilizzato�in�tutta�l'Europa�continentale� per�definire�la�contrapposizione�tra�potere�e�diritto.� E�non�e��un�caso�che�alcuni�istituti�del�processo�amministrativo,�come�il� rito�del�silenzio�cos|��come�disciplinato�dalla�legge�205�del�2000,�offrano�ai� processualcivilsti�un�modello�interessante�(100).� �Il�processo�amministrativo,�invece,�aderisce,�per�cos|��dire,�in�una�logica� di�common�law:�la�mancanza�quasi�assoluta�di�regole�minuziose�non�voleva� assicurare�ingiusti�privilegi�alla�P.A.,�ma�solo�evitava�di�ingabbiare�il�giudice� in�modelli�predefiniti,�cos|��consentendo�la�massima�vis�espansiva�ai�suoi� poteri�finalizzati�a�garantire�la�giustizia�nell'Amministrazione�ed�il�riconosci- mento�delle�posizioni�giuridiche�dei�singoli�eventualmente�pretermessi��(101).� (99)�T.C.�8�fe�vr.�1873,�Blanco,�in�M.�Long,�P.�Weil,�G.�Braibant,�P.�Delvolve�,�B.�Gene- vois,�Lesgrandarre�ts�delajurisprudenceadministrative,�ed.�Sirey�1993,�1:��...Que�cette�reponsabi- lite�n'estnige�ne�rale,�niabsolue;�qu'elleasesre�glesspe�cialesquivarientsuivantlesbesoinsduservice� et�la�ne�cessite�de�concilier�les�droits�de�l'E�tat�avec�les�droitsprive�s...�.� (100)�Nella�letteratura�processualcivilistica�(L.�Querzola,�L'atteso�responso�del1a�Consulta:� lascino�ogni�speranza�i�sostenitori�della�tutela�cautelare�amministrativa��ante�causam�?,in�Riv.�dir.� proc.�civ.,�2002,�1444)�ci�si�duole�del�fatto�che�il�confronto�tra�processo�amministrativo�e�civile� sia�destinato�a�protrarsi�nel�tempo,�cfr.�per�uno�sviluppo�della�tematica�M.V.�Lumetti,�Il�decreto� inaudita�altera�parte�e�il�diritto�di�difesa�dellamministrazione,in�www.giustamm.it�ein�Rass.�Avv.� St.,�n.�1/2004�in�corso�di�pubblicazione.�Anche�la�letteratura�giuridica�d'oltralpe�sul�punto�e��ricca� di�studi�sul�punto,�cfr.�F.�Melleray,�L'exorbitance�du�droit�administratifen�question(s),in�AJDA,� n.�37�del�3�novembre�2003,�1963�e�J-B.�Auby,�La�bataille�de�san�Romano,�re�flexions�sur�les�e�volu- tions�re�centes�du�droit�administratif,in�AJDA,�n.�1,�1.�novembre�2001,�925.� (101)�A.�Monaciliuni,�Il�procedimento�monitorio�e�dintorni�nel�processo�amministrativo,in� Giust.�it.,10.� DOTTRINA�979 Non�ci�sono�i�presupposti�affinche�il�processo�amministrativo�venga� legittimamente�annichilito�e�ricompreso�nel�grande�ambito�del�processo� civile,�a�meno�che�non�si�voglia�cambiare�l'attuale�assetto�dell'ordinamento� nonche�di�quello�costituzionale.� E�vero�che�esistono�ordinamenti�giuridici�che�realizzano�una�giurisdi- zione�unica,�concentrando�la�funzione�giurisdizionale�globalmente�intesa�in� un�unico�ordine,�inteso�come�complesso�di�uffici�tra�loro�collegati�e�retto�da� un�sistema�organizzativo�unitario�(102).� Tali�ordinamenti�sottopongono�al�sindacato�di�un�unico�giudice�non� solo�l'attivita�dei�privati,�ma�anche�l'attivita�amministrativa.� La�costituzione�italiana,�invece,�ripartisce�la�funzione�giurisdizionale�in� piu�ordini�tra�loro�distinti:�il�sistema�della�giurisdizione�ordinaria,�civile�e� penale,�(art.�102,�comma�1�in�relazione�agli�artt.�106,�107�e�108�Cost.)�e�il� sistema�delle�giurisdizioni�speciali,�che�si�occupano�di�particolari�controver- sie�tra�le�quali�quelle�amministrative�(art.�102,�comma�2)�(103).� Ne�consegue�che,�come�avviene�in�quasi�tutti�i�Paesi�d'Europa�e�in�America� latina,nelnostro�sistemavigeilprincipiopercuilecausechehannoadoggetto� un�diritto�soggettivo�del�cittadino�spettano�alla�giurisdizione�ordinaria�in�virtu� dell'art.�2�della�legge�20�marzo�1865,�allegato�E,�mentre�ai�T.A.R.�e�Consiglio� di�Stato�spetta�provvedere�alla�tutela�degli�interessi�legittimi.� Pertanto,�anche�l'unificazione�della�giurisdizione,�seppure�limitata�a� quella�tra�processo�civile�e�amministrativo,�si�configurerebbe�non�in�linea� con�i�dettami�della�Costituzione.� 15. ^La privatizzazione del pubblico impiego e l'unificazione del processo del lavoro: conquista ofallimento? Ne�e�riprova�quanto�sta�accadendo�nel�processo�del�lavoro�a�seguito� della�privatizzazione�del�rapporto�di�lavoro�presso�le�amministrazioni.� Com'e�noto,�nel�perseguimento�degli�obiettivi�di�efficienza�e�flessibilita�del- l'amministrazione�il�D.l.g.�n.�29�del�1993�ha�privatizzato�il�rapporto�tra�datore� di�lavoro�pubblico�e�dipendente:�entrambi�sono�divenuti�titolari�di�diritti�e� doveri�inerenti�a�posizioni�contrattuali�di�pari�grado,�in�quanto�tale�rapporto� sarebbedaintendersiinterminipariteticienonpiu�autoritativi�(104).� (102)�E�questo�il�sistema�caratteristico�dei�paesi�anglosassoni�(Inghilterra�e�Stati�Uniti� d'America)�seguito�anche�in�altri�Paesi,�come�Norvegia,�Israele,�Romania�e�Bulgaria.� (103)�Sull'analisi�tra�il�processo�civile�e�penale�V. P. Gianniti,�Processo civile e penale a con- fronto,�Padova,�2003,�2ss.:��La�giurisdizione�e�indubbiamente�un�concetto�unitario�nei�vari�rami� del�diritto�processuale�(civile,�penale�e�amministrativo),�in�quanto�essa�consiste�sostanzialmente� nelle�risoluzione�di�un�conflitto�di�interessi,�compiuta�da�un�terzo�imparziale,�quale�e�appunto�il� giudice;�e�rappresenta�sempre�una�funzione�di�garanzia,�diretta�ad�accertare�una�determinata� situazione�giuridica�in�modo�definitivo�e�obbligatorio.�Ma�se�unitario�e�il�concetto�di�giurisdi- zione,�indubbia�e�la�diversita�di�funzioni�che�distingue�la�giurisdizione�civile�(e�ancora�di�piu�la� giurisdizione�amministrativa)�dalla�giurisdizione�penale�e�che�determina�una�profonda�diversita� di�disciplina�dei�relativi�processi�.� (104)�M. Rossetti,�Pubblico impiego e giurisdizione del giudice ordinario: il regime transitorio,� in�Il lavoro nella giurisprudenza,�2001,�623.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A�distanza�di�qualche�anno�sono�stati�varati�i�dd.lgs.�n.�396/1997,�387/� 1998�e�80/1998,�che�hanno�dato�luogo�alla�c.d.�seconda�privatizzazione.� L'acquisizione�della�fondamentale�risorsa�che�e�,�per�qualsiasi�organizza- zione,�la�forza�lavoro,�viene�ricondotta�nell'ambito�del�diritto�privato�e�del� potere�contrattuale�e�viene�sottratto�alla�regolamentazione�pubblicistica� tramite�atti�amministrativi�(nomina,�atto�costitutivo�del�rapporto,�gestione� del�rapporto,�promozioni,�trasferimenti,�collocamento�in�aspettativa�o�in� posizione�di�comando,�collocamento�a�riposo�per�limiti�di�eta�,�destituzione� disciplinare,�dispensa�per�scarso�rendimento).� Il�comma�1�dell'art.�2�prevede�che�le�amministrazioni�adottino�atti� amministrativi�di�organizzazione�in�base�ai�principi�stabiliti�dalle�leggi,�in� quanto�in�capo�ad�esse�permane�il�potere�organizzativo�fondamentale,�in� virtu�dell'art.�97�cost.�di�regolamentazione�transitoria�da�parte�d.lgs.� 31�marzo�1998,�n.�80,�per�quanto�attiene�al�riparto�di�giurisdizione.� In�particolare,�l'art.�45,�comma�17,�del�d.lgs.�n.�80�del�1998,�disciplina�la� devoluzione�della�materia�di�cui�trattasi�al�giudice�ordinario,�competente�in� forza�dell'avvenuta�privatizzazione�del�pubblico�impiego,�od�a�quella�ammi- nistrativa,�in�sede�di�giurisdizione�esclusiva,�assumendosi�quale�criterio�di� discrimine�il�riferimento�temporale�del�30�giugno�1998.� Le�questioni�relative�al�rapporto�di�pubblico�impiego�riferite�al�periodo� anteriore�a�tale�data�sono�invece�devolute�expressis verbis alla�giurisdizione� esclusiva�del�giudice�amministrativo�(105).� Il�rapporto�di�lavoro�nell'ambito�della�pubblica�amministrazione,�soprat- tutto�a�seguito�della�privatizzazione�operata�con�il�d.lgs.�3�febbraio�1993,� n.�29�e�d.lgs.�31�marzo�1998,�n.�80,�ed�a�meno�che�a�tale�intervenuta�privatiz- zazione�non�si�desideri�sottrarre�ogni�significato,�dovrebbe�delinearsi�come� un�rapporto�a�prestazioni�corrispettive.� (105)�Sin�dalla�prima�fase�di�applicazione�del�d.lgs.�n.�80�del�1998�i�giudici�ordinari�hanno� affermato�il�proprio�difetto�di�giurisdizione�adottando�alternativamente,�ai�fini�dell'individuazione� del�periodo�di�riferimento�al�rapporto�di�pubblico�impiego:�i�criteri�della�data�di�pubblicazione� del�bando�di�concorso�(Pret.�Ancona,�ord.�27�luglio�1998);�del�momento�dell'adozione�dell'atto� lesivo�(Pret.�Roma,�ord.,�22�settembre�1998);�del�periodo�lavorativo�di�cui�si�controverte�(Pret.� Catanzaro,�ord.,�27�agosto�1998);�del�momento�costitutivo�del�diritto�azionato�(Pret.�Cosenza,� ord.,�18�settembre�1998)�ovvero�della�situazione�storico-fattuale�alla�base�della�rivendicazione�giu- diziale�(Trib.�Roma,�ord.,�15�aprile�1999).�Allo�stesso�modo,�la�Suprema�Corte�(Cass.,�sez.�un.,� 26�agosto�1998,�n.�8451)�ha�accolto�il�criterio�della�attinenza�della�controversia�ad�una�fase�del� rapporto�svoltasi�anteriormente�alla�data�del�30�giugno�1998.�In�tempi�ancora�piu�recenti,ilgiu- dice�di�legittimita�si�e�pronunciato�nel�senso�della�attribuzione�al�giudice�ordinario�di�tutte�le�que- stioni�aderenti�i�rapporti�di�lavoro�dei�dipendenti�dello�Stato�attinenti�al�periodo�di�rapporto�suc- cessivo�alla�stessa�data,�restando�al�contrario�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice� amministrativo�le�questioni�anteriori�al�30�giugno�1998�(cos|�Cass.,�30�dicembre�1999,�n.�947;� Cass.,�sez.�un.,�5�febbraio�1999,�n.�35).�Inoltre�l'art.�35,�d.lgs.�n.�80/1998,�con�riferimento�alle� materie�devolute�alla�giurisdizione�esclusiva�del�giudice�amministrativo,�sancisce�che�questi�cono- sce�in�tale�sede�per�quanto�transitoriamente�ancora�ad�esso�attribuito,�del��risarcimento�del�danno� ingiusto�.� DOTTRINA�981 Rimangono�nell'ambito�della�giurisdizione�esclusiva�del�G.A.�il�perso- nale�appartenente�ad�amministrazioni�che�esercitano�poteri�spiccatamente� autoritativi,�come�la�polizia,�la�difesa,�la�magistratura,�il�corpo�diplomatico.� Il�restante�personale�e�ora,�invece,�regolato�dai�contratti�collettivi,�dal� codice�civile,�dalle�leggi�sul�lavoro,�dai�contratti�individuali�di�lavoro:�il�rap- porto�di�lavoro�viene�creato�da�un�contratto�e�gli�atti�di�gestione�del�rapporto� costituiscono�espressione�del�datore�di�lavoro�che,�tuttavia,�mantiene�la�parti- colarita�pregnante�di�essere�una�pubblica�amministrazione.� Sussitono�controversie�circa�la�natura�da�attribuire�agli�atti�gestionali:�in� particolare,�si�discute�se�gli�atti�di�conferimento�e�di�revoca�di�incarichi�attri- butivi�di�nuove�mansioni�o�funzioni,�e�gli�atti�di�mobilita�del�personale,�rien- trino�ancora�nella�giurisdizione�amministrativa,�a�causa�della�natura�giuri- dica�che�li�pone�a�meta�strada�tra�l'organizzazione�degli�uffici�pubblici�e�la� gestione�del�personale�(106). E�bene�precisare�che�il�ricorso�allo�strumento�privatistico�o�allo� strumento�pubblicistico�da�parte�della�P.A.�dipende�anche�dalle�circostanze,� dal�clima�culturale,�dalle�tendenze�prevalenti�nell'ordinamento.� Per�quanto�riguarda�i�riflessi�sul�contenzioso,�si�e�sostenuto�che�sotto�il� profilo�qualitativo�il�giudice�del�lavoro�abbia�fornito�una�cattiva�prova,�tute- lando�l'imparzialita�meno�di�quanto�facesse�il�giudice�amministrativo,�senza� dare�grandi�contributi�alla�soluzione�dei�conflitti�in�vista�del�buon�anda- mento�delle�amministrazioni�(107).� Infatti,�se�gia�da�tempo�si�registrava�la�tendenza�ad�imprimere�alla� materia�del�pubblico�impiego�caratteristiche�sempre�piu�privatistiche,�sia�a� livello�normativo�sia�a�livello�giurisdizionale,�sarebbe�opportuno�non�perdere� ora�di�vista�il�fine�pubblicistico�perseguito�dall'Amministrazione�e�il�principio� del�buon�andamento�della�P.A.�(art.�97�Cost.),�di�efficienza�e�di�economicita� (art.�1�legge�n.�241/1990)�che�essa�e�obbligata�a�preseguire.� Lo�stretto�rapporto�che�lega�o�dovrebbe�legare�la�responsabilita�del�pub- blico�dipendente�con�quella�del�lavoratore�privato�dovrebbe�esaltare�la�confi- gurazione�di�una�responsabilita�contrattuale�per�inadempimento�o�inesatto� adempimento�della�prestazione�dovuta,�con�la�diligenza�richiesta�dalla� natura�della�prestazione�stessa�(108).� Non�solo,�ma�dal�principio�della�parita�di�trattamento�fra�lavoro�subor- dinato�privato�e�pubblico�impiego�e�necessario�evitare�che,��nell'interpreta- (106)�Cons.�Stato,�Commissione�Speciale�del�pubblico�impiego,�5�febbraio�2001,�n.�471,�in� Giust.�Amm.,2001,�6,�619;�L. Zoppoli,�Dieci�anni�di�riforma�del�lavoropubblico�(1993-2003),in�Il� lavoro�nelle�pubbliche�amministrazioni,�n.�5,�2003,�764;�Mezzacapo,�Profiliproblematici�dellafles- sibilita�nel�lavoropubblico:�il�contratto�a�tempo�determinato,in�Illavoro�nellepubbliche�amministra- zioni�2003,�508.� (107)�Sul�punto�G. Corso,�Manuale...op.�cit.,�269-270;�A.Romano,�Un�(eterodosso)�auspicio�di� una�almeno�parziale�controriforma,in�Illavoro�nellepubblicheamministrazioni,�n.�5,�2003,�265;�S. Cassese,�Corriere�della�sera,�agosto�2003,�cit.�da�L. Zoppoli,�Dieci�anni�di�riforma�del�lavoropub- blico�(1993-2003),in�Il�lavoro�nellepubbliche�amministrazioni,�764,�n.�5,�2003.� (108)�Cos|�L. Schiavello,�La�nuova�conformazione�della�responsabilita�amministrativa,� Milano,�2003,�3�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� zione�e�nell'applicazione�delle�norme�l'amministrazione�subisca�un�integrale� riesame�delle�sue�valutazioni�in�casi�nei�quali�il�datore�di�lavoro�privato�com- pie�scelte�del�tutto�insindacabili��(109).� Da�tale�innegabile�natura�discende,�dunque,�la�necessita�di�eliminare� ogni�dubbio�sulla�possibilita�che�il�posto�di�lavoro�presso�una�pubblica� amministrazione�sia�da�considerarsi�come�quello�che�assicura�solo�vantaggi,� a�scapito�della�produttivita�ed�efficienza.� Il�che�significa�che,�trattandosi�di�attivita�professionale,�la�diligenza� comprende�anche�la�perizia�e�che�tutto�il�rapporto�va�informato�alla�buona� fede�(110).� Si�defin|�,�illo�tempore,��discutibile��l'intepretazione�conferita�alla�giurisdi- zione�esclusiva�in�materia�di�pubblico�impiego�come�strumento�di�garanzia�del- l'amministrazione�nei�confronti�dei�diritti�soggettivi�dell'impiegato,�anziche� come�mezzo�per�semplificare�e�rendere�piu�agevole�la�tutela�di�quest'ultimo�nei� confrontidell'amministrazione�(111).� Allo�stato�attuale�sembrerebbe,�invece,�che�i�termini�del�problema�si� siano�ribaltati�e�sarebbe�opportuno�che�il�giudice�del�lavoro�recuperasse�(o� facesse�propri)�i�concetti�di�fine�pubblico�ed�interesse�pubblico,�affiche�egli� non�venga�colto�impreparato�di�fronte�alla�trattazione�di�una�per�lui�nuova� e�delicata�materia�quale�e�quella�del�pubblico�impiego.� E�perche�non�vengano�obliate�e�illegittimamente�pretermesse�le�diffe- renze�strutturali�che,�anche�a�livello�di�garanzie,�contraddistinguono�il�pub- blico�impiego,�in�modo�talora�netto,�dall'impiego�privato.� L'unica�nota�positiva�della�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di� pubblico�impiego�sarebbe�il�fatto�che,�con�il�trasferimento�della�cognizione� al�giudice�ordinario�gli�organi�di�giustizia�amministrativa�sono�stati�ricon- dotti�alla�loro�originaria�funzione�di�giudici�delle�controversie�sull'esercizio� del�potere�delle�pubbliche�amministrazioni,�quale�era�stata�configurata�dal� legislatore�del�1889�con�l'istituzione�della�Quarta�Sezione�del�Consigliodi� Stato�(112).� Gia�negli�anni�sessanta�M.�S.�Giannini,�quale�anticipatore�dei�tempi,� scriveva,�a�proposito�della�elaborazione�dottrinale�della�nozione�di��atto� (109)�G. Vacirca,�Prime�riflessioni�sul�nuovo�regime�delle�prove�nelle�controversie�in�materia�di� pubblico�impiego,in�Foro�amm.,�1987,�1346.� (110)�Cfr.�sul�punto�L. Schiavello,�La�nuova�conformazione,�op.�cit.,3�ss.� (111)�Sulla�discussione�in�merito�cfr.�G. Vacirca,�Riflessioni�sui�concetti�di�legittimita�edi� merito�nelprocesso�amministrativo,in�Studiper�ilcentocinquantenario�del�Consiglio�di�Stato,Roma,� 1981,�1576.� (112)�G. Vacirca,�Relazione�Tar�Toscana,�in�http://www.giustiziaamministrativa.it/� documentazione/studi__contributi/inaugurazione__toscana__04.htm,�6:��Mi�sembra�che�non�siano� pregnanti�le�osservazioni�circa�l'attuale�crisi�dell'azione�di�annullamento�nel�processo�amministra- tivo�di�legittimita�,�in�quanto�la�giurisdizione�esclusiva�costituisce�solo�una�piccola�parte�del�pro- cesso�amministrativo,�e�l'azione�di�annullamento�ne�e�tuttora�al�centro,�nonostante�i�ripetuti�tenta- tivi�di�arricchirla�di�contenuti�e�di�scioglierla�dagli�ambiti�della�funzione�solo�eliminatoria.�Oggi,� a�maggior�ragione�dopo�la�cosiddetta�privatizzazione�del�rapporto�di�pubblico�impiego,�che�ne� ha�trasferito�al�giudice�ordinario�la�cognizione�con�la�conseguenza�di�ricondurre��gli�organi�di� giustizia�amministrativa�alla�loro�originaria�funzione�di�giudici�delle�controversie�sull'esercizio� DOTTRINA�983 amministrativo�inesistente�,�che�esso��come�tipo�di�atto�dell'amministra- zione...�sarebbe�privo�di�imperativita�,�e�quindi�ricadrebbe�interamente�sotto� il�controllo�e�i�poteri,�per�cos|�dire�repressivi,�dal�giudice�ordinario�,�indivi- duando�la�ratio di�tale�scelta�nell'esigenza�di�sottoporre�l'amministrazione�al� controllo,�consideratopiu�repressivo,�delgiudice�ordinario(113).� Mai�previsione�fu�piu�veritiera.� 16. ^Conclusioni. Il�rischio�cui�si�va�incontro�e�costituito�da�una�indebita�ingerenza�del� potere�giudiziario�nella�sfera�dell'esecutivo.� Tale�indebita�ingerenza�puo�derivare�dal�giudice�amministrativo,�dal� giudice�civile�e�dal�giudice�del�lavoro�e�puo�essere�non�poco�incoraggiata� dalla�dottrina.� Le�conseguenze�che�possono�determinarsi�si�concretizzerebbero�in�una� amministrativizzazione della giustizia o,�il�che�e�lo�stesso,�nella�creazione�di� una�figura�ibrida,�non�tollerata�nel�nostro�ordinamento,�che�e�quella�del�giu- dice-amministratore. Forse,�amministrare�e�il�segreto�recondito�e�mai�confessato�di�alcuni� nostri�giudici,�ma�certamente�non�costituisce�una�velleita�giuridicamente� giustificabile.� L'invasione�di�campo�da�parte�del�potere�giudiziario�e�ancor�meno�tolle- rata�di�quella�del�potere�legislativo.�Il�giudice,�infatti,�proprio�come�l'ammini- strazione,�e�sottoposto�alla�legge�e�come�tale�la�deve�rispettare:�il�principio� di�legalita�riguarda,�infatti,�sia�il�potere�esecutivo�sia�il�potere�giudiziario.� Il�punto�essenziale�e�di�non�esaminare�tale�vitalita�giuridica�coagulando� iniziazioni�giuridiche�e�particolarismi,�con�il�rischio�di�valutazioni�unilaterali.� L'universo�giuridico,�anche�se�dominato dall'ombra ingombrante dello Stato,�va�guardato�pluralisticamente,�dall'interno�del�suoi�confini.� Se�il�vecchio�legalismo�e�in�crisi,�non�tutti�i�canali�di�impulso�che�scor- rono�autonomi�e�che�fissano�le�proprie�regole�possono�tranquillizzare�la�linea� storica�che�stiamo�vivendo.� E�questo�perche�l'ordinamento�ha�come�referente�la�societa�ed�essa�si� rispecchia�in�esso,�compresi�tutti�gli�accenni�precedenti.� La�mitizzazione�(e�quindi�la�assolutizzazione)�di�alcune�soluzioni� storico-giuridiche,�non�deve�rinserrarsi�in�un�testo�cartaceo,�inappagato�e� inappagante:�lungi�dal�cogliere�il�nascere�del�diritto�da�segni�sensibili,si� trasforma,�invece,�in�una�monotona�liturgia�precocemente�invecchiata.� del�potere�delle�pubbliche�amministrazioni,�quale�era�stata�configurata�dal�legislatore�del�1889�con� l'istituzione�della�Quarta�Sezione�del�Consiglio�di�Stato:�una�funzione,�che,�indipendentemente� dalla�questione�sulla�natura�giuridica�dell'organo,�era�stata�pensata�come�un�correttivo�destinato� ad�assicurare�giustizia�nell'amministrazione�operando�al�suo�interno�con�uno�strumento�che�sod- disfa�l'interesse�del�privato�colpendo�l'atto�e�non�il�suo�autore,�ossia�con�la�rimozione�dell'atto�ille- gittimo�.� (113)�M.S. Giannini,�Ilprovvedimento amministrativo,in�Enc. del dir., 192.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Accertamento della mancanza dello stato di insolvenza nel giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento di Claudio Paris 1. Premessa: l'oggetto di tutela nella disciplina delfallimento. Lo�stato�di�insolvenza�rappresenta�il�presupposto�oggettivo�del�falli- mento.�Non�puo�,�invero,�aversi�dichiarazione�di�fallimento�senza�passare� per�il�positivo�accertamento�di�tale�stato.� Prima�di�interrogarci�sulla�migliore�definizione�che�si�puo�fornire�di�esso�(e� sulle�modalita�del�relativo�accertamento),�e�bene�porsi�una�domanda�di�carat- tere�pregiudiziale,�rispondendo�correttamente�alla�quale�aumentano�le�probabi- lita�di�approdare,�nella�presente�ricerca,�a�risultati�il�piu�possibile�veritieri.� In�altri�termini,�prima�ancora�di�analizzare�la�bonta�delle�varie�teorie� sullo�stato�di�insolvenza,�bisogna�chiedersi�perche�ad�esso�il�legislatore�(si� potrebbe�dire,�in�una�prospettiva�storica,�ogni�legislatore)�abbia�ritenuto� necessario�far�seguire�automaticamente�la�conseguenza�giuridica�del�falli- mento,�con�tutti�gli�effetti�che�vi�si�ricollegano.�In�una�parola,�accertare� l'oggetto�di�tutela�nella�normativa�sul�fallimento,�individuandone�cos|�la� ratio.� Secondo�alcune�voci�dottrinali,�con�il�fallimento�si�attuerebbe�pur�sem- pre�l'espropriazione�forzata�del�debitore,�con�l'unica�particolarita�del�suo� carattere�universale�e�non�individuale;�una�differenza�peraltro�marginale�che� non�ne�farebbe�smarrire�la�natura�di�rimedio�volto�all'attuazione�della� responsabilita�del�debitore�insolvente.� Oggetto�di�tutela,�secondo�questa�opzione,�sarebbe�dunque�la�soddisfa- zione�delle�ragioni�dei�creditori,�ancorche�la�stessa�debba�avvenire�in�maniera� ordinata�e�razionale,�comportando,�se�del�caso,�sacrifici�per�il�singolo�in�vista� della�miglior�tutela�di�tutti.� A�ben�vedere,�pero�,�non�puo�esser�questa�la�reale�ratio dell'istituto�del� fallimento,�sol�che�si�consideri�come�esso�possa�originare�da�un'istanza�dello� stesso�debitore,�come�pure�da�un'iniziativa�officiosa�del�Tribunale�(art.6� legge�fall.).�E�qualora�cio�avvenga,�non�e�detto�che�gli�appartenenti�al�ceto� creditorio�debbano�necessariamente�riconoscersi�in�queste�iniziative�ed�acco- darsi�alla�vicenda�fallimentare.�E�ben�possibile,�invero,�che�tutti�o�alcuni�di� essi�non�abbiano�interesse�a�far�valere�le�proprie�pretese�nel�fallimento,�rite- nendo�piu�conveniente�aspettare�la�conclusione�della�procedura�per�poi� aggredire�in�maniera�individuale�il�proprio�debitore�(ad�es.�si�puo�essere�in� possesso�di�un�titolo�di�prelazione,�il�cui�valore�nella�procedura�degrada).�Se� cio�e�vero,�si�deve�concludere�che�il�fallimento�non�rappresenta�altro�che� una�occasione per�poter�soddisfare�(concorsualmente)�i�propri�crediti,�ma� non�l'unica�possibilita�di�realizzarli.�Il�che�e�sufficiente�per�escludere�che�ratio dell'istituto�sia�pur�sempre�l'attuazione�concreta�della�responsabilita�del�debi- tore,�come�nell'espropriazione�forzata�individuale.� DOTTRINA�985 In�realta�,�alla�dichiarazione�di�fallimento�soggiace�un�interesse�pubblico:� in�particolare,�il�superiore�interesse�dell'economia�generale,�del�credito�e�del� commercio�(1),�in�vista�del�quale�un�imprenditore�incapace�di�continuare�a� tener�fede�alle�proprie�obbligazioni�deve�esser�rimosso�dal�mercato�per�impe- dirgli�di�nuocere�agli�altri�ed�anche�a�se�stesso.� In�primo�luogo�sono�i�cittadini�tutti,�o�meglio,�gli�appartenenti�alla�col- lettivita�in�seno�alla�quale�opera�l'imprenditore�in�crisi�(vedremo�in�seguito� quanto�in�crisi,�oppure�se�rilevi�il�perche�della�crisi),�che�corrono�il�rischio,� venendo�in�contatto�con�quell'imprenditore,�di�imbattersi�in�operazioni�alta- mente�rischiose;�perche�magari�se�dovessero�concedergli�credito�potrebbero� ricevere�in�futuro�un�pagamento�non�proprio�regolare�(anche�su�questo�si� ritornera�);�ovvero�e�possibile�che�soltanto�alcuni�di�essi�vedranno�soddisfatti� i�propri�crediti,�e�con�la�remunerativita�pattuita,�mentre�altri�sono�destinati� a�vedere�del�tutto�frustrate�analoghe�aspettative.� In�secondo�luogo,�alla�dichiarazione�di�fallimento�puo�avere�interesse�lo� stesso�debitore,�il�quale�non�riesce�piu�ad�adempiere�alle�proprie�obbligazioni� se�non�con�mezzi�rovinosi�oppure�illeciti�(con�il�rischio,�in�quest'ultimo�caso,� di�incappare�in�qualche�reato,�con�conseguenze�di�gran�lunga�peggiori);� ovvero,�si�e�gia�abbandonato�ad�uno�stato�di�generale�inadempimento,�ma� vuole�comunque�evitare�espropriazioni�di�carattere�particolare�con�il�rischio� di�vendite�ancora�una�volta�rovinose,�oppure,�ancora,�spera�di�conservare� l'integrita�del�suo�patrimonio�in�vista�di�un�possibile�concordato�e�cos|�via.� In�definitiva�non�soltanto�i�singoli�creditori�ma�l'intero�consorzio�in�cui� quell'imprenditore�ha�operato�ha�interesse�a�che�costui�perda�quel�ruolo�che� non�riesce�piu�a�rivestire�con�affidabilita�.�Ragion�per�cui�il�rimedio�non�puo� essere�di�natura�individuale,�ma�deve�cercare�di�risolvere�alla�radice�questa� fonte�di�rischio�(2).� Orbene,�queste�premesse�permettono�poi�di�spiegare�agevolmente�alcuni� caratteri�sostanziali�e�processuali�della�vicenda�fallimentare.� Sul�versante�sostanziale,�se�tale�fonte�di�pericolo�effettivamente�ricorre,� allora�va�rimossa�con�decisione,�senza�esitazione,�ed�in�una�logica�generale,� ordinamentale�(non�individuale,�se�davvero�si�vuole�eliminarla�una�volta�per� tutte);�e�si�deve�procedere�risoluti�ancorche�gli�effetti�di�tale�rimozione� potranno�mortificare�le�aspettative�di�alcune�categorie�di�soggetti�portatori� dell'interesse�opposto�(i�quali�peraltro�non�vengono�lasciati�privi�di�ogni� tutela,�poiche�possono�opporsi,�come�vedremo,�alla�dichiarazione�di�falli- mento);�di�qui�l'efficacia�erga�omnes�di�tale�dichiarazione�(il�rimedio�ordina- mentale�di�cui�si�discorre).� (1)�D'Avack, La�natura�giuridica�delfallimento,�Padova,�1940,�211;�Carnelutti, Natura�del� processo�difallimento,in�Riv.�dir.�proc.�civ.,�1937,�I,�214.� (2)�Della�bonta�di�queste�affermazioni�costituisce�conferma�la�Relazione�ministeriale�che�ha� accompagnato�l'entrata�in�vigore�della�legge�267,�dove�puo�leggersi��che�la�legge�fallimentare�del� 1942�intende�assicurare�una�piu�energica�tutela�degli�interessi�generali�rispetto�a�quelli�individuali� dei�creditori�e�del�debitore�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Le�stesse�premesse�si�apprezzano,�poi,�anche�sul�versante�processuale,� allorche��prim'ancora�di�rimuovere�quel�fattore�di�rischio�bisogna�evidente- mente�accertarne�la�ricorrenza.� Si�assiste�pertanto�ad�una�procedura�(tanto�quella�prefallimentare� quanto�quella�successiva�alla�dichiarazione�di�fallimento,�come�si�vedra�)� che�non�e�volta�a�dirimere�una�controversia�fra�due�privati�che�si�conten- dono�una�res litigiosa,�non�e�volta�ad�attribuire�un�torto�e�ad�affermare� una�ragione;�bens|�,�esclusivamente,�ad�accertare�la�presenza�di�quel�pericolo� ed�a�rimuoverlo�per�ripristinare�la�certezza�dei�traffici�e�dei�rapporti�giuri- dici.� Alla�stessa�stregua�di�una�sentenza�di�interdizione,�che�viene�pronun- ciata�nei�confronti�di�chi�non�sia�capace�di�provvedere�ai�propri�interessi,la� dichiarazione�di�fallimento�presuppone�l'incapacita�dell'imprenditore�di�svol- gere�adeguatamente�la�funzione�che�il�sistema�gli�affida�(3).� Ancora,�il�fallimento�viene�promosso�da�molteplici�legittimati,�compresi� lo�stesso�fallendo�ed�il�pubblico�ministero,�e�puo�essere�dichiarato�d'ufficio,� alla�stessa�stregua�della�sentenza�di�interdizione.�In�entrambi�i�casi�la�sen- tenza�spiega�effetto�dal�momento�della�pubblicazione,�ne�e�prevista�la� revoca,�competente�a�pronunciarla�e�il�tribunale�del�luogo�dove�l'interessato� ha�la�residenza.�Tutto�il�procedimento,�nell'uno�e�nell'altro�caso,�e�basato�sul- l'esigenza�di�impedire�ad�un�soggetto�di�continuare�ad�operare,�perche��inca- pace�di�provvedere�a�se�stesso�senza�ingenerare�pericoli�per�se��e�per�gli�altri;� onde�la�creazione�giuridica�di�altro�soggetto,�questa�volta�pubblico,�al�quale� viene�attribuito�il�potere�di�disposizione�che�il�primo�non�e�piu�in�grado�di� esercitare�(4).� Orbene,�il�fatto�che�la�procedura�fallimentare�non�sia�volta�a�dirimere� una�controversia�(cos|�come�avviene�nel�processo�giurisdizionale�conten- zioso),�ma�tenda�unicamente�a�costituire�un�nuovo�stato�giuridico�(status di�fallito),�legittima�la�conclusione�circa�la�sua�appartenenza�alla�giurisdi- zione�volontaria,�avvalorata�dalla�considerazione�che�si�svolge�sempre�nelle� forme�dei�procedimenti�in�camera�di�consiglio�(5).�Il�che�non�puo�non�riflet- tersi,�come�si�dira�,�anche�sulla�natura�giuridica�del�giudizio�di�opposizione� alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�introdotto�a�norma�dell'art.�18�legge� fall..� (3)�Bongiorno, La dichiarazione difallimento,in�RagusA MaggiorE ^Costa,�Le proce- dure concorsuali. Ilfallimento,�Torino,�1997,�267�ss..�Del�resto,�anche�nella�relazione�ministeriale� gia�citata�si�invoca�quale�termine�di�paragone�per�la�normativa�in�parola�proprio�la�dichiarazione� di�interdizione:��prima�del�fallimento,�e�cioe�della�sentenza�che�lo�dichiara,�non�c'e�uno�stato�di� fallimento,�ma�un�fatto�o�uno�stato�economico,�quale�l'insolvenza;�cos|�come�prima�dell'interdi- zione�non�c'e�uno�stato�di�interdizione,�ma�un�fatto�naturale�quale�l'infermita�di�mente�.� (4)�Tutti�questi�rilievi�in�Bongiorno,�cit.,�268.� (5)�Picardi,�La dichiarazione difallimento dalprocedimento alprocesso,�Milano,�1974,�192�e� ss.;�Denti,�Il giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento,in�RDPr,�1951,�996;� Bongiorno,�cit,271.� DOTTRINA�987 2.�Ilprecedente�normativo�dello�stato�di�insolvenza:�la�cessazione�deipagamenti� di�cui�all'art.�683�dell'abrogato�codice�di�commercio.� Come�detto,�lo�stato�di�insolvenza�rappresenta�il�presupposto�oggettivo� della�dichiarazione�di�fallimento.� Storicamente,�pero�,�non�c'e�mai�stata�uniformita�di�vedute,�soprattutto� in�dottrina,�circa�la�sua�definizione;�e�neppure�risulta�agevole�una�pur�som- maria�classificazione�del�pensiero�dei�vari�autori�che�su�di�esso�hanno�scritto,� pena�le�approssimative�e�ricorrenti�schematizzazioni�che�ne�hanno�distorto� la�reale�portata(6).� Gia�sotto�il�vigore�dell'abrogato�codice�di�commercio,�l'interpretazione� dell'art.�683,�secondo�cui��ilcommerciantechecessadifare�isuoipagamenti� per�le�obbligazioni�commerciali�e�in�stato�difallimento�,�era�tutt'altro�che�paci- fica.� Risulta�evidente,�nell'economia�della�disposizione�appena�citata,�la�cen- tralita�del�concetto�di�cessazione�dei�pagamenti.�Su�di�esso,�dunque,�si�e�con- centrata�da�subito�l'attenzione�di�tutta�la�dottrina�fallimentaristica�italiana.� Secondo�alcuni�(7),�l'art.�683�avrebbe�fatto�riferimento�ad�un�comporta- mento�dell'imprenditore,�ad�sua�una�condotta�(da�cui�il�nome�di�teorie�perso- nalistiche),�consistente�nell'inadempimento�delle�proprie�obbligazioni�com- merciali;�senza�che�sia�dato�distinguere�fra�impossibilita�di�tenervi�fede� ovvero�inadempimento�volontario�di�esse�(c.d.�cessazione�materiale�dei�paga- menti).� Altra�dottrina(8),�viceversa,�valorizzando�in�uno�all'art.�683�altri�refe- renti�normativi�dell'abrogato�cd.�comm.,�ritenne�di�poter�interpretare�la�con- dizione�in�parola�come�una�situazione�di�impossibilita�di�rispettare�le�proprie� obbligazioni.�La�cessazione�sarebbe�consistita,�dunque,�non�tanto�nel�non� adempiere,�quanto,�piuttosto,�nel�nonpoter�adempiere.� Ed�invero,�a�termini�del�successivo�art.�705,��ilsolo�rifiuto�di�alcunipaga- menti,�per�eccezioni�che�il�debitore�in�buona�fede�possa�ritenere�fondate,�non�e� provadella�cessazionedeipagamenti,�edilfattomaterialedella�continuazione� dei�pagamenti,�con�mezzi�rovinosamente�o�fraudolentemente�procurati,�non� impedisce�la�dichiarazione�che�il�commerciantefosse�realmente�in�istato�difalli- mento�.� (6)�V.�in�particolare�Terranova,�Lo�stato�di�insolvenza,in�RagusA MaggiorE ^Costa,�Le� procedure�concorsuali.�Ilfallimento,�cit.,�243�ss.,�dove�si�esaminano�piu�da�vicino�alcuni�snodi�cri- tici�del�pensiero�del�Bonelli�(considerato�da�sempre�il�padre�di�tutte�le�teorie�cd.�patrimonialisti- che),�al�punto�da�mettere�in�discussione�la�legittimita�di�un�tale�assunto,�per�il�riaffiorare�in�tali� snodi�di�valutazioni�che�in�buona�sostanza�riconducono�al�comportamento�del�debitore,�piu�che� allo�stato�del�suo�patrimonio.�Identico�sforzo�critico�e�apprezzabile�in�Chiozzi-Cenzoni,�Ilpre- supposto�oggettivo�delfallimento.�Lo�stato�di�insolvenza,in�Il�Fallimento�e�le�altre�procedure�concor- suali,�a�cura�di�Cendon,�diretto�da�Panzani,�Torino,�2000,�83�ss..� (7)�Bolaffio,in�BolaffiO ^Mase� Dari,�Delfallimento,�dell'esercizio�delle�azioni�commer- ciali�e�della�loro�durata,�I,�Torino,�1982,�169�ss.� (8)�Bonelli,�Del�Fallimento,in�Commentario�c.�comm.,�Milano,�3�ss.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Da�un'interpretazione�sistematica�di�tali�norme,�dunque,�non�poteva�che� inferirsi�il�rigetto�delle�ipotesi�ricostruttive�che�facevano�coincidere�la�cessa- zione�dei�pagamenti�con�il�mero�inadempimento�delle�obbligazioni�commer- ciali,�comunque�motivato.�L'accertamento�di�uno�o�piu�inadempimenti,� infatti,�non�necessariamente�avrebbe�dovuto�condurre�alla�dichiarazionedi� fallimento�(senz'altro�preclusa�se�tali�inadempimenti�fossero�giustificati�da� eccezioni�che�il�debitore�in�buona�fede�poteva�ritenere�fondate);�come�pure,� riuscire�ad�adempiere�alle�proprie�obbligazioni�avrebbe�potuto�non�esser�suf- ficiente�a�scongiurare�all'imprenditore�il�fallimento,�se�costui�era�in�grado�di� procurarsi�le�risorse�all'uopo�necessarie�unicamente�con�operazioni�rovinose� o�fraudolente(9).�L'identita�cessazione dei pagamenti/inadempimento mero e continuato delle proprie obbligazioni commerciali,�da�un'analisi�di�tutti�i�refe- renti�normativi�da�prendere�in�considerazione,�veniva�quindi�palesemente� smentita.� La�cessazione�dei�pagamenti,�in�definitiva,�piu�che�unfatto del�debitore,� doveva�ritenersi�uno�stato,�una�sua�condizione,�consistente�appunto�nell'im- possibilita�di�adempiere�alle�proprie�obbligazioni�commerciali,�impossibilita� che�necessariamente�derivava�^si�disse�^dallo�stato�del�suo�patrimonio,�in� quanto�il�passivo�superava�l'attivo�(da�qui�l'appellativo�di�teorie�patrimoniali- stiche)(10).�Una�condizione�o�uno�stato�che,�successivamente,�il�legislatore� avrebbe�fissato�con�una�norma�piu�precisa�rispetto�al�fenomeno�che�voleva� descrivere,�quale�l'art.�5�della�legge�fallimentare�del�`42.� 3. L'art. 5dellaleggen.267/42elanozionedistatodiinsolvenzacomepresup- posto oggettivoperladichiarazionedifallimento.� Effettivamente�la�ricostruzione�da�ultimo�riferita�ebbe�notevole� influenza�allorquando,�abrogato�il�codice�di�commercio,�si�pervenne�ad�una� legge�organica�sul�fallimento�e�sulle�altre�procedure�concorsuali.� (9)�E�per�tale�ipotesi�fu�coniata�l'espressione�di�cessazione�virtuale dei�pagamenti,�a�sottoli- neare�la�irrilevanza�del�fatto�materiale�dell'adempimento�^situazione�virtualmente�identica�a� quella�di�un�obiettivo�inadempimento�^attesi�i�mezzi�patologici�con�cui�lo�si�era�garantito.� (10)�Per�vero,�questa�situazione�di�incapienza�patrimoniale�non�necessariamente�doveva�con- durre�alla�dichiarazione�di�fallimento.�Ed�infatti,�rilevante�a�tal�fine�parve�pure�il�cd.�credito�com- merciale,�ossia�l'apprezzamento�generale�di�cui�l'imprenditore�godeva�presso�i�suoi�interlocutori� commerciali�quanto�a�qualita�personali,�facolta�,�attitudini,�idonee�ad�ingenerare�un�positivo�affi- damento�sulle�attivita�future�del�proprio�patrimonio.�Quasi�una�provvista,�quindi,�apprezzabile� in�termini�di�consolidata�idea�di�ricchezza�di�cui�l'imprenditore�godeva�presso�gli�altri;�meglio,� un'anticipata�capitalizzazione�della�redditivita�dell'impresa.�Ditalche�,�un'insufficienza�dell'attivo� rispetto�al�passivo�poteva�divenire�irrilevante�ai�fini�della�dichiarazione�di�fallimento,�quante� volte�fosse�adeguatamente�compensata�da�un�poderoso�credito�commerciale�tributato�all'indivi- duo�sulla�piazza�commerciale�in�cui�operasse.�Ad�una�concezione�statica dello�stato�in�cui�versa� l'impresa,�se�ne�contrappose�quindi�una�dinamica.�Principale�assertore�di�questo�giudizio�incro- ciato�fu�il�BonellI (Del Fallimento,�cit.,�48�ss.);�successivamente,�il�FerrarA (Ilfallimento,�4.�edi- zione,�a�cura�di�Borgioli,�Milano�1989,�135�ss.).�Per�un�esame�critico,�tanto�della�accezione�socio- logica,�quanto�di�quella�economica del�cd.�credito�commerciale�v.�Terranova,�Lo stato di insol- venza, cit.,�243�ss..� DOTTRINA�989 L'art.�5�della�legge�267/42,�intitolata�Disciplina�delfallimento,�del�concor- dato�preventivo,�dell'amministrazione�controllata�e�della�liquidazionecoatta� amministrativa,�oggi�dispone:� �L'imprenditore�che�si�trovi�in�stato�di�insolvenza,�e�dichiarato�fallito�� (co.�1).� �Lo�stato�di�insolvenza�si�manifesta�con�inadempimenti�o�con�altrifatti� esteriori,�i�quali�dimostrino�che�il�debitore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�rego- larmente�alleproprie�obbligazioni�(co.�2)(11).� Orbene,�a�tutta�prima,�sembra�la�definitiva�affermazione�delle�ricostru- zioni�che�avevano�individuato�il�presupposto�oggettivo�del�fallimento�nell'im- possibilita�di�far�fronte�alle�proprie�obbligazioni.�Soltanto�una�situazione�di� incapacita�dell'imprenditore�di�far�fronte�alle�proprie�obbligazioni�legittime- rebbe�quindi,�a�norma�dell'art.�5,�la�dichiarazione�di�fallimento.�In�breve,�il� non�poter�adempiere,�piuttosto�che�il�non�adempiere.� La�bonta�di�questa�interpretazione�emergerebbe�con�ogni�evidenza�da� quella�locuzione�che�descrive�lo�stato�di�insolvenza�come�la�situazione�di� colui�che��non�e�piu�in�grado�di�adempiere�regolarmente�alle�proprie�obbli- gazioni�.�Torneremo�sull'avverbio��regolarmente�,�come�pure�sulle�vicende� che��dimostrano�,�come�si�esprime�la�norma,�la�perduta�capacita�di�soddi- sfare�le�proprie�obbligazioni.�In�questa�sede,�ed�in�via�di�prima�approssima- zione,�si�puo�pero�senz'altro�affermare�che�non�essere�piu�in�grado�di�adem- piere�alle�proprie�obbligazioni�significa�evidentemente�non�poter�piu�pagare�i� propri�creditori;�se�cio�e�vero,�diviene�irrilevante�all'accertamento�dello�stato� di�insolvenza�(se�non�addirittura�fuorviante)�il�mero�dato�di�uno�o�piu�ina- dempimenti;�che�,�ad�esempio,�gli�stessi�potrebbero�essere�giustificati�da�ecce- zioni�che�il�creditore�in�buona�fede�possa�ritenere�fondate;�per�cui�tale�com- portamento,�come�l'indagine�che�lo�appurasse,�nulla�ha�a�che�vedere�con�l'ac- certamento�rilevante�ai�sensi�dell'art�5.�Tale�verifica�ha�ad�oggetto�uno�stato,� (11)�Non�possono�non�scorgersi�le�profonde�differenze,�sul�piano�della�tecnica�legislativa,� della�nuova�disposizione�rispetto�a�quella�che�ha�sostituito.�Gli�inadempimenti�e�gli�altri�fatti�este- riori�non�sono�l'insolvenza,�e�nemmeno�la�sua�causa,�ma�soltanto�fatti�sintomatici�che�inducono� a�ritenerla�sussistente,�e�dunque�prove�di�natura�indiziaria�di�essa.�Si�tratta�all'evidenza�di�norma� senz'altro�piu�precisa�rispetto�all'art.�683�del�c.�comm..��Il�commerciante�che�cessa�di�fare�i�suoi� pagamenti�per�obbligazioni�commerciali�e�in�stato�di�fallimento�,�recitava�l'abrogato�articolo,� disposizione�che�gia�sul�piano�letterale�si�dimostrava�non�autosufficiente�se�non�proprio�errata,� legittimando�persino�il�dubbio�che�il�fallimento�coincidesse�in�tutto�e�per�tutto�con�la�cessazione� dei�pagamenti.�E�per�restituirle�il�significato�che�dalla�mens�del�legislatore�non�si�era�coerente- mente�trasfuso�nelle�sue�parole,�era�necessaria�la�lettura�combinata�con�il�successivo�art.�686,�che� alla�cessazione�dei�pagamenti�riconnetteva�l'obbligo�di�chiedere�entro�tre�giorni�la�dichiarazione� del�proprio�fallimento;�rassicurando�in�tal�modo�che�la�cessazione�dei�pagamenti,�lungi�dal�coinci- dere�con�lo�stato�di�fallimento,�ne�rappresentava�la�causa,�e�previo�il�passaggio�intermedio�da� una�dichiarazione�giudiziale.�Di�questo�inconveniente�prendeva�atto�anche�la�relazione�ministe- riale,�la�quale�attribuiva�al�nuovo�art.�5�il�pregio�di�eliminare�il�dubbio�che�uno�stato�di�fallimento� potesse�sussistere�prima�e�indipendentemente�dalla�sentenza�che�lo�dichiarava�(v.�Chiozzi- Cenzoni, Ilpresupposto�oggettivo�delfallimento.�Lo�stato�di�insolvenza,�cit.,�84).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� e�deve�rispondere�al�quesito�se�l'imprenditore�e�o�non�e�ancora�in�grado�di� adempiere�alle�proprie�obbligazioni,�ce�la�fa�a�tener�fede�agli�impegni�con�i� propri�creditori�(e�con�mezzi�leciti�e�non�autolesivi�ovviamente)...�ovvero�si� trova�nell'impossibilita�di�attendervi,�quand'anche�lo�voglia,�atteso�lo�stato� di�crisi�in�cui�e�venuto�a�trovarsi.�In�caso�di�risposta�affermativa,�avremo� accertato�lo�stato�di�insolvenza,�condizione�necessaria�e�sufficiente�perche�il� giudice�ne�dichiari�il�fallimento.� In�questo�senso�si�e�appunto�orientata�la�prevalente�dottrina.� Non�sono�tuttavia�mancate�voci�che�hanno�contestato�queste�conclu- sioni,�convinte�che�anche�dopo�l'introduzione�dell'art�5�della�legge�fallimen- tare�fosse�preferibile�il�canone�ermeneutico�della�condotta�del�debitore�piut- tosto�che�quello�delle�sue�condizioni�economiche.� Ed�invero,�la�nuova�legge�parla�di�stato�di�insolvenza,�che�e�cosa�ben� diversa,�secondo�questo�orientamento,�dalla�insolvibilita�(questa�s|�da�inten- dersi�come�situazione�di�impotenza�economica,�laddove�la�prima�espressione� sarebbe�del�tutto�neutra�quanto�alle�cause�che�la�generano).� In�particolare,�molti�Autori(12)�hanno�ritenuto�di�distinguere�tra�insol- venza�materiale,�conseguente�alla�mera�determinazione�del�debitore�di�non� adempiere,�malgrado�la�consapevolezza�dell'obbligo,�e�insolvenza�virtuale,� consistente�nella�situazione�in�cui�viene�a�trovarsi�chi,�pur�volendo�tener�fede� ai�propri�impegni,�vi�risulta�impossibilitato�in�relazione�alla�situazione�del� suo�patrimonio:�solo�nel�primo�caso�si�avrebbe�vera�e�propria�insolvenza� nel�senso�etimologico�del�termine�(che�in�nulla�differirebbe�quindi�dalla��ces- sazione�dei�pagamenti��di�cui�parlava�l'abrogato�codice�di�commercio);�a�tale� fattispecie,�tutt'ora�rilevante�ai�sensi�dell'art.�5�della�267�/42,�questa�disposi- zione�avrebbe�aggiunto�quella�(diversa)�costituita�dalla�insolvibilita�,�indipen- dente�dal�volere�del�debitore�e�implicante,�essa�soltanto,�un�processo�di�valu- tazione�del�patrimonio�di�costui.� La�dichiarazione�di�fallimento,�quindi,�non�avrebbe�come�unico�presup- posto�una�condizione�patrimoniale�(deficitaria)�del�debitore,�perche�potrebbe� derivare,�altres|�,�da�una�serie�di�inadempimenti,�comunque�causati�o�motivati� (salvo�ovviamente�la�possibilita�di�eccepire�in�buona�fede�fatti�che�facciano� ritenere�sine�titulo�le�pretese�creditorie);�inadempimenti�che�devono�indurre� ad�affermare�che�l'imprenditore�e�insolvente�(cioe�non�assolve�alle�proprie� obbligazioni).� A�tali�conclusioni�indurrebbero�non�solo�la�relazione�ministeriale,�che�a� proposito�dello�stato�di�insolvenza�del�debitore�parla�di�un��fatto��ovvero� di�uno��stato��del�debitore;�ma�anche�una�corretta�esegesi�dell'art.�5,�il�quale� indicherebbe,�quali�fatti�rilevanti�all'accertamento�dello�stato�di�insolvenza,� (12)�Provinciali, Stato�di�insolvenza,in�Studi�in�onore�di�A.�Cicu,�Milano,�1951,�II,�127;� Azzolina, Ilfallimento�e�le�altreprocedure�concorsuali,�I,�Torino,�1961,�269�ss.;�Rossi,�Equivoci� sul�concetto�di�insolvenza,�DF.,�1954,�I,�175�ss.,�DI Lauro,�Insolvenza�e�temporanea�difficolta�,�DF,� 1965,�I,�117.� DOTTRINA�991 da�un�lato�gli�inadempimenti,�e,�dall'altro,�quei�fatti�esteriori�che�dimostrino� che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�alle�proprie�obbliga- zioni(13).� La�dottrina�dominante(14),�come�detto,�e�oggi�orientata�in�un�altro� senso�ed�ha�ribattuto�a�ciascuna�di�queste�argomentazioni(15).� Gia�sul�piano�esegetico�si�puo�muovere�un'obiezione�dirimente�perche�la� legge,�in�realta�,�non�dice�che�l'insolvenza�consiste�in�inadempimenti�o�in�altri� fattori�esteriori,�ma�dice�che�essa�si manifesta con�essi,�operando�un�rinvio� da�una�sembianza�esterna�(gli�inadempimenti�e�gli�altri�fatti�esteriori)�ad� una�realta�sottostante�(il�non�esser�piu�in�grado�di�soddisfare�regolarmente� le�proprie�obbligazioni).�Una�cosa�e�lo�stato�di�insolvenza,�quindi,�altra�le� sue�manifestazioni.�E,�fra�esse,�inequivocabilmente�la�norma�inserisce�gli�ina- dempimenti,�che�rilevano�quindi�come�sintomo,�come�indicatori�di�una�realta� differente,�non�come�oggetto�ultimo�dell'indagine.�Per�cui,�sarebbe�un�grave� errore�scambiare�il�sintomo�per�la�malattia(16).� Altra�dottrina,�ha�osservato�che�non�e�tanto�questo�tipo�di�esegesi�ricava- bile�dalla�norma�a�destare�scandalo,�attesa�l'assoluta�neutralita�delle�proposi- zionidicuisicompone(17),perammettere�odescluderechegliinadempimenti� rilevino�di�per�se�ovvero�solo�in�quanto�dimostrino,�come�senz'altro�deve�rite- nersi�per�gli�altri�fatti�esteriori,�che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adem- (13)�Ancora,�vi�sarebbero�numerose�ragioni�di�opportunita�pratica�che�raccomanderebbero�di� valorizzare�il�comportamento�del�debitore�a�scapito�delle�sue�condizioni�patrimoniali.�Queste�sono� quasi�sempre�di�difficile�accertamento,�con�il�pericolo�di�introdurre�nel�relativo�giudizio�ampi�mar- gini�di�discrezionalita�nell'apertura�del�concorso.�Peraltro,�un�giudizio�penetrante�su�di�una�realta� ostica�da�provare�non�potrebbe�che�incidere�anche�sulla�speditezza�dell'accertamento,�con�il� rischio�di�rendere�tardiva�ed�evanescente�la�tutela�dei�creditori.�Sul�piano�storico,�inoltre�si�e�fatto� riferimento�alla�natura�da�sempre�indiziaria di�tale�accertamento,�con�il�quale�si�tendeva�ad� apprezzare�fatti�sintomatici�del�dissesto�(fatti�di�bancarotta,�suicidio�dell'imprenditore,�chiusura� dei�locali�commerciali),�senza�scendere�ad�un�esame�piu�approfondito�delle�reali�condizioni�patri- moniali�che�avevano�determinato�quelle�condotte.�Per�questi�rilievi,�v.�Terranova,�cit., 223.� (14)�Satta,�Diritto Fallimentare,�Padova,�1996,�47;�Ferrara, Il Fallimento,�Milano,�1996,� 140;�Bione,�Della dichiarazione difallimento,in�Commentario Scialoja-Branca alla leggefallimen- tare,�Bologna-Roma,�1974,�185�ss.;�Terranova,�Lo stato di insolvenza,�cit., 225�ss..� (15)�Classico�l'argomento�secondo�cui�per�addivenire�ad�un'interpretazione�siffatta,�sarebbe� necessario�violentare�la�lettera�della�norma,�facendo�arretrare�la�virgola�posta�dopo�le�parole� �altri�fatti�esteriori��per�inserirla�subito�dopo�la�parola��inadempimenti�,�cioe�come�se�la�norma� dicesse��...con�inadempimenti,�o�altri�fatti�esteriori�i�quali�dimostrino�che�l'imprenditore�non�e� piu�in�grado�di�adempiere...�;�solo�con�questo�artificio,�ermeneuticamente�illegittimo,�si�potrebbe� sostenere�che�gli�adempimenti�rilevano�di�per�se�,�mentre�gli�altri�fatti�esteriori�solo�in�quanto� dimostrino�cio�che�richiede�la�norma.� (16)�L'acuta�riflessione�e�di�Terranova, Lo stato di insolvenza,�cit.,�225�ss..� (17)��Per�cio�che�riguarda�la�scomposizione�del�secondo�comma�dell'art.�5�della�legge�fall.,� sotto�il�profilo�sintattico,�il�pronome�che�lega�la�proposizione�relativa�alla�reggente�(�i�quali�)� potrebbe�indifferentemente�riferirsi�(con�la�virgola�cos|�dov'e�)�tanto�ai�fatti�esteriori,�come�indur- rebbe�a�ritenere�l'uso�della�disgiuntiva�(�od�)�fra�questi�e�gli�inadempimenti,�quanto�ai�fatti�este- riori�e�agli�inadempimenti�insieme�.�Cos|�,�Chiozzi-Cenzoni,�Il presupposto oggettivo del falli- mento. Lo stato di insolvenza,�cit.,�86.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� piere;�quanto,�piuttosto,�la�considerazione�che�se�gli�inadempimenti�ingiustifi- cati�costituissero�ancora�oggi�prova�legale�dell'insolvenza,�non�residuerebbe� alcun�margine�per�l'esperibilita�delle�azioni�esecutive�ordinarie,�ancorche�si�pos- siedano�i�necessari�titoli:�invero,�il�successivo�art.�8�obbligherebbe�comunque�il� giudice�dell'esecuzione�a�trasmettere�la�notitia�decoctionis�al�tribunale�fallimen- tarecompetenteperladichiarazionedifallimento.�Cos|�ammettendo,�indefini- tiva,�si�costringerebbe�il�creditore�a�chiedere�il�fallimento�del�proprio�debitore,� privandolo�del�potere�di�agire�individualmente�nei�suoi�confronti.� Segue:�valenza�indiziaria�degli�inadempimenti�e�degli�altri�fatti�esteriori.� Atipicita�diquestiultimi.�Naturaprognosticadelrelativoaccertamento.� La�reale�valenza�degli�accadimenti�(inadempimenti�ed�altri�fatti�este- riori)�attraverso�cui�si�manifesta�lo�stato�di�insolvenza�merita�ancora�qualche� riflessione.�In�particolare,�e�ribadendo�quanto�detto�poc'anzi�circa�la�loro� natura�di�semplici�indici�dell'insolvenza,�se�ne�deve�conseguentemente�affer- mare�l'assoluta�fungibilita�.� In�particolare,�gli�inadempimenti,�se�pur�dotati�sul�piano�statistico�di� una�maggiore�frequenza�sintomatologica,�hanno�solo�un�valore�presuntivo� dello�stato�d'insolvenza,�al�pari�di�una�serie�di�altri�indizi�(altri�fatti�esteriori� come�genericamente�si�esprime�l'art.�5,�ovvero�la�fuga�o�la�latitanza�dell'im- prenditore,�la�chiusura�dei�locali�dell'impresa,�il�trafugamento,�la�sostituzione� o�diminuzione�fraudolenta�dell'attivo�da�parte�dell'imprenditore,�cui�fa�riferi- mento�l'art.�7);�ed�invero,�non�solo�si�puo�escludere�la�dichiarazione�di�falli- mento�pur�in�presenza�di�una�serie�massiccia�di�inadempimenti�(quando� appunto�non�siano�sintomi�di�uno�di�stato�di�incapacita�di�adempiere�da� parte�dell'imprenditore)�(18);�ma�si�puo�anche�ritenere�sussistente�lo�stato�di� insolvenza�prescindendo�da�uno�o�piu�inadempimenti(19).�E�se�gli�inadempi- menti�possono�addirittura�mancare,�afortiori�ne�diviene�irrilevante�la�consi- stenza�numerica.�Ed�invero,�e�del�tutto�pacifico�che�anche�un�solo�inadempi- mento�puo�avere�valore�sintomatico�dell'insolvenza�(20).�In�definitiva,�l'ana- lisi�dovra�essere�qualitativa,�non�quantitativa.�Ossia,�bisognera�valutare�se� l'inadempimento�(o�gli�inadempimenti)�risulti�(o�risultino)�qualificato(i)�da� un�preciso�valore�indiziario�rispetto�all'impossibilita�di�adempiere.�Qualora� tale�stato�non�si�rinvenga,�non�potra�farsi�luogo�a�dichiarazione�di�falli- mento,�quand'anche�gli�inadempimenti�fossero�numerosissimi.� Neppure�risulta�rilevante�la�reale�fondatezza�della�pretesa�del�creditore istante,�potendosi�dichiarare�il�fallimento�anche�in�caso�di�inesistenza�del�cre- dito�dell'unico�ricorrente�(21).� (18)�Trib.�Torino,�20�giugno�1980,�Fa,1981.� (19)�Pajardi,�Della�dichiarazione�difallimento,in�Codice�del�Fallimento,�sub�art.�5,�III�ed.�a� cura�di�Colesanti,�Milano,�1997,�36,�e�dottrina�ivi�citata.�Conf.�App.�Milano,�27�dicembre�1985,� Fa,�1986,�456.� (20)�Cfr.,�explurimis,�Trib.�Roma,�6�dicembre�2000,�in�Il�Fall.,�2001,�833;�Trib.�Roma,�16�gen- naio�1999,�ivi,�1999,�571;�Trib.�Milano�3�dicembre�1993,�Gius.,�1994,�95.�Conforme�anche�la�mag- gioranza�della�dottrina.� (21)�Trib.�Roma,�1.�febbraio�1988,�in�Dir.�Fall.�,�1989,�II,�206.�Nello�stesso�senso�la�recentis- sima�S.U.�11�febbraio�2003,�n.�1997.� DOTTRINA�993 Cio�posto,�analoghe�conclusioni,�con�riferimento�all'altro�indice�cui�la� norma�fa�riferimento,�non�paiono�pero�legittime.�In�altri�termini,�si�puo�pre- scindere�dagli�inadempimenti,�ma�una�qualche�forma�di�esteriorizzazione� del�fenomeno�su�cui�si�indaga�non�deve�mai�difettare.�Vero�e�che�la�legge� attribuisce�all'autorita�giudiziaria�il�potere�di�procedere�d'ufficio�(art.�6).�Ma� e�altrettanto�vero�che�la�norma�non�sembra�autorizzare�indagini�esplorative� prim'ancora�che�siano�emersi�fatti�esteriori�tali�da�generare�quanto�meno�il� sospetto�di�uno�stato�di�insolvenza;�che�,�altrimenti,�si�rischierebbe�di�esten- dere�oltremodo�la�natura�inquisitoria�dell'istruttoria�prefallimentare.�Ed� anche�se�innegabilmente�l'ordinamento�si�sta�evolvendo�verso�forme�sempre� piu�incisive�di�controllo�dell'attivita�economica�delle�imprese�attraverso�la� creazione�di�varie�autorita�di�settore,�per�certi�versi�relegando�in�secondo� piano�le�istanze�di�riservatezza�delle�imprese�medesime,�non�e�tuttavia�l'art.�5� che�puo�giustificare�l'attribuzione�all'autorita�giudiziaria�del�ruolo�di�guar- diano�della�loro�stabilita�(22).� Conclusivamente,�possiamo�affermare:� a)�la�valenza�meramente�indiziaria�degli�accadimenti�cui�fa�riferimento� l'art.�5,�negandone�quindi�la�natura�di�elementi�costitutivi�dello�stato�di�insol- venza�(sebbene�non�manchino�autorevoli�voci�contrarie);�e�cio�vale�anche� con�riferimento�ai�fatti�esteriori�diversi�dagli�inadempimenti.�Quanto�detto� poc'anzi�non�deve�infatti�ingannare.�La�ricorrenza�quanto�meno�di�altri�fatti� esteriori,�come�rilevato,�non�puo�mai�difettare;�ma�si�trattera�pur�sempre�di� indici�rivelatori�di�un�fenomeno�(insolvenza)�che�non�coincide�mai�con�essi,� e�della�cui�presenza�essi�forniscono�unicamente�la�prova,�secondo�lo�schema� di�cui�all'art.�2727�c.c.;� b)�ancora,�che�la�ricostruita�valenza�di�tali�accadimenti�induce�ad�affer- marne�l'assoluta�atipicita�,�quando�non�si�tratti�di�inadempimenti.�Qualsiasi� circostanza�idonea�a�palesare�all'esterno�che�l'imprenditore��non�e�piu�in� grado�di�adempiere�alle�proprie�obbligazioni��diviene�rilevante�per�ammet- tere�lo�stato�di�insolvenza,�e�deve�farlo�ritenere�accertato.�La�casistica�sara� delle�piu�varie:�in�primo�luogo,�come�detto,�potra�trattarsi�delle�ipotesi�elen- cate�nell'art.�7�(fuga,�latitanza,�trafugamento�ecc.).�Potra�trattarsi,�ancora,� del�suicidio�dell'imprenditore,�del�compimento�di�reati�contro�il�patrimonio,� del�ripetuto�trasferimento�della�sede�dell'impresa,�della�cessione�dei�beni�ai� creditori�(art.�1977�c.c.),�dell'istanza�di�fallimento�presentata�dallo�stesso� debitore�e�cos|�via.� In�definitiva,�per�quanto�riguarda�i�fatti�esteriori�che�manifestino�lo� stato�di�insolvenza,�si�puo�senz'altro�ammetterne�un'assoluta�atipicita�.A� bene�vedere�pero�,�anche�con�riferimento�agli�inadempimenti�la�tipicita�che� pure�li�caratterizza�(per�il�semplice�fatto�di�rientrare�nell'ampio�genus�costi- tuito�dal�concetto�di�inadempimento),�inevitabilmente�scolora,�potendo�trat- tarsi�di�fattispecie�estremamente�eterogenee�tra�loro�data�la�genericita�dell'e- (22)�L'efficace�richiamo�e�di�Chiozzi-Cenzoni,�Il�presupposto�oggettivo�del�fallimento.�Lo� stato�di�insolvenza,�cit.,�98.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� spressione.�Di�tali�inadempimenti,�qualsiasi�obbligazione�potra�costituire� oggetto.�Potra�trattarsi�di�obbligazioni�di�dare (denaro�o�anche�cose�diverse� dal�denaro,�se�si�considera�che�al�termine��pagamenti��contenuto�nel- l'art.�683�cod.�comm.�e�stato�sostituito�il�termine��obbligazioni�);�potra�trat- tarsi�di�obbligazioni�di�fare,odi�praestare;�ovvero�ancora,�ed�eccezional- mente,�di�nonfare (23).� Ancora,�irrilevante�risultera�la�natura�civile�o�commerciale�dell'obbliga- zione�inadempiuta�(anche�nella�relazione�ministeriale�di�accompagnamento� alla�legge�fall.�si�pone�in�risalto�l'abbandono�del�riferimento�alle�obbligazioni� commerciali)�(24).�Del�resto,�il�nostro�ordinamento�non�garantisce�autonomia� patrimoniale�all'impresa�individuale�per�cui�la�stessa�non�puo�che�risentire� delle�fortune�o�delle�sfortune�di�carattere�personale�dell'imprenditore�(25).� c) ed�infine,�la�natura�eminentemente�presuntiva�dell'accertamento�dello� stato�di�insolvenza.�Se�il�dato�positivo�non�si�preoccupa�di�fornire�una�defini- zione�di�tale�stato,�ma�indica�unicamente�gli�accadimenti�che�abbiamo�detto� essere�indici�rivelatori�del�fenomeno�(e�non�il�fenomeno�stesso),�a�rigore,�l'ac- certamento�di�esso�non�potra�che�essere�di�natura�squisitamente�presuntiva.� Ovviamente�si�trattera�di�presunzioni�caratterizzate�dai�requisiti�della�gra- vita�,�precisione�e�concordanza,�i�quali�evidenzino�uno�stato�di�insolvenza�di� pubblico�dominio�(26),�come�tale�oggettivamente�conoscibile�da�un�soggetto� di�ordinaria�prudenza�e�avvedutezza�(27).� Per�quanto�riguarda�i�singoli�mezzi�istruttori,�molto�si�e�discusso�circa� l'ammissibilita�di�prove�di�lunga�durata.�Tuttavia,�argomentando�dall'inte- resse�sotteso�alla�procedura�fallimentare�e�dalla�natura�inquisitoria�chene� consegue�in�ordine�a�tutti�gli�accertamenti�che�nella�sua�vigenza�vanno�esple- tati,�molti�hanno�dato�al�quesito�risposta�affermativa�(28).� Quanto�poi�alle�prove�legali�(giuramento�e�confessione),�la�prevalente� dottrina�e�incline�a�negarne�l'ammissibilita�,�sul�rilievo�che�esse�mal�si�spo- sano�con�la�natura�indisponibile�dell'oggetto�dell'accertamento.�A�ben�vedere,� pero�,�sebbene�sia�da�escludere�che�il�giudice�debba�ritenersi�vincolato�alla� confessione�dell'imprenditore,�puo�comunque�valutarne�in�senso�indiziario� tale�comportamento�processuale.�E�non�si�tratta�di�un'eccezione�all'art.�2733,� co.�2,�c.c.,�quanto�piuttosto�di�una�sua�puntuale�applicazione,�visto�che�la� stessa�norma�preclude�alla�confessione�il�valore�di�prova�piena�contro�colui� che�l'ha�resa,�se�ha�riguardato�diritti�indisponibili.� Ma�il�significato�del�termine��presumere��e�ancora�troppo�neutro�per� soddisfare�la�nostra�ricerca.�Perche�si�potrebbe�parimenti�presumere�l'esi- stenza�di�una�situazione�pregressa,�di�uno�stato�attuale,�ovvero�l'attenzione� potrebbe�essere�rivolta�al�futuro.�Ritornando�al�dato�positivo,�bisogna�accer- (23)�Pajardi,�Manuale di dirittofallimentare,�Milano,�2002,�79.� (24)�V.�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,99.� (25)�Cos|�Terranova,�cit.,261;�Pajardi,�op. ult. cit.,78.� (26)�Cass.,�14�aprile�1983,�n.�2607,�in�Mass. Giur. Comm.,�1983,�1291.� (27)�Cass.�6�gennaio�1978,�n.�8234,�in�Fall.,�1988,�196.� (28)�Grasso,�L'istruzioneper la dichiarazione difallimento,�DF,�1972,�I,�172.� DOTTRINA�995 tare�che�l'imprenditore�non�e�piu�in�grado�di�adempiere�regolarmente�alle�pro- prie�obbligazioni.�Ancora�una�volta,�l'unico�rilievo�veramente�decisivo�puo� scorgersi�nella�ratio�sottesa�alla�normativa�in�questione,�la�quale�si�preoccupa� di�rimuovere�dal�mercato�dei�traffici�quelle�imprese�che�possano�nuocere�alla� certezza�e�alla�correttezza�di�quei�traffici:�non�tanto�una�affermazione�di� responsabilita�per�l'avvenuta�gestione�irregolare�della�propria�attivita�e�per�i� danni�che�conseguentemente�ne�sono�derivati�(che��a�cio�basterebbero�le� azioni�individuali),�ma�piuttosto�la�prevenzione�di�ulteriori�danni�a�quella� collettivita�che�ha�gia�cominciato�a�subirne.�Al�termine�presumere�deve� quindi�attribuirsi�il�significato�di�prevedere,�e�al�giudizio�di�tipo�presuntivo� dobbiamo�aggiungere�l'ulteriore�requisito�costituito�dall'essere�un�giudizio�di� natura�prognostica,�cioe�rivolto�verso�il�futuro�(29).� Segue:�la�regolarita�degli�adempimenti.� Qualche�precisazione�merita�l'avverbio�regolarmente�contenuto�nella� seconda�parte�dell'art.�5.� La�dottrina�al�riguardo�e�divisa:�alcuni�autori�ritengono�che�i�paga- menti,�per�essere�regolari,�debbano�valutarsi�in�base�ai�canoni�di�cui�agli� artt.�1218�e�ss.�c.c.,�che�regolano�le�conseguenze�dell'inadempimento�(rectius,� dell'adempimento�inesatto)�nelle�obbligazioni�civili.�L'adempimento�regolare� coinciderebbe�con�l'esatto�adempimento�di�cui�alla�norma�civilistica.�In�altri� termini,�adempiere�regolarmente�vorrebbe�dire�prestare�la�res�debita�al�tempo� debito�(30).� Altri�autori�invece�sostengono�che�la�norma�faccia�riferimento�alla�nor- malita�degli�strumenti�solutori,�valutata�alla�stregua�delle�disposizioni�dettate� dalla�stessa�legge�per�l'esercizio�delle�revocatorie�fallimentari.�Sarebbe�rego- lare,�secondo�questa�diversa�opzione,�quell'adempimento�non�suscettibile�di� essere�revocato�in�futuro�a�norma�degli�artt.�67�e�ss.�legge�fall..� Ancora,�altra�dottrina�ha�ritenuto�che�ne��l'una�ne��l'altra�soluzione�pos- sano�soddisfare.�La�norma,�a�bene�vedere,�si�accontenterebbe�di�una�piu� generica�regolarita�dell'attivita�solutoria,�valutata�nel�suo�complesso�e�in�un� arco�temporale�di�medio�periodo�(31).� La�tesi�da�ultimo�riferita�sembra,�a�bene�vedere,�quella�preferibile.� (29)�Cfr.�Cass.�28�marzo�2001,�4455,�secondo�cui�l'insolvenza�deve�intendersi�come�una�situa- zione�(in�prognosi)�irreversibile,�non�come�una�impossibilita�meramente�temporanea�di�regolare� adempimento�delle�obbligazioni�assunte,�situazione�desumibile�dalla�molteplicita�edall'entita� complessiva�delle�obbligazioni�che�non�hanno�ricevuto�adempimento�alle�rispettive�scadenze�con� mezzi�normali�di�pagamento,�quando�non�sia�allegata�alcuna�ragione�idonea�a�dimostrare�la�mera� accidentalita�di�tale�situazione�rispetto�al�fisiologico�andamento�dell'impresa.� (30)�Ferrara,�cit.,�139;�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,96.� (31)��Singoli�ritardi,�singole�anomalie�nell'adempimento,�sarebbero�tollerate,�purche��il�qua- dro�d'insieme�appaia�rassicurante,�e�purche��,�soprattutto,�appaia�imminente�il�ritorno�ad�una�situa- zione�di�tranquillita�;�se�tutto�cio�e�vero,�se�ne�deve�dedurre�che�l'avverbio�regolarmente,�denota� un�sostanziale�rispetto�dei�termini�di�scadenza�delle�obbligazioni,�da�valutare,�tuttavia,�con�riferi- mento�ad�un�arco�temporale�di�medio�periodo:�una�temporanea�impossibilita�di�adempiere� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Ed�invero,�inprimis�non�pare�accettabile�quella�che�fa�coincidere�la�regola- rita�con�la�non�revocabilita�(fallimentare)�degli�atti�solutori,�perche�foriera�di� ingenerareuncircolovizioso�fraaccertamento�dell'insolvenzae�revocatoriafal- limentare.�Quest'ultima�segue�l'accertamento�dell'insolvenza,�lo�presuppone,� nonpuo�esistereprima�di�esso,�percui�l'insolvenzanonpuo�consisterenell'inca- pacita�di�adempiere�se�non�con�atti�che�sarebbero�soggetti�a�quell'azione(32).� Neppure�la�tesi�che�rifugge�nell'esatto�adempimento�delle�obbligazioni� civili�pare�peraltro�coerente�con�le�premesse�pure�sposate�da�alcuni�degli�autori� che�la�sostengono;�una�volta�ritenuto�che�anche�gli�inadempimenti�rappresen- tano�meri�rivelatori�esterni�dello�stato�di�insolvenza,�e�non�elementi�costitutivi� dello�stesso,�per�cui�pur�in�presenza�dei�primi�quest'ultimo�puo�non�ricorrere;� e�una�volta�ammesso�che�anche�massicci�inadempimenti,�ovvero�una�serie� numericamente�consistente�di�essi,�non�necessariamente�conduce�al�fallimento;� orbene,�non�si�puo�al�contempo�sostenere�che�gli�adempimenti�debbano�essere� irreprensibili�in�termini�di�scadenze�e�che�non�si�possa�soprassedere�neppure� su�marginali�inesattezze�della�prestazione.�Ovviamente,�fin�quando�il�dato� quantitativo�non�si�trasformi�in�qualitativo,�denudando�una�situazione�di�ogget- tiva�inidoneita�dell'imprenditore�a�governare�il�carico�delle�proprie�obbliga- zioni.�Il�che,�inevitabilmente,�non�puo�che�apprezzarsi�attraverso�un'analisi� globale�che�abbia�ad�oggetto�un�arco�temporale�di�medio�periodo.� Segue:�insolvenza�e�temporanea�difficolta�di�adempiere.� Volendo�a�questo�punto�ripercorrere�brevemente�il�dibattito�circa�la� distinzione�tra�stato�di�insolvenza,�presupposto�del�fallimento,�e�temporanea� difficolta�di�adempiere,�che�rappresenta�invece�il�presupposto�dell'amministra- zione�controllata�(art.�187�l.�fall.),�alcuni�autori�hanno�ritenuto�sussistere�un� rapporto�di�reciproca�esclusione�fra�i�due�presupposti,�essendo�caratterizzato� il�primo�da�una�situazione�di�irreversibilita�della�crisi;�risolvendosi�invece�il� secondo�in�un�momentaneo�imbarazzo�nei�pagamenti,�ma�non�per�questo� tale�da�incidere�sulla�struttura�economica�dell'impresa.� Altra�parte�della�dottrina,�ed�un�orientamento�giurisprudenziale�costante,� ritengono�invece�che�lo�stato�d'insolvenza�non�e�escluso�dalla�possibilita�di� risolvere�la�crisi�economica,�considerata�l'ontologica�identita�tra�insolvenza�e� momentanea�difficolta�dell'impresa:�i�due�fenomeni�si�differenziano�soltanto� in�relazione�alla�possibilita�di�una�prognosi,�positiva�o�negativa,�circa�lo�svi- luppo�della�crisi�ove�al�debitore�venga�concessa�una�moratoria�(33).� sarebbe�del�tutto�irrilevante�ai�fini�della�apertura�del�concorso,�come,�per�converso,�del�pari�irrile- vante�sarebbe�^al�fine�di�evitare�il�fallimento�^la�constatazione�dell'integrale�soddisfo�dei�debiti� scaduti,�qualora�le�prospettive�per�il�futuro�dovessero�risultare�infauste��(Terranova,�cit.,�232).� (32)�Chiozzi-Cenzoni,�cit.,64.� (33)�Cass.,�28�febbraio�2000,�n.�2211,�in�Il�Fall.,�2001,�255.�Pajardi,�Manuale,�cit.,�75,�nt.�13.� Secondo�TerranovA (Lo�stato�di�insolvenza,�cit.,�260),�vero�e�che�l'ordinamento�preclude�l'accesso� all'amministrazione�controllata�quando�la�crisi�risulti�cos|�grave�da�far�ritenere�inutile�ogni�tenta- tivo�di�risanamento;�per�cui�deve�comunque�intravedersi�una�qualche�via�d'uscita�per�l'imprendi- DOTTRINA�997 4.�L'impugnazione�della�sentenza�dichiarativa�difallimento�ex�art.�18�leggefall.� Legittimazione,�termini,�intervento,�e�competenza.� La�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�puo�essere�impugnata�con�lo�stru- mento�dell'opposizione�di�cui�all'art.�18�legge�fall.�dal�debitore�e�da�qualsiasi� interessato.� Si�tratta�di�un�giudizio�di�merito�a�cognizione�piena�con�il�quale�si� ricompone�il�vulnus�alle�regole�di�sistema�ingenerato�da�una�sentenza�(quella� dichiarativa�del�fallimento)�da�cui�derivano�effetti�particolarmente�incisivi� nella�sfera�giuridica�di�chi�ne�e�diretto�destinatario�(e�non�soltanto),�e�nondi- meno�emessa�all'esito�di�un�procedimento�a�cognizione�sommaria(34).� L'art.�18�e�particolarmente�generoso�nell'indicare�i�soggetti�che�possono� opporsi�alla�sentenza�di�fallimento:�come�detto,�il�debitore�e�qualunque�inte- ressato.�E�stato�efficacemente�notato�che�non�si�sarebbe�potuta�immaginare� formula�piu�ampia�senza�evocare�un'azione�popolare(35).� In�primo�luogo�ilfallito,�dunque,�il�quale�quasi�sempre�avra�tutto�l'inte- resse�alla�revoca�della�sentenza�di�fallimento�per�vedere�cessati�i�numerosi� effetti�pregiudizievoli�di�carattere�personale�e�patrimoniale�che�essa�com- porta�(36).� Oltre�al�debitore,�legittimato�attivo�e�chiunque�abbia�interesse�ad�opporsi� alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento.�L'ampiezza�dell'art�18�si�spiega�age- tore.�Ma�non�e�necessario�che�al�superamento�della�crisi�si�debba�pervenire�per�il�tramite�delle�sue� sole�forze,�a�prescindere�dalla�dilazione�accordata�dai�propri�creditori.�In�definitiva,�la�tempora- nea�difficolta�di�adempiere�non�potrebbe�ne�sovrapporsi�ne�contrapporsi�allo�stato�di�insolvenza.� In�tali�casi,�ripercorrendo�una�efficace�metafora�mutuata�dalla�dottrina�qui�riferita,�la�prognosi� non�e�ne�fausta�ne�infausta,�ma�semplicemente�riservata,�ossia�non�e�dato�sapere�in�difetto�di�quel- l'intervento,�cosa�sarebbe�accaduto.�Queste�precisazioni,�secondo�l'�a.,�avrebbero�il�pregio�quanto� meno�di�chiarire�una�volta�per�tutte�che�i�problemi�concernenti�la�consecuzione�delle�procedure� concorsuali�non�possono�essere�risolti�giocando�all'alternativa�identita�-contrapposizione�tra�insol- venza�e�temporanea�difficolta�.� (34)�Questa�considerazione�e�particolarmente�importante,�e�permette�di�spiegare�alcuni�tem- peramenti�agli�effetti�pregiudizievoli�dello�status�di�fallito,�qualora�il�rimedio�de�quo�non�si�speri- menti.�Ed�invero,�l'imprenditore�non�dovra�subire,�una�volta�tornato�in�bonis,�le�conseguenze�degli� accertamenti�compiuti�in�un�processo�dove�non�ha�avuto�i�poteri�della��parte��dell'ordinario�pro- cesso�di�cognizione.�Per�questa�semplice�ragione,�la�sentenza�che�dichiara�il�fallimento�non�acqui- stera�mai�efficacia�di�cosa�giudicata,�fenomeno�che�richiederebbe,�appunto,�un'attivita�di�giudizio� con�la�partecipazione�in�qualita�di��parte�processuale��dell'imprenditore�insolvente�(allo�stato,� invece,�dopo�la�sentenza�della�Corte�Cost.�n.�141/1971,�ne�e�prescritta�unicamente�l'audizione);�il� mancato�esperimento�del�rimedio�in�esame�avverso�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�dunque,� determinera�unicamente�la�sua�immutabilita�,che�e�cosa�ben�diversa�dal�giudicato.�In�questo�senso� v.�Bongiorno,�La�dichiarazione�difallimento,�cit.,�325�ss;�v.�anche�Bongiorno,�Laprova�dei�crediti� per�l'ammissione�al�concorso,in�RDPr.,�1995,�351.� (35)�Pajardi,�Manuale�di�dirittofallimentare,�cit.,�132.� (36)�Ovviamente�non�puo�escludersi�un�interesse�contrario�nel�fallito,�il�quale�ad�esempio� vorra�mantenere�tale�status�per�evitare�la�vendita�rovinosa�dei�propri�beni�a�seguito�di�esecuzioni� individuali.�Del�resto�potrebbe�esser�stato�proprio�lui�a�richiedere�il�fallimento.�Cio�che�preme�in� ogni�caso�sottolineare,�e�che�una�verifica�dell'interesse�del�debitore�(e�lo�stesso�vale�peraltro�peri� creditori�o�i�terzi)�al�mantenimento�ovvero�alla�revoca�del�fallimento�non�puo�che�effettuarsi�in� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� volmente�considerando�l'efficacia�erga omnes di�tale�dichiarazione.�Il�falli- mento�puo�invero�aver�frustato�le�aspettative�del�creditore�privilegiato�che� aveva�tutto�l'interesse�ad�esperire�la�procedura�esecutiva�individuale,�ovvero� a�non�vedere�paralizzata�quella�che�volgeva�al�termine�(art.�52);�dei�creditori� che�godevano�di�tassi�di�interesse�particolarmente�vantaggiosi,�attesa�la� sospensione�automatica�del�loro�corso�dopo�il�fallimento�(art.�55);�dei�terzi� che�in�buona�fede�hanno�contratto�con�il�fallito,�e�le�cui�posizioni�rischiano� di�dissolversi�senza�alcun�diritto�al�risarcimento�(artt.�72�e�ss.);�ovverodi� quelli�soggetti�alla�mannaia�delle�revocatorie�fallimentari�(artt.�64�e�ss.).� Ancora,�si�e�sempre�ritenuto�tutelabile�anche�un�interesse�di�tipo�morale alla�rimozione�del�fallimento,�e�dunque�e�stato�ammesso�ad�opporvisi�il� padre,�il�fratello,�il�coniuge�del�fallito.� Il�rimedio�in�parola�e�stato�riconosciuto,�altres|�,�per�l'ex amministratore� di�societa�dichiarata�fallita,�non�senza�aver�accertato�che�da�tale�dichiara- zione�possa�derivargli�un�qualche�pregiudizio,�anche�soltanto�di�tipo�morale,� per�aver�rivestito�la�carica�suddetta�(37).� Ovviamente,�e�appena�il�caso�di�ricordarlo,�non�puo�opporsi�al�falli- mento�chi�ha�chiesto�il�fallimento�medesimo�(art.�18,�co.�2),�norma�che� risponde�al�principio�secondo�cui�non�si�puo�venire contra factum proprium.� L'opposizione�non�puo�inoltre�essere�proposta�dal�curatore,�il�quale�rap- presenta�il�fallimento�che�con�l'opposizione�si�mira�invece�a�rimuovere�(e� per�tale�ragione�rivestira�sempre�il�ruolo�di�contraddittore�dell'opponente);�e� neppure�puo�impugnare�il�pubblico�ministero,�che�non�puo�ricomprendersi� fra�gli�interessati.� Per�quanto�riguarda�il�termine�per�proporre�l'impugnazione,�l'art.�18�lo� indica�in�quindici�giorni�dalla�affissione�della�sentenza�ad�opera�del�cancel- liere�a�norma�dell'art.�17,�co.�1.�Sulla�statuizione�si�sono�da�subito�levate� molte�critiche,�in�quanto�irrispettosa�delle�garanzie�di�difesa�del�debitore;� invero,�la�mera�affissione�alla�porta�del�tribunale�difficilmente�ne�avrebbe� consentito�l'effettiva�conoscenza,�tanto�piu�in�un�termine�cos|�breve.� Consentenzadel27novembre1980,n.�151(38),laCorteCost.nehadichia- rato�l'illegittimita�costituzionale�per�violazione�dell'art.�24,�co.�2,�cost..,�senza� peraltro�indicare�il�dies a quo dal�quale�il�suddetto�termine�dovesse�decorrere.� Le�S.U.�lo�hanno�infine�indicato�nella�comunicazione�per�estratto�della�sen- tenza�(39).� Per�quanto�riguarda�la�legittimazione�passiva,�l'opposizione�va�notifi- cata�(nelle�forme�dell'atto�di�citazione)�al�curatore�e�al�creditore�istante.� concreto.�Se�cos|�non�fosse,�e�si�potesse�in�astratto�sempre�affermare�l'interesse�del�debitore�alla� revoca�della�sentenza�di�fallimento,�allora�avrebbe�ben�poco�senso�avere�attribuito�anche�al�debi- tore�medesimo�(art.�6)�la�possibilita�di�richiedere�il�proprio�fallimento.� (37)�Cass.,�25�agosto�1997,�n.�7943,�Fa,�1998,�185.� (38)�In�Gazzetta Ufficiale 3�dicembre�1980,�n.�332.� (39)�Cass.,�S.U.,�3�giugno�96,�n.�5104,�Fa,�1996,�1205.�Nella�pronuncia�in�questione�non�si� ritiene�peraltro�necessaria,�anche�dopo�l'intervento�della�Corte�Cost.,��la�notificazione�del�testo� integrale,�in�quanto,�per�consentire�al�predetto�di�avere�notizia�dell'avvenuta�dichiarazione�del� DOTTRINA�999 La�norma,�a�bene�vedere,�non�puo�che�rivelarsi�incompleta�nella�misura� in�cui�sembra�riferirsi�all'ipotesi�statisticamente�piu�frequente,�e�cioe�quella� di�sentenza�dichiarativa�emessa�su�istanza�di�un�creditore.�Ma�la�stessa�sen- tenza,�ai�sensi�dell'art.�6,�puo�essere�anche�emessa�d'ufficio�(ed�in�tal�caso� unico�soggetto�a�dover�essere�citato�e�il�curatore�fallimentare);�ovvero,�puo� aver�risposto�all'istanza�di�fallimento�dello�stesso�debitore,�nel�qual�caso� non�gli�si�puo�precludere�la�qualita�di�parte,�atteso�il�suo�interesse�al�mante- nimento�del�fallimento�medesimo�(autonomo�rispetto�a�quello�del�curatore,� che�cura�gli�interessi�della�massa�creditoria).�Ergo,�anch'egli�dev'essere�citato� dall'opponente,�ad�onta�del�silenzio�serbato�dalla�norma.� Non�e�necessario�invece�citare�il�Pubblico�Ministero�poiche�tale�organo,� anche�quando�e�istante,�esercita�un�mero�potere�di�segnalazione(40).� Per�quanto�riguarda�l'intervento,�ovviamente�non�e�ammissibile�quello� principale:�non�si�puo�infatti�portare�in�giudizio�un�diritto�che�sia�ad�un� tempo�contrapposto�tanto�a�quello�della�parte�opponente�quanto�a�quello� della�parte�resistente,�per�la�semplice�ragione�che�in�questo�giudizio�non�si� controverte�su�diritti.�Cosicche�,�come�diremo�in�seguito,�all'esito�di�esso�il�fal- limento�o�viene�revocato�o�viene�confermato;�non�esistono�terze�vie.� Risulta�viceversa�possibile,�data�l'ampiezza�della�norma�del�codice�di� rito�(art.�105,�co.�2,�c.p.c..),�l'intervento�adesivo�dipendente�per�tutti�i�legitti- mati�ad�impugnare�ai�sensi�dell'art.�18�che�abbiano�fatto�decorrere�il�relativo� termine�(41).� Anche�il�pubblico�ministero�potra�esercitare�il�proprio�potere�di�inter- vento�aderendo�alle�ragioni�della�parte�resistente.� Funzionalmente�competente�e�lo�stesso�tribunale�che�ha�dichiarato�il�fal- limento.� Dopo�la�novella�del�codice�di�rito�del�1990�si�e�posto�il�problema�della� composizione�(collegiale�o�monocratica)�del�giudice�adito�ai�sensi�dell'art.�18.� Ed�invero,�questo�tipo�di�giudizio�non�e�ricompreso�tra�quelli�elencati�nel� proprio�fallimento�e�sufficiente�la�pubblicazione�per�estratto�ai�sensi�dell'art.�17�legge�fallimentare,� con�la�quale�il�cancelliere,�come�gli�da�notizia�di�fatti�e�di�atti�processualmente�rilevanti�che�lo� riguardano,�lo�mette�a�conoscenza�dell'accertata�insolvenza�e�dell'�apertura�del�fallimento,�ponen- dolo�in�grado�di�acquisire�presso�la�cancelleria�ogni�altro�elemento�per�l'esercizio�del�diritto�di� difesa�.�V.�Dimundo,�L'impugnazione della sentenza dichiarativa difallimento,in�Il Fallimento e le altre procedure concorsuali,�a�cura�di�Cendon,�diretto�da�Panzani,�cit.,252�ss..� (40)�Cfr.�Bongiorno,�L'impugnazione...,�cit.,327.� (41)��Vero�e�che,�ai�sensi�dell'art.�18,�l'opposizione�puo�essere�proposta�non�solo�dal�fallito,� ma�anche�da�qualunque�altro�interessato.�Di�modo�che�potrebbe�sostenersi�che,�proprio�in�virtu� dell'ampio�spettro�di�legittimazione�eccezionalmente�ipotizzato�dalla�citata�norma,�il�terzo�il�quale� abbia�interesse�alla�revoca�del�fallimento,�intervenga�percio�a�sostegno�delle�ragioni�gia�prospet- tate�in�giudizio�dal�fallito,�non�fa�che�esercitare,�in�forma�di�intervento,�quel�medesimo�potere�di� azione�che�gli�consentirebbe�di�proporre�autonomamente�l'opposizione.�Tuttavia�l'obiezione� potrebbe�avere�fondamento�solo�a�condizione�che�l'intervento�di�cui�si�discute�fosse�stato�spiegato� quando�ancora,�effettivamente,�il�terzo�era�titolare�di�un�potere�di�azione�suo�proprio:�cioe�entro� i�limiti�temporali�fissati�dal�citato�articolo�18�.�Cos|�,�Cass.�27�maggio�1997,�n.�468,�Fa,�1998,�151.� Nello�stesso�senso,�Bongiorno,�cit.,327;�Dimundo,�cit.,�251�ss..� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� co.�2�dell'art.�48�Ord.�Giud.,�con�la�conseguenza�che,�a�rigore,�il�tribunale� dovrebbe�decidere�in�persona�del�giudice�istruttore�in�funzione�di�giudice� unico.�Tale�soluzione�non�pare�pero�accettabile,�perche�in�contrasto�con�il� principio�generale�secondo�cui�i�rimedi�oppositori�vanno�decisi�dallo�stesso� organo�che�ha�emanato�il�provvedimento�opposto;�del�resto,�davvero�diri- mente�pare�il�rilievo�circa�la�natura�di�giudizio�reso�nelle�forme�della�cogni- zione�piena�su�di�una�sentenza�emessa�all'esito�di�un�giudizio�a�cognizione� sommaria.�E�sarebbe�ben�strano�che�l'esame�sommario�venga�affidato�al�col- legio,�mentre�il�successivo�controllo�^deputato�a�verificare�funditus la�bonta� di�quella�prima�verifica�^lo�si�attribuisca�ad�un�giudice�unico�(42).� Segue: motivi, trattazione e istruzione.� Con�l'opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�si�puo�far� valere�la�nullita�della�stessa(43).�In�particolare�si�puo�contestare�il�vizio�di� incompetenza�nell'organo�che�l'ha�pronunciata,�assumendo�la�nullita�della� sentenza�per�violazione�di�norme�processuali�(art.�360,�n.�4�c.p.c.)(44).� Nella�maggior�parte�dei�casi,�pero�,�si�ricorrera�al�gravame�de quo per� denunciare�la�non�ricorrenza�dei�presupposti�necessari�per�dichiarare�il�falli- mento,�ed�in�particolare�quello�oggettivo,�costituito�dallo�stato�di�insolvenza,� su�cui�ci�si�e�lungamente�soffermati�nella�prima�sezione.� In�questi�casi,�quindi,�oggetto�di�accertamento�sara�l'effettiva�sussi- stenza,�al�tempo�in�cui�la�dichiarazione�e�intervenuta,�dello�stato�di�insol- venza,�ossia�della�incapacita�dell'imprenditore�poi�dichiarato�fallito�di�adem- piere�(soprattutto�in�futuro)�le�proprie�obbligazioni.� Si�badi,�pero�:�oggetto�di�accertamento�non�e�la�correttezza�dell'iter logico�seguito�dal�primo�giudice,�ossia�l'esattezza�delle�conclusioni�chelo� hanno�portato�a�desumere�(rectius:�a�ritenere�dimostrato)�lo�stato�di�insol- venza�da�alcune�sue�verosimili�manifestazioni�esteriori.�Al�contrario,�il�giudi- zio�che�ci�occupa�e�volto�a�ricercare�la�verita�reale�circa�la�sussistenza�del� presupposto�dello�stato�di�insolvenza,�atteso�il�coinvolgimento�di�interessi� superindividuali�nella�vicenda�che�conduce�a�dichiarare�il�fallimento�(45).�In� (42)�Dimundo,�cit.,254.� (43)�Determinano�la�nullita�della�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�oltre�all'incompetenza� del�giudice�che�l'ha�emessa,�ad�esempio�il�difetto�di�giurisdizione,�la�violazione�del�principio�di� immutabilita�del�giudice,�il�difetto�di�sottoscrizione�del�giudice.� (44)�E�qualora�si�dovesse�effettivamente�accertare�l'incompetenza�del�tribunale�che�ha�pronun- ciato�la�sentenza�di�fallimento�non�potra�che�esserci�l'inesorabile�conseguenza�della�revoca di�tale� pronuncia.�Non�pare�invece�percorribile�la�strada�della�translatio iudicii (ancorche�dettata�dall'esi- genza�di�evitare�ai�creditori�il�naufragio�di�una�procedura�concorsuale�per�motivi�non�attinenti�al� merito,�contra Pajardi,�Manuale di dirittofallimentare,�4�ed.,�123�nt.�40).�La�competenza�territoriale� per�la�dichiarazione�di�fallimento�e�,�invero,�esclusiva�ed�inderogabile,�ricorrendo�la�ratio dell'attri- buzione�della�cognizione�di�un�determinato�processo�al�giudice�del�territorio�dove�sara�piu�agevole� ed�efficace�la�sua�funzione�(nel�nostro�caso�del�territorio�dove�si�trova�lo�stabilimento�commerciale� dell'imprenditore�e�dunque�i�suoi�beni).�Inoltre�ricorrono�speciali�ragioni�di�ordine�pubblico,�consi- derato�l'interesse�della�collettivita�(quella�particolare�collettivita�in�seno�alla�quale�l'imprenditore� non�riusciva�piu�a�svolgere�con�affidabilita�la�propria�attivita�commerciale)�alla�rimozione�di�questa� fonte�di�pericolo�per�i�propri�traffici.�In�questo�senso�v.�Bongiorno,�cit.,�305�ss..� (45)�Dimundo,�cit.,255.� DOTTRINA�1001 definitiva,�quindi,�non�rileva�l'iter�logico�che�ha�portato�a�quella�conclusione� (affermazione�della�ricorrenza�dello�stato�di�insolvenza),�quanto�piuttosto�la� bonta�della�conclusione�medesima,�la�sua�oggettiva�veridicita�.�Se�tale�stato� effettivamente�ricorre�(o�meglio,�ricorreva�al�tempo�in�cui�fu�dichiarato),� ancorche�aliunde�desumibile,�il�fallimento�resta�in�piedi.� Per�queste�ragioni�dottrina�e�giurisprudenza�sono�concordi�nell'ammet- tere�la�possibilita�che�il�giudice�dell'opposizione�possa�fondare�il�proprio� convincimento�anche�su�fatti�diversi�da�quelli�presi�in�considerazione�nella� fase�prefallimentare.�Con�la�precisazione,�pero�,�che�deve�trattarsi�di�fatti� anteriori(46)�alla�dichiarazione�di�fallimento,�oppure�di�accadimenti�anche� successivi�a�tale�dichiarazione,�ma�che�dimostrino,�illuminando�di�miglior� luce�il�passato,�che�a�quel�tempo�l'imprenditore�era�effettivamente�insol- vente�(47).� E�questa�puntualizzazione�relativa�al�quid�dell'accertamento�in�questione� permette�poi�di�valutare�in�maniera�conseguente�il�quomodo�di�tale�accerta- mento.� Quanto�precisato,�invero,�spiega�agevolmente�il�carattere�inquisitorio�del� giudizio�in�questione,�per�il�quale�dunque�e�fortemente�attenuato�il�principio� secondo�cui�iudexsecundum�alligata�etprobata�iudicaredebet.� Il�tribunale,�cos|�come�avviene�nella�fase�prefallimentare�(ancorche�in� tale�fase�l'accertamento�debba�essere�sommario)�deve�poter�effettivamente� indagare�per�ricercare�la�realta�sostanziale�che�sta�dietro�alle�manifestazioni� esteriori�che�fanno�presumere�l'insolvenza.�E�per�far�cio�,�non�puo�che�spin- gersi�oltre�l'attivita�delle�parti,�rimediandovi�qualora�questa�sia�mancante�o� insufficiente�(48).� (46)�Cfr.�Cass.�26�novembre�2002,�n.�16658,�secondo�cui�nell'opposizione�hanno�rilievo�solo�i� fatti�esistenti�al�momento�della�dichiarazione�di�fallimento�poiche�la�pronuncia�di�revoca,�cui�l'op- posizione�tende,�presuppone�l'acquisizione�della�prova�che�non�sussistevano�i�presupposti�alla� stregua�della�situazione�di�fatto�esistente�al�momento�della�apertura�della�procedura.�Ne�consegue� che�l'estinzione�delle�passivita�ad�opera�di�terzi,�sopraggiunta�nel�corso�della�procedura,�rileva�ai� fini�della�chiusura�ma�non�della�revoca�del�fallimento.� (47)�Al�limite�si�potrebbe�dimostrare�che�lo�stato�di�attuale�insolvenza�dell'imprenditore�fal- lito�sia�in�realta�la�conseguenza�e�non�la�causa�della�dichiarazione�di�fallimento;�che�solo�successi- vamente�ad�essa�egli�e�venuto�a�trovarsi�nell'impossibilita�di�adempiere,�a�causa�dell'allarmismo� ingenerato�dalla�medesima�nei�suoi�interlocutori�commerciali,�che�a�partire�da�tale�momento�lo� hanno�isolato�ritenendolo�(indebitamente)�non�piu�affidabile�e�rendendolo�cos|�incapace�di�far� fronte�alle�proprie�obbligazioni.�In�tal�caso,�secondo�alcuni,�per�imprescindibili�esigenze�di�giusti- zia,�la�sentenza�di�fallimento�andrebbe�revocata,�salvo�la�possibilita�di�una�successiva�dichiara- zione�di�fallimento�(Pajardi,�cit.,�135),�secondo�altri�viceversa�andrebbe�mantenuta�ferma�(Satta,� Diritto�Fallimentare,�cit.,83).� (48)��A�differenza�del�procedimento�prodromico�alla�pronuncia�della�sentenza�dichiarativa�di� fallimento,�il�procedimento�di�opposizione�non�puo�essere�iniziato�d'ufficio;�ma�una�volta�che�esso� sia�iniziato�ad�istanza�di�soggetto�legittimato,�e�sia�dunque�necessario�scendere�all'esame�del� merito,�questo�merito�e�ancora�quello�posto�ad�oggetto�della�sentenza�dichiarativa�di�fallimento;� non�avrebbe�alcun�senso�sottrarre�al�monopolio�delle�parti�il�formarsi�del�materiale�di�cognizione� in�qualunque�fase�del�processo,�se�poi�la�medesima�regola�non�dovesse�valere�nell'ambito�di�un�rie- same�caratterizzato�dalla�piena�devoluzione�di�problemi�al�giudice�ad�quem.�Proprio�dall'esame� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Tali�conclusioni�circa�la�natura�officiosa�del�giudizio�di�opposizione,�e,� conseguentemente,�circa�l'estrema�varieta�dei�fatti�(anche�nuovi�e�diversi)�su� cui�il�giudice�puo�fondare�il�suo�convincimento,�risultano�nettamente�preva- lenti,�come�detto,�in�dottrina�e�rappresentano,�altres|�,�consolidato�orienta- mento�giurisprudenziale�(49).� Con�riferimento�ai�singoli�mezzi�di�prova�si�e�a�lungo�discusso�circa� l'ammissibilita�(anche�e�soprattutto�nella�fase�dell'opposizione)�di�prove�di� lunga�indagine�(ad�esempio�certe�perizie).� Alcuni�hanno�sostenuto�che�se�fosse�necessario�dover�ricorrere�ad�inda- gini�particolarmente�complesse,�vorrebbe�dire�che�dell'insolvenza,�allo stato,� non�vi�sono�prove�sufficienti;�e�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�a�que- sto�punto,�andrebbe�senz'altro�revocata�perche�non�e�possibile�prima�pronun- ciare�e�successivamente�ricercare�la�prova�su�cui�quella�pronuncia�va�fondata.� Ma�si�tratta�di�opinione�non�condivisibile�e�comunque�minoritaria,�attesa�la� necessita�di�esaminare�funditus la�situazione�in�cui�si�trovava�l'imprenditore� al�tempo�della�dichiarazione�di�fallimento.�Quello�che�si�apre�con�l'opposi- zione�di�cui�all'art.�18�e�un�normale�giudizio�di�cognizione,�anzi�un�giudizio� che�deve�sopperire�al�carattere�sommario�dell'accertamento�che�l'ha�prece- duto;�in�seno�al�quale,�dunque,�sono�ammissibili�anche�testimonianze�e� perizie,�ancorche�se�ne�allunghino�i�tempi.�Per�non�dire�dei�numerosi�autori� che�le�ritengono�ammissibili�addirittura�nella�fase�prefallimentare.� Una�volta�ammessa�la�testimonianza,�si�e�poi�discusso�sulla�capacita�o� meno�di�testimoniare�dei�creditori�rimasti�fuori�dal�giudizio�(in�quanto�non� siano�resistenti,�ne�opponenti,�ne�intervenienti).�La�prevalente�dottrina�e�la� giurisprudenza�tutta�(50)�optano�per�la�tesi�favorevole,�prevalendo�l'interesse� del�giudice�ad quem dipende�la�soluzione�definitiva,�piu�che�dall'esame�del�giudice�a quo;ne�si�puo� ammettere�che�il�giudice�del�riesame�abbia�poteri�inferiori�a�quelli�propri�del�giudice�che�lo�ha�pre- ceduto�(Ricci,�Lezioni sulfallimento,�I,�Milano,�1992,�200).� (49)�Cfr.�Cass.�26�luglio�1994,�n.�6953,�Fa,�1995,�266:��Nel�giudizio�di�opposizione�alla�sen- tenza�dichiarativa�di�fallimento,�il�carattere�officioso�del�processo�importa�che�il�giudice�puo�pren- dere�in�esame,�ai�fini�della�prova�relativa�ai�presupposti�la�dichiarazione�di�fallimento,�tutte�le� risultanze�processuali�senza�distinzioni�tra�oneri�spettanti�all'attore�ed�onere�spettante�al�conve- nuto�.�V.,�ancora,�Cass.�12�gennaio�1999�n.�225,�dove�si�afferma�che�al�carattere�officioso�ed�inqui- sitorio�del�giudizio�di�opposizione�si�riconnette�il�potere-dovere�di�verificare�l'esistenza�dei�presup- posti�anche�sulla�sola�base�degli�atti�del�fascicolo�fallimentare,�con�riguardo�alla�situazione�obiet- tiva�dell'impresa�sotto�il�profilo�dello�status decoctionis,�ed�a�prescindere,�dunque,�dalla� legittimazione�ad�agire�del�creditore�istante,�con�la�conseguenza�che,�pur�nella�conclamata�assenza� di�quest'ultima,�il�giudice�e�tenuto�a�respingere�l'opposizione�se�risulti�aliunde accertato�lo�stato� d'insolvenza�dell'imprenditore,�e�purche�riferibile�ad�un�momento�anteriore�alla�dichiarazione�di� fallimento.�V.�ancora�Cass.�26�marzo�2003,�n.�4476,�per�la�quale�nell'opposizione�il�carattere�offi- cioso�e�inquisitorio�del�giudizio�abilita�il�giudice�ad�attingere�la�conoscenza�di�profili�di�fatto�rile- vanti�per�la�decisione�degli�atti�del�fascicolo�fallimentare,�indipendentemente�dalla�costituzione� del�curatore�e�dalle�sue�produzioni.� (50)��L'incapacita�a�testimoniare�prevista�dall'articolo�246�c.p.c.,�la�quale�e�sancita�solo�per� le�persone�aventi�nella�causa�un�interesse�che�potrebbe�legittimare�la�loro�partecipazione�al�giudi- zio,�non�e�configurabile�nel�processo�di�opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�nei� DOTTRINA�1003 pubblico�alla�ricerca�della�verita�a�tal�punto�da�consentire�l'audizione�di�un� testimone�verosimilmente�influenzato�dall'interesse�personale(51).� Ancora�una�volta,�diverse�dovranno�essere�le�conclusioni�per�le�prove� legali�(confessione�e�giuramento);�la�loro�inammissibilita�e�variamente�moti- vata�dalla�dottrina�prevalente,�ma�va�ribadito�che�davvero�decisivo�appareil� rilievo�circa�la�indisponibilita�per�le�parti�degli�interessi�in�gioco,�per�cui�in� alcun�modo�il�giudice�deve�sentirsi�vincolato,�nella�ricerca�dei�fatti�(rectius,� degli�stati,�che�non�sono�fatti),�al�loro�comportamento�processuale(52).�Nello� stesso�anche�la�giurisprudenza�pressoche�costante�(53).� Segue: la decisione, i suoi effetti e gli ulteriori mezzi di gravame. Qualora�il�tribunale�si�sia�convinto�della�correttezza�delle�conclusioni� circa�la�ricorrenza�dello�stato�di�insolvenza,�rigetta�con�sentenza�l'opposi- zione.�Tale�sentenza�e�notificata�all'opponente�(art.�19,�co.�2).� In�caso�contrario,�la�sentenza�revoca�quella�dichiarativa�di�fallimento�ed� e�notificata�al�curatore,�al�creditore�che�ha�chiesto�il�fallimento�e�al�debitore,� se�questi�non�e�opponente;�deve�inoltre�essere�pubblicata,�comunicata,�affissa� ed�iscritta�a�norma�dell'art.�17�(art.�19,�co.�1).� L'appello,�ai�sensi�del�co.�3�dell'art.�19,�va�proposto�nel�piu�breve�ter- mine�di�quindici�giorni,�mentre�nulla�e�detto�circa�il�termine�per�ricorrere�in� cassazione,�valendo�quindi�per�esso�la�regola�generale�(sessanta�giorni).� La�sentenza�di�revoca�non�e�provvisoriamente�esecutiva,�per�cui�iniziera� a�produrre�i�propri�effetti�solo�con�il�passaggio�in�giudicato;�invero,�non�si� tratta�di�una�sentenza�di�condanna,�limitandosi�a�rimuovere�uno�stato�ed�i� relativi�effetti.�Pertanto,�fin�quando�non�interviene�il�giudicato,�il�fallimento� resta�in�piedi�ed�il�curatore�continua�ad�esserne�il�rappresentante.� Come�per�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�anche�gli�effetti�della� sentenza�emessa�a�conclusione�del�giudizio�di�opposizione�hanno�(una�volta� consolidatisi�con�il�passaggio�in�giudicato)�efficacia�erga omnes;�quindi,�var- ranno�anche�nei�confronti�degli�interessati�che�non�abbiano�partecipato�al� giudizio.�La�sentenza�di�fallimento,�invero,�non�puo�che�permanere�o�essere� revocata�per�tutti�(54).� L'art.�21�precisa�che�anche�quando�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento� venga�revocata,�restano�salvi�gli�effetti�degli�atti�legalmente�compiuti�dagli� organi�del�fallimento.�La�ratio di�tale�disposizione�e�facilmente�evincibile�sol� confronti�dei�creditori�del�fallito�che�non�siano�creditori�istanti,�in�quanto�le�loro�ragioni�(che�di� regola�si�assommano�nella�massa)�vengono�fatte�valere�dal�curatore��(Cass.�30�marzo�1994,� n.�3157,�Fa,�1994,�1128).� (51)�Bongiorno,�cit.,�329;�Dimundo,�cit.,260.� (52)�Bongiorno,�cit.,�329;�Dimundo,�cit.,260.� (53)�V.�ad�esempio�Cass.�19�marzo�1980,�1820,�dove�si�ribadisce�che�nel�giudizio�di�opposi- zione�alla�sentenza�dichiarativa�di�fallimento,�che�e�volto�non�gia�a�dirimere�un�contrasto�tra�due� privati,�bens|�a�ricercare�la�verita�reale�circa�la�sussistenza�dei�presupposti�della�dichiarazione�di� fallimento,�e�inammissibile�il�giuramento.� (54)�Dimundo,�cit.,�263.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� che�si�considerino�le�esigenze�di�tutela�dell'affidamento�ingenerato�nei�terzi� che�siano�venuti�in�contatto�con�l'amministrazione�finanziaria�(con�aliena- zioni�di�beni,�obbligazioni,�transazioni�e�cos|�via).� Molto�ci�si�e�interrogati�sull'esatta�interpretazione�dell'avverbio�legal- mente.� Gli�atti�illegittimi�non�sono�in�ogni�caso�quelli�affetti�da�nullita�insana- bili�o�caratterizzati�da�eccesso�o�sviamento�di�potere�degli�organi�della�proce- dura�(si�pensi�ad�una�donazione�effettuata�dal�curatore�fallimentare),�come� tali�inefficaci�anche�nei�confronti�del�fallimento.�Poiche�vale�il�principio� secondo�cui�la�sentenza�dichiarativa�di�fallimento�non�costituisce�presuppo- sto�dell'attivita�degli�organi�fallimentari,�la�legittimita�degli�atti�da�essi�posti� in�essere�va�verificata�indipendentemente�dai�vizi�che,�inficiando�il�provvedi- mento�di�apertura,�ne�hanno�provocato�la�caducazione�(55).� In�caso�di�revoca�del�proprio�fallimento,�il�debitore�ha�diritto�al�risarci- mento�dei�danni�(da�richiedersi�unicamente�nell'atto�di�citazione)�da�parte� del�creditore�istante�che�abbia�agito�con�colpa.�Ed�in�caso�di�condanna,� saranno�a�carico�di�costui�anche�le�spese�di�procedura�e�il�compenso�al�cura- tore�(art.�21,�co.�3).�Altrimenti�tali�spese�graveranno�sui�beni�acquistati�al�fal- limento,�ovvero,�in�caso�di�incapienza,�direttamente�sul�fallito�ritornato�in� bonis,�il�quale�si�rivarra�sull'erario�per�l'errore�giudiziario�(56).� Circa�il�fondamento�del�diritto�al�risarcimento�alcuni�autori�fanno�riferi- mento�al�generale�principio�del�neminem�laedere�(art.�2043�c.c.),�inferendone� dunque�la�natura�extracontrattuale�della�responsabilita�del�creditore�istante;�lo� stesso�dicasi�nel�caso�in�cui�voglia�farsi�riferimento�a�quella�tipicamenteproces- suale�ex�art.�96,�co.�2,�c.p.c.,�che�di�quella�aquiliana�rappresenta�una�species.� Altri,�viceversa,�chiamano�in�causa�la�diversa�disciplina�di�cui�al�comma� primo�dell'art.�96,�co.�1,�c.p.c.,�con�la�conseguenza�che�diverrebbe�elemento� costitutivo�del�diritto�al�risarcimento�la�colpa�grave.� L'art.�21�legge�fall.,�pero�,�non�distingue�affatto�tra�culpa�grave�e�levis,� per�cui�se�ne�puo�affermare�l'assoluta�autonomia�rispetto�all'art.�96,�co.�2,� c.p.c.�Non�sembra�quindi�corretto�aggiungere�al�testo�della�disposizione�c he�si�esprime�in�termini�di�colpa�^il�requisito�della�gravita�,s|�da�ritenerla� norma�eccentrica�rispetto�alle�regole�generali�in�tema�di�responsabilita�aqui- liana.� Al�risarcimento�dei�danni�avranno�anche�diritto�eventuali�opponenti� diversi�dal�fallito�che�dimostrino�di�aver�subito�un�pregiudizio�dall'apertura� del�procedimento�concorsuale.� (55)�Bongiorno,�cit.,331�e�ss..� (56)�La�Corte�Cost.,�con�sentenza�n.�46�del�6�marzo�1975,�ha�dichiarato�l'illegittimita�costi- tuzionale�di�questo�comma�nella�parte�in�cui,�nel�caso�di�sentenza�di�revoca�della�dichiarazione� di�fallimento,�pone�a�carico�di�chi�l'abbia�subita,�senza�che�ne�ricorressero�i�presupposti�e�senza� che�vi�avesse�dato�causa�col�suo�comportamento,�le�spese�della�procedura�ed�il�compenso�al� curatore.� DOTTRINA�1005 E�non�puo��escludersi�neppure�che�chiamato�a�rispondere�dei�danni� cagionati�sia�il�curatore�fallimentare,�per�essersi�ad�esempio�avvalso�del� potere�di�richiedere�la�dichiarazione�di�fallimento�ex art.�147�(57).� Per�cio��che�riguarda�gli�ulteriori�mezzi�di�impugnazione,�come�visto�si� puo��appellare�e�ricorrere�in�cassazione.� Non�risulta�invece�percorribile�il�rimedio�dell'opposizione�di�terzo�per�il� semplice�fatto�che�la�sentenza�che�dichiara�il�fallimento�puo��essere�impu- gnata�con�l'opposizione�ex art.�18�da�ogni�interessato.� E�invece�ammesso�il�rimedio�della�revocazione�cd.�straordinaria�fondata� sui�motivi�di�cui�ai�nn.�1,�2,�3�e�6�dell'art.�395�c.p.c.;�gli�altri�due�motivi�di� cui�all'art.�395�(nn.�4�e�5,�revocazione�ordinaria),�rimangono�infatti�assorbiti� dall'opposizione�attesa�la�loro�riconoscibilita��(58).� 5. Conclusioni: la natura del giudizio di opposizione introdotto a norma del- l'art. 18. Volendo�conclusivamente�interrogarsi�sulla�la�natura�giuridica�dell'op- posizione�di�cui�all'art.�18,�si�deve�rilevare�che�alcuni�autori�l'hanno�ricon- dotta�all'opposizione�all'esecuzione�di�cui�all'art.�615,�c.p.c.,�in�particolare� coloro�i�quali�scorgono�nel�fallimento�uno�strumento�per�l'attuazione�(con- corsale)�della�responsabilita��del�debitore�insolvente.� Altri,�ancora,�l'hanno�ricondotta�all'opposizione�di�cui�all'art.�617�c.p.c.,� con�la�quale�il�debitore�esecutato�puo��chiedere�la�dichiarazione�di�nullita�� degli�atti�esecutivi�illegittimi.� Ulteriore�orientamento�ne�ha�scorto�una�fortissima�affinita��con�le�oppo- sizioni�ai�provvedimenti�monitori,�ed�in�particolare�con�l'opposizione�a� decreto�ingiuntivo,�essendo�diretta�a�contestare�la�validita��del�titolo.� In�realta�,�per�individuare�la�natura�del�giudizio�instaurato�a�norma�del- l'art.�18�non�possono�che�richiamarsi�le�considerazioni�svolte�in�precedenza� circa�il�carattere�pubblicistico�che�pervade�tutta�la�normativa�sul�fallimento,� introdotta�dal�legislatore�a�tutela�della�certezza�dei�traffici�commerciali�e� dei�rapporti�giuridici.� In�quella�sede�si�e��chiarito�che�se�lo�stato�d'insolvenza�sussiste,�l'impren- ditore�va�rimosso�dal�mercato.�Ora,�nella�fase�dichiarativa�l'accertamento�e�� di�carattere�sommario;�in�quella�che�si�apre�con�l'opposizione�invece�la�cogni- zione�e��piena,�ed�il�contraddittorio�non�piu��attenuato,�come�nei�normali�pro- cessi�contenziosi.�Ma�questa�precisazione�non�infirma�affatto�le�conclusioni� circa�il�carattere�volontario della�procura�fallimentare,�ivi�compresa�la�fase� dell'opposizione�alla�sentenza�dichiarativa.�Che�tale�fase�e��appunto�deputata� all'accertamento�(stavolta�ad�un�piu��attento�accertamento)�circa�la�ricorrenza� (57)�Per�tutti�questi�rilievi�v.�Bongiorno,�cit.,�335;�l'a.�precisa�inoltre�che�anche�in�caso�di� rigetto�dell'istanza�di�fallimento�per�l'imprenditore�rimasto�in bonis residua�la�possibilita��di�chie- dere�il�risarcimento�dei�danni,�atteso�l'indiscutibile�danno�all'immagine�subito�per�effetto�di�quel- l'istanza.�Ancora,�sempre�secondo�l'a.,�nulla�osta�a�che�il�risarcimento�dei�danni,�sia�liquidato� d'ufficio�e�secondo�equita��dallo�stesso�tribunale.� (58)�Sempre�Bongiorno,�cit.,�337.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� dei�presupposti�che�il�giudice�prefallimentare�ha�ritenuto�sussistere;�orbene,� tale�verifica�sara��certamente�di�natura�giurisdizionale�(stavolta�in�un�senso� piu��pieno�del�termine),�ma�in�ogni�caso�non�si�trattera��di�giurisdizione�con- tenziosa,�per�il�semplice�fatto�che�non�c'e��nulla�di�cui�le�parti�possano� disporre.�Lo�stato�di�insolvenza�non�rappresenta�un�diritto per�il�soggetto� cui�eventualmente�giovi,�ma�e��uno�stato giuridico,�una�situazione�del�tutto� indisponibile,�dunque,�per�la�parte�su�cui�ricade,�come�pure�per�la�parte�inte- ressata�alla�sua�dichiarazione.�E�questo�non�puo��non�incidere�in�ogni�verifica� giurisdizionale�che�si�prefigga�di�accertare�un�tale�stato.�Si�spiega,�cos|�,il� carattere�inquisitorio�del�giudizio,�perche�cio��che�conta�e��la�ricerca�della� verita��,�o�quanto�meno�di�una�verita��che�sia�il�piu��possibile�corrispondente�a� quella�reale,�e�non�di�una�realta��meramente�processuale�su�cui�le�parti� abbiano�potuto�eventualmente�concordare;�si�spiega,�ancora,�la�non�ammissi- bilita��di�alcuni�mezzi�di�prova�(le�prove�legali,�come�visto).�Ed�ancora,�si� spiegano�le�ulteriori�caratteristiche�del�giudizio�in�parola�ed�i�suoi�possibili� esiti.�Con�esso�si�tende�all'accertamento�dell'insolvenza,�partendo�dal�presup- posto�che�c'e��stata�gia��una�prima�pronuncia�positiva�al�riguardo.�Bene,�non� esistendo�altre�alternative�tra�la�ricorrenza�e�la�non�ricorrenza�di�essa,�la�sen- tenza�non�potra��che�essere�di�revoca�o�di�conferma�della�dichiarazione�di�fal- limento.�L'opposizione�e��dunque�un'impugnazione�con�carattere�rescindente e�non�sostitutivo,�proprio�perche�non�mira�a�sostituire�la�sentenza�impugnata� con�una�diversa�decisione�sul�medesimo�oggetto�(come�ad�esempio�l'appello,� quand'anche�conduca�ad�una�decisione�di�tenore�esattamente�contrario�a� quello�della�sentenza�impugnata);�mira,�invece,�ad�una�pronuncia�che�elimini� puramente�e�semplicemente�quella�precedente;�la�sentenza�dichiarativa�di�fal- limento,�dunque,�viene�caducata�con�una�decisione�di�revoca,�in�caso�di�acco- glimento,�mentre�viene�lasciata�sussistere�come�e��(e�non�sostituita�con�una� decisione�di�identico�contenuto)�in�caso�di�rigetto.� DOTTRINA�1007 Il trattamento dei dati personali alla luce del d.lgs. n. 196/03 (�Codice in materia di protezione dei dati personali�), in particolare le regole specifiche per i soggetti pubblici di Emanuela Rosano� SOMMARIO:�Premessa1. ^Principigeneraliedefinizioni2. ^Idirittidell'interes- satoel'obbligodiinformativa3. ^Regolespecificheperisoggettipubblici 4. ^I soggetti che effettuano il trattamento 5. ^Gli adempimenti 5.1. ^La notificazione 5.2. ^Gli obblighi di comunicazione 5.3. ^Le autorizzazioni 6. ^Trattamenti in ambito pubblico 6.1. ^Attivita� di rile- vante interesse pubblico 6.2. ^Contenuto dei regolamenti 7. ^Misure minime di sicurezza e Disciplinare tecnico 8. ^Privacy e accesso ai docu- menti amministrativi. Conclusioni. Premessa. Il��Codice�in�materia�di�protezione�dei�dati�personali��(cd.�Codice�sulla� privacy)e�stato�approvato�con�D.Lgs.�30�giugno�2003,�n.�196�(pubblicato� nella�G.U. n.�174�del�29�luglio�2003)�ed�e�entrato�in�vigore�il�1.�gennaio�2004.� Si�divide�in�tre�parti.�La�prima�(artt.�1-45)�contiene�le�norme�di�carattere� generale,�valevoli�per�chiunque�ponga�in�essere�attivita�di�trattamento�dati� dei�terzi.�La�seconda�(artt.�36-140),�disciplina�le�disposizioni�relative�a�speci- fici�settori,�in�particolare,�quello�amministrativo,�giudiziario�e�sanitario.�La� terza�parte�(artt.�141-186),�infine,�disciplina�il�sistema�sanzionatorio,�i�rap- porti�col�Garante�e�contiene,�altres|�,�norme�abrogative,�modificative,�transi- torie�e�finali.� Il�codice�e�composto�inoltre�di�tre�allegati�cos|�denominati:��Codice�di� deontologia�relativo�al�trattamento�dei�dati�personali�nell'esercizio�dell'atti- vita�giornalistica��(All.�A),��Disciplinare�tecnico�in�materia�di�misure� minime�di�sicurezza��(All.�B),��Trattamenti�non�occasionali�effettuati�in� ambito�giudiziario�o�per�fini�di�polizia��(All.�C).� 1. ^Principi generali e definizioni L'art.�1�del�codice�riproduce�il�primo�comma�dell'art.�8�della�Carta�dei� diritti�fondamentali�dell'Unione�Europea:��Chiunque�ha�diritto�alla�prote- zione�dei�dati�personali�che�lo�riguardano�.�La�disposizione�introduce�il�rico- noscimento�del�diritto�alla�protezione�dei�dati�personali�attribuendo�ad�esso� valenza�autonoma�rispetto�al�diritto�alla�riservatezza.� Il�successivo�art.�2�sulle��Finalita���del�codice,�si�richiama�ai�principi�di� dignita�,�riservatezza,�identita�personale�e�al�diritto�alla�protezione�dei�dati� personali,�al�cui�rispetto�dev'essere�improntato�il�trattamento�dei�dati�perso- nali.� L'art.�3�introduce�il��principio�di�necessita���nel�trattamento�dei�dati�per- sonali,�in�base�al�quale,�sin�dalla�loro�configurazione,�i�sistemi�informativi�e� i�programmi�informatici�devono�essere�predisposti�in�modo�da�assicurare� che�i�dati�personali�o�identificativi�siano�utilizzati�solo�se�indispensabili�per� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� il�raggiungimento�delle�finalita�consentite,�e�non�anche�quando�i�medesimi� obiettivi�possano�essere�raggiunti�mediante�l'uso�di�dati�anonimi�o�con� modalita�non�invasive�della�sfera�privata�dell'interessato.� L'art.�4�contiene�le�definizioni.�Tra�le�piu�importanti�sin�da�ora�si�evi- denzia�che:� ^per�trattamento,�si�intende��qualunque�operazione�o�complesso�di� operazioni,�effettuati�anche�senza�l'ausilio�di�strumenti�elettronici,�concer- nenti�la�raccolta,�la�registrazione,�l'organizzazione,�la�conservazione,�la�con- sultazione,�l'elaborazione,�la�modificazione,�la�selezione,�l'estrazione,�il�raf- fronto,�l'utilizzo,�l'interconnessione,�il�blocco,�la�comunicazione,�la�diffu- sione,�la�cancellazione�e�la�distruzione�di�dati,�anche�se�non�registrati�in�una� banca�dati��(art.�4,�1�comma,�lett.�a));� ^per�dato�personale,��qualunque�informazione�relativa�a�persona� fisica,�persona�giuridica,�ente�o�associazione,�identificato�o�identificabili,� anche�indirettamente,�mediante�riferimento�a�qualsiasi�altra�informazione,� ivi�compreso�un�numero�di�identificazione�personale��(art.�4,�1�comma,� lett.�b));� ^per�dati�identificativi,��i�dati�personali�che�permettono�l'identifica- zione�diretta�dell'interessato��(art.�4,�1.�comma,�lett.�c));� ^per�dati�sensibili,��i�dati�personali�idonei�a�rivelare�l'origine�razziale� ed�etnica,�le�convinzioni�religiose,�filosofiche�o�di�altro�genere,�le�opinioni� politiche,�l'adesione�a�partiti,�sindacati,�associazioni�od�organizzazione�a� carattere�religioso,�filosofico,�politico�o�sindacale,�nonche�i�dati�personali� idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�e�la�vita�sessuale��(art.�4,�1�comma,� lett.�d));� ^per�dati�giudiziari,��i�dati�personali�idonei�a�rivelare�provvedimenti� di�cui�all'art.�3,�comma�1,�lettere�da�a) a�o) eda�r) a�u) del�d.P.R.�14�novem- bre�2002,�n.�313,�in�materia�di�casellario�giudiziale,�di�anagrafe�delle�sanzioni� amministrative�dipendenti�da�reato�e�dei�relativi�carichi�pendenti,�o�la�qualita� di�imputato�o�di�indagato�ai�sensi�degli�articoli�60�e�61�del�codice�di�proce- dura�penale��(art.�4,�1.�comma,�lett.�e)).� Una�categoria�di�dati�^non�meglio�definita�^e�quella�riguardante�i�dati� di�cui�all'art�17�del�codice,�e�cioe�,�i�dati�diversi�da�quelli�sensibili�e�giudiziari� (cd.�semisensibili)�il�cui�trattamento�presenta�rischi�specifici�per�i�diritti�e�le� liberta�fondamentali,�nonche�per�la�dignita�dell'interessato,�in�relazione�alla� natura�dei�dati�o�alle�modalita�del�trattamento�o�agli�effetti�che�puo�determi- nare.�In�questi�casi,�il�trattamento�e�ammesso�solo�previa�verifica,�a�cura� del�Garante,�che�siano�state�rispettate�le�misure�e�gli�accorgimenti�prescritti� a�garanzia�dell'interessato.� Alcuni�esempi�di�dati��semisensibili��sono�quelli�che�ledono�il�diritto� all'immagine,�i�nominativi�presenti�nelle�centrali�rischi�utilizzate�nel�settore� creditizio,�le�liste�dei�sospettati,�i�provvedimenti�disciplinari,�i�dati�raccolti� per�assistenza�sociale�e�per�effettuare�sondaggi�di�opinione,�alcuni�dati�bio- metrici.� Si�definisce,�infine:� ^titolare,��la�persona�fisica,�la�persona�giuridica,�la�pubblica�ammini- strazione�e�qualsiasi�altro�ente,�associazione�od�organismo�cui�competono,� DOTTRINA�1009 anche�unitamente�ad�altro�titolare,�le�decisioni�in�ordine�alle�finalita�,�alle� modalita�del�trattamento�di�dati�personali�e�agli�strumenti�utilizzati,�ivi�com- preso�il�profilo�della�sicurezza��(art.�4,�1�comma,�lett.�f));� ^responsabile,��la�persona�fisica,�la�persona�giuridica,�la�pubblica� amministrazione�e�qualsiasi�altro�ente,�associazione�od�organismo�preposti� dal�titolare�al�trattamento�dei�dati�personali��(art.�4,�1�comma�lett.�g));� ^incaricati,��le�persone�fisiche�autorizzate�a�compiere�operazioni�di� trattamento�dal�titolare�o�dal�responsabile��(art.�4,�1�comma,�lett.�h)).� 2. ^I diritti dell'interessato e l'obbligo di informativa Gli�artt.�7-10�disciplinano�i�diritti�dell'interessato�senza�tuttavia�disco- starsi�in�maniera�significativa�dal�sistema�delineato�dal�legislatore�del�1996.� Tali�diritti�(di�cui�l'interessato�dev'essere�previamente�informato�oralmente�o� per�iscritto�ai�sensi�del�successivo�art.�13,�1.�comma,�lett.�e))�possono�essere� classificati�in�tre�categorie�principali:�1)�il�diritto�a�conoscere�se�un�tratta- mento�e�stato�iniziato;�2)�l'esercizio�di�un�controllo�sulla�qualita�dei�dati�per- sonali�con�correlata�possibilita�di�chiederne�e�ottenerne�la�cancellazione,�la� trasformazione�in�forma�anonima,�la�rettificazione,�l'aggiornamento,�il� blocco�e�l'integrazione;�3)�il�diritto�di�opposizione�per�motivi�legittimi,�anche� qualora�il�trattamento�sia�pertinente�allo�scopo�per�cui�i�dati�erano�stati�rac- colti.� Gli�articoli�contenuti�nel�Capo�I�del�Titolo�III�(artt.�11-17)�contengono� regole�generali�valide�per�tutti�trattamenti.�In�particolare,�l'art.�11�sancisce� alcuni�principi�fondamentali�in�ordine�alle�modalita�del�trattamento�e�ai� requisiti�dei�dati�personali.�Questi�ultimi�devono�essere:�a)�trattati�in�modo� lecito�e�secondo�correttezza;�b)�raccolti�e�registrati�per�scopi�determinati,� espliciti�e�legittimi,�ed�utilizzati�in�altre�operazioni�del�trattamento�in�termini� compatibili�con�tali�scopi;�c)�esatti�e,�se�necessario,�aggiornati;�d)�pertinenti,� completi,�e�non�eccedenti�rispetto�alle�finalita�per�le�quali�sono�raccolti�o� successivamente�trattati;�e)�conservati�in�una�forma�che�consenta�l'identifica- zione�dell'interessato�per�un�periodo�di�tempo�non�superiore�a�quello�neces- sario�agli�scopi�per�i�quali�essi�sono�stati�raccolti�o�successivamente�trattati.� I�dati�trattati�in�maniera�illegittima�sono�inutilizzabili�e�comportano�un� obbligo�di�risarcimento�del�danno�non�patrimoniale�a�carico�del�titolare�ai� sensi�dell'art.�15,�2�comma,�del�codice(1).� L'art.�13�sancisce�l'obbligo�^a�carico�dei�soggetti�pubblici�o�privati�che� effettuano�il�trattamento�^di�fornire�all'interessato,�oralmente�o�per�iscritto,� (1)�La�risarcibilita�del�danno�non�patrimoniale�e�affermata�in�generale�dall'art.�2059�del� codice�civile,�il�quale,�tuttavia,�ne�limita�l'applicazione�ai�soli�casi�determinati�dalla�legge.�La�pre- visione�del�secondo�comma�dell'art.�15,�soddisfa�il�requisito�dell'espressa�menzione�legislativa� della�risarcibilita�del�danno�non�patrimoniale�ed�inoltre,�in�considerazione�del�fatto�che�il�tratta- mento�illecito�possa�costituire�reato�ai�sensi�dell'art.�167�del�codice,�consente�al�danneggiato�di� chiedere�ed�ottenere�anche�il�risarcimento�del�danno�morale�eventualmente�patito.�Il�Garante,�tut- tavia,�nella�Relazione�al�Parlamento�per�l'anno�1997,�ha�evidenziato�come�il�risarcimento�del� danno�morale�puo�essere�disposto�anche�in�assenza�di�una�condotta�penalmente�rilevante,�ma� che�comporti�ugualmente�un�pregiudizio�alla�persona,�come�nel�caso,�ad�esempio,�di�mancato� aggiornamento�dell'informazione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� un'informativa�completa�circa�le�finalita�e�modalita�del�trattamento,�la� natura�obbligatoria�o�facoltativa�del�conferimento�dei�dati,�l'ambito�di�diffu- sione�dei�medesimi,�le�conseguenze�di�un�eventuale�rifiuto�di�rispondere,�i� soggetti�o�categorie�di�soggetti�a�cui�i�dati�possono�essere�comunicati�o�che� possono�venirne�a�conoscenza�in�qualita�di�responsabili�o�incaricati,�i�diritti� di�cui�all'art.�7,�gli�estremi�identificativi�del�titolare�e,�se�designato,�del� responsabile.� A�tale�proposito�^e�con�specifico�riferimento�alle�amministrazioni�^si osserva�che,�l'informativa�di�cui�all'art.�13�del�codice�deve�essere�inserita�nei� moduli�per�la�presentazione�delle�dichiarazioni�sostitutive�secondo�il�testo� unico�sulla�documentazione�amministrativa�(art.�48,�comma�2,�decreto�del� Presidente�della�Repubblica�445/2000).� L'art.�15,�1.�comma,�prevede�che�il�danno�cagionato�ad�altri�per�effetto� del�trattamento�dei�dati�personali�sia�da�risarcire�ai�sensi�dell'art.�2050�del codice�civile�che,�come�e�noto,�disciplina�la�responsabilita�per�esercizio�di� attivita�pericolose.� 3. ^Regole specifiche per i soggetti pubblici Il�capo�II,�titolo�III�del�codice�(artt.�18-22),�regola�in�modo�specifico�il trattamento�dei�dati�personali�effettuato�dai�soggetti�pubblici.� L'art.�18�disciplina�i�principi�applicabili�a�tutti�i�trattamenti�effettuati�da� soggetti�pubblici,�con�esclusione�degli�enti�pubblici�economici,�equiparati� ai�fini�della�disciplina�in�esame�^ai�soggetti�privati.� Si�afferma�che,�qualunque�trattamento�di�dati�personali�da�parte�dei soggetti�pubblici�(2)�e�consentito�soltanto�per�lo�svolgimento�di�funzioni�isti- tuzionali�e�nel�rispetto�dei�presupposti�e�dei�limiti�stabiliti�dal�codice,�anche in�relazione�alla�diversa�natura�dei�dati,�nonche�dalla�legge�e�dai�regolamenti� (art.�18,�2.�e�3.�comma).� E�altres|�previsto�che�i�soggetti�pubblici�sono�esentati,�diversamente�dai privati�e�dagli�enti�pubblici�economici,�dall'onere�di�preventiva�richiesta�del� consenso�dell'interessato,�salve�comunque�le�disposizioni�riguardanti�gli�eser- centi�le�professioni�sanitarie�e�gli�organismi�sanitari�pubblici.� (2)�Il�codice�non�offre�una�definizione�di��soggetto�pubblico�,�pertanto,�e�opportuno�richia- marsi�alla�normativa�previgente,�in�particolare�all'art.�1,�2.�comma,�d.lgs.�n.�165/01�(che�ha�sosti- tuito�il�d.lgs.�29/93),�il�quale�definisce��amministrazioni�pubbliche���tutte�le�amministrazioni� dello�Stato,�ivi�compresi�gli�istituti�e�scuole�di�ogni�ordine�e�grado�e�le�istituzioni�educative,�le� aziende�ed�amministrazioni�dello�Stato�ad�ordinamento�autonomo,�le�regioni,�le�province,�i� comuni,�le�comunita�montane�e�loro�consorzi�ed�associazioni,�le�istituzioni�universitarie,�gli�istituti� autonomi�case�popolari,�le�camere�di�commercio,�industria,�artigianato�e�agricoltura�e�loro�asso- ciazioni,�tutti�gli�enti�pubblici�non�economici�nazionali,�regionali�e�locali,�e�le�amministrazioni,� le�aziende�e�gli�enti�del�Servizio�sanitario�nazionale�.� Il�Garante�ha�costantemente�interpretato�la�nozione�di��soggetto�pubblico��in�modo�restrit- tivo.�Si�vedano,�in�tal�senso,�i�pareri�del�31�dicembre�1996�e�del�29�maggio�1998�nei�quali�viene� affermata�la�natura�privata,�rispettivamente,�della�TIM�S.p.A�e�delle�Ferrovie�dello�Stato�S.p.A.� Anche�le�aziende�speciali,�istituite�ai�sensi�dell'�art.�23�della�legge�142/1990,�sono�state�rite- nute�dal�Garante�enti�pubblici�economici,�equiparate�^come�tali�^ai�soggetti�privati�ai�fini�del- l'applicazione�della�normativa�in�materia�di�trattamento�dei�dati�personali.� DOTTRINA�1011 Le�regole�applicabili�al�trattamento�dei�dati�personali�da�parte�dei�sog- getti�pubblici�si�distinguono�sulla�base�della�natura�dei�dati�trattati,� �comuni��o��ordinari��e��sensibili�e�giudiziari�.� Per�quanto�riguarda�i�primi�(dati�comuni),�l'art.�19�dispone�che�il�tratta- mento�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�e�consentito�anche�in�mancanza�di� una�norma�di�legge�o�di�regolamento�che�lo�preveda�espressamente,�ma�solo� nell'ambito�delle�proprie�funzioni�istituzionali.� La�comunicazione(3)�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�ad�altri�soggetti� pubblici�e�,�viceversa,�ammessa�quando�e�prevista�da�una�norma�di�legge�o� di�regolamento�(4).�In�mancanza�di�tale�norma�la�comunicazione�e�ammessa� quando�e�comunque�necessaria�per�lo�svolgimento�di�funzioni�istituzionali.� Di�tale�comunicazione�il�Garante�dev'essere�previamente�informato�a�cura� del�titolare�del�trattamento�e�il�trattamento�puo�essere�iniziato�solo�decorsi� 45�giorni�dal�ricevimento�della�comunicazione�salvo�diversa�determinazione� del�Garante.� La�comunicazione�da�parte�di�un�soggetto�pubblico�a�privati�o�ad�enti� pubblici�economici�e�la�diffusione(5)�sono�ammesse�unicamente�quando�sono� previste�da�una�norma�di�legge�o�di�regolamento.� Gli�artt.�20-22�disciplinano�i�principi�applicabili�al�trattamento�dei�dati� sensibili�e�giudiziari�da�parte�dei�soggetti�pubblici.� Secondo�l'art.�20,�1.�comma,�il�trattamento�di�dati�sensibili�da�parte�di� soggetti�pubblici�e�consentito�solo�se�autorizzato�da�parte�di�espressa�disposi- zione�di�legge�nella�quale�sono�specificati�i�tipi�di�dati�che�possono�essere� trattati�e�di�operazioni�eseguibili�e�le�finalita�di�rilevante�interesse�pubblico� perseguite.� Nei�casi�in�cui�la�disposizione�di�legge�specifica�le�finalita�di�rilevante� interesse�pubblico,�ma�non�i�tipi�di�dati�sensibili�e�di�operazioni�eseguibili,� questi�sono�individuati�e�resi�pubblici�dalle�amministrazioni�con�regolamento� da�adottare�in�conformita�al�parere�espresso�dal�Garante�anche�su�schemi� tipo�(art.�20,�2.�comma).� Se�il�trattamento�non�e�espressamente�previsto�da�alcuna�disposizioni�di� legge,�i�soggetti�pubblici�possono�richiedere�al�Garante�l'individuazione�delle� attivita�^tra�quelle�ad�essi�istituzionalmente�demandate�^che�perseguono� (3)�Secondo�la�definizione�del�codice:��il�dare�conoscenza�dei�dati�personali�ad�uno�o�piu� soggetti�determinati�diversi�dall'interessato,�dal�rappresentante�del�titolare�nel�territorio�dello� Stato,�dal�responsabile�e�dagli�incaricati�in�qualunque�forma,�anche�mediante�la�loro�messa�a� disposizione�e�consultazione��(�art.�4,�1.�comma,�lett.�l)).� (4)�In�ordine�alla�individuazione�dei�regolamenti�idonei�a�consentire�la�comunicazione�e�la� diffusione�dei�dati�personali�ai�sensi�del�2.�e�3.�comma�dell'art.�19,�e�da�ritenere�che�in�tale�nozione� rientrano,�oltre�ai�regolamenti�governativi�e�ministeriali,�anche�i�regolamenti�emanati�da�enti�pub- blici�aventi�autonomia�statutaria.�In�tal�senso�si�e�piu�volte�espresso�il�Garante�che�ha�ricono- sciuto�la�legittimita�di�comunicazioni�previste�da�statuti�comunali�(parere�dell'8�gennaio�1998).� (5)�Secondo�la�definizione�del�codice:��il�dare�conoscenza�dei�dati�personali�a�soggetti�inde- terminati,�in�qualunque�forma�anche�mediante�la�loro�messa�a�disposizione�o�consultazione�� (art.�4,�1.�comma,�lett.�m)).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� finalita�di�rilevante�interesse�pubblico.�In�questo�caso,�il�soggetto�pubblico� provvede�con�regolamento�ad�identificare�e�rendere�pubblici�i�tipi�di�dati�e� di�operazioni�(art.�20,�3.�comma)� Per�i�trattamenti�di�dati�personali�iniziati�prima�del�1�gennaio�2004,�l'i- dentificazione�con�atto�di�natura�regolamentare�dei�tipi�di�dati�e�di�opera- zioni�ai�sensi�degli�artt.�20,�2.�e�3�comma,�e�21,�2�comma,�e�effettuata,�ove� mancante,�entro�il�30�settembre�2004(6)�(art.�181,�1�comma,�lett.�a)).� La�regolamentazione�del�trattamento�dei�dati�giudiziari�e�equiparata,� quanto�a�disciplina,�a�quella�riguardante�i�dati�sensibili,�a�cui,�infatti,� l'art.�21,�2.�comma�rinvia.� L'art.�22�enuncia,�infine,�una�serie�di�regole�applicabili�al�trattamento� dei�dati�sensibili�e�giudiziari�ribadendo�e�specificando�alcuni�dei�principi� (semplificazione,�armonizzazione,�necessita�e�indispensabilita�)�contenuti�nella� prima�parte�del�codice.� In�particolare,�il�primo�comma�della�disposizione�in�esame,�prevedendo� che�i�soggetti�pubblici�conformano�il�trattamento�dei�dati�sensibili�secondo� modalita�volte�a�prevenire�violazioni�dei�diritti,�delle�liberta�fondamentali�e� della�dignita�dell'interessato,�specifica�i�principi�sanciti�dall'art.�2�del�codice.� Al�secondo�comma�e�previsto�che,�nel�fornire�l'informativa�di�cui� all'art.�13,�i�soggetti�pubblici�fanno�espresso�riferimento�alla�normativa�in� base�alla�quale�e�effettuato�il�trattamento�dei�dati�sensibili�o�giudiziari.� E�altres|�confermato�il�principio�di�necessita�di�cui�all'art.�3�del�codice� secondo�il�quale�i�soggetti�pubblici�possono�trattare�solo�i�dati�sensibili�e�giu- diziari�indispensabili�per�svolgere�attivita�istituzionali�che�non�possono�essere� adempiute,�caso�per�caso,�mediante�il�trattamento�di�dati�anonimi�o�di�dati� personali�di�natura�diversa�(e�cio�anche�quando�i�dati�sono�raccolti�nello� svolgimento�di�compiti�di�vigilanza,�di�controllo�o�ispettivi�^art.�22,� 10.�comma).� I�dati�sensibili�e�giudiziari�sono�raccolti,�di�regola,�presso�l'interessato.� A�conferma�di�quanto�gia�visto�all'art.�11,�i�soggetti�pubblici�verificano� periodicamente�l'esattezza�e�l'aggiornamento�dei�dati�sensibili,�nonche�la�loro� pertinenza,�completezza,�non�eccedenza�e�indispensabilita�rispetto�alle�fina- lita�perseguite�nei�singoli�casi,�anche�con�riferimento�ai�dati�che�l'interessato� fornisce�di�propria�iniziativa.�Al�fine�di�assicurare�che�i�dati�sensibili�siano� indispensabili�rispetto�agli�obblighi�e�ai�compiti�loro�attribuiti,�i�soggetti�pub- blici�valutano�specificamente�il�rapporto�tra�i�dati�e�gli�adempimenti.�I�dati� che,�anche�a�seguito�delle�verifiche,�risultano�eccedenti�o�non�pertinentio� non�indispensabili�non�possono�essere�utilizzati,�salvo�che�per�l'eventuale� conservazione,�a�norma�di�legge�dell'atto�o�del�documento�che�li�contiene� (art.�22,�5.�comma).� (6)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2005�per�effetto�del�D.L.�D.L.�24�giugno�2004,�n.�158,� pubblicato�sulla�G.U. n.�147�del�25�giugno�2004�(sul�punto�v.�infra).� DOTTRINA�1013 I�dati�sensibili�contenuti�in�elenchi,�registri�o�banche�dati,�tenuti�con� l'ausilio�di�strumenti�elettronici,�sono�trattati�con�tecniche�di�cifratura�o� mediante�l'utilizzazione�di�codici�identificativi�o�di�altre�soluzioni�che,�consi- derato�il�numero�e�la�natura�dei�dati�trattati,�li�rendono�temporaneamente� inintellegibili�anche�a�chi�e�autorizzato�ad�accedervi�e�permettono�di�identifi- care�gli�interessati�solo�in�caso�di�necessita�(art.�22,�6.�comma).� I�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�e�la�vita�sessuale�sono�conser- vati�separatamente�da�altri�dati�personali�trattati�per�finalita�che�non�richie- dono�il�loro�utilizzo.�I�medesimi�dati�sono�trattati�con�le�modalita�di�cui� sopra�anche�quando�sono�tenuti�in�elenchi,�registri,�banche�dati�senza�l'ausi- lio�di�strumenti�elettronici.� I�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�non�possono�essere�diffusi� (art.�22,�7�e�8.�comma).� I�dati�sensibili�non�possono�essere�trattati�nell'ambito�di�test�psico-atti- tudinali�volti�a�definire�il�profilo�o�la�personalita�dell'interessato.� La�diffusione�dei�dati�sensibili�e�giudiziari�e�ammessa�solo�se�prevista�da� un'espressa�disposizione�di�legge.� 4. ^I soggetti che effettuano il trattamento Il�titolo�IV�del�codice�(artt.�28-30)�e�intitolato�ai�soggetti�che�effettuano� il�trattamento,�individuati�nel�titolare,�responsabile,�incaricati.� Ai�sensi�dell'art.�28,�quando�il�trattamento�e�effettuato�da�una�persona� giuridica,�da�una�pubblica�amministrazione�o�da�un�qualsiasi�altro�ente,� associazione�od�organismo,�titolare�del�trattamento�e�l'entita�nel�suo�com- plesso�o�l'unita�od�organismo�periferico�che�esercita�un�potere�decisionale� del�tutto�autonomo�sulle�finalita�e�sulle�modalita�del�trattamento,�ivi�com- preso�il�profilo�della�sicurezza.� In�questi�casi,�quindi,�il�titolare�del�trattamento�e�la�struttura�nel�suo� complesso�e�cioe�il�soggetto�al�quale�competono�le�scelte�di�fondo�sulla�rac- colta�e�sull'utilizzazione�dei�dati�e�non,�invece,�le�singole�persone�fisiche�che� l'amministrano�o�che�la�rappresentano,�quali�ad�esempio�il�ministro,�l'ammi- nistratore�delegato,�il�direttore�generale,�il�presidente,�il�legale�rappresentante� (parere�del�Garante�dell'11�dicembre�1997).� Nello�svolgimento�dei�propri�compiti�istituzionali,�i�soggetti�pubblici� possono�ricorrere�alla�collaborazione�di�privati,�cui�affidare�determinate�atti- vita�anche�attraverso�concessioni,�appalti�o�convenzioni.�In�tali�ipotesi,�il�pri- vato�puo�assumere�la�veste�di�collaboratore�esterno�del�soggetto�pubblico,� che�coadiuva�l'amministrazione�trattando�i�dati�anche�al�di�fuori�della�rela- tiva�struttura,�ma�pur�sempre�nell'ambito�di�un'attivita�che�ricade�nella�sfera� di�titolarita�e�responsabilita�dell'amministrazione�la�quale�conserva,�pertanto,� la�qualita�di�titolare�del�trattamento;�oppure�puo�assumere�la�veste�di�titolare� del�trattamento�e�decidere�autonomamente�in�ordine�al�trattamento�delle� informazioni�assumendosi�le�relative�responsabilita�.�Nel�primo�caso,�il�pri- vato�e�parte�sostanziale�della�struttura�pubblica�e�rimane�quindi�soggetto�alla� RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO disciplina legislativa prevista per i soggetti pubblici, nel secondo casoe� invece soggetto autonomo che tratta i dati secondo le regole previste dalla normativa per i privati (7). L'art. 29 tratta del responsabile del trattamento. La sua preposizione da parte del titolare e� facoltativa (nel senso che, ove mancante, il responsabile puo� anche identificarsi con il titolare). Essa presup- pone che i compiti affidati al responsabile siano specificati analiticamente e per iscritto. La designazione puo� riguardare l'insieme delle operazioni di trat- tamento o alcune di esse, e puo� incardinare piu� persone, cumulativamente o per compiti separati. Il responsabile ^persona fisica o giuridica ^puo� essere individuato nel dirigente del settore dell'amministrazione che effettua il trat- tamento Il titolare esercita un potere di controllo sul suo operato. L'art. 30 riguarda, infine, gli incaricati del trattamento. Rivestano tale qualifica i privati (ma solo ed esclusivamente persone fisiche) che ricevono da un soggetto pubblico (attraverso un provvedimento amministrativo o una convenzione) l'incarico del trattamento di dati perso- nali, con limitati margini di autonomia in ordine al concreto svolgimento del servizio ed a scelte tecnico-operative. Tale attivita� e� svolta, invero, sotto la diretta sorveglianza e secondo le istruzioni dell'amministrazione che conserva la qualita� di titolare del tratta- mento, con poteri decisionali in ordine alle finalita� e alle modalita� di utilizza- zione dei dati. Solitamente gli incaricati sono individuati dal responsabile nell'ambito della sua struttura di settore. La designazione e� effettuata per iscritto e individua puntualmente l'am- bito del trattamento consentito. Si considera tale anche la documentata pre- posizione della persona fisica ad un'unita� per la quale e� individuato, per iscritto, l'ambito del trattamento consentito agli addetti dell'unita� medesima. 5. ^Gli adempimenti 5.1. ^La notificazione Il titolo VII del codice (artt. 37-41) riguarda gli �adempimenti� posti a carico del titolare del trattamento. Gli artt. art. 37 e 38 disciplinano l'obbligo di notifica. La notificazione e� una dichiarazione con la quale un soggetto pubblico o privato rende nota al Garante per la protezione dei dati personali l'esi- stenza di un'attivita� di raccolta e di utilizzazione dei dati personali. In un'ot- tica di semplificazione e razionalizzazione, il codice elenca solo i casi in cui (7) Parere del Garante del 29 luglio 1998 in fattispecie attinente al trattamento dei dati per- sonali svolto da societa� incaricate da amministrazioni comunali di effettuare misurazioni presso abitazioni private al fine dell'accertamento della tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. DOTTRINA�1015 e��necessaria�la�notificazione,�in�tutti�gli�altri�casi�vale�la�regola�dell'esenzione.� Viene�poi�lasciata�al�Garante�la�possibilita��di�individuare�con�proprio�prov- vedimento�altri�trattamenti�soggetti�a�notificazione�in�quanto�suscettibili�di� recare�pregiudizio�ai�diritti�e�alle�liberta��dell'interessato;�inoltre,�con�analogo� provvedimento,�il�Garante�puo��anche�individuare,�nell'ambito�dei�trattamenti� individuati�dalla�norma�in�esame,�quelli�non�suscettibili,�in�concreto,�di� recare�pregiudizio�agli�interessati�e�quindi�sottratti�all'obbligo�di�notifica- zione�(8).� L'art.�38�disciplina�le�modalita��di�notificazione�e�prevede�che�la�notifica- zione�del�trattamento�e��presentata�al�Garante�prima�dell'inizio�del�tratta- mento�ed�una�sola�volta,�a�prescindere�dal�numero�delle�operazioni�e�dalla� durata�del�trattamento�da�effettuare.�Ulteriori�eventuali�notificazioni�costi- tuiscono��modifiche�del�trattamento��oppure�cessazione�del�trattamento� (nel�caso�in�cui�l'intero�trattamento�precedentemente�notificato�venga�a�ces- sare�definitivamente).�In�caso�di�contitolarita��del�trattamento,�ciascun�conti- tolare�e��tenuto�ad�effettuare�un'autonoma�notificazione,�nella�quale�indichera�� tutti�gli�altri�contitolari.�Ciascun�titolare�sottoscrivera��solo�la�propria�notifi- cazione.�La�notificazione�e��validamente�effettuata�solo�se�e��trasmessa�per� via�telematica�utilizzando�il�modello�predisposto�dal�Garante�e�osservando� le�prescrizioni�da�questo�impartite,�anche�per�quanto�riguarda�le�modalita�� di�sottoscrizione�con�firma�digitale�e�di�conferma�del�ricevimento�della�notifi- cazione�(allo�stato�non�sono�previste�e�ammesse�altre�modalita�:�non�e��quindi� possibile�utilizzare�modelli�cartacei�o�dischetti,�ne�per�la�compilazione�ne� per�l'invio).� In�base�all'art.�181,�1.�comma,�lett.�c) del�codice,�per�i�trattamenti�dei� dati�personali�iniziati�prima�del�1.�gennaio�2004,�le�notificazioni�previste� dall'�art.�37�sono�effettuate�entro�il�30�aprile�2004�(anche�se�il�trattamento� era�stato�gia��notificato�in�passato).�Chi�esegue�la�notificazione�secondo�la� nuova�procedura�deve�dichiarare�che�effettua�una��una�nuova�notificazione�,� anche�se�in�passato�abbia�gia��presentato�una�notificazione�in�base�alla�legge� 675/1996.�Le�notificazioni�sono�inserite�in�un�registro�pubblico�che�sara��con- sultabile�gratuitamente�da�tutti�on-line.�Nel�registro�dei�trattamenti�non�figu- rano�i�nomi�delle�persone�cui�si�riferiscono�i�dati,�tuttavia,�le�notizie�accessi- bili�mediante�la�consultazione�del�registro�permettono�di�capire�che�tipo�di� dati�sono�trattati.� Il�titolare�del�trattamento�che�non�e��tenuto�alla�notificazione�ai�sensi� dell'art.�37�deve�comunque�fornire�le�notizie�contenute�nel�modello�di�notifi- cazione�predisposto�dal�Garante�a�chi�ne�fa�richiesta�(nell'esercizio�del�diritto� (8)�Cfr.,�da�ultimo,�la�deliberazione�del�31�aprile�4�n.�1,�pubblicata�sulla�G.U.�6�aprile�2004,� n.�81�e�reperibile�sul�sito�web�www.garanteprivacy.it).� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� di�accesso�e�degli�altri�diritti�riconosciuti�all'interessato),�a�meno�che�il�tratta- mento�riguardi�pubblici�registri,�elenchi,�atti�o�documenti�conoscibili�da� chiunque�(9).� La�violazione�dell'obbligo�di�notificazione�e�sanzionata�tanto�sul�piano� amministrativo,�quanto�su�quello�penale.� Ai�sensi�dell'art.�163�del�codice,�chiunque,�essendovi�tenuto,�non�prov- vede�tempestivamente�alla�notificazione�ai�sensi�degli�artt.�37�e�38,�ovvero� indica�in�esse�notizie�incomplete,�e�punito�con�la�sanzione�amministrativa� del�pagamento�di�una�somma�da�diecimila�euro�a�sessantamila�euro�e�con� la�sanzione�amministrativa�accessoria�della�pubblicazione�dell'ordinanaza- ingiunzione�in�uno�o�piu�giornali�indicati�nel�provvedimento�che�la�applica.� La�falsa�notificazione�e�invece�punita�con�la�reclusione�da�sei�mesi�a�tre� anni�salvo�che�il�fatto�costituisca�piu�grave�reato�(art.�168).� 5.2. ^Gli obblighi di comunicazione L'art.�39�tratta�dell'obbligo�di�comunicazione.� Il�titolare�del�trattamento�e�tenuto�a�comunicare�previamente�al� Garante:� 1)�la�comunicazione�di�dati�personali�da�parte�di�un�soggetto�pubblico� ad�altro�soggetto�pubblico�non�prevista�da�una�norma�di�legge�o�di�regola- mento�(v.�art.�19,�2.�comma);� 2)�il�trattamento�di�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di�salute�previsto�dal� programma�di�ricerca�biomedica�o�sanitaria�di�cui�all'art.�110,�1.�comma,� primo�periodo.� I�trattamenti�oggetto�di�comunicazione�possono�essere�iniziati�decorsi� quarantacinque�giorni�dal�ricevimento�della�comunicazione,�salvo�diversa� determinazione,�anche�successiva,�del�Garante.� La�comunicazione�e�inviata�utilizzando�il�modello�predisposto�e�reso� disponibile�dal�Garante�e�trasmessa�a�quest'ultimo�per�via�telematica�con� firma�digitale�e�conferma�del�ricevimento,�oppure�mediante�telefax�o�lettera� raccomandata.� Ai�sensi�dell'art.�181,�1.�comma,�lett.�d)�del�codice�per�i�trattamenti�di� dati�personali�iniziati�prima�del�1.�gennaio�2004,�le�comunicazioni�previste� dall'art.�39�sono�effettuate�entro�il�30�giugno�2004.� 5.3. ^Le autorizzazioni Gli�artt.�40�e�41�riguardano�le�autorizzazioni.� L'autorizzazione�costituisce�una�condizione�di�liceita�del�trattamento�dei� dati�sensibili�e,�talvolta,�dei�dati�giudiziari.�Si�tratta�di�un�provvedimento� con�cui�il�Garante,�dopo�aver�esaminato�che�il�trattamento�in�questione�non� comporta�particolari��rischi�di�danno�o�di�pericolo�per�i�diritti,�le�liberta�fon- damentali�e�la�dignita�delle�persone�,�lo�acconsente.�L'autorizzazione�(unita- (9)�Nella�scheda�informativa�dell'1.�gennaio�4�reperibile�sul�sito�web�www.garanteprivacy.it� ci�sono�le�istruzioni�relative�alle�modalita�di�compilazione�della�notificazione,�i�diritti�di�segrete- ria,�la�firma�digitale,�le�anomalie�e�le�regolarizzazioni.� DOTTRINA�1017 mente�al�consenso�per�iscritto�dell'interessato)�rappresenta,�invero,�una�con- dizione�di�legittimita�del�trattamento�dei�dati�sensibili�da�parte�dei�soggetti� privati�e�degli�enti�pubblici�economici�(art.�26,�1.�comma).� Per�quanto�riguarda�invece�l'uso�dei�dati�giudiziari,�l'autorizzazione�del� Garante�e�prevista�come�condizione�di�legittimita�del�trattamento�dei�dati� in�alternativa�all'autorizzazione�contenuta�in�un'espressa�previsione�norma- tiva�(art.�27).� I�soggetti�pubblici,�a�differenza�dei�privati�e�degli�enti�pubblici�econo- mici,�non�devono�richiedere�il�consenso�degli�interessati�e�l'autorizzazione� del�Garante�per�il�trattamento�dei�dati�sensibili.� 6. ^Trattamenti in ambito pubblico 6.1.^Attivita�dirilevanteinteressepubblico Agli�artt.�62�e�ss.�il�codice�qualifica�di�rilevante�interesse�pubblico�alcune� attivita�istituzionalmente�demandate�ai�soggetti�pubblici.�Tra�queste�sono� ricomprese�anche�quelle�concernenti�il�rilascio�dei�documenti�di�riconosci- mento�e�il�cambiamento�delle�generalita�.� Tale�individuazione�assume�rilevanza�ai�sensi�dell'art.�20,�2.�comma:� i�soggetti�pubblici�che�effettuano�il�trattamento�di�dati�sensibili�dovranno� adottare,�conseguentemente,.�regolamenti�nei�quali�identificare�i�tipi�di�dati� personali�trattati�e�le�operazioni�su�di�essi�eseguibili�strettamente�pertinenti� e�necessarie�in�relazione�alle�finalita�perseguite�nei�singoli�casi.� Sirinviaallaletturadegliartt.�62-74dellafontelegislativa,nonche�all'art.�177� dimodificadellenormeinmateriadiadozione(10),�servizioelettorale(11),�stato� (10)�L'art.�177,�2.�comma�del�codice�modifica�l'art.�28,�7.�comma�legge�184/83,�disponendo� che�l'adottato�non�puo�accedere�alle�informazioni�relative�alla�madre�naturale�che�abbia�chiesto� di�non�essere�nominata�nella�dichiarazione�di�nascita.�In�tutti�gli�altri�casi,�l'adottato�venticin- quenne�ha�diritto�di�conoscere�l'identita�dei�propri�genitori�biologici.� (11)�Con�provvedimento�del�15�febbraio�2004�l'Autorita�garante�ha�individuato�i�casi�in�cui�i� dati�personali�dei�cittadini�possono�essere�utilizzati�per�la�propaganda�elettorale�previa�informa- tiva�degli�interessati,�ma�senza�necessita�di�richiedere�il�loro�consenso�e�i�casi,�invece,�in�cui�il�con- senso�e�necessario.Sipuo�prescindere�dal�consenso�degli�interessati�solo�se�i�dati�sono�estratti�da� fonti�cd.��pubbliche�,�ovvero�conoscibili�da�chiunque�senza�limitazioni�in�base�ad�un'espressa� disposizione�di�legge�o�di�regolamento.�Sono,�pertanto,�utilizzabili�le�liste�elettorali�detenute� presso�i�comuni,�gli�elenchi�di�iscritti�ad�albi�e�collegi�professionali�e�i�dati�contenuti�in�taluni�regi- stri�detenuti�dalle�camere�di�commercio,�l'elenco�degli�elettori�italiani�residenti�all'estero�per�le�ele- zioni�del�Parlamento�europeo,�l'elenco�aggiornato�dei�cittadini�italiani�residenti�all'estero�finaliz- zato�alla�predisposizione�delle�liste�elettorali,�gli�elenchi�della�telefonia�fissa,�ma�soltanto�per�l'in- vio�di�posta�ordinaria�o�chiamate�telefoniche�effettuate�da�un�operatore�e�salvo�opposizione�degli� interessati.�Fuori�da�questi�casi,�in�particolare�quando�si�ricorre�all'uso�di�fax,�telefono�cellulare,� e-mail,�e�necessario�il�consenso�preventivo�e�specifico�dell'interessato,�basato�su�un'informativa� che�evidenzi�chiaramente�l'utilizzo�dei�dati�a�fine�di�propaganda�elettorale.�Il�consenso�e�altres|� necessario�e�dev'essere�manifestato�per�iscritto�nel�caso�di�utilizzazione�da�parte�di�partiti�o�asso- RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� civileediffusionedeidatidemografici(12)e�174modificadinormeinmateriadi� notificazioni.� Sono,�altres|�,�considerate�di�rilevante�interesse�pubblico�ai�sensi�degli� artt.�20�e�21�del�codice,�le�finalita�concernenti�i�trattamenti�effettuati�dai�sog- getti�pubblici�per�scopi�storici,�statistici�e�scientifici�(art.�98).�Nell'ambito� del�trattamento�per�scopi�scientifici�o�statistici�assume�particolare�rilievo� l'art.�105�del�codice�che�individua�forme�semplificate�in�relazione�all'obbligo� di�informativa�dell'interessato,�prevedendo�che�esso�si�intende�assolto�anche� se�l'informativa�e�resa�ad�un�soggetto�legittimato�a�rispondere�in�nome�e� per�conto�dell'interessato,�perche�familiare�o�convivente,�nelle�specifiche�cir- costanze�individuate�dai�relativi�codici�deontologici�(la�cui�adozione�e�previ- sta�come�obbligatoria�per�i�soggetti�pubblici�e�privati,�ivi�comprese�le�societa� scientifiche�e�le�associazioni�professionali,�interessati�al�trattamento�dei�dati� per�scopi�storici,�statistici�o�scientifici�^artt.�102�e�106).�Tale�semplificazione� opera,�per�esempio,�nell'ambito�delle�procedure�di�rilevamento�di�dati�stati- stici�in�occasione�del�censimento�della�popolazione.� 6.2. ^Contenuto dei regolamenti Per�quanto�attiene�al�contenuto�dei�regolamenti�di�cui�agli�artt.�20,�2.�e� 3.�comma�e�21,�2.�comma�del�codice,�appare�utile�il�richiamo�alla�segnala- zione�del�Garante�al�Governo�del�17�gennaio�2002�in�cui�si�ravvisa�la�neces- sita�che�i�provvedimenti�di�individuazione�dei�tipi�di�dati�e�di�operazioni� eseguibili:� 1)�contengano�una�scrupolosa�ricognizione�di�tutte�le�attivita�materiali� che�il�soggetto�pubblico�intende�perseguire�con�strumenti�automatizzati�e� non�automatizzati�in�relazione�alle�finalita�di�rilevante�interesse�pubblico;� ciazioni�politiche�e�non�dei�dati�relativi�ai�loro�iscritti,�anche�per�sostenere�candidati�interni.�Non� sono,�infine,�in�nessun�caso�utilizzabili�a�fini�di�propaganda�elettorale�gli�atti�anagrafici�e�dello� stato�civile,�le�liste�elettorali�di�sezione�gia�utilizzate�nei�seggi,�i�dati�annotati�da�scrutatori�e�rap- presentanti�di�lista.�Un'ulteriore�garanzia�per�i�cittadini�risiede�nella�possibilita�loro�accordata�di� opporsi�all'ulteriore�invio�di�materiale�elettorale�nonostante�il�consenso�precedentemente�manife- stato.�Si�ricordi,�infine,�che�ai�sensi�dell'art.�177,�4.�comma�del�codice�(che�interviene�sull'art.�5� deld.P.R.223/1967),apartiredall'1�gennaio2004(entratainvigoredelcodice),nellelisteeletto- rali�non�dovranno�piu�essere�indicati�il�titolo�di�studio,�la�professione�o�il�mestiere�dell'elettore.� (12)�La�materia�dello�stato�civile�e�disciplinata�agli�artt.�63�e�177,�comma�3�del�codice.�La� prima�norma�stabilisce�che�gli�atti�dello�stato�civile�conservati�negli�archivi�di�Stato�sono�consulta- bili�nei�limiti�previsti�dall'art.�197�D.lgs.�n.�490/1999�(e,�quindi,�decorsi�settanta�anni�dalla�forma- zione�dell'atto).�Il�secondo�articolo�precisa�che�il�rilascio�degli�estratti�degli�atti�dello�stato�civile� e�consentito�solo�ai�soggetti�cui�l'atto�si�riferisce,�oppure�su�istanza�motivata�di�chi�abbia�un�inte- resse�personale�e�concreto�per�la�tutela�di�una�situazione�giuridicamente�rilevante.� In�materia�di�diffusione�dei�dati�demografici,�l'art.�177,�al�comma�1,�precisa�che�il�comune� puo�utilizzare�gli�elenchi�degli�iscritti�nell'anagrafe�della�popolazione�residente�(Apr)�per�esclusivo� uso�di�pubblica�utilita�anche�in�caso�di�applicazione�della�disciplina�in�materia�di�comunicazione� istituzionale�(tali�dati�non�possono,�quindi,�essere�utilizzati�per�la�propaganda�elettorale�o�per� pubbliche�relazioni�di�carattere�personale).� DOTTRINA�1019 2)�effettuino�una�previa�valutazione�della�stretta�pertinenza�e�della� stretta�necessita�(ora�indispensabilita�ex art.�22,�3.�comma�del�codice);� 3)�non�si�riducano�ad�una�mera�riproduzione�del�contenuto�di�disposi- zioni�di�atti�normativi�unita�ad�una�indicazione�solo�di�macro-tipologie�di� dati�e�di�descrizioni�del�tutto�generiche�del�loro�impiego;� 4)�prevedano�forme�di�pubblicita�tali�da�porre�il�cittadino�in�condi- zioni�di�conoscere,�con�un�apprezzabile�grado�di�chiarezza,�con�quali�moda- lita�sono�utilizzate�delicate�informazioni�che�secondo�le�direttiva�comunitaria� 95/46�CE(13)�non�potrebbero�altrimenti�essere�trattate;�a�tal�fine�possono� essere�utilizzati�prospetti�schematici�che�possono�facilitare�il�collegamento� tra�le�tipologie�di�informazioni�e�di�operazioni�e�le�finalita�di�interesse�pub- blico�specificamente�individuate;� 5)�indichino�per�categorie�i�dati�personali�trattati�senza�entrare�in� ulteriori�specifici�dettagli,�quali�ad�esempio�dati�sulla�salute�e/o�sullavita� sessuale;� 6)�suddividano�la�parte�di�provvedimento�che�attiene�alle�operazioni� di�trattamento,�indicando�un�primo�gruppo�di�disposizioni�standard,�che� puo�essere�comune�a�piu�tipologie�di�dati,�ponendo�altres|�in�maggiore�evi- denza�le�operazioni�che�possono�spiegare�effetti�piu�significativi�per�l'interes- sato�(es.�elaborazione,�selezione,�raffronto),�aggiungendo�una�descrizione�sin- tetica�dei�flussi�di�dati�(specificando�ad�es.�dove�sono�raccolti�di�regola�i�dati,� le�eventuali�interconnessioni�o�consultazioni�da�parte�di�altre�amministra- zioni).� 7. ^Misure minime di sicurezza e Disciplinare tecnico Il�titolo�V�del�codice�(artt.�31-36)�tratta�della�sicurezza�dei�dati�e�dei� sistemi.�Ad�esso�fa�da�supporto�e�completamento�il�Disciplinare�tecnico�in� materia�di�misure�minime�di�sicurezza�di�cui�all'Allegato�B�al�codice.� L'art.�31�enuncia�gli�obblighi�di�sicurezza�cui�sono�tenuti�il�titolare�e�il� responsabile�del�trattamento�che�hanno�l'obbligo�di�adottare�misure�di�sicu- rezza�idonee�a�ridurre�al�minimo�i�rischi�di�distruzione�o�perdita�dei�dati� stessi,�di�accesso�non�autorizzato�o�di�trattamento�non�consentito�o�non�con- forme�alle�finalita�della�raccolta.� L'art.�32�disciplina�le�particolari�modalita�di�applicazione�delle�misure�di� sicurezza�da�parte�di�fornitori�di�servizi�di�comunicazioni�elettronica�accessi- bili�al�pubblico.� (13)�La�direttiva�94/46�CE�non�prevede�una�disciplina�specifica�per�il�trattamento�dei�dati� sensibili�da�parte�dei�soggetti�pubblici.�L'�art.�8�della�direttiva,�infatti,�dopo�aver�sancito�in�via� generale�nel�par.�1�il�divieto�del�trattamento�di�tali�tipi�di�dati,�indica�nei�par.�2�e�3�i�casi�in�cui�il� divieto�stesso�non�si�applica,�alcuni�dei�quali�rilevano�anche�per�l'attivita�dei�soggetti�pubblici.� Piu�specificamente�riferibile�all'attivita�dei�soggetti�pubblici�e�,�tuttavia,�il�par.�4�dell'�art.�8.�il�quale� dispone�che��purche�siano�previste�le�opportune�garanzie,�gli�Stati�membri�possono,�per�motivi� di�interesse�pubblico�rilevante,�stabilire�ulteriori�deroghesulla�base�della�legislazione�nazionale�o� di�una�decisione�dell'autorita�di�controllo��Tali�deroghe,�ai�sensi�del�par.�6,�devono�essere�notifi- cate�alla�Commissione.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� L'art.�33�sancisce�l'obbligo�per�i�titolari�del�trattamento�di�adottare�le� misure�minime�di�sicurezza�volte�ad�assicurare,�per�l'appunto,�un�livello� minimo�di�protezione�dei�dati�personali.� Gli�artt.�34�e�35�disciplinano,�rispettivamente,�il�trattamento�dei�dati� personali�effettuato�con�strumenti�elettronici�e�quello�effettuato�senza�l'ausi- lio�di�strumenti�elettronici,�rinviando�^per�le�relative�modalita�tecnico- operative�^al�Disciplinare�tecnico�di�cui�all'Allegato�B�al�codice.� L'art.�36,�infine,�prevede�espressamente�l'aggiornamento�periodico�delle� misure�minime�di�sicurezza�alla�luce�delle�innovazioni�tecnologiche�sopravve- nute�e�all'esperienza�maturata�nel�settore.� Nel�Disciplinare�tecnico�il�legislatore�distingue�le�misure�di�sicurezza�da� adottare�a�seconda�che�il�trattamento�dei�dati�venga�attuato�con�strumenti� elettronici,�o�comunque�automatizzati,�ovvero�senza�l'ausilio�di�strumenti� elettronici�o�comunque�automatizzati�(archivio�cartaceo).� Al�comma�19�del�Disciplinare�e�sancito,�a�carico�del�titolare�del�tratta- mento�di�dati�sensibili�o�di�dati�giudiziari�effettuato�con�strumenti�elettronici,� l'obbligo�di�redigere�^entro�il�31�marzo�di�ogni�anno�^il�documento�pro- grammatico�sulla�sicurezza�contenente�informazioni�circa:�l'elenco�dei�tratta- menti�di�dati�personali,�la�distribuzione�dei�compiti�e�delle�responsabilita�,� l'analisi�dei�rischi,�le�misure�da�adottare�per�garantire�l'integrita�e�la�disponi- bilita�dei�dati�nonche�la�protezione�delle�aree�e�dei�locali,�i�criteri�da�adottare� per�distinguere�e�separare�i�dati�relativi�allo�stato�di�salute�e�alla�vita�sessuale� dagli�altri�dati�personali�dell'interessato.� Con�parere�del�22�marzo�2004�il�Garante�ha�precisato�che�benche�non�si� tratti�a�rigore�di�una�misura�nuova,�e�comunque�sostenibile�che�il�DPS�da� redigere�quest'anno�per�la�prima�volta,�o�da�aggiornare,�possa�essere�predi- sposto�al�piu�tardi�entro�il�30�giugno�2004(14),�anziche�necessariamente� entro�il�31�marzo,�data�che�e�invece�prevista�a�regime�per�i�prossimi�anni,�a� partire�dal�2005.� Si�perviene�a�questa�conclusione�sia�per�coloro�che�devono�redigere�tale� documento�per�la�prima�volta�nel�2004�sia�per�chi,�gia�dotato�di�un�DPS� redatto�o�aggiornato�nel�2003,�ritenga�necessario�utilizzare�un�trimestrein� piu�,�rispetto�al�31�marzo,�per�curare�la�stesura�di�un�testo�significativo�e�piu� impegnativo�nella�ricognizione�dei�rischi�e�degli�interventi�previsti.� L'art.�180�del�codice�fissa�il�termine�del�30�giugno�2004�(15)�per�l'ado- zione�delle�misure�minime�di�sicurezza�di�cui�agli�articoli�da�33�a�35�e�all'alle- gato�B)�che�non�erano�previste�dal�decreto�del�Presidente�della�Repubblica� 28�luglio�1999,�n.�318.�Nel�caso�di�obiettive�difficolta�tecniche�che�non�con- sentano�al�titolare�di�adottare�le�nuove�misure�di�sicurezza�e�^limitatamente� (14)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2004�per�effetto�del�decreto�legge�24�giugno�2004�cito (sul�punto�v.�infra).� (15)�Termine�prorogato�al�31�dicembre�2004�per�effetto�del�D.L�24�giugno�2004�cito (sul� punto�v.�infra).� DOTTRINA�1021 ai�trattamenti�effettuati�con�strumenti�elettronici�^tale�data�e�spostata�al� 1.�gennaio�2005,�previa�motivazione�scritta�da�parte�del�titolare�e�l'adozione� di�idonee�misure�di�carattere�organizzativo,�logistico�o�procedurale.� 8. ^Privacy e accesso ai documenti amministrativi Gli�artt.�59�e�60�operano�un�raccordo�tra�la�normativa�in�materia�di� trattamento�dei�dati�personali�e�la�normativa�in�materia�di�accesso.� L'art.�59�sull'accesso�ai�documenti�amministrativi�richiama�la�legge� n.�241/90�e�successive�modificazioni�e�i�relativi�regolamenti�di�attuazione� ribadendone�la�vigenza�in�materia�di�disciplina�dei�presupposti,�modalita�,� limiti�per�l'esercizio�del�diritto�di�accesso�ai�documenti�amministrativi�con- cernenti�dati�personali�e�relativa�tutela�giurisdizionale.�Precisa�la�norma�in� esame�che�le�attivita�finalizzate�all'applicazione�di�tale�disciplina�si�conside- rano�di�rilevante�interesse�pubblico.� In�buona�sostanza,�l'entrata�in�vigore�del�codice�non�ha�abrogato�la�nor- mativa�in�materia�di�accesso,�rimettendo�all'interprete�il�compito�di�valutare,� caso�per�caso�i�termini�del�bilanciamento�tra�il�diritto�alla�circolazione�delle� informazioni�posto�a�presidio�della�trasparenza�dell'azione�amministrativa� rispetto�al�diritto�alla�riservatezza(16).� Quando�tuttavia�il�trattamento�concerne�dati�idonei�a�rivelare�lo�stato�di� salute�o�la�vita�sessuale,�esso�e�consentito�solo�se�la�situazione�giuridicamente� rilevante�che�si�intende�tutelare�con�la�richiesta�di�accesso�ai�documenti� (16)�Sui�difficili�rapporti�tra�accesso�e�privacy si�e�pronunciata�l'adunanza�plenaria�del�Consi- glio�di�Stato�con�l'importante�sentenza�del�4�febbraio�1997,�n.�5�(in�Riv. Amm.,�1997,�p.�253)� quando�ancora�mancava�una�disciplina�ad hoc per�il�trattamento�dei�dati�sensibili.�Dopo�aver�evi- denziato�il�cambiamento�di�prospettiva�introdotto�nell'ordinamento�dalla�legge�n.�241/1990,�nel� senso�di�riconoscere�la�pubblicita�come�regola�dell'azione�amministrativa�e�il�segreto,�viceversa,� come�eccezione,�l'adunanza�plenaria�ha�ritenuto�che�l'accesso,�qualora�venga�in�rilievo�per�la�cura� o�la�difesa�di�propri�interessi�giuridici,�debba�prevalere�rispetto�alle�esigenze�di�difesa�del�terzo.� Nel�medesimo�senso�si�e�espresso�il�Garante�puntualizzando�che�tra�la�normativa�in�tema�di�trat- tamento�dei�dati�personali�e�quella�sulla�trasparenza�dell'attivita�della�P.A�non�esiste�alcuna� incompatibilita�di�fondo,�in�quanto�la�legge�sul�trattamento�dei�dati�personali�non�ha�introdotto� un�regime�di�assoluta�riservatezza�dei�dati�personali,�dovendosi�verificare�di�volta�in�volta�se�sus- sistono�altrui�diritti�o�interessi�meritevoli�di�tutela�equivalente�o�superiore.�In�particolare,�con� nota�del�30�giugno�97�in�risposta�ai�quesiti�in�materia�di�pubblicita�di�albi�di�medici�chirurghi,�il� Garante�ha�distinto�tra:� 1)�documenti�da�ritenere�pienamente�pubblici,�in�forza�di�espressa�disposizione�di�legge�o�di� regolamento�e,�in�quanto�tali,�conoscibili�da�parte�di�chiunque;� 2)�documenti�a�pubblicita�limitata,�la�cui�conoscibilita�e�cioe�circoscritta�ad�alcune�catego- rie�di�soggetti�pubblici�o�privati;� 3)�documenti�amministrativi�accessibili�ai�portatori�di�un�interesse�personale�e�concreto�e� per�la�tutela�di�situazioni�giuridicamente�rilevanti.�In�questi�casi,�spetta�alle�singole�amministra- zioni�individuare�particolari�modalita�di�accesso�nonche�i�documenti�sottratti�all'accesso�laddove� ricorra�l'esigenza�di�salvaguardare�la�riservatezza�di�terzi�e�salva,�comunque,�la�visione�di�tali�atti� da�parte�degli�interessati�quando�cio�risulti�funzionale�alla�cura�o�alla�difesa�dei�propri�interessi� giuridici;� 4)�documenti�soggetti�alla�regola�del�segreto�d'ufficio�e�accessibili�alla�sola�amministra- zione�che�li�detiene.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� amministrativi�e�di�rango�almeno�pari�ai�diritti�dell'interessato,�ovvero�consi- sta�in�un�diritto�della�personalita�o�in�un�altro�diritto�o�liberta�fondamentale� e�inviolabile�(art.�60)�(17).� Sempre�in�materia�di�accesso�ai�documenti�amministrativi,�l'art.�176,� 1comma�del�codice�ha�modificato�il�testo�dell'art.�24,�3.�comma�legge� 241/90,�precisando�che�le�eventuali�limitazioni�o�esclusioni�del�diritto�di� accesso�ai�dati�raccolti�mediante�strumenti�informatici�stabilite�con�decreto� governativo�per�la�salvaguardia�della�sicurezza,�difesa�nazionale�e�relazioni� internazionali,�politica�monetaria�e�valutaria,�ordine�pubblico,�prevenzione� e�repressione�della�criminalita�,�non�si�applicano�all'accesso�ai�dati�personali� da�parte�della�persona�cui�i�dati�si�riferiscono.� Conclusioni I�principi�generali�introdotti�dal�codice�sulla�protezione�dei�dati�perso- nali�sono�destinati�ad�incidere,�inevitabilmente,�sull'attivita�amministrativa� rivolta�alla�gestione�delle�informazioni.� Nella�consapevolezza�di�cio�il�legislatore�delegato�ha�stabilito�anche�i� termini�per�consentire�il�necessario�adeguamento�alle�prescrizioni�del�codice.� L'art.�180�indicava�nel�30�giugno�2004,�salve�obiettive�ragioni�tecniche�impe- ditive,�il�termine�ultimo�entro�il�quale�adottare�le�nuove�misure�minime�di� sicurezza�(artt.�33-35)�nonche�il�documento�programmatico�sulla�sicurezza� (DPS)�nel�caso�di�trattamento�di�dati�sensibili�o�giudiziari�effettuato�con�stru- menti�elettronici.� L'art�181,�lett.�a)�individuava�il�termine�del�30�settembre�2004�per�l'ado- zione�dei�regolamenti�previsti�dagli�artt.�20,�2.�e�3.�comma�e�21,�2.�comma� del�codice�(per�la�trattazione�di�tali�articoli�v.�supra pp.�7-8).� Da�ultimo,�con�D.L.�24�giugno�2004,�n.�158�(pubblicato�sulla�G.U. n.�147�del�25�giugno�2004),�tali�termini�sono�stati�prorogati�al�31�dicembre� 2004�(per�l'adozione�delle�misure�minime�di�sicurezza�e�la�redazione�del� DPS)�e�al�31�dicembre�2005�(per�l'adozione�da�parte�dell'amministrazione� dei�regolamenti�identificativi�delle�tipologie�dei�dati�sensibili�e�giudiziari).� Tali�proroghe�sono�state�rese�necessarie�dall'estrema�difficolta�manifestata� al�Garante�da�privati�e�soggetti�pubblici�di�adeguarsi�nei�tempi�prescritti�alle� nuove�e�complesse�disposizioni�in�materia�di�protezione�dei�dati�personali.� (17)�Il�Garante�ha�precisato�che�per�valutare�il�rango�del�diritto�del�terzo�occorre�utilizzare� quale�parametro�di�raffronto�non�il�diritto�di�azione�o�di�difesa,�quanto�il�diritto�sottostante�che� il�terzo�intende�far�valere�sulla�base�del�materiale�documentale�che�chiede�di�conoscere.A�talpro- posito,�un�diritto�puo�essere�ritenuto�di�pari�rango�rispetto�a�quello�dell'interessato,�solo�se�appar- tiene�alla�categoria�dei�diritti�della�personalita�oe�compreso�tra�altri�diritti�o�liberta�fondamentali� e�inviolabili.�Il�riferimento�normativo�a�tali�ultimi�diritti�e�,�in�particolare,�collegato�ad�un��elenco� aperto��di�posizioni�soggettive�individuabile�in�chiave�storico-evolutiva.�Ad�avviso�della�giurispru- denza�ricade�sul�richiedente�l'accesso�la�prova�del�rango�dell'interesse�sotteso�alla�sua�istanza�oltre� alla�prova�dell'attualita�dell'interesse�(C.d.S.,�n.�2542/02).� ServiziInformatici eStatistici ServiziInformatici eStatistici Valore legale dell'archivio digitale (*) di Barbara Bombaci Alla�luce�della�normativa�vigente�in�Italia,�l'archiviazione�digitale�e�rite- nuta�valida�e�sostitutiva�del�documento�cartaceo.� Le�questioni�qui�di�seguito�affrontate�riguarderanno�le�regole�ed�i�prin- cipi�tecnico-giuridici�che�consentono�l'archiviazione�della�notevole�mole�di� informazioni�prodotte�in�un�moderno�reparto�di�radiologia�mediante�sup- porti�informatici.� A�tal�fine,�e�necessario�anticipare�che�il�Ministro�per�l'Innovazione�e�le Tecnologie�Lucio�Stanca�ha�approvato,�con�decreto del 14 ottobre 2003,le� linee�guida�per�l'attivazione�dei�sistemi�di�protocollo�informatico.� Dal�1.�gennaio�2004�tutte�le�Amministrazioni�Pubbliche�dovranno�adot- tare�il�Protocollo�Informatico�e�gestire�i�procedimenti�amministrativi�in� modo�elettronico�con�notevoli�vantaggi�in�termini�di�efficienza�interna,�ma� anche�esterna,�delle�amministrazioni�verso�i�cittadini,�le�imprese�e�le�altre� amministrazioni.� Vecchi�faldoni�addio,�quindi!� D'ora�in�poi,�infatti,�le�pubbliche�amministrazioni�dovranno�chiudere�in� un�cassetto�i�vecchi�protocolli�cartacei,�ricordo�di�una�burocrazia�autorefe- renziale�e�farraginosa.� Per�poter�realizzare�la��riforma�elettronica��della�pubblica�amministra- zione�senza�carta,�e�necessario�consentire�il�trasferimento�degli�archivi�carta- cei�su�supporti�informatici,�garantendo�l'efficacia�legale�sia�dei�documenti� originali�che�degli�archivi�digitali.� CONTESTO NORMATIVO. Prima�di�procedere�all'esame�dei�requisiti�imposti�dalla�normativa� vigente�in�materia�di�archiviazione�di�documenti�su�supporto�ottico�e�neces- sario�definire�con�chiarezza�il�concetto�di�documento�informatico�alla�luce� dell'evoluzione�normativa�che�lo�ha�interessato.� (*)�Intervento�al�Congresso�tenuto�dall'A.I.O.P.�(Associazione�Italiana�Ospedalita�Pri- vata)�di�Palermo�il�26�maggio�2004.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� 1.�Il�documento�informatico.� L'introduzione�nel�nostro�ordinamento�di�una�prima�definizione�di� �documento�informatico�,�la�si�deve�all'art.�3�della�legge�1993,�n.�547,�con� la�quale�il�legislatore�ha�introdotto�l'art.�491-bis�del�codice�penale�che�testual- mente�recita:��...�per�documento�informatico�si�intende�qualunque�supporto� informatico�contenente�dati�o�informazioni�.� Sottolineiamo�come,�alla�luce�della�citata�normativa,�il�concetto�di� documento�informatico�si�identifichi�con�quello�di�supporto�informatico.� L'ordinamento�giuridico�era,�fino�a�quel�momento,�strutturato�sul�pre- supposto�che�il�documento�per�poter�produrre�effetti�giuridicamente�rilevanti� dovesse�essere,�se�non�esclusivamente�cartaceo,�per�lo�meno�rappresentato� su�supporto�fisico.� Inoltre,�ai�fini�dell'imputabilita�delle�dichiarazioni�provenienti�da�una� parte,�il�valore�probatorio�conferito�ad�alcuni�documenti�(per�tutti�la�scrit- tura�privata�o�l'atto�pubblico),�era�legato�alla�sottoscrizione.� Il�documento�informatico�trova�la�sua�identificazione�e�riconoscimento� ufficiale�con�l'emanazione�della�legge�del�1997,�n.�59,�c.d.�Bassanini-1.� L'art.�15,�2.�comma,�si�compone�di�due�periodi.�Ecco�il�primo:� �Gli�atti,�dati�e�documenti�formati�dalla�pubblica�amministrazione�e�dai� privati�con�strumenti�informatici�o�telematici,�i�contratti�stipulati�nelle�mede- simeforme,�nonche�la�loro�archiviazione�e�trasmissione�con�strumenti�informa- ticio�telematici,�sono�validie�rilevantia�tuttiglieffettidilegge;[...].� Questa�norma,�che�fa�parte�della�riforma�complessiva�della�P.A.�dise- gnata�dalle�cd.�Leggi�Bassanini,�presenta�due�aspetti�molto�importanti:� a)�l'attribuzione�esplicita�di�una�rilevanza�giuridica�a�procedure�infor- matiche;� b)�che�questa�rilevanza�e�queste�procedure�sono�identiche�sia�per�gli� atti�della�P.A.�che�per�quelli�dei�privati.� Il�legislatore�ha,�in�tal�modo,�sancito�i�presupposti�normativi�per�la�sma- terializzazione�del�documento,�non�ritenendo�piu�indispensabile�il�supporto� fisico�affinche�lo�stesso�potesse�essere�considerato�giuridicamente�rilevante,� in�presenza�sempre�e�comunque�di�strumenti�di�sicurezza�idonei�a�garantirne� la�provenienza�e�quindi�l'originalita�.� La�seconda�parte�del�comma�afferma:� �I�criteridiapplicazionedelpresentecommasonostabilitiperlaP.A.eper� iprivati,�con�specifici�regolamenti�da�emanar...�.� Tale�regolamento�di�attuazione�della�c.d.�Bassanini-uno�e�contenuto�nel� d.P.R.�10�novembre�1997,�n.�513,��Regolamento�recante�i�criteri�e�modalita� per�la�formazione,�l'archiviazione�e�la�trasmissione�di�documenti�con�stru- menti�informatici�e�telematici,�a�norma�dell'art.�15,�comma�2.�della�legge� 1997�n.�59�.� L'art.�1�di�quest'ultimo�affianca�alla�secolare�definizione�di�documento� cartaceo�quella�di��documento�informatico��che�viene�definito�come��La� rappresentazione�informaticadiatti,fattio�datigiuridicamente�rilevanti�.� Il�documento�informatico�risulta�costituito�da�una��rappresentazione� informatica��indipendente�dal�supporto�fisico.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Con�il�sopracitato�regolamento�viene,�inoltre,�introdotto�il�concetto�di� firma�digitale�che�risultera��distinto�dal�concetto�di�firma�elettronica�intro- dotto�dalla�Direttiva�1999/1993/CE.� L'art.�10,�comma�2.,�d.P.R.�513/1997,�sancisce�il��principio di equiva- lenza��tra�la�sottoscrizione�tradizionale�su�carta�e�la�sottoscrizione�digitale.� Pertanto,�al�documento�informatico��rafforzato��dall'apposizione�della� firma�digitale�e��attribuita�l'efficacia�probatoria�della�scrittura�privata�di�cui� all'art.�2702�cod.�civ.�(c.f.r.�articolo�5,�comma�1,�d.P.R.�513/1997).� Il�disegno�complessivo�perseguito�dal�legislatore�era�quello�di�far�s|��che� la�firma�digitale�rappresentasse�il�criterio�di�imputazione�del�documento� informatico�al�suo�autore�e�di�consentire�l'attribuzione�al�documento�infor- matico�della�piena�efficacia�giuridica�sostanziale�e�processuale.� Con specifico riferimento al settore della radiologia: colui�che�stende�al� P.C.�un�atto�informatico�(come�il�referto),�affinche�abbia�valore�di�scrittura� privata,�deve�firmarlo.� Il�nostro�codice�civile�non�impone�l'uso�di�particolari�supporti�o�mezzi� per�scrivere,�firmare�e�conservare�i�documenti.�Impone,�invece,�che�per�quali- ficare�un�documento�come�scrittura�privata�esso�deve�essere�sottoscritto�da� colui�che�ne�vuole�assumere�la�paternita��.�L'art.�2702�cod.�civ.,�invero,�statui- sce�che�la�scrittura�privata�fa�piena�prova,�fino�a�querela�di�falso,�della�prove- nienza�delle�dichiarazioni�da�chi�l'ha�sottoscritta,�se�colui�contro�il�quale�la� scrittura�e��prodotta�ne�riconosce�la�sottoscrizione,�ovvero�se�questa�e��legal- mente�considerata�come�riconosciuta.� Alla�stregua�della�citata�normativa,�quindi,�il�medico�refertante,�final- mente,�potra��generare�e�visualizzare�il�referto�al�computer,��sigillare��il�testo� vidimandolo�con�la�propria�firma�digitale�e�trattenere�l'originale�del�referto� sul�RIS�del�servizio.� Il�d.P.R.�28�dicembre�2000,�n.�445,�recante�il��Testo�Unico�delle�disposi- zioni�amministrative�e�regolamentari�in�materia�di�documentazione�ammini- strativa�,�riunisce�e�coordina�le�disposizioni�in�materia�di�documentazione� amministrativa�recate�dai�citati�provvedimenti�normativi.� L'art.�10�di�detto�d.P.R.,�nel�regolare�la�forma�e�l'efficacia�del�docu- mento�informatico,�stabilisce�che�il�documento�informatico�sottoscritto�con� firma�digitale,�redatto�in�conformita��alle�regole�tecniche,�soddisfa�il�requisito� legale�della�forma�scritta�ed�ha�efficacia�probatoria�ai�sensi�dell'art.�2712� c.c.�e�che�il�documento�informatico�sottoscritto�con�firma�digitale�ai�sensi� dell'art.�23�del�T.U.,�ha�efficacia�di�scrittura�privata�ai�sensi�dell'art.�2702�c.c.� La�disciplina�civilistica�adottata�in�attuazione�dell'art.�15�della�legge� Bassanini-1,�59/1997,�inizialmente�contenuta�negli�art.�4�e�5�del�d.P.R.� n.�513/1997,�e��progressivamente�mutata,�dapprima�con�l'originaria�formula- zione�dell'art.�10�del�testo�unico�ed�ora�con�la�novella�introdotta�dal�decreto� D.Lgs.�n.�10/2002,�in�recepimento�della�direttiva�sulle�firme�elettroniche.� Viene,�in�tal�modo,�data�attuazione�all'art.�5�della�direttiva� 1999/1993/CE�che�impone�agli�stati�membri�l'adozione�di�standards minimi� in�relazione�al�riconoscimento�degli�effetti�giuridici�delle�firme�elettroniche� avanzate�(che�altro�non�sono�che�la�nostra�firma�digitale�ex decreto�del�Presi- dente�della�Repubblica�445/2000)�e�delle�firme�elettroniche�in�quanto�tali.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� E�necessario,�altres|�,�rilevare�che�mentre�la�versione�originale�dell'art.�10� del�testo�unico�aveva�valore�di�regolamento,�il�nuovo�art.�10�ha�rango�di� norma�primaria.� Il�D.Lgs�n.�10/2002�ha�introdotto�le�seguenti�novita��:� a) molteplici�tipologie�di�firme�elettroniche�aventi�validita��ed�efficacia� giuridiche�diverse;� b) Il�divieto�di�autorizzazione�preventiva�per�lo�svolgimento�dell'atti- vita��di�certificazione;� c) Un�sistema�di�accreditamento�facoltativo�per�i�certificatori��quali- ficati�.� In�particolare,�il�suindicato�D.Lgs.�ha�attribuito�al�documento�sotto- scritto�con�firma�elettronica�avanzata,�c.d.�forte�(la�firma�digitale�del�d.P.R.� 513/1997�e��l'esempio�principale),�nei�casi�in�cui�la�firma�e��basata�su�un�certi- ficato�qualificato�e�creata�con�dispositivo�sicuro,�l'efficacia�probatoria�del� documento�sottoscritto�e�riconosciuto.� Il�titolare,�infatti,�per�disconoscere�il�documento�redatto�con�tale�stru- mento,�dovra��attivare�il�complesso�procedimento�della�querela�di�falso.� Sulla�scia�delle�novita��introdotte�dal�D.Lgs.�10/2002�e�dalla�direttiva� 1999/1999/CE�e��stato�emanato�con�il�d.P.R�n.�137�del�7�aprile�2003,�l'atteso� regolamento�recante��disposizioni�di�coordinamento�in�materia�di�firme�elet- troniche�.� Quest'ultimo�fu�inizialmente�tacciato�di�avere�eliminato�il��principio�del- l'equivalenza��tra�firma�digitale�e�sottoscrizione�autografa�gia��consacrato� nell'art.�23,�comma�2.�del�d.P.R.�445/2000�(e,�prima�ancora,�nell'art.�10,� comma�2.,�del�d.P.R.513/1997).� Tuttavia,�con�il�regolamento�n.�137/2003�si�attribu|��semplicemente�alla� nozione�di��firma�digitale�,�di�cui�all'art.�10�del�testo�unico�445/2000,�la� denominazione�di��firma�elettronica�qualificata��(c.f.r.�art.�4).� 2.�La conservazione di documenti su supporto ottico. Nel�sistema�della�gestione�dei�flussi�documentali,�la�conservazione�e�la� classificazione�del�documento�informatico�diventano�fondamentali�per� garantire�nel�tempo�integrita��,�identita��e�provenienza,�reperibilita��,�sia�come� unita��singola�che�in�relazione�ad�altri�documenti�e�la�normativa�esistente�e�� piuttosto�ampia.� A�conferma�dell'importanza�che�riveste�il�fattore�organizzativo�in�un� sistema�di�gestione�informatica�di�documenti,�la�classificazione e fascicola- zione dei�documenti�e��un�fattore�cruciale�del�sistema.� Osserviamo,�preliminarmente,�che�gia��ai�sensi�e�per�gli�effetti�del- l'art.�2220�del�cod.�civ.�rubricato:�Conservazione delle scritture contabili: �Le scritture devono essere conservateperdieciannidalla data dell'ultima registra- zione. Perlostessoperiododevonoconservarsile...copiedellefatture, dellelet- tereedei telegrammispediti...�. La�prima�legge�che�prevede�l'archiviazione�ottica�sostitutiva�e��quella�del� 24�dicembre�1993�n.�537��Interventi�correttivi�di�finanza�pubblica�,�seppur� ai�soli�limitati�fini�della�conservazione ed�esibizione dei�documenti�per�finalita�� amministrative�e�probatorie.�L'art.�2,�comma�15�di�detta�legge�considerava� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� valida�l'archiviazione�dei�documenti�su�supporto�ottico�purche�le�procedure� utilizzate�fossero�state�conformi�alle�Regole�Tecniche�dettate�dall'AIPA� (Autorita�per�l'informatica�nelle�pubbliche�amministrazioni).� Una�prima�versione�completa�di�tali�regole�tecniche�si�e�avuta�con�la�delibe- razione�n.�15�del�1994�dell'AIPA.�Tale�delibera�aveva�come�finalita�primaria�la� leggibilita�universaledeldiscoprodottosecondo�leregole�tecnichedettate.� Consapevole�delle�necessita�di�garantire�la�sicurezza�in�termini�di�non� manomissione�di�riservatezza,�non�alterabilita�dei�dati�nel�tempo,�l'AIPA�si� riservava�di�provvedere�ad�aggiornare�il�provvedimento�in�materia�di:�archi- viazione�dei�documenti�redatti�in�forma�elettronica�crittografia,�meccanismi� di�firma�elettronica,�trasmissione�via�rete�del�documento�da�esibire.� La�versione�definitiva�delle�citate�regole�tecniche�si�e�avuta�con�la�delibe- razione�n.�24�del�1998.�Tale�deliberazione,�intitolata��Regole�tecnicheper�l'uso� dei�supporti�ottici�,�fu�per�alcuni�anni�la�norma�di�riferimento�in�materia.� Successivamente,�venne�emanata�la�deliberazione�AIPA�n.�42/2001�inti- tolata��Regole�tecniche�per�la�riproduzione�e�conservazione�di�documenti�su� supporto�ottico�idoneo�a�garantire�la�conformita�dei�documenti�agli�originali�.� In�particolare,�l'art.�6�del�testo�unico�di�cui�al�d.P.R.�445/2000�stabilisce� che�i�privati�hanno�facolta�di�sostituire�a�tutti�gli�effetti�le�scritture�con�la�loro� riproduzione�su�supporto�ottico,�fotografico�o�altro�mezzo�tecnico�idoneoa� garantire�la�conformita�dei�documenti�agli�originali.�Al�fine�di�considerare�sod- disfatti�gli�obblighi�di�conservazione,�tanto�ai�fini�amministrativi�che�probatori,� occorre�utilizzare�procedure�conformi�alle�regole�tecniche�dettate�dall'AIPA.� Il�sistema�che�risulta�da�questo�quadro�di�regole�tecniche�puo�essere�cos|� sintetizzato.� Vengono�definiti�i�seguenti�concetti:� a)�Documento:�rappresentazione�in�formato�analogico�o�digitale�di� atti,�fatti�e�dati...;� b)�Documento�analogico:�documento�formato�utilizzando�una�gran- dezza�fisica�che�assume�valori�continui�(tracce�su�carta,�pellicole�radiografi- che,�nastri�magnetici,...);� c)�Documento�digitale:�testi,�immagini...�formati�tramite�una�gran- dezza�fisica�che�assume�valori�binari,�ottenuti�tramite�un�processo�di�elabora- zione�elettronica,�di�cui�sia�identificabile�l'origine;� d)�Documento�informatico:�documento�digitale�sottoscritto�con�firma� digitale�ex�lege;� Viene,�altres|�,�distinta�la�memorizzazione�temporanea�dei�dati,�definita� semplicemente��archiviazione�,�dalla�memorizzazione�permanente,�definita� �conservazione�.� Vengono�descritti�i�supporti�di�memorizzazione�utilizzabili:��qualsiasi� mezzo�fisico�che�consente�la�memorizzazione�di�documenti�digitali�mediante� l'impiego�della�tecnologia�laser�(dischi�ottici,�magneto-ottici,�DVD).� A�tal�proposito,�un�elemento�innovativo�veniva�introdotto�dall'art.�8�che� specifica,�che��tenuto�conto�dell'innovazione�tecnologica.......�e�datafacolta�.......� diutilizzare,.......�nelprocessodiconservazionedigitaledeidati,�unqualsiasisup portodimemorizzazione,�anchenonottico,�comunqueidoneoagarantirelaconfor mita�dei�documenti�aglioriginali...��ed,�ovviamente,�la�loro�inalterabilita�.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� La�recente�deliberazione�19�febbraio�2004,�n.�11,�del�centro�nazionale�per� l'informatica�nella�pubblica�amministrazione�(CNIPA),�reca��Le�nuove�regole� tecniche�per�la�riproduzione�e�la�conservazione�di�documenti�idoneo�a�garantire� la�conformita�dei�documenti�all''originale��per�l'archiviazione�documentale� che�sostituiscono�quelle�contenute�nella�deliberazione�AIPA�n.�42�del�2001.� Quest'ultima�presentava�alcuni�problemi:� a) la�tecnologia�suggerita�per�la�firma�del�file da�conservare�era�prati- cabile�solo�per�file di�dimensioni�molto�piccole;� b) le�definizioni�di��documento�informatico��e�di��firma�digitale��non� erano�coerenti�con�quelle�presenti�nel�testo�unico�445/2000�dopo�il�recepi- mento�della�direttiva�comunitaria�sulla�firma�digitale.� Nella�deliberazione�n.�11/2004,�pubblicata�sulla�Gazzetta Ufficiale n.�57� del�9�marzo�2004,�sono�illustrate�le�caratteristiche�dei�documenti�e�le�forma- lita�richieste�per�la�loro�presentazione�che�puo�essere�di�due�tipi:� informatica;� analogica;� Il�documento��informatico��dovra�,�quindi,�avere�le�caratteristiche� descritte�dall'art.�1�della�deliberazione�e�dal�testo�unico�sulla�documentazione� amministrativa�(d.P.R.445/2000).� Il�documento��analogico�,�che�puo�essere�in�originale�(distinto�a�sua� volta�in��unico�e��non�unico�)�ed�in�copia,�si�distingue�da�quello�informatico� perche�formato�da�una�grandezza�fisica�che�assume�valori�continui�(come�le� tracce�su�carta,�le�immagini�su�film,�ecc.).� La�deliberazione�mantiene�sostanzialmente�invariate�le�modalita�di�con- servazione�dei�documenti,�anche�se,�per�grandi�quantita�,�si�potra�decidere�di� archiviare�apponendo�il�riferimento�temporale�e�la�firma�digitale.� Il�documento�distingue,�inoltre,�tra�l'archiviazione�elettronica�e�la�con- servazione�sostitutiva.� L'archiviazione�elettronica�non�prevede�particolari�modalita�operative:� l'adempimento�viene�lasciato�all'iniziativa�del�soggetto�interessato,�il�quale� potra�utilizzare�un�qualsiasi�tipo�di�supporto�di�memorizzazione�per�l'acqui- sizione�del�documento,�la�sua�classificazione�e�l'attribuzione�di�un�codice�di� identificazione�univoco,�in�modo�da�consentirne�un�accesso�facile�e�razionale.� Il�processo�di�conservazione�sostitutiva�e�,�invece,�finalizzato�a�rendere� un�documento�non�deteriorabile�e,�quindi,�disponibile�nel�tempo�in�tutta�la� sua�integrita�ed�autenticita�.� Il�processo�di�conservazione�e�,�in�generale,�successivo�all'eventuale�archi- viazione�elettronica.� 3.�La documentazione radiologica: aspetti legali. Il�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997,�quale�norma�di�attuazione�pre- vista�dall'art.�111,�comma�10�del�D.Lgs�n.�230�del�17�marzo�1995,�all'art.�3� provvedeva�ad�individuare�una�chiara�definizione�della�documentazione� radiologica,�differenziando�nell'ambito�di�quest'ultima�la�documentazione� iconografica�dai�resoconti�radiologici.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� Invero,�la�sopracitata�disposizione�normativa�asseriva�che��i�documenti� radiologici�e�di�medicina�nucleare�consistono�nella�documentazione�iconografica� prodotta�aseguito�dell'indaginediagnostica...�.� Individuava,�invece,�nei��resoconti�radiologici�e�di�medicina�nucleare�i� referti�stilati�dal�medico�specialista�radiologo�o�medico�nucleare�.� Il�26�maggio�2000�veniva�emanato�il�D.Lgs�n.�187�in�attuazione�della� direttiva�97/43/EURATOM�in�maniera�di�protezione�sanitaria�delle�persone� contro�i�pericoli�delle�radiazioni�ionizzanti�connesse�ad�esposizioni�mediche,� col�quale�si�provvedeva�ad�abrogare�espressamente�all'art.�15�gli�artt.�da�109� a�114�compresi�nel�D.Lgs�230/1995.�Una�volta�eliminato�radicalmente� l'art.�111�del�D.Lgs�n.�230,�quale�sorte�avrebbero�dovuto�avere�le�norme�di� attuazione�del�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997�da�esso�emanate?�Dopo� numerose�e�serrate�richieste�rivolte�all'Ufficio�Legislativo�del�Ministero�della� Salute�Italiano,�quest'ultimo�asseriva,�con�riferimento�al�D.Lgs�n.�230/1995� che:��la�ratio�della�disposizione�normativa...�era�quella�di�evitare�la�ripetizione� di�esami�superflui�consentendo�l'utilizzo�di�documenti�radiologici�gia�eseguiti.� Nediscende,pertanto,�apareredelloscrivente,�cheilD.M14febbraio97che� ha�stabilito�le�disposizioni�idonee�a�consentire�l'utilizzo�di�documenti�radiologici� gia�eseguiti,�sia�da�considerasi�ancora�valido,�ancorche�l'art.�111�del�D.Lgs� 230/1995,�che�ha�previsto�l'adozione�del�citato�decreto�ministeriale�sia�stato� abrogato�dall'art.�15�del�D.Lgs�187/2000�.� 4. Acquisizione,�conservazione,�esibizione,�consegna�della�documentazione� radiologica.� L'art.�4�del�decreto�ministeriale�14�febbraio�1997�si�sofferma�sulla�tratta- zione�delle�vie�di�acquisizione,�di�archiviazione�e�degli�obblighi�di�disponibi- lita�ed�esibizione�della�documentazione�radiologica.�Quest'ultimo�testual- mente�recita:� 1.�-�Ove�la�documentazione�iconografica...�non�venga�consegnata�al� paziente,�questadeveesserecustoditaconlemodalita�dicuiaisuccessivicommi�.� 2.�-�Ladocumentazioneiconografica...�puo�essereacquisitamediantepell icole�radiografiche,�supporti�cartacei,�supporti�elettronici�.� 3.�-�Qualora�la�documentazione�iconografica�non�venga�consegnata�al� paziente,�deve�essere�custodita�qualunque�sia�la�forma�di�archivio�prescelta,�la� documentazionedevepoteressere�disponibile�arichiestapersuccessiveesigenze� mediche.�Tale�disponibilita�deve�essere�mantenuta�per�un�periodo�non�inferiore�e� diecianniperla�documentazioneiconograficaedatempoillimitatoperireferti...�.� Analizziamo�ora�le�situazione�che�si�realizzano�nella�pratica�quotidiana,� distinguendole�in�relazione�alla�provenienza�del�paziente�interno�o�esterno,� ed�alla�tipologia�dei�dati�prodotti:�a)�referto�radiologico;�b)�documentazione� iconografica.� a)�Il�referto�digitale�del�paziente�interno,�firmato�digitalmente,�deve� essere�conservato�a�tempo�indeterminato�e�viene�inserito�nella�cartella�elet- tronica;�se�non�esiste�cartella�elettronica,�il�referto�viene�stampato,�sotto- scritto�ed�inserito�nella�cartella�cartacea.� RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� Il�referto�digitale�del�paziente�esterno,�validato�con�firma�digitale,�viene� consegnato�al�paziente�in�forma�cartacea,�con�dichiarazione�di�conformita� da�parte�di�un�pubblico�ufficiale;�in�formato�elettronico,�su�CD�ROM�o�tra- smesso�via�e-mail (c.f.r.�Deliberazione�AIPA�n.�42/2001).� b) Le�immagini�prodotte�in�formato�digitale,�per�un�paziente�interno,� devono�esser�conservate�per�un�periodo�non�inferiore�a�dieci�anni,�analoga- mente�le�immagini�su�pellicola.�Il�corretto�processo�di�conservazione�delle� immagini�radiologiche�digitali�prevede�l'apposizione�del�riferimento�tempo- rale�e�della�firma�digitale�del�responsabile�della�conservazione�sull'indice�dei� documenti�contenuto�nel�supporto�ottico,�alla�chiusura�del�processo.� Il�paziente�che�richiede�copia�della�documentazione�iconografica,�potra� scegliere�il�supporto�su�cui�ricevere�la�copia�medesima,�elettronico�o�analogico.� Le�immagini�in�formato�digitale�prodotte�per�un�paziente�esterno�pos- sono�essere�consegnate�al�paziente�non�sussistendo�obbligo�di�conservazione� per�il�servizio�di�Radiologia.� Tuttavia,�la�consegna�della�documentazione�digitale�al�paziente�esterno� impone�al�servizio�di�Radiologia�il�dovere�di�informare�il�paziente�sugli� obblighi�di�conservazione�ex lege della�documentazione�stessa:�la�tecnologia� ci�aiuta�garantendo�che�con�la�firma�digitale�apposta�dal�radiologo�refertante� il�documento�sia�divenuto�immodificabile�e�che�eventuali�successive�manipo- lazioni�siano�immediatamente�riscontrabili.� Le�immagini�ed�i�documenti�analogici�possono�essere��conservati��in� formato�digitale,�riversandoli,�ad�esempio,�mediante�scanner sui�supporti� ottici.�Il�responsabile�della�conservazione�deve�apporre,�sull'insieme�dei� documenti,�il�riferimento�temporale�e�la�firma�digitale�per�attestare�il�cor- retto�svolgimento�del�processo.�La�distruzione�di�documenti�analogici,�di� cui�e�obbligatoria�la�conservazione,�e�consentita�soltanto�dopo�il�completa- mento�della�procedura�di�conservazione�digitale.� Considerazionifinali. Il�mondo�radiologico�e�senza�dubbio�un�mondo�tecnologicamente�avan- zato�al�suo�interno;�ma,�purtroppo,�deve�fare�i�conti�con�il�mondo�dei� pazienti�e�con�quello�delle�altre�strutture�sanitarie�che�non�si�stanno�evol- vendo�alla�medesima�velocita�.� E�a�tutti�noi�evidente�che,�sia�da�un�punto�di�vista�organizzativo�che�eco- nomico,�la�scelta�tecnologica�si�e�rivelata�indispensabile.� Ormai�la�gestione�dell'intera�documentazione�radiologica�e�divenuta�tal- mente�pesante�da�necessitare�dell'ausilio�elettronico;�i�costi,�i�luoghi�ele� risorse�umane�hanno�fatto�ancor�piu�propendere�per�la�moderna�scelta.� Tuttavia,�le�norme�non�impongono�ai�fruitori�dei�moderni�servizi�radio- logici�di�adeguarsi�tecnologicamente.� Non�vi�e�,�invero,�alcuna�norma�che�impone�al�medico�richiedente�o�al� paziente�di�munirsi�di�hardware e�software atti�a�leggere�l'intera�documenta- zione�radiologica�consegnatagli.� Cio�nondimeno,�decidere�per�una�svolta�definitiva�e�radicale�verso�l'in- tera�gestione�elettronica�interna�ed�esterna�della�documentazione�radiologica� potrebbe�essere�facilitata�dall'orientamento�nazionale�nei�confronti�delle� carte�sanitarie�elettroniche.� SERVIZI�INFORMATICI�E�STATISTICI� A�tal�fine,�ognuno�di�noi�dovra�entrare�in�possesso�di�una�carta�elettro- nica�in�grado�di�contenere�molteplici�dati�ed�informazioni�su�larga�scala.� Ne�consegue�che,�come�in�ogni�situazione�di�passaggio�dall'antico�al� moderno�in�evoluzione,�si�devono�affrontare�ponderate�scelte...� Riferimenti�bibliografici� SaccO P.,�Valore�legale�dell'archivio�digitale.� BranchI M.,�Integrazione�dei�servizi�clinici�di�bioimmagini:�aspetti�econo- mici�e�gestionali�^Tesi�di�specializzazione�in�Telematica�ed�Integrazione�dei�Ser- vizi�nella�Sanita�.�AA�2000/2001.� ModenA D.,�La�disciplina�per�laformazione�e�la�trasmissione�dei�documenti� informatici.� CammaratA M., MaccaronE E.,�TeoriaePraticadelDiritto.�Lafirmadigi- tale�sicura.�Il�documento�informatico�nell'ordinamento�giuridico�italiano.�Giuffre� Editore.� ScaglionE L.,�Definizione�di�documento�informatico.� www.palazzochigi.it� www.interlex.it� www.innovazione.gov.it� Ladocumentazioneper�ilpaziente.�Aspettilegali.�www.radinfo.org.it� www.aipa.it� RecensioniRecensioni �Il linguaggio delle istituzioni pubbliche nei discorsi di insediamento presso l'Avvocatura dello Stato, il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti�,�a�cura�di�FedericO BasilicA e�StefanO Sepe,�Scuola� Superiore�della�Pubblica�Amministrazione,�Roma,�2004.� Nei�rapporti�fra�amministrazione�pubblica�e�cittadini,�molto�e� cambiato:�infatti,�con�una�rivoluzione�quasi�copernicana�il�cittadino�e� divenuto,�da�suddito,�protagonista�e�portatore�di�chiari�diritti,�oltre� che�di�doveri.� Possiamo�ben�dire�che�di�questa�rivoluzione�il�linguaggio�e�stato� ed�e�il�tramite:�un�linguaggio�non�piu�oscuro,�burocratico�e�farragi- noso,�quindi�da�decifrare,�ma�vivo�e�aderente�alla�realta�,�per�consen- tire�una�piena�attuazione�del�principio�di�uguaglianza�fra�i�cittadini,� favorendo�cos|�il�rispetto�delle�leggi.� Sono�lontani�i�tempi�in�cui�i�bravi�manzoniani�ironizzavano�sulle� capacita�del�povero�Don�Abbondio,�identificando�il��sapere�di�latino�� con�la�facolta�di�sottrarsi�ai�propri�doveri�di�parroco.� Eppure�quando�al�latino�cos|�usato�come�lingua�del�potere,�si�e� sostituito�l'italiano,�non�si�e�adottato�certo�quello�parlato,�ma�un�buro- cratese�complesso�basato�su�formule�consolidate,�che�per�altro�nessuno� usava�quotidianamente�per�esprimersi.� Nel�1993,�con�la�pubblicazione�del�Codice di stile delle comunica- zioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche,�a�cura�del�Diparti- mento�della�Funzione�Pubblica,�prendeva�l'avvio�un�vero�e�proprio� processo�di�riforma�che,�partendo�dalla�semplificazione�del�linguaggio� amministrativo,�andava�ad�inserirsi�nell'attuazione�stessa�della�legge� 7�agosto�1990,�n.�241,�che�sanciva�la�trasparenza�del�procedimento� amministrativo,�attraverso�l'accesso�ai�suoi�atti.� Il�successivo��Manuale di stile��del�1997,�curato�da�Alfredo�Fio- ritto,�e�stato�l'ideale�prosecuzione�del�Codice,�fornendo�anche�un�glos- RECENSIONI�1033 sario�di�500�termini�ricorrenti�nel�linguaggio�amministrativo,�con�rela- tiva�spiegazione.�Con�il�progetto��Chiaro��poi�si�e�dato�il�via�alla�crea- zione�di�uno�staff,�sempre�presso�il�Dipartimento,�dedicato�alla�sem- plificazione�del��burocratese�.� In�questo�ambito�viene�ad�inserirsi�il�volume�Il linguaggio delle istituzionipubbliche neidiscorsidi insediamentopresso l'Avvocatura dello Stato, il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti,�a�cura�di�Federico�Basi- lica�e�Stefano�Sepe,�edito�dalla�Scuola�Superiore�della�Pubblica�Ammi- nistrazione.� Il�testo�e�frutto�di�un�progetto�di�ricerca�dedicato�ad�una�partico- lare�forma�di�comunicazione,�ovvero�quella�adottata�dalle�istituzioni� pubbliche�nelle�cerimonie�di�insediamento�dei�vertici:�nello�specifico� sono�presi�in�esame�i�discorsi�di�insediamento.� Dott.ssa Giuliana Costantini IndicisistematiciIndicisistematici 1 -ARTICOLI, NOTE, DOTTRINA, RECENSIONI GiuseppE Arpaia, Il�divieto�di�arbitrato�nelle�controversie�relative�ad�opere� pubbliche�d|�ricostruzione�dei�territori�colpiti�da�calamita�naturali,�tra�pres unta�abrogazione�ed�interpretazione�autentica.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�pag.�905 FedericO Basilica, La�Public Governance in�Europa.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 9 10 FedericO Basilica, La�qualita�della�regolamentazione�tra�ordinamento�intern azionale�e�ordinamento�nazionale.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 786 BarbarA Bombaci, Valore�legale�dell'archivio�digitale..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 1023 IgnaziO FrancescO Caramazza, Le�nuovefrontiere�della�giurisdizione�ammin istrativa�(dopo�la�sentenza�della�Corte�Costituzionale�6�luglio�2004�n.�204).�� 7 41 PaolA Ciriaco, Giurisdizione�in�materia�di�pubblico�impiego:�inammissibile�il� ricorso�al�T.A.R.�per�l'annullamento�delle�procedure�di�riqualificazione�del� personale�all'interno�della�stessa�areafunzionale.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�.�� 848 GiannI Cortigiani, Ancora�sull'ICI�nella�concessione�di�arenili.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 8 7 1 GiulianA Costantini, recensione a: Il�linguaggio�delle�istituzionipubbliche�nei� discorsi�di�insediamentopresso�l'Avvocatura�dello�Stato,�il�Consiglio�di�Stato�e� la�CortedeiConti,�a cura di Federico Basilica e Stefano Sepe. . . . . . . . . . . . . . � 1032 ValentinA DI Vincenzo, Autorita�indipendenti�e�tutela�giurisdizionale..�.�.�.�.�� 9 1 7 GiannI CarlO Ferrero, Sulleagenzie�d|�disbrigopraticheperglistranieri.�.�.�.�.�.�� 840 OscaR Fiumara, Modifiche�nel�riparto�di�competenze�fra�Corte�di�Giustizia�e� Tribunale�diprimo�grado�delle�Comunita�europee.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 7 8 3 MauriziO LaconO Quarantino, Dismissione�delpatrimonio�pubblico:�l'interp retazione�autentica�(mente�ingiusta).�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 9 3 7 MariA VittoriA Lumetti, L'attivita�amministrativa�di�valutazione:�punteggio� numerico�e�obbligo�di�motivazione..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 8 5 3 MariA VittoriA Lumetti, La�discrezionalita�tecnica�dell'amministrazione�e�il� controllo�del�giudice�amministrativo.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 864 MariA VittoriA Lumetti, I�mobili�confini�tra�vizio�di�merito�ed�eccesso�di� potere..�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�..�� 9 45 1036 RASSEGNAAVVOCATURADELLOSTATO Antonio�Palatiello,Ancora�sul�caso�del�Crocifisso.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.� Claudio�Paris,�Accertamento�della�mancanza�dello�stato�di�insolvenza�nel�giud izio�di�opposizione�alla�sentenza�dichiarativa�difallimento.�.�.�.�.�.�.�.�.�..�..� Vincenzo�Rago,�Il�patrocinio�dell'Avvocatura�dello�Stato�a�favore�delle� Regioni�a�statuto�ordinario..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.� Vincenzo�Rago,�Universita�degli�studi:�giudice�amministrativo�e�ordinario� sono�d'accordo�sul�patrocinio�esclusivo�ed�obbligatorio�dell'Avvocatura�dello� Stato..�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.� � � � � 823 984 775 769 Emanuela�Rosano�,�Il�trattamento�dei�datipersonali�alla�luce�del�d.lgs.�196/03� (�Codice�in�materia�diprotezione�dei�datipersonali��),inparticolare�le�regole� specifiche�per�i�soggettipubblici.�...�..�..�...�..�..�...�..�..�..�...�..�..�..� Ilaria�Sanasi,�Fermo�amministrativo:�e�sufficiente�il�fumusboniiurisdel�cred ito�vantato�dalla�P.A.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.�.� � � 1007 836 2 -INDICE DELLE SENTENZE CORTECOSTITUZIONALE Ord..15dicembre2004,n.389.................................. � 832 CORTEDICASSAZIONE Sez.trib.,sent.2marzo2004,n.4219............................. Sez.Un.,sent.29aprile2004,n.8211............................. � � 838 776 TRIBUNALECIVILEDITORINO Sez.1.,ord.7luglio2004...................................... � 846 TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLAZIO Roma,sez.2.ter,sent.4maggio2004,n.3757...................... � 850 CONSIGLIODISTATO Sez.4.,sent.19luglio2004,n.5175............................... � 862 TRIBUNALEAMMINISTRATIVOREGIONALEDELLATOSCANA Sez.1.,sent.20aprile2004,n.1214.............................. Sez.1.,sent.19luglio2004,n.2649.............................. Sez.1.,ord.9settembre2004,n.924............................. Sez.1.,ord.14luglio2004,n.798................................ � � � � 859 860 863 870 COMMISSIONETRIBUTARIAREGIONALEDIFIRENZE Sez.16.,sent.7settembre2004,n.9.............................. � 871 INDICI�SISTEMATICI�1037 3 -INDICE DEGLI ARGOMENTI Avvocatura�dello�Stato�^Patrocinio�^Regioni�a�statuto�ordinario� (Cassaz.,S.U.,sent.29aprile2004n.8211).......................... pag. 776� Concorso�pubblico�o�esame�^Motivazione�espressa�a�mezzo�di�coefficienti� numerici�^Discrezionalita�tecnica�^Attivita�di�giudizio�e�non�propriamente� provvedimentale�^Punteggio�numerico�sufficiente�^Finalita�di�economicita�,� celerita�e�chiarezza�dell'attivita�amministrativa�di�valutazione�(C.d.S., sez. 4., sent. 19 luglio 2004 n. 5175; T.A.R. Toscana, sez.1., sent. 20 aprile 2004 n. 1214; sez. 1., sent. 19 luglio 2004 n. 2649; sez. 1., ord. 9 settembre 2004 n. 924)���859�ss.� Corte�Costituzionale�-Istruzione�pubblica�^Arredi�scolastici�^Laicita� dello�Stato�^Inammissibilita�della�questione�di�legittimita�costituzionale� (Corte Cost., ord. 15 dicembre 2004, n.389)..........................���832� Diritto�tributario�^Diritto�di�credito�vantato�da�una�P.A.�avverso�un�cred itore�di�altra�P.A.�^Provvedimento�cautelare�di�sospensione�del�pagamento� ex art.�69�R.D.�n.2240/1923�(c.d.��fermo�amministrativo�)�^Sufficienza�del� fumus�oni�iuris�della�ragione�di�credito�della�P.A.�(Cassaz., sez. trib., sent. 2 marzo 2004, n. 4219).........................................���838� Discrezionalita�tecnica�^Accertamenti�sanitari�^Controllo�del�G.A.�^ Insindacabilita�(T.A.R.�Toscana,�sez.�1.,�ord.�14�luglio�2004�n.�798).�.�.�.....���870� Extracomunitari�^Agenzie�disbrigo�pratiche�stranieri�^Permessi�di�sogg iorno�^Difetto�di�giurisdizione�del�G.O.�^Inammissibilita�del�ricorso�per� difetto�di�legittimazione�attiva�^Insussistenza�del�fumus boni iuris ^Insussis tenza�del�periculum in mora (Trib. Civ. di Torino, sez. 1., ord. 7 luglio 2004) ��846� Pubblico�impiego�^Procedure�di�riqualificazione�del�personale�^Giurisdiz ione�del�G.A.�^Insussistenza�(T.A.R. Lazio, Roma, sez. 2" ter, sent. 4 maggio 2004n.3757) ................................................ ��850� Tributi�locali�^I.C.I.�^Stabilimenti�balneari�^periodo�anteriore�al�2001�^ Soggettivita�passiva�^Demanio�concedente�^Esclusione�^Concessionario�^ Sussistenza�(Comm.�Trib.�Reg.�di�Firenze,�sez.16.,�sent.�7�settembre�2004�n.�9)���871� 4 -PARERI A.G.S. ^Comunicazione di servizio n. 115, prot. n. 101275, del 20 luglio 2004. Contenziosoinmateriadibeniculturali�...........................�pag. 875 A.G.S. ^Parere del 15 novembre 2003, n. 127581. Confisca�di�bene�immobiliare�ex art.�2-ter legge�31�maggio�1965,�n.�575.� Natura�(originaria�o�derivativa)�del�trasferimento�a�seguito�della�confisca� -Conseguente�sorte�di�diritti�reali�di�garanzia�sul�bene)�(consultivo 9831/02,avvocatoA.Linguiti).................................. pag. 876� A.G.S. ^Parere del 5 maggio 2004, n. 66043. Interpretazione�delle�disposizioni�contenute�nell'art.�9-bis della�legge�27� dicembre�2002,�n.�289,�in�materia�di�condono�fiscale�(consultivo 20133/04, avvocatoG.DeBellis)........................................ pag. 881� 1038 RASSEGNA�AVVOCATURA�DELLO�STATO� A.G.S. ^Parere del 23 giugno 2004, n. 90482. Se�l'art.�18�D.L.�25�marzo�1997,�convertito�in�legge�3�maggio�1997,�n.�135,�in� materia�di�rimborso�delle�spese�di�patrocinio�legale�da�parte�dell'ammini- strazione,�sia�applicabile�anche�in�caso�di�condanna�della�contropoarte�alla� rifusione�delle�spese�in�favore�del�dipendente.�(consultivo 10040/03, avvoc ato W. Ferrante).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 883� A.G.S. ^Parere del 30 giugno 2004, n. 93030. Gara�a�procedura�ristretta�per�lo�svolgimento�di�servizi�di�sviluppo�e�gestione� del�Sistema�Informativo�dell'Istruzione.�(Contenziosi nn. 13160/03 e 12629/03, avvocato V. Nunziata).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 885� A.G.S. ^Parere del 23 luglio 2004, n. 102371. Contratti�di�fornitura�assistenza�sistemica�per�uffici�giudiziari.�Cessione�dei� contratti.�Applicabilita�dell'art.�35�della�legge�n.�109/94.�(consultivo n. 27972/04, avvocato C. Sica). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 886� A.G.S. ^Parere del 24 luglio 2004, n. 102962. Cessione�di�ramo�d'azienda:�efficacia�ex art.�35�legge�n.�109/94.�Responsabilita� del�cessionario�per�debiti�del�cedente:�condizioni.�Legittimita�di�fermo� amministrativo�di�crediti�vantati�dal�cessionario�verso�la�P.A.�(consultivo n. 17285/03, avvocato M. Corsini). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 887� A.G.S. ^Parere del 30 luglio 2004, n. 105616. Fermo�dei�beni�mobili�registrati�ex art.�86�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito� dall'art.�1,�comma�1,�lettera�q),�del�d.lgs.�n.�193/2001.�Effetti�della�ordi- nanza�n.�3402/2004�del�23�giugno�2004�dal�T.A.R.�Lazio�(confermata�dal� Consiglio�di�Stato),�che�ha�sospeso�l'efficacia�della�Circolare�Ministeriale� 24�novembre�1999,�n.�221,�della�Risoluzione�dell'Agenzia�delle�entrate�n.� 64/2002,�della�nota�dell'Agenzia�delle�entrate�protocollo�66384/2004�e� della�nota�22�marzo�2004�del�Concessionario�del�Servizio�Nazionale�per� la�Riscossione�dei�Tributi�della�Provincia�di�Roma,�aventi�ad�oggetto�la� disciplina�della�procedura�per�l'adozione�del�fermo�amministrativo.�Limita- zione�di�detti�effetti�al�solo�rapporto�dedotto�in�giudizio,�atteso�che�anche� gli�atti�generali�impugnati�sono�soltanto�circolari�aventi�mero�valore�inter- pretativo�che�il�giudice�amministrativo�non�ha�ritenuto�di�condividere.� Opportunita�di�evitare,�fino�all'adozione�del�regolamento�attuativo�dell'art.� 86�del�d.P.R.�n.�602/73�come�sostituito�dall'art.�1�comma�1,�lettera�q)del� d.lgs.�n.�193/2001,�l'emissione�di�provvedimenti�di�fermo�amministrativo� di�veicoli�per�i�ruoli�delle�entrate�tributarie�da�parte�dei�concessionari�delle� riscossioni�delle�entrate.�(Contenzioso n. 27998/04, avvocato G. Fiengo). pag. 890� A.G.S. ^Parere del 2 agosto 2004, n. 106210. D.L.�n.�269/03,�art.�38:��Norme�di�semplificazione�in�materia�di�sequestro,� fermo,�confisca�e�alienazione�dei�veicoli�.�(consultivo n. 16756/04, avvocato P. Palmieri).. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. ... .. .. .. ... .. .. .. pag. 891� A.G.S. ^Parere del 5 agosto 2004, n. 108043. Quesito�dell'Avvocatura�Distrettuale�dello�Stato�di�Ancona.�Trattamentodei� praticanti�all'Avvocatura�dello�Stato.�(consultivo n. 28275/04). . . . . . . . . . pag. 892� INDICI�SISTEMATICI�1039 A.G.S. ^Parere del 12 agosto 2004, n. 110067. Legge�n.�575/1965�^Se�l'amministratore�di�patrimoni�sottoposti�a�provvedi- mento�cautelare�di�sequestro�ovvero�a�provvedimento�di�confisca�non� ancora�divenuto�definitivo�(ai�sensi�dell'art.�2�ter,�commi�2�e�3�della�legge� n.�575/65)�possa�fruire�del�patrocino�dell'Avvocatura�dello�Stato.�(consult ivo n. 5011/03, avvocato M. Mari).. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 894� A.G.S. ^Parere del 25 giugno 2004, n. 91868. Addebito�dell'Imposta�sul�Valore�Aggiunto�(I.V.A.)�sugli�importi�dovuti�dal� Ministero�Affari�Esteri�^D.G.C.S.�alle�controparti�a�titolo�di�rimborso� pro quota degli�onorari�degli�arbitri�e�delle�spese�di�funzionamento�dei�Col- legi�arbitrali.�(consultivo 29845/04, avvocato A. Palatiello). . . . . . . . . . . . . pag. 899� A.G.S. ^Parere del 20 settembre 2004 n. 122169. Affidamento�di�attivita�di�progettazione�a�professori�(docenti�a�tempo�pieno�t empo�parziale).�(consultivo 35683/04, avvocato M. Corsini). . . . . . . . . . . . pag. 901�